Sotto avversa stella

di TeddySoyaMonkey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questione di leadership ***
Capitolo 2: *** Per pazzia ***
Capitolo 3: *** Non sempre brucia ***
Capitolo 4: *** Sollievo ***
Capitolo 5: *** Ricatto ***
Capitolo 6: *** Il tempo non sarebbe bastato a chieder perdono per ogni peccato ***
Capitolo 7: *** Dopo il non lasciarmi ***
Capitolo 8: *** Perchè si può essere sia mostro che eroe ***
Capitolo 9: *** Terra Promessa ***



Capitolo 1
*** Questione di leadership ***


 

Questione di leadership

 

-Te la sei lasciata sfuggire!- Le urlò. -Era lì e te la sei lasciata sfuggire!-
Lo sguardo di Clove si assottigliò ancora di più, gli occhi scuri che teneva fissi in quelli del ragazzo ardevano di rabbia, mentre lo fronteggiava a testa alta, come a dire che non le faceva paura, che non lo temeva, che non aveva il dubbio che le potesse staccare la testa a morsi come invece meditava di fare l'altro.
-Se ci tenevi tanto perchè non sei andato tu a farla fuori, eh?- Sbottò infine, puntandogli al petto il manico di uno dei coltelli che si stava sistemando sotto la giacca con aria meditabonda da quasi mezz'ora. Quel tamburellare lo infastidì, anche se non gli stava puntando la lama al petto, il gesto sembrava minaccioso. Cato non poteva permettere che gli altri favoriti pensassero che Clove fosse più forte di lui, così afferrò l'impugnatura e la strattonò, sperando di tagliarle le mani, ma la ragazza lasciò la presa sul coltello velocemente senza uscire scalfitta dalla piccola lotta.
-Non puntarmi contro i tuoi giocattoli.- Le disse quindi, facendo un passo avanti fino a che, quasi, i loro petti si scontrarono e tenendo il coltello rubato alto sopra la sua clavicola, come se volesse affondarglielo nella carne.
Tutti dovevano sapere chi era più forte e non solo fisicamente.
Clove lo guardò di rimando senza indietreggiare. Alzò un angolo delle labbra in un ghigno e sussurrò, abbastanza piano perchè solo Cato potesse sentire: -Altrimenti cosa mi fai?-
Il ragazzo digrignò i denti, stringendo convulsamente la presa sul coltello che aveva una tale voglia di affondarle nella schiena, nella pancia, nella testa, ovunque riuscisse ad arrivare. In quel momento non gli importava che Clove fosse la sua compagna di distretto, che fosse una favorita e che, almeno in teoria, avrebbe potuto fidarsi di lei per un altro po' prima di essere costretto a trapassarle le budella con una qualche lama.
Fu proprio quando la voglia di sangue si fece accecante che qualcuno reclamò l'attenzione di Cato, tamburellandogli con grazia su una spalla con le dita ancora coperte di sangue caldo.
-Lasciala perdere, Cato.- Gli disse Lux, con un sorriso accompagnato da un tono quasi cospiratorio. Il ragazzo si sorprese di non averla sentita arrivare; d'altra parte gli era sempre stato detto che era solito diventare cieco, dalla rabbia. E, be', anche sordo in quel caso.
-Avremo altre occasioni per ucciderla. Ora dobbiamo pensare ad un'altra questione.- Aggiunse quindi Lux quando Cato le rivolse uno sguardo. Con un cenno la bionda indicò la bocca della Cornucopia, dove un giovane dalla corporatura robusta e i capelli chiari aspettava, con una lancia puntata alla schiena.
Subito Cato riconobbe Peeta, il ragazzo innamorato del dodici. Per un attimo un moto di euforia prese il posto dell'ira, ma non appena il suo sguardo ricadde, quasi accidentalmente, sull'espressione truce di Clove decise che quella "questione", come l'aveva definita Lux, poteva aspettare un altro paio di minuti, soprattutto considerando che aveva una lancia puntata addosso.
-Ancora un secondo.- Rispose quindi il ragazzo, prima che la compagna scrollasse le spalle per dirigersi fuori sperando che quel secondo non durasse molto; non le piaceva poi tanto l'idea che i tributi del due, che erano così forti, passassero troppo tempo insieme. Era per questo, oltre che alla notevole attrazione che provava, che la portava spesso ad usare quel tono zuccheroso quando si rivolgeva a Cato.
Stesso Cato che osservò la compagna camminare verso la bocca della cornucopia e sparire dietro un raggio di luce solare particolarmente intensa prima di tornare a rivolegersi a Clove, che durante il dialogo non aveva mai spostato da lui la sua espressione truce.
Entrambi avevano capito perfettamente che Lux, con quel breve scambio di battute con Cato aveva fatto vincere allo stesso quella piccola battaglia più o meno inconsia di potere che i due stavano disputando. Rivolgendosi solo al ragazzo ed escludendo l'altra, infatti, Lux era come se avesse posato una corona fatta di scintillante fiducia e abbagliante potere sulla testa di Cato, lasciando Clove contornata unicamente da un involucro di grigia amarezza.
Consapevole di una versione molto meno articolata di tutto ciò, Cato sorrise.
-La prossima volta stai attenta.- Le disse quindi, prima di voltarle le spalle e raggiungere gli altri.
-Stai attento tu, Cato.- Sussurrò in risposta l'altra, prima di sospirare e seguire gli altri all'esterno per evitare che la escludessero dai giochi che, ormai era diventata una quesione d'onore, avrebbe vinto.

  

Angolo di Ted:

Gli altri capitoli saranno più lunghi.
So che non è un tripudio di sdolcinatezza ora (e non lo sarà neanche poi) ma la Clato è questo per me e volevo incominciare da un episodio di "vita quotidiana" con poco spessore psicologico per la coppia, solo per dire: eccoli qua!

 

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Capitolo 2
*** Per pazzia ***


 

Per pazzia

 

