sky-blue: and then blue eyes met green and it was true love.

di jkraaawrling
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo. ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo. ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo. ***
Capitolo 6: *** Sesto capitolo. ***
Capitolo 7: *** Settimo capitolo. ***
Capitolo 8: *** Ottavo capitolo. ***
Capitolo 9: *** Nono capitolo. ***
Capitolo 10: *** Decimo capitolo. ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo. ***


Louis’ Point of View:
Non avevo pensato ad altro per tutta la notte, anche se mi infastidiva un po’ ammetterlo. Era incredibile quanto cazzo fosse diventato difficile scrivere un semplice messaggio!
Avevo riformulato milioni di parole all’infinito, cercando di pensare alla reazione di una ragazza nel leggerle. Sarei sembrato impacciato? O sexy e misterioso? O un’idiota? Partivo con fare sicuro per farle capire che niente e nessuno mi spaventava, oppure così le avrei solo dato troppa confidenza, e lei si sarebbe chiusa nel suo guscio e non mi avrebbe aperto mai più?
Alla fine, dopo aver ripetuto per ore diverse parole per esprimere gli stessi concetti, le frasi che mi scrivevo in mente avevano anche perso di senso. Ero in panico. Quindi avevo optato per il ragazzo poetico, con quell’aria misteriosa, magari con dei baffetti…Sì, non mi starebbero male dei baffetti.
A: Mackenzie
Trois allumettes une à une allumées dans la nuit. La première pour voir ton visage tout entire, la seconde pour voir tes yeux, la dernière pour voir ta bouche. Et l’obscuritè tout entière pour me rappeler tout cela en te serrant dans mes bras.
conto di vederti alla festa stasera.
Sì! Me lo immaginavo già quello schianto a fissare con i suoi occhioni verdi il testo, confusa. Aggrottava leggermente le sopracciglia spesse. Chi si era interessato a lei, inviandole un messaggio così ricco di significato e di mistero? Il suo cuore batte a mille, insieme al mio, ne sono certo. I sentimenti che ho provato in quest’ultimo anno riversati in quattro righe di SMS.
Scacciando il pensiero che mi avrebbe potuto prendere per un pervertito gay che indossava foulard e altre stronzate francesi, rievocai l’immagine del suo magnifico viso…Dalla fronte alta e liscia, dove si attaccavano quei perfetti capelli castani, per poi ricadere dolcemente sulle sue spalle; al punto in cui le sue sopracciglia si incurvavano, scendevo lungo il suo naso e potevo sentirle, le sue labbra morbide e carnose…Potevo vederle mentre si aprivano in un sorriso, rivelando i denti perfetti e bianchissimi, gli incisivi con un piccolo spazietto che li divideva, le sue guance arrossivano. Percorrevo il suo collo fino a toccare il suo splendido corpo…
Buttato a pancia all’aria sulle coperte disfatte del mio letto, sorrisi,  strizzando gli occhi così che neanche uno spiraglio di luce potesse entrare, cercando di non far scomparire la meravigliosa immagine della ragazza bellissima che avevo in mente. Il mio respiro divenne affannato. Infine, con una mano sul cuore e l’altra mano nelle mutande, mi addormentai.

Mackenzie’s Point of View:
Da: Anonimo
Trois allumettes une à une allumées dans la nuit. La première pour voir ton visage tout entire, la seconde pour voir tes yeux, la dernière pour voir ta bouche. Et l’obscuritè tout entière pour me rappeler tout cela en te serrant dans mes bras.
conto di vederti alla festa stasera.
E adesso? Chi diamine era quello? E perché mi aveva parlato in francese? Perché…quello era francese, giusto? O forse portoghese? Fissai di nuovo confusa lo schermo, perdendomi nei miei pensieri la vista sfuocò e le parole divennero solo puntini e curve nere. “conto di vederti alla festa stasera”…Sam mi aveva accennato qualcosa a proposito di una festa…Ci sarei dovuta andare? Pensai a cosa sarebbe potuto accadere.
Eccomi, che ballavo nel salotto, immersa nella gente che si scatenava, e un braccio muscoloso mi afferrava, mi trascinava a sé, il mio naso si sfiorava con quello di un ragazzo bellissimo, abbronzato, con l’accento del sud degli States, lui mi diceva di essere la mia anima gemella, e poi, all’improvviso, mi baciava.
Oppure ecco, ancora quel soggiorno nel pieno della festa, la musica assordante che all’improvviso si zittisce, le luci diventano soffuse, un microfono spunta dal nulla e un faro ad occhio di bue illumina il sorriso del mio cantante preferito, il quale mi rivela di esser sempre stato innamorato di me.
O se no, et voilà, sto ancheggiando sulla pista da ballo, ed ecco che spunta un vecchietto zoppo, con un occhio di vetro, con addosso solo un impermeabile giallo limone da pescatore, comincia a sussurrarmi qualcosa in francese con voce viscida e io corro via.
Scoppiai a ridere, questo era davvero troppo! Non aveva senso stare a fantasticare su cosa sarebbe successo, tanto valeva provarlo in prima persona sulla mia pelle! Avevo una sfrenata voglia di sentirmi libera e semplicemente felice. E inoltre, avevo anche un vestito nuovo di Forever21 che non avevo ancora avuto occasione di indossare…

Louis’ Point of View:
Mi osservavo dritto negli occhi, perdendomi in quei due tunnel neri che erano le mie pupille, notando ogni piccola pagliuzza dell’iride. I miei occhi cambiavano a seconda del tempo e, mi piaceva pensare, a seconda del mio umore. In quel momento erano radiosi e dall’azzurro sfumavano al verde, verde acqua, un anellino grigiastro attorno al cerchio della pupilla, dei piccoli fulmini sui toni del giallo più esterni. Con un impercettibile scatto posai il mio sguardo sulle piccole venette rosse, sulle lacrime che bagnavano leggermente gli angoli, su tutte le mie lunghe ciglia.  Pianissimo chiusi le mie palpebre e quando le riaprii, allargai il mio campo visivo, rendendomi conto solo ora che avevo praticamente il naso spiaccicato contro lo specchio.
Feci un passo indietro così che tutto il mio corpo, dalla testa ai piedi, rientrasse nello specchio. Mi lasciai sfuggire un gemito disperato: ero in boxer e dovevo ancora decidere che indossare alla festa.
Cazzo, mi sentivo troppo come…una femmina. Forse l’amore fa questo effetto. Rende tutto più ansioso, dubitante, eccitante, attraente. Proprio come una ragazza.
Finalmente mi decisi e, visto che faceva già abbastanza caldo, scelsi dei bermuda blu scuro e una camicia estiva azzurra, che abbottonai fino all’ultimo bottone. E poi sbottonai, lasciando intravedere il mio petto. E poi la riabbottonai, incerto. Dopo la slacciai del tutto, completamente aperta, due strisce di un azzurro chiarissimo che incorniciavano i miei addominali, in contrasto con la pelle abbronzata. Ma alla fine abbottonai tutto fino al collo, chiudendoci dentro anche le mie paure.

Mackenzie’s Point of View:
Mi aggiustai il vestito davanti allo specchio, non era niente male: senza spalline, di tessuto leggero, sui toni tenui del tramonto che creavano un’armonia con la mia pelle bianca, mi arrivava al ginocchio.
Piegandomi a testa in giù, raccolsi i capelli in un morbido chignon e qualche ciocca nocciola, più chiara rispetto alle altre, mi ricadde sul collo delicatamente. Dopo aver reso il mio sguardo ipnotico con il mascara, infilai le ballerine. Ero pronta.




ciao gente, ecco finalmente il primo capitolo della mia fan fiction. spero vi sia piaciuto :))
se volete seguirmi su twitter, sono @JKRaaawrling. 
ecco la traduzione della poesia che Louis invia a Mackenzie, per chi non la conoscesse:
"Tre fiammiferi uno dopo l'altro accesi nella notte
Il primo per vedere intero il volto tuo
il secondo per vedere gli occhi tuoi
l'ultimo per vedere la tua bocca
e l'oscurità completa per ricordarmi queste immagini
Mentre ti stringo a me tra le mie braccia."
si rivela abbastanza importante per la storia, perché le azioni di Louis e ciò che accade fra loro due sembra seguire i versi di questa poesia!
se questo primo capitolo non vi ha convinti, ditemelo pure in una recensione, ma continuate a leggere e prometto che i prossimi capitoli non vi deluderanno.
x

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo. ***


Secondo capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
Camminai velocemente percorrendo la distanza che separava casa mia da quella dove c’era la festa, non sapevo manco chi ci abitasse. Il tacchetto delle mie ballerine faceva un rumore sordo contro il marciapiede, che si attutì quando attraversai il prato. La musica si sentiva in modo ovattato e quando mi aprirono la porta tutto il caos delle urla dei ragazzi e della musica venne fuori. Sorrisi ed entrai, cercando di capire che vento tirava da quelle parti. Qualche ragazzo si girò per un istante, rapito dallo svolazzare della mia gonna, ma la maggior parte mi ignorarono.
Mi versai da bere in un bicchiere di plastica colorata, bevvi e quando posai il bicchiere una chioma di capelli color carota mi passò davanti. Poi fece marcia indietro, mi fissò con occhi ingenui e con aria stupida squittì “Kenzie, finalmeeente! Io e la gente qui”- indicò un gruppetto di ragazzi e ragazze che ridevano senza un motivo preciso-“ pensavamo ti fossi persa. Beh, sono felice che sei qui. Todo bien?”. Sorrisi all’aria buffa della mia migliore amica “Sì, Sam, tutto in regola. Ti dovrei parlare di una cosa ma vedo che sei occup-“ non avevo terminato la frase che Sam era sparita in mezzo a una marea di persone, farfugliando qualcosa come “allora ci vediamo in giro, se comincia una gara di rutti chiamami”. Feci un risolino mentre la mano di Sam spiccava sopra le teste per salutarmi, le lentiggini così fitte da farla apparire abbronzata, le unghie lunghe laccate di verde.
All’improvviso mi ricordai del messaggio di quel tizio sconosciuto e mi allontanai un po’ dalla pista da ballo, scrutando per la stanza come se l’autore dell’SMS andasse in giro con in mano un cartello che lo contraddistinguesse.
Poi vidi una persona familiare. I nostri sguardi incrociarono e lui si avvicinò trascinando i piedi.

