un minuto più tardi...

di yokuccia
(/viewuser.php?uid=20678)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 16. Paride *I atto* ***
Capitolo 2: *** - II atto - ***
Capitolo 3: *** - III atto - ***



Capitolo 1
*** 16. Paride *I atto* ***


New Moon _ pagina 289:
Addio, ti amo, fu il mio ultimo pensiero.
....



In quel momento, la mia testa riaffiorò.
Assurdo. Ero certa di essere annegata.
La corrente non diminuiva. Mi scagliò contro altre rocce; ne sentivo i colpi sulla schiena, secchi e costanti, e sputavo acqua dai polmoni. Il sale bruciava nella gola, la poca aria che riuscivo a recuperare mi dava a mala pena la forza di prendere un’altra boccata. Era buffo vedere che, nonostante la mia mente avesse accettato senza troppa difficoltà l’idea della morte, il mio corpo sembrava non volerne sapere di abbandonare questo mondo. Lottava con tutte la sue forze per rimanere aggrappato a una speranza che avevo dimenticato da tempo, da quando Edward mi aveva lasciato.
Nemmeno la sua voce giungeva più in quel momento, le mie orecchie erano sorde a qualsiasi suono.
L’acqua salmastra mi ustionava gli occhi dandomi una visione appannata, solo quello che avevo vicino era a fuoco. La mia visione consisteva in un’unica massa nera dalle lievi sfumature grigiastre.
Poi, d’un tratto, nel mio campo visivo scorsi qualcosa di rosso muoversi seguendo il furioso vorticare della marea. Vidi la mia mano allungarsi a rallentatore davanti a me, come se non fosse mia.
Ogni muscolo, ormai esausto, stava cedendo inesorabilmente il posto allo sfinimento. Ora erano le gambe a fermarsi, ora le braccia a cadere inerti, ora le palpebre a chiudersi per l’ultima volta. Evidentemente il mio corpo aveva perso anche lui la sua battaglia.
Le dita scivolarono su qualcosa di morbido che aveva la consistenza di una corda, filamenti che immaginavo lucidi accarezzarmi il palmo. La mente, ormai del tutto annebbiata, elaborava insensati pensieri su un’ancora di salvezza, su una fune che se avessi afferrato mi avrebbe riportata in superficie.
Ma era tardi.
Anche per aggrapparsi a sciocche supposizioni. Il gelo ormai mi aveva raggiunto. Lo sentivo afferrarmi il fianco nella sua morsa, cingermi le spalle nel suo freddo abbraccio. I capelli mi sfioravano il viso per l’ultima volta in una carezza d’addio, anche loro consapevoli che la fine era oramai vicina.
Fitte di dolore mi percorsero il corpo in ultimi spasmi prima di perdere completamente conoscenza.


questo è un primissimo assaggino, una specie di prologo... ditemi che ne pensate... se l'idea è così banale forse sarebbe il caso di lasciare perdere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** - II atto - ***


grazie a tutti quelli che hanno postato^^
ho seguito il consiglio, non ho lasciato perdere ed eccovi il II atto XD
buona letturaaaaaaaaa...speriamo -_-"""
….

Era finita.
Avevo chiuso con quella vita. Avevo chiuso con tutto, con me stessa e con il mondo. Desideravo solo dormire, annullarmi nel silenzio e non pensare più a niente.
Ma il destino è crudele.
Non ho forse diritto a un pò di pace? Alla mia redenzione? No, a quanto pare qualcuno ha scelto per me.
Cosa mi aspettavo? Forse di essere accolta in paradiso e poter finalmente dormire per sempre? Sognare di stare con lui per l’eternità, che effimera speranza.
L’inferno mi si addice di più. A me, una codarda che non ha saputo affrontare la vita per quella che era. Ho voluto troppo e ne avrei pagato il prezzo.
Grida strazianti, disumane, mi riempivano le orecchie con il loro stridulo suono senza fine.
Caldo. C’era caldo. Troppo caldo.
Sentivo ustionarmi la pelle, il corpo colto da acute convulsioni. Lancinanti fitte di dolore che sembravano squartarmi, squarciarmi dall’interno senza sosta. Il bruciore era insopportabile.
Ma anche lì il mio pensiero vagava fino a lui, ed era la sofferenza più grande. Non volevo più pensare!
Datemi la pace della mente se non quella del corpo, ve ne supplico.
Qualcuno mi ascolti.
La razionalità non ha forse un vago significato? Allora perché mi tornano in mente le sue parole? Quella paura di dannare la mia anima, come se essa non fosse già segnata la prima volta che i miei occhi incontrarono i suoi.