Prima il nulla, poi un tonfo, un forte ronzio e un grido.
I favoriti erano già in piedi, che scuotevano le braccia intorno alla testa, urlando e correndo per liberarsi degli insetti.
Lux e la ragazza del quattro, che, da sotto l'albero erano in una posizione poco favorevole per la fuga si contorcevano sul terreno, avvolte dai nugoli più grandi.
-Cato, Cato!- Urlò Marvel.
-Marvel!- Gli rispose l'altro.
-Lux! Aaaah!- Gemette Clove.
-Aiutatemi!- Pregò la bionda.
Tutte quelle grida vagavano per l'arena, mentre le telecamere puntavano sui tributi in pericolo.
Tributi, o meglio, ragazzi che, in quell'istante divennero prede, e non prede degli aghi inseguitori che li avvolgevano, ma prede di quel sistema malato e crudele che erano gli Hunger Games.
Lux e l'altra ragazza morente lo intuirono mentre sentivano il veleno delle punture bruciare nelle vene ad ogni singolo contatto con gli insetti. Tutto ciò, però, non fu altrettanto chiaro per il resto dei favoriti che partirono a dirotto lontano dallo sciame, subito seguiti da Peeta che sull'orrore in cui erano invischiati aveva già avuto modo di riflettere in quella notte passata insonne ad osservare la sua amata, qualche metro più in alto.
Cato, che portava unicamente due bubboni rispettivamente su fronte e mano sinistra, conduceva come sempre il gruppo, seguito da Marvel, con quattro morsi, e Clove, con cinque.
La ragazza, che arrancava sbuffando come un treno a carbone, era già in preda a forti allucinazioni: il terreno le si alzava e abbassava sotto i piedi, come a delineare il moto delle onde del mare che aveva visto una sola volta, da lontano, durante il viaggio in treno che l'aveva portata a Capitol City.
I bordi del suo campo visivo erano sfocati e riuscire a guardare dritto davanti a sè le costava uno sforzo immane.
Ricordava vagamente di aver sentito dire, durante l'Addestramento, che i morsi di aghi inseguitori potevano causare la morte.
Quel ricordo, che le era sovvenuto come un pensiero semplice e poco articolato come un altro, d'improvviso e probabilmente per colpa del veleno, le scatenò un terrore puro e cieco che le scosse il petto, prolungandosi in un urlo acuto e straziante; non voleva andarsene in quel momento, non voleva andarsene in quel modo, non voleva andarsene e basta.
-Non voglio morire!-
Marvel e Cato si girarono verso di lei, guardandola con tanto d'occhi.
Il primo, che iniziava ad avere gli stessi sintomi, si lasciò cadere in ginocchio per rimettere la cena della sera prima alla vista della pelle di Clove divenuta s'un tratto viola e coperta di grosse pustole squamose.
Dal canto suo, Cato, i cui vaghi tremori percepiti nel terreno sotto i suoi piedi non erano nemmeno lontanamente paragonabili alle reazioni dei suoi compagni, fissava la scena con una sorta di distacco, chiedendosi vagamente se non avesse fatto meglio a liberarsi subito di loro. Accantonò l'idea pensando che c'erano ancora troppi tributi perchè si potesse permettere di rimanere solo, così, con una sorta di rasseganta risolutezza, agguantò Marvel per la collottola e afferrò Clove per un braccio, per trascinare entrambi verso il luccichio innaturale che doveva rappresentare, nell'immagine distorta causata dal veleno, il lago.
Più volte dovette fermarsi lungo il tragitto per riprendere l'orientamento, stranito dal fatto che tutto iniziasse a brillare come fosse coperto di porporina.
Nel frattempo Clove continuava a lanciare urla strazianti, ripetendosi che non poteva morire proprio allora.
Lasciando vagare lo sguardo verso l'alto si spaventò immensamente nel constatare che quello strano individuo che la teneva per un braccio avesse la pelle nera come la pece e un grosso verme grasso e giallastro che gli solleticava il naso, uscendo dalla bocca.
L'immagine, che per qualche motivo associò a quella della Morte, la fece urlare più forte e dibattere immensamente, rendendo difficile a quella figura, che in realtà era Cato, salvarle la vita.
Quando finalmente il ragazzo riuscì a trascinare un Marvel insolitamente inerme e una Clove scalpitante lungo il prato dietro alla cornucopia e, quindi, nel lago lasciò andare i compagni, immergendosi nell'acqua fresca e accorgendosi solo allora di quanto i morsi degli aghi inseguitori avevano preso a bruciare. Dopo il primo, piacevole momento in cui si era concesso un lungo sospiro di beatitudine, Cato aveva osservato quasi distrattamente Clove che, al contrario di lui, non sembrava aver notato il sollievo che l'acqua arrecava alle ferite e continuava ad urlare all'impazzata, cercando di arrancare verso la riva, rallentata dai vestiti resi pesanti dall'acqua e, molto probabilmente, dalle visioni che il veleno inviava al suo cervello.
Vide anche una figura, ai margini del suo campo visivo, che si gettava nell'acqua. Inizialmente, scorgendo un bagliore di capelli biondi e dimentico che non poteva essere così, pensò si trattasse di Lux, da poco morta con il bel volto sfigurato nel loro accampamento insieme alla ragazza del quattro.
Non diede molta importanza alla cosa, per concentrarsi nuovamente su Clove, che ora cercava di scavalcare Marvel, che continuava a rigettare bile nel lago. La scena della ragazza che saltellava per evitare il vomito prodotto dall'altro era piuttosto comica, ma quando entrambi trovarono il modo di arrivare alla riva per rimettere in tranquillità e arrancare su per il prato, smise di esserlo.
Cato, che, non più divertito, si era lasciato andare velocemente verso il fondo melmoso del lago notò la scena solo distrattamente, sollevato dalla rinnovata frescura dell'acqua sul morso che aveva in viso.
Decise che, in definitiva, non gli importava di Marvel e dei gravi rischi che vomitare bile comportava e di come e quanto Clove potesse urlare e sbraitare; non li aveva abbandonati in mezzo alla foresta, aveva fatto il minimo per salvarli, se poi erano troppo stupidi o troppo gravi per rimanere vivi non era affar suo.
Tornando in superficie per riprendere fiato notò che Clove si era spinta più in alto, sulla collina, e ora urlava, tentando di colpire con coltelli e pugni, qualcosa di invisibile accanto a lei.
Subito dopo aver notato che la compagna gli appariva insolitamente arancione ed essersi spaventato e preoccupato di ciò, Cato non potè fare a meno di pensare che la morte della ragazza, in fondo, sarebbe dovuta arrivare prima o poi, perchè non lasciare semplicemente che qualcun altro, magari Katniss Everdeen, attirato dalle sue urla e dalla sua esposizione non la uccidesse? Sarebbe stato un peso in meno considerando quanto veleno probabilmente aveva in corpo.
Soddisfatto di tale considerazione chiuse gli occhi e immerse il viso nell'acqua, per arrecare nuovamente sollievo anche al bubbone che andava crescendogli sulla fronte.
Sarebbe stato davvero ristorante se non fosse stato per quello che vide delinearsi dietro le sue palpebre probabilmente per via del veleno che iniziava a mischiarsi al suo sangue, arrivando a quella parte del cervello adibita ai ricordi:
"È forte." Disse Brutus, osservando il braccio pulito e curato di Clove lanciare con precisione assoluta un coltello contro la mela che avevano posizionato a qualche metro di distanza per permetterle di allenarsi. Cato aveva trovato quel commento davvero irritante; Brutus era il suo mentore, non quello della ragazza, avrebbe dovuto elogiare lui, non lei.
L'uomo, alla vista dell'espressione scocciata dell'altro fece un piccolo sorriso; negli anni aveva imparato a conoscere i ragazzi cui faceva da mentore e molto spesso erano più simili di quanto si potesse immaginare.
"Devo davvero dirti che anche tu sei forte per evitare che metta il broncio come una ragazzina?" Gli chiese, nascondendo il divertimento dietro ad un tono burbero.
Cato scrollò le spalle pensando che, a dire il vero, non gli sarebbe dispiaciuto.
"Cato," Sospirò Brutus, tirandogli uno scappellotto sulla nuca. "quanto sei stupido."
Il ragazzo, che accanto al suo mentore si era sentito, durante le poche volte in cui l'aveva visto prima, sempre il patetico ragazzino inesperto che assolutamente
non era, fece per aprire bocca e protestare, ma l'uomo lo battè sul tempo:" Quando dico che è forte," Si spiegò, indicando Clove che si avvicinava alla frutta per riprendersi i coltelli sotto lo sguardo severo di Enobaria, "intendo dire che sa uccidere, e se sa uccidere sa dare spettatocolo. E tu sai a cosa intendo con questo, vero?"
"Gli sponsor. Tutto ciò servirà per gli sponsor." Disse Cato, sicuro.
"No, stupido, se lei sa dare spettacolo tu puoi sfruttare la cosa."
Il ragazzo guardò stranito il profilo scuro e arcigno del suo mentore, non capendo nulla di quel discorso sconclusionato.
"Potete formare la diade del due, i due favoriti più sanguinari, quelli senza scrupoli.". Disse, sospirando, infastidito dal fatto che erano anni, che cercava di ripetere la stessa cosa al tributo maschile di turno, troppo orgoglioso e stupido da voler condividere la gloria. "E questo ti permetterà di avere un'alleata abbastanza affidabile per tutto il tempo che vuoi, se non decide di ucciderti prima".
"Quindi dovrò mantenerla in vita?" Chiese Cato con una smorfia.
Brutus annuì. "Direi".