Louis’ Point of View:
Quando la vidi il mio cuore mi balzò in gola, il collo della camicia lo teneva stretto, se no sono certo che l’avrei vomitato. Il cavallo dei miei pantaloni sembrava improvvisamente troppo stretto, le mie mani sudate, le mie gambe inchiodate al pavimento e tutto il mio corpo in fibrillazione. Una volta andata via quella scarica elettrica, nel mio corpo si fece spazio la paura che mi opprime con lei e con lei soltanto.
Stavo per fare qualcosa di carino, tipo sorriderle, quando venni superato da un ragazzo- o meglio, quello era un armadio- che avanzava scansando le persone sul suo percorso con una camminata da perfetto cretino.
Gli occhioni verdi di Mackenzie erano fissi nei suoi, anche se non riuscivo a decifrare che tipo di sensazione celassero. Sapevo solo che quella sottospecie di torre era avanzato mangiando pedine su pedine, casella dopo casella, ed era arrivato alla mia Regina. Fanculo.
Sarei dovuto andarmene, ma non ce la facevo, dovevo capire in cosa ancora una volta avevo fallito. Guardavo irritato il gorilla mettere le sue braccia pompate su quel corpo così esile e innocente, ricoperto da quel magnifico vestito color tramonto…Una mano enorme di lui salì lentamente sulla sua coscia, facendomi istintivamente ribollire di rabbia. Poteva davvero una ragazza tenera e spensierata come lei provare qualsiasi tipo di attrazione verso un lurido pervertito come quello?
E poi la risposta mi fu chiara, quando Mackenzie si spostò di scatto e finalmente le osservai completamente il viso. No. No, a lei non piaceva! I suoi grandi occhi spaziarono per la stanza in un misto di paura, disgusto, imbarazzo e richiesta di aiuto. E allora il suo re era arrivato.
I miei piedi cominciarono a muoversi sotto la spinta di non so quale forza, iniziai a correre e quando arrivai alla mia meta mi interposi fra Mackenzie e quella sottospecie di King Kong. Con un coraggio che non mi apparteneva portai un braccio dietro di me, sul fianco di Mackenzie, e indietreggia per proteggerla. Non osando guardarla negli occhi, aprii la bocca e sollevai l’indice per iniziare un discorso, ma mi fermai. I miei occhi si spalancarono e divenni tutto d’un tratto pallido, il mio indice ancora sollevato in aria, quando la sua mano stretta in un pugno mi colpì forte, cozzando contro la mia mascella. Scacco matto.



Ciao a tutti :) Ecco il secondo capitolo. ENJOOOY.

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Capitolo 3
*** Terzo capitolo. ***


Terzo capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
“Ma che cazzo fai?!” urlai. Le nocche di Bruce avevano appena colpito in piena faccia quel ragazzo, e continuavano a colpirlo violentemente in ogni punto possibile, quello era già caduto disteso a terra, privo di sensi. Perché doveva andare sempre tutto nel verso sbagliato? Per una volta facevo qualcosa senza pensare alle conseguenze, volevo solo capire chi mi avesse scritto quel messaggio…
Mi stavo guardando in giro, sorridendo ad ogni ragazzo che mi passava davanti, illudendomi che fosse lui l’ammiratore segreto. Quelli mi sorridevano, magari mi facevano l’occhiolino, mentre mi osservavano dalla testa ai piedi, ma nient’altro. Finché non incrociai Bruce.
Era un conoscente di vecchia data. Diciamo pure fidanzato. Non so cosa avessi in testa quando stavo con lui: cosa mi piaceva di lui? Il suo carattere era violento, i suoi modi scontrosi e l’unica cosa dolce di lui erano le curve sinuose dei suoi muscoli. Oltre all’aspetto fisico era completamente vuoto, come una scatola di latta: potevo toccarlo e scuoterlo all’infinito, ma non si sentiva niente all’interno. Quando lo lasciai, con ovvie e spaventose ragioni, non la prese affatto bene. Tentò per settimane di farmi cambiare idea e, ora, il mio sguardo posatosi su di lui troppo a lungo, ma solo per la sorpresa di averlo visto, doveva avergli inviato segnali sbagliati. Mi si era avvicinato, ma io non volevo lui. Volevo il mio ammiratore segreto. Romantico, francese o portoghese che fosse, tenero, attraente dal modo in cui parlava, e soprattutto non-Bruce.
Ma adesso che me ne poteva fregare di quel poeta maledetto coglione, con un ragazzo privo di sensi steso sul pavimento?!
L’aria era diventata opprimente e calda, troppi sguardi si posavano su me, Bruce e quel ragazzo di cui ignoravo il nome. Neanche ci conoscevamo e lui era subito intervenuto per proteggermi. Ora dovevo sdebitarmi.
Aprendomi un varco nella folla, uscii trascinando il poverino. Fuori, presi un lungo respiro e poi cominciai a camminare, cercando di sorreggere il mio compagno di viaggio mettendogli il braccio destro sotto l’ascella e in qualche modo tenendolo in piedi, le testa che penzolava contro il suo petto. Cazzo, pesava più di quanto pensassi: crollai in un prato a qualche isolato di distanza.

Louis’ Point of View:
Trois allumettes une à une allumées dans la nuit.
La première pour voir ton visage tout entire.
Aprii leggermente gli occhi, le palpebre pesanti che minacciavano continuamente di chiudersi.  Sentivo la testa pulsare, soprattutto la mascella dalla parte sinistra del viso. Le gambe cedettero al mio peso e finii sdraiato sull’erba bagnata, le guance rosse e accaldate, il freddo pungente alleviava un po’ il dolore. Tutti i muscoli mi facevano male. Mi sentii voltare sulla schiena, così da essere solo io e le stelle. Poi il viso di una ragazza bellissima si intromise, sovrastandomi, un po’ sfocato.
“Cristo, s-stai bene?” riconobbi la sua voce, il suo viso era corrucciato sopra di me in un espressione ansiosa. Accarezzai con lo sguardo i lineamenti perfetti, lo spazio di pelle fra il naso e la bocca, una piccola ciglia che le era caduta sulla guancia, ogni singolo pelo che formava le sue sopracciglia così naturali. Annuii rimanendo sdraiato, sorridendo come un’idiota pensai- o forse lo dissi proprio?- “Il primo per vedere il tuo intero volto…”.
Lei mi scrutò senza capire, per un istante si creò un’atmosfera magica: io e lei immobili, il cielo nero, tantissime stelle, la natura intorno a noi come paralizzata ad osservare cosa sarebbe successo.
Mackenzie fece smettere tutto questo, con un cenno impercettibile del capo, sospirando “N-non avrai per caso qualcosa di rotto…”
Pian piano l’effetto surreale svanì e ripiombai controvoglia alla realtà. Mi appoggiai sugli avambracci, senza riuscire a trattenere un piccolo gemito al dolore che il piccolissimo movimento aveva provocato alle mie costole.
Mackenzie mi guardò con aria preoccupata, in apprensione: sostenni il suo sguardo con un occhio chiuso in una smorfia di dolore (per metà vera, per l’altra metà ingigantita dalla finzione, dovevo pur giocare qualche carta a mio vantaggio). Prendendo un respiro profondo, l’aria che mi gonfiava il petto, dissi:” Allora, non male come festa eh?”
Mi scrutò per capire se mi stessi prendendo gioco di lei “Beh, poteva andare meglio ad entrambi, suppongo.” A quel punto qualcosa che le balenò in mente le impedì di guardarmi ancora, il suo sguardo vagò imbarazzato dalla parte opposta, giusto per evitarmi di vederla arrossire leggermente.
“Senza offesa, dolcezza, ma non mi pare che tu sia appena stata menata dal figlio di King Kong e Godzilla…” dissi con un’aria sfacciata. Mentalmente mi tirai un calcio in pieno viso: perché le parlavo in quel modo? E quel ‘dolcezza’, da dove cavolo m’era uscito?
Si girò lentamente e, fissando ostinata l’ultimo bottone della mia camicia- tutto purché non fossero i miei occhi-, si morse il labbro. Era troppo da sopportare in una sola notte: averla osservata a lungo, averle toccato il fianco, essere stato toccato da lei mentre mi trasportava, averla avuto a un palmo dal mio naso una volta atterrato sull’erba…E ora questo modo così sexy e infantile di mordersi il labbro. Chiusi gli occhi e, gettando la testa all’indietro, assaporai quelle immagini. Respirai forte l’aria notturna, sentendola pungermi la gola entrando e uscendo. Non mi sarei più svegliato da quello stato beato, se la sua voce non avesse attirato l’attenzione. Mi chiese il mio nome.

Mackenzie’s Point of View:
“Louis”. Mi guardò alzando un sopracciglio, più per vedere che effetto aveva il suo nome su di me che per sapere il mio. Non so perché ma il suo sguardo mi metteva in soggezione. Quegli occhi così limpidi erano come una luce troppo forte che non riuscivo ad osservare per più di due secondi.
Sussurrai il mio nome al bottone della sua camicia, incapace di un contatto visivo. Sentii il suo sguardo che si posava su di me; anche una volta presentata lui non smise di percorrere il mio corpo, non in modo duro o sensuale, semplicemente godendosi ogni mio particolare e difetto come se fossi un quadro esposto ad una mostra.
Mi sentii terribilmente in colpa e in debito con lui e cominciai a riversare fiumi di parole sconnesse cercando di ringraziarlo per quello che aveva fatto. Proprio allora staccò lo sguardo da me e cautamente si mise di nuovo sdraiato sul prato, ascoltandomi, però ora guardando il cielo. Alzai anch’io il volto verso le stelle e involontariamente, poi, guardai giù, osservando Louis come lui poco prima aveva fatto con me. Adesso aveva chiuso gli occhi e sorrideva. Mi stupii tantissimo e mi chiesi dove trovasse la forza per sorridere in un momento che a me sembrava così malinconico.
I miei occhi si posarono sull’abbozzo di barbetta che aveva sul mento, risalii tutta la linea della mascella, e senza rendermene conto, il mio indice si posò sulla sua pelle. Toccai delicatamente il punto che c’era fra l’orecchio e la mascella, percorsi la curva del suo padiglione, poi mi spostai sulle folte sopracciglia e scesi lungo il naso all’insù. Il mio viso era a pochi centimetri dal suo senza che potessi farci niente, quando i suoi occhi si aprirono e fui folgorata dalla luminosità che emanavano nella notte buia. Mi persi in quel mare di sfumature sentendo la sua risata fragorosa riempire il silenzio.
Risvegliandomi da quella specie di trance, mi resi conto di essere praticamente sopra di lui: i nostri nasi si sfioravano. I suoi occhi ridevano, ma senza malizia, nonostante la posizione in cui eravamo, irradiavano felicità e amore.
 
 
 
Ehy gente, ecco il terzo capitolo e con esso il primo verso della poesia. "Il primo per vedere il tuo viso" lol
La storia comincia a farsi interessante, no? ;)
IMPORTANTE: ho cambiato nickname su twitter, da JKRaaawrling sono passata a marshallslily. Okay è tutto. Lasciate qualche commento, positivo o negativo che sia!
Byeee.

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Capitolo 4
*** Quarto capitolo. ***


Quarto capitolo.

Louis’ Point of View:
La seconde pour voir tes yeux.
Era incredibile. Aveva davvero provato lo stesso che provo io ogni volta che la guardo?
I miei occhi erano chiusi quando sentii il suo tocco, il polpastrello dell’indice leggermente premuto sul mio viso, facendo scoppiare i fuochi d’artificio nel mio ventre. Scoppiai a ridere dall’autentica felicità, aprendo di colpo gli occhi, notando l’effetto che avevo su di lei.
Quando la mia risata si affievolì, l’atmosfera si congelò di nuovo e la fissai dritta negli occhi, senza riuscire più a trattenermi. Si generò un’energia intensa fra i nostri sguardi, un’energia che sembrava avvicinarci sempre di più uno all’altra.
Le nostre fronti si toccavano, le punte dei nostri nasi si sfioravano, e i nostri occhi erano ancora legati da quella sensazione magnetica. Tutto era  colorato di verde e di verde soltanto per me, il mio campo visivo non andava oltre le sue iridi, lasciando solo il mio corpo ad immaginare cos’altro stesse accadendo. Potevo percepire una delle sue sottili mani sul mio petto, mentre la sua coscia mi sfiorava la gamba, i nostri fianchi poi si incontrarono irrigidendomi dall’ombelico in giù, il mio corpo che respirava più velocemente in cerca della poca aria intrappolata fuori dai capelli di Mackenzie.
Alla fine lei si sdraiò delicatamente su di me, in un abbraccio affettuoso.
“Grazie per avermi difesa, Louis”. Ero sicuro che stesse ascoltando il battito accelerato del mio cuore, con la testa sul mio petto nudo, non mi ero nemmeno reso conto che la camicia si fosse sbottonata. Assaporando la vita, toccando il suo corpo con il mio, le mie labbra si mossero per formare la frase:” Il secondo per vedere i tuoi occhi”.
 
