Under Pressure

di chocofrogs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Sunday ***
Capitolo 2: *** 2. Monday ***
Capitolo 3: *** Tuesday ***
Capitolo 4: *** 4. Wednesday ***



Capitolo 1
*** 1. Sunday ***



 

Under Pressure

 

1. Sunday


 

People on street, people on street

It's the terror of knowing

What this world is about

Watching some good friends

Screaming let me out

Pray tomorrow, gets me higher

[
Under Pressure - Queen]




Cominciò tutto su un ponte, sul famosissimo Ponte di Brooklyn, costruito nella lontana Seconda Rivoluzione Industriale con un metallo leggero e malleabile: l'acciaio.
Ero stanca, di tutto, di tutti, della gente che mi circondava, dei miei genitori, dei miei amici e parenti.
Del fatto che fossi troppo poco intelligente e perfetta.
Di come mio padre lavorasse troppo e mi costringesse a fare quello che io, assolutamente, non volevo.
“E' per il tuo futuro, tesoro” aveva detto, porgendomi la lettera d'iscrizione per l'Università di Yale.
Di mia madre, che non aveva detto una parola per difendermi, per dirgli che, forse, stava sbagliando con me.
E, infine, dei miei amici, Zoey e Mike, che non si erano sognati di chiedermi come stavo veramente, di come mi sentivo.
Perciò, stavo camminando su quei cornicioni alti alti, guardando le automobili che passavano ed il mare, sotto ai miei piedi.
Volevo buttarmi, farla finita.
“Courtney, scendi subito, non vorrai mica ammazzarti!” urlò una voce, al mio fianco.
"In realtà, mamma, è quello che volevo fare!” le urlai di rimando.
Una luce, sotto ai miei piedi, mi abbagliò all'improvviso.
Persi l'equilibrio.
E caddi.
In mare.

***

“Senta, quanti anni ha detto che ha?”
“Sedici, ho sedici anni. La prego, ho davvero cercato di uccidermi, sogno che succeda, ogni notte e a volte ci provo. La prego.” dissi tutto d'un fiato.
Avevo la fronte madida di sudore per la corsa da casa all'ospedale dove, in questo momento, stavo pregando la signora della segreteria perchè mi mandasse da qualche dottore specializzato, avevo davvero un problema.
Sospirò.
“Compila questo – mi consegnò un foglio di carta - e poi vai da quella parte, è il pronto soccorso, lì ti aiuteranno, cara.”
Iniziai a scrivere su quel modulo, rispondendo alle domande e facendo una croce sui quadratini.
Infine, lo lasciai sul bancone e mi diressi verso la porta che mi aveva indicato.
Pronto Soccorso.
Mi sedetti su una sedia rossa, un po' scrostata e vecchia, aspettando che qualcuno mi chiamasse.
Passarono circa venti minuti quando un uomo sulla trentina, alto e moro, si sedesse vicino a me. Era vestito da medico, pensai che fosse qualcuno mandato ad aiutarmi.
“Hai una sigaretta?” mi chiese, guardando dritto davanti a sé.
Alzai un sopracciglio.
“No.” risposi.
“Cosa c'è che non va?”
“Cioè, io, beh, non fumo.”
“No, nel senso perché sei al pronto soccorso alle – diede uno sguardo all'orologio che aveva al polso – cinque e mezzo di mattina, con una maglietta che potrebbe andare bene ad un gorilla e i capelli che ti fanno sembrare una foca.”
Uhm. Simpatico.
Cercai di rispondere comunque, infondo era un dottore.
“E' l'iscrizione che mio padre ha fatto a Yale, mi rende nervosa al massimo.” provai a spiegare.
“Vuoi andare a Yale?”
No.”
“Allora perchè dovresti andare in una scuola che non ti piace?” mi chiese curioso.
Non risposi e dopo pochi secondi quello che sembrava un dottore si alzò e mi sorrise, si guardò furtivamente attorno e se ne andò con passo svelto.
Un attimo dopo un infermiera mi chiamò e io la seguii.