Nei secondi successivi l'uomo gli sorrise, mentre i contorni della stanza che condividevano sul treno sfumavano, fino a tornare un immenso nulla di acqua fangosa.
Fu Brutus, rimasto stranamente intatto dopo la "visione" a prendere Cato per i capelli e a trascinarlo verso la riva, mentre il ragazzo cercava di stargli dietro muovendo convulsamente le braccia nell'acqua nel tentativo di nuotare fino a che, quando le sue mani incontrarono la riva melmosa, com'era iniziata, la visione si spense.
La scomparsa dell'apparizione fugace del suo mentore, probabilmente frutto degli aghi inseguitori, non distolse Cato dal progetto che il ricordo gli aveva revocato e che, di conseguenza, gli fece trascinare una Clove scalpitante verso il lago.
Malgrado il tremore che il ragazzo percepiva, o così gli sembrava, nelle mani, riuscì a togliere i vestiti alla ragazza con gesti rapidi, esaminando attentamente ogni centimetro della sua pelle alla ricerca di bubboni da immergere meticolosamente nell'acqua. In altre occasioni avrebbe approfittato di una ragazza nuda, senza senno, che ora gli stava inerme tra le braccia, cercando unicamente di tastargli il viso come se volesse liberarlo da qualcosa, ma in quel momento non gliene importava: doveva salvarle la vita e gli aghi inseguitori, senza le giuste cure, causavano la morte.
Anche quando Cato vide Peeta allontanarsi dal lago e decise di seguirlo, quando lo affrontò per tentare di seguire la sua innamorata e quando, dopo averlo ferito, arrancò esanime per la foresta e prima di rimanervi inerme, in preda alle visioni, continuò a spingersi verso il lago, vedendo in torno a sè migliaia di bubboni purolenti che avrebbe dovuto pulire per salvare la vita di Clove.

 
 

Angolo di Ted:

Inizio a credere che questa storia faccia schifo. Sia maledetto il giorno in cui ho deciso che dovevo postarla.
Be', ecco qui il secondo moment. Devo dire che nella mia testa sembrava una cosa più carina.
A voi,
Teddy

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Capitolo 3
*** Non sempre brucia ***


 

 

Non sempre brucia

 
 

Marvel si chinò verso l'orecchio di Clove, la mano a coppa davanti alla bocca faceva in modo che dalle sue labbra fosse impossibile leggere quali parole stesse sussurrando e che la ragazza udì.
-Per me ha qualche problema.- Le disse. -Di testa, intendo.-
Clove guardò in direzione del suo compagno di distretto che, in piedi, ancora faticava a trattenere l'eccesso di rabbia che gli faceva tremare la spada nelle mani mentre guardava l'overcraft portare via il corpo del tributo del distretto tre che aveva ucciso da poco.
Clove non potè fare a meno di pensare che anche lei e Marvel erano stati arrabbiati per la perdita delle provviste, certo, ma la reazione di Cato era stata eccessiva... era stata selvaggia, animale. Era stata la reazione di chi non può essere umano.
-Credo anche io.- Rispose la ragazza, senza curarsi di coprirsi la bocca allo stesso modo.
Udendo quelle parole Cato voltò di scatto la testa verso di loro, indispettito che parlassero alle sue spalle, letteralmente. D'un tratto temette che stessero complottando contro di lui.
-Che c'è?- Tuonò. -Che volete, eh?-
Clove percepì Marvel che cercava di mostrare la sua faccia più dura e astiosa, contrastando l'impulso di indietreggiare che lei non provava.
-Parlavamo di te.- Disse a Cato, con voce inespressiva e quasi annoiata. Marvel fece appena in tempo a rifilare a Clove un'occhiata risentita prima che il loro compagno esplodesse:
-Cosa? Che stavate dicendo? Stavate cercando di...-
Clove lo interruppe con una risata secca.
-Ti prego, Cato.- Disse e Marvel pensò che fosse più pazza dell'altro se le piaceva giocare col fuoco a quel modo. -Sembravi una bestia rabbiosa, prima-
Per un attimo gli occhi azzurri di Cato si fissarono in quelli fangosi di Clove, poi, con somma sorpresa di Marvel, il ragazzo scoppiò a ridere, e fu una risata vera, che sembrò allentare la tensione formatasi dalla morte del tributo del tre.
-Grazie, Clove.- Disse poi Cato, con un sorriso. -Sei un mostro anche tu.-
La cosa preoccupante era che Cato intendeva farle un complimento, e che Clove lo recepì come tale.
Marvel, spaventato, non potè non pensare che non avrebbe mai compreso i suoi compagni.

 

Angolo di Ted:

Scusate il ritardo, ma ho dovuto studiare (cosa che solitamente non faccio mai) e non ho avuto tempo di aggiornare. Il capitolo poi è molto corto, lo so, perdonatemi.
Stranamente credo che il titolo del capitolo sia molto figo. È riferito al pensiero di Marvel riguardo a Clove che "scherza col fuoco".
Non sono molto convinta del resto della storia, come sempre, ma a voi i pareri,
Teddy

 

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Capitolo 4
*** Sollievo ***


 

 

Sollievo

 

