Credendo vides.

di Nori Namow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***
Capitolo 5: *** IV ***
Capitolo 6: *** V ***
Capitolo 7: *** VI ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** VIII ***
Capitolo 10: *** IX ***
Capitolo 11: *** X ***
Capitolo 12: *** XI ***
Capitolo 13: *** XII ***



Capitolo 1
*** prologo. ***





se vi va, guardate il trailer!


                                                                                                                    Prologo.



25 dicembre 2008



Era il giorno del quattordicesimo compleanno di Alexis Carter, e stava scartando con ansia il regalo fatto dai suoi genitori. È un po' una sfiga essere nati il giorno di Natale, vero? Pensate a lei, che è nata alle ore 00.01 del 25 Dicembre 1994.
Insomma, fra i trecentosessantacinque giorni che ci sono in un anno, proprio la notte di Natale? Questa si chiama sfiga, pensava sempre lei.
In ogni caso, strappò con violenza la carta da regalo e sorrise come un’ ebete, quando vide che i suoi genitori le avevano regalato ciò che aveva richiesto.
Sfiorò con i polpastrelli la copertina di quello che sarebbe stato il suo diario segreto. Era blu pastello, semplice ma perfetto per la sua personalità, così tranquilla e pacata.
«Grazie, è perfetto!» urlò abbracciando i suoi genitori, che le sorrisero felici.
«Voglio farlo vedere a Lisa!» trillò felice, mentre si apprestava ad indossare guanti, sciarpa, cappello e giubbotto, pronta a raggiungere Lisa, la sua migliore amica, che abitava a pochi minuti da casa sua.
Raccolse il diario nuovo, attenta a non rovinarlo e a non sporcarlo, e si richiuse la porta dietro alle spalle.
Socchiuse un po' gli occhi: il bianco della neve che aveva coperto la piccola città era accecante, e decise che avrebbe risparmiato tempo passando per il parco, che a quell’ ora era deserto.
Canticchiava una canzoncina natalizia, quando arrivò al parco. Guardò dove metteva i piedi, e fu allora che lo vide. Un gattino minuscolo, di circa due mesi giaceva appollaiato nella neve, causando un contrasto con essa, bianchissima. Alexis gli si avvicinò piano, cercando di non spaventarlo, e quando gli fu abbastanza vicino si piegò sulle ginocchia, accarezzandolo piano. Il gattino sembrò felice di quel contatto, e aprì gli occhi, mostrando due  smeraldini lucenti.
«E tu che ci fai qui da solo?» chiese Alexis, mettendo il diario sotto l’ ascella e prendendo quel gattino in braccio. Il piccolo felino non oppose resistenza, anzi, sembrava contento di quel contatto, che qualcuno l’ avesse finalmente trovato.
«Tu vieni a casa con me. Ti chiamerò Mickey.» esclamò la bambina, mentre delle ciocche bionde sfuggivano al suo controllo.
Decise che sarebbe stato meglio andare nel pomeriggio da Lisa, così fece per tornare nuovamente a casa sua per dare un buon pasto al gattino, che nonostante fosse abbandonato, non era magro come Alexis credeva.
Non riuscì a fare neanche cinque passi, che delle urla di bambine la distrassero. Si guardò intorno, e cercò di capire da dove provenissero.
Alexis non era una ragazzina impicciona, sapeva farsi gli affari suoi. Ma c’era qualcosa nell’ aria, quel giorno, che spinse i suoi piedi a muoversi in direzione delle voci. Quando arrivò sul posto urlò impaurita, stringendo ancora di più a sé il felino, che miagolava  come per rassicurarla.
Alexis indietreggiò di fronte alle due bambine, che potevano avere all’ incirca la sua età. Non ci sarebbe stato nulla di strano nel trovare due bambine che giocavano felicemente, se non fosse stato per il fatto che erano… strane. Una delle due aveva dei lunghi capelli blu elettrico, e una delle sue mani stava prendendo fuoco. Ma la bambina non si lamentava, né sembrava essere sconvolta da quella fiamma che ardeva sulle sue dita, anzi, ne sembrava divertita. L’ altra invece aveva dei capelli rosa pastello, corti, e rideva felice, seguendo un serpente volante fatto interamente d’ acqua.
Quando si voltarono nella sua direzione, la donna insieme alle due bambine osservò attentamente Alexis e il gattino che aveva in braccio. Alexis tentò di fuggire, ma inciampò nella neve e cadde, facendo ben attenzione a non schiacciare Mickey sotto il suo peso.
«Lasciami! Chi siete! Siete dei mostri!» urlò con le lacrime agli occhi, mentre la donna l’ aiutava delicatamente ad alzarsi.
«Stai tranquilla. Non ti farò del male, non potrei mai.» le sussurrò accarezzandole dolcemente la testa.
La donna l’ aveva riconosciuta, era lei.
Alexis osservò ancora una volta le ragazzine, che nel frattempo si erano fermate e la stavano guardando incuriosite. Non c’era più traccia del serpente d’ acqua e della fiamma sulla mano di una delle due.
«Non è ancora il momento di incontrarci…» esitò, non sapeva il suo nome.
«A..A…Alexis.» balbettò a fatica lei, riportando lo sguardo sulla donna.
Cosa stava accadendo? Cosa erano quelle persone?
«Bene, Alexis. Quando arriverà il momento giusto, ci incontreremo nuovamente. Ma fino ad allora, devi perdonarmi per quello che sto per fare.» sembrò dispiaciuta, ma sollevata dalla decisione che stava prendendo, perché era la più giusta. Alexis si chiedeva se quella donna l’ avesse uccisa, o torturata.
Le prese il viso fra le mani, guardandola attentamente negli occhi azzurri.
Le mani della donna sembravano emanare del calore, che riscaldò le guance raffreddate  della ragazzina ancora spaventata.
«Manipularis memoriae.» sussurrò in una lingua che doveva essere latino, e Alexis vide tutto nero.

Buonciao, ragassuole.
dfghj ed eccomi finalmente con questa nuova long, sempre tema soprannaturale.
Premetto che ci tengo molto a questa storia, infatti ne ho fatto anche il trailer frgtgh
ditemi se vi piace il trailer, il banner, il prologo che non fa capire quasi nulla.
Più avanti scoprirete un bel po' di cose, dovete solo aspettare gngngngn.
'credendo vides' è una frase che dicono nel film 'il viaggio dell'unicorno', però
qui non ci saranno fauni/elfi/orchi/robe varie. Solo streghe gngngn
Avete mai visto the secret circle, o witch? ecco, qualcosa di simile hahaha c:
boh, mi piace intasare questo fandom e spero seguirete anche questa storia,
ci sto mettendo l'anima per scriverla :)
datemi un vostro parere con qualche recensione, altrimenti la storia la cancello
senza troppi giri ç.ç
Vi amo. Vi lascio con una gif della nostra Alexis (Britt Robertson)
@harryspatronus

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Capitolo 2
*** I ***








 capitolo  I                                                 

-Alexis 8 Gennaio 2013


Mi strinsi nel pesantissimo cappotto nero, mentre il mio fiato si condensava, formando nuvolette bianche. Camminavo a passo svelto, ritornando a casa dopo un’ estenuante, primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie. Era sempre un trauma ritornare in classe, sommersa dai libri e dai compiti, specialmente dopo il Natale.
Ringraziai mentalmente tutte le divinità per aver compiuto diciotto anni il 25 Dicembre appena passato, era davvero una cosa bella, osservarsi e dirsi ‘sono maggiorenne’.
Mi dava un ulteriore senso di libertà, anche se per mia madre non era la stessa cosa. ‘Finché vivremo insieme, tu farai quello che dico io!’ aveva trillato in stile Dolores Umbridge quando tornai a casa un’ora dopo il coprifuoco.
Scossi la testa rassegnata, a quel ricordo, e mi spostai verso destra quando vidi due bambini correre come forsennati nella mia direzione, rincorrendosi fra loro.
Attraversai il parco, a quell’ ora del giorno popolato dai poppanti, e riuscii a scorgere casa mia, in lontananza.
«Sono a casa. Voglio cibo, madre!» strillai richiudendomi la porta alle spalle. La testa di mia madre fece capolino dalla cucina, e mi salutò con un sorriso raggiante.
«Alexis, vieni! Vorrei presentarti una mia amica.» trillò estasiata, e mi fece cenno con la mano di raggiungerla.
Seduta al nostro tavolo, con una tazza fumante di the in mano, la donna mi sorrise. Poteva avere circa quarant anni, e aveva dei capelli lisci e biondo scuro. Gli occhi erano color miele, quasi trasparenti, e il sorriso che mi rivolse mi fece venire uno strano mal di testa. La prima cosa che pensai di lei, fu che l’ avevo già vista in passato. Aveva un aria fin troppo familiare, ma ero anche sicura di non averla mai vista prima di allora.
«Lei è Polly Ward. Polly, ecco quella peste di mia figlia, Alexis!» ci presentò lei, sprizzando gioia da tutti i pori.
«Sai, lei viene da Holmes Chapel, però abitava a Londra. Ora è ritornata qui ed è venuta a trovarmi.» continuò lei, mettendo del cibo per gatti nella ciotola di Mickey. A proposito…
«Dov'è il mio ragazzo?» urlai come una bambina, mentre il gatto dal pelo marrone e dagli occhi verdi si dirigeva velocemente nella mia direzione.
Mi sedetti e lui mi saltò in braccio, cominciando a fare felicemente le fusa. A volte mi chiedevo se fosse un cane travestito da gatto, visto che Lisa mi diceva sempre che il suo gatto le voleva bene, ma era più… freddo nei suoi confronti, al contrario del suo cane, che le saltava addosso appena la vedeva. Risi fra me e me, per poi dare a Mickey un bacio sul naso asciutto.
«Gatto! Cibo.» annunciò mia madre, cercando di nascondere una risata. Per un attimo, lo sguardo di Mickey si fermò su Polly, che lei ricambiò con un sorriso, e poi il mio felino andò verso la ciotola.
Non appena sentì l’ odore del gourmet, però, se ne andò indignato.
«Mamma, lo sai che a Mickey non piace il cibo per gatti.» le ricordai con le sopracciglia alzate. Sbuffò.
«Questo gatto è strano, dico sul serio. Sicura di averlo trovato in un cassonetto e non in un laboratorio dove facevano esperimenti sugli animali, vero?»
Alzai gli occhi al cielo, e poi misi a riscaldare nel microonde una fetta di pizza della sera prima. Sapevamo entrambe che sarebbe stato quello il pranzo di Mickey, il gatto che mangia come gli umani.
A dire la verità, il ricordo di quando lo trovai mi giocava brutti scherzi. A volte era nitidissimo, come se l’ avessi appena vissuto, altre volte era vago, come se fosse stato tutto un sogno.
In quel momento era nitido più che mai, e ricordai che stavo andando da Lisa, il giorno del mio quattordicesimo compleanno, e avevo sentito un miagolio sommesso, quasi supplichevole.
Mi ero avvicinata al cassonetto e avevo intravisto due occhioni verdi come smeraldi che mi guardavano impauriti. Immediatamente intenerita da quel musino dolce, l’ avevo preso in braccio e riportato a casa mia.
Era il primo animale domestico che avevo con me, tralasciando i pesciolini rossi di mia madre, che morirono tre giorni dopo perché lei lavò la loro ampolla con il detersivo.
Eppure, di Mickey non mi ero mai preoccupata più di tanto, era sempre stato un gatto responsabile e maturo, se i gatti possono esserlo.
Era vero, più di una volta era sparito per giorni, ma poi era sempre ritornato più tranquillo di prima. Forse andava a prostitute. Le gatte si prostituivano?
Salutai quella donna con un cenno e corsi in camera mia. Controllai i compiti per il giorno dopo, e pensai che non erano molti.
Ciò stava a significare che quel pomeriggio era completamente libero, all’ insegna della pigrizia.
Il mio sguardo cadde su un libricino azzurro pastello, e immediatamente distolsi lo sguardo, come fulminata.
Il diario che i miei genitori mi avevano regalato per il mio quattordicesimo compleanno era ancora lì, vuoto e solo.
Nonostante, quando lo ricevetti, ero felice, dopo pochi giorni avevo imparato ad odiare quell’ ultimo dono. A disprezzarlo.
Ogni volta che i miei occhi azzurri incontravano quel diario, non potevo non pensare a mio padre, che mi aveva abbandonata pochi giorni dopo il giorno del mio compleanno.
Nessuna scusa, nessuna motivazione minimamente valida. Se ne era andato lasciando semplicemente un bigliettino a mia madre, che non volle farmi vedere. Scoppiò in lacrime, ma cominciò a combattere da subito, chiedendo la separazione e rimboccandosi le maniche per tirare avanti. Ma quel bigliettino io lo trovai, ci misi ore per scovare il suo nascondiglio.
E quel biglietto diceva solo ‘Scusami, ma non ce la faccio.’ Ricordai la rabbia, la frustrazione. I miei erano sempre stati innamorati, cosa c’era che non andava nel loro rapporto?
Perciò arrivai ad una sola conclusione, ovvero che il problema in quella casa, ero io.
Anche se mi era ancora sconosciuto il motivo.
Fatto sta che da quel giorno non avevo più avuto notizie di Dean Carter, l’ uomo che io avevo chiamato ‘papà’.
Sbuffai sonoramente e tentai di scacciare i ricordi, gettandomi sul letto a pancia in su.
La porta della mia camera si aprì da sola, e mi alzai di scatto, per poi notare Mickey che correva con passo silenzioso verso di me. Aveva imparato ad aprire le porte da solo, e ancora mi chiedevo come facesse.
«Mickey, quando entri sei pregato di chiudere la porta.» dissi con una smorfia da snob, per poi scoppiare a ridere da sola. Mickey inclinò la testa su un lato, guardandomi come se fossi pazza.
Mi alzai, dirigendomi verso la porta e pronta a richiuderla, quando notai la donna a un metro da me. Sobbalzai. Cosa ci faceva lì?
«Sono venuta a salutarti, Alexis.» sorrise bonaria, e mi porse la mano. La strinsi, e notai che aveva un tatuaggio.
«Credendo vides.» lessi. Era scritto in una calligrafica fine ed elegante. Polly sorrise e una scintilla le attraversò gli occhi.
«Sai cosa vuol dire, Alexis?» chiese con tono misterioso. Annuii convinta. Studiavo latino da quasi cinque anni, e modestamente avevo dei voti alti.
« ‘Credendo riuscirai a vedere’» tradussi fiera di me, con un sorriso. «Si tratta di un motto latino molto famoso, che è sempre stato associato al mondo dell'alchimia, della magia, e dell'esoterismo. Stava infatti a rappresentare l'apertura della mente e del cuore che il soggetto doveva raggiungere per comprendere i segreti dell'umanità e dell'universo. Si sosteneva che la ‘vera vista’ era data dallo spirito, non dal corpo, quindi solo chi riusciva a ‘credere’, era capace di vedere le cose come sono realmente. » continuai poi con aria saccente, mostrando alla donna e a me stessa che ero un’ottima scolara.
Polly annuì, palesemente soddisfatta. «Esatto, Alexis. E tu credi in qualcosa?» mi scrutò con i suoi occhi color miele, e mi sentii intimorita per un attimo.
Io credevo in qualcosa?
Mio padre mi aveva abbandonata per qualche stupido motivo, o forse motivi non ce n’erano. Se un Dio esisteva, era altamente indifferente a ciò che mi succedeva.
«No… non credo.» risposi titubante, facendo una smorfia. Polly rise appena, annuendo con il capo.
«E nella magia? Ci credi?» la guardai, sperando che scoppiasse a ridere da un momento all’altro, ma nel suo sguardo non c’era traccia di presa in giro. Era seria.
Boccheggiai, non sapendo cosa rispondere. O meglio, dovevo proprio rispondere?
Polly alzò le sopracciglia, confusa dal mio silenzio. Dovevo rispondere, sì.
«No. Certo che no.» risi, come se quella risposta fosse ovvia e non aveva bisogno di essere contraddetta.
Sul serio, magia? Mi prendeva in giro?
La donna strinse le labbra, per poi distenderle in un sorrisetto. «Arrivederci, Alexis.» sussurrò poi, scendendo le scale con passo tranquillo.
Mi richiusi la porta della camera dietro alle spalle, e tornai sul letto dopo aver agguantato il portatile. Cercai fra le reti wi fi, e notai con piacere che la rete dei vicini era ancora senza alcuna protezione.
Feci il mio accesso sul mio profilo twitter, e non riuscii a non pensare alle parole di Polly.
“Mia madre deve smetterla di frequentare psicopatiche.” Scrissi con mano agile, battendo velocemente sui tasti. Poi osservai il panorama fuori dalla mia finestra, e vidi che il cielo si stava addensando di nuvole nere e cariche di pioggia.
A breve sarebbe arrivato un acquazzone e sorrisi istintivamente. Adoravo il rumore della pioggia, era rilassante.
Mickey camminò sulla tastiera con aria soddisfatta, e io lo guardai con sguardo sottile.
«Mickey, lo sai che ti amo e che un giorno ci sposeremo e avremo tanti bei bambini. Anche se devo ancora capire come fare con l’inseminazione artificiale. Voglio dire, io sono etero, ma non zoofila.» precisai con l’indice alzato. Il felino mi guardava con aria divertita; lo capivo dai suoi occhi.
«Ma se non togli il tuo sederino da gatto, giuro che ti costringerò a mangiare crocchette per il resto dei tuoi giorni.» lo minacciai poi. Mickey scese dalla tastiera e si allungò fino a raggiungere il mio viso.
Gli sorrisi, era sempre così dolce.
«Peccato che Tom non sia dolce come te.» sospirai, riferendomi al ragazzo che mi piaceva da qualche mese. Una cotta passeggera, niente di che.
Era il classico stronzo della scuola, e anche se mi salutava cordialmente, ciò non cambiava la mia opinione di lui.
Lo sgabuzzino della scuola era famoso proprio grazie a lui e alle sue donne, se donne si potevano chiamare quelle sgualdrine. Feci una smorfia disgustata, e Mickey strofinò la fronte contro la mia guancia.
Ma nonostante avessi altro a cui pensare, le parole ‘credendo vides’ e la sensazione di aver già conosciuto quella Polly, non mi abbandonarono.

Buonciao, ragassuole.
Ed eccoci con il primo capitolo. Hehehehe Mickey c'è ancora, maledette è.é
zulzerio, alcune di voi davvero hanno pensato che il gatto non contasse nulla?
LOL VI SBAGLIATE, IL GATTO SARA' MOLTO IMPORTANTE.
Poi scoprirete perché, una cosa alla volta.
Bien, cosa ne dite? So che essendo il primo capitolo non dice una cippa, però datemi tempo,
devo introdurvi una serie di situazioni che verranno a crearsi e bla bla bla.
Ma che vi frega di ciò che dico? LOL
E nulla, vi invito a guardare il trailer della storia, se vi va frgthyju http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RUJWX1yvPOM
fate copia-incolla e amen.
Vi amo tutte. ♥
Vi lascio con una gif della nostra Alexis e della cara Polly awww efrgthyju

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Capitolo 3
*** II ***




 


capitolo II                             
 

Un trillo fastidioso mi svegliò dal sogno strano che stavo facendo. Era dal giorno del mio diciottesimo compleanno che, durante la notte, mi capitava di fare sogni strani e sconnessi, senza un filo logico. Certo, solitamente i sogni erano così, immagini e sprazzi di ricordi. Ma quei sogni a volte, sembravano fin troppo reali. E la cosa più inquietante, era che il sogno era sempre lo stesso.

