Il migliore secondo di sempre di VAleMPIRE (/viewuser.php?uid=219889)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antefatto ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: La fine di tutto ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo: Orrore ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo: Voci ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto: Scusa ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto: Disinganno ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto: Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo: Scontro ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo: Sguardi ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono: Due solitudini ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo: Strane sensazioni ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo: Bugiardo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo: Muro di vetro ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo: Regalo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo: Possibilità ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo: Vertigini ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo: Brividi e carezze ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo: Allo specchio ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo: Inafferrabile ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannovesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo: L'unica via ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo: In corsa ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventiduesimo: Tutto e niente ***
Capitolo 1 *** Antefatto ***
Ciao a
tutti! Ho scritto spesso fan fiction sulla Twilight Saga, ma non sono
quasi mai
riuscita a completarle nè ho mai pensato di volerne
pubblicare. Questa, dunque,
è la prima che mi accingo a far leggere a qualcuno. Ho
buttato giù la prima
bozza circa due/tre mesi fa, ma l'ho ripresa da poco. Non posso
assicurarvi che
la finirò, ma finora le idee non mi mancano e spero di
chiudere almeno questa
storia! Di seguito, la
trama in breve.
Edward e
Bella non sono riusciti ad avere il loro lieto fine. Il vampiro
è così tornato
più solitario e triste che mai. Medita il suicidio, ma per
varie ragioni non
arriva ad abbracciare questa estrema soluzione. Tra i motivi anche una
inaspettata e piacevole novità di nome Lyla Cornell, che
tornerà a “fargli
battere il cuore”. Il problema è che anche lei
è una mortale…
Antefatto
Bella
Isola
Esme, Agosto 2006.
Il
silenzio innaturale non era rotto che da un
battito di cuore galoppante, impazzito. Il mio.
E da un respiro lento,
forzatamente regolare. Il suo.
Io
avevo già smesso di respirare.
Nella
penombra vedevo solo il luccicare ardente dei suoi occhi dorati,
attenti ed
apprensivi.
A ogni mio lieve sussulto rispondeva con tentennamento.
Il suo volto di nuovo
espressione del caos.
- No, ti prego. Non cambiare ancora idea. - gli ho sussurrato, cercando
di mantenere ferma la voce.
Era rimasto muto e, dopo un lungo sospiro, aveva ripreso ad
accarezzarmi
lentamente lungo tutto il corpo.
Ci eravamo scambiati un intenso sguardo che
diceva più di mille parole, carico di mute promesse,
passione e dolcezza. Non
avevo più paura. E il mio coraggio, mi aveva detto, avrebbe
cancellato la sua.
Ma allora perché la
leggevo, così prepotente, nei suoi occhi, mentre si
preparava ad essere
finalmente dentro di me?
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Capitolo 2 *** Capitolo primo: La fine di tutto ***
CAPITOLO
PRIMO: LA FINE DI TUTTO
Edward
Forks,
2006.
Nulla
ha più senso. Continuare ad “esistere”,
avere
l’affetto della famiglia, la ricchezza, la bellezza, andare
ancora a scuola,
studiare, leggere, viaggiare …
Non ha più senso tutta la
mia “vita”.
Ogni cosa dei miei tormentati, vuoti, lunghi e spesso noiosissimi anni
era
stata solo un’inconsapevole attesa della mia seconda
rinascita. La prima, a 17
anni, nel lontano 1918, era stata opera di Carlisle, che mi aveva dato
la vita
eterna quando quella terrena si stava spegnendo.
E poi, quando ne
avevo oltre 100, era arrivata lei, così fragile e
inaspettata, a ridarmi un
senso. Adesso sono come morto di nuovo.
Senza di lei non sono che quel
solitario e inquieto vampiro che esisteva prima del nostro incontro.
Non riesco
a credere che la nostra felicità insieme sia durata soltanto
appena due anni. Cosa sono due anni in un arco di tempo
infinito? Nulla, un secondo. Ma
è stato il migliore secondo di tutta la mia esistenza.
Ed anche se ero giunto controvoglia a quell’egoistica
soluzione - trasformarla – alla fine ero quasi stato grato al
destino, o
qualunque cosa fosse, per aver messo quell’angelo sulla mia
strada. Perché mi
completava, eravamo l’uno parte dell’altra. Un legame troppo profondo per essere
spiegato con le parole.
Che ci aveva fatto superare insieme mille avversità e
si era rafforzato a tal punto da portarci entrambi a credere che
null’altro ci
avrebbe ostacolato o diviso, dopo il matrimonio. Ma avrei dovuto
ragionare di
più sul fatto che non potesse essere così facile
… Arrivare ad avere la mia
anima gemella totalmente e per sempre in appena due anni! Quel tempo era stato
solo un' illusione. Un crudele, ingannevole gioco del destino:
avvicinarmi
tanto alla perfezione solo per un attimo per poi distruggerla. Cosa mi resta, ora, di quei
due anni con la mia amata Bella? Il
dolore, il rimorso e la rabbia per averla persa.
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Capitolo 3 *** Capitolo secondo: Orrore ***
CAPITOLO
SECONDO: ORRORE
Uccisa.
Certe
volte evito di pensare questa parola. Ci
provo, almeno …
Preferisco pensare che se n’è andata, che si
è persa o che è scomparsa.
Non posso credere di essere io stesso l’artefice della mia
rovina. Di averlo
fatto in un momento così privato e romantico, per di
più. Privato, ma non
esattamente intimo. Io e
Bella non siamo nemmeno riusciti ad avvicinarci tanto l’un
l’altro
da confondere i nostri corpi. E’ morta vergine. Per come
eravamo entrambi, per
come sono e sarò per sempre.
Il mio ultimo ricordo,
se mai un giorno mi troverò sul punto di morte,
sarà il suo corpo nudo, freddo
e insanguinato. La mia fresca e giovane sposa morta pochi attimi prima
della
nostra unione totale. Per colpa mia.
Per la mia bramosia letale, in meno di un minuto. E l’ultima
cosa che lei
ricorderà, ovunque sia andata, sarà il mostruoso
ed incosciente neomarito con
la bocca coperta del suo sangue. Quel
vampiro
che credeva un angelo tramutato di colpo in demonio.
E, se le ha sentite anche
nello stato acuto di dolore, magari ricorderà pure le mie
patetiche parole.
Non temere amore, è tutto a posto. Va tutto
bene, Bella, ti salverò! Va tutto bene...
Non sono certo che le abbia
sentite, i suoi occhi erano così cristallizzati dal
terribile attimo in cui
aveva preso coscienza della gravità
dell’accaduto…
Quando mi aveva visto il rosso tra
i denti. Non ha detto una parola, è andata via senza dirmi
nulla. E’ logicamente
rimasta troppo sconvolta per reagire in alcun modo. La
sua testarda ed immeritata fiducia
nei miei confronti tradita così drasticamente in un soffio.
Nessun tipo di
orrore può eguagliare quello che ho provato in quella notte,
stampato nella mia
memoria come una fotografia. Il suo corpo candido, con la giugolare
recisa, la
chiazza di sangue sul cuscino. Il letto sul quale dovevamo per la prima
volta
fare l’amore era diventato il letto di morte. Della sua, ma
anche della mia, in
un certo senso.
Il sangue di Bella è in assoluto la migliore
sostanza che abbia mai
introdotto nel mio organismo in oltre un secolo di esistenza. Non ha
eguali. Il
sangue di altri umani che ho bevuto in passato non è nulla
in confronto, è come
acqua. Il suo era una vera e propria droga, una volta assaporato.
Più ne bevevo
e più ne desideravo. Lo volevo come non mi era mai successo
prima. Ma al
contempo sapevo che non dovevo lasciare che il mostro prendesse il
sopravvento.
Non poteva e non doveva vincere sul quel briciolo di
razionalità che mi
restava. Ma il sangue era dappertutto. Sul suo collo, sulle sue spalle,
sul
cuscino, le mie mani, la mia bocca. Ed io, perdendo del tutto il
controllo, l’ho
bevuto e l’ho prosciugata. Era
uno spettacolo maledettamente affascinante. Non avrei mai voluto
vederlo, né provocarlo soprattutto. Sono stato egoista, mostruoso, avido,
folle. E non
sono ancora aggettivi abbastanza negativi per descrivermi.
Ucciderla è stato peggio
che condannarla all’eternità da vampira.
L’unica magra
consolazione è che non mi ritroverà: se davvero
esistono un inferno e un
paradiso … non ci incontreremo mai più.
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Capitolo 4 *** Capitolo terzo: Voci ***
Dimenticavo di ringraziare Fannysparrow che è stata la prima
( e finora l'unica ) a lasciarmi il suo parere su questa storia! A
tutti gli altri, dico che mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Ammetto che forse non è esattamente il tipo di
storia che le fan di Twilight vorrebbero leggere, ma spero possiate
comunque trovarla interessante.
CAPITOLO
TERZO: VOCI
Saint
John’s ( Terranova, Canada), Settembre 2010.
Cosa
mi abbia
trattenuto davvero dal tentare seriamente il suicidio non saprei ( l’affetto della mia
famiglia, il
volermi punire soffrendo e pagando per l’eternità
quello “sbaglio”? ), ma adesso
so per certo due cose. La prima è che non potrò
mai scordare Bella. La Bella
viva, dolce, fragile ma coraggiosa e forte.
E la Bella morta, inerme,
bianchissima e fredda. La seconda è che non potrò
provare ancora qualcosa di
simile all’amore verso un’altra.
Sono troppo furioso con me stesso forse per
preferire il suicidio. Non è la soluzione più
giusta, devo punirmi.
Carlisle non è
così sereno all’idea che io non riesca
più a fare nulla , però, senza
quest’opprimente
e costante fantasia. Lui mi definisce ufficialmente “depresso
ed apatico”. Lo
medito spesso il suicidio, ma oltre a non essere la scelta migliore,
è anche un
atto piuttosto complicato per un vampiro. Non è neppure il
caso di tornare dai
Volturi, dato che, l’ultima volta in cui stato da loro, Aro
si è mostrato
eccessivamente affascinato dalla mia dote particolare. La mia
capacità di
leggere i pensieri altrui. Jane non ci metterebbe nulla a torturarmi
sino a
convincermi di restare a Volterra e a quel punto non sarebbe facile
uscire dal
segreto covo dei Volturi. Quindi
no, il
suicidio è escluso. Ma l’idea mi frulla comunque
per la testa …
La mia famiglia è sempre
inquieta, perché, anche se Alice potrebbe prevederlo, non sa
mai cosa potrei
fare d’istinto. Temono che agisca senza premeditare.
O che vada dall’altra parte del mondo per isolarmi e infine
uccidermi senza dargli il tempo
necessario per raggiungermi. Certi
giorni più di altri sono palesemente attratto
dall’oscuro nulla
che potrei trovare togliendomi la vita. E’ una tentazione
fortissima. Ma
sarebbe troppo facile se riuscissi a risolvere tutto in quel modo. Devo
continuare a convivere per l’eternità con il
dolore. E , nel frattempo, non cedere
al forte richiamo consolatorio della morte, cercando di tenermi
occupato il più
possibile. Leggendo, suonando, viaggiando, stando coi miei
cari…
Da quest’anno
frequento la“S. John’s High School”,
nella città di Saint John’s,
capitale dell’Isola di Terranova, Canada. Questo è
il primo anno, dalla
scomparsa di Bella, in cui torno a recitare la parte
dell’alunno adolescente. Io
e i miei siamo l’ennesima nuova famiglia
nell’ennesima nuova città.
Questa volta
però gli abitanti sono più numerosi rispetto a
quelli dell’ultima cittadina in
cui abbiamo vissuto, Forks, dunque diamo un po’ meno
nell’occhio.
Il clima è l’ideale
per quelli come noi: inverni lunghi con temperature sotto lo zero,
nebbia e
neve. Solo nell’estate, per qualche settimana, si raggiungono
i venti gradi.
Altra “distrazione”,
poi, sono tutte le voci che sento ovunque vada. Fra tutte
quelle che
invadono la mia testa , ultimamente, una è nettamente sopra
le altre.
Quella di una certa Lyla Cornell, una
delle mie compagne di classe. Il primo giorno è stata seduta
di fronte a me in
modo così composto da risultare quasi fastidioso, per quanto
fosse in contrasto
col turbinio dei suoi pensieri. Sin da subito mi sono reso conto che la
maggior
parte delle persone che hanno lezioni in comune con le mie sono
ragazze. Bene.
In genere le donne parlano e pensano molto più degli uomini,
quindi più
distrazioni per me.
Ma di solito, in mia presenza, pensano troppo spesso
e poco pudicamente a come conquistarmi o
trascinarmi nelle loro camere da letto.
Dunque non così bene…
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Capitolo 5 *** Capitolo quarto: Scusa ***
In
questo capitolo si comincia a conoscere il
personaggio ideato da me, la protagonista femminile della storia, Lyla.
CAPITOLO
QUARTO: SCUSA
Negli
ultimi quattro anni non ho quasi interagito
con gli umani. Sono stato per lo più da solo e con la mia
famiglia. Uscendo di
casa solo per cacciare o altre cose strettamente necessarie. Ma poi
è arrivato
il momento di cambiare: tenermi impegnato, trovare
qualcos’altro da fare, per
non impazzire del tutto. Sono stati principalmente Carlisle ed Esme a
convincermi di tornare tra i banchi di scuola.
Questa mattina di metà settembre non sono proprio
riuscito ad ignorare Lyla Cornell. Nelle prime ore non ha fatto che
pensare a
me e a quanto odiasse la materia che stavamo seguendo, chimica.
E’ stata
seccata perché, arrivando in ritardo, l’unico
posto libero che ha trovato era
in un banco di fronte al mio, dunque non ha potuto guardarmi.
E’ poco più bassa
di me e piuttosto magra. Ha lunghi capelli lisci color rame, non la sua
tonalità naturale, e una carnagione molto chiara, con
qualche lentiggine. I
suoi occhi sono blu e grandi, le labbra piene e naturalmente rosse.
Al cambio dell’ora ha raccolto
rapidamente le sue cose per non perdermi di vista e scoprire quale
altra
lezione avessi. In corridoio mi ha camminato dietro, fingendo di non
sapere
dove dovesse andare.
Avanti, buttati, idiota! E’ un
ragazzo come
tutti gli altri, che ti prende?... No, no, ok: non è affatto
come tutti gli altri...Ma buttati comunque.
Per
l’ennesima volta mi sentivo definire “diverso dagli
altri”, ma la cosa non
riusciva più a strapparmi neppure mezzo sorriso. La maggior
parte lo pensa, ma
per qualche motivo appaio poco simpatico oppure li metto in soggezione.
Per cui
non arrivano mai a conoscermi abbastanza per iniziare a formulare
teorie sulla
mia vera natura. Nessuno lo ha mai fatto, tranne Bella, ovvio. Finora
l’unica,
tra gli umani, ad avermi conosciuto davvero in ogni mio aspetto.
- Scusa! –
è poi riuscita finalmente a chiamarmi la ragazza, a pochi
passi dall’aula e da
me.
-
Si?
Oh cavolo. Così vicino
è anche
peggio...
- Qualche problema? - ho chiesto, evitando di
guardarla negli occhi.
Un
tempo mi divertiva alimentare quei tipi di pensieri nelle ragazze.
