Al di fuori di noi.

di angelstodie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** smettila di pensare almeno di notte. ***
Capitolo 2: *** vestiti stretti per un corpo troppo grosso ***



Capitolo 1
*** smettila di pensare almeno di notte. ***


Non mi sono mai sentita così follemente ispirata dalla follia.

Al di fuori di noi
smettila di pensare almeno di notte
 

Non siamo mai abbastanza sicuri di noi stessi. Spesso abbiamo la presunzione di credere di essere forti, invincibili e senza età. Ma di fronte alle cose più semplici diventiamo come per magia quelli più fragili. E non solo fuori, ma anche dentro. Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni. E i sogni sono fragili, friabili. Si sgretolano tra le nostre dita sotto i nostri occhi a causa della consapevolezza quasi matura di un futuro completamente diverso da quello che abbiamo sempre immaginato e conservato nel cassetto del comodino. Ci armiamo di protezioni e barriere invalicabili, di muri creati con i sentimenti che cerchiamo di nascondere a tutti. Non ci lasciamo mai capire veramente da nessuno perché abbiamo paura di essere giudicati. Chi non giudica, ormai? Siamo sempre sotto esame: a scuola e a casa. Prima di addormentarci ci giudichiamo. A volte siamo addirittura noi stessi che non ci diamo abbastanza spazio per vivere, per respirare. Persino dio un giorno, nel giorno del giudizio, ci giudicherà. Facciamo finta di essere liberi, di sentirci veramente liberi, ma non lo siamo mai. Scriviamo su internet che dobbiamo vivere alla giornata, goderci il momento come se non ci fosse un domani. Chi lo fa veramente? Tutti pensano al domani, alle conseguenze di ogni cosa. Pensiamo che se condividiamo un link su 'facebook' forse quello che c'è scritto diventerà reale. Ci nascondiamo semplicemente dietro uno schermo perché sappiamo che non siamo abbastanza pronti, abbastanza forti... Non siamo abbastanza per affrontare tutto e basta. Gli adolescenti sono così complicati. Abbiamo tutto: una casa, una famiglia, un buon lavoro o la possibilità di studiare, ma in realtà non abbiamo niente. Ci sentiamo come dei pesci fuor d'acqua, come dei libri con le pagine bianche, come dei fiori appena sbocciati e già appassiti. A scuola, per i corridoi si vedono persone apparentemente felici e spensierate che invece la sera, prima di appoggiare la testa al cuscino, piangono disperatamente perché sanno di non essere felici. E piangono silenziosamente perché non vogliono farsi sentire dai genitori e allo stesso modo vorrebbero che qualcuno si accorgesse del loro dolore, dei loro problemi e delle parole che l'anima urla per cercare di lacerare quel velo tra il corpo e il mondo. Si cerca di non pensarci, di evitare il problema e si spera che tutto passerà, prima o poi. Speriamo che il dolore finirà e che presto saremo felici. Ci ripetiamo che è l'adolescenza, che questo periodo è così, ma in realtà una parte di noi è consapevole che qualcosa in noi veramente è sbagliata, fatta male. i capelli troppo ricci, i rotoli sulla pancia, gli occhi marroni e le gambe storte e grasse. Di fronte allo specchio squadriamo sempre una persona diversa da quella che vorremmo vedere. Alcuni di noi non riescono a sostenere la pressione del mondo e si lasciano andare. smettono di sorridere, di vivere e si lasciano morire lentamente. Davvero dovremmo cercare di goderci l'attimo, ma io non ci riesco proprio.

 

Amelia!

 

Qualcuno ha gridato il mio nome. mi accorgo di essere seduta in un banco di scuola, ma alzando la testa e guardandomi intorno non c'è nessuno. mi trovo in una stanza buia e completamente vuota.

 

Amelia!

