You and your high top sneakers and your sailor tattoos. di _justbreathe (/viewuser.php?uid=175273)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Like a hurricane in the heart of the devastation. ***
Capitolo 2: *** 2. But i'm a whole lot worse than well. ***
Capitolo 3: *** 3. You can lean into me if you ain't been in love for a while. ***
Capitolo 4: *** 4. Because the radio will still play loud songs that we heard as our guards came down. ***
Capitolo 5: *** 5. With your hands around my neck i felt the pounding of your heart. ***
Capitolo 6: *** 6. And out of all these things i've done i think i love you better now. ***
Capitolo 7: *** 7. Her hair was pressed against her face her eyes were red with anger enraged by things unsaid and empty beds and bad behavior. ***
Capitolo 8: *** 8. It's a beautiful night, we're looking for something dumb to do. (parte 1) ***
Capitolo 9: *** 8. You're the smell before rain, you're the blood in my veins. (parte 2) ***
Capitolo 10: *** 9. Just gonna stand there and watch me burn, but that's alright because i like the way it hurts. ***
Capitolo 11: *** 10. You're young and in love, that should be enough. ***
Capitolo 12: *** 11. I knew you were trouble. ***
Capitolo 13: *** 12. When you lose something you can't replace. ***
Capitolo 14: *** 13. All you need is love. ***
Capitolo 15: *** 14. When love, love will tear us apart again. (parte 1) ***
Capitolo 16: *** 14. Cause, after all, you do know best. (parte 2) ***
Capitolo 17: *** 15. Perché credo che insieme potremmo essere straordinari. ***
Capitolo 18: *** 16. But we long for love, we believe in love. ***
Capitolo 19: *** 17. All you have to do is fall in love. ***
Capitolo 20: *** 18. Cause if i am to go, in my heart you'd grow and that's where you belong. ***
Capitolo 21: *** 19. You'll be the catalyst. ***
Capitolo 22: *** 20. El meu amor,la meva sort, les meves mans, o el meu dit resseguint-li la columna vertebral. ***
Capitolo 1 *** 1. Like a hurricane in the heart of the devastation. ***
Prologo.
“She's
an endless war
like
a hero for the lost cause
like
a hurricane
in
the heart of the devastation
she's
a natural disaster”
“Dai,
mantieni la calma.” mi dice paziente Alicia, la mia migliore
amica.
Sbotto:
“No. Non sto calma. Non sto calma perchè ho preso
tre nella prima
verifica dell'anno, non sto calma perchè ho letto su
facebook che
David si è messo con quella troia, non sto calma
perchè devo fare
tutta questa fila per pagare una felpa solo perchè il
negozio è
pieno a causa di un coglione che doveva presentare i suoi nuovi
scarpini da calcio fucsia, che tra l'altro fanno pure
cagare!”.
“Eva,
datti una calmata.” sussurra lei guardando alle mie spalle.
Non
ho intenzione di farlo: “Non ci penso nemmeno! È
una cosa
impensabile essere in fila alla cassa da mezz'ora perchè
mezza
Barcellona si è riversata qui dentro per un deficiente che
doveva
far vedere le sue cazzo di scarpe e sparare quattro cazzate su quanto
ami i suoi tifosi.”.
Alicia
si passa una mano nei lunghi capelli rossi soffocando una risatina,
mi volto.
“Il
coglione in questione ha sentito tutto.” dice l'oggetto della
mia
ira, Jordi Serrano, attaccante della nazionale spagnola e del
Barcellona.
Fingo
sarcasticamente di essere dispiaciuta: “Oddio, non volevo
ferire i
tuoi sentimenti.”.
“Non
ho intenzione di accettare le tue scuse.” mi dice acido.
Rido:
“Infatti non mi sono mai scusata con te, cretino.”.
Alicia
mi prende per un braccio e mi suggerisce amichevolmente:
“Eva, non
fare l'isterica.”.
“Non
sono arrivato a vincere un Pallone d'Oro per farmi insultare da una
quindicenne!” esclama Serrano.
Ormai
ci stanno guardando tutti, non è proprio giornata:
“Infatti di
anni ne ho diciotto.”.
Ci
guardiamo negli occhi con aria di sfida, sento la rabbia crescermi
dentro, quello è solo un montato che viene pagato milioni
per
prendere a calci un pallone.
“Non
è il caso di litigare per una cosa così
frivola!” esclama una
voce alle spalle di Jordi.
“Spiegalo
al tuo amico con l'orgoglio ferito.” sputo acida prima di
rendermi
conto di stare parlando con Albert Simon, il portiere dai capelli
biondi e gli occhi blu come il mare.
“Scusala,
oggi si è svegliata di cattivo umore.” gli dice la
mia migliore
amica, diplomatica.
Albert
sorride: “Beh, perché non proviamo a risolvere
questo diverbio
fuori di qui?”.
“No.”
diciamo io e il cretino, assieme.
Il
biondo sospira: “Jordi, credo che tu abbia trovato pane per i
tuoi
denti.”.
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Capitolo 2 *** 2. But i'm a whole lot worse than well. ***
Capitolo
1.
“But
i'm a whole lot worse than well
but
i'm determined to slip this skin
and
i know you're dying for a good time
dying
to breath again.”
Alla
fine abbiamo accettato, il biondo ha deciso di offrirci un aperitivo
in segno di scuse, anche se lui non aveva proprio niente di cui
scusarsi. Così ci ritroviamo tutti e quattro seduti in un
bar
situato in un vicolo.
“Non
mi piacciono i posti troppo affollati.” dice Albert, come per
darci
una spiegazione.
Jordi
sospira: “Sì, beh, non posso mai stare tranquillo,
la folla si
riversa verso il mio tavolo, sono impazziti, vogliono tutti un
autografo, una foto...”.
Lo
interrompo sospirando: “Povero, la tua vita deve essere
proprio
dura.”.
Alicia
mi da un calcio sotto al tavolo e cerca di sviare il discorso, mentre
io e il cretino ci fissiamo, ci stiamo uccidendo con lo sguardo, ma
ciò mi conferisce l'occasione di guardarlo meglio: ha i
capelli
color castano scuro, sono abbastanza corti ma ha dei ciuffi ribelli
che gli ricadono in avanti, sulla fronte, gli occhi sono scuri, il
naso è dritto, non si è fatto la barba, ha dei
bei lineamenti,
questo non lo posso negare. Mi chiedo quante ragazze abbiano un suo
poster appeso in camera, indubbiamente tante.
Penso
a quanta invidia potrei fare a quella troia che si è messa
con David
se mi facessi una foto con Jordi, però no, insomma, non gli
posso
chiedere una foto, si monterebbe ancora di più; e poi io non
lo
sopporto, chi la vuole una foto con lui.
A
proposito, David è il mio ex ragazzo, nonché ex
migliore amico,
siamo cresciuti insieme, mio papà lavora con il suo, nello
stesso
studio legale. Io e David abbiamo praticamente passato infanzia e
adolescenza insieme, poi è scattato qualcosa, abbiamo capito
che tra
noi c'era qualcosa di più;
questo “qualcosa” è finito cinque mesi
dopo, con un “Mi
dispiace, Eva, ma non siamo fatti per stare insieme” da parte
sua e
tante lacrime da parte mia. Così io mi ritrovo in un bar
sperduto in
un vicoletto con la mia migliore amica, il portiere più
bello che il
mondo del calcio abbia mai visto e un montato che ho voglia di
prendere a sberle, mentre David si sta divertendo con la sua nuova
ragazza, la troia, il cui vero nome è Claudia: capelli
biondi,
taglia trentotto, capacità di farsi adorare da tutti, o
quasi.
Una
risata generale mi riporta alla realtà.
“Scusatela, è spesso tra
le nuvole.” commenta Alicia, riferendosi a me.
Albert
sorride: “Tu invece, cosa prendi, Eva?”.
“Una
Redbull, grazie.” dico, sorridendo.
Il
cameriere appunta la mia scelta, mentre il portiere soffoca una
risatina, non capisco perchè, meglio non capire e andare
avanti a
farmi i cazzi miei: controllo il cellulare, un messaggio, magari
è
David. Le mie speranze vengono frantumate quando vedo che il mittente
è mio papà, che mi dice di non tardare troppo
perchè siamo
invitati a cena da mia zia, a Lloret de Mar. Spengo lo schermo
sbuffando, prendo qualche secondo per specchiarmi: il trucco scuro
intorno ai miei occhi grigi è ancora in ottime condizioni,
lo stesso
si può dire dei miei lunghi capelli neri e mossi.
“Vi
piace il calcio?” domanda Albert, è un ragazzo
amichevole, umile,
simpatico, gentile, forse è la cosa più simile al
principe azzurro
che abbia mai incontrato.
Alicia
risponde subito, ho già capito che punta ad Albert, ma
d'altronde
come posso biasimarla? “Ogni tanto guardo qualche partita,
non
posso dire di essere una grande tifosa, ma mi piace.”.
Si
girano tutti verso di me: “In famiglia sono tutti
dell'Espanyol.”.
Albert
si mette a ridere, Jordi alza un sopracciglio: “Adesso
capisco
perché sei così!”.
Sorseggio
la Redbull: “Invece a te cos'è successo? Sei nato
così oppure sei
caduto dal seggiolone?”.
Alicia
sospira: “Si è fatto tardi.”.
Mi
alzo di scatto: “Già, devo andare a Lloret de
Mar.”.
Albert
sorride comprensivo: “Conoscervi è stato un
piacere, magari
possiamo rivederci se vi va.”.
La
mia migliore amica coglie la palla al balzo: “Certo che
sì!”.
Apre
la borsa, prende l'occorrente e scrive il suo numero di cellulare su
un bigliettino.
Il
cretino non mi toglie gli occhi di dosso, lo guardo: “Ciao
Serrano,
ci si vede.”.
“Come
scusa?” chiede lui incredulo.
“Cosa
scusa?” gli domando, non ci sto capendo più
niente, se articolasse
i discorsi, magari ci capirei qualcosa.
“No,
dico, non mi chiedi il numero?” dice Jordi.
Gli
rido in faccia: “No.”.
Alicia
e Albert stanno osservando la scena abbastanza divertiti, saluto il
biondo ed esco dal bar con la mia migliore amica.
“Il
portiere è parecchio figo.” commento.
Alicia
sorride maliziosa: “Mi ha dato il suo numero.”.
Rido:
“La solita stronza che se li prende tutti!”.
Mi
da una gomitata nelle costole: “Zitta, c'è Jordi
Serrano per te!”.
“Ti
sbagli, tesoro. Quello è un montato, è un
coglione, deficiente,
egocentrico, non è capace ad articolare una frase,
narcisista e chi
più ne ha più ne metta, io con quello non uscirei
mai.” dico
convinta.
“Peccato
sia anche incredibilmente affascinante.” mi fa notare lei.
Scuoto
la testa: “Non è il mio tipo.”.
Alicia
controlla l'ora sul cellulare: “Questa me la segno,
l'affermazione
delle diciassette e cinquantatre.”.
Rido
e le mollo un bacio sulla guancia: “Ciao stronzetta, mi
aspetta una
bella serata di merda in famiglia!”.
“Ciao
Eva!” esclama lei.
Mentre
mi allontano mi urla: “E facci un pensierino su quel
Serrano!”.
A
volte non servono parole per far capire un pensiero, così le
mostro
il dito medio sorridendo.
“Papà,
per che ora torniamo stasera?” domanda Andrés, mio
fratello,
mentre in autostrada ci dirigiamo verso casa di mia zia.
Mia
mamma sospira: “Hai intenzione di andare in discoteca e
tornare
domani mattina alle sette anche oggi?”.
Mio
fratello sbuffa.
È
più grande di me, ha ventitré anni, studia
scienze politiche, ma la
sua vera essenza è un'essenza da cazzeggiatore
professionista, è
pigro, pensa solo ai divertimenti, all'Espanyol e alle ragazze. Mia
mamma, Anna, invece, è dolce e paziente, caratteristiche
indispensabili per fare il suo lavoro, la maestra d'asilo. L'opposto
di lei è mio papà, Antoni, capelli neri e sguardo
penetrante,
cinquant'anni che non dimostra, determinato avvocato di successo.
“Andrés,
forse sarebbe meglio che ti focalizzassi un po' di più sui
tuoi
studi.” dice mio papà, senza staccare gli occhi
dalla strada.
Antoni
accende la radio, è l'ora delle notizie sportive, il
giornalista
inizia ad annunciarle, quella che colpisce tre componenti della
famiglia su quattro è “Il numero nove, Jordi
Serrano, si mostra
più che sicuro nei confronti del derby
Barça-Espanyol che si
giocherà tra quattro giorni al Camp Nou: Li
schiacceremo.”.
“Ma
che arroganza!” esclamo infastidita.
Mio
papà scuote la testa: “Quello è solo un
buffone.”.
“E'
un montato.” dice mio fratello.
Mia
mamma sospira: “Non potete insultare così una
persona senza
nemmeno conoscerla, voglio dire, è insensato...”.
Mentre
lei continua a blaterare prendo le cuffie che ho in tasca, stando
alla filosofia di mia mamma, io posso dire di conoscerlo, posso dire
che è un cretino, lo posso insultare quanto voglio, alzo il
volume,
guardo fuori dal finestrino: vedo l'Audi sportiva nella corsia
accanto avvicinarsi accelerando un po' troppo, faccio solo in tempo a
dire: “Papà, attento a destra!”, prima
di sentire un rumore
sordo.
È
la prima volta che rimango coinvolta in un incidente d'auto, sto
bene, cioè, mi fa solo un po' male il naso, ho picchiato la
faccia
contro il finestrino, mi tasto il naso e mi accorgo che sto
sanguinando, guardo mio fratello e i miei, nessuno si è
fatto male,
mio papà guarda fisso un punto davanti a sé,
mormora: “Questo
idiota mi ha distrutto la macchina.”.
Mia
mamma si slaccia la cintura: “Almeno scendiamo, vediamo di
fare una
constatazione amichevole.”.
Apro
la portiera e scendo, mentre mi tampono il naso con un fazzoletto di
carta.
La
portiera della parte del guidatore dell'Audi si apre e stento a
credere a quello che vedo: Jordi Serrano.
“Ancora
tu?!” sbraito.
“Eva!”
esclama Jordi.
Mio
papà sembra sotto shock: “Serrano mi ha distrutto
la macchina e
conosce mia figlia.”.
“Io
non lo conosco quello.” mi affretto a dire.
Jordi
alza un sopracciglio: “Certo, e l'aperitivo oggi chi te la
pagato?”.
“Aperitivo?”
domanda Antoni, stavolta con un tono che mi sta terrorizzando.
“Serrano,
chiudi quella cazzo di bocca.” gli dico, con aria minacciosa.
Ciaaaao
gente (?)
Allora,
prima di tutto vorrei ringraziare chi ha messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate *offre
loro dei cookies* e vorrei ringraziare anche chi ha
dedicato
del tempo a leggerla :3
Dal
prossimo capitolo la storia entrerà più nel vivo;
vi invito a
lasciare un commento, positivo o negativo che sia, per me è
importante :)
Grazie
*-*
|
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Capitolo 3 *** 3. You can lean into me if you ain't been in love for a while. ***
Capitolo
2.
“I
wanna see you tonight
would
you come for a drive?
You
can lean into me
if
you ain't been in love for a while”
“Quanto
avrei voluto vedermi la scena.” mi dice Alicia al telefono,
incredula dopo il racconto dell'incidente con Jordi, avvenuto il
giorno prima.
Sospiro:
“Ho dimenticato un pezzo. Oggi Jordi deve venire a casa mia
per
accordarsi con mio papà sui danni della macchina e bla bla
bla.”.
“Si
è offerto di pagarvi le spese del carrozziere?”
chiede lei.
“Già.”
dico io, prima di sentire il campanello suonare.
Sbuffo,
sono sdraiata sul letto e la voglia che ho di alzarmi è
praticamente
pari a zero: “Hanno suonato, ci sentiamo dopo.”.
Ali
ride: “Vai ad aprire, magari è il principe
azzurro!”.
“Come
minimo è la vecchia del piano di sopra che mi dice che le
è caduto
un calzino sul mio balcone mentre stava stendendo.” dico
ridendo.
Ci
salutiamo e riattacco.
È
uno di quei pomeriggi nei quali non ho voglia di fare niente,
sarà
che questa mattina ho visto delle foto di David e Claudia su
facebook, sarà che dentro sto morendo di invidia,
sarà che non
posso permettermi di provare ancora qualcosa per David.
Mi
trascino alla porta di casa e la apro.
“Ciao!”
esclama Jordi sorridente.
Non
ero preparata, cioè, sapevo che sarebbe dovuto venire, ma
non
adesso, è in anticipo di un'ora.
“Sei un po' tanto in
anticipo.” gli faccio notare.
“Sai,
passavo di qui.” dice con fare disinvolto mentre entra in
casa mia.
Sospiro
chiudendo la porta, mi giro e lo trovo buttato sul mio divano, il
sarcasmo viene spontaneo: “No ma fai pure, togliti le scarpe,
metti
i piedi sul tavolino, accendi la tv e guarda mtv mentre ti mangi un
pacco di biscotti con le gocce di cioccolato sbriciolandoti addosso
mentre coccoli il mio gatto, non mi dai fastidio.”.
Si
gira verso di me: “Sei sempre così
acida?”.
Sospiro:
“Non sono belle giornate per me.”.
Jordi
aggrotta le sopracciglia: “Mi dispiace. Ne vuoi
parlare?”.
“Perché
dovrei? Probabilmente rideresti di me. Insomma, sei bello, sei ricco,
sei famoso, scommetto che dei problemi di cuore di una diciottenne
sfigata te ne frega ben poco.” confesso, quasi in imbarazzo.
Jordi
sorride, ha dei denti perfetti e bianchissimi. Indossa una maglietta
rossa che gli evidenzia parecchio il fisico allenato, ad essa ci ha
abbinato delle bermuda di jeans e ai piedi porta delle nike alte
verdi e fucsia, oscene. Restiamo in silenzio per un po', non riesce a
togliersi dal volto quel sorriso ebete, così gli chiedo:
“Perché
mi guardi così?”.
Sospira:
“Hai detto che ti piaccio.”.
Lo
riporto alla realtà: “Ho detto che sei bello, non
che mi piaci.”.
“E'
la stessa cosa.” conclude Jordi, sicuro di sé.
“Ti
sbagli.” dico io.
Lo
sento sbuffare, voglio deviare il discorso, così gli dico,
in
riferimento alle sue braccia: “Certo che hai tanti
tatuaggi.”.
Alza
le spalle con fare menefreghista: “Sì, mi
piacciono.”.
Ecco,
quando si comporta in questo modo non lo sopporto, insomma, sono
più
che sicura che sta facendo così perchè non ha
avuto il contentino,
perchè circa cinque minuti fa non gli ho detto che mi piace.
“Senti,
se ti annoi te ne puoi anche andare.” gli dico fredda,
incrociando
le braccia.
“Penso
che io e te siamo partiti con piede sbagliato.” mi dice,
convinto.
Penso
a quante ragazze pagherebbero per trovarsi sole in casa con Jordi
Serrano, quando io trovo la situazione veramente imbarazzante e non
vedo l'ora che arrivi qualcuno a salvarmi. Però devo
ammettere che
Jordi ha ragione, forse tentare di ricominciare porterebbe a qualcosa
di buono. E con qualcosa di buono intendo un rapporto civile e senza
insulti, non certo una relazione, insomma, lui è Jordi piedi
d'oro
Serrano e io sono Eva prendo sempre tre in matematica Martinez, siamo
due poli opposti, certi pensieri nemmeno dovrebbero attraversarmi
l'anticamera del cervello.
Gli
stringo la mano, è calda: “Ok. Piacere,
Eva.”.
Me
la stringe di rimando: “Piacere mio, Jordi.”.
Il
silenzio cala di nuovo.
Come
ho detto, siamo due poli opposti, viviamo in mondi troppo diversi e
siamo caratterialmente incompatibili, nemmeno una cosa come
l'amicizia sarebbe possibile tra noi due.
Stavolta
è lui a rilassare l'atmosfera: “Mi offri qualcosa
da bere, da
brava padrona di casa?”.
Annuisco:
“Aspetta.”.
Mi
dirigo in cucina e ispeziono il frigorifero: c'è acqua, coca
cola,
succo alla pera, latte e qualche birra. Jordi potrà bere
alcolici?
Non so, magari dopo ha degli allenamenti o qualcosa. Forse è
meglio
offrirgli un sano bicchiere d'acqua. Però magari mi prende
per una
sfigata. Ok, facciamo che gli offro la coca cola e chiudiamo qui la
faccenda. Prendo decisa la bottiglia e mi giro, sussulto nel trovarmi
praticamente appiccicata a Jordi.
“Pensavo
ti fossi persa.” dice lui, a bassa voce.
Scuoto
la testa: “Stavo solo pensando a cosa offrirti senza fare una
brutta figura.”.
Sorride,
è dannatamente sicuro di sé: “Io invece
stavo pensando che non
sei niente male.”.
Rido:
“Sì, non sono il cerbero che ti sono sembrata
ieri.”.
Mi
prende una ciocca di capelli: “Anche. Però
intendevo che, come
dire.. Cioè, se avessi la certezza che tu non mi odiassi, ti
chiederei di uscire.”.
Ci
sa fare, Jordi con le ragazze ci sa fare, questo non lo posso mettere
in dubbio.
Chissà
quante ragazze ha avuto.
Io
invece ho avuto solo un ragazzo: quello stronzo di David. Per questo
mi sento leggermente a disagio con Jordi, insomma, non sono abituata
a flirtare in quel modo con un mezzo sconosciuto, ma mi voglio
mettere in gioco, dopotutto Jordi non vuole sicuramente niente di
serio, dopo che mi avrà portata a letto una volta
probabilmente non
mi richiamerà e si troverà un'altra ragazza con
cui fare lo stesso.
Non
è da me, però ho bisogno di distrarmi, ho bisogno
di uscire dal
guscio della Eva sempre di cattivo umore, della Eva acida e incazzata
con tre quarti della gente che conosce e Jordi mi darà una
mano,
Jordi è quello che mi serve.
“Non
ti odio.” mi affretto a dirgli.
Questo
è vero, voglio dire, a volte non lo sopporto, ma dire che lo
odio
sarebbe un'esagerazione, l'odio è un sentimento troppo forte.
"Quindi,
per esempio, sabato dopo la partita usciresti con me?” mi
domanda
Jordi, senza smettere di guardarmi negli occhi.
“Sì.”
dico, con un filo di voce.
Può
essere egocentrico, arrogante, viziato, infantile e chi più
ne ha
più ne metta, ma quel ragazzo ha fascino da vendere e questa
cosa
non gioca certo a mio favore.
“Sai,
ti bacerei se non fossimo da dieci minuti davanti ad un frigorifero
aperto che ci caccia tanto freddo addosso.” mi sussurra
all'orecchio.
Mi
serve qualche secondo per metabolizzare quello che ha appena detto.
Come
mi è spesso accaduto, sono troppo lenta nel farlo, tanto che
il
rumore della porta d'ingresso che si apre spezza la magia.
Jordi
si allontana, io verso la coca nel bicchiere e mio papà
appare sulla
soglia della cucina, dicendo: “Sono in ritardo?”.
“No,
sono arrivato io in anticipo.” dice Jordi.
Antoni
gli fa segno di aspettare e sparisce a posare la sua ventiquattrore
da qualche parte.
Jordi
mi guarda alzando un sopracciglio: “Sono arrivato io in
anticipo.
Fortunatamente.”.
Ciao
a tutti :3
Volevo
ringraziare di cuore i nuovi lettori e chi ha recensito e spero che
non smetterete :') *abbraccio
virtuale*
Alla
prossima *-*
|
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Capitolo 4 *** 4. Because the radio will still play loud songs that we heard as our guards came down. ***
Capitolo
4.
“Because
the radio will still play loud
songs
that we heard as our guards came down
like
in the summertime when we first met
i'll
never forget”
Come
si è ben capito, odio la matematica, cerco di impegnarmi, ma
a causa
di forze maggiori, proprio non ci riesco. Le forze maggiori in
questione sono l'essere in banco con Ali, il fatto che il banco sia
posizionato in ultima fila e una professoressa praticamente incapace
di catturare in modo positivo l'attenzione degli alunni e di
trasmettere un briciolo di amore per la materia.
Do
una gomitata ad Alicia: “Cosa vuoi?” bisbiglia con
fare
leggermente irritato. So che non è irritata
perchè stava seguendo
la spiegazione e l'ho disturbata, ma perchè stava disegnando
sul
banco e l'ho interrotta.
“Hai
presente prima quando ti ho raccontato di Jordi?” le chiedo.
“Mmh,
sì.” dice annuendo.
“Ecco..
Vedi.. Mi ha chiesto di uscire.” bisbiglio.
La
reazione di Ali è abbastanza rumorosa:
“Cosa?”.
Le
faccio segno di abbassare la voce: “Non iniziare a far
casino!
Comunque sì, sabato, dopo la partita. Ah, eravamo tipo in
piedi
davanti al mio frigorifero aperto ed eravamo un pochino, uhm,
appiccicati e mi ha detto che mi avrebbe baciata se fossimo stati in
un posto un po' più decente.”.
“Ti
ricordi l'affermazione delle diciassette e cinquantatre? In caso te
la sia dimenticata, te la ricordo amichevolmente: Jordi non
è il mio
tipo.” mi dice, con fare di rimprovero.
Sbuffo:
“Infatti non lo è.”.
“E
allora cosa stai combinando, Eva?”.
Mordicchio
nervosa una penna: “Niente, ci sabato dopo la partita ci esco
insieme, mi porterà in qualche posto figo, ci ubriacheremo e
faremo
sesso, tutto qui. Ah, ma cosa più importante, lui si
dimenticherà
di me e io mi dimenticherò di lui.”.
Alicia
non sembrava convinta: “Rimarresti troppo
coinvolta.”.
“Ti
faccio presente che, per come sono fatta, rimango coinvolta con
persone con cui vado almeno d'accordo, non con narcisisti egocentrici
viziati che all'anagrafe hanno ventitré anni ma
cerebralmente ne
hanno otto.” le dico sorridente.
Sembro
averla convinta: “Su questo ti devo dare ragione, divertiti,
dopo
la delusione di David te lo meriti.”.
Il
suono della campanella ci interrompe, prendo il mio zaino e le dico:
“Io torno a piedi. Comunque, alla fine non abbiamo capito un
cazzo
di matematica!”.
Ali
ride: “E dov'è la novità?”.
La
saluto ed esco da scuola in fretta. Voglio evitare scenette tipo
David e Claudia appiccicati ad un pilastro che si baciano
appassionatamente, del tipo che vorrei legare le loro facce insieme
con lo scotch, dato che amano tanto quel tipo di contatto.
Devo
camminare una mezz'ora buona per arrivare a casa, ma non mi importa,
non ho nessuna fretta, poi per strada oggi c'è pochissima
gente.
Una
Mini rossa accosta, inizio ad andare in panico, probabilmente quello
è un maniaco che mi rapirà, mi venderà
in qualche paese del terzo
mondo dove sarò costretta a fare la prostituta. Decido di
accelerare
il passo, quando sento una voce familiare dire ridendo: “Ho
capito
che in amore vince chi fugge, ma non scappare in quel modo!”.
