1789, Providence, Inghilterra.

di Iwantasmile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29- Fine. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


1789, Providence, Inghilterra.


“Caroline è la tua unica speranza di sopravvivere. Guarda me e tuo padre.. abbiamo altri tre bambini da crescere. non potremmo darti nessun futuro.”
Mia madre era una donna meravigliosa che aveva dedicato tutta la sua giovinezza a me. Mi aveva educata e cresciuta fino ad oggi, giorno in cui avrei dovuto raggiungere il suo scopo per il mio futuro.
“Mamma.. non voglio essere la serva di un ricco, prepotente ed egoista, che non bada ai sentimenti altrui.” Risposi mentre lei, ignorandomi, continuò a raccogliere i miei capelli in una treccia molto semplice ed elegante.
Una volta che ebbe finito, mi guardò dallo specchio rotto posto di fronte a noi, e sorrise.
Si asciugò una lacrima velocemente, pregando che non l’avessi vita, dopo di che venne di fronte a me.
“Se riuscirai a diventare la serva del signor Bieber, sarai apposto per tutta la vita. In quella casa non morirai mai di fame, ne di freddo, ne patirai i dolori delle malattie che ogni anno colpiscono tutta la popolazione. E poi.. se sarai fortunata potrai anche procreare dei figli per lui, portando così avanti la sua stirpe.”
I suoi occhi brillarono, mentre i miei si fecero lucidi.
“Credi che fare dei figli per un uomo che non mi darà la possibilità di dire che sono miei, sia una così bella prospettiva?” Chiesi alzandomi e aggiustandomi le pieghe sul mio vestito più nuovo.
Non rispose ma la sua carezza sulla mia spalla mi fece capire che in realtà ciò che aveva detto, era per convincere se stessa e non me.
“è ora che vada..” Annunciai abbracciandola.
Una lacrima gli scivolò sul voltò e andò a perdersi fra i nostri corpi abbracciati.
Sapevo che tutto ciò che stava succedendo non era colpa sua, ne mia, ne di mio padre. Ma della povertà.
Così la baciai, salutai i miei tre fratelli, e assieme a papà mi incamminai verso la “casa” dei signori Bieber.
Non potevamo permetterci una carrozza, così papà mi scortò a piedi.
Quando finalmente arrivammo, oltre a lamentarmi per il bruciore ai miei piedi, vidi uno splendido castello che sembrava uscire da una fiaba, ergersi di fronte a me.
Restai a bocca aperta qualche istante, inorridita dall’enorme quantità di ricchezza sprecata per vanità.
Dentro di me disprezzai apertamente tutto ciò, e tornai alla realtà solo quando una ragazza mi andò a sbattere contro la spalla.
“Scusami..” Disse prima di allontanarsi all’interno del castello.
La voce che il figlio del signor Bieber, Justin, era diventato maggiorenne si era sparsa in tutta la città.. così migliaia di ragazze ambivano a diventare le sue serve. Tranne me.
Mio padre mi abbracciò velocemente e scomparve dietro quell’enorme folla di ragazze che avanzava verso il castello.
Mi voltai a malincuore e, seguendo la massa, entrai anche io.
Inutile perdere tempo a descrivere il lusso sfrenato che si rappresentò ai miei occhi quando entrai.
Si sentirono degli “ooo” e degli “uuu”.. mentre io non feci altro che fare spallucce.
Due uomini, naturalmente elegantissimi, ci fecero mettere in fila in quell’enorme sala, che sembrava fatta di cristalli.
Ci scrutarono una ad una, dopo di che, uno di loro iniziò a parlare.
“Il giovane erede del padrone di questa terra, il conte Bieber, ha finalmente compiuto l’età necessaria per poter seguire le orme del padre. Come sapete ogni ricco uomo ha bisogno di avere al suo fianco una serva fedele, che lo mantenga in forma, che lo aiuti a lavarsi e a vestirsi, che lo accompagni alle importanti funzioni, che gli serva ogni pasto in qualunque posto che egli voglia, che lo vizi, e in casi di assoluta fiducia che dia vita alla sua stirpe. In cambio di questa assoluta fedeltà avrete, vitto, alloggio, ed ogni possibile ed immaginabile cura.