 

Ancora il mio nome. ma chi è che parla? La testa mi scoppia dal male e non riesco a dire una parola. dalle finestre entra solamente altro buio. Dove mi trovo esattamente? mi trema una gamba. sposto dalla mia fronte una fastidiosa ciocca di capelli, ma quando la tocco cade a terra. ma che diavolo sta succedendo? fisso per 2 secondi la ciocca di capelli morti vicino ai miei piedi e poi alzo la testa per guardare di fronte a me. c'è una ragazza appoggiata al muro esattamente di fronte a me. è lei. è Alice, la mia compagna di classe. lei è perfetta. i suoi capelli biondi e ricci cadono sulle sue spalle come una cascata. mi sorride dolcemente e io le sorrido a mia volta. indossa una camicia a quadri e un paio di jeans strettissimi. ha gridato lei il mio nome? non lo so. cerco di alzarmi dalla sedia, ma sono immobilizzata da qualcosa. che cosa? non lo so. è come se delle corde mi stringessero le braccia troppo grosse. come se qualcosa cercasse invano di appiattire il doppio mento e allo stesso tempo cercasse di strozzarmi e farmi tacere per sempre. ma mi guardo intorno e non c'è nessuna corda attorno a me. che io stia impazzendo? possibile. le corde si attorcigliano sempre di più e cominciano a tagliarmi la pelle. il contorno dei polsi comincia a diventare rosso, poi viola. mi fa male. mi fa male tantissimo e non posso liberarmi. Alice mi fissa, ma continua a sorridermi angelicamente. perché invece di sorridere non mi aiuta a liberarmi? non si accorge che mi stanno facendo male queste catene? non si muove. il suo sorriso potrebbe sembrare angelico, ma io avevo capito che in realtà era malefico. sapeva che stavo male ma non voleva aiutarmi. le corde si stringono sempre di più, sempre di più. è come avere un cappio al collo che non ne vuole sapere di lasciare andare la gola. non riesco ad urlare, non ho voce e non ho parole. mi dimeno disperatamente ma tutti i miei sforzi sono inutili...

e mi sveglio di soprassalto. sono seduta sul letto grondante di sudore freddo. il respiro è pesante. cerco di tranquillizzarmi un attimo, di realizzare che era solo un incubo. mi giro per guardare l'orologio. le 4:27. mi ci vogliono solo pochi minuti per riprendere il controllo della situazione. quello era uno dei tanti incubi che spesso occupavano le mie notti. il sonno profondo e spensierato non ha mai fatto per me. mi sdraio di nuovo e guardo il soffitto. avrò contato più o meno un miliardo di pecore. Di riaddormentarmi non se ne parla neanche. per stanotte basta incubi. guardo il soffitto cercando di non pensare a niente quando, nonostante tutto, mi addormento di nuovo e questa volta senza fare nessun incubo o sogno.









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Primo capitolo di 'Al di fuori di noi'. Per favore lascia una recensione così posso capire cosa cambiare, migliorare e come proseguire :)
Spero che la storia ti sia piaciuta. Al prossimo capitolo :)

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Capitolo 2
*** vestiti stretti per un corpo troppo grosso ***


Non mi sono mai sentita così follemente ispirata dalla follia.

Al di fuori di noi
vestiti stretti per un corpo troppo grosso

SBAM!

La porta dell'armadietto è stata chiusa con forza smisurata facendo un rumore stridulo alle mie orecchie dal mio compagno di scuola. Quel suono mi ha ricollegato con il pianeta terra. Spesso mi perdevo nei miei pensieri e mi auto-escludevo dagli altri.

 

" Vedi di portarmi il compito domani e fallo ordinato che devo prendere un buon voto se no magari, mentre torni nel tuo schifo di casa, potresti incontrarmi insieme ai miei amici, per caso, e non sarebbe piacevole quello che potrebbe accadere. E ringraziami che oggi almeno avrai qualcos'altro da fare oltre che aiutare tua mamma grassa e stronza che ha partorito uno sgorbio, un errore come te. "

 

Neanche il tempo di aprire bocca che spavaldamente Jake mi passa di fianco spingendomi contro il mio armadietto. Che cosa mi importava di quello che diceva? Erano solo parole buttate al vento, niente di importante. E poi mi piace fare i compiti per gli altri. Mi informo su cose nuove che non studio nel mio corso e vengo a conoscenza di cose interessanti, che valgono la pensa di essere studiate. Quindi non c'era bisogno di offendermi ogni santo giorno per un dannato tema. Lo guardavo mentre si allontanava e ammiccava alla ragazza più figa della scuola, come per cercare di conquistarla con il comportamento che aveva avuto nei miei confronti.

