Diario di un amore di path94 (/viewuser.php?uid=4873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Epilogo ***
Capitolo 1 *** 1. ***
DIARIO DI UN AMORE
Scrivo da tempo, frequento il sito da molto, ma questa è la
prima volta che decido di pubblicare qualche cosa.
Non chiedo di essere clementi, ma solo sinceri, in quanto ritengo che i
commenti, positivi o negativi che siano, se sono costruttivi permettono
di crescere e imparare.
Grazie a chi avrà la pazienza, e la voglia, di seguirmi in
questa mia prima avventura letteraria.
Path94
1.
Non posso crederci… Oscar, LA MIA Oscar, che si veste da
donna per andare al ballo a vedere quel… quel damerino
impomatato che nemmeno la considera!
Ma come può essere così crudele, la vita? Come
può chiedere ad un uomo un tale sacrificio? Come
può obbligare ad amare una donna così tanto da
votare la propria esistenza al servizio, all’assoluta
dedizione, al dono della vita stessa, e non ricevere nulla, nulla in
cambio?
Dovrei pensare più a me stesso, convincermi che non
riuscirò mai a scalfire quella corazza che lei si
è creata addosso per difendersi dal mondo, e da
me…
Ma non riesco a rassegnarmi, c’è qualcosa in fondo
al cuore che mi sprona, che mi convince, testardo me, che, forse, un
piccolissimo barlume di speranza c’è, ed io, cozza
che sono, continuo ad attaccarmici con spasmodica
volontà…
Continuo a ripetermi che, tanto, Oscar starà malissimo,
vestita da donna…
Lei, abituata alla divisa, ai pantaloni, alla libertà di
poter cavalcare a braccetto col vento…
Come vuoi che stia, tutta stretta in corsetti, lacci e maledizioni
varie che portano le donne “normali”…
Come vuoi che stia?
Santo Cielo, che cavolo mi sto raccontando? Sarà bellissima,
lo so, una Dea, un’apparizione divina…
E io non potrò fare altro che guardarla per poco, cercando
disperatamente di non far trasparire l’immenso desiderio di
toccarla, di sfiorare il suo viso, di affondare le mani nei suoi
soffici capelli d’oro, di assaggiare le sue labbra…
Non potrò fare nulla… solo struggermi al pensiero
che lui, quel Maledetto che non merita l’amore di Oscar, la
stringerà fra le braccia, inspirerà il suo
profumo, sarà a lei in un attimo più vicino di
quanto io abbia mai potuto fare in una vita…
Se solo fossi nato ricco… se solo non fosse successo quel
disastro alla mia famiglia… se solo mio Padre non avesse
perso il titolo…
Se… Poveraccio, mio padre, non s’è mai
perdonato di averci costretto ad una vita miserabile…
Era un cervello fino, mio padre, ma nessuno gli ha mai dato fiducia,
dopo che quello strozzino l’ha fregato, insultato, ridotto al
lastrico per un disonore che non era nemmeno il suo…
Già… ero piccolo, ma in qualche modo mi ricordo
di tutto…
Mio padre sempre ubriaco, ma mai violento, solo arrabbiato col
mondo… Eppure una carezza per me e per mia madre
c’era sempre…
E mia madre, così bella, un raggio di sole in mezzo alla
tempesta…
Ricordo quanto mi sentivo bene, quando mi prendeva in
braccio…
Poi, quel giorno, quel maledetto giorno…
Era autunno, uno di quei giorni di novembre carichi di nebbia e di
nostalgia…
Mio padre non tornò a casa, quella sera…
Vennero degli uomini in uniforme, vidi mia madre piangere come mai
l’avevo vista prima.
Quella sera, mentre mi rimboccava le coperte, mi strinse forte
lasciandomi sul viso tracce delle sue lacrime, mi baciò
sulla fronte con tutto il suo amore, mi guardò negli occhi e
mi raccomandò di essere forte, di diventare un uomo retto e
sincero…
La mattina dopo la cercai per tutta la casa, due misere stanze, senza
trovarla. La cercai per tutto l’isolato, spingendomi
impaurito fino a dove mai ero giunto prima.
Tornai a casa, e trovai la Nonna, la mia cara Nanni, con gli occhi
rossi e gonfi come se avesse appena smesso, anche lei, di piangere.
Mi disse “Piccolo, mamma e papà sono volati in
cielo, e ti guardano da lassù… Non aver paura, mi
prenderò io cura di te…”
Non capivo, non riuscivo a capire, allora…
Sarebbero passati anni, prima che Nanni avesse il coraggio di rivelarmi
che mio padre si era gettato nella Senna per lavare il disonore di non
poter provvedere alla sua famiglia, e di come mia madre, col cuore in
frantumi, in un attimo di pazzia lo abbia seguito, anche lei
inghiottita dalle fredde nere acque del fiume…
Eccola, mi sta chiamando, Oscar, la mia Oscar mi sta chiamando. Volo da
lei, almeno questo lo posso fare…
NON CI POSSO CREDERE !
Mi ha appena detto che non vuole che io l’accompagni,
altrimenti qualcuno potrebbe riconoscerla!!!
Ma non c’è mai fine alla sofferenza?
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2
Caro Diario…
ma che scema sono… non sono mai stata capace di scrivere un
diario da ragazzina, e mi metto a farlo adesso, alla soglia dei 30
anni…
Vabbè,
proviamo a fare questo sforzo… ho sentito le mie sorelle
dire che aiuta, scrivere, aiuta a rimettere al loro posto i pensieri,
aiuta a sfogare le parole che a voce non possono essere dette,
aiuta… sarà poi vero?
Ho appena congedato
André, gli ho detto che non voglio che mi accompagni al
ballo.
Poverino, mi sembrava un
cane bastonato, ma sono sicura che capirà, dopotutto
è il mio migliore amico…
Ho deciso, almeno credo,
di andare al ballo vestita da donna…
Accidenti, per una volta
nella vita posso anche provarci… purché nessuno
mi riconosca, altrimenti perderei di credibilità, ed un
Capitano delle Guardie deve mantenere il rispetto…
Ma chi voglio prendere
in giro? L’importante è che LUI non mi
riconosca… o forse sì…
Lui…
lui… Hans Axel von Fersen… non riesco
più a togliermelo dalla testa…
Sono mesi, ormai, che
non riesco a comportarmi più normalmente in sua presenza.
Lo so, lui è
innamorato di sua Maestà, e presumo sia
ricambiato… ma nonostante io lo sappia perfettamente, non
riesco più a rimanere indifferente, quando mi passa accanto,
o mi saluta, o mi stringe la mano.
Ringrazio di vestire la
divisa; il tessuto è così spesso e rigido che,
per fortuna, è impossibile vedere i brividi che attraversano
il mio corpo quando sono in sua presenza.
So che non ci
potrà mai essere nulla, fra di noi… ma accidenti,
il mio corpo mi tradisce in una maniera che non credevo né
volevo possibile… ho deciso di essere un uomo, eppure ogni
mese, in “quel” periodo, devo forzatamente
ricordare di essere una donna. E quello stupido del mio cuore pare,
ormai, ricordarmelo ancor più spesso di quanto non faccia il
mio corpo.
Ho deciso. Mi
vestirò da donna, sia come sia, e se anche, come spero, non
mi riconoscerà, magari potrò almeno serbare il
ricordo di un ballo, con lui, di un contatto… Mi
basterà.
Forse.
Manca solo un giorno, ormai, al ballo.
Oscar non dice nulla, è taciturna più del solito,
ma a volte la vedo che ha la testa fra le nuvole… e questo
mi fa male, terribilmente.
Nanni è decisamente fuori di testa, corre su e
giù per la casa canticchiando felice come mai
l’avevo vista, portando fra le braccia tonnellate di stoffe,
trine e merletti…
Finirà che Oscar sembrerà una bambolina troppo
impomatata…
E intanto continuo a cercare di ingannare me stesso.
Ho sentito un grido, e mi sono precipitato.
Temevo che Oscar si fosse ferita, magari mentre puliva la sua spada
come al solito con cura (e quanto vorrei esserci io, al posto di quella
lama…) e invece…
Quasi mi viene da ridere…
Ho origliato da fuori la porta… Nanni stava urlando dietro
ad Oscar… ed Oscar piagnucolava perchè Nanni la
stava punzecchiando a tutto spiano con gli spilli del
vestito…
Giuro… se non fosse che tutta questa faccenda mi sta facendo
soffrire come un cane bastonato, mi verrebbe voglia di farmi una bella
risata, magari entrando all’improvviso nella stanza e vedere
la faccia di Oscar, il grande soldato, che si lamenta come un
gattino…
E domani, domani è il giorno Maledetto.
Temo che non riuscirò a dormire, questa notte.
Caro diario…
non capisco perché mi intestardisco con questa faccenda. Ho
quasi l’impressione che, vedendomi allo specchio,
l’immagine che si rifletterebbe sarebbe quella di una
ragazzina con i codini e la gonnellina, invece che la mia…
Non so se ho fatto la
cosa giusta, non lo so.
Nanni è fuori
di testa, completamente andata. Ha continuato per tutto il giorno ad
urlarmi dietro e a punzecchiarmi senza pietà…
Non pensavo, davvero,
che uno stupido vestito da donna richiedesse così tanto
tempo… e tante “sofferenze”…
Quasi preferisco i lividi di una bella scazzottata, di quelle con
André, piuttosto che questa tortura cinese di spilli e
merletti.
Già,
André…
Sono sicura che quel
traditore ha origliato alla porta.