C’ero io che fluttuavo nell’ Universo, circondata da stelle e dai pianeti. Mi giravo, intravvedendo la Terra, stupendomi della sua grandezza. Cominciavo ad avere paura, perché non sapevo come ritornare a casa, se non in un cumulo di cenere. Poi, nel silenzio assoluto, cominciavo ad udire, in lontananza, il rumore di qualcosa che accarezzava dolcemente il cielo, come un’ onda. Mi voltavo, impaurita dall’ oggetto misterioso finché puntualmente non sobbalzavo. Strillavo, cercavo aiuto, ma la mia voce non aveva suono. Un’ immensa meteora dalla scia luminosa e colorata, mi passava di fronte in tutta la sua grandezza. Poteva essere alta il doppio del Big Ben di Londra, e aveva una massa impressionante. Aveva la forma circolare, frastagliata qua e là, pullulante di crateri. E mentre passava accanto al pianeta Terra, improvvisamente si illuminava, contornata da un bagliore argenteo.
Pochi istanti dopo mi illuminavo io, assieme ad essa. Mi sentivo forte, capace di tutto. Prima che la meteora completasse la sua rotta accanto alla Terra, potevo notare che ne mancava un pezzo.
E poi nulla, mi svegliavo imperlata di sudore e convinta di trovarmi ancora nello spazio, costretta a fluttuare per sempre. Mi alzai di scatto, con la testa che girava e gli occhi ancora chiusi. Il freddo polare che c’era mi faceva venir voglia di sotterrarmi sotto le coperte, per rimanerci per sempre. Stavo attuando la mia idea, quando mia madre entrò frettolosamente in camera, aprendo le finestre. «Non provarci, signorina. Oggi si va a scuola.» enunciò con un tono che non ammetteva repliche, mentre osservava con faccia annoiata il tempo piovoso che mi aspettava fuori da quella casa. Mi alzai a fatica, infilando le pantofole azzurre e uscendo a malincuore dal letto caldo. Mentre cercavo la divisa scolastica, che consisteva principalmente in una camicia bianca e in una gonna scozzese color vomito secco, mia madre mi mise una mano sulla spalla.
« Oggi dobbiamo parlare, Alexis. » Poi uscì dalla stanza con aria amareggiata.
Ero troppo assonnata per chiedermi cosa avesse voluto dirmi.


«Dannazione, ti ho mai detto che odio la professoressa Walker, sì?» chiese istericamente Lisa, mentre aggiustava la sua coda di cavallo specchiandosi alla parete traslucida del suo armadietto. Come facesse, rimaneva un mistero anche per me che la conoscevo da sempre. Lisa Felton era una ragazza particolare. Un po’ stramba, forse.
La più stramba che io abbia mai conosciuto nei miei diciotto anni di vita. Aveva lunghi capelli castano scuro che portava spesso legati con una coda di cavallo. Aveva occhi castani da cerbiatto, e il suo viso rispettava i canoni della perfezione.
Fisico invidiabile, media scolastica impeccabile, aveva il sogno di diventare un medico, e sapevo che ci sarebbe riuscita. Era lunatica,  satura di fobie, alcune assurde, e alcune volte ho dubitato della sua sanità mentale.
Priva di freni inibitori, Lisa sarebbe stata una perfetta regina della scuola, se così si può dire. Però lei odiava i ‘popolari’ e lo dimostrò quando, al primo anno, gettò il suo pranzo all’ interno dello zaino di Tom Cox, la mia attuale ‘cotta’.
Però era un’ amica leale e fidata. Senza di lei sarei stata persa in quella giungla.
«Sì Lisa, lo dici ogni volta che abbiamo lezione di storia.» le ricordai con un sorrisetto, mentre lei chiudeva di scatto l’ anta
dell’ armadietto e si dirigeva con passetti svelti verso l’ aula. Non appena varcammo la soglia, gli occhi da rana della professoressa Walker si posarono su di noi, squadrandoci con rancore. La professoressa Walker era bassa e in carne, e guardava tutte le alunne magre con odio e disapprovazione, affermando che ‘le donne in carne sono più intelligenti’. Il perché di questa sua teoria, nessuno l’ha mai capito. Forse la sua era solo invidia verso le persone magre.
«Carter, Felton. Visto che vi piace arrivare in ritardo, cosa ne dite di una bella interrogazione?» domandò maligna, aggiustando gli occhiali a mezza luna che portava da quando ne avevo memoria. Sorrisi trionfante, non poteva darmi torto su ciò che stavo per dirle.
«Io sono stata interrogate ieri, signora Walker. » il suo sorrisetto si spense per qualche attimo, e i suoi occhi perforarono la fronte di Lisa.
«Ma tu no, Felton.» sussurrò compiaciuta. Molti alunni pensavano, a causa di quel suo comportamento, che fosse la gemella di Dolores Umbridge. E probabilmente lo era davvero, a partire dal suo abbigliamento che consisteva in tailleur rosa pastello, alla sua passione per piatti di porcellana decorati da stampe di gatti. Lisa sbuffò sonoramente per poi dirigersi alla lavagna.
Inutile dire che Lisa, nonostante fosse un’ottima alunna sapeva far ridere tutti mentre veniva interrogata, inventando aneddoti assurdi sui personaggi storici.


Inserii la chiave nella toppa del portone e mi precipitai all’ interno della casa, imprecando a bassa voce a causa del diluvio che si era scatenato su quella maledetta cittadina. Poggiai –o forse sarebbe più corretto dire ‘lanciai’- lo zaino sul divano, per poi incamminarmi verso la cucina. Mickey dormiva beato nella sua cuccetta in una posizione alquanto buffa. Era steso a pancia in su, mentre le zampe anteriori erano piegate accanto al muso. Era sempre così terribilmente tenero. Presi dei biscotti al cioccolato, i miei preferiti da quando ero bambina, e guardai il gatto.
Cominciai a rimuginare sul fatto che svegliarlo sarebbe stata la più bastarda delle idee, però poi ricordai che ogni sabato, e ogni domenica, lui veniva a svegliarmi a orari poco carini, interrompendo i miei sogni fantastici. Mi accucciai davanti a lui, accarezzandogli piano la testa dolcemente, a differenza sua che mi piantava il muso in faccia, solleticandomi il viso con i grandi baffi. A volte si era persino permesso di mordermi una guancia, urtando ulteriormente il mio sistema nervoso che al mattino era altamente sensibile. Mia madre entrò borbottando in cucina, sopraffatta dal peso delle buste della spesa.
Sobbalzai spaventata; lei non tornava mai a quell’ ora. Quando mi vide si bloccò sul posto, abbassando immediatamente lo sguardo. Qualcosa non andava e io volevo assolutamente scoprire cosa. L’ aiutai a sistemare i viveri nelle rispettive credenze, poi le lanciai uno sguardo eloquente. Non poteva evitarmi per sempre.
«Ok Alexis. Dobbiamo parlare.» disse con sguardo severo ma un po’ dispiaciuto. Mi sedetti sulla sedia e lei fece lo stesso, accomodandosi proprio di fronte a me. Mickey aveva percepito una certa tensione, infatti si era stiracchiato per bene ed era venuto a sedersi sulle mie gambe, miagolando appena. Cominciai ad accarezzarlo convulsamente, in quanto era un po’ il mio antistress. Mia madre si torturò il labbro inferiore per il nervosismo, gesto che a quanto pare io avevo ereditato da lei.
«Alexis, spero davvero che non ti arrabbierai per ciò che sto per dirti, anche perché non dipende da me, cerca di comprendere.» cominciò, e io corrugai la fronte, confusa.
«Ehm… Cosa sta succedendo, mamma? Arriva al sodo, grazie.» la invitai senza giri di parole e mezzi termini. Sentivo che ciò che stava per dirmi non mi sarebbe affatto piaciuto. «Beh, come hai notato oggi sono tornata a casa prima. Vedi, il fatto è che il giornale per la quale lavoro ha deciso di licenziare cinquanta dipendenti a causa della crisi eccetera. Insomma Alexis, sono stata licenziata.» finì con un sonoro sbuffo, e boccheggiai, non sapendo cosa dire.
Se mia madre era stata licenziata, eravamo nella più completa… Eravamo nei guai. Mio padre era sparito e non ci passava gli alimenti, visto che non c’era più traccia di lui.
«Potrei cercare qualcosa io, magari.» proposi titubante, pur sapendo che non avrebbe mai accettato. Dovevo finire l’ ultimo anno, non potevo abbandonare la scuola. Infatti scosse vigorosamente la testa, e l’ ombra di un sorriso apparve sul suo volto giovane e bello.
«Ecco, a proposito… Hai presente Polly, la mia amica? Vedi, lei ha un amico in Francia che è il direttore di un giornale di Gossip anche abbastanza conosciuto. Ha parlato con lui e … Mi ha assunta. O meglio, ho un colloquio fra una settimana.» Polly, ancora lei. Poi prestai più attenzione alle parole di mia madre e strabuzzai gli occhi.
«Cosa stai tentando di dirmi, mamma?» chiesi con una nota isterica nella voce, e pregando che le mie supposizioni fossero del tutto false.
«Sto dicendo che ci trasferiremo in Francia. A meno che …» Prima che continuasse a blaterare cose senza senso, la bloccai con un gesto frettoloso della mano, andando in panico.
Io, in Francia? Alexis Carter, ragazza che ama Holmes Chapel nonostante ci vivano quattro gatti – compreso Mickey- ,dovrebbe andare a vivere in Francia, lontana dai suoi amici? In un paese dove si sarebbe sentita ancora più sola, senza contare il fatto che lei non sapeva una beata ceppa di minchia di francese?
«No mamma, scordatelo. Io non ci vendo in Francia a mangiare baguette, ok? Qui ho la mia vita. Ho Lisa, ho il wi-fi libero dei Fox, ho tutti i miei ricordi. Ho compiuto diciotto anni e sto per terminare l’ ultimo anno in quella scuola che ha delle divise orrende. E tu ora vorresti parcheggiarmi in Francia? Toglitelo dalla testa. Parlerò io con il tuo capo, se sarà necessario.» blaterai fuori controllo cercando di immaginare la mia vita in mezzo ai francesi che mi avrebbero sicuramente odiata a causa del mio pessimo accento. Mia madre si torturava le mani, e capivo che per lei non doveva essere affatto facile.
Ma io non potevo lasciare la mia vita, non volevo. Perché nonostante ogni sasso di quel paesino mi ricordasse mio padre, era bello vivere lì. Mio padre. Forse era per quello che avevo paura di cominciare una nuova vita.
Forse nel profondo, speravo ancora di sentire lo squillo del campanello e trovarlo poi dietro la porta, mentre chiedeva perdono per la sua stupidità e mi chiedeva una possibilità di entrare a far parte della mia vita, della nostra vita.
«Se tu mi dessi la possibilità di terminare i discorsi, probabilmente la mia vita sarebbe più semplice.» sbottò lei, innervosendosi un po’. La guardai attentamente, chiedendomi cos’altro avesse da dirmi oltre al fatto che me ne sarei andata in un posto completamente diverso da Holmes Chapel.
«Ho parlato con Polly. Quel giorno non è venuta solo per una visita occasionale, Alexis. Si è offerta gentilmente di ospitarti a casa sua con le sue due figlie, fino alla fine dell’anno scolastico. Poi potrai decidere se andare all’Università o tornare da me, in Francia.» La mia bocca si spalancò formando una ‘O’ ben definita.
Non poteva farmi questo. Non poteva mandarmi a vivere con la signora stramba.
E se lei era così… particolare, non osavo immaginare le figlie.
«Scordatelo.» ribattei convinta, incrociando poi le braccia al petto.
Lei mi lanciò uno sguardo gelido, gli occhi azzurri come i miei più freddi del solito.

«Devi scegliere signorina. O la Francia, o Polly.»

Dannazione.

Buonciao, ragassuole
Oh, ecco che le cose cominciao a farsi interessanti.
La madre di Al è stata licenziata e ora lei dovrà scegliere.
La Francia, o Polly la stramba? LOLLINO.
In questo capitolo abbiamo conosciuto anche Lisa Felton (il cognome è perfetto, giusto per farvelo sapere)
che è interpretata da Nina Dobrev (mica è nel trailer per Hobby, eh HEHEHEHE)
Apparirà, diciamo. Sarà importante ad un certo punto della storia *fischietta*
è un altro personaggio che adoro. O meglio, io li amo tutti i personaggi di questa storia HAHAHA
E niente, fatemi sapere un po' cosa ve ne pare. 
Premetto che il sogno che fa Alexis è abbastanza importante *SMETTILA DI SPOILERARE, IDIOTA*
OK, LA SMETTO.
Il link del trailer, in caso vogliate guardarlo -> http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RUJWX1yvPOM
Vi lascio con una gif di Mickey e con una di Lisa.

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Capitolo 4
*** III ***






                                                                     

                                                                          capitolo III

Raccolsi l’ultima pila di libri rimasti, mettendoli con precisione maniacale all’ interno della valigia. Mi capitò sottomano il diario, quel diario dalla copertina azzurro pastello. Indecisa se gettarlo dalla finestra o metterlo in valigia, optai per la seconda.
Era comunque l’unico ricordo di mio padre.
Sbuffai sonoramente, infastidita dalla situazione che avevo dovuto accettare. Di certo non mi andava di trasferirmi e vivere in Francia con mia madre, nonostante non volessi per niente lasciarla sola. Lei però mi aveva imposto una scelta e si sa che quando costringi una persona a scegliere, poi non devi lamentarti se loro non scelgono te.
Bene, andrò a vivere con la psicopatica che crede nella fatina dei denti e forse anche in Babbo Natale, perché no?
«Alexis, ti avevo detto di prendere solo le cose necessarie.»
«I libri sono necessari, mamma.» ribattei con tono saccente, mentre poggiavo la pila di magliette e felpe sui libri. Dubitavo che la valigia sarebbe stata capace di chiudersi, ma mi ci sarei seduta sopra pur di riuscire nel mio intento.
«Mamma? Cerca velocemente Mickey, sai che odia stare nel trasportino e finché lo troviamo passeranno anni.» le dissi mentre mi apprestavo a cercare del posto per i jeans, le scarpe, i trucchi e tutto ciò che mi serviva per continuare a vivere civilmente e in buone condizioni. Avevo riempito già due valigie nelle quali ci saremmo entrate sia io sia mia madre, insieme. 
Mi guardai intorno per un attimo; la mia stanza era così triste e spoglia senza tutte le mie cianfrusaglie.
«A dire il vero Mickey è già nel suo trasportino, calmo e tranquillo come non mai. Si vede che Polly gli sta simpatica. » ipotizzò mia madre, facendo spallucce.
Oh, bene. Adesso anche il mio gatto è in combutta contro di me. Ma che bella fedeltà.
Qualcuno suonò al campanello, facendomi sobbalzare. Mia madre corse ad aprire mentre io chiudevo con fatica l’ ultima valigia, rassegnandomi al fatto che avrei dovuto portarle io fino al piano inferiore. Portata la prima valigia, riconobbi la voce di Polly, mentre Mickey mi osservava con una strana luce negli occhi dalle sbarre del suo trasportino. Lo guardai fisso per pochi istanti, poi gli feci una linguaccia degna di una bambina, soffiandogli un ‘traditore!’ come scusante del mio comportamento.
Non avevo nulla contro Polly, ma il nostro incontro era stato a dir poco… strano. Quel blaterare di credere, di magia.
Doveva essere una di quelle casalinghe disperate che chiamano le cartomanti, credendo nel fato e robe del genere. Sperai di non trovare qualche bambola voodoo, una volta a casa sua. Mi salutò con un sorriso a trentadue denti, aiutandomi poi a scendere le altre due gigantesche valigie. Avrei preso il resto il giorno dopo o in quella settimana, visto che mia madre aveva intenzione di vendere la casa. La mia vita era cambiata in pochi giorni, quasi completamente.
«Ci sentiamo, tesoro. Mi mancherai tanto.» singhiozzò mia madre sull’orlo delle lacrime, attirandomi velocemente verso sé. Ricambiai l’abbraccio, tentando di cacciare indietro le lacrime. Non stavamo andando in guerra, non ci saremmo dette addio per sempre.
«Dai mamma, ci sentiremo tutti i giorni, di cosa ti preoccupi?» finsi un sorrisetto, ma la verità era che desideravo portare mia madre con me, oppure non andarmene affatto. Ma sapevo che lei lo stava facendo per me, per lei, per quella vita che era stata un po’ troppo ingiusta.
Le lasciai un bacio sulla guancia, facendola poi sorridere. Mi scompigliò i capelli biondi e infine prese il trasportino di Mickey, salutandomi fin quando l’auto di Polly non sfrecciò via con me all’interno.
 


Appena svoltò l’angolo, Polly cominciò ad accelerare ad una velocità spaventosa. Strabuzzai gli occhi, tenendomi stretta il trasportino sulle gambe, chiedendomi perché Mickey fosse fin troppo tranquillo.
Forse quella donna gli aveva fatto il lavaggio del cervello, pensai. Fu Polly, la prima a rompere il silenzio.
«Ti troverai bene con noi.» disse con lo sguardo fisso sulla strada e un leggero sorriso sul volto.
«Sì, lo spero davvero.» risposi tentando di non sembrare titubante. Lei rise sommessamente, accelerando ulteriormente.
«Siamo molto più simili di quanto pensi, Alexis. È un bene che tua madre se ne sia andata proprio adesso, l’ha fatto per il tuo bene. Poi con il tempo capirai perché.»
Mi voltai piano verso di lei, con la fronte corrugata e pronta a saltare fuori da quell’auto, all’istante. Non sapevo cosa intendesse davvero dire, se era un modo tutto suo per dirmi che mia madre aveva bisogno di un lavoro ed era arrivata fino in Francia per trovarlo. Ripensai alla conversazione con mia madre, dove affermava che era grazie a Polly, se era riuscita a trovare un posto in quel giornale. Cercai qualcosa da dirle, ma non feci in tempo. La macchina si fermò di botto accanto ad una villetta.
Polly scese e mise a terra le valigie, mentre io stringevo con forza il manico del trasportino e mi coprivo più che potevo, dato il freddo capace di congelare anche la lava vulcanica. Ok, forse esageravo un po’.
Ero talmente scombussolata da ciò che Polly mi aveva detto, che non notai la casa, inizialmente.
Inarcai un sopracciglio, spostando finalmente lo sguardo su quella che sarebbe stata la mia nuova casa.
Per poco la mia mascella non toccò la neve fresca.
Una villetta a due piani color panna spiccava fra la neve. Le cose che notai immediatamente furono gli infissi blu e il portone d’ingresso rosso scarlatto. Era diversa dalle altre case di Holmes Chapel, era… unica nel suo genere. La casa era circondata da una varianza impressionante di fiori, e 
il tuttoera racchiuso  da una recinzione bianca. Polly mi diede una pacca amichevole sulla spalla, osservando la mia reazione di fronte alla sua dimora.




Mi aiutò a portare le valigie fino alla porta, e mentre camminavo sul vialetto osservai i fiori. Alcune margherite erano disposte in modo da formare un cuore.
Però, vedo che la fantasia in questa casa non manca di certo, pensai.
«Bene Alexis, io devo andare a comprare la cena. Cosa dici, meglio il sushi o la pizza? Oh, al diavolo il pesce crudo, prendo delle pizze. Ne prendo una anche per il gatto, ok? Bussa alla porta, verranno ad aprirti le mie due figlie.» esclamò improvvisamente eccitata, per poi lasciarmi un bacio sulla guancia e tornare in auto. Rimasi un minuto buono a fissare la porta, chiedendomi se quella donna fosse bipolare o chissà cosa. Però era simpatica. Pazza, ma simpatica.
Speravo che almeno una delle due figlie fosse normale.
Mi feci coraggio, strinsi il manico del trasportino e bussai, osservando la targhetta collocata al lato della porta che rivelava il cognome di Polly: Ward. Inspirai profondamente, e mi morsi il labbro inferiore finché la porta rossa non si aprì lentamente, rivelando la figura di una ragazza della mia età.

