Amnesia.

di youweretrouble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Can I dream him again? ***
Capitolo 2: *** 2. Don't you remember? ***
Capitolo 3: *** 3. I can show you it. ***
Capitolo 4: *** 4. This drawing can speak. ***
Capitolo 5: *** 5. A simply summer afternoon. ***
Capitolo 6: *** 6. Who are you? ***



Capitolo 1
*** 1. Can I dream him again? ***


Grace's pov.


 

-Ti amo Grace.-

I miei occhi si riempirono di lacrime, il mio corpo cedette al suono di quelle parole. Lui mi strinse a se, forse per evitare che cadessi, o forse perché aveva bisogno di sentire il suo corpo pulsare contro il mio.
I nostri petti erano così vicini, tanto che entrambi ci accorgemmo che il battito dei nostri cuori era irregolare.
Ci siamo cascati entrambi, ci siamo innamorati.
Ci siamo innamorati l'un l'altro di un qualcosa che la distanza avrebbe trasformato in un ricordo.
Si allontanò per un momento prendendomi il viso tra le mani. Lo guardai.
I suoi occhi brillavano, tanto che riuscii a vedere il riflesso del mio volto nelle sue pupille.
Le lacrime avevano rigato il mio viso, lasciando delle linee grigiastre, probabilmente dovute al trucco che avevo messo in precedenza.
Deglutii.
-Ti amo anch'io, più di qualsiasi altra cosa al mondo-”


Aprii gli occhi e fissai quella luce fioca che il dottore mi puntava sul viso da almeno 7 minuti.

'E' solo un sogno, idiota' un sogno che però mi turbava parecchio, o forse a turbarmi era il fatto che non sapessi interpretarlo.
-Stai tranquilla, andrà tutto bene.- continuava a ripetermi l'infermiera.
Sbuffai incrociando le braccia al petto, esausta ormai di sentirmi ripetere sempre le stesse cose.
-Hai avuto un incidente, ricordi niente?- mi chiese il dottore portando al petto i suoi occhiali, agganciati ad un filo che contornava il suo collo.
-Uhm, non proprio.- aggrottai la fronte.
-Proprio quello che temevo.- commentò il dottore voltandosi.
Notai l'espressione disperata della donna dietro di lui e gli occhi spalancati dell'uomo affianco a lei che le stringeva affettuosamente la mano. Il loro respiro si fece sempre più veloce, notai i loro petti alzarsi ed abbassarsi, fino a quando la donna non si fece sfuggire una lacrima.
L'infermiera bisbigliò qualcosa al dottore che io non capii.
-Potete uscire dalla stanza, per favore?- chiese il dottore a quella che sembrava una coppia sposata. -La ragazza ha bisogno di riposare.- continuò.
Nel frattempo l'infermiera insisteva nel ripetermi di stare tranquilla, ma erano quelle parole ad innervosirmi; se non le avesse ripetute così frequentemente, probabilmente avrei seguito il suo consiglio.
Fissai la coppia che uscì, voltandosi un paio di volte, prima che la porta si chiuse alle loro spalle.
-Riesci a ricordare come ti chiami e quanti anni hai?- riportai i miei occhi su quelli del dottore e lo guardai perplessa.
-Grace, mi chiamo Grace.- boccheggiai per prendere un po' d'aria -Ed ho sedici anni, signore.-
-E ricordi in che città siamo?- aprii la bocca per rispondere quando realizzai che non ricordavo in che città fossimo.
-Ed i tuoi genitori? I tuoi amici?- intervenne l'infermiera accarezzandomi un braccio, come se quel suo gesto potesse aiutarmi a ricordare.
Sfregai le mani l'una contro l'altra, i miei palmi iniziarono a bagnarsi dal sudore. Sentivo il cuore pulsarmi in testa.
-Per favore smettetela, non ricordo nulla.- scoppiai in un pianto isterico, non riuscii a reggere tutte le emozioni che stavo provando in quel momento.
Portai le mani sul viso cercando di recuperare le lacrime che rigavano le mie guance arrossate.
-Hai avuto un incidente due giorni fa, hai sbattuto la testa e..- sospirò -e temo che questo brutto episodio ti abbia causato un'amnesia transitoria.-
Rabbrividii al suono di quelle parole.
-Quanto durerà tutto questo?- tirai su con il naso e premetti con forza le labbra l'una contro l'altra, tanto che diventarono una linea.
-Purtroppo questo non so dirtelo dolcezza, ma posso assicurarti che starai molto meglio quando il tutto finirà.-
Non risposi.

Sia il dottore che l'infermiera uscirono dalla stanza per concedermi qualche ora da sola.

Posai la mia testa sul cuscino e fissai per circa un'ora il soffitto bianco di quella stanza. Mi sforzai di ricordare qualcosa ma ogni mio tentativo falliva. Le uniche cose che ricordavo erano il mio nome e la mia data di nascita, il resto mi era oscuro.
Come se qualcuno avesse bucato quel palloncino, deposto nel mio cervello, che conteneva tutta la mia vita, tutti i miei ricordi, migliori e peggiori.
Sentivo che quel palloncinsi stava sgonfiando mano a mano.


La donna che poche ore prima sedeva su di una sedia alla fine del letto, entrò di nuovo nella stanza e si sedette esattamente dov'era prima. 

