There'll be a place for us

di Francy_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. *Un nuovo inizio... per tutti?* ***
Capitolo 2: *** 2. *Ritorna da me* ***
Capitolo 3: *** 3. *Missione amorosa* ***
Capitolo 4: *** 4. *Soltanto uno sguardo* ***
Capitolo 5: *** 5. *Diverso, confuso, insicuro* ***
Capitolo 6: *** 6. *E se...?* ***
Capitolo 7: *** 7. *Seconde opportunità* ***
Capitolo 8: *** 8. *Tempesta, prima parte!* ***
Capitolo 9: *** 9. *Tempesta, seconda parte!* ***
Capitolo 10: *** 10. *Limbo* ***
Capitolo 11: *** 11. *Ritorno alla luce* ***
Capitolo 12: *** 12. *L'attesa del momento* ***
Capitolo 13: *** 13. *Volersi ancora* ***
Capitolo 14: *** 14. *La nostra relazione non è un gioco* ***
Capitolo 15: *** 15. *L'unico fra tanti* ***
Capitolo 16: *** 16. *Mr Ti Seguo Anche In Capo Al Mondo Perchè Ti Amo* ***
Capitolo 17: *** 17. *Come bruciare le tappe* ***
Capitolo 18: *** 18. *Sei la mia vita* ***
Capitolo 19: *** 19. *Un compleanno speciale* ***
Capitolo 20: *** 20. *Fotoricordo, o meglio dimenticare?* ***
Capitolo 21: *** 21. *Una strana giornata* ***
Capitolo 22: *** 22. *Buon compleanno...* ***
Capitolo 23: *** 23. *Saremo pronti?* ***
Capitolo 24: *** 24. *Troppi cuori spezzati, o quasi...* ***
Capitolo 25: *** 25. *Apri gli occhi, papà!* ***
Capitolo 26: *** 26. *Fidati di me* ***
Capitolo 27: *** 27. *Fai due più due e scopri la verità* ***
Capitolo 28: *** 28. *Il rovescio della medaglia* ***
Capitolo 29: *** 29. *Qualsiasi cosa succeda, sappi che resterai sempre nel mio cuore* ***
Capitolo 30: *** 30. *Primo Natale* ***
Capitolo 31: *** 31. *E vissero tutti infelici e scontenti* ***
Capitolo 32: *** 32. *L'inevitabile* ***
Capitolo 33: *** 33. *Promesse infrante* ***
Capitolo 34: *** 34. *La giornata della spensieratezza* ***
Capitolo 35: *** 35. *Inghilterra. The Script. Andrea. Hall of Fame* ***
Capitolo 36: *** 36. *Tensioni* ***
Capitolo 37: *** 37. *Un nuovo dolce arrivo* ***
Capitolo 38: *** 38. *Un pizzico di quotidianità* ***
Capitolo 39: *** 39. *Semplicemente noi* ***
Capitolo 40: *** 40. *Insieme* ***
Capitolo 41: *** *Meravigliosamente, noi tre* ***
Capitolo 42: *** *Extra* ***



Capitolo 1
*** 1. *Un nuovo inizio... per tutti?* ***


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Ohh… sono quasi emozionata. Dopo quasi due settimane mi ritrovo a scrivere di nuovo qualcosa per presentarvi Andrea e Gaia.
Più Gaia che Andrea, a questo punto…
Come avete capito dall’introduzione questo è il sequel di “Let’s blame it on September”. L’idea è nata da una mia amica, ma se devo essere sincera non mi ricordo nemmeno per quale motivo ho cominciato a scrivere!
E, dal lontano 27 dicembre 2012 ho cominciato a dare vita a questa seconda storia che spero non vi lasci delusi o con l’amaro in bocca come è successo nell’epilogo di LBIOS.
Adesso vi lascio alla lettura. Ci leggiamo alla fine.
Buona lettura.
Francy

 

There’ll be a place for us
 

-Capitolo 1-

*Un nuovo inizio… per tutti?*

 
Pov Gaia
 
«E’ possibile che proprio oggi devi farmi fare tardi?!»
«Dai, torna a dormire, per favore!»
«Jay, sono le otto! Tra mezz’ora devo essere all’università e tu mi stai rendendo la vita complicata. Ogni mattina è la stessa storia» dico ridendo mentre le sue mani si posano sui miei fianchi, facendomi ricadere sul letto.
«Mezz’ora è tanto tempo. A me, per esempio, bastano pochi minuti» mormora iniziando a baciarmi il collo. 
Ridendo, lo abbraccio e mi lascio andare, sprofondando di nuovo tra le lenzuola.
Io e Jay stiamo insieme ormai da tre anni.
È il mio migliore amico e un fidanzato perfetto.
Dopo il matrimonio di Serena sono ritornata in Inghilterra e ho continuato a frequentare Jay; più passava il tempo, più mi rendevo conto di star bene con lui e che tutto quello che era successo prima, in Italia, non aveva più nessun significato.
Quello era il passato.
Jay è stato la mia medicina per molto tempo; mi è sempre stato accanto e ho fatto lo stesso con lui quando ha avuto dei problemi. Ci siamo sostenuti a vicenda, diventando sempre più intimi. L'amicizia nata tra le aule universitarie si è trasformata e, a poco a poco, ci siamo innamorati: durante il Natale del 2013 ci siamo messi insieme.
Non sapevo se fosse una buona idea ma, in quel momento, l’ho voluto davvero e, dopo tre anni, non me ne sono ancora pentita; quindi credo di aver fatto la scelta giusta.
Siamo una normale coppia di ragazzi che vivono insieme.
Quando mia madre l'ha saputo ha fatto i salti di gioia. Lei ha sempre adorato Jay ma da quando ha saputo che saremo stati una coppia a tutti gli effetti ha subito dimenticato le mie precedenti relazioni, se così si possono definire, e ha smesso di chiedermi qualsiasi cosa riguardasse la mia vecchia vita.
Dico vecchia perché qui ho ricominciato davvero da capo. È stata una grande svolta per me.
Anche il ritorno di mio padre nella mia vita mi ha ridato un po’ di quella vitalità che avevo perso da quando se ne era andato via da mia madre e da me.
Da quattro anni a questa parte il nostro rapporto non è certo quello che hanno un padre e una figlia “normali” ma, sicuramente, lo odio meno rispetto a quando ero ancora un’adolescente.
Adesso, una volta a settimana, ci vediamo per bere un caffè insieme.
Non ho ancora conosciuto sua moglie e suo figlio, ma lui non mi mette fretta e io lo apprezzo. Non credo che mi sentirò mai pronta per affrontare la sua famiglia; nonostante siano passati anni, c’è ancora troppo imbarazzo tra noi due durante i nostri caffè del venerdì pomeriggio.
Per il momento va bene così ad entrambi, quindi non affrettiamo le cose.
La situazione è cambiata quando mia madre ha deciso di volerlo incontrare.
Prima di tutto, ha voluto affittare la nostra casa in Italia e poi ne ha cercato una a Londra per starmi più vicina e per vivere meglio, dice lei; so però che l’unico motivo per cui ha voluto fare questo passo è per riallacciare i rapporti con mio padre.
Sa che mi sono avvicinata molto a lui, quindi ha voluto fare lo stesso anche lei.
Inizialmente ero contraria perché sapevo che ci sarebbe rimasta male e avrebbe passato settimane e settimane a piangere; adesso invece credo che abbia superato la cosa meglio di me. Anzi subito dopo ha anche trovato un uomo che adesso frequenta il suo appartamento a tutte le ore del giorno e della notte.
Sono contenta per lei perché finalmente è felice; felice nel vero senso della parola.
Entrambe abbiamo trovato qualcuno che ci ama per quello che siamo e a questo, un anno fa, si è aggiunta la gravidanza inaspettata di Serena.
Lei fa parte della mia famiglia ormai; la considero come una sorella e mia madre come una seconda figlia.
Se esistesse qualcosa che vada oltre il legame affettivo fra due sorelle, beh, allora quello sarebbe il sentimento che ci lega.
Nonostante la distanza, le sono stata molto vicina ma, quasi al termine della gravidanza, ha voluto trascorrere un fine settimana da me; durante quei tre giorni le si sono rotte le acque.
In seguito ha confessato di aver voluto far nascere il bambino qui a Londra. Sentiva che sarebbe successo durante quei tre giorni e ha rischiato molto prendendo l’aereo.
Avere un bambino in casa è la cosa più bella che possa esistere. Prenderlo in braccio, poi… è assolutamente fantastico. Molte volte ho avuto voglia di averne uno tutto mio, ma bastava guardarmi intorno per reprimere quel desiderio.
Sicuramente non è il momento giusto. Non è a ventidue anni che voglio avere un bambino.
Adesso voglio solo pensare a me stessa e al mio lavoro.
Mi sono laureata un anno fa in Letteratura inglese e solo di recente ho finito il master. Adesso sono un’insegnante ausiliare: un’assistente universitaria in gergo.
Mi occupo di ragazzi con delle difficoltà, aiuto con le tesi di laurea e assisto il professore durante le lezioni o gli esami.
Faccio questo lavoro da dopo e sono in attesa di capire cosa voglio fare nella mia vita.
Purtroppo mi cacceranno da questo impiego se non decido di alzarmi dal letto.
Jay stamattina mi sta trattenendo più del previsto.
«Amore, devo andare sul serio adesso» dico accarezzandogli le guance.
«Odio che tu debba lasciare questo letto quando ho bisogno di te»
«Oggi torno prima. Nel pomeriggio dobbiamo andare a prendere Serena all’aeroporto»
«Andranno in albergo stavolta?»
«No. Staranno da mia madre»
«Meglio. L’ultima volta che sono stati qui Marco ci ha tenuti tutti svegli»
Gli bacio la punta del naso e lo spingo per togliermelo di dosso. «No, niente strilli di bambini questa volta e comunque…» dico alzandomi dal letto e dirigendomi nel bagno della camera. «… potresti essere così gentile e carino da non farglielo notare?»
«Ci proverò» mormora lui ritornando a poltrire tra le coperte.
Nonostante i membri della sua famiglia abbiano sempre lavorato per garantirsi un futuro migliore, Jay è l’unico di loro ad aver preso il gene recessivo della famiglia.
Molte volte lo prendo in giro e lui mi tiene il broncio per qualche minuto; diventano giorni se tiro fuori il discorso davanti ai suoi genitori.
Mi diverto molto con lui.
Serena mi ha chiesto più volte se è davvero con lui che voglio passare il resto della mia vita; le rispondo sempre che, a prescindere da quello che è successo dopo il suo matrimonio, la scelta di mettermi con Jay è stata influenzata solo dalla mia voglia di stare con lui perché mi fa stare bene e non perché voglio lasciarmi alle spalle il passato.
Il passato è passato e resterà tale. Non rinnego quello che è successo e i sentimenti che ho provato ma, da quando si è concluso quel periodo della mia vita, ho deciso che la soluzione migliore è pensare solo al mio bene e alle persone che sono al mio fianco.
Non mi sono messa con Jay solo per ripicca o per dimenticare qualcuno. Prima di metterci insieme eravamo amici e mi sono resa conto che di lui potevo davvero innamorarmi; con lui è stato esattamente il contrario di quello che ho fatto in passato.
Quando mi guardo allo specchio vedo una persona diversa e mi sta più che bene. Mi piaccio così e mi piace la mia vita con il mio fidanzato.
«Gaia?!» mi chiama Jay bussando alla porta del bagno.
«Cosa vuoi?» chiedo sciacquando la bocca dal dentifricio.
«Devo andare in bagno. Mi fai entrare?»
Lego i capelli in una coda e apro la porta. Gli sorrido, lo bacio e mi dirigo verso l'armadio per decidere cosa mettere.
Alla fine opto per un paio di jeans semplici, una maglietta a maniche lunghe e una giacca.
Nonostante siano passati quattro anni non mi sono ancora abituata del tutto alle temperature inglesi.
A giugno tendo già a scoprirmi troppo.
«Sei pronta?» chiede Jay indossando un paio di jeans a caso.
Lui dovrebbe raggiungere in fretta la libreria dove lavora ed invece è più che tranquillo.
«Si, pronta» rispondo sistemando velocemente la coda.
Oggi non ho proprio il tempo di guardarmi allo specchio per più di due minuti.
Recupero la borsa con le mie cose e bevo, velocemente, un po’ di succo di frutta direttamente dal cartone.
Jay lo odia ma è colpa sua se mi sono alzata tardi e non ho fatto colazione come si deve.
«Non guardarmi storto» gli dico rimettendo il succo nel frigorifero.
«Per oggi ci passiamo sopra» borbotta lui con il suo magnifico accento inglese. Di solito, fra di noi, parliamo in italiano perché lui lo vuole imparare, ma quando qualcosa gli da' fastidio o è arrabbiato con qualcuno l’unica lingua che utilizza è la sua.
«Bene, allora possiamo andare? Mi accompagni all’università o devo prendere la metropolitana?»
«Per cosa ce l’ho la macchina allora?» chiede sventolandomi le chiavi davanti al volto.
«Scusa amore, hai ragione» rispondo sorridendo e avvicinandomi per baciarlo.
Le nostre bocche si scontrano in un bacio frettoloso, ma lui vuole di più. Il suo braccio finisce intorno al mio collo, attirandomi sempre di più al suo corpo, mentre sento il suo sorriso sulla mia bocca.
«Stasera avremo tutto il tempo» sussurro leccandogli il labbro inferiore.
«Promesso?» chiede staccandosi e guardandomi con gli occhi più dolci che abbia mai visto.
«Si, te lo prometto» rispondo sorridendo.
Sono questi i momenti che mi piacciono di più con Jay.
Dopo uno scambio veloce di baci usciamo finalmente da casa anche se, davanti al campus universitario, rimpiango di essermi alzata dal letto.
«Ci vediamo più tardi» dice fermando la macchina.
«Ok. Buon lavoro»  lo saluto e scendo iniziando ad incamminarmi verso l’entrata.
Forse dovrei cercarmi un lavoro che non abbia sede nella mia università, perché mi rendo conto che, per quanto l’edificio sia maestoso e affascinante e tutto il resto, un po’ comincio a stancarmi di vedere sempre le stesse persone.
Sospiro, sistemo meglio la borsa sulla mia spalla e, cercando di fare il più veloce possibile, raggiungo il mio pseudo-ufficio ma, mentre cammino, la vista di un ragazzo mi blocca il respiro.
«No…» mormoro fermandomi.
Cerco di metterlo a fuoco, sperando di essermi sbagliata.
Non può essere lui!!
Cosa ci fa qui a Londra?
Perché è qui, nella mia università?
Tutte domande che svaniscono nel momento in cui il ragazzo in questione si volta e capisco, con un sospiro di sollievo, che non è lui. Non è Andrea. 
Cosa sarebbe successo altrimenti?
Sarei stata in grado di affrontarlo?
Cos’avremmo potuto dirci dopo l’ultima volta?
Avremmo sorriso l’uno all’altra e cominciato a parlare come se niente fosse accaduto? O avremmo ignorato l’argomento?
Molte volte in questi anni mi sono chiesta se davvero ho smesso di amarlo… non so darmi una risposta. O meglio, so come stanno le cose ma voglio omettere la verità, ignorando sentimenti nascosti nel profondo; perché so che, alla fine, il rapporto che avevo con lui mi manca.
Durante questi anni ho fatto finta che lui non sia esistito, soprattutto per non cadere di nuovo in quel vortice di dolore di cui sono stata vittima troppe volte quando ero in Italia. Sarebbe ipocrita da parte mia continuare a negare l'evidenza perché le sensazioni che ho provato sono esistite davvero e ne porto ancora i segni, come porto ancora, dentro di me, il dolore che mi ha causato dovermi allontanare da lui.
Allora ero molto arrabbiata con lui ma, con il tempo, ho capito che l’affetto che ho provato e provo ancora nei suoi confronti batte tutto il resto; del resto è stato il primo ragazzo con cui sono stata e avrà sempre un ruolo importante per me anche se, ormai, non ci parliamo da tanto tempo. A dire la verità non so nemmeno se sarei in grado di affrontarlo…
Vedere quel ragazzo che gli somiglia mi ha messo molta ansia addosso e mi fa capire che, nonostante l’affetto, ancora non sia pronta ad incontrarlo, ma credo sia normale, no?
Riprendo a camminare ma lo squillo del mio cellulare mi riporta al presente, alla mia vita lontana da lui.
Recupero l’i-Phone dal fondo della borsa e guardo lo schermo. È un numero italiano che non ho memorizzato, dubito sia Serena.
Sono tentata di non rispondere ma la curiosità vince su tutto.

 

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Mi ero preparata un bel discorso da farvi per il mio ritorno e per il ritorno di questi protagonisti, ma al momento non mi viene nulla in mente.
Vorrei soltanto ringraziare tutte voi che mi avete seguito ogni giorno, ogni capitolo; momento per momento.
Grazie a voi che avete reso i cinque mesi appena trascorso i più meravigliosi della mia vita.
Grazie ad Alice per la sua vivacità e grazie per fare dei meravigliosi video che anche la popolazione di EFP adesso avrà l’onore di vedere :D
Ragazze e ragazzi… prima di lasciarvi, vorrei che vedeste questi due video.
Come è REALMENTE ANDATA! XD…” Video sull’epilogo di LBIOS.
Come Fra ha REALMENTE scelto i personaggi di LBIOS”.
Detto questo, spero che l’andamento che ho deciso di far prendere alla storia vi piaccia e che non mi tiriate dietro recensioni critiche!
Quelle sono sempre ben accette, perché voglio migliorare, però non le accetto se le mie scelte non vi piacciono.
Con tutto il rispetto che nutro per voi che leggete e commentate, sono io che decido la trama; i suggerimenti sono ben accetti, le critiche no.
A venerdì prossimo.
Francy

 

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Capitolo 2
*** 2. *Ritorna da me* ***


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Salve a tutti.
Noto con piacere che il primo capitolo di questo sequel sta andando molto bene. La cosa bella è che molte di coloro che mi hanno seguita con Let's blame le sto ritrovando anche qui, quindi... beh, spero di non deludervi, e lo so che questo lo avrò detto un trilione di volte, ma ho una paura folle di non realizzare le vostre aspettative.
Adesso vi lascio alla lettura.
Un bacio,
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 2-
*"Ritorna da me"*

 
Pov Andrea
 
«Tesoro, stai bene? Ti manca nulla?»
«No, mamma! Sto benissimo e ho anche fatto le pulizie ieri»
«Bravo il mio bambino» mormora e so che sta sorridendo.
Alzo gli occhi al cielo e sorrido anch'io, mentre mi stendo sul divano.
«Ho ventitré anni, mamma. Non sono più un bambino»
«Lo so, me ne sono resa conto quando mi hai spiegato il significato del tatuaggio che ti sei fatto»
Mi lascio sfuggire una risata e scuoto il capo pensando al motivo per cui l’ho fatto.
Grazie” in giapponese… sul pube.
Mi sembra giusto ringraziare le donne con cui vado a letto.
Da quando ho chiuso definitivamente con Gaia, non m' importa di ferire il genere femminile.
Non è una vendetta ma, da quando ho rotto anche con l’ultima mia ragazza fissa, non m'importa molto di trovarne un’altra.
Quella che vorrei veramente non vuole me.
È davvero strano perché so che mi ama, o meglio, mi amava… quella sera, al matrimonio, non so perché mi ha rifiutato.
Non credo fosse per quell’inglesino del cazzo; allora non stavano ancora insieme, quindi davvero non ho la più pallida idea di cosa le sia passato di testa in quel momento.
Forse non mi ha creduto quando le ho detto che l’amo; forse si era stancata e le ho parlato nel momento sbagliato; sta di fatto che l’ho persa. Si è allontanata da me, come  ho fatto io quando l’ho lasciata.
Devo essere sincero: quello è stato lo sbaglio più grande che abbia mai fatto in vita mia. Non credevo che mi sarei  pentito di alcune azioni compiute nel corso di quell’anno.
Andare a letto con Elena, lasciare Gaia, non tornare da lei per guardarla negli occhi e confessarle che l’amavo da morire. Poi, tutto è peggiorato quando è ricomparso Max.
Non mi è mai stato simpatico; l’ho sempre visto come una possibile minaccia e, alla fine, si è rivelato come tale. Me l’ha portata via; con il tempo, l’ha allontanata così tanto da me che lei ha cominciato ad odiarmi.
E' stata una sofferenza incredibile non poterle più parlare nonostante fossimo vicini; ma vedere che Max non bazzicava più vicino casa sua o a scuola è stato un grande sollievo. Anche con lui non ha funzionato e, sinceramente, ne sono stato felice.
Lui non la merita. Lei merita di più; merita il meglio e so di essere io quel meglio, nonostante l’inglesino dei miei stivali.
Da quanto mi racconta Serena stanno insieme da tre anni ormai e lei non ha nessuna intenzione di lasciarlo. È innamorata e felice.
Avrebbe dovuto essere innamorata di me e felice con me.
Avrei potuto renderla felice.
Non le avrei fatto mancare nulla.
L'amo più di quell’inglesino che non sa quanto vale, perché non credo che l’abbia capito in questi tre anni.
Purtroppo, questi pensieri rimangono solo mie personali considerazioni, perché so che non ritornerà più da me.
Questo è il risultato di aver dato retta a dei coglioni che consideravo amici.
Nonostante i molti anni d’amicizia, adesso, io e Luigi non ci sentiamo più. Abbiamo fatto una brutta litigata durante la quale gli ho rinfacciato di avermi rovinato la vita e ho preteso che non si facesse più né vedere né sentire perché con me aveva chiuso. Anzi avevano chiuso: lui e quella stronza della cugina, Elena.
Loro sono stati la rovina del mio rapporto con Gaia. Hanno fatto di tutto per farla allontanare da me e, alla fine, ci sono riusciti. 
Del vecchio gruppo di amici sono in contatto soltanto con Giorgio e Alessia che, da un paio di mesi, si frequentano.
Sicuramente la colpa maggiore è la mia: mi sono fatto trascinare e non ho fatto nulla per cercare di migliorare le cose.
Adesso, come negli ultimi tre anni, ne pago le conseguenze.
«Tesoro, sei ancora lì?» chiede mia madre.
«Si, scusami. Sono qui»
«Pensi ancora a lei?»
«Purtroppo si» rispondo coprendomi gli occhi con il braccio. A volte vorrei non averla costantemente in testa.
«Vedrai che troverai una ragazza che ti farà perdere la testa»
«E’ questo il problema mamma… non voglio nessun'altra ragazza. Voglio lei!»
«Oh, bambino mio…» mormora commossa.
Sorrido e mi alzo.
Da quando mi sono trasferito a Milano, il rapporto con i miei genitori è notevolmente migliorato. Mia madre mi appoggia ed è quella che mi difende il più delle volte con mio padre che vorrebbe che ritornassi a casa per fare qualche corso da lui e per cominciare gli studi di Architettura. Nonostante questi suoi desideri però non insiste più di tanto perché sa che non farò mai quello che vorrebbe per me. Tra i suoi figli, quella che si sottomette è sempre mia sorella.
«Mamma, devo trovare velocemente un lavoro»
«Non hai pensato di riprendere gli studi?»
«No, vi ho già detto che l’università non fa per me. Devo cominciare a fare qualcosa altrimenti non riuscirò mai a togliermela dalla mente. Devo cercare di tenere la mente occupata con dell'altro»
Com’è possibile che senta ancora il suo profumo? O l’odore della sua pelle? In mezzo alla gente, mi sembra di sentire la sua voce o la sua risata.
È questo l’effetto che fa l’amore? Vedere e percepire la presenza della persona che ami dappertutto?
E’ questo che mi fa star male ancora di più perché lei, invece di essere con me, è abbracciata ad un inglese da quattro soldi.
«Tesoro, perché non provi a chiamarla?»
«Mi chiuderebbe il telefono in faccia»
Perché mia madre si interessa così tanto alla mia vita sentimentale?
«Non puoi esserne sicuro. Prova almeno»
«Non so nemmeno se ha ancora lo stesso numero»
«Te lo ripeto: prova! Prova a chiamarla, magari risponde e parlate un po’; magari ti può aiutare a trovare un lavoro a Londra»
«Non le chiederò mai una cosa del genere!!» esclamo.
«Tu e il tuo orgoglio, Andrea!! Devi darti una mossa se vuoi riprendertela»
«Mamma?»
«Dimmi» dice sospirando.
«Perché ti stai interessando così tanto alla mia vita privata?»
«Perché non ti ho mai visto così innamorato. Ogni volta che torni a casa sei triste. Ti si legge in faccia che sei innamorato perso per quella donna. Vorrei fare qualcosa per aiutarti, ma non conosco sua madre. Voglio che tu sia felice, tesoro. Con chi lo deciderai tu, ma voglio la tua felicità e, se credi che Gaia sia la donna che fa per te, vai a Londra e riprenditela»
Sono commosso. Mia madre non mi ha mai fatto discorsi del genere. «Sta con un altro»
«Non credo che questo ti possa fermare»
Sorrido e mi siedo alla scrivania davanti al pc.
Automaticamente il mio sguardo cade sulla cartella che contiene le foto di Gaia fatte quando eravamo insieme in Inghilterra. Mentre mia madre continua a parlare, la apro e la prima foto che vedo è quella di Gaia che dorme sul il mio braccio, durante una delle notti passate insieme.
Chissà quanto è cambiata in questi anni e chissà se avrà voglia di sentirmi nel caso in cui decida di chiamarla.
Ho voglia di risentire la sua voce, di risentirla ridere, di vederla camminare, sorridere e ho voglia di risentirla mentre mi parla.
Sono innamorato cotto, è verissimo; mi darei uno schiaffo se penso che, in questi anni, le cose sarebbero potute andare diversamente se non l’avessi lasciata.
Ma, come dice Giorgio, non posso piangere sul latte versato; devo pagarne le conseguenze, proprio come ho fatto in questi anni standole lontano.
«Andrea?» mi chiama mia madre.
«Devo riattaccare mamma»
«Cos’è successo?»
«Hai ragione. Devo chiamarla»
«Bravo! Ci sentiamo presto e non fare sciocchezze» si raccomanda.
«Si mamma. Ciao»
«Ciao tesoro»
Sorrido e riattacco.
Ok, adesso devo soltanto fare un respiro profondo e fare il suo numero.
Il mio dito scorre lo schermo dell'i-Phone, fin quando non trovo il suo nome. Avevo memorizzato il suo numero con il soprannome “Principessa”.
Ricordo il giorno in cui l’ho chiamata così per la prima volta.
Era Il nostro primo giorno in Inghilterra, eravamo sull’autobus…
«Principessa, premi il pulsante» le dico. Mi guarda per qualche secondo, come se stesse cercando di capire perché l’ho chiamata in quel modo.
Così facendo, però, ci sta facendo perdere la fermata.
«Gaia, premi il pulsante!!» grido sporgendomi verso di lei.
Si volta di scatto e, finalmente, lo preme.
Sospiro; vado avanti e indietro nella stanza mentre il mio pollice indugia sul tasto verde che attiva la chiamata.
Ora o mai più, Andrea!” mi dico, così, dopo un’interminabile secondo, premo quel tasto.
Il mio cuore comincia a battere velocemente, mentre il segnale della linea diventa quasi insopportabile.
Il telefono suona a vuoto. Molto probabilmente non risponderà.
E perché dovrebbe poi? Sono passati quattro anni e non ho la più pallida idea di come reagirà alla mia chiamata. Se capirà che sono io…
«Pronto?»
Cazzo… la sua voce.
Ha risposto.
Non sa chi sono, segno che ha cancellato il mio numero.
Ha chiuso davvero con il passato. E io? Sto riaprendo quel mondo di sofferenza che lei aveva chiuso. «Pronto?» chiede ancora.
Dovrei rispondere; si, dovrei decisamente farlo, ma non riesco a spiccicare parola. L’emozione di sentire, dopo tanto tempo, la sua voce è troppo forte.
La sento sospirare e poi… «Andrea…» mormora.
Oddio, ha capito che sono io.
Devo dire qualcosa. «Ciao» dico.
Non so nemmeno dove ho trovato la voce per parlare.
«Ciao» risponde lei.
«Come… come stai?» chiedo.
«Bene» la sento sospirare «Tu?» chiede infine.
«Si, anch' io» rispondo sorridendo, come se lei potesse vedermi. Mi sono anche reso conto di essermi fermato.
«Posso fare qualcosa per te?» chiede.
Chiudo gli occhi e riprendo a fare avanti e indietro dalla cucina.
Ritorna da me” vorrei dirle, ma non mi sembra proprio il caso.
«Uhm… so che può sembrare strano, ma mi chiedevo se potevi…» Potevi cosa? Cosa le chiedo adesso?
«Si?»
«Se potevi aiutarmi a trovare un lavoro lì a Londra» dico tutto d’un fiato.
«Ah…»
«Scusa, non avrei mai dovuto chiederti una cosa del genere. Mi dispiace»
«Uhm, no… aspetta! Posso parlare con un amico del mio…» si blocca subito. So cosa stava per dire.
«Fidanzato?» concludo per lei.
«Si, lui. Uhm… ha un pub e cerca personale»
«Sarebbe perfetto» potrebbe significare vederla spesso. Con l’inglese, ma sempre meglio di niente. «Grazie» aggiungo.
«Figurati. Ti andrebbe bene essere qui tra un paio di giorni?»
«Si, certo»
«Bene, allora ti manderò un messaggio con quello che ti serve sapere»
«Non possiamo incontrarci?» chiedo di getto.
«Non credo sia una buona idea» risponde lei e posso sentire il dispiacere nella sua voce. È chiaro che risentirmi non le fa fare i salti di gioia.
«Mi eviterai?» chiedo.
«Andrea? Cosa vuoi da me? È davvero solo un aiuto quello che vuoi?»
Voglio te, scema! Voglio stare con te, voglio essere sempre al tuo fianco” vorrei dirle ma le uniche parole che escono dalle mie labbra sono «Si, voglio soltanto un aiuto. Non chiedo altro»
«Perfetto. Ci sentiamo allora» risponde.
«Si, ci sentiamo» ripeto annuendo come un idiota.
Restiamo in silenzio per qualche secondo; fino a quando non è lei a chiudere la comunicazione.
Adesso ho la possibilità di riprendermela e non sarà un inglese del cazzo a fermarmi.
Essere a Londra e lavorare nel pub che lei, molto probabilmente, frequenta mi renderà le cose molto semplici.
Il mio obiettivo adesso è riprendermi Gaia, a qualsiasi costo.

------

  
Tutto pov Andrea. Da quanto tempo non sentivate i suoi pensieri?!
Devo dire che scrivere di lui mi piace tanto, infatti ci saranno più capitoli dal suo punto di vista :3
Ecco che adesso decide di riprendersi Gaia. Contente?! Chissà come andranno le cose. Se si inventerà qualcosa per riconquistarla o lascerà che il destino segua il suo corso *_*
Lo scopriremo la prossima settimana :)
Intanto, vi ricordo che, se volete far parte del mio gruppo questo è il link :3
FrancyEFP.
Un bacio e alla prossima.
Francy 
 

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Capitolo 3
*** 3. *Missione amorosa* ***


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Salve a tutti. :)
Pubblico con un pò di anticipo, ma lo faccio per un'amica che oggi compie gli anni.
Buon compleanno Ale. Ti voglio bene :* :*
Spero questo capitolo ti piaccia <3


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 3-
*Missione amorosa*

 
Pov Andrea
 
In due giorni mi sono maledetto un’infinità di volte; più di quanto abbia fatto in questi anni.
Non avrei dovuto chiamare Gaia e fare la figura dell’idiota.
Chissà come andranno le cose appena l’aereo sarà atterrato e sarò sceso.
Più mi avvicino a Londra, più sento l’ansia impossessarsi di me.
Due giorni fa Gaia mi ha mandato un messaggio con tutte le indicazioni necessarie per trovare il pub e una casa in affitto.
Un po’ ne sono rimasto sorpreso; non credevo mi trovasse anche l’appartamento. In realtà, speravo che mi ospitasse a casa sua.
«Si, e poi ti avrebbe fatto compagnia durante la notte, lasciando il povero Jay da solo» mi ha detto Giorgio quando gli ho raccontato tutto.
L’ho insultato e gli ho chiuso il telefono in faccia.
Loro si prendono gioco di me, ma non capiscono quanto sia importante per questo viaggio.
È una “missione amorosa” come l’ha definita Alessia e devo portarla a termine a partire da ora: devo scendere da questo aereo che, mentre blateravo con la mia mente, è atterrato e si è praticamente svuotato.
Prendo lo zaino e mi alzo, uscendo velocemente dal velivolo.
Dopo aver recuperato la valigia e fatto i controlli necessari, esco dall’aeroporto alla ricerca di un taxi.
Quante cose mi ricorda questo posto…
Viaggiare mi ha ricordato di quando l’ho fatto con Gaia: di come l’ho importunata per tutta l’andata e di come l’ho accarezzata e baciata al ritorno. Ero già innamorato di lei, ma ero troppo cieco per vederlo e troppo stupido per capirlo e dare ragione al mio cuore.
Ero solo un ragazzino di diciannove anni che credeva di sapere tutto ma, a distanza di qualche anno, mi sono reso conto che non ho mai saputo veramente nulla dell’amore fin quando non ho incontrato Gaia. Mi sono reso conto che l’amore che mi lega a lei è più forte di qualsiasi altro rapporto; so che lei è quella giusta e nessuno può tenerla lontana da me.
Lei sarà mia; la renderò felice…
 
L’appartamento di cui Gaia mi ha dato l’indirizzo è vicino al pub.
Ho posato le mie cose e mi sono diretto subito lì. Ho fatto il colloquio e adesso aspetto di conoscerne l'esito.
Per fortuna, nel corso degli anni, il mio livello d’inglese è nettamente migliorato. L’unica cosa buona che ho fatto all’università è stata questa, per il resto sono felice di averla mollata.
«Ferrari?»
Sento pronunciare il mio cognome in un pessimo italiano e mi alzo sperando di aver avuto il posto. In fondo cosa ci vuole a servire ai tavoli, a fare cocktail o altre cose simili? Durante la mia adolescenza ho fatto migliaia di cocktail e, adesso, le cose non sarebbero poi così diverse.
«Si» rispondo andando incontro al ragazzo che mi aveva chiamato.
È biondo, ha gli occhi verdi ed è alto. Credo proprio che sia lui l’amico di Jay.
«Sei stato raccomandato dalla nostra sorellina» dice e io aggrotto le sopracciglia. Molto probabilmente si riferisce a Gaia «Quindi, sei assunto. Cominci adesso e ti paghiamo centoottanta sterline a settimana. Vedi di non fare casini» dice tirandomi uno straccio che prendo al volo.
«Certo, grazie» rispondo sorridendo.
«Ringrazia Gaia. E’ stata lei ad insistere; non avevo bisogno di personale»
Un momento… lei mi aveva detto che questo tipo ne cercava.
«Lo farò. Grazie ancora»
Voglio vederla. Sento il mio cuore battere furiosamente e le mie labbra distendersi in un sorriso.
Mi avvicino al bancone e mi presento ai due ragazzi – un maschio ed una femmina – che già stanno lavorando.
«Ciao!» esclamo.
«Oh ciao! Devi essere l’amico di Gaia» dice la ragazza.
Amico! Odio questa parola. Non sono solo un amico.
Lo sei” mi rinfaccia la coscienza.
«Si, ehm… sono io» rispondo stringendo i pugni.
«Bene. Io sono Charlotte» così dicendo mi porge la sua mano, la stringo dicendole il mio nome.
«Io sono James» si presenta anche l’altro stringendomi la mano. «Mi hanno detto di farti vedere un po’ come funzionano le cose» mi informa.
«Si, certo. Fai pure» rispondo. Mi è simpatico.
Lo seguo per il locale mentre mi spiega che la priorità del mio lavoro è quella di pulire i tavoli e servire i clienti seduti il più velocemente possibile.
Mi mostra il magazzino, da lì farò molte volte avanti e indietro per prendere bottiglie e stuzzichini vari.
«Farò sempre questo?» chiedo.
«No, stai tranquillo. Sappiamo che sei un amico di Gaia e che hai ottenuto il lavoro solo grazie a lei. Patrick vuole metterti alla prova e vedere se ne sei in grado»
«Non lo deluderò» rispondo serio.
«Lo so. Sembri un ragazzo in gamba» dice dandomi una pacca sulla spalla.
Annuisco e, con lo straccio di prima, comincio a pulire i tavoli.
È pomeriggio inoltrato, ci sono veramente pochi clienti, ma continuo a sperare di vederla entrare dalla porta… non so nemmeno come potrei reagire ad un nostro possibile incontro.
La campanella attaccata alla porta suona una marea di volte durante il pomeriggio e per buona parte della serata ma, di lei, nemmeno l’ombra.
Nonostante sia lunedì sera, c’è tanta gente e mi rendo conto che questo lavoro non mi dispiace per niente.
Charlotte e James sono simpatici e, per il momento, non ho ancora fatto casini.
«Andrea!!» mi sento chiamare da una voce femminile, ma quando mi volto mi rendo conto che si tratta solo di Charlotte.
Già, avrei dovuto immaginarlo.
«Ehi, dimmi» dico avvicinandomi al bancone.
«Prendi questo vassoio e porta le birre a quel tavolo in fondo, vicino alla vetrata»
«Subito!» rispondo.
«Attento a non far cadere le bottiglie» mi dice sorridendo.
Le sorrido di rimando e mi volto per portare le birre al tavolo. Per fortuna, arrivano sane e salve e, quando ritorno da Charlotte, le faccio l’occhiolino «Tutto sotto controllo»
«Si, sei bravo per essere un pivellino»
«Ma grazie! Lo prendo come un complimento»
Lei scoppia a ridere, riprendo a fare il mio giro per pulire i tavoli e recuperare i bicchieri sporchi.
Strano come, in un lunedì sera qualsiasi, un locale di Londra possa essere così pieno.
Non oso immaginare durante il fine settimana.
«Andrea!!»
Mi sento chiamare di nuovo, ma stavolta credo sia Patrick a richiamare la mia attenzione.
Do un pulita agli ultimi tavoli e mi volto per andare da lui.
«Dimmi»
«Ottimo lavoro stasera. Ci vediamo domani» dice dandomi una pacca sulla spalla.
«Grazie» rispondo sorridendo.
Si congeda e poso lo straccio sotto il bancone; saluto Charlotte e James ed esco.
Adesso comincio a sentire sul serio la stanchezza del viaggio e del primo giorno di lavoro.
Non vedo l’ora di andare a dormire.
Attraverso velocemente la strada e svolto a destra, trovando subito il portone del mio palazzo. Cerco le chiavi nella tasca dei miei jeans e, appena entro, il mio cellulare comincia a squillare.
Guardo lo schermo e sorrido: è Gaia.
«Ciao» rispondo cercando di non farle capire che sono felice di sentirla.
«Ehi, ciao»
«Grazie per quello che hai fatto» le dico subito.
«Non pensarci. Patrick aveva un debito con me. Ho saputo che hai appena finito»
«Si» rispondo salendo le scale.
«Ti sei trovato bene?» chiede.
«Si, benissimo»
«Bene. Ne sono felice» mormora ma, mentre parla, sento il pianto di un bambino.
Il sangue mi si gela nelle vene e, l’idea di vedere Gaia e Jay felici e contenti con il loro bambino, mi disgusta.
Voglio che Gaia abbia dei figli da me!
Oddio, sto esaurendo! Questa donna mi sta portando al manicomio.
«Uhm… scusami, devo andare»
«No, aspet…» Non riesco a finire di parlare che ha già riattaccato.
«Porca puttana!!» urlo colpendo il muro con un pugno! Sento le lacrime pungermi gli occhi, ma mi rifiuto di piangere! Non posso!
Non l’ho fatto in questi anni, non comincerò adesso.
Non può aver avuto un figlio da lui; Massimo, il marito di Serena, me lo avrebbe detto.
Oddio, mi rifiuto di pensarci. Non può proprio essere possibile.
Faccio un respiro profondo e mi dirigo in camera da letto. Dovrei procurarmi delle lenzuola e delle coperte, ma sono troppo stanco e arrabbiato per pensare a queste cose.
Mi lascio cadere sul materasso e, in breve tempo, mi addormento, lasciando la mia mente libera di sognare l’impossibile.
 
Mi sveglio di scatto: sono tutto sudato e il cuore mi va a mille. Deglutisco e mi alzo dal letto; guardo la sveglia e mi rendo conto che sono solo le otto e mezzo del mattino. Sospiro e mi concentro meglio su quello che è successo il giorno prima.
Sono a Londra, ho lasciato la mia vita in Italia, ho un lavoro. Ho fatto tutto questo per un solo motivo: per lei, Gaia e, probabilmente, lei ha avuto un bambino da un altro uomo.
Mi passo una mano sul viso e scuoto la testa. Non può essere possibile.
Mi dirigo in bagno per una doccia che mi rilassi e che riesca a sciogliermi i muscoli, ma nemmeno la doccia calda riesce ad aiutarmi. Decido quindi, di vestirmi ed uscire; è l’unico modo che ho per distrarmi.
Afferro le chiavi ed esco. Se penso che ho sognato la donna della mia vita a letto con un altro vorrei mettermi a correre come un pazzo; forse dovrei farlo davvero. Potrebbe servirmi.
Svolto un paio di angoli, attraverso delle strade e mi ritrovo indietro di cinque anni. Mi ritrovo a quando ho passeggiato a Piccadilly con lei; quando tutto era all’inizio e lei cominciava a fidarsi un po’ di me. Adesso lei non si fida più di me.
Ho paura di averla persa per sempre, di non riuscire a riconquistarla; ho paura che lei, alla fine, preferisca quel damerino a me.
Farei di tutto per stare con lei, ma le mie risorse sono limitate. Non so dove abita o dove lavora.
Mi pento di non aver fatto questo passo prima che le cose peggiorassero, prima di perderla, perché si, ho paura di perderla per sempre. Però, per il momento, sono qui e voglio provare tutto quello che mi è possibile fare.
Estraggo il cellulare dalla tasca e cerco il numero che mi serve; questa è l’unica possibilità che mi resta, altrimenti controllerò ogni luogo di Londra pur di trovarla.
Avvio la chiamata e faccio un lungo sospiro mentre mi guardo intorno, ripensando a quel giorno di tanto tempo fa.
«Andrea, ciao!» risponde.
«Ciao Serena» mormoro.
«Ho saputo che sei a Londra. Che ci fai qui?» chiede.
«Chi ti ha detto che sono a Londra avrebbe anche dovuto dirti il perché»
«Mi ha accennato qualcosa, ma lei crede che tu sia venuto per lei. È così?»
«Può darsi» mormoro.
«Perché hai chiamato?»
«Ho bisogno di vederla»
«Credi sia una buona idea?»
«Sono innamorato di lei, Serena. Tu cosa dici? Ho bisogno di vederla»
«Posso dirti dove lavora. Se ti dicessi dove abita, mi ucciderebbe»
Sempre meglio di niente «Va bene»
«E’ rimasta all’università. Lavora lì»
«Quale università?»
«University College London»
«Va bene. Adesso provo a raggiungerla. La troverò lì, no?»
«Si, oggi ci sarà»
«Grazie Serena» dico pronto a riattaccare.
«Andrea?»
«Dimmi»
«Che intenzioni hai?»
Sospiro e mi passo una mano fra i capelli «L'amo»
«Non basta. Non in questo caso»
«Voglio stare con lei e non m'importa di questo Jay, se tra loro c’è qualcosa di profondo…»
«La vorresti anche se lei dovesse odiarti a morte perché le hai portato via Jay?»
Voglio che Gaia stia con me perché mi ama e non perché è costretta a farlo, questo è vero. «No. Se lei vuole stare con lui non glielo impedirò, ma voglio avere la possibilità di dimostrarle che sono cambiato e che posso renderla davvero felice»
«Allora impegnati Andrea… perché lei ti ama ancora»
«Te lo ha detto lei?»
«No ma da quando l’hai chiamata è diversa»
«In che senso?»
«Non te ne posso parlare per il momento, ma sappi soltanto che se farai le scelte e le mosse giuste, potrai riconquistare la sua fiducia»
«Grazie Sere»
«Figurati. Ho sempre fatto il tifo per voi. Jay mi piace, gli voglio bene, ma credo che lei dovrebbe stare con te»
Sorrido e alzo il braccio per fermare un taxi.
«Grazie davvero. Farò tutto il possibile»
«Bravo. Adesso vado. Marco richiede le mie attenzioni» dice ridendo.
«Ok, ci sentiamo presto. Dai un bacio al piccolo e salutami Massimo»
«Lo farò»
Entrambi riattacchiamo mentre salgo sul taxi. «Dove andiamo, signore?» chiede l’uomo davanti a me.
«University College London» dico sprofondando nel sedile.
Spero di incontrarla anche se non so come, entrambi, potremmo reagire a questo incontro.
Faccio un respiro profondo e guardo fuori dal finestrino. Spero di vederla da qualche parte… per strada, mentre attraversa la strada, mentre sorride, mentre porta i capelli dietro le orecchie o mentre cerca il cellulare nella borsa.
Mi manca terribilmente e non c’è stato giorno in cui non abbia provato a dimenticarla perché so che c’è una grande probabilità che lei non voglia più avere a che fare con me.
E, a quel punto, dovrò davvero lasciarla andare. Dovrò davvero andare avanti e lasciarmela alle spalle.
La mia testa è così piena di lei che non mi sono nemmeno reso conto di essere arrivato. Pago il tassista e scendo.
Bene, adesso devo solo cercarla tra tutti questi ragazzi.
Dove sarà?
Mi guardo intorno e mi avvio verso l’interno dell'edificio.
Continuo a camminare, immaginando la mia Gaia tra questi ragazzi.
L’ho fatta soffrire, l’ho costretta ad odiarmi e a non essere felice.
Sono stato un idiota e, se lei dovesse preferire Jay a me, non me lo perdonerò mai. Oltretutto non ho ancora risolto questa cosa del bambino.
Ha davvero un figlio da Jay?
Scuoto la testa perché non voglio pensarci. È impossibile che sia successo.
«Ciao Andrea»
Il mio cuore perde qualche battito, per ritornare poi a pulsare velocemente. Mi volto e…
«Gaia…»
È davanti a me ed è bellissima. Vorrei abbracciarla, ma so che non sarebbe giusto. Non farò nulla che lei non voglia.
«Ciao» dice ancora sorridendo appena «Cosa ci fai qui?» 
«Volevo vederti»
Annuisce sorridendo ancora e si volta per riprendere a camminare «Non capisco perché sei venuto qui a Londra» dice.
«Non c’è futuro per me in Italia»
«Pensi che qui ci sia?» chiede.
«Lo spero» mormoro.
«Come ti sei trovato nell’appartamento?»
«Bene, grazie. È fantastico»
«Sono contenta. Era l’unico in affitto vicino al pub»
«Ah, a proposito di questo. Grazie per avermi… uhm, raccomandato ecco»
«Nessun problema» dice sorridendo.
«Gaia…» mi fermo e le tocco un polso per farla voltare.
«Che c’è?» chiede guardandomi negli occhi.
«Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto»
«No… non dire niente per favore» dice scuotendo la testa.
«Perché no? Devo scusarmi con te. Voglio scusarmi con te, perché non meritavi quello che ti ho fatto durante l’ultimo anno di liceo»
«Ok, accetto le tue scuse» mormora guardandomi.
«Posso chiederti una cosa?» chiedo.
«Certo, dimmi»
«Ho una possibilità con te?» la guardo negli occhi e lei li spalanca leggermente, segno che è sorpresa ma, nonostante lei abbia capito bene la domanda, chiede «In che senso?»
«Mi sono pentito di non averti seguita dopo il matrimonio di Serena. Avrei dovuto venire qui a Londra e dimostrarti che a te ci tengo davvero e che ti amo»
«Smettila! Basta! Non dirlo più. Non dire che mi ami. Perché sei qui? Perché ritorni proprio adesso? Mi sono rifatta una vita cercando di dimenticarti e tu, adesso, ritorni dopo tre anni e distruggi tutto. Lasciami in pace! Sparisci dalla mia vita!!» urla e mi spinge lontano da lei. Se ne va correndo; orrei seguirla ma le gambe si rifiutano di muoversi.
«NO!! No, no, no, no. Non può essere!!» cerco con tutte le forze di muovermi, ma niente.
 
«NO!!» mi sveglio di scatto. Sento il battito accelerato e, appena metto i piedi per terra, mi accorgo di tremare.
Ho avuto un incubo terribile.
Non voglio che il nostro primo incontro vada in questo modo, non voglio che lei mi rifiuti senza avermi prima dato la possibilità di riconquistarla, voglio dimostrarle che sono davvero cambiato.

------
 

Eccoci giunti alla fine...
Vi aspettavate che alla fine il loro primo incontro è stato un sogno? xD
Beh, a parte questo non ho altro da aggiungere.
Oggi non è una giornata felice, poiché la mia bisnonna è venuta a mancare a 101 anni, quindi sono un pò con la testa altrove.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a seguirmi.
Grazie
Francy

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Capitolo 4
*** 4. *Soltanto uno sguardo* ***


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Buongiorno a tutti.
Sono le 10.37 di un noioso venerdì, in teoria, secondo giorno di primavera. Speriamo che le temperature che ci sono oggi continuino per un pò :3
BTW, sto per lasciarvi alla lettura del quarto capitolo, ma prima di questo ci tenevo a ringraziare le ragazze che hanno continuato a seguirmi anche qui e a coloro che hanno scoperto la serie da poco e che hanno letto velocemente LBIOS per cominciare questi capitoli.
Vi ringrazio davvero di cuore.
Spero di non annoiarvi mai, spero di non deludervi in nessun modo e spero che tutto quello che deciderò di scrivere sia abbastanza buono da essere letto da voi, quindi... teniamo le dita incrociate (o almeno io le tengo) e buona lettura. :)
Francy

 


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 4-
*Soltanto uno sguardo…*

 
Pov Gaia
 
Sapevo che prima o poi la mia vita sarebbe cambiata, che avrebbe subito una grande svolta ma, questo cambiamento, non è accaduto quando ho deciso di non ritornare più in Italia. La svolta è successa dopo aver ricevuto la chiamata di Andrea, dopo averlo sentito per la prima volta una settimana e mezzo fa.
Probabilmente ho rischiato a chiamarlo ma, nel profondo, ho sentito la necessità di sentirlo; di sentire nuovamente la sua voce.
Non è stato un desiderio comparso da un momento all’altro ma, nell’istante in cui ho sentito la voce di Andrea, dentro di me è scattato un allarme che avrebbe dovuto farmi aprire gli occhi sui miei sentimenti per Jay.
Dopo aver avvertito per la prima volta quella sensazione, ho cominciato a pormi delle domande “E’ davvero Jay che amo?
Davvero un sentimento come quello che credo di provare per lui, può essere messo in dubbio così facilmente?
Non so rispondermi ma, nonostante la mancanza di fiducia di cui ho parlato ad Andrea al matrimonio di Serena, qualcosa, adesso, dentro di me è cambiato.
La mia amica crede che io stia con Jay perché ho bisogno di qualcuno che non mi faccia pensare ad Andrea; mi sono rifiutata di ascoltarla, ma se fosse vero?
Sono stata davvero così cattiva?!
Jay è stato l’unico capace di rimettere insieme i pezzi del mio cuore dopo l’ultima volta che ho visto Andrea e, forse per questo motivo, l’ho visto come il mio “Salvatore”.
Ho voluto dimenticare quel periodo della mia vita, quando i sentimenti di Andrea per me erano ancora confusi.
«E se volesse riconquistarti?» mi aveva chiesto Serena quando le avevo raccontato che Andrea sarebbe venuto a Londra.
Non ho saputo risponderle perché, effettivamente, non saprei cosa dirle.
Mi sento divisa in due: da una parte, la mia coscienza mi dice che non è qui per me, che ha solo bisogno di rifarsi una vita in un’altra città; ma dall’altra parte, il mio cuore mi dice che lui è qui solo ed esclusivamente per me, che tutto questo mi farà mettere in discussione la mia relazione con Jay anche se, in fondo, so che è già stata compromessa.
In questi giorni gli ho detto che Andrea è qui in città e che lavora nel pub di Patrick, uno dei suoi migliori amici.
All’inizio non è stato contento di quello che avevo fatto; abbiamo anche litigato perché ho aiutato il mio ex ragazzo a trovare un lavoro senza consultarmi con quello attuale.
Non ha tutti i torti, ma Andrea ha bisogno di aiuto; almeno per il momento. 
Da un paio di giorni, il nostro rapporto si è raffreddato ed io non sono così tanto sicura di voler ritrovare il feeling che avevamo prima, ma non perché non lo ami più; semplicemente per il fatto che prima vorrei capire cosa provo per questa situazione e poi, eventualmente, prendere una decisione.
Chissà cosa succederà questa sera…
Di solito, il sabato sera passiamo la serata da Patrick ma, questa volta, non so se Jay vorrà andare al pub.
Per quanto mi riguarda non so se voglio andarci perché non so se sono in grado di affrontare Andrea, non con Jay accanto.
«Gaia?» mi sento chiamare mentre guardo fuori dalla finestra. Sta piovendo e Jay è appena tornato.
«Ehi, sono in camera» dico.
Poco dopo vedo il mio fidanzato entrare e piegarsi sulle ginocchia, vicino a me.
«Stai bene?» chiede accarezzandomi il ginocchio.
«Si» rispondo sorridendo e avvicinandomi a lui per baciarlo. «Com’è andata da tua madre?»
«Bene. Ha detto che possiamo passare l’estate nella casa in campagna. Saremo soltanto io e te»
Gli circondo il collo con le braccia e lo bacio «E’ fantastico»
«Si… così starai lontana anche da quell’Andrea»
«Smettila…» mormoro avvicinandomi al suo collo «Sai che ti amo» dico baciandolo però mi sento a disagio e non so il perché.
Che sia un segno?
«Lo so, però so che sei ancora innamorata di lui»
Alzo il volto di scatto «Non dire assurdità»
«Non negarlo, Gaia»
«Stai delirando. Troppo lavoro ti sta facendo male»
«So che lui è stato molto importante per te e che non è facile dimenticare il primo amore»
«Hai ragione, ma questo è successo anni fa e adesso sto con te»
«Ho paura che lui possa farti cambiare idea»
«Non succederà» rispondo sorridendo. Ho di nuovo la stessa sensazione di prima.
A dire il vero non so cosa succederà tra qualche settimana, ma vorrei tanto non mentire più a Jay facendolo soffrire. 
«Va bene. Adesso vai a vestirti» dice baciandomi la punta del naso.
«Perché? Avevamo detto che avremo passato la serata a casa»
«Massimo mi ha convinto ad andare al pub»
«Ah, o…ok»
«Se dici che lui non è tornato per te, allora mi fido e non abbiamo motivo per non andare lì stasera. Non possiamo sconvolgere le nostre abitudini solo per lui»
No, Jay… annuisco, velocemente mi bacia, prima di alzarsi e dirigersi in cucina.
Accidenti! Accidenti a me e ad Andrea!!
 
«Non sei nervosa?»
«No! Dovrei?»
«Stai per incontrare il tuo ex fidanzato… storico»
«Serena, piantala! Preferirei tanto rimanere a casa ma, se dico a Jay che non voglio andare, capirà che qualcosa non va e comincerà a farsi le paranoie; sai com’è…»
«No, invece… Non so com’è lui, ma so come sei tu. Stai ignorando quello che continui a provare per Andrea, continuando la tua relazione con Jay. Per carità, è un ragazzo d’oro, ma non ti vedo trascorrere tutta la vita con lui…»
Adesso anche Serena si mette a farmi venire i dubbi, perché non bastano quelli che mi faccio venire da sola.
«Perché mi stai dicendo tutte queste cose adesso? Quando Andrea non era nei paraggi non mi hai mai fatto un discorso del genere»
Siamo chiuse in bagno a prepararci, mentre i ragazzi stanno guardando la partita. Serena sta facendo dei discorsi veramente assurdi; negli ultimi anni non ha mai fatto riferimento ad Andrea e, quando le ho chiesto un consiglio su Jay, non ha proferito parola. Andava bene per tutti, e adesso?
«Per te Andrea era una zona off limits; volevamo soltanto che tu fossi felice. Pensavamo che Andrea prima o poi si facesse vivo con te; lo abbiamo spronato tante volte, ma lui diceva sempre che tu non volevi vederlo e che eri ancora furiosa con lui»
«Non sono furiosa con lui ma, sul fatto che non volevo e non voglio vederlo, ha ragione»
«Mi spieghi soltanto perché? Insomma, sei ancora innamorata di lui, no?»
«No» mormoro guardandomi allo specchio e dandomi della bugiarda.
«Non mentire a te stessa Gaia… negli ultimi anni, lo hai fatto, nascondendoti dietro la relazione con Jay; adesso hai la possibilità di cambiare le cose. Puoi avere una seconda possibilità con Andrea»
«Non sappiamo quello che Andrea è venuto a fare veramente qui.»
«Credi davvero che lui sia venuto a Londra soltanto per il lavoro o per cominciare una nuova vita? Me lo hai detto tu che era disposto a trasferirsi e a fare l’università qui se solo tu glielo avessi chiesto. Ha lasciato tutto per te. Lui è a Londra solo ed esclusivamente per te, non per altro»
«Non puoi esserne sicura» mormoro guardandola.
«Vedrai stasera allora… Se farà l’indifferente e ti saluterà tutto felice e contento, come se rivedesse un’amica dopo tanto tempo, allora vorrà dire che è a Londra solo per il lavoro; se, invece, rimarrà a guardarti da lontano sorridendoti a malapena vorrà dire che è a Londra per te»
«Stai vaneggiando» dico ridendo.
«No, Gaia! Apri gli occhi»
«Ragazze? Siete pronte?» chiede Jay bussando alla porta del bagno e interrompendo, per fortuna, il nostro discorso.
Serena mi guarda negli occhi, mentre metabolizzo quello che mi ha appena detto.
«Si arriviamo subito» dice la mia amica, poi, si rivolge di nuovo a me «Per il momento non dire niente a Jay, ok? Sorridi e non fargli capire nulla. Non roviniamoci l’ultima sera che passiamo insieme» mi sorride e io annuisco.
Dopo un abbraccio, Serena apre la porta ed esce; faccio fatica a guardare Jay negli occhi.
E se quello che ha detto Serena fosse vero?
In fondo, quello che gli ha impedito di venire qui prima, era soltanto il fatto che io potessi essere  ancora arrabbiata con lui.
«Amore, stai bene?» chiede Jay entrando in bagno.
Sbatto più volte le palpebre e gli sorrido. «Si, tutto ok. Metto le scarpe e sono pronta, ok?»
«Avrei dovuto immaginare che non eri ancora pronta» dice ridendo.
Bene, almeno non ha capito. Sorrido, tirandogli l’asciugamano addosso e andando in camera da letto per mettere le scarpe.
Velocemente prendo la giacca e, finalmente, possiamo uscire.
Questa, per Serena e Massimo, sarà la loro ultima serata a Londra; grazie a mia madre che si è offerta di tenere il piccolo Marco, possiamo uscire insieme. Domani mattina hanno il volo per ritornare in Italia.
Mi mancheranno ma, soprattutto, mi mancherà quella piccola peste di Marco.
Quel bambino è un amore, è dolce, affettuoso e molto timido ma, appena prende confidenza con la gente e con il luogo, si scatena.
È ancora piccolo, ha soltanto un anno, ma è già una furia.
«Accidenti, che casino!!» esclama Serena appena svoltiamo l’angolo. C’è una fila chilometrica e sono tutte ragazze.
«Che diavolo sta succedendo?» chiedo.
«Intanto entriamo e prendiamo il nostro tavolo» mormora Jay avvicinandosi al buttafuori. «Ciao Sean» lo saluta e lui, sorridendo a tutti, ci fa passare.
«Che bello essere amici dei proprietari dei pub» dice Serena tutta contenta facendomi sorridere.
Adora non fare la fila, soprattutto quando si tratta di locali notturni.
Sono nervosa, siamo appena entrati e Andrea potrebbe essere qui, da qualche parte.
Mentre Jay mi lascia la mano per andare a salutare Patrick, cerco di non guardarmi intorno. Se fosse per me, eviterei anche di salutare Patrick, Charlotte e James.
«Stai tranquilla, ok?» mi dice Serena accarezzandomi la spalla.
«La fai facile tu. Perché mi sono lasciata convincere ad uscire?» mormoro chiudendo gli occhi.
«Perché altrimenti Jay capirebbe cosa provi a riguardo» risponde la mia amica.
«Già… speriamo che questa serata finisca presto»
Faccio un respiro profondo e mi tolgo la giacca; mentre Serena e suo marito si siedono, raggiungo Jay, sperando di non incontrare Andrea.
«Guarda chi c’è!! La mia sorellina…» esclama Patrick appena mi vede.
«Ciao» rispondo sorridendo e abbracciandolo.
«Come stai?»
«Nella norma, tu?»
«Più che bene. Assumere Andrea è stata una salvezza. Attira un sacco di clientela, soprattutto femminile»
Ah. Ecco spiegato il motivo di tutte quelle ragazze là  fuori. «Almeno fa qualcosa di utile» risponde Jay cingendomi le spalle con un braccio.
«Andiamo a salutare Charlotte e James» dico al mio fidanzato, cercando di spostare l’attenzione su qualcos’altro.
Non mi piace parlare di Andrea come di uno che attira facilmente il sesso femminile. Potrebbero anche venire strane idee a Patrick… tipo organizzare serate speciali con spogliarello, dove a spogliarsi sarebbe Andrea. Rabbrividisco al solo pensiero.
«Ciao ragazzi» li saluto con la mano, mentre Jay va ad abbracciare James.
«Ciao tesoro!»
Charlotte è sempre stata carina nei miei confronti, sin da quando, nonostante stessimo insieme da poco, Jay mi ha presentata a tutti i suoi amici.
«Ciao, come stai?»
«Sto bene. L’arrivo del tuo amico mi ha fatto aumentare la paga»
«Non… non è mio amico» mormoro cercando di non rabbuiarmi.
«Ah… scusa, pensavo lo fosse»
«Tranquilla» le sorrido e le auguro buon lavoro; stessa cosa faccio con James che mi abbraccia ma, quando Jay mi prende per mano per tornare dai nostri amici, mi scontro con qualcuno.
«Stai attento a dove…» esclamo mentre il mio accompagnatore si avvicina di nuovo a me, non riesco a finire la frase perché mi rendo conto di chi ha appena urtato la mia spalla.
«Scusa» dice sorridendomi debolmente.
«Ciao» rispondo guardandolo. Accidenti, è cambiato tantissimo in questi anni.
Adesso capisco perché ci sono tante clienti stasera.
«Tu devi essere Andrea» dice Jay avvicinandosi e porgendogli la mano.
«Si, uhm… sono io» risponde lui, cercando di non far cadere la scatola che tiene in mano, porge l'altra mano per stringere quella di Jay.
«Sono Jay, il fidanzato di Gaia»
«Si, ho sentito parlare di te» mormora lui guardandomi e ritirando la mano. «Scusate, adesso devo lavorare» aggiunge infastidito.
Annuisco e mi volto per sedermi il più in fretta possibile.
«Che idiota!» mormora Jay sedendosi accanto a me. Vorrei dirgliene quattro, ma evito. Non voglio litigare qui.
«Che succede?» chiede Massimo, mentre sento lo sguardo di Serena su di me.
«Abbiamo incrociato il suo ex. Stava per metterla sotto» dice ridendo.
«E’ stato un incidente» lo difendo.
«Si, come no. Comunque lasciamolo perdere»
Sospiro e mi appoggio allo schienale della poltroncina, lanciando uno sguardo a Serena; mentre Jay parla con Massimo mi volto per guardarmi intorno.
Appena sposto lo sguardo all’interno del locale, i miei occhi si incollano a quelli di Andrea, come se anche lui mi stesse cercando.
Quando ci siamo scontrati mi ha sorriso debolmente; questo, secondo Serena, dovrebbe significare che lui ha lasciato la sua vita in Italia per me.
Mi rifiuto di crederci, perché è impossibile che dopo tutto questo tempo lui sia ancora innamorato di me.
Come me, ha cambiato vita anche se, sto scoprendo che il mio cambiamento, non è riuscito tanto bene.
Non è così impossibile…” mi ricorda la coscienza.
Forse. 
«Gaia, mi accompagni al bagno?» chiede Serena guardandomi negli occhi.
Annuisco e mi alzo «Devi parlargli» mi dice dirigendosi verso il bagno delle donne.
«No Serena! Diavolo, sei impazzita?»
«No! Ho visto come ti ha guardata e come ha fulminato Jay con lo sguardo. Se avesse potuto lo avrebbe preso a botte. Ma non te ne rendi conto?»
«Mi rendo conto che farò del male a Jay per un sentimento che non dovrebbe esistere. Andrea, stai sicura, non è più innamorato di me»
«Non dovrebbe? Ti lamentavi così tanto quando lui non riusciva a dirti “ti amo” e, adesso, dici che questo sentimento non dovrebbe esistere? Sii un po’ più coerente Gaia! Tu lo sai, voglio bene a Jay, perché ti tratta bene, ma devi aprire gli occhi e renderti conto che Andrea è ancora innamorato di te. Adesso spetta a te andare da lui e parlargli»
«Ma cosa vuoi che gli dica? Ehi Andrea, sei per caso venuto a Londra per me?»
«Perché no?»
«Perché non voglio più stare male per lui!!! Sto bene con Jay»
«Quindi… mi stai dicendo che non darai una seconda possibilità ad Andrea solo perché hai paura di soffrire di nuovo? Devi ammettere però che anche Jay potrebbe farti soffrire»
«Ritorno dagli altri» dico ma la mia amica mi afferra per un braccio facendomi voltare.
«So che Jay ti ha aiutata a dimenticare almeno un po’ Andrea e a raccogliere i cocci del tuo cuore. Non vorrei però che ti sentissi legata a lui solo perché ti ha aiutata; alla fine, non ha fatto nulla di eclatante. So che gli sei grata, ma questo non deve impedirti di dare una seconda possibilità ad Andrea perché, credo proprio, se la meriti»
Non voglio ammettere che Serena ha ragione; la mia paura più grande è quella di stravolgere di nuovo la mia vita, proprio come è successo in passato con Andrea, e ricascarci.
Annuisco e mi volto per ritornare al tavolo. Sono sconvolta dalle parole di Serena, Jay lo nota perché mi guarda sospettoso. «E’ successo qualcosa?»
«No, c’era troppa fila al bagno e mi sono scocciata di aspettare. È rimasta soltanto Serena» abbozzo come scusa e gli sorrido.
Lui si avvicina e mi bacia delicatamente; sto per allontanarmi ma le sue mani si spostano sulle mie guance per approfondire il bacio.
«Ti amo» dice solleticandomi il labbro superiore con la lingua.
«Anch'io» rispondo abbracciandolo e cercando di non sentirmi in colpa.
Riprendiamo a baciarci, fin quando non sento la voglia di fare l’amore per dimenticare questa terribile serata. Non avrei mai pensato di poter dire una cosa del genere, ma è la verità.
«Voglio andare a casa» mormoro contro le sue labbra.
«Hai fatto venire voglia anche a me» risponde ridendo.
Interrompo il bacio e lo spingo lontano da me, per accoccolarmi vicino a lui un secondo dopo.
«Il mio amore è lunatico stasera?» chiede al mio orecchio mentre Serena ritorna al suo posto.
«Il tuo amore può farti dormire sul divano stanotte se non smetti di darmi della lunatica»
«Lo sai che ti amo anche se cambi umore ogni due secondi?» dice alzando il mento per guardarmi negli occhi.
«Si, lo so» rispondo sorridendo.
Sorride e, voltandosi verso i nostri amici, mi stringe forte.
Serena mi guarda sorridendo. So che la mia amica vuole vedermi felice, con chi non ha importanza, ma l’importante è che io sia felice.
Dopo la discussione che ho avuto con lei e anche se non ne ho il coraggio, vorrei parlare con Andrea per chiedergli il vero motivo per cui è qui.
Devo essere sicura di non sbagliare prima di decidere di chiudere con Jay.
Andrea è veramente cambiato?!
 
La serata passa senza troppi problemi; ho riso parecchio e Jay, forse per paura che mi voltassi a guardare verso Andrea, mi ha circondato il collo con un braccio e mi ha tenuta stretta a sé, baciandomi ogni tanto.
A fine serata, intorno alle due del mattino, Jay esce con Massimo per fumare mentre io e Serena restiamo da sole al tavolo.
«Sta cercando una scusa per venire a parlarti» dice Serena bevendo un sorso della sua birra.
«Chi?»
Lei mi guarda storto e, con la testa, indica il bancone del pub.
Evito di voltarmi perché capisco a chi si sta riferendo.
Per tutta la serata non ho pensato a lui e, quando mi sono mossa all'interno del locale, l’ho evitato, ma adesso, forse, è arrivato davvero il momento di affrontarlo.
Se ci penso, però, sento di mancare di rispetto a Jay e non voglio che abbia un motivo per cominciare una lite.
«Vado al bancone» dice Serena sorridendomi e alzandosi.
«No, no… aspetta, dove vai?»
«Se rimani da sola, verrà lui» dice e se ne va.
Oh dio! Stavolta Jay mi lascia: è sicuro!
Prendo un lungo sorso del mio cocktail e provo a far rallentare il mio cuore. Non dovrebbe battere così velocemente eppure so che, se potesse uscire, lo farebbe.
Passano soltanto una manciata di secondi tra il mio pensiero e la voce di Andrea vicino a me «Ciao» dice piegandosi sulle ginocchia.
Gli sorrido e ricambio il saluto «Non dovrei essere qui, perché so che il tuo fidanzato mi ucciderebbe, ma vorrei chiederti se possiamo vederci un pomeriggio»
Lo guardo negli occhi mentre lui fa lo stesso con me. Non so cosa rispondergli…
«Sta tornando il tuo principe. Se accetti, sai dove trovarmi» dice alzandosi.
Sono ancora stordita dallo sguardo che mi ha rivolto e non riesco a spiccicare parola «Ciao» borbotta, infine, e se ne va.
Qualche secondo dopo, Jay occupa il posto accanto al mio. «Ti ha dato fastidio?» chiede premuroso.
«No, sto bene. Andiamo a casa? Sono stanca» dico poggiando la testa sulla sua spalla.
«Certo, andiamo» mi bacia la fronte e ci alziamo.
«Ragazzi, noi stiamo andando» dice Jay rivolto a Serena e a Massimo.
«Cos’è successo?» chiede la mia amica.
«Niente. Sono solo stanca»
Lei annuisce e mi abbraccia «Mi racconti domani, prima di lasciarmi in aeroporto»
Annuisco e sorrido. Saluto anche Massimo e, insieme al mio fidanzato, usciamo dal locale.
Sento lo sguardo di Andrea perforarmi la schiena. Lo immagino mormorare “Girati, girati, girati” ma, anche se vorrei, non lo faccio.
Dopo che i nostri amici hanno preso un taxi per ritornare a casa di mia madre, io e Jay torniamo a casa a piedi.
«Cosa voleva Andrea?»
Non rispondo subito. Non so se dirgli la verità o no… faccio un respiro profondo e opto per la verità «Mi ha chiesto se potevamo incontrarci un pomeriggio»
«Cos'hai risposto?» chiede stringendomi la mano nella sua.
«Non ho avuto il tempo di farlo. Se n’è andato appena ti ha visto rientrare» spiego.
«Capisco. Lo vedrai?» chiede ancora.
«Non lo so Jay. Non chiedermelo, per favore» mormoro. 
Mi sento già abbastanza in colpa, non occorre che gli dica quello che potrei fare.
«Va bene. Però, sappi che se deciderai di incontrarlo…» “Scordati di trovarmi a casa al tuo ritorno”, mi aspetto di sentire, invece quello che esce dalla sua bocca è totalmente diverso. «…non mi metterò in mezzo»
Lo guardo con gli occhi spalancati «Davvero?»
«Si. Sei una ragazza intelligente e sai scegliere cos’è meglio per te stessa»
«Non voglio scegliere nulla, Jay»
«Non lo so, ho la sensazione che la nostra relazione stia per volgere al termine»
«Perché ti stai facendo queste paranoie?» chiedo fermandomi.
«So che le cose cambieranno, me lo sento»
«Non pensarci, ok?» dico sorridendo e cercando di tranquillizzarlo il più possibile.
Lui annuisce e mi sorride, mentre si abbassa per baciarmi.
«Ti amo» mormora abbracciandomi.
«Anch'io» rispondo stringendolo forte. Avrei voluto dirgli “ti amo anch' io" ma, se lo avessi fatto, mi sarei sentita ipocrita «Andiamo a casa adesso» aggiungo.
Voglio porre fine a questa serata. Non ne posso più!!
In silenzio ed, evitando di sentirmi in colpa per tutto quello che sto facendo, ritorniamo a casa.
Lunedì comincerà un capitolo strano della mia vita: rispolvererò il passato con il mio primo amore, ma sarò pronta per farlo?

 

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Vi immaginavate così il loro primo incontro? O vi aspettavate qualcosa di eclatante?! Beh, a mia discolpa posso dire che gli incontri eclatanti non sono mai stati il mio forte xD
Gaia sarà pronta davvero ad affrontare Andrea?

Se vi va di seguirmi anche sul mio gruppo su Facebook, questo è il link! ;)

FrancyEFP
Buona giornata e a venerdì prossimo :*
Francy  

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Capitolo 5
*** 5. *Diverso, confuso, insicuro* ***


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Buongiorno... vado un pò di fretta, quindi, vi auguro velocemente buona lettura :* :*


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 5-
*Diverso, confuso, insicuro*

 
Siamo in aeroporto, in attesa dell’aereo che riporterà Serena, Marco e Massimo a casa.
«Non voglio che ve ne andiate» mormoro abbracciando Marco e guardando Serena. «La zia ti viene a trovare presto» dico invece al mio ometto preferito.
Lui mi sorride ma reclama la madre.
Serena lo prende in braccio e mi allontana da Jay e da suo marito: vuole sapere cos’è successo ieri sera, glielo si legge in faccia.
«Allora?»
«Allora cosa?»
«Come, allora cosa? Che cosa vi siete detti ieri sera tu e Andrea?»
Abbasso lo sguardo e sorrido. Uscirà di matto appena le dirò che non ho proferito parola. «Vorrei saperlo prima di prendere l'aereo visto che poi non potrò parlare con te di persona almeno fino a Natale» dice davanti al mio mutismo.
«Ok, va bene. Mi ha chiesto se potevamo vederci, per parlare»
«E tu? Hai accettato?»
«Non sono riuscita a dire una parola»
«Come no?» chiede scioccata spostando il figlio da un braccio all’altro.
«Ci siamo guardati negli occhi e non sono riuscita a rispondere, anche perché non sapevo cosa dirgli. Immaginavo volesse chiedermi di incontrarci ma, sentirmelo chiedere da lui, è stato… strano»
«Strano?» chiede confusa.
«Si… insomma, sono passati anni dall’ultima volta in cui siamo usciti insieme e, quella volta, lui mi ha lasciata»
«Non pensarci Gaia!! Le cose sono cambiate. Andrea non è più lo stesso ragazzo che era al liceo anzi, da quando ti ha lasciata, è totalmente cambiato»
«Cosa vuoi dire? Si è sempre comportato da stronzo»
«Lui è sempre stato innamorato di te; mi ricordo di averlo incontrato un giorno a scuola: era seduto per terra in corridoio. Si era pentito di averti lasciato e si leggeva nei suoi occhi che voleva ritornare con te. Allora ti dicevo spesso di andarci a parlare, ma tu ti ostinavi a dire che tra di voi era tutto finito, che di te non gliene importava nulla, che si era messo con Elena eccetera, eccetera. Secondo te, perché era così geloso quando hai iniziato ad uscire con Max? Perché ha reagito in quel modo quando ha scoperto che avevi fatto l’amore con lui? Lui è sempre stato innamorato di te e, secondo me, lo era anche quando eravate in gita, solo che forse non lo sapeva nemmeno lui. Gaia, lui sa di aver sbagliato a lasciarti quella sera, ma sarebbe anche ora di dargli una seconda possibilità per far sì che te lo dimostri»
Quanti ricordi… scuoto la testa, cercando di lasciarmeli alle spalle «Sono davvero confusa»
«Stai prendendo in considerazione l’idea di rimetterti con lui?»
«Ma nemmeno per scherzo!!» esclamo. Se mai le cose dovessero andare in un certo modo tra me ed Andrea, lo farò penare! Non gli renderò le cose facili.
«Sei cocciuta!»
Le faccio la linguaccia e l’effetto che ottengo è quello di far ridere Marco. «Allora non lo incontrerai? Non saprai mai perché è venuto»
«No, lo incontrerò oggi pomeriggio»
Sul viso di Serena si apre un grande sorriso, segno della sua poco evidente felicità alla notizia.
«Mi raccomando, fammi sapere come va, ok?»
«Certo, capo!»
La mia amica scoppia a ridere e, dopo questa breve ma intensa chiacchierata, ritorniamo dai nostri compagni.
Ogni volta, salutare Serena prima che lei parta, è un trauma.
Lacrime e abbracci infiniti. «Mi mancherete» dico abbracciandoli tutti e tre.
«Anche tu ci mancherai» mormora Massimo.
«Ao tia» mormora il bambino.
Sorrido e piango nello stesso momento. «Ciao piccolino mio. Fai il bravo con mamma e papà, ok?»
Lo prendo in braccio e lo stringo forte a me. Mi mancherà tanto non occuparmi di lui.
«Fai la brava anche tu, mi raccomando» mormora Serena abbracciandomi, dopo essersi ripresa suo figlio.
Annuisco e sorrido, asciugandomi le lacrime. «Ti chiamo stasera» mormoro e la libero dall’abbraccio.
«Buon viaggio» augura loro Jay stringendomi forte.
Piango ancora mentre li vedo dirigersi verso i controlli; Jay mi stringe forte mentre ci avviamo all’uscita.
«Li vedrai presto» mormora baciandomi la testa.
Annuisco e tiro su col naso, provando a calmarmi.
Cerco anche di non pensare a nient’altro, altrimenti le lacrime non si fermerebbero.
 
«Non dovevi andare da Andrea?»
«No»
«Gaia?»
«Stai zitto, sto cercando di seguire il film»
Jay non risponde ma si appropria del telecomando spegnendo la tv. «Dai!! La stavo guardando!» mi lamento.
«E io ti sto parlando»
«Ti ho risposto»
«Perché non vuoi incontrarlo?»
«Perché vuoi che lo incontri? Fino a ieri sera ti dava fastidio, magari adesso diventerete migliori amici, vero?»
«Non sto dicendo questo, ma dovresti mettere fine a questa storia. Non vuoi sapere se è qui per te o no?»
«Si, lo voglio sapere, ma non oggi. Voglio godermi questa giornata con te e, comunque, sono stanca. Non mi sento molto bene»
«Preferirei che tu chiudessi definitivamente con lui»
«Sai che farà sempre parte della mia vita» dico riprendendo il telecomando e accendendo nuovamente la tv.
«Ah si?»
«E’ mio amico»
«Non ti guardava da amico, Gaia»
«Farà sempre parte della mia vita»
Chiude gli occhi, segno che la cosa gli dà parecchio fastidio, e fa un respiro profondo «Per favore, potresti andare da lui così domani inizio la settimana felice come una pasqua?» chiede sorridendomi.
«Sei proprio uno scemo» dico ridendo e buttandomi su di lui.
«Chissà chi mi ha contagiato» mormora mentre cerco di fargli il solletico.
«Vorresti dire che sono scema?»
«Si, tanto. Ma mi piaci così. Amo la tua scemenza»
«Ma grazie… a cosa devo tutta questa dolcezza?»
«Alla mia voglia di non averti tra i piedi per le prossime ore»
«Scusami?» chiedo alzandomi e guardandolo con un sopracciglio alzato.
«Gaia, vai a parlare con Andrea e risolvi questa situazione. Chiudi con lui, restate amici, fai come vuoi ma, domani, voglio iniziare la settimana con la donna che amo e che nessuno mi porterà via»
Mi mordo il labbro, cercando di non piangere per l’ultima cosa che ha detto. Non merito un ragazzo così. Jay è perfetto, è un ragazzo d’oro e so che non mi farà mai soffrire ma i sentimenti che provo per lui, adesso, sono così diversi da quelli che credevo di provare; sono completamente diversi rispetto a che provavo con Andrea.
Adesso cosa è giusto fare? Non voglio far soffrire Jay, ma voglio scoprire quello che c’è ancora tra me e Andrea.
Vorrei ringraziare Jay per la fiducia che mi sta dando, ma non la merito; non merito nulla!!
Annuisco semplicemente e mi alzo.
«Mi raccomando, niente di troppo provocante!» urla dal divano mentre mi dirigo in camera.
Sorrido e indosso un paio di jeans e una maglietta presa a caso; metto una giacca e prendo la borsa.
L’idea di uscire di casa e andare da Andrea mi rende irrequieta e, il fatto che sia Jay ad incitarmi a farlo, mi rende ancora più ansiosa.
Capisco che lui voglia lasciarsi alle spalle Andrea, perché anch'io avrei fatto così al suo posto, ma oggi non mi va proprio di incontrarlo. A parte il piccolo incontro-scontro di ieri sera, non lo vedo da anni. Voglio essere sicura di me e non presentarmi da lui in preda a una tempesta di emozioni.
So che devo parlargli e lo farò, ma non oggi; sembrerò anche egoista ma non voglio scoprire la verità, sia quella che nasconde lui, sia quella che è dentro di me e che, soltanto Andrea, mi aiuterebbe a scoprire.
Ho due possibilità: avvicinami al portone che intravedo o fare marcia indietro e tornare a casa.
Continua, Gaia…” mi dice la mia coscienza.
So di doverle dare retta, ma non sono emotivamente stabile; so che mi arrabbierei tantissimo per quello che ha fatto e per essersi presentato qui dopo tutto questo tempo.
Se solo fosse venuto prima…
Probabilmente non mi sarei messa con Jay perché sarei stata sicura dei miei sentimenti per Andrea ma adesso… adesso c’è un’altra persona di mezzo che non voglio far soffrire. Allo stesso tempo però non voglio privarmi della possibilità di essere veramente felice, non che con Jay non lo sia stata.

Non credo di essere in grado di sopportare di nuovo quello che Andrea mi ha fatto passare quando stavamo insieme e quando mi ha lasciata.
La verità è che ho paura di averlo nuovamente accanto; ho paura dei sentimenti che mi faceva provare, di quello che ero insieme a lui. Ho paura dei suoi occhi nei miei, delle sue mani che mi accarezzano il corpo e della sua bocca su di me.
Ho una paura assurda delle sensazioni che mi regalava e, la possibilità di rimanere nuovamente scottata da loro, mi spaventa
Mi fermo in mezzo alla strada e guardo la finestra del terzo piano. Chissà cosa sta facendo: se dorme, se è in compagnia di qualcuno…
L’idea di affrontarlo adesso non mi va proprio giù. Devo essere io a decidere quando fare i conti con il passato, non può e non deve impormelo nessuno.
Scuoto la testa e mi volto per ritornarmene a casa. Affrontare Jay è sempre meglio che parlare con Andrea.
Non voglio mentirgli, ma dirò solo che in casa non c’era nessuno. Non mi va di discutere, quindi chiuderò velocemente l’argomento.
Mi dirigo velocemente a casa, sperando che Jay non mi stressi troppo.
Quando varco la porta del mio appartamento il mio fidanzato mi guarda attonito, con un piatto in mano. «Che fai lì in mezzo con quel coso in mano?»
«Lo stavo portando in cucina»
«Capisco» rispondo togliendomi la giacca e dirigendomi in camera per cambiarmi.
«Allora? Com’è andata?» chiede seguendomi.
«Non era a casa» rispondo togliendomi la maglia e infilandone una più comoda.
«Accidenti! Che peccato»
«Già. Non pensarci adesso»
«Vieni a guardare la tv con me?» chiede sorridendomi.
Per fortuna non insiste sull’argomento, quindi annuisco e lo seguo.
Passiamo la domenica pomeriggio tra film e baci dolci e romantici; per fortuna, almeno per oggi, l’argomento Andrea è stato chiuso definitivamente.
 
«Che cosa hai fatto?!?!?»
«Non urlare, per favore»
«Ma sei matta?! Ti lascio in aeroporto, raccomandandoti di andare da lui e tu, arrivi davanti a casa sua e non sali? Sei proprio scema, amica mia»
«Ok, hai finito di insultarmi?» chiedo seccata sprofondando nella poltrona.
Jay è andato a prendere da mangiare così, approfittando della sua momentanea assenza, ho chiamato Serena per informarla degli ultimi avvenimenti.
Purtroppo, non ho considerato il fatto che lei avrebbe voluto che parlassi assolutamente con Andrea.
«Te li meriti i miei insulti. Quel ragazzo è innamorato di te»
«Sei passata dalla sua parte?»
«Non sto dalla parte di nessuno, Gaia! Si può sapere qual è il vero motivo per cui non hai voluto incontrarlo?»
«Ho paura Serena…»
«Di cosa?»
«Di provare ancora dei sentimenti per lui. Di averli nascosti per tutti questi anni e di aver mentito a me stessa, a lui e a Jay. Ho paura che, se scopro di essere ancora innamorata di Andrea, Jay non mi rivolgerà mai più la parola e non posso accettarlo! Anche nel caso in cui sia ancora innamorata di Andrea, Jay rimane importante per me. Sarà importante per sempre»
«Secondo me, hai paura di ammettere di essere ancora innamorata di Andrea perché non ti sei lasciata abbastanza indietro il passato. Andrea, ne sono sicura, non ti farebbe mai più quello che ti ha fatto quando eravate al liceo»
«Potrebbe farmi soffrire ancora e non so se potrei accettarlo ancora»
«Perché dici questo?»
«Perché stare con lui significa soffrire. Ti devo ricordare quello che è successo?»
«Eravate dei ragazzini e lui, adesso, non è più lo stesso di quattro anni fa. È cambiato e dovresti dargli una possibilità»
«Non voglio far soffrire Jay…»
«Devi fare una scelta»
«E se non volessi farla?»
«Sei una codarda»
Ah bene, adesso mi becco pure della codarda. Le cose vanno di bene in meglio.
Sbuffo e mi alzo, avvicinandomi alla finestra.
«Non fraintendermi Gaia, però se eviti di fare una scelta significa che non vuoi rischiare e, se non vuoi farlo, è perché hai paura. Di cosa hai paura? Di scoprire che Andrea potrebbe essere davvero migliore di Jay? Di amare il primo più di quanto ami il tuo attuale fidanzato? Di non sopportare l'dea che Jay possa avercela con te nel caso in cui tu sia ancora innamorata del tuo ex? Se ne farà una ragione, credimi! Hai sbagliato a non parlare con Andrea oggi: avresti saputo perché è qui. Comunque ti ho dato il mio parere e credo di averlo espresso chiaramente»
«Non ho il coraggio di affrontarlo»
«Perché?» chiede esasperata.
«Perché so già cosa proverò in sua presenza, soprattutto se siamo soli; avrò voglia di abbracciarlo e non posso permettermi di cedere così facilmente»
«Ho sempre detto che, tra di voi, c’è sempre stata una forte tensione sessuale. Anche prima di andare in Inghilterra» dice scherzando. «Vedrai che tutto andrà per il verso giusto e nessuno salterà addosso all'altro. Ma devi fare il primo passo e andare da lui, o chiamarlo, ma dovete vedervi, altrimenti non risolverete mai questa cosa»
«La mia vita era perfetta, prima del suo arrivo. Lo avevo dimenticato, per quanto mi era stato possibile; ero riuscita a lasciarmelo alle spalle ma, da quando è tornato, la mia vita è di nuovo tutto un casino. Sto mettendo in discussione tante cose, in particolare il mio rapporto con Jay e non voglio perché tengo a lui. Fino a poco tempo fa, se mi capitava di pensare ad Andrea, non provavo quasi nulla: solo rancore e, a volte rabbia, perché adesso tutto è così diverso? Perché se penso a lui non lo odio?»
«Continua…»
«Una parte di me vorrebbe dargli una possibilità, vorrebbe che le cose tornassero come prima, vorrebbe che il nostro rapporto fosse come quello di quando eravamo degli adolescenti, magari con qualche cambiamento; ma l’altra… l’altra vuole restare con Jay perché sa che è la scelta giusta, perché mi rende felice. Quale parte deve prendere il sopravvento?»
«Cosa dice il tuo cuore?»
«Non lo so… credevo di amare Jay ma, arrivata a questo punto, non credo di aver mai smesso di amare Andrea» mormoro lasciandomi cadere sul letto. 
«Ascolta bene cosa ti dice il cuore: so che farai la scelta giusta»
«Lo spero proprio»
Restiamo un attimo in silenzio, fin quando non scorgo Jay attraversare la strada con i sacchetti in mano.
«Serena, devo lasciarti»
«Come mai?»
«E’ tornato Jay e lui non sa niente di questa storia»
«Ma scusa, non è stato lui ad incoraggiarti ad andare a parlare con Andrea?»
«Si. Ma gli ho detto che non era in casa»
«Perché gli hai mentito?»
«Perché mi chiederebbe il motivo per cui non ho voluto incontrarlo. Per il momento, non ho intenzione di dirgli niente»
«Dovresti fare chiarezza prima con Andrea, poi con te stessa ed infine con Jay»
«Lo so. Devo trovare il coraggio di andare da Andrea»
«Brava» risponde la mia amica.
«Adesso vado»
«Va bene, buona serata»
«Grazie. Salutami il mio nipotino»
La sento ridere e, dopo esserci salutate, riagganciamo. 
Guardo il telefono per qualche secondo e, quando sento le chiavi nella serratura, mi alzo cercando di non far capire a Jay che qualcosa mi turba.
«Tutto ok?» chiede entrando in cucina.
«Si, ho freddo» rispondo abbracciandomi e raggiungendolo.
«Hai acceso il riscaldamento?»
«Si» dico avvicinandomi a lui e abbracciandolo da dietro.
«Ecco cosa vuoi» dice ridendo e contagiando anche me.
È davvero possibile quello che mi sta succedendo? Credo di provare ancora qualcosa per Andrea ma voglio anche stare così con Jay!
«Cosa hai comprato?» chiedo lasciandomi sfuggire un sospiro.
«Sono stato al fast food qua vicino; ho preso un po’ di tutto»
«Hai fatto bene, perché sto morendo di fame e poi ho proprio voglia di qualcosa di particolare»
Si volta e mi abbraccia, mentre salto su di lui e lo bacio «Come mai così affettuosa? Devi dirmi qualcosa?»
«No, voglio solo baciarti e abbracciarti»
«E qualcos’altro no?» chiede nascondendo il volto nell’incavo del mio collo.
Gli schiaffeggio piano la spalla e scendo, cominciando a preparare i piatti con quello che ha comprato.
«Domani hai gli esami?» chiede masticando.
«No, domani devo aiutare dei ragazzi con la tesi, credo che ritornerò un po’ più tardi del solito. Il solo pensiero mi uccide»
«Perché? Ti è sempre piaciuto aiutarli»
«Si, ma nelle ultime settimane mi sembra di essere sempre troppo stanca. Quando sono al lavoro, ho sempre voglia di dormire»
«Dovresti fare meno attività fisica la notte» mormora vicino al mio orecchio.
«Divertente…» dico facendogli la linguaccia. Sono quasi due settimane che non facciamo l’amore.
Sbuffo mentalmente. C’è qualcos’altro di cui mi devo sentire in colpa?
«Va bene. Domani ti farò trovare una cena migliore di questa così non dovrai fare niente e potrai riposare» dice ed io scoppio a ridere.
«Lo sappiamo entrambi che cucinare non è il tuo forte»
«Nemmeno il tuo, eppure sei italiana»
«Ehi! Mi offendi così, io so cucinare»
«Si, certo…» dice ridendo.
Gli tiro addosso un tovagliolo accartocciato e lui mi guarda con aria di sfida.
«Non avresti dovuto farlo» mormora con un ghigno sulle labbra.
«Tu non avresti dovuto dubitare delle mie abilità culinarie»
«Perdono» dice lui ridendo e, alzandosi velocemente da tavola, mi carica in spalla.
Lancio un urlo stridulo, cominciando a ridere, mente Jay mi porta in camera da letto.
Mi butta sul letto e comincia a farmi il solletico.
«Per favore, Jay… smettila»
«Chiedimi scusa per avermi tirato quella pallina di carta»
Non riesco a parlare a causa delle risate. Mi dimeno sotto di lui, fin quando non riesco a spingerlo e a mettermi sopra di lui.
«Mi piace vederti sopra» dice sorridendo malizioso.
Il sorriso sulle mie labbra scompare all’istante.
Il ricordo di un momento simile passato con Andrea non rende più il momento bello e divertente.
Perché penso a lui proprio adesso? Perché, poi, penso proprio a quel momento così intimo?!
Scuoto la testa e scendo da Jay, sedendomi a gambe incrociate.
«Ehi, tutto ok?» chiede preoccupato.
«Si, scusa…»
«Cos’è successo?» domanda accarezzandomi i capelli.
Lo guardo e gli sorrido debolmente «Mi fa male la pancia» mormoro scendendo dal letto e indossando il pigiama.
Non posso dirgli cosa mi è venuto in mente, mentre eravamo in quella posizione, così intimi, così lontani da quello che è successo tanto tempo fa.
Jay resta lì a guardarmi, anche mentre mi metto a letto.
«Sicura di stare bene?»
«Vieni sotto le coperte con me?» gli chiedo a mia volta.
Lui annuisce e si toglie i pantaloni e la felpa.
Si infila sotto le coperte indossando solo i boxer e mi abbraccia.
Sono una grandissima stronza perché, pur di non pensare ad Andrea, sto sfruttando la compagnia di questo ragazzo stupendo e Jay non merita quello che gli sto facendo.
Lo abbraccio forte e mi sforzo di non piangere.
«Stai tanto male?» chiede baciandomi la fronte.
Annuisco e tiro su col naso. "Se solo sapessi cosa mi fa male sul serio, probabilmente mi lasceresti seduta stante" penso
«Dormi amore…» sussurra accarezzandomi la schiena.
Non merito questo ragazzo così dolce e premuroso; non merito il suo amore.
Non più, non adesso che ho paura che i miei sentimenti stiano subendo un forte cambiamento.
Odio sentirmi così: indecisa, insicura dei sentimenti che provo per lui. Odio sentirmi così perché, tutto questo, non lo provavo fino alla settimana scorsa e adesso è tutto così diverso, così confuso, così insicuro.

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Eccoci giunti alla fine.
Purtroppo non ho il tempo di scrivere altro, quindi spero soltanto che il capitolo vi sia piaciuto!
Un bacio e a venerdì prossimo..
Buona Pasqua a tutti <3 <3  

 

 

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Capitolo 6
*** 6. *E se...?* ***


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Buongiorno a tutti. :)
Non so cosa dirvi, se non grazie per tutto quello che state facendo per me e per questa storia. Davvero grazie infinite!
Grazie a chi l'ha messa tra le preferite, tra le seguite o le ricordate; grazie per chi la recensisce e sinceramente vorrei che quelle ragazze che mi hanno lasciate delle recensioni neutre si rifacessero vive. Vorrei sapere cosa ne pensate!
Grazie perchè semplicemente leggete ciò che scrivo. :)
Un bacio e buona lettura
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 6-
*E se…?*

 
Due giorni fa sarei dovuta andare a parlare con Andrea ma  in pratica, sono fuggita in preda al panico. Non credo sia stata una reazione molto matura da parte mia, perché a quest’ora avrei potuto già risolvere i problemi con lui, invece…
Invece mi crogiolo nel dubbio.
E' a Londra per me o no?
Svogliatamente sfoglio la mia agenda, mentre il prossimo alunno che devo aiutare si decide finalmente ad arrivare.
Una pallina rossa cattura la mia attenzione.
Guardo la data: diciassette maggio; mi rendo conto che quel pallino indica il mio ultimo ciclo.
«Merda» mormoro cominciando a sfogliare velocemente le pagine fino ad arrivare a quella di oggi: ventotto giugno.
Ho un ritardo di due settimane.
Sento il mio cuore cominciare a battere velocemente. No, non può succedermi una cosa di questo genere proprio adesso, in questo periodo della mia vita così incasinato.
Infilo velocemente le mie cose nella borsa e mi alzo; lascio un avviso ed esco velocemente dall’università. Spero che il ragazzo che avrei dovuto aiutare non se la prenda, ma non posso più restare qui dentro.
Devo assolutamente comprare un test di gravidanza, ma non so se sono pronta per sapere la verità.
Non posso avere un bambino! Non ora!
Compro un test nella farmacia più vicina e mi dirigo a casa, sperando che Jay non ci sia.
Una volta arrivata, lascio la giacca e la borsa sul divano ed entro in bagno; mi guardo allo specchio.
No, no, no, no…
Sicuramente non sono incinta. È lo stress. Si, sarà sicuramente lo stress…
Ho quindici giorni di ritardo e, tutto questo casino con Andrea, è iniziato nello stesso periodo.
Sospiro e mi metto una mano nei capelli.
Decido di chiamare Serena perché non posso fare il test da sola. Non ci riesco proprio; devo avere un supporto, qualcuno che mi parli mentre faccio pipì su uno schifoso bastoncino per sapere se sono... non riesco nemmeno a pensarlo.
Mentre attendo che Serena risponda al telefono, provo a ricordare se io e Jay abbiamo fatto l’amore con il preservativo più di un mese fa. Oh Dio, e chi si ricorda!
Mi sforzo di pensarci ma, tutto quello che mi viene in mente, è un bambino che strilla e che esce da me! Altro che preservativo!
«Gaia, che succede?»
«Sono incinta!!» dico di scatto.
«Cosa?!?!» chiede la mia amica. Sento qualcosa cadere, probabilmente quello che aveva in mano quando ha risposto.
«Non lo so… mi sono accorta oggi di avere un ritardo»
«Porca miseria Gaia! Mi dai queste notizie così?!»
«Scusami, ma sono spaventata a morte» mormoro cercando di fermare il tremolio della mia mano.
«Ok, rilassati. Quanti giorni di ritardo hai?» chiede.
«Quindici giorni…ma potrebbe anche essere il nervosismo e non un bambino, no?»
«Calmati, per favore. Hai comprato il test?»
«Si, ma non sono sicura di volerlo fare; cioè, so che devo farlo, ma ho paura. Ho troppa paura Serena»
«Tesoro, respira. Non farti prendere dal panico. Accendi il portatile»
«Che ci devo fare con il portatile?» chiedo infastidita dalla sua richiesta poco consona alla situazione.
«Se mi vedi ti rilassi, no? E poi posso controllarti meglio. Ho paura che tu possa svenire da un momento all’altro, perché immagino che tu sia anche pallida, vero?»
Mi guardo allo specchio e annuisco senza dire nulla.
«Ok, vado a prendere il portatile»
«Stai tranquilla tesoro, ok? Vedrai che ti sono saltate solo per il nervosismo; magari tra qualche giorno ti arriveranno»
«E se non dovessero arrivare?»
«A quello ci pensiamo dopo»
Faccio un respiro profondo e porto il portatile in bagno «Ci sono»
«Va bene. Cerca di non morire mentre chiudo la chiamata e avvio Skype, ok?»
«Ok»
Chiudo la conversazione con Serena e, qualche secondo dopo mentre appoggio il computer su un ripiano, la vedo sullo schermo.
«Come ti senti?» mi chiede.
«Male, molto male. Mi viene anche da vomitare»
«Ok, non credo sia un sintomo della gravidanza, ma soltanto dell’agitazione»
«Non dire quella parola. Mi fa aumentare l’ansia»
«Ok, scusa, ma vogliamo fare questo test?» chiede.
Annuisco e vado a prendere la confezione nella borsa. «Come funziona?» chiedo ritornando in bagno.
«Dipende dal test ma, di solito, funzionano tutti nello stesso modo. Faccina sorridente, sei incinta; faccina triste, non lo sei. Oppure se utilizza le linee, due linee sei incinta; una, non lo sei»
«Fantastico» borbotto cercando di farmi venire voglia di fare pipì.
«Che situazione…» mormora Serena ridendo.
«Che situazione è?» chiedo mentre mi concentro.
«Tu che fai pipì su un bastoncino e, per di più, in diretta»
«Stai zitta!» mormoro ridendo.
Finalmente riesco a bagnare il bastoncino di urina. «Mi fa schifo!» esclamo posando il bastoncino sul bordo della vasca e pulendomi.
«Questo è niente, fidati»
«Smettila!»
«Che ho detto?» chiede ridendo.
«Tu sei sicura che io sia incinta, vero?»
«Non sono sicura di niente. Adesso dobbiamo soltanto aspettare, ma tu non farti prendere dal panico, ok?»
«Come diavolo faccio a non farmi prendere dal panico, me lo spieghi?»
«Fai dei respiri profondi e non smettere un secondo di farli, altrimenti mi cadi svenuta sul pavimento»
«Ci provo, ma non ti assicuro niente»
«Gaia, ti prego, non farmi spaventare»
«Ok, va bene. Respiro»
«Brava, ancora niente?»
«No, devo aspettare cinque minuti circa»
«Bene, nel frattempo andiamo sul divano, ok?»
Annuisco e prendo il pc con una mano e il test con l’altra.
«Non può essere positivo!»
«Non vorresti avere un bambino da Jay?»
«Non credo proprio, almeno non ora! Serena, sai come stanno le cose in questo momento. Devo ancora parlare con Andrea…»
«Direi che, se sei davvero incinta, Andrea dovrà scordarsi una seconda possibilità»
«Già» mormoro.
Questa nuova consapevolezza mi fa rivalutare tutto.
Nel giro di qualche giorno ho rivalutato milioni di cose: il mio rapporto con Jay, quello che avevo con Andrea, se voglio dare una possibilità ad Andrea e, quindi, anche a me per poter stare di nuovo insieme; adesso si ci mette pure un bebè in arrivo. Non sono ancora pronta per questo.
Se dovessi decidere di non affrontarlo, sorgeranno altri problemi perché dovrò dirgli di uscire definitivamente dalla mia vita. Conoscendolo si chiederà il motivo e io non potrò dirgli che aspetto un bambino da Jay. Dovrei, ma non posso.
Dovrà lasciarmi andare e basta!
«Gaia?» mi sento chiamare. Riporto lo sguardo su Serena che mi guarda preoccupata.
Guardo il test e le due linee che, nel frattempo, sono apparse mi fanno mancare la terra sotto i piedi.
Dio mio… sono incinta. Aspetto un bambino e adesso sono davvero nei casini.
«E’ positivo Serena» le dico con le lacrime agli occhi.
«Non agitarti, ok?»
«Cosa faccio adesso?» chiedo disperata.
«Devi dirlo a Jay» suggerisce la mia amica.
«No! Non posso dirglielo, non in questo momento»
«Perché no? Aspetti suo figlio, merita di saperlo»
«Prima devo chiudere con Andrea ma non ho la più pallida idea di come affrontarlo perché vorrà delle spiegazioni e non saprò cosa dirgli»
«Dovresti preoccuparti maggiormente di come dire al tuo fidanzato che sei incinta, piuttosto di come chiudere definitivamente con Andrea»
«Mi preoccupano entrambe le cose, Serena. Sai che non ho cercato questa gravidanza. Mi bastavano i problemi che avevo prima; di certo un bambino non è quello che mi serve, ma adesso a quanto pare c’è; quindi, devo chiudere definitivamente con Andrea e poi parlare con Jay»
«Quando hai intenzione di parlare con Andrea? Ogni giorno che passa è un giorno in più che lui trascorre vicino a te, in cui ti fai mille problemi e questo non ti fa bene. Adesso non devi pensare solo a te stessa: siete in due»
«Già, lo so. Lo affronterò presto. Cominciavo ad abituarmi al fatto che i miei sentimenti per Andrea non erano scomparsi del tutto. Adesso sono punto e a capo»
«Direi che adesso è piuttosto chiaro con chi devi stare»
«Devo, appunto… nonostante la paura di far soffrire Jay, avrei voluto avere la possibilità di scegliere con chi stare»
«Tu ami Jay, quindi non hai problemi»
«Già…» mormoro guardando la mia amica. Lei ha uno sguardo strano, come se capisse, che, nonostante il figlio di Jay sia nel mio grembo,  non sono sicura della mia affermazione.
«Tuo figlio ti ha spianato la strada» dice sorridendo.
«Non dire così, per favore» mormoro disperandomi e lasciandomi cadere contro lo schienale del divano.
«E come dovrei dire?»
«Non dire niente!!» esclamo portandomi le mani sugli occhi. «Non ce la faccio più»
«Anche se non ti piacerà sentirtelo dire, devi cercare di rilassarti e di stare calma»
Annuisco e guardo verso il basso. Alzo la maglietta e mi tocco la pancia con la punta del dito «Dici che c’è davvero un bambino?» chiedo mentre Serena mi guarda sorridente.
«Ti conviene andare a fare le analisi, almeno avrai la certezza al 100%»
In quel preciso momento, sento Jay entrare in casa.
«Accidenti! Devo nascondere il test» mormoro a Serena.
«Vai e prenota una visita»
Annuisco e la ringrazio per il supporto. Chiudo il pc e mi alzo.
«Gaia, sei a casa?»
«Si, ciao» rispondo sorridendo, mentre nascondo il test nella tasca posteriore dei jeans.
«Come mai sei a casa così presto?» chiede baciandomi.
«Non mi sono sentita bene» rispondo ma me ne pento subito; Jay potrebbe cominciare a sospettare qualcosa e non è esattamente quello che mi serve oggi.
Adesso voglio soltanto stare tranquilla, ho avuto troppe emozioni oggi e, una probabile litigata o una reazione positiva alla mia gravidanza, non mi servono.
La lieta notizia attenderà.
«Cosa ti è successo?» chiede preoccupato.
«Niente, soltanto un po’ di mal di testa, non preoccuparti»
Lui annuisce e mi chiede se adesso sto meglio; annuisco a mia volta e ci distendiamo entrambi sul letto.
«Sei stanca?» mi chiede.
«Un po’, a dire il vero» confesso e mi rendo conto che è la verità.
In effetti, nei giorni scorsi ho avvertito un'eccessiva stanchezza accompagnata da molta sonnolenza; sintomi che non credevo fossero ricollegabili ad una gravidanza. Non credevo, come non credo tutt’ora, che queste anomalie nel mio normale stile di vita, potessero essere legate ad una gravidanza. Spero soltanto che non compaia la nausea, altrimenti Jay potrebbe accorgersene prima che decida di dirglielo.
«Ti va se ti preparo qualcosa e ci riposiamo insieme?»
«Non ho molta fame a dire il vero» mormoro cercando la sua mano e intrecciandola alla mia «Voglio stare qui»
«Sicura di stare bene? È successo qualcosa con Andrea?»
«No, non lo vedo da sabato»
«Capisco, beh… non pensarci»
«Devo dirti la verità» mormoro sentendomi immediatamente in colpa.
«Quale verità?»
«Non sono riuscita ad affrontarlo domenica»
«Mi avevi detto che non era in casa»
«Lo so, e mi dispiace; la verità è che non sono riuscita ad entrare nel palazzo»
«Perché?»
«Non volevo affrontarlo. Non sapevo come avrei potuto reagire»
«Che significa questo? Come avresti potuto reagire?» chiede alzandosi dal letto.
«Non ti scaldare Jay» non voglio che si arrabbi con me; non oggi che ho scoperto di portare in grembo suo figlio.
«Beh, mi scaldo eccome, invece! Ti permetto di andare da lui per risolvere la situazione e tu rimani fuori dal suo appartamento perché non sai come potresti reagire? Significa che avresti potuto cadere di nuovo ai suoi piedi se ti avesse detto qualcosa di dolce e se ti avesse dimostrato quanto è pentito. È questo, vero?»
«No» mormoro, ma forse le sue parole hanno un fondo di verità.
«Per favore Gaia, non mentirmi» dice scuotendo la testa e uscendo dalla camera.
«Jay, mi dispiace! Mi dispiace sul serio»
«Mi stai lasciando? È per questo motivo che sei tornata a casa prima? Perché il pensiero di quello che avresti dovuto fare non ti permetteva di svolgere bene il tuo lavoro?»
I miei occhi sono spalancati; questo è quello che sarebbe successo se non ci fosse stato il bambino?
Sono tornata a casa prima perché sospettavo di aspettare tuo figlio, idiota! «No, certo che no!! Non voglio lasciarti; ora più che mai voglio stare con te»
«Ma se Andrea ti facesse cambiare idea?»
«Andrò da lui soltanto perché me l'ha chiesto sabato; voglio sapere perché è qui, anche se ho qualche sospetto»
«E se è davvero tornato per te? Cosa alquanto ovvia, a mio parere»
«Non voglio stare con lui»
Bugiarda! Sei una bugiarda, Gaia!” urla la mia coscienza; provo a reprimere il senso di colpa verso Jay e adesso, come se non bastasse, anche verso la creatura che comincia a vivere dentro di me.
Anche se avessi voluto stare con Andrea, adesso non posso più farlo! Se mi dovesse chiedere di riprovarci, non posso più accettare! Adesso la mia vita è legata indissolubilmente a Jay.
«Va bene. Adesso non voglio più pensarci. Vado a prepararmi qualcosa da mangiare» mormora massaggiandosi le tempie.
Annuisco e tiro un sospiro di sollievo; per fortuna non si parla più di Andrea.
Mi sento uno schifo perché la maggior parte delle cose che ho detto a Jay le ho dette soltanto per non scatenare una furiosa lite.
Penso che se Andrea, prima del bambino, mi avesse chiesto di dargli una seconda possibilità, avrei preso seriamente in considerazione la cosa.
Se oggi non avessi scoperto di essere incinta, mi sarei sentita meno in colpa pensando ad Andrea; invece, sbatterei la testa contro il muro per non essere stata attenta.
Non volevo questo bambino, ma non ci penso proprio ad abortire. Non voglio trattare mio figlio come qualcosa di poco valore; non voglio buttarlo via così.
Avrei voluto chiarire con Andrea e rendermi conto di cosa voglio davvero senza un bambino che mi cresce dentro ogni istante.
Quello che devo fare mi è talmente chiaro, ma mi rifiuto di vedere… non perché avrei voluto lasciare senza rimorsi Jay, ma perché questo bambino non arriva in un momento felice.
Se solo potessi uscire dal mio corpo e guardare le cose con freddezza e razionalità…
Non riesco a pensare, non riesco a trovare una soluzione adeguata; non riesco ad immaginare un finale diverso da quello che sarà e non voglio che Andrea si allontani definitivamente da me; perché, nonostante tutto, credo di essere ancora innamorata di lui.

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Eccoci giunti alla fine. Beh? Che ne pensate?!
Ora vorreste uccidere Gaia non è vero? xD Beh, in effetti ha fatto proprio un bel casino xD
Comunque... magari le cose si sistemano! ;) FORSE! :/
Grazie per essere arrivati fin qui.
Un bacio e al prossimo venerdì,
Francy

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Capitolo 7
*** 7. *Seconde opportunità* ***


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Edizione speciale di "There'll be a place for us"!
Oggi ho pubblicato il capitolo sette, perchè molto probabilmente domani non ci sarò e non volevo farvi aspettare.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento :)
Un bacio,
Francy

 


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 7-
*Seconde opportunità*

 
Sono incinta.
Sono incinta e non so cosa fare.
Sono incinta e non voglio esserlo.
Sono incinta e devo accettarlo.
Da quando l’ho scoperto non riesco a pensare ad altro e, più passa il tempo, più mi rendo conto di dover chiudere con una parte della mia vita.
Due giorni fa ero sicura di voler parlare con Andrea, ma adesso… adesso che devo affrontarlo per forza, tutte le mie paure mi fanno cambiare idea.
Ho paura di perderlo per sempre, di vederlo guardarmi con occhi diversi, di non poter più sentire la sua pelle a contatto con la mia.
Perché dovevo rendermi conto di amarlo proprio adesso? Adesso che porto in grembo il figlio di Jay?
Mia madre è della stessa opinione di Serena… ormai, entrambe si sono alleate contro di me.
Non le ho ancora detto del bambino e, in realtà, non so nemmeno come dirglielo. L’unica a saperlo è Serena e l’appoggio di mia madre mi servirebbe molto, soprattutto perché domani devo andare in ospedale per la visita; non so proprio da che parte cominciare per darle una notizia del genere.
Sospiro e rimetto a posto le mie cose, prima di uscire dal mio ufficio e dirigermi a casa, dove mi aspetta proprio lei.
Avrei dovuto fare tante cose all’università in questa settimana, ma me ne sono stata per tutto il tempo seduta a pensare a milioni di cose che mi hanno fatto venire soltanto mal di testa.
Vorrei allontanarmi da tutto e da tutti, ma so che non posso. Adesso non posso proprio. Devo dire a Jay del bambino ma non voglio che soffra sapendo che ho il dubbio se rimanere o no con lui.
Però, allontanarmi mi farebbe capire quello che è giusto per me.
Non sono mai stata così confusa in vita mia, non ho mai avuto tutti questi dubbi prima del ritorno di Andrea e non dovrei nemmeno averceli perché aspetto il bambino del mio fidanzato, quindi so con chi passerò il resto della mia vita.
Quando arrivo a casa, sento mia madre parlare al telefono e il rumore di qualcosa che sta friggendo in padella.
«Mamma?» chiamo posando le chiavi sul tavolino dell’ingresso.
«Tesoro, sono in cucina» urla.
«Si, questo lo avevo capito da sola» mormoro infastidita. Butto la borsa e la giacca sul divano.
Perché mia madre deve venire a fare casino proprio a casa mia?
«Tesoro, tutto ok?»
«Si, sto bene» dico sedendomi sul divano e prendendo una rivista a caso che comincio a sfogliare.
«Non si direbbe»
«Sto bene, davvero. Piuttosto, cosa stai combinando nella mia cucina?»
«Stavo preparando da mangiare. Sei troppo magra e non ti fa bene mangiare solo schifezze»
«Non mi va di mangiare niente»
«Tesoro, capisco che sei nervosa e tutto quanto, ma dovresti prenderti cura di te stessa» E non solo, vorrei aggiungere.
«Non m'importa, mamma!» urlo alzandomi di scatto.
«Gaia, ma si può sapere che ti prende?» chiede guardandomi preoccupata.
«Non ho nulla… lascia stare» Anche la tempesta ormonale, adesso?
«Hai litigato con Jay?»
«No, va tutto bene con lui»
«E allora cosa c’è che non va?»
«Niente va per il verso giusto! Perché dovrei vivere una vita normale e tranquilla?! NO!! Doveva per forza stravolgerla proprio quando ero riuscita a lasciarmi tutto alle spalle. Perché? Perché proprio a me?» dico scoppiando in lacrime, mentre mia madre si avvicina e mi abbraccia.
Mi aggrappo a lei con tutta la forza che ho mentre sfogo tutte le lacrime che ho trattenuto in questa settimana.
«Sono… sono incinta» riesco a dire a mia madre che lascia la presa per qualche secondo, per poi riabbracciarmi subito.
«Tesoro mio… ne sei sicura?»
«Ho fatto il test»
«Quando lo hai scoperto?»
«Due giorni fa» mormoro sciogliendo l’abbraccio e rannicchiandomi contro la spalliera del divano.
«Lo hai detto a Jay?»
«No, non ancora»
«Perché no?»
«Perché prima voglio risolvere le cose con Andrea, ma non sono nemmeno tanto sicura di volerlo affrontare»
«Gaia, prima di affrontare Andrea e Jay, devi essere sicura di essere incinta. I test, a volte, possono sbagliare; faresti meglio a prenotare una visita dal ginecologo»
Questo è vero, ma sono davvero pronta ad affrontare una cosa del genere?
«Ci sono io con te, tesoro» mi dice rassicurandomi.
Le sorrido e appoggio la testa sulla sua spalla.
«Perché deve capitare tutto a me? Mi piaceva la vita che avevo»
«Tesoro, ma un bambino non è una cosa brutta»
«Lo so, però non lo voglio adesso! Non è il momento adatto»
«Vorresti  abortire?»
«Assolutamente no! Non voglio liberarmi del mio bambino»
Lei mi guarda sorridendo e mi accarezza la guancia.
«Fino a qualche giorno fa, ero sicura di voler andare a parlare con Andrea, adesso però non so più se è quello che voglio veramente»
«Devi fare la cosa che senti più giusta per te, gli altri accetteranno la tua decisione»
Già… Andrea l'accetterà? Accetterà di uscire definitivamente dalla mia vita sapendo che è costretto a farlo e non perché sono stata io a volerlo?
Non credo proprio, ma purtroppo è l’unica cosa che può fare ed io dovrò far finta di non volerlo più. Non c’è cosa più triste.
«Andrai?» chiede mia madre.
«Se andrò da lui dovrò dirgli addio per sempre»
«E non vuoi?»
«Mi pare ovvio, no?» esclamo con le lacrime agli occhi. «Non posso neanche chiedergli di restare mio amico: non è quello che vuole da me»
«Prova a chiederglielo ugualmente, magari non è come pensi tu. Tesoro, voglio bene a Jay e la notizia di questo bambino mi riempie di gioia ma, con Andrea, era tutta un’altra cosa. Da quando lui è qui a Londra, ho sperato che le cose tra voi due cambiassero»
«Cosa vuoi dire?» chiedo confusa.
«Non dico che tu non ami Jay, ma Andrea… non lo so, con Andrea ti ho vista più vivace, più luminosa; da quando ti ha lasciata non ti ho più vista in quel modo, nemmeno adesso che stai con Jay da tanto tempo. Avreste potuto essere felici davvero questa volta»
«Non posso lasciare Jay, tanto meno ora»  mormoro piangendo ancora. «Ma non voglio perdere nemmeno Andrea»
«Devi fare una scelta»
Grazie mamma, questo non lo sapevo. «E’ proprio questo che vorrei evitare»
«Tesoro mio… devi scegliere se continuare a volere Andrea nella tua vita o dirgli addio definitivamente. In ogni caso devi parlargli e devi farlo presto, perché sarà sempre peggio!» dice, mi fa l’occhiolino e, dopo un bacio sulla fronte, ritorna in cucina.
Mi asciugo le lacrime e mi rannicchio sul divano.
Devo assolutamente sapere perché Andrea è qui, così posso smettere di torturarmi, anche perché devo pensare anche al mio bambino e tutto questo stress non mi fa bene.
 
Davanti alla porta di casa, mi sono chiesta se avrei fatto bene ad andare, ad incontrarlo. Ho avuto dei dubbi fino all’ultimo secondo.
Mia madre mi ha rassicurata perché, alla fine, si tratta soltanto di passare poco tempo insieme e di parlare del passato.
Per lei non è niente di che, ma è proprio l’idea di parlare del passato che mi terrorizza, che mi fa venire l’ansia.
Credevo fosse una storia finita ma adesso Andrea vuole riaprire delle cicatrici che ho rimarginato con difficoltà, dolore e cura. Non è stato facile chiudere con il passato, ma c’ero riuscita; mi ero ripromessa che non avrei mai più aperto quelle ferite ed invece eccomi qui, sulla strada per andare da colui che me le aveva procurate.
Dovrò ascoltarlo, stargli vicino e tutto questo mi procura una certa ansia che, se avessi amato totalmente Jay, non avrei dovuto avere, eppure c’è!
Forse è l'idea di parlare con lui e dirgli che tra noi può esserci soltanto amicizia, omettendo il discorso del bambino, a farmi tentennare. Vorrei dirgli perché deve uscire dalla mia vita… tutta questa insicurezza è dovuta al fatto che ho scoperto di essere ancora innamorata di lui e non credevo di riuscire ad ammetterlo, nemmeno a me stessa.
Andrea non sa che sto andando da lui, ma non posso perdere tempo telefonandogli e chiedendogli se è a casa per poi andare da lui.
Rischierei di cambiare idea e di non andare più.
Velocemente mi dirigo verso il suo appartamento e, quando intravedo il portone già aperto, sento il cuore balzarmi in gola.
Faccio un respiro profondo e salgo. Il mio cuore sta per collassare per quanto batte velocemente. Ho un’ansia assurda addosso e non vedo l’ora che questo incontro finisca.
Salgo ogni gradino con lentezza quasi maniacale; voglio arrivare da lui il più tardi possibile, anche se so che il momento arriverà presto.
Mi sembra di impiegare un'eternità a salire i tre piani ma, quando arrivo, credo proprio di non essere pronta.
No, non puoi andartene proprio adesso. Sii coraggiosa, Gaia!! mi dico cercando di farmi coraggio.
Mi avvicino alla porta; chiudo gli occhi, respiro profondamente e provo a calmare il battito del mio cuore: busso e attendo.
Spero tanto non sia in casa ma, i passi di qualcuno all’interno dell'appartamento, mi fanno cambiare subito idea.
Mi tentano anche… a scappare via.
Faccio un respiro profondo e mi volto per andarmene, ma Andrea ha un tempismo perfetto e apre la porta.
«Gaia?»
Mi fermo di scatto e mi volto lentamente.
Porca miseria! È a petto nudo! Che diavolo ci fai a petto nudo, Andrea?!
Sbatto più volte le palpebre e mi schiarisco la voce per parlare.
«Già. Ciao» mormoro alzando la mano.
«Ciao. Che ci fai qui?»
«Volevi vedermi per parlare, no?»
«Si, ma pensavo mi chiamassi»
«Se sei impegnato possiamo vederci un’altra volta» dico sperando di poter andare via il prima possibile.
Al tutto si aggiunge anche il fatto che è a petto nudo. Vorrei percorrere con le dita quel tatuaggio, accarezzargli le guance… scuoto la testa e lo guardo; sto ancora aspettando la sua risposta.
«No, tranquilla. Entri?» chiede.
Lo guardo negli occhi, ma distolgo subito lo sguardo. Annuisco e mi avvicino.
Stargli così vicino, anche solo per una manciata di secondi, è una sofferenza e mi sento sempre più in colpa nei confronti di Jay, perché Andrea dovrebbe essermi indifferente.
«Pensavo che non avrei avuto la possibilità di parlarti»
«Ho… Sono stata impegnata in questi giorni» mormoro cercando di non fissarlo.
«Tranquilla. Posso offrirti qualcosa?» chiede mentre indossa una maglietta.
Meno male.
«No, grazie»
Restiamo qualche secondo in silenzio, fin quando non è lui a prendere la parola.
«So cosa vuoi sapere» mormora avvicinando una sedia al divano dove sono seduta.
«Voglio sapere se sei venuto qui per me o no»
«Lo so» dice soltanto.
Alzo le sopracciglia per chiedergli di continuare, ma lui sorride, getta la testa all’indietro passandosi una mano fra i capelli.
Ritorna a guardarmi e spalanco gli occhi, rendendomi immediatamente conto che lui non è venuto a Londra soltanto per il lavoro.
«Sei qui per me…»
«Secondo te?»
«Rispondi Andrea!!» esclamo alzandomi e allontanandomi da lui.
«Gaia, sai già la risposta» dice soltanto.
Lo fisso in attesa che mi dica di più; lui sospira e annuisce «Si, sono venuto qui per te, perché ti amo, perché voglio che tu stia con me e non con Jay, voglio che baci e accarezzi me e non lui come invece è accaduto sabato sera. Ho sbagliato a lasciarti. Ho sbagliato e mi dispiace, mi dispiace tantissimo»
Si avvicina a me ma, nello stesso momento, mi sposto.
«Non posso» mormoro, cerco di impormi di non piangere ma ho le lacrime agli occhi.
«Non puoi o non vuoi?»
«Non posso Andrea! Non posso lasciare Jay. Non più…»
«So che posso renderti felice, dammi una possibilità. Te ne chiedo una soltanto e, se non riuscirò a farti capire che anche tu mi ami, me ne andrò e ti lascerò. Se tu sceglierai sempre e comunque lui, sparirò per sempre, te lo prometto» dice con le mani giunte.
Accidenti!
Andrea non fare così, per favore! Non voglio che tu sparisca dalla mia vita, ma non può essere altrimenti, perché tu non vorrai rimanermi amico.
Cerco di trattenere le lacrime perché vorrei dirgli che anch'io sono innamorata di lui.
Voglio che sparisca davvero, una volta per tutte, dalla mia vita?
No, no, no
«Perché me lo dici solo adesso?»
«Credevo fossi ancora arrabbiata con me. L’ultima volta che ci siamo visti non abbiamo proprio gioito a sentire certe dichiarazioni»
Già, quando mi ha detto “ti amo” la prima volta.
«Lo so, me lo ricordo» mormoro cercando di non incrociare il suo sguardo.
«Gaia, dammi un'altra possibilità, so che anche tu provi ancora qualcosa per me, ma se vuoi vendicarti allora…»
«Te lo meriteresti, lo sai?»
«Lo so» risponde sorridendo.
«Perché sorridi adesso?» chiedo indispettita.
«Non si può più sorridere?»
«No! Tu non puoi sorridere» dico trattenendo le risate.
«Oh, chiedo scusa» risponde e si vede che sta cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Lo guardo per qualche secondo poi distolgo lo sguardo da lui e rido.
«Mi sei mancata in questi anni» dice, improvvisamente serio.
«Mi sei mancato anche tu» dico fregandomene del fatto che potrebbe fraintendere.
Lui sorridere e si avvicina. «Cosa fai?» chiedo spaventata.
«Posso abbracciarti?»
«Non credo sia il caso» Anche perché non so se resisterei.
«Perché? Il principe Jay potrebbe ingelosirsi?»
«Piantala»
«Scusami, non volevo mancare di rispetto al tuo…»
«Fidanzato» concludo per lui sorridendo.
«Si, quello»
So che gli da fastidio, perché ha fatto una faccia schifata. «Sai che le cose sarebbero andate diversamente se tu non avessi ascoltato i tuoi amici»
«Si, lo so» risponde andandosi a sedere nuovamente sulla sedia. «Non abbiamo mai avuto modo di parlare di quello che è successo quella sera»
«Non sono sicura di volerlo sapere»
«Se non mi ami più non dovrebbe farti stare male o non dovrebbe darti fastidio» dice sorridendo beffardo.
«Con il tempo la tua stronzaggine è rimasta immutata anzi, forse è aumentata»
«E tu sei sempre molto simpatica con il sottoscritto»
«Tu smetti di fare lo stronzo con me ed io sarò più simpatica con te…» dico sorridendo. Il ricordo di quando gliel’ho detto la prima volta mi fa sorridere perché non avrei mai immaginato che le cose sarebbero cambiate così tanto.
«Ti sei citata» dice sorridendomi.
«Si, mi è tornata in mente adesso» rispondo sedendomi sul divano.
«Comunque…» comincia a dire, ma lo interrompo subito.
«Tralascia i particolari di te ed Elena, per piacere» mormoro guardandomi le dita.
Lo sento sorridere e dopo un «Va bene» comincia a parlare «Mi sono pentito quasi subito di averti lasciata. Sapevo di aver fatto uno sbaglio ad ascoltare i miei così detti "amici"»
«Perché non sei venuto a parlarmi?»
«Eri… scappata»
Giusto, la mia settimana a Firenze: lontana da tutto e tutti.
«E dopo?»
«Credevo fosse inutile. Pensavo che ti eri lasciata tutto alle spalle, ma mi sono reso conto che non era così quando ti ho vista piangere in quel bagno e quando mi hai detto…»
«Si, lo so. Vai avanti» mormoro muovendomi nervosa. Non ho intenzione di ricordare quante volte gli ho detto che lo amavo senza ricevere mai una risposta.
«Pensavo di poter stare di nuovo con te, di chiederti scusa e ricominciare, ma dovevo dirti di Elena prima»
«Perché sei stato con lei?» chiedo di getto.
«Ero arrabbiato con te. Ricordi il motivo per cui sei scesa dalla macchina quella sera?»
«Mi sono sentita di troppo, soprattutto quando hai chiesto a Luigi di mettersi davanti. È stato il tuo tono di voce a farmi male»
«Mi dispiace, però… Gaia, volevo farti capire quanto fastidio mi aveva dato vederti pensierosa senza che condividessi con me i tuoi problemi. Se qualcosa non andava mi sarebbe piaciuto che ne parlassi con me, così avrei potuto trovare il modo di aiutarti, ma mi hai chiuso fuori; quella sera mi sono comportato come tu avevi fatto nel pomeriggio e la cosa mi è sfuggita di mano»
Ah. Quindi è per questo che abbiamo litigato quella sera? «Non volevo angosciarti con i miei problemi, Andrea. Non mi ricordo nemmeno quale potesse essere il problema all’epoca per non parlartene»
«Ero innamorato di te. Volevo che ti fidassi e che ti confidassi con me e invece non lo facevi, questo è stato il motivo per cui mi sono arrabbiato tanto» dice avvicinandosi a me.
«Mi fidavo di te ma ho sbagliato a non confessarti cosa mi turbava. Pensavo non t'importasse così tanto di me»
«Ma ti amavo!» esclama.
«Ma non me l'hai mai detto!!» grido alzandomi. «Andrea, pretendevi che ti trattassi come il mio fidanzato quando, invece, tu non eri nemmeno sicuro se t'importava realmente qualcosa di me. Sono passati due anni prima che me lo dicessi. Hai avuto bisogno di due anni!! Non pretendevo che, sbagliando come avevo fatto io, me lo dicessi subito ma non potevi pretendere che ti considerassi come una persona che mi amava con tutto il cuore, indipendentemente da tutto»
«Jay ti ama in questo modo?»
«Non stiamo parlando di lui adesso!»
«Voglio sapere se ti ama più di quanto ti amo io, Gaia» dice con voce sofferente.
«Non ho termini di paragone» mormoro sottovoce abbassando lo sguardo.
«Allora avrai qualcuno con cui paragonare il tuo caro Jay»
«Non farlo Andrea…»
«Perché no? Non rinuncerò a te proprio adesso! Ti amo. Ti amo» si alza e mi raggiunge afferrandomi per le braccia. «Ti amo»
«Smettila!» mormoro sforzandomi di non piangere; non avrebbe dovuto dirlo. Non possiamo stare insieme e non ho il coraggio di dirgli il motivo.
Sento le sue braccia circondarmi il collo e stringermi forte. «Sono innamorato di te» mormora baciandomi la testa.
Continuo a restare ferma, con le braccia lungo i fianchi: non posso reagire. Non devo reagire. «Lasciami…» mormoro cercando di allontanarlo. Se l'abbraccio è finita!
«Per favore» dice lui.
«No!» esclamo allontanandolo con tutta la forza che ho «Allontanati! Smettila di dirmi che mi ami! Smettila!»
Gli argini non reggono più e crollano come niente.
Mi allontano da lui, ma si riavvicina afferrandomi per le spalle. Il suo indice si sposta sotto il mio mento, facendo incrociare i nostri occhi.
«Ti amo, Gaia» dice ed io abbasso subito lo sguardo. Questo incontro sta degenerando; non voglio più stare qui. «Guardami, guardami negli occhi e dimmi che anche tu non provi la stessa cosa»
Lo guardo con gli occhi spalancati, non so davvero cosa dire. Devo dargli una risposta tanto semplice ma, allo stesso tempo, così complicata.
«Gaia… mi ami?»

------

 

Vi aspettavate l'incontro tra Gaia e Andrea?
Ve lo immaginavate così? :)
Chissà Gaia cosa risponderà al povero Andrea...
Alla prossima settimana. :)
Francy

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Capitolo 8
*** 8. *Tempesta, prima parte!* ***


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Buongiorno a tutti :)
Non dico nulla sul capitolo che andrete a leggere, ma dico soltanto GRAZIE. Forse sarò ripetitiva; forse a voi non interessa poi molto, ma grazie.
Grazie a chi mi segue da sempre, a chi ha cominciato a farlo da poco. Grazie a chi sta apprezzando i miei capitoli, a chi li legge e a chi li recensisce.
Le parole di ogni recensione mi emozionano, sempre e non saprei veramente cosa dire per dimostrarvi quanto io vi sia grata.
Ma il ringraziamento più grande e sentito va alla ragazza che mi aiuta nella revisione dei capitoli. Se non fosse per lei, sarei veramente persa.
I tuoi consigli sono importanti per me, quindi dimmi sempre la verità ;)
Detto questo... Vi lascio alla lettura.
Un bacio e ci leggiamo alle fine! ;)

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 8-
*Tempesta, prima parte!*

 
Scappare da lui è tutto quello che sono riuscita a fare; la sua domanda non ha trovato risposta.
O almeno, non sono riuscita a dargliela.
Lo amo ma non posso dirglielo e, adesso, mi sento doppiamente in colpa.
In colpa per Jay che non merita che io sia innamorata di Andrea; in colpa per Andrea perché con lui sto facendo quello che ha fatto con me. In passato ha omesso di dirmi che mi amava e come siamo finiti? Ma adesso che ci siamo ritrovati?! Come sarà il nostro futuro adesso che ho capito di averlo sempre amato e che anche lui mi ama?
Perché tutto questo è capitato a me?
A casa ho trovato Jay. Avrei preferito che non mi vedesse in quello stato perché riuscivo a pensare unicamente alla domanda di Andrea. Mi ha parlato della sua discussione con il fratello, ma non ho sentito praticamente nulla di quello che mi ha detto. Alla fine, mi ha chiesto dove sono stata e gli ho detto la verità: non sarebbe servito a nulla mentire.
«Com’è andato l’incontro?» chiede Jay mentre bevo un thè seduta a tavola.
«Bene» mormoro soffiando dentro la tazza.
«Sicura? Quando sei tornata mi sei sembrata piuttosto provata»
«E’ stato strano ricordare certe cose del passato. Tutto qui» rispondo evasiva evitando anche di guardarlo negli occhi.
«Capisco. Beh, spero sia tutto risolto»
«Mi ha chiesto di dargli una seconda possibilità» mormoro senza neanche accorgermene. In effetti, non avrei dovuto dirglielo, perché è veramente inutile: sono incinta di lui e non dovrei pensare a dare una seconda possibilità ad Andrea.
«Cosa? Cosa gli hai risposto?» chiede cominciando ad agitarsi.
Maledetta la mia boccaccia!!
Sospiro e mi alzo. «Stai calmo Jay, non gli ho risposto»
«E questo secondo te dovrebbe farmi stare tranquillo? Vuoi dargli una possibilità, vero?»
«Io sto con te e basta»
«Non hai risposto. Vuoi dargliela o no?»
«No» mormoro guardandolo negli occhi. «Siamo solo amici»
«Ma lui ti ama. Non potrà mai essere tuo amico»
«Ma io si. Fidati di me, per favore»
«Esco. Torno più tardi» dice all’improvviso. Si allontana da me e, velocemente, esce di casa.
Sbatto le palpebre più volte, incredula per quello che è appena successo.
Mi alzo dal tavolo e mi chiudo in camera da letto scoppiando a piangere.
Perché la mia vita non può essere tranquilla? Perché l’arrivo di Andrea ha sconvolto tutto? Cos'ho fatto di male per meritarmi questo?
La situazione si sarebbe risolta facilmente se gli avessi detto che, forse, sei incinta” mi fa notare la mia coscienza.
Stringo forte il cuscino e provo a non pensare a quanto la mia vita sia cambiata e a quanto avrei voluto che rimanesse come prima. Adoro la mia relazione con Jay, mi piace la mia vita qui a Londra, mi piace il rapporto che ha mia madre con il mio fidanzato, mi piace tutto. L'arrivo di Andrea mi ha fatto mettere in discussione tutto questo, perché mi sono resa conto di amarlo ancora e di non essere riuscita a lasciarmelo alle spalle.
Sarebbe bello svegliarmi, domani mattina, e scoprire che tutto questo è stato solo un sogno; purtroppo so che non posso far svanire questo incubo con un semplice schiocco delle dita. Uno di loro due si farà male mentre l'altro finirà, di nuovo, per andarsene e, alla fine, quella che soffrirà più di tutti sarò io; tengo ad entrambi e vorrei trovare una soluzione per non ferire nessuno, ma mi rendo conto che l’unica soluzione sarebbe quella di sdoppiarmi e non è assolutamente possibile.
Come se non bastasse adesso Jay non si fida di me, o almeno è quello che mi ha fatto intendere oggi. Questa discussione non ci voleva proprio, proprio adesso che, probabilmente, aspetto suo figlio.
Ha dimostrato di avere davvero poca fiducia in me e mi fa male pensare che, per tutto questo tempo, ha tenuto ben nascosta questa diffidenza nei miei confronti.
«Ehi…» sento dire e mi volto, cercando di asciugare le lacrime.
Non mi sono nemmeno resa conto che è ritornato a casa.
«Ciao» mormoro alzandomi dal letto.
«I ragazzi mi hanno chiesto se stasera andremo al pub» dice.
Annuisco e guardo la sveglia sul comodino. Accidenti, sono già le sette? «Mi preparo subito» dico e mi alzo.
Lui si avvicina e mi blocca per un braccio. Lo guardo stupita… non vorrà che resti a casa stasera?
«Che c’è?» chiedo guardando prima la sua mano e poi lui.
Mi guarda negli occhi e, dolcemente, mi sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio «Non voglio perderti…» sussurra.
«Non succederà» mormoro sorridendo.
«Come fai a dire che non succederà quando tu per prima sai che, presto o tardi, finirai di nuovo per metterti con lui?»
«Non lo farò»
«Ma voi due non potete rimanere lontani! Non è possibile. Lui ti ama e so che, sotto sotto, anche tu continui a provare qualcosa per lui»
«Ma cosa stai dicendo?» chiedo liberandomi della sua presa.
«Sei cambiata da quando lui è a Londra. Non sorridi più come facevi prima, non scherziamo più come prima, non siamo più gli stessi di prima, perché tu hai dei ripensamenti ed io sono costantemente geloso della persona che, alla fine, ti porterà via da me. Cosa sta succedendo fra voi due, Gaia? Dimmelo»
«Non sta succedendo niente. Ti ho già detto tutto oggi pomeriggio. Mi ha solo chiesto se posso dargli un’altra possibilità»
«E tu vuoi dargliela?»
I suoi occhi cominciano a riempirsi di lacrime, lo guardo ma non so cosa rispondere.
«No» mormoro.
«E invece si Gaia, non negarlo»
«Non voglio Jay» Sarebbe anche il momento giusto per dirgli del bambino, ma non ho il coraggio, non più adesso.
«Sarà così, ma sei innamorata anche di lui. Per favore, dimmi la verità»
«Non sono innamorata di lui» scuoto la testa e lo guardo negli occhi, mordendomi il labbro per evitare di dire altro.
Se davvero sono incinta, devo fare la scelta giusta per mio figlio e anche per Jay.
«Va bene… facciamo così: non pensiamoci più per stasera» dice e mi abbraccia.
Scoppio a piangere contro la sua spalla, mentre lui mi accarezza i capelli. «Ti lascerò andare se è quello che vuoi» dice ma io scuoto la testa.
«Non lo farei mai!» mormoro.
«Andiamo a prepararci» dice e scioglie l’abbraccio; resto sola, mentre lui si chiude in bagno.
Ho la bruttissima sensazione che questa serata finirà male… molto male.
 
«Quindi per far uscire immediatamente il vostro capo dall'ufficio, gli avete detto che suo figlio stava andando in ospedale?!»
«Già, ce la siamo vista brutta! Non sapevamo come fare altrimenti»
«Ma voi siete matti! Cosa vi ha detto quando ha capito che non era vero?»
«Ci siamo inventati che avevano sbagliato numero; abbiamo dovuto per forza fare così, altrimenti non avremmo potuto recuperare quella lettera dalla sua posta. Ci avrebbe licenziato»
«Perché, con questa bravata, non prenderà in considerazione di licenziarvi?»
«Non credo… spero»
Jay e i suoi due migliori amici stanno chiacchierando di una loro avventura in ufficio, mentre io rimango seduta accanto al mio fidanzato senza dire una parola.
Se rimanevo a casa magari mi risparmiavo anche il mal di testa.
«Gaia! Che ti prende?!» chiede Tom bevendo un sorso della sua birra.
«Nulla» rispondo sorridendo. «Sono soltanto stanca» aggiungo sedendomi meglio al mio posto.
«Oggi sono iniziate le ferie, no?»
«Si, sono in vacanza»
«Beati voi che passerete questi mesi estivi in una casa in campagna» mormora l’altro, Joseph.
«Non credo che andremo» mormora Jay mentre lo guardo allibita.
Cosa significa quest'affermazione?
«Cosa vuoi dire?» chiedo.
«Ne parliamo a casa» mormora guardando i suoi amici.
«No, parlane adesso»
Beve un altro sorso di birra e si volta verso di me «Ho detto che ne parliamo a casa»
«Me ne vado» dico alzandomi. Proprio in questo momento Andrea si avvicina al nostro tavolo per prendere le bottiglie vuote.
I nostri occhi si incrociano, ci guardiamo per qualche secondo e mi siedo di nuovo; Jay, invece, sposta lo sguardo da me a lui.
«Credo che ci sia aria di lite» mormora Joseph a Tom.
«Stai zitto, idiota» lo rimbecca l’altro.
Cerco di non guardare nessuno; spero soltanto che Andrea si sbrighi.
Trattengo le lacrime, mentre quest’ultimo prende le bottiglie e si allontana.
«Posso andare adesso?» chiedo infilando la giacca.
«Devi per forza rovinare la serata a tutti, vero?» risponde Jay alterandosi.
«Non ti ho chiesto di tornare con me. Ti sto soltanto dicendo che vado a casa»
«Fai come vuoi» mormora mentre mi allontano dal tavolo.
Mentre mi avvicino all’uscita vedo qualcuno avvicinarsi velocemente a me, cercando di non dare nell’occhio.
«Ehi»
«Non ora, per favore»
«Volevo solo sapere se stai bene»
«Tutto ok. Lasciami andare a casa, per favore»
Mi volto per andarmene, ma lui mi blocca di nuovo. «Andrea…»
«Sai che puoi contare su di me se hai bisogno di parlare con qualcuno, vero?»
«Così magari gioirai dei miei problemi con Jay» dico con cattiveria. Non voglio rivolgermi a lui così, però, se comincio a tenere le distanze, forse sarà più facile quando capirà che non possiamo stare insieme.
«No» mormora lui serio. «Non lo farei mai, perché so che tu stai male»
«Se sto male è tutta colpa tua!» esclamo guardandolo negli occhi. Lui è sorpreso e, per questo, continuo «Se tutto nella mia vita sta andando a rotoli, compresa la mia relazione con Jay, è soltanto colpa tua; perché hai pensato, egoisticamente, di piombare nella mia vita e rivendicare un qualche diritto che non hai. Ero felice prima della tua ricomparsa, adesso Jay è in collera con me! Adesso dovrò tornare a casa da sola e, probabilmente, quando tornerà a casa il mio fidanzato non sarà più tale! Tutto questo è successo perché non ho avuto il coraggio di dirti che non voglio darti una seconda possibilità. Lui ha frainteso e io non ci sto capendo nulla» mormoro con cattiveria. Il suo sguardo si rattrista e vorrei poter tornare indietro per evitare di pronunciare ogni singola parola appena uscita dalla mia bocca.
Inizialmente era quello che pensavo, è vero. Pensavo che se Andrea fosse venuto a Londra, le cose tra me e Jay avrebbero cominciato ad andare male; ma non per un mio ripensamento, come in realtà poi è accaduto, ma per la gelosia e la preoccupazione di Jay.
«Ho capito» dice rigirandosi uno straccio tra le mani.
Lo fisso e lui fa lo stesso con me. «Uscirò dalla tua vita. Dammi solo un po’ di tempo per trovarmi un lavoro da qualche altra parte e poi uscirò definitivamente dalla tua vita» dice voltandosi.
Mi lascio sfuggire un singhiozzo perché non è questo che volevo; mi stringo nella giacca e tiro su col naso, prima di dirigermi a casa e dare sfogo alla mia frustrazione.
Tutto quello che mi sono costruita in questi ultimi anni sta cadendo come un castello di carta.
Ho impiegato tutte le mie forze per riuscire a lasciarmi Andrea alle spalle, ma non ci sono riuscita.
Adesso che Andrea ha capito da solo di doversi allontanare da me mi sento male. Non lo avrei voluto: né per Jay, né per Andrea, né per me stessa.
Il pensiero che lui avrebbe veramente potuto rendermi felice mi fa venire la pelle d’oca. Sarei stata disposta a riprovarci di nuovo, avrei fatto qualsiasi cosa per lui perché ne sono ancora innamorata;se, con il passare degli anni, questo sentimento non si è affievolito nemmeno un po’, potrà succedere proprio quando so che entrambi ci amiamo?
Non sarà facile” mi ricorda quella vocina fastidiosa nella mia testa.
Mentre apro la porta di casa, le lacrime cominciano a rigarmi le guance. Adesso voglio soltanto sprofondare tra le coperte e non dover ascoltare più nessuno. Nemmeno Jay perchéquesta sera si è comportato proprio da stronzo.
Sono arrivata a casa e, mentre entro in camera da letto, sento Jay arrivare.
«Gaia?»
«Sono qui» mormoro tirando su col naso. Deve capire come sto.
«Pensavo di non trovarti» dice avvicinandosi.
«Dove pensavi che fossi?»
«Magari da lui»
Lo guardo con gli occhi pieni di lacrime edi delusione. «Ho chiuso con lui! Non preoccuparti non mi separerò da te!» esclamo acida.
«Si può sapere che ti prende?»
Mi stai trattando così male.
«Niente» mormoro togliendomi i tacchi. Non ho più intenzione di discutere con lui stasera.
«Te la sei presa per la casa, vero?»
«Se non vuoi andarci non ti obbligo» rispondo entrando in bagno.
«Non ti sei chiesta perché non voglio andarci?»
Mi volto a guardarlo e alzo le spalle «Perché non vuoi andarci?» chiedo.
«Per te è tutto uno scherzo. Credi di poter giocare con i miei sentimenti, mentre pensi se metterti con quel figlio di puttana, vero?»
«Non sto giocando proprio con un bel niente, Jay! Sono qui! Ho chiuso con lui;  uscirà definitivamente dalla mia vita; non saremo neanche amici! Sono solo tua»
«Non sai quanto fastidio mi ha dato stasera vederti sempre nei suoi occhi. Ogni volta che mi voltavo lui stava guardando te. La cosa che odio è che tu sarai sempre un po’ sua e non riesco a farmelo andare bene»
«Devi fartela passare. Non puoi cambiare il passato»
«Non sai quanto vorrei che tu non abbia ceduto quella notte a Londra, con lui»
«Questi sono affari miei» mormoro ricordando quella camera d’albergo.
«Tu non riesci a capire»
«Cosa c’è adesso?» sbuffo.
«Dimmi che non lo ami, Gaia. Dimmi che, in questi giorni, mi sono immaginato tutto»
«Che stai dicendo?»
«DIMMI CHE NON LO AMI, GAIA!!!» urla spaventandomi. «Dimmi che la mia fidanzata non vuole lasciarmi e che resterà per sempre al mio fianco»
Sono sconvolta. Non credevo che Jay fosse così geloso. «E non mentirmi, per favore»
«Jay…» mormoro cercando di trovare le parole più adatte da rivolgergli ma, dalla mia bocca, non esce nulla.
«Gaia, dimmi che non lo ami» ripete portandosi le mani ai capelli.
Avrei così tante cose da dirgli… tutta la verità, partendo da quello che mi chiede fino al bambino. «Mi dispiace» mormoro dispiaciuta.
«Sei innamorata ancora di lui» biascica appoggiandosi al muro.
«Jay, ho provato ad ignorare i miei sentimenti, ma non ci riesco»
«SEI INNAMORATA DI LUI, CAZZO!!» urla in inglese.
«Amo anche te»
«E credi che questo dovrebbe importarmi?! Come fai ad essere innamorata di due persone?! Come fai ad essere ancora innamorata di Andrea dopo tutto quello che ti ha fatto? Sei stata con me per questo allora… Per dimenticarlo, per avere una distrazione nell'attesa del suo ritorno»
«No, io…»
«Non. Parlare» dice a denti stretti.
La sua mascella è dura e, molto probabilmente, sta digrignando i denti. «Mi hai soltanto preso in giro. In tutti questi anni, credevo di contare qualcosa, invece sono stato solo un ripiego. Non ti facevo così stronza…»
«Smettila!» esclamo guardandolo in cagnesco.
«Smetterla?! Oltre ad essere preso in giro sarei anche dalla parte del torto secondo te?»
«Non si tratta di avere ragione o torto, Jay. Non ti ho preso in giro in questi anni. Mi dispiace che tu lo creda. A quanto pare cercavi un pretesto per mollarmi, vero?» chiedo rabbiosa, ma la mia spavalderia scompare quando il dorso della sua mano colpisce violentemente la mia guancia.
Mi volto verso di lui toccandomi la parte del viso dolorante, lo guardo con gli occhi spalancati.
È questo il padre che dovrei dare a mio figlio?! Uno che alza le mani perché non riesce a controllarsi?!
«Non permetterti mai più di dire che cercavo un pretesto per lasciarti. Io stavo investendo tanto in questo rapporto. Avrei voluto sposarti un giorno, invece no! Hai preferito innamorarti di un coglione come Andrea. Avrei potuto darti tutto e invece pensi che abbia cercato un pretesto per lasciarti! Non sei la persona che credevo di conoscere…»
Non riesco più a trattenere le lacrime ma piuttosto che farmi vedere da lui in questo stato, piuttosto che passare altro tempo con lui, me ne vado via!
Non voglio stare qui, non con lui!
«Dici che io non sono la persona che credevi di conoscere! E io che dovrei dire?! Non avresti mai dovuto mettermi le mani addosso, idiota! Non pensavo che potessi essere in grado di fare una cosa del genere»
«Mi dispiace per quello» dice mentre si avvicina; lo scanso e mi dirigo verso la porta.
«Vaffanculo Jay!» esclamo e la chiudo forte dietro di me.
Scoppio a piangere e scendo velocemente per strada.
Mia madre impazzirà appena mi vedrà arrivare in queste condizioni; ma non so dov'altro andare…
Ci penso qualche secondo e corro verso il suo appartamento, provando a non pensare a quello che è appena successo con Jay. Come siamo arrivati a questo punto?
Se gli avessi detto che probabilmente sono incinta, magari si sarebbe calmato, ma non voglio usare mio figlio come un sedativo per Jay.
Avrei voluto che si fosse fermato prima di colpirmi in viso. Jay non è mai stato così, non è il tipo di ragazzo che perde facilmente le staffe, anche se stasera ha dimostrato il contrario! Posso davvero vivere con una persona del genere? Soprattutto dopo quello che è successo qualche minuto fa?
No” mi suggerisce la vocina.
Lei dice di no; io non lo so.
Per fortuna, arrivo quasi subito all’appartamento: salgo e, cercando di tenere a freno le lacrime, busso.
Spero sia in casa, altrimenti aspetterò qui fuori, perché non ho intenzione di tornare in quella casa.
Per fortuna, vedo la luce dell’ingresso accendersi e, qualche secondo dopo,  la porta si apre.
«Gaia…» mormora. C’è sorpresa nella sua voce; ovviamente non mi aspettava.
Scoppio in lacrime e mi butto su di lui «Oh Andrea…»

-------
 

Oh, è andata da Andrea?
Ve lo aspettavate?!
Interessante capitolo il prossimo, ve lo assicuro ;)
Ok... Gaia ha litigato con Jay e lui ha alzato le mani su di lei. Sinceramente non avrei mai voluto scrivere una cosa del genere, ma diciamo che era necessario per la povera Gaia.
Lei, però, continua a non dire niente del bambino... :/ Secondo voi fa bene a tenere ancora nascosta la faccenda?
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non arriviate in massa sotto casa mia per linciarmi o qualsiasi altra cosa xD
Prima di lasciarvi, vi ricordo i what-if e i missing moments che ho scritto su LBIOS.