Riconoscerei
quella risata cristallina ovunque: Jordi.
Mi
giro e mi avvicino al finestrino dal quale è affacciato:
“Come mai
passi di qui?”.
Sorride
e prende qualcosa che aveva appoggiato sul sedile del passeggero:
“Tieni, due biglietti per la partita di sabato; tribuna vip,
eh.”.
Li
prendo e me li ficco nello zaino: “Grazie.”.
Sospira:
“Dai, monta su. Non ho intenzione di farti andare a casa a
piedi!”.
Sorrido
e salgo sulla sua Mini rossa.
Mi
allaccio la cintura e gli dico: “Come sapevi che mi avresti
trovata
qui?”.
Ride:
“Ti ho cercata su facebook e ho letto che scuola
frequentavi.”.
Lo
guardo storto: “Ma sei uno stalker!”.
“Esagerata!”
dice sbuffando.
Sospiro:
“Va beh. Che hai fatto stamattina?”.
Mentre
guida è concentrato, il volume della radio è
basso e ogni tanto si
passa le dita tra i capelli. Mi risponde dopo qualche secondo,
sospira: “Sono andato agli allenamenti, erano a porte aperte
e
quindi era pieno di tifosi e tifose che si accalcavano per una foto o
un autografo, anche solo per toccarmi.”.
Sembra
quasi che si stia lamentando, così, sarcastica, ribatto:
“Oddio,
deve essere stata molto dura. In effetti ti vedo abbastanza
provato.”.
Mi
guarda di sfuggita: “Stamattina hai mangiato lo yogurt acido
per
caso?”.
“No,
mi sono solo rotta i coglioni in un'aula che puzza di vecchio, mentre
tu eri a fare una cosa che ti piace fare circondato da gente che
praticamente ti venera, capisci la differenza o ti devo fare uno
schemino?” dico in fretta.
“Certo
che hai un bel caratterino.” conclude.
“Perspicace.”
commento, poi aggiungo: “Credo che ti sto facendo passare la
voglia
di uscire con me.”.
Ride:
“Nah, tranquilla. Non mi dispiace una ragazza con una
personalità
ogni tanto.”.
Controllo
lo stato delle mie unghie, mentre gli dico distrattamente:
“Secondo
il mio modesto giudizio, quelle con cui esci sono tutte bambole di
gomma.”.
“Il
problema è che vogliono piacermi a tutti i costi, rendendosi
così
quelle che non sono. Tu invece sembri fare del tuo meglio per
renderti insopportabile.” mi spiega.
Capto
una musica che conosco provenire dalla radio: “Zitto e alza
il
volume, c'è Love the way you lie in
radio.”.
“Ti
piace?” mi chiede.
“No.
Ti ho detto di alzare il volume perchè mi fa
schifo.” rispondo.
Jordi
si mette a ridere e mi dà un affettuoso pugnetto sulla
spalla: “La
smetti? Sto cercando di fare conversazione!”.
Sospiro:
“Sì, la canzone mi piace, tanto. Mi piace
quell'amore/odio che
esprime. Poi c'è pure una frase stupenda, cioè Hai
mai amato
qualcuno così tanto che riesci a malapena a respirare?”.
“Tu?”
mi chiede.
Scuoto
la testa: “No.”.
È
vero, insomma, tenevo tantissimo a David, mi piaceva tanto, era una
delle persone più importanti della mia vita, ma non posso
dire che
lo amavo. Non posso dire che ho effettivamente mai amato qualcuno in
quel modo.
"Nemmeno
io.” mi dice, poi aggiunge: “Adesso tu penserai che
può essere
ridicolo perchè ho ventitré anni e, non per
vantarmi, però di
donne ne ho avute parecchio e adesso mi reputerai uno stronzo
perchè
sì, sono state tutte storielle basate sul solo sesso, solo
che la
prospettiva di avere una storia seria mi spaventa, tutto
qui.”.
Bene,
in questo modo non potrò incasinarmi più di tanto
con lui. Nel
senso, se sabato sera dovesse succedere qualcosa tra me e Jordi, poi
lui non mi richiamerà e io continuerò la mia
noiosa vita, come lui
continuerà la sua, esaltante.
Siamo
davanti a casa mia, Jordi accosta e io gli dico: “Non sei
stronzo,
semplicemente non sei pronto o non hai trovato quella
giusta.”.
“Già.”
dice sospirando.
Gli
sorrido: “Grazie per i biglietti comunque. Ci sentiamo per
sabato
ok?”.
Jordi
sorride: “Ok. Ah, Eva?”.
Mi
volto verso di lui mentre sto scendendo dalla macchina:
“Sì?”.
Scuote
la testa: “Niente, lascia stare. Ci vediamo sabato
allora.”.
“Grazie
per il passaggio, comunque!” esclamo chiudendo la portiera.
Entro
nel condominio dove vivo. Abito nel distretto di Eixample, non
è
niente male come zona. Salgo le scale fino al secondo piano ed entro
in casa mia, mi sorprendo nel trovare mia mamma in cucina:
“Come
mai già a casa?”.
“I
bambini sono in gita.” mi dice, mentre lavora all'impasto di
una
torta.
“Ah,
wow.” dico, poco esaltata, buttando a terra lo zaino.
“Eva,
domenica a pranzo abbiamo ospiti, vedi di non tornare troppo tardi
sabato sera.” mi informa, con la sua proverbiale calma.
Un
pensiero mi attraversa la testa: “Che genere di
ospiti?”.
“Pedro
e Clara.” risponde.
Pedro
e Clara sono i genitori di David, non voglio che lui venga a pranzo a
casa mia, soprattutto il giorno dopo il mio 'appuntamento' con Jordi:
“David verrà?”.
Mia
mamma annuisce, ha i capelli legati in una coda alta: “Certo
che
sì!”.
“Oh,
perfetto!” dico, sbuffando.
“Tu
sabato sera che fai?” mi domanda.
“Esco
con un idiota!” esclamo.
Ciao
:3
Come
sempre, ringrazio i nuovi lettori, ringrazio chi ha recensito e chi
continua a leggere :')
Penso
che questo capitolo sia 'di transizione' (?) nel senso che non
succede quasi niente di rilevante, però il carattere di
Jordi si sta
definendo sempre più :) Anticipo già che il
prossimo capitolo sarà
dedicato al loro appuntamento e che pensavo di scriverlo dal punto di
vista di Jordi, anche se non sono pienamente sicura che sia una buona
idea, voi che ne pensate? :)
|
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Capitolo 5 *** 5. With your hands around my neck i felt the pounding of your heart. ***
Capitolo
5.
“In
the deep, dark parking lot pressed up against my car
with
your hands around my neck i felt the pounding of your heart
and
the summer night was giving in to the lure of Autumn's sway”
Pov Jordi
Mi
sento bene, mi sento soddisfatto, quasi elettrizzato. Sono stato
eletto uomo partita, ho segnato una tripletta grazie alla quale
abbiamo vinto il derby cittadino 3-0, sicuramente avrò le
copertine
dei giornali sportivi di domani e, ultima cosa ma non per importanza,
sto uscendo con Eva.
Dopo
la partita Albert mi aveva chiesto quali fossero le mie intenzioni
con lei e, sinceramente, non so dare una risposta a questa domanda.
Contrariamente a quello che mi succede fin troppo spesso, non l'ho
ancora deciso, insomma, lei è diversa dalle altre, ma,
d'altra
parte, ho anche voglia di provarci subito con lei.
Siamo
nella mia Audi, sì, quella che stavo guidando quando abbiamo
fatto
l'incidente in autostrada, quello per cui suo papà ha messo
in piedi
un mezzo casino. È tipo mezz'ora che mi sta bombardando di
domande
sulla nostra destinazione, non ho intenzione di dirgliela; la sto
portando ad un luna park. Non ci ho mai portato una ragazza al primo
appuntamento, anzi, no, non ci ho proprio mai portato una ragazza.
“Non
è che mi stai portando in qualche campagna sperduta dove mi
ucciderai per poi vendere i miei organi a qualche
trafficante?”
dice Eva, guardando distrattamente fuori dal finestrino.
Distolgo
per un attimo lo sguardo dalla strada e le lancio un'occhiata
interrogativa: “Per curiosità, quanti thriller
leggi?”.
Sospira:
“Troppi.”.
Eva
è davvero bella stasera. Indossa un vestito senza spalline
relativamente corto, le arriva a metà coscia, è
bianco a pois blu
con una cintura scura legata in vita con un fiocco.
“A
te piace leggere?” mi domanda.
Scuoto
la testa: “Non troppo. Va beh, mi piace leggere i
giornali.”.
Soffoca
una risatina: “Per vedere che dicono di te.”.
Rido:
“Anche!”.
Un
rumore strano interrompe la nostra risata, passano pochi secondi
prima che la macchina si fermi in mezzo alla strada. Eva mi guarda
storto: “Cos'è successo?”.
Controllo
gli indicatori e mi accorgo: “Mmh. Siamo senza
benzina.”.
Capisco
che si sta sforzando di mantenere la calma, così, per
sdrammatizzare, le dico: “Non uccidermi.”.
“Sei
rincoglionito?” sbraita.
Alzo
le mani in segno di discolpa: “Non ho controllato quanta
benzina
avevo nel serbatoio, non arrabbiarti!”.
“Siamo
solo fermi in mezzo al nulla, senza benzina, ho sete, nemmeno so dove
mi stavi portando; sai cosa mi piace di te? La tua meravigliosa idea
di primo appuntamento!” mi dice, sarcastica.
Sbuffo,
fa sempre passare me per quello insopportabile, quando lei non
è da
meno. “Non farne un dramma!” esclamo, cercando dal
cellulare la
stazione di servizio più vicina.
Incrocia
le braccia sul suo petto: “No, tranquillo, possiamo aspettare
qui
finché dal cielo non pioverà una tanica di
benzina.”.
Quasi
le lancio il telefono addosso in un gesto di stizza: “Leggi:
stazione di servizio con un benzinaio e un piccolo supermercato
aperto 24 h su 24 a 500 metri.”.
“Non
fare l'isterico.” dice con le sopracciglia aggrottate,
controllando
che quello che le ho appena detto corrisponda a verità.
“Eh
certo, la persona isterica sono io, logico.” dico,
lamentandomi,
mentre scendo dalla macchina.
Riesco
a spingere l'Audi al ciglio della strada, la stazione di servizio non
è per niente lontana, ci possiamo andare a piedi, sempre che
la iena
che ho in macchina abbia voglia di farsi due passi con me.
“Vieni
con me o stai qui ad aspettare che qualche maniaco ti uccida e venda
i tuoi organi a qualche trafficante?” le chiedo sarcastico,
riferendomi alla sua uscita di qualche minuto prima.
Sbuffa
e scende dalla macchina, ridandomi il mio cellulare con poca grazia.
Camminiamo
sul ciglio della strada in silenzio per qualche metro, è il
primo
giorno di Ottobre e la temperatura non è delle migliori,
infatti
indosso un giubbetto di pelle, appoggio una mano sulla spalla di Eva,
sussulta. “Sei fredda.” le dico “Vuoi il
mio giubbetto?”.
“No,
va bene così.”
Credo
che morirebbe piuttosto che ammettere di volere il mio aiuto.
“Posso
sapere perchè sei così?”.
“Così
come?” mi chiede, guardando per terra mentre cammina.
“Non
so, sembri sempre incazzata con il mondo.” le spiego.
Mi
guarda: “Andava tutto bene finché non sei rimasto
senza benzina.”.
Tiro
un calcio ad un sassolino: “Sono stato sbadato e ti ho
chiesto
scusa, non puoi farmene una tale colpa!”.
Sospira:
“Anche il fatto che non mi hai detto dove eravamo
diretti.”.
“Volevo
farti una sorpresa!” spiego.
Scuote
la testa: “Avevo paura che mi stessi prendendo in giro, che
fosse
tutta una presa in giro. Voglio dire, perchè tu, Jordi
Serrano,
stella della nazionale, dovresti uscire con me? Non abbiamo
praticamente niente in comune, a volte ci vorremmo prendere a
schiaffi, finiamo quasi sempre per litigare, cioè, hai
capito, no?”.
Ho
capito. Probabilmente è anche la fama che ho che non l'aiuta.
Però
un legittimo dubbio mi attraversa la mente: “Allora
perchè mi hai
detto sì quando ti ho chiesto di uscire?”.
Non
risponde.
“Perché
ti piaccio, tanto anche.” concludo, il motivo deve essere per
forza
quello.
“Che
ragazzo sicuro di sé.” dice ridendo.
Rido,
però sto aspettando una risposta.
“Eva,
non cambiare discorso.” le dico, con tono di rimprovero.
La
vedo indicare la stazione di servizio: “Ne parliamo dopo;
pensa
alla benzina adesso. Io me ne vado al supermercato a farmi un
giro.”
dice, prima di sparire a passo svelto verso l'entrata del market. Nel
frattempo, chiedo all'addetto della benzina di riempirmi qualche
tanica con la quantità necessaria per tornare a Barcellona
città.
Quella
ragazza è un enigma; è complicatissima, lunatica,
ma credo che in
fondo all'animo sia anche ferita. Nulla toglie al fatto che sia
splendida. Credo che nulla tolga anche al fatto che mi sto facendo
prendere non poco da lei. Dio, non c'è mai stato niente tra
di noi
eppure sono più interessato che mai a capirla.
Pago
il benzinaio e, con due taniche, entro al supermarket. Trovo Eva che
guarda le bottiglie di alcolici, mi guardo in giro e le dico,
sottovoce: “Niente videocamere di sorveglianza.”.
Mi
guarda con aria interrogativa, così le chiedo:
“Vuoi bere
qualcosa?”.
“Perché
no?” dice.
Le
mollo in mano le taniche e con disinvoltura prendo una bottiglia di
vodka e me la infilo sotto al giubbetto di pelle.
“Perché non te
la puoi permettere, vero?” mi dice sarcastica.
Rido
e dico ironico: “E' solo che amo il brivido.”.
“E
hai voglia di fare il cretino!” esclama sorridente.
Usciamo
dal negozio disinvolti, come se nulla fosse successo. Lascio la
bottiglia in mano ad Eva e mi riprendo le taniche, camminiamo a passo
svelto e non ci impieghiamo molto a raggiungere la macchina.
“Vuoi
una mano?” mi chiede, vedendomi versare la benzina nel
serbatoio.
Scuoto
la testa: “Due minuti e ho finito. Bevi pure se ti
va.”.
“Ti
aspetto.” mi dice, con quella che sembra l'ombra di un
sorriso sul
suo viso.
Finisco
in fretta, ci sediamo per terra, di fianco ai lati della macchina.
Apro la bottiglia e bevo il primo sorso di vodka: “Questo
è per i
piani rovinati di stasera!”.
Mi
strappa la bottiglia di mano e ne beve un sorso: “Questo
invece è
per il senso di colpa che mi sta prendendo per aver fatto l'isterica
con te prima!”.
È
di nuovo il mio turno, faccio un altro sorso: “Per tutte le
cazzate
che si dicono in giro sul mio conto!”.
Turno
di Eva, un sorso ancora: “Per David, quello stronzo del mio
ex!”.
“Per
la mia paura di una relazione seria!”.
“Per
il mio scappare dai problemi invece di decidermi una volta ogni tanto
ad affrontarli!”.
“Per
il fatto che non so mai se alle persone piaccio io o la mia
fama!”.
“Per
la mia paura delle delusioni.”.
Andiamo
avanti così, finché la bottiglia non è
vuota, finché Eva non
rivela biascicando che ha paura di avere una storia seria, quindi
preferirebbe rifugiarsi in cose insensate che durano una notte, ma in
realtà l'unica cosa che vuole è qualcuno che sia
capace a rompere i
muri che ha eretto intorno al suo cuore da quando David l'ha
lasciata, finché inizio a pensare che quel qualcuno potrei
essere
io.
Tutto
d'un tratto Eva si alza in piedi, di scatto, barcolla.
Decido
di aprire la portiera posteriore e di farla sedere sul sedile, regge
l'alcool molto meno di quanto lo faccia io, sarà che non
è abituata
a bere. “Sei un po' ubriaca.” le faccio notare.
Ha
gli occhi arrossati: “Tu invece sei un po' tanto fottutamente
bello.” mi dice.
Prima
che possa ribattere, me la ritrovo avventata sulle mie labbra, mi sta
baciando con brama, rispondo al suo bacio. Mette una mano nei miei
capelli e l'altra dietro al mio collo e avvicina ancora di
più il
mio corpo al suo. Non riesco a resistere, mi sento un quindicenne con
gli ormoni impazziti. La bacio, non riesco a staccare le mie labbra
dalle sue, sembra quasi che ci stiamo baciando con rabbia, Eva ci sa
fare; quando riesco a staccarmi, le scosto i capelli neri dal collo e
inizio a baciarlo, capisco che le piace. Lei invece mi sta
accarezzando i pettorali, gli addominali, sento la sua mano che
scende sempre più. Mi interrompo quando la sento nei
pantaloni. È
una lotta tra il mio cervello e i miei ormoni; questi ultimi hanno
già organizzato un party e vogliono impedirmi di ragionare,
cerco di
fare avere il sopravvento al mio cervello, Eva è ubriaca.
Ok, non
sarebbe la prima volta che mi capita con una ragazza un po' brilla,
ma Eva non è una ragazza qualsiasi, Eva ha una guerra dentro
di sé,
Eva è tanto bella quanto fragile, ma, soprattutto, a Eva
questo
farebbe male.
Così
mi blocco. “Cosa c'è?” mi chiede,
togliendo la sua mano destra
dai miei jeans.
“Sei
ubriaca.” le dico, con tono fermo.
“E
allora?” domanda.
Scuoto
la testa: “E allora non posso; ti porto a casa,
dai.”.
Sospiro
allontanandomi da lei, appena scendo dalla macchina per salire al
posto del guidatore, lei si tira seduta, si piega, e vomita sul
ciglio della strada.
“Perfetto.”
sospiro, sperando non mi vomiti in macchina durante il tragitto.
Cosa
che non succede, perchè si addormenta. Mi chiedo se domani
mattina
si ricorderà del nostro primo appuntamento. La riporto a
casa e,
quando la sveglio, sembra un po' più in sé. Mi
saluta con un bacio
sulla guancia ed entra in casa.
Prima
di ripartire compongo il numero di Albert, che risponde dopo pochi
squilli: “Pronto?”.
“Eva
era ubriaca e mi voleva, ma le ho detto che non potevo.”
esordisco.
Sembra
sorpreso: “Da quando sei tanto responsabile e maturo con una
ragazza?”.
Sospiro:
“Da quando la ragazza in questione è diversa dalle
altre.”.
“Jordi,
non è che poi va a finire che te ne innamori?” mi
domanda Albert.
“Per
essere sincero, credo di essere sulla buona strada.” rispondo.
Ciao
lettori :3
Allora,
il capitolo è abbastanza lungo u.u Ho cercato di impegnarmi
il più
possibile per entrare nella complicata mente di un uomo (?), spero
vivamente di aver scritto un pezzo decente e non una schifezza e
spero altrettanto vivamente che mi facciate sapere i vostri pareri :)
Grazie,
come sempre, ai nuovi lettori, ai vecchi, a chi recensisce :')
|
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Capitolo 6 *** 6. And out of all these things i've done i think i love you better now. ***
Capitolo
6.
“I'm
out of touch , I'm out of love
I'll
pick you up when you're getting down
and
out of all these things i've done i think
i
love you better now”
Mi
sono svegliata con trentotto e mezzo di febbre, devo aver preso
freddo ieri sera, i postumi della sbronza e un succhiotto sul collo.
Vedendo che stavo parecchio male, hanno deciso di spostare la sede
del pranzo a casa di David e di lasciarmi a riposare, mi sono
sembrati parecchio incazzati, come se avere la febbre fosse colpa
mia.
Ovviamente
ho fatto passare i postumi come “sintomi dovuti alla
febbre” e ho
abilmente tenuto nascosto il succhiotto che mi sono ritrovata sul
collo.
Non
ricordo molto bene cosa sia successo dopo che abbiamo iniziato a
bere, però credo proprio che il segno che mi porto addosso
parli da
sé. Pazienza, Jordi è il tipico ragazzo che fa
sesso con una
ragazza e poi non la richiama perchè è
già in cerca di un'altra.
Ho
sete. Mi alzo dal letto e mi trascino in cucina.
Apro
il frigorifero e prendo il cartone del latte, mi siedo sul tavolo e
ne trangugio un po'.
Ieri
sera, prima che uscissi con Jordi, Alicia mi aveva detto che sarebbe
andata a pranzo da Albert oggi, controllo l'ora e constato che
probabilmente a quest'ora è già a casa del
biondo. Credo proprio
che Albert sia il ragazzo che faccia per lei, insomma, non ha un
difetto, a volte vorrei essere al posto di Ali.
Il
suono del mio cellulare interrompe i miei pensieri, rispondo senza
guardare il numero: “Pronto?”.
“Smaltita
la sbronza?”.
Non
ci posso credere.
È
Jordi.
Mi
sta richiamando.
Dopo
che abbiamo fatto sesso da ubriachi.
“Ho
la febbre.” dico, fredda.
Sospira:
“Avrai preso freddo, ti ho chiesto se volevi il mio
giubbetto, ma
hai rifiutato.”.
Voglio
tagliare corto la conversazione, mi sento in imbarazzo:
“Senti,
sono a casa da sola, i miei torneranno sul tardo pomeriggio,
è
meglio che me ne torni a letto se non voglio svenire sul pavimento,
ci sentiamo.”.
“Cosa?”
lo sento urlare.
“Oddio
abbassa quella voce, ho mal di testa!” lo rimprovero.
Sembra
in apprensione: “Vai a letto, vengo da te, non osare dirmi di
no,
stai male e sei sola.”.
Perché
gliel'ho detto?
“Ma...”
cerco di obiettare.
“Venti
minuti e sono lì.” dice serio, prima di
riattaccare.
Oh,
perfetto.
Mi
trascino fino al divano aspettando che Jordi arrivi. Sarà
imbarazzante, parecchio.
Non
sono pronta a questo, pensavo mi avesse ignorata per il resto della
sua vita, pensavo non l'avrei mai più visto di persona,
invece tra
pochi minuti si materializzerà alla mia porta e mi
vedrà ammalata,
in pigiama, struccata, pallida, con le occhiaie. Ottimo.
Che
poi a me Jordi non piace, quindi chissenefrega se mi vedrà
in questo
stato, no?
Mentre
sono persa nelle mie contorte considerazioni, sento il campanello
suonare, vado ad aprirgli.
Mi
guarda: “Sembri uno zombie.”.
“Grazie.”
dico, sbuffando.
Ride:
“Dai, scherzavo! Adesso mettiti a letto, ci penso
io.”.
Mi
avvio verso la mia camera e mi butto con poca grazia sul mio letto,
secondo l'idea che ho di lui, quasi non sa badare a sé
stesso,
figuriamoci a me.
Dopo
dieci minuti sii presenta sulla porta della mia stanza con una tazza
di thé: “Questo ti farà sentire
meglio.”.
Mi
metto a sedere sul mio letto mentre me lo porge, sorseggio:
“E'
bollente.”.
Sospira:
“Sai com'è, l'ho appena fatto.”.
Sbuffo:
“Perché sei venuto?”.
“Perché
sei da sola, sei ammalata e ti senti male anche in parte per colpa di
una bottiglia di vodka che io ho rubato ieri sera.” mi
spiega,
appoggiandomi una mano sul ginocchio.
A
quel piccolo ed insignificante contatto mi viene da sussultare, poi
mi decido a dirgli: “Senti, forse è meglio che
dimentichiamo
quello che è successo ieri sera.”.
Ride:
“Cosa? Tu che mi salti addosso e mi metti le mani nel pacco e
io
che ti dico che sei troppo ubriaca? Mmh, hai fatto la figura della
malata di sesso, detto con molto affetto.”.
Mi
ci vuole qualche secondo per realizzare quello che Jordi ha appena
detto.
Non
abbiamo fatto sesso.
Gli
sono saltata addosso.
Lui
mi ha detto di no perchè ero troppo ubriaca.
Da
quando è così maturo?
“Oddio,
mi dispiace.” dico, leggermente scandalizzata, poi gli
rinfaccio:
“Hey, Serrano, intanto un succhiotto me l'hai
fatto!”.
Scoppia
a ridere: “Inizialmente mi ero fatto prendere, lo
ammetto!”.
Rido
con lui: “Sempre il solito.”.
C'è
un attimo di silenzio nel quale realizzo che si è fermato,
che l'ha
fatto per me. Che avrebbe potuto benissimo assecondare i miei
capricci ormonali da ubriaca e poi non richiamarmi più,
tanto non mi
sarei ricordata niente. So che mi sta dicendo la verità, ne
sono
sicura, lo capisco dai suoi occhi.
“Grazie.”
gli dico, sincera.
Sorride,
i suoi denti sono a dir poco perfetti: “E per
cosa?”.
“Per
quello che hai fatto ieri sera. E per essere venuto qui
oggi.”
realizzo che Jordi in fondo è una brava persona, che,
sì, ha i suoi
difetti, è parecchio egocentrico, arrogante, vive nel suo
mondo,
però sa essere maturo, premuroso, divertente e forse dovrei
smettere
di elogiarlo perchè sappiamo tutti come finiscono queste
cose quando
si inizia e io non voglio certo che finisca così.
“Eva”
dice, accarezzandomi una guancia: “Non mi devi ringraziare,
insomma, ieri sera non avrei mai potuto andare oltre con te,
è una
questione di rispetto. Per oggi, invece, come avrei potuto non
venire?”.
Sorrido,
grata: “Sai, credo di essermi fatta un'idea sbagliata di te
certe
volte.”.
“Anche
io di te... Nel senso, non sei così pazza e isterica come
sembravi;
o forse è solo la febbre che ti rende più
buona.” scherza.
Rido
con lui, sa anche essere spiritoso.
Poi
mi copro, la febbre mi fa venire i brividi. “Hai
freddo?” chiede,
rimboccandomi le coperte.
Annuisco
e lui mi tocca la fronte: “Credo che ti stia salendo la
febbre, è
meglio che ti riposi.”.
Si
alza dal letto.
Tutto
d'un tratto mi accorgo che non voglio restare da sola.
Che
io e Jordi possiamo benissimo essere amici, che lui come persona mi
piace, che in questo momento voglio qualcuno che mi stia vicino e
quel qualcuno è lui, perchè mi fa sentire al
sicuro.
“Jordi.”
lo chiamo.
“Sì?”
dice, girandosi.
“Ecco...
Ti andrebbe di restare ancora un po'?” chiedo timidamente.
Sembra
sorpreso: “Oh. Ho fatto breccia nel cuore di Eva la ragazza
di
ghiaccio.”.
Già
mi pento di averglielo chiesto.
“Intendevo
come un amico, idiota.” dico.
Ride:
“Va bene, anche se come vedo stai iniziando a tornare in
te.”.
Si
toglie le sue orribile nike alte e le butta in un angolo, si leva la
felpa bianca e la appoggia sulla mia scrivania, dopodiché
tira
indietro le coperte e ci si infila. “Cosa stai
facendo?” chiedo,
leggermente infastidita.
