attraverso le tombe di tutta una vita

di white mirror
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 - Passy ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 - un caffè per Tom Leroy ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 - coincidenza o destino ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 - uno spiacevole incontro ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 - le verità svelate ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 - i due rivali ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 - I ragazzi del Louvre ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 - l'uomo dei miei incubi ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 - Passy ***


 "Sveglia, sveglia, sveglia!!! Il sole è alto ed è ora di alzarsi!!". La sua voce mi raggiunse come una zanzara a luglio.
" Ma, Marty sono solo le 7!!!! Non puoi svegliarmi alle 7 anche di domenica." miagolo.
"Dai Alessia, non fare troppe storie.. Mi avevi promesso che oggi avremo fatto colazione assieme e a differenza tua io oggi lavoro, quindi..... In piedi!!!" la mia migliore amica si era impossessata delle mie coperte, lasciandomi in pigiama al freddo.
" ok, ok hai vinto,.. Mi alzo". Ed eccomi, davanti allo specchio mentre provo ha infilarmi un paio di jeans tubolari e una camicia scozzese rossa. Mi metto un filo di trucco, lego i capelli castani in una alta coda e mi dirigo, con la borsa sotto braccio, verso la porta dove impaziente mi aspettava la mia coinquilina. Arrivati al bar all'angolo, ci sediamo e ordiniamo due caffè lunghi e due croissant. Il cameriere, che avrà avuto su per giù 30 anni, ci porta la nostra colazione sfoggiando un bellissimo sorriso. " bonjour et bon apetit mademoiselles" dice mentre appoggia il piatto sul tavolino. "merci" rispondiamo in coro.
" Allora, cosa pensi di fare oggi? Andrai di nuovo in giro per la città a catturare qualche soggetto interessante? " mi domanda la mia amica con un tono tra l'acido e il curioso. " mah, probabilmente no, anche perchè ieri sera tra una cosa e l'altra non ho messo in carica la batteria della macchina fotografica.... Forse andrò al Passy.." quando mi giro vedo due enormi occhi che mi guardano con aria severa. " adesso mi spieghi perchè ti vai a rovinare le giornate in un cimitero!!! Poi non ti lamentare se non hai una vita sentimentale!!! Passi più tempo con i morti che con i vivi!!!!" aveva tuonato la mia amica.
" Ok, la colazione è finita, sono le 7 e 45 e se non ti sbrighi non arriverai mai in ufficio alle otto..."ribatto mentre lei sgrana gli occhi " oddio!!!! È già così tardi!!!???! Il portafoglio ... " " tranquilla .. Offro io" Martina scatta in piedi come un soldato, afferra il croissant e dopo avermi stampato un ampio bacio sulla guancia scompare. Io invece, con tutta calma pago il conto, finisco il caffè e mi dirigo verso casa. Martina ed io siamo amiche da dieci lunghi anni, abbiamo frequentato lo stesso liceo a Bologna e poi ci siamo trasferite a Parigi per seguire dei corsi alla Sorbona. Ora viviamo in un piccolo appartamento vicino al trocadero, gigantesca terrazza da cui si può ammirare la Tour Eiffel. Accanto a questo magnifico luogo sempre gremito di turisti, si trova il cimitero di Passy assai molto meno frequentato. Per pagare l'affitto ho trovato lavoro come guardia al Louvre nella galleria della pittura italiana ed essendo io un'appassionata d'arte faccio il mio lavoro con estremo piacere. Lavoro al museo dal mercoledì al venerdì dalle 14 alle 22 e il sabato dalle 12 alle 19. Nelle alter giornate, se non ho niente di particolare da fare, mi diverto ad andare in giro a scattare qualche foto oppure a visitare la tomba di qualche personaggio famoso.
Arrivata a casa, prendo dalla scrivania il mio album dei disegni, mi armo di matita e gomma e mi reco al cimitero di Passy.
La prima tappa, quasi obbligatoria, è la tomba di Manet, genio dell'arte al pari di Monet. La testa è posta sopra ad una lunga e snella colonna e presenta un gran bel paio di baffi accompagnati da una folta barba. Sulla lastra di marmo hai suoi piedi vi è una coroncina di fiori rosa, accanto alla quale io , ogni giorno appoggio una rosa rossa. Dopo aver gironzolato un po' decido cosa ritrarre, mi metto in disparte, in modo tale da non dare fastidio agli eventuali visitatori e comincio a disegnare il soggetto prescelto. Una tomba attira in particolar modo la mia attenzione; la semplice lapide bianca mette in evidenza la scritta " je suis belle oh mortel..." "comme un rêve de pierre" una voce maschile alle mie spalle completa la frase. Mi giro e noto che un ragazzo, che potrà avere 26-27 anni, alto, con i capelli castani corti e gli occhi azzurri, sta in piedi dietro di me e mi guarda accennando un sorriso.
"Mi dispiace, non volevo disturbarla." dice lo sconosciuto.
" no, no si figuri"
"È una frase bellissima, non è vero? A me piace moltissimo"
"è molto bella, anche se non so chi sia l'uomo a cui appartiene la lapide"
" ... Un certo Tom Leroy nato nel 1875 e morto nel 1945
" no, non lo conosco" rispondo volgendo lo sguardo alla tomba.
"beh avrete modo, tanto lui non scappa, È SEMPRE QUI"
" Mi piacerebbe conoscere qualche cosa di più su questo Tom Leroy, sapete qualcosa del suo passato ... Signor...."
Il ragazzo si guarda un po' in giro " signor Manet"
Sorrido " .... per caso di nome fate Edouard? Signor Manet ?" mi sorride. "allora? Cosa sapete su Leroy?"
"eh, abbastanza....magari potremmo parlarne domani mattina davanti a un caffè ? Che ne dice?"
" ma signor Manet " trattengo una risata.
" chiamatemi pure Edouard" scherza lui.
"Ma Edouard ...io non conosco voi e voi non conoscete me"
"Avete ragione, quale è il vostro nome?"
" Alessia Ferrari, ma potete chiamarmi Ale "
"D'accordo Ale, siete interessata a conoscere la storia di questo Tom?".
Faccio un cenno con la testa per confermare.
"benissimo, allora la aspetto domani mattina alle 9.30 allo stesso posto ok?" mi tende la mano con lo sguardo di chi sa di aver già vinto. "ok, a domani" rispondo stringendogliela. Poi lo vedo mentre si allontana tutto felice, dirigendosi verso l'uscita del cimitero. Che strano personaggio, Edouard Manet....vorrei conoscere il suo vero nome.
Poco dopo sento squillare il cellulare e come una talpa mi metto a ravanare nella mia borsa. Rispondo e la voce squillante della mia coinquilina mi buca i timpani "dove sei finita??? Sono ore che ti cerco?? Sai che ore sono?? No! Non lo sai!! Perché se lo sapessi saresti qui!!! Non ti ricordavi che dovevamo andare assieme al cinema?" appena riprende fiato guardo l'ora. Incredula leggo l'ora scritta sul mio orologio, sono le 20. "cosa hai da dire in tua discolpa!!!?!??!" dice. " mi .. Dispiace.. Arrivo subito" sussurro io vergognandomi come un cane. Non era possibile, non sono mai arrivata in ritardo per nessun appuntamento e soprattutto non me lo sono mai dimenticata. Va beh, ormai il danno è fatto.

 
Salgo le scale dell' appartamento, mi posiziono davanti alla porta, infilo la chiave nella serratura e apro. Martina era lì, seduta su una sedia della cucina mentre accarezzava un gatto di peluche " allooora, come è andato il pomeriggio" la odiavo quando faceva la voce da mafiosa, ma era la mia migliore amica e dovevo accettare anche quella. Crollo in ginocchio davanti a lei, con le mani congiunte come in preghiera e comincio con una sfilza di scuse, per farmi perdonare. " Mi dispiace tantissimo, lo so, non dovevo dimenticarmi. Sono una cretina. Scusami, è che ho incontrato in ragazzo e abbiamo incominciato a parlare ..." "COSA??!???!!?" urla lei. Sollevo la testa per accertarmi della sua reazione, sta piangendo. ".. Ehmmm Marty, tutto bene?" la mia amica mi butta le braccia al collo e comincia a singhiozzare. "non sai da quanto tempo aspettavo questo giorno! Come è ? È bello? Muscoloso? Ti ha già chiesto di uscire?" Lo sapevo, non dovevo dirle di lui, ma .. è la mia migliore amica.. Non potevo nasconderglielo, sarebbe stato peggio. " wow!! Frena i cavalli!!! Aspetta, prima di tutto riprenditi perché sei in uno stato pietoso, poi... se proprio vuoi .. Ti racconto". Detto questo, la vedo alzarsi, schizzare in bagno, tornare in tempo record in pijama rosso e pantofole del Milan e sedersi sul divano del salotto pronta ad ascoltare.
Mi alzo da terra e mi dirigo verso di lei. Mi lascio sprofondare nei cuscini e dopo aver preso un bel respirone le faccio la domanda tanto attesa " cosa vuoi sapere?". I suoi occhi si illuminano e le sue labbra si spiegano in un ampio, sadico sorriso.
" Nome! " dice diretta.
" A dire il vero... Non lo so" Rispondo
"Ma come!! Non sai il suo nome???"
" Non quello vero" sottolineo
"Quindi sai un nome falso? Scusa ma come si è presentato?"
"Ha detto di chiamarsi Manet, Edouard Manet." sospiro.
" beh, originale. Magari è una spia sotto copertura e non può dirti il suo nome altrimenti dovrebbe ucciderti, misterioso.. Mi piace" ridacchia. "... e, il fisico?"
"ti dirò la verità, non è niente male. Alto, con i capelli castani medio/corti. Credo che faccia palestra perché anche se la struttura ossea era sottile aveva due bicipiti da fare invidia a braccio di ferro."
" ottimo!! .. Occhi?"
La guardo in silenzio, ripenso a lui e a quei suoi splendidi occhi azzurri, quasi trasparenti. Forse è per questo che ho fatto tardi all'appuntamento, colpa dei suoi occhi!
" EHI! Bella addormentata!! Mi rispondi? ...occhi???"
"Due! " rispondo scherzando.
"Ah ah ah. Bella battuta! Guarda che è una cosa seria, da quando è successo quel casino con Jan, non hai più guardato un sol uomo!"
"Bellissimi!" sussurro
"Come?"
" Ha degli occhi bellissimi!!" urlo arrabbiata. Martina sa benissimo che non mi fa piacere parlare di quello che è successo con Jan eppure tutte le volte che si parla di un uomo viene fuori il suo nome.
" Scusa" dice pentita affondando il volto sul bracciolo del divano.
"Non fa niente, comunque domani ci vediamo per far colazione insieme". Non riesco a finire la frase che la vedo tirarsi su come una molla.
"Wow Wow WoW!! Allora ti ha chiesto di uscire!!!"
"Non esattamente, ci vediamo al cimitero x un caffè e per una lezione di storia, se si può definire così.."
"Ahhhhh, una LEZIONE di storia, siiiiiiiii CEEEEERTO..!!!". La fulmino con lo sguardo.
" Sei una pervertita!! E come al solito non hai capito nulla! A detto che ci possiamo vedere domani mattina così può raccontarmi la storia di un ragazzo sepolto al Passy che mi incuriosisce." Le spiego
" Sì Sì va beh, come vuoi tu.. Comunque domani ti metti quello che dico io!" mi dice con tono fermo.
"Uff,Va bene, ma non esagerare".

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Capitolo 2
*** capitolo 2 - un caffè per Tom Leroy ***


