La Pioggia nel Deserto

di __aris__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: I giorni senza musica ***
Capitolo 2: *** Emily Wandervitt ***
Capitolo 3: *** Il diario del Fantasma ***
Capitolo 4: *** The Phantom of the Opera is there ***
Capitolo 5: *** Follia e fiducia ***
Capitolo 6: *** Alex Wandervitt ***
Capitolo 7: *** Il grande affronto, ovvero una situazione risolvibile ***
Capitolo 8: *** The Wandervitt Gost ***
Capitolo 9: *** Il rosso nello specchio ***
Capitolo 10: *** Can't you even dare to look ***
Capitolo 11: *** Non si origlia Mademoiselle! ***
Capitolo 12: *** One day it's simply there ***
Capitolo 13: *** Il fratello maggiore ***
Capitolo 14: *** Il buon umore di Erik ***
Capitolo 15: *** Fil's Pizza -- prima parte ***
Capitolo 16: *** Fil's Pizza -- seconda parte ***
Capitolo 17: *** Magic always comes with a price ***
Capitolo 18: *** Sorriso di porcellana ***
Capitolo 19: *** Into darkness deep as Hell! ***
Capitolo 20: *** Rompere la bambola ***
Capitolo 21: *** Beneath a New York sky ***
Capitolo 22: *** Fratelli maggiori ed angeli non proprio custodi ***
Capitolo 23: *** Epilogo: Dove tutto ebbe inizio ***
Capitolo 24: *** Famm’sentì ‘na belle tarantella paisà! ***



Capitolo 1
*** Prologo: I giorni senza musica ***


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  Parigi, sotterranei del teatro dell’Opera, 1875.
Erano passati anni dalla tragica notte del Don Giovanni e nessuno aveva più avuto notizie del Fantasma dell’Opera da allora, eppure quell’oscura presenza abitava ancora nell’Opéra Populare.
Era rimasto solo. Madamme Gery lo aveva lasciato, andando a cercare fortuna in America con la figlia. Gli aveva proposto di seguirle, ma lui aveva rifiutato: un po’ perché la donna lo aveva già tradito una volta e lui aveva fatto un grande sforzo per non farle assaggiare il suo Laccio del Penjab; ed un po’ perché l’idea di tornare a lavorare in un circo non lo allettava minimamente! Il Fantasma aveva girovagato per mezza Europa fino a quando ilsuo teatro non fu ricostruito, per poi tornare a Parigi. Aveva provato a vivere altrove, ma non ci era riuscito! Quel posto gli apparteneva, era la sua casa, il suo dominio; l’unico nel quale si sentisse al sicuro e protetto. Solo in riva al suo lago sperava che avrebbe potuto convivere con il suo dolore.
Aveva riportato tutto com’era una volta: aveva riparato l’organo, ricostruito i mobili, aggiustato le maschere ed eliminato ogni traccia del passaggio della folla inferocita. Ma nemmeno questo lavoro immane gli aveva permesso di sentire meno dolore. Aveva rinunciato all’idea di dimenticare Christine, sapeva che non ci sarebbe mai riuscito, ma sperava, almeno, di attenuare il dolore sordo che gli rodeva l’anima più delle torture che aveva subito da piccolo, più del rifiuto di sua madre! Almeno riuscire a renderlo sopportabile! Se non ci fosse riuscito sarebbe morto presto! Ma la morte, fedele compagna degli anni più turpi della sua vita, non era venuta a visitarlo durante quei tempi bui. Oscura Signora sai essere crudele quando vuoi! Si diceva alle volte, nei momenti peggiori, lasciando che le sue labbra si piegassero in un ghigno perverso.
In tutti quegli anni non aveva più rivisto Christine; il suo Angelo della Musica era la felice Viscontessa de Chagny che deliziava con il suo canto tutti i teatri d’Europa tranne il suo. In tutti quegli anni non aveva più composto nulla di buono, da quando il suo Angelo lo aveva abbandonato e non era più riuscito a sentire la musica della notte: era capace di passare ore seduto al suo organo immobile con le dita posate sui tasti, in attesa di un segno, di un sussurro dell’oscurità o della poca luce che arrivava dalla superficie. Ma non arrivava mai nulla! Quelle rare volte che le sue dita si muovevano sui tasti ne uscivano risultati inaccettabili!Alla fine qi quella tortura quotidiana scaraventava per aria i fogli di pentagramma e tutto quello che gli capitava sottomano inveendo contro sé stesso.
Ad un certo punto, uno a caso di quei miseri giorni che si erano susseguiti muti l’uno dopo l’altro, decise che doveva riavere la sua Christine! Perché lei era sua! Anche se aveva sposato un altro uomo e lo aveva abbandonato, lei gli apparteneva! Camminò a lungo su e giù per la Dimora sul Lago pensando a come dovesse agire. La prima idea che gli venne in mente fu di uccidere il Visconte, ma, visti i risultati dell’ultima volta, fu subito scartata! Era disposto a tutto, persino ad infrangere le leggi della natura e ricorrere alla magia! Nei suoi lunghi viaggi aveva imparato molte cose: chimica, alchimia, fisica ed anche magia! Come la chimica o la fisica, questa non era altro che un modo per controllare e dirigere le forze dell’universo. Tuttavia non l’aveva mai usata perché sapeva che la magia ha sempre un prezzo, uno di quelli troppo alti per poter essere pagati! Ma lui non aveva più niente da perdere! Gli avevano portato via la sua musa e la musica l’aveva seguito; tutto ciò che gli restava era la sua vita-non vita di cui non sapeva cosa farsene!
Andò alla ricerca dell’incantesimo giusto, aprendo diversi bauli, e quando lo ebbe trovato tutta l’Opéra tremò per la risata maligna del Fantasma! Era un vecchio incantesimo ungherese; se fosse andato tutto come nei piani avrebbe sconvolto l’ordine spazio temporale per ottenere una seconda opportunità per fare definitivamente sua Christine! Sarebbe tornato indietro nel tempo, avrebbe ucciso il Visconte prima che lui la sentisse cantare. Lo vedeva già penzoloni davanti ai suoi occhi e non riuscì a trattenere una seconda risata, più nera della precedente! Per quel che riguardava la sua Christine, avrebbe agito molto prima, avrebbe reso il loro legame indissolubile, avrebbe fatto in modo di esserle necessario come lo era lei per lui! La terza risata macabra, crudele e perversa scosse tutto il teatro, dalle fondamenta fino alle statue sul tetto; persino Apollo tremò di paura.
Preparò accuratamente tutto il necessario, disegnò sul pavimento un cerchio magico ed iniziò il rito.

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Capitolo 2
*** Emily Wandervitt ***





  Parigi, giorni nostri  
Emily Wandervitt salì velocemente la scalinata dell’Opéra di Parigi. Il suo appuntamento era tra pochi minuti e, considerato quanto il teatro la pagasse, non poteva davvero fare tardi. Emily non era una cantante, una ballerina o una di quelle innumerevoli figure che contribuiscono all’allestimento di un opera. Lei si occupava di valutare ed autenticare opere d’arte ed altri oggetti antichi e nel suo campo era già molto famosa, sebbene avesse solo ventotto anni. Lavorava come consulente esterno per assicurazioni, case d’aste e musei di tutto il mondo rifiutando un contratto stabile ed esclusivo con gli uni o con gli altri; così poteva viaggiare molto di più, aumentando anche i suoi guadagni.
Era entrata nel foyer (un posto enorme, ricoperto di marmi pregiati, affreschi e statue d’orate; lussuoso ed elegante, decisamente parigino!) dove le si avvicinò un uomo sui quarant’anni dai lineamenti delicati, i capelli sale e pepe e gli occhi neri:
Bonjour Mademoiselle Wandervitt!” la salutò con una cortese stretta di mano.
Bonjour” rispose lei con accento americano “lei deve essere monsieur Lavrosh, molto lieta!
No Madmoiselle! Désolé! Sono il suo assistente Imanuel de Valentin, molto lieto! Sarò io ad occuparmi di lei; oggi c’è la prima prova del prossimo allestimento della Carmen e Monsieur Lavrosh è molto occupato!
Oh mi scusi! Non importa. Il suo principale mi ha detto che avete trovato attrezzi di scena, costumi, fondali e del mobilio molto antico durante dei lavori, giusto?
Oui! Stiamo sistemando i sotterranei. Sono molto grandi; in pratica immagini la compia esatta dell’edificio dell’Opéra solo all’incontrario! Ad ogni modo alcuni punti erano pericolanti ed abbiamo avuto necessità di fare un grosso intervento di sistemazione … circa una settimana fa gli operai hanno buttato giù un muro ed abbiamo fatto il ritrovamento. Come ha detto lei si tratta di diverse cose, abbiamo avuto un po’ di problemi a portarli su, sa? Specie i fondali! Monsieur Lavrosh crede che siano dello stesso periodo in cui si diceva che il teatro fosse infestato dal famoso Fantasma, per cui ha pensato di allestirci una mostra, o qualcosa del genere. Ma prima vorrebbe una sua perizia.
Certamente. Come avete fatto ad individuare quanto tempo hanno?” chiese il perito mentre Imanuel la conduceva lungo le scale ed i corridoi del teatro.
Abbiamo alcune foto dell’epoca, se vuole le potrà esaminare.”
Prima mi mostri gli oggetti trovati, poi vedremo!
Sono dietro quella porta Mademoiselle!” e dopo pochi passi de Valentin la fece entrare in una stanza molto ampia che di norma era destinata alle prove del balletto in cui erano stati sistemati una quantità impressionante di oggetti vari. Emily, dopo essere entrata, fece un giro su sé stessa e chiese “Dove si trovano i fonali?
Sono molto grandi e l’unico posto dove li abbiamo potuti piazzare è stato dietro al palcoscenico. Solo che, come le ho già detto, è in corso la prova di Carmen; quindi potrà vederli solo domani pomeriggio!” spiegò allargando impotente le mani.
Non si preoccupi, qui dentro c’è abbastanza lavoro che non so se riuscirò a finirlo entro oggi!” rispose lei in tono allegro.
Le serve qualcosa Mademoiselle?” “Per ora no, ma so che avrò bisogno di una piantina per trovare l’uscita quando dovrò andare a pranzo …” lo disse sovrappensiero ricordandosi che mentre erano giunti in quella stanza aveva prestato più attenzione alle parole di de Valentin che alla strada. L’uomo rise “Si questo posto è un vero labirinto! Se non è un problema l’accompagnerò io a pranzo!” “Perfetto, allora a dopo!” “A dopo Mademoiselle!” e l’uomo uscì chiudendo la porta.
Il resto della mattini Emily lo trascorse catalogando minuziosamente diversi attrezzi di scena, erano un cinquantina: coppe, spade, teschi, pugnali, ed altri ancora. Alcuni avevano inciso il nome dell’opera in cui erano stati usati, mentre altri no. I costumi, appoggiati su un tavolo, li avrebbe visti nel pomeriggio, assieme ai bauli, alla cassapanca ed uno strano letto a forma di cigno nero, l’oggetto più bizzarro di tutti!
Imanuel, come promesso, passo dalla ragazza e la portò a mangiare in un delizioso locale fuori dai soliti giri turistici. Ad un certo punto durante il pranzo le chiese:
Mi dica Mademoiselle, ha per caso notato qualcosa di strano mentre lavorava?
Cioè?”chiese lei aggrottando le sopraciglia. L’uomo fece una strana smorfia e disse “… qualcosa … di … anomalo…”
Mi sta chiedendo se ho visto ogggetti volanti, apparizioni di spiriti o affini? Valentin mi ascolti bene: noi american siamo persone pratiche e non crediamo ai fantasmi!” rispose lei sconvolta per l’assurdità della conversazione! Gli spiriti non esistono! È una verità che tutti gli americani conoscono!
Le assicuro che il Fantasma è preso con la massima serietà all’interno dell’Opéra!” disse con tutto lo snobbismo francese che poté
Il resto del pranzo trascorse amenamente mentre Valentin le svelava alcuni “segretucci” sull’Opéra.
Durante il pomeriggio Emily continuò le opere di catalogazione, incominciando dal letto-cigno: era tondo e molto grande, durante la perizia trovò resti di lenzuola di seta rossa; prese le misure, scattò diverse foto e fece anche uno schizzo di come sarebbe dovuto essere all’origine “Però! È talmente orrendo che mi piace!” disse ammirando quanto pacchiano doveva essere.
Poi passò ai vestiti, una quindicina, da donna e da uomo, alcuni erano del corpo di ballo, altri dei cantanti: erano tutti molto belli, riccamente decorati e fatti con stoffe preziose. Due erano uguali: rosso e verde, con dei decori dorati sul seno ed una gonna molto ampia. Erano decisamente pesanti ed Emily, guardando i suoi comodi pantaloni, provò un po’ di pena per le due donne che avevano cantato per almeno tre ore con quell’armatura indosso! Solo la taglia era differente: uno era di un donnone enorme, decisamente in sovrappeso, mentre l’altro doveva essere appartenuto ad una fanciulla leggera e magra che, probabilmente, sarebbe entrata almeno due volte nell’altro.
Poi arrivò il turno dei bauli, due normalissimi bauli, uno recava le iniziali C.D. e l’altro C.G. Per ultima la cassapanca in radica riccamente decorata con motivi floreali e musicali. L’aprì e pensò che c’era qualcosa che non andava. Fece un passo indietro alzandosi, continuando a fissare l’oggetto … riguardò all’interno ed in fine un’altra visione di insieme “E piccolo!  L’interno è troppo piccolo! Ci deve essere un doppio fondo!” si mise a cercarlo e dopo una buona mezz’ora riuscì ad aprire completamente l’oggetto. All’interno c’erano solo una quantità indescrivibile di polvere ed un vecchio libro.
Emily lo prese e lo pulì girandoselo tra le mani. Era in pelle nera con i bordi dei fogli di un inquietante rosso sangue. Portava le iniziali F.O. “Decisamente inquietante!” sfogliando velocemente le pagine trovò la firma di un certo Erik Destler “Meglio!” almeno in manoscritto era appartenuto ad un essere in carne ed ossa! Decise di portarlo in albergo per studiarlo con più calma.
Distrattamente vide l’ora “Le sei e mezzo!! È tardi!!!” urlò mettendo tutte le sue cose via e correndo in albergo con il manoscritto in borsa.

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Capitolo 3
*** Il diario del Fantasma ***





  Emily era tornata di corsa all’albergo per infilarsi in una vasca da bagno piena di schiuma.
Terminato il bagno aveva fatto portare la cena in camera ed aveva iniziato a leggere il manoscritto. Era datato Parigi 1875. Sembrava in condizioni sorprendentemente buone per avere centoquaranta anni, ma probabilmente era dovuto al fatto che si fosse trovato per tutto quel tempo in un ambiente protetto al riparo da funghi, parassiti e muffe. A prima vista doveva essere autentico perché non c’erano segni nel lato interno della copertina o nella rilegatura centrale. Avvicinò il libro all’orecchio e fece frusciare i fogli, anche il suono era giusto. “Dubito che un mitomane possa fare una falsificazione così buona! Richiederebbe troppo tempo, troppe conoscenze e troppi soldi!” rifletté ad alta voce. Sembrava scritto tutto dalla stessa mano, una bella grafia elegante, e sembrava raccontare una storia, forse quella dell’autore. Ma chi era l’autore? F.O. o Erik Destler? F. O. erano le iniziali che comparivano accanto alla data, mentre il nome era posto sull’ultima pagina. La giovane decise che era arrivato il momento di smettere con le valutazioni preliminari ed iniziò a leggerlo.
Era scritto davvero bene e le pagine si giravano senza che lei se ne accorgesse. Tuttavia mano a mano che proseguiva la lettura rimaneva sempre più sconvolta: il manoscritto narrava le stesse vicende de Il Fantasma dell’Opera di Leroux solo in prima persona! Non era possibile, quello era solo un libro! Rifece l’esame iniziale studiando con maggiore attenzione tutti i dettagli della copertina, di ogni singola pagina e della rilegatura ed ancora una volta si disse che era autentico. Quello che aveva in mano era l’autobiografia del famigerato Fantasma dell’Opera, il cui nome a questo punto doveva essere Erik Destler!
Continuò a leggere: il racconto partiva da prima dell’Operà, dalla Persia dove Erik era rimasto diverso tempo progettando di tutto (da sontuosi palazzi ad elaborati strumenti di tortura, attrazioni per la corte o macchine da guerra). Poi era narrata la cacciata: aveva accumulato troppi poteri, troppe ricchezze e troppi nemici così decise di scappare prima che lo uccidessero. Del viaggio verso Parigi non era detto molto, passando quasi direttamente all’arrivo al teatro. Scoprì che c’era già stato, molti anni prima, quando era scappato da un circo in cui era considerato l’attrazione principale: le persone pagavano per vedere “il figlio del diavolo” picchiato da uno zoticone con problemi di alcolismo. Un giorno Erik uccise lo zoticone e scappò nel teatro aiutato da una ballerina.
Gli anni passarono veloci fino all’arrivo di Christine, pian piano con il suo genio aveva soggiogato tutti, ed in realtà era lui il vero direttore del teatro, del suo teatro. Coloro che lo rilevavano facevano soldi in gran quantità, dovendo poi versarne una cifra esorbitante al Fantasma come salario, ma duravano solo pochi mesi e poi si ritrovavano in preda a forti stati di esaurimento nervono. In effetti i metodi persuasivi di Erik erano raccapriccianti! In oltre tutti quelli che si avvicinavano ai sotterranei venivano trovati morti o completamente ammattiti. Nei sotterranei si trovava la sua abitazione e coloro che si avvicinavano troppo ne pagavano le conseguenze! Parlava con toni divertenti da sadico maniaco esaltato del terrore e mistero che aleggiava sulla sua figura. Parlava in toni esaltati anche della sua musica. Emily storse il naso pensando che Leroux aveva indorato la pillola, sorvolando su diversi dettagli che sarebbero piaciuti ai profilers del F.B.I.!
Christine era descritta come una creatura innocente il cui pianto di bimba orfana aveva commosso il Fantasma, facendolo uscire dal suo antro. Tra i due si istaurò un rapporto di reciproca dipendenza: lei andava a pregare per il padre nella cappella, sperando di sentire l’Angelo della Musica, e lui cantava per lei, sua unica fonte di luce in un mondo di tenebre. Col tempo le aveva insegnato tutto quello che sapeva sul canto e l’aveva resa il miglior soprano d’Europa. Emily ridacchiò:  “Sempre modesto, vero?”. Il racconto riportava minuziosamente tutti i dialoghi tra il Fantasma e la fanciulla nel corso degli anni di lezioni e preghiere: erano commuoventi a dir poco! Emily aveva un carattere forte, aveva imparato ad averlo, ma mentre li leggeva né era sinceramente toccata!
Seguiva la parte più famosa della storia: l’arrivo del Visconte, la fuga sul tetto (mentre leggeva quel pezzo Emily era in totale empatia con il povero fantasma: era un omicida, maniaco e psicopatico ma non si meritava di vedere la ragazza che amava da anni, che tutti i giorni gli chiedeva di restarle sempre accanto, scambiare effusioni e giocare ai fidanzatini con il primo belloccio biondino di turno!). Il racconto salta i tre mesi successivi, evidentemente perché l’autore era impegnato con il Don Giovanni, giungendo quasi subito alla sera della rappresentazione.
La biografia proseguiva ancora raccontando il seguito della vita di Erik ormai rimasto solo, tradito ed abbandonato dalla musica, da Christine e dalla morte (chiamata spesso in suo soccorso per porre fine alle sue sofferenze). Era davvero un fantasma abbandonato in un limbo di vita – non vita da un fato crudele che gli lasciava battere il cuore solo per ricordagli ogni volta quanto gli facesse male. Il maniaco psicopatico dell’inizio aveva lasciato spazio ad una persona abbastanza lucida ma stroncata dal dolore.
Emily non lesse tutta quella parte, era troppo penosa, e passò direttamente all’ultima pagina. Le ultime righe recavano questa scritta “Cara morte se sei venuta a cercarmi sappi che non mi troverai. Ho deciso di cambiare il mio destino e quello di Christine, ed userò ogni mezzo per riuscirci! Fedele compagna ed amica, ci vedremo ancora ma in un altro tempo ed un altro luogo! Augurami buona fortuna! Tuo Erik Destler”. Tutto il volume era dedicato alla Morte!
A quelle macabre parole Emily si rimpicciolì sulla poltrona, strofinando le mani sulle braccia per cercare di attenuare i brividi che le percorrevano il corpo. Dopo che si fu ripresa decise che era tardi ed era meglio andare a dormire. Chiuse le luci del salottino della suite e si preparò per la notte. Mentre entrava in camera si accorse che fuori era scoppiato un violentissimo temporale con tuoni, fulmini e pioggia incessante. “Proprio il tempo ideale per certe letture!” inveì contro l’atmosfera decisamente spettrale che aleggiava in quel momento su Parigi, e che di certo non le avrebbe conciliato il sonno.

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Capitolo 4
*** The Phantom of the Opera is there ***





  Emily si addormentò con difficoltà, poco aiutata dai violenti lampi che squarciavano la notte. Scivolò in un sonno agitato nel quale vide una grotta in riva ad un lago: era calda, ben arredata ed illuminata da dozzine di candele. Sembrava la Dimora sul Lago del Fantasma! Credette persino di vedere il letto – cigno esaminato nel pomeriggio. Mentre si rigirava convulsamente nel letto la sua attenzione fu attirata da un uomo intento a disegnare qualcosa per terra. Era vestito in modo elegante, sembrava alto e di corporatura possente e portava una maschera bianca che gli copriva metà del viso. Ciò che attirò maggiormente l’attenzione di Emily furono gli occhi dell’uomo: erano di un brillante color ambra, come quelli dei gatti, rendendo il loro proprietario quanto meno inquietante.
Aveva finito di disegnare e si era diretto verso un tavolo pieno di fogli di carta da cui prese un libro dall’aria molto antica. Si diresse al centro dello strano cerchio appena disegnato ed iniziò a recitare una cantilena in una lingua che Emily non conosceva. Mentre proseguiva la lettura tutte le candele, l’una dopo l’altra, si spensero e la spelonca rimase illuminata solo dalla flebile luce della luna che filtrava dal soffitto e si rifletteva nel lago. Le ombre si erano allungate a dismisura, protendendosi verso quella sinistra figura. Ormai era giunto alle battute finali della formula ed aveva alzato la voce per sovrastare i crescenti crepitii che avevano scosso la caverna dall’inizio del rito. All’improvviso, prima di completare l’invocazione, l’uomo fu colpito da una specie di lampo e scomparve, lasciando la grotta buia e silenziosa.
Emily si svegliò di colpo; aveva il fiatone, gli occhi fuori dalle orbite come i pesci rossi ed era madida di sudore in ogni millimetro del suo corpo. Appena respiro e battito cardiaco si furono regolarizzati si alzò dal letto e si diresse senza nemmeno curarsi di accendere le luci verso il mobile bar, un piccolo armadio in legno posto sopra ad una consolle. Aprì le ante, indecisa se limitarsi ad una bottiglietta d’acqua o optare per un super alcolico che le stendesse per bene i nervi. Mentre scorreva con gli occhi le varie etichette di liquore un tuono più forte degli altri fece tremare tutti i vetri delle finestre; lei sussultò e si voltò per controllare che non si fosse rotto niente, ma il suo sguardo fu attirato da due brillanti luci color ambra che la fissavano da un angolo buio della stanza. Pensando di stare ancora sognando, la ragazza scosse con violenza la testa e sbatté più volte le palpebre; ma quelle due luci rimanevano fisse ed immobili piantate su di lei.
All’improvviso si mossero e lei si trovò sollevata sulle punte dei piedi con il collo afferrato da una mano grande e forte, pronta a strozzarla senza troppa fatica. “Voi chi siete?” le sibilò il proprietario della mano. Emily non credeva alle proprie orecchie! Quella voce non sembrava umana: era suadente ma infida e minacciosa; sembrava uscita da un qualche oscuro abisso ed appartenere ad un demone più che ad un uomo. Pensò che il Fantasma dell’Opera dovesse avere una voce molto simile; ma lui era morto da almeno cento anni: non poteva trovarsi nella sua camera d’albergo!
Non amo ripetermi mademoiselle!” disse stringendo maggiormente la presa e costringendo Emily a smettere di cercare una spiegazione razionale e boccheggiare in cerca d’aria. “Voi chi siete?” le sibilò poi facendole accapponare la pelle.
Lei aprì la bocca, cercando di dire il proprio nome, ma la stretta al collo era troppo forte e riuscì ad emettere solo un gemito strozzato. Lui allentò la morsa quel poco che bastava per farla parlare:
E … Emily W … Wan … d … Wandervitt…” balbetto con molta fatica.
Dove mi trovo?
P … Parigi…
Che giorno è oggi?”. Lei non rispose ma allungò l’indice in direzione del giornale posato su una poltrona accanto a loro. Lui lesse “New York Times 18-9-2012”, seguivano poi i titoli dei vari articoli; rilesse meglio, voltando la completamente la testa, ma la data era proprio il diciotto settembre 2012.
Quando si voltò la luce del mobile bar permise ad Emily di notare che l’uomo portava una maschera bianca sulla metà destra del volto. Non è possibile! Lui DEVE essere morto da più di cento anni! Non può essere il F…  F… Erik Destler! Si disse mentalmente la ragazza terrorizzata. In quel momento fu liberata dalla morsa al collo, cadendo in malo modo per terra, mentre l’altro prendeva la copia del giornale in mano. Troppo concentrata sul suo collo dolorate non si accorse del violento tremore che stava cogliendo le mani del Fantasma mentre rileggeva per l’ennesima volta la data sul giornale.
Il suo incantesimo non aveva funzionato! Aveva invocato le forze oscure perché gli concedessero una seconda opportunità con Christine, ma qualcosa era andato storto! Non solo non era riuscito a completare il rito; ma, invece di tornare indietro di qualche anno, era stato sbalzato di centoquaranta anni nel futuro! In un futuro dove la sua Christine non c’era! Si era avvicinato barcollante alla finestra, ma dopo pochi passi si era lasciato cadere senza forze per terra, tenendo le mani premute sulla testa, quasi ad impedire che scoppiasse, ed aveva lasciato uscire tutta la rabbia, il dolore, la frustrazione e l’amarezza in un atroce, tremendo grido roco e straziante.
A quel grido bestiale Emily si riprese un po’ ed il suo corpo decise che doveva velocemente allontanarsi da lì; non aveva pensato a cosa fare di preciso, voleva solo fuggire! Si alzò a fatica da terra ma sbatté la testa contro l’anta aperta del mobile, facendolo tremare e tintinnare i vetri in esso contenuti, e ripiombando a terra più dolorante di prima.
Ahi! Dannazione!” imprecò, mentre si massaggiava il bernoccolo, con un accento inglese che il Fantasma non aveva mai sentito. Lui si voltò e guardò attentamente la ragazza: corporatura esile ed altezza media, aveva i capelli corti e mossi, di color nocciola, ed occhi chiari. Doveva avere circa trent’anni, forse poco meno, e continuava a massaggiarsi la testa con una strana aria dolorante. Gli sembrò così innocente ed indifesa! L’ennesima vittima della sua follia! Per anni non gli era importato molto delle conseguenze delle sue azioni; anzi aveva goduto delle sofferenze che causavano a resto del genere umano, che da canto suo lo aveva sempre deriso ed umiliato. Tuttavia, dalla notte in cui aveva perso Christine, aveva iniziato a cambiare prospettiva ed a limitare certi istinti, troppo radicati nel suo animo per essere soppressi. Aveva capito troppo tardi che lei lo aveva abbandonato perché lui aveva dimostrato di essere un mostro dentro e fuori. Si alzò, cercando di riprendere controllo di sé, si avvicino alla ragazza, ancora accasciata per terra, e, dopo aver spostato lo sportello del mobile, le porse una mano per aiutarla da alzarsi.
Lei la guardò per diversi istanti; era tentata di accettare l’offerta, ma lui aveva appena tentato di strozzarla e questo non rendeva quella mano molto allettante. Il Fantasma capì perfettamente cosa passasse per la testa della ragazza e non disse nulla, limitandosi a restare immobile.
Grazie, credo di riuscir…” aveva iniziato a rispondergli lei, con il tono più diplomatico di cui fu capace (Meglio non provocarlo! Pensò), mentre cercava alzarsi con le proprie forze. Sfortunatamente fu colta da un capogiro e fu sorretta dalle braccia del Fantasma.
Di riuscire ad alzarvi da sola mademoiselle Wandervitt?” La sua voce era completamente differente rispetto a pochi secondi fa: calda, soave e vellutata; cercava perfino di essere confortante, nonostante il tono scettico e vagamente divertito. Anche la presa era decisamente differente: salda ma delicata.
Emily non rispose; anche volendo non avrebbe saputo cosa dire! Si limitò a lasciarsi condurre sul divano del salottino, dove il fantasma la fece sdraiare. Poi ritornò allo stipetto degli alcolici dove trafficò per qualche minuto prima di tornare dalla ragazza con un grande bicchiere riempito di cubetti di ghiaccio. “Tenete. Appoggiatelo dove vi duole.” Disse allungando la mano.
Lei prese il bicchiere e realizzò che, essendo chiuso il mobile, la stanza era completamente al buio ed iniziò a cercare con gli occhi un interruttore.
Cosa cercate?
L’interruttore. Perdonatemi ma non riesco a vedere al buio.”  Poi indicò la porta che faceva comunicare il salotto e la camera da letto e disse: “Potreste accendere la luce che si trova vicino a quella porta?
Senza dire una parola lui eseguì la sua richiesta e lei allibita gli chiese “Per caso soffrite di schizofrenia o qualcosa del genere?
 Erik si arrestò guardandola in modo interrogativo: “Schizofrenia?
Disturbo da personalità multipla!” spiegò l’altra annuendo
Non credo, di solito sono sempre pienamente consapevole delle mie azioni!” disse in modo divertito “Ma siete gentile a preoccuparvi per la mia salute mentale!
Senza offesa, mi cercavo solo il motivo del vostro cambiamento: due secondi prima cercate di uccidermi e poi mi fate da infermiere. Non è normale!
Volevo solo ottenere informazioni, non mi sareste servita a molto da morta! Vi tranquillizza?” puntualizzò come se la cosa fosse la più naturale e banale del mondo.
Se devo essere sincera non molto!” Dopo qualche minuto di silenzio Emily indicò il volume in pelle nera sul tavolino e chiese “Lo avete scritto voi?
Erik capì perfettamente, dal tono della domanda, che la ragazza aveva letto il libro e che in pratica gli stava chiedendo se si trovava davvero al cospetto del Fantasma dell’Opera. La guardò incuriosito: mademoiselle Wandervitt sembrava una persona fuori dall’ordinario. Aveva letto il libro; anche se non capiva come avesse fatto a trovarlo, era ben nascosto nella sua Dimora dove nessuno sarebbe potuto mai entrare! Aveva sperimentato personalmente di cosa lui fosse capace (anche se solo in minima parte)! Eppure restava calma sdraiata sul divanetto. Non c’era più traccia di paura nella sua voce o nei suoi occhi, al massimo confusone e stupore. La sua posa non era affatto rigida; ma questo poteva anche essere dovuto alla forte botta in testa. Nessuno aveva mai avuto un simile contegno in sua presenza! Lui era il Fantasma dell’Opera! Era abituato a vedere le persone scosse da brividi di puro terrore al solo sentire il suo nome! Nemmeno Madame Gery si era mai comportata in quel modo con lui, la sicurezza che la donna aveva sempre ostentato con lui era solo una maschera. Dopo qualche istante di riflessione decise che Emily Wandervitt era o decisamente stupida o decisamente folle!
Si avvicinò al tavolino ed accarezzò la copertina del manoscritto con aria assorta “Si. Come lo avete trovato?
Per caso, oggi mentre lavoravo.” Emily decise che era maglio non mentire, quella situazione era già abbastanza strana!
Lo avete letto tutto?
Solo in parte …” rispose prima di sentire un “e non avete paura?” provenire da una parte non ben identificata della stanza. Si guardò attorno per capire da dove venisse ma non ci riuscì; era scura di aver udito la voce vellutata del Fantasma, ma era anche certa che lui non avesse mosso le labbra. Gli occhi ambra di Erik rimasero sempre ben fissati dentro quelli dell’americana per studiarla meglio.
Avete appena detto che uccidermi non rientra nei vostri piani, per ora mi basta. Ma vi prego: non fate più certi giochetti! Sono decisamente inquietanti!” Erik rise divertito, ammettendo che era un ragionamento abbastanza logico. “Ora posso chiedervi io una cosa?” proseguì la donna e lui annuì “Come siete giunto fino a qui?
Il Fantasma sospirò e guardò a terra “Diciamo che le cose non sono andate come era nei piani.” rispose con aria assorta e triste dopo qualche secondo in cui aveva cercato le parole giuste. 