Vederle
andare in tilt. Era un diversivo, un modo per spezzare la monotonia
scolastica.
Ma ormai non ricordo più come ci si diverta.
- Ehm…si.
Non riesco a capire dove si trova quest’aula. - mi ha
spiegato Lyla,
indicandola sulla piantina dell’istituto che si portava
dietro.
- Sei arrivata. - l’ho informata, spostando
gli occhi sulla porta di fronte a noi.
- Ah. Che sciocca! Non
ne capisco mai nulla delle piante! Grazie!
Così
dicendo mi ha sorriso e poi siamo entrambi entrati in aula in silenzio.
Era ancora
mezza vuota. Sarebbe stato più difficile , stavolta, evitare
di trovarmela
accanto.
Aspetto che si sieda e mi metto vicino al
suo posto. Scommetto che sceglierà un banco vuoto. Sembra un
tipo così asociale…
Bene. Ho fatto il contrario di ciò
che si aspettava e ho scelto di
sedermi accanto a un ragazzo apparentemente tranquillo, il tipico
secchione.
Era l’unico che stava già leggendo un libro di
testo, ascoltando musica con un
mp3. Gli ho chiesto se potevo occupare il posto vicino al suo ed ha
acconsentito con un cenno noncurante della mano. La voce mentale di
Lyla, però,
ha continuato a torturarmi…
Uffa! Possibile che mi trovi
già antipatica
senza nemmeno conoscermi?
Come fanno in fretta gli umani a trarre
conclusioni, per loro certe,
basandosi solo sulle impressioni!
Magari è uno di quei tipi noiosi
che solo perché
hanno la fidanzata snobbano tutti...
Per fortuna, in
pochi minuti, l’aula si è riempita e i suoi
pensieri
si sono fatti meno predominanti. E almeno durante quell’ora
è stata attenta
alla lezione.
Era quella di storia, la sua materia preferita.
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Capitolo 6 *** Capitolo quinto: Disinganno ***
CAPITOLO
QUINTO: DISINGANNO
Nell’ora
di mensa l’ho evitata chiudendomi dentro la
mia auto. Ho messo la musica a tutto volume, ma poi mi ha raggiunto
qualcun
altro. Ovviamente sapevo già cosa stesse per
dirmi…
-
Apri! - ha detto, bussando sul vetro.
Ho aperto solo per non vedermi la portiera ridotta in frantumi. Mio
fratello Emmett rideva ammiccante, divertito dal fastidio che mi
provocavano i
suoi pensieri.
- Ho
visto come ti guarda la rossa… Come sempre hai
già fatto colpo, complimenti!
- Smettila di pensare quello che
stai pensando.
Ridendo, è salito sull’altro sedile anteriore.
- Avanti, parliamone!
-
Non c’è nulla da dire…Né da
ridere.
- Ok, scusa! - ha esclamato Emmett con finta aria innocente. Poi
si è
fatto un po’ più serio e io ho voltato la testa
dal lato opposto, guardando
fuori.
- Senti, abbiamo già affrontato
questo discorso senza senso. Non ripetermelo ogni volta che una ragazza
mostra
interesse nei miei confronti.- l’ho rimproverato, irritato. Anche se stava zitto,
nella sua mente non c’era
silenzio…
- E’ che sono davvero
stufo di vederti così musone! Ok, è stata una
vera tragedia, ma impazzirai sul
serio se non fai qualcosa per dimenticarla!
- Non posso dimenticarla.
In
alcun modo. L’ho ripetuto un milione di volte. E lo sai che
è vero.
- Ma se non ci provi nemmeno! Ucciditi allora.
A quel punto
stavo per uscire dall’auto, ma mi sono bloccato sentendo di
nuovo i pensieri di
Lyla: si stava avvicinando.
- Che succede? - ha chiesto mio fratello, incuriosito.
- Mi sta cercando…
- E vuoi evitarla ancora.
-
Sarà meglio. Non mi va di essere sgarbato.
- Tu?Sgarbato? Nah,
non sai
esserlo davvero. Più che altro credo che ti vedano
come…un sociopatico. Magari
avessi una reazione più energica ogni tanto!
Ti fai scivolare tutto
addosso.
- Emmett. Emmett.
Basta. Ok?
Non frequenterò quella ragazza. Né
nessun’altra. E parlo sia di umane che di
vampire.
Precisando
quest’ultima cosa, ho ripensato a quello che era accaduto
qualche mese prima.
Io, Jasper ed Emmett ci eravamo recati a cacciare nelle foreste del
Quebec e vi
avevamo incontrato per caso le tre sorelle del clan di Denali, Tanya,
Irina e
Kate. Tramite Carlisle erano state messe al corrente della morte di
Bella già
da qualche anno e , come me, erano evidentemente a disagio. Non ci
vedevamo dal
giorno del matrimonio. Non sapevano cosa dirmi, ma Tanya si spiegava
abbastanza
bene e meglio delle altre coi pensieri. Senza aprir bocca, mi si era
avvicinata
dicendomi che non avrei dovuto sentirmi in colpa per
l’eternità e che potevo
contare su di lei per qualunque cosa. Chiaramente non era ancora
rassegnata
all’idea che un giorno avremmo potuto essere una coppia. Una
coppia come
Carlisle ed Esme o come quelle formate dai miei fratelli adottivi.
Anche con
lei ho dovuto così discutere a lungo del fatto che non
volessi e non potessi
più legarmi a nessuno. Jasper ed Emmett si erano allontanati
per proseguire la
caccia, mentre Kate ed Irina, dopo avermi salutato, avevano iniziato a
rincorrersi per dare sfogo a tutta la loro sovrannaturale
velocità. Una cosa
che anche io, prima, facevo molto più spesso. Un vampiro ha
bisogno, a volte,
di comportarsi come tale a 360°, lontano dagli umani. Io e
Tanya, rimasti
dunque soli, ci eravamo seduti su una roccia larga e piatta vicino un
torrente.
Era quasi il tramonto.
- Quando
Carlisle me lo ha detto… - aveva esordito - …non
riuscivo proprio a crederci.
Avrei voluto parlare per telefono anche con te, ma mi ha spiegato che
non
volevi saperne. Non ti ho dato torto, ma avrei davvero voluto
sentirmelo dire
dalla tua voce. Ancora adesso mi sembra impossibile. Vi ho visti al
vostro
matrimonio ed eravate così…perfetti.
Complementari. Mi ero convinta per la
prima volta che un amore impossibile potesse esistere e durare.
- Anche io.
Ed ero sicuro di poterlo coltivare senza problemi. Ma evidentemente ho
chiesto
troppo a me stesso…
- E’ la tua natura, in fondo. La nostra
anzi. E’ quello che siamo.
- Io
per lei ero cambiato. Ero riuscito a scacciare via i miei demoni.
- Ma alla
fine hanno vinto. Ammettilo: non è stata una cosa poi
così imprevedibile…
- No, certo, l’avevo messo in
conto il rischio. Lo facevo sempre, ogni volta che la sfioravo o la
baciavo
soltanto. Ma il fallimento totale, quello no, non l’avevo
considerato.
- Comunque sono felice
che… tu non abbia preferito di farla finita.- ha proseguito
Tanya dopo un
lungo silenzio.
Io ho sorriso amaramente, lanciando un sasso in acqua.
- Considerato quanto sei melodrammatico…mi
aspettavo un’uscita di scena
teatrale sinceramente. O meglio, la temevo, ecco.- ha precisato
guardandomi con
un sorriso.
- Avrei potuto e
voluto. Ma alla fine ho deciso che mi merito di soffrire. Lo pensava
anche
Jacob, l’amico licantropo di Bella. E’ per questo
che non è venuto a cercarmi
per uccidermi dopo che abbiamo lasciato Forks.
- Doveva proprio essere molto più speciale di
quanto abbia mai potuto
capire, allora, questa ragazza.
- Neanche te lo immagini…
- E tutti
gli altri che la conoscevano?
- I Quileute hanno accettato di non scatenare una guerra solo a patto
che noi Cullen non ci saremmo più fatti vivi per
l’eternità. La versione
ufficiale della sua scomparsa, per gli umani, è una
malattia. Tutti sanno che in
Brasile è stata colpita da un virus letale sconosciuto. I
suoi genitori
ovviamente sono ed erano a pezzi. I compagni di scuola e gli insegnanti
sconvolti. Mentre i Volturi…beh loro sono molto dispiaciuti
per non aver potuto
sapere che particolari poteri avrebbe avuto una volta trasformata.
Fremevano
dalla voglia di unirla alla loro congrega. Ho distrutto non solo Bella
e me
stesso, ma anche la sua e la mia famiglia. Non mi sentivo tanto
mostruoso
neppure quando per anni uccidevo volontariamente gli umani per nutrirmi.
- E cosa fai da quando…?
-
Provo a fare le cose che ho sempre fatto. E ogni minima cosa mi ricorda
lei. Ho
composto una ventina di lamenti dopo la sua morte.
- Non ti aiutato nemmeno aver cambiato aria,
eh?
- Sono
passati solo quattro anni. E in ogni caso il passare del tempo non
cambierà
nulla. Non arriverà nessun’altra che
potrà salvarmi di nuovo.
- Io ti vorrei ricordare una cosa: mai dire mai. Anche
prima che
conoscessi Bella dicevi sempre che non avresti mai trovato la tua anima
gemella.
E invece poi ti sei innamorato, ricambiato. Dopo è andata
come è andata, ok, ma
magari non eravate destinati a stare insieme per sempre. Non eravate
davvero
anime gemelle forse. Ci hai mai pensato a questo? Magari la tua
relazione con
lei è stata solo…una specie di
“prova”.
- Cosa vuoi dire esattamente?
-
Nel senso che potresti aver incontrato ed amato lei solo per capire che
puoi
amare ed essere amato, proprio come tutti gli altri. Per farti capire
che non
sei il mostro che credi di essere.
- Quante altre umane credi che potrebbero amare un vampiro?
- Non mi riferivo mica solo alle umane…
C’è una
vampira, qui, che ti vuole
tanto bene da un sacco di tempo.
Questo
pensiero era stato accompagnato da uno sguardo languido ed ironico allo
stesso
tempo. Io mi ero girato di spalle, sospirando e scuotendo il
capo.
Ok,
lo so. L’amore dovrebbe essere
reciproco. Ma potremmo provare a stare insieme comunque. Magari
scopriresti
delle cose di me che ancora ignori.
E potrebbero piacerti.
- Tanya, io non voglio ferirti ancora. Sai
benissimo che per me sei
come una sorella o un’amica, al massimo. E poi se non
riuscivo a vederti come
più di questo prima…figuriamoci adesso. Il mio
cuore ormai è una pietra. Non mi
innamorerò mai più di nessun’altra.
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Capitolo 7 *** Capitolo sesto: Cambiamenti ***
CAPITOLO
SESTO: CAMBIAMENTI
Con
Alice le cose sono
un po’ cambiate. Tra tutti i componenti della mia famiglia,
è forse quella che
è rimasta più delusa da me. Ovviamente non aveva
avuto una visione della
tragedia, in quanto non preceduta da azioni o scelte consapevoli. Ma
poco dopo
l’inizio della fine di Bella, quando ancora
dall’Isola Esme non avevo chiamato
casa, aveva comunque avuto un’altra terrificante previsione:
il funerale della
neosposa. Questa l’aveva naturalmente messa in allarme e mi
aveva subito
chiamato, precedendomi di pochi minuti. Quando avevo risposto, ero
ancora sotto
shock, incapace di parlare. Poi, a turno, avevo sentito tutti e tutti
avevano
reagito in modo diverso. Alice era incredula, come gli altri, ma in
modo più
tangibile. Ero il suo fratello preferito da sempre, eravamo complici ed
amici,
oltre che fratelli. Era stata la prima ad accettare con entusiasmo la
mia
relazione con Bella ed era andata al settimo cielo quando ci eravamo
ufficialmente fidanzati. Lei e un’umana, tanto diverse
l’una dall’altra, erano
diventate migliori amiche! L’idea di averla persa per sempre
l’ha devastata.
Ora è molto più silenziosa e meno solare. Mi
dispiace tantissimo persino aver
spento la luce che le faceva brillare gli occhi quando vedeva anche
solo un
nuovo paio di scarpe.
Jasper, invece, è quello che ha reagito in modo
più
composto. Mi aveva detto che non se lo aspettava, ma che tutto sommato
era una
cosa che purtroppo non si sarebbe dovuta escludere del tutto. Emmett,
come
sempre, aveva cercato di sdrammatizzare e di non colpevolizzarmi
troppo. Ma, oggi,
è comunque molto triste dentro di sé, per aver
perso quella che chiamava la sua
“cognatina preferita”. Rosalie mi aveva detto che
la colpa era stata anche di
Bella, perché non avrebbe dovuto fidarsi a tal punto di me.
Da allora pensa che
tutta la nostra storia non sia stata altro che un abbaglio, un errore
sin dall’inizio.
I più addolorati sono miei genitori, che, parlandomi al
telefono,
in quella notte orribile, non sapevano se consolarmi o accusarmi.
Perché erano
arrivati ad amare Bella tanto quanto amavano me da sempre.
Per sentirmi meno soffocato da loro, ho dunque deciso di
andare a vivere
per conto mio, già poche settimane dopo la scomparsa della
mia amata. Da
allora, Carlisle ed Esme vengono a trovarmi quasi ogni giorno. Alice
non molto
spesso, invece, soprattutto i primi tempi e mai senza Jasper. Con lui,
almeno,
riesce ad essere di un umore più sereno. Emmett mi cerca
più che altro per
cacciare insieme, ma non facciamo più le gare di
velocità. Rosalie, infine,
viene solamente quando tutta la mia famiglia ha intenzione di fare una
visita
collettiva. Mi fa piacere sentire il loro affetto, ovvio, ma mi irrita
sapere,
percepire quanto gli costi mantenere l’equilibrio che ho
rotto. Quando sono
solo, suono il pianoforte e compongo, oppure leggo, ascolto musica,
guardo film.
Le ore che passo a scuola sono le uniche in cui interagisco
maggiormente con
gli umani…se salutare e rispondere all’appello
può definirsi “interagire”.
Limito anche gli interventi durante le lezioni. Non sono più
il primo della
classe, sono stanco di esserlo. Per una volta voglio provare a non
essere tra i
più bravi. Questo ha anche un vantaggio: le ragazze hanno
una scusa in meno per
tentare di corteggiarmi. Perché quando sei solo il
più bello e non il più bello
e il più bravo della classe, non ti possono cercare col
pretesto di volerti
incontrare per “studiare insieme”. Ma anche se sono
taciturno ed asociale, c’è
sempre qualcuna che muore dalla voglia di conoscermi. E
quest’anno, su tutte, è
Lyla Cornell.
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Capitolo 8 *** Capitolo settimo: Scontro ***
CAPITOLO
SETTIMO: SCONTRO
-
Hai
intenzione di farti bocciare? - mi ha chiesto Lyla di punto in bianco,
una
mattina, mentre entrambi prendevamo i libri dai nostri armadietti in
corridoio.
-
Cosa?
Sapevo
cosa volesse dire, ma ho dovuto fingere, come sempre. Potevo
semplicemente
ignorarla, ma ultimamente questa tattica mi si stava ritorcendo
contro:
i
suoi
pensieri erano sempre più caotici. Dunque forse era meglio
darle un po’ di
corda…Magari rendendomi ancora più antipatico.
