Horrible Shirts di TheOnlyWay (/viewuser.php?uid=125619)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 1 *** I. ***
I.
Nuovo
SMS.
“Stiamo
rientrando adesso in albergo. Vieni, domani mattina? Lascio il tuo nome
alla
reception. Ti voglio bene, sogni d’oro.”
Oh,
certo. Non sia mai che sua maestà la super
celebrità del momento si scomodi.
Dopotutto chi sono io? La sua migliore amica e basta.
È
a me che tocca sbattermi da un angolo all’altro di Londra
come un maledetto
piccione viaggiatore, solo per poterlo vedere una misera e
schifosissima ora.
Sono io, tutte le accidenti di volte, a perdermi per colpa del mio
pessimo
senso di orientamento e sono io – ancora una volta
– a dovermi sorbire quella
piaga della sua stupidissima ma ahimé adorabile fidanzata.
Che
poi, parliamoci chiaro, di adorabile ha ben poco: capelli lunghi e
scuri,
occhioni da cerbiatta, gambe affusolate, pancia piatta, buon gusto nel
vestire.
Che
razza di schifo, vero?
E
se vi sembra che sia la gelosia, a parlare, siete sulla cattiva strada.
Anche
io sono esageratamente bella: ho i capelli scuri – un sacco
di doppie punte, ma
dettagli – e i miei occhi sono grandi e di un entusiasmante e
assolutamente affascinante
color cacca.
Oh,
per non parlare poi della mia pancia e delle mie gambe! Sono
così morbida, che
potrei essere scambiata per un panda.
Altro
che quella stupida oca rinsecchita. Cos’ha lei più
di me? A parte il mio
migliore amico, intendo. Niente, ve lo dico io.
Perciò
butto il telefono sotto il cuscino, imponendomi di non rispondere al
messaggio.
Dovrei smetterla di frequentare Louis e, soprattutto, dovrei smetterla
di pensare
a lui in continuazione. Fa male.
No,
che avete capito? Non male struggente, quello che non ti fa dormire la
notte e
che ti fa bagnare il cuscino per tutte le lacrime versate. Non quel
tipo di
male.
Il
mio è proprio un male fisico. Pensare a Louis, soprattutto
prima di dormire, ha
un brutto effetto, su di me. Prima di tutto perché me lo
ritrovo nei sogni,
dove mi sussurra di amarmi dal primo momento in cui mi ha vista.
Ovviamente è
inutile dire che almeno nel mondo onirico sono molto più
gnocca (non che ci
voglia tanto, ma non importa.) e molto più attraente. La mia
voce non è per
niente fastidiosa, non dico parolacce e sono davvero dolce.
Comunque,
tornando al male fisico: avete idea di quanto sia doloroso cadere dal
letto
ogni santissima mattina? Si, perché quando Louis arriva al
fatidico punto in
cui sta per baciarmi, o suona la sveglia, o mi scappa la
pipì o, semplicemente,
il mio cane comincia ad abbaiare contro qualche bastardissimo passante
che ha
erroneamente pensato di poterlo accarezzare.
Santo
cielo, che gente cretina. Black è un pastore tedesco, non un
cazzo di chiuahua
microscopico. Perciò, che non si venissero a lamentare da
me, se si ritrovano
con un paio di dita amputate o con un arto in meno. Non è un
mio problema.
“Hazel,
stai già dormendo?”
Fastidiosissimo
migliore amico. Ora, ragioniamo un momento: se non rispondo al
messaggio è
evidente che lo faccio perché non mi và di
parlare, o perché sto dormendo.
Perciò, perché deve tormentarmi
l’anima? Non fraintendete, ogni volta che Louis
mi cerca gongolo per almeno tre quarti d’ora, ma se lo fa
prima che io vada a
dormire, le possibilità che la mattina io mi svegli tra le
coperte e non sul
pavimento diventano abbastanza remote.
Scuoto
la testa, sospiro e decido di non rispondere. Se devo passare la notte
in bianco,
tanto vale che mi goda l’ebbrezza di essere contattata per
ben tre volte.
“Dai,
tanto lo so che sei sveglia. Rispondimi, devo sapere se domani mattina
ci
vediamo.”
Che
simpatico, accidenti. Partecipare ai suoi cavolo di eventi mondani
l’ha trasformato
in una specie di principessa isterica.
“Rispondimi?
Mi hai scambiato per una tua cazzo di dipendente?”
Si,
be’, che volete che vi dica. La delicatezza non è
il mio forte. In compenso,
sono davvero intelligente. Almeno credo. Voglio dire, rispetto a quella
sottospecie di manico di scopa vivente che Louis spaccia per sua
fidanzata, sono
un vero e proprio genio. Forse potrei persino vincere un Nobel.
“Vedo
che sei di ottimo umore come al solito. Mi sei mancata, questa sera.
Vieni,
domani? Per favore! Anche Liam vuole vederti, mi sta chiedendo di
supplicarti.”
Bastardi.
Gli One Direction non sono una boy band per adolescenti dagli ormoni
impazziti.
No, sono un gruppo di stronzi manipolatori, che piegano la
volontà altrui al
proprio desiderio. Io non so se voi avete mai visto Liam supplicare
qualcuno,
ma se vi fosse successo, capireste senz’altro il mio
disaccordo.
Liam
Payne è, probabilmente, l’unico essere umano in
grado di muovere le corde
sensibili del mio animo. Sarà la sua testa quasi pelata,
saranno i suoi occhi
dolci, sarà che non capisco nemmeno la metà di
quello che dice per quanto parla
in fretta, ma non riesco mai a dirgli di no.
E
poi, in tutta sincerità, lui è l’unico
che è apertamente dalla mia parte,
quando c’è da schierarsi contro quel palo della
luce (sempre lei, si.) e che mi
ha chiesto come stavo, la mattina in cui sono inciampata nel tappeto e
mi sono
sfracellata sul pavimento davanti a loro.
Hanno
riso tutti, ma Liam no. Cioè, ha riso, ma almeno mi ha
aiutata ad alzarmi,
mentre il mio cosiddetto “migliore amico” si
rotolava sul pavimento con le
lacrime agli occhi.
“Avrei
voluto che fossi lì con me, sarebbe stato tutto molto
più divertente.”
“E
certo, mancava il pagliaccio. Niall ubriaco e la tua fidanzata con i
pantaloni
a strisce non erano sufficienti.”
“Ci
vediamo domani mattina, Hazel. Alle nove. Sei la migliore amica del
mondo. Ti
voglio bene.”
“Fanculo,
Louis. (Ti voglio bene anche io).”
E
tanti saluti alle speranze di svegliarmi indenne.
***
Buonasera.
Si, ci vedete
benissimo! Sono proprio io e questa è una nuova storia.
Perchè la sto pubblicando? Be', perchè sono
contenta. Oggi è stata una giornata molto soddisfacente, per
me (a differenza di ieri) perciò mi sentivo in vena di
pubblicare.
Non so dirvi quanto
sarà lunga (ma non credo tanto), nè se gli
aggiornamenti saranno puntuali.
Spero di si.
L'unica cosa che
posso dire è che spero vi piaccia. E' un po' leggera, come
storia, nessuna pretesa, non vuole essere qualcosa di serio, ma solo
una distrazione da Pretending. Almeno voi avete un'altra cosa da
leggere, ecco.
Ah, poi, una cosa:
Hazel dice un sacco di parolacce, ha un carattere complicato ed
è una tipa mezza esaurita. Credo sia fortemente
autobiografica ed è ispirata da un sacco di persone con le
quali ho avuto conversazioni deliranti: Maria Giulia, Jas, Ale e Alice,
principalmente. Se ho dimenticato qualcuno, chiedo scusa.
Poi, grazie a Jas
che ha fatto il banner (che è bellissimo) nonostante non
sopporti Louis - anzi, non so nemmeno se leggerà questa
cosa, ma va be'. E niente, fatemi sapere che ne pensate, se avete
voglia :)
Questi sono i miei
contatti di Twitter,
Ask, Facebook
e del gruppo
di Facebook, se volete, siete le benvenute.
E niente, vi adoro
e siete fantastiche. <3
|
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Capitolo 2 *** II. ***
II.
Svegliarsi
sul pavimento, a Febbraio, con gli spifferi gelidi che arrivano
praticamente da
ogni dove, il pigiama che ti stritola come un boa constrictor e il tuo
migliore
amico che ti bacia appassionatamente (nei sogni, ovvio.) non
è quello che
definirei un “felice risveglio”.
Anzi,
per usare un eufemismo, direi che è proprio un inizio di
merda. Così, per
evitare di essere strangolata da ciò che indosso o di
prendermi una
broncopolmonite (che ci crediate o no, alle sette fa davvero freddo.)
mi alzo e
mi trascino fino al bagno, in una specie di stato vegetativo da cui
uscirò,
probabilmente – ma può anche darsi di no
– intorno alle undici.
Mi
guardo allo specchio, sperando che durante la notte non mi sia uscito
un
brufolo gigante, o i baffi o il pizzetto o qualsiasi cosa imbarazzante;
per una
volta, sembra che Madre Natura sia dalla mia parte e si sia decisa a
concedermi
una misera possibilità.
Con
i capelli grondanti d’acqua, i piedi bagnati e un asciugamano
azzurro avvolto
intorno al mio pandoso corpo, me ne torno in camera alla ricerca di
qualcosa
che mi faccia sembrare un essere umano e non una sottospecie di
caricatura di
ciò che dovrebbe essere una donna o, nel mio caso, una
fanciulla.
Dopo
minuti di intenso ragionamento e di ancora più drammatica
osservazione del mio
intero guardaroba, decido quale sarà il mio prorompente e
strabiliante look:
jeans, maglione e anfibi. Entusiasmante, vero?
Se
solo penso che Miss Perfezione indosserà, come minimo,
quattrocento sterline di
vestiti, mi viene da vomitare. Dopo un veloce calcolo su quanto invece
valgono
i miei, di vestiti, ho una gran voglia di chiudermi in soffitta e non
uscirne
mai più.
No,
non vi dico quante sterline ho indosso.
Dopo
aver asciugato i capelli (che, inutile dirlo) sembrano un ammasso
stopposo di
fil di ferro, passo al trucco. Sarà di sicuro il mio tocco
di classe. Come no,
ma se devo fare il panda, tanto vale farlo per bene.
Mamma
dice sempre che ho una concezione piuttosto distorta del makeup e si
offre in
continuazione di rivelarmi qualche trucco (lavora in un negozio di
cosmetici,
nonostante la sua età non sia più quella di una
volta. Adesso, quando le
chiedono quanti anni ha, è davvero il caso che risponda:
“Non si chiede l’età
ad una signora”) ma io ovviamente mi sono rifiutata.
Sono
perfettamente capace di cavarmela da sola, anche se la linea di
eyeliner sembra
più una doppia striscia continua dell’autostrada
anziché l’ala di una rondine
(si, è sempre un termine mammesco/makeup artist).
In
compenso, ho uno sguardo molto intenso e minaccioso. Esattamente
ciò che mi
serve per superare questa giornata. Non so voi, ma dubito che
riuscirò a
sopravvivere.
Dopo
aver inciampato nel piede del letto, pestato il mignolo del piede
sinistro
contro il comodino e aver tirato una testata alla mensola, riesco ad
afferrare
i miei braccialetti portafortuna e un paio di orecchini e, finalmente,
scendo
al piano di sotto.
Devo
solo ricordarmi dove ho lasciato la borsa e il cappotto rosso.
«Santo
cielo, Hazel. Sembri una zingara.» commenta mamma, portandosi
teatralmente una
mano davanti alla bocca.
Le
rubo una delle fette di pane tostato che si è accuratamente
preparata,
guadagnandomi un’occhiata omicida e una cucchiaiata sulla
mano.
«Grazie,
mamma. È sempre bello ricevere i tuoi
complimenti.» ridacchio, per niente
offesa. Ormai, ci sono abituata. È mamma, che non si
rassegna all’idea di avere
una figlia strana.
«Non
puoi togliere un po’ di bracciali, almeno? Assomigli ad un
albero di Natale.»
poi inclina la testa da un lato, mi osserva e scuote la testa.
«No, ad una
cartomante. Decisamente.»
«Vacci
piano, o rischio di commuovermi. Secondo te, se comprassi un mantello
nero,
assomiglierei a Bellatrix Lestrange?» domando, girando su me
stessa con la
fetta di pane tostato tra i denti.
«Forse
dovrei farti parlare con qualcuno, Hazel. Sei sicura di stare
bene?» mormora
mamma, evidentemente preoccupata.
«Si,
voglio andare dallo stesso psicologo che hai consigliato alla tua amica
Kim. Ti
ricordi, no? Quella che non riusciva a trovare nemmeno un uomo.
È da quando ha
finito la terapia, che non passa una notte da sola. Non dico che sia
zoccola, e
comunque l’attività fisica fa bene, ma lei ci sta
proprio dando dentro di
brutto e…»
«Hazel
Nicole Porter!» urla mamma, scandalizzata. Tanto lo so, che
le viene da ridere.
solo che si sente in dovere di difendere la sua amica Kim (che zoccola
lo è
davvero.)
«Nata
il 26 Febbraio 1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel
Nicole
viene crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera
età di quindici
anni, ad opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo
temperamento e
di aspetto adorabile»
«La
vuoi smettere, per l’amor di Dio?» mamma comincia a
ridere, alza gli occhi al
cielo e si avvicina per lasciarmi un bacio sulla guancia.
«Stavo
arrivando alla parte migliore, donna insensibile.» mi
lamento, oltraggiata. Mai
una volta che mi lasci finire il discorso. La detesto.
«Piantala.
Vuoi che ti accompagno io, da Louis?» si offre, gentile.
Vedete
perché la amo? Lo so, cinque secondi fa ho pensato di
detestarla, ma non c’è
motivo di ancorarsi al passato, giusto? È comunque la donna
che mi ha messo al
mondo, e siamo legate da un affetto incredibile e…
«Davvero?»
«Ripensandoci,
una passeggiata ti farà bene.»
…
vaffanculo, la detesto.
«Sarà
meglio che vada, allora. Spero solo che nessuno mi investa, rapisca,
violenti,
stupri o rapini.»
«Basta
che guardi sulle strisce, tesoro! Salutami Louis e fagli le
congratulazioni.»
cinguetta, prima di volare al passo superiore con la grazia di una
farfalla
prossima alla pensione.
«Mica
si è sposato!» le urlo, di rimando, mentre infilo
il cappotto rosso. Dio,
speriamo di non essere ingrassata durante la notte, altrimenti
sembrerò un
gigantesco panda travestito da Babbo Natale.
«Non
ancora, tesoro! Ma quella Eleanor è così
carina!» è l’ultima frase che sento,
prima di chiudermi la porta alle spalle con un colpo secco e
drammatico. Perché
non c’è mai nessuno, mentre do il meglio delle mie
capacità interpretative?
«Quella
Eleanor è così carina.» ripeto
disgustata, come se fosse la peggiore delle
bestemmie. Mia madre fraternizza con il nemico, il mio migliore amico,
invece,
se lo sbatte. E a me chi ci pensa? Sono io quella che ha visto Louis
nella sua
fase peggiore! Quella che gli è stata accanto quando
quell’altra lo ha
lasciato, quando si è rotto la gamba, quando è
scappato di casa perché ha
litigato con sua madre, quando ha litigato con Harry, quando ha
litigato con
Zayn, quando ha litigato con Liam e Niall.