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Capitolo 5
*** Follia e fiducia ***





  Nella stanza era calato il silenzio: Emily aveva intuito che la risposta del suo interlocutore riguardava lo strano sogno di poco prima, ma una vocina dentro di lei le diceva che era meglio non chiedere niente. Considerando il suo tono triste e che si trattava del Fantasma dell’Opera la ragione poteva essere solo Christine.
Erik si era avvicinato alla finestra e stava osservando il panorama pensieroso. La stanza aveva una splendida veduta panoramica di Parigi, riconobbe le sagome di alcuni palazzi, di una chiesa e di un ponte, ma la sua attenzione fu attirata da uno strano edificio a punta completamente illuminato. Doveva essere di metallo, perché sapeva che una cosa del genere in pietra non sarebbe mai potuta stare in piedi.
È  la Tour Eifel. Fu costruita per l’esposizione universale del 1889 dall’omonimo ingegnere. Doveva essere provvisoria ma è diventata il simbolo della città.” Spiegò l’americana che aveva capito benissimo cosa guardava l’uomo.
La Tour non era certo l’unica cosa diversa: ai suoi tempi Parigi era una grande capitale europea ma, fuori dai quartieri eleganti, era una cloaca sporca e puzzolente; come molte altre città dell’epoca. Invece quella che giaceva davanti ai suoi occhi era una città piena di luci; il Lungo Senna (una volta era regno di mendicanti e gente poco raccomandabile) ora era occupato da ampi spazzi dedicati al passeggio. Le pesanti nuvole che sovrastavano la capitale e riflettevano le luci dei lampioni creavano un’atmosfera da libro di favole. Era così bella! Era talmente bella che si chiese se ci fosse ancora posto per un mostro come lui in quel luogo.
 “Monsieur cos’avete intenzione di fare adesso?” lui si voltò stupito: come diamine aveva fatto quella ragazza a leggergli nel pensiero? Prima che riuscisse a pensare ad una delle sue risposte allusive la fanciulla proseguì: “io … io vorrei aiutarvi monsieur … se me lo permetterete …” aveva esitato nel pronunciare quelle parole mentre aveva poggiato il bicchiere sul tavolino ed aveva iniziato ad alzarsi.
Non vi ho dato il permesso di alzarvi mademoiselle!” la interruppe con tono autoritario allungando una mano con un gesto elegante. Era nuovamente voltato a fissare la metropoli, volendo aumentare le distanze tra loro. Come lo avrebbe mai potuto aiutare? Lei sembrava solo una ragazza come molte? Forse era anche folle! Come poteva aiutarlo in un mondo senza Christine e senza musica? Anche se erano passati più di cento anni non era praticamente cambiato nulla! Nulla e nessuno avrebbero potuto aiutarlo! E quella sciocca ragazzina lo diceva con l’aria più maturale del mondo? Come osava!!! Sebbene gli ribollisse il sangue per l’ingenuità di quelle parole, decise di mantenere la calma: solo il tremore irregolare alle dita di una mano lasciava trapelare il suo reale stato d’animo. “Non credo che voi abbiate un’idea lucida della situazione cara mademoiselle!
Qualcosa nel modo in cui furono pronunciate quelle parole fece venire i brividi ad Emily: non che fossero state dette con astio o rabbia, ma c’era qualcosa in quel modo elegante ed armonioso che non andava! Rispose parlando più a sé stessa che a lui: “Forse c’è l’ho più di quanto immaginiate … Tutti a questo mondo capiscono la vostra situazione! Pensate di potervi rintanare in un sotterraneo come una volta? Non ci riuscireste! Questo non è il 1875! Molte cose sono cambiate: guardate ad esempio Parigi! L’avreste mai immaginata così? Le persone vanno sulla Luna e voi pensate di poter giocare a fare il Fantasma dell’Opera! Centoquarant’anni fa avrebbe sicuramente funzionato ma oggi vi stanerebbero subito e vi prenderebbero per un mitomane! …
Erik la interruppe all’improvviso: “Cosa volete dire con mi prenderebbero per un mitomane? Vi ricordo che i fantasmi per definizione non muoiono.
Lei sospirò per darsi coraggio: doveva dire ad un uomo che aveva passato tutta la sua vita a nascondersi dal resto del genere umano che ora l’intero genere umano sapeva della sua vita, e non aveva assolutamente idea della sua reazione. “Ascoltate” iniziò piano “tutti oggi conoscono la vostra storia. Voi avete ispirato libri, musical, film ed opere teatrali …
Cosa? Chi ha osato?” Erik era furioso; i suoi occhi sembravano i crateri di un vulcano in piena eruzione: non sapeva chi era stato a commettere una  follia del genere, ma lo voleva morto, e non in modo veloce.
“Gaston Leroux ha pubblicato un libro intitolato il Fantasma dell’Opera nel 1910 a cui poi si sono ispirati tutti gli altri.” Spiegò Emily in tono calmo percependo perfettamente la furia omicida sotto la maschera.
Per la prima volta dopo molti anni era talmente sconvolto da essere senza parole o trucchi da usare come diversivo.
Emily continuò a spiegare la situazione cercando di mantenere il sangue freddo: “Capisco che vi sembri incredibile ma sapevo di voi, di Christine, del Don Giovanni, del lampadario e di tutto il resto anche prima di leggere il manoscritto.” Capì di aver detto una parola di troppo solo quando lui le si avvicinò rapido e silenzioso come un felino.
Tutto?” le disse ad un orecchio senza toccarla. Nessun interprete di cinema o teatro, o pagina scritta da mano mortale sarebbe mai stata capace di rendere le infinite modulazioni della voce di quell’uomo! Un'unica, singola parola l’aveva sconvolta più di cento minacce! La ragazza si vedeva già penzolare da un laccio rosso! Facendo appello a tutta sé stessa, cercò di non perdere definitivamente il controllo ed annuì mentre affondava le dita nei cuscini del divano, cercandovi un appiglio.
E vorreste aiutarmi ugualmente? Perché?” le soffiò sul collo sempre con la stessa voce.
Era davvero difficile mantenere il controllo, o almeno dare l’impressione di non perderlo! Sebbene il Fantasma l’avesse sfiorata solo con il fiato Emily aveva il respiro corto, i battiti accelerati e continuava ad avvinghiarsi ai cuscini come fossero un’ancora di salvezza. Deglutì e poi rispose: “Perché credo che tutti meritiamo l’opportunità di essere felici. Anche voi. Anche se vi ritenete un mostro. Anche se avete commesso azioni orrende. Ma ne hanno commesse altrettante verso di voi. E poi credo che se siate giunto fin qui ci sia un perché … e poi … potrebbe anche piacervi il ventunesimo secolo!
Non pensiate che questo posto mi interessi più di quello dal quale provengo!” disse con voce fredda. Vivere senza musica e senza Christine era una prospettiva che non gli interessava minimamente in nessun luogo o tempo!
Siamo in sette miliardi sul pianeta, come fate a credere che da qualche parte non ci sia anche Christine!” le parole uscirono tutte d’un fiato mentre si voltava di scatto e fissava il Fantasma negli occhi.
Che la sua Christine potesse trovarsi in quell’epoca era una possibilità a cui non aveva pensato? Quindi non era tutto perduto? C’era ancora speranza? Oppure era solo un trucco di quella donna per avere salva la vita? Per quello che ne sapeva poteva anche trattarsi dell’illusione di una povera pazza. Tuttavia la possibilità di riavere la sua Christine era troppo allettante per lasciarsela sfuggire! E forse, dopotutto, quella donna gli poteva anche essere utile! La guardò dubbioso per ancora qualche secondo e poi chiese rendendo la sua voce ancora più glaciale: “E cosa vorreste in cambio mademoiselle?” Chiunque gli avesse offerto il suo aiuto lo aveva fatto in vista di un tornaconto personale, e quella piccola ragazza non avrebbe certo fatto eccezione!
La pronta risposta di quella strana fanciulla lo lasciò senza parole:
Non avete incontrato molte persone altruiste vero? Non voglio niente in cambio. Desidero solo aiutarvi!
Di norma avrebbe riso a quelle parole, nel modo più cinico che gli sarebbe riuscito, ma qualcosa gli impedì di deriderla: aveva osservato attentamente il collo e gli occhi della ragazza alla ricerca di un segno che stesse mentendo, ma non ne trovò. In oltre la risposta era stata troppo veloce per essere una bugia.
Voi siete un ingenua mademoiselle.
Lei sorrise tra sé e sé: “È probabile! Forse Alex ha ragione ed ho visto troppi film Disney!” disse quasi pensando ad alta voce prima di tornare seria e proseguire “Questo non cambia che voglia davvero aiutarvi! Tuttavia vi dovrete fidare di me perché le cose oggi sono più … complicate rispetto ad una volta!
Il Fantasma non sapeva cosa rispondere: da un lato aveva bisogno di un tramite con il mondo, specie se voleva ritrovare Christine; dall’altro non era affatto sicuro di potersi fidare di Mademoiselle Wandervitt. Non solo non sembrava mostrare un particolare terrore (anzi era relativamente calma nonostante le circostanze!), ma sembrava anche aver accettato tutti i suoi crimini, quelli dell’Operà e quelli ben più gravi della Persia senza battere ciglio. Nessuno si era mai comportato in quel modo con lui ed il suo istinto gli suggeriva di non fidarsi troppo! D’altro canto quella fanciulla gli poteva offrire una buona possibilità per trovare almeno un posto sicuro dove stare. Alla fine acconsentì con un cenno del capo, ma avrebbe tenuto alta la guardia e se Mademoiselle Emily Wandervitt avesse tentato qualche brutto tiro l’avrebbe punita come meritava!

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Capitolo 6
*** Alex Wandervitt ***







  Al cenno del Fantasma Emily si rilassò un po’. Aveva cercato di mantenere un certo autocontrollo durante quella conversazione anche se aveva temuto di non uscirne viva. Trovarsi in camera da letto con un personaggio di fantasia avrebbe messo a dura prova i nervi di chiunque, ma trovare l’originale Fantasma dell’Opera era stato devastante! In cerca di sollievo diede un occhiata alla stanza e notò che la luce dalle finestre lasciava capire che l’alba sarebbe giunta entro un ora al massimo. L’indomani, tra poche ore per essere corretti, l’aspettava la valutazione dei fondali e se non dormiva un po’ non sarebbe riuscita nemmeno a stare in piedi. Figurarsi riuscire a concentrarsi sul lavoro!
Credo sia un ottima idea Mademoiselle.” disse all’improvviso il Fantasma offrendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
Emily istintivamente protese la sua per afferrarla ma improvvisamente si arrestò “Cosa?” chiese a quel punto.
Che andiate a dormire. Credetemi ne avete bisogno!” fu la placida risposta dell’uomo. Lei lo guardò molto perplessa “Ma come … mi avete letto nel pensiero?
Erik rise un attimo tra sé e sé e poi spiegò “No. Avete semplicemente un aria tremendamente stanca.” e  l’americana si limitò ad un leggero “Ah!” mentre afferrava la sua mano.
Il Fantasma scortò la ragazza fino alla soglia della camera da letto, senza entrare: era un assassino ma nessuno poteva rimproverargli di non comportarsi come un gentiluomo! Emily entrò e socchiuse la porta, lasciandola leggermente aperta. Quel gesto fu di quanto più inaspettato ci potesse essere. Se lui si fosse trovato nella situazione di Mademoiselle Wandervitt avrebbe chiuso la porta a doppia mandata e magari avrebbe anche cercato qualcosa per barricare la porta dall’interno. Non che quelle per lui fossero delle barriere degne di tale nome! Ma lasciare la porta direttamente aperta? Era davvero tanto folle? Non riuscendo proprio a spiegarsi quel gesto inusuale le chiese: “Non chiudete la porta mademoiselle?
Emily riaprì la porta quel tanto che bastava per vedere l’uomo in viso e gli disse “Detesto i luoghi chiusi. E poi non credo me mi farete qualcosa di brutto mentre dormo! Buonanotte monsieur!
Ancora una risposta troppo veloce e cristallina per essere frutto di un inganno! “Chiamatemi pure Erik mademoiselle.”disse con un leggero inchino; in fondo, si disse, se la ragazza aveva letto il diario il suo nome lo sapeva già!
Come preferite Erik. In tal caso potete tranquillamente chiamarmi Emily.” rispose lei con un sorriso stanco “Buona notte Erik.” concluse congedandosi con un cenno del capo prima di socchiudere nuovamente la porta mentre il fantasma rispondeva “Buona notte Emily.
Rimasta sola l’americana si sedette immobile sul letto per qualche minuto cercando di raccogliere le idee: punto 1° nell’altra stanza c’era il Fantasma dell’Opera, 2° il suddetto Fantasma aveva cercato di strangolarla ed i segni sul collo erano ben visibili, 3° dopo che lui l’aveva quasi uccisa, lei si era offerta di aiutarlo. Ma a pensarci bene a fare cosa? E poi come avrebbe fatto a portarlo fuori da quella camera d’albergo? Casa sua era dall’altra parte dell’Atlantico, a New York! Forse lavorava troppo. Era un semplice caso di esaurimento nervoso molto grave.
Iniziò a camminare nervosamente su e giù lungo la stanza pensando a come comportarsi. Dopo qualche minuto decise che doveva parlarne con qualcuno; qualcuno che fosse disposto a prendere il primo aereo intercontinentale a disposizione e che non le desse immediatamente della pazza. In poche parole suo fratello: Alex era la persona giusta! Era un medico, quindi se lei stava perdendo il senno se ne sarebbe accorto. E magari le avrebbe pure trovato un manicomio non troppo orrendo. D’altro canto era una persona capace di pensare razionalmente in circostanze decisamente critiche e se davvero il Fantasma dell’Opera era nella stanza accanto l’avrebbe aiutata a trovare una soluzione.
Prese il telefonino dal comodino, calcolò che da lui dovevano essere circa le undici di sera, e gli inviò una mail dal perentorio “Giuro è molto, molto importante! Raggiungimi immediatamente!!!!!!!!!!!” seguito dall’indirizzo dell’albergo e dal numero della camera, in fine spense il cellulare prima che lui potesse risponderle. Si sentiva un po’ in colpa ma era l’unico modo con cui era certa che lui sarebbe arrivato il prima possibile. Tranquillizzata dal fatto che al massimo per mezzogiorno sarebbe atterrato in città, anche se probabilmente sarebbe stato furente, riuscì ad addormentarsi e cadere in un sonno profondo abbastanza velocemente.
Fu svegliata solo diverse ore dopo dall’insistente squillo del telefono dell’albergo. Allungò la mano e con voce assonnata rispose in inglese:
Si?
Mi scusi madmoiselle” iniziò il consierge sempre in inglese “Ci sarebbe suo fratello che chiede di lei …
Lo faccia salire immediatamente!!!” rispose lei prima che l’altro riuscisse a finire la frase. Alex era arrivato a Parigi! Ed anche prima di quanto previsto! In effetti l’orologi batteva le undici e mezzo di mattina e lei non lo aspettava prima di un'altra ora. Meglio così!
Scese dal letto di colpo, raccattò la vestaglia dall’armadio e sbirciò nella stanza accanto: nessuna ombra scura in vista! Forse era stato tutto in incubo? Nemmeno la sfuriata che le avrebbe fatto il fratello maggiore tra pochi minuti fece diminuire la gioia di quel momento. Ma il sollievo durò solo per pochi secondi: appena entrata in bagno, per avere un aspetto vagamente presentabile, vide distintamente il segno che la mano del Fantasma aveva lasciato sul suo collo. Non fece nemmeno in tempo ad accarezzarli con le dita che la porta fu scossa da una violenta bussata. Emily si morse il labbro avendo intuito lo stato d’animo del fratello e si accinse ad aprire la porta.
Emily essere la mia unica sorella non ti da il diritto di comportarti in modo così irresponsabile, immaturo ed egoista! Dopo dieci ore di intervento su un idiota che ha tentato di fare il giocoliere con una sega a nastro giusto quando stavo per finire il turno semplicemente non puoi mandarmi quella mail e poi spegnere il telefono!
Alex Wandervitt aveva dieci anni in più della sorella; e tutti lo conoscevano come una persona calma, educata e razionale. Era un professionista stimato ed un vanto per l’ospedale dove lavorava. C’erano solo due casi in cui il chirurgo deviava da questa descrizione: quando calcava la mano con gli specializzandi, che riuscivano sempre a stupirlo con qualche errore stupido che era meglio non fargli ripetere per la sicurezza loro e dei pazienti; e quando si trattava di Emily: la differenza d’età e l’essere l’unica altro membro della famiglia Wandervitt lo avevano reso particolarmente protettivo verso la sorella minore, e quando era in apprensione per lei, tutti sapevano che era meglio non girargli troppo attorno.
Finita la sfuriata Alex guardò la sorella ancora in camicia da notte e vestaglia con l’aria preoccupata e dei segno violacei sul collo. Ora capiva il motivo dello strano comportamento della sorella. Sospirò per mandare via la stizza di pochi secondi prima e le chiese con tono calmo e serio “Come ti sei fatta quei segni?”
Allora li vedi anche tu? Non sto impazzendo!” disse lei non riuscendo a trattenere un saltello di gioia per poi proseguire mentre il medico le esaminava il collo cercando di avere uno sguardo puramente clinico “Ti posso assicurare che non me lo sono fatto io! Non ho una mano tanto grande!
In effetti sembravano opera di una mano grande e forte … di una mano maschile! Cercando di restare il più calmo possibile, ma lasciando comunque sfuggire parte della sua rabbia le chiese fissandola negli occhi: “Emily … CHI TI HA FATTO QUESTO?!
Lei distolse lo sguardo, sapendo che ora giungeva la parte più complicata. Mentre cercava le parole giuste una voce vellutata s’intromise “Sono stato io monsieur!” Alex si voltò e vide comparire letteralmente dalla parete un uomo alto, dalla corporatura  robusta che indossava abiti eleganti ed una maschera bianca.
Erik aveva trascorso tutta la mattina pensando ad una quantità infinita di cose e quando aveva sentito il telefono aveva deciso di nascondersi ed osservare cosa succedeva. Dopo pochi minuti era salito l’uomo: era alto e, nonostante l’aspetto visibilmente stanco, sembrava forte e di bell’aspetto. Non assomigliava molto alla sorella: lei aveva i lineamenti delicati ed i capelli chiari, mentre lui aveva una mascella decisa e capelli scuri. Solo gli occhi erano dello stesso verde acqua. Anche se Erik non aveva capito alcune cose della loro breve conversazione (tipo cosa sono le mail e le seghe a nastro? E poi da dove diavolo arrivava?) aaltre gli erano ben chiare: l’uomo aveva un carattere deciso ed era molto legato alla sorella.
Lui chi è? Com’è entrato?” chiese Alex alla sorella visibilmente irritato. Se quello era uno scherzo non era affatto divertente!
Alex … questo è il Fantasma dell’Opera, l’originale Fantasma dell’Opera! A lui si sono ispirati per il libro, il musical ed il resto. E non è entrato; lui è … è apparso letteralmente dal nulla questa notte.” Spiegò lei cercando di essere il più convincente possibile ma il fratello le lanciò uno sguardo truce da “smetti di giocare sorellina o giuro che mi arrabbio sul serio!”
Vi assicuro che vostra sorella non sta mentendo! Io sono il Fantasma dell’Opera! Al vostro sevizio monsieur!” certificò Erik con gesto teatrale.
Prima che il fratello sbottasse Emily gli afferrò un polso e corse in camera prendendo il diario ancora appoggiato sul tavolino.
Non vorrai che creda a questa storia …” aveva iniziato lui appena la ragazza chiuse la porta, ma lei lo interruppe “Alex lo so che è incredibile, ma ascolta tutto dal principio e poi decidi se non parlarmi mai più o rinchiudermi in una stanza imbottita!”. Il medico roteò gli occhi ed annuì; quindi ascoltò in silenzio il racconto sugli eventi del giorno prima, alla fine chiese:
Non è che magari ti sei fatta ingannare ed è uno scherzo ben congegnato?
Ma la sorella scosse la testa seria: “Ne dubito: intanto il libro è autentico: la copertina e la rilegatura non presentano alterazioni. Inoltre il doppio fondo della cassapanca non era stato aperto da diverse decadi. Infine questa notte c’è stato un forte temporale e se lui fosse entrato dall’esterno avrebbe lasciato tracce ovunque.”
Sarebbe potuto arrivare dal corridoio forzando la serratura.” Ribatté il medico.
Altamente improbabile: il fattorino che mi ha mostrato la camera l’altra sera mi ha detto che qui ha dormito del personale diplomatico e che le serrature magnetiche sono a prova di effrazione. E poi c’è la sua voce … solo il Fantasma dell’Opera potrebbe averla!
La sua voce?” ripeté con tono decisamente scettico Alex che davvero non sapeva cosa pensare. Il racconto della sorella era quanto meno assurdo; ma credere che qualcuno avesse realizzato un falso talmente perfetto solo per ingannarla, suggestionarla e poi fosse riuscito ad entrare nella suite di uno dei più prestigiosi alberghi di Parigi solo per farle uno scherzo non era certo più plausibile!
Perché non lo ascolti cantare?” chiese la donna dopo qualche istante di riflessione.
Tu lo hai fatto?
Io l’ho sentito minacciarmi e mi è bastato!
E perché vorresti che io lo ascolti cantare?
Perché vedrai che ha la più incredibile voce sul pianeta!
Il medico roteò gli occhi nuovamente mentre si alzava dal letto e con aria poco convinta disse “Andiamo a fare il provino al Fantasma dell’Opera!”.
Appena i fratelli Wndervitt rientrarono nel salottino trovarono Erik intento a guardare fuori dalla finestra con le mani dietro la schiena. Dopo aver guardato il fratello per prendere coraggio, Emily gli chiese in francese: “Potreste cantare per me e mio fratello Erik?
Il Fantasma sogghignò senza voltarsi. Poi, come un attore consumato, si apprestò a recitare la sua parte. Con movenze calcolate si avvicinò ai fratelli, fece un inchino teatrale e rispose in francese “Con piacere Mademoiselle!” prima di iniziare ad intonare un aria di sua composizione sul rapimento di Persefone.
L’aria era scritta in italiano, cosa che permise ad Alex di non capire mezza parla; tuttavia la melodia e l’interpretazione di quel misterioso individuo erano sufficienti per lasciarlo allibito: quell’uomo riusciva ad usare, con la stessa infinita abilità, tanto il registro baritonale quanto quello da tenore, passando con naturalezza dalle note più alte a quelle più basse. A New York aveva assistito a qualche opera ma non aveva mai sentito nessuno piegare la sua voce come faceva il preteso Fantasma dell’Opera. Piegava e torceva la voce in infinite sfumature che rispecchiavano perfettamente l’animo umano: anche senza comprendere una sola parola del testo sentiva le emozioni dell’innamorato dio dei morti come se fosse lui stesso! La voce e l’espressività del Fantasma erano ineguagliabili, quell’uomo aveva davvero la voce di un angelo.
Erik terminò la sua esibizione ed esaminò attentamente le reazioni di quegli stani individui, troppo sconvolti anche solo per applaudire.
Alex si voltò verso la sorella “Il Fantasma dell’Opera è qui, ora che dovremo fare?”

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Capitolo 7
*** Il grande affronto, ovvero una situazione risolvibile ***


AVVISO: caro lettore coraggioso, perché le prossime righe richiederanno tutto il tuo coraggio e sangue freddo, prima di iniziare ti devo avvisare di una cosa! Apri bene gli occhi e leggi con attenzione le mie parole: in questo capitolo Alex farà una certa proposta ad Erik. Cosa? Lo scoprirai solo leggendo! Ma prima che la tua reazione furibonda ti suggerisca di impiccarmi ricorda quello che ti dico adesso: non so se Erik accetterà o no, ma viviamo nel 2013 e … diciamo le cose sono cambiate tanto e ci sono nuovi fattori da tenere in considerazione … per farla breve, caro lettore (perché se stai provando a capire questo delirio hai tutta la mia stima!) questo momento prima o poi sarebbe arrivato! Abbi solo un po’ di comprensione del mio punto di vista! Te lo ripeto paziente lettore: non so cosa succederà dopo! Ora caro lettore, se non ho esaurito la tua pazienza, avrei un altro favore da chiederti: se, quando avrai terminato di leggere le vicissitudini del povero Erik, mi lasciassi un commento o una recensione in cui mi dici cosa pensi del capitolo che segue te sarei molto grata!
 








  New York dodici giorni dopo
Il Fantasma guardava fuori dalla finestra le luci al neon che popolavano quella frenetica città tutte le notti. Era arrivato a New York da una settimana, sull’aereo privato che Alex aveva usato per correre a Parigi. Erano partiti di notte e, grazie al fuso orario, erano atterrati sempre di notte per giungere a casa Wandervitt prima dell’alba.
Convinto dalla sorella, il medico aveva accettato di ospitare Erik ponendo come unica condizione che, fino a quando egli non fosse riuscito a muoversi autonomamente in questo tempo, lei avrebbe dovuto lasciare temporaneamente il suo appartamento con vista sul Parco e trasferirsi nella casa di famiglia; così ora vivevano tutti e tre in quella grande casa su tre piani di fine ottocento.
Tuttavia Erik non era certo grato al suo ospite per la gentilezza dimostrata! Quell’insolente, prima di partire, aveva osato strappargli di dosso la maschera! Come osava quel folle damerino? Inoltre, cosa che Erik trovava assolutamente esilarante, aveva persino avuto l’ardire di minacciarlo! Lo aveva fatto per Emily, certo, ma il Fantasma dell’Opera non tollera simili atteggiamenti per nessun motivo. Stupido, presuntuoso mortale!
A Parigi Alex si era fatto dare una camera sullo stesso piano di Emily e gli aveva chiesto di stabilirsi con lui. Erik non aveva avuto nulla da obbiettare: era un gentiluomo e riteneva sconveniente restare nella stessa camera della fanciulla. Durante la convivenza i due uomini si erano studiati a vicenda mantenendo i rapporti molto formali. Alex non si fidava troppo del suo ospite ed Erik non gli aveva dato torto: lui era il Fantasma dell’Opera, aveva fatto un salto in avanti nel tempo di quasi cento cinquant’anni ed Emily portava ancora i segni del loro primo incontro sul collo. Nemmeno Erik si fidava del suo ospite, come non si fidava del resto del genere umano. Così i giorni era corsi fino a due giorni prima della partenza.
Devo chiedervi di togliervi la maschera Monsieur.” Aveva esordito Alex all’improvviso. Emily era riuscita a procurare dei documenti falsi tramite una sua conoscenza con le mani ed i piedi invischiati in affari poco chiari ed Alex si era trattenuto dal fare domande solo per paura di essere imputato di favoreggiamento. Ad ogni modo il passaporto era pronto e mancava solo la foto del proprietario, in oltre Alex voleva vedere il volto deformato del Fantasma per compilare un certificato che giustificasse la maschera in aeroporto. Anche se Destler era ufficialmente cittadino americano ed anche se prendevano un aereo privato per evitare controlli doganali, un uomo mascherato dava comunque troppo nell’occhio!
Erik si limitò ad una risata sarcastica seguita da un “Non credo proprio Monsieur!” detto a metà tra il divertito e l’intimidatorio. Ma Alex era rimasto serio ed aveva ripetuto la richiesta. Il Fantasma decise che era ora di porre fine alla sfrontatezza del dottore: si avvicinò con movenze sicure e rapide per afferrargli il collo, come aveva fatto con la sorella, ma l’altro con gesto preciso intercettò la mano e la bloccò. Non poteva credere ai suoi occhi! Era abituato a damerini impettiti o stolti ubriaconi, ma il dottor Wandervitt dimostrava forza fisica e riflessi a lui pari! Gli occhi di entrambi si ridussero istantaneamente a due fessure, i muscoli tesi pronti a scattare.
Dopo essersi fissati per secondi interminabili Alex ringhiò “Non lo ripeterò: toglietevi la maschera Destler! O lo farò io!
Voi provateci ed io vi uccido!” fu la meritata risposta del Fantasma.
Alex piegò il braccio del francese e con l’altra mano gli strappò via la maschera assieme ad un urlo d’ira disumana. Erik si liberò la mano senza sforzo ed indietreggiò di qualche passo per poter caricare meglio il suo avversario, ma prima che potesse muovere un solo muscolo Emily aprì la porta: aveva bussato ma quell’urlo, immediatamente attribuito ad Erik, le aveva fatto istintivamente abbassare la maniglia e si era ritrovata nella stanza quasi senza accorgersene. Sebbene dalla sua posizione non riuscisse a vedere Erik, Alex si spostò velocemente di un passo per essere certo che la deformità dell’uomo non fosse vista dalla sorella.
Vai in camera. Arrivo tra poco!” le ordinò con tutta l’autorità del membro più anziano di famiglia, nonché di fratello maggiore. Lei provò a balbettare un “Va tutto bene?!” ma lui la interruppe con un perentorio “Tutto ok! VAI!” e lei obbedì. Alex usava raramente quei modi e se lo faceva lei sapeva che non c’era possibilità di obbiettare.
Erik guardò l’americano non capendo il suo gesto: prima gli toglie la maschera e poi si preoccupa che la sorella non veda il suo viso deforme. Che individuo quantomeno bizzarro! O folle!
Preoccuparvi per vostra sorella non vi salverà la vita Monsieur!” sibilò il Fantasma con una voce ricca di indicibili minacce.
Mia sorella non è una creatura così delicata e fragile come può sembrare; e non giudica le persone dal loro aspetto!” rispose l’altro con voce ferma “Io proteggevo voi!” a quell’affermazione Erik rise di agghiacciante incredulità, ma il medico continuò: “Ridete pure! Ma voi temete gli sguardi altrui come gli altri temono la morte! Se Emily vi avesse visto in questo momento per voi sarebbe stato devastante!
Erik lo guardò bieco iniziando ad odiarlo molto più del dannato Visconte, ma si impose la calma “Eppure voi desideravate talmente tanto ammirare il mio viso da strapparmi la maschera!” disse ghignando.
Io sono un medico con delle formalità da sbrigare.” Rispose l’americano in modo asettico.
Il Fantasma lo fissò attentamente: non mostrava traccia di paura, ribrezzo, orrore, stupore o pietà. Il dottor Wandervitt studiava le sue escrescenze in modo neutro, sembrava non gli facessero alcun effetto. Le osservava eppure non le vedeva! Nessuno aveva mai avuto una reazione del genere al cospetto del Figlio del Diavolo!
Alex studiava ogni millimetro del volto sfigurato del Fantasma dell’Opera: la deformità sulla fronte che lasciava scoperta una grossa porzione di cranio, l’innaturale sporgenza dell’osso sopraccigliare, tutte le pieghe che percorrevano ininterrottamente la linea che collega l’orecchio fino al labbro superiore, deforme anche lui per un eccesso di tessuto cutaneo. Ad ognuno di loro il medico aveva affibbiato nome scientifico ed una soluzione chirurgica. Non era certo quel teschio senza naso descritto nel libro! Mentre restituiva la maschera al Fantasma disse pensando ad alta voce “Sarebbe anche rimediabile. Non è tanto male.
Quel “non è tanto male” risuonò nelle orecchie del Figlio del Diavolo come un insulto! Che diamine voleva dire? “Sembrate deluso Monsieur!” disse con il ghigno peggiore di cui era capace prima che la risposta pacata del dottore lo mandasse su tutte le furie:
Diciamo che non avete avuto una buona stampa, quindi mi aspettavo dell’altro. Ma quello che vedo è una situazione risolvibile.” Era stato descritto con epiteti della più vaga foggia, ma “situazione risolvibile” era un vero affronto! Erik inarcò scettico un sopracciglio: era indeciso se strozzarlo immediatamente oppure appenderlo al balcone mentre dormiva! Intanto il medico proseguiva: “Sono un chirurgo di una certa bravura, potrei aiutarvi!
Voi? E come?” era decisamente la scusa più patetica che qualcuno avesse inventato per non farsi uccidere; ma era detta in modo talmente convincente che meritava di essere ascoltata fino alla fine. Alex gli espose le sue teorie come se stesse parlando con un normale paziente, alla fine Erik rise sinceramente divertito “Voi mentite!
Mai quando si tratta di chirurgia!” puntualizzò con tono molto serio l’altro mentre andava dalla sorella con la foto del Fantasma dell’Opera nell’IPhon.
Era passata più di una settimana da quell’affronto. Quell’uomo pretendeva di trasformarlo da bestia a cigno come fosse la fata turchina! Sciocco presuntuoso e superbo! Erik non riusciva a non pensarci ed il sangue continuava a bollirgli nelle vene. Prima o poi il dottor Alex Wandervitt avrebbe pagato tanta arroganza!

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Capitolo 8
*** The Wandervitt Gost ***


Una piccola sorpresa di pasqua! tanti auguri caro Lettore!