O meglio, la figura di una ragazza della mia età con occhi azzurri e… capelli blu elettrico?!
Sussultai, cercando di nascondere l’evidente imbarazzo creatosi fra noi. Guardavo qualsiasi punto, tranne i suoi capelli che erano carini, ma la facevano sembrare un personaggio dei cartoni animati. Non volevo darle l’impressione di una che fissa la gente. La ragazza non parlava, perciò capii che non dovevo esserle molto simpatica. Deglutii rumorosamente, tendendole poi la mano libera.
«Io sono Alexis Carter, piacere.»
La ragazza sorrise dolcemente, inclinando appena la testa di lato. Mi strinse la mano nella sua, e le fui grata del calore che mi stava trasmettendo, visto che le mia dita erano completamente congelate.
«Io sono Myrtle, entra. Prendo io le altre valigie.» disse con tono dolce, mentre mi invitava in casa. Aveva un nome particolare quella ragazza, esattamente come i suoi capelli.
«Tua madre è andata a comprare la cena, comunque.» l’avvisai giusto per fare un po’ di conversazione, cercando di sembrare cordiale ed educata.
Appena varcai la soglia, notai immediatamente i tre divani a tre posti e le due poltrone, come se in quella casa ci vivesse un intero esercito e non tre persone. Accanto alla tv a schermo piatto, vi erano ben due sterei di ultima generazione.
Il parquet era lucido e perfetto, così come il resto del salotto. Alla mia destra notai una porta color panna, che probabilmente conduceva in cucina e poco più in là c’erano le scale che conducevano al piano superiore.
Accanto alla scala, vi era un cavalletto per dipingere con una tela piccola e bianca poggiata sopra. Qualcuno grattò contro il trasportino, e capii che Mickey voleva osservare la sua nuova casa. Mi voltai verso Myrtle, chiedendole il permesso di poter liberare il gatto in casa e lei annuì sorridente. Quando aprii la grata, il gatto scivolò fuori e non si degnò nemmeno di guardarsi intorno; andò semplicemente ad acciambellarsi su una poltrona, guardandomi di tanto in tanto.
Ok, quel gatto era notevolmente strambo.
Sobbalzai quando avvertii dei passi pesanti provenienti dal piano superiore, e intuii che in casa ci fosse qualcun altro, oltre Myrtle e me. Doveva essere la sorella gemella della quale mi aveva parlato mia madre a cena, qualche giorno prima.
«Myrtle, ridammi la mia maglietta di Barbie Fairytopia, e nessuno si farà del male.» strillò una voce femminile e giovane, finché subito dopo non scese furiosamente dalle scale, la proprietaria di quella voce.
O meglio, una ragazza con i capelli rosa pastello, vestita con colori sgargianti.
La prima cosa che pensai appena la vidi, fu che quella era indubbiamente una casa di pazzi sclerotici, e che mi avrebbero uccisa, triturata e cucinato le mie membra nel forno. La seconda cosa che pensai, fu che avrei dovuto fuggire, e in fretta.
La ragazza dalla pelle pallida e i capelli rosa –a quanto pare le due sorelle amavano i colori- si avvicinò pericolosamente a Myrtle, puntandole un indice con l’unghia laccata di bianco e verde acqua, contro.
«So che l’hai presa tu, non fare la finta to… oh ciao, tu devi essere Alexis!» strillò poi notandomi. Mi porse la mano, invitandomi a stringerla. Lo feci titubante, finché per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
Cercai in tutti i modi di non fissarla, ma era più forte di me, i miei occhi erano puntati nei suoi.
Perché quella ragazza aveva gli occhi di due colori diversi. Quello destro era azzurro come il mare, simile ai capelli di Myrtle, mentre quello sinistro era color miele, limpido e sicuramente unico nel suo genere.
«Ehm, sì. Sono Alexis Carter.»
«Io invece sono Nix Ward. È un piacere averti qui!»
Prestai più attenzione al suo nome. Nix. Nix era una parola latina che significava ‘neve’. Dovevo ammettere che Polly aveva fantasia con i nomi.
«Nix… Neve.» mi ritrovai a sussurrare sovrappensiero, trovando quel nome particolare esattamente come la ragazza che lo portava. Cominciavo a sentirmi fuori luogo, fin troppo… normale. Nix si animò –se mai potesse animarsi più di così- e cominciò a saltellare.
«Neve?! Dove? Sai, io l’amo. La neve è uno dei miei…»
Myrtle le rifilò uno schiaffo dietro la nuca, guardandola con occhi strabuzzati e cercando di parlarle con il solo uso dello sguardo.
Cosa mi nascondevano? Perché avevo proprio l’impressione che mi stessero nascondendo qualcosa.
«Oh, giusto. Bene, ti consiglierei di seguirmi, Alexis. Ti condurrò nei meandri bui e pieni d’insidie di questa casa, in particolare nella cella a te destinata. In parole povere, nella tua camera.» trillò saltellando con una mia valigia al seguito, probabilmente andando verso il piano superiore.
La seguii titubante, lanciando prima un’occhiata disperata a Myrtle che mi sorrise rassicurante.

 

Buonciao, ragassuole.
Ed eccoci qui, finalmente la storia prende vitaaaaa.
Qui avete conosciuto una Polly davvero pazza (ne combiner delle altre LMAO)
E due dei miei personaggi preferiti.
Myrtle, la ragazza dai capelli blu, e Nix, la ragazza dai capelli rosa.
Non per niente sono nel trailer e nel banner defrghjnhbv
Allora, so che siamo solo al terzo capitolo, ma voi cosa ne pensate?
Sappiate che la trama è più complessa di così, la storia non sarà incentrata sull'amore,
sappiatelo >.> e bho, spero vogliate lasciare un parere, belleeH.
Se volete guardare il trailer, ecco il link (fate copia incolla >.>) ----> http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RUJWX1yvPOM

E ora vi lascio con le foto di Nix e Myrtle formato gigante HAHAHAHAHA

Myrtle                                   Nix
Ciaaaaao.
with love,
@harryspatronus

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Capitolo 5
*** IV ***






 

                     capitolo IV                                  

Dovevo ammettere che l’abbigliamento di Nix era pieno di colori, per non dire altro. Indossava una maglietta giallo canarino e una minigonna blu elettrico, con dei fuseau con le stampe della galassia messe sopra. Ai piedi c’erano delle Converse rosso sangue, le punte logore ma la stoffa perfettamente lucida.
Deglutii rumorosamente, mentre Nix camminava ad un passo di distanza da me, i capelli rosa pastello che volteggiavano liberi da un lato all’altro.
Il corridoio era lungo e sembrava oltrepassare la lunghezza della casa. Passammo accanto ad una camera con una porta spalancata color miele, e sbirciai all’interno, incuriosita. Le pareti erano bianche, inizialmente. In quel momento erano imbrattate di vari colori, come se qualcuno si fosse divertito a lanciare contro le pareti, secchi di vernice. C’era qualche sprazzo di blu, di verde acqua, fucsia.
«Ti piace? È la mia camera!» esclamò la ragazza facendomi sobbalzare. Chissà perché, non avevo dubbi sul proprietario di quella camera.
Passammo accanto ad altre tre o quattro porte, di queste una apparteneva ad un bagno, e finalmente Nix si fermò.
Poggiò il trolley vicino allo stipite per non farlo crollare a terra dato il peso, e mi sorrise smagliante. Vidi che aveva un brillantino sul canino sinistro.
«Eccoci qui. Non conosciamo i tuoi colori preferiti, ma potrai sempre personalizzarla.» affermò aprendo poi la porta bianca.
Entrai dentro, rimanendo sbalordita dalla bellezza e dalla normalità di quella stanza. Sembrava quasi non appartenere a quella casa. Le pareti erano color giallo chiaro, mentre la mobilia era bianca. La moquette color panna e le tendine giallo chiaro, rendevano l’atmosfera più pacata, tranquilla.
Alla mia destra c’era una scrivania bianca pronta ad essere riempita dalle mie cianfrusaglie; al centro della camera vi era un letto ad una piazza e mezzo, il copriletto bianco con dei ghirigori dorati ricamati sopra. Se poggiavo la testa sul cuscino la sera, ed ero poggiata sul fianco sinistro, avevo a disposizione la grande finestra, e una vista magnifica del cielo stellato. Ad un metro dal letto c’era l’imponente armadio che però non infastidiva, grazie al suo colore bianco e alle manopole dei cassetti giallo chiaro. Era perfetta.
«Ti lascio sola con la tua stanza. Dovrete fare conoscenza.» disse Nix, scoppiando a ridere subito dopo, mentre con un braccio si teneva la pancia. Pochi secondi dopo uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Io inarcai un sopracciglio, immaginando i successivi sei mesi in compagnia di quelle persone senza sfiorare la pazzia. Mi lanciai sul letto senza troppi preamboli, sfilando il cellulare dalla tasca per mandare un messaggio a Lisa.
La immaginai mentre si mordeva le unghie e fissava insistentemente il cellulare, in attesa di mie notizie.
 
“Sono finita a Strambolandia. AIUTAMI.” Digitai in fretta, sorridendo sghemba.
 
Pochi minuti dopo, passati ad osservare intensamente il soffitto giallo chiaro, qualcuno bussò alla mia porta. Essa si aprì timidamente e senza cigolare.
La testa biondo scuro di Polly fece capolino, sorridendomi dolcemente.
«È pronta la cena. O meglio, sono tornata con la cena pronta, ma dettagli.» esclamò ponendo fine al discorso con un gesto della mano. Sorrisi, seguendola poi al piano inferiore.
Urlai.
Nix era letteralmente appesa come una scimmia al lampadario del salotto, dondolandosi avanti e indietro, incurante del fatto che io la stessi guardando allibita.
Polly notò il mio sconcerto, intimando alla ragazza di scendere dal lampadario e precipitarsi in cucina. Entrammo dalla porta vista poco prima, quella accanto alle scale. Vi era una bella cucina, semplice e normale. Al centro, un tavolo con sei posti a sedere. Mi sedei accanto a Myrtle, la ragazza che sembrava più sana mentalmente, mentre Nix si accomodò proprio di fronte a me, sorridendomi felice.
«Bene ragazze, come avete capito, lei è Alexis Carter.» proferì Polly, pronunciando il mio nome con un tono che non seppi riconoscere.
«Sicura? Voglio dire, è proprio quella Alexis?» domandò Nix, osservando con i suoi occhi bi colore prima me, poi Polly.
Perché, quante Alexis conoscono? Ad Holmes Chapel nessuna della mia età si chiamava Alexis, oltre me.
Polly sbuffò, leggermente infastidita dalle domande insistenti di Capelli Rosa.
«Sì Nix, è proprio lei. E adesso mangia la pizza.» la rimbeccò, per poi addentare il suo trancio di pizza. Io ne avevo divorati già due pezzi, assaporando la cena e chiedendomi cosa diamine stesse succedendo.
Pochi minuti dopo, fu Myrtle a rompere il silenzio, con la sua voce pacata.
«Qual è la tua specialità?» chiese, e quando mi voltai verso di lei e vidi il suo sguardo addosso, capii che stava ponendo a me la domanda.
«Come, scusa?» domandai sbigottita, con le sopracciglia aggrottate.
«Sapremo tutto presto, Myrtle.» rispose Polly con uno sguardo carico di significati che a quanto pare io ero troppo stupida per capire.
Mi ero persa qualcosa? Perché non stavo capendo un bel niente.
«Ehm, sapere tutto, cosa?»
«Polly, non sa nemmeno chi è!» trillò Nix scioccata, indicandomi con il suo trancio di pizza morso da poco.
Polly?! Perché la chiamavano con il suo nome di battesimo, se era la  madre?
«Non è ancora pronta, bisogna avere pazienza.» rispose lei con tutta tranquillità. A quel punto, non riuscii più a tenere la situazione. Mi alzai, facendo strusciare la sedia con rabbia. Non avevo idea di cosa stessero parlando, sapevo solo che era assurdo e da matti.
«Quando avrete finito con i vostri discorsi strambi, chiamatemi.» sbottai, per poi andare in quella che sarebbe stata la mia camera.
Mickey mi seguì a ruota, come a volermi fermare o semplicemente confortare.
Arrivata in camera mi cambiai, indossando dei fuseau e una maglia che arrivava a metà coscia. Mickey era già sul materasso, acciambellato accanto al cuscino e profondamente addormentato. Beato lui che era solo un maledetto gatto e non doveva avere troppo a che fare con strane persone che prendevano strani discorsi a cena. Mi infilai sotto le coperte, trovando le lenzuola calde e accoglienti. Sperai soltanto di non dover passare i prossimi sei mesi rinchiusa in quel piccolo spazio a causa della gente che mi circondava. Il mio cellulare vibrò, e aprii il messaggio appena arrivato. A causa della luce emanata dallo schermo, Mickey aprì gli occhi, incuriosito. Si stiracchiò appena, per poi passare oltre il mio corpo e posizionando il muso nell’incavo del mio collo, come se stesse osservando anche lui il mio cellulare.
 
“Figo, portami un souvenir.” Lisa. Sempre la solita stupida, pensai ridendo sommessamente.
 
Fortunatamente avevo ancora lei, la scuola (per quanto la odiassi), i miei compagni di classe, i professori. Avevo la mia vecchia vita, insomma, solo leggermente diversa. Ripensai a mia madre, chiedendomi se avesse preso l’aereo, se stesse pensando a me e a Mickey. Mi addormentai con la dolce melodia delle fusa del felino.
 

Aprii di scatto gli occhi, spaventata.
La prima cosa che feci, quando la luce mi accecò gli occhi, fu guardare l’orologio che portavo al polso. Erano le due di notte.
Voltai la testa verso la porta della mia camera, trovando Nix, la ragazza dai capelli rosa pastello e gli occhi di due colori diversi (uno azzurro, l’altro color miele), che mi guardava dalla soglia, sorridendomi amabilmente.
«Sono venuta a darti la buonanotte! Buonanotte, Alexis.»
«Ehm, grazie. Buonanotte anche a te.»
Era stata gentile, ma poteva risparmiarsi quel casino a quell’ora della notte. Stavo riposando beatamente, e non c’era nemmeno il solito incubo a torturarmi, stranamente. Nix fece per chiudersi la porta alle spalle, quando notò qualcosa che la fece sorridere –se possibile- ancora di più.
«Oh, e buonanotte anche a te, Harry!» urlò come se fosse stata una venditrice di strada.
Harry?! Oh, sul serio? L’amica di Naruto, Sakura, ha anche un amico immaginario oltre ad avere la mente contorta, svegliandomi a notte fonda per la ‘buonanotte’.
La porta si richiuse, e il buio e il silenzio piombarono nuovamente nella stanza.
Osservai Mickey, una informe palla di pelo castana. Dal baglio lunare, riuscivo a scrutare i suoi occhioni osservarmi.
«Ti consiglio di pregare per la nostra incolumità, gatto.» esordii, tuffandomi con la testa sul cuscino.
Beh, almeno il letto era morbido.
 
 

La mia mano cercò automaticamente una testolina pelosa e delle orecchie sottili, non trovandole.
Sollevai piano le palpebre, cercando di abituarmi alla luce del sole, così rara in Inghilterra in quel periodo dell’anno. Mi stropicciai gli occhi per poi alzare il busto, guardandomi intorno. La mobilia bianca e giallo chiara, le pareti che non erano piene di poster. Oh, la nuova casa, giusto.
Notai una miriade di scatoloni e le valigie; ciò mi fece sbuffare e non poco. Avrei dovuto mettere tutto a posto quel giorno stesso, e da sola. Mi alzai con fatica dal letto, aprendo poi uno dei trolley che avevo portato il giorno prima. Pescai il beauty case e alcuni vestiti e mi rintanai in bagno.
Un bagno che, lasciatemelo dire, era davvero fighissimo. Vasca idromassaggio, doccia, confort che nemmeno un albergo a cinque stelle possedeva.
Mi chiesi come facesse Polly a permettersi tutto ciò, partendo dal salone che poteva ospitare un esercito, finendo alla miriade di camere che non potevano appartenere a sole tre –e con me quattro- persone.
 

Scesi le scale il più silenziosamente possibile per non dare l’impressione di una che al posto dei piedi ha dei carro armati. Sentii le voci ormai familiari di Nix e Myrtle, ma a quelle se ne aggiunse un’altra che non avevo mai udito prima. Scesi l’ultimo gradino e mi bloccai vicino al muro, a pochi centimetri dallo stipite della porta. Origliare non era mai stata una priorità, ma qualcosa nel mio cervello mi suggeriva di ascoltare.
«Nix, cerca di contenerti.» sbuffò una voce che apparteneva sicuramente a Myrtle Ward, la ragazza dai capelli blu. E quella più normale, senza dubbio.
«Credo di esserle simpatica.» esordì Nix. Probabilmente parlavano di me, a giudicare dal tono abbastanza basso che avevano.
«No, così la spaventi.»
«Myrtle ha ragione, così non fai altro che traumatizzarla.»
Ma quella voce non la conoscevo affatto. Non apparteneva a Myrtle, a Nix, e nemmeno a Polly. Anche perché era una voce indubbiamente maschile, a considerare dalla profondità del timbro. C’era qualcun altro in quella casa, e ringraziai il cielo per essere stata presentabile. Respirai profondamente, per poi entrare in cucina con nonchalance. I tre sobbalzarono, ma il mio sguardo fu catturato da quello del ragazzo.
Era seduto su una sedia, quella opposta ai fornelli, ed era spaparanzato comodamente come se fosse abituato alla presenza delle due ragazze e di quella casa.
Indossava un giubbino nero di pelle, e sotto si intravvedeva una maglietta bianca. Aveva capelli ricci e folti che gli coprivano la fronte, mentre i suoi occhi brillavano di un verde smeraldo, quasi fosforescente. Gli occhi di lui erano fissi su di me e non interrompevano il contatto.
Mi resi conto troppo tardi che ero rimasta imbambolata a fissarlo, perché mi rivolse un cenno di saluto con la mano.
Sorrisi timidamente, per poi salutarli tutti e tre. Nix mi guardava in modo strano, ma probabilmente dovevo farci l’abitudine.
Myrtle mi porse una fetta di pane tostata con sopra della marmellata che accettai di buon grado, ringraziandola. Sobbalzai quando mi voltai, trovando il ragazzo a pochi centimetri da me. La sua figura troneggiava su di me, i muscoli parevano scolpiti nel marmo. Per non parlare dei tatuaggi, che lo facevano somigliare a un capo di una gang di New York. Il ragazzo mi porse la mano, inclinando la testa di lato.
«Io sono Harry.» disse con tono quasi seducente, facendomi perdere qualche battito. Era bello da far paura. Mi schiarii la voce, stringendogli la mano libera e presentandomi. Poi mi ricordai della notte precedente e della comparsa di Nix in camera mia. Era entrata per darmi la buonanotte, e aveva salutato anche un certo Harry. Ora, a meno che questo tizio bello ma quasi inquietante non fosse nel mio armadio, le uniche cose viventi nella mia camera, eravamo io e Mickey.
A proposito di Mickey, non lo vedevo da un bel po’ di ore. Mi chiesi dove accidenti fosse.