Mi sembra di vederlo,
mentre sghignazza sotto i baffi… anche se i baffi non li ha
! Va bene lo stesso, rendeva il concetto, anche se…
Appare un po’
troppo tranquillo in questi giorni, come se avesse dei pensieri che non
vuole rivelare…
Spero non si sia offeso
perché non voglio che mi accompagni…
E domani, domani
è IL giorno.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Prima di cominciare
il capitolo, ringrazio chi ha avuto la bontà di recensire.
E' bello, da "scrittrice" in erba, sapere che quanto si sente e si
esprime con le parole riesce a toccare le corde di altre persone come
le proprie, ed a farle vibrare di una stessa melodia.
Grazie ancora.
Capitolo 3
La pendola dell’ingresso segna le 3, oramai…
Ho tentato di coricarmi, ma, dopo aver fissato a vuoto il soffitto per
più di due ore, ho capito che, anche volendo, il sonno non
sarebbe mai arrivato.
Ed ora, eccomi qui, con una bottiglia di vino rosso colma a
metà ed un bicchiere ormai svuotato davanti me, mi sento le
guance un po’ arrossate per via di ciò che
già manca da quella bottiglia, ma, per lo meno, la testa mi
sembra un po’ più leggera…
Odo dei passi, leggeri come quelli di un gatto, ma per me udibilissimi
e, maledetto me, inconfondibili.
Cosa ci fa, sveglia, a quest’ora? Non voglio che mi veda
così… non riuscirei a trovare una scusa decente,
ma in realtà nemmeno so se vorrei trovarla…
Non faccio in tempo a scansarmi, a nascondermi, che lei è
già in cucina. Non mi ha visto, non ancora almeno, il tavolo
è in una zona in ombra rispetto al resto della stanza, ma
sicuramente mi vedrà ad istanti, giusto il tempo di trovare,
anche lei, qualche cosa da bere, lo so…
Ha addosso solo una camicia di seta, bianca, quasi trasparente, che non
le arriva a metà coscia… i capelli scarmigliati,
gli occhi arrossati come se avesse pianto… di sicuro non per
me.
Eccola, mi vede… le labbra rosse come ciliegie leggermente
aperte, gli occhi spalancati di sorpresa… Santo cielo,
è splendida, provocante come non sa di essere…
Sto facendo seriamente forza su me stesso per non fiondarmi addosso a
lei, per non assaggiare quelle labbra che sembrano create solo per
essere baciate… per fortuna, ho solo mezza bottiglia in
corpo, e quella so ancora reggerla bene, altrimenti avrei potuto non
riuscire a rispondere di me stesso…
Decido di fare il primo passo, forse sperando che, obbligandola a
difendersi, non si ricordi di chiedere lei a me perché io
sia qui…
- Sei preoccupata per il ballo?
- No, no… è
che… ho mangiato troppo salato ieri sera, e mi è
venuta sete…
Cerca di darla a bere, a me, ma io la conosco troppo bene per farmi
infinocchiare da una simile risposta… e poi, la sete da sale
non si placa con il whisky…
- Ho già fatto preparare una
carrozza come mi hai detto tu, senza stemmi né segni di
riconoscimento… ti accompagnerà Maxim, il
piccoletto nuovo… Hai ragione tu, se ti accompagno io,
sarà fin troppo facile che qualcuno si chieda chi sto
accompagnando, visto che mi conoscono…
- Sicuro che ho ragione, anche
se… magari basterebbe che tu ti vestissi in maniera anomina
e tenessi il cappello calcato sul viso… Di solito nessuno
nota un cocchiere…
Allora diciamolo, vuoi proprio uccidermi ! Ma, come al solito, io
morirò per te, e farò ciò che tu mi
chiedi, con il cuore spezzato, calpestato, ridotto in briciole, ma lo
farò.
- Va bene, allora, se così hai
deciso. Fammi solo sapere a che ora vuoi partire, sarò
pronto.
Mi sorridi, ed il tuo volto irradia una luce che poche altre volte ho
avuto l’onore di vedere… ed il sapere che non
è per me fa sempre, sempre più male…
Accidenti a me, ma che
cosa mi è saltato in mente? Non potevo lasciare tutto come
stava?
Perché gli ho
chiesto di accompagnarmi?
Oscar, per la miseria,
dillo che lo sai, il perché. Perché sei talmente
forte, talmente “uomo” da essere praticamente
terrorizzata al pensiero di andare a quel maledetto ballo da sola, ed
hai avuto bisogno di un amico che infondesse in te quella fiducia che
non hai…
Ecco, il
perché.
Perché
André, dopotutto, è la mia forza, la spalla su
cui appoggiarmi quando la fatica mi sfianca, il sorriso che illumina
una giornata di pioggia, la colonna su cui mi appoggio
sicura…
Non potrei desiderare
amico migliore, lo so…
Ti saluto, ti auguro la buonanotte con un sorriso tirato e molto poco
sincero, prima che tu ti renda conto che c’è
qualcosa che non va, e mi chieda spiegazioni.
Non saprei che dirti, se non la verità, e quella non posso,
proprio non posso rivelartela.
Significherebbe perdere tutto, quel poco almeno, perdere te e quei
pochi istanti in cui ti posso vedere, posso udire il suono melodioso
della tua voce e godere del colore dei tuoi occhi, in cui posso
illudermi che, forse, un domani ci sarà anche per me, il
domani…
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
23 SETTEMBRE: GRAZIE PER I COMMENTI, HO TENTATO DI CORREGGERE UN PO' ALCUNI TEMPI DEI VERBI CHE PROPRIO "STONAVANO"... A PRESTO..
Di nuovo, qualche piccolo istante
per i ringraziamenti a chi ha voluto leggere e recensire.
In particolar
modo, volevo ringraziare IceWarrior per la sua recensione, precisa e
decisamente costruttiva. Amo scrivere, ma lo scrivere per se stessi
è decisamente diverso dallo scrivere a beneficio di altri.
Ho in mente un progetto abbastanza ambizioso, che sicuramente non
sarà una fanfiction, e questo racconto a puntate sta
diventando un vero banco di prova e di apprendimento. Grazie ancora, e,
ti prego, continua a farmi avere le tue impressioni.
Capitolo 4
Ti saluto, e salgo lentamente le scale, uno scalino alla volta, fino a
giungere alla porta della mia camera.
Apro, entro e richiudo la porta dietro di me, la chiudo a chiave, a
doppia mandata, nella vaga e inutile speranze di chiudere fuori, con
tale gesto, il mondo intero e, sì, anche te.
Ma tu non puoi restarmi fuori… sei ormai talmente dentro di
me, talmente in profondità che lasciarti fuori
significherebbe lasciare fuori anche la gran parte di me…
Mi butto sul letto, braccia e gambe divaricate, gli occhi chiusi.
Non piango, non penso di esserne capace, ma vorrei tanto imparare a
farlo… almeno mi servirebbe da sfogo.
Mi rialzo, arrabbiato con me stesso per non essere nemmeno capace di
versare una lacrima, e mi preparo un bagno, caldo e profumato di
muschio…
I vestiti lasciati per terra, mi immergo nell’acqua bollente,
incurante delle mille e mille piccole punture che la temperatura lascia
sulla mia pelle.
Il profumo di muschio si insinua prepotente nelle mie narici,
riportandomi alla mente ricordi di cavalcate per i boschi, lei ed io, a
rincorrerci fino a sfiancare quelle povere bestie, e poi a lottare, uno
contro l’altra, con ardore ma mai violenza… anche
quando qualche cazzotto finiva a destinazione, su di me o su di lei.
Sento la pelle diventare di fiamma, i muscoli rilassarsi, la testa
farsi più leggera…
Santo cielo, ma mi sono
davvero bevuta il cervello, ormai…
Che cosa mi è
venuto in mente, di andare a cercare André?
Ho bussato alla sua
porta, leggermente, di solito basta quello perché mi
apra… non so come, ma è sempre sveglio, quando
vado a cercarlo…
Ma questa volta non ha
risposto, mi è sembrato strano, e sono entrata comunque.
La porta ha opposto un
po’ di resistenza, ma è bastato poco per
forzarla… Sono porte vecchie, quelle di Palazzo Jarjeais,
non funzionano nemmeno le serrature a chiave…
Sono entrata, la stanza
era avvolta nella penombra di una flebile candela accesa e appoggiata
allo scrittoio, ma di André nemmeno l’ombra.
Mi sono avvicinata al
letto, ancora fatto ma con le coperte appena scomposte, come di un
corpo che vi si sia appoggiato pesantemente, ed un flebile rumore di
acqua in movimento mi ha costretto a voltare lo sguardo…
E lui era
lì… dentro la vasca da bagno.
La ragione mi spronava a
tornare sui miei passi ed ad andarmene, prima che lui mi scorgesse
violare la sua privacy, ma qualcosa che non so definire,
curiosità forse, mi ha spinto ad avvicinarmi, leggera e
silenziosa, fino a che non ho avvertito il suo respiro pesante.
Le mie gambe,
completamente sorde ai richiami della mente, mi hanno condotto avanti,
e avanti ancora, fino a fronteggiare completamente la figura dormiente
immersa nell’acqua ormai già tiepida.
I miei occhi traditori
si sono levati a contemplare tale figura, appena velata dalle piccole
bolle di schiuma che andavano rapidamente dissolvendosi, lasciando
intravedere altro e altro ancora.
Non avevo mai notato, o
forse non ricordavo, quanto forte fosse, André…
Nonostante la posizione
rilassata, i muscoli delle braccia e del petto risaltavano
prepotentemente fuori dall’acqua, armoniosamente in contrasto
con il bel viso dagli occhi chiusi e dai capelli disordinatamente
sparsi sulle spalle…
L’acqua
sfuocava leggermente quanto sotto, ma riuscii lo stesso ad intravedere
le sue gambe, altrettanto forti, e… Santo Cielo…
Mi voltai di scatto, il
mio volto ormai scarlatto, ne ero sicura…
Ma cosa andavo a
combinare… pensieri impudici guizzavano balordi per la mia
testa, senza che io riuscissi a fermarli, mentre il cuore cominciava a
battere prepotentemente nel mio petto, rischiando di saltare fuori per
la paura e… non so cos’altro…
Un respiro un
po’ più profondo nel sonno di André mi ha riscosso e riportato, almeno parzialmente, alla
realtà. Diamine, cosa andavo a pensare…
Lui era
André, il mio Amico di una vita, il mio compagno di
scorribande e di scazzottate, il mio confidente e fedele
Attendente… ed uno splendido ragazzo, me ne ero resa improvvisamente conto.
Inconsciamente, ma forse nemmeno tanto, mi sono ritrovata a chiedermi quante ragazze avesse già fatto felici, grazie a quel corpo, e se ce ne fosse una per la quale il suo cuore battesse, ora…
E senza pensare, ho fatto qualcosa di completamente insensato, ma stupendamente
spontaneo e, forse, lungamente dovuto. In un attimo ero accostata a, attenta a non svegliarlo, per posargli un leggero bacio su una guancia, sussurrando un piccolo “Grazie, amico mio…” per tutto quello che faceva ogni giorno per me. Forse, se fosse stato sveglio, non avrei mai trovato il modo di dirglielo…
La fragranza del suo
profumo, mela e cannella insieme, dentro le mie nari, mi fece sentire a casa,
come sempre.
Silenziosamente come ero
arrivata, me ne sono andata, chiudendo piano la porta per non far rumore… sarebbe stato un po’ difficile da spiegare
a Nanni, se mi avesse sorpresa lì…
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo corto, di
transizione, questo.
Spero di
pubblicare presto il resto.
Grazie una
volta di più a chi ha il coraggio di leggere, e la cortesia
di recensire.
Capitolo 5
Mi sembra passato solo qualche minuto, ed invece mi sono addormentato
così, nella vasca piena di acqua ormai fredda, e
già i primi bagliori dell’aurora filtrano dalle
pesanti tende della mia camera chiuse male, riempiendola di un colore
indefinito, ma caldo e rassicurante.
Sento addosso un profumo strano, sconosciuto eppure a me
così familiare, come di vaniglia… il profumo di
Oscar, ma, forse, me lo sono solo sognato.
Oggi è quel giorno, IL giorno.
Mi asciugo, mi vesto, scendo il cucina, guidato dall’odore
delle frittelle che Nanni, come ogni mattina, avrà
sicuramente preparato.
Tutto come da copione, Oscar à già sveglia ma
arriva poco dopo di me, giusto in tempo per sentire Nanni che mi urla
dietro per aver rubato troppe frittelle a
“Mademoiselle”…
Lei che ride al vedere me, grande e grosso, bistrattato da una tenera
morbida nonnina, ma tant’è… sappiamo
tutti e due che le frittelle avanzeranno, come al solito,
perché la “piccola” dose di Nanni
corrisponde sempre a quella necessaria ad un esercito, e come al solito
io, goloso, le farò comunque sparire tutte, procurandomi
quel leggero mal di stomaco che è appena ad un passo
dall’indigestione, ma tanto buono…
Oscar ride, ride di me, ma nonostante la sua risata riesco a vedere che
il suo sguardo, a volte, si perde altrove, fisso nel nulla.
I suoi occhi chiari come l’acqua limpida cercano di vedere
qualcosa, che, io spero, mai potrà avere… e mi
rendo conto di quanto io sia prepotente, augurandole in cuor mio la
disfatta per questa sera, ma si può chiedere davvero a cuor
leggero ad un uomo disperatamente innamorato di gioire nel vedere
l’oggetto del suo desiderio volteggiare bellamente nelle
braccia di un altro?
La giornata sta passando quasi come al solito, se non fosse per
l’eccessivo accanimento di Oscar nell’allenarsi con
la spada e nel centrare i bersagli con la pistola.
Ho strigliato i due cavalli di stasera, neri come la notte, ho messo
loro i paramenti di gala, sfarzosi anche se senza segni di
riconoscimento.
Ho preparato anche la carrozza, perché la mia splendida dama
possa viaggiare comoda e serena… anche se temo
così non sarà.
Non credo sia la maniera
migliore, questa, di sfogare la tensione, ma al momento è
davvero l’unica che conosco…
Ho duellato con
André per ore, ho sparato a decine di bottiglie
infrangendole senza pietà, ma non è bastato.
Sono tesa allo spasmo,
confusa e combattuta, su molti fronti…
Da una parte, mi chiedo
se veramente sto facendo la cosa giusta, a vestire quegli abiti e ad
andare al Ballo, dall’altra, ogni volta che il mio sguardo
incontra gli occhi di André, mi ritorna in mente la visione
di ieri sera, e rischio di arrossire come un peperone…
Basta, è ora
di andare a prepararsi. Indietro non si torna, disse qualcuno.
La vittoria, o la
disfatta… o l’ignobile fuga.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Per forza o per amore, ecco un
nuovo capitolo. Più mi inoltro nella storia, più
mi sembra che i personaggi vivano di vita propria, obbligando
semplicemente la mia mano a narrare quanto essi realmente vivono.
Continuo a ringraziare chi
recensisce, anche se mi sto accorgendo che sta diventando quasi una
dolce "droga" per me, questa...
Peggio per voi...
più vado avanti, più il mio terribile lato
romantico fa' più che capolino... Avvertiti/e.
Capitolo 6
Ecco…
non pensavo di non saper trattenere così o
sentimenti… Sono pronto, ed è ormai
un’ora che attendo Oscar nell’androne
giù dalla scala, misurando la distanza a
lunghi passi, avanti indietro tanto da rischiare di scavare un
solco…
Nanni
, come al solito, mi sta rimproverando, dicendomi che questa mia
impazienza,
tutta rigorosamente maschile, di certo non potrà che nuocere
a Mademoiselle…
Impazienza,
dice lei… in verità io dentro mi sento
morire…
Poi,
finalmente, odo il rumore della maniglia, la porta che, scricchiolando
leggermente, si apre…
Ed
un sogno appare ai miei occhi… una nuvola di candida seta,
impreziosita da
delicatissimi ricami in oro… i piedi delicati calzati di
scarpine altissime… ma
non cadrà?... la vita sottilissima fasciata da un leggero
fluttuante nastro d'oro, i seni messi in risalto da una scollatura
appena audace, il collo di cigno senza alcun ornamento, non ce ne
sarebbe
bisogno, il volto altero e delicato di porcellana, le labbra rosse
appena
dipinte di lucido, le ciglia lunghissime a velare occhi splendidi, i
lunghi
capelli raccolti in una morbida, elegantissima acconciatura dalla quale
scappano, ribelli, alcuni leggeri riccioli…
Santo
cielo… sono paralizzato a tale vista, non riesco a staccarle
gli occhi di
dosso...
Ma
perché mi guarda in quella maniera?
Sono così tremendamente ridicola da impietrirlo? Mi sento
malissimo,
scomodissima, il bustino è troppo stretto, le scarpe
dolorosamente alte tanto
da dovermi appoggiare a qualcosa ad ogni passo, le forcine tra i
capelli
sembrano piantate direttamente nella mia testa, il volto e le labbra
sono
impiastricciate da una soffocante maschera di cerone…
Ma
chi me l’ha fatto fare… l’unica
cosa sicura, è che conciata così, sicuramente
Fersen non mi riconoscerà…
peccato.
André non si muove,
è ancora lì
impalato con gli occhi da pesce lesso impagliato, mentre sto tentando
di
scendere il primo gradino senza ruzzolare per le scale…
Mi
aspetto da lui una sonora risata
che, però, stranamente, non arriva.
Cos’ha?
Perché non dice nulla? Mi va
bene qualsiasi cosa, un insulto, una risata, un complimento…
no, forse quello
no… qualsiasi cosa, ma non quell’opprimente
silenzio che mi attanaglia il
cuore.
So
che disapprova tutta questa farsa,
lo so anche se non me ho ha detto, ma so leggere i suoi
occhi… ma non pensavo
che potesse arrivare a tanto… mi fa decisamente arrabbiare,
un atteggiamento
del genere !
Mi
riscuoto, a fatica devo ammettere, e balbetto qualche parola alla volta
di
Oscar.
Lei
mi guarda attonita, come confusa da questo mio silenzio…
spero non pensi che
non sia più che bellissima…
- Sei splendida,
Oscar, davvero…
Il
suo piede sul primo gradino, il suo volto finalmente si rasserena e si
rischiara in un radioso sorriso… mi pregio immaginare che
sia solo per me,
anche se so che non è vero.
Ramazzo
su mantello e cappello, per potermi celare dietro a questi una volta
arrivati
al ballo, e faccio per avviarmi a prendere il comando della carrozza,
quando
Nanni, la cara “dolce” Nanni, mi rifila un sonoro
scappellotto e mi rimprovera
di attendere Mademoiselle, per accompagnarla fino alla carrozza.
Ma
lei, Nanni, non sa quanto bene, e quanto male insieme, mi abbia
fatto…
Meno
male… André è tornato ad
essere André…
Anche se non credo ad una
parola di
quel che mi ha detto, l’importante è che si sia
“risvegliato” e che ora mi stia
accompagnando.
Giungo
a fatica, con i piedi già
doloranti, alla fine della scalinata che non mi è mai
sembrata così lunga come
ora, appoggio quasi timorosa la mano al suo braccio alzato ad
attendermi, e
gongolando di questa strana situazione mi faccio accompagnare alla
porta della
carrozza.
Lo ringrazio con un sorriso ed
un
“grazie” mormorato appena, non so nemmeno se
l’abbia sentito, e salgo.
Lo
spettacolo comincia.
I
cavalli, per fortuna, conoscono la strada a memoria, ormai…
Non
ho bisogno di guidarli, e ciò mi permette di far vagare la
mia mente verso
altri lidi.
La
mia Regina è lì, a pochi centimetri da me, bella
come un sogno, e segretamente
godo di questa splendida visione, che mai si potrà
cancellare dalla mia
memoria.
Ma
la consapevolezza di poterla solo guardare, e non toccare, mai, mi sta
per
uccidere.
Non
avrei dovuto, accompagnarla…
Ci
siamo, stavolta ci siamo davvero…
Fersen, sto arrivando, ma tu non lo saprai…
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Solo una parola, a
tutti voi: Grazie.
Capitolo 7
Sono
ormai un paio d’ore che Oscar è là
dentro, ormai.
Sto
vicino ai cavalli che sonnecchiano quieti, nonostante dalla sala da
ballo
giungano anche qui i suoni della festa.
Starà
volteggiando tra le braccia di quel maledetto, lo so, ma non riesco,
non voglio
immaginarli insieme, non ce la faccio.
Do’
un tiro alla bottiglia di whisky che mi sono portato, più
per sopportare che
per combattere il freddo, visto che stasera la temperatura è
mite ed il cielo è
pieno di stelle.
Ma
l’unica stella che a me interessa, la più
abbagliante di tutte, ora è così
lontana ed irraggiungibile che non riesco nemmeno a
scorgerla…
Alzo
gli occhi al cielo, disperato, e fisso quella stella rossa
lassù, Aldebaran,
l’occhio del Toro, in perenne lotta con il cacciatore
Orione…
La
fisso intensamente, come a voler attingere da quel fuoco la forza per
continuare.
Quasi
senza rendermene conto, un bagliore argenteo segna il nero nella notte,
per poi
spegnersi e scomparire.
Senza
rendermene conto, il mio cuore formula un desiderio rivolto a quella
piccola
stella cadente, come se davvero potesse farlo avverare…
“Fa’ che sia mia…”.
D’improvviso,
un movimento mi distoglie da quel dolce impossibile pensiero, e vedo
una figura
lanciata in corsa verso la parte più nascosta del giardino.
Non
posso sbagliare, la riconoscerei tra mille, anche
“conciata” come è adesso…
Lascio
i cavalli, che so mi attenderanno tranquilli, e mi lancio a mia volta
all’inseguimento.
Il
giardino è un intricato dedalo di strade, contorte su se
stesse a formare un
armonioso labirinto, ma oramai conosco questo posto come le mie tasche,
e non
faccio nemmeno tanta fatica a trovarla.
Lei,
la mia Dea, è lì, scompostamente adagiata a terra
con il volto nascosto tra le
braccia appoggiate alla panchina di pietra.
Sta
piangendo sommessamente, ma nemmeno il mio arrivo, annunciato
dall’inevitabile
rumore prodotto dalla ghiaia, la scuote.
La
osservo per un istante solo, il cuore dilaniato dal suo dolore che
vorrei fosse
solo mio per evitarlo a lei, e faccio la sola cosa che so di poter
fare. Mi
inginocchio accanto a lei, e la avvolgo in un abbraccio.
Sono
una stupida, una tremenda inutile
stupida !
Perché
ho voluto farlo a tutti i
costi?
Per
cosa, poi? Per sentirmi dire che
assomiglio alla sua migliore AMICA?
Che
cosa mai avrei potuto aspettarmi
da lui, ben sapendo che è innamorato perso della Regina?
Ho
volteggiato fra le sue braccia, ho
goduto del suo sguardo ammirato su di me, e stupidamente ho presunto
che questo
potesse bastare, a fargli cambiare idea, a riversare il suo amore su di
me…
stupida, Oscar, sei solo una stupida!
Non
avrei mai dovuto farlo, mai… Ho
freddo, nel corpo e nel cuore.
Ma
cosa è questo calore, ora? Due
braccia forti mi stanno avvolgendo…
Non
guardo chi è, lo so già, il suo
profumo lo tradisce, il suo calore lo identifica, la sua dolce forza lo
conferma.
André,
mio unico sostegno, sei qui
anche ora…
Levo
gli occhi dal loro riparo fra le
braccia, li volgo a guardarlo, e lo vedo per la prima volta, pur tra le
lacrime
che mi velano gli occhi.
Vedo
i suoi occhi verdi, pozzi di
smeraldo puro, che pieni di dolore e comprensione per me mi fissano
delicati,
quasi a temere di disturbare.
Vedo
le sue labbra atteggiarsi ad un
timido sorriso, quasi a tentare di contagiare anche le mie, di labbra.
Vedo
i suoi capelli serici, mossi dal
vento caldo della sera, agitarsi leggermente come ali di gabbiano.
Vedo
lui… ed il cuore mi balza in
petto.
Perché,
perché l’ho capito solo ora?
La
mia Oscar, tanto forte e tanto fragile insieme…
Sembra
aver finalmente smesso di piangere, ha alzato la testa dalle braccia e
mi ha
guardato.
Non
capisco, sembra aver visto un fantasma…
I
suoi splendidi occhi colore del cielo, un po’ arrossati dal
pianto sono ora più
grandi che mai, spalancati a guardarmi.
Le
sue labbra morbide e piene sono leggermente dischiuse, in
un’espressione di
puro stupore…
Tutto
mi sarei aspettato, da lei, ma non una reazione come questa…
Se
si può impazzire di dolore, allora questo è
quanto sembra essere accaduto a
Oscar. Eppure…
Le
sorrido debolmente, vorrei tanto che avvertisse che io capisco, che so
che cosa
si prova ad essere innamorati e respinti, che so bene quanto faccia
male il
cuore, tanto da sembrare lacerato a metà…
Vorrei
dirglielo, ma non voglio proferire parola per timore che
quest’attimo, così
particolare eppure così bello, finisca e tutto ritorni come,
o peggio, di
prima.
Socchiude
gli occhi, leggermente, la sua espressione si distende, finalmente, pur
senza
lasciare un attimo il contatto visivo con i miei occhi.
Poi…
poi… cosa sta succedendo… si avvicina a me,
pericolosamente, troppo, troppo
vicina…
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Ladies and Gentlemen, here we are!
Mi
scuso con coloro che hanno dovuto "patire" l'attesa... ma, forse,
questa è la mia piccola rivalsa per tutte le attese vissute
da lettrice...
Capitolo
8
Quanto
è bello… il mio Andrè…
La
mente ha finalmente deciso di
soccombere al forte richiamo del cuore. Non ragiono più, o
forse, in realtà, ho
finalmente cominciato a ragionare, per la prima volta in vita mia.
Ed
ho capito che tutto quanto volevo
nella vita, in realtà lo avevo già a portata di
mano, e non me ne sono accorta
finché non ho rischiato di perderlo, di tirare troppo la
corda, di rovinare
tutto.
Lo
vedo, mi guarda attonito, non
riesce proprio a capire che cosa mi stia passando per la testa.
Da
quanto, da quanto tempo mi ama? Da
quanto tempo ingoia rospi a volontà, facendo buon viso a
cattivo gioco, senza
lasciar trasparire nulla di quel che prova? Da quanto tempo io,
stupida, lo sto
facendo soffrire?
Devo
rimediare, voglio rimediare,
nella speranza che non sia ancora troppo tardi…
A
dire il vero, ho deciso che, per la
prima volta da quando sono nata, voglio decidere della mia vita.
Avvicino
il mio volto al suo,
millimetro dopo millimetro.
I
suoi occhi, se possibile, sono
ancora più sgranati, ed io mi perdo in quegli occhi che
colorano di mare…
Li
chiudo, i miei occhi, perché
leggere un rifiuto nei suoi equivarrebbe alla morte istantanea. Meglio
rischiare al buio.
Continuo
ad avvicinarmi, cieca, finché
le mie labbra avvertono il dolce contatto con la sua morbida bocca.
E
sono, finalmente, a casa.
Le
sue labbra sulle mie, petali di rosa mi stanno sfiorando, leggeri e
timidi…
Oscar
mi sta baciando…
Non
capisco, o forse preferisco non capire, nel timore che quanto sta
succedendo
sia solo un sogno o, peggio, sia soltanto la dolorosa reazione ad un
amore non
corrisposto che cerca sfogo ovunque gli sia possibile.
Ma
passa un attimo, poi due, e le sue labbra sono ancora sulle mie,
appoggiate ora
con più forza e più decisione.
Oscar
mi sta DAVVERO baciando…
Metto
al bando i pensieri, non è il momento. Se davvero Oscar mi
sta baciando, non
voglio rischiare di perdere nemmeno un momento di questa occasione. A
costo di
farmi schiaffeggiare per il resto della vita.
Mi
risveglio dallo stupore, e rispondo al bacio, schiudendo appena le
labbra, e
trascinando le sue a schiudersi a loro volta.
Tento
di trasmetterle in un bacio tutto l’immenso amore che provo
per lei, perché
potrebbe essere il primo, e l’ultimo.
Che
sensazione meravigliosa…
Le
sue labbra accarezzano le mie,
sento il suo sapore dolcissimo inebriarmi. Sta rispondendo al mio
bacio… forse
non tutto è perduto, forse non è tardi, non
ancora…
Non
avverto altro, se non il calore
delle sue labbra, leggermente schiuse come le mie, ormai.
La
mia lingua timida assaggia il suo
sapore, incontrando la sua, timida anch’essa, poi
più prepotente e curiosa
verso la mia bocca.
È
lui, il maestro, ed io ho tanto
desiderio di imparare…
Ho
staccato ogni possibile contatto, e perso ormai ogni possibile
freno… non
riesco più a fermarmi, non ora che il Paradiso sembra
così vicino…
La
sciolgo dall’abbraccio per avvolgere il suo viso tra le mie
mani, per
avvicinarlo a me ancora di più, per approfondire quel bacio
che è in questo
momento la mia unica ragione di vita.
La
sua lingua delicata chiede timidamente, la mia indelicata risponde, e
gioca, e
assapora…
Sa
di miele, di vaniglia, di sole e cielo terso, di
libertà…
Sa
di tutto quanto io abbia mai potuto sognare, e molto ancora di
più.
Il
bacio si approfondisce, si sviluppa fino a lasciarci senza fiato, ma
restii a
staccarci anche solo per un istante.
Eppure,
lei si stacca da me, apre gli occhi, di nuovo pieni di lacrime, ma
sorride,
ora, mi guarda, piange e sorride.
-
André…
io… ti
amo!
È
ridicolo, assurdo che, dopo tutto questo tempo, sia lei a dirlo per
prima…
La
guardo stupito, incredulo, rapito, felice.
La
guardo, non posso crederci…
Che
stupida, che stupida sono stata…
Se
è vero che il destino esiste, forse
davvero doveva succedere tutto questo, perché io trovassi la
mia strada…
Fersen…
sembra così lontano, ora… un
pallido fantasma di un ameno passato che non sento già
più mio…
Ho
sempre creduto che dire “Ti amo”
fosse tremendamente difficile, ed estremamente vincolante; eppure, ora,
davanti
ad André, non potevano esistere altre parole se non quelle,
e quanto vorrei che
mi legassero a doppia corda a lui, che incatenassero la mia anima alla
sua, il
mio corpo al suo…
Il
mio corpo… non lo sento più, è come
svanito nell’aria, leggero come una piuma sollevata dalla
tiepida brezza di
primavera…
Un
calore inebriante mi avvolge, mi
esalta, mi sfinisce, mi sprona a chiedere di più…
E
mi rendo conto ora veramente di
quanto provi André, per me…
Lo
vedo, ora è lui ad essere stranito,
forse anche “offeso” per aver perso il primato
delle più belle parole che udito
umano abbia mai sentito… Ho voluto vincere, ancora una
volta… ma quanto vorrei
perdere, perdermi ora in lui...
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Io
so, conosco perfettamente, quale sarà il mio destino dopo
che i vostri occhi avranno letto questo capitolo...
Concedetemi,
almeno, l'ultimo desiderio del condannato... :)
Capitolo
9
Oscar
starà pensando che sono un vero pesce lesso…
Sono
passati ormai molti secondi, sembrano quasi secoli, e siamo ancora qui,
come
due statue di marmo pietrificate dallo sguardo di Medusa, inginocchiati
per
terra uno davanti all’altra, con le mie mani ancora ad
avvolgere il suo dolce
viso, il mio volto bloccato da uno stupore immenso, il suo meraviglioso
sorriso
a prendersi, bonariamente, gioco di me…
Che
figura… ma chi se ne frega, ora…
Lei
mi ama, LEI MI AMA, e voglio gridare al mondo che il mio cuore sta
scoppiando
di felicità!
Non
riesco a rispondere, scemo che sono, ma finalmente le mie membra
sembrano aver
capito che dovranno agire senza alcun ordine da
quell’imbecille di un cervello
in empasse…
Mi
alzo, tenendole le piccole mani fra le mie enormi, e la faccio alzare
senza
staccarle gli occhi di dosso, non riuscirei nemmeno volendo…
Con
quei trampoli è alta quasi quanto me, il suo viso
è talmente vicino al mio che
sarebbe un disonore non baciarlo, ora.
La
bacio, dunque, piccole scie d’amore sul suo volto, mentre le
mie mani timorose
ma vogliose le accarezzano il collo, le spalle, la schiena lasciata
nuda
dall’abito, la sento mentre si irrigidisce, dapprima, e si
rilassa poi fra le
mie braccia.
Senza
ancora una parola, la conduco per il labirinto, fino al punto
più intricato e
nascosto, pensato dal suo inventore come una celata alcova per
innamorati
clandestini.
Come
noi, mi ritrovo a pensare.
Lei
non dice nulla, si lascia condurre docilmente, dopo aver abbandonato le
scomodissime scarpe da qualche parte lungo il percorso, i suoi capelli
splendenti di luna che si ribellano alle forzose forcine, e ricadono
morbidi a
solleticarle le spalle, il viso ancora imbarazzato ma animato da un
sorrisino
furbo che nulla di “buono” lascia presagire.
Lo
prendo per un sì ai miei più reconditi cattivi
propositi. Se questa è davvero
la realizzazione del desiderio espresso a quella piccola stella
cadente, voglio
allora viverlo fino in fondo, qualunque sia la conseguenza.
Al
domani, ci penserò domani, ho deciso di cogliere
l’attimo, per una volta.
Non
mi sono mai sentita così euforica
in vita mia, nemmeno dopo quelle sbronze colossali che il mio
André ed io ci
siamo presi così tante volte insieme…
Ma
ora, ora è diverso, non siamo più
due amici, compagni di botte e sbronze…
Siamo
un uomo ed una donna, che hanno
scoperto, o meglio rivelato, il loro amore reciproco, e lo stanno
conducendo
alla vetta tanto fortemente agognata…
Sento
l’erba morbida accarezzarmi i
piedi nudi ad ogni passo, le scarpe sono da qualche parte,
là dietro, e
ridacchio all’idea di che cosa penserà, chi le
troverà domani…
Mi
sento come la principessa delle
favole salvata dal suo Principe Azzurro…
So
cosa sta per succedere… pensavo
che, se mai mi fossi trovata in una situazione anche solo vagamente
simile, avrei
avuto paura, o provato repulsione… ed ora, invece, sento il cuore balzare in petto, ed
un calore anomalo
agitarmi le viscere e le membra…
Sto
finalmente seguendo il mio Destino.
Ecco,
quello è il posto. Ci infiliamo fra le siepi che in certo
punto nascosto sono
solo accostate, e ci troviamo in quello che adesso è per me
il più bel posto
del mondo.
Santo
quel progettista di labirinti… o forse, santo non lo era
nemmeno un po’… e non
riesco a non sghignazzare velatamente per tale sfrontata
maestria…
Un
piccolo spiazzo ricoperto di morbida erba, al cui centro fu eretto un
altare
tondeggiante, ora foderato di folti morbidi strati di muschio,
sovrastato dalla
struttura metallica di una pagoda ormai fagocitata dai tralci di edera
e
passiflora, che formano tutt’intorno all’altare
quasi un drappeggio, simile ad
un verde letto a baldacchino.
Tutt’intorno,
silenziose lucciole volteggiano rischiarando appena lo spiazzo, dando
l’impressione
che le stelle siano scese dalla loro volta celeste per danzare attorno
a noi.
Guardo
Oscar, la sua espressione di puro deliziato stupore mi rende
felice… le sto
ancora tenendo forte la mano, come ad aver paura che lei possa
scappare… ma so
che non lo farà, non ora.
Gliela
lascio, dunque, mi slaccio lo spesso mantello che ancora mi porto
addosso, e lo
adagio sul letto di muschio.
Sono
in Paradiso… sono morta di
felicità e sono in Paradiso…
Non
c’è altro modo di descrivere
questo luogo… le stelle ballano davanti ai miei occhi, la
luce argentea della
luna rischiara discreta questo posto fatato…
Ed
io, ho davanti a me la creatura più
meravigliosa che Madre Terra abbia mai potuto generare…
Non
riesco a parlare, non più, se
anche ci provassi nessun suono potrebbe fuoriuscire dalle mie labbra,
ora.
Il
mio sguardo estasiato passa da un
angolo all’altro di questo Eden nascosto, si sofferma sulla
delicatezza di un
fiore di passiflora ancora schiuso alla luce della luna, per volgersi
al
casuale armonioso intreccio di foglie e tralci che tutto circondano
come in un
abbraccio, per fermarsi infine su colui che rende tutto ancora
più unico e
speciale, André.
D’improvviso,
il battito d’ali d’un
qualche volatile notturno mi riscuote, e mi riporta alla
realtà, con tutto quanto
ad esso connesso.
André
ancora mi tiene la mano, mi
accompagna delicato ma deciso verso la verde costruzione sulla quale ha
steso
il suo mantello…
Lo
guardo negli occhi, le sue pupille
sono dilatate e scure al punto da celare il verde naturale delle sue
iridi, il
suo volto è teso e contratto di… eccitazione.
Mi
rendo conto di che cosa si aspetta
da me, ora… ed io… io non so…
La
ragione torna faticosamente a fare
capolino nel marasma confusionale dei sentimenti che si agitano in me,
ora.
Oscar
François DE JARJEAIS, Santo il
Cielo, SONO UNA NOBILE, sono il Capitano delle Guardie Reali, ed
André, per
quanto il Cielo stesso possa testimoniare essere l’uomo
migliore del mondo, è
pur sempre un PLEBEO, il mio Attendente, ed un mio sottoposto
gerarchicamente !
Che
cosa succederebbe, se ora mi
concedessi a lui, se ora lo lasciassi cogliere il fiore della mia
purezza, se
permettessi a lui di farmi sua?
Cosa
direbbe mio padre, che tanto
confida in me come sua erede?
E
mia madre? Come prenderebbe la
notizia, carpita dai miei occhi, di avere una figlia ormai
“svergognata” per
semplice passione?
Cosa
succederebbe, come potrei
continuare a comportarmi con André come ho sempre fatto, in
caserma, a casa,
davanti alla corte, davanti al mondo, fuori di qui?
Un
bacio è un BACIO, ma andare oltre…
E
poi… quanto male potrebbe fare?
Non
capisco, non riesco assolutamente a capire…
Oscar
era felice, rilassata, estasiata fino ad un attimo fa…
Ed
ora, la sua mano fra le mie è fredda, rigida, il suo volto
si è fatto di
pietra, i suoi occhi di ghiaccio, ed il mio cuore sta sanguinando per
tanta
freddezza.
Cosa
ho detto, cosa ho fatto?
Ho
corso troppo, ho esagerato, forse?
Eppure,
tutti i segnali lanciati da lei, dal suo corpo, dalle sue labbra, dai
suoi
occhi, gridavano a gran voce quello che la sua, di voce, mi ha detto
appena
qualche attimo fa.
“Ti
amo”, mi ha detto, ti amo, TI AMO…
Si
è forse già pentita, di quelle parole? O, forse,
non ero io il vero
destinatario di tali sentimenti?
Era
forse talmente annebbiata nel cuore e nella mente da confondere il mio
volto
con quello di Fersen, le mie mani con le sue, le mie labbra con le sue?
Sto
morendo, sto morendo di dolore…
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Mesdames
et Messieurs, les joueux sont faits, rien ne va plus...
Ho messo la parola "fine" a
questa mia fiction, anche se non vi dirò quanti capitoli
mancano...
Adoro, quando lasciate i
commenti agghiacciati per aver interrotto il capitolo sul
più bello...
Ma soprattutto, adoro
essere riuscita, almeno un poco, a trasmettere anche a voi la passione
che mi anima nello scrivere...
Grazie a tutti/e, soprattutto a Valentina78, se sopravvivrà
a questo capitolo, e se io sopravvivrò alla sua
esecuzione... :)
Capitolo
10
Sto
morendo, questa volta muoio davvero…
Come
si fa a sopportare una cosa simile?
Assaporare
per un istante l’inebriante nettare della
felicità, e soccombere un istante
dopo per la sua mancanza?
Oscar,
non dovevi farlo, non questa volta.
Ora,
cosa dovrei fare?
Trascinarti
con la forza, sbatterti su quel giaciglio, abusare di te e sfogare i
miei
istinti di uomo represso, di innamorato deluso?
E
dopo, cosa ne sarebbe di me? In che maniera potrei continuare a vivere,
leggendo per sempre nei tuoi occhi il dolore e l’odio per
come ti ho trattata?
E
per cosa, poi, per una notte di sesso?
No,
io voglio ben altro da te, e tu lo sai, ma sei ora così
crudele che non vuoi
concedermelo, anche se so che in fondo anche tu vorresti lo stesso da
me.
Ma,
come sempre da quando sei nata, il tuo orgoglio è anche
più forte del tuo
cuore, la ragione e la fedeltà al tuo ruolo mettono al
tappeto i tuoi
sentimenti se solo accennano minimamente a mostrarsi.
È
questo che vuoi, Oscar? È davvero questo? Vuoi il rispetto,
la stima, l’onore?
Allora,
questo solo avrai da me, Oscar.
Mi
hai appena ucciso, hai ucciso il mio cuore, ed un uomo senza cuore non
può più
amare, ormai.
Continuerò
ad esserti fedele, come è fedele un cane al suo padrone, un
sottoposto al suo
superiore, ma non avrai nulla di più da me. Mai
più.
Cosa…
cosa succede? Cosa ho fatto?
Cosa STO facendo?
Il
suo volto è diventato di pietra, i
suoi occhi si sono induriti al punto da ferire ad ogni sguardo
più di una lama
tagliente…
André,
cosa ti è successo, COSA TI HO
FATTO?
Hai
veramente letto dentro ai miei
occhi i pensieri che scorrevano indomabili nella mia mente?
Hai
capito i miei dubbi, le mie paure?
E
perché allora, se hai capito tutto
di me, sei diventato così freddo, così lontano,
quasi nemmeno fossi ancora su
questa terra, ma a galassie di distanza?
Perché…
perché non mi aiuti, ora più
che mai, come hai sempre fatto?
- Mademoiselle, ora che avete
visitato il famoso giardino del Palazzo Reale, se non Vi dispiace, Vi
ricondurrei a Palazzo De Jarjeais. Sarete stanca, dopo tanto danzare.
Vi faccio strada, la carrozza
è pronta da questa
parte.
Ora
so il dolore che si prova nel
morire. Ed io, in questo istante, sono morta.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Buongiorno,
miei fedeli...
Volevo
solo dire che il rating arancione è dovuto non tanto a scene
spinte, quanto ad una serie di pensieri sul suicidio che assolutamente
non vanno imitati.
Prego
quindi la splendida Padrona di casa, Erika, ed i suoi altrettanto
splendidi collaboratori a segnalarmi se ritengono che il rating vada
alzato da arancione a rosso, ed io provvederò
immediatamente. Grazie.
Capitolo
11
Non
ha più detto una parola, non una.
Mi
ha gelidamente fatto strada fino
alla carrozza, gelidamente mi ha aperto la porta, gelidamente mi ha
dato la sua
mano in appoggio per aiutarmi a salire.
L’ho
guardato, e altro non ho
incontrato che gelo, gelo, gelo.
E
quel gelo è ora sceso nel mio cuore.
Credo,
non potrò amare mai più.
I
cavalli, di nuovo, stanno procedendo lungo la mulattiera buia,
rischiarata solo
dalla flebile luce della lanterna agganciata alla carrozza, con una
sicurezza
che io ormai non ho più.
Oscar
non ha detto una parola, né mi aspettavo che lo facesse.
Mi
ha guardato prima di salire sulla carrozza, la sua piccola mano
guantata
appoggiata appena sulla mia.
Al
suo sguardo, che sembrava pieno di dolore, ma che io so essere solo una
finzione, ho risposto con un glaciale altero sguardo servile, da servo
quale
sono.
Non
devo dimenticare cosa sono. Mai più.
Domani
chiederò al Generale il trasferimento, al fronte.
Almeno
lì, lei non potrà arrivare.
Almeno
lì, forse, sarò salvo da me stesso e dalla mia
pazzia.
La
mia stanza non mi è mai sembrata
così fredda, prima d’ora.
Ho
chiuso la porta a chiave, doppia
inutile mandata, l’ho barricata con una sedia.
Una
dopo l’altra, quelle maledette
forcine che mi stavano bucando il cervello sono cadute ai miei piedi.
Le ho
pestate, ed esse, maledette ancora, mi hanno ferito un piede, nudo sul
freddo
pavimento.
Lentamente,
ho slacciato i malefici
bottoni dell’abito, che è caduto informe ai miei
piedi, lentamente ho sciolto
gli altrettanto malefici legacci del bustino, che rigido e crudele
è finito a
far compagnia al vestito.
Lentamente,
vuota, mi sono diretta
nella stanza da bagno, e lentamente ho versato sul mio inutile
“purissimo”
corpo nudo una intera brocca di gelida acqua.
Rapidamente,
stavolta, il mio corpo ha
sussultato, quasi una muta protesta per un gesto tanto avventato,
quanto
inutile.
Inutile,
come me.
Che
cosa ho concluso?
Ho
perso tutto, ho perso lui, ho perso
me stessa.
Ma
mi è rimasto il mio purissimo
corpo. Inutile.
Ed
inutile, da ora in poi, sarà la mia
onoratissima vita.
D’improvviso,
un pensiero abnorme e
demoniaco si affaccia prepotentemente alla mia mente, inducendomi a
pensare al
gesto estremo.
D’altronde,
perché no? Potrei davvero
farla finita, sarebbe facile, non certo indolore, ma magari
rapido…
Pensa,
come sarebbe, se bussando alla
porta, domattina, non ricevessero risposta, se la trovassero bloccata
al punto
di doverla sfondare, se mi trovassero riversa sul letto, nuda come
quando sono
venuta al mondo, mio malgrado, con la sola pistola in pugno ed un
rapido segno
rosso sulla tempia…
Ma,
a ben voler guardare, ci sarebbe
poi qualcuno che si preoccuperebbe di me, tanto da sfondare la porta e
venirmi
a cercare?
Ci
sarebbe qualcuno per il quale
potrebbe essere importante la mia vita?
C’era,
c’era fino a qualche ora fa, ed
io l’ho cacciato, sfuggito, rigettato con un semplice
sguardo, tutto per una
questione di onore… quell’onore che ora mi sembra
solo una vuota parola,
quell’onore che ho perso quando ho rifiutato André.
Potrei
farla finita, ma nemmeno questo
significherebbe nulla.
Sarebbe
facile, troppo facile. Ma ora,
nemmeno questo mi attira più.
Metto
addosso qualcosa arrabattato
dall’armadio, nemmeno i brividi sento più, almeno
coscientemente, mi siedo al
pianoforte a mezza coda che fa bella mostra di sé nella mia
stanza, nero come è
nera la mia anima, ora, chiudo gli occhi, e lascio che le mie fredde
mani
lambiscano i tasti in quella che è diventata una melodia
ormai fin troppo nota,
in questi ultimi tempi, per me.
Ed
odo, prima del cuore che non ho più
che tramite le orecchie, la mia sempre maledettamente perfetta
esecuzione del
Notturno in Do Diesis Minore di Chopin.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
L'amore è gioia, l'amore è dolore, ma solo avendo
provato il dolore e la malinconia, si può apprezzare appieno
l'inestimabile valore dell'amare, e del sapersi amati...
Buona lettura.
Capitolo
12
La
sento, sta suonando.
Come
sempre, quando è depressa o turbata, suona Chopin, QUEL
notturno.
Ma
se normalmente la sua esecuzione è calibrata al punto
giusto, questa volta, pur
mantenendo la sua incredibile purezza di suono dovuta agli anni di
esercizio,
avverto qualche cosa di diverso.
Negli
anni, anche il mio udito si è affinato.
Questa
volta, è più struggente, più dolorosa,
più… sembra la musica che viene
dall’anima di chi ha appena fatto un patto col Diavolo, e sa
che nulla più sarà
come prima. Mai più.
Sono
al buio nella mia stanza, che pur essendo al piano inferiore rispetto a
quella
di Oscar è comunque esattamente corrispondente ad essa.
Mi
è sempre piaciuto pensare che, se avessi voluto, avrei
potuto fare un buco nel
soffitto intarsiato per presentarmi a sorpresa davanti a lei in
qualsiasi
istante.
Ma
questo, era una vita fa.
Le
note angosciose continuano a fluide nell’aere, contaminando
la mia mente, il
mio sangue, bruciando come sale sulle ferite del mio povero cuore
dilaniato.
Basta,
esco.
Cammino
senza meta e senza rumore alcuno per la buia enorme residenza De
Jarjeais,
immersa nell’oscurità e nel silenzio, eccezion
fatta per quel suono sottile
eppure rimbombante come cannonate.
Non
faccio nemmeno attenzione a dove vado, ma la ragione sembra
infischiarsene
delle mie decisioni più intime, e conduce forzatamente le
mie gambe a salire le
scale, ad incedere lungo lo sfarzoso corridoio, a fermarmi davanti
all’entrata
di quella stanza, nella quale tante volte sono entrato, ma tante di
più avrei
voluto entrare in altro modo, con un altro ruolo, e dove ora mai vorrei
mettere
piede.
Eppure,
mi ritrovo appoggiato alla porta, mio malgrado, l’orecchio
teso contro la mia
volontà, la mente ad abbeverarsi di quella diabolica
insinuante melodia quasi
fosse acqua sorgiva nel mezzo di un deserto infuocato.
La
mia mano, traditrice, si appoggia sulla maniglia, vi fa forza,
l’abbassa.
La
porta è chiusa, a chiave.
Il
movimento causa un impercettibile lamento nel metallo, a stento udibile
seppur
da me, che l’ho causato.
La
musica si interrompe.
Mi
appoggio con le spalle e la nuca alla porta, gli occhi chiusi nel buio,
il
respiro, mio malgrado, trattenuto.
Sto
lì, e vorrei andarmene.
Dovrei
scappare, ma non voglio.
La
verità, la verità è che, nonostante
tutto, io non voglio, non voglio scappare,
non voglio perdere per sempre tutto quello che è stato la
mia unica fonte di
vita e di luce, dall’infanzia fino ad ora.
Non
credo di poter ricucire lo strappo fra noi, e nemmeno credo di volerlo
del
tutto, ma so che non posso comunque vivere senza i suoi occhi, il suo
volto, il
suo sorriso, o il suo odio.
E
mi maledico per la mia debolezza.
Le
lacrime, unica fonte di calore sul
mio corpo ormai semicongelato, scorrono sulle guance, cadendo copiose e
silenti
sui tasti d’avorio percorsi follemente dalle mie rigide dita,
inondandoli di
dolore che si trasmette alla musica che da essi ne esce.
D’improvviso,
un suono anomalo seppur
così flebile da farmi dubitare d’averlo soltanto
immaginato, mi distrae dalla
mia sofferenza fatta musica.
Le
mani si bloccano a mezz’aria, volgo
il volto alla porta, come aspettandomi che qualcuno, QUEL qualcuno,
stia per
entrare, senza ricordare quanto questo sia impossibile, vuoi per la
porta
chiusa e barricata, vuoi perché mai, mai tornerebbe sui suoi
passi, lo do, dopo
quel che gli ho fatto.
Mi
alzo, i miei piedi nudi non
avvertono nemmeno più il freddo del marmo sotto ad essi, mi
avvicino alla
porta, mi ci appoggio leggermente ad essa con una spalla, la tempia, la
mano.
I
miei occhi sono aperti, spalancati
di inutile speranza, ancora velati dalle lacrime ormai fredde come
freddo è il
mio cuore.
Non
respiro, non respiro più,
l’orecchio teso ad avvertire qualsiasi cosa di là
del legno, sia esso un
respiro, un passo, una parola.
Ma,
di là, solo il nulla mi risponde.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
L'arrivo è vicino, ma non sarà qui...
Capitolo
13
Caro
Diario, che sciocco che sono.
Ho
riempito queste pagine per mesi, nella vaga speranza che il vergare di
parole
la carta che ti compone potesse in qualche modo sollevare una parte del
peso
che mi porto nel cuore.
Non
avrei mai immaginato, nemmeno negli incubi più spaventosi
che animano le mie
notti, di non poter trovare sollievo in alcuna parte, in alcuna azione.
Sei
solo un insieme di inutili pagine ingiallite di tempo e
d’usura, caro il mio
Diario, che potrebbe solo acuire il mio dolore, se mai osassi riaprirti
a
leggere delle speranze di quel giovane che, ormai, in me non esiste
più.
Il
fiume sarà la tua tomba, e la mia insieme a te.
Non
ho più speranze, non ho più nulla,
ormai.
Apro
l’armadio intarsiato, ne cavo la
divisa di gala, la indosso rigidamente, mi spazzolo i capelli, mi lavo
il viso
con l’acqua gelata ancora rimasta nel catino.
Prendo
la spada, quella che mio padre
mi ha donato in occasione del mio sesto compleanno, quando ha deciso,
lui per
me, che ero abbastanza grande e forte da sostenerne il peso, e le
ferite. La
assicuro alla cintura, di modo che non cada, e non si perda.
Caro
Diario, si appresta per noi ora
l’ultimo viaggio.
Le
acque scure e profonde della Senna
stenderanno le braccia ad accogliere te, e me.
Domani,
fra un mese, o forse mai,
ritroveranno il corpo del Capitano delle guardie Reali, caduto nelle
braccia
della morte, ma con onore.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 - Epilogo ***
Non
pensavo potesse essere così difficile, finire un
racconto…
Ho
passato giorni e notti, dopo averlo scritto, a rimuginare e chiedermi
se avessi
scritto bene, o male, o peggio, questo ultimo capitolo, se non avessi
esagerato, da una parte o dall’altra…
Ho
passato giorni, prima di pubblicarlo, sebbene fosse già
scritto, perché il mio
stato d’animo non mi permetteva di rileggerlo a mente serena,
perché lo stress
e la fatica del vivere quotidiano e delle quotidiane arrabbiature
annebbiavano
la mia mente.
A
tutt’oggi, non sono sicura che questa fine sia la migliore
possibile, la
miglior scritta, la miglior pensata. Ma così è, e
prego chi ha avuto la forza,
la costanza, la curiosità e, perché no, il
coraggio di seguirmi ed
incoraggiarmi in questa avventura, di non aversene a male, se questo
capitolo
dovesse risultare deludente.
Io
ci ho messo me stessa… spero che basti.
Grazie
a tutti.
Path94.
Capitolo
14
Il
Diario in una mano, percorro lentamente i viottoli del giardino, curati
amorevolmente dal solerte giardiniere che ha trovato, in questo parco,
la
splendida realizzazione del sogno di tutta una vita.
Camminando,
accarezzo una siepe, fino ad arrivare ad un roseto.
Delle
rose, alcune sono schiuse, altre appena sbocciate, altre ancora in
bocciolo.
Ma
tutte, tutte quante, sono di ineguagliabile bellezza, capolavori di
Madre
Natura.
Ne
colgo una, la più bella di tutte, rossa come il sangue e la
passione.
La
colgo, e le sue crudeli spine mi feriscono, più
nell’anima che nella carne.
Mi
ricorda tanto Oscar, anche se le ferite che lei mi ha inflitto sono
molto più
profonde.
La
porterò con me, unico ricordo sulla fredda tomba di un uomo
senza nome.
La
spada nel fodero batte ritmicamente
contro la mia gamba, seguendo la cadenza dei passi che mi portano verso
la
parte più remota del giardino.
Il
mio sguardo è alto, il volto fiero,
ma chi mi dovesse guardare fisso negli occhi scoprirebbe facilmente il
dolore
che mi sta dilaniando dentro.
Costeggio
una siepe, è fatta di rovi
intricati, fra i quali timida spunta una magnifica candida rosa.
È
delicata, pura, eppure così forte e
tenace da essersi fatta spazio fra i dolenti artigli dei rovi.
Mi
ricorda tanto André…
Infilo
la mano tra i rovi, la colgo, e
le gelose spine lacerano la mia pelle, lasciando una bruciante striscia
di
sangue sulla mia mano.
Dolorosa,
ma non quanto la
consapevolezza del male che ho fatto ad André, ed a me
stessa.
Cammino
a testa bassa, l’oscurità della notte, accentuata
solo dai pallidi raggi di una
luna che stenta a fare capolino dalle scure nubi cariche di minacce di
tempesta, impedisce di vedere chiaramente la via, ma le mie gambe
continuano a
percorrere sicure i viali che tante volte hanno battuto in sua
compagnia.
Esco
dalla proprietà attraverso un cancelletto celato dalle folte
siepi che
delimitano il giardino, e mi dirigo verso il largo ponte sulla Senna
che sarà
il punto d’arrivo del mio breve viaggio.
Il
cancello principale è pesante,
stanotte, forse pesante come mai lo è stato prima, quasi a
volermi impedire di
compiere la mia insana missione.
Lentamente,
faccio forza e riesco a
scostarlo di un poco, abbastanza però da passarci
faticosamente ed uscire sulla
strada.
Là
in fondo, lo so anche se la notte
mi impedisce di vederlo chiaramente, c’è il ponte,
e sotto di esso, le bramate
acque.
Le
mani appoggiate al parapetto, una di esse stretta al Diario,
l’altra a tenere
delicata la purpurea rosa colta poco fa, mi sporgo a guardare.
Chissà
cosa, poi, visto che è tutto così buio che
potrebbe passarmi accanto un
esercito, ed io forse nemmeno me ne accorgerei.
L’acqua
è solo leggermente agitata, lo sento dal rumore lieve che fa
scrosciando contro
le basi del ponte, e dall’odore salmastro che giunge alle mie
narici.
Basta
poco, per lasciarsi andare…
Chissà,
se sarà fredda…
E,
d’improvviso, mi rendo conto di un fatto.
Tale
padre, tale figlio …
Mio
padre, anni fa, si gettò da un ponte simile a questo,
disperato per non poter
pagare i debiti contratti per sfamare la famiglia.
Anni
dopo, io sto per gettarmi da questo ponte, anch’io disperato,
ma per un amore
che mi ha dilaniato…
Il
cerchio si chiude. Buffa, la vita, no?
Butto
la testa indietro, e rido, forse per l’ultima volta, rido e
rido ancora…
Ma
quanto sa di amaro, questa risata… sembra fiele.
Eccomi,
sono arrivata, ad un passo
dall’inizio della fine.
Intravedo
il parapetto del ponte, lo
seguo con una mano, fino a che la curvatura del ponte stesso giunge al
suo
culmine.
Il
legno è freddo, bagnato della brina
notturna, ed il freddo mi entra nelle mani, nelle ossa, nel cuore.
Lo
scroscio leggero dell’acqua culla i
miei malsani pensieri.
Respiro
a pieni polmoni, forse per una
delle ultime volte.
D’improvviso,
odo una risata dietro di
me, cattiva, piena di odio.
Mi
giro di scatto, e quasi,
stupidamente, mi aspetto di trovarmi davanti il Diavolo in persona,
venuto a
prendere la mia inutile anima.
Ma,
poi, il Diavolo veramente si
scomoderebbe per una come me?
Mi
giro, ed avverto la presenza di una
figura, seppur non la riesca a distinguere nettamente per il buio.
È
dall’altra parte della carreggiata,
anch’egli sul culmine del ponte, girato di spalle rispetto a
me.
Ride,
ride ancora… e quella risata mi
dà i brividi, mi fa fisicamente male, quasi quanto un
fendente di spada od un
colpo di pistola.
Faccio
un passo avanti, causando la
rottura di un ramoscello, e mi sento aggredire da un profumo che
conosco bene,
che solo poche ore fa inebriava la mia mente, che, nonostante la
docciata
gelata di poco fa, ancora non se ne è andato dal mio
corpo…
Un
fulmine squarcia crudelmente il
cielo, inondandolo di luce quasi fosse pieno sole e…
È
strano, ridere e piangere insieme…
Oscar
è capace di piangere dal ridere, quando comincia
è davvero difficile fermarla,
ma ridere dal piangere è decisamente altra cosa, e
decisamente più anomala…
Sento
un rumore, dietro di me, come se qualcuno stesse camminando sul ponte
ed avesse
schiacciato un ramo caduto in terra, e mi volto fulmineo.
Un
lampo potente e ramificato annuncia di un attimo il forte clamore del
tuono,
illuminando tutta la campagna circostante, e…
-
Oscar !
-
André!
Un
secondo lampo segue il primo, e lei è lì, davanti
a me, splendida nella sua
uniforme di gala, la spada nel fodero ancorata alla cintura, un piccolo
libro
in una mano, una candida rosa nell’altra.
Il
suo volto è una maschera di puro stupore, la bocca
è aperta in una muta
protesta che non riesce a trovar voce…
Lui…
era lui che rideva, era lui che
soffriva così…
Apro
la bocca per parlare, per dire
cosa poi non so… ma qualcosa.
Ma
le mie labbra, traditrici, non
proferiscono suono.
Sento
le lacrime pungermi gli occhi,
forzare la mia volontà e cominciare a scorrere senza freno
alcuno.
Non
era così, che pensavo sarebbe
andata…
Non
è facile, lasciarsi morire, ma è
ancora più difficile farlo, quando hai davanti a te quello
che avrebbe potuto
essere il tuo sole, e per tua stessa colpa è ora la tua
notte eterna…
Muovo
un passo avanti, è l’unica cosa
che riesco a fare…
Sta
piangendo, Oscar, sta piangendo…
È
strano, è un pianto di dolore, di sofferenza estrema, sembra
quasi, causticamente,
l’eco della mia dolente risata di poco fa…
Faccio
un passo avanti, senza rendermene conto, mentre l’unica cosa
di cui mi rendo
veramente conto è che anche lei sta avanzando verso di me.
Mosso
da una volontà che non riconosco come mia, continuo ad
avanzare, a ridurre la
distanza tra lei e me, dai pochi metri di larghezza del ponte, a pochi
centimetri, ormai…
Perché
sto andando verso di lui? Per
sentirmi di nuovo dire quelle gelide parole, per udirne altre ancora
più
cattive, come mi merito?
Ma
non riesco a fermarmi, anche se mai
lo volessi fare non riuscirei.
Lui
sta venendo verso di me, ed io
verso lui…
Lo
spazio fra noi si sta azzerando,
sono ormai a pochi centimetri dal suo volto, totalmente inebriata dalla
sua
presenza.
Mi
fermo, chiudo gli occhi a trovare
un coraggio che non ho, ma solo per un attimo, li riapro solerti ed
appannati
di nuovo di lacrime…
Il
suo profumo mi inebria, la sua presenza mi uccide…
Al
diavolo le mie “convinzioni”, non riesco a portarle
alcun rancore, non riesco
nemmeno a tenere fede allo stupido proponimento di poche ore
fa…
I
suoi occhi si chiudono per un attimo, lo posso vedere alla luce dei
fulmini che
sempre più numerosi e potenti squarciano il buio di questa
strana notte.
Si
riaprono, e li vedo splendere di lacrime, sono forse per me?
Gocce
pesanti cominciano a cadere attorno a noi, su di noi, inzuppandoci in
pochi
istanti come pulcini, ma non importa, nulla potrà
distogliermi da questo attimo
così incredibile che vorrei durasse in eterno…
-
Perdonami.
-
Perdonami.
Non
serve finire la parola, detta all’unisono, che i nostri cuori
cominciano a
battere all’unisono ugualmente.
Mi
getto verso di lei, e lei si getta verso di me, le nostre labbra umide
incollate, le braccia intrecciate in un caldo abbraccio, le anime,
finalmente, fuse
in un'unica entità.
Non
importa più ieri, non importa domani, non importa nulla, se
non lei, noi, ora.
Non
sento più freddo, non sento più
dolore, non sento più nulla, se non le sue labbra sulle mie,
le sue mani su di
me, il suo corpo premuto contro il mio…
Siamo
io e lui, lui ed io, noi, solo
noi…
Il
Diario mi è caduto di mano,
aprendosi e sparpagliando i suoi fogli sul terreno grondante di pioggia
che
lava via le parole ed il dolore contenuto in quelle pagine. Accanto ad
esso, la
rosa bianca sta perdendo i suoi petali, mischiandosi ugualmente ai
petali di
una rosa rossa.
Caro
Diario, non servi più…
Sei
caduto in mezzo al fango, lasciando liberi i tuoi fogli come ali di
gabbiano,
mischiandoti e fondendoti con le pagine di quello che so essere il
diario Oscar
come, ora, si stanno fondendo le nostre anime…
Sono
libero, sono vivo…
Sono
libera, sono viva…
-
Andiamo, André, torniamo a casa…
Mi
sciolgo dal suo abbraccio, gli
prendo la mano, lo conduco con me.
Domani
mattina, parlerò a mio padre ed
a mia madre, domattina smetterò la divisa per diventare
quello che avrei dovuto
essere già da molti anni: una donna.
Domattina,
però.
Ora,
ho qualcosa di molto più
importante da fare.
Ho
una vita da cominciare, ora, la
mia, la nostra.
THE
END.
So
che le dediche, di solito, si fanno all’inizio di uno scritto.
Ma
io non sono mai stata molto ligia al dovere, e la farò
dunque alla fine.
A mio marito, che mi ha
insegnato ad
amare.
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