Sentivo il suo sguardo cavarmi gli occhi e i suoi singhiozzi pomparmi le orecchie.
-Grace..- la sua voce interruppe il fastidioso silenzio che ci divideva -come puoi non ricordarti di tua madre?- Il battito del mio cuore accelerava e il mio respiro si faceva affannoso.
L'infermiera prese bruscamente il braccio sinistro di quella donna che diceva essere mia madre e la trascinò fuori dalla stanza.
Guardai la porta chiudersi.

'Come puoi non ricordarti di tua madre?'

Mi ghiacciai ripensando a quelle parole.
Ingoiai il groppo di saliva che mi si era formato in gola e sbuffai.
Cercai di pensare ad altro.
Sapevo che se avessi continuato a pensare a mia madre mi sarei fatta del male psicologico, ma puntualmente il mio cervello mi portava alle sue parole, alla sua espressione fissa sulla mia.
Era l'unico ricordo che avevo fin'ora, non volevo perdere anche quello. O forse non era l'unico.
Mi tornò in mente il sogno che avevo fatto qualche ora prima, un sogno che mi aveva lasciata perplessa.
Nel ricordarlo mi vennero le farfalle allo stomaco.
Ripensai al ragazzo, alle sue parole, alle mie lacrime, al nostro abbraccio.
Chiesi all'infermiera di portarmi dei fogli e delle matite colorate, quel sogno sarebbe diventato molto più di un sogno, sarebbe diventato un ricordo, il mio secondo ricordo da quando avevo perso la memoria.
Mi addormentai di nuovo, con la speranza di riprenderlo e non svegliarmi più.

 

 



Ciao a tutti:)
Questa è la mia prima storia che pubblico su efp.
In questo primo capitolo Justin non è presente direttamente ma forse lo è indirettamente.. uhm vi lascio immaginare ;)
Spero con tutto il cuore che queste poche righe vi incuriosiscano, tanto da lasciare qualche recensione. 
 

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Capitolo 2
*** 2. Don't you remember? ***


Al mio risveglio realizzai che mi avevano spostata in un'altra stanza, una stanza decisamente più bella ed accogliente.
Le sue pareti color pesca la riscaldavano, le sue tende addobbate a fantasia la rallegravano.
Girai poco la testa e notai alla mia sinistra un cesto che teneva al suo interno ogni tipo di peluche. Accanto al cesto c'erano dei fiori e dei cioccolatini.
Allungai il braccio e presi la scatola dei cioccolatini, la scartai e ne mangiai alcuni.
Nel frattempo qualcuno bussò alla porta.
-Avanti!- gridai.
-Oh scusa tesoro, stavi forse dormendo?-
A giudicare dall'abbigliamento uguale a quello del giorno precedente, ai capelli scompigliati e alla faccia pallida realizzai che mia madre fosse rimasta tutta la notte in ospedale.
Pareva molto più calma del giorno prima, il che era un sollievo per me.
Scossi la testa riformulando nella mia mente la sua domanda.
Non esitò ad avvicinarsi e a stringermi tra le sue braccia che parevano fragili e piccole.
-Mi dispiace per ieri, non avrei dovuto reagire in quel modo.- sussurrò poco distante dal mio orecchio.
-E' tutto apposto.- le sorrisi rompendo l'abbraccio e baciandole una guancia.
Lei strinse la mia mano solleticandone le nocche.

I suoi occhi grandi e azzurri erano fissi sui miei. Le ciocche dei suoi capelli erano in gran parte sistemate dietro l'orecchio sinistro, fatta eccezione della frangia che le cadeva a pennello sulla fronte.
Le sue labbra screpolate, offuscavano i residui di quel che pareva essere un rossetto rosso.
La sua postura goffa nascondeva il resto della stanza dalla mia visuale.
Sembrava spaventata o forse perplessa.

-Ti va di fare colazione?- la sua domanda interruppe i miei pensieri.

La mia bocca assunse una forma ovale, stavo per rispondere, ma fu il mio stomaco a parlare.
Scoppiammo in una risata.

-Lo prendo per un sì.-

Passai gran parte della giornata leggendo uno dei tanti libri che mi avevano regalato nei miei quattro giorni di permanenza in ospedale.

Un thriller.
Imprecai non appena arrivai all'ultima pagina, ma imprecai ancor di più nel momento in cui qualcuno interruppe la mia lettura bussando alla porta.
Pochi secondi dopo una grande e possente mano, la spinse cautamente in avanti.
Una figura maschile si intravedeva sul ciglio della porta.
Spostai il busto in avanti e inclinai la testa, cercando di focalizzare la sua immagine.
Chiuse la porta alle sue spalle rivolgendomi un sorriso timido, quasi forzato.
Il suo volto non mi era noto.
Era un ragazzo che sembrasse avere la mia età.
Biondo ma non troppo. Alto ma non troppo. Magro, fin troppo magro.
I suoi occhi nocciola contornati di nero, le sue sopracciglia folte e scure e le sue labbra rosse definivano la delicatezza del suo viso.
Il suo aspetto, pur se troppo magro, sosteneva un corpo atletico e delle braccia robuste.
I nostri sguardi si incrociarono e lui si schiarii la voce.

-Grace?- aggrottò la fronte -Stai bene?- continuò la domanda avvicinandosi con cautela, sembrava quasi spaventato.
-Sì, sto bene..- la mia voce si fece più debole.

Il ragazzo portò una mano tra i capelli, spettinandoli.