Quale parte del " non esagerare" non è arrivata al cervello di quella pazza.
Non posso mettermi questa roba. Mentre mi lamento continuo ad osservare i vestiti che la mia amica mi ha lasciato sulla sedia di camera, una maglietta verdone aderente a maniche lunghe dotata di una generosa scollatura, pantaloni neri (talmente stretti che avrebbero messo in risalto anche le curve che non avevo) e scarpe con tacco 12 nere.
 In oltre aveva tolto dal mio armadio tutti i vestiti, impedendomi la scelta. Fortunatamente nascondo sempre un paio di ballerine nere sotto al letto, ormai sono la mia ancora di salvezza.
 Sono già le 9.15 e non ho tempo per cercare altri indumenti, mi vesto con quello che mi ha lasciato Martina, mi infilo le ballerine e mi dirigo a grandi passi verso il cimitero.
Quando arrivo lo vedo seduto difronte alla lapide con in mano due caffè di starbucks.
Prima di salutarlo, gli scatto a tradimento qualche foto, così mi farò perdonare da Martina il ritardo di ieri.
" Buongiorno Edouard "
" Buongiorno Ale" mi risponde facendomi posto sulla panchina, accanto a lui. "Caffè ?"
"grazie mille" afferro il caffè e mi siedo.
" Allora, quale parte della vita di questo misterioso uomo vorreste conoscere?" mi domanda guardando la tomba.
" Chi era? Dove ha vissuto? Cosa ha fatto? Insomma un po' tutto" rispondo
" Tom Leroy era nato nel 1875 a Washington da una famiglia borghese, era l'ultimo di cinque fratelli. La madre teneva dietro alla casa e alla prole mentre il padre se ne andava in giro a spendere tutti i suoi averi in taverne e case di malaffare.
Non potendo mantenere tutti i cinque figli da sola la madre mandò i due più giovani dai genitori del marito, sperando di poter dar loro una nuova opportunità di vita.
I nonni furono ben lieti di ospitare i due ragazzini, che a dispetto della loro giovane nella loro grande dimora in un paese poco lontano dalla capitale.
Tom e suo fratello Tyler crebbero insieme, creando un forte legame.
 Sfortunatamente all'età di diciotto anni Tyler si arruolò, volontariamente, nell'esercito statunitense, abbandonando il fratello e la sua ragazza….."
"Perché?" gli domando, interrompendo il suo racconto.
"Mah, nessuno lo sa, non si è mai scoperto il reale motivo. Alcuni dicono per amor di patria, altri per orgoglio.”
Il ragazzo continuava a fissare la lapide.
“Tom distrutto dalla partenza inaspettata del fratello maggiore cercò di trovar conforto dalla letteratura, con scarsi risultati. Con il passare del tempo l’affetto per Tyler svanì lasciando il posto all’ira e al risentimento.
Un anno prima della guerra, nel dicembre del 1938, l’esercito americano congedò 40 veterani tra i quali Tyler.
Tutta la famiglia Leroy, con figli e nipoti, si era riunita per accogliere l’uomo tornato dal fronte; Tom aveva atteso questo momento per troppo tempo.
Quella notte, dopo aver banchettato il giovane Leroy (giovane si fa per dire..aveva 63 anni) aspettò che tutti fossero andati a dormire, prese un coltello a lama doppia dalla cucina, andò nella stanza di Tyler, piangendo gli prese la testa fra le mani e gli diede un bacio sulla fronte.
 Dopo di che afferrò saldamente il coltello e glielo piantò nel petto, esattamente all’altezza del cuore.
Il sangue cominciò a sgorgare a fiotti macchiando le coperte candide mente Tom lasciava la stanza. Il mattino seguente trovarono il corpo avvolto da un manto rosso, era morto e LUI aveva avuto la sua vendetta.”
Non sapevo cosa dire, il racconto mi aveva letteralmente scioccata .“Come fai ha sapere tutte queste cose su di lui??”
“Era un mio ……lontano Parente...” nella sua voce malinconica vi era però un accenno di rabbia. Quel tipo di rabbia scatenata da un forte dolore o da una grande delusione, che non può essere dimenticata.
"Posso chiederti una cosa?"
"Certo.. Dimmi pure.. Cosa vorresti sapere?"
“ Cosa è successo tra la partenza e il ritorno dalla guerra?”
 Ed ecco che suona il telefono.
"Pronto?" rispondo
"Allora..è lì con te?"
"Chi?"
"Ma come chi!! Lui! L'uomo del mistero! L'impressionista, l'impressionante insomma c'è?"
Terrorizzata dalla piega che aveva preso la conversazione rispondo
"….Forse…" risposta stupida e inutile.
"Ahahahhahhh dai passamelo!!! Passamelo ! Passamelo!!! Passamelo!!!"
"No! Non ci pensare neanche!!! "
"Daiiiiiiiiiiii!!!!!!! Guarda che se non me lo passi comincio a parlare con la voce da mafiosa! Allooooora picciotta….” Mamma mia che nervoso, sembrava di sentir parlare Marlon Brandone Il Padrino.
"Se vuoi posso parlarle con l'altoparlante così ascolti anche tu" mi propone lui.
"No, va beh .. un'unica cosa..non credere a nulla di quello che ti dice su di me" gli passo il cellulare.
Lui se lo avvicina all'orecchio, fa due o tre risate intervallate da lunghe pause e poi mi restituisce il telefono.
"Allora?? " chiedo curiosa di informazioni alla mia amica.
"Allora stasera non esci con me"
"Perché?"
“Perché hai un appuntamento!! "
" Ah.. Non lo sapevo.... E con chi di grazia..?
" Con la tua spia sotto copertura!! Non sei molto perspicace..!! Va beh ci vediamo dopo per scegliere un look per stasera". Mette giù il telefono.
Io fisso la schermata del cellulare attonita, senza proferire parola.
" Te lo avrei chiesto comunque finito il racconto" dice lui con aria quasi pentita. "se non vuoi fa lo stesso”.
"Ad una condizione.." rispondo con voce decisa.
"Quale..quale?" mi domanda con una curiosità quasi morbosa.
"Devi dirmi il tuo vero nome"
“mmm....”
Ce lo ho in pugno! Se vuole uscir con me deve dirmi come si chiama. Buahahahahahh quanto sono crudele. Sono proprio un genio del male!!
“NO”
Come NO??? Non è possibile!! Non mi aspettavo un no... Non l'avevo neanche preso in considerazione... E adesso...
"Perchè? Dimmi perché non vuoi che sappia il tuo nome.." dovevo sapere almeno il motivo.
“Perché c’è molto più gusto e più mistero a uscire con uno sconosciuto, no??” mi dice lui con un sorrisetto compiaciuto. Sbuffo.
Si alza dalla panchina, mi prende la mano e si china per baciarla. “ Allora ci vediamo al Trocadero alle 20.30 ”.
 
 
 
 
Arrivata a casa mi butto sul divano a pelle d’orso, un po’ stordita e provata dall’intensa mattinata. Purtroppo, poco dopo sento la porta aprirsi alle mie spalle e la sua squillante voce mi colpisce come una freccia “Cosa pensi di fare lì sdraiata???”.
 E io sono quella poco perspicace. “ Non vorrai mica dormire vero?”.
“ NO, in effetti stavo contando quante macchie sono presenti sul nostro copri-divano”
“  AH… AH… AH….mooooooolto simpatica…Dai alzati che dobbiamo uscire”
“Per andare ..??” temo la risposta.
“ A fare shopping!”
In meno di mezzora Martina mi ha già fatto provare 30 vestiti in 30 negozi differenti, senza considerare le scarpe.
Giriamo mezza Parigi per trovare un vestito adatto all’occasione, ma per lei è tutto un “ quello no perché è troppo serio, quello no perché è troppo lungo, quello oh …quello potrebbe andar bene a me,…”.
Solo dopo due lunghissime ore molto sofferte, nella zona del Marais, in un negozietto senza vetrina, troviamo il vestito giusto.
Martina me lo passa come se stesse maneggiando un’antica reliquia e mi invita a provarlo, o meglio mi ordina di provarlo.
 Mi infilo nel camerino e tento la grande impresa poi mi guardo allo specchio.
Sospiro.
Dall’altra parte della tenda giunge una voce “Ci sono dei problemi con la cerniera?
Posso aiutarti se vuoi? Quando hai finito vieni fuori così vediamo come ti sta!”
Esco da quella cabina larga 50 cm x 50 cm e prendo fiato, aspettando la reazione della mia amica. Quest’ultima sbarra gli occhi e rimane in silenzio.
“Allora? Com’è ??” le chiedo con aria preoccupata.
“WoW!” prende fiato  “ è …….è….perfetto”.
Mi volto ancora una volta verso lo specchio, il vestito nero, senza spalline, arrivava poco sopra il ginocchio, facendo apparire le mie gambe più lunghe e affusolate.
Semplice, ma efficace.
Raggiunto l’appartamento comincio a prepararmi per l’appuntamento.
Mi faccio un bel bagno caldo rigenerante e mi trucco. Martina insiste perché mi faccia sistemare i capelli da lei, anche se non mi fido più di tanto. Però glielo permetto.
Mi asciuga e stira i capelli poi li raccoglie in uno chignon per mettere in risalto il mio collo.
Finisco di apportare gli ultimi ritocchi al trucco, mi infilo il vestito e metto le scarpe col tacco che la mia coinquilina aveva già preparato.
Prima di uscire, come tocco di classe, Martina mi mette intorno al collo la sua sciarpa di seta nera preferita.
“ Fai in modo di non tornare a dormire a casa stasera, ok?” mi dice con un sorriso malizioso. Le sorrido di rimando, prendo la borsa ed esco.
Non so come potrei fare senza di lei. Anzi lo so, probabilmente non farei.
Martina è l’unica che ha avuto fiducia in me e nelle mie capacità, ha avuto la pazienza di sopportarmi e di sostenermi nei momenti peggiori nella mia vita.
 Lei mi ha cambiato.
Arrivata al Trocadero mi avvicino alla balconata per ammirare in tutto il suo splendore quella gigantesca struttura di metallo illuminata a festa. Aspetto.
Sono le 20.45 ma ancora nessuna traccia del misterioso uomo. Aspetto ancora.
 Guardo l’orologio con insistenza sperando che da un momento all’altro arrivi.” Che sciocca sono stata, come puoi fidarti di un uomo che non vuole dirti il suo nome?? Non posso crederci, sono una cretina!
Mi sta bene! Mi sono fatta trasportare da un paio di occhi blu e un nome inventato!! Complimenti Ale meriteresti il mongolino d’oro!!”
Mentre mi infamo da sola sento un rumore di passi alle mie spalle, mi giro e prego perché sia lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
Buongiorno a tutti!
Scusate se non mi sono fatta viva nel capitolo precedente ma essendo la mia prima storia ero un po’ agitata e tra una cosa e l’altra me ne sono dimenticata.
Comunque come vi sembra la storia?? se non vi dispiace lasciate un commento J!!! I suggerimenti e le critiche costruttive sono ben accetti!!!

Con tanto affetto White Mirror 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 - coincidenza o destino ***


David Green
Quell’energumeno continuava a fissarmi aspettando una risposta che, chiaramente, non avevo intenzione di dargli.
“ Allora signor Green .. dove sono i nostri soldi?”
“….Non so..avete guardato in banca?” dico in tono sarcastico.
Il bestione irritato dalla mia risposta mi tira un pugno dritto in faccia talmente forte da farmi cadere a terra.
“Signor Green, lei lo sa che il signor Johnson non è un uomo molto paziente e che quando vuole una cosa….la ottiene sempre.”
“Che ore sono?” Domando preoccupato
“Cosa????” chiede l’uomo.
“Ho chiesto…che ore sono?? Alle 20.30 ho un appuntamento con una ragazza quindi..”
“Allora sei già in ritardo…sono le 20.50…. Comunque tornando alla questione dei soldi..”
“Senti.” Lo interrompo “Una volta rubato il pezzo che cerco, lo vendo al mercato nero e dò a Johnson i soldi che gli devo…ok? Dammi tempo due settimane e sistemo tutto.”
“Mmmmm... due settimane….va bene tra due settimane ti verrò a cercare e fai in modo di avere quei soldi!!”
Finita la conversazione mi allontano da quell’armadio a due ante con il naso sanguinante e un occhio nero.
Sono ridotto uno straccio, come posso presentarmi da lei così?
Guardo l’orologio della metro per accertarmi dell’ora, purtroppo segna le 21, non ho tempo per sistemarmi.
Da Gare Saint-Lazare al Trocadero sono sette fermate, se prendo la metro delle 21.05 dovrei essere là per le 21.15. Sono un disastro! Arrivo al primo appuntamento in ritardo e malconcio..sono irrecuperabile.
Dopo sette fermate il metro si ferma e scendo il più velocemente possibile, salgo la scalinata che porta fuori e corro verso il luogo d’ incontro, mi avvicino alla piazza …
Ma lei non c’è più.
 
 
 
 
 
 
 
 
Alessia Ferrari
Il ragazzo di fronte a me,che potrà avere 25 anni, indossa una camicia bianca e dei jeans neri. Alcuni ricci corvini gli cadono sulla fronte ampia, però non sono sufficientemente lunghi da coprire un meraviglioso paio di occhi verdi.
“Bonsoir mademoiselle” dice avvicinandosi.
“Bonsoir monsieur”
“Non è bellissima?” mi domanda indicando la torre illuminata.
“Si” rispondo sospirando.
“Mi chiedevo una cosa….cosa ci fa una così bella ragazza tutta sola al Trocadero?”
“Eh…è stata vittima di un sogno, un bellissimo sogno dagli occhi azzurri”.
Il mio interlocutore sorride “Ma quando doveva arrivare questo…sogno?”
“Alle 20.30” sospiro affranta.
“Beh, visto che questo misterioso sogno non si è fatto vedere…potrei avere l’onore di far compagnia a questa creatura tanto bella ?”
“ Beh..sicuramente sapete come lusingare una donna ma..io non vi conosco..”
“Giusto, quanto sono maleducato, non mi sono presentato, io sono Louis Crèvonne, parigino doc, con una laureato in giurisprudenza e attualmente a capo di un negozio di alimentari.”
“Alessia Ferrari, italiana trasferita a Parigi, attualmente seguo dei corsi di storia dell’arte alla Sorbona.”
“enchantée” dice, chiudendo la presentazione con un baciamano.
“Allora Alessia, mi permetterai di farti da accompagnatore questa sera?”
Guardo ancora una volta l’orologio, sono le 21. Solitamente non sono così, non vado in giro per la città con il primo venuto e aspetto se un uomo è in ritardo per un appuntamento ma con Edouard,o qualunque sia il suo nome, è diverso. Non c’è nulla di sicuro, di reale nel nostro incontro, per quanto ne so io potrei anche essermi inventata tutto, potrebbe essere frutto della mia immaginazione; il mio cervello da single potrebbe rifiutarsi di passare un altro giorno a pensare a Jan creando un valido sostituto. Però stasera, dopo aver cercato tutto un pomeriggio il vestito adatto, essermi depilata,truccata e acconciata i capelli, merito un po’ di svago, no?
“D’accordo ti concedo questo onore”
“Parfait!! Dove vorresti andare? Hai fame?”
“ Beh..in effetti un po’ di fame ce l’avrei..tu hai fame?”
Mi guarda con un sorrisetto beffardo e dice “Io…ho sempre fame! E ho già un idea di dove portarti!”. Detto questo mi prende per mano e ci dirigiamo a grandi passi verso i lungo Senna.
Dopo poco ci fermiamo davanti a un piccola casa dall’aspetto accogliente, sull’insegna compare il nome Mimì.
 Louis mi fa entrare e mi accompagna fino al retro del ristorante in un piccolo giardino tutto illuminato da lampadine gialle incastrate nelle piante, al centro del quale si trova un tavolo in ferro lavorato apparecchiato per due. Sembra un sogno.
Ci accomodiamo e ordiniamo da mangiare.
“Allora è questo il tuo negozio di alimentari??” gli domando mentre aspettiamo che arrivino i primi piatti.
“…ah…no questo è solo il ristorante di un mio vecchio amico, quando voglio far colpo su una ragazza la porto qui.” Dice con un sorriso seducente. “ il mio negozio è..molto più bello! Se ti va dopo possiamo farci un salto.”
“perché no..”rispondo ricambiando lo sguardo.
 