Capite,
adesso? Louis bisticcia con tutti, come una cazzo di principessa
bisbetica, poi
viene a rompere i coglioni a me. Ed io, da buona e misericordiosa
migliore
amica quale sono, lo ascolto, lo lascio sfogare e gli consiglio nuove
battute
da rivolgere a quel manico di scopa. E lui cosa fa? Si incazza,
perché il palo
della luce è intoccabile, sua santità Eleonor,
Vergine Immacolata di ‘sta
minchia, non può essere tirata in ballo.
Colei
Che Non Deve Essere Nominata. Quella ragazza è il male,
credete a me.
Continuo
a borbottare per tutto il tragitto – che prevede due cambi di
metro, un pullman
e due chilometri a piedi – e, quando ormai sembrava
impossibile, intravedo
l’insegna dell’Hotel (ovviamente a cinque stelle,
non sia mai che si degnino di
alloggiare tra i comuni mortali).
Vengo
fermata dal portiere, un uomo di cinquant’anni con un paio di
folti baffi neri
e un parrucchino altrettanto scuro, che copre la fronte ampia e liscia.
«Non
può entrare, signorina.» sostiene, con aria
professionale e tono perentorio.
Inarco
un sopracciglio e arresto la mia camminata, domandandomi per quale
accidenti di
motivo tutte le rotture di coglioni siano rivolte a me.
Dev’esserci una qualche
specie di complotto, dietro. Le forze cosmiche si stanno impegnando per
farmi
incazzare, ecco tutto.
«Per
quale motivo?» domando, mordendomi la lingua per trattenere
la sequela di
parolacce che altrimenti mi scapperebbe.
«Non
ha un abbigliamento appropriato.»
Che?
Ma vaffanculo.
«Sarà
appropriato il tuo, vacca zozza. Scusa, eh, ma ho lasciato il Versace
in
lavanderia.» celio, prima di schivare il braccio teso
dell’uomo e infilarmi
nella porta girevole.
Sperando
di non incastrarmi e di non passare il resto della mattinata a correre
come un
criceto in una ruota, riesco a beccare l’uscita e mi ritrovo
nella Hall enorme
e luminosa dell’albergo. Credo sia grande come casa mia
(entrambi i piani,
ovvio.) ed è arredata molto peggio e molto –
troppo – sfarzosamente.
Mi
dirigo a passo spedito (ho il terrore che Mr. Non Sei Vestita Bene mi
stia
seguendo, lo ammetto.) verso il banco dorato della reception e suono il
campanello,
nonostante il receptionista – come si chiamano quelli che
lavorano lì dietro? –
sia già presente e pronto a servirmi, ovviamente solo dopo
aver dato
un’occhiata ai miei vestiti.
Risuono
il campanello, tre volte, perché mi dà fastidio
il modo in cui mi fissa ed ho
una malsana voglia di farlo incazzare.
«Come
posso aiutarla?» domanda, rigido. Allontana il campanello
prima che possa
suonarlo un’altra volta (cosa che ero intenzionata a fare) e
mi sorride
brevemente.
«Uh.
Mi serve il numero della stanza di Louis Tomlinson.»
«Mi
dispiace, ma non posso fornire questo tipo di informazioni. A meno che
il
signor Tomlinson non abbia lasciato detto il suo nome.»
spiega, pazientemente,
come se avesse già ripetuto la stessa solfa milioni di
volte. Oddio, non mi avrà
mica scambiato per una stalker?
«Certo.
Hazel Porter, controlla pure.» picchietto con il dito indice
sulla lunga lista
che ha davanti a sé e lui dà una veloce occhiata.
«Non
c’è, mi dispiace.»
Si,
certo, come no. Dalla faccia non si direbbe proprio. Non oso nemmeno
immaginare
che espressione avrebbe avuto, se gli fosse dispiaciuto sul serio.
«Impossibile,
ha detto che avrebbe lasciato il nome. Ricontrolli?» gli
domando, un po’
bruscamente.
Inutile
dire che sto per perdere la poca, esigua e pressoché
inesistente pazienza che
possiedo.
«Mi
dispiace, signorina. Non c’è nessuna Hazel Porter,
sulla mia lista.» sorride,
malevolo e con un cenno della mano mi invita ad allontanarmi dal banco
per
lasciare spazio a chi, invece, sulla lista c’è.
«Ficcatela
su per quel culo stretto, la tua cazzo di lista.» sbotto,
scostandomi da un
lato e frugando nella tasca del cappotto alla ricerca del telefono.
Un’aristocratica
signora bionda mi rivolge uno sguardo scioccato, poi scuote la testa.
«I
giovani d’oggi non hanno più rispetto,
Batuffolo.» mormora, al suo orribile
barboncino.
«E
voi vecchi non vi fate mai cazzi vostri, come la mettiamo?»
le rispondo, con un
sorriso decisamente amabile. La vecchia strabuzza gli occhi, mi lancia
un altro
sguardo oltraggiato e si allontana.
Finalmente,
riesco a trovare il telefono – un catorcio che funziona solo
grazie alla bontà
divina – e cerco velocemente il numero di Louis.
Il
telefono squilla a vuoto una, due, tre volte e il mio nervoso aumenta
in
maniera direttamente proporzionale al numero degli squilli.
«Deficiente.
Testa di minchia che non è altro. “Lascio il tuo
nome alla reception.”
Stronzo.» pesto il piede per terra, stizzita, sperando che
tutto l’astio che
sto provando in questo momento per Louis lo raggiunga e lo svegli.
Mi
guardo intorno, spazientita, mentre rifletto sulla mia prossima mossa:
di certo
non me ne vado, non dopo tutto l’infinito viaggio che ho
compiuto per arrivare
fino a qui. Posso provare a chiamare uno di quegli altri, ma penso che
nemmeno
loro mi risponderebbero.
Che
giornata di merda. Devo trovarmi un migliore amico più
affidabile, decisamente.
E, soprattutto, devo farmi passare questa cazzo di sottospecie di cosa
imbarazzante. Dico davvero, non è da persone normali.
Soprattutto considerato
che Louis è già impegnato con Miss Lavoro Da
Hollister Perché Sono Più Bella Di
Te.
Mi
rosicchio una pellicina del pollice sinistro, cercando di non
scorticarmi come
l’ultima volta e, intanto, continuo a pensare.
Forse
potrei chiedere di nuovo al receptionista, ma non credo che sarebbe
molto
disposto a riguardare la sua lista, dopo il modo in cui gli ho
risposto.
Sbuffo, disperata.
Come
al solito, è tutta colpa di Louis. Quel ragazzo è
la causa delle mie disgrazie.
«Cazzo.»
«Hazel!
Sei venuta!»
Liam
Payne è la mia salvezza. Lui si che è
intelligente, non come quell’altro tonto.
Ed è così carino, e gentile e adorabile che
nominarlo “Amore della mia vita”
sarebbe una mossa geniale.
Gli
getto le braccia al collo, emettendo un urletto stridulo che lo fa
scoppiare a
ridere. Poi gli stampo un bacio sulla guancia sbarbata e sospiro.
«Quel
cretino non ha lasciato il nome. Ed io che ho camminato al freddo e al
gelo,
solo per poterlo vedere un po’.» mi lamento, offesa.
«Grazie
per la considerazione.»
«Non
rompere, anche tu. È ovvio che volevo vedervi.»
sorrido, sforzandomi di essere
convincente. Certo, mi fa piacere parlare con gli One Direction in
completo, ma
il pensiero, ieri sera, non mi ha minimamente sfiorato. Insomma, Louis
mi ha
mandato un sacco di messaggi, quanto potevano interessarmi gli altri
quattro?
«Farò
finta di crederci.» ride Liam, scompigliandomi i capelli.
Come se non facessero
cagare già abbastanza. Ah, che simpatici questi giovani
d’oggi.
«Dio,
che rompipalle. Andiamo o no? Ho sempre sognato di ordinare la
colazione in
camera.»
Lo
so, che ho già mangiato, e allora? Tanto qualche caloria in
più non mi farà
male. Che ci crediate oppure no, essere me è una vera
faticaccia.
***
Ecco qua il secondo
capitolo :)
E' tutto un po'
demenziale, me ne rendo conto, e Hazel è una scoppiata di
dimensioni epiche. (Molto autobiografica, sappiatelo.)
E niente,
è volgare, sboccata e un po' scema, ma io la adoro, davvero.
Mi diverto troppo a scrivere questa storia, anche se - come ho
già detto - non ha ALCUNA pretesa. E' solo una cazzatina per
non lasciarvi solo con Pretending u.u
Spero che vi sia
piaciuto, fatemi sapere se è il caso di darmi all'uncinetto
;)
E grazie per le
recensioni allo scorso capitolo, vi adoro! <3
|
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Capitolo 3 *** III. ***
III.
«Guardate
chi ho trovato!» Liam entra nella suite 2017 con aria
baldanzosa, trascinandomi
con sé nemmeno fossi una sorta di mascotte o qualcosa del
genere. Insomma, non
è che ha trovato quella gnoccona di Emma Watson per strada e
l’ha magicamente
convinta a seguirlo.
Sono
solo io, con il mio rossissimo cappotto, il mio pandoso trucco e le mie
zingaresche cianfrusaglie. Perciò, direi proprio che
è il caso di frenare
l’entusiasmo.
«Ciao,
dolcezza.»
Zayn
è il primo a salutarmi, con un abbraccio delicato e un bacio
sulla guancia.
Ancora non riesco a capire perché si ostini a chiamarmi
dolcezza, visto e
considerato che io, di dolce, non ho proprio niente, ma è
così carino che non
me la sento di dirgli che ho un nome proprio e che mi piace –
ogni tanto – che
la gente lo usi.
«Cia’»
bofonchio, imbarazzata. Lo so, lo so, sentirmi dire che sono
imbarazzata fa
strano anche a me, ma che ci posso fare se sono tutti così
schifosamente belli,
qui dentro?
Il
secondo a farsi avanti è Niall, che mi abbraccia –
sbatacchiandomi da una parte
all’altra come se fossi un peluche – con entusiasmo
e torna a raccattare gli
auricolari dell’iPhone dal tappeto posto al centro della
stanza. E no, il fatto
che io sappia che possiede un iPhone (mentre io invece no) non mi rende
affatto
gelosa.
«La
coppia dell’anno dov’è?»
domando, sarcastica.
Per
coppia dell’anno, ovviamente, non intendo Louis e il suo
inseparabile manico di
scopa da viaggio, ma Louis ed Harry. A quanto pare quei due sarebbero
follemente innamorati l’uno dell’altro e, a mio
modesto parere, sarebbe molto
meglio che Louis fosse innamorato di Harry, anziché di
quell’oca stupida. Visto
che comunque di me non si potrebbe mai innamorare, Harry sarebbe una
scelta
decisamente accettabile.
«Doccia.»
risponde Liam, buttandosi sul divano con incredibile agilità.
«Insieme?»
domando, perplessa. Non mi sconvolgerebbe, sia chiaro, ma sarebbe
piuttosto
strano. Liam ride, picchia con la mano sul posto accanto a
sé e mi fa cenno di
raggiungerlo.
«No.»
ride, mentre mi siedo. «Louis è sotto la doccia,
Harry dorme.» spiega, più
dettagliatamente.
Per
un attimo, la mia mente viene travolta dall’immagine di Louis
che si fa la
doccia, facendomi arrossire.
«Capito.»
asserisco, seria. Fa un caldo terribile, o è solo una mia
impressione? Forse dovrei
suggerire di abbassare un po’ il riscaldamento. Accidenti,
che afa.
«Vuoi
raggiungere Louis?» domanda Liam, come se niente fosse.
Spalanco gli occhi,
arrossisco e mi strozzo con la mia stessa saliva, cominciando
– di macabra
conseguenza – a tossire come una disperata.
Ridacchiando,
Liam mi colpisce la schiena con qualche pacca, in attesa che la smetta
di
strozzarmi o, in alternativa, muoia.
Ecco,
quando ho detto che Liam è adorabile, non mi riferivo
certamente a questo lato
bastardo del suo carattere. Si è, chissà
perché, bizzarramente convinto che io
sia innamorata di Louis e non perde l’occasione per farmi
presente la sua
onniscienza con qualche battuta sarcastica. Se non fossero rivolte a
me, le
troverei davvero divertenti.
Ma
purtroppo sono il soggetto in questione e vivo con il terrore costante
che
prima o poi gli scappi qualcosa di troppo davanti al diretto
interessato.
«Ti
hanno mai detto che sei uno stronzo?» sbotto, tirandogli un
pugno poco delicato
sul braccio.
Liam
ride – di nuovo – e scuote la testa.
«No,
anzi. Tutti trovano che io sia dolce. Non lo pensi anche tu?»
mormora,
mellifluo. Bastardo. Non gli basta mettermi in imbarazzo per Louis, no,
deve
anche farmi arrossire. Non so, nessuno gli ha mai detto che non si
sussurra
all’orecchio delle fanciulle?
«Io
trovo che tu sia stronzo, come ti ho già detto.»
ripeto, prima di cadere in un
silenzio tombale e (ovviamente) imbarazzato. Zayn si accomoda
dall’altro lato
del divano e mi circonda le spalle con un braccio. Mi perdo un attimo a
guardare i suoi tatuaggi – sebbene per la metà (o
tre quarti. O quattro quarti)
di essi io non trovi un senso logico – prima di ricambiare il
suo sguardo
divertito con perplessità.
«Che
vuoi?» bercio, in difficoltà.
«Ammettilo,
che il più bello sono io.» sostiene, con quella
sua voce un po’ strascicata ed
estremamente ammaliante. Sento le guance andare in fiamme, poi alzo gli
occhi
al cielo e sbuffo.
«Siete
davvero un ammasso di cretini. Sul serio, dovreste cambiare
direzione.»
borbotto, incrociando le braccia sotto il seno. Santo cielo, che caldo.
Questo
cappotto è decisamente troppo pesante. Si, avete capito
bene, in tutto questo,
non mi hanno nemmeno dato il tempo di spogliarmi.
«Abbiamo
una sola direzione.» sostiene Liam, un po’
rassegnato. Probabilmente ne ha le
palle piene di gente che fa battute sulle direzioni, ma non
è certo colpa mia
se si sono scelti un nome di merda. Ognuno ha quel che si merita.
«Si,
quella per andarvene a fanculo.» replico, prima di scoppiare
a ridere come
un’invasata coi controfiocchi. Lo so, che non è
così tanto divertente, ma se
posso farli incazzare, perché farmi sfuggire
un’occasione tanto ghiotta?
«E
poi non mi avete nemmeno fatto togliere il cappotto, che razza di gente
strana.
In quale direzione posso appoggiarlo?»
Liam
e Zayn sbuffano, in perfetto sincrono, e mi indicano un ammasso di roba
–
probabilmente i loro giubbotti – accantonata in un angolo
della stanza.
Ci
lancio sopra il cappotto, e allento un po’ il colletto del
maglione, cercando
di farci passare un po’ d’aria. Forse non era
imbarazzo, il mio, era davvero
caldo.
Ed
è nel momento esatto in cui mi volto, che le mie coronarie
vanno a farsi
fottere. E non solo quelle, in effetti.