-So che ti stai impegnando per ricomporre tutti i pezzi della tua vita, sbaglio?-  
-Non sbagli..- scossi la testa per poi tornare a guardarlo -sto facendo progressi.- sorrisi a me stessa.
Il ragazzo fece per parlare ma io lo interruppi.

-No, non ho idea di chi tua sia, scusami.- le mie guance arrossirono e io distolsi lo sguardo, portandolo sulla copertina del libro che avevo posato qualche istante prima sulle mie gambe.
Mi sorrise anche se non io riuscii a notarlo.
Allungò una mano sotto il mio mento alzandolo, incoraggiandomi a guardarlo negli occhi.
-Va tutto bene, non pretendo che tu ricorda.- allontanò la mano dal mio viso per posarla sulla mia mano.
Guardò l'esatto punto che mi soffermai fissare io pochi secondi prima. Notò il libro che stringevo tra le mani.
-Lo stai leggendo?- il ragazzo aggrottò la fronte e alzò un sopracciglio, il suo viso assunse un'aria interrogativa.
Si fece sfuggire un sorriso non appena io annuii.

-Mi piace davvero tanto, ho quasi finito di leggerlo.- portai il libro al petto e lo strinsi, come se fosse la cosa più preziosa che avessi. Lo era, dal momento in cui non ricordassi di possedere altro.
Si fece sfuggire una risata.
-Uhm, mi hai già detto il tuo nome?- alzai lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono di nuovo.
-In realtà no..- si inumidii le labbra -sono Justin.-
Allungò la mano in attesa di una stretta da parte mia ma io scossi la testa.
-E se ti conoscessi già? Che senso avrebbe stringersi la mano?- feci spallucce.
Justin portò immediatamente la mano dietro al collo, strofinandolo con le nocche.
-Questo vuol dire che ti conosco?- continuai spostando il busto in avanti.
-So dove vuoi arrivare.- un ghigno fuoriuscì dalle sue labbra.
Sì avvicinò al mio viso, quasi all'altezza del mio orecchio.
-Non posso dirtelo.- bisbigliò.
Il suo respiro caldo mi fece rabbrividire.
Riportai il busto all'indietro incrociando le braccia poco sopra al petto.
Il mio labbro inferiore scivolò in avanti trasformandosi in un broncio.
-Non posso mica ricordare tutto da sola.- sbuffai.
-Magari la prossima volta ti accennerò qualcos'altro, fino ad allora dovrai sforzati da sola.- mi puntò l'indice contro il petto.

-Lo prometti?- gli porsi la mia mano chiusa, lasciando fuoriuscire il mignolo.
Lui ricompose il suo indice nel grande pugno che fasciava la sua mano e fece fuoriuscire anche lui il mignolo.

-Lo prometto.-

 


 

Ho postato finalmente il secondo capitolo :)
Che ve ne pare?
A breve posterò il terzo, grazie per le visualizzazioni, ma ammetto che qualche recensione mi farebbe piacere lol

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Capitolo 3
*** 3. I can show you it. ***


Mi guardai allo specchio un'ultima volta e sospirai.
L'immagine che vedevo riflessa in esso non era una delle mie preferite.
Il vestito che indossavo era un vestito blu senza spalline, che fasciava il mio seno per poi cadere morbido sul resto del corpo.
Le mie spalle scoperte evidenziavano la clavicola. Il tessuto che stringeva il seno, lo accentuava. Le mie gambe magre erano in parte coperte dal vestito che arrivava fino al ginocchio.
Realizzai che purtroppo continuare a squadrarmi, non avrebbe trasformato il mio corpo minuto in un corpo formoso.

-Grace hai finito?- la voce squillante di mia madre mi fece rassegnare all'idea.

Uscii dal bagno e mi precipitai nella stanza dove i miei genitori mi stavano aspettando.
Mi fermai a pochi metri distante da loro e girai su me stessa lentamente.
I miei stavano seduti sul mio letto, mio padre a braccia conserte e mia madre a gambe incrociate.
Mi guardavano, mi studiavano nei minimi dettagli.
-Sei dimagrita un sacco..- commentò mio padre.
Mia madre gli diede una gomitata sul braccio, quasi per rimproverarlo. Intervenne subito dopo.
-Ma sei sempre bellissima.- un vasto sorriso si formò sulle sue labbra.
-Papà ha ragione.- sbuffai.
A quel punto lui si alzò e mi tese la mano. 
-Li recupererai la prossima settimana tesoro, insieme ai tuoi ricordi, ne sono sicuro.-
Il sorriso che poco prima segnò il viso di mia madre, presto fece spazio anche sul mio volto.
A quel punto gliela strinsi, scaraventandomi su di lui.
Il suo grande corpo mi faceva sentire al sicuro, mi faceva sentire a casa, mi faceva dimenticare tutto ciò per cui mi stavo preoccupando quale istante prima.


Mangiai l'ultimo pezzo di pollo che era rimasto sul piatto un po' forzata, non avevo molta fame ma volevo riacquistare tutti i kg che avevo perso.

-Ho finito Mrs Cooper.- mi portai le mani allo stomaco quasi per timore che potesse esplodere.
-Sei stata brava.- commentò lei -Tanto brava che ti concederò la visita di qualcuno.-
Inarcai un sopracciglio guardandola perplessa quando una figura maschile oltrepassò la porta.
Sorrisi quando realizzai chi fosse.
-Grazie Allie, ci penso io qui.- Justin fece di sfuggita l'occhiolino all'infermiera e si sedette di fianco a me, sull letto, aspettando che se ne andasse.
-A domani Mrs Cooper- le feci cenno con la mano prima che la porta alle sue spalle si chiudesse.