Avrebbe smesso di cercarmi.
Agire con le donne che mi desiderano è sempre stato un gioco
da ragazzi per me,
dal momento che conosco ogni loro pensiero.
-
Qui
sono molto severi, sai? E credo che tu abbia già fatto molte
assenze. Senza
contare che non hai ancora un’interrogazione sufficiente in
ogni materia…- mi
ha ricordato, apparentemente preoccupata per me.
Ma
solo in apparenza, appunto. In realtà stava già
meditando sull’opzione “studiare
insieme”. Stupidamente non ci avevo pensato: se non sei tu
quello bravo, ma lo
è la ragazza che ti vuole, la ragazza può
offrirsi di “aiutarti a recuperare”.
-
Credo
siano affari miei, ti pare?
-
Ma qual è il tuo problema?
Me
lo ha chiesto con tono quasi esaurito: era da giorni che voleva
rivolgermi
quella domanda. Ed avere finalmente trovato il coraggio di farlo, per
lei, mi è
sembrato fosse addirittura liberatorio.
-
Perché
sei sempre così…scontroso?
Ah,
dunque Emmett si sbagliava: sapevo apparire scontroso.
-
Mi dispiace. Sto attraversando un periodo…infernale.
-
E non puoi nemmeno ringraziarmi per averti dato un avvertimento utile?
- così dicendo
mi si è avvicinata, guardandomi per la prima volta dritto
negli occhi per tutta
la durata della frase.
Era
inevitabile rivedere Bella, per la sua ostinatezza. Ma
quest’altra umana
testarda era molto più sicura di sé e non
arrossiva. E mio malgrado imparavo
anche a conoscere dettagli sulla sua vita sentimentale passata.
Guardandomi
faceva spesso confronti tra me e i suoi ex fidanzati. Ne ha avuti un
paio, a
quanto sembra, e sono state relazioni con rapporti anche intimi. Adesso
immaginava di averne con me…
-
Non ho bisogno di alcun tipo di avvertimento, credimi. Capisco
perfettamente
come vanno le cose.
-
Ah,
bene. Allora non mi prenderò più il disturbo di
darti consigli.
Che
caratteraccio!
Poi
ha chiuso energicamente lo sportello dell’armadietto e si
è allontanata senza
salutarmi. Non me la sono presa, ovvio: non era né la prima
né l’ultima a cui
stessi antipatico. Quello che mi infastidisce è la
fissazione che, dal primo
giorno di scuola, ha maturato nei miei confronti. Temo diventi
un’ossessione, perché
sto capendo che più la respingo più mi desidera.
A questo punto le soluzioni
possibili sono due: o lasciare la scuola o resistere. La prima sarebbe
la più
logica.
Ma
è una specie di circolo vizioso: se lascio la scuola sono
meno
occupato e se sono meno occupato sono più incline a cercare
il nulla. Alla fine
non sarà così difficile ignorare
l’ennesima spasimante inconsapevolmente senza
speranza. Quindi continuerò a frequentare la scuola.
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Capitolo 9 *** Capitolo ottavo: Sguardi ***
CAPITOLO
OTTAVO: SGUARDI
Lyla
sembra davvero frustrata all’idea di non riuscire a
socializzare con me. Non
capisco tutta questa disperazione per un motivo così futile.
Siamo di nuovo l’uno
vicino all’altra, di fronte gli armadietti della scuola e mi
spia con la coda
dell’occhio.
Oggi
sembra
anche più strano del solito…
Forse
perché, per la prima volta, ci stiamo spiando a vicenda a
lungo. A proposito: perché
lo sto facendo anch’io? I suoi pensieri non sono nemmeno
così interessanti. Ma
c’è qualcosa in questa ragazza che mi
incuriosisce, anche se non riesco a
capire cosa…Forse semplicemente perché in certi
suoi atteggiamenti rivedo
Bella. Ha il suo stesso modo di guardarmi, affascinata ma anche
sospettosa. Dai
suoi pensieri mi è chiaro che inizi a nutrire dei sospetti
verso di me. Anche
se ancora non ho spostato auto con una sola mano né fatto
nulla del genere.
- Senti,
io vado al bar qui fuori. La roba della mensa inizia a stancarmi. - mi
dice di
colpo - …Mi accompagni?
La
sua voce è ferma e sicura, ma il suo cuore batte forte come
un martello.
Ti
prego dì di
si, ti prego, ti prego…
Cos’ho
da perdere? Forse è la cosa più giusta parlare da
soli per chiarire le mie
intenzioni.
-Va
bene. Fammi strada.
Poco
lontano da noi c’è Alice, passeggia con Jasper. Mi
guardano entrambi con
apprensione e, senza nemmeno volerlo, nelle loro menti torna a balenare
il
cadavere di Bella. Così gli passo accanto e, senza farmi
sentire da Lyla, gli
sussurro che è tutto sotto controllo.
Mentre
camminiamo verso il bar le chiarisco subito che ho già
mangiato prima una cosa
al volo, al cambio dell’ora, e quindi non ho fame. Lei prende
un cornetto alla
crema. Nel frattempo prepara in mente l’impostazione del
discorso che vuole
farmi. Chissà se anche la mia Bella pensava così
tanto prima di parlarmi…
E’
inevitabile chiedermelo. E ripensarla, ogni volta, mi dà
un’aria ancora più triste.
- Qualcosa
non va?
-
No. Cioè…si. Ma non voglio parlarne.
-
Non ti piace qui?
-
Non è questo.
-
Mi spieghi una cosa? Perché vieni a scuola? Uno che
è depresso non dovrebbe
venire a scuola, secondo me. Insomma, a me piace la scuola, ma mi pare
che a te
non piaccia per nulla invece. E posso immaginare che per un depresso
sia una
tortura. Quindi…perché non la lasci?
-
Perché non mi dici chiaramente cosa pensi?
E’
spiazzata, inarca le sopracciglia sottili.
- Cosa?
Io? Io ti
sto dicendo quello che penso. Sei tu che continui ad essere
così
evasivo e sintetico. Questa è la prima volta, in circa un
mese e mezzo di
scuola, che ti sento parlare “così a
lungo”.
-
Non possiamo solo essere semplici compagni di classe?
Così
dicendo mi alzo dallo sgabello e le raccolgo da terra la borsa grigia a
tracolla.
-Tra
un quarto d’ora inizia la prossima lezione. Rischiamo di fare
tardi.
Nel
passarle la borsa faccio attenzione a non sfiorare la sua pelle.
-Ti
sto antipatica. Dillo chiaramente. Non ne capisco il motivo, ma
è evidente.
Quindi dimmi tu le cose come
stanno e
basta.
Questa
consapevolezza non sembra infastidirla tanto, vuole provocarmi
più che altro. I
suoi pensieri sono coerenti alle parole, però esprimono
molta più delusione di
quanta ne voglia comunicare.
- Usciamo.-
le dico brusco.
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Capitolo 10 *** Capitolo nono: Due solitudini ***
CAPITOLO
NONO: DUE SOLITUDINI
Lyla mi
segue in silenzio in attesa di spiegazioni. Ci avviamo
all’interno del cortile
della scuola. Durante l’ora di chimica, invece di seguire, mi
rendo conto di
una cosa: Lyla non ha amici a scuola, proprio come me.
E’abbastanza solitaria,
fa più cose con la fantasia che nella realtà, a
quanto ho capito. E’una
sognatrice e non si trova veramente bene con nessuno perché
sono poche le cose
che condivide con gli altri. E’attratta da quelli come me,
perché soli come
lei. La solitudine non le pesa, ma vuole unire le nostre due
solitudini.
Sentire continuamente tutto ciò che pensa di me è
snervante. Non mi idealizza
almeno, a differenza di altre. Mi vede solo per come voglio e riesco ad
apparire. E le piaccio comunque. Inizio quasi a sentirmi in colpa per
conoscere
così bene la sua mente e , di conseguenza, parte della sua
vita.
Io,“spiandola”, sto conoscendo praticamente ogni
cosa di lei, mentre Lyla di me
non sa quasi nulla.
Non che sia il caso di conoscermi a fondo, però …
- Mi daresti un passaggio? - mi chiede mentre usciamo
dall’aula.
E’appena terminata l’ultima lezione, sono le
quindici e qualcosa. Sta piovendo
a dirotto e lei è a piedi. Oggi i miei fratelli sono tutti
assenti per la
caccia. Io ho preso in prestito la moto di Jasper.
-Temo ti bagneresti comunque. Oggi non ho l’auto, ma la moto.
- Mi piace la pioggia, non è un problema. Non mi va di
camminare perché … l’ora
di ginnastica mi ha distrutta! - confessa sorridendo.
Di nuovo, sorgono spontanei i confronti con Bella: al contrario di lei,
Lyla
ama la pioggia, ma anche quest’ultima non è molto
atletica
- D’accordo. - mi arrendo con un mezzo sorriso, ascoltando le
sue lamentele
mentali per via dei muscoli indolenziti.
- Non ci posso credere: hai sorriso! Beh … quasi.
Così dicendo mi si getta letteralmente addosso,
circondandomi il collo con le
braccia. Io, irrigidendomi, torno serissimo e mi preoccupo se quel
contatto
eccessivo possa rivelarmi.
- Senti così tanto freddo? - mi sussurra, guardandomi negli
occhi e spostando un
po’indietro il collo.
Per fortuna almeno in corridoio non è rimasto nessuno. Ho
paura che per
convincerla a staccarsi potrei farle del male.
Le sue mani stanno raggiungendo la mia nuca.
Quel contatto inizia a farmi sentire a disagio. So cosa ha intenzione
di fare.
Nei suoi occhi per la prima volta vedo una certa paura. Ma subito la
sua mente
mi chiarisce che si tratta di una paura sbagliata …
Cavolo,
non può essere gay …
- No. - dico,
rispondendo al suo dubbio inespresso.
- Mi confondi … - boccheggia lei, ripoggiando i talloni per
terra.
- Non lo sono. - ribadisco stupidamente.
- …Come? Non sei cosa?
-Quello che … immagino tu stia pensando.
- Ah … lo hai intuito. Bene, meno male allora! Qualunque sia
il motivo per cui
tu non voglia baciarmi comunque … ok, lasciamo stare.
Scusami. Anzi, credo proprio
che andrò a piedi …
- No, aspetta. Credo che accompagnarti a casa sia il minimo che possa
fare,
considerato come ti ho trattata sin dall’inizio.
La mia cavalleria non è morta col mio cuore. Non riesco ad
essere troppo
maleducato, soprattutto perché i suoi pensieri mi urlano
contro quanto sia
delusa.
Ora le mie ultime parole l’hanno piacevolmente sorpresa. Non
si sofferma più di
tanto a chiedersi perché abbia cambiato idea.
- Non ti capirò mai Edward Cullen. Andiamo!
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Capitolo 11 *** Capitolo decimo: Strane sensazioni ***
CAPITOLO
DECIMO: STRANE
SENSAZIONI
Abita
parecchio lontano dalla mia abitazione più periferica, ma
con i km/h che può
raggiungere il mio pezzo non ci impieghiamo moltissimo. Mi assicura che
la
velocità non la disturba e in effetti non ha paura. Si
stringe forte ai miei
fianchi soprattutto per il gusto di essermi così vicina.
Durante il tragitto
pensa pochissimo, più che altro a quanto sia felice del
fatto che per la prima
volta stiamo insieme oltre gli orari scolastici. Io avverto delle
sensazioni
bizzarre. Capisco che mi sento quasi colpevole per quello che provo
perché …
sto bene. Non bene nel vero senso della parola. Bene
… in senso fisico.
Il contatto, la vicinanza a un corpo caldo e pulsante. E’
pericoloso. Potrebbe risvegliare i miei veri istinti sopiti. Ovviamente
l’odore
del suo sangue non è neppure minimamente paragonabile a
quello di Bella. Non
mi fa perdere la testa, non ho la tentazione di ucciderla. E’
qualcos’altro.
E’
il suo corpo, è lei a
farmi lo strano
desiderio di vicinanza , di calore. E
le sue fantasie su una nostra ipotetica relazione non mi aiutano.
Chissà
se anche Bella aveva sempre pensato certe cose su di noi poco dopo
esserci
conosciuti … Ho sempre ritenuto terribilmente frustrante non
conoscere i pensieri
della mia amata, ma ora inizio a convincermi che forse sia stato meglio
non
averli mai saputi, dopotutto. Avrei sofferto il doppio,
perché il suo viso era
già molto eloquente. Qualunque sensazione - paura,
desiderio, incertezza … - mi
sarebbero giunte amplificate. Con Lyla è proprio
l’opposto: di lei so molte più
cose tramite la sua mente, che dalla sua bocca. Anche se quando parla,
seppur
non moltissimo, è sempre chiara e sincera.
Appena
arriviamo davanti casa sua ha quasi smesso di piovere, ma fa molto
freddo.
Siamo entrambi parzialmente bagnati, perché, anche se
riparati dall’ombrello di
Lyla, l’acqua è giunta trasversalmente a causa del
vento.
-
Spero che non ti prenda un brutto raffreddore.
-
Tranquillo, anche se posso sembrarti delicata, ho una salute di ferro.-
mi
assicura, scendendo dalla moto. - Grazie del casco.
-
Figurati. Bene … a domani allora.
-
No, aspetta! - mi dice, bloccandomi la mano con cui sto già
riavviando il
motore.
Mi
fermo, pienamente conscio delle sue intenzioni, invece di sfrecciare
via a
tutta velocità. Che senso ha evitarla e basta se non da
risultati?
Magari
facendo quello che vorrebbe facessimo, avvertirà qualcosa,
percepirà un che di “strano”
o “sbagliato” in me. Tipo la rigidità
innaturale o la temperatura corporea
troppo bassa.
Nella
sua testa non c’è il solito turbinio confuso di
idee incoerenti. Vuole solo un
mio bacio. E’ focalizzata unicamente su questo.
Così
le lascio fare, fermo come una statua. Dapprima mi sfiora appena le
labbra
granitiche. Non le apre, le tocca anche con le punta delle
dita.
Poi, non
ricevendo nessuna reazione da parte mia, si allontana e mi fissa negli
occhi
con un sopracciglio alzato. Io chiudo i miei e sospiro.
-
Ok. Sei fidanzato, vero? - mi chiede con una risata nervosa.
-
No.
-
Non ti piaccio per nulla allora.
-
E’ meglio se rientri a casa. - le consiglio.
Lei
incrocia le braccia con un broncio quasi infantile.
-Va
bene. Saremo solo compagni di classe. Ma smettila di essere
così gentile! Quasi
ti preferivo quando eri più sgarbato.
-
Ti ho solo dato un passaggio.
-
E ti sei lasciato baciare. Eh … ah si, ti sei preoccupato
per la mia salute.
Solo pochi giorni fa non l’avrei creduto possibile. Quindi
qualcosa dentro di
te deve essere cambiata.
E’
molto perspicace, su questo nessun dubbio. Ma non abbastanza da
ritenermi
troppo “diverso” o in qualche modo “poco
raccomandabile”.
Del resto non ho
fatto nulla per apparirle così. Per lei sono solo un
“depresso taciturno
disinteressato”. Sono
questi gli aggettivi che mi affibbia più spesso.