Louis
mi sorride con tranquillità, come se fosse perfettamente
normale girare per la
stanza con un asciugamano striminzito intorno ai fianchi e il petto
gocciolante.
Oh,
il mio povero fragile cuore. Si friziona i capelli con un asciugamano,
poi lo
appoggia sulla spalliera del divano e si avvicina per stringermi in un
abbraccio vigoroso.
Molto
male.
Molto,
molto male. E non solo perché con il suo entusiasmo mi sta
praticamente
inzuppando il maglione, ma perché c’è
il rischio che da un momento all’altro
quel cazzo di asciugamano gli cada dai fianchi.
E,
checché ne pensiate voi, io non sono ancora pronta a vedere
Louis nudo come
mamma l’ha fatto. Non che mi dispiacerebbe, ma certe cose non
si fanno in
presenza di testimoni.
Sento
Liam ridere e mi volto per gettargli un’occhiata minacciosa,
che promette una
morte violenta e decisamente dolorosa.
Louis
mi lascia un bacio sulla fronte, come al solito, poi si stacca.
«Sei
venuta!» sembra sorpreso, il che è decisamente
comprensibile, visto che spesso
non mi presento ai suoi appelli. Va bene tutto, ma non sono mica un
galoppino,
io. Ho la mia dignità, anche se in questo momento non si
direbbe proprio.
Ora
che ci penso, mi torna in mente la simpatica conversazione con il
receptionista
e mi ci vuole veramente poco per ricordarmi che la colpa è
di Louis.
«Si,
e tu sei troppo impegnato a girare come un cazzo di egiziano per
mettere il mio
nome su quella cazzo di lista! Stronzo, mi hai fatto litigare di prima
mattina!» ringhio, spintonandolo con enfasi.
Louis
ride, poi fa spallucce e apre le braccia con fare teatrale.
Il
che mette in evidenza i muscoli e la linea a v dei fianchi. E poi,
proprio
mentre solleva le braccia un altro po’, il nodo
all’asciugamano si sgancia.
Mi
volto di scatto, con una mano a coprire gli occhi e le guance ormai
fosforescenti. E Louis cosa fa? Anziché coprirsi subito
comincia a ridere, come
il perfetto coglione che è.
«Quante
scene, Hazel. Da piccoli abbiamo anche fatto il bagno insieme,
ricordi?»
«Perché
devi traumatizzarmi ancora di più? Vestiti, cazzo! O hai
bisogno di prendere
aria?» urlo, con voce stridula.
Che
sia chiaro, io non ricordo affatto di aver fatto il bagno con Louis.
Dev’essere
senz’altro una gran cazzata, perché credo mi
ricorderei di averlo visto nudo.
Insomma,
certe cose non si dimenticano, no?
«Se
io ti vedessi nuda, non farei mica tante storie.» sostiene
Louis.
Come.
Se. Niente. Fosse.
«Se
non ti muovi ti prendo a calci in culo! Sai chi farebbe storie? Quel
pechinese
che ti porti appresso!» ribatto, cercando di tornare al
divano con gli occhi
chiusi.
Improvvisamente
cala un silenzio tombale ed io so che sta succedendo qualcosa. Lo
sento. Perciò
apro lentamente gli occhi, prendendo atto della situazione.
Louis
è sparito di nuovo in bagno (per somma gioia del mio povero
cuore palpitante),
Zayn si sta fissando ostinatamente la punta delle scarpe, Liam
sghignazza senza
nemmeno preoccuparsi di nasconderlo e Niall continua ad ascoltare la
musica.
Vago ancora un po’ con lo sguardo, fino a che individuo il
motivo di tanto
imbarazzo.
Sua
Santità in persona si staglia sulla soglia della stanza con
il suo imponente
naso e con il suo molto meno impressionante sguardo minaccioso. Non
farebbe
scappare nemmeno un coniglio, il che è tutto dire.
Mi
guarda dall’alto del suo metro e settantadue (senza tacchi,
come precisa ogni
volta) e incrocia le braccia sotto il suo inesistente seno.
«Pechinese?»
domanda. Anzi, ringhia.
Estremamente
terrorizzante, credetemi. Sento la paura scorrere nelle vene al posto
del
sangue e mi ballano talmente tanto le ginocchia che sono costretta a
sedermi.
Perciò
mi faccio di nuovo posto tra Liam e Zayn, sgomitando contro il primo
per
intimargli di farsi un po’ più in là.
Questi sono gli svantaggi di avere un
culo grosso come il mio. E non intendo dire culo in senso metaforico,
ma nel
più puro e semplice senso letterale.
«Si,
hai presente quei cani orribili? Ecco.» replico, estremamente
seria.
Non
che di solito io mi faccia problemi a dire a sua maestà
quello che penso, ma
vedere Louis nudo mi ha un po’ scombussolata. E non poco.
Miss
Naso Che Fa Provincia inclina la testa da un lato, confusa, poi fa
spallucce –
perché ovviamente si ritiene superiore a tutti noi, poveri
mortali – e si
riporta i capelli dietro le spalle con un gesto così vezzoso
che mi viene
voglia di vomitare.
«Non
voglio nemmeno sapere cosa ti passa per la testa.»
«Credimi,
non ti converrebbe affatto.» celio. Liam ridacchia e alza gli
occhi al cielo.
«Vuoi
litigarci anche oggi?» mi sussurra all’orecchio.
Inarco un sopracciglio.
«Io?
Litigare con sua altezza? Non sia mai.»
Non
solo vorrei litigarci, ma mi piacerebbe anche buttarla giù
dalla finestra.
Anche se forse il naso la salverebbe. Magari riesce a incastrarlo tra
le sbarre
di un balcone, per rimanerci appesa. Bisognerebbe provare.
Si
sente un po’ di rumore provenire dal bagno –
qualcosa che cade. O meglio,
qualcuno – dopodiché Louis torna in salotto,
vestito con una terribile camicia
azzurra a maniche corte e un paio di jeans di lunghezza non bene
definita.
Il
Pechinese scodinzola e gli si avvicina, con le labbra già
protese per ricevere
un bacio. Giro la testa dall’altra parte, per evitare di
ridere nel momento in
cui l’appendice nasale di Eleonor si scontrerà con
la guancia di Louis.
Zayn
rotea gli occhi, seccato. A quanto pare Eleonor non perde
l’occasione per
baciare Louis, incurante del fatto che i presenti possano rimanerne
impressionati.
«Eleonor,
posso farti una domanda?» chiedo, perciò.
Lei
si separa da Louis (finalmente) e mi rivolge un’occhiata
astiosa.
«Mi
chiamo Eleanor, non Eleonor.»
«Fa
cagare uguale, tranquilla.» mi affretto a precisare.
«Louis,
amore!» pigola, cinguetta, abbaia, insomma, dice,
oltraggiata.
Louis
inclina il capo per guardarmi negli occhi, poi sorride con aria di
rimprovero.
«Hazel.»
mi ammonisce.
«Dai,
Lou, lo sai anche tu che ho ragione.»
Ovviamente
lui si affretta a negare, perché non sia mai che vada contro
la sua fidanzata.
E comunque chi se ne importa, io lo so che Eleonor, Eleanor o che dir
si
voglia, è un nome di merda. Fine della storia.
«No,
comunque, sapete che stavo pensando?» domando, deviando il
discorso con
invidiabile non-chalance.
Liam
si agita nervosamente sul posto, come se avesse piantato il suo
prezioso culo
su un cactus, Zayn mi fissa curioso, Louis sta già
ridacchiando – perché
probabilmente immagina che sto per dire una cosa stupida – e
il Labrador
scodinzola.
«Dovreste
comprarvi un cane, una specie di mascotte. Eleonor non può
seguirvi sempre,
magari potreste sostituirla con un Dalmata. Dicono che siano molto
più
intelligenti. Senza offesa, eh!»
***
Buon
pomeriggio, fanciulline belle (?)
Niente,
oggi vado molto di fretta, perché devo andare a fare la
spesa AHAHAHAH
Perciò
niente, spero che vi sia piaciuto e fatemi sapere, se vi và!
^^
Intanto
vi ringrazio davvero per le recensioni allo scorso capitolo! E per le
seguite/preferite/ricordate! <3
Vi
adoro!
|
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Capitolo 4 *** IV. ***
IV.
Qualcuno
mi ammazzi, per piacere.
Non
importa come, basta che mi togliate da questo merda di mondo. Mi
accontenterei
anche di una pastiglia di cianuro, o veleno per topi, o una corda. Una
corda
sarebbe davvero perfetta!
Così,
magari, anziché impiccarmici io, posso appenderci Miss Non
Riesco A Non Baciare
Il Mio Fidanzato.
Ma
lasciate che vi chiarisca la situazione.
Dove
mi trovo? Al ristorante dell’hotel. Con chi? Con le cinque
direzioni. Anzi,
quattro, visto che ne manca uno. E cioè Harry, che dorme
ancora. Rettifico:
tre.
Liam
mi ha appena abbandonata per andare a recuperare la sua invitata
speciale.
Perciò
siamo qui, le tre direzioni, io ed Eleanor.
Il
motivo? Non lo conosco, mi dispiace. Io l’ho detto che non
potevo proprio
fermarmi per il pranzo, perché sono intollerante al
lattosio, allergica ai
Pechinesi e a dieta, ma qua nessuno sembra prendermi sul serio.
L’intolleranza
è un problema serio!
«Stai
tranquilla, dolcezza. Abbiamo già parlato col
capocuoco.» mi informa Zayn,
prima di afferrare un grissino e sgranocchiarlo con ingordigia.
Annuisco per
ringraziarlo, ma sono ancora un po’ titubante. Insomma, ho
dovuto pregare in
aramaico che Louis lasciasse il nome alla Reception (e ovviamente non
l’ha
fatto), perciò come posso credere che hanno parlato col
capocuoco?
«Anche
con la Protezione Animali?» domando, giocherellando con il
coltello. Zayn segue
il mio sguardo, poi scoppia a ridere, quando si rende conto che la mia
preda è
il pechinese, che in questo momento sta sussurrando qualcosa
all’orecchio di
Louis, che l’ascolta con pazienza e – secondo il
mio modesto parere – con
esasperazione.
Si
volta verso di me e mi sorride.
«Hai
lo sguardo omicida, Hazel.» dice, ignorando completamente
Eleanor, che sembra
offendersi a morte.
Ah,
la vittoria, che sapore sublime e meraviglioso. Sorrido, sforzandomi di
contenere la mia soddisfazione.
«Lo
so.» confermo. Be’, per lo meno non si
può dire che io non sia sincera. Chi
avrebbe avuto il coraggio di ammetterlo? Nessuno, e questo
perché le persone
fanno le cose di nascosto. Cioè, le persone come Eleanor.
Lei è tutta un
“Louis, amorino bello e blablabla” ma io sono
convinta che se le si presentasse
un’occasione migliore la coglierebbe al volo e pianterebbe
Louis così, su due
piedi.
Che
poi, è difficile trovare qualcuno migliore di lui.
E’ simpatico, stupido,
bellissimo, smemorato, veste terribilmente male – molto,
molto male – e litiga
in continuazione con chiunque gli capiti a tiro. Si, be’,
forse non è così
difficile.
Ma
io lo amo così com’è.
Non
volevo dire che lo amo in quel senso. Davvero, lo amo come amo i
biscotti al
cioccolato (quelli che mamma compra apposta per me), come amo i cartoni
animati, come Matthew Lewis.
Oh,
merda.
Cancelliamo
le ultime quattro righe, okay? Mai detto di amarlo. Non mi
trasformerò in
un’altra patetica Eleanor. Assolutamente no.
«E
sei anche diventata rossa. Oddio, non è che stai
male?» si sporge per sfiorarmi
la fronte con le labbra, incurante dello sguardo omicida della sua
fidanzata.
Sento le guance andare a fuoco, ma non mi scosto.
«No,
no. Sto bene, davvero!» gli sorrido, imbarazzata. Louis mi
pizzica una guancia,
con affetto, e mi osserva ancora per qualche secondo, come per
assicurarsi che
io abbia detto la verità e non una balla colossale.
Tecnicamente
sto bene, comunque. A parte le coronarie, il cuore e le ginocchia che
tremano,
ovvio.
«Buongiorno.»
La
quarta direzione – alias Harry Styles – si
precipita al tavolo, con lo sguardo
mortificato di chi è consapevole di essere in ritardo e si
aspetta che qualcun
altro glielo faccia presente.
Fortunatamente
nessuno dei suoi amici sembra in vena di rimproverarlo. Niall e Zayn
sono
impegnati in una fitta conversazione a proposito di una “tipa
con le gambe più
chilometriche del mondo” che hanno incontrato ieri sera e
Louis ha ripreso a
parlare con sua santità.
«Alla
buon’ora.» bercio, in direzione di Harry, che si
passa una mano tra i capelli
con aria imbarazzata. Poi sorride, mettendo in mostra
quell’arma di distruzione
di massa che sono le sue fossette.
«Non
attacca, perciò piantala di sorridere come un coglione e
passami un grissino.»
ordino, spazientita. Eleanor sta baciando Louis ed io vorrei tanto
ficcarle il
grissino nell’occhio. O, comunque, mi piacerebbe che si
staccasse da Louis!
Ancora
una volta, sembra che le mie manie omicide mi si leggano in faccia,
perché
Harry ridacchia, poi mi fa un occhiolino (che, sinceramente,
è quasi d’effetto
quanto le fossette) e annuisce, come a dire che ci penserà
lui, a risolvere la
situazione.
«Lou,
hai più sentito Oliver?» domanda, tanto per. Oh,
andiamo, una scusa migliore
no? Louis ed Eleanor si separano, smettendo di mangiarsi la faccia a
vicenda, e
portano l’attenzione su Harry, che mi rivolge uno sguardo
divertito e sornione.
Solo
perché ha azzeccato una mossa, si sente il grande vincitore
della guerra contro
Eleanor.
Quello
che non sapete (perché io non l’ho detto,
ovviamente), è che anche Harry odia
Eleanor. Si sforza di non darlo a vedere, perché Louis
è il suo migliore amico
e quindi porta avanti quella gran cazzata dell’approvare ogni
sua scelta, ma la
detesta.
Quando
ci sono io nei paraggi, cerca sempre di sabotarla. Sono piuttosto
sicura che
sapere di avermi accanto gli dia forza. Anche perché, in
genere, penso a tutto
io, soprattutto per quanto riguarda la parte verbale della demolizione.
«No,
però stavo pensando che potremmo organizzare una bella
festa. Una cosa piccola,
ovviamente. Che ne dici?» domanda Louis, sfregandosi le mani
già entusiasta
all’idea.
Io
gemo, perché odio profondamente le feste – almeno
quanto odio il pechinese – e
non so mai comportarmi. Non bevo nemmeno, perché il solo
pensiero di cosa
potrebbe scapparmi dalla bocca mi terrorizza. Avete la più
pallida idea di
tutto quello che potrei dire, se rimanessi senza freni inibitori?
Come
minimo mi arresterebbero per tentato omicidio plurimo e non mi sembra
il caso,
visto che sono ancora giovane e nel pieno delle possibilità.
Perciò
rabbrividisco, terrorizzata.
«Che
brutta faccia.» cinguetta Eleanor.
Certo,
come se le avessi chiesto qualcosa, poi. E poi, da che pulpito! Come se
la sua
faccia fosse tanto migliore della mia. Il che, credetemi, non
è mica tanto
positivo.