Sospira:
“Hai la febbre, devi dormire. Non me ne starò
lì ad annoiarmi
mentre tu sei nel mondo dei sogni, quindi ci vengo pure io.”.
Sbuffo:
“E va bene, ma non illuderti ok?”.
“Disse
la ragazza che ieri sera mi ha infilato la lingua in bocca con
veemenza.” dice Jordi sarcastico.
Sbuffo
e appoggio la testa alla sua spalla muscolosa.
È
come se Jordi emanasse calore, o forse sono solo io che ho parecchio
freddo.
Si
è già addormentato, riesco a capirlo dal suo
respiro rilassato.
L'ultima
volta che ho dormito con un ragazzo è stato con David.
Non
hanno proprio niente in comune.
Penso
che innamorarsi di Jordi sarebbe facile, sono più che sicura
che lui
ricambia.
Penso
che ogni tanto ci vorrebbe qualcosa di facile.
Penso
che devo evitare di fare questi pensieri o finirò per
credere
davvero che aprire il mio cuore al calciatore viziato, pieno di
tatuaggi, che indossa sneakers orrende sia una buona idea.
Decido
che forse rimandare questi pensieri ad un momento in cui non
sarò
ammalata, mezza addormentata e non avrò il soggetto in
questione nel
letto sia un'idea migliore e lascio che il sonno si impossessi di me.
Ciao
lettori :3
Allora,
come primissima cosa mi scuso per il ritardo,
ma ho cercato di finire i compiti e poi la mia piccola palla
di
pelo ha rischiato di morire e la cosa mi ha reso parecchio triste,
quindi non sono riuscita a scrivere.
Bene,
veniamo a noi (?) Eva inizia finalmente ad aprire gli occhi e inizia
ad accettare che almeno tra lei e Jordi possa nascere una sana
amicizia, per ora. Perché sì,
qualche pensierino su Jordi se
lo fa pure lei, però, come ben sappiamo, lei ha le sue
insicurezze e
le sue paure alle quali è perennemente ancorata e per far
sì che si
decida ad abbandonarle ci vuole ben altro.
Beh,
mi scuso di nuovo per il ritardo, ringrazio i lettori, vecchi e
nuovi, e le fantastiche persone che recensiscono :')
al
prossimo capitolo!
ps: se volete e ce l'avete, ditemi come vi chiamate su twitter che così vi seguo :)
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Capitolo 7 *** 7. Her hair was pressed against her face her eyes were red with anger enraged by things unsaid and empty beds and bad behavior. ***
Capitolo
7
“Her
hair was pressed against her face
her
eyes were red with anger
enraged
by things unsaid
and
empty beds and bad behavior
some
thing's gotta change
it
must be rearranged, oh”
Finalmente
la tortura è finita. È venerdì e mi
aspetta un week end senza
studio, un po' di sano jogging mattutino, un'uscita con Jordi, Ali ed
Albert dopo la partita e un po' di shopping con Ali.
Sto
uscendo da scuola proprio con lei, lascio che il vento mi scompigli i
capelli, amo l'autunno, ma ancora più l'inverno.
“Cosa
metti domani sera?” mi chiede, digitando velocemente i tasti
del
Blackberry.
Ci
penso: “Uhm, credo i jeans, sai, per me è un
uscita tra amici, per
te invece è un appuntamento con Albert.” dico
maliziosamente.
Mi
dà una gomitata: “Ma se tra noi non è
ancora successo niente, al
contrario vostro!”.
Sbuffo:
“Si va beh, dimentichiamocene che è
meglio.”.
Ridiamo
assieme, ci tengo davvero al fatto che tra lei ed Albert le cose
vadano per il meglio, sembrano proprio fatti l'uno per l'altra, il
problema è la scintilla che non si decide a scattare, forse
io e
Jordi dovremmo impegnarci per fare in modo che questo accada al
più
presto.
Sono
persa nelle mie considerazioni quando sento chiamare il mio nome, mi
giro, è Javier: capelli ricci, occhi scuri, sguardo
penetrante,
chitarrista, ha baciato la sottoscritta giocando al gioco della
bottiglia in gita a Madrid quando avevamo quattordici anni ed
è il
migliore amico di David.
“Ciao
riccio!” esclama Ali, scompigliandogli i capelli.
“Ciao
rossa!” ribatte lui allegramente, dopodiché si
rivolge a me:
“Senti Eva, David ci terrebbe al fatto che il viaggio a
Parigi non
fosse sbandierato al vento, sai, Claudia è gelosissima e
sicuramente
fraintenderebbe.”.
Cado
dalle nuvole: “David Parigi cosa?”.
Ali
è confusa, io di più.
Javi
sembra perplesso: “La tua famiglia e quella di David, a
Parigi,
questo weekend.”.
“Cosa?”
sbraito.
Il
riccio si tira indietro: “Ehi non incazzarti con me, io non
c'entro
niente.”.
Sbuffo
e mi guardo in giro cercando di localizzare David, lo trovo quasi
immediatamente, seduto su un muretto a fumarsi una sigaretta.
Mi
avvicino a passo svelto verso di lui, arrivo e gli chiedo, cercando
di mantenere la calma: “Cosa sarebbe questa storia di
Parigi?”.
Fa
un tiro alla Wiston: “I tuoi non ti hanno detto
niente?”.
Lo
fulmino con lo sguardo e ribatto con sarcasmo: “Secondo
te?”.
Alza
le spalle con fare noncurante: “Avranno voluto farti una
sorpresa.”.
Lo
fisso e penso a tutte le volte in cui ho guardato fisso nei suoi
occhi azzurri o in quelle in cui ho passato la mano nei suoi morbidi
capelli color biondo scuro.
“Sei
in fissa.” mi fa notare.
Cerco
subito di riprendermi, non devo fare trapelare niente:
“Senti,
quanto stiamo a Parigi e quando partiamo?”.
Butta
la sigaretta per terra e la schiaccia con la punta della scarpa:
“Stasera abbiamo il volo alle otto a El Prat, ci stiamo per
tre
giorni e verrà anche tuo fratello. Mi raccomando, con i tuoi
fa
finta di non sapere niente, ok?”.
Annuisco:
“Ok. Ah, tranquillo, non dirò a nessuno di Parigi,
dato che ti
vergogni tanto di andarci con la sottoscritta. Ci vediamo
stasera.”.
Mi
giro senza pensarci e inizio a incamminarmi verso il mio motorino, la
situazione mi fa abbastanza male, insomma, io e lui siamo stati
insieme e adesso tra noi nemmeno c'è l'ombra di un'amicizia.
Forse è
colpa mia, lo ammetto, ma anche lui ha le sue colpe.
“Eva,
aspetta!” mi urla David.
Lo
ignoro, in questo momento la cosa più importante non
è lui,
insomma, se ha voglia di parlare con me avrà tre giornate
intere per
farlo, adesso il mio interesse è spiegare a Jordi questo
casino e
spiegargli perchè gli sto per dare buca. Compongo il suo
numero e lo
chiamo, risponde subito: “Pronto?”.
“Ci
dobbiamo tipo vedere adesso.” dico.
“Tipo
se stessi facendo un po' di fisioterapia perchè mi sono
stirato la
coscia in allenamento?” dice, imitandomi.
“Trova
cinque minuti per me, dai.” quasi lo supplico.
Sospira:
“Va bene.”.
Mi
dà indirizzo e indicazioni e gli prometto che
cercherò di arrivare
al campo di allenamento in mezz'ora, ce la posso fare, so che il
motorino non mi deluderà.
Così
ignoro spudoratamente l'educazione stradale e riesco ad arrivare in
tempo alla palestra dove Jordi sta facendo fisioterapia. Mi sta
aspettando fuori, lo vedo da lontano.
È
appoggiato ad un muro, indossa la divisa da allenamento della
squadra, ha le braccia conserte e si guarda in giro, mi chiedo come
reagirà alla mia notizia; devo dire che dargli buca in
questo modo
mi spiace parecchio, ma allo stesso tempo non sono mai stata a Parigi
e la prospettiva mi attrae alquanto, inoltre posso cercare in qualche
modo di vendicarmi su David, e ciò mi attrae ancora di
più.
“Buongiorno!”
esclama sorridente.
“Ciao.”
dico.
Aggrotta
le sopracciglia: “Cos'è successo?”.
Sospiro:
“Stasera parto per Parigi.”.
“Cosa?!”
chiede, sorpreso, poi aggiunge: “E' Parigi, non fare quella
faccia,
sorridi!”.
“Sei
rimbambito?” gli dico in modo poco gentile.
Si
ferma un attimo a pensare, poi si ricorda: “Noi domani sera
dovevamo uscire.”.
Annuisco:
“Sì, Jordi. E sono venuta qui per dirti quanto mi
dispiace.
Nemmeno voglio partire.”.
Mi
accarezza una guancia: “Perché?”.
Prendo
un respiro profondo: “Perché ci vado con i miei,
mio fratello,
David e i suoi genitori.”.
“Ah.”
dice, distaccato.
“Ah
cosa?” chiedo, abbastanza innervosita.
Scuote
la testa: “Niente, lascia stare. Divertiti, ci si
vede.”.
“Sei
proprio uno stronzo.” dico io, con disprezzo.
Mi
godo ogni secondo della sua reazione: si passa la mano nei capelli,
le sue narici si allargano, si morde il labbro inferiore e inizia:
“Ovvio, tu che vai a Parigi con il tuo ex invece
no.”.
“Non
ho certo deciso io di andarci!” esclamo.
Ride
sarcastico: “Stai a casa allora, hai diciotto anni, non credo
proprio che ti serva una babysitter!”.
“Peccato
che loro credano di farmi una sorpresa, l'hanno pensato come regalo
per me, poi lo sono venuta a sapere per colpa di David!”
esclamo.
“Oh,
David!”.
“Qual'è
il tuo problema?” mi devo calmare, o lo prendo a sberle.
Si
mette una mano sul mento facendo finta di pensare: “Esci con
me, mi
baci, vuoi di più, lasci che mi prenda cura di te quando
stai male,
dormiamo insieme e poi mi dai buca e te ne vai nella città
dell'amore con il tuo ex, complimenti. Critichi tanto le tipe che
frequento di solito e poi sei la loro esatta copia.”.
“Mi
stai dando della puttana?” chiedo, incredula.
Annuisce
e dice, arrogante: “Sì.”.
Non
mi trattengo. Mi è stato detto una volta sola nella mia
vita,
precisamente da Claudia, ma quella ha il cervello delle stesse
dimensioni di una pallina da ping pong, non è che la cosa mi
ha
toccato molto; ma sentirselo dire da Jordi fa male.
Fa
anche incazzare, ecco perchè gli mollo un sonoro schiaffo
sulla
guancia sinistra.
Si
tocca la faccia.
Ci
stiamo guardando negli occhi.
Mi
piacerebbe tanto sapere cosa gli passa in quel cervello certe volte.
I
suoi movimenti sono veloci, le sue mani si posano sul mio viso, mi
attira a sé con poca grazia e mi bacia.
Rispondo
subito al bacio.
C'è
rabbia, frustrazione, desiderio.
Ci
sono le sue mani intorno alla mia vita che avvicinano il mio corpo al
suo.
C'è
perfezione.
Perché
questo bacio, dopotutto, riassume quello che è il nostro
rapporto;
riassume quell'andare sempre in cerca l'uno dell'altra, riassume quel
non sopportarsi certe volte, quell'attrazione, ma anche i tanti
ostacoli che ci sono tra di noi.
Mi
stacco da lui.
“Non
volevo darti dello stronzo.” dico.
Si
lecca un labbro: “Non volevo darti della puttana.”.
“Baci
bene, Serrano.”.
“Il
bacio è solo un piccolo promemoria che ti devi portare a
Parigi,
aspetta di vedere che succede quando tornerai.”
dice,malizioso.
Rido:
“Così però sembri un
maniaco.”.
Ride
con me e mi prende una mano: “Vieni qui.” sospira,
trascinandomi
verso di lui e stringendomi tra le sue braccia. Mi annusa i capelli.
Sento il mio petto completamente schiacciato contro il suo, ho la
sensazione che mi stiano cedendo le ginocchia.
Sciogliamo
l'abbraccio, mi sposta una ciocca di capelli dal viso e mi dice:
“Adesso vai, non voglio farti certo arrivare in ritardo o
avere
discussioni con i tuoi.”.
Annuisco:
“Ci vediamo tra quattro giorni.”.
Sorride:
“Ricordati del promemoria.”.
“Come
potrei dimenticarmene?” dico, allontanandomi.
Mi
viene in mente la mia affermazione delle diciassette e
cinquantatré,
mi vengono in mente tutte le mie paranoie, mi vengono in mente tutti
gli ostacoli che ci sono tra me e Jordi, mi viene in mente il suo
sapore, il suo profumo. Penso alle sue labbra, penso alla sensazione
che ho provato durante quell'abbraccio e, soprattutto, penso che se
una cosa ti fa stare bene, non è poi così
sbagliata.
Heeeello
:3
Siamo
finalmente arrivati ad un punto di svolta tra Eva e Jordi u.u La cosa
si svilupperà meglio nei prossimi capitoli, comunque :)
Come
sempre, ringrazio di cuore i nuovi ed i vecchi lettori e chi
recensisce e mi fa tanto felice *-*
Mi
scuso anche per il ritardo nel postare, non odiatemi D:
alla
prossima :3
|
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Capitolo 8 *** 8. It's a beautiful night, we're looking for something dumb to do. (parte 1) ***
Capitolo
8.
'Look
at the stars,
look
how they shine for you
and
everything you do.'
Mi
mancava, troppo anche.
Sì,
so che l'ho baciata in un gesto impulsivo, di rabbia, che
probabilmente lei non prova per me quello che provo io per lei, ma
l'ho dovuto fare.
Controllo
l'ora: è mezzanotte.
Abbiamo
finito alle otto di giocare, ne ho segnato uno, Albert mi ha
accompagnato all'aeroporto e sono arrivato qui a Parigi.
Se
il mister lo dovesse venire a sapere, mi fa fuori: domani a
mezzogiorno devo essere al campo di allenamento perchè
martedì
abbiamo una partita di Champions, non posso permettermi di arrivare
in ritardo né di arrivare in modalità zombie.
Ho
parlato con Eva su facebook un paio di volte da ieri sera, ha inviato
i messaggi dal cellulare, quindi mi indica il luogo da dove sono
stati inviati; sembro uno stalker, lo so, ma devo farle una sorpresa
e il fine giustifica i mezzi.
Arrivo
all'hotel con un taxi.
Bene,
sì, ora dovrei farle capire che sono qui.
Compongo
il suo numero di cellulare, risponde subito, esclamando contenta:
“Jordi!”.
Sorrido:
“Buonasera!”.
“Ho
visto il goal, complimenti!” dice.
Sospiro:
“Indovina dove sono.”.
“Dove?”
chiede, curiosa.
“Indovina.”.
“Mmmh.”
ci pensa qualche secondo: “Stai per uscire a festeggiare la
vittoria con Albert e Ali?”.
“Risposta
sbagliata.” lascio che la conversazione abbia un attimo di
pausa,
mi sembra di aggiungere suspence: “Sono molto più
vicino.”.
Sembra
venirle un'illuminazione: “Dimmi che sei venuto a Parigi a
trovarmi
e ti sposo!”.
“Las
Vegas o Atlantic City?” chiedo, ridendo.
“Dove
sei?” domanda, sempre più in preda all'entusiasmo.
Mi
sento bene, mi piace il fatto che sia così felice della mia
sorpresa, probabilmente le manco, anzi, spero vivamente di mancarle,
spero che non si stia comportando così solo
perchè con David si
annoia.
“Fuori
dall'hotel, la notte parigina è lunga, Eva.” cerco
di mostrarmi
sicuro di me, in realtà non ho mai visitato Parigi e non ho
la più
vaga idea di dove la dovrei portare, quasi mi sento un cretino.
“Dormono
tutti, arrivo subito, Dio, non sai quanto ti sto adorando in questo
momento!” esclama lei, estasiata.
Mentre
la aspetto ho qualche leggero senso di colpa, ma dopotutto ormai la
cazzata l'ho fatta, se domani riesco ad arrivare in tempo agli
allenamenti, nessuno saprà mai che sono stato a Parigi.
La
vedo correre fuori dall'entrata dopo circa dieci minuti, mi
abbraccia, quasi saltandomi addosso.
“Come
è andato il primo giorno?” chiedo, probabilmente
con un sorriso da
ebete stampato sul viso.
Sbuffa:
“Una noia mortale! David non mi considera, mio fratello sta
sempre
con lui, i miei e i genitori di David continuano a fermarsi nei
negozi, l'unica cosa che mi è rimasta è la
fotografia, ma in questo
momento ho la nikon scarica e nemmeno ti posso fare vedere le foto
che ho fatto, non vedo l'ora di tornarmene a Barcellona!”.
Rido:
“Prima, però, notte pazza a Parigi!”.
Sorride:
“Prego, fammi da guida!”.
“Ehm.”
mugugno.
Scoppia
a ridere: “Non ci sei mai stato, vero?”.
Scuoto
la testa: “Solo un paio di volte, ma solamente per
giocare.”.
“Boh,
andiamo in centro?” chiede Eva, anche lei è
abbastanza spiazzata.
Annuisco,
l'albero non è lontano, quindi iniziamo ad incamminarci,
mentre
cammino canticchio: “It's a beautiful night, we're looking
for
something dumb to do!”.
Continua:
“Hey babe, i think i wanna marry you!”.
Rido
e le dico ironicamente: “Ormai me l'hai promesso!”.
Ride:
“Onestamente, credo che divorzieremmo dopo circa tre
giorni!”.
Annuisco:
“Concordo, a volte ti strangolerei!”.
“Io
invece ti darei tanti schiaffi che nemmeno immagini!” esclama
lei.
Mi
piace.
Eva
mi piace.
Non
sarei venuto a Parigi per nessun'altra ragazza, di solito erano le
ragazze a fare ste cose per me.
Ma
lei è così diversa, lei ha tipo un tornado dentro
sé, mi sto
domandando come non abbia voglia di baciarmi, dopo il nostro bacio di
ieri, mah.
Com'era
quella quella frase? Alle medie la prof ci aveva fatto leggere un
libro e a un certo punto il protagonista diceva “se gli
esseri
umani fossero precipitazioni atmosferiche, io sarei stato una
pioggerella, lei un ciclone.”.
“Mi...
Mi sei mancato.” confessa.
Sorrido:
“Puoi anche dirlo un più più
allegramente, non è una colpa,
sai?”.
Ride
timidamente: “No solo che è strano, non avrei mai
immaginato che
sarebbe potuto succedere.”.
“Le
persone si innamorano.” concludo.
“Non
sono innamorata di te!” esclama, abbastanza isterica.
Sbuffo:
“Ogni tanto il cerbero che c'è in te si fa
sentire!”.
“Non
è colpa mia se spari cazzate!” sbraita, di nuovo.
Stavolta
sono io a fare il sarcastico: “Ti devo inviare una lettera di
scuse
con la quale ti chiedo umilmente perdono per avere usato erroneamente
un termine linguistico altrimenti non mi perdoni?”.
“Adesso
fa pure il simpatico.” commenta.
“Cretino
io che sono venuto fino a qui per te.” sospiro.
Quando
si comporta in questo modo proprio non la sopporto, sbotta
immediatamente appena qualcosa non va come dice lei, tratta le
persone da schifo per poi tornare, con la coda tra le gambe, assalita
dai sensi di colpa.
“Scusami.”
dice.
Ecco,
appunto.
Ma
che ci posso fare? Non riesco a starle lontano.
Le
metto un braccio intorno alle spalle: “Dai, fa
niente.”.
Sorride:
“Let's look for something dumb to do!”.
“Rendiamola
la nostra notte.” le dico, prima di stamparle un bacio sulle
labbra.
Ciao
*faccia che esprime
tanto senso di
colpa*
Mi
dispiace immensamente, anzi, di più u.u per il tanto (troppo
D:)
ritardo nel postare, ma la scuola è iniziata e ho dovuto
'iniziare
bene' con le prime verifiche, ho avuto la tonsillite e ho usato il
tempo libero per il calcio e per andare allo stadio. Mi dispiace
avere trascurato la storia, tanto. Spero che continuerete a leggerla
e a recensire. La frase che pensa Jordi è presa dal mio
libro
preferito, si intitola Cercando
Alaska.
Scusatemi di nuovo per il ritardo e alla prossima, spero presto :3
|
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Capitolo 9 *** 8. You're the smell before rain, you're the blood in my veins. (parte 2) ***
Capitolo
8.
“You
are calm and reposed,
let
your beauty unfold,
pale
white like the skin
stretched
over your bones,
spring
keeps you ever close,
you
are second-hand smoke,
you
are fragile and thin
standing
trial for your sins,
holding
on to yourself the best you can,
you
are the smell before rain,
you
are the blood in my veins.”
Usciamo
ridendo da quella sottospecie di bar, non riesco a credere a quello
che ho appena fatto.
“C'era
puzza di canne!” esclama Jordi, prima di baciarmi con fare
provocante.
“Se
i miei lo scoprono, fanno fuori prima me e poi te.” lo
informo.
Sento
la pelle pulsare, brucia.
Abbiamo
appena fatto una cazzata, sì, la nostra
cazzata. Circa
un'oretta fa siamo entrati in quella specie di topaia per bere
qualcosa e il destino ha voluto far sì che ci trovassimo un
tatuatore. Per Jordi la tentazione è stata troppo forte,
dopotutto
lui di tatuaggi ha le braccia piene, mentre io, beh, io ho 'offerto'
al tatuatore l'area delle mie costole. Il risultato è stato
ottimo,
direi.
“Beh,
le cose fatti da mezzi ubriachi non contano, prova a usare questa
scusa.” propone Jordi.
Rido:
“Oh sì. Sai, mamma, hai presente l'attaccante
della nazionale?
Serrano, sì, quello che si vede sulla copertina dei giornali
di
gossip ogni due settimane con una diversa, il cretino che ha
tamponato papà in autostrada, proprio lui. Ecco, ci siamo
conosciuti
e insultati in un negozio, poi da cosa nasce cosa, siamo usciti e mi
sono ubriacata, di conseguenza ho cercato di portarmelo a letto,
facendo la figura della ninfomane, ma lui mi ha fermato
perchè a
volte è responsabile. Poi David mi ha raccontato di Parigi e
io sono
andata a salutarlo e a chiedergli scusa perchè stavo per
dargli
buca, abbiamo litigato ma l'istinto represso ha avuto il sopravvento
e ci siamo baciati, poi lui mi ha fatto una sorpresa ed è
piombato a
Parigi; abbiamo noleggiato una Cinquecento e siamo andati a zonzo per
la città, abbiamo bevuto forse più di quanto
avremmo dovuto, siamo
finiti in un buco di bar dove mi sono fatta tatuare You're
the
smell before rain.”.
Mi
prende la mano, intrecciando le sue dita con le mie: “E lui
si è
fatto tatuare sul polso You're the blood in my veins.”.
Sospiro:
“Certo che siamo cretini, però.”.
Ride:
“Ti sta prendendo l'ansia riguardante il fatto che avrai per
sempre
sulla tua pelle qualcosa che riguarda me?”.
Sbuffo:
“Sinceramente, quanti tatuaggi ti sei fatto per le tue
centomila ex
ragazze?”.
Jordi
scuote la testa: “Nessuno, giuro.”.
Io
invece giuro che non me lo sarei mai aspettata. Giuro che quello che
provo per questo ragazzo è qualcosa di inesprimibile,
inimmaginabile, che non mi è mai capitato. A volte mi fa
arrabbiare
talmente tanto che lo spingerei sui binari mentre il treno sta
arrivando, ma poi realizzo che rischierei probabilmente la mia vita
per cercare di salvarlo.
“Per
stavolta ci credo.” dico, lanciandogli un'occhiata maliziosa
e
cercando di non far trasparire la felicità interiore che sto
provando, non so, mi piace tenerlo sulle spine, non lo voglio fare
esaltare troppo.
Mi
guarda alzando un sopracciglio: “E' meglio che la smetti o
andrà a
finire che ci denunciano per atti osceni in luogo pubblico.”.
Scoppio
a ridere: “E' arrivato il malato di sesso.”.
Finge
aria indifferente e dice: “Disse quella che in preda alla
vodka e
agli ormoni mi saltò spudoratamente addosso.”.
Siamo
arrivati al luogo dove avevamo parcheggiato la macchina, fingo di
essere offesa e mi siedo sul sedile passeggero, sbattendo la
portiera.
Jordi
entra e mette in moto trattenendo le risate: “Ho chiesto un
po' ai
tipi nel bar, guarda un po' dove ti porto ora.”.
Sospiro:
“Come minimo ci perdiamo.”.
“Evviva
la fiducia proprio, ho il navigatore: Jordi uno, Eva zero.”.
“Sì,
bambino di cinque anni travestito da ventitreenne, stavolta hai
ragione.” dico io, concedendogli questa piccola vittoria.
Ride
e accende la radio.
Entrambi
riconosciamo subito le note di quella canzone, The boy who
blocked
his own shot,
anche nota come la
canzone da cui abbiamo preso le frasi che ci siamo rispettivamente
fatti tatuare poco fa.
Jordi
inizia a cantare: “You are calm and reposed, let your beauty
unfold, pale white, like the skin stretched over your bones, spring
keeps you ever close, you are second-hand smoke, you are so fragile
and thin, standing trial for your sins, holding on to yourself the
best you can, you are the smell before rain...”.
Continuo
a cantare: “You are the blood in my veins.”.
“Mi
ricorda te.” dice lui, poi continua: “Dico questa
parte di
canzone, mi ricorda te.”.
Abbasso
timidamente lo sguardo: “E' una delle mie preferite, quando
prima
mi hai detto che anche tu la adoravi mi sono sorpresa. Poi, beh, non
c'è stato dubbio su cosa farsi tatuare.”.
Sospira:
“Certo che abbiamo acceso la radio e la stavano trasmettendo,
chiamalo come vuoi, ma io lo chiamo destino.”.
Jordi
ha ragione. Ci siamo conosciuti per una serie di coincidenze. Non
riesce a immaginare quanto sia grata al destino in questo momento.
Non riesce a immaginare quello che sto provando per lui,
però non è
colpa sua, insomma, quella che sembra fatta di ghiaccio sono io. Devo
rimediare, devo farglielo capire, sto sentendo per la prima volta la
necessità di non perderlo.
“Beh
sì, e non finirò mai di ringraziarlo.”
confesso.
Mi
guarda fugacemente, sorridendo.
“Beh,
signorina dagli occhi di ghiaccio che stasera ha deciso di aprirmi il
suo cuore, siamo quasi arrivati.” mi comunica Jordi,
visibilmente
esaltato.
Il
tempo di svoltare a destra e mi ritrovo su uno spiazzo dal quale si
ha una vista mozzafiato di tutta Parigi. Se la chiamano la
città
dell'amore un motivo c'è, qui è tutto
più magico.
“E'...
magnifico.” dico, stupita.
Jordi
sospira: “Senti, Eva...”.