Il sole era tramontato da poco nell'arena e tutto era calmo mentre l'oscurità stendeva le sue grinfie sulla cornucopia, il cui metallo ancora scottava per il calore trattenuto durante il giorno.
Clove era appoggiata ad una parete tiepida, affiancata dalle poche provviste che si erano salvate dall'esplosione e accovacciata sul sacco a pelo che aveva usato fin dal primo giorno. Malgrado ora che Lux e Marvel erano morti ce ne fossero di più larghi e comodi, la ragazza si era affezionata a quello, trovando nelle sue pieghe trapuntate un ottimo rifugio dove permettersi di provare tutte quelle sensazioni, come la fragilità e la debolezza, che gli esseri umani provavano ma che ad un favorito erano vietate.
I sacchi vuoti degli altri morti la attorniavano come fossero lapidi di un cimitero, tranne quello di Cato, steso dalla parte opposta della cornucopia, sgualcito e vuoto.
Guardandolo Clove iniziò a desiderare ardentemente che anche la sua testa fosse così vuota, e non piena e ronzante come era in quel momento.
I volti dei suoi avversari ancora in vita la ossessionavano a tal punto da farla impazzire.
Uccidere la rossa del cinque con un coltello volante, uccidere Thresh con una pugnalata alla schiena, uccidere Peeta strangolandolo e uccidere Katniss in modo lento, utilizzando ogni arma a disposizione. Infine, battersi con Cato e sperare di vincere.
Era a questo che pensava, in quella sera appena accennata, ed era anche quello che pensava il ragazzo appena fuori dalla cornucopia, che, con la grazia e la velocità di un gatto menava colpi nell'aria con la spada, per scaricare la tensione che era andata in crescendo dalla perdita di tutte le loro provviste.
Cato aveva appena finito di ammirare lo scintillio prodotto dall'ultima luce del giorno sulla sua lama scalpitante, pronto ad allontanarsi da Clove, quell'alleata che presto non sarebbe più stata tale. Anzi, era probabile che già non lo fosse e che stesse solo progettando di pugnalarlo durante il sonno con uno dei suoi colpi rapidi e decisi che avevano causato il numero più ingente di morti nell'arena, dopo di lui, ovviamente.
Il ragazzo sospirò, pregustando con amarezza la notte che avrebbe passato sveglio ad assicurarsi che la sua compagna di distretto non lo tradisse. Certo, magari avrebbe potuto ucciderla lui, per primo, o almeno tentare di farlo così da rompere un'alleanza che non poteva durare, e l'avrebbe fatto, magari anche subito.
Smise di fendere l'aria e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, riflettendo sulla possibilità di entrare nella cornucopia, inchiodare la ragazza lungo la parete e tagliarle la gola. Per un attimo immaginò il flusso del sangue caldo che gli impregnava le mani, le membra inerti, il gorgogliare strozzato delle corde vocali invase da quel liquido rosso e vischioso e, per finire, la vita che scivolava lontano dagli occhi di Clove.
Fu con immenso stupore che si rese conto di non desiderare la morte della ragazza. O, meglio, desiderava che lei morisse per essere incoronato vincitore, ma non provava il desiderio di vederla morta per mano sua.
Probabilmente durante tutti i giorni passati insieme aveva finito per affezionarsi alla ragazza, al suo modo di aggrottare le sopracciglia per tutto, allo scatto del suo braccio prima del lancio di un coltello, alla coordinazione dei loro corpi che, insieme, erano una perfetta macchina per uccidere.
-Maledizione.- Sussurrò. Aveva parlato troppo piano perchè lei potesse sentirlo, ma per esserne certo rivolse uno sguardo all'interno della cornucopia dove Clove lo guardò di rimando, con le sopracciglia aggrottate.
Quando i loro occhi si incrociarono entrambi ebbero la consapevolezza bruciante di essere giunti alle medesime conclusioni. Senza dire una parola Clove sospirò e si aprì la giacca per esibire il set di colelli meticolosamente appuntato al petto nello stesso istante in cui Cato alzava la spada.
Si erano osservati spesso combattere l'un l'altra e non c'era mossa che fosse un segreto, per questo quando Clove estrasse il primo pugnale per scagliarlo alla volta di Cato, il ragazzo lo schivò
facilmente.
In un'altra circostanza avrebbe ghignato, ma in quel momento non sembrava il caso. Non pensò nemmeno che gli spettatori, che di certo tenevano loro gli occhi incollati, volessero vedere più combattività; in quel momento non riusciva a provare il consueto brio che l'animava prima di uccidere qualcuno.
Anche Clove, che solitamente asibiva quell'espressione crudele e bellissima, ora aveva il viso vuoto e scarno, privo d'espressione se non per la ruga formatasi tra le sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Fu la prima ad avvicinarsi, ansiosa di farla finita malgrado non appena qualche minuto prima avesse desiderato che Cato fosse l'ultimo da affrontare.
Il suo ormai vecchio alleato fece un affondo verso il suo stomaco, diretto e veloce, che venne deviato con la lama del pugnale più grosso del suo arsenale. Il ragazzo sfruttò la forza di tale deviazione per girare velocemente su se stesso e tentare di colpire la testa di Clove che si abbassò velocemente, colpendo di striscio la giacca di Cato, senza però riuscire a ferirlo.
Presto i colpi divennero una danza frenetica e fredda, quasi cinica, accompagnata dalla musica prodotta dal clangore delle lame.
Quella colonna sonora così asettica impedì all'inno di arrivare alle orecchie concentrate degli ultimi due favoriti superstiti.
I loro occhi che, con ostinazione evitavano quelli dell'altro, non notarono i volti apparsi nel cielo di coloro che già sapevano essere morti, concentrati com'erano sulla lotta.
Fu solo per merito dello squillo di trombe che precedette la voce di Claudius Templeshit a farli desistere per una frazione di secondo dal cercare di uccidere l'altro, con l'unico risultato che il braccio di Clove e la guancia di Cato iniziarono a sanguinare, per colpa della distrazione.
Le ferite reciproche fecero indietreggiare di qualche passo i due ragazzi, che si premevano le mani sul leggero fiotto di sangue scatenato dall'altro.
Nel buio cercarono gli occhi dell'ormai ex alleato, entrambi percossi dal vibrare della voce del presentatore che annunciava un cambiamento nel regolamento.
-Potranno essere incoronati due vincitori se provenienti dallo stesso distretto.- Disse Claudius.
Le braccia dei ragazzi capirono cosa stava succedendo prima delle loro menti; spada e coltelli caddero sull'erba nello stesso istante mentre ancora i due si scambiavano sguardi confusi.
-Potranno essere incoronati due vincitori se provenienti dallo stesso distretto.- Venne ripetuto.
In quell'esatto momento Clove si rese conto di non aver mai visto Cato assumere un'espressione di così sgomenta serenità.
-Due vincitori...- Sussurrò il ragazzo. -stesso distretto...-
In quei cinque secondi che gli ci vollero per assimilare il fatto che entrambi ambivano a vincere e che entrambi condividevano il due appuntato sul retro delle giacche, Clove aveva già colmato la distanza che li separava, Cato, che fino a quel momento aveva sfruttato la vicinanza di un altro tributo unicamente per ucciderlo, trasalì quando la ragazza gli gettò le braccia intorno al collo e rimase incredibilmente stupito dal fatto che nessun pugnale gli si era ancora infilzato nella schiena.
Quando finalmente l'euforia e il sollievo gli scossero le ossa in un lampo di consapevolezza, avvolse il corpo snello e muscoloso di Clove in un abbraccio goffo ma sincero e oltremodo umano.
Quel breve momento di tenerezza risultò così strano ad entrambi che, quando si staccarono, non poterono che scoppiare a ridere per quella reazione cosi poco "favorita".
Fu con un grosso macigno sollevato dal petto che raccolsero le proprie armi, si concessero una cena discetamente abbondante seppur avessero poche provviste ed, infine, lavarono l'uno le ferite dell'altra prima di trascinare i sacchi a pelo vicini e concedersi delle piacevoli ore di sonno, a turno, protetti dalla presenza dell'altro.

 




 

Angolo di Ted:

A questo ci tengo particolarmente.
È il primo della raccolta che ho scritto ed anche uno di quelli che mi piace di più.
Mi farebeb piacere sapere che ne pensate,
Ted

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Capitolo 5
*** Ricatto ***


 

 

 