  Emily ed Alex si trovavano nello studio del dottore, il quale si stava preparando per un turno di notte.
Per te è normale?” esordì lei all’improvviso. Alex posò quello che aveva in mano sulla scrivania e si rivolse alla sorella pensierosa sul divano “Cosa?”. Lei non rispose, limitandosi ad indicare la stanza dove stava Erik.
Mi stai chiedendo se credo che sia sano di mente? Non ti puoi rispondere da sola?” rispose sottolineando l’ovvietà della domanda.
Non mi riferivo a quello!” iniziò a spiegare la ragazza “È qui da una settimana e non è mai uscito dalla sua stanza se non per passeggiate notturne e da quando è arrivato non ha toccato cibo.”
Forse è solo sotto shock: ha subito diversi … cambiamenti drastici! Senza contare che Fantasma dell’Opera suona meglio di Fantasma di casa Wandervitt!” rispose l’uomo facendo ridere la ragazza.
Starai attenta sorellina?” Alex non si sentiva molto tranquillo nel lasciare Emily da sola con Erik per tutta la notte, ma visto che a Parigi era andato con l’aereo privato del CDA dell’ospedale non poteva evitarlo. Anche se Erik non aveva più dato in escandescenze dall’episodio della maschera, ed anche se lui gli aveva “gentilmente” chiesto di comportarsi bene con Emily lo strano ghigno che aveva accompagnato il “oui monsieur.” del francese non lo faceva stare davvero tranquillo.
Estrasse un flacone dalla borsa e lo consegnò alla ragazza “Questo è un forte spray urticante, tienilo sempre con te!” e lei annuì mentre prendeva l’oggetto in mano. “Ciao coniglietto! Ci vediamo domani!” salutò la sorella scompigliandole i capelli. “Ciao Alex!
Emily si infilò lo spray in una tasca dei jeans e la copri con la maglia, poi uscì dallo studio e si diresse in cucina. Da quando erano tornati dalla Francia con Erik si era trasferita nella casa di famiglia: era una grande villa costruita alla fine dell’ottocento su tre piani più la soffitta. Al piano terra c’erano l’ingresso che dava sull’ampio soggiorno, che fungeva anche da sala da pranzo, la cucina e la biblioteca, che occupava anche parte del primo piano. Al piano nobile c’erano le camere da letto e lo studio di Alex, che preferiva una stanza più raccolta alla biblioteca per concentrarsi; al terzo piano c’erano altre camere da letto, in passato erano della servitù ma i suoi genitori, quando acquistarono la casa, le resero del tutto equivalenti al quelle del piano inferiore. In fine c’era la mansarda che fingeva da sala dei divertimenti con tv, videogiochi, ed affini.
Giunta in cucina, decise che era ora che il suo ospite mangiasse qualcosa, dopo dieci giorni di digiuno; così si mise ai fornelli, sperando che Erik gradisse quello che stava cucinando. Terminato il piatto lo sistemò su un vassoio accompagnato con vino bianco e dell’uva; in fine mise tutto nel montavivande e risalì al primo piano.
Dopo pochi minuti bussò delicatamente in quella che era diventata la nuova tana del Fantasma dell’Opera. Come per la Dimora sul Lago ogni tanto ne usciva, ma solo quando era certo di non essere visto e si muoveva per casa come un vero fantasma, lasciando piccole tracce sospette ma mai nulla di concreto. Non rispose nessuno; ribussò dicendo:
Erik? Sono Emily ... posso entrare?
Entra mademoiselle” rispose una voce profonda dalla stanza.
Emily entrò un po’ titubante non sapendo come comportarsi con lui: se con Alex aveva un atteggiamento che le faceva venire i brividi; con lei era quasi umano. Aveva accettato di darle del tu, ma manteneva una barriera di cui la maschera era solo una minima parte e che non la faceva mai sentire a suo agio. Poi c’erano le volte, solo due per fortuna, in cui lo aveva visto apparire letteralmente dal muro mettendo in serio pericolo la sua salute cardiaca.
Cos’hai in mano?” Erik era voltato verso le variopinte luci della Grande Mela ma era comunque riuscito a capire che la giovane reggeva qualcosa che le ostacolava i movimenti.
Mi sono permessa di prepararti qualcosa da mangiare, visto che ignori quello che ti lascio in cucina. Inizio a dubitare delle mie doti di cuoca!” rispose cercano di essere naturale.
Non avevo e non ho fame.” Commentò lapidariamente l’uomo senza prendere il disturbo di voltarsi.
Emily deglutì facendo appello a tutte le sue forse, posò il vassoio sul letto “Poco importa. Non ho intenzione di andarmene fin a quando non avrai mangiato qualcosa!” lo ammonì con inaspettata determinazione.
Erik rifletté un po’: il tono della fanciulla era sembrato serio e determinato;  ed il suo intuito gli diceva che, se non l’accontentava, lei sarebbe rimasta nella stanza fino a domani mattina; mentre lui voleva rimanere solo. Si voltò e con movenze decise scoprì il vassoio per trovare un potage di zucca e noci, un bicchiere di vino bianco ed un po’ d’uva. Forse, visto l’aspetto invitante, poteva anche sforzarsi un po’ e liberarsi di Emily in modo diplomatico per tornare ai suoi pensieri.
Spero ti piaccia” incominciò lei imbarazzata “onestamente non sapevo casa prepararti …” s’interruppe un momento rendendosi conto di averlo messo in una situazione difficile a cui non aveva pensato. “Non so se riuscirai a mangiare con la maschera, ma io non ti guarderò …. Resterò ferma a … leggere Riccardo III! Cercherò di essere meno invadente possibile, promesso!” disse con voce malferma afferrando il libro sul comodino. Non era intimidita dal volto di Erik, non poteva farle più paura di quando aveva cercato di strozzarla, voleva solo metterlo più a suo agio possibile. La soluzione migliore sarebbe stata uscire ed aspettare fuori dalla porta, ma lui poteva gettare tutto dalla finestra e lasciarla in corridoio per ore!
Erik la osservò attentamente mentre parlava: ancora una volta non aveva trovato paura in lei, solo un crescente imbarazzo. Prima si era torta le mani; poi sembrò essere stata colta da una sorta di rivelazione, come se si fosse improvvisamente ricordata di qualcosa di importante. Quando aveva nominato la maschera si era aspettato che aumentasse le distanze, che uscisse dalla camera a gambe levate! Invece cosa faceva? Rimaneva di sua spontanea volontà e cercava contemporaneamente di non fargli sentire la sua presenza. Assurdo! Folle!
Rispose dopo qualche secondo, calibrando le parole e la voce “Posso mangiare benissimo anche con la maschera.” Ma Emily si era già seduta per terra ai piedi del letto, rivolta verso la porta, in modo che, nemmeno con gli specchi, riuscisse a vederlo in viso; ignorando le sue parole. Erik mangiò la minestra, che era migliore di quanto avesse immaginato, e bevve un po’ di vino mentre lanciava qualche occhiata veloce a Emily, la quale si muoveva solo per girare le pagine del libro.
Ho finito.” Le comunicò al termine in modo telegrafico.
Emily chiuse delicatamente il libro, lo posò, si alzò e prese il vassoio lanciando al Fantasma un sorriso colmo di sollievo, che lui attribuì al non aver visto l’orrore del su viso. Prima di uscire lei gli augurò la buona notte, consapevole che l’altro non le avrebbe risposto.

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Capitolo 9
*** Il rosso nello specchio ***







   
Era rimasto solo. Aveva passato tutta la vita da solo, ma da quando era arrivato in quel tempo non suo e popolato da persone così strane si sentiva decisamente più solo. Fino a pochi giorni prima, almeno, avrebbe potuto trovare conforto nel suo teatro, nella sua dimora e nella musica; ma non aveva nulla di tutto questo. Gli restavano solo ricordi dolorosi.
 Aveva rischiato tutto per riavere Christine ed ora non aveva proprio nulla! Aveva perso perfino il suo teatro con i suoi domini! Secondo Emily esisteva la possibilità che lei fosse da qualche parte in quel frenetico mondo. Ma, ammesso che fosse vero, come avrebbe fatto a trovarla? Era sicuro che, per quante cose fossero potute cambiare, la sua musica poteva ancora portarlo dalla sua musa. Ma da quando era arrivato in quel tempo si sentiva talmente perso e vuoto che anche solo l’idea di accarezzare un pianoforte era insopportabile! Suonare, per non parlare di comporre, erano cose che non sarebbe riuscito a fare nemmeno in sogno! Ammesso che lui dormisse!
Dell’uomo che era stato fino a poco prima il temuto Fantasma dell’Opera non rimaneva che un ricordo lontano. Ormai passava le notti girando tra le stanze di casa Wandervitt come un fantasma e di giorno non usciva dalla sua stanza se non raramente. Era come se il tempo passasse attraverso ad un involucro vuoto. Continuò a guardare le auto che percorrevano veloci le vie di Manhattan; rise leggermente pensando che sembravano tutte in un perenne ritardo. Dove andavano sempre così di fretta?
Verso l’una di notte decise che poteva uscire e passeggiare un po’ per la grande casa. Certo non era sontuosa come l’Operà o misteriosa come i suoi domini sotterranei, non era nemmeno paragonabile alla casa che la sua famiglia possedeva a Rouen, ma aveva comunque un certo fascino. La sua stanza preferita era la biblica, l’unica con un grande pianoforte nero e lucido; non lo aveva ancora provato ma da un occhiata all’interno della cassa era abbastanza sicuro che lo strumento avesse un bel suono.
La biblioteca era una grande sala con due grandi finestre ed il soffitto alto, aveva il pavimento in legno ed un grande camino in marmo bianco in un angolo. Oltre al pianoforte c’erano due scrivanie ai lati opposti della stanza: una si trovava abbastanza vicina allo strumento, mentre l’altra era posizionata in una sorta di nicchia a forma di semicerchio delimitata da una grande vetrata liberty sulla parete opposta. Il resto dell’arredamento era quello di un normale salotto: un comodo divano in pelle marrone, due poltrone chiare e qualche sedia imbottita messa qua e là. Completavano la stanza una scaletta a chioccola che portava alla parte del piano di sopra, dove le pareti erano completamente ricoperte da libri accuratamente disposti per genere, autore ed anno. In entrambi i piani la stanza aveva una grande porta in legno scuro che comunicava con il resto della casa.
Quella era decisamente la stanza preferita del Fantasma! Era tranquilla e priva di elettrodomestici! Non che non apprezzasse le comodità del duemila; ma erano come tante scritte “che ci fai qui?”. Anche se era fantastico poter scaldare l’acqua per il bagno senza dover accendere un braciere ore prima! Ma quella biblioteca sarebbe benissimo potuta appartenere ad una casa parigina del 1800 ed era decisamente rassicurante!
Quella notte Erik passeggiò lungo tutta la biblioteca per diverso tempo, cercando di trovare pace dai suoi troppi pensieri. Ad un certo momento si fermò davanti ad un vecchio specchio e vide il riflesso della sua maschera, l’unica cosa che non era cambiata affatto! Vi appoggiò sopra la mano preso dall’insolito bisogno di sentire la porcellana sotto le dita. Respirò profondamente diverse volte tenendo gli occhi chiusi rimanendo concentrato solo sul contatto dei polpastrelli. Passò diversi secondi immobile per poi spostare la mano lungo il bordo della maschera e sfilarla.
Nello stesso attimo in cui il suo volto fu completamente visibile allo specchio una macchina dalla strada illuminò la stanza di rosso durante il suo passaggio. Il Fantasma ebbe la sensazione che da ogni sua deformità sgorgasse sangue vivo. Lo specchio raffigurava l’immagine di un vero mostro! Con un gesto d’impeto, accompagnato da un grido, scaraventò le porcellane sulla mensola del camino a terra e poi diede un pugno allo specchio, mandandolo in frantumi.
Al piano di sopra Emily si svegliò di soprassalto per il baccano. Scese correndo le scale non preoccupandosi di indossare delle pantofole o accendere la luce; tanto conosceva quella casa a memoria anche se non ci era entrata per anni! Arrivata in biblioteca vide Erik circondato da vetri luccicanti e cocci rotti con le mani appoggiate sulla mensola del camino e la testa bassa.
Cos’è successo? Stai bene?”  chiese a bassa voce
Non dovresti essere qui mademoiselle, vai a letto.” Rispose l’altro trattenendo l’ira ancora presente nel suo animo.
La ragazza deglutì ed, ignorando che le quelle parole non ammettevano replica, accese la luce per avvicinarsi a lui che rimaneva immobile per nascondere la metà destra del viso. Mentre camminava Emily si accorse delle gocce rosse che cadevano da una mano del Fantasma; gli appoggiò una mano sul braccio sinistro mentre sussurrava incerta:
Lascia che ti medichi … sei ferito …”
Erik con un gesto improvviso l’afferro per la vita e fece in modo che gli occhi dell’americana si trovassero a pochi centimetri dal suo viso sfigurato “Dimmi mademoiselle! Come pensi di medicare questo?” le sibilò con voce infernale. Lei vide tutto. Era troppo vicina perché le potesse sfuggire anche il minimo dettaglio! Ma il suo sguardo non fu attirato tanto dalle cicatrici e protuberanze che affollavano fronte e guancia, o dalla scheggia di vetro che riluceva da una tempia quanto dalla scintilla che per un solo istante aveva infiammato gli occhi dell’uomo. Per una frazione di secondo l’ambra si era sciolta in lava lasciando trapelare tutte le torture e le umiliazioni che aveva subito. Emily sbiancò ed, appena fu liberata bruscamente dalla stretta, cadde tra i cocci stremata.
Mi dispiace …” non riuscì a dire altro, in realtà non lo disse nemmeno perché le parole erano uscite dalla bocca non accompagnate dalla voce, ma Erik le aveva percepite ugualmente e rispose con un ghigno “Per cosa?”. Lei trovò la forza per alzare gli occhi e guardarlo in faccia, ma non la voce “Per tutto quello che ti hanno fatto.”disse mentre due lacrime le solcavano le guance. Era senza parole! Emily Wandervitt era la prima persona che piangeva per lui e non a causa sua! Ancora più incredibile era il fatto che quelle non fosse lacrime di pietà ma di sincero dolore! Era talmente sconvolto che non sentiva più la terra sotto ai piedi. Una parte di lui era perfino curiosa di assaggiare una di quelle lacrime per vedere se fossero salate.
Emily si rialzò aggrappandosi al camino. Appena recuperata la posizione eretta si schiarì la voce e chiese nuovamente all’uomo se lo poteva medicare. Lui guardò lo sfacelo nella stanza e poi la ragazza a piedi nudi tra i frammenti acuminati e miracolosamente illesa. “Meglio andare via, prima che ti faccia male.” disse porgendole una mano senza accorgersi che, per la prima volta dopo molto tempo, pensava in modo completamente disinteressato ad un altro essere umano.

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Capitolo 10
*** Can't you even dare to look ***







 Arrivati in cucina Emily fece sedere Erik su una sedia del tavolo mentre lei andava a prendere il kit di pronto soccorso. Per prima cosa si occupò del frammento di vetro accanto alla tempia destra: tolse la scheggia e poi pulì la ferita ed il resto del viso dai rivoli di sangue che si erano infiltrati nella guancia martoriata cercando di essere più delicata possibile; infine prese una bottiglia di cerotto spray ed appoggiò una mano sull’osso sopraccigliare di Erik. Lui si ritrasse, non si aspettava certo che Emily lo toccasse con tanta naturalezza. Tanto meno in una parte dove la sua deformità era più accentuata!
Oh scusa, non volevo farti male!” disse la ragazza che aveva temuto di causargli dolore durante tutte le operazioni mediche.
Fargli male? Si era mossa sul suo viso con la leggerezza di una foglia portata via dal vento! Ma il Fantasma non lasciò trapelare nulla e si limitò ad dire in un sussurro “Non ho mai sentito nulla da quel lato.”
Emily rimase immobile; con chiunque altro avrebbe cercato un contatto umano per alleviare la sofferenza che trapelava da quelle parole, ma con Erik non era così facile. Il dolore che lasciava trapelare sembrava troppo per tentare qualunque cosa. Tutto ciò che riuscì a fare fu lasciarsi sfuggire una lacrima, immediatamente catturata da una mano. Quando fu sicura di avere il controllo sulla sua voce spiegò “Questo è una specie di cerotto; se ti da fastidio che lo faccia io puoi applicarlo tu ma non deve andare negli occhi.” Ma il fantasma le fece cenno che poteva proseguire senza parlare, rimanendo per l’ennesima volta stupito da quella strana ragazza che seguitava a piangere per lui; per un mostruoso assassino. Terminate le medicazioni del volto si dedicò alla mano che aveva rotto lo specchio seguendo lo stesso procedimento. “Finito!” esclamò quando anche la mano fu curata.
Erik, con un gesto elegante d’altri tempi, le prese una mano e vi posò un leggero bacio sul dorso “Merci mademoiselle.” sussurrò tenendo ancora delicatamente la mano della ragazza.
Ma non ho fatto niente … Ho solo pulito i tagli!” rispose lei imbarazzata. Il Fantasma dell’Opera sorrise impercettibilmente, non un ghigno minaccioso o sadico, ma un vero sorriso rivolto alla prima persona che lo trattava come un essere umano.
Emily si affrettò a mettere tutto in ordine, ringraziando mentalmente di avere una buona scusa per interrompere il contatto visivo con Erik, il quale continuava a studiarla come fosse la prima persona che vedesse in vita sua. Proprio non la capiva! Come faceva a non aver terrore di lui dopo quello che aveva letto, quello che lui le aveva fatto a Parigi e ciò che aveva visto celarsi sotto la maschera? Come faceva a provare solo imbarazzo? Iniziò seriamente a chiedersi quale forma di dissociazione mentale l’affliggesse quando si ricordò che Alex aveva detto che lei non era delicata come poteva sembrare e che non giudicava dalle apparenze. Ma tutto in lui era mostruoso! Allora cosa vedeva in lui Emily Wandervitt?
Mademoiselle …” la interruppe con un sussurro e lei si voltò con sguardo interrogativo, chiedendosi perché non la chiamasse mai per nome. Erik avrebbe voluto chiederle molte cose, ma non avrebbe voluto trovare risposta a tutte quelle domande. Non avrebbe nemmeno saputo da quale di queste incominciare! Ma si accorse di questo troppo tardi, quando aveva già iniziato a parlare. Fece una leggere riverenza e le augurò la buona notte per giustificarsi.
Aspetta Erik!” lo chiamò Emily poco prima che l’uomo varcasse la soglia della cucina. “Non serve che fai così … voglio dire che ti allontani per non farmi vedere il tuo viso … è … è solo un viso! Sono ossa e muscoli … e non sono certo sufficienti a dire chi sei! … C’è dell’altro sotto quelle ossa e quei muscoli!” anche se era voltato Erik immaginava che lei si stesse torcendo le mani per l’imbarazzo, era evidente dalle lunghe pause necessarie per trovare le parole giuste!
Io sono un mostro anche sotto le ossa ed i muscoli.” ripose con voce infinitamente amara. Era vero; in vita sua aveva commesso tante di quelle azioni turpi, per usare un eufemismo, che aveva perso il conto molto prima di giungere all’Operà.
Emily capì perfettamente a cosa si riferiva, deglutì e poi rispose con voce bassa ma ferma “Forse perché non hai conosciuto altro che mostruosità.
Anche questo era vero! Eppure sentirlo dire da una ragazza in quel modo determinato era sorprendente! Era Emily Wandervitt ad essere così decisa sotto l’apparenza dei suoi occhi chiari, o era tutto il genere femminile del duemila ad essere così!? Qualsiasi donna del 1870 si sarebbe scandalizzata e terrorizzata per infinitamente meno! Se pensava a quando Christine aveva visto il suo viso si sentiva ancora male! Invece Emily gli diceva esplicitamente che il suo viso non la turbava, che nemmeno il mostro sotto la deformità la impressionava più di tanto. Addirittura lo giustificava! Perché la sua era una giustificazione. Forse da ragazzina ingenua, ma pur sempre una giustificazione.
Finalmente si voltò e la guardò in viso: era in piedi con una mano appoggiata al bordo del tavolo di vetro; la testa ritta e gli occhi ben puntati su di lui. Scrutò attentamente quegli occhi cercando qualcosa che spiegasse la sua forza: ora capiva cosa intendeva Alex nel sostenere che non era fragile. Ma anziché trovare quello che cercava si scoprì ad ammirare gli occhi verdi della ragazza. Dannazione com’erano profondi! Profondi e brillanti. Erik si sentì a disagio scontrandosi per la prima volta con chi lo guardava senza orrore. Avrebbe voluto trovare qualcosa da ribattere ma non ci riuscì, limitandosi ad augurare nuovamente la buona notte ad Emily prima di uscire definitivamente dalla cucina.
A mente lucida avrebbe riso di quella situazione: il Fantasma dell’Opera, il temuto Fantasma dell’Opera, intimidito da un’americana indifesa! Ma non aveva mai incontrato qualcuno che si fosse sforzato di capire le sue ragioni. Conosceva innumerevoli trucchi ed artifici che avrebbe potuto usare con Emily ma qualcosa gli impediva di farlo! Tutto ciò che poté fare fu lasciare la stanza e prendere tempo, consapevole che non sarebbe stato sufficiente.
Prima di trovare un modo d’agire degno di lui, il Fantasma dell’Opera doveva capire perché se tutti lo aveva rifiutato, comprese sua madre e Christine; se tutti lo avevano umiliato; se gli avevano sempre e solo inferto abusi e violenze quella piccola ragazza cercava di aiutarlo e non provando orrore per ciò che era ed aveva fatto! Passò i successivi due giorni in camera sua cercando di capire, sviscerando ogni gesto ed ogni parola, paragonandola a tutte le persone che aveva incontrato ma non trovò risposte.
L’aveva anche confrontata con Alex, l’unica altra persona di quello strano tempo che conosceva, ma niente; erano così diversi! Nemmeno lui aveva dimostrato orrore nel scoprirgli il viso, o gli aveva fatto discorsi moralisti come quelli di Madamme Gery sul suo passato. Anche se questo non era certo sufficiente a fargli dimenticare quanto accaduto a Parigi! Se non fosse stato ancora tanto furente con il medico avrebbe vivisezionato il suo comportamento come faceva con Emily!
Dopo un’accurata riflessione, durante la quale era stato quasi sempre in camera sua e non si era praticamente fatto vedere dai due americani, decise che Emily non era pazza, ma anche che probabilmente non l’avrebbe mai capita. Decise anche che qualsiasi cosa sarebbe accaduta in futuro non si sarebbe mai più dovuto trovare in quella situazione di disagio: aveva imparato sulla propria pelle che ci sono emozioni che non si possono mostrare in pubblico correndo il rischio di apparire debole. Era questo il vero segreto del Fantasma dell’Opera.

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Capitolo 11
*** Non si origlia Mademoiselle! ***


AVVISO: Molti compositori hanno nomi impronunciabili, non volermene Lettore! La scelta della Rapsodia Ungherese è stata motivata solo dalla difficoltà del brano: volevo un qualcosa che richiedesse una tecnica perfetta e che contenesse molte sfumature di colore. Questo è il link della Rapsodia: http://www.youtube.com/watch?v=Tp27ji7CmPsChiedo scusa per l’accostamento dei pensieri di Emily (leggi Lettore e capirai a cosa mi riferisco!) ma è stato più forte di me! Satie, invece è stato scelto perché, almeno in questo pezzo, è abbastanza facile ed ha una sonorità che a me piace molto; questo è il link: http://www.youtube.com/watch?v=k1tyVlKjJZISpero ti piaccia e, se vuoi, dimmi cosa ne pensi! Anche le critiche costruttive sono ben accette!
 
 
 
 





  Erano passate settimane da quello che Emily chiamava “l’incidente dello specchio”, anche se era ovvio che di accidentale ci fosse stato ben poco. In quel lasso di tempo Erik aveva ricominciato a suonare; non la sua musica, che si rifiutava ancora di fargli visita, ma Debussy, Puccini, Richard Strauss,  Gustav Mahler , György Ligeti, Zoltán Kodály, Gherhwing, Arnold Schönberge molti altri.
Aveva trovato gli spartiti in una libreria accanto al pianoforte ed, incuriosito da come anche la musica fosse cambiata tanto; da come le note si accompagnavano in maniera così inusuale rispetto a come era abituato non aveva resistito alla tentazione di suonarli. quasi come un bambino prova un giocattolo nuovo! Così aveva passato tre notti consecutive in compagnia di questi compositori, e di qualche vecchia conoscenza, dimenticandosi persino dove si trovasse.
La sua nuova routine fu momentaneamente interrotta il quarto giorni quando trovò dei mobilieri intenti a smontare la biblioteca; chiese spiegazioni a Emily la quale gli disse che, sebbene lei ed Alex adoravano sentirlo suonare dovevano dormire la notte e di conseguenza facevano insonorizzare la stanza. “Poi potrai anche organizzare anche un concerto rock!” aveva detto prima di riprendere ad esaminare i campionari per la nuova tappezzeria. Una volta terminati i lavori Erik trascorreva gran parte del suo tempo a suonare, continuando a mantenere una certa distanza con i suoi ospiti; anche se non aveva capito cosa fosse un concerto rock!
Il Giorno del Ringraziamento Alex ed Emily erano in cucina occupati il primo con il tacchino e l’altra con la crema chantilly. “Perché prepariamo un pranzo del ringraziamento? Con il Fantasma dell’Opera in casa?” chiese il perito, preoccupata dalla travolgente socievolezza di Erik, al fratello.
Perché in ospedale c’è stata una congiura!” rispose Alex seccato perché i suoi colleghi si erano praticamente autoinvitati. Di norma ne sarebbe stato felice ma ospitare il Fantasma dell’Opera voleva dire non sapere mai cosa aspettarsi!
Noooo … la Congiura del Ringraziamento! Deve essere un piano veramente diabolico!! Mi vengono i brividi al solo sentirla nominare!” commentò l’altra in tono decisamente canzonatorio.
Non fare troppo la spiritosa! Potresti pentirtene sorellina! Hai parlato con Erik?
Si: ha detto che appena il primo invitato suonerà al campanello sparirà senza lasciar fumo di sé!” rispose lei riferendo le parole del Fantasma solo in modo più diplomatico.
Immaginavo.” Fu tutto quello che disse Alex mentre, finito di filtrare la salsa ai mirtilli, si apprestava a sventrare il tacchino come se stesse per eseguire un vero intervento.
Che fai?” chiese la ragazza dopo alcuni minuti passati ad osservare il medico. “Taglio il tacchino!” rispose questi con aria di ovvietà.
No! Tu stai operando un tacchino! È diverso! Ed allora io metto la mille foglie in frigo ed esco dalla sala operatoria!” disse Emily prima di fuggire dalla cucina.  Alex era una persona estremamente precisa, che si approcciava a qualunque cosa con la stessa pragmaticità della sala operatoria: operando tacchini, polli o conigli, e suturando gli involtini invece di fare un semplice nodo: tutti particolari che Emily trovava da potenziale serial killer!
Si diresse verso l’ingresso per salire al piano superiore ma si arrestò davanti alla porta semiaperta della biblioteca dove Erik suonava la Rapsodia Ungherese n2 di Listz. Era sublime! Ogni nota era valorizzata al massimo e faceva desiderare ardentemente la successiva. Solo l’inizio, aspro e deciso, sarebbe bastato per far morire di invidia i migliori pianisti del Lincoln Center! L’esecuzione andava avanti ed Erik passava dai forti ai piano; affrontava trilli, scale ed accordi con la naturalezza con cui il resto del genere umano respira! Emily rimase folgorata quando si rese conto che l’uomo suonava tutto il brano completamente a memoria; era sicura di non possedere quello spartito troppo difficile per lei. Fu costretta a trattenere una risata, portandosi le mani alla bocca, quando l’unica parte del suo cervello funzionante mischiò l’immagine di Bugs Bunny che saltella sul pianoforte ed il volto mascherato di Erik. Se lui l’avesse scoperto l’avrebbe senza dubbio uccisa! L’esecuzione era proseguita in un crescendo di intensità lasciandola immobile, pietrificata anche quando fu terminata.
Lo sai che non si origlia mademoiselle?” disse una voce calda e profonda dalla stanza prima che la porta scorrevole si aprisse completamente.
Io non stavo origliando! Volevo andare di sopra … e la porta era aperta … e …” perché si sentiva come una bambina pizzicata con le mani nella marmellata?
E?” chiese inclinando leggermente la testa.
E mi sono fermata ad ascoltare … è che non ho mai sentito la rapsodia …” nonostante il forte imbarazzo che pervadeva la ragazza, arrossandole le gote e le impediva di formulare frasi correttamente, Erik inarcò un sopracciglio lanciandole uno sguardo indagatore “No … in realtà l’ho sentita non so quante volte … ma mai così!” Erik si avvicinò, con movenze calcolate, e si portò ad un solo respiro dall’americana. “Perché? Com’era?” Le soffiò in un orecchio.
Emily rispose in un sussurro. Non era ancora abituata a quei modi da Fantasma dell’Opera! Anche se dalla notte dello specchio aveva abbandonato il suo fare intimidatorio, quando era sola con lui si sentiva schiacciata e sovrastata dalla sua forza (o magnetismo o non so che) celata dietro i gesti controllati di Erik “Era magnifica!
Erik ghignò compiaciuto prima di rientrare in biblioteca, lasciando la porta aperta. Emily rimase ferma un momento, non capendo se quello era un invito, poi si decise ad entrare. Al massimo l’avrebbe cacciata! Trovò l’uomo che sfogliava un libro di spartiti cercando qualcosa da suonare; chiuse il libro e rimase ad una certa distanza per non compromettere troppo le capacità logiche e verbali dell’americana.
Tu suoni, vero mademoiselle?
Come aveva fatto a scoprirlo? Erano anni che non lo faceva! E di certo non erano rimaste molte tracce delle ore passate a solfeggiare il valzer dei pesciolini ed a fare scale! “Ma come lo sai? È stato Alex?”
No. Sono state le tue mani ed il modo in cui le muovi.” Emily si guardò le mani alla ricerca di quello che aveva visto il Fantasma senza riuscirci, e questi proseguì “Alcuni dei gesti che fai mentre scrivi al computer: solo che ha studiato pianoforte per anni riuscirebbe a compierli in modo così naturale! E poi sul pianoforte ci sono le iniziali E W.
Emily era allibita e senza parole! Decisamente le capacità logico deduttive di Erik superavano le sue aspettative! L’aveva vista rispondere al massimo a due o tre mail!
Allora mademoiselle?” la incalzò avvicinandosi di un passo. “Si suonavo, ma molti anni fa.
Suonavi?
Suonavo. Il che vuol dire che non lo faccio più e … no, non ne voglio parlare!
Erik non si aspettava certo quella risposta piccata, ma d’altronde lui non voleva di certo parlane! “Suoneresti per me?
 “No!” Emily si accorse di essere stata decisamente più brusca del dovuto ma quella scena le era vagamente familiare! E poi non aveva affatto voglia di suonare!
No? E perché?” l’uomo aveva fatto un passo avanti ed aveva reso la sua voce più suadente del solito, tanto che Emily dovette respirare profondamente prima di poter rispondere “Perché saranno passati almeno dieci anni dall’ultima volta che ho suonato … non so nemmeno se mi ricordo cosa sia una scala minore e … e tu vuoi che suoni?
Io non voglio le scale o la teoria musicale! Io voglio che suoni!” mentre Erik parlava Emily capì profondamente Christine mentre diceva “L’Angelo della musica è molto severo!”! Guardò prima lo strumento e poi il francese, cercando di decifrarne lo sguardo “Erik … no …
Mi va bene qualsiasi cosa.” Disse l’altro con voce diabolicamente ferma mentre indicava il pianoforte con la mano.
Emily sospirò rassegnata. “Ti hanno mai detto che sei dannatamente testardo?” gli disse quando, mentre si avvicinava al pianoforte, lo trovò di fronte sé.
Lui ghignò “Diciamo che hanno espresso lo stesso concetto in modi peggiori!
L’americana raggiunse lo strumento e, senza nemmeno sedersi, premette un tasto a caso della tastiera. Erik dovette impegnare ogni fibra del suo essere per trattenere l’ira, solo osservando il tremore delle sue dita la si poteva intuire! “Non era questo quello che ti ho chiesto!” disse controllando l’intensità ed il tono della voce.
No! Tu hai detto che potevo suonare qualsiasi cosa! Ed io l’ho fatto!
Lo stava davvero sfidando apertamente? Incredibile! Inutile dire che Christine non avrebbe mai fatto una cosa del genere al suo Angelo! “Anche tu sai essere dannatamente testarda mademoiselle!
L’ho sempre considerata una virtù!
Perché non vuoi suonare?”addolcì la voce e decise di usare le buone maniere; in effetti gli venivano in mente molti buoni motivi per cui Emily si sarebbe potuta rifiutare, visto chi era! Ma nessuno si avvicinava minimante alla risposta della ragazza.
Perché odiavo suonare … forse mi sarebbe anche potuto piacere, ma i miei mi costrinsero a studiare pianoforte ed in breve tempo lo odiai. Quando trovai un buon motivo per smettere fui davvero felice! E poi non so se mi ricordo ancora qualcosa!” Emily tralasciò di dire che l’idea di suonare per il Fantasma dell’Opera la turbava non poco!
Si avvicinò ad Emily lentamente. “Chiudi gli occhi.” le disse mente le posava una mano sul viso. Lei provò a balbettare un “Cos ...?” ma Erik le sussurrò ad un orecchio rendendo la sua voce leggera come la seta ed abbattendo tutte le difese razionali della ragazza “chiudi gli occhi”; con l’altra mano la condusse al seggiolino e la fece sedere ”Concentrati solo sulle mani e suona.
Le capacità persuasive di Erik erano davvero immense! Fu solo quando sentì il suono dello strumenti che si accorse di stare suonando. Emily aprì gli occhi incredula, ma le mani che si muovevano sulla tastiera erano proprio le sue! Rimase ancora più stupita quando si rese conto di non stare sbagliando una nota.
Erik ascoltò attentamente, non distogliendo gli occhi dalla ragazza. La musica era lenta, cadenzata, dissonante e dall’andatura ballonzolante, ma non era affatto sgradevole. L’esecuzione non era certo perfetta, ma, considerando che Emily non aveva suonato negli ultimi dieci anni, l’americana se la cavava abbastanza bene. Quano il brano terminò Emily sollevò le mani incredula: com’era finita in quella situazione? Eppure era sicura di non voler suonare! Avrebbe messo la mano sul fuoco su questo punto! Come diamine aveva fatto il Fantasma a manipolarla in quel modo? Erik interruppe il corso dei suoi pensieri “Cos’è?
La Gnossienne N1 di Satie” rispose con voce assente.
Erik rimase immobile: le mani intrecciate dietro la schiena e gli occhi fissi su quelle di Emily: avevano perso confidenza con lo strumento, ma avevano conservato una postura quasi accettabile, anche se poco elegante e troppo alta.
Risuonala da principio.” disse con voce profonda.
Immagino non accetterai un no come risposta? “ chiese Emily rassegnata.
Exacte.” (esatto, nda) Rispose freddamente l’uomo alle sue spalle e lei non ebbe altra scelta che risuonare la Gnossienne da capo. Questa volta Erik le suggeriva le correzioni da apportare all’esecuzione: postura, diteggi, ritmo, penalizzazione … nulla sfuggiva all’acuto orecchio del Fantasma. Terminato il brano dovette ammettere di non aver mai suonato Satie a quel modo! Non pensava nemmeno di esserne capace!
Non suoni tanto male mademoiselle!” Emily storse il naso a quel mezzo complimento incurante che il Fantasma continuava a parlare “Potresti migliorare molto se volessi!” Erik non aveva doppi fini, aveva solo visto del talento musicale in Emily Wandervitt; abbastanza da riuscire a farla suonare in modo vagamente accettabile dopo svariati anni di mancato esercizio! Ed il suo senso musicale detestava di veder sprecato il talento!
A quelle parole Emily non poté impedire alla propria schiena di essere scossa da un brivido gelido che non passò certo inosservato al Fantasma. “Non è quello che puoi pensare. Hai del talento musicale mademoiselle! Più di quanto pensi! E sprecarlo sarebbe un peccato.
Emily sospirò mentre decideva se Erik stesse mentendo o no. Non si era mosso, non aveva conferito alla voce una forma diversa da quella che gli aveva dato madre natura e non aveva nemmeno visto uno dei suoi tipici ghigni. Alla fine decise di adottare il principio dell’innocente fino a prova contraria, prova che a lei mancava! “Ti ringrazio ma non credo di averne! Sono incapace di suonare qualsiasi cosa scritta prima del 1800, sospetto di essere allergica a Bach e non riesco a ricordarmi una regola di teoria per più di cinque minuti! Ma apprezzo quello che hai detto e se cambierò idea sarai il primo a saperlo!” disse con calma mentre si avviava verso la porta.
Il Fantasma fece un leggero cenno col capo “Come preferisci, ma non direi che hai del talento se non fosse vero!
Emily raggiunse la porta e proprio nel momento in cui poneva la mano sulla maniglia Erik iniziò a sonare la Gnossienne. Rise constatando la diabolica precisione dei suoi tempi scenici! “Buon ringraziamento Erik!
Anche a te mademoiselle!” e si chiuse la porta alle sue spalle.