*Andrea vs Luigi*: e se Gaia avesse scelto Luigi invece di Andrea? (what-if)
*Non è uno scherzo del destino*: Andrea e Gaia discutono in macchina, ma qualcosa va storto. (what-if)
*Gaia, Andrea e... l'amore*: e se Gaia avesse seguito Andrea invece di andare via con Max dopo che i due si sono picchiati? (what-if)
*Ricordarsi di non amare*: sono passati due mesi da quando i due si sono lasciati, ma da qualche parte stanno ancora insieme (missing moment)
*Non vedo l'ora di riaverti con me*: e se Gaia fosse tornata per l'estate dopo il matrimonio di Serena? (what-if)
Spero che queste piccole aggiunte vi piacciano :)
Un bacio e al prossimo venerdì
Francy

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Capitolo 9
*** 9. *Tempesta, seconda parte!* ***


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Buongiorno a tutti :)
E' passata una settimana e io non me ne sono nemmeno resa conto, però, eccomi qui a pubblicare un altro capitolo di questa storia :)
Vi ricordo che se volete rileggere o, per qualche strano motivo, avete letto prima questa parte, questa è la storia "madre":
Let's blame it on September
Adesso vi lascio alla lettura ;)
Un bacio,
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 9-
-Tempesta, seconda parte!-

 
«Cos’è successo?» chiede accarezzandomi la schiena.
Mi sta abbracciando da svariati minuti, dopo avermi fatta entrare e aver chiuso la porta di casa.
«Ho… ho litigato con Jay»
«Se sei qui, vuol dire che mi hai ascoltato» mormora abbracciandomi; il suo naso è tra i miei capelli e lo sento inspirare forte il mio profumo.
«Non sapevo dove andare. Avevo pensato a mia madre, ma lei avrebbe cominciato a dare i numeri»
Soprattutto perché sa del bambino, penso.
Oh dio…
Sono qui, nonostante lui!
«Hai fatto bene» dice circondandomi il viso con le mani «Sei stupenda» mormora guardandomi.
«Non credo proprio» rispondo cercando di liberarmi dalle sue mani.
Ci riesco e mi allontano da lui; forse è meglio mantenere le distanze.
Ormai sono qui, non posso andarmene; il minimo che posso fare è tenerlo più distante possibile.
«Posso chiederti cos’è successo?» chiede serio.
Lo guardo e, per un istante, mi sento di nuovo una ragazzina di diciotto anni innamorata del suo compagno di scuola. Distolgo lo sguardo e faccio un respiro profondo, schiarendomi la voce. «Mi ha accusato di alcune cose. Non voglio rimanere in quella casa, non stanotte»
«Ti ha messo le mani addosso?» chiede. Sento il suo sguardo su di me e mi chiedo come non abbia fatto a non accorgersi della guancia arrossata.
«No» mormoro e mi rannicchio sul divano.
«Gaia?»
«Andrea, non è successo nulla. Abbiamo soltanto litigato. Smettila. Non chiedermi più nulla»
«Va bene»
Vorrei davvero dirgli cos’è successo ma so che non sarebbe giusto nei confronti di Jay. Nonostante quello che ha fatto, lui non è quel tipo di persona. Non si è mai comportato in quel modo, quindi, non c’è motivo di allarmarsi.
«Come stai?» chiede Andrea all’improvviso.
Lo guardo e, automaticamente, il mio sopracciglio svetta verso l’alto. «Cosa?» chiede lui cercando di trattenere un sorriso «Non posso chiederti come stai?»
Sorrido «No, è che… mi sento strana, tutto qui»
«Perché strana?»
«Non sarei dovuta venire qui: mi sento un po’ a disagio»
«Io, invece, sono contento che tu sia venuta»
Si, immagino, perché lo sono anch' io.
«Sto bene, cioè… più o meno bene, ma domani andrà meglio»
Il suo sorriso si spegne e annuisce, abbozzando un misero sorriso.
«Non voglio che tu esca definitivamente dalla mia vita» confesso guardandolo negli occhi.
«No?»
«No»
«Qualche ora fa non la pensavi così»
«Ero soltanto arrabbiata, ma non voglio perderti»
«Ma non vuoi darmi nemmeno una possibilità»
«Non posso»
«Perché no? Se è per Jay, lo affronteremo insieme. Non voglio che sia lui a costringerti a rifiutare perché so che anche tu vuoi quello che voglio io»
«Da un paio di giorni a questa parte, quello che voglio è in contrasto con quello che devo fare. Non posso lasciare Jay»
«Ma vorresti» deduce lui.
«Vorrei non dovermi trovare in questa situazione» rispondo spazientita.
«Mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto passare»
«Sono passati anni. Non importa più»
«A me invece importa! Ti ho persa e, mi pare di capire, anche per sempre»
«Non dire così Andrea… per favore»
«Voglio stare con te, perché non lo capisci?» chiede avvicinandosi.
«Lo capisco, perché anch'io… si insomma, anche per me è così, ma non posso, non più. Se tu avessi fatto questo passo prima, sicuramente le cose sarebbero state diverse»
«Praticamente con te ho sempre sbagliato»
«Non sempre. Sei stato importante per me in quelle tre settimane. Ricordi, no?»
«Non sai quanto vorrei tornare indietro»
«Non possiamo»
«A volte mi sembra impossibile di essere riuscito a conquistarti e a perderti nello stesso momento»
«Ne hai fatta di strada prima di perdermi» dico sorridendo.
«Non me lo perdonerò mai» mormora abbassando lo sguardo.
«Mi ami così tanto?» chiedo incespicando un po’.
«A parte una ragazza, dopo di te non ho più avuto una relazione»
«Quella che ti ricordava me?»
«Si. L’ho lasciata dopo essere tornato a Milano»
«Mi sono messa con Jay dopo il matrimonio di Serena… credo di averlo fatto per dimenticarti. Mi ero innamorata di Jay, è vero, però in fondo in fondo ero consapevole che, mettendomi con lui, sarei riuscita a non pensare più a te»
«Sei innamorata soltanto di lui?» chiede prendendomi in contropiede.
E adesso?
Dì la verità Gaia!” suggerisce la vocina dentro la mia testa.
Scuoto la testa e faccio un respiro profondo «Non posso pensare di essere innamorata anche di te»
«Ma lo sei»
«No»
«Capisco» mormora alzandosi dal divano. Questa volta a tenere le distanze è lui, e non lo biasimo.
«La mia vita è cambiata da quando ho capito di averti persa per sempre.  Ho sempre pensato che tu non avresti mai smesso di provare un briciolo di sentimento per me, che mi avresti concesso una possibilità nonostante fossi ancora arrabbiata con me ma, evidentemente, mi sbagliavo. Mi sono illuso per tutti questi anni…»
«Sai perché non sono innamorata di te? Perché non posso più permettermi di provare quel sentimento? Perché tu non hai voluto lottare per me quando avresti dovuto farlo; perché non sei stato in grado di prenderti cura di quello che poteva nascere tra di noi! Hai preferito andare a letto con Elena invece di venire da me e chiarire quello che era successo quella sera. Mi hai lasciata e dopo te ne sei pentito! Questa non è coerenza e, dopo come ti sei comportato, non puoi chiedermi di mandare all’aria quasi tre anni di relazione con Jay come se niente fosse. Perché non ti sei presentato prima alla mia porta?! Perché non sei venuto prima a dirmi che mi ami?»
«Hai perfettamente ragione, Gaia ma, alla fine, l’ho fatto. Dopo il matrimonio di Serena ti ho detto quello che provavo per te e mi hai rifiutato! Mi hai detto che non ti fidavi più di me»
I miei occhi sono sbarrati ed, immediatamente, le sue parole di quella sera mi tornano in mente…
«Perdonami Gaia… Perdonami se non sono il ragazzo perfetto, quello che sicuramente sarà il tuo Jay…»
«Non è il mio Jay» preciso.

«Lasciami finire» mi interrompe sorridendo. «Non sono perfetto, ma ti posso giurare che, nella mia imperfezione, nella mia stupidità, nella mia cecità e tutto quello che vuoi, ti amo più di qualsiasi altra donna abbia mai avuto»
«Come avrei potuto fidarmi ancora di te dopo il modo in cui mi hai trattata?» chiedo cercando di fargli capire il mio punto di vista.
«Hai ragione. Non avrei dovuto chiederti di fidarti di me, ma non puoi dire che non mi sia fatto avanti prima che ti mettessi con Jay. L’ho fatto e mi hai rifiutato, eppure sapevo che non era quello che volevi; ho capito solo adesso che se allora tu avessi permesso a te stessa di lasciarti andare, adesso non ci comporteremmo come due sconosciuti»
Scuoto di nuovo la testa e mi alzo, avvicinandomi alla finestra. Non voglio più pensare al passato.
«Ho temuto che tu avessi avuto un figlio da Jay» mormora raggiungendomi.
Sento il sangue gelarsi e il mio cuore cominciare a battere velocemente. Non voglio che lo sappia.
«Quando?» chiedo cercando di non sfiorare il suo corpo.
«Quando mi hai chiamato dopo la mia prima giornata di lavoro. Ho sentito un bambino piangere e tu hai interrotto bruscamente la conversazione»
«Ah. Era il figlio di Serena»
«Quindi non hai nessun bambino»
Rido nervosamente e scuoto la testa «No, certo che no» dico deglutendo.
«Bene. Mi ero spaventato»
Mi volto e gli sorrido, allontanandomi da lui.
«Cos’hai lì?» chiede indicando la mia guancia.
«Niente» mormoro coprendomi.
«Gaia, fammi vedere»
«Andrea, non è nulla, davvero!»
«Per favore. Se mi fai vedere poi non ti torturo più»
Mi accarezzo la guancia e mi avvicino a lui, sperando di aver fatto sparire il segno di qualsiasi cosa Jay mi abbia lasciato sulla guancia.
La sua vicinanza mi fa accelerare il battito del cuore e, adesso, vorrei non trovarmi a casa sua.
«Hai finito?» gli chiedo ma, come se la sua vicinanza non fosse abbastanza, la sua mano si sposta sulla mia guancia. All’improvviso chiudo gli occhi e trattengo il respiro.
Il ricordo dello stesso movimento fatto da Jay, mi fa sussultare ancora il cuore.
«Ehi…» mormora alzandomi il mento con l’indice.
«Scusa» biascico trattenendo le lacrime.
«Dimmi la verità, Gaia. Jay ti ha colpita?» mormora accarezzandomi.
Non dico nulla: le mie lacrime bastano  a fargli capire tutto.
«Lo uccido quel bastardo!» esclama allontanandosi di scatto da me e dirigendosi verso la porta.
«No, Andrea! NO!» grido trattenendolo per un braccio.
«Devo fargliela pagare» dice a denti stretti.
«No, non voglio che vi facciate del male a vicenda»
«Ti ha schiaffeggiata! Non avrebbe dovuto permettersi di fare una cosa del genere!»
«E’ successo soltanto una volta. Non succederà mai più»
«Non meriti questo, Gaia» mormora cominciando ad accarezzarmi la guancia.
Ci guardiamo negli occhi e, i sentimenti che sento dentro di me, mi fanno ritornare indietro nel tempo. Ho voglia di riprovare quella sensazione di pienezza nel mio cuore.
Ho voglia di svegliarmi e trovarlo al mio fianco mentre mi sorride;
Ho voglia di viverlo di nuovo;
Ho voglia di rimanere con lui tutta la vita ma poi, sentendomi in colpa, mi domando: porto davvero in grembo il figlio di un altro?
Lo vedo avvicinarsi e i suoi occhi si posano sulle mie labbra. «Voglio baciarti…» mormora circondandomi un fianco con un braccio e avvicinandomi di più a lui.
«Non posso»
«Si, invece e so che lo vuoi anche tu»
Scuoto la testa e abbasso lo sguardo. Non posso, anche se vorrei.
«Lasciati andare Gaia…» mormora soffiando sulle mie labbra.
Poso i miei occhi di nuovo su di lui e, in un secondo, le nostre labbra sono unite.
«Ti amo» sussurra prima di approfondire il bacio.
Sento la sua lingua leccare il mio labbro e chiedere il permesso di oltrepassare il limite.
Dischiudo le labbra e le nostre lingue si ritrovano a muoversi in sincrono come facevano un tempo.
Mi sento immediatamente bene, per tutto il tempo passato con Jay non mi sono mai sentita così.
Ricambio il bacio, avvicinandomi a lui e gettandogli le braccia al collo.
Sento il suo sapore sulla mia lingua, il suo corpo premuto contro il mio e non capisco più niente. Quando Andrea è vicino a me, il mio cervello non connette più; mi lascio trascinare dai brividi che mi regala la sua lingua dentro la mia bocca, dalle sue labbra sulla mia pelle.
Adesso mi sento me stessa… Andrea mi fa questo effetto ed io voglio sentirmi di nuovo come quattro anni fa quando ho fatto l’amore con lui per la prima volta.
Salto su di lui, circondandogli i fianchi con le gambe, mi ritrovo, ben presto, attaccata al muro mentre la sua bocca lascia una scia bollente sul mio collo.
Mi toglie velocemente la giacca e la maglia mentre faccio lo stesso con lui prima di cominciare a barcollare per arrivare nella sua camera.
Quando mi ritrovo sul letto, esposta allo sguardo di Andrea che continua a baciarmi, mi rendo improvvisamente conto che non è giusto quello che sto facendo.
Non è corretto verso Jay, non lo è verso mio figlio e, sicuramente, non lo è verso Andrea che mi odierà quando gli dirò la verità! Come posso permettere a me stessa di abbandonare l’uomo che amo veramente?!
Quello che mi chiedo però è come ho fatto a pensare di poter andare a letto con lui?
Devo trovare la forza e il coraggio di respingerlo adesso, prima che sia troppo tardi.
Chiudo gli occhi e mi sforzo di non piangere, anche se non riesco bene nell’impresa.
«Sono incinta» dico velocemente.
«C…cosa?» chiede sotto shock. «Non abbiamo ancora fatto niente!» dice mentre lo guardo male.
«Aspetti suo figlio!!» esclama alzandosi dal letto e rimettendosi la maglia.
Ecco la terza guerra mondiale.
«Andrea…»
«No! Non dire nulla, per favore»
Abbasso lo sguardo e, quando lui esce dalla stanza, indosso quello che mi aveva tolto.
Questa è uno schifo di giornata!!
Prima la discussione con Jay, poi la serata orrenda durante la quale mi ha detto chiaramente che non vuole passare l’estate con me, l’altra litigata e adesso questo… non riuscire a resistere ad Andrea. Adesso mi rendo conto, però, che non è lui a rovinare tutto; sono io!
Io che sono una pessima fidanzata; io che sarò una pessima madre; io che sono una persona orribile!
Smetto per qualche secondo di piangere, mentre raccolgo le mie cose ed esco dalla stanza.
Andrea è appoggiato al muro intento a fissarmi.
«Avrei voluto che dentro di te ci fosse nostro figlio! Nostro! Non di quel deficiente! Perché stavi per venire a letto con me se sapevi di essere incinta?! Perché l'hai fatto, Gaia?! Vuoi vedermi stare ancora peggio?!» urla sofferente.
Mi si spezza il cuore a vederlo così; ho ferito la persona che amo e non me lo perdonerò mai.
«Mi dispiace averti fatto credere che ci sarebbe stato di nuovo un “noi”» dico piangendo. «Non avrei dovuto cedere e baciarti, ma lo volevo anch' io e… e ti amo così tanto che mi uccide l'idea di dover varcare quella soglia e non vederti mai più»
«Avresti dovuto pensarci prima! Sarei stato disposto a restarti accanto se solo tu non fossi stata così… così stupida!» esclama arrabbiato. «Perché non mi hai detto subito del bambino? Mi avrebbe fatto rabbia, ma almeno avrei saputo perché non potevi stare con me. Perché stavi per fare l’amore con me?» chiede ancora.
«Perché sono stata debole e perché ti amo. Non mi sono pentita di quello che ho fatto, ma mi sono resa conto che sarebbe stato sbagliato continuare»
Si porta le mani ai capelli e si volta per sbattere la testa al muro «Avrai un figlio da un altro e mi hai appena detto che mi ami e per ben due volte. Hai idea di come mi sento?»
«Si, credo di saperlo ed è per questo che devo andarmene da questa casa prima che sia troppo tardi»
Lui mi guarda fisso negli occhi, mentre i suoi si riempiono di lacrime.
No, Andrea… non piangere! Non lo meriti. Nessuno merita quello che sto facendo a te e a Jay.
Indosso la giacca e mi avvicino alla porta «Addio» mormoro prima di scoppiare a piangere in silenzio uscendo da quella casa.
Vorrei non esistere in questo momento!
Vorrei non aver mai bussato alla sua porta!
Vorrei tornare indietro ma non posso farlo e, adesso, devo affrontare tutto quello che succederà.
È il momento di dire la verità a Jay, tutta la verità e poi sarà lui a decidere se perdonarmi o meno, anche se non credo voglia farlo.
Per fortuna, arrivo a casa in breve tempo, ma Jay non è in casa.
Probabilmente è meglio così perché non avrei saputo come affrontarlo; devo parlargli a mente fredda e, tutto quello che è successo nelle ultime ore, mi ha completamente devastata.
Forse è stato lo stress degli ultimi avvenimenti, forse è il mio bambino che, da dentro, mi punisce, fatto sta che mi ritrovo piegata in due sul water a vomitare il nulla.
Passo minuti interminabili attaccata al bordo del wc a piangere e a rimettere.
Questa è la punizione per essere stata cattiva nei confronti di mio figlio, di Jay e di Andrea e mi merito di soffrire così!
 
Ho passato tutta la notte a piangere sul divano. Andare a dormire in camera da letto mi avrebbe ricordato il momento in cui, Jay ed io, abbiamo concepito nostro figlio e il momento in cui li ho traditi entrambi baciando Andrea.
Ho provato a chiamare Jay molte volte ma, a quanto pare, ha spento il telefono. Ho provato a non farmi prendere dal panico e attendo che lui ritorni.
Alle otto del mattino sento le chiavi nella serratura.
«Jay?!» lo chiamo alzandomi di scatto dal divano.
«Che cosa vuoi?!» mormora mentre, barcollando, viene verso di me.
«Sei ubriaco»
«Si, problemi?!»
«Dove sei stato? Mi hai fatto preoccupare»
«Chiedi a me dove sono stato? Tu, invece… non ho avuto tue notizie per ore e ho deciso di comportarmi allo stesso modo. Sono uscito e sono andato a bere»
«Va bene, adesso… adesso vieni qui e riposa» dico avvicinandomi a lui ma si scansa e, il movimento troppo brusco, gli fa perdere l’equilibrio: per poco non finisce contro lo stipite della porta della cucina.
«Stai attento, per favore»
«NON DIRMI DI STARE ATTENTO!» urla. «Dove sei stata?»
«Da nessuna parte» mormoro. Questo non è il momento adatto per dirgli la verità.
«Non mentirmi Gaia… dove sei stata? Sei stata da lui, vero?»
Spalanco gli occhi, ma non rispondo. Meglio tacere. Se dovesse scoprire dove sono stata e cosa ho fatto probabilmente non vorrebbe parlarmi mai più.
«Sei stata da lui» mormora piangendo.
Jay non merita questo.
«DIMMI LA VERITA’ GAIA! SEI STATA DA QUEL COGLIONE!»
«Si» mormoro senza nemmeno rendermene conto.
Non so perché l’ho detto… magari sono stanca di tutte queste bugie o magari perché Jay merita semplicemente la verità e basta.
«Perché sei andata da lui?!»
Lo guardo senza sapere cosa dire «Guardami negli occhi» mormora ritrovando improvvisamente la lucidità.
Evito il suo sguardo e mi volto per ritornare sul divano.
«Non ho finito! Vieni qui» dice brusco afferrandomi per un braccio «Guardami negli occhi» dice ancora stringendo la presa.
«Lasciami, mi fai male!» esclamo cercando di non incrociare il suo sguardo; capirebbe, altrimenti, che qualcosa è cambiata in me.
«Riesco a sentire il suo odore su di te»
Merda!
«Avete scopato!» esclama strattonandomi.
Oh Jay… no, no!
Chiudo gli occhi e provo a trattenere le lacrime. «Non piangere, cazzo!! Ti sei fatta scopare da quel bastardo!» urla in preda alla rabbia.
Devo smentire quello di cui mi sta accusando, ma lo shock di vederlo così arrabbiato e la paura che mi colpisca di nuovo non mi fanno pronunciare nemmeno una parola.
«Oh dio!!» urla, lasciandomi andare mentre, con le mani, comincia a tirarsi i capelli. «Perché?! Perché mi hai fatto una cosa del genere?! Non ti ho mai fatto mancare nulla e adesso mi fai questo?! Ti ho dato il mio cuore, la mia vita, ti ho donato tutto quello che potevo perché ti amavo!! Cazzo, Gaia!!»
Il fatto che abbia utilizzato l’imperfetto mi preoccupa e mi fa capire che Jay non vorrà più vedermi.
«Non sono stata a letto con lui, Jay!» riesco a dire.
«Non ti credo»
«Invece devi credermi, perché è vero. Non ci sono andata a letto»
«E cosa è successo tra voi, allora? È impossibile che non sia successo niente»
«Ci siamo…. Ehm, ci siamo baciati» confesso mentre lo guardo dispiaciuta; lui si volta senza sapere cosa dire dirigendosi verso la camera da letto «Che stai facendo?» gli chiedo mentre estrae il suo borsone dall’armadio.
«Cosa ti sembra che stia facendo?! Me ne vado. Non voglio più aver niente a che fare con te» mormora scuotendo la testa. Credo che la sbronza gli sia completamente passata.
«Lo so che sei deluso… lo so, ma ti prego non lasciarmi»
«Come puoi chiedermi di non farlo dopo aver baciato un altro? Perché non mi hai detto di aver deciso di dargli una possibilità e che sei ancora innamorata di lui? Sarebbe stato tutto più semplice! Come posso continuare a stare qui? Non riesco nemmeno a guardarti in faccia, come potrei vivere sotto lo stesso tetto con te?!» 
Ha urlato tutto e, ad ogni nota della sua voce, il mio cuore ha cominciato a spezzarsi sempre un po’ di più.
Come ieri sera, sento tornare la nausea, ma adesso non è il momento giusto.
Non so perché mi ostino a non dirgli niente del bambino… forse perché per lui sapere che ho baciato un altro mentre porto in grembo suo figlio è sicuramente peggio di sapere di essere stato tradito.
Magari tra qualche settimana glielo dirò; magari lui avrà sbollito la rabbia e sarà tutto più semplice.
Mi metto le mani nei capelli e vorrei che il tempo si fermasse; vorrei avere il tempo di capire bene cosa fare. Se dirgli del bambino significa perderlo senza avere la possibilità di dargli una spiegazione allora no, voglio aspettare ancora a dirglielo, ma così… oddio, sembra che continui a tenergli nascosto una parte importante della sua vita di cui lui non è nemmeno a conoscenza e non lo merita.
Jay merita di accarezzare suo figlio attraverso la mia pelle, merita di sussurrargli quelle paroline dolci che i papà bisbigliano, merita di sentirsi emozionato all’idea di diventare padre, merita tutto quello che comporta avere un bambino ed io, invece, glielo sto negando.
Tutto questo perché sono stata egoista; sono stata stupida a lasciarmi andare con Andrea, pur sapendo che, baciando lui, avrei tradito mio figlio e suo padre.
Avevo litigato con Jay, ma questo non mi dava il diritto di tradirlo con tanta facilità… non è giusto.
«Me ne vado» mormora Jay riportandomi alla realtà.
Cosa?! Ero talmente immersa nei miei pensieri che non mi sono resa conto delle sue parole.
«No!» esclamo voltandomi di scatto.
Jay è vicino alla porta di casa, con il borsone in mano. Come ha fatto a fare la valigia senza che me ne rendessi conto?! Ho perso la cognizione della realtà; ho perso tutto…
«No, ti prego, non andartene… per favore» dico correndo verso di lui e cercando di togliergli il borsone di mano.
«Lasciami andare Gaia!» 
«No, scusami. Perdonami, per favore. Non andartene…» mormoro piangendo cercando di liberargli la mano.
Lui non risponde ma, vista la mia scarsa forza, riesce facilmente a liberarsi dalla mia debole presa ea uscire di casa.
«No…» biascico aggrappandomi a lui.
«Lasciami» dice serio.
«Per favore, dammi la possibilità di spiegare»
«Cosa c’è da spiegare dopo che hai deciso di farti scopare da quello!! Che cazzo vuoi spiegare?!» urla e comincia a scendere le scale.
«No! No Jay… ti ho detto che non è successo quello che pensi» esclamo seguendolo e afferrandolo per la manica della camicia.
«No, avete soltanto passato la serata a baciarvi» sputa a denti stretti.
«No!!» urlo cercando di trattenerlo. Non m'importa se i vicini ci sentiranno. Voglio soltanto che Jay non mi lasci…
«Allontanati!!» urla spingendomi mentre si libera della mia mano.
Purtroppo il mio piede scivola malamente sul gradino e mi fa perdere l’equilibrio.
In pochi secondi si scatena l’inferno: rotolo giù per le scale; un vaso di vetro, credo, si rompe sotto di me e, mentre sbatto ancora sui gradini, il buio mi avvolge.
Questa è la mia punizione.

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Ehm... io adesso non so davvero cosa dire, perchè ho paura che mi lanciate qualcosa addosso o che... boh non saprei.
Quando ho scritto questi capitoli avevo paura che non riscuotessero tanto successo, anzi, pensavo mi avrebbero portato delle critiche, tante... quindi, io spero non sia così; anche perchè so che tra di voi c'è qualcuno che odia profondamente Gaia per quello che sta combinando quindi sarebbe felice di questa fine x'D
Posso dire, in mia difesa, che, se ci fosse stato altro tempo, avrei cercato qualcosa di migliore... magari non avrei fatto venire tutti questi dubbi a Gaia, avrei lasciato a casa la gravidanza, non avrei messo tutte queste complicazioni, ma a suo tempo mi era sembrata una buona idea e a dire la verità, quando ho immaginato alcuni punti della trama di questo sequel, tutto questo era in programma, forse con il tempo ho perso un pò la giusta visuale delle cose, quindi, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto :)
Buona giornata e a venerdì prossimo ;)
Un bacio,
Francy 

 

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Capitolo 10
*** 10. *Limbo* ***


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Siete contente eh? xD
Non chiedete perchè mi sia lasciata convincere a pubblicare due capitoli oggi, ma è sicuramente un evento eccezionale, quindi... niente più doppi capitoli il venerdì in futuro! Già mi sento in colpa verso me stessa xD
Comunque, buona lettura ;)

 


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 10-
*Limbo*

 
Sento che qualcosa non va.
L’odore di disinfettante mi invade le narici stordendomi.
Dove sono?
Provo a muovermi, ma è tutto inutile.
Qualcosa mi blocca al letto e non mi permette di fare il minimo movimento.
Cosa succede?
C’è della gente che parla ma sento soltanto dei sussurri, non riesco a distinguere le parole.
È frustrante non riuscire a capire.
Vorrei aprire gli occhi ma le mie palpebre sono pesanti.
«E’ sveglia?»
Una voce dolce mi arriva forte e chiara; forse l’ho sentita solo perché è vicina a me.
Qualcuno le risponde ma non riesco a capire chi sia né tantomeno cosa dica.
Non capisco niente e odio sentirmi così impotente e… addormentata!
Quanto ho dormito? E perché non riesco a svegliarmi completamente? Voglio aprire gli occhi e vedere cosa succede.
«L’effetto del tranquillante finirà presto e dopo si sveglierà, non preoccupatevi…» dice di nuovo la voce.
C’è più di una persona?
Sento di nuovo un brusio, ma non riesco a distinguere nulla.
Qualcuno parla di nuovo, poi segue il silenzio.
 
«Da quanto è addormentata?» chiede una voce femminile. Non riesco ancora a capire chi sia.
«Da ieri. Ha una lieve commozione cerebrale e hanno detto che potrebbe volerci del tempo prima che si risvegli»
«Vedrai che aprirà presto gli occhi, Giulia. Il dottore è passato?»
Serena! È Serena!! È tornata per me…
«E’ passato soltanto per controllarla e ha detto che adesso sta bene»
«Speriamo si rimetta presto…» mormora la mia amica. Poco dopo la sento sedersi accanto a me. Voglio svegliarmi. Voglio svegliarmi.
Voglio svegliarmi!
«Non si è ancora svegliata?»
È qui. Jay è qui. Non mi ha abbandonata.
Questo vuol dire che ho ancora una possibilità?!
«No Jay. Non ancora»
«Cosa le hanno fatto?»
«Le hanno dato dei punti»
Provo di nuovo a muovere qualche muscolo ma non ci riesco.
Accidenti!
Mi concentro sulla mano… di solito è quella che si muove per prima.
Il mio cervello sa che deve muovere le dita, allora perché non succede nulla?
Non può essere ancora l’effetto di quello che mi hanno dato.
«E’ sveglia! Le ho visto muovere un dito» esclama Serena.
Allora ci sono riuscita. Se potessi, tirerei un sospiro di sollievo.
«Amore mio, riesci a sentirmi?» chiede mia madre.
Si, mamma
«Hm» mormoro
«Gaia, tesoro» sento la voce di Serena vicino a me.
Apro un occhio e la luce mi acceca. Mi lamento e lo richiudo subito: qualcuno accosta le tende della camera.
«Tesoro, riesci ad aprire di nuovo gli occhi?» chiede mia madre.
Ci riprovo e riconosco i visi di mia madre e di Serena.
«Ciao» mormorano commosse.
Sorrido debolmente «Cos’è… cos’è successo?» mormoro roca.
«Sei caduta dalle scale»
Questa volta è Jay a parlare mentre si alza dalla sedia e avanza verso di me.
«Non sono riuscito a prenderti in tempo, mi dispiace» mormora.
«Vado a chiamare il medico» ci interrompe mia madre; Serena si allontana, forse perché ha capito che tra di noi qualcosa non va.
«Come stai?» gli chiedo.
«Non pensare a me. Sei tu ad avere una gamba ricucita e una commozione cerebrale»
«Sto bene»
«Bene»
Ci guardiamo per qualche secondo negli occhi, poi il dottore interrompe il nostro “discorso”. «Buon pomeriggio signori» esclama entrando nella camera. «Ben svegliata signorina» dice rivolgendomi un grande sorriso.
«Grazie» rispondo sorridendo mentre vedo Jay allontanarsi.
«Bene… come si sente?»
Hm, bella domanda… non ci ho ancora fatto caso.
Mi concentro sul mio corpo, sento una lieve fitta alla testa e qualcosa mi da fastidio alla gamba «C’è qualcosa che mi da fastidio lì» dico indicando la gamba.
«E' la sutura a procurarle il fastidio. Cadendo è finita contro un vaso,
la ferita non era molto profonda ma abbiamo comunque dovuto mettere cinque punti. È stata fortunata a non rompersi niente»
«Già» mormoro.
«Le fa male la testa?»
«Poco»
«Tra qualche giorno il dolore dovrebbe scomparire ma, se dovesse essere insopportabile, non esiti a chiamare, intesi?»
Annuisco e dalla sua espressione capisco che sta per arrivare la parte più difficile.
«C’è dell’altro…»
È vero, il mio bambino.
Lo guardo con le lacrime agli occhi, sperando che non mi dica quello che nessuna donna vorrebbe sentirsi dire. «Sua madre ha detto che era incinta»
«Che cosa?!» esclama Jay avvicinandosi di nuovo.
«Ero? Vuol dire che l’ho perso?» chiedo. Al momento non posso affrontare Jay.
«Ehm, non proprio»
«Non capisco»
«Abbiamo fatto delle analisi, ma non c’era nulla che potesse far pensare ad una gravidanza»
«Cosa?» esclamo «Ho fatto il test ed era positivo»
«Mi dispiace signorina, ma lei non era incinta»
Non lo sono… cosa diavolo è successo? «A volte i test comprati al supermercato possono non essere molto precisi»
«L’ho comprato in farmacia!»
«Non tutti sono affidabili. In questi casi, la cosa migliore è fare una serie di esami, in modo da essere sicuri della presunta gravidanza. La sua ginecologa avrebbe dovuto dirglielo»  
«L’ho prenotata per questa settimana»
«Capisco. Beh, almeno non ha avuto lo shock di un aborto»
No, ma questo è uno shock diverso. «Perché ho avuto un ritardo di due settimane, allora? Il mio ciclo è sempre stato puntuale e, al massimo, poteva saltare uno o due giorni»
«Un forte stress può ritardare l’arrivo delle mestruazioni…»
Chiudo gli occhi e scuoto la testa nonostante il dolore.
Non sono molto in forma per fare i conti ma posso giurare che l’uragano Andrea non era ancora arrivato quando sarebbe dovuto arrivarmi il ciclo.
«La lascio riposare» dice il medico e, dopo aver controllato la mia flebo, esce dalla stanza.
«Posso rimanere da solo con Gaia, per favore?» chiede Jay mentre si avvicina a me.
Mia madre annuisce e, dopo un bacio sulla fronte suo e di Serena, io e Jay restiamo soli.
«Perché non me l'hai detto?»
«Dovevo risolvere con Andrea prima…»
«Certo… ormai tutto ruota intorno ad Andrea! Lo hai anche baciato, provando dei sentimenti per lui ovviamente, mentre aspettavi nostro figlio!! Anche se non eri incinta, credevi di esserlo e lo hai fatto lo stesso»
Non ho bisogno delle sue invettive su di me; vorrei che non fosse qui! 
«Perché non me l'hai detto?!» chiede ancora «Avremmo potuto risparmiarci tutto questo»
«Non urlare. Lo so che avrei dovuto dirtelo! Volevo risolvere prima con Andrea perché desideravo che il momento in cui ti avrei detto che aspettavo nostro figlio fosse speciale»
«Accidenti Gaia! Accidenti a te!»
«Smettila, per favore» mormoro abbassando lo sguardo. «Quel test era sbagliato…»
«E credi che questo possa mettermi l’anima in pace? Ti sei comportata in quel modo mentre credevi di aspettare nostro figlio, ma ora non ha più importanza. Direi che, tra di noi, finisce qui! Quando sarai veramente incinta spero non bacerai di nuovo un altro» mormora e si volta per andarsene mentre io, scioccata, cerco di capire se ha detto veramente quello che ho sentito.
Credo sia la cosa più cattiva che mi abbia mai detto…
Scuoto la testa e sprofondo tra le lenzuola ruvide di questo letto.
In fondo, mi sono meritata quelle parole. Sono una persona orrenda e merito di sentirmi dire queste cose.
Come cambiano le persone quando vengono ferite. L’ho fatto con Jay e non me lo perdonerò mai, perché lui non lo meritava.
«Tesoro, stai bene?» chiede mia madre entrando nella camera.
«No» mormoro con voce roca.
«Ne vuoi parlare?»
Scuoto di nuovo la testa, mentre mi appoggio alla testata del letto. «Voglio restare sola, per favore»
«Va bene, amore. Chiamami se hai bisogno di qualcosa. Ti porto un cambio domani, ok?»
«Ok» mormoro e mi volto, dandole le spalle.
La sento accarezzarmi la spalla e poi uscire dalla stanza.
Ho soltanto il tempo di tirare su col naso e cercare un fazzoletto per asciugarmi le lacrime che qualcuno bussa alla porta.
Non oso immaginare chi possa essere.
«Posso?»
Tiro un sospiro di sollievo quando mi rendo conto che è Serena.
«Vorrei restare sola» mormoro nascondendo il viso sotto le lenzuola.
«Va bene, ma sappi che, per per qualsiasi cosa, ci sono»
«Non c’è più nulla da fare…» mormoro.
«Pensa a guarire adesso, ok? Penseremo dopo ai problemi»
«Come posso ignorare che ho perso Jay in questo modo?»
«Se non avessi creduto di essere incinta, avresti dovuto fare una scelta prima o poi»
«Avrei dovuto scegliere, esatto… avrei fatto in modo che Jay soffrisse il meno possibile, invece, adesso lui si sente tradito per ben due volte»
«Due volte?» chiede confusa.
«Si, la prima quando ho baciato Andrea… la seconda volta è stato quando, nonostante credessi di portare in grembo il figlio di Jay, stavo per andare oltre sempre con Andrea. Non ero incinta, non lo sono mai stata ma, in quel momento, lo credevo e, nonostante tutto,  ho sbagliato nei confronti di Jay. Mi merito di avere questa commozione del cavolo e i punti alla gamba»
«Non dire sciocchezze, Gaia. Tu non te lo meriti. Hai soltanto fatto uno sbaglio, ma non è qualcosa che non puoi risolvere»
«E come potrei risolverlo? Ho perso Jay e, credo, anche Andrea»
«Jay ti perdonerà, non preoccuparti. Per quanto riguarda Andrea, non credo che lui possa restare lontano da te»
Mi volto e la guardo negli occhi, mentre i miei si appannano. Vorrei poterla abbracciare.
Con lo sguardo le chiedo di avvicinarsi per abbracciarmi, lei non se lo fa ripetere due volte e mi accoglie tra le sue braccia consolandomi dal dolore che provo.
Scoppio a piangere contro la sua spalla: lacrime di stress, di dolore, di nervosismo per la consapevolezza di non aspettare un bambino a cui mi ero quasi affezionata, escono fuori tutte insieme e proprio adesso che ho perso delle persone importanti per me.
«Non ne sarei così sicura» mormoro tra le lacrime.
«Dagli un po’ di tempo e vedrai»
«La cosa che mi fa più male è aver illuso Andrea… mi ama come forse non lo amo nemmeno io e ho avuto il coraggio di rovinare tutto»
«Perché sei andata da lui?»
«Non potevo andare da mia madre, sconvolta com’ero. Mi ero imposta di mantenere le distanze e di resistere, ma la sua vicinanza mi ha stordita e mi ha fatto andare in tilt il cervello»
«Dai, non pensarci adesso… Adesso pensa soltanto a guarire, ai problemi di cuore penseremo poi»
Annuisco continuando a piangere e, dopo un tempo che mi è parso interminabile, Serena mi ha aiutata a sistemarmi nel letto dove, chiudendo gli occhi, cado in un sonno profondo.
 
«Gaia, per favore, rispondi»
«Tesoro, sono la mamma. Da quanto sei rinchiusa in casa? Uscire ti farà bene. Per favore, rispondi»
«Gaia, dovresti davvero provare ad alzarti da quel letto! Muovi il culo altrimenti sfondo la porta e ti prendo per i capelli»
«Gaia?! Sei viva?»
Vorrei non esserlo.
Sono passati otto giorni da quando sono uscita dall’ospedale. Durante i primi due mia madre è rimasta qui con me ma, dopo che è andata a prendersi un cambio di vestiti, mi sono chiusa in casa e non ho più chiamato né aperto a nessuno.
Ho chiesto di essere lasciata in pace, ho detto che non volevo vedere nessuno.
Mi hanno lasciata da sola per un paio di giorni ma, subito dopo quelle giornate, tutti mi chiedono di alzarmi dal letto, di rispondere al telefono, di uscire eccetera, eccetera.
Ho trovato anche una chiamata di Andrea, ma non ho voglia di sentire nessuno, tanto meno lui.
Mi sento svuotata… Svuotata dell'energia, svuotata dell’amore, svuotata di tutto… è come se vivessi in un limbo. Uno strano momento che sembra non passare mai, come se fossi nello stesso luogo e nello stesso istante ogni giorno.
Un istante che non si riesce a superare perché è esattamente come quello appena passato… tutto sembra uguale; così come la sofferenza che non passa più.
Il dolore di aver perso una parte importante della tua vita, che ti ha reso meravigliosa la vita per due anni e mezzo, che, nonostante tutto, ha reso indimenticabile e speciale le prime volte della mia vita.
Ho perso tutto in poco tempo e non so come fare per ritornare quella di prima.
Perché mi è capitato tutto questo?
È davvero come dice Serena? Ho fatto "solo" uno sbaglio?!
Certo, qualcosa è stato calcolato male e avrei dovuto fare una scelta prima che scoppiasse la terza guerra mondiale.
Avrei dovuto dire a Jay del “bambino” il giorno stesso in cui l’ho scoperto; avrei dovuto essere sincera sia con lui che con Andrea e avrei dovuto dire a quest'ultimo “Sono innamorata di te, ma non possiamo stare insieme. Sono incinta e la mia vita è con Jay”.
Mi sarei  dovuta comportare in questo modo, ma non ne ho avuto il coraggio e, adesso, sbatterei la testa al muro per non averlo fatto.
Dopo una delle numerose telefonate a cui non ho risposto, Serena mi ha lasciato un messaggio in segreteria: dice che devo trovare la forza, anche minima, per risalire in superficie e che, con il mio atteggiamento negativo, non potrò farcela da sola, soprattutto se non ho il coraggio di farmi aiutare da qualcuno.
Tutti sembrano essere disposti ad aiutarmi: mia madre, Serena, anche mio padre, ma la verità è che voglio superare questo periodo da sola; non importa quanto tempo ci impiegherò.
È normale sentirsi così vuoti dentro? Così tristi?
Non ho mai conosciuto la vera tristezza. Paragonata al mio stato attuale, la tristezza che ho provato in passato è soltanto una minima parte di quella che sento adesso che ho perso due persone così importanti per me.
Davvero troverò la forza per stare di nuovo bene? Anche con l’aiuto di qualcuno, davvero riuscirò a lasciarmi alle spalle quanto accaduto in queste settimane?
Il telefono squilla di nuovo, ma non ho la minima intenzione di rispondere.
Qualche secondo dopo, scatta la segreteria; la persona che lascia il messaggio è totalmente inaspettata.
«Ciao. Uhm… so che sei chiusa in casa e non rispondi a nessuno, però… beh ecco… in questi anni non ti ho amata soltanto nei momenti felici, l’ho fatto anche quando litigavamo e, adesso che non siamo proprio felici insieme, devo farlo… devo dirtelo per il tuo bene. Uhm… Non buttarti giù. Presto questo periodo passerà e sarai di nuovo felice; avrai davvero un bambino tutto tuo che ti corre per casa e, se è Andrea l’uomo giusto per te, allora non posso fare altro che augurarti tutto il meglio che la vita ha da offrire. Non meriti quello che è successo, come non lo merito io, ma non possiamo più tornare indietro e cambiare le nostre azioni. Siamo umani e ognuno ha le proprie debolezze nei momenti di sconforto. Ti chiedo scusa per averti colpita al viso, quella sera. Uhm… non saprei cos'altro dirti, perciò… reagisci Gaia. Vedrai che domani sarà un giorno migliore»

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Vi aspettavate questa telefonata da parte di Jay?
Mi dispiace tantissimo che sia uscito così di scena, anche se qualche comparsa la rifarà :/
Non è un capitolo entusiasmante.. Non succede niente di che, a parte il fatto che Gaia non è mai stata incinta. Non ha perso il bambino e non ce l'ha mai avuto in grembo!
E tanto per chiarire, la visita ginecologica Gaia non l'ha ancora fatta quindi non ho saltato nessuna parte che la riguardasse ;)
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! :)
Buona serata,
Francy

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Capitolo 11
*** 11. *Ritorno alla luce* ***


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Buongiorno... questo capitolo è uno dei miei preferiti, spero piaccia anche a voi :)


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 11-
*Ritorno alla luce*

 
Pov Andrea
 
«Meno male che dovevi rimanere lì soltanto pochi giorni»
«Non dirmi niente per carità! È successo un casino»
«Perché? L’hai trovata?»
«Si, l’ho trovata. Stavamo quasi per finire a letto insieme ma lei mi ha confessato di essere incinta di un altro»
«Non hai proprio fortuna con lei, amico!»
«Non ricordarmelo ogni santo secondo»
Sbuffo davanti al pc da dove mi sta guardando Giorgio.
Oggi è il mio giorno libero ma avrei preferito lavorare, rimango sul letto o sul divano ad annoiarmi.
Per fortuna, sono riuscito a beccare Giorgio su Skype; almeno parlo con qualcuno che conosco e che non mi fa patire le pene dell’inferno.
«Non mi hai ancora raccontato cos’è successo di preciso»
«Non ho capito niente di quello che stava succedendo. È piombata a casa mia, mi ha abbracciato e poi si è allontanata cercando di mantenere le distanze»
«Perché è venuta a casa tua?»
«Aveva litigato con quel tipo inglese»
«E scommetto che a te ha fatto piacere…»
«Non molto. Lei stava veramente male»
«Tu hai rovinato quella ragazza»
«Senti, ma non dovresti essere l’amico che, in momenti come questi, mi supporta e rassicura?»
«E lo sono, ma devi anche ammettere che, da quando vi siete riavvicinati, lei non è più quella di prima»
«Si, molto probabilmente hai ragione, ma l'amo… cosa posso fare se la rivoglio nella mia vita?»
«Ne sei ancora sicuro?» mormora confuso, grattandosi la testa.
«Si… è quello che volevo prima che lei mi confessasse di essere incinta. Lo vorrei ancora adesso ma so che, per il bene di suo figlio, dovrà fare una scelta e, purtroppo, questa non prevede me. Lo capisco»
«Quindi ti arrendi così?»
«Ho delle alternative?»
«Restarle accanto, magari… come amico»
«Non so se ci riuscirei e, comunque, per il momento non voglio vederla perché, guardandola, penserei solo al bambino che cresce dentro di lei e questo mi fa rabbia»
«Calmati, dai… vedrai che ne troverai un’altra; magari migliore di lei»
«Ne dubito, ma grazie per averlo detto…»
«Io e Alessia stiamo ufficialmente insieme» mormora grattandosi la testa.
«Davvero?» esclamo contento.
Nonostante il periodo non proprio felice per me, sono contento che tra loro sia nata una storia; sempre meglio vedere le coppie Alessia/Luigi e Giorgio/Elena.
«Si, lo abbiamo deciso ieri sera. Cioè, veramente l'avevo proposto già da qualche giorno fa, per non dire qualche settimana fa, però lei voleva ancora un po’ di tempo per abituarsi all’idea di stare con me; ieri sera però, dopo aver… si insomma, hai capito no?»
Oddio, Giorgio imbarazzato a parlare di sesso «Sei imbarazzato» gli dico.
«Non mi imbarazzo, ma non tutti abbiamo la parola “Grazie” in cinese tatuata così sfacciatamente sul pube»
«Il tatuaggio è nascosto»
«Si, certo.. comunque, dicevo: dopo aver fatto l’amore mi ha detto che vuole stare con me» conclude sorridendo.
«Oh, finalmente! Era ora…»
«Già, quindi pensavamo di venirti a trovare. Hai un posto per noi, vero?»
«Certo che ce l’ho! Mi farebbe piacere avervi qui»
«Perfetto, allora poi ci mettiamo d’accordo»
«Si, ma non dire niente a Luigi o a quella ninfomane di Elena»
Anche se non ho più nessun rapporto con loro, so che Giorgio li sente ancora. Non posso decidere quali amici deve avere, queste sono scelte e affari suoi, ma voglio che non si intromettano nella mia vita, perché con i due cugini non voglio più avere niente a che fare.
«Stai tranquillo»
Mentre sto per dire qualcosa, il suo telefono squilla e lo sguardo di Giorgio si illumina.
«E’ lei, vero?»
«Si»
«Allora, ti lascio. Ci sentiamo presto. E fammi sapere quando partirete»
«Va bene. A presto, allora» dice velocemente e riattacca.
Sorrido perché vedo quant’è felice il mio amico, vorrei esserlo anch'io ma, ovviamente, forse non lo merito. Forse è una punizione per quello che le ho fatto tempo fa.
Oh Gaia…. penso mettendomi le mani nei capelli ma, prima di distendermi sul letto, lo guardo e ripenso a quella sera.
Averla di nuovo accanto mi ha fatto sentire benissimo e, so per certo, che è stato lo stesso per lei.
Se il bambino non ci fosse stato? Molto probabilmente adesso staremmo insieme.
Mi sarebbe piaciuto, si! Altroché.
Il rumore di qualcuno che bussa alla porta mi riporta al presente, qui, sul mio letto da solo, senza la donna che amo.
Mi alzo svogliatamente dirigendomi verso la porta.
Quando apro resto sorpreso e un po’ in imbarazzo nel trovarmi lei davanti.
«Andrea… ciao» dice.
«Uhm… salve» rispondo imbarazzato. Mi sposto e la lascio entrare.
Cosa fa la madre di Gaia a casa mia?! Adesso mi uccide, ne sono sicuro!
«Come ha fatto a sapere dove abito?» chiedo cercando di chiudere la porta della camera da letto invasa dal disordine. 
«Gaia… mi aveva detto dove abiti e che aveva paura di incontrarti per caso»
«Perché per caso?»
«Abita qui vicino»
Ah, ecco. «Posso offrirle qualcosa?» chiedo.
«No, grazie caro. Sono venuta soltanto per parlarti di mia figlia. Devo chiederti un favore»
«Certo, qualsiasi cosa» rispondo velocemente.
«Gaia si è chiusa in casa»
«Uhm… un momento. Cosa significa si è chiusa in casa?» chiedo non molto sicuro di aver capito bene.
«E’ stata in ospedale»
«Cosa?!»
«Due settimane fa è caduta dalle scale e… e…»
«Cosa è successo?!» chiedo alterandomi.
«Ha avuto una lieve commozione cerebrale, si è ferita ad una gamba con un vaso di vetro e le hanno dato dei punti…»
«E il bambino?»
Se l'ha perso non me lo perdonerò mai! Ho desiderato che lo perdesse ma non è stato giusto nei suoi confronti.
«Non era incinta»
Un momento… mi sento le gambe molli «Che…cosa significa che non era incinta?» chiedo cercando un appoggio.
«Il test che ha fatto era positivo ma, alcune volte, quegli arnesi danno dei risultati falsi positivi. Per essere sicura del risultato, Gaia avrebbe dovuto fare delle analisi questa settimana ma, quello che è successo due domeniche fa, ha stravolto tutti i programmi. In ospedale il dottore l’ha informata che non era incinta»
Non aspetta suo figlio… non è mai stata incinta di lui e questo vuol dire solo una cosa…
«Perché si è chiusa in casa, allora?»
«Si sente in colpa per Jay e per te. Credo però che la sua tristezza derivi dalla consapevolezza di aver perso l’uomo che ama e dall'aver ferito tanto Jay… Devi andare a casa sua. Sei l’unico che può scuoterla!»
L’uomo che ama e dall'aver ferito Jay…” quindi io sarei?!
Vedo un barlume di speranza, ma non voglio dargli troppa fiducia… finirei per illudermi ancora di più.
«Non credo di essere la persona più indicata. Ho provato a chiamarla qualche giorno fa ma non ha risposto»
«Andrea, per favore… sei l’unico che può salvare mia figlia. Non risponde al telefono e, sono più che sicura, che non mangia, che non si alza dal letto.. non voglio che mia figlia rimanga in questo stato così profondo di depressione»
«Ma Jay? Dov’è? La lascia così?»
«Non stanno più insieme, Andrea. Ho chiesto anche a lui di aiutarmi; ieri l’ha chiamata ma Gaia non ha risposto al telefono»
«E’ tutta colpa mia…» mormoro mettendomi le mani nei capelli. Se non fossi piombato nella sua vita così all’improvviso, forse lei starebbe ancora con Jay e sarebbe felice; sono stato un egoista perché ho pensato solo alla mia felicità, al mio bisogno di riaverla e non al fatto che lei avrebbe potuto soffrire se avesse perso Jay.
«No, tesoro. Non è colpa tua! La colpa non è di nessuno. Tu l'ami»
«Ma ho desiderato che perdesse il bambino e non avrei dovuto farlo»
«Lo so, ma hai continuato ad amarla nonostante lei avesse scelto di vivere in Inghilterra e di condividere tutto con un altro»
«Cos' altro avrei potuto fare?» chiedo come se la risposta fosse ovvia.
«Lo so ed è ammirevole il modo in cui continui ad amarla. Hai lasciato tutto per venire a Londra da lei ma, adesso, ha veramente bisogno di te! Per favore, aiutami a farla tornare la vecchia Gaia»
La guardo negli occhi e rivedo un po’ dei suoi lineamenti.
La donna che amo sta male e rimango come un idiota qui a fare… niente?!
No!
«Non conosco il suo indirizzo»
«Ti accompagno, se vuoi»
«Si, andiamo» dico annuendo e, prendendo chiavi e cellulare, esco di casa.
Mi rendo conto che il tragitto è breve e non posso davvero credere che, per tutto questo tempo, sono stato a pochi metri da casa sua.
Davanti al suo portone, mi fermo, incerto se salire o no.
«Cosa fai?»
«E’ sicura che io sia la scelta giusta? Soprattutto vorrà vedermi?»
«Sei la persona che ama e che crede di aver perso. Sei quello che può starle vicino»
Non dovrei perché mi ha preso in giro quella sera, ma posso davvero abbandonarla?
Ovviamente no.
«Va bene»
«Secondo piano. Butta giù la porta se serve»
La guardo perplesso ma, abbracciandomi frettolosamente, si volta e se ne va.
Bene, adesso dovrei salire…
Su, Andrea! E' il momento che stavi aspettando, no?! Stare con lei in santa pace adesso che Jay non è più tra le palle.
È un pensiero egoista, ma sono felice che Jay sia fuori dai giochi.
Cercando di non pensare negativo, salgo le scale fin quando non scorgo la sua porta. Mi guardo indietro e suppongo sia caduta da qui.
Sento la rabbia nascermi dentro, perché sono sicuro che è stato quel minchione a farla cadere. Non ha avuto nemmeno il buon senso di tornare per prendersi cura di lei; nonostante gli sbagli di Gaia, lui ha vissuto al suo fianco per molto tempo.
Si è comportato da stronzo lasciandola qui da sola anche perché con una telefonata non avrebbe risolto nulla. Certo, nemmeno tornando da lei non avrebbe risolto di molto la situazione ma, almeno, l'avrebbe aiutata a scuotersi dal suo dolore.
Salgo gli ultimi gradini e, individuato il campanello, lo premo. Attendo qualche minuto ma niente: c’era da aspettarselo.
Mi attacco a quel pulsante come un pazzo e non m'importa se i vicini protesteranno.
«Gaia! Apri!» esclamo bussando anche alla porta ma niente, nessuno dall’interno mi risponde.
«Gaia, so che sei lì dentro, so che non parli con nessuno da giorni, so anche che non vuoi vedere nessuno, ma ti prego… aprimi! Non dovrai parlare, se non vuoi, ma aprimi. Permettimi di aiutarti»
Attendo ma ancora non riesco ad ottenere nessuna risposta dall’interno dell'appartamento.
Aspetto qualche secondo e, con un tono di voce più basso, riprovo «So che stai male, so che non vuoi stare bene perché ti senti in colpa, ma sappi che non mi hai perso. Avrai perso Jay ma non hai perso me. Sono qui perché ti amo e lo farò sempre, anche se dovessi lasciarmi davanti a questa porta per giorni. Mi dispiace per quello che ti è successo; non lo meritavi e ti chiedo scusa, so che la colpa di tutto questo è mia. Non avrei mai voluto rovinarti la vita ma, inconsapevolmente, l'ho fatto e non so come scusarmi. Ti prego, aprimi! Permettimi di aiutarti!» dico ma continuo a non sentire nulla, eppure so che lei è vicino a me: la sento.
«Ti amo» sussurro contro la porta. «Ti amo davvero tanto e non importa se non vorrai stare con me, ma permettimi di farti stare meglio»
Appoggio l’orecchio alla porta per cercare di sentire qualcosa ma, dall'altro lato, non proviene nessun rumore. Sospiro e appoggio la fronte, disperato. «Sono una persona orribile» le sento dire piangendo. 
Ha parlato! È qui. «Non è vero. Sei una persona fantastica e non ti deve importare di quello che diranno gli altri. Ricordi come eri fiera quando siamo venuti in Inghilterra insieme e non conoscevi praticamente nessuno? Nonostante quello che dicevano di te, non ti è mai importato. Voglio vedere di nuovo quella ragazza!»
«Ho perso tutto» mormora piangendo ancora.
«No, tesoro… non hai perso me. Io sono qui. Sono qui per te! Aprimi, per favore»
«No, ti ho illuso. Non merito che tu sia qui»
«Ti prego, Gaia. Aprimi. Lasciami dimostrare che non è così, che non mi hai perso»
Torna il silenzio e, dopo essere riuscito a farla parlare, devo per forza entrare in casa sua. Il problema è che, se lei si trova dietro la porta, ho paura di farle male sfondandola.
Mi guardo intorno e, inizialmente, l’idea di suonare ai vicini mi sembra ottima ma, quando scorgo la finestra dell'ammezzato, penso che potrebbe essere un'idea migliore scendere da lì.
Salgo qualche gradino e giro la maniglia della finestra affinché si apra.
Per fortuna non emette molto rumore, altrimenti potrebbero scoprirmi ancor prima che possa portare a termine la mia missione.
Esco e sorrido alla vista del Big Ben e del London Eye.
Un pensiero felice sta prendendo forma nella mia mente ma lo scaccio prima che arrivi al mio cuore, perché una volta lì è impossibile che vada via e non so quanto possa essere realizzabile.
Scuoto la testa e, cercando di non guardare troppo verso il basso, comincio a camminare lungo il cornicione. Manca soltanto che scivoli, che qualcuno mi veda o che, la sua finestra, sia chiusa.
Dio mio, cosa non farei per questa donna!
Rischi la vita per lei, direi che hai già raggiunto il punto massimo d'amore nei suoi confronti” mi ricorda la bella e cara coscienza.
Cerco di camminare più attaccato al muro possibile e, sperando di beccare la finestra giusta, mi volto e scendo.
Fortunatamente non mi vede nessuno o, se lo sta facendo, non si allarma pensando che io sia un ladro o che stia tentando il suicidio.
Cautamente allungo un piede verso il basso, trovando il piccolo balconcino di quella che spero sia la sua finestra. Abbasso la mano verso la parte superiore e mi abbasso.
Che culo! La finestra è proprio quella del suo appartamento. È ancora davanti alla porta, rannicchiata su se stessa, anche se una gamba è distesa lungo il pavimento; molto probabilmente è lì che le hanno dato i punti.
Faccio un respiro profondo e mi concentro su dove sono e su cosa sto facendo. Forzo un po’ la finestra e, miracolosamente, si apre. La spalanco ed entro.
Sono salvo e adesso posso salvare lei!
«Cosa diavolo hai fatto?!»
«Sono sceso dalla finestra del mezzanino visto che non aprivi» dico avvicinandomi. Ha i capelli raccolti in una coda disordinata, gli occhi spenti e circondati da profonde occhiaie; è più magra del solito e i vestiti le stanno molto larghi.
Oh, amore mio…
«Vattene!»
«Dopo quello che ho fatto per entrare,  ti pare che me ne vada così?»
«Ho detto vattene» dice ancora cercando di alzarsi.
Mi avvicino per aiutarla, ma lei si scansa e, per un pelo, non cade sbattendo contro lo stipite.
«Lascia che ti aiuti, per favore»
«Non voglio l’aiuto di nessuno. Voglio soltanto stare sola. Non merito che tu sia qui»
«Non dirlo nemmeno per scherzo» mormoro avvicinandola al mio corpo. «Voglio che tu sia al sicuro, voglio che tu stia bene e che non ti chiuda in te stessa. Sono disposto a rimanere al tuo fianco anche se non ci sarà mai niente fra di noi ma, ti prego, non chiudermi fuori perché non mi hai perso» 
Mi guarda negli occhi, velati dalle lacrime, e comincia a piangere silenziosamente. «Non mi hai perso» ripeto guardandola intensamente. «Ti amo nonostante quello che è successo»
«Come fai?» chiede.
«A fare cosa?»
«A guardarmi ancora negli occhi. Mi sono comportata da schifo con te e non me lo perdonerò mai»
«Smettila di dire così» mormoro abbracciandola mentre lei si scioglie in lacrime.
«Perdonami» dice piangendo.
«Sh…» le sussurro stringendola forte.
«Sono una persona schifosa»
«No, invece. E sono sicuro che anche Jay la pensa come me»
«Non c’era nessun bambino dentro di me»
«Arriverà il momento in cui lo avrai veramente e, allora, sarai una mamma stupenda»
Questi pensieri mi uccidono ma devo pensare a lei adesso.
«Ti metto a letto, dai» dico sciogliendo l’abbraccio e, mettendo una mano sotto le sue ginocchia, la prendo in braccio.
Le sue braccia sono stretta attorno al mio collo, mentre, dolcemente, le dò dei baci sulla testa.
«Avrei voluto essere al tuo fianco» mormoro ricordando che, mentre era in ospedale, non ero vicino a lei.
«Quando?» chiede guardandomi mentre l'adagio delicatamente sul letto.
«Mentre eri in ospedale»
«C’era già abbastanza gente»
«Jay era lì?»
Annuisce e si volta dall’altro lato, dandomi le spalle. Scommetto sappia tutto.
«Ti ha spinta lui?» chiedo, anche se non dovrei.
«Per favore, basta…» mormora sofferente nascondendo il viso sotto al piumone.
«Scusami» rispondo avvicinandomi a lei e baciandole la spalla. «Vado di là. Chiamami se ti serve qualcosa»
«No, puoi andartene»
«Non ci penso nemmeno a lasciarti da sola. Mi prenderò cura di te, adesso»
«Non sei il mio fidanzato»
«Lo so» mormoro uscendo dalla camera da letto.
Mi guardo intorno e provo rabbia! Rabbia perché lui ha vissuto qui negli ultimi anni, rabbia perché hanno litigato dentro queste quattro mura, rabbia perché è rimasta da sola per tutto questo tempo e, sono più che sicuroche il mio compito è quello di proteggerla e di rimanerle affianco finché lo vorrà…
Mi dirigo in cucina e, nonostante non sia molto ferrato nelle pulizie, cerco di dare una ripulita a questo posto.
Non c’è molto, a dire il vero, perché di sicuro non entra qui da giorni ma, almeno, mi tengo impegnato mentre lei riposa. Non voglio lasciarla da sola. Non più!
Dopo aver finito di sistemare la cucina, mi volto per dare un’occhiata al soggiorno e, per poco, non mi viene un attacco di cuore. «Cristo!» esclamo vedendola sulla porta della cucina. «Mi hai spaventato»
«Scusa, volevo un bicchiere d’acqua»
«Perché non mi hai chiamato?»
«Andrea, so cavarmela benissimo senza il tuo aiuto. Non devi lavorare?»
«Molto probabilmente sono stato licenziato»
«Cosa vuoi dire?»
«Patrick è amico di Jay, no?»
«Ah, si… mi dispiace» mormora abbassando lo sguardo. Mi avvicino a lei e l’abbraccio.
«A me no»
Sento che le sue braccia si piegano attorno a me e mi stringono con tutta la forza che hanno.
«Non avrei dovuto baciarti quella sera»
«Avresti dovuto dirmi del bambino»
«Avrei dovuto dirlo prima a Jay. Non avremmo litigato e, comunque, non ero incinta. Il test che ho fatto era sbagliato»
«Se voi due non aveste litigato, non avrei mai saputo che tu mi ami ancora»
La sento stringermi ancora di più e questo mi fa sorridere. «Mi ami ancora?»
«Si» biascica sotto voce e contro il mio petto.
«Non ho capito» le dico appoggiando le labbra sulla sua testa.
«Si» mormora stringendomi un po’ di più.
«Ti amo anch'io»
«E’ strano sentirtelo dire»
«Lo so»
«Sai che non sono in grado di stare con nessuno adesso»
«Sono qui e basta. Non pensarci adesso, ok?»
«Non so quando sarò di nuovo me stessa»
«Sei te stessa… ti rifiuti di vederlo, ma rimarrò qui, al tuo fianco, tutto il tempo che vorrai e te lo farò capire»
Scioglie l’abbraccio e zoppica verso il frigorifero per prendere l’acqua. «Dovresti essere furioso con me. L’ultima persona che mi aspettavo di vedere e sentire eri proprio tu»
«Non sapevo cosa ti fosse successo; tua madre è venuta a casa mia e mi ha raccontato tutto»
«Avrei dovuto immaginare che mia madre si sarebbe inventata una cosa del genere»
«Mi sarei preoccupato anch'io se tu non avessi risposto al telefono. Ti ho chiamato una volta, ma pensavo non volessi rispondere a me e non che ti era successa una cosa del genere»
«Già…»
«Ti va di raccontarmi cos’è successo?»
«Non c’è molto da dire» mormora sedendosi sullo sgabello. «Ha scoperto da solo che ero stata da te e…»
«E a pensato a cosa? Che ci siamo baciati o, direttamente, che sei venuta a letto con me? Aveva molta fiducia in te, vedo…»
«Andrea… per favore» dice lamentandosi e mettendosi le mani nei capelli. 
«Scusami, non volevo! Però mi fa rabbia che non abbia avuto fiducia in te»
«Ho tradita la sua fiducia, Andrea! Ho tradito lui e quello che credevo fosse mio figlio. Non volevo fare queste cose eppure le ho fatte! Faccio schifo»
«Smettila, Gaia. Non ti permetto di dire che fai schifo. Sei umana e hai avuto una debolezza. Poteva capitare a chiunque. E comunque non eri incinta, no?»
«No, non lo ero, ma lo credevo e, proprio per questo motivo, avrei dovuto fermarmi prima di continuare a baciarti e provare quelle sensazioni»
«Non ricordarmelo»
Però, adesso, ho la certezza che lei non era incinta. Non è stata… contaminata da lui! Quell’idiota!
«Forse è meglio se, per qualche tempo, rimaniamo ognuno per conto proprio» mormora ed  io alzo di scatto la testa guardandola con gli occhi spalancati.
«No, Gaia! Non ti sto chiedendo di stare con me adesso e, se vuoi, non te lo chiederò nemmeno in futuro; a me interessa che tu stia bene»
Mi guarda fisso negli occhi, posa la bottiglia d’acqua e zoppica, di nuovo, verso di me. «Portami di là» dice circondandomi il collo con un braccio.
Sorrido e la prendo di nuovo in braccio, dirigendomi verso la camera da letto. «No, in soggiorno» dice e, cambiando rotta, la faccio sedere sul divano. «Ora puoi pulire» dice sorridendo.
«A-ah… simpatica»
«Sto scherzando. Puoi farmi compagnia»
«Se hai bisogno di qualcosa come spesa, biancheria pulita, pulizie, sono disponibile»
«Puoi passarmi il telefono, per prima cosa» dice allungando la mano.
La guardo stranito «Dietro di te» aggiunge. Mi volto e trovo il suo telefono.
«Hai deciso di chiamare tua madre o Serena?» le chiedo passandoglielo.
«Voglio continuare a stare un po’ da sola; se chiamassi una di loro penserebbero che, adesso, sto meglio e bla bla bla, ma non voglio né lei né Serena intorno»
«Io posso starti intorno?»
«Soltanto perché sei entrato dalla finestra. Non credevo potessi far una cosa del genere»
«Per te farei di tutto»
«Lo so» mormora guardandomi da sotto le ciglia «Hai lasciato la tua vita in Italia per me»
«Lo avrei fatto prima se…»
«Si, lo so… non me lo ricordare»
«Eravamo piccoli, non pensarci»
Annuisce e, velocemente, scrive un messaggio a qualcuno. «Così, almeno, staranno tranquilli»
«Brava» le dico sorridendo. «Io continuo a sistemare qui dentro»
«Andrea, sul serio… non preoccuparti»
«Stai zitta. Non parlare e riposati» le dico raccogliendo dei giornali sparsi per terra.
«Ok» mormora lei sistemandosi meglio sul divano e appoggiando la testa sul bracciolo.
La vedo guardarmi mentre mi muovo per il soggiorno e, mentre porto tutto in cucina, squilla il suo telefono.
«Pronto?» risponde lei. «Si, mamma. Sto bene, non preoccuparti» dice sbuffando.
Credo che sua madre le chieda di me perché dopo qualche secondo dice «Si, è qui. È entrato dalla finestra»
Sorrido mentre ripenso a quella scena. Mentre lei parla al telefono con la madre, decido di prepararle qualcosa da mangiare, visto che quasi sicuramente non tocca del cibo da giorni.
Guardonella dispensa e trovo del pane; dal frigorifero prendo dei salumi e della maionese. Hm… credo che oggi dovrà accontentarsi di un sandwich, ma è sempre meglio di quello che non ha mangiato in questi giorni.
Prendo il tutto e lo poso sul bancone della cucina.
Credevo di fare un lavoro accurato e che mi impegnasse per un po’ di tempo ma, in pochi minuti, ho farcito quattro fette di pane con salumi e maionese. Cerco un piatto e poi porto tutto a Gaia.
«Mia madre ti ringrazia» la sento urlare dal soggiorno.
Sorrido e ritorno da lei con il piatto in mano. «Cos'hai lì?» chiede.
«Ti ho preparato qualcosa da mangiare»
«Non ho fame Andrea»
«Devi mangiare. Da quanto non lo fai?»
«Non ho fame e basta!» esclama sistemandosi di nuovo sul divano e ignorandomi.
Poso il piatto sul tavolino di legno accanto a me e mi siedo davanti a lei.
«Gaia…»
«Andrea, per favore. Per me è già tanto farti entrare in casa mia e averti qui, perché devi peggiorare le cose?»
«Perché non vuoi mangiare? Spiegami soltanto questo»
«Hai preso la laurea in psicologia?» chiede acida.
«No, non ho preso nemmeno quella in Archeologia, ma voglio davvero capire perché non vuoi mangiare. Non ti sto chiedendo chissà cosa»
«Non mi va. Voglio soltanto stare sdraiata e non pensare a nulla»
«Magari a piangerti addosso»
«Anche» risponde lei.
«Allora smettila e mangia!» esclamo e le metto il piatto sotto il naso.
«Lasciami in pace!!» urla e si alza. Zoppicando ritorna in camera.
Lascio cadere la testa e la scuoto. Saranno giorni difficili.
Mi alzo e la raggiungo in camera.
«Gaia…» la chiamo entrando. «Mi dispiace insistere così tanto, ma ci tengo davvero a te e non voglio vederti mentre ti distruggi da dentro»
«Andrea, non sai come mi sento. Non provare a dire che non vuoi vedermi mentre mi distruggo perché ormai è tardi. Ogni giorno il dolore è sempre meno sopportabile perché so che non avrò mai più quello che ho perso»
«Devi reagire! Quello che ti è successo capita anche a tantissime persone ma loro reagiscono. Ti stai buttando giù e non è necessario» le dico.
«Non sei nessuno per dirmi cosa devo fare. Forse è proprio quello che voglio. Questo è il mio modo di reagire, non puoi criticarmi! Mi fa male pensare di aver perso Jay e che, probabilmente, non vorrà rivedermi mai più. Non amo Jay quanto amo te, ma gli voglio bene; è stato importante per me, molto!!»
«Va bene, allora resterò qui stanotte, così vediamo se la mia presenza ti smuove un po’»
«Non voglio che passi la notte a casa mia»
«Non vedo altre soluzioni»
Si alza dal letto e mi guarda «Voglio. Restare. Da. Sola» dice mantenendo il contatto visivo.
«E. Io. Non. Me. Ne. Andrò» rispondo allo stesso modo ma, per evitare che lei risponda ancora, esco velocemente dalla camera.
La sento borbottare qualcosa ma, quando mi rendo conto di cosa dice, è già troppo tardi per fermarla: ha chiuso la porta della sua camera a chiave.
«Gaia, no!! Apri»
«Voglio stare da sola, per favore. Perché sei qui? È così difficile capire che voglio rimanere da sola? Che non voglio nessuno?»
«Non puoi stare da sola, non ora almeno. Per favore, permettimi di aiutarti; questa sera andrò via se vuoi, ma non chiudermi fuori dalla tua vita. Prometto che quando starai meglio sparirò, ma adesso voglio aiutarti»
«Non ho bisogno del tuo aiuto» mormora facendomi intuire che non è intenzionata ad aprire la porta.
«Non è una porta chiusa a chiave che mi fermerà»
«Non pensare di entrare nuovamente dalla finestra»
Sorrido e mi dirigo in soggiorno «No, non rischio più così tanto per una persona che non lo merita» dico.
Apro la finestra, cercando di fare meno rumore possibile, e salgo di nuovo sul cornicione. Adesso è buio e, questa volta, spero di non finire sull’asfalto.
«Dai, Andrea… ce la puoi fare» mi incoraggio avanzando lentamente.
Intravedo la finestra e, pregando che lei per sicurezza non l’abbia chiusa, la sforzo per entrare.
«Non è una porta chiusa a fermarmi» esclamo fiero di me.
«Piantala, Andrea! Mi hai stancata. Voglio stare sola» mormora piangendo.
Il sorriso scompare dalle mie labbra alla vista della donna che amo sopraffatta dal dolore.
Mi avvicino a lei e l'abbraccio; non m'importa se oppone resistenza, non m'importa se sta cercando di allontanarmi, voglio soltanto farle capire che ci sono.
«Lasciami… lasciami» mormora.
«Non ti lascio»
Scoppia di nuovo a piangere, mentre l'aiuto a distendersi nuovamente sul letto.
«Riposa» le sussurro mentre lei continua a singhiozzare contro il mio petto.
Restiamo così, sdraiati sul letto e stretti l’uno nell’altro.

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Come vi è sembrato questo capitolo?
Spero davvero tanto che vi sia piaciuto e con questo vi do appuntamento al prossimo venerdì ;)
Un bacio,
Francy

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Capitolo 12
*** 12. *L'attesa del momento* ***


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Buongiorno. Trascorsa bene questa settimana? *_*
Io ho provato a scrivere, ma purtroppo non ne è uscito niente di buono! :/
Vabbè, voi non dovete ancora preoccuparvi. Prima di arrivare al capitolo 28 di tempo ce ne vuole e spero di aver ripreso a scrivere per quel giorno xD
BTW, vado un pò di fretta, quindi vi lascio subito al capitolo :*

 

There'll be a place for us

-Capitolo 12-

*L’attesa del momento*

 
Pov Gaia
 
Ho fatto uno strano sogno, uno di quei sogni così vividi da sembrare realtà: Andrea irrompe in casa mia entrando dalla finestra e fa di tutto per farmi stare di nuovo bene.
È assurdo perché non voglio assolutamente stare meglio, e la sua presenza in casa mia è inappropriata.
Provo a ricadere nello stato di incoscienza del sonno ma, una fitta alla testa, mi stordisce. Con le mani la massaggio leggermente anche se so che, a parte rilassarmi, il mio gesto non serve a niente.
«Stai meglio?» chiede qualcuno.
Apro gli occhi di scatto e mi volto trovandomi faccia a faccia con lui.
«Che cosa fai qui?» chiedo cercando di allontanarmi.
«Mi prendo cura di te»
«Non ho bisogno di un baby-sitter»
«Lo so, ma voglio prendermi cura di te»
Sbuffo e mi alzo dal letto, dirigendomi in bagno. Soltanto qui posso stare qualche minuto da sola ed è veramente assurdo.
Mi lavo velocemente la faccia e i denti; comincio a spogliarmi e lo sguardo mi cade sulla pancia, completamente piatta, forse più del solito.
Se le cose fossero andate come credevo adesso, si sarebbe notato un leggero rigonfiamento: l’avrei accarezzato con un sorriso felice e sereno sulle labbra.
Avrei cominciato a sentirlo dentro di me e, al momento opportuno, avrei anche percepito i suoi piedini o le sue manine a contatto con la mia pancia.
Tutto questo non c’è mai stato… e dubito accada in futuro.
Mi guardo allo specchio e, quella che vedo, non è la persona che si specchiava solo un mese fa. Sono magra, troppo… gli occhi sono circondati da occhiaie nere e i capelli, a forza di essere legati, sono ormai sfibrati.
Li sciolgo e mi siedo sullo sgabello; proteggo la ferita alla gamba con del nylon: non vedo l’ora di liberarmi di questo impiccio perché non sopporto più di dovermi fasciare la gamba in questo modo ogni volta che devo fare la doccia.
Ho bisogno di rilassarmi e, soprattutto, di allontanarmi da Andrea.
Sono felice che sia qui; con il suo comportamento mi sta dimostrando che tiene ancora a me e che non l’ho perso.
Andrea è l’unico delle persone che ho ferito ad essere qui con me; Jay ha telefonato ma ha preferito non farsi vedere.
Non otterrò facilmente il suo perdono ma la sua telefonata, l’altro ieri, mi ha fatto capire che non è ancora infuriato con me.
Chissà se avrò il coraggio di affrontarlo in futuro, magari per spiegargli come sono andate veramente le cose. Forse la cosa migliore da fare è non rivangare più quello che è successo, non con Jay almeno. Sarebbe egoista da parte mia raccontargli come l'ho tradito e non voglio ferirlo maggiormente. Non lo merita.
Mi sciacquo il viso per liberarmi da questi pensieri e, cercando di non pesare troppo peso sulla gamba infortunata, tolgo la schiuma dal resto del corpo.
Esco dalla doccia e mi avvolgo nell’asciugamano ma, prima di uscire dal bagno, devo assicurarmi che Andrea non sia in camera.
Mi ha già vista nuda, ma adesso sarebbe troppo.
Apro la porta e, cautamente, controllo in camera. Bene, via libera.
Esco e, velocemente, indosso la biancheria e qualcosa di comodo.
Quando ritorno in bagno per asciugarmi i capelli, mi rendo conto di non voler perdere tempo, quindi, li spazzolo soltanto e li sistemo dietro le orecchie.
Andrea sembra essersi dissolto nel nulla; non è in casa e, nonostante gli avessi detto di voler restare sola, ho paura che mi abbia preso in parola per non ritornare più.
A quanto pare la notte scorsa ho dormito con lui e, devo ammettere, che mi ha fatto molto bene. Non mi sono svegliata in preda a quegli attacchi di pianto che hanno caratterizzato le mie notti da quando sono uscita dall’ospedale.
Mi passo una mano sui capelli e mi rendo conto che la compagnia di Andrea, in queste ore, mi ha fatto molto bene.
Forse sarebbe ora di reagire…
Mi guardo ancora intorno ed, entrando in cucina, mi rendo conto che non mi ha abbandonata.
«Buongiorno» dice sorridendo.
Mi fermo in mezzo alla stanza completamente sotto shock. L'idea che lui fosse andato via, adesso mi fa sorridere, perché invece è qui.
È rimasto.
«Ciao» rispondo sorridendo.
«Tutto bene?» chiede mentre gira le… crepes?
«Si, grazie. Cosa stai facendo?»
«Ti sto preparando la colazione. In effetti, non so cosa mangi la mattina, quindi ho optato per qualcosa che avrei potuto prepararti in Italia e che avresti gradito»
«Crepes?» chiedo alzando un sopracciglio e sorridendo.
«Si» risponde facendone voltare una al volo. «Eh?!» Mi sorride e allarga le braccia per farmi capire quanto sia bravo come cuoco.
«Molto bravo» gli dico applaudendo piano e sedendomi sullo sgabello.
«Grazie» risponde lui mettendone una nel mio piatto. Mi porge anche un barattolo di nutella e un cucchiaino. «Abbonda» mi suggerisce.
«Non credo di riuscire a mangiarla tutta»
«Dai, per favore»
«Solo metà, ok»
«Metà è già qualcosa» dice sorridendo.
Cospargo di nutella la crepes e la piego su se stessa. Guardo di sfuggita Andrea e vedo che mi sta guardando. «Mi intimidisci così»
«Scusa» risponde lui sorridendo e voltandosi per pulire la cucina.
Il suo sorriso mi contagia e, mentre mangio, mi sorprendo a sorridere.
Mentre gusto la crepes, mi rendo conto di avere fame; così, invece di mangiarne soltanto metà, la finisco tutta.
«Complimenti, era buona»
«Sono contento che tu l’abbia finita»
Gli sorrido e mi alzo per mettere il piatto nel lavello. «Hai fatto colazione?»
«Non mangio la mattina»
«Hai costretto me a mangiare, ora tocca a te»
«Non sono io quello che si rifiuta di mangiare»
«Si, invece»
«No, per me è un’abitudine non mangiare la mattina»
«E’ ora di cambiarla, non ti pare?»
Scuote la testa e mi sorride. «Va bene» rispondo alzando le spalle.
«Uhm… senti Gaia»
Oh no… quel “Senti Gaia” mi fa preoccupare. Non mi volto perché è meglio evitare che veda la preoccupazione sul mio viso. «Dimmi»
«Stasera devo andare al locale, ma voglio andarci un po’ prima: vorrei evitare di perdere il lavoro»
«Se può servire a qualcosa, posso provare a parlare con Patrick»
«No, non preoccuparti. Comunque, preferirei che non restassi sola»
«Non voglio chiamare mia madre»
«Chiama Serena allora»
«Vedrò» rispondo voltandomi e sorridendo appena.
«Ok»
Mi sposto in soggiorno, sedendomi sul divano e accendendo la tv. Mi rendo conto di essere molto passiva: dal letto mi sposto al divano e, se mangio, passo in cucina.
Proprio assurdo.
«Gaia…»
«Ehi»
«Andrò oggi pomeriggio, quindi posso tenerti compagnia ancora per un po’»
«Dovresti andare a casa a cambiarti, prima»
«Posso restare comunque qui per il momento»
«Va bene» rispondo prestando, ormai, più attenzione alla tv che a lui.
«Il tuo colorito mi piace di più» dice all’improvviso sedendosi davanti a me, sul tavolinetto di legno.
Distolgo lo sguardo dalla tv e lo guardo negli occhi «Sarà stata la tua colazione»
«Lo spero» risponde sorridendo.
Sorrido e abbasso la testa scuotendola. «Mi hai stravolto la vita» dico.
Nonostante tutto, Andrea è una parte importante della mia vita e non rimpiango le esperienze che ho fatto con lui.
Certo, quel periodo non è stato uno dei più felici per me, ma so che la colpa non è stata solo sua. È stata principalmente mia e, alla fine di tutto, credo che non sarei mai stata felice in questi anni con Jay se, allora, Andrea non si fosse comportato in quel modo.
Chiunque potrebbe credere che mi ha rovinato la vita ma, invece, credo che mi abbia dato soltanto la spinta per viverla veramente e per fare nuove esperienze.
«Mi dispiace…» gli sento mormorare.
«Non dispiacerti perché non mi riferisco a quello che pensi tu»
«Cosa intendi allora?»
«Prima di incontrarti non credevo di poter trovare qualcuno che mi amasse per come realmente sono… sai, la ragazzina sfigata, senza tanti amici, che non va alle feste e studia sempre… scoprire che avevi una cotta per me dall'inizio del liceo, mi ha fatto rivalutare me stessa; sapere che ti piacevo anche fisicamente mi ha fatto sentire più sicura e ho imparato a prendermi più cura della mia femminilità; non che prima non lo facessi, ma è diverso quando non c’è un ragazzo che sbava per te»
«Ehi! Io non sbavavo…» esclama.
«Come no…»
«Non sei mai passata inosservata, specialmente dopo quello che è successo»
«Ad ogni modo, mi hai aiutata ad avere un rapporto diverso con il sesso maschile; grazie a te, con Max o con i ragazzi che ho conosciuto qui a Londra, mi sono sentita me stessa e, adesso, ho un rapporto completamente diverso con la vita, con i ragazzi, con chiunque. Se qualcuno mi proponeva di uscire, accettavo; se un ragazzo si dimostrava interessato a me, ero interessata anch’io a conoscerlo. In un certo senso mi hai liberata dalla vecchia me»
«A me sei sembrata la stessa»
«No, prima che arrivassi tu, non ero così»
«Quanto è passato?» chiede lui ridendo.
«In effetti poco, ma a me sembra un’eternità»
Sembra il momento della verità… ci stiamo raccontando avvenimenti accaduti nel corso di questi anni e mi sembra così strano rivivere certi momenti.
«Come mai hai lasciato l’università?» gli chiedo ricordando la battuta di ieri sera riguardo la laurea.
«Non mi andava più di studiare perché non riuscivo a concentrarmi. Quando mi sono iscritto all’università pensavo di aver realizzato il mio sogno perché Archeologia era quello che volevo studiare ma, dopo un anno, mi sono reso conto che non mi piaceva»
«E i tuoi?»
«Mia madre mi ha sostenuto, come fa adesso… mio padre, invece, vorrebbe che tornassi a casa per cominciare gli studi che vorrebbe io facessi, ma non torno. Mia madre non gli ha neanche detto che sono qui» dice e si lascia sfuggire una risata. «Però so che lui non mi costringerebbe a fare quello che non voglio, non più almeno»
Quando abbiamo iniziato a frequentarci non avrebbe mai detto una cosa del genere sui suoi genitori ed è bello sentirgli fare discorsi diversi rispetto a cinque anni fa.
«Sono davvero passati cinque anni da quando siamo stati qui insieme?» chiedo mettendomi una mano sulla bocca.
«Sono tanti, vero?»
«Abbastanza…»
«Avendo Jay, forse, non ti sei resa conto di quanti anni sono passati»
«Mi sento in colpa nei suoi confronti»
«Non farlo, Gaia…»
«Non so se puoi capirmi, ma ho passato due anni e mezzo con lui e, adesso, mi manca non vederlo in giro per casa e, soprattutto, mi dispiace  averlo ferito così. Non lo meritava»
«Neanche tu meritavi quello che ti è successo»
Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi. Non voglio ripensare a quei giorni. «Voglio dimenticare quello che è successo»
«Posso aiutarti, se vuoi» dice e, appena riapro gli occhi, lo trovo a due centimetri di distanza dal mio viso.
«Potrebbe sembrare troppo presto» mormoro capendo a cosa si riferisce.
«La scelta è tua. Io sono qui per te. Con il tempo mi dirai quello che vuoi»
«Vorrei che non te ne andassi»
«Mi stavi cacciando poco fa»
«Lo so. Mi sei mancato così tanto e, saperti nella stessa città e non poter venire ad abbracciarti, è stato terribile»
«Puoi farlo adesso» mormora.
Sorrido e mi avvicino ancora un po’ a lui, gli circondo il collo con le braccia e lo abbraccio, stringendolo forte.
Lo sento trattenere il respiro e poi rilasciarlo lentamente. «Posso dirti che mi sei mancata senza mancare di rispetto a nessuno?»
«Si» rispondo sorridendo.
«Ti amo»
«Non era quello che avevi chiesto di dire» dico sorridendo contro la sua spalla.
«Ti sembra così strano che riesca a dirti “ti amo”?»
Sciolgo l’abbraccio e lo guardo sorridendo, invece lui è serio. «Un po’» ammetto.
«Davvero?»
«Si, però… insomma, è bello sentirtelo dire»
Sorride e si avvicina, mentre comincio a preoccuparmi delle sue intenzioni. «No, Andrea…»
«Cosa? Non posso baciarti?»
«No»
«Perché no?»
«Perché non è il momento»
Sta per dire qualcosa ma, all’ultimo momento, si blocca; annuisce e mi sorride «Va bene. Scusami»
«Va tutto bene»
«Posso chiederti una cosa?»
Oh dio… «Si»
«Perché mi hai detto di no al matrimonio di Serena?»
«Non mi fidavo più di te… non era passato neanche un anno da tutto quello che era successo con Max, e tu sei ricomparso dicendomi di amarmi e di averlo fatto da sempre. Speravo tanto fosse vero ma, a dire la verità, oltre a non fidarmi, avevo anche paura di prendere un’altra cantonata»
«Ti avrei amata sempre, ogni giorno di più»
«Andrea? Quando mi hai lasciata mi hai detto di non aver mai avuto una cotta per me, affermando che, tutte le cose che mi avevi detto, erano false e hai aggiunto di essere venuto a letto con me, la prima volta, soltanto per divertimento. Si può sapere come avrei potuto fidarmi di nuovo di te, dopo essere stata illusa e ferita in quel modo? Per non parlare di quello che è successo con Elena»
«Lo ricordi ancora?»
«Ricordo tutto, o quasi, Andrea… ricordo le serate trascorse in quella stanza; ricordo quando mi hai buttata in piscina, ricordo quello che è successo dopo; ricordo il giorno del mio compleanno e come tu mi abbia fatto disperare… ricordo tutto!» dico sorridendo.
«La gita migliore della mia vita. Ricordi cosa ha detto Giorgio, l’ultima sera, alla cena?»
«Mi chiedi troppo…»
Lui sorride e mi accarezza la guancia. «Avevo giudicato quelle tre settimane le migliori della mia vita e Giorgio mi aveva fatto notare che, se le ritenevo tali, era perché avevo trovato l’amore»
«Giorgio lo aveva capito prima di te?»
Annuisce e ora, le mani sulle mie guance, sono due. «Ero stupido, lo sai… ti amavo già, ma ero troppo codardo e stupido per ammetterlo e per iniziare una storia seria con te. Mi dispiace tantissimo perché…»
«No, basta. Non importa, Andrea. Le cose dovevano andare per forza così… non ti sto dicendo di no. Ti sto dicendo non ora, perché è troppo presto per me e non voglio stare con te e sentirmi in colpa per Jay»
«Sempre lui…» mormora allontanandosi.
«Diceva la stessa cosa di te»
«E’ diverso…» mormora.
«No, è esattamente la stessa cosa» gli faccio notare sorridendo.
«Ho paura di perderti di nuovo»
«Sai cosa provo per te, Andrea.  Quando ho fatto quel test e ho visto che era positivo, la prima cosa che ho pensato è stata “Oddio, adesso devo dire addio ad Andrea”»
«Sto per dire una cosa molto egoista»
Già, chissà di cosa si tratta… «Spara»
«Sono felice che quel test fosse sbagliato. Non saprei come avrei fatto a lasciarti andare. Quando ti ho fermata al locale, prima che te ne andassi, speravo ancora di avere delle possibilità ma, quando hai detto quelle cose, ho capito che forse era meglio abbandonare l’idea folle di averti di nuovo con me. Non avrei voluto, ma l’avrei fatto per te»
«Ci siamo trovati più o meno nella stessa situazione…»
«E’ vero, ma… non voglio perderti. Voglio che tu ci pensi bene, parla con Jay, fai quello che vuoi, ma voglio che ritorni da me per dirmi “Voglio stare con te per tutta la vita iniziando da ora”»
«Tutta la vita?» chiedo sorridendo.
«Si, tutta la vita, perché non ho intenzione di lasciarti né di perderti»
«Capisco…» è strano: fino a qualche settimana fa era Jay a dirmi di parlare con Andrea in modo di continuare la nostra vita felice e spensierata come lo era prima del suo arrivo.
È proprio questo che mi fa sentire in colpa. Pensare che tutto questo è già successo poco tempo fa con Jay.
La vibrazione del suo cellulare rompe l’atmosfera. Lo estrae dalla tasca e storce la bocca, segno che è contrariato. «Uhm… dovrei andare» dice. «James mi ha mandato un messaggio. Hanno bisogno di una mano» mi spiega.
Lo guardo e sembra dispiaciuto «Chiama Serena, per favore e dille di farti compagnia»
Annuisco e lui si avvicina per… baciarmi?
«Andrea, no»
«Sh»
Le sue labbra si posano sulla mia fronte, fermandosi lì per qualche secondo «So che non lo merito, ma voglio avere davvero un futuro con te. Mi sei mancata tantissimo in questi anni. Molte volte mi sono svegliato nel bel mezzo della notte, mi voltavo e speravo di trovarti accanto a me, completamente immersa nel mondo dei sogni ma, ogni volta, il letto era vuoto. Ogni giorno mi chiedevo come avrei fatto a non pensarti»
Sento le lacrime pungermi gli occhi. Interrompo il nostro contatto e gli sorrido. Non credevo che la separazione gli avesse causato tutto questo. «Staremo bene.. entrambi»
«Insieme?»
«Hm… non lo so» mormoro avvicinandomi alle sue labbra. Gli lascio un bacio veloce e lo spingo lontano da me «Vattene adesso»
Mi sorride e, dopo essersi passato una mano fra i capelli, si alza sorridendo e si dirige alla porta. «Andrea?»
«Dimmi»
«Prendi le chiavi» dico e mi volto a guardarlo.
«Dici davvero?»
«Si» gli sorrido e lui si allontana.
Sorrido e faccio un lungo sospiro di sollievo. Mi distendo sul divano e mi guardo intorno.
Oggi è un inizio. Io e Andrea ci siamo detti cose che probabilmente non avremmo mai confessato l’uno all’altra e ho l’impressione che le cose da dirci siano ancora molte.
La suoneria del telefono mi distrae e, per un momento, penso sia Andrea; un po’ ci spero.
Guardo lo schermo e mi accorgo che si tratta invece di Serena.
«Sei tu…»
«Ma si, ciao amica mia. È un piacere anche per me sentirti dopo una settimana»
Sorrido e le chiedo il motivo della chiamata.
«Andrea» risponde lei. «Vuole che ti faccia compagnia perché rimarrà al locale tutta il pomeriggio, probabilmente fino a stasera»
«Non occorre»
«E se volessi venire a trovarti? Prometto che non parleremo di quello che è successo e che non porterò tua madre»
Potrebbe farmi bene la sua compagnia. In fondo, cosa faccio qui, da sola?
«Ok»
«Porto qualcosa da mangiare, ok?»
«Va bene»
La sento sorridere e riattaccare subito dopo.
Mi alzo dal divano, dirigendomi in bagno, per cercare di dare un senso alla massa inestricabile di nodi che sono diventati i miei capelli asciugandosi naturalmente.
Quando mi guardo allo specchio mi vedo diversa rispetto a qualche ora fa. Credo di avere un colorito più roseo, più naturale e i miei occhi… brillano? Non ne sono sicura, ma devo ammettere che questo è tutto merito di Andrea e della sua testardaggine, del suo amore incondizionato per il pericolo perché, siamo sinceri, nessuno avrebbe rischiato così tanto per me.
Sono sicura del suo amore; sono sicura che, se gli darò una possibilità, non me ne pentirò.
Sorrido e annuisco con vigore.
È tempo di girare pagina, di andare avanti e di essere felice!
Avrei dovuto farlo da tempo e capire, prima di mettermi con Jay, con chi volevo veramente stare; il passato non può più essere modificato e, adesso, le cose saranno decisamente diverse perché chi voglio.
Stare con Jay mi ha fatto capire cosa provo realmente per Andrea e, incontrarlo dopo tanto tempo, è stato… illuminante. Non sono riuscita a capire quali fossero i miei reali sentimenti per Andrea, fino a quando non me lo sono ritrovata davanti. Ed è stato in quel momento che ho capito. Ho capito che non ho mai smesso di aspettarlo, non ho mai smesso di pensarlo perché, nel mio subconscio, sapevo con certezza che Andrea aveva sempre popolato i miei pensieri.
Le mie riflessioni vengono interrotte dal dolore che mi sto infliggendo da sola spazzolandomi i capelli. Resisto alla tentazione di legarmeli e completo l’operazione; poi sento il campanello.
Mi dirigo alla porta e, guardando dallo spioncino, vedo che è Serena.
Apro piano e la saluto con la mano «Ciao straniera!» esclama.
«Ciao. Scusa se non mi sono fatta sentire…» le dico mentre entra in casa «Ma non avevo proprio voglia di sentire nessuno»
«Ci hai fatto preoccupare, lo sai?»
«Si, ma potevate anche provare a capirmi»
«Gaia, noi abbiamo provato a capirti; ti abbiamo lasciata anche da sola, ma non pensavamo che ti chiudessi così tanto in te stessa»
«Sbaglio o non dovevamo parlare di quello che è successo?»
«Era solo una scusa per farti accettare! Ovvio che voglio parlare di quello che è successo, altrimenti ti terrai sempre tutto dentro ed io non potrò aiutarti»
«Già… ma mi spieghi una cosa?» chiedo guardando dentro le buste del fast food.
«Dimmi tutto» risponde lei prendendo i piatti dalla credenza e mettendo gli hamburger e le patatine su un vassoio che mette al centro del tavolo.
«Perché sei qui… a Londra?»
«Come perché sono qui? La mia migliore amica è in ospedale dopo una caduta dalle scale e, secondo te, dovrei rimanere in Italia impotente? Assolutamente no!»
Sorrido e mi avvicino per abbracciarla. «Grazie»
«Non ringraziarmi tesoro! Ci sarò sempre per te»
Le sorrido e guardo tutto quello che mi ha messo davanti. «Uhm… hai comprato cibo per un esercito»
«Ho pensato anche ad Andrea…»
«Che non è qui»
«Ma che tornerà qui, vero? Dimmi che non l'hai cacciato»
«No, non l’ho cacciato! Gli ho anche dato le chiavi di casa»
«Ma brava! Facciamo progressi!» mi dice sorridendo e mandando giù qualche patatina.
«Già… ho capito che non mi serve a nulla stare da sola e, inoltre, la giornata passata con lui mi ha fatto molto bene. Mi era mancato trascorrere del tempo in sua compagnia»
«Bene. Quindi appena torna, trova la cena. Cosa vi siete detti?»
Sorrido e le rispondo «Abbiamo parlato un po’ degli anni passati, di come ci siamo sentiti, mi ha detto perché ha lasciato l’università»
«Hai intenzione di tornare di nuovo con lui?» chiede seria.
«Si» rispondo decisa. «E’ il mio momento di essere felice e, anche se mi sentirò ancora in colpa nei confronti di Jay, non posso lasciare che questo sentimento mi rovini la vita.Vorrò sempre bene a Jay, non ho dimenticato gli anni che abbiamo trascorso insieme ma, se devo essere sincera, ammetto che è con Andrea che voglio stare e so che, nel profondo, era così anche in passato»
«Quindi avevo ragione io…»
«A proposito di cosa?» chiedo giocando con la forchetta e con l’hamburger.
«L’ultima sera che ho passato a Londra, quando lo hai rivisto per la prima volta, ti avevo detto che ti eri messa con Jay soltanto per non pensare sempre e costantemente ad Andrea…»
«No, non ho mai usato Jay come ripiego! Assolutamente no. Ero davvero innamorata di Jay, ma non tanto quanto amo Andrea»
«Lui ti completa. Stai facendo la scelta giusta»
«So che non mi farà del male…»
«Mi sorprende che tu ne sia così sicura»
«Non sarei mai stata in grado di dirlo ma, dopo quello che ha fatto ieri, posso affermare con sicurezza che mi ama davvero tanto»
«Cos'ha fatto?»
«Non volevo aprirgli e, passando dal cornicione, è entrato in casa»
«Ha fatto cosa?!?!» chiede sconvolta.
«Si, è entrato da lì»
«Quello per te farebbe qualsiasi cosa… ha rischiato di schiantarsi sul marciapiede»
«Lo so» rispondo sorridendo.
«Ti vedo diversa…» mi dice dopo qualche minuto di silenzio in cui lei non ha fatto altro che fissarmi.
«In che senso?» chiedo.
«Guardandoti mi ricordi molto la ragazza che era tornata dall’Inghilterra dopo quelle famose tre settimane; la ragazza che aveva scoperto l’amore e le gioie del sesso» dice ammiccando mentre sento avvampare le guance. «La ragazza che si era scoperta innamorata del suo peggior nemico»
«Nemmeno me lo ricordo quel periodo»
«Il periodo in cui vi odiavate?»
Annuisco e alzo il volto verso il soffitto. L’amore che nutro per lui ha davvero rimosso quella parte della mia vita? Non ricordo perché lo odiavo… adesso c’è soltanto il mio amore per lui.
«Questa sera devo dirgli che voglio stare con lui»
«Aspetta… non affrettare le cose»
«Che cosa dici?» chiedo confusa.
«Gaia… non affrettare le cose. Non dico che non devi dirglielo, ma sei appena uscita da una relazione, la relazione più lunga che tu abbia avuto oltretutto; non vorrai ritrovarti, fra qualche mese, pentita o piena di i dubbi anzi conoscendoti... tra qualche settimana»
«Porti sfiga, per caso? No, perché ne ho avuta fin troppa in questi giorni»
«Non ti porto sfiga, Gaia. Devi solo capire che le cose fatte con calma e ben ponderate hanno maggior successo. Dai retta a me»
«Certo, parla la donna che sposa suo marito dopo neanche due anni di relazione. Devo ammetterei che hai ponderato bene la situazione» le faccio notare ridendo.
«Senti, proprio tu mi hai detto di sposarlo se lo amavo»
«Vuoi farmi credere che lo hai sposato perché io ti ho detto di farlo?»
«No, certo che no… però, ripensandoci, avrei preferito aspettare ancora qualche anno prima di sposarmi»
«Ti stai pentendo per caso?»
«Ovvio che no. Senti, lascia perdere il mio matrimonio. Stiamo parlando di te. Stai con Andrea, vedi come vanno le cose. Frequentatevi di nuovo! Non partite in quarta e, magari, non rovinate tutto…»
«Quindi dici che dovrei fare le cose con calma?»
«Esattamente. Però, potete stare insieme, anzi… dovete stare insieme, altrimenti ricomincerai a chiuderti in casa mentre lui inizierà a scoparsi donne dappertutto»
«Serena? Per favore… evita i particolari della sua vita negli ultimi anni, grazie»
La mia amica ride ma io la guardo male lo stesso. Non mi fa molto piacere immaginare Andrea sopra e… dentro altre ragazze! Mi faceva già uno strano effetto quando eravamo al liceo, figuriamoci adesso!
«Tu. Sei. Innamorata» mi fa notare Serena.
«Ho mai detto il contrario?»
«No, ma adesso è più evidente, credo… insomma, non penso proprio che tu fossi così fino a ieri; adesso sei più la vecchia Gaia»
«Già… chissà quando tornerà ad esserlo al cento per cento»
«Succederà presto vedrai… devi soltanto smettere di sentirti in colpa per Jay o per chiunque altro. Smettila di pensare agli altri e pensa soltanto a te stessa, intesi?»
Un gioco da ragazzi, ma ci devo provare. Annuisco sorridendole e mi alzo.
«Allora… abbiamo parlato di Andrea… ti va di parlarmi di cos’è successo con Jay?»
La guardo un po’ perplessa, poi faccio un bel respiro profondo e comincio.
«Ho cominciato a dubitare dei miei sentimenti per lui, mi sono resa conto di non aver mai amato Jay come ho amato Andrea. Se il mio amore per lui si fosse avvicinato anche solo un po’ a quello che provavo per Andrea saremmo ancora insieme. Non gli ho detto niente però. Come avrei potuto farlo?! Non avrei trovato il coraggio e, ogni volta che mi guardavo allo specchio, provavo ribrezzo. Non avrei mai voluto ferire Jay ma, quel test di gravidanza positivo, mi ha fatto guardare la situazione da una prospettiva diversa: sarei rimasta con Jay ma non avrei mai voluto dire davvero addio ad Andrea. Mi ero appena resa conto di continuare ad amarlo e non sapevo, come non lo so tutt’ora, se sarei stata in grado di dirgli addio. Avrei dovuto parlare a Jay del test e dirgli che, probabilmente, aspettavo un bambino ma non me la sono sentita, perché avrebbe significato direi addio ad Andrea senza prima aver la possibilità di spiegargli la situazione. Volevo parlargli e dirgli che non potevamo stare insieme e che, se voleva, potevamo restare amici, anche se ho dei seri dubbi che lui avrebbe accettato una simile proposta…»
«Direi che ti avrebbe mandata a quel paese piuttosto che essere tuo amico»
«Lo so, nemmeno io voglio essere sua amica» rispondo sincera.
«Bene, è già qualcosa» dice facendomi l’occhiolino.
Sorrido e continuo a raccontarle gli avvenimenti di una settimana e mezzo fa, ad occhio e croce. Ho anche perso la cognizione del tempo!
«Sabato pomeriggio abbiamo litigato. Abbiamo parlato del mio incontro con Andrea e si, insomma, lui ha sospettato che fossi ancora innamorata di Andrea dal fatto che non ho chiarito con lui. Gli ho chiesto di fidarsi di me perché non lo avrei mai lasciato, poi è uscito di casa»
«Saresti rimasta con Jay se fossi stata veramente incinta?»
«Si, lo avrei fatto solo per il bambino»
«Avresti continuato ad amare Andrea?»
«Credo di si»
«E se Jay ti avesse chiesto di sposarlo?»
«Ha detto che aveva in mente di farlo un giorno e credo intendesse farlo molto presto»
«Cosa avresti fatto?»
«Avrei accettato. In fondo ho amato Jay, anche se non come Andrea; negli ultimi anni sono stata veramente innamorata di lui e, ogni tanto, mi capitava di fantasticare sul giorno delle nostre probabili nozze»
«Adesso fantasticherai su quelle con Andrea»
«Certo… come no! Non credo che sposarmi sia in cima alle sue priorità»
«E in cima alle tue?» chiede sorridendo.
«Non lo so… voglio dire, non ho mai immaginato Andrea nelle vesti del marito premuroso…e poi siamo entrambi troppo giovani»
Serena alza un sopracciglio e scoppia a ridere «Tesoro, dimentichi a quanti anni mi sono sposata?»
«No, non lo dimentico, ma... non lo so, non mi sembra una cosa di cui discutere adesso»
«Io, invece, credo che tra qualche mese te lo chiederà»
«Certo… posso finire di raccontarti quello che è successo?»
«Vai!»
«Abbiamo passato il sabato sera al locale e, mentre uno dei nostri amici parlava delle vacanze estive che avremmo trascorso in campagna, Jay ha detto che non ci saremmo più andati. Insomma, da quel momento abbiamo iniziato a discutere. Avevo deciso di andare a casa, perché non mi sentivo bene e perché quella situazione cominciava a pesarmi molto. Proprio mentre stavo per alzarmi dal tavolo Andrea si è avvicinato per prendere le bottiglie vuote. Quando sono uscita è riuscito a fermarmi e gli ho rinfacciato tutto quello che non avrei mai voluto dirgli»
«Cosa gli hai detto?»
«Che da quando lui si era presentato a Londra la mia vita non era più la stessa, che avrebbe dovuto lasciarmi in pace o, comunque, una cosa del genere; adesso non ricordo…»
«E lui ha deciso di starti alla larga»
Annuisco e mi alzo dalla sedia. Sento Serena seguirmi, mentre mi sdraio sul divano. «Una volta a casa, Jay mi ha raggiunta dopo qualche minuto e abbiamo cominciato a litigare di nuovo e… diciamo che la serata ha portato entrambi a fare e dire cose che non avremmo mai né detto né fatto»
«Cosa vuoi dire?»
«Tu conosci Jay… non avrebbe mai alzato un dito su di me»
«Ti ha messo le mani addosso?!» chiede alzando il tono della voce. È evidentemente sorpresa.
Annuisco e la guardo negli occhi. «Sono scappata di casa e sono andata da Andrea»
«E lì ci sei quasi finita a letto»
«Grazie per la fiducia che anche tu riponi in me!»
«Amore di Serena… l’attrazione tra di voi è talmente forte che si può toccare con mano. È normale che sia successo»
«E invece no! Non è successo. Mi sono fermata in tempo, ma ci siamo… baciati e tanto! Mi ero ripromessa di mantenere le distanze e di resistere, ma non ce l’ho fatta»
«Meno male!»
«Serena! Piantala adesso! Ho tradito Jay… non mi sono comportata molto diversamente da come si è comportato Andrea con me quando mi ha lasciata»
«E’ vero, ma tu hai litigato pesantemente con il tuo fidanzato, quindi eri giustificata»
«Assolutamente no! Non concepisco il tradimento e mi sento tradita anch'io in un certo senso. Quando ho capito che Jay mi stava lasciando, sapevo di meritarmelo ma, allo stesso tempo, non volevo che se ne andasse perché credevo di essere incinta di suo figlio»
«Lo hai seguito fino alle scale, hai provato a farlo tornare indietro e sei caduta»
«Si. Non ricordo niente di quel momento»
«Cosa vuoi dire?»
«Il momento in cui sono caduta dalle scale… non lo ricordo. Mi ricordo del piede che scivolava sul gradino e, un secondo prima di sbattere la testa contro il passamano, dello sguardo preoccupato di Jay; poi, non ricordo più niente. Un minuto prima ero sulle scale e quello dopo in un letto d’ospedale»
«Probabilmente è stato il trauma»
«Si, lo credo anch'io»
«Ti sei sentita libera quando il dottore ti ha detto che non eri incinta?»
«Negli ultimi giorni mi ero affezionata all'idea. Insomma, pensavo a come sarebbe stato averlo dentro di me che cresceva ogni giorno di più, a come sarebbe stato vederlo per la prima volta con l’ecografia ma, obiettivamente, mi sono sentita libera quando il dottore mi ha detto che non ero incinta. Ovviamente ero anche terribilmente preoccupata della reazione di Jay; infatti non ha reagito molto bene»
«Cosa ti ha detto?» chiede la mia amica.
«Che sono una persona orrenda perché, nonostante credessi di aspettare un bambino, stavo quasi per andare a letto con un altro; insomma, questo genere di cose. In fondo, un po’ me le merito» rispondo abbassando lo sguardo e provando a non far riaffiorare le lacrime che mi hanno tormentato in questi giorni al solo ricordo delle parole dure e cattive di Jay.
«Non dirlo nemmeno… tu non sei una persona orrenda. Ti sei fermata, prima di spingerti oltre… io nonavrei avuto la forza»
«Già…»
Entrambe restiamo qualche attimo in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri.
Per fortuna cambiamo argomento e, tra un discorso e l’altro, Serena mi dice che le manca molto Marco, suo figlio, e che, visto che adesso sto meglio, tornerà presto a casa dalla sua famiglia.
Passiamo l’intero pomeriggio a scherzare su qualsiasi cosa; guardiamo delle foto di quando eravamo al liceo, tralasciando l’ultimo anno, e dei film che avevamo promesso di vedere insieme ma che poi, per mancanza di tempo, non abbiamo visto.
«Tra poco Andrea sarà qui»  mormora all’improvviso, mentre il sonno sta per avere il sopravvento su di me.
«Cosa?» chiedo riemergendo dal torpore indotto dalle immagini della tv.
«Vado da tua madre. Andrea tra poco ritornerà»
Annuisco e mi rimetto comoda sul divano. Non le ho praticamente dato ascolto.
«Ti chiamo domani per sapere come stai»
«Ok, stai attenta, per favore»
«Certo mammina… ciao amica»
«Ciao anche a te e grazie per questa giornata»
Questo mi da la forza di alzarmi per abbracciarla. «Ti voglio bene» mormoro.
«Te ne voglio tanto anch'io, non dimenticarlo mai!»
Dopo un ultimo sorriso l'accompagno alla porta e, dopo aver chiuso, mi dirigo velocemente in camera, prima che Morfeo mi abbandoni del tutto.
Vengo svegliata dalle labbra di qualcuno sulla mia spalla. Mi muovo leggermente, ma non mi sveglio… non avrò dormito neanche per qualche minuto eancora ho sonno.
«Ciao»
«Andrea…» mormoro.
«Ti ho svegliata?»
«Si»
Lo sento rideree si sposta accanto a me, sul letto. «Mi fai vedere un po’ i tuoi occhi, per favore?»
«No, voglio dormire»
«Per favore… ho cambiato i turni al locale; merito un regalo»
Apro gli occhi di scatto e lo guardo sconvolta «Cosa hai fatto?» 
«Da domani lavorerò dalle quattordici alle diciannove; poi starò con te… mi sei mancata»
Sorrido e, anche se so qual è il reale motivo, faccio finta di niente e lo abbraccio, trascinandolo con me sotto le coperte.
«Cos'hai fatto nel pomeriggio?»
«Sono stata con Serena»
«Davvero?»
«Si. Non pensare che lei non mi abbia detto che sei stato tu a chiamarla»
Lo sento ridere e baciarmi la testa. «Ero preoccupato per te. Avevo paura che ti richiudessi di nuovo in te stessa»
«Ho capito che non mi serve a niente. Sono felice che tu sia qui»
«Si?»
«Si. Mi sei mancato così tanto in questi anni»
«Eri anche molto arrabbiata con me»
«Si, tanto… forse è stato questo che mi ha permesso di lasciarmi andare con Jay e di mettermi con lui. Credevo di aver smesso di amarti»
«Mi fa piacere che non sia così»
Sorrido e mi volto, dandogli le spalle ma tenendolo ancora stretto a me «So che ti avevo detto che non era ancora il momento per darti una seconda possibilità e per stare di nuovo insieme in quel senso, però non voglio che, a causa di questo, tu mi stai lontano»
«Non lo farò»
«Potrei dirti di riprovare domani, o il giorno dopo, la settimana prossima o chissà quando, ma tu, nel frattempo, non lasciarmi, perché non lo sopporterei»
Sento le sue braccia stringermi al suo corpo e le sue labbra sul mio collo. «Attenderò. Sono qui per te Gaia e non ti lascerò più andare perché non mi piace vivere senza di te e, negli ultimi anni, ne ho avuto una dimostrazione, quindi… starò con te, fin quando vorrai. Come ti ho già detto, voglio che tu sia sicura. Io ti aspetterò» mormora stringendomi e accarezzandomi il palmo della mano.
«Non mi bruciare il cuore, Andrea…»
«Il tuo cuore è al sicuro, perché ti amo» 
 

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Oh, Andrea romantico... *_*
A quanti piace? Io, personalmente, lo adoro! *_*
*sospiriamo*
Purtroppo nella mia città non esistono ragazzi così -_- Fatemi sapere se almeno voi siete fortunate ;)
Comunque, che ne pensate di tutto quello che si sono dette Serena e Gaia? Fa bene, quest'ultima, ad aspettare e fare le cose con calma?
Attendo le vostre opinioni ;)
Un bacio e al prossimo venerdì! <3
Francy

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Capitolo 13
*** 13. *Volersi ancora* ***


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Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.
Buona lettura
Fra


There’ll be a place for us
 
-Capitolo13-
*Volersi ancora*

 
«Buongiorno splendore»
«Hm… buongiorno»
«Alzati»
«Lasciami dormire ancora un po’, per favore»
«No, oggi usciamo»
«Ti prego…» mormoro sofferente rigirandomi fra le coperte.
«Dai… non eri tu quella che si alzava all’alba per visitare una città?»
«Mio Dio, ma come fai a ricordare tutto?» chiedo scalciando via le coperte.
«Perché i ruoli si sono capovolti»
«Come no… sono ancora quella che si alza presto la mattina e scommetto che tu dormi ancora tutta la mattinata e poi ti svegli alle due del pomeriggio»
«Uhm, no!»
«E dovrei crederti?» chiedo ridendo.
«Si»
Continuo a ridere, fin quando il mio sguardo non si sposta sull’orologio. «Oh porca miseria! È già così tardi?!»
«No, sono soltanto le nove»
«Appunto! Non sono abituata a dormire ancora a quest’ora» gli faccio notare mentre mi alzo e cerco nell'armadio qualcosa da mettermi.
«Posso chiederti una cosa?»
Annuisco e attendo «Da quando sei a Londra ti sei sempre alzata all’alba?»
«Non proprio… ma l’aria inglese mi da quella voglia di fare che non avevo in Italia. Qui ho sempre voglia di muovermi, di fare qualcosa, di rendermi utile insomma… questo posto mi riempie di energia»
«Probabilmente è perché ami Londra»
«Si, credo tu abbia ragione È la città che amo in assoluto e vivere qui mi da la giusta carica per cominciare ogni giornata»
«Anche per me è lo stesso, sai? Certo, non sempre, però mi sento bene quando mi sveglio e, dalla finestra, vedo una cabina del London Eye»
Sorrido perché, inizialmente, anche per me era così. Andrea non sa che, col passare del tempo, sarà sempre meglio. «Adesso ho un motivo in più per alzarmi dal letto»
«E quale sarebbe?» chiedo curiosa.
«Tu!» risponde con un sorriso dolce sulle labbra. Si alza dal letto e mi raggiunge «So che da oggi cominciamo a frequentarci, ma te lo devo dire…»
Oddio, cosa? «Cosa?» chiedo deglutendo.
Mi sorride e mi accarezza i capelli arruffati «Ti amo» sussurra sulle mie labbra.
Sorrido e lo abbraccio «Anch'io» mormoro. «Ti amo anch'io»
«Non ti senti in colpa?»
Già… mi sento in colpa? «No, non ancora…»
«Bene, allora non farlo neanche più tardi»
Sorrido e gli bacio il collo, prima di allontanarlo e andare in bagno.
Mi lavo e, in fretta, cerco di dare una sistemata ai capelli; quando esco, nascondendo l’intimo sotto l’asciugamano, Andrea è ancora lì a fissarmi «Hai ancora quel pigiama?» chiede sorridendo.
«A-ah!» esclamo. «Ti diverti a prendermi in giro?»
«No, dai. Voglio sapere se l’hai ancora»
«No. L’ho buttato»
«Peccato!»
«Non riuscivo più ad indossarlo perché mi ricordava troppo te» spiego aprendo l’armadio e prendendo un paio di jeans.
Mi vesto e mi volto per guardarlo. «Cosa succede?» chiedo vedendo il suo broncio.
«No, niente…» risponde sorridendo.
«Andrea…»
«Gaia…» ripete lui con lo stesso tono con cui l’ho chiamato. «O devo dire Ghiaia o preferisci Bianchina?»
«Smettila di chiamarmi in quel modo»
«Mi divertiva tanto farti esasperare»
«Si, me ne rendevo conto anche da sola» dico raccogliendo i capelli in una coda di cavallo.
«Eri bellissima quando ti innervosivi e facevi finta di ignorarmi»
«Non facevo finta, ti ignoravo e basta»
«Come no… hai ignorato anche la mia corte spietata?»
«Corte spietata?!» chiedo ridendo. Anche lui scoppia a ridere e, alzandosi dal letto, si avvicina a me e mi prende in braccio. «Andrea?! Andrea, cosa stai facendo?! Mettimi giù»
«Ho una voglia di baciarti che nemmeno riesci ad immaginare. Devo distrarmi in qualche modo»
Oddio, ho voglia di baciarlo anch'io, ma sarà giusto?! È giusto che succeda adesso?!
Davanti al mio silenzio, Andrea mi fa scendere e, schiarendo la voce, si allontana. «Scusa, non avrei dovuto dirtelo»
Lo guardo negli occhi e capisco che devo andare avanti con la mia vita: devo agire. Faccio un respiro profondo e mi avvicino a lui, la mia mano si posa sulla sua nuca per avvicinarlo maggiormente a me. In breve, le nostre bocche sono l’una sull’altra.
Lui sembra sorpreso dal mio gesto ma anch'io avevo voglia di baciarlo, quindi, ho messo da parte le mie paranoie e mi sono lasciata andare.
Con lui sto ricominciando da capo; voglio essere più positiva, non paranoica come quando ero ancora un’adolescente e non voglio lasciarmi sfuggire neanche un momento insieme a lui.
Insinuo la lingua dentro la sua bocca e lui non si lascia scappare l’opportunità di approfondire il bacio… mi accarezza le guance e, con una mano, mi stringe al suo corpo mentre mi spinge verso la parete.
Qualche secondo dopo, dietro di me sento il muro; alzo una gamba e lui si avvicina maggiormente a me mentre le nostre lingue si cercano e si stuzzicano a vicenda.
Le mie braccia sono allacciate al suo collo e lo tengono saldo a me. «Quello che provo per te…» mormora contro le mie labbra.
«Non parlare» gli dico zittendolo e riprendendo a baciarlo. «Dimmi soltanto che mi ami e sarò tua»
«Oh Gaia, ti amo; ti amo da impazzire. Passerei ore a ripetertelo»
«Mi basta questo» gli dico sorridendo e riprendendo a baciarlo. «Ti amo anch'io» sussurro.
Sento il mio cuore sciogliersi di gioia… quello che mi sta dando Andrea è quello che ho sempre cercato e che nemmeno Jay è riuscito a darmi.
Credo di non sentirmi più in colpa per Jay. Ho capito con chi posso essere felice e non rinuncio a lui.
«Saremo dovuti uscire» mormora interrompendo il bacio mentre passo al suo collo.
«C’è tutto il giorno per uscire»
«Vorrei fare una cosa invece di uscire ma dovremmo essere in due… cioè, si può fare anche da soli, ma è più divertente in due»
Mi allontano dal suo collo e lo guardo «Vorresti dire che provvederesti da solose non mi sentissi ancora pronta?»
«Hai capito cosa intendo?» chiede alzando un sopracciglio.
Oddio. E se ho frainteso?! Che grande figura di… «Si» mi limito a dire.
«Quindi, se facessi così…» dice e apre un bottone della mia camicia facendo intravedere cosi il reggiseno. «Carino» mormora sorridendomi e facendomi l’occhiolino.
«L’ha scelto Jay» rispondo. Voglio farlo ingelosire un po’…
«Credo che dobbiamo fare pulizia nella tua biancheria» dice irrigidendosi.
«Mi piace la mia biancheria»
«A me no. Voglio scegliertela io»
«No» rispondo e richiudo il bottone che Andrea aveva lasciato slacciato. Mi allontano da lui e sistemo i capelli.
«Dai… stavamo andando bene»
«Non credo di sentirmi ancora pronta per venire a letto con te»
«Ah, ok… va bene» risponde.
«Mi dispiace, ma…»
«No, ehi! Non dispiacerti. Non voglio obbligarti»
«E’ come se fosse un’altra prima volta…»
«Gaia? Smettila» dice e mi prende per un braccio per abbracciarmi. «Succederà quando sarà il momento»
Gli sorrido e lo abbraccio «Grazie»
«Adesso usciamo?» chiede dolcemente.
«Uhm… dobbiamo proprio?»
«Si. Dai signorina! Prendi la borsa e facciamo un giro per Londra»
«Io la conosco già»
«Tu si ma io non l'ho visitata tutta»
«Hm, va bene» mentre mi dirigo di nuovo verso la camera da letto per mettere le scarpe, lo vedo sorridere all'idea di passare la giornata con me.
«Mi piacerebbe andare di nuovo in quell’albergo» gli sento dire.
«Per fare cosa?! Una casa per fare sesso a Londra ce l’hai» dico senza pensare: troppo tardi mi rendo conto di quello che ho detto.  «Scusa» rispondo ridendo.
«Sei ancora la ragazzina perfida di cinque anni fa» dice abbracciandomi.
Scoppio a ridere e ricambio l’abbraccio «Mi dispiace…» ripeto continuando a ridere «Ma è venuto spontaneo dirtelo. Perché vuoi andare in quell’albergo?»
«Magari hanno fatto delle modifiche»
«No, fidati! Non le hanno fatte»
«Ci sei stata?» chiede guardandomi.
Mi limito a sorridere e sciolgo l’abbraccio per infilare la giacca e uscire di casa.
«Dai Gaia… ci sei stata!»
«Non avrebbe importanza»
«Dimmi che sei tornata in quella stanza dopo anni e ti sposo!»
Accidenti! Meglio non dirgli che, dopo essere tornata dal matrimonio di Serena, ho passato una notte proprio in quella stanza.
«Esageri come sempre»
«Non sto esagerando»
«Non voglio sposarti»
«Grazie eh!» esclama «Comunque, l’ho detto per dire»
Certo, lui dice tutto per dire. «Dai, dimmi la verità»
«Non volevi visitare Londra?» chiedo aprendo la porta e uscendo sul pianerottolo.
«Si, andiamo è meglio» dice lui e, nell' esatto momento in cui mi volto verso le scale, si ripresenta nuovamente la voglia di piangere.
È la prima volta che esco di casa dopo quello che è successo, la prima volta che mi trovo nello stesso punto dove sono caduta. «Forse… forse è meglio se restiamo a casa» mormoro.
«Cosa? Perché?»
«Mi fa male la gamba» mento, entrando velocemente in casa e buttando la giacca sul divano.
«Ehi, Gaia! Cosa ti sta succedendo?»
«Niente. Mi fa soltanto male la gamba»
«Capisco… quando devi tornare in ospedale per farti togliere i punti?»
«Fra due settimane» mormoro accendendo la tv.
«Senti… so perché lo stai facendo ma, prima o poi, dovrai ripercorrere quelle scale»
«Prima o poi ma, evidentemente, questo non è il momento adatto. Non mi sento ancora pronta» esclamo guardandolo dritto negli occhi.
«Non sei cambiata per niente da quando ti ho lasciata!» dice con un tono di voce seccato.
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Gaia, hai il bruttissimo vizio di tenerti le cose per te, quando gli altri potrebbero aiutarti facilmente. Non parli, non condividi con nessuno ciò che ti preoccupa e non ti fai aiutare in nessun modo, non fai niente. Ti avrei tenuto stretta a me mentre scendevi quei gradini; se fosse stato necessario ti avrei anche presa in braccio ma, nonostante tutto, continui a non parlare con me. Voglio sapere cosa preoccupa la donna che amo, perché farei di tutto per aiutarla e vederla felice e invece no. Ti chiudi in te stessa e non mi permetti di entrare nella tua testa e nel tuo cuore. Anche quella volta è successa la stessa cosa»
«Smettila di dirmi che mi chiudo in me stessa!! Non mi va di parlarne! Non mi va di uscire di casa! Possibile che nessuno riesca a capirlo?» urlo alzandomi dal divano. «Voglio stare per conto mio! E se non voglio fare quelle maledette scale non le farò! Lasciami in pace!!!» aggiungo alzando ulteriormente il tono della voce e dirigendomi verso il bagno. Chiudo forte la porta e mi siedo sullo sgabello vicino al lavandino.
Sento le lacrime scendere, ma so che sono dovute soltanto al nervosismo.
«Gaia?!» Andrea mi chiama da dietro la porta.
«Vattene da casa mia, per favore. Non voglio vederti»
«Per favore… mi dispiace, davvero. Non  era mia intenzione farti arrabbiare o peggio»
«Ci sei riuscito, però. Adesso vattene»
«Non andrò da nessuna parte finché non starai bene»
Presa da una rabbia improvvisa, mi alzo, apro la porta e comincio a spingerlo via. «Ho detto che te ne devi andare, cazzo!!! Vattene!» continuo ad urlare e a spingerlo verso la porta.
«Gaia, per favore…» prova a dire lui.
«No, vattene. Vai via da casa mia e ridammi le chiavi»
Mi guarda mentre continuo a spingerlo «Sei una donna impossibile, Gaia! Volevo soltanto aiutarti, ma vaffanculo! Risolvili da sola i tuoi problemi!»
Anche lui adesso urla e, buttando le chiavi per terra, esce di casa e chiude sbattendo forte la porta.
Perché deve essere così testardo?! Mi piaceva stare con lui, perché ha dovuto tirare fuori quella cosa?!
Perché me l'ha rinfacciato?!
Mentre penso al motivo del suo comportamento sento la suoneria del mio cellulare. Lo cerco tra i cuscini e, quando lo trovo, vedo che è Andrea.
Accetto la chiamata ma non dico niente e lo stesso fa lui.
«Scusa» mormora ma continuo a non dire nulla. «Sono davanti alla porta di casa tua. Mi apri, per favore?» chiede dopo qualche secondo.
Continuo a non parlare. Voglio vedere fin dove arriva! «Vorrei dirti che mi dispiace di persona. Per favore, potresti aprire?»
Mi alzo lentamente e mi avvicino alla porta. «Lo so che sei qui, vicino alla porta»
Come diavolo fa a capirlo?
Apro la porta e lo fisso rimanendo al telefono.
«Ciao» mormora. Chiudo la chiamata e girandomi lascio la porta aperta per farlo entrare.
«Ho sbagliato a dirti quelle cose, soprattutto a mandarti a quel paese»
«Dovrei mandarti io lì, adesso»
Sorride e si avvicina, mentre faccio un passo indietro per allontanarmi. «Non allontanarti, Gaia. Non sopporto di averti vicina eppure così lontana»
«Sei un idiota!»
«Lo so, ma ti prego, perdonami»
«So di sbagliare a fare, anzi, a non fare quello che vorresti che facessi, ma ho sempre paura di angosciarti inutilmente con i miei problemi. Non voglio che te ne faccia carico anche tu»
«Gaia, sono io a volerlo. Fallo per me. Parlami dei tuoi problemi. Lascia che ti aiuti a superare questo periodo. Se non vuoi uscire di casa perché sei stanca, va bene ma se non vuoi farlo per paura di passare di nuovo vicino a quel punto, affidati a me. Sono qui per te. Solo per te»
Lo guardo negli occhi e so che è sincero e sicuro delle sue parole. Zoppico verso di lui e un po’ mi sento scema.
Sbuffo e alzo lo sguardo verso il soffitto. «Cosa c’è?»
«Non voglio più zoppicare» mormoro con un groppo in gola.
«Non ti hanno dato le stampelle?»
«Non le ho volute»
«Sempre testarda…»
«Ti amo anch'io» rispondo sorridendo e facendogli la linguaccia. Non so da dove mi sia uscito ma sono contenta di averlo detto perché mi sorride e, adesso, ad avvicinarsi è lui. Mi abbraccia stringendomi forte e mi bacia la fronte.
«E’ bello sentirtelo dire»
Sorrido e abbasso lo sguardo.
«Va bene» mormoro facendo un respiro profondo.
«Hm. Posso sapere di cosa stai parlando?»
«Voglio stare con te. Ti do una possibilità. Voglio provare nuovamente le emozioni che mi davi»
Lui mi sorride e si avvicina, mi circonda il volto con le mani e, in un battito di ciglia, le sue labbra sono sulle mie «Grazie» mormora.
Lo abbraccio, stringendolo forte, e scoppio a ridere. Mi sento felice adesso.
«Quindi adesso ci stiamo frequentando seriamente» dice guardandomi con gli occhi che gli brillano.
«Si. Ci stiamo frequentando seriamente ma non farmi pentire perché è l’ultima volta»
«Non ti deluderò, te lo prometto»
«Va bene»
«Credo tu debba sapere delle cose»
«Oddio, cosa?» chiedo preoccupata. Sciolgo l’abbraccio e lo guardo negli occhi.
«Ne abbiamo già parlato, ma quello che ti ho detto quando…» mi stringe forte e fa un respiro profondo «…quando ti ho lasciata… beh, non era vero. Non è vero che, durante quelle tre settimane, ti ho presa in giro e avevo davvero una cotta per te; ti ricordi quando sei tornata a casa tutta bagnata?»
Hm, si! Ricordo ancora quella sera. La prima volta che abbiamo dormito insieme.
Annuisco e sorrido debolmente. «Quella sera ho capito di amarti»
Involontariamente apro la bocca. Sono sconvolta «Cosa?!»
«Già. Ti amo da allora e non ho mai smesso di farlo ma non ho mai avuto il coraggio di confessartelo»
«Negli ultimi anni hai permesso che entrambi passassimo tutto questo solo perché non hai mai avuto il coraggio di confessarmelo?»
«Lo so, sono un idiota» dice dispiaciuto abbassando la testa.
«Sei il mio idiota» rispondo sorridendo. Gli circondo il viso con le mani, alzandolo. I nostri occhi si incrociano e gli sorrido «Sarà diverso da oggi in poi, ok?»
Lui annuisce e  si avvicina per baciarmi. «Non ti sei mai resa conto di quanto tenessi a te… Allora ho pensato che, fidandoti di me, avresti capito subito che, quello che ti ho detto quel giorno, non poteva essere vero»
«Credevi che fosse possibile?» chiedo piegando la testa di lato.
«Ero molto arrabbiato, e poi… beh c’era quella cosa con Elena»
«Si, non ricordarmelo» mormoro interrompendo il contatto.
«Ehi… è passato» dice accarezzandomi i polsi.
«Con lei si» mormoro guardandolo.
«Sei gelosa?» chiede cercando di trattenere un sorriso.
«Tu che dici?»
«Io dico di si»
«Dici bene!» esclamo spingendolo per una spalla.
Lui ride e si avvicina, cercando di abbracciarmi; ma io mi allontano e faccio lo stesso con lui. «Dai…» protesta.
«Con quante donne sei stato?» chiedo guardandolo fisso negli occhi, anche se lui continua a prenderlo come uno scherzo.
Potrei farlo anch'io, ma sono terribilmente gelosa delle donne che sono state con lui nel corso di questi anni. Non avrei il diritto di esserlo, ma è così che mi sento al momento, perché loro lo hanno avuto, sono state insieme a lui, gli hanno accarezzato i capelli, lo hanno baciato, lo hanno visto dormire, hanno avuto modo di vedere quanto sia adorabile immerso nel mondo dei sogni; mentre io… io mi sono persa tutto questo per tutti questi anni.
Adesso, sapere che è di nuovo mio mi rende terribilmente gelosa. Non voglio diventare una fidanzata psicopatica, non sono ancora a questo livello e mai lo sarò; non darò di matto solo perché una ragazza parla con lui, a meno che non si tratti di una certa Elena ma se qualcuna mostrasse troppo il suo interesse, allora entrerebbe in scena la mia gelosia.
Non voglio vivere di nuovo senza di lui, cosa posso farci?
«Un paio…» mormora distraendomi dai miei pensieri.
«Quantifica un paio»
«Gaia, stavi quasi per sposarti quell’idiota. Ti lamenti per quattro ragazze di cui non ricordo nemmeno il nome?»
«Andrea!» esclamo cercando di non scoppiare a ridere «Io non stavo per sposare Jay»
«Quell’idiota» mi ricorda.
«Finiscila…»
«Ok, scusa… come vuoi» dice alzando lo sguardo al cielo.
«Comunque, dimmi il numero delle ragazze che sono venute a letto con te»
«Non me lo ricordo con precisione. È passato tanto tempo e ricordo meno della metà di loro»
«Quindi non hanno avuto importanza»
«Tu cosa dici?»
«Dico che almeno una ha avuto importanza per te»
«Si, una… i primi tempi a Milano»
Ah, si! La milanese. La odiavo già a quei tempi ma, sapere che lui stava con lei soltanto perché gli ricordava me, mi ha dato una certa soddisfazione.
«Quanta importanza?»
«Sicuramente non quanto sei importante tu per me» dice cercando di sviare il discorso e di abbracciarmi.
«Sei un ruffiano. Rispondimi!» Cerco di respingerlo e di rimanere seria ma, con lui, è quasi impossibile.
«Non l'amavo, se è quello che vuoi sentirti dire…»
«E’ già qualcosa» dico alzando il mento.
«Certo…» mormora lui baciandomelo. «Comunque più che altro studiavamo insieme e passavamo molto tempo all’università…»
«E a letto» aggiungo.
Lui mi guarda e alza un sopracciglio «Scommetto che tu, invece, non passavi molto tempo a letto con Jay»
«Questo è un altro discorso»
«Non credo proprio. È esattamente lo stesso»
«Beh, forse hai ragione»
«Proprio un po’» dice e, tirandomi verso di lui, mi abbraccia «Nessuna è riuscita a prendere il tuo posto, Gaia! Mai!! Non sai quanto io sia felice di poterti stringere tra le mie braccia»
Sorrido perché anch'io sono felice di sentirlo nuovamente vicino a me.
«Ti amo» mormoro.
«Dimmelo tutte le volte che vuoi, tutte le volte che ci guardiamo negli occhi e provi quella stretta al petto e le farfalle nello stomaco, tutte le volte che il tuo cuore batte all’impazzata solo perché il tuo pensiero va a me o perché mi hai appena visto varcare la soglia di casa tua.  Dimmelo quando senti il tuo cuore scoppiare di felicità perché ti ho appena sorriso o ti ho rivolto una parola carina. Dimmelo sempre e comunque, anche quando sono arrabbiato con te, dimmelo quando sono insicuro, quando ho paura di perderti; quando sarò geloso e quando non lo sarò. Dimmi “ti amo” quando ti guarderò negli occhi e ti bacerò. Dimmelo tutte le volte che vuoi, Gaia, perché anch'io farò lo stesso con te» 

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Scusate il ritardo, ma in teoria non avrei nemmeno dovuto pubblicare oggi.
Il capitolo adesso è finito e spero vi sia piaciuto più di quanto vi sia piaciuto il 12.
A venerdì prossimo
Fra

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Capitolo 14
*** 14. *La nostra relazione non è un gioco* ***


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Buongiorno a tutti :)
Come avete trascorso questa settimana?
Anyway... vi lascio alla lettura.
Ci leggiamo alla fine per i commenti finali ;)
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 14-
*La nostra relazione non è un gioco*

 
Quando si è felici il tempo passa senza neanche accorgersene.
Credo di aver superato la rottura con Jay ma non perché ho cercato conforto con qualcun altro. Ho capito che il mio posto non era al suo fianco e, adesso, sto meglio.
Andrea si dimostra ogni giorno sempre più premuroso e, ogni volta che va via da casa mia per tornare nel suo appartamento, mi assale una strana ansia come se, il giorno dopo, non fossi sicura del suo ritorno.
Ho sacrificato tanto per averlo e, se mi dovesse succedere di perderlo di nuovo, non so come potrei reagire; se lui dovesse fare un altro passo falso, sarebbe più difficile per me prendere una decisione.
Se dovesse tradirmi…
Ricordo ancora il giorno in cui mi ha detto che aveva fatto sesso con Elena… la sera del nostro litigio: quella famosa sera.
So che Andrea tiene a me e so che mi ama; so anche che non farebbe altri passi falsi, o almeno spero.
Ieri abbiamo passato tutta la giornata insieme; come ogni giorno del resto.
Siamo usciti. Non credevo di riuscire a passare nuovamente su quei gradini ma Andrea mi ha tenuta stretta al suo corpo per farmi superare l’ansia e la paura.
Grazie a lui, lentamente, sto rinascendo e il nostro rapporto… beh si, anche quello sembra rinascere a poco a poco. Qualche giorno fa, di sera, avrei voluto che Andrea rimanesse con me anche la notte; praticamente avrei voluto che si trasferisse qui, ma sarebbe giusto?
Fino a due settimane fa vivevo in questa casa con un uomo che credevo di amare incondizionatamente; adesso lui non mi rivolge quasi più la parola e, se dovessimo incontrarci, sono sicura non poserebbe neanche uno sguardo su di me.
È giusto volere  Andrea a casa mia?
Sempre?
Ogni giorno?
Non lo so…tutto sembra scorrere così velocemente ma non voglio affrettare le cose su questo argomento.
Quando sarà il momento glielo dirò.
La giornata è cominciata da poco ma so che, oggi, non riusciremo praticamente a vederci. Ieri mi ha detto che sarebbero arrivati Alessia e Giorgio e, poiché è l’unico che può andare a prenderli all'aeroporto, adesso è lì. 
Mi ha mandato un messaggio dicendomi che oggi non ci saremmo potuti vedere e sto già sprofondando nella depressione più totale.
Mi manca la sua compagnia e non vedo l’ora che sia domani per stare con lui. Molto probabilmente ci saranno anche Giorgio e Alessia, ma almeno sarò con lui.
«Stai bene?»
«Bene mamma. Grazie per essere venuta»
«Non dirlo nemmeno per scherzo. Sono felice di vedere di nuovo il tuo appartamento» dice ridendo.
«A-ah… che madre spiritosa mi ritrovo»
«Vedi quanto sei fortunata?» esclama con un sorriso a sessantaquattro denti.
«Certo» rispondo.
«Bene, torno a casa. Paul mi aspetta»
«Ok, salutalo da parte mia»
Paul è il compagno di mamma. Bel tipo… non la fa soffrire.
«Salutami Andrea»
Annuisco sorridendo senza farmi vedere. Credo di essermi instupidita durante gli ultimi giorni.
Non voglio esagerare ma, da quando abbiamo ripreso a frequentarci, vorrei sempre avere Andrea vicino a me e, quando siamo insieme, a volte mi perdo a fissarlo come un’ebete.
Due giorni fa mi ha accompagnata in ospedale a togliere i punti e la dolcezza con cui mi ha tranquillizzata mi hafatto pensare che non è  più il ragazzo di cinque anni fa: sembra un altro. Il vecchio Andrea mi avrebbe tranquillizzata si, ma mai come il nuovo Andrea.
Non credevo potesse diventare questo tipo d’uomo.
Afferro il cellulare dalla mensola e gli scrivo un messaggio “Mi manchi
La risposta mi arriva qualche secondo dopo, segno che stava aspettando mi facessi sentire. “Mai quanto mi manchi tu
Sei già con Alessia e Giorgio?
Si, stiamo uscendo adesso dall’aeroporto
Quindi… stasera non ci vediamo
Non farmici pensare… Passo appena finisco di lavorare, se vuoi
Sarà sicuramente stanco dopo la giornata lavorativa. Non voglio che si affatichi troppo “No, tranquillo. Sarai esausto e dovrai riposare
Potrei riposare anche con te” scrive lui, ma tra le righe mi sta dicendo “Vorrei passare la notte a casa tua”.
Non puoi lasciare Giorgio e Alessia da soli. Vengono per te
Uffa
Sorrido e poso il telefono sul tavolino. In realtà avrei voluto dirgli di si, ma sono ancora nella fase “E’ giusto permettere ad Andrea così tanto?”. Alla fine, ne sono sicura, resterò soltanto con un pugno di mosche!
Decido di chiamare mio padre, magari può anticipare di un giorno il caffè del venerdì.
Faccio il suo numero e attendo che risponda.
Purtroppo, non ho considerato l’eventualità che rispondesse sua moglie, quindi adesso mi ritrovo a parlare con lei. «Pronto?» chiede ancora.
«Uhm… sono… sono G-Gaia» balbetto in imbarazzo.
«Oh, ciao» risponde. Capisco che anche lei è molto a disagio.
«Ciao»
«Volevi parlare con tuo padre?»
«Si, per favore»
«Certo, te lo passo subito» dice velocemente e, dopo uno sbuffo da parte sua, il telefono passa a lui.
«Pronto?»
«Ciao papà» rispondo sorridendo appena.
«Ciao tesoro. E' successo qualcosa? Stai bene?»
«Si, tutto ok, grazie» rispondo abbassando lo sguardo e sorridendo. Negli ultimi anni è diventato il padre che non ho mai creduto di avere e, anche lui, è completamente diverso rispetto a quello di cinque anni fa.
«Oh, meno male. Ti sei ripresa dall’incidente?» chiede addolcendo il tono della voce.
«Uhm, si papà. Sto bene adesso»
«Mi fa piacere. Ehi! Se hai bisogno di qualcosa basta chiedere»
«Ti ringrazio, ma non ho bisogno di nulla. Invece volevo chiederti se ti andava di prendere il nostro caffè stamattina, visto che abbiamo saltato un paio di appuntamenti»
«Ah. Si, certo»
«Se per te non è un problema, ovviamente. Non so se avevi già degli impegni»
«No, no. Stai tranquilla. Sono libero stamattina e, mi farebbe piacere prendere un caffè con te»
«Perfetto allora… ci vediamo a Piccadilly?»
«Certo. Tra venti minuti»
«A dopo»
Riattacco con il sorriso sulle labbra e mando, velocemente, un messaggio ad Andrea.
Caffè con papà. Ci sentiamo più tardi. I love you
Mi alzo dal divano e vado a mettere qualcosa di più consono per un caffè; nel frattempo, tengo d’occhio il cellulare in attesa della risposta di Andrea…
Risposta che non arriva né venti minuti dopo, quando esco di casa, né quando incontro mio padre.
Provo a non farmi strane idee: molto probabilmente è già a lavoro o ha preferito spegnere il cellulare per poter stare con tranquillità con i suoi amici.
Impossibile” mi ricorda la vocina “Se fosse stato così non ti avrebbe proposto di passare da te dopo il lavoro” continua, facendo aumentare la mia preoccupazione.
Chiudo gli occhi e mi concentro sulla gente intorno a me e, soprattutto, su mio padre che continua a parlare mentre raggiungiamo il bar.
«Allora? Come va con quel ragazzo?»
«Chi papà?» chiedo prendendo posto ad un tavolo all’esterno del locale.
«Quel Jay. Vivete ancora insieme, no?»
Mio padre l'ha visto solo un paio di volte: durante alcuni dei miei esami e alla mia laurea quando, dopo le presentazioni ufficiali, gli avevo detto che vivevamo insieme. A quella notizia, mio padre non mi era sembrato molto contento ma, dopo un po’, credo abbia accettato la cosa.
«Uhm, no! Non viviamo più insieme» dico chiedendomi cosa stia facendo adesso Jay.
«Come mai?»
«Ci siamo lasciati» rispondo guardandomi le mani appoggiate sul tavolo.
«Mi dispiace, davvero»
«Si, è dispiaciuto anche a me, ma era necessario»
Mio padre alza un sopracciglio e sorrido. Mi rendo conto solo adesso che lui non ha mai sentito parlare di Andrea.
«Sono innamorata di un altro» mormoro intimidita. Non è certo di questioni sentimentali che vorrei parlare con mio padre.
«Ah. Lo conosco?» chiede «L'hai incontrato di recente?»
«No, lo conosco da qualche anno. Era un mio compagno di scuola»
«Capisco. Beh, se ti rende felice allora, hai fatto la scelta giusta»
Certo, come no. Proprio lui mi viene a parlare di scelte giuste. «Cambiamo argomento, per favore»
«Certo, come vuoi» dice e alza una mano per chiamare il cameriere.
Mi schiarisco la voce e provo a non farmi prendere dalla tristezza o dalla malinconia. Non voglio rovinare questo incontro soprattutto perché non voglio aggiungere altre brutte e strane sensazioni a quella che mi procura il non sapere perché diavolo Andrea non ha ancora risposto al mio messaggio.
Dopo che il cameriere porta le nostre ordinazioni, mio padre mi chiede del lavoro: altro argomento che non volevo toccasse.
«Sei felice?»
«Sono in ferie. Sono felice di essere uscita da quelle mura»
«Non hai ancora trovato il lavoro dei tuoi sogni, vero?»
«Mi piacerebbe insegnare, ma non credo di essere in grado di farlo con degli adolescenti»
«Potresti provare in qualche asilo o in una scuola elementare»
«Papà, mi sono laureata in una delle più prestigiose università di Londra, non credo che insegnare in un asilo o in una scuola elementare sia così gratificante»
«Sempre meglio che continuare a lavorare all’università»
«Hm…» mormoro. «Non credo di essere in grado di sostenere altri esami»
Lui mi sorride e beve un sorso del suo caffè. «Hai mai pensato di scrivere per un giornale?!»
Mando giù un po’ di caffè e lo guardo stranita «Un giornale?»
«Si, comeil Times, il Guardian o il Daily Telegraph»
«Dici che avrei qualche chance?»
«Prova! Informati e prendi in considerazione l’idea»
In effetti sarebbe sempre meglio dell'università.
«Lo farò, grazie per il suggerimento»
«E di che. Farei di più se avessi dei contatti ma, purtroppo, non conosco nessuno che si occupa di giornalismo»
«Non preoccuparti. Me la caverò da sola»
«Tuo fratello non è così determinato»
«Non…» mi fermo in tempo, prima di ferire i suoi sentimenti. So che per lui facciamo tutti parte di un’unica famigliola felice ma, per quanto mi riguarda, non ho un fratello «Dipende dal carattere» mormoro cercando di cambiare subito argomento.
«So quello che stavi per dire, Gaia» mi dice.
Cazzo!
Faccio un respiro profondo e lo guardo negli occhi. Devo affrontare di nuovo questo argomento?!
«Puoi biasimarmi?»
«Tu lo fai con me»
«Ripeto la domanda: puoi biasimarmi?»
«No, non posso, ma vorrei davvero che passassimo sopra a questa storia»
«Non posso papà. Cosa mi stai chiedendo? Di conoscere tua moglie e tuo figlio?! Non posso»
«Ma è passato tanto tempo. Mi piacerebbe avervi insieme a casa mia»
«No. Capisco il tuo bisogno, capisco che vorresti entrambi i tuoi figli sotto lo stesso tetto, ma non sono in grado di affrontare una situazione del genere»
«Tua madre ha accettato di venire a cena da noi sabato»
«Cosa ha fatto?!?!»
Sono sconvolta! Come diavolo le è venuto in mente una cosa del genere?! «Si, l’ho chiamata ieri e l’ho invitata. È stata un’idea di Patricia»
Certo, la mogliettina!
«Puoi abbindolare lei, papà, ma non me! Non contarmi tra i presenti a tavola!»
«Gaia.. per favore»
«Senti, avevo soltanto intenzione di passare una mattina in tua compagnia, perché in un certo senso… beh mi sono mancati i nostri caffè, ma non pensavo che avremmo dovuto parlare di nuovo di questo argomento. Non mi sento ancora pronta per affrontare la tua famiglia, perché è per lei che hai lasciato me e mamma e, prima di noi due, hai lasciato loro. Sono state scelte tue ma tutte sbagliate! Quello che è successo ormai appartiene al passato, ma non chiedermi mai più di far parte della tua famiglia. Se vorrai, tu farai parte della mia e adesso, se vuoi scusarmi, vado a cercare di risollevare la mia giornata disastrosa»
Mi alzo e, prima che lui possa fermarmi, mi allontano. Pensavo che capisse il mio punto di vista e che avesse desistito dal cercare di farmi incontrare la sua famiglia, invece no. Mi sbagliavo.
Pensavo davvero di aver detto addio a quel periodo della mia vita; di avere un padre dalla mia parte nel caso avessi avuto bisogno di aiuto e non ci fosse stato nessuno, e invece… adesso sembra tornato, di nuovo, al punto di partenza.
Guardo il cellulare e mi rendo conto che anche Andrea sembra essere ritornato a quello di cinque anni fa. Provo a chiamarlo: magari se sente il cellulare risponde.
Purtroppo, due tentativi di chiamata non sono serviti a molto. A quanto pare mi ha proprio chiuso fuori.
Ormai sono le undici e, molto probabilmente, sarà a casa con Giorgio e Alessia. Quasi quasi mi dispiace che abbia ripreso a lavorare per Patrick…
Prendo la metropolitana per arrivare il più velocemente possibile a casa sua. Mi piacerebbe sapere perché non risponde alle mie chiamate o al messaggio di prima ma, magari, è soltanto impegnato con Giorgio e Alessia e non ha guardato il cellulare.
Quando arrivo sotto casa sua fisso la finestra del suo appartamento e quasi mi sembra di essere tornata indietro di qualche settimana, quando ancora avevo quella confusione addosso.
Scuoto la testa, allontanando i pensieri negativi, e salgo. L’ultima volta che sono stata qui è finita in lacrime… spero di non dover ripetere l’esperienza.
Busso e attendo. Anche stavolta sono in ansia… perché ogni volta che mi presento alla sua porta mi devo sentire così? Come se stessi ferendo o tradendo qualcuno?
Non è giusto, non voglio sentirmi più così.
I miei pensieri vengono interrotti dalla voce di una ragazza che ride. Sarà Alessia.
«Oh, ciao» mi saluta aprendo la porta.
«Elena… ciao»  mormoro sforzandomi di sorridere.
Perché indossa solo una camicia e ha le gambe scoperte?
«Quanto tempo! Quant’è passato? È da tanto che non ci vediamo»
«Avrei preferito restasse così» rispondo cercando di mantenere la calma.
Oggi non deve essere la mia giornata fortunata. Prima mio padre con quel discorso, poi Andrea che non risponde alle telefonate e, adesso, lei…
Si lascia sfuggire una risata antipatica e si guarda indietro. «Cercavi Andrea?»
«Già. Sai dirmi dov’è?»
«Si, sotto la doccia»
Perfetto!! Mi ci voleva questa botta finale.
Lei mezza nuda e Andrea sotto la doccia è proprio un finale perfetto. «Cosa volevi dirgli?» chiede alzando un sopracciglio.
Con gli anni non è cambiata minimamente. Che cavolo ci fa qui a Londra, poi?!
«Niente. Digli di farsi vivo. Devo parlargli» mormoro.
«Certo, sarà fatto» sussurra chiudendo la porta.
«Gaia?»
Sento chiamare prima che la porta venga chiusa completamente, la voce è proprio quella di Andrea, ma non mi volto. Continuo a camminare verso le scale per andarmene via da questo posto. Mi stanno rovinando anche la mia vita qui a Londra.
«Ehi! Gaia! Fermati» esclama afferrandomi il braccio.
Mi volto, ma evito di guardarlo; sarebbe troppo, per me. «Ehi…» mormora cercando il mio sguardo. «Gaia?» mi chiama ancora e adesso lo guardo negli occhi. «E’ successo qualcosa?» chiede.
«Cosa ci fa quella a casa tua? Non sapevo venisse anche lei a Londra»
«Era con Giorgio e Alessia e nemmeno io pensavo che venisse»
«Come no…» mormoro cercando di liberarmi dalla sua stretta.
«No. Devi credermi. Non ne sapevo nulla, sul serio»
«Certo, come no ma intanto quella stronza è a casa tua mezza nuda, con solo una tua camicia addosso mentre tu indossi solo un asciugamano e sei a petto nudo. È una situazione un po’ compromettente, non ti pare?»
«Non abbiamo fatto niente, te lo giuro. Mentre venivamo a casa un tizio si è scontrato con lei e le ha fatto finire il caffè sulla maglietta»
«E non ha altri vestiti? Viene a Londra senza un cambio d'abito?»
«Hanno sbagliato ad imbarcare il suo bagaglio. Arriverà con il prossimo volo dall’Italia»
«Certo, mi sembra ovvio! Lasciami Andrea» dico cercando di liberarmi, ma la sua presa sul mio braccio si fa più forte.
«Secondo te manderei a puttane tutto quello che mi sono conquistato di nuovo con una come lei? Pensi davvero che sia in grado di farlo una cosa del genere?»
«Avrai sicuramente perso l’abitudine, ma di sicuro non il vizio…» dico e, per fortuna, riesco a liberarmi della sua stretta.
«No, aspetta!!» urla riprendendomi.
«Lasciami! Ho sacrificato tutto per te! Ho sacrificato il mio rapporto con Jay, sto sacrificando la mia vita per te. Questo non è un gioco, Andrea! La nostra relazione non è un gioco e credo che tu la stia vedendo in questo modo perché continui a prendere decisioni sbagliate. Ho deciso di dare una possibilità ad entrambi e tu mi stai ripagando così! Hai detto di amarmi e mi sono fidata di te! Mi sono fidata, accidenti!!»
«Non ti ho tradita Gaia, te lo giuro!! Non credo che la nostra relazione sia un gioco. Io ti amo, non ho mentito ed è proprio perché ti amo non farei mai una cosa del genere. È andata davvero come ti ho detto. Le ho detto che deve andare via da casa mia entro stasera»
«Fai quello che vuoi. Ci sentiamo» mormoro fulminandolo con lo sguardo e scendendo velocemente le scale.
Ci mancava soltanto questa!!
Esco dall’edificio e, cercando di non scoppiare in lacrime, ritorno a casa.
Perché tutto questo deve capitare a me?
Stavamo recuperando piano piano, adesso sta crollando tutto rovinosamente.
I miei pensieri vengono interrotti dal suono del cellulare «Cosa vuoi?» sbotto irritata.
«Devi credermi»
«Lasciami stare, Andrea»
«Non ti ho tradita Gaia. Non lo farei mai» sussurra.
«Mai? Mi risulta il contrario invece»
Lo sento sospirare e tirare un pugno contro qualcosa.
«Non sono più quel ragazzo. Ho sbagliato! Ti chiedo scusa per quella volta, ma stavolta non ho fatto niente. Te lo giuro»
«Andrea! Puoi allacciarmi la collana?» sento dire in sottofondo. La sua voce è fastidiosa anche in questo caso.
«Elena! Stai zitta, per favore! Allacciatela da sola!» urla lui.
«Ci sentiamo Andrea» mormoro e chiudo la telefonata.
Scuoto la testa e, mentre mi dirigo a casa, spengo il cellulare.
Quando entro nel mio appartamento, butto la borsa e la chiave per terra.
Perché Elena deve fare di nuovo la sua comparsa?!
Perché deve continuare a rovinarmi la vita?
Perché deve continuare a stare appresso ad Andrea?
Questo vuol dire che, in passato, hanno continuato a vedersi e la cosa mi rende parecchio nervosa. Lo odio!
«Gaia! Apri!!» urla qualcuno bussando violentemente alla porta.
«Vattene via!»
«Per favore…»
Non rispondo. Mi limito ad accendere lo stereo e a metterlo a tutto volume, così da non sentire la voce di Andrea. Mi avvicino alle finestre e le chiudo, in modo tale che non possa entrare da lì.
Mi distendo sul divano e metto un braccio sugli occhi.
Non voglio pensare a nulla per un po’!
 