Ricatto

 -Cato?-
-Sì?-
-Mi faresti un regalo?-
Cato la guardò con un sopracciglio inarcato da sopra il fungo che stavano osservando, stupito dal tono quasi zuccheroso che aveva usato. Da quando le loro provviste erano andate distrutte rimpiangeva sempre più assiduamente di non aver fatto tappa alla postazione delle piante pericolose, durante l'addestramento.
-Cosa?- Chiese, credendo di non aver capito. Come poteva Clove chiedergli un regalo nell'arena? Era stato unicamente per grazia divina che non erano stati costretti ad uccidersi, non era già quello un regalo?
-Un regalo, Cato. Hai presente?- Gli rispose la ragazza, parlando lentamente e scandendo bene le parole, come se temesse che l'altro non capisse.
Cato pensò che le erbe che avevano mangiato la sera prima avessero qualcosa di strano, perchè Clove non era assolutamente tipo da chiedere una cosa simile e, per di più, da farlo con quel tono. Riflettè velocemente su cosa mai avesse da offrire alla ragazza, ma lì non poteva prometterle nulla.
E poi, dannazione, lui nemmeno voleva offrirle qualcosa. Erano alleati e la cosa finiva lì, perchè avrebbe voluto farle un regalo?
Non appena ebbe terminato quel pensiero il ricordo dell'abbraccio che si erano dati qualche sera prima ritornò vivido nella sua mente. "Non centrava nulla, quello." Si disse. "Ero solo felice per il fatto che il distretto due potesse avere due vincitori".
-Allora?- Incalzò Clove, fissandolo con un piccolo ghigno.
-E che cosa vorresti?- Le chiese l'altro di rimando, curioso.
-Davvero non lo immagini?-
Un moto di fastidio lo fece sospirare pesantemente; non gli erano mai piaciuti i giochetti delle ragazze e quando era Clove a farli la cosa era doppiamente irritante. Sarebbe stato qualcosa di poco discordante con qualcuno tipo Lux o la ragazza del quattro, ma quelle parole pronunciate da Clove gli provocavano fastidio.
-Sputa il rospo e basta, maledizione!- Sbottò, quindi.
La ragazza roteò gli occhi gli prese il fungo dalle mani e lo mise nella tasca della giacca, dove conservava anche le altre poche erbe che avevano raccolto e lo scoiattolo che era riuscita faticosamente ad uccidere con un coltello. Si prese diverso tempo per compiere ogni gesto e Cato finì col chiedersi perchè lo stesse facendo.
-Ebbene?- Fece allora, imitando la compagna che nel frattempo si era alzata.
-Ebbene...- Iniziò Clove alzando gli occhi nei suoi che, in quel momento, erano tremendamente seri. -Ebbene voglio Katniss.-
-Katniss?- Chiese l'altro con sconcerto.
-Sì. Voglio essere io ad ucciderla.-
Prima che la rabbia per quella richiesta lo invadesse, Cato provò sollievo nel constatare che, alla fine, Clove aveva smesso di usare il tono zuccheroso di prima, ma poi, puntualmente scoppiò e lo fece con una risata vagamente perfida.
-Non ci pensare nemmeno.- Disse, ridacchiando. -Lei è mia.-
-Lei è mia.- Gli vece il verso l'altra, aumentando il passo per seminarlo, scocciata. Cato le fu subito dietro.
-Perchè la vorresti, scusa?- Chiese, tornando serio ma ugualmente infastidito dalla proposta.
Sentì Clove sospirare sonoramente, poi la ragazza si voltò verso di lui e lo fece così velocemente che per poco Cato non le finì addosso.
-Cato, del distretto due.- Disse, puntandogli il dito al petto e facendo smorfie con il naso ad ogni parola. -Cato, il favorito, quello grosso e forte, quello che uccide con un solo colpo, Cato qui, Cato lì. C'è sempre e solo Cato.-
-Cosa diamine vorresti dire?-
-Esattamente quello che ho detto! Che tutti si ricordano di Cato, non di Clove! Se vincessimo tu saresti Cato il favorito, Cato quello forte e anche Cato che ha ucciso la ragazza con un undici dagli strateghi.- Sbuffò sonoramente, scostandosi con rabbia una ciocca di capelli dal viso. -E Clove sarebbe solo... cosa? L'alleata inutile di cui Cato avrebbe potuto fare a meno?-
Il ragazzo la guardò con le sopracciglia aggrottate, stranito da quello scoppio d'ira. Non aveva mai pensato che Clove potesse essere infastidita da lui, anzi, all'inizio si era quasi preoccupato perchè potesse prendere il suo posto di leader dei favoriti.
In quell'istante capì di non saper proprio come replicare a quell'ammissione così strana. Si chiese distrattamente se quello non fosse tutto un espediente per aver le telecamere addosso o, peggio, per sminuirlo. La cosa strana fu che invece di lasciarsi andare ad ogni tipo di macchinazione possibile al riguardo, Cato decise semplicemente di fare una cosa che non avrebbe mai creduto possibile fare nell'arena e, forse, in tutta la sua vita: si fidò.
-Ok.- Disse quindi.
Clove parve sconcertata. -Ok?-
-Sì, Clove.- Disse lui, felice di poter ripagare l'altra con la stessa moneta per il tono saccente che aveva usato prima. -Ok.-
La ragazza sbattè le ciglia e Cato si aprì in un ghigno. Era vagamente consapevole che si sarebbe potuto pentire della scelta fatta, ma in quel momento quella gli sembrava la cosa giusta da fare, anche se ne ignorava, o voleva ignorarne, il vero motivo.
-Oh, be'... grazie, allora.- Disse la ragazza, senza riuscire a nascondere il tono sospettoso insito in quelle parole.
Cato sorrise quando lo notò, pensando che, magari, avrebbe potuto ricavarci qualcosa anche lui. Quando Clove notò la sua espressione aggrottò ancora di più le sopracciglia, in un muto interrogativo.
-Però...- Iniziò Cato, ghignando sempre di più, certo di aver trovato un modo brillante distogliere l'attenzione dagli altri tributi.
-Però cosa?-
-Voglio qualcosa in cambio.-
Clove gemette silenziosamente. -Se ti riferisci alla mia parte di cena la risposta è no, Cato.-
-Non intendevo quello.-
-E cosa allora?-
Cato si portò le mani al mento come se fingesse di riflettere e si aprì in un ghigno ancora più grande. -Uhm, direi che per uccidere la ragazza di fuoco il prezzo è molto alto...-
-Oh, avanti, sputa il rospo.- Sbottò Clove. -Che devo fare? Il turno di guardia per tutta la notte? Cederti i miei coltelli? Camminare sulle mani?-
-Che ne dici di baciarmi?- Sulle prime Cato credette di essere riuscito a pronunciare quelle parole in modo indenne, ma poi, suo malgrado, le guance gli si velarono di rosso e quando Clove sgranò gli occhi non potè evitare di sentirsi patetico e, di conseguenza, infuriato per quello stato d'animo.
Quando infine Clove scoppiò a ridere gli parve di star per scoppiare.
Cato combattè la voglia di prenderla a pugni per tutta la strada verso la cornucopia, che lei passò ghignando e, peggio ancora, senza dargli una risposta.
Solo quando giunsero davanti alla bocca del corno Cato si decise ad afferrarla per un braccio per fermarla e a chiederle, con espressione feroce:- Allora, Katniss per un bacio. Ne vale la pena o sei troppo frigida?-
Il sorriso le si congelò sulle labbra.
-Come scusa?-
Ora fu il turno di Cato di soggignare, felice di essersi trattenuto dallo scatenare una rissa solo per vedere l'espressione attuale della compagna.
-Sei troppo frigida per baciare un ragazzo, Clove?-
Fu il turno della ragazza di assumere un'espressione truce.
-Non sai nemmeno di che cosa stai parlando.-
-Ah, sì? Una ragazza l'ho baciata io, anzi, più di una, ma tu?-
Clove arrossì violentemente e Cato si beò del leggero tic che aveva preso le dita di lei, ansiose di afferrare un coltello per la rabbia.
-Anche io ho...- Iniziò la ragazza con un sussurro irato.
-Sì, certo, non raccontarmi frottole, signora frigidina.-
Il viso di Clove si chiazzò ancor più di rosso. -Ne vuoi una prova?-
L'altro non fece in tempo a rispondere che la ragazza aveva premuto le labbra sulle sue con così tanta forza che per un secondo Cato pensò che gli stesse dando una testata.
Quel bacio fu lungo, sì, ma freddo, e a quella distanza così breve gli occhi tenacemente aperti di Clove fissi nei suoi erano stranamente inquietanti.
Quando la ragazza fece per scostarsi, lasciando sulle labbra dell'altro una sensazione di nulla, Cato le portò una mano alla nuca, mentre l'altra scivolava verso la sua schiena, tenendola ferma in una presa che avrebbe potuto risultare mortale.
Clove battè i pugni sul petto dell'altro, che però non si scostò e la tenne ferma fino a che non riuscì a farle schiudere le labbra per dare un senso all'intero bacio.
Quello che successe nei secondi seguenti fu, a parere unanime, troppo veloce: la lingua di Cato guizzò su quella di Clove, i cui pugni smisero di tempestare il petto dell'altro per stringersi ai suoi capelli biondi prima che la ragazza di alzasse sulle punte per rispondere al bacio con enfasi.
Rimaserò così, stretti in un abbraccio che, be', di freddo aveva ben poco, fino a che ad entrambi mancò l'aria e, col fiato corto, si videro costretti a staccarsi.
Clove guardò Cato negli occhi, con aria sorpresa prima di sospirare. Fece per staccarsi ma il ragazzo la trattenne, circondandole la vita con le mani e baciandola ancora una volta, con una delicatezza che Clove non avrebbe mai creduto di sentirgli usare.
-Lentamente- Sospirò infine il ragazzo, chiudendo gli occhi e appoggiando la fronte a quella della ragazza. -Uccidila lentamente e dai spettacolo come hai appena fatto.-
Clove sorrise ed annuì, prima di svicolare alla presa di Cato e di conseguenza sorprendersi nel constatare che le dispiaceva farlo.