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Capitolo 12
*** One day it's simply there ***


AVVISO: caro Lettore, lo so che non è periodo di Natale ma ti assicuro che lo uso solo come pretesto, oltre che come riferimento temporale! Infatti non è molto natalizio! Se vorrai sentire la canzoncina che disturba Erik ti lascio il link http://www.youtube.com/watch?v=Yjcu4-E-PFE (è la più ridicola che mi sia venuta in mente! Ma il contrasto tra la smorfia disgustata di Erik ed il “tampaty tampaty tampaty tampaty tamp” del coro era troppo divertente! Un giorno mi impiccherà per come lo tratto!) Anche se non lo ritengo un gran capitolo, spero ti piaccia e, se vuoi, dimmi cosa ne pensi!
PS: spero di aver coniugato correttamente il verbo in francese ma se non l’ho fatto correggetemi!
 







  Erik Destler era comodamente seduto sul divano della biblioteca intento a leggere un libro di immunologia ignorando la neve che cadeva su New York e che riusciva a sporcarsi prima ancora di toccare il suolo. Virus e batteri erano decisamente più interessanti di stupidi fiocchi di neve! La medicina era sempre stata uno dei suoi molteplici interessi e lo studio di Alex aveva una fantastica biblioteca medica. Sebbene i libri usassero tutti linguaggio tecnico abbastanza specifico per Erik non si trattava di una lettura eccessivamente complicata: in fondo aveva sempre imparato da autodidatta.
Le settimane erano corse veloci in casa Wandervitt con poche o nessuna novità rispetto al Ringraziamento, eccezion fatta per gli enormi scatoloni arrivati il giorno prima che avevano reso l’umore di Emily particolarmente allegro.
La sua lettura fu interrotta da una musica … una musica di natale? Una ridicola musica di Natale su un pupazzo di neve di nome Frosty??!! Era arrivato Natale e lui non se ne era accorto?! Non che gli importasse del Natale, ma voleva dire che era a New York da più di tre mesi! La musica proveniva dal salotto da dove si sentivano anche le voci dei fratelli Wandervitt discutere sul “senso artistico nel piegare i rami”. Guardò indeciso il libro, momentaneamente appoggiato sul divano, non sapendo se seguire la curiosità e vedere cosa stessero combinando quei due oppure rimettersi a leggere ed ignorarli; loro e quella ridicola canzoncina orrenda con i sonaglini! Vinse la curiosità. Erik uscì dalla biblioteca, rendendosi impercettibile alla vista ed all’udito, e si portò dietro la soglia del salotto nel più assoluto silenzio.
Il salone era una stanza molto grande per una parte occupata dal tavolo da pranzo dalle pareti  chiare con qualche quadro appeso; c’erano un tavolino in vetro basso ed un lungo divano color crema dalle linee moderne. Tutta la stanza era piena degli scatoloni arrivati il giorno prima: erano stati aperti ed il loro contenuto sparpagliato in modo caotico. Si trattava di dozzine di addobbi natalizi della più varia foggia: palline in vetro, decorazioni in legno, ghirlande ed altri ancora. Lo sguardo di Erik fu attirato dai due americani intenti a montare un albero finto che arrivava quasi fino al soffitto.
Emily era salita su una sedia, mentre Alex era rimasto a terra ed entrambi cercavano di montare la parte più alta dell’albero in modo che fosse dritta. Ad un certo punto Emily perse la presa e quell’insieme di plastica e brillantini argentati finì addosso al medico che si ritrovò completamente sommerso dai glitter. Emily scoppiò a ridere ammirando il contrasto tra la, ormai, ridicola tenuta del sempre preciso dottor Wandervitt e lo sguardo omicida nei suoi occhi. Alex sapeva che l’otto dicembre non era mai la sua giornata fortunata! Tutto grazie alle brillanti idee della sorella!
Erik aveva assistito a tutta la scena non visto ed era rimasto impassibile fino a quando Emily non aveva iniziato a ridere. Era bella quando rideva. No bella non era esatto: era luminosa! Rendeva persino l’espressione truce e furente di Alex meno minacciosa! La risata di Emily era acuta ma non stridula, leggera e cristallina. Nelle orecchie del Fantasma divenne una musica … una danza vivace … un rondò. Si mise a suonare quasi senza rendersene conto e le note uscirono praticamente da sole. Come ogni volta che la Musica si impadroniva di Erik l’uomo era costretto a darle sfogo. In quei momenti non era né Erik Destler né il Fantasma dell’Opera, ma solo uno strumento della Musica che si propagava in lui come una scarica elettrica che non gli lasciava scampo! Suonata la danza cercò un foglio pentagrammato per fermare le note sulla carta, ma si dovette accontentare di un semplice foglio bianco in cui scrivere gli accordi in forma abbreviata, e passò il resto della giornata a perfezionare la sua composizione.
Dopo diverse ore aveva trovato la forma perfetta: non era molto lungo ed era in La minore, tonalità che aveva permesso al brano di avere un colore limpido e luminoso.
 “È bellissima ... di chi è?” Erik era talmente concentrato sulla sua musica da non essersi accorto che Emily era entrata nella stanza, restando sulla soglia con un vassoio in mano.
È … mia!” il Fantasma esitò nel pronunciare l’ultima parola che uscì con un inaspettata possessività, ancora scosso per la violenza con cui la Musica si era fatta viva dopo anni di silenzio.
È meravigliosa!”  Emily non aveva mai sentito Erik suonare una sua composizione ed era rimasta molto scossa da cosa fosse capace di tirare fuori da quegli ottantotto tasti. Era il brano più splendente e meraviglioso che avesse mai udito! Era come una mattina di primavera piena di Sole dopo giorni di pioggia incessante! “È bellissima! Ha già un nome?
In effetti no.” Disse guardando pensieroso il foglio, ormai ridotto ad una serie di scarabocchi incomprensibili a tutti fuorché a lui. Si voltò verso l’americana che aveva posato il vassoio sulla scrivania accanto al pianoforte; il suo volto portava ancora i segni della meraviglia per la sua Musica.Cos’hai portato?”
Tea e biscotti allo zenzero. Tradizione di Natale!” rispose sorridete mentre porgeva all’uomo una tazza di tea accompagnata da qualche biscotto.
Hai avuto un permesso speciale per mangiare biscotti alle sei e mezzo?” chiese Erik rigirandosi uno di quegli strani biscottini a forma umana tra le mani. Anche se non passava molto tempo con i suoi ospiti aveva comunque imparato molte cose sul loro conto; ad esempio sapeva che Emily era molto golosa di dolci (tanto che in quella casa non mancavano mai torte o muffins) il cui consumo era rigidamente regolato e controllato da Alex.
Lei abbasso gli occhi colta in flagrante “Prima c’è stato un piccolo incidente con l’albero … ed Alex è andato in ospedale alla ricerca di un buon intervento per tirarsi su il morale!” Erik annuì facendo finta di non sapere di cosa stesse parlano “Temo che questa sera sarai solo perché non ho idea di quando Alex tornerà ed io devo andare ad un party.” proseguì dopo qualche minuto di silenzio con aria un po’ rassegnata.
Non mi sembri molto contenta.
Il party è organizzato da uno dei miei migliori clienti … ci sarà tutta la New York che conta … quindi devo andarci, ma con questa neve preferirei restare a casa avvolta da una coperta di pile a vedere un vecchio film anni ’50!” spiegò guardando fuori dalla finestra: ad Emily piacevano le nevicate, ma solo quando tra loro c’era una bella finestra a doppio vetro!  
Erik rassicurò la ragazza ricordandole che era già capitato che in casa non ci fosse nessun altro oltre che lui. “Ho passato tutta la vita dal solo ed in posti ben peggiori di casa tua! Credo che riuscirò a sopravvivere!” aveva concluso con un ghigno da Fantasma dell’Opera triste a cui Emily non badò molto rispondendo “Nessuno dovrebbe passare tutta la vita da solo!
Perché quando Emily parlava così non riusciva mai a trovare qualcosa da ribattere? Nonostante le sue affermazioni gli sembrassero tremendamente ingenue non trovava mai nulla da obiettare! Nessuno doveva vivere tutta la vita da solo, ma nessuno era stato più solo di lui durante tutta la vita! Avrebbe avuto molte cose con cui opporsi! Tuttavia la voce di Emily racchiudeva sempre una nota di decisa determinazione che lo lasciava disarmato!
Bevvero il tea parlando di molte cose: erano tante le curiosità che Erik iniziava a nutrire sugli anni 2000 ed Emily le soddisfaceva tutte; d’altro canto la ragazza rimaneva sempre sbalordita ascoltando frammenti della vita del Fantasma. Sembrava che aver vissuto per anni nei sotterranei di un teatro fosse la più normale delle cose che avesse fatto! Ad ogni modo lui stava ben attento a scegliere aneddoti che non turbassero la sensibilità dell’americana. Terminata la bevanda Emily si congedò e lo lasciò  con la sua musica.
Questa era una scena che dal Ringraziamento si stava ripetendo abbastanza spesso: ad una cera ora Emily entrava in biblioteca, magari con del tea, e parlavano di musica (anche se l’americana continuava a non voler suonare amava profondamente la musica!), di Shakespeare (autore prediletto da entrambi), e di tutte quelle cose degli anni 2000 a cui Erik non riusciva a trovare un senso (e spesso Emily doveva ammettere che di senso non ne avevano affatto!); parlavano di tutto e di niente con una naturalezza che lasciava Erik senza parole! Certo Emily saltava letteralmente dalla poltrona quando il senso teatrale del Fantasma dell‘Operasi palesava in tutto il suo splendore, ma non mostrava mai terrore o disgusto nei suoi confronti!
A dire il vero le prime volte non era stato affatto felice delle intrusioni della ragazza e la ignorava continuando a suonare; lei si limitava a sedersi sul divano e lo ascoltava restando ferma e zitta. In questo modo Erik presto riusciva a concentrarsi pienamente sulla musica dimenticandosi di avere un pubblico; dopo un po’ si girava e non la trovava più, rimaneva solo la teiera con  la bevanda ancora calda, sebbene preparata molto tempo prima.
Un giorno, in cui il suo umore era particolarmente pessimo, l’aveva rimproverata di essere ostinata e testarda, lei gli aveva sorriso rispondendo “Se non lo fossi non sarei qui!” e dal tono usato Erik aveva intuito che non intendeva dire solo “in questa stanza ed in questo momento.”; così da quel momento avevano iniziato a parlare. Le loro conversazioni erano sorprendentemente facili e stimolanti, ma c’erano due argomenti che restavano innominati: Christine, perché lei non voleva mettere sale su una ferita aperta, ed il passato di Emily, c’erano cose più interessanti della vita che l’americana aveva condotto fino a poche settimane prima! Visto quanto fosse piacevole la sua compagnia, e che lei cercava sempre di non interromperlo, Erik le concesse il permesso di entrare liberamente in biblioteca mentre suonava, anche solo per ascoltarlo; privilegio che non fu riservato nemmeno a Christine.
Verso le nove il perito bussò delicatamente alla porta prima di aprirla leggermente ed Erik la vide avvolta in un lungo cappotto nero da cui emergevano frammenti dell’elegante abito da sera. Dovette ammettere che era molto bella: l’abito era lungo, dalle linee semplici e senza fronzoli, realizzato in seta blu cangiate metteva in risalto i suoi occhi; mentre il trucco era apparentemente inesistente, ad eccezione delle labbra laccate color ciliegia. Tutto l’insieme era semplicemente delizioso! Certo non era paragonabile alla bellezza eterea della sua Christine: Emily Wandervitt era decisamente più terrena, carnale e consapevole della propria femminilità.
Buona notte Erik!” lo salutò con un sorriso.
Amusez-vous mademoiselle!” ricambiò con un cenno del capo. (divertiti mademoiselle, nda)
Rimasto solo, quando anche il taxi si fu allontanato, il Fantasma fu preso da uno strano desiderio completamente inaspettato: per una sola, singola, millesimale frazione di secondo desiderò con tutte le sue forze che la donna fugacemente apparsa sulla porta rimanesse con lui, anche solo per ascoltarlo o per continuare a conversare! In fondo, si era giustificato, non voleva nemmeno andarci a quella festa!

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Capitolo 13
*** Il fratello maggiore ***


AVVISO: caro Lettore questa volta non devi temere niente dalla mia mente malata! Mi prendo solo qualche minuto del Tuo tempo per ringraziarti di aver seguito il mio racconto fino ad ora! Dato che con la pubblicazione del capitolo n. 13 questa diventa la ff più lunga da me pubblicata vorrei fare un sentito ringraziamento a coloro che hanno recensito la mia storia per tutti questi capitoli, e che sono sempre riuscite ad essere incoraggianti e di supporto! (anche quando non era affatto facile esserlo!) Detto questo Ti auguro buona lettura e Ti chiedo di dirmi, se vuoi, la tua opinione sul mio scritto. (le opinioni di chi mi legge sono per me un feedback molto importante!)
Buona lettura.
 
 
 





  “Emily scendi immediatamente da lì!” in una fredda mattina di fine gennaio Alex Wandervitt cercava di ricordare alla sorella che per fare colazione esistono i tavoli e non i mobili dispensa. Com’è vero che le brutte abitudini prese da piccoli sono difficili da mandare via! Emily scese dal mobile e si diresse verso il tavolo lanciando una linguaccia all’uomo che si limitò a scuotere la testa sconsolato: aveva perso il conto di quante volte quella scena si fosse ripetuta negli ultimi mesi!
Com’era San Pietro Burgo?
Orrendamente fredda ed oscenamente opulenta!” rispose Emily con un colpo di tosse. La ragazza era appena tornata dalla Russia dove era stata chiamata da uno di quegli stravaganti oligarchi che appena mettono piede fuori dalla loro patria diventano l’oggetto del gossip del bel mondo per le loro eccentricità.
Come mai avevano tanta fretta?” chiese Alex pensieroso.
Non ne ho idea! Ma se ti offrono un assegno a otto cifre chiedendoti di arrivare immediatamente per valutare il ritratto della nonna non puoi certo rifiutarti?” si interruppe per un altro piccolo colpo di tosse “Spero solo che quella fosse davvero la nonna …” proseguì assorta.
Sperando di sbagliarsi Alex posò il caffè sul tavolo e visitò Emily con particolare attenzione alle vie respiratorie. Senza dire una parola tastò alcuni punti precisi del viso e del collo; alla fine sentenziò “Complimenti sorellina! Ti sei ammalata!
E tu hai dei modi che farebbero invidia ad House!” rispose un po’ seccata l’altra.
E tu sei una paziente idiota!” ribatté il dottore immedesimandosi per un attimo nel personaggio.
Non è vero!!
Si è vero! Sei capace di avere la febbre talmente alta da svenire, e poi, appena ti senti un po’ meglio, dimentichi gli antibiotici!” nella voce di Alex c’era un punta di irritazione perché quanto detto era successo più di una volta ed era un lato della sorella che odiava. Lei abbassò gli occhi non potendo ribattere nulla.
Dopo qualche istante di riflessione proseguì non lasciando possibilità di repliche “Finisci di fare colazione e poi cambiati: vestaglia e camicia da notte in seta non sono l’abbigliamento adatto per i malati. E poi voglio che passi la giornata a letto.
Cosa??” esclamò lei con una di quelle espressioni che le erano valse il soprannome di coniglietto.
Voglio che ti riposi!” visti gli stati pietosi che la ragazza raggiungeva da malata era meglio premunirsi per tempo! Sospirò ed addolcì la voce “Se mi dai le chiavi del tuo appartamento prima di andare in ospedale ti porto qualche dvd.
Audrey e Judy Garland?” il fratello annuì e lei acconsentì “Le chiavi sono nel porta biscotti.”
Terminata la colazione Emily seguì le prescrizioni del medico che, come promesso, prima di andare in ospedale le portò diversi dvd: tutte commedie dei tempi d’oro di Hollywood: Sabrina, Indovina chi Viene a Cena, Cenerentola a Parigi, Incontriamoci a San Luis, Ti Amavo Senza Saperlo, A Qualcuno Piace Caldo solo per citarne alcuni. Emily amava molto quel genere di film, non tanto per la storia più o meno romantica, ma perché riuscivano sempre a farle tornare il buon umore. Inoltre non deludevano mai il lieto fine, elemento essenziale perché un film le potesse piacere!
Durante tutto il turno Alex fu di pessimo umore, nemmeno il caso del giorno (un idiota che, per provare se il forno a microonde funzionasse, aveva deciso di ustionarsi mano e braccio sinistri) gli aveva migliorato il morale. Aveva provato più volte a contattare la sorella senza riuscirci, evidentemente si era dimenticata di accendere il cellulare. Dopo undici ore di turno voleva solo vedere come stava Emily.
Rientrò a casa e salì al piano nobile senza togliersi il cappotto; entrato nella camera di Emily trovò tutto come avrebbe voluto: un certo ordine nella stanza (cosa che non faceva mai male!) il pc della sorella appoggiato su una poltrona, e la ragazza che dormiva con una confezione di medicine sul comodino. C’era solo una cosa che non andava: Erik Destler! L’uomo era davanti alla finestra immobile ed impassibile con le mani dietro la schiena. “Buona sera dottore!” lo salutò ma la cortesia delle parole non rispecchiava certo il tono di voce.
Che ci fai qui? Che le hai fatto?” se gli sguardi fossero capaci di uccidere il Fantasma dell’Opera sarebbe morto all’istante!
L’altro scosse la testa con il suo solito fare teatrale “Se io fossi in te … dottore … esordirei con un grazie!” disse prima di diventare molto serio “Oggi pomeriggio tua sorella è scesa in biblioteca mentre suonavo, quando ha deciso di risalire in camera mi è praticamente svenuta tra le braccia per la febbre troppo alta.” Se prima aveva usato un tono allusivo, appena iniziato il racconto la voce del Fantasma era diventata seria e precisa, quello non era tempo di giochi e scherzi ai danni del prossimo. “L’ho portata a letto e dato due di quelle pillole circa due ore fa.”
Alex si avvinò al comodino per esaminare medicina e dosaggio: tutto giusto lui non avrebbe potuto far di meglio. “Ma come hai fatto?
Il francese rispose con aria di sufficienza “In Persia ero medico di corte ed ho finito di leggere tutti i tuoi libri di medicina poco dopo Natale.”
Ma …” quando diamine aveva trovato il tempo per leggere tutta quella roba?
Ma Erik lo precedette “Le diable ne dort jamais!” (il diavolo non dorme mai, nda)
A quel punto Alex si limitò ad un leggero cenno del capo come ringraziamento. Diamine non gli doveva mica stringere la mano o abbracciarlo! Anche se era stupito della facilità con cui l’uomo aveva appreso cose che lui aveva studiato per anni ed anni!
Le capita spesso?” la voce di Erik era più penetrante del solito, quasi la risposta fosse da cercare con i raggi x tra i ricordi del medico.
La verità è che si era davvero preoccupato per le sorti di Emily, già da quando verso le quattro era scesa in biblioteca. Quando poi era svenuta e l’aveva dovuta sorreggere e portare in camera sua si era soffermato ad osservarla molto attentamente: il volto stanco ed arrossato, il sudore ed il petto che si alzava ed abbassava un po’ più freneticamente del normale. Le aveva tastato la gola e non ci aveva messo molto per capire quale fosse il problema. Una voce dentro di lui gli aveva suggerito di rispedire la ragazza in camera o in soffitta a fare altro, quando l’aveva vista, ma le parole non avevano avuto il coraggio di uscire mentre ammirava per l’ennesima volta gli occhi di Emily.
Da quando aveva iniziato a concentrarsi così tanto su quel dettaglio? Non lo sapeva! Sapeva solo che da quando lo faceva tutte le sue difese, almeno con lei, si stavano lentamente sgretolando; e sapeva anche che era una cosa che non doveva accadere! Ma sapeva anche che si trattava di due calamite a cui non riusciva a resistere! Forse perché al loro interno si rifletteva una persona e non un mostro? Altra domanda senza risposta! Il Fantasma dell’Opera, ed Erik Destler prima ancora, erano maniaci del controllo ed ora questa situazione di incertezza era insostenibile. C’era un'altra cosa che Erik sapeva, l’aveva imparata quel giorno: provava un tremendo fastidio se pensava che un piccolo e minuscolo batterio era riuscito a spegnere, anche solo temporaneamente, la luce che animava sempre quegli occhi verdi.
Cosa? Ah … che la febbre la riduca così? Abbastanza.” Alex si era seduto sul letto e guardava preoccupato Emily, cercando di consolarsi pensando che, almeno ,non aveva delirato.
Ci tieni davvero molto a lei.” Era una semplice costatazione, non una domanda. Alex si voltò e lo guardò allibito “È mia sorella!” Ma l’altro scosse la testa e si spiegò meglio con un ghigno vagamente divertito ed una voce capace di mettere i brividi alla maggior parte degli uomini “Non hai capito dottore: ne ho visti tanti di bravi fratellini maggiori di buona famiglia prendersi cura delle proprie tenere sorelline; ma credimi: nessuno avrebbe mai fatto quello che hai fatto tu!
Alex Wandervitt, prima ancora che il Fantasma dell’Opera mettesse piede sul suolo americano, gli aveva fatto capire, senza troppi giri di parole, che, se avesse fatto del male ad Emily in qualsiasi modo o momento, lui lo avrebbe aperto da parte a parte con un bisturi dieci; ed Erik non aveva avuto dubbi che avrebbe fatto del suo meglio per mantenere la parola! Nessuno all’Operà, o fuori, si sarebbe mai sognato di osare tanto! Persino il dannato Visconte si era presentato nella sua dimora brandendo come unica arma quel patetico “libera perché l’amo!”! Bisognava almeno prendere atto che Alex era una persona coraggiosa!
Mentre accarezzava una guancia della sorella Alex sogghignò un po’ divertito “Evidentemente tutti quei bravi fratellini maggiori di buona famiglia erano un branco di stolti rammolliti!” e così facendo permise al Fantasma dell’Opera di vedere che sotto quella facciata da arrogante spaccone si celava una persona che gli assomigliava più di quanto avrebbe immaginato: forte, decisa, con una vena sadica (magari da coltivare un po’ in più!), ma soprattutto disposto a letteralmente tutto per la una persona amata.
Il medico continuò a parlare sovrappensiero “La verità è che avrei dovuto starle più vicino da piccola. I nostri genitori si sposarono molto giovani e forse all’epoca si amavano anche … ma presto la passione finì ed Emily più che il frutto dell’amore tra mogie e marito fu il frutto di troppo champagne … non le hanno mai perdonato di essere un errore … qualcosa di non voluto e che non era nei piani! Hanno sempre usato tutti i modi civili che l’Upper West side conosce per umiliarla …
Era questa l’inconfessabile ragione per cui Alex Wandervitt era particolarmente protettivo verso la sorella minore! La ricordava fin troppo bene disperata quando si era resa conto della verità celata dietro l’ipocrisia dei genitori; ricordava anche che era stata cresciuta come una bambola vuota il cui unico scopo (visto che era nata!) era quello di trovare un buon partito per aumentare l’influenza di suo padre.
Essere un errore … qualcosa di non voluto …
Le parole suonarono familiari alle orecchie di Erik perché erano più o meno le stesse che gli disse sua madre mentre gli imponeva di tenere nascosto il volto! Ma lui era un mostro! Poteva forse biasimare sua madre per avergli negato affetto e comprensione? “ma lei è …?” sussurrò pianissimo pensando ad alta voce mentre si inchinava per l’ennesima volta davanti all’infinita crudeltà umana.
Sentì il bisogno di uscire, in fondo ora Emily non era più sola, e di trovare conforto nella sua musica. Stavano succedendo troppe cose tutte assieme. Nella Dimora sul Lago le cose accadevano … ma con tutto un altro ritmo! E così il Fantasma sentì l’urgenza di trovare asilo tra gli ottantotto tasti del pianoforte. Senza fare il minimo rumore uscì e si diresse al piano inferiore.

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Capitolo 14
*** Il buon umore di Erik ***







  Alex rimase ancora a vegliare la sorella per qualche tempo chiedendosi perché mai tra tutte gli individui che abitano il pianeta avesse scelto proprio Erik per le sue confidenze. Per quelle confidenze! Si era tolto il cappotto ed aveva aspettato che Emily si svegliasse seduto sulla poltrona nell’angolo tra la porta ed il letto.
Quando la ragazza riprese conoscenza le chiese cosa fosse successo, poi si assicurò che mangiasse qualcosa prima di augurale buona notte e lasciarla sola con i propri pensieri, ovvero Erik!
Da quando Erik Destler aveva fatto la sua comparsa nella vita di Emily Wandervitt, la ragazza ne era sempre più affascinata. Si era ritrovata ammaliata da come quell’uomo potesse racchiudere in sé tante cose diverse e contrastanti, e di come il risultato fosse assolutamente unico ed inimitabile! Era capace di mostrare una determinata caratteristica ed il suo esatto contrario in meno di cinque minuti. Ci aveva messo un po’ per escludere la schizofrenia ed ancora oggi non era pienamente sicura della sua sanità mentale, ma non poteva non esserne intrigata!
Trovava sorprendente il modo assolutamente esterrefatto e curioso con cui si approcciava a molte delle novità del ventunesimo secolo: le missioni Apollo lo aveva incuriosito moltissimo; Google poi fu una rivelazione! Non che si mettesse a fare ricerche on line, ma l’idea di avere a disposizione tutto il mondo con pochi gesti doveva aver solleticato molte corde nella sua mente. Per non parlare di quelle cose, tendenzialmente sull’evoluzione della vita e delle consuetudini quotidiane, che per lui erano inconcepibili: la minigonna! La prima volta che aveva le visto indossare una gonna sopra al ginocchio Emily aveva faticato a trattenere le risate constando quanto lo scrittore del Don Giovanni, che lui stesso definiva trionfo del peccato sulla virtù, fosse un moralista bacchettone! Ma ci si poteva forse stupire? Ai suoi tempi le donne portavano svariati strati di biancheria, corsetti ed erano considerate maliziose se lasciavano intravedere la caviglia mentre salivano in carrozza. Per non parlare di certi abomini come i dischi dei cantanti moderni! Tutti meritevoli di incontrare il suo laccio, con pochissime eccezioni. Quella “roba” non era musica! Di altre cose non si stupiva minimamente: il branch (amatissimo dai Newyorkesi!) lo aveva etichettato come “Decisamente decadente! L’ennesima scusa per ubriacarsi appena svegli!”. In effetti la ragione del suo successo era proprio la possibilità di bere cocktails a mezzogiorno evitando di sentirsi persone malate dopo che si è fatto tardi la sera prima bevendo altri drinks! Di tutto quello che scopriva ne catturava l’essenza dietro i travestimenti. Strano per un uomo che aveva fatto della sua maschera la sua essenza! Forse perché la sua vita era trascorsa osservando quelle degli altri?
Senza soffermarsi sulla sua musica (assolutamente divina! Capace di raggiungere le parti più profonde dell’animo umano con precisione e potenza semplicemente disarmanti!) Erik era oggettivamente la persona più ammaliante che Emily avesse mai incontrato. Era capace di farle venire i brividi con una leggera alterazione della voce, e sospettava che si divertisse da morire quando la vedeva saltare come una molla dopo che lui si era esibito in uno dei suoi mille numeri da mago - ventriloquo. Tuttavia ne era fatalmente attratta.
Poi c’erano le sue mani! O meglio come muoveva le mani: che suonasse o no erano sempre movimenti precisi, armoniosi ed eleganti. Ovviamente il meglio lo davano mentre scorrevano sull’avorio del pianoforte: sembravano talmente a loro agio negli arpeggi e negli accordi che Emily si era convinta che lo strumento fosse una sorta di appendice dell’uomo, di una parte del suo stesso corpo da cui era stato privato alla nascita assieme al cordone ombelicale. Erano talmente ipnotiche che quando Emily entrava in biblioteca per ascoltarlo suonare era costretta a scegliere la poltrona che dava le spalle al pianoforte ed era rivolta al camino.
Da qualche settimana tra loro si era instaurato una specie di tacito accordo, una sorta di  muto appuntamento che si consumava tutti i giorni in biblioteca e che era diventato qualcosa a cui le costava rinunciare quando era fuori città.
Sapeva benissimo che Erik era una creatura pericolosa e che se avesse avuto delle istruzioni ci sarebbe stato scritto a caratteri cubitali “Stare alla larga! Pericolo!” o Mmaneggiare con molta cautela!”, tuttavia, almeno con lei, si comportava in maniera più che garbata. Se si escludevano le sue raccapriccianti uscite da Figlio del Diavolo! Con Alex erano tutto un altro paio di maniche, ma Emily si guardava bene dal mettersi in mezzo a quei due.
Nonostante tutto questo, i loro incontri proseguivano regolari e quel giorno non aveva fatto eccezione. Certo: non aveva in programma di finire svenuta tra le braccia del Fantasma dell’Opera! Se ci pensava diventava rossa dall’imbarazzo! L’indomani si sarebbe scusata ed avrebbe ringraziato in modo appropriato.
Il mattino seguente si svegliò molto tardi. Si sentiva come un termosifone che sta per scoppiare per la troppa pressione al suo interno, ma doveva comunque alzarsi e scendere per fare colazione! Impiegò diversi minuti per imporsi di uscire dalle coltri, ma con un po’ di sforzo riuscì a vincere la pigrizia iniziando da una buona doccia. Uscita dal bagno si diresse direttamente in cucina sentendosi decisamente meglio. Era una bella mattina di sole, il pallido e freddo sole degli inverni di New York, ma comunque sufficiente per donare alla casa con una luce confortevole.
Anche le cucina era una stanza abbastanza grande: una parete era occupata da una grande finestra per illuminare meglio il piano da lavoro e quello di cottura, a sinistra, tra l’angolo e la porta di servizio, c’erano il frigo a due ante ed il lavandino. Completavano la stanza un mobile alto (“per gli spuntini” come diceva Alex) corredato da due sedie da bar, sistemato di fronte ai fornelli e, più vicino all’altra parete, il tavolo in vetro per quattro persone. A destra della parete con la grande finestra c’era la porta che conduceva al corridoio. Tutti i mobili erano il legno chiaro con i ripiani in marmo bianco ricco di venature blu. Emily si preparò un toast e dell’espresso, e si sedette al mobile alto per mangiare.
Bon jour mademoiselle!” disse all’improvviso una voce melodiosa alle sue spalle ed Emily si voltò cercando vanamente di vedere il suo proprietario. “Mi sembra che tu stia meglio rispetto a ieri!” terminò il Erik apparendo da una parete. Quando avrebbe imparato ad usare le porte come il resto del genere umano? E poi come faceva ad apparire dal nulla? Casa sua non era certo ricca di passaggi segreti come l’Operà! Emily tremò e gli lanciò un occhiataccia per lo spavento a cui Erik rispose con un ghigno da Fantasma compiaciuto di non aver perso il proprio … tocco personale!
Rassegnazione. Era l’unica cosa che la ragazza riuscisse a provare in quel momento: Erik, in qualunque tempo o luogo, sarebbe sempre rimasto il Fantasma dell’Opera! “Buon giorno Erik! Siamo di buon umore, vedo …” lo salutò con una punta di ironia.
Si avvicinò alla ragazza lentamente, con passi calibrati ed uno di quei sorrisi macabramente divertiti che Emily aveva imparato a conoscere, ma che le suscitavano sempre una sorta di strisciante paura primordiale. Il Fantasma si godè pienamente la vistosa scintilla negli occhi della ragazza; apprezzava la sua compagnia ma certa irriverenza non l’ammetteva da nessuno! Le accarezzò il collo in modo ambiguo, tra il lascivo ed il minaccioso, con una lentezza esasperante; Emily perse l’equilibrio e se non cadette fu solo perché alle sue spalle c’era il tavolo di marmo. “Decisamente meglio.” Disse controllata la gola dell’americana, mentre ritraeva la mano riportandola nella tasca del gilet.
Lei lo guardo completamente allibita chiedendosi se, anche solo per un attimo, non avesse indugiato sull’idea di strozzarla.
Ancora un leggero ghigno, questa volta meno macabro. “No. Strozzarti mademoiselle non era nei miei piani!” disse in un flautato sussurro, come se Emily avesse formulato la domanda.
Ma come fai?” chiese lei: spesso aveva la sensazione che Erik le leggesse nel pensiero, ma era assolutamente certa dell’inesistenza della telepatia. Sapeva anche che tutte le sue peculiarità da Fantasma dell’Opera erano frutto di raffinati giochi di prestigio, i cui trucchi l’uomo custodiva gelosamente. Tuttavia riusciva a rispondere alle sue domande prima che prendessero forma sensibile.
La verità era che il francese aveva imparato a leggere i suoi occhi con la stessa facilità con cui si vede il fondale di un mare particolarmente cristallino. Questo non voleva certo dire che fosse riuscito a capire pienamente la ragazza! Ad ogni modo i prestigiatori non svelano i loro segreti, per tanto si limitò ad dire “Io sono il Fantasma dell’Opera, ricordi?” con una voce misteriosa ed un’espressione indecifrabile sul volto.
Era strano: per una frazione di secondo, una singola frazione di secondo (o infinitamente meno) Emily ebbe l’impressione che l’uomo si stesse divertendo. Ma probabilmente se lo era solo immaginato! Erik non era decisamente il tipo da trovare divertente quella conversazione! Poe era divertente! Delitto e Castigo; torturare e rapire innocenti potevano essere divertenti per il Fantasma dell’Opera! Di certo non la loro conversazione! Poi cosa ci poteva essere di tanto buffo? Probabilmente erano i postumi della febbre a creare certe illusioni.
Erik ...” l’americana accantonò quell’idea decisamente assurda e si concentrò sui dovuti ringraziamenti.
Oui?” chiese sinceramente incuriosito. La ragazza prima aveva spalancato gli occhi per la sorpresa, anche se in modo quasi impercettibile, e poi aveva scosso leggermente la testa; ora cosa voleva sapere?
Grazie per ieri … mi dispiace … non volevo disturbarti tanto …” Il copione che si era costruito la sera precedente era un po’ più articolato e degno della donna colta che era, ma sostenere lo sguardo penetrante di Erik era stato decisamente più difficile del previsto.
L’altro fece un leggero cenno col capo. “Ne t’inquiétez pas mademoiselle. Je n'ai pas fait rien qui!” (non preoccuparti. Non ho fatto niente, nda) e gli occhi di Emily si sciolsero per quanto la voce del Fantasma era lisca, morbida e vellutata quando usava la sua lingua madre.
Senza spostare le mani dal taschino del gilet distese tutte le dita e poi le richiuse con gesto fluido ed elegante, come se le volesse sgranchire. Le doveva tenere impegnate altrimenti avrebbero seguito il loro istinto ed accarezzato nuovamente Emily. Da dove gli venivano certi impulsi era un’altra delle tante cose che non capiva! Temendo di perdere completamente lucidità, fece una delle sue leggere riverenze ed uscì dalla cucina, lasciando che l’americana terminasse di mangiare.

