C'mon, little bird

di altemaree
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fuga ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** Lui ***
Capitolo 4: *** Lei. ***
Capitolo 5: *** La pira ***
Capitolo 6: *** Bambino ***
Capitolo 7: *** Io ti ho creata ***
Capitolo 8: *** Alla ricerca del cuore ***
Capitolo 9: *** Sono tutto il tuo mondo ***
Capitolo 10: *** Come loro ***
Capitolo 11: *** Sentimenti ***
Capitolo 12: *** Ti amo ***
Capitolo 13: *** Muro ***
Capitolo 14: *** Quello è mio padre ***
Capitolo 15: *** Ragione ***
Capitolo 16: *** Dove sei ? ***
Capitolo 17: *** La fine ***



Capitolo 1
*** La fuga ***


Non sapevo neanche in che categoria metterlo, scusate. E' un sogno che ho fatto stanotte ( Dio solo sa che cosa mangio per farmi stare così male e sognare certe cose ).  Ciccia a tutti. 

Era dietro di lei. Sentiva i suoi passi, il suo respiro affannoso, quegli occhi scavati e ancora tremendamente lucidi. Perchè loro capivano. Parlavano, facevano piccoli ragionamenti incentrati su quella fame che Unia non si spiegava e che controllava ogni piccola parte del loro essere. L'immagine di suo padre era ancora così viviva nella sua mente, ormai solo resti per quei mostri sparsi sulle pareti, tanto da farle male, da costringerla a fermarsi per qualche secondo.
Ma lui subito la raggiungeva, e lei doveva rimettersi a correre. Erano veloci. E forti. 
Una casa fu davanti a lei. Si ergeva a stento, alta e scura, i vetri rotti e ingialliti. Unia aprì una porta mentre la figura lontana del ragazzo si faceva sempre più vicina. Chiuse la porta d'ingresso a chiave, poi entrò in una stanza attigua e abbassò le serrande e chiuse tutte le porte, rimanendo nella più profonda oscurità.
Da basso, la porta si aprì. La serratura doveva essere così distrutta che bastava una leggera spinta per farla aprire. Il pensiero che altre le altre fossero così, le provocò un senso di vuoto tanto che cadde a terra, rintanandosi sotto una coperta, portandola oltre il volto. Fischiava. Voleva che sentisse che era vicino, fischiava mentre saliva le scale, mentre accendeva la luce che tremolante entrata da sotto la porta. 
"Non puoi nasconderti per sempre" disse, aprendo la porta ed entrando nel nascondiglio di Unia "Sento l'odore di tuo padre che inebria tutta la stanza" 
Rise. Unia capì che non poteva più fare niente, che sarebbe morta. E avrebbe sofferto. Uscì dalla coperta, mettendosi eretta, trovandolo davanti a lei. La bocca sporca i sangue, i capelli impastati di fango e chissà che altro. Gli occhi rossi e incavati, come quelli di un uomo che non dorme da settimane. Sorrideva. "Eccoti qua"
Unia per la prima volta parlò "Avanti, UCCIDIMI !" andò da lui spingendolo, ma quello si mosse appena. 
"Ma io non voglio ucciderti, uccellino." sorrise di nuovo, afferrandole il polso "Io voglio renderti come me"

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Capitolo 2
*** Il risveglio ***


Ammetto, ammetto, di non averlo sognato, questo. Ma vabbè, fatto 30, facciamo 31. Ciccia a tutti.

Unia aprì gli occhi ma non potè essere sicura di essersi completamente svegliata. La testa le doleva incredibilmente e tastandosela notò dapprima sulla sua mano, poi sul braccio e infine lungo ogni centimetro del suo corpo, morsi cicatrizzati. Segni di denti che formavano mezze lune rosee. Provò ad alzarsi ma si ritrovò dentro una gabbia da cui non poteva uscire. 
I ricordi, gli ultimi, la investirono. Lui l'aveva presa, l'aveva divorata in ogni modo possibile. Il perchè, ancora non lo sapeva. Quel pensiero, l'immagine dei denti di lui sulla sua pelle ancora cosciente le fecero dolere lo stomaco. No, non era dolore ... era qualcosa di più.
Un sentimento come se venisse trafitta da cento spilli nello stesso stesso momento. Provò a focalizzare questo sentimento, questo vuoto in pieno petto finchè non le fu tanto chiaro da doversi tenere la testa fra le mani.
Aveva fame. Una fame cieca tanto da non potere pensare ad altro. Stava morendo di fame. 
Il suo corpo martoriato le ricordava quel desiderio primordiale di mordere qualsiasi cosa, pur di ingerire. 
Nel momento in cui cominciò a mordersi il suo stesso braccio, pur di soddisfare se stessa, sentì qualcuno fischiare. 
Un istinto che sentiva vecchio di anni la costrinse a raggiungere l'angolo della gabbia, cercando qualcosa per corpirsi. Lui fece qualche passo avanti e si abbassò sulle ginocchia, guardandola. Teneva e mordicchiava qualcosa di lungo e affusolato. Un dito. Lo teneva tra le labbra e se lo passava tra i denti, come una sigaretta. Poi la toglieva e fischiava. "Smettila" sussurrò Unia, la voce che non riconosceva "SMETTILA" ringhiò attaccandosi alle sbarre della gabbia. 
Lui rise. "Hai fame, uccellino ?" avvicinò il dito alla sbarra. Era violaceo, sapeva di decomposizione. O almeno avrebbe dovuto. Unia sentiva solo un odore dolce, come di ... di pane appena sfornato. Pane e burro. Venne trafitta di nuovo da centinaia di spilli e allungò la lingua oltre le sbarre, per afferrare il dito che lui le allontanò immediatamente. Lo voleva. Si vergognò di volerlo, ma avrebbe dato la sua vita per quell'unico pezzo di carne. 
"Ma certo che hai fame. E infatti ho qui per te un regalino" Lui si alzò e fece avanzare con un passo una ragazzina, con una benda a coprirle la bocca. Nei suoi occhi la paura più totale. Unia scattò sull'attenti come un animale. Pane e burro. Fame. Mordere.
Ringhiò di nuovo, mostrando i denti. 
Quando lui le aprì la gabbia, tutto divenne confuso. 
La ragazzina urlava disperatamente. Impronte rosse di distinsero lungo tutte le pareti. Unia che d'un tratto troneggiò sul suo corpo con una parte di intestino tenue tra i denti. Lui si abbassò, accarezzandole i capelli, e si unì al banchetto.
 