Il gioco, vale la candela.” Concluse con tono allusivo.
Lavarlo? Vestirlo?.. Non era in grado di farlo solo?..
D’altronde non avevo mai visto questo erede, forse era diversamente abile.. Quasi sicuramente, se aveva bisogno di tutte queste cure..
“Bene.. detto questo, sarà lui stesso a scegliere quale fra voi sarà la più adatta a riempire questo ruolo.” Disse infine, allontanandosi.
Avrebbe deciso, in base a cosa?.. La bellezza?.. Nessuna prova di intelligenza o di rapidità?..
Bhe allora, visto che attorno a me c’erano migliaia di ragazze meravigliose, decisi di tranquillizzarmi.
Misi le mani dietro le spalle e sorrisi.
Non avrebbe sicuramente scelto me fra tutte. Mamma e papà se ne sarebbero fatti una ragione, e forse mi avrebbero lasciata imbarcare verso il mio sogno, l’Italia.
Restai con gli occhi chiusi tutto il tempo che mi servii per immaginare nella terra dei miei sogni. Venezia, Roma.. era tutto così meraviglioso all’interno della mia mente, che non feci caso a tutte le urla, e le esclamazioni che mi circondarono.
Quando me ne resi conto spalancai gli occhi, e vedendo un viso a pochi centimetri dal mio, urlai e indietreggiai.
Mi guardai intorno vedendo solo sguardi truci e odiosi nei miei confronti, mentre qualcuno si fece beffe di me.
Poi guardai di fronte a me, vedendo un ragazzo meraviglioso avvicinarsi.
Dei capelli biondi cadevano morbidamente su quel viso che sembrava essere stato disegnato da un pittore, che al centro aveva messo due meravigliosi occhi color miele.
Barcollai di fronte a tanta perfezione, ma non mi scomposi e mi mostrai sicura di me.
“Signorina..?” Disse il ragazzo prendendo delicatamente la mia mano e avvicinandola alle labbra.
“Caroline..” Farfugliai.
“Caroline..” Ripeté il ragazzo poggiando delicatamente le sue labbra sulla mia pelle.
Al solo tocco rabbrividii.
Chi era questo meraviglioso giovane?.. Forse il maggiordomo? Il cuoco? No, era vestito come un signore.
Mi sorrise con arroganza e sfida, mostrando quei denti perfetti, dopo di che si ritrasse e fece cenno a tutte di ricomporre la fila.
In silenzio si misero in ordine mentre io lo guardai di sbieco.
Mise le mani dietro la schiena e iniziò a camminare avanti e indietro davanti a noi.
“Sono Justin Bieber, come tutte sapete.” Disse, poi si rivolse verso di me e aggiunse: “O quasi tutte.”
Feci una smorfia di dissenso, attirando nuovamente la sua attenzione.
“Signorina Caroline, qualcosa non va?” Chiese nuovamente, con tono di sfida.
Tutte le altre ragazze mi guardarono male, cosi scossi la testa e sorrisi.
“Bene.. allora, dov’eravamo? Si. Ecco, io sceglierò, una ed una sola di voi che diventerà praticamente la persona che mi affiancherò 24 ore su 24.” Disse poi, tornando serio.
Alcune soffocarono un urlo di gioia, mentre io alzai gli occhi al cielo.
“In base a cosa sceglierai?” Chiesi poi, non riuscendo più a trattenermi.
Tutta la sala fece un’espressione stupita e scandalizzata. Se mi avesse cacciata non mi sarebbe importato.
“In base a niente in particolare.. niente che non sia la prima impressione.” Rispose gesticolando.
Annuii, ormai troppo nervosa da continuare a parlare. Almeno, non aveva problemi fisici come avevo immaginato.
“Bene.. voglio sapere tutti i vostri nomi e cosa vi piacerebbe fare nella vita.” Disse poi iniziando da destra.
Ogni ragazza dopo aver pronunciato il proprio nome diceva ‘servirti con fedeltà a ed essere degna di portare avanti la stirpe dei Bieber’.