 

Angolo di Ted:

E poi Clove schiatta ed io piango.
Oddio, cosa non è triste tutto questo?
Maledetto ciclo!
Scleratamente vostra,
Ted
ps. Qui esigo commenti.

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Capitolo 6
*** Il tempo non sarebbe bastato a chieder perdono per ogni peccato ***


 I
Il tempo non sarebbe bastato


Aveva passato tutto quel tempo tra i cespugli, nel buio, insieme a Clove, acquattati per non essere visti dalla Cornucopia, dove ancora non era apparso il minimo sentore del festino annunciato. Certo, era più che comprensibile considerando che l'appuntamento sarebbe stato all'alba ed era ancora palesemente notte.
-Ricapitoliamo.- Disse Cato, avvitando una nuova punta sulla lancia che era appartenuta a Marvel.
Tu corri, la uccidi, prendi lo zaino e scappi. Io resto qui e uccido tutti quelli che si mettono tra te e il tuo spettacolino.-
Clove fece roteare gli occhi, mal celando la sua aria divertita. -Sì, Cato.- Disse. -L'hai già detto. Tante volte.-
Il ragazzo la ignorò. -E se per qualche motivo, non so, ti manca l'ispirazione per quel lavoretto sulla Everdeen...-
-Sarai il primo tributo che chiamerò.- Concluse aprendosi in un largo sorriso. Non appena però si accorse che gli aveva veramente sorriso, si affrettò a mutare la sua espressione in un ghigno di perfidia.
Questa volta fu il turno di Cato di roteare gli occhi con aria divertita, prima di tornare alla lancia. Nel frattempo Clove si era aperta la giacca e stava controllando con precisione maniacale che ogni coltello e pugnale fosse esattamente dove voleva che fosse.
Rimasero in silenzio per parecchio tempo, mentre il cielo passava da nero a blu ed infine iniziava a schiarirsi.
-È quasi ora.- Disse infine Clove, con gli occhi che luccicavano nella luce via via sempre più soffusa.
-Ammettilo, è stato il bacio più conveniente della tua vita.- Commentò l'altro con un ghigno.
La ragazza gli diede uno spintone giocoso e Cato ridacchiò, rimanendo stupito nel constatare che, fino a pochi giorni prima, avrebbe potuto tagliarle la gola per una cosa del genere. Era strano, eppure meraviglioso, il modo in cui si era aperto a lei, le sensazioni che provava erano così insolite, così... umane.
Per un lunghissimo attimo si osservarono. Erano a quel livello di una relazione in cui l'uno desidera i baci dell'altra, ma è ancora troppo timido per richiederli. Tutto questo sarebbe stato immensamente dolce per i ragazzi stessi quanto per gli spettatori, se non si fosse trattato proprio dei mostruosi Cato e Clove. Infatti, invece di lasciarsi andare ad un tripudio d'amore, entrambi inarcarono le sopracciglia, sfidando l'altro a dire qualcosa, a fare la prima mossa, e, nella loro piccola battaglia non notarono il tavolo che era sorto al centro dell'arena e la ragazza dai capelli rossi che gli correva incontro, afferrava uno zaino e ripartiva tra gli alberi.
Clove guardò il ragazzo, osservandone attentamente ogni tratto, dal naso diritto, alla linea pronunciata della mascella, ai capelli resi di un color oro pallido per via dei tenui raggi del primo sole del giorno. Quando il ragazzo inarcò un sopracciglio davanti a quell'occhiata l'altra tornò a fissare la Cornucopia, Cato vide balenarle negli occhi la consapevolezza di quanto stava accadendo e non appena seguì lo sguardo di Clove, vide che Katniss Everdeen stava già avanzando e seppe di aver perso tempo prezioso.
-Maledizione!- esclamò, affondando la lancia nel terreno, tutt'un tratto furioso con se stesso e con la ragazza per la distrazione cui si erano lasciati andare.
-Shh!- Gli intimò Clove, schiaffandogli senza tante cerimonie la mano sulla bocca per farlo rimanere in silenzio. Cato se la scrollò di dosso in modo altrettanto spiccio, ma non disse nulla.
La ragazza osservò il tributo dalla lunga treccia nera che si avvicinava al tavolo e afferrava lo zaino più piccolo, quindi sorrise e si alzò lentamente in piedi, subito imitata da Cato.
Senza dire una parola fece per avviarsi lungo il prato, mentre il ragazzo per un attimo, quasi dimentico del fastidio appena provato, si sorprendeva della strana bellezza che quel sorriso così... crudele emanava e che, con suo rammarico, per un secondo si spense, mentre la ragazza si voltava verso di lui.
Cato rivolse a Clove con uno sguardo interrogativo, chiedendole spiegazioni per quel movimento e lei lo corrispose con uno sguardo truce che l'altro non seppe interpretare, considerando soprattutto che, un istante dopo, Clove premette le labbra sulle sue.
-Quando torno,- Gli disse dopo essersi staccata velocemente. -avrai il resto.-
Cato le concesse un sorriso sorpreso prima che la ragazza iniziasse a correre verso Katniss, lasciandolo completamente basito.