Mackenzie’s Point of View:
Il mattino dopo mi svegliai non appena i raggi del sole mi solleticarono le palpebre, rimanendo sdraiata mi stiracchiai, per poi rendermi conto che non ero nel mio letto, in camera mia, a casa mia. Uno stormo di uccelli improvvisamente volò via da un albero. Cazzo, mi ero addormentata su quel prato! Istintivamente mi misi seduta e notai che Louis era ancora lì, accanto a me, al suo respiro il petto si abbassava e alzava dolcemente, dormiva con le luci dell’alba che gli accarezzavano il corpo, l’accenno di un sorriso stampato in faccia.
Lo scossi leggermente, e poi più forte, ma lui sembrava voler rimanere attaccato al sogno che era in corso nella sua testa. Stavo per scuoterlo ancora più violentemente, quando delle parole uscirono dalle sue labbra impastate di sonno, mentre lui masticava e rimuginava, sempre addormentato. “Tre…fiam…feri…M..enzie…la…reg…la mia re-ee-egina…” disse, sbadigliando sull’ultima parola. I miei occhi si spalancarono curiosi, avidi di saperne di più su quel ragazzo.
Mi misi a gattoni, con le gambe ai lati del suo bacino, le mani che sprofondavano nella terra e appiattivano l’erba vicino alla sua testa. Avvicinando il viso finché il mio naso non toccava il suo, non riuscii a trattenermi dal sorridere e misi su un’aria scherzosamente maliziosa, miagolando di proposito “Oh, Louis…Louis, svegliati…Louis, la tua regina è qui”- trattenni un risolino-“ Louis…”-ripetei più volte giocosamente il suo nome, facendolo gemere. “Louis” dissi con più decisione, quando ancora non si svegliava, il suo respiro più affannato e il movimento del suo petto più rapido. Senza che lui potesse farci niente una parola si fece strada fra le sue labbra carnose “Mackenzie…”. Lo guardai stupita, ma anche orgogliosa di me per l’effetto che stavo ottenendo. Non riuscendo più a controllare una risata, scoppiai ed esclamai “Louis, svegliati”.
Lui aprì di colpo gli occhi, all’inizio un po’ smarrito, poi si rese conto di ciò che era successo e, anche arrossendo lievemente, disse con decisione “Buongiorno bellissima”. Mi scrutò dalla testa ai piedi per poi mormorare “Dovrei assumerti come sveglia mattutina personalizzata”, io risi e, prima che potessi protestare, Louis mi prese per i fianchi e mi sollevò sulla sua spalla, mentre diceva scherzosamente “…però, principessa, non mi piace chi si prende gioco di me.” La mia testa arrivava a metà della sua schiena, le sue mani mi tenevano stretta sui fianchi. “Mi dispiace, ma mi devo vendicare.” Io cominciai a strillare e a ridere, scalciando e dimenandomi, intanto lui correva per il prato e girava su stesso, facendomi dimenticare dove mi trovavo. Il mio busto rimbalzava leggermente e c’erano solo il prato, le sue gambe, il suo sedere accentuato dai bermuda blu notte che indossava. Cominciai a ridere di nuovo, cercando giocosamente di tirargli su la camicia, scoprendo la sua schiena abbronzata. Gli feci il solletico e al mio tocco sentii la pelle d’oca formarsi sulla pelle di Louis.
Cademmo entrambi nuovamente sul prato, con le nostre risate che echeggiavano nell’aria mattutina. Louis mi guardò sorridendo, una piccola fossetta nacque vicino al suo labbro inferiore “Anche se vorrei stare così per sempre, ora dobbiamo andare”.

Louis’ Point of View:
Entrando nella doccia ripensai alla giornata trascorsa, mentre il getto bollente dell’acqua mi rilassava. Tutto ero sembrato particolarmente noioso, paragonato alla nottata con Mackenzie. Era indescrivibile l’effetto che aveva su di me. Avevo passato una notte con lei, senza fare nulla, se non guardarla dormire, o starle vicino. Risi di cuore ripensando a come tutto fosse andato per il verso giusto, tranne per la mascella ancora dolente. Sì, cazzo, altro che poeta sfigato francese! Potevo anche essere frocio agli occhi degli altri ragazzi, non mi interessava, chi aveva dormito con una delle ragazze più belle della scuola ieri? Loro? No, io! Io.
Asciugandomi davanti allo specchio del bagno notai che non riuscivo a trattenere il sorriso. Anche tentando di mantenere un’espressione seria, gli angoli della mia bocca si sollevavano.
Con la salvietta arruffai i miei capelli castani, per poi tirarli su fino alle punte. Vestendomi, tornai in camera e notai che lo schermo del mio cellulare si era illuminato all’arrivo di un messaggio. Incuriosito, cliccai “leggi”.

Da: Mackenzie
Le giostre sono in città questo week-end.

Sorrisi a trentadue denti, impaziente di rivederla di nuovo. Mi accorsi che il messaggio continuava:

ps: la prossima volta stai più attento a dove tieni il cellulare, un’altra bellissima ragazza come me potrebbe rubartelo e salvarsi il tuo numero.

Mi si aprì leggermente la bocca dallo stupore, quando diavolo era riuscita a sottrarmi il cellulare? Quella ragazza era piena di sorprese.
 
Mackenzie’s Point of View:
Non so cosa mi spingesse a voler parlare con Louis, non avevo ancora capito bene che tipo fosse, se mi piacesse come persona o meno. Però c’era qualcosa nei suoi occhi, nel suo modo di proteggermi, nel suo essere completamente sincero e autentico, senza doppi scopi o mezzucci per apparire chi non era.
Il chiodo fisso sull’identità dell’ammiratore segreto rimaneva, però affievolito dalla presenza di Louis, che occupava la maggior parte dei miei pensieri. Non riuscivo a dimenticare l’elettricità che aveva percosso i nostri corpi quando i nostri occhi si erano uniti. Lo vedevo come un mio fratello maggiore, un migliore amico, una persona di cui fidarmi. E lo conoscevo da…In realtà non lo conoscevo per niente, non sapevo nulla di lui al di fuori del nome. Sentivo il bisogno di capirne di più su di lui: lo avevo invitato alle giostre il prossimo sabato, e ora lanciavo occhiate al cellulare ogni minuto, in attesa di una risposta. Che finalmente arrivò.

Da: Louis
Dovrei lasciare in giro il mio cellulare più spesso.

Feci un piccolo sorriso involontario e aprii una nuova bozza per scrivere a Sam.

A: Sam
Io e te dobbiamo fare shopping, ragazza. Devo parlarti. Che ne dici…dopodomani? x

Pochi secondi dopo la risposta velocissima di Samantha confermò l’incontro per dopodomani, e io, con ogni peso tolto dal petto, potei concentrarmi sui compiti di storia che avevo per il giorno dopo.
Quando Sam mi corse incontro stritolandomi in un caldo abbraccio, venerdì era arrivato, la settimana scolastica era finita e finalmente potevo rilassarmi e passare un po’ di tempo con la mia migliore amica. Samantha era terribilmente carina, con quei corti capelli lisci color carota, tenuti a posto da due fasce colorate, la pelle bianca spruzzata di tantissime lentiggini, gli occhioni castani per niente truccati; una giacchetta nera con le maniche che le arrivavano ai gomiti le copriva quasi per intero una maglietta dei Nirvana, dai pantaloncini corti spuntavano le sue gambe corte. Era più bassa di me, ma molto, molto più magra.
“Allora, che mi dovevi dire?” sussurrò Sam mentre con la cannuccia tirava su i resti del suo frappè al cioccolato, facendo un rumore spropositato.
“Beh, sai la festa di martedì, no?” Sam mi guardò annuendo, aspettando che continuassi “ho conosciuto…un ragazzo”. I suoi occhi castani si allargarono, mentre la bocca teneva ancora stretta la cannuccia. Quell’espressione la fece assomigliare ad una grossa fragola, le lentiggini aiutavano a dare l’idea, i capelli color carota erano come i ciuffetti verdi sul frutto.
Cercai di allentare la tensione “Ehy, non mi guardare come se avessi detto di aver incontrato un unicorno rosa…” lei si rese conto della faccia che aveva e frettolosamente mi rassicurò, schizzandosi il mento di frappè “Scusami Kenzie è che…Wow. Da quando rimorchi senza il mio aiuto? Eh, eh?” si diede delle arie e io sollevai un sopracciglio facendola ridere “Wow, voglio dire, come si chiama? Lo conosco?”
“In realtà non lo conosco nemmeno io. So solo che si chiama Louis.” mi osservai la punta delle scarpe.
Scosse il capo. “Mmh, mai sentito.” mi guardò per poi dire ciò che realmente le interessava “E’ bello? Più di Bruce?”
Rimasi immobile. Non avevo ammesso a me stessa di trovare Louis bello, quindi cercare di rispondere alla domanda di Sam divenne difficile, soprattutto dopo aver sentito il nome di Bruce.
Arrossendo lievemente, dissi “Sì, probabilmente. A proposito di Bruce…” raccontai a Sam tutta la storia di qualche sere fa, quando aggiunsi il particolare che avevo dormito con un ragazzo sconosciuto, le sue pupille si dilatarono e la sua bocca si aprì leggermente.
“Non abbiamo fatto niente, chiudi quella bocca Samantha!” precisai subito.
Scoppiammo a ridere entrambe e cominciammo a girovagare per i negozi, mano nella mano.

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Capitolo 5
*** Quinto capitolo. ***


Quinto capitolo.