 
Finita la cena tra una chiacchiera e l’altra, ci dirigiamo nuovamente verso la torre.
Dopo circa dieci minuti arriviamo ai piedi della maestosa costruzione; la guardia fa un cenno di saluto a Louis, fa segno con la mano di avvicinarci e apre le porte dell’ascensore.
Stupita entro dentro la cabina con il mio accompagnatore al seguito e aspetto che le porte si chiudano; In una manciata di secondi siamo in cima a quel meraviglioso mostro di ferro illuminato.
La vista è incredibile, un velo di luce ricopre la città mostrandomi un aspetto di Parigi del tutto nuovo. Il rumore del traffico va pian piano affievolendosi concedendomi la possibilità di isolarmi dal mondo che mi circonda e di assaporare quel fantastico momento. Intorno a me ora c’è solo il silenzio.
Sfilo l’elastico utilizzato da Martina per lo chignon e lascio che i capelli vengano scompigliati da un leggero vento.
Tutto è perfetto; tutto perfetto fino a che non mi trovo stesa per terra.
Qualche cosa mi aveva colpito alla testa e, a causa del mio scarso equilibrio sui tacchi, ora mi ritrovavo a guardare le stelle.
“Tutto bene??” mi chiede Louis avvicinandosi con un tono di voce tra il preoccupato e il divertito.
“Si,si..” confermo tirandomi su massaggiandomi la parte sinistra della testa.
“Cosa è successo?”
“Veramente…non lo so..ero lì alla ringhiera ad osservare il panorama quando qualcosa mi ha colpito alla tempia…”
Lo sento trattenere una risata.
“..qual cosa come quello..” mi dice indicando divertito una massa rotonda grigio bluastra non ben identificata sul pavimento.
“C…C….cheee…cosa….è…Quellooooo???!!” grido io disgustata saltandogli praticamente in braccio.
“…Mmmm…un piccione…..morto,..almeno credo” conclude lui ridendo.
Fantastico,già al primo appuntamento vengo messa K.O. da un piccione; e come se non bastasse quest’ ultimo muore a causa del forte impatto con la mia testa dura. Ottimo!
“ Ora il negozio è pronto, vuoi vederlo?” mi chiede.
“ Ovviamente!” rispondo con entusiasmo cercando di dimenticarmi del volatile.
Mi prende per mano e mi accompagna sull’altro lato della torre dove ci aspetta un piccolo negozietto con un insegna color crema “ le petit gateau”
“Le petit Gateau!!!!!!” esclamo stupita “TU!!! Sei il proprietario..di le petit gateau??”
“Veramente il proprietario è mia madre, io lavoro per lei.”
“…In pratica mi stai dicendo che tu sei il figlio della donna che ha reinventato il concetto di pasticceria; quella donna che è conosciuta in tutta Europa come la migliore nel campo dei dolci; la stessa che ha vinto numerosi premi e che ha suoi negozi distribuiti in metà mondo….?”
“…direi di sì” conferma lui.
Entriamo dentro al negozio è un intenso profumo di cioccolato mi travolge, come aveva fatto il piccione.
L’interno presenta pareti dello stesso colore dell’insegna decorate con motivi floreali marroni e qua e la spuntano dal muro delle semicolonne corinzie. Dal soffitto pendono due grandi lampadari di cristallo che diffondono in modo molto efficace la luce in tutta la stanza. Vicino alla parete di desta vi è il bancone della piccola pasticceria, dietro al quale si trova la porta per accedere alla cucina.
 Il centro della sala è invece occupato da tavolini tondi di legno levigato e sedie che riprendono i motivi del muro.
 “Madame” dice lui scostando una queste.
“Merci”
“ Torno subito” annuncia buttandosi dentro la cucina.
“Ti serve del ghiaccio da mettere sulla tempia?” chiede sporgendosi dalla porta.
“No no, non ti preoccupare, sto bene. Grazie”
Dopo qualche minuto eccolo che torna con in mano un piattino sopra al quale era stata appoggiata, con estrema cura, una fetta di torta al cioccolato.
“ ecco” esclama appoggiando quella meraviglia sul tavolo “la mia creazione”.
Mi porge la forchetta e si siede di fronte a me. Afferro la posata e, con delicatezza, prendo un pezzetto del dolce.
Incredibile! I pezzetti di cioccolato, presenti all’interno, si erano sciolti in una frazione di secondo e ora li sentivo scendere giù per la gola come un fiume di lava. L’armonia dei sapori, data da quel gusto un po’ piccante di peperoncino, era tanto perfetta da farmi tremare tutto il corpo.
“allora? Com’è? “ chiede con un sorrisetto compiaciuto.
“Wow”  non sapevo proprio che altro dire.
“L’ho chiamata Etna!”
“Nome azzeccatissimo ! ma..l’hai fatto veramente tu? È incredibile..”
Il suono delle campane di Notre Dame mi risveglia il cervello frastornato da tutto quel glucosio, guardo l’orologio per assicurarmi che il numero dei rintocchi sia giusto; sì sono le tre.
“Oddio!! Sono già le tre!! Non è possibile!” sobbalzo
“Eh… incredibile come passi in fretta il tempo quando ci si diverte!” “ Dai..!” dice ridendo e porgendomi la mano “ ..ti riaccompagno a casa”
 
Arrivati al Trocadero ci salutiamo.
“ Ho trascorso una serata meravigliosa.. ”
“…beh..magari non sono il tuo sogno con gli occhi azzurri.. però me la cavo…”
“Egregiamente, direi..” sottolineo.
Non faccio in tempo a finire la frase che sento le sue labbra premere contro le mie. Trasportata dal momento rispondo al bacio, fino a che non lo vedo lì, in piedi, con un mazzo di rose rosse in mano e un occhio nero.
 
 












 

 
 
 
 Salve a tutti!!
 Allora che ne pensate??? Per suggerimenti o critiche costruttive lasciate un commento!!
Un Grazie a tutti i lettori che mi seguono!!
Baci
W.M. 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 - uno spiacevole incontro ***


David Green
Lei è lì di fronte a me mentre bacia un altro uomo e io sto qui, impalato come un sedano a godermi la scena…
Non posso crederci! Sono uno sciocco!...cosa credevo di fare? Aspettarla qui fino alle tre del mattino per cosa???
Ho sbagliato, sono arrivato tardi all’appuntamento e ora ne pago le conseguenze..
Ho sbagliato,… ho sbagliato tutto con lei..
 



Alessia Ferrari
‘Non è possibile! Non può essere lui!! Mi ha aspettato qui fino a quest’ora?!’. Penso mentre allontano delicatamente Louis dalle mie labbra.
“Buona notte” mi dice il giovane pasticcere.
“N..notte” balbetto io mentre cerco di riordinare tutto quel casino creatosi nel mio cervello dall’assurda situazione.
Louis si allontana, dirigendosi verso la metropolitana; ora tra me e...Edouard..ci sono circa tre metri.
Ci guardiamo in silenzio, cercando di sostenere l’uno lo sguardo dell’altro.
‘Perché ? Non ha senso.. mi aveva dato buca…’ mi fermo un attimo a pensare ‘o forse no… che cosa ho fatto!?!? Oddio! Ha un occhio nero…e se per caso è stato aggredito mentre stava venendo all’appuntamento?? No No NO!! Non ci credo!! Non posso essere tanto sfigata!...o forse sì..?...ok, respira Ale…non hai fatto niente di male…devi solo respirare’.
Mentre mi ripeto tutto ciò lo vedo avvicinarsi a me con passo spedito.
Non so proprio cosa fare, il mio cuore comincia a rallentare fino quasi a fermarsi;
Non riesco più a deglutire il nodo alla gola impedisce l’uscita di qualunque suono.
Ora è a meno di un metro da me, la pressione sale, mi gira la testa e le mie gambe tremano come foglie; ormai ci siamo, uno spazio di circa venti centimetri divide il mio corpo dal suo.
Contro ogni mia aspettativa mi porge il mazzo di rose e io insicura lo prendo senza fiatare.
"scusa" dice prima di andar via; Attonita lo guardo scomparire in una stradina laterale poco illuminata.
Vorrei corrergli dietro ma i pochi neuroni ancora presenti nel mio cervello me lo impediscono, quindi mi volto e mi dirigo verso il mio appartamento.
Quando apro la porta vedo, sul divano del salotto di fronte alla TV, la mia buffa coinquilina. "Che c'è? Perché sei qui?" mi domanda con un grande sbadiglio mentre si stropiccia gli occhi.
Il dolore è troppo forte e a lei non so mentire, quindi lascio che le lacrime accumulate fino a quel momento scendano, rigandomi le guance.
Lascio cadere il le rose e mi accascio al suolo, appoggiandomi sulle ginocchia.
"cosa è successo?" dice lei con tono preoccupato avvicinandosi in fretta e furia.
Non riesco a parlare, le lacrime mi annebbiano la vista e i singhiozzi sempre più forti mi impediscono di spiegarle la situazione.
"calma, calma, ci sono qui io.." dice abbracciandomi " non ti preoccupare, andrà tutto bene".
Dopo essermi sfogata per una buona mezz'ora mi tiro su, mi asciugo le lacrime rimaste a metà strada e mi dirigo verso il sofà; Martina mi segue senza dire una parola.
A quel punto prendo un bel respiro profondo e le racconto tutto, dal ritardo fino allo “Scusa”.
La mia amica mi guarda sbalordita, incredula, cercando di elaborare una degna risposta in soluzione a tutto quel casino.
Finito il mio monologo la fisso in attesa del verdetto.
“SSSoccia che sfiga!” esordisce con una finezza tipicamente bolognese; Mi metto a ridere ringraziando il cielo di avere una coinquilina come lei.
“Ale…” dice tornando seria in volto “…devi parlare con lui..”
Parlare con lui? Dopo quello che è successo non riuscirei neanche a guardarlo in faccia…
Non posso..non ci riesco.
“..sai che è la cosa giusta da fare……” insiste
“Lo so” rispondo con la voce tremante.
Detto questo mi alzo e mi dirigo verso la camera da letto sperando che una notte di riposo mi aiuti nella scelta; anche parchè si sa…la notte porta consiglio.
 
 



 
Mai fidarsi dei proverbi, la notte porta solo buio; e se il buon giorno si vede dal mattino sono rovinata.
Mi sveglio verso le 11.45 con un mal di testa allucinante, causato dalla crisi di pianto di sette ore prima e mi dirigo verso la cucina in cerca di una tanica di caffè.
Sfortunatamente la mia ricerca si conclude subito e devo accontentarmi di una tazza dei muppet, con disegnato sopra kermit la rana, riempita fino al bordo.
Tornando verso la camera passo davanti al bagno e noto che l’ immagine riflessa nello specchio di fronte alla porta non mi assomiglia. Le occhiaie, gli occhi gonfi, le unghie mangiate a sangue, le spalle incurvate e le costole che si intravedono da sotto la maglia sono cose che non mi appartengono. Questa non sono io…
Ora capisco il perché delle parole di Martina ..questa situazione mi sta letteralmente mangiando viva, devo parlare con lui se voglio che tutto torni a una normalità..perlomeno apparente.
Inorridita da me stessa decido di tentare l’impossibile e provare ad uscire.
Tiro fuori dall’armadio e indosso un paio di jeans blu e una maglietta azzurra stile impero con dei fiorellini bianchi, mi trucco e mi sistemo al meglio i capelli.
Recupero una rosa dal mazzo donatomi da Edouard e con la determinazione di un toro mi dirigo a grandi passi verso il luogo del nostro primo incontro, il cimitero di Passy.
 




 
Nessuno.
Il cimitero si presenta ai miei occhi come un deserto, tetro e privo di vita.
Mi dirigo verso la tomba di Leroy sperando di trovarlo lì; quando sento qualcuno entrare in quel villaggio di morti, mi giro verso l’ingresso e lo vedo comparire dalla porta in ferro battuto, bellissimo come sempre nella sua semplicità.
Appena mi vede si gira verso il portone per uscire.
Lo seguo e prima che varchi quella soglia gli afferro il braccio per farlo fermare. Deve ascoltarmi.
“Lascami” dice con tono deciso sottraendosi alla mia presa.
“devi ascoltarmi!..io……… mi dispiace per l’altra sera…vorrei che tu potessi prendere in considerazione l’idea di darmi un'altra possibilità…perché..”
“Senti …. ” dice interrompendomi “lascia stare….sarebbe meglio se non ci vedessimo più”
“Ma…aspetta..io”
“ fidati..è meglio così per entrambi..”
“Ma..”
“Non voglio che tu soffra a causa mia”. Detto questo scompare, lasciandomi lì…sola con il mio dolore.
 



 
non voglio che tu soffra a causa mia’, il mio cervello continua a ripetermi quella frase mentre percorro le stradine verso casa.
è meglio per entrambi…’ NO!! È meglio così per te!!..anche se quello che è successo, in parte, è  anche colpa mia….
Un rumore di passi mi distoglie dai problemi della mi vita sentimentale e mi riporta alla realtà. Quando alzo la testa un uomo, ben piazzato sui cinquant’ anni, è fermo di fronte a me che mi impedisce il passaggio.
“Salve bella signora..” dice l’uomo con fare losco.
Già il fatto che mi dia della ..”signora”..mi irrita alquanto, dato che potrei essere sua figlia, per di più mi blocca anche la strada.
“mi scusi..potrebbe farmi passare?” dico con tono palesemente irritato dal comportamento del mio interlocutore.
“ Mi dispiace, ma non penso sia possibile..” dice quello avvicinandosi “ lei lo conosce e quindi…” sogghigna l’energumeno.
“….conosco Chi?..Cosa…?.....Perchè?” mi prende il panico
“…cosa facciamo …il gioco delle domande??” ride di me lo sconosciuto. “ Non ho tempo da perdere” . Fortunatamente la suoneria del mio cellulare interrompe quell’ amabile conversazione.
“Posso..?” domando al losco figuro che non mi degna di alcuna risposta.
Cerco all’interno della borsa il telefono sperando di trovarlo in fretta; Numero sconosciuto.
“Pronto? Chi è ?” chiedo voltando le spalle all’energumeno.
“Ale…Ale mi senti?? Ale .. sono Louis….Louis Crèvon…”
“Ah…Louis..” dico con tono un po’ deluso
“Tutto ok?....scusa se ho chiamato….forse non è un buon momento….”
“No no, non ti preoccupare…mi fa piacere sentirti..” mento spudoratamente sperando che non se ne accorga.
“Ah..meno male…comunque ti ho chiamato….. per chiederti se….per caso….. ti andava di uscire domani sera? “
“Louis…io domani sera lavoro..non posso proprio..mi dispiace”
“…che ne dici allora se ci vediamo domani mattina?” insiste
“D’accordo..”
“Al solito posto alle 9… va bene?”
“Va bene a domani”. 
Metto giù il telefono pronta per affrontare quel maleducato; mi volto ma di fronte a me non c’è più nessuno, la strada è libera ed ora posso tornare a casa.
 