Per poco non mi venne la nausea.
Quando giunse il mio turno si fermò di fronte a me e mi guardò qualche istante sorridendo.
Era così sexy, però.
“E tu, Caroline, cosa vorresti fare nella vita, nel caso io non scegliessi te?” Chiese piantando i suoi occhi nei miei.
“Andare a visitare l’Italia.” Risposi ricambiando il sorriso.
Tutti restarono sconcertati dalle mie parole, tranne lui che continuò a sorridere e andò avanti finché la fila di ragazze non finì.
Dopo aver parlato con tutte andò dall’uomo rimasto a sorvegliare e bisbigliò qualcosa al suo orecchio.
L’uomo annuì e Justin si allontanò verso il piano superiore.
“Vi informo che il signorino ha scelto.” Disse poi quell’uomo con tono severo.
Tutte iniziarono a bisbigliare e ad innervosirsi, tranne me che sperai di poter uscire da quella sala al più presto.
“Allora, la signorina Caroline è attesa di sopra.” Disse fissandomi.
C’era qualche altra Caroline in sala?
“Caroline Bennet.” Disse l’uomo porgendomi la sua mano.
Per qualche istante andai in uno stato confusionale, e non realizzai ciò che realmente era successo.
“Io?” Chiesi salendo con quell’uomo le scale, mentre tutte le altre ragazze mi imprecarono dietro parole irripetibili.
“Ne siete sicuro?”Chiesi sentendo il cuore scoppiare.
“Lo chieda a lui..” Mi disse poi, spingendomi dentro una lussuosissima stanza dentro la quale Justin aspettava appoggiato al davanzale della finestra, con aria divertita.


Ciao a tutti (: questa è la mia nuova FF, spero vi piaccia!!
Ho cercato un’ambientazione diversa dalle solite, e così PUF mi è venuta quest’idea.
Cercherò di pubblicare il prima possibile, ammesso che la seguirete.
Un bacione, vi amo
-Erika

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


1789 Providence, Inghilterra


“Caroline.. giusto?” Chiese sorridendo.
Era un ragazzo bellissimo, avrebbe impiegato davvero poco tempo ad accasarsi.
Annuii e piegai il capo in cenno di rispetto, dopo tutto ora lui era il mio padrone.. ed io la sua serva.
“No.. non inchinarti, sei la mia serva non una mondana..” Disse facendo cenni strani con le mani.
Una mondana? Dio quanto era superficiale e patetico.
Ho sempre odiato gli squilibri sociali, ma cosa possiamo farci? Chi nasce nobile viene sepolto, chi no, viene gettato in qualche burrone dove nessuno potrà mai piangerlo.
Annuii, e non risposi..
Se avessi risposto avrei sicuramente rischiato di farmi mandare sul patibolo.
Dovevo portare rispetto, ed io non ero una ragazza tendente al farlo.. o meglio, lo ero, verso chi lo meritava..
“Non parli?.. non voglio una ragazza muta.” Disse spazientendosi e venendo verso di me.
Indietreggiai di qualche passo perdendomi nella sua spavalderia.
“Non mordo mica..” Aggiunse.
Restai immobile mentre mi girò attorno e mi esaminò.
“Hai detto di portare la tua roba qui?” Mi chiese, poi, come se fosse scontato che io avessi montagne di roba.
“Di che roba parli? L’unico abito presentabile che posseggo lo indosso ora.” Risposi senza vergognarmene.
Era fiera della povertà della mia famiglia.. perché ci aveva reso persone umili e generose.
Mi guardò qualche istante sorpreso, come se non credesse alle mie parole.
“Allora provvederemo a procurarti qualche abito adeguato.. D’altronde devi essere presentabile al mio fianco.”
Sbruffone.
Alzai gli occhi al cielo e se ne accorse.
“Vedo che siamo abbastanza indulgenti.” Disse guardandomi storto.
“Scusami.. ehm, mi scusi non era rivolto a lei il mio gesto.” Mentii.
“No ti prego.. dammi del tu. Noi avremo un rapporto strettamente confidenziale, non voglio che tu mi veda come una minaccia, o come un padrone.. più come un amico.” Disse.