Louis’ Point of View:
Sistemandomi ossessivamente per la milionesima volta il collo del maglione, mi osservai allo specchio e poi, finalmente, uscii. Indossavo un maglione lavorato bianco, visto che quella sera faceva più freddo, e dei jeans chiari. Praticamente corsi al parco in fondo alla via, il punto di ritrovo fissato con Mackenzie. Sedendomi sul bordo del marciapiede, con le gambe piegate e i gomiti sopra le ginocchia, aspettai.
Lei arrivò dieci minuti dopo: era, se possibile, ancora più bella. Portava dei pantaloncini corti, a vita alta, che fasciavano perfettamente le sue curve, e un maglione chiuso rosso.
“Ciao Louis” la sua voce accarezzò il mio nome mentre mi alzavo in piedi, sorridendole fino a mostrare la fossetta sul mento, tutto d’un colpo sentendomi dinoccolato e troppo alto. Le mie mani si infilarono nelle tasche davanti dei miei jeans, lasciando uscire solo i pollici, e le dissi “…allora forza”, la sicurezza comparsa la notte scorsa completamente sparita, sostituita dalla tensione di un vero “primo appuntamento”.
Camminavamo scambiandoci frasi stupide e senza senso, imbarazzati, e io non riuscivo a smettere di guardarla. Mentre era di profilo la linea del suo naso era incredibilmente suggestiva e perfetta. All’improvviso lei parlò in modo diverso, rompendo il ghiaccio.
“Beh, oltre il tuo nome e il fatto che ti piace fissarmi il naso, non so nulla di te.” girò il volto di pochissimo e fece un sorrisetto scherzoso, anche lei un po’ stupita dalle sue parole. Io abbassai lo sguardo sui miei piedi, le mie scarpe diventarono improvvisamente molto interessanti.
“N-non c’è molto da sapere su di me…” farfugliai.
“Sono certa che ti sbagli!” mi guardò dolcemente dritto negli occhi “uh…guarda! Lo stand dello zucchero filato!” corse via, lasciandomi qualche metro dietro a pensare.
Scuotendomi, la seguii. Quando le arrivai accanto, il signore dietro il bancone le porse una porzione enorme di zucchero filato rosa, lei si leccò le labbra come una bambina, pregustando la sostanza dolce, mentre io pagavo ringraziando.
Le misi un braccio attorno alle spalle “Allora…dove vuoi andare per prima?”.
“Vorrei andare, uhm…” disse, staccando lo zucchero, avvolgendolo attorno a un dito e gustandolo leccandosi il dito in maniera fin troppo sensuale per non essere una presa in giro “…sì, andiamo agli autoscontri.”
Stando al gioco, mi morsi il labbro e le sussurrai in un orecchio, con una voce calda e bassa che non era affatto la mia “Sei sicura? Perché lì davanti a noi c’è un Tunnel dell’Amore.”, provocandole una risatina.
“No, Lou, voglio andare sugli autoscontri, ti preeeeego.” mi fece il broncio.
Appena acconsentii lei saltellò in modo infantile e si sedette sui sedili di una di quelle macchine. Uno squillo segnalò che la gara iniziava. Mackenzie premette il pedale con la lingua infuori per la concentrazione, ruotando il volante muovendo esageratamente le braccia. La guardavo al bordo della pista e ridevo di gusto, con il suo zucchero filato in mano. Ogni volta che passava dalla mia parte mi salutava con la mano e io le rispondevo agitando la mia libera. Un secondo trillo di campanella annunciò una breve pausa, e Mackenzie corse subito da me. “Ti prego ti prego Lou, fai un giro con me.”
La guardai, dubitando di proposito “Non so…Non sono convinto che mi piacciano quei cosi.” la mia incertezza la fece solo agitare di più. Mi tirò per il maglione in mezzo alla pista, scoppiando a ridere. Si posizionò sul sedile dell’auto e, strattonandomi, mi fece avvicinare sempre di più, finché non sentii benissimo il suo profumo da quanto le ero vicino. Ero seduto accanto a lei. Le nostre fronti si sfiorarono, le osservai le labbra, mordendo il mio labbro inferiore.
Lei mi sorrise “Convinto ora?” e i miei occhi ridevano mentre affermavo “Convintissimo.”
Essendo io al posto di guida, schiacciai il pedale, così partimmo. Sotto sua indicazione tamponavo chi le sembrava antipatico, che lei sfacciatamente mi indicava con il braccio, fregandosene degli sguardi esterrefatti di alcune madri che guidavano con il loro figlio. Io risi gettando la testa all’indietro sul sedile.
Dopo aver fatto altri tre giri sugli autoscontri, essere passati per il banco di un’anziana signora dove bisognava far cadere tre lattine con una pallina, aver girovagato per la fiera chiacchierando, e aver provato praticamente tutte le attrazioni, ero esausto. Mi lasciai sfuggire su una panchina e Mackenzie mi si sedette accanto, sorridendo ancora al ragazzino della ruota panoramica che le aveva appena fatto un complimento.
Mi fissò, per poi appoggiare il viso nell’incavo fra la mia testa e la mia spalla.
“Grazie della serata” sussurrai. Capii che lei aveva sentito. Mi prese dolcemente la mano destra e sfregò le mie nocche contro la sua guancia. Rimanemmo in quel modo, in pace con il mondo e con noi stessi, le persone ci passavano davanti e ogni tanto fermavano lo sguardo su di noi, per qualche minuto.
“C’è ancora un intrattenimento che non abbiamo provato” mi disse la voce di Mackenzie.
Voltandomi, la guardai interrogativo, e di tutta risposta lei accennò con il capo verso il Tunnel dell’Amore. La presi per mano, ed entrammo.
L’addetto che controllava la giostra ci fece sedere in una carrozza e poi chiuse davanti a noi il maniglione di ferro di protezione. Tutto si mise in moto e, senza che ce lo aspettassimo, una cupola di tessuto blu scuro si chiuse sopra le nostre teste, era punteggiata di stelle, e tutta la carrozza si ritrovò in quella notte stellata.
Io e Mackenzie eravamo stranamente rigidi, seduti più distanti del normale, ogni tanto ci guardavamo sogghignando. La capotte a volta celeste si ritrasse e noi ci guardammo intorno: eravamo in un tunnel rosa e avanzavamo molto lentamente, c’erano tantissimi fiori e cuori finti, ovunque.
Alla fine del nostro tour il telo a cielo stellato ci ricoprì un’altra volta, per permettere agli innamorati di baciarsi in privato nell’ultimo tratto. Con un coraggio non mio, posai la mano sul fianco di Mackenzie e la avvicinai a me. Contemporaneamente ci voltammo una verso l’altro e le punte dei nostri nasi si toccarono per la milionesima volta.
“Piaciuto il tour romantico?” una voce roca e seducente sostituì la mia solita voce.
Lei annuì, sbattendo le sue lunghissime ciglia “Sei sexy quando fai così.”
La guardai, e poi scoppiammo entrambi a ridere, continuando a ridere anche una volta scesi dalla giostra. Quando le nostre risate si affievolirono, le osservai la linea dritta del naso, e dissi tutto d’un fiato “Il mio nome completo è Louis William Tomlinson. Sono nato il 24 dicembre del 1991. Il mio power ranger preferito è quello rosso. Adoro Robbie Williams… Ho paura di essere lasciato dalle persone a cui tengo. Amo mangiare l’impasto ancora crudo dei biscotti. E sono innamorato di te da quando l’anno scorso hai aiutato Cece Wright a raccogliere i fogli che le erano caduti in corridoio.”




ehy, ecco a tutti il quinto capitolo! *ta daaaan* bene, ed io ho deciso di scrivere qualcosina in più in questo spazio riservato all'autore, magari ragionando con voi sulla storia. (?)
finalmente è successo qualcosa di più "importante": louis ha infatti confessato ciò che prova da un bel po' di tempo per la protagonista. come reagirà lei? leggete il prossimo capitolo e lo scoprirete u.u
mi sono resa conto che questo capitolo è interamente nel punto di vista di louis, ma credo sia meglio così..
ah, ci tengo a dire che ho in mente di cominciare a scrivere anche qualcosa sulla romance larry, niente di sicuro, ma preparatevi! lol
okay la smetto. sakhgk al prossimo capitolo

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Capitolo 6
*** Sesto capitolo. ***


Sesto capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
La mia risata si era appena spenta quando guardai stupita Louis, con aria triste negli occhi, non sapendo come reagire alla rivelazione che mi aveva appena fatto. Riuscii solo a dire dispiaciuta “Oh, Lou…” prima che lui indietreggiasse di qualche passo e corse via.
Non ero abbastanza forte per osservarlo andare via, quell’immagine mi avrebbe distrutta. Fissai le mie mani che penzolavano vicino ai miei fianchi, sentendomi inutile. Alzai lentamente lo sguardo ed ero sola, in mezzo alla folla di bambini che si divertivano assieme ai genitori. Solo una volta che Louis se ne fu andato mi resi conto di quanto fossi sola senza di lui, dello spazio importante che stava cominciando ad occupare. Volevo ritornare indietro al ragazzo con il sorriso sincero, con gli occhi pieni di felicità, con la risata fragorosa. Volevo, dovevo parlargli.
Cominciai ad affrettarmi verso la direzione che aveva preso, pian piano aumentai il passo, finché non stavo letteralmente correndo. Mi tolsi le ballerine, che erano solo d’intralcio, e le piante dei miei piedi nudi mi fecero correre ancora più veloce.
Arrivai al limite del parco dove c’eravamo incontrati poco prima, tutto lo chiamavano “parco” ma in realtà era una specie di boschetto, dove in alcuni punti gli alberi si diradavano e quindi era stato possibile sistemarci qualche panchina e scivolo per i bambini. Dov’era finito Louis? Non poteva essere andato tanto lontano.
Gridai ripetutamente il suo nome, in preda al panico, senza accorgermene mi inoltrai nella vegetazione. Mi sembrò di aver sentito la sua voce, sollevai il viso e, in guardia, ascoltai in cerca di altri rumori. “Louis?” chiesi, correndo verso il punto dove pensavo si trovasse.
I miei piedi nudi si stavano tagliando e graffiando contro i sassi appuntiti e i rametti che ricoprivano il terreno, ma non mi interessava. Continuando a correre, inciampai nella radice di un albero e caddi a terra, un dolore acuto alla caviglia destra.