- Perché
ti interesso se ti do sui nervi? - mi scappa di chiederle,
stuzzicandola.
- Perché
… - bofonchia - … perché sei
… sei così! - guardandomi dalla testa ai piedi -
E
perché sei l’unico ragazzo della scuola a non
somigliare a un altro.
E anche l’unico
a risultare così figo pur avendo un’aria da
zombie, credo. Sono abbastanza come
motivi?
-
Abbastanza insoliti. Comunque insisto: dovresti metterti al riparo
adesso. -
ripeto, girando la chiave per accendere il motore.
Lyla
si sfrega le mani sulle braccia e guarda a terra.
-
Perché non entri? Non c’è nessuno in
casa.
Ancora?
Io e una ragazza che muore dalla voglia di saltarmi addosso soli, nella
sua
casa? Non è proprio saggio. Ma sento che devo trovare un
modo per sbloccare questa
situazione. La sua ossessione per me deve essere annullata, anche in
modo
brusco, se serve. Non mi va che continui a sperare inutilmente.
- Perdonami
se ti sembro troppo sfacciata: deve essere colpa dei miei ormoni da
diciottenne! - ironizza Lyla di fronte la mia titubanza.
-
Penserai che i miei invece siano congelati, immagino.
-
Allora hai un po’ di senso dell’umorismo! Ho idea
che tu abbia solo bisogno di …
scioglierti. - prosegue, togliendosi la sciarpa bianca - Quindi
… ci hai
ripensato? O
vai via?
Qualcosa
nel suo modo di chiedermelo, tra il seducente e l’implorante,
mentre piega la
sciarpa dentro un tasca della giacca, mi fa scattare dal sedile della
moto.
E prendere
il suo viso tra le mie mani gelide subito dopo. Lei, col fiato sospeso,
ha le
gote in fiamme come non le ha mai avute, rosse quasi quanto il suo
maglione. Non
pensa nulla. Anche io ci provo.
Voglio cacciare via dalla mia mente tutti i
baci con Bella, prima di donare per la prima volta le mie labbra a
un’altra
umana.
E’
una cosa rischiosa, ma non impossibile. Non ci sarà
passione, né desiderio, da
parte mia. Servirà solo per provare a convincerla di
lasciarmi stare.
Con
l’apatia che mi accompagna in ogni mio gesto ormai da oltre
quattro anni,
incontro la sua bocca morbida e stavolta è lei a restare
ferma.
Ha paura che
possa irrigidirmi di nuovo. Non le do un vero bacio, un bacio profondo,
ma mi
sento nuovamente strano, tra il colpevole e l’appagato.
E’
così … così
… strano,
pensa la
ragazza assaporandomi.
Spinta
dalla curiosità e dalla voglia di
“sciogliermi”, si fa più audace e infila
la
mano destra sotto il mio giubbotto nero. Le sue dita sottili tentano di
annullare ogni ostacolo tra la sue pelle e la mia, cercando di
infilarsi anche
sotto il mio maglione.
- Sei
così gelido.- sussurra contro la mia bocca quando mi sfiora
la schiena.
-
Cos’altro?
- Stai
cercando di dirmi o dimostrarmi qualcosa, lo sento … Ma non
capisco cosa. E’
solo per questo che mi hai baciata!
Offesa,
comincia ad indietreggiare e arriva sotto la piccola tettoia della
porta d’ingresso
di casa sua. Io, a mia volta, faccio dei passi in avanti per mantenere
una
breve distanza tra noi. Senza smettere di guardarmi con un misto di
emozioni -
curiosità, rabbia, paura - estrae un mazzo di chiavi dalla
tasca esterna più
piccola della borsa. Ne prende la più lunga e, senza
voltarsi verso la porta,
la gira nella serratura per aprirla.
-Vattene.
- scandisce come un ordine.
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Capitolo 12 *** Capitolo undicesimo: Bugiardo ***
CAPITOLO
UNDICESIMO: BUGIARDO
-
Edward,
vorrei parlarti.
E’
Carlisle ed è notte. Siamo entrambi nel suo studio, nella
grande villa in cui
la mia famiglia vive tutta insieme. Lui sta leggendo un libro, io
sistemo
secondo un altro criterio la disposizione di grossi volumi sugli
scaffali. Sono
in piedi e di spalle, davanti alla scrivania dietro cui è
seduto mio padre.
-
So che sai cosa voglio dirti, ma parliamone. Puoi anche restare
lì a fare
quello che stai facendo.
-
Dimmi pure.
-
Alice ci ha detto di averti visto … molto vicino a una
ragazza. Un’umana, una
tua compagna di classe. Sarei felice se anche tu riuscissi ad esserlo
di nuovo,
almeno un po’, grazie a lei. Però …
-
Non ucciderò anche lei. - dico subito chiudendo gli occhi
per cercare di
cancellare dalla mia immaginazione quell’opzione. - Non
arriverò mai così
lontano da correre questo rischio.
-
Dunque … non vi frequentate?
-
Dopo quel bacio non ci siamo quasi parlati. Ci vediamo solo a scuola.
-
Se non provi nulla per lei, hai fatto bene. Altrimenti, ecco
… non vorrei ti
privassi di una seconda possibilità. Capisco che dopo quello
che è successo tu
abbia paura, ma … Se dovesse esserci anche solo
un’opportunità per te di
riprenderti, uscire da questa specie di limbo … io ti sarei
grato se tu la
cogliessi.
-
Carlisle, non è proprio il caso. Sei fuori strada. Non
potrò più essere quello
che ero prima di …
-
Capito. Nessun consiglio paterno. Volevo solo chiarirti la mia
posizione.
Ringraziandolo
con un cenno del capo, esco dalla stanza per uscire poi anche dalla
casa. Ho voglia
di stare da solo.
- Sicuro
di non volere venire con noi? A me pare che tu ne abbia proprio bisogno
… - mi
dice Emmett, fermandomi sulle scale che portano al piano terra.
-
Già, da quanto tempo non ti nutri? - gli fa eco Jasper.
-
No, andate pure, tranquilli.
-
Come preferisci: più prede per noi!
Ridendo
a quell’ultima battuta di Emmett, scendo il resto dei
gradini. In salotto ci
sono Esme, Alice e Rosalie. Mia madre attira la mia attenzione con lo
sguardo.
Vorrei
che
passassi da noi più spesso.
Cerco
di fare una faccia che la convinca che non sto troppo male. Alice e
Rosalie
guardano alla tv un vecchio film. La prima si alza dal divano per
salutarmi
prima che vada, mentre l’altra si limita a farlo con gli
occhi.
- Avevo
visto stamattina che saresti venuto. - mi dice Alice abbracciandomi.
Ricambio
il gesto d’affetto accarezzandole i capelli bruni.
- Possiamo
andare a cacciare insieme la prossima volta. - le prometto - Adesso non
mi va.
Vado. A presto. - proseguo, guardando tutte.
Poi
esco. Sulla mia vecchia Volvo s6or guido a velocità
misurata, con la radio come
sottofondo. In altre cento notti come questa sono già stato
tentato di
accelerare al massimo e lanciarmi da un ripido dirupo.
Non
ho voglia di cacciare, posso anche resistere ancora un paio di giorni.
Vagando
senza meta, mi ritrovo a riflettere su quanto ho detto a Carlisle.
Non
è vero che non provo nulla per Lyla. Non sono innamorato,
questo è certo, ma
non mi è del tutto indifferente. Riesco ad ammetterlo a
fatica solo a me stesso,
perché mi sembra troppo strano. Amo ancora la mia povera
Bella e non credo
riuscirò mai a smettere di amarla. Però con Lyla
sto rivivendo, seppur in modo
diverso, delle cose che agli inizi ho provato anche per la mia
metà perduta. Attrazione,
curiosità, voglia di calore umano.
Cose che ben presto si sono trasformate in
qualcosa di profondo: amore e devozione. So che non capiterà
lo stesso con
quest’altra ragazza mortale.
Ma
provare un’attrazione meramente fisica, forse si. Non lo
avrei mai creduto
possibile perché per me sentimenti e sessualità
vanno sempre di pari passo.
E
Lyla è attenta, sente che l’attrazione
è reciproca.
Per
quanto ancora potrò continuare ad ignorare quello che sento?
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Capitolo 13 *** Capitolo dodicesimo: Muro di vetro ***
CAPITOLO
DODICESIMO: MURO DI
VETRO
Il
primo trimestre scolastico sta per
chiudere e io sono il peggiore della classe. Non
mi curo dei richiami degli
insegnanti e di alcune altre compagne che si offrono di aiutarmi. Non
parlo
quasi più con Lyla, che, al contrario di me, è
molto presa dallo studio ed ha
voti ottimi.
Ha deciso di comportarsi con discrezione
verso di me: è rimasta abbastanza disorientata da quel primo
ed unico bacio che
le ho dato qualche settimana prima. Finge di non essere più
interessata a me,
ma non ha smesso di pensare al momento in cui le nostre labbra si sono
toccate.
E mi fissa sempre con inconfondibile desiderio. Io mi sforzo di essere
altrettanto distaccato, ma non riesco a guardarla come tutte le altre.
C’è
tensione quando siamo vicini.
Abbiamo creato un muro tra di noi, ma è
un muro di vetro. Avrei fatto meglio ad alzarlo
di
cemento. Così ci vediamo, sembriamo vicini e invece siamo
lontani.
Si deve
porre una distanza netta e definitiva.
Se dovessi frequentarla più spesso,
restare da solo con lei, anche solo parlarle di più
… potremmo finire col
portare il nostro rapporto ad un altro livello, più
rischioso. Cosa che non
posso permettermi. Perché è contro natura un
rapporto tra umana e vampiro … e
nessuno può saperlo meglio di me.
Non voglio più essere un assassino. Se
ho ucciso Bella, l’unica donna che abbia mai amato, che era
diventata la mia
ragione di vita, vuol dire che sono un vero mostro, senza
possibilità di
redenzione. Quello che sono sempre stato dopo la trasformazione,
incapace di
incanalare i suoi istinti letali e sacrificare la sua sete di sangue
perfino
per la cosa più preziosa che aveva. Quindi non sarebbe
affatto improbabile
uccidere anche Lyla. Fare una qualunque altra vittima, dopo
l’omicidio di
Bella, sarebbe un reato quasi insignificante per me. Sarebbe anche
mille volte
più facile “sbagliare”, perdere il
controllo con un’umana per la quale non
provo amore. Sarebbe solo un altro nome nella lista degli umani periti
tra le
mie zanne.
Ma sarebbe ingiusto, ne porterei il peso
di quell’ennesima vita spenta per causa mia. Nei miei anni da
neonato ho già
fatto troppe vittime e mi sono pentito, in seguito, di averle
provocate. Chi
sono io per decidere il destino degli umani? Non posso permettermi di
distruggere ancora una vita, impedire che qualcuno realizzi sogni o
raggiunga
obiettivi che si era prefissato da anni, buoni o cattivi che siano.
Io non sono esattamente il migliore
giudice per dire cosa è giusto e cosa non lo è.
Lyla, come tutti, ha tante idee,
progetti, speranze. Vorrebbe diventare insegnante di storia e andare a
vivere
da sola in una metropoli negli Stati Uniti, per esempio.
Ha già messo da parte alcuni soldi, per
essere più autonoma, lavorando l’estate passata.
Ha intenzione di lasciare Saint
John’S dopo il diploma. Dunque tra circa sei mesi la sua vita
potrebbe iniziare
a cambiare totalmente, prendere una svolta nuova, quella che desidera
da tempo.
Vedere città grandi come New York o Los Angeles.
E chissà cos’altro l’attende fuori da
quest’isola che inizia a starle stretta.
L’amore forse, nuovi e veri amici, una
famiglia tutta sua, poi dei nipoti, una vecchiaia serena …
Tutte cose che
avrebbe potuto avere anche Bella se non mi avesse incontrato o se non
avessi
lasciato maturare i nostri sentimenti. Avrebbe avuto
un’esistenza di sicuro più
lunga, felice e normale, se solo avessi avuto la forza di non ascoltare
il mio
cuore morto che tornava a battere. Avrei potuto lasciare Forks,
lasciarle
vivere la sua vita. Non mi avrebbe più trovato se fossi
andato all’altro capo
del mondo. Se avessi alzato un muro di cemento tra noi, prima di
sparire per
sempre. Adesso è quello che devo fare con Lyla.
Con Bella non ci sono riuscito, noi
insieme eravamo più forti di ogni altra cosa al mondo
… almeno sino a un certo
punto.
Sono stato maledetto dalla luce che
usciva dai suoi occhi. Stupidamente mi sono lasciato accecare.
Illuso di
poterla amare e basta … come se fossi umano
anch’io! I miei sentimenti lo erano,
lo sono. Ma
non io. E’ questa la mia condanna.
(nota:
La frase “Sono stato maledetto
dalla luce che usciva dai suoi occhi” è
la
traduzione di una citazione, il verso: “I
was damned by light coming out her eyes”, contenuto
nella canzone “Let me
sign”, uno dei pezzi della
colonna sonora del film “Twilight”
(2008), scritto e interpretato da Robert Pattinson. )
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Capitolo 14 *** Capitolo tredicesimo: Regalo ***
CAPITOLO
TREDICESIMO: REGALO
E’
l’ultimo giorno di scuola prima delle
vacanze natalizie. Sono seduto di fronte il preside nel suo ufficio.
E’ un uomo
sui cinquant’anni, calvo, alto, magro, pacato ed elegante.
- Essendo anche uno dei tuoi insegnanti,
sapevo bene che rischiavi seriamente la bocciatura. Però non
avrei immaginato
di doverti convocare per la tua condotta scorretta e di dirti quello
che sto
per dire. Mi è stato riferito che sei tu il responsabile dei
danni alla sala
computer. Non l’avrei mai detto, davvero. Purtroppo le
telecamere di
sorveglianza erano stranamente disattivate, dunque non
c’è la prova. Ma non
posso dubitare della testimonianza della migliore allieva
dell’intera scuola. A
questo punto, mi spiace, ma non posso più tollerare la tua
presenza nel nostro
istituto. Sei espulso Edward Cullen.
- Dispiace anche a me sig. Stowe. Non mi
resta che scusarmi e obbedirle. Ovviamente, prima di andare, le
darò i soldi
necessari alla riparazione dei danni da me causati.
- Certo. Puoi andare per adesso.
Rinnovando i saluti, esco ed aspetto di
vedere spuntare Emmett da dietro l’angolo.
E’ insieme a sua moglie. Per la gente di
Saint John’s non sono i coniugi Emmett e Rosalie Cullen,
chiaramente, ma due
fratelli, con un cognome inventato.
Alice e Jasper si fingono invece cugini.
- Come ci si sente ad essere espulsi per
la prima volta da scuola? - domanda sorridente mio fratello, quando mi
incontra
in corridoio.
- Avresti potuto trattenerti un po’ di più
… Faticava a credere che sono stato io.
- Si, forse mi sono un po’ lasciato
prendere la mano … Però è stato forte,
no? Se l’è bevuta alla fine!
- Anche per merito mio.
- Si, complimenti anche a te , Rosalie.
La tua testimonianza è stata davvero convincente.
- Ti abbiamo fatto un bel regalo di
Natale. - prosegue mia sorella.
Naturalmente parliamo con un tono di
voce non udibile agli umani, ma sembra che un po’ tutti
quelli che ci
circondano non riescano a ritenermi l’artefice dei guasti ai
computer. Lyla è
tra i più increduli.