Lo
interrompo: “No, adesso parlo io. Jordi, davvero, io non so
come
ringraziarti. Perché ho fatto di tutto per allontanarti e tu
hai
perseverato, perchè stai smentendo la brutta opinione che ho
sempre
avuto di te, perchè sei venuto a Parigi, per quello che hai
fatto
durante il nostro primo appuntamento. È vero, litighiamo, ci
prendiamo a brutte parole a volte, ma fa tutto parte del gioco. In
questo momento non saprei rinunciare a te, non saprei rinunciare a
nulla che riguarda te.”.
Ha
stampato sul viso il sorriso più bello che gli ho mai visto
fare:
“Eva, non avere paura di mostrare i tuoi sentimenti con me.
Perché
lo sai, sai quello che provo per te, sai che sei diversa da tutte le
altre. E comunque sì, i litigi, i pianti, le brutte parole
che
scappano ogni tanto fanno parte del gioco, senza quelle non avremmo
nemmeno momenti come questi.”.
Annuisco,
come dargli torto?!
“Quindi...”
dice Jordi.
“Quindi?”
domando io, al limite della curiosità.
“Quindi
ci proviamo? Proviamo a farla funzionare seriamente?” mi
domanda.
“Questa
domanda sarebbe l'equivalente del vuoi essere la mia ragazza che si
dice alle elementari?” chiedo io.
Annuisce:
“Tecnicamente sì.”.
“Sì.”
dico, senza indugiare.
Sorride.
Credo
che il cuore mi uscirà dal petto da un momento all'altro.
“Potremmo
anche baciarci, sai, per concludere in bellezza il momento.”
propongo.
Jordi
annuisce ridendo: “Direi di sì.”.
Così
ci baciamo, mi perdo in quel bacio, nel sapore di Jordi misto a
quello del coca e rum che si è bevuto prima, mi perdo nel
momento,
nelle sue mani che mi accarezzano i capelli.
Sinceramente,
chi avrebbe immaginato che dopo il nostro incontro-scontro sarebbe
andata a finire così?
Non
so dire con certezza se è amore, però se non lo
è, mi chiedo
allora come sia il famigerato amore.
Quando
ci stacchiamo, ormai senza fiato, mi rendo conto che lo voglio, che
non sarebbe uno sbaglio. Così mi avvento ancora sulle sue
labbra e
inizio a sfilarmi la maglietta. A mia sorpresa, mi blocca fermamente
i polsi.
“Eva,
no.” dice, con fermezza.
“Cosa?”
chiedo, stupita.
Scuote
la testa: “Non devi farlo per forza, cioè, non
sentirti forzata,
rispetto qualsiasi cosa vuoi fare.”.
Le
sue parole sono solo l'ennesima conferma.
Annuisco:
“Sono più che sicura di volerlo fare, non far
finta che non lo
vuoi pure tu.”.
Ride:
“Va bene!”.
Rido
anche io, prima che Jordi vada avanti a baciarmi e inizi a togliermi
con abilità i vestiti, niente in confronto alla lunghezza
esasperante che ci metto io, beh, si vede che ci sa fare e che io,
beh, sì, ho avuto poca esperienza, ad un certo punto Jordi
ci ride
su, ma non me la prendo, so che lo fa con tenerezza.
Quello
che succede dopo è facilmente immaginabile, ma la valenza
che ha per
me e per lui, anzi, per noi, è diversa. Sono i muri che
imprigionavano il mio cuore che si sgretolano, è la fiducia
reciproca che cresce sempre più, è quel 'ti amo'
che Jordi mi
sussurra, senza fiato, all'orecchio.
Mi
riporta all'albergo alle prime luci dell'alba, vorrei che stesse con
me ancora un po', ma lo rivedrò tra due o tre giorni, quando
tornerò
a Barcellona. Riesco a sgattaiolare in camera senza problemi, la
divido con mio fratello e quello non lo svegli nemmeno a cannonate.
Mi rimetto a dormire, esausta, ma con il sorriso sulle labbra e il
profumo inconfondibile di Jordi su di me.
Buonasera
(?)
Come
promesso sono riuscita ad aggiornare presto, e mi sento parecchio
esaltata, lol. Comunque, finalmente (?) i nostri protagonisti sono
arrivati ad un importante punto di svolta :) Come
sempre, ma
ci tengo sempre a farlo, ringrazio di cuore i nuovi lettori, chi
continua a leggere la storia, ma soprattutto chi la recensisce (e
spero che continui a farlo :3) e chi recensirà (ci tengo a
precisare
che non mordo u.u).
Al
prossimo capitolo, penso proprio che ce la faccio a postarlo
relativamente presto *-*
|
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Capitolo 10 *** 9. Just gonna stand there and watch me burn, but that's alright because i like the way it hurts. ***
Capitolo 9.
"Just gonna stand there and watch me burn
but that's alright because i like the way it hurts"
Il programma di oggi prevede
una visita a Montmartre. Inutile dire che sto seguendo i miei, mio
fratello, David e i suoi camminando tipo uno zombie e sedendomi su
qualsiasi cosa trovo appena ne ho l'occasione. Risponderei ai messaggi
di Jordi e telefonerei ad Alicia per raccontarle tutto se solo avessi
credito sul mio cellulare e se solo ci fosse una rete wifi, ma oggi a
quanto pare la fortuna non è dalla mia parte. Per non
parlare del fatto che sento un bruciore terribile sulla parte di pelle
dove stanotte mi sono fatta fare un tatuaggio, ottimo; se i miei lo
vengono a sapere, mi uccidono. Jordi mi ha detto che è
arrivato in tempo a Barcellona e che non vede l'ora che torno. Solo a
pensarci mi viene da sorridere. "Eva, ci faresti una foto?" i miei
pensieri vengono interrotti dal papà di David.
Sorrido:
"Certamente!".
Si mettono in posa e
sorridono, io scatto. Mi rendo conto che il sorriso di David
è solamente accennato, capisco così che
probabilmente nemmeno lui si sta divertendo più di tanto.
Così mi avvicino a lui, nemmeno so perchè lo sto
facendo, so anche che probabilmente me ne pentirò: "Tutto
bene?" chiedo.
Annuisce: "Benissimo.
Tu, invece? Devi avere dormito davvero poco.".
Ha un fare che mi
insospettisce, ma decido di andare avanti con le bugie: "Emicrania; mi
ha fatto dormire pochissimo.".
Alza un sopracciglio:
"Ah. Era sempre per l'emicrania che eri praticamente spalmata contro un
tipo a baciarvi come se non ci fosse un domani appoggiati ad una
macchina bianca parcheggiata accanto ad un lampione tipo alle sei di
mattina?".
No.
No.
No. Questo non ci
voleva.
Conosco David, lo
conosco bene. I segreti li tiene fino a quando decide che sia opportuno
tenerli e non posso permettermelo, la sua camera è al
secondo piano e ci sono altissime probabilità che abbia
riconosciuto Jordi. Se la nostra relazione diventasse pubblica non ci
sarebbe quasi più privacy e il problema non sarebbe solo
questo, ce ne sarebbero a decine.
Mi devo calmare.
No, come ho detto, lo
conosco fin troppo bene, con lui vanno usate le maniere forti. "I cazzi
tuoi mai?".
Ride sarcasticamente:
"Non che pensare mi interessino le tue avventure con la superstar del
Barcellona, mi ero solo alzato per andare in bagno, ho guardato fuori
dalla finestra pensando di godere di una pittoresca vista di una via
parigina all'alba e invece mi trovo quella vista di voi due, mi
è venuta la nausea poi, capisci?".
Sospiro: "Capisci che
se continui così ti prendo a calci?".
"Ragazzi, venite a
vedere la chiesa o aspettate fuori?" chiede mia mamma.
David sta per
incamminarsi ma lo fermo, tirandolo per il cappuccio della felpa, poi
dico: "No, mamma, noi aspettiamo qui!".
Mia mamma sorride e si
dirige con gli altri dentro alla chiesa. Io e David ci sediamo su un
muretto.
"Qual'è il
tuo problema?" gli chiedo.
Si fruga in tasca,
prende una sigaretta, la accende e fa un tiro: "Il fatto che ti
userà e ti butterà via, come se niente fosse.".
Scuoto la testa,
rammaricata, e gli domando: "Da quando te ne frega qualcosa di me?".
"Da sempre, sei tu che
non capisci." dice lui, calmo.
In questo momento io e
la calma non andiamo per niente d'accordo: "Certo! Sono io quella che
non capisce! Dopotutto mi hai solo illusa, mi hai solo calpestato il
cuore, mi hai solo usata e buttata come se niente fosse,
perchè dovrei pensare che di me non te ne frega niente?".
"Eva, non urlare, ci
guardano tutti." mi fa notare.
Mi rendo conto che il
dramma è l'unica cosa di cui non ho bisogno in questo
momento, quindi seguo il consiglio di David. "Scusami. Però,
David, capiscimi. Non mi hai più parlato, stai sempre con
quella troia, mi tratti male, anzi, malissimo e scommetto quello che
vuoi che martedì tutta la scuola saprà di me e
Jordi e mercoledì tutti i più squallidi giornali
di gossip ne parleranno.".
"Perchè
pensi che dovrei dirlo a qualcuno?" mi domanda.
Sospiro:
"Perché alla tua amabile ragazza racconti tutto e
perchè lei ha tanta voglia di rovinarmi la vita.".
"Eva, non..." dice.
Lo interrompo, sembra
quasi che lo sto pregando, non è da me, ma a mali estremi,
estremi rimedi: "Ti prego non farlo, ti scongiuro, David, in nome della
nostra amicizia durata per anni.".
"Com'è
Serrano?" mi domanda ignorando puramente quello che ho appena detto.
"Dolce, paziente, a
volte infantile, a volte un cretino, bello da morire, imprevedibile e
andrei avanti con la lista, ma sto morendo dalla curiosità
di chiederti perchè me lo chiedi." rispondo, sinceramente.
Sorride:
"Perché è tutta la mattina che ci penso e,
davvero, lui potrebbe avere tutte le ragazze che vuole, eppure
è venuto qui a Parigi per te, ti ha portata in giro tutta
notte, immagino vi siate divertiti; non so, Eva, io non sono mai stato
ciò di cui tu hai davvero bisogno, ma credo che lui lo sia.".
"Non paragonarti a
lui." gli dico.
Sorride e alza le
spalle: "E' inevitabile. Voglio dire, lui è famoso, ha
realizzato i suoi sogni, ha chiunque voglia ai suoi piedi, ti
può dare tutto quello che vuoi, io invece sono un
normalissimo diciottenne che suona in una band sfigata che non
sfonderà mai e che si è comportato da grandissimo
stronzo con te.".
Sono stupita: "Lo stai
ammettendo. Stai ammettendo che hai fatto lo stronzo.".
Annuisce.
"Sì ok
è comunque troppo tardi. Se solo sapessi quante notti ho
passato a piangere e quanti problemi di fiducia nei confronti del sesso
maschile mi hai causato." lo informo.
"Mi sembra che di
Jordi ti fidi." mi fa notare.
"Si chiama amore."
ribatto.
Il sarcasmo prende
possesso di lui: "Oh! La nostra Eva è innamorata del bel
calciatore, che carini, quasi mi viene il diabete.".
Mi alzo: "Va bene, ho
capito che con te non si può parlare di Jordi.".
"Credi che sia
geloso?" mi domanda.
"Hai la ragazza,
perchè dovresti?" ribatto.
"E qui ti sbagli." mi
informa.
"Cosa?" dire che sono
incredula sarebbe riduttivo.
Sospira: "Ci siamo
lasciati ieri, le ho telefonato, abbiamo litigato, di nuovo, c'era aria
di crisi da un po' di tempo, abbiamo deciso che è meglio per
tutti e due finire questa storia.".
"Ah." è
tutto quello che riesco a dire.
Si stringe nella
felpa: "Capita.", sospira, poi aggiunge: "Comunque, se proprio ci tieni
a saperlo, sì, un po' questa storia mi rende geloso.".
Lo guardo e, fredda,
gli dico: "Comunque, se proprio ci tieni a saperlo, è troppo
tardi ormai.".
Ci guardiamo negli
occhi.
Quest'attimo sembra
infinito.
E' vero, è
troppo tardi, è troppo tardi per i vecchi sentimenti,
è troppo tardi per cercare di riparare quel qualcosa che tra
noi ormai si è irrimediabilmente rotto, è troppo
tardi perchè finalmente ho trovato la mia
felicità e me la voglio tenere stretta.
La vibrazione del
cellulare mi salva da tutta quella tensione, rispondo: "Pronto?".
"Eva, non ci crederai
mai!" esclama Ali.
"Siamo in due." dico
io.
"Albert e io, beh,
sì, ora stiamo insieme!" mi informa.
Non l'ho mai sentita
così felice: "Oddio Ali sono contentissima per te!" poi
aggiungo: "Jordi invece...".
Mi interrompe: "So
tutto. Eva, quello che ci sta succedendo è incredibile.".
"Lo so, Ali." le dico
io, sognante.
Sospira: "Claudia e
David si sono lasciati.".
"So anche questo, ma
forse è meglio che ne parliamo quando torno." le dico.
"Capisco. Jordi mi ha
raccontato tutto!" dice, con entusiasmo.
"Ma che pettegolo!"
esclamo ridendo.
"Chi è
pettegolo?" chiede mio fratello, materializzandosi alle mie spalle.
"Nessuno!" esclamo,
lanciandogli uno sguardo minaccioso.
David sorride con aria
di sfida: "La nuova fiamma di Eva.".
"Scusa Ali, devo
chiudere." dico alla mia migliore amica.
Andres sembra
sorpreso: "Non sapevo avessi un ragazzo!".
David si finge
dispiaciuto: "Ops, mi è scappato, troppo tardi!".
I genitori di David si
avvicinano, così gli chiedo: "David, volevo chiederti una
cosa, sai che sono una ragazza curiosa: come fai a falsificare tanto
bene le firme dei tuoi sulle giustifiche quando salti la scuola e te ne
vai a zonzo per la città a farti le canne con Javier?".
"Cosa?" sbraita la
mamma di David.
"Ops, troppo tardi."
gli dico, con tutta la cattiveria che ho in me.
"Sei una stronza,
Eva." mi dice, con disprezzo.
"E' guerra, David."
ribatto.
Good evening (?)
Capitolo dedicato ad
Eva e David e al loro complicato rapporto. Ringrazio tanto tanto tanto
(?) chi continua a leggere la storia e, soprattutto, chi la recensisce,
perchè mi fa tanto piacere, quindi spero che continuiate e
spero che anche i nuovi (ma anche vecchi) lettori abbiano voglia di
lasciarmi un commento :)
Alla prossima :3
|
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Capitolo 11 *** 10. You're young and in love, that should be enough. ***
Capitolo
10.
"You're young and in
love,
that should be
enough."
Ho passato i venti giorni dopo il mio ritorno da Parigi tra i pomeriggi
con Jordi, che, tra l'altro, ha la casa più grande,
magnifica e spettacolare in cui sia mai stata, bugie raccontate ai miei
per vederlo, sere passate a studiare di nascosto, uscite a quattro con
Ali ed Albert e mattinate a scuola cercando di non addormentarmi sul
banco. Felice? Sì, direi di sì.
David
non ha ancora spifferato niente, sono stupita ma allo stesso tempo mi
chiedo quanto questo silenzio, che per me è incredibilmente
conveniente, possa durare. A scuola ci parliamo a malapena, ogni tanto
lo sorprendo a fissarmi, vorrei tanto sapere per quanto questa cosa
dovrà andare avanti. Ali sembra al settimo cielo, Albert
sembra il principe azzurro e tra loro le cose sembrano andare alla
grande. E' mercoledì, stasera c'è la Champions,
si gioca in casa e vincere questa partita significa avere la certezza
matematica di passare il girone per primi; per Jordi questa partita ha
un'altra valenza, perchè lui in Champions non segna da tre
partite e la ricerca di questo goal sta diventando quasi un'ossessione.
Sono con Ali allo stadio, tribuna vip, ho convinto i miei genitori a
farmi andare da lei a dormire dato che i suoi sono a Londra per tutta
la settimana per festeggiare il loro venticinquesimo anniversario di
matrimonio, la bugia consiste nel fatto che a dormire andrò
da Jordi, insomma ho solo mentito per metà, i genitori di
Ali sono davvero a Londra. "Fa freddo!" esclama Ali, stringendosi nel
maglione.
Effettivamente, stasera fa più freddo del solito. Le do
insistenti e fastidiose gomitate canticchiandole: "Dai dai dai che dopo
Albert ti scalda!".
Mi tira un affettuoso pugno sul braccio: "Cretina!".
Rido: "Ali, guarda che non c'è niente di male!".
Sospira: "Lo so, lo so. Ma sarebbe un passo importante, parecchio
importante. E lui è inspiegabilmente timido e io non sono da
meno, boh, ho paura che sarà imbarazzante.".
Le sorrido: "Tutto verrà naturalmente se deve succedere. Poi
so che Albert e Jordi hanno parlato e, credimi, Albert è
innamorato perso di te.".
Ride: "Il tuo ragazzo è un pettegolo!".
Annuisco: "Tanto!".
Ali indica il campo: "Guarda, stanno entrando!".
Stasera giocano contro lo Spartak Mosca, l'ultima volta che ho visto
Jordi, cioè ieri sera, l'ho visto abbastanza tranquillo,
diceva che avrebbero potuto batterli senza problemi, la sua
preoccupazione era quel goal.
Devo ammettere che tra me e Jordi le cose stanno andando a gonfie vele,
abbiamo litigato seriamente appena tre volte, ci punzecchiamo spesso,
ma questi battibecchi finiscono sempre con un bacio, su un letto oppure
con dei cupcakes mangiati assieme mentre guardiamo uno della miriade di
dvd che Jordi possiede. Lo vedo entrare in campo, guarda in basso, sta
dannatamente bene con addosso la prima divisa della squadra, faccio
solo finta di non notare quegli scarpini color giallo acceso; la
squadra si posiziona in fila orizzontalmente, l'inno della Champions
risuona in tutto lo stadio, questa musica inizia a farmi venire i
brividi di emozione ogni volta che la sento.
La partita inizia, ritmi lenti, dopo dieci minuti il Barcellona inizia
ad avere occasioni su occasioni, il problema è che vengono
tutte sprecate. "Non credo che reggerò Jordi se non segna."
dico.
Ali sospira: "Se vanno avanti a sprecare in questo modo, credo che
dovrai per forza farlo.".
"Rigore!" esclamo, saltando in piedi.
L'arbitro la pensa come me, fortunatamente. Jordi sul dischetto, non ho
dubbi, la butterà dentro.
Trattengo il fiato, quasi fossi io a dover battere quel rigore di
fronte a novantamila persone allo stadio e milioni che mi guardano alla
tv.
Parte la rincorsa, calcia, il pallone colpisce la traversa e viene
recuperato da un giocatore avversario che inizia una veloce azione di
contropiede, Albert non riesce a parare il tiro, goal.
"Oh, perfetto." sbuffa Ali.
"Ha sbagliato il rigore." dico io, ancora incredula.
"Hai fame? Seppelliamo le nostre pene calcistico-amorose nel cibo?"
chiede Ali, ridendo.
Le passo il mio portafoglio: "Popcorn grandi, baby.".
Mentre Ali è alla ricerca di cibo, la squadra sembra essersi
svegliata, vogliono segnare, non hanno la minima idea di perdere.
Poco più di cinque minuti dopo, il portiere avversario
commette un grosso errore, trovandosi, impotente, per terra a guardare
Jordi che sta per calciare a porta vuota, in pochi millesimi di
secondo, in me matura la certezza che segnerà, ma il tiro
finisce fuori di pochi centimetri. Sbuffo, sto soffrendo con lui, so
quanto ci tiene.
Così passa il primo tempo, la trama del secondo non
è molto diversa da quella dei quarantacinque minuti
precedenti, l'unica cosa che la cambia è un autogoal dei
russi, che riduce giusto un po' l'umiliazione di questa partita.
"Albert sarà deluso, parecchio." dice Ali, sconsolata.
Scuoto la testa: "Non voglio immaginare Jordi.".
"Calcio di punizione." mi fa notare la mia migliore amica.
E' al limite dell'area. Jordi la vuole battere, l'allenatore gli sta
praticamente sbraitando di lasciare perdere e di farla battere a
Ramirez, il terzino, ma conosco bene Jordi, è testardo, se
si mette in testa di fare qualcosa non c'è modo di fargli
cambiare idea. "La batte lui?" chiede Ali.
Annuisco: "Se non segna, il mister lo fa fuori.".
"Condoglianze, Eva, la vostra storia è stata breve, ma
intensa." dice ironica.
Rido: "Spiritosa!".
Rivolgo la mia attenzione di nuovo al campo, Jordi si appresta a
calciare, la palla compie una perfetta parabola che passa la barriera e
si infila nell'angolo destro, non c'è nulla che il portiere
possa fare per parare questo tiro.
"Goal!" urlo, abbracciando Ali.
"Ce l'ha fatta!" dice lei.
Sono felice, felicissima, non vedo l'ora di abbracciarlo dopo la
partita.
"Guarda lo schermo, Eva!" dice Alicia, indicandomi il maxischermo.
Jordi fa un cuore con le mani davanti alla telecamera, sorride e dice
'Ti amo.'.
"E'... è per me." dico, con un filo di voce, poi mi riprendo
e l'euforia inizia ad avere il sopravvento: "Mi ha dedicato il goal
Ali! Ti giuro che è la cosa più bella che mi sia
mai successa! Renditi conto!".
La vedo seria: "Beh, c'è da dire che ora i giornali
inizieranno ad interrogarsi riguardo alla tua identità.".
"Il mio ragazzo è un cretino." concludo.
"E pettegolo." aggiunge.
"Ma è fottutamente perfetto." dico, sorridendo, ripensando
alla dedica.
Mi vedo con Jordi dopo la partita, appena fuori dagli spogliatoi. Mi
bacia, vedendo che non c'è nessuno che ci potrebbe vedere.
"Onestamente, non me lo sarei mai aspettato." confesso.
"La dedica?" chiede, ridendo.
Annuisco.
Mi bacia la punta del naso: "Sono un romanticone!".
Rido: "Ma piantala!".
Ride con me, poi mi sussurra all'orecchio: "Beh, direi che abbiamo
tutta la notte per stare insieme, andare sulla spiaggia e guardare le
stelle mentre beviamo per festeggiare il mio goal.".
"L'ultima nostra sbronza ha praticamente cambiato in meglio il nostro
rapporto." gli faccio notare.
Sorride: "Beh sai cosa? Stavolta non succederà,
perchè meglio di così le cose non possono
andare.".
Sorrido: "Mi chiedo come ho fatto senza di te fino ad adesso.".
E' vero, a volte me lo chiedo seriamente. Jordi mi ha sconvolto la
vita, Jordi ha portato una ventata di vita nel mio semplice
sopravvivere. Jordi mi ha fatto rivalutare l'amore, Jordi mi ha fatto
ritrovare il sorriso, con Jordi sto imparando ad amare anche gli
aspetti meno positivi di una persona, perchè è
vero, insomma, ho imparato a convivere e quasi ad apprezzare perfino i
suoi difetti, quelli che i primi tempi mi facevano arrabbiare come non
mai. Il calciatore famoso, viziato e abituato ad ottenere sempre
ciò che vuole mi sta facendo maturare, chi l'avrebbe mai
detto?
Chi avrebbe mai detto che io, piena di sfiducia nei confronti
dell'amore, mi sarei completamente innamorata del calciatore pieno di
tatuaggi che indossa sempre delle sneakers orrende?
Sorrido tra me e me, pensando che Jordi ha ragione, le cose non
potrebbero andare meglio di così.
Hola :3
Capitolo in cui non succedono molte cose, ma in cui Jordi si mostra
tenero (?) ed Eva dice qualcosa (le ultime parole famose, lol) su cui
rifletterà parecchio tra qualche capitolo (ma non voglio
anticipare niente u.u). Grazie ai nuovi lettori e a chi continua a
leggere la storia :') Ma, soprattutto, a voi che recensite, spero che
non smettiate :3
Al prossimo capitolo *-*
|
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Capitolo 12 *** 11. I knew you were trouble. ***
Capitolo
11
“I
knew you were trouble when you walked in
so
shame on me now
flew
me to places i'd never been
now
i'm lying on the cold hard ground
oh,
oh, trouble, trouble, trouble.”
Sto
malissimo, mi sento a terra.
È
tutto il pomeriggio che vomito.
Credo
sia a cause della tensione per tutto quello che sta succedendo.
Bene,
vi ricordate quando Jordi mi ha dedicato il goal nella partita contro
lo Spartak? Ecco, da quell'episodio avvenuto circa tre settimane fa,
dopo il quale sono andata a dormire da Jordi, abbiamo bevuto e
guardato le stelle e ci siamo risvegliati nudi nel suo letto senza
ricordarci niente, i giornali di gossip hanno iniziato ad
interrogarsi riguardo all'identità della fortunata
fidanzata,
David è stato miracolosamente zitto, ma, purtroppo,
lunedì scorso
ho visto la mia faccia su tre quarti dei giornali di Spagna.
Oggi
è domenica.
Da
due settimane a scuola mi fissano tutti.
Da
due settimane David non mi parla.
Da
due settimane io e Jordi non ci dobbiamo più nascondere, ma
ovunque
andiamo, ci sono sempre paparazzi da quattro soldi pronti a scattarci
foto. Probabilmente quello che ha venduto a chissà quale
esorbitante
cifra le prime foto di me e Jordi. Le ha scattate da un benzinaio. Ci
eravamo fermati a fare benzina, avevamo scherzato e ci eravamo
baciati.
Chi
avrebbe mai potuto pensare che in una delle due macchine ferme ci
fosse un paparazzo? Sono convinta che il destino ha voluto questo,
non c'è altra spiegazione.
Comunque,
il problema più grande sono stati i miei genitori, o meglio,
mio
papà. Il giorno in cui le foto sono uscite sui giornali, ha
passato
circa due ore a dirmi che l'ho deluso, che da me non se lo sarebbe
mai aspettato, che nemmeno vuole provare a immaginare le bugie che
gli ho raccontato per coprire questa storia eccetera.
Stasera
sarei dovuta andare alla festa di compleanno di un compagno di
squadra di Jordi, Edu, il terzino brasiliano. Ovviamente, messa come
sono, non ci posso andare. Quindi Jordi ha promesso di passare a
salutarmi prima di andare. È la prima volta che viene a casa
mia
dopo che la nostra relazione è stata resa pubblica, spero
che vada
tutto bene e che i miei non siano troppo imbarazzanti.
Sono
buttata sul divano, mia mamma mi ha appena portato una camomilla, mi
chiede: “Eva, sei sicura che non hai mangiato qualcosa di
avariato,
magari da Jordi?”.
Scuoto
la testa, leggermente infastidita: “Capisco che lui non vi
piaccia,
ma non così cretino da mangiare cibo avariato.”.
Mio
papà sta leggendo un quotidiano, mi guarda: “Tra
quanto arriva il
cretino?”.
Alzo
le spalle: “Boh, tra poco credo.”.
“Spero
che non si trattenga troppo.” borbotta.
Faccio
in tempo a sbuffare prima che suoni il campanello, mia mamma va ad
aprire e fa entrare Jordi. Lei sembra più tollerante di mio
papà,
anche se non ha mai nascosto la delusione per il mio aver tenuto la
storia nascosta. “Buonasera.” dice Jordi,
timidamente.