Un forte odore pungente mi penetrò le narici con insistenza, costringendomi a rimettere insieme i pezzi logori della mia coscienza. Ero solo vagamente consapevole di essere sdraiata, sentivo il corpo pesante calzarmi come un vestito dimesso.
Quando sarebbe riniziata la tortura? Dopotutto di che mi preoccupavo? Avevo l’eternità per abituarmi all’idea che non sarebbe mai finita.
Rimasi ferma ad aspettare.
All’inizio il silenzio era totale, nessun suono, nessun rumore a dissipare la quiete ultraterrena che mi avvolgeva. Poi, lentamente, un suono. Un altro rumore. Il frusciare delle foglie, il ticchettio insistente della pioggia. Via via che riprendevo conoscenza ogni cosa tornava ad affacciarsi nella mia mente, più forte e nitida di prima.
Dischiusi lentamente le palpebre, come se avessi paura di sapere se era tutto reale. I miei occhi si posarono su un soffitto in legno dalla rozza fattura, sembravo distinguerne ogni singola fibra, ogni ammaccatura, avrei potuto giurare di sentirne anche l’odore. Un sospiro mi costrinse a girare la testa di scatto, chi c’era con me in quell’angusta stanzina?
Jacob dormiva scomposto su una seggiola di seconda mano, le braccia abbandonate in grembo e il capo malamente appoggiato a un mobile a muro. Il volto stanco mi fece tenerezza. Pesanti occhiaie gli solcavano i viso, segno che non aveva dormito molto negli ultimi giorni.
Sorrisi.
Sorrisi perché ero una stupida, perché avevo davvero pensato di essere morta… perché l’avevo desiderato così tanto da pensare che fosse vero.
Il corpo anchilosato protestò al mio primo movimento, mi sembrava di sentirlo vivo per la prima volta. Che strana sensazione. Scostai le coperte e mi sedetti sul letto. L’abitazione era davvero piccola, consisteva in quell’unica stanza malandata con solo un piccolo camino a riscaldare l’ambiente. Osservai il fuoco con interesse, come se ci fosse qualcosa che mi attirasse. Bramavo di sentirne il suo tiepido tepore sulla pelle, forse quell’inconsistente piumino non era stato sufficiente a riscaldarmi in quelle notti d’inverno.
Mi guardavo intorno e non capivo, da dove proveniva quel fetore che mi faceva arricciare il naso con disgusto? Alzandomi piano, senza far rumore, mi avvicinai a quell’unica finestra che si affacciava sul mondo esterno. Urgeva un cambio d’aria immediato, quell’odore era insopportabile.
Lo scricchiolio del logoro infisso destò il mio migliore amico del suo sonno profondo. L’avevo percepito ancora prima di voltarmi. Jacob aprì piano gli occhi e per la prima volta fui davvero consapevole di quanto erano rossi e gonfi di pianto. Non parlava, mi guardava con la tristezza negli occhi. Che fosse successo qualcosa di grave? Che fosse successo qualcosa a Charlie?
“Jake, cosa è successo? Qualcosa di grave?” Mi avvicinai a lui e scoprii che l’olezzo si intensificava.
“Bella…” singhiozzò “oh Bella.”
La mia mano si allungò ad accarezzargli il viso, ma quando lo sfiorai i suoi occhi si chiusero e prese a tremare. “Jake? Charlie…Charlie sta bene vero?”
Annuì, senza scostarmi, controllando il suo tumulto.
“Dimmi cosa è successo, mi stai preoccupando. Sembra che sia accaduta una catastrofe.”
“Bells tu- davvero tu non ricordi?” Ce l’aveva con me? Perché mi ero buttata dallo scoglio? Ero forse stata davvero in punto di morte?
“Sto bene. Lo so, è stato tremendamente stupido buttarmi da quello scoglio, ma ora sto bene. Niente di rotto, mi sento benissimo.” Cercai di sorridere per incoraggiarlo, ma questo sembrò incupirlo ancora di più.
Si portò le mani alla testa e nuove lacrime gli incorniciarono gli occhi. “Stai bene? Come puoi star bene! Hai passato tre giorni a urlare e dimenarti, tre notti di agonia senza fine. Sentivo il tuo corpo diventare sempre più freddo, prendere…prendere questo odore. E mi sentivo impotente! Non sapevo cosa fare, non potevo fare niente.” Acuti singhiozzi uscirono dalle sue labbra. “Ti ho guardato morire e non ho potuto fare niente.”
Gli presi le mani e le strinsi forte. Non capivo che stesse dicendo, io stavo davvero bene, mai stata meglio. “Jake va tutto bene, non sono morta. Sono viva, qui davanti a te in carne ed ossa, apri gli occhi.”
Scosse la testa con insistenza, ma alzò il viso ad incontrare il mio sguardo preoccupato. “Tu sei morta Bella.”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** - III atto - ***