I nostri sguardi si incrociarono ed entrambi sorridemmo alla vista dell'altro.
-Come stai?- mi chiese mordendosi il labbro inferiore.
-Abbastanza bene.- estesi il mio sorriso quando realizzai che si stava interessando al mio stato d'animo, di nuovo, nonostante io non avessi la minima idea di chi lui poteva essere per me.
-Mi piace vederti così sorridente nonostante tutto..- sospirò -ti ammiro per il tuo coraggio.-
I suoi occhi smisero di guardare i miei, si concentrarono su qualcos'altro.
Guardai nella direzione che stava fissando, e notai che i suoi occhi erano intenti a studiare il mio disegno deposto sul tavolino pochi giorni prima.
Allungò un braccio e lo prese. Posò il pollice sul bordo della parte avanti e lo premette con l'indice dall'altra parte del foglio.
Sorrisi a me stessa, ricordando quel sogno che mi aveva spinto a disegnarlo.
-E' incompleto.- commentò Justin indicando il foglio. 
-Lo so, se avessi ispirazione, lo completerei.-  continuai io.
-Cosa manca?-
-Il ragazzo.- mi inumidii le labbra.
-Vedi, qui è disegnata una ragazza immersa nella disperazione.. -spiegai -E' disperata perché il suo ragazzo l'ha lasciata.- Justin guardò attentamente ogni tratto che gli indicai.
-E perché l'ha lasciata?- i suoi occhi tornarono sui miei, sembravano delusi dalla mia risposta, forse si aspettavano un disegno più allegro.
-Non l'ha fatto di proposito, è stata la solita stronza a rovinare tutto.- sospirai.
Justin annuii, sembrava immedesimarsi del disegno.

-La troi.. volevo dire la poco di buono..- le mie guance arrossirono e mi rimproverai silenziosamente per averlo detto -in questo caso è una metafora. La vera ragione per cui si sono lasciati è la distanza.-

Non rispose.

Strofinò semplicemente il suo mento con il pollice e l'indice mentre continuava a fissare il disegno.
-E perché non hai ancora disegnato il ragazzo?- sbottò qualche secondo dopo, interropendo quindi il silenzio.
-Perché non so che volto attribuirgli.- spiegai.
-Beh, sarei onorato se quel ragazzo fossi io.-

Quello che sembrava fosse un ghigno si trasformò in un sorriso.
Aspettò una mia risposta, ma tutto ciò che feci fu arrossire.
Una forma di imbarazzo prevaleva in me.
In fondo sapevo poco e niente di lui, perché l'idea di doverlo raffigurare in un disegno mi imbarazzava così tanto?
Avrei potuto comportarmi come un'artista di strada che, per raccimolare un po' di soldi, si mette a fare i ritratti di chiunque incontri.
Eppure quando guardi il ritratto di una persona, sembra quasi racconti di lei interiormente, nonostante chi è stato a disegnarla il più delle volte non la conosca.

Io sapevo quanto fosse dolce il ragazzo del sogno, sapevo quanto fosse bello dentro, ma avrei dovuto attribuirgli un volto. Ed era questo ad imbarazzarmi, attribuirgli il volto di Justin.
Forse perché ero consapevole del fatto che la ragazza che avevo disegnato in precedenza, proprio accanto al ragazzo, fossi io.

Improvvisamente lui si mosse davanti a me e ripose il disegno dove l'aveva trovato.
-Magari domani, ora c'è poca luce ed è abbastanza tar..- 
- A te cosa piace fare nel tempo libero?- sbottai senza neanche lasciarlo finire la frase -Insomma tu mi hai vista.. sai che leggo molto, disegno e probabilmente se mi conosci sai cosa cos'altro mi piace.. ma io non so ancora nulla di te.- 
Mi sentivo in diritto di chiedergli quante più cose volessi sapere, dal momento che non ricordavo nulla di lui.
-Uhm..- si portò una mano sulla sua chioma bionda avvolgendo alcuni ciuffi tra le sue dita.
-Andiamo, me l'hai promesso!- lo supplicai quasi.
-Non posso dirtelo.- la mia bocca si spalancò al suono di quelle parole.
-Ma posso mostrartelo.- continuò prima che potessi fraintenderle.
Si allontanò per un istante, varcando la soglia della porta.
Aspettai qualche secondo picchiettando la mano sulla mia gamba, quando lo vidi rientrare con una chitarra in mano.
Feci per parlare ma il suono delle corde mi interruppe.
La strimpellò per un po' per poi posizionarsela meglio sulla gamba sinistra. Tirò fuori un plettro dalla sua tasca prima di riattaccare a suonare.
Il suo piede ticchettava sul pavimento a ritmo della canzone, I suoi occhi erano socchiusi e completamente immersi nel suono che la chitarra emetteva.
Rimasi ad ascoltare quella dolce sinfonia ad occhi chiusi.
Dopo qualche istant il suono della sua chitarra venne accompagnato da una voce angelica.
Una voce che continuava a ripetere quello che sembrava essere il titolo della canzone.

“As long as you love me


 


Allora? Vi piace?
Recensite vi prego çwç

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Capitolo 4
*** 4. This drawing can speak. ***


Justin aveva lasciato che mi addormentassi con quella canzone di sottofondo.
Al mio risveglio non potevo fare a meno di canticchiarla.