“Sì
va beh, purtroppo ci conosciamo già per quell'incidente in
autostrada. Vado in cucina a bermi un thé, spero che al mio
ritorno
te ne sia già andato.” dice mio papà
bruscamente, prima di
alzarsi e sparire in cucina, seguito da mia mamma.
Scuoto
la testa: “Scusa, è un caso disperato.”.
Jordi
sorride e si siede vicino a me: “Figurati. Guarda che
occhiaie hai,
stai proprio male.”.
Annuisco:
“Mi dispiace di non poter venire con te alla festa di Edu;
salutamelo e fagli gli auguri da parte mia, mi raccomando.”.
Jordi
scoppia a ridere: “Onestamente, credo che stasera non mi
presterà
troppa attenzione, sarà occupato con le sue ventimila
ragazze. Ogni
settimana ne ha una diversa.”.
Sorrido
maliziosamente: “Mi ricorda il passato recente di
qualcuno...”.
Ride:
“Poi qualcuno mi ha fatto cambiare.”.
“Ci
mancherebbe!” esclamo, fingendomi offesa.
“Adesso
fa la permalosa!” esclama Jordi, facendomi il solletico.
Cedo
dopo poco, non sopporto il solletico.
“Ok,
ok! La smetto, mi arrendo!”.
Sorride:
“Ecco, dammi un bacio prima che tuo padre si materializzi
qui.”.
Gli
stampo un veloce bacio sulle labbra e gli dico: “E, mi
raccomando,
fai il bravo alla festa di Edu. So che Albert non viene, quindi non
ci sarà nessuno a tenerti d'occhio.”.
“Ti
fidi di me?” mi domanda.
“Sì.”
dico.
Mi
accarezza il viso: “Ecco, allora non ti devi preoccupare.
Pensa a
stare al caldo e riposare, così ti rimetti presto. Domani
vai a
scuola?”.
Scuoto
la testa: “No.”.
“Ecco,
se sei a casa da sola ti passo a trovare.” dice a bassa voce.
Sorrido:
“Grazie.”.
“E
di cosa?!” dice lui.
Sospiro:
“Va beh, ora vai alla festa e divertiti, ma non
troppo.”.
Ride:
“Certo!”.
“Buona
serata Jordi.” gli dico, sorridendo.
“Notte,
Eva, se riesco dopo ti chiamo.” dice lui, uscendo da casa mia.
Sentendo
che è andato via, mio papà riappare in salotto:
“Comunque, io
preferivo David.”.
“Comunque,
David non mi parla.” dico io, imitandolo.
Nemmeno
lo lascio finire, non voglio sentirmi un'altra delle sue ramanzine,
così dico un generale “Buonanotte” e me
ne vado in camera mia.
Ho
freddo, mi fa male lo stomaco, mi viene la nausea e mi sento strana.
Penso
che sia solo stanchezza, anche perchè non ho la febbre.
Ancora
mi chiedo perchè, da quando la mia storia con Jordi
è stata resa
pubblica, David non mi parla. Insomma, è stato il primo a
sapere di
questa cosa, ha solo smesso di parlarmi quando praticamente mezzo
mondo ne è venuto a conoscenza.
Non
è che mi sento in colpa, è che a volte mi manca
un rapporto di
amicizia con lui, siamo cresciuti insieme e il pensiero che abbiamo
buttato tutto via, a volte, mi fa stare male.
Così,
in un momento di bontà, prendo il cellulare e gli scrivo un
messaggio, dicendogli che possiamo parlarne, che possiamo ancora
recuperare un'amicizia.
Poi
mi addormento, avvolta dal calore delle coperte, convinta di poter
recuperare un rapporto amichevole con David, convinta che tutto
andrà
bene.
Il
suono del cellulare mi sveglia, prima di rispondere controllo l'ora,
sono le undici.
“Pronto?”
dico, assonnata.
“Eva.”
dice Ali.
“Tutto
ok?” le chiedo, dato il suo tono preoccupato.
“Sì,
però c'è qualcosa che dovresti vedere, ti avviso
che non ti
piacerà.” dice lei, in apprensione.
Ho
il cuore in gola: “Dove devo guardare?”.
“Eva,
senti, se aspetti due ore vengo a casa tua finita scuola e lo
guardiamo insieme, non voglio lasciarti sola.” dice Ali.
“Ali,
dove devo guardare?” domando, sempre più in ansia.
La
sento prendere un respiro: “Sui giornali o su
internet.”.
“Ti
richiamo tra poco, promesso.” le dico, prima di riattaccare.
Controllo
le news sul mio cellulare.
Non
riesco a credere a quello che i miei occhi vedono.
È
come una pugnalata in pieno petto.
Mi
sento umiliata, presa in giro, ferita.
Quasi
a farlo apposta mi squilla il telefono, è Jordi.
Rispondo,
voglio sapere che cos'ha ancora da dirmi.
Nemmeno
mi lascia parlare: “Eva, non è come sembra.
Dobbiamo vederci,
parlarne. Giuro, non è come sembra, hanno inventato tutto.
Ti amo,
lo sai. Sai che per me sei la cosa più importante che ci
sia. Quegli
stronzi hanno inventato tutto!”.
“Ah
certo! Hanno inventato pure le foto, vero? Quella troia con cui ti
strusci e ti fai alla festa è un fotomontaggio, vero?
Smettila di
prendermi in giro, e non osare più dire che mi ami, sei solo
un
bastardo.” gli dico, con disprezzo, prima di chiudere la
telefonata.
Richiamo
Ali e le dico: “Ti prego, vieni da me appena puoi.”.
“Certo.
David chiede se può venire anche lui.” mi dice.
“Sì.
Quindi a scuola lo sanno tutti.” deduco.
Ali
sospira sconsolata: “Sì.”.
Riesco
a malapena a trattenere i singhiozzi: “Ne parliamo dopo
quando
venite, fate in fretta, vi prego.”.
Me
lo sarei dovuta aspettare, dopotutto cosa pretendevo?
Che
Jordi fosse veramente innamorato di me?
Non
ho niente di speciale, sono ordinariamente mediocre.
Sono
anche un'illusa.
Una
stupida.
Buonasera
(?)
Ok.
Allora, prima di tutto non odiatemi, so che avrei dovuto postare
settimana scorsa, ma, siccome sono parecchio
sfigata, mi si è spento il computer mentre stavo finendo di
scrivere
il capitolo e ancora non avevo salvato D:
Così
ho dovuto riscriverlo.
Ovviamente,
nel prossimo capitolo si saprà cosa ha combinato Jordi u.u
ma forse
si riesce già ad intuire.
Come
sempre ringrazio chi continua a leggere la storia, i nuovi lettori e,
in particolare, chi recensisce :3
Al
prossimo capitolo :)
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Capitolo 13 *** 12. When you lose something you can't replace. ***
Capitolo 12.
"Il cambiamento non ci piace, ci fa paura... ma non possiamo evitare che arrivi: o ci adattiamo al cambiamento o rimaniamo indietro. Crescere è doloroso, chiunque vi dica il contrario sta mentendo. Ma la verità è che, qualche volta, più le cose cambiano più restano le stesse. E qualche volta, oh, qualche volta il cambiamento è bello. Qualche volta il cambiamento è tutto." - Grey's Anatomy.
Mi sento meglio. Fisicamente, intendo.
Mi è passato il male allo stomaco e pure la nausea.
Psicologicamente, invece, sto da schifo. Jordi mi ha chiamata una ventina di volte, non ho risposto, nonostante la tentazione sia stata forte. Insomma, quello che ha fatto non è perdonabile, ma vorrei almeno sentire le sue ragioni, vorrei capire che bisogno c'era di illudermi, di darmi l'illusione che mi amasse, che la nostra storia sarebbe durata, che la nostra storia era qualcosa di magnifico. Per non nominare il fatto che a Parigi ho fatto la grandissima cazzata di farmi quel tatuaggio; in ogni caso, anche lui se l'è fatto, mi piace pensare che avrà per sempre sulla sua pelle qualcosa che gli ricordi me, qualcosa che gli ricordi quello che ha fatto.
Appunto perchè mi sento fisicamente meglio, sto correndo. E' un bel po' di tempo che non vado a correre, ma credo che la corsa aiuti a scaricare la tensione e forse in questo momento è la cosa che mi serve di più.
Nel primo pomeriggio sono venuti Ali e David. Ho guardato con loro le foto sui giornali e ho scoperto che la ragazza che avvinghia e bacia Jordi è Sara Molina, attrice di qualche telenovelas nonché una delle sue, purtroppo tante, ex ragazze. Ho chiesto anche quali sono stati i commenti di Claudia e David ed Ali mi hanno risposto che è uno di quei casi in cui è meglio non sapere, mi immagino cosa succederà domani quando mi ripresenterò a scuola; mi sembra già di sentire i suoi commenti acidi, gente che non mi ha mai rivolto la parola ma che si diverte a bisbigliare commenti sul fattaccio, gli occhi di tutti addosso.
Anche se sono convinta che niente sarà peggio dei mille Te l'avevo detto di mio padre. Fortunatamente, l'ho sentito solo per telefono, ora devo cercare di prepararmi psicologicamente alla predica che mi farà a cena.
Sinceramente, credo che io sia la sola danneggiata da quello che è successo. Insomma, Jordi ora probabilmente è con la Molina a divertirsi, mentre io sto correndo cercando di scaricare la tensione, preoccupandomi per l'umiliazione che subirò domani a scuola, preoccupata per il giudizio della mia famiglia. Sono anche convinta di essere troppo arrabbiata al momento per sentire dolore per il mio cuore spezzato.
Purtroppo, però, credo di essere anche un po' fuori allenamento e la cosa mi causa stanchezza, quasi mi sembra che mi giri la testa, così decido di percorrere camminando gli ultimi metri che portano all'ingresso del condominio dove abito. Ho il fiatone, respiro profondamente, con la bocca; cammino velocemente, fissando per terra.
Sono quasi arrivata, quando sento una voce che conosco fin troppo bene chiamare il mio nome: "Eva!".
Ho detto di essere convinta di essere troppo arrabbiata per sentire il dolore del mio cuore spezzato.
Beh, mi sbagliavo.
Sentire la sua voce chiamare il mio nome è come una pugnalata in pieno petto.
Sento un groppo in gola, ma mi sforzo di mostrarmi forte.
"Cosa vuoi?" dico a Jordi, con poca tenerezza.
Scuote la testa, sembra agitato: "Eva, non è come sembra, te lo giuro.".
Mi slego i capelli e gli dico, sarcasticamente: "Oh sì. Tu non hai mai baciato Sara Molina ieri sera, le foto sono tutte opera di photoshop, povero Jordi, circondato da giornalisti che gli vogliono rovinare l'esistenza. Ah, a proposito, belle occhiaie.".
"Non intendevo quello. Intendevo dire che ero ubriaco e lei ne ha approfittato." mi spiega.
"Certo, e io dovrei crederci.".
Si mette una mano nei capelli: "Eva, stamattina mi sono svegliato a casa mia, da solo, vestito, Edu abita vicino a me, mi hanno detto che mi hanno visto andare a casa a piedi. Con Sara non è successo niente oltre a quel bacio, te lo giuro. Tra l'altro nemmeno mi ricordo di quel bacio da tanto che ero ubriaco. Ho visto stamattina le foto sui giornali e mi sono sentito una merda, una vera merda. Il senso di colpa mi sta distruggendo, te lo giuro. Sono più che sicuro che Sara mi ha visto ubriaco e se ne è approfittata, quella farebbe di tutto per avere cinque minuti di fama, per far sì che la gente parli di lei.".
La versione di Jordi potrebbe essere vera, insomma, sì, è verosimile.
Ma se mi stesse solamente prendendo in giro?
"Quindi?" gli chiedo, cercando di capire le sue intenzioni.
Si morde un labbro, lo fa spesso quando è nervoso: "Quindi perdonami.".
"Perché dovrei?" domando.
Sospira, sconsolato: "Perchè ti amo. Perchè non avevo intenzione di combinare niente con Sara, è stata tutta colpa sua. Perchè ieri sera ho sbagliato a bere così tanto, solo che tu non c'eri e non mi stavo divertendo tanto e...".
Lo interrompo, in un modo un po' aggressivo: "Quindi io per te sono solo un divertimento?".
"No!" esclama, immediato, poi aggiunge: "Come al solito ho sbagliato le parole da usare. Eva, dai, lo sai che ti amo, te l'ho dimostrato.".
Rido amareggiata: "E con cosa? Con un tatuaggio? Capirai, hai le braccia piene, sai cosa ti interessa di uno in più o in meno.".
Jordi aggrotta le sopracciglia: "Eh certo. Tu ricordi il tatuaggio. Probabilmente non ti ricordi di quando siamo usciti e tu, ubriaca, mi sei saltata addosso e, nonostante la tentazione ci fosse, mi sono fermato. Di quando sono venuto a Parigi. Di quando avevi la febbre e sono venuto a prendermi cura di te. Giustamente, tu ricordi il tatuaggio, giustamente pensi solo a quanto questa storia stia danneggiando te stessa.".
Alzo la voce: "Chi è stata tradita e umiliata? Chi ha visto le foto del ragazzo che ama che bacia la sua ex su tutti i giornali? Chi...".
Jordi non mi fa finire, mi prende per le spalle, mi attira a sè e mi bacia.
Sento una lacrima che mi riga la guancia, stringo le mie braccia attorno al collo di Jordi.
Lo odio.
Lo odio perchè mi ha tradita. Lo odio perchè mi ha spezzato il cuore. Lo odio perchè mi sta baciando come solo lui sa fare proprio nel momento in cui lo vorrei strozzare.
Ma più che altro odio me stessa. Mi odio perchè non riesco a credergli. Mi odio perchè riesco solo a dar sfogo alla rabbia e non agli altri sentimenti che fanno la guerra dentro me. Mi odio perchè so che non riuscirò mai più a fidarmi di lui, perchè mi sto arrendendo, come al solito.
Quando ci stacchiamo, ormai senza fiato, mi asciugo le guance e Jordi dice: "Era il bacio dell'addio, scommetto.".
"Jordi." non riesco a trovare le parole.
Si mostra comprensivo: "Dimmi.".
Prendo un respiro profondo: "Senti, Jordi, io ti amo, ok? Amo il modo in cui mi guardi, in cui mi baci, amo i tuoi capelli, i tuoi occhi, tutti quei tatuaggi, amo i tuoi gusti musicali, un po' meno quelli eccentrici che hai in fatto di moda. Però credo che, nonostante il fatto che, appunto, ti amo, in una relazione ci debba essere fiducia. Ti ho aperto il mio cuore, mi hai fatto superare le mie paure e le mie insicurezze, però, in questo momento, non so se mi posso fidare di te. Perchè potrei anche credere alla tua versione della storia e potrei perdonarti, potremmo andare avanti con la nostra relazione come se niente fosse, però so che dentro di me non sarebbe come se niente fosse. So che non riuscirei più a fidarmi di te; e, credimi, mi odio per questo. E' tutto il giorno che penso che me lo sarei dovuto aspettare, perchè i bei ragazzi famosi e circondati da ragazze stupende con vite esaltanti non si innamorano di una banale studentessa che ha paura del futuro e che odia la matematica, Jordi, non siamo fatti per stare insieme.".
"Vuol dire che tra noi è finita?" chiede Jordi.
"Sì, credo." dico, con voce spezzata.
"Sai, invece, cosa amo io di te? Amo quando stai da me a dormire e ti svegli sempre prima di me, però fai finta di dormire in modo che sia io a svegliarti. Amo quando fai finta di essere arrabbiata, quando ti mangi un pacchetto intero di biscotti al cioccolato mentre guardi Grey's Anatomy, quando sei in cerca di coccole, quando discutiamo e vuoi far pace. Amo i tuoi occhi, i tuoi capelli che tanto odi, amo le tue labbra e il tuo profumo. E, credimi, potrei andare avanti all'infinito con questa lista, però quello che voglio dirti è che amo tutte queste cose ora, le ho sempre amate da quando ci siamo conosciuti e non credo che mai smetterò di amarle. Credo solo che tutti si meritano una seconda possibilità, così come me la merito io. Ma se tu non me la vuoi dare perchè sai che niente sarebbe come prima, rispetto la tua decisione. Però sappi, Eva, che la fine della nostra storia non significa assolutamente che smetterò di amarti." dice Jordi, che sembra avere gli occhi lucidi.
"Non rendere tutto più difficile." gli dico, ormai piangendo.
Jordi cerca di ricomporsi, una volta mi ha detto che odia farsi vedere mentre piange: "Spero che magari tra qualche tempo ci possiamo rivedere.".
Annuisco: "Lo spero anche io.".
"Ciao Eva." mi dice, fissandomi negli occhi.
Cerco di asciugarmi le lacrime: "Ciao Jordi.".
Mi volto e apro il portone, lo sento che mi dice: "Spero che un giorno potrai tornare a fidarti di me.".
Non gli rispondo, entro e mi chiudo la porta alle spalle.
Adesso il dolore del cuore spezzato lo sento eccome.
Odio me stessa per la certezza di non riuscire a fidarmi più di lui.
Odio Sara Molina e la sua voglia di fama.
Odio Jordi e la sua ingenuità.
Odio i paparazzi che c'erano alla festa, come al solito.
Odio il fatto che tra poco dovrò affrontare mio papà, odio la certezza che lui cercherà di sminuire la cosa, dicendomi solo che mi aiuterà a crescere e che mi servirà di lezione per non averlo ascoltato.
Ma soprattutto, odio il presentimento che si fa strada in me, presentimento che prima o poi mi pentirò di averlo lasciato.
Odio anche la sensazione di vomito che torno a sentire.
Perfetto, è una giornata da dimenticare.
Ciao a tutti :3
non odiatemi perchè tra loro è finita (almeno per ora. *spoiler time lol*). tra tipo un capitolo e mezzo (?) arriva una bella svolta decisiva u.u per Eva? per Jordi? per entrambi? ho spoilerato abbastanza, quindi non ve lo dico u.u come sempre ringrazio di cuore chi recensisce :') e, ovviamente, tutti quelli che leggono :)
al prossimo capitolo *-*
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Capitolo 14 *** 13. All you need is love. ***
Capitolo
13.
“A
volte nella vita l'amore vince veramente su tutto: stanchezza,
privazione del sonno, tutto. E poi a volte l'amore sembra che porti
solo dolore. Cerchiamo sempre un modo per placare il dolore. Qualche
volta plachiamo il dolore sfruttando al meglio ciò che
abbiamo,
qualche volta perdendoci nel momento. E qualche volta per placare il
dolore basta solo dichiarare una tregua.” - Grey's Anatomy
Pov
Jordi
Passo
le giornate giocando a fifa, poi a pes, poi di nuovo a fifa. Credo
che la playstation sia la mia nuova ragazza.
Mi
manca Eva, è inutile dirlo.
Mi
sento uno schifo per quello che è successo alla festa.
Odio
Sara, la sua voglia di fama, la mia ingenuità e la mia
voglia di
divertirmi che mi hanno portato a bere troppo.
Sospiro
e finisco la lattina di coca cola.
È
la vigilia di Natale e io sono solo come un cane. I miei genitori e
mia sorella sono in vacanza in Kenya, prima di comportarmi da
completo deficiente pensavo che avrei passato il giorno di Natale con
Eva. Invece me ne starò a casa, solo con la mia playstation,
i miei
dvd e il mio divano.
Complimenti,
Jordi.
Sento
il mio citofono suonare, così metto in pausa la partita, mi
alzo e
rispondo: “Sì? Chi è?”.
“Jordi
sono io... Eva...” dice la voce dall'altra parte.
È
Eva.
Non
ci credo.
Le
apro, invitandola ad entrare.
La
aspetto sulla soglia della porta di ingresso, mentre percorre il
vialetto di casa mia mi chiedo cosa l'abbia portata qui.
Magari
le manco.
Magari
vuole chiedermi di ricominciare.
O
magari mi vuole solo prendere a schiaffi, cosa che, effettivamente,
mi merito.
“Ciao.”
dice, timidamente, ferma davanti a me.
“Ciao.”
le dico io, sorpreso.
Sospira
e si tortura le dita: “Jordi... Ho dimenticato a casa tua uno
dei
miei, beh, il mio unico vestito e domani è Natale e andiamo
tutti a
pranzo da mia zia e mio papà vuole che lo indossi e...
beh... dovrei
riprendermelo.”.
Oh.
Beh,
avrei dovuto immaginarmelo.
Eva
non mi rivuole certamente indietro, rivuole indietro il suo vestito,
che, tra l'altro, nemmeno sapevo che avesse lasciato qui.
Fingo
che le mie aspettative non si siano distrutte: “Certo. Entra
pure,
se mi dici dov'è te lo vado a prendere.”.
Entra
e sorride timidamente: “E' nella cabina armadio. Ma stai pure
qui,
vado io.”.
Non
faccio in tempo a dirle che la mia stanza non è altro che un
grandissimo casino che lei sparisce dalla mia vista.
Pazienza,
è abituata al mio disordine. O meglio, era abituata.
Mi
manca talmente tanto che vorrei tirarmi un pugno in faccia.
E
non intendo dire che mi manca solo fisicamente.
Mi
manca soprattutto la sua presenza nella mia vita. Credo che Eva mi
abbia reso una persona migliore. Innanzitutto, credo che mi abbia
insegnato ad amare completamente una persona, pregi e difetti
compresi, perchè, insomma, non nego che ci siano parti di
lei che
inizialmente mi piacevano ben poco. Poi credo che Eva, così
maledettamente fragile ed insicura, mi abbia insegnato a mettere un
po' da parte le mie insicurezze per cercare di sembrare forte e
protettivo di fronte a lei, e, sorpresa, un po' di quelle le ho messe
da parte sul serio. Ho capito che l'amore viene prima del calcio,
delle interviste, della fama, delle feste. Ecco, quest'ultima
è una
cosa che ho imparato ma che, purtroppo, quella maledetta sera mi sono
dimenticato.
Vorrei
tirarmi un pugno in faccia se solo ci ripenso.
Mi
trattengo, vedendo Eva arrivare. Indossa un paio di jeans a sigaretta
scuri, le sue adorate converse con il pelo e un maglione grigio con
uno scollo a v, cerco di non soffermarmi troppo su quella scollatura
perchè vorrei evitare di prendere uno schiaffo, anche se me
lo
meriterei.
“Trovato.”
mi informa.
Annuisco
involontariamente, poi le dico: “Ti posso offrire
qualcosa?”.
“Ti
direi di sì se non avessi un terribile mal di
stomaco.” risponde.
Effettivamente,
la vedo pallida, più del solito, e ha anche le occhiaie.
“Un
bicchiere d'acqua?” le chiedo. Sembro un completo deficiente.
“Veramente...”
si accinge a dire.
La
interrompo, sembra quasi che la sto supplicando: “Per favore,
dimmi
di sì anche se non hai sete, anche se mi odi, ti prego,
resta ancora
un po'.”.
Sono
patetico, vero?
Non
mi sono mai trovato in questa situazione.
Solitamente
erano le ragazze a fare di tutto per me.
Ero
io quello che se ne fregava.
Direi
che finalmente a ventitré anni ce l'ho fatta a capire cosa
sia
l'amore.
“Va
bene.” risponde, sedendosi al bancone della mia cucina.
Le
verso un bicchiere d'acqua e le chiedo: “Come va?”.
Domanda
cogliona, ma efficace.
Prende
un respiro profondo: “Non tanto bene.”.
“Se
vuoi parlarne, io sono qui...” le dico.
Beve
un sorso d'acqua e inizia a raccontare: “Ok. Non sto molto
bene, mi
sento sempre stanca, ho sempre mal di stomaco o la nausea, credo che
sia per lo stress. Ho preso una valanga di insufficienze a scuola
perchè non riesco a studiare. Tutti parlano di me. Ma non
è quello
che mi distrae, ciò che mi distrae è un'altra
cosa. Ciò che mi
distrae sei tu, Jordi. Perché tra noi può anche
essere finita, ma
sai cosa c'è? C'è che lo so, so che sei ingenuo,
che hai ventitré
anni ma pensi che siano tutti buoni, che il mondo sia un posto dove
tutti vomitano arcobaleni e cagano diamanti e gli unicorni girano in
libertà, lo so che quello che è successo con
quella troia della
Molina non è colpa tua, so che eri ubriaco perso. Quello che
mi
consuma dentro è uno stare in bilico. Tra il volere
ricominciare con
te e la paura di ricominciare con te. Voglio dire, se succedesse di
nuovo? Se ricominciassimo e, per qualche svariata ragione, la nostra
storia finisse di nuovo? Credo che perderei quella poca fiducia verso
il genere umano che mi è rimasta.”.
“Quindi
ti manco.” concludo.
“Da
morire.” dice Eva.
Cerco
di non sorridere troppo, nonostante faccia fatica a trattenermi, poi
decido di essere il più sincero possibile con lei:
“Senti, Eva,
potrei anche prometterti che tutto sarà rose e fiori, che
niente si
metterà più tra di noi, però questa
non è una di quelle promesse
che possono essere sicuramente mantenute. Perché non dipende
da noi.
Hai scelto di innamorarti di un calciatore. Hai scelto di innamorarti
di un ragazzo che sta sempre sotto i riflettori, di un ragazzo che
non ha una vita privata, di un ragazzo su cui vengono inventate
tantissime cazzate, di un ragazzo che è la preda di tante
stronze
affamate solo di fama e di gloria, hai scelto, però, di
innamorarti
di un ragazzo che ti ama. Di un ragazzo a cui manchi da morire, un
ragazzo che da quando l'hai lasciato non ha più voglia di
fare
niente, ha smesso pure di fare goal. Ecco, il punto è che
non ti
posso prometterti che niente tra di noi andrà storto. Ti
posso
promettere che farò il possibile perchè tra noi
niente andrà
storto, ti posso promettere che cercherò di rimediare ad
ogni errore
ed ad ogni cazzata, perchè capita di sbagliare o fare
qualche cosa
di cui ci si pente dopo un nanosecondo.”.
“Ti
voglio bene, lo sai, vero?” dice Eva.
Annuisco:
“Io invece ti amo.”.
“Pensavo
che mi odiassi perchè ti ho lasciato, per la mia stupida
insicurezza
e la mia stupida paura e il mio stupido carattere.” confessa
lei.
Scuoto
la testa sorridendo: “Non potrei mai odiarti.”.
Si
sposta un ciuffo di capelli dal viso: “Ti giuro che queste
due
settimane senza parlarti sono state orribili. Mio padre sembra la
persona più felice del mondo, infatti nemmeno sa che sono
qui,
dovrei parlargli.”.
Sorrido:
“Mi sei mancata, tanto.”.
“Il
punto è che ti rivoglio nella mia vita, a tutti i costi,
eppure sono
terribilmente terrorizzata dal fatto di tornare insieme. Credo che
sia la paura del dolore quella che mi frega.” mi spiega.
Appoggio
una mano sulla sua: “E se ricominciassimo, però
gradualmente?”.
“Cosa?”
chiede lei, abbastanza perplessa.