Buonciao, ragassuole. E BUONA PASQUAAAA.
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto da fare con l'altra ff e ho una minilong alla quale sto lavorando frgthyju
MA, spero che questo capitolo (un po' di passaggio, un po' no, dipende dai punti di vista) sia di vostro gradimento.
Ed ecco che finalmente appare Harreh c': non lo trovate terribilmente tenero e da brrrrividi?
Bene, il prossimo sarà più uuuuuhuuu, mentre quello dopo sarà BOOOOM.
Quindi tenetevi pronte, insomma.
E non ho niente da aggiungere, voglio solo ringraziare le 53 persone che seguono la storia, siete tutti fighi.
Vi lascio con il link del trailer -----> 
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=RUJWX1yvPOM
e con una gif di alexis, della madre di alexis (eleonora abbagnato fdghy), e di Harry >.>

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Capitolo 6
*** V ***






                                                                       

                                                                    capitolo V

Guardai distrattamente l’orologio, rischiando poi di strozzarmi con pane e marmellata.
«Io devo andare a scuola!» strillai, incurante della risatina di Harry.
A proposito, quel riccio mi fissava insistentemente e la cosa cominciava un po’ a infastidirmi. Era come se sapesse leggermi il pensiero e si divertisse ad ascoltarli.  Feci per avviarmi al piano superiore, quando Nix mi bloccò la strada.
«Oh, ma tu non vai più a scuola, noi studieremo in casa!» trillò con un sorrisetto divertito e soddisfatto, sorridendomi. Corrugai le sopracciglia, indispettita.
«Cosa? Perché? Mia madre non me lo aveva detto.» ribattei secca, trovando irritante quella situazione. Magari l’avrei assecondata, per quel giorno. Avevo una camera da mettere a posto, mi sarebbe stato utile un giorno di riposo.
«Ma ehm, okay. Devo solo avvisare Lisa.» mi giustificai, indicando il piano superiore dove giaceva il mio Samsung Galaxy. Lisa mi avrebbe uccisa, se non le avessi detto della mia assenza. Tendeva ad avere attacchi d’ansia dovuti ai suoi film mentali e strappalacrime, dove io morivo investita da un tram mentre andavo a scuola.
Nix scosse energicamente la testa. «Non pensare a Lisa. Devi preoccuparti di ciò che sei.» disse con ovvietà, aspettandosi da me chissà quale reazione.
«Cosa?» sbottai infastidita da quel giochetto, spostandomi lateralmente per superare Nix. Lei fece il mio stesso gesto, sbarrandomi nuovamente la strada.
«Tu hai dei…» tentò di spiegare, ma Myrtle la interruppe. Spinse di lato la sorella, sorridendomi falsamente.
«Oh, non ascoltarla. Voleva solo dirti che per oggi non andrai a scuola, e che ti aiuteremo con i bagagli.»
Mi morsi il labbro inferiore, soppesando le loro parole. Optai per rimanere in cucina e bere un succo d’arancia, poi avrei mandato un messaggio a Lisa e infine, avrei litigato con Nix su come sistemare le robe in camera mia. Non sapevo perché, ma avevo il presentimento che quella ragazza avrebbe imposto le sue opinioni. Inoltre mi nascondevano qualcosa, lo capivo dal modo in cui gli occhi di Myrtle osservavano tutto, tranne che i miei bulbi oculari.
Mi sedetti di fronte ad Harry e fui tentata di fargli una linguaccia quando il suo sguardo si posò nuovamente su di me.
Sembrava un maniaco. I suoi occhi verdi scintillarono per un attimo mentre beveva un bicchiere d’acqua, e mi ricordai di una cosa importante.
«Dov’è Mickey?» domandai con una nota di panico nella voce. Harry rischiò di strozzarsi, prendendo a tossire convulsamente mentre gli occhi gli uscivano fuori dalle orbite. Myrtle gli diede qualche pacca forte dietro la schiena per farlo riprendere, e Nix mi guardava quasi nel panico. Accortasi del mio sguardo quasi accusatore, deglutì rumorosamente e poi sorrise. Per la prima volta, ebbi paura di lei. Mi alzai facendo strusciare la sedia senza troppi complimenti, poi mi avvicinai alla ragazza, furiosa.
«Lui non si allontana mai di prima mattina, è sempre accanto a me finché non vado a scuola. Questa mattina non c’era e dal modo in cui stai miracolosamente zitta, devo dedurre che tu sappia qualcosa.» l’accusai, puntandole l’indice contro il petto. Lei sbiancò, indietreggiando.
«Ma no, non potrei mai. Quella tenera gattina è così dolce.» si difese, sorridendo sghemba.
La mia bocca prese la forma di una ‘O’ ben definita.
«Innanzitutto Mickey è un maschio. E secondo…» cominciai ad urlare, fuori controllo.
«Scommetto che l’hai ucciso per prendere il suo sangue e dipingere le pareti della tua camera.»
Nix sobbalzò, intimorita dalla mia reazione. Due secondi dopo, il rubinetto dell’acqua si aprì da solo, e il liquido cominciò a prendere una traiettoria tutta sua come se ci fosse stata una pompa invisibile.
Harry si precipitò a chiuderlo, posando poi lo sguardo su di me.
Indietreggiai, decisa ad andarmene. Al diavolo, sarei andata a vivere da Lisa. Quelle persone erano strane, così come la casa.
C’era qualcosa che non mi convinceva, e l’istinto mi diceva di fuggire finché ero in tempo.
«Voi siete tutti pazzi, e strani. Voglio andarmene, adesso.» esalai, raggiungendo la porta della cucina.
I tre adolescenti si guardarono, come a chiedersi se convenisse parlarmi della loro palpabile schizofrenia. Perché non poteva essere niente di diverso. Il ragazzo si avvicinò lentamente a me, come se fossi stato un leone impaurito e pronto ad attaccare chiunque al minimo movimento brusco.
Beh, non aveva tutti i torti.
«Siediti. Ti conviene, fidati.» disse con tono neutro, nonostante potesse sembrare una minaccia.
Sapevo che scappare non sarebbe servito, specialmente se avevo un ragazzo all’apparenza agilissimo alle mie calcagna. Deglutii rumorosamente, poi seguii il suo consiglio, accomodandomi sulla prima sedia che mi trovai di fronte.
Myrtle e Nix si sedettero ai lati accanto a me, mentre Harry prese una sedia e si accomodò accanto a Nix, guardandomi come a soppesare le parole.
«Ehm, tu credi nella magia?» chiese facendo una smorfia. Mi limitai a strabuzzare gli occhi a quella domanda, perché era la stessa fatta da Polly quel giorno a casa mia. Cosa avevano tutte queste persone verso la magia? Erano dei cartomanti? Illusionisti? Perché non sapevo cosa potevo capire con quella domanda.
Scoppiai a ridere, immaginando Polly che metteva code di rospo e occhi di rana in un pentolone nero, ridendo come una pazzoide.
«Beh, certo che no.» risposi senza nascondere il mio disappunto.
«Dovresti cominciare a crederci, Alexis.» esclamò Nix con volto serio, e per un attimo le credetti per davvero.
Risi più forte di prima.

«Non c’è nulla da ridere!» trillò Nix, sbattendosi i pugni sulle cosce. Improvvisamente, sentii il rumore familiare dell’acqua che scorre, perciò alzai lo sguardo.
Impallidii.
Non solo il rubinetto si era aperto in circostanze misteriose, ma il flusso d’acqua scorreva in modo del tutto innaturale. Perché l’acqua non scorreva dall’alto verso il basso ma fluttuava nell’aria come un’anguilla. L’acqua aveva proprio la forma di un serpente volante. Rischiai di svenire quando quel serpente fatto di molecole d’acqua mi sfiorò il naso, bagnandolo.
Urlai.
Feci strusciare la sedia all’indietro per non dover toccare quella cosa, qualunque cosa fosse.
Non poteva essere acqua, l’acqua non prendeva la forma di un serpente né si muoveva come se avesse vita propria.
Mi alzai, raggiungendo con tre passi la porta della cucina, decisa a fuggire via da qualunque cosa stesse succedendo. Il mio istinto, che prima mi suggeriva di fuggire, in quel momento era come se mi imponesse di rimanere. Ma tutto ciò era fuori dal normale e io non ero un’amante del sovrannaturale.
Stavo per raggiungere il portone rosso scarlatto dell’abitazione, quando quest’ultimo si aprì da solo. Urlai nuovamente, immaginando che anche il portone fosse incantato o roba simile, quando mi apparì di fronte la figura di una Polly sotto shock.
«Cosa succede qui?!» urlò rivolta probabilmente agli altri adolescenti presenti in quella casa. Non riuscii a sorpassarla per respirare l’aria fresca e normale, perché fui avvolta da due braccia possenti. Braccia che di certo non appartenevano a Nix, o a Myrtle.
Infatti, vidi le due gemelle avvicinarsi alla madre, per poi sussurrarle qualcosa all’orecchio, agitate più che mai. Mentre le due parlavano, Polly mi guardava negli occhi senza mai staccare lo sguardo, come se temesse che potessi sfuggire dalle braccia palestrate di quel tipo senza finire in poltiglia.
Harry mi sollevò da terra per rimportarmi in cucina, e pregai che non avessero intenzione di farmi fuori per aver scoperto quella loro… stramberia.
Avevano parlato di magia, di credere in essa, ma tutto ciò era troppo surreale. Del resto, era solo acqua che si muoveva a proprio piacimento, no?
Poteva essere tutta un’allucinazione. Doveva.
«Ragazze, io le ho manipolato i ricordi. Ve lo siete dimenticato?» chiese dolcemente Polly alle due gemelle, mentre Nix si sbatteva una mano in fronte.
Manipolato cosa? A chi, poi? Le persone non potevano manipolare i ricordi, nessuno sapeva farlo.
Prima che riuscissi a formulare una frase di senso compiuto, le mani di Polly si posarono sul mio viso.
«Memento.» sussurrò. Ricorda. Ma ricordare cosa?


Poi accadde.
Vidi dei ricordi passarmi accanto come le diapositive di un film, ricordi che pensavo mi appartenessero.
Io, che a quattordici anni trovavo Mickey in un cassonetto. Poi l’immagine andò a rallentatore e i soggetti sfumarono, fino a mostrarmi qualcos’altro. 
 
 
«Lasciami! Chi siete! Siete dei mostri!» urlai.
«Stai tranquilla. Non ti farò del male, non potrei mai.»

 

C’era la neve, io, il mio diario, e quel gattino. E poi c’erano due bambine.
Una delle due aveva dei lunghi capelli blu elettrico, e una delle sue mani stava prendendo fuoco. Ma la bambina non si lamentava, né sembrava essere sconvolta da quella fiamma che ardeva sulle sue dita, anzi, ne sembrava divertita. L’ altra invece aveva dei capelli rosa pastello, corti, e rideva felice, seguendo un serpente volante fatto interamente d’ acqua.
 

«Bene, Alexis. Quando arriverà il momento giusto, ci incontreremo nuovamente. Ma fino ad allora, devi perdonarmi per quello che sto per fare.»
«Manipularis Memoriae»
 
Privati della memoria. Manipola i ricordi.
 
 
Strabuzzai gli occhi, cercando di mantenere il respiro regolare anche se con scarsi risultati.
Quella consapevolezza di aver già visto Polly da qualche parte. I dubbi che mi assalivano quando cercavo di ricordare dove avessi trovato Mickey.
Quelle persone erano esperte del controllo mentale, e avrebbero potuto farmi dimenticare persino il mio nome, se solo avessero voluto.
 
«Oh mio Dio. Chi siete? O meglio, cosa siete? Mia madre non può avermi lasciata qui con degli scienziati pazzi!» sbottai infastidita e scioccata.
Tentai nuovamente la fuga non sapendo fare altro, affidandomi all’uso delle mie gambe giovani e abbastanza veloci.
Nuovamente, delle braccia possenti mi aggrapparono i fianchi con agilità, costringendomi a tornare al mio posto. Mi poggiò le mani sulle spalle, facendomi sedere con la forza sulla sedia lasciata poco prima. Era tutto così irreale, probabilmente era uno scherzo di cattivo gusto.
«Al, calmati. Ora ti preparo una di quelle camomille che ti fanno rilassare, ok? Tu stai tranquilla.» disse Harry, osservandomi profondamente negli occhi.
Ma aspetta un attimo… Ma cosa caz..?
«E tu come fai a conoscere il mio soprannome? E come conosci le mie abitudini? Oh Dio, sei uno stalker, un pazzo maniaco! Voi volete uccidermi, non è vero?» mugolai in preda ad una crisi isterica, finché il mio fiume di parole non venne interrotto dalla mano di Harry che si posò sulla mia bocca, zittendomi.
«Non siamo pazzi, né  io sono uno stalker. Ci arriveremo dopo a quella parte, va bene? Ora devi ascoltarci attentamente. E sei pregata di non fuggire.» Aggiunse serrando appena la mascella.
Evidentemente si era stancato di rincorrermi per porre fine ai miei tentativi di fuga.
Dovevo ammettere che se non fosse stato così strano e probabilmente un alieno, o uno scienziato pazzo, o semplicemente uno schizofrenico, mi sarebbe piaciuto. Quegli occhi verdi trasmettevano –sicuramente una falsa- sicurezza e calore. Per non parlare delle braccia. Doveva essere bello perdercisi dentro.
Polly si avvicinò a me, accarezzandomi la testa con fare materno.

Sentivo che qualcosa stava per accadere, qualcosa che non mi sarebbe piaciuto vedere.
Qualcosa che sapevo, avrebbe completamente capovolto il mio modo e il mio modo di vedere le cose.

Buonciao, ragassuoleee
bene, innanzitutto mi scuso per il ritardo, chiedo perdono. come se ve ne fottesse qualcosa HAHAHAHAHA
bene, come potete vedere finalmente Polly ha fatto ricordare ad Alexis l'evento accaduto nel prologo.
E questo lo sapevate già, che Al conosceva le gemelle e Polly.
Ora, nel prossimo capitolo scoprirete un bel po' di cose, zulzerio.
scoprirete quasi tutto, perché vi servirà sapere per i prossimi capitolo.
È magia, un tipo di magia partorito dalla mia mente (poi capirete perché lol).
E boh, io vi amo tutte perché mi sostenete e seguite questa fan fiction contorta e orripilante.
Vi amo.

Ah, e sto cominciando a scrivere una nuova long sovrannaturale, visto che l'altra è quasi praticamente finita.
si chiamerà 'Burg der Lugen' e avrà come protagonista Louis. La trama è tutta nella mia testa.
Dovrei proporre le mie trame a qualcuno per farle diventare un film.
Ecco cosa accade quando passi troppo tempo a pensare a robe sovrannaturali.

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Capitolo 7
*** VI ***





                                           


                                                                                    capitolo VI

«Ok Harry, dobbiamo capire che per lei è una cosa nuova e inaspettata. È normale che voglia fuggire.» mi difese Polly, osservandomi con sorriso rassicurante.
Si sedette accanto a me, prendendo le mie mani fra le sue. Respirò forte, cominciando a raccontare.

«Ogni anno, la notte del 25 Dicembre, accade qualcosa fuori dal normale. In poche parole, accanto al nostro pianeta passa una cometa che noi chiamiamo ‘Cometa di Kroy’, che fa succedere cose strane ai neonati che vengono al mondo durante il suo passaggio. Mediamente ci impiega sei ore, quindi tutti i bambini nati fra la mezzanotte e le sei del 25 Dicembre, ricevono un dono dalla Cometa. Praticamente, questa cometa possiede dei poteri magici che trasmette ai neonati. Tu Alexis, esattamente come tutte le persone presenti in questa stanza, sei nata la notte di Natale, perciò sei una Maga.» spiegò con molta calma, mentre soppesava le parole.
Nonostante cercai una spiegazione per non crederle, qualcosa dentro me mi disse che quella era la verità.
Mi tornò alla mente il mio sogno ricorrente, quello dove io fluttuavo nello spazio mentre una cometa mi passava accanto, illuminandosi.
Polly mi diede un minuto per assorbire le sue parole, poi continuò a parlare.
«Il 25 Dicembre 1994 la cometa ha sprigionato una quantità impressionante di potere, e alcuni maghi sono fermamente convinti che il neonato che ha assunto quel dono, possa controllarla. Sei tu quella bambina, Alexis. Per qualche motivo, la Cometa di Kroy ha affidato a te i suoi poteri. Compiuti i diciotto anni, il potere dentro te è più forte, e io sono qui per aiutarti a controllarlo.»
I miei occhi passarono fra i presenti, spiegandomi il perché di tanto mistero e tante stranezze. Deglutii rumorosamente.
«Quindi voi siete tutti… maghi?» domandai spiazzata con voce tremante, mentre tre paia di teste annuivano sorridenti. Il mio sguardo si perse negli occhi verdi di Harry.
«E quale sarebbe il tuo potere, leggere nel pensiero?» domandai curiosa ma allo stesso tempo spaventata.
Se aveva letto i miei pensieri, allora… Oh, Dio.
Harry scosse la testa, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
«Beh no, ma credo che sia meglio mostrarlo che descriverlo.» disse con un sorrisetto sfacciato, posizionandosi poi davanti a me. Chiuse gli occhi, facendo poi scrocchiare le ossa del collo. In pochi secondi perse la sua forma umana, mentre gli arti si accorciavano e la sua testa cambiava forma. Era uno spettacolo strabiliante e raccapricciante al tempo stesso, fin quando Harry non scomparve sotto i vestiti.
Strillai.
Perché dalla maglietta bianca dove poco prima vi era Harry, ne era uscito un Mickey elettrizzato e saltellante.
Mi tesi in avanti, sicura che sarei svenuta da un momento all’altro. Pregai davvero di non aver visto Harry trasformarsi in Mickey, ma non trovavo una spiegazione logica.
Il mio gatto miagolò preoccupato, poi prese in bocca la maglietta mentre svaniva dalla cucina, aiutato poi da Polly che portò via gli altri vestiti. Misi le mani fra i capelli, cercando di concentrarmi su tutte le cose nuove che mi erano piombate addosso.
Io, fedele credente nella scienza, mi ritrovavo circondata da persone che possedevano poteri, grazie ad una cometa che io sognavo ogni notte. Prima che riuscissi a formulare una frase di senso compiuto, i miei piedi si mossero da soli, cercando le prove della mia pazzia. Quando uscii dalla cucina e alla mia sinistra vidi un Harry vestito solo dai boxer, indaffarato con gli altri vestiti, urlai.
Lui sobbalzò, mentre le guance gli si imporporavano a causa del fatto che lui era quasi nudo e io lo stavo squadrando da capo a piedi. Corsi di nuovo in cucina, accomodandomi con un tonfo sordo sulla sedia, mentre il mio respiro affannato riecheggiava nella stanza silenziosa.
Nix –stranamente- non parlava, forse divertendosi ad osservarmi mentre raggiungevo l’orlo della pazzia e precipitavo giù.
«V-Voi mi state dicendo che il mio dolce, tenero gattino Mickey, i-in realtà è…»
«Un figo della Madonna che si chiama Harry Styles?  Oh, sì.» rispose Nix, ammiccando.
Come non detto. Non era nella sua natura, stare zitta.
Myrtle diede alla sorella uno schiaffo dietro alla nuca, rimproverandola per quel commento stupido in un momento così delicato. Cercavo ancora di capacitarmi del fatto che la magia esistesse, figuriamoci pensare che l’unica cosa normale in quella casa, ovvero il mio gatto, normale non lo era affatto.
Harry ritornò in cucina come se nulla fosse successo, perfettamente vestito e anche di buon umore, oserei dire.
«Perché sei rimasto con me, fingendoti un tenero e adorabile gattino?» lo accusai parlando a scatti, mentre la confusione e lo sgomento lasciavano posto alla rabbia.
Lui arrossì, imbarazzato. «P-per tenerti sotto controllo, in caso loro ti trovassero.» Loro? Loro chi?! Perché era tutto un maledetto enigma?
Polly gli lanciò uno sguardo eloquente, evidentemente era una cosa che io non dovevo conoscere. Ma non m'importava, io avevo il pieno diritto di sapere cosa stava succedendo.
«Cosa? Chi? Chi avrebbe dovuto trovarmi, Harry?» domandai disperata, prossima alle lacrime.
Polly mi accarezzò piano la testa, sospirando rassegnata.
«Il Consiglio di Kroy, Alexis. Devi sapere che noi maghi possediamo una città magica chiamata appunto Kroy. Sì, precisamente, è il contrario di 'York'. Diciamo che i maghi antichi non avevano molta fantasia.» sorrise, riuscendo a contagiare persino me. Beh, chiamare una città Kroy non era il massimo.
«In questa città vi abitano i maghi con le loro famiglie, ci sono negozi, ospedali, scuole. Insomma, una vera e propria città nascosta agli occhi degli umani, dove ogni mago è libero di esporre il proprio potere. Non sai quanto è difficile vivere circondati dai mortali.»
Osservai le due gemelle dai capelli strambi e gli occhi così diversi da quelli di tutti gli altri. Non le capivo perché fino a quel momento ero convinta di essere una persona qualunque, ma potevo immaginare il loro disagio in mezzo alla gente. Ciò spiegava perché quelle due non le avessi mai viste in paese.
«Il Consiglio di Kroy è un po'come il governo di questa città. Ci sono trenta maghi, ognuno dei quali svolge un ruolo ben preciso all’interno del ‘governo’. In particolare ci sono i volgarmente detti ‘Seguaci’. Sono dei maghi che osservano tramite dei telescopi il corso che la Cometa compie, la notte di Natale. Si limitano ad osservarla, a trascrivere dati, a studiare la luce che emette quando lascia i suoi poteri sulla Terra.»
La vidi tremare leggermente, e capii che forse stava per raccontarmi qualcosa che non mi sarebbe piaciuto affatto.
Come non piaceva a lei.
«Quando tu sei nata, i Seguaci hanno notato un’anomalia nell’ammasso roccioso della cometa. In poche parole, ha emesso una luce talmente forte da allarmare immediatamente il consiglio di Kroy. Sapevano che era successo qualcosa che avrebbe potuto cambiare il mondo magico; alcuni dissero che forse era stato donato l’ultimo potere, e che da quel giorno in poi non sarebbero esistiti altri maghi. Altri invece, supponevano che il neonato alla quale era stato dato il potere, fosse in grado di governare la Cometa, tanto da riuscire a togliere i poteri ad altri maghi, a sostituirli. A quel tempo c’erano cinquanta maghi, nel Consiglio.
E quando quella notte decisero che il neonato doveva essere trovato, alcuni fuggirono via abbandonando il loro posto. Da quel giorno non fanno altro che cercarti, Alexis, perché loro non vogliono salvaguardare il futuro dei maghi, loro vogliono solo il tuo potere per sfruttarlo a loro vantaggio. »
Tutte quelle informazioni in una sola mattinata, erano una batosta bella e buona. Se fino ad un’ora prima vivevo in un mondo normale, circondata da esseri umani semplici, in quel momento mi ritrovavo sommersa in un mondo magico della quale io, a quanto pare, facevo parte. Ed avevo un ruolo per niente anonimo.
Scossi piano la testa, cercando di assemblare tutte le informazioni. «Vi sbagliate, io non ho nessun potere magico. Me ne sarei accorta, no? Ho diciotto anni e l’unica cosa sovrannaturale che io sia riuscita a fare, è stata prendere una A+ al compito di chimica, niente di più.» sbottai, rifiutando di credere che io, una normale adolescente del Chesire, potessi avere un ruolo così importante nell’intero mondo. Era assurdo.
Polly si morse il labbro inferiore, scrutandomi. «Sì invece, solo che ancora non si è esternato.» disse, riferendosi ai miei poteri.
Come poteva saperlo? Come faceva ad esserne così sicura?
«E invece no. Ci sono tante persone nate il 25 Dicembre 1994. Perché dovrei essere io, quella che cercate?»
Mi stavo arrampicando sugli specchi e lo sapevo. Cercai di concentrarmi solo per un attimo, cercando una risposta dentro me, un segno evidente. Nulla, non sentivo nulla. Mi sentivo fin troppo normale, come poteva essere possibile?
Come avevano fatto a nascondere una realtà del genere per millenni?
A quel punto, fu Harry a parlare. La sua voce roca e profonda, in contrasto con quella di Polly, mi fece sobbalzare.
«Moltissimi secoli fa, nel periodo Medievale circa, sulla Terra si schiantò un pezzo della Cometa.» raccontò, mentre il mio cervello lavorava frenetico.
La caccia alle streghe, i roghi, la paura degli uomini di essere circondati dal demonio e dalle streghe. Erano maghi e maghe, esattamente come loro, come me. Rabbrividii.
Poi ricordai il mio sogno ricorrente, la Cometa che mi passava accanto e alla quale mancava un pezzo, come se fosse stata tagliata a metà.
Più cercavo di non credere alle loro parole, più loro mi fornivano le prove per credergli.
«I Maghi di Kroy decisero di prendere alcuni pezzi della Cometa, uno per ogni membro del Consiglio. Venivano usati come collane, attaccate al collo per riconoscerci, per permettere agli altri maghi, di riconoscerci.» disse Polly, poi si alzò in piedi e raggiunse un cassetto della cucina.
Ne estrasse una collana, il quale ciondolo aveva una forma irregolare ed era fatta di pietra. Ma non era pietra normale, quella.
Prima che si voltasse per avviarsi verso di me, riconobbi la massa rocciosa della Cometa.
«I pezzi di questa Cometa non si illuminano mai in presenza di un mago.» spiegò lei, avvicinandosi ulteriormente a me.
«Ma se lo avvicino a te, Alexis Carter…» allungò la mano con la collana, avvicinandola piano al mio viso.
Impallidii piano, quando notai che la pietra cominciò ad illuminarsi, come se fosse stata una lampadina. Quando si era avvicinata ad Harry, o a Nix, o a Myrtle, il pezzo della Meteora non si era illuminato. Ma davanti a me, brillava di luce propria.
Ecco come mi aveva riconosciuta. Ecco come aveva fatto a trovarmi.