 
 
David Green
Miller giace ora sdraiato, con la faccia a terra, in una stradina laterale un po’ imbucata, fuori dalla portata visiva dei passanti.
Mi chino su quella grossa figura per estrarre la freccetta che gli ho lanciato, volta a  iniettare nel suo organismo un sonnifero abbastanza potente da tramortire un cavallo.
Devo aspettare che si risvegli. Ho troppe domande..a cui servono delle risposte.
Mezzora dopo lo vedo tirarsi su pian piano, non ancora sicuro del luogo in cui si trova.
“Perché sei qui Miller..?” gli chiedo pieno di rabbia, mettendomi davanti alla sua unica via di fuga.
“Levati Green prima che ti faccia male..” si avvicina a me ridendo.
“Ti ho chiesto…Perché Sei Qui …MILLER????” ringhio, tirandogli un pugno esattamente in mezzo agli occhi e facendolo rimbalzare col culo a terra.
“ JOHNSON….ha detto di venire a fare una visitina alla tua nuova amica…..che tra l’altro è un vero bocconcino” sogghigna il mostro.
Sento il sangue ribollirmi nelle vene come un fiume di lava e i muscoli sono talmente in tensione da potermi lacerare la pelle e fuoriuscire.
“ … ha anche detto che se non porti i soldi entro mercoledì….Dovrò tornare per una seconda visita….”
“…di a Johnson di lasciarla in pace!! Lei non c’entra niente con tutto questo!! Non sa neanche chi sono!”
“Green…Green…sei un povero illuso..a Johnson non importa che lei sappia o no la tua reale identità….vuole solo i suoi soldi…e li avrà..altrimenti qualcuno si farà molto male”
“MAH…!!!..”
“ Mercoledì.. Green!!! ..MERCOLEDì!!” ripete allontanandosi verso la strada principale.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Salve a tutti!!
Allora come vi sembra?
Suggerimenti?? Critiche costruttive? Beh ormai lo sapete ..non dovete far altro che lasciare un commento!!
Spero di riuscire a completare il più presto possibile anche il capitolo 5!
Un Grazie a tutti quelli che hanno la pazienza e la voglia di seguire la mia storia!!
un bacione enorme
W.M 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 - le verità svelate ***


 Alessia Ferrari
Mi trovo a meno di un metro dal portone quando una voce strillante, assai familiare, mi raggiunge.
"Aleeeeeeeeeeee!". La mia coinquilina si tuffa su di me buttandomi le braccia al collo.
"Allora??... Come è andata?" chiede pimpante.
Mi giro verso di lei con lo sguardo assassino sperando che la rabbia e la delusione possano trasparire dai miei occhi.
"Ehm.. Forse non ne vuoi parlare.."
"Che ragazza perspicace .." le rispondo con un velo di ironia.
Aperta la porta dell'appartamento ci sediamo sul divano, accendiamo la TV e aspettiamo che il tempo passi.
Fisso l'orologio appeso sulla parete di fronte a noi, il movimento spasmodico delle lancette è sottolineato da un forte ticchettio, quasi nervoso.
Il sole tramonta alle nostre spalle quando il telegiornale delle 20.00 attira la mia attenzione.
"Ultime notizie:
Pare che la polizia americana abbia scoperto l'identità dell'uomo trovato morto, circa due settimane fa nei pressi di chesapeake beach.
Sembra che la vittima rispondesse al nome di Samuel Leroy. Sono ancora in corso le indagini per scoprire le cause della morte e il colpevole.
Passiamo ora allo sport..."
Leroy??? Possibile che sia solo una coincidenza?
Mi alzo dal divano e mi dirigo verso il computer sperando di ottenere delle risposte dal magico mondo di internet .
Dopo tre ore di ricerche lo trovo. L'albero genealogico della famiglia Leroy è proprio davanti ai miei occhi.
"Samuel Leroy... Figlio di Bill Leroy.. Nipote di Carl Leroy....pronipote di Tom Leroy"
No... Non è una coincidenza...
Il suono improvviso del campanello mi fa sobbalzare.
"Vado io!!" Urlo alla mia amica che intanto si era appisolata sul divano.
Mi infilo in fretta e furia il cappotto e scendo le scale; arrivata in fondo apro la porta.... Il nulla...
Una vocina rimbomba nella mia testa ' beh cosa ti aspettavi? Chi mai si sognerebbe di andare a trovate una persona alle undici di sera?? Sei una povera illusa ! Non ti vuole, lascia stare!..'
Mentre la mia simpaticissima coscienza continua il suo monologo; noto tra la fila di alberi sull'altro lato della strada una figura nascosta dall'oscurità.
Quest'ombra quasi del tutto invisibile ai miei occhi sta ferma, appoggiata a un faggio ad aspettare.
Ad un tratto lo vedo tirarsi su da quella scomoda posizione e incamminarsi verso una strada secondaria.
Faccio un passo fuori dalla soglia e quella fastidiosa e irritante vocina torna all'assalto
'Cosa pensi di fare? Seguirlo?? Ma non hai imparato niente dai film horror?? La protagonista che segue lo sconosciuto di notte viene uccisa!!! Torna su da Martina!!' ma la curiosità e il bisogno di sapere mi spingono fuori dal condominio.
Ignorando qualsiasi avvertimento cerco di trovare nel buio quello strano personaggio, pregando il Signore che non sia un assassino.

 

Gira a destra, a sinistra, nuovamente a destra, ancora a sinistra, a destra poi sinistra, ancora a destra.... Ho perso completamente l'orientamento e lascio che il mio corpo proceda per inerzia in quel gomitolo di strade all'inseguimento di quello che si potrebbe definire il mio "filo d'Arianna".
A un tratto la misteriosa figura si ferma, apre una piccola porta in ferro battuto ed entra; le lastre marmoree riflettevano, come uno specchio, l'intensa luce della luna illuminando il cimitero.
Le croci, piantate nella terra fredda, facevano apparire quel luogo, durante le ore notturne, abbandonato e terrificante.
Entro senza esitare, sperando che la porta rimanga aperta per fornirmi una veloce via di fuga in caso di pericolo.
La speranza si dissolve nel giro di pochi secondi, disperdendosi nell'aria assieme al potente, metallico tonfo causato dalla chiusura dei battenti.
Mi sposto di qualche tomba seguendo il tragitto di tutte le mattine, i pochi lampioni all'interno di quel giardino di morti andavano a intermittenza illuminando, una volta si e una no, i nomi scritti sulle lapidi.
Avendo perso la mia "guida" mi dirigo verso la tomba di Leroy.
La osservo in tutta la sua semplicità; la scritta dorata ora risalta particolarmente, donando alla lastra un aspetto raffinato.
Sorrido pensando a come una semplice tomba possa causare tanti problemi e essere la risposta di tanti misteri.
"Je suis belle oh mortel.." dico con un filo di voce.
Il silenzio avvolge tutti gli esseri presenti all'interno di quelle alte mura.
La stanchezza e il dolore cominciano a farsi sentire e a presentarsi sotto forma di lacrime.
"Je suis belle oh mortel...!!" ripeto con tono deciso aumentando il tono di voce mentre una goccia trasparente mi scivola lungo la guancia.
Ancora nulla. Mi siedo affranta accanto a Tom e com le mani a coprirmi il volto mi sfogo, lasciando che le emozioni prendano il sopravvento.

"Comme un rêve de pierre".
Sollevo di scatto la testa sperando di non esser vittima di un sogno.
È lì in piedi davanti a me nel suo meraviglioso completo nero che, per contrasto, fa risaltare quei bellissimi occhi azzurri. Dopo qualche secondo dominato dal silenzio faccio un respiro profondo, pronta per eliminare tutti i dubbi che mi occupano la mente.
" .. Chi sei tu?" domando diretta.
L'insicurezza traspare dal suo volto.
".. CHI SEI?? Dimmelo!" grido notando nella mia voce una nota di disperazione.
" Vuoi veramente saperlo?" chiede serio
"SI!"
"Sei pronta ad accettarne le conseguenze?"
"SI!"
"Hai paura?"
Perchè questa domanda? …
"Ale.....Hai paura?"
"Si!"
"Perchè vuoi saperlo?"
"Perché non vuoi dirmelo!!????!??"
"Perché meno sai di me meno soffrirai"
"Troppo tardi.." sospiro " ti prego... Dimmelo....io.. Ho bisogno di sapere la verità..."
Sospira pensieroso mentre si passa una mano tra i capelli castani.
"D'accordo..te lo dirò .. Ti racconterò tutto" dice ancora un po' esitante.
" Ok.. Allora.. Da dove iniziamo.." mi chiede
"Dal principio.."
Sorride alla mia risposta. "Va bene....Piacere il mio nome è David Green"
Mi tiro su per stringergli la mano e finire la presentazione.
"Il piacere è tutto mio signor.. Green, io sono Alessia Ferrari" dico tutta soddisfatta.
"Avevi detto di voler sentire tutta la verità .. Sei sicura?" mi chiede David
"Assolutamente!"
"Devi però promettermi una cosa.."
"Cosa..?"
"Devi promettermi che non te ne andrai, che non scapperai via da me.."
"Te lo prometto!"
Sembra rassicurato dalla mia risposta.
"Quando ti ho raccontato la storia di Leroy ti ho detto che era un mio lontano parente..."
"Si me lo ricordo.."
"Era il fratello del mio bisnonno "
"Quindi il padre di tuo nonno era...."
"No.. Il padre di mia nonna... Era Tyler Leroy"
Non ci credo...
"Aspetta un attimo.... C'è una cosa che non capisco....Perché non volevi dirmi il tuo nome?" gli domando cercando di dare un senso a tutte quelle informazioni compresse nella mia testa.
"Perchè.. ... ho ucciso un uomo"








 

 Buonasera  miei cari lettori!!!

scusate se ci ho messo tanto per aggiornare ma questo capitolo mi ha dato veramente del filo da torcere!!
allora che ne dite? vorrei sentire la vostra opinione !
se avete delle preferenze o delle idee su come possa continuare la storia lasciate un commento!! 

p.s. le sorprese non sono ancora finite! quindi continuate a seguirmi!! 

GRAZIE MILLE A TUTTI    W.M  

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Capitolo 6
*** capitolo 6 - i due rivali ***


Alessia Ferrari
 
ASSASSINO - ASSASSINO - ASSASSINO
Quella parola continuava a comparire nella mia testa come uno striscione pubblicitario; le lettere di un rosso acceso scorrevano da destra a sinistra con un movimento fluido.
No.. Non poteva aver ucciso un uomo....
'No... Ale stai calma... Non è successo niente .. Ora puoi svegliarti da questo incubo.. ....Dai Ale svegliati.. !!Perché, perché doveva succedere tutto questo a me?? Devo aver fatto delle orribili cose nella mia vita precedente... Prima Jan, ora questo....David...'
Il mio cervello, indaffarato a riordinare tutte quelle scoccanti notizie, si era dimenticato di mandare gli impulsi nervosi per permettermi di respirare; nel giro di pochi secondi mi ritrovo stesa a terra. Pian piano la vista mi si annebbia lasciando che l'oscurità prenda il sopravvento.
 
 
 



David Green
 
Sì, ora conosce la verità... O almeno PARTE della verità...
Per la prima volta in vita mia sono riuscito ad essere sincero con una persona a cui tengo.. Un miracolo!
Mentre cerca di elaborare la mia ultima affermazione che (giustamente) l'ha sconvolta,
I suoi bellissimi occhi scuri, nei quali si specchia una magnifica luna piena, mi guardano incapaci di alcun movimento.
Solo dopo un po' mi accorgo che il suo bel volto sta assumendo una colorazione tendente al blu.
"Ale..? ... Stai bene??" chiedo un po' preoccupato
Pochi secondi dopo la vedo accasciarsi al suolo, svenuta.
"Ale!!" urlo inutilmente mentre mi lancio verso di lei.
Non risponde.
"Ale svegliati! Ale!!!" grido tenendola tra le braccia e scuotendole la testa in preda al panico.
Le palpebre si aprono lentamente con piccoli movimenti, lasciando agli occhi il tempo necessario per mettermi a fuoco.
 