Effettivamente,
come cosa potrebbe sembrare ridicola, ma ci provo comunque:
“Voglio
riconquistare la tua fiducia, prima di rimetterci insieme. Ripartiamo
da zero. Da amici. Nel frattempo avrai tempo per riflettere e pensare
e cercare di superare questa paura, se vuoi possiamo farlo insieme,
poi quando ti sentirai pronta possiamo tornare ad essere,
sì,
insomma, una coppia.”.
Eva
alza un sopracciglio: “Sembri imbarazzato.”.
Rido:
“Credo di fare pena in queste cose.”.
Ride
con me: “No. Non fai pena. Mi stai proponendo di ricominciare
da
zero, mi stai dicendo che sarai lì ad aspettarmi, che ci
sarai per
me. Come puoi farmi pena? Mi fai solo sentire uno schifo per averti
lasciato.”.
Le
sorrido, per una volta credo di avere fatto la cosa giusta:
“Potremmo
smettere insieme di sentirci uno schifo, tu per avermi lasciato e io
per aver fatto il cretino alla festa.”.
Mi
accarezza un braccio: “Sì, smettiamo.”.
Mi
sporgo e le bacio una guancia, credo che non se l'aspettasse, poi la
vedo arrossire, così le chiedo, per evitarle troppo
imbarazzo: “Che
fai all'ultimo dell'anno?”.
Sospira:
“Vado alla festa di Javier. Ci sono un po' dei miei compagni
di
classe. Ali lo passerà con Albert, però mi ha
promesso che passerà
con me il pomeriggio del primo dell'anno.”.
“Non
sembri molto felice di andare alla festa.” le faccio notare.
Sorride:
“Ci devo andare con David, che ultimamente ci sta provando
spudoratamente con me nonostante gli abbia palesemente manifestato la
pura e sola amicizia che provo nei suoi confronti.”.
“Nemmeno
ci siamo rimessi insieme che già ho un rivale.”
dico ridendo.
Eva
sorride: “Tranquillo, David non mi fa venire i brividi ogni
volta
che mi guarda.”.
Jordi
uno, David zero.
Eva
fa aumentare parecchio il mio orgoglio maschile certe volte.
“Beh,
passerai l'ultimo dell'anno con i tuoi amici, il primo con Ali, ti
dispiace se il due ce ne andiamo a mangiare da mcdonald's e poi a
vedere un film? Dato che, sì, insomma, passerò
l'ultimo dell'anno
da forever alone a giocare alla playstation.” le dico,
sincero.
Eva
scoppia a ridere: “Mi spiace di averti fatto venire il
rigetto per
le feste.”.
“Oh,
tranquilla, mi fa solo bene.” le rispondo, sorridendo.
Sorride
e guarda l'orologio: “Beh, direi che devo andare.”.
“Ok.”.
“Avrei
voluto restare ancora un po', credimi.” dice lei.
Sorrido:
“Non preoccuparti. Ti chiamo domani per farti gli auguri di
buon
Natale.”.
Si
alza e si mette davanti a me: “Avrei voluto passare il giorno
di
Natale con te, ti avevo anche già preparato il regalo,
però devo
aspettare il momento giusto per dartelo, abbi pazienza.”.
“Ne
ho quanta ne vuoi.” le dico.
Mi
abbraccia e mi dice un sincero: “Grazie.”.
“Grazie
a te.” le rispondo, sincero.
Eva
sorride, prende le sue cose ed esce.
Mi
era mancata la sua presenza a casa mia, mi era mancato il suo
sorriso, il suo profumo. Credo che per riconquistare completamente la
sua fiducia dovrò fare parecchio lavoro, ma sono anche
convinto che
non c'è lavoro più difficile e più
bello di questo.
Buonasera
:3
Ho
scritto un capitolo un po' lungo, però almeno è
una cosa più o meno felice perchè hanno deciso di
riprovarci, ripartendo da zero :').
Comunque,
ho deciso di scrivere il capitolo dal punto di vista di Jordi, spero
di essere riuscita ad entrare nella confusa mente di un uomo (?) e
che il risultato non faccia troppo schifo, fatemi sapere, lol
Ancora,
ringrazio i nuovi e i vecchi lettori e, soprattutto, chi recensisce;
non riesco nemmeno a esprimere quanto le vostre recensioni mi
facciano piacere :')
Ah,
ed è la seconda volta che metto una citazione di Grey's
Anatomy,
solo che in questi giorni mi sto riguardando un casino di episodi :)
Beh,
non ho altro da dire (anche perchè se no sembro tanto
logorroica),
al prossimo capitolo! :3
|
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Capitolo 15 *** 14. When love, love will tear us apart again. (parte 1) ***
Capitolo
14.
“Do
you cry out in your sleep
all
my failings exposed?
Get
a taste in my mouth
and
desperation takes hold
is
it something so good
just
can't function no more?
When
love, love will tear us apart again.”.
E'
il primo giorno del nuovo anno.
Adoro
questo giorno.
Ogni
anno mi illudo riguardo al fatto che qualcosa cambierà, ogni
anno
faccio buoni propositi, che puntualmente svaniscono una settimana
dopo; tipo quello di impegnarsi in matematica, quello di essere
più
aperta con le persone, quello di smetterla di nascondere tavolette di
cioccolato e mangiarmele quando sono da sola in casa.
Però
mi piace, mi piace perchè è come se avessi
un'energia che ieri non
avevo, un'energia che forse è voglia di rendere le cose
migliori.
Diciamo
che sono sopravvissuta alle feste, ai parenti e alle
quantità
esorbitanti di cibo. Ieri sera sono andata alla festa di Javier,
c'erano quasi tutti i miei compagni di classe, tutti, ovviamente,
tranne Claudia, che è con i suoi in vacanza da qualche parte
nell'Oceano Pacifico. Ho cercato di ignorarla il più
possibile da
quando le foto di Jordi e Sara erano uscite sul giornale, il fatto
era che mi mancava talmente tanto Jordi e che ho odiato me stessa
talmente tanto che tutti i suoi “Te l'avevo detto che sarebbe
finita così, ti ha messo in ridicolo davanti a tutti, ma
è quello
che ti meriti.” nemmeno mi hanno toccato più di
tanto.
Alicia
mi ha dato buca.
La
cosa non mi sorprende, a dire la verità me lo aspettavo, ma
sono
contenta per lei, insomma, lei e Albert sono tipo la coppia perfetta,
sono contenta che stiano insieme, anche se in questo caso la cosa ha
pesato in modo negativo su di me.
Ogni
primo giorno dell'anno, i miei vanno a pranzo dai miei zii, pensando
che la mia migliore amica passasse il pomeriggio con me, ho dato buca
alla mia famiglia.
Così
mi sono ritrovata da sola, buttata sul divano a mangiare caramelle
gommose a forma di orsetto ad aspettare l'arrivo di Jordi.
Sì,
di Jordi, perchè appena ha saputo che ero da sola, si
è
praticamente autoinvitato a casa mia per farmi compagnia.
Sento
il campanello suonare, mi alzo e vado ad aprire: “Buon
anno.”
dice Jordi, sfoggiando un sorriso perfetto.
Sorrido:
“Buon anno.”.
Mi
bacia una guancia ed entra.
“Allora,
quali sono i programmi?” chiede.
Prendo
una delle tavolette di cioccolato che prometto sempre di smettere di
nascondere: “Ci ingozziamo di dolci mentre guardiamo la
televisione?”.
Ride:
“Va benissimo!”.
Ci
buttiamo sul divano e Jordi inizia a mangiarsi i miei orsetti
gommosi: “Come è andata ieri sera?”.
“Bene.
Cioè, normale. David dovrebbe capire che non mi interessa.
Ah, e i
drink facevano schifo. E la musica era abbastanza decente, ma niente
di straordinario. Ah, sì, e mi sei mancato.” gli
dico.
Mi
appoggia una mano sul ginocchio: “Anche tu, Eva. Ho passato
un
ultimo dell'anno da completo forever alone buttato sul divano a
guardare pessimi film in tv mentre mangiavo quello che avevo preso al
Mc Drive.”.
Rido:
“Immagino. Un povero e triste e solo Jordi che si sbrodola la
felpa
di ketchup e si commuove guardando qualche robaccia
romantica.”.
“Diciamo
che era più un povero e triste e solo Jordi che ha
rovesciato la
coca cola sul divano e mentre cercava di ripulire ha pensato a quanto
Eva avrebbe riso di lui e si è così reso conto di
quanto gli
mancasse.” mi confessa.
Sospiro.
Mi
fa segno di avvicinarmi a lui, appoggio la mia schiena contro il suo
petto e mi cinge con le sue braccia.
Jordi
emana calore, è come un calorifero con le gambe.
Sento
che mi sta annusando i capelli, mi dice: “Sai, anche se,
comunque,
non stiamo insieme, non sai quanto sono grato del fatto che mi hai
dato questa seconda possibilità di ricominciare,
davvero.”.
Non
riesco nemmeno ad esprimere quanto mi faccia piacere che Jordi la
pensi in quel modo. Dopotutto stare senza di lui non è stato
facile
per me. È come se ormai si sia preso una parte di me e non
sia più
intenzionato a ridarmela. Solo che nemmeno immagina quanto grata sia
io per questo.
“Ti
bacerei, se stessimo insieme.” gli dico, sincera.
“E
invece?” chiede, con quell'aria da cucciolo a cui
è appena stato
tolto il gioco preferito.
“Invece
ti dico di cambiar canale, questo film inizia ad essere
noioso!”
esclamo, deviando il discorso.
Ride:
“Va beh, uccidi l'atmosfera come solo tu sai fare. Che canale
metto?”.
“Mtv.”
gli suggerisco.
Gli
ci vuole qualche secondo di tempo per riconoscere il programma che
stanno trasmettendo: “No, Eva, ti prego. Io 16 and
pregnant
non lo guado!”.
Scoppio
a ridere: “Io ogni tanto lo vedo! Dai, Jordi,
è...”.
Non
finisco la frase.
Smetto
di ridere improvvisamente.
16
and pregnant. 16 anni e incinta.
Io
non ne ho sedici, ne ho diciotto, però ho la nausea da due
settimane
e non riesco a ricordare l'ultima volta che mi è venuto il
ciclo.
No,
è impossibile, insomma, siamo stati sempre attenti.
Sempre.
O
forse no.
Quella
volta eravamo ubriachi. Quella sera in cui Jordi mi ha dedicato il
goal.
Sento
Jordi che mi mette una mano sulla spalla: “Eva? Tutto
ok?”.
“Jordi,
trova una farmacia aperta.” gli dico.
“Stai
male?” chiede, apprensivo.
Sono
confusa, mi viene da piangere, quasi ho paura.
È
come se tutto fosse in un precario equilibrio.
“Jordi
vai a comprare un test di gravidanza.” dico, con un filo di
voce.
“Cosa?”
sembra sconvolto.
Sento
una lacrima che mi riga la guancia, la asciugo in fretta:
“Fallo.
Sbrigati.”.
“Eva,
ma...”.
Lo
interrompo, sto piangendo, quasi sembra che lo stia supplicando:
“Jordi, ti prego.”.
Si
alza di scatto: “Va bene. Tu, però, stai
tranquilla. Arrivo
subito.”.
Mi
lascia un bacio in fronte e se ne va.
Sembrava
sotto shock.
Magari
nemmeno tornerà e mi lascerà da sola con questo
casino.
Avevo
dato la colpa di tutto allo stress.
Ma
non ho ancora una risposta certa.
Spero
solo che Jordi faccia in fretta.
Sento
che l'equilibrio precario si sta per distruggere e che stia tutto per
crollare.
Spero
con tutta me stessa che sia solo una sensazione.
Ma
ho paura di no.
Ho
tanta paura che non lo sia.
Buonasera
:)
Beh,
ho deciso di dividere il capitolo in due parti perchè
altrimenti
sarebbe risultato troppo lungo. Non ho molto da dire, a parte che
TA-TAAAA (?) colpo di scena, svolta importante. La seconda parte
sarà
dal punto di vista di Jordi, non so che altro scrivere, a parte che
spero vivamente che il capitolo non sia venuto una schifezza, lol.
Come sempre ringrazio chi legge e, sopratutto, chi recensisce :')
Alla
seconda parte del capitolo, che spero di postare presto :3
|
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Capitolo 16 *** 14. Cause, after all, you do know best. (parte 2) ***
Capitolo
14.
“Let
him know that you know best
cause
after all you do know best
try
to slip past his defence
without
granting innocence.
Lay
down a list of what is wrong
the
things you've told him all along
and
pray to God he hears you”
Pov
Jordi
Rientro
in casa di Eva.
Ho
in mano una piccola borsa di plastica della farmacia, dice che vuole
essere completamente sicura di essere incinta, ma lo voglio pure io.
Per
evitare di essere riconosciuto, ho indossato un cappello e una
sciarpa così che più di metà della mia
faccia fosse coperta, ci
manca solo che domani vedo sul giornale le foto di me in farmacia che
compro test di gravidanza.
Mi
tolgo il giubbetto e la sciarpa e li butto sul divano, non faccio in
tempo a togliermi il cappello, che appare Eva. “Li hai
presi?” mi
chiede, è visibilmente preoccupata.
Le
porgo la borsa: “Ecco, tieni.”.
La
prende e sparisce in bagno.
Devo
andare con lei?
Devo
starmene qui con le mani in mano?
“Eva,
io nel frattempo prendo un bicchiere d'acqua.” le urlo, senza
ottenere una risposta. Effettivamente era una comunicazione idiota
dato il momento, però mi serve qualcosa con cui tenermi
occupato.
Sono
talmente agitato che nemmeno bevo.
Semplicemente
mi appoggio al muro della cucina a braccia conserte.
Ho
un brutto presentimento riguardo a tutto ciò. Voglio dire,
se Eva
fosse incinta sarebbe un casino. Insomma, cioè, per certi
aspetti
nemmeno so badare a me stesso, figuriamoci ad un bambino che piange e
strilla, che si prende la varicella o che deve imparare a camminare,
no.
Spero
solo che sarà solo un brutto spavento, che Eva non sia
incinta, che
io e lei ci rimetteremo insieme presto e che continueremo la nostra
stupenda storia senza impicci.
A
proposito, a questo punto Eva dovrebbe avere i risultati.
Non
l'ho sentita urlare di felicità.
Però
nemmeno l'ho sentita piangere e prendere a calci qualcosa.
Vado
di fretta in bagno, apro la porta di scatto e la trovo seduta sul
pavimento, sta fissando i tre test, disposti in fila davanti a lei,
li sta fissando.
“Eva...?”
dico.
Non
distoglie lo sguardo da quei tre test.
Mi
inginocchio davanti a lei, le chiedo, con calma: “Eva, sono
positivi o negativi?”.
Finalmente
alza lo sguardo.
Ha
gli occhi pieni di lacrime, al primo battito di ciglia le scorreranno
sulle guance pallide.
“Jordi,
sono incinta.” dice, con un filo di voce.
Oh
cazzo.
Non
so cosa dire.
So
che interpreterà male il mio silenzio, succede sempre.
Mi
serve qualcosa da dire, mi serve disperatamente qualcosa,
così me ne
esco con: “Vedrai che tutto andrà bene.”.
Filosofico,
positivo e incisivo.
Ma
non per lei.
Eva
si alza di scatto, quasi mi spaventa, non riesce più a
controllare
le lacrime, alza la voce: “Andrà tutto bene? Tutto
bene? Come
cazzo puoi dirmi che andrà tutto bene? Sono incinta solo
perchè ci
siamo comportati da completi cretini! Ho diciotto anni, sono incinta
e io e te nemmeno stiamo insieme! È un casino, è
un casino, cazzo!
Io... io non lo voglio, non voglio essere incinta, non sono pronta,
non voglio un bambino, ho paura.”.
È
confusa, ha paura, lo posso capire.
Ma
ho paura delle decisioni che vorrà prendere.
È
un argomento delicato, in tv ne discutono spesso e io cambio canale.
Devo
dire che non ho mai pensato a quella soluzione.
Non
ci ho pensato semplicemente perchè la
responsabilità e mia e di
Eva, c'è di mezzo un qualcosa che diventerà una
vita, e per quanto
sia terrorizzato dall'idea di paternità, è pur
sempre una vita, una
cosa meravigliosa.
“Non
puoi semplicemente dire che non lo vuoi.” le faccio notare.
Ha
le guance rosse e bagnate di lacrime: “Perché tu
sei pronto a
diventare padre, tu vuoi un bambino, ti vuoi prendere le tue
responsabilità per la prima volta nella tua vita,
vero?” dice
sarcastica.
Mi
alzo in piedi, e la guardo negli occhi, devo cercare di rimanere il
più calmo possibile: “No. Non lo sono, contenta?
Non ho mai detto
di essere pronto a diventare padre. Però tu non puoi dire
che non lo
vuoi, perchè quel bambino è una conseguenza delle
nostre azioni.
Siamo stati irresponsabili, lo siamo stati mentre eravamo innamorati
persi l'uno dell'altra, lo siamo stati senza pensare alle
conseguenze, perchè ci sentivamo invincibili, niente poteva
andare
storto. E invece è successo, ora è il nostro
turno.”.
Scuote
la testa: “Non lo chiamerei bambino. È tipo un
ammasso di
cellule.”.
Annuisco:
“Un ammasso di cellule che ha un potenziale. E che
potenziale. Può
diventare una vita. La vita che amerai anche più di te
stessa,
scommetto. Lo stesso potenziale che abbiamo noi. Insomma, Eva, prima
di incontrarci eravamo un cretino che non aveva la più
pallida idea
di cosa fosse l'amore e una studentessa che ce l'aveva con il mondo
intero. Poi ci siamo dati una possibilità e
qual'è stato il
risultato? Siamo stati felici, ci siamo sentiti al settimo cielo, ci
siamo dati tanto e abbiamo preso tanto, onestamente, Eva, credo che
tu sia la cosa migliore che mi sia successa. Credo anche che l'idea
di avere un bambino mi terrorizzi, cioè, ok, ho
ventitré anni ma
dentro sono io un bambino, eppure ti giuro, ti prometto, che non me
ne andrò, ti giuro che darò il mio meglio,
che...”.
Mi
interrompe: “E a me non pensi? Può darsi che
avessi progetti, ad
esempio di continuare i miei studi, io... io voglio andare
all'università, voglio viaggiare, voglio divertirmi, non
voglio
cambiare pannolini.”.
“Anche
io ho paura. Non credere che perchè sono più
grande di te, perchè
sono Jordi Serrano, per chissà quali motivi io non abbia
paura.
Perché ce l'ho anche io, anche più di quella che
dimostro, e non so
più come dirtelo. Ti voglio solo dire che, però,
le paure si
superano, e ci aiuteremo a superarle, non saremmo soli.
All'università ci puoi andare comunque, lo sai benissimo che
non
avremmo problemi economici, non cercare scuse per lavarti le mani
dalle tue responsabilità.”.
Credo
che il mio problema, uno dei tanti, sia che uso sempre le parole
sbagliate nelle circostanze sbagliate.
“Cosa?”
sbraita.
Cerco
di rimediare: “No, Eva, non intendevo quello, sai che sono un
disastro con le parole, non volevo dirti che stai cercando scuse, che
casino, cazzo.”.
“Vaffanculo
Jordi!” mi urla, piangendo.
Faccio
per abbracciarla, odio vederla piangere, odio questa situazione,
questa paura che invade sia me che lei; ma Eva mi spinge via.
“Vattene.”
dice.
“Hai
bisogno di qualcuno che stia con te.” le dico, in apprensione.
Indica
la porta del bagno: “Vattene, Jordi, vai via da casa
mia.”.
“Sei
solo confusa.”.
Si
prende la testa tra le mani: “Jordi, ti prego, vai
via.”.
So
che stare qui peggiorerebbe solo le cose.
Così,
senza guardarmi indietro, esco dal bagno, prendo le mie cose ed esco
da casa sua.
Sono
terrorizzato dall'idea di un bambino, sono terrorizzato dall'idea di
perdere Eva, sono terrorizzato dal fatto che ora lei mi odi.
Mi
siedo in macchina.
Sento
il mio cellulare che vibra, spero con tutto me stesso che sia Eva,
rispondo e sento: “Jordi, sei un cretino.”.
“Alicia,
non ti ci mettere pure tu ora.” le dico, acido.
“Come
sei gentile.” ribatte.
“Non
intendevo dire che sta solo cercando scuse!” esclamo.
Alicia
sospira: “Dio, che casino.”.
“Ali,
senti, lo sai che la amo. Lo sai benissimo.” le dico.
“Sì,
lo so.”.
Prendo
un respiro profondo: “Ali, ti prego, aiutami.”.
“E
cosa devo fare?” domanda lei, sconsolata.
“Ho
bisogno di parlare con Eva, ma ho bisogno di una Eva calma e che non
tenti di trucidarmi, ho bisogno di una Eva con la mente
lucida.” le
dico.
“Ok.
Cercherò di convincerla a parlare con te.”
“Grazie.”
le dico, sincero.
“Lo
faccio solo perchè voglio Eva felice. E, a quanto ho visto,
è
felice solo quando sta con te.” dice Ali, prima di
riattaccare.
Sospiro.
Ho
troppe cose in testa ma non riesco a pensare.
Un
bambino.
Io
papà.
Io
che mi devo occupare incondizionatamente di un altro essere umano.
A
cui devo insegnare praticamente a vivere.
Io
che, prima di considerarmi pronto a fare questo, forse devo decidermi
a maturare un po'.
Ma
ho bisogno di Eva, esattamente quanto lei ha bisogno di me.
Sono
nelle mani di Ali, so che non mi deluderà.
O
almeno, spero.
Buonasera
(?)
capitolo
tragico (?) oserei dire. Va beh, i nostri due protagonisti sono in
una bella situazione incasinata: Eva è confusa, spaventata e
ha
paura, Jordi invece sembra un po' più proiettato verso il
futuro e
abbastanza realista. Chi se lo sarebbe mai aspettato da lui?
Però
c'è da dire che con le sue parole sbagliate al momento
sbagliato non
si smentisce mai, lol.
Spero
che questo capitolo non sia una schifezza, sapete che mi è
sempre
abbastanza difficile scrivere i pov di Jordi. Come sempre, ringrazio
chi continua a leggere e i nuovi lettori, un grazie speciale a chi
recensisce :')
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Capitolo 17 *** 15. Perché credo che insieme potremmo essere straordinari. ***
Capitolo
15.
“Non
so se mi fido, mi voglio fidare di te ma non so se mi fido.
Però
cercherò di
fidarmi
di te perché credo che insieme potremmo essere straordinari
piuttosto che ordinari separati.” -Grey's Anatomy
Sono
due settimane che penso.
Sono
due settimane che mento a quasi tutte le persone che conosco.
Sono
due settimane che non vedo e non parlo con Jordi.
Mi
sono resa conto di avere bisogno della sua presenza, come al solito.
Solo che, beh, sì, non volevo che fosse la mia migliore
amica ad
obbligarmi a parlare con Jordi, ho preferito aspettare il momento in
cui mi sarei sentita pronta.
E
finalmente è arrivato.
Non
l'ho avvisato, dopo la scuola mi sono semplicemente precipitata al
campo di allenamento, mi hanno fatto entrare e mi sono seduta sugli
spalti, in silenzio, a guardarli. Jordi sembrava allenarsi con molta
concentrazione, infatti è passato un quarto d'ora prima che
abbia
notato la mia presenza e mi abbia fatto un cenno.
Non
ho seguito molto la squadra da quando ci siamo lasciati, so,
però,
che Jordi non se la passa benissimo, che non segna da qualche
settimana e che ha mostrato più volte un comportamento
nervoso in
campo.
Colpa
mia?
Forse,
non saprei.
Comunque
sta di fatto che ora ho l'assoluta e totale necessità di
parlare con
Jordi.
Ho
detto solo ad Ali che sarei venuta qui e lei probabilmente l'ha detto
ad Albert, dato che è stato il primo che si è
accorto del mio
arrivo. Il loro rapporto si è consolidato molto ultimamente,
si può
dire che sono una vera e propria coppia. La coppia perfetta, no? A
volte li invidio, anzi, li invidio quasi sempre. Insomma, tra di loro
tutto va bene, sono come il principe azzurro e la principessa delle
favole, si amano alla follia, hanno la loro privacy perchè
sono
tanto bravi da tenere la loro storia nascosta ai media, niente va
storto nel loro rapporto.
Invece
sembra che, ultimamente, nella mia vita tutto vada storto.
Io
e il mio ragazzo ci siamo lasciati, più di mezza Spagna ha
visto le
foto del tradimento, sono incinta e tendo ad allontanare chiunque
cerca di aiutarmi.
Sono
io il problema, lo so.
E
sono qui per parlare con Jordi, per abbassare le mie difese, per
permettergli di fare una breccia nei muri che mi circondano.
Quando
l'allenamento è finito, vedo Jordi che chiede all'allenatore
qualcosa, lui mi guarda, annuisce e sparisce, probabilmente negli
spogliatoi. Mentre Jordi viene da me.
Scavalca
quella specie di transenna che separa campo e spalti e si viene a
sedere accanto a me.
Oggi
fa abbastanza freddo nonostante sia soleggiato e in cielo non ci sia
nemmeno una nuvola, ma lui è in maglietta a maniche corte e
calzoncini, ha i capelli completamente bagnati di sudore, il viso
arrossato.
“Pensavo
fossi sparita.” dice, guardandomi.
Prendo
un respiro profondo: “Ho dovuto pensare.”.
Si
abbassa le calze e si toglie i parastinchi: “Beh, almeno una
telefonata o un messaggio me lo meritavo, credo. Sai com'è,
c'è in
ballo un bambino che è sia mio che tuo.”.
Quella
parola mi fa uno strano effetto.
“Lo
so, scusami.”.
Sono
qui per abbassare le mie difese.
Scuote
la testa: “Posso anche fingere di non accettare le tue scuse,
ma lo
sai, sai che con me sei scusata a prescindere.”.
Sorrido:
“Beh, Jordi, credo che anche io mi debba scusare con
te.”.
Aggrotta
le sopracciglia: “Da quando tu chiedi scusa?”.
Sospiro:
“Da quando ti ho cacciato da casa mia gridandoti parole poco
carine, da quando non mi sono fatta sentire per due settimane e ho
ignorato ogni tentativo di Alicia, da quando mi sono accorta, a mie
spese, purtroppo, che mi manchi. Perchè quando mi sveglio di
notte e
penso e mi sento in panico perchè sono terrorizzata
dall'idea di un
bambino e ho bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto
bene,
mi rendo conto che quel qualcuno sei tu.”.
“Cosa
hai intenzione di fare con il bambino?” mi domanda,
asciugandosi il
sudore.
Mi
aspettavo questa domanda, me l'aspettavo.
Credo
che Jordi sarà sorpreso dalla mia risposta.
Dopotutto
questa conclusione ha sorpreso anche me stessa.
“Di
chiederti di andare avanti con il nostro progetto, quello di
ricominciare lentamente. Di chiederti, però, anche di
aiutarmi, di
dirmi che andrà tutto bene ogni volta che ne ho bisogno, di
non
abbandonarmi, perchè lo sai che ho una dannata paura che te
ne vada
e poi perchè io allontano sempre tutti e...”.
Mi
interrompe, sorpreso: “Sì. Lo farò, lo
voglio fare.”.