«Quando nascesti, setacciai tutti gli ospedali, partendo da Holmes Chapel. La mia collana si illuminava ad intermittenza, ciò voleva dire che tu eri vicina. E quando entrai nella sala maternità, dove tutti i neonati dormivano, ti vidi. Tua madre ti aveva già partorita, e tu stavi riposando. Avvicinai la collana al tuo viso e quella si illuminò fortemente.»
«I Maghi utilizzeranno questo tuo stesso metodo, vero?» domandai con un filo di voce. Polly annuì con la testa bassa.
Allungai piano la mia mano sinistra, fino a sfiorare con i polpastrelli la superficie rugosa di quella pietra non appartenente al Pianeta. Una scarica elettrica mi attraversò da capo a piedi, partendo dal punto in cui le mie dita e la Cometa si toccavano. Era una bella sensazione mai provata prima, fin quando la scarica elettrica non s'intensificò, e a quel punto ritirai la mano, di scatto.
Non potevo più fingere, non potevo più negare. La verità era davanti ai miei occhi.
Solo una domanda mi sorgeva spontanea.

«Cosa… Cosa dovrei fare ora?» chiesi a Polly, a Nix, a Myrtle, ad Harry. A chiunque potesse rispondermi senza demoralizzarmi, darmi un peso che forse non potevo sopportare.
«Prepararti. Devi scoprire qual è il tuo potere madre, e poi dovremo affrontare il Consiglio di Kroy. È il tuo potere e loro non devono gestirlo. Se è come credo, potrai privarli dei loro poteri come la Cometa riesce a darli. Il mondo magico ha bisogno di un nuovo Consiglio, senza corruzione e malignità. Alexis, tu sei la nostra ultima chance.»

Boom, il peso delle responsabilità mi crollò addosso come se la cometa si fosse schiantata sulle mie spalle.

Buonciao ragassuoleeee
Ed eccoci qui, finalmente qualcosa si smuove e da adesso le cose saranno più attive.
(ancora non troppo, deve ancora accadere qualcosa), però è già un passo avanti, no?
Come molte di voi avevano capito, Harry è il gatto :') LOL
e come avete capito dal trailer (lo avete guardato, vero?! è.é se non l'avete fatto, è qui >.> http://www.youtube.com/watch?v=RUJWX1yvPOM&feature=player_embedded)
Alexis ha poteri perché è nata la notte di Natale, la Cometa e robe varie.
MA C'È UN PROBLEMA, HOUSTON (?). Infatti i maghi del Consiglio vogliono Alexis
perché vogliono il suo potere perché voglio rubare i poteri o sottomettere il mondo.
Insomma, vogliono troppo.
Ora rimane da capire qual è il potere di Al blblblblblbl
Avete suggerimenti? ditelo in una recenZione.
Vi amo.

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Capitolo 8
*** VII ***







                                                    capitolo VII



 

«C-Come faccio a scoprire il mio potere?» balbettai.
Mi mancava letteralmente il respiro, il mio cervello era affollato da quel nuovo ricordo che Polly aveva riportato a galla.
Nix e Myrtle mi osservavano come se si aspettassero che io implodessi da un momento all'altro. Harry, il ragazzo che avevo scoperto essere il mio gatto, si limitava a fissarmi in modo fastidioso, studiando attentamente ogni mia mossa, ogni mia cellula che osava muoversi. Polly mi accarezzò il capo e quel tocco materno mi rilassò appena.
«A diciotto anni i poteri si amplificano, aumentano d'intensità. Ti basterà concentrarti; solo credendo riuscirai a vedere. » pronunciò l'ultima frase come se fosse stato un rituale, e la mia memoria riportò a galla un altro ricordo.
«Credendo vides.» tradussi, e le immagini del tatuaggio di Polly furono nitide e chiare più che mai.
Un paio di braccia esili mi cinsero la vita; Nix poggiò poi la testa sulla mia spalla, e capii di essermi sbagliata sul suo conto. Non era una ragazza pazza e da rinchiudere. Ok, forse un po', però era affettuosa e quel gesto mi lasciò senza parole, nonostante già non ne avessi più. Ricambiai titubante, mentre lei parlava di quanto fosse felice, e che mi avrebbe disegnata. Ma c'era un pensiero fisso mescolato alla curiosità, in quel momento.
«Non c'è un modo per scoprire subito il mio potere?»
Myrtle scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli blu elettrico.
«Beh, no. Dipende da persona a persona, è differente in ogni individuo. Come hai capito, io riesco a governare l'elemento fuoco, mentre Nix governa l'elemento acqua. E poi c'è Harry, che riesce a modificare il proprio corpo trasformandosi in animale. Infine, c'è Polly che è capace di manipolare i ricordi delle persone.» Già, me ne ero accorta dagli infarti multipli che avevo rischiato di prendere solo quella mattina. Harry notò il mi sguardo ancora spaesato e sconvolto e rise sommessamente.
«Per oggi sei stata traumatizzata abbastanza. Ti aiuteremo a scoprire il tuo potere, a potenziarlo e a dominarlo. Poi ti presenteremo agli altri.» esclamò con un sorriso capace di far letteralmente sbavare chiunque.
«Altri?» domandai inarcando un sopracciglio.
«Sì, i nostri amici. Siamo tutti una famiglia, anche se non abbiamo un legame di sangue, tranne me e Nix che siamo sorelle gemelle.» Myrtle sorrise dolcemente, mentre la sorella mi stringeva ancora a sé.
Una dominava l'acqua, l'altra il fuoco. Una era vivace, anche fin troppo, l'altra aveva un carattere mite e tranquillo. Una aveva i capelli blu, l'altra li aveva rosa.
«Wow, però siete così diverse, una l'opposto dell'altra.» diedi voce ai miei pensieri, mentre Polly sorrideva tranquillizzata dal fatto che stessi metabolizzando la mia nuova realtà.
«Ti racconterò un'altra volta la storia di Nix e Myrtle, ora voglio che finisci di fare colazione, poi vai a sistemare la tua camera. » disse Polly sorridendomi amabilmente, accarezzandomi la testa. Le sorrisi di rimando e mi alzai per andare in camera mia ad avvisare Lisa del mio giorno di assenza, poi avrei passato il giorno a sistemare tutte le mie cose che a quanto pare Polly era andata a prendere alla mia vecchia casa. Salii un paio di gradini, quando sentii lo stesso rumore poco dietro di me.
Sobbalzai quandi vidi che Harry era a pochi centimetri da me. L'aria da ragazzo pericoloso non c'era più, e aveva lasciato il posto ad un ragazzo della mia età timido e dall'aria dolce.
«S-Se vuoi ti aiuto a sistemare la tua camera.» sussurrò torturandosi le mani.
«Ehm... Ok, Mick.. Harry.» mi corressi stringendo poi le labbra per la figuraccia. Harry rise, mostrando una fila di denti bianchi e delle fossette che alzarono il mio diabete. Salimmo insieme le scale, entrando poi nella mia nuova camera. Solo osservare tutti quegli scatoloni mi faceva venire voglia di piangere; avremmo finito di sicuro nel tardo pomeriggio. Fra me e il riccio si venne a creare un silenzio imbarazzante, perciò dissi la prima cosa che mi saltava per la testa.
«Ho sempre pensato che fossi un gatto strano, ma non avrei mai creduto che tu...» Cercai le parole adatte, ma furono l'entrata di Nix e le sue parole sincere, a completare la frase al posto mio.
«Che fosse un figo con i pettorali?» Harry sobbalzò dallo spavento e arrossì vistosamente.
«Vai al diavolo, Nix!» le urlò. Nix gli fece una linguaccia e due secondi dopo un serpente fatto interamente d'acqua gli si schiantò sul viso. Questa volta cercai di non sembrare paralizzata dalla paura, dovevo abituarmi ad avvenimenti strani per casa, a partire da Nix e dalla sua passione per l'acqua fluttuante. Harry sospirò rassegnato, passandosi indice e pollice sugli occhi per rimuovere l'acqua.
«Sento che sarà una convivenza lunga e crudele.»
Tu dici, Harry?



Un tuono assordante mi fece svegliare di soprassalto. Mi osservai intorno con gli occhi socchiusi, rendendomi conto che era ancora notte fonda. Un respiro oltre al mio erano gli unici rumori della stanza, mescolati con il picchiettare della pioggia. Mickey riposava vicino al mio cuscino, acciambellato in una posizione che sfidava le leggi della fisica. Ebbi l'impulso di abbracciarlo ma ricordai Harry, il ragazzo che a quanto pare era capace di trasformarsi in un animale, ed era rimasto con me sotto forma di gatto. Mi chiesi se non fosse stato tutto un mio sogno contorto, quando osservai la mia camera, le valigie disfatte, gli scatoloni non c'erano più.
Tutto reale, Alexis, pensai.
Mi stropicciai gli occhi con i pugni chiusi, poi mi alzai lentamente dal letto per non svegliare il gatto… il ragazzo… Harry, insomma. A passo felpato e leggermente traballante riuscii a raggiungere in davanzale freddo della mia finestra, dalla quale potevo osservare la notte e la Luna nel cielo. Mi sedetti sul davanzale dopo avervi messo sopra un cuscino, e appoggiai la schiena al muro che contornava la finestra, osservando il temporale.
Avevo una strana attrazione per i temporali, io. A differenza di Lisa, che si nascondeva o sobbalzava udendo il rumore di un tuono o osservando lo straccio di un lampo, io ne rimanevo affascinata. Mi piaceva osservare i lampi che squarciavano il cielo scuro e stellato, sembravano dei grandi alberi bianchi, luminosi e ramificati messi al contrario. E il rumore rimbombante che arrivava pochi secondi dopo, a seconda della distanza dove il lampo si era schiantato, interrompendo bruscamente il silenzio, mi faceva accelerare il battito cardiaco. Le gocce di pioggia scorrevano sul vetro della finestra, e parevano danzare al ritmo del temporale. Sobbalzai portandomi una mano sul cuore, quando vidi una palla di pelo scattare nella mia direzione. Gli occhi verdi erano grandi e lucenti, forse anche un po’ assonnati.
Harry –perché dovevo rassegnarmi, Mickey non era mai esistito- miagolò sommessamente, come a chiedermi cosa non andasse. Gli sorrisi, poi il mio sguardo si posò sul mio letto. Era giusto dormire con uno sconosciuto, nonostante questo avesse il potere di trasformarsi in un gatto? In fondo era sempre un gatto, no? In quel momento non era un ragazzo strabiliante con le fossette, i pettorali, i tatuaggi, e tutto quel ben di Dio addosso. Gli accarezzai la testolina come ero solita fare, immaginando di scompigliare la matassa informe che aveva al posto dei capelli.
«Andiamo a dormire, gatto.»

Quando mi svegliai a causa di alcune carezze delicate sulla testa, pensai immediatamente a mia madre. Avrei dovuto mandarle un’email. Aprii gli occhi, trovandomi Polly che sorrideva dolcemente, mentre mi osservava con cautela.
«Svegliati Alexis, oggi ti accompagno io a scuola.» disse lasciandomi poi un bacio sulla fronte. Uscì dalla camera e io mi preparai mentalmente ad affrontare qualcosa che era molto più pericoloso dei Maghi e della Magia. Lisa e la sua ira.

«Perché ti sei tatuata la scritta ‘Credendo Vides’ sul polso?» domandai osservando le mani di Polly poggiate responsabilmente sul volante dell’auto. Però non aveva perso quel suo vizietto di viaggiare a cento all’ora, come se sapesse che chiunque l’avesse vista, avrebbe potuto dimenticarlo. E in effetti, era vero. Polly mi osservò per un istante, poi tornò a concentrarsi sulla strada. «Perché è il segreto per capire chi sei davvero. Un modo per contraddire chi crede che la realtà che percepisce, sia l’unica esistente.» sorrise vittoriosa, perché era esattamente ciò che aveva fatto con me: contraddirmi alla grande. Intravvidi l’anonimo edificio che era la mia scuola, e sistemai lo zaino in spalla e la gonna scozzese color vomito secco. Maledette divise.
Aprii la portiera, quando Polly mi poggiò una mano sul braccio, invitandomi a guardarla.
«Ah, Alexis, non parlare con nessuno di ciò che è accaduto ieri. È un segreto che pochissimi semplici umani sanno, quindi non parlarne con i tuoi amici.»
Annuii e la salutai, avviandomi verso Lisa che, con la mia stessa divisa –che come me odiava- e i capelli stranamente sciolti sulle spalle, mi aspettava a braccia conserte.
«Ciao Lisa.» lei ricambiò il mio saluto e ci avviammo verso l’edificio che brulicava di studenti. Naturalmente non esitò a domandarmi come fosse la mia nuova casa, le mie coinquiline, le pazzie che facevano. Le parlai di tutti e anche di Nix, perché sapevo le sarebbe piaciuta molto. In effetti, ora conoscevo ben due persone completamente pazze, solo che una si divertiva a giocare con l’acqua.


«Concentrati, Al.» sussurrò Harry accanto a me. Se continuava a starmi vicino e a sussurrare con quel tono quasi seducente, non avrebbe di certo migliorato la situazione. Respirai a fondo, osservando i quattro volti davanti a me.
Eravamo seduti al tavolo, e su di esso vi erano vari oggetti: una candela accesa, un bicchiere d’acqua, una piantina. Dovevano simboleggiare gli elementi della natura, compreso il vento che potevo creare senza aver bisogno di un oggetto specifico. Era un buon modo, per trovare il mio potere. Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi al massimo. Immaginai di essere sola, di alimentare delle fiamme, di muovere l’acqua a mio piacimento, di far crescere le piante, di creare piccoli uragani danzanti. Mi convinsi che io ero capace di farlo e ci sarei riuscita, ma quando aprii gli occhi tutto rimase invariato. Sbuffai infastidita dal mio insuccesso.
«Io continuo a credere che abbiate sbagliato persona. Voglio dire, guardatemi!» mi indicai esasperata, alzando poi le mani al cielo. Nix sorrise maliziosa, alzando le sopracciglia.
«Oh, fidati, Harry lo fa già abbastanza.» esclamò. Il mio sguardo saettò su Harry che era diventato color porpora, mentre sgridava la ragazza sfrontata. Beh, che Harry mi fissasse me ne ero accorta. A volte sembrava possedere ancora i comportamenti felini. Però nessuno mi aveva risposto, e alzai gli occhi al cielo.
«Io sono solo Alexis Carter, una comune diciottenne che viveva con sua madre e che ora aspetta di finire l’ultimo anno in quella scuola di pazzi. Non posso essere una strega!» sbottai quasi sull’orlo dell’isteria, cercando di ricordarmi perché io ero così importante. Polly si riavviò i capelli con un gesto secco, respirando a fondo.
«È questo il tuo problema, Alexis! Se tu non credi di avere potenzialità e non riesci a concentrarti, sarà tutta una perdita di tempo! Tu sei forte Al, possiedi un potere sconfinato che aspetta solo di essere scoperto e domato.» I suoi occhi color caramello brillarono quasi con fierezza, e capii che avrei dovuto provarci. Per lei, per Nix, per tutte le persone che ponevano la loro fiducia in una diciottenne che credeva poco alla magia, ma che ne era inghiottita.
Chiusi gli occhi e mi concentrai maggiormente, avvertendo qualcosa di nuovo crescere in me.