Pov Andrea
 
Perché quando le cose sembrano andare per il meglio arriva qualcosa, o in questo caso qualcuno, a rovinare quello che di buono sono riuscito a creare?
Il rapporto con Gaia cominciava a migliorare ma, adesso, tutto sembra essere ritornato al punto di partenza.
Ha visto Elena a casa mia, mezza nuda e con un sorriso bastardo sulle labbra. Naturalmente è andata su tutte le furie ma ha frainteso ed è andata via. Di nuovo lontana da me e non so se posso sopportarlo.
Ho provato a chiamarla ma il risultato non è cambiato di molto.
Vorrei farle capire che, se Elena è qui, è  soltanto perché si è scontrata con Alessia in aeroporto. Ha avuto dei problemi con la sua agenzia e si è ritrovata sola e persa per Londra. Da qualche anno ha cominciato a fare la ragazza immagine o un lavoro simile e, per un evento importante, è dovuta venire a Londra. Purtroppo il suo bagaglio è stato imbarcato su un altro volo e, di conseguenza, verrà riconsegnato solo fra qualche giorno; Elena dice di aver messo i documenti dell'agenzia nella valigia e, senza questa, non sa dove avrebbe dovuto alloggiare. Le ho proposto di fermarsi da me soltanto perché ci sono Giorgio ed Alessia e, comunque, avrei passato poco tempo a casa.
Avrei voluto spiegare tutto questo a Gaia, ma lei non ha voluto ascoltarmi.
Forse perché la sua acerrima nemica, la ragazza con cui l’hai tradita e che l’ha presa per i capelli, ha aperto la porta di casa tua con indosso solo una leggera camicia?” mi fa notare la fastidiosa vocina del mio subconscio.
Si, forse è stato uno sbaglio dirle di mettersi comoda e prestarle una camicia solo perché un’idiota le ha versato il caffè addosso.
«Tutto bene?» mi chiede Alessia toccandomi la spalla.
«Ho litigato di nuovo con Gaia» mormoro dando un pugno al muro.
«Si, abbiamo sentito»
«Sono stato un idiota e continuo a comportarmi come tale. Perché sbaglio in continuazione con lei?»
«Non stai sbagliando Andrea…»
«No? La mia fidanzata non vuole parlarmi perché quella cretina di Elena deve rovinare sempre tutto»
«La cosa buona è che si è rivestita»
«Se fossi in te non la lascerei comunque da sola con Giorgio» mormoro guardandola.
Quando il mio amico si è reso conto di provare qualcosa per Alessia, è stato facile ma, allo stesso tempo, difficilissimo parlare con Elena di questo suo nuovo interessamento. Lei non ha obiettato ma il rapporto tra le due ragazze si è guastato. Soltanto dopo qualche mese e molti ragazzi, Elena si è fatta passare tutto.
«Ti va di uscire?» chiede Alessia al suo ragazzo. Lui annuisce e si alza mentre Elena, per fortuna, si è rivestita.
«Andrea…» mormora lei avvicinandosi.
«Vado a vestirmi, è meglio» dico voltandomi e lasciandola in mezzo alla stanza.
Ha lo sguardo dispiaciuto, ma so che sta soltanto fingendo. Mi chiedo cosa trovassi di bello e d'interessante in lei quando stavamo insieme. Per carità, è una bella ragazza, ma avrei dovuto capire che è marcia dentro.
Vi siete trovati” mi rinfaccia la stessa vocina di prima.
Ero esattamente come lei, è vero.
Mi guardo allo specchio e, per un attimo, vedo il ragazzo di cinque anni fa: quello che tradisce la sua ragazza solo perché è ubriaco e non riesce a resistere alla tentazione.
Idiota” penso, ma adesso non è andata come Gaia crede.
Io non l’ho tradita. Non succederà mai più una cosa del genere.
E allora perché non vai da lei e glielo dimostri?
Già… dovrei farlo.
Annuisco con vigore e smetto di fissarmi come un deficiente. Mi vesto velocemente e ritorno in soggiorno.
«Cos'hai intenzione di fare?» mi chiede Giorgio mentre mando un messaggio a Gaia. Conoscendola avrà spento il telefono ma, per sicurezza, lo mando stesso.
«Andrò da lei dopo il lavoro. Mi serve soltanto una cosa…»
«Cosa?» chiede Alessia.
Finisco di allacciarmi le scarpe e mi alzo guardando Elena «Mi dispiace che tu non abbia la tua valigia, ma devi andare via da casa mia»
«Certo» mormora sorridendo appena.
«Vieni, ti do una maglietta» interviene Alessia dirigendosi verso la stanza degli ospiti.
«Hai fatto la cosa giusta» mi dice Giorgio.
«Si, lo so. Il problema è spiegare tutto a Gaia e non so se mi crederà»
«Non hai fatto niente Andrea. Con le parole giuste, sono sicuro che tutto ritornerà come prima»
«Lo spero. Non saprei comunque cosa dirle, quindi dovrò pensarci bene durante le prossime ore»
«Troverai le parole giuste, vedrai»
«Magari. Mi dispiace lasciarvi qui da soli ma, se non vado, mi licenziano e, per quanto la cosa mi faccia piacere, preferisco continuare a ricevere uno stipendio»
«Non preoccuparti. Faremo un giro qui vicino, tanto per non perderci»
«Accompagnate Elena in un albergo prima, altrimenti non avrò concluso un bel niente»
Giorgio annuisce e, dopo aver preso la giacca e il cellulare, esco di casa.
 
«Andrea, prendi queste ordinazioni e portale al tavolo 3»
Continuo a pulire la stessa superficie da circa dieci minuti; da quando sono arrivato al locale non faccio altro che pensare ad un modo per scusarmi con Gaia.
Ho pensato e ripensato alle parole giuste da dirle ma nessuna lo era abbastanza per farle comprendere che, tutto quello che aveva creduto di vedere, era falso.
Si, Elena era mezza nuda ma Gaia ha frainteso.
«Ehi, Italy. Vedi di ascoltare i tuoi colleghi!» esclama Patrick colpendomi alla spalla.
«Scusa. Ero distratto»
«L’ho visto. Vai da Charlotte. Ha bisogno del tuo aiuto»
Annuisco e mi avvicino alla mia collega che mi guarda come se capisse quello che provo.
«Problemi di cuore?» chiede sorridendo.
«Una specie»
«Hai sempre vinto su Jay» dice.
Ancora lui… per quanto tempo dovrò sentir parlare di lui? «Ma il passato continua sempre a rompere» mormoro.
«Si è presentato alla porta di Gaia?»
«No, non è il suo passato a dare fastidio. È il mio»
«Cosa è successo?»
Sospiro pesantemente e, tra un’ordinazione e l’altra, le racconto l'accaduto.
«Secondo me dovresti andare a casa sua…»
«Ho già in programma di farlo appena finisco qui»
«C'è una canzone che ti ricorda lei? Che parli di quanto lei sia importante per te e di quanto tu vorresti averla al tuo fianco?»
Rifletto per qualche minuto ed effettivamente una canzone c’è. L’ho scoperta qualche mese dopo il matrimonio di Serena…
«Si, c’è» rispondo a Charlotte.
«Allora prendi questo e falle una sorpresa!!» esclama passandomi uno stereo.
Alzo le sopracciglia, sorpreso di trovarmi un aggeggio del genere tra le mani e le sorrido ringraziandola.
Tentare non costa nulla e, molto probabilmente, grazie alla canzone che le dedicherò, Gaia capirà quanto lei sia importante per me e che non farei nulla per mettere a rischio il nostro rapporto.

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Eccoci qui...
Vi aspettavate questa new entry che tanto new non è? xD
Beh, la scelta era fra Elena e una sconosciuta. In realtà l'idea originale era un pò diversa da questa.
Avevo in mente di scrivere che Andrea cominciava a perdere le speranze su una probabile risposta affermativa da parte di Gaia per quanto riguarda la loro relazione e, in un momento di rabbia, porta a casa una ragazza che conosce al locale. Per fortuna, Andrea non ci va a letto perchè si rende conto di star sbagliando di nuovo, quindi le dice di andare via ma... (c'è sempre un ma, almeno nelle mie storie) con un tempismo perfetto, arriva Gaia e le apre la tipa con una camicia di Andrea addosso e lei fraintende proprio come succede nel capitolo. E poi beh.. poi scoprirete cosa succede :P
Spero che questa versione vi sia piaciuta di più... anche se spero che non stiate perdendo l'entusiasmo. Insomma, non che io guardi il numero delle recensioni, che fanno sempre piacere, ma sono calate un bel pò negli ultimi due capitoli. Forse è stato il mio umore nero che mi ha portato a questo, però l'importante è che non ho fatto totalmente schifo! :) Insomma, mi fido di voi!
Spero mi diciate sempre la verità riguardo l'andamento della storia!
Adesso vi lascio e vi auguro un buon fine settimana ;)
Un bacio grande grande e un grazie speciale a tutti voi che seguite sempre la storia! Spero di non stancarvi! :)
Francy

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Capitolo 15
*** 15. *L'unico fra tanti* ***


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Buongiorno.
Altro venerdì, altro capitolo ;)
Spero che questo vi piaccia davvero tanto, come al solito direte, però no, a questo tengo particolarmente! :)
Ok, detto questo vi lascio alla lettura.
Francy


There’ll be a place for us
-Capitolo 15-
*L’unico fra tanti*

 
 
Pov Gaia
 
Mi sveglio con un gran mal di testa e la musica che riempie ancora l’appartamento.
Guardo fuori e mi rendo conto che è ormai buio; mi alzo e spengo lo stereo.
Quanto ho dormito?!
Sospiro e mi stropiccio gli occhi mentre, in cucina, cerco un po’ d’acqua.
Sento le note di una canzone provenire da fuori. Da quando organizzano serate musicali all’aperto a Londra?
Per fortuna, l’analgesico che prendo calma un po’ il dolore alle tempie ma le note della canzone diventano più fastidiose.
Forse proprio perché ho dormito con la musica a tutto volume adesso queste note mi danno fastidio.
Sospiro e recupero il telefono dalla borsa; lo accendo e trovo vari messaggi di Andrea e una chiamata di mia madre. Sicuramente lei vorrà delle spiegazioni riguardo all’incontro con mio padre ma, per il momento, non voglio sentire nemmeno lei.
I messaggi di Andrea, invece, dicono tutti la stessa cosa: unica eccezione l'ultimo “Ti amo. Guarda fuori
Oh dio. Cos'ha fatto stavolta?
Chiudo gli occhi e mi avvicino alla finestra del soggiorno. La apro e guardo giù. Si, Andrea è lì.
«Cosa fai ancora qui?!» chiedo.
«Voglio dimostrarti che ti amo e che hai frainteso tutto»
«E come avresti intenzione di farlo? Facendomi ascoltare la confessione di Elena?»
«No, ma… ascolta Gaia» dice e posso giurare di averlo visto sorridere.
Fa partire la canzone e…“Questa va a tutti quelli che conoscono una persona che lascia lo stampo.. eh si, lascia lo stampo anche in poco tempo. Ti capita di conoscere una persona e subito diciamo ti ci affezioni! insomma ti piace, ti prende.... ecco, questa va a te, non farò il tuo nome, ma capirai...grazie di tutto! Ciao” …e mi si gela il sangue nelle vene.
Conosco la canzone,  ma non pensavo che qualcuno potesse mai dedicarla a me.
Ascolto con attenzione e sento le lacrime accumularsi agli angoli degli occhi.
“…Passano i giorni ma non cambio idea, ti vorrei solo mia quasi fossi una dea…” dice il cantante e Andrea annuisce.
Mi sorride e le mie lacrime cadono in strada. Sono lacrime di felicità, è vero, ma non posso fare a meno di piangere, perché Andrea è così…
Lo amo da morire.
…Tu dammi spazio,io ti prometto che ad ogni gesto io starò attento ad ogni gesto. Sarai al centro dei miei pensieri. Non voglio tu diventi un ricordo  di ieri! Dammi adesso un altro sguardo, quello potente di quel bel giorno. Un tuo sorriso sincero e puro che scioglie di botto anche il cuore più duro…
Mi lascio sfuggire un singhiozzo ma sorrido. Voglio scendere ad abbracciarlo. C’è molta gente che si è radunata attorno a lui, ma non m'importa nulla…
…E a volte lascio aperta la porta di cameretta sperandotiarrivare, magari di tutta fretta! Non pretendo nulla, non pretendo molto. Voglio solo avere la mia principessa qui al mio fianco…”. La canzone continua ma questa strofa in particolare l'ha cantato lui, il mio Andrea.
Mi lascio sfuggire un altro singhiozzo e, mentre la canzone continua ancora, corro in strada.
Voglio abbracciarlo, baciarlo e sentirlo mio! Mio e basta!
Non m'importa nemmeno di percorrere di nuovo quei gradini. Sono troppo felice e non m'importa di quello che è successo! Scendo velocemente le scale e, quando lo vedo, anche lui si accorge di me. Posa lo stereo sull’asfalto, fa qualche passo mentre corro verso di lui.
Il mio corpo si scontra con il suo ma lui sembra non badarci perché mi abbraccia, stringendomi tanto forte da farmi mancare l’aria.
Rido e piango nello stesso momento. Mentre la canzone continua, Andrea sussurra con un tempismo perfetto «Io lo so che hai paura, con mille perché, ma davvero non voglio fare a meno di te!»
Ci guardiamo negli occhi e i suoi sembrano lucidi. «Ti amo» mormora.
Sorrido e lo bacio. Le nostre labbra si uniscono e mi sembra di non averlo baciato da una vita.
Attorno a noi scoppiano gli applausi, ma me ne frego e continuo a baciare il mio uomo.
Mi stringe forte i fianchi e insinua la lingua dentro la mia bocca. «Ti amo… ti amo da morire» sussurro.
«Oddio, potrei morire di felicità»
«No, voglio che tu stia con me. Sempre!»
«Anch'io, amore!»
Sorrido e lo abbraccio mentre le ultime note della canzone si disperdono nell’aria, così come tutta la gente che era rimasta a guardare. «Andiamo a casa» dico baciandogli le labbra.
Lui annuisce e si volta per spegnere e prendere lo stereo. Con il suo braccio attorno alle mie spalle  ritorniamo nel mio appartamento e, una volta chiusa la porta e posato lo stereo sul pavimento, gli salto addosso… letteralmente.
«Non ti ho tradita» mormora lui ancorando le mani sul mio sedere.
«Ti credo»
«Avevi bisogno di questa dimostrazione d'amore per credermi?»
«Diciamo che è servita»
«Domani arriverà il bagaglio di Elena e andrà in albergo»
«Può rimanere» dico baciandogli la fronte e le guance.
«Cosa?» chiede sorpreso. «Vuoi mettermi alla prova?»
«Neanche per idea! Non voglio lasciarti con quella stronza. Starai qui da me» spiego guardandolo negli occhi.
«Ne sei sicura?»
«Neanche io voglio fare a meno di te… né di giorno né di notte. Ti voglio sempre al mio fianco e mi manca dormire e svegliarmi la mattina con te»
Fa un sorriso immenso e comincia a baciarmi il collo, lasciando piccoli baci su tutto il percorso da lì alle labbra dove insinua la lingua, cominciando a baciarmi con passione.
«Camera da letto» mormoro.
«Uh uh» fa lo stesso annuendo.
Barcollando e, con me in braccio, Andrea riesce a raggiungere la nostra destinazione.
«Sei sicura?» mi chiede dopo avermi adagiata sul letto.
Annuisco e lo attiro a me riprendendo a baciarlo avidamente «Mi sei mancato così tanto in tutti questi anni e rimanere lontana da te adesso mi sembra impossibile. Non farlo più» mormoro mentre sento la sua erezione strofinarsi contro la mia eccitazione.
«Mi sei mancata tanto anche tu» sussurra. Le sue mani finiscono sui miei pantaloni e non impiegano più di qualche secondo per farli finire a terra.
I suoi pantaloni e la nostra biancheria fanno la stessa fine.
«Ehi, cos’è quello?» chiedo nel momento in cui la mia attenzione viene catturata da alcune macchie sul suo pube.
Lui scoppia a ridere e si alza, mostrandosi completamente nudo davanti a me.
Che Dio mi salvi!
Devo abituarmi di nuovo a  questa visione.
«Cos’è?» chiedo cercando di non abbassare ulteriormente lo sguardo.
«La parola grazie, in giapponese» risponde e sento un moto di gelosia nascermi dentro. Ho paura di chiedere perché ha fatto quel tatuaggio. «L’ho fatto durante una serata andata non troppo bene. Ero ubriaco e, forse, avevo anche fumato qualcosa; quella sera sono stato con una ragazza che, guarda caso, faceva la tatuatrice. Dopo averla ringraziata di aver fatto sesso con me, lei ha proposto di fare questo tatuaggio: ho accettato e lei lo ha fatto. E’ per tutte le donne che sono venute a letto con me; dopo di te non ho più avuto storie serie e, in un certo senso, andare con una ragazza diversa, quasi ogni sera, mi faceva sentire meno da schifo»
Lo guardo e mi alzo per riavvicinarlo di nuovo a me. Riprendo a baciarlo e provo a scacciare il pensiero di Andrea a letto con altre ragazze.
Deve aver capito il corso dei miei pensieri, perché mi stringe forte e mormora «Da questo momento, potrei dedicarlo solo a te» mi bacia il collo e mi guarda sorridendo.
«Si» mormoro baciandolo.
«Quando sono tornato a Milano ho fatto anche un altro tatuaggio»
«Quale?» chiedo accarezzandogli i capelli.
«Questo» mormora togliendosi un anello dall’anulare sinistro. Quello che vedo è una piccola macchia di colore «Mi sono fatto tatuare il tuo nome intorno all'anulare sinistro»
Gli sorrido con le lacrime agli occhi e annuisco «Ti amo e… sono felice che tu lo abbia fatto. Non credevo potessi fare una cosa del genere»
«Adesso ne voglio fare un altro» mormora cominciando a baciarmi il collo.
«Ti amo» sussurro mentre lo sento entrare dentro di me; le sensazioni che provo ad averlo dentro di me mi fanno mancare il respiro.
Andrea mi bacia e mi sussurra parole dolci all’orecchio.
Da quanto non facevamo l’amore?! Mi è mancato come l’ossigeno e non so come ho fatto a tenerlo così distante da me per tutto questo tempo.
Qualche minuto dopo lo sento riversare tutto il suo piacere dentro di me e, solo quando anch'io raggiungo il piacere, mi rendo conto di amarlo come mai ho fatto in vita mia.
Andrea è accasciato su di me e mi ansima sul collo mentre si riprende dall’orgasmo. «Hai provato le stesse emozioni quando lo abbiamo fatto la prima volta?» chiede lasciandomi dei baci sulla clavicola.
«Si, ma amplificalo per mille» sussurro accarezzandogli i capelli e muovendomi sotto di lui.
«Stai ferma, per favore» dice sofferente mordicchiandomi la mascella.
Sorrido e lo faccio distendere sul letto «Hm… mi ricorda una certa cosa» mormora alzandosi per baciarmi.
«Stai giù» dico spingendolo indietro.
Lui mi sorride malizioso e comincia ad accarezzarmi i fianchi e le cosce. «Mi piacciono le esploratrici, lo sai?»
«Si, lo so» rispondo sorridendo.
«Vuoi esplorare sopra?»
«Volentieri» mormoro sorridendo e cominciando a muovermi su di lui.
Andrea prende le mie mani e le intreccia alle sue. Ansimando, mi distendo su di lui, continuando a dare piacere ad entrambi.
«Gesù, Gaia!!» esclama buttando la testa all’indietro. Gli bacio il collo, soffermandomi sul suo Pomo d’Adamo. Lui mugugna qualcosa e stringe più forte le mie mani.
«Meriteresti di patire un po’ di lontananza»
«No, ti prego… sono stato lontano da te per troppo tempo»
«Perché Andrea?»
Mi guarda confuso e chiede «Cosa?»
Lo faccio uscire da me e mi siedo sul letto coprendomi con il lenzuolo. «Abbiamo fatto l’amore; è stato bello, proprio come ricordavo, forse anche meglio. Voglio che ci siano tanti momenti come questi»
«E ci saranno, Gaia. Di cosa dubiti?»
«Non dubito di nulla ma le cose in questi giorni sono andate così velocemente e non abbiamo ancora parlato di quello che è successo»
«Vuoi parlare di nuovo di cinque anni fa? Sbaglio o avevamo chiuso con quella storia? Non ti ho dimostrato niente prima?»
«Me lo hai dimostrato» dico avvicinandomi e accarezzandogli una guancia «E ti credo. Credo a tutto, va bene? Ma ho paura che, dopo la ricomparsa di Elena, possa farsi vivo anche il tuo amico»
«Non è più mio amico» dice serio.
«No?»
Pensavo si sentissero ancora.
«No»
«Vedi? Non so praticamente nulla di quello che è successo da quando ci siamo lasciati. Raccontami come sono andate le cose e poi, ti prometto, chiuderemo definitivamente questa storia»
«Accidenti, Gaia! Non voglio rivangare ancora il passato…»
«Fallo per me. Di cosa hai paura?» chiedo e lo guardo negli occhi. Mi sta guardando con uno sguardo smarrito che non gli avevo mai visto prima e, in un attimo, capisco… «Hai paura di perdermi di nuovo, vero? Credi che, sapendo alcune cose, mi allontanerò di nuovo da te»
«Non succederà?» chiede.
«Credi che mi abbia fatto piacere saperti lontano per questi anni?»
Mi guarda alzando un sopracciglio e capisco dove vuole arrivare «Mi sei venuto in mente parecchie volte. Non ti ho dimenticato del tutto con uno schiocco di dita. Mi ci è voluto del tempo e… nei momenti di malinconia, eri sempre nei miei pensieri»
Lo vedo sorridere e avvicinarsi ancora «Cosa stai facendo?» chiedo mentre lui si sposta su di me. «Ne possiamo parlare in un altro momento? Mi hai lasciato insoddisfatto»
«Andrea…»
«Per favore… ti prometto che dopo parleremo di tutto»
Mi lascio andare ad un sospiro e mi ammorbidisco. Chi sono per impedirgli del buon e sano sesso?
 
«Quindi, quella sera Luigi e Francesco hanno cominciato a farti pressioni…»
«Si ed io, una birra dopo l’altra mischiata con vodka, tequila e chissà quanto altro, ho confessato tutto»
«Tutto cosa?» chiedo aggrottando le sopracciglia.
«Ehm… tutto quello che era successo»
«Tutto?!?!» urlo alzando lo sguardo verso di lui.
«Ehi, rilassati. Non ricorderanno più niente ormai»
«Ti ucciderei, Andrea!»
«Meno male che mi ami!» esclama sorridendo.
«Posso cambiare idea»
«Non lo farai mai» mormora stringendomi una coscia.
Siamo seduti sul tappeto del soggiorno, fuori piove e, da mezz’ora, stiamo parlando di quello che è successo quella famosa sera.
«Continua a raccontare» dico pizzicandogli la mano.
«Gli ho raccontato del favore che avevo fatto ad Elena di come abbiamo cominciato a prendere confidenza, di quello che ho provato quando ho capito di amarti e di quando mi sono disteso accanto a te la prima volta. Queste cose me le ha raccontate Giorgio perché, quella sera, ero troppo ubriaco per ricordare quello che avevo detto. Inoltre quelli che credevo fossero miei amici, mi hanno preso in giro per i sentimenti che provavo»
«Begli amici hai»
«Avevo» mi corregge.
Lo guardo e lui guarda me «Non parlo con Luigi da quasi cinque anni, più o meno da quando te ne sei andata»
«Perché?»
«E’ colpa sua se ti ho persa. È colpa di tutti quegli idioti se, quella sera, ti ho lasciata da sola e se il giorno dopo…»
«Non ricordarmelo per favore» mormoro rabbrividendo. Sento le sue braccia stringermi forte al suo petto e le sue labbra sul mio collo. «Non voglio più ricordare quel giorno»
«Ti ho distrutta» dice.
«Tu che dici?»
«Si»
«Bravo»
«Sono stato un idiota a farmi influenzare da quelli che credevo fossero miei amici»
«Cosa ti dicevano?»
«Di lasciarti perché non potevo stare con te; non sei mai stata popolare a scuola a differenza di me e, secondo loro, dovevo stare insieme a quelle che, invece, lo erano»
«Per non rovinare la tua reputazione, giusto?»
«Esatto. Quella sera mi hanno detto tante di quelle volte che eri una sfigata e che dovevo lasciarti perché meritavo qualcuna migliore che, quando mi hanno spinto verso Elena, mi sono lasciato andare. Ero arrabbiato con te per quello che era successo tra di noi, ero arrabbiato con me perché sapevo di commettere uno sbaglio e perché non riuscivo a confessarti i miei sentimenti, ero confuso perché non sapevo se, per te, valeva ancora la pena stare con me»
«Andrea, per me è sempre valsa la pena. Quando ho scoperto di essere innamorata di te, mi sono promessa di dimostrartelo ogni giorno ma solo dal momento in cui anche tu avessi confessato i tuoi sentimenti per me. Probabilmente è stato un atteggiamento sbagliato ma, già una volta, ero stata ignorata te lo ricordi?» chiedo e lui fa segno di no con la testa «La nostra prima volta in quell’albergo. Ti ho detto “ti amo” e tu hai solamente sorriso. Credevi che potessi dirtelo di nuovo?»
«Mi hai spiazzato e anche… spaventato»
«Al solito! Voi ragazzi avete la fobia della parola “ti amo”» dico sorridendo.
«Si, ma sono contento di averla superata»
«Cinque anni dopo»
«Meglio tardi che mai»
«Ti sei perso così tanto della mia vita ed io così tanto della tua» mormoro voltandomi verso di lui; lo abbraccio e lui mi sorride.
«Sicuramente non mi perderò quella che verrà dopo»
«Lo spero»
«Sarà così» dice guardandomi negli occhi «Ti amo» sussurra e, guardando le mie labbra, mi bacia.
Sorrido e ricambio il gesto, mentre lo faccio distendere sul pavimento. «Avevo pensato di andare a trovare quella famiglia» mormoro alzandomi e sistemandomi la maglietta.
«Hm…» mugugna ancora scombussolato «Quale famiglia?»
«Andrea? Riprenditi!»
Scoppia a ridere e si alza, tirandomi fino a farmi finire sul suo corpo. «Ti ho capita e si, possiamo andare»
Gli sorrido e gli bacio la punta del naso «I tuoi tatuaggi mi piacciono» sussurro accarezzandogli la spalla.
«Questo ce l’ho da tanto tempo» mi dice.
«Lo so. Anche la croce»
«Quindi li avevi già notati»
«Si» rispondo ridendo «Quella mattina in cui stavamo per farlo sul bancone della cucina»
«Oh… bei tempi»
«Soltanto quando stavo sola con te»
«Cosa significa?» chiede alzando un sopracciglio.
«Significa che quando eravamo noi due tutto era perfetto ma, quando incontravi i tuoi amici, cambiavi completamente: non negare»
«Hai ragione… inizialmente le mie intenzioni non erano proprio nobili e serie. Volevo solo divertirmi»
«Quindi avevo ragione?»
«Se pensavi che volessi soltanto portarti a letto no, non volevo provarci con te in quel senso. Avevo una cotta per te, ricordi? Non sarei mai stato capace di sedurti e poi abbandonarti»
«Ma è quello che hai fatto, in un certo senso»
«Si, e mi dispiace! Possiamo chiudere l’argomento, adesso?» esclama leggermente irritato. Mi fa scendere da lui e sento crescere l’imbarazzo fra di noi. Lo guardo e lui fa lo stesso con me mantenendo, però, le distanze. «Vuoi parlarne ancora?» chiede spalancando le braccia.
«Mi hai detto tutto?» chiedo.
«Cosa vuoi che ti racconti ancora? Vuoi sapere di come mi sia sentito da schifo subito dopo che ti ho cacciata da casa mia? Vuoi sapere di quanto mi odiavo perché, nemmeno quel giorno, ero riuscito a cacciare Elena da casa mia?»
«Elena era con te?»
«Si, quando sei arrivata a casa mia… si»
«Quindi nemmeno quando eri sobrio ti sei tirato indietro»
«Non ho fatto sesso con lei quel giorno, se stai pensando a quello. È rimasta solo perché poi è venuto suo cugino»
«Ma non hai cambiato idea»
«Lo so»
«Non sei venuto a cercarmi! Anche dopo aver capito che avevi fatto uno sbaglio non sei venuto a cercarmi, quindi anche tu, sotto un certo punto di vista, volevi che quella pseudo-relazione terminasse»
«Non è mai stata una pseudo-relazione, Gaia!»
«Non cambiare discorso!»
«Non lo sto cambiando! Ti sto solo dicendo che la nostra era una relazione come tutte le altre…»
«Si, ma senza che nessuno dei due riuscisse ad aprire il proprio cuore»
«Hai detto bene! Nessuno dei due. Perché non mi dicevi di amarmi?»
«A che scopo? Per sentirmi umiliata maggiormente? No, grazie! Sapevi quello che provavo per te e, puntualmente, dicevi “Gaia, tengo molto a te” o “Ti voglio tanto tanto tanto tanto bene”. Ero felice di saperlo ma, come avrebbe potuto bastarmi, quando dentro di me morivo per te?!»
«Mi amavi così tanto?»
«Sì, Andrea e ti amo ancora così tanto, forse più di prima»
«E allora perché mi stai chiedendo di raccontarti quello che è successo?»
«Perché se fossi stata io a lasciarti, tu avresti voluto conoscere i motivi che mi hanno spinta a farlo»
Chiude gli occhi e si mette una mano nei i capelli, scompigliandoli e tirandoli. Fa un respiro profondo e mi guarda di nuovo negli occhi «Va bene, allora ti riassumo tutto quello che ancora non sai. Poi però smetteremo di parlare di questa storia perché voglio cominciare la mia vita con te e non voglio più pensare al passato… ok?»
«Ok»
Annuisce e fa un respiro profondo «Ho deciso di venire in Inghilterra solo perché c’eri tu e adesso che ci penso è già la seconda volta che capita! Volevo conoscerti meglio, stare con te e capire come eri fatta. Le cose si sono rivelate più semplici del previsto quando Elena ha voluto fare cambio. Ero scontroso perché volevo vedere se ti piacevo almeno un po’, e poi anche perché eri antipatica con me, ammettilo»
«Hai reso impossibili i miei anni di liceo, tu cosa avresti fatto al mio posto?»
«Non ti sei mai chiesta il motivo del comportamento che avevo a scuola?»
«Molte volte ma mi rispondevo che eri stupido e volevi la mia intelligenza» rispondo ridendo.
«Carina… bell'aneddoto da raccontare ai nostri figli»
Alzo un sopracciglio e sorrido «Beh, ho pensato molte volte a questa cosa» dice notando la mia espressione.
Gli sorrido e mi avvicino, ma lui mette le mani avanti ed esclama «Fammi finire e poi possiamo abbracciarci, baciarci e toccarci quanto vogliamo»
«Non ti tocco» mormoro imbarazzata.
«Gaia? Vuoi che ti racconti come sono andate le cose?»
«Si, ok. Non ti distraggo più»
«Gentile. Comunque, sai come sono andate le cose durante quelle tre settimane; ero felice che tu cominciassi a fidarti di me, ma non volevo che gli altri sapessero quello che stava succedendo fra di noi»
«Si, ricordo»
«Bene. Quando siamo tornati ero agitato perché i miei amici, senza considerare Luigi e company, avrebbero scoperto la notizia e, fino a  quel momento, ero riuscito a nascondere per chi avevo una cotta»
«Avevi paura che, scoprendo di chi eri innamorato, ti avrebbero preso in giro?»
«Esattamente»
«Ed è successo?»
«Si. Mi dicevano continuamente di lasciarti e di dirti che era tutta una presa in giro, ma non volevo farlo perché ero davvero innamorato di te: volevo cercare un modo per conciliare entrambe le parti»
«Perché non me ne hai mai parlato?»
«Sarebbe servito a qualcosa?»
«Si. Avremmo fatto vedere a tutti che ce l’avremmo fatta, che non ero una sfigata e, oltretutto, non lo ero mai stata»
«Già…forse poteva funzionare, almeno fin quando non mi sono  arrabbiato con te»
«Quella sera…» mormoro.
«Già. Ti ho già raccontato questa parte, quindi adesso posso anche saltarla»
Annuisco e sorrido «Credo sia stato il giorno dopo, non lo ricordo, quando mi sono reso conto che avevo sbagliato»
«Perché ti sei messo con Elena?»
«Non mi sono messo con nessuno. Lo facevo credere a lei, ma ero single! Ho passato pomeriggi interi a rigirarmi nel letto e a pensare ad un modo per riconquistare la tua fiducia, soprattutto dopo averti detto che ero stato con Elena. Sei stata l’unica ad avermi spezzato il cuore»
«Tu l’hai spezzato a me»
«Direi che siamo pari» dice sorridendo.
«Si, ma ora vorrei che tu ritornassi da me»
«Anch' io…» mi fa l’occhiolino e mi sorride, mentre io vorrei sprofondare dall’imbarazzo «Comunque, quando ho capito che ti stavo perdendo sempre di più è spuntato Max»
«Problemi?» chiedo.
«Si, è stato con te!» esclama.
«Beh, anche Elena è stata con te» ribatto.
«Speravo fosse colpa dell’alcol che avevo in corpo quella sera ma, quando ho sentito che eri stata a letto con lui, mi sono sentito completamente impotente! Come se tu fossi stata violata. Continuavo a dirmi che saresti tornata da me e che sarei riuscito a conquistarti, magari facendoti pietà. Avere la conferma che il tuo rapporto con Max era progredito così tanto, mi ha ucciso»
«Allora puoi capire come mi sono sentita quando mi hai detto che eri stato con Elena»
«Si, penso di riuscire a capirlo»
«Ero ferita e Max era tutto quello che desideravo in quel momento»
«Lo so, lo capisco… adesso è passato, no?»
Annuisco e mi avvicino «Tu sei il migliore» sussurro vicino al suo orecchio.
«Modestamente» risponde stringendomi forte e facendo combaciare il mio bacino al suo.
«E’ stato difficile per me ignorarti per il resto dell'anno scolastico»
«A cosa ti riferisci?» chiede mentre ci dirigiamo in camera da letto.
«Dopo che abbiamo litigato è stato difficile ignorarti a scuola. Quando ero in cortile con Serena o con le altre ragazze, era un’impresa non guardarmi intorno, sapevo che se lo avessi fatto ti avrei visto e non so se avrei retto. Volevo dimenticarti, ho voluto farlo per me stessa ma anche per te perché immaginavo che tu potessi stare male; mi sono detta che, se fingevo di ignorarti e di essermi lasciata tutto alle spalle, tu avresti fatto la stessa cosa»
«Invece continuavo a soffrire per te»
«Siamo stati due idioti, lo sai?» dico ridendo e salendo sul letto.
«Si… tutto merito degli amici stronzi che avevo» risponde stendendosi su di me.
«Che avevi, bravo! Adesso sei tutto mio. Non hai bisogno di nessun’altro»  mormoro. Andrea mi bacia le labbra, mentre mi sfila piano la maglietta.
«In troppi ti hanno vista così» mormora scendendo a baciarmi il collo e il seno.
«Soltanto in due, a parte te»
«Facciamo che resti “soltanto in due, a parte te”, ok?»
«Ci sto» mormoro ansimando. Le sue mani non stanno un attimo ferme e toccano punti troppo delicati.
«Andrea?» lo chiamo alzando il suo volto dai miei capelli..
«Dimmi amore…»
Sorrido per come mi ha definita e lo attiro verso di me per baciarlo. «Ti amo» mormoro mordendogli il labbro.
Lo sento sorridere ed entrare dentro di me…
È stata una sera piuttosto strana, ma sono contenta di aver chiuso definitivamente con quel capitolo della nostra vita. Ora ne inizia un altro e soltanto noi ne scriveremo la trama.

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Allora...
Quella canzone è una di quelle che piacciono a noi ragazze, soprattutto quando ce la dedica un ragazzo. Vi è piaciuto che lo abbia inserito qui?
Andrea si è fatto perdonare in modo "assoluto" ;)
Se non avete capito qual è vi metto di nuovo il link qui ;)
L'unica fra tante - Olly Vincent (Il titolo del capitolo è tratto anche da lì, cambiato al maschile e poi perchè per Gaia, Andrea è veramente l'unico fra tanti)
Hanno anche parlato di quello che è successo cinque anni prima, quando tutto è cominciato e si sono chiariti un paio di cose. L'ho ritenuto necessario, almeno in un capitolo, per farvi capire anche cos'è successo davvero durante quella serata di Andrea in discoteca che non ho mai descritto in LBIOS, insomma... hanno capito loro e abbiamo capito noi xD
Io spero davvero che abbiate apprezzato quello che ho scritto in questo capitolo, perchè è uno di quei capitoli che ho scritto davvero con il cuore. Forse non è perfetto dal punto di vista stilistico, ma per la maggior parte del tempo mi sono commossa scrivendo e leggendo in un secondo momento, quindi... spero di essere riuscita a far emozionare anche voi! :)

Un bacio e al prossimo capitolo!
Francy 

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Capitolo 16
*** 16. *Mr Ti Seguo Anche In Capo Al Mondo Perchè Ti Amo* ***


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Con largo anticipo posto il capitolo sedici. Spero vi piaccia :)


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 16-
* Mr Ti Seguo Anche In Capo Al Mondo Perché Ti Amo*

 
 
«Amore?»
«Hm…»
«Gaia…. svegliati»
«Non voglio»
«Amore, devi svegliarti»
«Lasciami dormire ancora un po’, per favore»
«Tra qualche ora arriveranno Alessia e Giorgio»
Sbuffo e mi libero delle coperte «Che ore sono?»
«Le dieci»
«Perché mi fai dormire fino a quest’ora?!» esclamo voltandomi di scatto verso di lui.
«Perché ieri sera hai fatto tardi, pensavo volessi dormire un po’ di più»
Gli sorrido e mi butto su di lui. «Buongiorno Andrea»
«Questo è il buongiorno che ho sognato per tanto tempo, ma avrei preferito mi chiamassi amore»
«Pretendi troppo» gli dico sorridendo e alzandomi dal letto.
«Senti Gaia…»
«Qualcosa non va?» chiedo mentre entro in bagno e apro l’acqua calda.
«E' da tre giorni che rimango a casa tua; torno da me solo per lavarmi e cambiarmi…»
Il tasto dolente…
«Mi stai chiedendo se puoi trasferirti da me?»
«Non voglio affrettare le cose. So che sarebbe strano per te quanto per me, infondo fino ad un mese fa, vivevi con un altro, ma…»
«Puoi stare qui» dico tutto d’un fiato sorprendendo anche me stessa. Sento il mio cuore battere furiosamente.
«Gaia, voglio che tu ne sia sicura»
«Lo sono. Mi sento mancare l’aria quando te ne vai e voglio svegliarmi sempre al tuo fianco»
Sorride e si avvicina a me «Lo dico per noi. Voglio che tu non ti penta di aver bruciato alcune tappe»
«Non bruciamo nulla. Ti voglio qui»
«Missione compiuta» mormora facendomi sorridere.
«Era questa la tua missione?» chiedo.
«Non proprio quella di vivere insieme a te, ma di riconquistarti»
«Allora, missione compiuta»
Lui scoppia a ridere e si abbassa per baciarmi «Vai a lavarti»
«Fai la doccia con me» mormoro sulle sue labbra.
«Speravo me lo chiedessi»
Lo afferro per i capelli appropriandomi delle sue labbra; le sue mani si spostano sul mio sedere avvicinandomi al suo bacino. Sento la sua erezione e mi meraviglio ogni giorno dell’effetto che riesco a fargli.
Velocemente gli sfilo la maglia, mentre lui si libera dei boxer mi tolgo la maglietta e gli slip. Il contatto con l’acqua calda mi fa sobbalzare, facendomi avvicinare ancora di più a lui.
«Mi piace questa vicinanza» mi ansima sulle labbra.
Mi lascio sfuggire una risata e lo stringo forte «Sono tua» sussurro mentre entra in me.
Ci guardiamo negli occhi mentre lui spinge ed io mi aggrappo alle sue spalle.
Nonostante la passione, Andrea mi tocca con delicatezza e dolcezza: esattamente il contrario rispetto a quando abbiamo fatto, per l'ultima volta, l’amore in una doccia.
Altre due spinte e mi sgretolo sotto di lui. Il piacere è talmente sconvolgente che non riesco a reggermi in piedi; mi aggrappo a lui che mi stringe forte, ansimando contro la mia spalla.
«Dovremmo sbrigarci adesso» mormora con voce roca uscendo dal mio corpo.
Annuisco e mi appoggio alla parete. «Tutto ok?» chiede baciandomi la fronte.
«Si» biascico. Sono senza forze, non riesco nemmeno a parlare.
Andrea ride e, delicatamente, mi insapona il corpo risciacquandolo subito dopo. Lo stesso fa con i miei capelli e continua fin quando non sono perfettamente pulita e profumata.
«Grazie» mormoro imbarazzata.
Mi ha completamente svuotata di ogni energia tanto da non riuscire a lavarmi da sola. Che cosa imbarazzante!
Mentre finisce di lavarsi mi asciugo e mi guardo allo specchio.
Sto decisamente meglio. Le mie guance sono più rosa e meno scarne e il mio colorito, in generale, non è più pallido. 
Guardo la ferita alla gamba e noto che, anche lei, ha un aspetto più sano.
«Che fai?» chiede Andrea uscendo dalla doccia.
«Niente» rispondo velocemente riprendendo ad asciugarmi. Ritorno in camera per vestirmi e,  quando entro in bagno per asciugare i capelli, vedo Andrea osservare un oggetto.
«Tutto ok?»
«Non lo hai fatto di recente, vero?» chiede mostrandomi un test di gravidanza.
«Cosa? No! È quel famoso… test. Dammelo. È meglio se lo butto» dico strappandoglielo di mano.
Non credevo di averlo ancora. Lo avevo nascosto talmente bene che mi ero dimenticata dove fosse, ma non pensavo che Andrea sarebbe stato in grado di trovarlo.
Apro il coperchio della pattumiera e guardo il test cadere tra gli altri rifiuti.
Anche con questo ho chiuso, come con Jay e tutto quello che lo riguarda.
Ho notato però una reazione non proprio positiva da parte di Andrea. Mi ha guardata come se fosse terrorizzato all’idea di diventare padre… e allora perché tutte quelle cose carine sul fatto di avere dei figli?
«Gaia, mi dispiace per prima» mormora lui entrando in cucina.
Mi volto e lo guardo in faccia «Non preoccuparti e comunque ho cominciato a riprendere la pillola, quindi non c’è nessun rischio» rispondo sorridendo e ritornando in bagno.
«No, aspetta… so cosa passa per quella tua testolina»
«Non sta passando niente. Fammi asciugare i capelli»
«Aspetta, c’è ancora tempo. Se ti senti in colpa per Jay e per tutto quello che c’è stato tra di voi… uhm…» è in difficoltà e mi fa una tenerezza incredibile.
«Non mi sento in colpa per lui. Mi dispiace per te che lo hai trovato» dico sincera.
«Spero di trovarne un altro che riguardi anche me»
Lo guardo negli occhi e sorrido. Mi avvicino e lo abbraccio «Tra qualche anno, ok?»
«Va bene. Sarò con te in quel momento»
«Grazie» gli sorrido e, nell’istante in cui le nostre labbra si scontrano per un bacio dolcissimo, bussano alla porta.
«Sono già qui?» chiedo guardandolo.
«Te l’ho detto che dovevi svegliarti prima»
«Sei stato tu a farmi perdere tempo»
«Non sembravi dispiaciuta»
«Per niente» mormoro leccandogli le labbra e allontanandomi per andare ad aprire la porta.
«Stasera non mi scappi» dice prima che possa aprire la porta.
«Chi non muore si rivede!!» esclama Giorgio alzando le mani.
«Ciao, ragazzi!» esclamo a mia volta abbracciandoli.
«Che bello vederti» dice Alessia guardandomi dalla testa ai piedi. «Sei bionda»
«Ehm si…» rispondo un po’ in imbarazzo.
«Sei sempre uno splendore» dice Giorgio guardandomi.
«Uhm, grazie» Ok, adesso la situazione è molto imbarazzante.
«Vacci piano, ok?» interviene Andrea circondandomi le spalle con un braccio.
«Tranquillo Andrea… è tutta tua» risponde Giorgio guardandoci. «Piuttosto, vai a vestirti? Sono già le undici e sei ancora in mutande»
«Cazzo!» esclama allontanandosi e chiudendosi in camera.
«Bene visto che, per il momento, Mr Idiota è fuori gioco, possiamo parlare noi tre»
Sorrido al ricordo di quando lo chiamavo Mr e qualcosa…
«Vi sento!!» urla Andrea dalla camera da letto.
«Vestiti!!» ribatte Giorgio prima di sedersi accanto ad Alessia sul divano.
«Come stai?» mi chiede mentre prendo posto davanti a loro.
«Abbastanza bene»
«Andrea si è comportato bene?» chiede Giorgio guardandomi con gli occhi ridotti a due fessure.
«Molto bene, grazie. È strano averlo qui dopo… anni»
«Lo avresti rivisto molto prima se l’idiota si fosse convinto a venirti a cercare subito dopo il matrimonio di Serena»
«Lo so, però sono contenta lo stesso di come sono andate le cose»
A parte per Jay, ovviamente… «Posso chiederti una cosa?» Alessia mi sorride un po’ imbarazzata ed io annuisco prendendole le mani.
«Certo che puoi»
Sento che di lei posso fidarmi. Alessia è sempre stata l’unica ad accettarmi per quella che sono: adesso come allora!
«Il ragazzo con cui stavi come l’ha presa?»
Ah.
Non mi aspettavo mi chiedesse proprio questo.
«Abbiamo sofferto entrambi. Lui di più, ovviamente, ma non potevo continuare a prendere in giro lui e me stessa, soprattutto da quando mi sono resa conto di provare ancora dei sentimenti per Andrea»
«Non lo conosco, ma sono felice che tu abbia scelto Andrea perché, durante l’ultimo periodo, era veramente distrutto»
«Adesso non ci saranno più questi periodi» dico cercando di chiudere più velocemente possibile l’argomento.
«Eccomi» annuncia Andrea ritornando da noi. «Esci con i capelli bagnati?» mi chiede.
«No, vado ad asciugarli. Non ci metto molto»
Giorgio e Alessia annuiscono sorridendo mentre mi alzo. Sento addosso lo sguardo di Andrea, almeno fin quando nonchiudo la porta del bagno.
Faccio un respiro profondo e trattengo le lacrime.
Non voglio più pensare a quel brutto periodo della mia vita. Voglio andare avanti e voglio farlo con il mio uomo accanto.
«Ti vedo felice» sento dire a Giorgio.
«Lo sono» risponde Andrea.
Sorrido perché so come si sente. Proviamo gli stessi sentimenti.
«L'ami?»
«Che cazzo di domande fai?» gli chiede Andrea. «Certo che l'amo»
«Bene. Allora vedi di non fare cazzate!»
Sorrido e comincio ad asciugare i capelli con spazzola e phon. Dieci minuti dopo sono pronta.
«Ci sono» dico uscendo dal bagno e prendendo la borsa appesa alla maniglia della porta della camera da letto.
Andrea si alza e mi prende per mano sorridendomi.
Ricambio il gesto e mi alzo sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio sulle labbra. «Ti amo» mormoro.
Mi fa l’occhiolino ed usciamo di casa.
 
«Quanto avete intenzione di rimanere?» chiedo sorseggiando il caffè.
Siamo seduti allo Starbucks di Portobello e, dopo aver fatto un giro al mercatino, siamo venuti qui.
«Qualche settimana» risponde Giorgio «Volevamo venire a trovare questa capra» aggiunge indicando Andrea.
«Smettila di insultarmi»
«Non siete cresciuti per niente» dico ridendo.
«Sono ancora dei ragazzini» mi da man forte Alessia.
«Smettetela voi due. Non schierarti contro di me, signorina» minaccia Andrea guardandomi negli occhi.
Scoppio a ridere davanti a lui ma, prima che si offenda, gli circondo la testa con le mani e lo bacio frettolosamente.
«Sei stata perdonata» mormora guardandomi negli occhi.
«Lo so» rispondo sorridendo.
Usciamo dal nostro mondo, ma Giorgio e Alessia sono entrati nel loro.
«Vado a pagare» dico alzandomi.
Andrea mi blocca per un braccio e si alza raggiungendo la cassa prima di me.
«Eh dai! Volevo pagare io»
«Fai finta di averlo fatto» risponde facendomi l’occhiolino.  
«Non farlo più»
«Cosa? Pagare?»
«No, l’occhiolino»
«Perché? Ti eccita?» mormora abbassandosi alla mia altezza.
«Potrebbe» rispondo spingendolo.
«Ti ricordi quando siamo stati all'altro Starbucks?» chiede avvicinandosi con nonchalance.
«Si, mi ricordo» Quel giorno avevo incontrato mio padre e non avevo risposto alle chiamate di Andrea.
Quella sera, poi, abbiamo fatto l’amore per la prima volta.
Tutto è stato la prima volta per me. «Non sono più andata in quel locale»
«Come?»
Faccio un respiro profondo e sorrido «E’ da quel giorno che non entro in quello Starbucks»
Lui sta per rispondere ma veniamo interrotti dai nostri amici.
«Grazie per il caffè» dice Giorgio.
«Il prossimo lo paghi tu!» esclama Andrea ridendo e circondandomi le spalle con un braccio mentre usciamo dal locale.
«Possiamo andare ad Oxford Street? Vorrei fare un po’ di shopping» propone Alessia tenendo per mano il suo fidanzato.
«Si, certo. Dobbiamo solo…»
«Che c’è?» chiede Andrea guardandomi preoccupato.
«Ciao» mormoro in imbarazzo.
«Ehi»
Il braccio di Andrea scompare dalle mie spalle e si allontana mentre Jay si avvicina al nostro gruppo.
«Come stai?» chiede.
«Sto… sto  bene» rispondo in imbarazzo. Non mi aspettavo di trovarlo lì. Mi sento così in colpa… «Tu?» chiedo.
«Mi sto riprendendo. Adesso vado, mi stanno aspettando» dice frettolosamente.
«Si, certo. Ciao» lo saluto con la mano, ma lui è già scappato via. Metto una mano all'altezza del cuore e faccio dei profondi respiri.
«Tutto bene?» chiede Alessia avvicinandosi e accarezzandomi un braccio.
«Si, sto bene» rispondo annuendo e voltandomi verso i ragazzi.
Il mio sguardo va immediatamente ad Andrea che mi guarda preoccupato e con gli occhi tristi. «Scusa» mormoro avvicinandomi a lui.
«Non farlo. Non importa»
«Non voglio ferire nessuno»
«Non lo sono, non ti preoccupare. Sei qui con me, m'importa soltanto questo»
Gli sorrido e lo abbraccio. «Per fortuna Londra è grande» mormora baciandomi la testa.
«Non vuoi ritornare in Italia?»
«Se è qui che vuoi vivere, rimarrò qui con te e poi non mi dispiace Londra»
«Ne sei sicuro?»
«Più che sicuro. Rimarrò dove vorrai stare tu»
«Grazie» rispondo sorridendo a sessantaquattro denti.
«Ti amo»
«Anch'io» dico guardandolo negli occhi. «Adesso andiamo ad Oxford Street» aggiungo voltandomi verso Alessia.
Lei mi sorride e annuisce.
Trascorriamo il pomeriggio tra negozi e librerie; Alessia ed io abbiamo preso in giro più volte i nostri compagni per il loro scarso  entusiasmo nel vederci provare una quantità infinita di abiti.
Né Andrea né Giorgio hanno dimostrato molta pazienza ma questo non ha fermato Alessia dall’entrare in numerosi negozi d’abbigliamento, né ha impedito a me di fermarmi in tutte le librerie che abbiamo incrociato.
«Cos’è questo profumo?» chiede Alessia mentre camminiamo verso Piccadilly.
So a cosa si riferisce e vorrei non ridere, ma è più forte di me.
«Perché ridi?» chiede Andrea stringendomi la mano.
«Alessia mi ha chiesto cos’è questo profumo»
«Si, e cosa c’è da ridere?»
«Ora te lo mostro» mormoro guardandolo.
«Cosa mi nascondi, Princess?» chiede baciandomi la tempia.
«Niente» dico ridacchiando.
«Dai, Gaia! Mi dici cos’è?»
«E’ un negozio di abbigliamento»
«E c’è tutto questo profumo? Mi fa sentire una strana…» mormora grattandosi la nuca.
«Voglia di fare sesso?» finisco la frase per lei.
«Eh, si!»
«Ma di cosa parlate?» si intromette Giorgio improvvisamente interessato alla conversazione.
«Voglio questo profumo!!» esclama Andrea.
«Vieni, andiamo a farci una foto» dico prendendo Alessia sottobraccio.
«Foto?» sento chiedere da Andrea a Giorgio.
«Di cosa si tratta?» mi chiede Alessia sotto voce.
Attraversiamo la strada e la faccio entrare nel negozio…
«Oh. Mio. Dio»
Guardo Alessia con la bocca spalancata e non posso fare a meno di ridere.
Mi volto verso Andrea e Giorgio che sono un po’ contrariati ma cominciano subito ad ammirare le commesse.
«Possiamo fare una foto?» chiede Alessia tutta contenta.
«Si, certo. Mettiti in fila» le rispondo lanciando un’occhiata all’interno del negozio.
In pratica dei modelli, senza camicia, sostano all’entrata per le giovani donne che cominciano a sventolare le mani vicino ai loro volti.
Rimangono lì per posare insieme alle ragazze che ricevono la foto come ricordo del “momento memorabile”.
«Non vorrai fare veramente la foto?» chiede Giorgio ad Alessia.
«Ma certo. Ti pare che me ne vado senza un ricordo?»
«Ma piantala! Sono più bello io»
«E' vero ma non perdo l’occasione. Nel frattempo fai un giro con il tuo amico» continua lei tornando a guardare il ragazzo che sta facendo una foto con un’altra donna.
«La fai anche tu?» chiede Andrea.
«Sei geloso?» chiedo a mia volta.
«Non ne ho motivo. Non guardi loro come guardi me»
«Bella risposta Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare»
«A-ah! Divertente»
«Lo so. Fai un giro dentro. Arrivo subito»
«Va bene»
«Mi raccomando non guardare le commesse»
Mi sorride mentre si allontana insieme a Giorgio. Un po’ mi preoccupo nel lasciarlo solo ma, so per certo, che non le guarderà a lungo.
«Dai, Gaia! Vieni, tocca a noi»
«Vai tu, io ne ho a migliaia di foto con loro» Mi sorride tutta eccitata, si avvicina al ragazzo che la osserva dalla testa ai piedi e le posa una mano sulla spalla, mentre la ragazza con la polaroid in mano scatta la foto.
«Gaia, cosa fai qui?»
Mi volto e mi accorgo della presenza di un mio amico. «Ciao Matt»
«Ciao» risponde avvicinandosi per abbracciarmi. «Allora? Cosa fai qui? C’è anche Jay? Serena?»
«No, Serena è in Italia econ Jay è finita»
«Ah, mi dispiace»
«Tranquillo»
«Beh, questo significa che ho una possibilità adesso?»
«Uhm…»
«Spiacente ma è con me»
Ed ecco che magicamente compare Andrea. «Oh, ciao» lo saluta il mio amico.
«Matt, lui è Andrea, il mio… il mio fidanzato. Andrea, lui è Matt, un mio caro amico»
«E’ un piacere conoscerti» risponde il mio amico allungando la mano.
«Piacere mio» dice Andrea stringendogliela. «Vi conoscete da molto?» chiede.
«Da un anno o due» rispondo.
«Vi siete conosciuti qui?» chiede Andrea.
«Si, lei faceva una foto con un mio collega ma allungava troppo le mani»
Nascondo il volto, imbarazzata, tra le mani, mentre sento Andrea ridacchiare con il mio amico «Grazie allora»
«Ma figurati. Ah, Gaia? Conosci qualche ragazzo all’università che cerca lavoro? Abbiamo bisogno di personale»
«Che tipo di personale?» chiede il mio ragazzo precedendomi.
«Ragazzi che rimarranno qui a petto nudo per intrattenere ed accrescere la clientela»
Oh dio, capisco le intenzioni di Andrea. «Potrei venire la mattina»
«Neanche per sogno!» esclamo.
«Dai, Gaia. Ci sarebbe veramente d’aiuto e poi il tuo ragazzo ha tutti i requisiti giusti per il lavoro. Sai quanta gente viene?»
«Non m'importa. Non è mio il negozio»
«Invece io provo» mi contraddice Andrea.
«Cosa?» esclamo sorpresa. Non può dire sul serio.
«Dai, Gaia. Non è niente di che alla fine»
«Ragazzi…» mormora Matt cercando di non farci litigare «Non volevo scatenare una lite»
«Non preoccuparti, davvero» gli rispondo sorridendo. «Fai come vuoi» dico, invece, ad Andrea.
Mi allontano e vado alla ricerca di Alessia e Giorgio.
«Cosa succede?» mi chiede lui quando mi vede.
Credo di essere rossa in viso per la rabbia e di avere anche gli occhi lucidi per la voglia di piangere.
«Il tuo amico fa lo stronzo! Cercano dei ragazzi che stiano all’ingresso per fare le foto e lui si è offerto per il lavoro»
Giorgio chiude gli occhi e scuote la testa «E’ proprio una testa di minchia»
«Chi è una testa di minchia?» chiede il diretto interessato sorridendo come un deficiente. Ma non capisce il fastidio che può darmi vederlo tutta la mattinata a petto nudo e accanto a delle ragazze che lo stringono a loro più forte che possono?
«Sembra che tu lo faccia di proposito a farmi incazzare» mormoro voltandomi e cercando di uscire dal negozio il più in fretta possibile.
Mi sento  chiamare, ma non mi volto.
Esco all’aria aperta e mi incammino verso casa. «Ehi!! Fermati!» Andrea mi blocca per un braccio e mi fa voltare.
«Lasciami»
«Che diavolo ti è preso?»
«Me lo chiedi pure? Perché non vai a farti le foto con quelle ragazze? Magari, oltre alla maglietta, togliti anche i pantaloni»
«Stai esagerando, Gaia»
«Andrea…» abbasso lo sguardo e scuoto la testa. «Per me è già abbastanza duro sapere che,  in questi anni, sei stato con diverse donne; non puoi dirmi che vuoi fare il modello rimanendo tutto il giorno a petto nudo con le ragazze che ti sbavano addosso. Non lo sopporto, mi dispiace. Odio essere così gelosa, ma… non posso farci nulla»
«Mi fa piacere che tu sia gelosa, ma non intendevo lavorare da loro. Stavo solo scherzando»
Lo guardo con la bocca aperta e alzo lo sguardo al cielo. «Non ti farei mai impazzire così tanto»
«Non sai quanto ti stia odiando in questo momento»
«Non odiarmi amore, non ti farei mai una cosa del genere»
«Ti odio! Ti odio da morire. Voglio andare a casa e non vederti per un paio di giorni» mormoro senza guardarlo negli occhi.
«Gaia…»
«Andrea, per favore»
«Gaia, stavo scherzando. Ti chiedo scusa»
«Vado a casa. Sei libero di tornare da me o a casa tua» mormoro voltandomi.
Lui continua a mormorare il mio nome, ma non mi volto e continuo per la mia strada.
Mi ha rovinato la giornata.
 
Sono a casa, da sola, da più di due ore. Sono tornata verso le cinque del pomeriggio e, da allora, Andrea non fa altro che mandarmi messaggini con scritto “Scusa” o “Perdonami!”, “Sono un idiota”, “Non so cosa mi è preso”, “Ti amo”, “Ti lascio il tuo spazio, ma sappi che tornerò da te”.
L’ultimo è stato quello che ha fatto traboccare il vaso. Sono scoppiata a piangere e non ho più smesso. Credo siano lacrime di gioia, lacrime che mi hanno anche fatto sorridere perché so che, alla fine, è stato tutto uno stupido scherzo, e io non voglio rovinare di nuovo il mio rapporto con Andrea solo perché non riesco a stare al gioco. Certo, anche lui avrebbe potuto evitare di essere così stronzo, ma la sua stronzaggine fa parte del pacchetto ed io lo amo sia per i suoi pregi sia, soprattutto, per i suoi difetti perché è tutto questo che lo rende il mio Andrea.
Non ho risposto a nessuno dei suoi messaggi, ma solo per tenerlo un po’ sulle spine.
Però, è tutto il pomeriggio che non lo sento e mi manca.
Dai, Gaia. Hai resistito anni lontana da lui, cosa vuoi che siano un paio d’ore?
Già, cosa vuoi che siano?!
Nulla, in confronto alle otto ore che ho atteso per vederlo tornare a casa.
Solo dopo mezzanotte ho sentito le chiavi nella serratura, il rumore della porta che si chiudeva e il suo passo sul pavimento dell’ingresso. Sono rimasta sdraiata sul divano, ma lui non deve avermi vista.
«Gaia?» chiama dopo qualche secondo. Probabilmente non mi ha vista in camera da letto e ora comincia a preoccuparsi. «Gaia!» urla ma decido di restare dove sono, senza dire o fare nulla. Lo sento avvicinarsi e tirare un sospiro di sollievo, si siede vicino a me e mi accarezza i capelli. Devo fare appello a tutto il mio autocontrollo per non scoppiare a ridere o per non schiaffeggiarlo. «Scusami per oggi» sussurra appoggiando la fronte sul mio fianco.
«A cosa ti riferisci?» chiedo sottovoce.
«Sei sveglia?»
Apro gli occhi e lo guardo. «Dove sei stato?» chiedo cercando la sua mano. Odio essere arrabbiata con lui e, comunque, non riuscirei ad esserlo per più di qualche minuto.
«Sono stato con Giorgio, Alessia…»
Aggrotto le sopracciglia… ho la sensazione che mi stia nascondendo qualcosa. Ma cosa?
«C’è altro che vuoi dirmi?»
Fa un respiro profondo e mi guarda negli occhi «Si è aggiunta anche Elena»
Oh.
«Siamo stati in un McDonald qui vicino e abbiamo chiacchierato un po’»
«Di quanto siano stati indimenticabili i vecchi tempi, immagino» dico guardandolo di traverso. Mi alzo dal divano e comincio ad andare avanti e indietro per il soggiorno.
Sono troppo nervosa per stare seduta o sdraiata soprattutto vicino a lui.
«Gaia… abbiamo parlato soltanto di cose stupide ma, ti assicuro, quell’argomento non è stato toccato da nessuno. Non mi sono avvicinato nemmeno un secondo a lei e il mio sguardo rimaneva sempre sul cellulare»
«Non mi preoccupo di te. Mi fido di te: è di lei che ho paura»
«Lei non può fare niente se l'ignoro» dice alzandosi e raggiungendomi.
«Perché non mi hai mandato uno dei tuoi bellissimi messaggi?» chiedo trattenendo le risate.
«Mi prendi in giro adesso?»
«Hai cominciato tu»
«Non ti ho presa in giro»
«No, ma hai fatto lo stronzo»
«Scusa» dice abbassando lo sguardo.
«Non scusarti. La stronzaggine fa parte di te ed io ti amo così come sei. Tanto stronzo, quanto romantico»
Mi sorride mentre gli metto una mano sulla nuca per abbassarlo alla mia altezza. «Mi sei mancato» sussurro prima di baciarlo.
Annuisce e ricambia il bacio.
«Mi vuoi ancora qui dopo oggi?» chiede guardandomi e leccandosi le labbra.
«Si» dico guardandolo dritto negli occhi e appoggiando la testa al suo petto.
«Allora andiamo a dormire» dice baciandomi la testa.
«Non sopporto che tu sia stato di tutte quelle donne. Loro ti hanno accarezzato, ti hanno baciato, sono state tue, ti hanno guardato dormire e non lo sopporto. Se penso che, tra tutte quelle donne, c'è stata anche Elena mi…»
«Incazzo» finisce lui per me.
«Tanto per rendere l’idea»
«Gaia, lei non è più un problema, tanto meno lo sono le altre e comunque resto con te, sempre!»
«Lo so…» rispondo sorridendo.
Andrea ricambia il sorriso e intreccia la mia mano alla sua, mentre mi spinge verso la camera da letto.
«Non mi hai ancora detto cosa fa Elena a Londra, però»
«E’ una specie di modella, ma ti giuro che non è successo niente l’altro giorno»
«Suppongo, quindi, che la storia del caffè sia vera»
«Supponi bene»
«Ma perché era in mutande?!» sbotto ricordando ancora la rabbia e lo stupore nel trovarla a casa del mio fidanzato.
«Anche i suoi pantaloni si era macchiati. Comunque non eravamo soli a casa. C’erano anche Alessia e Giorgio»
«E tu sei andato a fare la doccia»
«Si, perché volevo passare da te prima di andare al lavoro»
«Mi dispiace di aver frainteso» mormoro mentre ci distendiamo entrambi sotto il lenzuolo. Mi rannicchio contro la sua spalla e gli bacio il petto, proprio all’altezza del cuore.
«Adesso è tutto risolto. Elena  non è più nel mio appartamento, occupato adesso solo da due allegri piccioncini ed io sono con te!»
«Direi che ognuno ha avuto il proprio lieto fine»
«Direi anch'io» mormora guardandomi.
Lo guardo anch'io ed entrambi scoppiamo a ridere.
«Elena non si è infuriata quando ha scoperto che Giorgio ed Alessia si vedono?» chiedo curiosa di sapere cos’era successo mentre non c’ero.
«Giorgio mi ha raccontato che non ha battuto ciglio. Non le andava né bene né male ma, per un po’ di tempo, ha smesso di parlare con l’amica»
«E poi cos’è successo?!!»
«Alla faccia della curiosità!» esclama accarezzandomi il braccio.
«Ehi! E' da cinque anni che non torno in Italia! Mi sono persa parecchie cose, quindi saresti così gentile da aggiornarmi?»
«Non è successo nulla di interessante»
«Eddai, racconta» mormoro mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
«Luigi si è iscritto ad Ingegneria ma ha fallito e adesso lavora in un supermercato. Per quanto riguarda gli altri, non ho la più pallida idea di che fine abbiano fatto. Mia sorella ha continuato a chiedermi di te per moltissimo tempo e, alla fine, le ho raccontato tutto ma, dopo avermi visto piangere, ha smesso di chiedere»
«Hai pianto?»
«Non è importante» mormora cercando di cambiare argomento.
«Oh, dai. Raccontami»
«Beh, sono sensibile anch'io»
«Ohh… il mio Mr Bellissimo ed Irresistibile»
«Da dove salta fuori questa?» chiede stendendosi su un fianco e guardandomi sorridente.
«Ce ne sono altri, sai? Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare non è l’unico»
«Ma è quello più sexy»
«Si, lo credo anch'io» rispondo scoppiando a ridere.
«Quali sono gli altri?» chiede cominciando a giocare con i miei capelli.
«Hm… fammi pensare. Mr Simpatia quando abbiamo corso per arrivare a casa perché tu avevi fatto quella stupida scommessa»
«Ah si. Cercavo ogni pretesto per dormire con te e tu mi respingevi»
«Quella sera ci siamo baciati…»
«Per la prima volta» conclude per me avvicinandosi alle mie labbra. «Avrei continuato a farlo per tutta la notte» mormora smettendo di baciarmi e guardandomi negli occhi.
Sorrido e, dopo un piccolo bacio a stampo, lo allontano. «C’era Mr Tenerone»
«Da dove viene?»
«Quando hai preso i biscotti, ricordi?»
Lui scuote la testa «Ti avevo detto che non riuscivo a mangiare perché mi mettevi in soggezione. Allora hai preso dei biscotti e mi hai detto che potevo mangiarli quando volevo»
«Ah, ecco. Si, ora ricordo. Mi piaceva farti sentire coccolata perché mi sembrava che, da parte tua, ci fosse un po’ d’interesse…»
«Già. Comunque Serena ti aveva definito “tenerone” ed io ho utilizzato il termine per un altro soprannome»
«Ce ne sono altri?» chiede ridendo.
«Mr Ti Proteggo Dal Mio Amico Cattivo: puoi immaginare da solo perché ti ho chiamato così»
«Luigi»
Annuisco e mi volto a fissare il soffitto.
«Quello che vorrei dimenticare è Mr Ti Mollo Perché Voglio Ascoltare I Miei Amici»
Lo sento schiarirsi la voce e muoversi nervoso. Mi volto per osservarlo ma lui mi sta guardando.
«Quale Mr sarei adesso?»
Sorrido e ci penso su per qualche secondo «Mr Ti Seguo Anche In Capo Al Mondo Perché Ti Amo»

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Non vi siete preoccupate molto per questo capitolo leggendo il titolo, vero? ;)
Spero non vi siate pentiti di aver letto il capitolo.
Al prossimo,
Francy

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Capitolo 17
*** 17. *Come bruciare le tappe* ***


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Buongiorno a tutti :3
Finalmente questo capitolo è arrivato. E' uno dei miei preferiti, quindi spero rientri nella categoria anche per voi ;)
Non ho molto da dire adesso, se non godetevi questo capitolo fino in fondo e beh... buona lettura :D
Ci leggiamo alla fine! ;)
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 17-
*Come bruciare le tappe*

 
 
«Devi tornare all’università oggi?»
«Si… Ci sono dei ragazzi che hanno bisogno di me sin dall’inizio delle lezioni»
«Che tipo di bisogno?» chiede.
«Ripetizioni su alcuni autori, revisioni di tesine e cose simili»
«E devi farlo per forza tu?»
«E’ il mio lavoro»
«Hm… dimmi un po’, ci sono anche delle ragazze che devi aiutare?» chiede cercando di restare calmo.
«Si» rispondo sorridendo e baciandogli le labbra.
Andrea ricambia il sorriso e continua la sua colazione.
«Ti accompagno» mormora con la bocca piena.
«No, non occorre. Finisci la colazione e poi vai dal tuo nuovo capo»
A fine luglio Andrea ha cominciato a cercarsi un nuovo lavoro, non voleva lavorare ancora per l’amico del mio ex. Così si è licenziato e, qualche settimana dopo, ha trovato un lavoro presso un centro benessere e adesso fa il massaggiatore. 
L’idea non mi è andata proprio a genio ma a lui piace e mi fido di lui.
«Stasera potrei farti un massaggio speciale»
«Mi preoccupa la tua propensione verso questi massaggi speciali»
Si alza ghignando e si avvicina a me «Cosa stai insinuando?» chiede abbassandosi alla mia altezza e baciandomi il collo.
«Nulla. Ma ti dico soltanto: stai attento a dove metti le mani. Mi fido di te ma non tirare troppo la corda»
«Stiamo insieme da due mesi e non ti è ancora chiaro che l’unica donna che guarderò sei tu?!»
«E tua madre»                                                                                                                                      
«E mia sorella già che ci sei»
Scoppio a ridere e lo abbraccio. «Mi fido, ok?»
«Ok» mi sorride e, dopo un bacio sulle labbra,esco di casa.
Mentre Andrea cercava il lavoro, anch'io ero tentata di lasciare l'università e fare qualcos’altro, ma non ho trovato nessun caporedattore di giornale disposto a farmi provare, quindi sono ancora assistente universitaria.
Vorrei trovare qualcosa attinente alla mia laurea, un impiego che mi faccia sorridere alla sola idea di dovermi recare al lavoro.
Voglio continuare a darmi delle possibilità e a farcela ogni volta che mi pongo degli obiettivi.
Con Andrea, per esempio, sta andando esattamente così. Stiamo insieme da due mesi, un record considerando l’ultima volta, e il nostro rapporto continua a crescere.
A parte alcuni piccoli problemi legati alla convivenza, come il fatto che Andrea lascia i suoi abiti sparsi dappertutto, non abbiamo avuto grosse difficoltà.
«E’ possibile trovare le tue cose sparse dappertutto in questa casa?» urlo raccogliendo i suoi calzini dal pavimento del soggiorno.
«Cos'hai trovato?» chiede uscendo dal bagno. Ha una guancia coperta dalla schiuma da barba mentre l’altra è pulita e liscia.
«Questi» mormoro.
«Scusa» risponde ridendo.
«Non c’è proprio niente da ridere. Sei disordinato!! Non mi ricordavo lo fossi così tanto»
«Allora c’era soltanto una valigia mentre adesso qui c'è il mio intero guardaroba»
«Hai più vestiti di me, sai?» dico sistemando la biancheria stirata nell’armadio.
«Metto sempre le stesse cose, però»
«Tipico» mormoro.
«Cercherò di non lasciare i miei vestiti sparsi per casa, promesso!» dice entrando in camera ancora con la schiuma sul viso.
«Come no…» rispondo ridendo.
Entrambi ci dirigiamo verso il bagno: devo truccarmi mentre lui deve finire la rasatura.
«Non guardarmi» mormoro percependo il suo sguardo su di me.
«Perché no?»
«Non mi fai concentrare»
Andrea ridacchia e mi prende per i polsi intrappolandomi tra il lavandino e il suo corpo seminudo. «Mi fai impressione così» dico guardandolo e trattenendo le risate.
«Si?» risponde lui avvicinandosi pericolosamente al mio collo.
«Andrea! Non sporcarmi»
«Certo, certo» mormora e con un movimento veloce la schiuma finisce lungo il mio collo.
«Andrea!!!» urlo allontanandolo e ridendo a mia volta.
«Andrea!!» urla lui imitandomi «Sei troppo divertente»
«Sarà divertente anche il divanosu cui dormirai. Ora puzzerò della tua schiuma del cavolo!»
«Principessa, sembrerai una mentina» dice continuando a ridere.
«Ti odio» mi lamento cominciando a lavarmi il collo.
«Dai, cosa vuoi che sia»
«Certo…» borbotto guardandolo di traverso nello specchio. «Preparati a subire la mia vendetta»
«Uhh… che paura» mi prende in giro.
«A-ah… prendimi in giro poi vedremo chi, fra noi due, riderà »
Sorrido ancora al ricordo di quella mattina. E’ bello essere la protagonista di questi momenti.
Quando si impegna, Andrea sa essere così divertente da far venire il mal di pancia per le risate.
Con questi pensieri arrivo all’università. Saluto alcuni ragazzi, che ho conosciuto nel corso degli ultimi anni, e alcuni professori.
Mi dirigo nel mio ufficio, se così si può definire, e sfoglio l’agenda dove ho riportato gli appuntamenti con gli studenti.
La mattinata trascorre più o meno bene; mi stupisce quanti ragazzi vengano a chiedermi consigli per superare un esame o come la voglia di impegnarsi un po’ di più di altri sia pari a zero.
Anch'io ho avuto i miei problemi quando ero una studentessa ma non erano così tanti come quelli dei ragazzi che seguo.
Sbuffo e mi alzo, pronta per uscire e tornare a casa, almeno per le prossime tre ore.
Prendo il cellulare per controllare se ci sono messaggi e, come al solito, trovo quello di Andrea.
Mi manchi. Non vedo l’ora di tornare a casa per abbracciarti
Sorrido e avvio la chiamata.
«Ciao principessa»
«Ciao» rispondo sorridendo, da un po’ di tempo Andrea mi chiama così.
«Sei uscita adesso?»
«Si, sto per prendere la metro. Tu torni a casa?»
«Ci sono già»
«Ah, davvero?»
«Si, sbrigati a tornare. Mi manchi»
«Anche tu» mormoro con aria sognante. «A dopo» aggiungo e riattacco.
Accelero il passo ed entro nella metro. Dopo circa quindici minuti di viaggio mi trovo sulla via di casa.
Faccio un lungo sospiro perché ogni volta che ho Andrea davanti a me è come se fosse sempre la prima volta.
È possibile che, ogni volta che rimango lontana da lui per qualche ora, il rivederlo poi scateni in me tutte queste emozioni?
Dovrei essermi abituata ormai, ma forse il bello è proprio questo: non mi abituerò mai a lui. Ogni giorno è qualcosa di diverso.
Al suo fianco, la vita non è mai noiosa perché sa come movimentarla.
Come quando, dopo aver accompagnato Alessia e Giorgio all'aeroporto, dovevamo ritornare a casa.
«Voglio guidare una macchina inglese» aveva detto e non me l’ero sentita di contrariarlo.
Ha noleggiato una macchina ma dire che siamo arrivati vivi per miracolo a casa è un eufemismo.
Ha sbagliato svariate volte la strada, facendoci anche perdere; un paio di volte ha preso la corsia di marcia sbagliata e, molte volte, ha dimenticato di dare la precedenza.
Insomma, un disastro.
Per tutto il tragitto, ho avuto dei mezzi infarti scendendo praticamente morta dall’auto una volta giunti a destinazione mentre lui se la rideva.
Mi ha chiesto se avessi mai guidato a Londra e, alla mia risposta negativa, mi ha chiesto come mai non avessi mai provato visto che, per lui, era stata un'esperienza “fenomenale”.
«Te la faccio avere io l'esperienza fenomenale» avevo borbottato schiaffeggiandolo sulla nuca. Il giorno dopo ha restituito la macchina.
Gli ho fatto promettere di non farlo più per evitare di farmi morire di paura nel caso in cui dovesse arrivare una chiamata dalla polizia o da un ospedale.
Lui ha fatto spallucce, ancora estasiato dall’avventura del giorno prima.
Roba da non credere.
Un altro esempio dell'euforia che porta Andrea nella mia vita può essere quando si è messo a cantare melodie non proprio alla sua portata per farmi svegliare.
«Voglio passare il mio tempo con te e tu dormi» aveva detto.
Lui è divertente, sfiancante, eccitante: semplicemente è il mio Andrea e non rinuncerò più a lui.
Sorrido al ricordo del suo volto felice dopo la pazzia dell’auto.
Non lo vedevo così da tempo, o forse, non sono mai riuscita a vedere questo lato del suo carattere.
Con un sorriso più malinconico che felice, apro la porta di casa ma, ad accogliermi, è uno strano odore.
«Andrea?»
«Ehi, sono in cucina» mi informa mentre lascio cadere giacca e borsa a terra.
«Ma che stai facendo?» chiedo vedendo le buste del ristorante cinese.
«Ho comprato il pranzo»
«Lo vedo. Proprio quello che odio»
«Non mangi cinese?» chiede sbalordito.
«No, perché?»
«Sei qui da quanto? Cinque anni e non hai mai mangiato cinese?»
«Una volta e ho passato la notte con la faccia attaccata al water. Non vorrei ripetere l’esperienza»
«Ah…»
«Però mi piace la cucina indiana…» dico aprendo il frigo per bere dell’acqua. Ci guardiamo per qualche secondo, sorrido e mi spiego «Per la prossima volta che deciderai di comprare qualcosa da mangiare che non sia inglese o italiano»
«Non ho trovato ristoranti italiani tornando a casa dal lavoro»
«Non fa niente» mormoro avvicinandomi a lui e alzandomi sulle punte dei piedi per baciarlo. «Non mi importa del cibo, Andrea»
«Ecco perché sei così magra»
«Vuoi pensare a mangiare o a stare un po’ con la tua stupenda e sexy fidanzata?»
«Tutt’e due no?» chiede alzando le sopracciglia.
Faccio un respiro profondo ed annuisco. «Va bene. Vuol dire che staremo insieme più tardi» dico voltandomi per prepararmi qualcosa da mangiare, mentre Andrea consuma il suo pasto seduto sul bancone della cucina.
«Com’è?» gli chiedo.
«Non è come me lo aspettavo» risponde.
«E come te lo aspettavi?»
«Più fritto o untuoso»
«Che schifo. Mi stai facendo passare la voglia di mangiare, sai?»
Lui ride e beve un sorso d’acqua. «Non avrò voglia di baciarti dopo» dico ricevendo, per risposta, una brutta occhiata.
«Peggio per te» rispondo alzando le spalle e continuando a prepararmi un semplice panino.
Quei venti minuti dedicati al pranzo per fortuna passano velocemente così, dopo aver ripulito la bocca di Andrea dal cinese, ci sediamo entrambi sul divano.
Ci guardiamo negli occhi senza parlare.
«Mi stai inquietando» dice.
«Perché?» chiedo.
«Non parli e mi fissi. C’è qualcosa che vuoi dirmi?»
«Non posso guardarti?» chiedo.
«Certo!!» esclama saltandomi addosso e facendomi urlare per lo spavento.
«Andrea…»
«Che c’è?» chiede ridendo.
Il suo sorriso mi toglie il fiato. È lo stesso sorriso che ho visto sulle sue labbra quel giorno… quando ha guidato. «Ti amo» mormoro guardandolo seria.
«Ehi… tutto bene?» chiede accarezzandomi la guancia.
«Si, tutto bene. Sono felice» rispondo sorridendo.
«Si?»
«Si. Sono felice perché so che lo sei anche tu»
«Cos’è successo, Gaia?»
Mi sistemo meglio sotto di lui e comincio ad accarezzargli i capelli e la nuca. «Mentre tornavo a casa, mi è venuto in mente il giorno in cui abbiamo accompagnato Alessia e Giorgio in aeroporto»
«Quando ho guidato la macchina?» chiede abbozzando una risata.
«Si. Mi sono resa conto che quello è il vero Andrea. Eri felice e spensierato, non ho mai visto quell’espressione sul tuo volto…»
«Gaia…» mormora facendo segno di no con la testa, ma lo fermo e gli sorrido. Probabilmente avrà frainteso quello che gli ho appena detto.
«Fammi finire. Quel tipo di espressione l'avevo vista solo quel giorno e poco fa quando mi hai guardato con lo stesso sguardo, con la stessa luce negli occhi»
«Sono felice con te. Non dubitarne mai»
«Lo so, davvero»
«Ti amo» mormora avvicinando le labbra al mio collo.
Dalle mie labbra escono una serie di mugolii mentre le sue mani vagano sulle mie cosce e sui miei fianchi. «Non mi va»
«Uffa» mormora lasciandomi piccoli baci sulle guance e sulle labbra.
«A che ora devi tornare al lavoro?» gli chiedo.
«Alle quattro»
Mi sporgo verso l’orologio appeso al muro e sospiro sollevata. «Abbiamo due ore di tempo»
«Hai aiutato qualche bel ragazzo oggi?»
«No. Avevo soltanto delle ragazze»
«Meglio»
«La stessa cosa vale per te, anzi, è peggio per te. Vedi di stare attento»
«Le mie mani rimangono più che ferme per il momento visto che sono l’assistente del massaggiatore» 
«Meglio» dico sorridendo.
«Simpatica»
«Lo so» Gli faccio la linguaccia e lui alza gli occhi al cielo.
«Mi hanno detto che ho le mani da massaggiatore»
«E come sarebbero le mani di un massaggiatore?» gli chiedo alzando un sopracciglio.
«Non ne ho idea»
Sorrido e gli bacio le dita… «Vedrai che, tra qualche settimana, ti troverai meglio»
«Lo so. E tu, invece? Quando hai intenzione di cambiare lavoro?»
«A dire la verità non so neanche se voglio davvero lasciare l'università»
«Perché no? Mi sembravi sicura qualche giorno fa»
«Si, però, con il mio tipo di laurea, è difficile trovare un impiego»
«Hai provato con una casa editrice? Dovrebbero essercene qui a Londra e il tuo tipo di laurea sarebbe perfetta»
«Dici?»
«Prova!» dice sorridendo e baciandomi la bocca.
Mi distendo sotto di lui e gli circondo i fianchi con le gambe «Sul serio non ti va?»
Annuisco e chiudo gli occhi coprendoli con il braccio.
«Stai bene?»
«Si, ho soltanto un po’ di sonno e vorrei rimanere a casa oggi. Non ho voglia di passare tutto il pomeriggio seduta ad assistere alle lezioni o ad aiutare ragazzi che non hanno un pizzico di volontà per superare gli esami!!» sbotto irritata.
«Ehi… non agitarti. Ti aiuterò a cercare una casa editrice, ok?»
«Grazie dell’aiuto ma non importa. Credo di poterne trovare qualcuna da sola»
«Va bene» mormora guardandomi le labbra. Alzo la testa verso di lui e lo bacio dolcemente fino a  quando il mio cellulare non decide di squillare all’impazzata.
«Lascia, non rispondere»
«Hm, no Andrea. Devo»
«Accidenti» mormora lui infastidito. Si alza da me e mi aiuta a fare lo stesso; mi dirigo verso l’ingresso dove ho gettato la borsa quando sono arrivata e recupero il cellulare.
«Si?» rispondo.
«Gaia, devi tornare subito all’università. Ho un problema con la tesina e solo tu puoi aiutarmi»
Guardo l’orologio e dico addio alle mie due ore di pausa con Andrea.
«Non c’è nessun altro che può aiutarti?» chiedo speranzosa.
«No, ti prego. Mi fido soltanto di te»
Sospiro e rispondo «Dammi un quarto d’ora Will»
«Va bene. A dopo»
Sbuffo e riattacco.
«Suppongo devi andare via»
«Già…»
«Va bene» mormora mettendo il broncio.
«Non fare quella faccia, per favore» dico avvicinandomi a lui per baciarlo. «Ci vediamo stasera» aggiungo e gli lascio un ultimo bacio.
Ritorno nell'ingresso e prendo le mie cose dal pavimento.
«Ciao» lo saluto con sguardo triste.
Lui ricambia con un gesto lento della mano mentre apro la porta ed esco.
Odio il fatto di non riuscire a passare il poco tempo libero che ho con lui.
Trascorrere tutta l’estate insieme a lui mi ha fatto decisamente male; mi sento come quando, tornati la prima volta dall’Inghilterra, non riuscivamo a rimanere separati.
Quando arrivo all’università, vedo Will all’entrata della facoltà. «Oh dio, finalmente sei qui»
«Ho fatto più in fretta che ho potuto. Che succede?»
«Ho perso il file della mia tesina. Quella che devo consegnare la prossima settimana»
«Oh merda! Avevi fatto delle copie?»
«No, non l’avevo stampata»
«Sul tuo computer, intendo»
«Nemmeno. Non mi è mai capitata una cosa del genere»
«Will, se tieni quel genere di documenti nel pc devi sempre fare delle copie»
«Lo so, lo so» mormora mettendosi le mani nei capelli.
«Ok, non ti agitare. C’è ancora una settimana: possiamo farcela»
«Va bene. Mi aiuterai?» chiede con uno sguardo disperato.
«Ma certo. Sono qui per questo» rispondo sorridendo.
Bene, passerò più tempo del necessario fra queste mura.
Ho solo voglia di stare con Andrea. È normale?
Per tutto il pomeriggio non ho nemmeno il tempo di prendere il cellulare e di sentirlo; sono in astinenza della sua presenza.
Ho trascorso il pomeriggio a sfogliare libri e ad appuntare concetti e passaggi per la tesina del mio “alunno”.
Ho la testa che mi scoppia; non vedo l’ora di tornare a casa e stare con lui a godermi Titanic.
All’uscita dall’università ho trovato sul cellulare un messaggio di Serena con cui mi comunicava che, in tv in Italia, avrebbero trasmesso Titanic per l’ennesima volta. Spero che Andrea voglia vederlo con me, perché ho bisogno di dimenticare questa giornata infernale e rilassarmi con lui.
Uscendo dalla facoltà mi sono promessa che comincerò a cercare un altro lavoro.
Sono stanca di quello che faccio e, voglio fare qualcosa per cui la mia laurea valga e devo dire che l’idea di Andrea di provare con una casa editrice, non è male.
 
«Non sei stanca di guardare sempre lo stesso film?»
«Sh! Stai zitto»
Andrea sbuffa e mi sistemo meglio sul divano. «Ho sempre odiato questo film. Cosa avrà di bello poi?!» mormora.
«Sei uno stupido e fai parte del genere maschile, è per questo che non capisci la bellezza di questo film»
«Grazie. Gentilissima»
Ridacchio e ritorno a concentrarmi sul film
Sia benedetto Internet che mi permette di vedere la televisione italiana perché non mi sono ancora abituata a quella inglese.
«Anche mia madre e mia sorella me l'hanno fatto sorbire»
«Sei rimasto con loro a guardarlo?»
«No, ho visto qualche pezzo, ma so come va a finire. È una nave che affonda e una tizia perde il suo amore»
«Non parlare per favore. Sei una persona inutile» mormoro scherzando.
Lui  ride e mi prende la mano. Cambio posizione e mi appoggio a lui mentre la sua mano mi accarezza la spalla e il braccio.
«Grazie» dico stringendogli l’altra mano.
«Per cosa?»
«Perché guardi il film con me anche se non ti piace»
Lo sento ridacchiare e abbassarsi per baciarmi la testa. «Mi piace quest’atmosfera»
«Non ti avrei mai lasciato in acqua» mormoro all’improvviso mentre le immagini del film scorrono sullo schermo della tv.
«Come?» chiede guardandomi.
«Se fossi stata al posto della protagonista, non avrei mai lasciato la persona che amo a morire di freddo nell’acqua gelida»
«Che carina…»
Sorrido e cambio di nuovo posizione «Riesci a stare ferma?» mi chiede ridendo.
«Non quando ci sei tu nei paraggi» mormoro mettendomi a cavalcioni su di lui. «Mi sei mancato tanto oggi»
«Ho avuto voglia di baciarti per tutto il giorno» dice spostandomi i capelli indietro per lasciarmi il collo scoperto.
«Puoi farlo adesso» sussurro.
«Non vuoi seguire il film?!» mi chiede indicando la tv con la testa.
«E’ appena iniziato. La parte interessante viene dopo»
«Bene, allora ti intrattengo io nel frattempo»
Annuisco e mi avvicino alle sue labbra. Lo stesso fa lui, le nostre bocche si scontrano e le nostre lingue si sfiorano.
Le mie mani accarezzano i suoi capelli, tirandoli per attirarlo più vicino a me.
«Ti amo da morire»  mormoro stringendolo a me.
«Che bello sentirselo dire»
Sorrido e gli accarezzo le guance.
«Ti amo anch'io» sussurra nascondendo il volto nell’incavo del mio collo. «Ti amo, ti amo…» sussurra ancora; all’improvviso sento la sua lingua a contatto con il mio collo.
«Smettila» mormoro e mi sposto, stendendomi sul divano.
«Vieni qui» dice stendendosi accanto a me.
Il suo braccio mi circonda le spalle mentre mi appoggio al suo petto.
In questa posizione, continuando ad accarezzarci, continuiamo a guardare il film.
«Devo spostare l’appuntamento di domani» dico durante la pubblicità.
«Quale appuntamento?» chiede Andrea guardandomi.
«Devo andare dal ginecologo»
«C’è qualcosa che vuoi dirmi?!»
«No» rispondo ridendo. «Devo solo fare dei controlli. Non preoccuparti»
«Non mi preoccupo, però vorrei che me lo dicessi senza troppi giri di parole, ecco…»
«Prometto che quando accadrà te lo dirò in modo diretto e senza troppi preamboli»
«Grazie, quindi possiamo lavorarci ora?» chiede spostandosi sopra il mio corpo e cominciando a baciarmi il collo e le labbra.
«No Andrea. Niente bambini»
«Non vuoi averne?!» chiede guardandomi con sguardo da cagnolino bastonato.
«Non ho detto che non voglio averne, ho detto non adesso»
«Va bene. Aspetteremo ancora qualche mese»
«Anno» lo correggo riprendendo le posizioni precedenti.
«Mese»
«Anno, Andrea. Anno!!»
Lui scoppia a ridere, mentre gli schiaccio un cuscino in faccia.
«Toglilo, non mi fai respirare!!»
«E tu smettila di dire quelle cose»
«Quali cose? Che voglio un figlio da te?»
«Andrea, un bambino è una grande responsabilità e noi due stiamo insieme da soli due mesi; se le cose dovessero andare di nuovo male, cosa succederebbe al bambino?»
«Porti sfiga, per caso?!»
«Oh, dai… non porto sfiga, dico soltanto le cose come sono realmente. Perché questa improvvisa voglia di avere un figlio?!»
Lui non mi guarda e non risponde. «Andrea?» lo chiamo di nuovo, ma niente, non risponde.
«Ho paura che tu possa cambiare idea»
«E con un bambino rimarrei per forza con te» concludo.
«Più  o meno è quello che ho pensato»
«Dio, Andrea! Ma sei proprio un idiota!» esclamo mettendomi a cavalcioni su di lui e prendendogli il volto tra le mani «Non ho intenzione di lasciarti, ok? Non ne ho nessunissima intenzione. Ti amo e voglio restare con te. Anch'io voglio avere un bambino da te, ma ancora è troppo presto»
«Va bene» mormora accarezzandomi una mano.
«Capisci adesso quanto è frustrante avere paura di perdere qualcuno che si ama?»
Mi sorride imbarazzato e annuisce «Adesso capisco cosa provavi»
«Nessuno dei due proverà mai più queste sensazioni, ok? Non ho intenzione di lasciarti. E tu?»
«Nemmeno io. Ti amo»
Sorrido e lo bacio appassionatamente, prima di ritrovarmi sotto di lui senza maglietta.
«Andrea, il film…» mormoro.
«Sh, lo conosci a memoria»
Ridacchio e mi lascio andare. Ben presto, finiamo per spostarci in camera da letto, ignorando completamente il film.
 
«Dovresti andare a quell’appuntamento» mi dice Andrea appoggiato allo stipite della porta del bagno, mentre mi sistemo i capelli.
«Non posso abbandonare Will»
«Credo che possa cavarsela da solo per un paio d'ore»
«Conta su di me»
«E io conto che tu vada a quell’appuntamento. Si tratta della tua salute e hai anche un permesso per arrivare più tardi al lavoro, quindi…»
Mi volto e sospiro «Va bene. Chiamo Will e gli dico che arriverò due ore più tardi. Può cavarsela benissimo da solo»
«Brava» risponde annuendo.
«Ok, ci vediamo più tardi» mormoro avvicinandomi a lui, prima di lasciargli un bacio a stampo e dirigendomi verso la porta.
«A più tardi» dice. Mi volto per un ultimo sorriso ed esco di casa.
Mezz’ora più tardi sono nello studio del mio medico.
Qualche settimana fa mi aveva prescritto delle analisi da fare per controllare eventuali effetti collaterali della pillola.
Ho ritirato gli esiti e, adesso, posso mostrarli al medico per sapere se tutto è okay.
«Bianchi» mi chiama la segretaria.
Le sorrido timidamente e mi alzo, posando nuovamente la rivista sul tavolino davanti a me.
Quando entro, il dottor Packer sta firmando con degli svolazzi alcuni documenti. «Buongiorno» lo saluto avvicinandomi alla sua scrivania.
«Buongiorno Gaia» mi saluta alzando gli occhi dalle scartoffie.
Gli sorrido e recupero dalla borsa il foglio con le analisi «Ho gli esiti degli esami del sangue che mi aveva consigliato di fare»
«Ah, bene. Mi chiedevo quando l’avrei rivista»
«Si, beh… sarei venuta prima ma sono stata impegnata» Si, a passare il tempo a letto con Andrea.
«Diamo un’occhiata» mormora cominciando a leggere quei numeri senza alcun senso per me.
Entrambi restiamo in silenzio ma lui, mentre guarda il foglio, aggrotta le sopracciglia.
Non mi piace quando i medici aggrottano le sopracciglia. Mi fanno venire l’ansia.
«Tutto bene?» chiedo, quel silenzio prolungato comincia a pesarmi.
«Gaia, l’emocromo e il tempo di trombina sono molto bassi. Viene indicata un’eccessiva generazione di fibrina e una scarsa produzione di fibrinogeno»
Sgrano gli occhi e schiarisco la voce prima di parlare. «Mi può spiegare, per favore? Mi sono persa dopo l’emocromo»
«Il tempo di trombina è il calcolo del tempo che impiega il sangue a coagulare e questo valore, nelle tue analisi, è molto basso. Questo vuol dire che potrebbero formarsi dei coaguli e provocarti dei trombi nelle vene o nelle arterie. Un’eccessiva produzione di fibrina porta alla trombosi e il fibrinogeno dovrebbe essere tra duecento e quattrocento: il tuo è a 120. Decisamente troppo basso»
Decisamente…
Credo di avere un'espressione allibita perché, mentre mi restituisce le analisi, mi sorride «Non deve preoccuparsi. Non è niente di grave. Basterà sospendere la pillola per qualche mese. Se la sente?» 
Annuisco soltanto. «Dovrà stare attenta se decidesse di avere rapporti con il suo compagno»
«Ok» mormoro.
«Sul serio, Gaia. Stia tranquilla. Sospendiamo per un mese poi rifarà le analisi e vedremo se il risultato sarà ancora uguale o no. Ok?»
«Va bene. Grazie»
«Arrivederci e si riguardi» mi dice mentre esco dal suo studio.
Accidenti. Non mi aspettavo che il mio sangue coagulasse così male. Stupido sangue!!
Uscita dall'edificio, all’aria aperta, faccio un respiro profondo e mi dirigo verso la metropolitana. Vorrei proprio tornare a casa, invece, devo aiutare Will.
Mi lascio andare ad un sospiro e recupero il telefono dalla borsa. Trovo un messaggio di Andrea di qualche minuto fa.
Com’è andata? Dammi qualche notizia. Ti amo
Sorrido e digito velocemente la risposta “Tutto ok”.
Meglio parlargli di persona.
La mia risposta non deve essergli piaciuta perché, qualche secondo dopo, ricevo la sua risposta “Tutto ok? La tua risposta mi ha messo ansia”.
Sorrido e rispondo “Va davvero tutto bene. Ci vediamo più tardi. Ti amo”.
Con questo peso sul cuore mi dirigo verso l’università; almeno, concentrarmi sulla tesina di Will non mi farà pensare a quello che il medico mi ha detto.
 
«Ci vediamo nel pomeriggio, ok?» dico chiudendo la borsa.
«Ok. Grazie per l’aiuto che mi stai dando, Gaia. Senza di te non saprei proprio come fare»
«E' il mio lavoro» dico. Ancora per poco, penso. «Non ringraziarmi»
Gli sorrido e, velocemente, prima che possa chiedermi altro, esco dalla stanza. Non dovrò ascoltare, né sfogliare libri sul Neoclassicismo nel mondo dell’arte almeno per un paio d’ore.
Come speravo, per tutta la mattinata non ho pensato alla visita di questa mattina, ma adesso devo parlarne ad Andrea e ricomincio a sentire l’ansia crescere dentro di me.
Alla fine è il mio corpo ma sento di avere anche delle responsabilità nei suoi confronti.
Lui sarebbe così entusiasta di avere un bambino, ma io? Mi sono già spaventata abbastanza e non ho intenzione di ripetere l’esperienza. Certo, adesso sarebbe diverso, perché Andrea è al mio fianco e, in qualsiasi modo lui la pensi, non siamo in crisi.
Sarei felice di avere un bambino da lui, ma adesso è troppo presto. Ho soltanto ventitré anni e mi troverei con troppe responsabilità e davvero… non sarei pronta anche per questo.
Voglio fare le cose al momento giusto.
«Andrea?» lo chiamo entrando in casa.
Non mi risponde nessuno, quindi presumo non sia ancora tornato a casa. Sospiro e mi libero della giacca e della borsa, lego i capelli ed entro in cucina per preparare qualcosa.
Prendo una pentola e, dopo averla riempita d' acqua, la metto sul fuoco. Mentre lascio l’acqua a bollire, dal frigo prendo una lattuga e alcuni pomodori. Oggi pasta e insalata.
Sto ancora tagliando i pomodori a fettine, quando sento Andrea entrare in casa.
«Scusa il ritardo…» mormora raggiungendomi in cucina.
È distrutto.
Asciugo le mani e mi avvicino «Cos’è successo?!» chiedo abbracciandolo.
«Prima di andare via mi hanno fatto sistemare tutti gli oli, le creme e le altre cazzate nel magazzino»
«Amore…» mormoro avvicinando le labbra alle sue. «Non dovresti farlo»
«E’ il mio lavoro»
«Non dovresti fare questo tipo di lavoro. Meriti di meglio»
«Dimentichi che non ho una laurea come te»
«Potresti riprendere gli studi»
«Gaia, ho abbandonato perché studiare non fa per me»
«Mi avevi detto che volevi studiare Archeologia»
«Già… purtroppo la mia passione non coincide con la mia volontà»
«E se ti aiutassi?»
Mi guarda dritto negli occhi per qualche secondo «Lo faresti?»
«Farei tutto per te, Andrea. Non ti è ancora chiaro?»
Mi sorride prima di abbassarsi alla mia altezza e baciarmi «Ti amo»
«Io di più. Così tuo padre sarà felice»
«A proposito di mio padre, forse dovrei chiamarlo per dirgli che sono qui»
Sgrano gli occhi e lo allontano «Vuoi dire che non sa che sei a Londra?!»
«Già»
«Ma sono passati due mesi, Andrea…»
«Lo so, ma sicuramente mi avrà coperto mia madre»
«Per quale motivo avrebbe dovuto coprirti?» gli chiedo ritornando ad occuparmi dei fornelli.
«Per nessun motivo in particolare» spiega sedendosi «Però, boh… non ho trovato opportuno parlargli del mio piccolo viaggio, contavo di ritornare dopo qualche settimana»
«Pensavi di non avere chance?» gli chiedo sorridendo.
«Non ero così sicuro come fingevo di essere»
«Ma hai ottenuto il risultato tanto agognato»
«Che fai, sfotti?»
«Non mi permetterei mai. Anche tu sei stato il mio risultato tanto agognato»
«Povero Jay»
«Cosa c’entra lui adesso?»
«Non è piacevole vedersi portare via la donna che si ama»
«Andrea… dobbiamo ritornare su questo discorso?» chiedo appoggiandomi alla cucina.
«No, scusa. Dimmi cosa ti ha detto il medico»
Ah già… adesso glielo devo dire.
Mi volto per non farmi guardare in faccia e riprendo a tagliare i pomodori. Davanti il mio silenzio, Andrea si avvicina e mi abbraccia.
Sorrido e sospiro.
Restiamo qualche minuto in silenzio, fin quando, dopo un respiro profondo, non decido di parlare. «Il mio emocromo è basso e il sangue impiega poco tempo a coagularsi»
«E questo cosa significa?»
«Che se continua così posso essere soggetta a trombosi. La pillola mi ha sballato alcuni valori»
«Devi continuare a prenderla?»
«No, devo sospenderla almeno per un mese» rispondo voltandomi.
Lo vedo sorridere ma, allo stesso tempo, cerca di trattenersi. «So a cosa stai pensando»
«E cosa sarebbe?» 
«Useremo le giuste precauzioni o niente sesso per un mese»
«Prometto che comprerò una confezione grande di preservativi»
«Magari comprerai quelli più scadenti» mormoro ridendo e voltandomi per riprendere a cucinare.
Andrea scoppia a ridere e mi bacia.
«Non voglio costringerti ad avere un bambino se non vuoi. Aspetteremo»
«Grazie»
«Dopo il matrimonio»
Cosa?!
Mi volto e lo guardo di traverso.
«E questa da dove è uscita?»
Alza le spalle e sorride. Guardarlo mi mette ansia.
Sapere che vorrebbe affrontare un passo del genere mi spaventa sul serio: ne sono felice, anzi felicissima perché significa che il suo amore nei miei confronti è veramente molto e, anche se ha ammesso più volte di amarmi, devo ancora abituarmi all’idea e quest'uscita sul matrimonio è… sorprendente.
«Non vorresti?» chiede davanti al mio silenzio.
«Uhm… si, però...»
«Non vorresti» conclude lui per me.
«Non ho detto questo. Perché stiamo affrontando questi argomenti? È ancora presto per parlare di matrimonio o di bambini»
«Si, è presto» mormora lui uscendo dalla cucina.
Sbuffo e, violentemente, affetto un pomodoro a metà.
La nostra relazione si basa sull’affrontare argomenti che non c’entrano niente e che affretterebbero troppo le cose fra di noi.
Scuoto la testa per l’assurdità della situazione e finisco di condire l’insalata. Preparo la pasta e porto tutto in tavola.
Mangiamo in silenzio e vorrei davvero dire qualcosa per risollevare il morale ad entrambi, ma sono un po’ arrabbiata per come si sta comportando in questi ultimi giorni.
Insomma, prima il bambino, adesso il matrimonio. Non sono ancora pronta per queste cose: è così difficile da capire?!

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Allora... eccoci qui!
Piaciuto il capitolo?!
L'improvvisa voglia di Andrea.. che ne pensate?! xD Beh, sicuramente è strano. Almeno per lui!
Non ho potuto fare a meno di notare che il diciassettesimo capitolo di LBIOS parlava di un Andrea e una Gaia praticamente già lontani l'uno dall'altro e con la depressione di lei che arrivava alle stelle. Qui, adesso, stanno insieme, vivono insieme e, anche se da una parte sola, parlano di matrimonio e bambini. Direi che le cose sono cambiate e di molto xD E' anche vero che la loro relazione è evoluta nel corso degli anni *_*
BTW, detto questo... io mi eclisso!
Ci leggiamo venerdì prossimo, ma ricordate che oltre a questo capitolo ce ne saranno altri tre. Arriverò fino al venti e poi fermerò la storia per un pò di tempo. Devo rivedere un paio di cose dal capitolo ventuno in poi e non voglio pubblicare e poi rendermi conto di aver delle cose da modificare e sistemare.
Quindi, il futuro di Andrea e Gaia è ancora molto incerto!
Ok, adesso vado davvero!
Buona giornata a tutti!
Francy
 

 

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Capitolo 18
*** 18. *Sei la mia vita* ***


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There’ll be a place for us
 
-Capitolo 18-
*Sei la mia vita*

 
Pov Andrea
 
Gaia è china su alcuni ritagli di giornale alla ricerca di un nuovo lavoro. Continua a sgobbare per l’università e per quegl’idioti dei suoi pseudo alunni ma, ogni giorno di più, mi accorgo che è stanca di quest'impiego.
Me ne accorgo anche se, praticamente da una settimana, non comunichiamo più.
Da quando abbiamo avuto quella discussione non abbiamo più toccato l’argomento e nessuno dei due ha fatto un passo verso l’altro per mettere una pietra sopra a… tutto.
Il bambino, il matrimonio…
«Ma che diavolo ti è venuto in mente, Andrè?» mi aveva rimproverato Giorgio.
L’ho chiamatoquel giorno, subito dopo essere uscito di casa. Dovevo parlare con qualcuno e, anche se lui è lontano da me, sa sempre cosa dirmi per tirarmi su il morale. Ovviamente le sue parole molto carine mi hanno fatto capire che stavo affrettando tutto dopo appena tre mesi di relazione.
Anche se Gaia ed io ci conosciamo da tanto solo adesso abbiamo, per la prima volta, la possibilità di stare veramente insieme, come una coppia e non sarebbe saggio “bruciare le tappe”. Devo fare le cose con calma e pensare con razionalità: esattamente il contrario di come mi sono comportato in questi ultimi giorni.
Nessuno dei due si è preso la briga di iniziare a parlare per eliminare questo senso di distacco che si è impossessato della nostra relazione.
Non voglio perderla di nuovo, non per un motivo di questo genere. Veramente non voglio perderla per nessun motivo al mondo.
E allora fai il primo passo deficiente” mi consiglia il mio io interiore.
Vorrei aspettare domani, così da farle una sorpresa per il suo compleanno e affrontare anche l’argomento, ma se fosse troppo tardi?!
Certo, un giorno in più non cambierà comunque nulla, ma se lei si aspetta che io faccia qualcosa domani potrebbe essere già troppo tardi?!
No, meglio agire subito.
Spengo la tv e la raggiungo al tavolo della cucina. «Ehi» mormoro sedendomi accanto a lei.
Alza lo sguardo verso di me e mi guarda. Sembra spaesata e confusa. «Ehi» risponde qualche secondo dopo, ritornando a guardare il giornale.
«Stai cercando una casa editrice?» le chiedo.
«A dire la verità, sto cercando qualsiasi cosa»
«Rinunci?»
«Non rinuncio Andrea, ma è difficile»
«Gaia, fra tutti quelli che si sono diplomati nel nostro anno, sei l'unica che ha fatto qualcosa di unico. Riuscire ad iscriversi ad un’università inglese era difficile, eppure ci sei riuscita…»
«Smettila, per favore»
«Cos'ho detto?» chiedo guardandola mentre lei si alza cominciando a sistemare i vari ritagli.
«Sei rimasto zitto per una settimana, potevi continuare a farlo. Ci avremmo guadagnato entrambi»
Sta per prendere la giacca poggiata sul tavolo, ma la fermo. So che vorrebbe uscire così da non dovermi ascoltare, ma non voglio che tra noi vada in questo modo. «Cosa ho detto di sbagliato?» le chiedo guardandola negli occhi.
Mi sembra così piccola adesso eio le sto stringendo troppo forte il braccio. La lascio andare ma lei non si allontana.
«Non sono riuscita a fare niente di unico Andrea. Lavoro per l’università e non mi piace, ok? Sarà stato anche fantastico studiarci ma, dopo aver passato quattro anni fra quelle mura, poi capisci che sarebbe meglio cercare un lavoro da qualche altra parte. Sono esattamente come tutti i ragazzi che si sono diplomati nel nostro anno. Non sono né diversa né speciale»
«Non è vero» mormoro circondandole il volto con le mani. «Tu sei speciale e sei unica per me. Non ti basta questo?» chiedo.
Sorride debolmente e si avvicina di più a me.
«Mi basta. È l’unica cosa che m'interessa»
«Bene. Mi dispiace per quello che ti ho detto la settimana scorsa» mormoro abbracciandola.
Mi lascio andare ad un sospiro di piacere sentendola di nuovo a contatto con il mio corpo.
«Non mi mettere fretta Andrea»
«Non lo farò, scusami» dico appoggiando la fronte sulla sua spalla.
«Non fraintendermi. Voglio le stesse cose che vuoi tu però, ora come ora, il matrimonio mi fa… paura, ecco»
«Perché paura? Non ho intenzione di chiedertelo tra una settimana o tra un mese»
«Paura perché…» si guarda intorno cercando di non incrociare i miei occhi. È chiaro che non vuole rispondermi.
«Gaia, perché hai paura? Sarò sempre io e tu sarei sempre te stessa. Avremo soltanto una fede al dito» dico sorridendole.
Evito di dirle che sarebbe la cosa più bella che possa capitarmi in vita mia.
«Perché avrei la conferma che tu mi ami alla follia. Cioè, non che non lo sappia, ma se mai tu dovessi farmi una proposta del genere, saprò che mi ami davvero con tutto te stesso»
«E hai paura di questo?» le chiedo sorridendo.
Evito di tirare un sospiro di sollievo, ma è chiaro che sono sollevato dalla sua risposta.
«Lo so. È una paura idiota» mormora abbassando lo sguardo.
«Non lo è. Secondo te perché, all'inizio della nostra relazione, avevo dei problemi a dirti cosa provavo?»
«Siamo due idioti»
Sorrido e le bacio la fronte «Siamo due idioti innamorati»
Alla mia affermazione, sento le sue braccia circondarmi i fianchi e stringermi forte. «Ti amo Gaia»
Alza lo sguardo verso di me ed io, per facilitarle le cose, abbasso il mio. Posa le sue labbra sulle mie e comincia a baciarmi: ricambio volentieri e la prendo in braccio facendola distendere sul tavolo.
«Sesso sul tavolo. Questo manca alla mia lista»
«Mai fatto?» le chiedo.
«No»
«Bene» rispondo cominciando a baciarle il collo e mordicchiandole i lobi delle orecchie.
«Andrea…» sussurra.
«Che c’è?»
«Ricordati che non prendo la pillola»
«Non ho ancora comprato i preservativi però»
«Come no?» chiede.
«Mi è sfuggito di mente e poi, ultimamente, le cose fra di noi non sono andate proprio bene»
«E’ vero, però adesso… ne ho voglia» ansima contro il mio collo e strusciandosi contro il mio petto.
Per la miseria!
«Prometto che uscirò prima…» mormoro e so già che sarà una cosa tremendamente difficile.
Dovrò fare appello a tutta la mia forza di volontà!
«Andrea…»
«Amore, ti prego! Starò attento, lo giuro e poi non è detto che tu rimanga incinta proprio oggi. Potrebbe anche non capitare» 
«Incinta…» mormora infastidita. «Non mi piace»
Ridacchio e le slaccio i bottoni dei jeans. «Non succederà»
«Va bene, ma per sicurezza, tu… si insomma…»
«Lo farò, stai tranquilla» le dico cercando di rassicurarla.
Si imbarazza ancora a parlare di sesso. Non è un amore?!
Annuisce e, velocemente, slaccia anche i miei jeans. Ben presto mi ritrovo perso dentro di lei.
È una sensazione meravigliosa.
Mi spingo un po’ oltre arrivando quasi all’apice. Gaia inarca la schiena strofinando i suoi seni contro il mio petto; prende il mio volto e, con gli occhi chiusi, mi bacia. La sua lingua esplora la mia bocca, ma sono troppo concentrato a non lasciarmi andare dentro di lei per godermi il suo bacio.
Adesso mi pento di non averla portata sul letto…
«Gaia…» mormoro contro le sue labbra.
«Hmm» mugola di piacere mordendosi un labbro.
Altre due spinte e la sento trattenere il respiro prima di lasciarsi andare al piacere; spingo ancora e, velocemente, esco da lei riversando il mio piacere sulla sua pancia.
È stato terribile.
Mi abbasso e l’abbraccio «La prima cosa che farò uscito di casa sarà comprare dei preservativi»
Annuisce e mi accarezza i capelli, tenendo ancora gli occhi chiusi. «Vorrei tanto rimanere a letto con te oggi»
«Anch'io ma sarebbe meglio separarci, almeno per il tempo necessario ad andare a comprare quei dannati aggeggi»
Ridacchia e si alza; restiamo abbracciati ancora un po’ prima che la sua bocca cominci a lasciare dei baci dal mio collo alla mascella fino ad arrivare poi alle labbra. Adesso posso baciarla come si deve.
«Non credevo ne saresti stato capace» mormora fermandosi e guardandomi negli occhi.
«E’ stato difficile, ma è fatta ormai»
Mi sorride e riprende a baciarmi.
«Che ore sono?» chiede all’improvviso.
«Non lo so e non m'interessa»
«A me si visto che mi aspettano dei ragazzi»
«Ma devi aiutare soltanto i ragazzi?» chiedo con disappunto.
«Se a loro serve aiuto devo aiutarli»
«Certo…» rispondo afferrandola per il sedere. «Non puoi uscire in questo stato» dico guardandole la pancia.
«Già» mormora lei nascondendo il volto sul mio collo. Lentamente ci dirigiamo verso il bagno.
«Perché t'imbarazzi?» le chiedo aprendo l’acqua calda.
«Non m'imbarazzo!!» esclama con troppa enfasi.
«Come no…» mormoro prendendola in giro e togliendomi la maglietta. La vedo sgranare i suoi meravigliosi occhi e mi rendo conto che, nonostante il tempo e la confidenza, lei non si è ancora abituata a vedermi nudo.
Si riprende subito, si volta slacciando il reggiseno e raccogliendo i capelli in un codino.
I suoi capelli sono ancora corti e, se lei non è ancora abituata a vedermi come mamma mi ha fatto, io non riesco ad abituarmi al suo taglio corto e al suo colore biondo.
«Hai mai pensato di ritornare mora?» le chiedo di getto entrando nella doccia insieme a lei.
«Hm, cosa c’entra questo?»
«Niente, ti stavo guardando e mi sono reso conto che non mi sono ancora abituato a vederti con i capelli corti e biondi»
«Ah» dice soltanto. Non si aspettava una risposta del genere. Sorrido e mi sposto sotto il getto d’acqua. «Comunque no, non credo di voler ritornare mora»
«Come mai?» le chiedo prendendo la spugna e versandoci sopra un po’ di bagnoschiuma.
«Mi piace essere bionda» risponde mentre comincio a pulirle la pancia. «E comunque non sono proprio bionda bionda… insomma, lo vedi ancora il mio colore naturale, no?»
«Ok, stai bene anche così» dico abbassandomi per baciarla.
«Perché tutte queste domande?» mi chiede.
«No, niente…» rispondo uscendo dal box doccia e avvolgendomi nell’accappatoio mentre a lei porgo un asciugamano.
«Andrea…»
Sospiro e mi volto verso di lei «Bionda mi ricordi quel periodo»
Nonostante lei stia con me e mi abbia dimostrato di voler rimanere al mio fianco, ho sempre paura che mi lasci da un momento all’altro. Ho paura che con una telefonata, un semplice biglietto o un post-it finisca tutto.
«Non pensarci ok? Rimango con te: che io sia bionda o mora non ha importanza»
«Ti amo da morire» mormoro sedendomi su uno sgabello.
Lei si avvicina sorridendo e, quando siamo a pochi centimetri di distanza, passa una mano fra i miei capelli e mi bacia la bocca. «Ti amo anch'io. Ti amo Andrea e non ho intenzione di lasciarti. Se hai ancora paura che possa ritornare tra le braccia di Jay, no… non lo farò. Ho deciso di stare con te» dice guardandomi fisso negli occhi «Per sempre» soffia sulle mie labbra.
«Io e te, per sempre» dico ricordando un episodio del nostro passato.
Annuisce e insinua la sua lingua dentro la mia bocca.
Ci baciamo per cinque minuti abbondanti, fin quando la situazione comincia a sembrare ingestibile per me. «E’ meglio se usciamo adesso»
Lei scoppia a ridere e si allontana; tiro un sospiro di sollievo, mi limito ad asciugarmi e a vestirmi anche se preferirei prenderla in braccio e buttarla sul letto.
Venti minuti dopo siamo entrambi per strada, diretti alla metropolitana.
«Ci vediamo stasera, ok?» dice fermandosi all’entrata.
«Ok» si alza sulle punte dei piedi per lasciarmi un bacio casto sulle labbra e, sorridendo, se ne va.
Resto ancora qualche minuto a fissarla, dopodiché anch'io mi dirigo al lavoro.
Avrei voluto passare il pomeriggio con lei, rimanendo a letto abbracciati mentre, di tanto in tanto, le avrei baciato la fronte.
Avrei voluto incrociare le mie gambe alle sue e sentire il battito del suo cuore sul mio petto ed emozionarmi perché lei sarebbe stata accanto a me.
Avrei voluto guardarla in quegli occhi verdi e trasmetterle tutto l’amore che nutro per lei.
Avrei voluto vederla dormire o, più semplicemente, rilassarsi ed invece sono davanti ad un distributore di preservativi.
Decido di prenderne un paio di scatole, tanto per il “non si sa mai”.
Sono felice, però, che la questione dei giorni scorsi sia stata risolta e conclusa. Odio non poterle parlare o non sentire il suo sguardo su di me. Non ho fatto nulla per risolvere il problema ma, almeno, adesso le cose sono tornate al proprio posto.
«Ciao Andrea!» mi salutano un paio di colleghi appena varco le porte del centro massaggi.
«Ciao ragazzi» ricambio il saluto alzando la mano. Non riesco ancora a ricordare i loro nomi.
«Come stai?» mi chiede… Robert??
«Bene, grazie»
Ci sorridiamo a vicenda e, avendo capito che non sono propenso ad affrontare una conversazione, gira sui tacchi e se ne va mentre mi dirigo verso lo spogliatoio per indossare la divisa.
Prima di lasciare il cellulare nell’armadietto lo guardo e trovo un messaggio di Gaia.
Domani voglio rimanere tutto il giorno con te. Fatti dare la giornata libera. Ti amo
Sorrido e digito velocemente la risposta “Sarà fatto. Ti amo anch'io
Mi spoglio indossando prima la camicia e poi i pantaloni.
Ecco che comincia un altro pomeriggio.
 
Sto uscendo adesso dall’università. Dove sei?
Mi sto cambiando. Mi fanno male le braccia :(
Troppi massaggi? :P
“La rubrica oggi era piena di appuntamenti, quindi si… darei la colpa ai massaggi. Ne servirebbe uno a me
Se vuoi posso provare, ma non credo di essere molto brava
Potrei guidarti
Mi sembra perfetto. Hai comprato quelle cose?
Si. Ho fatto rifornimento :)
Io e Gaia ci stiamo scambiando diversi messaggi da qualche minuto e il tutto non fa che farmi desiderare di più di essere al suo fianco.
Ti amo. Ci vediamo a casa” mi scrive. Sorrido e le digito velocemente un “Stai attenta. Ti adoro” e mi affretto ad uscire dal centro. Afferro le confezioni di preservativi ed esco. Per fortuna, dopo aver finito il mio turno, sono riuscito a convincere il titolare a darmi una giornata libera domani incolpando anche il dolore alle braccia e alle spalle.
Tempismo perfetto, direi!
Durante il pomeriggio non ho fatto altro che pensare a come sarebbe stato rivedere Gaia dopo quello che è successo oggi a casa; mi sono reso conto di non vedere l’ora di tenerla stretta fra le mie braccia. Sono stato uno stupido a prendermela in quel modo riguardo al matrimonio e al bambino. E' stata la paura di perderla a farmi reagire in quel modo ma, ragionando, la perderò per altri motivi se non cambio il mio comportamento.
Lei mi ama e devo smettere di avere paura. Annuisco convinto del mio ragionamento e attraverso la strada. Dopo qualche altro metro, sono davanti al palazzo; guardo in alto e noto la luce della cucina accesa. Gaia deve essere già a casa.
«Gaia?» la chiamo entrando e richiudendomi la porta alle spalle.
«Ehi, sono in bagno»
La raggiungo e, avvicinandomi a lei, le mostro le confezioni di preservativi.
«Wow! Hai intenzioni serie, allora» esclama prendendomi in giro.
«Si, serissime. Conto di consumarne un pacchetto domani»
«Sarebbe il tuo regalo di compleanno?»
Cavolo! Il suo regalo di compleanno!!
Sei un idiota Andrea! Un idiota con la I maiuscola”.
A causa di tutto quello che è successo, mi sono completamente dimenticato di comprarle un regalo! Oltretutto non saprei neanche cosa prenderle.
«Tutto ok?» chiede spegnendo la luce del bagno e avvicinandosi per baciarmi.
«Uh-uh»
Mi guarda per qualche secondo negli occhi, le sorrido e le bacio la punta del naso. «Ok, andiamo a mangiare. Ho fame»
«Si, ne ho anch'io» “Cosa le regalo? Cosa le regalo?” penso nel frattempo.
Degli orecchini… no, non li porta quasi mai.
Una collana… escluso! Non porta nemmeno quelle.
Un anello… Dopo la storia del matrimonio è meglio evitare qualsiasi tipo di fraintendimento. Niente anello, quindi.
Un bracciale… Hm, potrebbe essere carino. I braccialetti li porta sempre.
Ok, e bracciale sia! Ma quando vado a prenderlo? E, soprattutto, dove?
All’improvviso mi viene un’illuminazione. Sua madre ormai abita a Londra da qualche anno e, sicuramente, conosce qualche gioielleria, magari potrebbe anche aiutarmi nella scelta.
Bravo Andrea. Stai migliorando, hai pensato a un piano perfetto per salvarti il culo all'ultimo momento” mi rimbecca la coscienza.
Devo soltanto chiamarla.
«Ehi, Andrea… sicuro di stare bene? Sembri avere la testa fra le nuvole» chiede preoccupata accarezzandomi i capelli e una guancia.
«No, sto bene» le rispondo sorridendo e baciandole la mano. «Vado a farmi la doccia, ok?»
Annuisce e mi guarda uscire dalla cucina.
Spero con tutto il cuore di riuscire a fare tutto in tempo.
Appena sono in bagno, mi chiudo dentro a chiave e apro l’acqua della doccia; prendo il cellulare e cerco il numero della madre di Gaia.
Spero di averlo.
Trovato!! SI!!
Avvio la chiamata e attendo.
«Andrea? Sei tu?» risponde preoccupata.
«Buonasera Giulia. Si sono io»
«E’ successo qualcosa? Gaia sta bene?»
«Lei sta benissimo. Uhm… avrei bisogno di un favore»
«Perché stai sussurrando?»
«Sono in bagno e Gaia non deve sentirmi. Può aiutarmi?»
«Ma certo, dimmi pure»
«Ultimamente Gaia ed io abbiamo avuto dei problemi, così mi sono completamente dimenticato di comprarle qualcosa per il compleanno»
«Vorresti che comprassi qualcosa per te?»
«Mi farebbe un gran favore, si. Domani passeremo  la giornata insieme e, di conseguenza, non riuscirò comprarle qualcosa»
Che brutta figura! Adesso penserà che sono un pessimo fidanzato.
«Non ti preoccupare, Andrea. Ci penserò io domani mattina, anche perché devo comprarle il regalo anch'io… passerò da voi nel pomeriggio per farle gli auguri. Avevi in mente qualcosa?»
«Si. Un bracciale, preferibilmente con un cuore o qualcosa di simile…»
La sento ridacchiare «Si, ok. Troverò sicuramente qualcosa»
«Grazie, davvero»
«Non ti preoccupare. Spero che adesso, fra di voi, le cose siano a posto»
«Vanno magnificamente»
«Benissimo. Adesso ti saluto e tratta bene mia figlia»
«Lo farò. A domani e ancora grazie»
Riagganciamo e, finalmente, posso tirare un sospiro di sollievo.
Velocemente, adesso, penso a farmi la doccia. Quando finisco, esco e mi avvolgo in un asciugamano; con il torace nudo esco dal bagno e raggiungo Gaia in cucina.
«Gaia?»
«Sono qui» mormora dal soggiorno.
«Ehi, che succede?» le chiedo. E’ rannicchiata sul divano e guarda la tv.
Alza le spalle ma non dice nulla.
Mi avvicino e mi siedo accanto a lei circondandole le spalle con le braccia. «Sicura di stare bene?»
«Domani compirò ventitré anni»
«E sei triste per questo?»
Annuisce e sorrido «Piccola, è soltanto un numero»
«Già…»
Passa qualche altro secondo a fissare la tv, poi schiarisce la voce e mi guarda «Vuoi sedurmi per caso?»
«Vuoi essere sedotta?» le chiedo malizioso.
«E’ molto probabile» risponde alzandosi e mettendosi a cavalcioni su di me.
Sorrido e mi avvicino alle sue labbra per baciarla. «Vorrei inaugurare quella confezione di preservativi»
«Uh-uh» mormora e si toglie la maglia; le sue mani ritornano nei miei capelli tirandoli.
«Gaia, ci conviene tenerli nelle vicinanze, altrimenti potrei non resistere»
Lei scoppia a ridere e si alza, lasciandomi insoddisfatto e con la voglia alle stelle.
Si dirige in cucina gridando «Vai a vestirti!!»
Abbasso il capo e lo scuoto. Impazzirò, ne sono certo.
Mi alzo lentamente dal divano, dirigendomi in camera. Mentre mi vesto, la sento parlare in inglese con qualcuno; qualche minuto dopo mi raggiunge. «Ho ordinato la pizza»
«Pensavo che avresti cucinato per me»
«Nah… possiamo fare a meno della mia cucina» risponde avvicinandosi e lasciandomi un bacio sulle labbra.
Mi sorride e comincia a sistemare i vestiti nell’armadio. Hm, si comporta in modo strano, cosa le prende?
«Stai bene?» le chiedo.
«Si, perché?»
«Sei…» aggrotto le sopracciglia cercando un termine che possa andar bene.
«Come sarei?» chiede scoppiando a ridere.
«Perché sistemi l’armadio proprio adesso? Non ti va più bene la tua super organizzazione?» la prendo in giro.
«Invece va più che bene!» esclama facendo la linguaccia.
Sorrido, mi avvicino per prenderla in braccio ma, invece, comincio a farle il solletico.
«Andrea, smettila!» esclama contorcendosi.
Ride ancora mentre la bacio «Andrea, mi fai il solletico, smettila» Continua a ridere e ad allontanare le mie mani dal suo corpo.
«No, mi piace farti il solletico» le dico baciandole di sfuggita le labbra. Pian piano mi fermo, continuando però a tenerla fra le braccia.
«Ehi, cos’è questa?» chiede allungando una mano verso il ripiano dei jeans.
«Cosa?» chiedo guardando la foto che tiene fra le mani «Oh… uhm» 
Accidenti! 
«E’ la ragazza di Milano?» chiede continuando a guardare la foto.
«Si» mormoro a bassa voce. Adesso scoppia la terza guerra mondiale.
Ma perché tra le mie cose c'è ancora  quella foto?!
«E’ carina» dice infine.
«Scusa?»
Alza gli occhi su di me ma il divertimento nel suo sguardo è sparito «Hai buongusto nel sceglierti le ragazze» dice e, porgendomi la foto, si allontana da me.
Appallottolo la fotografia che ritrae me ed Eleonora durante una passeggiata con degli amici e corro da Gaia.
«Non sapevo di quella foto, te lo giuro»
«Andrea non giustificarti. È tutto ok, davvero»
«No, non è tutto ok. C’è qualcosa che non va e voglio che tu me ne parli. Insultami se vuoi, ma parlami»
Fa una mezza risata e scuote la testa «Non ho bisogno di insultarti» dice e mi guarda negli occhi. «E’ davvero una bella ragazza e sta bene con te»
«Stava… Gaia, lei per me non aveva importanza»
«Lo so. Come si chiama?»
«Uhm… vuoi sapere il suo nome?» chiedo confuso.
«Si»
«Eleonora» rispondo.
«Elena… Eleonora…» mormora «Te le scegli proprio bene»
«Gaia, mi dispiace davvero. Non so perché la sua foto sia ancora tra i miei vestiti»
«Non scusarti»
Oh mio dio… come faccio a farle capire che Eleonora non significa più niente ormai?
Che sia maledetta quella foto!
Il trillo del citofono interrompe la discussione  «Sarà il fattorino della pizzeria» dice lei allontanandosi.
Sospiro, mi siedo e mi metto una mano nei. 
Sento le mie guance rigarsi di lacrime; la discussione che ho appena avuto con Gaia mi ha sconvolto nel profondo.
Piango perché ho paura, di nuovo, di perdere Gaia?!
Dopo tutto quello che abbiamo passato per stare insieme, sto mandando di nuovo le cose per aria.
Sono passate solo poche ore da quando abbiamo chiarito e, improvvisamente, siamo ritornati all’inizio? E adesso?!
Una stupida foto, fatta con una persona che non significa assolutamente niente per me, rischia di rovinare nuovamente la relazione con la donna che amo, con l’unica donna che abbia mai amato veramente.
«Non sono arrabbiata con te» dice al mio orecchio abbracciandomi da dietro, mentre mi copro con le braccia il volto appoggiato al tavolo.
«Mi dispiace» mormoro con voce rauca.
«Ehi…» dice sciogliendo l’abbraccio e facendomi alzare la testa. Mi guarda e sorride «Stai piangendo sul serio?»
Annuisco e la prendo per i fianchi facendola sedere su di me «Ti amo e non commetterò gli sbagli del passato» le dico guardandola fisso negli occhi.
«Lo so… perché reagisci così?» chiede. «Mi fido di te»
«Ho paura di perderti a causa di qualcosa appartenente al mio passato. Non voglio vivere senza di te, Gaia. Non posso, non ci riuscirei» dico aprendole il mio cuore «Ti amo così tanto; non riesco a capacitarmi di essere stato così sciocco e cieco da non rendermene conto prima»
«Andrea…» mi chiama circondando il mio volto con le sue mani calde. Gliele bacio ma lei riporta il mio viso davanti al suo «Andrea, nemmeno io voglio vivere senza di te e non lo farò. Non permetterò a nessuna di portarti via da me. Ti appartengo Andrea… scusa se non me ne sono resa conto nel momento in cui tu mi hai confessato i tuoi sentimenti»
«Non potevi» le dico accarezzandole i capelli.
Lei chiude gli occhi e sorride, abbandonandosi alle mie carezze «Ti amo» sussurra riaprendoli e guardandomi. «Non piangere» dice divaricando le gambe.
«Ho pianto solo due volte in vita mia» le dico ridendo e asciugando le ultime lacrime.
«Mi dispiace di essere stata io a farti piangere»
Scuoto la testa e mi avvicino per baciarla; lei non se lo fa ripetere due volte e, a sua volta, si avvicina a me.
L’abbraccio stringendola al mio corpo, mentre le nostre bocche si cercano e si divorano. «Andiamo di là» ansima sulla mia bocca.
Annuisco senza interrompere il contatto e, con lei in braccio, mi dirigo in camera da letto.
Nel frattempo, lei si è sbarazzata delle nostre t-shirt; quando cadiamo sul letto, dopo esserci aiutati entrambi a toglierci i jeans, si allunga per prendere la confezione di preservativi.
Dopo esserci liberati della biancheria, Gaia mi porge una bustina e, con un po’ d’ansia, metto la protezione.
Spero che non succeda niente a questo aggeggio.
«Sei la mia vita» sussurro mentre mi stendo su di lei.
Mi bacia e, come se fosse la prima volta, mi immergo in lei.