- Rossa in arrivo alle tue spalle a ore
dodici. - esclama Emmett, guardando qualche metro più avanti.
- Lo so … Vuole parlarmi.
- Scommetto che vorrà dirti quanto le
dispiace non poterti più vedere ogni giorno a scuola
…
- Andiamo, Emmett. - lo trascina
Rosalie, alzando gli occhi al cielo.
Io mi dirigo al mio armadietto per
svuotarlo. Una volta presi tutti i libri, lo chiudo e dietro lo
sportello c’è
il viso pieno di domande di Lyla. Stringe al petto un paio di quaderni
e, prima
di parlare, si morde il labbro.
- “Non ho bisogno di alcun tipo di
avvertimento, credimi.” , mi dicevi il mese scorso. - inizia,
tentando di
imitare la mia voce spenta e monocorde.
- Buon giorno anche a te ...
- Non mi pare tu tenga troppo alle buone
maniere ormai … Ma che ti è preso?
- Vuoi farmi la predica? Ho sbagliato e la
pagherò. Punto. Non devi … sentirti in alcun modo
responsabile.
- Questo non l’ho detto.
- Mi sembra che tu lo pensi però.
- Beh, comunque mi dispiace.
- Anche a me, si.
- Per tutto. Per
l’espulsione, per come non siamo riusciti ad avere un
rapporto sereno.
Per
non poterci vedere più … ,
prosegue in mente, con un velo di tristezza.
- Non dispiacerti troppo. Non si può mica
andare d’accordo con tutti.
- No, lo so. Lo so bene. E’ che … di tutti
tu mi sembravi quello più adatto a me.
- Non solo come amico intendi, è chiaro.
Ma ti sbagliavi. Tanto.
- Già. E sai cos’altro c’è?
C’è che ora
te ne andrai e mi lascerai con mille dubbi.
- Non sei l’unica, sai? - dico,
guardandomi attorno, mentre sento tutte le altre voci.
Lyla non ha nemmeno il tempo di
chiedermi “cosa?” che mi allontano lasciandola con
la bocca spalancata. Certo
che non sarà l’unica. Per un po’ di
tempo a scuola anche altri si
scervelleranno ancora per cercare di capire cosa ci fosse di strano in
me.
E si domanderanno anche come un allievo
in apparenza così per bene - seppur non socievole e
simpatico - possa essere
stato in grado di farsi espellere.
Ma sarò anche io a farmi delle domande,
ora che me ne andrò. Non è stata esattamente mia
la scelta di farmi cacciare
dalla scuola. Si potrebbe dire che è stata
un’iniziativa di Emmett. Qualche
giorno fa gli ho detto che la scuola stava diventando un incubo e forse
era
meglio darci un taglio. Così ha pensato di
“regalarmi un po’ di adrenalina” -
parole sue - con una bella sospensione, invece del solito
trasferimento. Adesso
è curioso di scoprire se proverò a vedere
comunque Lyla fuori da scuola, dal
momento che so dove abita. E’ convinto che voglia avere una
storia con lei e in
un certo senso mi sta mettendo alla prova …
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Capitolo 15 *** Capitolo quattordicesimo: Possibilità ***
CAPITOLO
QUATTORDICESIMO:
POSSIBILITA’
Adesso
che non frequento più la “Saint
John’S High School”le mie giornate
sono ancora più vuote e silenziose. Non voglio iscrivermi in
nessun’altra
scuola al momento. Stare in mezzo agli umani non è stata una
buona idea. La
conoscenza di quella ragazza è stata solo una piccola
parentesi. Com’era ovvio
dovesse essere. Ogni mio
“rapporto” con gli umani -
eccetto quello con la mia amata - è sempre stato
insignificante e temporaneo.
Non potrei stringere, anche volendolo, neppure delle amicizie troppo
strette o
durature coi mortali: prima o poi si accorgerebbero di essere i soli ad
invecchiare tra me e loro, ad esempio.
Certo, capita che io resti colpito da
loro o viceversa, ma poi si dimentica e si viene dimenticati. Io
scorderò Lyla
e lei scorderà me.
Io continuerò a trascinare le mie membra immortali
nell’eterna
dannazione per la mie inespiabile ed inestinguibile colpa, mentre lei
affronterà tutto ciò che le riserva il destino e
perderà presto ogni ricordo
legato a me.
E non ha importanza se non potrò mai
sapere come avrebbe potuto essere una relazione con lei. Sarebbe andata
male. Perché
essere curioso di qualcosa che già si conosce? Avrei potuto
ucciderla, oppure
no, ma in ogni caso sarebbe stata un’altra storia
impossibile. Quindi meglio
così. Basta scuola, basta umane con pensieri eccitati, basta
tentazioni. Anche Emmett si stancherà
di chiedersi,
tra non troppo ( spero), che coppia avremmo potuto essere io e Lyla. Al
momento,
è il 20 Dicembre e lui se lo domanda ancora.
Ma tanto tra pochi giorni partirà con
gli altri e la sua assenza mi darà un po’ di
tregua. E quando tornerà
probabilmente non ci penserà già più.
Emmett è un tipo che si stanca piuttosto
presto delle cose: non a caso, in famiglia, è quello che ha
cambiato più spesso
corso di studi e che non è mai riuscito a laurearsi, finora.
Per questo Natale, Esme ha prenotato un
viaggio in Islanda. Sono parecchi decenni che non ci andiamo, ma io ho
deciso
di restare qui.
- Vuoi darmi una mano con la valigia? - mi
ha chiesto ieri, affacciandosi in salotto, dov’ero seduto con
Alice e Jasper ad
oziare davanti la tv.
- Certo. - le ho sorriso alzandomi.
Come mi avevano anticipato i suoi
pensieri, la valigia era solo un pretesto per restare soli a parlare.
- C’è qualcosa o qualcuno che ti
trattiene qui o non ti piace l’Islanda? - ha iniziato,
guardandomi con la coda
dell’occhio, mentre apriva una cerniera.
- Nessuna delle due. Voglio solo restare
solo.
- Non lo sei già stato abbastanza negli
ultimi quattro anni? Ho come l’impressione che tu non ti
trovi più bene con
noi. - ha proseguito fermandosi a fissare il nulla.
- Mamma … A me piace stare con voi, lo
sai. Ma … non è più come prima.
Preferisco stare per conto mio. Voi non fate
nulla di sbagliato.
Il suo modo di guardarmi e mostrarsi
così preoccupata, proprio come una qualunque madre umana,
spesso mi faceva quasi
dimenticare che fosse una vampira.
I suoi occhi così dolci, il suo essere così
premurosa … lo merito davvero tutto il suo amore? Lei
è convinta di si. E pensa persino
che meriti ancora un altro tipo di amore.
- Come preferisci. Io ci ho riprovato a farti
cambiare idea. E c’è anche qualcos’altro
che vorrei dirti. Tu ovviamente lo sai
…
Ovviamente. Ma l’ho lasciata parlare.
- Staremo via sino a Capodanno … Quando
torneremo quindi sarà l’anno nuovo. Ecco,
vorrei tanto che per te fosse davvero
un nuovo anno. Promettimi che
questo che sta finendo sarà l’ultimo
così buio per te. Metticela tutta affinché
sia così.
Era come chiedermi di mettermi a
dormire. Impossibile.
- Ho smesso di fare promesse dal momento
in cui ho infranto la più importante di tutte. - ho risposto
con amarezza,
ripetendo in mente le parole del discorso fatto alla mia sposa il
giorno del
matrimonio.
Senza aggiungere altro, ho terminato di
piegare un paio di camicie, le ho messe in valigia e poi, dopo essermi
lasciato
abbracciare da mia madre, sono uscito dalla stanza.
Sembra che tutti vogliano rivedermi
felice, al fianco di qualcuna. E che non mi ritengano poi
così mostruoso per
non meritarlo. I miei genitori ed Emmett, soprattutto. Ma potrei
meritarlo veramente?
Nella mia condizione non riesco a vedere questa possibilità.
… O forse non voglio vederla?
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Capitolo 16 *** Capitolo quindicesimo: Vertigini ***
Questo
capitolo, sin dalle prime bozze
cartacee, era già presente e centrale. Qui però
ci sono alcune modifiche.
CAPITOLO
QUINDICESIMO: VERTIGINI
24
dicembre
2010.
La
mia famiglia in questo momento sta volando sopra l’Oceano
Atlantico. Io
sono uscito da casa per andare a cacciare. Sarà una giornata
straordinariamente
assolata e mite. La passerò fuori, lontano dalla
città, qui, tra i boschi. Esme
ogni anno vorrebbe che trascorressimo il Natale con lo stesso spirito
festoso
di chiunque altro. L’aspetto religioso conta solo per lei e
Carlisle, gli unici
che , nonostante la loro natura, riescono ad avere fede. Io e i miei
fratelli l’accontentiamo
sempre scambiandoci dei regali. Questo non è il primo Natale
che passiamo
separati, ma è uno dei pochi in cui resto totalmente
solo.
Non bevo sangue da
oltre dieci giorni, i miei occhi sono a poche sfumature dal nero. Ogni
volta
che il vento mi porta un odore invitante, il mio corpo scatta
automaticamente
nella direzione da cui esso proviene. Sento i muscoli tesi, la gola
inizia a
bruciare. Il sole sorgerà tra meno di un’ora. I
colori del bosco si fanno
sempre più vivi. C’è una brezza leggera
che increspa lievemente l’acqua di un
piccolo ruscello.
A
un tratto avverto un fastidio ancora più pungente alla gola.
Dev’esserci
qualche animale ferito nelle vicinanze. Anche se … No. Non
è sangue animale che
sento. Nell’istante in cui realizzo di non essere solo, un
improvviso senso di
panico mi assale. Sta venendo verso di me e non so che fare. Conosco
bene la
voce che sento. E’ terrorizzata e confusa, sta scappando da
qualcuno ed ansima.
Riesce comunque a spostarsi agilmente tra rocce ed arbusti
più o meno alti …
Beh, per lo meno, pur inciampando, sa come cadere senza finire con la
faccia
contro il terreno.
Resto
immobile con la schiena poggiata a un tronco ricoperto di muschio e
cerco di
capire. Nella sua testa, altre voci, facce senza connotati, immagini
veloci,
lei che fugge, coetanei insieme a lei che bevono, una strada buia
…
Poi
la vedo: esausta e a corto d’ossigeno, giunge a pochi metri
da me. Ne vedo il
profilo sinistro. Si piega in avanti mettendo le mani sulle cosce. Ha
una gonna
grigia lunga sino al ginocchio e delle calze pesanti - e strappate
-sotto.
Sopra un maglione viola. I capelli, sciolti e in disordine, le coprono
tutto il
viso.
Quel rosso rame risalta nel predominante verde del bosco. Ma
è un altro
tipo di rosso che cattura i miei occhi.
Quello
vivo ed acceso del rivolo di sangue che scorre da un taglio sulla gamba
sinistra. Poi si abbandona di getto all’indietro, stendendosi
sulla schiena e
portando le mani al petto. Sta cercando di riportare al livello normale
la
frequenza cardiaca, concentrandosi sul proprio respiro. Non
è soddisfatta del
risultato e rimpiange di non aver mai imparato come farlo ad un corso
di yoga,
frequentato qualche tempo fa. Inizia a rimpiangere anche altre
cose.
Ha paura.
Paura di … morire!
Mi
rendo conto che è una che si lascia prendere troppo dal
panico. E la cosa mi
sorprende: la credevo più tenace. Non è affatto
in pericolo di vita.
La ferita
non è così grave … e io non sono
eccessivamente affamato né tentato dal suo
sangue.
Potrebbe
benissimo rialzarsi ed andarsene per come è arrivata,
chissà per quale motivo.
Ma non me la sento di lasciarla sola qui in mezzo. Solo a pensarci, mi
viene da
ridere: un vampiro, che era in procinto di cacciare, si ritrova a
“salvare” un’indifesa
ragazza che si è persa nel bosco. Però devo
farlo. Sembra abbia anche molto
sonno e sia totalmente priva di forze per fare anche solo un passo ora.
Ha
corso tanto. Ha dei violenti capogiri: vedere le chiome degli alberi
che
danzano, dal basso, come le vede lei, fa quasi sentire frastornato
anche me. Per
liberare la mente, chiude gli occhi e finalmente ci riesce. Si calma un
po’.
Pare
che dorma adesso. So dove abita: forse potrei riportarla a casa senza
che nemmeno
se ne renda conto. Faccio il primo passo verso di lei, muovendomi in
modo impercettibile.
Con un unico, fluido e rapidissimo spostamento la raggiungo.
Non
ha un bell’aspetto: è molto pallida ed ha le
occhiaie. I capelli un po’ bagnati
dal sudore e sporchi di terra. Ma la trovo comunque affascinante.
Fa
un basso lamento con la gola e si rannicchia di lato. Torno a guardare
la
ferita: il sangue uscito si è quasi addensato e il taglio si
è un po’ infettato.
Guardo l’acqua del ruscello mentre mi strappo un lembo della
camicia e poi vado
a bagnarlo. Torno dalla ragazza e, chinandomi sulla sua gamba, mi
accingo a
fasciarla. Nello stesso istante riapre gli occhi di scatto. Ma ancora
non mi ha
visto, dovrebbe voltare la testa o stendersi sulla schiena per
accorgersi della
mia presenza.
- Maledizione
… - borbotta con una voce roca, rimettendosi a pancia in su.
Ecco,
l’ha fatto: adesso mi vedrà. Non appena
metterà a fuoco bene …
- Oh,
perfetto … - dice con tono ironico, quando incrocia i miei
occhi.
- Come
ti senti? - le chiedo, cercando di non spaventarla.
- E
tu che diavolo ci fai qui? - risponde, aggrottando le sopracciglia e
puntellandosi sui gomiti.
- Che
ci fai tu qui? Che cosa
è successo? Ne
ho una vaga idea, ma mi sfugge qualcosa…
- Perché
mi sembri … così irreale?
- E’
la circostanza in cui casualmente ci siamo ritrovati a darti questa
impressione.
- provo a convincerla.
Nella
sua mente vedo come mi vede: una figura bianchissima, resa ancora
più eterea
dalla camicia del medesimo colore, con due occhi scuri come la notte
che si
stagliano su un volto di pietra. Pensa che somigli a un angelo
… merito dell’ “aura”
che mi circonda, creata dal sole nascente alle mie spalle.
- Sei
talmente bello Cullen … - sussurra, prima di crollarmi
addosso, finendo con la
testa sulla mia coscia destra.
Ho
le gambe incrociate e la schiena dritta. D’istinto mi viene
di accarezzarle i
capelli, così sto per qualche secondo a passarci in mezzo le
dita.
- Lo
sei anche tu. - ammetto, sicuro di non essere sentito.
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Capitolo 17 *** Capitolo sedicesimo: Brividi e carezze ***
CAPITOLO
SEDICESIMO: BRIVIDI E
CAREZZE
-
Ohi! - esclama Lyla rialzandosi,
mentre le stavo ancora accarezzando la testa - Che male! -
strofinandosi il
palmo di una mano sulla guancia con cui era piombata sulla mia coscia.
- Scusami. - dico con un mezzo sorriso,
portando le mani ai fianchi.