 
 
Alessia Ferrari
 
Non appena riacquisto conoscenza noto che il mio volto dista meno di un palmo da quello di David.
Lo fisso per qualche istante prima di rendermi conto di essere finita effettivamente tra le braccia di un killer. Mi libero dalla presa e indietreggio velocemente. Mi osserva incredulo, aspettando la prossima mossa.
I dubbi cominciano ad insinuarsi nella mia testa come viscidi serpenti, facendo aumentare in me la paura e il terrore. Mentre immagino la scena dell'omicidio un brivido mi percorre tutta la schiena; Lo vedo lì in piedi di fronte alla sua vittima con un coltello da macellaio mentre affetta il corpo del disgraziato in tanti piccoli pezzetti, che paiono ai miei occhi come giocattoli nelle grinfie di un bambino; il sangue schizza da ogni parte, andando a formare una maschera rossa sul suo volto. Al di sotto di questa, prende posto un sadico sorriso accompagnato da un paio di occhi azzurri colmi d'odio e rabbia.
Il pranzo comincia ad arrampicarsi lungo le pareti dell'esofago in cerca di un uscita. Ora il mio corpo e la mia mente sono dominati dalla paura e dall'insicurezza. L'unica soluzione intelligente che riesco a elaborare e quella di tornare a casa e dormire.
"Devo andare" gli dico secca alzandomi da terra e dirigendomi verso l'uscita.
"Aspetta...Ale.. Ti devo parlare" mi grida lui mentre varco la soglia
"Non ora"
"Ale ti prego, aspetta" dice raggiungendomi e afferrandomi per un braccio.
Il panico prende il sopravvento, mi libero dalla presa e comincio a correre verso il condominio.
Lui mi segue ma dopo qualche metro sento che rallenta drasticamente il ritmo, perdendosi per la strada.
Con il fiatone, riesco ad arrivare al portone di casa; mi guardo intorno per assicurarmi di essere da sola, ma appena mi giro per aprire mi rendo conto che un alta figura mi impedisce il passaggio.
Non è possibile..
"Ale, ho bisogno che tu sappia tutta la verità ... Quindi devi ascoltarmi.." mi dice David serio in volto.
"Ma...Ma... Come hai fatto?" dico ansimando ancora per lo sforzo " va beh .. Non importa...Lasciami passare........... Ti prego"
".. Mi avevi promesso che non saresti andata via, che saresti rimasta con me.."
Rimango in silenzio.
"Ti supplico...devi promettermi che mi ascolterai.."
"Non oggi.." rispondo io con un filo di voce.
Detto questo, si fa da parte permettendomi di aprire il portone e fiondarmi in casa.
Improvviso una corsetta su per le scale tentando di dosare il poco fiato rimastomi; arrivata davanti alla porta dell'appartamento infilo la chiave nella serratura, prendo un bel respiro e cerco di entrare facendo il più piano possibile, per evitare di svegliare Martina.
Una volta infilato il pigiama, lavati i denti e pettinati i capelli mi dirigo in punta di piedi verso la camera da letto.
Noto con grande gioia che la mia amica ha occupato comodamente tutto il materasso; riproducendo alla perfezione l'uomo vitruviano di Leonardo.
Per far sì che continui a riposare quindi prendo il mio cuscino sotto braccio e mi dirigo verso il divano del salotto.
 
 
 
 
 
 
 
 
Un intensa luce colpisce i miei occhi costringendo la mia mente intorpidita dal sonno a risvegliarsi.
A pochi metri da me la mia coinquilina mi osserva interessata.
" Buongiorno..." dico con la stessa enfasi di un bradipo sul punto di morte.
".... Buongiorno..." risponde lei ridacchiando "che vuoi per colazione?"
COLAZIONE! La parola magica!! Stamattina dovevo andare a far colazione con Louis!
Le lancette dell'orologio a muro segnano le otto e cinquanta.. Ho dieci minuti per prepararmi e raggiungere il luogo d'incontro.
Corro verso la camera e rovisto dentro l'armadio cercando di trovare, in mezzo a quell'ammasso indistinto di stoffa che oso chiamare vestiti, qualcosa da mettermi.
Un picchiettio sulla spalla destra interrompe la ricerca. Alzo la testa e noto che la mia amica sta indicando una sedia dall'altra parte della stanza dove, con grande ordine, sono stati appoggiati un paio di jeans neri e una camicetta bianca perfetti per l'occasione.
"..Grazie...." dico con le lacrime agli occhi mentre le stampo un bacio sulla fronte.
" .... Come faresti senza di me..." bofonchia tornando in cucina.
Pronta in tempo record! Alle otto e cinquantanove esco, scendo le scale e mi dirigo verso il Trocadero.
Molta gente affolla la terrazza, alcuni turisti scattano foto ricordo mentre tengono in palmo di mano la grande torre, altre persone improvvisano balletti hip-hop per intrattenere il pubblico.
Sono le nove e cinque ma ancora non riesco a vederlo...
Il telefono squilla.
"Pronto!!"
"Ciao.." dice una voce maschile dall'altra parte del cellulare
"Dove sei??"
Louis ride alla mia domanda.
"Girati!"
Eseguo l'ordine e mi volto dando le spalle all'emblema nazionale; La folla si apre come le acque del Mar Rosso e la sua figura slanciata compare in cima alla piazza.
"Pronta?" domanda avvicinandosi
"Direi di sì"
"Allora... Da questa parte madame.." dice prendendomi per mano.
"Ma.. Dove stiamo andando esattamente?"
"Abbi pazienza e lo scoprirai"
 
Dopo circa mezz'ora arriviamo davanti ad un imponente portone di legno intagliato e decorato con motivi naturali.
"Prima di entrare.. Vorrei che chiudessi gli occhi.."
Lo guardo con aria interrogativa per tentare di farmi spiegare il motivo di tale richiesta.
"..per favore" dice avvicinando il suo volto al mio "Tienili chiusi fino a che non te lo dico io".
La porta si apre con un leggero cigolio e Louis mi conduce all'interno dell'abitazione.
Essendo momentaneamente privata della vista mi lascio trasportare attraverso una serie di stanze e corridoi, fino a raggiungere il posto desiderato.
"Bene..." dice fermandosi davanti a me " al mio tre... Apri gli occhi..ok?"
"Ok"
"Uno..."
Sento il rumore della maniglia che si sta muovendo.
"Due..."
"E.... Tre!"
La porta si spalanca davanti ai miei occhi facendomi godere di uno spettacolo veramente inaspettato.
"DOLCE..." sussurro sbavandomi praticamente addosso.
Ogni cosa in quella stanza conteneva zuccheri; le alte e spesse pareti di cioccolato al latte, il pavimento di stecche di cannella, gli alberi di marzapane con foglie di menta, i cespugli di zucchero filato, cascate di panna e serpenti di liquirizia; insomma attacco iperglicemico garantito.
Nella sala diversi aromi si mescolano fra di loro creando un profumo assai piacevole, anche se un po' forte; vicino al giardino di rose di zucchero, vi era un tavolino in legno con due sedie (forse unico oggetto non commestibile).
" benvenuta nel giardino segreto di casa Chèvron" mi dice Louis con una voce suadente mentre scosta una delle sedie da sotto il tavolo.
Avanzo verso di lui guardandomi intorno, affascinata da quel dolce paradiso. "... Non mi avevi detto di essere parente di Willy Wonka..."
"...al massimo della strega di Hansel e Gretel!" risponde ridendo.
"Ti ho sentito sai!!" esclama una voce calda e profonda proveniente da una quercia in pasta di zucchero accanto alla cascata.
"...ehm ehm... Bonjour... MAMAN...."
Da dietro l'imponente albero esce una donna sorridente di circa cinquant'anni, con i capelli neri legati in un alta coda e gli occhi verdi.
"Louis... Non mi presenti la nostra ospite?"
"Maman ti presento Alessia..e...Alessia ..questa è.... mia madre"
"È un onore immenso poterla conoscere signora Chèvron, lei è formidabile! È una vera leggenda nel campo della pasticceria!! Riesce a combinare due sapori assolutamente differenti e a equilibrarli creando un armonia sublime, a livello di gusto..."
"Alessia.. Tranquilla non devi far colpo su di me....
E chiamami pure Nicole... Signora Chèvron mi fa sentire troppo vecchia"
Il suo sorriso faceva trasparire calma e serenità, alleggerendo così la tensione del primo incontro.
"Allora... Dato che sono qui... Tanto vale approfittarne no?.. Louis! Per favore prepara la colazione per me e Alessia!"
Il ragazzo osservava con aria di rimprovero la madre, che si era nel frattempo seduta al tavolo e mi invitava a fare lo stesso.
"Cosa ti andrebbe cara?"
"... Non saprei.. Mi piacciono tutti i suoi dolci " rispondo timidamente
"Va bene.. Vorrà dire che sceglierò io......
Louis ...!! Preparaci un Bacio di Venere e un Cristallo per favore"
"Un Bacio di Venere e un Cristallo subito in arrivo!" urla dirigendosi verso il bancone di marmo sul lato sinistro della sala.
Gli occhi verdi di Nicole ora sono fissi su di me, mi scrutano con molta attenzione mentre le sue lunghe dita tamburellano freneticamente sul legno.
"Gli devi piacere molto..." dice poco dopo con un filo di voce.
"Come scusi??"
"Ho detto.. Che devi piacergli veramente moto..." mi ripete "Non aveva mai portato qui, nel mio laboratorio, una sua ragazza..".
"... N..no... Ma veramente..io.. Non sono la sua ragazza.." preciso subito.
"Oh..è un peccato.. Anche se... Conoscendo mio figlio.. È solo questione di tempo" aggiunge Nicole con un sorriso che farebbe rabbrividire lo stregatto in persona.
"Ed eccoci!!" esclama Louis portandoci la colazione "Un bacio di Venere e un Cristallo" dice appoggiando i piatti di fronte a noi.
Davanti a me stanno ora due dei più bei dolci di tutt'Europa; il primo, che all'apparenza potrebbe essere scambiato per una semplice torta al cioccolato, racchiude un morbido e dolce cuore di crema al frutto della passione e aroma di caramello.
La ricetta contiene chiaramente alcuni ingredienti segreti, praticamente impossibili da individuare.
Il 'cristallo' invece è un cubetto dal sapore divino, praticamente trasparente,con la stessa consistenza di un budino.
Gli ingredienti di questo dolce sono però sconosciuti, tranne ai membri della famiglia Chèvron.
"Allora? Cosa ne pensi?" mi domanda incuriosita Nicole
"Sono... squisiti! Nicole, lei è veramente incredibile..." dico dopo aver assaggiato un pezzetto di entrambi
"No.." mi corregge "....LUI è incredibile" dice indicando Louis "all'età di 13 anni venne da me e mi chiese di insegnargli a preparare tre dolci: Bacio di Venere, Cristallo e la Quinta Essenza.
Passò tutta la notte alzato a provare le ricette. Il mattino seguente su questo tavolo vidi le mie opere riprodotte alla perfezione; ma finita la degustazione mi resi conto che la ricetta era stata modificata, e che la sua versione era migliore della mia. "
 
 
 
 


 
 
Terminata la colazione, saluto Nicole e mi dirigo verso casa scortata da Louis.
Grazie al metro arriviamo velocemente al Trocadero,
"Allora anche tu sei un genio dei dolci.." dico sfoggiando il mio miglior sorriso.
"Beh definirmi GENIO mi sembra un po' esagerato.. Sono piuttosto un restauratore di ricette ... "
"Interessante.." commento avvicinandomi a lui "Louis.. Vorrei sapere una cosa.."
"Chiedimi tutto quello che vuoi.."
"Qual è la cosa..." continuo, riducendo a zero la distanza tra i nostri corpi "....qual è la cosa che desideri di più al mondo..?"
"Ale..io.. "
Non riesce a finire la frase che qualcuno mi afferra la spalla destra e con uno strattone mi allontana da Louis.
"ALESSIA scusa per il ritardo!" dice ansimando una voce anche troppo familiare.
"David!!!" grido allibita.
"Scusa se ho fatto tardi ma ho dovuto aiutare un signore che si era perso .. Ma ora ci sono, possiamo andare .."
Ok.. Non capisco più nulla. Un minuto fa era tra le braccia del mio bel pasticcere francese e ora sono di fronte al mio affascinante assassino americano...mi sono persa qualcosa.
"Scusa.. " dice Louis spazientito, picchiettando sulla spalla di David ".. Mi spiace interrompervi.. Ma mi sa che non ci abbiano ancora presentati.. Io sono Louis Chèvron.. Voi siete..?"
"Ah! Giusto .. Mi scusi.. Io sono ... Edouard Manet.. E ora avrei un appuntamento con questa bella ragazza..."
"Un APPUNTAMENTO?? Ale! ….. Quest' uomo è per caso il 'sogno dagli occhi azzurri' della sera in cui ci siamo incontrati?" mi domanda Louis visibilmente irritato.
Abbasso lo sguardo senza dire una parola.
"Mio caro EDOUARD... Sappia che questa bella ragazza ora esce con me; lei non può farci niente, ha perso la sua occasione quando quella sera l'ha lasciata da sola su questa terrazza... E la cosa migliore che potrebbe fare ora è farsi da parte e lasciare che sia felice ".
"Caro Chèvron, lei non sa con chi ha a che fare!!" ringhia di rimando David.
'Ale fai qualche cosa! Altrimenti qui finisce male! Ti vorrei ricordare che David è un assassino!!!!!' grida la vocina dentro la mia testa.
Ha ragione devo intervenire per il bene di tutti.
"Edouard! Noi due dobbiamo parlare!" dico con voce perentoria.
"Lo so! È due giorni che lo dico" mi risponde lui ridendo.
"Dobbiamo parlare...ma non adesso! Quindi puoi anche andare......" concludo.
"Va bene..aspetterò... Ma non farmi attendere troppo" Detto questo, sconsolato, si allontana.
Non appena mi volto noto che sul volto di Louis è spuntato un ampio sorrisetto compiaciuto.
"Perché ridi?"
"Beh, è evidente, no? Hai appena mandato via il tuo 'sogno dagli occhi azzurri' PER ME... Sorridere mi sembra il minimo.."
"Louis .. A proposito di questo.."
"Non ti preoccupare, sarò migliore di lui se solo me ne darai l'occasione...."
"Louis ..io.."
"Non c'è fretta... So che hai bisogno di tempo per riflettere.. Voglio solo sapere quando potrò rivederti"
" domenica...."
"A domenica allora.."
 
 
 







 

ciao a tutti!!!!
Scusate se ci ho messo così tanto per aggiornare ma scrivere questo sesto capitolo è stata veramente un impresa!
Spero sia di vostro gradimento!
 