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Capitolo 15
*** Fil's Pizza -- prima parte ***







  Erano trascorse altre tre piatte, monotone e grigie settimane. L’inverno di New York aveva deciso di far vedere a tutti gli abitanti della Grande Mela quanto sapeva essere freddo e pungente; e così tutta la metropoli era avvolta da una morsa di puro gelo. Pensare che non nevicava non consolava assolutamente nessuno!
Tuttavia a casa Wandervitt erano cambiate molte cose: tanto per incominciare Alex ed Erik avevano iniziato ad andare d’accordo; o meglio Erik iniziava ad andare d’accordo con il medico. Emily li aveva persino trovati a guardare dei filmati di complicate e sanguinolente operazioni chirurgiche ed era rimasta a dir poco allibita! Non aveva chiesto niente a nessuno dei due, le bastava che avessero abbandonato gli sguardi omicidi che si lanciavano reciprocamente. Inoltre una vocina nella sua testa le urlava che era meglio non sapere. L’altra novità, giustificata dal freddo allucinante, era il trasferimento della ragazza accanto al camino del biblioteca perennemente acceso.
Emily aveva passato gli ultimi giorni praticamente divisa tra il piumone del letto ed il camino accompagnata dalla musica di Erik; leggendo, lavorando oppure chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare nell’universo del Fantasma dell’Opera. La sua musica (perché quella musica non sarebbe mai potuta appartenere a nessun altro!) era semplicemente sbalorditiva! In pochi mesi Erik aveva assimilato tutte le tecniche di composizione inventate negli ultimi cento anni e le aveva reinventate per ottenere risultati spettacolari! C’era di più: mano a mano che componeva nuovi brani questi acquistavano maggiore espressività, descrivendo tante di quelle emozioni diverse che Emily non sapeva nemmeno classificarle tutte! Come faceva un uomo sempre vissuto nell’oscurità e lontano dalla vita a descrivere così bene La Vita era una delle tante cose che la incantava. Era come un pittore che dopo anni di immobilismo riprende in mano un pennello ed una pennellata dopo l’altra ritrovava l’antica maestria.
Erik non ci aveva messo molto per abituarsi alla costante presenza dell’americana. Era sempre immobile con il suo pc bianco sulle ginocchia per elaborare i dati raccolti durante l’uno o l’altro dei suoi viaggi; si spostava solo per badare al fuoco o quando inveiva contro il computer perché si bloccava o faceva altre cose che Erik faticava a capire. In effetti l’elettronica e l’informatica erano cose che, nonostante tutta la sua buona volontà, dubitava avrebbe mai compreso! Lui suonava e lei lavorava o leggeva senza disturbarlo minimamente.
C’era un momento di quelle giornate che al Fantasma iniziava a piacere parecchio: era quando, verso le quattro o le cinque, si accorgeva che la soglia di sopportazione di Emily verso il suo lavoro o il pc era decisamente esaurita. In quel momento dal brano che stava suonando (non era uno dei suoi, quelli di solito erano riservati alla Notte) improvvisava una variazione del tema principale introducendo piano, piano la sua musica costringendo Emily a concentrarsi solo su questa; a quel punto lei chiudeva definitivamente quel piccolo marchingegno, si sistemava meglio nello scialle di cashmere e si perdeva nella musica assieme a lui. Solo il rientro di Alex li riportava nel mondo reale.
Al Fantasma piaceva guidarla nel suo strano mondo popolato di note, le teneva la mano e le mostrava le meraviglie che celava e che erano riservati solo a pochissimi eletti! Stava bene attento a non mostrarle tutto di quel mondo: la sua musica poteva essere tanto celestiale quanto terribile ed avrebbe potuto distruggerla come una candela con una farfalla! Senza rendersene conto aveva portato Emily in posti dove non era stato nemmeno con Christine. Ma il perito lo conosceva decisamente meglio rispetto alla soprano ed il rapporto tra loro era completamente diverso: non c’erano trucchi, illusioni o inganni; c’erano solo loro!
Christine … in effetti non pensava più a lei da molto tempo; non sapeva nemmeno lui quanto! Sapeva solo che ad un certo punto ritrovarla, riprendersela e vendicarsi non era più così essenziale. Erik si era profondamente stupito di sé stesso. Si era sempre ripreso ciò che gli era stato rubato e rinunciare alla vendetta non era certo un pensiero che si addicesse al Fantasma dell’Opera o al Figlio del Diavolo. Probabilmente era perché casa Wadervitt non era luogo adatto a spettri o diavoli!?
Una sera Alex non rientrò ed i due persero completamente la cognizione del tempo. Verso le otto e mezza il cellulare di Emily (altro aggeggio di cui Erik non capiva l’utilità) iniziò a trillare distruggendo l’incanto nel quale si erano smarriti: era una mail di Alex che avvisava la sorella di un brutto incidente stradale, accaduto su uno dei ponti che conduce a Brooklyn, con diversi feriti e che lo avrebbe costretto a diverse ore in sala operatoria.
Erik guardò il perito pensierosa sul divano. “Qualcosa non va?
Oh no … è solo Alex. Dice che probabilmente tornerà a casa direttamente domani mattina.” Emily si alzò e si diresse verso il pianoforte. “Erik … visto che è tardi e non ho voglia di cucinare  ti andrebbe una pizza? La faccio portare a casa.
Pizza?” cos’era questa novità?
L’altra spalancò gli occhi per la sorpresa. In tutto il mondo la pizza è una cosa talmente ovvia che non avrebbe mai pensato di doverla descrivere. “È una specie di focaccia con pomodoro, mozzarella ed altro. Solo che mangiarla da soli non è divertente, quindi mi faresti compagnia?” spiegò con un sorriso incerto. Non era affatto sicura che il Fantasma dell’Opera avrebbe accettato di cenare assieme ad un altro essere umano!
Cenare con lei? Erik non capiva da dove le venisse una proposta del genere. Lui non aveva mai cenato con qualcuno! Almeno non nel senso tradizionale del termine. Nessuno aveva mai voluto cenare con lui, per essere più precisi. Non sapeva nemmeno come si fa a cenare con qualcuno.
Non è una domanda complicata, si o no!” lo esortò torcendosi le mani “Nemmeno cenare con qualcuno lo è: si mangia e si parla.” Guardò gli occhi verdi di Emily dibattuti tra la speranza e la paura del rifiuto “Oui”. Uscì dalle sue labbra con la naturalezza di una nota cantata e quasi senza che se ne rendesse conto. “Grazigraziegrazie! Ti prometto che farò arrivare la migliore pizza di New York!” Erik era allibito: erano davvero bastate quelle poche lettere per renderla tanto felice da saltellare come un coniglietto? Quanto era azzeccato quel soprannome!
Emily compose un numero con il telefonino mentre si allontanava di pochi passi senza uscire. “Pronto Fil’s Pizza? … Maria ciao! Sono Emily!” parlava in Italiano e sembrava in una certa confidenza con l’altro capo della linea “Oh si benissimo! E voi? … in effetti si: mi potresti mandare due pizze? Una con le verdure e l’altra con la mozzarella di bufala? … no, non a Park Avenue! Mi sono temporaneamente trasferita a casa di Alex. Sai dov’è no? … perfetto! Grazie! Salutami tutti!
Chiusa la telefonata si rivolse all’uomo rimasto immobile sul seggiolino. “Arriveranno tra poco! Sono tra i pochi a non fare la pizza all’americana ma con la lavorazione tipica italiana e per fortuna i turisti non li hanno ancora scoperti.” detto questo uscì per preparare il resto della cena.
Circa mezz’ora dopo suonò il campanello ed Emily andò ad aprire. Erik era rimasto sempre al pianoforte a suonare, ma quando sentì la ragazza esclamare “Filippo! Ma sei tu? Com’è bello rivederti!” si rese invisibile e decise di osservare tutta la scena.
Filippo era un uomo di altezza media e corporatura robusta, quella tipica dei cuochi che amano la tavola. Aveva almeno cinquant’anni e nessun capello bianco. Parlava con l’accento tipico dell’Italia meridionale anche se un po’ sporcato dai molti anni a Little Italy. “Piccerè! Come stai?” chiese abbracciando la ragazza come fosse stata un parente stretto. “Ti ho fatto una sorpresa: la pizza te la faccio io!” Annunciò orgoglioso mostrando le borse momentaneamente appoggiate sull’uscio.
“Ma non dovevi! Ed in cucina come faranno senza di te?” rispose lei liberandosi un po’ a fatica da quella stretta affettuosa.
Piccerè ascolta bene, perché io questa storia sono stufo di ripeterla: tu per me sei come una figlia, e per mia figlia farei questo ed altro!” l’ammonì con l’indice alzato, come si fa per i bambini, e poi proseguì con un tono di ovvietà “E poi il cucina ci sta Michele. Ch’il è bravo! Ha pure la voce di Maria!” ed Emily rise ricordando quanto la moglie di Filippo sapeva urlare forte se il personale non faceva tutto in modo perfetto.
Allora sono in buone mani!” sentenziò la ragazza prima di accompagnare il pizzaiolo in cucina. Erik li seguì silenzioso come un fantasma e furtivo come un ombra. Quel tipo così pittoresco lo incuriosiva davvero. Inoltre voleva scoprire che rapporto c’era tra lui ed Emily.
Bella cucina piccerè! Ti ricordi come si accendere il forno almeno?” Quando Emily aveva incontrato Filippo non sapeva nemmeno preparare una frittata; erano stati lui e la moglie ad insegnarle a cucinare. “Certo chef!” rispose lei stando perfettamente nella presa in giro dell’uomo.
Allora accendilo e poi guarda quante belle cose ti ho portato.” sentenziò l’italiano e la ragazza obbedì, mentre l’altro tirava fuori la pasta per la pizza e gli altri ingredienti. In una della buste Emily trovò tutti i prodotti tipici della cucina meridionale e le papille gustative della ragazza andavano in estasi solo sentendone l’odore.
Vedo che Maria a fatto bene a mandarteli!
Non dovevate! Ma grazie mille! Hanno un aspetto decisamente invitante …” cercò di spiegare ma lui la interruppe con il suo “Niente storie piccerè!” e si mise a preparare le pizze parlando con Emily da vecchio amico e con il calore tipico dei napoletani.
Piccerè, dov’è tuo fratello?” chiese all’improvviso mentre farciva la seconda pizza.
Alex è in ospedale. Le pizze sono per me ed il mio ospite.
Ti sei fidanzata piccerè! Finalmente! Congratulazioni! Me lo fai conoscere?” esclamò entusiasta Filippo battendo le mani incurante degli schizzi di pomodoro. Sia Erik che Emily trasalirono: lei a momenti si soffocava con un taralluccio e lui si era deconcentrato al punto che per un fugace attimo divenne perfettamente visibile. Per fortuna nessuno si accorse di lui! Povero Filippo! Se solo avesse saputo di chi stava parlando!
Fidanzata? Con Erik? Noooo! Fil sei fuori strada! Erik è … è molte cose: è un uomo intrigante ed affascinante … è un musicista a dir poco sorprendente … ma … ma non è il mio fidanzato!” l’italiano poteva guardare negli occhi di Emily e cogliere il non detto della frase, ovvero che l’idea non le sarebbe affatto dispiaciuta (anche se probabilmente non lo avrebbe mai ammesso!), quindi le chiese “E perché no?
Perché ama un'altra.” rispose prontamente lei con i modi da principessina ben educata che nasconde il dispiacere dietro un sorriso innocente ed un tono di voce neutro. Ma Filippo conosceva la ragazza da quando aveva finito le superiori e con lui certi trucchi non funzionavano.
“Invece di preoccuparti per me pensa a fare le pizze! Ti avviso che Erik non solo è francese ma non ha mai mangiata una!” lo distrasse con tono perentorio.
Cosa? Il francese non ha mai mangiato un pizza? Piccerè mi pigli per il culo?” ma le negò con la testa “Dov’è vissuto il tuo amico? Sottoterra?
Dio se Filippo avesse saputo! “Erik è stato in molti posti, ed ha fatto una quantità incredibile di cose! Non starò a raccontartele perché non mi crederesti! Ma non ha mai mangiato una pizza!” provò a spiegare Emily concentrandosi per non ridere per quanto il pizzaiolo ci avesse preso!
Terminata la preparazione Filippo mise le pizze nel forno sopra una piastra in metallo, sistemò un po’ il piano da lavoro e poi si congedò.
Ci vediamo piccerè! Dimmi se al tuo non fidanzato la pizza piace! Ma non bruciare niente!” la salutò salendo sul taxi.
Lo farò! Ciao Filippo! Grazie!” rispose lei prima di chiudere la porta. Prima ancora che avesse il tempo di voltarsi una voce inconfondibile le chiese “Tipo interessante il tuo amico, non trovi … piccerè?”

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Capitolo 16
*** Fil's Pizza -- seconda parte ***







  Il cuore di Emily perse uno o due battiti. Li aveva spiati per tutto il tempo! “Continua così ed un giorno morirò d’infarto!” rispose con il fiatone ed una mano appoggiata in corrispondenza del cuore per accertarsi che fosse ancora al posto giusto.
Erik ignorò la protesta di Emily e la sua aria stravolta, gli importava più sapere come avesse conosciuto quel pizzaiolo e come mai fossero tanto intimi. “Come lo hai conosciuto?
Lavoravo per lui, per pagarmi l’università. Comunque sto meglio, grazie per l’interessamento!” Erik le porse una mano e la scortò in cucina dove le pizze iniziavano a richiedere l’attenzione di qualcuno.
Pensavo che gli studi te l’avessero pagata i tuoi genitori.
No” iniziò a rispondere la ragazza mentre il suo volto si alterava per il ricordo poco piacevole “Per loro io mi sarei solo dovuta sposare con un facoltoso rampollo del west side; un buon matrimonio di convenienza: solo questo. Ma io volevo fare tutt’altro che passare tutta la vita tra i party di beneficenza; ed abbiamo litigato un’infinità di volte su questo argomento.” Prese una pausa per due profondi respiri e poi proseguì “Terminata la Costance decisi che solo io potevo decidere della mia vita: andai via di casa, mi iscrissi alla NYU e trovai un lavoro come cameriera nel locale di Filippo a Little Italy.
Cosa sono la Costance e la NYU?” chiese l’uomo a cui quel racconto interessava più di quanto fosse disposto ad ammettere. Da quando il passato di Emily lo interessava tanto?
La Costance Billard School è un liceo femminile privato, è tra i più prestigiosi e cari del Paese. Mentre NYU sta per New York University.” Spiegò calma mentre controllava la margherita in forno.
Ed i tuoi genitori non ti dissero niente?
Dissero che non mi avrebbero parlato mai più e che mi avrebbero diseredato. Credo sperassero che fallissi e tornassi da loro chiedendo perdono o qualcosa del genere. Non mi hanno perdonato di aver mandato a monte i loro piani …” Erano in pochi a conoscere questa parte della storia di Emily, un po’ perché non serviva che la sapessero tutti ed un po’ perché lei non amava parlarne.
Jack Wandervitt e Sofie York erano due persone che non avevano meritato la sua considerazione ed il suo rispetto da vivi e non gliel’avrebbe dati certo da morti!  Erano creature incapaci di provare la benché minima empatia verso il prossimo e che impiegavano il loro tempo a creare un’immagine completamente differente dalla realtà per nascondere a sé stessi ed agli altri quanto fossero profondamente insoddisfatti (pur non avendo motivo per esserlo), ed il tempo libero lo passavano sorseggiano single malt e champagne coktail. Appena ne aveva avuto la possibilità era andata via di casa, dimenticandosi di avvisare chiunque (compreso Alex, il quale reagì decisamente male), ed aveva mandato al diavolo loro ed i loro piani per lei. Emily sapeva che non era “bello” a dirsi ma era contenta che fossero usciti dalla sua vita. Quando, qualche anno dopo, morirono in un incidente ad Aspen lasciarono persino scritto che lei non dovesse partecipare al funerale.
Erik osservava la donna molto attentamente: la sua posa si era completamente irrigidita, le mani, poggiate sulla maniglia del forno, contratte a pungo avevano le nocche bianche, il volto aveva perso ogni traccia di sorriso o serenità. Evidentemente era impegnata a ricordare avvenimenti decisamente spiacevoli sui genitori, e decise che era meglio cambiare argomento. “E Filippo?
Fil fu uno dei pochi ad aiutarmi quando lasciai questa casa … mi assunse anche se non avevo la minima esperienza … lui e Maria, la moglie, mi hanno trattata come fossi loro figlia!” spiegava con un leggero sorriso “Mi hanno sempre sostenuta, mi hanno insegnato a cucinare e a fare tante altre cose … era divertente! Non so quante ore abbiamo passato preparando salsa la pomodoro discutendo se sia meglio Michelangelo o Raffaello, oppure parlando della reggia di Caserta mentre preparavamo le pastiere di grano per Pasqua …” guardò un attimo il forno e poi urlò “Accidenti la pizza!” sfornando la margherita giusto un momento prima che passasse dal ben cotto al quasi bruciato. Filippo aveva portato tantissima pasta ed era riuscito a fare tre pizze: una margherita con la bufala, una con le verdure e la terza alla marinara. Emily infornò la pizza con le verdure prima di chiudere il forno e tagliò rapidamente la margherita con una rotella in tre parti uguali; una sarebbe rimasta intatta ad attendere il ritorno di Alex. Erik porse i piatti all’americana chiedendole di continuare a raccontare.
Non c’è molto altro da dire. Quando mi laureai Maria era commossa fino alle lacrime, proprio come se a parlare del David ci fosse sua figlia. Mi prepararono una gran festa al locale … richiamarono persino il figlio Michele spedito a fare apprendistato in Italia … cielo! Credo di non aver mai mangiato tanto in tutta la mia vita come quel giorno! Mi chiedo ancora come diamine abbiano fatto a preparare tutta quella roba! Comunque alla fine del banchetto li ringraziai tutti quanti: avevo un enorme debito di riconoscenza con loro per avermi accolto in casa quando non mi rimaneva molto in più di un cognome altisonante! Ricordo che Filippo mi disse qualcosa tipo: “fammi il piacere piccerè! Io n’agg fatto proprio niente! Ti ho solo dato un opportunità perché se fossi stata mi figlia avrei voluto che qualcuno lo facesse con te! Ma tutto il resto piccerè lo hai fatto da sola! E sappi che siamo tutti molto orgogliosi di te!”  Prima di uno dei suoi calorosi abbracci!” disse allargando il sorriso sulle labbra.
Erano rimasti immobili, dimentichi di portare i piatti a tavola, lei persa tra i ricordi e lui perso nei suoi occhi verdi. Quando Emily ebbe finito di parlare una piccola lacrima di commozione scappò veloce lungo la guancia sinistra. Erik la raccolse con una carezza dimenticandosi di tutto il resto mentre lei si beava di quel gesto inaspettato; non avrebbe mai immaginato quanto le mani del Fantasma dell’Opera potessero essere calde e vellutate! Prolungò il contatto un momento più del lecito chiedendosi come lei facesse ad abbandonarsi a lui in modo così inerme, eppure (ne era sicuro!) Emily sapeva perfettamente che se solo avesse voluto sarebbe morta in meno di cinque minuti! Invece restava ferma, sorridente con gli occhi chiusi e la testa appoggiata sulla sua mano.
Però ... com’era bello tenerla tra le mani! Era calda e morbida. Da piccolo aveva curato un uccellino; una cinciallegra con l’ala spezzata che, chissà come, era riuscito ad entrare nella soffitta dove sua madre lo tenne rinchiuso per i primi anni della sua vita prima di essere venduto agli zingari. Quando lo aveva raccolto tra le mani l’uccellino non aveva mostrato paura: l’animaletto era infreddolito ed aveva gradito il contatto con le sue mani. Quella era stata la prima volta in cui aveva toccato un altro essere vivente! Era così piccolo ed indifeso! Riusciva perfino a percepire i battiti cardiaci! Si era sentito così felice in quel momento! Emily gli ricordava tanto quel piccolo uccellino! Solo che gli provocava sensazioni molto più intense. Erik era riuscito a nascondere l’animale a sua madre e poi, appena guarito, lo aveva liberato: “vola via uccellino!” aveva detto e quello era corso nel cielo blu; lui almeno poteva lasciare quella soffitta fredda e buia. E se anche Emily avesse fatto come la cincia? A quel pensiero si sentì fisicamente male, come se gli amputassero una parte di sé, e ritrasse la mano per accertarsi che fosse ancora saldamente ancorata alla sua persona.
Dopo svariati secondi la carezza terminò ed una Emily tornata nel mondo reale più velocemente di quanto avrebbe voluto offrì il piatto di pizza ad Erik. Si sedettero a tavola e la ragazza rimase ferma aspettando la mossa del Fantasma: era immobile indeciso su come approcciarsi a quella strana pietanza. Quella dannata mozzarella filante si sarebbe potuta appiccicare sulla maschera! Bel problema!
Potresti toglierla!” propose Emily con una naturalezza tale da sconvolgerlo.
Non credo che sia davvero convinta di quello che dici mademoiselle!” cercò di argomentare più a sé stesso.
Perché no? Ti ho già visto in viso, ricordi?! Me lo hai mostrato tu!” ribatté immediatamente lei, ma l’uomo le lanciò uno sguardo decisamente scettico: si era stato lui a lasciarle vedere il proprio aspetto ma non era certo in uno dei suoi momenti migliori!
Emily sospirò poi si alzò e raggiunse Erik. Prima di parlare si inginocchiò accanto a lui e prese una mano tra le sue “Non ti chiederò di farlo per me, non ho alcun diritto di farlo. Quello che voglio dirti è che non mi spaventa cenare con te senza la maschera. … Insomma hai cercato di uccidermi! Credi che questa possa davvero essere un’esperienza peggiore?”
Pensavo che questo punto lo avessimo chiarito mademoiselle!” puntualizzò con un sussurro quasi impercettibile, giusto per ricordarle che non amava ripetersi.
è da dimostrare …” protestò l’altra continuando a guardarlo negli occhi aspettando una risposta.
Erik le prese una mano e la portò più vicino al viso, senza permetterle di toccare la porcellana “è …” ma lei lo anticipò “è una sicurezza?” e lui annuì.
Emily gli accarezzò con la mano libera la guancia sinistra “Sei con me!” Le parole le suonarono stupide appena uscite dalla bocca ma ormai era tardi. Non era certo una grande motivazione! Eppure era tutto ciò che fu capace di dire.
Erik respirava piano e profondamente cercando di rimanere calmo mentre sotto la pelle sottile di quella guancia esplodeva in centinaia di pensieri ed emozioni impossibili da decifrare o descrivere! Il suo corpo aveva conosciuto la frusta, i bastoni, i ferri acuminati e quelli roventi, persino sostanze acide; era stato sottoposto a torture, violenze ed abusi che, al solo raccontare, avrebbero reso i ricci di Emily una massa di capelli bianchi e ritti! Eppure nulla di tutto quello aveva avuto lo stesso effetto di questa gentile carezza. Oltrepassava la pelle, scavava nei muscoli, penetrava le ossa e gli bruciava l’animo. No … mangiare con lui, solo con lui, senza maschere tra loro non l’avrebbe spaventata. Le prese entrambe le mani per accostarle davanti alla bocca e porvi un leggero bacio. Quando le lasciò si tolse la sua maschera lentamente, consapevole di lasciare un appiglio sicuro per una terra vergine.
Ancora una volta non trovò nessuna traccia di paura e ribrezzo nella ragazza che, al contrario, sembrava davvero contenta del suo gesto, tanto da ringraziarlo sorridente! Dopo qualche minuto di imbarazzo l’uomo iniziò a rilassarsi godendo e catalogando ogni momento della sua prima vera cena in compagnia di un altro essere umano. Che il pasto fosse accompagnato da quei brillanti occhi verdi che vedevano solo un uomo (che avevano sempre visto solo l’uomo!) era davvero molto più di quanto avrebbe mai sperato di trovare nella sua vita.
Era vero: la pizza in compagnia era se non divertente, parola che nel suo vocabolario aveva tutto un altro significato, quanto meno molto piacevole.

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Capitolo 17
*** Magic always comes with a price ***


AVVISO: caro Lettore temerario preparati a qualcosa di decisamente inconsueto! Qualcosa che non troverai altrove! Ma prima che tu inizi a leggere le prossime righe devo fare una premessa: sono una fan della coppia Erik x Christine, ma per questa volta volevo dare alla soprano un ruolo decisamente insolito e  vedere cosa ne usciva! Ripeto non ho niente contro di lei; sono e rimango una sostenitrice del loro lieto fine ma per una volta, una sola, volevo qualcosa di diverso! Adesso, caro lettore, cerca di essere comprensivo con me e, se puoi, fammi sapere cosa ne pensi di questa idea … singolare!