- Sei ancora qui? - gracchia confusa,
poggiando la testa sulla mia spalla.
- Sei in uno stato pietoso. - rido.
Proprio
lui doveva vedermi così?
-
Mi spieghi cosa è successo?
- Mmm … non mi va di parlare. Restiamo
qui abbracciati ad aspettare che sia l’alba. - sbadiglia,
stringendosi al mio
braccio.
- Non posso restare.
- Perché?
- Devo andare. E anche tu.
- No, ti prego. Ancora qualche minuto.
- Ma ti sei scordata dove siamo? … Lyla?
Dovresti essere a casa. E’ la vigilia. Non dovresti passarla
con i tuoi?
Non ricevendo risposte, mi riavvicino
alla ferita per fasciarla. Ritrae la gamba quando sente il freddo delle
mie
dita e del pezzo di camicia bagnata.
- Cosa fai?
- Sei ferita. Se proprio non ti decidi a
volertene subito tornare a casa, almeno lascia che la copra, o si
infetterà
ancora di più. - rispondo, mentre, in ginocchio davanti a
lei, le passo attorno
alla gamba il lembo della camicia.
Intanto Lyla sembra tornare un po’ più
lucida e mi fissa con circospezione.
- Lo sapevo. Lo sapevo che non posso
esagerare con l’alcool …
Io scoppio a ridere e scuoto il capo. In
effetti mi era parso di sentirle un po’ d’odore di
alcool addosso! Questo
spiega tante cose. Crede di avere un’allucinazione per la
sbronza.
- Ecco, infatti: il vero Edward non
riderebbe mai così!
- Perché lo hai fatto? Bere tanto,
voglio dire.
- Tanto?! Ho bevuto meno di tutti! E’
che proprio non lo reggo. Per una volta ho voluto passare una serata
diversa e questo
è il risultato: mi ritrovo in un
bosco con te che ridi mentre mi fasci una ferita …
- Da chi scappavi?
- Non lo so … Era buio. Non ci ho capito
più niente. Stavo tornando a casa sola, a piedi e
… non so come sono finita
qui. Forse per scappare da qualcuno, appunto. Ma
tu come lo sai che ero inseguita?
Si, è decisamente più vigile ora.
- Non eri tu … vero?
- Certo che no. Fortuna che sei salva
comunque. Chiunque fosse non ti sta più seguendo.
- E come fai a dirlo?
- Fidati. Sarà stato solo qualcuno che
voleva approfittare del tuo … annebbiamento, ma che poi ci
ha rinunciato quando
sei entrata nel bosco per depistarlo.
E in ogni caso … io ora sono qui.
- Credo di non aver mai avuto tanta
paura prima d’ora. - confessa, cercando rifugio tra le mie
braccia.
- Ci sono qui io ora. - ribadisco,
accarezzandole le spalle.
- Già. Finché non passerà la sbronza,
suppongo. L’Edward Cullen che conosco non avrebbe mai fatto
nemmeno questo. -
dice con tono rassegnato, sbadigliando di nuovo.
I suoi pensieri però sono colmi di gioia
e gratitudine. “L’Edward
Cullen che
conosco”! L’Edward che ha conosciuto a
scuola , in quei pochi mesi, era fin
troppo silenzioso, solitario e depresso per essere davvero
lui. E quello di adesso com’è? Meno depresso, a
giudicare
dal senso di beatitudine che prova stando abbracciato a questa ragazza
malconcia e mezza ubriaca, a terra, in mezzo a un bosco.
Mi piace stare così. Ma … forse è il
caso di spostarsi all’ombra. Il sole, sorto da qualche
minuto, potrebbe
iniziare a rivelarmi. Mi alzo, tenendola in braccio, e mi allontano ai
piedi di
un albero più alto e più ampio. Mi risiedo per
terra, con lei sulle gambe, e
restiamo immobili per un po’. Finché …
Lyla non inizia a tremare.
- Stai bene? - chiedo, portandole una
ciocca di capelli dietro l’orecchio, per vederla meglio in
viso.
- Ho un po’ freddo. - risponde,
stringendosi ancora più forte a me.
- Sei all’aperto da parecchie ore. Non
vorrei, ma dobbiamo alzarci e tornare a casa.
- Non vorresti? - ripete sbalordita,
accarezzandomi il petto.
- No, Lyla. No. Però è la vigilia di
Natale. Non è il massimo dover passare le feste a letto con
la febbre, ti pare?
Su, andiamo.
- Aspetta! - dice schiarendo la voce.
Oh no. Si è accorta che il mio petto …
è
muto. Oltre che freddo, come il resto del mio corpo, in modo innaturale.
- Edward … ? - sussurra, con l’orecchio
poggiato dove si aspetta di sentire il battito.
- Lyla, andiamo via di qui. - dico nel
modo più convincente possibile. - Ti prego, hai bisogno di
tornare a casa. Non
hai con te il cellulare?
- Credo di averlo perso … - risponde,
tastandosi le tasche della gonna. - Insieme alla borsa. Insieme
alla borsa! Cavolo! Cellulare, documenti e … e
soldi e … -
prosegue drizzando la schiena e passandosi una mano sulla faccia.
- Stai tranquilla. Facciamo così. Adesso
ti riporto a casa, così ti riposi e fai stare tranquilli
anche i tuoi. Io nel
frattempo cerco la tua borsa.
- Ma che dirò ai miei? Non appena mi
vedranno conciata così … E poi … tu,
tu come la trovi la borsa? - chiede confusa,
alzandosi e camminando nervosamente avanti e indietro.
- Tu non preoccuparti di questo. Non può
essere troppo lontana.
Adesso che sono stato così tanto abbracciato
a lei, sono in grado di memorizzare il suo odore. Mi basterà
seguire il
percorso che ha fatto prima di arrivare qui e molto probabilmente
incrocerò quello
che ha perso.
- Si, ma … - sbuffa guardandosi i
vestiti. - Non posso dire la verità a casa. E nemmeno
presentarmi con te. Mio
dio, che disastro!
Così dicendo perde l’equilibrio, ma
prima che cada la sorreggo.
-Tu poi devi ancora spiegarmi perché sei
qui! - mi ricorda con un tono improvvisamente severo, puntandomi un
dito
contro.
Sta cominciando a mettere insieme tutte
le cose strane che ha notato in me: la pelle freddissima, gli occhi
più scuri,
il battito in apparenza inesistente …
Ma non è neppure lontanamente vicina a
una spiegazione che possa portarla a scoprire la verità.
Crede solo che io sia
molto strano e, al momento, è comunque troppo piena
d’altre preoccupazioni.
Suppongo che se mai dovesse riuscire a capire cosa sono in
realtà, come minimo,
perderebbe conoscenza. Mi sembra piuttosto vulnerabile adesso.
Non lo reggerebbe un colpo simile.
- Ah, comunque … grazie. - aggiunge Lyla,
guardandosi la gamba.
- Di nulla. Avanti, ora andiamo. - dico,
riprendendola in braccio.
- Credo di sapere camminare.
Ti
prego, non mettermi giù!
, la contraddicono subito i suoi pensieri.
Sorrido senza ascoltarla e lei ride con
me. Sto attento a camminare sempre sotto l’ombra degli alberi
e la Lyla lo
nota.
Non
mi dispiacerebbe stare un po’ sotto il sole …
So
che sente freddo, anche per causa
mia, ma non posso mostrarmi alla luce. Lo noterebbe e vorrebbe una
spiegazione.
E cosa dovrei dirle?
Lei vorrebbe il sole e io vorrei correre: se tornassimo in
fretta a casa sua, rischierei meno di avere addosso i raggi
più alti e più
caldi del sole, una volta usciti dal bosco, dove mi sarà
più difficile
ripararmi. Però non posso nemmeno mostrarle la mia
soprannaturale velocità.
Spero solo che si addormenti. Poi mi
viene un’idea …
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Capitolo 18 *** Capitolo diciassettesimo: Allo specchio ***
CAPITOLO
DICIASSETTESIMO: ALLO
SPECCHIO
-
Andare a casa tua?
-
Si … Non è lontana, ci si può arrivare
anche tagliando dal bosco stesso. Ti dai
una ripulita, ti cambi e poi ti riporto a casa tua.
La
sua voce interiore è impazzita.
Ma
ci sta
provando?!
-
Mi cambio? Non ho nulla!
-
Penso a tutto io. - la tranquillizzo - Fatti pure un sonnellino durante
il
tragitto. - continuo, dandole un leggero bacio sulla guancia.
Lyla
sgrana gli occhi e arrossisce un po’.
Sta seriamente tentando di sedurmi con questa
voce rassicurante e tutte queste gentilezze!
- Ma
come mai sei così diverso? Ti fa bene non frequentare la
scuola …
-
Diverso … in che senso? - fingo di non capire.
-
Sei, boh … più … umano?
-
Più umano? - rido di nuovo - Ne sei certa?
In
effetti no …
-
Beh
… nei modi.
-
Non potevo lasciarti qui.
Mentre
lo dico ci guardiamo fisso negli occhi e lei resta con la bocca aperta
come se
non trovasse il modo di fare uscire le parole.
- Ho
un mal di testa pazzesco. - sbotta dopo un po’, facendo
scivolare la testa
sulla mia spalla.
-
Vuol dire che passerò anche da una farmacia.
Poco
dopo per fortuna si addormenta, quindi posso permettermi di farla
scaldare un
po’ al sole. In meno di venti minuti arriviamo a casa mia.
Quando si sveglia è
già direttamente stesa sul mio letto, più un
semplice arredo scenico, incluso
nell’appartamento quando l’ho acquistato. Appare
disorientata.
- No,
non sei nella tua stanza e non è stato tutto solo un sogno.
- le spiego,
chiarendo i suoi dubbi.
La
ragazza deglutisce forte e si guarda attorno. Io sono seduto ai piedi
del
letto.
- Puoi
usare il mio telefono per avvisare a casa che stai bene. Dì
che … sei rimasta a
dormire da un’amica.
-
Non sono mai rimasta a dormire da un’amica. Non ho mai fatto
questo genere di
cose con un’amica.
-
Beh, non c’è nulla di strano comunque, no? Di
solito voi lo fate spesso. Voi
ragazze. L’importante è che assicuri i tuoi
genitori di stare bene. Su tieni. -
ripeto, porgendole il mio telefonino.
-
Fortuna che i miei non sono super ansiosi. E che so dire abbastanza
bene le
bugie. Grazie. - si arrende sedendosi e prendendo il cellulare.
Mentre
fa la chiamata, vado in un’altra stanza, il bagno, per
cambiarmi i vestiti.
Poi
preparo i soldi necessari per comprare quello che serve a Lyla: dei
vestiti
puliti, un antidolorifico, un disinfettante e qualcosa da bere e
mangiare.
Quando mi guardo allo specchio i miei occhi mi fanno risentire la sete
da
troppo ignorata. Ma non posso cacciare adesso, non posso perdere altro
tempo:
Lyla deve tornare il prima possibile a casa.
-Tutto
a posto? - chiedo, rientrando nella mia stanza, anche se della
conversazione ho
sentito ogni singola parola, sua e di sua madre.
-
Si. Era un po’ preoccupata ovviamente, ma non a rischio
infarto. Si fida di me.
Ora
è più calma. Le ho detto che torno tra un
po’.
-
Bene. Ehm … puoi andare a farti una doccia, mentre io sono
fuori.
-
Dove vai? - chiede subito, alzandosi dal letto e afferrandomi le mani.
-
Hai dimenticato in che stato sei? - le ricordo, indicando uno specchio
sulla
parete opposta.
Lei
si sposta un po’ in avanti per riflettersi e si porta
entrambe le mani alla
bocca.
-
Faccio schifo! Dio, ti ho anche sporcato il letto!
-
Non importa. Qui c’è un asciugamano pulito, tieni.
- dico passandolo nelle sue
mani, dopo averlo preso da un cassetto.
-
Mi sento in imbarazzo, davvero. - confessa arrossendo -
Perché fai tutto
questo?
-
Lyla … perdonami se te lo dico, ma … non hai un
buon odore. - scherzo, per
convincerla ad andare sotto la doccia.
Lei
si annusa ed annuisce ancora più imbarazzata. Poi stringe
forte l’asciugamano e
con lo sguardo basso, senza dire una parola, si dirige in fretta in
bagno.
-Torno
presto. - dico dopo che ha sbattuto la porta.
Prima
di andare mi assicuro che stia davvero bene e non crolli o qualcosa di
simile.
E’
stranissimo che io ora non sia solo in questa casa. E mi sembra
stranissimo il
fatto che l’acqua che scorre in bagno non la stia usando io.
Ancor
più bizzarro, che di là ci sia un’umana
che mi ero ripromesso di non vedere
più, soltanto poche settimane fa. Non lo potevo immaginare,
neppure Alice lo
aveva previsto. Quindi … non oso immaginare
cos’altro potrebbe succedere.
Per
il momento forse sarà meglio non pensarci. Esco di casa
quando comincia a
spogliarsi davanti lo specchio.
Prima
di comprare ciò che le serve, torno nel bosco per cercare la
sua borsa. Come
ipotizzato, è facile trovarla: le è caduta,
probabilmente nella fretta
causatale dalla fuga e la paura, a pochi metri dall’ingresso
nel bosco. E’
sporca, ma aprendola noto con sollievo che documenti e portafogli ci
sono.
Basterà portarla in una lavanderia e sarà come
nuova. Il cellulare, invece, lo
trovo sfortunatamente dentro una pozzanghera. Provo comunque a farlo
funzionare, ma non c’è rimedio.
Così
mi avvio in città e raggiungo il centro. Preso tutto, torno
a casa: è trascorsa
in totale mezz’ora. Quando giro la chiave nella serratura
della porta
d’ingresso sento che Lyla è appena uscita dal
bagno. Ci incrociamo in
corridoio. E’
avvolta nell’asciugamano color crema ed è scalza
sul parquet di legno.
I
capelli bagnati tutti portati da un lato. Quando mi vede è
sorpresa ed agitata.
-
Ma cosa hai fatto? - esclama ridendo alla vista di tutti i sacchetti
che ho in
mano.
-
Stai meglio? - le chiedo subito, posandoli per terra e avvicinandomi a
lei.
-
Sto … sto bene. Solo un po’ …
frastornata.
-
Bene. Andiamo nella mia stanza: ti ho preso alcune cose.
-
“Alcune”? Sembra che tu abbia svaligiato un
negozio! Cos’è tutta questa roba?!
-
Solo quello che ti serve, non ti allarmare.
Lyla
mi guarda con un misto di emozioni - ammirazione, fascino, turbamento,
desiderio - e poi entra per prima nella stanza. Toglie il copriletto e
si siede
sul materasso. Ha il battito cardiaco accelerato. Si lecca il labbro
superiore,
mi guarda e poi mi fa cenno di accomodarmi vicino a lei.