Louis’ Point of View:
“Mackenzie?” ero seduto ai piedi di una grande quercia, a riflettere e a maledirmi per la cazzata che avevo appena fatto, quando la sua voce mi era giunta alle orecchie. Mi alzai in piedi, ma non c’era nessuno. Trattenendo il fiato, come sempre quando sono agitato, avanzai. Le suole delle mie scarpe scricchiolavano e ogni tanto spezzavano un rametto, provocando fruscii nei cespugli vicini, dovuti a chissà quale animale.
Cosa le avrei detto una volta davanti a lei? Mi strofinai una mano sugli occhi e sulla fronte, per poi passare ai capelli, furioso e nervoso. Come avevo fatto ad essere così cretino da rovinare tutto alla nostra prima uscita?
Stavo ancora rimuginando, quando percepii dei movimenti e sentii un tonfo. Accelerai il passo e vidi il corpo di Mackenzie disteso sul tappeto d’erba, rametti e sassi.
“Mackenzie! C-cristo…Che t’è successo?” al suono della mia voce lei cercò di appoggiarsi sugli avambracci, ma non le diedi il tempo di farlo: la presi subito delicatamente in braccio, cercando i suoi occhi con i miei. Quando abbassai il suo mento costringendola a guardarmi, mi fece un’espressione piena di paura, compassione e pena, miste alla gioia di vedermi. Rimanendo nella nostra posizione- io in piedi, le mie braccia che stringevano attorno alle sue spalle e attorno ai suoi fianchi- lei mi strinse con il braccio destro, mettendo in quell’abbraccio tutte le emozioni che stava provando.
La contemplai per qualche istante, rimandando ciò che sapevo sarebbe accaduto fra poco, poi feci qualche passo e mi stesi sotto la stessa quercia di poco prima. Le scrutai la gamba destra e capii che si era fatta male: non era una ferita grave, però la pelle era graffiata e vicino alla caviglia spiccava il rosso del sangue. Ecco cosa le avevo fatto. Le avevo fatto del male.
Mi si appannò un po’ la vista, per il dolore e i sensi di colpa di aver ferito quella bellissima ragazza sia moralmente sia fisicamente. Cedetti quando un’unica grande lacrima cadde sul braccio di Mackenzie. Lei la fissò e poi fissò il mio volto, mentre io mi ostentavo a guardare davanti a me, evitandola. Le lacrime minacciarono di uscire anche dai suoi occhioni verdi, il dispiacere la stava consumando. Aggrappandosi a me ancora più forte, si avvicinò finché le nostre fronti non si toccarono e il suo dito indice, lo stesso con cui mi aveva toccato quella magica notte, raccolse le altre poche lacrime che mi rigavano le guance. La guardai negli occhi, adesso il suo sguardo era attento, premuroso, quasi curioso di vedere un ragazzo piangere. Asciugò tutte le mie lacrime e allora ci fissammo intensamente, lei, con un tremolio nello sguardo che le fece inarcare le sopracciglia in aria di attesa, andò dritta al punto.
“Perché ti sei innamorato di me quando raccolsi i fogli a Cece?” ora non riusciva a sostenere lo sguardo e osservava un piccolo particolare, come aveva fatto martedì con il bottone della mia camicia, in questo caso decise per il lobo del mio orecchio. “Voglio dire, anch’io me ne sarei dimenticata, se tu questa sera non me l’avessi…ricordato.”
Sospirai, capendo che prima o poi gliel’avrei dovuto dire. Aveva anche tutti i suoi motivi, pure io al suo posto avrei voluto sapere.
“E’ che tu eri…intenta a chiacchierare, sai, con le tue amiche più popolari e cose varie. Parlavi probabilmente di non so quale partita di football… e di ragazzi, di come ti fosse andata bene l’ultima interrogazione di inglese. Eri tu, popolare, intelligente e bella, ma questo lo sapevo da un pezzo. Ma ecco che Cece viene spintonata da un ragazzo, tutti la ignorano, e invece tu interrompi ciò che stavi dicendo e ti chini. La aiuti.” Mackenzie sorride appena, ricordando. “Fosti così autentica e sincera. Io ero al mio armadietto qualche passo più avanti e ti vidi benissimo mentre facevi a Cece l’accenno di un sorriso, per poi tornare dalle tue amiche. Per un momento capii chi eri realmente. Mi feci sorridere involontariamente quel giorno.”
Mackenzie era afflitta a causa di ciò che mi stava per dire. “Lou, non è colpa tua. Hai detto delle cose meravigliose, davvero… Nessun ragazzo mi aveva mai notato per un motivo del genere.” sorrise, come ripensando ai motivi per cui gli altri ragazzi normali perdevano la testa “Tu sei speciale. Mi sento al sicuro quando sono con te, e terribilmente sola quando non ci sei.” alzai lo sguardo, ascoltando la nuova informazione. “Mi fido di te. Ma…” appoggiai la testa al tronco della quercia, sollevando il mento e guardando le stelle, senza realmente vederle, preparandomi al peggio. “…m-ma pensando a te penso più ad un fratello maggiore che ad…altro.”
Annuii, i suoi sentimenti erano ovvi e giusti. Lei non mi aveva mai notato a scuola, e io da parte mia non mi ero mai spinto a parlarle. Annuii di nuovo, con più vigore, scrollandomi via la tristezza; la mia gola era asciutta quando presi di nuovo in braccio Mackenzie, il suo viso sprofondò nel mio petto e la accompagnai a casa.
L’avevo depositata sugli scalini davanti alla porta di ingresso e mi ero voltato per andarmene, quando la sua voce mi richiamò.
“Louis!” mi girai “s-sei tu l’ammiratore segreto, vero?”
Sentii un cubetto di ghiaccio scivolarmi alla bocca dello stomaco, quando dissi un fievolissimo “Sì”. Mackenzie annuì quasi impercettibilmente e, senza dire altro, lei entrò in casa e io mi incamminai per la via. 


ehyy cari lettori! vi chiedo scusa...questo capitolo è davvero davvero breve, ma per farmi perdonare pubblicherò presto il settimo. :)
sono felice di star ricevendo le prime recensioni: continuate così, mi aiutate molto a capire se sto facendo giuste decisioni o meno scrivendo la storia!
comunque, passiamo al capitolo. la scorsa volta vi ho lasciate (spero (?) ) con il fiato sospeso, perché Louis si era dichiarato. Ora mancava la reazione di Mackenzie...questa capisce (finalmente lol) che è Louis ad averle scritto la poesia in francese e...sì, ammetto che questo capitolo è parecchio triste però non preoccupatevi , mi rifarò con l'ottavo :)
okay la smetto di scrivere ahaha
enjooy. 
@marshallslily on twitter

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Capitolo 7
*** Settimo capitolo. ***


Settimo capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
L’estate si avvicinava sempre di più, era trascorsa una settimana dall’ultima volta che avevo parlato con Louis. Eravamo a metà maggio e il grande ballo di fine anno si avvicinava. Striscioni enormi sovrastavano i corridoi, cartelloni affissi ad ogni porta, volantini colorati erano fatti scivolare negli armadietti di ognuno, i ragazzi fermavano sempre più spesso i loro sguardi sulle femmine nei corridoi, valutando quale preda invitare al ballo della loro vita, le ragazze squittivano e arrossivano più che mai. Insomma, tutta la scuola era in fibrillazione. Tutti, tranne due studenti: io e Louis.
Da parte mia, cercavo di non pensarci troppo, ripetendomi che quei giorni potevano essere i più belli della mia vita, ma la voce di Louis che mi rivelava di essere innamorato di me non mi dava pace. Devo ammettere che, prima di quella conversazione, avevo anche immaginato di chiedere a Louis di accompagnarmi alla festa. Magari solo come amici, per poi capire cosa realmente provavo per lui. Ma quello che mi aveva detto mi aveva fatto fare cento passi indietro. Non potevo mentirgli dicendo che anch’io lo amavo profondamente, perché non era vero.
Avrei voluto solo cancellare quella notte, far rimangiare le parole a Louis. Lui mi avrebbe accompagnata fino a casa, gli avrei mostrato un timido sorriso, mi avrebbe baciato sulla guancia e i giorni dopo avremmo continuato a vederci.
Sbuffai, tornando alla realtà, nel corridoio della scuola. Il mio armadietto era ancora aperto: prima di perdermi nei miei pensieri, ero in cerca del libro di scienze. Lo afferrai e chiusi lo sportello con un rumore metallico. La punta delle mie converse si era posata su un volantino caduto per terra. Chinandomi, lo raccolsi. Leggendo ciò che c’era stampato sopra incorniciato da tanti cuori rossi e rosa, dissi involontariamente “Tutte cazzate”. Poi sentii la presenza di qualcuno nel corridoio deserto- la campanella era suonata e io pensavo di essere l’ultima ritardataria.
Alzai lo sguardo e il mio cuore perse un colpo incrociando quei magnifici occhi azzurri.

Louis’ Point of View:
Rimasi a bocca spalancata. Una mano teneva la spallina dello zaino che avevo appoggiato frettolosamente su una sola spalla, quando mi ero reso conto di essere in ritardo a lezione. Io e Mackenzie diventammo improvvisamente rigidi, non sapendo cosa fare, cercando di capire le azioni dell’altro per adattarci. Ma non c’era azione: eravamo completamente immobili, a tre metri di distanza, lei con ancora in mano un volantino. Mi congelai ancora di più quando capii che volantino fosse. Stava pensando con chi andare al ballo? O forse era già stata invitata da uno dei suoi tanti ammiratori? Lui si era avvicinato al suo armadietto, con ancora il pallone da rugby in mano, e l’aveva invitata con charme? Magari lei si era soffermata sui muscoli di lui che si intravedevano dalla maglietta e poi aveva annuito velocemente?
Un misto di gelosia e nausea mi salì dallo stomaco, percorse la gola e, prima che potessi evitarlo, mi fece vomitare le parole “Vuoivenirealballoconme?”. Spalancai gli occhi e fissai tutto fuorché lei, dandomi ripetuti calci in faccia mentalmente.
Lei aggrottò le sopracciglia, un pochino confusa “C-cosa?”.
Presi un respiro profondo “Vuoi…venire al ballo con… beh, con me?”
Mi fissò, improvvisamente impacciata “Oh…ehm…Lou, sai… Sì… cioè, no. No. Ecco, no. Vado al ballo con Sam”.
Mi afflosciai come se mi avessero sgonfiato di tutta l’aria che avevo dentro. In effetti non riuscivo a respirare. Cercai di accennare un sorriso mentre dicevo “Ah, certo…Nessun problema. Probabilmente anch’io ci andrò con…”-pensai disperatamente ad una qualsiasi persona di sesso femminile che non fosse la donna che serviva alla mensa-“…con Jessica, del corso di francese.”
Mackenzie mi fissò il colletto della camicia, per un istante si perse nei suoi pensieri, e io mi girai per andarmene e mettere fine a quell’imbarazzante conversazione, però prima che mi allontanassi troppo lei mi disse “Sarebbe bello scegliere insieme i nostri vestiti! Sai…uscire un po’ io e te”.
Dandole la schiena sorrisi a me stesso, cercando di non illudermi troppo del fatto che Mackenzie Thomas mi avesse chiesto di uscire con lei.
I giorni volarono e un pomeriggio mi ritrovai davanti alla porta d’ingresso di Mackenzie per la seconda volta- la prima fu quando lei capì che ero io il suo ammiratore.
Passandomi nervosamente una mano fra i capelli, con l’altra mano bussai, pregando che fosse lei ad aprire. Si sentirono dei passi farsi sempre più vicini e la porta si aprì rivelando una donnetta di mezza età dal viso simpatico “Oh, tu devi essere l’amico di Kenzie…scusami, te la chiamo” mi disse sorridendo, un pochino disorientata perché presa completamente dalla soap opera che era in tv al momento. Diversi fazzolettini usati erano ammucchiati sul divano insieme ad una coperta.
Quando la madre di Mackenzie urlò il suo nome, lei si precipitò giù dalle scale e con un po’ di fiatone mi sorrise “Lou, ciao”. Allora mi chiese di seguirla un attimo al piano di sopra, probabilmente perché doveva prendere la borsa e tutte le altre cose inutili che le ragazze si portano dietro.
Mi stupii quindi, quando Mackenzie chiuse la porta della sua camera dietro di noi e si sedette sul letto, osservandomi. La guardai con aria interrogativa e lei disse di colpo, non staccandomi gli occhi di dosso “Mi chiamo Mackenzie Jane Thomas. Jane era il nome di mia nonna, le volevo tanto bene, perché quando ero piccola mi regalava sempre le mie caramelle preferite, quelle alla fragola, e mi chiamava Fragolina. Poi ascoltavamo Strawberry Fields dei Beatles e io canticchiavo, senza conoscere realmente le parole. Mi fanno impressione le orecchie degli animali, soprattutto quelle dei cani. Il mio colore preferito è il verde. Canto sotto la doccia. Quando compirò ventun’anni mi tatuerò il simbolo dell’infinito sull’indice della mia mano destra, senza un significato preciso, attribuendogli valore man mano che vivo la mia vita.”
Fissai le onde castane dei suoi capelli che ricadevano dal bordo del letto, per poi sdraiarmi accanto a lei. Entrambi a pancia in su, lei con le mani dietro alla testa e io con una gamba piegata, osservammo il soffitto per quelle che mi parvero ore. 