  Quando la sorte si impadronisce del destino dell'uomo, non usa né pietà né giustizia.
Charles Chaplin

 
 
 
Emily non poteva non sorridere. Essere riuscita a togliere la maschera a Fantasma dell’Opera e vederlo alle prese con qualcosa di così banale che per lui era, evidentemente, ancora più strano della passeggiata di Armostrong sulla Luna era davvero divertente. Erik non si era sentito completamente a proprio agio per quasi metà della cena: non aveva più nulla del Fantasma dell’Opera; era solo l’uomo dietro la maschera! Erano decisamente delle vesti inconsuete per lui. L’unica cosa che non aveva perso era il ghigno ed il suo macabro senso dell’umorismo, ma andava bene comunque.
In realtà Emily non avrebbe mai capito fino in fondo cosa fosse quel momento per Erik: per un uomo il cui significato di “cenare con altri” era essere rinchiuso in una gabbia ed avere come cena gli avanzi del cane, quella sera era semplicemente incredibile! Incredibile era che fosse stata lei ad invitarlo a mangiare assieme. Incredibile era che sempre lei, evidentemente dotata della telepatia, gli avesse proposto di togliere la maschera con la stessa naturalezza con cui aveva chiesto quale vino preferisse. Ed incredibile era il riflesso del suo volto negli occhi di lei: quello non era il volto del Figlio del Diavolo! Se cercava bene nel verde vedeva un uomo senza nessun segno sul viso con i lineamenti rilassati. Anche il ghigno, smorfia a cui i suoi muscoli erano soliti, era quasi sparito. Era davvero questo ciò che Emily Wandervitt vedeva in lui? Incredibile! Per tutta la sera era convinto di stare sognando; ma per sognare bisogna dormire e lui non dormiva mai!
Terminato il pasto Erik si era proposto di aiutarla a sistemare la cucina ma aveva ricevuto un categorico no motivato dal fatto che doveva solo caricare la lavastoviglie. Comodità del duemila, pensò lui. Comunque l’aspettò, non farlo sarebbe stato tremendamente villano e lui era sempre un gentiluomo. Quando Emily terminò con l’elettrodomestico le porse la mano e si diressero in biblioteca ed Erik la fece sedere sul seggiolino del pianoforte sufficientemente largo per due persone, prima di sedersi a sua volta.
Lei lo guardò con aria scettica ed interrogativa, non ci volevano grandi abilità per vedere l’enorme punto interrogativo sul viso. “Suona con me!”
Cosa? … Ti ho già detto che io non suono!” protestò allibita Emily. Da dove tirasse fuori certe uscite non lo capiva proprio!
Non mi sembra che quel giorno tu sia stata molto coerente!” ribatté con un ghigno di soddisfazione.
Certo! Mi hai raggirata!” puntualizzò storcendo il naso, ma Erik sogghignò come lo Stregatto “Ammetto di avere ottime … capacità persuasive, ma questa sottile arte ha un limite: non avrei potuto farti fare nulla se almeno una parte di te non lo avesse voluto!”. Emily non sapeva se nella sua voce ci fosse compiacimento, malcelato sadismo, falsa modestia o se fosse semplicemente esplicativa; per quel che ne sapeva potevano anche tutte queste cose assieme. Qualsiasi cosa fosse, comunque, le impedì di rispondere. Anche se continuava ad essere sicura che quel giorno non aveva voglia di suonare.
Se non ti piace la chiave di violino puoi usare la chiave di basso, ma dovrai anche pedalizare!” l’avvisò serio alzando il dito indice.
se mi rifiutassi?
Erik sapeva che quella domanda sarebbe arrivata prima o poi! Emily non era cero donna che capitolasse facilmente! Sfoderò il suo miglior ghigno ammonitore, non avrebbe avuto bisogno di nessuna parola per spiegarle che quella non era un opzione.
Lasciami indovinare! Sarò colpita da un disastro che va ben oltre la mia immaginazione?!
Vedo che inizi a capire mademoiselle! Ma, se fossi in te, lascerei perdere il sarcasmo!” Ragazzina impertinente! Aveva conosciuto persone morte per molto meno e lei non resisteva a sfidarlo! Piccola americana impudente!
Cosa dovrei fare?” si rassegnò al fine.
Solo la melodia.” Spiegò Erik con la massima calma “Io farò l’accompagnamento ed il basso, ti dirò le note che dovrai suonare e tu dovrai solo eseguirle!”
Tutto ad un tratto l’odiato Valzer dei Pesciolini per Emily divenne molto più allettante dell’improvvisare con il Fantasma dell’Opera! “Che tonalità?” chiese poco convinta dopo un sospiro. “Mi bemolle maggiore … no l’ottava sopra ... abbassa il polso e non piegare il pollice verso l’esterno … cerca di rimanere rilassata con il braccio … bene possiamo iniziare!” ora parlava da perfetto insegnante di musica: calmo e preciso, pur lasciando capire chiaramente che non avrebbe ammesso sbagli di alcun tipo, la voce bassa e penetrante; mentre non spostava gli occhi dalla mano destra della ragazza per correggerne i difetti di postura che avrebbero rovinato l’esecuzione. Erik ambiva alla perfezione nella musica: in tutta la musica, ma nella sua ancora di più!
Iniziò a suonare le prime battute dell’accompagnamento per far abituare Emily ai colori del brano ed al tempo; anche se erano quasi tutte note molto basse la ragazza rimase ammirata da come non fosse affatto pesante: la mano destra suonava un arpeggio molto delicato mentre la sinistra anticipava il canto. Era malinconico ma non triste; era come una notte illuminata dalla luna piena, anche se il cielo era coperto da un velo di nuvole chiare.
Appena l’uomo iniziò a dettarle la sua pare le nuvole si dissolsero come per incanto e comparve un meraviglioso cielo stellato: l’arpeggio si era fatto più ampio ed esteso, ed Emily capì che la parte che le spettava era una sorta di canto di violino da suonare legato e con grande intensità. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e non farsi distrarre dalle mani di Erik, li riapriva solo ogni tanto quando doveva fare dei salti e spostarsi più in alto o in basso di quanto la sua mano le permetteva di fare. Suonare con lui si stava rivelando più facile del previsto!
La musica scivolava lungo la stanza e riempiva l’aria vuota, accarezzava le tende ed i mobili indisturbata; sembrava che l’intera New York si fosse fermata ad ascoltare. Erik osservava Emily con la coda dell’occhio: dopo l’esitazione iniziale si era rilassata e riusciva a fare quello che le chiedeva senza troppa difficoltà, in oltre aveva capito quasi subito come suonare (cosa che non avrebbe mai sperato!); per le prime battute aveva dovuto suggerirle anche i diteggi ma poi non era più stato necessario. Adesso il suo viso era completamente disteso ed animato da un leggero sorriso. Chissà se aveva capito che la luce di quel notturno era lei?
All’improvviso Emily smise di suonare. Era letteralmente immersa dalla musica e dall’odore di Fantasma dell’Opera: oscuro, deciso e penetrante. Si erano insinuati in lei ed avevano pian piano corroso le sue facoltà mentali facendole perdere la capacità di proseguire oltre. Prima ancora che Erik la potesse richiamare ai suoi doveri musicali lei posò delicatamente la testa sulla sua spalla. Lui si bloccò completamente per qualche secondo lasciando la musica in sospeso. Che diamine stava succedendo? Perché si comportava così? Con molta fatica, respirando molto lentamente e sperando che lei non si accorgesse di quanto il cuore avesse accelerato il ritmo, continuò a suonare eseguendo anche il canto. Terminato il brano aveva quasi paura di muoversi e rovinare tutto!
Non ricordo di averti dato il permesso di smettere!” sussurrò piano cercando di non far capire nessuno dei suoi pensieri. Di tutte le cose che avrebbe voluto dire in quel momento quelle erano state le uniche parole in grado di uscire dalle sue labbra! Le meno importanti e le meno appropriate!
Ups!” rispose lei divertita alzando la testa per costringerlo a voltarsi. Appena incrociò gli occhi di Erik si sentì completamente avvolta dall’ambra che contenevano. Non la toccava, non la sfiorava nemmeno; eppure aveva la sensazione di essere completamente circondata. Fatalmente attirata, come Icaro dal Sole, si avvicino al suo viso e vi accostò una mano per dargli un leggero bacio sulle labbra.
Erik tremò e sussultò. La ragazza doveva essere evidentemente suggestionata! Non riteneva minimamente possibile che quel bacio gentile e delicato fosse frutto di altro oltre che della suggestione causata dalla musica! Per quanto premurosa e diversa fosse sempre stata Emily nei suoi confronti non poteva certo essere attratta del mostro che era! Controllandosi fino all’inverosimile disse “Non fare cose di cui potresti pentirti … mademoiselle!” Che strano! Per la prima volta gli costava fatica non usare il suo nome!
Questa non era la risposta che si aspettava, ma considerato chi aveva appena baciato poteva anche ritenersi fortunata! “Non credo che me ne pentirei! Ti ho baciato perché ti volevo baciare.” rispose dolcemente.
Io non ne sarei così sicuro.” nessuno lo aveva mai voluto baciare! Almeno nessuno la cui volontà non fosse in qualche modo condizionata.
Se ti dicessi che ci avevo pensato anche prima di cenare? Mi crederesti se ti ripeto che non è una suggestione del momento ma qualcosa che volevo davvero fare?
Véritablement?” (davvero, nda) davvero era tutta le sera che lo voleva fare? Davvero voleva baciarlo? Lui? Proprio lui? Davvero Emily aveva liberamente posato le sue labbra perfette su quell’ammasso informe che era la sua bocca? E non ne sembrava affatto pentita! Lei sorrise nella più esplicativa delle risposte affermative ed Erik l’attirò a sé con un abbraccio fulmineo che spezzò in due il respiro dell’americana.
Erik non  aveva idea di come si abbracciasse qualcuno. Del gesto ne aveva un’idea chiarissima, di persone abbracciate ne aveva viste (non sempre erano stati abbracci affettuosi, ma questo era un altro discorso!); era il resto che non conosceva: come tenere un altro corpo legato al proprio, la sensazione di calore del contatto, cosa fosse sentire l’odore di un’altra persona da tanto vicino; per non parlare delle emozioni che l’abbraccio porta con sé: gioia, felicità ma anche qualcosa di più caldo e profondo, qualcosa che non aveva mai sentito prima e che  non sapeva come descrivere. Ma quello non era il momento di esercitare il suo spirito in osservazioni poco appropriate! Era il momento di gioire della vicinanza di Emily, di bearsi del suo profumo di ciliegia, delle sue mani appoggiate delicatamente sulla schiena e della sua testa reclinata con naturalezza su una spalla. Se c’era da riflettere lo avrebbe fatto in un secondo momento!
Dopo diversi minuti in cui rimasero immobili Erik si allontanò leggermente; quel tanto che bastava per poter accarezzare il volto della ragazza mentre ne sussurrava il nome, modo tanto melodioso ed armonico da farla trasalire, ed infine si decise a baciarla: un bacio lento, quasi incerto come se non fosse completamente sicuro di quello che stesse succedendo.
Il Fantasma dell’Opera aveva vissuto quella scena decine di volte nei suoi sogni, per molti dei suoi anni nei sotterranei dell’Operà l’aveva immaginata e circondata di mille aspettative e domande. Eppure adesso scopriva che, incredibilmente, sapeva cosa fare! Sebbene non avesse mai ricevuto amore da nessuno, sapeva come comunicare ciò che provava! Si era sempre immaginato quel momento con Christine, ma non era affatto deluso dello scambio. Lei aveva scelto il Visconte, ed ora perché non poteva scegliere lui ed essere felice? Perché accanto ad Emily, forse per la prima volta, si sentiva davvero tale.
Emily si era completamente abbandonata ad Erik appena lui l’aveva stretta con gesto fulmineo e delicato alla base della schiena. Le sue carezze erano state di una lentezza e di un significato tale da lasciarle senza parole, o senza qualsiasi altra cosa con cui rispondere! Non era un mostro, lo aveva capito leggendo il diario; era una creatura di carne e sangue, governata dalle emozioni come lei. E poi un uomo che la stringeva in modo tanto gentile e possessivo e che la baciava quasi come avesse paura di romperla tra le sue labbra non aveva assolutamente nulla di mostruoso!
Il bacio stava durando più di quanto Erik avesse previsto ed alla delicatezza iniziale iniziava ad essere sostituita da una crescente passionalità, tanto da spingerlo a fermarsi prima che la situazione potesse evolvere in qualcosa di cui si sarebbero potuti pentire. Qualcosa di cui lei si sarebbe potuta pentire! A quel punto sapeva che doveva lasciare andare Emily, liberandola dal suo abbraccio, ma si scoprì completamente incapace di riuscirci. Si sentiva come un ingranaggio che ha trovato un meccanismo nel quale inserirsi perfettamente; come se proprio quello fosse il posto nel quale si dovesse trovare, ed aveva paura che se si fosse allontanato quella sensazione sarebbe finita.
Per molto tempo aveva cercato conforto in Angeli e Muse; ma questo era arrivato da una creatura di carne e sangue come lui, da una creatura fragile e forte allo stesso tempo! Ed ora si scopriva ad avere bisogno di Emily! All’inizio non aveva capito il crescente interesse che la ragazza gli suscitava e lo aveva sminuito molte volte, ma l’aveva fatta entrare comunque nella sua anima ed ora non avrebbe voluto che si allontanasse.
Continuando a stringerla tra le braccia, cercava le parole giuste per dirle che si era lentamente, profondamente ed inesorabilmente innamorato di lei: della sua capacità di andare oltre le maschere e le apparenze, della sua innata gentilezza, del suo sorriso e di quanto fossero dannatamente limpidi i suoi occhi. Lentamente spostò le mani alla base del collo per poi allontanarla quel tanto che bastava per vederla bene in viso. Ma prima di iniziare a parlare non resistette alla tentazione di baciarla: vedere con quanta naturalezza rispondesse al suo tocco era una sensazione troppo piacevole!
Angel!” Quel momento perfetto fu interrotto da una voce che il Fantasma dell’Opera conosceva fin troppo bene!  “Angel!” 
Emily vide che Erik divenne improvvisamente rigido ed aveva iniziato a cercare qualcosa nella stanza: ma erano completamente soli e dalla strada non filtrava nessun rumore! Cosa stava succedendo?
Angel!” dopo diversi tentativi vani gli occhi di Erik trovarono Christine; in piedi esattamente dietro Emily. Almeno quella figura le rassomigliava in tutto e per tutto! Era esattamente come la ricordava: lunghi capelli castani e ricci, le labbra sottili e la pelle di porcellana. Bellissima nel suo costume da Anita.
Angel! Que tu faites? Tu este venu à ma recherche! Ne me veux plus? Ne veux plus ta Muse?” (Angelo! Che fai? Eri venuto a cercarmi! Non mi vuoi più? Non vuoi più la tua musa?, nda)
Sbiancò completamente. Cosa stava succedendo? Perché Christine si trovava in quella biblioteca? Perché ORA gli chiedeva di tornare da lui? Come faceva a non essere affatto cambiata dalla sera del Don Giovanni? Perché lui sarebbe dovuto tornare da lei? Dopo che le aveva insegnato tutto ciò che sapeva sulla musica, l’aveva confortata nei momenti più oscuri; dopo che l’aveva resa il miglior soprano d’Europa (se non del mondo!) e lei, per ricompensa, lo aveva tradito, ingannato, umiliato ed abbandonato senza pietà!? Non era in collera: Christine aveva avuto il diritto di scegliere la vita che le piaceva di più! Adesso lui voleva lo stesso diritto! Voleva una vita con Emily ed essere liberato dal ricordo di colei che fu la sua musa.
Le rispose in francese “Vai via! Non dovresti essere qui! Ho infranto le leggi del tempo per te! Perché ti ho amato molto più di quanto sarebbe lecito amare un altro essere umano o di quanto tu possa immaginare! Ho amato la tua dolcezza e la tua voce molto più di quanto sarebbe possibile amare in una sola vita! Ti ho amata e sono stato disposto  tutto per te … ma in cambio cosa ho ricevuto? Rifiuto, tradimento e disprezzo! Ora perché sei qui? Torna dal Visconte! Hai scelto lui, ricordi? Ora lascia che scelga io! Che scelga per me! Ti ho amata Christine, ma in un'altra vita!”
Mantenendo il suo aspetto impassibile Christine rispose con una voce che ad orecchio disattento sarebbe sembrata solo triste “Quindi non mi vuoi più?
NO! VAI VIA E LASCIAMI!” urlo il Fantasma infastidito dall’inopportuna insistenza della sua ex pupilla.
Emily tremò. Si era dimenticata di quanto le urla di Erik potessero essere terribili! Lo aveva osservato attentamente negli ultimi minuti: in un primo momento sembrava volerle dire qualcosa di importante; poi i suoi occhi avevano iniziato a vagare per la stanza cercando qualcos’altro che lei non riusciva a percepire. In fine era tornato nei suoi occhi: ma l’ambra era diventata ghiaccio tagliente, la posa era completamente rigida, la sua stretta diventata gelida e quasi dolorosa. All’inizio non aveva parlato, le labbra si erano mosse ma non era uscito alcun suono. Ed a completare il tutto quel tremendo urlo brutale! Se voleva mandarla via non serviva essere tanto rudi! Evidentemente, per qualsiasi ragione l’avesse baciata, non era lei la donna che voleva! Tagliata in due, con un unico fendente trasversale inferto da una spada dolorosamente affilata, ecco come si sentiva Emily Wandervitt in quel momento!  Si coprì il volto con le mani per nascondere la sofferenza e poi scappò via dalla biblioteca il più velocemente possibile!
Erik vide il perito correre attraverso l’immagine di Christine, come se questa fosse un fantasma. Aveva provato a dirle qualcosa per ferarla, ma le parole non erano riuscite a diventare più di pensieri! Ed in quel momento capì: quella non era Christine! Quello era il momento di pagare il prezzo per aver usato la magia! E, come al solito, si trattava di un prezzo troppo alto: Emily!
Lo spettro riapparve più vicino a lui, iniziando a cantare con la stessa voce di Christine, e la stanza fu avvolta dalla più profonda oscurità.

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Capitolo 18
*** Sorriso di porcellana ***


AVVISO: caro Lettore chiedo scusa per l’attesa ma gli impegni universitari affliggono anche me! Questo capitolo è infarcito di diversi luoghi famosi di Manhattan, alcuni più importanti di altri. Sono tutti realmente esistenti e facilmente rintracciabili con una ricerca su google, qualora fossi curioso. Approfitto della Tua pazienza per ricordare che questa storia è esclusivo frutto della mia immaginazione, che ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale e che non possiedo in alcun modo i diritti sul Fantasma dell’Opera ma solo sui personaggi da me creati.
 







  Alex Wandervitt sapeva che qualcosa non andava! Più precisamente sapeva che la sera dell’indicente era successo qualcosa che sarebbe stato meglio non accadesse! Lo sapeva perché sia Erik che Emily tenevano dei comportamenti decisamente insoliti! La stranezza più palese era la maschera del Fantasma dell’Opera abbandonata sul tavolo della cucina da tre giorni consecutivi. Sebbene in teoria Erik avesse più cento anni, dubitava che soffrisse di una forma di Alzheimer tanto grave da fargli dimenticare quel prezioso oggetto! In secondo luogo c’era il drastico cambio di abitudini di Emily: tanto per iniziare non vedeva più il laptop da cui la ragazza non si separava praticamente mai; secondariamente aveva abbandonato la sua comoda e calda postazione sul divano della biblioteca, trascorrendo gli ultimi giorni occupata con i mille svaghi che può offrire la Grande Mela. Non era certo strano che uscisse per New York o passasse gran parte della giornata fuori casa; l’anormalità era che avesse praticamente smesso di lavorare!
Quando vide entrare Emily nella stanza gli venne un colpo al cuore! Gli sembrò di tornare a quando aveva sedici anni, prima che scappasse di casa! La ragazza odiava ogni minuto della vita finta che Sofie le aveva programmato; ma, da brava figlia della più alta borghesia di New York, aveva imparato a nascondere tutto il suo disprezzo dietro abiti eleganti, un trucco raffinato ed un sorriso da bambolina di porcellana. Solo la notte si concedeva sfogo inzuppando il cuscino. Adesso davanti ai suoi occhi si presentava nuovamente quella piccola bambolina perfetta!
Le dita del medico si strinsero automaticamente attorno al manico della tazza di caffè mentre realizzava che l’unica causa per quella sofferenza poteva essere solo Erik! Prima di stanare quel Fantasma idiota dalla biblioteca e concederlo ai suoi specializzandi perché facessero pratica di suture, tuttavia, doveva sapere cos’era successo!
Alex! Terra chiama Alex!” esordì la ragazza passandogli la mano davanti al viso perché si riscuotesse da quello strano torpore.
Si?
Stai bene? Mi sembri strano questa mattina!
Sto bene coniglietto! Ero solo sovrappensiero!” rispose scompigliandole i capelli.
Un caso complicato?
Solo l’ennesimo idiota che non sa come farsi del male!” Spiegò come se la cosa fosse di poca importanza e si interruppe per un sorso di caffè “Quali sono i tuoi programmi oggi: mostra nell’East Village, o shopping sulla Quinta?” Chiese quindi con tono casuale.
No! Oggi passeggiata al Conservatory Garden; aperitivo al Plaza per un incontro di lavoro e pranzo nella Pool Room del Four Season!
Il medico terminò il suo caffè per nascondere la rabbia che si era spontaneamente manifestata sul suo viso costatando che, eccetto per l’incontro al Plaza, quello della ragazza era un dei suoi tipici programmi consolatori! Ci mancavano solo Brodway o Judy Garland! “Vengo con te!” sentenziò dopo un attimo di riflessione posando la tazza di caffè nel lavandino, ma Emily lo guardò con aria decisamente scettica “Andiamo! Ad un fratello serve una ragione specifica per stare con la propria adorata sorella? Facciamo una semplice passeggiata al Coservatory Garden e ti porto a fare colazione da Magnolia!
Sei sicuro? Non è che magari devi andare in ospedale?” chiese sbigottita: Alex andava a Central Park solo per correre alla mattina! Non che non apprezzasse quell’oasi di verde e silenzio in mezzo a Manhattan; ma preferiva di gran lunga stare con un bisturi in mano ed una mascherina sul naso! Poi che si proponesse di accompagnarla in pasticceria era un evento a dir poco eccezionale!
No, oggi inizio più tardi! Allora vieni?
Il perito ci pensò un attimo, non del tutto convinta dalle risposte del fratello, ma le cupcakes di Magnolia erano il suo Tallone d’Achille! “Come potrei rifiutarmi!
Allora cos’è successo?” chiese all’improvviso Alex sotto la Wisteria Pergola coperta dalla neve caduta durante la notte. Si era trattenuto per tutta la mattina, ma era ormai giunto al limite di sopportazione!
Non capisco!” rispose sbigottita la ragazza, che non aveva proprio idea di cosa si riferisse.
L’altra sera, tra te ed il Fantasma!
Ah! Quindi il cioccolato era un tentativo per corrompermi!” disse un po’ delusa prima di voltarsi verso la fontana spenta “Comunque tra me e lui non è successo niente!” Almeno niente di quello che lei avrebbe voluto che accadesse!
Emily!” Questo era negare l’evidenza!
Alex davvero! Ti assicuro che non è successo niente!” ma si ostinava a fissare la fontana impedendo al fratello di guardarla negli occhi; allora lui le girò il viso e trovò finalmente la crepa nel volto della bambola! “Per un attimo sono stata tanto ingenua da pensare che nel suo cuore ci potesse essere spazio per qualcun altro oltre Christine …
Cosa?” Alex si riteneva pronto alla peggiore delle risposte, ma scoprì amaramente che non era così! “Emily lui è … è …
Un mostro?” terminò sarcasticamente l’altra.
Al diavolo il suo viso! Ho visto di peggio! È il Fantasma dell’Opera! Un rapitore omicida con l’hobby dell’estorsione, della corruzione di minore e dell’impiccagione!
Lui è Erik! E per me questo è stato sufficiente!” Ma il medico la guardò in modo scettico e lei continuò a parlare “Non puoi decidere di chi innamorarti Alex! È come venire al mondo: non dipende dalla tua volontà! Se funzione è meraviglioso, se va male è un vero schifo! Ma in entrambi i casi non dipende da te! Non ho scelto di innamorarmi di lui ... è successo e basta!”
Era senza parole! Era assolutamente allibito! Aveva capito che non era dell’idea letteraria o cinematografica che si era innamorata; niente Gerard Butler o Ramin Karimloo o chi per loro! Ma dell’uomo con cui aveva convissuto per cinque mesi, cosa che probabilmente era anche peggio! Stupido francese imbecille!
 Tra i due scese un silenzio riflessivo. Il perito fece qualche passo verso il bordo della Pergola per poi ricominciare a parlare cercando un punto preciso tra le finestre dei grattacieli di Park Avenue: “Ho avuto un offerta di lavoro dalla Lloyd’s Assicurazioni di Londra. È un buon contratto, ottimo a dire il vero …
 Il tono educato ed apparentemente neutro con cui aveva ricominciato a parlare non era sufficiente per nascondergli che non era solo per l’aspetto economico che prendeva seriamente in considerazione un contratto di esclusiva! “Hai accettato?” chiese il medico quasi rudemente.
Posso pensarci fino a martedì. Se accettassi doveri partire entro la fine della prossima settimana. L’offerta di partenza è un contratto triennale, ma potrei anche stare via più a lungo!
In pratica poteva lasciare New York in meno di dieci giorni? E passare i prossimi anni a bere Earl Gery sonno il Tower Bridge? “Cazzo!” Alex non era mai stato un amante del turpiloquio ma era l’unica parola che riuscì a dire. Solo dopo diversi respiri profondi poté ricominciare a comportarsi da bravo fratello maggiore “La situazione è tanto grave che devi mettere l’intero Atlantico tra voi due?
L’Atlantico lo devo mettere tra me e la sua musica! È quanto di più meraviglioso esista! Ma, una volta che ti si insinua nell’animo, è come un veleno!” spiegò amara.
Capisco.” Cos’altro poteva dire? Rapirla e portarla nella sua dimora sotterranea?
Torno a casa. Stasera.” Adesso era lei ad essere brusca.
E quando pensavi di dirmelo, questa volta?” Era arrabbiato (per quanto lo potesse essere con la sua preziosa sorellina!) da dodici anni per essere scappata di casa senza dirgli niente! E ricevere meno di ventiquattr’ore di preavviso aveva messo sale su questa vecchia ferita.
L’ho deciso adesso.” Si giustificò con un filo di voce, mentre guardava le finestre del suo appartamento, consapevole cosa pensasse il fratello.
C’è qualcosa che posso fare per farti cambiare idea?” ma lei si limitò a scuotere leggermente la testa; allora lui la raggiunse e le baciò la fronte. “Non vado in guerra!
Vai comunque dall’altra parte del mondo coniglietto!” detto questo ricominciarono a camminare, dirigendosi verso il cancello d’uscita senza dire altro. Scese le poche scale che concludono la Pergola Emily si fermò improvvisamente costringendo il fratello a fare lo stesso.
Alex … mi prometteresti una cosa?
Cosa
Non vendicarti con Erik per quello che è successo … non guardarmi come se venissi dalla Luna! So benissimo che stai pensando a come fargli una plastica facciale con l’angolo del camino!
L’uomo rise: più che all’angolo del camino aveva pensato ad un attizzatoio rovente, ma le sue intenzioni erano proprio quelle! “Solo perché sei tu a chiederlo! Ti prometto che lo lascerò comporre nella mia biblioteca sul tuo pianoforte! lo sai che non ti merita vero?” terminò dopo uno o due secondi di pausa.
Probabilmente hai ragione!
Ora andiamo! Rischi di arrivare tardi!
Lasciata la sorella Alex prese un taxi dirigendosi prima a casa e poi in ospedale. Mentre rimaneva bloccato in un ingorgo sulla Brodway Avenue non poté fare a meno di riflettere sul suo ospite e come si era comportato con Emily da quando era arrivato: non le aveva mai fatto del male, nemmeno psicologicamente; anzi ne sembrava incuriosito, come se lei fosse qualcosa di assolutamente nuovo. Per un qualche motivo a lui sconosciuto le aveva concesso il permesso di entrare in biblioteca mentre suonava, e da qualche settimana aveva l’impressione che le si fosse affezionato. La veloce smorfia di disappunto che compariva sul volto del Fantasma quando interrompeva i suoi concerti privati era un segnale più che evidente! Come evidente era lo smarrimento della sorella: era come se tornasse da un viaggio nel Paese delle Meraviglie. Eppure, di questo era assolutamente sicuro, non aveva mai cercato di sedurla! Ma allora, se aveva sempre trattato Emily con i guanti di velluto, cosa diavolo era successo da farla scappare alla velocità della luce?!
Decise che era meglio non pesarci, altrimenti la voglia di dare un nuovo volto ad Erik senza bisturi ed a mani nude sarebbe stata irrefrenabile!

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Capitolo 19
*** Into darkness deep as Hell! ***







  Christine era davanti a lui! E cantava per lui! Cantava con la sua voce cristallina e perfetta tendendogli una mano. Era una melodia senza parole che invitava il Fantasma ad unirsi a lei, a duettare come avevano fatto tante volte nella piccola cappella dell’Operà. Cantava da ore o da giorni, Erik non avrebbe saputi dirlo! Era arrivata prima ancora che Emily uscisse sconvolta dalla biblioteca e poi aveva iniziato a cantare. Era vestita come Anita, ed il contrasto tra la sensualità dell’abbigliamento e gli occhi da bambina cresciuta era ancora capace di fargli tremare le vene!
Ma lei non era Christine! La sua Christine, ammesso che lo fosse mai stata davvero, non poteva trovarsi lì! Christine era morta e ciò che aveva davanti era un crudele miraggio. Aveva usato la magia per riaverla e, proprio quando il suo cuore aveva capito di non averne più bisogno, lei era tornata e non lasciava più in pace! Cantava e lo guardava, sempre con quella mano tesa.
La sua prima reazione fu lo stupore, poi arrivarono lo smarrimento, l’ira e la disperazione. Dove lui si spostava l’ombra lo seguiva; se provava ad afferrarla si dissolveva in aria e ricompariva dall’altro capo della stanza; se provava ad avvicinarsi alle porte gli sbarrava la strada. Quella cosa gli stava facendo perdere definitivamente l’ultima parte della sua mente non contaminata dalla follia! Più lui perdeva le forze, logorato nel fisico e nello spirito, e più l’immagine sembrava splendente ed il canto vibrante!
Erik le provò tutte per scacciarla! Tutti gli incantesimi di liberazione e purificazione che conosceva non funzionarono! Così tra i due si istaurò una sorta di duello: lei cantava come una sirena e lui cercava disperatamente di non finire sugli scogli dell’oblio! Dopo gli incantesimi provò ad ignorarla, ma la sua voce riusciva ad infiltrarsi nelle sue orecchie come un serpente e corrodergli lo spirito, allora iniziò a lanciarle tutto quello che gli capitava sotto mano (le sedie imbottite, i soprammobili, i libri dalla balconata, persino gli spartiti con la musica che aveva composto negli ultimi mesi) pronunciando contro di lei le parole peggiori che conosceva; e lui ne conosceva davvero molte!
Solo due cose si salvarono da quella lotta disperata: le carte ed il pc di Emily. Lo lasciava sul divano, e lo guardava cercando conforto nel suo bianco satinato. Lo spettro non se ne curava, troppo impegnato a tormentarlo, ed Erik ogni tanto lo guardava fugacemente per ricordare che non doveva cedere a quelle lusinghe!
No … non voleva più Angeli, salvifici o tentatori che fossero! Voleva uscire da quella stanza e vivere con gli esseri umani! Non con tutti gli esseri umani per carità! Ne voleva una! Voleva Emily ed una vita con lei! Voleva …. voleva tante di quelle cose! Cose che non avrebbe mai sperato! Cose che sarebbero state possibili se non fosse giunto il momento di pagare il prezzo della sua arroganza! Chi invoca le forze oscure ne deve pagare le conseguenze perché la magia ha sempre un prezzo!
Dopo un periodo che gli sembrò eterno tutta la sua forza era sparita! Lo spirito stava vincendo consumandolo. Poteva solo stare immobile, sdraiato per terra a croce fissando il parallelepipedo bianco e sperando che Emily lo potesse mai perdonare. Aveva perso ogni speranza! Il demone era più forte di lui ed ormai lo aveva sopraffatto! Nel tentativo di resistere, si era ferito da solo in più punti del corpo ma questo aveva solo facilitato il lavoro di Christine: assieme al sangue perdeva frammenti della sua stessa anima e la vita con essi! Se almeno un giorno Emily lo avesse perdonato per il dolore che le aveva causato non avrebbe avuto anche quel macigno sulla coscienza!
Perché Christine non lo lasciava andare? Non lo liberava? Doveva davvero morire? Eppure lui aveva salvato la vita a lei ed al Visconte! Era troppo chiedere che ricambiasse il favore?! Evidentemente era troppo!
Decise che l’Angelo della Musica, il compositore del Don Giovanni Trionfante ed il Fantasma dell’Opera, se proprio dovevano morire, meritavano un canto del cigno! Non sarebbe mai stato ascoltato da nessuno e si sarebbe consumato nell’oscurità, ma non era stata così tutta la sua vita? Iniziò a cantare, stando bene attento a non seguire la melodia dello spettro, cercando perfino una tonalità che le fosse contraria, improvvisando parole e musica con le ultime briciole di energie che rimanevano. Mise tutto ciò che gli restava in quell’aria sublime: la sofferenza che lo aveva accompagnato dalla nascita, l’amore per la musica, l’amore per Emily, il rimpianto per tutto quello che non sarebbe mai potuto essere, il peso del proprio passato, il pentimento per aver peccato di superbia, il doloro perché questo peccato sarebbe stato pagato anche da un innocente, e la speranza del perdono di colei che amava. La musica è fatta di emozioni e mai nessun’armonia avrebbe potuto esprimere meglio questa verità!
Mano a mano che cantava la presenza si indeboliva ed i suoi gorgheggi perdevano vigore; la stanza, avvolta nella più profonda oscurità per tutto il tempo, rivide il Sole ed alla fine l’immagine di Christine scomparve lasciando Erik esanime nel più totale silenzio.
Quando ciò che rimaneva del Fantasma dell’Opera riprese i sensi era giorno, probabilmente tarda mattina, ma non sapeva dire per quanto tempo fosse rimasto incosciente. Sapeva che stava male: i graffi e le ferite bruciavano in maniera insopportabile, era stato proprio il dolore a farlo svegliare; ed aveva anche perso molto sangue, anche se l’emorragia sembrava cessata.
Doveva uscire da quella stanza ma non era sicuro di avere sufficienti energie! Con molta fatica si alzò a sedere e contemplò i segni della battaglia: nessuno dello spettro ma la stanza era comunque completamene distrutta! Solo il pavimento era un ammasso di libri scomposti, fogli strappati, e mobili rotti e accasciati. Sorreggendosi al divano si alzò sulle gambe; instabile sul suo appiglio fissò il pc e sentì il cuore diventare della misura di una monetina da quarto di dollaro. Anche se lei si era coperta il viso con le mani l’urlo muto ed il dolore misto a delusione nel suo sguardo non gli era certo sfuggito! Dopo essersi pulito e fasciato le ferite avrebbe chiarito con Emily.
Non era sicuro che lei avrebbe capito cosa era successo, non era nemmeno sicuro che gli avrebbe creduto o che avrebbe accettato le sue scuse! Lui aveva fatto ricorso alla magia, perché il prezzo doveva essere pagato anche da Emily? Ma una spiegazione era quantomeno doverosa! Tra l’altro quella maledetta visione era arrivata prima che potesse rivelarle i suoi sentimenti!
Barcollando leggermente uscì dalla biblioteca ma si dovette sorreggere alla porta per riprendere fiato. Era messo davvero male! Ma sarebbe sopravvissuto, aveva molte cose importanti che lo attendevano!
In quel momento Alex scendeva nervosamente le scale con la sua solita borsa in mano per andare in ospedale. Si fermò a metà tra uno scalino e l’altro fissando attentamente Erik: era stranamente senza maschera ed aveva un aspetto decisamente orrendo! Ma dopo tre giorni chiuso in quella biblioteca non poteva certo apparire come un fiorellino di campo! Ad ogni modo, visto quanto stava male Emily, il medico decise di ignorare il giuramento di Ippocrate e proseguire per la sua strada.
Peccato che la via dell’inferno sia lastricata di buone intenzioni!
Involontariamente il cervello di Alex fece un veloce riepilogo della situazione: 1 Erik aveva spezzato il cuore di Emily, volontariamente o no la cosa non gli importava; 2 per colpa di quel dannato francese sua sorella avrebbe passato i prossimi anni dall’altra parte dell’Atlantico a fare la bambolina che beve Earl Grey; 3 lui non era riuscito a fermarla!
Senza nemmeno pensarci troppo, seguendo solamente l’istinto, lasciò cadere la borsa e lanciò il suo miglior destro al Fantasma che, esausto e preso completamente alla sprovvista, non riuscì ad evitare il colpo. No, non lo faceva per vendicare Emily, o per saldare il conto; ma perché per colpa di quel maledetto francese lei stava partendo per l’altra parte del mondo! Lo aveva fatto perché lui non poteva fermarla ma il dannato francese forse aveva una possibilità! Tutte cose che non era in grado di sopportare!
L’istinto di sopravvivenza soccorse Erik che riuscì, con la stessa velocità del pugno, ad afferrare un braccio del dottore e piegarlo dietro la schiena per poi sbatterlo violentemente con la faccia contro il muro “Non serve che ti dica che mi basta piegare ancora un po’ per spezzarlo, vero dottore?” sibilò ad un orecchio dell’avversario che, come previsto non si scompose affatto. “Ora dottore … vorresti gentilmente dirmi cosa ti è preso? Anche se mi mancava divertirmi in questo modo, non ho tempo per i tuoi inutili giochetti!” gli era mancata la sua voce minacciosa da spirito infernale! Non vi ricorreva da talmente tanto tempo che non era sicuro di riuscire a darle la giusta intensità, il suo personale tocco!
Lei parte … per colpa tua!” sputò sulla parete l’altro ed Erik sconvolto mollò la presa. Come Emily partiva? E dal tono di Alex non era il solito viaggetto di cinque giorni al massimo, sembrava molto più lungo! Partiva per colpa sua? Partiva per dove? Quando? Era miracolosamente sopravvissuto a quell’oscura chimera ed ora era troppo tardi comunque? NO! NO! NO! NO!NO! NO!
Londra! E non tornerà!” disse Alex risistemandosi il cappotto non curandosi dell’aspetto assolutamente sconvolto di Erik che in quel momento appariva davvero come una creatura infernale. Che diamine stava succedendo? Perché quell’aria totalmente devastata? Sembrava perfino che facesse fatica a respirare!  Forse non era il solo a non volere che Emily partisse!
Riprese la borsa e si avviò verso la pesante porta. “Rompi la bambola!” intimò Alex a bassa voce sull’uscio guardando dentro casa ma non l’uomo che si sorreggeva sfinito alla scala in noce, prima di uscire. Lui non ci era riuscito, Erik forse poteva! Se gi avessero mai detto che avrebbe affidato la sorte della sua preziosa sorellina ad uno stolker rapitore con gli hobby della circonvenzione di incapace e dell’impiccagione (giusto per mantenersi sugli aspetti più noti) non ci avrebbe mai creduto! Ma a situazione era questa, ed Erik era l’unico in grado di far restare Emily!
Erik guardò la porta con espressione interrogativa: era un ordine o una richiesta? Poteva anche essere una preghiera! Anche se pensare che Alex lo avesse appena pregato di fare qualcosa era decisamente ridicolo! E che voleva dire rompere la bambola? Purtroppo non aveva molto tempo per questi interrogativi: il braccio sinistro con cui aveva afferrato il dottore aveva ricominciato a sanguinare e chiedeva immediate attenzioni! In fondo Emily non sarebbe andata da nessuna parte senza il computer! Doveva sistemarsi in fretta ed aspettarla!