“Come mai hai questi istinti suicidi?” mi chiese il dottor Humb che, a quanto pareva, si occupava di questi casi.
Volevo davvero dire che qualcuno abusava di me, che i miei genitori erano separati o che mio padre picchiava mia madre, ma i miei problemi erano molto meno drastici.
“Beh, insomma, sono stressata, nervosa per tutto da quando mio padre mi ha imposto di andare a Yale. Rispondo male ai miei amici e non riesco a dormire. Sono depressa.”
“Prendi delle medicine?”
“No.”
“Contatto i tuoi genitori, sarai un paziente esterno. Va bene?”
“Cos..? No! Forse non ha capito bene il mio problema, – mi grattai furiosamente la nuca – non riesco a stare in una stanza insieme ai miei genitori e quando sono da sola cerco di uccidermi. E sembra che io sia un robot in mano a mio padre, non mi ascolta mai. Mi aiuti, la prego.”
Sospirò a disagio, sospirò di nuovo e mi sorrise.
“Cinque giorni, è il tempo minimo da restare qui, Geoff ti accompagnerà al 3 Nord, dopo chiamerò i tuoi genitori e li informerò così potranno portarti qualcosa da vestire e uno spazzolino.”
Gli rivolsi un sorriso pieno di gratitudine.

Geoff, un ragazzo biondo vestito da cowboy con tanto di cappello, mi scortò al 3 Nord, aveva l'odore intenso tipico che c'è in ospedale, quello che sa da medicine, farmaci e malati.
Mi indicò una stanza, che dovevo dividere con un altro paziente, la 303.
A quanto pare, il reparto minorenni era inaccessibile, così io e altri della mia età lo dividevamo con gli adulti.
“Chris, le fai fare un giro?” chiese Geoff ad un uomo che era proprio quello che un'ora fa era vestito da medico.
Il moro mi rivolse uno sguardo eloquente e con un sorriso sul volto mi accompagnò a visitare tutte le aule adibite per le varie attività di gruppo.
Alla fine del giro, Geoff, mi consegnò il programma.
Ore 9.00 Colazione, Ore 10.30 Disegno, Ore 11. 30 Attività Libera, 12.30 Pranzo, 14. 00 Musica, 15.00 Attività collettiva con la Dottoressa O'Halloran, 16.30 Attività idividuale con la Dottoressa O'Halloran, 19. 30 Cena, 22.00 Riposo.
Palloso, non è vero?” mi sussurrò una voce all'orecchio.
Sobbalzai.

Mi girai di scatto e mi ritrovai due occhi di ghiaccio che mi guardavano divertiti, una cresta verde fosforescente, le spalle larghe da giocatore di football e un sorrisino malizioso stampato in volto.
“Comunque, - continuò – su 'riposo' non c'è scritto individuale, se vuoi passa in camera mia.”
“Ma che problemi hai?” scattai su, guardandolo furiosa.
“Oh, beh, niente che ti interessi. Molti qui hanno problemi ben più gravi dei miei.” disse, lanciando uno sguardo ad un vecchietto che stava parlando con la porta di quanto fossero davvero insopportabili questi giovani d'oggi.
“Duncan Nelson, piacere.”
“Courtney, Courtney Diaz.” sbuffai.
“Duncan, vedi di non spaventare troppo la nostra nuova arrivata.” lo rimproverò Geoff che aveva l'aria di aver sentito tutto, nascosto dietro un separé color caramello, proprio dietro di noi.
Lanciai uno sguardo all'orologio nero davanti a me.
Era già ora di pranzo.

La sala dove si pranzava era bianchissima, con lunghi tavoli di un color giallino che mi ricordarono quelli della mensa della mia scuola elementare.
Presi il vassoio con il mio pranzo, - pasta al pomodoro, cotoletta, insalata e una mela – e mi sedetti ad un tavolone vuoto.
Iniziai a mangiucchiare l'insalata e mi accorsi che era senza sale.

Meglio, pensai. Meno grassi.
“Non dirmi che sei una fissata con la dieta che pur di rimanere in forma si mangia cibo senza sale.” sbottò una voce al mio fianco.