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Buon pomeriggio a tutti :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Come ho già detto alle ragazze che fanno parte del mio gruppo su Facebook, molto probabilmente concluderò la storia tra due o tre capitoli. Devo ancora decidere...
Se vi chiedete il motivo.. beh, sento che questa storia stia annoiando un pò tutti voi, quindi che senso ha continuare per trentacinque e più capitoli?!
Detto questo, grazie per essere arrivati fin qui.
A presto.
Francy

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Capitolo 19
*** 19. *Un compleanno speciale* ***


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Buongiorno a tutti :)
Come ogni venerdì, ecco qui il diciannovesimo capitolo di questa storia.
Spero tanto vi piaccia.
Buona lettura,
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 19-
*Un compleanno speciale* 

 
Pov Gaia
 
«Ti amo» è l’ultima cosa che sento prima di crollare in un sonno profondo tra le braccia di Andrea.
Abbiamo fatto l’amore tutta la notte. Dolcemente, come soltanto due persone veramente e sinceramente innamorate fanno.
Sento le labbra di Andrea sulla mia schiena nuda mentre le sue mani mi massaggiano le spalle.
«Hmm…» mugolo ancora nel sonno.
«Buongiorno amore»
«Hmm…» mormoro ancora.
«Buon compleanno principessa» sussurra al mio orecchio.
Apro gli occhi e lo vedo a pochi centimetri dal mio viso. «Buon compleanno» ripete.
Sorrido e mi sdraio sulla schiena, mentre lui si sposta al mio fianco.
«Grazie. Spero ti sia preso il giorno libero» dico schiarendo la voce e mettendomi un braccio sugli occhi.
«Oggi sono tutto tuo»
«Bene» mi metto a sedere rimanendo nuda al suo sguardo.
«Vado a preparare la colazione» dice velocemente alzandosi dal letto. Indossa un paio di boxer ma l’effetto che gli faccio è perfettamente visibile.
Guardo la sveglia sul comodino e noto che sono soltanto le sette di mattina.
Brontolo un “Ho sonno. Lasciatemi dormire” e mi rimetto sotto le coperte; il telefono, però, comincia a squillare nel momento esatto in cui decido di chiudere gli occhi e lasciarmi cullare nelle braccia di Morfeo.
«Gaia, il telefono!!» urla Andrea dalla cucina.
Sbuffo e mi alzo coprendomi con il lenzuolo. Mi trascino con passo pesante fino all’altra camera dove il mio premuroso Andrea mi porge l’i-Phone.
«E’ Serena» mi informa sorridendo.
Gli do un bacio e, mentre lui mi guarda, rispondo alla chiamata.
«Buon compleanno zia Anca» esclama la mia amica. Anca viene da Marco che non riesce a dire correttamente Bianca. Ormai lui mi chiama in questo modo. Sembra non sapere che il mio nome è Gaia.
«Grazie» rispondo ridendo. Mi appoggio allo stipite della porta e guardo Andrea mentre prepara la colazione «Dov’è il mio nipotino?»
«Aspetta, te lo passo»
Attendo qualche secondo mentre il telefono passa in mano a Marco. «Aooo tia»
«Ciao amore. Come stai?»
«Ompeanno»
«Fai gli auguri alla zia» sento dire da Serena.
«Uuuuri tiaaa»
«Grazie tesoro. Mi manchi tanto»
Mi risponde con un paio di borbottii, poi gli chiedo «Mi ripassi la mamma?»
Sento il telefono cadere mentre Serena impreca in inglese per non far capire nulla al figlio. Sorrido e torno in camera da letto. «Ehi, scusa. Il piccolo ha buttato il telefono per terra»
«Tranquilla. Grazie per gli auguri»
«Figurati. Come sta andando questo ventitreesimo compleanno?»
«Per il momento bene. Vedremo come andrà la giornata»
«Andrea è lì?» chiede.
«Si, sta preparando la colazione» dico guardando fuori dalla stanza.
«Quindi state insieme insieme?»
«Si Serena, non ti era ancora chiaro?»
«Si, ma con te bisogna sempre chiedere più volte la stessa cosa. Le cose possono sempre cambiare da un momento all'altro»
«A-ah, divertente»
«Molto, lo so. No, sul serio… sono felice per te e Andrea. Finalmente mi sembrate davvero felici»
«Lo siamo…» rispondo sospirando e sedendomi sul letto. Il mio sguardo cade sulle sue cose e a quanto queste mura siano impregnate della sua presenza, del suo profumo.
Non saprei davvero come fare se qualcosa dovesse andare storto fra di noi.
«Ci sei?» chiede la mia amica.
«Si, sono qua» rispondo lasciandomi cadere di schiena sul letto.
«Tutto bene?»
«Si, guardavo le cose di Andrea»
«Puoi spiegarti?»
Faccio un respiro profondo e mi alzo di nuovo «Ieri sera abbiamo avuto una piccola discussione anche se, in realtà, ho omesso delle cose e lui ha creduto che fossi arrabbiata con lui»
«Perché?!»
«Ho trovato una foto di lui con la sua ex»
«La ragazza di Milano?»
«Si, Eleonora. Comunque ho avuto paura che lui potesse ritornare a provare interesse per lei…»
«E vuoi lasciarlo?! Per questo guardavi le sue cose?»
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, Serena arriva sempre alle conclusioni sbagliate senza aspettare le spiegazioni «No, non voglio lasciarlo. Guardavo le sue cose perché se dovesse succedere qualcosa di brutto tra di noi, non saprei davvero come potrei reagire. La prima volta è stato terribile, non oso pensare a come potrebbe essere questa volta»
«Non succederà nulla Gaia… Lui ti ama con tutto se stesso e non pensa nemmeno lontanamente a lasciarti per un’altra»
«Ho sacrificato tutto per lui»
«E Andrea lo sa»
«Morirei se dovesse lasciarmi»
«Gaia, ma che ti prende oggi?» chiede preoccupata.
«Non lo so, ma ho l'impressione di essere ritornata a quando avevo diciott'anni e non sapevo se la nostra relazione sarebbe durata nel tempo»
«Durerà, non preoccuparti, ok? E adesso vai e bacialo. Fate l’amore, restate a letto tutto il giorno e non farti venire queste paranoie assurde»
Mi lascio sfuggire una risata e annuisco «Ok, grazie per gli auguri»
«Non ringraziarmi. Lo farai dopo»
«Cosa?»
«Ciao Happy»
«Smettila di chiamarmi così…»
Da quando mi sono trasferita, la mia cara amica mi chiama Happy: in italiano il mio nome significa “felice” così adesso mi chiama happy.
«Ciao mia cara happy»
«Ciao» rispondo ridendo e chiudendo la comunicazione.
Indosso velocemente l' intimo e recupero la t-shirt di Andrea, l'indosso ed esco.
Lo trovo seduto sul divano mentre cerca qualcosa da guardare in tv.
«Ehi…»
«Ciao» risponde.
«Ti va di uscire?» chiedo sedendomi accanto a lui.
«E’ ancora presto. Vado a fare la doccia, nel frattempo fai colazione» dice sorridendomi e alzandosi.
«Andrea?»
«Dimmi»
«E’ successo qualcosa?»
«No, hai soltanto sacrificato tutto per me»
Mi si gela il sangue nelle vene. Ha ascoltato la mia conversazione con Serena. «Andrea, io…»
«Smettila di rinfacciarmelo ogni volta!!» urla e si volta chiudendosi in bagno.
Mi avvicino e busso «Andrea?» lo chiamo ma non risponde.
«Andrea, per favore. Lasciami spiegare»
«Non c’è nulla da spiegare!» esclama aprendo di scatto la porta e spaventandomi. «Perché stai con me? Mi rinfacci sempre di aver lasciato Jay per me, di aver distrutto il vostro rapporto e la vita che facevi prima con lui! Ritorna con Jay! Ritorna con lui così non dovrai sacrificare nulla»
E adesso cosa gli dico? Ha ragione quando afferma che ho sacrificato tutte quelle cose per lui, ma non gliel’ho mai rinfacciato e non lo farò mai.
«Non voglio tornare da Jay. Voglio stare con te» mormoro abbassando lo sguardo appena il suo si posa su di me.
«Perché hai detto di avere l'impressione che la nostra storia non durerà?»
«Ho paura Andrea… Entrambi ce l’abbiamo. Ho paura che tu possa ritornare da qualche tua ex più interessante di me mentre tu hai paura che io possa tornare da Jay. La differenza è che non tornerei più con lui perché non l’ho mai amato come amo te. Non amerò mai nessuno come amo te adesso. Sono insicura perché non so cosa potrebbe passarti per la testa»
«Potrei avere molte cose in testa Gaia… come comprare una casa insieme a te, potrei avere l’idea di sposarti o avere un bambino e prendere un cane. Comprare una macchina e fare tutte quelle cose che fanno due persone che passeranno la loro vita insieme. In testa ho il volto felice della mia fidanzata, della donna che amo, mentre ride sotto di me; ho il ricordo del sapore dei tuoi baci e la voglia di trascorrere tutto il resto della mia vita con te. Queste sono le cose che ho in testa e non ho intenzione di tradirti mandando all’aria tutto quanto. Te l’ho detto ieri sera: ho paura di fare qualcosa di sbagliato, ma questo non ha niente a che fare con il fatto che possa preferire un’altra a te» dice guardandomi fisso negli occhi.
Nella sua voce ho percepito disperazione, venerazione, amore e speranza.
«Non voglio prendere un cane» mormoro.
«Cosa?» chiede confuso.
«Hai detto che potresti voler prendere un cane»
«Si, quindi?»
«Non voglio un cane»
Vedo i muscoli delle sue spalle rilassarsi e sulle sue labbra formarsi un leggero sorriso. «E cosa vorresti?»
«Un coniglio»
Alza un sopracciglio e si avvicina «Un coniglio?»
«Si, bianco e morbido»
«Bene, quando sarà il momento avrai il tuo coniglietto»
«Grazie per avermi detto quello che potresti desiderare» dico abbassando lo sguardo.
«Quello che ho in mente. Ci penso ogni giorno»
«Mi dispiace avere sempre gli stessi dubbi e le stesse preoccupazioni di quattro anni fa» mi butto su di lui scoppiando a piangere.
«A quanto pare dobbiamo sempre litigare il giorno del tuo compleanno»
«Vediamo di esserci ancora l’uno per l’altro il giorno del tuo» mormoro contro la sua spalla.
«Ci saremo»
«Ti amo» mormoro guardandolo negli occhi.
«Anch'io, tantissimo!» esclama lui stringendomi forte. 
Restiamo ad abbracciarci per qualche minuto, poi comincia a baciarmi; mi alza la maglia che indosso fino a togliermela.
Ansimando e baciandoci arriviamo fino al bagno.
 
«Vorrei darti il mio regalo ma ce l’ha tua madre» dice Andrea mentre continuiamo ad accarezzarci.
Dopo aver fatto la doccia insieme e aver fatto colazione, ci siamo sdraiati sul letto iniziando a baciarci.
Ci siamo solo baciati ed è stata una delle cose più belle che abbia mai fatto con lui. Dopo il sesso, ovviamente.
Mi passa le dita fra i capelli e, di tanto in tanto, mi bacia la fronte. «Come mai ce l’ha lei?»
«Uhm… volevo evitare che lo vedessi»
«Giusto… Beh aspetterò»
«Brava la mia ragazza» dice sorridendo.
Sorrido anch'io e mi alzo anche se, l’idea di passare tutto il giorno con lui a letto, non mi sarebbe dispiaciuta per niente.
«Dove vai?» mi chiede.
«Vado a vestirmi… Voglio fare una passeggiata con te»
«Va bene»
Mi sorride e, con il sorriso sulle labbra, apro l’armadio per cercare qualcosa da mettere.
«Non ti piacerebbe organizzare una cena o una cosa del genere per il tuo compleanno?» chiede Andrea mentre mi vesto.
«Hm… no» rispondo velocemente.
«Come mai?»
«Non ho avuto molto tempo per pensarci e poi saremmo soltanto noi due e mia madre»
«Tuo padre?»
«Da quando abbiamo litigato non ci sentiamo spesso; sono finiti anche i nostri incontri per il caffè»
«Quando avete litigato?»
«Lo stesso giorno in cui abbiamo litigato per colpa di Elena»
«Ah. Mi dispiace»
Alzo le spalle e lego i capelli in una coda. «Non è colpa tua. Vorrà dire che, nel mio destino, non è previsto che io debba avere un padre»
«Non dire così…» mormora abbracciandomi da dietro.
«Perché non dovrei? È la verità… Abbiamo litigatoma non ha fatto niente per cercare di recuperare il rapporto con me! No, preferisce stare con gli altri due figli. La cosa assurda è che mia madre è andata a cena da loro e ha conosciuto la moglie»
«Davvero?»
«Già. Io non avrei mai avuto il coraggio»
«Magari l'ha fatto perché adesso ha trovato una persona che la rende veramente felice, quindi non le importa di vedere l’uomo che ha amato per anni con un’altra donna»
«Forse è come dici tu, ma…» mi volto verso di lui e gli sorrido «Non provare a comportarti come mio padre»
Mi sorride e mi bacia la punta del naso «Non abbandonerei mai una moglie stupenda come te e una bambina meravigliosa come quella che avremo»
«Bene»
«Bene» ripete lui baciandomi delicatamente le labbra. «Ti amo» sussurra e si allontana.
Resto a guardarlo per qualche minuto, incredula che lui sia veramente qui e che stia festeggiando il mio compleanno con l’uomo che amo.
Pochi minuti dopo siamo alla fermata dell’autobus. Andrea ha proposto di prendere quello turistico per fare un rapido giro della città e fermarci poi a fare una colazione degna di un ventitreesimo compleanno.
«Mi sono pentito di aver messo la felpa» borbotta irritato dall’indumento pesante.
«Fidati, dopo mi ringrazierai»
«Ne dubito» borbotta ancora.
Lo prendo per mano, intrecciando le dita alle sue e gliele bacio. Mi sorride e, all'arrivo dell'autobus, ridacchia e sale porgendo i biglietti all’autista.
«Mi ricorda qualcosa»
«Sbaglio o avevamo chiuso con quel periodo?»
«Lo so, ma non posso fare a meno di pensarci»
«Pensaci di meno altrimenti dormirai sul divano e poi… è passato davvero tanto tempo, cerchiamo di andare avanti»
«Quattro anni»
«Già, non mi ci far pensare»
Lo sento ridacchiare mentre lo sorpasso e mi siedo al mio posto, prima che l’autobus parta.
«Il nostro primo vero giro di Londra come una coppia» esclama entusiasta.
Lo guardo: ha un sorriso ebete a trentadue denti sulle labbra.
«Questo è il migliore regalo che potessi farmi» dico guardandolo.
Lui fa lo stesso e si gratta la testa, confuso. «Pagarti il biglietto? Non è stato granché»
«No, non mi riferisco a quello» spiego accarezzandogli la guancia.
«E a cosa?»
Mi sta sorridendo ancora «Al tuo sorriso quando siamo saliti e a quello che hai detto qualche secondo fa»
«Ah… beh, è la verità. Sono felice di fare questo tour con te»
«Anch'io lo sono» mormoro appoggiando la testa sulla sua spalla.
Non diciamo nulla mentre l’autobus prosegue il suo percorso; Andrea mi stringe la mano, intrecciata alla sua, quando raggiungiamo il Big Ben, Westminster Abbey, Buckingham Palace e mi sorride malizioso mentre il pullman si avvicina al London Eye.
«Ti va di scendere qui?» chiede Andrea.
«Qui? Perché?»
«Saliamo lassù» spiega indicando la ruota panoramica.
«Uhm… ok» mormoro non molto convinta. «Il giro però non è ancora finito e l’autista non ci aspetterà di sicuro»
«Ritorneremo con la metro o prenderemo un taxi. Voglio salire lì con te»
«Va bene, scendiamo»
Con un sorriso a trentadue denti mi prende per mano e attraversa la strada correndo mentre le macchine si fermano inchiodando.
«Andrea!! Non voglio che sulla mia lapide venga scritto che la data di morte è uguale a quella di nascita»
Scoppia a ridere e mi avvicina al suo corpo, baciandomi la testa.
In lontananza sentiamo l’uomo addetto ai biglietti che invita la gente a comprarne uno.
Non è la prima volta che salgo sul London Eye ma sento che questa è speciale.
Andrea sta rendendo il mio compleanno magico.
«Sei mai stata qui con lui?» chiede mentre si chiudono le porte e la gente intorno a noi comincia a mostrare apprezzamento per la vista.
«Si» mi limito a rispondere. Non voglio rovinare questo momento aggiungendo altro. Andrea si sposta dietro di me e mi abbraccia avvicinando il suo volto al mio. «Spero che questo sarà il giro migliore» mormora guardando davanti a sé.
«Lo sarà sicuramente. Ti amo» sussurro al suo orecchio.
Lui sorride e intreccia le nostre mani mentre la cabina si alza sempre di più, mostrandoci la vista stupenda di Londra.
«Si vede casa nostra!» esclama stringendomi e indicando un punto qualsiasi all'orizzonte.
«Non si vede!» rispondo scoppiando a ridere.
Mi piace che abbia detto “casa nostra”. Mi fa sentire protetta e al sicuro.
Lui ride e mi volta per baciarmi mentre sento il suo bacino avvicinarsi troppo al mio.
Il bacio è passionale, fin troppo; così mi allontano un po’ e mi guardo intorno sperando che nessuno abbia fatto caso a noi.
«Vorrei che in questa cabina non ci fosse nessuno» ansima sulla mia bocca.
«Purtroppo c’è gente quindi placa i tuoi istinti, Mr Ti Prendo Sul Vetro Del London Eye»
Il mio sexy e caldo fidanzato scoppia a ridere e mi bacia il collo prima di farmi voltare di nuovo; mi stringe forte al suo corpo, lo sento sorridere e inspirare il mio profumo.
«Quanto ti amo…» mormora stringendomi le mani.
Chiudo gli occhi e mi appoggio alla sua spalla.
Non m'importa della vista che il London Eye può regalarmi: ho qualcosa di molto più bello e prezioso che mi stringe in un meraviglioso abbraccio.
 
Dopo il giro sulla ruota, abbiamo passeggiato per le vie di Londra; abbiamo fatto colazione – più un brunch delle undici – e dato le molliche di un muffin agli scoiattoli di Saint James Park.
«Qualche volta dobbiamo fare un pic nic qui» dice mentre fa dondolare le nostre braccia.
«Ci pensi adesso che è quasi inverno?»
«Possiamo farlo la prossima estate»
«L’idea mi piace!» esclamo sorridendo. «Non vedo l’ora di farti vedere Londra tutta imbiancata»
«Faremo un pupazzo di neve?»
Scoppio a ridere e annuisco «Si può fare!»
Continuiamo il nostro giro ma, verso l’ora di pranzo, Andrea riceve una telefonata.
«Si?» chiede incredulo. Forse non si aspettava di parlare con chi lo ha chiamato.
Mi guardo intorno mentre Andrea continua a parlare «Ok, si. Si può fare»
Lo guardo alzando un sopracciglio ma lui nega con la testa.
«Va bene, allora ci vediamo lì più tardi» continua il mio fidanzato.
Annuisce ancora un paio di volte e chiude la comunicazione.
«Chi era?» chiedo.
«No, nulla. Un tizio che lavora con me»
«E gli hai parlato in italiano? Avrà capito tutto, immagino» gli dico prendendolo in giro.
«Ah, ehm… lui lo capisce»
«Certo, come no…» mormoro continuando a camminare.
Impieghiamo qualche minuto a raggiungere la fermata della metropolitana per ritornare a Piccadilly e lo stesso tempo per arrivare al nostro appartamento.
Durante il tragitto abbiamo chiacchierato del più e del meno. Mi ha preso in giro per il mio accento inglese e, vedendo una ragazza con i capelli azzurri, mi ha chiesto se potevo tingerli anch'io di quel colore. L’ho fulminato con lo sguardo e l’ho lasciato in mezzo alla strada.
«Ho una fame da lupi!!» esclama aprendo il portone.
«Puoi cucinare tu oggi?» gli chiedo sorridendo e rivolgendogli lo sguardo più tenero che riesco a fare.
«Solo perché è il tuo compleanno e perché ti amo»
«Allora, potresti cucinare sempre per me» rispondo ridendo e salendo di corsa.
«Non ti ci abituare» sogghigna correndo. Allunga le mani verso di me per farmi il solletico; lancio un urlo e sbatto contro la porta mentre lui scoppia a ridere «Smettila, cretino» borbotto massaggiandomi il braccio «Mi sono fatta male sul serio»
«Amore, stasera ti faccio un massaggio»
«Si, come quello che hai cominciato stamattina» sussurro al suo orecchio.
«Si può fare» risponde sorridendo malizioso e aprendo la porta.
Ma invece di essere distratta da Andrea, lo sono dalle voci che sento all’interno dell’appartamento.
«Chi è?» chiedo spaventata.
Lui alza le spalle ed entra tranquillo, come se niente fosse.
«Stai attento!» esclamo cercando di non alzare troppo la voce.
Lo sento ridacchiare mentre si dirige in cucina. Passa qualche minuto ma lui non ritorna. «Andrea?» lo chiamo ma niente. «Andrea, rispondimi» provo ancora. «Non è divertente. Per favore rispondimi» dico facendo un respiro profondo e dirigendomi a mia volta in cucina. «Andrea?» provo a chiamarlo ancora mentre entro nella stanza.
«Buon compleanno!» esclamano insieme mia madre, il suo compagno e mio padre mentre Andrea se la ride.
«Oh dio…» mormoro appoggiandomi al muro.
«Buon compleanno, amore» dice mia madre avvicinandosi per baciarmi sulle guance.
«Grazie» rispondo sorridendo.
«Auguri tesoro» dice mio padre mentre si avvicina titubante. È la prima volta che ci incontriamo dopo quello che è successo al bar.
«Ehm… grazie» rispondo abbracciandolo.
Si avvicina Andrea e mi guarda soddisfatto. «Buon compleanno principessa» mormora sulle mie labbra.
«Quando l'hai organizzato?» chiedo emozionata.
«Un’ora fa circa»
«Era mia madre al telefono prima, vero?»
«Si. Ho pensato che ci tenessi a festeggiare questo giorno con i tuoi genitori. Peccato che Serena sialontana»
«Già. Però, grazie» dico abbracciandolo «Ti amo»
«Anch'io ti amo» dice baciandomi la testa.
«Non abbiamo ancora avuto modo di presentarci» interviene mio padre avvicinandosi. Alzo lo sguardo e lo vedo sorridere, mentre mia madre alterna lo sguardo da lui alla cucina.
«Uhm… Sono Andrea, signore»
«Chiamami Martin» risponde lui sorridendogli.
«Ok»
«Vi siete conosciuti a scuola, vero?»
«Si papà» rispondo stringendomi di più ad Andrea.
«Sarebbe stato meglio se mia figlia si fosse innamorata di te piuttosto di quell’idiota che l’ha fatta soffrire al liceo» borbotta mentre si siede.
Io e Andrea ci guardiamo per qualche secondo, prima di distogliere entrambi lo sguardo, imbarazzati. Mi avvicino a mia madre mentre il mio fidanzato continua a parlare con mio padre.
«Stai bene?» chiede lei sorridendomi.
«Si, certo. Posso aiutarti?»
«No, tesoro. Non preoccuparti»
Annuisco e guardo i due seduti. Andrea sembra aver trovato un po’ di pace mentre mio padre non fa caso alla situazione.
Non mi aspettavo di trovarlo qui; non mi aspettavo nemmeno mia madre ma, sicuramente, mio padre era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere il giorno del mio compleanno.
Ok, forse penultima. L’ultimo posto lo occupa Jay.
«Cosa avete fatto questa mattina?» mi chiede mia madre.
«Uhm… abbiamo fatto un giro per Londra» rispondo continuando a fissare Andrea.
Restiamo qualche attimo in silenzio ma, ben presto, mia madre riprende a parlare.
«Dovresti smetterla di guardarli in quel modo»
«Crede che Andrea sia un ragazzo qualsiasi» mormoro.
«Lo so ma non preoccuparti. Non gli farà niente quando saprà la verità»
«Perché è qui?» chiedo voltandomi a guardarla.
«Ti vuole bene. Sono stata io a chiedergli di venire»
«Capisco»
«Ehi…» mi volto e Andrea mi sorride a trentadue denti.
«Ehi» rispondo baciandolo.
«Tutto ok?»
«Si»
«Sedetevi. Tra poco sarà pronto»
«Bene!» esclama mio padre.
Mi sento stranissima nel vederlo qui. Non è la prima volta che entra nel mio appartamento ma, dopo la nostra discussione, sembrava non volesse avere più niente a che fare con me. Del resto avevo deciso di non volerlo sentire per qualche tempo.
Andrea mi accarezza la schiena per infondermi un po’ di coraggio e, da vero gentiluomo, mi sposta la sedia per farmi accomodare.
«Wow. Grazie» rispondo sorridendo.
«Di nulla» mormora al mio orecchio. Mi bacia la guancia e si siede.
Con la prima portata nei piatti, cominciamo a mangiare parlando del più e del meno anche se il discorso si è mantenuto più che altro su di me e Andrea.
«Avete intenzione di ritornare in Italia?» chiede mio padre mentre aiuto mia madre a portare via i piatti del secondo.
Andrea mi guarda mentre evito di posare lo sguardo su di lui. Non so cosa dire.
«Sono disposto a tutto quindi, se Gaia vorrà rimanere, rimarrò al suo fianco. In caso contrario, la seguirò dovunque decida di andare»
«Probabilmente torneremo per Natale. Magari lo trascorreremo con Serena» rispondo.
«Così potrai conoscere i miei genitori» aggiunge Andrea.
Oh dio, è vero.
Gli sorrido e mi volto. Basta! Non ne posso più.
«Bene!! È ora della torta!» esclama mia madre sorridendo.
«C’è anche una torta?» chiedo incredula.
«Certo. Ci lavoro da qualche giorno»
«Mamma!! Perché?»
«Non posso farlo per la mia dolce figlia?»
«Si, però… insomma, bastava un dolce qualsiasi»
«Non dire sciocchezze» mi dice accarezzandomi la spalla. Si volta verso il frigorifero e, aprendolo, prende una piccola torta a due piani.
È bianca con le decorazioni rosse. Alla base di ogni piano c’è un nastro e un fiocco dello stesso colore. In cima delle rose rosse e la scritta “Auguri Gaia”.
«Oh mio dio, mamma!!» esclamo portandomi le mani sulla bocca e scoppiando a ridere.
«Ti piace?» chiede.
«Ma certo! È fantastica»
«Che bello. Sono contenta che ti piaccia»
«Grazie» mormoro commossa. Sciolgo l’abbraccio con Andrea per abbracciare mia madre.
«Per i tuoi stupendi ventitré anni» sussurra al mio orecchio. Mi guarda con gli occhi lucidi e sorride cercando di non piangere.
Mi sfugge una lacrima ma la mia mamma si affretta ad asciugarla in fretta. «Non piangere, su. Il giorno del tuo compleanno devi soltanto sorridere.  Adesso spegni le candeline»
Dopo l’imbarazzante momento della canzoncina, il fidanzato di mia madre propone ad Andrea di avvicinarsi a me per fare una foto.
«Oh no…»  mormoro imbarazzata, cercando di porre fine a questo momento il più velocemente possibile.
«Dai, Gaia. E’ il primo compleanno che passate insieme» mi ricorda mia madre.
Certo…
Guardo Andrea e lui alza le spalle leggermente imbarazzato.
«Ok, vieni» dico sorridendo.
Lui mi raggiunge, mi fa l’occhiolino e mi stringe al suo corpo baciandomi la fronte. Chiudo gli occhi e mi volto leggermente verso di lui: in quell’istante viene scattata la foto.
«Bellissimi» mormora mio padre.
Sorrido, leggermente imbarazzata, e mi alzo sulle punte dei piedi per baciare la guancia di Andrea.
«Ti amo» mormora al mio orecchio.
Sorrido e allungo una mano verso mia madre per farmi dare il coltello. «A te l’onore vecchietta» dice.
«A-ah, spiritosa»
La donna che mi ha messo al mondo mi fa la linguaccia come se fosse una bambina e mi porge l’oggetto che ho chiesto.
«Non tagliarti un dito, eh?» si raccomanda Andrea, prendendomi in giro.
«Pensi davvero che sia così impedita?» gli chiedo mettendomi le mani sui fianchi.
«No, amore. Sei bravissima, ma non voglio che ti capiti nulla di male» si giustifica facendomi un’altra volta l’occhiolino.
Ridacchio e scuoto la testa, affondando il coltello nel piano superiore della torta.
«Hm… cioccolato, panna e fragoline. Interessante» dico guardando mia madre e, di sfuggita, anche Andrea.
Non voglio pensare a cosa succederebbe se avessimo dovuto mangiarla da soli.
Scrollo le spalle e taglio a fettine il ripiano, ne dispongo una in ogni piatto e tutti, lentamente, cominciamo a gustare la bontà che ha preparato mia madre. «Mamma, è davvero buona» mormoro gustando la mia fetta con piacere, molto piacere.
«Posso darti il mio regalo?» chiede mio padre.
«Uhm…» mando giù l’ultimo pezzo di torta e annuisco.
Mio padre si alza e si dirige in soggiorno e mia madre lo segue.
«Come stai?» chiede Andrea accarezzandomi una coscia.
Attendo qualche secondo prima di rispondere ma, quando lo faccio, sorrido e mi volto verso di lui «Bene. Grazie per quello che hai fatto»
«Non ho fatto nulla» mormora alzando le spalle.
Gli sorrido e mi concentro sui miei genitori che non sono ancora tornati; Andrea invece scambia quattro chiacchiere con Paul.
«Eccoci qui!» esclama finalmente lei dopo qualche altro minuto.
Aiutata da mio padre, sta portando dei pacchetti di diverse misure.
«Sono tutti per me?» chiedo sorpresa.
«Si, tesoro. Questo è da parte mia e di tua madre» spiega mio padre porgendomi un pacchetto rettangolare.
Hm, cosa sarà mai?
I miei genitori hanno pensato al mio regalo di compleanno, insieme?!
Accidenti, facciamo progressi.
«Dai, Gaia! Aprilo»
Ok… scarto la confezione e, appena vedo il logo sulla confezione, scoppio a ridere «Ma dai…» esclamo continuando a ridere.
«Non sai ancora di cosa si tratta» dice mia madre.
«Credo di aver capito qualcosa»
Continuo a scartare e tiro fuori due confezioni. «Accidenti» mormora Andrea.
Apro il primo coperchio: nelle mie mani c'è un meraviglioso I-Pad della Apple. «E’ meraviglioso. Grazie» dico guardando entrambi i miei genitori.
Guardandoli adesso, non riesco davvero a credere che abbiano avuto tanti problemi in passato.
Adesso sembra che non sia mai successo nulla.
«Apri l’altro» mi suggerisce mio padre.
«Ok»
Faccio come mi dice e trovo una divertente cover fucsia. «Così hai tutto il completo»
«Grazie davvero»
Passo tutto a mia madre e io prendo in mano un altro pacco.
«Ah, si questo è di Andrea» dice mia madre guardando il mio fidanzato.
«Giusto, si! Allora aprilo per ultimo!» esclama lui prendendo il  pacchetto dalle mie mani.
«Perché?» chiedo.
«Voglio che lo apri alla fine»
«Ok» mormoro non molto convinta.
Mia madre, ridendo, mi passa un altro pacchetto. «Questo è da parte di Serena»
«Serena?»
«Si, me lo ha mandato qualche giorno fa per fartelo avere in tempo»
Sorrido e, velocemente, lo scarto.
«Oh mio dio» mormoro aprendo la scatola. Al suo interno trovo un paio di orecchini a forma di farfalla in oro decisamente troppo costosi.
«Ti piacciono?»
«Si, tantissimo»
Non ho mai posseduto un oggetto simile.
«C’è questo» dice Andrea porgendomi un biglietto.
«Grazie» mormoro prendendo la piccola busta.
La apro e leggo le poche righe scritte dalla mia amica.
Amica mia… oggi hai compiuto la bellezza di ventitré anni e diventi ogni giorno più figa. Se fossi stata un uomo, avrei picchiato Andrea per averti tutta per me. No, sul serio… sei una donna bellissima e una persona fantastica e non permettere a nessuno, nemmeno a te stessa, di dirti il contrario. Hai affrontato molte cose nella tua vita e so che continuerai a scegliere il meglio per te stessa, qualsiasi cosa accada. Ti voglio tanto bene, amica mia.
Serena
Guardo le persone accanto a me e mi rendo conto di quanto mi manchi la mia amica. Forse dovrei prendere in considerazione l’idea di ritornare in Italia.
«Ok, proseguiamo» mormoro asciugandomi una lacrima.
«Tutto ok?» mi chiede Andrea accarezzandomi la schiena.
Annuisco sorridente e apro l’ultimo regalo, quello Paul. E’ una lunga collana in oro, con un piccolo corno porta fortuna.
«Oh grazie. È meravigliosa!» esclamo andando ad abbracciarlo.
«Figurati. E’ un porta fortuna. Spero te ne porti tanta» spiega lui.
«Grazie» mormoro ancora abbracciata a lui. «Lo spero anch'io» aggiungo ridendo.
«Bene, adesso che i regali sono stati tutti aperti, tranne quello del tuo fidanzato, andate di là mentre noi pensiamo a pulire la cucina» dice mia madre facendomi l’occhiolino.
«Ah, ok»
E' stato uno strano pranzo di compleanno.
«Vieni» dice Andrea prendendomi per mano e afferrando la scatolina.
«Cos’è tutto questo segreto?» gli chiedo.
«Nessun segreto, però mi piacerebbe che aprissi il regalo soltanto davanti a me»
«Hai paura che non mi piaccia e ti faccia fare una brutta figura davanti agli altri?»
Lui ride e scrolla le spalle «Mi preoccupano molto gli orecchini e la collana, però spero ti piaccia quello che tua madre ha preso»
Aggrotto le sopracciglia e prendo la scatola «Uhm… mi sono dimenticato di comprarti il regalo»
«Ah»
Viva la sincerità. «Ti chiedo scusa, ma è stata una settimana strana e ho avuto un sacco di pensieri; volevo chiederti scusa per quella questione ma non sapevo come iniziare il discorso… così mi è passato di mente il regalo. Perdonami» dice guardandomi negli occhi.
«Fa niente. Non era necessario che mi comprassi nulla, comunque. Il regalo migliore che potessi farmi l'hai fatto due mesi fa»
«Ovvero?» chiede lui sorridendo.
«Non mi hai abbandonata nonostante tutto quello che ti ho fatto»
Non dice nulla, mi sorride debolmente e si avvicina per baciarmi. Accorcio le distanze e ricopro la sua bocca con la mia.
«Ti amo» mormoro sulle sue labbra. Lo abbraccio forte e continuo a baciarlo, trasmettendogli tutto l’amore che nutro nei suoi confronti.
«Hm…» mugugna dopo qualche minuto.
«Apro?» chiedo aprendo piano gli occhi.
«Si»
Sorrido e comincio a scartare il pacchetto. «Nemmeno tu sai cos'è allora?»
«Invece lo so. Nel corso della mattinata, tua madre mi ha mandato le foto di alcune cose. Questo è quello che mi è piaciuto di più»
«Che mamma tecnologica» Apro il cofanetto e resto a bocca aperta «Andrea!!»
«Cosa?! Non ti piace?»
«No, è… è veramente…» estraggo l'oggetto dalla sua scatolina e mi faccio aiutare da lui per allacciarlo. «E’ meraviglioso» dico infine.
E’ un bracciale in oro a due fili: in uno ci sono dei cerchi mentre nell’altro c’è un cuore al cui interno sono incise le lettere “G” e “A”.
«Ti piace?»
«Grazie» mormoro scoppiando a piangere. Lo abbraccio e piango contro la sua spalla.
«Perché piangi?» mi chiede.
«Perché ti amo» rispondo guardandolo negli occhi. Gli circondo il viso con le mani senza perdere il contatto visivo con lui. «Grazie per non esserti arreso e per essere qui con me adesso»
«Ci sarò sempre»
Mi avvicino a lui e lo riempio di baci mentre le mie lacrime, a poco a poco, si esauriscono.
Faccio un profondo sospiro e lo guardo. Sorrido e, poco dopo, scoppio a ridere «Cosa c'è adesso?» mi chiede Andrea ridendo a sua volta.
Mi considererà una una pazza isterica.
«Sono felice»
«Anche io» risponde lui.
Ci guardiamo emozionati negli occhi, prima di riprendere di nuovo a baciarci con lentezza, passione e trasporto.
Il mio cuore batte furioso come un tamburo, il mio respiro è affannato e la mia mente completamente annebbiata da lui. Tutto di lui mi crea questi piacevoli disturbi.
 
«Grazie per tutto» dico a mia madre.
«Non è niente tesoro»
«Spero che i regali ti siano piaciuti» interviene il suo compagno.
«Sono fantastici. Ti ringrazio ancora» gli dico abbracciandolo.
«Ciao tesoro» mormora mio padre uscendo dal mio appartamento.
«Grazie per il regalo» le dico abbracciandolo forte.
«E’ stato un piacere»
Ci sorridiamo, poi lui si volta a salutare Andrea e, insieme al fidanzato di mamma, esce di casa.
«Bel bracciale» mi dice maliziosa mia madre.
«Come se non sapessi chi l'ha comprato»
«Te l'ha detto?»
Annuisco e sorrido. «Bravo ragazzo. Ha pagato il doppio per far fare in tempo l’incisione sul cuore»
«Davvero?»
«Si. Ti ama davvero tanto»
«Lo so» rispondo con sguardo sognante.
«Bene, è meglio se tolgo il disturbo»
Andrea saluta e ringrazia mia madre e, appena lei lascia l'appartamento, gli salto addosso e comincio a baciarlo dappertutto.
Lui scoppia a ridere e cerca di mettermi giù. «Possiamo accendere il tuo nuovo giocattolino?» chiede con sguardo da cucciolo.
«Ti riferisci all’I-Pad?»
Lui annuisce facendomi gli occhi dolci. «Andrea, volevo stare con te»
«Cinque minuti. Non sei curiosa di sapere come funziona?»
«Si lo sono, ma pensavo che contasse di più voler stare con il mio fidanzato»
Alza un sopracciglio e mi guarda malizioso. «Ok»
«No, ora aspetti. Devo chiamare Serena»
Mi fulmina con lo sguardo ma si dirige in cucina per prendere il mio regalo mentre recupero il telefono dalla borsa e digito il numero della mia amica.
Quando risponde le dico «Tu. Sei. Completamente. Impazzita»
«Oh, ma ciao anche a te, amica del cuore. Gli orecchini ti sono piaciuti?»
«Sono bellissimi. Grazie mille»
«Non dirlo nemmeno. Mi ha fatto piacere comprarteli. Come sta andando la giornata?»
«Bene, anzi, rispetto a stamattina, benissimo»
«Infatti. L’importante è che tutto sia risolto adesso»
«Si, è tutto apposto. Sai… pensavo che forse potremmo ritornare in Italia»
«Volete ritornare?» chiede la mia amica.
«Non lo so… Insomma, Londra mi piace e sembra piacere anche ad Andrea ma ho paura che lui non sia veramente felice qui»
«Ne hai parlato con lui?»
«Non ancora ma lo farò. Comunque torneremo per le vacanze natalizie e mi presenterà i suoi genitori»
«Oh, wow! La nostra Gaia alle prese con i futuri suoceri»
«Smettila, non sei divertente»
«Non dovresti avere nulla di cui preoccuparti. Non è la prima volta che incontri i genitori di un tuo fidanzato»
«Si, però… mi sembra diverso questa volta»
«Diverso in senso negativo o positivo?» chiede ancora.
«Positivo. Insomma, sembrerà che stiamo ufficializzando tutto»
«E non vuoi?»
«Ma certo che voglio. Non desidero altro, però… dai, Serena, non avevi l’ansia quando hai incontrato i genitori di Massimo?»
«Certo che l’avevo»
«E non hai avuto la sensazione, positiva certo, che dopo quell’incontro tutto sarebbe diventato più serio?»
«Si, l’ho avuta anch'io, ma non deve spaventarti»
«No, non sono spaventata. Sono felice di conoscere i suoi genitori, però… insomma, ho l'ansia lo stesso»
«E’ perfettamente normale ma sono sicura che, con Andrea vicino a te, supererai anche questa. E poi hai ancora tempo per prepararti all’idea»
Sorrido e annuisco, mentre mi distendo sul divano appoggiando i piedi sulla spalliera.
«Come sta andando la cura?» mi chiede all’improvviso.
La settimana scorsa le ho parlato delle mie analisi e del fatto che ho sospeso l’uso della pillola.
«Fra tre settimane devo fare delle nuove analisi del sangue»
«Bene. Poi mi farai sapere, ok?»
«Certo» rispondo, ma vengo distratta da una figura al mio fianco. E’ Andrea che si siede sul tavolino accanto. «Sere, ti saluto adesso»
«Ok, salutami il tuo amico» dice ridendo.
Sorrido e la ringrazio ancora per il regalo.
«Ti saluta Serena»
Andrea non mi risponde, si limita a spostarmi nel divano e a distendersi accanto a me. «Finalmente» mormoro.
«Ti sono mancato?»
«Si, tantissimo» dico guardandolo.
«Sul serio?» chiede incredulo.
«Ti fidi molto di me, eh?»
«Mi fido di te» dice baciandomi la punta del naso.
Gli sorrido, prima di mormorare «E io di te»

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Salve!
Capitolo finito?
Impressioni? Come vi è sembrato il secondo compleanno festeggiato insieme? Come la prima e l'unica volta litigano e poi fanno pace, ma il bello di Gaia e Andrea è proprio questo, no? Possono odiarsi in certi momenti, possono voler tenere a distanza l'altro a causa di un momento di rabbia ma alla fine finiscono sempre per amarsi come e più di prima, perchè non riescono a stare separati per più di qualche minuto. Invidio tanto il rapporto che ho creato. Come forse tutte le autrici di storie come la mia un pò vorremmo essere la protagonista amata incondizionatamente dal suo lui, però non si può desiderare tutto dalla vita, no? :)
BTW... torniamo al capitolo. Sul serio, cosa ne pensate? Ultimamente ho avuto un pò di dubbi su questa storia, su come sta andando e via dicendo, per questo motivo, avevo intenzione di fermare la storia al ventunesimo capitolo più l'epilogo, ma adesso sono di nuovo al punto di partenza! Ci sono ancora tante e tante cose che vorrei farvi leggere, ma la paura di annoiarvi è tanta, quindi vedrò come andranno questo capitolo e il ventesimo e poi deciderò se continuare o meno.
Io capisco che forse potrebbero annoiarvi tutte le vicissitudini dei due protagonisti e magari vorreste leggere di qualche altro personaggio secondario, ma non ho mai sentito e visto l'esigenza di descrivere le vicende di qualcun altro. Alla fine la storia è di Andrea e Gaia, no?
Comunque sia... ho modificato qualcosa nei capitoli futuri, nel caso in cui dovessi continuare a pubblicare, quindi.. io spero che questo capitoli vi piaccia e che continui a piacervi in generale la storia di questi due, anche se dopo, hm... nove mesi (da settembre, quando è cominciata LBIOS) potrei capire che volete soltanto non sentirli nominare più!
Prometto che appena concluderò questa storia non li nominerò più!
Beh, detto questo, vi lascio alla vostra giornata!
Un bacio e al prossimo venerdì!
Francy :) 

 

 

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Capitolo 20
*** 20. *Fotoricordo, o meglio dimenticare?* ***


Buon pomeriggio.. :)
Scusate il ritardo. Avrei dovuto pubblicare stamattina, ma purtroppo non avevo ancora il capitolo pronto. Comunque adesso sono qui a pubblicare.
Spero il capitolo vi piaccia :)


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 20-
*Fotoricordo, o meglio dimenticare?*

 
«Com’è andata al lavoro?»
«Poteva andare meglio. Finalmente Will ha fatto l'esame e non mi stressa più con la tesina»
«Meglio. Non sopportavo più di vederti nervosa per colpa sua»
Mi volto verso di lui e gli lascio un bacio a fior di labbra. «Non hai intenzione di lasciare il lavoro, vero?»
«Non posso permettermelo»
«Va bene» mormora sorridendo.
«Mi spoglio e sono tutta tua»
«Ma sarai tutta mia vestita in un altro modo o nuda?»
«Rifletterò sulla cosa e te lo farò sapere»
Andrea scoppia a ridere e si dirige in soggiorno per giocare con il mio I-Pad; nel frattempo, faccio una doccia veloce.
Nei giorni seguenti al mio compleanno, abbiamo trascorso molto tempo insieme.
La sera siamo usciti e abbiamo cenato fuori, chiacchierando di quello che ci siamo persi negli ultimi anni.
Abbiamo passeggiato lungo il Tamigi e attraversato il Millennium Bridge. Ho scoperto che Andrea ha paura di attraversare qualsiasi tipo di ponte, quindi per tutto il tragitto si è aggrappato a me.
La nostra vita insieme a Londra sembra non avere problemi ma, ovviamente, non posso fare a meno di pensare a quello che ha detto mio padre il giorno del mio compleanno.
Potremmo tornare in Italia. Ritornare a casa nostra.
Ma voglio ritornare davvero?
Negli ultimi tre anni ho sempre pensato che la mia vita ormai è qui a Londra e che sarei tornata in Italia solo per qualche sporadica visita.
Ero anche convinta che non avrei mai più rivisto Andrea e che la mia relazione con Jay sarebbe durata a lungo.
Ero sicura di molte cose prima dell’arrivo dell’uragano Andrea, adesso non lo so. Ho rimesso tutto in discussione e, tra rimanere a Londra o tornare in Italia, non so da che parte pende la bilancia.
A parte Serena e qualche parente alla lontana, non ho nessuno in Italia; Andrea, invece, ha la sua famiglia e sarebbe ingiusto nei suoi confronti costringerlo ad abbandonare tutto e tutti per trasferirsi definitivamente qui.
Mi ha detto che gli piacerebbe comprare una casa insieme a me, quindi ha veramente intenzioni serie ma, prima di prendere una decisione del genere, dovremo decidere dove vivere.
Italia o Inghilterra.
«Andrea?» lo chiamo, decisa a farmi aiutare da lui.
«Dimmi» mormora alzando lo sguardo mentre lo raggiungo in soggiorno.
«Vuoi davvero vivere a Londra?»
«Cosa c’entra?»
«Niente. Voglio affrontare questo discorso con te. Non posso?»
«Uhm… no, certo che puoi» dice. Sembra in difficoltà. «Pensavo volessi rimanere qui. Vuoi ritornare in Italia?» mi chiede alzandosi, mentre rimango ferma come una statua.
«Da tre anni a questa parte so con certezza che la mia vita è qui a Londra ma, da quando stiamo insieme, sto rimettendo tutto in discussione»
«E questo cosa significa?!» chiede preoccupato.
Lo noto dal tono della sua voce. La preoccupazione sta prendendo il sopravvento.
«La tua famiglia è in Italia e non sarebbe giusto decidere soltanto in base a quello che voglio io. Ci sei anche tu e dobbiamo decidere insieme. Hai detto che vorresti comprare una casa con me ma, prima di farlo, dobbiamo decidere dove comprarla»
Le sue labbra si distendono in un sorriso, adesso è più rilassato.
«Io voglio vivere dove vivi tu»
«Si Andrea, lo so. Però non voglio che la tua famiglia ce l’abbia con me per averti portato via»
«La mia famiglia non ce l’avrà con nessuno. Mia madre ci darà il suo appoggio se mio padre dovesse essere contrario e mia sorella, lo sai, ti adora»
«Forse quattro anni fa»
«Fidati. Sono sicuro che sarà ancora così» dice avvicinandosi e circondandomi le spalle con un braccio.
Mi bacia la fronte e, insieme, ci avviciniamo al divano. 
«Se a te Londra non piace, non voglio che tu ci debba vivere per forza. Voglio che tu sia felice» dico sedendomi a gambe incrociate sul divano.
«A me piace. Chi ti ha detto il contrario?»
«Nessuno, però…»
«Niente però. Voglio vivere a Londra con te. In memoria dei vecchi tempi»
«Eviterei di ricordare i vecchi tempi, Andrea»
«Perché?»
Lo guardo di traverso e lui sorride sdraiandosi supino con le braccia dietro la nuca; mi allungo verso di lui per guardarlo negli occhi.
«Qui ci siamo conosciuti. Dobbiamo restarci» dice guardando il soffitto. Sembra perso nei ricordi, forse sta ripensando a quelle lontane tre settimane.  
«Dici sul serio?»
«Si e ti elenco altri motivi: ci siamo conosciuti qui, la nostra prima volta è stata qui, qui entrambi abbiamo un lavoro, presto riprenderò gli studi e non credo tu voglia crescere i tuoi figli in Italia»
Gli sorrido e mi allungo ancora di più per baciarlo.
«Non ti da fastidio la possibilità di incontrare Jay in giro ?»
«Hm, no»
«Bugiardo» mormoro appoggiandomi al suo petto.
«E’ vero, però dai… Londra è grande. Dovresti essere proprio sfigataall’ennesima potenza per incontrarlodi continuo»
Lo guardo ancora un po’ , poi gli sorrido e lo bacio di nuovo. «Quindi rimaniamo qui?» gli dico per averelaconferma.
«Esattamente. E tanto perché tu lo sappia: non me ne andrò neanche se me lo chiederai»
«E’ una promessa?» gli chiedo sorridendo.
Lui annuisce e dice «Si, è una promessa»
«Bene» mormoro e mi arrampico sul suo corpo per baciarlo meglio.
Ci baciamo per qualche minuto, fin quando l’aria non si riscalda e mi ritrovo sotto di lui.
Mi alza la maglia che indosso e comincia a strofinare il naso sul mio collo.
«Andrea…» lo chiamo ansimando.
«Hmm» mormora cominciando, stavolta, a baciarmi.
«Ti ricordi quella sera?» gli chiedo alludendo alla nostra prima volta.
Non ne abbiamo mai parlato.
«Quale sera?» mormora fermandosi a guardarmi.
«La prima sera qui a Londra»
«Certo che me la ricordo» esclama quasi offeso dalla mia domanda. «Mi ricordo tutto»
«Proprio tutto?» chiedo imbarazzata.
Avevo sperato che con il tempo avesse dimenticato quello che gli avevo detto.
«Si Gaia, proprio tutto» risponde lui sorridendo.
«Che vergogna» mormoro distogliendo lo sguardo da lui.
«Non dirlo»
«Hai idea di come mi sia sentita?»
«Mi dispiace, sul serio» mormora nascondendo il volto nell’incavo del mio collo.
«Ah allora ti ricordi sul serio»
«Mi hai detto “ti amo”»
«Ahhhh» urlo tappandomi le orecchie «Non dirlo, ti prego»
«Perché? Ormai me lo dici senza problemi»
«Si però, è strano ricordare quel momento»
«E’ stata la notte più bella della mia vita» dice lo guardo.
«Davvero?»
«Si, davvero. Invece la seconda notte più bella per me è stata quando abbiamo fatto l’amore dopo esserci rimessi insieme»
«Sempre le nostre prime volte in pratica»
«Cheti devo dire: sono state memorabili» dice alzando le spalle.
«Ma levati, idiota!» esclamo colpendolo alla spalla. Lui scoppia a ridere e mi blocca i polsi sopra la testa.
«Ricordare quella sera mi ha fatto venire voglia di ripassare i fondamentali»
«I fondamentali di cosa?»
«Anatomia applicata»
«Esiste?» gli chiedo.
«Che ne so se esiste davvero! Voglio studiare la tua anatomia» mormora baciando la mia pancia.
Oddio, non l’ha detto sul serio, vero? Alzo gli occhi al cielo e mi lascio andare al suo tocco.
«Hai un profumo buonissimo» mormora sollevando la testa per baciarmi.
«Ti eccita?» gli chiedo sorridendo.
«Tantissimo» mormora mordendomi il labbra inferiore.
«Lasciami andare le mani» gli chiedo alzando il bacino per andargli incontro.
Andrea fa come gli dico e, subito, gli sfilo la canottiera e gli slaccio i pantaloni infilando le mani nei suoi boxer.
Lo accarezzo intimamente mentre il suo respiro diventare sempre più affannoso vicino il mio orecchio. Mi fermo e lui mi guarda ansante e con gli occhi spalancati.
«Perché ti sei fermata?» mi chiede ma riprendo subito a baciarlo mentre, goffamente, capovolgiamo le posizioni.
«Meglio?» gli chiedo.
Annuisce e riprendo a toccarlo. Fisso il suo tatuaggio e sorrido al ricordo della prima volta in cui l'ho visto.
Sento i muscoli delle sue gambe contrarsi e il suo bacino alzarsi verso la mia mano. Lui mi guarda mentre continuo ad accarezzarlo.
La cosa mi mette un po’ a disagio ma, prima o poi, avrei voluto farlo.
«Fermati» mi dice con voce roca mentre il suo seme si riversa sul suo addome.
Chiude gli occhi e cerca di regolarizzare il respiro mentre mi avvicino al tavolino per prendere i fazzoletti.
Lo pulisco e ritorno su di lui.
Gli bacio la fronte, le palpebre chiuse, il naso, gli zigomi e le guance, il mento e infine la bocca. «Grazie» mormora.
«E’ stato un piacere» rispondo mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.
«Lo hai mai fatto con la bocca?»
«No» mormoro diventando rossa come un pomodoro.
«Non hai mai fatto cose del genere con Mister Londra?»
«No, mai»
«Quindi sarebbe la prima volta che lo fai»
«Si, Andrea»
«Che bello!» esclama lasciandosi andare ad un profondo sospiro.
«Quello non l'ho mai fatto» confesso imbarazzandomi ancora di più»
«Non sei costretta a farlo ma, quando vorrai provare, non mi tirerò indietro» risponde lui tranquillo, facendomi l’occhiolino.
«Divertente»
«Posso ricambiare?» chiede alzandosi e rimettendosi i boxer.
«Vuoi… vorresti…» cerco di esprimere a voce quello che immagino farà, ma non ci riesco.
«Si, proprio quello» mi conferma sorridendomi malizioso. «Vieni!!» esclama prendendomi in braccio e portandomi in camera da letto.
Dopo avermi spogliata e fatta sdraiare, Andrea si sposta sulla mia intimità penetrandomi con un dito.
«Dio!!» esclamo alzandomi di botto.
«Stai ferma. Non è niente che tu non abbia già sentito e, comunque, hai provato qualcosa di ben più grande del mio dito»
«A cosa alludi?» gli chiedo maliziosa mentre ritorno a distendermi sul letto.
Lo sento ridere mentre riprende a toccarmi. «Rilassati» mi dice aggiungendo al dito anche la lingua.
Non so quanto dura questa tortura: sento la sua lingua percorrere, centimetro dopo centimetro, la mia intimità; riesce a darmi piacere anche solo soffiando su di essa. Ho sussultato al suo tocco delicato ed eccitante e mi sono sciolta per un orgasmo potente.
Devo ancora regolarizzare il respiro quando Andrea si alza, toglie i boxer, infila la protezione e si stende su di me.
Mi bacia avidamente ed entra in me provocandomi un altro sussulto. «Ti amo» mormora ad ogni spinta.
Mi guarda negli occhi e spinge, ogni volta sempre un po’ più forte. «Non ti lascerò per niente e nessuno Gaia. Ti amo da morire» dice spingendo ancora.
In poco tempo il mio corpo viene pervaso dai brividi e dagli spasmi causati dall’orgasmo.
Sento Andrea uscire da me e sbarazzarsi del preservativo ma ritorna subito al mio fianco per stringermi a sé. «Ti amo» mormoro voltandomi verso di lui e baciandogli il petto.
«Anch'io ti amo» sussurra baciandomi i capelli e stringendomi forte.
Restiamo qualche minuto in silenzio, ascoltando i nostri respiri ritornare normali e i battiti dei nostri cuori regolarizzarsi dopodiché Andrea si stende sulla schiena e mi chiede «Quante prime volte hai avuto con lui?»
Alzo lo sguardo verso di lui e mi concentro sul suo volto. «Non mi guardare così. Sono soltanto curioso» dice sorridendomi.
È sereno.
«Ah, ehm… non molte: forse la prima sbronza»
«Quand’è successo?»
«Questo non lo vuoi sapere» rispondo ridendo e nascondendo il viso contro il suo fianco.
«Dai, dimmelo. È così terribile?»
«Abbastanza. Preferirei dimenticare considerato quanto sono stata male»
«Ah. Mi sono fatto un’idea»
Sorrido e gli bacio il petto, all’altezza del cuore.
«Ero appena ritornatadal matrimonio di Serena e, per tutto il tragitto dall’aeroporto a casa, ho trattenuto le lacrime. Quando sono arrivata, ho trovato ad aspettarmi Jay ma sono scoppiata in lacrime lo stesso. Lui immaginava che sarei ritornata in quello stato, così mi ha accompagnata in casa, mi ha abbracciata, ha mandato qualche messaggio e mi ha portata a bere qualcosa»
«Ok, basta. Non dirmi più niente» mormora Andrea infastidito.
«Scusa»
«Non hai nulla di cui scusarti. Te l’ho chiesto io»
Restiamo qualche secondo in silenzio, interrotto soltanto dai suoi lunghi sospiri; così, per salvare la serata, mi alzo rimettendomi l'intimo e recupero dall’armadio la scatola con le foto scattate con la Polaroid.
«Cosa stai facendo?» mi chiede alzandosi e poggiandosi sui gomiti.
«Ti faccio vedere una foto buffa di quella sera»
Ritorno sul letto e apro la scatola mentre lui si alza per indossare i boxer.
Riguardare, anche se velocemente, queste foto mi riporta all’inizio della mia vita qui a Londra.
«Trovata?» mi chiede sorridendo a malapena.
Non è di buon umore il mio Andrea.
«Si, eccola» rispondo mostrandogli la foto che mi ritrae da dietro con le braccia aperte mentre cerco di mantenere l’equilibrio.
«Non è molto buffa» mi fa notare.
«Beh, è ridicola»
«Grazie per aver provato a tirarmi su di morale»
«Scusami davvero. Non avrei dovuto parlarne»
«Gaia, te l’ho chiesto io» mi rassicura, poi guarda in basso verso la scatola e scoppia a ridere «Questa si che è buffa!!» esclama prendendo in mano una foto.
Mi ritrae all’università durante il primo anno. Nella foto dormo su un libro e, accanto a me, ci sono un bicchiere di tè e uno di caffè. «Periodo d’esami?» mi chiede guardandomi.
«Credo di si. Non mi ricordavo di questa foto»
«Te l’ha fatta lui?»
«No, non credo. Guarda se dietro c’è la data» gli chiedo.
«Hm, no» mormora guardando il retro della foto.
«Sicuramente saranno stati i primi tempi perché ero ancora mora. Se non ricordo male, quel giorno eravamo in sei a studiare ma, a poco a poco, ci siamo addormentate  tutte» spiego ridacchiando.
«Povero amore… ti avrei sicuramente coccolata una volta tornata a casa»
Gli sorrido e mi allungo per baciarlo. «Questa adesso ritorna al suo posto» gli dico strappandogli la foto dalle mani.
Mi sorride mentre chiudo la scatola. «No, cosa fai?»
«Rimetto a posto le foto»
«No, adesso mi hai incuriosito»
«Andrea…» mormoro. Non voglio che stia male.
«Cosa c’è? Voglio conoscere la ragazza che non ho avuto al mio fianco per tre anni. Voglio sapere cosa hai fatto, le persone che hai conosciuto. La tua vita, insomma…»
«Non ne sono molto sicura»
«Fidati di me, ok?»
Sorrido e apro di nuovo la scatola. «Chiudi gli occhi e prendine una»
«A caso?» chiede ed io annuisco.
Mi sorride malizioso e chiude gli occhi; la sua mano si avvicina alla scatola e prende una foto, fortunatamente innocua.
«Chi è?» chiede osservando la polaroid.
«Si chiama Monique ed è francese. Era una mia collega all’università. Adesso è ritornata a Parigi»
«Come mai avete fatto una foto insieme?»
«C'era una festa tra camere. Visto che il mio appartamento è fuori dal campus, lei mi ha ospitata quella notte e, quella stessa sera, abbiamo fatto baldoria»
«Immagino la mia Gaia a fare baldoria» mi prende in giro circondandomi il collo con un braccio e attirandomi a lui.
«Smettila!» esclamo guardandolo.
Lui sorride, è felice. «Sei carina in questa foto»
«Moltissimo…» constato strappandogliela dalle mani e nascondendola.
«Hai sempre molta autostima, eh! Mi raccomando, amore»
Ridacchio e gli passo di nuovo la scatola. «Guardiamole insieme, senza pescarle»
«Ok, allora…» mormoro selezionando alcune foto di quella serata.
«Uh, questa è veramente bella. Non sapevo avessi preferenze per il tuo sesso»
«Si, prendimi pure in giro»
«Mi eccita vedere la mia fidanzata mentre bacia una donna»
«Divertente… lì ero già andata»
«Ti sei ubriacata?»
«Credo di si…»
«Guarda guarda… Bianchina che fa la trasgressiva» dice scoppiando a ridere.
«Smettila, Andrea! Era il secondo anno»
«Sto scherzando Princess. Lei chi è, invece?» chiede prendendo un’altra foto in mano.
«Lei è la mia amica Sophia, la stessa del bacio. Purtroppo è dovuta ritornare a casa perché i suoi genitori non potevano più permettersi l’università e non hanno voluto che lei lavorasse»
«Da dove veniva?» chiede avvicinando la foto agli occhi.
«Australia»
«Accidenti. Però è carina»
«Dammi! Adesso è sposata!»
«Peccato»
Prendo la foto dalle sue mani e lo guardo storto. «Ci provi gusto a farmi innervosire, vero?
«E’ bello quando ti si forma la rughetta qui in mezzo» dice passandomi un dito sopra al naso, proprio tra le sopracciglia.
«Ti odio quando fai così. Se non la smetti tolgo tutto, eh?»
«No, scusa. Comunque sei più bella»
«Molto gentile. Comunque, tieni. Questa è l’ultima»
«Chi è?»
«Susannah ed è inglese» spiego guardando la foto che mi ritrae con una finta bionda.
«Non credo che siate ancora in buoni rapporti» dice accostando la foto al mio viso.
«Hm, no…»
«Come mai? Cos’è successo?»
«Uhm… sapeva di te e lo ha sbandierato ai quattro venti»
«Stronza!»
«Lo so. Non parliamo da più di un anno»
«E’ sempre la stessa festa?»
«Si, mi pare fossimo sulla terrazza»
«Sei bellina, però eh!»
«Un complimento dal mio fidanzato. Wow!»
«Non te li faccio spesso?»
«Magari li fai troppe volte»
«Te li meriti» dice con un’alzata di spalle e ridandomi la foto.
«Lei è una tipa inquietante. Viene da New York e credo le piacciano le ragazze» 
«Perché inquietante?»  chiede aggrottando le sopracciglia.
«Perché aveva collane, orecchini e bracciali pieni di teschi e bare. Mi ha fatto un po’ impressione ma alla fine è carina»
«Come avete fatto a diventate amiche?»
«Non lo eravamo. Ci siamo trovate a chiacchierare in un pub mentre ero lì con degli amici» 
«Non ci ha provato con te?»
«No…» borbotto scuotendo la testa e rimettendo la foto al suo posto. «Queste sono Sarah, la bionda e Susie, la mora. Eravamo andate a teatro»
«La più bella resti sempre tu, però»
«Non ti sto facendo vedere le foto soltanto per farmi dire che sono bella»
«Ma lo sei, guardati!» esclama mettendomi la foto davanti agli occhi.
«Si, stupenda! Gaia, mamma mia! Quanto sei figa!»
«Proprio quello che intendevo» dice lui ridendo.
Faccio lo stesso mentre gli mostro un’altra foto. «Lei è Maya ed è stata la mia partner per il teatro»
«Teatro?»
«Si. Ogni semestre, in base a cosa stavamo studiando in letteratura, mettevamo in scena uno spettacolino; lei mi ha affiancata in Macbeth»
«Scommetto che eri la protagonista»
«No. Ero la dama di Lady Macbeth»
«Hai una registrazione di questo evento magnifico?»
«No. Facevamo questi spettacolini soltanto tra di noi, tra quelli della classe. Il professore lo considerava bonus extra»
«Immagino li prendessi sempre»
«Ovvio» dico mostrandogli la lingua.
«Sei molto bella in questa foto. Non credo fosse durante una lezione»
«No. Questa foto è stata scattata la sera dell'esame. Per festeggiare siamo andate a cena fuori» spiego e prendo un’altra foto, ma avrei voluto non farlo. «Uhm…»
«Dove sei qui?» chiede lui ingenuamente.
«Uhm… a casa di Jay»
«Ah, capisco»
«Qui…» dico prendendo in mano un’altra foto «Tornavamo a casa da un week-end sulla spiaggia» spiego ricordando quei tre giorni in Cornovaglia.
«Dobbiamo farlo anche noi quando torniamo a casa»
Lo guardo e vedo che guarda malinconicamente la fotografia che tengo tra le mani. «Andrea?»
Mi guarda sorridendo, ma capisco senza nemmeno chiederglielo che qualcosa lo ha turbato e non ci vuole una laurea per capirne il motivo.
«Posso anche chiudere»
«No, smettila. Voglio vederle»
«Non sopporto di vederti così abbattuto»
«Ti sentiresti anche tu così se fossi al mio posto e anche tu vorresti continuare a vedere le foto»
«Forse non vorrei»
«Continua» dice prendendo un’altra foto dalla scatola.
«Chi è questo tipo?» chiede aggrottando le sopracciglia.
«Lui è Jonathan; lui…» continuo prendendo in mano altre due foto. In una sono con un ragazzo alto e moro mentre nell’altra, il ragazzo ed io,  siamo sdraiati per terra con le teste una al contrario dell’altra. «… è Stewart» 
Lui è molto carino: moro con occhi azzurro cielo.
«E lui?» chiede guardando l’altra foto.
«Di lui ti parlo dopo»
«Hm…» mormora annuendo e sorridendo.
«Comunque, erano miei amici e uno di loro era più di un amico»
«Quale dei due era qualcosa di più?»
«Lui» dico indicando Stewart. «Siamo stati insieme qualche settimana, poi abbiamo capito che, tra di noi, non poteva funzionare»
«Interessante»
«Lo era molto»
«Sono più interessante io, spero»
«Si» dico sorridendogli.
«Frequentava l’università?» chiede.
«Si, ci siamo conosciuti lì»
«Bene»
«A cosa stai pensando?» chiedo posando le foto che ho in mano dopo qualche secondo di silenzio di troppo.
«Vorrei riprendere gli studi per non farti vergognare di me»
«Andrea, ma cosa stai dicendo?» esclamo indignata dalle sue parole.
«E’ la verità. Non sono riuscito a concludere niente»
«NO! Non dire così. Non mi vergogno di te. Non potrei mai farlo»
Mi guarda ma non dice nulla «Se vuoi riprendere a studiare, devi farlo soltanto per te stesso. Sarò fiera di te comunque. Non cambierà nulla»
Annuisce e sorride a stento. «Stavate molto bene insieme» dice riprendendo in mano le foto.
Lo guardo per un po’ poi rispondo «Qualcuno diceva la stessa cosa, ma sono felice di aver chiuso con lui»
«Vi sentite ancora?»
«No. Mi pare stia con un’altra»
«Mi piaci tanto qui» dice accarezzando la mia immagine nella foto. «Eri felice»
«Sono più felice adesso» gli dico accarezzandogli la testa e baciandogli la guancia. «Ti ho sempre amato, anche quando pensavo che non fosse così»
«Lo so» risponde guardandomi. Si avvicina e mi bacia infilandomi la lingua in bocca. «Ti amo da morire»
Sorrido e lo abbraccio «Anch'io»
«Chi è Jonathan?»
«E’ gay e mi faceva compagnia quando ero sola a pranzo o durante le pause»
«Ok, lui mi è simpatico»
«E lui, infine, è…»
«No, lui non è per niente simpatico. Ma guardati!!» esclama indicandomi nella foto. Sono insieme ad un ragazzo con cui ho avuto qualche flirt. Lui mi tiene stretta al suo corpo e mi sta per baciare la guancia, mentre io ho gli occhi leggermente socchiusi e la bocca aperta.
«Che vuoi?! Stavo bene con lui»
«Non avevo dubbi» mormora ridacchiando. «Comunque, chi è?»
«Uhm… si chiama Andrew» spiego e lui scoppia a ridere.
«Ora mi dirai che non sei stata con questo ragazzo solo per il nome, vero?»
«Esatto. Ci sono stata perché era interessante. È il cugino di una mia collega dell’università»
«Quindi, includendo Jay, in tutto sei uscita con tre ragazzi»
«Si»
«Bene bene… poco tatuato il tipo»
«Mi piacevano i suoi tatuaggi» confesso sorridendo.
Sorride anche lui e mi guarda «Stavi bene con lui?» 
«Siamo usciti soltanto un paio di volte, mi ha fatta ridere e divertire ma niente di più. Poi ho cominciato ad instaurare un rapporto più solido con Jay»
«Scommetto che quelle sono foto vostre» dice indicando con la testa alcune foto rimaste nella scatola.
Le guardo e annuisco prendendole in mano.
Una ritrae delle rose rosse, quelle che mi ha regalato per nostro primo San Valentino insieme; il soggetto della seconda foto è un foglietto che avevo lasciato a Jay su cui avevo scritto: “Miss you”; nella terza ci sono io seduta in una biblioteca.
«Primo San Valentino insieme; biglietto che gliavevo scritto e che ho messo poi tra i suoi appunti perché non ci vedevamo da due settimane e, l'ultima foto, è di una serata passata tra i libri in vista di un esame» le poso e rimetto nella scatola tutte le foto che abbiamo visto.
«Che cosa fai?»
«Rimetto a posto. Basta»
«Ehi…»
«Andrea, non chiedermi di continuare a farti vedere queste foto, perché mi fa male vederti così. Non voglio ferirti ancora»
«Beh, credo sia normale rimanerci un po’ male. Per tutta la sera mi hai parlato dei tuoi ex»
«Me lo hai chiesto tu!» esclamo infastidita.
«Ti ho chiesto di farmi vedere com’eri in questi anni…»
«E questi anni comprendono anche i miei ex. Devi fartene una ragione, come io mi sono fatta una ragione del fatto che tu sei stato con molte donne»
«Adesso basta! Non me lo ricordare!» dice alzandosi dal letto.
«E’ meglio se tolgo di mezzo queste foto» mormoro sistemandole in fondo all’armadio. Esco dalla camera da letto e mi avvicino al divano per riprendere la maglietta e i pantaloni.
Quando torno in camera, vedo Andrea giocare con il suo I-Phone.
«Non volevo ferirti» dico avvicinandomi a lui.
«Lo so. Scusa se ho reagito in quel modo, però mi darà sempre fastidio»
«Come a me daranno fastidio tutte quelle che ti sei portato a letto, compresa quella che ti ha fatto questo tatuaggio» dico abbassandogli l’elastico dei boxer.
Lui ride e mi abbraccia «La differenza tra me e te, amore mio, è che loro per me non hanno avuto nessuna importanza mentre, per te, i tuoi ex l'hanno avuto»
«Eleonora ha significato qualcosa per te. Magari poco ma l'ha fatto»
«Proprio poco»
«Vedi? Proprio come per me Stewart»
«Ok, non pensiamoci più. Dormiamo adesso» dice stendendosi sul letto e spegnendo l’abat-jour dal suo lato.
Lo guardo mettersi sotto il lenzuolo, mentre non riesco a muovermi.
Sono stata una stupida a raccontargli della mia vita durante gli ultimi tre anni.
«Andrea?»
«Hm…» mormora.
Mi avvicino a lui cercando di farlo voltare verso di me ma si irrigidisce senza cambiare posizione.
«Andrea, per favore…»
Lo sento sbuffare e accendere di nuovo la luce. Si gira verso di me e mi guarda. Anzi, mi fissa. «Cosa vuoi?» mi chiede.
«Voglio chiederti scusa» dico guardandolo sincera negli occhi.
«Non devi chiedermi scusa, Gaia. Sono io quello che ha esagerato. Non dovevo dirti quelle cose. Ti ho chiesto di farmi vedere quelle foto e so che quei ragazzi faranno sempre parte del tuo passato. Sai quando mi hai detto che eri gelosa di tutte quelle donne che sono venute a letto con me?»
Annuisco.
«Provo esattamente la stessa cosa»
«Non sono andata a letto con loro»
«Lo so, però loro hanno scherzato con te, hanno baciato le tue meravigliose labbra, ti hanno toccata, ti hanno sussurrato parole dolci e avrei dovuto farlo soltanto io!»
«E’ vero» mormoro commossa.
«Sono qui per non andarmene mai più. Sono qui scherzare con te, per baciarti, per toccarti con dolcezza e passione; sono qui per sussurrarti parole dolci mentre stai per addormentarti e per dirti che sei bellissima quando avrai i tuoi cali di autostima»
«Mettiamo una pietra sopra al nostro passato, ti va?»
«Direi che mi sembra la soluzione perfetta» dice sorridendomi.
Lo faccio anch'io e mi avvicino a lui per baciarlo e abbracciarlo.
«Faremo le nostre foto» soffio sulle sue labbra.
«Ne abbiamo già una, se non sbaglio»
Annuisco e lo stringo ancora più forte.
Molto probabilmente ho sbagliato a mostrargli quelle foto, pero all'inizio mi era sembrata una buona idea continuare. In fondo, merita di sapere qualcosa riguardo alla mia vita negli ultimi anni.
Vorrei solo che tra di noi non ci siano segreti ma, così facendo, l’ho ferito e questa era l’unica cosa che non volevo fare.
Alzo lo sguardo e vedo il suo volto rilassato. «Dormi» mormora ed io sorrido.
«Buonanotte» sussurro.
«Notte amore» sussurra a sua volta sfiorandomi la fronte.
Gli poso una mano sul petto nudo ed è così che entrambi cadiamo tra le braccia di Morfeo.

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Eccoci a fine capitolo.
Spero davvero tanto che vi sia piaciuto e che le immagini le abbiate aperte tutte..
Comunque, nei precedenti capitoli vi avevo detto che giunti qui avrei preso una decisione riguardo il continuare o meno la storia...
C'ho pensato tanto e mi sono fatta venire tanti dubbi e drammi, ma alla fine ho capito che è giusto continuare perchè se quei capitoli li ho scritti, giusti o sbagliati che siano, li ho comunque messi neri su bianco e non è giusto che io li metta in un angolino della mia pen-drive e dica "Mi dispiace, ma voi non verrete mai pubblicati". Io c'ho lavorato veramente tanto. Ho cercato di rendere il racconto il più realistico possibile, quindi spero che i capitoli fin qui vi siano piaciuti, ma che vi piaceranno di più quelli che andrete a leggere tra qualche settimana.
Spero di essere apprezzata come lo ero ai tempi di LBIOS e, detto questo, adesso vi saluto.
Un bacio e venerdì prossimo :)
Francy

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Capitolo 21
*** 21. *Una strana giornata* ***


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Buona sera a tutti.
So che sono in ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, ma per motivi personali non ce l'ho fatta prima. Spero mi perdoniate!
Buona lettura!

 


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 21-
*Una strana giornata*

 
«Oggi pomeriggio vado dal parrucchiere» annuncio entrando in cucina.
«Oh, davvero?» chiede Andrea stupito.
«Si» rispondo tutta contenta.
«E cosa farai?» chiede ed io sorrido.
So quanto poco gli piacciano i miei capelli biondi ma non mi ha mai fatto pressioni e chiesto, ripetutamente, di ritornare al mio colore naturale.
«Non saprei… cosa mi consigli?» chiedo mettendomi davanti a lui e fregandogli un pezzo di fetta biscottata dal piatto. Gli sorrido e gli faccio l’occhiolino.
«Uhm… Non saprei»
«Pensavo scurirli....» dico guardando il suo piatto e lasciando in sospeso la frase.
«Si, potrebbero starti bene»
«Ritornare al mio colore naturale» preciso guardandolo negli occhi.
Mi guarda anche lui mentre cerca di mascherare la sua gioia. «Con qualche riflesso più chiaro, che dici?»
«Staresti da favola»
«Mi accompagni?» gli chiedo.
«Mi piacerebbe ma devo lavorare»
«Hm, ok. Vuol dire che avrai una sorpresa questa sera quando tornerai a casa»
«Non vedo l’ora»
«Anch'io» gli sorrido.
«Come mai oggi hai il giorno libero?»
«Volevo stare un po’ con mia madre»
«Capisco. Beh, salutamela e compra un altra confezione di preservativi. Li abbiamo già finiti» dice alzandosi dal bancone e facendomi arrossire come un pomodoro.
«Non puoi comprarli tu?» chiedo facendo gli occhi dolci.
«Ti vergogni?»
«No, ma… ecco… c’è mia madre e…»
«Ok, ti vergogni» conclude ridendo.
Lo guardo storto mentre si avvicina per baciarmi.
Purtroppo il bacio degenera e, per poco, non facciamo l’amore sul bancone della cucina. «Ti piacciono proprio i banconi, eh?» sussurro sulle sue labbra mentre ci ricomponiamo.
«Mi eccitano, cosa ci posso fare?» mi fa l’occhiolino e, baciandomi la spalla, si allontana per recuperare la giacca e uscire di casa.
«Andrea?» lo chiamo correndogli dietro.
«Li compro io, non preoccuparti»
«No, volevo chiederti un’altra cosa»
«Dimmi»
«Dovresti chiamare i tuoi genitori»
«Cosa te lo fa pensare?»
«E’ passato molto tempo e non hai fatto più avere tue notizie da quando sei qui»
«Prometto che stasera li chiamerò, ok?»
«Bene»
Mi sorride e si avvicina mettendosi la sciarpa al collo «Dovresti anche andare a prendere i vestiti invernali»
«Me li farò mandare. Adesso vado» dice facendo scontrare le nostre labbra.
«A dopo. Ti amo» gli dico sulla porta.
«Ti amo anch'io. Buona giornata, scansafatiche» mi saluta scendendo le scale.
Rido e mi chiudo la porta alle spalle.
Da un mese a questa parte mi sento sempre stanca senza però aver fatto niente. La mattina mi sveglio già in questo stato e, al lavoro, a volte, non riesco a concentrarmi come dovrei.
Andrea, ultimamente, ha intensificato la palestra tra le lenzuola, ma Mr Mi Tengo In Forma Col Sesso sembra non essere mai stanco, anzi… alla mattina è sempre uno splendorementre io, per poco, non assomiglio a Mercoledì della famiglia Adams.
Oltre a dormire poco la notte, all’università i ragazzi risucchiano quel poco di energia che mi rimane, facendomi tornare a casa sfinita e con la voglia di vivere sotto zero.
Una sera sono tornata a casa talmente stanca, da essermi addormentata  appoggiata allo stipite della porta mentre Andrea mi parlava.
Lui ha capito che non ero in vena né di stare con lui né di rimanere ancora sveglia, così mi ha preso di peso e mi ha messo a letto cercando di spogliarmi senza svegliarmi. Il mattino seguente mi sono ritrovata nel letto, ovviamente, e l'ultima cosa che ricordavo era Andrea in cucina.
Dopo qualche giorno ho deciso di staccare: almeno un giorno di riposo potevo concedermelo così, dopo aver chiesto un permesso al lavoro, oggi passerò un po’ di tempo con la mia mamma.
Trascorreremo la mattinata in giro per negozi ma, purtroppo, nel pomeriggio rimarrò da sola e, molto probabilmente, ricomincerò a controllare le proposte di lavoro sui giornali.
Sospiro e mi dirigo in bagno per una doccia rilassante.
Quando ho finito, ritorno in camera per indossare un paio di jeans, una maglia e una felpa. Metto le ballerine e recupero la borsa.
Proprio mentre lego i capelli in una coda alta, sento il campanello di casa.
Corro ad aprire e, sulla porta, trovo mia madre con due caffè in mano. «Buongiorno figlia»
«Buongiorno madre» rispondo ridendo.
«Come stai?» mi chiede mentre spengo le luci e chiudo la porta di casa a chiave.
«Bene anche se sono sempre molto stanca, ma oggi mi sento meglio»
«Dovresti dormire di più la notte invece di rimanere sveglia a fare ginnastica»
«Mamma!!!» esclamo guardandola con la bocca aperta.
«Che c’è? Non mi scandalizzo per certe cose»
«Si, ok… cambiamo argomento» mi pento di aver legato i capelli: avrei potuto nascondere l’imbarazzo mettendomeli davanti al viso.
Mia madre ride, ma non immagina quanto sia imbarazzante per me parlare di certi argomenti con lei.
«Ti va di fare colazione e poi un po’ di shopping?»
«Si, sto morendo di fame!» esclamo ridendo.
Ci dirigiamo verso il primo bar che troviamo e, mentre attendiamo le nostre ordinazioni, parliamo della sua vita con il compagno. Una volta fuori, mentre guardiamo le vetrine dei negozi, mia madre assume un’espressione seria. «Che succede?» le chiedo.
«Hai pensato a quello che ha detto tuo padre il giorno del tuo compleanno?»
«Ti riferisci al rientro in Italia?»
«Si»
«Ci ho pensato e ne ho parlato anche con Andrea»
«Cosa ne pensa?»
«Ha detto che se voglio rimanere qui, lui resterà con me. Non ha fretta di ritornare a casa. Vivere qui gli piace»
«Sono felice per voi, tesoro. Vi meritate un po’ di felicità»
«Già» mormoro sorridendo.
«I suoi genitori come l'hanno presa?»
«A dire il vero non lo so. Non li chiama da quando è arrivato a Londra»
«Davvero?»
«Si però mi ha promesso di chiamarli questa sera»
«Sarebbe meglio»
Per tutto il tempo che ho trascorso con mia madre, non ho potuto fare a meno di chiedermi come le sono sembrata nei tre anni senza Andrea e come, invece, mi vede adesso.
Sono stata sul punto di chiederglielo molte volte ma poi, all’ultimo momento, ho lasciato perdere, convinta di non voler ritornare sull'argomento; eppure…
Eppure, mi piacerebbe sapere come sono cambiata nel giro di qualche mese.
«Tesoro, ci sei?» mi chiede preoccupata.
Annuisco e ritorno a concentrarmi sui pantaloni che mia madre mi sta mostrando.
Forse sarebbe meglio chiedere, ricevere una risposta e dimenticare in fretta.
O forse, sarebbe meglio evitare questi discorsi che potrebbero soltanto angosciarmi maggiormente.
«Com’ero prima del ritorno di Andrea?» chiedo di getto.
Evidentemente il mio subconscio vuole sapere a tutti i costi quello che, invece, il mio io non è tanto sicuro di voler conoscere.
«Uhm… cosa intendi esattamente, tesoro?» chiede dubbiosa mia madre.
La guardo per qualche secondo, incerta sulla risposta.
«Vuoi sapere com’eri prima che lui tornasse a sconvolgerti di nuovo la vita?» chiede, chiarendomi il senso della mia stessa domanda.
«Si» Credo…
«Beh… Non saprei. Eri sempre sorridente e felice» dice.
Alzo un sopracciglio e le chiedo «Tutto qua?»
Lei alza le spalle e ritorna in camerino per cambiarsi. Ed io che credevo di ricevere qualche infinito monologo come risposta.
«Eri sempre sorridente e felice, Gaia. Indubbiamente la relazione con Jay ti ha fatto bene perché, grazie a lui, negli ultimi anni hai evitato di pensare ad Andrea. Sembravi tornata ad essere la ragazza che eri prima di quella gita scolastica e che, finalmente, aveva ritrovato un po’ di pace nella vita»
«E dopo?» chiedo ormai curiosa di sapere come la mia vita è apparsa agli altri, in particolare agli occhi di mia madre.
«Se con dopo ti riferisci al ritorno di Andrea, devo dire che il risultato non mi dispiace per niente. Sei sempre raggiante e mai, prima d'ora, ti ho vista… non lo so, risplendere quasi»
«Risplendere?» chiedo confusa.
«Si»
«Ma se non faccio altro che poltrire una volta tornata a casa. Sono sempre stanca»
«Beh, a me non sembra»
Alzo le spalle e attendo la continuazione del discorso «Stai decisamente meglio adesso, Gaia. Si vede che sei felice e che ami Andrea»
Sorrido imbarazzata e alzo il volto verso il soffitto «E questo lo dimostra»
«Come?» chiedo assumendo una posizione normale.
«Vai in brodo di giuggiole appena si nomina Andrea»
«E’ una cosa positiva, no?»
«Beh, certo. Credo di dover cominciare a preparare gli inviti per le nozze, vero?»
«Non dire sciocchezze, mamma! Il matrimonio è ancora molto, molto lontano»
«Non credo proprio che lui voglia aspettare ancora»
«Ne ho già discusso con lui e dopo non ci siamo parlati per un’intera settimana. Gli ho chiarito il fatto che, per me, è presto per mettere su famiglia»
«E se dovesse capitare?»
«Impossibile!» esclamo sicura al cento per cento delle mie parole.
«Mi pare che tu abbia sospeso la pillola»
«Infatti. Ma non siamo così sprovveduti»
«Giusto. I preservativi»
Sentire quella parola dalla bocca di mia madre mi fa diventare rossa come lo smalto che ho sulle unghie.
Dio mio che imbarazzo.
La mattinata si conclude quando, un quarto d’ora dopo mentre passeggiamo tranquille al parco, sento il mio cellulare squillare.
«Ciao Princess» sento dire appena rispondo.
«Non mi chiamare così, ti prego» mormoro guardando le coppiette felici sull’erba.
«Mi piace. Rassegnati»
«Fantastico. Che vuoi?»
«Non posso chiamare la mia fidanzata?»
Sorrido e decido che sarebbe meglio essere più carina con lui «Certo. Sei uscito?»
«Si, volevo portarti fuori a pranzo»
«Davvero?»
Cosa gli è successo? «Certo. Dove siete?»
«Al parco»
Lo sento ridere e, probabilmente, ha anche scosso la testa. «Come se ce ne fosse soltanto uno»
«Saint James»
«Vi raggiungo lì»
Stavolta sono io che rido «Come se fosse piccolo»
«Divertente»
«Ok, vediamoci alle fontane di Trafalgar. Ci sai arrivare?»
«Nessun problema. Penso di esserci vicino»
«Ok. Ci vediamo tra poco allora»
«A dopo» dice riagganciando.
Nel frattempo, mia mamma ha incontrato una mia vecchia compagna di scuola che ha appena annunciato il proprio fidanzamento; le poso una mano sul braccio e lei  si volta preoccupata «Tutto ok?»
«Mi ha chiamata Andrea»
«Ah, non me ne sono accorta»
«Per forza, parlavi con qualcuno che sicuramente non conosco di cose di cui non voglio essere a conoscenza»
Mia madre ridacchia e si ferma «Vi dovete vedere?»
«Si. Andiamo a pranzo insieme»
«Allora vai. Ci sentiamo più tardi»
«Ok. Stai attenta mamma»
«Come sempre. Ciao tesoro. Salutami Andrea»
Le sorrido mentre mi allontano e, velocemente, mi dirigo dal mio fidanzato.
Per fortuna eravamo quasi all'uscita del parco, quindi percorro qualche metro e mi ritrovo, immediatamente, catapultata nel traffico londinese.
Imbocco una strada secondaria per evitare il traffico e, dopo qualche minuto, sono a Trafalgar Square. Mi avvicino alle fontane e mi guardo intorno, cercando di individuare Andrea, ma niente: non lo vedo da nessuna parte.
Mi siedo sul bordo sul bordo di una fontana: se devo attendere preferisco farlo seduta.
Guardo l’orologio e noto che mancano solo dieci minuti all’una.
«Aspetti qualcuno?» mi chiede una voce familiare.
Mi volto e trovo davanti al mio viso quello divertito di Andrea. «A dire la verità aspettavo un bel giovine che venisse a prendermi»
«Credi che quel bel giovine sia arrivato?»
«Non lo so… vediamo dove mi porta a mangiare e poi te lo dirò»
Lui ride e mi bacia la guancia, vicino al collo, provocandomi mille brividi di piacere.
Ci guardiamo un istante negli occhi intrecciando le nostre mani; Andrea mi guida verso il museo.
«Ti ricordi quando siamo stati qui?» chiede.
«Certo»
«Ci sei tornata?»
«Si. Ho dedicato una giornata intera a questo museo. Mi sono sentita in pace con me stessa. Ho smesso anche di pensare a te e… a Jay»
«Jay?»
Annuisco e mi gratto la nuca, lievemente in imbarazzo. «Ehm… si. In quel periodo lui voleva mettersi con me, mentre io non volevo»
«Capisco. Beh, è il passato, no?» esclama ed io, con il sorriso più dolce possibile, mi avvicino a lui.
Anche Andrea ricambia il mio sorriso ma non contagia i suoi occhi.
«Ehi…»
«Si, scusa. Sto bene, davvero»
«Non voglio farti soffrire»
«Nemmeno io» dice stringendo forte le mie dita.
«Bene. Ora dove mi porti? Sto morendo di fame»
«Dobbiamo camminare un po’ ma, se vuoi, ti porto in braccio»
«Hm, no… non mi sembra il caso»
Lo sento ridere e, nello stesso momento, si abbassa per baciarmi la testa.
«Com’è andata la mattinata?» gli chiedo appoggiando il capo sulla sua spalla.
«Direi normalmente. Ho dovuto aiutare il fisioterapista con una ragazza che si sta riprendendo da un  incidente stradale»
«Che cosa le è successo?»
«Non mi hanno raccontato molto di quello che le è successo, non sono il suo fisioterapista, ma mi hanno incaricato di massaggiarle le gambe e le braccia ogni volta che si sente affaticata dopo l’allenamento a cui deve sottoporsi»
«Poverina…»
«Già… quello che è capitato a questa ragazza mi ha fatto pensare che, se mai una cosa simile dovesse succedere a te, ne morirei»
«Ma sapresti che mi sveglierei»
«Ne sei così sicura? Non si può mai dire nulla con certezza»
«Andrea, io devo stare con te. Quindi se mai dovesse accadermi qualcosa, sappi che mi sveglierò per tornare da te» dico guardandolo.
Lo fa anche lui, sorridendomi emozionato e si ferma, baciandomi dolcemente le labbra.
«Adesso basta» mormoro staccandomi.
Andrea ride e riprende a camminare al mio fianco.
Proseguiamo per circa venti minuti fin quando non arriviamo davanti ad un ristorante parecchio affollato.
«Ci sei mai venuta?» chiede guardandosi intorno.
«Hm, non credo. Non ricordo questo ristorante»
«Bene. Una prima volta con me»
«Amore, ma io con te ho avuto un sacco di prime volte» mormoro maliziosa.
«Modestamente» dice gonfiando il petto.
Ridacchio e mi stringo a lui.
«Hai prenotato?» chiedo una volta entrati.
«Si, ho chiamato prima di arrivare da te»
«Come lo hai scoperto?» chiedo dopo che il cameriere ci ha accompagnati al nostro tavolo.
Gli sorrido e attendo la sua risposta.
«Ne stava parlando un collega. E’ venuto qui ieri sera con la sua fidanzata. Gli ho chiesto dove si trovava e mi ha dato il numero. Ho stampato la cartina e l’ho memorizzata prima di arrivare da te» spiega ridacchiando.
«Che fidanzato premuroso»
«Vedi?» mi sorride e, mentre lui guarda il menu, lo osservo completamente rapita.
Penso a quanto siamo cambiati entrambi e a quanto, in realtà, lui sia rimasto il ragazzo di tre anni fa, solo più uomo.
Nonostante ormai stiamo insieme da un po’ di tempo, non mi sono ancora abituata ad alcune cose che lo caratterizzano: la morbidezza dei suoi capelli tra le mie dita, il suo respiro spezzato nel mio orecchio quando facciamo l’amore o le sue mani che esplorano il mio corpo.
Mi rendo conto di quanto, in questi anni, mi sia mancato e che, se non fosse per la sua determinazione nel riconquistarmi, adesso non saremmo qui.
Sospiro, penso a quanto sono stata fortunata e a quanto sono stata sciocca. Credevo davvero che Jay sarebbe stato l’amore della mia vita, per tutta la vita?
Jay non è mai stato quello che Andrea è per me e, inconsciamente, lo sapevo.
Lo sapevo ma non ho mai avuto il coraggio di cambiare le cose; troppa era la paura di ricadere in quel baratro da cui ero risalita con difficoltà.
Le mie riflessioni vengono interrotte da Andrea che, nonostante continui a guardare il menu, si è accorto del mio sguardo insistente su di lui.
«Perché mi guardi in quel modo?»
«Scusa» mormoro in imbarazzo. Guardo il menù anche se, alla fine, scelgo qualcosa di semplice e leggero.
«Buongiorno. Cosa vi porto?»  ci chiede un cameriere.
«Un piatto di pasta e un bicchiere d'acqua, grazie» dice Andrea consegnando il menu.
«E per lei?»
«Un’insalata e un bicchiere d’acqua»
«Arrivano subito!» esclama lui annotando l'ordine e prendendo il mio menu.
«Grazie» sussurro e ritorno a guardarmi intorno.
«Ehi, stai bene?» mi chiede Andrea con le sopracciglia aggrottate.
Lo guardo sorridente e annuisco «Tutto ok. Sono soltanto un po’ stanca»
«Tua madre non ti ha lasciato un attimo di tregua?»
«Diciamo che avrei preferito passare la mattinata sdraiata sull’erba. È una giornata stupenda, non trovi?»
«Per essere Londra si, lo è»
Gli sorrido e allungo la mano verso le sue braccia incrociate sul tavolo. Le nostre mani si intrecciano e i nostri sguardi si incrociano. «Non ti ho ancora baciata come si deve» mormora mettendo il broncio.
«Non possiamo farlo nemmeno qui»
«Alle quattro devo ritornare al lavoro»
«Abbiamo un bel po’ di tempo. Possiamo fare una passeggiata e nasconderci in un posto sperduto» 
«Ti vuoi imboscare con me?» chiede sorridendo.
«Solo se tu ti vuoi imboscare con me» rispondo.
Lui scoppia a ridere e annuisce «Si può fare e non vedo l’ora»
Mi sto per allungare verso di lui, quando il cameriere arriva con le nostre ordinazioni.
«Buon pranzo»
«Grazie» rispondiamo all’unisono guardando storto il ragazzo che, tranquillamente, ritorna al proprio lavoro.
«Non ha un aspetto molto invitante» dico guardando il piatto di Andrea.
«Dici? A me sembra il contrario. Ha anche un ottimo profumo»
Arriccio il naso e alzo le spalle «Se piace a te…»
Trascorriamo i successivi venti minuti mangiando tranquilli e scambiandoci qualche battuta sui suoi genitori.
«E comunque, nessuno si è disturbato a chiamarmi, quindi, non sono poi così preoccupati per me» dice Andrea mentre usciamo dal locale.
«Ho capito, però, dovresti comunque fargli avere tue notizie, non credi? Magari dicendogli  anche che ti sei messo di nuovo con me»
«Chiamerò soltanto per questo» risponde sorridendo.
«Stasera voglio che li chiami. Hai il computere potreste anche vederviinvece li tieni fuori dalla tua vita»
«Non ci sono mai voluti entrare»
«Ma sono cambiati negli ultimi anni, no?»
«Si, decisamente»
«E allora? Ti prego, fammi contenta, chiamali stasera»
Andrea continua a camminare facendo dondolare le nostre mani intrecciate. «Hm, va bene ma lo farò soltanto perché ti amo»
«Perfetto»
 
«A che ora vai a cambiare il tuo look?» chiede Andrea accarezzandomi i capelli.
Guardo l’orologio al polso e ritorno a godere delle sue carezze «L’appuntamento è alle cinque»
«Non vedo l’ora di vederti»
Sorrido e alzo un braccio per cercare la sua mano.
Ho bisogno del contatto della mia pelle con la sua. Lui sembra aver capito le mie intenzioni perché avvicina la sua mano alla mia e la stringe. «Ti amo» mormoro respirando profondamente.
Siamo distesi sull’erba di Saint James Park, o meglio, io sono distesa sull’erba con la testa sulle gambe di Andrea mentre lui è semplicemente seduto e non si lamenta.
L'estate ormai è ufficialmente finita ma oggi è una giornata insolitamente soleggiata, quindi ne abbiamo approfittato per prendere un po’ di sole. Il freddo sembra ancora lontano ma so che, presto, le temperature di Londra si abbasseranno drasticamente.
«Non vedo l’ora di coccolarti un po’ a letto per dimostrarti quanto ti amo» sussurra al mio orecchio. Apro un occhio e lo vedo sorridermi.
«Ho un vago ricordo di quando mi hai dimostrato per l’ultima volta di amarmi»
«Vago, eh?»
«Direi che sta sfumando»
«Hm, questa sera mi toccherà rispolverarti la memoria»
«Non ho intenzione di fermarti»
«Bene. Guarda cosa ho comprato» dice estraendo dalla tasca interna della giacca una pacchetto di preservativi. Prendo in mano la confezione e sorrido «Fluorescenti» dico ridendo.
«Dovrebbe essere divertente»
«Già m'immagino» rispondo ridendo ancora.
«Dai, non prendermi in giro»
«Oh, ma non lo sto facendo. Non vedo l’ora di vederti con questo coso» dico sventolando ancora la confezione e mettendomi a sedere accanto a lui.
«Si, magari evitiamo di far capire a tutti quali siano le nostre intenzioni per la serata. Mettili nella borsa»
Ridacchiando come una ragazzina, faccio come mi dice e ritorno a stendermi usando le sue gambe come cuscino.
«Si sta veramente bene» dice riprendendo ad accarezzarmi.
«Ho una fantasia erotica su questo posto»
«Hm, davvero?» chiede sorpreso.
«Si»
«Illuminami»
«Nah…»
«Dai, dimmi. Non ti vergognare»
«Non mi vergogno»
«Come no… in fondo sei rimasta quella che eri quattro anni fa» 
Mi volto di lato, appoggiando il gomito sulle sue gambe e lo guardo. «E’ davvero passato tutto questo tempo?»
«Non cambiare argomento» mi dice ridendo.
«Non sto cambiando argomento. Sono seria»
«Ok, allora… si, sono passati veramente quattro anni e a me sembra soltanto ieri»
«Ti va se, qualche volta, ritorniamo in quella stanza d’albergo?» chiedo.
«Non volevi chiudere con quei ricordi?»
«Si, ma se sono con te non sono dolorosi, non mi fa male ricordare quelle tre settimane. Non lo sai, ma sono stata veramente bene con te in quei giorni»
Sorride e abbassa lo sguardo «Ovviamente era lo stesso anche per me»
Sorridiamo entrambi imbarazzati, fin quando non mi avvicino per baciarlo. «Avrei fatto di tutto per te» dice all’improvviso.
«Anche trasferirti qui se te lo avessi chiesto?»
«Si. Soprattutto quando sei tornata in Italia per il matrimonio di Serena. Avrei voluto che mi dicessi di seguirti in capo al mondo»
«Avresti lasciato tutto…»
«Tutto. Fino a qualche mese fa, il mio mondo era terribilmente vuoto senza di te. Ho cercato una distrazione nelle altre donne, lo sai, ma non ha mai funzionato. Il mio pensiero andava sempre a te. Dio, ti amo così tanto» dice riprendendo ad accarezzarmi i capelli e avvicinandosi di nuovo per baciarmi. «Sono stato un idiota a non dirtelo prima» dice ridacchiando.
«Si, un idiota» rispondo sorridendo «Ma adesso so quello che provi per me, l'ho capito da un po’»
«Dimmi una cosa…»
«Cosa?» chiedo lasciandogli un bacio a fior di labbra e leccandomi le mie subito dopo.
«Ti sei messa con Jay per dimenticarmi?»
«Non l’ho fatto per avere compagnia. Stavo bene con lui e, prima di metterci insieme, siamo stati amici. È successo dopo il mio ritorno da quel matrimonio. Forse era sbagliato, anzi, lo era sicuramente ma, la presenza di Jay accanto a me ogni giorno, mi ha impedito di soffrire per la tua assenza. In qualche modo smettevo di incolparmi perché sapevo che era colpa mia se soffrivamo in quel modo»
Mi guarda per qualche secondo senza dire niente «So che hai sofferto anche tu. So di averti spezzato il cuore. Mi dispiace»
«E’ ritornato in sesto adesso; anzi sta meglio di prima» dice sorridendo, smorzando così la tensione che si era creata.
Gli sorrido anch'io mettendomi a sedere accanto a lui. Mi avvicino e lo abbraccio «Il mio Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare»
«Solo tuo»
«Sempre» preciso baciandogli il collo.
«Mi piace»
Restiamo abbracciati per qualche minuto, poi decidiamo di fare un giro per i negozi prima di ritornare ai nostri impegni.
 
Trasformazione completata
Invio il messaggio ad Andrea e rimetto il cellulare in tasca.
Pago il conto del parrucchiere ed esco, ringraziandolo.
Sono mora con dei riflessi chiari. Mi specchio nella vetrina di un negozio lì vicino e sorrido.
Cammino per qualche metro con il sorriso sulle labbra, fin quando non sento l’I-Phone vibrare.
Lo prendo e rispondo ad Andrea. «Credo proprio che stasera ti farò venire un attacco di cuore» dico.
«Non vedo l’ora» risponde lui ridendo.
Rido anch'io ed entro in metropolitana. «Sei in pausa?»
«Si. Appena ho visto il messaggio ti ho chiamata subito»
«Che pensiero gentile»
«Come sempre. E tu, comunque, ogni tanto potresti dirmi qualcosa di carino»
«Qualcosa di carino» rispondo trattenendo le risate.
«Dio, sei più acida di quando avevi diciotto anni»
«Grazie amore. Ti amo anch' io, tigrotto»
«Tigrotto?»
«Adesso ti lamenti?» chiedo alzando un sopracciglio.
Mi accomodo su uno dei sedili e mi rilasso un po’, mentre continuo a toccarmi i capelli e specchiandomi nel vetro davanti a me.
«Certo che no. Mi hai dato un nomignolo»
«Ne aspettavi uno diverso?»
«Hm, sinceramente non mi aspettavo neanche tigrotto»
«Potrei pensare a qualcosa di originale»
«Un altro mister mi piacerebbe»
Ridacchio ripensando a quello che gli ho affibbiato questa mattina.
«Perché ridi?»
«No niente»
«Dimmelo. E comunque ricorda che devi ancora dirmi qual è la tua fantasia erotica riguardo al parco»
«Non posso dirtelo. È praticamente irrealizzabile»
«Potrei sorprenderti»
«Non ho dubbi e, in quel caso, potrebbero arrestarci»
«Dai, allora dimmi perché ridi»
Sospiro e mi lascio andare «Ok… uhm, questa mattina ripensavo alle ultime sere»
«Si?» risponde malizioso.
«Beh, ultimamente facciamo molta ehm… attività fisica»
«E’ per questo che hai quel pacchetto di preservativi in borsa»
«Già, comunque… ho pensato che potrei definirti Mr Mi Tengo In Forma Col Sesso»
«Mi piace»
Alzo gli occhi al cielo e continuo a sorridere «Chissà perché non avevo dubbi»
Ridiamo entrambi «Anch'io potrei definirti nello stesso modo»
«Non credo»
«Perché? Anche tu ti tieni in forma con lo stesso tipo di attività fisica»
«Si, però il giorno dopo sono stanca morta ancora prima di scendere dal letto. Tu, invece, sei fresco come una rosa»
«Ah. Mi… mi dispiace»
«Non scusarti e non pensare che non voglia venire a letto con te»
«Possiamo evitare; insomma, se a te non va… possiamo lasciar perdere»
«No, non voglio che lasciamo perdere. Voglio…» mi guardo intorno imbarazzata e mi metto una ciocca di capelli dietro l’orecchio «Voglio fare l’amore con te. Magari non tutta la notte, ecco»
«Mi dispiace, davvero. Perché non mi hai detto che volevi riposare?»
Come faccio a spiego gli che non ne ho avuto la forza perché ero troppo eccitata dal suo corpo e che il contatto con la sua pelle mi infiamma praticamente sempre?!
«In quei momenti, non penso di essere stanca. Me ne accorgo dopo, quando la passione sfuma»
«E’ che non riesco a resisterti» mormora con voce roca.
Sorrido e mi faccio vento con la mano «Anche per me è lo stesso»
Lo sento ridacchiare e sospirare. «Tesoro, devo andare adesso»
«Ok. Sto per scendere dalla metropolitana»
«Stai attenta, ok?»
«Certo. Buon lavoro»
«Grazie. A dopo»
Riattacco e sorrido abbandonando la testa contro il vetro del finestrino.
Sono passati solo pochi minuti quando arriva il momento di scendere alla mia fermata. Uscita dalla metropolitana, mi dirigo verso casa.
Non vedo l’ora di ritornare. È da questa mattina che sono fuori e ho proprio bisogno di stendermi sul divano.
All'improvviso, però, un lieve capogiro mi coglie di sorpresa.
Mi appoggio contro un muro e chiudo gli occhi cercando di riprendere fiato.
«Signorina, tutto bene?» mi chiede qualcuno. Lo sento avvicinarsi e mettermi una mano sulla spalla.
Annuisco e apro gli occhi. Sorrido e vedo una signora che mi osserva con sguardo preoccupato. «Sto bene, grazie»
«Chiami qualcuno» mi consiglia e se ne va sorridendomi.
Faccio un respiro profondo e riprendo a camminare.
Prendoil cellulare dalla tasca del jeans e mando un messaggio al mio fidanzato.
Non voglio sembrare incapace di prendermi cura di me stessa, ma lo voglio al mio fianco adesso. "Puoi tornare a casa prima? Ho bisogno di te e non soltanto perché mi manchi
Invio il messaggio e riprendo a camminare cercando di scansare la gente che passeggia per Piccadilly, ma più mi muovo, più la testa mi gira vorticosamente. Mi fermo un attimo e sento tutto il mio corpo girare.
Il cellulare comincia a squillare, faccio un respiro profondo e rispondo «Cosa è successo?» chiede preoccupato appena rispondo.
«Non agitarti. Sto bene. Ho soltanto avuto un giramento di testa»
«Mi libero subito. Tra qualche minuto sono a casa»
«Grazie»
Riagganciamo nello stesso momento e riprendo a camminare ma, un altro giramento, mi costringe a fermarmi.
«Andrea…» sussurro cercando di calmarmi.
Immagino il suo volto sorridente e, in quel momento, ogni malessere scompare.
Sorrido lievemente e apro gli occhi.
Per un momento, ho pensato di vederlo davanti a me ma il solo pensiero di averlo vicino a me, ha fatto passare ogni malessere.
Riprendo a camminare, questa volta però, aspetto che sia la gente a spostarsi.
Quando arrivo a casa, mi dirigo in camera da letto per togliermi i jeans. Indosso i pantaloni della tuta, una felpa e vado in cucina alla ricerca di qualcosa di zuccherato.
Trovo del succo e lo bevo direttamente dal cartone.
Mentre mando giù il liquido fresco, i miei occhi vanno al piccolo calendario appeso al frigorifero.
«Cazzo!» esclamo.
Rimetto il succo di frutta al suo posto e corro a prendere la mia borsa.
Quando finalmente riesco a trovare l'agenda, la prendo e mi siedo sul tavolo della cucina. Sfoglio velocemente le pagine, fin quando non arrivo al giorno che mi interessa.
«No, no, no, no…»
Non può succedere di nuovo. Non può. Non a me.
Sono stata attenta!
A quanto pare non abbastanza” mi ricorda la fastidiosa vocina del mio subconscio. Quando ho bisogno di lei non c’è mai e adesso, invece, rompe solo le balle.
Chiudo di scatto l’agenda e scuoto la testa.
Guardo il soffitto e faccio un respiro profondo. È escluso che capiti di nuovo.
Il mio sguardo ritorna di nuovo all’agenda e, velocemente, si sposta all’orologio.
Tra qualche minuto Andrea sarà qui quindi, se voglio scoprire ciò che temo possa essere la realtà, devo sbrigarmi.
Il mio ultimo ciclo risale alla fine di agosto e, in teoria, sarebbe dovuto arrivare intorno allo stesso periodo di settembre, giorno più, giorno meno e, invece, niente.
Siamo a metà ottobre e ancora niente, quindi…
«Ho due settimane di ritardo» mormoro sotto shock.
Chiudo gli occhi  nello stesso momento in cui chiudo l’agenda.
Faccio un respiro profondo e mi alzo per andare in bagno. Quando mi guardo allo specchio, mi rendo conto che il mio viso è più… pieno.
Guardo verso il basso e un leggero sorriso increspa le mie labbra.
Evito di illudermi troppo perché potrebbe andare a finire come l’ultima volta.
Dovrei fare le analisi per assicurarmi che, tutto quello a cui sto pensando, sia vero ma non voglio andare in ospedale. Voglio essere con Andrea quando avrò il primo esito.
Ricordati che i test fatti in casa possono ingannare” mi ricorda la mia vocina.
È vero ma ne comprerò più di uno e, se tutti daranno lo stesso risultato, allora farò le analisi.
In quel momento sento le chiavi nella serratura e la voce di Andrea chiamare il mio nome.
«Sono qui»
«Come stai? Mi sono preoccupato tantissimo. Ce l’ho fatto per miracolo ad uscire»
«Tranquillo. Adesso sto meglio, davvero»
«Sei sicura? Non hai una bella cera»
«Voglio soltanto stendermi»
«Certo. Vieni»
Entrambi andiamo in soggiorno; mi stendo sul divano mentre Andrea mi copre con una coperta. «Ho perso dieci anni di vita quando ho letto il tuo messaggio» dice appoggiando la sua fronte sulla mia.
«Scusami, non avrei dovuto mandartelo»
«Non dirlo nemmeno per sogno. Hai fatto benissimo. Dio mio, se ti fosse capitato qualcosa…» mormora triste appoggiandosi, adesso, sul mio seno.
«Sto bene» dico accarezzandogli i capelli biondi.
Sorrido pensando alle possibilità che, questa bizzarra serata, mi ha messo davanti.
Soltanto adesso mi rendo conto di quanto entusiasta sia all’idea di essere… incinta.
 

------

 

  Eccoci qui alla fine di questo capitolo.
Da qui in poi, per chi pensava che la storia stesse diventando "piatta" e senza niente di interessante, comincia un nuovo periodo per i protagonisti. Spero soltanto vi piaccia.
A venerdì prossimo.

Francy 

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Capitolo 22
*** 22. *Buon compleanno...* ***


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Non vi aspettavate che pubblicassi così presto, vero?
Beh, il capitolo è qui, quindi godetevelo!
Buona lettura.


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 22-
*Buon compleanno…*

 
 
«Avrei bisogno che mi mandaste le mie cose»
Ascolto Andrea mentre parla al telefono con sua madre. Finalmente, dopo qualche giorno, si è convinto e questa sera ha chiamato i suoi genitori.
«Si, ho intenzione di rimanere qui»
Ancora qualche secondo di silenzio mentre il suo sguardo si posa su di me.
Mi copro meglio con il maglione che indosso e gli sorrido. Posso immaginare cosa gli ha chiesto la madre.
Siamo seduti sul divano: io con le gambe strette al petto e lui, accanto a me, con i piedi sul tavolino.
Sono passate due settimane da quando ho fatto quella “scoperta” e non ho ancora detto niente ad Andrea e non sono neanche riuscita a fare il test.
Non so come ho fatto a nascondere tutto a tutti ma mi sono detta che, per il suo compleanno, regalerò ad Andrea la verità.
Incinta o no?
Sarà papà o no?
Sono felice ma anche tremendamente spaventata da questa notizia.
Considerando che abbiamo preso tutte le precauzioni necessarie, non so come sia potuto accadere ma, sta di fatto, che è successo.
«Salutami papà. Ok, ciao» 
Dopo una telefonata di mezz’ora, Andrea ritorna a parlare con me «Accidenti»
«Che succede?» chiedo cominciando ad accarezzargli i capelli.
«Mia madre ha fatto i salti di gioia quando le ho detto che stiamo insieme»
Sorrido e annuisco «Si, ho sentito il suo urlo»
«Ti saluta» dice avvicinandosi a me per baciarmi. Mi volto verso di lui e lo abbraccio mentre le nostre bocche si fondono in un unico movimento.
Dio mio, come sto bene tra le sue braccia.
«Ti amo» sussurra leccandosi le labbra umide.
Sorrido e, con i pollici, gliele asciugo. «Anch'io»
«Sicura di stare bene?» mi chiede aggrottando le sopracciglia.
«Tutto bene. Sono soltanto un po’ stanca» E sfinita dalla nausea, aggiungerei, ma evito di dirglielo.
Mi lascia un ultimo bacio sulle labbra, prima di appoggiarsi alla mia spalla e accarezzarmi, con la mano destra, il lobo dell'orecchio.
«Che stai facendo?» chiedo sorridendo.
«Mi rilassa» si giustifica lui «Ma se vuoi smetto» si affretta ad aggiungere.
«No, continua. Mi piace»
Sorridiamo entrambi e, in tranquillità, riprendiamo a guardare la tv.
«Houna sorpresa per te, ma dovrai aspettare domani» annuncio dopo qualche minuto.
«Davvero?»
«Si. È la prima volta che festeggiamo il tuo compleanno insieme»
Annuisce ma non dice nulla. Probabilmente gli è venuto in mente il primo compleanno che avremmo dovuto festeggiare insieme. Beh, anche a me è ritornata in mente quella giornata.
«Sono curioso di sapere cosa sarà»
«Ma ovviamente non lo saprai prima»
«Immaginavo…» dice divertito. Si volta verso di me e mi sorride, si avvicina e prova a baciarmi avvicinando il mio viso al suo.
Sorrido e ricambio il bacio che da dolce, a poco a poco, si trasforma in un vortice di passione.
Andrea cerca di farmi mettere a cavalcioni su di lui ma non è proprio serata.
Giovedì ho impiegato quasi venti minuti per riprendermi. Ho avuto un forte attacco di nausea subito dopo essere arrivata all’università. Ho rigettato tutta la colazione e, piegandomi sul marmo del lavandino, mi sono resa conto che questa volta il test potrebbe soltanto confermare qualcosa che è già certo.
Sospiro e mi allontano. Andrea mi guarda con un enorme punto interrogativo in faccia.
In effetti, non ha tutti i torti. E' da quasi due settimane che non provo molto desiderio e di questo se n’è accorto anche lui.
Ho cercato di fingere un mal di testa, ho dato la colpa all’eccessiva stanchezza e ad altri mille motivi che quasi ogni sera dovevo inventarmi per non fare l’amore con il mio fidanzato.
«Mi dici cosa sta succedendo?» chiede allontanandosi.
«Mi dispiace, ma non ci riesco» rispondo guardandolo negli occhi.
Gli avevo promesso che, se avessi dovuto comunicargli una mia probabile gravidanza, lo avrei fatto senza giri di parole. Adesso, vorrei dirgli tutto ma ho paura di farlo e poi gli rovinerei il regalo di compleanno.
Ho già pensato a tutto e, sinceramente, non vedo l’ora di togliermi questo peso di dosso. Ho bisogno di condividere quello che mi sta succedendo con qualcuno.
Non credo di poter nascondere le future nausee e, da quanto ho letto su internet, queste compaiono fra le due e le otto settimane dopo il concepimento: io ho cominciato ad averle adesso. Quindi, direi che ci sono proprio dentro.
«Perché? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No, non sei tu Andrea… non ho voglia. Scusa»
Mi alzo per andare a letto ma lui si segue e mi blocca per un polso «Non voglio che mi lasci»
Sorrido e scuoto la testa «Non ho intenzione di farlo»
La sua presa si ammorbidisce, fin quando non comincia ad accarezzarmi. «Sono stanca. Vado a letto»
Lui annuisce e mi lascia andare.
Mi stringo nel maglione che indosso e cerco di trattenermi perché vorrei ritornare indietro e dirgli tutto.
 
Sento un fastidioso rumore provenire dalla mia sinistra. Mi volto dal lato opposto, scontrandomi con il corpo caldo di Andrea.
Mugugna qualcosa e mi circonda i fianchi con le braccia; sorrido e gli bacio la punta del naso.
«Buon compleanno» mormoro sorridendo.
«Sei sveglia?»
«Quell’arnese ha deciso per me, altrimenti avrei dormito ancora»
«Hm… ti capisco» mormora lui voltandosi e sgranchendosi le gambe e le braccia. «Buongiorno» aggiunge girando la testa verso di me.
«Come ti senti da ventiquattrenne?»
Mugola qualcosa e, con un scatto veloce, si stende su di me.
«Ora va meglio»
Sorrido e lo abbraccio «Tu come stai?» chiede aprendo gli occhi.
Hm, ora che ci penso sento un leggero fastidio allo stomaco, ma evito di soffermarmici e penso al fatto che sto bene.
«Tutto ok» rispondo sorridendo.
Gli lascio un bacio veloce sulle labbra e lo spingo lontano da me per alzarmi ma, appena metto i piedi per terra, la testa mi gira come se fossi appena scesa dalle giostre, una di quelle che girano sempre in tondo.
«Ohi…» mormora il mio fidanzato mettendomi le mani sui fianchi.
«Sto… sto bene. Mi sono alzata troppo velocemente»
«Si, forse. Preparo io la colazione»
Oddio, la colazione. Sicuramente non avrò la forza per mangiare.
Devo vomitare.
Non devi vomitare, Gaia!” mi incoraggia la vocina.
No, non devo!
Faccio un respiro profondo e mi volto per sorridere ad Andrea. «Ora va meglio»
«Si?»
Annuisco e gli accarezzo la guancia.
Sistemo i pantaloni del pigiama e mi dirigo in cucina, sotto lo sguardo attento di Andrea.
Avrei voluto tanto che si occupasse lui della colazione, ma oggi è un giorno importante e Andrea si merita che sia io a preparargliela.
Prendo tutti gli ingredienti necessari e cerco di non far caso agli odori che cominciano a darmi fastidio. Apro la finestra della cucina per far entrare un po’ d’aria fresca e continuo.
Lancio uno sguardo ad Andrea seduto al tavolo: mi sta squadrando.
No, oggi odio che mi guardi così.
«Smettila» dico mettendo le fette di pane nel tostapane.
«Di fare cosa?»
«Di squadrarmi»
«Non lo sto facendo»
«Si, invece e mi da fastidio»
«Beh, scusa» dice e si alza.
Faccio un respiro profondo e continuo. No, non possiamo litigare oggi. È un giorno troppo importante per molti motivi.
Quando finisco di cucinare, apparecchio e vado da Andrea che si sta vestendo in camera.
«E’ ancora presto per uscire»
«Lo so»
Ok, è arrabbiato. «Scusa per prima. Non volevo essere scortese» dico cercando di rimediare.
«Non pensarci. Avrai i tuoi buoni motivi e non voglio invadere la tua privacy»
Oh no Andrea… «Non dire così. Non è vero che la invadi. Sono stata antipatica; ti chiedo scusa»
«Sul serio, non pensarci» mi sorride di sfuggita e si abbassa per prendere le scarpe, le indossa e le allaccia velocemente; si alza e mi lascia un bacio frettoloso sulla fronte.
Senza dolcezza, senza trasporto, niente di niente. È stata un'azione dettata dall’obbligo.
«Vado» mi dice.
«Ho preparato la colazione»
«Prenderò qualcosa. Ciao» dice ed esce dalla stanza.
Qualche minuto di silenzio, subito dopo la porta si apre e si richiude velocemente.
Ovviamente, ad ogni compleanno dobbiamo litigare.
È una tradizione!
Mi appoggio allo stipite della porta e faccio un altro respiro profondo, l’odore della colazione mi arriva dritto al cervello e stavolta non resisto più.
Corro verso il bagno e rigetto quel poco che ho sgranocchiato qualche minuto fa mentre cucinavo.
«Oh dio…» ansimo sconvolta dai conati.
Quando sono sicura che il momento peggiore è passato, mi sciacquo la bocca e ritorno in camera. Mi butto sul letto a pancia in su e guardo il soffitto.
Sto uno schifo. Sia fisicamente che moralmente.
Dovrei alzarmi, di nuovo, per andare a lavorare ma oggi, più degli altri giorni, non mi va di uscire di casa.
Sono di cattivo umore per quello che è successo con Andrea e, adesso, l’idea di quello che dovrò dirgli questa sera, mi terrorizza.
Sbuffo e, lentamente, mi alzo dal letto.
Torno in bagno e mi spoglio. Quando rimango con solo l'intimo addosso, mi guardo la pancia.
È possibile che lì dentro ci sia un minuscolo esserino?!
Eppure i segni ci sono. La nausea, il seno più grande e, a quanto pare, anche la stanchezza. Dio mio, sono davvero… incinta.
Lui è lì dentro, ma ancora qui non si vede nulla” penso girandomi a destra e a sinistra. La mia pancia è ancora molto piatta, però meglio tenerla al coperto fin quando Andrea non saprà la verità…
Non vedo l’ora di fare il test e le successive analisi. Anche se affronterò tutto questo con Andrea, sempre che voglia continuare a parlarmi dopo quello che è successo poco fa, sono terrorizzata dal possibile risultato positivo delle analisi.
Improvvisamente, sento la serratura girare e Andrea chiamare il mio nome. Velocemente indosso la vestaglia e gli vado incontro.
È sudato, con gli occhi sbarrati e il petto che si alza e si abbassa velocemente al ritmo del suo respiro accelerato. «Che succede?» chiedo posando le mani sulle sue braccia. Non risponde ma cerca di calmare il suo respiro «Andrea?»
«Ero… ero…» deglutisce e respira di nuovo «Ero già arrivato al centro, quando…» mi guarda negli occhi e mi accarezza «Non avrei dovuto prendermela in quel modo» dice. «Sono così preoccupato che qualcosa tra di noi cambi e ho reagito male, ma…»
«Ehi, rilassati. È tutto ok» dico sorridendogli.
«Sono stato io ad essere scortese con te e non il contrario»
«Non avrei dovuto dirti di smettere di guardarmi in quel modo, mi dispiace»
I miei ormoni si divertono a prendersi gioco di me, non è colpa nostra.
«Cosa facevi?» chiede deglutendo ancora. Adesso il suo respiro è tornato normale e mi guarda mentre indosso solo la vestaglia. Non voglio toglierla per paura che possa notare qualche cambiamento nel mio corpo, anche se non so come mai non ha notato la mia faccia più…  paffuta?
Cavolo, non voglio essere paffuta!
«Uhm… la doccia. Tra poco devo andare all’università»
«Ok. Ti aspetto»
Annuisco e lui si volta «Vado a fare colazione» dice grattandosi la testa.
«Ehi, Andrea?»
«Si?» Si volta e mi guarda. Le sue guance sono arrossate e gli occhi verdi sembrano risplendere.
«Non potrei vivere senza di te»
«Lo so» risponde sorridendo. «Non voglio ripetere l’esperienza» aggiunge avvicinandosi. 
Lui si abbassa, la sua mano è sulla mia guancia mentre chiudo leggermente gli occhi e alzo il volto nel preciso momento in cui le nostre labbra si toccano. «Ti amo tantissimo» soffia sulle mie labbra e insinua la lingua per cominciare ad accarezzare la mia.
Annuisco e mi lascio andare, gettandogli le labbra al collo e stringendolo più forte a me.
«Decisamente il miglior compleanno della mia vita»
«Dici?» chiedo.
Lui annuisce e mi accarezza. «Spero la penserai ancora così dopo stasera» confesso imbarazzata. Nonostante la mia promessa, è difficile e sicuramente vorrà sapere com’è successo.
Già, com’è successo?
Sorrido e mi volto per ritornare in bagno.
Mentre mi spoglio, mi lavo, mi asciugo e mi rivesto, penso a come è potuto succedere.
Che sia stato quando abbiamo fatto l’amore sul tavolo senza protezione? È l’unica volta che ricordo in cui non abbiamo usato il preservativo mentre non ero coperta dalla pillola. Eppure lui era uscito da me appena in tempo.
A quanto pare quel poco ha dato i suoi frutti.
Sento le mie labbra stendersi in un sorriso mentre mi allaccio i jeans. Ok, in questo momento, un bambino non è esattamente la cosa che più desidero dalla vita, però rappresenta l’amore che Andrea nutre per me e l’amore incondizionato che, da quattro anni, nutro per lui.
È il nostro amore quello che adesso custodisco dentro di me.
Si, credo proprio di essere felice. Spaventata ma felice.
 
Finalmente questa stressante e pesante giornata lavorativa è conclusa.
Ho dovuto seguire più ragazzi del solito e il solo pensiero che, una volta concluso con una, mi sarebbe toccata un'altra tesina, mi ha fatto venire più volte la nausea.
E a proposito di nausea…
Invece di sedermi con alcuni miei amici alla mensa che di solito non frequento perché ho sempre preferito tornare a casa, sono dovuta correre in bagno perché il solo odore di frittura e di cibo cinese di qualche studente troppo impegnato per fermarsi a mangiare, mi ha fatto rivoltare lo stomaco.
Per fortuna è successo soltanto una volta perché, dopo essermi ripresa, non ho più avuto attacchi di vomito; anzi, quando mancavano due ore circa alla fine della mia giornata, mi è venuta una strana voglia di… fragole, cioccolato e miele.
Una parola trovarle visto che non è il periodo adatto.
Per il miele, avrei chiesto ad Andrea di procurarmene un po’.
Ho represso questa strana voglia e ho continuato a fare il mio lavoro, bevendo soltanto una cioccolata calda e cercando, soprattutto, di farmela bastare.
Adesso, esco dal campus per dirigermi a casa prima di dire ad Andrea di prepararsi, di scendere in strada e di lasciarsi bendare.
Questa sera lo benderò e non avrà la più pallida idea di dove andremo fino a quando non gli sfilerò la benda.
Molto probabilmente questa parte della serata gli piacerà… e lo ecciterà.
Vorrei che non si eccitasse troppo, almeno non prima di avergli dato i regali.
In questo momento sento il telefono vibrare. Lo recupero dalla borsa ed entro in un bar per prendere un caffè.
Non vedo l’ora di scoprire la tua sorpresa. Sto andando a casa a prepararmi. A proposito, cosa mi devo mettere?
Sorrido e, mentre attendo il mio turno, rispondo “Sto arrivando anch'io. Riguardo l’abbigliamento, mettiti quello che vuoi. Starai bene con qualsiasi cosa, come sempre
«Buonasera, cosa le servo?» mi chiede la barista tutta sorridente.
«Un caffè da portare via, grazie»
«Subito» risponde con voce squillante.
«Può aggiungere anche un po’ di zucchero e della panna?» chiedo con un’improvvisa voglia di qualcosa di estremamente dolce.
«Certo»
Velocemente, la ragazza riempie il bicchiere e me lo porge. Le allungo una banconota da cinque sterline e, dopo aver preso il resto e ringraziato, esco.
Ne bevo subito un sorso sentendo il liquido caldo e dolce, reso tale dallo zucchero e dalla panna, scendermi lungo la gola.
Pigramente mi chiedo se anche all’esserino che cresce dentro di me trovi buono quello che sto bevendo.
Sento di nuovo il telefono vibrare ma, questa volta, si tratta di una chiamata.
«Sei ancora indeciso su cosa indossare?» chiedo rispondendo.
«Decisamente. Non so cosa mettermi, davvero»
«Sei peggio di me» rispondo ridendo.
«Non ridere di me. Tu sai dove andremo»
«Beh, per una volta affidati a me e non preoccuparti per la serata. Qualsiasi cosa andrà bene. Anche un paio di jeans»
«Hm, dici?»
«Dico. Dove sei?» chiedo cambiando velocemente discorso.
«Sono uscito adesso dalla metropolitana»
«Pensi a cosa indossare mentre sei nella metro?»
«Certo» risponde ridendo.
Bevo un altro sorso di caffè e rido anch' io. «Tu dove sei, invece?»
«Quasi alla fermata della metro. Mi ci vorrà un po’»
«Occhi aperti e spray al peperoncino sempre a portata di mano»
«Andrea?!»
«Che c’è? Mi preoccupo. Sei a Londra, non in un paesino qualunque»
Oh, il mio Mr Tenerone che si preoccupa. Sicuramente sarà un bravissimo papà, sicuramente geloso se sarà una femminuccia.
Andiamo bene… già fantastico sul sesso del bambino.
Sorrido e scendo i gradini. «Amore?»
«Si, scusa. Ci sono. Starò attenta, promesso»
«Se vedi che non c’è nessuno ad aspettare o se ci sono persone poco affidabili, esci immediatamente»
«Ma che hai oggi?» chiedo finendo il caffè e buttando il bicchiere in un cestino della spazzatura.
«E’venuta una signora che ha appena messo apposto la sua spalla lussata»
«E questo cosa c’entra con me?»
«Aspettava la metropolitana e due tizi l’hanno aggredita»
«Ah»
«Gaia, per favore, stai attenta»
«Se vuoi, rimango al telefono con te, ok? E comunque, in tre anni a Londra, non mi è mai successa una cosa del genere…» Deve capitarmi adesso che sono felice, con un ragazzo che mi ama e mentre sono incinta di suo figlio?
Assolutamente no!
«Mi sembra perfetto»
«Bene…»
«Cosa mi hai regalato?» chiede di punto in bianco.
Scoppio a ridere e scuoto la testa «Cosa ti fa pensare che ti abbia comprato qualcosa?»
«Davvero non mi hai preso niente?»
«Lo scoprirai presto» sussurro alzandomi dalla panchina poiché la metro è appena arrivata.
«Dai, dammi un indizio»
Hm, bella domanda. «Non posso perché non saprei cosa dirti senza farti capire tutto subito»
«Accidenti! Maledetta la mia curiosità»
«Tesoro, sei Scorpione, non Vergine. Di solito sono quest'ultimi a contraddistinguersi per la loro curiosità»
«Come te infatti, solo che di Vergine tu hai soltanto il segno zodiacale» risponde lui sfacciato.
«Ma sentilo…»
Andrea continua a ridere mentre sento una porta strisciare e il rumore delle chiavi nella ciotola di vetro all’ingresso.
«Sei stato tu a portar via la mia innocenza»
«Seh, la tua innocenza. Amore, eri in grado di farmi eccitare anche solo con uno sguardo quando eravamo al liceo e non eravamo ancora stati insieme»
«Solo allora?»
«Ovvio che no. Adesso mi fai venire direttamente nei boxer»
«Andrea!!» esclamo sentendo le guance immediatamente calde.
Lui scoppia a ridere e continua per cinque minuti buoni. «Sei un deficiente, davvero»
«Grazie, ma se dovessi provocarmi tanto e senza fare niente, beh, potrebbe succedere e la cosa sarebbe veramente molto poco gratificante per me. Il mio povero ego ne risentirebbe»
«Ecco, quindi vedi di non provare mai a fare una cosa del genere»
Ride ancora, ma ben presto la sua risata si spegne «Senti, ma… hai avuto ancora quei giramenti di testa?» chiede serio.
Ora che ci penso no, non ne ho più avuti. «No. E’ successo soltanto stamattina»
«Bene. Meno male…»
«Tranquillo. Sto bene»
Più che bene, direi. “Tranne per le nausee” penso alzando gli occhi al cielo.
Passiamo altri cinque minuti a chiacchierare, fin quando non sopraggiunge la mia fermata e mi alzo per avvicinarmi alla porta.
«Sto per scendere, comunque»
«Nel frattempo, mi sono spogliato. Tra poco faccio la doccia e dovrei avere già i pantaloni per il tuo rientro»
«Ti amo» dico di scatto.
Non c’entrava niente con quello di cui parlavamo, ma avevo voglia di dirglielo.
«Oh» anche lui è sorpreso. «Ti amo anch’io, ma a cosa devo questo momento dedicato alle confessioni?»
«Al fatto che tutto quello che dici mi sembra estremamente dolce e affettuoso nei miei confronti»
«Sbrigati a tornare a casa, tigrotta. Ti farò vedere quanto posso essere dolce e affettuoso»
Scoppio a ridere e annuisco come se lui potesse vedermi. «Sono per strada. Grazie per avermi fatto compagnia»
«Non voglio che ti capiti nulla di brutto»
«Non succederà, sono arrivata» dico cercando le chiavi nelle tasche della giacca.
«Riaggancio»
«Sarebbe il caso» rispondo sorridendo ed entrando nell’atrio.
«Stai salendo le scale, vero?» chiede lui, sento anche il rumore della porta.
«E tu sei sul pianerottolo»
«La mia fidanzata è perspicace»
«Spiritoso» rispondo.
Faccio l’ultima rampa di scale e alzo lo sguardo verso l’alto.
Eccolo lì il mio Mr Bellissimo ed Irresistibile. «Ciao» dico una volta arrivata davanti a lui e concludendo la telefonata.
«Ciao tigrotta»
«Che ci fai qui fuori a petto nudo? Ti si vede pure il tatuaggio»
«I jeans a vita bassa sono fatti per questo: far vedere tatuaggi che poche volte vedono la luce del sole»
«Che scemo che sei!» esclamo scuotendo la testa ed entrando in casa. «Vedi di non mostrare più a nessuno quel tatuaggio»
«L’unica che ringrazio sei tu, amore. Non essere gelosa»
Scuoto la testa e sorrido.
Mi libero della giacca e della borsa che lancio sul divano «Il bagno è tutto tuo» mi informa Andrea. Mi fa l’occhiolino ed entro in bagno.
Per tutta la giornata ho atteso questo momento e l’idea che, tra qualche ora, gli confesserò tutto mi fa contorcere lo stomaco.
Una volta nuda, davanti lo specchio, non posso fare altro che mettermi di lato e guardarmi la pancia. Si vede un piccolo rigonfiamento o è solo una mia impressione?
Sorrido e scuoto la testa.
Impiego circa un quarto d’ora per lavarmi e decidere di uscire dalla doccia. Cercavo di rilassarmi sotto il getto d’acqua calda e, forse, ci sono riuscita un po’ più del previsto.
«Tesoro, sei ancora lì?» chiede Andrea bussando piano alla porta.
«Si» mormoro.
«Stai bene?»
«Tutto ok. Sto per uscire»
Lo sento ridacchiare e, al suono della sua risata, decido di chiudere l’acqua calda e uscire da lì dentro. Avvolgo un asciugamano attorno al mio corpo e comincio a strizzare i capelli in un altro per togliere l’acqua in eccesso.
Con un turbante azzurrino in testa e con l’asciugamano dello stesso colore stretto al petto, esco dal bagno trovando Andrea intento a guardare la sua mano, sdraiato sul letto e con la schiena appoggiata alla testata.
«Che fai?» chiedo sorridendo e avvicinandomi al cassetto della biancheria.
«Mentre ti aspettavo, guardavo il mio tatuaggio»
«Scusa, mi sono rilassata sotto l'acqua» dico indossando le mutandine.
«Devo portare con me il pacchetto di preservativi?» mi chiede con le sopracciglia alzate. Me lo sta chiedendo ma vorrebbe tanto che dicessi di si. Il fatto è che non servirebbero proprio a niente.
Però, non posso fargli capire nulla, quindi annuisco e sorrido.
Lui cerca di trattenere un sorriso ma non ci riesce, quindi si mette una mano sulla bocca e prova a guardare altrove. «Hm, senti… a proposito di preservativi»
Mi volto mentre cerco qualcosa di decente da mettere «Si?»
«Quando puoi ricominciare a prendere la pillola?»
Oh…
Giusto.
Avrei dovuto fare gli esami già da tempo ma la cosetta che cresce dentro di me mi ha impedito di pensare ad altro.
«Uhm… credo presto» rispondo allacciando i pantaloni.
Prendo una maglietta bianca e la indosso velocemente. Quando ritorno in bagno per asciugare i capelli sento lo sguardo di Andrea su di me ma, questa volta, evito di rispondergli male.
Asciugo e spazzolo per bene la mia chioma, cercando, soprattutto, di non pensare agli occhi di Andrea puntati sulla mia schiena.
«Mi piace guardarti e vederti mora»
Mi volto verso di lui e sorrido. «Meno male»
Entra in bagno anche lui e, velocemente, si spoglia. Entra in doccia e apre l’acqua calda. Ne esce qualche minuto dopo, tutto gocciolante e terribilmente sexy.
Quelle di cibo non sono le uniche voglie che ho e la cosa mi preoccupa perché, al momento, l’unica cosa che desidero è farmi prendere qui, contro il muro del bagno.
Quando entrambi abbiamo finito di vestirci ed io ho fatto più in fretta che potevo, mi trucco leggermente, ritorno in camera e indosso la giacca, le scarpe e recupero una borsa dal fondo dell’armadio.
«Sono pronta. Tu?»
«Anche. Possiamo andare?» mi chiede sorridente.
Annuisco e mi avvicino al cassetto della mia biancheria intima. Ne estraggo una benda nera e gliela sventolo davanti.
«Davvero vuoi bendarmi?»
«Si, altrimenti mi rovinerai la sorpresa»
«La mia tigrotta che mi fa le sorprese»
«Non sono io a dover essere chiamata tigrotta, tigrotto…» gli ricordo avvicinandomi.
In risposta ricevo soltanto una sua risata, dopodiché mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo, ma ad Andrea non basta. Le sue mani si infilano tra i miei capelli e la sua lingua riempie completamente la mia bocca.
«Dio, quanto ti amo» mormora posandomi una mano sul fianco e avvicinandomi al suo bacino.
Sento la sua eccitazione a contatto con il mio pube, ma adesso ho una cosa più importante da dirgli. «Ti amo anch'io» mormoro staccandomi per prendere aria. Gli getto le braccia al collo e riprendo a baciarlo.
«Spero davvero che stasera ti lascerai andare, perché ho bisogno di te, di perdermi dentro di te» dice guardandomi serio.
Gli occhi verdi velati da una patina di desiderio, amore, speranza e gioia… «Stasera sarà speciale» dico senza pensarci. «O almeno spero»
«Ne sono sicuro, amore. Non vedo l’ora»
Sorrido e gli lascio un ultimo bacio.
«Sarebbe il caso di chiamare un taxi» dico guardandomi intorno alla ricerca del mio telefono.
«Immaginavo lo avresti detto. L’ho già fatto io»
«Davvero?» chiedo sorpresa.
«Si. Dovrebbe essere qui tra un paio di minuti»
«Perfetto» rispondo sorridendo a sessantaquattro denti, prima di voltarmi e dirigermi in cucina.
Cerco il block-notes e, senza farmi vedere da Andrea, scrivo l’indirizzo e il nome dell’hotel.
Ho pensato che sarebbe stato giusto passare una notte nella camera d’albergo dove tutto ha avuto inizio, quando le cose tra di noi sono inevitabilmente diventate serie, perché si sa, il sesso complica tutto.
A distanza di quattro anni ritornerò là con lui, con l’uomo che amo e che, adesso, mi guarda con un sopracciglio alzato e un sorriso malizioso.
Mi riprendo dallo stato di trance nel quale ero caduta e abbasso lo sguardo arrossendo lievemente.
«E’ arrivato il taxi» dice e mi porge la benda.
Sento un brivido di freddo percorrermi la schiena e l’ansia tornare ad impossessarsi di me.
Lo guardo negli occhi: il suo sguardo così intenso mi fa crescere ancora di più l’ansia, eppure dovrei trovare la calma in lui; forse la cosa è troppo grande ed importante che nemmeno il suo sguardo riesce a rilassarmi.
«Ti vedo nervosa» mormora guardandomi.
«Scusa. È che…» faccio un respiro profondo, imponendomi di calmarmi e di non svelare ancora nulla. «Tranquillo. Dai adesso andiamo»
«Fai venire l’ansia anche a me, sai?»
«Non hai nulla di cui preoccuparti. Fidati di me»
«Sempre» risponde lasciandomi spiazzata.
Gli sorrido e lui si avvicina per lasciarmi un piccolo bacio sulle labbra «So che ti sorprendo sempre, ma adesso andiamo»
L'unica cosa che vorrei al momento è saltargli addosso, ma trattengo l’istinto e mi lascio guidare fuori da casa nostra.
Una volta nel taxi, l’autista ci chiede quale sia la nostra destinazione così gli spiego la situazione e gli porgo il biglietto con l'indirizzo. Lui mi sorride e parte.
«Adesso…» dico rivolta ad Andrea «Tu verrai bendato»
«Hm, speravo te ne dimenticassi»
Faccio un respiro profondo e faccio segno di no con la testa. «Su, vieni»
«E’ ancora troppo presto» mormora malizioso.
Gli stringo forte, troppo forte, il nodo dietro la testa e lui grugnisce per il dolore «Così impari»
Ridacchia ancora per qualche minuto, poi cerca la mia mano ed io gliela afferro, cominciando ad accarezzarlo dolcemente. «Mi sorprende che ti sia lasciato bendare» confesso.
«Tutto per te e poi… beh, mi piacciono le sorprese»
«Me ne ricorderò» dico e, da quel momento, non diciamo più nulla.
Soltanto quando il taxi si ferma e dopo aver aiutato Andrea a scendere parliamo di nuovo. «Siamo arrivati e non posso guardare…» borbotta.
«Tranquillo brontolone, tra poco scoprirai tutto» dico entrando nella hall dell’albergo. Avvicino Andrea a una parete e gli sventolo una mano davanti per assicurarmi che non veda. Non dice nulla, quindi credo di non correre nessun pericolo. «Torno subito. Tu stai qui e non ti muovere ok?»
«Dove stai andando?»
«Non chiedere. Aspettami qui»
«E se mi togliessi la benda mentre non ci sei?»
«Non puoi farlo perché ti osservo e, comunque, se proprio vuoi farlo rovinandomi così la sorpresa, sappi che andrai in bianco anche questa notte»
«No!!» esclama ed io ridacchio. Alcuni clienti dell’hotel si sono voltati verso di noi. «Non tolgo la benda, ricevuto»
«Bravo» lo bacio sulle labbra e mi avvicino alla receptionist per farmi dare la chiave a scheda della camera.
«Grazie» dico sorridendole «E’ stato tutto sistemato come avevo richiesto?»
«Si, signorina. È tutto pronto»
«Grazie» rispondo e ritorno da Andrea che continua a sbattere un piede per terra. 
«Eccomi» dico prendendolo per mano. «Possiamo andare, vieni»
Lo guido all’interno dell’ascensore e, dopo essere entrata a mia volta, premo il tasto del secondo piano.
«Siamo in un ascensore» mormora.
«Bravo amore»
«Ti sto odiando, sappilo»
«Spero proprio di no» mormoro trattenendo le risate.
«Fidati»
«Porta ancora un po’ di pazienza e scoprirai tutto» dico mentre il suono dell’ascensore indica che siamo arrivati al nostro piano.
«Dove siamo?»
«Andrea, piantala! È il giorno del tuo compleanno, vuoi rovinarti tutto?»
«No, però sono troppo curioso»
Scuoto la testa sorridendo e, prendendolo di nuovo per mano, lo guido verso la stanza 216.
«Ok, siamo arrivati» dico accorgendomi del tremore nella mia voce. Spero solo che Andrea non lo abbia percepito.
«Sei nervosa anche tu» sogghigna.
Speranza vana.
«Si, un po’» mormoro sciogliendo il nodo della benda che cade automaticamente sul suo collo.
«Oh, non mi aspettavo mi togliessi la benda subito» dice guardandomi. Non rispondo ma gli do il tempo di capire dove ci troviamo.
Lui si guarda intorno e un sorriso comincia a farsi largo sulle sue labbra. «Oh…» sussurra sorpreso.
«Ricordi?»
«Come potrei dimenticare» risponde guardandomi ma, adesso, non ho il coraggio di incrociare i suoi occhi.
«Tieni» gli dico passandogli la scheda magnetica.
«Ehi…» Sento le sue dita spostarsi sotto il mio mento e alzarmi il volto fino ad incontrare il suo «Cosa c’è che non va?» mi chiede.
«Nulla»
«Gaia…»
«Andrea, ti prego. Non chiedere niente, ok?»
«Allora c’è qualcosa che non va»
«Per favore, apri questa porta e poi parliamo»
«Va bene» risponde freddo e distaccato.
Faccio un sospiro profondo ed entro dopo di lui.
«Quando hai fatto tutto questo?» chiede guardandosi intorno e poi voltandosi verso di me.
Ai lati del letto e sulla finestra ci sono delle candele, proprio come aveva fatto lui quella sera.
«Non potevo farlo di persona, ma ho chiesto al personale dell'albergo di sistemare tutto oggi pomeriggio»
«Capisco» sussurra sedendosi sul letto.
Rimango davanti a lui, cominciando a sentirmi in imbarazzo. «Senti Andrea…»
«Non sei costretta a dirmi nulla se non ti va»
«No, aspetta… in realtà, quello che mi terrorizza e che devo dirti è il tuo regalo di compleanno, quindi devo»
Mi guarda perplesso e annuisce «Va bene» mormora infine.
«Non essere arrabbiato con me, per favore»
Ora come ora, non sopporterei la sua aria così incazzosa e distante da me. Sto per dirgli che, probabilmente, aspetto suo figlio, maledizione!
Lui non dice niente, così faccio un respiro profondo e mi avvicino al comodino. Apro il cassetto e prendo un pacchetto quadrato e non molto spesso.
«Primo regalo» dico porgendoglielo e sedendomi accanto a lui.
«Ce n’è più di uno?»
«Apri questo» gli dico.
Lui annuisce e comincia a scartare, quando ha rimosso tutta la carta regalo, lo volta. «Siamo noi» mormora accarezzando una mia foto.
«Ho cercato tutte le nostre foto sul pc e quelle che abbiamo fatto in questi ultimi mesi e ho pensato che ti sarebbe piaciuto»
«Si, mi piace molto, grazie; ma…»
Sorrido, intuendo la sua domanda. «Perché c’è questo spazio vuoto al centro?» chiede guardandomi.
Bene, è arrivato il momento «Ecco, vedi… ultimamente c’è una persona che si è messa tra di noi» mormoro, rendendomi conto di aver usato le parole meno indicate. Ora Andrea comincerà a farsi tutti i flash possibili ed immaginabili.
«Lo sapevo… sapevo che c’era qualcosa che non andava e che sarebbe arrivato il momento in cui mi avresti detto che c’è un altro! È Jay per caso? Ti vuoi rimettere con lui?»
«No»
«Allora è quello con il nome strano o quello pieno di tatuaggi. Hai rivisto uno di loro?» chiede alzando la voce e allontanandosi da me.
«Andrea, calmati» dico avvicinandomi di nuovo al comodino. Prendo un altro pacchetto. Questo è più spesso.
«Come fai a dirmi di calmarmi, Gaia? Mi stai lasciando… come cazzo faccio a calmarmi!»
Gli metto il pacchetto tra le mani e gli afferro il volto per costringerlo a guardarmi. I suoi occhi sono lucidi «No! Non. Ti. Sto. Lasciando»
«Cos’è questo?» chiede ignorando quello che gli ho detto fino a questo momento.
«Aprilo e lo scoprirai» dico e sorrido dolcemente.
Non nego di essere terribilmente nervosa. Lui mi guarda per qualche secondo e poi scarta il secondo regalo.
Quando capisce di cosa si tratta mi guarda con gli occhi spalancati «Cosa significa?» chiede.
«Voglio che tu sia con me mentre scopro se… se…» deglutisco e ci riprovo «Se sono incinta»
«Vuoi dire che…» anche lui sembra aver perso le parole «Che… che potresti esserlo?»
Annuisco e lo guardo di nuovo negli occhi «Pensavo ti andasse bene»
«E’ così, però… insomma, non pensavo… Oh dio» sussurra mettendosi una mano tra i capelli.
Non era proprio la reazione che mi aspettavo. «Può sempre non essere così» dico prendendo la confezione del test dalle sue mani.
«Non fraintendere, Gaia… io lo voglio, solo che non pensavo sarebbe successo così presto. Sapevo che tu non ne volevi adesso»
«Al momento,  non possiamo dire nulla con sicurezza»
«Giusto. Prima devi fare il test»
Annuisco e mi dirigo in bagno. «Vuoi che venga con te?»
Sorrido e faccio segno di no con la testa «Questa parte lasciala a me, ok?»
Andrea si lascia andare ad una risata semi contenuta ed annuisce. Si avvicina e mi bacia forte sulla fronte. «Ti aspetto qui» mormora e mi guarda negli occhi.
Amore…
Trepidazione…
Attesa…
Gioia…
Immensa voglia di avere questo bambino…
Vedo tutto questo nel suo sguardo e, confortata da ciò, entro in bagno.
«Ok… ci siamo» mormoro aprendo la confezione.
Impiego circa un quarto d’ora per bagnare il bastoncino di urina ma, alla fine, ci riesco e, dopo essermi lavata le mani, lascio tutto sul ripiano del bagno e ritorno in camera da Andrea che continua ad andare avanti e indietro.
«Ehi…»
«Che mi dici?» chiede.
«Ancora niente» dico indicando il bagno «Dobbiamo aspettare»
«Ok»
Mi siedo sul bordo del letto e mi volto a guardare Andrea. «Stai bene?»
Annuisce e poi parla «E’ per questo che avevi quei giramenti di testa o non volevi  più fare l’amore con me?»
«Si. Mi dispiace ma dovevo scoprire se era successo sul serio»
«Lo scopriremo presto, no?»
«Si»
«Ma com’è successo? Insomma… da quando non prendi più la pillola, abbiamo sempre usato il preservativo e, quando non ne avevamo, siamo sempre stati attenti»
«Non sempre, tesoro… è successo all’inizio»
«Quando?»
«Secondo me il giorno prima del mio compleanno, ricordi?»
«Non sono uscito abbastanza velocemente a quanto pare» mormora sorridendo.
«No, infatti»
«Gaia, senti… forse… forse dovrei chiederti scusa»
«Scusa per cosa?»
«Per averti messa in questa situazione»
«Non pensarci nemmeno. Non lo volevo adesso, è vero, però sono felice»
«Davvero?» chiede sorpreso.
«Sono felice se tu lo sei»
«Sono più che felice!!» esclama prendendomi in braccio e affondando il volto nel mio collo. «Sono così felice…» mormora baciandomi.
«Trattieni la tua felicità ancora per un po’. Credo sia arrivato il momento di vedere il risultato»
«Oh, giusto» dice e mi mette giù.
Entrambi ci avviamo in bagno ma non guardiamo subito; vorrei che Andrea cadesse sul letto nel caso avesse un mancamento dovuto all’emozione.
«Ehi, sono al tuo fianco, ok? Sempre»
«Grazie» rispondo sorridendogli commossa. Faccio un bel respiro profondo e alzo il bastoncino.
«Come si legge?» chiede Andrea.
«Questo tipo lo scrive sul display» spiego.
«C’è scritto “pregnant” e un 2+»
«Dio… sono già al secondo mese»
«Di già?» chiede Andrea guardandomi la pancia.
Alzo la maglia e lui sorride. «Si vede un bozzetto»
Sorrido e faccio un lungo respiro.
«Siamo incinti!!» esclama.
«Siamo incinti» rispondo ridendo «Comunque farò anche le analisi»
«Si, ovvio» mormora annuendo e cominciando a baciarmi la pancia.
«Andrea…»
«Shh…»
«C’è ancora una cosa» dico.
«Ancora?»
«Si. Questa potevo dartela solo nel momento in cui avrei visto il risultato di questo test, quindi…»  lascio la frase in sospeso e gli do l’ultimo pacchetto.
«Aspetta, la persona che si è messa tra di noi è...»
«E’ questo cosino piccolo qua dentro, si» dico indicandomi con entrambe le mani la pancia.
«Mi hai fatto morire di paura»
«Lo so»
«Ma è decisamente il miglior compleanno della mia vita» mormora commosso.
«Ne sono felice» rispondo sorridendo e con le lacrime agli occhi «Adesso apri»
Andrea fa come gli dico. Si vede che adesso è più felice di prima e, quando si ritrova davanti a due scarpette bianche, sussurro «Buon compleanno, papà»


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Eccoci qui...
Piaciuto questo compleanno di Andrea? Ammettetelo: vi siete spaventate all'inizio quando hanno litigato!
Ringrazio la mia sister Anna per l'idea riguardo l'annuncio della gravidanza ad Andrea. Non sapevo come descrivere la scena e lei mi ha suggerito questa scena, anche se il povero Andrea si è preso un paio di infarti nel frattempo xD
Comunque... Da qui in avanti, come ho già detto nel capitolo precedente, comincia un periodo particolare per Gaia e Andrea, quindi, se vi va continuate a seguirli ;)
Spero di non deludervi.
Un bacio e a venerdì 26 :*
Francy

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Capitolo 23
*** 23. *Saremo pronti?* ***


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Buon pomeriggio a tutti ^^
Finalmente questo giorno tanto atteso (?) è arrivato! In realtà avrei dovuto pubblicare domani, ma stasera ho un matrimonio e farò sicuramente tardi e domani mattina mi alzerò all'ultimo secondo prima di uscire di casa e non avrò il tempo di pubblicare, quindi lo faccio adesso ;) Spero vi faccia piacere :)
E' un bel capitolo questo, forse noioso per alcuni, ma è bello, quindi godetevelo!
Consideratela la calma prima della tempesta :P


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 23-
*Saremo pronti?*

 
Pov Andrea
 
Siamo incinti
È tutto quello a cui riesco a pensare da due settimane: esattamente dal giorno del mio compleanno. Non poteva farmi regalo più bello.
Diventerò papà e, anche se la cosa mi fa fare i salti di gioia, sono anche terribilmente spaventato.
Non mi sono mai preso la responsabilità di niente se non della mia relazione con Gaia. Sarò davvero in grado di fare il bravo genitore?!
Qualche giorno dopo avermelo detto, Gaia ha avuto la conferma della gravidanza. Ha fatto le analisi e una strana ecografia di cui non ho chiesto particolari dopo averla vista con le gambe divaricate, adesso c'è la parte più difficile. Deve Dirlo ai suoi genitori, qualcosa mi dice però che non sarà il passo più arduo da compiere, no…
Il momento più difficile sarà dirlo ai miei genitori.
Mi sono degnato di chiamarli solo due settimane fa e mio padre non era molto entusiasta della mia “fuga”.
Mia madre mi ha spedito dei vestiti invernali e credo si sia resa conto che, ora più che mai, la mia vita è qui con Gaia.
La sera del mio compleanno era talmente ansioso per quella foto con lo spazio bianco che, per un secondo, ho pensato davvero che Gaia volesse lasciarmi.
Poi, invece, è arrivata la fantastica notizia e dopo… beh, dopo abbiamo recuperato le notti in cui sono andato in bianco.
C’è da dire che nemmeno lei era molto lucida quando le ho tolto la maglia. Lo voleva anche lei.
Fare l’amore in quella stanza è stato strano visto che, l’ultima volta che sono entrato in quella camera, è stato quattro anni fa e, allora, era successa la stessa cosa anche se, forse, non era ancora amore
«A cosa pensi?» qualcuno interrompe il flusso del miei pensieri.
La mia Gaia, la mia dolce e indispensabile Bianchina.
La guardo e lei mi sorride «A che ora è l’appuntamento con la dottoressa?»
«Alle sei» risponde sospirando.
«Poi andremo da tua madre?»
«Si» mormora irrigidendosi.
«Stai tranquilla. Non credo ti urlerà contro»
La sento ridacchiare e le bacio la testa «Come stai?»
«Credo bene»
Questa mattina è rimasta quasi mezz’ora attaccata al water. Ho provato ad entrare ma non ha voluto. Avrei voluto tenerle i capelli o massaggiarle la schiena, ma non mi ha permesso di fare niente.
Qualche minuto dopo è uscita con una faccia bianca e strapazzata come uno straccio vecchio e logoro. Volevo che restasse a casa ma si è impuntata e, mezz’ora dopo era vestita e pronta per un’altra giornata di lavoro.
Credo che la cosa che l'innervosisce maggiormente sia che l'osservo continuamente quando siamo insieme; mi preoccupo e voglio che, a nessuno dei due, capiti nulla.
Le bacio di nuovo la testa e insinuo la mano sotto il suo maglione. La vedo sorridere e stringersi di più a me. «Mi piace» mormora.
«Anche a me»
Purtroppo, il magico momento è spezzato dalla suoneria del mio cellulare. «Chi diavolo rompe le palle?» esclamo buttando la testa all’indietro, esasperato.
Mi sono preso il pomeriggio libero per stare con Gaia e per accompagnarla a fare la pria ecografia ma, da quando ho messo piede in casa, il mio cellulare non ha smesso un attimo di squillare.
Prima mia madre, poi mio padre e infine il mio futuro cognato.
Mia sorella si sposa e tutti sono impazziti.
Me lo hanno detto soltanto qualche giorno fa ma, a quanto pare, è già tutto pronto per celebrare il lieto evento entro la fine dell’anno.
«Il fratellino arriva per ultimo» avevo detto a mia sorella durante una conversazione su Skype.
«Perdonami, ma credevo avevi cose ben più importanti da fare» aveva risposto lei, lanciando una veloce occhiata a Gaia, seduta al mio fianco.
La mia fidanzata si era grattata la testa in evidente imbarazzo mentre mia sorella cominciava a ridere.
Adesso, deve essere sicuramente lei, visto che è l’unica che manca all’appello.
«Cosa vuoi Martina?»
«Non ho cambiato sesso e non sono tua sorella» dice una voce maschile.
Giorgio.
«Oh, ciao»
«Ciao» mormora sconsolato.
«E’ successo qualcosa?»
«Ho chiuso con Alessia»
«Cosa?!» esclamo sciogliendomi dall’abbraccio di Gaia e alzandomi.
Lei mi guarda preoccupata ma, per il momento, prima devo ascoltare il mio amico. «Perché?»
«Voleva convivere»
«E hai chiuso con lei per questo motivo?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Si. Mi ha detto che se non lo avessi fatto mi avrebbe lasciato, perché si era stancata della lontananza e di vedermi soltanto ogni due mesi per pochi giorni»
«Non aveva preso in considerazione l’idea di trasferirsi?»
Alessia lavora in un piccolo studio legale. Si è laureata in giurisprudenza e subito dopo ha trovato lavoro lì. Gli uffici dello studio si trovano a Roma e così, lei e Giorgio, non hanno avuto molte occasioni di vedersi e di stare insieme. Lei non può ritornare spesso a casa per il lavoro; lui non vuole lasciare il suo e, a quanto pare, hanno deciso di porre fine alla loro storia.
«No. Pensavo lo avrebbe fatto. Pensavo avrebbe cercato un lavoro qui visto che di studi legali ce n’è sono tanti quantia Roma e invece no. Ho scoperto che non ha mandato il suo curriculum a nessuno, quindi penso che non voglia stare con me»
«Non dire così, Giorgio… Alessia ti ama, però lei ha la sua vita lì e non è facile rinunciare a tutto»
«Ma tu lo hai fatto»
«Si, io l’ho fatto, ma Alessia non è come me. Probabilmente ha troppa paura di rischiare»
«Già… beh, comunque questo è quanto. Volevo soltanto informarti. Spero che le cose fra te e Gaia vadano bene»
Guardo la diretta interessata e sorrido «Si, vanno più che bene»
«Sono felice per voi. Avete intenzione di tornare?» chiede.
«Si. Mia sorella si sposa qualche giorno dopo Natale e, comunque, saremmo tornati lo stesso»
«E’ arrivato il momento di far conoscere Gaia a Patrizia e Stefano?»
«Si e la cosa mi mette un po’ d’ansia»
«Potrebbero non accettarla?»
La guardo di nuovo e vorrei dire al mio amico cos’è che mi preoccupa. Perché è molto probabile che i miei non accettino il fatto che io abbia un figlio prima di essermi sposato o prima di aver trovato un buon lavoro.
«Potrebbero» dico soltanto.
«Non preoccuparti. Gaia è una ragazza adorabile. Conquisterà anche i loro cuori»
Sorrido e lo ringrazio.
Ci salutiamo dopo qualche altro scambio di battute e, con la testa bassa, ritorno sul divano.
«Cos’è successo?» mi chiede accarezzandomi i capelli.
«Alessia e Giorgio si sono lasciati»
«Davvero?!»
Annuisco e appoggio la testa sul suo seno.
«Come mai?»
«Lei vorrebbe convivere ma lui non vuole trasferirsi da lei e lei non vuole andare da lui»
«Sono sicura che troveranno una soluzione»
«Non credo. Giorgio mi è sembrato molto sicuro della propria scelta»
«Vedrai che ci ripenserà»
Faccio un profondo respiro e la guardo negli occhi «Qualcosa mi dice che non è soltanto Giorgio ad avere dei problemi» mormora.
Le sorrido perché, come al solito, ha capito che qualcosa non va e mi avvicino per baciarla. «Ho paura» sussurro infine.
«Di cosa?»
«Di non esserne in grado»
Mi guarda confusa aggrottando la fronte, poi i suoi lineamenti si rilassano, segno che ha capito.
«Anch'io ho le tue stesse paure, ma andrà tutto bene finché saremo insieme»
«Voglio  essere in grado di prendermi cura di te e del bambino e non posso farlo con questo lavoro»
«Non ti preoccupare, ok? I soldi non ci mancano»
«Non mi riferisco ai soldi, Gaia… non ho qualcosa da insegnare a mio figlio»
«Ma cosa stai dicendo?»
«Forse dovrei prendere in considerazione l’idea di sostenere quegli ultimi esami che mi mancano per laurearmi»
«Perché hai mollato quasi alla fine?»
«Non ce la facevo più»
«Oh, amore… mi dispiace così tanto. Se fossi rimasta al tuo fianco, probabilmente non ti faresti questi problemi adesso»
«Non è colpa tua. Sono stato io a decidere. Potrei chiedere di fare quegli ultimi esami»
«Di quanti esami si tratta?»
«Non ricordo quanti siano esattamente ma, credo, un sei o sette»
Ricordo il momento in cui ho deciso che avrei smesso di studiare. Credevo non mi piacesse e che fosse inutile perché l’unica persona per cui mi laureavo era Gaia. Volevo che, una volta saputo della mia laurea, si sentisse fiera di me ma, quando mi sono reso conto che non l’avrei mai più rivista, ho mandato tutto al diavolo e mi sono rifugiato nel sesso, nelle nottate di sballo e, qualche volta, anche nella droga.
Non vado fiero di ciò che ho fatto ma ero arrabbiato con me stesso per essermi comportato in quel modo quattro anni prima «Ti aiuterò Andrea. Puoi contare su di me e sarò fiera di te, anzi… noi saremo fieri di te» mormora toccandosi la pancia ancora poco pronunciata e sorridendomi con le lacrime agli occhi.
Annuisco e prometto di parlare con il rettore dell’università di Milano e di informarmi su quale sia quella più adeguata al mio corso di studi qui a Londra.
«Ti amo» sussurra Gaia baciandomi il collo.
«Anch'io, immensamente» sospiro sulle sue labbra, prima di catturarle tra le mie.
 