Buonciao, ragassuole! comincio con lo scusarmi per l'attesa,
ci ho messo una vita ad aggiornare hahahah c': ma sono stata in gita,
un po' mi scocciava scrivere, e non ho tempo per fare nulla. YEEEEE.
Però oggi ho deciso di aggiornare, fanculo tutti >.>
Bho, è arrivato maggio e io sono leggermente depressa, ma solo leggermente.
ç_______ç fottetevi tutti.
Boh, io vi amo, siete sempre così zuccherose nelle recensioni **
Grazie anche a chi legge silenziosamente gthyjgbf ♥
Uhm non ho niente da dire c': quindi sciao bele ♥

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Capitolo 9
*** VIII ***




vi chiedo scusa per l'enorme ritardo, ma l'ultimo mese di scuola è una brutta bestia, e la mia vita
sociale sta quasi, stranamente, resuscitando. Eh, l'amour LOL




                                                          capitolo VIII



 

Chiusi nuovamente gli occhi, avvertendo una nuova potenza entrarmi dentro. O forse stava semplicemente uscendo fuori. Respirai forte un paio di volte, prima di aprire gli occhi per verificare quale elemento della natura avesse reagito al mio potere. La fiamma splendeva pigra, l'acqua era immobile, così come la piantina.
Nulla, nemmeno una folata di vento.
Avevo fallito di nuovo.
Abbassai la testa, sconsolata, ma non dovevo perdermi d'animo. Dopo qualche secondo di deluso silenzio, Myrtle parlò come se avesse avuto un colpo di genio.
«Forse stiamo sbagliando strada, magari il potere di Alexis non è legato agli elementi della natura, ma a qualcosa di diverso!»
«Sì, ma cosa? Se lei non viene spronata ad usarlo, quando arriverà il momento ne sarà sopraffatta e non potrà impedire ai maghi oscuri di appropriarsi del suo potere.» disse Polly con tono quasi esasperato.
«Alexis, tu hai un legame forte con la Cometa, devi solo riuscire a canalizzarlo.» continuò capelli blu, rimanendo ottimista, superando quasi gli standard della sorella che era il sole e la schizofrenia fatta persona.
«Voi altri come avete fatto? A scoprire il vostro potere, intendo.» domandai a quel punto, rapita dalla curiosità e dalla possibilità di una facilitazione del compito.
Forse scoprire il modo in cui il loro potere era venuto fuori, mi avrebbe aiutata almeno in parte. Fu ancora una volta Myrtle, con la sua voce cristallina e soave, a rispondermi.
«Per chi cresce nell'ambiente magico è più facile, quasi spontaneo. Avviene e basta, perché tu sei circondato dalla magia e sai che esiste, sai di farne parte. Per quelli come te, che non ci credono molto, è più difficile.»
Perfetto, davvero una bella notizia.
«Io per esempio, quando avevo dieci anni, stavo bevendo dell'acqua dal bicchiere. Solo che il liquido invece di farsi bere, vorticava in aria. Il mio potere mi faceva i dispetti, capisci?!» esclamò Nix quasi offesa, riuscendo a strapparmi un sorriso.
«Io invece stavo guardando il fuoco scoppiettante nel camino, e ne staccai tante piccole fiammelle che gironzolavano per la camera» confessò Myrtle, ridendo del ricordo.
«Io stavo facendo una corsa ad ostacoli contro Liam. Volevo correre più veloce, così mi trasformai in un leopardo.» Harry mi sorrise sornione, come a farmi capire che la reazione dell’amico non era stata delle migliori, a quei tempi. Forse l’aveva accusato di essere un imbroglione, e magari gli aveva scatenato contro il suo potere.
A quel punto osservammo tutti Polly, che strinse le labbra quasi come se non volesse confessare il modo in cui aveva scoperto il suo potere di manipolare i ricordi.
Sbuffò infastidita. «Desideravo disperatamente che mio padre dimenticasse di avermi scoperta a pomiciare con il mio ragazzo, e pochi secondi dopo accadde.»
Spalancammo la bocca, sorpresi e divertiti al tempo stesso, mentre lei alzava un sopracciglio.
«Che c’è? Anche io sono stata giovane, sapete?» esclamò con stizza, incrociando le braccia al petto. Scossi la testa, sorridendo.
«Esistono poteri uguali fra loro? Voglio dire, potrei avere lo stesso potere di Harry, o di Nix?» solo dire il nome di quel ragazzo mi provocava una strana sensazione allo stomaco. Poi sorrideva sempre, tanto da essere più tenero da umano, che da gatto. Incredibile, nessun essere umano era più tenero di un gatto.
«I poteri sono soggettivi e cambiano da persona a persona. Possono essere simili, ma mai uguali.» rispose Nix con tono saccente, ottenendo l’approvazione degli altri.
Bene, qualunque potere avessi io, non riguardava gli elementi della natura. E considerando la varietà di poteri esistenti (quello di Polly era difficile da indovinare), mi si aprivano una marea di porte, e solo una era quella giusta.
Ero nella merda.
 
 


Alla fine avevano tolto tutte quelle cianfrusaglie dal tavolo, e ognuno era tornato agli affari propri. Myrtle e Nix studiavano chimica, Polly era al telefono con chissà chi.
Rimanemmo io ed Harry, i due idioti che non avevano nulla da fare. Qualche pensierino su cosa avremmo potuto fare il mio cervello lo partorì con piacere, ma mi limitai a scacciarli.
«Senti, ti andrebbe di andare a fare un giro? Prendiamo qualcosa da Starbucks.» chiese all’improvviso. Fui tentata di dirgli di no, ma era pur sempre il mio gatto e anche se pensavo il contrario, lo conoscevo bene. Mickey era gentile, affettuoso, da coccolare. Harry non sembrava da meno. Gli sorrisi e accettai, inoltrandoci nel freddo di Gennaio.
 


Quando poggiai il mio deretano sulle comode sedie della caffetteria, ordinai una cioccolata calda. Harry fece lo stesso, rilassandosi grazie al tepore di quel posto.
«Ti vedo preoccupata. Qualcosa che non va?» chiese, sorridendo in modo da farmi capire che era anche un po’ sarcastico. Dopo tutto il peso che mi avevano scaricato addosso, era normale sentirti poco all’altezza e con la voglia di sparire dal mondo.
«È tutto così strano e… inverosimile! Com’è possibile che il destino dei maghi sia nelle mie mani?» mi sfogai, dando voce ai pensieri che mi assillavano da ore.
«Se la cometa ha scelto te, ci sarà una motivazione, non credi?»
Osservai Harry con un sopracciglio inarcato. «Tipo?»
Lui scosse le spalle. «Sei bella.»
Arrossii vistosamente a quel complimento, anche se non giustificava la scelta della Cometa. Lui invece sorrise sincero, e quegli occhi verdi sembrarono brillare ancor di più.
«E poi ami i gatti.» continuò ammiccando malizioso.
Mi schiarii la voce, consapevole di doverne parlare, prima o poi.
«A proposito di tutti i discorsi stupidi che ti facevo… Io non sono pazza.» sentii il viso andare a fuoco, probabilmente fino alla punta dei capelli, ricordando tutte le stupidaggini dette al felino. Fra tutti i gatti del mondo, proprio io dovevo acchiappare quello che in realtà era un umano. E che umano. Harry si morse un labbro inferiore, come a decidere se credere che fossi sarcastica, o no.
«Al, una volta mi hai messo il tutù del tuo bambolotto. Mi sono sentito umiliato, lo sai?» si indicò con l’indice, tentando inutilmente di nascondere una risatina.
«Ti stava d’incanto!»
«Sembravo un fottuto gatto gay!»
«Ma eri comunque adorabile! Ho ancora la foto, sai?» sorrisi malvagia.
«Foto che cancellerai sedutastante.» minacciò con tono serio e terrorizzato allo stesso tempo. Sorrisi di più, se possibile.
«Ma anche no.» ribattei, incrociando le braccia al petto.
«Oh, invece sì.»
«Ho detto di no.»
Harry osservò il mio cellulare, poggiato precedentemente sul tavolino, per due secondi netti, poi utilizzò la sua agilità felina per prenderlo e rovistare nella galleria di foto. Tentai di strapparglielo dalle mani ma senza alcun risultato, mentre il touch screen impazziva per le troppe dita premute in una volta. Senza rendercene conto, avevamo inviato la tanto temuta foto. Harry osservò con occhi strabuzzati il cellulare che avvisava dell’avvenuto invio dell’ MMS.
«Oh no, no, NO! Dimmi che non l’ho inviata a Nix, ti prego!» ululò, mentre io osservavo il destinatario (Nix) e il messaggio appena mandato (la foto). Scoppiai a ridere senza ritegno, mentre Harry si teneva la testa con le mani, raggiungendo il picco della depressione.
«Mi prenderà in giro per tutta l’eternità.» piagnucolò, mentre il cameriere ci portava le due tazze di cioccolata calda. Cercai di bere senza scottarmi o soffocare a causa delle risate, immaginando Nix che si spanciava sul pavimento dopo aver ricevuto quel bellissimo MMS.
 
Qualche minuto dopo, camminavamo tranquilli verso casa, così pensai di porgli una domanda, una delle tante, che mi assillava da un po’.
«Harry, perché sei rimasto con me? Avevi solo quattordici anni, come avresti potuto proteggermi?»
Lui mi osservò per un attimo, e le gote gli si arrossarono leggermente.  «Beh… Mi stavi simpatica. Vedi, quando avevo quattro anni, i miei genitori divorziarono. Mia madre andò a vivere a Manchester, e mio padre a New York. Poi l’undici Settembre morì nell’attentato alle Torri Gemelle, e mia madre cadde in depressione perché in fondo lo amava ancora. Cominciò a bere, e perse il lavoro. Così gli assistenti sociali vennero a prendermi, però io odiavo quel posto, e scappai. Polly mi trovò, per poi portarmi a casa sua; quando le raccontai la mia storia, le parlai di quanto fossero belle le notti di Natale in famiglia, quando festeggiavamo insieme il mio compleanno. Da lì Polly capì che ero un mago, e mi tenne con sé. Manipolò i ricordi di mia madre e degli assistenti sociali, cosicché non mi cercassero più.» Gli cadde una piccola lacrima che raccolse in fretta.
«La tua era l’unica famiglia che conoscevo, dopo Polly, Myrtle e Nix.» finì, e capii che lui desiderava un po’ di affetto, che dalla sua famiglia non aveva mai avuto.
«Beh, come sai mio padre se n’è andato pochi giorni dopo il tuo arrivo, e ancora non capisco perché.» sorrisi tristemente, capendo in fondo come si sentiva. La mia vita era perfetta e armoniosa, fin quando mio padre era stato con noi. Poi era stata una continua lotta.
Mentre Harry assorbiva quelle parole e il mio sguardo carico di nostalgia, abbassò colpevole lo sguardo.
 


 
Quando bussai al portone di casa Ward, venne ad aprirci una Nix totalmente fuori controllo. Appena incrociò gli occhi verdi di Harry, scoppiò a ridere in maniera malsana e letteralmente da manicomio. Nella mano destra teneva stretto il suo cellulare, con la foto di “Mickey” passione Ballerina, come sfondo. Mi morsi il labbro per non ridere insieme a lei, mentre il riccio metteva il muso, indignato.
«La foto che mi ha mandato Alexis è fantastica, non vedo l’ora di mostrarla agli altri!» esclamò capelli rosa, mentre ad Harry sembrava uscire il fumo dalle orecchie.
«Scordatelo! Dammi quel cellulare, adesso.» sbottò, stringendo i pugni. Cominciarono a corrersi dietro come fa un cane da caccia con la sua preda, cercando di essere più agile e veloce solo per il gusto di acchiapparla e condannarla a morte certa. Corsero avanti e indietro per una decina di secondi, poi Harry saltò in aria. I vestiti si strapparono, il suo corpo cambiò forma così velocemente da chiedermi come avesse fatto. Atterrò sul pavimento una bellissima pantera nera, che immediatamente fece accasciare Nix con una zampata sul fianco. Urlai spaventata, era pur sempre una pantera ed io non ero abituata!
«Harry, non distruggere il salotto!» lo rimproverò Polly, mentre poi toglieva dalle mani di Nix il famoso cellulare. Osservò la foto, riconoscendo Harry, poi rise sguaiatamente.
«Cacchio Harry, eri bellissimo!»
Il riccio mi avrebbe odiato per sempre, me lo sentivo.





 

EBBENE SI, SONO VIVA.
Vi prego di perdonarmi per l'immane ritardo, spero non accadrà più ç.ç
Bene, come potete vedere questo capitolo è di passaggio, se non per il fatto che si conosce la storia di Haz.
Well, preparatevi per il prossimo perché sarà BOOM, PATAPOOM, BOMBOOOOOM.
Comprendi?
Bene, non ho molto da dire, se non che spero cagherete ancora questa storia, vi amo dalla prima all'ultima ç.ç
sciao beleeeee
with love,
@killyourcrush (ho cambiato nome su twittaaah hahaha c:)

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Capitolo 10
*** IX ***






                                                         



                                                          Capitolo IX


 

 

Sussultai, avvertendo una vibrazione provenire dalla mia tasca sinistra. Presi il cellulare e sorrisi istintivamente, rispondendo poi alla chiamata.
«Hey, mamma!»
«Alexis! Tesoro, come stai?» chiese lei premurosa. In quel momento sentii ancora di più la sua mancanza, la voglia di abbracciarla.
«Io sto bene. Tu invece, come te la cavi?»
«Oh, bene. Le persone qui sono molto disponibili, almeno quelle in ufficio. E l’appartamento è davvero carino, ti piacerebbe.» aggiunse con una nota malinconica, mentre mi si stringeva il cuore. Cercava di sembrare felice, spensierata, ma sentivo che c’era qualcosa sotto, forse la nostalgia.
«Mi manchi.» aggiunse poi, mentre la voce le si spezzava sull’ultima sillaba. Mia madre piangeva raramente da quando mio padre era andato via. Aveva speso tutte le sue lacrime in quei mesi, e poi ne era uscita più forte che mai, dai vetri rotti che era la nostra famiglia.
Sorrisi tristemente. «Anche tu. È strano, sai, vivere senza di te» le confessai facendo una piccola smorfia con la bocca, nonostante lei non potesse vedermi.
Forse avrei dovuto aggiungere che non solo era strano vivere senza lei, ma vivere con quelle persone in particolare, che erano tutto tranne che normali.
«Ora devo andare. Sii forte, Al.»
Scattai sull’attenti, perché mia madre non era solita dire quella frase, se non strettamente necessaria, se non sentita dal profondo dell’anima.
Le uniche volte in cui l’avevo sentita dire “sii forte”, fu quando piansi per l’abbandono di papà, e quando lo zio Josh partì in missione, senza sapere se sarebbe ritornato.
In entrambi i casi, l’aveva detto per affrontare una guerra, reale o interiore, e proprio non capivo perché me lo avesse detto.
«Cosa? Cosa vuoi dire, mamma?» le chiesi sospettosa, ma un secondo dopo l’unico suono che mi arrivò alle orecchie, fu quello della linea ormai interrotta.
Osservai ancora per qualche attimo lo schermo del cellulare, poi andai al piano inferiore per cercare Polly.
Sedeva al tavolo, da sola, mentre leggeva un giornale e sorseggiava del liquido ambrato, probabilmente del the. Mi fermai ad osservarla, e lei fece lo stesso, studiando il mio nervosismo con una strana consapevolezza.
«Mia madre mi ha chiamata, e prima di chiudermi il telefono in faccia mi ha detto “sii forte”. Tu sai cosa voleva dire, vero?» l’accusai con una punta di nervosismo. Mi avevano nascosto la mia vera natura per anni, erano passate tre settimane e del mio potere non c’era traccia, ora ci si metteva anche mia madre. Non riuscivo più a reggere nulla.
Polly si morse il labbro, poi chiuse gli occhi mentre respirava amaramente. Quando li riaprì, mi fece segno di sedermi accanto a lei. Obbedii.
«È stata un’idea di tua madre. Tutto. È stata lei a chiamarmi, quel giorno. Mi ha chiesto di tenerti con me perché lei non poteva più. Sapeva che a diciotto anni i tuoi poteri sarebbero aumentati d’intensità, e che saresti stata in pericolo.»
Boccheggiai, incredula di aver vissuto con una donna, per tutti quegli anni, che mi guardava e sapeva che non ero una bambina come tutte le altre. Mi guardava, e capiva che ero in costante pericolo, avvinghiata ad un destino che forse avrei preferito non avere.
«Aspetta… Mia madre sa che tu sei una Maga, che io sono una specie di… prescelta?» alzai la voce di un’ottava, prossima ad un attacco isterico.
«Quando nascesti e il Consiglio notò un’anomalia nella Cometa, cominciammo a litigare. Avevano capito che era nato un Mago molto potente, persino più di tutti loro messi assieme. Un mago capace di governare la magia proprio come faceva la Cometa. Alcuni, come me, abbandonarono il Consiglio quella notte stessa, fuggendo. La prima cosa che feci, fu andare negli ospedali di Londra e cercare questo neonato che con la sua nascita era stato capace di far brillare i pezzi rocciosi della Cometa. Quando ti trovai che dormivi nella tua culla, tua madre mi scoprì. Certo, avrei potuto semplicemente manipolarle i ricordi e farle dimenticare tutto, ma mi serviva l’aiuto di qualcuno sulla quale contare. Era una guerra troppo grande per insabbiarla.»
Sembrò quasi scaldarsi per ciò che era stata costretta a rivelarmi, forse avrebbe preferito non dovermelo raccontare mai. Ma era tutta una continua bugia, uno scorrere di bugie.
«Perciò le hai raccontato tutto? Mia madre sapeva tutto, sin dall’inizio?»
Non rispose con “sì” o “no”, perché entrambe sapevamo la risposta che mi avrebbe dato.
«In questi anni non ha fatto altro che proteggerti. I membri del Consiglio ti cercano da diciotto anni, ora più che mai.»
«Ma cosa diamine vogliono da me? Sono solo un’adolescente!» strillai in preda alle lacrime, perché in poche settimane mi ero ritrovata con dei poteri magici (che ancora non avevo scoperto) e un mondo da salvare da persone che mi cercavano. Era troppo da sopportare, tutto in una volta.
«Se loro ti trovassero, ruberebbero il tuo potere. E rubare il tuo potere significherebbe poter controllare quello degli altri, toglierlo ai maghi per appropriarsene. Vogliono governare questo mondo, e questa è la loro unica occasione.»
Mi osservò con occhi stanchi, e per la prima volta, vi lessi la paura, all’interno di quello specchio dell’anima.
«Una dittatura.» esalai esterrefatta, mentre Polly annuiva gravemente.
«Quindi io dovrei fare.. cosa?»
Nonostante Myrtle, Nix ed Harry non fossero in casa, facevano di tutto per aiutarmi. Anche Polly cercava di infondermi coraggio, ma io non avevo mai compreso cosa dovessi fare, di preciso. Non me lo avevano mai spiegato, forse per non mettermi troppa pressione. Improvvisamente, desiderai avere Harry sotto forma di gatto accanto a me, per poterlo accarezzare e sentirlo come un’àncora di salvezza.
«Il prossimo Natale affronteremo il Consiglio di Kroy. Quando la Cometa passerà accanto alla Terra, si presuppone che il tuo potere da Maga aumenterà, lasciando però spazio ad un nuovo potere, quello della Cometa. Se è come pensiamo, riuscirai a manipolare i poteri degli altri. Quello che dovrai fare sarà privare il Consiglio dei propri poteri, rendendoli dei semplici umani. Se ciò avrà successo, potrò manipolare le loro menti, e poi eleggeremo un nuovo Consiglio.»
Una guerra. Quello che Polly mi aveva proposto, era una vera e propria guerra civile. Da un lato noi, dall’altro il Consiglio. Rabbrividii.
«Scoprirò il potere della Cometa la notte di Natale, vero?»
«Già, è una bella fregatura.»
Sospirai pesantemente con mani tremanti, e la domanda nella mia testa, alla fine, era sempre la stessa.
«Perché proprio io? Perché non Nix, o Harry?»
«La vera domanda è: “E perché non tu?” Cosa hanno loro più di te? Le persone non hanno quello che meritano, hanno quello che gli capita. Magari sarebbe capitato a Nix, e ora anche lei si chiederebbe “Perché a me?”
Non siamo noi a decidere, Alexis, questo è ciò che la natura (e nel tuo caso, la Cometa) ci ha dato, e non possiamo far altro che accettarlo e farcelo piacere.»
La serratura del portone scattò, e vidi una testa riccia e castana fare capolino in cucina. Harry vide il mio viso affranto, e per tirarmi su il morale fece spuntare due adorabili orecchie da gatto, che uscivano fuori dalla sua massa di capelli. Scoppiai a ridere, poi ringraziai Polly per le delucidazioni.
Lei mi accarezzò e andò al piano superiore, portando con sé ciò che rimaneva della sua tazza di the ormai quasi finita. La osservai, e la trovai una donna forte, possente, capace di affrontare il mondo. Ma sapevo anche che lei, come me, era una brava attrice nel nascondere le cicatrici e la stanchezza.
«Harry?»
Il ragazzo mi osservò incuriosito, masticando una ciambella, mentre nell’altra mano aveva un sacchetto contenente altri dolciumi. Me ne offrì uno, che presi con entusiasmo.
Con lo sguardo (aveva la bocca piena), mi fece cenno di continuare. Sorrisi timidamente.
«Ti andrebbe di aiutarmi a scoprire il mio potere? Posso farcela, devo solo riprovare, no?»
Lui sorrise e due minuti dopo, eravamo seduti nell’enorme soggiorno, circondati dai due sterei e dalle numerose poltrone. Avevo chiesto al ragazzo, pochi giorni prima, perché ce ne fossero due nella stessa stanza, e lui mi aveva risposto dicendomi che Nix e Myrtle avevano gusti musicali differenti, e che l’una non osava mettere il cd nello stereo dell’altra.
Mai viste due sorelle così diverse, e anche gemelle!
Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi al massimo. Harry mi aveva detto che non dovevo concentrarmi su una cosa, ma su me stessa. Era come dover scavare al mio interno fin quando non avessi trovato la mia “vocazione”.
«Desidera ardentemente qualcosa, tipo librarti in aria. Non so, immagina qualcosa che ti rilassi… Cosa ti rilassa?»
«Accarezzare Mickey mi rilassava molto.» risposi senza pensarci, per poi strabuzzare gli occhi con una mano davanti alla bocca. Harry rise, prendendo una mia guancia fra indice e pollice e strizzandola.
«Sì, lo so, ero il gatto perfetto.»
Sorrisi timidamente, rossa come un peperone, e chiusi nuovamente gli occhi. Avvertivo qualcosa, come uno spillo che mi pungeva ad intermittenza e sempre nello stesso punto, come se volesse attirare la mia attenzione verso qualcosa di preciso. Inspirai profondamente, fin quando…
delle urla non mi fecero sobbalzare e perdere due anni di vita.
Nix era saltata sul divano, fatto un salto mortale, ed era atterrata in perfetto equilibrio proprio davanti a me.
«Ciao Al, cosa stavi facendo?» trillò oscillando le buste di cartone contenente chissà quali vestiti stravaganti. Subito dopo entrò Myrtle, con il suo carattere mite e pacato, mentre poggiava le sue buste sulla poltrona. Ne pescò, da una di esse, l’ultimo cd dei The Script, che subito mise nel suo stereo.
Nix, interpretando quel gesto come una sfida, prese dalla sua busta l’ultimo cd di JessieJ, inserendolo nell’altro stereo.
«Sentiamo prima il mio!» trillò verso la gemella, che incrociò le braccia al petto con espressione seria.
«Scordatelo, ora sentiamo il mio.»
«Ma anche no, toglilo o te lo sfascio buttandoci sopra dell’acqua.»
«Ah, sì? E io gli faccio prendere fuoco, con il tuo cd dentro!»
Nix sembrò esterrefatta dalla minaccia della sorella, tanto che prese il telecomando del suo stereo, e fece partire il cd a tutto volume. Myrtle, per non dargliela vinta, fece la stessa cosa, e in pochi secondi la casa fu invasa da un rumore assordante provocato da due cd diversi (seppur bellissimi).
Quel rumore era fastidiosissimo, confondeva la mente perché tu non sapevi quale canzone ascoltare, quali parole udire.
E fu a quel punto, che tutto accadde.