Certo, e magari mi avrebbe anche portata a Parigi no? Patetico. Questa scenata iniziava a darmi sui nervi.
Era davvero stupido. Stava li, con le mani dietro la schiena a parlare di quanto saremmo diventati confidenti.
Cosa potevamo avere in comune? Lui era bello, ricco e probabilmente molto avido ed egoista.
Cosa centravo io con lui?..Proprio nulla.
Io non risposi, così sbuffò.
“Va bene.. iniziamo da sta sera.. c’è la festa in mio onore, dovrà essere tutto perfetto. Io compreso.” Disse iniziando a vagare per la stanza.
“Sicuro.” Risposi abbassando lo sguardo.
“Ora va, accomodati nella tua stanza e ci vediamo fra due ore.” Concluse congedandomi con un cenno della mano.
Annuii, risentita. Dov’era finita la nostra ‘amicizia’? Ero seriamente risentita e scocciata verso quel buffoncello.
Seguii le indicazioni datemi da una ragazza lungo il corridoio, e raggiunsi subito quella che sarebbe stata la mia stanza.
Mi guardai intorno, e mi meravigliai di fronte a tutte le meraviglie che mi circondarono.
Quella stanza, era addirittura più grande della mia casa intera.
Il letto a baldacchino troneggiava al centro della stanza, teli preziosi che presto sarebbero diventate le mie coperte, lo ricoprivano..
Le mura erano illuminate dalla luce che penetrava da un enorme finestrone con sopra delle lussuose tende.
Era tutto perfetto.
“Signorina che fa nella stanza degli ospiti?” Una voce mi riportò alla realtà.
“Mi hanno detto che è la mia stanza. Sono la serva del signorino Justin..” Dissi.
Fece una strana smorfia dopo di che sorrise.
“Non è questa la sua stanza mi segua.” Disse con fare frettoloso.
La seguii trascinandomi dietro la mia unica borsa con dentro la biancheria e qualche ricordo di famiglia.
Giungemmo di fronte la stanza di Justin nuovamente, ma per fortuna la superammo.. Poi ci fermammo di fronte una porta proprio accanto quella di Justin.
“Tu sei qui per lui. Devi stare sempre con lui finchè non ti da il permesso di andare via. La tua stanza è attaccata alla sua.” Disse.
Annuii dopo di che si voltò e scomparve nell’immenso corridoio.
Entrai lentamente nella stanza, e per poco non mi misi a piangere.
Tutto il lusso di prima si era trasformata in una stanzetta piccolissima con un letto attaccato al muro e una piccola finestra in alto.
C’era un tavolo, uno sgabello e una cassapanca dentro la quale avrei chiuso la mia roba.
Pian piano mi adattai e dopo essermi messa a mio agio mi sdraiai sul letto e mi addormentai.
Mi svegliai di soprassalto credendo che fosse tutto un sogno, ma mi bastò guardarmi intorno per rendermi conto che non lo era.
Mi strofinai un po’ gli occhi dopo di che mi ricordai di Justin.. aveva detto dure ore.. quanto avevo dormito?
Mi precipitai nella sua stanza dove lo trovai addormentato.
Bene, almeno ero sicura di non essere in ritardo.
Mi voltai e feci per tornare nella mia stanza, ma non ci riuscii.
I miei occhi erano attaccati al suo corpo, e non mi permettevano di muovermi.
Era così bello che sembrava qualcosa di surreale, di sacro..
Pian piano, iniziò a stiracchiarsi, dopo di che aprii lentamente le palpebre.
Non pensai ne di spostarmi ne di fare finta di nulla.. continuai  a fissarlo, tanto mi affascinava.
“Scusami.. mi sono addormentato.. Io.. ho dormito molto?” Chiese mettendosi a sedere.
Che cosa avrei potuto dire? Anche io mi ero addormentata.
Scossi la testa.
“Non fa nulla.. “ Risposi.
“.. Ma, sbaglio o mi stavi fissando?” Chiese poi, ammiccando.