 
Vorrei ringraziare tantissimo alcuni dei miei più fedeli lettori (Lighter, Haruhi93 e Lalla_95),
che nonostante tutto, continuano a seguire con interesse il racconto! (rendendomi molto felice) ;-)) 

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Capitolo 7
*** capitolo 7 - I ragazzi del Louvre ***


 
Carissimi lettori!
Mi scuso innanzitutto per la lunga attesa; purtroppo a causa di alcuni imprevisti non sono riuscita a pubblicare prima. Mi auguro di non aver fatto troppi errori di grammatica..(in caso contrario..beh..mi perdonerete)
Ringrazio tutti voi che ancora seguite con interesse il mio racconto e spero che il capitolo sia di vostro gradimento! Baci W.M.
 
 

 
 
 
 
 
 






 
 
 
 
Davanti a me, una mesta insalata verde con qualche pomodorino aspetta di essere mangiata.

Che tristezza.

L'orologio sul muro del salotto segna le 12.45 e la lancetta dei secondi avanza indisturbata; ho un’ ora e un quarto per finire il pranzo, rinfrescarmi, raggiungere il metró e andare al lavoro.

Prendo un respiro profondo e comincio a mangiare quel deprimente pasto, unico possibile dopo una colazione a casa Chèvron. 
Alle 13.15 ho finito tutto; sistemo il trucco, mi lego i capelli, acchiappo la borsa e scendo le scale per dirigermi verso la metropolitana. 
Il tragitto dal mio appartamento al Louvre è relativamente breve; unica scomodità è il cambio di linea.
Fortunatamente a quest'ora non vi è molta gente quindi il passaggio avviene abbastanza velocemente.
 Dopo tre fermate di linea 9 verso Mairie de Montreuil e quattro di linea 1 verso Château de Vincennes arrivo al museo.
 Le porte del metro si aprono e compare difronte a me, appoggiata ad una colonna a muro, Julienne, collega e amica di lavoro.

"Alleluja!!!" esclama sollevando la testa dal cellulare "ti avrò chiamato almeno sette volte!!"

"Scusami.." dico con un aria quasi dispiaciuta "... ma .. lo sai che il mio telefono è un rottame "

" Si si, diamo pure la colpa alla tecnologia adesso..." mi risponde con tono acido " dai andiamo.. I ragazzi ci stanno aspettando".
 
Julienne è praticamente perfetta, alta, bionda, con due grandi occhi azzurri e un paio gambe che potrebbero far invidia a Cameron Diaz. 
Il problema principale è costituito dal carattere, a causa del quale è stata soprannominata Barbie Hitler e Barbie XIV.
Nonostante sia una ragazza di 30 anni irascibile, autoritaria, egocentrica, possessiva e con un radioso futuro da dittatrice, ha un grande senso dell'umorismo grazie al quale è possibile lavorare con lei.
 
Dopo esser passate sotto il metal-detector ci dirigiamo verso la stanza del personale messa a disposizione dal dirigente come spogliatoio dove cambiarsi la divisa.

"Allora.." domanda cominciando a svestirsi "..che novità ci sono?"

"Bah.. Nessuna..." rispondo da brava bugiarda.

"Ale... sei brava a mentire....ma non così tanto da poterlo fare con me..".

" No, non è niente .. un semplice problema di uomini" dico sospirando mentre mi sistemo il cartellino col nome sul tailleur nero.

"Eh, dai... Non disperare! Pensa che io sono messa peggio di te.."

"Perché ? Cosa è successo con Claude?" domando incuriosita.

"Beh.. Ieri mattina dovevo andare a fare colazione da CHEZ CLARISSE con una amica; Prima di salire in macchina ho salutato la domestica e ho aperto il cancello al giardiniere, che era venuto per potare il ramo di un albero che andava a danneggiare i cavi della luce.

Dopo 500 metri mi sono resa conto di aver lasciato a casa il telefono, quindi sono tornata indietro a prenderlo.

Sono entrata in casa accostando il portone e mi sono diretta verso la camera da letto dove solitamente tengo il cellulare e il carica batterie.

Arrivata di fronte alla porta ho sentito la voce di Claude gridare ' Sì! Sì, Così!! Ancora!!! Soffri lurida sgualdrina!!'.

Sconvolta ho aperto per vedere se i miei dubbi sulla tresca con la domestica erano fondati......... E invece... No.."

"NO?!??!" domando incredula.

"No... Quando sono entrata in camera ho visto il mio ragazzo, con cui stavo insieme da ormai quattro anni, nudo mentre ...... Cavalcava...... il giardiniere che indossava una parrucca rossa, una mia gonna rosa e un top nero".

"Oddio!! E tu... Cosa hai fatto?"

"Eh... Io gli ho dato trenta secondi per uscire da casa mia; dopo di che ho preso la sua collezione di figurine dei super eroi che tanto amava... l'ho sparsa sui sedili della sua auto, sui quali ho poi versato una tanica di benzina... E ho acceso un bel falò".
Non so cosa dire; vorrei aiutare Julienne ma non riesco a trovare le parole adatte ad una situazione del genere.

"Io.. Io non .. Non so..." dico balbettando; l' apertura improvvisa della porta dello spogliatoio non mi da la possibilità di terminare la frase.

"Signore, mi dispiace interrompere la vostra amabile conversazione ma sono le 14.00 e sarebbe ora di dare il cambio ai nostri colleghi"

"Lukas!!!!!" grido buttandogli le braccia al collo.

"Anche io sono felice di vederti Ale!" dice stringendomi fra le braccia "forza, andiamo... Dobbiamo iniziare il nostro turno di guardia se non vogliamo essere licenziati".
 
Lukas è un ragazzo tedesco di 22 anni, nato a Berlino da una famiglia medio borghese. Grazie al suo aspetto, tipicamente doich, che include capelli biondi, occhi azzurri e una camicia rossa scozzese riesce a riscuotere molto successo tra il genere femminile.
 Io però lo vedo come un fratello maggiore, sempre pronto ad aiutarmi e sostenermi nei momenti difficili.

Quando Jan e io ci siamo lasciati, per esempio, mi è rimasto accanto e ha passato la notte con me e Martina a vedere tutto il Gattopardo ( in versione integrale) mentre piangevo tutte le mie lacrime.
 
Passo l'intero pomeriggio a controllare la mia zona come un segugio. I turisti continuano a sporgersi, oltre il filo di sicurezza, come Rose sul Titanic e dopo esser stati ripresi improvvisano spaventati qualche scusa in una lingua che potrebbe assomigliare all'inglese.
 Verso le 21.50 l'altoparlante annuncia ai visitatori che la chiusura del museo avverrà dopo dieci minuti.

Ecco, è questo il momento che preferisco della giornata lavorativa; gli ultimi dieci minuti.
 La gente comincia a tornare a casa e il museo appare vuoto e silenzioso al pari di un deserto; solo le opere rimangono lì, immobili, in attesa che tutto si spenga e inizi un nuovo giorno.
 
"Ehi! Bella addormentata!"

"Oh, Lukas...... Dimmi...cosa c'è?"

"Ti eri incantata guardando il San Sebastiano del Mantegna" dice ridendo.

"Oh, si scusa.. Stavo pensando.."
 
"Basta...! Sono le 22.10! Smetti di pensare e andiamo a divertirci! Julienne, Pierre, Antonio e Dimitri ci aspettano sotto la piramide."

Non so come ci riesca... Ma Lukas dice sempre la cosa giusta al momento giusto.

"Non facciamoli attendere oltre allora!" dico armandomi del mio miglior sorriso.
 
Nel giro di pochi minuti sono pronta per uscire; recuperiamo il resto del gruppo sotto quella maestosa costruzione in vetro e ci dirigiamo verso il metro per dedicarci al nostro rito serale.

Tutti i giorni finito il lavoro andiamo a berci una birra da FELIX, piccolo bar vicino a Notre Dame dotato di una pista da ballo.

"Oh! Ben arrivati!!" dice abbracciandoci Antoine, proprietario del bar "MARIEEEE!!!!!! PREPARA IL SOLITO PER I RAGAZZI DEL LOUVRE!!"

 Ci avviciniamo al bancone per accomodarci sugli alti sgabelli e sorseggiare la nostra meritata ricompensa dopo un giorno di lavoro.

"Allora..." comincia Antonio "quanti oggi?"

"Sei!" canticchia tutta contenta Julienne.

"Tu Pierre?"

"Cosa?"

"Quanti turisti hai beccato mentre si sporgevano oltre il filo o toccavano le opere d'arte?"

"Ahhh non molti devo dire... Circa quattro" risponde sorseggiando la seconda birra della serata.

"E tu Lukas?" domanda il mio connazionale 

"Tre.." dice con aria sconsolata
.
"Beh dai.. Non è importante" commento cercando di tirarlo su di morale.

"Certo, tu invece quanti ne hai visti?" mi chiede il tedesco.

"Beh... Io..." tentenno.

"Sputa il rospo!" grida Antonio con gli occhi colmi di curiosità.

"Nove!!!!" dico, senza riuscire a trattenere il mio entusiasmo " sei giapponesi, due italiani e un messicano".

"Non ci credo! Ho perso di nuovo! Per un turista!! ".

" Non far così Anto, andrà meglio la prossima volta.." lo consola Lukas.
 
Antonio è un ragazzo italiano di origini pugliesi, trasferitosi a Parigi a 19 anni per studiare architettura. A quei tempi riuscì a trovar lavoro al Louvre grazie alla lettera di raccomandazione di un vecchio zio e a una tresca con il vicedirettore del museo, Poline, che ingenuamente aveva ceduto al fascino dell'uomo del sud (così ci ha sempre detto Antonio).

Devo ammettere che è un gran bel ragazzo…
Sarà per i capelli neri leggermente scompigliati, per la pelle un po' scura , per i suoi occhi color carbone o per il suo sorriso carismatico...
Non lo so..
 
Mentre finisco di gustarmi la mia birra osservo la pista da ballo che intanto si stava pian piano riempiendo di gente.

"Ti va di ballare??" Grida Antonio a causa del volume troppo alto.

"Molto volentieri!" Rispondo con lo stesso tono di voce.

Detto questo ci dirigiamo al centro della pista cercando di farci strada fra le persone.

Giunti nel luogo desiderato cominciamo a ballare dimenticandoci di tutto il resto.

La musica è talmente alta che mi stordisce, il mio cervello mi abbandona e le note si impossessano del mio corpo muovendomi a loro piacimento come una marionetta.

Solo dopo qualche minuto mi accorgo che il mio amico mi tiene attaccato a se. Le sue forti mani avvinghiate ai miei fianchi fanno si che tra i nostri due corpi intercorra uno spazio di pochi centimetri.
"EHM.. EHM!!!" Dice Lukas picchiettandomi sulla spalla per attirare la mia attenzione.
"Ale..ti vuole Julienne ... Ha detto che ti deve parlare.."

"Grazie Lukas, la raggiungo subito..."dico prima di dirigermi verso il bancone del bar.

"Lukas... Hai un tempismo perfetto...." Brontola Antonio.

"Sai come la penso Anto.. Ale...insomma.. È zona proibita!" Ribatte il tedesco.
 
"Dimmi Julienne .."
 
"Allora?" Mi domanda con un sorrisetto malizioso.

"Allora...cosa?"

"Dai Ale.. Perché non me lo hai detto?"

"Ma detto ..COSA?" Domando senza capire il senso della discussione.

"Da quanto tempo state insieme?" Mi chiede con aria un po' scocciata.

"Ma chi?"

"Ma come chi!! Tu è Anto no? Chi altro?"

".. Ma io è Antonio non stiamo insieme..." Dico cercando di capire.

"Ma..ma...prima...il modo in cui ballavate.. Sembrava che..."

"Ma no no no!! Per carità! Ho già anche troppi problemi per quanto riguarda questioni di cuore." Ammetto cercando disperatamente qualcuno che mi serva da bere.
 "Uno speciale!" Dico al cameriere che in due minuti mi prepara il cocktail richiesto.

"Oh, mi dispiace…. Quindi non ti interessa sapere che un tizio super sexy alle tue spalle ti sta fissando da un quarto d'ora.”
Noto l’espressione di sfida sul volto di Julienne e decido con nonchalance di girarmi per controllare.
Non l’avessi mai fatto.
I suoi magnetici occhi azzurri, messi in risalto da una classica camicia blu,mi osservano con grande cura. Un leggero sorriso viene sottolineato da due piccole e meravigliose fossette ai lati della bocca.
“Ehm...Lukas....” dico cercando di non far trasparire il mio disagio “..potresti riaccompagnarmi a casa?”
“Si…non c’è problema, dammi un secondo e arrivo” risponde dirigendosi verso il bagno degli uomini.
“Ale!!!” commenta allarmata la mia amica.
“Scusa Julienne se ti abbandono così..ma sono veramente stanca..”
“No,no, non è per questo…lo schianto si sta dirigendo verso di noi!!! E sembra che voglia fare la prima mossa.”
In preda al panico mandando giù tutto d’un fiato il cocktail, sperando che l’ alcohol non mi stordisca più del necessario.
“Buonasera signore!”interviene il giovane.
“Buona…ora direi proprio di sì!” comincia a civettare la mia compagna.
“Ciao David..”
“V..Voi vi conoscete???” domanda stupita Julienne.
“Più o meno..” rispondo guardando a terra.
“Ale..allora..sei pronta?” chiede Lukas che intanto ci aveva raggiunti.
“Sì, sì mi infilo la giacca e arrivo”
“Lukas…?  piacere io sono David, un amico di Alessia...” comincia stringendogli la mano “ ….posso parlarti un minuto..”
“Certo..”.
“Non ti preoccupare Ale te lo riporto subito..” dice cercando il mio sguardo.
Pochi minuti dopo li vedo avvicinarsi nuovamente al bancone.
“Allora? Si va?” domando cercando di frenare la mia ansia.
“Eh..sì..ecco…io volevo rimanere un altro po’..sai come è..non esco mai..se non con voi, quindi devo approfittarne…però David ha detto che può accompagnarti lui a casa, stava andando via proprio adesso”.
"Per me non è un problema; anzi mi farebbe molto piacere stare un po' soli.. Così possiamo parlare.." Dice l'americano, con voce suadente.