Voglio
sbattergli in faccia la realtà per testare la sua reazione:
“Jordi,
diventerò cicciona, avrò voglia di strani cibi ai
più strani
orari, probabilmente sarò anche abbastanza isterica, poi i
bambini
strillano nel cuore della notte, prendono gli orecchioni, hanno
bisogno di attenzioni, hanno bisogno di genitori che ci
siano.”.
La
sua reazione mi sorprende.
Scoppia
a ridere.
“Eva,
lo so. Conosco tutte le implicazioni del caso. Però, vedi,
io ti
amo. Dicono che quando ami una persona sei disposto a fare di tutto
per lei, e ora capisco. Però ti voglio dire, anche, che
anche tu
devi aiutare me, stiamo scegliendo di crescere, dobbiamo farlo
insieme.” dice Jordi.
Annuisco:
“Stiamo scegliendo di crescere.”.
“Ed
è meglio farlo insieme piuttosto che da soli.”
conclude lui.
“E'
strana l'idea di un bambino. Sai, ho sempre detto di non volere
bambini fino ai trentacinque anni come minimo.” gli confesso.
Sorride:
“Ho pensato tanto a questo. Cioè, mi ci vedi?
Dico, a cambiare un
pannolino, mi ci vedi?”.
Scoppio
a ridere: “E tu, invece? Ci vedi me a cantare una ninna
nanna?”.
“Credo
che sia meglio imparare qualcosa negli otto mesi che ci
restano.”
conclude lui.
Annuisco:
“Sì. Dobbiamo prima imparare a fidarci
incondizionatamente l'uno
dell'altra, dobbiamo imparare ad affrontare le paure e non scappare,
a parlare e discutere dei problemi, non urlare e cacciarci di casa,
dobbiamo crescere.”.
Appoggia
la testa sulla mia spalla: “Quindi continuiamo il nostro
ricominciare gradualmente. C'è solo un ostacolo in
più. Cioè,
fossi in lui mi offenderei ad essere chiamato ostacolo.”.
Sorrido
e gli accarezzo una guancia: “Prima cosa: chi ti dice che sia
un
lui? Seconda cosa: scommetto che non ti fai la barba da tipo tre
giorni, sarebbe anche ora di prendere in mano un rasoio!”.
Ridiamo
insieme, poi alza la testa e mi dice: “Credevo che la barba
mi
facesse sembrare più un ragazzo maturo.”.
Scuoto
la testa: “Non è la barba a fare di te un ragazzo
maturo. È la
pazienza che hai con me, la promessa che non te ne andrai, il fatto
che mi hai sempre aspettata, che hai sempre difeso e fatto tutto il
possibile per la nostra storia, il fatto che per me ci sei sempre
stato nonostante tutto, è questo, e mille altre cose, a fare
di te
un uomo.”.
Sorride
e appoggia una mano sulla mia: “Eva, ti ho già
detto che non te lo
posso giurare, ma ho la sensazione che stavolta niente andrà
storto.”.
Di
solito evito sempre di fidarmi troppo delle sensazioni.
Ma
questo non glielo dico, rovinerebbe il momento.
È
una strana sensazione.
Non
posso dire di avere accettato completamente la situazione,
però
posso dire che ci sto facendo l'abitudine.
Pensare
al futuro mi spaventa a morte, però so che potrò
sempre contare su
Jordi.
Mi
abbraccia e mi attira a sé: “Mi sei mancata da
morire, te, la tua
voce, il tuo profumo, tutto. Non sparire mai più.”.
Anche
lui mi è mancato da morire.
“Jordi,
ci guardiamo un film sotto alle coperte domani pomeriggio?”
gli
chiedo, sperando con tutta me stessa in una risposta positiva.
“Certo,
quello che vuoi. Poi usciamo a cena, il nostro secondo primo
appuntamento.” dice.
Rido:
“Beh, durante il primo siamo rimasti senza benzina, ci siamo
ubriacati e ti sono saltata addosso. Spero che il secondo sia
leggermente diverso.”.
Mi
bacia la guancia: “Giuro che stavolta sarà il
primo appuntamento
perfetto.”.
Sarà
soltanto la tua presenza a renderlo perfetto, Jordi.
Buonasera
:3
aah
(?) si sono riconciliati, non riesco a farli stare lontani u.u
comunque, ho notato che praticamente nessuno si aspettava, nel
capitolo precedente, la reazione di Jordi, il ragazzo sta maturando a
quanto pare, lol. Comunque, beh, hanno deciso di andare avanti, di
provarci, di provare a crescere insieme e io trovo che la cosa sia
meravigliosa, spero di non essere la sola, lol.
Infine,
as always, ringrazio i lettori e chi recensisce :')
alla
prossima :')
|
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Capitolo 18 *** 16. But we long for love, we believe in love. ***
Capitolo
16.
“Non
possiamo farne a meno. Facciamo finta di essere contenti con le nostre
vite e quando vediamo coppie che si baciano in pubblico facciamo
espressioni di disgusto, ma desideriamo l'amore, crediamo nell'amore.
Stiamo seduti in cinema bui mentre guardiamo Insonnia d'amore
o Un amore tutto suo mentre le lacrime ci bagnano
le guance.
Anche se sappiamo che sono tutti stronzi, cerchiamo comunque quello
stronzo che ci salverà dalla solitudine.” -Jane
Green
“Non
sapevo che ti piacesse così tanto Harry Potter!”
esclamo.
Jordi
beve un sorso d'acqua: “Sì, mi piace. E io non
sapevo che ti
addormentassi tanto facilmente.”.
Si
riferisce al fatto che abbiamo passato il pomeriggio a casa mia a
guardare film di Harry Potter stretti sotto al piumone e che io mi
sono addormentata durante la visione. Poi mia mamma è
tornata ed è
rimasta stupita nel rivedere Jordi in giro per casa e, dopo che ci ha
fatto circa trecento domande, siamo usciti a cena. Posso contare
sulle dita di una mano le volte in cui Jordi mi ha portato a cena in
un ristorante, insomma, siamo sinceri, non è nel suo stile.
Portarmi
da McDonald's è da Jordi, ordinare cibo cinese al take away
è da
Jordi, autoinvitarsi da Albert per una cena a quattro così
che lui
non debba cucinare è da Jordi, ma portarmi a cena in un
ristorante
non è proprio da lui.
Non
che non apprezzi questo suo gesto, è solo che non sono per
niente
abituata e la sorpresa è stata enorme. “Spiritoso,
ti ricordo che
io, al contrario tuo, ho una sottospecie di bambino in me!”
esclamo.
Ride
e poi si fa più serio, mi domanda: “Eva, quando
hai intenzione di
dirlo ai tuoi?”.
“Il
più tardi possibile.” rispondo prontamente.
Jordi
alza un sopracciglio: “Non potrai nasconderglielo per
sempre!”.
“Senti,
credo che per altri due mesetti la pancia non si noterà, poi
mi
munirò di magliette larghe. Voglio tenerglielo nascosto
almeno fino
a giugno, è il mio ultimo anno di scuola superiore e il
duecento per
cento di stress in più non è decisamente quello
di cui ho bisogno.
Tu lo vuoi dire ai tuoi?” gli domando.
Jordi
annuisce: “Capisco, hai ragione. Ehm, non so.
Cioè, veramente
nemmeno ti ho mai presentato i miei genitori.”.
Vero.
Jordi
ha sempre evitato questo incontro, non che io gli abbia mai chiesto e
non che io ci tenessi particolarmente, sapete che il pensiero di una
cosa seria mi soffoca alquanto, però mi è
capitato di pensare più
volte alla sua famiglia.
“Beh...
Non sentirti in obbligo, cioè, quando verrà il
momento giusto me li
presenterai, no?” dico, arrampicandomi sugli specchi.
Sorride:
“Sì. Ah, stavo pensando...”.
Lo
interrompo: “No, non dirmi che stavi pensando a dei nomi.
Nemmeno
sappiamo se è maschio o femmina e poi è presto,
mi sono appena
fatta una ragione della situazione, non iniziamo a fantasticare, se
no le cose ci sfuggono di mano, lo sai.”.
“Veramente
ti stavo per dire che stavo pensando di fare una festa per il mio
compleanno, tra due settimane.” mi informa.
“Ah.
Sì, certo. Cioè, mi stai invitando,
no?” gli domando, incerta.
Ride:
“Eva, sembriamo due dodicenni alle prese con la prima
cotta.”.
Rido
con lui: “Lo so, è solo che voglio che stavolta
vada tutto bene.
Non voglio decisioni avventate, non voglio le solite stupide
incomprensioni, voglio che vada tutto bene, capisci?”.
Accarezza
la mia mano, appoggiata al tavolo: “Sì,
però le cose non devono
essere forzate, cioè, rilassati e tutto andrà
come deve andare,
quindi bene.”.
Bene.
Per
quanto non sono nella situazione che avrei voluto, andrà
tutto bene.
Sorrido
e sto per dirgli grazie perchè, come al solito ultimamente,
è lui a
mostrarsi forte anche per me, quando due ragazzi si avvicinano al
nostro tavolo.
“Ciao.”
dice il riccio.
Jordi
sorride: “Ciao, volete una foto?”.
Annuiscono
entrambi, devono avere circa l'età di Jordi.
Uno
dei due ragazzi, quello con i capelli rossi, mi passa il suo
cellulare e scatto la foto, dopodichè il riccio mi dice:
“Posso
fare una foto con te?”.
“Certo.”
gli dico, poi decido di punzecchiare Jordi, che sta guardando il
ragazzo in modo poco amichevole: “Jordi, ce la fai tu la
foto?”.
“Certo.”
dice, acido.
Io
e il ragazzo ci mettiamo in posa e Jordi scatta, poi dice:
“E'
venuta un po' mossa, ma non è un problema mio. Ciao ragazzi,
piacere
di avervi conosciuto.”.
Restituisce
il cellulare ai ragazzi, che salutano e se ne vanno.
“Geloso?”
dico, maliziosamente.
“Sì.”
risponde, secco.
Sospiro:
“Calmati. Ha solo voluto fare una foto con me, cosa dovrei
dire io
di tutte le tue fan?”.
“Non
iniziamo a litigare, Eva. Se sono geloso è perchè
a te ci tengo e
lo stesso è per te, non credi?” mi fa notare.
Lo
odio quando ha ragione.
E
allo stesso tempo odio dargli ragione.
“Può
darsi. Va beh, dai, chiedi il conto e andiamo, che io domani devo
andare a scuola e ho matematica alle prime ore.” gli dico.
Si
alza e fa quello che gli ho detto.
“Beh,
buonanotte, Eva.” mi dice Jordi, mentre ci troviamo sul
marciapiede, di fronte all'entrata del condominio dove vivo.
Sospiro:
“Avevi ragione.”.
“Per
cosa?” domanda, innocentemente.
In
verità sa benissimo per cosa, solo che a lui piace sentirmi
dargli
ragione, credo che aumenti il suo già esorbitante ego.
“Per
la storia della gelosia. Hai ragione, è normale. Io ho paura
di
perdere te e tu hai paura di perdere me, perchè tu sei la
mia
certezza e io spero tanto di essere la tua e nell'aver bisogno di
certezze non c'è niente di male.”.
Sorride
soddisfatto: “Esatto. Comunque sì, lo
sei.”.
Gli
sorrido.
“No,
davvero. Sei probabilmente l'unica persona che si è mostrata
per
quello che è con me. A te non è mai interessato
Jordi Serrano il
numero nove che ha vinto il Pallone d'Oro, a te è sempre
piaciuto
Jordi, quel cretino che non ha controllato quanto benzina c'era nel
serbatoio la sera del nostro primo appuntamento.” dice
sorridendo.
Rido:
“Quando la macchina è rimasta a secco ti avrei
ucciso.”.
“L'avevo
capito dal tuo sguardo assassino!” esclama.
Sorrido:
“Però non sai quanto sono grata a
quell'imprevisto. Cioè,
insomma, ci ha avvicinato e poi, va beh, sappiamo tutti come sono
andate le cose.”.
Si
avvicina a me: “Sì.”.
“Cosa
sì?” chiedo, agitata.
Non
risponde e si avvicina di più.
“Jordi,
avevamo detto che non avremmo affrettato le cose!”.
Appoggia
il suo naso sul mio.
“Jordi.”.
“Perché
non ti rilassi e ti godi il momento?” sussurra Jordi.
Forse
è quello che devo fare.
È
solo un bacio, non è certo questo che affretterebbe e
rovinerebbe
tutto.
Poi
cioè, non è niente di male in confronto al fatto
che sono incinta e
lui è il padre.
Le
nostre labbra fanno solo in tempo a sfiorarsi, quando la porta alle
nostre spalle si apre.
Ci
stacchiamo velocemente e la signora del quinto piano con il carlino
al guinzaglio mi guarda con aria sospetta, prima di dirmi un
“Buonasera” di cortesia e allontanarsi.
“Doveva
portare fuori il cane proprio ora?” si lamenta Jordi,
frustrato.
Rido:
“Vuol dire che non era destino, sarà per un'altra
volta.
Buonanotte Jordi.”.
“Buonanotte
Eva. Domani ti chiamo.” mi dice, sorridendo.
“Ok.”
gli dico, entrando nella portineria.
Mentre
salgo le scale rifletto sul fatto che lo stavo per baciare, che lo
volevo baciare, che lo vorrei baciare. Però il momento non
è quello
giusto. È solo questione di aspettare, aspettare quel
maledetto
momento perfetto.
Apro
la porta di casa mia e trovo mio papà seduto sulla poltrona,
sta
leggendo.
Lo
saluto e lui mi dice: “Eva, c'è qualcosa che non
mi hai detto.”.
Come
fa a saperlo?
Non
è possibile.
No.
Non
può saperlo.
Cioè,
non ho lasciato 'prove', non può nemmeno immaginare che sono
incinta.
Sto
quasi per piangere: “Papà, scusa, volevo aspettare
il momento
giusto per dirtelo e...”.
Si
alza dalla poltrona: “Tesoro, non ti preoccupare. Me l'ha
detto la
mamma di David.”.
“Cosa?”
chiedo, confusa.
“Della
gita scolastica a Londra, ad Aprile.” risponde mio
papà.
Vi
giuro che non mi sono mai sentita tanto sollevata in vita mia.
Sorrido:
“Ah, sì. Ma sai, ci sono già stata, non
è che la prospettiva mi
esalti molto, preferisco stare a casa a studiare.”.
In
realtà preferisco stare a casa con Jordi, ma questi sono
dettagli.
“Invece
no! Ci andrai. Migliorare le conoscenze della lingua inglese
è
sempre una buona cosa!” dice, convinto, prima di aggiungere:
“Ora
vai a letto, buonanotte.”.
“Notte.”
gli rispondo, prima di sparire in camera.
Mio
padre deve sempre rovinare i miei piani.
Non
avrei dovuto avere quella reazione da panico appena ho sospettato che
sapesse che sono incinta.
Ora
magari sospetta che nascondo qualcosa.
Potrei
tenerli all'oscuro del fatto per altri quattro mesi circa.
La
cosa difficile sarà resistere psicologicamente.
Ma
poi mi ricordo che non sono sola.
Che
al mio fianco c'è il cretino che non ha controllato quanta
benzina
c'era nel serbatoio la sera del nostro primo appuntamento.
Buonasera
:3
scusate
il ritardo ma sono stata molto impegnata con la scuola D:
comunque
i nostri due protagonisti si stanno riavvicinando e asdfghjkl io
voglio un ragazzo come Jordi u.u *piange perchè si sente
forever
alone* comunque, ringrazio di cuore, come al solito, chi recensisce e
anche chi legge :')
alla
prossima *-*
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Capitolo 19 *** 17. All you have to do is fall in love. ***
Capitolo
17.
“It's
so easy
all
you have to do is fall in love
play
the game
everybody
play the game of love”
Ho
sempre odiato i lavori di gruppo che ci assegnano a scuola, in
particolare sto odiando questo, lavoro per il quale la professoressa
di arte mi ha messa in gruppo con David e Javier.
Abbiamo
scelto come argomento l'arte gotica e abbiamo deciso di fare la
ricerca a casa mia. Ho sempre, o quasi, avuto un buon rapporto con
loro due, la cosa che, però, mi sta facendo odiare questa
ricerca
sull'arte gotica è il fatto che Jordi si
presenterà presto a casa
mia per riportarmi il mio ipod, che mi ha chiesto in prestito quasi
una settimana fa, l'ultima volta che ci siamo visti e non credo che
tra lui e David sarà tutto rose e fiori.
“Eva,
sei tra noi?” mi chiede Javi, facendomi un cenno.
Annuisco:
“Sì, scusate. Stavo pensando che tra une
mezz'oretta dovrebbe
arrivare Jordi.”.
David,
che stava scrivendo, alza di scatto la testa: “Beh, se
volevate un
po' di tempo per stare da soli, avete scelto l'occasione
sbagliata.”.
Scuoto
la testa: “Mi deve solo riportare l'ipod,
rilassati.”.
Javi
ridacchia: “Mamma mia, David, che tono acido!”.
David
aggrotta le sopracciglia: “Disturberà la nostra
ricerca.”.
Cerco
di trovare un lato che sia positivo: “Può farvi un
autografo.”.
Javi
sembra abbastanza entusiasta della cosa, mentre David chiude il
libro, sbattendolo: “Non mi interessa dei suoi autografi o
dei suoi
perfetti sorrisi, lui sta per arrivare, io me ne vado, finitevela da
soli la ricerca.”.
“Maturo.”
commento.
David
mi guarda male: “Sicuramente più del tuo
ragazzo.”.
Proprio
in quel momento, il campanello suona.
“Troppo
tardi, David.” gli dico, sorridendo.
Vado
ad aprire la porta e mi trovo Jordi con un sorriso smagliante e la
borsa che usa ad andare agli allenamenti.
“Buongiorno!” esclamo,
felice.
Mi
bacia la guancia e mi dice: “Ciao, mi sei mancata.”.
Dopodiché
entra.
Jordi
e David si guardano negli occhi.
È
come se il tempo si sia fermato.
Ho
quasi paura che stiano per fare rissa.
"Tu
devi essere David.” dice Jordi con aria di sufficienza.
“Oh,
sì, molto piacere. Tu, invece, devi essere l'arrogante
numero nove
del Barcellona.” ribatte David.
“Oh
mio Dio, sono nella stanza di Jordi Serrano, è il giorno
più
fottutamente bello della mia esistenza!” esclama Javier,
esaltato
come non mai. Con la tensione che c'è tra quei due, mi ero
quasi
dimenticata della sua presenza, ma sono indubbiamente contenta di
vederlo tanto felice.
“Wow,
Javi, che fangirl!” esclamo ridendo.
“Non
ti aspettare che io ti chieda una foto o un autografo, ok?”
dice
David, rivolgendosi a Jordi con tono ostile.
Jordi
fa una risatina sarcastica: “Ti ho chiesto
qualcosa?”.
Sono
due settimane che Jordi mi ripete che nella mia condizione lo stress
è l'ultima cosa che mi serve, quindi intervengo:
“Ehi, voi due,
calmatevi.”.
E'
Javier a riempire il teso silenzio che si è venuto a creare:
“Dio
mio, Jordi Serrano, io ti amo. Cioè, nel senso, io ti amo
calcisticamente, non hai idea di quante volte mi sono riguardato le
tue giocate, sono la perfezione. E i calci di punizione: parabole
perfette ed imparabili. Hai una visione tattica di gioco che supera
quella di quasi tutti i calciatori professionisti del giorno d'oggi.
Sei tipo, boh, cioè, quando gioco ho in testa i tuoi
movimenti e le
tue giocate, io ti seguo da anni.”.
Jordi
sorride, un sorriso sincero, so benissimo che è abituato a
ricevere
complimenti, ma ogni volta rimane comunque lusingato:
“Grazie. No,
davvero, grazie mille. Se vuoi puoi venire con Eva al campo di
allenamento della squadra qualche volta, così vedi i nostri
allenamenti e ti faccio conoscere gli altri.”.
“Eva,
sposalo.” mi dice Javi, visibilmente emozionato.
Rido
e Jordi ride con me: “Con calma!”.
“Oh,
la felicità.” sospira sarcastico David.
“Oh,
l'invidia.” ribatte Jordi.
“Perché
credi che io sia invidioso di te? Non ho proprio niente da
invidiarti, sai? Non mi interessano tutti i soldi che hai, odio la
squadra per cui giochi, non sopporterei la fama che hai, quindi,
direi che proprio non ho niente da invidiarti.” gli spiego
David.
Non
li sopporto.
Mi
sento terribilmente in imbarazzo, quei due si stanno per scannare,
Javi è in piena fase fangirl e qualsiasi tentativo che provo
a fare
per calmarli viene apertamente ignorato.
“Veramente
una cosa c'è.” dice Jordi.
Segue
un attimo di silenzio in cui spero che non stia per dire quello che
immagino.
“Dimmi.”
gli suggerisce David, stizzito.
“Eva.”.
“Sei
un bastardo!” esclama David.
“Basta!”
urlo.
“Ha
iniziato lui!” dicono insieme, puntando l'uno il dito contro
l'altro.
Come
se aspettare un bambino non fosse abbastanza, ho pure a che fare con
due bambini esteriormente cresciuti.
“Non
mi interessa chi ha iniziato, smettetela. Siete imbarazzanti e vi
state mostrando persone poco civili. Piuttosto ignoratevi, ma
smettete di punzecchiarvi e battibeccare, siete
insopportabili.” li
rimprovero.
“Hai
ragione.” dice David.
Jordi
annuisce, poi si avvicina a me dicendo: “Ho una cosa per
te!”.
Si
fruga in tasca e mi ridà il mio ipod, gli sorrido:
“Era ora, mi
era mancato parecchio!”.
“Sì,
ma, c'è una cosa che...”.
Interrompo
Jordi: “Vieni, andiamo un attimo in cucina.”.
Mi
segue in cucina, chiudo la porta.
“Scusa,
è che non voglio che tu e David andiate avanti a
litigare.” gli
spiego.
Sorride:
“Figurati. È che il solo pensiero che ti ha fatta
soffrire così
tanto mi fa arrabbiare. Ah, comunque vedo che con i rimproveri te la
cavi bene, ti sai fare valere.”.
Rido:
“Sì, beh, su questo sono avvantaggiata.”.
Ride
e poi mi dice: “Guarda nelle playlist, te ne ho fatta una.
Sai, ora
ci sono gli ottavi di Champions eccetera, è la parte
più intensa e
importante della stagione, quindi non credo che riusciremo a vederci
tutti i giorni. Quindi ho messo nella playlist tutte le canzoni che
mi ricordano te, o che mi ricordano noi, o che abbiamo ascoltato
assieme, così che anche se non ci sono, ti
sembrerà di avermi
vicino.”.
“Che
cosa dolce.” dico, sincera.
“Dieci
punti a Jordi per la dolcezza e la tenerezza, yes!” esclama.
Lo
abbraccio, è un gesto spontaneo, sincero, che mi viene dal
cuore.
Ricambia
l'abbraccio e mi dice: “Mi piace il tuo lato
tenero.”.
“Sono
gli ormoni, è solo colpa degli ormoni e del
bambino.” ribatto, poi
aggiungo: “Ah, e ti dovresti tagliare i capelli.”.
Ride:
“Perché?”.
Gli
passo una mano tra i capelli: “Diventano sempre
più ribelli e
sempre più mossi, vai da un parrucchiere!”.
Scuote
la testa: “Sono sexy e selvaggi.”.
Gli
scoppio a ridere in faccia: “Raccontamene
un'altra!”.
“Ti
amo. E stavolta sono più serio che mai.” mi dice,
guardandomi
negli occhi.
Sorrido.
“Jordi...”.
Una
voce proveniente dal salotto mi interrompe, è David che mi
urla:
“Allora? La ricerca non si scrive da sola!”.
Sbuffo:
“Va beh, torniamo di là. Per favore, non fare
rissa con David.”.
Sorride:
“Nah. Torno a casa. Anzi, prima faccio l'autografo al tuo
amico
riccio, sperando che non gli venga un colpo!”.
“Così
va meglio.”.
“Senti,
non credo di fare la festa di compleanno, non ne ho voglia.
Però
Sabato ci vediamo? Io gioco alle otto.” mi chiede Jordi.
Aggrotto
le sopracciglia: “Mi dispiace, ma devo uscire con i miei
compagni
di classe. Andiamo ad un pub qui vicino, puoi fare una scappata dopo
la partita!”.
Sospira:
“Il pensiero che devo rivedere David mi irrita abbastanza, ma
passerò comunque dal pub, solo per te.”.
“Magari
poi andiamo a farci un giro. Io e te, intendo. Da soli.” gli
propongo.
Sorride:
“E magari speriamo che stavolta non appaiano vecchiette con
un
carlino.”.
Sorrido.
Ormai
per me Jordi è diventato essenziale.
Non
vedo l'ora di ascoltare le canzoni della playlist.
Comunque
non vedo l'ora anche di baciarlo, è come se mi stia
trattenendo.
Forse
sono solo gli ormoni.
O
forse è il fatto che lo vedo più bello, dolce,
premuroso che mai.
Forse
è anche il fatto che credo che mi abbia fatto innamorare
perdutamente, di nuovo.
Ciao
:3
ora
Jordi e David sono antagonisti (?) lol Beh, ma era abbastanza
prevedibile che, se si sarebbero incontrati, ci sarebbe stato un
incontro-scontro, o almeno credo. Comunque, ringrazio di cuore chi
recensisce :') e ovviamente anche tutti i lettori :3
alla
prossima *-*
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Capitolo 20 *** 18. Cause if i am to go, in my heart you'd grow and that's where you belong. ***
Capitolo
18.
“Lo
sapevo dall’inizio che sarebbe finita così.
Era
una di quelle situazioni che già conosci, che già
sai come iniziano
e come finiscono, ma ci provi comunque. Era
una di quelle sensazioni che ancora non capisci bene, allora ti ci
infili, ti fai prendere, ma sai già come finiscono.
Lui
era una di
quelle persone che si fa voler bene dopo una settimana, una di quelle
subito speciali, in grado di cambiarti la giornata. Ma sai
già
tutto. Va finire che ti fidi, anche se sai che sbagli, va a finire
che ci caschi, anche se sai che ti farai male. Una di quelle cose che
comporta inevitabilmente lo star male, ma le fai comunque. Una di
quelle cose per le quali vuoi rischiare. Una di quelle, che tra le
tante, sceglierai un milione di volte. Anche se farà male,
anche se
ci perdi, anche se sbagli. Lui era una di quelle persone che si
faceva scegliere, che ti corrodeva mentre ti voleva bene. Era uno un
po’ strano, che non riuscivi mai completamente a capire, che
non
sapevi cosa gli passava per il cervello. Ma a modo suo, si faceva
voler bene, mi attirava, mi attraeva. Era una di quelle persone che
ti dice “sei la migliore” e lo pensa
davvero.”
“Oh,
ben arrivata!” esclamo, con tono sarcastico, vedendo arrivare
Alicia al pub dove sto passando il sabato sera con David, Javier e
altri compagni di classe.
Alicia
sa che mi riferisco al fatto che, ultimamente, per lei esiste solo ed
esclusivamente Albert. “Sono una migliore amica orribile,
vero?”
mi dice, con una faccia da cane bastonato.