Mi sveglio di scatto; la schiena dolorante per aver dormito sul divano e Gaia che respira profondamente al mio fianco. Recupero il cellulare dalla tasca dei jeans per controllare l'ora e mi rilasso. Abbiamo ancora un’ora prima dell’appuntamento. Mi volto verso Gaia e mi accorgo che non deve essere comoda in quella posizione. Le gambe strette al petto e il collo piegato sul bracciolo del divano.
Mi alzo e, cercando di non svegliarla, la prendo in braccio per portarla in camera da letto.
«Hm…» mugugna mettendomi le mani attorno al collo.
«Continua a dormire» le sussurro posandola piano sul letto. La copro con un plaid trovato nelle vicinanze e, dopo averle lasciato un bacio sulla fronte, mi allontano.
«Andrea?» mormora con voce roca.
«Dimmi»
«Rimani con me» chiede ed io non posso fare altro che annuire e stendermi accanto a lei sul letto
La sento sospirare, le sue mani prendono le mie mettendole poi sulla sua pancia.
Sorrido e le bacio la nuca «E’ così piccola ancora»
«Vuoi che diventi una balenottera» dice ridacchiando.
«Sarai una balenottera stupenda; non temere. Ho occhi solo per te»
La sento ridere ancora mentre le sue mani stringono di più le mie.
«Cosa vorresti che fosse?»
«Parli del sesso?»
«Hm, hm»
«Mah, non saprei… in realtà vorrei soltanto che lui o lei sia sano e che non prenda il mio caratteraccio»
«Il tuo carattere mi piace, anche se preferirei non andasse a spezzare cuori a destra e a sinistra»
«Credo sia molto presto per dirlo»
«Si, lo credo anch'io» dice voltandosi. Sposta i capelli lontano dal viso e comincia a fissare il soffitto. Il suo seno si abbassa e si alza al ritmo del suo respiro rilassato e non posso fare altro che notare quanto le sia cresciuto. Beh, devo ammettere che la parte pervertita di me lo ha notato subito.
«Smettila di guardarmi le tette» dice all’improvviso.
Mi guarda e alzo le spalle «Sono belle, come faccio a non guardarle?!»
Ride e si volta verso di me per baciarmi.
Ci stacchiamo, la guardo malizioso leccandomi le labbra e lei si avvicina di nuovo, ficcandomi la lingua in bocca.
Accidenti!
Di colpo è a cavalcioni su di me, mentre la sua bocca lascia scie super infuocate sulla pelle del mio collo.
«Mi sento…» mormora «Come se non fossi più padrona del mio corpo e, da quando mi hai stretta a te, mi sono sentita troppo eccitata per fare qualsiasi altra cosa. Non sai quanto ti desidero» sussurra cercando maggiormente il contatto con il mio corpo. «Fai l’amore con me, Andrea. Ti prego»
E chi sono per dirle di no?!
Le sfilo velocemente la maglia e la libero del reggiseno. Resto qualche secondo a fissarla: è stupenda ma lei non vuole essere guardata, vuole essere amata.
Mi libero della mia camicia e, delicatamente, la stendo sul materasso. Con un solo gesto le tolgo i jeans e gli slip, mentre la sua mano non lascia un secondo i miei capelli.
Mi libero degli ultimi indumenti e le allargo ancora di più le gambe entrando, con una sola spinta, in lei e lì mi perdo.
La sensazione che attraversa il mio corpo è qualcosa di indescrivibile. Mi sento lo stomaco in subbuglio, sento il cuore battere velocemente e la mia eccitazione crescere sempre di più.
Mentre mi spingo dentro al suo corpo, lei mi bacia, soffocando i gemiti di entrambi e, proprio in questo momento, mi rendo conto che tutte le sensazioni che provo non dipendono soltanto dal corpo sexy della mia donna, ma anche dal fatto che l' amo con tutto me stesso: darei la vita per lei e per quella che porta in grembo.
«Andrea…» ansima inarcando la schiena e schiacciando i seni contro il mio petto. Comincio a baciarle il collo scendendo fino ai capezzoli turgidi. «Più veloce» mormora.
«Ho paura di farti male» sussurro ricordandomi che lei è incinta.
«Non dire sciocchezze!!» esclama guardandomi negli occhi.
Vedendo che non accenno ad accontentarla, Gaia comincia a muoversi finché non mi ritrovo io sotto e lei sopra. «Ora si» dice con un sorriso malizioso e vittorioso sulle labbra cominciando a muoversi su di me.
La vedo piegare la schiena all’indietro, appoggiare le mani sulle mie gambe e continuare a muoversi facendomi arrivare quasi al limite. Mi alzo cercando di abbracciarla, così da riportare i nostri corpi vicini; ci riesco e per i successivi minuti continua a muoversi sopra di me guardandomi negli occhi e ansimando sulla mia bocca.
La bacio, la stringo forte a me e riverso il mio seme in lei. Qualche secondo dopo sento che anche lei ha raggiunto il piacere, accasciandosi poi sulla mia spalla.
Le bacio la guancia e rimaniamo in questa posizione per pochi secondi o forse pochi minuti, ma la verità è che non mi interessa perché sto una meraviglia.
«Saranno sette mesi veramente divertenti» dice ridendo.
«I tuoi ormoni impazziti mi piacciono»
«Ho l’impressione che questa tua affermazione non varrà anche quando ti urlerò contro, vero?»
«Hm… non credo» rispondo sincero.
Lei scoppia a ridere e si alza piano, in modo da permettermi di uscire da lei; nello stesso momento entriamo in bagno per una bella doccia rilassante.
 
Siamo seduti su queste poltrone da circa mezz’ora. Alle sei spaccate ci siamo presentati all’appuntamento ma, purtroppo per noi, questa sera la ginecologa aveva una marea di visite e, a causa del ritardo di una paziente, tutti le altre sono state posticipate di almeno mezz’ora.
«Quando tocca a noi?» chiede Gaia accarezzandomi la mano.
Prima di uscire di casa, realizzando quello che avremmo "scoperto", ha cominciato ad agitarsi, si è tranquillizzata solo quando siamo arrivati nello studio medico. Adesso sembra ancora tranquilla ma so che, tra qualche minuto, quando ci chiameranno, ripiomberà nell’ansia più assoluta.
«Appena esce la signora che è entrata venti minuti fa»
La vedo deglutire e annuire. «Ok»
È nervosa.
«Andrà tutto bene» le dico guardando davanti a me.
Devo dire che, la vista di tutti questi pancioni, mi ha fatto venire voglia di vedere crescere la pancia di Gaia ogni giorno di più, sempre più velocemente.
So che lei è spaventata, ma sarò sempre al suo fianco.
«Gaia»
Qualcuno la chiama e, quando entrambi alziamo gli occhi, vediamo la dottoressa farci segno di entrare.
«Ok, ci siamo» mormora lei con lo sguardo fisso davanti a sé.
«Ehi… ti tengo la mano, ok?»
Mi guarda con gli occhi spalancati e pieni di lacrime, mi si stringe il cuore a vederla così.
«Andrà tutto bene, te lo prometto» dico abbracciandola. «Te lo prometto» ripeto chiudendo gli occhi e cercando di non farmi prendere dalla paura.
So cos'è passato per la testa di Gaia e non voglio che si lasci prendere dal panico.
Siamo troppo giovani, non siamo sposati, dobbiamo ancora dirlo ai nostri genitori, non abbiamo ancora trovato il lavoro dei nostri sogni e ci saranno mille e mille altre difficoltà, incertezze e paure da affrontare.
L'unica cosa certa è che non la lascerò mai da sola. Non farò Mai più questo sbaglio. Non la lascerò Mai più andare via da me, mai più vedrò la paura attraversarle il volto perché la sto lasciando da sola, mai più le spezzerò il cuore e farò tutto ciò che è in mio potere per renderla felice.
«Ragazzi, tocca a voi» ci esorta nuovamente la dottoressa.
Annuisco sorridendole e cercando di tranquillizzare Gaia con lo sguardo.
«Andiamo»
Lei annuisce e, stringendomi forte la mano, ci dirigiamo verso lo studio della dottoressa.
«Allora Gaia. Per la prima volta una visita diversa da quelle che fai di solito» le dice sorridendole materna.
Forse ha capito che è spaventata e cerca di metterla a suo agio.
«Si» mormora flebilmente.
«Non avere paura. Cominciamo subito. Tu sei?» chiede guardandomi.
«Sono Andrea. Il fidanzato»
«E’ un piacere conoscerti» mi risponde sorridendo.
Nel frattempo Gaia si è distesa sul lettino.
«Alza la maglia fin sotto il seno» le dice e la mia fidanzata esegue.
La dottoressa le versa una generosa dose di gel e si siede sullo sgabello accanto al lettino.
Resto fermo accanto a Gaia e le stringo la mano anche se, sarebbe più appropriato dire, che lei stritola la mia.
«Allora… vediamo un po’» comincia a dire la donna mentre guarda lo schermo. Si vedono delle immagini distorte e non riesco a capire praticamente niente di quello che trasmette la sonda. «Eccolo qui il vostro bambino!» esclama premendo di più sulla parte superiore della pancia di Gaia.
«C’è…» sussurra quest’ultima.
«Certo che c’è. Sei di circa dieci settimane, quindi due mesi e mezzo. A fine mese lo completerai» Gaia annuisce e ritorna a guardare lo schermo. «Questo piccolino crescerà ogni giorno di più ma, per il momento, è lungo circa sei centimetri e pesa cinque grammi»
«Possiamo sentire il battito del cuore?» chiedo.
«Certo. Soltanto un attimo»
La dottoressa continua a muovere l’ecografo, fin quando la stanza si riempie di un forte bumbum, bum.
Sento i miei occhi pizzicare e le lacrime chiedere di essere liberate: questa volta non le trattengo.
Ho appena sentito il battito di… mio figlio.
Vedo Gaia voltarsi verso di me e sorridermi, anche lei con le lacrime che le scendono lungo le guance. Mi abbasso e le stampo un dolce bacio sulle labbra e poco m’importa se la dottoressa è lì ad assistere al nostro momento.
«Il vostro piccolino sta bene, quindi direi che per oggi è tutto» annuncia lei stampando delle immagini.
Porge a Gaia della carta ed io la aiuto a pulirsi e ad alzarsi dal lettino.
«Le nausee sono scomparse?» le chiede.
«Non proprio. Ogni tanto si ripresentano»
«Non preoccuparti. Presto cominceranno a darti tregua»
«Bene»
«Mi raccomando. Cerca di non affaticarti troppo, di non sottoporti a stress ed evita fumo e alcol, intesi?»
«Certo»
«Perfetto. Per il resto, ci vedremo alla prossima ecografia»
«Chiamerò per l’appuntamento» le ricorda Gaia.
«Benissimo»
Le due si salutano e, infine, la dottoressa saluta anche me.
Quando usciamo dallo studio entrambi guardiamo la copia dell’ecografia.
«Lo hai visto» mormora lei.
«Si. È un fagiolino» sussurro guardando ancora l’immagine.
«Voglio dargli il meglio, Andrea» esclama mettendosi davanti a me.
«Certo che lo vuoi. Anch'io voglio la stessa cosa»
A quelle parole mi rivolge un sorriso che, se lo avesse fatto prima di entrare, avrei creduto fosse un’altra persona.
«Andiamo da tua madre» mormoro stringendole le spalle e avvicinandola di più a me. Anche lei mi abbraccia e, felici dopo aver visto nostro figlio, usciamo dalla clinica.
 
«Ancora non mi avete detto come mai siete qui» chiede la madre di Gaia perplessa di trovarci entrambi nel suo salotto.
«Facevamo un giro e abbiamo deciso di passare» spiega Gaia, comodamente seduta sul divano. Le stringo la mano e le sorrido.
Siamo qui da circa mezz’ora, ma nessuno dei due ha ancora voluto annunciare la notizia anche se non vedo l’ora di condividere questa gioia anche con qualcun'altro.
Vorrei urlare al mondo intero che sto per diventare papà.
«Hm, non me la raccontate giusta voi due. C’è qualcosa che volete dirmi?»
«No»
«Si»
Rispondiamo all’unisono io e Gaia.
«Ok, adesso ho davvero la certezza che c’è qualcosa che non va»
«Mamma, va tutto bene davvero»
«Allora parlate! Mi state facendo innervosire. Vi sposate? Aspettate un bambino? Vi trasferite?»
Guardo Gaia per avere il permesso di parlare ma lei mi precede, alza la maglia che indossa mentre sua madre lancia un urlo che credo, e spero, sia di gioia.
«Sei incinta!!» esclama alzandosi.
«Si, mamma»
«Congratulazioni tesoro. Che bello. Diventerò nonna»
Sorrido contento che la notizia sia piaciuta a Giulia ma sono ancora preoccupato per quando lo dovremo dire ai miei genitori.
«A che mese sei?» le chiede la madre.
«A fine novembre termino il terzo» le spiega Gaia mostrandole l’ecografia.
Giulia dice qualcosa sulla gravidanza che io ignoro e che Gaia comprende a fatica, poi però, appena la madre termina la frase si butta sulla figlia e l'abbraccia, coinvolgendo anche me qualche secondo dopo.
«Lo sapevo che avreste avuto subito un bambino»
«Perché lo pensavi?» le chiedo.
«Era solo una sensazione. Forse perché vi amate tanto e perché avete faticato tanto per ritrovarvi»
«Per fortuna ci siamo ritrovati» mormoro stringendo la mano a Gaia.
Lei alza lo sguardo e mi sorride timida.
Non cambierà mai” penso mentre la guardo arrossire. Resterà sempre la mia timida, dolce e premurosa Bianchina e tutto questo mi fa soltanto venire voglia di portarla a casa e coccolarla per tutta la notte.
«Andiamo a casa?» le chiedo senza nemmeno pensarci.
«Non restate a cena? Tesoro, adesso devi cominciare a mangiare più sano e soprattutto di più»
«Si mamma» mormora lei sbuffando.
«Mi raccomando Andrea… Prenditi cura di mia figlia e del vostro bambino»
«Lo farò»
Giulia ci sorride e abbraccia prima me e poi sua figlia, prima di accompagnarci alla porta.
«E’ andata bene» mormoro mettendole un braccio sulle spalle e avvicinandola di più a me.
«E’ vero. Chissà se andrà nello stesso modo quando lo diremo ai tuoi»
«Sono preoccupato anch'io, ma il loro parere non sarà poi così importante»
«E’ ancora presto per pensarci» mormora lei guardandosi intorno.
Continuiamo a camminare in silenzio, mentre mi lascio guidare da lei per le strade di Londra.
Non so come interpretare il suo silenzio, ho sempre paura che possa pentirsi e chiedermi di accompagnarla in ambulatorio per abortire. Ho paura che lo faccia e che mi lasci.
So che sono paure immotivate ma, in fondo al mio cuore, non riesco mai ad essere tranquillo, soprattutto se si tratta di qualcosa che Gaia non è convinta al cento per cento di fare. Mi ha tranquillizzato dicendo che è sicura di volere questo bambino, ma sarò sempre in ansia.
E quando lo diremo ai miei genitori?
Oddio, se dovessero prenderla male, lei come reagirà?
Scuoto la testa e mi concentro sulla presenza della donna che amo al mio fianco. La guardo mettersi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, guardare a destra e a sinistra per assicurarsi che non provengano macchine prima di attraversare e ammirare le vetrine dei negozi o delle librerie.
Sembra tranquilla e… felice. Mi accorgo della sua mano posata sulla pancia all’interno della giacca e non posso fare altro che sorridere.
Chissà come si sente, cosa prova e chissà come sarà combattere contro i suoi ormoni o le sue voglie.
E poi voglio vedere il suo ventre crescere e sentire il bambino scalciare.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, sorridendo come un deficiente o, forse, come un uomo innamorato della donna che lo sta per rendere padre.
Si, decisamente per quest’ultimo motivo.
E pensare che non avevo idea che la mia vita sarebbe cambiata così drasticamente dopo aver conosciuto Gaia.
È vero, la cotta per lei l’avevo già da prima, ma il fatto di aver passato quelle tre settimane con lei mi ha cambiato, anche se le cose sono andate in maniera del tutto diversa da come mi aspettavo.
Quattro anni fa non avevo idea che, in futuro, sarei stato al suo fianco e con mio figlio dentro di lei.
Non sapevo neanche di avere il desiderio di diventare padre ma, è molto probabile, sia stata la relazione con lei a farmi cambiare prospettiva nella vita.
Da quando sono qui, mi sento diverso.
Non credo di essermi mai preoccupato di nulla che non fosse ritornare a casa dopo una nottata passata tra le discoteche milanesi.
Adesso è tutto cambiato, mi sento veramente migliore e, anche se la maggior parte dei ragazzi della mia età vorrebbero divertirsi e continuare ad andare a letto con la prima che capita, mi rendo conto di volere stabilità nella mia vita.
Mi rendo conto di volere accanto una persona che dimostra il suo amore nei miei confronti e che mi indichi qual è la via migliore per risolvere un problema.
Voglio accanto qualcuno che si prenda cura di me come io sono disposto a prendermi cura di lei, incondizionatamente.
Voglio qualcuno che mi ami senza riserve e completamente, tutto ciò l’ho trovato in lei: in Gaia.
La donna che ho amato e ferito nello stesso momento soltanto per il mio stupido orgoglio.
Lei mi capisce con un sguardo, mi completa, conosce il mio passato e ha accettato tutto quello che lo riguarda e, cosa ancora più importa, mi ha perdonato. E per me non c’è cosa che conta più.
Sospiro di nuovo e sorrido, completamente rapito dal pensiero della mia donna.
«Perché sorridi?» chiede proprio lei.
Si è fermata e solo adesso mi sono reso conto che siamo davanti ad uno Starbucks.
La guardo e continuo a sorridere «Pensavo a te»
«Ah» mormora arrossendo. Mi abbasso alla sua altezza e le lascio un bacio sull’angolo della bocca.
«Penso che ti amo incondizionatamente»
Lei mi guarda e il suo volto si apre in un magnifico sorriso e il mio cuore si scioglie. «Ti amo anch'io» mormora.
L'abbraccio ma, quando il momento finisce, mi guardo intorno.
«Perché ci siamo fermati?» le chiedo mettendola giù.
«Pensavo che potremmo bere qualcosa e poi comprare un po’ di cioccolato nel negozio in fondo alla strada»
«Vuoi bere qualcosa qui?» chiedo riconoscendo il locale.
«Si» risponde sorridendo e avviandosi verso l’entrata.
«Ok» mormoro raggiungendola.
La vedo avvicinarsi ad un tavolo vicino alla vetrata, posare la borsa, la giacca e andare verso la cassa.
«Cosa vuoi?» mi chiede.
«Soltanto un caffè»
«Va bene» risponde tutta felice.
Ma cos'ha?
Vado a sedermi al tavolo che ha scelto e la guardo. I suoi capelli, finalmente castani, le scivolano sulle spalle, leggermente mossi, i suoi fianchi sono ancora sottili come prima, ma si nota che stanno cambiando. Anche da dietro, i cambiamenti del suo corpo si notano e non posso fare altro che pensare a quanto sia stupenda.
È sempre stata troppo magra, ma sono sicuro che questa gravidanza le darà un aspetto stupendo. Il suo bacino si muove al ritmo del piede che picchietta sul pavimento mentre attende il suo turno e, quando le chiedono cosa vuole ordinare, si alza sulle punte dei piedi indicando qualcosa sul tabellone davanti a lei. Indica anche qualcosa dentro ad una vetrina e, alla fine, porge i soldi.
Adesso sta ritornando da me e sorride.
«Tutto ok?» le chiedo mentre si accomoda davanti a me.
«Si, certo. Tra poco arriva il caffè»
«Ok» mormoro prendendole la mano.
«Sai…» dice spezzando il silenzio che si era creato tra di noi «Stavo pensando di andare alla Random House»
«La casa editrice?» chiedo e lei annuisce.
«Potrei fare prima il colloquio ed eventualmente, in un secondo momento, lasciare il lavoro all’università»
«Mi sembra perfetto»
«Spero soltanto che vogliano assumermi nel caso sia idonea»
«Perché non dovrebbero farlo?» chiedo aggrottando le sopracciglia.
«Sono incinta. Credi dovrei dirlo?»
«Secondo me si. Alla fine, se glielo tieni nascosto, avranno un motivo per non assumerti»
«Probabilmente hai ragione»
«Probabilmente» mormoro ridacchiando.
«Ecco a voi» esclama un ragazzo consegnandoci quello che Gaia ha ordinato.
«Grazie» risponde lei strofinandosi i palmi delle mani.
«Ma quante cose hai preso?» chiedo sbarrando gli occhi alla vista di tre muffin e di un bicchiere gigante di uno strano liquido bianco e rosa.
«Avevo voglia di fragole»
«Ah. Dovrò cominciare ad abituarmi alle tue voglie, vero?»
Lei annuisce ridendo e mordendo il muffin che credo sia alle fragole. «Dio mio…» mugugna.
«Buono?» chiede bevendo il caffè.
«Non sai quanto. E' dal tuo compleanno che desideravo le fragole»
«Perché non me l'hai detto?»
Alza le spalle e beve un sorso dal bicchiere.
«Cos’è?»
«Cioccolata bianca e glassa alle fragole»
«Ok, domani mattina vado a fare la spesa, così nel fine settimane non avremo problemi»
«Grazie. Comunque uno è tuo» dice sorridendomi.
«Lo cedo volentieri a te» rispondo vedendola spolverare velocemente il primo dolcetto.
«Credo gradisca anche lui»
«Si muove?» chiedo, immaginando che sia troppo piccolo per farlo.
«No, mi sembra però di sentire un’energia positiva»
«Dici che è lui?»
Annuisce e beve un altro sorso di cioccolata «Mi piace sentirmi così» mormora appoggiandosi alla vetrata.
«A me piace vederti così»
I suoi occhi si posano nei miei, sorridendomi maliziosa.
«Credi che possiamo portare queste cose a casa?» chiedo sentendo un familiare calore nelle mie parti basse.
Annuisce e si alza. Afferra il suo bicchiere e lasciando i muffin al loro posto. Prendo anch'io il mio bicchiere e afferro i due muffin. Meglio essere preparati per le sue voglie.
Percorriamo la strada di casa in silenzio; sento il mio cuore andare a mille e la mia eccitazione crescere sempre di più, nonostante cerchi di domarla.. lei, ogni tanto la scorgo guardarmi maliziosa e sorridere innocentemente.
Mi farà impazzire.
Quando arriviamo a casa si dirige in cucina lasciando tutto sul bancone e, quando sono dietro di lei, si avventa tra le mie braccia saltandomi addosso.
«Dovresti soddisfare questa donna incinta ed insaziabile»
«A me non dispiace» mormoro roco cominciando a toccarle il sedere.
«Allora portami in camera»
Annuisco e comincio a baciarla dando inizio alla nostra notte d’amore.

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Ok, che ne dite?
E' stato veramente noioso, vero? Però, spero almeno di avervi addolcito un pò con questa dose di "tenerezza"... prometto che i capitoli prossimi saranno interessanti ;)
Ok, Gaia è veramente incinta e questo che cosa significa?
Nuove responsabilità!
E Gaia e Andrea si chiedono, ovviamente, se ne saranno in grado.
Vado a leggermi il capitolo prossimo :P
A venerdì 2 agosto! :*
Francy

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Capitolo 24
*** 24. *Troppi cuori spezzati, o quasi...* ***


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Buonasera... :)
Ormai pubblico il giovedì sera perchè l'indomani mattina non riesco a staccarmi dal letto, quindi, lo pubblico adesso e voi avete tutto il tempo per leggere.
Ho qualcosa da dire, ma lo farò alla fine ;)
Intanto, buona lettura :*
Francy


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 24-
*Troppi cuori spezzati, o quasi…*

 
Pov Gaia
 
«Quando pensi di dirlo a tuo padre?»
Guardo Andrea e allontano la tazza dalla bocca. «Penso che glielo dirà mia madre»
«Gaia… è pur sempre tuo padre e dovrebbe saperlo da te che aspetti un bambino»
«Lascia stare»
«Sempre testarda» mormora alzandosi e baciandomi la testa, prima di allontanarsi dal tavolo e andare in camera per cambiarsi.
Oggi sarà il mio primo vero giorno di lavoro alla Random House.
Due settimane fa ho ottenuto un colloquio con la direttrice della casa editrice e, dopo mezz’ora di colloquio, ha deciso che mi avrebbe fatto fare due settimane di prova; oggi, invece, comincerò come una dipendente effettiva.
Chissà se mi faranno fare la segretaria o se mi affideranno subito qualche romanzo.
Detto in tutta onestà spero che non sprechino la mia laurea mettendomi dietro una scrivania a rispondere al telefono.
È stato un trauma per i ragazzi all’università sapere che me ne sarei andata, ma più felice di me non c’era nessuno. Forse Andrea, al quale non sono mai andati a genio certi alunni che seguivo.
Questa mattina mi sono svegliata con una certa ansia, ma ho provato a rilassarmi per evitare di far nascere mio figlio nervoso.
Sorrido e mi distendo sulla sedia, toccandomi la pancia ancora molto poco accennata.
Si vede un piccolo bozzetto ma niente di più. Fra due giorni entrerò nel terzo mese e, sinceramente, non vedo l’ora di vedere un po’ di pancia per rendermi conto che, mio figlio, c’è veramente.
Se non fosse per i leggeri dolori alla schiena o per le voglie assurde di cibo che ho, direi di non essere incinta.
Andrea è totalmente innamorato della mia pancia che cresce lentamente, ma cresce.
Ogni sera, prima di addormentarci, passa tutto il tempo ad accarezzarmi e a massaggiarmi il collo, le spalle, le gambe, anche se molte volte ha finito per farmi dei massaggi erotici; ma io non mi lamento di certo.
La futura mamma deve essere soddisfatta in ogni campo.
Da qualche giorno mi ha chiesto quando lo avrei detto a mio padre e, sinceramente, non so nemmeno se voglio essere io a dirglielo.
Forse il mio è un comportamento egoista, ma non riesco a prendere il telefono e dire “Ciao papà, aspetto un bambino”.
Per me è troppo.
Andrea sta cercando di farmi cambiare idea, ma non sarà facile. Devo sentirmi pronta per dargli una notizia del genere.
«Sto andando» annuncia Andrea comparendo sulla porta con un sorriso dolce sulle labbra.
«Perché sorridi?»
«Ti stai toccando la pancia» mormora avvicinandosi.
«Si, comincio a sentirla un po’» dico e lui si inginocchia al mio fianco.
La sua mano si sposta sul mio ventre e la mia fra i suoi capelli. «Sei uno schianto lo sai?» gli dico mangiandomelo con gli occhi.
Non gli ho mai fatto complimenti del genere.
«Modestamente» mormora contro la mia pancia. Lascia lì un bacio e un altro sulle mie labbra. «Vado. Tuo padre è giù che mi aspetta»
Andrea ha ripreso a studiare.
Ha cercato un dipartimento di Archeologia in una delle università inglesi e, quella più vicina a Londra, è Cambridge.
Mettendo da parte le nostre divergenze, ho chiesto a mio padre di potergli dare una mano così, con la sua influenza, Andrea è riuscito ad entrare e a riprendere gli studi.
Hanno fatto delle videochiamate con il responsabile dell’università di Milano e, dopo aver espletato le pratiche burocratiche, adesso è tutto in regola.
I suoi genitori sono stati felici di sapere che avrebbe ripreso gli studi e non hanno pensato nemmeno per un secondo che la retta è costosa.
L’unica cosa negativa è che deve fare un’ora di viaggio ogni mattina. Mio padre si è offerto di accompagnarlo fino alla conclusione e, sebbene non volessi, Andrea ha accettato.  
Ormai è da quasi una settimana che Andrea frequenta alcune lezioni al dipartimento di Archeologia a Cambridge e il pomeriggio ritorna per andare a lavorare.
Amo quello che sta facendo, perché mi dimostra che vuole davvero un futuro migliore per se stesso e per la famiglia che stiamo creando.
Credo di potermi ritenere soddisfatta del mio lavoro. Fare l’editrice potrebbe piacermi davvero tanto e almeno la mia laurea non andrebbe sprecata.
«Buona giornata»
«Grazie. Anche a te»
Mi fa l’occhiolino ed esce.
Sospiro e mi alzo, dopo aver sparecchiato e sistemato la cucina, ritorno in camera per indossare un paio di jeans e una maglietta.
Indosso cappotto e sciarpa, prendo la borsa ed esco di casa.
Durante queste due settimane ho conosciuto le mie colleghe che mi hanno subito accolta a braccia aperte, anche se non me lo aspettavo proprio.
Contrariamente a quanto mi aspettavo mi hanno affidato due romanzi in due settimane e, con mia grande sorpresa, sono riuscita a finire entrambi e a consegnare le mie note alla direttrice.
Le mie colleghe, Alice e Kristen, si sono accorte praticamente subito della mia nuova condizione. Forse perché non faccio altro che bere cioccolate calde e sgranocchiare salatini mentre leggo pagine su pagine.
A parte il mio capo e le mie due colleghe nessun altro si è accorto che sono incinta e forse è meglio così.
Dopo circa venti minuti arrivo davanti al palazzo ed entro negli uffici della Random House dove, per fortuna, trovo Gail Rebuck, il mio capo.
«Buongiorno» rispondo stringendole la mano.
«Bentornata Gaia. Pronta per il tuo primo vero incarico?» mi chiede sorridendo.
«Certo»
«Bene. Allora seguimi» dice e comincia a camminare verso alcune scrivanie. «Ormai ti sei ambientata in queste due settimane, ma se c’è qualcosa che vuoi chiarire non esitare a chiamarmi. Comincia con questi manoscritti. Leggili, portali a casa se non fai in tempo, e poi dammi una descrizione dettagliata di tutti. Sceglieremo insieme quale trattare»
«Fantastico» rispondo sorridendo e accomodandomi alla mia sedia.
«Buon lavoro» mi augura Gail.
Le sorrido e comincio a guardarmi intorno «Ciao. Come stai oggi?» chiede la mia vicina di scrivania, Kristen.
«Bene, grazie. Più tardi scendiamo giù a prendere qualcosa di dolce?»
«Ovvio!» esclama sorridendomi.
«Come sta il piccolino?» sussurra Alice avvicinandosi e sorridendomi.
«Credo bene. Non sento ancora nulla ma so che vuole tanto del miele» mormoro strofinandomi le mani sui jeans.
«Più tardi andiamo a prenderne un po’» mormora ridacchiando Kristen.
Annuisco ad entrambe, sorrido e mi concentro sul primo manoscritto.
Oh dio, è enorme.
Storia di un amore non corrisposto”. Hm… potrebbe essere interessante.
Mi immergo nella lettura correggendo qualche pezzo o qualche parola e, più leggo, più mi sembra di ritornare indietro nel tempo; quando il mio amore per Andrea era soltanto il mio amore per lui, perché non sapevo ancora se lui mi amava o no.
Prendo il cellulare dalla borsa e scrivo velocemente un messaggio “Che bello iniziare il primo giorno di lavoro con un manoscritto che ricorda la mia vita da adolescente”. Invio e attendo.
Tanta è l’attenzione verso questa lettura che non mi accorgo dei tre messaggi che Andrea mi ha mandato da stamattina fino alla fine del primo turno.
L’ultimo dice “Perché non mi stai rispondendo? Devo pensare al peggio?
Sorrido e mi affretto a rispondere “Ne parliamo a casa”. Meglio tenerlo un po’ sulle spine.
«Cioccolata?» chiede Alice sbucando dal separé tra le nostre due postazioni.
Guardo l’orologio e mi rendo conto che la mattinata è passata senza che me ne rendessi conto. Annuisco alle mie amiche e chiudo il manoscritto, mi alzo e raggiungo le ragazze all’uscita.
Scendiamo al bar, dove troviamo altri colleghi intenti a parlare tra di loro; Kristen si avvicina ad uno di loro e lo bacia teneramente sulla guancia.
«Ciao tesoro» gli dice sorridendo.
Scambiano qualche parola, poi, entrambi, si voltano verso di me e Alice che, nel frattempo, ha preso le cioccolate.
«Gaia, ti presento il mio fidanzato: Robert. Ci sposiamo l’anno prossimo» mi dice con un sorriso a sessantaquattro denti stampato in faccia.
«E’ un piacere conoscerti. Congratulazioni»
«Grazie» risponde lui stringendomi la mano.
«E lui è Brian» conclude Kristen presentandomi un ragazzo alto, moro, occhi verdi e mascella squadrata. Ha un viso terribilmente familiare, ma non saprei dove potrei averlo incontrato.
«Piacere» mi saluta lui prendendo la mia mano. Mi guarda negli occhi e la cosa non mi piace per niente.
«Piacere mio» rispondo sorridendogli.
«Da quanto lavori qui?» mi chiede.
«Questo sarebbe il mio primo giorno, ma ho già fatto due settimane di prova» spiego e lui annuisce. «Di cosa ti occupi?» chiedo.
«Marketing. Tu sei una delle editrici, vero?»
«Faccio quello che posso» rispondo sorridendo.
Lui mi sorride e beve un sorso del suo caffè. «Sono sicuro che farai un lavoro meraviglioso. Alice mi ha detto che ti sei laureata all’UCL»
«Si, infatti»
«Allora, non potrai che dare una bella ventata d’aria fresca a questo posto»
Gli sorrido, ma vengo subito interrotta da Alice che mi porge la mia cioccolata.
«Cioccolato fondente e sciroppo di fragole»
«Grazie» mormoro bevendone subito una lunga sorsata.
«Ciao Alice» saluta Brian ma la mia amica non è per niente contenta di incontrare la persona con la quale stavo parlando.
Lei ricambia con un gesto appena accennato del capo e si volta, tirandomi per un braccio «Ciao Brian»
Lui mi saluta con la mano e, ridacchiando, torna a parlare con i suoi colleghi.
«Cos’è successo fra voi due?» chiedo ridendo.
«Niente. È un idiota»
«Siete stati insieme, vero?»
«No, ma qualche anno fa mi faceva il filo»
«Qualche anno fa? Non vi siete messi insieme? Sembra abbastanza carino»
«E’ troppo carino, ma è un idiota, come ti ho già detto. Non si è limitato a fare la corte a me. La faceva anche ad altre donne che lavorano qui»
«Ma che bravo…» rispondo.
«Tu sei fidanzata o…» lascia in sospeso la frase e guarda la mia pancia.
«No. Io e il padre stiamo insieme» rispondo sorridendo.
«Sono contenta per te, ma non pensare che questo fermi Brian. Gli piaci e vorrà provare a baciarti»
«Non gli permetterò di arrivare a tanto»
«Lo spero per te»
Bella questa!
Andrea potrebbe dare di matto! No no… meglio stare alla larga da Brian.
«Ci vediamo nel pomeriggio, ok?»
Io, Alice e Kristen siamo appena uscite dagli uffici e ci stiamo dirigendo all’uscita.
Andrea non mi ha più mandato nessun messaggio ed io sono stata troppo occupata per mandargliene qualcuno. Ho trascorso tutta la mattina nella lettura.
«Ragazze! State uscendo?» chiede qualcuno.
Mi volto e Brian sorseggia il suo caffè mentre ci raggiunge. Ancora non riesco a capire dove potrei averlo visto… la cosa è frustrante, perché anche lui sembra avere la mia stessa impressione.
«Si, Brian» rispondo vedendo che Alice non accenna a dire nulla.
«Ti accompagno alla metro» si offre guardando la mia collega.
«Prendo un taxi» risponde acida.
«Allora, posso accompagnare te?» chiede guardando me.
«E’ con me!» dice una voce familiare. È arrabbiata.
«Chi sei tu?» chiede Brian alzando un sopracciglio mentre io non riesco a muovermi.
«Sono il suo fidanzato»
Spero non accenni al bambino. «Non mi aveva detto di averlo»
«Te lo sto dicendo io!» esclama Andrea fulminandolo con lo sguardo.
«Vai» mormora la mia amica al mio orecchio.
Mi riscuoto dallo stato di trance in cui ero caduta trovandomi Andrea lì. Perché è qui?! Non doveva essere con mio padre?
Annuisco e mi dirigo verso il mio fidanzato o devo dire ex?
«Ciao» mormora lui circondandomi le spalle con un braccio, ma so che si tratta soltanto di un gesto per far capire a Brian che per lui sono off limits.
«Cosa ci fai qui?» chiedo prendendogli la mano quando il suo braccio si sposta.
«Volevo sapere come stavi, visto che dopo quel messaggio non ci siamo più sentiti. Chi era quello?»
«Un collega che ho conosciuto oggi»
«E lavorerete insieme, per caso?»
«No»
«Ed è capitato già altre volte che ti facesse così tanto la corte?»
«No Andrea! Ma cosa stai dicendo?»
«Sono soltanto curioso»
Come no… Non diciamo nulla, almeno fin quando non arriviamo a casa.
Venti minuti di tragitto terribilmente silenziosi e frustranti. L’ho sentito distante come mai prima d’ora. Ha lasciato subito la mia mano, mettendo le sue nelle tasche dei jeans.
«C’è qualcosa che non va?» chiedo varcando la soglia di casa.
«No» borbotta lui andando in cucina.
Sospiro e capisco che effettivamente qualcosa non va. «Non è come pensi, ok? È la prima volta che lo vedo»
«Mi sembrava che ti piacesse ricevere le sue attenzioni»
«Ma cosa dici?» chiedo aggrottando le sopracciglia.
«Il modo in cui gli sorridevi, scherzavi con lui, eravate così vicini che…» non termina la frase, ma chiude gli occhi e fa un respiro profondo.
«Smettila Andrea»
«Smettila di fare cosa?! Mi da fastidio che altri ti mettano gli occhi addosso in quel modo» urla avvicinandosi.
«Ma a me non interessa, accidenti! Non me ne frega niente se mi guarda. È soltanto un collega per me e l’ho conosciuto oggi!»
«Non puoi trovarti un lavoro dove non ci siano uomini?»
«Stai scherzando, vero?»
«Ti pare che stia scherzando?!» chiede avvicinandosi di più a me.
«Sei assurdo Andrea! Pensi davvero che voglio cercare attenzioni da altri uomini?! Pensi davvero che farei questo a te, a noi?» chiedo portandomi una mano sul ventre.
«Si, lo penso. Perché lo hai già fatto un'altra volta» mormora con cattiveria.
Il mio cuore perde qualche battito e i miei occhi si riempiono di lacrime. Vedo Andrea fare un passo verso di me, forse dispiaciuto per quello che ha appena detto. Troppo tardi, idiota!
«Hai una specie di dono nel dire cose che mi spezzano il cuore e poi fare un passo verso di me per scusarti»
«Gaia, non era mia intenzione dire quella cosa. So che non è stata colpa tua» dice tentando di scusarsi e di prendermi la mano.
Io mi scanso velocemente, fissandolo con lo sguardo più duro che riesco a fare. «Non toccarmi. Non farti sentire almeno fino a quando non sarò costretta a tornare a casa»
«No, no, no… Amore, ti prego, perdonami» dice abbracciandomi da dietro.
«Come cazzo fai a dirmi certe cose?! Prima mi tratti come se fossi una puttana e poi mi chiami amore. Vaffanculo, Andrea!» esclamo cercando di scrollarmelo di dosso.
«No, ti prego… ti prego. Odio che gli altri ti guardino come se fossi una cosa loro, odio essere così geloso, ma non voglio perderti per colpa di qualche stupido inglese»
«Perché mi hai detto quella cosa? Mi hai fatto male!» esclamo piangendo e riuscendo, finalmente, a liberarmi del suo corpo contro la mia schiena. «Pensi che non mi sia sentita abbastanza uno schifo?!»
«No, sul serio, mi dispiace. È stata la rabbia a farmi parlare»
«Allora vedi di fare un po’ i conti con la tua rabbia. Me ne vado!» esclamo guardandolo di traverso. Prendo la borsa e mi volto per uscire di casa. Sbatto la porta e scendo velocemente le scale, scoppiando a piangere appena arrivo in strada.
Come ha potuto dirmi una cosa così cattiva?!
Sento il cellulare squillare: so chi è, ma non ho intenzione di ascoltarlo. Non adesso, almeno.
So che quello che ho fatto in passato a Jay è stato sbagliato, ma ero riuscita a lasciarmelo alle spalle.
Metto gli occhiali e lascio libero sfogo alle mie lacrime.
Provo a convincermi che Andrea, il mio Andrea, non ha usato quelle parole, eppure rimbombano ancora nella mia mente, come un tamburo maledettamente fastidioso.
Si, lo penso. Perché lo hai già fatto un'altra volta”. Due frasi che mi causano singhiozzi più forti; chissà se il mio bambino, il nostro bambino sente il mio dolore, sente quanto è stato cattivo il suo papà, eppure… nonostante quello che ha detto, non riesco ad odiarlo come vorrei.
Vorrei tornare a casa e urlargli che mi fa schifo per come mi ha trattato e che può ritornarsene in Italia se preferisce e cercarsi qualcuna che sia perfetta, qualcuna che non sbaglia, che non piange e che non discute per niente.
Vorrei dirgli tutto questo, ma lo amo. Lo amo così tanto che la rabbia per quello che mi ha detto sfuma sempre un po’ di più.
Per la rabbia, il dolore, la frustrazione non mi sono nemmeno resa conto di essermi allontanata tanto da casa. Vedo un bar e mi avvicino per mangiare qualcosa, visto che sto morendo di fame.
Purtroppo non mi accorgo in tempo di chi occupa uno dei tavoli, altrimenti sarei uscita e avrei scelto un altro posto dove mangiare.
Mi accomodo al primo tavolo libero che trovo e faccio finta di nulla.
Lui non si è ancora accorto di me, quindi prego di continuare a passare inosservata fino a quando non uscirà
«Salve, cosa le porto?» chiede la cameriera avvicinandosi.
«Fate dei toast ripieni di qualcosa di dolce?»
«Le posso portare dei panini con la marmellata»
«Mi sembra perfetto, grazie»
«Ok. Da bere?»
«Un tè alla pesca, grazie»
«Ok, arrivano subito»
Sorrido ringraziandola e sprofondo nella sedia, recuperando il cellulare dalla borsa.
Mi accorgo delle venti chiamate perse di Andrea e non posso fare a meno di sentire le sue parole cattive nei miei confronti.
«Ciao» mi saluta qualcuno mentre chiudo gli occhi respirando profondamente.
Alzo lo sguardo e gli sorrido «Ciao Jay»
Lui ricambia il gesto e indica la sedia «Posso?»
«Certo» rispondo un po’ in imbarazzo.
«Come stai?» chiede e spero che non abbia notato gli occhi rossi.
«Bene, grazie. Tu?»
«Anch'io. Ti vedo…» dice piegando la testa a destra e sinistra.
«Grassa?» gli suggerisco.
«No» risponde lui ridendo «Sei più in carne è vero, ma stai benissimo»
Annuisco e lo ringrazio. «Allora… come… come vanno le cose?» chiede.
Sto per parlare, ma arriva la cameriera con il mio ordine. La ringrazio e lei va via. «Bene. Ho cambiato lavoro»
«Davvero? Come mai?»
«Non mi piaceva più lavorare all’università. Ho passato gli ultimi tre anni della mia vita tra quelle mura. Mi ero stancata»
«Capisco. In effetti, avrei fatto la stessa cosa»
«Già… tu sei sempre in quella biblioteca?» chiedo bevendo un sorso di tè.
«Si, praticamente adesso la gestisco io, con tanto di aumento»
«Sono felice per te»
Mi sorride e continua a chiedermi del mio lavoro che, tra parentesi, comincia a causarmi problemi con il mio fidanzato.
«Avrei dovuto aiutarti a cercare un lavoro subito dopo la laurea, invece di consigliarti di rimanere all’università» dice grattandosi la testa.
«Non è colpa tua» rispondo sorridendogli.
«Mi sono reso conto che forse non sono stato il perfetto fidanzato»
«Che vuoi dire?»
«Beh, tanto per cominciare, nonostante tutto quello che ti ha fatto passare, non hai mai guardato me come guardi… lui»
Sgrano gli occhi e provo a non farmi andare di traverso il panino a cui ho appena dato un morso.
Perché deve parlare di quello che è successo fra di noi?
«Forse avrei dovuto fare lo stronzo anch'io»
«Non è vero. Ti ho amato per quello che sei e non per quello che avrei voluto che fossi. Tu sei perfetto così come sei…»
«E allora perché non ti è andato più bene quando è arrivato quel tipo?»
«Jay…»
«No, rispondimi, per favore, perché è da quattro mesi che me lo chiedo»
Boccheggio in cerca di aria e, immediatamente, la mia mano si posa sulla mia pancia. «Sono sempre stata innamorata di lui e quando non stavamo insieme, è capitato che mi sia innamorata anche di te, ma…» scuoto la testa cercando le parole più adatte «Andrea è stato una parte importante della mia vita. È stato il primo ragazzo che ho avuto e l’ho amato davvero con tutta me stessa»
«E la batosta che hai preso da lui non ti ha fatto riflettere? Magari non è lui il ragazzo giusto per te»
«Lo è, Jay. Mi dispiace dirlo proprio a te, ma lo è! Non ti ho usato, non ti ho preso in giro e non ti ho illuso. Mi dispiace tantissimo se, nell’ultimo periodo della nostra relazione, l’ho fatto e soprattutto se ti ho tenuto nascosto delle cose, ma non sapevo come risolvere il casino che stavo creando. Sapevo che l’unica soluzione era ritornare con lui, ma non volevo lasciarti, perché tengo moltissimo a te e non avrei mai voluto ferirti come in realtà poi è successo… Lui è il…»
Mi fermo in tempo, prima di dirgli qualcosa che forse lo renderà ancora più triste «Lui è quello giusto, Jay» mi limito a dire.
«Contenta te…» mormora.
«Perché tiri fuori di nuovo questi discorsi?» gli chiedo.
«Perché…» inizia ma lascia la frase a metà.
Mi guarda ed io faccio lo stesso con lui in attesa che continui «Forse non ho ancora perso le speranze. Insomma… spero ancora che, da un giorno all’altro, tu mi dica che vuoi tornare con me»
Oh mio dio. «Jay, io…»
«No, tranquilla. Ho capito adesso. Non c’è più spazio per me nella tua vita»
«Jay, vorrei che rimanessimo amici, ma so che non è quello che vuoi e non voglio né illuderti né ferirti ulteriormente»
«E’ meglio se ci diciamo addio e basta»
«Mi dispiace così tanto…»
«Non dispiacerti. La vita va avanti e magari incontrerò una donna migliore di te» dice sorridendo.
Gli sorrido a mia volta, ma quando mi rendo conto che non saprei come fare senza Andrea, mi alzo e lascio un paio di banconote sul tavolo.
Jay deve andare avanti senza di me e, questa considerazione, mi ha fatto capire che non potrei mai andare avanti senza Andrea; non so come diavolo mi è passato per la mente di voler passare del tempo lontana da lui.
«Devo andare» dico frettolosamente.
«Addio Gaia» risponde lui senza guardarmi né alzarsi.
Sorrido tristemente e mi abbasso all’altezza della sua guancia. Gli lascio un bacio lì, mormoro un «Addio Jay» ed esco dal locale.
Percorro tutto il tragitto dal locale a casa correndo e, soltanto quando sono quasi nelle vicinanze, mi rendo conto che non dovrei perché aspetto un bambino.
Proseguo camminando frettolosamente e, quando arrivo sotto casa, tiro un sospiro di sollievo.
Salgo i due piani in fretta ma, entrando in casa, noto che c’è un silenzio tombale.
No, non può essere andato via.
«Andrea?» lo chiamo, ma non risponde nessuno. Guardo l’orologio e mi accorgo, con enorme sollievo, che sono soltanto le due del pomeriggio.
«Andrea?!» provo ancora e, quando entro in camera, lo trovo lì, addormentato. Mi siedo accanto a lui e gli accarezzo una guancia, i suoi occhi si aprono all’istante: sono arrossati.
«Hai pianto» mormoro senza smettere di accarezzarlo.
«Vuoi lasciarmi?»
La sua voce è roca e disperata «No» dico in un sussurro «Non voglio. Non potrei»
«Non potresti per il bambino?» chiede ancora.
«No. Non potrei perché non saprei come vivere senza di te» dico e mi distendo al suo fianco, facendomi abbracciare da dietro «Non riuscirei ad andare avanti senza di te e, so per certo, che non sarebbe come l’ultima volta. Questa volta ne morirei»
«Mi dispiace così tanto Gaia. Non ho pensato a quello che dicevo; ero accecato dalla rabbia e mi sono lasciato scappare cose che non penso nemmeno. Ti prego, perdonami» mormora contro il mio collo continuando a stringermi forte.
«Non sono una persona cattiva» mormoro singhiozzando.
«No, amore… non lo sei» dice lui facendomi voltare. «Non lo sei, hai capito?! Ti chiedo scusa per quello che ti ho detto»
Scoppio a piangere, forse per colpa degli ormoni e in parte per la situazione, gli getto le braccia al collo. «Non farlo mai più» gli dico tra un singhiozzo e l’altro.
«Te lo prometto. Scusami»
Annuisco e lo stringo così forte da fargli mancare l’aria.
«Scusa se sono troppo geloso. Proverò a darmi una regolata»
Mi lascio sfuggire un piccolo sorriso; mi distanzio un po’ da lui e lo guardo negli occhi. «Devo dirti una cosa»
«Ok. Cosa?»
«Ho visto… Jay» confesso deglutendo.
Lui annuisce e mi accarezza i capelli «Non mi preoccupa il tuo incontro con lui» dice sorridendo.
«Perché?» chiedo confusa.
«Immagino che avrete parlato di quello che è successo» ipotizza ed io annuisco. «Tu sei qui e questo può significare soltanto una cosa»
Sorrido intuendo quello che vuole dirmi «Hai scelto me»
«Sempre»
Lo sento sospirare e stringermi forte «Dio, quanto ti amo Gaia. Mi dispiace così tanto averti detto quelle cose. Sono stato un idiota»
«Lo sei stato ma eri arrabbiato»
«Mi è andato il sangue al cervello quando ti ho vista con quel tipo»
«E’ soltanto un collega, amore… Alice mi ha detto che ci prova con tutte, ma non ho intenzione di stare lì ad ascoltarlo; se vuoi metterò le cose in chiaro con lui. Non voglio che stai sempre in ansia. Voglio che ti fidi di me»
«Mi fido, scusa»
«E’ tutto passato» 
«Come sta il mio piccolino?»
«Sta bene. Stamattina ho bevuto di nuovo la cioccolata con le fragole»
«Ti ho comprato il miele» dice baciandomi il collo.
Sorrido e mi rilasso sotto il suo tocco «Grazie anche da parte sua»
«Com’è il romanzo che stai leggendo?» chiede dopo qualche minuto di silenzio.
«E’ bello»
«Di cosa parla?» chiede.
«Di un ragazzo che ama una donna che però non sa nemmeno che lui esiste. È una specie di manuale su come sopravvivere ad un amore non corrisposto»
«E ti ha ricordato la tua adolescenza?» 
«Si» rispondo.
«Non eri non corrisposta…»
«Ma non lo sapevo e, dal tuo comportamento, non riuscivo a capirlo. Un giorno eri tutto dolce, tenero e carino e, il giorno dopo,  facevi il menefreghista»
«Già… Beh, comunque adesso mantengo un certo equilibrio»
«Non sei menefreghista ora»
«Non con te»
Sorrido e guardo verso il comodino per controllare l’ora. «Abbiamo ancora un po’ di tempo»  
Restiamo a letto a coccolarci per qualche minuto, fin quando lo squillo del mio cellulare non rompe la quiete.
«Devo imparare a spegnerlo quando sono con te» mormoro infastidita. Andrea sorride mentre mi alzo per andare a cercare il telefono in soggiorno.
Quando lo trovo, noto con piacere che si tratta soltanto di mia madre.
«Mamma…» rispondo un po’ scocciata.
«Tesoro, dove sei?»
«Ehm… a casa. Perché?»
Lei non risponde alla mia domanda, ma continua a farmene altre «Andrea è lì con te?» chiede.
«Ma sì, certo. Mamma che succede? Mi stai facendo preoccupare!» esclamo e, in quell’istante, appare Andrea dal corridoio.
«Gaia, si tratta di tuo padre» mi informa.
«Cos’è successo?!» esclamo con gli occhi improvvisamente pieni di lacrime.
«Ha avuto un incidente. Sarebbe meglio che veniate in ospedale»
Oh mio dio…
Mio padre ha avuto un incidente…
Sento che le forze mi stanno abbandonando; Andrea si avvicina, intuendo che è accaduto qualcosa di grave, mi toglie il telefono di mano e mi fa sedere sul divano.
Lo sento parlare con mia madre, ma non riesco più a concentrarmi su altro che non sia “Ha avuto un incidente
Soltanto quando Andrea mi sfiora il ginocchio mi riprendo e lo guardo negli occhi.
«Dai, ti accompagno» mormora accarezzandomi i capelli.
Annuisco ancora sotto shock e mi alzo.
Nonostante non sappia la gravità della situazione, ho paura di cosa troverò e ho paura che al mio arrivo sarà già troppo tardi.
Non voglio perdere il mio papà…

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  Bene, eccomi qui.. :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che il comportamento di Andrea non vi abbia fatto togliere punti a suo sfavore! :/ Si è comportato male, è vero, ma gelosia e rabbia non sono una bella coppia!
Insomma, tanti avvenimenti... Andrea, Jay, il padre.. Se vi siete chiesti il motivo del titolo beh, è proprio questo. Andrea spezza il cuore a Gaia, lei lo spezza a Jay, e il padre lo spezza a tutti per l'incidente.
Il prossimo capitolo sarà interessante da questo punto di vista...
Ma passiamo a quello che avrei voluto dirvi.

Io non so veramente cosa avrei fatto senza il vostro supporto... quello di tutti. Quello delle ragazze che mi seguono sul gruppo su facebook, quello di tutti voi che mi seguite qui su EFP silenziosamnte o no. 
E' soltanto per voi che ho continuato questa storia, perchè c'è qualcuno a cui interessa davvero, perchè altrimenti avrei concluso già da un pò, o non ci sarebbe proprio stato un sequel!
GRAZIE alle 119 persone che hanno messo questa storia tra le preferite.
GRAZIE a voi 28 che l'avete messa tra le seguite e GRAZIE a voi 235 che l'avete inserita tra le ricordate! E GRAZIE anche per le 314 recensioni che mi avete lasciato.

In particolare, però, devo ringraziare il beta che corregge pazientemente tutti i capitoli, quindi, se mi fate i complimenti per la grammatica è soltanto merito suo, come più volte detto nelle risposte alle vostre recensioni, è merito suo se i capitoli non fanno schifo grammaticalmente parlando! Devo ringraziarla anche per la pazienza che dimostra per tutte le volte che le chiedo dei consigli riguardo le mie storie. Insomma... GRAZIE DI CUORE! So che ti sto facendo impazzire ^^''

Ringrazio anche Ashwini per la forza che mi sprona ad avere e la fiducia in me stessa che cerca di inculcarmi!
Vorrei tanto avere il tuo ottimismo e la tua forza, ma a volte è più semplice abbattersi e ultimamente mi è successo tante volte, soprattutto per quanto riguarda la mia scrittura!

Ringrazio GraStew e kriserob4ever perchè siete semplicemente le mie migliori amiche! <3 <3 Vi voglio bene!!


Detto questo, vi lascio in pace e vi dico...
A venerdì prossimo... o giovedì xD
Un bacio,
Francy

 

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Capitolo 25
*** 25. *Apri gli occhi, papà!* ***


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Buongiorno people!!
Siamo rimasti al momento in cui Gaia scopre che è successo qualcosa di brutto a suo padre; in questo capitolo scoprirete cosa è successo ;)
Spero di emozionarmi come è successo a me quando ho riletto tutto!
Un bacio
Hope you like it! <3


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 25-
*Apri gli occhi, papà!*

 
Carpe diem.
È tutto quello a cui riesco a pensare da due giorni a questa parte.
Cogli l’attimo, dicono… ed io cos'ho fatto? Ho buttato all’aria mesi e mesi in cui mio padre ha provato davvero a starmi accanto ed io, come ringraziamento, l’ho mandato al diavolo, più di una volta.
Ho rifiutato la sua famiglia quando lui avrebbe voluto che fossimo tutti uniti. All'inizio della mia via a Londra, sapeva di non potermi chiedere una cosa del genere ma, dopo gli ultimi anni, avrei potuto darci un taglio con questa storia. Potrei cambiare le cose… potrei far felice mio padre e svegliarlo da questo stato.
Ho passato gli ultimi due giorni seduta sulle poltroncine di plastica della sala d’aspetto di terapia intensiva e vederlo nello stato in cui si trova mi si stringe il cuore. Sembra così indifeso e così mal messo, ma tutti i medici dicono che ce la farà e che ritornerà ad essere quello di un tempo, tranne per la milza che hanno dovuto asportare.
Non sono ancora riuscita ad entrare da lui. Hanno detto che gli farebbe bene… che sentire parlare qualcuno della famiglia potrebbe aiutarlo a “tornare a galla” ma, fino ad ora, nessuno ci è riuscito: né la moglie, Patricia, né mia madre… nemmeno la figlia, Charlotte.
Con mia grande sorpresa ho scoperto che mio padre ha un’altra figlia, non soltanto un maschio, come avevo sempre creduto.
Gli unici a mancare all’appello siamo io e il figlio maggiore. Quest’ultimo era partito qualche ora prima dell’incidente e, quando l'hanno chiamato per avvisarlo, era ormai troppo tardi per farlo scendere dall’aereo su cui era.
Dovrebbe essere qui tra qualche ora e l’idea non mi entusiasma per niente.
Conoscere Charlotte e Patricia è stato già abbastanza scioccante ma, devo ammettere, almeno con Charlotte credo di aver instaurato un buon rapporto. Mi sono sorpresa ad abbracciarla e a consolarla quando l’ho trovata al pianterreno dell'ospedale abbracciata a mia madre; per tutto il resto della giornata, è rimasta accanto a me e, mentre cercavo di farle forza, Andrea cercava di fare lo stesso con me.
«Tesoro, dovresti andare a casa per riposare un po’» sento una voce ancora poco familiare risvegliarmi dal torpore in cui sono caduta. Alzo lo sguardo e Patricia mi rivolge un sorriso dolce ma anche molto preoccupato.
«No, sto bene qui e poi non voglio lasciarla da sola» dico indicando la figlia, Charlotte, addormentata sulle sedie.
«Va bene, ma non crearti problemi se preferisci andare»
Annuisco e mi passo una mano nei capelli. Oggi sono da sola con lei. Andrea è dovuto andare all’università, mentre mia madre è dovuta tornare al lavoro. Tra poco almeno Andrea dovrebbe essere qui.
Spero tanto che mio padre si svegli…
Svegliati, papà… Svegliati!
Non faccio altro che ripetermelo, ma non sembra servire a molto.
«Vuoi andare da lui?» mi chiede Patricia ma, in quel momento, sentiamo qualcuno correre verso di noi.
«Mamma!!» esclama il ragazzo raggiungendo Patricia e abbracciandola forte.
«Tesoro, finalmente se qui!» esclama la donna ricominciando a piangere.
Se l’incontro con Patricia e Charlotte è stato traumatico, quello con il mio fratellastro lo è ancora di più.
Lui si volta verso di me e mi guarda aggrottando le sopracciglia «Cosa ci fai tu qui?» chiede sgarbato.
«Non rivolgerti così a lei» lo rimprovera la madre, ma lui sembra non ascoltarla.
Mi accorgo che ha i suoi stessi lineamenti e mi sento una scema per non essermene resa conto subito.
In un attimo di lucidità anche lui sembra capire il motivo della mia presenza. «Sei tu quella famosa Gaia, eh?»
«Non pensavo fossi tu il figlio maggiore» mormoro abbassando lo sguardo.
«Si, sono io quello a cui è stato tolto un padre soltanto perché tu ne avevi più bisogno!» esclama arrabbiato.
«Tesoro!» Patricia continua a rimproverarlo, ma lui sembra non ascoltarla.
«Vado da papà» mormora lui rivolgendomi un’ultima occhiata di fuoco ed entrando nella camera.
«Mi dispiace…» si scusa la donna.
«Non preoccuparti, sul serio. Vado a prendere un bicchiere d’acqua» mormoro voltandomi e raggiungendo il più velocemente possibile l’uscita del reparto.
Non ho mai pensato che sarei potuta passare per quella cattiva… suo padre ha lasciato la sua famiglia per stare con la mia… li ha lasciati per sette anni per stare con noi e, adesso, lui mi odia!
Per tutti questi anni ho sofferto per il suo abbandono, ho sofferto per la sua assenza e per tutte le cose che non mi aveva dato e che, come padre, avrebbe dovuto darmi… ma, fino a questo momento, non mi sono mai resa conto che, nel frattempo,  c’era chi stava peggio di me.
Mi appoggio al muro e scivolo lentamente verso terra, abbandonandomi alle lacrime.
«Gaia!»
Apro gli occhi inondati di lacrime e vedo Andrea correre preoccupato verso di me. «Cos’è successo?»
Scuoto la testa e continuo a piangere sulla sua spalla. «Si tratta di tuo padre?!» chiede ancora ma continuo a negare e lui un po’ si tranquillizza…
«Cos’è successo, amore… ti prego, parlami»
«Ti… ti ricordi il motivo per cui abbiamo litigato l’altro giorno?»
«Quel deficiente»
Annuisco e l'abbraccio di nuovo «E’ lui… è lui l’altro figlio!» dico tutto d’un fiato, sputando quasi quelle parole.
«Cosa?!»
Annuisco e Andrea cerca di farmi calmare… «Cosa ti ha detto? Lo distruggo quel deficiente!»
«Non fare niente, Andrea, per favore»
«Ma cosa ti ha detto?»
«Soltanto che è lui quello a cui ho tolto il padre perché ne avevo più bisogno io»
«Che gran figlio di…» si ferma appena in tempo, continuando ad accarezzarmi e provando a farmi calmare. «Non dargli retta, Gaia. Non sa quello che dice. Probabilmente è stato lo shock di vederti lì»
«E anche la rabbia che, secondo me, cova da anni»
«Sono sicuro che non pensa quello che ha detto. Me lo auguro per lui»
«Non ho mai riflettuto sul serio che, per causa mia, lui ha dovuto fare a meno del padre per sette anni»
«Tu non hai nessuna colpa, mi hai capito? Non. Hai. Nessuna. Colpa! E poi tu hai avuto affianco tuo padre soltanto per sette anni! Lui, invece, ad eccezione di quel periodo, l'ha avuto per tutta la vita. Perché si lamenta?Quelle che sono state abbandonate siete tu e tua madre. Quel deficiente non ha proprio il diritto di parlare»
Sentendo le sue parole, i miei singhiozzi si arrestano; alzo lo sguardo verso l’uomo che amo e mi rendo conto che ha ragione. Sono stata io quella a crescere senza un padre: lui l'ha avuto!
«Ti sei calmata?» mi chiede sorridendomi e presto è tutto dimenticato.
Gli sorrido anch'io, debolmente, e l'abbraccio, godendomi appieno, la morbidezza e il calore di quel gesto.
«Com’è andata all’università?» gli chiedo.
«Bene. Hai mangiato qualcosa?»
«No. Non ne ho voglia»
«Gaia, devi mangiare! Hai bisogno di nutrirti e, comunque, devi farlo anche per qualcun altro» dice sorridendomi e accarezzandomi la pancia.
«Accompagnami al bar» dico prendendolo per mano.
 
«Sei ancora qui?! Ah, ci sei anche tu!»
«Senti, vedi di calmarti ok? Non è soltanto tuo padre!»
«Tu non hai nessun diritto di parlare»
«Ragazzi, per favore, smettetela di litigare!» esclama Patricia uscendo dalla camera del marito. «Brian, smettila di comportarti così. Gaia fa parte della famiglia, che ti piaccia o no e anche Andrea. Vedi di essere più cortese con loro! Lo sai come la pensa tuo padre!»
Brian guarda entrambi in cagnesco ma, alla fine, si siede di nuovo sulle sedie; quando Charlotte mi vede viene subito a salutare Andrea e ad abbracciare me.
«Gaia, ti va di entrare? Gli farebbe bene sentire la tua voce» mi dice la ragazza.
«Non lo so… non saprei cosa dirgli»
«Si invece…» mi esorta Andrea con un sorriso. Capisco a cosa si riferisce ma avrei preferito dirglielo mentre è cosciente.
«Magari un’altra volta…» mormoro e mi siedo su una delle sedie, lontana da Brian.
Restiamo per non so quanto tempo in silenzio: Charlotte scrive sui suoi quaderni, credo di scuola, e Brian armeggia con il suo Blackberry. Andrea, invece, legge uno dei suoi libri dell’università.
Vorrei parlare e dirgliene quattro a quel deficiente di Brian, ma non saprei cosa dirgli! Poi, un’idea…
Quello che ha detto Andrea non è poi così sbagliato. Anzi, Brian dovrebbe proprio saperlo.
«Dopo quei sette anni, non ho più avuto un padre» dico fissandomi le mani.
Sento tre paia d’occhi fissarmi, quindi alzo lo sguardo e incrocio quello di Brian. «Scusa?»
Guardo Andrea che annuisce piano e continuo «Tu hai sentito la sua mancanza persette anni mentre io, invece, l’ho sentita per circa undici anni prima che lui si rifacesse nuovamente vivo. Ho sentito il cuore di mia madre spezzarsi quando lui le ha confessato di avere un’altra moglie e che non poteva stare con noi. Tu non hai mai saputo della mia esistenza o di quella di mia madre, fin quando non sei stato abbastanza grande da poter sopportare la verità, quindi, non hai nessun diritto di essere così arrabbiato con me. Ammetto che anch'io avrei reagito così ma, come vedi, non ce l’ho con te, almeno non più, non ce l’ho con tua sorella e lei non ce l’ha con me. Perché tu, invece, dovresti essere arrabbiato con me?»
«Mi hai rovinato la vita»
«Non ho rovinato la vita di nessuno. Ormai non do nemmeno più la colpa a nostro padre. Ha fatto delle scelte sbagliate ma, con gli anni, ho capito che nessuno, nella propria vita, può evitare di sbagliare. Quel che è stato è stato e, in questi due giorni, ho capito che dovremmo imparare a conoscerci, almeno quanto basta per non odiarci quando ci vediamo o per far felice almeno papà»
È la prima volta che lo chiamo così davanti a uno di loro due.
Rivolgo lo sguardo a Charlotte e vedo che mi sta sorridendo. Mi alzo per andare da lei e lei fa lo stesso, venendo ad abbracciarmi.
«Grazie» mi sussurra all’orecchio.
«Non ringraziarmi. Avrei voluto conoscerti molto tempo prima, ma non credevo di sentirmi pronta»
«Sono felice anch'io di averti conosciuta»
Sciogliamo l’abbraccio e ci sorridiamo, mentre Brian sembra aver cambiato espressione. Non sembra più così arrabbiato.
«Non aspettarti baci e abbracci…» mormora.
«Anche se volesse non glielo permetterei» interviene Andrea alzando un sopracciglio. Brian cerca di trattenere un sorriso e rivolge la sua attenzione di nuovo al cellulare.
«Sono le tue sorelle minori, dovresti proteggerle…» interviene qualcuno. Patricia.
«Sorellastra, almeno una delle due» dice Brian.
«Non mi lamento» rispondo sorridendo.
Alla fine di tutto, chiudiamo l’argomento con un sorriso e ognuno riprende a fare quello che stava facendo prima; ne approfitto per dormire un po’ sulla spalla di Andrea, mentre lui continua a leggere.
Vengo svegliata da delle voci attorno a me.
«Quindi tu saresti più grande di lei, di quanto?» chiede una voce.
«Quanti anni ha?» Ce n’è un’altra…
«Ne ha compiuti ventitré a settembre»
«Io ne ho compiuto ventisei a marzo»
«Avevi tre anni allora»
«Si. Mia sorella Charlotte, invece, beh… credo sia stata concepita quando mio padre è tornato dall’Italia»
«Capisco. Quindi, ha sedici anni»
«Si. Ne compie diciassette a gennaio»
«Hm…» mormoro aprendo un occhio e notando Brian seduto di fronte a me.
«Gaia?» mi chiama quello che deve essere sicuramente Andrea.
«State parlando…»
«Si» risponde lui ridacchiando «E devo dire che non è poi così male il tuo fratellastro»
Sorrido e mi alzo, stropicciandomi gli occhi e mettendo a fuoco quello che succede all’interno della sala d’aspetto.
Anche Charlotte sta dormendo sulle gambe del fratello.
«Che ore sono?» chiedo.
«Quasi ora di cena. Ti va di mangiare qualcosa?» chiede Andrea.
Annuisco e, posando il libro sulla sedia, ci alziamo per andare a mangiare. «Vuoi qualcosa?» chiedo a Brian.
«No, grazie» risponde lui stranamente gentile.
«Ok»
Mano nella mano, io e Andrea, ci dirigiamo al bar dell’ospedale. «Di cosa parlavate?» chiedo soffocando uno sbadiglio.
«Stasera ti porto a casa. Non puoi stare ancora qui»
«Non cambiare argomento»
«Hm, niente di che. Soltanto della differenza d’età fra di voi»
«E?» chiedo curiosa. Non avrei mai avuto il coraggio di chiederlo personalmente a Brian, quindi, sono contenta che Andrea l’abbia fatto, anche se non so esattamente come sono arrivati a questo argomento.
«Brian è più grande di te di tre anni, mentre Charlotte è la più piccola. Ha sedici anni»
«Capisco. Dopo tutto, essere lasciati a tre anni non deve essere stato proprio una bella cosa» mormoro addentando il panino che Andrea mi ha dato.
«No, infatti. Ma per fortuna adesso sembra tutto risolto. Vostro padre sarà felice di vedervi chiacchierare quando si sveglierà»
«Sempre se accadrà»
«Non essere così pessimista. Tuo padre si sveglierà. Perché non vai a parlargli più tardi?» chiede.
«Magari domani…» rispondo tenendo lo sguardo basso.
«Ragazzi, siete qui…» entrambi alziamo lo sguardo e vediamo mia madre mentre si avvicina a noi.
«Ciao mamma» la saluto alzandomi e abbracciandola. Dopo aver salutato Andrea, si siede vicino a lui e chiede se ci sono novità.
«No. E’ ancora stabile ma non si sveglia»
«Accidenti!»
«Non potete rimanere qui, comunque. Avete bisogno di riposare» dice Andrea.
«Sono passata per vedere come se la cava Patricia e poi vado a casa. Gaia dovresti andare sul serio a casa e dormire, almeno una notte, nel tuo letto»
Annuisco e, mentre gioco con una mollica sul tavolo, le racconto quello che è successo nel pomeriggio «Ho incontrato Brian»
«Oh… com’è andato l’incontro?»
«Lo scontro, vorrai dire» suggerisce Andrea. Mia madre si volta preoccupata verso di lui, ma riporta subito lo sguardo su di me.
«Lo avevo già conosciuto. E’un mio collega alla casa editrice»
«Oh, bene…»
«Non direi mamma. Mi ha accusato di avergli rovinato la vita»
«Non dargli ascolto, tesoro! Quello che è successo appartiene ormai al passato. Dovete lasciarvelo alle spalle. Dovete cercare di essere uniti proprio come ti ho visto con Charlotte. Tuo padre ne sarebbe felice»
«Lo so» mormoro soltanto.
«Sei andata da lui?» mi chiede ancora ma, alla mia risposta negativa, decide che è più saggio lasciarmi stare per questa sera.
Dopo averla salutata, lei si dirige verso il piano di terapia intensiva mentre noi finiamo il nostro panino.
«Vorrei andare a salutare Charlotte e poi andare a casa, se non ti dispiace» dico e Andrea annuisce.
Per oggi, credo di averne avuto abbastanza di questo ospedale.
 
«E’ così strana questa situazione…» mormoro ad Andrea nel buio della nostra camera da letto.
«A cosa ti riferisci?» chiede lui voltandosi per abbracciarmi.
«Fino a qualche giorno fa, non volevo assolutamente che quelle persone entrassero a far parte della mia vita e, invece, guarda ora… in questi due giorni mi sono legata molto a Charlotte e sembra che per lei sia lo stesso»
«Ma certo che è lo stesso e sono sicuro che, quando vostro padre si risveglierà, tutto andrà meglio»
«Tu dici?»
«Si, ne sono sicuro e, se vuoi, posso cercare a farmi passare l’antipatia e la gelosia che ho nei confronti di Brian» dice ridacchiando.
Lo faccio anch'io, voltandomi leggermente per baciargli le labbra. «Mi piacerebbe che andaste d’accordo»
«Farò del mio meglio se tu mi prometti che anche tu andrai d’accordo con lui e con sua madre»
«Andata»
«E parlerai con tuo padre domani?»
«Vorrei davvero farlo, ma ho paura di trovarmi lì da sola con lui. Con tutti quei tubi, quella fascia alla testa…»
«Credo che lui ti stia aspettando. Vuole sentire che ci sei anche tu»
«Voglio soltanto che lui ritorni da tutti noi, perché mi sono resa conto che mi manca da morire»
«Potresti dirglielo. Gli farà bene sentirselo dire, anche se non sono sicuro di quanto possa comprendere in quelle condizioni»
«Ok, domani proverò ad entrare in quella stanza» dico sperando di trovare davvero il coraggio di farlo.
Così, eccomi qui, il giorno dopo, davanti alla stanza dove è ancora ricoverato mio padre.
Andrea mi ha proposto di rimanere con me ma gli ho detto che, per lui, era più importante andare all’università.
Sono davanti a questa porta da circa un quarto d’ora. Patricia, Charlotte e Brian non sono ancora arrivati.
«Signorina, può entrare se vuole. L’orario delle visite è cominciato da un po’» mi dice un infermiera.
«Grazie» rispondo e con mano tremante abbasso la maniglia.
Entro lentamente e, quando vedo mio padre disteso su quel letto, mi viene voglia di piangere a dirotto.
Sento il bip del macchinario che registra il suo battito cardiaco.
Mi avvicino con una paura assurda e spero che il mio bambino non la percepisca.
«Ciao papà» mormoro con voce tremante sedendomi al suo fianco. Prendo la sua mano e mi accorgo, con piacere, che è calda.
«So che ti aspettavi che venissi prima, ma non sapevo cosa dirti e la cosa non è tanto diversa adesso. Non so davvero cosa dirti… cioè, un paio di cose ci sarebbero, ma non so da che parte cominciare» resto un attimo in silenzio, guardando il suo petto abbassarsi e alzarsi con regolarità.
«Avevo deciso di non dirti nulla, ma adesso mi sento così in colpa solo per averlo pensato che vorrei tornare indietro e correre subito da te, magari ti avrei salvato da quel cretino che ti ha fatto tutto questo» Asciugo una lacrima e stringo forte la sua mano. «Aspetto un bambino, papà…» dico infine ridendo e piangendo allo stesso tempo. «Sono felice di questo e anche Andrea lo è, ma ho tanta paura. Non so come ci si prende cura di un bambino e ho paura di sbagliare qualcosa. Tu sei felice papà? Sei felice per me? Ho bisogno che ti svegli e apri gli occhi, per favore e che tu mi dica che sei felice per me e per questo bambino. Svegliati! Fallo per Patricia, per Brian, per Charlotte, per la mamma e per me. Fallo per me e per il tuo nipotino, ti prego. Svegliati!» scoppio a piangere appoggiando la fronte sul suo braccio. «Mi manchi tanto e ti prometto che non mi comporterò più male con te! Mi dispiace così tanto averlo fatto in questi mesi. Mi dispiace davvero tanto perché non te lo meritavi»
Lo guardo, ma niente… i suoi occhi sono ancora chiusi. «Ho conosciuto Charlotte ed è una ragazza fantastica. Ho conosciuto anche Brian e, anche se all’inizio non siamo andati proprio d’accordo, credo che da oggi mi odierà di meno, o almeno spero. So che ci tenevi tanto che noi ci conoscessimo e adesso capisco perché. Stiamo meglio insieme e tutto quello che è successo in passato non conta più niente. Ti perdono papà. Ti perdono tutto, ma tu promettimi che ritornerai da me, da noi… ti voglio così tanto bene e non posso perderti!»
«Non voglio perderti nemmeno io»
La sua voce arriva alle mie orecchie rauca e bassa ma viene da lui. Il mio papà ha parlato e questo può significare soltanto una cosa: è sveglio! È sveglio e ha sentito quello che gli ho detto!
Mi lascio andare di nuovo alle lacrime ma, questa volta, sono lacrime di gioia. Di pura gioia! «Ti voglio bene anch' io» mormora rauco un’altra volta.
«Oh papà!» esclamo buttandomi su di lui e abbracciandolo, mentre lui ride cercando di non sforzarsi troppo. «Vado a chiamare l’infermiera!» esclamo uscendo dalla stanza, ma la sua mano mi blocca per un polso.
«Aspetta… voglio parlarti di una cosa»
«Adesso papà? Avremo tutto il tempo per parlare!»
«No, è importante»
Oddio, cosa deve dirmi?!
«Ok, rimango qui»
Fa un respiro profondo e chiude gli occhi prima di riaprirli ed assumere un’espressione seria. «Sei davvero incinta?»
Oh cazzo! Lo ha sentito davvero!
«Si» rispondo abbozzando un sorriso.
«Ed è quello che vuoi?» chiede.
«Papà… sei troppo debole per affrontare questo argomento. Ne parliamo dopo»
«No, rispondimi. Questo bambino è quello che vuoi?»
Beh, se vuole una risposta, allora gli darò una risposta! Faccio un respiro profondo e annuisco. «Si. Questo bambino è quello che voglio, ma la cosa che voglio davvero più di tutte è averlo con Andrea»
«Va bene»
«Sei felice per me, papà?»
«Se tu sei felice, lo sono anch'io tesoro»
Annuisco e lo abbraccio di nuovo «Sono felicissima adesso»
«Perfetto. E’ quello che voglio»
Annuisco di nuovo e, finalmente,  ho il permesso di poter chiamare l’infermiera che, prontamente, raggiunge la stanza di mio padre dopo aver chiamato un medico.
Nel frattempo, mentre esco dalla camera ancora con il volto pieno di lacrime di gioia, arrivano Patricia, Charlotte e Brian.
«Cos’è successo?» mi chiede quest’ultimo venendomi vicino e scuotendomi.
«Si è svegliato» mormoro guardandolo con un sorriso a trentadue denti.
«Davvero?» chiede Patricia entrando nella camera del marito e cominciando a ridere vedendolo con gli occhi aperti.
«Finalmente!» esclama Charlotte avvicinandosi al letto stando attenta alle flebo.
«Scusami…» risponde Brian lasciandomi le braccia.
«Vai, vorrà vederti…» gli dico massaggiandomi le braccia.
Lui annuisce, mi siedo su una sedia e mando un messaggio ad Andrea e a mia madre “Papà si è svegliato
Invio e appoggio la testa al muro, respirando aria nuova.
Adesso posso credere che le cose andranno meglio.

------
 

Eccoci giunti alla fine.
Hm, credo che alcune di voi siano contente di come sono andate le cose tra Brian e Gaia. Ve lo aspettavate?! ;)
Spero di avervi sorpreso almeno un pò :)
Il padre di Gaia se l'è vista un pò brutta, ma per fortuna si è ripreso e adesso anche lui sa della gravidanza della figlia!
Diciamo che tutto quello che di brutto è successo tra lei e il padre in questi anni adesso è tutto risolto e Gaia ha davvero messo una pietra sopra a tutto!

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie a tutti voi che siete arrivati fin qui!
Un bacio e alla prossima settimana! :*
Francy <3

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Capitolo 26
*** 26. *Fidati di me* ***


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Buongiorno a tutti.
Avete passato un buon Ferragosto?!
Comunque, non mi dilungherò molto nelle note perchè sto facendo tutto di corsa per evitare di arrivare tardi a lavoro, quindi, vi auguro buona giornata e buona lettura!


There’ll be a place for us 

-Capitolo 26-
*Fidati di me*

 
Sono passati circa dieci giorni da quando mio padre si è risvegliato. Adesso sta relativamente bene. Ogni tanto ha dei forti mal di testa, ma i medici dicono che è normale. Dopo il lavoro, insieme a Brian, vado spesso a trovarlo a casa sua; Andrea poi passa a prendermi lì.
Il rapporto tra di noi, in questi giorni, si è consolidato sempre di più. Al lavoro parliamo spesso, ci stuzzichiamo ogni tanto ma, alla fine, credo che il nostro sia un buon rapporto. Anche tra Andrea e Brian le cose sembrano andare meglio. Ogni tanto trascorrono del tempo a giocare ai videogiochi oppure il mio fratellastro lo porta in qualche pub, scatenando la mia ira da donna incinta!
Ovviamente ho annunciato la notizia anche a loro, all’inizio ne sono rimasti molto sorpresi visto che non si erano accorti di niente, ma sono stati contenti di saperlo.
Io e Charlotte stiamo diventando sempre di più ottime amiche. Mi chiede consigli sulla scuola, aiuto con lo studio quando le serve e, anche se ho avuto i suoi stessi problemi al liceo, non so proprio cosa consigliarle quando mi chiede aiuto sui ragazzi che la ignorano. Eppure è una gran bella ragazza. È veramente strano questo comportamento ma, da quanto mi è sembrato di capire, Andrea ha (avrà) intenzione di fare qualcosa a riguardo e l'idea mi terrorizza ma mi fa anche sorridere.
Tutto sommato, le cose “in famiglia” vanno bene e anche la mia gravidanza sembra procedere per il meglio.
Mancano poche persone a cui non lo abbiamo ancora detto e, tra queste, c’è la mia migliore amica: Serena.
Questa sera, finalmente, abbiamo trovato il tempo di vederci. L’ho chiamata qualche giorno dopo il risveglio di mio padre per informarla dell’accaduto ma, dopo quella volta, non ci siamo più sentite. Il lavoro mi ha completamente assorbita e poi ho cercato di passare più tempo possibile con Andrea, visto che l’unico momento della giornata che possiamo trascorrere da soli è la sera.
«Finalmente!! Da quanto tempo non ci vediamo, amica del cavolo!» esclama Serena appena compare sullo schermo.
«Ciao Serena, è un piacere vedere anche te»
«Si, certo… come se non lo sapessi che da quando ti sei messa con quel tipo al tuo fianco hai abbandonato la tua amica»
«Ciao Serena» dice Andrea avvicinandosi al computer e ridendo.
«Si, si… ciao anche a te»
«Come stai?» le chiedo sistemandomi meglio accanto al mio fidanzato.
Lui posa una mano sulla mia pancia, ma gliela tolgo subito, prima che Serena capisca quello che voglio dirle.
«Sto bene. Marco mi tiene costantemente sveglia in questi ultimi giorni. Tu invece? Come sta tuo padre?»
«Lui sembra essersi rimesso alla grande. Ogni tanto ha mal di testa, ma credo che tra qualche mese starà benone»
«E’ fantastico Gaia. Le cose con sua moglie e i suoi figli vanno bene?»
«Benone direi. Strano a dirsi, ma andiamo veramente d’accordo e mio padre sembra così contento…»
«Finalmente! Era ora anche per lui, poverino…»
Ridiamo insieme poi mi ricordo di chiederle il motivo per cui Marco la tiene sveglia.
«Ha avuto la febbre e oggi per fortuna si è ripreso»
«Oh, piccolino mio»
«Già, povera io no?»
«Anche»  rispondo ridendo.
«Grazie per la considerazione… Comunque, cosa mi racconti oltre quello che è successo a tuo padre? È da un po’ che non ci sentiamo» chiede passandosi una mano sugli occhi, mentre Massimo le circonda le spalle con un braccio. Entrambi si appoggiano al divano e ci guardano.
«Beh… ho cambiato lavoro» dico. Nonostante la recente chiamata non abbiamo parlato di molto. Anzi, ora che ci penso abbiamo parlato soltanto di mio padre e poi ho chiuso velocemente la comunicazione perché dovevo andare a trovarlo in ospedale.
«Davvero? Perché?»
«Beh, mi ero stancata di passare tutto il mio tempo fra quelle mura. Ho trascorso gli anni necessari lì dentro; adesso si cambia»
«E dove lavori?»
«Random House»
«La casa editrice?» chiede la mia amica sbarrando gli occhi.
«Già. Ho cominciato da due settimane »
«E ti trovi bene?»
«Si, mi piace occuparmi di manoscritti e, alcuni, sono davvero belli. La prossima settimana devo consegnarne uno con le note»
«Spero che non passerai tutto il fine settimana a leggere» mi dice Andrea.
Mi volto verso di lui e sorrido «No, amore… dedicherò tutto il mio tempo a te»
«Grazie» risponde sorridendo; si avvicina al mio collo e lascia lì un piccolo bacio.
«Ok, mi dite cosa succede fra voi due?» chiede la mia amica, esasperata.
«Cosa intendi?» chiede Andrea cercando di non sorridere.
«Senti, cocco… sarò anche più piccola di te di un mese, ma di certe cose mi accorgo subito, anche perché ci sono già passata» dice guardando prima Andrea e poi soffermandosi su di me.
Dopo le ultime quattro parole pronunciate da lei capisco che la mia amica ha capito subito. Ecco perché Serena è la mia migliore amica… non ho bisogno di darle troppe spiegazioni riguardo qualcosa, resta in silenzio quando ho bisogno dei miei spazi, mi ha sempre spronata ad uscire dalla depressione quando mi è capitato di caderci dentro, è sempre lì a tirarmi su il morale con le sue battute, con il suo spirito, con il suo cuore grandissimo, con il suo volermi bene come una sorella.
«Sei incinta» dice. Non l'ha chiesto: l’ha affermato.
Sento i miei occhi inumidirsi e la mia testa annuire senza il mio consenso. «Lo sei davvero?» chiede calcando l’ultima parola.
«Si, Serena» rispondo ridendo e piangendo nello stesso momento. Mi allungo verso il tavolino davanti a me e prendo l’ecografia che mostro subito alla mia amica.
«Oh mio dio, Gaia!!» esclama lei contenta. «Stai per avere un bambino»
«Si» rispondo ridendo mentre Andrea, sorridente, mi abbraccia.
«Oh tesoro, vorrei tanto abbracciarti»
«Lo farai presto» interviene Andrea. Mi volto a guardarlo con aria interrogativa.
«Che vuoi dire?» chiedo.
«Volevo fosse una sorpresa, ma ora preferisco dirtelo…»
«Dirmi cosa?» chiedo deglutendo più volte.
«Torniamo in Italia fra tre giorni»
«Cosa?!»
«Che bello!!» urla Serena svegliando anche il piccolo Marco.
Mentre lei si allontana, chiarisco la situazione con Andrea. «Pensavo ti facesse piacere. Pensavo che adesso che tuo padre sta meglio possiamo partire un po’ prima per le vacanze»
«E’ così, però pensavo di partire dopo il tuo esame»
«L’esame è di mattina, pensavo di andare una volta tornato da Cambridge»
«Ah, giusto»
«Quindi è deciso?» interviene Serena.
Guardo Andrea e poi la mia amica «Si. È deciso»
«Che bello, che bello!!» esulta Serena buttandosi addosso a suo marito. «Quindi, quando sarete qui?»
«L’aereo è alle quattro del pomeriggio, quindi penso che per le sei dovremmo essere a casa»
«Non vedo l’ora di abbracciarvi ragazzi»
Annuisco e asciugo le lacrime che stanno cominciando a rigarmi le guance «Ma piangi?» mi chiede Andrea.
Annuisco e, mentre scoppio a piangere buttandomi tra le braccia del mio fidanzato, Serena scoppia a ridere. «Sono gli ormoni Andrea. E’ tutto nella norma»
Lo sento ridacchiare e stringermi più forte «Amore… sei felice?»
Annuisco e tiro su col naso «Si, tanto e tutto questo grazie a te» dico guardandolo.
«Non ho fatto niente di speciale»
«Si, invece…»
Andrea mi sorride e mi bacia dolcemente. «Ti amo» sussurra.
Lo abbraccio forte e gli bacio il collo.
Dopo questo momento di gioia e lacrime, restiamo a parlare con Serena e Massimo per qualche ora, fin quando Marco non si sveglia in lacrime, reclamando l’attenzione dei genitori.
Abbiamo salutato i nostri amici, dandoci appuntamento tre giorni dopo a casa.
«Secondo te come sarà ritornare a casa?» chiedo posando il computer sul tavolino e avvicinandomi ad Andrea che sta navigando con l’I-pad.
«Da quanto non torni?»
«Un paio d’anni»
«Accidenti… comunque, non lo so. Credo ti farà piacere rivedere come le cose siano rimaste tali e quali»
«Sono curiosa»
«Anch'io. Non torno da un anno ormai»
«Non senti la mancanza dei tuoi genitori?»
«Si, ma sto meglio lontano da loro, lo sai»
«Magari queste vacanze ti aiuteranno ad avvicinarti di più a loro»
«Forse…»
Restiamo in silenzio, mentre lui mi accarezza la spalle e io gioco con il lembo della sua camicia.
Mentre penso a quello che gli ho detto riguardo i suoi genitori, penso che non staremo insieme per quasi tre settimane.
Non abbiamo un posto tutto nostro e lui dovrà sicuramente passare la notte a casa sua ed io nella mia, la prospettiva di non dormire fra le sue braccia mi fa tremare.
«Stavo pensando…» inizio.
«A cosa?»
«Quando torneremo saremo costretti a passare le notti nelle nostre rispettive case»
«Ovvio che no. Tu dormirai da me o io da te, poi vediamo»
Le sue parole un po’ mi rilassano però non mi tranquillizzano per niente. Sono ancora spaventata all'idea di incontrare i suoi genitori.
In passato sono stata a casa sua soltanto un paio di volte ma non li ho mai incontrati e, adesso, tutto sembra diventarecosì ufficiale.
Mi spaventa l’idea di non piacergli una volta presentata. Magari si aspettano una persona diversa, magari si aspettano una fidanzata che non sia incinta…
 
«Buongiorno princess»
Borbotto qualcosa ma continuo a tenere gli occhi chiusi.
«Alzati»
«No» mi lamento. Oggi è domenica perché dovrei alzarmi presto. Anzi, che ore sono?
«E invece si, abbiamo delle cose da fare»
«Lasciami dormire» mormoro trascinandomi la coperta fin sopra la testa.
«Testona, alzati o ti prendo di peso»
Sbuffo e apro un occhio; mi volto leggermente e noto Andrea sorridermi. «Buongiorno amore» dice di nuovo.
Gli sorrido e mi volto verso la sveglia. «Sono le sei, Andrea!!» mi lamento chiudendo gli occhi.
«Fidati, alzati»
«Perché? Che cosa dobbiamo fare?»
«E’ una sorpresa»
Sbuffo ancora e scalcio via le coperte. Mi alzo sistemando i pantaloni del pigiama e dirigendomi in bagno. Mi guardo allo specchio e non posso fare altro che sorridere, svegliandomi di botto.
Mi volto con un sorriso a sessantaquattro denti sulle labbra e ritorno da Andrea.
«Si vede!» esclamo.
«Cosa?»
Alzo la maglia e mi metto di lato. «Si vede» ripeto sorridendo ancora.
«Wow» risponde lui emozionato.
Si avvicina a me e lentamente la sua mano si posa sul piccolo rigonfiamento della mia pancia. «E’ morbidissima» sussurra ridendo.
«Non è ancora grandissima, ma si vede»
«Si» risponde guardandomi con gli occhi pieni di lacrime.
«Oh amore…» mormoro prendendogli il volto tra le mani. Gli sorrido e gli asciugo con i pollici le lacrime. «Sei dolcissimo»
«Diventerò papà»
Annuisco sorridendo e l' abbraccio «Grazie» mormora piangendo contro il mio collo.
«Non piangere, ok? Gli ormoni in subbuglio li ho io, non tu»
Andrea si lascia andare ad una risata, alzandomi il mento per baciarmi.
«Vai a prepararti adesso» dice asciugandosi le lacrime.
«Mi puoi dire dove andiamo?»
«No, è una sorpresa»
«Ma ieri sera non mi hai detto niente. Eri tranquillo prima di metterci a letto. Forse un po’ troppo sorridente»
Ieri sera l’ho guardato spesso mentre faceva delle ricerche sull’I-Pad; spesso l’ho sorpreso a sorridere e adesso mi rendo conto che quello che faceva riguarda sicuramente questa sorpresa di cui mi ha parlato appena sveglia.
«Adesso vai, dai»
«Ok» rispondo avvicinandomi per baciarlo.
Lui ricambia e, mentre mi volto per ritornare in bagno, lui esce dalla stanza.
Mi concedo una bella doccia calda, per riprendermi un po’ dal trauma di essermi svegliata così presto, lavo per bene i capelli e la stessa cosa faccio con il mio corpo, strofinando delicatamente il mio ventre.
Quando esco, mi asciugo velocemente, ritornando in camera per indossare la biancheria e un paio di jeans.
«Sei pronta?» chiede Andrea ritornando in camera per sistemare il letto.
«Devo soltanto asciugare i capelli»
«E metterti una maglietta, magari»
«Certo» rispondo sorridendo.
«Fin quando puoi restare in Italia?»
«In che senso?» chiedo pescando dal cassetto una maglietta a caso.
«Mi sono fatto dare le ferie fino al sette di Gennaio…»
«Ah, anch' io» rispondo sorridendo. «Con la promessa, però, di completare due manoscritti»
«Mi sembra giusto. Almeno ti avrò tutta per me»
«Non vorrai rivedere i tuoi amici?»
«Quali amici?» chiede alzando le sopracciglia.
«Giorgio… Luigi, Francesco… insomma, quegli amici»
«Sai che non parlo più con Luigi e compagnia bella»
«Non credi che sarebbe arrivato il momento di mettere una pietra sul passato anche con loro?»
«No, non credo»
«Perché?»
«Non sono stati dalla mia parte, mi hanno fatto perdere l’unica persona che abbia veramente amato, non mi hanno sostenuto e appoggiato»
«Lo so, però…»
«Niente però. Perché stiamo pensando a loro? Vai a prepararti. Ci aspetta una giornata intensa»
«Me la pagherai…» borbotto dandogli le spalle per andare ad asciugarmi i capelli.
«Spero proprio di no» risponde ridacchiando. Finisce di sistemare il letto e ritorna, credo, in cucina.
Mentre asciugo e spazzolo i capelli, penso a cosa possa essere questa sorpresa, ma non mi viene in mente nulla.
O forse qualcosina, ma mi rifiuto di credere che Andrea possa aver fatto una cosa del genere.
O si?
«Di là è tutto pronto. Se lo sei anche tu, possiamo andare» dice il mio fidanzato entrando all’improvviso in bagno.
«Si, sono pronta» mormoro stringendo l’elastico con cui ho fermato la coda.
«Bene, vieni» mi prende per mano e spegne le luci.
In cucina trovo uno zaino e la mia borsa. «A cosa ci serve tutto questo? Cosa devi farci con lo zaino?»
«Faremo un picnic» spiega e, mettendoselo in spalla e porgendomi la borsa, esce di casa.
Lo guardo ancora dubbiosa, ma lui mi indica le scale ed io lo seguo. Chiude a chiave e scende.
«Non fare domande, ok?» si raccomanda mentre usciamo alla luce debole del primo mattino di Londra.
«Tanto non mi risponderesti, quindi…» gli dico sorridendo.
«Appunto»
Restiamo in silenzio per tutto il tempo che impieghiamo a raggiungere la metropolitana, salire e raggiungere una destinazione che non mi sarei mai immaginata.
Quando ha detto che avremo fatto un picnic credevo saremmo rimasti nei paraggi, invece, adesso, siamo davanti ad un noleggio auto.
«Posso chiedere una cosa?»
«Non ancora…»
«Che ci facciamo con un auto a noleggio? Tu non la sai nemmeno guidare. Ti devo ricordare quello che è successo non molto tempo fa?»
Andrea scoppia a ridere e mi guarda «Tranquilla»
«Andrea, sul serio…»
«Gaia, sono serio non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo» dice e mi guarda mentre si abbassa ed estrae dal paraurti un mazzo di chiavi. «Adesso fai silenzio» aggiunge.
«Silenzio?! Andrea, stai per rubare una macchina»
«Non la sto rubando; grazie per l’alta considerazione che hai del tuo fidanzato»
«Perché allora hai preso le chiavi da lì? Non dovresti firmare qualche modulo prima di prendere l’auto?»
«Il modulo è stato già firmato ed è stato proprio il responsabile a lasciare le chiavi lì»
«Ti sei messo d’accordo con lui?» chiedo e lui fa il giro per entrare in auto. «Da quanto stai organizzando questa… come la devo chiamare?» chiedo spalancando le braccia.
«Avventura, puoi chiamarla così» risponde ed io comincio ad avere qualche idea sulla destinazione «Dai, Gaia, non puoi rilassarti e goderti il viaggio?»
«Uffa» mi lamento e prendo posto, allaccio la cintura e recupero l’I-Pad che Andrea ha messo nella mia borsa.
«Non ci credo che ancora non hai capito dove stiamo andando» dice mettendo in moto e accendendo il navigatore satellitare.
«Beh, potrei avere qualche idea» mormoro toccando delicatamente lo schermo dell’aggeggio che ho in mano.
«Bene, allora possiamo andare»
«Comincio a pregare. Chissà se arriveremo vivi»
«Non ti preoccupare, ho fatto un po’ di pratica»
«Ti sei fatto troppi amici qui; dovrei parlare con loro e dire che non ti devono più aiutare con queste sorprese… folli»
«Beh, è un vero peccato»
Mi volto a guardarlo e sorrido «Sei tanto carino però quando organizzi queste cose»
«Vedi? Abbiamo trovato il lato positivo in tutta questa situazione» dice ridacchiando.
«Ho fame però» mi lamento.
«Tieni» dice e, guardando la strada, si allunga verso il sedile posteriore.
«Andrea, lascia stare. Faccio io»
Lui fa come gli dico e ritorna a guardare la strada, mentre recupero lo zaino e lo posiziono tra le mie gambe. Lo apro e rimango scioccata.
«Ma quanta roba c’è qui dentro?» chiedo.
«Ho pensato che avresti potuto avere le tue voglie, quindi ho preso un po’ di tutto. Frutta, dolci, biscotti, patatine. Dovrebbero esserci anche dei succhi di frutta»
«E se dovessi fare pipì?»
«Devi?» chiede allarmato mentre viaggiamo senza problemi sull’autostrada.
«No, non ancora almeno» rispondo ridendo.
Lui scuote la testa e ritorna a guidare mentre apro un pacchetto di patatine.
Il viaggio dura circa un’ora, o almeno è il tempo che ho percepito. Credo di aver dormito la maggior parte del tempo e adesso Andrea mi sta scuotendo la spalla. «Gaia?»
«Hm…»
«Siamo arrivati»
«Devo fare pipì» mormoro stropicciandomi gli occhi.
Lo sento ridacchiare e, quando apro gli occhi e metto bene a fuoco l’ambiente circostante, ritorno indietro di quattro anni.
«Oh dio» mormoro scendendo dalla macchina.
«Immaginavi saremmo venuti qui?» chiede Andrea raggiungendomi.
Annuisco, incapace di articolare una semplice frase. «Sei contenta?»
«E’ un po’ strano…» mormoro guardandomi ancora intorno «Ma sono contenta» concludo voltandomi a guardarlo.
«Meno male. Avevo paura che volessi farmi ritornare indietro»
Mi lascio sfuggire una debole risata. «Immaginavo mi avresti portato qui, però esserci davvero mi fa uno strano effetto»
«Si, anche a me» mormora. Restiamo qualche secondo a guardarci intorno; dopo di ché Andrea prende lo zaino, la mia borsa e chiude l’auto.
«Dove andiamo?» chiedo.
«Pensavo di prendere l’autobus, che dici?»
Annuisco e, prendendolo per mano, ci dirigiamo verso la fermata «Aspetta, vieni…» dico fermandolo e attraversando la strada.
«Dove vai?»
«Ti ricordi cos’è successo qui?» chiedo indicando l’inizio delle scale che portano al parco.
«No?»
«Mi hai quasi baciata qui»
«Ah si, ora ricordo. Dovevamo andare in discoteca e tu sei sparita» dice guardandomi con gli occhi semichiusi.
«Mi hai ignorata» gli ricordo.
«Hm… Andiamo» mormora prendendomi per mano.
«Beh, non lo fai?» chiedo ridendo.
«Fare cosa?»
«L’ultima volta non ci sei riuscito. Non vuoi provare a farlo adesso?»
«Vuoi essere baciata qui?» chiede malizioso.
«Vuoi baciarmi?»
Si guarda intorno e si avvicina di nuovo a me «Non ci sono riuscito ma pochi minuti dopo eri già tra le mie braccia» mormora avvicinando le sue labbra alle mie.
Sorrido e gli butto le braccia al collo, baciandolo con trasporto.
Le sue mani si spostano sui miei fianchi, stringendomi di più al suo corpo. «Che bella sensazione» sussurra interrompendo il bacio.
Annuisco e lo guardo negli occhi. «Andiamo» dice indicando la strada con la testa e prendendomi per mano.
«Ehm… Andrea?»
«Che c’è?»
«Devo andare in bagno»
«E’ vero»
«Dovrebbe esserci ancora il McDonald lassù»
Lui annuisce e, dopo aver guardato l’orario dell’autobus che dobbiamo prendere, ci dirigiamo al McDonald.
 
«Credi siano a casa?» chiedo mentre percorriamo quella discesa tanto familiare.
«Penso di si. È domenica»
«Appunto… quando eravamo loro ospiti la domenica eravamo sempre soli perché andavano a vedere la partita del bambino»
«Beh, era quattro anni fa»
«Anche se ora ha undici anni, credo giochi sempre a calcio»
«Beh, appena arriviamo lo scopriremo. Sono solo le nove del mattino»
Annuisco e stringo forte la mano di Andrea. Ci guardiamo per qualche secondo, fin quando non metto entrambe le nostre mani nella tasca del mio giubbotto.
«Chi lo avrebbe mai detto che ci saremmo ritrovati qui, insieme ed io incinta di tuo figlio»
«Bella e strana la vita» risponde lui.
«Strana forte»
Lo sento ridacchiare, dopo di ché rimaniamo di nuovo in silenzio. “Come al solito” penso con un sorriso sulle labbra.
«C’è una macchina» dice all’improvviso Andrea allungando il collo per guardare meglio in lontananza.
Sorrido all’idea di rivederli… Durante gli ultimi anni, io e Michelle ci siamo scambiate molte e-mail ma, ogni volta in cui mi chiedeva se potevo raggiungerla, dovevo studiare per un esame e quando lei si trovava a Londra con la famiglia io… beh, praticamente studiavo sempre.
Spesso mi ha chiesto se avevo notizie di Andrea; inizialmente non sapevo cosa risponderle… poi ho optato per la verità e, da quel momento, non mi ha più chiesto niente.
Sono felice che Andrea mi abbia portata qui.
«Pronta?» chiede posizionandosi davanti alla porta.
«Si» rispondo.
Sorridendo, Andrea suona il campanello e, mentre attendiamo, il mio sguardo si sposta sulla finestra del pian terreno.
Quanti ricordi legati a quella stanza… sono pronta a voler entrare lì dentro?
La prima volta che ci siamo baciati, la seconda volta che abbiamo fatto l’amore, le nostre litigate, i momenti di divertimento e quelli in cui entrambi ci preparavamo per gli esami.
Mi ripeto nella mia testa che adesso le cose non sono come quattro anni fa. Non sono più incerta sui di Andrea. So che mi ama e che rimarrà sempre al mio fianco, so che lui ci sarà sempre per me e anche se entreremo lì dentro le cose non cambieranno.
So che quello che è successo non si ripeterà più… ora le cose vanno molto, molto meglio e insieme stiamo costruendo la nostra famiglia, non possiamo mandare al diavolo tutto quanto e poi sono sicura che Andrea non lo permetterebbe.
«Gaia?! Andrea?!» sento dire e mi volto di nuovo verso la porta dalla quale spunta Michelle tutta emozionata.
«Siamo noi» dice Andrea.
«Oh mio dio. Che bello vedervi!! Paul!»
Apre la porta esterna e ci invita ad entrare. Una volta dentro ci abbraccia mentre noto Paul avvicinarsi.
«Guarda chi è venuto a trovarci» gli dice la moglie.
«Che bella sorpresa!!» esclama lui abbracciando prima me e poi Andrea.
«Come state ragazzi? Che ci fate qui?» chiede Paul e Michelle mi guarda.
«Ho fatto una sorpresa a Gaia. Siamo venuti da Londra in auto»
«Davvero? Accidenti! È andato bene il viaggio?» chiede Paul.
«Si, tutto bene»
«Uhm…» intervengo io e un po’ mi imbarazza quello che sto per chiedere.
«Tutto ok?» chiede Andrea preoccupato.
«Si, però… ecco… dovrei andare in bagno»
«Di nuovo?»
«Amore, non posso farci niente» dico, poi mi rivolgo a Michelle «Sempre su?»
«Si, vai cara. Vi preparo qualcosa da mangiare nel frattempo»
Annuisco e lascio la mano di Andrea che segue Paul e sua moglie.
Lentamente salgo al piano di sopra, stupendomi di come la casa sia estremamente tranquilla. Scorgo la porta di quella camera ma non mi fermo a guardarla di nuovo.
Entro in bagno e faccio, velocemente, quello che devo fare.
Evito di soffermarmi sui ricordi che contiene il bagno e, dopo aver lavato le mani, scendo al piano inferiore raggiungendo gli altri.
«Michelle, ma i bambini?»
«Li ha portati al parco mio fratello, dovrebbero tornare verso le undici. Restate per il brunch, vero?»
«Volentieri» mormoro sedendomi sullo sgabello del bancone. Lancio un’occhiata ad Andrea e lo vedo ridere insieme a Paul mentre commentano una partita di calcio.
«Allora… è da un po’ che non ricevo una tua e-mail. Cos’è successo in questi mesi?»
«Beh, il fatto che io sia qui con Andrea dice tutto, no?»
«Si, mi sono sorpresa non poco vedendoti con lui»
«Già… mi ha sorpresa anche la sua telefonata di cinque mesi fa»
«Ma non stavi con quel ragazzo… Jay?»
«Si, ma ho capito che non lo amavo come amo Andrea. Insomma… tutti sapevano che il mio amore per lui era così grande che un giorno saremmo tornati insieme. Tutti lo sapevano, compresa me, ma non volevo ammetterlo»
«E’ successo tutto quando siete tornati a casa, vero?» chiede guardandomi dolce.
Annuisco e mi prende le mani. Il sorriso che mi rivolge è dolce e mi fa comprendere che ha capito che non ne voglio parlare.
«Allora… c’è qualcosa di bello che devi dirmi?» chiede guardando distrattamente verso il mio corpo.
«Te ne sei accorta?»
«Beh certo… ti ho sempre vista magrolina; adesso sei più in carne» Sgrano gli occhi e lei si affretta ad aggiungere «Ma non grassa, stai tranquilla. Sei uno splendore»
«Non voglio ingrassare»
«Quindi lo sei…»
«Si, sono incinta»
«Ed è lui?» chiede guardando Andrea,
Annuisco e sorrido «Congratulazioni» mormora felice abbracciandomi.
«Grazie»
«Bene, ti preparo qualcosa di dolce allora»
«No, ti prego…»
«Non preoccuparti. Con l’allattamento perderai tutto»
Oddio.
Cerco di non farmi prendere dal panico e annuisco lentamente. Mi rilasso sulla sedia e mi accarezzo la pancia con le mani.
Guardo Michelle muoversi nella cucina preparando da mangiare per una marea di persone.
«Le nausee sono scomparse?» mi chiede porgendomi una tazza di tè.
«Si, ma qualche cibo mi da ancora fastidio»
«Tipo?»
«Uhm… il cibo cinese. Non riesco proprio a sopportarne l’odore. Oppure le patatine fritte»
«Hai delle voglie specifiche o qualcosa che mangi sempre?»
«Ho sempre voglia di fragole e mangio o bevo sempre cioccolata»
Michelle scoppia a ridere e, guardandomi, ritorna a preparare da mangiare.
Stanca di rimanere seduta, mi alzo per darle una mano ma Michelle e Paul mi bandiscono dalla cucina; così mi metto a giocare con il cane sotto lo sguardo divertito di Andrea.
«Come stai?» mi chiede dopo che Paul si è allontanato.
«Tutto ok. Non sento più il bisogno di andare in bagno» dico ridacchiando.
Si avvicina e mi bacia sulla fronte. «Allora… da quanto state insieme?» chiede Paul porgendo una birra ad Andrea, seguito da Michelle con un vassoio pieno di delizie da mangiare.
«Cinque mesi» risponde il mio fidanzato mentre io sono troppo occupata a perlustrare il vassoio.
«Immagino che ora abbiate intenzione di sposarvi» ipotizza Michelle offrendomi un piatto con delle uova strapazzate.
«Uhm…» mormoro in difficoltà. Guardo Andrea e lui sorride.
«Non ne abbiamo ancora parlato» dice infine.
A dire la verità, non ci avevo nemmeno pensato. Davvero dobbiamo sposarci? Oddio…
Perché mi sorride? Non sono pronta per il matrimonio. Sono a malapena pronta per diventare madre, figuriamoci moglie. No, non riuscirei a farcela.
«Ehi…» Andrea mi riscuote dai miei pensieri.
«Dobbiamo sposarci?» chiedo di getto.
«No… cioè, non ora»
«Ma vorresti»
«L’idea non mi dispiacerebbe»
«E lo vorresti fare dopo la nascita del bambino»
«No, se non ti senti pronta»
Lo guardo negli occhi e provo a fargli capire con lo sguardo la confusione che ho dentro. «Non roviniamoci la giornata, ok?» dice accarezzandomi una guancia.
Annuisco e, dopo qualche secondo, ritornano Michelle e Paul. Non mi ero accorta che si erano alzati per lasciarci parlare in privato.
Trascorriamo le successive due ore chiacchierando di argomenti vari, fin quando non arrivano i bambini che ci abbracciano. In particolare la piccola della famiglia comincia a giocare con Andrea e mi si stringe il cuore a vederlo così spensierato e a suo agio con i bambini.
Mi piacerebbe vederlo giocare così anche con una figlia nostra, mi piacerebbe domare la sua gelosia di padre nello stesso modo in cui mi piacerebbe vederlo arrivare a casa sporco di terra con un bambino con i suoi stessi capelli biondi e gli occhi verdi come un prato, mi piacerebbe guardarli mentre giocano ai videogiochi o mentre Andrea gli spiega come avvicinarsi ad una ragazza.
«E’ un peccato che non possiate restare ancora qualche ora. Magari potete restare a pranzo» dice Michelle dispiaciuta.
«Hai già fatto tanto per noi» le risponde Andrea.
Michelle sorride ad entrambi e abbraccia prima me e poi Andrea. «Venite a trovarci quando volete»
«Grazie» mormoro abbracciando Paul.
«E fammi sapere quando nascerà il bambino»
«Certo» rispondo sorridendo.
Dopo aver salutato anche i bambini, Andrea afferra la mia mano e, come quattro anni prima, ripercorriamo la salita.
«Non hai proprio voluto rivedere quella stanza, vero?» mi chiede all’improvviso.
«Tu ci sei entrato?»
«Si»
«Quando?»
«Poco prima di uscire. Tu eri andata in bagno»
«Ah…»
«Sembrava che il tempo si fosse fermato»
«Scommetto che ti sembrava di avere nuovamente diciannove anni»
«Si» risponde ridendo. «Mi sono anche reso conto che non era giusto quello che ti ho fatto»
«Te ne sei reso conto soltanto adesso?»
«No, certo che no; ma rientrare in quella stanza, mi ha fatto capire che avrei potuto davvero rendere le cose migliori sin dall’inizio»
«Ormai è inutile pensarci. Quella stanza farà sempre parte della nostra vita, ma la cosa che mi piace più di tutto è che siamo riusciti ad andare avanti anche dopo averla lasciata. Credevo di non farcela, invece guardaci adesso…»
«Avresti pensato la stessa così anche se ci fosse stato Jay al tuo fianco?»
«Probabilmente si. Ho comunque lasciato quello che è successo fra di noi fra le mura di quella stanza o in quelle della mia camera in Italia»
«Già…» conclude lui ed io gli sorrido.
«Abbiamo capito una cosa importante dal nostro passato, Andrea…»
«Cosa?»
«Non possiamo vivere uno senza l’altra ed io non voglio rinunciare a te e non lo dico per il bambino o per qualsiasi altro motivo che ci obbliga a stare insieme. Io so che devo stare con te perché ti amo, quindi tutto quello che è successo tra di noi non farà altro che ricordarci quello che non vogliamo che accada più»
Andrea si ferma alla fermata dell’autobus e mi guarda «Io ho capito un’altra cosa»
«Cosa?»
«Coglierò tutte le occasioni per dirti quanto tu sia speciale per me… Quanto ti ami o quanto sia stato stupido nell’aspettare un anno prima di confessarti i miei sentimenti…»
«Andrea… non importa ormai. So quello che provi per me, me l'hai detto e va bene così. Probabilmente non saremmo qui se le cose fossero state semplici sin dall’inizio. Magari ci saremmo lasciati subito»
«Non credo…» mormora prendendo le mie mani e intrecciandole alle sue. Mi guarda e mi sorride.
«Ho fantasticato sul sesso del nostro bambino mentre giocavi con Anise» confesso.
«Davvero?» chiede avvicinandosi.
«Si. Mi piacerebbe vederti geloso per una figlia femmina o mentre ritorni sporco di terra dopo aver giocato a calcio con tuo figlio»
«Beh, possiamo sperare siano gemelli»
«No amore… è sicuro che il fagiolino qui dentro è soltanto uno» dico guardando in basso.
«Beh, possiamo lavorarci qualche mese dopo»
«No, uno basta per il momento»
«Per il momento? Questo significa che ne vorresti altri…»
«Si, ma quando entrambi saremo consapevoli di volerne un altro. Questo è stato talmente improvviso che non ho la più pallida idea di cosa fare»
«Ehi! Ce la caveremo alla grande, ok? Entro giugno mi sarò laureato e lavorerò in un museo e tu sarai un grande editor »
«Dici?» chiedo abbracciandolo.
«Fidati di me» risponde mentre mi fa l’occhiolino. 
 

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Eccomi qui... veloce veloce!
Allora, che ne pensate del piccolo viaggetto di Andrea e Gaia? Vi aspettavate che sarebbero andati lì?!
Ok, diciamo che questo capitolo segna la chiusura di un certo periodo della vita di Gaia e di Andrea, quindi dal prossimo le cose saranno un pò diverse! ;)
Adesso vi lascio alle vostre faccende.
Un bacio e grazie a tutti per essere arrivati fin qui!
Ah, come ultima cosa, non posso andare via senza aver fatto gli auguri di buon compleanno a Gloria! <3
Buon compleanno cara, spero di averti fatto un bel regalo! <3
Francy <3 <3

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Capitolo 27
*** 27. *Fai due più due e scopri la verità* ***


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Salve a tutti ^^''
Sembra passata un'eternità dall'ultima volta che ho pubblicato o_O
Voi avete la stessa sensazione?! :/ Boh!
BTW... come vi ho anticipato già nel capitolo precedente, qui i due protagonisti torneranno a casa, in Italia; o meglio, casa per Andrea! Quindi, mettetevi comodi e leggete attentamente! ;)
Un bacio
Francy <3


There’ll be a place for us
 
-Capitolo 27-
*Fai due più due e scopri la verità*

 
 
«Da quanto non viaggiamo insieme?» chiede Andrea guardandomi con un sorriso a sessantaquattro denti.
«Devi per forza ricordarmelo?»
Lui ridacchia e mi prende la mano guardando l’interno dell’aereo.
Siamo appena decollati da Londra e tra circa un’ora e mezzo dovremmo arrivare.
Non vedo l’ora ma sono anche terribilmente agitata per l’incontro con i genitori di Andrea, per quello che troverò dopo quattro anni, per chi incontrerò…
Andrea mi ha tranquillizzata dicendomi che non ho motivo di preoccuparmi perché Luigi e compagnia non possono più fare niente, se è veramente questo che mi preoccupa.
«Mi fido di te» gli avevo detto e, dopo i nostri sguardi seri, eravamo scoppiati entrambi a ridere.
So che le mie paure possono essere facilmente messe a tacere ma ho paura di sentirmi come mi ero sentita quattro anni fa, di sentirmi di nuovo fuori luogo e so che non lo sono. Andrea è la mia famiglia ormai e nessuno può portarmelo via.
Nemmeno i suoi genitori?” mi chiede la vocina.
No, nemmeno loro. Se a loro non piacerò mi dispiacerà per Andrea, ma l’unica cosa che m'importa è che loro figlio si prenda le sue responsabilità.
Certo, mi piacerebbe se andassimo tutti d’accordo, ma come potrei sistemare il problema?
Non fasciarti la testa prima di rompertela” mi rimprovera la me stessa buona.
Faccio un respiro profondo e mi accarezzo l’addome; sorrido e penso che qualsiasi cosa dicano gli altri io ho lui. Ho il nostro bambino che, anche se inaspettato, adesso è tanto atteso e desiderato.
«Tutto ok?» chiede Andrea stropicciandosi gli occhi.
«Ho sonno, ma non riesco a dormire» mormoro. Tutti questi pensieri di certo non mi fanno bene.
«A che pensi?» mi chiede come se mi avesse letto nel pensiero.
«A nulla, davvero»
«Gaia, non mentirmi» dice guardandomi e sorridendo.
«Non ti sto mentendo» mi giustifico.
«Ok, allora ometti semplicemente la verità»
Lo guardo e non riesco a trattenermi. Rido e annuisco «Ok, è vero. Stavo pensando a qualcosa»
«A cosa?» chiede accarezzandomi la guancia e guardandomi con un espressione dolce.
«All’incontro con la realtà che ho lasciato tre anni fa»
«Ti prego Gaia, non pensarci, ok? Non voglio che vi succeda nulla»
«Proverò a tranquillizzarmi e a non pensare a nulla, ok?» dico sperando davvero di riuscirci.
«Bene» risponde sorridendo e chiudendo gli occhi, rilassato.
questa mattina è andato a Cambridge per il suo primo esame. Voleva sembrare tranquillo ma sapevo che era ansioso.
Sorrido al ricordo e mi avvicino al suo orecchio mentre lui tiene ancora gli occhi chiusi «Sono fiera di te: non te l’ho ancora detto» mormoro baciandogli piano la guancia.
Lui apre gli occhi e mi guarda «Sono felice di aver ripreso a studiare»
«Sono contenta per te amore, te lo meriti» mormoro.
«Grazie per avermi aiutato»
«Non ho fatto nulla» dico.
Da quando ha cominciato a frequentare le lezioni non ha mai studiato a casa e, sinceramente, non so per quale motivo. Forse studiare nella biblioteca dell'università riesce a concentrarlo meglio, sta di fatto che è riuscito a liberarsi del primo esame e so che i suoi genitori saranno molto fieri di lui, come lo siamo i miei genitori ed io.
Mio padre era veramente entusiasta di sapere che Andrea era riuscito a superare con successol'esame. Si può dire, ormai, che lo considera un secondo figlio e forse un po’ è veramente così perché, ultimamente, Andrea e Brian non fanno altro che cercarsi e stare insieme. Beh, la cosa non può che farmi piacere. Oggi è stato proprio lui ad accompagnarlo visto che era in ferie per le vacanze natalizie.
Mi lascio andare ad un profondo sospiro, rendendomi conto di quanto il brutto incidente di mio padre abbia cambiato le cose in meglio.
«Forse dovevate arrivare vicino a perdermi per riunirvi e di questo ne sono felice» aveva mormorato una sera a cena. Noi lo abbiamo guardato straniti dalle sue parole, ma poi abbiamo capito che in realtà aveva ragione.
 
Sono solo le cinque del pomeriggio quando esco dall’auto di mia madre. Lei è tornata qualche giorno prima di noi con Paul, il suo compagno, per sistemare casa, disabitata da qualche settimana.
Stasera io e Andrea andremo a cena dai suoi genitori e non vedo l’ora che arrivi il momento in cui tutto sarà finito. Avrei voluto vedere Serena per prima dopo il mio ritorno, ma Andrea manca da casa da quasi un anno e non mi sembra giusto far attendere ancora la sua famiglia.
«Bentornati a casa» dice mia madre sorridendo.
Le sorrido e mi stringo nel cappotto che indosso. Da quanto non vedevo questo posto?
Non so ancora dire se mi è mancato, ma sicuramente provo una strana sensazione.
«Dammi il borsone Gaia, lo porto su» mi dice Andrea tendendo una mano.
«No tranquillo, ce la faccio» lo rassicuro sorridente.
Lui ricambia ed entra in casa salendo le scale che lo portano al piano di sopra.
Guardo in alto e vedo la finestra della mia camera. Quella camera…
Oh dio, quanti ricordi.
Anche se mi guardo intorno la cosa non migliora.
Non dovrei sentirmi così, perché il passato è… passato, non tornerà più, ma allora perché non trovo il coraggio di entrare in casa mia?
«Non entri?» mi chiede mia madre uscendo e, forse, intuendo il mio stato d’animo. «Fa freddo» Lei sa che se non fosse stato per il ritorno di Andrea non sarei tornata e conosce anche il motivo del mio comportamento.
«Si, solo che…» mi interrompo non sapendo cosa dirle.
«E’ strano ritornare dopo tutti questi anni, vero?»
«Si, lo è. Soprattutto perché mi ritornano in mente tutti i momenti con Andrea prima del vero noi»
«Non intristirti tesoro. Sbaglio o avete messo una pietra sopra al passato? Entra in casa, fai una bella doccia calda e riposa prima di andare dai genitori di Andrea»
Guardo male mia madre, sa quanto sono nervosa a riguardo. Lei mi sorride e mi accarezza la schiena, cercando di infondermi un po’ di coraggio. «E’ sempre così la prima volta, ma sono sicura che ti ameranno, non preoccuparti. È praticamente impossibile non farlo»
«Mi preoccupa di più la loro reazione al bambino»
«Volete dirglielo stasera?»
«Si, non avrebbe comunque senso aspettare»
Lei annuisce ed io continuo a guardarmi intorno.
Mia madre, davanti al mio bisogno di sentirmi nuovamente a mio agio nel posto in cui sono nata, mi bacia la fronte ed entra in casa, lasciandomi da sola.
Molto probabilmente avvisa Andrea, perché qualche minuto dopo lo ritrovo al mio fianco.
«Ti va di mangiare qualcosa?» chiede stringendomi le spalle in un abbraccio, cercando di infondermi calore.
Annuisco e lo ringrazio mentalmente perché lui c’è sempre. Ho bisogno di lui in questo momento e so che, ora come ora, posso davvero contare sul mio fidanzato.
Con un sospiro profondo afferro il piccolo borsone ed entro in casa, mano nella mano con Andrea.
«Non credevo che mi sarei sentita così» dico mentre saliamo al piano di sopra.
«Così come?»
«Quando manchi da casa da molto tempo, hai una sensazione di felicità assoluta nel ritornarci»
«Si, capisco»
«Bene, ma non la sto provando»
«Staremo qui soltanto un paio di settimane e poi torneremo a casa» mormora aprendo la porta della mia camera e facendomi entrare.
«Mi dispiace per te» rispondo accarezzandogli un braccio.
«Non dispiacerti, non serve. Vivere qui non mi è mai piaciuto. Non mi sento stimolato o cose simile. Sto meglio con te a Londra e poi, in tutta sincerità, andrebbe bene qualsiasi posto, l’importante è che ci sia tu»
Gli sorrido e l'abbraccio. «Ti amo» sussurro sospirando di piacere nel sentirlo lì vicino a me.
«Mi piace che continui a dirlo»
«Certo che te lo dico»
Andrea mi sorride e mi bacia la guancia, prima di lasciarmi entrare in camera.
«Accidenti, è tutto come prima»
«Era in affitto fino a qualche mese fa, vero?»
«Si. Mia madre l'affittava a qualche turista che trascorreva più di una settimana in città»
«Com’è tornare in questa stanza?»
«Strano, soprattutto perché ci sei tu»
Mi volto a guardarlo e lui sorride debolmente. «Vado a farmi la doccia» aggiungo avvicinandomi a lui «Vuoi farla con me?»
«Non mi sembra il caso. C’è tua madre al piano di sotto»
«E quindi? Non mi pare che questo ti possa fermare»
Mi sorride malizioso e, con un movimento veloce, mi prende in braccio dirigendosi in bagno, chiudendo la porta a chiave e facendomi scendere.
«Sai che non devi sfidarmi in queste cose»
Scoppio a ridere e comincio a baciarlo, eliminando la camicia, i pantaloni e i miei indumenti che sembrano veramente di troppo.
«Ti desidero» ansimo sulle sue labbra.
«Oh piccola, non sai quanto ti desidero io» mormora con voce roca spingendo il suo bacino sempre più vicino al mio e facendomi sentire chiaramente la sua erezione.
Al contatto, gli ansimo sulla bocca e lo guardo negli occhi che ardono di passione.
«Ti prendo contro il muro se non ti sbrighi» dice stringendomi più forte al suo corpo.
Mi lascio sfuggire una risata, riuscendo anche a liberarmi un po’ da lui; giusto il tempo di aprire l’acqua calda e togliere il reggiseno e le mutandine.
Ben presto mi ritrovo con la schiena al muro, con una gamba appoggiata al fianco di Andrea, con le mani strette alle sue e lui che sprofonda in me.
L’acqua gli bagna la schiena forte e muscolosa, mentre le spinte a poco a poco diventano sempre più forti. Lascia le mie mani che si spostano sui suoi capelli bagnati mentre le sue vanno sui miei glutei mantenendomi ben salda  a lui per non farmi scivolare a causa del muro bagnato.
Ansimo vergognosamente, sperando che mia madre non sia salita in camera a vedere come sto.
Sento il fiato di Andrea incendiare la mia pelle umida, ma ben presto comincia a baciarmi. Ansima e bacia: come se lenisse un po’ l’effetto ardente che ha il suo respiro su di me.
«Ti amo» mormora roco stringendo la presa sul mio sedere e spingendo un’ultima e decisiva volta. Lo sento liberarsi dentro di me mentre la sua gola emette un suono simile ad un ringhio.
Rendendosi conto che non sono ancora stata soddisfatta continua a spingere toccando, con le dita, quella parte sensibile del mio corpo, dove le parti di entrambi si uniscono. Lui continua a baciarmi e l’effetto delle sue labbra e delle sue mani su di me mi fanno sgretolare come creta.
Ho il respiro affannato e i miei occhi non ne vogliono sapere di aprirsi per l’intensità con cui questo orgasmo è arrivato.
Sento Andrea uscire da me mentre gli ultimi brividi attraversano il mio corpo da capo a piedi; delicatamente mi fa posare i piedi per terra.
Solo adesso apro gli occhi, sorridendogli maliziosa. «Che bel ritorno a casa» mormoro toccandomi la pancia.
«Ne avremo un altro al ritorno a Londra» risponde lui facendomi l’occhiolino e prendendo la spugna per cominciare ad insaponarsi.
Tra schizzi di sapone e acqua riusciamo a lavarci, amandoci appassionatamente un’ultima volta prima di uscire e riposarci in vista della serata dai suoi genitori.
 