II
a chieder perdono per ogni peccato

 Quando Cato decise di inseguire la rossa del cinque segnò l'inizio della fine.
Inzialmente aveva pensato di godersi lo spettacolo che, in un certo qual modo, Clove gli aveva dedicato, ma dopo aver notato che, in fondo al campo, la ragazza era voltata di schiena e il viso di Katniss non si vedeva, aveva deciso di correre dietro all'ultima sopravvissuta del distretto cinque.
Mentre partiva all'attacco impugnando la lancia pensava solo a quando sarebbe stato bello, alla fine del festino, ritrovarsi con Clove sapendo che solo due tributi li separavano dal ritorno a casa. Uno e mezzo, probabilmente, considerando che il ragazzo innamorato non aveva speranza senza Katniss.
Cato sorrideva, durante la corsa. Pregustando già tutti gli altri baci che, in quel roseo futuro, sarebbero stati strappati facilmente persino a Clove.
Il luccichio idilliaco di quella prolessi venne smorzato solo ed unicamente quando la rossa capì di essere stata seguita: Cato, che aveva continuato a rincorrerla ad una distanza di sicurezza, facendo leva su tutta la sua discrezione, schivando ora un ramoscello secco, ora un mucchio di foglie cadute e, insomma, tutto quello che avrebbe potuto tradirlo, non appena notò che la ragazza si stava addentrando in un anfratto del bosco a lui sconosciuto decise di rivelarsi, anche pensando al fatto che sarebbe stato comunque meglio rimanere vicini alla Cornucopia, non tanto perchè qualcosa avrebbe potuto finire storto- il pensiero non lo sfiorava neppure- quanto per rendere più veloce il suo
ricongiungimento con Clove.
Invaso da questi pensieri, Cato ancora scuoteva la testa, divertito e vagamente basito dalla natura degli stessi mentre si schiariva la voce e guardava il riflesso di fiamma sui capelli della ragazza mentre capiva di essere seguita.
Quella voltò la sua faccia volpina verso di lui in una prima smorfia dubbiosa che, non appena incontrò gli occhi da cacciatore del ragazzo, divenne sgomento e, dopo un secondo, terrore.
Cato sentì chiaramente che la ragazza ansimava ancora prima di mettersi a correre, per la paura forse. Se in un altro momento si sarebbe divertito a seguirla, per rendere più cruenta la sua uccisione, in quel momento decise che voleva fare alla svelta, quindi sfruttò la potenza delle gambe per scattare in avanti e separare con un paio di balzi quella decina di metri che lo separavano dall'altro tributo.
La ragazza strillò, non appena Cato riuscì ad agguantarle la nuca, stringendo così forte che l'intero capo dell'altra si inclinò all'indietro e poi in avanti nella speranza di sfuggire a quella presa mortale.
A Cato sarebbe bastato piegarle la testa per ucciderla, ma non era tanto stupido da uccidere un tributo in quel modo agli Hunger Games, in cui gli spettatori si aspettavano del sangue, anche se, in contemporanea, Clove stava apportando qualche modifica ai connotati della star del reality.
Dopo esser stato in balìa di tale flusso di pensieri per qualche secondo fu invaso dal dubbio; come poteva ucciderla per dare spettacolo senza togliere la scena alla sua compagna?
-E ora come ti ammazzo?- Sussurrò, sovrappensiero, alla ragazza che aveva preso ormai a dibattere braccia e gambe, cercando invano di sfuggire alla morsa di quello che, a breve, sarebbe stato il suo aguzzino.
Cato riflettè velocemente: avrebbe potuto trapassarle il torace con la lancia, mirando dritto al cuore, ma sarebbe stato troppo veloce. Magari poteva slogarle qualche arto prima di romperle il collo.
Si morse il labbro, ma i suoi dilemmi interiori si estinsero quando la ragazza tentò di rifilargli un calcio da dietro per scappare. In un attimo l'aria meditabonda che aveva assunso si trasformò in collera, soprattutto considerando che il colpo subito era andato a segno abbastanza diligentemente da fargli perdere per un attimo la presa sulla nuca rossa dell'altra.
Con un gemito, seguito subito da un'imprecazione, Cato scattò in avanti, cercando di agguantare una qualsiasi parte del tributo. Ma la ragazza era troppo veloce e riuscì a darsela a gambe prima che le mani dell'altro arrivassero ai suoi capelli o alla sua giacca.
Cato fece subito per rincorrerla, sicuro che quando l'avesse acciuffata di nuovo le avrebbe staccato la testa dal collo senza tante cerimonie e l'avrebbe fatto davvero.
L'avrebbe fatto se un urlo, un urlo straziante, non lo avesse fermato.
-Cato!-
La cosa strana dei pensieri che invasero il ragazzo un secondo dopo fu che non riguardavano l'ovvia fonte da cui proveniva quel grido, ma una canzone, una ninnananna che si tramandava nel distretto due. Non era bella come quella che cantava la ragazza del quattro quando era in vita, e a Cato non era mani nemmeno piaciuta tanto, perchè il soggetto finiva per fare la figura del debole, eppure in quel frangente gli sovvenne:
"Cadesti interra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno."
Iniziò a correre.

 

Angolo di Ted:

La canzone l'ho presa in prestito da "La guerra di Piero", spero che a De Andrè non dispiaccia.
Detto ciò, ci ho messo un sacco a postare questo capitolo perchè mi fa schifo e quando un capitolo mi fa schifo passano gli anni, prima che lo posti.
-Teddy

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Capitolo 7
*** Dopo il non lasciarmi ***


 

Dopo il non lasciarmi
 

-Mi ami, Cato?- Chiese Clove. Non sapeva il perchè di quelle parole, non conosceva l'anfratto tenebroso della sua mente da cui erano venute, ma ora che le aveva pronunciate non poteva rimangiarsele e poi era troppo debole per farlo.
Cato la fissò con occhi sgranati, per fortuna aveva smesso di sussurrarle continuamente di restare con lui e per Clove fu meglio così; lo sbigottimento del suo compagno la spiazzava, in fondo lei era umana ed era un tributo degli Hunger Games ed anche se non se lo sarebbe mai aspettato, poteva morire e in questo non c'era nulla di strano. Era triste, frustrante, rabbioso, ma non strano.
Clove raggiunse la consapevolezza di questo con le sue ultime forze.
-Mi...mi ami?- Ripetè perchè solo quando i bordi del suo campo visivo iniziarono a sfumare capì di volere una risposta.
Poi Cato versò un' unica lacrima solitaria, la prima e l'ultima che Clove avrebbe visto sul suo volto.
-Non ti amo, Clove.- Si affrettò a rispondere per evitare che la ragazza, debole com'era, ripetesse quella domanda un'altra volta, affaticandosi.
Non era vero che non la amava, o forse non del tutto, ma confessarle il suo amore, se davvero lo provava, non sarebbe stato... giusto. Nè per lui, che avrebbe dovuto convivere per il resto dei giochi con quella consapevolezza, nè per lei, che invece in quel modo ci sarebbe morta.
Clove volle provare a sorridere, ci provò, ma era tutto così pesante che non ci riuscì. Trovò invece la forza di esalare l'ultimo suo respiro sotto forma di due fievoli parole:-Meglio così.-
Poi cessò di essere e la sua mano restò inerme tra quelle di Cato.
Dalle labbra del ragazzo sfuggì un breve singhiozzo e non potè evitare di afferrare le spalle di quella che era stata Clove per stringerla in un abbraccio così forte da sentire il profilo dei coltelli che teneva sotto la giacca contro le costole. Un altro verso strozzato gli salì alla gola, scuotendolo, non pianse però.
Per un attimo ebbe la fugace visione di se stesso che affondava uno di quei coltelli nella propria carne e per il secondo successivo prese in considerazione l'idea, prima di spaventarsene a tal punto da lasciar andare di scatto il corpo di Clove, che ricadde inerte sul terreno in posizione scomposta.
Se c'era una cosa che in quel momento non gli era permesso fare era morire.
Con mani insensatamente tremanti ricompose gli arti di Clove: prima le gambe, che pose dritte sull'erba, poi le braccia, lungo i fianchi e sull'attenti come gli avevano insegnato in Accademia ed infine la testa, che tenne ben diritta verso il cielo. Poi le chiuse gli occhi e quella distesa blu venne sottratta alle pupille vacue.
Infine Cato raggiunse la cerniera della giacca che quel corpo senza vita indossava, scelse con cura uno dei coltelli dell'arsenale che vi era al di sotto, riconoscendovi quello che aveva visto più volte in mano a Clove, prendendolo in mano e soppesandolo. Quindi si inchinò sul corpo dell'alleata, i gomiti ai lati della sua testa e la fronte contro quella bagnata ed ancora calda di lei mentre tra le mani stringeva forte il metallo freddo.
"Lo ucciderò con questo." Pensò. "Per te."
Quindi si alzò, voltò le spalle a quella scena e si incamminò verso il Regno di Tresh per uccidere il re, prenderne la corona e offrirla ad una ragazza morta.