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Capitolo 3
*** Lui ***


Non so cosa sto scrivendo, in verità. Cosa farò e cosa no. Se lo continuerò o meno. Tanto non lo legge nessuno, LOL. Ciccia a tutti.

Unia rimase ferma nella sua gabbia per giorni. Il fetore di quel cadavere era insopportabile. Aveva abbandonato l'odore del pane rivelandosi per ciò che era in realtà. Qualche topo si era avvicinando mangiando le orbite e le mosche avevano fatto le uova dentro le sue ossa. La bocca aperta, le labbra mangiate, distrutte, i capelli impastati di sangue. 
Unia poggiò la fronte contro le sbarre della gabbia, volendo piangere. Ma ogni volta che ripensava a quel gesto, un gesto di follia, non c'erano altre soluzioni, riprovava quella fame che proveniva direttamente dalla bocca dello stomaco, e si costringeva a pensare ad altro. Si sarebbe lasciata morire di fame, aveva deciso. Lui se ne stava su una sedia, immobile, con gli occhi aperti, ma non sembrava veramente fissarla. Guardava un punto indefinito nella parete davanti a lei, e sembrava trovare una ragione nel quel poco di luce che entrava da un buco non ben definito. 
Fischiava, ogni tanto. "Come ti chiami ?" chiese Unia alzando di poco la testa.
La puzza del cadavere si confondeva con quello dei suoi vestiti, impregnati di sudore e sangue, e a quello degli escrementi che era stata costretta a fare in un angolo. 
Lui non rispose. Sembrava morto, ma già lo era, come lo era lei. 
"Come ti chiami ?" chiese di nuovo e gli lanciò contro un osso che gli colpì la caviglia. Le sue palpebre si mossero, per poi sbattere una o due volte. Abbassò la testa e la guardò. 
Unia ripetè la domanda una terza volta, ma lui non rispose. Si alzò, e potrò fuori i resti del cadavere per poi togliere anche la merda tutto intorno. "Mi lascerò morire. Mi mangerò da sola" disse mentre lui abbandonava la stanza per poi tornare poco dopo. 
Lui si abbassò sulle ginocchia, come quando l'aveva fatta svegliare. Non fece entrare la mano dentro la gabbia, si limitò ad osservare i suoi occhi vitrei, la pelle che puzzava di decomposizione, come la sua. Le labbra spaccate e le vene bluastre lungo il collo.  
"Kor. Domani ti farò uscire" 

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Capitolo 4
*** Lei. ***


I capitoli brevi mi accompagneranno in eterno. Me ne rendo conto. Ciccia a tutti.

Kor le si avvicinò, aprendo la gabbia che la rinchiudeva da settimane. Le ossa della ragazza erano ormai artofizzate e Unia dovette gattonare con la schiena curva, i palmi delle mani che strisciavano a terra. I capelli le erano allungati di poco e le punte scure stavano impiastricciate tra loro. La puzza era insopportabile. Le occhiaie erano tanto evidenti da far sparire gli occhi e le vene lungo il collo, bluastre, pulsavano. Kor la fece raddrizzare e con una corda le fece una catena a strozzo che con la quale le legò i polsi e il collo, come un collare. Kor diede uno strattone e Unia cadde a terra, incapace di alzarsi. Era stanca. Sentiva la morte aleggiare su di lei. 
"Uccidimi" sussurrò, sputando sangue. Ma non l'aveva fatto quel giorno, non c'erano motivi per farlo adesso.
"Somigli a lei" disse Kor, e frugò nelle sue tasche alla ricerca di qualcosa, fino a che non trovò una foto. Unia se la mise davanti, con gli occhi piccoli e rossi : c'era Kor, ancora umano, dalla carnagione sana, gli occhi scuri e i capelli lucidi. E c'era lei, una ragazzina, dai capelli neri, che gli stava in braccio. Sua sorella ? La sua fidanzata ? Sua figlia ? 
"Chi è ?"
"Non lo so ... io ... non lo ricordo. Ma c'era, e adesso non più" 
Kor si tastò le tempie chiarissime e chiuse gli occhi, come se cercare di ricordare gli provocasse un dolore indicibile. Kor diede uno strattone alla corda e Unia dovette alzarsi di nuovo.
La luce del sole l'accecò e dovette coprirsi il volto con le mani e quasi urlò, come se stesse venendo ustionata. Le faceva male. Quando riuscì ad aprire gli occhi capì di essere stata dentro la vecchia casa per tutto il tempo e non essersene accorta. Nulla era cambiato da quando era morta, ma i ricordi diventavano sempre più piccoli, come un fumo leggero che sta per svanire. 
C'era silenzio. Solo qualcuno come loro si aggirava lento, senza nessuna emozione. Aveva in grembo il suo braccio, che era caduto. Alla fine, anche loro morivano. Unia guardò Kor, che osservava la stessa scena. 
Sarebbero tornati cadaveri. Mangiati dai vermi. 