«Sei nervosa?» chiede il mio fidanzato mentre guida verso casa sua.
Nel tardo pomeriggio è andato a prendere la sua macchina ma non ha trovato i genitori in casa.
Io ne ho approfittato per dormire un po’ e, quando mi sono svegliata, l’ho trovato che giocava con l’Ipad, comodamente sdraiato su metà del mio letto.  
«Vorrei essere nervosa solo perché è il primo incontro»
«Possiamo ancora non dirlo»
«Dovremmo. Comincia a vedersi, Andrea»
«Ok, glielo diremo ma non farti prendere dal panico»
«Perché, dovrei?»
«No, non dovresti» dice guardandomi e sorridendo. «Stai tranquilla e non ti agitare»
Annuisco evitando anche le diverse tecniche di rilassamento… tanto so che sarebbe tutto inutile.
«Ci sarà anche tua sorella?» chiedo.
«Si, è molto probabile. Non vede l’ora di rivederti»
Sorrido e abbasso lo sguardo sulle mie mani posate sulla mia pancia. «Lo hai sentito scalciare?» chiede Andrea. Alzo lo sguardo su di lui che guarda un po’ me e un po’ la pancia.
«No, non l’ho ancora sentito»
«Che peccato» dice sbattendo piano la mano sullo sterzo.
Sorrido e mi avvicino «Non toglierti la cintura» mi dice guardando la strada. 
«Non la sto togliendo» gli ricordo, avvicinandomi ancora di più. «Comunque, potresti provare a parlargli stasera… magari reagirà alla tua voce»
Mi guarda sorridente ed io mi sento al settimo cielo. «Lo farò sicuramente» esclama.
Rido e appoggio la testa alla sua spalla. «Sto bene» dico in un sospiro.
«Si vede» risponde lui cercando il contatto con la mia pelle.
Per gli ultimi cinque minuti di tragitto restiamo in questa posizione e, quando arriviamo, sento l’ansia ripiombarmi sulle spalle.
«Oh, accidenti» mormoro sganciando la cintura e guardando insistentemente la casa di Andrea.
«Cos’è successo?!» chiede preoccupato.
«E’ ritornata l’ansia» spiego.
«Non stai ripensando a qualche evento in particolare, vero?»
«No» dico soltanto fulminandolo con lo sguardo.
Lo vedo sorridere ma, per fortuna, l’argomento non viene tirato più in ballo.
Nonostante il tema del nostro ultimo battibeccare non sia tra i miei preferiti, mi ha sicuramente distratta da quello che sto per fare: incontrare i genitori di Andrea.
Lui scende dall’auto con tranquillità mentre io sono tentata a restare in macchina. Non so perché reagisco in questo modo; non ho paura di non piacere ai suoi genitori, in particolare alla madre, ho più paura di dire che aspettiamo un bambino. Non è una cosada dire al primo incontro con i genitori del proprio fidanzato, ma la mia pancia è visibile e non servirebbe a nulla nasconderlo; anzi, forse continuare a non dire nulla sarebbe solo peggio.
Faccio un respiro profondo e mi volto per aprire la portiera, ma proprio nell’esatto momento in cui ruoto la testa, il sorriso di Andrea mi investe, rassicurandomi e dandomi la calma necessaria che, ora come ora, mi serve. Ricambio il sorriso, sono molto più tranquilla e scendo prendendolo subito per mano.
«Sei più calma?» chiede accarezzandomi il palmo.
Sorrido ancora e annuisco.
So che non ho motivo di essere nervosa. Una gravidanza non è mai una notizia negativa e, posso capire lo shock iniziale ma, indipendentemente dal loro giudizio, io sarò felice con Andrea e con il nostro bambino.
«Non sarà importante il loro giudizio» dice Andrea tenendo stretta la mia mano ed estraendo le chiavi di casa dalla tasca posteriore dei jeans.
«Non dire così. Anche tu vorresti che fossero contenti per te»
«Non m'importa cosa diranno» ripete guardandomi fisso negli occhi.
Non spiccico parola e, davanti a questo, mi bacia, mi fa l’occhiolino e richiude la porta dietro di se.
«Mamma?»
«Andrea!» esclama la voce di una donna da una delle stanze.
«Si, sono io mamma» risponde lui sorridendo appena.
Cinque secondi dopo vediamo una donna catapultarsi sul mio fidanzato. «Mi sei mancato tanto, tesoro» mormora lei singhiozzando.
«Dai, mamma» risponde lui alzando gli occhi al cielo e sorridendo.
So che gli fanno piacere queste attenzioni, anche se non lo ammetterà mai. Lascio la sua mano e mi allontano un po’ per lasciare ad entrambi la loro intimità.
«Non dire così, Andrea. Ci sei mancato davvero tanto» dice la madre accarezzandogli la nuca. Lui chiude gli occhi e annuisce sorridendo.
Credo di aver perso il sorriso con cui sono entrata perché comincio a sentirmi molto in colpa. Gli sto portando via il figlio. Le cose non sono più come quattro anni fa e, adesso, i sentimenti che provano madre e figlio sono molto più evidenti ed entrambi li dimostrano più facilmente. Tutto questo mi fa capire che non è giusto che Andrea passi la vita lontano da loro.
«Tu devi essere Gaia» mi viene detto e l'affermazione mi fa riemergere dai miei pensieri.
Non noto una grande somiglianza con il figlio. Lei ha i capelli castani, chiari ma non biondi come li ha Andrea. Ha i lineamenti delicati, un naso piccolino e un paio di occhi color nocciola.
Se non ricordo male, Martina è più simile alla donna che ho davanti.
«Si» mormoro con la voce strozzata. «Si, sono io» ripeto schiarendomela. «E’ un piacere conoscerla»
«Oh, tesoro. Dammi del tu e chiamami Patrizia! Il piacere è tutto mio» esclama lei allontanandosi da Andrea e venendo ad abbracciare me. «E’ così bello vedere mio figlio sorridere e questo è solo grazie a te» mormora al mio orecchio.
Ricambio l’abbraccio e sorrido, guardando quel ragazzo grande e grosso con dei tatuaggi trasgressivi che si emoziona per le parole appena pronunciate dalla madre.
Chissà se sarà così contenta dopo” penso mentre il suo abbraccio si scioglie e ritorno di nuovo al fianco del mio fidanzato. «Papà?» chiede.
«E’ andato a prendere il vino con Martina» spiega la madre. «Venite, saranno qui a momenti»
Andrea mi aiuta a togliere il cappotto mentre mi guardo in giro.
La casa non è cambiata molto negli anni; per fortuna le persone che l’abitano si. Mi sforzo di non pensare all’ultima volta che sono stata qui e seguo Andrea in cucina.
«Aspetta!» esclamo fermandolo. Mi guardo in giro sperando di non essere vista dalla madre e gli chiedo «Si vede?»
Lui guarda il mio ventre, ma sorride e fa segno di no con la testa. «Voglio toccarla» mormora abbassandosi alla mia altezza.
«Puoi farlo, ma…»
«Oh no! Mio figlio è ritornato in casa mia!» esclama qualcuno che, in base alla frase che ha detto, deve essere proprio suo padre.
Io e Andrea ci allontaniamo di scatto. Ringraziando il cielo, Andrea non mi aveva ancora toccata.
Mentre padre e figlio si abbracciano, entra anche Martina che mi abbraccia calorosamente, squadrarmi più del dovuto.
Spero tanto non si soffermi al centro del mio corpo; nel frattempo, ringraziando anche il fatto che la madre ha reclamato la sua presenza, osservo i due uomini.
Adesso so a chi assomiglia Andrea. Il padre è biondo e ha occhi verdi come due smeraldi, capelli brizzolati e un naso aquilino: molto probabilmente è da lui che il figlio ha preso il difetto del naso.
Sorrido al pensiero e spero che nostro figlio non erediti lo stesso tratto del viso. Tutto tranne quello.
«Papà, lei è la mia fidanzata»
«Ciao, cara» si presenta lui «Sono Stefano»
«E’ un piacere conoscerla» mormoro intimidita. Spero vivamente che le mie guance abbiano ancora un colore neutro.
«Dammi del tu…» mormora facendomi l’occhiolino.
«Ok» rispondo sorridendo e, mettendomi una mano dietro la schiena, mi guida verso la cucina.
Qualche minuto dopo entra in scena anche il fidanzato di Martina, Marco, il quale ha cominciato a scherzare di alcune cose con Andrea, parlando anche della sua ultima sera da scapolo.
«Allora, come stai?» mi chiede Martina aspettando che la madre porti il secondo a tavola.
Ad essere sincera, mi aspettavo una cameriera. «Uhm, bene, grazie»
«Sei agitata, vero?» chiede lei avvicinandosi sempre di più a me. Lancio un’occhiata ad Andrea e scopro che anche lui mi sta guardando. Anzi, il suo sguardo oscilla tra me e la sorella.
«No, non più» rispondo a quest’ultima sorridendole sicura.
E adesso cosa vuole?
«Allora…» mormora ritornando al suo posto «Come sono stati gli ultimi giorni a Londra prima di ritornare?»
«Tutto normale. Andrea ha affrontato il primo esame a Cambridge»
«Si, mamma e papà erano felicissimi quando l’hanno saputo»
Le sorrido e bevo un sorso d’acqua.
Finalmente Patrizia ritorna a tavola, porgendo a tutti i piatti con il secondo: merluzzo gratinato. Sento immediatamente il capovolgimento del mio stomaco e vorrei poter buttare il piatto che ho davanti dritto nella pattumiera.
«Tutto bene, Gaia?» chiede Martina posando una mano sul mio braccio e guardandomi preoccupata.
Guardo Andrea: i suoi occhi sono sgranati su di me.
Vorrei provare a fare un respiro profondo ma il pesce è caldo e il suo odore è ancora troppo forte.
«Si, sto bene» rispondo mettendomi i capelli dietro le orecchie.
«Sicura, tesoro?» chiede la madre guardandomi, anche lei, apprensiva.
«Si, grazie» mormoro grattando con la forchetta l'impanatura sopra il pesce.
Forse non è stata una grande idea perché l'odore arriva maggiormente al mio naso ed io sto per vomitare.
Per fortuna tutti continuano a chiacchierare mantenendo la conversazione per lo più sull’esame di Andrea e sul fatto che Stefano e Patrizia sono contenti che lui abbia ripreso a studiare.
Sono felice, soprattutto, di non sentire il padre fare pressioni riguardo alla scelta della facoltà di Architettura.
Spostando la mia attenzione su altro la mia nausea si è placata, per fortuna. Sento lo sguardo di Andrea addosso e, quando alzo gli occhi verso di lui, lo trovo intento a guardarmi.
Mi sta sorridendo, però è strano… sembra ancora preoccupato.
«Gaia, non hai mangiato nulla!» esclama Stefano mentre, insieme al fidanzato di Martina, si alza.
«Uhm… il primo era ottimo e mi ha saziata» mi giustifico.
«Sei più in carne rispetto a quando ci siamo viste l’ultima volta» dice Martina e sento il cuore fare un paio di acrobazie e riprendere a battere furiosamente.
«Vuoi dire che… che sono grassa?» chiedo cercando di rimandare indietro le lacrime.
«Certo che no! Ma non vedi quanto è magra?!» esclama Andrea venendo in mio soccorso. Lo guardo con le lacrime agli occhi e, quando mi rendo conto di quello che sta effettivamente succedendo, schiarisco la voce e mi alzo da tavola. «Scusate» mormoro dirigendomi verso l’ingresso.
Ho bisogno di prendere un po’ d’aria. Credo sia arrivato il momento di dire a tutti che porto in grembo un bambino.
Non so se la madre o la sorella di Andrea abbiano capito qualcosa ma, per il momento, non ho nessuna intenzione di rientrare in casa perché significherebbe dire la verità e io non sono pronta.
Parlare con loro è stato bellissimo, divertente e Andrea sembra davvero aver ritrovato quei genitori che, quando era ancora un adolescente, aveva perso e di questo non posso che esserne felice. Stefano e Patrizia sono davvero delle brave persone, forse un pò troppo fissate sul fatto che i figli debbano seguire le orme di famiglia ma, a parte questo, sono a posto. Anch'io mi sono trovata bene a parlare con loro, ma adesso… andrò ancora bene?
«Tesoro…» una voce femminile mi arriva dritta nell’orecchio facendomi rabbrividire.
Mi volto e Martina mi sorride dolce, incerta se avvicinarsi o meno.
«Stai bene?» mi chiede.
Annuisco ma le lacrime che ho trattenuto prima escono fuori come un fiume in piena, facendomi scoppiare in singhiozzi. Lei corre subito da me abbracciandomi ed io mi aggrappo a lei come se fosse la mia ancora di salvezza.
«Sono… sono in… incinta» mormoro tra i singhiozzi.
Lei mi stringe forte e credo annuisca con la testa «Lo avevo intuito, sai?»
«Davvero?» le chiedo sciogliendo l’abbraccio.
«Si, ma non perché sei grassa…» dice guardandomi di traverso e sorridendomi.
«Scusa» sussurro un po’ imbarazzata.
«Tranquilla… Non sei grassa, ma il tuo viso è più morbido e… si, pieno, ma ti assicuro che sei bellissima ugualmente. Mio fratello non poteva scegliere donna migliore»
«Direi che lo stesso vale per me. Non avrei potuto scegliere uomo migliore»
«Oh dio, finalmente vi sento dire queste cose»
Mi lascio sfuggire una risata e mi asciugo le lacrime «Di quanti mesi sei?»
«Tre e mezzo»
«Posso toccare?» chiede con un luccichio negli occhi.
La guardo un po’ confusa. Pensavo che non le andasse bene ed invece chiede di toccarmi la pancia.
«Oh… beh… si, certo»
Lei avvicina le mani al mio ventre e le appoggia sulla piccola protuberanza. «Diventerò zia» mormora cercando di trattenere le urla di gioia.
«Intorno a giugno si, lo diventerai» rispondo sorridendo.
«Come l’ha presa Andrea?» mi chiede ritornando a guardarmi.
«Direi bene. Lui lo desiderava, quindi l’ha presa piuttosto bene»
«Mio fratello che desidera un bambino? Accidenti! Credo proprio che abbiano ucciso il vecchio Andrea»
Sorrido e faccio un respiro profondo. «Gliel'hai detto?!» esclama qualcuno ma, questa volta, riconosco perfettamente da chi proviene la voce.
Sorrido ad Andrea che ci raggiunge e annuisco «Non dirlo a mamma e papà, ok?» le raccomanda.
«Tranquillo… è compito vostro dirglielo»
«L’ha presa bene?» mi chiede.
«Benissimo» mormoro cercando le mani del mio fidanzato. «Cosa fai fuori?» gli chiedo mentre Martina torna dentro.
«Volevo sapere come stavi. Mia sorella mi aveva impedito di venire»
«Sto bene… ma non farmi mai più trovare del pesce»
«Scusa… mia madre non ha mai cucinato pesce in vita sua»
«No, non è questo… anche la carne mi fa lo stesso effetto ma il pesce non mi è mai piaciuto»
«Non puoi non mangiare la carne»
«Hmm» mi lamento appoggiando la fronte al suo petto.
Andrea sorride e mi abbraccia «Sei bellissima» mormoro
«Non sono grassa?» chiedo sorridendo solo perché lui non può vedermi.
«No, ma anche se lo fossi mi piaceresti lo stesso»
«Bugiardo»
«Non è vero. Sono serio. Sei la mia donna, quindi, mi piaceresti comunque, indipendentemente dal tuo aspetto fisico»
«Ma sono incinta di tuo figlio! Mostra un po’ di rispetto!» esclamo colpendogli il petto.
«Ti amo e sei stupenda» mormora lui guardandomi negli occhi.
Sorrido e l'abbraccio.
«Sai dire bene le bugie» gli dico sulle labbra.
«Mi ami anche per questo, no?»
«Assolutamente» sussurra.
Restiamo qualche minuto abbracciati, fin quando non comincia a fare troppo freddo e sua madre viene a chiamarci, chiedendomi se vada tutto bene.
«Dovremmo dirlo»
«Sei sicuro che dobbiamo farlo proprio stasera?» gli chiedo stringendogli forte il braccio.
«Prima glielo diciamo, meglio è»
Annuisco e faccio un profondo respiro, provando a calmarmi. Non credo di riuscirci perché l’ansia ritorna nel momento in cui ci sediamo nel salotto.
Il padre di Andrea comincia a parlare degli studi del figlio mentre la madre, rivolgendosi alla figlia, riprende l'argomento del matrimonio. Ogni tanto coinvolgono anche me nel discorso, chiedendomi quale colore preferisco per l’abito; quando sento la presenza di Andrea al mio fianco e il silenzio calare nella stanza so che è arrivato il momento di dire la verità.
«Dobbiamo dirvi una cosa» inizia il mio fidanzato.
«Vi sposate!» esclama suo padre guardandoci con gli occhi spalancati.
«Uhm, no. Non è questo» risponde Andrea ed io comincio a risentire l’ansia impossessarsi del mio corpo. Visto che non è il matrimonio, credo capiranno in breve di cosa si tratta, se poi qualcuno fa due più due ricordandosi della mia strana reazione al pesce, dovrebbero arrivare subito al risultato.
«Sei incinta!» esclama Patrizia inorridita.
Ecco! Ha fatto due più due.
La guardo timorosa e annuisco cercando di sorridere.
«E’ vero?!» chiede il padre.
«Si, papà»
«Ma come diavolo vi è venuto in mente?!» urla alzandosi.
«Non lo abbiamo programmato» cerco di spiegare, ma lui si volta ed io non so più cosa dire.
«Ma siete ancora così giovani. Prima Andrea deve finire l’università e soprattutto prima deve sposarsi»
Sento il mio cuore battere velocemente e un mal di pancia epico. Non ho mai avuto un mal di pancia così forte.
Sapevo che non avrebbero accettato la situazione.
«Papà, darò gli ultimi esami prima che Gaia partorisca e troverò subito un lavoro. Non devi preoccuparti per questo»
«Ma non puoi avere un bambino senza esserti sposato! A nessuno dei tuoi parenti è mai successo una cosa simile e, di certo, non saremo noi a portare per primi il disonore nella famiglia» interviene la madre guardandoci con sguardo truce.
Io non sono nelle condizioni per poter dire qualcosa. Sento la testa girare e spero tanto di non svenire proprio adesso. Stringo la mano di Andrea, mi volto a guardarlo e lui si alza tenendomi per mano.
«Avresti dovuto abortire» mi dice Patrizia mentre usciamo di casa.
«Forse lei non era contenta di avere dei figli, ma dovrebbe fermarsi a pensare su cosa sarebbe peggio: avere un bambino che ti cambia meravigliosamente la vita o buttarlo viapentendosene poi per il resto dei propri giorni. Sapevo sarebbe stato uno shock per lei o per suo marito, ma non pensavo sarebbe arrivata a dire tanto. Io e Andrea non siamo sposati ma non gli faremo mancare l’affetto solo perché non siamo marito e moglie. Questo non significa nulla. Crescerà con una mamma e con un papà, avrà un tetto sulla propria testa e verrà amato tantissimo» dico con rabbia, anche se pronunciare queste parole mi ha emozionato e non poco.
Saranno gli ormoni…
Andrea mi accarezza la schiena, cercando di farmi calmare ma, soltanto quando sono in macchina, scoppio a piangere, singhiozzando a più non posso. Lui mi abbraccia e mi sussurra di restare tranquilla e di calmarmi, ma io non posso credere che mio figlio, nostro figlio, sia stato rifiutato in questa maniera.
«Vedrai che cambieranno idea» mi dice rassicurandomi mentre entriamo in casa dopo che ho trascorso il viaggio in macchina singhiozzando.
«Forse dovresti dormire dai tuoi genitori» mormoro togliendomi il cappotto.
«Non mi vuoi?» chiede triste.
«Non voglio che ti allontani di nuovo da loro ma, al momento, ho solo bisogno di te»
«Allora non preoccuparti. Io resto»
Annuisco e saliamo di sopra.
Soltanto quando siamo entrambi sotto le coperte, con le sue mani sul mio ventre leggermente gonfio, scoppio di nuovo a piangere. Andrea mi accarezza, mi stringe a sé e mi lascia dolci baci sulla spalla. Cerca di tranquillizzarmi ma, le parole che mi hanno rivolto suoi genitori, bruciano ancora.
È vero, non siamo sposati, ma l’amore che abbiamo da offrire io e Andrea come famiglia non sarà meno importante rispetto a quello che hanno da offrire due persone unite da un matrimonio. È assurdo!
Forse non saremmo dovuti andare questa sera… Insomma, ritornare qui dopo anni, affrontare di nuovo la vita che avevo lasciato trasferendomi a Londra e provare a rimanere calma davanti agli insulti dei genitori del mio fidanzato. È stato troppo.
Avrei voluto passare la serata con persone che non mi “danno del filo da torcere”. Avrei voluto passare la serata con persone che mi amano.

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Eccomi qui!
Adesso che avete letto questo capitolo cosa mi dite?
Se devo essere sincera, ho molta paura di ciò che pensate e di ciò che penserete leggendo i capitoli successivi. Ho paura, soprattutto, che qualcuno venga a dirmi che ho copiato dalla mia precedente storia, (Another old story) ma posso garantire che non è assolutamente così! Questo era uno dei motivi per cui ero ancora indecisa se inserire la parte della gravidanza o meno, però poi mi sono detta che i due avvenimenti sono diversi tra di loro, quindi, perchè togliere questa parte molto importante?
Bene, adesso vi sorbite tutto quello che succederà da adesso fino... a qualche capitolo più in là! ;)
Un bacio e grazie per essere arrivati fin qui!
<3
Francy

PS: vi lascio due immagini di Gaia e Andrea di questo capitolo :)

 

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Capitolo 28
*** 28. *Il rovescio della medaglia* ***


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Buongiorno ragazze! :)
Sono pronta per pubblicare il 28esimo capitolo e spero davvero tanto vi piaccia *_*
Vi lascio alla lettura
Un bacio e buona giornata
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 28-
*Il rovescio della medaglia*
 
«Oh. Mio. Dio!!» esclama la mia amica aprendo la porta della sua casa.
«Si, era più o meno questa la reazione che mi aspettavo» dico ridendo.
Andrea mi sorride, tranquillo e sicuro che, questa volta, la serata non sarà disastrosa come l’ultima cena a cui siamo stati invitati; mi stringe forte la mano avanzando sicuro verso la casa dei nostri amici.
«Ciao Serena» la saluta lui ma la mia amica lo scansa gettandosi tra le mie braccia.
«Sei incinta!» esclama ridendo.
«Si, lo sapevi però» mormoro ricambiando l’abbraccio.
«Si, ma è così bello vederti con questa pancia e… wow, sei uno splendore»
«Sono grassa ma grazie»
«Se sei grassa ora, figuriamoci quando la gravidanza avanzerà ogni mese di più»
«Grazie per il sostegno morale, eh!» rispondo guardandola di traverso.
La mia amica scoppia a ridere e mi abbraccia di nuovo. «Andiamo dentro. C’è qualcuno che non vede l’ora di vederti»
«Marco! Come sta?» chiedo mentre abbraccio Massimo che, nel frattempo, parlava con Andrea.
«Sa che sareste venuti ed è iperattivo da due giorni» risponde il nostro amico.
«Immagino» mormoro cercando di prepararmi ai cambiamenti del bambino. È nel periodo in cui cresce e cambia a vista d’occhio e so che, dall’ultima volta che ci siamo visti, è cresciuto ancora.
«Dai entriamo» esclama tutta contenta Serena.
Andrea mi prende di nuovo per mano e, per la prima volta come una vera e propria coppia, entriamo in casa dei nostri amici.
«Zia Anca, Anca» grida Marco precipitandosi tra le mie braccia
«Ciao piccolino!» lo saluto abbassandomi e stringendolo forte a me. «Mi sei mancato tanto» mormoro anche se lui non può capire quello che gli dico.
Lui mi stringe forte al suo piccolo corpicino ma, quando si accorge della mia pancia, si allontana di scatto.
«Cos’è?» chiede con le lacrime agli occhi.
Serena si affretta a prenderlo in braccio mentre gli sorrido accarezzandogli la guanciotta paffuta.
«La zia sta per avere un bambino» gli spiega Serena guardandolo mentre Marco guarda me.
«Pimbo» biascica confuso cercando di non piangere.
«Si, un bimbo. Giocherai con lui, poi?» chiedo cercando di non peggiorare la situazione.
«Siiiiiiiiii» esclama tutto contento e, liberandosi dall'abbraccio di Serena, corre ad abbracciarmi.
«Perfetto, adesso sappiamo che anche a Marco la cosa va bene» mormora Andrea grattandosi la testa.
«Problemi?» gli chiede la mia amica con un ghigno sulle labbra.
«No, no… anzi. Sembra che siano soltanto i miei genitori ad avere dei problemi con questa notizia»
«Glielo avete detto, quindi?» chiede Massimo prendendo Marco in braccio e dirigendoci tutti in cucina.
«Si, sarebbe stato peggio rimandare perché sarebbero stati gli unici a non saperlo e, conoscendoli, avrebbero scatenato un casino peggiore» spiego sedendomi a tavola, accanto al seggiolone del mio nipotino. Lo guardo giocare con i suoi animaletti di plastica; sembra così tranquillo adesso… è un amore.
Non vedo l’ora di avere il mio bambino tra le braccia.
«Si, avete fatto bene» dice infine Serena rompendo il silenzio che avevo creato con il mio tono triste e assente.
«Il problema è che Gaia non fa altro che preoccuparsi e agitarsi perché è convinta che i miei non accetteranno mai la cosa» mormora Andrea guardandosi le mani impegnate a giocare con un accendino.
Lo accende e lo spegne.
Lo accende e lo spegne di nuovo.
Lo accende e lo spegne un’altra volta.
«Ho paura che capiti qualcosa ad entrambi» aggiunge spaventato guardando Serena.
Lei si avvicina, gli posa una mano sulla spalla e guarda me. «Ti devo fare un altro lavaggio del cervello?» mi chiede picchiettando il piede sul pavimento.
Sorrido e abbasso lo sguardo.
«Mi dispiace, ma cosa fareste al mio posto? Insomma… vorrei tanto non pensarci. Vorrei rilassarmi e godermi queste settimane, ma non posso fare a meno di pensare al vista dei tuoi genitori» dico guardandoli entrambi.
«Ma appunto! Sono i suoi genitori, Gaia! So a cosa pensi!» dice indicandomi con il dito. «Vuoi cercare di rendere tutti felici, ma sai che non lo sono e la cosa ti fa stare male. Ma devi capire che le uniche persone che al momento devi rendere felici sono il tuo fidanzato e tuo figlio che cresce dentro di te e risente di questo stress. Non pensare a quello che dicono i suoi genitori… alla fine, non sono loro che devono crescere vostro figlio»
Annuisco e sorrido alzandomi e avvicinandomi ad Andrea che, nel frattempo, ha continuato ad accendere e spegnere l’accendino. Mi siedo sulle sue gambe e gli bacio la guancia. Libero le sue mani dall’accendino e le poso sulla mia pancia. «Va meglio?» mi chiede sussurrando vicino al mio orecchio.
Annuisco e guardo la mia amica. Mi sorride e si volta per preparare i piatti.
«Avevi bisogno della tua migliore amica…» sussurra.
«Ho più bisogno di te» gli rispondo guardando le sue mani, intuendo i suoi pensieri.
«Sono felice che tu abbia un’amica come Serena» dice lasciandomi piccoli baci sulla spalla e sul collo.
«E’ anche amica tua»
«Si, ma è la tua migliore amica, quindi sarà sempre contro di me»
Mi lascio sfuggire una risata e mi volto «Non sempre» gli faccio l’occhiolino e mi alzo. Lui mi guarda sorridendo e riprende a grattarsi di nuovo la testa. «Gioca con Marco. Fai pratica» mormoro baciandogli le labbra.
«Con piacere» risponde lui.
Mi allontano sorridendo e, quando raggiungo Serena, sembra avere una paralisi facciale. «Tutto bene?» le chiedo ridendo e assaggiando un po’ del condimento per la pasta.
«Ma certo! Sono soltanto super felice che la mia migliore amica, incinta, sia di nuovo a casa mia»
«Anch' io sono felice di essere qui»
«Allora… prima di ritornare dai ragazzi e non poter più parlare di cose da donne.... a che mese sei?»
«A fine dicembre completo il terzo»
«Oh, che bello. Comincia a vedersi un po’, eh!»
«Lo so… altrimenti tuo figlio non l’avrebbe notata»
«E’ vero» risponde lei ridendo.
«Come lo hai scoperto?» chiede.
«Bevendo dal cartone del succo di frutta» rispondo ricordandomi quel momento.
«Come scusa?»
Ridacchio e scuoto la testa «Mi sono resa conto del ritardo mentre bevevo il succo. Sai, sul frigo c’è un calendario dove segno la data dell'affitto, le  scadenze delle bollette, le spese importarti insomma»
«Si, ricordo»
«Beh, osservandolo mi sono resa conto di avere quasi due settimane di ritardo»
«Hai reagito come l’altra volta?» chiede seria.
«Una mia priorità continuava ad essere quella di non rimanere incinta»
«Alla faccia della priorità!!» esclama lei sgranando gli occhi.
«Già…»
«Ma come è successo? Insomma… non prendevi la pillola ma credo che i preservativi Andrea non se li facesse mai mancare»
«Serena, sempre molto esplicita, mi raccomando»
«Ovvio, tesoro! Devo cercare in qualche modo di farti diventare tutta rossa, altrimenti che amica sarei?!»
«Mi sembra giusto» mormoro ridendo.
«Allora?» chiede prendendo i piatti.
«Serena, dai… se avessimo usato quella protezione, secondo te,  come sarebbe potuto succedere?»
«Si è rotto?»
«Eh! Sono piuttosto sicura che sia stata quella volta in cui Andrea non è stato tanto veloce da…» mormoro fermandomi e guardando, arrossendo come un semaforo,  la mia amica.
«Si, continua» dice lei ridendo.
«Credo di aver detto abbastanza» rispondo nascondendomi il viso con un tovagliolo.
Serena scoppia a ridere e, quando arriviamo a tavola dai ragazzi, Andrea chiede cosa c’è di tanto divertente.
«Cosa da donne» risponde Serena mentre mi imbarazzo ancora di più perché so che Andrea potrebbe aver capito qualcosa.
«Ehm, ok… argomenti neutri?» chiedo mettendomi i capelli dietro le orecchie.
«Sempre timida, eh Gaia?» chiede Massimo prendendomi in giro.
I miei amici, seguiti dal mio fidanzato, scoppiano a ridere, mentre spero che la patrona delle donne incinte mi aiuti a controllare gli ormoni in modo da non fare una scenata.
La serata continua piuttosto tranquillamente, a parte quando ho fregato anche il dolce di Andrea mentre lui ha accompagnato fuori Massimo per una sigaretta.
«Che fine ha fatto il mio dolce?» chiede il mio fidanzato sedendosi.
«Ehm…» mormoro guardando un po’ lui, un po’ Serena. «Sai, mi era venuta voglia di crema e non ho resistito»
Serena ride, si alza andando in cucina per prendere dal frigo un’altra coppa di crema pasticcera e frutti di bosco. «Ne posso avere un’altra anch'io?» chiedo speranzosa. Andrea mi bacia la spalla e, aspettando il suo dessert, ritorna a giocare con Marco.
La serata passa serenamente tra le battute di Serena e le sue urla per mettere a letto il piccolo Marco che, per colpa della presenza mia e di Andrea, è super attivo e di andare a letto non ne ha voluto sapere fin quando non l'ho portato io in camera.
Abbiamo lasciato la casa dei nostri amici dopo l’una. Avremmo voluto passare più tempo insieme ma Massimo deve svegliarsi all’alba per cominciare il suo turno in ambulatorio.
Dopo queste ore passate con la mia amica, mi sono resa conto che Serena mi è mancata più di quanto immaginavo.
Molte volte, durante la cena, ho pensato ad una mia possibile vita qui, ma so che non starei bene. Per quanto vorrei la mia amica al mio fianco, so che in Italia sarei triste ed infelice.
«Mia sorella mi ha chiesto se può accompagnarti a comprare il vestito»
È Andrea a rompere il silenzio. Non abbiamo aperto bocca da quando siamo saliti in macchina.
«Ehm… quale vestito?» chiedo.
«Per il suo matrimonio. Te ne sei dimenticata?»
«Pensavo di non venire» mormoro.
«Cosa? Assolutamente no! Sei impazzita?»
«Cosa mi impedisce di non andarci?» chiedo.
«Sei la mia fidanzata!» urla colpendo lo sterzo con un pugno talmente forte da farmi credere di averlo rotto
«I tuoi genitori mi odiano. Cosa dovrei venire a fare?»
«Cristo santo, Gaia!» urla di nuovo ma, questa volta,  si ferma sul ciglio della strada spegnendo l’auto e voltandosi a guardarmi. «Smettila di pensare a loro! È il matrimonio di mia sorella e se lei ti vuole lì, tu non hai nessun motivo per rifiutare e poi… vorrei che tutti sapessero di te e del bambino, accidenti! Voglio dirlo a tutti che ti amo e che stiamo per avere un bambino»
«Non mi chiederai di sposarti, vero?»
«No, stai tranquilla» risponde ridacchiando. Si avvicina a me e mi circonda il volto con le mani «Dovrai essere al mio fianco quel giorno e in qualsiasi altro giorno»
Annuisco e mi avvicino per baciarlo.
«Spero ti sia entrato in quella testolina adesso»
«Si, credo di si» rispondo sorridendo. «Posso chiamare tua sorella domani mattina»
«Ok»
Andrea mi lancia un ultimo sguardo, sorridendo, prima di mettere nuovamente in moto l’auto e raggiungere casa mia.
Lottando un po’ con la cintura di sicurezza, mi avvicino a lui appoggiando la testa sulla sua spalla «Sei stanca?» mi chiede storcendo la bocca per baciarmi la fronte.
«Un po’… ma la cosa che più mi spossa è pensare ai tuoi genitori»
«Devo ripeterti di nuovo che non devi ascoltare quello che dicono o pensano?»
«No, però non è facile ignorare il parere negativo dei genitori del proprio fidanzato. Vorrei davvero che andassimo tutti d’accordo, ma mi rendo conto che non è possibile»
«Mio padre ha soltanto bisogno di vedere che riesco a cavarmela»
«E tu te la caverai. Credo in te: riuscirai a finire gli studi, riuscirai a trovare un lavoro che ti piace e renderai me e tuo figlio orgogliosi di te»
Andrea mi sorride, avvicinando una mano alla mia guancia, per accarezzarmela con il dorso.
«Devo essere stato affetto da una rara malattia che ha reso inesistente il mio cervello perché fatico ancora a credere che ti abbia lasciata»
«Adesso siamo qui» gli rispondo sorridendo appena.
Per il resto del tragitto non diciamo nulla, ci limitiamo ad ascoltare le canzoni che passano alla radio.
L’auto di Andrea si ferma davanti casa mia poco dopo; sicuramente mia madre sarà già a letto, quindi, cerchiamo di non fare molto rumore entrando in casa e salendo in camera.
«Mi dispiace rubarti alla tua famiglia anche la notte»
«Chi vuoi che se ne accorga. Almeno qui ho te»
Gli sorrido e, prendendo il pigiama dal cassetto, mi chiudo in bagno per indossarlo.
La notte passa apparentemente tranquilla… anche se da qualche giorno non riesco a chiudere occhio. Continuo a girarmi nel letto, attenta  a non svegliare Andrea, ma deve aver percepito la mia inquietudine, perché si avvicina al mio corpo, stringendomi forte e respirando leggero sul mio collo.
«Cosa c’è che non va?» chiede spostando la sua mano sulla mia pancia e cominciando ad accarezzarmi.
«Non volevo svegliarti, scusa» mormoro.
«Se mi dici come posso aiutarti poi ritorniamo a dormire entrambi»
«Sono ancora preoccupata, ma cercherò di farmela passare»
«Non tenerti le cose dentro»
Sospiro e stringo la sua mano sul mio ventre. «Sono cose che hai già sentito e risentito. Non voglio annoiarti»
«Non mi annoi, Gaia. Voglio soltanto che ti confidi con me, ma soprattutto non voglio che ti preoccupi di nulla. I miei genitori capiranno e smetteranno di essere così ostili nei tuoi confronti»
«Chissà quando accadrà…» mormoro voltandomi per abbracciarlo. Affondo il volto nel suo petto e sospiro.
«Ti fidi di me?» chiede accarezzandomi la testa.
«Si» mormoro.
«Allora non pensare ai miei genitori; siamo qui per rilassarci, quindi rilassati. Esci con Serena, divertiti, se vuoi usciamo la sera, fai quello che vuoi, ma non agitarti, perché non voglio che tua madre mi chiami per dirmi che ti è capitato qualcosa, ok?»
Resto qualche minuto in silenzio perché non so davvero cosa dire. È davvero preoccupato per la mia salute e per quella del bambino ed io, come al solito, sono stata stupida e non mi sono fidata abbastanza di lui, credendo che non gli interessasse. Ora dovrebbe essermi chiaro che Andrea tiene a me e a nostro figlio, ma sono sempre molto testarda.
«Amore? Ti sei addormentata?»
Mi stringo ancora un po’ a lui e alzo la testa per baciargli il mento «Cercherò di seguire il tuo consiglio» Ovviamente, non voglio rischiare di fare qualcosa di male al mio bambino.
«Bene. Prova a dormire adesso. Se vuoi ti accarezzo» dice e sento che sorride.
«Grazie» mormoro e, sentendo le sue mani sulle mie braccia, sul mio viso e sulla mia schiena, pian piano cado tra le braccia di Morfeo.
 
«Cosa preferiresti che indossassi?» chiedo a Martina dopo essere entrate nell’ennesimo negozio per cerimonia.
«Qualsiasi cosa ti piaccia, non preoccuparti» risponde lei sorridendomi.
«Hm… non saprei davvero. Qui ci sono tante cose e non so se…» mi fermo guardandola.
«Cosa?» chiede confusa.
«Non so se entrerò in questi abiti»
«Ma se sei uno stecchino! Vorrei avere io il tuo fisico»
«Martina? Ti sfugge qualcosa…» mormoro accarezzandomi il ventre tondo.
«Oh… scusa» risponde lei ridendo contagiando anche me. «Dobbiamo far star comodo anche lui, allora…»
«Vado a cercare qualche taglia più grande»
Lei annuisce e continua a guardarsi intorno, mentre spero ancora che la madre di Martina non ci raggiunga in qualche negozio.
Questa mattina ho chiamata Martina per chiederle quando le andava di uscire per cercare il mio abito e lei ha subito fissato per questo pomeriggio.
Si è presentata a casa mia da sola, facendomi tirare un sospiro di sollievo, perché avevo paura che si presentasse con la madre. Fino ad ora siamo rimaste solo noi due ma, più di una volta, ha parlato di andare a prendere un aperitivo con la madre.
È da circa mezz’ora, quindi, che sto cercando una scusa per farmi accompagnare a casa prima che lei l' incontri ma, qualcosa mi dice, che non vincerò tanto facilmente.
Mentre penso a come liberarmi dalla sorella e dalla madre di Andrea, scorgo un abito che mi piace parecchio e che potrebbe fare al caso mio, spero però in una taglia più comoda.
«Martina?» la cerco nell’atelier, ma non la trovo e ho decisamente paura che sia fuori con la madre o che quest’ultima sia entrata nel negozio. «Martina?» la chiamo ancora sperando che sbuchi da un qualsiasi punto del negozio senza la madre, preferibilmente. Non ho nulla contro di lei, sia chiaro, ma non ha ancora mandato giù il fatto che io stia per avere un bambino da suo figlio. «Martina, dove sei?» chiedo ancora e, finalmente, la trovo all’esterno del negozio con il telefono in mano.
«Devo andare, ci vediamo dopo» dice riattaccando. «Perdonami, ma mia madre voleva sapere se avevamo trovato il tuo abito» spiega mentre io sbianco. Deve essersene accorta anche lei perché si avvicina, mettendomi le mani sulle spalle e sorridendomi dolcemente. «Stai tranquilla. Tutto si sistemerà e i miei approveranno questo bambino»
Le sorrido e annuisco «Grazie»
«Dai, ritorniamo dentro. Hai trovato qualcosa?»
«Uhm.. a dire il vero si. Volevo sapere se ti piaceva»
«Fammi vedere»
Sottobraccio rientriamo nella saletta prova. Le mostro il vestito e rimango sorpresa dal fatto che l’abito le piaccia e anche molto.
È lungo con un piccolo strascico, ha una scollatura non troppo profonda ma nemmeno nella norma ed è beige con decorazioni color oro e nere.
«Mi piace tantissimo, Gaia» mormora Martina appena esco dal camerino. «Come ti sta?» aggiunge avvicinandosi e scrutandomi come se volesse prendermi le misure.
«Bene. Non ho dovuto nemmeno prendere la misura più grande» rispondo guardandomi allo specchio e rendendomi conto che l’abito non mi sta per niente male, considerando che sono incinta e che mi vedo grassa un minuto si e l’altro pure.
Chissà se si vedrà con questo vestito. Mi sposto di profilo davanti lo specchio e mi guardo. Martina deve aver intuito il mio pensiero perché mi fa capire che non si vede molto «Penseranno che sei leggermente ingrassata e poi nessuno baderà al tuo ventre»
«Dici?» chiedo preoccupata. «Non voglio che qualche vostro parente lo noti»
«Ignora tutti e se non gli piacerai, cosa molto improbabile, lascia perdere. Non saranno molto fondamentali nella vostra vita»
«Apprezzo il tuo sostegno, Martina»
«Sono felice per voi. Sono anche un po’ gelosa, devo ammetterlo»
«Gelosa?»
«Si. Non vedo l’ora di fare un bambino»
«Per noi è stato una cosa decisamente improvvisa»
«Beh, improvvisa o no, è sempre una fortuna e Andrea mi sembra abbastanza sicuro della vostra scelta, no?»
«Lui è stato il più sicuro tra i due. Lo desiderava tanto»
«Forse perché vuole dare quell’affetto che non ha ricevuto da piccolo»
«Probabile»
«Posso essere sincera con te, Gaia?» chiede mentre rientro in camerino per spogliarmi.
«Certo» rispondo.
«Mi ha raccontato di aver voluto un bambino da te da subito, è vero?»
«Si» mormoro ricordando la nostra discussione.
«Credo che, oltre alla voglia di diventare padre, volesse essere sicuro di non perderti più»
«Pensava che un bambino mi avrebbe tenuto al suo fianco nonostante tutto: si, lo so»
«Lo sai?» chiede stupita.
«Si. Ne abbiamo vagamente parlato e lui lo ha ammesso; l’unica cosa che mi importa adesso è che lui rimanga al mio fianco e che mi aiuti nei momenti in cui non saprò cosa fare» dico chiudendo la zip dei jeans e uscendo dal camerino con il vestito in mano. «Non nascondo di essere molto spaventata, anche quando lo vedo così sicuro di quello che succederà fra cinque mesi»
«E’ normale sentirsi così» mi rassicura Martina accarezzandomi un braccio.
«Adesso si è aggiunto anche il fatto che questa gravidanza non va a genio ai tuoi genitori. Non so come o cosa fare per migliorare le cose»
«Non puoi fare o dire nulla. Purtroppo i miei genitori sono fatti così e non cambieranno idea fin quando Andrea non dimostrerà loro di sapersela cavare con il lavoro e con il ruolo di genitore»
«Si, è quello che ha detto anche lui» dico sorridendo.
«Gaia, sul serio… devi stare tranquilla. Io ho fiducia in Andrea e so che ce l’hai anche tu. Lui ti ama più di qualsiasi altra cosa e farebbe di tutto per garantirvi un bel futuro, quindi finirà con responsabilità i suoi studi e troverà un lavoro che lo appagherà. Mio fratello non ha molta fiducia in se stesso, ma ce la farà e i miei genitori smetteranno di fingersi scioccati»
Già… scioccati perché nella loro famiglia nessuno ha avuto dei figli prima di aver finito gli studi o prima di sposarsi. Praticamente, ho reso Andrea la pecora nera della famiglia e forse avrei dovuto riflettere meglio su questa cosa. Forse avrei dovuto essere più ferma nelle mie decisioni e non farmi trasportare dall’emozione di sentire Andrea parlare del nostro futuro con un bambino o di sentirlo accarezzarmi la pelle della pancia quando ancora era piatta. Avrei dovuto essere sicura di dire “Mi dispiace, ma non terremo questo bambino. Lo daremo in affidamento perché siamo troppo giovani”. E poi? Cosa ne sarebbe stato di me dopo la gravidanza? Cosa ne sarebbe stato di Andrea o di noi?
Indipendentemente dal volermi tenere al suo fianco con un bebè, Andrea lo desidera davvero un figlio. Sarei stata in grado di privarlo di questo?
Sarei stata così cattiva?
Se avessi deciso diversamente da come ho fatto, sarei stata capace di ferire così tanto la persona che amo?
Non credo.
Molto probabilmente avrei cambiato idea durante i nove mesi.
Tutto adesso è diventato così complicato, così insicuro. Mi sento insicura e spaventata per lui.
So che ce la farà, ma se qualcosa dovesse andare male e lui dovesse rinunciare di nuovo alla laurea?! In questo caso, i suoi genitori non accetteranno mai né me né mio figlio, nostro figlio.
Avrei dovuto parlare con i genitori di Andrea. Avrei detto loro che, a differenza di quanto pensano, non siamo degli irresponsabili e che Andrea, già da ora si comporta perfettamente da padre. Quando ci sarà anche il bambino tutto diventerà difficile ma ci sarò io ad aiutarlo. Saremo in due a crescere questa creatura e loro dovranno avere fiducia se non in me, almeno in loro figlio! Questo glielo devono per tutti gli anni di solitudine e senza amore che hanno segnato profondamente il mio Andrea.
È strano detto da me, ma sento il bisogno di parlarne con mio padre.
Ho bisogno di sapere cosa ne pensa lui e cosa farebbe al mio posto! Trattengo l’istinto di prendere il telefono e chiamarlo e ritorno da Martina ma sono talmente concentrata nel cercare di mettere un punto fermo e definitivo a questa brutta situazione, che non mi accorgo nemmeno di essere uscita dal negozio con un grande sacchetto tra le mani.
«Sarai bellissima»

 
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Eccomi qui, di nuovo!
Spero davvero tanto che il capitolo vi sia piaciuto. Nel prossimo le cose cominciano a farsi molto interessanti e forse qualcuno ha capito cosa succederà ;)
Non so se avete capito il senso del titolo, ma per sicurezza, ve lo spiego.
"Il rovescio della medaglia" si riferisce alle persone vicine ad Andrea e Gaia che sono felici per il loro bambino, quindi, Serena, Massimo, loro figlio e Martina, ovviamente!
Ok, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. :)
Al prossimo venerdì! ;)
Francy

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Capitolo 29
*** 29. *Qualsiasi cosa succeda, sappi che resterai sempre nel mio cuore* ***


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Buongiorno a tutti... Non ci credo che è già passata una settimana dall'ultima volta che ho pubblicato! Accidenti, come passa il tempo! o_O
Comunque, godetevi la lettura.
Ci leggiamo alla fine :)
Francy

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 29-
*Qualsiasi cosa succederà, tu sappi che resterai sempre nel mio cuore*
 
Ho pensato a fondo a quello che sto per fare e, fino all’ultimo, sono stata tentata di ritornare a casa, ma sento di dover affrontare una volta per tutta una situazione che va chiarita!
Sono davanti alla casa di Andrea e ho appena bussato. Attendo qualche secondo, prima di vedere sua madre davanti a me.
«Buongiorno»
«Cosa fai qui?»
«Sono venuta a parlarle. Posso entrare?»
Spero non mi dica di no perché, l'ultima volta che qualcuno mi ha rifiutata su questi gradina, è stato umiliante e triste.
«Certo» mormora spalancando la porta.
Restiamo in silenzio fin quando lei non si siede sul divano del soggiorno e mi indica, con la mano, di sedermi.
«Di cosa vuoi parlarmi, Gaia?» chiede incrociando le braccia al petto.
«Visto che Andrea non è presente, possiamo parlare tranquillamente e con calma di quello che è successo l’altra sera»
«Mi sembra abbastanza chiaro quello che è successo» constata facendomi innervosire ancora di più per il suo tono disinteressato.
Faccio un respiro profondo e provo a calmarmi.
«Senta… So che quello che vi preoccupa è il futuro di vostro figlio, ma non gli impedirò di finire gli studi e sta andando anche molto bene. Non dovete preoccuparvi di quello, perché lo aiuterò e sono sicura che troverà un’ottima occupazione»
«Non si tratta soltanto del futuro di Andrea. Noi crediamo in nostro figlio»
Ah, almeno non mancano di fiducia nei suoi confronti. «Allora il motivo è che nessuno della vostra famiglia ha avuto dei bambini prima di essere sposato?»
«Si. Per la famiglia di mio marito sarebbe una vergogna»
Sbarro gli occhi e credo di aver sentito il mio cuore fermarsi qualche secondo, prima di sentire di nuovo il battito accelerato dalla rabbia.
«Vergogna?» chiedo indignata.
«Si. Tua madre è d’accordo con voi? Tuo padre?»
«I miei genitori sono d’accordo con noi, si. Anche se nessuno nelle loro famiglie ha avuto un figlio prima del matrimonio non hanno reagito in questo modo»
«Dal nostro punto di vista Andrea avrebbe dovuto trovare prima una moglie. Sono felice che voi due siete tornati insieme, perché mi piaci: sei una ragazza stupenda e ho sempre fatto il tifo per voi, ma non mi sarei mai aspettata che mio figlio tornasse con una notizia del genere. Avremmo accolto meglio l’idea di un matrimonio»
«Perché date più importanza a quello che dicono gli altri e non a quello a cui tiene vostro figlio? È veramente così importante il parere degli altri?»
«Probabilmente non hai una famiglia solida e unita alle tue spalle, quindi non puoi sapere a cosa Andrea va incontro»
«Non ho avuto una famiglia abbastanza solida ma credo sia un po’ esagerato parlare di vergogna, come mi ha gentilmente fatto notare prima. Un bambino è sempre una bella notizia e non importa se arrivi prima o dopo un matrimonio. Glielo ripeto di nuovo: nostro figlio non avrà meno amore solo perché non siamo sposati. Noi ci amiamo come si ama una coppia sposata!»
«Gaia, noi non permetteremo che Andrea si rovini»
«Si rovini? Ma sta dicendo sul serio?» esclamo ormai sull’orlo di una crisi di nervi. Mi fa innervosire questa donna, come mai avrei pensato potesse succedere e vorrei tanto calmarmi per amore di mio figlio. Non voglio fargli del male con il mio nervosismo, ma non riesco a rimanere zitta di fronte alle sue parole. «Perché avete una mentalità così ottusa? Non abbiamo fatto niente di male. Io amo Andrea, lui ama me, e insieme amiamo questo bambino più di qualsiasi cosa al mondo; né lei né suo marito, né la vostra famiglia ci impedirete di stare insieme. Quello che ha detto riguardo al matrimonio è veramente ridicolo!!»
«Cosa sta succedendo?» interviene qualcuno che ho appena menzionato nel mio piccolo monologo. «Cosa fai qui, Gaia?» mi chiede avvicinandosi. «Pensavo fossi con mia sorella»
«Mi ha lasciata a casa e dopo sono venuta qui» spiego avvicinandomi a lui, mentre sua madre ci guarda con uno sguardo indecifrabile.
«Perché?» mi chiede furioso.
«Abbiamo parlato un po’» risponde sua madre.
«Immagino…» mormora lui circondandomi le spalle con un braccio e allontanandomi dalla donna. «Vieni, ti accompagno alla macchina. Io ti raggiungerò tra un po’ a casa tua»
«Ok» rispondo stringendo la sua camicia. Credo di aver agito da stupida incosciente venendo qui, con l’illusione di chiarire almeno con la madre. Pensavo potesse essere un po’ indulgente nei nostri confronti, invece credo si sia comportata peggio del marito che l’altra sera non mi ha più rivolto la parola o degnata di uno sguardo.
«Ah, Andrea…»
Lui si volta verso la madre che lo ha chiamato, ma io tengo lo sguardo basso. «L’invito al matrimonio di tua sorella non è esteso alla tua fidanzata» dice ed io sento il sangue nelle mie vene ghiacciarsi.
La guardo in volto e non mi sembra tanto sicura di quello che dice. In realtà, capisco come si sente. Combattuta tra il marito e la vita del figlio.
Lo vedo nel suo sguardo che vorrebbe dire cose diverse da quelle che dice, ma è costretta dalla lealtà nei confronti del marito.
«Non dire assurdità. Martina l’ha invitata e lei ci sarà, non soltanto perché lo vuole lei, ma perché è la mia fidanzata e voglio che tutti lo sappiano»
«Non vorrai far vedere ai nostri parenti che aspetti un figlio da lei»
«Mamma, Dio mio! Piantala! Tu e papà avete rotto i coglioni con questa storia del “niente figli prima del matrimonio”. Pensavo di avere almeno il tuo appoggio, invece mi sono soltanto illuso! Ci vediamo al matrimonio» dice guardando di traverso la madre e voltandosi subito per uscire dal salone.
«Andrea!» lo chiama lei, ma lui non si ferma, continuando a camminare accanto a me. «Tesoro, fermati» dice ancora mentre lo fermo tirandolo per la giacca e invitandolo a fermarsi. L’ultima cosa che voglio è che litighi irreparabilmente con i suoi genitori.
«Cosa vuoi?!» chiede sgarbato.
«Non passerai le feste con noi?» chiede con lo sguardo triste.
«No. Come ho detto, ci vediamo al matrimonio»
«Andrea…» mormoro.
«Zitta, andiamo»
No, no… il mio tentativo di sistemare la situazione con i suoi genitori, si è trasformato in un gran casino e ora anche lui ce l’ha con me.
Usciamo in silenzio da quella casa, ma non diciamo assolutamente nulla, nemmeno quando salgo in macchina e lui chiude lo sportello per dirigersi alla sua auto.
Metto in moto e con un peso sul cuore mi dirigo a casa.
«Ti ha dato di volta il cervello?!» urla appena entriamo in camera mia.
«Volevo cercare di chiarire la situazione con tua madre»
«L’hai soltanto peggiorata! Con il risultato che adesso non ti vogliono nemmeno al matrimonio»
«Posso rimanere a casa, non è un problema» mormoro abbassando lo sguardo. Mi dispiace aver fatto questo casino. Non volevo causare altri problemi tra di loro.
«Cazzo, Gaia! Ti voglio con me, sempre, e mi fa incazzare che tu voglia rimanere a casa quel giorno. Se fossimo stati sposati saresti rimasta a casa?» continua ad urlare mentre sento le lacrime cercare di uscire dai miei occhi.
«Non ci sarebbero stati problemi con i tuoi» ammetto evitando di far tremare la mia voce.
Lo sento sospirare e, quando alzo gli occhi verso di lui, vedo che li ha chiusi e sta cercando di calmarsi, credo. «Ti avevo chiesto soltanto una cosa. Ti avevo chiesto solo di non badare a quello che avrebbero detto i miei genitori riguardo al bambino. Saresti dovuta rimanere a casa e NON ANDARE DA LEI! Perché sei andata?! Perché continua ad importarti delle stronzate che dicono?»
«Perché avrei voluto sistemare le cose! Lo vedo che tua madre vorrebbe essere dalla nostra parte!» urlo scoppiando a piangere. «Perché è così difficile avere delle famiglie normali che siano felici per noi e per il nostro bambino?»
«Perché dobbiamo fare affidamento solo su di noi, perché ti devi fidare di me, perché noi siamo la nostra famiglia e nessuno può intromettersi. I miei genitori possono pensare quello che vogliono, a me non importa, perché ho la mia famiglia di cui prendermi cura e loro accetteranno, prima o poi, che non mi sia sposato prima di avere un bambino»  
«Avresti voluto sposarti?»
«Sai come la penso. Ne abbiamo già discusso»
«Quindi è un si»
«Si, avrei voluto prima sposarti e poi avere un bambino, ma ho capito che tu non sei della mia stessa idea, anche se adesso si sta capovolgendo tutto»
«Andrea…»
«No, fermati. Prima di dire qualsiasi cosa, fammi parlare. So come la pensi sul matrimonio e come la pensavi sui figli, però adesso c’è lui o… o lei e su questo non possiamo e non vogliamo tornare indietro. Non ti chiederò di sposarmi soltanto perché siamo costretti dalle stupide convinzioni della mia famiglia. Non ti chiederò di andare all’altare soltanto perché vuoi rendere felice la mia famiglia. Voglio che tu sia convinta di sposarmi perché è quello che vuoi e non perché sei costretta»
«Grazie» mormoro avvicinandomi a lui e buttandomi tra le sue braccia, lasciando finalmente andare le lacrime. «Sono spaventata, Andrea»
«Lo so, tesoro, lo so»
«Non voglio perderti, però»
«E’ l’ultima cosa che succederà. Non vi lascio» mormora baciandomi la testa. «Saremmo dovuti rimanere a Londra»
«Non vedo l’ora di ritornare» sussurro lasciandomi andare alle sue carezze.
«Ancora qualche giorno tranquilla, però non ti cacciare più in queste situazioni, ok?»
«Ok»
«Me lo prometti?» chiede prendendomi il volto tra le mani e guardandomi sorridente.
«Promesso» rispondo e ci credo davvero. Non ho più intenzione di preoccuparmi per la famiglia di Andrea. Prima o poi le cose cambieranno, ne sono sicura, o almeno spero succeda davvero.
«Brava» risponde lasciandomi un piccolo bacio sul naso e sulle labbra, prima di abbassarsi e baciarmi la pancia.
«Usciamo stasera, ti va?» chiede sorridendomi.
«Dove vuoi andare?»
«Facciamo un giro; passiamo un po’ di tempo anche con Giorgio. Ti va?»
«Si, certo. Ho voglia di passare una serata fuori»
«Chiama Serena. Chiedile se va anche a loro di raggiungerci»
«Ok» mormoro. «Potremmo passare la serata anche con Luigi e gli altri» azzardo. So che gli sembrerà che sia impazzita, ma potrebbe essere la volta buona per loro di ritornare amici.
«Come?» chiede spalancando gli occhi.
«Non hai voglia di incontrare Luigi?»
«Scusami?» chiede di nuovo guardandomi con un sopracciglio alzato. La sua espressione è sorpresa, quasi scioccata. Sembra che io stia scherzando.
«Non vorresti?»
«Perché?»
«E’ tuo amico»
«Ho altri amici adesso: Massimo e Giorgio e ora anche tuo fratello. Non me ne servono altri»
«Ma non hai voglia di passare del tempo con lui?»
«No, Gaia»
«Beh, forse dovresti. Giorgio lo sente ancora»
«Smettila. Non ricomincerò a parlare con lui»
«Non dico che dovete ritornare ad essere migliori amici ma, magari, potete non odiarvi quando siete tutti insieme»
«Non parlo più con nessuno di loro, Gaia» dice guardandomi e, all’improvviso, mi sento in colpa per averlo fatto allontanare dai suoi amici.
«Scusami» mormoro abbassando lo sguardo sulle mie scarpe.
«Per cosa?»
«E’ stata colpa mia se vi siete allontanati, no?»
«Non è colpa tua se non hanno accettato la mia relazione con te»
«Ti ho fatto perdere i tuoi migliori amici»
«Gaia… ero disposto a restare loro amico, ma non hanno mai fatto un passo verso di noi, anche se non stavamo più insieme. Ti ho persa a causa loro e nessuno, tranne Giorgio, mi ha aiutato a riconquistarti. Nessuno di loro mi era accanto quando stavo male e avevo bisogno di sostegno. Non voglio più avere a che fare con loro»
Mi lascio andare ad un lungo sospiro e mi avvicino al letto. Mi stendo guardando il soffitto e cominciando ad accarezzarmi la pancia.
«Non voglio nemmeno che ti offendano in qualche modo»
«Non m'importa di quello che pensano»
«Lo so… conosco la tua testardaggine, ma so che adesso non sei nelle condizioni di lasciar perdere» mormora e il suo tono di voce è dolce, non più alterato dalla rabbia come quando mi ha trovata a casa di sua madre o deluso e seccato come quando siamo tornati in camera mia.
«Cosa vorresti dire?»
«Ti faresti coinvolgere troppo»
Mi alzo sui gomiti e lo trovo appoggiato al muro. Il suo sguardo è dolce, così come il suo sorriso, che ricambio. Mi alzo lentamente e mi avvicino a lui appoggiandomi al suo corpo. «Voglio soltanto che tu sia felice» gli dico lasciandogli dolci baci sulle labbra e accarezzandogli la nuca.
«Lo sono»
Sorrido «Ho paura che la gravidanza ti impedisca di vivere normalmente i tuoi ventitré anni»
«Non dire scemenze. Non mi manca l'ubriacarmi o il passare l’intero sabato sera tra discoteche e pub, magari non ricordandomi come ci sono finito»
«Dovrebbe. Potremmo andarci questo sabato»
«Sei incinta» mi fa notare guardandomi serio.
«E quindi? Non posso entrare in un pub?»
«No»
Questa è bella!
«E perché mai?!»
«Respireresti fumo e odore di alcol»
«Dai, voglio andare anch' io in discoteca, sicuramente farà bene a tutti e tre!» dico ridacchiando.
«Non voglio che mia figlia nasca con un gene mezzo andato»
Scoppio a ridere e gli circondo il volto con le mani «Che vuoi dire?»
«Non voglio che mi dica “Papà accompagnami in discoteca”»
Oh… quant’è carino?
Gli faccio uno sguardo dolce e, visto che ci sono, anche il labbruccio. «Papà, mi accompagni in discoteca?» gli chiedo ridendo.
Lui mi segue e il suo volto, come il resto del suo corpo, sembra rilassarsi a poco a poco «Soltanto se non ti allontanerai da me»
«Promesso!!» esclamo contenta.
Avvicino le mie labbra alle sue cominciando a baciarlo, fin quando non ci avviciniamo al letto, cadendoci «Gaia no… il bambino…» si ribella, provando ad alzarsi.
«Dai… gli farà piacere stare un po’ a contatto con il suo papà»
«Non scalcia ancora?» chiede cambiando argomento e distraendomi.
Sbuffo e mi stringo nelle spalle. «Serena mi ha detto che dovrebbe cominciare a muoversi dalla sedicesima settimana… magari sono io che non sento»
«A che settimana sei?»
«Proprio oggi, credo, entro nella sedicesima»
«Wow… auguri amore» mormora sorridendo a sessantaquattro denti.
Gli sorrido anch'io e lo abbraccio, stringendogli i fianchi con le gambe.
«Magari è ancora troppo piccolo… lo sentiremo presto»
«Posso provare?» chiede guardandomi con gli occhi lucidi.
Annuisco sorridendo come un’ebete. Andrea si sposta più giù, scoprendo la mia pancia dal maglione.
«Ciao cucciolino o cucciolina» mormora baciando il mio ventre. Mi guarda e sorrido più che emozionata.
Ora piango.
«La mamma dice che non ti muovi, ma so che ti stai divertendo un mondo lì dentro, non è così?» dice continuando ad accarezzarmi.
Mi lascio andare ad una lieve risata, mentre una piacevole sensazione di pace, tranquillità e beatitudine si fa strada nel mio corpo. Mi sento davvero tranquilla e rilassata e sicuramente tutto questo ha a che fare con il tocco e la voce di Andrea.
«Facciamo vedere alla mamma come ti fai sentire da lì dentro?» chiede continuando le sue coccole.
«Ci stai facendo rilassare, lo sai?» gli faccio notare chiudendo gli occhi.
«Bene. Mi fa piacere»
Restiamo qualche minuto in quella posizione mentre Andrea continua ad accarezzarmi ed io rischio di addormentarmi.
Mi piacciono questi momenti, sanno di intimità, di tranquillità, di amore…
 
«Che ne dici se domani andiamo tutti in discoteca?»
«In discoteca?»
Serena mi guarda sorpresa con la tazza del tè sospesa a mezz’aria.
«Che c’è?! È così strano che voglia passare un sabato sera diverso?»
«Ehm, no… ma non sei mai stata un tipo da discoteca»
«Lo so ma ho voglia di divertirmi»
«Sei incinta, Gaia»
«Anche tu?!»
«Anch' io cosa?!»
«Quando ne ho parlato ad Andrea anche lui ha avuto la stessa reazione. Anche se sono incinta non vuol dire che non possa andare in discoteca e divertirmi. Non sono così irresponsabile da bere, se è a questo che stai pensando»
«Beh, ma… è pericoloso. Adesso il tuo pancino si vede»
«Dai, Serena…» le faccio il labbruccio e gli occhi dolci. So che non può resistermi.
«Dimmi la verità… non è soltanto perché vuoi divertirti, vero?»
Storco la bocca e mi gratto la testa. Bevo un sorso di succo di frutta e la guardo. «Beh, no…» mormoro infine.
«Mi vuoi dire il vero motivo?»
Faccio un sospiro profondo e la guardo negli occhi prima di risponderle  «Voglio che Andrea passi una serata come un normale ventitreenne. Mi sembra di togliergli tutto il divertimento tipico della sua età. Mi sento in colpa, Serena. Se ripenso a questa gravidanza…» scuoto la testa e me la prendo tra le mani.
«Perché ci ripensi? Ormai hai deciso di tenerlo, non puoi tornare indietro»
«E non voglio farlo, ma mi prenderei a schiaffi per non essere stata attenta»
«Non prendertela così duramente con te stessa. È una bella cosa la gravidanza…»
«Lo so, lo so. Però, non avresti voluto aspettare anche tu prima di rimanere incinta?»
«Si, ma sono contenta di averlo tenuto. E comunque avere un figlio non vuol dire rinunciare alla propria giovinezza»
«Mi sentirei in colpa a lasciare mio figlio a mia madre o a qualcun altro. Saremo i suoi genitori e come tali dovremo stare al suo fianco»
«Nel caso in cui succeda, non succederà nulla Gaia. Quante volte io e Massimo abbiamo lasciato Marco dai miei genitori o da quelli di lui?! Si, all’inizio mi sentivo molto in colpa, ma mi sono resa conto che se non lo avessi fatto, se non fossi uscita a divertirmi con mio marito, probabilmente avrei rimpianto quegli anni; continuerò a comportarmi così perché tra dieci anni non voglio rimpiangere di non essermi divertita soltanto perché ho un bambino. La stessa cosa deve essere per te. Tu e Andrea siete giovanissimi e innamorati. Vi meritate questo bambino, come vi meritate di divertirvi insieme. Stai tranquilla, ok? Avere un bambino non vi impedirà di uscire e se sabato vuoi passare una serata diversa allora usciremo…»
Le sorrido e riprendo a bere il mio succo con la mente più leggera.
Non sarò una di quelle madri che preferisce lasciare il suo bambino in un asilo ma cercherò di non rimanere sempre a casa, soprattutto per Andrea.
«Quando hai la prossima ecografia?» mi chiede Serena cambiando argomento.
«Devo ancora prenotarla, ma lo farò appena torno a Londra»
«Vi farete dire il sesso?»
Alzo entrambe le sopracciglia, sorpresa di non aver pensato a questa probabilità. Con la prossima ecografia potremo sapere se sarà un maschietto o una femminuccia, ma non so se preferisco la sorpresa oppure no. Dovrei parlarne con Andrea.
«Non lo so, sai? Da un lato vorrei essere preparata… sai, comprare le tutine rosa o azzurre, arredare la sua camera con sfumature di quei colori, però dall’altro lato vorrei che fosse una sorpresa»
«Si, ti capisco… però secondo me potresti evitare di chiederlo. È più bello l’effetto sorpresa»
Annuisco e rido. Io e la mia amica continuiamo a parlare di gravidanza, di malesseri e benefici, del futuro, di vestitini e biberon e, dopo il ritorno di Andrea, mi sono sentita talmente satura di tutti quei argomenti che non ne ho più voluto parlare.
Soltanto adesso, distesi sul divano, dopo aver cenato con mia madre e Paul e aver aspettato che uscissero con dei loro amici, decido di affrontare l’argomento del sesso del bambino.
«Andrea?»
«Hm…»
«Stavo pensando…» mormoro abbassando gli occhi verso la mia pancia.
«A cosa?»
«Quando torniamo devo prenotare la seconda ecografia»
«Si?»
«Vuoi conoscere il sesso del bambino?» gli chiedo alzando gli occhi verso di lui.
«Ma si, certo! Voglio essere preparato»
Sorrido e mi stringo ancora di più al suo corpo. «Tu no?» chiede.
«Non lo so. Una parte di me vorrebbe, l’altra preferirebbe l’effetto sorpresa»
«Beh, potremmo chiedere di dirlo solo a me»
«Certo… ti sembra giusto poi?»
«Dai… facciamocelo dire. Voglio iniziare a comprarle o comprargli qualcosa. Ho visto una culla nel pomeriggio»
«Una culla?»
«Si, in realtà c’è l'arredamento per tutta la camera, però la culla mi è piaciuta moltissimo»
«Andrea, non possiamo comprare nulla qui. Quando torniamo a Londra faremo un giro per la cameretta»
Annuisce e mi guarda con un sorriso timido. «Che c’è?» gli chiedo accarezzandogli la guancia.
«No, niente…» mormora ritornando a guardare la tv.
Lui dice che non ha niente ma ho la sensazione che a lui manchi vivere qui. Stare vicino alla sua famiglia, anche se adesso la tempesta non è ancora passata, vicino ai suoi amici, non sforzarsi di parlare una lingua che conosce ancora poco…
«Vorresti tornare qui, vero?»
«Ma no! Che dici?!» esclama troppo velocemente
«Andrea…»
«Davvero Gaia, non è questo!»
«E allora cos’è?»
Fa per dire qualcosa ma si blocca.
«Vorresti tornare a vivere qui» ne deduco. Gli sorrido e appoggio la testa sulla sua spalla. «Potrei prendere in considerazione di ritornare qui»
«Non lo vuoi veramente e ne soffriresti»
«Ma tu soffriresti a Londra»
«Sto bene a Londra»
«Andrea, sii sincero, per favore!»
Lo sento sospirare e voltarsi verso di me «Gaia… mi piace vivere a Londra e mi piace vivere qui perché è casa mia. Mi sarebbe piaciuto comprare una casa qui e costruire la nostra vita insieme, ma se prendiamo una casa a Londra è lo stesso. La cosa più importante è che tu sia con me, non m' importa dove costruiremo la nostra vita insieme, l’importante è che siamo io tu e il nostro bambino»
Gli sorrido e annuisco, ancora confusa e indecisa su dove iniziare il nostro cammino insieme. Vorrei davvero ritornare a Londra e continuare la mia vita lì, ma non voglio sembrare troppo egoista non pensando ad Andrea, e per questo, vorrei restare qui.
«Torniamo a Londra» dice lui alzandomi il mento e facendo incrociare i nostri occhi. «Ti amo e so che qui tu non vuoi più continuare a vivere. Sono ben disposto a farlo»
«Mi sento un’egoista»
«Non dire stupidaggini. Tu non sei egoista»
«Il fatto è che… se…» sospiro e cerco nella mia mente le parole più adatte «Se non ci fossimo lasciati forse non sarei stata così restia a stare qui»
«Gaia, non mi ricordare quei mesi, per favore. Torniamo a Londra, compriamo casa lì, costruiamo la nostra vita in quella casa! Basta! Andiamo avanti, ok?»
«Ok» rispondo sorridendo.
Cerco la sua mano per intrecciarla alla mia e quando la trovo stringo forte. «Voglio che tu sia felice» dico.
«E lo sono, molto. Più di quanto mi sarei mai aspettato»
Lo guardo negli occhi e annuisco cominciando a piangere di gioia. Lo abbraccio e continuo a singhiozzare «Ti amo così tanto, Andrea… come ho fatto senza di te?»
«Amore mio… Non pensare più a quegli anni. Pensa a quelli che abbiamo di fronte!»
Annuisco forte e chiudo gli occhi in cerca delle sue labbra. Quando le trovo, sento la sua lingua insinuarsi tra le mie labbra. L’accolgo ricambiando il bacio. Riprendo fiato e ricomincio a baciarlo, lasciandogli piccoli baci sulle labbra, la sua lingua è di nuovo dentro la mia bocca e la passione esplode dentro di noi; velocemente mi stendo sul divano trascinandolo sul mio corpo. Apro le gambe, lasciando che si sistemi tra di esse e gli tolgo la maglia mentre lui fa lo stesso con la mia e con i pantaloni. In poco tempo siamo entrambi nudi e coperti soltanto da una coperta.
Lentamente entra dentro di me, lasciandomi il respiro a metà. Prendo il suo viso tra le mani e approfondisco di più il bacio, mentre lui si spinge sempre più a fondo.
«Ti amo» mi ripete continuamente.
Amo sentirglielo dire e amo il contatto della sua pelle sulla mia, amo sentirgli ansimare il mio nome e amo la dolcezza con cui stiamo consumando questo rapporto.
Lui aumenta la velocità portandomi in una spirale di lussuria, passione e dolcezza. In breve tempo la mia mente si annebbia e tutti i muscoli al di sotto del girovita si contraggono.
Entrambi scoppiamo in un orgasmo spossante ma assolutamente perfetto.
Andrea continua a pronunciare il mio nome con la fronte appoggiata alla mia mentre i nostri respiri tornano normali. «E’ stato perfetto» mormora accarezzandomi la coscia con una mano e il seno con l’altra.
Annuisco, incapace di spiccicare parola, e comincio ad accarezzargli le spalle.
«Potevamo aspettare almeno di arrivare in camera. Adesso, ho voglia di stringerti tutta nuda»
Sorrido e apro gli occhi. «Siamo ancora in tempo per salire in camera»
«No… mi piace stare qui. Dentro di te»
Faccio un respiro profondo sollevando il seno verso di lui, e questo lo fa eccitare di nuovo.
Ci sorridiamo maliziosi ma, prima di riprendere il secondo round, Andrea decide di raccogliere i vestiti e salire di sopra.
«Secondo round?» chiedo gattonando sul letto.
Stranamente mi sento abbastanza sexy, considerato un piccolo rigonfiamento che spunta dal mio ventre.
«Secondo round!» esclama lui sorridendomi con malizia e avanzando magnificamente nudo davanti a me fino al letto.
Ci stiamo ancora guardando negli occhi, quando, poco prima di baciarmi e di riprendere da dove avevamo interrotto, Andrea sussurra accarezzandomi le guance «Qualsiasi cosa succederà, tu sappi che resterai sempre nel mio cuore»
Annuisco con il cuore gonfio di gioia e, con le lacrime agli occhi, ricominciamo la nostra danza d’amore.

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Eccoci qui..
Beh, che cosa ne pensate del capitolo?!
Attendo le vostre opinioni :)
Vi ringrazio davvero tanto per il supporto e tutti i commenti positivi. Grazie, davvero! E' importante per me.
Buona giornata e a venerdì prossimo :) <3
Francy
PS: a breve (spero) riceverete una sorpresina, quindi, ogni tanto controllate il mio account qui su EFP o il gruppo su Facebook (
FrancyEFP). Potrete trovare qualche OS o chissà che altro! ;)


 

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Capitolo 30
*** 30. *Primo Natale* ***


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Salve a tutti :)
Volevo presentarvi il nuovo capitolo.
Questo è uno dei capitoli più belli per me, quindi, spero vi piaccia! :)

Francy

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 30-
*Primo Natale*
 
«Accidenti!»
È da mezz’ora che cerco, nel mio armadio, qualcosa da mettermi ma non trovo niente che mi vada bene. «Porca miseria!!!»
«Si può sapere cos'hai?» chiede Andrea uscendo dal bagno mentre si annoda il cravattino.
«Non trovo niente!»
«Come niente? Questi non sono vestiti?»
«Andrea! Non c'è niente che mi vada bene, porca miseria!»
«Ah…» mi guarda con le sopracciglia alzate mentre continuo a buttare i vestiti sul pavimento.
«Uffa!!» esclamo scoppiando a piangere e afflosciandomi per terra come un palloncino sgonfio. Sono stanca, triste e profondamente irritata.
Per tutto il giorno ho aiutato mia madre a preparare la cena della Vigilia di Natale e, da quando abbiamo finito di sistemare anche la tavola, sto cercando qualcosa da mettermi, però, non trovo niente!
«Tesoro, non è così terribile»
«Non è così terribile?! Non trovo niente! Non ho niente da mettermi!»
«Questo non va bene?» chiede mostrandomi un tubino blu con le maniche corte.
«No, non va bene!!»
«Perché no?! Credo che possa andare. Provalo»
«Vuoi che lo provi?! Ok, ti dimostro che sembro una balenottera» esclamo alzandomi dal pavimento.
Lui alza gli occhi e mi porge il vestito. Sfilo il maglione lungo e indosso il tubino che si ferma a metà.
«Non sale!!» esclamo scoppiando a piangere di nuovo.
«Non hai nient’altro?»
«E’ tutto della stessa misura, non credo di riuscire ad entrare in qualcos’altro»
Si passa una mano fra i capelli e si siede sul letto «Cosa posso fare?» chiede dispiaciuto.
«Niente» mormoro sedendomi accanto a lui.
Manca almeno mezz’ora prima che gli altri arrivino ed io non so ancora cosa mettermi, se mai troverò qualcosa.
Sospiro e mi lascio cadere sul materasso. «La mia pancia è esplosa e non so nemmeno come farò il giorno del matrimonio di tua sorella. Ho comprato il vestito troppo presto!» piango ancora mettendomi le mani sugli occhi in modo da nasconderli. Mi sento uno schifo.
«Gaia… il vestito ti starà bene, non preoccuparti»
«Si ma non ho niente da mettermi per questa sera!!» urlo guardandolo in cagnesco.
Sono nervosissima e non so come reggerò tutta la sera con quest'umore.
«Senti, adesso chiamo Serena…»
«Non pensare di fare scarica barile con Serena! Devi essere tu a risolvere i miei problemi, non lei, PER LA MISERIA!» urlo ancora afferrando un cuscino e lanciandoglielo contro.
«Ohi!» esclama lui parandosi con le mani.
«Che succede qui?» chiede qualcuno bussando ed entrando in camera mia.
«Oh grazie a Dio! Vado a chiamare Serena» dice frettolosamente Andrea mentre mia madre si avvicina a me. «Pensaci tu, ok? Io non riesco più a farla ragionare»
«Sei tu che mi fai innervosire, idiota! Vattene!» esclamo lanciandogli un altro cuscino mentre lui si salva uscendo dalla camera. Lo vedo sorridere e mandarmi un bacio; il suo comportamento mi indispone ancora di più!
Lo sto odiando profondamente.
«Tesoro, cos’è successo?» chiede mia madre guardandosi intorno. «E’ esploso l’armadio?»
Guardo in cagnesco anche lei per la battuta decisamente fuori luogo «No! È esplosa la mia pancia e non c’è niente che possa mettere»
«Hai provato questo?» chiede estraendo un vestito arancione dal fondo dell’armadio.
«Non mi piace! E poi è corto. Ti sembro nelle condizioni di mettere un vestito così corto?»
«Secondo me ti sta bene. Dai, provalo»
«Anche se dovesse starmi bene, non mi entrerebbe! Sono grassa e grossa! Accidenti, guardami!»
«Ehi… stai calma, ok? Non sei né grassa né grossa, sei incinta»
«Come se fosse una cosa da poco. Ogni giorno che passa, assomiglio sempre di più ad palla»
«Gaia, i tuoi ormoni sono impazziti. Ti prego, ascolta la mamma e prova questo vestito. Nel frattempo ti cerco le calze, ok?»
Borbotto un “Va bene” e mi tolgo il tubino che prima non ero riuscita ad infilare.
Mi viene da piangere se penso che devo completamente cambiare il mio guardaroba e con che cosa?! Abiti pre-maman!
Indosso il vestito che, miracolosamente, mi entra. Riesco a chiudere la zip e, per fortuna, riesco anche a respirare.
È piuttosto corto, proprio come avevo fatto notare a mia madre e, all'altezza della vita,  ha un piccolo cinturino dello stesso colore della stoffa. Non so perché l’ho comprato. Non mi è mai piaciuto molto, però adesso, credo non sia così tanto male.
«Come sto?» chiedo a mia madre ancora impegnata a frugare nei cassetti in cerca delle calze adatte.
«Tesoro, sei uno splendore… ti si vede la pancia»
«Già…» mormoro alzando gli occhi al cielo.
«Devi essere fiera del tuo pancione»
«Lo sono, ma non in momenti come questi. Sono totalmente impreparata e non pensavo di dover passare un’ora a scartare vestiti»
«Andremo a comprare qualcosa di adatto, non preoccuparti, ok?»
«Ok»
«Bene… La tua pancia è esplosa, quindi, adesso è necessario cambiare stile! Adesso, metti queste e truccati. Tra poco gli invitati saranno qui»
«Va bene» dico tirando su con il naso. «Puoi far salire Andrea? L’ho trattato un po’ male prima» mormoro dispiaciuta.
«Non preoccuparti. Lo faccio salire subito»
Annuisco e, un po’ impacciata per la pancia, indosso le calze. Mentre cerco le scarpe qualcuno bussa alla porta e, quando mi volto, Andrea mi guarda con lo sguardo più dolce che si sia mai visto.
«Come sto?» chiedo facendo svolazzare il vestito.
«Sei bellissima» mormora avvicinandosi.
«Davvero? Non sembro enorme? Il vestito non è troppo corto?»
«Non sei enorme e si, forse è un po’ troppo corto, ma hai le calze» dice facendomi l’occhiolino.
«Devo andare a fare dello shopping pre-maman» mormoro triste mentre sistemo i vestiti che ho scartato e che ho sparso per tutta la stanza.
«Forse non avrai più queste crisi»
«Mi dispiace per prima» dico voltandomi verso di lui «Ma i miei ormoni devono essere stati influenzati dal nervosismo per tutta la situazione. Mi dispiace averti tirato il cuscino»
«I cuscini, vorrai dire» mi corregge sorridendo.
«Scusa…»
«Non preoccuparti. Mi hai fatto paura, ma sei stata divertente»
Gli faccio la linguaccia e, dopo aver sistemato anche l’ultimo vestito, indosso le scarpe e vado a mettere un leggero velo di fard sulle guance, un po’ di matita e un po’ di gloss sulle labbra.
«Come sto?» chiedo, per l’ennesima volta, uscendo dal bagno e facendo un giro su me stessa.
«Uno splendore. Hm… troppo magari»
«Grazie» rispondo sorridendo a trentadue denti e avvicinandomi a lui per baciarlo.
«Ti sei messa quella cosa appiccicosa sulle labbra» mi fa notare storcendo la bocca.
«Si, si chiama lucidalabbra»
«Non mi piace. Hai lucidato anche a me» dice guardandosi allo specchio.
Gli sorrido e, per la prima volta da quando ha finito di prepararsi, mi rendo conto di quanto è carino stasera.
I suoi capelli sono spettinati ad arte e gli danno un’aria troppo sexy…
Hm…
Indossa un completo blu scuro parecchio attillato e i miei ormoni impazziscono di nuovo.
«Mi stai spogliando con gli occhi» mi fa notare guardandomi con un sorriso malizioso.
«Già… questo perché sei troppo sexy»
«Bene. Era l’effetto che volevo ottenere su di te»
«Davvero?»
«Certo. Ti devo far eccitare in qualche modo»
«Andrea! Smettila! Altrimenti è probabile che non usciamo da qui»
«Allora, non ti farò uscire dal bagno del pub dopo la cena»
«Sesso nei bagni pubblici?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Ti interessa?»
Mi avvicino al suo corpo e gli accarezzo una guancia. «Potrebbe» mormoro.
«Bene» risponde lui cercando di non sorridere troppo.
«Bene» sussurro sulle sue labbra prima di baciarlo.
Le sue mani finiscono sui miei fianchi stringendomi forte e facendomi aderire al suo meraviglioso corpo.
«Andrea… è meglio se sce…scendiamo»
Lui scoppia a ridere e annuisce. Mi lascia un bacio sulla fronte e mi prende per mano. Mentre scendiamo Serena entra in casa con quella piccola furia del suo bambino. Scendiamo gli ultimi gradini e vado ad abbracciare la mia migliore amica.
«Come stai? Ti sei calmata?» mi chiede ridendo.
«Divertente! Devi accompagnarmi a fare shopping. Il piccolino qui dentro sembra essere diventato grande tutto in un colpo»
«La tua pancia si vede eccome, soprattutto con questo vestito» esclama accarezzandomi.
«Si, ho praticamente svuotato tutto l’armadio alla ricerca di qualcosa da mettermi. Ho tirato un paio di cuscini ad Andrea, ero furiosa con lui e poi, per fortuna, è uscito a chiamarti»
«Si, mi ha chiamata dicendo che avevi bisogno del mio aiuto, poi quando ha smesso di sentire le urla ho fatto a meno di precipitarmi a casa tua» mi spiega abbracciandomi e sorridendomi. «Andrà tutto bene, non preoccuparti»
«Lo spero»
Ci dirigiamo in sala da pranzo, dove saluto Massimo e i genitori di Serena.
Questi ultimi mi fanno le congratulazioni mentre gli presento Andrea.
Mentre tutti chiacchierano tra di loro, felici e spensierati accanto all’albero di Natale e con un bambino che strilla e corre dappertutto, mi rendo conto di non vedere l’ora in cui il mio bambino farà altrettanto, amato e coccolato dalle persone che, precedentemente, hanno fatto lo stesso con me.
Sono felice di avere questo pancino che cresce sempre di più; certo, sarà dura per la mia autostima vedermi sempre più grossa, ma dentro c’è il bambino mio e di Andrea e non potrei essere più felice di così.
 
«Il nostro primo Natale insieme» mormora Andrea mentre sono seduta sul divano. Si siede al mio fianco e mi guarda.
«E’ vero» rispondo annuendo e intrecciando la mia mano alla sua.
«Come stai?»
«Bene, tu?»
«Eccitato, se devo essere sincero. Non vedo l’ora di averti tutta per me»
«Dovrai aspettare ancora un po’» dico ridacchiando.
Abbiamo scartato i regali da qualche minuto e, adesso, ci stiamo rilassando dopo la super cena e prima di uscire.
Mia madre e il suo compagno mi ha regalato un paio di scarpe che, hanno specificato, dovrò indossare soltanto dopo la nascita del bambino; Serena, invece, un vestito striminzito. Entrambe hanno scelto qualcosa che mi tiri su di morale dimostrandomi che, dopo la gravidanza, tornerò ad indossare taglie piccole e tacchi alti. Andrea, invece, mi ha donato una collana con un ciondolo a forma di cuore: al suo esterno c'è la scritta “I love you” mentre all’interno c'è lo spazio per una foto.
Devo dire che i miei regali mi sono piaciuti molto e, per fortuna, quelli che ho fatto io sono piaciuti. A Serena ho regalato un bracciale con le nostre iniziali legate da un cuore, a Massimo il cd del suo gruppo preferito, al mio patrigno un bracciale di cuoio che, secondo mia madre, era perfetto e, a quest’ultima, una nuova confezione di colori ad olio completa di tutti i colori dell’arcobaleno e oltre.
Ad Andrea, invece, non ho regalato niente di materiale. Ha detto di non voler niente da me ma, parlando di tatuaggi e del fatto che vorrebbe farne altri, l’ho convinto a farne un altro come regalo da parte mia. Ha lasciato scegliere me e ho optato per le nostre iniziali sul suo polso destro.
«Ti piace quello che ti farai disegnare sul polso?» gli chiedo ridacchiando.
«Si, tanto» mormora serio e baciandomi.
«Hm… Ti amo tanto, Andrea…»
«Princess, ti amo anch'io»
Ci guardiamo negli occhi sorridendo e perdendoci l’uno nell’altro.
«Siete pronti per andare?» ci chiede Massimo interrompendo il momento.
«Si, vado a prendere il cappotto e sono pronta» dico alzandomi.
«Sicura di voler tenere i tacchi?» mi chiede Andrea.
«Si, certo»
«Non sei stanca?» chiede ancora.
«No»
Lui annuisce e gli sorrido. Si sta assicurando che mi senta bene prima di uscire. È la prima volta che andiamo in discoteca insieme ed io sono anche incinta.
In questi momenti penso che avremmo dovuto prestare un po’ più di attenzione nei momenti di intimità.
Salgo le scale, afferro il cappotto da sopra il letto ma, prima di scendere, il mio sguardo cade sull'immagine riflessa nello specchio.
Questo vestito mette troppo in risalto il mio stato e, forse, sarebbe davvero il caso di non andare in discoteca. Insomma… quale donna incinta di quasi cinque mesi passerebbe la notte in un posto del genere?
Continuo a guardarmi mentre, con la mente, passo in rassegna i vestiti che ho nell'armadio. Ricordo un pantalone nero che prima, durante una prova, mi era entrato. Potrei mettere quello e poi trovare una maglia larga. Potrebbe andare bene.
«Che fai lì? Andiamo…» Andrea mi guarda sorridendo entrando in camera.
Lo guardo di sfuggita e ritorno a fissarmi allo specchio.
«Tutto bene?» mi chiede.
«Si, scendi. Arrivo tra poco. Devo rifarmi il trucco»
«Vuoi che faccia salire Serena?»
«No, non occorre. Ce la faccio da sola» annuisco e provo a convincermi che così sto bene. Al massimo tengo il cappotto.
«Io scendo…» mormora facendo dietro front e uscendo dalla stanza. Lo sento parlare con qualcuno al piano di sotto e, quando mi convinco che rimanere a fissarmi non porterà a nulla, infilo in cappotto nero e scendo.
«Possiamo andare» annuncio prendendo la borsetta.
Andrea non dice niente, sale in macchina silenziosamente e, altrettanto silenziosamente, raggiungiamo il parcheggio vicino a quello dove hanno lasciato l’auto Serena e Massimo.
«Tutto ok?» mi chiede la mia amica mentre camminiamo a braccetto davanti ai ragazzi.
«Si, perché non dovrebbe essere tutto ok?»
«Sei strana e poi, tu e Andrea non avete spiccicato parola quando siete scesi dalla macchina»
Alzo le spalle «Abbiamo parlato tanto mentre venivamo qui»
«Hm, ti credo veramente poco»
«Va tutto bene. Non roviniamoci questa serata ok?»
«Non ti sentirai a disagio, te lo prometto»
«Certo…» mormoro poco convinta.
I ragazzi parlano tra di loro e, poco dopo, si aggiunge a loro anche Serena. Io rimango in silenzio mentre la mia amica si avvicina a Massimo e Andrea a me. Mi prende per mano ma si nota che siamo distanti.
No, no… non stasera.
«Ok, mi dici cosa diavolo ti prende? È da quando ti ho trovata in camera tua a fissarti allo specchio che sei così… fredda nei miei confronti. Che cosa ti ho fatto?» mi chiede Andrea quando i nostri amici sono abbastanza lontani da noi.
Lo avranno fatto di proposito?
Probabile.
«Beh, non sei tu a doverti togliere il cappotto e far vedere a tutti che o sei incinta o sei ingrassata parecchio»
«Ma cosa stai dicendo?»
«Sono fiera della mia pancia, ok? Ne sono molto fiera perché dentro c’è il nostro bambino, ma forse sarebbe stato più opportuno limitarci ad un locale normale e non entrare in un pub. Nessuna donna incinta di quattro mesi e mezzo entra in una discoteca. Mi guarderanno tutti»
«E a te chi lo dice?! Non m' importa di quello che pensano gli altri. Io ballerò con te, bacerò te, ti stringerò forte al mio corpo e, se vorrai, farò anche sesso con te. Faremo tutto ciò che avremmo fatto se non ci fosse stato lui» dice accarezzandomi la pancia.
«E’ che…»
«Sh! Non pensare a niente, ok? Io sarò con te per tutta la sera e non ti lascerò neanche un attimo»
Gli sorrido e  annuisco, riprendendo a camminare.
Appoggio la testa alla sua spalla, stringendo forte la sua mano intrecciata alla mia e, mentre svoltiamo l’angolo per raggiungere il locale, incontriamo Giorgio, Alessia e tutti gli altri.
«Giorgio e Alessia sono tornati insieme?» chiedo.
«Non ne ho idea» risponde Andrea sorridendomi.
«Ciao ragazzi!» esclama Serena andando ad abbracciare Alessia.
«Ciao! Ciao Gaia! Che bello vederti!» grida correndo verso di me e abbracciandomi.
Sbaglio o è già mezza andata?
«Ciao. È bello vederti anche per me»
Scioglie l’abbraccio e guarda in basso «Sei incinta!» esclama e un paio di persone si girano.
«Ehm, si» rispondo diventano rossa per tutti questi occhi che mi fissano. Sono gli occhi degli ex amici di Andrea, compresi Francesco, Luigi e company.
«E’ fantastico! Posso toccare?»
«Magari non qui in mezzo la strada, ok?»
Lei scoppia a ridere e mi prende per mano, facendomi correre verso il marciapiede. Sento Andrea urlarle di stare attenta e, dopo qualche secondo, Serena mi raggiunge.
Non so perché, ma mi sento come se fossi l’unica in questo posto pieno di gente. Non ho la sensazione di essere da sola ma, semplicemente, di essere l’unica, non lo so… a non vedere quanto la situazione sia divertente o piena di elettricità per la festa che sta per iniziare.
«Allora… dimmi tutto. Di quanto sei incinta?»
«Quasi mesi quasi» rispondo sorridendo a stento.
«Congratulazioni, tesoro» esclama abbracciandomi di nuovo.
«Ehm, grazie»
«E auguri di Buon Natale»
Ricambio gli auguri e, a poco a poco, si avvicinano altre ragazze per farmi le congratulazioni. Quando si avvicina Elena mi sembra una persona totalmente diversa.
Sembra più adulta, i suoi capelli adesso sono corti arrivandole a malapena le spalle. «Ciao» mi saluta cortese. Strano che non sia già brilla a mezzanotte e mezzo.
«Ciao» rispondo sorridendole.
«Ho sentito della gravidanza»
«Beh, difficile che qualcuno non abbia sentito» dico ridendo.
«Si, Alessia ha un po’ esagerato»
«Fa niente…»
«L’ho sentito da Andrea, comunque. E congratulazioni»
«Grazie» rispondo sorridendole grata. Si, sembra veramente diversa, soprattutto dall’ultima volta che l’ho vista.
«Vieni dentro? Ci sono alcune mie colleghe di lavoro. Te le presento, se vuoi» 
Annuisco «Certo. Arrivo subito»
Lei mi sorride e ritorna indietro sui suoi trampoli. Cerco Serena con lo sguardo; quando la trovo sta parlando con una ragazza e, mentre aspetto che finisce, mi guardo intorno vedendo Andrea ridere e scherzare con i suoi amici. È lontano da Luigi e quest’ultimo non ride ma il mio fidanzato sembra divertirsi molto con gli altri.
I nostri sguardi si incrociano; gli sorrido mentre lui mi fa l’occhiolino e ricambia il sorriso.
«Andiamo dentro?» chiede Serena prendendomi a braccetto.
«Si, andiamo»
Distolgo lo sguardo da Andrea e mi dirigo all'interno del locale con la mia amica. «Allora, come sta andando?» mi chiede.
«Per il momento bene. Elena sembra una persona completamente diversa»
«Si, ho notato lo stesso anch'io»
«Speriamo che non sia soltanto una maschera. Non potrei sopportare altro da lei»
«Non preoccuparti. Nessuno è rimasto quello di un tempo»
Sorrido e mi stringo al braccio della mia amica «Come sta il mio nipotino?»
«Non si muove ancora»
«Magari non lo senti, ma è sicuro che si muove. Andrea potrebbe provare a parlargli»
«Gli parla in continuazione, ma ancora niente» le dico ricordando le sere in cui Andrea ha passato minuti interminabili a parlare con la mia pancia e ad accarezzarla in attesa di sentire qualche rumore.
«Magari inizierà quando sarai più tranquilla. Sei stata parecchio stressata in quest’ultimo periodo»
«Già… e ancora non è finita»
«Ti riferisci al matrimonio di Martina?»
«Si. Ho paura che il vestito non mi entri»
«Avresti dovuto comprare un abito da cerimonia in qualche negozio pre-maman»
«Non farmici pensare, per favore. Speriamo soltanto che mi vada bene!»
La mia amica mi guarda dolcemente, mi circonda le spalle con un braccio infondendomi conforto e, insieme, entriamo nel locale dove la musica è già a tutto volume e la puzza di fumo impregna tutti gli ambienti. Alla faccia della sala per non fumatori: c’è fumo ovunque.
«Se stai male non esitare a dirmelo, ok?» urla Serena per farsi sentire.
Annuisco e, insieme, andiamo a per prendere qualcosa da bere.
«Cosa vuoi?» mi chiede e, vergognandomi, chiedo soltanto un succo di frutta.
«Ciao!!» esclama qualcuno vicino al mio orecchio mentre attendo che Serena ritorni da me.
Mi volto ma non riconosco il tipo che mi sta guardando.
«Ciao» rispondo.
«Sono Manuel, tu sei?»
«Gaia» rispondo sorridendo poco interessata.
«Ti va se ti offro qualcosa da bere?» chiede avvicinandosi di più a me.
«No, grazie»  
«Dai, soltanto un drink e poi andiamo a fare un giro»
Certo, come no…
«Ha detto di no! Ora sparisci!!» gli urla Andrea comparendo magicamente dal nulla.
«Scusa, tu chi saresti?» chiede Manuel squadrandolo dalla testa ai piedi. Andrea è quasi il doppio di lui.
«Sono il suo fidanzato, aria!»
Lo sconosciuto guarda entrambi con disprezzo, Andrea si volta verso di me e mi accarezza i capelli «Stai bene?»
«Si, sto aspettando che Serena torni con il mio succo di frutta» mormoro alzando gli occhi al cielo.
Andrea mi sorride e si abbassa per baciarmi. «Cosa voleva Elena?» mi chiede all’orecchio, provocandomi mille brividi.
«Niente di che. Mi ha fatto le congratulazioni per il bambino e mi ha chiesto se volevo conoscere sue colleghe. Sembra diversa»
«Se ti da fastidio chiamami, ok?»
«Non preoccuparti! Tu vai a divertirti con Giorgio e gli altri»
Lui mi sorride e mi bacia prima di lasciarmi di nuovo con Serena. «Dopo balli con me» mi fa l’occhiolino e se ne va.
«Tutto ok?» mi chiede la mia amica.
«Si, andiamo a sederci, mi fanno male i piedi»
«Vieni di qua. Magari possiamo trovare un posto meno caotico»
Ci allontaniamo dalla pista, raggiungendo un divanetto miracolosamente libero. Tolgo il cappotto, il tessuto morbido del mio vestito nasconde un po’ la pancia ma è ugualmente visibile.
Io e Serena restiamo un bel po’ di tempo a ridere e a scherzare su quei divanetti, almeno fin quando non tornano da noi Massimo, Andrea e la vecchia compagnia: Alessia, Luigi, Giorgio ed Elena.
«Siete qui! Pensavamo ve ne foste andate» dice Alessia sedendosi accanto a Massimo.
Non sento quello che risponde lei, distratta dalla bocca di Andrea sulla mia.
«Hai bevuto?» gli chiedo mentre cerco di prendere aria. L’intensità del suo bacio mi fa capire che il momento dei bagni sta per arrivare.
«Un po’…» mormora lui con voce roca appoggiando la fronte sulla mia e tenendo gli occhi chiusi.
«Non sono ancora riuscito a farti le congratulazioni» dice Luigi dall’altro capo del divano.
Mi volto verso di lui, mentre Andrea sembra appisolato sulla mia spalla, e gli sorrido.
«Congratulazioni» dice infine.
«Grazie»
«Non so se sono io a parlare o l’alcol, ma comunque, quando si è ubriachi si dice sempre la verità, quindi, meglio così…»
«Che vuoi dirmi?» chiedo tagliando il suo discorso.
«Mi dispiace per quello che è successo in passato e adesso sono contento che Andrea è felice con te»
Annuisco sorridendo e riporto l’attenzione su Andrea, provando a scuoterlo. «Andiamo a ballare?» gli chiedo.
«Si, andiamo» Andrea si alza barcollando leggermente e, quando mi alzo anch' io, mi stringe la mano nella sua. Mi porta verso la pista da ballo e, dopo avermi fatto fare una giravolta con tanto di risata, mi stringe al suo corpo e arpiona le mani sul mio sedere, facendomi aderire perfettamente al suo corpo.
«Sei uno schianto con questo vestito, Gaia» ansima contro la mia bocca.
Cerco di non far caso all’odore di alcol che emana e lo bacio.
Mentre balliamo, ci baciamo tanto da farmi sentire il potere che ho su di lui nonostante diventi ogni giorno più grossa.
«Andiamo in bagno?» mi chiede smettendo di baciarmi.
Annuisco, sentendomi improvvisamente vogliosa e lo seguo verso il bagno degli uomini.
Appena entrati, chiude a chiave e mi spiaccica al muro; riprendiamo a baciarci mentre armeggio con la sua cintura. Le sue mani vagano sotto il mio vestito, toccandomi la pancia e infilandosi dentro le mutandine.
«Sbrigati…» ansima e, finalmente, riesco a slacciargli la cintura e a tirargli giù la cerniera. Insieme ai boxer, gli abbasso i pantaloni fino a metà coscia mentre lui mi abbassa le calze e mi toglie le mutandine prendendomi in braccio. Gli circondo i fianchi con le gambe e lui, veloce, entra in me.
Continuiamo a baciarci, fin quando non appoggio il volto sulla sua spalla, sopraffatta dall’intensità dei suoi movimenti.
Raggiungo l’apice qualche minuto dopo; Andrea mi tiene forte, raggiungendomi. Mi respira affannosamente sul collo mentre cerchiamo di riprenderci entrambi.
«Stai bene?» mi chiede rimettendomi giù e restituendomi le mutandine.
«Si» mormoro annuendo. Mi guardo allo specchio, indosso la biancheria e le calze e l'aspetto evitando di guardarlo mentre si pulisce e si riveste.
«Sicura di stare bene?» chiede ancora alzandomi il mento per guardarmi negli occhi.
«Si, sto bene» Non è stato il rapporto più bello che abbiamo avuto ma almeno non mi ha fatto male e non ha fatto veramente troppo schifo.
«Vuoi andare a casa?»
«No, Andrea! Torniamo di là, dai»
«Ok…»
Si sistema la cravatta e la camicia e mi prende per mano; usciamo e ritorniamo dagli altri.
Serena mi guarda preoccupata quando mi sistemo accanto a lei, ma evito di incrociare il suo sguardo.
«Tutto ok?»
«Non lo so»
«Stai male? Dove sei stata?»
«Pensavo che sarebbe stato fantastico farlo nei bagni nonostante la pancia, ma dopo aver finito mi sono sentita strana, come se avessi lo stomaco sottosopra»
«Andrea è ubriaco?» chiede.
«Credo di si» rispondo guardandolo ridere con Massimo e Giorgio. «Forse è stato l’odore dell’alcol a provocarmi questa nausea…» non riesco a finire di parlare perché ho bisogno del bagno. Mi alzo velocemente e, scansando tutti quelli che ballano e che si spingono tra di loro, raggiungo il bagno. Per fortuna trovo una cabina libera e mi ci chiudo dentro.
Rigetto tutto nel water e, il ricordo dei baci di Andrea misti all’alcol, mi fanno dare ancora di stomaco.
È possibile che abbia la nausea soltanto perché ho baciato il mio fidanzato ubriaco?! Sono proprio un caso perso.
«Gaia!» è lui.
«Sono qui…» mormoro pulendomi la bocca con la carta che trovo nel dispenser.
«Ehi… mi hai fatto passare di colpo la sbornia» dice inginocchiandosi accanto a me e accarezzandomi i capelli.
«Scusa»
«Ma hai bevuto?»
«Ti sembro tanto ubriaca da vomitare anche l’anima?»
«No, scusa…» mormora passandosi una mano sulla faccia. «Quello che ha bevuto troppo sono io. Non avrei dovuto»
«Non è un problema»
«Si, invece» si avvicina di nuovo per baciarmi la tempia, ma sento l'odore di tutto l’alcol che ha bevuto.
«Ti prego, esci»
«No, sto qui»
«Andrea è l’alcol che hai bevuto che mi fa vomitare, vattene, per favore»
«Ah… mi dispiace, davvero»
«Esci» gli ripeto scossa da un altro conato.
«Sono qui fuori»
Quando sono sicura che il mio stomaco non gira più tanto da provocarmi altri conati, mi alzo ed esco trovando Andrea appoggiato al marmo del lavandino e con un braccio a sorreggergli la testa. «Stai bene?!» chiede mentre mi avvicino al lavandino per sciacquare la bocca.
«Puoi  accompagnarmi a casa?» lo guardo allo specchio e lui annuisce.
«Andiamo»
Quando usciamo e raggiungiamo il nostro tavolo non trovo nessuno. Prendo il mio cappotto e la borsa e scrivo un veloce messaggio a Serena.
«Sei pronta?» chiede Andrea indossando il suo cappotto.
Annuisco e lo prendo per mano ma, mentre ci dirigiamo all’uscita, noto un gruppo di ragazze intente a guardarmi, anzi, a fissare il mio viso e poi la mia pancia.
«Avete qualche problema?» chiedo e anche Andrea si volta.
«Noi? Assolutamente no» rispondono loro continuando a ridere. Continuano a guardarmi come se fosse assurdo che io sia venuta in discoteca stasera.
«Allora piantatela di fissarmi. Si, sono incinta e sono venuta in discoteca: non sono malata, sono soltanto incinta!!!» grido profondamente alterata e nervosa.
«Calmati, ehi…» mi sussurra Andrea circondandomi le spalle con un braccio.
Faccio un respiro profondo e, finalmente, usciamo dal locale. Già non ne potevo più.
«Stai bene adesso?»
«No…» mormoro sentendo una forte fitta al basso ventre. Mi fermo piegandomi e portando una mano dove il dolore è più forte. «Fa malissimo»
«Che cos’è?» chiede spaventato. Sento il terrore nella sua voce.
Scuoto la testa e provo a fare un paio di respiri profondi. «Ti prego, dimmi che non sanguino» mormoro e vedo Andrea guardare le mie gambe.
«No, non stai sanguinando. Cosa senti?»
Faccio un respiro profondo e riesco a rilassarmi un po’. Ho una paura assurda di perdere il mio bambino. Il rischio dovrebbe essere passato ma, con tutto lo stress di questa settimana, ho davvero paura che possa accadere.
«Credo di stare bene»
«Credi? Ti porto in ospedale»
«No, non voglio andarci. Ho soltanto bisogno di stendermi e dormire, per favore»
Lo guardo e lui guarda me, ci fissiamo negli occhi per qualche minuto, fin quando lui non annuisce «Ti porto in braccio, però»
«Nemmeno per sogno»
«Adesso comando io! Stai calma» dice piegandosi e prendendomi in braccio.
«Andrea! Mettimi giù, all’istante!!»
«Stai buona e appoggia la testa sulla mia spalla»
Mi rassegno, perché non mi lascerà camminare con i miei piedi, quindi, faccio come mi dice e provo a rilassarmi.
 
«Mi dispiace tantissimo… tanto, tanto. Scusa…»
Sento qualcuno mormorare parole di scuse ma, l’ultima cosa che ricordo, è Andrea che mi porta in macchina in braccio.
Oddio! Non avremo avuto un incidente?!
Apro gli occhi di scatto e quello che vedo mi rassicura. Sono in camera mia. Mi volto verso destra e trovo Andrea che mi guarda. «Tutto bene?» gli chiedo stropicciandomi gli occhi.
Lui annuisce e mi guarda sorridendo.
«Perché mi stavi chiedendo scusa?»
Lui fa un respiro profondo e mi toglie un ciuffo di capelli dal viso. «Sarei dovuto rimanere al tuo fianco, invece mi sono ubriacato»
Sorrido e mi volto ad abbracciarlo. «Non avrei dovuto portarti nemmeno in quel bagno»
«Non è stato così terribile»
«Come stai?» chiede cambiando argomento.
«Bene. Non sento più quel dolore»
«Meglio. Adesso dormi. È tardi»
«Che ore sono? Quanto ho dormito?» chiedo.
«Sono le tre. Siamo arrivati da poco»
Annuisco e mi accoccolo sotto il suo braccio, mentre lui mi accarezza la schiena.
In breve tempo sento il suo respiro pesante sulla mia testa e la sua mano fermarsi al centro della mia schiena e, cullata dal ritmo rilassante del suo cuore, mi addormento anch'io.
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Eccoci qui. :)
Allora? Vi è piaciuto?
Non mi trattengo a lungo, perchè devo andare, quindi, beh, buona giornata :)

 

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Capitolo 31
*** 31. *E vissero tutti infelici e scontenti* ***


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Buonasera a tutti. :)
Volevo lasciarvi stasera con il capitolo 31 della mia storia. Avrei dovuto pubblicare domani mattina, ma sicuramente non avrò nemmeno il tempo di fare colazione, figuriamoci accendere il pc e aggiornare.
Comunque, godetevi il capitolo ;)
-10 alla fine Y_Y

There’ll be a place for us 
 
-Capitolo 31-
*E vissero tutti infelici e scontenti* 
 
«Sono agitata…» mormoro guardando l’abito appeso all’armadio.
«Dai, non è cresciuta in questi due giorni»
«Dici? A me sembra che sia aumentata ancora»
«Non si noterà, stai tranquilla » Serena mi guarda sorridente, poi si avvicina all’indumento che dovrò indossare per il matrimonio di Martina, la sorella di Andrea, e mi fa cenno di avvicinarmi.
Sono in biancheria; mi sono già truccata e i capelli sono a posto. Manca soltanto il vestito.
«E se non dovesse entrarmi?»
«L’unico modo per scoprirlo è indossarlo. Dai, vieni qui. Andrea passerà a prenderti tra qualche minuto»
Faccio un respiro profondo e provo a non pensarci.
Serena toglie le grucce dalle maniche e lo abbassa per permettermi di infilarlo.
«Devo trattenere il respiro per evitare che si strappi?» chiedo mentre lo sistema.
«No, non credo sia necessario» risponde la mia amica tirando su la lampo. «Sei perfetta»
«Non è stretto!» esclamo voltandomi per guardarmi allo specchio.
«Non è stretto…» ripete Serena. «Ora metti le scarpe»
Annuisco e infilo i piedi nelle scarpe beige ricamate di nero.
Infilo l’anello. Indosso il bracciale che mi ha regalato Andrea per il mio compleanno e prendo la borsetta.
«Come sto?» chiedo sistemando il piccolo strascico.
«Sei bellissima. Adesso non ti resta che aspettare Andrea…»
«Già, quel disgraziato è sempre in ritardo. Meno male che ha detto che sarebbe stato qui alle tre in punto: sono le tre e un quarto»
«Dai, tra poco sarà qui. Tieni, metti questa» dice porgendomi la stola color oro.
La indosso e, proprio in quel momento, sento un rumore di ruote sul vialetto. «E’ arrivato» dice la mia amica guardando fuori dalla finestra.
Annuisco ed insieme scendiamo le scale. «Mi raccomando, stai attenta e divertiti» dice mia madre mentre Serena mi sistema il vestito continuando a sistemare le pieghe della stoffa.
«Ci vediamo domani» rispondo salutandole con la mano.
Apro la porta di casa per uscire e incontro Andrea a metà strada. Si ferma e restiamo qualche minuto a guardarci sorridendo inebetiti. Indossa un completo grigio attillato senza cravatta. Sembra così  elegante e sexy, così giovane ma, allo stesso tempo, così uomo! I suoi capelli sono pettinati all’indietro e perfettamente sistemati dal gel. Ha un po’ di barba ed è assolutamente divino!
«Sei… sei una visione» mi dice portandosi le mani al cuore.
«Ti piaccio?» chiedo facendo un giro su me stessa e alzando lo strascico.
«Da morire»
«Stai bene anche tu» rispondo avvicinandomi a lui e abbracciandolo. «Il vestito è entrato senza problemi. Tuo figlio ha collaborato» gli dico all’orecchio.
«E’ fantastico. Si vede…»
«Si, ho un po’ di paura se devo essere sincera»
«Stai tranquilla e, quando credi di andare in panico, fai un respiro profondo e cerca il mio sguardo perché sarò sempre lì a guardarti per quanto sei bella»
Gli sorrido timida, abbasso lo sguardo ma lui rialza il mio viso in modo da vederlo bene.
«Sei una donna stupenda, sei la mia donna. Non permettere a nessuno, oggi, di dire il contrario, nemmeno se dovessero essere i miei genitori. Non preoccuparti dei miei parenti. Se chiedono della tua pancia, noi tranquillamente diremo che tra quattro mesi diventeremo genitori»
Il suo tono di voce è sicuro, deciso e orgoglioso della donna che ama e del figlio che lei porta in grembo ed io lo amo così tanto…
«Sarà più facile affrontare questa giornata con te» dico accarezzandogli la guancia.
«Prometti che sorriderai, riderai e rimarrai sempre al mio fianco e non scapperai in preda al panico?»
«Lo prometto!»
«Bene, dopo queste promesse degne del matrimonio di mia sorella, possiamo andare» esclama prendendomi per mano e baciandone il dorso. Mi apre la portiera e, facendo attenzione al vestito, salgo
Una volta seduta ed allacciata la cintura, mi guardo la pancia e devo dire che è una cosa meravigliosa. Mi sento meravigliosa e sono più che sicura che affronterò decentemente questa giornata.
«Pronta?» chiede Andrea.
«Si» e, accendendo l’auto, ci dirigiamo verso la chiesa.
Arriviamo giusto qualche minuto dopo Marco, lo sposo. Saliamo gli scalini e incontriamo Stefano e Patrizia.
«Buongiorno» dico intimidita. «Auguri per vostra figlia» aggiungo sorridendo.
«Grazie Gaia» risponde Patrizia sorridendomi. «Sei incantevole con questo abito» dice sorprendendo me ed Andrea ma, soprattutto, suo marito.
«Grazie» rispondo sorridendole.
Stefano non si scompone, quindi, accompagnata da Andrea, raggiungo Marco per fargli gli auguri.
È terribilmente nervoso ma anche piuttosto emozionato. «Vieni, ti presento i miei nonni» dice Andrea prendendomi di nuovo per mano e accompagnandomi verso un gruppetto di dolci e piuttosto giovanili signori.
«Sono i genitori dei tuoi? Tutti e quattro?» chiedo.
«Si, con loro c’è una cugina»
In effetti è vero. Tra di loro c’è una ragazza bionda, occhi verdi e un’acconciatura piuttosto semplice, quasi simile alla mia, con un delizioso chignon sulla nuca.
«Nonni, vorrei presentarvi la mia fidanzata» esordisce Andrea interrompendo il loro chiacchiericcio.
Le persone si voltano e soltanto due di loro mi sorridono: così capisco chi sono i nonni materni e quali quelli paterni.
«Nonni, vi presento Gaia. Gaia, ti presento i miei nonni» snocciola un paio di nomi e, infine, mi presenta sua cugina Matilde.
«E’ un piacere conoscervi» dico porgendo la mano a tutti.
«Il piacere è tutto nostro» risponde Matilde seguita soltanto da due dei nonni.
«Sei incinta, a quanto vedo, e nessuna fede al dito» borbotta il nonno paterno di Andrea.
Faccio un respiro profondo e sorrido, cercando di non rattristarmi. Devo farcela. L’ho promesso ad Andrea. «No, ancora nessuna fede al dito, ma arriverà presto e saremo ben lieti di avervi con noi quel giorno, insieme a nostro figlio che sarà magnifico con il vestitino uguale a quello del suo papà»
«O nostra figlia splendida come la mamma nel suo abitino color cipria…» interviene Andrea.
«Pronti, in ogni caso, a porgere le fedi alla mamma e al papà» concludo per lui sorridendo emozionata per l’eventualità di ciò che, in un prossimo futuro, accadrà.
Non credevo di riuscire a dare questo genere di risposta a gente che non conoscevo e, soprattutto, a persone più grandi di me.
Tutti restano ammutoliti, tranne Matilde che ci guarda sorridente e posso ben comprendere a quale lato della famiglia appartiene. «Ti va di sederti vicino  me?» mi chiede prendendomi a braccetto.
«Certo» mormoro guardando Andrea che mi sorride felice «Ci vediamo dopo» dico, invece, ai nonni.
«Mi è piaciuto quello che hai detto. Sei stata grande»
«Grazie. A dire il vero, non so nemmeno da dove mi sono uscite quelle parole» confesso seguendola dentro la chiesa, con il braccio ancora incrociato al suo.
«Resta il fatto che sei stata magnifica. Ho sentito delle voci in famiglia. Oltre al matrimonio di mia cugina, si parla molto di Andrea e della sua fidanzata»
«Immagino non siano tutti pareri positivi»
«Nella mia famiglia si. Mia zia, la madre di Andrea, non è così contraria al vostro bambino. È la famiglia del padre di Andrea ad avere dei problemi ad accettare una gravidanza prima del matrimonio. Sono ottusi, lasciali perdere. Essere incinta è una cosa stupenda»
«Si, quando non fai i conti con le taglie che aumentano o con gli sbalzi d’umore» rispondo ridendo.
Matilde mi segue a ruota, e così continuiamo a parlare allegramente, fin quando non mi raggiunge Andrea, comunicandomi che la sposa sta per arrivare e che Marco sta per entrare in chiesa accompagnato dalla madre.
«Dicevi sul serio quando hai detto che la fede al dito arriverà presto?» mi chiede Andrea mentre siamo seduti sulle panche in prima fila.
Guardo avanti, verso Marco che si sta torturando le mani e immagino il mio Andrea lì sull’altare a torturarsi allo stesso modo per l’ansia.
«Potrei averlo detto sul serio. Tu hai cambiato idea?»
«No, no… io aspetto te» dice sorridendomi malizioso.
«Poi ne parliamo» rispondo cercando di liquidare l’argomento.
Abbiamo tanto da affrontare per il momento. La gravidanza procede bene e sono già al quinto mese, ma abbiamo ancora tanto da affrontare e un neonato e un matrimonio da organizzare non è proprio il massimo.
Meglio fare le cose con calma e, magari, aspettare che il bambino abbia qualche anno prima di andare all’altare con Andrea.
«Prometti che non perderai questo spirito»
«Ti riferisci alla giornata o al nostro matrimonio?» chiedo alzandomi per guardare Martina avanzare accompagnata dal padre.
«Ad entrambe le cose, ma in particolare alla seconda»
«Farò uno sforzo» gli rispondo, sperando di chiudere lì il discorso. Gli sorrido e gli accarezzo la guancia, poi mi concentro sulla sposa che sta quasi arrivando all’altare.
Martina indossa un meraviglioso abito a sirena, color avorio e con dei ricami in pizzo lungo la schiena e ha uno strascico non troppo lungo.
Il velo le ricopre le spalle e il volto, incorniciato da morbidi boccoli, fermati da un prezioso gioiello nella parte posteriore della testa.
«E’ bellissima» mormoro guardandola arrivare da Marco. Non riesco più a vederla in volto ma, dall’espressione del suo futuro marito che sorride a sessantaquattro denti, anche lei deve essere piuttosto felice ed emozionata.
«Tua sorella è stupenda» mormoro ammirandola ancora.
«E’ mia sorella… per forza è stupenda» gli sorrido emozionata per le parole che ha rivolto a Martina e ritorno a guardare verso la sposa.
Dopo che il padre di lei prende posto accanto a Patrizia e che gli sposi sono davanti il sacerdote, comincia la cerimonia.
Per fortuna non piango, ma ho gli occhi lucidi per tutto il tempo.
«Tutto ok?» mi sussurra Andrea all’orecchio.
Mi volto a guardarlo ed annuisco.
«Tra  poco saranno marito e moglie» dice guardando verso l’altare e prendendomi la mano.
«Preparati alle mie lacrime» rispondo trattenendo un grande sorriso.
Restiamo mano nella mano per il resto della cerimonia e, dopo l’annuncio della nuova coppia di sposi e il loro bacio che suggella la loro promessa d’amore, tutti in chiesa scoppiano in un lungo applauso fin quando Martina e Marco non si voltano verso la folla mano nella mano.
«Dobbiamo rimanere per le foto sull’altare» mi dice Andrea alzandosi.
«Ti aspetto fuori, se vuoi. Raggiungo tua cugina»
«Non dire stupidaggini. Vieni»
Faccio un lungo respiro e, mentre raggiungiamo i neo sposi, mi metto una mano sulla pancia, attratta da un piccolo guizzare nel mio ventre.
Mi fermo seguendo il piccolo movimento con la mano e Andrea, preoccupato, mi guarda. «Cosa c’è? Senti di nuovo dei dolori?» chiede.
«No. Credo di averlo…» lo guardo e sorrido con le lacrime agli occhi «L’ho sentito muoversi»
«Davvero?» chiede lui ridendo e accarezzandomi la pancia.
«Lo senti?» gli chiedo.
«No. Si muove ancora?»
«Non lo sento più…»
«Oh mio dio… non vedo l’ora di rimanere solo con te stanotte per tenere l’orecchio attaccato alla tua pancia»
Gli sorrido e mi butto su di lui abbracciandolo forte e piangendo contro il suo collo.
«Amore, non piangere, ti prego…»
«Sono felicissima»
«Ti amo… ti amo tantissimo e amo anche quel fagiolino lì dentro»
«Cosa succede?» chiede preoccupata la madre di Andrea avvicinandosi a noi.
«Gaia ha sentito il piccolo muoversi» spiega lui.
«Davvero?» chiede lei piacevolmente sorpresa.
Annuisco e mi asciugo le lacrime. «Verrai a fare le foto con noi?» mi chiede.
La sua domanda mi spiazza ma mi fa piacere. «Certo» rispondo sorridendo. Lei ricambia e ritorna sui suoi passi, raggiungendo il marito.
«A quanto pare mia madre si sta convertendo»
«Devo preoccuparmi?» chiedo pensando a quando mi ha chiaramente detto che non sarei stata la benvenuta a questo matrimonio.
«No. Pensa soltanto a noi tre»
Gli sorrido di nuovo e, dopo essermi accertata che il trucco non sia stato danneggiato dalle mie lacrime di gioia, io e Andrea ci avviciniamo all’altare dove Martina e Marco ci attendono per la foto.
Facciamo loro le congratulazioni con abbracci e baci e, finalmente, facciamo le foto sia con gli sposi che con i genitori di Andrea.
«Andiamo» dice quest’ultimo prendendomi per mano e portandomi fuori dalla chiesa. Qualche vecchio amico lo ferma per salutarlo, ma lui liquida tutti velocemente e corre fuori con me al seguito.
«Per quanto mi esalti la voglia di stare con te in qualsiasi posto tu mi stia portando, ti ricordo che ho un paio di scarpe con dodici centimetri di tacco e sono incinta, quindi ti pregherei di rallentare la tua marcia»
Andrea mi guarda e rallenta, avvicinandomi al suo corpo e abbracciandomi. «Ti voglio tutta per me per qualche minuto»
«Ma dobbiamo finire il servizio fotografico»
«Li raggiungeremo dopo» mormora circondandomi il volto con le mani e baciandomi dolcemente.
«Posso essere così felice?» sussurra sulle mie labbra. Apro gli occhi e lo vedo tenerli ancora chiusi.
«Sei felice?»
«Tantissimo»
«Io sono spaventata»
Mi rivolge uno sguardo dolce e riprende a baciarmi di nuovo. «Ci sarò io al tuo fianco. Non ti lascio da sola, intesi? Non sarai mai sola. MAI!»
Questa volta comincio io a baciarlo fin quando non sentiamo gli invitati, fuori dalla chiesta, lanciare addosso agli sposi riso e petali fuori dalla chiesa.
«Andiamo?» mi chiede sorridendo.
Annuisco e lo prendo per mano, ritornando tra la folla.
Restiamo a chiacchierare con qualche parente di Andrea; vengo presentata a tanta gente e, da quanto ho capito, mi sta risparmiando tutto il lato paterno della sua famiglia.
Tutti sono molto gentili con me e, dai loro sorrisi e dai loro affettuosi abbracci, capisco che sto piacendo. Almeno a loro…
Forse è troppo presto per parlare. Meglio aspettare la fine di questa giornata.
Patrizia non si è più avvicinata a noi ma Andrea non mi ha di certo fatto mancare le risate. Ho capito che sta cercando di distrarmi e di non farmi pensare al fatto che gran parte della sua famiglia, in questo momento, mi stia odiando.
«Tesoro, tutto bene?» mi chiede una voce che non conosco ancora bene.
Sono rimasta da sola mentre Andrea sta facendo alcune foto con la sorella, quindi sono esposta a critiche e insulti. Chiunque può avvicinarsi e cominciare ad attaccarmi. Vorrei soltanto non innervosirmi troppo. Il dolore che ho provato la sera di Natale mi ha fatto spaventare seriamente. Non voglio ripetere l’esperienza.
«Buongiorno» rispondo constatando che si tratta soltanto della nonna materna di Andrea. Lei si chiama Agata.
«Come stai?» mi chiede.
«Tutto bene. Posso fare qualcosa per lei?» chiedo aiutandola a sedersi su una panchina fatta di fieno.
«Oh no, cara… piuttosto, posso fare io qualcosa per te?» mi chiede guardandomi con dolcezza.
«No, non credo, ma grazie per essersi offerta» rispondo sorridendole.
«Mio nipote è totalmente dipendente da te, lo sai?»
«Lo spero…» rispondo ridendo «Perché sono totalmente dipendente da lui anch'io»
Mi sorride e mi da dei colpetti sulla coscia per rassicurarmi. «A che mese sei?» mi chiede.
«Quinto. Non vedo l’ora di tenere lei o lui tra le mie braccia»
«E’ proprio una bella sensazione, vero?»
Annuisco e metto le mani sul ventre, sperando di sentire qualche altro movimento.
«Non hai pensato di interrompere la gravidanza, all’inizio?» mi chiede e io mi rabbuio. La guardo preoccupata; pensavo fosse dalla parte dei “buoni”.
«No, tesoro, non spaventarti. Sono felice che tu abbia deciso di tenere il bambino, ma mi chiedo cosa ti ha portato a prendere questa decisione» dice notando il mio cambiamento di umore.
«E’ stato Andrea» mormoro guardandomi le scarpe, dopo qualche secondo «Lo desiderava così tanto che non me la sono sentita di dirgli che volevo abortire e poi, in fondo in fondo, anch'io lo volevo. Mi sono chiesta come avrei reagito ad un aborto e le sensazioni non mi sono piaciute per niente»
«Hai fatto bene, tesoro. Hai fatto veramente bene. Non vedo mio nipote molto spesso, ma oggi mi è sembrato diverso. Un uomo. Si, è decisamente un uomo»
Le sorrido grata e mi volto a guardare orgogliosa Andrea. «Mi dispiace di avervi portato via vostro nipote. Non lo vedete spesso per colpa mia»
«Cosa stai dicendo?» mi chiede.
«Io vivo a Londra e lui ha deciso di seguirmi»
«No, non è questo il motivo per cui non vediamo spesso Andrea. Non è un tipo che ama andare a trovare i nonni. Nemmeno quando viveva qui veniva a trovarci»
Le sorrido e lei mi circonda le spalle con un braccio; rimaniamo in questa posizione fin quando Andrea non torna da me «La mia cara nonnina ti ha raccontato qualche aneddoto divertente del sottoscritto?» chiede ridendo.
«Si, me ne ha raccontato tantissimi» dico prendendolo in giro.
«Sul serio?» chiede ancora, stavolta spaventatissimo.
«No» rispondo scoppiando a ridere.
Mi fa una smorfia divertente, poi mi abbraccia. «Ti amo anche se sei perfida»
Gli sorrido e lo bacio teneramente. «Lo hai sentito ancora?» mi chiede spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«No, non si è fatto più sentire. Magari dorme»
«Probabile»
«Ehi, ragazzi! Andiamo!» 
Dopo aver finito di scattare tutte le foto per il servizio, gli amici degli sposi richiamano la nostra attenzione «Dove andiamo adesso?» chiedo mentre ci dirigiamo alle macchine.
«Loro al ristorante, noi in un altro posto»
«Dove?» chiedo ancora.
«Lo vedrai…» mormora trattenendo il sorriso. Non chiedo più nulla, tanto so che non mi risponderà.
Per tutto il tragitto in macchina restiamo in silenzio, ma conosco questa strada… l’ho percorsa per cinque anni. Ho vissuto in questi posti per cinque anni.
«Mi stai portando a scuola?» chiedo sorridendo.
«Sembra così diversa adesso che siamo cresciuti» mormora lui spegnendo l’auto davanti i cancelli.
«Già»
La conversazione muore mentre entrambi guardiamo l’edificio dove hanno avuto luogo, per cinque anni, le nostre battaglie. «Sembra passato un secolo» dico infine.
«Invece sono passati soltanto pochi anni»
«Quattro…» specifico.
Restiamo di nuovo in silenzio, fin quando Andrea mi prende le mani «Ho bisogno di te, Gaia» mormora ed io resto un po’ sorpresa. «Il sentimento che provo per te è qualcosa che non avevo mai provato e ti chiedo davvero di passare il resto della tua vita con me. Non adesso, non domani, né la prossima settimana, ma in futuro…»
«Andrea… lo sai» rispondo sorridendo cercando di rassicurarlo.
Lui annuisce e si avvicina per baciarmi «Oggi ho immaginato te sull’altare» confessa ridacchiando.
Annuisco e rispondo che anch'io l'ho immaginato nei panni dello sposo.
«Arriverà, vero?» mi chiede.
«Non devi dubitarne. Arriverà. Non sappiamo quando, ma arriverà»
Lui annuisce e, dopo un lungo bacio mozzafiato, ci rimettiamo in marcia, verso il ristorante…
«No…» mormoro riconoscendo il luogo.
«Che cosa c’è?» chiede Andrea preoccupato, scendendo dalla macchina.
«Eravamo qui al matrimonio di Serena»
«Si, me lo ricordo. Tu fai finta di niente» Mi sorride infondendomi coraggio, mi prende per mano entrando nel grande locale e incontrando subito i suoi genitori.
«Buonasera» li saluto sorridendo timidamente. Nonostante i passi avanti di questa mattina con Patrizia, adesso non voglio illudermi.
«Buonasera Gaia» mi risponde proprio lei, ma non c’è nessun sorriso ad illuminarle il volto ed io mi sento così in colpa.
Loro oggi dovrebbero avere il sorriso stampato in faccia, invece io sto rovinando tutto.
Lascio la mano ad Andrea e mi siedo su un divanetto, non molto lontano dagli altri. Nonostante ciò, sono seduta da sola.
Andrea è andato con il padre e non deve essersi accorto che sono rimasta indietro.
Ne approfitto per guardarmi intorno e stare un po’ con il mio bambino. Tutti sono così felici e contenti. Corrono di qua e di là facendo gli auguri ai genitori degli sposi e ai vari parenti più intimi. Tutti sembrano c’entrare qualcosa in questo posto, mentre io mi sento sempre più a disagio. Mi alzo ed esco, dirigendomi dove so che non dovrei andare, perché quello è il luogo che mi ricorda quella disastrosa sera, quando ho detto ad Andrea che non mi sarei più potuta fidare di lui; la sera in cui mi ha confessato, per la prima volta, di amarmi.
Sorrido se ripenso a quel momento, ma per il resto è tutto da dimenticare.
L’ultima volta che sono venuta qui, io e Andrea stavamo per dirci definitivamente addio, mentre adesso aspettiamo un bambino.
Devo dire che le cose sono piacevolmente cambiate…
Faccio un respiro profondo e mi metto le mani sul ventre, chiudendo gli occhi e immaginando di accarezzare direttamente mio figlio.
Non posso credere che qualche ora fa l’ho sentito… per tutta la giornata ho sperato che succedesse di nuovo, ma niente.
Sospirando, mi dirigo in bagno prima di ritornare nella sala.
Oh dio, quando finirà questa giornata?! Voglio stare nel mio morbido e comodo pigiama, nel mio morbido e comodo letto, preferibilmente abbracciata ad Andrea. Ultimamente sono più comoda se lui rimane vicino a me perché fa in modo che io possa dormire con una gamba su di lui. È l’unica posizione che riesco ad assumere e che mi faccia riposare.
Dopo la sosta al bagno, ritorno nel piccolo salone antistante l’entrata della sala principale. Il posto che occupavo prima purtroppo è stato preso da qualcun altro, così non mi resta che appoggiarmi alla parete vicino al pianoforte e attendere. Nel frattempo, ne approfitto per mandare un messaggio alla mia amica.
Non l’ho nemmeno avvisata dell’importante novità di oggi.
Estraggo il cellulare dalla pochette e digito velocemente il testo “Siamo al ristorante. Mi fanno male i piedi, non c’è un posto libero, tutto mi ricorda quando ti sei sposata tu. Andrea mi ha abbandonata, ho fame, tanta fame e credo di essere più grossa di stamattina. Ho l’impressione che la mia pancia aumenti ogni ora! Ah, a proposito: il tuo nipotino si è mosso
«Ehi…»
Alzo lo sguardo e Andrea mi sorride. «Ehi!» esclamo sorridendogli a mia volta.
«Tutto ok?» chiede.
«Certo» rispondo cercando di sembrare felice ma, in realtà, vorrei soltanto andare via. Mi sento un’esclusa e non voglio apparire così agli occhi di Andrea.
«Hai visto qualcuno?» mi chiede accompagnandomi nella sala.
«No, avrei dovuto?» 
Non risponde, ma si limita a sorridermi. Quando raggiungiamo il tavolo della famiglia della sposa, mi rendo conto che tutti sono al loro posto, ma nessuno si è disturbato a farmelo sapere. Magari Andrea era già dentro e si è accorto che aspettavo ancora fuori.
Stupida che sono! Mi sto rendendo soltanto ridicola.
«Faccio da sola» mormoro infastidita al gesto cortese di Andrea di spostarmi la sedia per farmi sedere.
Lui fa come gli ho detto e si siede al mio fianco. «Stai bene?» mi chiede.
Mi guardo intorno e noto che un paio di persone mi stanno squadrando.
«Si, sto bene» rispondo sorridendo a stento.
Se prima avevo fame, adesso mi si è chiuso lo stomaco.
La felicità che ho provato oggi pomeriggio mentre Martina avanzava verso l’altare, o quando lei e Marco si sono scambiati le promesse, o quando sono usciti dalla chiesa come marito e moglie, è scomparsa adesso che sono entrati in sala e il dj ha messo la loro canzone per il primo ballo.
Mi sento triste, tanto, se penso che a questo tavolo ci sono a malapena sei persone con cui andrei d’accordo.
Concentrati su di loro!!” mi suggerisce la coscienza, ma non riesco a sciogliere la tensione e l’imbarazzo.
Andrea mi tiene per mano tutto il tempo mentre rimango appoggiata allo schienale della sedia, completamente abbattuta.
Sono nella tana del lupo… sento che prima o poi scapperò via a gambe levate.
«Non so cosa ti succede, ma per favore, non roviniamoci la serata» mi sussurra Andrea all’orecchio.
Lo guardo negli occhi e annuisco semplicemente. «Per favore» dice ancora.
«Ho capito» rispondo facendo spazio al cameriere che sistema davanti a me il piatto con l’antipasto.
Oddio… gamberetti in salsa rosa.
Provo a non aspirarne l’odore e ne prendo uno con la forchetta.
Dio mio, ha un gusto terribile!
Allontano il piatto e Andrea se ne accorge. «Non gli piace, vero?»
«Direi di no»
A quanto pare la famiglia del mio fidanzato e il pesce non sono proprio di gradimento al piccolino che cresce dentro di me, perché comincio a sentire il bisogno del bagno.
Prendo la pochette che avevo appoggiato sul tavolo e mi alzo in fretta, correndo sui tacchi, verso l’uscita della sala. Me ne frego della gente che mi guarda e che probabilmente crede che sia improvvisamente impazzita o abbia litigato con Andrea. Riesco a raggiungere in tempo il bagno; trovo una cabina libera e mi ci chiudo dentro, riuscendo a svuotare lo stomaco. «Accidenti!» mormoro appoggiandomi una mano sulla fronte.
«Gaia, tutto bene?»
È la madre di Andrea. Ma cosa fa lei qui?
«Si» mormoro tirando lo sciacquone e uscendo allo scoperto. 
«Sei pallida» mi fa notare.
Mi guardo allo specchio e chiudo gli occhi. Non posso né rinfrescarmi il viso né sciogliermi lo chignon che mi sta facendo venire mal di testa per colpa di tutte quelle forcine; mi limito, quindi, a sciacquare la bocca e ritornare nella sala.
«Stai bene?» mi chiede sinceramente preoccupata.  
«Gli odori…» inizio facendo dei respiri profondi. «Mi danno veramente fastidio. Non avevo pensato a questa cosa»
Mi sorride e si avvicina per abbracciarmi «Sei così inesperta… mi ricordi tanto me quando ero incinta di Martina» dice e scioglie l’abbraccio.
Le sorrido timidamente e lei si asciuga una lacrima. Oddio no… ci manca soltanto questo.
«Andrà tutto bene» mi incoraggia.
«Lei dice? A me sembra di essere una specie di mostro guardata da tutti»
«Non sei un mostro e forse, beh… forse tutti ti guardano, è vero…»
«Già…»
«Coraggio. Non pensiamoci e torniamo in sala, altrimenti Andrea si precipiterà qui»
«Pensavo sarebbe venuto lui» confesso mentre usciamo dal bagno.
«Si, stava per alzarsi, ma l’ho fermato dicendo che sarei venuta io a vedere come stavi»
«Grazie» rispondo e lei mi circonda le spalle con un braccio, stringendomi forte e tenendomi vicino a sé.
Oh, mi sembra così materna e buona nei miei confronti… totalmente diversa dalla persona che ho incontrato qualche giorno fa.
Appena varchiamo la soglia della sala principale, scorgo lo sguardo di Andrea, sorpreso quanto me di vedere la madre che mi abbraccia.
«C’è qualcosa che vorresti mangiare?» mi chiede.
«No, grazie. Per il momento credo di essere a posto così. Non vorrei ritornare a far visita alla toilette»
Lei mi sorride e, poco prima di arrivare al tavolo, mi lascia.
Lancio un’occhiata a Martina che mi sorride dolce e, quando le indico il piatto con i gamberetti, mi fa una faccia dispiaciuta per non averci pensato prima.
Le sorrido, tentando di rassicurarla, e afferro un grissino, sgranocchiandolo. «Stai bene?» mi chiede Andrea accarezzandomi la schiena.
«Ho lo stomaco un po’ sottosopra, ma sto bene. Spero di riuscire a mangiare il primo»
«Mi dispiace, avrei dovuto farti preparare qualcosa che non fosse pesce»
«Non preoccuparti, sul serio…» tento di rassicurarlo, prendendo la sua mano e posandola sulla mia pancia, nascosta alla vista del resto degli invitati.
Guardo il mio fidanzato sorridere e un po’ del malumore provato in precedenza passa..  «E’ morbida» dice.
«Si, lo è»
Appoggio la testa sulla sua spalla mentre la musica risuona all’interno della sala e tutti, all’interno, chiacchierano felici. Gli sposi conversano tra di loro oppure si alzano per raggiungere chi non sono ancora riusciti a salutare.
Tutto sembra così giusto qui dentro, mentre io continuo a sentirmi un’estranea.
Andrea sta chiacchierando con un amico di Marco. Si stanno mettendo d’accordo per non so cosa… forse uno scherzo da fare agli sposi prima che vadano via.
Lo guardo e mi sembra felicissimo con la mano che accarezza il mio ventre e un’espressione serena sul volto.
Senza dubbio, lui è super felice questa sera.
«Il mio primo nipotino come sta?» chiede qualcuno.
Mi volto e il viso raggiante di Martina compare a pochi centimetri di distanza da me.
«Sta bene… oggi l’ho sentito muoversi» annuncio fiera.
«Davvero? E si è mosso ancora dopo?» chiede avvicinandosi e sedendosi sulla sedia di Andrea.
«No, purtroppo non l’ho più sentito»
«Posso?» chiede sorridendo.
Annuisco felice e lei posa le mani sul mio piccolo ventre. «E’ magnifico. Immagino come deve essere sentirlo»
«E’ una sensazione strana ma bella. Sei consapevole che un’altra vita sta crescendo dentro di te»
«Accidenti, non vedo l’ora di rimanere incinta»
Le sorrido e l’abbraccio «Ti cambierà veramente la vita» mormoro.
«Gaia, volevo chiederti scusa per non aver pensato ad un menu diverso per te. Mi sento in colpa»
«Non essere sciocca! Non devi preoccuparti e poi non ho molta fame»
«Mi dispiace anche per come si sta comportando mio padre»
«Martina, per piacere, non pensarci. Oggi è il tuo giorno e devi essere felice! Non intristirti per me. Divertiti»
Lei mi sorride e mi guarda con uno sguardo dolce. «Sei un tesoro. Questo bambino avrà i migliori genitori che si possano desiderare»
«Grazie» rispondo con le lacrime agli occhi. «Ti voglio bene»
«Oh Gaia, ti voglio tanto bene anch'io» esclama buttandomi di nuovo le braccia al collo.
«Signora, suo marito la sta cercando» dice qualcuno avvicinandosi al tavolo.
Alziamo lo sguardo e notiamo che si tratta di Andrea che sorride compiaciuto.
Martina si alza, mi saluta, lascia un’ultima carezza sul mio pancino e si allontana «Smettila di chiamarmi signora!» rimprovera il fratello mentre lui le bacia di sfuggita la guancia.
«Di cosa parlavate?» mi chiede una volta seduto accanto a me.
«Niente di che. Dove sei stato?» gli chiedo accarezzandogli i capelli.
«Fuori, con i ragazzi»
«Cosa avete combinato tu e quel ragazzo che era al tavolo prima?»
«Niente di che… abbiamo soltanto riempito la macchina di Marco di schiuma da barba e palloncini»
Vabbè, un classico. Anche al matrimonio di Serena, gli amici di Massimo lo hanno fatto, quindi, c’è qualcosa che non mi torna stavolta…
«Qualcosa mi dice che non è l’unica cosa che avete fatto»
Lui ride e mi guarda. «Ho una fidanzata troppo intelligente» dice ridendo.
«Modestamente»
Ride ancora, sembra che la cosa sia super divertente «Abbiamo riempito i sedili anteriori e posteriori di preservativi fluorescenti e biancheria intima femminile. Idea mia»
Adesso rido anch'io per l’assurda idea che gli è venuta in mente. «Almeno ne avranno per un po’ e Martina si è guadagnata della biancheria nuova» dico.
«Beh, i preservativi non serviranno a molto»
«Serviranno a molto invece… se non vogliono diventare genitori a nemmeno un anno dal matrimonio» mormoro senza rendermene conto.
Soltanto quando capisco quello che ho detto, guardo in volto Andrea e ho l’assoluta certezza di avergli appena rovinato la serata. «Non era quello che intendevo, io…»
«Non è mai quello che intendevi» dice e si alza lasciandomi da sola al tavolo. Tutti stanno ballando o sono al bar per il caffè, quindi, per fortuna, non si accorgono del nostro battibecco.
Accidenti! Accidenti a me!
La serata stava trascorrendo bene. Ero riuscita a mandar giù qualcosa e qualcuno della famiglia aveva anche cominciato a parlarmi, invece, adesso, ho mandato tutto  nel cesso!
Mi alzo, recuperando la stola e la pochette e mi dirigo verso l’esterno, dove credo sia andato Andrea.
L’ho profondamente offeso e vorrei dirgli che mi dispiace.
Riesco a malapena ad intercettarlo e mi sarei anche precipitata da lui, se non fossi stata fermata da Patrizia. «Gaia…» sembra preoccupata.
«Mi scusi ma non posso fermarmi devo andare da Andrea, devo parlargli di una cosa importante» dico frettolosamente.
«No, un momento. Ho bisogno di dirti una cosa»
Sembra piuttosto preoccupata, quindi annuisco e mi preparo all’ascolto.
«Credo di aver sbagliato a giudicarti male quando abbiamo saputo del bambino. Io sono felice per voi, anche se non l’ho proprio dimostrato in queste settimane»
Oh mio dio… non posso crederci. Credo, invece, di avere le lacrime agli occhi. «Ma mio marito non la pensa allo stesso modo come tu ben sai…»
Annuisco e mi sorprendo di non aver pensato prima al “ma” «Per questo non posso darvi il mio appoggio»
«Ma…»
«No, non dire niente per favore. È già abbastanza difficile per me dirti questo, perché mi dispiace davvero molto. Vorrei provare a far ragionare mio marito e, negli ultimi giorni, ho provato davvero di tutto, ma non è un uomo che cambia idea facilmente. Mi dispiace»
«Che succede?» chiede una voce a me familiare.
Mi volto e Andrea guarda me e sua madre in cagnesco.
«Nulla tesoro, stavo soltanto chiacchierando con la tua fidanzata»
Lui mi guarda male e si volta per andarsene. 
«Avete litigato?» mi chiede.
«E’ colpa mia…» mormoro abbassando la testa e spostando il peso da un piede all’altro. «Vado a risolvere» aggiungo.
«Gaia! Spero di essere stata chiara» si assicura «Su tutto…»
«Si, ho capito tutto. Dispiace anche a me, più di quanto lei possa credere»
Mi guarda dispiaciuta, ma mi volto e raggiungo Andrea che sta ridendo con gli amici come se niente, tra di noi, fosse successo «Possiamo parlare?» chiedo prendendolo per un braccio.
«E se io non volessi parlare con te?» è antipatico. Per un momento mi ricorda il vecchio Andrea, quello dei tempi del liceo.
«Dovrai parlare con me, che ti piaccia o no. Porto in grembo tuo figlio!»
«Già, il figlio di cui avresti voluto sbarazzarti sin dall’inizio» dice con cattiveria.
«Non ti permetto di parlarmi in questo modo, Andrea!» esclamo puntandogli un dito contro. «Non dopo tutto quello che ho sopportato oggi!»
«Perché, che cosa hai sopportato??!» urla facendo girare qualche volto verso di noi.
Raddrizzo la schiena e chiudo gli occhi, facendo un profondo respiro per calmare il battito accelerato del mio cuore. Quando li riapro lui si sta passando una mano fra i capelli. È stanco e capisco che, tutto quello che vorrebbe, è andare a casa sua e dormire, far passare questa giornata e darci un taglio.
Nel frattempo, tutti gli ospiti si sono spostati sulla terrazza del ristorante per gli ultimi festeggiamenti che prevedono il dolce e lo spumante.
«Ho cercato di non farti pesare la situazione che sta creando la mia famiglia ma tu non hai apprezzato nemmeno un po’ i miei sforzi»
«Io li ho apprezzati, invece! Scusa se, nonostante tutto, mi sono sentita a disagio tutta la sera. Tutti mi guardavano di traverso Andrea… non vedevo l’ora che questa giornata finisse. Prima che iniziasse la cena, eravate tutti seduti al vostro tavolo e nessuno della tua famiglia si è scomodato per farmelo sapere. Mi sono resa ridicola!!» urlo con le lacrime agli occhi.
Sta per dire qualcosa ma veniamo interrotti da una voce grave e autoritaria. «Andate via! Subito!»
Andrea impallidisce e capisco che si tratta di suo padre.
«Non avresti dovuto portarla qui, Andrea, quindi, ti chiedo di riportarla a casa e di ritornare al matrimonio di tua sorella da solo»
«Stefano…» la moglie prova a dissuaderlo ma lui è irremovibile.
«Mi sono stancato di questa situazione! Se vuoi tenere il bambino saranno problemi tuoi, mentre tu Andrea, hai una scelta da fare»
«Non sceglierò mai tra la mia famiglia e i miei genitori! Sei irragionevole!» urla Andrea alterandosi con il padre.
«Io sarei irragionevole? Chi è quello che ha messo incinta una ragazzina?»
Stavolta è Andrea a chiudere gli occhi e a fare un respiro profondo. «Non voglio tagliarvi fuori dalla mia vita. Per tutta la mia esistenza siete stati all’oscuro di tutto e adesso che sono veramente felice e vi voglio nella mia vita e in quella di mio figlio, volete voltarmi le spalle. Perché? Perché non possiamo lasciar perdere le stupide convinzioni dei nonni?»
«Non puoi avere figli prima del matrimonio. Nessuno l'ha mai fatto prima  e, di certo, non saremo noi a disonorare la famiglia»
Cosa?! Mio figlio sarebbe un disonore?! Sento la rabbia invadermi tutto il corpo e vorrei tanto dire qualcosa per ferirlo ma lascio perdere per non peggiorare ulteriormente la situazione. «Io me ne vado» mormoro stringendomi nella stola e voltandomi verso l’uscita.
«Dove stai andando?» mi chiede Andrea guardando prima me e poi i suoi genitori.
«A casa. Sono stanca e nemmeno tanto gradita. Rimani con la tua famiglia»
«Ah, perfetto… questo è il tuo perfetto pretesto per lasciarmi e magari dare via il bambino»
No, adesso basta!! Ne ho veramente abbastanza.
Mi volto e gli colpisco la guancia con una mano, guardandolo in cagnesco. «Ne ho veramente fin sopra i capelli delle tue accuse! Ho dovuto sopportare per giorni quelle dei tuoi genitori, oggi ho dovuto sopportare gli sguardi malevoli della tua famiglia e adesso anche questo! Basta! Mi sono stancata. Fatti una dormita nel letto di casa tua, ritorno nella mia. E se vuoi venire a prenderti le tue cose le troverai nell’ingresso. Lascia la chiave quando esci!» gli lancio un’ultima occhiata e mi volto correndo verso l’esterno.
«Gaia…» gli sento dire, ma non mi volto.
Che cosa mi è preso?!
L’ho lasciato davvero?
Scuoto la testa e prendo il cellulare per chiamare mia madre. Spero sia ancora sveglia nonostante sia l'una di notte.
«Tesoro, cos’è successo?» chiede preoccupata.
Ovviamente non si aspettava che la chiamassi.
«Puoi venirmi a prendere?» chiedo scossa dai singhiozzi.
«Cos’è successo?»
«Non voglio parlarne, mamma. Vieni a prendermi»
«Si, arrivo subito» sento il rumore delle chiavi, quindi doveva essere ancora alzata. 
Mi siedo su una panchina e attendo sperando che Andrea non mi trovi. Per il momento non voglio proprio né vederlo né sentirlo.
Voglio stare per i fatti miei.
«Gaia, per favore, non te ne andare» esclama Andrea uscendo dal ristorante.
«Lasciami in pace Andrea! Non voglio vederti, adesso!»
«Mi stai lasciando?» chiede con la voce spezzata.
Lo guardo mentre le lacrime scivolano lungo le mie guance e i singhiozzi mi scuotono il petto. «Voglio stare da sola adesso. Non voglio discutere più»
«Non puoi lasciarmi…» mormora avvicinandosi mentre faccio un passo indietro.
Proprio in quel momento, vedo la macchina di mia madre avvicinarsi, così, con lo sguardo ancora fisso in quello di Andrea, mi allontano da lui e salgo in auto. Una volta lontana da lui scoppio a piangere contro il finestrino. Mia madre mi accarezza la schiena, guardando sempre la strada, ma alla sua richiesta di spiegarle cosa è successo, rispondo negativamente e le dico di voler soltanto andare a casa e dormire.
Quando arriviamo salgo velocemente in camera, butto le scarpe in un angolo e mi tolgo questo maledetto vestito. Libero i miei capelli dalle forcine e indosso il pigiama, furiosa e triste. Sono sola…
Passerò la notte da sola.
Mi guardo intorno e tutto ciò che vedo appartiene ad Andrea. Ci sono i suoi jeans sul cassettone, alcune maglie sulla sedia, se entro in bagno c’è tutta la sua roba.
Scuoto la testa, tentata di fargli la valigia e lasciargliela di sotto, ma non voglio togliere le sue cose da casa mia… sembrerebbe una rottura vera e propria e noi non abbiamo rotto.
Abbiamo litigato, pesantemente, ma non abbiamo rotto.
Nervosa e con un diavolo per capello, forse anche per colpa degli ormoni, comincio a togliere la sua roba di mezzo, riponendola sgarbatamente nei cassetti.
Sento qualcuno bussare e quasi ho paura che sia lui.
«Tesoro, sono la mamma» mormora entrando.
«Voglio stare da sola»
«Cos’è successo?» mi chiede.
«Andrea ha insinuato che io questo bambino non lo voglia, non più. Sono stata guardata male per tutta la giornata, suo padre mi ha praticamente cacciata dal matrimonio e, alla fine, mi sono stancata di questa situazione»
«Oh piccola…» si avvicina al letto, abbracciandomi e stringendomi forte «Devi stare tranquilla…»
Piango contro la sua spalla per un tempo interminabile, fin quando non crollo esausta tra i cuscini. Sento mia madre lasciare la stanza e la mia inquietudine nel dormire da sola.
Dov’è Andrea? Non riesco a dormire senza di lui.
Mi sveglio nel cuore della notte per prendere un paio di cuscini; li dispongo al centro del letto, mi distendo nuovamente sul materasso e mi metto in posizione, ma niente… qui ci vuole soltanto Andrea… e mi manca da morire.
Mi manca lui, mi manca il suo tocco sulla mia schiena prima di addormentarmi, mi manca il suo respiro su di me, mi manca tutto!
 