Duncan.
Posò rumorosamente il suo vassoio sul tavolo, vicino a me.
“Non hai, che ne so, altre persone con cui
chiacchierare amorevolmente a pranzo?” gli sorrisi sarcastica.
“Certo, ma visto che eri tutta sola ho pensato di farti un po' di compagnia.” disse, sedendosi sulla sedia.
“Ma che gentiluomo.” ribattei, fingendo di sospirare sognante.
Lui sghignazzò ed iniziò a squartare la sua cotoletta, mangiandola come un animale.
“Oh, Signore.” mormorai afflitta.


La lezione di musica iniziò circa trenta minuti più tardi perchè una ragazza, Bridgette, aveva avuto problemi di stomaco: a quanto pare non si ricordava di essere allergica al pomodoro.
Comunque l'insegnante, una grassoccia ragazza sui venticinque anni dalla pelle scura, ci fece accomodare su divanetti sparsi qua e là per la stanza.
Ero tra Chris, che si era dimostrato molto gentile e simpatico, e Duncan che non la smetteva di seguirmi dappertutto.
Avevo scoperto che era una specie di Casanova in ospedale e al 3 Nord aveva
quasi tutti gli esseri di sesso femminile ai suoi piedi.
Le uniche che si salvavano eravamo io e la signora schizofrenica che non usciva mai dalla sua stanza.
Non avevo ancora scoperto perchè l'impiastro – nome che gli avevo personalmente affibbiato – fosse in questo reparto e non volevo chiederglielo, poteva essere una cosa molto personale.
“Oggi canteremo un po', che ne dite?” esclamò l'insegnante Leshawna.
La stanza riecheggiò di urla entusiaste, un ululato partì da Duncan.
A quanto pare sapeva suonare il basso elettrico.
Leshawna indugiò per qualche secondo con i grandi occhi scuri su di me ed io sorrisi.

“Courtney, sono nuova.” replicai.
Lei si avvicinò con le labbra piegate all'insù.
“Courtney – disse – perchè non ci canti qualcosa?”
“Non sono capace.”
“Tutti ne siamo capaci, Courtney. Basta solo volerlo.”
Sospirai e tamburellai le dita sul tamburo che mi avevano costretto a suonare.
“Bhè. Io. Non. So. Farlo.”
“Ma Courtney...”
E sa perchè? Quando cercai di cantare in quinta elementare tutti e dico proprio tutti, risero di me. Ecco perchè.” sbottai, lasciando cadere il tamburo ed andandomene dalla sala.
Corsi dritta nella mia camera e mi rifugiai sotto le coperte, mentre le risa dei miei ex compagni di scuola mi echeggiavano in testa.














note della coraggiosa o molto stupida autrice.

credo sia il capitolo più lungo scritto da me, davvero, mi sono impegnata.
allora, ho incominciato questa ff subito dopo aver visto il film '5 giorni fuori', un film davvero davvero davvero fantastico, da cui ho preso l'ambientazione e cambiato qualcosina.
credo che courtney sia uscita un po' dal suo carattere originale, ma cercherò di farla ritornare odiosa quel che basta per essere detestata.
fatemi sapere cosa ne pensate, ho paura che non vi piaccia.
beeeeeeh, vi saluto bricconcelli. (?)


adiossss. ♥

 

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Capitolo 2
*** 2. Monday ***



 

Under Pressure


2. Monday


 


Cuz I don’t know how it gets better than this
You take my hand and drag me head first
Fearless
And I don’t know why but with you
I’d dance
In a storm in my best dress
Fearless

[Fearless – Taylor Swift]

 

 

 

Tutti sappiamo cos'è successo ieri...” iniziò la dottoressa O'Halloran, puntando i suoi grandi occhi di ghiaccio su tutti i presenti, analizzandoli uno ad uno.
“Non credo ci sia molto su cui discutere.” affermai burbera, lanciandole uno sguardo omicida.
Lei sorrise. “Invece sì, signorina Diaz.”
Nessuno mi chiamava così, al 3 Nord, si erano presi molta confidenza, cosa che non mi disturbava affatto.
Al contrario, quell'aria formale e fredda mi dava un senso di nausea.