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Capitolo 8
*** Ottavo capitolo. ***


Ottavo capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
“Non ti permetterò di indossare un vestito del genere, Mackenzie!” la risata di Louis echeggiò nel negozio. Dopo aver fissato per parecchi minuti il soffitto della mia stanza, mi ero alzata porgendo una mano a Louis, il quale sorridendo l’aveva afferrata. Ora stavamo discutendo se un particolare abitino rosso fosse adatto a me o no.
“A me piace.” sbuffai, ma anche lasciandomi sfuggire un risolino per fargli capire che non ero realmente offesa “E’ carino.”
“E’ da troia” disse Louis, imitando il tono della mia voce e facendomi il verso.
“Ah, sì? Bene! Ora vediamo chi ride.” con aria di sfida gli buttai fra le braccia i diversi abiti che avevo selezionato, la mia borsa, e anche il mio maglioncino. Il viso di Louis spuntò dietro quella montagna di indumenti “Non te lo starai andando a provare…!”
Entrai nel camerino e, prima di chiudere le tende, gli feci una linguaccia.
Il vestito in effetti era particolarmente stretto e accentuava fin troppo bene il mio sedere e il mio seno. Le mie gambe sembravano chilometriche, ma nonostante tutto non mi sentivo affatto a mio agio indossandolo. Uscii, aprendo le braccia e scuotendo le mani molto alla Broadway, Lou scoppiò di nuovo a ridere. “Non se ne parla, Mackenzie.” e io annuii, dicendo “Sì, fa proprio schifo”. Afferrai un altro vestito da provare e notai il suo viso: sembrava pensare “Beh, non proprio così schifo…”. I miei sospetti vennero confermati quando notai lo sguardo di Louis posarsi sulla mia vita e sulle curve dei miei fianchi.
Sorrisi “Non mi vedrai mai più vestita così, rassegnati” ed entrai per la seconda volta nel camerino. Mentre mi stavo cambiando, il vestito arrivato solo poco sotto le mie mutande, capii che Louis si stava avvicinando, poiché il parquet del negozio scricchiolava sotto le sue suole.
“Okay, mi rassegno. Non ti vedrò mai più vestita da troietta, un vero peccato…” la sua voce era sempre più vicina mentre diceva “…Ma potrei lo stesso non vederti mai più vestita e basta…”. Le tende si scostarono leggermente e io strillai mentre lui cominciava a farmi il solletico. Il vestito che stavo cercando di provare era ancora incastrato, troppo stretto per la mia taglia. Mentre io ridevo fino a non avere più aria, Louis notò quel particolare e, abbassandosi, trascinò con sé anche il vestito, porgendomi la sua mano per rimanere in equilibrio mentre lo sfilava dai miei piedi, lasciandomi in reggiseno e mutande. Rimanendo inginocchiato, la sua mano sinistra mi sfiorò partendo dalla mia biancheria; seguiva tutta la linea del mio fianco. Percorse la mia gamba lentamente, provocandomi dei piccoli brividi.
Stavo ancora cercando di capire cosa fosse successo, quando Louis sogghignò e uscì dal camerino con l’abito, dicendo semplicemente “Questo lo scartiamo, è troppo stretto.”
 
Louis’ Point of View:
Dopo qualche secondo, la testa di Mackenzie sbucò dal camerino, per la prima volta realmente imbarazzata, chiedendomi di porgerle un altro abito.
Le ne passai quindi un terzo. In breve era di nuovo vestita e volteggiava davanti all’enorme specchio a parete dei salottini prova. “E’ il mio preferito” mi confidò.
Era un abito semplice, senza spalline: una fascia di tessuto e pizzo rosa antico le copriva il petto, ad essa era cucita una gonna nera che le arrivava a metà coscia. Stava davvero bene. Fece un’ultima giravolta. “Anche il mio” dissi.
Quel pomeriggio scegliemmo anche ciò che avrei indossato io al ballo, ma il pensiero di quanto Mackenzie fosse bella in quel vestitino nero e rosa mi impedisce di ricordare di preciso particolari meno importanti. Credo che comprammo una cravatta, o qualcosa del genere.
La sera del ballo era arrivata e solo il giorno prima avevo chiesto frettolosamente e senza interesse a Jessica di venire al ballo con me, dicendole chiaro e tondo che avevo una cotta per un’altra ragazza.
“Uuh, e chi sarebbe?” mi aveva detto, fissandomi.
“Non lo saprai mai.” Ci eravamo osservati per qualche istante. Poi lei, squadrandomi dalla testa ai piedi, aveva accettato “Okay, meglio che niente. Avrei passato la serata a fare da baby-sitter.”
Se n’era andata lasciandomi in piedi vicino al suo armadietto. “Meglio che niente?” avevo pensato “Uno squallido ‘meglio che niente’?! E’ questo che sono agli occhi delle ragazze?”.
Ora io e Jessica eravamo nella palestra della scuola: le luci soffuse, i faretti posti ogni tanto, le tende e le decorazioni la rendevano quasi un posto piacevole. C’erano ancora pochi studenti, erano solo le sette e mezza, e i miei occhi vagavano per tutta la sala cercando Mackenzie.
“Non mi vuoi proprio rivelare chi è?” Jessica era seduta ad un tavolo, mentre io ero in piedi appoggiato al muro lì vicino.
“No.”
“Hai intenzione di farmi ballare stasera?” accennò con la testa al dj.
“Solo quando ci sarà lei in giro. Devi fingere di avere una cotta per me, va bene Jess?” le dissi senza neanche guardarla, continuando a voltarmi ogni volta che il portone veniva aperto. Non notai nemmeno il debole cenno di assenso di Jessica, perché nello stesso momento entrò una bellissima ragazza castana dagli occhi verdi. Il vestito che avevamo scelto insieme le stava d’incanto.

Mackenzie’s Point of View:
Ero al ballo da un’ora. Mi divertivo mangiando delle patatine e ancheggiando, facendo dei piccolo passetti a ritmo di musica. Sam volava sulla pista da ballo insieme ad una ragazzino più piccolo, che le aveva timidamente chiesto l’onore. Risi guardandoli. Samantha era meravigliosa: i capelli rossi sparavano in tutte le direzioni come sempre, e perciò sembravano un po’ stonare con l’elegante vestito a balze verde smeraldo che la ricopriva, ma una volta abituati l’effetto non era niente male.
Stavo cercando Louis con lo sguardo, quando un ragazzo mi venne addosso mentre trascinava la sua ragazza a ballare, entrambi ridevano.
“Uh, scusami!” il ragazzo ancora sogghignava “mi dispiac… ehy, Mackenzie!”
“E-ehy…ciao, Louis. Lei dev’essere…” dissi indicando leggermente la biondina che lo teneva per mano.
“…Jessica” finì lei, sorridendo mentre guardava Louis. Qualcosa dietro al suo sguardo non mi piaceva per niente. A quel punto, una sua amica la chiamò a gran voce e lei si girò, cinguettando nell’orecchio a Louis “Arrivo subito tesoro…”.
Arrivo subito tesoro…” le feci il verso appena se ne andò. Io e Louis eravamo rimasti da soli. Lo fissai dalla testa ai piedi: il completo elegante che avevo deciso per lui gli stava da dio, la cravatta azzurra perfettamente intonata ai suoi occhi. C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento, non sembrava nemmeno lui, con quella presa stretta sul bicchiere che teneva in mano, l’altra mano infilata con sicurezza nella tasca dei pantaloni, lasciando uscire solo il pollice.
“Allora, bella serata, non trovi?” disse Louis, accennando alla pista da ballo con la mano che stringeva il bicchiere. Doveva aver bevuto abbastanza. Ovviamente non era ubriaco, però le sue guance erano più rosse del solito e inoltre si tolse la giacca: cominciava ad avere caldo.
“Certo, è un amore.” risposi, senza ammettere che in realtà non mi stavo divertendo granché “Io e Sam non abbiamo smesso un secondo di ballare vicine.”
“…vicini” mi corresse Louis.
“Che vuoi dire?”
“Nulla…Hai detto ‘vicine’, ma in realtà sarebbe ‘vicini’. Tu e il tuo accompagnatore non avete smesso un secondo di ballare vicini.” a Louis sembrò fare ribrezzo quella frase mentre la diceva.
“No, ‘in realtà sarebbe’ vicine, professor Tomlinson. Visto che il Sam a cui pensi tu è una Samantha.”
Louis mi fissò per un momento, poi aggrottò le sopracciglia. “Intendi che Sam è una. ragazza?” stavo aprendo la bocca per parlare, ma lui non me ne diede il tempo “Perché non me l’hai detto?!”
“Non avevo nessun motivo per dirtelo, papà.” ribattei, l’irritazione che mi saliva per il fatto che lui fosse realmente venuto al ballo con qualcuno, mentre io mi ero aggregata alla mia migliore amica. Percepii la rabbia nel suo tono mentre diceva “Ti ho chiesto di venire al ballo con me e tu mi hai rifiutato per venirci con una tua fottuta amichetta. Sapevi benissimo che credevo che Sam fosse un maschio.”
“Come ti permetti di chiamare ‘fottuta amichetta’ Sam?! Lei è la mia migliore amica.” sbottai, infuriata.
“E tu che pensi apertamente che Jessica sia una troia? Beh, lei è amica mia.”
Ignorandomi, lui continuò “Se davvero ti facevo troppo schifo per non voler venire al ballo con me, almeno me lo dicevi in faccia, cazzo Mackenzie.” stritolò con la mano il bicchiere di plastica. Lo appoggiò sul tavolo e, mentre mi passava di nuovo accanto, sibilò “Sono stufo delle tue scuse. Di darti tutto me stesso e in cambio non ricevere nulla.”
Quelle ultime parole mi ammutolirono e non riuscii a fare nulla se non a guardarlo uscire dalla palestra con indosso solo la camicia bianca.





okay salve salvino gente!
ah ah ah lo squallore che mi assale a mezzanotte e passa. bene, non sapevo che fare, mi stavo annoiando su twitter (@marshallslily, vi ricordo :) ) e allora ho deciso di pubblicare l'ottavo capitolo. ho notato che la storia, oltre a essere stata recensita da QUINDICI PERSONE che ringrazio davvero sakdghdj, è stata messa fra le preferita da UNDICI e ricordata da SEI. davvero mi migliorate le giornate, e mi fave venir voglia di continuare a scrivere! ahahah
beeene. in questo capitolo c'è una specie di punto di svolta. capirete nel prossimo ;)
sinceramente mi piace molto perché l'ho scritto in un giorno in cui ero ispirata (?) e devo dire che la fine è molto TAN TAN TAAAN. okay. la smetto e magari vado a riposare un po'. continuate a recensire e a dirmi cosa ne pensate, le opinioni - positive o negative che siano- si accettano sempre!
ciau. xx

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Capitolo 9
*** Nono capitolo. ***