«Pensa
al tuo naso, anziché criticare la mia faccia.»
imito il suo tono di voce
talmente bene, che Louis si volta a guardarmi, colpito. Che
c’è? Ho parlato
come Miss Mondo talmente tante volte, che ormai ho perso il conto.
«Ma
tu un po’ di educazione non ce l’hai proprio,
Hazel?»
«E
tu un po’ di dignità?» ribatto, con un
sorriso angelico. Harry deve mascherare
la risata con un colpo di tosse e Louis, invece, mi tira un coppino
deciso, che
gli fa guadagnare una gomitata sul costato.
«Smettila!
Ma che cavolo ti prende, oggi?» mi sussurra.
Cosa
mi prende? COSA MI PRENDE? Mi prende, stupido idiota, che mi sono rotta
il
cazzo di essere la tua migliore amica. Mi prende che mi sono stancata
di
vederti baciare Eleanor.
Mi prende che
non ce la faccio più, ecco tutto.
«Niente.
Non mi prende un bel niente.» rispondo quindi, semplicemente.
Non potrebbe mai
capire.
Lui
non mi guarderebbe mai, nemmeno se non fosse già fidanzato.
Non ho uno straccio
di possibilità. E, che mi piaccia o no, questo mi ferisce
più di quanto vorrei.
«Sei
strana, ultimamente.» conclude quindi Louis.
La
possibilità di replicare mi viene tolta –
fortunatamente – dall’arrivo di Liam
e della sua nuova invitata.
La
prima cosa che mi viene in mente, guardandola, è che sia una
gran figa. È una
di quelle ragazze che non puoi fare a meno di fissare. Una di quelle
che prende
la tua (misera) autostima a calci in culo.
Ha
una cresta di capelli biondo platino, un viso pressoché
perfetto, labbra
carnose e occhi azzurri e luminosi. Sfido io, a non sentirsi minacciati
da una
così.
È
truccata di nero, ma in modo così perfetto che io mi sento
ancora più panda del
solito. Perché su di lei non sbava? La osservo mentre si
siede nel posto
davanti al mio. Liam le si accomoda accanto, con un sorriso felice che
non gli
vedevo da tempo.
«Ragazzi,
lei è Noah.» la presenta.
Noah.
Anche il nome è bellissimo e si adatta perfettamente al suo
aspetto così
prorompente ed aggressivo.
«Tu
devi essere Hazel.» esordisce, senza degnare di
un’occhiata i presenti.
Annuisco, confusa.
«Liam
mi ha parlato un sacco di te. Dice che hai proprio un bel
caratterino.»
sostiene, divertita. Mi volto verso Liam, con tutto l’intento
di trucidarlo e
lui alza le mani in segno di scusa.
«Che
fai, sputtanamento in anteprima?» gli ringhio contro. Noah
ride, poi mi allunga
il pugno, nel tipico saluto da… cosa? Rapper? Ricambio,
ancora perplessa. Non
riesco a capire se Noah mi piace, oppure no.
«Io
sono Eleanor, invece.» si intromette il pechinese, pochi
secondi dopo.
Evidentemente, non sopporta che le venga tolta la scena.
Noah
la guarda, inarca un sopracciglio scuro e resta tragicamente in
silenzio.
«Ah-ah.»
mugugna, quindi. Eleanor sorride, falsa come una banconota da 6
sterline, ma è
ovvio che non se l’aspettava. È abituata ad essere
trattata come una
principessa e l’indifferenza la irrita alquanto.
«Sono
la fidanzata di Louis.» continua il palo della luce,
imperterrita. Inutile dire
che si diverte a rigirare il dito nella piaga.
«Si,
penso lo sappia tutto il mondo. Sai, dovreste smetterla di farvi la
laringoscopia in diretta mondiale. È una cosa
perversa.» afferma Noah, dopo
qualche secondo di religioso silenzio.
È
ufficiale: la amo.
Si
volta di nuovo verso di me, ignorando gli sguardi allucinati di
Eleanor, Louis
e delle altre direzioni. Io sono l’unica –
chissà perché – che la guarda con
evidente approvazione.
«Tu
ed io andremo molto d’accordo.» dichiara.
«È
impossibile andare d’accordo con Hazel. Lei litiga con
chiunque.» si intromette
Louis.
«Senti
chi parla. Perché non ti fai una cagata, Louis? O devo
ricordarti tutte le
litigate che hai avuto tu?» insinuo, seccata.
Non
solo non mi considera, ma non fa niente per mettermi in buona luce. Lo
so anche
io che litigo con tutti, ciò non significa che non abbia le
mie buone ragioni.
Non mi metterò ad elencare tutti i casi, ma vi basti sapere
che ogni volta che
ho discusso con qualcuno, l’ha fatto per un valido motivo.
Come quella volta in
cui Liam mi ha rubato l’ultimo biscotto al cioccolato.
«Hazel,
davvero, oggi sei insopportabile.» ripete Louis. Ho capito,
non c’è mica
bisogno di farmelo presente ogni dieci secondi.
Noah
sbuffa, guardando Louis con aria evidentemente irritata.
«Perché
ho come l’impressione che tu non abbia capito un
cazzo?»
***
Oggi è venerdì, perciò eccovi qua
l'aggiornamento <3
Sono piuttosto di fretta, perchè tra poco devo uscire e non
so a che ora rientro, perciò per non lasciarvi con fiato
sospeso, pubblico ora e adios.
Niente, le cose stanno cominciando ad evolversi, è entrata
in scena Noah (mi dispiace per chi di voi shippava Hazel e Liam) che io
personalmente amo e che è ispirata a Mari - lo so, mi ami. -
e niente. E' esaurita quanto Hazel, se non di più,
perciò amatela e fine della storia. AHAHAH
Ah, ecco, devo dirvi una cosa: HilaryC, in una recensione, mi ha
chiesto se Eleanor mi sta davvero sulle scatole.
Mi sono resa conto di non averlo specificato prima, perciò
vi spiego adesso la mia visione delle cose: Eleanor mi è
completamente indifferente. Per me, esiste o non esiste non cambia
niente. Non mi sta per niente antipatica, anzi. Ma mi serviva che
avesse la parte della rompicoglioni, perciò eccola qua.
AHAHAH Niente, tutto qui.
Grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo, vi adoro!
Siete in così tante, non me l'aspettavo assolutamente,
cavolo. Perciò grazie.
Per chi volesse parlare, essere aggiornato, chiedermi qualcosa, e
blablabla, su twitter sono @FTheOnlyWay
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Capitolo 5 *** V. ***
V.
«Non
ho capito: qualcuno mi spiega perché sono ancora
qui?» domando, scandagliando i
volti dei presenti alla ricerca di una risposta sensata.
Niall,
seduto sul tappeto con la chitarra in braccio, solleva appena il capo,
continuando a pizzicare le corde con aria annoiata.
«Louis
ti ha chiesto di aspettarlo.» mi ricorda.
«Certo,
mi è chiaro. Ma perché lo sto
aspettando?» incalzo, di nuovo, confusa. Voglio
dire, non è che se Louis mi dice di tuffarmi di testa nel
Tamigi io lo faccio.
«Perché
Liam ti ha nascosto il cappotto. E senza cappotto non te ne puoi
andare.»
spiega pazientemente Harry. È seduto sul divano e sta
giocando a Fruit Ninja
con il suo – indovinate un po’? – iPhone
ed ha l’aria di divertirsi parecchio.
Zayn,
accanto a lui, sta disegnando qualcosa di indecifrabile (probabilmente
il suo
prossimo tatuaggio) su un blocco da disegno.
Mi
gratto la guancia, annuendo lentamente. Giusto. Senza cappotto non
posso
andarmene.
«Ho
un’altra domanda.» continuo, imperterrita. No,
davvero, c’è qualcosa che non
torna, qui. Non capisco proprio.
«Spara.»
mi invita Zayn, interrompendo la sua opera d’arte per un
momento. Si volta per
guardarmi e sorride. Resto un momento abbagliata, perché
– Louis o no – Zayn
Malik è uno dei ragazzi più belli che io abbia
mai visto. E la cosa mi fa un
certo effetto.
«La
smetti di sorridere? Mi distrai.» bercio, facendolo ridere.
«Scusa,
scusa.» si fa serio e con un cenno del capo mi invita a
parlare.
«Quello
che proprio non capisco, è perché cazzo Liam mi
ha nascosto il cappotto. Qual è
il suo problema?»
«L’unica
che ha un problema sei tu.» esordisce Noah, rientrando nella
suite con due
bicchieri di Starbucks. Me ne porge uno, poi si avvicina al divano e si
siede
sul bracciolo, cominciando a sorseggiare la sua bevanda con aria serena
e
rilassata. Inclino la testa da un lato, ma questa volta decido di non
chiedere.
O
almeno, ci provo, ma dopo quindici secondi la mia volontà di
rimanere nella più
completa ignoranza va a farsi fottere.
«Che
problema avrei?»
«Sei
innamorata di Louis, e lui non lo capisce.» comincia Liam,
portandosi al fianco
di Noah e circondandole le spalle esili con un braccio. Lei solleva la
testa e
gli sorride, poi si concentra di nuovo su di me.
Vedete?
Dovrei davvero imparare a tapparmi la bocca, anziché parlare
a vanvera.
Maledetta curiosità.
«Ma
gli piaci di sicuro, solo che quell’acciuga sottosale ha
deciso di attaccarsi
come una cozza.» sostiene Noah.
A
momenti sputo la mia cioccolata, perché le parole
“Gli piaci di sicuro” sono
assolutamente le più assurde che io abbia mai sentito in
tutta la mia vita.
Tossisco un po’, in difficoltà.
«Tutto
okay, dolcezza?» domanda Zayn, premuroso. Ha ripreso a
disegnare, ma ogni tanto
si interrompe per seguire il discorso.
«Ah-ah.
Più o meno, sì.» confermo, distratta.
Poi torno a guardare Noah, che sta
sorridendo con l’aria di qualcuno che la sa lunga. Il che
è probabile, perché
Liam le avrà raccontato un sacco di dettagli sordidi. Non
che ce ne siano
chissà quanti, ma Payne è un bravo osservatore.
«Perdona
la schiettezza, Noah, ma che cazzo ti dice il cervello?»
Ho
appena realizzato quanto ha appena detto e mi sembra la più
grande cagata che
sia mai uscita dalla bocca di un essere umano. Dico sul serio, si rende
conto
di quello che dice oppure, come me, parla tanto per passare il tempo?
Noah
ride, poi guarda Liam che fa spallucce come a dire “Te
l’avevo detto.” e si
alza in piedi. Mi si avvicina e mi mette la mano sulla spalla.
«Louis
deve solo capire che ti ama, Hazel. Tutto qui. Eleanor non gli piace
davvero,
ma è soggiogato da… be’, non lo so da
che cosa. Forse è solo un coglione. Sì,
dev’essere così, perché nessuno sano di
mente preferirebbe lei a te.»
«Louis
non è sano di mente, ma non è questo il punto. Il
punto è che non gli piaccio,
sono la sua migliore amica e basta. E resterà
così.» concludo.
«Nei
secoli dei secoli, amen. Che gran cazzata.» afferma Noah,
alzando gli occhi al
cielo. Mi stringo nelle spalle, perché non so davvero cosa
risponderle. L’idea
di piacere a Louis è talmente assurda che non ci ho mai
nemmeno speso un
minuto.
Okay,
questa è una stronzata bella e buona. Ho perso il conto di
tutti i film mentali
che mi sono fatta, ma non ha mai creduto davvero che uno di quelli
potesse
avverarsi. Anche perché io non sono mai stata alle Hawaii e
Louis non ha mai indossato
un gonnellino di paglia.
«Sì,
be’, non importa. Mi sono rotta le palle di stare qua dentro,
scusate. Ci
vediamo un’altra volta. Mi ridai il cappotto o devo prendermi
una
broncopolmonite?» sbotto, rivolta a Liam.
Cielo,
non pensavo che i sogni infranti facessero tanto male. Più
male che
risvegliarsi per terra tutte le mattine, credetemi. È molto
peggio.
E
mi viene anche da piangere, il che non è un bene,
perché io non piango per
Louis. Non posso farlo, ne và della mia salute mentale.
Liam
sospira, poi entra nella camera da letto e ne esce un secondo dopo,
reggendo il
mio cappotto tra le mani.
«Tieni.»
«Grazie.»
lo indosso velocemente, afferro la borsa e senza dire più
nemmeno una parola mi
dirigo verso la porta. Nel momento esatto in cui sto tirando la
maniglia verso
di me, Louis spinge con così tanta forza che a momenti cado
a terra.
«Ti
avevo detto di aspettarmi.» ringhia, incazzato.
Inarco
un sopracciglio, perché so riconoscere al volo quando
è arrabbiato e mi rendo
conto che, questa volta, la colpa dev’essere
senz’altro mia. Tuttavia, non ho
per niente voglia di discutere con lui, oggi.
Mi
è passato l’entusiasmo. E poi, non è
che si sia comportato molto bene nei miei
confronti, perciò che se ne stesse con la sua fidanzata e
tanti saluti.
«E
io ti ho già detto che non sono ai tuoi ordini. Se sei tanto
incazzato, lì c’è
il muro. Prendi la rincorsa e sbattici quella testa di merda che ti
ritrovi.»
sibilo, indicando lo spigolo con il dito indice.
Sento
una risata provenire dal salotto e riconosco il tono di Noah.
Evidentemente
sono tutti in ascolto. È bello sapere che i cazzi miei sono
alla portata di
mezzo mondo.
«Hazel.»
Louis mi afferra per il polso, un po’ troppo bruscamente ed
io reagisco
tirandogli un calcio sullo stinco.
Urla,
incredulo. Certo, come se fosse la prima volta che lo prendo a
schiaffi. Non che
l’abbia preso a schiaffi, ma fa lo stesso.
«Mi
hai fatto male! Ma sei impazzita?» si lamenta, massaggiandosi
il punto in
questione con una mano.
«Sai
cosa?» sbotto, prima di riuscire a trattenermi. «Mi
hai fatto male anche tu.» e
con questa massima decido che è giunta l’ora di
fare la mia uscita ad effetto.
Che
poi tanto ad effetto non è, visto che per andarmene devo
passare accanto a
Louis. Lo sento sospirare, probabilmente confuso, poi i suoi passi si
aggiungono ai miei.
Non
pensavo che mi avrebbe seguita. Non lo fa mai. Sono sempre io a stare
dietro a
lui e ai suoi sbalzi d’umore. E lui non pensa a
nient’altro se non alla sua
cara Eleanor (mi raccomando la “a”) e alle sue
fantastiche canzoncine.
Non
ha tempo per me, non sono così importante e probabilmente
sarebbe l’ora che
anche io crescessi e la smettessi di comportarmi come se avessimo
ancora
qualcosa in comune.
Mi
infilo nell’ascensore in completo silenzio, del tutto
intenzionata a non dire
nemmeno una parola. Come al solito, mi rannicchio in un angolo, con lo
sguardo
puntato sulle scarpe. Louis sbuffa, incrocia le braccia al petto e per
un
attimo sembra che stia per parlare, ma non dice niente.
Non
mi sono mai sentita così in imbarazzo – e stupida
– stando da sola con lui. Non
mi è mai capitato e non mi piace che lui abbia questo
ascendente su di me.