E’
un esplicito invito sessuale. Lo capirei anche se non fossi in grado di
leggere
i pensieri altrui.
|
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Capitolo 19 *** Capitolo diciottesimo: Inafferrabile ***
CAPITOLO
DICIOTTESIMO:
INAFFERRABILE
L’ho
raggiunta sul letto. Lei, tremante,
si protende verso di me con in busto, mantenendo le mani sul grembo. Mi
da un
bacio sulle labbra e poi mi accarezza la nuca. Io resto fermo. Mi
sorride in
modo malizioso, divertita per aver capito che deve guidarmi. Le sue
mani
scendono verso le mie spalle e poi le braccia e si fermano quando
incontrano le
dita. Me le porta sui suoi fianchi mentre intreccia le gambe dietro la
mia
schiena. L’asciugamano, la sola cosa che cela la sua
nudità, inizia a
scivolarle. I nostri bacini ora si toccano. Lei torna a baciarmi con
più
insistenza e intensità, finché …
qualcosa in me fa interrompere la sua fantasia
mentale. Questa sequenza
così
dettagliatamente immaginata da Lyla mi turba.
Forse non è stata una buona idea
condurla a casa mia.
- Che ti prende? - chiede, battendo le
palpebre come se si è appena svegliata da un sogno.
E’ stata una pessima idea.
- Non stai bene tu ora? - continua, un
po’ spiazzata dal mio atteggiamento.
Nella sua mente ora c’è un ragazzo
immobile che non batte ciglio e trattiene il respiro. Ciò
che ha davvero davanti. Lyla si
attorciglia i
capelli tra le dita e torna a guardare le buste che ho posato per
terra, sulla
soglia, dove sono ancora anch’io.
- Cosa mi hai preso? - chiede la
ragazza, senza troppo interesse.
Bene. Cambiamo argomento. Ricordo che
non le ho disinfettato la ferita, così mi siedo accanto a
lei per farlo.
- Stendi la gamba. - le dico, uscendo
dal sacchetto più piccolo l’acqua ossigenata.
Lei obbedisce e mi fissa. Non più con
ammirazione, anche se mi è riconoscente: mi scruta come per
spiegarsi qualcosa
che le sfugge.
- Ci penso io. Tu intanto prendi questo.
E’ per il mal di testa.
- Grazie. - dice senza staccarmi gli
occhi di dosso, prima di inghiottire la compressa.
Sono
stanca di dire tutti questi “grazie”
…
- Brucia? - chiedo, prima di fasciarle
la ferita.
- Sopportabile. E’ qualcos’altro che non
riesco più a sopportare.
- Che vuoi dire?
- Non capire chi sei davvero. Sembri un
altro rispetto a quando ci vedevamo a scuola.
- A scuola non ti è mai capitato di
trovarti in pericolo di vita … - la prendo in giro,
ricordando la sua iniziale
paura di morire nel bosco, prima che la soccorressi.
- Doveva succedere tutto questo allora
per mostrarti per quello che sei realmente? - esclama aggrottando la
fronte.
- Tu non pensi di conoscermi nemmeno ora,
veramente.
- Si, è così. Ma ora siamo qui.
Quasi non crede alle sue stesse parole.
- Già. - sussurro guardando il materasso
per distrarmi dai suoi pensieri.
Sento comunque il suo sguardo addosso,
sento la tensione salire. Sento l’invitante calore emanato
dal suo corpo umido
e profumato. E’ sempre più insostenibile.
Ma non posso evitare di pensare cosa è
successo l’ultima volta che mi trovavo a dividere con una
ragazza lo stesso
letto. Per un attimo chiudo gli occhi e rivedo quelle maledette macchie
rosse.
Lyla percepisce il mio mutamento d’umore.
- Mi sbagliavo. Io sono qui. -
dice delusa.
Ha capito che con la mente sono altrove.
Però non può comprendere il motivo della mia
improvvisa, profonda tristezza.
Pensa che non ha mai visto nessuno con un’espressione come la
mia ora. Comincia
a sentirsi fuori luogo. Non sa come comportarsi e l’idea di
non aver ancora
capito che tipo sono le fa quasi paura.
Mi vede “sbagliato” finalmente, troppo
lontano e diverso da lei: il mio dolore è un enigma
inquietante per lei. Si
sente superficiale e comincia a trovare inutile continuare a sperare di
avere
un rapporto con me.
- Io … io non so che ci faccio ancora
qui. Mi sento ridicola. Chissà che mi credevo. Mi stai solo
mettendo a disagio
comportandoti così. Magari sei … sei uno
psicopatico, che ne so?! - si ferma,
notando il mio disappunto.
- Lyla, calmati. Stai farneticando. Non
ti lasciare prendere di nuovo dal panico. - cerco di tranquillizzarla -
Ti do
il resto delle cose e ti riporto subito a casa, ok?
Lyla annuisce, ma non è convinta.
- Prendili come dei regali di Natale. Su
aprili. - proseguo, mettendo sul letto il resto dei sacchetti.
Con le labbra serrate, segno che non
gradisce, li prende e si dirige in bagno quando capisce che la maggior
parte di
questi contiene capi d’abbigliamento.
Ne esce dopo qualche minuto. Ho indovinato
la taglia dei vestiti - un paio di pantaloni neri, una camicia glicine
e una
giacca sagomata color grigio perla - e anche la misura degli stivali,
neri.
- Beh, direi che ora ho un pensiero in
meno: so cosa indossare alla laurea. - dice ironica, con una risata
nervosa.
- Troppo elegante per i tuoi gusti?
- No, va benissimo, figurati. Nemmeno
avresti dovuto. Grazie ancora.
- Di nulla. Hai fame?
- Non molta. Che altro c’è?
- Qualcosa da mangiare. Solo dei
cornetti alla crema, so che ti piacciono. E poi … Questo. -
rispondo passandole
una scatola grigia - Il tuo l’ho trovato, ma guasto. Quindi
…
- Ma sei matto?! Mi hai comprato anche
un cellulare? Ma avrai speso una fortuna! - esclama stupita rigirandosi
il pacco
tra le mani.
- Non è un problema, i soldi non sono un
problema per me. E non c’è bisogno di ringraziarmi
ancora. Né devi sentirti in
dovere di ricambiare in qualche modo.
- Avrei tanto voluto "ricambiare in
qualche modo" sino a pochi minuti fa. - dice stupendosi del fatto che
adesso non
vuole più farlo - Ho capito che non succederà,
né oggi né un’altra volta. Devi
avere una specie di repulsione per il sesso. Ogni volta che ci
avviciniamo ti
irrigidisci e fai facce strane.
Stavolta nelle sue parole non c’è
traccia d’ironia. La guardo cercando di scusarmi.
- Sei troppo strano. Non sei simile a
nessuno. Hai qualcosa che sento non riuscirei mai ad afferrare.
Mentre mi parla, lentamente, sposta gli
occhi su di me, da destra verso sinistra, dall’alto verso il
basso. Si sofferma
soprattutto sugli occhi, che vede inspiegabilmente parecchio
più scuri di come
li ricordasse.
- Sembri di un altro pianeta. Quale ragazzo
terrestre spenderebbe tutti questi soldi per una ragazza che conosce a
mala
pena? O non ci proverebbe con me adesso? - continua, guardandomi con un
sopracciglio alzato.
- Non so che genere di fidanzati hai
avuto, ma non credo di essere l’unico gentile su tutta la
Terra.
- Comunissimi. Sei tu quello insolito.
- Vogliamo andare adesso? - dico sbuffando
mentre mi alzo.
Lyla mi segue in silenzio, senza
togliermi gli occhi di dosso.
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Capitolo 20 *** Capitolo diciannovesimo ***
CAPITOLO
DICIANNOVESIMO: COLPE
La
principale differenza tra Lyla e Bella, lo sto capendo bene solo
adesso, è il
loro diverso comportamento di fronte l’ignoto e il mistero.
La mia amata, a
dispetto dell’apparenza fragile, era abbastanza coraggiosa, e
forse anche più
incosciente, da spingersi oltre il lecito, rischiare di trovarsi in
pericolo
pur di scoprire la verità. Quest’altra mortale,
invece, perde lucidità
facilmente ed ha paura di ciò che non può
spiegarsi con la ragione.
O magari ha
solo ciò che fin dall’inizio avevo sperato avesse
Bella: un maggiore istinto di
sopravvivenza …
I
sentimenti degli umani sono così complessi e differenti da
persona a persona.
Io
e quelli della mia specie siamo lontani anche su questo piano:
qualsiasi nostro
sentimento è assoluto. E curiosamente era così
anche per Bella.
Sapevo che ero
diventato il centro della sua vita, per quanto fosse inspiegabile.
Una
cosa eccezionale - come lei - che non potrà accadere
più. Così come Lyla,
qualunque altra ragazza non si spingerebbe troppo oltre la semplice
curiosità
con me. E’ anche per questo che ora siamo nella mia auto e
non nella mia
stanza. Per
fortuna non si è innamorata di me, né io mi sono
troppo affezionato a lei.
Tutti
si stavano già convincendo del contrario e del fatto che
avrei dovuto cogliere
l’occasione per “rinascere”, uscire dalle
tenebre, mie uniche vere compagne da
quando ho perso Bella. Ma non succederà. Lyla è
entrata nella mia vita con la
stessa velocità con cui ne uscirà. Non
rappresenta nulla per me.
Mi ha fatto
vacillare, non lo nego. Ha messo a dura prova la mia resistenza. Ma
anche se
alla fine avessimo avuto un rapporto meramente fisico, non mi avrebbe
lasciato
niente dentro.
Il
mio cuore non sarebbe tornato a gioire di un’emozione
così forte e pura da
ridarmi la felicità e la pace. Nulla e nessuno
potrà ridarmele.
Con Lyla mi
sono sentito un po’ meglio a volte, è vero, ma non
riuscivo mai del tutto a
lasciarmi alle spalle il dolore, l’orrore verso me stesso, la
tristezza per la
mia miserabile esistenza. Non
è passato un secondo senza che non pensassi Bella, quella
dei momenti piacevoli
e quella dei momenti drammatici.
Sarà per l’eternità dentro di me, una
parte di
me stesso, indelebile.
-
Credo di doverti delle scuse. - dice tutto d’un fiato Lyla,
allacciando la
cintura di sicurezza.
Ha
elaborato a lungo mentalmente come iniziare il discorso. Non vuole
più avere
nulla a che fare con me, però non vuole nemmeno chiudere
così, con un teso e
imbarazzante silenzio, il nostro inaspettato e singolare incontro. Le
dimostro
di essere ben disposto ad ascoltarla.
-
Tu
sei … sei senza dubbio la persona meno comune che abbia mai
conosciuto. Mi
ha confusa, turbata, inconsapevolmente sedotta, ma anche soccorsa e
trattata
come una principessa. E io? Io ti ho provocato - ci ho provato per lo
meno - e
non ho fatto che ripeterti quanto fossi strano. Senza rendermi conto
che non ti
piacevo abbastanza e che la tua depressione era un problema serio. E
che quindi
era tutto inutile. A questo punto mi sento obbligata a chiederti scusa.
Sono
una frana con i rapporti in generale, figuriamoci con casi particolari
come il
tuo. Non saprei aiutarti, sono già complicata io
… Ti chiedo scusa per non aver
capito subito il tuo problema, o meglio, per averlo sminuito. E poi
devo per
forza ringraziarti ancora di tutto. Non
eri obbligato ad aiutarmi, né a spendere tutti quei soldi. -
si ferma
guardandosi i vestiti - Di tutta questa storia mi dispiace solo una
cosa. - fa
un’altra pausa, non certa che la stia ancora seguendo.
-
Cosa? - chiedo guardandola con la cosa dell’occhio.
-
Averti conosciuto.
E’
serissima e sincera.
-
Questo ha abbastanza senso. Non è un’esperienza
esaltante per nessuno.
-
Tu
puoi dire lo stesso?
-
No. Potrei dirlo se fosse andata diversamente.
-
Che intendi?
-
Se ti fossi innamorata di me, per esempio.
-
Ti confesso che ho rischiato di andarci molto vicino …
-
Lo so.
Adesso
è lei a guardarmi di sbieco: è lievemente
imbarazzata e ripensa come e quando
possa averlo intuito.
-
Ma mi dimenticherai presto: quando partirai avrai ben altro a cui
pensare.
-
Come lo sai che partirò? Non te ne ho mai parlato.
-
Beh … voci. Voci che girano.
-
Non l’ho detto quasi a nessuno a scuola. E dopo la tua
espulsione, ora che mi
ci fai pensare …
-
Non ho detto che ho parlato con chi lo sa …
-
Sembra tu sappia molte cose … - dice con tono sospettoso.
-
Comunque sia, mi auguro che tu trovi tutto ciò che ti
aspetti. Perché un po’ di
bene te ne voglio, sai? - le sorrido.
-
Come no, ma smettila …
-
Lyla dico sul serio. Mi ha fatto piacere che tu ti sia confidata con me
adesso.
Sei una brava ragazza, meriti il meglio.
-
Ora sei tu a sentirti in colpa?
-
Non te l’ho detto per questo. Non parliamo più di
colpe, ok? Non ne abbiamo,
l’uno verso l’altra.
Resta
qualche secondo a riflettere su quest’ultima mia frase: ha
notato come ho evidenziato
“l’uno verso
l’altra” . Capisce che
porto un grosso peso e che il nostro “rapporto”
è, nella mia vita, come un
granello di sabbia nel deserto.
-
Che cosa può esserti mai successo di così tanto
brutto in soli diciotto anni?
Non
so, non posso, risponderle. Un sorriso amaro mi sorge spontaneo.
-
Ok, scusa, tasto dolente, capito. Basta con le domande. Non lo voglio
sapere,
non è importante. Tanto … ci stiamo per dire
addio.
-
Esattamente tra cinque minuti.
Non
mi ero resa
conto che siamo già quasi arrivati a casa mia …
-
Forse è il caso che lo dica ai miei, così si
preparano a vedermi arrivare con
te. - dice mentre prende il cellulare da una tasca dei pantaloni.
-
Buona idea. Io non scenderà dall’auto,
così … non perdiamo altro tempo.
Il
sole inizia ad essere troppo alto e la giornata non è
particolarmente nuvolosa.
-
Giusto … Ecco, è libero. Mamma! Ciao, si sto bene
…
Cerco
di isolarmi. Per coprire la voce acuta di sua madre, che sentirebbe
anche chi
non è dotato di sensi ipersviluppati come me, indosso gli
auricolari e li
collego all’autoradio. Senza
volerlo, trovo quasi in ogni frequenza tristi canzoni che suonano come
addii …
Ma
Lyla nel frattempo è già sorridente e rilassata,
nel sentirsi raccontare un
banale aneddoto quotidiano qualunque.
E’
rientrata nel suo mondo, parlare con la madre l’ha riportata
alla normalità e
io ora quasi sono solo un gentile ragazzo che le sta dando un passaggio.
Com’è
mutevole la natura umana! Le bastano piccole cose per cancellare le
più grandi
e le più spiacevoli, a volte.
Il
mio riflesso nello specchietto retrovisore e le note musicali, tutte
ugualmente
malinconiche, intanto, sembra mi urlino contro che l’unico
che non cambierà mai
sono io.
Eccomi,
dopo circa un mese d’assenza in questa sezione, con un nuovo
capitolo. Impegni
legati soprattutto allo studio mi hanno tolto parecchio tempo e in
più ho
dovuto superare una vera e propria “crisi della pagina
bianca” xD
Spero
di non aver deluso chi segue la storia con questa lunga assenza ( e
l'ennesima virata pessimista di Edward di questo capitolo ) e di
continuare
a ricevere recensioni. :)
|
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Capitolo 21 *** Capitolo ventesimo: L'unica via ***
CAPITOLO
VENTESIMO: L’UNICA VIA
-
Allora … addio. - esclama la ragazza, con tono vagamente
interrogativo.