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Capitolo 20
*** Rompere la bambola ***







  “Mi aspetti qui! Torno subito!” disse Emily scendendo tal taxi davanti al portone di casa Wandervitt. Con un po’ di timore inserì la chiave nella serratura e poi aprì la porta. La sua giornata era trascorsa in modo tranquillo: aperitivo al Plaza per un fruttuoso incontro di lavoro, shopping therapy e pranzo nella Pool Room del Four Season (il suo ristorante preferito). Erano passate da poco le tre del pomeriggio e le restava solo da prendere il pc in biblioteca, poi sarebbe tornata a Park Avenue.
La casa era silenziosa, come se non ci fosse nessuno oltre lei. Percorse l’ingresso e diede una veloce occhiata alla porta della biblioteca: era aperta segno che Erik non si trovava al suo interno. Meglio così, avrebbe preso il laptop e sarebbe tornata nel suo appartamento in pochi minuti!
Appena entrata la ragazza si scontrò con i segni dei giorni di lotta tra Erik e Christine: già al primo passo si era accorta di aver calpestato un libro caduto malamente dal piano superiore, lo raccolse e lo spolverò con la mano, ma poi vide che l’intero pavimento era un insieme di libri, carte e mobili gettati in aria che avevano conosciuto la furia del Fantasma dell’Opera. Fece qualche altro passo in avanti e notò che accanto allo stipite della porta c’era addirittura un attizzatoio del camino conficcato nel muro. Qualsiasi cosa fosse accaduta in quella stanza era contenta di essere scappata in tempo! Di norma si sarebbe chiesta cosa avesse spinto Erik ad agire in quel modo ma non quel giorno!
Dopo diversi giri su sé stessa tirò via l’attizzatoio dalla parete e poi si diresse verso il divano per prendere il computer prima del ritorno di Erik. Al suo posto c’erano solo delle tracce di sangue abbastanza fresco. Era il sangue di Erik? C’erano delle altre macchie per terra … cos’era successo? Aveva preso lui il portatile? Perché?
Cerchi qualcosa mademoiselle?” una voce profonda interruppe i pensieri del perito. Era melodiosa, soave ed armonica come al solito ma sembrava più nera ed oscura del solito. In oltre proveniva da un punto non identificabile della stanza.
Merda!” imprecò l’americana a bassa voce prima di rispondere “Erik … non ho molto tempo … c’è un taxi che mi aspetta fuori … potrei avere il computer?” disse con voce stanca cercando di capire dove fosse l’uomo. Non avrebbe avuto la forza per sopportare un altro dei trucchi del Fantasma, ma sembrava non avere altra scelta!
Sali!” Ordinò perentoriamente l’altro dal piano di sopra mascherando l’agitazione. Emily eseguì controvoglia ed appena fu nel suo campo visivo Erik disse con tutta la calma di cui fu capace “Vieni avanti!
Non serve! … Sul serio! Ho sbagliato io! Dammi solo il computer!” non c’era bisogno di spiegare niente: era lei che si era insinuata in un amore capace di travalicare spazio e tempo; quello che era successo era solo colpa sua! Si era fermata in cima alla scala a chiocciola e si era rifiutata di guardarlo negli occhi. Lei che non aveva mai avuto paura o orrore di vedere il suo viso ora non lo sopportava nemmeno con la maschera!
Insisto madmoselle! Vieni avanti!” ordinò con un elegante gesto della mano. Emily percorse la balconata ed arrivò al capo opposto della stanza dove, in corrispondenza della scrivania sotto, si trovava un piccolo divanetto sul quale il Fantasma era comodamente seduto con il pc intatto al suo fianco.
Erik sul serio, non serve dire niente! Ho capito perfettamente!” L’americana sorrideva mentre parlava, ma non era il suo sorriso: non c’erano luce o calore in lei e lo sguardo era quanto di più lontano ci potesse essere dal sereno. Quello che Erik aveva davanti agli occhi era il diplomatico sorriso di una bambola! Sogghignò per una frazione di secondo mentre realizzava il senso del colloquio avuto con Alex! Gli aveva praticamente affidato la sorella chiedendogli di non farla partire! Non sapeva se fargliela pagare per il pugno o ringraziarlo!
Siediti … mademoiselle!
Grazie ma sto benissimo dove sono! cosa vuoi dirmi?
“Ci sono delle cose che devi sapere …” iniziò dopo qualche secondo impiegato a cercare di trovare un modo per spiegarle l’accaduto.
Emily portò le mani avanti facendogli cenno di fermarsi “non è il caso …
Lo è più di quanto pensi! Quindi ascolta e non interrompere!” Erik aveva abbassato la sua voce di almeno un ottava e l’aveva resa molto più imperiosa e penetrante del solito, sebbene il suo fosse stato poco più di un bisbiglio. Si alzò per avvicinarsi lentamente alla balaustra accanto ad Emily; poi allungò una mano per spostarle un riccio scomposto ma la ritrasse immediatamente, prese un profondo respiro ed inizio: “Io sono arrivato nel tuo tempo grazie ad un potente incantesimo che però non ha funzionato secondo i miei piani. Sarei dovuto tornare indietro di qualche anno per riavere Christine e vendicarmi cambiando il nostro destino.” In quel momento la maschera non era una barriera sufficiente, quindi l’uomo aveva piegato la testa in modo che lei non lo potesse vedere in viso; tutto ciò che gli occhi di Emily potevano osservare era la posa rigida ed il tremore in una mano, unico segno della sua reale agitazione. “non so perché il destino abbia preso una piega così diversa da quella che aveva immaginato ma credimi non sono affatto deluso.” Disse prima di voltarsi per vederla in viso e riprendere a parlare nella sua lingua madre “Ti amo Emily … ferma, ascolta e non parlare … non ancora … lasciami finire! … Ti amo! Tu sei come la pioggia nel deserto capace di riportare la vita dove per anni ed anni c’è stato solo il nulla! Non importa che sia un violento tifone o un pioggerellina leggera: lei passa ed inconsapevolmente riporta vita e colore.” Non aveva resistito e le stava gentilmente accarezzando una guancia con il dorso sella mano, ma Emily si ritrasse con un espressione amara a piegarle gli angoli della bocca.
Non mi sembrava che la pensassi così quando mi hai urlato di andarmene e lasciarti solo!” quelle parole erano talmente fredde che Erik le avrebbe quasi preferite urlate.
Non parlavo con te …
Emily roteò gli occhi esasperata “ Ah ti prego!
La magia ha sempre un prezzo ed anche se tu non hai visto nessun altro oltre a noi, ti posso assicurare che c’era chi era venuto a riscuotere.” Spiegò Erik sperando che la razionalità di Emily gli credesse.
E qual’era il prezzo?” chiese decisamente scettica l’americana mentre il suo desiderio di tornare a Park Avenue aumentava esponenzialmente.
Tu!” quelle sole due lettere e l’intensità con cui furono pronunciate schiacciarono ed inchiodarono Emily al suolo “Per la possibilità di riavere Christine ho perso la donna che amo! La magia ha sempre un presso troppo alto!” disse amaramente.
Pensavo l’amassi ancora.” Adesso era lei che non poteva sostenere il suo sguardo e teneva il capo voltato, ma Erik la fece girare sfiorandole il mento con due dita e fece in modo che non potesse distogliere gli occhi da lui “Io ero ossessionato da Christine e dalla sua voce. Ma differenza tra amore ed ossessione l’ho capita solo toppo tardi!” prima che lei si potesse ritrarre le cinse il volto con entrambe le mani e si avvicinò di un passo “Io volevo Christine! Volevo il suo canto, il suo cuore, la sua mente e la sua anima! Volevo anche il suo corpo ma sapevo che quello non lo avrei mai ottenuto! Volevo tutto questo e non m’importava del costo. Ma ora desidero solo che tu sia felice; non serve che paghi anche tu per me! Vorrei che tu lo fossi al mio fianco …” ed Emily vacillò tra le mani del Fantasma dell’Opera per la speranza che trapelava dalle ultime parole, ma lui proseguì con l’espressione di chi si aspetta solo un rifiuto “Ma se pensi che Londra sia meglio allora vai. Non ti voglio infelice, e non ti sopporterei tale a causa mia!
Sapeva che doveva dire qualcosa, ma dopo che Erik le aveva aperto il suo cuore in quel modo non sapeva cosa doveva dire! Quindi chiese l’unica domanda a cui riusciva a pensare per prendere tempo “Cos’è successo in questa stanza?
Erik si ritrasse e si voltò verso lo sfacelo del piano di sotto; doveva ammettere che la biblioteca era devastata quasi quanto la sua Dimora dopo il passaggio della folla inferocita. “Ciò che vedi sono i segni della battaglia tra me e lo spettro. Quella creatura aveva le sembianze di Christine, indossava perfino il costume di Anita ed aveva la sua stessa voce! Ma non era lei! E più cantava più io mi avvicinavo alla morte … quando ero allo stremo delle forze ho cantato anch’io ma in una tonalità avversa alla sua. Non so come ho fatto a svegliarmi ancora nel mondo dei vivi.”
Emily si avvicinò ad Erik, che rimaneva immobile con gli occhi in un punto imprecisato del pian terreno. “È tutto vero?” lui annuì.
Anche che vorresti che restassi?” un altro cenno affermativo. A quel punto Emily poggiò la sua mano su quella che Erik teneva bel ferma sul corrimano e lo sentì tremare come scosso da elettricità pura. “Dillo ancora!” chiese la donna a bassa voce mentre lui si voltava stupito.
Cosa?
Che mi ami …” sussurrò incerta.
Erik posò la mano libera sulla guancia sinistra della ragazza, accarezzandola con un pollice,  prima di curarsi che la sua voce esprimesse fino in fondo le parole successive “Je t'aime mon cher coeur!
Lei sorrise e mise la sua mano destra sul cuore del Fantasma “Ti amo Erik e sarei la donna più felice del mondo se mi permettessi di restarti accanto!” annunciò con solenne dolcezza.
La mano ferma sulla balconata volò veloce ed attirò inesorabilmente Emily a sé, mentre l’altra si spostava sotto al mento per poterla baciare meglio e restituirle un po’ del fiato che le aveva strappato. Questa volta Erik sapeva che nessun demone o spirito avrebbero potuto mai portargli via Emily perché era stata lei a decidere di restare con lui, ed il libero arbitrio è  intoccabile! Lei era sua, completamente, ed in un modo totalmente diverso da tutto ciò che fino a quel momento aveva definito “suo”; e questo pensiero rese il bacio decisamente più profondo, passionale e possessivo dei precedenti. Appena le mani dell’americana ebbero cinto il suo collo lui ne approfittò per colmare anche l’ultimo frammento d’aria che li divideva; adesso tra loro c’erano solo indumenti ma se nessuno dei due si fosse fermato non ci sarebbero rimasti molto!
Dopo un po’ Emily si allontanò per respirare e si ricordò del taxi che l’aspettava da Dio solo sapeva  quanto. “Devo andare …” disse ancora ansimando mentre accarezzava la parte scoperta del volto di Erik “Il taxi … devo pagarlo …
Un ultimo veloce bacio e la lasciò andare, maledicendo l’inconsapevole taxista nella sua mente. Lei prese il portafogli dalla borsa, caduta a terra chissà quando, ed uscì di corsa dalla biblioteca. Erik la vide trotterellare in modo instabile su scarpe dal tacco decisamente alto, mentre si accarezzava le labbra con due dita per imprimere a fuoco quel momento nella sua mente. Posò la borsa sul divanetto e raggiunse il portone d’ingresso prima che Emily potesse rientrare. 

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Capitolo 21
*** Beneath a New York sky ***


AVVISO: capitolo non adatto a diabetici! No scherzo! Caro Lettore già dal titolo puoi immaginare cosa accadrà nelle prossime righe, ma sappi che questa è la prima volta che descrivo certi momenti e non sono per niente convinta del risultato finale! Ma volevo concedre ai nostri due protagonisti un momento di pace ed intimità prima dell’arrivo di Alex! Quindi ti chiedo un po’ di comprensione e la cortesia di lasciarmi la tua opinione. Non preoccuparti: anche le critiche costruttive sono ben accette! Approfitto del tuo tempo anche per ringraziarti di essere arrivato fino a questo punto della storia impiegando il tuo tempo a leggere questa ff! Buona lettura!
 
 





  La porta si riaprì da sola ed Emily entrò in casa un po’ stranita prima di essere catturata dal Fantasma che l’aveva attesa come un animale predatore. Si limitò a stringerla per diversi minuti, accarezzando e baciandole i capelli. Lei non opponeva resistenza e lo lasciava assaporare quel momento fino in fondo, limitandosi ad appoggiare la testa su una spalla dell’uomo e restando immobile.
Dopo giorni in compagnia degli spettri del passato, Erik aveva bisogno di percepire Emily, di tastarla, sentirne l’odore ed assaporarne il sapore. Ma ben presto questo bisogno mutò perdendo il suo carattere rassicurante ed assumendone uno completamente diverso: desiderio. Desiderio di averla completamente. Desiderio di essere l’unica cosa che sfiorasse la sua pelle ed occupasse mente ed anima. Desiderio, possesso e lussuria si erano infiltrati nella sua mente e lo stavano travolgendo.
Si allontanò improvvisamente ed ammirò l’espressione interrogativa sul suo volto; era così bella, così perfetta, calda nonostante fuori gelasse! Emily era sua, ma come poteva … chiederle anche quello!? Come poteva chiederle di ammirare lo scempio del suo corpo?! Come poteva chiederle di fare l’amore con lui? La baciò con tutta la passione ed il desiderio che aveva in corpo poi i suoi baci si spostarono lentamente lungo la linea del mento fino all’orecchio dove si arrestarono e le sussurrò le sue intenzioni suadente come il serpente di Eva.
Emily deglutì e respirò profondamente cercando di rimettere in funzione il cervello, che, subissato da troppi impulsi, era diventato come una grossa teiera intasata! Le mani di Erik si erano spostate veloci dalle sue braccia: una l’aveva stretta alla base della schiena attirandola verso di lui; l’atra, completamente aperta, si era posizionata sulla nuca sorreggendole la testa mentre la baciava. E come l’aveva baciata! Se il Fantasma non l’avesse tenuta saldamente stretta non sarebbe nemmeno riuscita a reggersi in piedi! Anche se le aveva chiesto di fare l’amore con lui, il linguaggio del corpo lasciava chiaramente intendere che la sua era un offerta che non si poteva rifiutare! Sapendo che la voce non l’avrebbe soccorsa in quel momento, distese il viso nel più invitante dei sorsi di cui era capace, annuì leggermente ed infine ricambiò il bacio ricevuto con la stessa passionalità.
Sei … sicura?” il viso non era l’unica parte da nascondere in lui; era davvero sicura di voler vedere il resto?
Il sussurro di Erik aveva perso molta dell’audacia di prima, incapace di celare la paura nella sua mente. “Oui, je suis” rispose la ragazza accarezzando il suo torso.
Mia Emily …” come aveva fatto a dubitare di lei? Dell’unica persona che lo aveva sempre considerato un essere umano al suo stesso livello? Dell’unica capace di provare amore per quell’ammasso di disgrazie che era Erik Destler?
Ripetendo quelle due parole come il mantra di un monaco buddista, le sue labbra lasciarono un infinità di baci su ogni millimetro del suo viso, piccoli e leggeri come la rugiada mattutina ognuno dei quali racchiudeva una silenziosa dichiarazione d’amore; mentre le mani la stringevano più saldamente prima di iniziare ad eliminare sciarpa e cappotto, ormai inutili ostacoli ai movimenti di entrambi. Liberato il collo scese lentamente, calcolando anche il minimo dettaglio per essere sicuro di essere l’unica cosa che pervadesse la mente della compagna; ed a giudicare dal modo con cui lei si era aggrappata a lui e dal respiro decisamente affannato ci stava riuscendo perfettamente! Gettato malamente anche il cappotto e, senza dare ad Emily il tempo di pensare qualsiasi cosa, la sollevò come si fa con le spose e salì le scale dell’ingresso. Probabilmente il suo braccio ferito non avrebbe gradito, ma tutti quegli ormoni che gli invadevano il corpo erano un ottimo antidolorifico!
Emily si trovò sul pianerottolo del primo piano chiedendosi come ci fosse arrivata: ricordava di essere stata sorretta da Erik e ricordava di essersi mollemente appoggiata ad una sua spalla per assaporare meglio la sua fragranza; un odore forte che le faceva pizzicare un po’ il naso ed attraente come l’oscurità. Ma non aveva realizzato che la stesse portando da qualche parte, in effetti non si era nemmeno accorta di essere sollevata da terra fino a quando non sentì il rumore delle sue scarpe sul pavimento. Questo era decisamente un potere da Fantasma dell’Opera! E qualcosa le diceva che Erik riservasse anche altro!
Cosa c’è mon coeur?” chiese dolcemente l’uomo non capendo il suo sguardo e lei rispose con un bacio dolce ed invitante. Tuttavia si accorse di un intoppo, un ostacolo che non le faceva assaporare le labbra di Erik come avrebbe voluto: la maschera copriva parte del suo labbro superiore ed era diventata un’insopportabile barriera! Istintivamente allungò una mano verso la porcellana per sfilarla ma si arrestò immediatamente: quel gesto non spettava a lei! Lei avrebbe potuto sfilargli camicia e pantaloni ma non la sua maschera! Avrebbe voluto farlo! Avrebbe voluto dire moltissimo! Ma quel gesto spettava a lui!
Scusa … non avrei dovuto …” sussurrò distogliendo lo sguardo, ma l’altro le prese la mano e l’accompagnò nel movimento per sfilargli maschera e parrucca. Stranamente non ci aveva nemmeno pensato, la mano si era mossa autonomamente ed aveva guidato quella di Emily. Forse perché era con lei? Oppure perché in effetti la maschera iniziava a dare fastidio anche a lui? “Avec toi, je n'ai besoin d'aucune masque.” (con te non mi serve nessuna maschera, nda) le spiegò per tranquillizzare l’espressione stupita della donna.
Lei sorrise “Allora non indossarla più con me!” chiese un po’ implorante accarezzando gentilmente il lato destro del viso di Erik, che si era appoggiato sulla mano della ragazza con espressione beata. Prima di Emily nessuno aveva mai osato avvicinarsi al suo volto deturpato con tanta dolcezza, ma nessuno era paragonabile ad Emily! Dopo diversi istanti in cui nessuno si mosse risorse il bisogno di baciarla; irresistibile quasi quanto l’urgenza della Musica. Cercò la sua bocca e lei la offrì senza esitazione, rispondendo ai suoi assalti e lasciando che mani e labbra del Fantasma dell’Opera fossero la sola cosa nei suoi pensieri.
Le loro mani si spostavano generose di carezze ed avide di esplorazione, provocando brividi e tremiti in entrambi mentre si facevano mano a mano più ardite. Poco prima di varcare la soglia della camera di Emily la mano destra di Erik si trovò sulla coscia dell’americana e lui fu percorso da un brivido più intenso degli altri quando capì di toccare il limitare del suo vestito. In un atra circostanza avrebbe pensato che nessuna donna per bene dovesse uscire fuori dalla propria camera da letto in modo così impudico; ma in quel momento, con sua grande vergogna, era un dettaglio piacevole e stimolante! Come fu stimolante il piccolo gemito che lei si lasciò scappare appena l’anulare finì non proprio casualmente sotto quella gonna tentatrice.
Varcata la soglia cercò ed aprì la lampo del vestito; ringraziando le innovazioni nel guardaroba femminile che gli facevano risparmiare tempo e gli permettevano di continuare a torturare le labbra ed il collo di Emily. Lasciato cadere a terra l’indumento, con la stessa non curanza del cappotto e della maschera, Erik la stese sul letto dolcemente prima di osservala ed ammirala in tutta la sua bellezza: gli occhi liquidi e lucidi per il desiderio e la lussuria; la pelle rosea, calda e lisca; il completo intimo rosso borgogna con pizzo nero gli provocò una violenta scossa nei suoi recessi più profondi. La voleva, e con metodo certosino ne avrebbe conquistato ogni millimetro e lo avrebbe reso definitivamente suo; come suo era il cuore che batteva forte sotto al seno perfettamente modellato! I suoi occhi scesero sulla pancia liscia; lanciarono una veloce occhiata sugli slip (interrotta solo da una violenta ondata di imbarazzo), e giunse sulle gambe affusolate avvolte da pesanti autoreggenti nere. In quel momento Emily era la cosa più bella che avesse mai visto!
“Erik …” lo richiamò la ragazza con un sussurro roco e lui non si fece desiderare oltre, ricominciando a stringerla e baciarla, invogliato ancor di più da quel corpo morbido che ondeggiava sotto al suo peso e faceva danzare anche il proprio.
Emily sfilò la camicia dai pantaloni dell’uomo, prima di sbottonarla in modo talmente lento da renderlo esasperante. La tortura del Fantasma divenne insopportabile quando si accorse che le mani della donna si erano infilate tra la camicia e la carne compiendo lenti movimenti circolari via, via più ampi. Ad un certo punto si arrestò bruscamente: aveva sentito che il torace dell’uomo era costellato di cicatrici come un mappamondo lo è di montagne, ma su un fianco sentì il ricordo di una vecchia bruciatura molto estesa. “Che ti è successo?” bisbigliò preoccupata ed allibita.
Non sono sempre stato un ospite in Persia.” spiegò laconico staccandosi bruscamente da lei e tornando in piedi di fronte al letto. Come aveva previsto il suo corpo la spaventava! Le faceva orrore! Si era illuso di poter ricevere amore in modo completo! Ma che succedeva? Lei si era inginocchiata sul letto davanti a lui e gli sfilava la camicia come si tolgono le bende ad un malato … adesso accarezzava quella bruciatura fatta con l’acido … e … l’aveva baciata? Quell’abominio? Cristo! Solo il suo volto era più ripugnante di quella … roba! Non solo! Ora lo abbracciava con infinita dolcezza e si strusciava come un gatto! Erik non sapeva cosa fare! In quel momento faceva persino fatica a respirare e tenere il cuore nel petto!
Come hanno potuto farti questo amore mio?!” Un bisbiglio appena percettibile bastò per riportare le sue braccia attorno ad Emily e ricambiare l’abbraccio. “Dillo ancora!” ordinò fermo.
Cosa?
Le ultime due parole!
Amore mio …” ed il respiro si spezzò appena lui la ristese sul letto e ricominciò esattamente da dove si era interrotto prima. “Di nuovo!” intimò tra un bacio e l’altro mentre lei si liberava della cintura e si occupava dei pantaloni, che ormai dovevano essere decisamente fastidiosi! “Dillo di nuovo!” ora l’ordine imperioso fu accompagnato da un leggero morso provocatore sul seno, dopo un gemito lei obbedì e lui invertì le posizioni.
Non rimase sotto di lei molto, giusto il tempo di sganciare il reggiseno: così la preda era lui mentre era Emily che doveva essere conquistata! Era Emily la vittima della passione! Almeno per questa volta!  Concentrò le sue attenzioni sui seni finalmente liberi: sentiva la donna ansimare ed aggrapparsi alle coperte (come se uno stupido pezzo di stoffa la potesse salvare!) mentre si tendeva e vibrava come il suo violino. Le bloccò le mani con le sui e, sfruttando le sue conoscenze di anatomia in modo decisamente insolito, fece scendere i suoi baci lungo l’addome nei punti che sapeva più sensibili: sentiva ogni brivido ed ogni spasmo che scuotevano il corpo dell’americana, tutti incoraggiamenti a proseguire!
Se non avesse avuto un piano da seguire con fredda precisione (per quanto la mente di un uomo possa definirsi fredda in certi momenti!) Erik sarebbe stato in pura estasi: sapeva che il piacere è un'altra cosa; ma avere Emily, avere libero accesso al suo corpo e sapere di essere lui l’artefice di quella strana forma di tortura era una gioia indescrivibile!
Ad un certo punto Emily ebbe nuovamente le mani libere, quelle del suo amante erano impegnate a scendere lentamente lungo i fianchi per sfilarle le calze. Erano come piume che scivolarono leggere sul suo corpo! Era atroce! Era una vittime inerme di Erik che stroncava ogni suo tentativo di ribellione rendendo i suoi baci più lascivi e strappandole un gemito! Era esasperante! Ogni gesto calcolato con diabolica precisione per farle desiderare qualcosa in più, qualcosa che lui elargiva con estremo controllo! Persino adesso che i suoi baci risalivano nell’interno coscia!  
Erik …!” lo implorò allo stremo della sopportazione …

 
Dopo che il sole fu tramontato e la passione dei due amanti consumata, erano entrambi distesi sul letto: l’una tra le braccia dell’altro da tempo incalcolabile. Emily era morbidamente appoggiata sul cuore di Erik, una gamba incrociata tra le sue, e sembrava addormentata; lui le stringeva una mano baciando con riverenza la punta delle dita, imprimendo in ogni bacio un ricordo preciso degli eventi appena trascorsi:
Indice: il sapore dei suoi seni ed il desiderio di fondersi con lei.
Medio: la musicalità dei loro corpi che si muovevano all’unisono.
Anulare: il grido che le aveva strappato all’apice del piacere: il primo urlo che il Fantasma dell’Opera rubava ad una donna non per terrore di cui si era impadronito perché meritava di morire in un suo bacio.
Mignolo: la terra che tremava e li faceva sprofondare chissà dove.
Spostò la mano libera lungo la schiena nuda di Emily e la sentì mugolare e muoversi “Pardonnez-moi. Veux pas te réveiller mon coeur!” (perdonami non volevo svegliarti cuore mio, nda)
Non preoccuparti, ascoltavo il tuo cuore!”rispose con una voce che ricordava molto un gatto che fa le fusa, prima di posare un bacio in corrispondenza del muscolo cardiaco che strappò un tremito all’uomo; poi si riaccocolò dove si trovava prima.
Erik la strinse più saldamente a sé accarezzandola amorevolmente per un po’ “Dovremmo alzarci …
Non credo! Sto benissimo qui!
È  buio da più di un ora, mon amour! Non vorrai che tuo fratello ci trovi così?
Alex! Tra le braccia di Erik si era completamente dimenticata di suo fratello! Soprattutto si era dimenticata di vivere a casa di suo fratello! Si alzò di scatto, puntellandosi sui palmi delle mani immaginandosi cosa poteva accadere se li avesse beccati in quella posizione decisamente intima. Era decisamente meglio che non li trovasse in quel modo! Quindi scese dal letto con un balzo e si fiondò nella cabina armadio per avere un aspetto presentabile.
Erik aveva osservato il veloce susseguirsi delle espressioni sul volto della sua Emily: prima aveva sgranato gli occhi, poi si era voltata verso la porta, come se il medico si trovasse esattamente lì, ed in fine aveva mormorato una raffica di “no” mentre scendeva dal letto scuotendo la testa. Aveva provato a non ridere, ma l’impulso fu più forte di lui! Momentaneamente solo non gli restava altro che assaporare per l’ultima volta il profumo delle lenzuola con i loro odori perfettamente fusi, poi alzò ed iniziò a rivestirsi.
Quando la ragazza riapparve indossava dei comodi jeans ed un cardigan, sebbene avesse ancora i capelli in disordine. Si avvicinò ad Erik e, senza dire una parola, iniziò ad abbottonargli la camicia. Terminati i bottoni accarezzò il suo torace concentrandosi su ciò che si percepiva da sotto il cotone: se non fosse stato per i segni delle torture subite avrebbe avuto un corpo assolutamente perfetto! Non era abituato ad essere accarezzato in quel modo: era evidente dal modo in cui si era irrigidito e controllava il respiro. “Ti amo Erik!” sussurrò cedendo all’impulso di abbracciarlo.
Per un uomo cresciuto con la convinzione che nessuno lo avrebbe mai voluto toccare se non con un bastone era difficile credere a quello che stava succedendo! Anche dopo aver avuto il corpo di Emily; anche dopo che lei gli si era concessa completamente e senza esitazione c’era ancora una parte di lui che faceva fatica a credere ai suoi sensi! Ma quelle tre parole dette con sussurro appena percettibile liberarono il suo cuore dalle incombenti nuvole che lo appesantivano, come fossero una formula magica! Con una mano ricambiò l’abbraccio e con l’altra le sistemò i riccioli scomposti “Ti amo anch’io!” 