«Non
dici niente?» domanda, dopo un po’.
Inarco
un sopracciglio, poi osservo il mio riflesso allo specchio.
È gigante, occupa
tutta la parete di fondo e sembra mettere in mostra tutta la mia
inadeguatezza.
Andiamo, come potrei piacergli? Sono in sovrappeso, acida, cinica e
pure
stronza. Perché mai dovrebbe guardarmi?
«Hazel…»
mormora, avvicinandosi con cautela. Sento la sua mano scostare una
ciocca di
capelli che mi è finita davanti agli occhi e riportarla
dietro un orecchio. Si
ferma sulla mia spalla, stringendola con dolcezza, poi scende lungo il
braccio,
in una carezza così delicata e così inaspettata
che sento le lacrime agli
occhi. Si ferma all’altezza del polso, lo solleva e vi passa
sopra il pollice.
«Non
volevo farti male.»
Sto
per rispondergli che non me ne frega niente di quello che vuole, che
tanto
ormai sono incazzata e può tranquillamente andarsene a quel
paese, ma le porte
dell’ascensore si aprono e ci ritroviamo nell’atrio.
«Ti
accompagno, andiamo.»
Louis
mi circonda le spalle con il braccio e so che dovrei spostarmi, ma non
lo
faccio: lo vedo talmente poco, negli ultimi tempi, che mi godo ogni
contatto
con lui, anche se vorrei prenderlo a schiaffi.
«Ho
litigato con El.»
L’abitacolo
della macchina è silenzioso, dopo l’ultima
affermazione di Louis. Ed è
silenzioso perché io non so proprio cosa rispondere.
Voglio
dire, perché lo viene a raccontare a me? Sa già
come la penso, non può
aspettarsi davvero qualche parola di conforto da parte mia.
Non
è la prima volta che lui e Vostra Grazia litigano e,
soprattutto, non è mai
capitato che io gli dicessi qualcosa di diverso da: “Mandala
a fare in culo,
Lou. Quella è una succhiasangue bisbetica.” E pure
zoccola, anche se ho avuto
la delicatezza di non dirglielo.
Perciò,
rendendomi conto che se rispondessi davvero quello che ho in mente
finiremmo
per litigare (di nuovo), decido di tentare un approccio più
diplomatico e molto
meno stronzo.
«Non
ti aspetterai che mi metta a piangere, vero?» chiedo, quindi.
Lo so, non è
proprio un granché come risposta, ma più di
così non posso fare.
Louis
si volta appena a guardarmi, poi sbuffa. Lo osservo, cercando di non
farmi
notare, e quando mi accorgo che stringe il volante così
forte che le sue nocche
sono diventate bianche, capisco che questa volta è
più seria di tutte le
precedenti.
Nel
frattempo, accosta proprio davanti casa mia e spegne il motore con un
gesto
rabbioso. A momenti spezza la chiave, ma non sembra farci caso.
Slaccio
la cintura, apro il cappotto – perché
probabilmente ne avremo ancora per un po’
e non vorrei morire di caldo – e appoggio la schiena alla
portiera, voltandomi
completamente verso Louis.
«Avanti,
sputa il rospo.» mormoro, preparandomi a ciò che
le mie orecchie innocenti
dovranno sentire.
Louis
sorride mestamente, poi tira un pugno sul volante, facendomi sobbalzare
per lo
spavento. Ma che gli prende?
«Puoi
evitare di comportarti come uno schizofrenico? Grazie.»
bercio, infastidita. Ci
sono già io ad avere certi sbalzi d’umore, direi
che proprio non è il caso che
anche lui si addentri nella triste strada della follia.
«Abbiamo
litigato per colpa tua, Hazel!» urla Louis, tirando un altro
colpo. Spalanco la
bocca, senza parole. Per colpa mia? Ma non ho fatto niente!
Cioè, Eleanor ormai
lo sa che la odio, così come è abituata al mio
atteggiamento nei suoi
confronti. Non ho mai finto di essere qualcun altro, non ho mai fatto
buon viso
a cattivo gioco e, soprattutto, non ho mai nascosto quello che penso di
lei.
«Io
non…» provo a dire, senza sapere nemmeno come
continuare la frase. Ma Louis
comunque non me ne dà il tempo. È così
incazzato che ha deciso di sputare
veleno su mezzo mondo, a quanto pare. E il fatto che io sia disposta ad
ascoltarlo, dovrebbe dirla lunga su quanto lo ami.
«Sì,
invece! È proprio questo il problema! Tu pensi solo a te
stessa, non te ne
frega niente che io sia felice con lei, la insulti, la tratti di merda
e questo
perché? Sei solo gelosa, Hazel. Ma non siamo più
bambini, e tu devi accettare
che io sto con Eleanor, perché non so più cosa
fare. Comincio ad essere
confuso, e non voglio arrivare al punto di dover scegliere chi
è più importante
per me. Sei la mia migliore amica, ti voglio bene e sei fondamentale,
per me. Ma
non so più ciò che voglio e tutto questo mi
spaventa.» durante il discorso, la
sua voce si è affievolita e il suo tono si è
fatto più triste e più
demoralizzato che mai. Io resto immobile, senza trovare il coraggio di
dire
nemmeno una parola.
Cosa
mai potrei dire? Prima se la prende con me, poi dice che è
confuso, poi che non
vuole scegliere. Cosa dovrei fare io? E comunque, a ben pensarci, anche
io
avrei dei validi motivi per cui essere arrabbiata con lui,
perciò chi l’ha
detto che la colpa sia mia?
«Ti
ha chiesto di scegliere, non è così?»
domando, infine, quando mi rendo conto di
quale sia il punto cruciale della situazione.
Solo
quella vacca, arriverebbe a chiedergli una cosa del genere. E solo lui,
da
grande idiota qual è, prenderebbe in considerazione
l’idea di farlo.
L’unico
problema è che io non sono affatto disposta a sottostare a
questi giochetti
stupidi, che mi vedrebbero solo sconfitta, disperata e piangente.
Non
darò a Eleanor la soddisfazione della vittoria, mi dispiace.
«Sai
cosa? Io non ci sto. Non me ne frega un cazzo se tu sei confuso, se lei
è
stronza e se la colpa è mia. Non so se te ne sei accorto,
visto che ultimamente
sembri troppo impegnato a comportarti come se il mondo ruotasse intorno
a te,
ma oggi mi hai detto che sono insopportabile non so quante volte, mi
hai
risposto di merda e te ne sei altamente fregato. E poi ti offendi se
sono
acida? Fammi un favore Louis, se proprio devi scegliere, scegli la tua
fidanzata, che è tanto perfetta. Ma lasciami in pace e
vattene al diavolo. Tu,
e la tua carriera di merda. Continua a metterti le tue camicie
orribili,
continua a far finta di essere felice. Ma non dare la colpa a me, se
sei
confuso. La verità è che sei un coglione, e non
hai mai capito un cazzo.» detto
questo, scendo dalla macchina e sbatto la portiera con forza.
E
questa sì, che è un’uscita ad effetto.
***
Buonasera
:)
Come
state? Spero bene. E spero non siate morte, perché questo
capitolo è abbastanza
lungo, ed è pure pesante.
Le
cose cominciano a degenerare, com’è giusto che
sia. Ed Hazel e Louis litigano, perché
sono entrambi cretini.
Comunque,
spero che il capitolo vi sia piaciuto e niente… se vi
và, fatemi sapere che ne
pensate, per me è sempre importante capire che
“effetto” ha la storia.
E
basta, ho finito!
Alla
prossima settimana, vi adoro <3
|
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Capitolo 6 *** VI. ***
Sapete,
mi piacerebbe davvero tanto dirvi che
dopo la litigata Louis si è reso conto di avere sbagliato ed
è tornato da me in
ginocchio, supplicandomi di perdonarlo e di dargli un’altra
possibilità.
Ma
le cose non sono andate così. Proprio per
niente. Tanto per iniziare, ho spento il telefono per evitare di essere
contattata da qualunque membro dei One Direction. Credo abbiano a cuore
la
situazione, ma non ho bisogno di una terapia di gruppo in formato
famiglia, perciò
non ho intenzione di parlare con nessuno di loro.
Secondo:
ho trascorso la prima notte dopo il
litigio a piangere e a domandarmi in che cosa io abbia sbagliato, salvo
poi
giungere alla conclusione che non ho alcuna colpa, se non quella di
essermi
innamorata di un povero deficiente.
La
seconda notte, quindi, l’ho passata
sveglia, con gli occhi spalancati e le mani incrociate sulla pancia,
fingendo
di trovarmi in un sarcofago. È stato molto d’aiuto
pensare che se Louis fosse
stato un Faraone e fosse morto, quella capra di Eleanor sarebbe stata
seppellita con lui. Questo non spiega perché io sia rimasta
praticamente
mummificata, ma sapere che la Principessa sarebbe morta di fame e sete
è stato
molto consolatorio.
La
terza notte è stata la peggiore, perché ho
riacceso il telefono nella vana speranza di trovare una chiamata o un
messaggio
del mio migliore amico. O, meglio, ex-migliore amico, visto che la
superstar
non si è nemmeno degnato di darmi un cenno di vita.
Ma
se la vuole mettere su questo piano,
ovvero quello della reciproca indifferenza, io ci sto. Non vuole
più sentirmi?
Molto bene, vorrà dire che la prossima volta che
avrà bisogno di me, farò ciò
che avrei dovuto fare molto tempo fa: lo manderò al diavolo.
Sapete,
mi sento anche un po’ patetica, al
momento, ma il mio stato depressivo è così
tenebroso e fantastico che non credo
mi alzerò dal letto per molto tempo ancora. Almeno fino a
che non smetterò di
avere parvenze umane e potrò vagare per Londra portando con
me la minaccia di
un’invasione di zombie.
Ovviamente,
i miei piani – anche quelli più
semplici, come questo – non vanno mai a buon fine e questo
per una ragione ben
precisa. C’è sempre qualcuno che pensa di sapere
meglio di me, che cosa è
meglio per me stessa ed è davvero fastidioso rendermi conto
che nessuno mi
ritiene indipendente, autosufficiente, autonoma o come accidenti si
dice.
Ed
è proprio per questo motivo che quando
sento mia madre mormorare un “non ne avevo idea”
capisco che la fine è vicina.
Perciò provo a tornare in camera mia prima che qualcuno
riesca ad intercettare
i miei passi sulle scale, ma considerato tutto ciò che ho
detto poco fa, le
speranze di farcela sono pressoché inesistenti.
«Hazel,
amore della mamma, vieni qui.»
Amore
della mamma? Oh, merda. Qualcuno deve
averle detto che sono innamorata di Louis e che non sono per niente
ricambiata,
perché altrimenti non userebbe mai quel tono sdolcinato e
melenso e… bleah,
amore della mamma? Ma andiamo!
«Risponde
la segreteria telefonica di Hazel
Nicole Porter. In questo momento non sono disponibile, siete pregati di
lasciare un messaggio e verrete richiamati al più presto.
Bip!» cinguetto,
facendo marcia indietro sulle scale.
Mamma
comincia a ridere, ma la sua non è
l’unica risata che risuona per la nostra microscopica cucina.
Sono abbastanza
sicura che ci siano almeno altre due persone ed io non ho la minima
intenzione
di farmi vedere conciata in questo stato. Sarebbe imbarazzante.
«Hazel,
ci sono i tuoi amici!» continua
mamma, imperterrita. Merda, ma perché non capisce quando
è il caso di lasciare
un messaggio alla segreteria – tra l’altro, era
anche molto d’effetto, no? – e
quando, invece, è il caso di ignorarmi completamente?
«Io
non ho amici, mamma! Sono una creatura
solitaria, indomita e selvaggia. Io solco i mari, i cieli
e…»
«Hazel
Nicole Porter!» sbraita, questa volta.
«Hazel
Nicole Porter, nata il 26 Febbraio
1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel Nicole viene
crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera età
di quindici anni, ad
opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo temperamento e di
aspetto
adorabile…»
«La
finisci di dire cavolate e vieni qui, per
piacere?»
«Ma
perché mi interrompi sempre sul più
bello?» mugugno, trascinandomi in cucina di mala voglia. Non
è giusto che mi
costringa a farmi vedere in questo stato disumano. È
imbarazzante ed umiliante
per tutti gli abitanti del pianeta terra.
«Oddio,
ma stai proprio uno schifo.» la
delicatezza di Noah è come un balsamo per il mio cuore
infranto, sapete? Dico
davvero, non so proprio come farei senza la sua dolcezza, la sua
sensibilità e
il suo tatto.
«Apprezzo
i tuoi sforzi di consolarmi,
davvero.» sibilo, evidentemente sarcastica.
Noah
si stringe nelle spalle.
«Ma
è vero che stai da schifo, che ci posso
fare io, scusa?» domanda, seriamente perplessa.
Be’,
certo, come darle torto? Il fatto che
potrebbe farmi stare ancora peggio dicendomelo è
così irrilevante che non le
passa neanche per la testa.
«Harry,
Liam. Volete dirmi anche voi che sono
una vergogna per la razza umana, o lasciate che Noah mi demolisca da
sola?» chiedo,
invitandoli a parlare con un cenno del braccio.
Harry
mi sorride debolmente, poi mi stringe
in un abbraccio così delicato che quasi mi viene da
piangere. Resto, lì,
accoccolata contro il suo petto, persa in un vortice di
autocommiserazione dal quale
non uscirò probabilmente nemmeno tra cent’anni.
«Ho
preparato i biscotti al cioccolato,
tesoro. I tuoi preferiti.» mamma appoggia sul tavolo un
piatto colmo di
biscotti e mi lancia uno sguardo triste e dispiaciuto. E allora capisco
che si
sente in colpa, perché qualche giorno fa era tutta un
“Eleanor è così carina,
spero che Louis la sposi presto” e adesso invece deve
convivere con una figlia
dal cuore spezzato.
«Grazie,
mamma.»
«Potevi
dirmelo, però.» mi accusa, dopo
cinque secondi. Che fine ha fatto l’“amore della
mamma”? Glielo chiedo, tanto
per il gusto di ricordarle che ha osato chiamarmi in un modo tanto
orribile e
lei ride.
«È
che mi sento in colpa! Ho difeso Eleanor,
perché sembra davvero carina ma…»
«Ma
alla fine avevo ragione io, come al solito.
Ed è davvero la grande stronza che ho sempre detto.
No?»
«Be’,
sì.» conferma. Vorrei esultare per il
fatto che mi abbia dato ragione – evento più unico
che raro – ma mi rendo conto
che avere ragione non mi dà tutta la soddisfazione che mi
aspettavo. C’è solo
una persona che potrebbe farmi stare meglio, ma non sembra interessata
a me
quanto dovrebbe esserlo, né quanto io vorrei che lo fosse.
Perciò mi limito a
mangiare un biscotto, in completo silenzio, sotto gli sguardi intensi di Harry, Liam e quello
perplesso di Noah,
che mi sta osservando come se fossi un fenomeno da baraccone. Mamma,
intanto,
ha salutato tutti con un bacio volante ed è andata a lavoro.
Non la rivedrò
fino a questa sera tardi, ma non importa. Avevo comunque intenzione di
trascorrere il resto della giornata chiusa in camera a disperarmi e ad
odiare
Louis.
«Non
dirmelo.» sbotta Noah, dopo qualche
secondo di silenzio.