Sembra
pensi che non sarebbe una sorpresa rivedermi ancora una volta, per
caso, come è
successo poche ore prima nel bosco. Esperienza che reputa tra le
più strane mai
vissute. Non sa ciò che intanto sta elaborando la mia mente,
ciò che sempre più
chiaramente si fa strada in me …
-
Si, addio. - rispondo, richiudendo la portiera che le ho aperto per
scendere
dall’auto.
Anche
questi automatici gesti di galanteria ormai mi sembrano quelli di
qualcuno che
non esiste più da tempo.
-
Buona fortuna e … stai lontana da alcool e boschi. -
suggerisco scherzosamente,
per non salutarci in maniera troppo triste, per
lei.
-
Ci puoi contare! - sorride grattandosi la testa con un po’
d’imbarazzo,
ripensando lo stato in cui era quando l’ho trovata nel bosco.
Si
trattiene dal dirmi una cosa che si limita solo a pensare: “E tu fatti curare, mi
raccomando!”.
Farmi curare, certo. Non è
esattamente una cura che mi aspetta.
Restiamo
per qualche secondo a guardarci in silenzio, ognuno coi suoi pensieri
inconfessabili. Sembra uno di quei momenti in cui nessuno sa cosa dire
ma sente
che dovrebbe aggiungere qualcosa. Ma in effetti non abbiamo
più nulla da dirci.
-
Beh, buona fortuna anche a te! - sbotta poi sbrigativa Lyla, iniziando
a
girarmi le spalle.
-
Grazie.
Ed
eccola già correre verso la porta d’ingresso di
casa sua, buttarsi con la
giusta e sana vitalità dei suoi anni in un nuovo
giorno.
Prima che la porta si
richiuda, si volta a guardarmi per l’ultima volta e mi
sorride.
“Addio,
strano
pazzo Cullen.”,
pensa scuotendo la testa.
Le
rispondo con gli occhi e risalgo in macchina.
E’
finita. Questa piccola, trascurabile pagina si è conclusa. E
nel migliore dei modi, per fortuna.
Mentre
guido fiancheggiando il bosco, alcune chiome meno fitte fanno si che la
mia
pelle catturi i raggi del sole.
Quando vedo brillare la mia odiosa pelle di
marmo rivivo il momento in cui, per la prima volta, mi sono rivelato a
Bella
sotto la luce.
Il
modo in cui, incredula e rapita, mi guardava senza paura, come se fossi
un
angelo. E il modo in cui mi faceva sentire, finalmente libero di essere
me
stesso, senza segreti. Libero. Da quanto tempo non mi sento
così? Libero dal
tormento, le colpe, i pesi. Forse alla fine è proprio questo
che voglio:
sentirmi libero.
Forse non è la cosa più giusta, come sostegno da
quando mi
sono macchiato del mio peccato peggiore, ma inizio a pensare che
diventare
niente potrebbe essere altrettanto punitivo. Paradossalmente,
conoscendo Lyla, che,
così vitale, avrebbe potuto aiutarmi almeno in parte a
uscire dal buio, ho
invece maturato l’idea di annullarmi definitivamente. Tutti
quei brevissimi
momenti meno tremendi del solito trascorsi con lei non erano nemmeno
una copia
sbiadita dell’amore che ho conosciuto con Bella.
Non
sarebbe servito prolungarli. Tutto ciò che di buono e umano
avevo da dare è
morto con Bella. Lyla mi ha fatto capire che davvero non ho alternative
al
nulla.
Sarà
un gesto egoistico, ferirò i miei cari, adesso troppo
lontani per potermi
fermare, ma voglio farlo. Sono stanco, inutile, un peso per chi mi ama
e soffre
della mia condizione. Qualunque cosa mi accadrà dopo, se
continuerò in qualche
modo ad essere, sarò di sicuro ancora giustamente dannato.
Quindi perché continuare
ad esserlo tra i vivi, fingendomi uno di loro?
Si,
ormai ne sono convinto: voglio abbracciare l’oscuro mistero
della morte.
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Capitolo 22 *** Capitolo ventunesimo: In corsa ***
CAPITOLO
VENTUNESIMO: IN CORSA
Mentre
guido verso casa pianifico tutto
nei dettagli. Devo farlo il più in fretta possibile, non
perché temo di poterci
ripensare, ma perché finchè resto qui Alice
potrebbe prevedere qualche mia
mossa.
Alice: quanto le ho voluto bene e quanto spero possa tornare quella di
sempre quando non ci sarò più … Quanto
spero che tutti possano essere più
tranquilli dopo e che superino in fretta il dolore.
Non credo rimarranno particolarmente
scioccati: tante volte in questi anni ho pensato al suicidio e loro ne
sono
consapevoli. Saranno però senza dubbio più
tristi, addolorati, si sentiranno in
colpa, li conosco. Ma l’eternità è un
tempo così lungo che cancellerà anche la
tristezza, il dolore e i loro inutili sensi di colpa.
So che li ferirò, ma in
fondo è meglio così, che esca di scena.
Torneranno ad essere pian piano una
famiglia felice, come un albero finalmente privo di quel ramo malato
che ha in
parte contagiato pure gli altri.
Carlisle, il seme di quell’albero, quanto è
stato importante per me: pensare che da neonato quasi lo odiavo per
avermi
condannato all’immortalità adesso mi sembra
assurdo. Senza di lui non avrei mai
conosciuto tutto l’amore e l’affetto di nuovi
genitori, di una sorella, di un
fratello, di un amico e infine di una donna. Esme, la mia seconda
madre,
amorevole e premurosa quanto una biologica, sempre incondizionatamente
dalla
parte del bene di tutti. Jasper, quello che meglio comprendeva i miei
tormenti
legati alla sete e non solo. Emmett, con la sua impareggiabile
spensieratezza,
sempre pronto a far ridere. Rosalie, tanto ostile ed egocentrica quanto
intimamente profonda. Sono stati tutti fondamentali alla mia
sopravvivenza sino
ad oggi. Ma ora è il momento di lasciarli.
Mi restano solo un paio di cose da fare
prima …
Giunto
a casa mia, prendo carta e penna
da un cassetto. Scrivo di getto le ragioni della mia scelta e do a
tutti un
ultimo saluto. Ovviamente non mi importa a chi destinare i miei beni
materiali
( le auto, l’appartamento qui a S. John’S, i libri,
i dischi … ), non è un
testamento che sto scrivendo, potranno farci ciò che meglio
credono. Poi metto
la lettera in una busta, esco, risalgo in macchina e guido sino alla
villa
della mia famiglia. Una volta entratovi, la lascio su un tavolino
vicino l’ingresso
con accanto il mio cellulare spento. Guardo i miei cari felici, nei
ritratti
incorniciati appesi alle pareti. Riesco, parcheggio la mia vecchia
Volvo in
garage e inizio a spostarmi verso la mia prossima, ultima meta: Forks.
Non mi nutro da circa due settimane, ma
ho comunque il vigore e la potenza necessari a correre quasi alla mia
velocità
massima.
Mi sposto come un fantasma tra i boschi, senza fermarmi. Uscito
dall’isola
di Terranova, giunto al piccolo stretto che la separa da Labrador, lo
attraverso a nuoto.
Mentre il sole si prepara a tramontare per la seconda volta
da quando ho lasciato S. John’S, sto per andarmene dal
territorio canadese. Arrivato
negli Stati Uniti, mi dirigo allo Stato di Washington per entrare
infine nella
cittadina di Forks. Dove giacciono i poveri resti mortali della mia
amata.
Non sono andato a trovarla che una volta
al cimitero, pochi giorni dopo la sua morte: in preda al delirio e
ancora
incredulo, vi sono piombato nel cuore della notte per accertarmi di
nuovo che
il suo corpo fosse davvero lì sotto. Non l’ho mai
detto a nessuno.
Adesso - ed è,
dopo la lettera, la seconda cosa che farò prima di uccidermi
- devo accertarmi
di un’altra cosa: che Bella viva ancora nei ricordi dei suoi
cari.
Gli umani sono soliti mostrare di continuare
a pensare chi non c’è più portandogli
un fiore sulla tomba. Quando entro nel
cimitero di Forks è di nuovo buio, quasi notte. Ricordo
perfettamente dov’è la
sua lapide e ritrovarmela davanti mi provoca un dolore ancora
più grande. Se fossi
umano starei versando tante lacrime da innaffiare i fiori, crollerei
sulle
ginocchia per un capogiro. Noto con piacere che i fiori sono freschi e
avverto
tracce di presenze umane altrettanto recenti. Distinguo chiaramente
anche l’indimenticabile,
fastidioso odore di Jacob attorno alla tomba. Dalla foto ovale Bella mi
sorride
e la sfioro rischiando di graffiarla per la rabbia che mi assale. Io
non le lascio né fiori né preghiere,
non fa parte dei miei usi, e di sicuro non alleggerirebbe la mia
coscienza. Mi basta
sapere, o meglio, avere la conferma, che nessuno l’ha
dimenticata.
Adesso non mi resta che compiere un
gesto per me nuovo e risolutivo: violare uno dei divieti stabiliti
nell'antico patto
tra vampiri e Quileute, ovvero invadere il territorio nemico. Mi spingo
fino
alla riserva dei secolari mutaforma e subito le loro scie mi fanno
bruciare le
narici. Spero di incrociare proprio lui, Jacob, forse l’unico
in grado di
annientarmi in fretta e con la meritata ferocia.
Per ora non avverto il suo
odore. Ci sono troppe tracce di licantropi che,
non annusando da tempo e somigliandosi molto tra loro, non riesco
ancora a
separare le une dalle altre.
Poi, tra alcuni arbusti non lontani
dalla piccola casa in legno dei Black, ecco che sento la voce di Billy.
Mi stranizza
sentirlo rientrare a quell’ora, ma presto capisco che era
solo uscito un minuto
per pregare il figlio di non andare.
Bene: a quanto pare, Jacob, furioso per
qualche litigio, è uscito di casa. Quindi è
più che sicuro che avvertirà la mia
presenza.
“Conosco
questa puzza!”,
pensa infatti, arrestando la corsa e già in forma di lupo.
Gli ci vuole un po’ per riconoscere che
la puzza è la mia e
decido di
aiutarlo. Avanzo verso di lui.
Non
è possibile! Non può essere quello schifoso!
-
Jacob! - lo chiamo, con calma ma ad
alta voce.
Allora
sei proprio tu, succhiasangue!
Mentre
lo urla nella sua testa mi si
avvicina. Anche sotto la folta pelliccia ramata sono ben visibili tutti
i muscoli
tesi e pronti a scattare.
Sento Billy muoversi in cucina per bere
un bicchiere d’acqua, che gli cade per terra rompendosi
nell’istante in cui suo
figlio emette un ringhio assordante.
Trascinandosi con la cigolante sedia a
rotelle verso la porta per uscire, ha in testa mille pensieri pieni di
odio e
paura.
Quella
voce è terribilmente familiare! E Jacob non ha emesso un
simile verso
straziante se non quando …
Nelle
vicinanze, intanto, percepisco in
arrivo altri licantropi.
Tra pochissimo mi troverò circondato da
un branco di enormi lupi furiosi.
Perfetto.
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Capitolo 23 *** Capitolo ventiduesimo: Tutto e niente ***
CAPITOLO
VENTIDUESIMO: TUTTO E NIENTE
Le
mie orecchie sono piene della rabbia e
dell’aggressività dei lupi. I loro occhi
scintillano di odio.
Avevi
giurato di
non tornare mai più!
Hai
ucciso un’umana,
hai
ucciso Bella! E adesso hai pure il
coraggio di entrare nel nostro territorio?!
Non
si vedevano
vampiri da anni qui, perché sei tornato?
-
Guardatemi bene! - dico, sovrastando i loro versi.
Solo
Jacob obbedisce. Sam, invece, seguito da Paul ed Embry, accorcia le
distanze
pregustando il massacro.
-Vi
sembro forse intenzionato a scatenare una battaglia?
Jacob
scorge nei miei occhi un tormento che mi logora e che in lui provoca
sia pietà
che godimento. Capisce che mi sto passivamente offrendo come carne al
macello. Mi
odia abbastanza da potermi uccidere da solo e inoltre è
anche più grosso
rispetto all’ultima volta che l’ho visto.
Meriteresti
di
soffrire ancora, ma sappi che se non fossero intervenuti gli anziani
della
tribù quattro anni fa, ti avrei ucciso anche allora! Quindi
adesso non hai
scampo.
-
Lo so. Ed Alice, mia sorella, non può vedermi. Le sue
visioni si annullano in vostra
presenza.
Mentre
lo dico, Billy esce di nuovo e quando mi vede resta di pietra.
-
Brutto succhiasangue. - sibila tra i denti stringendo i pugni -
Uccidetelo!
"Non
chiedo
altro",
dico tra me e me inginocchiandomi. Nello stesso istante iniziano a
cadere le
prime gocce di quello che si preannuncia un bel temporale. Chiudo gli
occhi e
quasi sorrido: sarà tutto finito tra breve.
Spero
esista l’inferno,
dice Jacob con
un ghigno. Sarà un onore vendicare
Bella
di persona.
-
Non
voglio e non posso continuare senza di lei. Forse tu saresti davvero
stato
migliore di me per Bella. - dico in un sussurro che so lo
farà arrabbiare
ancora di più.
Non
continuare a
dirlo, oramai non ha più senso!
Urlando
queste parole, infatti, mi si scaglia addosso con un solo balzo di
quasi dieci
metri e mi sento staccare la mano destra dalle sue fauci enormi.
Quello è solo il
primo brandello di me che lascia il mio corpo. Billy non resta a
guardare oltre
il secondo.
Mi
sento già fuori da me stesso. Sento solo dolore, un dolore
nuovo che però mi
lascia ancora cosciente. Almeno sino a quando non vedo avvicinarsi il
rosso
vivo del fuoco, acceso perché protetto dalla pioggia sotto
qualcosa che non
capisco cos’è.
In
quel rosso rivivo tante cose: il colorito delle guance di Bella quando
si
emozionava … il colore di una sua camicetta … il
sangue uscitole dalle ferite
causate da James … i capelli di Victoria … i
mantelli a Volterra nel giorno di
San Marco … gli occhi dei Volturi … e infine il
peggiore dei rossi: quello del
sangue di Bella versato per causa mia, sul mortale letto della
“luna di miele”.
Mi
sembra così giusto e normale, adesso, lasciare questo mondo,
soffrendo, proprio
come lei. Tutto accade piuttosto rapidamente, pare: ormai ho perso la
cognizione del tempo. Ma nella mia mente passa tutta la mia vita. Ogni
singolo
ricordo legato a Bella. Mentre divento niente mi sento …
più vivo.
Mi sento al
mio posto.
Vedo
lei, così chiaramente, forse anche perché la vedo
pure nei pensieri di Jacob. Questo
ragazzo-lupo ormai uomo, mio eterno nemico per natura e rivale in
amore, amico
insostituibile della mia amata, e infine mio assassino.
Adesso
verso di lui non provo più nulla. Ma quanto amore invece ho
ancora per Bella! Tutti
i miei ultimi pensieri sono per lei.
Lei
… che, insieme a questo, è stata il mio migliore
secondo di sempre.
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