 

Angolo di Ted:

Questo capitolo è diabete allo stato puro, malgrado questo non mi sembra di essere caduta nell'OOC, non del tutto almeno.
Ma, indovinate un po', non mi convince.
-Teddy

 

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Capitolo 8
*** Perchè si può essere sia mostro che eroe ***


 

Perchè si può essere sia mostro che eroe

 Come in una fiaba ora che il gigante cattivo era morto, l'eroe aveva trionfato. Era una bella sensazione starsene lì a osservare il corpo dell'antagonista con un coltello piantato nel petto.
Certo, in una favola l'eroe sarebbe subito passato oltre, incolume e indenne e senza nemmeno una macchia di sangue sui vestiti, per andare a cercare la bella principessa, al contrario di Cato.
Cato sapeva di non essere un eroe. Ferito, stanco, sporco e mille volte più mostruoso del nemico che aveva appena ucciso, stava fermo, nell'erba alta, supino e troppo stanco per fare altro che fissare il cadavere di Tresh.
Al contrario di un eroe che vince il cattivo, infatti, Cato non era felice. Uccidere quel tributo gli avrebbe ridato la sua compagna di distretto? No, non lo aveva fatto.
Alla fine ucciderlo non lo aveva nemmeno avvicinato alla vittoria considerando le ferite che aveva riportato e che avrebbero potuto fare la differenza tra vittoria e morte contro gli innamorati del dodici.
L'unica cosa bella di quell'assassinio era sapere che in qualche modo la vita di Clove era stata riscattata. Lei l'avrebbe pretesa quella vendetta e Cato era felice di avergliela data.

 

Angolo di Ted:

Doppia drabble, 200 parole esatte.
La morte di Tresh o, meglio, il suo post-mortem.
Anche se una certa segnalazione [grazie, Chamberlains] ha dato una botta di vita alla mia perduta autostima questo capitolo non mi piace (ma che novità!)
Colgo l'occasione per dire grazie a tutti coloro che seguono, preferiscono, ricordano, recensiscono e leggono. Sarà una cosa scontata da dire dopo dei ringraziamenti ma mi fa sinceramente piacere che lo facciate,
Teddy

 

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Capitolo 9
*** Terra Promessa ***


 Terra promessa
 

 
 

E così anche il sole muore.
Non lo aveva mai immaginato, Cato.
Certo, il sole tramontava ogni sera, ma quello era un arrivederci e mai un addio. Questo, però succedeva in uno ieri tanto vicino da essere sfiorato ma abbastanza lontano da iniziare a sfumare.
Perché i ricordi sfumano sempre, alla fine. Sfumano ed è impossibile che tornino nitidi.
I ricordi… Cato un tempo ne aveva tanti, ma ora se n’erano andati, come i granelli di sabbia che scendono da una clessidra. Ovviamente, però, la sua clessidra non sarebbe mai stata capovolta, perché il suo non era un ciclo, non più.
Era una fine.
Da quanto fosse morto non lo sapeva. Un secolo, in quel buio, in quel nulla poteva durare lo spazio di un secondo. Non che gli importasse.
Bizzarro come il tempo smetta di perdere importanza, quando la tua esistenza non è più governata da esso.
Un tempo aveva creduto che morire non sarebbe stata la fine della sua esistenza. Un tempo, aveva creduto questo.
Una risata amara gli avrebbe scosso la bocca, se ne avesse avuta ancora una; erano state solo bugie. Tutte bugie. Nient’altro che bugie.
Il nulla, ecco cos’era la morte. Stare nel nulla, essere il nulla. Dondolare costantemente sulla soglia dell’essere e del non essere, combattendo con unghie e denti che non esistevano più per ricordare com’era far parte di qualcosa.
Cato avrebbe venduto l’anima per ricordare la fatica di una corsa, il dolore di una ferita potenzialmente mortale, il sapore dello sciroppo per la tosse o qualsiasi altra cosa. Ma non era sicuro di avercela un’anima.
E poi, comunque, la sua non sarebbe valsa poi molto, dato tutto quello che aveva fatto.
Se esisteva un Karma, un destino- ma Cato ne dubitava- quel nulla era la sua giusta punizione.
Aveva ucciso, aveva ferito, aveva privato il mondo di vite che avrebbero fatto qualcosa di piccolo, o forse di grande, nessuno l’avrebbe mai saputo.
Il nulla, soffocante e opprimente che era diventato, era la giusta punizione.
Non ricordava, Cato, se mai avesse fatto qualcosa di buono. Non ricordava nulla. Sapeva solo di essere niente e se ne chiedeva il perché con tutta l’immensa forza che si era costruito durante gli anni della sua vita e che, con la morte, aveva perso per sempre.
Non c’era carne, non c’erano ossa, non c’era paura né umiliazione. C’era solo una domanda: perché?
Niente e nessuno gli diede risposta, perché in quel nulla niente e nessuno esisteva.
Non c’era luce od ombra, non c’era pace o dolore, non c’era bene o male, giusto o sbagliato, nero o bianco, non c’era…
Clove.
Una parola, un suono. Qualcosa dimenticato da tempo, qualcosa che ormai nemmeno si sognava di sperare. Eppure era lì.
Il nulla assunse il colore di quel suono, con tutto il dolore, l’amore che la cosa comportava.
E se fino ad un eterno secondo prima Cato aveva pensato di meritarsi quel nulla peggiore dell’inferno, ora che quel nome era presente il nulla si fece paradiso.
No, davvero Cato non poteva essere degno di un ricordo simile.
 
Angolo di Ted:
Questo capitolo necessita spiegazioni.
Non l’ho scritto perché tutto ad un tratto ho voluto dare una svolta sdolcinata alla storia, ma perché mi sembrava d’obbligo spiegare la mote e cosa significa per me.
L’ultima frase della storia non vuol dire che Cato non può essere degno della memoria di Clove, no, ma non può essere degno di quello che rievoca: ovvero l’amore, nella contorta sfumatura che è l’amore tra Cato e Clove.
Il titolo, Terra Promessa, rappresenta il desiderio di Cato di un ricordo. E la beatitudine nel capire che, una volta che gli si è presentato, quel ricordo è l’amore che provava per Clove.
Questo, in sintesi, è quello che ho voluto comunicare.
Non mangiatemi.
Ted.
Ps. Mi scuso per non aver aggiornato ma non avevo ispirazione per questa storia e solo questa sera mi sono sentita nel clima giusto per scrivere.
 
 
 

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