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Capitolo 5
*** La pira ***


Non so fine a dove la porterò, anche perchè non se la sta cagando nessuno. Ho solo di far vivere un poco di più Kor e Unia. Che no, non penso sfoceranno mai in una storia d'amore, tranquilli. 

Ogni cosa che nasce, prima o deve morire. Unia guardò ciò che doveva essere stata la sua casa da viva, uno degli ultimi avamposti umani della zona, di quello straccio di terra di cui non ricordava il nome. Bruciavano i resti, poichè perfino per loro era insopportabile la vista e il fetore. Qualche cane si litigava un osso. Attorno al grande fuoco alcuni di loro stavano a guardare, con le fiamme negli occhi. Kor la fece camminare fino al fuoco "Adesso sei mia" disse, ma Unia non lo ascoltò.
Non capiva, non voleva capire. Tra il puzzo di morto, di sangue e ruggine, sentiva qualche traccia ancora fresca di membra umane, che le faceva tornare la fame. L'aveva fiutata come una bestia, come un corvo che volteggia su una carcassa.
Kor provò a strattonarla, ma l'odore fu troppo forte. Perfino in quel delirio, nelle urla di chi stava morendo e di chi era già morto, l'odore del cibo era troppo forte per resistergli.
Troppo giovane lei per resistere. Perchè anche Kor lo sentiva, ma riusciva a placare quella voce che lo richiamava dal baratro ora che doveva attestare al mondo e a se stesso che la foto si era materializzata, che ciò che aveva da sempre cercato l'aveva accanto, sporca di sangue, ma accanto.
Non in altro modo avrebbe potuto averla, chiunque ella fosse.
Unia si dimenò. Quel gesto colse di sorpresa Kor, tanto da allentare la presa alla corda. Era la sua unica occasione.
Unia lo spinse a terra e cominciò a correre verso il dolce odore di pane e burro, di ossa e sangue.
 

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Capitolo 6
*** Bambino ***


Come prima cosa ringrazio chi ha lasciato qualche recensione e dato che a quanto pare va apprezzata non posso garantire aggiornamenti costanti, ma almeno un paio di volte la settimana si, dai. E' ovvio che il mio sogno si è concluso da tempo e spero di non stare scrivendo cazzate stratosferiche. Lo so, non è ben chiaro cosa diamine siano Unia e Kor, e sinceramente non lo so neanche io. Ad ogni modo buona lettura, ciccia a tutti !

Unia corse. Corse disperatamente e non sapeva neanche se fosse per la fame o solo per sfuggire al ragazzo che l'aveva tenuta prigioniera. Di certo, non sarebbe tornata. Eppure, a quel pensiero, sentì le mezzelune dei morsi che le aveva inflitto bruciare come se fossero fresche, come se quel pensiero non fosse giusto. E lo sentiva dietro di lei, di nuovo, che la rincorreva, e sforzò le gambe fino a non sentirle più.
Poi quei pensieri venneri interrotti da un piagnucolio. Unia si mise a terra, annusando l'aria, tendendo l'orecchio.
Piagnucolio. Bambini. Unia sorrise. Sono facili da prendere i bambini. Piccoli, con le ossa tenere, facilmente sgranocchiabili.
Si leccò le labbra istintivamente, togliendo un rivolo di bava che le colava lungo il lato destro della bocca. C'era una macchina abbandonata poco davanti a lei, nascosta dietro i cespugli e quel dolce profumo profeniva da li. Si rimise in piedi cominciando a chiamarlo "Dai, uccellino, esci" disse cantilentante, facendo qualche passo verso la macchina.
"Non puoi nasconderti per sempre, lo sai. Io sono come te, non come loro. Puoi fidarti di me, uccellino" ma mentre parlava il suo volto cambiava, come accadeva a quelli come lei, nel momento di maggiore fame. I denti le si affilarono e le vene lungo il collo cominciarono a pulsare. Aveva il volto da squalo, ma parlava come una ragazzina.
Dentro la macchina qualcosa si mosse, e Unia saltò sopra il cofano, mettendosi a testa in giù per osservare l'interno. 
Il bambino, rannicchiato con la testa fra le gambe, tremava e piangeva. "Sarà come togliersi un cerotto" disse Unia, pronta a scattare.
Ma d'un tratto una freccia le colpì una pallottola facendola cadere a terra. Non provava vero dolore, ma il fastidio di qualcosa di estraneo dentro la sua pelle. Un uomo stava davanti a lei, pronto a colpire di nuovo, in testa. Unia chiuse gli occhi, ma quando li riaprì, vide la testa mozzata dell'uomo rotolare vicino alla ruota della macchina. 
Kor, alzandosi da terra, i denti affilati sporchi di sangue, le porse una mano per alzarsi. 

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Capitolo 7
*** Io ti ho creata ***


Quando mi sento sola, scrivo di Unia e Kor. Che poi questi nomi sono i più strani che abbia mai usato in tutta una vita, ma tant'è. Buona lettura e ciccia a tutti.