“Chi io?.. No, pensavo che fissandoti ti saresti svegliato. Ed infatti ha funzionato.” Inventai velocemente.
Ero davvero brava a trovare scuse.. lo ero stata fin da bambina.
“Ok .. fra poco arriveranno gli ospiti, procediamo.” Disse alzandosi.
“Fra poco? .. Manca ancora tantissimo.” Mi lasciai sfuggire.
“Ma dobbiamo fare un sacco di cose.” Rispose slacciandosi la giacca e levandosi la camicia.
Promisi a me stessa di non imbambolarmi, eppure di fronte quel fisico perfetto non potei far altro che sbattere le palpebre..
La lanciò per terra e iniziò a sbottonarsi i pantaloni..
“Riempi la mia vasca di acqua calda per favore..” Disse.
Mi recai verso il camino fiammeggiante e misi l’acqua  a riscaldare dandogli le spalle.
Quando l’acqua raggiunse la temperatura giusta la svuotai nella vasca, e fu così per tre volte, fin quando non fu piena.
“è pronta..” Annunciai poi guardando in basso per evitare di vederlo nudo.
Vidi i suoi piedi piazzarsi di fronte a me.
Lentamente con lo sguardo iniziai a salire verso su, ma mi bloccai subito.
“Ti fa vergogna il corpo di un uomo nudo?” Sentii pronunciare alla sua bocca.
Chiusi gli occhi e li riaprii solo quando fui certa di trovarmi di fronte il suo viso.
Sorrideva, e si divertiva, ma cosa c’era da ridere?
“Non ho vergogna..” Risposi.
“E allora perché sei così rossa?” Chiese andando verso la vasca.
Appena mi diede le spalle mi voltai lentamente e diedi una sbirciatina al suo fondoschiena, che mi sembrò disegnato da un pittore.
Era forse l’unico fondoschiena maschile che avevo mai visto in vita mia, escludendo i miei fratellini piccoli.. E non avrei mai desiderato di vederne nessun altro.
Si immerse nella vasca traboccante di vapore e fece cadere un po’ d’acqua fuori.
Immediatamente presi delle pezze e iniziai ad asciugare..
Ma cosa mi toccava fare? Bastava che stesse più attento.
“Allora? Non mi hai risposto?” Chiese quando finii di asciugare tutto.
“Senti, vuoi le verità? Si. Mi vergogno. Non è di moda guardare uomini nudi.” Risposi innervosendomi.
“Ci voleva molto a dirlo?” Disse indicandomi uno strano aggeggio sulla cassettiera.
Era morbido e grande quanto una mano.
Glielo porsi, ma invece che prenderlo mi fece cenno di no con la testa e mi indicò la schiena.
“Devi farlo tu .. Caroline, è una spugna devi passarmela sulla schiena e sul petto.” Disse.
Che esagerazione, Dio, non sapeva farlo solo?
Mi rimboccai le maniche del vestito immersi la spugna nell’acqua.
Non ne avevo mai vista una, e mi sembrava così strana.
Lentamente la poggiai sulla sua schiena e iniziai a muoverla lentamente, mentre lui iniziò ad inspirare rilassato.
Movimenti circolari e delicati gli accarezzarono la schiena, quando ad un tratto disse:
“Devo chiederti una cosa..”
Mi preoccupai.

Ehi ciau (: grazie a tutte per le recensioni, davvero siete meravigliose.
Ho pubblicato subito il 2 perché non voglio fare come la ff precedente.
Spero vi piaccia (:
Vi amo.
Erika

@I_amawolf  su twitter  Erika Silipigni su face

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


1789, Providence, Inghilterra


Continuai ad accarezzare lentamente la sua bianca schiena, fin quando non continuò.
“Questa sera.. alla festa, verranno tantissime ragazze fra cui la figlia di un importante uomo d’affari.. mio padre mi ha fatto capire esplicitamente che vorrebbe impegnarmi con lei. Il punto, è che io non voglio impegnarmi. Ne con lei, ne con nessuna. Voglio portare avanti l’impero finanziario di famiglia e  diventare un’icona. Per fare questo però ho dovuto mentire.. Ho detto a mio padre che desideravo portare un’altra fanciulla di cui mi sono innamorato. Lui ha acconsentito.. il punto è che in realtà questa fanciulla non esiste.” Disse.