Erano appena le sette quando i miei occhi affrontarono la luce intensa del mattino che fuoriusciva a spicchi dalle tapparelle non del tutto abbassate.
Era talmente presto che le uniche voci che riuscivo a percepire erano quelle degli uccellini.
Fissai l'orologio più volte e sbuffai non appena mi accorsi che più lo guardavo, più il tempo non passava.

Tirai giù le lenzuola bianche che pochi secondi prima tenevano al caldo il mio corpo e mi sedetti sul letto, posando i miei piedi nudi sulle mattonelle fredde.
Mi alzai cautamente e mi diressi verso la porta. La aprii.
Inclinai la testa ed esaminai il corridoio che sembrava essere vuoto.
Mi diressi verso la scrivania che giaceva alla fine di quel corridoio. Di solito c'era sempre qualcuno dall'altra parte del legno, seduto davanti al computer a sbrigare il proprio lavoro, ma era troppo presto anche per quello.
Fu una cartella con su scritto il mio nome ad attirare la mia attenzione.

Grace Stuart, nata il 13 settembre 1996 a Vancouver.”

La aprii in preda alla curiosità ma feci in tempo solo a leggere le prime due parole, prima che qualcuno alle mie spalle la estrasse dalle mie mani. Deglutii.
Stavo immobile, con le braccia in avanti e i pugni chiusi. Non riuscivo a muovermi da quella posizione, non volevo affrontare la figura a pochi centimetri dietro di me.

-Non dovresti essere qui.- Una mano strinse il mio avambraccio voltandolo, insieme al resto del mio corpo.
Un respiro di sollievo fece spazio tra le mie labbra non appena riconobbi i suoi occhi nocciola: era solo Justin.
-Ridammela!- mi liberai dalla sua stretta -Ho bisogno di sapere cosa c'è dentro.- continuai.
Justin distese il suo braccio sopra le nostre teste.
Mi misi sulle punte cercando di recuperare quel foglio, ma la sua altezza predominava su di me.
Si fece sfuggire una risata, sembrava divertito nel vedermi saltellare intenta a recuperare quel che mi apparteneva.
-Andiamo piccola, puoi farcela!- la sua presa in giro mi incoraggiò a saltare più in alto, tant'è che gli sfiorai la mano.
Delle voci poco distanti da noi misero fine al nostro gioco, riportandoci alla realtà.
Justin depositò la cartella dove l'avevo trovata. Allungai un braccio per riprenderla ma fu lui a prendere me.
Il mio stomaco si posò sulla sua spalla sinistra, le mie mani gli afferrarono la maglietta mentre le mie gambe erano state fermate dalle sue mani che le stringevano al suo petto.
-Lasciami andare!- borbottai.
Justin non badò alle mie parole e si precipitò nella mia stanza, dove mi lasciò andare solo dopo essersi assicurato che nessuno ci avesse visto o sentito.

-Cosa cazzo pensavi di fare?- I suoi occhi fissi sui miei non sembravano per niente contenti di quel che avevo appena fatto.
-Cosa ci fai qui? Credevo fossi tornato a casa ieri sera.- cambiai argomento nella speranza che il suo rimprovero cessasse.
Un lungo sospiro fuoriuscì dalla sua bocca mentre premette il pollice e l'indice sulle tempie.
-No, sono rimasto qui.-
-Perché?-
-Perché i tuoi genitori non possono venire oggi e mi hanno chiesto di non lasciarti da sola.- terminò la risposta con quell'ultima frase e riprese quel pretesto che avevamo lasciato in sospeso.
-Non puoi uscire dalla stanza quando e come vuoi.- mi spiegò.
Rimasi immobile a fissarlo con le braccia che mi scendevano lungo i fianchi.

-Sei arrabbiato?- la mia voce tremò nel formulare quella domanda e Justin se ne accorse.
Si avvicinò a passo lento fermandosi di fronte a me.
Posò la mano sinistra sulla mia spalla, mentre la destra mi sfiorava la guancia con le dita.
Scosse la testa. -Non sono arrabbiato, ma non voglio che tu lo faccia più, intesi?- lo sguardo che pochi minuti prima ardeva dalla rabbia diventò più tranquillo. La sua bocca si stringeva in una linea dritta che diventò curva non appena io annuii.

-Non mi risulta che io abbia un neo vicino alla bocca!- le sue dita sfiorarono la guancia in cerca di quel neo che avevo aggiunto al ragazzo nel disegno.
Sprofondai in una rigorosa risata non appena si accorse dopo diciotto anni di averne uno nell'esatto punto in cui io l'avevo disegnato.
-Ho finito comunque.- commentai alzando il foglio davanti a noi.
Lo ammirammo, ed entrambi sembravamo soddisfatti.
Io per averlo realizzato, Justin per aver contribuito.

-E' bellissimo.- commentò-Questo disegno sa parlare, sai?- continuò.
La mia faccia assunse uno sguardo interrogativo, mi girai per guardarlo quando mi accorsi che lui lo stava già facendo.
-Cioè?- aggrottai la fronte.
-Cioè ci dice tante cose sulla tua personalità, non credi?-
Mi soffermai a pensare alle sue ultime parole.
Finalmente riuscivo a capire perché Justin non volesse accennarmi nulla della mia vita.
In fondo io avevo tutto il 'materiale' necessario per studiarla, ma erano più le volte che mi soffermavo a domandargli di me, che le volte in cui riflettevo su di me.
Mi venne istintivo abbracciarlo.
Mi stava aiutando a superare tutto questo e chiunque lui fosse per me prima che io perdessi la memoria, ero sicura che c'era sempre stato, in un modo o nell'altro.
Il nostro abbraccio si interruppe e lui mi sorrise.