Unia lo guardò dal basso. Guardò Kor e il sangue che usciva dalla testa dell'uomo che le aveva sparato. Si costrinse a darsi un certo contegno e ignorando completamente la mano offerta, si tirò su, immergendo la mano nella spalla, scavando, finché non riuscì da estrarre il proiettile e a farlo cadere li vicino "Dovresti almeno ringraziarmi" disse Kor, passandosi una mano davanti alla bocca per pulirsi il sangue.
Unia per poco non gli ringhiò contro "Rigraziarti ? E di cosa ?"
"Ti ho salvato la vita" rispose quello tranquillo.
Lei si scagliò contro di lui spingendolo "DOPO AVERLA DISTRUTTA!"
Kor le prese i polsi costringendola a stare ferma. Poteva sentire il vuoto dentro le sue vene "Tu pregavi che ti venissi a salvare" gli occhi di lui si spuntarono sul volto di Unia, con un sorriso stampato sul volto. Lei ne fu disgustata. I denti, sporchi di sangue, con pezzi più consistenti tra gli incisivi, erano ancora affilati e per un secondo fece fatica a riconoscersi in lui, a comprendere ciò che era diventata"E allora adesso che mi hai salvata, lasciami andare"
"Non posso" Kor si morse un labbro e le lasciò i polsi "Sei instabile. Mangeresti pure te stessa. Devi controllarti."
"Posso farcela benissimo senza di te. Preferirei morire che tornare indietro con te" In quel momento, i morsi tornarono a dolerle e Unia gemette di dolore. Si, quello lo sentiva. 
"Io ti ho creata. Non puoi fuggire da me"
Qualcosa si mosse dentro la macchina e la testa del bambino osservò la scena. All'unisono, Kor e Unia si voltarono verso di lui. 

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Capitolo 8
*** Alla ricerca del cuore ***


Quanti giorni saranno mai passati ? Perdono. L'ho già detto che non so minimamente come concludere questa storia ? Forse il prossimo capitolo sarà il conclusivo per dedicarmi ad un'altra long. Ad ogni modo, ecco a voi !

Il  bambino mise subito la testa dentro la macchina, e sia Unia che Kor riuscivano a sentire il suo piccolo cuoricino battere tanto forte da farlo quasi uscire fuori dasl petto. 
"Va bene" disse Unia "Insegnami allora come si fa a non perdere il controllo. Ma niente catene. Niente gabbie. O dovrai dormire con un occhio aperto"
Kor le sorrise "Cominci a ragionare, uccellino" e cominciò ad avanzare verso la macchina, aprendo la portiera. Prendendo per il polso il bambino lo trascinò fuori dalla macchina, mentre quello strillava e si dibatteva. Unia avrebbe dovuto provare pietà, orrore, una qualsiasi emozione umana, ma si accorse solo dei lenti movimenti di Kor, e dell'impellente bisogno di fuggire via e allo stesso tempo di rimanere ancorata al suolo. Si chiese se nel momento in cui le lune dei morsi sarebbero svanite anche lei sarebbe potuta svanire con loro. "Vedi, uccellino, molti semplicemente squartano e si perdono tutto il divertimento. Lo hanno visto in qualche film di serie B, di sicuro." cominciò Kor, prendendo il bambino in braccio, accarezzandogli una guancia con la mano tumefatta "Invece a me piace non farli soffrire troppo. Guarda" Kor portò la testa del bambino all'indietro e allungò il mignolo, su cui troneggiava un unghio affilato come un rasoio, che puntò allla giugulare. Unia rimase immobile osservava il bambino e lo sentiva piangere, ma nonostante questo, non le importava. 
Era un pianto lontano, qualcosa che non era veramente li accanto a lei, in quel momento. Kor con un colpo solo tagliò la gola al bambino che teneva ancora in braccio. Fu un gesto con il dito tanto veloce che il bambino non doveva essersene neanche accorto. Fiotti di sangue caddero a terra e sporcarono i vestiti di Kor, che si avvicinò ad Unia con il cadaverino in braccio, uno squarcio aperto nel collo. "Adesso" disse Kor, mostrandole il taglio "Apri i lembi di pelle, senza staccargli la testa, piano. Lascia perdere le ossa e poi fatti strada fino al cuore, su" Kor si appoggiò ad un albero, le braccia conserte, che si leccava il mignolo assorto, come se fosse un leccalecca. 
Unia poggiò il corpo a terra e aiutandosi con le unghie e con i denti, lo aprì in due fino a che non riuscì a immergere completamente la testa dentro la sua cassa toracica, alla ricerca del cuore. 

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Capitolo 9
*** Sono tutto il tuo mondo ***


Non sono ancora sicura di tante cose su questa storia, ma più di tutte non so cosa accadrà tra questi due, perchè sotto sotto sarebbe troppo facile farli stare assieme, ma dall'altra parte non vedo l'ora. Non so. Non c'è stato niente di romantico fino a questo momento - grazie a Dio, ma vorrei i vostri pareri in merito a questo dettaglio.