Courtney, la prego.”
“Dicevo, Courtney, che bisogna parlarne, magari da un punto di vista esterno.”
Guardai gli inquilini del 3 Nord, erano tutti rigidi sulle proprie sedie, messe in cerchio.
Ero vicina a Chris, che prima della riunione, aveva detto che anche lui aveva dato di matto l'altro giorno a pranzo.
“Non credo proprio.” dissi, incrociando le braccia al petto.
“Non si discutono le decisioni della dottoressa.” mi sussurrò Chris un po' preoccupato.
“Duncan, comincia tu.” disse la O'Halloran, ignorandomi completamente.

Beh, la principessa – a quell'appellativo gli lanciai uno sguardo di fuoco - ha detto che non voleva cantare, Leshawna ha insistito, Courtney ha di nuovo rifiutato, punto.” sospirò il ragazzo, omettendo la parte del mio sfogo. Gliene fui immensamente grata.
“E poi ha blaterato qualcosa sul fatto che alle elementari la prendevano in giro perchè cantava malissimo.” parlò una voce alla mia sinistra.
A parlare era stato un ragazzo, bello da far schifo, con la pelle color cioccolato, un po' più scura della mia, occhi scuri come i capelli.
Lo stavo perfino per scusare per quello che aveva detto da quanta bellezza emanava.
“Grazie, Alejandro.” disse la dottoressa.

Di nulla, Blaineley.” sorrise l'altro.

Si chiamavano per nome? Gente, spostatevi, qui si vomita.
Duncan mi lanciò un'occhiata fugace, era un po' preoccupato.
La ignorai.
“Non mi pare – incominciai sudando freddo - che io vi abbia chiesto perchè siete qui, né io mi sia impicciata negli affari vostri, non vi conosco nemmeno. Ma non provate a giudicarmi. Proprio no.” sibilai a quel ragazzo.
“Non ti stiamo giudicando, cara.” disse una ragazza dai capelli biondi, sorridendomi comprensiva. Sospirai, ricambiando il gesto.
La campanella che interrompeva un'attività si fece sentire.
“Fidati, Courtney, non puoi essere più stonata di questa cavolo di campana.” mormorò qualcuno in fondo all'aula.
“E
very time you smile, I smile and every time you shine, I'll shine for you...*
“Allora le voci che ho sentito sono false...”

Sobbalzai.
Ero in stanza da sola, la luce fioca della lampadina illuminava solo il mio letto dove ero seduta, non arrivava dall'altra parte, dove avrebbe dovuto esserci la mia compagna di stanza.
“Per quanto mi costa ammetterlo, hai una voce discreta. Non certo orribile.”
Accesi l'altra lampadina, quella dalla parte opposta, illuminando un viso cereo, occhi a mandorla e un sorrisino accattivante.
Ero finita in stanza con una modella? Quella ragazza era bellissima, se non fosse stato per le gambe magrissime e le braccia scheletriche, come il viso.
“G-grazie...” mormorai.
Lei sorrise appena e sospirò rumorosamente.
“Sinceramente non so cosa mi prende, di solito sono odiosa con le persone, ma forse era prima che... bhe... guardami.” si passò una mano sui polsi.
“Già, bulimica, anoressica, bipolare e pure autolesionista. Il
quadretto perfetto.”
Mi portai una mano alla bocca e la raggiunsi, dall'altra parte del letto.
“Courtney Diaz, se hai bisogno d'aiuto, io sono qui, per qualsiasi cosa.” le dissi, seriamente. “E per inciso, - continuai sorridendo beffardamente – neanche a me capita di essere gentile tanto spesso.”

A cena mi sedetti lontano da Duncan e da Chris, non volevo parlare di quello che era successo quel pomeriggio.
Avevo saltato la parte individuale, non volevo parlare con quell'oca senza cervello e compagnia bella.
Così, mangiucchiai qualche foglia di radicchio rosso e mangiai tutto il mio yogurt.
“Ho un dollaro, soltanto.” mormorò una voce al tavolo accanto.
“Io cinque, sono riuscito a sgraffignare qualcosa.” disse un'altra.
“Quel
perfettino di Geoff, ieri, mi ha sbattuto in faccia i suoi venti dollari. Poco che lo fa a posta.” riconobbi la voce di Duncan.
“Non offendere Geoff.”