-Ti andrebbe un gelato?- le fossette apparvero non appena estese il suo sorriso.
-Un gelato? Dove?- i miei occhi si spalancarono al suono di quelle parole.
-C'è un chiosco qui vicino. Uscire ti farà bene.- 


 


E secondi voi Justin ha ragione? Uscire le farà bene?
Commentate e scrivetemi cosa ne pensate.

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Capitolo 5
*** 5. A simply summer afternoon. ***


-Ti andrebbe un gelato?- le fossette apparvero non appena estese il suo sorriso.
-Un gelato? Dove?- i miei occhi si spalancarono al suono di quelle parole.
-C'è un chiosco qui vicino. Uscire ti farà bene.-


Pochi minuti dopo ci ritrovammo fuori da quell'edificio bianco di cui io ero prigioniera.

Varcata la soglia della porta principale, mi sentii quasi un carcerato in fuga.
Sospirai profondamente non appena sentii l'aria estiva solleticarmi le guance.
Justin mi afferrò la mano e ci precipitammo dall'altra parte della strada, dove si trovava il chiosco di cui mi aveva accennato qualche istante prima.
Ci sedemmo intorno ad un tavolino in legno ed aspettammo che qualcuno venisse a prendere le nostre ordinazioni.

Una ragazza sulla trentina, alta e bionda, saldò i piedi di fronte a noi con un blocchetto ed una biro tra le mani.

-Due gelati con coppa media, per favore.- Justin si inumidii le labbra prima di continuare -Io prendo panna, fragola e lampone- i suoi occhi erano fissi sul foglio in plastica che ci divideva, togliendoci la visuale l'uno dell'altro.
-E tu?- mi domandò inclinando la testa.
I suoi occhioni nocciola si intravidero da dietro il menù, dalle fosse che vi si erano formate in entrambi i lati, capii che mi stava sorridendo.
-Uhm, fragola e vaniglia andranno bene.-
La ragazza prese gli ordini e si precipitò al bancone.

Justin spostò il menù sul ciglio del tavolino per poi ricomporsi sulla sedia.
Entrambi ci scambiammo occhiate d'imbarazzo, o forse erano solo le mie ad esserlo.
Misi d'istinto una mano sulla fronte, coprendo gli occhi dalla sua visuale, impedendo così anche la mia.
Sentii Justin ridacchiare.
-Vorrà dire che fisserò le tue guance arrossate tuuuutto il tempo.- commentò.
-Cc-osa?- balbettai appena.
-Sei rossa dall'imbarazzo.- un ghigno fuoriuscì dalle sue labbra.
Spostai le mie mani dagli occhi alle guance che Justin fissava divertito. Le testai e notai che bollivano dall'imbarazzo, ma mi autoconvinsi che fosse il caldo a farle bollire.
-Non è vero, non sono imbarazzata.- protestai.
-Scommetto che se giocassimo a chi distoglie prima lo sguardo, perderesti.-
Alle sue parole mi ricomposi istintivamente sulla sedia portando i miei occhi sui suoi, suggerendo un inizio a quel gioco.

-Andiamo piccola, hai già perso se mi guardi così.- e con quell'ultima frase, inchiodò il suo sguardo sul mio.

Sembrava compiaciuto.
Compiaciuto di qualcosa che sapeva di aver già vinto.
Mi morsi il labbro inferiore più volte, cercando di controllare il battito irregolare del mio cuore.
Le sue labbra erano serrate l'una contro l'altra, cercando di trattenere un sorriso che voleva da tempo fuoriuscire.

Deglutii.

-Ecco le vostre ordinazioni.- fortunatamente la cameriera interruppe il nostro gioco.
Justin pagò il conto con tanto di mancia.
Fissai ogni passo della ragazza che tornò dietro al bancone, quando mi accorsi che Justin mi stava ancora guardando.
-Hai perso!- esclamò puntando l'indice contro di me.
-Che? Non è vero! Non barare!- protestai.
-Non sto barando, hai distolto lo sguardo, l'hai fatto apposta!-
Sbuffai, incrociando le braccia al petto.
-Stavo solo scherzando, puoi mangiare tranquilla.- commentò subito dopo.

Finii il gelato qualche minuto prima di Justin. Ne ero così desiderosa che, se solo avessi potuto, avrei assaggiato tutti i gusti che quel chiosco proponeva.
Guardai Justin portarsi la lingua sulle labbra, assaporando l'ultima goccia rimasta intrappolata in un angolo della bocca.


Justin's pov


Sospirai compiaciuto non appena finii di gustare quel delizioso gelato.
-Erano mesi che non ne mangiavo uno.- commentai portando le braccia dietro alla nuca.
-Uhm, quindi non sei abituato a prendere il gelato nei pomeriggi d'estate?- mi chiese Grace con sguardo interrogativo.