"Non so.. Forse è meglio che aspetti Lukas.."
 
"No, non ci pensare neanche!! Vai, vai! Ci vediamo domani al lavoro" grida Julienne spingendomi a forza verso l'uscita.

"Ma.."

"Nessun MA!!! Fila via!" Ordina la mia amica.

Esasperata eseguo il comando e zitta zitta esco dal locale scortata dal mio accompagnatore.

Fuori da quelle quattro mura regna il silenzio, un silenzio fastidioso, insopportabile.
 Proseguiamo il nostro tragitto fino alla torre senza dire una parola.

'Non dovesti essere con lui dopo quello che è successo....' Mi ricorda la vocina dentro la mia testa 'non è corretto nei confronti di Louis'.
 Sospiro cercando di pensare ad altro.

Con andatura da bersagliere arriviamo nella terrazza del Trocadero, dove David mi aveva dato appuntamento la prima volta.

" Ale, mi dispiace .." Mi dice bloccandosi di colpo.

"P..per cosa?" Balbetto.
 
"Mi sono comportato da vero idiota.. "

"David.. Non importa.. "

"No invece! …io…io non riesco a dimenticarti … e non sopporto vederti con un altro uomo..”
“David..”
“È stata solo colpa mia, dovevo dirti tutta la verità fin dall’inizio..” ammette passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “Ale.., anche se so che questo non cambierà la situazione, ho bisogno che tu sappia che cosa è successo..”
‘NO! Vai a casa! Non ci cascare di nuovo …’ grida la vocina.
“Io..Io non..”
“Vieni con me..” dice prendendomi per mano “.. conosco un posto dove possiamo parlare senza essere disturbati”.
Come un naufrago, mi lascio trasportare dalla corrente degli eventi e in poco tempo arriviamo nel luogo desiderato.
Un portone in ferro battuto, ormai a me troppo familiare, mi si erge dinnanzi in tutta la sua maestosità.
Una volta all’interno ci dirigiamo verso quella tomba che potrei definire l’origine di tutte le sventure. David fissa per qualche secondo la lapide marmorea, quasi in attesa di una conferma.
“David….di…di cosa volevi parlarmi?” dico diretta.
“Voglio raccontarti tutto..”
“Ma David io..”
“Ti prego…ascolta quello che ti devo dire …e poi scomparirò dalla tua vita..”
“D’accordo…” rispondo sedendomi sulla tomba di Manet “ Dimmi tutto..”.
 
“Ricordi quello che ti ho detto riguardo a Tom e Tyler Leroy?”
“Sì..direi di sì, Tom ammazzò suo fratello Tylernel dicembre del 38..giusto?”
“Esatto; dopo quella notte Tom cominciò a mostrare i primi segni di pazzia e la famiglia decise di rinchiuderlo in una casa di cura.
Qualche anno dopo il figlio di Tom si impiccò, dopo aver tentato i uccidere suo cugino, lasciando da sola sua moglie che era incinta di otto mesi.
Di generazione in generazione tutti i discendenti di Tom, trasportati dalla pazzia, cercarono di mandare all’altro mondo i parenti di Tyler.
il 13 gennaio, sono rientrato a casa verso le 17 e come tutti i venerdì mi sono messo a guardare la partita. Poco dopo ho sentito qualcuno bussare alla porta e sono andato ad aprire. Un uomo sulla trentina dai capelli rossicci stava in piedi di fronte a me e mi fissava con troppa insistenza.
Si presentò dicendo di essere un lontano parente… e si accomodò di prepotenza nel mio appartamento. Una volta entrato, aveva cominciato a farfugliare qualcosa su una collana..una collana con una foto…non potevo neanche lontanamente immaginare che si stesse riferendo al mio ciondolo..
Il corpo tremava come in preda alla rabbia e il tono di voce si faceva sempre più aggressivo, di parola in parola.
Io continuavo a negare il possesso di quell’oggetto, non sapendo esattamente a cosa si riferisse. A un tratto lo vidi dirigersi verso di me, il suo sguardo valeva più di mille parole, la pazzia traspariva dai suoi occhi; nulla poteva fermarlo.
In una manciata di secondi mi ritrovai a terra con le sue mani che stringevano attorno al mio collo impedendomi di respirare. Più tentavo di opporre resistenza più lui chiudeva la presa.
In quel momento vidi che accanto a me era caduto, probabilmente mentre andavo ad aprire la porta, il telecomando della tv. Allungai la mano,lo presi saldamente e tirai una telecomandata dritta alla tempia del mio assalitore.
L’uomo si alzò stordito e si appoggiò al tavolo della cucina, Si girò verso di me e tentò di strozzarmi una seconda volta.
Lo allontanai facilmente ma non calcolai né la mia forza né lo spazio; con una spinta Samuel volò all’indietro e andò a sbattere contro la credenza che gli si rovesciò addosso. I vetri infranti si spargevano per tutta la sala mentre le posate affondavano nella tenera carne.
Tentai di non guardare quell’orrendo spettacolo, ma senza riuscirci.
Restai lì ad osservare il corpo sanguinante in preda bruschi movimenti ; un paio di coltelli si erano piantati nel collo perforando così la carotide,altri nel ventre e altri ancora nella gamba sinistra. In meno di un minuto gli spasmi si fermarono e gli occhi si chiusero per un’ ultima volta.
Una densa pozza rossa cominciava a formarsi sotto il corpo; ero sconvolto da tutto ciò che mi era successo e non riuscivo a concepire l’idea di aver ucciso, seppur involontariamente, un uomo.. non un uomo qualunque….mio cugino.
Suonò il telefono.
Una voce roca dall’altro capo della cornetta mi disse:”Sappiamo che hai ucciso Samuel Leroy, se vuoi che il corpo sparisca e che nessuno conosca la verità richiama questo numero prima delle 21”
La mia unica via di fuga si presentava con una semplice chiamata; alle 20.30 telefonai al numero registrato in rubrica e alle 21 il corpo, il sangue, i pezzi di vetro e le posate erano scomparsi, tutto era tornato come prima…tutto o quasi.
L’uomo dalla voce roca mi chiamò ancora per dirmi come comportarmi, cosa fare e dove trasferirmi e per comunicarmi il prezzo del servizio; nel corso dei mesi ricevetti alcune visite di suoi collaboratori che venivano a casa mia a recuperare parte del denaro.
Dal 13 gennaio non ho guardo più una partita….
…ma soprattutto…da quel giorno non sono più riuscito a dormire la notte.
Ma…Ale…da quando ti ho incontrata..è cambiato tutto…non so come spiegarlo …ma la prima volta che ti ho visto lì seduta, mentre cercavi un soggetto da disegnare … ho capito… Ale io..”
“Basta ti prego…” lo imploro ancora sconvolta dal racconto.
“Ma..avevi….”
“Avevo detto che ti avrei ascoltato…sì..e mi sembra di aver ascoltato anche troppo..”.
Mi fissa con lo stesso sguardo di un cane abbandonato sul ciglio della strada.
“David…io devo ..devo andare..” dico dirigendomi verso il portone in ferro.
“Aspetta! Per favore!” grida bloccandomi la strada.
“No David non posso!... tu stesso hai detto “ascolta quello che ti devo dire …e poi scomparirò dalla tua vita”….io ho fatto la mia parte..è ora che tu faccia la tua..”
“Vuoi davvero che me ne vada ..?”
“Adesso ho veramente bisogno di stare da sola..“
“Va bene… ma sappi.. che non ti libererai di me così facilmente..” dice con un sorrisetto sulle labbra.
“Su questo non avevo dubbi..” replico io cercando di ricambiare il sorriso.
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 - l'uomo dei miei incubi ***


  salve miei cari lettori!!

mi scuso per aver impiegato così tanto tempo, ma la storia stava prendendo forma...
spero che questo capitolo sia di vostro gradimento! aspetto con ansia una vostra recensione !

buona lettura!
 










David Green
 
Alessia è corsa via.. E io non l'ho fermata.. Forse perché sembrava sotto shock.. E probabilmente lo era...
..in fondo ..... Io sono un mostro...un assassino.
Afferro il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e, dopo aver preso un bel respiro, digito il numero.

Suona a vuoto.

Aspetto.

 
"Pronto tesoro! " risponde con quella sua voce profonda ma altrettanto melodiosa.

"..Ho rovinato tutto.."

"Che cosa é successo??" domanda preoccupata.

"Ho appena detto alla donna che amo di come ho ucciso un uomo a sangue freddo e di come scappato all'estero per non finire in prigione.."

"Ottimo! .. Aspetta .. La donna che Amo...? "

" .. E lei mi ha chiesto di scomparire dalla sua vita.."

"Si va di bene in meglio.." Commenta in tono sarcastico.

"E poi è scappata.."

"Basta?"

"Beh sì, mi sembra abbastanza .. Non credi? Io mi chiedo..
perché non me ne va dritta una? .. Sono un disastro; dico sempre la cosa sbagliata, al momento sbagliato, nel luogo sbagliato e alla persona sbagliata.."

"David.. Non ti crucciare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare."

"Dante! Divina commedia, inferno , III canto, versi 94-96"

"Bravo!"

"Grazie, ma non mi aiuta.."

"Hakuna Matata"

"Dalle stelle alle stalle.."

"Non ti preoccupare David, alla fine si risolverà tutto..io lo so!"

"Tu dici?"

"Sì, vedrai.. Lasciale la mattinata per rifletterci sopra e poi valla a trovare a lavoro.. Chiedile un opportunità"

"Hai ragione bisogna pensare positivo! 
Ehm.. Grazie Nicole"

"Di nulla figliolo.."
 
 
Alessia Ferrari
 
Con il cuore in gola raggiungo di corsa la porta del mio appartamento, infilo la chiave nella serratura e prego perché Martina sia in casa.

Sfortunatamente le mie aspettative si infrangono non appena metto piede in salotto; le stanze buie e silenziose sembrano quasi inghiottite dalle tenebre. Un memo arancione evidenziatore é attaccato sullo sportello del frigo: " Stanotte rimango da Veronique. Torno domani mattina. Non finire tutto il gelato al cioccolato che c'è nel frizer. Ti voglio Bene Martina."

Stremata e confusa mi appropinquo verso la camera da letto; apro il cassetto del comodino, mando giù con un po' di acqua un farmaco in compressa per facilitare il sonno e mi sdraio sperando di riuscire ad addormentarmi il più presto possibile.
 
A svegliarmi è la voce squillante di radio Paris che, come ogni mattina, parte alle 8.00 con un sobrio e tranquillo.." BONJOUR A TOUT LE MONDE!!!! Pappa para parappapara ..." E così via.

In preda al nervoso scaravento contro il muro, senza alcuna pietà, quella piccola scatola parlante , riducendola in un ammasso rottami di plastica.
 Dopo aver tentato, con scarsi risultati, di tornare nel mondo dei sogni ( assai più gradevole di quello reale) mi tiro su dal letto e mi dirigo verso il bagno, spaventata e inorridita di dover affrontare un altra giornata simile a quelle passate.

Un ora e sono pronta, lavata e vestita di tutto punto; recupero la borsa da giorno, afferro gli occhiali da vista e, con passo deciso, mi dirigo verso l'unico posto in cui posso trovare un po' di pace. 
Il Jules Verne Café.
 
Il Jules Verne Café è un piccolo bar lungo la Senna, frequentato quasi unicamente dagli amanti della letteratura. La particolarità del posto è data dalle pareti, lungo le quali si ergono fino al soffitto enormi librerie dell'Ottocento colme di classici e non. 
I tavolini e le sedie in legno colorato precedono l'ampio bancone di vetro dietro al quale Maurice, il proprietario, gestisce la zona alimentari.

Il nome del café venne deciso dalla moglie del proprietario, che era in possesso di un autografo de 'Il giro del mondo in 80 giorni'. Ora il libro viene esposto ai clienti del bar dietro una teca, all'interno di un mappamondo.
 
"Buongiorno Alessia! Da quanto tempo!" Esclama Maurice non appena mi vede comparire dalla porta.

"Buongiorno !"

"Cosa ti posso offrire per stuzzicare il tuo appetito e il tuo intelletto letterario?"
 
"Sogno di una notte di mezza estate e ... un cappuccino e…una brioche grazie"

"Arrivano subito!"

Mi siedo al mio solito tavolo e aspetto il mio libro. 
La luce mattutina si fa strada, faticosamente tra i vetri delle finestre accanto all'entrata principale. I libri, ordinatamente disposti negli scaffali, osservano i clienti, in attesa che qualcheduno li prenda con se al tavolino.

Nell'aria l'odore di caffè e pagine antiche.
Il fruscio dei fogli, nel silenzio più completo, accompagna in sottofondo la lettura di tutti i presenti. La calma e la tranquillità dominano sovrane.

"Ecco qua! Un cappuccino, una brioche.. E sogno di una notte di mezza estate.. Il grande Shakespeare non passa mai di moda.." Commenta Maurice dopo aver appoggiato tutto sul tavolo.

"Grazie , quant'è ?" Domando tirando fuori il portafoglio.

"Baaaahhhh!!! Figurati se ti faccio pagare!! "

"Ma.. Maurice.. "

"Niente MA...! Sono io il proprietario... E se dico che non devi pagare nulla... Tu non paghi nulla!" Risponde sorridendo.

"Grazie.."
Mentre Maurice si allontana, dirigendosi verso il bancone, noto che nel tavolo di fronte a me un uomo di mezza età mi fissa con insistenza.

"Mi scusi, ha bisogno di qualcosa?" Domando gentilmente.

L'uomo dai capelli bianchi non proferisce parola, impassibile nella sua immobilità.

"Ehm.. Mi.. mi scusi?"

"Sí?" Risponde.

"Ha.. ha bisogno di qualcosa?"

"No, no..."

"Ehm.. Potrebbe allora smetterà di fissarmi..?? Perfavore"

"Oh, mi scusi.. È che stavo provando a decifrarla.."

"Stava provando a far cosa??"