 

Che cosa mancava a me per poter entrare nella loro cerchia? Forse era la mia corporatura abbastanza robusta, o mia madre, una donna abbastanza bassa e grassa che ha avuto la sfortuna di conoscere i miei compagni di scuola quando era venuta per parlare con un mio professore riguardo il mio atteggiamento strano in classe. Un comportamento strano? Ok. Va bene, sarò anche strana. Ho sempre pensato di essere strana, in effetti. Oppure forse ero davvero un errore della natura. Non so.

 

Mi ero di nuovo per l'ennesima volta persa nei meandri della mia mente, sempre piena zeppa di domande sull'esistenza dell'essere umano in generale quando il mio occhio scappa sulla ragazza bionda di fianco alla più figa della scuola. Non che Alice non fosse figa, ma figa non è il termine giusto. E' volgare, a mio parere. Lei è bella, decisamente bella. I suoi capelli biondi erano scesi morbidi sulle sue spalle. Le labbra rosee piegate in un sorriso mentre stava felicemente conversando con un ragazzo, anche lui molto affascinante. I suoi occhi lo guardavano con aria sognante. Forse lei ne era innamorata, ma io non saprei dirlo con certezza. I suoi occhi hanno incontrato i miei per un secondo, perchè io ho subito distolto lo sguardo appena lei si era accorta che la stavo fissando.

 

Ho raccolto velocemente l'astuccio che non mie ero accorta fosse caduto e mi sono girata nella direzione opposta per andare nell'aula di chimica. Ripensando ad Alice non potevo fare altro che ricordarmi di quanto fosse bella. Dolce, comprensiva, solare, intelligente, fisicamente perfetta. Era la ragazza che tutti i maschi avrebbero dovuto desiderare, ma purtroppo non era così disponibile come le altre troiette della scuola che erano seguita della branca di ragazzi arrapati della scuola. E che tutte le femmine avrebbero dovuto desiderare. Io la desideravo. Da un po', ormai. Precisamente dall'anno scorso, dal giorno in cui Alice mi ha salvato dall'ennesima minaccia di Jake per avere i compiti. Ammetto che qualche volta mi ero cercata le mie rogne e avevo consegnato i testi a Jake con qualche giorno di ritardo e avevo ricevuto degli spintoni di troppo forse meritati.

 

Quel giorno dell'anno scorso Jake aveva sbattuto per terra tutti i miei libri di scuola nell'armadietto, aveva strappato le foto dei miei idoli dalla porticina e aveva spalmato una cicca nella serratura in modo tale che se avessi chiuso di nuovo l'armadietto, non avrei più potuto riaprirlo. Episodi di bullismo quotidiani e notati da tutti gli studenti della scuola, ma mai nessuno aveva cercato di prendere le mie difese. Io non sono una cattiva persona. Non penso di esserlo, almeno. Stavo raccogliendo tranquillamente i miei libri e le mie foto senza nessuna scenata. Non avevo mai pianto per gli insulti e gli affronti verso di me. Nonostante fossero umilianti e spregevoli, non avevo nemmeno la forza di controbattare. Subivo... subisco e vado avanti. Una mano sbucò nella mia visuale. Era lei. Alice. Mi stava aiutando a raccogliere i libri dopo che la massa di studenti era ricominciata a scorrere nel corridoio. Con un sorriso mi ha dato i libri e le foto e poi mi ha voltato le spalle ed è tornata dal suo gruppo di amici. Probabilmente aveva visto quell'azione come un atto di carità nei confronti di una poverella sfigata. Non importava. Lei aveva conquistato il mio cuore ormai.