Pensai alla cosa che mi faceva rilassare, a ciò che mi rendeva spensierata e che teneva i problemi ben lontani da me.
Pensai ai lampi, a quegli alberi bianchi e al contrario, che si ramificavano fino a terra.
Immaginai un lampo scaturire dalle mie mani, per poi provocare un tuono assordante, proprio come nei temporali.
Pochi secondi dopo, ci fu il silenzio.
Aprii gli occhi, trovandomi davanti una scena raccapricciante e allo stesso tempo divertente.
I due sterei erano entrambi esplosi, ed ecco spiegato “il tuono”. Le mie mani, invece, sparavano piccoli lampi bianchi, attorcigliandosi fra le dita e tutt’attorno al mio corpo.
Harry si era nascosto dietro il divano, e urlava cose del tipo “oh mio Dio, è pazzesco, pazzesco!”
E poi c’era Nix, che come Myrtle, aveva la faccia annerita a causa dell’esplosione.
«Polly! Abbiamo scoperto il potere di Alexis!» strillò correndo al piano superiore.



 

SPATAPAMMMMM
Complimenti alle persone che hanno indovinato il potere di Alexis (fanculo, vi odio :( ♥ )
beeene, ammetto che l'ultima scena, anche se scritta male, dovete immaginarla per ridere hahaha
Nix con la faccia nera stile cartone animato, omg hahahaha
Bene.
Nel prossimo, vi spoilero, conoscerete i ragazzi c:
Ma parliamo di questo capitolo: la madre di Al sapeva tutto, il potere di Alexis è finalmente uscito fuori (causando qualche danno)
E niente, mi scuso per il ritardo e risponderò alle recensioni il prima possibile.
Grazie a tutte per il supporto frghbfd siete stupende ♥

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Capitolo 11
*** X ***








 

Capitolo 10                            



 

«Elettricità.» affermò Polly osservando incuriosita e affascinata le mie mani, contornate da piccoli lampi bianchi che si ramificavano attorno alle mie braccia.
«Elettricità?»
«Elettricità.» confermò nuovamente, annuendo.
«Wow, elettricità!» esclamò Nix, euforica.
«Ehm Polly, mi dispiace per gli sterei, prometto che te li ripagherò.» abbassai lo sguardo con aria colpevole, mentre i pezzi dei due oggetti tecnologici erano ancora bruciacchiati e sparsi intorno al salone.
«Oh, non preoccuparti, tanto me li ha regalati un mio caro amico. Piuttosto, dovremmo concentrarci su di te. L’elettricità. E chi l’avrebbe mai detto?»
In effetti, mi davo della stupida perché avrei dovuto pensarci prima. Quella mia passione innata per i tuoni e i lampi, la mia voglia di fare, un giorno, la meteorologa.
Il mio sogno più grande, da bambina, era di farmi colpire da un fulmine e uscirne indenne.
«Un potere straordinario, hai la vaga idea di cosa potrebbe fare lei con le sue sole forze?» trillò Harry, toccando con l’indice la mia mano. La ritirò di scatto, urlando per aver preso la scossa. Agitò la mano ferita e mi guardò come se gli avessi volutamente fatto del male.
«Beh, tecnicamente l’elettricità, o meglio la corrente elettrica, consiste in un flusso di elettroni. E praticamente tutto, su questo pianeta e nell’intero Universo, è fatto da elettroni. Quindi Alexis può fare… tutto.» Myrtle diede una piccola spiegazione e tre paia di occhi mi guardarono ammirati.
«Non c’era da stupirsi. La Cometa di Kroy non le avrebbe mai dato un potere limitato.»
«Quindi i due sterei sono esplosi perché… ho aumentato la quantità di elettroni che hanno attraversato il filo della corrente?»
«Sì, e noi non siamo morti! Quindi inconsapevolmente, hai creato anche un campo magnetico. È fighissimo!»
Osservai nuovamente le mie mani diventate brillanti, le scosse non mi infastidivano affatto, anzi, creavano una sensazione piacevole. Ero in grado di gestire non solo la corrente elettrica e l’elettricità in sé, ma gli elettroni che facevano parte degli atomi. E tutto, nell’Universo, era composto da atomi. Mi sentii una specie di regina dell’intero Universo.
«Dovremo essere cauti, se perde il controllo dei suoi poteri sarebbe capace di creare intere catastrofi. Dovrai allenarti, Alexis, imparare a gestire il tuo potere come se fosse una cosa semplice, tipo respirare. Vedilo come un braccio in più, dovrai capire quando usarlo, saperlo gestire, renderlo parte di te.»
In effetti aveva ragione. Se non fosse stato per un caso, avrei potuto uccidere tutte le persone presenti nella stanza. Dovevo andarci piano e soprattutto, imparare prima a difendere gli altri. Harry cominciò a saltellare sulla sedia dove era seduto, come un bambino impaziente di ricevere il regalo natalizio.
«Polly, posso chiamare gli altri? Ti prego, vorrei presentarglieli!»
Ah già, avevo dimenticato gli altri. Probabilmente sarebbero stati uomini in divisa stile Man in black, pronti a studiare ogni mia mossa e a prendere appunti sui loro taccuini.
Polly annuì sorridente e Harry fuggì con il cellulare all’orecchio, chiamando chissà chi.
«Queste altre persone sono.. Maghi?» domandai deglutendo rumorosamente. Non sapevo se l’esistenza di tutti questi Maghi mi spaventasse, o ammaliasse.
Myrtle fece un sorriso a trentadue denti e annuì. «Sono amici di Harry. Tutti nostri coetanei, più o meno.»
Dal modo in cui disse “amici”, dedussi che all’interno del gruppo vi fosse qualcuno che magari al riccio interessava particolarmente. Tipo una ragazza.
Sentii una strana fitta allo stomaco, ma mi rifiutai di pensare che fosse gelosia. Harry era il mio gatto, lo sarebbe sempre stato e poteva farsi chi voleva.
Quando, due minuti dopo, Harry tornò in cucina, ci disse che gli altri sarebbero arrivati a breve. Ci alzammo e pulimmo il salone mezzo distrutto dall’esplosione, come meglio potevamo. Fortuna che i danni erano limitati, il resto era solo sporco di cenere o contornato da qualche pezzo di stereo bruciacchiato.  Andai a gettare assieme a Nix un sacco dell’immondizia molto pesante, e camminando fino ai bidoni lì vicino, notai che nel giardino i fiori disposti in modo da formare un cuore, sembravano più belli del giorno prima.
«Nix, chi ha piantato quei fiori?» le chiesi. Lei li osservò, arrossì vistosamente, e poi continuò a camminare con fronte corrugata. Risi dietro le sue spalle, quando notai che li stava quasi involontariamente annaffiando utilizzando il suo potere.
 


Eravamo seduti sui divani da circa dieci minuti, quando sentimmo bussare alla porta. Harry quasi rischiò di rompersi un’anca per andare ad aprire, e io sbirciai con la coda dell’occhio chi fosse questa maledetta ragazza, sua amica, che lo rendeva così allegro. Due secondi dopo aver aperto il portone, una mandria inferocita si abbatté sul riccio, facendolo ruzzolare a terra.
«Fate largo, dov’è il mio Cupcake?!» fu una voce squillante a pronunciare quelle parole, eppure non apparteneva ad una ragazza. Un ragazzo alto, con bellissimi occhi azzurri e sorriso contornato da labbra sottili, lo tirò velocemente in piedi abbracciandolo di slancio, proprio come due vecchi fratelli. Si diedero tutti qualche pacca amichevole, e capii cosa suscitasse così tanta euforia in Harry. Quei quattro ragazzi, che fortunatamente non indossavano divise e non avevano taccuini, erano tutti ragazzi solari, simpatici e dalla risata contagiosa. Erano una famiglia, la famiglia di Harry. Ora capivo dove andava, quando a volte spariva per giorni. Il primo che si presentò fu Niall, biondo (tinto) dall’accento irlandese, che subito m’ispirò simpatia. Poi fu il turno dell’amico di Harry (il preferito, da quanto ne avevo capito), che si chiamava Louis. Fu poi il turno di Liam, ragazzo dal viso dolce, capelli castani e occhi color cioccolato. Mi sorrise dolcemente, poi posò il suo sguardo su Nix che, dopo averlo ricambiato per un attimo, gli alzò il dito medio e andò a salutare Louis. Sembrò deluso, infatti il suo sorriso fu subito più triste e mi chiesi come facesse Nix ad odiare un ragazzo come lui. L’ultimo che si presentò, fu Zayn. Pelle olivastra, sguardo magnetico e profondo e una sigaretta stretta fra le labbra. Aveva l’aria del tenebroso, ma scomparve in fretta quando incrociò gli occhi azzurro cielo di Myrtle, e sorrise immediatamente. Capii che fra quei due c’era del tenero prima che le gote di Myrtle si arrossassero.
Naturalmente, tutti evitarono qualsiasi tipo di contatto fisico con me a causa dell’elettricità che ancora non era svanita. Avrei dovuto rimediare, o nessuno avrebbe mai potuto più nemmeno toccarmi.
«Però, quando si dice colpo di fulmine, eh?» esclamò Niall scoppiando a ridere sguaiatamente. Risi anche io a causa sua, ma continuavo a ripetermi il perché di quell’affermazione. Mi chiesi specialmente perché stesse guardando Harry.
«E dài, non fulminatemi con lo sguardo, ho avuto un lampo di genio!» continuò imperterrito, accasciandosi a terra a causa delle risate.
In effetti erano battute squallide, ma io ridevo stupidamente insieme a lui. Smise solo quando, per sbaglio, gli toccai una spalla.
Liam cercava l’attenzione di Nix, per il quale aveva una cotta assurda e se ne sarebbe accorto anche un cadavere in decomposizione. Lei invece non lo sopportava, e ogni momento era buono per fargli un gestaccio. Quando seguii Myrtle che aveva deciso di fare del caffè, non riuscii a trattenermi.
«Myrtle, perché Nix odia Liam? Voglio dire, lui sembra così dolce.»
Lei rise, scuotendo la testa e prendendo un vassoio. «Beh, Nix è strana. In realtà lei non lo odia, affatto. Anzi, ne è innamoratissima.»
La mascella rischiò di toccare terra, e questo scatenò un’altra risatina da parte di Myrtle.
«A causa dei “difetti” fisici che ha, le è difficile credere che un ragazzo d’oro come Liam ricambi il suo sentimento. Lei si vede come la ragazza dagli occhi brutti e diversi, dai capelli rosa pastello. Secondo lei, qualsiasi persona sarebbe migliore di lei, per Liam. Persino un sasso.»
Effettivamente, non l’avevo mai vista da quest’angolazione, perché per me Nix rimaneva la ragazza ribelle e pazza, quella che li aveva sì, i sentimenti, ma non di quel tipo.
Me la immaginai davanti allo specchio ad osservare i suoi occhi di colore diverso, e mi dispiacque tanto per lei. Era perfetta e non se ne rendeva conto.
«A differenza loro, però, tu e Zayn…» alzai le sopracciglia con fare malizioso, e sorrise timidamente.
«So che sembra un tipo che parla poco, ma lui è molto intelligente. Ama leggere, scrivere, ed è particolare. »
«E perché non state insieme?»
Lei storse le labbra a quella domanda. «Potrebbe avere chiunque, perché me?»
«La domanda non è: “perché te?” , ma “perché non te?”. Sei bella, sei una Maga, hai un carattere mite che sicuramente sarebbe perfetto per lui.»
Dovemmo interrompere la nostra conversazione a causa di Liam che, triste come non mai, venne a piagnucolare da Myrtle.
«Mi tratta malissimo, cosa faccio di sbagliato? Non è vero che le piaccio!»
Myrtle alzò gli occhi al cielo. «Liam, li hai visto i fiori lì fuori? Nix li ha annaffiati tutti i giorni. Se non le fosse importato, li avrebbe calpestati, non credi?»
Questo sembrò dargli un po’ di speranza, e un minuto dopo tornammo insieme in salotto, parlottando e raccontando aneddoti sulla loro vita.
Liam aveva il potere della terra, sapeva far crescere alberi, fiori (quelli in giardino li aveva messi lui appositamente per Nix), e parlava con le piante. Scoprì il suo potere quando, a dieci anni, da un cumulo di terra secca fece nascere una piantina che chiamò Nix. Il fatto che i loro poteri combaciassero, me li fece vedere come una coppia perfetta: Acqua e Terra. Zayn invece aveva il potere dell’Aria, era capace di creare piccoli tornado o grandi tempeste, folate di vento improvvise e la forza di far divampare il fuoco. Ancora una volta, la combinazione dei poteri Aria e Fuoco, era perfettamente armonica. Niall era capace di parlare tutte le lingue del mondo, comprese quelle degli animali. Cominciò a miagolare verso Harry e lui arrossì, ma quando gli chiedemmo cosa gli avesse detto, scosse la testa liquidandoci con un “niente”. Quello di Louis, però, era senza dubbio il più particolare. Louis aveva un potere curativo, e ce lo dimostrò ferendosi una mano e guarendola completamente due secondi dopo. Sorrideva, ma i suoi occhi sembravano tristi.
Solo dopo scoprii il perché.
 


Era arrivata la sera, e con un po’ di concentrazione ero riuscita ad attenuare visibilmente la quantità di scariche elettriche che mi riempivano il corpo. I miei capelli sembrarono più biondi, ma cercai di non darvi troppo peso. Mi sentivo più forte, più elettrizzata (come avrebbe detto Niall), e finalmente non mi sentivo più così impotente. Quei ragazzi erano riusciti a mettermi a mio agio con il mondo magico, usando qualche trucchetto divertente con il solo utilizzo dei loro poteri.
Qualcuno bussò alla porta, e non sembrava per niente amichevole. Lessi negli occhi di Polly la paura e il pericolo, e tutti si misero sull’attenti. Niall, con il pacco di patatine ancora stretto in una mano, andò ad aprire.
E accadde l’irreparabile.
 

 



sì lo so che mi odiate, lo so.
Non aggiorno dal 6 emi faccio schifo da sola hahahaha
ma capitemi, l'estate è iniziata (promossa con la media dell'8.22 OMFG)
ogni tanto esco, ogni tanto sto su twitter, e a volte manca l'ispirazione.
MAVI GIURO CHE AGGIORNERO' PRESTISSIMO, perché ho già due capitoli pronti che fuckyeah, adoro.
Nel prossimo, cosa pensate accadrà? hehehe volete uno spoiler? e spoiler sia!
Una frase tratta dal capitolo 11:

«Alexis! In giro tutta sola?»
«Sì, finalmente. Non che non sopporti gli altri, anzi, è che io sono figlia unica e be’, ho bisogno…»
«Di stare sola. Sì, ti capisco.» sorrise e io pensai che doveva lottare tanto per tirar su gli angoli della bocca.
«Dove stai andando di bello?» cercai di rimuovere quel silenzio imbarazzante che si era venuto a creare, ma non volevo sembrare invadente. Louis rise, una risata triste.
«Alexis, tu mi guardi e mi studi come se cercassi di capire cosa nascondo.»



BASTA, HO DETTO TROPPO.
Ok, vi amo tutte, siete delle persone fantastiche e mi sopportate nonostante tutto. bye ♥

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Capitolo 12
*** XI ***






 

                                                                                                          Capitolo 11

 



C’era solo una cosa capace di spaventare più di un gruppo di Maghi cattivi, e quella cosa era Lisa Felton arrabbiata. Entrò in casa come una furia, scostando senza troppi complimenti il povero Niall. L’irlandese arretrò di scatto, spaventato, e qualche patatina cadde sul pavimento. Lisa intercettò il mio sguardo, osservandomi con profondo odio.
«Alexis Carter!» tuonò, facendo oscillare la lunga coda di cavallo che sarebbe stata capace di accecare gli occhi di chiunque. Louis, immaginando che fosse qualche Mago venuto a prendermi, si alzò rapidamente in piedi, fronteggiando poi la mia amica. Louis, be’, non era molto alto, e Lisa lo superava di pochissimi centimetri a causa dei tacchi che indossava. Cercai di trattenermi il più possibile, ma scoppiai a ridere nascondendo il viso nella spalla di Harry, che mi seguiva a ruota. Venni invasa da un profumo appartenente ad un bagnoschiuma maschile, e sentii lo stomaco capovolgersi. Avevo un debole particolare io, per i profumi maschili. Avrei passato ore in una profumeria solo per odorarne la fragranza. Non riuscii a continuare il mio discorso mentale su quanto avrei desiderato letteralmente sniffare la spalla di Harry a causa di quel profumo, che la voce di Lisa mi giunse nuovamente nelle orecchie.
«Cosa hai da ridere, amica ingrata? Da quando ti sei trasferita qui non ci vediamo quasi più, e ora capisco perché. Ti sei fatta dei nuovi amici, eh? E hai ben pensato di abbandonare i vecchi! Poi ci si mette pure quel cazzone di Tom Cox, hai presente? L’idiota per la quale hai una cotta che da una settimana a questa parte non fa che chiedermi se sei fidanzata, se ti piace qualcuno, se… Ma mi stai ascoltando?!»
La guardai con occhi vivaci, prima di strabuzzarli pian piano. Mi alzai come una furia. «Tom Cox cosa?»
Avevo capito male? Dovevo aver capito male, perché Tom Cox non poteva provare alcun tipo d’interesse per me. Non adesso che la mia vita si faceva più complicata e non avevo tempo di uscire con nessuno. Lisa in un attimo buttò giù la sua maschera arrabbiata, rubò delle patatine ad un Niall indignato e, sotto gli occhi esterrefatti di tutti, si sedette accanto a me con un sorrisone a trentaquattro denti.
«Sìì, dovresti vedere come ti cerca fra la folla. Credo che tu gli piaccia, sai, dovresti seriamente prendere in considerazione l’idea di uscirci. Sembra simpatico!» squittì  saltellando sul posto. Lisa, la mia migliore amica che solo in quel momento notavo quanto somigliasse a Nix caratterialmente. Sarebbero andate d’accordo.
Mi alzai in piedi e osservai le otto facce allibite, così pensai di far alzare anche Lisa.
«Ragazzi, lei è Lisa Felton, la mia migliore amica, segno zodiacale: Pesci.»e con quello intendevo dire che Lisa non era una di noi.
«Ecco, sì. Mi dispiace per la scenata, signora Ward. Ma questo ed altro per le amiche, no?» chiese lei, imbarazzandosi di fronte alla figura bella e imponente a modo suo, di Polly.
Polly le sorrise bonaria, mettendola subito a proprio agio.
«Ciao Lisa! Finalmente abbiamo l’onore di conoscerti, Alexis ci ha parlato tanto di te.»
E questo era vero, in parte. Avevo parlato di lei, ma non così tanto come voleva far credere. Parlavamo più spesso di poteri e di Maghi, a dir la verità.
«Hey, se vuoi ti porto anche un cocktail e, oh, vuoi un’altra patatina?» sbottò Niall acido e con un sorrisetto canzonatorio.
Lisa strinse le palpebre, focalizzando il biondo e cominciando già ad odiarlo per il suo affronto.
«Mi stai dando della maleducata, per caso?» sibilò acida,  alzandosi in piedi per fronteggiarlo come solo Lisa sapeva fare. Niall sembrò intimorito per un attimo da quello sguardo profondo e color nocciola, i lineamenti che, nonostante fossero dolci, incutevano timore.
«Be’, sei entrata nella casa di un’altra persona facendo la tua sparata, poi ti comporti come se questa fosse casa tua e conversi tranquillamente con la tua amica, come se gli altri non esistessero.  E per di più mi hai rubato le patatine! Chi ti conosce? Chi sei? Cosa vuoi?»
Ogni parola rendeva il viso di Niall una fiamma, era rosso come non mai e non capivo se per timidezza o per rabbia. Forse entrambe. Lisa spalancò la bocca indignata, e per ripicca prese un’altra patatina dalla busta formato gigante che l’irlandese aveva ancora fra le mani.
«Che c’è, sei un orso che deve andare in letargo e ha bisogno delle scorte di cibo? Be’, non m’interessa! A proposito di animali, dov’è Mickey?»
Harry tossì convulsamente.
«Cristo, non ti picchio perché sei una donna!» continuò Niall.
«No, tu non mi picchi perché sei solo uno sbruffone, e io odio a morte i tipi come te!» strillò infuriata, assestandogli poi un pugno nello stomaco. Niall si accasciò piano, e la cosa divertente era che nessuno di noi accorreva ad aiutarlo. Anzi, faticavano tutti a trattenere le risate, perché la scena era davvero comica e inverosimile.
«Sai, se fossi stato meno stronzo, avrei potuto fare un pensierino su di te.» Lisa diede un’ultima occhiata gelida a Niall, mandò a tutti noi un bacio volante e poi ci salutò con un gesto della mano, scavalcando Niall come se fosse stato un tronco d’albero che si trovava sul suo passaggio.
Quando uscì, fu il delirio.
 