Unia camminava dietro Kor, a passo lento, finendo per farlo girare e controllare che non fosse scappata. Poteva farlo in ogni secondo. Forse lui l'avrebbe ritrovata, ma poteva provarci. Ma, come se le leggesse nel pensiero, Kor si girava e le andava a fianco, tenendola per il polso. "Voglio farti conoscere gli altri" disse, non andando alla casa, ma verso una specie di montagna che aveva un buco per entrata "Gli altri ?"
"Non possiamo muoverci da soli, o finiamo ammazzati" rispose, indicandole il buco, dove, se si faceva attenzione, si potevano notare due figure nascoste, pronte ad attaccare qualunque cosa si facesse vicina "Proprio non ricordi chi fosse la ragazza nella foto ?" chiese Unia cambiando argomento, maledicendo quella ragazza con tutte le sue forze. Ora che aveva mangiato, poteva ragionare lucidamente, ricordando il motivo per cui si trovava in quella situazione "Sai, ce ne sono state sette prima di te, tutte somiglianti ai miei occhi. Ma sono morte" le accarezzò una guancia, delicatamente "sono state uccise, si sono suicidate o semplicemente mi avevano stancato" continuò, facendo venire i brividi a Unia, che sfuggì al suo tocco, facendo uscire dalla bocca di Kor un suono simile ad un ruggito. "Alla fine credo di avere scoperto chi fosse e perchè ci sia rimasto tanto attaccato" Kor guardò la montagna, e Unia seguì il suo sguardo "Quando cerchi di scappare da me, in qualche modo torni indietro. E non riusciresti a farmi del male neanche se ci provassi, perchè mi vedi come un padre, un fratello, un amante, un figlio, un amico, sono tutto il tuo mondo adesso. Credo che lei fosse stato il mio" Kor la guardò negli occhi, fermandosi "Credo sia stata lei a trasformarmi" 

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Capitolo 10
*** Come loro ***


Forse ho tardato un poco ma ... Ho finalmente deciso come concludere questa "long" che poi tanto long non è, e penso che ci vorranno molti altri capitoli, MA, sono sicura che qualche povera anima pia leggerà e mi sosterrà. Pace e amore. 

Attraversando il buco si entrava in quello che ad Unia sembrò un formicaio. Pieno di vita, di piccole unità lavoratrici, eppure disgustoso, pieno di muffa, puzza di ogni genere, e ogni individuo non sembrava realmente cosciente.
Unia però non riuscì a trovarlo disgustoso. Anzi, nella sua mente, sicuramente manipolata da Kor le apparve una sola parola. Casa.
Kor le si mise a fianco e le fece attraversare quella che doveva essere una specie di piazza piena di gente che camminava, chi lenta chi più veloce e Unia osservò come riproducesse perfettamente come doveva essere stata la città fuori. C’erano ovunque altri buchi, luoghi dove gli esseri dormivano, dove avrebbe dormito anche lei, con Kor.
“Vedo che hai capito l’antifona” disse Kor sorridendole, e ad Unia gli sembrò più stanco, con le occhiaie più scavate, le labbra distrutte e violacee. Cercò con gli occhi uno specchio per guardarsi, ma Kor le disse “Non ci piace ricordarci cosa siamo diventati” e Unia rimase zitta. Si toccò con una mano il volto ma non sentì bozzoli e solchi, non sentì il cranio che voleva uscire dalla sua pelle, sentì la pelle liscia come la sentiva in vita, ma doveva essere un’illusione. “Sono come loro ?” chiese allora indicando un paio di esseri quasi del tutto decomposti che cercavano di mangiarsi tra loro, in un angolo, e Kor immediatamente si parò davanti a lei, prendendole il volto tra le mani chiare e con le unghia sporche “No, tu sei bellissima. Va bene ?”
Unia si vide in quell’angolo, a urlare disperatamente che qualcuno la uccidesse, quando di lei sarebbero rimasti solo grumi di carne e sangue, ma deglutì e annuì forzata. “Ho bisogno di mangiare, e riposarmi. Vieni, ti faccio vedere dove staremo” disse Kor, e nella sua voce Unia sentì qualcosa di particolare, come se fosse più simile a quei due che a lei. 

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Capitolo 11
*** Sentimenti ***


Non si sa come, un capitolo molto più lungo dei precedenti, ma forse ero ispirata. Buona lettura.

“Hai ucciso mio padre, o sbaglio ?” Ad Unia arrivò quel pensiero come un flash improvviso e dovette chiederlo, mentre Kor si spogliava per mettersi qualcosa di pulito. Avrebbe dovuto farlo anche lei, ma non c’era niente da mettersi. Kor sembrò leggere quel pensiero e da un baule tirò fuori una maglietta azzurra a maniche corte e dei pantaloni “Erano di lei, dovrebbero starti “ e Unia non dovette nemmeno chiedere a chi si riferisse. Giustamente, doveva assomigliarle in tutto, no ? Ne dipendeva la sua vita, a quanto pareva. “Non mi hai risposto “ disse comunque, mentre si toglieva la maglietta sporca, rimanendo in intimo.

Forse in vita avrebbe provato pudore, o qualcosa del genere, ma in quel momento le sue emozioni sembravano spente e sapeva anche a chi dare la colpa. “E secondo te, uccellino, tuo padre ti avrebbe consegnato a me senza morire ?” Kor rise appena, come se Unia avesse appena fatto una battuta. Invece ringhiò, e con un gesto rapido mise con le spalle a muro Kor, che sbattè contro qualcosa che gli perforò la schiena “Mostro” gli sussurrò a pochi centimetri sul volto “Hai sparpagliato le sue budella per le pareti, mi dicesti” ma Kor ribaltò immediatamente le posizioni, scagliandola contro la testata del letto “Vorresti uccidermi, ma non puoi. Anzi, il tuo istinto è proteggermi perfino da me stesso” Kor prese un coltello e lo posizionò al centro esatto del suo stomaco. Unia lo fissò senza battere ciglio ma, non appena tentò di conficcarselo nelle budella Unia scattò togliendoglielo di mano, odiandosi per quello. “Ti odio” disse conficcando il pugnale nel legno del comodino.