La sua domanda mi portò indietro nel tempo, tanti ricordi si fecero spazio tra i miei pensieri.
Ricordai i pomeriggi estivi che passavo con il nonno al parco ,e ai gelati che mi prometteva a condizione che gli avessi cantato per la milionesima volta la sua canzone preferita.
Sorrisi a me stesso, immerso nei miei ricordi, quando mi accorsi che Grace stava ancora aspettando una mia risposta.
Feci un respiro profondo prima di parlare.

-Certo che sì, è solo che è da un po' che non succedeva di nuovo.- mi alzai istintivamente dalla sedia, ricomponendo la maglietta che si era sollevata rispetto a prima che mi sedessi.
-Sai, non penso che il tuo problema sia quella maglia..- Grace ridacchiò, indicando i miei pantaloni, appoggiati poco sotto il sedere.
-E meno male che porti anche la cintura, sennò sai che spettacolo!- continuò Grace immersa nelle sue risa.
-Uno spettacolo che scommetto ti sarebbe piaciuto vedere.-

Non rispose.

Notai le sue guance arrossare e mi morsi istintivamente il labbro compiaciuto.
Grace si schiarì la voce.
-Andiamo?-
-Certo.- la raggiunsi e camminammo insieme verso l'uscita.


Delle voci in lontananza attirarono la mia attenzione.
Prima di attraversare la strada, mi voltai.
Aggrottai la fronte confuso da quello che vedevo. Focalizzai meglio l'immagine davanti a me posando una mano sopra le sopracciglia, nascondendo il sole dalla mia visuale.
Mi accorsi poco dopo delle decine di ragazze che urlavano il mio nome in preda all'emozione. Deglutii.


 


 

Heilà, come va? Io sono un po' giù di morale, ho nostalgia del 23 çwç
E' stato tutto così bello, avrei voluto durasse per sempre ma purtroppo non è stato così.. perciò eccomi qui.
Spero che questo capitolo vi piaccia e, come al solito, RECEENSIITE :*

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Capitolo 6
*** 6. Who are you? ***


'Oh cazzo, le beliebers non facevano parte dell'accordo.'

 

Scossi la testa guardando nella loro direzione, sperando capissero che non fosse un buon momento, ma fu come se agitando la testa avessi attirato la loro attenzione il doppio di quanto stavo già facendo.
I loro passi si fecero sempre più veloci e intuii che starmene con i piedi saldati a terra, non avrebbe risolto la situazione.
Afferrai istintivamente la mano di Grace e la pregai di seguirmi. Se l'avessi pregata di correre, si sarebbe accorta che qualcosa non andava.
Ciononostante la mia camminata era comunque più veloce rispetto a quella di Grace, tant'è che lei era a qualche centimetro dietro di me. La stretta di mano era l'unico contatto fisico che mi permetteva di farle capire che doveva starmi il più vicino possibile.

-Justin..-mormorò grace-l'ospedale è dall'altra parte.- continuò.
-Lo s-so- balbettai.
-Sono due minuti che ci giri intorno, pensavo non te ne fossi accorto..-
Mi voltai per guardarla ma i miei occhi si posarono su altro. Due grandi figure si nascondevano a pochi metri dietro di noi.
Pestai un piede contro l'asfalto e mi maledii in silenzio.
Come avevo potuto portare fuori Grace senza prima assicurarmi che la stampa o i fans fossero in agguato? Stavo rovinando tutto.

Grace si voltò, guardando nella mia stessa direzione.
Portò le mani alla bocca, prima che potesse spalancarla.
In pochi secondi, fummo circondati.
La paura si impadronì del corpo di Grace, e me ne accorsi quando la vidi irrigidirsi.
Si voltò improvvisamente verso di me, cercando di formulare una frase di senso compiuto.

-Chi sei?-

I suoi occhi erano fissi sui miei. Brillavano.
Forse dalla troppa luce, o forse dalle lacrime che stava trattenendo.
Uno dei paparazzi nascosti tra la folla intervenne.

-Justin Bieber, lui è Justin Bieber!-

Portai Grace tra le mie braccia, proteggendola dai numerosi flash che continuavano a puntarci addosso.
Il suo viso si fiondò nel mio petto senza pensarci due volte, le sue mani strinsero il tessuto che le impediva il contatto con il mio corpo.
Sapevo avrebbe preferito scappare e starmi lontano il più possibile ma, in circostanze come quelle, mischiarsi nella calca di paparazzi sarebbe stato l'ultimo desiderio di chiunque.
Portai avanti i nostri corpi, proponendo a quello di Grace di seguire i miei stessi passi.
Spinsi la folla sparpagliandola da un lato e dall'altro, cercando di formare dello spazio intorno a noi.
Pochi secondi dopo ci ritrovammo a correre per raggiungere l'altra parte della strada, dove si trovava l'edificio.
I sensori dell'entrata principale dell'ospedale si accorsero della nostra presenza, così che le porte si aprirono in automatico.
Ci rifugiammo dentro una stanza il cui cartello appeso alla porta diceva “solo il personale”.
Chiusi la porta alle nostre spalle e, noncurante degli occhi che Grace teneva fissi su di me, gli diedi le spalle mentre posavo le mani sulle gambe ponendo tutto il peso del mio corpo su esse. Il mio battito irregolare mi spingeva a deglutire spesso per prendere fiato.

Pochi istanti dopo alzai lo sguardo per un momento e vidi Grace accasciata per terra, con le gambe al petto e le braccia avvolte intorno le ginocchia. Quella posizione non mi permise di guardarla in faccia.
Presi coraggio e cercai di formulare una frase che avesse più senso possibile.