Ogni sua parola rimbombava all’interno della sua schiena, ed era magnifico poterlo percepire così vivo e vicino.
“Non fingerò di essere una che non sono. Rischierei la vita lo sai?” Chiesi facendolo appoggiare alla vasca e iniziando a massaggiargli il torace.
Era totalmente disinteressato ad ogni cosa che non lo riguardasse, come la mia vita per esempio, ed io non ero disposta a rischiarla per lui.
“Credi che ti farei rischiare la vita, Caroline? Mi credi davvero tanto subdolo?” Mi chiese quasi sconcertato.
Le sue pupille si dilatarono mentre mi spostai con la spugna verso l’addome.
Mi chiesi, per l’ennesima volta, perché non poteva farlo solo.. anche se mi piaceva avere contatti con la sua pelle.
“Ti conosco da nemmeno 2 ore Justin. Credi davvero che io sia disposta a rischiare la mia vita per te?” Risposi retoricamente.
Il suo viso si piegò in una smorfia di odio e tristezza, mischiati a disperazione.
“Potrei farti esiliare per questo, o ucciderti.  Tu ogni giorno devi essere disposta a tutto questo per me. Vieni ti mostro una cosa.” Disse alzandosi di colpo.
Me lo ritrovai nudo, di fronte, gocciolante e con un braccio teso verso di me.
Lo guardai qualche istante,dopo di che gli porsi un telo che si avvolse ai fianchi.
Presi un altro telo, e abbastanza velocemente e senza soffermarmi sul suo corpo, lo aiutai ad asciugarsi dopo di che lo guardai vestirsi.
Una volta pronto, con i capelli ancora bagnati, mi porse la mano.
“Andiamo..”
Timidamente la afferrai e lo seguii in quel castello immenso di cui  nemmeno in tutta la vita avrei conosciuto ogni angolo.
Ci fermammo di colpo di fronte una stanza e fu solo allora che mi resi conto che tenere la sua mano mi intimidiva.
Mi fece guardare all’interno della stanza, e si mise dietro di me.
“Guarda.. quello è mio padre.” Iniziò.
Osservai attentamente suo padre ridere e scherzare con una donna bellissima.
Erano entrambi seduti su un grande divano ed entrambi sembravano felici.
Ad un tratto lei si accoccola affianco a lui, che le bacia la testa.
“Justin perché..” Non mi fece finire che continuò.
“Lei è Odette, la serva di mio padre da ben 47 anni. Credi che nel loro rapporto ci sia imbarazzo o timore? .. Credi che uno dei due non rischierebbe la vita per l’altro? Nonostante l’unica che dovrebbe rischiarla fosse Odette.” Disse.
Allora quella non era la madre di Justin, ma la serva del padre.
Effettivamente della madre di lui non si era mai saputo nulla, nessuno la conosceva o l’aveva mai vista..
Solo allora capii perché ci trovavamo li, di fronte quella dolce scena.
Solo allora capii che Justin voleva avere con me lo stesso rapporto del padre. La stessa fiducia. E mi aveva fatto capire che da oggi in poi, anche lui avrebbe potuto rischiare la vita per me.
“Allora..” Cercò di continuare, ma questa volta lo bloccai io.
“Va bene. Farò questa cosa Justin.” Dissi senza indugiare.
Le sue labbra si allargarono mostrando un meraviglioso sorriso, accompagnato dai suoi occhi.
“Grazie Caroline. Sapevo che eri la scelta giusta.” Disse trascinandomi nuovamente verso la sua stanza.
Una volta entrati dentro, presi a parlare.
“Justin, c’è un problema però. Io non sono mai stata ad una festa non ho un vestito adatto e..” Mi interruppe nuovamente.
“Non devi preoccuparti ho già tutto quello che mi serve. Avevo preparato tutto da giorni.” Disse.
Quindi, indipendentemente da chi sarebbe stata scelta, lui aveva già programmato tutto.