«Ma
se non sto nemmeno parlando!» replico,
stupita da tutto quell’astio. Che ho fatto?
Noah
si passa una mano sulla fronte, con aria
sconsolata, poi mi guarda quasi con compassione.
«Ti
sei già arresa, prima ancora di
cominciare.»
Cominciare?
Per quanto mi riguarda, la cosa
finisce qui. Non c’è neanche da pensarci. Louis ha
scelto, e non me. Perciò
perché dovrei pensare ancora a lui, struggermi per un amore
non corrisposto e
deprimermi per il resto della mia esistenza?
Visto?
L’amore mi fa diventare
melodrammatica. E non è mai un bene, perché
rischio di sprofondare in una cupa
desolazione dalla quale uscirò solo in seguito ad
un’abbuffata di Nutella. E
mangiare troppa Nutella fa ingrassare. E visto che sono già
grassa, dovrei
evitare.
Comunque,
siccome Noah sembra davvero in
attesa di una mia risposta, mi affretto a spiegarle la situazione.
«Io
non mi sono arresa, punto primo.» inizio.
Il che è assolutamente vero: come puoi arrenderti senza
nemmeno averci provato?
È una questione di logica.
«E
ora, magari, mi dirai anche che c’è un
secondo punto.» celia lei, con gli occhi azzurri scintillanti
di sarcasmo.
«Certo.
Ma chissà perché ho come
l’impressione che te ne sbatterai altamente e farai quello
per cui sei venuta
qui. A proposito, perché siete qui?» mi rendo
conto che potrei sembrare
sgarbata, ma in effetti non aspettavo visite e credevo che il telefono
spento
fosse un segnale abbastanza eloquente che indica la mia inesistente
voglia di
interagire con altri esseri umani.
«Siamo
qui perché, questa sera, andiamo ad
una festa.»
La
guardo con la mia migliore espressione da
“mi pigli per il culo?” e Noah si stringe nelle
spalle, per poi fare un cenno
ad Harry, che aggira il tavolo, mi si piazza davanti e incrocia le
braccia al
petto.
«Io
e Louis abbiamo organizzato una festa.
Saremo in pochi, giusto una ventina di persone. Ci divertiremo, e tu
potrei
parlare con Louis, oppure ubriacarti e andare a letto con il primo che
capita.
In quel caso, sappi che io sono disponibile.»
«Harry…»
provo ad interromperlo, ma non mi
lascia il tempo di parlare e continua nella sua fantastica –
ed alquanto
inutile – spiegazione sui dettagli della grandiosa festa.
«…
che poi, potremmo andare a letto anche se
tu non fossi ubriaca. Magari Louis si incazza talmente tanto che molla
quella
strega e capisce che ti ama e che…»
«Frena
una attimo, Raperonzolo. Io a letto
con te non ci vengo né ora né mai. E non
perché tu sia brutto o perché nutra
qualche dubbio sulla tua sessualità, ma non sono
interessata. E poi, se proprio
lo vuoi sapere, nemmeno tu verresti a letto con me: Louis non lo
saprebbe
neanche, perché ovviamente è occupato a fornicare
con quella baldracca, ma non
è questo il punto. Il punto è che non ti
piacerebbe affatto vedermi nuda. Ho un
sacco di rotoli di ciccia sparsi qua e là e ti assicuro che
non è un bello
spettacolo. Per non parlare poi della cellulite e delle smagliature,
e…»
«Dovresti
lavorare di più sulla tua
autostima, Hazel.» mi interrompe Liam, osservandomi come se
fossi un caso
clinico e non, invece, una povera e sconsolata ragazza grassa.
«Tu
dici? Grazie, dottor Freud, analisi perfettamente
riuscita. Mi hai fatto perdere il segno, porca zozza.» e
stavo arrivando alla
parte più interessante, dico davvero. Prima che possa
riprendere il mio inno ai
brufoli e alle sopracciglia cespugliose, Noah si avvicina e mi tira uno
schiaffo.
È
uno di quelli schiaffi da manuale, sapete?
Quelli sonori, che lasciano l’impronta delle dita e che
intorpidiscono la
pelle. Uno di quelli schiaffi che in un altro momento avrei restituito
senza
esitazione, ma devo ammettere che mi è servito: forse mi ha
ricalibrato il
cervello, perché mi rendo conto che sto passando per una
ragazzina frignona,
patetica e con l’autostima a pezzi.
Sono
tutte e tre le cose, naturalmente, ma in
genere evito di mostrarlo in pubblico. Come dice sempre mamma:
“Ognuno lava i
panni sporchi a casa sua.”
Okay,
forse non c’entra, ma volevo dirvelo lo
stesso.
«Mi
hai tirato uno schiaffo.» boccheggio,
incredula. So che i tempi di reazione non sono il mio forte, ma sto
ancora
cercando di riprendermi dallo shock.
Noah
alza gli occhi al cielo.
«Brillante
deduzione, Sherlock. Ora, se hai
finito di sparare stronzate, passiamo alla parte seria del
discorso.» afferma,
scostandosi un ciuffo biondo platino dalla fronte.
«Io
ero seria.» borbotto. Harry e Liam
ridacchiano, Noah sorride.
«Questa
è la parte peggiore, in effetti. Non
puoi pensare certe cose di te, Hazel. Louis non ti ama
perché sei perfetta.»
«È
proprio questo il punto, Noah: Louis non
mi ama. Perciò, dico davvero, perché non vi
trovate qualcos’altro da fare? Non
ho bisogno di qualcuno che mi sbatta in faccia l’evidenza dei
fatti. Io amo lui,
lui non ama me. È semplice come respirare.»
spiego, sentendo gli angoli degli
occhi pizzicare un po’.
Non
pensavo che dirlo ad alta voce avrebbe
fatto questo effetto. È un vero e proprio pugno nello
stomaco e fa più male di
quanto pensassi. Louis non mi ama. Io non gli piaccio. Punto, fine
della
storia.
«Questo
non puoi saperlo, Hazel.»
«Ma
fai sul serio? Ha scelto lei! Louis ha
scelto Eleanor. E questo significa solo una cosa: non ha scelto
me.»
Certo,
sono un vero e proprio asso dei
discorsi insensati e privi di logica, lo so anche io, ma non potete
negare che
ho ragione. Se Louis tenesse a me almeno un po’, non
riuscirebbe a scegliere
così alla leggera. Dico bene? Se aveva già scelto
Eleanor, perché dirmi tutte
quelle stronzate sulla confusione e…
«Non
è sicuro.» realizzo all’improvviso.
All’improvviso,
mi sembra di riuscire a
cogliere un sacco di segnali: la sua rabbia, la frustrazione, il
tentativo
(quasi perfettamente riuscito) di allontanarmi, le battute sarcastiche,
la
stronzaggine assoluta. Ogni cosa acquista un senso.
«Ecco
perché si comporta così! Vuole che io
me ne vada senza metterlo nella condizione di scegliere. Sporco
doppiogiochista
che non è altro, questo non me lo sarei mai aspettato!
È un colpo basso, perché
non me l’ha detto subito, anziché comportarsi come
un idiota? Se lo avessi
saputo, mi sarei fatta da parte molto prima, anziché perdere
tempo e trattenere
un sacco di commenti per paura che ci restasse male.»
farfuglio, a velocità
sostenuta.
Mi
rendo conto che nella cucina è calato il
silenzio più totale, così mi affretto a guardarmi
intorno, per capire cosa c’è
che non và. Noah, che mi sta osservando con la bocca
spalancata ed
un’espressione a dir poco incredula, si schiaffa una mano
sulla fronte ed alza
gli occhi al cielo.
«Sai,
io pensavo che fosse Louis il più
cretino dei due. Ma anche tu, Hazel, non hai proprio capito un
cazzo.»
Oltraggiata,
accenno una protesta che esce
fuori sotto forma di urlo stridulo, così ci rinuncio e pesto
la fronte contro
il piano del tavolo. Può essere che il mio cervello abbia
bisogno di essere
calibrato un’altra volta.
«La
tua testa è già messa abbastanza male,
senza che la sfasci contro il tavolo.» mi ricorda Noah,
preoccupata. Poi
sorride.
«Ora
fammi vedere il tuo armadio.»
***
Oggi
sto tremendamente male e ho avuto una
nottata d’inferno. Perciò non mi viene in mente
niente da dire, perché vorrei
solo buttarmi a letto e uscire tra quarant’anni.
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto <3
|
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Capitolo 7 *** VII. ***
VII.
Quando
si ha la (s)fortuna di avere un fisico
come il mio, bisogna rendersi conto che non si può indossare
qualsiasi cosa e
che, nonostante si provi ad essere disinvolte, non sempre
l’abito aiuta ad
apparire al meglio.
Tutto
questo per dire che non solo odio il
vestito che Noah mi ha praticamente costretto ad indossare (lo tenevo
nell’armadio nell’eventualità in cui
fossi dimagrita abbastanza da potermelo
mettere senza sembrare un insaccato), ma mi sento completamente a
disagio
qualunque movimento io faccia.
E,
soprattutto, non mi sento niente affatto
bene accetta.
Per
svariati motivi, che vi elencherò in
questo preciso istante: Liam e Noah si sono eclissati da qualche parte,
dopo
avermi promesso che torneranno subito. Be’, sono passati
dieci minuti, e ancora
di loro non c’è traccia. Ed io comincio ad
incazzarmi. E cosa succede quando mi
incazzo? Vedo tutto in maniera molto negativa –
più del solito, cioè – e tendo
a tirare fuori il mio lato peggiore. Anzi, ormai sono convinta che il
partire
con l’idea che le cose andranno male, non fa altro se non
scatenare una serie
di sfortunati eventi. Perciò, non avrei mai dovuto pensare
che le cose
sarebbero potute andare schifosamente, perché
così facendo mi sono attirata la
sfiga da sola.
Tornando
ai motivi per i quali preferirei
morire piuttosto che trovarmi in questo posto, passo a spiegare il
secondo: la
musica. È così alta che a malapena riesco a
sentire i miei pensieri, il che
probabilmente è positivo, perché non sono poi
questo granché, ma corro il
rischio di ritrovarmi con i timpani danneggiati in modo irreparabile.
Terzo
e principale motivo: Louis.
Non
l’ho ancora visto da quando sono
arrivata, ma sono piuttosto certa che sia imboscato in camera sua
insieme a
Eleanor. È un pensiero che mi risulta così
insopportabile, che temo potrebbe
venirmi l’orticaria, una sincope, uno shock anafilattico o,
comunque, qualcosa
di molto grave. Non riesco ancora a credere di essermi lasciata
convincere a
venire qui, dico sul serio.
È
stato l’atto più stupido che io abbia mai
fatto. Beninteso, dopo la cazzata di innamorarmi di Louis Tomlinson.
Comunque,
ho deciso che trascorrerò l’intera serata ferma in
questo preciso punto.
La
visuale è ottima, nessuno mi vede, nessuno
mi parla e almeno non sono costretta a interagire con gente stupida.
In
questo momento, comunque, la lista delle
cose che odio sta crescendo in maniera direttamente proporzionale al
mio umore
nero. Non ho voglia di fare l’elenco, perché
altrimenti non finisco più, ma
sappiate che è una lista davvero, davvero lunga.
Poi,
quando ormai cominciavo a perdere la
speranza, ecco che ricompare Noah, seguita – questa volta
– da Zayn. Dove abbia
lasciato Liam è un vero mistero, ma non m’importa.
Voglio solo andare via da
qui.
«Ciao,
dolcezza.»
Non
mi và di ripetere a Zayn, per l’ennesima
volta, che mi chiamo Hazel, così mi limito a sventolare la
mano e a rivolgergli
un sorriso tirato e un po’ falso. Certo, potrei anche
sforzarmi di essere più
socievole, ma provateci voi a stare a casa del ragazzo di cui siete
innamorate,
ad una festa alla quale non volete nemmeno partecipare e, oltretutto,
sapendo
che il vostro ex migliore amico/ragazzo che vi ha spezzato il cuore
è da
qualche parte insieme alla sua fidanzata. Quando vi capiterà
(ma vi auguro
vivamente di non provarlo mai) ne riparleremo.
«Sei
bellissima, Hazel.» si complimenta Zayn,
dopo qualche istante. Arrossisco, perché certe cazzate fanno
comunque effetto e
alzo gli occhi al cielo, cercando di mascherare un po’ di
imbarazzo.
«Come
no.»
Accettare
i complimenti mi risulta parecchio
difficile, nel caso in cui non l’aveste capito. È
una cosa che và avanti più o
meno da quando sono venuta al mondo, perciò ho smesso di
preoccuparmene. Come
di tutto il resto, tra l’altro. Sono una che tende ad evitare
i problemi, nella
speranza che qualcun altro li risolva per me. Non succede mai,
però, perciò
tutte le paranoie si affollano l’una sull’altra
senza lasciarmi scampo e il
risultato è questo: sono una vent’enne acida,
stronza, incapace di relazionarsi
con gli esseri umani e con un’autostima pressoché
inesistente.
«Sai,
quando qualcuno ti fa un complimento,
si risponde con un sorriso e con un
“grazie”» mi riprende Noah, con un
sopracciglio inarcato.
Ovviamente,
lei è la quintessenza della
gnoccaggine questa sera, perciò non mi sembra affatto
incredibile che risponda
“grazie” ad un complimento. È
ciò che succede quando si è belle, sicure di
sé e
realizzate. Di conseguenza, continuerò a rispondere con un
“come no”.
«Hai
già visto Louis?» si informa Zayn, con
un sorrisino indecifrabile. Scuoto la testa e comincio a giocherellare
con la
cannuccia del drink. Non ne ho bevuto nemmeno un sorso, ma almeno
sembrerà che
stia facendo qualcosa, anziché deprimermi e basta.
«No,
e non voglio neanche vederlo.»
Noah
sbuffa, tira verso di sé il polso di
Zayn e dà un’occhiata al suo orologio.
«Signore
e signori, la cazzata delle 23 e
37.» sostiene.
Sbuffo,
poi mi stringo nelle spalle e mi
abbandono ancora di più contro il muro. So anche io che
vedere Louis sarebbe
l’unica cosa in grado di rendermi felice. Vorrei parlare con
lui, abbracciarlo,
dirgli che sono stata una stupida e che mi accontenterò di
essere sua amica,
perché l’idea di perderlo fa più male
rispetto al sapere che non sarò mai
ricambiata. Poi, però, ripenso a tutto quello che mi ha
detto lui e mi rendo
conto, di nuovo, che non sono solo io la stupida e che anche lui ha una
buona
parte di colpa, per la quale deve fare ammenda. Non
c’è niente che Noah possa
dire o fare, resterà sempre il fatto che lui ha scelto
Eleanor e si è dimenticato
di tutto quello che mi aveva promesso.
«Vado
in bagno, scusate.»
Ci
manca solo che mi metta a piangere qui
davanti a tutti. Anche perché ho appena intravisto il manico
di scopa e sono
sicura che lei coglierebbe al volo l’occasione per infierire.
Perciò mollo il
drink in mano a Zayn, che mi guarda come se fossi matta, ma poi sorride
tristemente e attraverso il salotto il più velocemente
possibile, districandomi
tra la folla di ospiti che ballano.