“Sei una piccola bugiarda, uccellino. Vorresti, ma non puoi. Se ti ordinassi di amarmi con tutta te stessa, tu saresti costretta a farlo” Kor fu a pochi centimetri da lei, i nasi si sfioravano “Che persona patetica che devi essere” rispose quella” se devi costringere le persone ad amarti” Kor la prese per la gola e Unia fece lo stesso. Per un secondo ci fu stallo, poi, entrambi, lasciarono la presa, riprendendo a vestirsi. “Sei come lei” disse infine Kor “Se solo riuscissi a ricordarmi il suo nome. Ma hai il suo stesso fuoco, questo lo ricordo. Mi piaci” Kor la guardò mentre si infilava i vestiti della ragazza, che le entravano perfettamente e sentì una morsa proprio al centro del petto. Non poteva essere stata sua sorella, perchè quella morsa, quel dolore, gli faceva ricordare un sentimento più forte.

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Capitolo 12
*** Ti amo ***


Lei gli venne avanti, mettendogli una mano dietro al collo. Aveva gli occhi scavati, vitrei, mentre quelli di Kor erano vivi. “Cosa sei diventata” disse lui, avvicinando la sua fronte a quella di lei “Perchè ti sei fatta fare questo ?” continuò, ma lei gli mise un dito sulle labbra, percorrendone il contorno “Per stare con te per sempre” risposte, mostrando i denti “Se tu vuoi, posso farti diventare come me. Possiamo amarci così. Perchè tu mi ami, vero Kor ?” Kor l’osservò attentamente. Certo che l’amava. L’aveva sempre amata. Ma era sbagliato che lui diventasse così. Che uccidesse per vivere. Che puzzasse di cadavere. Era ingiusto. Eppure non voleva perderla. Sospirò “Va bene” disse infine e lei lo baciò, prima di morderlo.

La scena cambiò. Erano su una panchina, in un parco abbandonato. Lei lo guardava con disapprovazione “Unia non è me, Kor. Neanche lei è come me. Devi ucciderla, amore mio”


Kor si svegliò di soprassalto, tastandosi le tempie con entrambe le mani. Neanche lei era quella giusta, dunque. Il sogno era stato chiaro. Si chiese se mai qualcosa sarebbe stata quella giusta. Kor si alzò dal letto e da sotto il materasso prese un’accia, avvicinandosi al letto di Unia, che dormiva beata. Quando sentì però l’ombra di Kor su di se aprì gli occhi di scatto per un pelo evitò la lama che calò sul suo letto. Si appiattì contro il muro, con il cuore morto che poteva giurare le stesse battendo a mille. “Cosa stai facendo, idiota ?!” disse lei, spostandosi di nuovo quando Kor provò a colpirla di nuovo. Non abbastanza veloce da evitare un taglio lungo il braccio che faceva vedere l’osso chiaro. Unia si portò una mano a unire i lembi della ferita mentre si rimarginavano. “L’ho sognata, uccellino. Non sei quella giusta, ha detto. Devo trovarne un’altra”

E allora in quel momento capì cosa fosse quello strano sogno che aveva fatto. Possibile che avesse sognato la stessa cosa di Kor ? Ma era troppo intenta a sopravvivere per pensare “Sono io quella giusta. Possiamo … possiamo amarci così, no ?” disse e Kor si fermò, abbassando l’accia. Unia fece un passo avanti “Voglio stare con te per sempre, Kor. Non c’è bisogno di costringermi. Io ti amo Kor, proprio come ti amava lei. E tu ami, vero ?” non ricordava se fossero proprio quelle le parole che aveva usato lei nel sogno, ma Kor le andò incontro, abbracciandola. Era la prima volta che si toccavano senza volersi uccidere. Unia sospirò, accarezzandogli i capelli. Gli faceva pena. Non riusciva ad odiarlo e grazie a Dio non lo amava, ma provò compassione e chiuse gli occhi "Mi dispiace, uccellino" disse Kor, accarezzandole la schiena "Hai ragione" Era salva, per questa volta. Ma doveva farla finita con tutto questo. Doveva saperne di più su di lei, anche se non sapeva da dove cominciare. D'impeto, Unia baciò una tempia a Kor, che andò a prendere ago e filo per ricucirle la ferita.

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E dunque siamo qui. Ringrazio in particolare Kakuzu_Eyes perchè recensisce ogni capitolo e un giorno andrà in Paradiso solo per questo.

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Capitolo 13
*** Muro ***


Due capitoli in un giorno, cattiva Aleja.

Non poteva allontanarsi troppo, o Kor se ne sarebbe accorto. O lei si sarebbe sentiva tanto male da dover tornare immediatamente. Sentiva come un collare attorno al collo e non poteva evitarlo. Doveva anche scoprire se quel sentimento lo sentivano tutti o se Kor aveva qualcosa di particolare. Un’altra cosa che doveva capire era perchè era riuscita a scappare la prima volta mentre adesso ad ogni passo che faceva lontana da Kor si sentiva una morsa allo stomaco che non riusciva a comprendere. Unia cercò di apparire naturale agli occhi degli altri esseri che camminavano per la piazzetta, in coppia. Un punto a favore per la prima teoria. Ogni essere ha qualcuno e quel qualcuno deve stargli accanto. Teneva in tasca la foto con Kor e la ragazza che sorrideva, umana e felice. Più passava il tempo, più diventavano stanchi e sfibrati. Anche Kor lo stava diventando. Unia doveva portargli pezzi di carne in camera, e usciva di rado. Unia lo immaginò nel letto, affamato e impossibilitato a muoversi. Lo immaginò chiamare il suo nome e nessuno che accorreva. Lo immaginò morire …