Nono capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
Afferrai la giacca che Louis aveva lasciato sulla sedia e lo inseguii all’aperto.
Strizzai gli occhi per l’improvviso passaggio dalle luci artificiali della palestra alla notte buia, però riuscii ad intravedere una persona seduta sul marciapiede d’ingresso della scuola. Camminai lentamente e, quando gli arrivai alle spalle, dissi solo una sillaba:”Lou.”
Louis aveva allentato il nodo della sua cravatta e sbottonato un po’ la camicia: sembrava si sentisse soffocare, e l’alcool e la rabbia che gli pulsavano nelle vene non aiutavano.
“Non ho voglia di parlare Mackenzie.” il ragazzo sensibile e insicuro che avevo conosciuto era come sbiadito, sostituito da un Louis più furioso, silenzioso e menefreghista. Stranamente, quella sua risposta non mi scoraggiò. Anzi, mi sedetti vicino a lui con una nuova positività.
“Bene, perché l’importante è che parli io adesso.” abbozzai un sorriso, guardandolo cercando di leggergli la mente.
Come al solito, andai dritta al punto “Louis, non ti ho voluto far ingelosire in qualche modo. Sai… per la storia di Sam.”
Lui continuava a guardarsi le scarpe, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e un’espressione corrucciata. Presi il suo silenzio come l’occasione di dirgli cosa realmente pensavo.
“Avevo promesso a Samantha che saremmo andate insieme al ballo, tutto qui. Ho semplicemente…sì, magari potrei aver evitato di specificare che Sam era la mia amica.” sbuffai “Ma tanto cosa importa, tu non hai aspettato un secondo per invitare quella Jessica.” Louis aggrottò ancora di più le sopracciglia, e alla sua indifferenza questa volta scoppiai. “Non so cosa mi fossi messa in testa…Boh, pensavo che dopo la serata al luna park sarebbe cambiato qualcosa.” Attesi qualche secondo e poi dissi, come per rispondergli, anche se lui non aveva aperto bocca “Lo so, lo so che quella notte ti ho detto che per me eri come un fratello. Però tu mi avevi detto di amarmi e poi vedo che te la spassi con Jessica…”
“Pensi realmente che sia andata così? Non  hai capito niente. Quello che ti ho detto la sera delle giostre era tutto vero, tutto. Secondo te vado a dire ad ogni ragazza delle cose private (e imbarazzanti) su di me per poi dirle che la amo? No. Era da un anno che mi trattenevo e te l’ho detto. Avrei fatto meglio a starmene zitto” disse Louis, dopo un attimo di incertezza per come formulare le parole che mi avrebbero ferito di più. “Ah e poi Jessica è una brava ragazza…” in quel momento mi ritornò la voce e strillai “Come fai a dire…!” ma Louis mi interruppe, urlando “No, stai zitta! L’ho invitata al ballo giusto ieri e lei ha accettato pur di avere una scusa per non fare da baby-sitter questa sera. E’ stata la prima persona che mi è venuta in mente quando hai detto che tu eri già occupata. Era tutta una balla, okay? Stai zitta se non sai le cose. Stai zitta!”

Senza rendersene conto, mentre si sfogava si era alzato in piedi. Si sedette di nuovo sul marciapiede, entrambi increduli di come mi avesse parlato.
Mi accarezzai la guancia con il dorso della mano, ricacciando dentro le lacrime, e mormorai “N-non…” cercai le parole e Louis, che cominciava ad essere dispiaciuto, mi sfiorò il braccio “Mackenzie…”
Mi alzai in piedi per evitarlo e feci qualche passo indietro, questa volta urlando “Non toccarmi! Volevo solo passare una bella serata. Con i miei amici, con la mia migliore amica e con te. Volevo parlarti perché ci sono tante cose che non sono ancora riuscita a dirti. Tipo la notte della festa, quando hai preso le mie difese. Oppure quando ci siamo guardati negli occhi. Quando ti ho svegliato e mi hai sorriso. E poi mi hai preso in braccio e fatta girare. O anche quando mi hai detto che mi amavi. Cioè… che mi ami. Perché mi ami ancora, vero Louis?” la mia voce s’era pian piano abbassata di volume, Louis sembrò vergognarsi delle mie ultime parole. Così mi risposi da sola “Louis, tu mi ami ancora.”
I suoi occhi azzurri si incontrarono con i miei. La mia voce era ormai solo un sussurrò quando dissi “E questa sera ho voluto dirti tutte queste cose. Questa sera non voglio stare zitta… perché mi sto innamorando di te.”
 
Louis’ Point of View:
La dernière pour voir ta bouche.
All’inizio, appena Mackenzie sussurrò quelle parole, rimasi un attimo perplesso. Scrutandole gli occhi, capii che era un po’ imbarazzata di quello che aveva detto, però aveva uno sguardo determinato. Osservai la sua bocca a cuore, rossa e dalle curve perfette. Iniziò a piovere. Inevitabilmente sorrisi. Anche le sue labbra si aprirono in un sorriso, tutte le discussioni di poco prima volarono via, e pian piano i nostri corpi si avvicinarono in un abbraccio. Mi strinse più forte le braccia intorno al collo, con il volto nascosto nel mio petto, e non disse nulla, perché aveva detto tutto ciò che era importante da dire, e ora erano i nostri corpi a parlare. L’abbraccio sembrò durare ore, ma non ne avevamo mai abbastanza; solo quando cominciò a piovere a dirotto mi staccai leggermente. “Così congeli, hai addosso solo un vestito leggero” presi dal marciapiede la mia giacca, che Mackenzie mi aveva portato, e la obbligai a indossarla.
“Anche tu hai solo la camicia, Lou” adoravo quando diceva il mio nome.
“Non importa…vieni, ti porto in un posto” la presi per mano.
“Dove stiamo andando?” disse Mackenzie cercando di non sembrare troppo curiosa.
 
Dopo aver camminato per un po’, arrivammo su un altopiano. Non era niente di che, però in pochi sapevano come raggiungerlo e inoltre da lì si vedeva tutto il paese.
“Ci venivo spesso quando ero bambino…Mio papà si fissava di dovermi far diventare un ‘vero uomo’ e ogni tanto, quindi, organizzava delle notti in tenda. Proprio qui. Dormire all’aperto vicino a un bosco mi terrorizzava, non sono mai stato un amante degli orsi…Beh, quale bambino lo sarebbe?! Però l’idea di poter ammirare le luci delle case in paese mi tranquillizzava. Mi ricordavano un giocattolo che avevo appeso sopra alla culla: erano tante stelle messe in cerchio che ruotavano dolcemente…L’ho rotto qualche anno fa mentre…Ehy, Mackenzie?” avevo parlato guardando il panorama- tutte le tracce d’alcool (o forse di rabbia?) presenti nel mio corpo parevano completamente scomparse- e solo poi mi ero girato a guardare Mackenzie, che era qualche passo dietro di me. Mi fissava in modo curioso e quasi triste. Mi avvicinai a lei, ma non osai metterle le mani sui fianchi “Che succede piccola?”
Lei osservò ogni particolare del mio viso prima di rispondere “Le…le cose che dici. Che racchiudi dentro di te. Il modo in cui me le fai sapere. Non ti rendi conto di quanto sia bello.” mi sorrise timidamente.
Questa volta fu il mio turno di rimanere stupito. Per Mackenzie non ero solo un “meglio che niente” come lo ero per Jessica e qualsiasi altra ragazza. Mackenzie aveva davvero trovato qualcosa di speciale in me, qualcosa che nemmeno io mi rendevo conto di avere. E questo mi faceva sentire benissimo.
Muovendomi seguendo le emozioni che provavo, la baciai.
Lei ricambiò subito e sorrise nel bacio, mentre mi metteva una mano fra i capelli. I nostri respiri si affannarono e riuscivo a sentire le linee perfette delle sue labbra. La mia lingua sentiva il bisogno di scontrarsi con la sua, senza che me ne accorgessi le mie mani stavano accarezzando la linea dei fianchi e del collo di Mackenzie. Ci staccammo dolcemente e, più rivolto a me stesso che a lei, sussurrai prendendo un lungo respiro “L’ultimo per vedere la tua bocca.”
Mackenzie scoppiò a ridere e anch’io non riuscii a trattenere un sorriso mentre mi leccavo le labbra, una fossetta apparve sul mio viso.
“Ti voglio davvero bene Louis.”  disse guardandomi e quelle parole, che potrebbero sembrare banali, risuonarono bellissime e piene di significato. Mi sdraiai sul prato aprendo il braccio destro e lei subito si mise accanto a me, riempendo lo spazio fra il mio braccio e il resto del corpo. Entrambi ce ne fregavamo di essere vestiti eleganti. “Ti voglio bene” risposi.
I fuochi d’artificio, tradizione che ogni anno segnava la fine dell’anno scolastico, cominciarono a colorare il cielo nero sopra di noi e ancora una volta rimanemmo senza parole. Eravamo semplicemente felici, tutti e due, dopo tanto tempo.
Prima che me ne accorgessi le labbra di Mackenzie erano di nuovo premute contro le mie. Scesero lentamente sotto il mio labbro inferiore e baciarono il punto esatto in cui mi si formò una fossetta perché sorridevo. Mackenzie percorse tutta la linea del mio mento e, mentre le accarezzavo i capelli, baciò dove la mia mascella si incontrava con il collo. Capii che era davvero vicina al mio orecchio quando sussurrò “Ora tocca a me vedere meglio la tua bocca.”
Anche se non lo disse maliziosamente, ma come una semplice affermazione, quasi giocosa, riuscì a farmi venire i brividi. Senza farmelo ripetere, aprii gli occhi- possibile che si fossero chiusi senza che lo avessi notato? I nostri occhi si incrociarono ancora una volta: blu contro verde. Le baciai piano l’attaccatura dei capelli castani dietro l’orecchio e, seguendo quelle onde castane, scesi lungo il collo. Ogni volta che le mie labbra sfioravano la sua pelle, noi eravamo sempre più felici. Strinse i miei capelli più forte quando ero quasi arrivato alla spalla: notai che quel punto le piaceva e lo baciai ripetutamente, per poi morderle leggermente la pelle. Ripetei più volte l’operazione e poi la punta della mia lingua corse lungo la piccola ferita: anche se tutto questo sembrava provocare un piacere assurdo a Mackenzie, mi sentii comunque un po’ ingenuamente in colpa per il piccolo segno rosso che le avevo lasciato.
Non sapevo nemmeno che le mie labbra riuscissero a fare cose del genere. Sfiorando di proposito con il naso quel punto sulla sua spalla, mi sdraiai di nuovo sull’erba bagnata e le nostre labbra si allargarono contemporaneamente in un sorriso. 






ciao gente! avrei dovuto aggiornare ieri sera ma per vari eventi spiacevoli che non sto a raccontarvi non l'ho fatto..okay duuunque. ho aggiornato anche se il capitolo precedente ha avuto UNA SOLA recensione (positiva ahskhgkj grazie) :( noto che la storia è abbastanza letta (?) però poco recensita. davvero, prego chiunque la legga di lasciare anche solo un breve commento, mi aiuterà a migliorare e non costa nulla! :) however, più la storia va avanti e più mi sembra bimbominchiosa. ahahhaah non so perché. spero sia solo una cosa mia. voi che ne pensate?
arriviamo a ciò che è successo in questo capitolo. dall'ottavo probabilmente vi aspettavate la litigata del secolo (?) mi scuso se non è stato così. è che i protagonisti sono così teneri, non ce la faccio a vederli arrabbiati più di tanto.. lol infatti poco dopo fanno pace e...tan tan tan colpo di scena, Mackenzie si sta innamorando del nostro Boo. è piuttosto banale, lo so OuO 
dai prossimi capitoli diciamo che comincerà la vita da semi-fidanzatini amorosi di Macklou (Louckenzie? okay, ci stiamo lavorando sul nome da coppia ahahhahah) NON PERDETEVELA! 
la smetto. RECENSITE RECENSITE RECENSITEEE. @marshallslily su twitter, se volete essere avvisate quando aggiorno menzionatemi. :) enjoy.