Salgo
le scale di corsa, rischiando più volte
di cadere sui tacchi, percorro il corridoio in fretta ed entro in
camera di
Louis. Ci sono stata così tante volte, che l’idea
di rifugiarmi qui mi è
sembrata l’unica sensata. È un ambiente che
conosco, che in qualche modo mi è
di conforto e che, quindi, può accogliere le mie lacrime e
mantenere il
segreto.
Accendo
la luce, sfilo le scarpe e le getto
sul tappeto bianco, poi sospiro. Non è cambiato niente
dall’ultima volta che
sono stata qui: il letto è ancora disfatto – credo
che Louis non sappia nemmeno
farlo – l’armadio è spalancato e in
disordine, la finestra è chiusa e il pc
sulla scrivania ronza in maniera confortante.
Sento
che scoppierò a piangere da un momento
all’altro. Non pensavo mi avrebbe fatto così male,
trovarmi qui. Forse dovrei
andarmene, ma la stanza sa di Louis e visto che probabilmente la nostra
amicizia è finita, voglio godermi gli ultimi momenti in
santa pace. Poi ho
deciso che tornerò a casa e chiederò a mamma di
prenotare un appuntamento dal
suo psicologo.
«Che
serata del cazzo.» mormoro,
giocherellando con il buco che si è appena formato sulle
collant nere.
Ovviamente, quello si allarga ancora di più e la calza si
riga dal ginocchio fino
a metà coscia.
La
cosa che più mi ferisce e di cui non
riesco proprio a capacitarmi, è che Louis mi abbia messa da
parte così in
fretta. Come ha potuto essere tanto insensibile?
Che
fine hanno fatto i suoi “Non ti lascerò
mai sola, Hazel. Non importa se tu non mi vorrai nemmeno vedere, io
starò al
tuo fianco.”? Erano solo belle parole, buttate
così a caso tanto per darmi una
piccola soddisfazione e per non farmi sentire sfigata quanto sono in
realtà?
Eppure,
mentre lo diceva, i suoi occhi
azzurri sembravano così limpidi, che non ho dubitato nemmeno
un momento della
sua sincerità.
La
colpa, alla fine dei conti, è mia. Non
avrei dovuto fidarmi, non avrei dovuto lasciarlo entrare nella mia vita
e non
sarei dovuta andare oltre le sue camicie stupide, la sua voce
spensierata e la
sua risata contagiosa. Semplicemente, dovevo farmi i cavoli miei e
tenere le
distanze, ecco tutto. Me la sono cercata.
Le
prime lacrime non ci mettono molto ad
uscire e lasciano sulle mie guance una striscia di nero che
probabilmente mi
farà sembrare ancora più brutta e patetica di
quanto sia già.
Maledetto
Louis, maledette le sue camicie, i
suoi occhi cristallini, le sue braccia forti e i suoi baci sulla
fronte.
Lo
odio, mi odio. Odio il modo in cui mi
sento e odio piangere per qualcuno che non mi merita. Odio questa
situazione.
La
porta si apre così lentamente che nemmeno
me ne accorgo, così quando Louis entra in camera
è troppo tardi per cancellare
le lacrime e per inventarmi una scusa sulla mia presenza qui.
«Hazel…»
sussurra, facendo un passo in
avanti. Scuoto la testa, strofino le mani sulle guance per cancellare
la
traccia delle lacrime – non oso nemmeno immaginare a quale
bestia immonda
assomiglio in questo istante – e scatto in piedi, prima
ancora che Louis abbia
la possibilità di aggiungere altro.
Ha
già detto tutto quello che doveva dire ed
io sono certa che non sopporterei un secondo rifiuto.
«Ti
prego, non andartene.» mormora.
Ahi.
Io non ce la faccio, lo sapete? Vorrei
girarmi, dirgli di andare al diavolo e uscire di corsa, ma è
Louis ed io lo
amo. Così faccio marcia indietro, rilancio le scarpe sul
tappeto e comincio a camminare
avanti e indietro per la stanza, in difficoltà. Vorrei
parlare per prima, ma ho
paura di quello che potrei dire e proprio non è il caso di
peggiorare ancora di
più le cose.
Osservo
Louis mentre si siede sul letto e mi
stupisco di vederlo così serio: non è da lui.
Sembra tranquillo, come se avesse
arginato tutta la rabbia che mi ha riversato addosso qualche giorno fa.
Sembra
spossato e mi dispiace.
Se
avessi immaginato che la mia presenza
avesse quest’effetto su di lui, l’avrei lasciato in
pace molto tempo prima.
«Sembri
così stanco.»
Mi
siedo accanto a lui, tanto per fargli
capire che – nonostante tutto quello che mi ha detto, e
nonostante tutto quello
che io ho detto a lui – mi piacerebbe essergli di conforto.
Si
passa una mano tra i capelli, annuisce tra
sé e sé e sospira.
«Sono
stanco. Questi sono stati i giorni
peggiori della mia vita.» confessa, con un po’ di
difficoltà. Lo conosco bene e
so che per lui, manifestare quello che pensa davvero è un
bel problema.
Preferisce dare di sé l’immagine di un ragazzo
spensierato, perché ha paura che
la realtà finisca per schiacciarlo.
Il
che, più o meno, è ciò che faccio
anche
io, ma in modo diverso: la mia maschera è la stronzaggine,
la sua la simpatia.
Di positivo è che tra di noi non ci sono mai state grandi
menzogne.
«Uhm.»
mugugno, senza sapere bene cosa
dirgli. A caldo, mi piacerebbe rispondere con un bel
“Perché, Eleanor ha tenuto
le gambe chiuse?”, ma so che non apprezzerebbe. E siccome non
abbiamo ancora
seppellito l’ascia di guerra sarà meglio che io
riesca a trovare un
compromesso.
«Già,
uhm. Tu come stai?» sembriamo due
estranei ed è una cosa che odio. Non abbiamo mai avuto
barriere, né segreti –
se non questo piccolo insignificante dettaglio della cotta che ho per
lui – e
questo girare intorno alle cose non mi piace.
«Louis,
perché non dici quello che devi dire
e la facciamo finita?» lo supplico, con voce tremante. Via il
dente, via il
dolore, giusto? Perciò perché prolungare la
sofferenza, quando si può evitare?
«D’accordo.»
A
giudicare dal suo tono di voce, credo che
non aspettasse altro. Nemmeno lui è uno che fa tanti
preamboli. Ed è una delle
cose che preferisco, anche se al momento si ritorce contro di me.
«Mi
sono sentito uno schifo, per come ti ho
trattata. Tu mi sei sempre stata accanto ed io ho lasciato che il
parere di una
persona influenzasse la mia idea su di te.» comincia.
Cielo,
qualcuno mi uccida.
Non
riesco a credere che sono qui, seduta, a
sentirmi rifiutare per l’ennesima volta. Dovrei scavare nel
mio cuore, nel
cervello o in qualsiasi altra parte e cercare un po’ di
dignità, ovunque essa
sia e sempre che me ne sia rimasta un po’.
«Che
stronzo.» sbotto, facendolo ridere un
po’.
Che
dire, sono contenta che almeno uno dei
due si diverta.
«Sono
serio, fammi finire di parlare.»
«Perché
dovrei, Lou? Per sentirmi dire
l’ennesima volta: “Mi dispiace Hazel, ma non sei
abbastanza”? Sai una cosa? Ne
ho le palle piene di essere scartata o di essere la seconda scelta! Io
ho il
diritto di essere amata per quella che sono, pregi, difetti e carattere
di
merda annesso. Perché dovrei stare qui a sentirti ripetere
la solita solfa?
“Sei un’ottima amica, ma dici troppe parolacce. Sei
carina, ma non sei il mio
tipo. Troverai qualcuno che ti ami e quello sarà
l’uomo più fortunato del
mondo.” Non me ne frega un cazzo degli altri uomini!
L’unico che volevo non ha
scelto me ed io non starò qui ad ascoltare le sue
merdosissime scuse!»
Mi
copro la bocca, spaventata dalle mie
stesse parole. Non avevo intenzione di dirglielo in questo modo; non
avevo
intenzione di dirglielo affatto, ma mi è sfuggito nella foga
del momento. Ed
ora Louis sa che sono innamorata di lui. Non posso credere di averlo
detto e mi
sento così stupida che vorrei sprofondare sotto terra,
così decido di battere
in ritirata prima che sia davvero troppo tardi e che la mia
dignità vada a
farsi fottere definitivamente.
E
comunque Louis non dice niente, sorride
lievemente e basta, come un idiota, ma non accenna a voler parlare.
Probabilmente è disgustato da me, ed è
comprensibile.
Recupero
– di nuovo – le scarpe e corro verso
la porta, sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi: non
voglio che
Louis mi veda, piangere, di nuovo.
Ho
appena afferrato la maniglia, quando la
mano di Louis copre la mia. Stringe finché mollo la presa,
dopodiché mi
costringe a voltarmi e mi spinge contro la porta, bloccandomi ogni via
di fuga.
«Che
altro c’è? Non sei contento così? Vuoi
proprio vedermi piangere, brutto stronzo!» singhiozzo,
ferita.
Louis
sorride.
«Stai
un po’ zitta, maledizione.»
Un
secondo dopo mi sta baciando, annullando
ogni mia protesta e tutti i fantastici insulti che avevo appena trovato
e che
gli dirò in un secondo tempo.
Ora,
però, sono troppo occupata a baciarlo.
***
Ecco
qua il capitolo sette. Uhm, in realtà devo darvi una
notizia: è il penultimo, credo. Manca un capitolo - che devo
ancora scrivere - e poi forse un altro, ma non sono sicura. In ogni
caso, l'avevo detto che la storia sarebbe stata corta,
perciò... Niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto
e vi ringrazio un sacco per aver inserito la storia tra le
seguite/ricordate/preferite, per aver commentato e anche per aver
letto! Davvero, grazie.
Detto
questo, vi lascio qui sotto il link di una nuova fanfiction che ho
pubblicato martedì e di una one shot su Liam. Se vi
và, passate a leggere :)
Vi
adoro,
Fede.
One
step forward (questa è la long.)
Just
give me a reason (e questa è la one shot.)
p.s. Su Twitter, per chi volesse, sono @FTheOnlyWay
|
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Capitolo 8 *** VIII. ***
VIII.
Non ho mai creduto nel
lieto fine. Mai,
nemmeno una volta. Nemmeno nei cartoni animati, quando il principe
(che, guarda
caso, è sempre assurdamente bello) salva la principessa
(anche lei una gran
figa) e vissero tutti felici e contenti.
Insomma, Ariel ha
rinunciato alle pinne e
alla vita nell’oceano per stare con Eric. Aurora ha dormito
chissà quanto tempo
ed ha finito comunque per stare con Filippo. Quell’altra
tonta di Biancaneve ha
mangiato una mela avvelenata – che poi, lo sanno tutti che
non si accetta cibo
dagli sconosciuti – ed è stata risvegliata dal
bacio di… ce l’ha un nome, il
suo principe? Per non parlare, poi, di Belle, che diventa principessa
insieme
ad Adam e blablabla. Tutte felici e contente, dalla prima
all’ultima fottuta
principessa. E, in genere, la gioia arriva dopo il magico bacio del
vero amore.
Che gran cazzata.
Il bacio del vero amore non
esiste. Esiste,
invece, Louis Tomlinson, che ti sbatte contro la porta di camera sua e
ti bacia
come se dovesse morire l’indomani, poi se ne và
senza dire niente, mollandoti
come una deficiente e con il cuore che batte tanto forte che potrebbe
uscire
dal petto.
E il lieto fine, direte
voi? Be’, spiacente
di darvi questa gran brutta notizia, ma non c’è
nessun cazzo di lieto fine. Per
una volta, il principe sceglie di stare con la strega (compresa di
appendice
nasale gigantesca e manico di scopa).
Scommetto che volete i
dettagli. Non che ci
sia poi così tanto da dire, comunque. Dopo che Louis mi ha
baciata – causandomi,
tra parentesi, un mezzo infarto – si è
volatilizzato al piano di sotto, ma solo
dopo avermi lasciato una carezza sulla guancia e un altro bacio lieve
sulle
labbra, a fare chissà che cosa.
Io, povera illusa,
l’ho seguito qualche
secondo dopo, giusto il tempo di ricompormi e recuperare
qualche funzione cognitiva. Quando
l’ho raggiunto, indovinate un po’? Stava parlando
con Eleanor ed erano tanto
vicini che se lei si fosse sporta in avanti, l’avrebbe
baciato senza difficoltà.
Parlavano, e sembravano così interessati l’uno
all’altra che io, ancora una
volta, mi sono sentita di troppo.
Non so come sia andata a
finire, perché me ne
sono andata prima che la situazione si facesse piccante: non avevo
nessuna
voglia di arrivare al momento in cui Louis le ripeteva, di nuovo, che
non
avrebbe mai pensato a me in un certo modo.
Naturalmente mi sono
beccata tanti di quegli
insulti (e, fidatevi, Noah ci và giù pesante) che
probabilmente i miei nipoti
nasceranno col mal di testa, ma non potevo più stare
lì.
Perciò, ho
chiamato un taxi e mi sono fatta
portare a casa. Quando sono arrivata, mi sono buttata a letto, ho
pianto per
un’ora buona, ho insultato Louis, Eleanor e la loro storia di
merda e mi sono
mangiata mezzo chilo di gelato.
Dopodiché ho
vomitato, perché ho mangiato
troppo in fretta ed ero così nervosa che il mio stomaco si
è rifiutato di
digerire. Ed allora l’ho capito: l’amore fa schifo
e Louis è uno stronzo di
dimensioni cosmiche.
Dopo una settimana,
l’unica cosa ad essere
cambiata è il mio peso sulla bilancia. A furia di ingozzarmi
di cibi
antidepressivi, ho preso un chilo e mezzo e sembro più
grassa che mai. Ma, in
ogni caso, chi se ne frega. Non devo più piacere a nessuno,
perciò potrei anche
tramutarmi in una balena spiaggiata e a nessuno importerebbe.
Di positivo
c’è che oggi c’è il sole e
che,
di conseguenza, posso anche trascorrere l’intero pomeriggio
in giardino, con un
buon libro, del succo di frutta ghiacciato e il buon vecchio Black che
ringhia
a chiunque si avvicini troppo alla staccionata. Sto già
degustando il momento
in cui staccherà la mano a qualcuno. Non vedo
l’ora.
Il mio telefono vibra,
distraendomi dalla
lettura di un capitolo particolarmente interessante, in cui la
protagonista,
una certa Allison, capisce finalmente di essere stata presa in giro da
Colin,
il ragazzo di cui è innamorata.
Penso
che questo diventerà il mio libro preferito. Anche se non so
come andrà a
finire, ma spero per Allison che non ricaschi nella trappola di Colin.
5 Nuovi SMS
“Hazel, ti prego,
potresti rispondere ad una
cavolo di telefonata? Ho davvero bisogno di parlare con te.”
“PER FAVORE. Dico
sul serio, Hazel. È
importante.”
“Dio, certe volte
mi fai così incazzare che
mi verrebbe voglia di… rispondi, per piacere?”
“Perché
devi essere così testarda? Dai, ti ho
già chiamato un centinaio di volte e mi sento sempre
più stupido. Perché non mi
vuoi parlare?”
“Sono da te tra
cinque minuti.”
Ah, non ve l’ho
detto?
Louis ha cercato di
contattarmi una marea di
volte, ma non ho mai risposto a nessuna delle sue telefonate.