"Lacourt! Non mettere a disagio Alessia! Decifra i tuoi alunni, non i miei clienti!"

"Oh Maurice, come siamo scontrosi oggi, eh? Ci siamo svegliati con la luna storta?"

""Alunni?" Domando cercando di seguire la conversazione.

"Sí, alunni! Sono professore di psicologia alla scuola S.Froid di Versailles"

"Ah.. Ecco perché.."

"Sí ecco perché la fissavo. Oggi dovrei tenere una lezione sul rapporto tra comportamento e psiche.. Quindi stavo analizzando le sue reazioni e i suoi movimenti."

"Mmmmm...e che cosa ha capito?"

"Eh eh eh non molto credo.."

"Spari" dico incuriosita.

"Ok, come vuole lei.. Allora.. Non è parigina, si è trasferita qualche anno fa e vive con una persona a lei cara che però non è un parente. Ama il suo lavoro anche se non è quello che ha sempre sognato. Qualcosa la preoccupa; non crede che tutto quello che le sta accade sia reale. Il suo cuore è diviso tra due uomini: uno le da quella stabilità e sicurezza emotiva che stava cercando da tempo; l'altro invece riesce a farle vivere quel genere di avventura che la fa sentire viva. 
Sono entrambe persone valide ma lei non riesce ad aprire il suo cuore perché ancora spaventata da un fantasma del passato.
Ehmmm ... giusto?"
Il mio mutismo lo preoccupa.
"Mi dispiace, non dovevo.."

"No, no va tutto bene" dico ancora un po' sotto shock ".. Come hai fatto?"

"L'ho analizzata, ho osservato le sue scelte e i suoi gesti e ..ho tratto le mie conclusioni"

"Impressionante"

"Se mi posso permettere... vorrei che mi aiutasse per un esperimento.. Che forse potrebbe chiarirle un po' le idee ..."

"Va bene, cosa devo fare?"

"Praticamente nulla, deve solo chiudere gli occhi e di volta in volta far comparire nella sua mente le immagini delle parole che le dico.. Ok?"

"Ok" rispondo serrando le palpebre " inizi pure"

"Ok vorrei che visualizzasse la sua casa"

"Poi?"

"Ora la tour Eiffel"

"Ok"

"Il suo posto di lavoro. Sua madre. Suo padre . Suo cugino e .. ..... L'uomo che ama." Dice concludendo l'elenco.

Io rimango zitta nel buio della mia mente domandandomi se la persona comparsa nella mia testa sia davvero quella giusta.

"Oh mio Dio come è tardi !!" Esclama Lacourt riportandomi psicologicamente al café " devo correre, altrimenti non arriverò in tempo per la lezione! Alessia è stato un vero piacere chiacchierare con lei! Spero di rivederla presto! " dice alzandosi dalla sedia e dirigendosi di gran carriera verso l'uscita.

"Arrivederci" sussurrò mentre la porta si chiude alle sue spalle.
 
 
Con immensa gioia arrivano le 14.00 e con esse anche i miei 'colleghi di lavoro'.

Tutti sembrano aver cominciato la giornata con il piede giusto: Julienne saltella da un armadietto all'altro rinfacciandomi la sua serata di sesso sfrenato con un tipo conosciuto al bar la notte prima; Lukas,a torso nudo, canticchia alcune canzoni dei Queen battendo il tempo con i piedi; Antonio non si stacca dal cellulare, in attesa di una chiamata dalla sua adorata mammina che lo dovrebbe venire a trovare nei prossimi giorni mentre Pierre, già tutto tirato a lucido, sfoggia felicemente il suo nuovo Rolex, regalo di papà per il compleanno.

L'euforia generale,che stava appestando tutti i camerini, viene improvvisamente smorzata dall'apparizione del direttore che ci esorta a strisciare il badge e prepararsi al cambio di guardia.

L'ampia sala dei pittori italiani, si presenta gremita di gente, tutti si urtano e si spostano freneticamente cercando di osservare al meglio le opere. Fiori, bandierine e bacchette di ogni tipo, tenute alte dalle guide dei numerosi gruppi turistici, si aggirano con passo da bersagliere cercando di evitare di creare ingorghi.
Fortunatamente il caos creatosi nella galleria mi impedisce di preoccuparmi di altro che non sia il mio lavoro; e, per un felice attimo, mi dimentico tutti quei dubbi, tutti quei problemi legati al nome di David Green.

Questo breve secondo di stabilità psico-emotiva termina non appena intravedo ciò che aveva turbato i miei pensieri fino a quel momento. 
Il panico mi sorprende non lasciandomi la possibilità di reagire.
 La colazione comincia a risalire velocemente lungo le pareti del mio esofago, con la stessa determinazione di un alpinista.
Con falsa prontezza afferro il walkie talkie e comunico al capo della sicurezza di non sentirmi bene e di mandare il prima possibile un sostituto che prenda il mio posto.

Qualche minuto dopo una biondona con un tailleur nero e una perfetta messa in piega è pronta per darmi il cambio, ma ormai è troppo tardi; Quegli occhi azzurri si posano su di me con insistenza cercando di decifrare il mio sguardo.

Barcollando mi dirigo verso una delle uscite di sicurezza, cercando di passare inosservata, ma inutilmente.

La maniglia antipanico è a pochi metri da me.
Solo qualche altro passo e sono libera.
 Libera da questo posto soffocante, da questi ricordi dolorosi, da queste folli idee che mi occupano la mente sopprimendo il buon senso e la mia lucidità emotiva.

Ormai sono arrivata, afferro la maniglia e spalanco l'imponente porta di metallo, unica mia via di uscita.

Sopraffatta più dal male psicologico, che dal male fisico, mi accascio sul corrimano delle scale antincendio, inspirando a pieni polmoni tutto l'ossigeno presente in modo tale da risvegliare i miei neuroni apparentemente morti.
 Per alcuni interminabili attimi rimango immobile; aspetto.
 Mi sento veramente a mio agio, in questa falsa solitudine; nulla fuori dall'ordinario può disturbare i miei pensieri, se non...
 
"Ale, va tutto bene?" La sua voce profonda, venuta a sopraggiungere in un momento così delicato, ha lo stesso effetto di una mazza da baseball diritta alla nuca.

"No!" Rispondo secca tentando di tirarmi su dal corrimano mentre la massiccia porta si chiude alle sue spalle.

"Cosa hai? Mal di stomaco? Mal di testa?"

"No ,nulla di tutto questo.."

"Hai bisogno che ti porti all'ospedale o che ti sia un passaggio a casa?"

"No! David! Voglio stare sola!"

"Ma Ale non stai bene.. Permettimi di.."

"No! Ho detto che ho bisogno di stare sola! Non l'hai ancora capito!"

"Non posso lasciarti sola! Non in queste condizioni!"

"Avevi promesso!"

"Le promesse non contano nulla se uno rischia di lasciarci le penne! non fare la bambina!"

"Lasciami sola!" Grido cercando di trattenere il più possibile le lacrime.

"Non posso vederti così! ..Andiamo!" 
Senza ripensarci mi afferra il polso e mi tira con se lungo le scale antincendio.

"Lasciami!!"gli urlo da dietro senza ottenere alcun risultato.
"Lasciami ho detto!!!!" Dico sfilando dalla sua presa la mia mano.

"Ale, ti prego"
 
"Vattene" 

"Ale..."

"Vattene!!!" Ripeto a gran voce, ....poco prima di perdere i sensi e cascare a terra.
 
 
 
Una leggera brezza mi accarezza la pelle fuori dalle coperte, svegliandomi. Le palpebre ancora un po' affaticate si aprono con estrema cautela, sperando in una buona visione.

La sveglia lampeggia.
 
" ...mmmm.. Le 21:30..?? Ma che diavolo...".
Mi interrompo all'istante.
Poco distante dal letto, sulla sedia di legno appoggiata al muro, dorme Louis.
 La mia testa si affolla di domande inutili come: cosa ci fa in camera mia? Come è entrato? Cosa è successo?
Confusa e ancora un po' febbricitante mi tiro su dal letto. Una busta di ghiaccio, ormai sciolto, mi scivola dalla fronte non appena mi metto a sedere.
Lo osservo senza fare rumore.
Il silenzio viene interrotto unicamente dai suoi respiri profondi che con un impeccabile frequenza fanno vibrare le piccole ciocche di capelli cadute sul viso.

È bellissimo; Nella sua semplicità, pur indossando solamente un paio di jeans e una camicia bianca, è veramente bello.
Un silenzioso tremito e una luce proveniente dal comodino mi avvisa che mi è appena arrivato un messaggio; Decido quindi di provare ad alzarmi dal letto tentando di non disturbare quel povero santo.

Sfortunatamente i miei buoni propositi vanno a carte quarantotto.

"Sei sveglia..." Dice sorridendo mentre si stira le braccia e si sistema quelle poche ciocche in disordine.

"Ehm.. Si... Mi spiace averti svegliato"
 
"No, non ti preoccupare. Come ti senti?"

"Bene, o almeno credo..."

"Sai, mi sono veramente spaventato quando mi ha chiamato Martina.. Ha detto che stavi malissimo e che aveva bisogno di aiuto..appena me lo ha detto ho infilato la giacca e sono venuto di corsa... Era sconvolta... Ha subito chiamato il suo capo e ha chiesto di poter essere sostituita al lavoro... Ma lui le ha detto di no.... Insomma.. Ha detto che l'avrebbe licenziata se non si fosse presentata... Quindi mi ha lasciato il compito, e l'onore, di prendermi cura di te.."

"Quindi mi hai messo tu a letto, la sacca con il ghiaccio...?" 
Annuisce.

"Quando sei arrivato non ero in pijama vero?"

"No..."
 
"Me lo hai messo tu?"
 
"Yes...."
 
Sento le mie guance andare in fiamme al ricordo della biancheria che ho scelto di mettermi stamattina.

"Non ti preoccupare.." Dice accennando un sorriso " anche io ho le mutande con i panda.."
.
A questa risposta non riesco proprio a trattenermi e scoppio in una fragorosa risata.

"Vedo che ti senti meglio.." Commenta scherzoso con aria un po' indispettita.

"Scusa" dico asciugandomi le lacrime.

"Ti va.. Di mangiare qualcosa? Posso cucinare qualunque cosa tu voglia.."

"C'è solo una cosa che potrebbe aiutarmi a stare meglio, in questo momento.."

"Dimmi.."

"Un bacio di Venere".
“Ai suoi ordini Madame” conclude dirigendosi verso la cucina con aria soddisfatta.
 
Dopo aver sistemato i capelli, raggiungo Louis e mi posiziono su uno sgabello accanto ai fornelli. Continuo a guardarlo mentre, con la stessa precisione di un chimico, aggiunge ingrediente su ingrediente.
“Voilà” dice posando poco dopo il piatto con dolce di fronte a me.
“Merci”  rispondo impugnando il cucchiaino con forza, pronta per degustare quello che potrebbe essere definito il Santo Graal della pasticceria.
“ Sai che quando cucini .. ti brillano gli occhi?” aggiungo tra un boccone e l’altro.
Louis sorride “ e tu sai che non ho mai visto nessuno mangiare un mio dolce con tanta voracità..??”
“è BUONO!”
“Sarà anche buono…ma..” dice avvicinandosi “ ti sei sporcata tutta la faccia di crema di gianduia…”.
“Oddio! Dove??”
 “Qui…” mi risponde pulendomi con un tovagliolino di carta tutto il viso.
“Grazie……..sembro una bambina, ho bisogno di essere accudita e controllata…… neanche avessi dieci anni..”
“A me piace prendermi cura di te!”
“Eh .. immagino..” commento sarcasticamente.
“Vorrei… poter prendermi cura di te …tutti i giorni..”.
Prima che riesca a dire altro le labbra di Louis hanno già trovato le mie.
Le sue mani si spostano sul mio corpo, quasi avidamente, provocandomi una magnifica sensazione.
Io a mia volta cerco i bottoni della camicia; li apro ad uno ad uno in modo maldestro, troppo presa dai numerosi baci dello chef.
Non sono sicura di ciò che sto facendo. Non lo so, e non ci voglio pensare.
Stanotte desidero affidarmi al mio istinto. Così facendo, mi alzo dallo sgabello e trascino Louis sul divano. In meno di dieci secondi il pijama è scomparso. Quando si sfila i jeans però non riesco a trattenermi; cerco di soffocare il tutto in una innocente risatina. Non ho mai visto un uomo con i boxer coi Panda!
“Non ridere ti prego..” commenta lui, rosso in viso.
“Allora era vero!!”
“Io non ti dico bugie” dice tirandomi a sé e riprendendo da dove si era interrotto. “Ale…io…io ti amo”.
Il mio cuore mi dice di fermarmi e di chiedere spiegazioni ma i miei neuroni, probabilmente troppo indaffarati a recuperare l’ossigeno perduto, non me lo permettono. Le spalline del mio reggiseno scivolano velocemente lungo le mie braccia. Le sue labbra percorrono ogni parte del mio corpo fino all’ombelico. Il mio cuore batte all’impazzata senza alcuna regolarità.
Uno dei più bei momenti della mia vita… se non fosse stato per quel maledetto campanello.
“Louis..aspetta…” devo dire mio malgrado “ hanno suonato..”
“Martina?”
“No…dovrebbe avere le chiavi….uff.. chi è che viene a suonare a casa mia alle 22.45?? Un cafone! Ecco chi!...” commento infastidita mentre mi rinfilo il pijama e mi dirigo verso la porta di ingresso.
“Magari è qualcuno che si è sbagliato..”
“Spero per lui che non sia così..” dico aprendo la porta.
Il sangue che prima circolava con la tessa velocità di un treno in corsa, mi si blocca nelle vene. Il respiro sempre più corto e le gambe sempre più deboli.
Non avrei mai pensato di rivederlo. Non volevo rivederlo. Ma la situazione chiaramente non me lo permetteva.
“Ciao Alessia!”
“C..C…Ciao…..J..Jan!” 

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