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Capitolo 10
*** Decimo capitolo. ***


Decimo capitolo.

Mackenzie’s Point of View:
“Allora, ti sei divertita ieri sera?”
Era mattino e mamma mi stava versando il caffè in una tazza, sbadigliando. La sera prima ero tornata a casa anche abbastanza presto dopo i baci- un brivido mi salì dalla schiena- con Louis, ma mia madre doveva aver trascorso una giornata estenuante al lavoro ed era già andata a dormire. Quindi ora era in cerca delle informazioni che non aveva ottenuto al mio rientro.
“Sì, è stato carino…” borbottai mischiando lo zucchero nel caffè, guardando il vortice che stavo provocando nel liquido nero con il cucchiaino.
Mia mamma non ci cascò “Solo carino?! Tesoro, magari i tempi sono davvero cambiati…però quando io avevo la tua età il ballo della scuola lo aspettavano tutti! Oh…mi sento così vecchia…” si perse via in ricordi nostalgici, tipici del sabato mattina “Comunque non ci credo che è stato solo ‘carino’. Racconta!”
Alzando gli occhi al cielo, dissi “Beh, è stato divertente ed emozionante. Okay? Ti vanno bene come parole, signora Ho-ingoiato-un-vocabolario?” mamma fece finta di tirarmi addosso il cartone del latte e scoppiammo a ridere. “Okay, tregua, tregua!” risi fragorosamente e poi ammisi “E’ stato bello, davvero. Sam e io eravamo molto carine nei nostri vestiti e l’atmosfera non era neppure così squallida come avevo temuto. E poi Louis…”
Mamma sembrò essere tornata una quattordicenne mentre squittiva “Oh, Louis? Ma è…è un ragazzo! Aspetta, non sarà mica quel tizio occhi-color-cielo con cui sei andata alle giostre!” Annuii. “Kenzie, sono così felice per te!”
Continuò a parlare per un quarto d’ora di quanto lei avesse notato subito che Louis fosse quello giusto, cosa davvero stupida perché l’aveva visto sì e no due secondi. Quando mi chiese che avevamo fatto ieri sera, le mie guance diventarono visibilmente rosse “Mamma…” Bevendo l’ultimo sorso di caffè, inarcai le sopracciglia perché il mio telefono cominciò a vibrare e lo schermo ad illuminarsi. Stampai un bacio sulla guancia a mia madre prima di correre in giardino: l’aria era estiva e si stava bene.
Mi sedetti sul prato, appoggiando la schiena contro il muro bianco di casa mia, e risposi al telefono.
“Lou?”
“Buongiorno principessa.” riuscii a percepire il suo sorriso nel pronunciare quelle parole.
“Non sai quanto ti voglio ringraziare…”
“Beh, avrai modo di ringraziarmi più tardi…” la voce di Louis si fece più bassa e sexy.
“Ma non mi hai nemmeno lasciata finire! Dicevo, mi hai dato una scusa per scampare ad un interrogatorio di mia madre su ieri sera…Non ne potevo più” imitai la voce da pettegola di mamma “E chi è questo Louis… Quante volte vi siete visti dopo la sera delle giostre…Com’era vestito al ballo…Che avete fatto quella sera…!”
Louis sbuffò divertito, ma poi sembrò preoccuparsi un pochino “I-in che senso ‘che avete fatto quella sera’? Non le avrai mica detto…”
“Tranquillo, Lou. Non abbiamo ucciso nessuno. E il segno dei tuoi denti sul mio collo è completamente nascosto dalla maglietta.” assicurai.
“Va bene, carina come maglietta comunque, i pony rosa sono molto chic.”
“Graz…Ehy, come fai a sapere che…?” mi portai la mano alla bocca, notando solo ora il bellissimo ragazzo che stava in piedi in fondo al vialetto di casa mia. Mi sorrise e corsi ad abbracciarlo, sentendo solo in quel momento quanto mi fosse mancato, anche se eravamo stati separati solo per qualche ora.
“Per quanto io possa amare i pony, ora vestiti: si va a fare un giretto.”

Louis’ Point of View:
Mackenzie brontolò che quello era solo uno stupido pigiama di qualche anno fa, e mi trascinò dentro casa sua. Passando per la cucina disse velocemente a sua madre che ‘noi’ salivamo un attimo, quella alzò lo sguardo dai fornelli dicendo “’Noi’ chi, Kenzie? Oh, Louis, che bello rivederti!” Mi porse una mano infarinata, che strinsi sorridendo prima che sua figlia mi tirasse per l’altro braccio.
Una volta in camera sua, Mackenzie spalancò l’armadio e tirò fuori metà dei vestiti che conteneva, prima valutandoli e appoggiandoseli addosso per vedere come le stavano, per poi scartarli buttandoli sul letto. Mi sedetti sul tappeto e appoggiai la testa sul materasso morbido. Finalmente lei sembrava aver scelto un vestito di suo gusto: dandomi le spalle, si fece cadere i pantaloncini del pigiama fino alle caviglie- pensava di avere una maglietta abbastanza lunga da coprirla, ma missione fallita: indossava dei semplici slip- a quanto pare sentì il mio sguardo sul suo corpo perché sibilò “Louis, chiudi gli occhi.” Li chiusi e, quando li riaprii, Mackenzie mi sorrideva attraverso lo specchio, dandomi ancora le spalle, vestita in un carino abito a fiori. Dopo aver rovistato per un po’ nella trousse, afferrò il mascara e se lo mise con un’espressione buffa.
“Non hai bisogno di tutte quelle cose.” le dissi, e lei si girò, con la bocca spalancata mentre tentava di mettere un filo di rossetto. “Sul serio. Sei sempre bellissima, con o senza trucco. E poi il rossetto ha un sapore orribile, e non voglio tenere le mie labbra lontane dalle tue solo per questo…”
Lei rise e si pulì velocemente le labbra con un fazzolettino, allora mi alzai e mi avvicinai dicendo “Molto meglio.” Cercai di baciarla ma lei mi mise una mano sul petto, chiedendo “Dove stiamo andando?”
“E’ stato un piacere, signora Thomas” salutammo un’ultima volta la madre di Mackenzie e poi uscimmo in giardino. Girammo l’angolo dov’era parcheggiata la mia auto, il sole era già alto e accecante e dovetti strizzare gli occhi per vedere Mackenzie in controluce.
“Spero tu non soffra di mal d’auto.” sorrisi alla sua espressione stupita.
“Wow, Lou. Da quando guidi?”
“Da oggi.” le aprii la portiera e la aiutai a salire, poi corsi al posto della guida. Dopo qualche incertezza del motore, partimmo e le ruote cigolarono contro l’asfalto. “In realtà questo sarebbe il regalo di mio padre per la promozione e tutto il resto. Voleva darmelo solo dopo la gita di fine anno, sai quella in una qualsiasi capitale europea…?” osservai Mackenzie e lei annuì. Allora continuai “Beh, però questa sera mio padre parte per una conferenza- non chiedermi su cosa- e starà via per un bel po’. Così non sarebbe riuscito a consegnarmi il mio regalo. Sinceramente a me non avrebbe fatto tanta differenza, ma lui questa mattina mi sveglia tirandomi addosso le chiavi dell’auto e poi mi dice che c’è una cosa per me sul comodino.”
Assaporai la curiosità di Mackenzie prima di continuare “Mi alzo, vado al comodino e ci trovo quello che vedi sul sedile dietro.” Lei si voltò e si inginocchiò sul sedile, con il sedere all’aria, per prendere ciò che le avevo detto. La capotte abbassata faceva entrare tutta l’aria, che spostava il vestito di Mackenzie, rivelando ancora una volta le sue mutande. Scoppiai a ridere e con il braccio la misi di nuovo a sedere, mentre lei stringeva nella mano sinistra l’oggetto misterioso. Mi guardò a bocca spalancata e chiese “C-cosa sono?”
Sorridendo e accelerando per sentire l’aria sferzarmi il viso, risposi “Le chiavi della nostra casa al mare.”

Mackenzie’s Point of View:
Guardai a bocca aperta Louis e lui dolcemente mi toccò il mento con la mano, facendomi chiudere la bocca e risvegliandomi dallo stato di shock. “M-mi stai portando nella tua casa al mare?”
“A quanto pare mio padre è felice che io abbia finalmente trovato una ragazza.” scherzò lui. Arrossii alla parola ‘ragazza’. “Non ti preoccupare”- continuò Louis-“ ho avvisato tua madre della nostra piccola meritata vacanza di un giorno, mentre tu eri in bagno.”
Lo fissai “E lei ti ha seriamente dato il permesso?”
Louis aveva un braccio teso che guidava il volante, mentre quello verso la portiera era alzato e faceva dei cerchi con l’aria. Mi rispose tranquillamente “Sì, certo. Tua madre parla davvero velocemente, quando vuole, sai? Nei due minuti in cui ti sei sistemata in bagno è riuscita a raccomandarmi di riportarti a casa sana e salva, in tempo per preparare i bagagli per la gita con la scuola, a raccontarmi la storia della sua vita, a offrirmi cinque volte i pancakes e chiedermi se avessi abbastanza preservativi.” Louis scoppiò a ridere.
“Oh…Louis. Smettila, santo cielo…non devo lasciarvi più da soli, voi due…” la mia espressione imbarazzata lo fece solo sogghignare di più.
Viaggiammo in auto per tre ore, chiacchierando e scoprendo cose l’uno dell’altra che ancora non sapevamo. Inventammo anche un gioco dove dovevamo ripetere più volte delle parole complicate senza sbagliare. Dopo un’ora mi stancai e tolsi le scarpe, incrociai le gambe e appoggiai la testa sul sedile, osservando il ciuffo di Louis che si muoveva al vento. Con l’immagine del suo profilo stampata in mente, mi addormentai in quella posizione. Quando arrivammo, Louis aprì la portiera e delicatamente circondò la mia vita con le braccia, portandomi dentro mentre ancora dormivo. Mi svegliai quando mi fece sdraiare sul letto: spalancai gli occhi e sorrisi alla visione del suo viso davanti al mio. Le sue braccia erano ancora attorno i miei fianchi nell’atto di depositarmi dolcemente sul materasso, allora lo tirai a me facendolo cadere sul letto.
“Ehy, la Bella Addormentata è sveglia finalmente.”
“Sveglissima. Scusami, ti devi essere annoiato a morte a guidare da solo. Non sono più Addormentata, giuro.” feci una croce con le mie dita e la baciai in segno di promessa.
“Ma sei ancora Bella, giuro.” anche Louis baciò le mie dita.



ANGOLO AUTORE
okay I'm back. dopo circa un mese. chiedo perdono ai pochi che seguono questa tristissima storia ahaha. il punto è che HO COMINCIATO A SCRIVERE UNA FF LARRY, c'è chi odierà questa notizia e chi la amerà ma a me per ora piace la piega che sta prendendo e quindi spero in bene. tornando a questa het, chiedo scusa se avete vomitato arcobaleni per tre settimane visto che è troppo smielosa e sdolcinata, chiedo scusa, colpa mia. 
anyway, louis e mackenzie vanno al mare. yee. ENJOY 
lasciate una recensione, positiva o negativa che sia! (ho notato che la storia è poco seguita e vorrei sapere se vale la pena pubblicare i restanti 8763283567mila capitoli che ho pronti ahahah) :)

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