“Dannazione” Unia strinse e pugni e corse fino ad arrivare alla porta della stanza di Kor. Si odiava. Si odiava con tutta se stessa. Li dentro c’era il ragazzo che l’aveva tenuta in una gabbia, lasciata marcire in balia di se stessa, lasciando che si divorasse da sola, che quasi morisse prima di lasciarle vedere la luce del sole. Li dentro c’era il ragazzo che aveva ucciso suo padre, forse anche sua madre, non poteva saperlo. Magari aveva avuto anche dei fratelli e aveva ucciso anche quelli. Per la sua follia, per la sua ricerca disperata di una donna morta, di un amore morto l’aveva uccisa. Eppure Unia entrò immediatamente nella stanza, saltando addosso a Kor. Lo strinse forte, immergendo il volto nei suoi capelli. Kor sorrise, ma era un sorriso strano, come se si aspettasse proprio quei gesti da lei, come se avesse fatto un buon lavoro. Voleva odiarlo, ma c’era un muro davanti a quel sentimento a cui lei non poteva accedere. Mentre una vasta gamma di emozioni sembravano solamente attenderla.

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Capitolo 14
*** Quello è mio padre ***


Oggi è stata una giornata pensante, fatta di bava di cane. 
Meglio non chiedere spiegazioni, che è meglio. 
Siamo quasi alla fine di questa long-shot ( mi piace chiamarla così ) e ringrazio chi mi ha seguita e commentata
.

Ci fu un mormorio sommesso. Unia si svegliò nel letto di Kor, completamente vestita. Fece un sospiro. Non doveva scendere così in basso. Se c’era ancora volontà dentro il suo corpo, allora avrebbe preferito morire che anche solo baciarlo. E sentì una fitta in pieno stomaco. Ogni atomo del suo corpo la spingeva verso quel mostro ma la sua mente ancora riusciva a decidere cosa era vero e cosa no. E quel che provava per Kor no, non era vero. Non era vero neanche ciò che Kor provava per lei, perchè la vedeva come una copia mal fatta della ragazza che aveva veramente amato. Lo spinse fuori dal letto e lo trascinò fino alla piazza, dove un gruppo di esseri aveva portato all’interno degli umani. Ne sentiva l’odore. I denti le si affilarono senza che potesse impedirlo ed era la stessa situazione di tutti gli altri, che guardavano gli uomini come se fossero polli arrosto. Tra di loro c’era un uomo che fece inclinare la testa ad Unia. Kor le disse di andarsene, ma Unia gli mise una mano sul petto, avvicinandosi “Torna subito qui” tuonò Kor, ma perfino quell’imperativo non le impedì di arrivare a pochi metri dall’uomo. Aveva la barba folta, gli occhi piccoli e stanchi, ma non terrorizzati. Anche lui la guardò, sgranando gli occhi. Allungò una mano verso di lei, ma un essere gli diede una bastonata nello stomaco, facendogli sputare sangue “NO” urlò Unia, con Kor accanto. La prese per un fianco, caricandosela sulle spalle mentre lei sussurrò “Quello è …” ma la voce le morì in gola. Poi lo urlò “QUELLO E’ MIO PADRE!” ma Kor l’aveva già portata nella stanza.

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Capitolo 15
*** Ragione ***


Ogni tanto mi ricordo. Arg, dovrei aggiornare anche Do ut des, mannaggia a me.

“Mi hai mentito” disse Unia, con le lacrime agli occhi “E’ vivo, mio padre è vivo. Perchè mi hai detto di averlo ucciso ?” Unia cercò di dibattersi, ma il corpo di Kor la intrappolò contro il muro, e benchè stesse faticando a tenerla ferma, la ragazza non riuscì a scappare “Non ti ha voluta più” disse e Unia per qualche secondo smise di lottare, per assumere un’espressione indecifrabile “Non ti credo”

“E’ vero. Unia guardami negli occhi” era la prima volta che Kor pronunciava il suo nome, e sembrava combaciare perfettamente con la sua voce. Come se il suo nome fosse stato destinato a essere pronunciato da Kor e da nessun altro. Unia scosse la testa. “Smettila di giocare con la mia mente” disse e Kor abbassò la testa, dirignando i denti

“Va bene. Se non mi credi, vai da lui, so dove li tengono, prima di ucciderli. Ma io devo accompagnarti” e Unia annuì.

Dovettero scendere nelle profondità del formicaio per arrivare ad una specie di gabbia che fece rabbrividire Unia per i ricordi che le provocò. Kor tentò di abbracciarla, ma lei si scostò. Suo padre non appena la vide si alzò, andando al limitare delle sbarre. Poi guardò Kor, che fingeva di guardare il muro “Mi avevi promesso che non l’avrei mai più rivista” gli disse e Unia sentì di stare per morire “Papà” provò a dire, ma l’uomo urlò “TU NON SEI MIA FIGLIA” poi guardò di nuovo Kor, pregandolo con gli occhi “Portala via da me.” e Kor dovette trascinarla di nuovo, perchè Unia sentì di avere perso la facoltà di camminare.