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Eccomi di nuovo qui :)
Facciamo un piccolo riassunto: il matrimonio di Martina *_* l'incontro con i nonni paterni di Andrea, la lealtà di quelli materni e poi quel piccolo tuffo nel passato :)
Poi arriviamo alla parte più brutta. La piccola discussione con Andrea... che ne pensate? E, come se non bastasse anche la lite con il padre, fin quando Gaia non decide di andare via!
Il prossimo sarà molto più... PIU' di questo, quindi.... preparatevi!
Con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto, vi auguro buonanotte o buongiorno(dipende da quando lo leggete).
Al prossimo venerdì! :*
Francy <3

PS: Vi mostro le foto di Andrea e Gaia in questo capitolo :)

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Capitolo 32
*** 32. *L'inevitabile* ***


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Salve a tutti... :)
So che dopo l'ultimo capitolo che ho pubblicato adesso vi aspettate qualcosa di meraviglioso e sensazionale, ma soprattutto pieno di emozioni, ma la verità è che questo è uno dei capitoli che mi hanno fatto stare male, quindi forse ho esagerato a dire che sarebbe stato emozionante per voi, perchè magari non la vedrete così.
Spero, comunque, di riuscire ad emozionarvi. :)
Buona lettura.
Ci leggiamo alla fine!
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 32-
*L’inevitabile*
 
Mi sveglio con una strana sensazione.
Stanotte ho faticato a prendere sonno e adesso ho mal di testa e un dolore lancinante alla schiena.
Mi volto verso destra, volendo abbracciare la persona che dorme accanto a me, ma mi rendo conto che il posto accanto al mio è vuoto.
Andrea...
Dov’è?!
E immediatamente le immagini della sera prima mi si ripresentano vivide nella mia mente.
Il malinteso, io che cerco di chiarire con lui, sua madre che mi dice che la mia gravidanza le va bene ma non può dirlo apertamente a causa del marito, quest’ultimo che mi insulta e mi caccia via dal matrimonio.
Proprio un bel fine serata e pensare che avevo decisamente delle idee diverse su come passare la notte.
Sospiro e mi alzo, appoggiandomi alla testata del letto.
Mi guardo intorno e mi manca Andrea. Uffa! È possibile che non riesca a resistere per più di dodici ore senza di lui?
Mi alzo e, ciondolando verso il corridoio, scendo in cucina.
Trovo mia madre e Paul intenti a fare colazione e, solo adesso, mi rendo conto che è ancora presto. Sono soltanto le nove di mattina.
«Buongiorno tesoro» mi saluta mia madre guardandomi con circospezione.
«Ciao mamma. Buongiorno Paul» dico senza guardarli.
«Buongiorno cara» mi risponde lui guardando un po’ me, un po’ mia madre.
Prendo un po’ di succo di frutta dal frigorifero e ritorno in camera senza degnare nessuno di uno sguardo.
«Ha chiamato Andrea» mi dice mia madre mentre sto per uscire dalla cucina.
«Che voleva?» chiedo.
«Che lo richiami o che tu vada da lui»
Si può scordare che io vada da lui! Non dopo l’ultima volta che abbiamo litigato e sono andata a casa sua per chiarire! Assolutamente no!
Senza risponderle ritorno in camera mia.
Rimango sdraiata supina sul mio letto, con la maglia aderente che mette in risalto tutte le mie forme. Ogni tanto il mio sguardo cade sul piccolo rigonfiamento del mio addome e le lacrime scendono ai lati del mio viso.
Andrea mi ha chiamata circa venti volte soltanto questa mattina, ma non ho ancora intenzione di rispondere o di andare a casa sua.
Credo di averlo sentito al piano di sotto, ma forse mia madre ha ritenuto saggio non permettergli di salire, quindi ha desistito ed è ritornato a casa sua.
Nonostante la mia testardaggine nel tenerlo lontano da me, mi manca e non oso aprire i cassetti perché troverei le sue cose e non voglio stare peggio di quanto già non stia.
Poso una mano sulla pancia e chiudo gli occhi «Cosa devo fare, piccolino? Non so cosa fare con il tuo papà o con i tuoi nonni… Me lo dici tu?» chiedo trattenendo a stento le lacrime.
All’improvviso sento un altro guizzare all’interno del mio corpo e qualcosa sbattere contro la mia pancia.
Il mio bambino si sta muovendo e sono sicura che mi stia dicendo qualcosa, ma cosa?
«Vuoi che vada dal tuo papà?» chiedo e sento un nuovo calcetto contro la mia pancia. «E’ ancora troppo presto per andare da lui… la tua mamma non si sente pronta!»
Lo squillo del cellulare mi fa alzare di scatto gli occhi. Lo afferro ma, con un sospiro di sollievo, mi rendo conto che non è Andrea.
«Pronto…»
«Ciao tesoro. Come stai?»
«Ciao papà» rispondo sorridendo. Durante gli ultimi giorni non ci siamo sentiti spesso, a parte per gli auguri di Natale. Un po’ mi dispiace; avrei dovuto telefonargli più assiduamente per sapere come stava. «Sto bene, più o meno»
«Cos’è successo?» mi chiede.
«Ho avuto qualche problema con Andrea e con i suoi genitori»
«Gli avete detto del bambino?»
«Si e non l’hanno presa molto bene» mormoro asciugando una lacrima.
«Mi dispiace tesoro, vedrai che prima o poi anche loro accetteranno la situazione»
«Lo spero tanto papà! Lo spero davvero»
«Stai tranquilla, per favore. Fallo per te stessa e per il tuo bambino soprattutto»
«Ci provo, ma non è facile. Doveva essere una vacanza tranquilla, invece mi sto stressando»
«Quando tornate?»
«Credo dopo Capodanno» mormoro sperando che quel giorno arrivi presto.
Volendo cambiare discorso, gli chiedo come stanno Charlotte, Patricia e Brian. Nonostante i buoni rapporti con quest'ultimi, mi suona un po’ strano informarmi su di loro.
«Stanno abbastanza bene. Charlotte ha preso la febbre la Vigilia di Natale ed è a letto da quella sera, poverina»
«Oh, mi dispiace. Spero le passi presto e si goda almeno il Capodanno»
«Si, è esattamente quello che ha detto lei» mormora ridacchiando.
Sorrido anch'io immaginando il broncio della mia sorellastra costretta a rimanere a letto per tutto il tempo saltando le serate con gli amici. Il termine "sorellastra" mi da l’impressione di una persona cattiva e Charlotte di certo non lo è.
«Brian, invece, sta cercando di smaltire i chili che ha preso in questi giorni. Forse ha esagerato un po’…»
Scoppio a ridere, mentre nella mia mente si forma l’immagine di Brian che cerca a tutti i costi di rientrare nel suo peso forma. Peggio di una donna…
«E’ quella sconsiderata della mia sorella acquisita? Voglio parlarle!» sento urlare in sottofondo.
«Non mi sem…» papà non riesce nemmeno a finire di parlare perché Brian gli strappa il telefono dalle mani.
«Dove sei finita?» chiede brusco e, per un attimo, ho paura che sia di nuovo arrabbiato con me.
«Sono a casa mia, in Italia»
«E quel decerebrato del tuo fidanzato si può sapere dov’è finito? Dovevamo vederci in video chat per la nostra sessione di allenamenti»
Oh, questa è bella. Brian e Andrea che fanno gli allenamenti insieme.
«Ehm… non è qui al momento» e non credo che lo troverai tanto presto vorrei aggiungere, ma poi lascio perdere. Non occorre che anche lui sappia dei miei problemi.
«Puoi dirgli gentilmente di farsi sentire? Ho bisogno di qualche suo consiglio e al telefono non risponde»
Si, posso immaginare il motivo per cui non risponde al cellulare. Sarà talmente arrabbiato con il mondo intero, con se stesso e con me che non avrà voglia di sentire altre persone. «Riferirò, tranquillo» mormoro chiedendomi come fare.
«Grazie. Allora… come stai?»
«Direi piuttosto bene» rispondo toccandomi di nuovo la pancia.
«Mio nipote sta bene?»
Oh, accidenti! Questa si che è nuova e bella da sentire!
«Si, sta bene!»  esclamo sorridendo.
Adesso penso proprio che vorrei averli qui almeno per un giorno. Vorrei trascorrere un po’ di tempo con loro e questi pensieri mi sorprendono perché non avrei mai pensato di dire una cosa del genere in vita mia. Non solo mi ritrovo a voler bene a tutti loro, ma mi accorgo anche di non poter fare a meno di loro.
«Posso chiederti una cosa?» chiedo. Chi meglio di lui può dirmi come sta nostro padre?
«Ma certo. Spara pure!»
«Papà sta bene?»
«Si, si sta riprendendo alla grande. Anche i mal di testa dovuti al trauma stanno sparendo»
«Credi che possa affrontare un viaggio?»
«Non saprei. Dovremmo chiede al medico. Perché? Cos’hai in mente?»
«Mi piacerebbe trascorrere il Capodanno qui con voi, sempre se non avete altri programmi»
«Sarebbe fantastico! Così potrei picchiare di persona quel fidanzato da strapazzo che ti ritrovi» lo sento ridacchiare ma, per quanto voglia stare al suo stesso gioco, non riesco a cogliere il lato divertente della situazione.
«Forse non lo troverai» mormoro senza neanche rendermene conto.
«Che significa?» chiede Brian.
«Niente di importante, lascia stare»
«Gaia, cos’è successo?»
Faccio un respiro profondo e decido che, magari, raccontarglielo mi farà bene. «Abbiamo litigato a causa del bambino e dei suoi genitori che non accettano la situazione»
«Ha cambiato idea, per caso?»
«No, niente del genere ma ieri sera, al matrimonio di sua sorella per sbaglio, ho detto qualcosa riguardo al non fare figli almeno nel primo anno di matrimonio e lui si è arrabbiato»
«Mi dispiace… sono sicuro che tu non volessi dire nulla di brutto»
«E infatti quella era mia intenzione. Quella frase mi è sfuggita e, se lo avessi pensato veramente lo avrei tenuto per me»
«Dai, tra qualche giorno tutto sarà passato e dimenticato»
Sorrido come se lui potesse vedermi e annuisco, sperando che questo periodo da schifo passi velocemente. «Tu fammi sapere se potete partire, ok? Adesso lo accenno a papà»
«Ok, te lo passo allora»
«Va bene. Ciao Brian»
«Ciao Gaia»
Qualche secondo dopo il telefono passa di nuovo a mio padre. «Di cosa avete parlato voi due?» chiede.
«Oh, niente… non stiamo complottando nulla, tranquillo»
Mio padre scoppia a ridere ed io lo seguo a ruota. «Mi piace che abbiate instaurato questo rapporto. Ne sono felice»
«Anche io, papà. Senti, stavo pensando una cosa e ne ho già parlato con Brian»
«Di cosa si tratta?»
«Se il medico ti da il via libera per poter viaggiare, potreste raggiungere mamma e me qui e trascorrere il Capodanno con noi. Ti va l’idea?»
«Si, credo si possa fare»
«Ma soltanto se il medico ti dice di si, ok? E comunque parlane con Patricia»
«Sarà fatto. Ti farò sapere presto»
«Grande! Allora poi ci risentiamo»
«Si, tesoro. E mi raccomando cerca di fare pace con Andrea. Voglio trovarvi insieme quando vengo, ok?»
«Va bene, papà»
Ci salutiamo e, ben presto, mi ritrovo di nuovo a fissare il soffitto e a sperare di non cedere alla tentazione di chiamare Andrea.
Proprio in quel momento sento qualcuno bussare alla porta della mia camera e quasi ho paura che sia Andrea.
«Sono Serena. Posso entrare?» chiede la mia amica.
Mormoro un “si” e lei entra. Quando mi vede corre subito ad abbracciarmi. «Cos’è successo?» mi chiede stendendosi accanto a me sul letto.
Le racconto tutto quello che è successo ieri. Dalla risposta ai nonni paterni di Andrea, alla cugina Matilde, a quello che è successo in chiesa e a quando ho parlato con la nonna materna del mio fidanzato. Racconto alla mia amica di quanto mi sono sentita a disagio durante la cena e del mio litigio con Andrea.
Lei mi abbraccia, mi tiene stretta al suo corpo e cerca di tranquillizzarmi mentre i miei singhiozzi non fanno altro che scuotermi da dentro. Sento che ho bisogno dell’abbraccio affettuoso della mia amica ma, in qualche modo, non posso fare a meno di pensare che ho bisogno di quello di Andrea.
Una parte di me vorrebbe chiamarlo, dirgli di raggiungermi e fare pace, ma l’altra vorrebbe tenerlo ancora a distanza, perché non voglio più sentirmi dire quelle cose da lui e un po’ perché, tenendolo lontano da me, sono anche al riparo dai giudizi negativi dei suoi genitori.
So che ho sbagliato facendomi scappare di bocca quella sciocchezza, ma non intendevo davvero quello che purtroppo ho detto.
«Ti va di andare a prendere una boccata d’aria?» 
Nego con la testa e mi rannicchio vicino al cuscino di Andrea. «Ti farà bene uscire, Gaia. Andiamo in giro per negozi, compriamo qualcosa, chiacchieriamo, scherziamo. Facciamo quello che avremmo fatto in queste occasioni quando eravamo più piccole»
La guardo e forse un po’ potrebbe avere ragione. In fondo non faccio altro che passare il mio tempo a casa… con Andrea.
Si, uscire mi farà sicuramente bene.
«Ok» mormoro con voce roca.
La mia amica annuisce e si affretta a passarmi una maglietta trovata in giro per la camera.
 
«Che ne pensi di questo? Ti piace?» mi chiede Serena mostrandomi una tutina bianca con dei fiorellini rossi.
«E’ carina, ma non so se potrebbe andare bene. Non credo che la userò se sarà maschio»
«Si, hai ragione» risponde la mia amica ridendo.
Stiamo facendo shopping da un po’ e non mi sentivo così bene in sua presenza da molto, molto tempo.
Abbiamo preso una cioccolata calda in un bar in centro e adesso ci siamo buttate in una maratona di shopping per bebè.
Per fortuna non ho pensato più ad Andrea e lui non mi ha più chiamata. Beh, forse ha capito che per un po’ deve lasciarmi stare sul serio, anche se continua a mancarmi tantissimo.
«Questa?» chiede ancora Serena mettendomi davanti un body bianco con la stampa di un elefante e “Coccolatemi” scritto sotto.
«Si, questo mi piace tanto»
«Perfetto allora! Lo prendiamo»
Le sorrido e continuo a guardare tra le scarpette per neonato e le bavette. «Perché non cominci a comprare anche qualcosa del genere?»
«Mi sa che dovrò prendere un’altra valigia per tornare a casa»
«E che ti importa? Sono cose belle da comprare»
«Non saprei dove metterle una volta tornata a Londra»
«Non avete ancora scelto la cameretta?»
«Hm no… è ancora presto, no?»
«Si, però, insomma… ormai dovresti cominciare a cercarne una. Questi quattro mesi passeranno in fretta» mi dice sorridendo.
«Mi metti paura»
«No, non spaventarti. Sai, con il passare del tempo comincerai a sentirlo sempre di più»
«Ti sei sentita così quando aspettavi Marco?»
«Così come?»
«Felice tutto il tempo ma anche triste perché sapevi che saresti ingrassata ed emozionata ventiquattro ore su ventiquattro… A parte quello che sta succedendo con Andrea, non faccio altro che sentirmi così!»
«E’ la vita di tuo figlio che diventa sempre più forte. È perfettamente normale sentirsi così infatti vorrei parlare a Massimo di un secondo bambino»
«Ne vuoi un altro?»
«Si, beh… Marco ormai ha due anni e sarebbe l’età perfetta per dargli un fratellino o una sorellina»
«Che bello Sere! Secondo me Massimo sarà felice di provarci di nuovo»
«Staremo a vedere» mi sorride timida ed io le stringo le spalle abbracciandola forte.
«Le nostre bambine potrebbero crescere insieme» le dico prendendo un paio di scarpette colorate. «Sarebbero migliori amiche» aggiungo e Serena mi guarda con le lacrime agli occhi.
«Sarebbe fantastico!» risponde ridendo e asciugandosi i residui di lacrime che le sono sfuggite.
«Che dici, cambiamo negozio?» mi chiede Serena dopo aver riempito un intero cestino di vestiti per Marco e per il mio piccolino.
Beh, in effetti nemmeno io ho preso poche cose.
Uscendo, un profumo di frittelle mi invade le narici. «Ne voglio una» mormoro a Serena tirando il suo cappotto.
«Ti vanno le frittelle?»
«Si. Possiamo andare a prenderne una?»
«Ma certo, andiamo… non voglio privarti di questa tua voglia improvvisa»
Entrambe scoppiamo a ridere e, spensierate come se avessimo ancora diciassette anni, ci dirigiamo al chiosco posto al centro della piazza.
Purtroppo non c’è neve, altrimenti sarebbe stato uno scenario bellissimo. Il grosso albero di Natale con le luci colorate che emettono canzoni natalizie riempie quasi tutta la piazza; il chiosco è proprio lì sotto e le panchine con i tavoli da giardino sono quasi tutte occupate.
«Vieni, mettiamoci in fila!» esclama Serena prendendomi per mano.
Seguo la mia amica e mentre ci avviciniamo sempre di più al bancone del chiosco per fare le nostre ordinazioni, qualcuno mi sfiora il braccio. Mi volto e il mio cuore si ferma per un istante.
«Ciao Andrea…» mormoro cercando di non guardarlo negli occhi.
«Ciao. Come stai? Ho provato a chiamarti»
«Lo so. Volevo stare da sola…» rispondo.
«A quanto pare volevi soltanto stare lontana da me, perché con Serena sei uscita»
«Almeno lei non mi fa del male»
«E che male ti avrei fatto io?» chiede arrabbiato.
«Ragazzi! Non qui, per favore. Se avete qualcosa di cui discutere, fatelo in privato!» esclama Giorgio comparendo all’improvviso.
«Voglio stare da sola per il momento» sussurro ad Andrea.
«Possiamo parlare un attimo? E poi non ti cerco più…» la sua voce trema e il mio cuore sembra spezzarsi. Lui ha paura che io possa lasciarlo, ma non potrei mai fare una cosa del genere.
Dio, ho una voglia assurda di abbracciarlo e baciarlo.
«Di cosa vuoi parlare?»
Mi prende per mano e mi fa sedere a uno dei tavoli un po’ distanti dagli altri. Il contatto con la sua pelle mi fa sussultare e, di nuovo, ho voglia di mettere una pietra sopra a tutto questo casino.
«Vuoi lasciarmi?»
«No, Andrea! Non ho intenzione di lasciarti, quante volte devo dirtelo?!»
«E allora perché mi tieni a distanza da te, dal bambino…»
Spuntano ad entrambi le lacrime, ma io mi affretto a ricacciare indietro le mie «Voglio soltanto stare da sola, per il momento»
«Io ho bisogno di stare con voi, invece! Mi manchi…»
«Anche tu mi manchi, però mi fa ancora male quello che mi hai detto ieri sera e poi, se devo essere sincera, tenerti lontano, in un certo senso, tiene lontano anche tutto quello che i tuoi genitori pensano di me»
«Mi dispiace tantissimo per quello che ti ho detto. So che lo vuoi questo bambino, ma ho reagito d’impulso ed ero arrabbiato, lo sai…»
«Dispiace anche a me per quello che ho detto, ma ormai quello che è fatto è fatto»
«Però non vuoi ritornare insieme a me»
«Manteniamo un po’ le distanze. Esci e divertiti, io passerò un po’ di tempo con Serena. Molto probabilmente mi raggiungerà mio padre con la sua famiglia»
«Mi dici che non vuoi lasciarmi, ma poi chiedi di mantenere le distanze?! Gaia, io ti amo»
«E ti amo anche io, Andrea! Ma non riesco a stare con te, adesso! So che penserei sempre a quello che dicono i tuoi genitori anche se non è quello che vuoi e non lo voglio nemmeno io. Questa situazione fa male a me e al bambino»
«E non ti fa male stare lontana da me?»
Lo guardo negli occhi e gli prendo la mano abbandonata sul tavolo. Incrocio le nostre dita e gliele bacio. «Mi fa male stare lontana da te, stanotte mi sei mancato, vorrei dimenticare tutto e ritornare al tuo fianco, ma poi appena penso che l'ombra dei tuoi genitori incombe su di noi, mi sento male!»
«Ma devi lasciar perdere quello che dicono! Dimentica quello che ha detto mio padre ieri sera. Se me lo chiedessero non sceglierò mai loro. Sei tu la mia vita e non posso vivere lontano da te» sento il suo dolore e vedo i suoi occhi diventare lucidi. Non sopporto di vederlo così triste.
«Andrea, non fare così, per favore. Lo stesso vale per me, ma per il momento ho bisogno di…»
«Di stare da sola, si l’ho capito!» urla alzando all’improvviso la testa. «Non permetterò che tu mi lasci a distanza. Se hai bisogno di qualche giorno per te stessa, va bene, non ti disturberò più. Nel frattempo cercherò di far ragionare i miei genitori»
Annuisco debolmente, abbozzando un sorriso, ma lui si è già alzato, lasciandomi da sola.
E adesso riuscirò a restare così tanto tempo lontana da Andrea?
Vedo Serena tornare con le frittelle in un cestino di plastica, ma se prima il loro odore mi incuriosiva, adesso mi fa soltanto rivoltare lo stomaco.
Vorrei soltanto poter dormire.
«Tutto bene?» chiede Serena sedendosi dove fino a poco fa c’era Andrea.
«No»
«Vuoi che ti riporti a casa?»
Faccio un respiro profondo e annuisco. «Grazie. Ho bisogno di riposare un po’. Mi sento veramente spossata»
«Ti porto subito a casa. Non voglio che vi capiti nulla, anche perché Andrea non me lo perdonerebbe tanto facilmente»
Le sorrido grata e, abbracciata alla mia migliore amica, ritorniamo alla macchina.
Durante il resto della giornata rimango chiusa in camera, leggendo i manoscritti che mi sono portata da Londra.
A cena non partecipo molto alla conversazione. Informo mia madre che forse verrà papà a trascorrere il Capodanno con noi ma per il resto rimango in silenzio, scartando tutto quello che ho nel piatto e sentendo una forte fitta alla pancia.
«Amore, stai bene?» chiede mia madre. «Sei pallida»
Faccio segno di no con la testa e trattengo le lacrime. «E’ normale che abbia un forte mal di pancia?» chiedo facendomi sfuggire qualche singhiozzo.
«Gaia, devi stare tranquilla, per favore! Questo malessere è dovuto al tuo nervosismo, all’agitazione! Non ti fa bene e non fa di certo bene al bambino»
Scoppio a piangere e scappo al piano di sopra «Gaia!» mi chiama mia madre, ma la liquido subito dicendo che voglio stare da sola.
Chiudo violentemente la porta della mia camera e scoppio in un pianto liberatorio! Grido e urlo contro le mie braccia, sperando che il dolore in questo modo passi, ma ovviamente non funziona.
Perché la mia vita deve essere sempre così complicata?!
Perché è così importante sposarsi prima di avere dei bambini?! Vorrei trovare una soluzione per risolvere questo casino, ma non c’è nulla che possa fare.
Mi butto sul letto volendo dormire e dimenticare queste ultime giornate ma, il ricordo della notte passata senza Andrea, mi rende impossibile prendere sonno.
«Perché stai facendo questo alla tua mamma?!» chiedo tra le lacrime alla mia pancia. «Non dovevi esserci! Non ancora! Perché sei arrivato così presto?!»
Non ci sarebbero stati tutti questi problemi se fossimo stati più attenti, maledizione!
Mia madre bussa un paio di volte alla porta della mia camera, forse volendo fare qualcosa per risollevarmi il morale, ma non c’è nulla che lei possa fare. A poco a poco i singhiozzi svaniscono e distrutta e spossata dalle lacrime, mi accascio in quel lato del letto che fino a qualche sera fa occupava Andrea e mi addormento, pensando a come sarebbero andate le cose se non fossi stata incinta.
Non so quanto ho dormito o quanto tempo è passato da quando ho esaurito tutte le mie lacrime, ma nel dormiveglia sento qualcosa di umido tra le gambe.
Oddio! Mi sveglio di scatto e mi allungo verso il comodino per accendere la luce; scosto le coperte e mi ritrovo in una pozza di sangue.
«Oh Dio, no! No, no, no, no… Ti prego…» mormoro piangendo nel silenzio della mia camera mentre sento una dolorosa fitta al basso ventre. Il dolore è tanto forte da farmi urlare.
Non può succedere questo. Non a me, accidenti!
Non può esserci una sola cosa normale nella mia vita?!
«Gaia!» mia madre entra in camera trafelata e con il respiro corto. È evidente che è spaventata. «Che cosa ti è successo?»
«C’è del sangue…» mormoro piangendo «Tanto…»
«Oddio…»
Nella confusione più totale mia madre mi fa alzare delicatamente dal letto per portarmi in bagno. Chiede al suo compagno di chiamare Serena e di prepararsi per portarci in ospedale.
«Non perderò il mio bambino, vero?» chiedo a mia madre che mi sta pulendo dal sangue. «Vero, mamma?!»
«Gaia, per il momento non serve a niente pensare a queste cose. Devo vestirti e portarti in ospedale, subito!»
Tra le lacrime e i miei lamenti mia madre riesce a pulirmi di tutto il sangue che ho perso… da quanto?
All’improvviso sento le mie gambe cedere e mia madre urlare «Paul! Chiama subito un’ambulanza!» poi soltanto il buio e il silenzio più assoluto. 
 
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Allora?
E' stato emozionante?!
Sicuramente no per voi, almeno il 90% del capitolo.
Comunque... Il prossimo capitolo sarà pov Andrea, quindi, vedrete un pò come sta vivendo lui questa situazione! ;)
Sperando che vi sia piaciuto tutto vi do appuntamento al prossimo venerdì!
Un bacio,
Francy <3

 

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Capitolo 33
*** 33. *Promesse infrante* ***


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Buonasera gente :)
Sono qui a postarvi il capitolo 33 perchè domani non ci sarò fino alle 5 :( Non voglio farvi attendere.
Spero vi piaccia :)
Francy <3

There’ll a place for us
 
-Capitolo 33-
*Promesse infrante*
 
Pov Andrea
 
«Andrea cosa vuoi da bere?»
«Una vodka liscia, per favore!»
«Non credi di esagerare un po’? E’ già la terza che prendi»
«Riesco a reggere l’alcol, Massimo! Sto bene…»
Continuo a sentire lo sguardo del mio amico su di me, ma evito di soffermarmici troppo e getto la testa all’indietro, sbattendola contro il muro.
Cazzo, che male!
In fondo, me lo merito, no? Ieri a quest’ora ero un ragazzo normale al matrimonio della sorella con la propria fidanzata ed ero felice. Oggi, invece, mi sento uno straccio, mi sento una merda e sono a un passo dal perdere tutto. Ma non posso perderla di nuovo, non adesso, non dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme in questi mesi.
Mi rendo conto di essere stato molto duro con Gaia, ieri sera, quando le ho detto che andandosene e lasciandomi avrebbe avuto il giusto pretesto per dare via il bambino; non parlavo sul serio e, adesso, capisco che nemmeno lei parlava sul serio quando ha detto che mia sorella e Marco avrebbero dovuto usare delle protezioni per non diventare genitori prima del primo anno di matrimonio.
Entrambi abbiamo frainteso l'altro e tutto è stato un crescendo di autodistruzione per me, per lei, per la nostra felicità.
E poi mio padre che non accenna a cambiare minimamente idea! Non parlo con lui da ieri sera quando siamo tornati a casa e abbiamo litigato pesantemente.
Non avevamo mai litigato in quel modo, urlandoci cose che forse nessuno dei due pensa realmente.
Non siamo arrivati a nulla ma, almeno, ha capito che mia madre mi appoggerà a differenza di lui che non ha fatto altro che mentirmi e complicarmi la situazione. Mia madre avrebbe potuto rendere diverse le cose, invece, fino a quel momento, ha preferito stare dalla parte del marito…
Finalmente Luigi mi porta il bicchiere di vodka che bevo in un sorso bruciandomi la gola e stordendomi il cervello ormai completamente fritto. Ritornerò a Londra completamente distrutto, sempre se ritornerò in quella città, visto che la mia relazione con Gaia sembra di nuovo incerta!
Odio che lo sia!
Odio che si insinuino questi dubbi tra di noi…
Odio mio padre per aver causato tutto ciò!
Mi chiedo come sarebbero andate le cose se Gaia non fosse rimasta incinta, o sarebbe meglio dire se io non l’avessi cacciata in questa situazione.
Forse avremmo vissuto come due normali ragazzi di ventitré e ventiquattro anni. Forse avremmo potuto risparmiarci tanto e adesso saremmo insieme, magari a bere e ad ubriacarci insieme.
Forse adesso capisco meglio a cosa si riferiva Gaia dicendo che avremmo dovuto goderci di più questi anni prima di decidere di metter su famiglia; adesso però mi sono così tanto innamorato del mio bambino… dell’idea di avere un figlio, di renderlo fiero del suo papà… come faccio a voler ritornare indietro?!
«Ti va una partita a freccette?» mi chiede Giorgio. Questa sera tutti cercano di tirarmi su il morale, ma vorrei soltanto ubriacarmi fino a perdere i sensi e dormire fino a domani mattina.
Li guardo e decido che sarebbe meglio distrarmi un po’ invece di rimanere seduto a pensare e a riflettere al casino che è diventata la mia vita.
Annuisco e mi alzo. Luigi mi porge tre freccette rosse, mentre Giorgio ne tira una di quelle gialle.
«Allora… cosa volete fare a Capodanno?» chiede Luigi. Lo guardo scrollando le spalle. Non saprei proprio, ora come ora non mi va di uscire e divertirmi.
Dalla Vigilia di Natale io e Luigi abbiamo stranamente riallacciato i rapporti. È stato quasi naturale tornare a parlare come un tempo e non credevo sarebbe stato così facile.
Diversamente da quattro anni fa, sembra aver accettato la mia relazione con Gaia e ho capito che il mio amico finalmente è cresciuto. Adesso non avrebbe comunque motivo di opporsi ed io non glielo lascerei fare!
«Possiamo andare fuori città e passare lì la notte. Hanno aperto una nuova discoteca e ho sentito dire che hanno anche delle stanze che affittano ai ragazzi che intendono passare lì la notte. Che ne dite?» chiede Luigi.
«Mi sembra un’ottima idea! Dovremmo sbrigarci a prenotare le stanze però! In quanti siamo?» stavolta è Giorgio che parla, mentre cerco di mantenere l’equilibrio ormai alquanto traballante a causa di quei tre maledetti bicchieri di vodka.
«Non so se verrò…» mormoro un po’ sopraffatto dall’alcol.
«Come no?!» esclama Giorgio «Tu e Gaia dovete esserci! E poi se non se la sente di rimanere in discoteca, può andare in camera»
«Non so nemmeno se saremo ancora insieme dopo domani»
«Ah…» si limitano a dire entrambi.
«Ma voi andate! Io devo restarle accanto»
«Certo, è giusto così» mi dice Giorgio sorridendomi e stringendomi una spalla con la mano, per infondermi coraggio, credo…
Lui è ritornato con Alessia, o almeno credo che siano ritornati insieme. A quanto pare si frequentano di nuovo  e vivono la loro relazione con serenità.
Se ce la faranno…
Gli sorrido, ma veniamo subito distratti da Massimo che si muove nervoso all’interno del bar quasi vuoto. «Che ti prende?» gli chiedo vedendolo cercare il suo cappotto.
«Dobbiamo andare»
«Dove?» chiedo esasperato mettendomi una mano nei capelli.
«Andrea, hai controllato il cellulare?» mi chiede e, improvvisamente sento la sbornia passarmi di colpo. Per chiedermi una cosa del genere, deve essere successo qualcosa di grave e ho paura di scoprire la verità.
«Cos’è successo?» gli chiedo abbandonando le freccette sul tavolo e dirigendomi verso il mucchio di giacche per cercare la mia.
«Ha chiamato Serena»
«Si tratta di Gaia?» chiedo con la voce tremante e quando lui annuisce mi rendo conto che, mentre bevevo e piangevo su me stesso, alla mia famiglia è successo qualcosa di grave.
«L’hanno portata in ospedale. Serena era molto agitata e non ho capito bene quello che ha detto, ma devi andare subito in ospedale. Gaia potrebbe perdere il bambino…»
Oddio, no! No, no, no… non può succedere!
Sento il sangue gelarsi in tutto il corpo e la terra mancarmi sotto i piedi. Ho bisogno di raggiungerla, ma non riesco a muovere le gambe.
«Vieni, andiamo» sento dire da Massimo mentre, aiutato da Giorgio e Luigi, mi portano in macchina.
«Non sta succedendo davvero» sussurro ancora sconvolto.
«Andrà tutto bene» risponde Massimo accendendo la macchina.
No, non può succedere davvero. «Cosa ti ha detto Serena?» chiedo.
«Gaia ha perso molto sangue ma non so dirti per quale motivo. Potrebbe anche perdere il bambino»
Scoppio a piangere mettendomi una mano sul viso. Maledizione!
So perché le è successo questo! Troppo stress, troppi litigi con troppe persone, troppe cose negative e questo l’ha condizionata e adesso potrei perdere entrambi: la donna che amo e il bambino che non abbiamo ancora conosciuto.
Massimo rimane in silenzio per tutto il tragitto perché, molto probabilmente, non sa cosa dire o cosa fare; vorrei soltanto che premesse di più su quell’acceleratore!
«C’è Serena» mi informa parcheggiando davanti al pronto soccorso.
«Grazie, Massimo!» esclamo scendendo dall’auto. Se non avessi ricevuto questa notizia terribile, probabilmente sarei anche caduto per terra per la velocità con cui sono sceso dalla macchina.
«Dov’è?» chiedo a Serena con gli occhi rossi.
«L’hanno portata in camera, le hanno dato già una sacca di sangue perché ne ha perso molto mentre era addormentata»
«Il bambino come sta? Si sa niente?»
«Non mi hanno detto niente, Andrea… dovresti parlare con Giulia»
«Posso vederla?» chiedo scorgendo Giulia e Paul seduti sulle poltroncine della sala d’aspetto.
«Penso di si. Per quanto volessimo starle accanto, il medico ha detto che ha bisogno di tutto il riposo e il relax possibile. Non volevamo che si stressasse ancora di più nel caso in cui si fosse svegliata e ci avesse sentito parlare»
Annuisco e mi dirigo verso Giulia che si alza per abbracciarmi. «Mi è svenuta tra le braccia, Andrea…» mormora piangendo e ancora sotto shock.
«Starà bene. Lei è forte» le dico provando a convincere anche me stesso.
«Forse dovresti entrare»
Annuisco e mi lascio guidare verso la camera dove la mi fidanzata giace, bianca e debole, su un letto troppo grande per lei.
«Oh dio» mormoro sedendomi sulla sedia accanto al letto e afferrandole la mano. Le accarezzo la guancia ma sembra così fredda…  perché lo è?!
Piango sulla sua mano, accarezzandole la pancia e sperando che il nostro bambino sia ancora lì, sano e salvo, in attesa che la sua mamma guarisca.
«Aiutala tu piccolino! Ti prego, aiuta la tua mamma a stare bene»
«Lei deve essere il fidanzato» dice qualcuno. Mi volto, asciugandomi alla bell’e meglio le lacrime, e annuisco.
«Cosa le è successo?»
«La madre ha detto che, in questo periodo, la ragazza è stata soggetta a forte stress, litigi e cose simili. È vero?»
«Si, è vero. Questo è stata la causa?»
«E’ molto probabile. La sua fidanzata ha rischiato l’aborto» mi dice serio.
«Vuol dire… vuol dire che… è successo?» balbetto ancora di più sotto shock.
«Nonostante il sangue perso, il bambino dovrebbe stare bene ma, per favore, cerchi di farla stare il più possibile a riposo e le eviti qualsiasi tipo di stress»
«Dottore, ma lei starà bene?»
«Le stiamo facendo delle trasfusioni. Quando la quantità di sangue tornerà normale, riprenderà conoscenza»
«Ok» mormoro sollevato. Sento una grande confusione in testa.
Mentre il medico si appresta ad uscire, mi rendo conto che non ha effettuato nessun controllo su mio figlio. Come fa a dire che il bambino starà bene se non ha nemmeno controllato?
«Non fa un’ecografia?»
«L’abbiamo fatta e abbiamo sentito il battito del bambino. Era un po’ debole, ma starà benone quando anche la madre si sarà ripresa»
Oh grazie a dio! «Quindi non perderà il bambino?»
«No se adotterà uno stile di vita adeguato ad una donna incinta. Non avrebbe avuto problemi se non si fosse sottoposta a tutto quello stress»
«Certo, capisco. Grazie ancora» dico frettolosamente. Sono stufo di sentirgli rimarcare le cause del malore di Gaia.
Grazie, lo sapevo già di mio!
Continuo a guardare Gaia… è ancora così pallida e il suo petto si alza e si abbassa impercettibilmente. Sembra quasi immobile. Noto, però, che le sue mani cominciano a riscaldarsi lentamente.
Mi avvicino al suo viso e comincio ad accarezzarle la fronte e i capelli «Mi dispiace tanto, amore mio. Mi dispiace così tanto» mormoro appoggiando la testa accanto alla sua.
«Andrea?» sento qualcuno chiamarmi, ma non voglio alzare la testa e vedere chi è. Voglio soltanto stare con la mia fidanzata e il mio bambino.
«Tesoro… alzati»
A quelle parole, così vicine e così familiari, sono costretto ad alzare lo sguardo verso mia madre e, dietro di lei, noto con stupore mio padre.
«Cosa fate qui?! Andate via!»
«Andrea, per favore, calmati» mormora mia madre con le lacrime agli occhi. Odio essere in questa situazione con loro perché gli voglio bene ma il loro comportamento ha messo in pericolo la donna della mia vita e nostro figlio.
«Calmarmi? Stavo per perderli entrambi e tutto questo per colpa vostra! Soprattutto tua, papà! Tu che ti ostini ad avercela con noi soltanto perché non ci siamo sposati prima di avere questo bambino! Saresti stato felice se lo avessimo perso, non è così?»
Alle mie parole quasi urlate mio padre mi guarda con ostilità e si volta per andarsene.
Bene, che se ne vada! Non ho bisogno di lui!
«Sei libera di seguirlo se vuoi! Non ho bisogno di voi due»
«Tesoro, non essere arrabbiato con me. Mi dispiace per quello che è successo a Gaia ma ti assicuro che sono felice per voi, davvero. Spero tanto che il vostro bambino, ma soprattutto Gaia, si rimetta presto. Per favore, perdona tuo padre e se puoi anche me» mi dice accennando un sorriso.
Io non mi muovo, un po’ sorpreso per quello che mi ha detto.
Mia madre si avvicina per abbracciarmi e baciarmi mentre rimango immobile al centro della stanza. Dopo di ché se ne va, lasciandomi solo.
 
«Mi ha chiamato Brian… ha detto che arriveranno questo pomeriggio e, molto probabilmente, mi prenderà a pugni. Ti ho detto che abbiamo cominciato ad allenarci insieme? Hm, forse ho dimenticato di dirtelo. Beh, comunque, abbiamo iniziato dopo Natale. Mi sa che lui ha esagerato un bel po’ con tutto quel menu inglese! Non so come facciano a mangiare tutte quelle cose e tutte insieme! Non sanno che esiste un primo, un secondo e così via e che si mangiano separati? Credo abbia mischiato insieme almeno tre portate»
Sono due giorni che rimango qui a parlare con Gaia e a sussurrarle qualcosa di dolce, ma ancora non si sveglia.
I medici hanno detto che è normale e che ha bisogno del suo tempo per riprendersi da tutto quello che ha passato, ma io credo che lei stia aspettando il momento in cui dovremo ripartire, così magari si potrà rilassare finalmente. Se lo merita, amore mio…
Per fortuna, non ha avuto bisogno di altro sangue e, grazie ad un’altra ecografia, i dottori hanno constatato che il cuore del bambino adesso batte forte. Secondo la ginecologa non c’è niente che non vada nella sua crescita.
Continuo ad accarezzare i capelli di Gaia e, ogni tanto, mi sembra che si muova, ma se la sta prendendo comoda. Un paio di volte, con mia grande gioia, ho sentito il bambino scalciare e per poco non sono scoppiato di nuovo a piangere.
«Comunque, non vedono l’ora di vederti, soprattutto Charlotte. Dice che ha delle novità da raccontarti, quindi sarebbe carino se tu ti svegliassi, ma se vuoi continuare a dormire e a rilassarti, va bene lo stesso. Io sarò qui per tutto il tempo che sarà necessario. Non ti lascio da sola, sai? Anche se mi hai detto che volevi stare un po’ da sola, non ti lascio» le bacio la mano e sorrido guardandola. Sembra serena… più tranquilla.
«Oh, a proposito, Patricia mi ha detto che ha delle immagini di camerette da farci vedere. Possiamo scegliere quella che vogliamo. Sarà il loro regalo per il bambino o la bambina. Mi piacerebbe cominciare a sistemare quelle tutine che hai comprato. Poi, prometti che verrai con me a fare shopping per il bambino?»
Continuo a parlarle di qualsiasi cosa possa motivarla a svegliarsi, ma lei continua a dormire e ad avere quell’espressione serena.
«Andrea, sei ancora qui?» mi chiede Giulia entrando nella stanza con un nuovo mazzo di rose rosa.
«Si, ho continuato a parlarle, magari si sveglia…»
«Tranquillo, tornerà da noi» mi sorride e bacia la figlia, accarezzandole la pancia da sopra la coperta.
«Quando arriva Martin con i ragazzi?»
«Verso le quattro del pomeriggio»
«Verranno direttamente qui?»
«No, si fermeranno in albergo per posare le valigie e poi correranno qui. Hai avvisato i tuoi genitori per il trentuno?»
«No. Non ho intenzione di stare con loro e non voglio che vengano qui. Speriamo si svegli prima della Vigilia» mormoro continuando ad accarezzarle i capelli.
«Diamole il tempo necessario per riprendersi. Ci vorrà il tempo che ci vorrà. Stai tranquillo. Lei ritorna sempre, no?» Giulia mi sorride e mi fa l’occhiolino, ma quelle parole mi hanno ricordato qualcosa che mi ha detto Gaia qualche mese fa.
Andrea, io devo stare con te. Quindi se mai dovesse accadermi qualcosa, sappi che mi sveglierò per tornare da te
«Torna da me, Gaia, torna da me. Me lo avevi promesso!» sussurro baciandole le labbra. «Ti amo» 
«Vuoi proprio somigliare a papà in tutto e per tutto, vero?» ecco la voce di Brian che riempie la stanza. Anche se interrompe il mio momento con Gaia, sono felice che siano qui.
«Oh tesoro, ma cosa ti è successo?» esclama Patricia avvicinandosi e prendendole la mano per baciargliela.
«Sta bene?» chiede Martin avvicinandosi alla figlia e baciandole la fronte.
«Adesso sta meglio, ma ancora non si sveglia. Dicono che è normale. Deve riprendersi da tutto quello che ha passato e diciamo che questo è un buon modo per rilassarsi»
«Speriamo bene…» mormora Charlotte accarezzandole la gamba.
«Com’è andato il viaggio?» chiedo cercando di cambiare argomento. Meglio parlare di qualcosa di più felice.
 
«Forse non avremmo dovuto portare qui tutte queste cose. Mi sa che finiranno per cacciarci» esclama Giulia sistemando sul comodino un vassoio pieno di prelibatezze preparate da lei.
Oggi è il trentuno dicembre e Gaia è incosciente da quattro giorni, ormai.
Sono rimasto con lei giorno e notte, stringendole la mano, leggendole i manoscritti che avrebbe dovuto leggere, parlandole di quello che succede a casa sua, ma lei continua a restare con gli occhi chiusi.
«Vorrei che si svegliasse. Non m'importa del cibo o dell’ultimo dell’anno» mormoro.
Nelle ultime dodici ore ha riacquistato un po’ di colore, ma non più del solito, visto che lei è molto chiara di carnagione ma, almeno, comincia a mostrare segni di ripresa.
Durante l’ultima ecografia, tutti abbiamo potuto vedere il nostro bambino, anche se ancora non voglio farmi dire se si tratta di una maschietto o una femminuccia. Al momento mi interessa solo sapere se sta bene e se il suo cuore batte forte come quello della sua mamma.
Quattro giorni fa ho litigato con i miei genitori e, da allora, non si sono degnati di farsi vedere, a parte mia madre che ogni tanto ha mandato qualche cesto di fiori e cioccolatini.
So che lei si sforza di ottenere il mio perdono, ma fin quando la mia Gaia non si sarà svegliata, non ho intenzione di perdonare né mia madre, tanto meno mio padre.
«Tesoro, forse dovresti andare a casa per cambiarti e magari fare una doccia» mi consiglia Giulia avvicinandosi.
«No, va bene così. Non vorrei si svegliasse mentre non ci sono»
«Sono sicura che, anche se dovesse svegliarsi, saprà che hai passato ogni minuto di questi quattro giorni seduto su quella sedia. Non vuoi sgranchirti un po’ le gambe? Rilassarti con una doccia calda?»
«Mi rilasserò soltanto quando si sarà svegliata, ma mi piacerebbe sgranchirmi un po’ le gambe» mormoro passandomi una mano sulla faccia.
Negli ultimi giorni non mi sono mosso da questa sedia, nemmeno per andare in bagno. Ho dormito qui, appoggiato allo schienale duro e scomodo o piegato per metà sul letto, tenendo sempre la mano di Gaia. La mia schiena sembra essersi rotta in mille pezzettini e le mie gambe chiedono a gran voce di muoversi un po’.
«Vai a casa. Fai una doccia, cambiati e poi torna di nuovo qui. Sono quasi le undici, per mezzanotte dovresti farcela»
Annuisco e mi alzo. Mi abbasso verso la mia fidanzata e le bacio le labbra. «Torno subito, amore. Fammi il secondo regalo più bello di quest’anno: svegliati, ok?» la guardo e le accarezzo i capelli. Vorrei tanto non lasciarla, fregandomene dei miei malesseri. Voglio soltanto stare qui, abbracciato a lei e non lasciarla mai, mai più.
«Ti amo» mormoro e, lasciandole un altro bacio sulle labbra, prendo il giubbotto ed esco dalla stanza.
Esco dall’ospedale come se volessi scappare da questo posto, ma in realtà voglio soltanto impiegare meno tempo possibile ad andare a casa e fare tutto quello che devo fare.
A quest’ora la maggior parte della gente è ancora a casa ad ingozzarsi di cibo, quindi, per fortuna, le strade sono libere, così arrivo a casa dei miei genitori in dieci minuti. I miei genitori hanno organizzato un party per la fine dell'anno, così lascio la macchina lontana da quelle degli invitati entro in casa e mi dirigo a passo spedito verso il piano di sopra.
«Andrea, sei tu?» chiede mia madre.
Accidenti! Speravo di non essere visto.
«Si, mamma. Non ho tempo da perdere»
«Gaia si è svegliata?» chiede raggiungendomi in camera, mentre apro l’armadio per prendere un paio di pantaloni scuri e una camicia bianca.
«No, sono venuto soltanto per fare una doccia e cambiarmi. Poi ritorno in ospedale»
«Non ti va di fermarti almeno un po’?»
«No, mamma. E ora scusami, ma devo davvero fare in fretta»
Lei annuisce ed esce dalla camera, mentre entro in bagno spogliandomi velocemente. Entro ed esco dalla doccia a tempo di record, stupendomi di essere anche riuscito a farmi la barba.
Come se servisse a qualcosa…” borbotta la vocina nella mia testa.
Beh, magari può risvegliarsi sentendo il profumo del dopobarba. Credo le piacesse.
Scuoto la testa e sorrido per i miei pensieri. Ritorno in camera, ma lo squillo del cellulare mi fa tremare le gambe.
Oddio, e ora? E se dovesse essere Giulia che mi dice che le è successo qualcosa?
Oppure…
«Giulia!» esclamo.
«Hm, no… sono la figlia. Sei pregato di tornare al mio fianco, subito!»
«Oh mio dio!!» esclamo ridendo e piangendo nello stesso momento «Ti sei svegliata…»
«Soltanto perché non ho più sentito la tua voce e mi sono preoccupata» mormora con voce roca.
«Oh dio… tu ti sei preoccupata! Mi hai fatto invecchiare di vent’anni!»
«Sbrigati a tornare. Parleremo quando sarai qui»
«Si, arrivo. Arrivo subito!»
«A dopo» riattacco e, con un sorriso ebete sulle labbra, indosso i boxer, i pantaloni, la camicia, le calze e le scarpe e per ultimo la giacca. Spruzzo qualche goccia di profumo e scappo.
Raggiungo l’auto nemmeno fossi Bip Bip dei Looney Tunes e con la gioia e la felicità che alberga nel mio cuore mi dirigo verso l’ospedale.
Quando arrivo trovo tutti fuori con il sorriso sulle labbra. Giulia mi abbraccia, io ricambio, ma voglio tornare subito dalla mia famiglia.
«Vai, ti sta aspettando»
Annuisco e faccio un respiro profondo. Quando entro nella stanza la trovo distesa su un fianco, raggomitolata su se stessa… credo si stia accarezzando la pancia.
«Ehi…» mormoro bussando piano e avanzando verso di lei.
Si volta verso di me e mi sorride.
«Ciao» mi dice.
«Non sai quanto sia felice di vederti sorridere»
Mi ritrovo a passare nervosamente la mano sulla faccia. La doccia non è durata abbastanza a lungo affinché mi rilassasse.
«Sto bene adesso. Stiamo bene. L’ho appena sentito muoversi»
Con due grandi passi mi avvicino al suo capezzale, le circondo il viso con le mani e la bacio. Le mie labbra si adattano perfettamente alle sue, leggermente ruvide. La bacio con passione, con dolcezze, con amore, venerazione, gioia e sollievo.
Lecco il suo labbro inferiore, mentre lei reclama un altro bacio. «Mi sei mancata tanto» mormoro cercando di riprendere fiato.
«Scusa se ti ho fatto spaventare. Non so cosa sia successo… un attimo prima ero a letto e l’attimo dopo ero per terra, svenuta»
«Non pensarci, ok? Adesso stai bene e il nostro bambino è sano. Dio, quanto ti amo»
«Ti amo anche io»
Restiamo qualche secondo a guardarci negli occhi, senza imbarazzo o fretta di dirci qualsiasi cosa.  
«Pensavi che perdessi il bambino?» chiede all’improvviso guardandomi con le sopracciglia aggrottate.
«Ho avuto paura di perdere entrambi. Gaia…» scuoto la testa in assenza di parole «Sono innamorato di te, quanto lo sono di quest' esserino lì dentro. Morirei se dovessi perdere uno di voi, quindi immagina la mia paura quando Massimo mi ha detto quello che stava succedendo. Ho pensato subito al peggio e avevo paura di perdere entrambi. Cosa ne sarebbe stato di me se vi avessi perso?»
«Mi dispiace…» mormora lei abbassando la testa. Mi avvicino per abbracciarla, ma lei si fionda su di me gettandomi le braccia al collo e piangendo. «Mi sei mancato da morire»
«Sono qui adesso» cerco di rassicurarla massaggiandole la schiena e lasciandole piccoli baci sulla spalla. «Sono qui e ti prego, dimmi che non hai bisogno ancora di restare da sola»
Lei scuote la testa e sorride timidamente «Ho bisogno di te»
Le sorrido anche io coccolandola ancora un po’, fin quando non entrano la ginecologia e il dottore.
«Ciao Gaia, bentornata» le dice sorridendo.
«Grazie. Quanto ho dormito?» chiede guardando me e il dottore
«Sei qui da quattro giorni. Quando ti hanno portata al pronto soccorso eri già priva di sensi» spiega il medico controllando la sua cartella. Sentire quelle parole mi ha messo un po’ d’angoscia.
«Bene. Abbiamo eseguito un’ecografia ogni giorno per monitorare il bambino. Vorrei farne un’altra adesso e,  visto che ti sei svegliata, immagino vorrai sentire il tuo bambino»
«Si, per favore! Sta bene, vero? Prima l’ho sentito scalciare»
«Sta benone, ma adesso ti faccio vedere, così stai più tranquilla»
Lei annuisce e apre leggermente il camice.
La dottoressa versa del gel freddo sul suo ventre così tenero e morbido; mi accorgo di sorridere.
Le sento parlare mentre mi concentro sullo schermo. Non ho mai assistito a così tante ecografie in vita mia.
«Starà bene in futuro, vero?» chiedo per essere rassicurato ulteriormente. Non ne avrò mai abbastanza.
«Si, starà bene. Che papà ansioso» mormora scherzosamente.
La guardo di traverso e la dottoressa mi sorride. Beh, vorrei vedere lei nei miei panni. Vorrei vedere se poi non sentisse la necessità di essere rassicurata ogni secondo sulla salute del suo bambino, il primo oltretutto.  
La sonda si muove sulla pancia, trasmettendo le immagini sullo schermo. «Eccolo qui!!» esclama contenta.
«Il battito è molto forte quindi non c’è nessun segno di sofferenza fetale» dice.
Vedo Gaia sospirare di sollievo. Le prendo la mano e lei la stringe forte. Sorrido e mi abbasso a lasciarle un bacio sulla fronte.
Come ho potuto sospettarla di poco entusiasmo nei confronti di questa gravidanza?
Come ho potuto accusarla di voler dare via nostro figlio?!
Sono stato un fidanzato terribile durante questa settimana, Non mi sarei dovuto comportare in quel modo.
Adesso ringrazio tutti gli angeli e gli arcangeli del paradiso perché il mio piccolino sta bene e la mia princess pure.
«Può dirci se è un maschietto o una femminuccia?» chiedo desideroso di sapere se avrò un’altra donna per casa nei prossimi anni.
«No, non voglio saperlo» risponde Gaia guardandomi.
Ah, giusto. Vuole l’effetto sorpresa.  
«Voglio scoprirlo quando nascerà»
Le faccio il labbruccio ma lei sembra irremovibile. Ok, non se lo farà dire.
«Anche se avessi la possibilità di dirvelo il vostro piccolino si sta nascondendo, quindi, non so dirvi se i genitali siano già visibili o meno. Forse sarebbe meglio aspettare la prossima ecografia»
«Non fa nulla» dice Gaia ridendo.
Dopo aver stampato un'immagine del nostro bambino, la dottoressa si allontana con l’altro medico, ma Gaia sembra non aver finito con le domande.  
«E’ stata colpa dello stress?» chiede. I dottori si voltano verso di lei e si guardano. «Voglio dire… l’emorragia e tutto il resto. Sono sana, o almeno credevo di esserlo e se ci fosse stato qualcosa di anomalo nel mio corpo me lo avreste già detto; quindi, è stata colpa dello stress»
«Si, soprattutto. Ho fatto una chiacchierata con tua madre…» risponde il medico guardando un po’ Gaia e un po’ me «…e mi ha detto che in questo periodo eri piuttosto sotto pressione, fortemente soggetta a stress. È molto probabile che tutto questo abbia provocato il tuo malessere, quindi devi cercare di rilassarti il più possibile. È importante»
«Si, lo farò» risponde lei torturandosi le mani, mentre mi passo, nervoso, una mano fra i capelli.
«Un’ultima cosa… durante il resto della gravidanza, niente rapporti» si raccomanda la ginecologa. «E’ probabile che l’emorragia sia stata causata da questo» Vedo Gaia diventare rosso scarlatto, mentre annuisco serio.
«Mi dispiace…» mormoro strofinando le mani sulla faccia. «Mi dispiace tanto» dico ancora appoggiandomi al muro.
«Non è colpa tua» mi rassicura.
«Si, invece. Accidenti! Ho rischiato seriamente di perdervi e tutto questo per quegli stupidi dei miei genitori e perché mi sono comportato da idiota»
«Smettila, Andrea! Non è colpa tua. Avevo promesso di non farmi più condizionare e invece ho fatto come se niente fosse, come se non sapessi che mi sarei fatta del male da sola. Io sono responsabile di un’altra vita. Ora più che mai devo stare attenta alla mia salute perché influisce direttamente su di lui! Sono stata un’irresponsabile»
«Dio, giuro che se non ascolti quello che ha detto adesso la dottoressa ti chiudo dentro la tua stanza e non ti faccio uscire fin quando non avrai bisogno di qualcuno che ti faccia partorire»
Mi sorride, come se trovasse la situazione divertente, ma non ha capito che io sono ancora spaventato.
«Non c’è nulla per cui sorridere»
«Si invece… il modo in cui ti preoccupi. Stiamo bene adesso, non preoccuparti»
«Gaia… io sono serio» le faccio notare ormai esasperato. È più testarda di un mulo. Eppure anche lei deve essersi spaventata, solo che non lo manifesta come me.
«Vieni qui, senti…»
La guardo per qualche secondo, poi lei mi consiglia di sbrigarmi se non voglio perdermi una cosa stupenda. La ascolto e mi siedo accanto a lei. Prende la mia mano e la posa sul fianco del ventre ancora scoperto e sporco di gel.
Sento dei leggeri movimenti, ma ci sono. Li sento. «Anche tuo figlio ti sta dicendo che sta bene. Lo senti?»
«Si, lo sento!» esclamo con le lacrime agli occhi. Ridiamo entrambi con le mani sulla sua pancia, fin quando non entra la sua famiglia.
«Oh tesoro… come stai?»
«Sto bene mamma, tranquilli» risponde lei guardando tutti con affetto. È chiaro che loro hanno già avuto la loro dose di Gaia.
«Quando ti fanno uscire?» chiede Brian.
«Non me lo hanno detto»
«In un paio di giorni se starai bene questa notte e domani»
Gaia mi guarda con un sorriso a trentadue denti, mentre continuo ad accarezzarle la testa.
«Oh, guardate! È quasi mezzanotte»
«Mancano tre minuti» specifica Charlotte guardando il suo cellulare.
«Ti è piaciuto il regalo?» chiede Gaia strattonandomi per la giacca.
La guardo un po’ confuso, poi mi ricordo di quello che le ho detto prima di lasciarla per andare a casa.
«Il mio preferito. E' al primo posto, prima di quel bel regalo qui dentro» dico accarezzandole la pancia.
Lei ride e mi abbraccia di nuovo, baciandomi il collo. «Ti amo da impazzire» sussurra con voce tremante.
«Ragazzi… mancano dieci secondi!» esclama Brian riempiendo velocemente i bicchieri di spumante, ma io e Gaia continuiamo ad abbracciarci.
«Otto» dicono tutti in coro. «Sette… sei…»
Gaia scioglie l’abbraccio e mi guarda con le lacrime agli occhi «Cinque… quattro…» mi sorride e mi accarezza una guancia «Tre… due…» continuano gli altri.
«Il nostro primo Capodanno insieme» mormora e si avvicina alle mie labbra.
«Uno…» e in quell’istante sentiamo i fuochi esplodere in aria, Giulia e tutti gli altri festeggiare e farsi gli auguri, mentre io sento soltanto il rumore del mio bacio a Gaia.
«Buon anno, amore» mormora sorridendo.
«Buon anno» ripeto.
Decisamente un inizio anno positivo e felice. Felice di avere la mia Gaia ancora con me. 
 
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Eccomi qui :)
Come vi è sembrato questo capitolo?
Vedete? Alla fine tutto si è risolto ;) Gaia si è svegliata e il bambino sta bene. Spero siate contente di come sono andate le cose.
Comunque, il prossimo capitolo lo posterò tra due settimane, giorno 17 Ottobre, perchè purtroppo la stesura degli ultimi capitoli va un pò a rilento! :(
Spero continuerete a seguirmi :)
Un bacio.
Buonanotte
Francy <3

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Capitolo 34
*** 34. *La giornata della spensieratezza* ***


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Buon venerdì :)
Scusate il ritardo.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 34-
*La giornata della spensieratezza*
 
 
Pov Gaia
 
Mi fa male il braccio…
Mi fa male la schiena e adesso anche il sedere!
Da quasi una settimana sono chiusa in una stanza d’ospedale e sto impazzendo. Ho provato a convincere tutti che sto bene, ma purtroppo nessuno ha voluto ascoltarmi.
Ovviamente…
Oggi dovrei essere dimessa, ma soltanto se il mio livello di emoglobina sarà buono e se il bambino sta bene.
Sbuffo al solo pensiero di essere sottoposta ad altri esami. Il mio povero braccio non ne può più degli aghi.
Guardo Andrea dormire al mio fianco, dopo aver passato la notte a sorvegliarmi, adesso è crollato. Sembra così stanco e distrutto…
Mia madre mi ha raccontato che, durante i quattro giorni in cui ero incosciente, non ha lasciato il mio capezzale nemmeno per un secondo e, se devo essere sincera, non ne sono rimasta sorpresa.
Credo anche di averlo sentito qualche volta, quando ritornavo a galla dall’incoscienza, quando credevo di stare per svegliarmi, ma poi ricadevo nel buio, desiderosa di un altro po’ di riposo.
Sono stata una stupida! Avrei dovuto riposarmi quando ero ancora in tempo; avrei dovuto lasciar perdere e non mi sarei ritrovata in queste condizioni.
Adesso non ho più intenzione di mettere in pericolo la mia vita o quella di mio figlio. Voglio dargli il meglio e comincerò da ora.
«Gaia, il tuo fidanzato non può stare qui» mi rimprovera la dottoressa.
«Lo so, ma possiamo lasciarlo riposare un po’. Tanto tra poco esco, no?»
«Soltanto se i risultati saranno buoni, ma adesso ascoltiamo il battito del tuo bambino, ok?»
Annuisco sorridendo e alzo il camice, fino a scoprirmi la pancia ma, proprio in questo momento, si sveglia Andrea. «Cosa succede?» chiede confuso e ancora mezzo addormentato.
«Stiamo solo facendo un’ecografia per controllare che il bambino stia bene» lo informa la dottoressa mentre lo guardo con lo stesso sorriso di prima.
«Stai bene?» gli chiedo.
«Si, mi fa male un po’ la schiena»
«Una volta a casa riposerai per bene»
«Devo occuparmi di te»
«Dai, Andrea, devo soltanto provare a non stressarmi, ma posso continuare a fare quello che facevo prima. Vero, dottoressa?» chiedo per esserne sicura.
«Si, certo. Ovviamente non fare troppi sforzi ma, per quanto riguarda le attività normali, sei in grado di svolgerle tranquillamente. Niente stress e preoccupazioni, ok?»
«Quelle legate alla fine della gravidanza valgono?» chiedo ridacchiando.
«Si, valgono anche quelle» risponde il medico stando al mio gioco.
«Non è divertente!» esclama Andrea alzandosi e sedendosi sulla sedia accanto al letto.
«Non mettere il broncio. Sto scherzando. Vivrò tranquilla e serena, promesso»
«Ascoltate il battito del cuore del vostro bambino e rilassatevi entrambi. Gaia e il bambino adesso stanno più che bene e non c’è motivo di preoccuparsi. L’unica cosa che chiede il tuo organismo è di non sottoporlo a tanto stress. Tutto qui!» esclama la dottoressa fermando l’immagine mentre sentiamo e vediamo il cuore di nostro figlio battere.
«Oh, guardalo!» dico scoppiando a ridere e guardando Andrea con uno sguardo da ebete.
«L’ho sentito e visto tante volte in questa settimana, ma non smetterò mai di emozionarmi» mormora.
«Dottoressa, sono arrivate le analisi» annuncia un’infermiera porgendole una cartellina; lei sfoglia velocemente i documenti tra le sue mani.
«Va bene, puoi anche firmare i moduli per essere dimessa»
Le sorrido felice e, pulendomi con la carta, la ringrazio mentre esce dalla stanza.
«Hai visto?» chiedo ad Andrea. «Sto bene. Stiamo bene e adesso noi ritorniamo a casa nostra e viviamo questi ultimi quattro mesi in santa pace. Senza i tuoi genitori o chiunque possa disturbare la nostra quiete»
«Lo prometti? Che non ti lascerai condizionare dallo stress?»
«Si, Andrea! Lo prometto»
Mi accarezza la guancia, ma voglio di più perché in questi giorni mi è mancato da morire, così mi avvicino a lui e, con la sola pancia che divide i nostri corpi, ci stringiamo forte, fin quando non veniamo interrotti da Serena che, con un colpo di tosse, mi informa che è ora di andare a casa e che mia madre mi aspetta.
Serena mi racconta tutto quello che mi sono persa in questi giorni e che Marco, suo figlio, ha fatto dei disegni con me, lui e mio figlio.
Guardo Andrea sorridermi dallo specchietto retrovisore, mentre guida verso casa.
Come faccio a non amare quest’uomo? Mi rivolge uno sguardo pieno di tutto quello che prova per me e sono così sopraffatta dall’amore per lui, che mi sento quasi soffocare, ma non è una sensazione strana, è bella… è magnifica. Essere innamorata di Andrea è magnifico.
 
«Ehi, siamo arrivati» mi sussurra qualcuno all’orecchio.
Mi sveglio di scatto rendendomi conto che sono ormai arrivata a casa e Andrea mi sta accarezzando dolcemente la testa.
Credo di essermi addormentata appoggiata a Serena, ma lei adesso non c’è più. Andrea deve aver capito la mia perplessità, perché mi dice «L’ho accompagnata prima di arrivare qui. Non voleva disturbarti e tu hai bisogno di un po’ di riposo»
Annuisco e faccio per scendere ma Andrea decide di prendermi in braccio.
«Dai, riesco a camminare»
«Non posso portarti in braccio?»
«No. Capisco che vuoi fare pratica con l’arrivo del piccolo, ma sono davvero troppo grande per essere portata in braccio» mormoro ridacchiando, mentre Andrea si lascia andare ad una risata sincera che però si spegne subito quando entrambi ci accorgiamo di un’altra auto parcheggiata accanto a quella di mia madre.
«E’ dei tuoi?» chiedo guardando il mio fidanzato cambiare subito espressione.
Lui annuisce e mi mette a terra.
«Non arrabbiarti con loro, va bene? Ti prometto che non darò peso a quello che diranno, qualunque cosa sia»
«Voglio solo sapere cosa vogliono…»
«Allora, andiamo a scoprirlo» gli dico prendendolo per mano e sorridendo.
In silenzio ci dirigiamo verso l’entrata.
«Ciao tesoro, come stai?» esclama mia madre aprendo la porta e abbracciandomi ma guardando di sfuggita Andrea.
«Bene, mamma. Stiamo entrambi bene» la rassicuro, riferendomi anche al bambino.
«Vieni, ti accompagno in camera»
«Hm, no. Salgo dopo con Andrea» la informo mentre lui posa la borsa sulla panca di legno dell’ingresso.
«Gaia, vuoi rischiare di nuovo quello che è già successo?»
«No, mamma. Non mi comporterò più come in passato. Se qualcuno non accetta il nostro bambino, non fa parte della nostra vita. Prendere o lasciare» dico severa guardando Andrea. Mi dispiace per lui, perché so quanto potrebbe servirgli il loro aiuto, ma non rischio ancora. Adesso basta!
«Andrà tutto bene» sussurro all’orecchio di Andrea. «Mi dispiace soltanto per te, perché non meriti quello che ci stanno facendo, a tutti e tre…»
«Non preoccuparti per me. Sono abituato a non avere i miei genitori nella mia vita»
Lo guardo e vedo la tristezza e la delusione nei suoi occhi. Mi sembra un altro Andrea. Più piccolo e, senza l'appoggio dei genitori, con un enorme responsabilità sulle spalle.
«Andiamo» gli dico stringendo di più la sua mano.
Quando entriamo in cucina, li troviamo seduti a tavola l’uno accanto all’altra, di spalle.
«Buongiorno» li saluta Andrea serio.
«Ciao Andrea» ricambia la madre alzandosi e sorridendogli. Beh, nemmeno lei meriterebbe di rimanere fuori dalla nostra vita. «Come stai, Gaia?»
Sto per rispondere ma Andrea mi precede «Sta bene, ma non grazie a voi» esclama duro.
«Non rivolgerti così a tua madre» lo rimprovera il padre.
«Come tu non avresti dovuto rivolgerti in quel modo alla mia fidanzata!»
«E’ un altro discorso. Qui si tratta di tua madre»
«Tu hai insultato la madre di mio figlio. Credo sia esattamente la stessa cosa, papà!»
Oh, Andrea…
Sento le lacrime riempirmi gli occhi; gli stringo forte il braccio e la mano e faccio un respiro profondo, mandando indietro le lacrime.
Patrizia e Stefano ci guardano confusi, forse anche un po’ dispiaciuti, o magari è soltanto l’espressione di lei.
«Volevamo soltanto dirti che se avete bisogno del nostro aiuto, beh… l’avrete. Per qualsiasi cosa. Soldi, sostegno, casa, tutto» mormora suo padre fissando la parete accanto a noi.
Oh, wow. Questa è bella. Prima causano tutto questo e poi chiedono scusa offrendo qualsiasi cosa.
«Grazie» rispondo, sorridendo.
«Vogliamo soltanto il vostro sostegno contro la tua famiglia, papà» aggiunge Andrea.
«Posso cercare di cambiare la mia visione delle cose, ma dubito che i tuoi nonni lo facciano» spiega il padre guardandomi.
«Non m'importa di loro. M'importa solo di quello che puoi fare tu»
Lui ci sorride e annuisce «Avrai il mio sostegno!» dice sicuro di se e quasi mi sembra un miracolo. Non è la persona che ho conosciuto negli ultimi giorni; sembra essere tornato il grande uomo che ho conosciuto la sera prima che scoprisse del bambino.
«Come stai tesoro?» mi chiede sua madre.
«Adesso bene»
«Ci dispiace tanto per quello che vi è successo» dice Stefano e, stranamente, si riferisce anche al bambino.
«So che siete dispiaciuti e vi ringrazio per l’aiuto che ci state offrendo ma, indipendentemente dalle vostre scelte, vorrei soltanto che non abbandoniate vostro figlio. Anche se non aveste accettato il nostro bambino, avrei voluto soltanto che continuaste ad aiutare Andrea»
«Oh bambina!» esclama Patrizia scoppiando in lacrime e venendo ad abbracciarmi. «Ami così tanto nostro figlio che mi sento in colpa per non aver accettato il tuo. Mi dispiace così tanto! Perdonaci se puoi»
Guardo Andrea che mi sorride, mentre il padre si avvicina e l' abbraccia. «Grazie papà» gli sento mormorare ricambiando l’abbraccio.
«Va tutto bene» dico alla madre di Andrea ancora aggrappata a me. «Spero che da oggi in poi amerà il mio bambino»
Lei mi sorride e, un po’ imbarazzata, si asciuga le lacrime Le sorrido e le accarezzo un braccio, mentre ritorna al fianco del marito.
«Salgo in camera» mormoro ad Andrea «Rimanete a pranzo, se vi va» dico, invece, a Patrizia e a suo marito.
«Io devo andare in ufficio, ma la mamma può rimanere» dice suo padre. Lei annuisce e si alzano entrambi.
Li saluto e, con il cuore decisamente più leggero, salgo in camera, ma il ricordo dell’ultima volta che sono stata qui dentro mi fa arretrare.
«Tutto ok, ci sono io» mormora Andrea raggiungendomi con la borsa.
«E se dovesse succedere di nuovo?»
«Non succederà perché, stranamente, la fortuna è di nuovo dalla nostra parte» mi dice sorridendo a trentadue denti.
Non si nota affatto che adesso è felice. No, no… ha un sorriso stupendo e finalmente sembra davvero più rilassato.
«Mi è mancato vederti così»
«Così come?» chiede confuso.
«Così felice!» esclamo gettandogli le braccia al collo e cominciando a baciarlo.
Scoppiamo entrambi a ridere, mentre lui mi aiuta a togliermi il giubbotto e a distendermi sul letto. Dopo essersi tolto scarpe e orologio, anche lui mi segue.
Restiamo qualche attimo in silenzio, poi entrambi cadiamo in un sonno profondo.
 
C’è tanto sangue…
Il mio bambino è in pericolo…
C’è troppo sangue e non dovrebbe esserci.
Andrea… dov’è Andrea?! Ho bisogno di lui, non può lasciarmi da sola. Non adesso. Ho bisogno di lui…
C’è ancora sangue e anche dei dolori fortissimi.
«Gaia?» 
«Sangue…»
«Gaia, apri gli occhi. Svegliati!»
Apro gli occhi di scatto attirata da quelle parole e mi guardo intorno. Noto Andrea preoccupato e la luce del sole inondare la stanza.
«Ehi…»
Mi volto verso il ragazzo che mi accarezza la spalla e deglutisco, cercando di fare mente locale. Sono a casa mia, nel mio letto e Andrea è qui al mio fianco.
«Tutto ok?» mi chiede scostandomi i capelli dalla fronte madida di sudore.
Lo guardo un po’ persa poi, ricordandomi del sogno, guardo sotto le coperte.
«Niente sangue…» mormoro sospirando.
«Stavi sognando»
«Si, credo di si»
«Non è successo. Era soltanto un incubo»
Annuisco e lo guardo. Sembra stanco. Anzi, lo è sicuramente. «Hai dormito un po’?» gli chiedo.
«Si, ho dormito, ma poi hai cominciato ad agitarti nel sonno»
«Mi dispiace» dico sinceramente dispiaciuta. Non voglio che si stanchi per colpa mia. Ha già fatto abbastanza negli ultimi giorni. Mi avvicino a lui e l'abbraccio.
«Non è colpa tua» gli sento dire vicino al mio orecchio. «Stenditi, dormi un altro po’»
«Che ore sono?»
«Le quattro del pomeriggio»
«Ho dormito abbastanza. Tu, invece, dovresti riposare ancora un po’»
«Sto bene. Ti va di mangiare qualcosa?»
Hm, ora che ci penso ho un po’ di fame.
Annuisco con vigore e lui, sorridendo, scende dal letto e si dirige al piano di sotto. Immagino vada a preparare qualcosa da mangiare ed io mi sento così in colpa. Non voglio che si prenda così tanto cura di me. Ammetto di non meritare tutte le sue attenzioni e capirei se lo facesse soltanto per il bambino.
Sospiro e mi alzo dal letto sgranchendomi un po’ le gambe.
Mi dirigo verso il comò dove tengo il computer portatile e, dopo averlo recuperato, mi fermo guardando la mia immagine riflessa dallo specchio.
Indosso una comoda tuta, ma è piuttosto aderente quindi le mie forme si vedono e, soprattutto, si vede la pancia.
Sorrido e mi volto, guardandomi di profilo. «Sei cresciuto proprio tanto, eh piccolino?»
Accarezzo la pancia con una mano e sorrido. «La mamma si prenderà cura di te, lo prometto. Scusa se non l’ho fatto fino a questo momento»
Sento le lacrime cominciare a rigarmi le guance per la consapevolezza di quello che non ho fatto in queste settimane. Non mi sono presa cura dell’unica persona che avrei dovuto proteggere da tutto e tutti.
«Non ti deluderò, lo prometto» sussurro guardando in basso. Tiro su col naso e, quando alzo lo sguardo per ritornare a letto, noto Andrea sulla porta con un vassoio tra le mani. «Da quanto sei qui?» chiedo grattandomi la nuca lievemente imbarazzata.
«Da un po’» risponde lui sorridendo ed entrando in camera come se niente fosse.
«Hai sentito tutto?» chiedo sedendomi sul letto e appoggiando la schiena alla testata.
«Sono arrivato quando hai cominciato ad accarezzarla»
Ah bene, praticamente ha sentito tutto. Gli sorrido un po’ imbarazzata e mi concentro sul computer che, nel frattempo, ho acceso.
Andrea schiarisce la voce e mi porge una ciotola con dei cereali, mi da anche un succo di frutta e versa un po’ di latte nella tazza.
«Colazione alle quattro di pomeriggio?»
«Lo considero uno spuntino. La merenda, diciamo…»
«Mai fatta in vita mia» confesso mescolando con un cucchiaio il composto.
«Davvero?» chiede lui sconvolto.
«Si, davvero. Tu la facevi?»
«Da ragazzino mia madre mi costringeva a fare cinque pasti al giorno. Colazione super abbondante la mattina prima della scuola; intorno alle undici mi faceva mangiare una barretta, poi il pranzo, intorno alle cinque uno spuntino con un frutto e poi la cena. Per questo motivo, quando ho cominciato a ribellarmi a lei, ho cominciato proprio dal suo regime alimentare»
«Ecco perché non sei più abituato a mangiare alla mattina»
«Si, diciamo che col tempo sono diventato intollerante alla colazione»
Ci sorridiamo entrambi «Adesso mangia» dice ed io poso la testa sulla sua spalla, mentre inizio la tardiva colazione.
«Sei cresciuto bene, però. Quei cinque pasti al giorno ti hanno fatto bene» mormoro con la bocca piena.
Lui mi guarda ridacchiando ed io lo seguo a ruota, scoppiando a ridere dopo aver deglutito il boccone.
«Se sarà un maschietto lo costringeremo a fare lo stesso per farlo crescere bene come il papà» dico accarezzandogli i capelli dopo aver esaurito l’attacco di risa.
Lui mi sorride teneramente e mi lascia un dolce bacio sulle labbra.
«Non so in cosa sperare…» mormora addentando una fetta di pane con la nutella.
«Cosa vuoi dire?»
«Non so se sperare che sia un maschietto o una femminuccia»
«Nemmeno io. Vorrei fosse una femminuccia così avrà un rapporto speciale con te, potrei accompagnarla a fare shopping e tu sicuramente le vieteresti di vedere qualsiasi ragazzo almeno fino ai venti anni»
«Facciamo trenta»
«Appunto…» sorrido e lo guardo negli occhi. «Però, vorrei anche un maschietto perché così potrei essere gelosa delle femminucce che gli andranno dietro e poi potrei aspettare che torniate dalla partita di calcetto tutti sporchi di terra e pieni di microbi»
Lui sorride e ricambia lo sguardo. «Sarebbe bello avere entrambi…»
«Due gemelli? Oh no… al momento va più che bene uno. Io voglio avere due bambini di entrambi i sessi, quindi…»
«Quindi ci penseremo dopo?»
«Si»
«Non sei spaventata?»
«Si, tanto… ma so che ci sei tu al mio fianco e comunque tra qualche anno saremo più grandi e responsabili e sicuramente con molti meno problemi»
«Sicuramente»
«Godiamoci lei o lui per il momento»
«Non vedo l’ora di tenerlo tra le braccia il mio piccolo sandwich»
Un momento… che ha detto?!
«Come lo hai chiamato?»
Andrea ridacchia e mi guarda liquidandomi con un’alzata di spalle. «Sarà lungo come un sandwich più o meno» spiega «E poi ho fame, è l’unica cosa che mi è venuta in mente»
«Ma non puoi chiamare mio figlio “sandwich”»
«Come vorresti chiamarlo? Fagiolino? È abbastanza grande da non esserlo più»
«Si, ma non sandwich»
«Allora suggeriscimi qualche altro nomignolo»
«Uhm…» ci rifletto su per qualche secondo, ma non mi viene niente in mente. Tipico! Aggrotto le sopracciglio e sospiro «Ok, vada per sandwich»
«Evvai!»
«Povero il mio piccolino…» mormoro posando la tazza ormai vuota e accarezzandomi la pancia.
«Sicuramente non se lo ricorderà» mormora passandosi, di nuovo, una mano sugli occhi.
«Ti va di dormire un po’ mentre lavoro?»
«Mi chiedevo quando avresti tirato fuori quei manoscritti» dice sorridendo e appoggiando il vassoio sul comodino.
«Dico sul serio. Sei distrutto, devi dormire un po’. Io starò bene»
«No, sto bene. Ti guarderò lavorare. Mi piaci quando sei concentrata» dice stendendosi al mio fianco.
Annuisco e prendo il computer. Nella posizione che ha appena assunto, tra dieci minuti, forse meno, sarà già bello che addormentato.
Lo guardo e i suoi occhi sono a metà tra il chiudersi completamente e il rimanere aperti.
Ridacchio silenziosamente e apro la casella di posta per controllare le e-mail e per mandarne una ad Alice e a Kristen.
Ne trovo un paio da parte loro. Mi fanno sorridere perché mi dimostrano come, in poco tempo, si può diventare amico di qualcuno e poi queste due ragazze sono veramente facili da amare. Sono dolci, sensibili, Alice è un po’ pazzerella, ma entrambe hanno un cuore immenso. Sono state gentili con me durante i miei improvvisi attacchi di fame e mi hanno procurato tutto ciò che chiedevo. Ammetto di essermene approfittata qualche volta, ma solo per prenderle un po’ in giro, perché effettivamente era divertente vederle correre a destra e a sinistra soltanto per non irritare con l’attesa una donna incinta.
Clicco su Rispondi e digito un messaggio di risposta ad entrambe. “Ciao ragazze… vi sto scrivendo dal mio bel letto con il mio bel fidanzato accanto che finge di non dormire. Intanto, auguroni di buon Natale e di Buon Anno Nuovo. Scusate se non ve li ho mandati prima, ma sono state settimane… complicate e assurde e per concludere ho passato gli ultimi sei giorni in ospedale a causa dello stress. Mi mancate tanto. Cercate di non fare casini mentre sono via. Ci sentiamo presto. Ho dei manoscritti da leggere, un fidanzato da accudire e un sandwich da tenere al caldo (Andrea ha chiamato il nostro bambino sandwich). Quindi, a presto!
Vi voglio bene!
Con amore,
Gaia
Invio l’email.
Mi volto a guardare Andrea e mi accorgo con piacere che russa leggermente. Gli lascio un bacio sulla testa e mi rimetto a lavoro, riponendo il pc al suo posto e cominciando a leggere i manoscritti.
Con mio grande piacere riesco a fare il mio lavoro senza problemi; leggo con impazienza e compilo le schede di valutazione che dovrò consegnare al mio capo.
Ho quasi finito con il primo manoscritto quando la mia attenzione viene catturata da un movimento nella mia pancia. Appoggio lì la mia mano e sorrido, chiudendo gli occhi. Il mio bambino sta scalciando ed io non sono mai stata più felice di così.
Lascio cadere il romanzo sul pavimento e mi distendo accanto ad Andrea che continua a dormire. Appoggio un braccio dietro la testa per stare più comoda, mentre tengo l’altra mano sul ventre, sperando di sentire altri rumori.
Resto in questa posizione per non so quanti minuti, so soltanto che è Andrea a scuotermi.
«Ehi, ti sei svegliato»
«Si, perché non lo hai fatto tu?! Quanto ho dormito?» mi chiede stropicciando gli occhi.
«Eri stanco e comunque non saranno passate più di un paio d’ore. Stai tranquillo, sono stata bene. Ho quasi finito il primo romanzo»
«Bene, bene…» gli sorrido e mi sposto su di lui. «Hm, no Gaia. Hai sentito la dottoressa. Niente rapporti» mi ricorda accarezzandomi la schiena e guardandomi da sotto le ciglia ancora mezzo addormentato.
«Sh, non voglio fare l’amore con te»
«Hm, e cosa vuoi fare?! Mi vuoi sedurre e poi battere in ritirata?» chiede sorridendomi.
«No, voglio soltanto stare abbracciata a te. Il bambino ha scalciato di nuovo»
«Davvero?!» chiede svegliandosi di colpo.
«Si, se rimango così, magari lo sentirai anche tu»
«Bella osservazione. Ma non si fa male se stai schiacciata su di me?»
«No, non ti preoccupare» rispondo sorridendo.
Lui annuisce e finalmente ci rilassiamo l’uno sul corpo dell’altro. Appoggio la testa sul suo petto e ascolto il battito regolare del suo cuore. È tranquillo e mi piace il mio Andrea tranquillo.
Purtroppo, il piccolino non si è più fatto sentire, e questo ha lasciato Andrea un po’ deluso.
«Non preoccuparti, ritornerà a muoversi di nuovo» lo rassicuro mentre scendiamo in cucina per la cena.
«Lo spero… a quanto pare appena sente la mia voce o smette di muoversi o non si muove proprio!»
«Non è vero! Non essere paranoico. Magari non riesco a percepire i suoi movimenti»
Mi guarda poco convinto, ma non dice più nulla. Gli sorrido dolcemente cercando di rassicurarlo e lui mi stringe al suo corpo baciandomi la testa.
La tranquillità e la beatitudine provata nelle ultime ore, svanisce nel momento in cui scendiamo per cena e veniamo investiti da urla e schiamazzi. A quanto pare stasera abbiamo la casa invasa dai genitori di Andrea e dai miei, insieme a Charlotte, Brian, Patricia e Paul.
Devo dire che, anche se bizzarra, amo la mia famiglia e sono così contenta di averli tutti qui!
Brian rapisce immediatamente Andrea, che mi guarda con terrore.
Ah, si… gli allenamenti che il mio fidanzato ha mancato. Rido per l’espressione spaventata di Andrea, ma anche Charlotte ha intenzione di rapirmi.
Mi sottopone a tutta una serie di domande sui ragazzi, sui loro comportamenti e sul… ehm, sesso!
«Charlotte, forse dovresti chiedere a tua madre»
«Ma sei impazzita?! Assolutamente no. Se scopre che ho intenzione di perdere la verginità a sedici anni come minimo mi chiude in camera e papà… beh, come ha reagito quando gli hai detto che tu l’avevi persa?»
Oh Signore, aiutami tu! Come faccio a spiegarle quello che è successo quando ho perso la verginità! Non era proprio un periodo roseo per me e per nostro padre.
«Ehm, Charlotte… io e papà non andavamo molto d’accordo all’epoca»
«Oh, si. Giusto. Scusami» mormora imbarazzata.
«Non preoccuparti, davvero. Le cose sono diverse ormai»
Mi sorride e mi abbraccia, ma la tregua non dura tanto, perché riprende di nuovo a parlare di argomenti piccanti.
«Credo che dovrei essere sicura al cento per cento prima di dire di si a questo ragazzo»
«Si, sono d’accordo. Dovresti esserne sicura»
«Tu ne eri sicura quando l’hai fatto la prima volta?»
Accidenti! È passato così tanto tempo… lancio un’occhiata ad Andrea che sta ridendo a crepapelle con Brian.
Ero sicura quando l’ho fatto la prima volta?
Si, ero sicura! Anche se poi Andrea si è comportato così male da farmene pentire, un po’… poi, beh… tutto è ritornato rose e fiori.
«Si, ne eri decisamente sicura» mormora sghignazzando e calcando il “decisamente”.
Mi volto a guardarla e lei scoppia a ridere «Scusa ma cos'hai da ridere?» chiedo divertita.
«Si vede lontano un miglio che ci stai ripensando e, considerato come guardi Andrea, ho capito subito che lui deve essere stato il primo e che ne eri sicura»
«Si, è vero. Quando è successo, le cose tra noi non erano molto stabili, ma lo amavo con tutta me stessa»
«Oh, vorrei provare anche io quello che tu provi per Andrea. Mi sembrate così felici»
«Lo siamo e adesso ancora di più» mormoro
Charlotte riprende a sorridermi e a tempestarmi di domande.
Per fortuna veniamo interrotte da Brian che butta sul divano il mio fidanzato.
«Piano! Non vorrai distruggermi il fidanzato. Mi serve!» esclamo ridendo.
«Mi proteggi soltanto perché ti servo? Non mi ami nemmeno un po’?» chiede sorridendomi e guardandomi dal basso.
«No, nemmeno un po’» rispondo ridendo.
Si alzo di scatto e ritorna da Brian che comincia a parlargli di flessioni, guanti da boxe e altre cose del genere.
«Brian ha trovato davvero un amico»
«Mi sembrava ne avesse al lavoro»
«Si, ma quando esce dagli uffici della casa editrice non passa molto tempo con i ragazzi»
«Come mai?»
«Non lo so… ma forse lo ha influenzato molto l’assenza di papà durante gli anni scorsi»
«Quando era con me…» mormoro abbassando lo sguardo.
«Credo di si. Sono felice, comunque, che abbia trovato Andrea! Qualche sera fa li ho sentiti parlare in video chat e parlavano di donne»
«Donne? Cosa dicevano?» chiedo lanciando un’occhiata storta ad Andrea.
Charlotte scoppia a ridere e mi rassicura dicendo che Brian gli spiegava la situazione attuale con una ragazza che lavora con lui e immagino, molto probabilmente, si riferisse ad Alice.
Io e la mia sorella acquisita continuiamo a parlare della sua vita da adolescente e mi ricordo distrattamente di quando ero al suo posto e Andrea mi faceva disperare a scuola.
Le racconto quello che è successo in quegli anni e di come siamo finiti ad amarci.
«Direi che l’odio vi ha portato ad amarvi» commenta Charlotte e non posso fare a meno che annuire.
Devo averlo odiato veramente tanto per amarlo così immensamente adesso.
 
«Tuo padre è stato gentile stasera…» mi dice Andrea entrando in camera.
«Di solito non lo è?» chiedo continuando a leggere le ultime pagine del manoscritto.
«Certo che lo è. Mi riferivo al rapporto che ha instaurato con i miei genitori. E anche Patricia. Ha lo stesso nome di mia madre» mormora ridacchiando «Tuo padre ha parlato al mio come se fossi io suo figlio»
«E’ fiero di te» gli faccio notare sorridendo.
«Dici?»
«Certo. Mi piace il rapporto che avete e mi piace che lui sia fiero di te. È contento che tu gli abbia chiesto aiuto per poter frequentare l’università»
«La sua disubbidiente figlia non ha voluto approfittare della sua influenza in quell’ateneo»
«Esatto» mormoro ridacchiando.
La cena è stata piuttosto normale e tranquilla. Quasi non riuscivo a credere al comportamento di Patrizia e Stefano nei miei confronti. Mi hanno chiesto come sto, come sta il bambino, come se tutto fosse sempre stato così!
Bello… un po’ inquietante, ma bello!
Scrivo le ultime note sul manoscritto che seguo e poi metto tutto sulla scrivania.
«Oh mio dio» sento sussurrare Andrea chino su qualcosa.
«Che succede?» gli chiedo sporgendomi dal letto.
«Niente, stai buona e non ti agitare»
«Andrea, non sono un cane. Non dirmi di stare buona e poi dicendomi di non agitarmi non mi aiuti»
«Scusa, comunque niente. Mettiti a dormire. Arrivo subito»
«Dai, dimmi che succede. Sai che sono curiosa»
Si volta a guardarmi e il suo sguardo è seriamente preoccupato. «Che succede Andrea?»
«Mia madre mi ha portato una scatola con alcune mie cose e tra tutte le cianfrusaglie ho trovato anche delle foto»
«Hm…»
«Meglio bruciarle»
«No, che bruci?! Devi tenerle…»
«No, meglio se le elimino» dice sorridendo.
«Adesso mi incuriosisci»
Lui non risponde, ma continua a guardare le foto. «Andrea?» lo chiamo, ma niente…
«Andrew?!» provo ancora con il suo nome in inglese e lui si volta fulminandomi con lo sguardo.
«Odio il mio nome in inglese»
Hm, chissà perché…
«Ok, allora fammi vedere le foto»
«Non ce ne sono molte. Risalgono ai due anni a Milano»
«Un motivo in più per farmele vedere»
«Hm… ce ne sono due nostre»
«Come scusa?!»
«Si, ma risalgono a molto prima…» dice e me le porge. Una mi ritrae in ginocchio su una sedia e Andrea seduto, anzi disteso su un’altra; l’altra ci abbracciati ma di spalle.
«Oh…» mormoro guardandole. «Eravamo in una delle aule del college»
«Si. Guardando la foto dove ti abbraccio mi rendo conto di quanto volessi stare al tuo fianco già da allora»
«Stupido che non ha colto la sua possibilità»
Lui mi sorride e comincia a togliere le foto di mezzo, ma una in particolare cattura la mia attenzione e mi affretto a prenderla prima che lui la tolga.
«Bella questa!» dico guardando la foto che ritrae il mio fidanzato con una bionda tutta curve e dai capelli mossi che le ricadono sulle spalle...
«No, ehi! Dammi quella foto!»
«Dai, Andrea…voglio prenderti un po’ in giro»
«No, tutto quello che farai sarà arrabbiarti»
«Dai, prometto che non mi arrabbio! Soltanto un paio»
«Va bene, però ridammi questa!» dice strappandomi la foto che ho preso prima dalle mani.
«Chi era?»
«Una che ho conosciuto in un locale»
«Ci sei andato a letto?» chiedo.
«No»
«Dimmi la verità tanto lo so che, senza di me, eri un puttaniere»
«Vuoi fare la spiritosa?!»
Ridacchio e gli restituisco la foto. «Con lei non ho fatto veramente niente: troppa puzza sotto il naso»
«Che strano… pensavo che il tuo tipo di donna fosse proprio quello» mormoro trattenendo le risate.
«Ti stai proprio divertendo eh?»
«Si, da matti» rispondo avvicinandomi a lui e baciandolo a stampo. Lui mi sorride e scuote la testa. Mi appoggio alla sua spalla e pesco un’altra foto dal gruppo. «E’ carina, lei»
«Con lei ci sono andato a letto»
Poso immediatamente la foto e passo ad un’altra che ritrae lui e un amico. «Cos'avevi in mano?» chiedo avvicinando la foto per guardarla meglio.
«Dei panini, se non sbaglio»
«Come al solito lo scemo del gruppo»
«Sei molto carina con me stasera, eh!»
«Sei il mio scemo però…»
«Almeno questo…» dice e gli sorrido affettuosamente accarezzandogli la schiena.
«Dov'eri qui? Non ti vedo…» mormoro adocchiando un’altra foto.
Ci sono tanti ragazzi seduti in cerchio in un grande salotto. Un ragazzo è al centro ma non è Andrea.
«Ehm… sono qui» dice indicandomi un punto nell’immagine.
«Ah… si, eccoti» mormoro rendendomi conto che la ragazza al suo fianco è Eleonora.
Cerco di sorridere, ma il fatto che lui adesso sia qui e non con lei mi fa stare decisamente meglio.
«Hai avuto un periodo gay durante l’università?» chiedo mostrandogli una serie di piccole foto.
«No!» esclama ridendo. «Quello era un mio caro amico, abbiamo perso i contatti»
«Peccato, mi piace»
«Fattelo piacere di meno… intesi?»
«Sto scherzando… comunque sei carino in queste foto, molto»
«Mi stai facendo un complimento?»
«Si»  rispondo ridacchiando.
«Ti bastano queste foto?»
Annuisco e l' abbraccio «Ti amo tanto, Andrea… amo l’Andrea che sei ora, quello che eri quando abbiamo iniziato a frequentarci, e amo quello che eri quando non stavamo più insieme. Amo tutto di te e amerò quello che sarai…»
Lui mi accarezza la guancia e mi bacia. «Ti amo tanto. Ti amo da morire Gaia e non mi stancherò mai di dirtelo»
«Ho la sensazione che, se avremo una femminuccia, ti innamorerai perdutamente di lei»
«E io ho la sensazione che se avremo un maschietto mi trascurerai perché sarai perdutamente innamorata di lui»
«Non ci trascureremo… saremo una piccola famiglia unita e ci ameremo infinitamente e nessuno ci capirà»
«Magnifico» mormora baciandomi di nuovo.
Sento l’amore nei miei confronti in questo bacio, sento la passione e la voglia di stare insieme… sento che tutto andrà bene da ora in poi. Sento che io e Andrea ce la faremo!

 
------
 
Scusate. Oggi sono di umore nero.
E' più facile tenere il broncio, piuttosto che trovare un motivo per cui vale la pena sorridere, ammesso che si trovi la forza per trovarlo, e in questo periodo non ho forza per fare niente.
Comunque, non sto qui ad annoiarvi con i miei problemi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Finalmente un pò di pace per Andrea e Gaia :) Il bambino sta bene e le cose con i genitori di Andrea sembrano essersi risolte. Era ora, direte!
Grazie per essere arrivate fin qui! :*
A venerdì prossimo!
Francy <3

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Capitolo 35
*** 35. *Inghilterra. The Script. Andrea. Hall of Fame* ***


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Eccomi qua!
Scusate se vi ho fatto attendere, ma ieri sera ero talmente stanca che non sono riuscita ad aprire Word per correggere il capitolo, di conseguenza stamattina non ho potuto pubblicare il capitolo. Non ho potuto farlo nemmeno nel primo pomeriggio perchè mi sono addormentata sul divano -_-
Soltanto adesso, mi sono seduta per leggere e correggere il capitolo, quindi, adesso posso augurarvi buona lettura! :D
Spero davvero tanto che vi piaccia.
Non voglio spoilerarvi nulla, ma il pezzo finale è uno dei miei preferiti.
Non dico più niente.
Un bacio e ci leggiamo alla fine!
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 35-
* Inghilterra. The Script. Andrea. Hall of Fame*
 
«Secondo te si nota che sono più grossa?»
«Sinceramente?»
«Si, Andrea, sinceramente! Voglio che su sia sincero sul mio aspetto fisico, soprattutto adesso»
«Beh, si, si nota, ovviamente. Sei quasi al nono mese»
«Speravo che la mia pancia restasse piccolina, come quella di Serena quando era incinta»
«Il nostro bambino è già grosso»
«Ti devo ricordare da dove dovrà uscire?»
Lo guardo di traverso e lui si blocca, lasciando a metà il cucchiaio pieno di cereali.
«Ti accompagno al lavoro oggi, ok?»
Lo guardo ridacchiando e finisco la mia tazza di cereali appoggiata sul pancione.
Negli ultimi mesi io e Andrea siamo ritornati a Londra, abbiamo ripreso le nostre vite: io con la casa editrice e lui con l’università.
Grazie all’aiuto di mio padre è riuscito a laurearsi in tempo e adesso ha cominciato il tirocinio in un museo. I suoi genitori sono così fieri e orgogliosi di lui che stanno già programmando la festa di laurea.
Le cose sono decisamente migliorate da gennaio. Sono passati tre mesi e, senza lo stress iniziale, sto molto, molto meglio e anche al bambino sembra giovare questa nuova condizione. Scalcia spesso, soprattutto quando Andrea mi tocca la pancia o gli parla, il che avviene spesso ormai. Credo conosca più la voce del padre che la mia…
Spesso la sera, prima di andare a dormire, Andrea gli fa ascoltare la sua musica preferita mentre io  gli leggo i miei libri prediletti.
Non saprei dire quali gusti musicali avrà nostro figlio ma sono sicura che, padre e figlio, che sia maschio o femmina, faranno tanto casino insieme. 
«Non occorre che mi accompagni»
«No, non voglio sentirti discutere! Sei molto avanti con la gravidanza e non voglio che ti capiti qualcosa»
«Oh ma dai, Andrea… Posso chiedere a Brian di passare a prendermi»
«Ecco! Questo potresti farlo!»
Lo guardo storto e mi alzo con il mio grande pancione di otto mesi. Cerco il cellulare nella borsa e chiamo mio fratello.
Da quando siamo ritornati a casa non si è mai comportato così; soltanto quando ho completato il sesto mese ha cominciato a dare i numeri e ad accompagnarmi al lavoro.
Alla casa editrice tutti mi hanno accolto calorosamente e hanno anche cominciato ad accarezzarmi la pancia.
Alice e Kristen sono state molto gentili con me durante queste settimane e hanno cercato di non farmi mancare nulla; appena potevano cercavano di alleggerirmi di molto lavoro, ma questo “problema” l’ho risolto subito, dicendo loro che non volevo essere trattata come una malata, che stavo bene e che potevo benissimo leggere un paio di manoscritti e alzarmi per andare a prendere da bere da sola. Da quel momento mi hanno lasciata in pace, anche perché Brian passa a trovarmi ogni ora, forse obbligato da Andrea…
Con questa scusa, Brian si è riavvicinato ad Alice e credo che lei lo abbia perdonato per tutte le scappatelle con le altre impiegate dell’ufficio.
«Gaia, che succede?» risponde Brian al quarto squillo.
«No, niente… Volevo chiederti se potevi passare a prendermi. Andrea vorrebbe accompagnarmi ma non mi sembra il caso»
«Ma si certo. Sono da te fra un quarto d’ora»
«Perfetto. A dopo»
Lo saluto e ritorno dal mio fidanzato. «Allora?» mi chiede lui guardandomi mentre mette a posto la tavola.
«Passa a prendermi fra un quarto d’ora»
«Magnifico. Come sta il mio sandwich?»
«La pianti ti chiamarlo così? Avrà le sembianze di un essere umano, ormai»
«Ma è dolce…» mi dice avvicinandosi per baciarmi. «Hm, non riesco a sentire tutto il tuo corpo»
«Direi… sono enorme!! C’è lui che ci divide»
«Non vedo l’ora di tenerlo fra le braccia» sussurra appoggiando la sua fronte sulla mia.
«Manca poco ormai…» gli dico sorridendo.
«Dovremmo cominciare a pensare ad un nome» mormora posando le mani sulla mia pancia enorme.
«Forse si… ti va se ne parliamo stasera?»
«Certo. Vado a prepararmi per il lavoro. Oggi arriva un nuovo carico di manufatti»
«Hm, interessante» mormoro poco entusiasta all’idea.
«So che la cosa non ti entusiasma, ma è una bella sensazione tirare fuori quei reperti dalle casse e studiarli nei minimi particolari»
«Amore, se piace a te, cercherò di farmelo piacere. Soprattutto cercherò di farmi piacere il mio Andrea con gli occhiali»
Mi fa la linguaccia e si dirige in camera da letto.
Con il tempo, abbiamo rinunciato a comprare un'altra casa e siamo rimasti qui.
Io avrei voluto, forse più di Andrea, andarmene da qui per il mio passato con Jay, ma ad Andrea piace e vuole che restiamo.
Non ha smesso di pensare ad un auto però, e la sola idea di vederlo guidare per le strade di Londra mi fa accapponare la pelle. Ho troppa paura, probabilmente per colpa di quella sua bravata di mesi fa.
Quindi, una volta deciso di rimanere qui, mio padre e quello di Andrea hanno deciso di comprarci l’appartamento.
Sono rimasta a dir poco stupita da questo gesto ma, da qualche tempo, abbiamo cominciato a sistemare le varie stanze.
Non che ci fosse molto da fare considerando che, la maggior parte dei mobili, mi piacevano già prima. Abbiamo soltanto scelto l'arredamento per la camera del bambino, scelta non proprio facile, e abbiamo provveduto a montarla.
Non sapendo ancora il sesso, abbiamo optato per dei mobili di un colore neutro. La culla, il fasciatoio, l’armadio e due mobiletti sono tutti color panna con delle sfumature beige. Devo dire che, nel negozio, non facevano una buona impressione ma, una volta sistemati nella nostra casa, hanno tutto un altro effetto e adesso anche Andrea è contento.
L’ultima spesa che dobbiamo affrontare prima della nascita del bambino è il passeggino, ma per questo provvederemo presto, o almeno spero.
«Gaia?»
Andrea mi distoglie dai miei pensieri sventolandomi una mano davanti al viso. «Stai bene?»
«Si, scusa… stavo pensando a quando abbiamo scelto la camera del bambino» spiego ridacchiando.
«Non mi piaceva molto quando era esposta in vetrina»
«Ma adesso fa tutto un altro effetto, no?»
«Mi piacerà soltanto quando verrà usata da nostro figlio»
Gli sorrido e mi avvicino per abbracciarlo «Cosa volevi?» chiedo.
«Sto andando… ci vediamo stasera?»
«Si, a stasera»
«Non uscire nel pomeriggio»
«Perché no?! Vorrei fare soltanto un giro per impegnare il pomeriggio, visto che adesso faccio mezza giornata»
«Dovevi per forza. Comunque no!»
Alzo gli occhi al cielo e mi convinco a lasciar perdere; tanto è una battaglia persa in partenza.
«Ci vediamo stasera» dice frettolosamente baciandomi le labbra e uscendo di casa.
Lo saluto con la mano, ma cinque minuti dopo sento il citofono emettere quel fastidiosissimo suono.
Rispondo: è Brian che mi aspetta.
 
Ciao papino… che fai?» scrivo ad Andrea, sperando che non sia troppo impegnato per rispondere ai miei messaggi.
Sto lavorando. Non distrarmi. Come sta il mio sandwich?
Nemmeno mi chiede come sto io…
Brontolone! Il tuo sandwich sta bene. Lo tengo al caldo, almeno per un altro mese. Ti saluta e dice che i miei libri sono più interessanti della tua musica
Spiritosa… tienilo al caldo il più possibile, mi raccomando! E comunque anche la mia musica gli piace, altrimenti non scalcerebbe
Questo è vero, penso sorridendo.
Sono seduta alla mia scrivania, con una pila di documenti da compilare per il mio capo, ma non credo che riuscirò a finire in tempo visto che, tra qualche minuto, ritornerò a casa.
Staremo a vedere” rispondo e rimetto il telefono in tasca, ma qualche secondo dopo lo sento vibrare di nuovo.
È Andrea.
Ti amo” ha scritto e sento un sorriso aprirsi sul mio volto.
Ti amiamo anche noi” rispondo velocemente e, stavolta, il telefono lo ripongo nella borsa. Vorrei evitare di scoppiare a piangere al lavoro.
Anche se ormai tutti sono al corrente della mia gravidanza, vorrei evitare che mi vedano in lacrime, certo di gioia, perché il mio fidanzato ha detto che mi ama.
«Ciao, tesoro!» Kristen spunta da dietro l’angolo con un grosso bicchiere pieno di uno strano liquido bianco e posso solo immaginare cosa possa essere.
Le sorrido salutandola con la mano e, quando mi porge il bicchiere, esclama «Cioccolata bianca! Per te e per il piccolino»
«Hm, grazie!»
«Quando vai a casa?»
«Tra un quarto d’ora passa Brian per riaccompagnarmi»
«Allora siete fratellastri? È stato uno shock venirne a conoscenza. Non se lo aspettava nessuno»
«Ehm, nemmeno io a dire la verità, mio padre ha avuto un’altra relazione oltre a quella con mia madre e sono nati Brian e sua sorella»
«Ah, ecco… beh, almeno ha smesso di provarci con te»
Scoppiamo a ridere mentre gusto la cioccolata calda. «Ma Alice, dov’è?» chiedo notando l’assenza della mia amica.
«Hm, non saprei. In effetti è da un po’ che manca»
«Chissà dove si è cacciata» mormoro guardandomi in giro. «Sarà rimasta incastrata con uno dei nuovi autori»
«Probabile, anche se mi sembra strano. Ultimamente lei e tuo fratello sono molto “uniti”» dice mimando le virgolette «Non so se mi spiego» aggiunge ridacchiando.
Annuisco ridendo e, nel momento in cui ingoio un po’ di cioccolata, sento il piccolo scalciare. «Oh, accidenti!» esclamo portando la mano sul punto interessato del mio ventre.
«Che succede? Ha scalciato?» chiede Kristen preoccupata.
«Si e anche molto forte» mormoro accarezzandomi la pancia.
«Se vuoi faccio chiamare Brian»
«No, tranquilla. Adesso sto bene»
«Dovresti restare a casa in quest’ultimo periodo, Gaia… Quanto manca ormai?»
«Sei settimane, sempre se non decide di nascere prima»
«Ecco, quindi, devi cercare di riposare il più  possibile»
La guardo storto e lei mi sorride. Sa che non sopporto che mi si dica che devo stare a casa e per di più a riposo.
Mi soffia un bacio e ritorna a lavoro, mentre finisco di compilare l’ultimo documento della giornata e mi alzo, mettendo a posto la mia scrivania.
Con mia grande sorpresa, ma devo ammettere che me lo aspettavo, dopo poco tempo compaiono Alice e Brian mano nella mano e con un sorriso a sessantaquattro denti stampato in faccia.
«Ma salve ad entrambi!» esclamo sorridendo e lanciando uno sguardo a Kristen che ride sotto i baffi.
«Ciao tesoro. Come stai?» chiede Alice tutta rilassata e contenta. Chissà perché…
«Meravigliosamente con il mio bambino che si muove tutto il tempo, tu invece? Sei stata assente per un po’» dico guardando un po’ Alice, un po’ Brian.
«Ehm, abbiamo fatto una passeggiata qui vicino» risponde lui liquidandomi in fretta «Andiamo?» chiede poi.
Annuisco ridendo salutando Alice e Kristen.
«Dai, dimmi cos’è successo con Alice» chiedo a Brian prendendolo a braccetto.
«Niente di che, davvero. Ci stiamo conoscendo un po’ visto che la prima volta non è andata molto bene»
«Se magari eviti di andare a letto con le altre, potresti avere una possibilità stavolta»
«Ho paura che lei non la prenda seriamente»
«Tu come la stai prendendo?» gli chiedo.
«Faccio del mio meglio ma impazzisco quando la vedo ridere e flirtare con altri ragazzi, magari proprio quelli dell’ufficio»
«Ne hai parlato con lei?»
«Si, mi ha detto che sono uno sciocco e che l’unico a cui è interessata sono io»
«Questo è positivo»
«Non lo so… non voglio essere ferito da una donna. Non sopporto di avere il cuore spezzato. Non da Alice, poi»
«Tu sei innamorato di lei, Brian! Dovresti dirglielo»
«E magari poi mi rifiuta. No, grazie»
«Dio mio! Sei tale e quale a quel cretino del mio fidanzato» esclamo alzando le mani al cielo.
«Che vuoi dire?»
«Anche lui aveva paura di essere rifiutato e non mi ha mai confessato i suoi sentimenti, almeno fin quando non ha capito di avermi persa sul serio»
«Dovrei proprio dirlo ad Alice, allora, eh?»
«Direi proprio di si! Sono sicura che ne sarà felice. Siete una bella coppia, in fondo!»
«Grazie» mormora lui imbarazzato, aprendomi lo sportello dell’auto e aiutandomi ad entrare. 
Continuiamo a parlare del suo rapporto con Alice e con le altre donne che hanno fatto parte della sua vita, fin quando il mio cellulare non comincia a suonare.
«Sarà Andrea. Vorrà sapere dove sono» mormoro cercando l’I-Phone nella borsa. «Ohi» rispondo poi.
«Ciao, dove sei?» ovviamente è Andrea.
«In macchina. Sto andando a casa»
«Ok. Come stai?»
«Sto bene. Sento sempre il piccolino muoversi e, poco, fa mi ha dato un calcio forte»
«Magari è un maschietto e si allena a giocare a calcetto» mi dice Brian ridendo.
«Sono d’accordo con lui» risponde Andrea ridacchiando, avendo sentito quello che ha detto mio fratello.
«Non lo so. Non ho nessuna sensazione a riguardo»
«Hai qualche altra sensazione? Tipo fra quanto lo terremo tra le braccia?»
«Hm, no, nemmeno. Mi sa che dovrai aspettare ancora un po’, almeno un mese»
«Uffa»
«Scusami… tu vorresti farmi entrare in travaglio ora?» chiedo.
«Non nella mia auto, per favore!» esclama spaventato Brian.
«Stai zitto. Non succederà adesso» lo rassicuro ridendo.
«No, ma non sto più nella pelle. Voglio tenerlo in braccio»
«Andrea, hai aspettato otto mesi, un altro po’ non cambierà le cose»
«Lo so. Comunque, ci vediamo stasera. Devo ritornare al lavoro»
«Ok, ti amo»
«Anche io»
Riattacchiamo mentre Brian parcheggia sotto casa mia.
«Grazie per avermi accompagnata»
«Quando vuoi, sorellina»
«Oh Brian!» lo abbraccio, un po’ impedita dalla pancia e lui ricambia l’abbraccio.
«Sono felice di averti conosciuto» mormora accarezzandomi e massaggiandomi la schiena.
«Anche io, tanto…»
«Adesso vai a riposare, altrimenti poi Andrea se la prende con me»
Scoppio a ridere e lo saluto con due baci sulle guance.
È così bello avere dei fratelli come Brian e Charlotte.
Salgo in casa ma, annoiata, appena mi rendo conto che passerò l’intero pomeriggio da sola, decido di uscire di nuovo.
Ad Andrea non piacerà, ma non può pretendere che rimanga segregata in casa.
Scendo nuovamente in strada e passeggio tranquillamente, guardando la gente correre per andare a pranzo o per fare qualsiasi altra cosa.
È bello sapere di far parte di una città così grande come Londra.
Tutti sembrano aver qualcosa da fare, sembrano impegnati fin sopra ai capelli nelle loro mansioni giornaliere, mentre io devo girarmi i pollici per mezza giornata. Mi manca lavorare tutto il giorno e sentirmi utile in qualcosa.
Da una parte vorrei che arrivasse presto il momento in cui il mio bambino, di cui ancora ignoriamo il sesso, esca dal mio corpo. Voglio tenerlo tra le braccia e ritornare a lavorare come prima, anche se dubito lo farò nei primi mesi; dall’altra parte vorrei che quel giorno tardasse il più possibile. Sono terrorizzata dall’idea di provare tutto quel dolore o che qualcosa possa andare storto.
Ad Andrea non l’ho detto, ma è da qualche giorno che ho questa paura. Le cose non sono andate bene sin dall’inizio, cosa vieterebbe al destino di mettermi il bastone tra le ruote anche quando il mio bambino verrà al mondo?
Scuoto la testa e scaccio questi pensieri dalla mia mente. Non voglio pensarci adesso. Voglio essere il più tranquilla possibile. Vorrei essere in grado di eliminare questi pensieri e di vivere tranquillamente l’ultimo mese di gravidanza, anche se sarebbe una vita relativamente tranquilla. Ovviamente, con il crescere del bambino, è aumentato anche il mal di schiena e le mie caviglie sono il doppio di prima. Non proprio l’esperienza esaltante ed eccitante che avevo immaginato.
«Gaia?» mi sento chiamare da una voce femminile e mi guardo in giro per individuarne la fonte.
Quando vedo chi mi ha chiamata, sorrido e mi avvicino. «Ciao Charlotte…» mormoro abbracciandola.
«Ciao! Quanto tempo è che non ci vediamo? Sei incinta»
«Sono un bel po’ incinta. Come va?»
«Tutto bene. Lavoro ancora qui, come puoi vedere» dice ridacchiando e indicando il suo grembiule e il locale alle sue spalle.
Oh… guarda un po’ dove sono finita!
Non mi aspettavo di arrivare fin qui. Evidentemente il flusso dei miei pensieri era talmente potente che non mi sono resa conto di dove stessi andando.
«Si, come sta Patrick?»
«Sta bene. Un po’ stressato per gli affari, ma sta bene. Perché non entri? Sicuramente gli farà piacere vederti»
«No, non credo Charlotte»
«Lo dici per lui?» chiede indicando la pancia.
Annuisco e mi sento un po’ a disagio.
«Scusa se non mi sono più fatta vedere ma non potevo continuare a frequentare questo posto, non con Andrea…»
«State ancora insieme?» chiede ingenuamente.
«Direi di si» rispondo accarezzandomi il pancione.
«E’ grande! A che mese sei?»
«Sto per concludere l’ottavo»
«Oh, manca poco!»
«Si, sono terrorizzata»
«Immagino… ti prego, entra un momento» E con mia grande sorpresa e disappunto comincia a piovigginare.
«Ok» mormoro e, proprio nell’esatto momento in cui entro nel locale, la pioggia da leggera diventa incessante.
«Guarda chi c’è, James!» urla Charlotte tenendomi stretta al suo fianco.
«Gaia?» chiede lui stupito.
«Si» rispondo imbarazzata.
«Ciao, che piacere vederti di nuovo. Sarà passato un anno da quando sei sparita con Andrea»
Oddio… vorrei sprofondare! E ancora non si è accorto della pancia…  
«Oh, sei incinta» Troppo tardi!
«Proprio così»
«Sono così felice per te e per… Andrea. E’ lui, vero?»
Annuisco, felice che non mi abbiano guardata con sdegno.
«Come stai? Cosa ti è successo in questi mesi?»
Racconto loro le ultime novità e li informo anche che ho conosciuto la famiglia di mio padre. «Mia sorella si chiama come te» dico guardando Charlotte che non fa altro che sorridermi mentre asciuga i boccali di birra.
«Davvero? Com’è?»
«E’ carina e ha un fratello che è anche mio collega alla casa editrice dove lavoriamo e, prima di scoprire che eravamo fratellastri, credo ci abbia provato con me, però, non è durato molto»
«Immagino la faccia di Andrea quando lo ha scoperto» esclama James divertito.
«Quando ha visto che lui ci provava con me, ha dato i numeri ma, quando ha scoperto che il ragazzo è mezzo imparentato con me, si è calmato. Adesso sono amici»
Tutti e tre scoppiamo a ridere e mi sorprende stare così bene in questo locale: credevo che mi sarei sentita a disagio se mai mi fosse capitato di entrarci di nuovo.
«Avete notizie di Jay?» mi sorprendo a chiedere.
«E’ stato qui ieri sera con una ragazza. Credo fosse il primo appuntamento»
«Davvero? Sono felice per lui. A volte mi manca potergli parlare»
«Immagino… però, beh, avete fatto bene a non sentirvi più. Lui è stato veramente da schifo»
«Si, capisco… mi dispiace così tanto. Non ho mai voluto ferirlo, mi sono resa conto troppo tardi di non averlo mai amato come amo Andrea»
«Esci dal mio locale!» esclama qualcuno alle mie spalle. Guardo i miei amici che sbiancano e posso capire di chi si tratti.
Mi volto e Patrick mi guarda con uno sguardo durissimo. Non pensavo ce l’avesse ancora con me «Patrick, che ti prende?»
«Porti in grembo il figlio di Italy?»
Aggrotto le sopracciglia e, il suo atteggiamento, mi indispone. Anche io potrei essere chiamata in quel modo ma non l'hanno fatto e odio che lo facciano con Andrea. «Non sono affari tuoi, ma si. Sto con lui adesso e il suo nome è Andrea, non Italy»
«Esci dal mio locale! Tradisci il mio migliore amico, tradisci la mia fiducia, ti metti con quell’idiota e poi ci fai pure un figlio ?!»
È arrabbiato, molto, ma lui non è nessuno per dirmi queste cose.
«Non è affar tu, Patrick! Sono state scelte mie e tu non avresti mai voluto che continuassi a stare con Jay mentre amavo Andrea»
«Sempre meglio che ingannarlo come hai fatto in questi anni, è vero»
«Senti… pensavo di avere ancora degli amici qui. Sapevo che non sarebbe stato come prima, ma almeno un po’ di comprensione no?»
«No! E ora fuori dal mio locale!» urla e, dopo essermi ripresa dalla sorpresa, me ne vado salutando con un gesto della mano James e Charlotte.
Quando esco sta ancora piovendo, ma almeno le gocce di pioggia confondono le lacrime che colano sulle mie guance.
Non pensavo che Patrick ce l’avesse così tanto con me. Scommetto che nemmeno Jay è così arrabbiato con me eppure ho ferito lui, non Patrick!
Quando torno a casa sono tutta bagnata e sento la delusione farmi sprofondare il cuore nel petto. Non mi aspettavo che Patrick reagisse così!
Mi dirigo velocemente in bagno togliendomi i vestiti e aprendo l’acqua calda della doccia.
Sono così stanca di tutte queste persone che si aspettano che io stia ancora con Jay che soltanto per questo ho voglia di ritornarmene in Italia; almeno lì nessuno si aspetta che io stia con qualcuno e io e Andrea avremmo le nostre famiglie e i nostri amici vicini.
Uscendo, mi avvolgo nell’asciugamano e mi guardo allo specchio.
Gaia! Adesso basta! Stai per avere un bambino, Andrea ti ama follemente e tu ti piangi addosso perché Patrick non approva?!” mi rimprovera la mia coscienza. Da un lato so che ha ragione, ma le sue parole bruciano. Non ho ferito di proposito Jay. Non avrei mai voluto che succedesse e di certo non mi ha fatto né piacere né bene dirgli che la mia relazione con lui era arrivata al capolinea, ma sempre meglio che continuare ad illuderlo.
Mi asciugo violentemente il volto dalle lacrime e mi guardo con severità.
Adesso basta!
Mi volto e rientro in camera asciugandomi il corpo e indossando un paio di leggins neri e una maglietta che mette in mostra tutta la mia meravigliosa rotondità. Mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare e mi sposto sul divano, gustando il mio sandwich con tranquillità.
«Il tuo papà continua a chiamarti sandwich, sai?» dico al mio bambino mentre apro il libro che ho iniziato ieri sera. «Probabilmente non somiglierai più tanto ad un sandwich. Sono tanto curiosa di sapere come sarà la mia vita con te e come reagirà il tuo papà quando ti terrà in braccio per la prima volta. Mi prometti che gli sorriderai quando ti terrà in braccio? Lo prometti alla tua mamma?» chiedo accarezzando la pancia dal basso verso l’alto. Lo sento scalciare e, prendendolo come un sì, inizio a leggere ad alta voce.
Il libro sembra piacergli perché si muove per tutto il tempo, fin quando non sono costretta ad interrompermi per l’arrivo di Andrea.
«Che facevi?» mi chiede sorridendo e posando la tracolla per terra, ai piedi del divano. Si siede ai miei piedi e comincia a massaggiarli.
«Hm… meraviglioso» mormoro chiudendo gli occhi e gettando la testa all’indietro.
«So che ti piace, ma sto riservando il massaggio speciale a quando potrai ricominciare l'attività fisica»
«Non vedo l’ora di provarlo» mormoro guardandolo maliziosa e passandomi la lingua sul labbro superiore.
«Non guardarmi così!» esclama alzandosi per baciarmi e accarezzarmi la pancia. «Allora? Cosa stavi facendo?»
«Leggevo. Sembra che il libro piaccia anche a lui o… lei»
«Stasera gli faccio ascoltare un po’ di musica. Magari i The Script, che dici?» chiede ben sapendo che sono il mio gruppo preferito.
«Approvo! Quelli piacciono anche a me»
«Lo so…» mormora facendomi l’occhiolino.
Inghilterra. The Script. Andrea. Hall of Fame.
Hm, adoro quella canzone! Mi ricorda tanto Andrea e il nostro primo soggiorno in Inghilterra…
«Perfetto. Vado a farmi una doccia»
Annuisco e mi alzo per andare in cucina. Forse dovrei cominciare a pensare a qualcosa da cucinare per stasera… magari mentre racconterò al mio fidanzato quello che è successo oggi pomeriggio, anche perché me lo chiederà ed io non riuscirò a tenerglielo nascosto.
Tiro fuori dal frigo la ciotola con l’insalata di pollo preparata da mia madre e apparecchio la tavola.
Sto distrattamente lucidando una forchetta con lo straccio quando Andrea entra in cucina e mi bacia il collo. «Ciao mammina» mi saluta. Profuma di fresco e del suo bagnoschiuma al talco. Meraviglioso…
«Ciao papino… è pronto se hai fame»
«E’ già pronto?» chiede sbalordito prendendo una bottiglietta d’acqua dal frigo.
«Ehm, non ho cucinato io»
«Ah, ecco» mormora ridacchiando.
Faccio un respiro profondo e mi siedo. Andrea piega la testa di lato e mi guarda «Che succede?»
«Sono preoccupata» dico soltanto.
«Per cosa?»
«Per quando sarà il momento. Voglio dire… non vedo l’ora che arrivi, ma hai idea di quello che dovrò sopportare per far uscire nostro figlio dal mio corpo?!»
Andrea mi guarda e mi sembra un po’ pallido. Può darsi?
«Sembra già enorme guardando la mia pancia e questo vuol dire che potrebbe continuare a crescere in queste ultime cinque settimane e sudo già freddo al pensiero di quando…. Dovrà uscire»
«Gaia, terrai la mia mano. Io sarò lì accanto a te per sostenerti, infondo lo abbiamo fatto insieme; il minimo che io possa fare in quel momento e farti stritolare la mia mano»
«Mi lascerai insultarti? Serena lo ha fatto con Massimo»
«Non credo che Serena abbia avuto qualche motivo per insultare Massimo, ma tu si, quindi vorrei che tu non rivelassi alcuni particolari della nostra vita privata al personale dell’ospedale» dice sorridendo.
«Tranquillo. Molto probabilmente la maggior parte di loro non capisce l’italiano» rispondo ridacchiando.
Andrea mi accarezza la testa e mi sorride «Sei più tranquilla, adesso?»
«Diciamo di si. Dopo scegliamo il nome?»
«Andata! Adesso mangiamo perché ho fame»
Annuisco e, riempiendo i piatti, Andrea si siede accanto a me.
Non mi ha chiesto cosa ho fatto nel pomeriggio e credo che, a parte quando è rientrato a casa, non me lo chiederà più, no?
«Cosa hai fatto oltre a leggere oggi?»
Accidenti!
«Ehm… niente di che» mormoro buttandomi a capofitto sul pollo.
«Specifica il tuo niente di che, per favore»
«Ho soltanto sistemato i libri in camera»
«Hm, a me sono sembrati esattamente come stamattina, o come ieri sera»
«Oh…» mormoro colta in fallo.
«Oh? Che hai fatto Gaia?» chiede alterandosi.
«Niente, Andrea! Mi scocciava stare a casa da sola e sono uscita»
«Tu cosa?!?!» chiede spalancando gli occhi.
«Oh dai! Non esagerare! Sono sana e salva, no? E poi ho fatto un giro qui vicino»
«Poteva accaderti qualsiasi cosa! Accadere ad entrambi!»
«Non mi è successo niente e non voglio e non posso stare tutto il tempo segregata in casa mentre tu sei al lavoro. Mi hai già costretta a rimanere a casa il pomeriggio per riposare, ma non voglio riposare a letto. Voglio uscire e respirare aria aperta e tu me lo vieti»
«Gaia, non voglio vietarti nulla. Non sono tuo padre! Ma non voglio nemmeno ricevere un’altra telefonata come quella di quattro mesi fa. Quando ti dico che ho temuto veramente di avervi perso non scherzo!»
«Lo so questo, ma non puoi tenermi in casa cosicché non mi succeda nulla perché morirò di noia»
«Non è divertente…» borbotta.
«Non lo è nemmeno impedirmi di fare un giro per Londra»
Fa un respiro profondo e si passa una mano fra i capelli. Il suo gesto mi fa sorridere perché so che lo sto facendo impazzire. «Ok, va bene, ma prometti di dirmi dove andrai e che mi manderai un messaggio quando sarai a casa»
«Si, lo prometto» dico alla fine, convenendo che è la mia migliore opportunità se non voglio veramente morire di noia durante quest’ultimo mese.
«Se è una femmina e prenderà il tuo carattere io sarò un uomo finito» mormora scuotendo la testa, ma sotto sotto so che gli fa piacere l’idea.
«Sapremo come riempirti le giornate. Non è questo l’importante?» gli dico ridendogli in faccia.
«Si, lo è» risponde lui baciandomi a stampo.
«Comunque, devo dirti un’altra cosa» mormoro. Decido di dirgli spontaneamente quello che è successo con Patrick.
«Che cosa?» chiede.
«Stavo camminando tranquillamente quando…»
«Hai incontrato Jay?» chiede interrompendomi.
«No» rispondo guardandolo di traverso mentre lui se la ride. «Ho incontrato Charlotte»
«Tua sorella?»
«No» mormoro soltanto. Alla fine conosco soltanto due Charlotte e se non è mia sorella…
Si volta di scatto verso di me ed esclama «Sei stata al locale!»
«Non ci sono andata di mia spontanea volontà. Camminando mi sono ritrovata lì»
«E cos’è successo di preciso?»
«Niente, almeno con James e lei, ma Patrick mi ha cacciata fuori»
«E perché l’avrebbe fatto?!» E’ evidentemente arrabbiato.
«Perché aspetto tuo figlio e, in teoria, io avrei tradito e lasciato il suo migliore amico»
«Dio mio! Lo uccido quel deficiente! Non fa problemi Jay e li deve fare lui?»
«Calmati Andrea… me ne sono andata e, a parte qualche lacrima per il dispiacere, non è successo nulla di grave. Non m' importa… prima o poi gli passerà»
«Se lo incontro lo pesto, questo è poco ma sicuro»
«Andrea, per favore…» mormoro. «Mi fai pentire di avertelo raccontato»
«Mi devi raccontare tutto»
«Ma non quando reagisci così! Smettila, per favore»
«Ok, scusa, ma mi da fastidio che quell’idiota ti abbia insultata e cacciata»
«Fa niente. Ormai è finita! Basta… non voglio più pensare a quella parte della mia vita»
Lui mi sorride e mi bacia la mano.
Finalmente non ci sono più segreti, così finiamo di cenare in santa pace e, dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, ci accomodiamo sul divano.
Noto che Andrea sembra sfinito, perché butta la testa all’indietro e distende i piedi appoggiandoli al tavolinetto davanti al divano.
Credo che non si toglierà mai quest’abitudine.
«Tutto bene?» gli chiedo togliendogli gli occhiali e poggiandoli sul comodino accanto al divano.
«Sono soltanto molto stanco. Scegliamo il nome?»
«Lo scegliamo un’altra volta. Hai bisogno di riposare»
«No, davvero. Non voglio addormentarmi alle sette di sera»
«Hm, ok…»  Appoggio la testa sulla sua spalla e gli accarezzo l’addome.
«Come vorresti chiamarlo o chiamarla?» chiedo.
«Non saprei… oggi ho pensato ad alcuni nomi ma non so se ti piaceranno» risponde.
«Magari ci aiuterà un libro sull’argomento»
«Ma non ne abbiamo bisogno»
«Dici? A me sembra di si. Siamo ancora in alto mare e manca solo un mese»
«Va bene. Lo compreremo se proprio non riusciamo a trovare qualcosa, ma non sceglieremo un nome inglese. Almeno questo possiamo farlo?»
«Va bene. Sono d’accordo. Mi dici a quali nomi hai pensato?»
«A Carlotta o Anastasia. Ti piacciono?»
«Carlotta non tanto, ma Anastasia si»
«Immaginavo. Poi ho pensato ad Arianna, Amelia, Giulia e basta, credo…»
«Ti piace il nome di mia madre?»
«Si, non è niente male»
«Eviterei di chiamare nostro figlio con lo stesso nome di uno dei nostri genitori»
«Perché?»
«Con tutto il rispetto, a parte quello di mia madre, gli altri non sono nomi che darei ai miei figli»
Lui ridacchia e annuisce «Probabilmente hai ragione»
«Molti dei nomi che mi piacciono li hanno però persone che non mi sono molto simpatici»
«Tipo?»
«Elena, Eleonora, Luigi… questi nomi qui»
«Non voglio dare il nome di una mia ex a mia figlia»
«Appunto… però almeno quelli che hai proposto mi piacciono. Io ne ho trovato uno davvero bello. La cugina di Serena si chiama Alisea e sua sorella Noelia. Che ne pensi? A me ha colpito il primo»
«Alisea? Hm… potrebbe andare. Alisea…» mormora, forse immaginando come potrebbe risultare su nostra figlia, sempre se sarà una femmina. «Alisea…» mormora ancora.
«Ti piace, quindi?»
«Si, mi piace»
«Bene, quindi se sarà una femminuccia abbiamo un nome»
«Si. E se sarà un maschio ho pensato a Gabriele, Nicola…»
«Solo questi?»
«Non mi sono venuti in mente altri nomi. Non carini quanto questi almeno»
«Sei sicuro che vuoi un nome tutto italiano?»
«Si, assolutamente. E poi ti piacerebbe l'abbinamento di cognome italiano e nome inglese?»
«Non molto…»
«Le basterà vivere qui e avere la nazionalità inglese…»
«Va bene. Che nome italiano sia!»
«Alisea se femminuccia e Gabriele se sarà un maschietto»
«Avevo pensato a Christian oppure Cristian senza l’h»
«Certo…» mormora lui ridacchiando e guardandomi. «Però, in effetti, Christian mi piace… indipendentemente dall’h»
«Quindi ti piace?»
Lui annuisce e si allunga per baciarmi. «Abbiamo il nome del nostro bambino» dico entusiasta.
«Si, ce l’abbiamo» mormora e mi bacia.
«Adesso occorre soltanto aspettare che lui o lei sia pronto»
«Arriverà presto!»
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Here I am!
Come vi è sembrato il capitolo!? *_*
Come avevo accennato nelle note iniziali l'ultima parte di questo capitolo è una delle mie parti preferite perchè descrive un momento di intimità fra Andrea e Gaia e mi piacciono molto questi momenti. Anche in LBIOS o nei capitoli precedenti, i momenti fra loro due sono i miei preferiti, ma questo è ancora più bello perchè forse hanno scelto il nome per il loro bambino.
Quindi, questo mi porta a chiedervi... Secondo voi sarà maschietto o femminuccia? Io ovviamente ho già scelto xD Ma mi piacerebbe ascoltare i vostri pareri *_*
Volevo ringraziare tutti voi che avete letto e recensito i capitoli fino ad ora. So che rispondo con un bel pò di ritardo, e di questo mi scuso infinitamente, ma molte volte non ho avuto nemmeno il tempo di sedermi al pc. Visto che da Lunedì in poi sarò libera la mattina, vedrò di rispondere con più puntualità ;)
Adesso, vi lascio, sperando che il capitolo vi sia piaciuto :)
Vi lascio il link del mio gruppo su facebook. Spero che ne vogliate far parte ;)
FrancyEFP
Un bacio e al prossimo venerdì!
Francy <3

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Capitolo 36
*** 36. *Tensioni* ***


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Buonasera...
Con un bel pò di anticipo pubblico il trentaseiesimo capitolo perchè lo scorso venerdì ho pubblicato il capitolo molto in ritardo! :(
Comunque, vi lascio alla lettura.
Ci leggiamo alla fine
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 36-
*Tensioni*
 
«Ti ucciderei, davvero! Se non ti amassi così tanto, probabilmente saresti già dentro una bara»
«Ma come mai sei così simpatica con me, oggi?»
«Me lo chiedi pure?»
Andrea alza le spalle e si volta dall’altro lato come se non gli importasse granché dell’argomento.
«Andrea!! Sto parlando con te! Vorrei che non mi voltassi le spalle quando ti parlo!»
«Dio, Gaia! Nelle ultime settimane sei diventata più antipatica del solito, lo sai?»
«Ah, grazie! Ma questo perché a breve tuo figlio uscirà dalla mia… cosa! Scusami tanto se sono un tantino preoccupata»
«C’è ancora tempo, stai tranquilla…»
«Questo “stai tranquilla” non lo sopporto più. Ti ricordi cosa avremmo dovuto fare la scorsa settimana? O quella prima ancora se proprio dobbiamo dirla tutta?»
«Hm, cosa?»
«Dio! Sei un irresponsabile! Dove pensi di mettere il bambino quando vorremo andare a fare una passeggiata insieme? Abbiamo il marsupio ma non serve soltanto quello, per la miseria!»
«Oh, giusto… il passeggino»
«Già, il passeggino… i tuoi genitori hanno mandato un assegno per comprare il passeggino e ieri tua madre mi ha chiesto se lo avevamo già scelto. Avrebbe voluto vederlo, sai com’è…»
«Gaia, non è successo nulla. Domani mattina, visto che sono libero e tu ormai sei in maternità, andiamo a fare un giro»
«Potevi pensarci più tardi già che c’eri»
Si lamenta e si alza dal letto. «Dove diavolo stai andando?» urlo sentendo le lacrime di nervosismo pizzicarmi gli occhi.
«In cucina!»
Sbuffo e mi appoggio alla testata del letto. Sento caldo, ho mal di pancia per il nervosismo di questi ultimi giorni e Andrea non fa niente per migliorare la situazione, anzi, si dimentica delle cose importanti e mi fa imbestialire.
Meno male che avrebbe voluto pensarci lui al passeggino!
«Ti calmi un po’ adesso?» chiede spuntando all’improvviso con un barattolo di gelato alla fragola.
Oh… e poi, nonostante lui mi faccia innervosire, questi gesti così inaspettati mi fanno sciogliere.
«Scusa» mormoro afferrando il barattolo che mi porge.
«Andremo domani a comprare il passeggino, lo prometto»
«E’ che sono nervosa per gli ultimi giorni della gravidanza. Insomma, potremmo finire in ospedale da un momento all’altro e non credo di essere pronta. Lui o lei potrebbe anche voler uscire, ma io non so se sarò in grado di farcela»
«Tesoro, ce la farai. Hai superato tante difficoltà e questo è soltanto un altro piccolo passo per raggiungere la nostra felicità»
«Che carino…»
«Noto con piacere che il tuo umore continua a cambiare nei modi più disparati»
«Sei tu, in realtà, che mi fai innervosire» dico mettendo il broncio.
«Scusami» risponde sorridendomi e accarezzando il pancione. «Cerca di avvisare la mamma che vuoi uscire, così lei si prepara mentalmente» sussurra scoprendo la pancia dalla maglia che indosso e baciandomela.
«Era così piatta prima» borbotto ingoiando una dose generosa di gelato, tanto da farmi congelare il cervello.
«Oh, vedrai che tornerai ad essere la mia scheletrica Gaia»
«Non è per questo che ti piacevo all’inizio?» chiedo scuotendo la testa per cercare di sciogliere il gelo.
«Anche. Dio, mi ricordo quel vestito nero che hai indossato l’ultima sera in Inghilterra… avrei voluto prenderti nel bagno di quella casa»
«Andrea! Non ricordarmi di quando ancora entravo in un vestito della misura più piccola in assoluto»
«Si, scusami… comunque, ritornerai come prima, non temere»
«Lo spero per te» rispondo chiudendo il barattolo e mettendolo sul comodino.
«Mettiti a letto. Sono sicuro che lui o lei già dorme»
«Si, in effetti ho sonno anche io»
«E allora dormi e cerca di non svegliarti nel bel mezzo della notte per dirmi che ti si sono rotte le acque»
«Non ti prometto nulla» rispondo ridendo e mettendomi sotto il lenzuolo.
Lui mi abbraccia da dietro, accarezzandomi la pancia e, in breve, cadiamo tutti e due in un sonno profondo.
Vengo svegliata da qualcuno che parla al telefono, ma non saprei dire che ore siano. Allungo il braccio destro verso il posto di Andrea, ma è vuoto. Mi alzo goffamente e mi guardo i pantaloni. Oh, sono asciutti. Perfetto!
Guardo anche la sveglia e mi rendo conto che sono le nove del mattino. Con chi diavolo parla Andrea alle nove del mattino?
«Andrea?» lo chiamo.
«Arrivo subito»
Mi butto di nuovo fra i cuscini e chiudo gli occhi, ma li apro subito quando sento Andrea salire sul letto.
«Chi chiamavi alle nove del mattino?» mormoro girandomi verso di lui e toccando con la mia pancia il suo fianco.
«Mi ha chiamato Luigi»
«Oh Signore… che aveva?»
«Niente, si è svegliato a casa di una e non sapeva se restare o andarsene»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Di restare se gli piace, altrimenti di andarsene»
«Sbrigativo, ovviamente»
«Ovviamente…» mormora ridacchiando. «Perché sei sveglia?»
«Non lo so… mi sono svegliata. Si sta muovendo» dico sbadigliando.
«Sai che sei molto attraente così?» chiede avvicinandosi a me.
«Ne dubito»
«Sono serio… sei tutta magra tranne per questo pancione qui in mezzo. Sei molto attraente. Peccato che non posso farti niente»
«Smettila, ti prego!» esclamo scatenando la sua risata. Mi alzo infastidita e mi dirigo in bagno per fare una bella doccia.
Sarei attraente… pff! Questa mattina Andrea ha voglia di scherzare.
Spero che la doccia mi rilassi almeno un  po’, ma ovviamente non funziona, quindi, quando esco sono più nervosa di prima, mentre Andrea fa colazione tutto rilassato e contento. Non ci rivolgiamo la parola, tranne quando lui si avvicina a me, abbracciandomi da dietro e facendomi sentire la sua erezione. «Adesso mi credi?» chiede baciandomi dietro l’orecchio e toccandomi la pancia.
Sorrido leggermente mentre lui si allontana ed io faccio colazione.
Usciamo di casa venti minuti più tardi con due sorrisi ebeti sulle labbra per quello che è successo poco prima in cucina.
Strano che riesca ancora ad eccitarlo. Pensavo che con questa pancia enorme non avrei più scatenato il desiderio di Andrea, eppure…
Eppure è successo.
«E adesso siamo davanti a tante carrozzine…» mormora Andrea sconvolto dall’infinita scelta di modelli e accessori.
«Oh dio… non pensavo che in un negozio ce ne potessero essere così tante»
«E invece si, mia cara. Dai, scegli adesso»
«Scelgo? Mi devi aiutare anche tu»
«Dobbiamo scegliere in base alla sua sicurezza e non soltanto per l’estetica, ricordiamocelo! Ah, dobbiamo prendere anche l’ovetto per l’auto»
«Andrea, ma se non abbiamo nemmeno una macchina, cosa vuoi comprarlo a fare l’ovetto?»
«Sai che ho intenzione di comprarla»
Scuoto la testa sorridendo e mi avvicino ad un modello piuttosto carino.
«Possiamo prendere questo, guarda!»
Gli indico il modello e spero mi dica di si. In effetti risolverebbe alcune questioni.
«L’ovetto è incorporato per i primi mesi e lo puoi estrarre dal telaio, così se hai intenzione di comprarti un auto abbiamo risolto il problema; c’è anche la culla e poi è utilizzabile quando il bambino è più grande»
«Hm, mi sembra perfetto»
«Davvero?!» chiedo sorridendo e con le lacrime agli occhi.
«Si, davvero. Mi piace! Devo soltanto chiedere se è sicuro»
«Oh dai! Certo che è sicuro, altrimenti non l’avrebbero messo in vendita, no?»
«Gaia, non voglio che si faccia male se dovesse accadergli qualcosa mentre è lì dentro»
«Non succederà niente, perché ci saremo noi a proteggerlo»
Mi guarda storto ma alla fine annuisce. «Andata! Prendiamo questo»
«Evvai!» esclamo contenta e gettandogli le braccia al collo.
«Però grigio non mi piace» dice all’improvviso.
«Beh, possiamo chiedere se ci sono altri colori»
Lui annuisce e chiede alla commessa se, oltre al grigio, il modello da noi scelto è disponibile in altri colori.
«E' disponibili in rosso, blu e lilla, cosa dici?» chiede accarezzandomi i capelli.
«Mi piacerebbe lilla, ma non sappiamo ancora il sesso, quindi… rosso?»
«Si, sono d’accordo con te»
Metto le mani sul mio ventre e gli sorrido emozionata.
«Abbiamo il passeggino per il nostro bambino» mormoro.
«L’abbiamo scelto in poco tempo…» mormoro uscendo dal negozio con la fattura dell’acquisto. Tra qualche giorno lo consegneranno a casa nostra e non vedo l’ora…
«Soltanto perché abbiamo avuto fortuna a trovarne subito uno adatto e soprattutto sicuro, perché altrimenti saremmo ancora lì a scegliere»
«Sei paranoico, lo sai?»
«Ah, adesso sarei paranoico?» chiede ridendo e indicandosi con la mano libera. L’altra è intrecciata alla mia.
«Si. Cosa pensi possa accadere ad un bambino nei primi mesi di vita, quando a sorvegliarlo ci saremo sempre noi?!»
«Gaia, ti prego… non voglio discutere della vostra sicurezza. Mi è già capitato una volta e non voglio ripetere l’esperienza. Cosa ti costa assecondarmi almeno in questo?»
Lo guardo fissarmi serio e forse potrei aver esagerato. Lui, alla fine, è soltanto preoccupato per noi due. Non c’è niente di male.
«Ok, scusami»
«Ti va se compriamo qualcosa per lui o lei? Non abbiamo il baby-monitor»
«Possiamo prenderlo» rispondo e lui annuisce.
Non voglio rovinare questo venerdì mattina, non quando abbiamo appena comprato la carrozzina al nostro bambino.
«Sai a cosa pensavo?» chiedo mentre ci dirigiamo verso il negozio di articoli per bambini.
«A cosa?»
«Voglio che sia tu a tagliare il cordone ombelicale»
«Vuoi farmi svenire, vero?»
«Dai, Andrea! Sei grande e grosso, non credo ti farai impressionare da un po’ di sangue e dal cordone»
«Non è questo, ma… ecco, il fatto di tagliare quella cosa mi fa un po’ senso»
«Ti prego…» gli faccio gli occhi dolci, prendo la sua mano e la poso sul pancione, proprio mentre il bambino scalcia.
Lui sorride e si avvicina «Va bene. Taglierò il cordone» dice sospirando e arrendendosi.
«Ti amo tanto» mormoro buttandogli le braccia al collo e baciandogli delicatamente le labbra.
Lui mi sorride e ricambia il bacio, insinuando la lingua dentro la mia bocca e baciandomi con passione. «Hm…» mormoro dopo troppi caldi baci.
«Basta» sentenzia lui staccandosi da me. «Siamo in mezzo la strada, meglio non dare nell’occhio»
Ridacchio ed entro nel negozio.
Ci dirigiamo velocemente verso il reparto che ci interessa ma, mentre Andrea cerca il baby-monitor sugli scaffali, mi fermo ad osservare le tutine esposte.
Ce ne sono di così belle… e una attira la mia attenzione più delle altre. In realtà sarebbero due quelle che mi piacciono ma per comprarle dovrei sapere il sesso del bambino. Decido di prendere la prima che ho visto. Sicuramente ad Andrea piacerà.
«Gaia, guarda cos'ho trovato. Ti piace?» chiede mostrandomi un baby-monitor bianco e blu, dalla forma un pò allungata e con le spie arancione e giallo.
«Si, va bene» rispondo «Guarda, ti piace?» chiedo mostrandogli la tutina. Evito di fargli vedere l’altra. Nel caso in cui possa comprarla voglio che sia una sorpresa.
«E’ bella. Così, sin da piccola, saprà come l’abbiamo fatta»
«Oh, ma dai! C’è soltanto scritto “mum+dad=me” mica entra nello specifico»
«Prendila, mi piace»
«L’avrei presa anche se non ti fosse piaciuta» dico facendogli la linguaccia.
«E’ il tipo di tutina che vedrei bene su una femminuccia. Non è che sai qualcosa?»
«Del tipo?» chiedo mentre ci dirigiamo verso le casse.
«Hai fatto un’altra ecografia e hai scoperto il sesso del bambino»
«No, niente del genere. Anzi, la dottoressa ha chiamato l’altro ieri per sapere come mi sentissi»
«Perché ha chiamato?» chiede guardandomi preoccupato.
«Perché è finito il tempo» rispondo guardandolo di traverso. «Voleva sapere se avevo qualche sintomo»
«E li hai avuti?»
«Ti è sembrato che li avessi?»
«Non lo so… ho lavorato tutto il giorno»
«No, Andrea. Sono stata bene. Nessun movimento»
«Ok… forse mi sono fatto prendere un po’ dal panico»
«Proprio un po’…» rispondo ridendo.
Lui mi fulmina con lo sguardo mentre paga. Non sopporta che lo prenda in giro su questo argomento, però mi diverto troppo a farlo. 
«Andiamo a mangiare qualcosa, và… abbiamo fame»
«Agli ordini mammina»
Rido e lo tiro per la giacca verso l’uscita del negozio. «Non tirarmi, smettila!» esclama cercando di liberarsi.
Mi piace esasperarlo. Un po’ mi mancherà essere incinta! Dopo non avrò nessun pretesto per farlo alzare nel bel mezzo della notte per le voglie improvvise, non potrò urlargli contro per una sciocchezza soltanto per vederlo impazzire ma cercare, nello stesso momento, di mantenere la calma.
Ok, mi sono divertita, ma forse è stato un po’ crudele.
Per tutta la mattina restiamo in giro per Londra, scherzando e comprando altre cento cose che potrebbero anche non servirci per il bambino, ma credo che ad Andrea piaccia lo shopping neonatale.
Adesso siamo a casa da circa venti minuti. Ha chiamato mia madre dicendo che dopo pranzo sarebbe passata per vedere come sto, sarebbe piuttosto imbarazzante aprirle la porta mentre avrei soltanto voglia di fare una cosa che non posso fare, almeno per il momento.
«Accidenti!» esclamo staccandomi quasi a forza dalle labbra di Andrea. «Voglio fare l’amore con te» mormoro baciandogli il collo.
Sono cinque mesi che Andrea non mi tocca in quel modo ma, per paura che possa accadere qualcosa di brutto, non abbiamo più fatto l’amore nemmeno quando il rischio era ormai passato.
«Non possiamo, lo sai» mi ricorda lui.
«Porca miseria!» esclamo arrabbiata e sedendomi sul divano togliendomi dalle gambe di Andrea. Lo sento ridacchiare ma faccio finta di niente.
«Ho voglia di gelato» dico all’improvviso.
«Non ce n’è più. L' hai finito ieri sera»
«Appunto! Voglio che tu esca a prendermelo»
Lui mi guarda e aggrotta le sopracciglia. «Mi stai punendo?» chiede con le labbra leggermente incurvate verso l’alto.
«No! Voglio semplicemente del gelato. Il bambino lo vuole!»
«Dove lo trovo il gelato a quest’ora?»
«Sono soltanto le sette di sera! Tranquillo, lo troverai!» dico infastidita. Mi vuol far credere che, in una città come Londra, non può trovare del gelato?!
«Va bene! Vado a comprarlo!» dice alzandosi dal divano.
«Bravo. VAI!» urlo incrociando le braccia al petto.
«Ti sei arrabbiata sul serio?» chiede cercando le chiavi.
«Per cosa?»
«Per il fatto che non voglio fare l’amore con te, anzi, che non posso»
«No, non sono arrabbiata! Ho soltanto questa maledetta voglia di gelato che tu non stai soddisfacendo!!»
«Ok, ok… sto andando»
«E prendilo alla vaniglia!» gli urlo mentre lui esce dall’appartamento.
Sospiro e mi lascio andare sul divano.
Ovviamente lo faccio faticare un po’, soltanto per il mio divertimento.
Sorrido tra me e me, rendendomi conto di essere stata un po’ cattiva.
Mi alzo dal divano e osservo la mia casa pronta per accogliere un bambino. La mia attenzione cade sulle prese elettriche coperte, sul ripiano della cucina con le scatole ancora chiuse di biberon, latte artificiale e ciucci. Nella camera del bambino tutto è pronto e, molto probabilmente, lo sarà anche lui a breve. Ma quando?
Vorrei soltanto saperlo, sentirlo, prima che il dolore cominci.
Mi avvicino al fasciatoio e apro il primo cassetto pieno di pannolini, creme, calzini e tutine.
Sarò in grado di prendermi cura di lui? E se non gli piaccio? Se comincerà a piangere e non smetterà?
No! Basta! Devo smettere di pensare soltanto al lato negativo della situazione. Avrò un bambino e sarà bellissimo!
Sistemo le ultime cose sui ripiani quando sento il rumore delle chiavi nella serratura.
«Gaia?»
«Sono qui» dico ad alta voce per farmi sentire.
«Ehi… l’ho preso alla vaniglia e alla fragola. Uno con i gusti mischiati e poi due barattoli con gusto unico»
Mi volto verso di lui e lo vedo un po’ abbattuto e con tre barattoli in mano. «Grazie» gli dico sorridendo e avvicinandomi a lui. «Scusa per prima» mormoro circondandogli i fianchi con le braccia.
«Non preoccuparti. Ci sono abituato»
«Non è facile per te starmi dietro»
«Non è un problema, sul serio. Ho promesso di prendermi cura di te e di lui o lei»
Gli sorrido e mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo. «Ci credi che siamo quasi alla fine?» mi chiede accarezzandomi i capelli e sorridendomi.
«Sinceramente no. Se non fosse per la pancia enorme e per il suo peso giurerei di essere ancora all’inizio…»
«E invece tra qualche giorno lo conosceremo»
Annuisco, appoggiando la guancia sul suo petto. È bellissimo stare così, mentre lui mi bacia la testa e mi massaggia la schiena.
Chi avrebbe mai detto che Andrea avrebbe dimostrato in questo modo la sua assoluta dedizione a me e alla famiglia che stiamo costruendo.
Si, forse non abbiamo fatto le cose secondo i piani e un bambino, nove mesi fa, non era certamente la cosa di cui avevamo bisogno, ma ci ha uniti. Ha unito ancor di più me e lui, ha unito le nostre famiglie e va bene così. Se andare così di fretta è servito a far accadere tutte queste cose meravigliose allora si, sono contenta di essere rimasta incinta.
Siamo ancora piacevolmente abbracciati, quando sentiamo il rumore fastidioso del citofono.
«Sarà tua madre» mormora Andrea lasciandomi un bacio sulla fronte e andando ad aprire.
Io, invece, mi dirigo in cucina per mettere in freezer il gelato. Apro quello variegato alla vaniglia e alla fragola e affondo un cucchiaino nel barattolo.
Che bontà…
«E’ in cucina» dice Andrea a mia madre.
«Dio mio, ma sei enorme!!» esclama una voce.
Mi volto e la mia migliore amica mi osserva dalla testa ai piedi.
«Ma che ci fai tu qui?» chiedo con la bocca piena di gelato.
«Bel modo di dare il benvenuto alla tua migliore amica»
Scoppio a ridere e scendo dallo sgabello per abbracciarla. «E’ bello vederti» mormoro stringendola per quanto mi è possibile.
«E’ bello anche per me»
Sciogliamo l’abbraccio e m i rendo conto che mia madre e Andrea ci guardano sorridenti appoggiati al muro. «Lo sapevate?» chiedo ad entrambi.
«Io no» risponde Andrea.
«Me lo ha detto qualche giorno fa» risponde, invece, mia madre.
«Perché sei qui?»
«Voglio starti accanto visto che, per il momento, posso. Massimo si è offerto di occuparsi di Marco da solo, anche se ci saranno comunque mia madre e la sua»
«Che bello… avrò un’altra mano da stritolare» mormoro ridendo e guardando di sfuggita Andrea che mi osserva con un sorriso strano sulle labbra.
«Molto probabilmente faranno entrare soltanto Andrea ma, se sarà possibile. anche io sarò lì» mi rassicura.
Io e Serena passiamo la serata insieme, come non succedeva da tempo. Andrea si è eclissato in camera da letto, dicendo che si sarebbe sentito con Luigi e Giorgio, mentre mia madre è dovuta andare al lavoro per un turno extra prima della chiusura del ristorante.
«Comunque la tua pancia è davvero grossa»
«Accidenti, Serena! Contavo almeno nel tuo supporto»
«Tesoro, non è una cosa negativa. Sei splendida»
«Ho le caviglie gonfie» mormoro.
«Tornerai come prima, non temere»
«Anche Andrea lo ha detto, ma ho qualche dubbio. Mi sono lasciata andare parecchio in questi nove mesi e, adesso che il bambino si rifiuta di nascere, mi viene fame per il nervosismo»
La mia amica ride e mi guarda cercando di nascondere uno sguardo divertito. «Non sei affatto divertente, Serena! Perché non vuole nascere?»
«Magari sta bene lì dov’è»
«Come no… adesso devo stare all’erta perché, da un momento all’altro, posso entrare in travaglio»
«Non è una bella cosa»
«Serena, la smetti?! Pensavo mi saresti stata d’aiuto, invece mi stai facendo agitare di più»
«Stai tranquilla, ok? Dimenticherai il dolore quando terrai tra le braccia il tuo piccolino o la tua piccolina»
Sorrido e faccio un respiro profondo. Non vedo l’ora…
«Accadrà quando accadrà» dice ancora Serena accarezzandomi la schiena. «E quando senti che sta per prenderti il panico, fai dei lunghi e profondi respiri e prova a rilassarti»
Annuisco e la ringrazio per i suoi consigli anche se non penserò affatto a queste cose quando mi troverò in quella situazione.
«Vado a prendere un po’ di gelato. Hai fatto venire voglia pure a me»
«Magari sei incinta»
«Ne dubito. Con tutto il lavoro di questi ultimi mesi abbiamo avuto poco tempo per restare in intimità. Peccato, perché Massimo è d’accordo»
«Vedrai che troverete il tempo… lo si trova sempre per fare un bambino» dico sorridendole.
Lei ricambia e si dirige in cucina, mentre abbasso lo sguardo sulla mia pancia.
«Ci credo che vuoi restare lì dentro il più a lungo possibile. Immagino sia un bel posto. Caldo, sicuro. Certo, un po’ umido, ma credo che per te non sia un problema, vero?!» sorrido per le parole che ho rivolto alla mia grande rotondità. «Comunque… fossi in te uscirei, perché qui c’è tanta gente che vuole conoscerti. Io, per esempio… o il tuo papà che impazzirà di gioia quando ti prenderà in braccio per la prima volta. Ti va se non lo facciamo attendere ancora?» continuo ad accarezzare la pancia, sentendo il bambino scalciare da dentro. Beh, sicuramente ha capito quello che voglio dirgli. Chissà se mi ascolterà. Magari comincia a disubbidirmi sin da ora.
Sono talmente concentrata sul bambino che mi accorgo a malapena delle labbra di Andrea sulla mia fronte. «Ciao!» esclamo contenta di vederlo dopo ore di conversazione con i suoi amici.
«Spero prenda in considerazione quello che gli hai detto» dice sorridendomi e togliendomi alcune ciocche di capelli dagli occhi.
«Hai sentito?!»
«Si, anche Serena»
Abbasso la testa imbarazzata e mi appoggio a lui. «Speriamo» mormoro.
Ceniamo in tranquillità, ridendo e scherzando come se fossimo dei normali ragazzi che vivono gli anni più belli della nostra vita, fin quando mia madre non torna e Serena va via con lei.
«Ci vediamo domani, ok?» chiede la mia amica.
Serena sta andando via e Andrea mi sembra un po’ spaventato. So che la sua presenza lo rassicura. Da un lato perché lei è con me mentre lui non c’è, dall’altro perché se dovessero rompersi le acque mentre lui è a casa, Serena saprebbe come prendere in mano la situazione.
«Sei stanca?» mi chiede Andrea dopo aver salutato Serena e aver chiuso la porta.
«No, tu si però»
«Beh, forse solo un po’» mi dice sorridendo.
«Andiamo a letto? Così ti posso coccolare un po’» gli sorrido a mia volta e lui, velocemente, mi prende in braccio senza il minimo sforzo.
«Dai, mettimi giù! Sono pesante»
«Niente affatto» dice sorridendo e adagiandomi piano al centro del letto. Mi siedo e tolgo la maglietta che sostituisco con quella del pigiama.
«Dio mio, sei stupenda» mi dice Andrea indossando una vecchia t-shirt.
Gli sorrido e non ribatto. Sarà strano ma, anche se mi vedo enorme e anche un po’ grassa, mi piaccio così.
Mi piace la mia pancia enorme, mi piace sentirmi così perché porto dentro un’altra vita e, dopo un po’ di tempo, è cominciato a piacermi anche il mio volto più tondo e i miei fianchi più morbidi. Insomma, il mio corpo da donna incinta mi piace. Ovviamente non vedo l’ora di ritornare come prima ma devo ammettere che tenere qualche rotondità della gravidanza non mi dispiacerebbe. Magari il seno, ecco…
«E’ davvero grande la tua pancia»
«Si, lo è» mormoro abbassando l’orlo dei leggins. Arrotolo la maglia sotto il seno ed entrambi la guardiamo con un sorriso dolce sulle labbra.
«Beh, di sicuro sarà grande»
«E dovrà uscire da me» gli ricordo.
«Hai tutto il mio sostegno» dice lasciandomi un bacio sulle labbra. Sposta le coperte distendendosi.
«Spiritoso» mormoro sistemando i leggins e la maglia e stendendomi anche io sotto le coperte.
Con le luci spente e il debole bagliore della luna che viene da fuori, la mia pancia sembra una collina immersa nel buio.
Sorrido e mi volto verso Andrea «Dormi?» chiedo a bassa voce.
«Non ancora. Che succede?»
«No, niente. Volevo parlare…»
«Sei superattiva per caso?» mi chiede avvicinandosi, per quanto possibile, e abbracciandomi.
«No, non lo sono. Ho soltanto un po’ di paura. Il momento sembra avvicinarsi sempre di più e non so se ce la posso fare»
«Certo che ce la farai e poi ricorda che sarò con te a tenerti la mano»
«Non hai cambiato idea?»
«Ti aspettavi che lo facessi?»
«Un po’… ma sono felice di sapere che mi terrai la mano»
«Possiamo dormire adesso?» chiede.
«Buonanotte»
«Notte» sussurra mezzo addormentato.
«Ti amo» mormoro lasciandogli un bacio sulle labbra.
Lo guardo e sorrido. È perfetto! Stare con lui è perfetto e lo amo come non l’ho mai amato.
Nel sonno mi stendo su un fianco, cercando di stare più comoda, ma mi rendo conto che c’è qualcosa tra le mie gambe.
Mi sveglio del tutto e scosto le coperte. Mi rendo anche conto che Andrea non è più  nel letto. Sarà sicuramente in bagno o in cucina, ma non vedo nessuna delle due luci accese.
Lascio perdere il mio fidanzato e mi concentro sul liquido tra le mie gambe, perché è sicuro che c’è qualcosa del genere lì in mezzo.
Accendo la luce del comodino e resto paralizzata.
Oh no! No, no, no, no…
Sangue!
Non di nuovo!
Il mio bambino. Non posso perdere il mio bambino. Non è giusto! Non è affatto giusto e la colpa è soltanto mia!
Provo ad urlare ma nessun suono esce dalla mia gola. La paura mi paralizza. Non riesco a muovermi, ma sento le lacrime bagnarmi le guance. Provo anche a chiamare Andrea, e stavolta riesco a pronunciare il nome.
Lo chiamo, grido il suo nome, continuando a fissare il sangue sulle lenzuola, ma niente… non viene nessuno.
Nel frattempo la chiazza di sangue si allarga sempre di più…
«NO!!!» urlo svegliandomi di colpo. Il mio respiro è affannoso e sembra che il mio cuore stia per uscirmi dal petto.
Ho davvero sognato quella notte di dicembre?!
Mi passo una mano fra i capelli e provo a calmarmi, ma la paura provata quella notte si sta impossessando di nuovo di me.
Guardo verso destra e Andrea è lì che dorme tranquillo al mio fianco. Tiro un sospiro di sollievo e sorrido, mentre sento l’adrenalina abbandonare il mio corpo.
Improvvisamente sento freddo e mi tremano le gambe.
Ma non è l’unica cosa di cui mi accorgo quando l’adrenalina mi abbandona del tutto.
Sento davvero un liquido tra le gambe e prego che non sia sangue. Non riuscirei a sopportare un disastro del genere! Proprio no…
Mi do un pizzicotto sulla mano. Non vorrei che fosse un altro sogno, ma non succede niente, quindi sono sveglia… molto sveglia.
“Ok, resta calma! Calma e sangue freddo! No, sangue no! Non riuscirei a sopportare la vista del sangue. Non adesso”
Deglutisco nervosamente e mi allungo verso il comodino per accendere la luce e con uno scatto veloce scosto le coperte.
Dio ti ringrazio non è sangue!
Ok, quindi…
«Andrea…» mormoro toccandogli la spalla e deglutendo. Lui mormora qualcosa ma non si sveglia. «Andrea!» grido e lui si volta verso di me, spaventato.
«Che c’è?!»
«Mi si sono rotte le acque»
Oh dio!!