 

Non avevo mai pensato apertamente alla questione 'orientamento sessuale', ma avevo capito benissimo che la virilità del maschio non mi attirava affatto. Che io fossi etero o gay, comunque, non importava a nessuno.

 

Il suono della campanella mi ha riportato alla realtà. La lezione di chimica era appena finita. Il prof pensava che io fossi pazza perchè normalmente sveglia dal trans tutti gli alunni che guardano fuori dalla finestra. Io facevo eccezione, per un qualche motivo. Pazienza. Ho raccolto il mio materiale e sono uscita dalla classe. Per ingraziarmi un po' il prof, l'ho salutato prima di essere fuori dalla classe con un sorriso forzato, ma non fu notato perchè il prof non si degnò nemmeno di alzare la testa dal libro che stava leggendo.

 

Essere ignorati aveva i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. In qualunque caso io non ero nella posizione giusta per poter cambiare la mia condizione di 'sfigata grassa invisibile' perchè ero sempre ignorata se non quando era l'ora delle botte e delle minacce di Jake.

 

Abito molto vicino alla scuola, quindi 10 minuti di passeggiata veloce e ho già varcato la porta di casa. Un rapido sguardo e un saluto a mia madre incantata davanti alla televisione senza la minima intenzione di fare qualche mestiere, compito che avrei dovuto fare io la sera, come al solito. La sua pancia è spropositata. E' enorme, un elefante seduto nel mio salotto. Si gira e mi fa un mezzo sorriso mentre io mi immagino l'enorme proboscide piegarsi a U come un sorriso. Non mi fa nessuna domanda, ma si limita a rigirarsi di nuovo verso la tv. Che visione orrenda.

 

Salgo le scale e mi chiudo in camera. E' piccola. La casa in generale è piccola, non solo la mia camera. Appoggio i libri sulla scrivania, accendo il vecchio portatile e aspetto seduta sul letto che si accenda. Mi tolgo i bracciali dai polsi, scoprendo le piccole cicatrici che si trovavano sopra le vene blu. "Colpa del gatto nero", questa era la bugia che mi ero preparata nel caso qualcuno mi domandasse che cosa era successo ai miei polsi. Comunque nessuno aveva ancora chiesto.

 

Possibile che nessuno si accorge che sto male? Sto male dentro, mi sento morire giorno dopo giorno come una mela che viene divorata pezzo dopo pezzo dal verme dalle fauci nere. Sono sempre tormentata da domande senza risposta e non riesco a capacitarmi del fatto che studio tutti i giorni per un futuro che non riesco ad immaginare.

 

Mi tolgo i pantaloni stretti che mi schiacciano sempre la pancia, e la maglietta larga stile 'maschio tamarro' che in parte riesce a nascondere le curve di troppo. Stavo diventando anche io un elefante. D'altronde da una mamma così cosa poteva nascere? Una cicogna? Direi di no.

 

Anche un'altra giornata era ormai finita. Ormai non avevo più neanche le lacrime per piangere. Vagavo su internet in cerca di persone problematiche come me. Paranoiche, pazze, infelici, completamente sole. Potevamo farci compagnia a vicenda. Ma non trovavo nulla. Così prendo le cuffie e mi ascolto delle canzoni dal mio vecchio ipod mentre mi immagino la storia d'amore perfetta, la mia perfetta storia d'amore con Alice, in un mondo dove io sono finalmente e completamente io e sono bellissima e sono la sua fidanzata, e nessuno ci giudica per l'amore che proviamo.

 

E poi i miei occhi cadono sulla lametta sul mio comodino, la fidanzata della mia schifosa realtà, l'unica con cui ho stretto una relazione, che dura ormai da più di un anno.







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Non sono lesbica, ma le condizioni in cui sono costretti a vivere i giovani gay e lesbiche mi fa riflettere così tanto che avevo bisogno di metterlo per iscritto.
Se volete parlarmi su twitter, sono @reflectjon :) ciao e al prossimo capitolo! :)

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