«La tua amica, Lisa, è simpatica.» notò Harry con un sorrisetto divertito.
«Sì, è mia amica da sempre e le voglio bene. Solo mi stavo chiedendo… potrò mai parlare di ciò che sono? Io non voglio nasconderle nulla, non se lo merita.»
Harry abbassò la testa. «No, Al. Tutte le persone alla quale vuoi bene, sono in pericolo. Lisa è una semplice umana, indifesa, e potrebbe essere ferita e utilizzata per attirarti nelle trappole. Forse più in là, ma adesso non se ne parla.»
Il tono che utilizzò per parlarmi, sembrava quello di un ragazzo che aveva vissuto in prima persona quel disagio. Sentii uno  strano fastidio a quella consapevolezza, ma non vi diedi peso.
«Sei innamorato di un’umana, non è vero?» domandai con un filo di voce per poi maledirmi subito dopo. Sembravo dispiaciuta, e invece era solo curiosità. Credevo.
Harry sorrise debolmente, poi scosse piano la testa. «No, non io.»
Capii che non avrebbe aggiunto altro, quindi decisi di deviare il discorso.
«Nix e Liam invece sono la coppia più bella e strana del Pianeta.» ci guardammo un attimo negli occhi e poi scoppiammo a ridere. Eravamo nella mia camera, io seduta a gambe incrociate sul letto, lui sulla sedia della scrivania.
«Dio, non sai quanto è piagnucolone Liam quando si tratta di lei. L’ama da praticamente sempre e lei nulla, lo tratta male e dice di odiarlo. In realtà non so fra i due chi sia più innamorato.»
«Credo che Nix sia una di quelle persone che fa di tutto per essere acida, perché ha paura di innamorarsi, soffrire e confermare i suoi stupidi dubbi, ovvero: “non sono abbastanza”. Però è dolce, e non riesce a fare a meno di amare anche se obbliga se stessa ad allontanare ciò che la fa stare bene.»
Harry sbatté velocemente le palpebre, ripensando al mio ragionamento. «È un po’ contorto, ma non fa una piega.»
Nix, come sempre, entrò in camera mia all’improvviso e senza bussare, forse perché pensava di cogliermi in flagrante. Ci sorrise un po’ dispiaciuta, vedendo che Harry non era incollato a me, come sperava.
«Buoooonanotte.» esclamò. Harry la guardò con furbizia.
«Hai dato a Liam il bacio della buonanotte?» chiese con tono melenso, dando baci all’aria  e risultando alquanto divertente.
Non divertente per Nix però, che si limitò ad alzargli il terzo dito e ad uscire dalla stanza.
«Bene, ora voglio il mio gatto quindi vedi di trasformarti.» ordinai ad Harry che fece un balzo sul letto e atterrò graziosamente. Orecchie da gatto, pelo marrone e occhi verdi.

 

Il telefonò vibrò, segno che mi era appena arrivato un sms. Mi fermai e poggiai le buse della spesa su una panchina lì accanto, poi aprii il messaggio e lo lessi:
“Com’è che si chiamava quel pirla che una settimana fa ho steso con un pugno nello stomaco? Noah?”
 
Risi, per poi rispondere.
 
“Niall. E non è un pirla, è solo geloso del cibo.”
 
Scossi la testa, poi ripresi e buste e continuai a camminare. Avevo dovuto tirare giù tutte le scuse possibili per poter uscire da sola e non scortata da qualcun altro. Volevo un po’ di tempo per me, da sola, senza nessuno. A tutti servirebbero delle ore da passare in completa solitudine. Osservare le vetrine dei negozi, i passanti, i bambini che mangiavano dei croissant e si sporcavano tutto il viso. Semplicemente vita che brulicava intorno a me, limitarmi ad osservare. E mentre osservavo, notai un ragazzo con una sciarpa bianca e la giacca nera, che camminava a testa bassa. Lo riconobbi, anche se il viso era quasi completamente coperto dall’indumento. Ma quegli occhi e quello sguardo non potevano che essere i suoi.
«Louis!»
Il ragazzo si fermò di scatto, guardando verso la voce che l’aveva chiamato. Mi avvicinai a lui e lo salutai, ma nonostante il sorriso che mi fece, i suoi occhi continuavano ad avere quella scintilla di tristezza.
«Alexis! In giro tutta sola?»
«Sì, finalmente. Non che non sopporti gli altri, anzi, è che io sono figlia unica e be’, ho bisogno…»
«Di stare sola. Sì, ti capisco.» sorrise e io pensai che doveva lottare tanto per tirar su gli angoli della bocca.
«Dove stai andando di bello?» cercai di rimuovere quel silenzio imbarazzante che si era venuto a creare, ma non volevo sembrare invadente. Louis rise, una risata triste.
«Alexis, tu mi guardi e mi studi come se cercassi di capire cosa nascondo.»
Non lo disse con cattiveria, anzi, lo disse con dolcezza. Cominciò a camminare e io lo seguii, incapace di credere che il ragazzo dalle mille battute e la risata cristallina, fosse così tormentato e serio a modo suo.
«È che tu ridi, ma i tuoi occhi non lo fanno mai.» sussurrai debolmente. Louis si fermò dopo aver ascoltato quelle parole. M’invitò a sedermi su una panchina assieme a lui, e lo vidi mentre si metteva la testa fra le mani. Sconfitto, debole, incapace quasi di respirare.
«È difficile Al, quando hai una storia come la mia.»
Fu come se ci unisse qualcosa, in quel momento. Un dialogo non udibile agli altri ma c’era, una tacita richiesta di ascoltare ed essere ascoltati.
Mai avrei immaginato che il cuore di Louis portasse un peso del genere.

 




ma come sono simpatica io, che aggiorno dopo quattordici giorni? tanto.
Insomma, questa volta vi ho fatto aspettare poco, no?
hehehe, come avete visto era un falso allarme, nessun mago cattivo.
Solo la nostra cara Lisa ((nina dobrev frgthynbg)) che va a riprendersi la sua amica.
Il prossimo capitolo è il mio preferito, fino ad adesso, perché racconta la storia di Lou.
Cosa vi aspettate? Avete teorie? esponetele, bitches. ♥
come sempre, ringrazio tutte le persone che recensiscono/leggono/mi sopportano.
Io boh, vi abbraccio tutte *hug*
vi lascio con queste due gif, una di Lisa e l'altra di Alexis. bye ♥

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Capitolo 13
*** XII ***




      


                                                                                                 capitolo XII


 

a Sam, perché ti avevo promesso
che tu in questa storia ci saresti stata. ♥

 



 

-Louis

Fu una liberazione, parlare con lei. Era speciale, me lo aveva detto Harry. E non lo era solo perché era stata scelta dalla Cometa, ma perché tutta la sua persona era speciale.
 
Avevo otto anni, quando caddi dalla bicicletta. Mi sbucciai un ginocchio a causa della caduta, e mi bruciava da morire. Ricordo che il quel momento desiderai soltanto che quel dolore svanisse, che il mio ginocchio tornasse normale perché altrimenti mia madre mi avrebbe fatto la solita ramanzina. E accadde, la ferità svanì e io capii di aver appena sperimentato il mio potere da mago. Ero un curatore, capace di curare le ferite mie e degli altri attraverso un semplice tocco. Curai i bambini che come me si facevano male, curai un cane che era stato investito, la febbre di Nix, il rene di Liam che non aveva mai funzionato. Ho curato un sacco di persone e animali, ma non sono riuscito a curare colei che amo di più al mondo. Quando avevo quindici anni, mia madre si ammalò di leucemia. I dottori, sia maghi che umani, dicevano che c’erano poche speranze di salvarla.
Io ci ho provato, ho fatto di tutto. Una sera mi sono avvicinato a mia madre e l’ho accarezzata, per poi utilizzare tutto il mio potere su di lei. Ero un curatore, potevo guarire anche lei, dovevo guarire anche lei. Era mia madre e non mi rimaneva che lei, non poteva morire a causa di una malattia, non poteva. Sforzai talmente tanto il mio potere, che quella notte rischiai di morire anche io. Polly mi ritrovò svenuto e con il sangue al naso, mi dissero che il mio potere non era abbastanza forte, che niente era abbastanza forte. Ti rendi conto? Io avevo il potere di curare e non ero stato capace di salvare la vita di mia madre. È morta due giorni dopo, e io mi sono sentito così inutile da desiderare la morte. Polly mi ha aiutato, tutti lo hanno fatto. A volte fingevano di essere feriti solo per farmi sentire utile, in qualche modo.
Capisci come mi sentivo? È come se un cuoco facesse bruciare tutto ciò che cucina. Mi sentivo una nullità. Io… Io sono una nullità. Il mio potere non serve a un cazzo, se non può curare le persone che amo. Certo, non era una stupida ferita o una febbre, ma io dovevo solo guarirla, solo quello.

È da quando ho diciotto anni, che visito l’ospedale. Faccio visita alle persone sole, a quelle che tra poco se ne andranno, a quelle che invece sorridono perché ce l’hanno fatta. Vado lì perché c’è la vita, capisci? Vivi, morti, nuove nascite, nuove riprese, vite cambiate per sempre, in bene o in meglio. Vita, e io ho bisogno di circondarmene continuamente. Nessuno a parte te ed Harry, sanno di questa mia cosa. Ho paura di essere giudicato male, o pazzo, o qualunque altra cosa. Vedo persone scoppiare di felicità in un stanza, e persone che piangono in un’altra. Capisci? L’ospedale, sembra strano dirlo, è vita. E ci ho provato, ci ho provato davvero a stare lontano da quel reparto, ma ad un certo punto non ce l’ho fatta. Ci sono andato, circondato da persone che piangevano disperate, altre che guardavano il vuoto, altre che aspettavano, altre che tiravano un sospiro di sollievo perché forse ce la potevano fare. Persone che sorridevano ma in realtà avrebbero voluto piangere, ma capiscile, non possono piangere, loro devono sorridere finché possono perché morire piangendo non è una bella cosa, specialmente per chi poi rimane qui a soffrire.
Il cuore e i suoi sentimenti, quelli come si curano? Io sono un curatore e so per certo che non posso curare i sentimenti. O meglio, i sentimenti non si curano, cambiano.
Ma come fai tu a guardare in faccia una persona che porta dentro un male che potrebbe ucciderlo? Di cosa parli, con una persona del genere? Persone che fingono che va tutto bene, ma non è così. Come osiamo, noi persone sane, dire che ci dispiace? Come se capissimo cosa provano? Noi non-malati non capiamo un cazzo, di cosa significhi portare dentro un mostro che ci divora, lottare ora dopo ora, secondo dopo secondo, contro un demone che ti ammazza da dentro e rischia di vincere.
Mia madre rideva spesso in quel periodo, forse perché voleva farmi credere che ce l’avrebbe fatta, che presto sarebbe guarita. Io guardo quelle persone e mi odio perché vorrei guarirle.
 
Sei mesi fa poi, ho incontrato lei. Era in compagnia di sua madre, la quale probabilmente doveva fare una visita. Io ero nella sala d’attesa e osservavo i pazienti, i loro volti, i loro occhi. Quando il dottore le chiamò, lei diede una pacca amorevole sulla spalla della madre, e insieme entrarono. Aveva ragione, è normale piangere  quando hai un mostro dentro. Lo avrebbero fatto tutti. Dopo un po’ di tempo uscì solo la ragazza. Poteva avere due anni meno di me, era bella, alta, capelli corti e occhi color nocciola. Si sedette proprio accanto a me con aria arrabbiata, le braccia incrociate al petto, e borbottava chissà cosa. Io la fissavo come un imbecille, e lei se ne accorse.
«Cos’hai da guardare? Mai vista una tipa incazzata?»
Mi svegliai dalla mia trance, e sentii il viso andarmi a fuoco. «S-Scusa, mi dispiace.»
Lei si stropicciò gli occhi, poi mi tese la mano. «Scusami tu, oggi sono scontrosa più del solito. Sono Sam, piacere.»
Abbozzai un sorriso e ricambiai la stretta. «Louis.»
«Sei di queste parti?» domandò incuriosita. Annuii, e lei mi disse che abitava in un paese vicino.
«Maligno o benigno?» la guardai sotto shock a causa di quella domanda, e mi chiesi se non avessi udito male.
«C-Cosa?»
«Sei qui, devi fare una visita. Hai un tumore?»
La tranquillità che utilizzava per parlare di quell’argomento mi spiazzò completamente. Sua madre era all’interno a piangere, e lei sembrava solo infastidita, come se la malattia fosse solo uno stupido contrattempo.
«N-No.»
«E cosa ci fai qui?»
Non potevo dirle della mia strana ossessione, non dovevo. Ma quegli occhi da cerbiatto mi guardavano, e così lo feci. Le dissi: «Qui scorre la vera vita, e a me piace circondarmene.»
Lei storse un po’ le labbra, ma non commentò nulla.
«Senti, mia madre ne avrà per molto lì dentro, che ne dici di vedere scorrere la vera vita davanti ad un gelato?»
Accettai come un’ameba, ma cerca di capirmi. Lei era bellissima e aveva uno strano fascino, anche se la sua indifferenza mi uccideva quasi. Mi piaceva la sua compagnia, mi sentivo bene. Rischiai di vomitare tutto il gelato solo quando lei mi disse quella cosa, che avrei preferito non sentire mai.
«E così tua madre…»
«Sì, piange sempre da quando è successo e non la smette più. Che palle.»
Alzai un sopracciglio. «Sam, è malata, ha tutto il diritto di piangere, non credi?» sbottai a quel punto, stanco di quella sua indifferenza. Come poteva?
E poi capii perché poteva. Sorrise, per la prima volta nei suoi occhi vidi un barlume di tristezza, il muro che crollava.
«Non è lei ad essere malata, Louis. Sono io. Io ho quella schifosa malattia.»
 
E mi ritrovo per la seconda volta in quel pozzo senza fondo, un abisso di dolore. Per la seconda volta, io e il mio potere siamo inutili e non possiamo salvare chi amiamo.
Perché io non ho fatto la cosa giusta, ovvero smettere di frequentarla e tornare alla mia vita. Ho continuato a conoscerla, a consolarla anche quando non me lo chiedeva, a guardare film con lei, a tenerle la mano quando aveva paura. Ho fatto la cosa sbagliata e mi sono innamorato di lei.
E lei sta per morire, capisci che fregatura è la mia vita? Le hanno dato un anno di vita, e Sam, la mia Sam, ha rifiutato le cure. Come se si fosse già arresa al suo destino, come se non gliene fottesse un cazzo di me che l’amo e non voglio perderla. Ho perso mia madre, e sto per perdere anche lei.
Capisci, perché i miei occhi sono sorridono mai? Perché hanno visto cose bellissime che dovranno finire, perché il mio potere non serve a nulla.
Posso io, ventunenne con una vita davanti e la fila di ragazze dietro, morire per amore a causa sua?
È doloroso, e io non faccio che guardare i miei amici e immaginare cosa accadrebbe se uno di loro si ammalasse. Polly dice che il mio potere è forte ma non abbastanza per questo tipo di malattia, e che dovrei solo affidarmi alla scienza. Vorrei morire, morire mentre curo Sam e ci riesco.
 
 
-Alexis
Piansi silenziosamente, quel giorno, ma non in presenza di Louis. Lo feci a casa mia, lontana dallo sguardo di tutti.
In quel momento mi alzai in piedi e abbracciai forte Louis. Anche se non serviva a nulla, era meglio che provare dolore sulle proprie spalle.
Non potevo dirgli “guarirà, vedrai” o “ starà bene”. Era inutile e ipocrita. «Amala incondizionatamente finché puoi.» gli dissi invece, e lui sembrò apprezzare il mio gesto.
Mi sorrise grato, poi mi aiutò a prendere le borse e camminammo insieme senza dire una parola.
Vidi una piccola folla all’interno di un negozio d’abbigliamento, e vidi i volantini fuori che spiegavano il perché: saldi. E io amavo i saldi.
Chiesi a Louis di aspettarmi fuori e entrai all’interno del negozio brulicante di gente e di bei vestiti. Agguantai due magliette che avevo notato sin da subito e, vedendo che la taglia era senza dubbio la mia, optai per mettermi in fila e attendere il mio turno per pagare. Avanti a me c’era una donna sui trentacinque anni, alta, con capelli legati in una coda di cavallo e color biondo platino. Apparì una seconda commessa, che aprì la seconda cassa e permettendomi quindi di cambiare postazione. Ero proprio accanto alla donna, e riuscii ad osservare i suoi occhi azzurro cielo, molto chiari e quasi trasparenti. La presenza di quella donna mi fece venire i brividi, e capii il perché solo qualche secondo dopo.
Al suo collo c’era una collana, il quale pendente era una pietra incastonata nel suo piccolo involucro di metallo. Assottigliai lo sguardo, e pian piano sentii crescermi dentro il panico. Quella collana era familiare, e ne ebbi la conferma quando, mentre davo i contanti alla commessa per pagare le mie magliette, la pietra cominciò ad emettere luce.
La donna lo notò immediatamente, e cominciò a guardarsi intorno con sguardo famelico e allo stesso tempo allarmato, come se temesse di perdere la ragazza che cercavano da diciotto anni. Finsi di essere interessata al mio nuovo acquisto, ma sapevo che appena uscita dal negozio la luce sarebbe svanita, e la donna avrebbe capito che ero io colei che cercavano. Louis mi osservò sorridente dalla vetrina, e con uno sguardo allarmato gli feci capire che eravamo nei guai. Non conoscevo il potere di quella donna, ma sperai soltanto che non fosse capace di mettermi in difficoltà.

 


E dopo ottomila anni, Eleonora aggiorna!
ok non comincerò a scusarmi a random, tanto ormai ci siamo arrese tutte all'evidenza:
non aggiorno più spesso. Non so perché, a volte vorrei scrivere, apro il file, lo guardo.
E lo richiudo.
LO RICHIUDO, CAPITE? Credo di avere il blocco dello scrittore, perché ci sono momenti
in cui scrivo tantissimo, e altri in cui non voglio nemmeno chattare. lol sono strana
in ogni caso, spero questo capitolo mezzo strappalacrime vi sia piaciuto. 
Abbiamo scoperto la storia di Lou, e ora c'è un bel guaio in agguato.
Chi sarà la donna? Idee? scrivetelo nella recensione. ♥

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