Rido:
“Nah.”.
“Ti
posso parlare in privato?” mi dice.
Annuisco
e ci allontaniamo dagli altri, ci sediamo ad un tavolino rotondo e le
dico: “Prego, dimmi.”.
“Jordi
ha parlato con Albert.” mi dice, giocherellando con una
ciocca dei
suoi lunghi capelli rossi.
“Quindi?”
le domando.
Sorride,
a volte ha un sorriso abbastanza ebete: “Jordi è
felicissimo.”.
“Di
cosa?” le chiedo, mangiandomi le unghie.
“Di
come stanno le cose tra voi, cretina!” esclama, come se fosse
la
cosa più ovvia di questo mondo.
“Del
bambino?” le chiedo a bassa voce.
Annuisce
convinta.
“Oh.”
dico io, abbastanza sorpresa.
Alicia
mi mette una mano sul braccio, in segno di sostegno, credo, poi mi
dice: “Eva, so che hai paura, ma ormai quello che
è fatto è
fatto.”.
Prendo
un respiro profondo e le dico: “Il fatto è... E'
che ho paura del
giudizio dei miei genitori, ho paura dell'idea di un bambino che
dipenderà totalmente da me e Jordi, ho paura che non
sarò
abbastanza brava.”.
“E'
normale aver paura.” mi dice.
“Sì,
ma Ali, stavolta non si tratta di avere paura della verifica di
matematica, stavolta si tratta di un bambino, di una me diciottenne
incinta del ragazzo che amo, perchè davvero, io lo amo,
nonostante
io e lui non stiamo insieme e nonostante a volte non mi fidi per
niente di lui, io lo amo. Si tratta di me e questo ragazzo in
questione che nemmeno siamo capaci a cucinare un piatto di pasta, che
tendiamo a litigare per ogni minima cazzata, che...”.
Mi
interrompe: “Che però vi amate, da morire. E,
credimi, l'amore fa
miracoli. Io ti voglio bene, Eva, e ti dico che tu e Jordi siete
perfetti l'uno per l'altro, che vi completate e che non devi avere
paura di non essere abbastanza, perchè sei forte, sei
coraggiosa,
sei dura al punto giusto, ma sei anche dolce. E lui è
infantile,
immaturo, testardo, ma ti ama da morire, è tanto tenero che
a volte
mi sembra un cucciolo e farebbe di tutto per te. Secondo me sarete
dei genitori perfetti.”.
“Lascia
che prima ci rimettiamo insieme, però.” le dico.
“Hai
detto che lo ami, e, se non sbaglio, Jordi dopo ci
raggiungerà.
Perché non provi a dirglielo? Sai, per certe cose devi darti
una
mossa, cara la mia occhi di ghiaccio.” mi suggerisce.
“Certo
che sei strana. In cinque minuti mi hai dato tutti i consigli che non
mi hai dato in un mese e mezzo!” esclamo ridendo.
Ride
con me: “Mi dispiace di aver trascurato te e gli altri a
causa di
Albert.”.
“Non
ti preoccupare, siete stupendi, siete felici, puoi anche permetterti
di trascurare qualche volta i tuoi amici sfigati.” le dico
sorridente.
Sospira:
“I migliori sfigati che mi sarebbero potuti
capitare!”.
“Dai,
torniamo dagli altri, che ho voglia di giocare a biliardo e,
soprattutto, ho voglia di rivincita nei confronti di Javi per
l'ultima volta!” esclamo.
Annuisce
e torniamo dagli altri, mentre David e Javi stanno sistemando le
palline e stanno prendendo le stecche, Jordi mi manda un messaggio
dicendo che tra poco sarà qui, sorrido, sono felice per il
fatto che
tra poco lo rivedrò. Devo fare ciò che mi ha
suggerito Ali, credo
che sia il momento giusto.
“Manca
una stecca!” esclama Javi.
“Vai
a prenderla.” dice David, con la solita gentilezza.
Javi
sospira sconsolato e va a prenderla assieme ad Alicia, che si
è
offerta di accompagnarlo.
“Mi
dispiace.” mi dice David.
“Per
cosa? Stasera siete tutti in vena di scusarvi con me.” dico.
Sospira:
“Per essermi comportato in quel modo con il tuo
ragazzo.”.
“Lascia
stare, possiamo anche dimenticarci dell'episodio.” gli dico.
“Sei
di buon umore stasera!” mi fa notare.
Sorrido:
“A volte capita anche a me.”.
“Sei
bella quando sorridi, sai.” mi dice, fissandomi.
Sospiro:
“Non iniziamo, David.”.
“Beh,
almeno potremmo dichiarare una tregua? Ci comportiamo da buoni vecchi
amici?” mi chiede.
“La
tua amicizia mi è mancata, sai. Però promettimi
che non attaccherai
più Jordi, piuttosto ignoralo, fai finta che non esista, ma
non
istigarlo in quel modo, ok?” gli dico.
Annuisce:
“Va bene, ma lo faccio solo per te, sappilo.”.
“Aah”
sospiro, per poi dirgli: “Va beh, qui ci starebbe un
abbraccio da
buoni vecchi amici.”.
Ci
abbracciamo, credo sia un segnale tipo la bandiera bianca, una
tregua, la guerra è interrotta, David ed Eva provano a
resettare il
loro rapporto, a tornare come i due bambini di nove anni che
giocavano a nascondino e mangiavano tutta la nutella di nascosto.
Tutto
ad un tratto sento che David viene portato via da me.
Accade
tutto troppo velocemente.
Jordi
lo prende per il colletto della felpa e gli sferra un pugno in pieno
viso.
David
cade a terra.
Gli
sanguina il labbro.
“Non
permetterti mai più di toccarla!” gli urla Jordi.
Spingo
via Jordi: “Che cazzo fai?” gli urlo.
“Certo,
stai dalla sua parte ora!” mi grida Jordi, con uno sguardo di
disprezzo, prima di voltarmi le spalle ed andarsene.
“Dio,
che casino!” esclamo, stizzita.
Guardo
David: “Stai bene?”.
"E'
solo un taglio, non mi sembra niente di grave. Vai da lui, Eva,
su!”
mi suggerisce, indicandomi l'uscita.
Corro
via, raggiungo l'uscita e mi ritrovo sulla via sulla quale si
affaccia il pub.
Guardo
a destra e poi a sinistra.
Non
riesco a vedere Jordi.
Ha
appena smesso di piovere, le strade sono invase dall'odore di
pioggia.
Sbatto
un piede in una pozzanghera, schizzandomi i jeans.
Ne
ho abbastanza.
Per
stasera ne ho abbastanza.
E
credo anche che, purtroppo, anche Jordi ne abbia abbastanza di me per
stasera.
Domani
lo chiamerò e gli spiegherò che ha frainteso
tutto, prometto che lo
farò.
Domani
lo farò.
Mi
trascino in cucina per la colazione canticchiando una delle canzoni
della playlist che mi ha fatto Jordi, I'm outta time degli
Oasis,
sono abbastanza di buon umore, ho voglia di chiarire con Jordi.
Dopo
che ieri sera sono tornata a casa, David mi ha chiamato e mi ha detto
che era un taglio per niente grave.
Apro
il frigorifero e trangugio un po' di latte freddo.
Mio
fratello Andrés sta dormendo, sarà sicuramente
stanco dopo una
delle sue notti in discoteca, mentre i miei genitori sono a messa.
Ci
sono giorni in cui mi mangerei tutto il cibo che ho in casa, giorni
in cui la sola idea del cibo mi fa venire la nausea e giorni in cui
mischierei dolce, salato e amaro.
Ah,
il prezzo di avere una vita in sé.
Mi
siedo sul tavolo e accendo il cellulare.
Dieci
chiamate perse.
Spero
che almeno una sia di Jordi, ma invece no. Sono tutte di Albert.
Siamo
amici, ok, ma non quel tipo di amici che si chiamano ogni giorno.
Avrà
sicuramente bisogno di un mio consiglio per qualche regalo per Ali,
così lo richiamo.
“Pronto?”
risponde.
“Mi
hai chiamato dieci volte.” esordisco.
“Eva,
Jordi non ti ha detto niente?” mi chiede, sorpreso.
“Del
fatto che ieri sera ha dato un pugno in faccia al mio ex? Ero
presente, sai.” gli rispondo.
“No.
Di suo papà.” mi dice lui.
“Cosa?”
domando, confusa.
C'è
un momento di silenzio, dopodiché mi dice:
“Stanotte. Ha avuto un
attacco di cuore e non ce l'ha fatta.”.
Sento
improvvisamente un vuoto dentro di me.
Nemmeno
lo conoscevo il papà di Jordi, l'avevo visto solamente in
una foto a
casa sua.
Ma
sarebbe stato il nonno del nostro bambino.
“Come
sta Jordi?” gli chiedo, in apprensione.
“Lo
sai com'è fatto, si tiene tutto dentro, sembra forte, ma
scommetto
che ha solo bisogno di una spalla su cui piangere.” risponde
Albert.
“Ti
richiamo.” gli dico, prima di riattaccare.
Devo
chiamare Jordi.
Devo
vederlo.
Devo
essere io la sua spalla su cui piangere.
Così
lo chiamo, ma lui non risponde.
Così
riprovo a chiamarlo, e non risponde di nuovo.
E
così passo tutto il giorno a telefonargli e lasciargli
messaggi in
segreteria, ma lui non mi risponde né mi richiama.
So
che ha risposto ad Alicia, ad Albert e pure ad Edu.
Ho
il presentimento e la paura che io sia l'ultima persona che in questo
momento lui vuole sentire.
Ho
paura che di me ne abbia seriamente abbastanza.
Ma
stavolta sono decisa, oh sì, giuro che stavolta sono decisa.
Mi
metto una mano sulla pancia, è una sensazione strana, a
bassa voce
gli dico: “Stavolta sistemo tutto e gli dimostro che lo amo
almeno
quanto lui ama me, per la prima volta nella mia vita mi metto ad
affrontare i problemi e non a fuggire da loro. Sappi che lo faccio
per me, ma anche per te.”.
Ciao
:3
non
ho avuto molto tempo per scrivere, quindi scusate il ritardo :) Jordi
è un testardo che fraintende sempre tutto, è
troppo impulsivo e fa
sempre casino, però stranamente (?) quella che vuole
prendere le
redini della situazione stavolta è Eva, nel prossimo
capitolo
vedremo come andrà il suo tentativo :) la frase iniziale (?)
l'ho
presa da una pagina di fb e trovo che sia stupenda agsfdghjk
come
sempre ringrazio i nuovi lettori e chi recensisce *-*
alla
prossima :)
|
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Capitolo 21 *** 19. You'll be the catalyst. ***
Capitolo
19.
“When
you say love is a simple chimical reaction
can't
i say i agree
'cause
my chemical, yeah, left me a beautiful disaster
still
love's all i see”
Uno
dei miei, tanti, difetti è che non finisco mai quello che ho
iniziato.
Avevo
promesso che avrei sistemato le cose il prima possibile, e sono
passati tre giorni e l'unica cosa che ho fatto è stata
chiamare
Jordi mentre mi crogiolavo pensando a qualcosa di utile da fare per
parlargli faccia a faccia.
Però,
uno dei miei, pochi, pregi è che trovo sempre, o quasi, una
soluzione.
Quindi,
dopo essermi crogiolata per tre giorni, mi è venuto in mente
che Edu
ha le chiavi di casa di Jordi, così gliele ho chieste in
prestito e
lui, sapendo delle mie buone intenzioni, me le ha date.
Non
so quanto sia legale, ma sono entrata a casa di Jordi e sono seduta
sul suo divano ad aspettare che torni.
Ho
ripassato cento volte le parole da dirgli, posso farcela.
Mi
guardo in giro chiedendomi dove sia, certo, il colmo sarebbe che
Jordi irrompesse da un momento all'altro baciando furiosamente una
bionda alta un metro e novanta, oppure che irrompesse facendo un
monologo su quanto mi odia.
Onestamente,
mi basta solo che irrompa in questa casa, non riesco più a
sopportare l'attesa.
I
minuti passano.
Dieci.
Venti.
Mi
mangio le unghie.
Sospiro.
Mi
mangio di nuovo le unghie.
Quando,
ad un certo punto, sento la porta d'ingresso chiudersi.
Mi
alzo di scatto e lo vedo: è sudato e indossa i pantaloni
della tuta,
è andato a correre, lo fa sempre quando deve pensare.
Ci
fissiamo, in silenzio, per un istante che sembra infinito, poi lui mi
chiede: “Cosa ci fai qui?”.
Prendo
un respiro profondo: “Jordi...”.
Mi
interrompe e, sarcasticamente, mi domanda: “Perchè
non sei con
David?”.
“Perché
ho bisogno di te, ho bisogno di vederti, perchè sei il mio
ossigeno.
Perché quella sera al pub hai frainteso tutto,
perchè so che hai
bisogno di me, perchè io ho bisogno di te. Sono motivi
abbastanza
validi?” gli chiedo, con voce tremante.
Si
passa una mano nei capelli: “Ti ho scritto quel messaggio
dicendoti
che stavo per arrivare e poi mi sono messo in macchina, mentre
guidavo mi è squillato il telefono, ho risposto, era mia
mamma che
mi ha detto che papà si era sentito male e lo stavano
portando
all'ospedale, ho pensato di venire al pub e chiederti di venire con
me all'ospedale da mio padre, perchè ero spaventato e tu eri
l'unica
cosa di cui avevo bisogno.”.
Le
sue parole sono come una pugnalata in pieno petto.
“Jordi...”
cerco di non scoppiare a piangere, maledetti ormoni: “Quello
era un
abbraccio tra amici, e, credimi, mi dispiace, mi dispiace da morire.
Ho passato questi giorni a pensare a come avrei potuto farmi
perdonare e...”.
Mi
interrompe, di nuovo: “Sono io che mi dovrei scusare. Non
avevo
nessun diritto di prenderlo a pugni, solo che ero confuso e agitato e
non ci ho visto più.”.
“Quindi
non mi odi?” gli chiedo.
Sorride:
“E come potrei?”.
Decido
di dare sfogo ai miei dubbi: “Allora perchè mi hai
tagliato fuori
dalla tua vita in questi giorni? Perché mi hai impedito di
starti
vicino?”.
Inizia
a singhiozzare: “Perché pensavo che fossi stufa
dei miei
comportamenti infantili, pensavo che fossi stufa di litigare, dei
tira e molla, delle incomprensioni, pensavo che ti fossi stancata di
me, pensavo che avessi scelto David. L'ho fatto per non aumentare il
dolore, perchè mio papà mi manca,
perchè nemmeno gli ho detto
addio, perchè negli ultimi anni sono sempre stato occupato
con il
calcio, gli eventi, le ragazze e la mia vita movimentata e lui ha
sempre visto ogni mia partita e io non l'ho mai ringraziato come si
deve per quello che ha fatto per me, per essere stato un'eccellente
genitore.”.
Non
ho mai visto Jordi piangere.
Le
sue lacrime sono ormai senza controllo.
Non
posso rimanere ferma a fissarlo.
Mi
avvicino a lui e lo abbraccio, mi stringe fino a togliermi il fiato,
ma non mi importa.
Poi
lo obbligo a guardarmi negli occhi e gli dico: “Non
torturarti,
quello che è fatto, ormai, è fatto. Sono sicura
che lui è sempre
stato orgoglioso di te e sono sicura che le non smetterà
certo di
guardare le tue partite, le guarderà solo da un luogo
diverso. Ah, e
poi, Jordi, non ero stufa di te, non ero stufa di noi, non lo sono
mai stata. E non ho mai scelto David. Perché, sappilo, ogni
volta
che potrò scegliere, sceglierò sempre
te.”.
Vedo
quella che è l'ombra di un sorriso.
Gli
sorrido.
Si
avvicina al mio viso, lentamente, lo lascio fare, lo voglio lasciar
fare.
“Non
andare via, ti prego.” mi dice.
Scuoto
la testa: “No, stavolta giuro che resto.”.
Sorride
prima di appoggiare le sue labbra sulle mie.
Dio,
quanto mi era mancato.
Si
stacca da me dopo pochi secondi.
“Come
stai?” mi domanda.
Non
capisco: “In che senso, scusa?”.
Indica
la mia pancia: “Quel senso.”.
Sorrido:
“Non male.”.
Sorride
anche lui: “Ci ho pensato tanto in questi giorni.”.
“Anche
io. E gli ho promesso che sarebbe andato tutto bene.” gli
confesso.
Sorride:
“Andrà tutto bene.”
Annuisco.
“Senti,
Eva, resti a cena? Ordiniamo al ristorante cinese take away e ci
sediamo sul tappeto a parlare e a fantasticare con la musica dei
Beatles di sottofondo.” mi propone.
Gli
accarezzo una guancia: “E poi magari, dato che è
venerdì, resto
anche a dormire, perchè sono sicura che in questo tempo ti
è
mancata quella cretina che ti dorme addosso tutta notte e che ti
sveglia perchè si è sognata che uno psicopatico
aveva intenzione di
ucciderla.”.
Sorride:
“Sì, e poi magari domani mattina facciamo
colazione assieme e
andiamo a fare un giro in centro e mentre camminiamo
nei vicoletti
pittoreschi ti dico che ti amo da morire e che non ho più
intenzione
di lasciarti. Ah, e anche che secondo me il bambino è
maschio e sarà
identico a me e da grande sarà una calamita per
ragazze.”.
“E
io ti rispondo che sei la cosa più bella che mi sia
successa. Ah, ti
dico anche che io preferirei che fosse femmina.” gli dico
sorridendo.
“Vieni
qui!” dice, tirandomi a sé e baciandomi.
Ho
mantenuto la mia promessa.
Mi
sento bene.
Mi
sento bene per me e per lui, anzi, per loro.
In
chimica, il catalizzatore è ciò che accelera il
processo di una
reazione, personalmente, penso che l'amore sia una reazione chimica,
e che Jordi sia il mio catalizzatore.
Hola
(?)
prima
di tutto, perdonate il mio immenso ritardo.
*scusate
scusate scusate*
il
capitolo è un po' corto, prometto che il prossimo
sarà più lungo,
ma almeno è successo qualcosa di positivo (?) aksdjfghjhgfd
spero
che nonostante il ritardo andrete avanti a seguire e recensire la
storia :)
alla
prossima (che sarà presto u.u)
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Capitolo 22 *** 20. El meu amor,la meva sort, les meves mans, o el meu dit resseguint-li la columna vertebral. ***
Capitolo 20.
“I quin mal devia fer,
i m’ho imagino -o ho intento- i t’asseguro que comprenc
que encara avui, sense remei, tot trontolli un segon
quan un amic, amb bona fe, pronuncia el vostre nom.
Però vull pensar que tot va bé i que no enyores aquells temps,
que fins i tot en recordar no saps per què però estàs content
i vas veient coses pel món que t’estan agradant tant
i agraeixes que entre els dos em féssiu créixer amagat.
Amagat en mentidetes, en dubtes emprenyadors,
en cada intuïció fugaç d’una vida millor,
amagat en “som molt joves per tenir res massa clar”,
amagat en “no sé què és, però, nena, no puc respirar”.
Ai, benvolgut, que estrany si un dia et van fer mal
el meu amor, la meva sort, les meves mans
o el meu dit resseguint-li la columna vertebral!”
Apro la porta della mia camera, cigola.
Eva è seduta sul letto che mi aspetta, ha i capelli arruffati e scommetto che sta giocando a Temple Run; appena mi sente entrare, alza lo sguardo di scatto e, impaziente, mi dice: “Ce l’hai?”.
Annuisco.
Beh, diciamo che quando la tua ragazza è incinta il rischio che si svegli alle due di notte e ti obblighi ad andare al McDrive a prendere un McChicken e un Milkshake alla fragola aumenta.
Ma l’ho fatto volentieri.
Anzi, l’ho fatto perché mi ha supplicato e non sono riuscito a resistere a quegli occhi imploranti.
Mi tolgo le scarpe e con un calcio le butto in un angolo, mi siedo sul letto e appoggio la borsa che contiene il tanto agognato cibo di Eva, la quale, con fare leggermente assatanato, prende il panino e lo addenta.
“Buono?” chiedo.
Annuisce soddisfatta: “Sublime direi.”.
Sospiro e le dico: “Prima non abbiamo parlato di una cosa.”.
Mi riferisco al fatto che, a cena, parlando, ho chiesto ad Eva se non fosse il caso di farsi visitare da un dottore, lei mi ha risposto che temeva qualche dottore senza principi morali che non avrebbe rispettato il segreto professionale medico-paziente e così le ho fatto presente che mia zia è un medico e che ha un ambulatorio.
Diciamo che poi ho praticamente trascinato Eva da mia zia contro la sua volontà. Tralascerei l’espressione di mia zia quando le abbiamo detto la notizia: un misto tra felice, sorpresa, preoccupata e rammaricata. Comunque ha giurato che in famiglia non avrebbe detto niente, così ha visitato Eva e, cosa più bella, ci ha fatto sentire il battito del cuore del bambino, del quale dice che potremmo sapere il sesso tra un paio di settimane. È stato strano, avevo i brividi; e comunque a me i brividi di solito venivano solo quando uno stadio di novantamila persone gridava all’unisono il mio nome.
“Di cosa?” chiede con fare innocente, sorseggiando il Milkshake.
Alzo un sopracciglio: “Lo sai.”.
Sospira: “No, Jordi. Io ai miei genitori non lo dico, almeno non ancora. Non sono pronta a dirlo alla mia famiglia, non puoi obbligarmi a farlo. Nemmeno sanno che siamo tornati insieme, pensano che io ti odi, pensano che io sia a dormire da Alicia.”.
Cerco di essere paziente: “Lo sai, vero, che quando deciderai di dirlo e loro sapranno che hai aspettato mesi prima di farlo, non la prenderanno bene?”.
Alza le spalle: “Miei genitori, mio problema.”.
“Sì, peccato che poi quello che tuo padre vorrà uccidere sarò io.” Dico, stizzito.
Eva ridacchia: “Ehi, calma.”.
Sospiro: “Siamo tornati insieme da poche ore e abbiamo già discusso due volte.”.
Sorride: “Sì, però abbiamo anche mangiato cibo cinese, abbiamo cantato a squarciagola in macchina mentre superavi con nonchalance il limite di velocità, abbiamo sentito un piccolo cuore battere.”.
Sorrido: “Sai che quando ti ho conosciuta non eri così?”.
Si sposta i capelli dietro le orecchie: “Si cambia. Sai, quando ti ho conosciuto mi sembravi un cretino narcisista che cercava solo una con cui fare sesso, invece ti sei rivelato tutt’altro.”.
Rido: “Non voglio rinfacciarti niente, però quella che mi è saltata addosso al primo appuntamento sei stata tu!”.
“Scemo!” esclama, tirandomi una cuscinata.
Ridiamo insieme, poi le chiedo: “Ti volevo chiedere anche un’altra cosa…”.
“Dimmi.” Dice spontanea, girandosi a pancia in giù e continuando a bere il Milkshake.
“David?” le domando.
“Sta uscendo con Elena, una dell’altra classe. Javi dice che lo fa per dimenticare me. Comunque Elena è biondina, con le lentiggini, il naso alla francese, lo zaino blu, è carina. Cioè, hai presente quelle ragazze che fanno andare tutto bene?” mi dice.
“In che senso?” chiedo, rammaricato.
“Quelle che sono sempre di buon umore, con cui non litighi mai, quelle che hanno sempre i capelli in ordine e i vestiti accuratamente abbinati agli accessori, quelle che non mangiano per mantenere la linea, quelle che…”.
La interrompo: “Quelle che a me non piacciono.”
Sorride: “Già, dimenticavo che a te piacciono le isteriche che ti insultano perché il negozio è pieno, quelle con i capelli che non stanno mai a posto, quelle con cui litighi sempre.”.
Non capisco come David abbia potuto lasciarla, come abbia potuto farla soffrire in quel modo, quando soffrirei io pur di non far soffrire lei. Non capisco come l’abbia potuta lasciare perché si sentiva soffocare, perché era confuso e si sentiva innamorato di un’altra, non capisco come abbia potuto innamorarsi di un’altra quando aveva Eva.
Le accarezzo lentamente la schiena: “Non hai nemmeno idea di quanto tu mi sia mancata.”.
Si sporge verso di me e mi lascia un leggero bacio sulle labbra: “Tu non hai idea di quanta paura abbia avuto. Paura che tu mi odiassi, paura che tu stessi male come non mai e mi odiavo perché avrei voluto abbracciarti e non potevo.”.
Ho un groppo in gola: “Sai, non sono ancora andato a trovare mio papà al cimitero.”.
“Quando sarai pronto, io verrò con te.” Mi dice.
Appoggia per terra il bicchiere vuoto e la carta del panino, dopodiché si mette tra le mie braccia, sembra così fragile. Così come mi sono sentito io senza di lei, quando crollavo e piangevo, da solo, di notte, per la perdita di mio papà, così come quando pensavo a quanto le persone che amiamo se ne possano andare all’improvviso, senza preavviso, senza che tu faccia in tempo a ringraziarle per quello che hanno fatto per te, quando mi rendevo conto di quanto la vita in un secondo ti può abbandonare, quando realizzavo che non avrei mai voluto avere rimorsi, rimpianti, non avrei mai voluto vivere senza di lei.
Ciao (?)
Allora, prima di tutto, mi devo scusare per aver fatto passare secoli dal mio ultimo aggiornamento. Ma è stato un mese intenso. Mi è successo di tutto, e con ‘di tutto’ intendo tante cose, alcune meravigliose, che aspettavo da troppo tempo, e altre brutte, che non avrei mai voluto che succedessero, le quali sto ancora cercando di assimilare (?) diciamo che questo mese è stato un po’ come le montagne russe e spero che non mi odiate per non aver postato.
Poi, venendo al capitolo, le cose vanno bene, è quasi tutto rose e fiori, diciamo che loro sono molto molto meno sfigati di me, lol spero che vi sia piaciuto e vi dico anche che ho già scritto metà del prossimo e che non tarderà ad arrivare :)
Vi metto anche la traduzione del pezzo di canzone che ho scritto all’inizio, è una canzone di una band catalana (che probabilmente solo io conosco, lol) e il cantante l’ha scritta per l’ex fidanzato della sua ragazza; è una delle mie canzoni preferite :)
“E che male ha dovuto fare
Lo immagino -o ci provo- e ti assicuro che capisco che ancora
oggi, irrimediabilmente, per un attimo tutto trema quando un
amico, in buona fede, pronuncia il vostro nome.
Ma spero che ti vada tutto bene e che non ti manchino quei tempi,
che addirittura ricordandoli, non sai perché, tu sia contento.
Spero che tu stia vedendo cose in giro per il mondo, che ti stiano piacendo tanto,
e che stia ringraziando il cielo di avermi fatto rimanere nascosto per tutto questo tempo.
Nascosto in piccole bugie, in odiosi dubbi,
in ogni intuizione fugace di una possibile vita migliore,
nascosto in “siamo troppo giovani per avere tutto chiaro”,
o nascosto in “non so cos'è, piccola, ma mi sento soffocare”.
Oh, caro mio, che strano se un giorno ti dovessero far male il mio amore,
la mia fortuna o le mie mani. Oppure il mio dito che scorre sulla sua schiena.”
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