Sospirò e continuò, sempre sussurrando: “Ne ho cinque anch'io.”
“Ne mancano altri dieci, per fare per tutti.”
Mi girai di scatto e gli sorrisi malignamente.
“Io avrei dieci dollari.” gli dissi.
Duncan mi guardò spaesato, anche l'altro suo amico, un ragazzone di colore che avevo sentito parlare l'altro giorno con il gatto di Mrs Hudson, la segretaria, sembrava si chiamasse DJ.
L'altra era una ragazza bionda, Bridgette. Mi aveva offerto un pezzo di torta, quella mattina.
“Ma... per prima cosa dovrete dirmi a cosa vi servono e seconda cosa, dovete aiutarmi a fuggire di qui per un'oretta o due.” sentenziai, girando completamente la sedia verso il loro tavolo.
“Ok, Courtney...” mormorò Bridgette.
Duncan annuì seccato e DJ mi rivolse un sorrisone.
“Grazie infinite, Courtney!!” disse quest'ultimo prima di andarsene, salutando tutti.
Bridgette fece lo stesso, dicendo che il giorno dopo sarebbe arrivata la sua compagna di stanza, in gita con i genitori.
“Si tratta di una pizzata, niente di che. L'ospedale permette di farla, a patto che siamo noi a pagare le pizze. Ovviamente non saranno per tutti, ma le divideremo.” disse, serio.
“Magari posso arredare per la festa la biblioteca, magari metto qualche CD, che ne dici?”
Sorrise soddisfatto. “Certo,
principessa.”
Sospirai.
“Ok,
troglodita, domani ti darò i soldi, 'notte.” replicai, alzandomi dalla sedia ed andandomene.
“Sogni d'oro, principessa.”










spazio autrice belliffima.

okay, spero che vi convinca.
abbiamo fatto la conoscenza di nuovi personaggini, come heather, al, bridg e dj. ajhdkhefiuh.
heather è un po' OOC, perchè essendo piena zeppa di problemi non ha più bisogno di essere cattiva, visto che lo era già prima, nascondendo a tutti la sua vera io.
l'ho finito appena adesso, il capitolo, concludendo con court che se ne va a letto.
nel prossimo capitolo conoscerete la nuova compagna di stanza di bridgette, a voi le scommesse, anche se è piuttosto semplice intuire. :)

vi saluto,
chocofrogs.

 

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Capitolo 3
*** Tuesday ***


Tuesday

 



Pictures of you, pictures of me
Hung upon your wall for the world to see
Pictures of you, pictures of me
Remind us all of what we used to be

[Pictures Of You - The Last goodnight]

 

 

L'aria mi sferzava sul viso, ero all'ultimo piano dell'ospedale.
Duncan, alla fine, aveva rispettato i patti e mi aveva fatto salire qui, io gli avevo dato gli undici dollari, ci eravamo travestiti da infermieri ed eravamo arrivati in questo posto.
Faceva davvero molto freddo, battevo i denti, ma avevo respirato un po' d'aria fresca.
“Ok, può bastare.” affermai, guardando Duncan a tre metri da me.
Lui annuì.

***

Appena entrati nel nostro reparto, andammo in biblioteca, mi lasciai andare su una sedia grigia e sospirai.
“Sei fortunata, principessa, tu ci devi restare solo tre giorni ancora, mentre quelli come DJ, più o meno tutta la vita.” disse lui, sedendosi su un'altra sedia, di color verdino, guardando fuori dalla finestra.
“Non era per quello. - affermai un po' indecisa – Mi piace qui. Ma ho paura del... là fuori.”
Duncan mi guardò di sottecchi e sorrise. “Sei strana.”
“Sarò finita qui per qualcosa.” scherzai, lui rise.
“Ehi, piccioncini, la O'Halloran vi vuole nel suo studio.”
Ci girammo in contemporanea verso la voce che aveva parlato.
Vidi i capelli lunghi scuri, le gambe sempre magre, fasciate da dei jeans e un maglione larghissimo, ma un'espressione serena impressa nel volto.
“Heather! Sei uscita!” dissi, correndole in contro.
Lei rise e mi sussurrò: “Ho anche fatto colazione, questa mattina.”
Sorrisi, felice per lei. “Orco chiodato, andiamo.” dissi a Duncan.
“Arrivo, principessa. - si girò verso Heather. - Piacere, sono Duncan.” ghignò malizioso.
“Duncan. Courtney mi ha parlato di te, questa mattina. Sei davvero così insopportabile e odioso, come dice?” sorrise la mora.
Sbuffai e lo trascinai via, prima che dicesse qualche altra sciocchezza.