 
------
 
Eccomi qua!
Questo è l'inizio del momento clou della storia... quindi, avrete sicuramente capito che nel prossimo Gaia darà alla luce il suo bambino o la sua bambina perchè ancora non sappiamo il sesso (io si :P)
Vi posso soltanto anticipare che il prossimo capitolo sarà un pov Andrea, quindi saprete come vive lui la situazione! ;)
Adesso vi lascio e vi do appuntamento alla prossima settimana! <3
Buonanotte e grazie per aver avermi seguita fino ad ora!
Un bacio,
Francy <3

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Capitolo 37
*** 37. *Un nuovo dolce arrivo* ***


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Bene, bene... eravamo rimasti a Gaia che annunciava ad Andrea che le si erano rotte le acque...
E adesso?
Spero che il capitolo vi piaccia *_*
Buona lettura :*
Francy <3

There'll be a place for us

-Capitolo 37-

*Un nuovo dolce arrivo*
 
Pov Andrea
 
Oh dio, sta per partorire!
Il bambino sta arrivando!!
«Andrea?!»
Mi volto e vedo Gaia con un’espressione dolorosa sul volto. L’ho aiutata a cambiare i pantaloni e adesso dovremmo andare in ospedale.
«Dimmi, tesoro. Stai bene? Senti dolore? Come stai?»
«Piantala di farmi tutte queste domande! Quando arriva mia madre?»
«Oh, ehm… dovrebbe essere qui a momenti. Stai tranquilla, ok?»
«Come faccio a stare tranquilla quando…» non finisce di parlare, perché si piega in due per il dolore. Credo sia un’altra contrazione.
“Dai, Andrea! Devi prendere il comando! Non farti prendere dal panico!”
Giusto! Non devo farmi prendere dal panico.
«Sono qui! Sono arrivata!» Qualcuno è appena entrato dalla porta. La madre di Gaia, seguita da Serena, ci guardano sorridenti e un po’ preoccupate.
«Quando sono cominciate le contrazioni?» chiede Serena a Gaia. Lei guarda l’amica mentre le massaggio la schiena.
«Circa mezz’ora fa. Arrivano ogni quattro minuti, circa»
«Ok, andiamo. Paul ci aspetta giù»
Annuisco e prendo per mano Gaia, cercando di non infastidirla, perché mi sembra piuttosto agitata!
«Prometti di nuovo che non mi lascerai» mi dice afferrandomi con forza la mano.
«Lo prometto! Non vado da nessuna parte e taglierò il cordone al bambino» dico riassumendo velocemente tutto quello che lei vuole che io faccia.
Lei sorride con le lacrime agli occhi e questo non può che farmi commuovere. «Ti amo» mormoro avvicinandomi per baciarla.
Lei annuisce e mi sorride ancora una volta, fin quando Giulia, sua madre, prende la borsa dalle mie mani ed esce dall’appartamento gridando «Muovetevi!»
Durante il viaggio Gaia ha avuto altre quattro contrazioni e, per poco, non mi ha stritolato la mano.
«Respira, ok? Siamo quasi arrivati» le dice Serena rassicurandola.
Gaia si volta a guardarmi e mi sorride «Scusa se ti ho svegliato. Eri stanco»
Scuoto la testa sorridendo «Sognavi qualcosa prima di svegliarti? Ho sentito che ti sei mossa parecchio»
Fa un respiro profondo e annuisce «E’ stato più un incubo»
«Ti va di parlarmene?» le chiedo sperando di distrarla almeno un po’ da quello che le sta succedendo.
«Mi… mi svegliavo e il letto era pieno di sangue. Stavo perdendo di nuovo il bambino e tu non c’eri»
«Era soltanto un sogno! Adesso sono qui e il bambino sta bene, ok?» le dico sorridendo e accarezzandole i capelli, cercando di tranquillizzarla.
«Ne sei proprio sicuro?» chiede strizzando nuovamente gli occhi. Credo abbia un’altra contrazione perché stringe forte la mia mano e quella di Serena.
«Dio santo! Quando finisce?!» esclama continuando a respirare profondamente.
«Quanto manca?» chiedo a Paul che cerca di evitare tutti gli ingorghi possibili. 
«Stiamo per arrivare!» risponde e svolta a destra. Finalmente intravedo il pronto soccorso.
«Ci siamo!» le dico baciandole la fronte. «Ci siamo» mormoro di nuovo cercando di tranquillizzarla, ma credo volessi tranquillizzare anche me.
Quando Paul si ferma davanti all’entrata del pronto soccorso, scendo velocemente aiutando Gaia a fare lo stesso.
«Da quanto sono cominciate le contrazioni?» chiede una dottoressa con il camice blu. Non riesco a vedere il nome sul cartellino ma, sinceramente, in questo momento poco m'importa.
«Da circa un’ora ormai» le dico continuando a tenere la mano di Gaia mentre un'infermiera spinge la sedia a rotelle. «Dove stiamo andando?» chiedo.
«Portiamo la sua fidanzata in camera»
All’improvviso tutto diventa confuso e incredibilmente veloce.
Gaia viene sistemata in una stanza, le viene messo un camice e una delle infermiere l’aiuta a distendersi sul letto.
Sento delle voci, ma non riesco a percepirle veramente.
Mi sembra di essere in un’altra dimensione. Quella dove sto per diventare padre.  
Non pensavo sarebbe successo, men che meno con Gaia.
Sta succedendo… sta succedendo davvero!
«Mancano ancora tre centimetri e poi possiamo cominciare» sento dire da qualcuno.
Tre centimetri? 
Che significa?!
«Andrea… Andrea» sento qualcuno chiamarmi e una mano sulla spalla. Mi volto: Giulia è accanto a me «Puoi aspettare fuori se vuoi. Sei pallido»
Deglutisco e tutto improvvisamente diventa più nitido, i rumori sono più forti e meno ovattati «No, sto bene!» dico avvicinandomi alla mia fidanzata che mi guarda, tendendomi una mano.
Le sorrido e la stringo forte. «Stai bene? Sei diventato pallidissimo» mi dice.
«Tutto ok! Ho avuto bisogno di un momento per metabolizzare tutto»
«Te ne penti?» chiede preoccupata.
«No, certo che no! È solo che è così surreale! Stiamo per conoscere nostro figlio e… e… è fantastico» dico scuotendo la testa e abbassandomi per accarezzarle la fronte. «Ti amo da morire»
«Andrà tutto bene, vero?»
Aggrotto le sopracciglia, confuso su quello che voglia dire. E in un attimo capisco che si riferisce all’incubo che ha avuto la notte scorsa. Proprio un bel momento per sognare cose del genere. «Andrà tutto meravigliosamente bene»
«Ci siamo?» chiede una voce a noi familiare.
Mi volto e vedo Serena trafelata e con una mano sul cuore. «No, non ancora» mormora Gaia alzandosi leggermente dal letto.
«Perché hai il fiatone?» le chiedo.
«Non riuscivo a trovare la camera e avevo paura di perdermi il momento»
«Allora… controlliamo questa futura mamma» dice l’infermiera.
Si avvicina a Gaia e le fa divaricare le gambe mentre mette la mano là sotto. Oddio, posso solo immaginare cosa stia facendo e la sola idea mi fa sbiancare di nuovo.
«Andrea, forse dovresti uscire» mi dice Serena.
«No!» grida Gaia stringendo il lenzuolo tra le mani. «Resta con me, ti prego» mormora singhiozzando.
«Non me ne vado» rispondo avvicinandomi a lei.
Le bacio la fronte sudata e le sposto i capelli all’indietro. Lei mi guarda mentre le sorrido cercando di tranquillizzarla. «Non lasciarmi, non di nuovo»
«No. Non ti lascio»
Gaia annuisce mentre l’infermiera si toglie i guanti leggermente sporchi di sangue.
Oddio, sento il mio stomaco fare le capriole!
«Mancano ancora due centimetri» annuncia sorridendo a Gaia. «Aspettiamo che arrivi a dieci e poi puoi cominciare a spingere»
«Oh no… voglio spingere adesso» si ribella Gaia stringendomi forte la mano.
«No, tesoro. Non puoi. So che le contrazioni arrivano più spesso adesso, ma devi fare dei respiri profondi e tenere duro. Soltanto due centimetri e poi avrai il via libera»
«Ok, ok…» risponde lei esausta accasciandosi sul letto. Le accarezzo di nuovo la testa mentre la mia mano tiene ancora la sua.
«Ne hai di forza in queste manine» le dico cercando di portare l’argomento su qualcos’altro.
Lei sorride e apre gli occhi «Credo che questo sia soltanto l’inizio» dice e i suoi occhi diventano lucidi.
«Stai piangendo, amore?»
«Tra poco conosceremo il nostro bambino»
«Il momento è arrivato, hai visto?»
«Oddio, si!» esclama ma, proprio in quel momento, arriva un’altra contrazione che le fa prolungare il suono della i. Non oso immaginare quello che stia provando.
«Tutto bene?» chiedo liberando la mia mano dalla sua e sgranchendola un po’. Accidenti se ne ha di forza!
«Non chiedermelo, ti prego, altrimenti ti tiro addosso qualcosa»
Ecco, penso sia arrivato il momento del delirio.
«Sta già delirando?» mi chiede Serena rientrando in camera.
«Suppongo di si. Vorrebbe tirarmi qualcosa addosso»
Serena le sorride e le prende l’altra mano «Ancora un po’, Gaia. Resisti»
«E’ stato così con Marco?» chiede.
«Si, tesoro! È stato esattamente così. Ma tu sei forte e ce la farai»
«Siamo pronti?» chiede qualcun altro entrando in camera. Mi volto e riconosco la ginecologa di Gaia.
«Me lo dica lei dottoressa. Posso spingere?» chiede Gaia mentre la ginecologa controlla a sua volta la dilatazione.
«Siamo pronti, si! Direi che adesso puoi spingere. Su, fai un respiro profondo e al mio tre spingi, intesi?»
Gaia annuisce e si prepara per far entrare più aria possibile nei polmoni «Uno, due… tre» dice la dottoressa e la mia fidanzata comincia a spingere.
«Su, su… spingi ancora. Stiamo andando bene. Brava Gaia. Adesso rilassati»
«Dio. Mio!» urla lei facendomi un male assurdo alla mano. «Giuro che troverò il modo per farti provare almeno parte del dolore che sto provando!» esclama guardandomi in cagnesco.
Oh signore, è inquietante.
Guardo Serena che mi sorride, anzi, se la ride.
«Stai andando benissimo» mi limito a dire.
«Dai, Gaia. Un altro respiro profondo e poi puoi spingere di nuovo»
Lei esegue e quando riprende a spingere la dottoressa annuncia che la testa è appena uscita.
È lì… il mio bambino è lì.
«Ti odio da morire, Andrea!» urla ancora Gaia alla terza spinta «Ti odio per tutto quello che mi hai fatto in questi anni e per quello in cui mi hai cacciato adesso»
Oh mamma! Sapevo che sarebbe uscita una cosa del genere dalla sua bocca in questo momento. Mi guardo intorno un po’ imbarazzato ma la dottoressa sembra non far caso alle sue parole.
«Tesoro, l’ultima spinta e abbiamo finito» la incita la dottoressa, mentre un’ostetrica le si avvicina.
Gaia si prepara e quando, con un’ultima spinta, il nostro bambino è completamente fuori sentiamo l’ostetrica esclamare «E’ una femminuccia!» mentre il primo vagito di mia figlia riempie l’aria.
«Oddio!» esclamo con le lacrime agli occhi. Guardo Gaia che mi guarda sorridendo e piangendo nello stesso momento. «E’ una bambina» le dico baciandole le labbra.
«Abbiamo una bambina» risponde lei piangendo. «Tagliale il cordone» mormora accasciandosi sfinita sul materasso mentre Serena le accarezza i capelli.
Mi avvicino alla dottoressa che mi porge un paio di forbici «Vuole tagliarlo lei?» mi chiede.
Annuisco sperando di non crollare per terra. «Bene, allora faccia un taglietto proprio qui in mezzo» dice indicandomi il punto esatto «E poi un taglio deciso»
Eseguo con mani tremanti e mia figlia non è più legata al cordone. «Ecco, la prenda in braccio» mi dice l’ostetrica porgendomi un fagottino ancora sporco di sangue e muco biancastro. Le viene pulito leggermente il viso ma mi perdo contemplando la sua bellezza di neonata.
«E’ stupenda…» mormoro avvicinandomi a Gaia e, proprio in quel momento, la bambina apre gli occhi e mi sorride. «Sta sorridendo. Mi sta sorridendo!» esclamo guardando Gaia che ride e piange ancora.
«Davvero? Gliel’ho chiesto io qualche settimana fa. Deve avermi ascoltato. Ha mantenuto la promessa» risponde e, emozionato, gliela metto fra le braccia.
«Ciao, amore… sei bellissima»
«Come volete chiamarla?» chiede Serena accarezzandole piano la testa «E’ bellissima»
«Alisea…» mormora Gaia letteralmente rapita dalla bambina.
«Alisea» dico sicuro. È il nome perfetto per la nostra bambina perfetta.
«E’ un bel nome. Congratulazioni» dice Serena abbracciandomi.
All’improvviso tutto diventa di nuovo confuso. Non capisco esattamente cosa succede, ma la bambina viene passata a chi di dovere per i controlli, mentre Gaia adesso sembra più rilassata. 
A me viene detto di uscire e aspettare in sala d’aspetto dove trovo tutta la famiglia di Gaia insieme alla mia.
Cosa fanno qui i miei genitori e mia sorella?
«E’ una femminuccia» dico soltanto e, probabilmente a causa del calo di tensione, scoppio a piangere sedendomi su una sedia di plastica.
«Tesoro, che succede?» mi chiede mia madre.
«E’ così bella, mamma!» esclamo abbracciandola.
«Oh Andrea…»
«E’ una bambina bellissima. E’ come sua madre» continuo a dire sciogliendo l’abbraccio e asciugandomi le lacrime.
«Non vediamo l’ora di vederla» dice Giulia anche lei con le lacrime agli occhi.
«Sei diventato padre!» esclama Brian dandomi una pacca sulla spalla e abbracciandomi per farmi le congratulazioni.
«E’ una sensazione meravigliosa» mormoro.
A poco a poco tutti mi abbracciano e mi fanno gli auguri ma, l’unica cosa a cui riesco a pensare, è alla mia bambina così simile alla madre.
 
«E’ bella, vero?»
«E’ meravigliosa, come te»
Mi allungo sul letto e bacio la mia fidanzata. Alisea è nata da tre ore e adesso è l’alba del dieci giugno. Proprio un bel giorno per nascere. Oggi il sole sembra risplendere in un cielo azzurro meraviglioso.
Guardo mia figlia e sua madre e mi stupisco di quanto sia perfetta, al momento, la mia vita.
Dopo averla allattata, adesso la piccola dorme tra le braccia di Gaia.
«Cos’era quella storia della promessa?» chiedo ricordando il momento in cui mia figlia mi ha sorriso per la prima volta.
Gaia sorride e le bacia la piccola mano che tiene stretto il suo mignolo.
«Un mese fa circa, parlavo con lei e le ho chiesto se poteva sorriderti quando l’avresti presa tra le braccia. Tu lo desideravi tanto questo bambino che speravo davvero che ti sorridesse dopo la sua venuta al mondo»
«Sei meravigliosa. Ho una fidanzata che è troppo per me»
«Hm, probabilmente hai ragione» mormora ridacchiando e alzando lo sguardo dalla bambina.
«Passerei ore a guardarla»
«Anche io. Con questa tutina poi… è proprio un amore»
«Alisea…»
«Già. Finalmente è qui»
Annuisco e mi alzo. Ho voglia di baciare Gaia. «Ti amo» mormoro sulle sue labbra.
«Ti amo anche io e sono sicura che Alisea impazzirà per te»
«Dici?» chiedo accarezzando delicatamente la testa alla piccola.
«Fai questo effetto alle donne. Le fai impazzire»
«Spiritosa…» mormoro baciandola di nuovo.
Restiamo a baciarci per qualche minuto, fin quando non sentiamo qualcuno bussare alla porta. «Si può?» chiede una voce familiare e quando vedo chi è resto di sasso.
«Giorgio, ma che fate qui?» chiedo sorpreso ma felice di vedere tutti i miei amici nel giorno più bello della mia vita.
«Come cosa facciamo qui? Nasce tua figlia e, secondo te, non vogliamo vederla?» esclama Luigi.
«Congratulazioni Andrea!» esclama Elena sorridendomi, mentre Alessia fa lo stesso ma abbracciandomi .
Tutti si avvicinano a Gaia, facendo anche a lei le congratulazioni e ammirando la bambina. «Ti abbiamo portato un regalo» dice Elena mostrando una confezione.
«Oh, ragazzi, non dovevate!» esclama Gaia sorridendo.
«Ma certo che si»
«Grazie. Andrea, ti dispiace aprirlo?»
Scarto il pacchetto e apro la confezione ritrovandomi tra le mani una tutina bianca con delle piccole bandiere italiane.
«E’ magnifica» rispondo ringraziandoli.
«E’ bellissima. Grazie, ragazzi»
Alessia si avvicina e chiede a Gaia se può prendere la bambina in braccio. Lei annuisce e delicatamente gliela porge, mentre lei continua a dormire.
«E’ così tranquilla…» mormora Elena accarezzandole la manina mentre Alessia la culla.
«Sembra di si»
Mentre le ragazze parlano del parto, mi avvicino a Giorgio e a Luigi. Li abbraccio entrambi e loro mi danno delle pacche sulle spalle. «E così sei diventato padre…» esclama Giorgio.
«Chi lo avrebbe mai detto? A ventiquattro anni, poi…»
«E con Gaia»
«Doveva essere per forza con lei. Non poteva essere altrimenti»
«E’ vero. Credo che sin dall’inizio siete stati fatti l’uno per l’altra»
«Sono stato solo troppo stupido per non accorgermene subito» dico e spero che l’argomento venga chiuso lì.
Per fortuna Luigi viene in mio soccorso. Forse nemmeno lui vuole rivangare vecchi discorsi. «Come l’avete chiamata?» chiede.
«Alisea» rispondo fiero.
«Alisea? È un nome strano. Non l’ho mai sentito»
«E’ il nome perfetto per mia figlia. È piaciuto a Gaia e piace anche a me»
«Si, è bello»
«Signori, dovete uscire. L’orario delle visite è finito. Potete tornare alle undici»
Mi volto verso Gaia che riprende la piccola tra le braccia mentre Elena e Alessia la salutano. Luigi e Giorgio fanno lo stesso e, dopo aver salutato anche me, escono dalla stanza.
«Più tardi torneranno Serena e tua madre. Tornerò con loro, ok?»
«Fai il bravo a casa da solo»
«Anche voi due, fate le brave»
Mi sorride e si allunga per baciarmi «Puoi farmi un favore?» mi chiede.
«Certo, dimmi»
«Dovresti chiamare Michelle e Paul. Volevano sapere quando sarebbe nata la bambina»
«Va bene» rispondo e, nella mia mente, si forma un altro pensiero, un po’ spiacevole purtroppo. «Vuoi… vuoi che Jay lo sappia?»
Lei mi guarda e poi abbassa lo sguardo per guardare Alisea «No. Non credo gli farebbe piacere»
«Va bene. Chiamami se ti serve qualcosa»
«Starò bene, tranquillo»
Le sorrido e mi abbasso per baciare sulla testa la bambina «Ciao amore. Papà torna presto»
Lascio un bacio sulle labbra di Gaia e mi alzo per uscire.
 
La bambina piange…
Piange tanto. Urla e piange, mentre con le mani e i piedi disegna delle linee immaginarie in aria.
Mi muovo nel letto e mi sposto verso Gaia, ma apro di scatto gli occhi quando mi rendo conto che non è nel letto.
«Gaia?» la chiamo con voce roca.
Mi alzo dal letto e vado nella camera di Alisea. «Ehi…» la chiamo trovandola seduta sulla poltrona. La sta allattando.
Lei mi guarda e mi chiede di fare silenzio. Mi avvicino piano. «Aveva fame?» chiedo.
«Si, sono le tre e mezzo»
«Torno a letto allora…»
«Vai, tra poco arrivo»
Le bacio la bocca e lei mi sorride.
È così felice la mia Gaia in questi giorni.
Alisea ha circa due settimane di vita e sembra crescere a vista d’occhio. L’abbiamo portata dal pediatra e, mentre alla nascita era cinquanta centimetri, adesso è lunga circa cinquantaquattro. In due settimana è cresciuta di quattro centimetri e pesa circa tre chili e mezzo rispetto ai tre chili iniziali.
Oh, è un amore la mia bambina.
Si sveglia ogni tre ore e tiene sveglia Gaia perché, mentre mangia, bisogna accarezzarle la piccola schiena.
Quando sono al lavoro ho una voglia assurda di ritornare a casa e chiamo Gaia al cellulare ogni tre ore, proprio quando so che Alisea dovrebbe mangiare.
Quando sono fuori casa mi mancano il suo profumo di neonata e quei piccoli vagiti così teneri che fanno venire sempre le lacrime a Gaia.
Credo che con la nascita della bambina adesso tutta la nostra vita sia stata ridimensionata, in particolare quella di Gaia. Lei è sempre con nostra figlia e tutta la sua vita adesso gira attorno a quest’altra che ha soltanto due settimane. Gaia non può ancora mangiare quello che vuole perché il cibo che ingerisce influenza il gusto del suo latte. In questo poco tempo abbiamo scoperto che se Gaia mangia cibi speziati, Alisea rifiuta di attaccarsi al seno, quindi la mia dolce mammina non può ancora fare scorta infinita di tutti i cibi spazzatura che esistono in circolazione.
Non è da molto che Alisea è a casa con noi ma, nonostante il poco tempo trascorso insieme dalla sua nascita, posso dire di essermi completamente innamorato di questa meraviglia e credo che Gaia lo avesse intuito già da un po’ di tempo.
È la pupilla del suo papà e nessuno la porterà via da me.
«Si è addormentata con il sorriso» Gaia interrompe i miei pensieri ritornando in camera e stendendosi accanto a me. Si avvicina e mi abbraccia, lasciandomi un bacio sul petto.
«Hm, posso sentirti tutta ora» mormoro circondandole le spalle con un braccio e stringendola di più al mio corpo.
«Direi di si. Ho tre chili in meno da portare sulla pancia»
«Hai visto? Stai tornando come quella di prima anche se, vederti più morbida, mi piaceva molto di più»
«Lo so. Piaceva anche a me quindi credo che, anche se non perderò tutti i chili della gravidanza, non mi importerà granché»
«Brava la mia ragazza» dico baciandole la testa.
La sento sorridere e cominciare ad accarezzarmi la pancia. «Come mai ti sei svegliato?» chiede poi.
«Ho sentito la piccola piangere. Credo che la realtà si sia mischiata con il sogno perché la vedevo muovere nervosamente manine e piedini»
«Probabile, ma adesso, fortunatamente, dorme tranquilla»
«Hai accesso il baby-monitor?»
«Si. Adesso dormiamo. Sono stanca e tu ti devi svegliare fra tre ore e mezzo»
«Anche tu» le faccio notare.
«Oh, è vero. Spero riesca ad arrivare alle sette, almeno»
«Se dovesse svegliarsi piangendo mentre dormi ancora, ti chiamerò»
«Va bene»
Alza lo sguardo e mi sorride. «Ti amo» dice.
«Sono felice, Gaia»
«Lo so, lo sono anche io. Grazie per avermi fatto cambiare idea nove mesi fa»
«A cosa ti riferisci?»
«Al non voler tenere il bambino. Non ero molto sicura, ma tu lo eri e ho deciso di tenerlo. Grazie per non avermi mai abbandonata. Nemmeno quando ti ho insultato»
«Amore, ti amo da morire» esclamo girandomi e sovrastandola con il mio corpo. Lei scoppia a ridere, mentre le bacio il collo. «Sarai sempre l’amore della mia vita»
«Insieme all’amore della tua vita numero due» dice guardandomi con gli occhi scintillanti.
«Esatto. Hai ragione!»
«Bene. Adesso proviamo davvero a dormire»
Le bacio la clavicola, le labbra e mi rimetto nella mia parte di letto.
Lei si volta e io l’abbraccio da dietro; così, entrambi ci addormentiamo.
«Ciao amore… il tuo papà sta dormendo. Guarda quanto è bello il tuo papà! Grazie per avergli sorriso quando sei nata. Peccato che non ricorderai la sua espressione quando sarai grande perché, in quel momento. era davvero un uomo felice. Patatina, ci hai reso immensamente felici»
«Ma cosa stai facendo?» mormoro roco alzando la testa quel tanto che basta per vedere Gaia e Alisea nel letto.
«Si stava lamentando, così l’ho portata qui»
«Dovrebbe dormire nella sua culla»
«Dai, vuoi farmi credere che non ti fa piacere averla qui?»
«Si, certo, ma avrei potuto schiacciarla»
«C’ero io, Andrea…»
Mi alzo e stropiccio gli occhi. Guardo la sveglia e mi rendo conto che sono soltanto le sei. «Ha già mangiato?»
«No, non ancora. Si accontenta del ciuccio per il momento»
Annuisco ma l’unica cosa a cui riesco a pensare è dormire ancora.
«Sembri ancora molto assonnato» dice lei.
«Lo sono. Voglio dormire»
«Scusa, forse ti ho svegliato io»
«No, non preoccuparti. Probabilmente mi sarei svegliato da solo. Ma cosa le stavi dicendo?»
La vedo arrossire e abbassare lo sguardo su Alisea che se ne sta tranquilla al centro del letto. «Ehm, niente di che. Stavamo chiacchierando»
«Alle sei del mattino. Devono essere state chiacchiere importanti»
«Si, molto importanti» risponde ridacchiando e alzandosi dal letto. Si sistema i pantaloncini del pigiama e prende Alisea in braccio, cullandola, perché comincia a muoversi irrequieta.
Credo sia arrivato il momento di mangiare. Mentre Gaia si dirige in cucina, vado in bagno per una doccia rigenerante, preferibilmente con l’acqua fredda.
Un’altra giornata ha inizio e Alisea è più grande di un altro giorno.
Vorrei tornare a casa oggi e trovarla già più grande… vorrei trovarla che gattona per terra o che tenta di parlare.
Si, sono completamente innamorato di mia figlia.

 
------
 
Finalmente l'attesa è finita e Gaia ha dato alla luce la piccola Alisea.
Una bella svolta per la loro vita.. *_*
L'ultima parte del capitolo racconta un pò la loro vita con la piccola e anche gli altri capitoli saranno più o meno così...
Comunque, spero davvero con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto perchè è davvero uno dei miei preferiti, quindi pensavo che sarebbe piaciuto anche a voi!
Adesso vi lascio.
Buona giornata e grazie per avermi seguito fino a qui. <3
-3 alla fine :(
Francy <3


PS: se non avete aperto le foto ve le posto qui ;)
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Capitolo 38
*** 38. *Un pizzico di quotidianità* ***


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Buongiorno :)
Puntuale come un orologio svizzero, ecco il capitolo 38.
Buona lettura!

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 38-
*Un pizzico di quotidianità*
 
Alisea…
Non riesco a pensare ad altro se non alla mia stupenda bambina.
Cominciano già a spuntarle i primi veri capelli sulla testa visto che, alla nascita, aveva quattro peli. Sorride spesso, soprattutto ad Andrea, e cresce a vista d’occhio.
A volte se distolgo lo sguardo da lei per cinque secondi, mi sembra di ritrovarla più grande, molto probabilmente è soltanto una mia impressione.
E’ così bella e buona la mia bambina che mi viene sempre voglia di riempirla di baci. E lo faccio…
Molto spesso rimaniamo da sole, soprattutto dopo il ritorno in Italia di Serena, Martina e Patrizia. Sono passati tre mesi dalla nascita e per quasi due mesi hanno praticamente vissuto a casa mia, sempre appiccicate alla culla e alla mia bambina. Mi piaceva quel viavai perché sapevo che era così che dimostravano la loro felicità nei confronti della venuta al mondo di mia figlia, ma forse alla fine, era eccessivo.
Io e Andrea non abbiamo avuto un'intimità familiare ma, per fortuna, i parenti ben presto se ne sono andati, anche se Patrizia, insieme alla figlia, telefona praticamente ogni giorno. Non si direbbe che, fino a poco tempo fa, abbia avuto delle difficoltà nell'accettare l’arrivo di un nipotino.
Comunque… se prima avevo compagnia durante le ore in cui Andrea era a lavoro e rimanevo sola con Alisea, adesso, ho tutto il pomeriggio per la mia piccolina e per me.
Trascorro ore sul letto a guardarla dormire tra me e il cuscino di Andrea o a baciarle il pancino o la boccuccia rosa e le guance paffute.
Non mi aspettavo che la mia vita cambiasse così tanto dopo la nascita della bambina. Adesso tutto è più bello e non litigo più con Andrea per le solite cose accadute nel nostro passato.
Tutto adesso è al proprio posto. Ogni cosa ha trovato il giusto ordine e adesso sono così felice della mia vita che non credo possa succedermi qualcosa di negativo.
Alisea è qui, al centro del lettone, e cerca di mettersi la maglia in bocca per gioco. Tenta anche di togliersi i calzini ma glieli rimetto prima che possa cantare vittoria. È così buffa e tenera…
Le ho dato il latte da poco e, anche se a volte preferisco allattarla dal mio seno, ormai prende anche il latte artificiale.
Adesso si sta sbrodolando addosso: un misto di saliva e latte. Fino a poco te tempo fa, sicuramente, mi avrebbe disgustato un po’ ma adesso mi sembra tutto normale.
Le pulisco e le asciugo la bocca con la bavetta e le accarezzo il pancino, mentre lei continua a guardare il soffitto giocando con la sua maglietta.
Da quando ho saputo che mio figlio sarebbe stata una bambina, non ho smesso di pensare al completino che ho visto il giorno in cui io e Andrea abbiamo comprato il passeggino. Avevo intenzione di andare a comprarlo oggi pomeriggio, ma non sono ancora uscita da sola con Alisea. Devo ammettere di avere un po’ di paura.
«Ti va di uscire?» le chiedo, togliendole per l’ennesima volta la maglietta dalla bocca ormai macchiata della sua saliva. Lei mi guarda, anzi, mi fissa, restando impassibile. «Si, amore? Ti va di uscire da sola con la tua mamma?» chiedo ancora e, questa volta, Alisea mi sorride.
«Oh amore, quanto sei bella con questo sorriso!!» esclamo estasiata avvicinandomi per baciale il nasino e la boccuccia ancora aperta in un grande sorriso.
«Andiamo!» le dico prendendola delicatamente in braccio e portandola in camera sua per cambiarle la maglietta.
Mentre la cambio le faccio delle faccette buffe e dei versetti strani che la fanno sorridere.
Si, è proprio bella mia figlia.
Vorrei che restasse sempre così piccola. Voglio proteggerla per sempre e so che così mi sarà possibile, ma vorrei anche che crescesse e che cominciasse a comunicare con me e con suo padre. Voglio vederla gattonare e poi camminare ma, per il momento, voglio solo godermi la mia Alisea a tre mesi.
«Pronta?» le chiedo prendendola in braccio e baciandole la testa. Si agita un po’ sul mio braccio ma, alla fine, si stabilizza poggiando le mani sulla mia spalle e cominciando a succhiarmi il collo.
Ecco uno dei tanti vizi di mia figlia.
Prima di addormentarsi, soprattutto alla sera, vuole essere cullata su un braccio, mentre con la bocca può arrivare facilmente al collo mio o a quello di Andrea. Succhiandolo si rilassa, come se fosse un ciuccio che rifiuta solo in quest'occasione.
La sposto delicatamente nel passeggino, giusto il tempo di allacciarmi il marsupio, e poi la riprendo per sistemarla su di me, ricontrollando che l’attrezzo sia perfettamente allacciato al mio corpo.
Prendo la borsa, il cellulare, le chiavi ed esco, per la prima volta, da sola con mia figlia.
Sono uscita già tante volte con Alisea, ma è stato soltanto di sera e con Andrea al mio fianco.
Anzi, dovrei proprio chiamarlo per avvisarlo.
Recupero il cellulare dalla tasca dei jeans e faccio il suo numero.
Andrea risponde al terzo squillo con una voce annoiata che non gli avevo mai sentito prima d’ora. «Amore, tutto ok?» gli chiedo.
«Si, sono soltanto stanco da morire. Mi sono dovuto occupare di una marea di reperti e la maggior parte era tutta roccia»
«Mi dispiace. Ti va se passo con Alisea?» gli chiedo sperando di risollevargli un po’ il morale.
«Siete uscite?»
«Si, devo fare alcune commissioni»
«Stai attenta, ok?»
«Certo. Allora, ti va se passiamo?»
«Ma certo! Mi farebbe proprio bene vedervi. Hm, soprattutto te. Voglio un bacio dalla mia Bianchina» dice e lo sento ridere.
«Divertente… comunque faccio quello che devo fare e poi passo»
«Non perdere troppo tempo, però, ok? Tra un’ora finisco e vorrei farvi conoscere alcuni colleghi»
«Davvero?»
«Si. Adesso ti devo lasciare, ma fai presto»
«Ok. A dopo»
«Dai un bacio alla mia seconda donna preferita»
«Sarà fatto» rispondo ridendo.
Ripongo il cellulare nella tasca dei jeans e do un bacio ad Alisea «Questo era da parte del tuo papà» le dico accarezzandole la testa.
Lei mi sorride e borbotta qualcosa mentre attorno a noi c’è soltanto il traffico londinese. Mi guardo intorno: adoro questa città, adoro viverci e, più di tutto, adoro avere la mia famiglia qui!
Mentre cammino per raggiungere il negozio che mi interessa, qualcuno si avvicina a me salutandomi.
«Ciao» rispondo come in trance.
«Auguri per la bambina» dice indicando Alisea con la testa.
«Ehm… grazie»
Sono in imbarazzo, molto in imbarazzo. Non mi sarei mai aspettata che Jay mi avrebbe parlato in questo modo. Sembra aver messo una pietra sopra a tutto.
«Come si chiama?» mi chiede.
«Alisea» rispondo. Dio, sono ancora così sconvolta.
«E’ un bel nome»
«Grazie» rispondo sorridendo. «Come stai?» chiedo.
«Molto bene, grazie. Sto con una persona, sai?» mi informa sorridente.
«Davvero?» chiedo sorpresa. Ricordo ancora il giorno in cui Charlotte mi ha parlato del primo appuntamento di Jay con una nuova ragazza.
«Si, stiamo insieme da qualche mese ormai»
«E’ una bella notizia, Jay»
Mi sorride, teneramente imbarazzato, mentre sorride anche ad Alisea e le pizzica piano il naso.
«E’ proprio una bella bambina» dice guardandomi.
«Si, lo è. Comincia già ad avere i primi vizi»
«Davvero?» chiede ridendo mentre riprendiamo a camminare.
«Si, ma è ancora molto piccola, quindi staremo a vedere con il tempo»
«Quanto ha?»
«Tre mesi»
«Congratulazioni ancora e falli anche ad Andrea, mi raccomando»
Ecco, se prima mi sentivo in imbarazzo, adesso vorrei sprofondare nel terreno.
«Certo» rispondo cercando di nascondere l’imbarazzo sul mio viso con i capelli.
«Sono felice che le cose, tra di noi, siano andate in quel modo» dice all’improvviso, dopo qualche minuto di silenzio.
Quello che dice mi spiazza, perché ovviamente un anno fa non l’avrebbe pensata così. Evidentemente questa ragazza deve piacergli sul serio, più di quanto gli piacessi io.
Segretamente, anche io sono felice che le cose siano andate in quel modo. Altrimenti, non avrei né Andrea né Alisea e non saprei come vivere senza uno di loro.
«Non eravamo destinati a stare insieme» mormoro senza neanche rendermene conto, pensando, invece, che è Andrea l’uomo destinato a me.
«Avrei dovuto ascoltarti quando mi dicevi che saremmo dovuti rimanere amici»
«Ormai non ha più senso parlarne. Possiamo provare a essere amici adesso»
«Andrea ne sarebbe contento?»
«Sarà più contento che tu abbia una ragazza» rispondo sorridendo.
«Giusto. Beh, qualche volta potreste passare al locale di Martin»
«No, non credo che Martin sarebbe felice di vederci entrare»
«Perché?» chiede fermandosi ad un semaforo rosso.
Prendo una mano di Alisea e comincio ad accarezzarla, mentre lei mi guarda con gli occhi spalancati e muove freneticamente i piedini.
«Martin ha presa molto male la nostra rottura e credo che sia ancora arrabbiato con me»
«Esagera, come sempre… gli parlerò e lo farò ragionare. In fondo adesso stiamo tutti bene, no?»
Abbraccio delicatamente mia figlia attraverso il marsupio e annuisco «Si, stiamo benissimo e spero che anche per te sia così»
«Lo è, Gaia…» mi dice annuendo e attraversando la strada insieme a me. «Lo è» ripete guardandomi con gli occhi scintillanti.
Non l’ho mai visto così, forse nemmeno quando stavamo insieme, e questo mi fa capire che è veramente innamorato di questa ragazza.
Con piacere, mi accorgo di essere arrivata al negozio che volevo raggiungere. Saluto Jay con un abbraccio affettuoso e, mentre lui saluta Alisea con la mano allontanandosi, lei gli sorride.
«Amore della mamma… se sapessi cosa gli ho fatto» mormoro baciandole la manina ed entrando nel negozio.
Lei, in risposta, borbotta qualcosa, si muove infastidita e, per evitare che cominci a piangere, prendo il ciuccio dalla borsa e glielo do.
«Allora… vediamo se riesco a trovare di nuovo quella tutina che mi piaceva tanto e che volevo comprare per papà»
Alisea non mi risponde ma comincia a guardarsi in giro, è una curiosona proprio come me.
Mi aggiro tra i vari scaffali del reparto bimbi e quando vedo il completino in esposizione sono felice, al settimo cielo.
«Che bello, amore! Faremo felice papà stasera» le dico baciandole la testa.
Cerco la misura giusta e mi avvicino alla cassa per pagare.
Oh, non vedo l’ora che Andrea lo veda. Impazzirà di gioia.
 
«Ciao amore! Ce ne ha messo di tempo la tua mamma per portarti da me!» esclama Andrea prendendo Alisea in braccio e lasciandomi un bacio sulle labbra.
«Ti avevo detto che dovevo fare delle commissioni»
«Vedo» mormora adocchiando il sacchetto. «Cos’hai comprato?»
«Hm, niente» rispondo sorridendo.
«Cosa nascondi furbacchiona?» mi chiede, poi si rivolge a sua figlia «Cosa nasconde la mamma? Me lo dici?» le bacia la guancia paffuta e le fa il solletico sul pancino mentre Alisea mostra un sorriso senza denti. «Guarda che amore che sei! Sei tutta tua madre»
«Con un bellissimo contributo del padre» intervengo accarezzandole la testa. Andrea mi sorride e si abbassa per baciarmi.
«Ho fatto una passeggiata con Jay» dico all’improvviso mentre il mio fidanzato gioca con nostra figlia.
«Oh, davvero? Non me lo avevi detto»
«In realtà ci siamo incontrati per strada»
«Ah, capisco. Di cosa avete parlato?»
«Mi ha detto che sta con una ragazza e credo che sia veramente innamorato di lei. Ci fa le congratulazioni per lei» dico indicando Alisea.
«Oh, ma davvero?!»
«Si, è stato carino»
«Molto, devo riconoscerglielo» risponde sorridendomi.
«Gli ho proposto di restare amici»
«Come prima?»
«Cosa intendi?»
«Prima che vi metteste insieme» spiega lui.
«No, certo che no, ma almeno eviteremmo l’imbarazzo di quello che è successo»
«Hai detto che è fidanzato e che è innamorato di lei?» chiede mentre annuisco incerta su dove voglia andare a parare.
«Allora va bene. Possiamo essere suoi amici»
Gli sorrido e mi alzo sulle punte dei piedi per lasciagli un dolce bacio sulle labbra, mentre Alisea mi colpisce il viso.
Scoppiamo a ridere, ma ben presto Andrea mi porta a conoscere i suoi colleghi, presentando così anche nostra figlia.
 
Alisea dorme da quando siamo tornate dalla nostra passeggiata. Le ho fatto indossare il nuovo completino e l’ho sistemata nella sua culla, coprendola con un leggero lenzuolino, mentre aspetto che torni Andrea. Impazzirà appena vedrà la figlia.
Sto ancora preparando la cena quando sento le chiavi nella serratura e la porta sbattere contro il muro.
«Andrea!» lo rimprovero sperando che Alisea non si svegli.
«Scusa, scusa!» esclama lui chiudendo piano la porta e venendo da me in cucina. «Non sono riuscito a prenderla in tempo» dice.
Beh, ovvio che non è riuscito a prendere in tempo la porta: è pieno di sacchetti.
«Hai svaligiato qualche negozio?»
«No, soltanto il supermercato»
«Ma perché?»
«Perché ho voglia di provare una cosa con te stanotte» risponde guardandomi malizioso.
«Ah, ok…»
Sono passati tre mesi dalla nascita di Alisea e ancora non abbiamo fatto l’amore. Il medico mi ha consigliato di aspettare almeno quaranta giorni ma, per  paura che Andrea non mi guardasse con gli stessi occhi di prima avendo assistito al parto, mi sono lasciata un po’ condizionare e l'ho privato del sesso fino ad ora. Lui non si lamenta ma so che gli pesa. Dice che non avrà nessuno shock, ma ho ancora paura che possa succedere. E’ normale, no? A volte ho paura di essere l’unica ad avere questo tipo di problemi.
«Non faremo niente che tu non voglia, Gaia…» mi dice avvicinandosi a accarezzandomi una guancia. Si abbassa e mi bacia sulla bocca.
Lo guardo negli occhi e vedo un bellissimo giovane uomo che da mesi reprime la voglia di fare l’amore con la propria donna. «Mi dispiace avere questa paura, ma temo che non mi guarderai come prima»
«Amore, ma che dici? Sei bellissima. Sei ritornata in formissima dopo il parto e, anche se hai qualche curva in più, non mi dispiace per niente»
«Non mi riferisco a quello… mi hai visto partorire nostra figlia! Non è una cosa che gli uomini dimenticano tanto facilmente, soprattutto quando si tratta di riprendere a fare l’amore»
«E’ vero… non si dimentica facilmente» dice ed io resto di sasso. Non credevo fosse così anche per lui. «Ma sai perché? Perché mi hai donato  la cosa più bella che potessi regalarmi. Il tuo corpo è ritornato alla normalità, quindi perché non dovrei voler fare l’amore con la mia stupenda e bellissima fidanzata, la mamma più sexy che ci sia?»
Mi circonda i fianchi con le braccia e mi attira a sé. Gli sorrido con le lacrime agli occhi e mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo. «Sei così carino con me…» mormoro abbracciandolo.
«Sii carina anche tu con me» dice facendomi l’occhiolino. Sorrido e annuisco.
«Vai a vedere tua figlia, adesso. Ha una sorpresa per te»
Mi guarda con le sopracciglia aggrottate, segno che è curioso di sapere a cosa mi riferisco.
«Cosa mi stai nascondendo?» chiede dirigendosi verso la camera di Alisea.
«Niente…» rispondo ridacchiando e cominciando a sistemare tutto quello che ha comprato. Noto con piacere che ha fatto rifornimento di cioccolato, panna, fragole, marmellata e gelato alla vaniglia e fragola.
Mentre sistemo la spesa nella credenza sento una presenza nella stanza e i borbottii di mia figlia.
Mi volto e Andrea mi sorride con gli occhi lucidi. «L'hai comprato oggi?» chiede voltandosi a guardare il completino di Alisea.
«Si, ti piace?»
«E’ meraviglioso» dice e si avvicina a me. Mi abbraccia e, continuando a tenere la bambina in braccio, mi bacia dolcemente la testa. «Ti amo, ti amo da morire»
«Ti amo anche io. E nostra figlia ha trovato il suo principe» dico sorridendogli.
Sulla maglietta che indossa Alisea è ricamata la frase “I found my Prince his name is Daddy”. L’avevo vista quando ancora la bambina non era nata e mi ero promessa che, se fosse stata femmina, sarei tornata a comprarla per lei e soprattutto per Andrea, perché si, lui è il suo principe, il nostro principe.
«Sei la mamma più dolce del mondo» mi sussurra accarezzandomi una guancia, mentre sul braccio di Andrea, Alisea comincia a ribellarsi.
Ridacchiamo e lui la guarda «Che c’è?» le chiede.
«Molto probabilmente ha ancora sonno»
«Ci penso io» dice baciandomi frettolosamente la bocca e ritornando in camera mentre ricomincio a cucinare.
Dio, quanto li amo!
 
«Forse dovremmo chiudere la porta» mormoro tra un bacio e l’altro.
«Perché? Ti da fastidio la porta aperta adesso?»
«No, ma Alisea potrebbe sentirci»
«Ma noi potremmo non sentire lei se comincia a piangere»
«C’è il baby-monitor, Andrea»
«Dai, Gaia, ho voglia di fare l’amore con te e abbiamo soltanto tre ore prima che la piccola abbia di nuovo fame»
Poverino… lo capisco! Dovrei cercare di andargli incontro invece mi faccio mille paranoie del tutto inutili, oltretutto.
Lo osservo con lo sguardo un po’ perplesso. «Forse non è il momento giusto» sussurro cercando di alzarmi e di togliermelo da sopra il corpo.
«Dio, Gaia… ma cosa dici? E' da quasi quattro mesi che non facciamo più l’amore. Mi manchi, mi manca la nostra intimità»
«E se poi non dovessi piacerti più?» chiedo cominciando a singhiozzare. 
Maledetti ormoni!!
«Ma cosa dici? Sei bellissima e ti ho già vista nuda dopo il parto. Mi piace il tuo corpo da neo-mamma, mi piace stare sdraiato su di te e sentire le tue rotondità e mi piace anche accarezzarle. Come faccio a fartelo capire?»
«Ho soltanto paura che ti ricordi com’era la situazione laggiù quando davo alla luce nostra figlia mentre stiamo… sai… insomma, hai capito» spiego cercando di non balbettare e di non diventare tutta rossa, ma Andrea deve aver capito il mio disagio perché mi accarezza una guancia e mi sorride teneramente.
«Non ho visto com’era la situazione laggiù mentre Alisea nasceva. Ero troppo concentrato a rassicurarti e a prendermi tutti gli insulti che mi rivolgevi»
Mi lascio sfuggire una piccola risata, mentre lui si avvicina per baciarmi. «E’ stato il giorno più bello e importante della mia vita e non manderò a rotoli la nostra vita sessuale soltanto perché ho quasi visto le tue condizioni durante il parto»
Lo guardo sorridendogli grata e gettandogli le braccia al collo. «Ti amo» sussurro contro di lui.
«Anche io, tanto!»
Ci guardiamo negli occhi, ci sorridiamo timidi e imbarazzati come se fosse la prima volta che facciamo l’amore ma, in realtà, è come se lo fosse davvero.
Lentamente mi fa sdraiare nuovamente sul letto mentre mi toglie la maglia che uso per dormire. «Adoro le tue tette» mormora baciandomele.
Da un mese non allatto più Alisea perché non ho più niente da darle, ma il mio seno è ancora gonfio e sensibile e il tocco delle labbra di Andrea sulla mia pelle mi manda in estasi.
Dimentico tutto e mi lascio andare.
Andrea mi dimostra che tutto è esattamente come l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore, senza però pancioni tra noi.
Mi ama e lo lascio fare. Mi accarezza e mi bacia dappertutto…
Il pianto di Alisea, però, rovina il momento.
«No!» esclama Andrea alzando di scatto la testa con i capelli tutti in disordine. «Non può avere già fame. Ha mangiato si e no mezz’ora fa»
«Non preoccuparti. Le sarà soltanto caduto il ciuccio. Sai com’è…»
Lui annuisce e continua a spingersi dentro di me ma il pianto disperato della bambina lo allontana da me.
«Andrea…»
«Scusa, non ci riesco. Non riesco a concentrarmi con lei che piange nella stanza accanto»
Gli sorrido e lo allontano delicatamente «Vado a vedere cos’ha. Torno subito» dico voltandomi per lasciargli un bacio sulle labbra.
Recupero la maglietta dal pavimento e l'indosso.
Quando entro in camera di mia figlia la trovo ancora in lacrime ma già mezza addormentata.
Le accendo il carillon che sembra rilassarla a dovere quando ha sonno e le rimetto il ciuccio in bocca.
Adesso è completamente nel mondo dei sogni.
Ritorno in camera da Andrea e, mentre entro, mi sfilo la maglietta. Trovo il mio fidanzato già pronto per me e saltando sul letto come la semplice ragazza di ventitré anni che in realtà sono, lo bacio con passione e riprendiamo da dove eravamo stati interrotti.
Questa è la terza notte migliore della mia vita!

 
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Eccoci qui.
Intanto, prima di cominciare a parlare del capitolo vorrei ringraziare il mio beta che corregge tutti i capitoli e che sopporta pazientemente i miei errori e le mie email... Grazie per tutto quello che hai fatto e che continui a fare! :) <3 Non so se vedrai questo ringraziamento, ma ci tenevo a farlo lo stesso! ;)
Passando al capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Ammetto di essere rimasta un pò delusa dalle recensioni dello scorso capitolo. Pensavo che si fosse piaciuto e che valesse la pena lasciare qualche commento, ma evidentemente mi sbagliavo.
Grazie comunque a quelle che hanno recensito. Non ho risposto a tutte le recensioni, ma prometto che più tardi lo farò, perchè adesso devo proprio scappare.
Di seguito vi lascio alcuni fotomontaggi che spero vi piacciano :) C'è anche il regalo che Gaia aveva fatto ad Andrea: la cornice con tutte le loro foto più lo spazio al centro. Adesso quello spazio si è riempito :)
Quindi, detto questo, vi auguro buona giornata e spero che il mio capitolo per chi lo leggerà adesso in mattinata, vi rallegri un pò :)
Un bacio
Francy <3

PS: -2 :'(


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Ecco anche la foto della tutina che Gaia compra ad Alisea! Sorpresa per Andrea!
 
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Capitolo 39
*** 39. *Semplicemente noi* ***


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Buongiorno :)
Siamo quasi agli sgoccioli :'(
Le (dis)avventure di Andrea e Gaia stanno per finire ma conserverò il discorso finale e strappalacrime (?) alla fine dell'epilogo.
Io non ci credo ancora che stiamo quasi finendo e che mi avete seguita fin qui, nella mia pazzia di voler continuare Let's blame it on September.
Sembrerà anche scontato e forse un pò banale, ma non c'è altra parola che mi viene in mente da dedicarvi.
Grazie! Grazie di cuore!
Detto questo, vi lascio al capitolo, sperando che vi piaccia *_*
Ci leggiamo alla fine!
Francy <3

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 39-
*Semplicemente noi*
 
«Tesoro, ti prego, non piangere!»
«Dai, amore… sh, sh…»
Cullo mia figlia da circa mezz’ora, ma continua a piangere ininterrottamente. Sembra disperata e non so più che cosa fare.
Non è ancora il momento di darle da mangiare e il suo pianto mi preoccupa.  Ogni tanto sembra mancarle l’aria e il mio cuore smette di battere per qualche secondo. Ho troppa paura quando mi trovo in queste situazioni.
Ho provato a metterla nella culla e ad accenderle il carillon ma non ho avuto successo. Le ho fatto fare una passeggiata per tutto l’appartamento, cullandola e accarezzandole la schiena, ma nemmeno questo è riuscito a calmarla.
Le ho controllato la temperatura con la paura che potesse avere la febbre ma, per fortuna, la temperatura è nella norma.
Soltanto quando le ho bagnato il ciuccio con l’acqua e gliel’ho dato ha provato un po’ di sollievo.
«Saranno le gengive che le fanno male» mi ha detto mia madre, che ho chiamato in preda al panico «Bagna un fazzoletto con l’acqua e passaglielo sulle gengive»                                     
L’ho fatto, ma non sembra essere stato d’aiuto se non per qualche minuto. Adesso Alisea piange più di prima.
«Amore di mamma, ti prego, non fare così… vedrai che passa»
Le passo un dito sulle gengive e sento una piccola sporgenza su quella inferiore.
Sicuramente le sta per spuntare il primo dentino e sarà proprio quello a farle così male!
Il pianto di Alisea è talmente forte che non riesco nemmeno a sentire il rumore delle chiavi nella serratura della porta e Andrea entrare in cucina trafelato e con gli occhi pieni di paura. «Cos’è successo?» chiede lasciando la tracolla sul tavolo.
«Non ha smesso un attimo di piangere»
«Perché?»
«Credo le facciano male le gengive»
«Non le hai dato niente?»
«Si, la crema per alleviare un po’ il dolore, come mi aveva consigliato il pediatra, ma continua a piangere»
Andrea si avvicina e le accarezza la testa e, per un po’, Alisea sembra calmarsi ma poi ricomincia a piangere.
Continuo a cullarla sperando che, stanca per tutte quelle urla, si addormenti e, almeno per un paio d’ore, ci lasci tranquilli.
«Sicura che si tratti delle gengive?» chiede Andrea sedendosi su una sedia, mentre bagno di nuovo il ciuccio con dell’acqua fresca e lo metto in bocca ad Alisea.
«Suppongo di si. Non ti sei accorto che, ultimamente, ha sempre le mani in bocca e sbava continuamente? E poi ho sentito qualcosa su quella inferiore. Suppongo che le spunterà lì il primo dentino»
«E questo è uno dei sintomi?»
«Ha bisogno di trovare sollievo con qualcosa se le fanno male. Tu come ti sentiresti?» gli chiedo sorridendo e, notando con piacere, che la bambina si è calmata e adesso sembra quasi addormentata.
Lentamente e, cercando di non fare rumore, la porto nella sua camera. Resto ancora un po’ a cullarla, fin quando il pianto cessa del tutto e Alisea si addormenta.
La adagio delicatamente sul materasso della culla e lei, automaticamente si contorce fino a trovare la sua posizione preferita: a pancia in giù in un angolo della culla!
«Mi chiedo perché dorma sempre in questo modo» sussurra Andrea entrando in camera e abbracciandomi da dietro mentre guardiamo nostra figlia dormire.
«Io, invece, mi chiedo perché il mio fidanzato non mi ha ancora baciata»
«Avevi nostra figlia in braccio e provavi a calmarla»
«Adesso dorme» mormoro voltandomi e guardandolo negli occhi.
Da quando abbiamo fatto l’amore tutto è ritornato alla normalità.
Adesso abbiamo di nuovo la nostra intimità, quando non è interrotta da Alisea, ovviamente.
Andrea mi sorride e si abbassa per baciarmi. «Usciamo da qui» gli dico accendendo il baby-monitor e trascinandolo lontano dalla culla.
Non vorrei che Alisea si svegliasse di nuovo.
Continuiamo a baciarci fino al divano, poi, Andrea comincia a diventare nervoso.
«Che succede?» gli chiedo guardandolo negli occhi, ma lui evita il mio sguardo. «Andrea?» lo chiamo.
«Niente. Scusa» risponde lui riprendendo a baciarmi, ma gli copro la bocca con la mano e lo invito a parlare.
«Dimmi cosa ti preoccupa. Perché sei nervoso?»
«Non sono nervoso»
«Si, invece! Cosa c’è?»
«E’ quasi Natale» mormora accarezzandomi la coscia.
«E quindi?» chiedo sorridendo.
«Non torniamo a casa?»
«Anche mia madre me l'ha chiesto»
«E tu cosa le hai risposto?»
«Che, se ti va, possiamo far conoscere nostra figlia alla tua famiglia e ai nostri amici»
«Si, mi sembra un’ottima idea» dice lui baciandomi la fronte ma, quando si allontana, il suo viso è ancora preoccupato.
«Era questo che ti preoccupava?»
«Si»
«Andrea, ti prego! Perché mi devi tenere nascoste le cose? Parlami!»
«E’ che…» inizia, ma si ferma e mi guarda.
«Si?»
«Oggi ho preso il tuo regalo di Natale e ho paura che non ti piaccia»
Gli sorrido e lo abbraccio «Sono sicura che lo adorerò! Adesso mi hai incuriosita»
«Mancano ancora dieci giorni. Frena la tua curiosità e non provare a cercare tra i miei vestiti» si raccomanda ricordando sicuramente i giorni precedenti al mio compleanno quando, dopo aver saputo che in casa era nascosto il mio regalo, ho cercato dappertutto, soprattutto tra i suoi vestiti! Però, non ho trovato nulla. Chissà dove lo aveva nascosto!
«Sono rassegnata ad aspettare, anche se la curiosità mi ucciderà»
«Bene, aspetta! Quando vuoi partire?» chiede cambiando argomento.
«La prossima settimana?»
Lui annuisce, così ritorniamo a baciarci.
Andrea sembra più tranquillo, ma so che mi sta ancora nascondendo qualcosa.
Chissà cosa…
 
«Oh mio dio! Ma è cresciuta tantissimo!»
«Vacci piano! Preferisco rimanga piccola ancora per tanto tempo»
«Andrea, prima o poi tua figlia diventerà una bella signorina come era sua madre a diciassette anni»
Oh dio, Serena adora provocare Andrea ed io non mi stancherò mai di vederli scambiarsi occhiate gelide.
Ridacchio e stringo Alisea nella sua copertina.
Siamo arrivati due giorni fa ma, io e Serena, siamo riuscite a vederci soltanto questa sera. Lei, insieme a suo marito e a Marco, sono venuti a casa mia e adesso commentano la crescita di Alisea. 
In effetti, Serena non la vede da quasi tre mesi e la piccola, nel frattempo, ha fatto molti progressi.
«Non sarà mai come Gaia a diciassette anni» commenta Andrea.
«Scusa, ma cos’avevo di male a diciassette anni?» chiedo accigliandomi.
«Piacevi ai tipi come me! Non permetterò che mia figlia si innamori di un idiota»
Lo spingo con la spalla e gli sorrido, mentre lui mi sorride imbarazzato.
Serena scuote la testa e prende Alisea tra le braccia.
«A me non è finita così male, no?» gli dico baciandogli la guancia.
«No, ma ne abbiamo fatta di strada»
«Ma guarda dove siamo e cosa abbiamo»
«E’ vero, ma non voglio che mia figlia si innamori di qualcuno che non sia io»
«E’ ancora presto per parlarne. Siamo sicuri, però, che al momento stravede per te»
«Meno male» mormora sorridendo.
Alisea, in questi sei mesi, ha stretto un rapporto particolare con suo padre. Non che con me non sia lo stesso, ma la piccola è completamente innamorata del padre.
Amo il loro rapporto e spero che sia così anche quando Alisea sarà più grande.
Andrea è il suo principe azzurro e Alisea la sua principessa!
Dio, li amo da morire!
«Siete pronti per la cena di Natale?»
Vengo distratta dalla voce di Serena.
«Credo di si… non lo so ancora» rispondo ripensando a quello che abbiamo accettato: cena a casa dei genitori di Andrea, tutta la sua famiglia e la mia. Insomma, sarà interessante partecipare ma ho paura che qualcosa vada storto.
Dopo quello che è successo prima della nascita di mia figlia, non m'importa granché di quello che penserà un certo ramo della famiglia di Andrea, ma sarà fastidioso sentire voci in sottofondo che giudicano e criticano. Sarà doloroso sapere che mia figlia, a nemmeno un anno, è criticata solo perché è nata fuori dal vincolo del matrimonio!
Farei di tutto per lei e se dovrò usare la cattiveria per difenderla, allora lo farò!
«Andrà tutto bene, non preoccuparti» mi rassicura Andrea.
«Si, come l’ultima volta che l'hai detto?»
«Dai… cerca di non pensarci. E poi adesso abbiamo l’appoggio dei miei che adorano Alisea e la stessa cosa vale per mia sorella. Dalla tua parte avrai anche lei e Charlotte»
«E te» rispondo sorridendo.
Lui annuisce e prende Alisea dalle braccia di Serena. «Ci vediamo più tardi» gli dico baciandolo sulle labbra.
«A dopo. Saluta la mamma, Ali»
«Ciao amore» le dico sorridendo e baciandole il nasino e il labbro superiore. Lei mi sorride e mi da una delle sue personali carezze che equivalgono a degli schiaffi dato che i suoi movimenti sono ancora poco coordinati. «Cerca di non metterti nei guai con lei. Alle dieci deve prendere il latte» gli ricordo sperando di non ricevere una telefonata da un Andrea in preda al panico perché non sa quanti misurini di latte in polvere versare nel biberon.
Bacio Andrea, saluto Marco e Massimo e, io e Serena, siamo pronte per passare una serata in tranquillità, anche se il mio pensiero sarà sempre con mia figlia.
Non perché non mi fidi di Andrea, ma non riesco a stare lontana da Alisea per più di un quarto d’ora perché poi mi manca.
«E’ stato così con Marco?» chiedo a Serena che, nel frattempo, cerca le chiavi della macchina del marito nella borsa.
«Così come? A cosa ti riferisci?» chiede trovandole e aprendo l’auto.
Salgo e, mentre allaccio la cintura, le spiego. «Non voglio separarmi da Alisea per più di un quarto d’ora o al massimo mezz’ora»
«Si, è perfettamente normale, soprattutto durante i primi mesi e sarà lo stesso quando comincerà ad andare all’asilo. Quando la lascerai lì insieme ad altri bambini e a degli sconosciuti, lei vorrà tornare a casa con te mentre tu vorresti tenerla con te sempre; lei si sentirà abbandonata e ce l’avrà a morte con te per qualche giorno, fino a quando non comincerà a piacerle giocare con i suoi compagni»
«Serena!!» esclamo in preda al panico. «Non dirmi così, ti prego»
«Ma è la verità! Devi essere preparata»
«Voglio godermi la sua infanzia più che posso. E’ già abbastanza triste e deprimente lasciarla a Patricia o a mia madre quando devo andare al lavoro»
«Questo è già un inizio. Cominciate a staccarvi. Farà bene a te e, soprattutto, a lei»
«No, non credo mi faccia bene. Mi manca tutto il giorno e non faccio altro che guardare la sua foto»
«Cresceranno… e prima o poi ci lasceranno per intraprendere la loro strada»
Mi volto a guardare la mia amica e scoppio a ridere «Che c’è?» mi chiede lei ridendo a sua volta.
«Ha soltanto sei mesi»
«Meglio essere preparati. Marco ha soltanto cinque anni e non vede l’ora che arrivi il sabato per andare a giocare con i suoi cugini dalla madre di Massimo. Già da piccoli pensano a staccarsi da noi. Non sarà molto diverso con Alisea»
«Beh, la mia bambina non vorrà separarsi mai da me o da Andrea. Soprattutto da Andrea»
«Sono una cosa sola» mormora.
«L'hai notato?»
«Si. Per tutto il tempo che l’ho tenuta in braccio guardava solo suo padre o muoveva le manine nella sua direzione»
«E’ innamorata di lui, come potrei biasimarla?» dico ridacchiando.
«Hm, a proposito di questo…»
«Cosa?» chiedo mentre lei parcheggia.
«Non avete ancora preso una decisione riguardo a quella cosa?»
«Quale cosa, Serena?» chiedo fingendo di non sapere a cosa si riferisce. Purtroppo so di cosa parla.
«Dai, Gaia… state insieme da un po’ di tempo ormai, avete una figlia… credo sia ora di fare il passo successivo, no?»
«Non lo so…»
«Sei ancora indecisa?»
«Non lo so, Serena… Le cose vanno così bene adesso e ho paura che un cambiamento del genere possa portare solo altre preoccupazioni e problemi»
«Pensi questo del tuo matrimonio?»
«Quale matrimonio non ne porta?»
«Gaia, ascoltami. Tu vuoi sposare Andrea?»
«Oddio Serena, non me l’ha nemmeno chiesto! Perché ne stiamo parlando?» chiedo e, all’improvviso, ricordo la conversazione avuta con Andrea qualche giorno fa, riguardo il mio regalo di Natale.
«Che cosa c’è?» mi chiede vedendomi impallidire, credo.
«Sai qualcosa che non so?» le chiedo.
«Cosa dovrei sapere?»
«Una proposta, un anello o roba simile?»
«Perché? Pensi che potrebbe chiedertelo?» chiede fermandosi di colpo.
«Non ne ho idea! Qualche giorno fa ha parlato di un regalo di Natale ed era nervoso… aveva paura che potesse non piacermi»
«Credi ti abbia preso un anello?»
«Oddio… non posso farcela»
«Perché no? È una bella cosa. Ti chiederà di sposarlo a Natale, davanti a tutta la sua famiglia!»
«Si, certo è una bella cosa, ma non so… ho paura di quello che comporterà»
«Gaia… sembrate già sposati. Vivete insieme e avete una bambina. Siete una coppia come tutte le altre. È ovvio che prima o poi questa proposta sarebbe arrivata, no?»
«Si, è ovvio. Ho soltanto paura. L’avevi anche tu quando ti sei sposata?»
«Certo. Ricordo ancora il tuo schiaffo quella mattina» mormora massaggiandosi la guancia, mentre io rido ricordando il momento. «Si, si… ridi amica! Aspetto con ansia il tuo giorno per ricambiare il gesto» dice ed entrambe scoppiamo a ridere.
«A parte gli scherzi» dice tornando seria «Andrà tutto bene. Non puoi pensare che le cose tra di voi andranno sempre male! Vi meritate un po’ di felicità e questa felicità si chiama Alisea e sarà coronata dal vostro matrimonio. Andrà tutto bene, stai tranquilla»
Annuisco e mi stringo al braccio della mia amica. «Voglio che tu sia al mio fianco, sempre!» le dico mentre continuiamo a camminare.
«Ovviamente. Non dubitarne»
«No, dico sul serio. Dovrai essere lì quando stilerò la lista degli invitati e quando dovrò scegliere l'abito da sposa perché sai che riuscirò a trovare almeno tre difetti in ogni modello. Ho bisogno della tua razionalità! Ho bisogno che tu sia con me la sera prima perché potrei anche scappare con mia figlia a Londra e lasciarlo da solo sull'altare»
«Non te lo perdonerebbe mai»
«Lo so. Appunto per questo ti chiedo di fermarmi se vorrò fare la valigia»
Serena ridacchia, ma io vado avanti «Devi essere con me quando indosserò l’abito e sarò a pochi metri da Andrea e prometti che sarai con me anche quando sarò sua moglie»
«La moglie di Andrea… qualche anno fa il solo pensiero di parlare con lui ti nauseava e adesso sarai sua moglie»
Sorrido a trentadue denti per le parole di Serena «A volte vorrei tornare indietro nel tempo e rivivere quelle tre settimane. Sai, i litigi, gli scherzi, i momenti belli e quelli brutti. Il nostro primo bacio e la nostra prima volta. Vorrei rivivere tutto, escludendo la parte in cui mi lascia»
«L’ho sempre saputo, in fondo in fondo, che eravate fatti per stare insieme»
«Certo, come no… e lo sapevi anche quando siamo ritornati insieme?» le chiedo ridendo.
«No. Insomma, Gaia… osservandovi bene quando eravamo al liceo, tutti potevano dire che, tra di voi, c’era un reale interesse nascosto però dalla rabbia, dall’ invidia e dalla vostra testardaggine. Eravate destinati e, nel vostro destino, c’erano anche quei quattro anni di odio e litigi del liceo»
«Beh, forse… comunque non hai promesso tutto quello che voglio tu prometta»
«Non hai bisogno che te lo prometta. Non potrebbe essere diversamente! Ti starò appiccicata al culo ogni secondo, tranne quando sarai la signora Ferrari»
Scoppiamo entrambe a ridere, continuando la nostra passeggiata «Ovviamente se il suo regalo di Natale sarà un anello di fidanzamento» preciso.
«Ovviamente» ripete lei.
Per il resto della serata chiacchieriamo come due normali ventitreenni che non hanno né mariti né futuri mariti ad attenderle con i rispettivi figli a casa. Siamo semplicemente Gaia e Serena!
 
«Grazie per la bella serata! Mi mancava» mormoro abbracciandola mentre Massimo arriva con Marco che, nonostante l'ora, saltella felice e per niente stanco verso la madre.
«Grazie a te. Era mancato anche a me! Ti voglio bene, Gaia. Ricordalo sempre!»
«Te ne voglio anche io! Grazie per tutto» le sorrido e, dopo aver salutato Marco e Massimo rientro in casa, dove mi aspettano le urla di mia figlia e Andrea disperato per gli inutili tentativi fatti per calmare.
«Cos’è successo?» chiedo entrando nella mia camera da letto.
«Ehm, niente di che»
«Andrea?»
«Niente, Gaia. Sul serio»
«Perché sei così agitato allora? Perché Alisea piange così disperatamente?!» chiedo avvicinandomi a lui e prendendo mia figlia dalle sue braccia.
«Ehm… è caduta» mormora dispiaciuto abbassando lo sguardo.
«Come è caduta?!» grido guardandolo con gli occhi spalancati.
«Si, mentre accompagnavo Massimo alla porta. Dormiva qui, al centro del letto, ma deve essersi mossa ed è caduta»
«Sei un imbecille» gli dico accarezzando la testa di Alisea.
«Mi dispiace» mormora e la sua espressione mi fa stringere il cuore. «Mi sono messo nei guai»
«E proprio quello ti avevo chiesto di non fare! Come ha fatto a superare i cuscini?!»
«Gaia, lo sai che è irrequieta e che si muove tanto e dappertutto. Mi dispiace!» urla con gli occhi lucidi «Mi dispiace di averle fatto del male»
Restiamo qualche secondo in silenzio. Ci guardiamo entrambi negli occhi, poi lui distoglie lo sguardo e si avvicina alla poltrona per prendere la coperta «Ci vediamo domani mattina. Dormo di sotto»
«Vieni qui, idiota!»
«Smettila di insultarmi» mormora.
«Ok, scusa» dico sforzandomi di non ridere. Alisea, nel frattempo, si è rannicchiata contro il collo e sta per addormentarsi. Mi avvicino ad Andrea e lo abbraccio. «Lo so che non volevi che accadesse»
«Mi dispiace sul serio»
«Lo so, adesso basta. Lei sta bene»
«Lo spero»
«Sta bene. Ha smesso di piangere, hai visto?»
«Credo che le mancassi» dice accarezzandomi le guance con entrambe le mani.
«Davvero?» chiedo spalancando gli occhi.
«Si… guardava spesso verso la porta. Ti aspettava»
Adesso sono io ad avere gli occhi lucidi, mentre Andrea mi sorride. Chiudo gli occhi a stringo forte mia figlia, mentre Andrea stringe forte noi due.
Sono infinitamente felice.
------
 
Ok *singhiozza e asciuga le lacrime con il dorso della mano*
Adesso manca ufficialmente un capitolo e poi ci sarà l'epilogo. Infine, il vuoto... :'(
Comunque..
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come tutti gli altri del resto.
Anche se sono io "l'autrice" e di conseguenza mi piacciono quasi tutti i capitoli di questa storia, questo capitolo ha un'importanza fondamentale per me e il pezzo che ci terrei a farvi notare maggiormente è la conversazione tra Serena e Gaia. (spero che sia piaciuta anche a voi)
Per questo voglio dedicare questo capitolo alla mia Serena perchè anche io come Gaia ho avuto la fortuna di trovare, qualche tempo fa, l'amica che Serena è per Gaia. :')
"«Voglio che tu sia al mio fianco, sempre!» le dico mentre continuiamo a camminare.
«Ovviamente. Non dubitarne»
«No, dico sul serio. Dovrai essere lì quando stilerò la lista degli invitati e quando dovrò scegliere l'abito da sposa perché sai che riuscirò a trovare almeno tre difetti in ogni modello. Ho bisogno della tua razionalità! Ho bisogno che tu sia con me la sera prima perché potrei anche scappare con mia figlia a Londra e lasciarlo da solo sull'altare»
«Non te lo perdonerebbe mai»
«Lo so. Appunto per questo ti chiedo di fermarmi se vorrò fare la valigia»
Serena ridacchia, ma io vado avanti «Devi essere con me quando indosserò l’abito e sarò a pochi metri da Andrea e prometti che sarai con me anche quando sarò sua moglie»"
Questo pezzo l'ho scritto perchè è esattamente questo quello che dirò io alla mia amica quando e se arriverà il mio momento.
Quindi, grazie "Serena" per essere entrata a far parte della mia vita! E non piangere mentre e dopo leggi queste parole! :P Ti conosco...

Ok, detto questo...
Vi lascio in pace e vi do appuntamento al prossimo venerdì :')
Buon finesettimana! <3 <3
Francy <3
 

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Capitolo 40
*** 40. *Insieme* ***


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Buongiorno
Questa è stata proprio una settimana schifosa, quindi spero di concluderla in maniera decente con questo capitolo.
Lascerò qualche parola per la fine.
Buona lettura.

There’ll be a place for us
 
-Capitolo 40-
*Insieme*
 
«Non hai intenzione di darmi qualche indizio sul mio regalo, vero?»
«Hm, no non credo proprio»
«Dai, però! Non puoi fare così! Sono troppo curiosa»
«Lo so. È bello torturarti»
«Idiota!»
«Mancano poche ore ormai. Vai da Martina mentre recupero nostra figlia»
Gli sorrido, mi alzo sulle punte dei piedi e lo bacio. «Ti amo» mormoro prima di voltarmi e raggiungere Martina nella sua vecchia camera.
«Ciao!» esclamo sorridendo entrando in camera e trovandola seduta sul letto.
«Ciao» mormora un po’ giù di morale.
«Cosa è successo?» le chiedo sedendomi accanto a lei.
«Pensavo a mio fratello, a te e a vostra figlia»
Oh, bella questa! «Come mai?»
«Vi invidio. Avete una famiglia stupenda»
«Anche tu l’avrai» la rassicuro abbracciandola.
«Grazie, Gaia, ma non credo che succederà»
«Cosa vuoi dire?» Il suo tono di voce e il suo umore cupo mi preoccupano.
«Dopo il viaggio di nozze, io e Marco abbiamo cominciato a pensare di avere un bambino. In realtà, avremmo voluto aspettare almeno un anno, ma entrambi volevamo un figlio; così, abbiamo cominciato a provarci»
«E’ giusto così» mormoro, ma lei mi prende le mani e me le stringe. Io faccio lo stesso perché ho capito che ha bisogno di un po’ di coraggio per finire il discorso.
«E' da diversi mesi che proviamo e ancora non è successo niente. Abbiamo fatto le analisi e Marco è in perfetta salute…» continua ma, all’improvviso, la sento singhiozzare.
«Martina…»
«Non posso avere figli, Gaia» esclama scoppiando a piangere. L'abbraccio forte e lei non si oppone al mio gesto. Singhiozza a più non posso e il mio cuore si spezza al pensiero che, una ragazza come lei, tanto desiderosa di avere un bambino, non potrà averne! È ingiusto!
«Ne sei sicura?»
«Si, ho fatto anche io le analisi, ma non sono ancora riuscita a parlarne con mio marito. Come glielo dico?» scioglie l’abbraccio e mi guarda con i suoi occhi color nocciola pieni di lacrime amare. «Come faccio a dire a mio marito che non potremo avere dei figli?! Avremmo dovuto fare queste analisi prima del matrimonio, così avrebbe potuto rompere il fidanzamento e sposare una donna che può dargliene»
«Non dire così, Martina! Vi amate e Marco non si sarebbe mai comportato in quel modo con te!»
«Ma resta il fatto che non potrà mai avere dei figli da me»
«Vieni qui…» mormoro abbracciandola di nuovo, mentre lei si lascia andare ad un altro pianto disperato.
Restiamo qualche minuto in questa posizione e, nel frattempo, penso che ho avuto la mia bambina in un periodo della mia vita in cui non la cercavo; ok, non la volevo, eppure l’ho avuta. Martina, invece, per quanto desideri intensamente un bambino non riesce ad averlo e un po’ mi sento in colpa.
Questo non vuol dire che mi stia pentendo di aver avuto un figlio, assolutamente, ma non posso fare a meno di pensare che la vita molte volte da a chi non desidera o non merita, mentre toglie a chi merita una possibilità o la felicità, come nel caso di Martina.
Spero davvero tanto che in un modo o nell’altro, Martina riesca a farcela! Insomma, ci sono tanti modi, oggigiorno, per questo tipo di problema.
Sono fiduciosa. «Il mio istinto dice che, con le giuste cure, darai un figlio a Marco»
«Ne sei così sicura?»
«Si! Ma devi dirglielo»
«Non voglio rovinargli il Natale o l’anniversario. Lo farò dopo»
«Prima lo fai, meglio ti sentirai!»
Restiamo ancora qualche minuto abbracciate, poi si alza, mi sorride e si avvicina allo specchio per sistemarsi il trucco.
«Andiamo giù. Voglio giocare con la mia nipotina»
Le sorrido e la prendo per mano.
Spero davvero che quelle analisi si sbaglino! Martina non può non avere dei figli!
Siamo ancora in corridoio quando Martina mi prende per mano e mi fa voltare verso di lei «Non dire niente ad Andrea, ok?»
«Va bene. Ma prometti che presto lo dirai a Marco»
«Lo farò! Spero non mi lasci»
«Stai tranquilla! Affronterete questo brutto periodo insieme!»
Mano nella mano raggiungiamo gli altri.
Adoro Martina e sono contenta che anche per lei sia così. Non credevo che il nostro rapporto si sarebbe rafforzato così tanto in questi mesi.
«Ecco due delle donne più importanti della mia vita!» esclama Andrea fermandosi davanti a noi con Alisea in braccio.
«Ciao fratellino. Dammi questa bella bambolina» dice Martina prendendo sua nipote «State un po’ insieme» aggiunge strizzando l’occhio ad entrambi.
«Grazie» le sussurra Andrea mentre zia e nipote si allontanano sorridenti e felici.
«Come stai?» chiede abbracciandomi.
«Adesso bene. Non vedo l’ora che arrivi il momento dei regali» confesso avvicinandomi alle sue labbra.
Andrea ride e mi bacia «Lo so. Anche io non vedo l’ora»
Restiamo qualche minuto a baciarci, Andrea mi accarezza le guance ed io lo stringo forte a me. A volte mi mancano questi momenti. Siamo tanto presi da nostra figlia e dalle nostre rispettive vite che spesso ci dimentichiamo di prendere qualche minuto per noi.
Adoro rimanere un po’ in disparte a baciare il mio ragazzo.
Futuro marito” mormora la vocina nella mia testa.
Evito di pensarci e stringo Andrea ancora più forte.
«Hm, accidenti! Stare un po’ lontani conviene» mormora lui interrompendo il bacio e leccandosi le labbra.
«Conviene…» gli rispondo lasciandogli un ultimo bacio e abbracciandolo, inspirando a fondo il suo profumo. «Ti amo» sussurro.
Adesso è Andrea a stringermi forte e il suo gesto, unito al bacio dolce sul collo, mi dice che anche lui prova lo stesso.
«Piccioncini, venite!» esclama mia madre.
Quando ci separiamo, ci sorridiamo entrambi e raggiungiamo gli altri nel salone dove, un anno fa, informavamo i genitori di Andrea della mia gravidanza.
Se all’epoca qualcuno mi avesse detto che saremmo arrivati ad essere così uniti, probabilmente gli  avrei riso in faccia, eppure… eccoci qui un anno dopo.
Coloro che, allora, non avevano accettato la nostra bambina, adesso la coccolano e la riempiono di attenzioni e tutto ciò non può che riempirmi di gioia. Lancio uno sguardo ad Andrea seduto di fronte a me, vicino a Brian e a suo cognato Marco. Mi sembra il vecchio Andrea, soltanto meno idiota.
È felice e sapere di essere io, insieme ad Alisea, l’artefice della sua felicità, mi rende orgogliosa della nostra famiglia e di tutto quello che abbiamo dovuto affrontare per arrivare dove siamo adesso.
«Tutto bene, tesoro?» mi chiede Patrizia cercando di calmare le mani irrequiete di Alisea, mentre la prima portata arriva in tavola.
Annuisco e tendo le braccia verso mia figlia che, automaticamente, si butta su di me.
«La mamma è sempre la mamma!» esclama Andrea facendomi l’occhiolino.
Gli sorrido mentre sistemo Alisea su una gamba.
Dovrei provare a darle l'omogeneizzato, ma so che sarà un disastro annunciato!
«Già mangia?» chiede la madre di Andrea.
«Si, o almeno ci proviamo. Abbiamo cominciato qualche settimana fa con la frutta, ma non credo gradisca molto questo tipo di cibo. Stasera provo a darle la pastina»
«Non ti arrendere. E comunque credo che vostra figlia abbia preso da Andrea. Nemmeno a lui piaceva mangiare queste cose»
Guardo sorridendo Andrea con la forchetta infilzata in un tortellino a metà tra il piatto e la sua bocca. «Grazie» mormoro.
Lui alza le spalle e riprende a mangiare.
Alisea, per tutta la cena, ha provato più volte a far volare il suo piatto con la pastina e il brodo di carne ma, per fortuna, Andrea è arrivato in mio soccorso.
«Avanti, signorina… Un boccone io, uno tu. Ok?» chiede alla fine prendendo il cucchiaino morbido di plastica dalle mie mani.
«Tesoro,  non credo abbia capito» gli faccio notare accarezzandogli la schiena.
«Proviamo» insiste lui avvicinando il cucchiaino alla bocca di Alisea. Lei sembra accettare quello che sta per ingerire ma, appena il cibo arriva nella sua bocca, lo sputa facendo una faccia bruttissima.
«Accidenti!» borbotta Andrea deluso.
«Te l'avevo detto»
«Non vedevi l’ora di dirlo, vero?»
Scoppio a ridere e annuisco.
«Divertente» borbotta ancora, continuando a dar da mangiare ad Alisea, mentre mi guardo intorno, rendendomi meravigliosamente conto che tutti parlano tra di loro.
Paul, mio padre e quello di Andrea discutono di affari, ma non ho idea di che tipo siano. Mia madre e le due Patrizia chiacchierano di dolci, mentre Marco, Martina, Brian e Charlotte parlano di viaggi. 
Sorrido perché sono felice di vederli così e voglio a tutti loro un mondo di bene.
Nonostante le difficoltà iniziali è anche grazie a loro che, io e Andrea, siamo qui, o più semplicemente, è grazie a loro se sono qui.
Durante gli ultimi anni mi sono capitate tante: l'avvicinamento a mio padre, la relazione con Jay che mi ha aperto gli occhi sul rapporto che avevo e avrei voluto di nuovo con Andrea, la scoperta di Brian e Charlotte, l’incontro con i genitori di Andrea. Ognuna di queste cose mi ha dato qualcosa su cui riflettere e, inconsapevolmente, l’ho fatto. Ho riflettuto sul potere dell’amore di una famiglia, quella che ho da sempre desiderato, nonostante io e mia madre ne formassimo già uno ma, soprattutto, ho riflettuto sul potere del perdono.
Credo che il perdono sia stato la costante di questi due anni e sono più che orgogliosa di averlo dato a mio padre perché, altrimenti, non avrebbe mai potuto avere l’occasione di darmi una vera famiglia.
E poi aver perdonato i genitori di Andrea dopo quello che successe lo scorso Natale… non so dove saremmo adesso se le cose fossero andate diversamente.
Sicuramente, non saremmo così felici, quindi, sono contenta di aver perdonato queste persone che, adesso, fanno irrimediabilmente parte della mia vita.
E adesso che la mia vita è perfetta così com’è, vorrei davvero poter fare qualcosa per Martina: adesso scherza con Charlotte, abbracciata a Marco, ma so che, in fondo in fondo, soffre molto.
«Ehi, amore… Ci sei?»
Sento la voce di Andrea vicino al mio orecchio mentre lo bacia, così riporto l’attenzione sulle due persone più importanti della mia vita.
«Ehi…»
«Alisea si è definitivamente ribellata al cucchiaio di plastica» annuncia triste «Non le va più la pastina» aggiunge indicando il piatto ancora pieno.
«Fa niente. Almeno abbiamo fatto un piccolo passo avanti»
«Già… A cosa pensavi?» chiede passandomi Alisea e inginocchiandosi davanti a me.
«Niente di che» mormoro alzando le spalle e accarezzando la testa di mia figlia mentre comincia a mettersi le mani in bocca.
«Gaia…»
Lo guardo e faccio un respiro profondo. Non so se posso dirlo ad Andrea. Si, Martina è sua sorella e mi ha chiesto di non dire niente, ma sto troppo male per lei e ho bisogno di condividere questa cosa con qualcuno.
«Gaia, che succede?» mi chiede ancora.
«Niente… è solo che…» guardo verso Martina e faccio un altro respiro profondo. «Martina mi ha confessato una cosa terribile ma non dovrai dirlo a nessuno, non ne dovrai parlare nemmeno con lei»
«Ok. È qualcosa di grave?»
«Il fatto di non poter avere dei bambini secondo te lo è?»  chiedo abbassando la voce.
«Cosa?» mi chiede alquanto sconvolto.
«Si, ma adesso ricomponiti»
«Oh mio dio. Immagino come si senta»
«E’ distrutta e vorrei poter fare qualcosa»
«Puoi solo starle accanto»
«Questo senza dubbio» rispondo velocemente.
Andrea mi sorride e mi accarezza la guancia. «Ti amo. Sei così buona»
«Lei avrebbe fatto lo stesso se fosse successo a me»
«Marco lo sa?»
«No. Ti prego non dire niente»
«Stai tranquilla. Non dirò nulla»
«Bene. Mi sento male per lei perché noi abbiamo lei…» dico indicando Alisea «E non l’avevamo nemmeno programmata, invece lei che lo vuole non può averlo»
«Cosa stai dicendo?» mi chiede aggrottando le sopracciglia.
«Non fraintendere. Sono felice di avere una bambina ma, per noi, è stato totalmente inaspettato e adesso l’abbiamo, mentre lei che vuole disperatamente un figlio non può averlo»
«E’ ingiusto, ma non sentirti così. Non è colpa nostra»
«Questo lo so… però è triste»
«Si, lo è»
Gli sorrido debolmente mente abbraccio Alisea e, dopo un bacio sulle labbra per me e uno sulla testa per Alisea, Andrea raggiunge Marco e Brian.
«Gli mancavano già le chiacchiere da uomo?» mi chiede Martina avvicinandosi.
«Credo di si» rispondo ridacchiando.
«Come stai?» le chiedo dopo qualche secondo di silenzio.
«Per il momento bene. Quando non ci penso tutto va bene e anche quando sono con la mia nipotina preferita» dice prendendo le mani di Alisea e baciandole. «Sarà più difficile più tardi quando ritorneremo a casa»
«Continuo a pensare che dovresti dirlo a Marco»
«Vedi che bel primo anniversario»
«Lo so, ma almeno non saresti costretta ad affrontare tutto questo da sola. Hai bisogno del suo sostegno e, soprattutto, non devi stare sola»
«Grazie Gaia. E a proposito di anniversari…» mormora guardandomi maliziosa. Capisco che vuole cambiare argomento, ma non mi è molto chiaro perché mi stia guardando in questo modo.
«Si?» le chiedo vedendo che lei non continua la frase.
«Quando festeggerete il vostro primo anniversario?»
Ah, ecco.
«Oh… ehm, non saprei…»
«Avete intenzione di sposarvi, vero?»
«Si, credo. Cioè… non lo so» balbetto a disagio. Non so davvero cosa pensare a riguardo.
«Avete già Alisea. Perché aspettare?»
«Prima di scoprire di essere incinta, io e Andrea avevamo discusso proprio di questo: matrimonio e bambini. Era ancora troppo presto per me. Non avevo neanche ventitré anni e mi sarei già dovuta sposare»
«Ma adesso hai una figlia»
«Si, ma vorrei che almeno una parte dei miei progetti futuri con Andrea non si realizzino subito, adesso! Abbiamo già corso abbastanza, amo mia figlia ma il matrimonio, ora come ora, è un po’ troppo»
Martina mi sorride e annuisce «Ti sei ritrovata in una vita che non avevi programmato. In un certo senso, capisco come ti senti»
«Grazie»
«Ragazze, venite! Dobbiamo aprire i regali» urla mia madre facendoci segno di seguire gli altri ai divani, vicino al grande albero di Natale.
Mentre mi avvicino, il mio sguardo si posa su Andrea, che mi guarda un po’ ansioso. Distolgo lo sguardo, mi siedo su una poltrona mentre Alisea gioca felice e per niente stanca sulle mie gambe.
«Ansiosa di scoprire il regalo di Andrea?» chiede sua madre al mio orecchio.
«Dovrei esserlo?» le chiedo ridacchiando, cercando di mascherare il nervosismo. In realtà sono spaventata. E se quello che mi ha detto Serena l’altra sera fosse vero?
Se volesse davvero chiedermi di sposarlo?! Dopo quello che ho detto a sua sorella, poi…
Patrizia ride e si siede accanto al marito qualche poltrona più in là. Accanto a me c’è mia madre che gioca con Alisea mentre Andrea, Martina e Charlotte sistemano gli ultimi regali sotto l’albero per poi sedersi a loro volta.
«Curiosa?» mi chiede Andrea baciandomi la guancia.
«Forse un po’. A questo punto, spero ti piaccia quello che ti ho preso»  rispondo sorridendogli e un po’ preoccupata per quello che ho comprato per lui.
«Sono sicuro che mi piacerà. Fai sempre dei bei regali. Ciao amore di papà!» esclama prendendo Alisea dalle mie gambe «Tu sei curiosa di scartare il tuo regalo?» le chiede.
«Non hai ancora fatto il tatuaggio dello scorso Natale» gli ricordo.
«Possiamo andare dopo le feste»
«Hai già deciso il disegno?»
«Pensavo ad una parola»
«Quale?»
«Secondo te? Ho già il tuo…» alza le sopracciglia e accarezza la testa di Alisea.
«Il suo nome?» chiedo indicando la bambina.
«Esatto»
«Ti amo così tanto, Andrea…» mormoro lasciandogli dei piccoli baci sulle labbra.
«E’ bello sentirtelo dire» mi sorride timidamente baciandomi per l’ultima volta.
Sorridiamo entrambi e ci volgiamo verso gli altri per partecipare all’apertura di tutti i regali.
Quindici regali scartati dopo, è arrivato per Andrea il momento di aprire il suo.
«Accidenti…» mormora aprendo la confezione.
«Ti piace?» gli chiedo spaventata.
«E’ bellissimo. Grazie» dice sorridendo a trentadue denti e indossando l’orologio che aveva visto qualche giorno fa mentre sceglievamo i regali per gli altri.
È un Calvin Klein con le fibbie nere, il quadrante grigio e lo sfondo nero. Al posto dei numeri ci sono delle linee, la lancetta dei secondi, a differenza di quelle dei minuti e delle ore grigie e più spesse, è blu e più sottile. Un gran bell’orologio e, quando l’ho visto, ho immaginato subito Andrea con indosso questo modello, invece di altri, magari più belli.
«Ti dispiace se il tuo lo apriamo alla fine? Mi sembra che Alisea sia impaziente di scartare il nostro regalo per lei» dice Andrea slacciando il vecchio orologio e allacciandosi il nuovo al polso.
«Ha solo sei mesi. Non credo capisca molto di quello che sta succedendo»
«Ma è irrequieta»
«Soltanto perché si è stancata di stare in braccio» gli spiego ridacchiando.
Ha sicuramente qualcosa in mente, ma decido di assecondarlo «Ma va bene. Scartiamo il suo»
Nel frattempo tutti cominciano a fare silenzio e a passare due pacchetti per Alisea. Uno è piccolo e ha una forma quadrata come la scatola di un anello, di un bracciale o un paio di orecchini; l’altro ha una forma più irregolare e posso solo immaginare di cosa si tratti.
Tutti gli altri hanno regalato vestitini, scarpette e cose del genere mentre io e Andrea abbiamo optato per un anello che sarà suo nel momento in cui diventerà una donna, come il padre di Andrea aveva fatto per Martina, quindi, credo che Andrea abbia deciso di regalarle qualcos’altro più adatto alla sua età.
I borbottii di Alisea mi fanno intuire che è curiosa anche lei di scartare questo nuovo regalo. Forse è attratta dalla carta da regalo vivace e colorata.
Mentre io e Andrea scartiamo il grosso peluche che non so dove metterò al ritorno a Londra, Alisea comincia a battere le mani e a muovere furiosamente le gambe.
«Le piace!» esclama Andrea ridendo.
«Direi di si. Guarda com' è contenta» Prendo Alisea in braccio e le faccio vedere meglio il grosso peluche. «Ma cosa ti ha regalato papà?» le chiedo avvicinandola al faccione del coniglio.
Tutti si avvicinano per accarezzarlo, mentre Alisea lo attira a sé per mettere un po’ di stoffa in bocca. Libero il coniglio gigante dalla sua presa e le lascio un bacio, con tanto di schiocco, sulla guancia mentre lei mi afferra capelli.
«Alisea ha qualcosa in mano» mi informa Patrizia aiutandomi a liberare i capelli.
«Cos’è?» chiedo aprendo il pugno di mia figlia. «Oddio…» sussurro prendendo l’oggetto prima che Alisea lo lanci e finisca chissà dove.
Guardo Andrea e lui mi sembra preoccupato ma sorride.
Tutti  intorno a noi smettono di parlare. «E’ quello che penso io?» chiedo mentre qualcuno prende in braccio mia figlia. Io, nel frattempo, continuo a fissare l’anello. È molto bello… il genere che mi piace con una fila di sette piccoli diamanti. È meraviglioso.
«Cosa pensi voglia dire?» mi chiede Andrea prendendomi per mano per aiutarmi ad alzarmi e portandomi in veranda.
«Stai per chiedermi di sposarti, vero? Questo era il motivo per cui eri nervoso quando mi hai detto che avevi comprato il mio regalo di Natale»
«Fermati… Voglio sposarti, è vero. Lo voglio così tanto che lo farei anche adesso…»
«Andrea…» mormoro interrompendolo.
«No, ascoltami» dice circondandomi il viso con le mani e lasciandomi un bacio sulle labbra. «Ascoltami e poi mi dirai cosa ne pensi»
Annuisco ancora sotto shock.
«Ricordo ancora la nostra lite quando ti ho confessato di volere dei bambini e di volerti sposare. Non ti avrei messo fretta dopo quello che ci eravamo detti, ma poi mi hai detto di essere incinta e le cose sono cambiate. Insieme, le nostre priorità sono cambiate, ma amo il modo in cui lo hanno fatto. E io amo te per essermi stata accanto. Io so che, in quel momento, un bambino non era nei tuoi piani, ma non so se l'hai fatto per me o semplicemente perché eri felice anche tu di averne uno. Resta il fatto che adesso siamo la cosa migliore che potesse mai capitarmi e non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi dato tutto questo, soprattutto per avermi dato una seconda possibilità. Questo anello non significa che tra qualche mese ci sposeremo, significa che sei mia. È la mia promessa e il mio impegno a starti sempre accanto qualsiasi cosa accada, è il mio cuore che si lega indissolubilmente al tuo. È la mia promessa di non scappare davanti alle difficoltà e il mio impegno a sposarti quando ti sentirai pronta a fare questo passo con me, perché non c’è cosa che vorrei di più, ma vorrei anche che tu fossi entusiasta all’idea di diventare mia moglie e non voglio costringerti a dire di si. Questo anello significa tutto questo. Siamo fidanzati. Stiamo insieme. Siamo una famiglia. Sei l’unica donna che amerò per sempre, insieme a nostra figlia. Stai con me»
Accidenti! È la dichiarazione più bella che mi abbia mai fatto, dopo quella in cui mi confessava di amarmi. Ed io lo amo così tanto per non avermi messo fretta sul  matrimonio.
«Si, si! Sto con te e un giorno ti sposerò. Magari il prossimo anno» esclamo buttandomi su di lui e abbracciandolo forte.
«Magari…»
«Ti amo Andrea…»
«Ti amo da morire» mormora sciogliendo l’abbraccio e baciandomi.
Sento il suo amore in questo bacio e vorrei restare qui a baciarlo per sempre. «Fatti mettere questo anello, adesso» dice ridacchiando ed interrompendo il bacio.
Rido anche io, con le lacrime agli occhi, mentre prende l’anello dalla mia mano e lo mette al mio anulare sinistro. Mi bacia il dito e poi bacia di nuovo me.
«C’è ancora una cosa» dice accarezzandomi la guancia.
«Cosa?»
«Questo è per me, ma completerebbe il quadro»
«Cos’è?» chiedo.
Andrea prende dalla tasca della giacca il pacchetto di poco prima, lo scarta fino a rivelare una scatola azzurra.
«L' hai preso da Tiffany?» gli chiedo sorridendo.
«Si, pensavo ti sarebbe piaciuto» spiega.
«Infatti» gli dico. «Sono curiosa di sapere cosa c’è dentro»
«C’era il tuo anello»
«Ah, e adesso invece cosa c’è?»
«Il mio… li ho presi entrambi» dice e apre il piccolo cofanetto.
«E’ bellissimo» mormoro prendendolo tra le dita.
«Vuoi avere tu l’onore?» chiede sorridendo a sessantaquattro denti.
«Certo!» esclamo prendendo la sua mano e infilando l’anello di platino al suo anulare. «Sei fidanzato a tempo indeterminato»
«Anche tu, quasi signora Ferrari»
Scoppiamo entrambi a ridere, mentre ci stringiamo in un forte abbraccio, prima che le nostre famiglie ci raggiungano per sapere cos’è successo.
«Grazie per tutto» mormoro ad Andrea mentre, una volta rientrati, tutti guardano il mio anello.
«Grazie a te per averlo permesso»
Ignoro gli sguardi e abbraccio Andrea che tiene in braccio nostra figlia.
«Sapevo che avremmo avuto il nostro posto nel mondo»
«Il nostro posto insieme…»
Gli sorrido e, felice, bacio prima lui e poi Alisea. «Insieme»

 
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Allora...
Adesso possibilmente vi state chiedendo: "Ma che senso ha regalarsi gli anelli e non decidere di sposarsi?"
Potrebbe anche non avere senso, ma quando qualcuno non è pronto per quel grande passo non è pronto e basta, quindi, ho pensato che sarebbe stato perfetto inserire gli anelli e alcune promesse senza però decidere la data delle nozze. In futuro succederà! Quando entrambi saranno veramente pronti!
E poi, ammettetelo vi aspettavate tutti che ci sarebbe stata una vera proposta alla fine. In questo modo sarebbe stata una fine scontata, come quando vi aspettavate che in LBIOS Gaia e Andrea sarebbero tornati insieme. Spero che non siate rimasti delusi dalla mia scelta.
Anyway...
Lascerò il discorso finale all'epilogo, perchè devo ancora lavorarci e voglio scriverlo bene. Non devono soltanto quattro paroline messe una dietro l'altra per ringraziarvi semplicemente.
Tutto quello che avete fatto per la mia storia e intendo leggerla, recensirla e apprezzarla, ha significato davvero molto per me, quindi meritate un ringraziamento speciale e spero di essere in grado di scriverlo!
Ok, detto questo auguratemi Buona fortuna per il mio colloquio di giorno 27 a Londra. Ho veramente bisogno di tutta la fortuna possibile, perchè il mio umore, più si avvicina il giorno della partenza, più va sprofondando e meno speranze nutro per il mio progetto!
Va bene, adesso vi lascio andare!
Buona giornata!
A venerdì prossimo con l'epilogo (se sopravvivo al volo :P)
Francy <3

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Capitolo 41
*** *Meravigliosamente, noi tre* ***


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Oddio ragazzi, ci siamo! :'(
Non credevo sarebbe mai arrivato questo momento, invece ci siamo eccome!
Il momento in cui la storia, lunga e travagliata, fra Andrea e Gaia sta per raggiungere il capolinea!
Se fino a qualche giorno fa ero pronta a lasciarli andare, adesso, dopo essere stata a Londra, mi risulta parecchio difficile!
Comunque, risparmierò qualche parola per la fine!
Ah, nuovo banner, per chi non l'avesse ancora notato :D Spero vi piaccia! Tutto merito di Jess Graphic
Buona ultima lettura! :(
Francy <3

There'll be a place for us

Epilogo
*Meravigliosamente, noi tre*
 
«Non credi che quel costume sia troppo striminzito?»
«Non essere geloso»
«Oh, no! Non lo sono, ma preferirei che i ragazzi in spiaggia non ti guardassero come se fossi ancora single»
«Ma non lo sono e tutti i nostri amici lo sanno. Sanno anche che sono quasi sposata con l’uomo migliore dell’universo»
«E sanno anche che con quest’uomo perfetto, meraviglioso, bellissimo e divertente hai avuto una perfetta, meravigliosa, bellissima e monellissima bambina?»
«Si, sanno anche questo. Anzi, al momento è con Luigi e Giorgio»
«Perché?»
«Amore, ti sei svegliato dieci minuti fa. Alisea era impaziente di andare in spiaggia. Loro ci stavano precedendo, quindi gliel’ho affidata»
«Perché proprio a loro?»
«Perché ci fidiamo. Stai tranquillo»
«Ho paura quando non siamo noi a proteggerla»
«Sono sicura che la proteggeranno a costo della vita. È la figlia del loro migliore amico. Anzi, sono più che convinta che la considerino una specie di mascotte»
Sorrido ad Andrea, mentre la sua fronte si distende. Adesso è meno preoccupato.
Osservando Andrea penso a quanto sia bella e felice la mia vita. A Natale abbiamo deciso di non sposarci subito e ci siamo promessi di farlo solo quando entrambi saremo veramente pronti. Da allora siamo veramente felici, non che prima non lo fossimo.
In questi sette mesi sono successe tante cose meravigliose che, a volte, stento a credere che questa sia davvero la mia vita: ho assistito ai primi passi di mia figlia, alla sua prima parola che, con estremo disappunto di Andrea, non è stata “papà” ma “mamma”, anche se poi, ad essere più usata, è stata “papà”. Non saprei descrivere la gioia di Andrea in quel momento. Non sapeva se piangere, ridere, urlare o dire a tutti che la sua bambina lo aveva appena chiamato papà.
Beh, diciamo che ha fatto un po’ tutte e quattro le cose, soprattutto l’ultima.
Credo abbia chiamato praticamente tutta la sua famiglia.
Sono molto fiera di lui e orgogliosa del rapporto che padre e figlia hanno instaurato e sono sicura che continuerà ad essere così per sempre.
Quattro mesi dopo il battesimo, a giugno, Alisea ha compiuto un anno e l’emozione di Andrea ha quasi superato la mia nel vedere la nostra bambina, circondata da tutti i suoi amici del nido, nel suo vestitino bianco con le decorazioni di Biancaneve, cartoon che guarda da quando aveva sette mesi.
Io stessa non posso credere di avere una figlia così stupenda. È accanto a me da un anno e mi rendo conto che, dopo Andrea, è la cosa migliore che mi sia mai capitata.
È il mio miracolo, anche se, in quel periodo, non mi aspettavo e non volevo una gravidanza.
Comunque, questa è la prima estate che trascorriamo insieme da vera famiglia.  Lo scorso anno Alisea era troppo piccola per andare al mare ma, quest’anno, si sta divertendo tanto. Basta guardarla adesso, mentre rincorre Luigi. Sembra una paperella ed è assolutamente adorabile.
È felice, è spensierata, è innocente e ha tutta la vita davanti e, cosa più importante, ha due genitori che la amano più di qualsiasi altra cosa e che farebbero tutto per lei.
Assomiglia ogni giorno di più al padre. E’ sempre più bionda, ha gli occhi verde scuro come i miei, ma credo sia ancora troppo piccola per definirne il colore con certezza. È molto furba e anche un po’ monella… per quanto una bambina di tredici mesi possa esserlo.
Una sera, a Londra, mentre giocavamo sul tappeto ai piedi del divano, mi ha lanciato uno sguardo tra il furbesco e il “sono piccola, ma fregherò tutti quanti”. Mi ha ricordato molto suo padre.
«Gaia? Ci sei?»
«Hm?»
«Tutto bene? Stai fissando la vetrata da venti minuti»
Andrea mi sorride dolce come sempre. Il mio dolce uomo!
Gli sorrido di rimando e annuisco «Pensavo a questi sette mesi da favola»
«Sono volati…»
«Sono stati importanti!»
«E lei è già cresciuta» mormora abbattuto guardando oltre la vetrata. Mi volto per guardare nostra figlia che, adesso, ricopre Giorgio di sabbia e accarezzo il braccio di Andrea cercando di rassicurarlo.
«Andiamo, dai! Sono sicura che si stia chiedendo che fine abbia fatto il suo papà»
«Solo ieri era così piccola e adesso parla, corre e ci prende in giro»
«E’ una bambina stupenda. Dobbiamo esserne fieri»
«Lo sono. E’ il mio orgoglio» dice fiero ed io lo guardo con le lacrime agli occhi. Avrei dato qualsiasi cosa per sentire queste stesse parole da mio padre quando ero piccola.
«E’ magnifico quello che hai detto. Sono sicura che anche tu sia il suo»
«Spero di non sbagliare tutto con lei» confessa sorridendomi amaramente e uscendo sotto il sole di questo caldo mattino.
«Sei un papà meraviglioso. Stai andando alla grande e le stai dando molto. Io sarei fiera di avere un papà come te»
«Grazie amore» risponde baciandomi sulla fronte.
«Mamma! Papà!»
«Eccola qui la mia paperella!» esclamo sorridendo ad Andrea e abbassandomi per accogliere Alisea tra le mia braccia.
Lei adora questo posto. Insieme ai nostri amici, abbiamo deciso di affittare una grande casa al mare per trascorrere questi tre mesi tutti insieme, prima del ritorno a Londra.
«Papà, ho copetto zio Igi di sabbia»
«Brava amore! Ora continuiamo» gli risponde lui prendendola dalle mie braccia, mentre le do un bacio sulla fronte.
La lancia in aria, mentre il mio cuore si ferma per qualche secondo per paura che cada a terra ma, dopo pochi altri secondi, Alisea è di nuovo fra le braccia forti e sicure di Andrea.
«Ndora, ndora papi» esclama contenta ridendo felice.
Andrea l’accontenta avvicinandosi ai suoi amici, mentre rimango con Alessia e Serena.
«E’ una furia» dice Alessia.
«Credo proprio le piaccia il mare» rispondo lanciando un’altra occhiata a mia figlia: Andrea la sta immergendo in acqua.
«E’ cresciuta moltissimo da quando l’ho vista l’ultima volta» continua Alessia.
«Allora era Natale e lei aveva soltanto sei mesi» le faccio notare.
«Giusto»
Scoppiamo a ridere, mentre iniziamo altri discorsi da normali giovani donne.
Per le successive tre ore Alisea gioca con il padre che sembra non averne mai abbastanza della figlia o forse è quest’ultima a non averne mai abbastanza del padre e lui l'accontenta in tutto.
«Non mi sarei mai immaginata che Andrea sarebbe diventato così» esordisce Alessia mentre continuiamo a rilassarci sotto il sole.
«A cosa ti riferisci?» le chiedo mentre Andrea si avvicina a me con Alisea in braccio.
Alessia mi sorride, ma non dice una parola. «Che succede?» chiedo, invece, ad Andrea allungando le braccia per prendere mia figlia in braccio.
«E’ passato un quarto d’ora e dobbiamo metterle di nuovo la crema. Ha la pelle più chiara della tua. Non vorrei che si scottasse» mi dice facendomi l’occhiolino e abbassandosi per baciarmi e sporcarmi, ovviamente, di sabbia.
«Ti ricordo che nemmeno tu sei così scuro di carnagione» gli rispondo facendogli la linguaccia.
Sorridendo e ridacchiando lui si allontana; spalmo la crema solare sul viso e sul corpo di Alisea mentre Alessia tenta di tenerla ferma. Nel frattempo riprende il discorso interrotto prima.
«Non volevo parlarne davanti ad Andrea. Dopo tutto quello che è successo al liceo, non vorrei che pensasse che non siamo felici per lui»
Le sorrido e scuoto la testa «Credo che non lo pensi più da un bel pezzo. Quello è il passato e adesso siamo felici, tutti. Persino Luigi ha voltato pagina e lui, dopo Giorgio, è lo zio preferito di Alisea. Vero, amore?» le chiedo spalmandole per bene la crema bianca.
«Comunque, quello che intendevo è che Andrea è meraviglioso con Alisea e nessuno se l'aspettava»
«Credo che nessuno se lo aspetti quando sta per diventare genitore»
«Non eri spaventata?»
«Tantissimo ma non volevo pentirmi di non aver tenuto il bambino per il resto della mia vita, perché l'avrei fatto se avessi deciso diversamente. Adesso non sarei la donna più felice del mondo. Andrea è fantastico, Alisea cresce ogni giorno di più e anche se, a volte, ci sono delle incomprensioni, va comunque tutto bene. Non pensavo a un finale del genere per me e Andrea, ma sono felice che sia questo»
«Paaaaapiiii» urla Alisea appena finisco di parlare e di spalmare la crema.
Io e Alessia scoppiamo a ridere, mentre Giorgio corre incontro ad Alisea che, nel frattempo, mi è sgusciata via  dalle braccia.
Mi alzo di scatto per raggiungerla ma Giorgio, per fortuna, la prende al volo prima che cada a terra.
«Grazie» gli dico accarezzando la testa ad Alisea. «Fai la brava!» mi raccomando «E dì al tuo papà di non farti stare troppo in acqua»
«Tranquilla, ci pensa lo zio!!» esclama Giorgio lanciandola in aria mentre, come al solito, mi si ferma il cuore per il terrore che possa cadere.
«Non mi passerà mai la paura di vederla precipitare per terra quando la lanciano in aria in quel modo» dico ad Alessia e a Serena che, nel frattempo, ci ha raggiunte di nuovo.
«Lei si diverte…»
«E alla mamma vengono dei mini infarti…»
«E’ questo il ruolo delle mamme»
«Morire di crepacuore per tutte le preoccupazioni?» chiede Alessia precedendomi.
«Hm, no… preoccuparsi per tutto e assillare i padri sulla sicurezza dei figli eccetera, eccetera…»
«Allora sono sulla buona strada» rispondo scoppiando a ridere.
«Sei fortunata che Andrea se ne voglia occupare mentre siete al mare» mi dice Serena mentre si stende al sole.
«Perché?» le chiedo spalmandomi un po’ di crema solare sulle braccia.
«Di solito i ragazzi non fanno altro che stare in acqua o giocare a pallone; infatti, quando andavamo al mare, Massimo non si occupava mai di Marco. Però da quando ci sono Alisea e Andrea ha cambiato atteggiamento»
«Si adegua» mormoro ridacchiando.
«Stai zitta, amica!»
Scoppio a ridere e mi volto per dare un’occhiata ad Andrea e ad Alisea. Entrambi giocano sulla sabbia, mentre Luigi e gli altri si divertono in acqua.
All’improvviso mi sento profondamente in colpa nei confronti di Andrea. Non è giusto che rimanga a giocare con una bambina di un anno mentre i suoi amici si divertono.
«Ragazze, vado un po’ da Alisea» dico e mi alzo raggiungendola.
Quando mi avvicino vedo che stanno facendo una buca mentre Andrea pronuncia una serie di parole che Alisea ripete. Ogni tanto Andrea scoppia a ridere per la pronuncia buffa di nostra figlia.
«Ehi… che state facendo?» chiedo piegandomi sulle ginocchia e dando un bacio sulla testa di Alisea.
«Papi mi dice tante palole. Ali ripete»
«Brava amore. Quali parole le fai ripetere?» chiedo, invece, ad Andrea.
Lui ridacchia e mi risponde «I nostri nomi, mamma, papà, nonna, nonno, amore, tesoro, queste cose così»
«Bravo amore, anche a te»
«Grazie» mormora guardandomi sorridendo.
«Adesso vai dai tuoi amici. Resto io con lei»
«Ma no, mi piace stare con lei»
«Lo so, ma adesso vai»
«Ancora con quella storia del sentirsi in colpa?» mi chiede intuendo i miei pensieri. Più di una volta, in effetti, ne abbiamo parlato.
«No, stai tranquillo» mento.
«Gaia, non mentirmi. Capisco quando non mi dici la verità»
«Va bene. Ok! È ancora per quella storia del sentirsi in colpa. Sei giovane e bello e dovresti andare a divertirti con i tuoi amici e non stare qui ad occuparti di tua figlia, almeno non ventiquattro ore su ventiquattro»
«Mi piace occuparmi di mia figlia ventiquattro ore su ventiquattro» dice calcando l’aggettivo. «Non devi preoccuparti. Andrò a divertirmi con i miei amici quando vorrò. Anzi, adesso l’unica cosa che vorrei fare è una passeggiata con le mie due donne preferite»
Gli sorrido accarezzandogli la guancia «Ti amo e sei troppo perfetto per me»
«Hm… no, sono soltanto troppo innamorato di mia figlia e della sua mamma e farei di tutto per loro anche rinunciare ai miei amici»
«Te ne pentiresti»
«L’unica cosa di cui potrei pentirmi è di non aver passato abbastanza tempo con la mia famiglia. Voglio voi due sempre! Magari anche un altro bambino, ma per il momento voglio voi due»
Lo bacio di nuovo, mentre Andrea copre gli occhi di Alisea con una mano e noi scoppiamo a ridere.
«Allora… ti va una passeggiata?»
«Molto volentieri» esclamo baciandolo a stampo un’ultima volta.
Ci alziamo entrambi, mentre Andrea prende in braccio Alisea facendola volare un’altra volta in aria. «Ti prego non lo fare mai più» gli dico mettendomi una mano sul cuore.
«Perché mai? A lei piace»
«Mi mette un’ansia assurda. Ho sempre l’impressione che cada»
«Stai tranquilla mammina super ansiosa. Tra le mie braccia la nostra piccolina è al sicuro»
«Lo so, ma potresti evitare di lanciarla così in alto? Fallo per questa mammina super ansiosa»
«Ok, lo farò. Non ti farò preoccupare»
«Grazie amore»
Gli sorrido e, in un moto di affetto improvviso, abbraccio entrambi, facendo anche il solletico ad Alisea.
Lei si contorce e comincia a ridere contagiando anche noi.
«Amo la nostra famiglia» mormora Andrea intrecciando la sua mano alla mia e tenendo forte Alisea sul suo braccio.
Lo guardo con gli occhi lucidi e annuisco.
Nonostante tutte le difficoltà e le paure, il destino ha comunque riservato un posto, nella nostra vita, per un po’ di felicità.
Anche se due anni fa non avrei mai immaginato che, io e Andrea, saremmo arrivati ad essere così felici con nostra figlia, adesso non riesco nemmeno ad immaginare un mondo in cui non ci sia lui o la nostra piccola e dolce Alisea.
Avrei dovuto sapere, anche quando le cose andavano male, che ci sarebbe sempre stato un posto per noi.
Un luogo per essere una coppia.
Un tempo per essere felici.
Un’infinità di momenti indimenticabili.
Un amore che ha attraversato stati, anni e difficoltà e che è sempre perdurato.
Un amore che ha dato vita ad una bambina stupenda e ad un’esistenza meravigliosa. 
 
------
 
Eccoci qui!
E' davvero finita! Davvero, davvero!
Ho un pò di paura a chiedere il vostro parere perchè non è stato il mio finale di storia migliore, ma se devo essere sincera alla fine non sapevo più cosa scrivere e in che modo terminare la storia!
Comunque... questo è quanto!
Nelle note iniziali dicevo che dopo essere stata a Londra mi risulta difficile separarmi da Gaia e Andrea... Non ci sono stata molto, ma già trovarmi a Piccadilly, sulla via dell'appartamento di Gaia, dentro quello Starbucks e di fronte quella vetrata, mi ha fatto un certo effetto. Non lo so, forse sono io che amplifico tutto, ma vi giuro che è stato come se dovessi incontrarli da un momento all'altro.
Addirittura, una ragazza, in aeroporto, somigliava tantissimo a Gaia (Emma Roberts). Ma non era lei. Di certo Emma Roberts non parte da Palermo per andare a Londra xD
Comunque, questo è quanto. Anche se è molto difficile devo lasciare andare questa coppia e dedicarmi ad altre storie!
Andrea e Gaia rimarranno sempre nel mio cuore e nella mia mente.
Saranno sempre parte di me e spero che almeno un pò sono riusciti a farsi spazio anche nel vostro cuore!
Se volete far parte del mio gruppo per le foto, spoiler, chiacchiere o qualsiasi altra cosa siete benvenute/i nel mio gruppo facebook.. FrancyEFP
Adesso arriva la parte dedicata a voi...
Sarebbe riduttivo e anche un pò scontato dirvi semplicemente "Grazie".
Anche se è la parola giusta da scrivere, non la scriverò, perchè voi già sapete quanto io vi sia grata per questi quattordici mesi passati insieme a leggere di Andrea e Gaia.
Vi dirò soltanto "A presto".
"A presto" con altre storie, altre trame, altri personaggi.
"A presto" con altre emozioni, confusioni e piaceri.
"A presto" con nuovi stili e nuove "pazzie".
"A presto" perchè anche se avevo pensato di non scrivere più, la sola idea di abbandonarvi mi intristice e so che alcune di voi hanno fiducia in me.
Proprio per questo, proprio per la fiducia che voi riponete in me, questa non sarà l'ultima volta che scriverò per voi.
Le avventure di Gaia e Andrea finiscono qui, è vero, ma resteranno sempre i personaggi migliori che io abbia mai inventato.
Come già sapete tutto è nato casualmente. La trama di LBIOS mi è venuta in mente e l'ho scritta mentre stavo cercando di prendere sonno. C'era quest'idea che mi frullava in testa e ci pensavo e ripensavo, cercando di renderla al meglio e di non rendere la storia banale e ripetitiva.
Beh, anche se in qualche recensione, qualcuno ha notato ripetitività e banalità nella mia trama, quella notte ho scritto qualche rigo della storia che avrei voluto sviluppare.
Quella notte mi ha portato tanto.
Non è stato soltanto una passeggiata lungo il viale dei ricordi, è stata una passeggiata che mi ha aperto gli occhi e che mi ha fatto conoscere persone che mai il destino mi avrebbe messo davanti.
Grazie a LBIOS e a There'll be ho conosciuto tutti voi che state leggendo queste righe e vi voglio un mondo di bene per questo perchè non vi siete fermate soltanto alla storia, ma molte di voi per me sono diventate delle amiche con cui confidarsi, con sui scherzare, con cui condividere momenti della propria vita e tutto questo per me è più importante della storia stessa.
Grazie per aver avuto fiducia in me e per aver voluto far parte della mia vita.
Ok, molto probabilmente non erano i "ringraziamenti" che vi aspettavate ^^''
Non so quanti di voi continuerà a seguirmi dopo la fine di questa storia, ma apprezzo che mi abbiate seguita, sostenuta, sopportata e apprezzata fino ad ora!
Ultima cosa, ma non meno importante, ringrazio la ragazza che ha migliorato i miei capitoli. Che mi ha consigliata quando avevo mille dubbi e che continua ad aiutarmi per rendere migliore la mia scrittura.
Adesso... Sperando che le nuove storie portino tutto ciò che LBIOS e There'll be hanno portato vi mando un bacio grande grande grandissimo <3
Andrea e Gaia vi sono grati per averli amati.
E, soprattutto Andrea, è lusingato da tutti i vostri complimenti! ;D
Spero che possiate avere tutti il vostro Andrea! Con il suo amore per Gaia... <3 <3
A presto,
Francy <3 <3 <3

 

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Capitolo 42
*** *Extra* ***


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Surprise!!! :D
Tenevo da parte questa sorpresa per voi da qualche mese e molte volte ero tentata di dirvi tutto, ma poi, il pensiero di fare felice qualcuno con questa piccola sorpresa mi faceva aspettare ancora, quindi eccoci qui.
Adesso posso mostrarmi il mio regalo per Natale
Vi auguro un felice Natale. Spero che tutti i vostri desideri si realizzino! <3
Francy <3

There’ll be a place for us
 
*Extra
*
 
«Io non so davvero come fai a sopportarlo!»
«Sopportare cosa?»
«Questa puzza!» esclama Andrea avvicinando l’oggetto contaminato vicino al mio viso.
«Smettila!» grido scoppiando a ridere.
«La prossima volta lo fai tu. Credo di aver perso il senso dell’olfatto»
«Eh dai… cosa sarà mai?»
Ricevo un’occhiataccia da mio marito mentre io continuo a ridere. Mi diverte troppo vederlo così schifato nei confronti del pannolino di sua figlia.
«Ha soltanto un anno. Non può essere così puzzolente un pannolino» mormora gettandolo nella pattumiera. «Cosa ti dà da mangiare tua madre?» chiede alla diretta interessata che se ne sta comodamente appollaiata sul suo braccio, intenta a giocare con i capelli del padre.
Io e Andrea abbiamo avuto il nostro lieto fine, il trentuno ottobre 2018.  
Ho voluto regalare me stessa a lui, per sempre! In salute e in malattia, in ricchezza e in povertà… finché morte non ci separi!
Adesso che nostra figlia ha diciassette mesi e io e Andrea siamo sposati non sono mai stata più soddisfatta e felice così della mia vita. Abbiamo tutto quello che una coppia può desiderare.
«Vieni qui, amore della mamma! Lascia stare questo papà brontolone» mormoro prendendola in braccio. Lei si dimena un po’, ma si calma appena entra in contatto con i miei capelli.
Adora giocare con i capelli di chiunque la prende in braccio e da qualche mese a questa parte si addormenta solo in questo modo. In un certo senso la rilassa, meglio del giro in macchina.
La guardo dal riflesso della finestra e mi accorgo che ogni giorno è sempre più uguale a suo padre.
Ha tutto di Andrea… dalla fisionomia al carattere. Sembra, però, aver preso il mio colore di capelli, ma è ancora piccola per confermarlo.
È testarda come suo padre e si ostina a parlare italiano quando io mi sforzo di insegnarle l’inglese.
Adoro il rapporto che ha instaurato con Andrea. E’ totalmente dipendente da lui e forse in questo mi somiglia. Quando Andrea è a casa lei è sempre vicino a lui. Dormono e giocano insieme e la mia piccola bambina ha perfino imparato a radere le guance con il pettine. Osserva sempre il papà farlo, così un giorno li ho trovati in bagno a togliersi la schiuma da barba dalle guance.
Se fosse stato un maschietto l’avrei capito, ma così mi devia la mia bambina!
Ma nonostante questo, quell’episodio mi ha fatto capire quanto Alisea sia legata a suo padre. Quanto lui l’adori e quanto lei lo ami.
Non avevo dubbi che Andrea sarebbe stato un buon padre, ma quando è nata la bambina, è diventato, se possibile, il miglior padre del mondo. Tutto quello che i nostri padri non sono stati. Nostra figlia non sentirà mai la mancanza di un genitore. Né adesso, né quando sarà più grande.
«Guarda cosa ho trovato?» Andrea si presenta in cucina con una foto tra le mani.
«Oddio… mi ero dimenticata di questa foto»
«La metterò nell’album di Alisea. Dovrà pur avere un foto di quando era dentro di te» sorride, si abbassa per baciare la testa alla piccola e poi bacia me.
«Certo…» rispondo sorridendogli. «Ti amo»
Andrea mi fa l’occhiolino e prende Alisea tra le braccia.
«Papi! Papi» comincia ad urlare lei. Ha una voce acutissima e con un grido riesce a superare le normali frequenze umane.
«Si, amore… sono qui»
Mi appoggio al bancone della cucina e mi sporgo per guardare padre e figlia.
«Ure tu» mormora Alisea sedendosi per terra e sbattendo il culetto sul pavimento. Sorrido, ma non intervengo.
«Pure io?» chiede Andrea sedendosi davanti a lei a gambe incrociate. «Eccomi qui. Prepariamo la pappa?» gli chiede lui allungandosi per prendere i giocattoli necessari.
«Pappa, si!» strilla di nuovo lei mentre afferra i giocattoli dalle mani del padre e comincia a lanciarli a destra e sinistra.
«Non si lanciano i giocattoli» la rimprovera lui.
Alisea mette il broncio per qualche secondo, ma quando Andrea inizia a fingere di mangiare qualcosa di immaginario dal piccolo piatto di plastica, lei si riprende e comincia a ridere e a giocare.
Mentre loro hanno il loro daffare io mi occupo del mio ultimo autore.
Ebbene si, durante questi ultimi sono diventata una curatrice editoriale.
Mi piace occuparmi personalmente degli autori che mi vengono affidati. Revisiono le loro bozze e metto a punto tutti i particolari da sistemare prima che il libro assuma la forma finale per la pubblicazione. E’ una vera soddisfazione vedere il libro che hai seguito per mesi nelle librerie.
Nella sfera personale il mio lieto fine ha dato inizio ad una vita meravigliosa.
Qualche anno fa non mi sarei mai immaginata che a venticinque anni avrei avuto marito e figlia. Contavo di iniziare a quest’età, ma il destino aveva progetti migliori per me e sono contenta di essermi affidata a lui, come mi sono affidata totalmente ad Andrea; al suo cuore, alla sua anima, al suo corpo.
Dopo il regalo di Natale di Andrea, non pensavo che nemmeno un anno dopo mi sarei trovata con la fede al dito.
In effetti è stato tutto piuttosto inaspettato. Avevamo deciso di aspettare che entrambi ci sentissimo pronti, ma poi, dopo la nostra prima estate trascorsa come una vera famiglia, ho capito che non sarebbe servito a nulla aspettare ancora, quindi, ho confessato ad Andrea di avere voglia di fare il passo successivo.
Abbiamo organizzato tutto molto velocemente, ma ne è valsa decisamente la pena. Sono felice della scelta che ho preso e sono felice adesso di essere la moglie di Andrea.
Se ripenso a quando eravamo ancora degli adolescenti, mi sembra impossibile aver sposato il mio peggior nemico delle superiori. Eppure l’ho fatto e adesso lo amo più della mia stessa vita!
«Bella peste…» sussurra Andrea abbassandosi alla mia altezza sul bancone.
Gli sorrido, ritornando al presente, e gli circondo il collo con le braccia. «Ha preso da te» mormoro baciandogli le labbra.
«Sono sicuro che qualche brutto aspetto del tuo carattere lo avrà preso e ce ne accorgeremo quando sarà più grande»
«Hm, quale potrebbe essere?» chiedo alzando gli occhi al cielo come se stessi riflettendo su qualcosa.
Andrea ride, perché sa dove sto andando a parare.
«Potrebbe avere gli occhi chiusi in fatto di ragazzi. Scegliere quello sbagliato per esempio…»
«Ah, quindi io sarei quello sbagliato?» chiede avvicinandosi al mio collo con aria maliziosa.
«Potresti essere quello sbagliato, si…» rispondo scoppiando a ridere e cercando di proteggere il mio collo.
«Io sono assolutamente quello giusto per te, cara la mia bellissima moglie»
Chiudo gli occhi e mi inebrio del suono di queste parole. È bello essere sua moglie…
Apro di nuovo gli occhi e lo guardo in quelle iridi stupendamente verdi. «Tu sei l’unico per me. Io e te… per sempre» mormoro accarezzandogli le guance.
Lui mi guarda negli occhi, ma ben presto mi ritrovo a ricambiare il suo bacio appassionato e dato con foga. Si stacca lasciandomi ansante e accaldata.
«Si amore… Io e te, per sempre. Ti amo»

 
------

Vi è piaciuto il mio regalo? :D
Spero tanto di si!
Sapevo che molti di voi lettori vi aspettavate la conclusione di Andrea e Gaia con un matrimonio, ma metterlo nella storia principale non mi sembrava appropriato, perchè avevo un'altra fine per quella.
Ma mi è sembrato giusto scrivere un piccolo extra per far felici tutti voi che mi avete seguita e anche chi desiderava questo finale.
So che non è l'estratto del loro matrimonio, ma è una parte della loro vita come marito e moglie.
Lascio immaginare voi le loro nozze, perchè ogni lettore è padrone della storia che legge perchè la sua immaginazione gli permette di vivere al meglio la storia e io voglio che viviate al meglio la mia!
Grazie ancora per avermi seguita fin qui.
Spero di tornare molto presto con la nuova storia, che ancora non ha una forma ben precisa!
Work in progress ;)
A presto e ancora auguri di Buon Natale e di un Felice Anno Nuovo! <3 <3
Francy <3 <3 <3

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