Chiedo umilmente scusa… ho un po’ trascurato questa ff, ma ora mi arrotolo le maniche e mi rimetto all’opera senza remore!
Ringrazio tantissimo coloro che hanno recensito fino ad ora >/////< cercherò di non deludervi!!! *un forte abbraccio*
….

“Hai bisogno di dormire e…” Repentino mi afferrò per le spalle, scuotendomi con forza.
“No Bella, no. ascoltami. Devi ascoltarmi!” Il tremore riprese a scuoterlo con violenza, ma sembrò non farci caso.
Allarmata della sua reazione cercai di assecondarlo. “Calmati Jake, ti ascolto.”
Prese un profondo respiro e continuò, il tormento nel suo sguardo.
“Ti stavo cercando, ho seguito le tracce del pick-up e ti ho vista lottare contro la corrente. Mi sono buttato Bella, lo giuro, lo giuro, ho fatto il possibile ma…” La disperazione era tangibile nella voce rotta dai singhiozzi. “…non sono arrivato…per primo. Un minuto, se solo fossi arrivato un singolo minuto prima forse saresti ancora viva, forse ora non saresti come loro.”
Una nocetta stridula sussurrò alla mia mente una spiegazione impossibile, o probabilmente ero io a voler pensare che fosse tale. Rifiutavo di crederci, era semplicemente ridicolo.
“La rossa era nell’acqua,“ continuava a scuotere la testa come se volesse scacciare demoni più grandi di lui. “Te l’ho tolta di dosso ma era troppo tardi, ucciderla non è servito a riportarti da me.”
Risi.
Contro ogni logica scoppiai a ridere e mi accasciai sul pavimento logoro tenendomi la pancia. Quello che avevo desiderato così strenuamente si era infine avverato.
Ero un vampiro, ora ero come lui.
Quanto era stato facile, semplice. Un tuffo da uno scoglio troppo alto e la mia vita era radicalmente cambiata, no, non più vita, ora avrei dovuto parlare di esistenza.
Le risa si spensero in gola lasciando ben presto spazio ad acuti singhiozzi incontrollati e grida disperate. Non una lacrima solcò il mio viso straziato dal dolore.
Cosa me ne sarei fatta dell’eternità?
Non avevo più nessuno al mio fianco con cui poterla condividere, nessuno ad abbracciarmi nei momenti di sconforto, nessuno ad insegnarmi come muovermi in quel mondo tutto nuovo. Ero sola, avevo definitivamente perso tutto. Non avrei più rivisto Charlie, Renée, non avevo avuto nemmeno il tempo di salutarli. E Jake…oh, Jake. Alzai lo sguardo su di lui. Era lì, ancora sulla sedia dove lo avevo lasciato, la testa china e mani tremanti saldamente aggrappate al sedile.
“J…ake…”
Mi stupii di non provare repulsione per lui, solo un forte odore disgustoso che mi faceva arricciare il naso. Essendo appena stata creata probabilmente non avevo ancora accumulato tutto quell’odio proprio dei vampiri verso i licantropi. Nemico naturale, quanto amaro in bocca mi lasciavano quelle parole. Non avrei mai potuto fare del male a Jacob.
“Mi dispiace Bella, mi dispiace.” Portai le gambe al petto e appuntai il mio sguardo nel suo.
“Non è colpa tua Jake.”