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Capitolo 22
*** Fratelli maggiori ed angeli non proprio custodi ***







   
In una città come New York c’era sempre qualcuno che riusciva ad arrivare in pronto soccorso con qualcosa di grave proprio quando il Dottor Wandervitt si accingeva a terminare il turno: quella sera era stata l’ennesima vittima del giardinaggio che non aveva resistito all’impulso di fare il Cavaliere Jedi con un rastrello in mano, costringendo Alex ad un lungo intervento ricostruttivo. Quando finalmente poté tornare a casa sua era ormai l’una del mattino ed il suo umore era decisamente pessimo.
Prima ancora di inserire la chiave nella porta digrignò istintivamente i denti: quella era stata una giornata orrenda sotto ogni punto di vista ed il pensiero di condividere casa proprio con quel francese idiota ricattatore, pluriomicida con l’hobby dell’impiccagione e della circonvenzione di minore che rischiava di spedire sua sorella oltre oceano non era affatto allettante. A torturare il dottore era il pensiero di aver promesso di non fargli niente. Ma aveva dato la propria parola ad Emily di non torcergli nemmeno uno di quei quattro “cosi” che sul cranio di chiunque altro sarebbero stati definiti capelli, quindi aveva le mani legate. Dopo un profondo respiro ricacciò il conato di bile da dove era venuto e riacquistò la calma che di solito contraddistingueva il Dottor Wandervitt, poi entrò in casa.
Camminò lungo il corridoio deserto non sapendo cosa aspettarsi: Emily aveva già lasciato il West Side o Erik era riuscito a fermarla? Alex arricciò il naso riflettendo che, nell’ultimo caso, avrebbe persino dovuto ringraziare il francese idiota ricattatore, pluriomicida con l’hobby dell’impiccagione e della circonvenzione di minore; decisamente troppo! Sia l’ingresso che il corridoio erano bui e silenziosi; dalla porta della biblioteca non trapelava nessuna luce o rumore; solo girato l’angolo che conduceva alla cucina poté tirare un sospiro di sollievo: la luce della stanza era accesa e sapeva che al Fantasma dell’Opera non occorrevano le lampadine! Come sperava sua sorella era seduta al tavolo da pranzo con un libro in mano ed una tazza di tea al suo fianco.
 “Che buon profumo! Cos’hai cucinato?” chiese normalmente, come avrebbe fatto in qualsiasi altro giorno, mentre le scompigliava i capelli. Era felicissimo che fosse rimasta, lo era meno di dover ringraziare Erik, ma prima di tutto voleva sapere cos’era successo.
Io non so fare delle ficelle picarde così buone, tanto meno l’aspic de pommes!” Erik le aveva fatto toccare solo le posate per mangiare, insistendo per cucinare mentre lei doveva rispondere e declinare l’offerta di Londra. Alex guardò interrogativamente la sorella “L’aspic è un dessert freddo alle mele e le ficelle sono delle crepes con panna, funghi e prosciutto.
Sono contento che sia rimasta sorellina! Ma … lui dov’è?” chiese il fratello con tono inquisitorio.
L’ultima volta che l’ho visto suonava la discesa agli inferi di Don Giovanni … sublime, davvero sublime!” il dottore la guardò dall’alto in basso come se fosse un genitore che sa che il proprio figlio ha commesso una marachella ed aspetta una sua confessione.
Che c’è? È vero!”
“Non lo metto in dubbio!” commentò mentre si toglieva il capotto e si sedeva acanto alla sorella “Cos’è successo quando sei tornata dal Parco?
Sapendo di non poter raccontare la verità  perché avrebbe rischiato la cella imbottita di un bel manicomio provò ad essere vaga ed elusiva rispondendo con un sorriso tranquillizzante “Nulla di importante!
Tra i lati positivi di conoscere la ragazza da quando era nata c’era indubbiamente l’aver imparato quando questa cercava di nascondere qualcosa. “Emily!” disse in tono severo.
Alex!?
Sedici ore fa progettavi di lasciare gli Stati Uniti ed ora ti trovo tranquillamente in cucina che ti prepari del tea verde e leggi Ibsen!  Non voglio certo i dettagli ma solo saper e cosa ti ha fatto cambiare idea!” le parole uscirono più fredde e taglienti di come avrebbe voluto, ma Alex era davvero troppo stanco per controllare il tono della sua voce.
 Emily rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo su quali informazioni sarebbe stato meglio non svelare. “Noi … abbiamo parlato e chiarito. Tutto qui!” terminò con un sorriso appena accennato.
 “Tutto qui? Avete solo parlato?” chiese poco convinto.
Non credo che il resto ti interessi!” rispose fredda.
Posso preoccuparmi per te? Voglio solo che tu non sia infelice, Emily! È forse tanto sbagliato?” Anche se Erik era riuscito a trattenere la sorella a New York non era affatto sicuro che non l’avrebbe ridotta nuovamente nello stato in cui l’aveva lasciata quella mattina!
Lei sapeva che era vero ed abbassò gli occhi. Prima ancora che si potesse scusare per il tono brusco di poco prima, la stanza si riempì di una dolce melodia cantata da una voce soffice e tenera. Sembrava una calda ninna nanna per i bambini. Era splendida anche se non si riusciva a capire da dove provenisse.
Elle est gardée par un ange” (lei è vegliata da un angelo, nda) ripeteva Erik in una melodia eufonica.
Alex sogghignò divertito: nella scelta dell’entrata in scena il Fantasma dell’Opera era un vero maestro! “Non dirmi che tu saresti l’angelo?
Io SONO un angelo dottore!” puntualizzò Erik comparendogli alle spalle e facendo in modo che la voce provenisse dal lato opposto della stanza.
Alex rise senza voltarsi “Da quando gli angeli sono seduttori?
Dimentichi di Lucifero dottore!” rispose il Figlio del Diavolo con un ghigno divertito inclinando la testa.
Emily era rimasta immobile: da quando Erik aveva manifestato la sua presenza, nella cucina era scesa quella tipica atmosfera che regna nei duelli finali dei film Western. Mancava solo la scritta Saloon o una palla di fieno rotolante! A rendere il tutto peggiore era la sensazione che l’oggetto del contendere fosse lei! Se le gambe fossero state capaci di muoversi velocemente avrebbe volentieri guadagnato la porta, ma poteva solo restare immobile ed assistere impotente allo scontro.
Alex si alzò dalla sedia accanto alla sorella e con passi lenti si avvicinò al punto dove Erik era apparso, senza distogliere lo sguardo o parlare. Contemporaneamente l’altro, nel modo più enfatico di cui fu capace, percorse metà di una circonferenza immaginaria per portarsi accanto ad Emily; puntando saldamente i suoi occhi sul dottore e lasciando trasparire il ghigno del gatto che gioca col topo.
Pensavo che saresti stato contento … dottore!” incominciò alzando un sopracciglio “In fondo Emily … la mia Emily, è rimasta! Non era quello che volevi?” chiese con ambiguamente, accompagnando quel “mia Emily” da una suadente carezza alla ragazza, che saltò sulla sedia. Nulla di personale; ma le provocazioni vanno fatte come si deve!
Dopo un istante di silenzio Alex aggrottò le sopracciglia scettico “Quindi Lucifero avrebbe mia sorella? Immagino che pretenda perfino di essere ringraziato?” anche se gli aveva chiesto di fare qualcosa perché Emily non partisse, non era certo disposto a cederla tanto facilmente! Tuttavia doveva ammettere che, indipendentemente da quanto quella conversazioni si potesse definire amichevole, era divertente! Quale fratello maggiore non si vorrebbe sentir dire da un completo folle “io esco con tua sorella e non provare a fermarmi!”
Ne pas lui! Mais l'Enfant de Diable!” ( non a lui! ma al Figlio del Diavolo, nda) cavillò soddisfatto il Fantasma con voce diabolicamente divertita ed un dito alzato. Era meraviglioso vedere Alex diviso tra l’ilarità e la voglia di prenderlo a pugni!
Intanto la povera Emily, oggetto della contesa, spostava gli occhi dall’uno all’altro come se stesse guardando un incontro di tennis; peccato che si sentisse pallina e coppa contemporaneamente! Non riusciva a capire quanto stessero facendo sul serio e quanto stessere solo giocando. Un brivido gelido le era corso lungo la schiena quando Erik l’aveva sfiorata; per un attimo aveva davvero avuto la sensazione che quell’indice appartenesse al Diavolo in persona! Se, invece, guardava il fratello poteva vedere l’adrenalina scorrere nelle vene ed aumentare quello strano misto tra divertimento e “non azzardarti a toccare mia sorella altrimenti ti apro in due!”! Facevano entrambi paura! Paura forse non era la parola giusta, ma la ragazza poteva avvertire benissimo il crescente desiderio di uscire da quella stanza! Non poté impedire al suo corpo di irrigidirsi e di portare istintivamente gli occhi verso la via di fuga più vicina.
Alex vide la sorella contrarsi, non l’aveva vista tanto tesa nemmeno durante il ballo delle debuttanti o al colloqui d’ammissione all’università! Prima che potesse pensare a qualcosa vide la mano destra di Erik appoggiarsi dolcemente su una spalla: la teneva aperta ed immobile, eccetto il pollice intento a lasciarle delle piccole carezze. Non c’era alcuna malizia in quel gesto, non era affatto paragonabile a quello di pochi minuti prima; era … rassicurante? Per quanto incredibile non riuscì a trovare altre parole per descriverla! Sembrava proprio una sorta di “tranquilla va tutto bene”! Ed aveva anche funzionato: Emily aveva chiuso leggermente gli occhi e, respirando profondamente diverse volte, si era rilassata un po’.
Tutti i bravi medici sviluppano la capacità di analizzare i dettagli del comportamento delle persone che hanno davanti, per avere maggiori informazioni con cui elaborare la diagnosi, e tutto quello che il dottor Wandervit vedeva in quel momento era un uomo che teneva davvero ad Emily e che non avrebbe concesso a niente e nessuno di recarle danno! Sapendo di cosa era capace il Fantasma dell’Opere, sospettava che in questo compito avrebbe avuto più successo di lui! Sebbene stesse parlando di uno stalker, maniaco, rapitore con gli hobby della circonvenzione di incapace e dell’impiccagione; poteva forse chiedere di meglio?
Peccato che Jack e Sofie non avrebbero mai potuto incontrare l’uomo che si sarebbe preso cura della loro figlia! Sarebbe stato interessante vederli alle prese con Erik e le sue varie eccentricità durante le riunioni di famiglia! In realtà era più interessato a come sarebbe stata ricambiata la loro ipocrita disapprovazione! Non poté trattenere una leggera risata mentre lasciava la stanza. “Erik!” lo chiamò appena fu in un punto che per Emily era ceco.
Mentre l’altro si girava vide distintamente lo sguardo da “fammi pentire di questo e ti uso come cavia per la sperimentazione scientifica!” a cui rispose con una smorfia di sfida, lui non era certo un topo da laboratorio, e non gli avrebbe certo dato questa soddisfazione! “Si dottore?”
Credo di essermi dimenticato!” rispose alzando gli occhi al cielo con evidente falsa ingenuità.
Divertente dottore!
Buona notte coniglietto!” disse prima di varcare la soglia.
Lei si girò verso la porta prima di ricambiare l’augurio “Notte Alex!”, ma il fratello era già in corridoio diretto al piano superiore. “Erik cos’era esattamente quello?” La si poteva dire una conversazione amichevole o no?
A cosa ti riferisci mon ame?” rispose il Fantasma facendo finta di non capire l’oggetto della conversazione.
La ragazza portò il dito nella direzione in cui si trovava il chirurgo fino a pochi minuti prima e poi aprì la bacca per dire qualcosa che rimase ferma nella sua mente appena si accorse che l’altro sogghignava da sotto la maschera palesemente divertito da tutta la situazione. Ritirò il dito e sospirò con rassegnazione “Lascia perdere. Ho la sensazione che mi ci dovrò abituare!

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Capitolo 23
*** Epilogo: Dove tutto ebbe inizio ***


AVVISO: caro Lettore siamo giunti alla fine del racconto! È stato un “viaggio” lungo cinque mesi e ventitré capitoli in cui ho trovato persone tanto gentili da recensirmi ed altre che hanno comunque deciso di dedicarmi parte del proprio tempo; se potessi vi ringrazierei tutti! Alcune persone meritano una menzione speciale: la prima è Saitou Catcher che ha letto tutta la storia e l’ha recensita alla velocità della luce quando il racconto era già in fase molto avanzata! La seconda è StarFighter che in questi mesi è diventata una cara amica.
Non preoccuparti Lettore, ho finito di essere smielosa! Volevo dirti solo un ultima cosa: anche se la storia è finita la lascerò in sospeso perché ho in mente di scrivere un capitolo extra, appena avrò un po’ di tempo libero o un'altra noiosa e lunga lezione universitaria! spero che il capitolo ti piaccia e che mi lascerai un piccolo commento.
 







  Perigi, qualche anno dopo
 


In una soleggiata mattina di primavera una bambinetta di sette anni trotterellava lungo l’Av. de L’Operà al fianco dei genitori, ammirando quanti più dettagli poteva di quella città tanto diversa dalla sua New York. Aveva i capelli ondulati castano chiaro, gli occhi di una rara tonalità ambra e la voce particolarmente melodiosa, decisamente insolita per la sua età, merito delle ore passate con il padre a “giocare con le note” come diceva lei. I genitori l’avevano chiamata Grace perché, per quanto non credenti, l’avevano ritenuta una vera benedizione.
La madre di Grace era una donna di quasi quarant’anni con gli occhi verdi, consapevole che il segreto della vera eleganza non risiede in un abito sartoriale ma in un sorriso. Se i parigini di passaggio l’avessero dovuta descrivere l’avrebbero definita semplicemente raggiante, mentre sussurrava nell’orecchio del marito cose che il mondo non doveva sentire: aveva la tipica espressione di quelle donne fortunate che condividono la vita con un uomo che le ama profondamente. Il marito, che le teneva il braccio, racchiudeva nella sua persona fascino e forza in egual misura: alto, possente, con i capelli nerissimi ed occhi che sembravano capaci di vedere attraverso i muri; dava l’idea di non conoscere il significato della parola impossibile! Nessuno dei turisti o dei parigini che lo aveva incrociato quella mattina era, tuttavia, riuscito a dire quanti anni avesse: non un segno o una ruga inquinavano il suo viso! Dio stesso sarebbe stato orgoglioso di quel volto! Se quel volto fosse stato opera sua!
Aspettaci Grace! Non correre!” l’allegro trotterellio fu interrotto dalla profonda voce del padre della piccina che non la perdeva mai di vista. Sua moglie e sua figlia erano quanto di più prezioso avesse, e non avrebbe permesso nemmeno ai venti del cielo di offenderle soffiando troppo forte.
L’uomo era il più famoso musicista del mondo. Questa frase, abusata in passato, era verissima per lui! Un compositore come Erik Destler non si vedeva dai tempi di Mozart! Eclettico, rivoluzionario e straordinario con una vena creativa apparentemente infinita, in meno di dieci anni aveva conquistato tutto e tutti. Di lui non si sapeva molto: conduceva una vita appartata a New York con la moglie e la figlia, odiava i giornalisti (non aveva una grande considerazione nemmeno del suo pubblico a dirla tutta!) e non concedeva interviste. Aveva un carattere che i più gentili definivano pessimo: tutti coloro che collaboravano con lui lo odiavano profondamente e giuravano di non voler mai più ripetere l’esperienza; ma i suoi lavori erano sempre un successo tale che, se venivano richiamati, accettavano immediatamente. Qualsiasi cosa facesse la sua genialità ed il suo successo lo perdonavano immediatamente! Proprio come al Fantasma dell’Opera si perdonava tutto per il terrore che incuteva. La sua carriera era ancora più sorprendente perché aveva studiato musica da autodidatta e perché nessuno era riuscito a scoprire qualcosa sul suo passato: tutti conoscevano le sue musiche, spopolavano per il mondo, ma nessuno sapeva cosa Erik Destler avesse fatto prima di raggiungere la celebrità! Ad ogni modo a nessuno interessava troppo del suo passato: erano tutti troppo impegnati ad adularlo, implorarlo di lavorare con loro e dissuaderlo dalla concorrenza!
Quante volte ti dobbiamo ripetere di aspettarci? Questa non è Central Park!” adesso era la madre a riprendere dolcemente la bambina mentre le porgeva una mano che lei afferrò subito.
Ma voi siete sempre così leentiii!” protestò con un leggero broncio da coniglietto.
Parigi è una città che non conosci e noi stiamo per andare in un posto più pericoloso di quanto tu possa immaginare, ma belle!” spiegò Erik abbassandosi al livello di sua figlia per guardarla negli occhi.
Ci sei già stato daddy?
Moltissimo tempo fa …
Ci hai suonato?”
No ma petit
All’uomo che in un'altra vita era stato il Fantasma dell’Opera mentire riusciva sempre molto bene! Odiava farlo con sua figlia, ma lei non doveva assolutamente scoprire che razza di mostro era stato il padre per la maggior parte dei suoi anni o la sua vera identità! Per lei il Fantsasma dell’Opera sarebbe stato solo un classico della letteratura ed un opera scadente!
Per mantenere questo segreto aveva dato ad Alex il permesso di operarlo, opzione che non aveva mai preso in considerazione fino a quando Emily non gli annunciò che sarebbero stati genitori. Ricordava ancora quanto gli occhi del dottore brillarono al pensiero di affettare e segare l’uomo che faceva l’amore con sua sorella in casa sua! Non bastò un'unica operazione e per Erik furono mesi di inferno! Peggiori del tempo trascorso al circo! In effetti il giro mattutino degli specializzandi non era molto diverso. Tuttavia ne era valsa la pena! Tanto per iniziare aveva potuto sposare Emily alla luce del sole! Del tramonto per essere esatti! Una semplice cerimonia sotto i glicini del Conservatory Garden a cui furono invitati solo Alex e la famiglia di Fil, che aveva accompagnato la sposa. Quel giorno fu davvero perfetto, in ogni suo istante! Poteva andare a prendere Grace a scuola, (cosa che faceva tutti i giorni in cui la musica o gli impegni di lavoro lo trattenevano!) oppure passeggiare per Manhattan con lei ed Emily: poteva vivere come chiunque altro sul pianeta e fare tante piccole cose banali per chiunque ma che per lui erano dei miracoli! Senza contare che con un volto normale aveva la possibilità di vivere della sua musica, ma in confronto al resto era poca cosa!
Come per Erik era un miracolo la figlia! Un giorno aveva sentito Emily urlare dalla camera da letto, prima ancora che fosse riuscito a raggiungerla lei gli era corsa in contro raggiante per dargli la lieta novella. Per le successive settimane Erik era vissuto con la paura che la sua progenie fosse condannata al suo stesso destino; nemmeno le rassicurazioni di Emily o i test genetici lo avevano aiutato! Ma il Destino era stato magnanimo con Grace: la bambina era nata assolutamente perfetta ed aveva mostrato presto una spiccata propensione per la musica costantemente incoraggiata; cresciuta nell’affetto negato ai genitori era diventata dolce e gentile, inguaribilmente ottimista come sua madre!
I tre attraversarono il complicato incrocio di Place de l’Operà e giunsero agli scalini dell’ingresso della sontuosa Operà Populaire. Mentre la bambina ammirava l’elegante facciata, così diversa dal Lincoln Center, Emily si accorse che Erik aveva assunto una strana espressione ed una delle sue mani tremava in modo irregolare, lei l’afferrò senza esitazione. “Erik?” chiese preoccupata.
Sai mon choeur? Potrei smontare tutto teatro e ricostruirlo pietra su pietra esattamente come lo vedi, eppure non ho mai usato questa porta …” sussurrò per non farsi sentire dalla figlia.
Mhm … il Signore delle Botole non è mai entrato attraverso la porta principale? Mi chiedo come facesse a definirlo ilsuo teatro!” rispose ironica. Non era certa che avrebbe apprezzato ma era stata una tentazione irresistibile! “Ad ogni modo la vita è fatta apposta per le prime volte!” terminò sorridendo
Attenta mademe Destler! Il Signore delle Botole potrebbe non apprezzare tanta insolenza da parte di un americana che si appresta ad entrare nel suo dominio!” l’ammonì (o la minacciò, con lui il confine era sempre tremendamente sottile!) accarezzandole la gola. L’ennesima conferma che anche con un volto nuovo Erik sarebbe rimasto sempre il Fantasma dell’Opera! E che quello sarebbe rimasto sempre il suo teatro! L’appuntamento con il direttore era solo una formalità!
Avete finito voi due?? Siete leentiiisssiiiiimiiiiiiiiiiii!!” protestò Grace mossa dalla tipica curiosità dei bambini.
Erik  diede un veloce bacio sulle labbra della moglie, uno di quelli che preannunciavano quale conto avrebbe presentato il Signore delle Botole alla signora Destler appena fosse giunta l’ora dei fantasmi, per poi accarezzare i morbidi capelli della figlia “Oui ma belle! Maintenant, nous pouvons entrer!” (adesso possiamo entrare, nda)
Salirono le scale ed entrarono nel teatro. Erik non riuscì a trattenere un tremito rientrando dopo tanto tempo in quella che era stata casa sua e molto di più! Non poté fare a meno di notare come fosse tutto uguale eppure tanto diverso! Era esattamente come lo aveva lasciato, eccetto che per i turisti; ma si consolò pensando che erano lì anche per lui! Chissà cos’avrebbe fatto quel gruppo di giapponesi armati di macchina fotografica se la guida, tra una notizia e l’altra, avesse detto “state ammirando un evento eccezionale: il Fantasma dell’Opera che ritorna nel suo teatro!”? Sarebbero scappati via, avrebbero pensato ad una trovata pubblicitaria o avrebbero sguainato gli obbiettivi digitali?
Furono accolti da una vecchia conoscenza di Emily “Monsieur de Valentin? Ma è davvero lei? L’hanno fatta direttore?” L’uomo era visibilmente invecchiato ma Emily avrebbe riconosciuto quella faccia fina ovunque!
bon jour madame, monsieur.” Rispose l’uomo, stupito di rincontrare il perito in quella circostanza, salutando lei ed Erik. “Mi scusi non pensavo che Madamme Destler fosse lei! Sono molto contento di rivederla! Oui madamme, hanno nominato direttore cinque anni fa.
Mi perdoni! Non l’ho nemmeno salutata!” si scusò la donna, imbarazzata per aver momentaneamente dimenticato le buone maniere, mentre Erik assisteva incuriosito alla scena e si faceva un appunto mentale per farsi spiegare come facesse Emily a conoscere il direttore dell’Operà. “Mi permette di presentarle nostra figlia Grace Destler?” La bambina sorrise offrendo la mano all’uomo.
Molto piacere Grace! Io sono il direttore dell’Operà Garnier, mi chiamo Inamuel de Valienti!
Molto piacere signore!
Monsieur Destler ha una bellissima figlia! Possiamo incominciare se vuole! Sono molto curioso di sentire cos’ha scritto per l’Operà! In realtà lo siamo tutti sa? Siamo sicuri che sarà qualcosa di splendido!” non era solo adulazione: tutte le opere di Erik Destler lo erano; e quando l’uomo aveva contattato il teatro, sostenendo che aveva una composizione pensata appositamente per l’Operà, de Valentin non ci aveva pensato due volte a cambiare il cartellone per lui!
Mi creda Direttore è qualcosa che nessuno ha mai sentito prima!” preannunciò con ghigno divertito mentre lasciava credere a  de Valentin di guidarlo nelsuo teatro.

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Capitolo 24
*** Famm’sentì ‘na belle tarantella paisà! ***


 AVVISO: caro Lettore so che temevi che mi fossi dimenticata di questa storia ma come vedi non è così. Con questo capitolo si conclude davvero La Pioggia nel Deserto. È un extra che non aggiunge nulla al racconto ma volevo dare un po’ di spazio ad uno dei miei personaggi preferiti: Fil! Ho adorato scrivere di lui e mi è dispiaciuto fargli avere solo una piccola apparizione, quindi ecco un capitolo ad hoc. I fatti si svolgono tra il capitolo 22 ed il 23: Emily e incinta ed Erik è stato da poco dimesso ed è alla sia prima uscita “pubblica”. Probavlmente Erik è un po’ OOC, ma sii clemente con me. Ringrazio ancora tutti quelli che hanno letto; recensito; inserito la storia nelle seguite, preferite o ricordate: grazie! buona lettura caro Lettore!









                                                                                          
Emily sospirò davanti allo specchio: sapeva da mesi che quel momento sarebbe arrivato; aveva avuto settimane e settimane per prepararsi eppure adesso la sua mente era letteralmente in preda al panico. Da quando si era svegliata quella mattina continuava a ripetersi che non sarebbe potuto succedere nulla di tanto irreparabile ma le due infermiere del turno di notte sospese dal servizio per esaurimento nervoso ed i due specializzandi che improvvisamente avevano preferito tornare nel Connetticut e nell’Ohio a terminare il tirocinio erano dei precedenti poco incoraggianti.
Dopo un altro profondo respiro riuscì a riacquistare un po’ di calma. Ma quell’incontro era davvero necessario? In fondo Fil non era suo parente da un punto di vista genetico. Se si fosse sposata senza dirgli niente probabilmente il pizzaiolo non le avrebbe rivolto mai più la parola, ma gli avrebbe anche salvato la vita! Scrollò la testa per ricordarsi che alla sua età era troppo grande per cercare rifugio in scappatoie tanto puerili. Un’ultima occhiata allo specchio per controllare di non aver dimenticato nulla e poi uscì dalla camera da letto diretta alla biblioteca.
Per anni Casa Wandervitt era stata un luogo molto silenzioso con il pianoforte lasciato in un angolo a prendere polvere e scordarsi senza che nessuno se ne curasse ma ora si sentivano sempre le note di Mozart, Liszt , Beethoven, Debussy o di qualsiasi compositore che in quel momento si accordava meglio all’animo di Erik. Appena iniziò a scendere le scale riconobbe la danza e non poté fare a meno di trovare una certa ironia nella scelta del suo compagno. Cercò di non fare il minimo rumore, nonostante i tacchi, e solo quando l’altro ebbe finito di suonare parlò “La Tarantella di Rossini?
Solo qualcosa che non suonavo da un po’.” Spiegò l’altro prima di voltarsi. “sei pronta?”
Emily lasciò che il suo sguardo vagasse un momento per la stanza mentre cercava le parole giuste “Non ci saranno feriti, morti o persone che avranno bisogno di trattamenti psichiatrici, vero?
L’uomo alzò un sopracciglio “Je mérite une telle confiance?” (merito una tale fiducia, nda)
In quattordici settimane di ricovero ci sono state due infermiere sospese per forti stadi di esaurimento nervoso, due specializzandi hanno preferito tornare nelle loro fattorie piuttosto che farti degli esami di routine e la signora Rosenthal era convinta che la stanza accanto alla sua fosse infestata da un poltergeist!” argomentò l’americana tenendo il conto delle vittime con le dita.
Le labbra di Erik si piegarono in un ghigno reso ancora più diabolico dal contrasto tra la perfezione dei lineamenti e l’espressione sadicamente divertita. Aver acquistato l’aspetto che il destino si era burlato di negargli in un certo senso lo rendeva ancora più terribile, ma la ragazza rimase immobile, guardandolo dritto negli occhi mentre lui le si avvicinava. “Andrà tutto bene, mon amme.” disse prima di baciarla “Adesso dovremo andare.”
Infilarono i cappotti e salirono nel taxi che aspettava davanti alla porta; Emily diede l’indirizzo della pizzeria al tassista che fece partire immediatamente la macchia. Il tassista costeggiò l’Hudron River portandoli a destinazione in poco più di un quarto d’ora, Erik fu il primo ad uscire dall’abitacolo per andare ad aprire la portiera della ragazza che rimase esitante con un piede sull’asfalto e l’altro immobile sul tappetino del veicolo.
Qualcosa non va?” chiese il fu Fantasma dell’Opéra ammirando l’espressione di puro terrore sul viso del perito.
 “Erik … loro … loro … “ le parole uscirono come il tremolante sussurro di una statua.
Loro?” d’accordo: aveva decisamente cambiato vita da quando infestava il teatro ma tutti i fantasmi, vivi o morti, provano un brivido di sublime piacere nel giocherellare un po’ con le paure altrui!
Loro … loro  ABBRACCIANO!” disse come se stesse parlando di una cosa più pericolosa di un mostro a tre teste.
Je te promets de ne pas leur faire de mal.”  (prometto di non fare loro nulla di male, nda) Proclamò seriamente cercando di sminuire la sua voce. Non che sia possibile rendere un fine diamante simile ad un fondo di bottiglia; né, tantomeno, che fosse questo il suo obbiettivo. In realtà si limitò a non usare nessuno dei trucchi che aveva imparato negli anni per camuffare, sedurre o ingannare; ad usare la voce di Erik Dester e non quella di una delle numerose maschere che aveva portato durante la sua vita precedente. Certo il Fantasma dell’Opéra, il Signore delle Botole e l’Angelo della Morte avrebbero fatto un bel coro di risate del terrore che attanagliava Emily Wandervitt, ma quello non era il momento per trarre piacere dalle sofferenze altrui.
Scesa dalla macchina l’americana lo condusse davanti alla porta del locale all’angolo della strada con una tenda rossa che recitava a caratteri cubitali il nome della pizeria; aperta la porta e varcata la soglia si ritrovarono in un ampio spazio con tavoli rotondi coperti dalle tipiche tovaglie a quadrati rossi, alle pareti erano di mattoni con quadri dell’Italia e le foto dei fari personaggi famosi che avevano mangiato lì negli anni.
Furono accolti da una cameriera che spuntò da dietro la cassa “Mi spiace ma a quest’ora siamo chiusi.
Non siamo qui per mangiare, mademoiselle. Vorremmo vedere i titolari se non le dispiace.” La ragazza rimase un momento interdetta ma la voce calda ed impalpabile usata da Erik la fece avvampare e la spedì nel retro come fosse vittima di un sortilegio. Dopo pochi minuti al suo posto arrivò una donna sulla cinquantina dalla corporatura esile, con i cappelli nerissimi e la carnagione abbastanza scura.
Signore ci spiace ma siamo chiu … Emily? Sei davvero tu?” Appena vide il perito l’espressione seria e composta si sciolse in un caldo sorriso, Erik per un momento scomparve mentre la donna abbracciava Emily in modo quanto meno caloroso. “Sono secoli che non passi da queste parti!
Sono stata un po’ impegnata!” provò a spiegare l’altra indicando con la testa Erik immobile e silenzioso al suo fianco, poi fece le dovute presentazioni indicando prima l’uno poi l’altra con la mano: “Erik, ti presento Maria. Maria lui è Erik.
Maria lo osservò da capo a piedi e viceversa un paio di volte costatando il fascino dell’uomo che con gesto di altri tempi le faceva un baciamano per presentarsi. “Ogni tanto me lo presti così posso insegnare qualcosa a quello zuccone di mio marito?”disse scherzosamente facendo un occhiolino per poi assumere un’espressione di finta collera “Tuttavia, per quanto il tuo Erik sia affascinante ed ammaliante, sappi che sono molto in collera con te! Anche se come donna ti approvo in pieno.” Concluse dopo un ultima occhiata di ammirazione prima che entrambe scoppiassero a ridere.
Vi ringrazio signora.
La pizzaiola sospirò “Credimi: se avessi vent’anni di meno non staresti fermo a ringraziarmi!
Mari’ che succede? Chi c’è?” disse Filippo arrivando dalla cucina.
Fil vieni a vedere chi venuta!” lo invitò la moglie mentre Emily si dirigeva verso di lui.
Piccerè? Quanto tempo!” anche quest’abbraccio fu inevitabile.
Fil piano, piano.” Emily si staccò un po’ a fatica e mostrò ciò che il cappotto aveva fin ora tenuto nascosto: un ventre rigonfio.
L’italiano rimase senza parole,  bocca aperta ed occhi spalancati, e Maria si avvicinò insospettita “Ma c’è t’è venuto mo’? Un coccolone?” ma appena vide il sintomo della gravidanza scoppiò a piangere senza dire una parola.
Il primo a riprendersi fu Filippo che si congratulò con la ragazza e la riabbracciò con maggiore delicatezza seguito dalla moglie, che  non smetteva di piangere. Poi si diresse verso Erik, rimasto nuovamente in disparte. “A te proprio non posso chiamarti piccirè!” commentò prima di porgli la mano “Io sono Filippo.
Erik. Molto lieto signore.” Appena finite le parole si ritrovò preda dello stesso abbraccio che aveva visto pochi secondi prima, l’unica differenza erano le pacche su una spalla generosamente elargite dall’uomo. In effetti adesso non faceva molta fatica a capire perché Emily ed Alex fossero tanto diversi.
I quattro si sedettero ad un tavolo e furono portati cibo e vivande, declinare semplicemente non ea nel novero delle possibilità. Filippo e Maria volevano sapere quante più cose possibili sulla nuova situazione di Emily; le domande furono tantissime e ad ogni risposta Maria consumava un clinex. Dopo un ora la prima scatola era finita per ovviare alla mancanza di fazzolettini al locale furono fatti salire nell’appartamento che i coniugi avevano di fronte alla pizzeria: una piccola casa dove ogni oggetto racchiudeva una storia ed un ricordo.  Appena entrato Erik vide un vecchio pianoforte addossato ad una parete del salotto. Il centrino con le foto del figlio e di Emily era un po’ pacchiano ma gli intarsi che decoravano la cassa erano molto ricercati.
Era di mia mamma.” spiegò Maria con una nota di tristezza “Prima della guerra studiava musica. Le piaceva talmente tanto che si rifiutò di abbandonare il suo pianoforte anche nei momenti peggiori. una volta aveva un bel suono, ma ora sono anni che nessuno lo usa più.
L’ultima a suonarlo fu Emily.” continuò il Fil prendendo la mano della moglie con gesto fluido che non voleva minimamente nascondersi.
I miei erano accordi qua e là! Suonare è un'altra cosa, credimi!” intervenne l’interessata guardando di sfuggita Erik mentre pronunciava le ultime parole, cosa che non sfuggì agli occhi di lince di Maria.
Erik sai suonare?
Sono un musicista signora. La musica mi ha chiamato a sé fin da bambino e resisterle mi è stato impossibile.”
Oh davvero! Che meraviglia! Ti dispiacerebbe suonare per noi? Il pianoforte non viene accordato da anni, ma ammetto che mi piacerebbe molto ascoltare nuovamente il suo suono.” Chiese la donna scoperchiando lo strumento.
Senza dire una parola il francese si  accomodò sul seggiolino ed iniziò a saggiare i tasti con qualche arpeggio. “Cosa vorreste sentire?” chiese in italiano perfetto.
Famm’ ‘na bella tarantella paisà!” fu l’immediata risposta di Fil ed un secondo dopo le dita del musicista scorrevano l’ungo l’avorio ricreando la tarantella di Rossini. Veloci e leggere sfioravano i tasti che si inchinavano riverenti al suo tocco celando la maestria del gesto che rendeva perfettamente distinguibile ogni nota nonostante la non accordatura dello strumento. Maria e Filippo rimasero ammaliati e storditi dalla bravura dimostrata rimanendo immobili mentre il Fantasma faceva mentalmente il conto alla rovescia per l’applauso che sarebbe esploso appena i due si fossero ripresi.
Psh ... Piccerè!” Fil sussurrò all’orecchio di Emily osservando la moglie ancora estasiata “Mi ha fatto piacere rivederti, ma ora dovresti andare, perché se rimani io mi trovo senza moglie e tu senza fidanzato!

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