Né ai messaggi,
alle e-mail, ai segnali di fumo. Scherzo, quelli non li ha fatti, anche
se
sarebbero stati molto d’effetto, secondo me.
Il motivo è
molto semplice: dopo il bacio,
non avrei sul serio
retto un rifiuto. Avrei finito per commettere
un Louiscidio e so per certo che me ne sarei pentita. Perciò
ho optato per il
silenzio stampa. Non ho idea di quanto Louis sia offeso, o arrabbiato,
ma ne ho
comunque una vaga impressione, a giudicare dai suoi messaggi.
Sorrido soddisfatta,
leggendo quel “mi sento
sempre più stupido”. Fa bene a sentirsi stupido,
perché lo è; almeno su una
cosa siamo d’accordo.
Non mi preoccupo nemmeno
del suo “Sono da te
tra cinque minuti”, perché me
l’avrà detto almeno una ventina di volte e non si
è mai presentato. Chi l’avrebbe mai detto che
avrei trovato un lato positivo
alla sua fama? E poi, com’è che si dice? Lontano
dagli occhi e lontano dal
cuore. E via dalle palle.
Perciò quando
Black comincia a ringhiare
sommessamente con il muso puntato verso il cancelletto, comincio a
capire che
qualcosa non và. Qualcosa che corrisponde a Louis, che con
un coraggio degno di
nota varca la soglia del giardino, incurante del fatto che Black
potrebbe
saltargli addosso e sbranarlo, sebbene lo conosca da quando
è un cucciolo.
Eppure, chissà perché (sarcasmo),
lo
odia.
Io non mi muovo dalla
coperta, per una
semplice ragione: Louis indossa la camicia più brutta che
sia mai stata vista
in tutta la storia delle camicie orribili ed io vorrei ridere e
rotolarmi per
terra, ma mi sto sforzando di guardarlo male e di non scoppiare a
piangere allo
stesso tempo. Dio, sembro una squilibrata.
È che vederlo mi
provoca tante di quelle
sensazioni contrastanti – e tutte nello stesso momento
– che non so a quale
dare retta.
Perciò rimango
in completo silenzio e lo
guardo. Lui ricambia e la sua espressione è un po’
tesa, come se non sapesse
bene che fare. Black continua a ringhiare, in modo rassicurante. Per
me,
ovviamente, non per Louis.
«Ti ho chiamata
così tante volte…» mormora
Louis.
Inarco un sopracciglio,
perché con tutte le
cose che può dire, decide di optare per
quest’ovvietà. È romantico come un
carciofo, per la miseria. E questo non è decisamente il modo
migliore per farsi
perdonare. Che poi, chi l’ha detto che voglio perdonarlo?
«Davvero? Non me
ne sono accorta.» rispondo,
rivolgendogli un sorrisino così ingenuo che per un attimo
Louis non capisce se
io sia seria oppure no. Poi scuote la testa e fa un passo avanti, verso
di me.
Black ringhia, esattamente a metà strada ed io annuisco in
segno di
incoraggiamento.
«Possiamo
parlare, per piacere?» incalza
Louis, passandosi una mano tra i capelli castani. Quanto è
bello, santo cielo. E
quanto mi è mancato sentire la sua voce strana.
Be’, che c’è? È vero che
è
strana! Ogni tanto è un po’ acuta, soprattutto
quando è imbarazzato.
Come in questo momento. Non
ci posso credere,
non pensavo che avrei vissuto abbastanza a lungo da vedere Louis
Tomlinson
imbarazzato. Ed è così carino, che mi viene
voglia di corrergli incontro e
abbracciarlo. E baciarlo. Ma non lo farò, perché
ho una mia dignità da
mantenere o, almeno, ci provo.
«Stiamo
già parlando, Louis.» gli ricordo.
«Hazel.»
mi ammonisce, con gli occhi stretti
in un’espressione un po’ spazientita.
Sbuffo, poi mi alzo in
piedi e stendo le
pieghe sui jeans con alcuni scatti secchi e, quando sono abbastanza
soddisfatta, incrocio le braccia al petto e faccio cenno a Louis di
continuare.
«Prego, Altezza.
Sentiamo cos’ha da dire.» lo
invito, serafica. Louis si morde il labbro inferiore ed è
evidente che stia
trattenendosi dal rispondere alla mia frecciatina. E questo
è un punto a suo
favore, glielo concedo.
«Te ne sei andata
e non mi hai lasciato il
tempo di spiegare, la sera della festa.» sento le mie
sopracciglia alzarsi così
tanto che probabilmente si sono confuse con l’attaccatura dei
capelli, ma non
rispondo perché se aprissi bocca probabilmente finirei per
pentirmene.
E, comunque, alla prima
mossa sbagliata,
ordino a Black di attaccare Louis e chi s’è visto,
s’è visto.
«Ho parlato con
Eleanor e, be’, l’ho lasciata.
In realtà le cose tra di noi non andavano bene
già da un po’.»
«Fammi
indovinare, colpa mia?» domando,
scettica.
«Be’,
sì.»
Che strano. A quanto pare
sono responsabile
di più cose di quanto pensassi: la fame nel mondo, la guerra
mondiale, il buco
nell’ozono, l’effetto sera, la rottura della storia
di questi due deficienti.
Sempre colpa mia.
«Black. Al mio
tre, attacca.»
Louis sgrana i suoi
bellissimi occhi azzurri
e agita le mani per aria, impaurito. Lo sa che Black mi obbedirebbe e
sa anche
che non esiterei a farlo attaccare. Oddio, forse poi proverei un
po’ di
rimorso, ma non è importante. Ciò che conta
è che la mia pazienza si sta
rapidamente esaurendo e giungendo agli sgoccioli. Datemi cinque minuti,
e sarò
in grado di compiere una strage.
«Aspetta!
Aspetta, devo darti una cosa che ho
scritto.» fruga nella tasca posteriore dei jeans blu e tira
fuori un foglio di
carta stropicciato. Inarco un sopracciglio, senza capire dove voglia
andare a
parare. Insomma, già sono abbastanza sorpresa dal fatto che
sappia scrivere, se
poi mi dice che l’ha fatto addirittura per me, non so
più che pensare. Dovrei
commuovermi, probabilmente, ma sento che ancora non è giunto
il momento di
perdonarlo. Le cose vanno guadagnate, no?
«Qui ci sono
tutti i motivi per cui ho scelto
te.» spiega, con un tono di voce morbido. Mi guarda negli
occhi e accenna un
sorriso che, santo cielo, mi fa tremare le ginocchia.
«Hai scelto
me?» ripeto, stordita. Sento che
la poca salute mentale che mi è rimasta sta andando a quel
paese.
Louis ride, poi si stringe
nelle spalle.
«Sì,
ho scelto te.»
«Lo sai, vero,
che io non sono un
fottutissimo Pokémon? Non mi puoi scegliere e poi, quando ne
hai abbastanza, mi
richiami nella tua cazzo di Sfera Poké e poi scegli di nuovo
quell’altra. Io
non lo reggo, Lou. Non ce la faccio. Perciò, ti scongiuro, o
sei sicuro di
quello che stai per dire, oppure vai via e lasciami sola.» lo
supplico, con le
lacrime agli occhi. Black si volta a guardarmi, con
quell’espressione che in
genere terrorizza tutti, ma che io interpreto con un “Vuoi
che attacchi? Posso
sbranarlo, se vuoi!”. Louis fa un passo avanti, sempre con il
sorriso appena
accennato sulle labbra e aggira Black con cautela. Mi si avvicina,
così tanto
che se volessi potrei gettargli le braccia al collo, oppure tirargli un
calcio
nei paesi bassi. Ma, più di ogni cosa, vorrei baciarlo. E
vorrei che lui
baciasse me.
Mi accarezza dolcemente una
guancia, poi mi
allunga il foglio e mi fa cenno di aprirlo. Con mano tremante, lo
spiego e mi
ritrovo a fissare una pagina scritta in maniera così fitta
che non so nemmeno
da dove cominciare.
La presenza di Louis
è ovunque ed è così
forte che non posso fare altro se non fissare le parole cancellate con
rabbia,
quelle sottolineate e quella “c” che scrive sempre
in un modo tanto strano.
Alzo lo sguardo e lo ritrovo a fissarmi, imperturbabile.
«Cosa
significa?» domando, sventolando il
foglio.
Lui alza gli occhi al
cielo, poi me lo
posiziona davanti agli occhi e porta l’indice proprio
all’inizio, per indicarmi
da dove cominciare. E, prima che io possa leggere, lo fa lui.
Ma non guarda il foglio,
guarda me.
«Tu sei
insopportabile. Sei acida, cinica,
dici un sacco di parolacce e spesso non ti rendi conto che quello che
dici ha
effetto sulle persone. Anzi, te ne rendi conto, e la cosa peggiore
è che non ti
importa. Sei testarda, vuoi sempre aver ragione e, se non ce
l’hai ti comporti
comunque come se ce l’avessi. E poi sei sempre
così insofferente, odi tutto e
tutti e vuoi che chiunque lo sappia. Se potessi, litigheresti anche con
la
regina, solo perché beve il tè anziché
il caffè. Sei insolente, spesso
antipatica e, cielo, sei così stronza.» prende un
respiro profondo, poi mi
guarda e sorride.
Io non so cosa fare. Da una
parte, vorrei
picchiarlo, dall’altra vorrei suicidarmi, perché
se sono una persona così orribile,
come può avermi sopportato per tutto questo tempo?
«Sei anche
egoista – questo non l’ho scritto,
ma te lo dico adesso- e un po’ paranoica, insicura e ti
comporti come se tutto
il mondo ce l’avesse con te, quando è
l’esatto contrario.»
Altra pausa, altro sorriso.
«Ma sei la mia
migliore amica da un tempo
così lontano che nemmeno lo ricordo e mi dici sempre la
verità. Tranne quando
ometti di esserti innamorata di me, ma in questo caso ti perdono,
perché l’ho
nascosto anche io.»
Che cosa? Ora lo uccido,
dico sul serio. Una
coltellata alla giugulare, e tanti saluti.
«Sai
cos’altro sei? Sei bellissima, generosa,
gentile con chi vuoi e sai dare ottimi consigli, anche se tu non li
ascolti
mai, perché pensi che per te non valgano. Ed hai un sorriso
così bello che
potresti convincere anche un cretino come me a considerarti solo
un’amica.
Quante volte me l’hai detto, Hazel? “Sei il mio
migliore amico, Lou.” Ma quante
volte, con gli occhi, mi hai detto il contrario? Ed io non
l’ho mai capito. Ho
sperato che un giorno tu venissi da me e mi dicessi: “Cazzo,
Lou, io ti amo.”
Ma non l’hai fatto ed io ho conosciuto Eleanor. Ero
così arrabbiato con te, che
ho preso al volo l’opportunità di dimenticarti. Se
non potevo averti come
volevo, allora forse era meglio che ci lasciassimo un po’
spazio in più.
Eleanor era il mio porto sicuro: lei mi voleva, io…
be’, mi accontentavo. Poi
hai cominciato a mancarmi e tutti i periodi che ho trascorso lontano da
casa,
con i ragazzi, mi hanno fatto pensare a te e a come sarebbe stato se al
posto
di Eleanor ci fossi stata tu. E mi sono arrabbiato di nuovo. E poi tu
hai
cominciato a comportarti in modo così strano che io non ci
ho capito più
niente.
Sembravi gelosa, detestavi
El e facevi di
tutto per metterci i bastoni tra le ruote. Non capivo
perché. Ero solo il tuo
migliore amico, no? Poi abbiamo litigato, perché El si
è accorta che continuavo
a pensare a te e, sai, è dannatamente gelosa. Mi ha chiesto
di scegliere ed io
ero così confuso... Se tu mi avessi detto la
verità da subito, non avrei
esitato neanche un secondo. Poi, però, mi hai urlato che non
volevi saperne e
io mi sono sentito a pezzi, illuso, come se l’ultima speranza
che tu mi amassi
fosse volata via con le tue urla.
E allora è
arrivata Noah. Mi ha detto che
sono un coglione, che stavo gettando al vento la mia unica
possibilità di stare
con te e mi ha accusato di essere un codardo. Ed io ho capito, sai?
Perché tu
sei sempre stata convinta di non poter piacere a nessuno e ti sei
tirata
indietro prima ancora di tentare. Avrei dovuto arrivarci prima, ma ero
ferito
nell’orgoglio e, in più, non sapevo se tu provavi
ancora qualcosa per me, oltre
all’odio.
Poi, alla festa, ti ho
vista piangere in
camera mia e mi si sono aperti gli occhi. Io ti amo, Hazel. Ti amo da
prima
ancora che tu mi tirasti la palla in faccia, alle elementari e mi
dicesti che
ero uno stupido, perché non sapevo neanche bloccare un tiro
in porta. È strano,
vero? Che passi con una persona praticamente tutta la vita e ti accorgi
di
amarla solo dopo anni, quando sembra che tutto stia andando a
pezzi.» si
interrompe, prende fiato e mi guarda, in attesa che io ritorni a
respirare e
dica qualcosa. Ripenso a tutte le volte in cui mi ha detto di essere
insopportabile, ma dopo due secondi mi ha baciato la tempia e mi ha
detto di
essere la sua migliore amica.
Ripenso a quando mi ha
difeso da Callum
Pierce, in quarta superiore, perché mi ha dato della
grassona. Ricordo che gli
ha tirato tante di quelle botte che Callum è finito
all’ospedale e lui è stato
sospeso per due settimane.
Ricordo che ha passato la
notte con me, a
ripetermi che ero bellissima e che, se solo ne avesse avuto di nuovo la
possibilità, avrebbe picchiato Callum così forte
che i suoi figli sarebbero
nati con il mal di testa.
Perciò,
be’, non c’è tanto da dire.
«Cazzo, Lou, io
ti amo.»
Non ho mai creduto nel
lieto fine perché,
be’, è da sfigati. La vita ci mette davanti a
scelte difficili di continuo ed è
compito nostro decidere quale strada prendere ed affrontare le
conseguenze. Non
ci sarà mai il lieto fine perché, qualunque
direzione si scelga di seguire, dall’altra
parte c’è sempre un’occasione persa,
un’opportunità sprecata e, forse, un
futuro migliore.
Però, mentre Lou
mi bacia, io riesco solo a
pensare che la mia scelta l’ho fatta e che, per una volta,
è quella giusta,
anche se indossa camicie veramente orribili.
***
And that's all, folks.
Siamo giunti alla fine di Horrible Shirts. Sono mezza traumatizzata,
sul serio, e questo capitolo è stato un vero e proprio
parto. Sono morta, davvero.
E non ho niente da dire, se non che Louis e Hazel si meritavano un bel
lieto fine - anche se era scontato, perché mi conoscete
bene, ormai - e basta. Vado a ritirarmi in un angolo, preda della
depressione più assoluta.
Ma, prima di farlo, voglio ringraziarmi per avermi seguito anche
durante questa storia e per aver sopportato i ritardi
nell'aggiornamento, per avermi sostenuto e per tutti i complimenti che
mi avete fatto (la mia autostima ringrazia) e basta, vi adoro.
Spero che questo ultimo capitolo non vi abbia deluso e, per favore,
fatemi sapere che ne pensate, è importante per me, davvero:)
Grazie mille, davvero.
GRAZIE. <3
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