“Se solo fossi-” Non poteva davvero sentirsi responsabile, non doveva. Era stata colpa mia, solo colpa mia!
“No! Sono stata io a buttarmi dello scoglio, io a decidere, io a sbagliare...e io a pagarne le conseguenze.” Tirai su col naso benché nessuno gocciolina fosse in prossimità di uscire. Mi guardai intorno cercando di parlare, per non pensarci. “Dove siamo? Non credo di aver mai visto questa baracca.”
“Sui monti Olimpici, a volte ci venivo da piccolo con mio padre. E’ disabitata da una vita, potrai…potrai rimanere qui.” Lo guardai senza sapere cosa rispondere.
Un angolo della sua bocca si alzo in un tentativo di sorriso che però non raggiunse gli occhi arrossati. “Ho cercato di rimetterla a posto, il massimo che sono riuscita a fare mentre mi prendevo cura di te. Fino all’ultimo ho sperato di sbagliarmi.”
Mi avvicinai a lui piano, guardinga, timorosa di creare in lui qualche reazione imprevista. La mia mano si allungò piano ad accarezzargli il viso mentre si faceva rigido, ma non mi allontanava.
“Grazie Jake. Credo di capire quanto ti possa essere costato. “ Presi un profondo respiro e chiesi quelle domande che più premevano tra i miei pensieri. “Come l’hanno presa gli altri? Charlie?”
Chiuse gli occhi e rispose mentre i tremito alle mani si affievoliva. “Sono andato a casa tua a prenderti i vestiti, Charlie pensa che sei scappata per raggiungerlo, ovunque sia andato. E’ sconvolto, ma Billi e gli altri gli sono vicini, stai tranquilla. Per quanto riguarda Sam la situazione non è delle migliori. Non ti nascondo che ti volessero morta, appena hanno visto i segni sul collo.”
Trattenni il respiro, benché ormai non faceva più alcuna differenza. “Come mai hanno cambiato idea?”
“Non ti potevo lasciare morire! Non completamente per lo meno. Abbiamo…litigato, ma alla fine hanno deciso che se saresti rimasta qui, se avresti rispettato il patto e non avresti ucciso nessuno avresti potuto continuare a vivere.” Povero Jake, non doveva essere stato affatto facile.
“Ti devo la vita.” E sapevo di dire la verità.
“Hai passato tre giorni a urlare e dimenarti, ho davvero temuto che non ce l’avresti fatta.” Allungò un dito a risistemarmi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
“Non ti da fastidio?”
“Un po’, ma credo di poterci fare l’abitudine. Ora devo tornare, Charlie potrebbe pensare che sono coinvolto nella tua scomparsa.”
“Tornerai?” Ero terrorizzata a rimanere da sola, a non rivedere più nessuno per paura di fargli del male.
“Te lo prometto Bella.”

Rimasi sulla porta per molto tempo. L’aria gelida mi scompigliava i capelli mentre la mente sprofondava in un limbo di disperazione, domande e risposte senza fine. Cosa avrei fatto da ora in poi? Mi aspettava forse un’esistenza da eremita? Sapevo di non poter resistere ancora molto alla fame e pregavo di essere in grado di non uccidere nessuno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=159023