“C’è comunque un problema. Io non so come comportarmi cosa dire, cosa fare.. non ne ho la benché minima idea..” Continuai.
“Tranquilla, ti spiegherò tutto io. Ora prepariamoci.” Disse.
Ecco allora, perché aveva voluto iniziare a prepararsi così presto.. aveva in mente di preparare anche me fin dall’inizio.
Lo aiutai a mettersi il suo vestito più bello, e devo dire che era maledettamente meraviglioso. Forse il più bel ragazzo che abbia mai visto.
Si spruzzò addosso della fresca acqua profumata dopo di che si voltò verso di me e sorrise.
“Ottimo lavoro Caroline.” Disse.
Sorrisi per nulla sorpresa.
Mi ero sempre occupata di tutte le faccende domestiche, e da quando mamma si era ammalata avevo cresciuto i miei fratellini.. quindi si, bhe ci sapevo fare.
“Ora tocca a te.” Disse poi trascinandomi verso il suo letto, sopra il quale era poggiato delicatamente un meraviglioso vestito color rosso liguria, dotato di un’ampia gonna tratteggiata di ricami color cenere.
Restai con gli occhi spalancati e per qualche istante trattenni il respiro.
Non avevo mai visto tanto in tutta la mia vita.
Improvvisamente la paura mi assalì. Non sarei stata sicuramente in grado di portare un vestito del genere senza sporcarlo o strapparlo.
“Justin io non posso metterlo, potrei rovinarlo maldestra come sono.”
“Sono sicuro che andrai benissimo forza. Va a darti una sciacquata.” Disse.
Lo guardai e andai in camera mia.
Dove me la sarei data la sciacquata. Ma certo si, tutti i servi del palazzo avevano un area riservata in cui mantenersi belli e puliti.
Mi ricordai le indicazioni che mi vennero date poche ore fa, e lo raggiunsi.
Era molto moderna come usanza.. non in tutte le abitazioni dei ricchi si dava così tanta attenzione ai servi.. ma mia madre lo aveva detto che qui sarei stata trattata come una figlia.
Per fortuna non trovai nessuno.. perché tutti erano a lavoro nessuno si sarebbe preparata come una principessa per sta sera.. quindi con tutta la mia calma mi lavai e mi ripulii per bene, dopo di che lentamente tornai nella stanza di Justin.
Mi sentii come rinata, noi in paese ci lavavamo in un ruscello..e  mai una stanza tutta nostra.
“Forza cambiati.” Disse Justin che nel frattempo era rimasto accanto al mio vestito.
Lo guardai qualche istante e lui mi fece cenno di muovermi.
“Devo farlo qui?” Chiesi imbarazzata.
Lui allargò le braccia e fece una faccia ovvia.
“Me ne vergogno.” Ammisi.
Si mise a ridere.
“Ti vergogni di farti vedere nuda da me?.. Forza. Tu mi hai visto nudo tutto il giorno.” Disse per nulla imbarazzato.
Scossi la testa chiudendo gli occhi.
“Ok ho capito. Vado nella tua stanza quando hai finito chiamami altrimenti facciamo notte.” Disse alzandosi e scomparendo dietro la porta.
Mi vestii velocemente per paura che potesse sbirciare, poi lo chiamai.
Arrivò e senza guardarmi si richiuse velocemente la porta alle spalle. Nessuno doveva vedermi.
“Allora..” quando mi guardò si bloccò un istante, dopo di che sorrise.
“Sapevo che ti sarebbe stato bene..” Disse venendo verso di me.
“Vediamo.. per i capelli possiamo fare qualcosa?” Mi chiese, gentilmente.
Improvvisamente la sua impertinenza,il suo egoismo e la sua prepotenza sembravano svaniti lasciando spazio a dei meravigliosi sorrisi.
Sembrava addirittura un’altra persona.
“Credo di si..” Risposi sciogliendo la mia crocca.
I lunghi capelli ramati mi caddero lungo le spalle fino alla vita in una lunga treccia che frettolosamente sciolsi.
Mi guardò e spalancò la bocca.
“Tranquillo ora li aggiusto.” