Diario di un amore

di path94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. ***


DIARIO DI UN AMORE

Scrivo da tempo, frequento il sito da molto, ma questa è la prima volta che decido di pubblicare qualche cosa.
Non chiedo di essere clementi, ma solo sinceri, in quanto ritengo che i commenti, positivi o negativi che siano, se sono costruttivi permettono di crescere e imparare.
Grazie a chi avrà la pazienza, e la voglia, di seguirmi in questa mia prima avventura letteraria.
Path94

1.

Non posso crederci… Oscar, LA MIA Oscar, che si veste da donna per andare al ballo a vedere quel… quel damerino impomatato che nemmeno la considera!
Ma come può essere così crudele, la vita? Come può chiedere ad un uomo un tale sacrificio? Come può obbligare ad amare una donna così tanto da votare la propria esistenza al servizio, all’assoluta dedizione, al dono della vita stessa, e non ricevere nulla, nulla in cambio?
Dovrei pensare più a me stesso, convincermi che non riuscirò mai a scalfire quella corazza che lei si è creata addosso per difendersi dal mondo, e da me…
Ma non riesco a rassegnarmi, c’è qualcosa in fondo al cuore che mi sprona, che mi convince, testardo me, che, forse, un piccolissimo barlume di speranza c’è, ed io, cozza che sono, continuo ad attaccarmici con spasmodica volontà…

Continuo a ripetermi che, tanto, Oscar starà malissimo, vestita da donna…
Lei, abituata alla divisa, ai pantaloni, alla libertà di poter cavalcare a braccetto col vento…
Come vuoi che stia, tutta stretta in corsetti, lacci e maledizioni varie che portano le donne “normali”…
Come vuoi che stia?
Santo Cielo, che cavolo mi sto raccontando? Sarà bellissima, lo so, una Dea, un’apparizione divina…
E io non potrò fare altro che guardarla per poco, cercando disperatamente di non far trasparire l’immenso desiderio di toccarla, di sfiorare il suo viso, di affondare le mani nei suoi soffici capelli d’oro, di assaggiare le sue labbra…
Non potrò fare nulla… solo struggermi al pensiero che lui, quel Maledetto che non merita l’amore di Oscar, la stringerà fra le braccia, inspirerà il suo profumo, sarà a lei in un attimo più vicino di quanto io abbia mai potuto fare in una vita…

Se solo fossi nato ricco… se solo non fosse successo quel disastro alla mia famiglia… se solo mio Padre non avesse perso il titolo…
Se… Poveraccio, mio padre, non s’è mai perdonato di averci costretto ad una vita miserabile…
Era un cervello fino, mio padre, ma nessuno gli ha mai dato fiducia, dopo che quello strozzino l’ha fregato, insultato, ridotto al lastrico per un disonore che non era nemmeno il suo…
Già… ero piccolo, ma in qualche modo mi ricordo di tutto…
Mio padre sempre ubriaco, ma mai violento, solo arrabbiato col mondo… Eppure una carezza per me e per mia madre c’era sempre…
E mia madre, così bella, un raggio di sole in mezzo alla tempesta…
Ricordo quanto mi sentivo bene, quando mi prendeva in braccio…
Poi, quel giorno, quel maledetto giorno…
Era autunno, uno di quei giorni di novembre carichi di nebbia e di nostalgia…
Mio padre non tornò a casa, quella sera…
Vennero degli uomini in uniforme, vidi mia madre piangere come mai l’avevo vista prima.
Quella sera, mentre mi rimboccava le coperte, mi strinse forte lasciandomi sul viso tracce delle sue lacrime, mi baciò sulla fronte con tutto il suo amore, mi guardò negli occhi e mi raccomandò di essere forte, di diventare un uomo retto e sincero…
La mattina dopo la cercai per tutta la casa, due misere stanze, senza trovarla. La cercai per tutto l’isolato, spingendomi impaurito fino a dove mai ero giunto prima.
Tornai a casa, e trovai la Nonna, la mia cara Nanni, con gli occhi rossi e gonfi come se avesse appena smesso, anche lei, di piangere.
Mi disse “Piccolo, mamma e papà sono volati in cielo, e ti guardano da lassù… Non aver paura, mi prenderò io cura di te…”
Non capivo, non riuscivo a capire, allora…
Sarebbero passati anni, prima che Nanni avesse il coraggio di rivelarmi che mio padre si era gettato nella Senna per lavare il disonore di non poter provvedere alla sua famiglia, e di come mia madre, col cuore in frantumi, in un attimo di pazzia lo abbia seguito, anche lei inghiottita dalle fredde nere acque del fiume…

Eccola, mi sta chiamando, Oscar, la mia Oscar mi sta chiamando. Volo da lei, almeno questo lo posso fare…

NON CI POSSO CREDERE !
Mi ha appena detto che non vuole che io l’accompagni, altrimenti qualcuno potrebbe riconoscerla!!!
Ma non c’è mai fine alla sofferenza?

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Caro Diario… ma che scema sono… non sono mai stata capace di scrivere un diario da ragazzina, e mi metto a farlo adesso, alla soglia dei 30 anni…
Vabbè, proviamo a fare questo sforzo… ho sentito le mie sorelle dire che aiuta, scrivere, aiuta a rimettere al loro posto i pensieri, aiuta a sfogare le parole che a voce non possono essere dette, aiuta… sarà poi vero?

Ho appena congedato André, gli ho detto che non voglio che mi accompagni al ballo.
Poverino, mi sembrava un cane bastonato, ma sono sicura che capirà, dopotutto è il mio migliore amico…
Ho deciso, almeno credo, di andare al ballo vestita da donna…
Accidenti, per una volta nella vita posso anche provarci… purché nessuno mi riconosca, altrimenti perderei di credibilità, ed un Capitano delle Guardie deve mantenere il rispetto…
Ma chi voglio prendere in giro? L’importante è che LUI non mi riconosca… o forse sì…
Lui… lui… Hans Axel von Fersen… non riesco più a togliermelo dalla testa…
Sono mesi, ormai, che non riesco a comportarmi più normalmente in sua presenza.
Lo so, lui è innamorato di sua Maestà, e presumo sia ricambiato… ma nonostante io lo sappia perfettamente, non riesco più a rimanere indifferente, quando mi passa accanto, o mi saluta, o mi stringe la mano.
Ringrazio di vestire la divisa; il tessuto è così spesso e rigido che, per fortuna, è impossibile vedere i brividi che attraversano il mio corpo quando sono in sua presenza.
So che non ci potrà mai essere nulla, fra di noi… ma accidenti, il mio corpo mi tradisce in una maniera che non credevo né volevo possibile… ho deciso di essere un uomo, eppure ogni mese, in “quel” periodo, devo forzatamente ricordare di essere una donna. E quello stupido del mio cuore pare, ormai, ricordarmelo ancor più spesso di quanto non faccia il mio corpo.
Ho deciso. Mi vestirò da donna, sia come sia, e se anche, come spero, non mi riconoscerà, magari potrò almeno serbare il ricordo di un ballo, con lui, di un contatto… Mi basterà.
Forse.

Manca solo un giorno, ormai, al ballo.
Oscar non dice nulla, è taciturna più del solito, ma a volte la vedo che ha la testa fra le nuvole… e questo mi fa male, terribilmente.
Nanni è decisamente fuori di testa, corre su e giù per la casa canticchiando felice come mai l’avevo vista, portando fra le braccia tonnellate di stoffe, trine e merletti…
Finirà che Oscar sembrerà una bambolina troppo impomatata…
E intanto continuo a cercare di ingannare me stesso.

Ho sentito un grido, e mi sono precipitato.
Temevo che Oscar si fosse ferita, magari mentre puliva la sua spada come al solito con cura (e quanto vorrei esserci io, al posto di quella lama…) e invece…
Quasi mi viene da ridere…
Ho origliato da fuori la porta… Nanni stava urlando dietro ad Oscar… ed Oscar piagnucolava perchè Nanni la stava punzecchiando a tutto spiano con gli spilli del vestito…
Giuro… se non fosse che tutta questa faccenda mi sta facendo soffrire come un cane bastonato, mi verrebbe voglia di farmi una bella risata, magari entrando all’improvviso nella stanza e vedere la faccia di Oscar, il grande soldato, che si lamenta come un gattino…
E domani, domani è il giorno Maledetto.
Temo che non riuscirò a dormire, questa notte.



Caro diario… non capisco perché mi intestardisco con questa faccenda. Ho quasi l’impressione che, vedendomi allo specchio, l’immagine che si rifletterebbe sarebbe quella di una ragazzina con i codini e la gonnellina, invece che la mia…

Non so se ho fatto la cosa giusta, non lo so.
Nanni è fuori di testa, completamente andata. Ha continuato per tutto il giorno ad urlarmi dietro e a punzecchiarmi senza pietà…
Non pensavo, davvero, che uno stupido vestito da donna richiedesse così tanto tempo… e tante “sofferenze”… Quasi preferisco i lividi di una bella scazzottata, di quelle con André, piuttosto che questa tortura cinese di spilli e merletti.
Già, André…
Sono sicura che quel traditore ha origliato alla porta.
Mi sembra di vederlo, mentre sghignazza sotto i baffi… anche se i baffi non li ha ! Va bene lo stesso, rendeva il concetto, anche se…
Appare un po’ troppo tranquillo in questi giorni, come se avesse dei pensieri che non vuole rivelare…
Spero non si sia offeso perché non voglio che mi accompagni…
E domani, domani è IL giorno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Prima di cominciare il capitolo, ringrazio chi ha avuto la bontà di recensire. E' bello, da "scrittrice" in erba, sapere che quanto si sente e si esprime con le parole riesce a toccare le corde di altre persone come le proprie, ed a farle vibrare di una stessa melodia.
Grazie ancora.

Capitolo 3



La pendola dell’ingresso segna le 3, oramai…
Ho tentato di coricarmi, ma, dopo aver fissato a vuoto il soffitto per più di due ore, ho capito che, anche volendo, il sonno non sarebbe mai arrivato.
Ed ora, eccomi qui, con una bottiglia di vino rosso colma a metà ed un bicchiere ormai svuotato davanti me, mi sento le guance un po’ arrossate per via di ciò che già manca da quella bottiglia, ma, per lo meno, la testa mi sembra un po’ più leggera…

Odo dei passi, leggeri come quelli di un gatto, ma per me udibilissimi e, maledetto me, inconfondibili.
Cosa ci fa, sveglia, a quest’ora? Non voglio che mi veda così… non riuscirei a trovare una scusa decente, ma in realtà nemmeno so se vorrei trovarla…
Non faccio in tempo a scansarmi, a nascondermi, che lei è già in cucina. Non mi ha visto, non ancora almeno, il tavolo è in una zona in ombra rispetto al resto della stanza, ma sicuramente mi vedrà ad istanti, giusto il tempo di trovare, anche lei, qualche cosa da bere, lo so…
Ha addosso solo una camicia di seta, bianca, quasi trasparente, che non le arriva a metà coscia… i capelli scarmigliati, gli occhi arrossati come se avesse pianto… di sicuro non per me.
Eccola, mi vede… le labbra rosse come ciliegie leggermente aperte, gli occhi spalancati di sorpresa… Santo cielo, è splendida, provocante come non sa di essere… Sto facendo seriamente forza su me stesso per non fiondarmi addosso a lei, per non assaggiare quelle labbra che sembrano create solo per essere baciate… per fortuna, ho solo mezza bottiglia in corpo, e quella so ancora reggerla bene, altrimenti avrei potuto non riuscire a rispondere di me stesso…
Decido di fare il primo passo, forse sperando che, obbligandola a difendersi, non si ricordi di chiedere lei a me perché io sia qui…

-    Sei preoccupata per il ballo?
-    No, no… è che… ho mangiato troppo salato ieri sera, e mi è venuta sete…

Cerca di darla a bere, a me, ma io la conosco troppo bene per farmi infinocchiare da una simile risposta… e poi, la sete da sale non si placa con il whisky…

-    Ho già fatto preparare una carrozza come mi hai detto tu, senza stemmi né segni di riconoscimento… ti accompagnerà Maxim, il piccoletto nuovo… Hai ragione tu, se ti accompagno io, sarà fin troppo facile che qualcuno si chieda chi sto accompagnando, visto che mi conoscono…

-    Sicuro che ho ragione, anche se… magari basterebbe che tu ti vestissi in maniera anomina e tenessi il cappello calcato sul viso… Di solito nessuno nota un cocchiere…

Allora diciamolo, vuoi proprio uccidermi ! Ma, come al solito, io morirò per te, e farò ciò che tu mi chiedi, con il cuore spezzato, calpestato, ridotto in briciole, ma lo farò.

-    Va bene, allora, se così hai deciso. Fammi solo sapere a che ora vuoi partire, sarò pronto.

Mi sorridi, ed il tuo volto irradia una luce che poche altre volte ho avuto l’onore di vedere… ed il sapere che non è per me fa sempre, sempre più male…

Accidenti a me, ma che cosa mi è saltato in mente? Non potevo lasciare tutto come stava?
Perché gli ho chiesto di accompagnarmi?
Oscar, per la miseria, dillo che lo sai, il perché. Perché sei talmente forte, talmente “uomo” da essere praticamente terrorizzata al pensiero di andare a quel maledetto ballo da sola, ed hai avuto bisogno di un amico che infondesse in te quella fiducia che non hai…
Ecco, il perché.
Perché André, dopotutto, è la mia forza, la spalla su cui appoggiarmi quando la fatica mi sfianca, il sorriso che illumina una giornata di pioggia, la colonna su cui mi appoggio sicura…
Non potrei desiderare amico migliore, lo so…


Ti saluto, ti auguro la buonanotte con un sorriso tirato e molto poco sincero, prima che tu ti renda conto che c’è qualcosa che non va, e mi chieda spiegazioni.
Non saprei che dirti, se non la verità, e quella non posso, proprio non posso rivelartela.
Significherebbe perdere tutto, quel poco almeno, perdere te e quei pochi istanti in cui ti posso vedere, posso udire il suono melodioso della tua voce e godere del colore dei tuoi occhi, in cui posso illudermi che, forse, un domani ci sarà anche per me, il domani…

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


23 SETTEMBRE: GRAZIE PER I COMMENTI, HO TENTATO DI CORREGGERE UN PO' ALCUNI TEMPI DEI VERBI CHE PROPRIO "STONAVANO"... A PRESTO..
Di nuovo, qualche piccolo istante per i ringraziamenti a chi ha voluto leggere e recensire.
In particolar modo, volevo ringraziare IceWarrior per la sua recensione, precisa e decisamente costruttiva. Amo scrivere, ma lo scrivere per se stessi è decisamente diverso dallo scrivere a beneficio di altri. Ho in mente un progetto abbastanza ambizioso, che sicuramente non sarà una fanfiction, e questo racconto a puntate sta diventando un vero banco di prova e di apprendimento. Grazie ancora, e, ti prego, continua a farmi avere le tue impressioni.

Capitolo 4


Ti saluto, e salgo lentamente le scale, uno scalino alla volta, fino a giungere alla porta della mia camera.
Apro, entro e richiudo la porta dietro di me, la chiudo a chiave, a doppia mandata, nella vaga e inutile speranze di chiudere fuori, con tale gesto, il mondo intero e, sì, anche te.
Ma tu non puoi restarmi fuori… sei ormai talmente dentro di me, talmente in profondità che lasciarti fuori significherebbe lasciare fuori anche la gran parte di me…
Mi butto sul letto, braccia e gambe divaricate, gli occhi chiusi.
Non piango, non penso di esserne capace, ma vorrei tanto imparare a farlo… almeno mi servirebbe da sfogo.
Mi rialzo, arrabbiato con me stesso per non essere nemmeno capace di versare una lacrima, e mi preparo un bagno, caldo e profumato di muschio…
I vestiti lasciati per terra, mi immergo nell’acqua bollente, incurante delle mille e mille piccole punture che la temperatura lascia sulla mia pelle.
Il profumo di muschio si insinua prepotente nelle mie narici, riportandomi alla mente ricordi di cavalcate per i boschi, lei ed io, a rincorrerci fino a sfiancare quelle povere bestie, e poi a lottare, uno contro l’altra, con ardore ma mai violenza… anche quando qualche cazzotto finiva a destinazione, su di me o su di lei.
Sento la pelle diventare di fiamma, i muscoli rilassarsi, la testa farsi più leggera…

Santo cielo, ma mi sono davvero bevuta il cervello, ormai…
Che cosa mi è venuto in mente, di andare a cercare André?
Ho bussato alla sua porta, leggermente, di solito basta quello perché mi apra… non so come, ma è sempre sveglio, quando vado a cercarlo…
Ma questa volta non ha risposto, mi è sembrato strano, e sono entrata comunque.
La porta ha opposto un po’ di resistenza, ma è bastato poco per forzarla… Sono porte vecchie, quelle di Palazzo Jarjeais, non funzionano nemmeno le serrature a chiave…
Sono entrata, la stanza era avvolta nella penombra di una flebile candela accesa e appoggiata allo scrittoio, ma di André nemmeno l’ombra.
Mi sono avvicinata al letto, ancora fatto ma con le coperte appena scomposte, come di un corpo che vi si sia appoggiato pesantemente, ed un flebile rumore di acqua in movimento mi ha costretto a voltare lo sguardo…
E lui era lì… dentro la vasca da bagno.
La ragione mi spronava a tornare sui miei passi ed ad andarmene, prima che lui mi scorgesse violare la sua privacy, ma qualcosa che non so definire, curiosità forse, mi ha spinto ad avvicinarmi, leggera e silenziosa, fino a che non ho avvertito il suo respiro pesante.  
Le mie gambe, completamente sorde ai richiami della mente, mi hanno condotto avanti, e avanti ancora, fino a fronteggiare completamente la figura dormiente immersa nell’acqua ormai già tiepida.
I miei occhi traditori si sono levati a contemplare tale figura, appena velata dalle piccole bolle di schiuma che andavano rapidamente dissolvendosi, lasciando intravedere altro e altro ancora.

Non avevo mai notato, o forse non ricordavo, quanto forte fosse, André…
Nonostante la posizione rilassata, i muscoli delle braccia e del petto risaltavano prepotentemente fuori dall’acqua, armoniosamente in contrasto con il bel viso dagli occhi chiusi e dai capelli disordinatamente sparsi sulle spalle…
L’acqua sfuocava leggermente quanto sotto, ma riuscii lo stesso ad intravedere le sue gambe, altrettanto forti, e… Santo Cielo…
Mi voltai di scatto, il mio volto ormai scarlatto, ne ero sicura…
Ma cosa andavo a combinare… pensieri impudici guizzavano balordi per la mia testa, senza che io riuscissi a fermarli, mentre il cuore cominciava a battere prepotentemente nel mio petto, rischiando di saltare fuori per la paura e… non so cos’altro…
Un respiro un po’ più profondo nel sonno di André mi ha riscosso e riportato, almeno parzialmente, alla realtà. Diamine, cosa andavo a pensare…
Lui era André, il mio Amico di una vita, il mio compagno di scorribande e di scazzottate, il mio confidente e fedele Attendente… ed uno splendido ragazzo, me ne ero resa improvvisamente conto.
 Inconsciamente, ma forse nemmeno tanto, mi sono ritrovata a chiedermi quante ragazze avesse già fatto felici, grazie a quel corpo, e se ce ne fosse una per la quale il suo cuore battesse, ora…
E senza pensare, ho fatto qualcosa di completamente insensato, ma stupendamente spontaneo e, forse, lungamente dovuto. In un attimo ero accostata a, attenta a non svegliarlo, per posargli un leggero bacio su una guancia, sussurrando un piccolo “Grazie, amico mio…” per tutto quello che faceva ogni giorno per me. Forse, se fosse stato sveglio, non avrei mai trovato il modo di dirglielo…
La fragranza del suo profumo, mela e cannella insieme, dentro le mie nari, mi fece sentire a casa, come sempre.
Silenziosamente come ero arrivata, me ne sono andata, chiudendo piano la porta per non far rumore… sarebbe stato un po’ difficile da spiegare a Nanni, se mi avesse sorpresa lì…

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo corto, di transizione, questo.
Spero di pubblicare presto il resto.
Grazie una volta di più a chi ha il coraggio di leggere, e la cortesia di recensire.

Capitolo 5


Mi sembra passato solo qualche minuto, ed invece mi sono addormentato così, nella vasca piena di acqua ormai fredda, e già i primi bagliori dell’aurora filtrano dalle pesanti tende della mia camera chiuse male, riempiendola di un colore indefinito, ma caldo e rassicurante.
Sento addosso un profumo strano, sconosciuto eppure a me così familiare, come di vaniglia… il profumo di Oscar, ma, forse, me lo sono solo sognato.
Oggi è quel giorno, IL giorno.

Mi asciugo, mi vesto, scendo il cucina, guidato dall’odore delle frittelle che Nanni, come ogni mattina, avrà sicuramente preparato.
Tutto come da copione, Oscar à già sveglia ma arriva poco dopo di me, giusto in tempo per sentire Nanni che mi urla dietro per aver rubato troppe frittelle a “Mademoiselle”…
Lei che ride al vedere me, grande e grosso, bistrattato da una tenera morbida nonnina, ma tant’è… sappiamo tutti e due che le frittelle avanzeranno, come al solito, perché la “piccola” dose di Nanni corrisponde sempre a quella necessaria ad un esercito, e come al solito io, goloso, le farò comunque sparire tutte, procurandomi quel leggero mal di stomaco che è appena ad un passo dall’indigestione, ma tanto buono…
Oscar ride, ride di me, ma nonostante la sua risata riesco a vedere che il suo sguardo, a volte, si perde altrove, fisso nel nulla.
I suoi occhi chiari come l’acqua limpida cercano di vedere qualcosa, che, io spero, mai potrà avere… e mi rendo conto di quanto io sia prepotente, augurandole in cuor mio la disfatta per questa sera, ma si può chiedere davvero a cuor leggero ad un uomo disperatamente innamorato di gioire nel vedere l’oggetto del suo desiderio volteggiare bellamente nelle braccia di un altro?

La giornata sta passando quasi come al solito, se non fosse per l’eccessivo accanimento di Oscar nell’allenarsi con la spada e nel centrare i bersagli con la pistola.
Ho strigliato i due cavalli di stasera, neri come la notte, ho messo loro i paramenti di gala, sfarzosi anche se senza segni di riconoscimento.
Ho preparato anche la carrozza, perché la mia splendida dama possa viaggiare comoda e serena… anche se temo così non sarà.

Non credo sia la maniera migliore, questa, di sfogare la tensione, ma al momento è davvero l’unica che conosco…
Ho duellato con André per ore, ho sparato a decine di bottiglie infrangendole senza pietà, ma non è bastato.
Sono tesa allo spasmo, confusa e combattuta, su molti fronti…
Da una parte, mi chiedo se veramente sto facendo la cosa giusta, a vestire quegli abiti e ad andare al Ballo, dall’altra, ogni volta che il mio sguardo incontra gli occhi di André, mi ritorna in mente la visione di ieri sera, e rischio di arrossire come un peperone…
Basta, è ora di andare a prepararsi. Indietro non si torna, disse qualcuno.
La vittoria, o la disfatta… o l’ignobile fuga.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Per forza o per amore, ecco un nuovo capitolo. Più mi inoltro nella storia, più mi sembra che i personaggi vivano di vita propria, obbligando semplicemente la mia mano a narrare quanto essi realmente vivono.

Continuo a ringraziare chi recensisce, anche se mi sto accorgendo che sta diventando quasi una dolce "droga" per me, questa...

Peggio per voi... più vado avanti, più il mio terribile lato romantico fa' più che capolino... Avvertiti/e.

Capitolo 6

Ecco… non pensavo di non saper trattenere così o sentimenti… Sono pronto, ed è ormai un’ora che attendo Oscar nell’androne giù dalla scala, misurando la distanza a lunghi passi, avanti indietro tanto da rischiare di scavare un solco…

Nanni , come al solito, mi sta rimproverando, dicendomi che questa mia impazienza, tutta rigorosamente maschile, di certo non potrà che nuocere a Mademoiselle…

Impazienza, dice lei… in verità io dentro mi sento morire…

Poi, finalmente, odo il rumore della maniglia, la porta che, scricchiolando leggermente, si apre…

Ed un sogno appare ai miei occhi… una nuvola di candida seta, impreziosita da delicatissimi ricami in oro… i piedi delicati calzati di scarpine altissime… ma non cadrà?... la vita sottilissima fasciata da un leggero fluttuante nastro d'oro, i seni messi in risalto da una scollatura appena audace, il collo di cigno senza alcun ornamento, non ce ne sarebbe bisogno, il volto altero e delicato di porcellana, le labbra rosse appena dipinte di lucido, le ciglia lunghissime a velare occhi splendidi, i lunghi capelli raccolti in una morbida, elegantissima acconciatura dalla quale scappano, ribelli, alcuni leggeri riccioli…

 

Santo cielo… sono paralizzato a tale vista, non riesco a staccarle gli occhi di dosso...


Ma perché mi guarda in quella maniera? Sono così tremendamente ridicola da impietrirlo? Mi sento malissimo, scomodissima, il bustino è troppo stretto, le scarpe dolorosamente alte tanto da dovermi appoggiare a qualcosa ad ogni passo, le forcine tra i capelli sembrano piantate direttamente nella mia testa, il volto e le labbra sono impiastricciate da una soffocante maschera di cerone…

Ma chi me l’ha fatto fare… l’unica cosa sicura, è che conciata così, sicuramente Fersen non mi riconoscerà… peccato.

André non si muove, è ancora lì impalato con gli occhi da pesce lesso impagliato, mentre sto tentando di scendere il primo gradino senza ruzzolare per le scale…

Mi aspetto da lui una sonora risata che, però, stranamente, non arriva.


Cos’ha? Perché non dice nulla? Mi va bene qualsiasi cosa, un insulto, una risata, un complimento… no, forse quello no… qualsiasi cosa, ma non quell’opprimente silenzio che mi attanaglia il cuore.

So che disapprova tutta questa farsa, lo so anche se non me ho ha detto, ma so leggere i suoi occhi… ma non pensavo che potesse arrivare a tanto… mi fa decisamente arrabbiare, un atteggiamento del genere !

 

Mi riscuoto, a fatica devo ammettere, e balbetto qualche parola alla volta di Oscar.

  • Sei… sei…

Lei mi guarda attonita, come confusa da questo mio silenzio… spero non pensi che non sia più che bellissima… 

  • Sei splendida, Oscar, davvero…
Il suo piede sul primo gradino, il suo volto finalmente si rasserena e si rischiara in un radioso sorriso… mi pregio immaginare che sia solo per me, anche se so che non è vero.

Ramazzo su mantello e cappello, per potermi celare dietro a questi una volta arrivati al ballo, e faccio per avviarmi a prendere il comando della carrozza, quando Nanni, la cara “dolce” Nanni, mi rifila un sonoro scappellotto e mi rimprovera di attendere Mademoiselle, per accompagnarla fino alla carrozza.

Ma lei, Nanni, non sa quanto bene, e quanto male insieme, mi abbia fatto…

Meno male… André è tornato ad essere André…

Anche se non credo ad una parola di quel che mi ha detto, l’importante è che si sia “risvegliato” e che ora mi stia accompagnando.

Giungo a fatica, con i piedi già doloranti, alla fine della scalinata che non mi è mai sembrata così lunga come ora, appoggio quasi timorosa la mano al suo braccio alzato ad attendermi, e gongolando di questa strana situazione mi faccio accompagnare alla porta della carrozza.

Lo ringrazio con un sorriso ed un “grazie” mormorato appena, non so nemmeno se l’abbia sentito, e salgo.

Lo spettacolo comincia.

 

I cavalli, per fortuna, conoscono la strada a memoria, ormai…

Non ho bisogno di guidarli, e ciò mi permette di far vagare la mia mente verso altri lidi.

La mia Regina è lì, a pochi centimetri da me, bella come un sogno, e segretamente godo di questa splendida visione, che mai si potrà cancellare dalla mia memoria.

Ma la consapevolezza di poterla solo guardare, e non toccare, mai, mi sta per uccidere.

Non avrei dovuto, accompagnarla…

 

Ci siamo, stavolta ci siamo davvero… Fersen, sto arrivando, ma tu non lo saprai…

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Solo una parola, a tutti voi: Grazie.

Capitolo 7

Sono ormai un paio d’ore che Oscar è là dentro, ormai.

Sto vicino ai cavalli che sonnecchiano quieti, nonostante dalla sala da ballo giungano anche qui i suoni della festa.

Starà volteggiando tra le braccia di quel maledetto, lo so, ma non riesco, non voglio immaginarli insieme, non ce la faccio.

Do’ un tiro alla bottiglia di whisky che mi sono portato, più per sopportare che per combattere il freddo, visto che stasera la temperatura è mite ed il cielo è pieno di stelle.

Ma l’unica stella che a me interessa, la più abbagliante di tutte, ora è così lontana ed irraggiungibile che non riesco nemmeno a scorgerla…

Alzo gli occhi al cielo, disperato, e fisso quella stella rossa lassù, Aldebaran, l’occhio del Toro, in perenne lotta con il cacciatore Orione…

La fisso intensamente, come a voler attingere da quel fuoco la forza per continuare.

Quasi senza rendermene conto, un bagliore argenteo segna il nero nella notte, per poi spegnersi e scomparire.

Senza rendermene conto, il mio cuore formula un desiderio rivolto a quella piccola stella cadente, come se davvero potesse farlo avverare… “Fa’ che sia mia…”.

 

D’improvviso, un movimento mi distoglie da quel dolce impossibile pensiero, e vedo una figura lanciata in corsa verso la parte più nascosta del giardino.

Non posso sbagliare, la riconoscerei tra mille, anche “conciata” come è adesso…

Lascio i cavalli, che so mi attenderanno tranquilli, e mi lancio a mia volta all’inseguimento.

Il giardino è un intricato dedalo di strade, contorte su se stesse a formare un armonioso labirinto, ma oramai conosco questo posto come le mie tasche, e non faccio nemmeno tanta fatica a trovarla.

Lei, la mia Dea, è lì, scompostamente adagiata a terra con il volto nascosto tra le braccia appoggiate alla panchina di pietra.

Sta piangendo sommessamente, ma nemmeno il mio arrivo, annunciato dall’inevitabile rumore prodotto dalla ghiaia, la scuote.

La osservo per un istante solo, il cuore dilaniato dal suo dolore che vorrei fosse solo mio per evitarlo a lei, e faccio la sola cosa che so di poter fare. Mi inginocchio accanto a lei, e la avvolgo in un abbraccio.

 

Sono una stupida, una tremenda inutile stupida !

Perché ho voluto farlo a tutti i costi?

Per cosa, poi? Per sentirmi dire che assomiglio alla sua migliore AMICA?

Che cosa mai avrei potuto aspettarmi da lui, ben sapendo che è innamorato perso della Regina?

Ho volteggiato fra le sue braccia, ho goduto del suo sguardo ammirato su di me, e stupidamente ho presunto che questo potesse bastare, a fargli cambiare idea, a riversare il suo amore su di me… stupida, Oscar, sei solo una stupida!

Non avrei mai dovuto farlo, mai… Ho freddo, nel corpo e nel cuore.

 

Ma cosa è questo calore, ora? Due braccia forti mi stanno avvolgendo…

Non guardo chi è, lo so già, il suo profumo lo tradisce, il suo calore lo identifica, la sua dolce forza lo conferma.

André, mio unico sostegno, sei qui anche ora…

Levo gli occhi dal loro riparo fra le braccia, li volgo a guardarlo, e lo vedo per la prima volta, pur tra le lacrime che mi velano gli occhi.

Vedo i suoi occhi verdi, pozzi di smeraldo puro, che pieni di dolore e comprensione per me mi fissano delicati, quasi a temere di disturbare.

Vedo le sue labbra atteggiarsi ad un timido sorriso, quasi a tentare di contagiare anche le mie, di labbra.

Vedo i suoi capelli serici, mossi dal vento caldo della sera, agitarsi leggermente come ali di gabbiano.

Vedo lui… ed il cuore mi balza in petto.

Perché, perché l’ho capito solo ora?

 

La mia Oscar, tanto forte e tanto fragile insieme…

Sembra aver finalmente smesso di piangere, ha alzato la testa dalle braccia e mi ha guardato.

Non capisco, sembra aver visto un fantasma…

I suoi splendidi occhi colore del cielo, un po’ arrossati dal pianto sono ora più grandi che mai, spalancati a guardarmi.

Le sue labbra morbide e piene sono leggermente dischiuse, in un’espressione di puro stupore…

Tutto mi sarei aspettato, da lei, ma non una reazione come questa…

Se si può impazzire di dolore, allora questo è quanto sembra essere accaduto a Oscar. Eppure…

 

Le sorrido debolmente, vorrei tanto che avvertisse che io capisco, che so che cosa si prova ad essere innamorati e respinti, che so bene quanto faccia male il cuore, tanto da sembrare lacerato a metà… 

Vorrei dirglielo, ma non voglio proferire parola per timore che quest’attimo, così particolare eppure così bello, finisca e tutto ritorni come, o peggio, di prima.

 

Socchiude gli occhi, leggermente, la sua espressione si distende, finalmente, pur senza lasciare un attimo il contatto visivo con i miei occhi.

Poi… poi… cosa sta succedendo… si avvicina a me, pericolosamente, troppo, troppo vicina…

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ladies and Gentlemen, here we are!

Mi scuso con coloro che hanno dovuto "patire" l'attesa... ma, forse, questa è la mia piccola rivalsa per tutte le attese vissute da lettrice...

Capitolo 8

 

Quanto è bello… il mio Andrè…

La mente ha finalmente deciso di soccombere al forte richiamo del cuore. Non ragiono più, o forse, in realtà, ho finalmente cominciato a ragionare, per la prima volta in vita mia.

Ed ho capito che tutto quanto volevo nella vita, in realtà lo avevo già a portata di mano, e non me ne sono accorta finché non ho rischiato di perderlo, di tirare troppo la corda, di rovinare tutto.

Lo vedo, mi guarda attonito, non riesce proprio a capire che cosa mi stia passando per la testa.

Da quanto, da quanto tempo mi ama? Da quanto tempo ingoia rospi a volontà, facendo buon viso a cattivo gioco, senza lasciar trasparire nulla di quel che prova? Da quanto tempo io, stupida, lo sto facendo soffrire?

Devo rimediare, voglio rimediare, nella speranza che non sia ancora troppo tardi…

A dire il vero, ho deciso che, per la prima volta da quando sono nata, voglio decidere della mia vita.

Avvicino il mio volto al suo, millimetro dopo millimetro.

I suoi occhi, se possibile, sono ancora più sgranati, ed io mi perdo in quegli occhi che colorano di mare…

Li chiudo, i miei occhi, perché leggere un rifiuto nei suoi equivarrebbe alla morte istantanea. Meglio rischiare al buio.

Continuo ad avvicinarmi, cieca, finché le mie labbra avvertono il dolce contatto con la sua morbida bocca.

E sono, finalmente, a casa.

 

Le sue labbra sulle mie, petali di rosa mi stanno sfiorando, leggeri e timidi…

Oscar mi sta baciando…

Non capisco, o forse preferisco non capire, nel timore che quanto sta succedendo sia solo un sogno o, peggio, sia soltanto la dolorosa reazione ad un amore non corrisposto che cerca sfogo ovunque gli sia possibile.

Ma passa un attimo, poi due, e le sue labbra sono ancora sulle mie, appoggiate ora con più forza e più decisione.

Oscar mi sta DAVVERO baciando…

Metto al bando i pensieri, non è il momento. Se davvero Oscar mi sta baciando, non voglio rischiare di perdere nemmeno un momento di questa occasione. A costo di farmi schiaffeggiare per il resto della vita.

Mi risveglio dallo stupore, e rispondo al bacio, schiudendo appena le labbra, e trascinando le sue a schiudersi a loro volta.

Tento di trasmetterle in un bacio tutto l’immenso amore che provo per lei, perché potrebbe essere il primo, e l’ultimo.

 

Che sensazione meravigliosa…

Le sue labbra accarezzano le mie, sento il suo sapore dolcissimo inebriarmi. Sta rispondendo al mio bacio… forse non tutto è perduto, forse non è tardi, non ancora…

Non avverto altro, se non il calore delle sue labbra, leggermente schiuse come le mie, ormai.

La mia lingua timida assaggia il suo sapore, incontrando la sua, timida anch’essa, poi più prepotente e curiosa verso la mia bocca.

È lui, il maestro, ed io ho tanto desiderio di imparare…

 

Ho staccato ogni possibile contatto, e perso ormai ogni possibile freno… non riesco più a fermarmi, non ora che il Paradiso sembra così vicino…

La sciolgo dall’abbraccio per avvolgere il suo viso tra le mie mani, per avvicinarlo a me ancora di più, per approfondire quel bacio che è in questo momento la mia unica ragione di vita.

La sua lingua delicata chiede timidamente, la mia indelicata risponde, e gioca, e assapora…

Sa di miele, di vaniglia, di sole e cielo terso, di libertà…

Sa di tutto quanto io abbia mai potuto sognare, e molto ancora di più.

Il bacio si approfondisce, si sviluppa fino a lasciarci senza fiato, ma restii a staccarci anche solo per un istante.

Eppure, lei si stacca da me, apre gli occhi, di nuovo pieni di lacrime, ma sorride, ora, mi guarda, piange e sorride.

 

-         André… io… ti amo!

 

È ridicolo, assurdo che, dopo tutto questo tempo, sia lei a dirlo per prima…

La guardo stupito, incredulo, rapito, felice.

La guardo, non posso crederci…

 

Che stupida, che stupida sono stata…

Se è vero che il destino esiste, forse davvero doveva succedere tutto questo, perché io trovassi la mia strada…

Fersen… sembra così lontano, ora… un pallido fantasma di un ameno passato che non sento già più mio…

Ho sempre creduto che dire “Ti amo” fosse tremendamente difficile, ed estremamente vincolante; eppure, ora, davanti ad André, non potevano esistere altre parole se non quelle, e quanto vorrei che mi legassero a doppia corda a lui, che incatenassero la mia anima alla sua, il mio corpo al suo…

Il mio corpo… non lo sento più, è come svanito nell’aria, leggero come una piuma sollevata dalla tiepida brezza di primavera…

Un calore inebriante mi avvolge, mi esalta, mi sfinisce, mi sprona a chiedere di più…

E mi rendo conto ora veramente di quanto provi André, per me…

Lo vedo, ora è lui ad essere stranito, forse anche “offeso” per aver perso il primato delle più belle parole che udito umano abbia mai sentito… Ho voluto vincere, ancora una volta… ma quanto vorrei perdere, perdermi ora in lui...

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

Io so, conosco perfettamente, quale sarà il mio destino dopo che i vostri occhi avranno letto questo capitolo... 

Concedetemi, almeno, l'ultimo desiderio del condannato... :)

Capitolo 9

 

 

Oscar starà pensando che sono un vero pesce lesso…

Sono passati ormai molti secondi, sembrano quasi secoli, e siamo ancora qui, come due statue di marmo pietrificate dallo sguardo di Medusa, inginocchiati per terra uno davanti all’altra, con le mie mani ancora ad avvolgere il suo dolce viso, il mio volto bloccato da uno stupore immenso, il suo meraviglioso sorriso a prendersi, bonariamente, gioco di me…

Che figura… ma chi se ne frega, ora…

Lei mi ama, LEI MI AMA, e voglio gridare al mondo che il mio cuore sta scoppiando di felicità!

 

Non riesco a rispondere, scemo che sono, ma finalmente le mie membra sembrano aver capito che dovranno agire senza alcun ordine da quell’imbecille di un cervello in empasse…

Mi alzo, tenendole le piccole mani fra le mie enormi, e la faccio alzare senza staccarle gli occhi di dosso, non riuscirei nemmeno volendo…

Con quei trampoli è alta quasi quanto me, il suo viso è talmente vicino al mio che sarebbe un disonore non baciarlo, ora.

La bacio, dunque, piccole scie d’amore sul suo volto, mentre le mie mani timorose ma vogliose le accarezzano il collo, le spalle, la schiena lasciata nuda dall’abito, la sento mentre si irrigidisce, dapprima, e si rilassa poi fra le mie braccia.

Senza ancora una parola, la conduco per il labirinto, fino al punto più intricato e nascosto, pensato dal suo inventore come una celata alcova per innamorati clandestini.

Come noi, mi ritrovo a pensare.

Lei non dice nulla, si lascia condurre docilmente, dopo aver abbandonato le scomodissime scarpe da qualche parte lungo il percorso, i suoi capelli splendenti di luna che si ribellano alle forzose forcine, e ricadono morbidi a solleticarle le spalle, il viso ancora imbarazzato ma animato da un sorrisino furbo che nulla di “buono” lascia presagire.

Lo prendo per un sì ai miei più reconditi cattivi propositi. Se questa è davvero la realizzazione del desiderio espresso a quella piccola stella cadente, voglio allora viverlo fino in fondo, qualunque sia la conseguenza.

Al domani, ci penserò domani, ho deciso di cogliere l’attimo, per una volta.

 

Non mi sono mai sentita così euforica in vita mia, nemmeno dopo quelle sbronze colossali che il mio André ed io ci siamo presi così tante volte insieme…

Ma ora, ora è diverso, non siamo più due amici, compagni di botte e sbronze…

Siamo un uomo ed una donna, che hanno scoperto, o meglio rivelato, il loro amore reciproco, e lo stanno conducendo alla vetta tanto fortemente agognata…

Sento l’erba morbida accarezzarmi i piedi nudi ad ogni passo, le scarpe sono da qualche parte, là dietro, e ridacchio all’idea di che cosa penserà, chi le troverà domani…

Mi sento come la principessa delle favole salvata dal suo Principe Azzurro…

So cosa sta per succedere… pensavo che, se mai mi fossi trovata in una situazione anche solo vagamente simile, avrei avuto paura, o provato repulsione… ed ora, invece, sento il  cuore balzare in petto, ed un calore anomalo agitarmi le viscere e le membra…

Sto finalmente seguendo il mio Destino.

 

Ecco, quello è il posto. Ci infiliamo fra le siepi che in certo punto nascosto sono solo accostate, e ci troviamo in quello che adesso è per me il più bel posto del mondo.

Santo quel progettista di labirinti… o forse, santo non lo era nemmeno un po’… e non riesco a non sghignazzare velatamente per tale sfrontata maestria…

Un piccolo spiazzo ricoperto di morbida erba, al cui centro fu eretto un altare tondeggiante, ora foderato di folti morbidi strati di muschio, sovrastato dalla struttura metallica di una pagoda ormai fagocitata dai tralci di edera e passiflora, che formano tutt’intorno all’altare quasi un drappeggio, simile ad un verde letto a baldacchino.

Tutt’intorno, silenziose lucciole volteggiano rischiarando appena lo spiazzo, dando l’impressione che le stelle siano scese dalla loro volta celeste per danzare attorno a noi.

Guardo Oscar, la sua espressione di puro deliziato stupore mi rende felice… le sto ancora tenendo forte la mano, come ad aver paura che lei possa scappare… ma so che non lo farà, non ora.

Gliela lascio, dunque, mi slaccio lo spesso mantello che ancora mi porto addosso, e lo adagio sul letto di muschio.

 

Sono in Paradiso… sono morta di felicità e sono in Paradiso…

Non c’è altro modo di descrivere questo luogo… le stelle ballano davanti ai miei occhi, la luce argentea della luna rischiara discreta questo posto fatato…

Ed io, ho davanti a me la creatura più meravigliosa che Madre Terra abbia mai potuto generare…

Non riesco a parlare, non più, se anche ci provassi nessun suono potrebbe fuoriuscire dalle mie labbra, ora.

Il mio sguardo estasiato passa da un angolo all’altro di questo Eden nascosto, si sofferma sulla delicatezza di un fiore di passiflora ancora schiuso alla luce della luna, per volgersi al casuale armonioso intreccio di foglie e tralci che tutto circondano come in un abbraccio, per fermarsi infine su colui che rende tutto ancora più unico e speciale, André.

 

D’improvviso, il battito d’ali d’un qualche volatile notturno mi riscuote, e mi riporta alla realtà, con tutto quanto ad esso connesso.

André ancora mi tiene la mano, mi accompagna delicato ma deciso verso la verde costruzione sulla quale ha steso il suo mantello…

Lo guardo negli occhi, le sue pupille sono dilatate e scure al punto da celare il verde naturale delle sue iridi, il suo volto è teso e contratto di… eccitazione.

Mi rendo conto di che cosa si aspetta da me, ora… ed io… io non so…

 

La ragione torna faticosamente a fare capolino nel marasma confusionale dei sentimenti che si agitano in me, ora.

Oscar François DE JARJEAIS, Santo il Cielo, SONO UNA NOBILE, sono il Capitano delle Guardie Reali, ed André, per quanto il Cielo stesso possa testimoniare essere l’uomo migliore del mondo, è pur sempre un PLEBEO, il mio Attendente, ed un mio sottoposto gerarchicamente !

Che cosa succederebbe, se ora mi concedessi a lui, se ora lo lasciassi cogliere il fiore della mia purezza, se permettessi a lui di farmi sua?

Cosa direbbe mio padre, che tanto confida in me come sua erede?

E mia madre? Come prenderebbe la notizia, carpita dai miei occhi, di avere una figlia ormai “svergognata” per semplice passione?

Cosa succederebbe, come potrei continuare a comportarmi con André come ho sempre fatto, in caserma, a casa, davanti alla corte, davanti al mondo, fuori di qui?

Un bacio è un BACIO, ma andare oltre…

E poi… quanto male potrebbe fare?

 

Non capisco, non riesco assolutamente a capire…

Oscar era felice, rilassata, estasiata fino ad un attimo fa…

Ed ora, la sua mano fra le mie è fredda, rigida, il suo volto si è fatto di pietra, i suoi occhi di ghiaccio, ed il mio cuore sta sanguinando per tanta freddezza.

Cosa ho detto, cosa ho fatto?

Ho corso troppo, ho esagerato, forse?

Eppure, tutti i segnali lanciati da lei, dal suo corpo, dalle sue labbra, dai suoi occhi, gridavano a gran voce quello che la sua, di voce, mi ha detto appena qualche attimo fa.

“Ti amo”, mi ha detto, ti amo, TI AMO…

Si è forse già pentita, di quelle parole? O, forse, non ero io il vero destinatario di tali sentimenti?

Era forse talmente annebbiata nel cuore e nella mente da confondere il mio volto con quello di Fersen, le mie mani con le sue, le mie labbra con le sue?

Sto morendo, sto morendo di dolore…

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Mesdames et Messieurs, les joueux sont faits, rien ne va plus...
Ho messo la parola "fine" a questa mia fiction, anche se non vi dirò quanti capitoli mancano...
Adoro, quando lasciate i commenti agghiacciati per aver interrotto il capitolo sul più bello...
Ma soprattutto, adoro essere riuscita, almeno un poco, a trasmettere anche a voi la passione che mi anima nello scrivere...
Grazie a tutti/e, soprattutto a Valentina78, se sopravvivrà a questo capitolo, e se io sopravvivrò alla sua esecuzione... :)

Capitolo 10

 

Sto morendo, questa volta muoio davvero…

Come si fa a sopportare una cosa simile?

Assaporare per un istante l’inebriante nettare della felicità, e soccombere un istante dopo per la sua mancanza?

Oscar, non dovevi farlo, non questa volta.

Ora, cosa dovrei fare?

Trascinarti con la forza, sbatterti su quel giaciglio, abusare di te e sfogare i miei istinti di uomo represso, di innamorato deluso?

E dopo, cosa ne sarebbe di me? In che maniera potrei continuare a vivere, leggendo per sempre nei tuoi occhi il dolore e l’odio per come ti ho trattata?

E per cosa, poi, per una notte di sesso?

No, io voglio ben altro da te, e tu lo sai, ma sei ora così crudele che non vuoi concedermelo, anche se so che in fondo anche tu vorresti lo stesso da me.

Ma, come sempre da quando sei nata, il tuo orgoglio è anche più forte del tuo cuore, la ragione e la fedeltà al tuo ruolo mettono al tappeto i tuoi sentimenti se solo accennano minimamente a mostrarsi.

È questo che vuoi, Oscar? È davvero questo? Vuoi il rispetto, la stima, l’onore?

Allora, questo solo avrai da me, Oscar.

Mi hai appena ucciso, hai ucciso il mio cuore, ed un uomo senza cuore non può più amare, ormai.

Continuerò ad esserti fedele, come è fedele un cane al suo padrone, un sottoposto al suo superiore, ma non avrai nulla di più da me. Mai più.

 

Cosa… cosa succede? Cosa ho fatto? Cosa STO facendo?

Il suo volto è diventato di pietra, i suoi occhi si sono induriti al punto da ferire ad ogni sguardo più di una lama tagliente…

André, cosa ti è successo, COSA TI HO FATTO?

Hai veramente letto dentro ai miei occhi i pensieri che scorrevano indomabili nella mia mente?

Hai capito i miei dubbi, le mie paure?

E perché allora, se hai capito tutto di me, sei diventato così freddo, così lontano, quasi nemmeno fossi ancora su questa terra, ma a galassie di distanza?

Perché… perché non mi aiuti, ora più che mai, come hai sempre fatto?

 

  • Mademoiselle, ora che avete visitato il famoso giardino del Palazzo Reale, se non Vi dispiace, Vi ricondurrei a Palazzo De Jarjeais. Sarete stanca, dopo tanto danzare.

Vi faccio strada, la carrozza è pronta da questa parte.

 

Ora so il dolore che si prova nel morire. Ed io, in questo istante, sono morta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Buongiorno, miei fedeli...

Volevo solo dire che il rating arancione è dovuto non tanto a scene spinte, quanto ad una serie di pensieri sul suicidio che assolutamente non vanno imitati.

Prego quindi la splendida Padrona di casa, Erika, ed i suoi altrettanto splendidi collaboratori a segnalarmi se ritengono che il rating vada alzato da arancione a rosso, ed io provvederò immediatamente. Grazie.

Capitolo 11

 

Non ha più detto una parola, non una.

Mi ha gelidamente fatto strada fino alla carrozza, gelidamente mi ha aperto la porta, gelidamente mi ha dato la sua mano in appoggio per aiutarmi a salire.

L’ho guardato, e altro non ho incontrato che gelo, gelo, gelo.

E quel gelo è ora sceso nel mio cuore.

Credo, non potrò amare mai più.

 

I cavalli, di nuovo, stanno procedendo lungo la mulattiera buia, rischiarata solo dalla flebile luce della lanterna agganciata alla carrozza, con una sicurezza che io ormai non ho più.

Oscar non ha detto una parola, né mi aspettavo che lo facesse.

Mi ha guardato prima di salire sulla carrozza, la sua piccola mano guantata appoggiata appena sulla mia.

Al suo sguardo, che sembrava pieno di dolore, ma che io so essere solo una finzione, ho risposto con un glaciale altero sguardo servile, da servo quale sono.

Non devo dimenticare cosa sono. Mai più.

Domani chiederò al Generale il trasferimento, al fronte.

Almeno lì, lei non potrà arrivare.

Almeno lì, forse, sarò salvo da me stesso e dalla mia pazzia.

 

 

 

La mia stanza non mi è mai sembrata così fredda, prima d’ora.

Ho chiuso la porta a chiave, doppia inutile mandata, l’ho barricata con una sedia.

Una dopo l’altra, quelle maledette forcine che mi stavano bucando il cervello sono cadute ai miei piedi. Le ho pestate, ed esse, maledette ancora, mi hanno ferito un piede, nudo sul freddo pavimento.

Lentamente, ho slacciato i malefici bottoni dell’abito, che è caduto informe ai miei piedi, lentamente ho sciolto gli altrettanto malefici legacci del bustino, che rigido e crudele è finito a far compagnia al vestito.

Lentamente, vuota, mi sono diretta nella stanza da bagno, e lentamente ho versato sul mio inutile “purissimo” corpo nudo una intera brocca di gelida acqua.

Rapidamente, stavolta, il mio corpo ha sussultato, quasi una muta protesta per un gesto tanto avventato, quanto inutile.

Inutile, come me.

Che cosa ho concluso?

Ho perso tutto, ho perso lui, ho perso me stessa.

Ma mi è rimasto il mio purissimo corpo. Inutile.

Ed inutile, da ora in poi, sarà la mia onoratissima vita.

 

D’improvviso, un pensiero abnorme e demoniaco si affaccia prepotentemente alla mia mente, inducendomi a pensare al gesto estremo.

D’altronde, perché no? Potrei davvero farla finita, sarebbe facile, non certo indolore, ma magari rapido…

Pensa, come sarebbe, se bussando alla porta, domattina, non ricevessero risposta, se la trovassero bloccata al punto di doverla sfondare, se mi trovassero riversa sul letto, nuda come quando sono venuta al mondo, mio malgrado, con la sola pistola in pugno ed un rapido segno rosso sulla tempia…

Ma, a ben voler guardare, ci sarebbe poi qualcuno che si preoccuperebbe di me, tanto da sfondare la porta e venirmi a cercare?

Ci sarebbe qualcuno per il quale potrebbe essere importante la mia vita?

C’era, c’era fino a qualche ora fa, ed io l’ho cacciato, sfuggito, rigettato con un semplice sguardo, tutto per una questione di onore… quell’onore che ora mi sembra solo una vuota parola, quell’onore che ho perso quando ho rifiutato André.

Potrei farla finita, ma nemmeno questo significherebbe nulla.

Sarebbe facile, troppo facile. Ma ora, nemmeno questo mi attira più.

 

Metto addosso qualcosa arrabattato dall’armadio, nemmeno i brividi sento più, almeno coscientemente, mi siedo al pianoforte a mezza coda che fa bella mostra di sé nella mia stanza, nero come è nera la mia anima, ora, chiudo gli occhi, e lascio che le mie fredde mani lambiscano i tasti in quella che è diventata una melodia ormai fin troppo nota, in questi ultimi tempi, per me.

Ed odo, prima del cuore che non ho più che tramite le orecchie, la mia sempre maledettamente perfetta esecuzione del Notturno in Do Diesis Minore di Chopin.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***



L'amore è gioia, l'amore è dolore, ma solo avendo provato il dolore e la malinconia, si può apprezzare appieno l'inestimabile valore dell'amare, e del sapersi amati...
Buona lettura.

Capitolo 12

 

 

La sento, sta suonando.

Come sempre, quando è depressa o turbata, suona Chopin, QUEL notturno.

Ma se normalmente la sua esecuzione è calibrata al punto giusto, questa volta, pur mantenendo la sua incredibile purezza di suono dovuta agli anni di esercizio, avverto qualche cosa di diverso.

Negli anni, anche il mio udito si è affinato.

Questa volta, è più struggente, più dolorosa, più… sembra la musica che viene dall’anima di chi ha appena fatto un patto col Diavolo, e sa che nulla più sarà come prima. Mai più.

Sono al buio nella mia stanza, che pur essendo al piano inferiore rispetto a quella di Oscar è comunque esattamente corrispondente ad essa.

Mi è sempre piaciuto pensare che, se avessi voluto, avrei potuto fare un buco nel soffitto intarsiato per presentarmi a sorpresa davanti a lei in qualsiasi istante.

Ma questo, era una vita fa.

Le note angosciose continuano a fluide nell’aere, contaminando la mia mente, il mio sangue, bruciando come sale sulle ferite del mio povero cuore dilaniato.

Basta, esco.

Cammino senza meta e senza rumore alcuno per la buia enorme residenza De Jarjeais, immersa nell’oscurità e nel silenzio, eccezion fatta per quel suono sottile eppure rimbombante come cannonate.

Non faccio nemmeno attenzione a dove vado, ma la ragione sembra infischiarsene delle mie decisioni più intime, e conduce forzatamente le mie gambe a salire le scale, ad incedere lungo lo sfarzoso corridoio, a fermarmi davanti all’entrata di quella stanza, nella quale tante volte sono entrato, ma tante di più avrei voluto entrare in altro modo, con un altro ruolo, e dove ora mai vorrei mettere piede.

Eppure, mi ritrovo appoggiato alla porta, mio malgrado, l’orecchio teso contro la mia volontà, la mente ad abbeverarsi di quella diabolica insinuante melodia quasi fosse acqua sorgiva nel mezzo di un deserto infuocato.

La mia mano, traditrice, si appoggia sulla maniglia, vi fa forza, l’abbassa.

La porta è chiusa, a chiave.

Il movimento causa un impercettibile lamento nel metallo, a stento udibile seppur da me, che l’ho causato.

La musica si interrompe.

Mi appoggio con le spalle e la nuca alla porta, gli occhi chiusi nel buio, il respiro, mio malgrado, trattenuto.

Sto lì, e vorrei andarmene.

Dovrei scappare, ma non voglio.

La verità, la verità è che, nonostante tutto, io non voglio, non voglio scappare, non voglio perdere per sempre tutto quello che è stato la mia unica fonte di vita e di luce, dall’infanzia fino ad ora.

Non credo di poter ricucire lo strappo fra noi, e nemmeno credo di volerlo del tutto, ma so che non posso comunque vivere senza i suoi occhi, il suo volto, il suo sorriso, o il suo odio.

E mi maledico per la mia debolezza.

 

Le lacrime, unica fonte di calore sul mio corpo ormai semicongelato, scorrono sulle guance, cadendo copiose e silenti sui tasti d’avorio percorsi follemente dalle mie rigide dita, inondandoli di dolore che si trasmette alla musica che da essi ne esce.

D’improvviso, un suono anomalo seppur così flebile da farmi dubitare d’averlo soltanto immaginato, mi distrae dalla mia sofferenza fatta musica.

Le mani si bloccano a mezz’aria, volgo il volto alla porta, come aspettandomi che qualcuno, QUEL qualcuno, stia per entrare, senza ricordare quanto questo sia impossibile, vuoi per la porta chiusa e barricata, vuoi perché mai, mai tornerebbe sui suoi passi, lo do, dopo quel che gli ho fatto.

Mi alzo, i miei piedi nudi non avvertono nemmeno più il freddo del marmo sotto ad essi, mi avvicino alla porta, mi ci appoggio leggermente ad essa con una spalla, la tempia, la mano.

I miei occhi sono aperti, spalancati di inutile speranza, ancora velati dalle lacrime ormai fredde come freddo è il mio cuore.

Non respiro, non respiro più, l’orecchio teso ad avvertire qualsiasi cosa di là del legno, sia esso un respiro, un passo, una parola.

Ma, di là, solo il nulla mi risponde.


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


L'arrivo è vicino, ma non sarà qui...

Capitolo 13

 

 

Caro Diario, che sciocco che sono.

Ho riempito queste pagine per mesi, nella vaga speranza che il vergare di parole la carta che ti compone potesse in qualche modo sollevare una parte del peso che mi porto nel cuore.

Non avrei mai immaginato, nemmeno negli incubi più spaventosi che animano le mie notti, di non poter trovare sollievo in alcuna parte, in alcuna azione.

Sei solo un insieme di inutili pagine ingiallite di tempo e d’usura, caro il mio Diario, che potrebbe solo acuire il mio dolore, se mai osassi riaprirti a leggere delle speranze di quel giovane che, ormai, in me non esiste più.

Il fiume sarà la tua tomba, e la mia insieme a te.

 

Non ho più speranze, non ho più nulla, ormai.

Apro l’armadio intarsiato, ne cavo la divisa di gala, la indosso rigidamente, mi spazzolo i capelli, mi lavo il viso con l’acqua gelata ancora rimasta nel catino.

Prendo la spada, quella che mio padre mi ha donato in occasione del mio sesto compleanno, quando ha deciso, lui per me, che ero abbastanza grande e forte da sostenerne il peso, e le ferite. La assicuro alla cintura, di modo che non cada, e non si perda.

Caro Diario, si appresta per noi ora l’ultimo viaggio.

Le acque scure e profonde della Senna stenderanno le braccia ad accogliere te, e me.

Domani, fra un mese, o forse mai, ritroveranno il corpo del Capitano delle guardie Reali, caduto nelle braccia della morte, ma con onore.


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Epilogo ***


Non pensavo potesse essere così difficile, finire un racconto…

Ho passato giorni e notti, dopo averlo scritto, a rimuginare e chiedermi se avessi scritto bene, o male, o peggio, questo ultimo capitolo, se non avessi esagerato, da una parte o dall’altra…

Ho passato giorni, prima di pubblicarlo, sebbene fosse già scritto, perché il mio stato d’animo non mi permetteva di rileggerlo a mente serena, perché lo stress e la fatica del vivere quotidiano e delle quotidiane arrabbiature annebbiavano la mia mente.

A tutt’oggi, non sono sicura che questa fine sia la migliore possibile, la miglior scritta, la miglior pensata. Ma così è, e prego chi ha avuto la forza, la costanza, la curiosità e, perché no, il coraggio di seguirmi ed incoraggiarmi in questa avventura, di non aversene a male, se questo capitolo dovesse risultare deludente.

Io ci ho messo me stessa… spero che basti.

 

Grazie a tutti.

Path94.

Capitolo 14

 

 

Il Diario in una mano, percorro lentamente i viottoli del giardino, curati amorevolmente dal solerte giardiniere che ha trovato, in questo parco, la splendida realizzazione del sogno di tutta una vita.

Camminando, accarezzo una siepe, fino ad arrivare ad un roseto.

Delle rose, alcune sono schiuse, altre appena sbocciate, altre ancora in bocciolo.

Ma tutte, tutte quante, sono di ineguagliabile bellezza, capolavori di Madre Natura.

Ne colgo una, la più bella di tutte, rossa come il sangue e la passione.

La colgo, e le sue crudeli spine mi feriscono, più nell’anima che nella carne.

Mi ricorda tanto Oscar, anche se le ferite che lei mi ha inflitto sono molto più profonde.

La porterò con me, unico ricordo sulla fredda tomba di un uomo senza nome.

 

La spada nel fodero batte ritmicamente contro la mia gamba, seguendo la cadenza dei passi che mi portano verso la parte più remota del giardino.

Il mio sguardo è alto, il volto fiero, ma chi mi dovesse guardare fisso negli occhi scoprirebbe facilmente il dolore che mi sta dilaniando dentro.

Costeggio una siepe, è fatta di rovi intricati, fra i quali timida spunta una magnifica candida rosa.

È delicata, pura, eppure così forte e tenace da essersi fatta spazio fra i dolenti artigli dei rovi.

Mi ricorda tanto André…

Infilo la mano tra i rovi, la colgo, e le gelose spine lacerano la mia pelle, lasciando una bruciante striscia di sangue sulla mia mano.

Dolorosa, ma non quanto la consapevolezza del male che ho fatto ad André, ed a me stessa.

 

Cammino a testa bassa, l’oscurità della notte, accentuata solo dai pallidi raggi di una luna che stenta a fare capolino dalle scure nubi cariche di minacce di tempesta, impedisce di vedere chiaramente la via, ma le mie gambe continuano a percorrere sicure i viali che tante volte hanno battuto in sua compagnia.

Esco dalla proprietà attraverso un cancelletto celato dalle folte siepi che delimitano il giardino, e mi dirigo verso il largo ponte sulla Senna che sarà il punto d’arrivo del mio breve viaggio.

 

Il cancello principale è pesante, stanotte, forse pesante come mai lo è stato prima, quasi a volermi impedire di compiere la mia insana missione.

Lentamente, faccio forza e riesco a scostarlo di un poco, abbastanza però da passarci faticosamente ed uscire sulla strada.

Là in fondo, lo so anche se la notte mi impedisce di vederlo chiaramente, c’è il ponte, e sotto di esso, le bramate acque.

 

Le mani appoggiate al parapetto, una di esse stretta al Diario, l’altra a tenere delicata la purpurea rosa colta poco fa, mi sporgo a guardare.

Chissà cosa, poi, visto che è tutto così buio che potrebbe passarmi accanto un esercito, ed io forse nemmeno me ne accorgerei.

L’acqua è solo leggermente agitata, lo sento dal rumore lieve che fa scrosciando contro le basi del ponte, e dall’odore salmastro che giunge alle mie narici.

Basta poco, per lasciarsi andare…

Chissà, se sarà fredda…

E, d’improvviso, mi rendo conto di un fatto.

Tale padre, tale figlio …

Mio padre, anni fa, si gettò da un ponte simile a questo, disperato per non poter pagare i debiti contratti per sfamare la famiglia.

Anni dopo, io sto per gettarmi da questo ponte, anch’io disperato, ma per un amore che mi ha dilaniato…

Il cerchio si chiude. Buffa, la vita, no?

Butto la testa indietro, e rido, forse per l’ultima volta, rido e rido ancora…

Ma quanto sa di amaro, questa risata… sembra fiele.

 

Eccomi, sono arrivata, ad un passo dall’inizio della fine.

Intravedo il parapetto del ponte, lo seguo con una mano, fino a che la curvatura del ponte stesso giunge al suo culmine.

Il legno è freddo, bagnato della brina notturna, ed il freddo mi entra nelle mani, nelle ossa, nel cuore.

Lo scroscio leggero dell’acqua culla i miei malsani pensieri.

Respiro a pieni polmoni, forse per una delle ultime volte.

D’improvviso, odo una risata dietro di me, cattiva, piena di odio.

Mi giro di scatto, e quasi, stupidamente, mi aspetto di trovarmi davanti il Diavolo in persona, venuto a prendere la mia inutile anima.

Ma, poi, il Diavolo veramente si scomoderebbe per una come me?

Mi giro, ed avverto la presenza di una figura, seppur non la riesca a distinguere nettamente per il buio.

È dall’altra parte della carreggiata, anch’egli sul culmine del ponte, girato di spalle rispetto a me.

Ride, ride ancora… e quella risata mi dà i brividi, mi fa fisicamente male, quasi quanto un fendente di spada od un colpo di pistola.

Faccio un passo avanti, causando la rottura di un ramoscello, e mi sento aggredire da un profumo che conosco bene, che solo poche ore fa inebriava la mia mente, che, nonostante la docciata gelata di poco fa, ancora non se ne è andato dal mio corpo…

Un fulmine squarcia crudelmente il cielo, inondandolo di luce quasi fosse pieno sole e…

 

È strano, ridere e piangere insieme…

Oscar è capace di piangere dal ridere, quando comincia è davvero difficile fermarla, ma ridere dal piangere è decisamente altra cosa, e decisamente più anomala…

Sento un rumore, dietro di me, come se qualcuno stesse camminando sul ponte ed avesse schiacciato un ramo caduto in terra, e mi volto fulmineo.

Un lampo potente e ramificato annuncia di un attimo il forte clamore del tuono, illuminando tutta la campagna circostante, e…

 

-         Oscar !

-         André!

 

Un secondo lampo segue il primo, e lei è lì, davanti a me, splendida nella sua uniforme di gala, la spada nel fodero ancorata alla cintura, un piccolo libro in una mano, una candida rosa nell’altra.

Il suo volto è una maschera di puro stupore, la bocca è aperta in una muta protesta che non riesce a trovar voce…

 

Lui… era lui che rideva, era lui che soffriva così…

Apro la bocca per parlare, per dire cosa poi non so… ma qualcosa.

Ma le mie labbra, traditrici, non proferiscono suono.

Sento le lacrime pungermi gli occhi, forzare la mia volontà e cominciare a scorrere senza freno alcuno.

Non era così, che pensavo sarebbe andata…

Non è facile, lasciarsi morire, ma è ancora più difficile farlo, quando hai davanti a te quello che avrebbe potuto essere il tuo sole, e per tua stessa colpa è ora la tua notte eterna…

Muovo un passo avanti, è l’unica cosa che riesco a fare…

 

Sta piangendo, Oscar, sta piangendo…

È strano, è un pianto di dolore, di sofferenza estrema, sembra quasi, causticamente, l’eco della mia dolente risata di poco fa…

Faccio un passo avanti, senza rendermene conto, mentre l’unica cosa di cui mi rendo veramente conto è che anche lei sta avanzando verso di me.

Mosso da una volontà che non riconosco come mia, continuo ad avanzare, a ridurre la distanza tra lei e me, dai pochi metri di larghezza del ponte, a pochi centimetri, ormai…

 

Perché sto andando verso di lui? Per sentirmi di nuovo dire quelle gelide parole, per udirne altre ancora più cattive, come mi merito?

Ma non riesco a fermarmi, anche se mai lo volessi fare non riuscirei.

Lui sta venendo verso di me, ed io verso lui…

Lo spazio fra noi si sta azzerando, sono ormai a pochi centimetri dal suo volto, totalmente inebriata dalla sua presenza.

Mi fermo, chiudo gli occhi a trovare un coraggio che non ho, ma solo per un attimo, li riapro solerti ed appannati di nuovo di lacrime…

 

Il suo profumo mi inebria, la sua presenza mi uccide…

Al diavolo le mie “convinzioni”, non riesco a portarle alcun rancore, non riesco nemmeno a tenere fede allo stupido proponimento di poche ore fa…

I suoi occhi si chiudono per un attimo, lo posso vedere alla luce dei fulmini che sempre più numerosi e potenti squarciano il buio di questa strana notte.

Si riaprono, e li vedo splendere di lacrime, sono forse per me?

Gocce pesanti cominciano a cadere attorno a noi, su di noi, inzuppandoci in pochi istanti come pulcini, ma non importa, nulla potrà distogliermi da questo attimo così incredibile che vorrei durasse in eterno…

 

-         Perdonami.

-         ­Perdonami.

 

Non serve finire la parola, detta all’unisono, che i nostri cuori cominciano a battere all’unisono ugualmente.

Mi getto verso di lei, e lei si getta verso di me, le nostre labbra umide incollate, le braccia intrecciate in un caldo abbraccio, le anime, finalmente, fuse in un'unica entità.

Non importa più ieri, non importa domani, non importa nulla, se non lei, noi, ora.

 

Non sento più freddo, non sento più dolore, non sento più nulla, se non le sue labbra sulle mie, le sue mani su di me, il suo corpo premuto contro il mio…

Siamo io e lui, lui ed io, noi, solo noi…

Il Diario mi è caduto di mano, aprendosi e sparpagliando i suoi fogli sul terreno grondante di pioggia che lava via le parole ed il dolore contenuto in quelle pagine. Accanto ad esso, la rosa bianca sta perdendo i suoi petali, mischiandosi ugualmente ai petali di una rosa rossa.

 

Caro Diario, non servi più…

Sei caduto in mezzo al fango, lasciando liberi i tuoi fogli come ali di gabbiano, mischiandoti e fondendoti con le pagine di quello che so essere il diario Oscar come, ora, si stanno fondendo le nostre anime…

 

Sono libero, sono vivo…

 

Sono libera, sono viva…

 

- Andiamo, André, torniamo a casa…

 

Mi sciolgo dal suo abbraccio, gli prendo la mano, lo conduco con me.

Domani mattina, parlerò a mio padre ed a mia madre, domattina smetterò la divisa per diventare quello che avrei dovuto essere già da molti anni: una donna.

Domattina, però.

Ora, ho qualcosa di molto più importante da fare.

Ho una vita da cominciare, ora, la mia, la nostra.

 

 

 

THE END.

 

 

So che le dediche, di solito, si fanno all’inizio di uno scritto.

Ma io non sono mai stata molto ligia al dovere, e la farò dunque alla fine.

 

A mio marito, che mi ha insegnato ad amare.

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