Arrivati nell'ufficio della Dottoressa, lasciai il braccio di Duncan e bussai alla porta.
“Avanti.”
Entrammo piano, lei ci guardò e sorrise.
“Ho notato che passate molto tempo insieme, non posso fare a meno di pensare...” disse la O'Halloran.
Arrossii di botto e l'orco chiodato rise fragorosamente.
“No. Assolutamente.” chiarii io, dando una gomitata a Duncan che smise subito di ridere.
La dottoressa sorrise complice e ci fece segno di accomodarci, cosa che facemmo subito.
“Courtney cara, vorrei che, in questi giorni che ti restano da trascorrere qui, aiutassi Duncan e tu lo stesso con lei.” disse, tranquilla.
“Cosa?!” sbottammo all'unisono.
Blaineley sorrise, di nuovo.
Ma cos'aveva da sorridere? Avrei dovuto collaborare con un... un... quello che era Duncan, insomma, per... quanti? Due giorni? No, grazie.
Ma quella era pazza! Altro che dottoressa! Pft.

"Suvvia, piccolissime cose, dovete solo preparare una canzone da cantare giovedì, un piccolo intrattenimento per la pizzata, no?”
La faceva semplice, lei.
“Ok, io ci sto.” disse Duncan, serissimo, poi mi sorrise. “Ci divertiremo, principessa.”
Sospirai e annuii sconfortata.

 

 "Questa no, troppo sdolcinata. E poi, tu mi vedi a cantare Taylor Swift?”
Eravamo in camera sua a scegliere la canzone giusta per giovedì.
“Decisamente io non ti vedo proprio cantare.”
“Invece sono più bravo di quello che pensi.” sbottò indignato, continuando a scorrere l'Ipod che i miei genitori mi avevano portato, il giorno dopo sarebbero venuti a trovarmi.
“Questa!” gridò.
Mi perforò l'orecchio e io lo guardai infastidita, prima di dare un'occhiata alla canzone che aveva scelto.
“We will rock you? Fai sul... - mi fermai e saltai in piedi. - Ma certo! Che stupida che sono!”
“Vuoi dirmi che hai, Court?” mi chiese lui, incuriosito.
“Ho trovato la canzone perfetta, Duncan!”
Ero così entusiasta che lo abbracciai dalla contentezza.
Lui mi guardò stranito e io mollai la presa, arrossendo fino alla punta dei capelli.
Bussarono alla porta, era DJ, il compagno di stanza di Duncan.
“Amico, è tornata la tua ragazza!” disse il moro, sorridendo.






*si fustiga*
in ritardo, davvero in ritardo.
ma sono piena di gite, compiti e twitter non fa che distrarmi. DD:
fatemi sapere se vi è piaciuto il chappy. :) è un po' cortino, ma è solo di passaggio.
chi sarà la ragazza di duncaaan?? è scontato, ma vabbè. oh.
la canzone quale sarà? io lo soooo. fjkfjklsdhgfjklhdslgk
è bellissima, non nuova, ma bellissima. ed anche quella è scontata, ma la ff dovrò chiamarsi così per qualcosa. oooops.
adesso vi saluto,

ciaoooo.
chocofrogs.







 

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Capitolo 4
*** 4. Wednesday ***


4. Wednesday



«Courtney, tesoro.» mia madre mi abbracciò fortissimo, mentre mio padre ci scrutava dall’alto, con quei suoi occhi scuri pieni di dignità e sicurezza.
«Ti abbiamo portato il cambio per questi due giorni che ti restano, prima di venire a casa.» disse, dandomi una piccola pacca sulla spalla.
Annuii, cercando di sorridere.
«Arriverò verso le tre e mezza di pomeriggio, ho già un passaggio.»
E questo era, in parte, vero.
Duncan, quella mattina, si era offerto di accompagnarmi a casa venerdì ma, dato che non ha la patente e anche se l’avesse non potrebbe usarla dato il posto in cui vive, ci faremo tutta la strada a piedi.
Geoff e la dottoressa avevano già approvato il tutto.
Mamma prese la borsa e mi sorrise, prima di varcare la soglia della porta insieme a papà.
Sospirai di sollievo.