Unia non appena sentì che suo padre non riusciva a vederla più, si abbassò fino a toccare terra e immerse la testa fra le ginocchia. “Uccellino” disse Kor, abbassandosi sulle ginocchia, poggiandole una mano sulla testa. Unia alzò lo sguardo verso di lui “Cosa è successo ? La verità, Kor”

“Ti volevo. Le somigliavi così tanto … Dovevo averti con me, provare a farmi amare e ad amarti. Ti ho osservata per settimane, poi sono entrato in casa tua e tuo padre ha cercato di difenderti. Ma tu sei fuggita e ti ho rincorso. Ti sei nascosta dentro quella casa, ma anche li ti ho trovata. Ma anche tuo padre mi stava seguendo. Ci trovò che eri già morta. Ti tenevo in grembo, accarezzandoti i capelli, aspettando che ti svegliassi. Ero pronto a fronteggiare tuo padre, ma ebbe paura. Non di me, ma di te. Sapeva che non saresti più stata sua figlia e sapendo che non sarebbe riuscito ad ucciderti mi pregò di non farti mai più avvicinare a lui”

Unia rise. Era una risata amara, di chi ha perso ogni cosa “Avevi ragione, sai ?” Kor inclinò la testa, con ancora una mano sulla guancia della ragazza “Alla fine sei tu l’ultima persona che mi è rimasta, sei tutto il mio mondo”

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Capitolo 16
*** Dove sei ? ***


Penultimo capitolo di questa long, che sta arrivando alla conclusione. Non pensavo seriamente di arrivarci e ... No vabbè, il discorsone lo faccio al prossimo capitolo !

Unia cercò di mescolarsi tra la folla. Presto suo padre sarebbe morto. Sentì la mano di Kor nella sua. Era troppo stanca per allontanarla o stringerla. “Possiamo andarcene, se vuoi” disse Kor, ma Unia gli strinse la mano “Voglio vederlo morire” sussurrò e Kor sorrise.

Erano tutti messi a cerchio chi ancora con il volto umano e chi sfigurato dalla fame e dalla furia. Un ringhio di sottofondo fece sentire di nuovo quella parola al centro della testa di Unia, ma sapeva che questa volta non le era stata indotta da nessuno. Casa. Non era come gli umani, non più. Ma d’un tratto il tetto crollò.

Il primo pensiero di Unia fu Kor. Non era accanto a lei. Unia urlò il suo nome con tutta la forza che aveva e non udì risposta. Provò a ripararsi mentre centinaia di umani scendevano nel formicaio e cominciarono ad uccidere chiunque gli capitasse a tiro. Perfino il padre di Unia si liberò delle catene. Unia non ci pensò. Si fece largo tra i corpi cercando quello di Kor, sentendosi morire. Doveva trovarlo. Non c’era una ragione precisa. Non era l’istinto di protezione. Voleva trovarlo. Voleva, in qualche modo, la sua mano li. Un uomo le venne addosso, ma i suoi denti erano già pronti a squarciarlo.

Ripensò a se stessa mentre scavava nel corpo del bambino e si rivide china, animale, mentre sfigurava il volto di ogni uomo. Kor, dove sei ?

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Capitolo 17
*** La fine ***


Avevo promesso il discorsone e scriverò il discorsone. E' tutto cominciato da un mio sogno dopo avere mangiato non si sa che cosa, ed è finita con questo piccolino che ho coltivato giorno dopo giorno. Sapevo che non sarebbe durata molto, ma l'ho portato avanti fino a concluderlo, cosa che non accade proprio sempre quando si tratta di me. Quando si tratta di me scrivo shot e flash fic perchè non mi piace tirarla per le lunghe, ma eccoci qui. Buona fine !

Unia si appoggiò ad un muro. C’era stranamente silenzio. Aveva prima visto il corpo di suo padre tranciato in due e l’aveva superato senza degnarlo di più di un veloce sguardo. Kor era il suo unico pensiero. L’unico, il solo. Unia avanzò nella piazza. C’erano corpi ovunque. Ma sapeva che ne sarebbero arrivati altri, di umani. Che li avrebbero uccisi tutti.
Ma era giusto così, si disse. Era giusto che il mondo fosse dei vivi e non dei morti. Ma se doveva morire, voleva farlo accanto a lui. Fu quel sentimento a darle speranza. Se Kor fosse stato morto, lei non avrebbe sentito l’amore. Sarebbe stata libera di provare ciò che voleva, ma era sicura che stesse ancora operando sulla sua mente, per farle capire che era in vita.
Poi arrivò una seconda valanga di sentimenti.
Arrivò il disgusto per ciò che aveva fatto al bambino. Orrore e paura di quando era stata uccisa la prima volta. Odio, per quando Kor aveva detto di avere ucciso suo padre. Tristezza e odio per se stessa. Per ciò che era. Si toccò il volto, lo osservò in un corso d’acqua e vide il volto di un cadavere, con gli occhi infossati e la faccia coperta di bozzoli.
Vide tutto ciò che Kor le aveva impedito di provare.
Unia sentì allora qualcosa proprio al centro petto. Sentiva affetto. Per Kor. Ansia, perchè non lo trovava. Timore che fosse morto. E l’odio di mescolò all’amore mentre Unia temette di riavere la sua libertà, perchè avrebbe significato una sola cosa.
Kor stava sotto un masso che gli corpiva il bacino. Unia lo spostò di peso, accasciandosi accanto a lui. Sembrava dormisse. Poi le palpebre si mossero e Unia lo abbracciò, strisciandogli vicino, per stringerlo tra le braccia “Non sei come lei” sussurrò “Sei così diversa … sei forte, sei … viva. Se tu vuoi, possiamo amarci così”
“Non per molto” provò a scherzare Unia, baciandogli i capelli sporchi di sangue
“Scappa”
“No, rimango assieme a te” disse ferma la ragazza, mentre sentiva i passi degli umani venire verso quella parte
“Ma non sei più sotto il mio controllo” Kor tossì
“Lo so”
Unia e Kor si scambiarono un lungo sguardo. Le loro fronti si toccarono e chiusero entrambi gli occhi, attendendo la morte.

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