-Scusami, non sarebbe dovuto succedere, io..-
-Chi sei?- il tutto venne interrotto dalla stessa domanda che Grace mi aveva posto pochi istanti prima.

Ebbi un flashback e ricordai i suoi occhi che erano sul punto di lacrimare, il suo corpo tremare sotto il mio, i paparazzi che gridavano il mio nome.
Scossi la testa e mi liberai da quel brutto pensiero, quando notai che i suoi occhi erano ora smarriti e mi guardavano in cerca di una risposta.

-Justin, Justin Bieber.- inarcai il sopracciglio dalla risposta ovvia che le avevo appena dato.
-Non essere spiritoso, sai cosa intendo.-
Mi sedetti a terra, raggiungendo l'altezza dei suoi occhi che non smettevano un attimo di guardare i miei.
Sospirai.
-Non costringermi a dire cose di cui potrei pentirmi..- mi interruppe iniziando una nuova frase con torno di voce più alto.
-Justin, dopo oggi credo che io abbia il diritto di saperlo.-
Deglutii.
-Tutto quello che posso dirti è che se non chiamo qualcuno che ci aiuti a sbarazzarci di loro non usciremo mai da questa stanza.- spiegai.
I miei occhi implorarono i suoi di smetterla di fare domande e, in un certo senso, Grace lo capì.
Annuì.
Non capii esattamente a cosa avesse acconsentito, fatto sta che la ringraziai.
Mi alzai da quella posizione scomoda che stava uccidendo ogni osso del mio corpo e presi il cellulare trovatosi nella tasca posteriore nei pantaloni.
Sbloccai lo schermo e composi un numero.
Grace continuava a starsene seduta con lo sguardo fisso nel vuoto.

-Ehi amico potresti farmi un favore?-
Aspettai qualche istante prima di udire un consenso dall'altra parte della cornetta.
-Dovresti sbarazzarti di qualche paparazzo che mi sta intorno..” feci una pausa “sono in ospedale e, se non mi facessi domande, te ne sarei grato.-
Lo ringraziai e terminai la chiamata.

Riportai i miei occhi su Grace prima di riporre il cellulare al suo posto.
-Ho sistemato tutto, non c'è più pericolo.- commentai subito dopo.

A quelle parole Grace sembrò rilassarsi.
Mi aspettai da lei un interrogatorio, uno di quelli che ti fanno i poliziotti quando sospettano che tu sia coinvolto in un omicidio, ma così non fu.
Tornammo nella sua stanza come se niente fosse successo, come se fossimo appena tornati in ospedale, dal chiosco, evitando quel tratto di strada che ci aveva messo nei guai poco prima.


-Cosa? Sì mamma, sarò da te per le otto, a dopo.-
E con quelle ultime parole attaccai anche a mia madre.
Il mio sguardo si spostò dallo schermo del cellulare alla figura che sedeva a pochi metri da me.
Grace se ne stava sul suo letto con lo sguardo fisso sul televisore, continuava a pigiare i tasti del telecomando.
Mi ignorava, si comportava come se io non ci fossi, ma avrei messo fine al gioco.

-Grace, devo andare via.-
Con quelle parole riuscii ad attirare la sua attenzione.
Si voltò istintivamente verso di me, mi guardò per un attimo dalla testa ai piedi con indifferenza. Tornò a guardare la tv, ma stavolta allungò un braccio e premette un tasto per spegnerla.
Per un attimo credetti volesse alzarsi, venirmi incontro ed abbracciarmi. Credevo volesse rassicurarmi che stesse bene, credevo fosse in grado di rivolgermi un sorriso nonostante tutto, ma evidentemente le mie erano solo ipotesi.

-Okay, buon ritorno a casa.-
Improvvisamente il mio cuore ricevette una spinta, una di quelle che ti fanno perdere l'equilibrio e ti fanno cadere.
Accennai un falso sorriso, deluso ma allo stesso tempo comprensivo alla sua risposta.
Presi lo zaino e la chitarra da terra.
Sorrisi istintivamente ricordando la canzone che le avevo cantato la sera precedente con quella stessa chitarra che in quel momento avevo tra le mani.
Mi voltai e raggiunsi la porta girando la maniglia.
Il mio sconforto mi stava uccidendo.
Varcai l'orlo ad occhi chiusi, quando la sua voce mi spinse a spalancarli di nuovo.

-Tornerai?-

Un ampio sorriso si fece spazio tra le mie labbra ma lo ricomposi in una linea quando mi girai per guardarla.
-Vuoi che io ritorni?- aggrottai la fronte incredulo.
-Sì.-
-Allora tornerò.-
Le sorrisi non appena notai che lei lo stava già facendo. Le feci cenno con la mano per poi chiudere la porta alle mie spalle.
Lasciai l'edificio e raggiunsi Alfredo che mi stava aspettando nel grande furgone nero accostato sul retro.

-Cosa cazzo hai combinato Bieber? L'ha scoperto, l'accordo è saltato!-
-Vuole vedermi ancora.-


 


Ehilà gente, eccomi di nuovo qui con un altro capitolo di questa storia. So che è passato molto tempo dall'ultima volta, ma non mi andava più di continuare, non avevo più ispirazione nè motivo per scriverla. Ma ho ripreso e spero che questo non vi dispiaccia lol
Recensite e ditemi che ve ne pare :)
-Sara

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