Gwen era la ragazza più affascinante che io avessi mai visto e non per nulla era la compagna di Duncan, o almeno così dicevano.
Aveva dei capelli neri, tagliati a caschetto, con dei ciuffi verdi acqua e neri, uno sguardo profondo e la pelle pallidissima.
Certo, sembrava un cadavere, ma dopo ben dieci minuti che la osservavo di nascosto a mensa, mi accorsi di quanto avesse qualcosa di misterioso.
Non ero mai stata amichevole, ma avevo voglia di conoscerla.
«Allora, Court, mi vuoi dire la canzone o vuoi aspettare domani sera a dirmelo?!»
Avevo tenuto nascosto a Duncan il titolo della canzone per paura che non gli piacesse e, in quel caso, saremmo dovuti ripartire da capo. E non mi andava.
«Under Pressure dei Queen.» dissi, senza accorgermene e mi tappai subito la bocca.
«Aha! Bella scelta, principessa!» esclamò, prima di andare e sedersi al tavolo di Gwen.
Osservandoli sembravano solo due vecchi amici, niente di che.
«Gelosa?» Heather mise il vassoio di fronte al mio, sorridendomi maliziosa.
«Assolutamente no!» gridai, scandalizzata.
Però non potevo negare che vederli vicini mi provocava un bel nodo allo stomaco e sentir la gotica ridere mi faceva pensare a quando Duncan faceva ridere me.
«Stai tranquilla, io tifo per te.»
«Ma vaffanculo, Heather.»
«Signorina Courtney, che linguaggio inappropriato!» esclamò la mora, scoppiando subito dopo a ridere, seguita da me.

Era l’ora. Io e Duncan dovevamo provare il pezzo.
Non sapevo il perché, ma ero agitatissima.
Ero già nell’aula di musica, vuota, con lo spartito che la dottoressa O’Halloran mi aveva dato e stavo ticchettando con il piede sul bel parquet.
Un ciuffo verde entrò, spalancando la porte e lasciandola sbattere subito dopo.
«Allora, principessa, quando s’inizia?»
«Dovevi essere qui esattamente dieci minuti e quattordici secondi fa, orco chiodato.»
Lui sorrise e si avvicinò a me con un ghigno malizioso e mi sussurrò all’orecchio: «Sicura di voler solo cantare?»
Mi girai di scatto, con le guance in fiamme.
«N-non hai una r-ragazza, tu?» balbettai, mettendo lo spartito sul leggio.
«E chi sarebbe, scusa?» disse, prima di scoppiare a ridere.
«Gwen, naturalmente.»
«Principessa, io e Gwen siamo solo amici. Non essere gelosa.» esclamò, accarezzandomi la spalla.
«Non sono gelosa!» risposi, scansando la sua mano. «Dobbiamo iniziare, Duncan.» continuai.
Sbuffò.
Accesi lo stereo che mi aveva prestato Bridgette e premetti il pulsante play.

Pressure pushing down on me
Pressing down on you no man ask for
Under pressure that brings a building down
Splits a family in two
Puts people on streets

Duncan cantava divinamente e sinceramente mi vergognai un po’ ad iniziare la strofa seguente, non me la cavavo molto bene.

De day da
Ee day da - that's okay
It's the terror of knowing
What the world is about
Watching some good friends
Screaming 'Let me out'

Ci guardammo e ricominciammo insieme.

Pray tomorrow gets me higher
Pressure on people people on streets
Day day de mm hm
Da da da ba ba

Ci fermammo, con il fiato corto.
«Non male come prima prova, vero?
» dissi.
Lui sorrise felice e insieme riprovammo fino allo sfinimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ok, ok. mi nascondo.
il fatto è che fra poco ho gli esami, sono stata una settimana all'Elba e tre giorni sono stata malissimo.
chiedo umilmente scusa.
il bello è che metà capitolo l'avevo già fatto un po' di tempo fa, solo non ero riuscita a finirlo.

spero vi piaccia,

carluuuzzz.

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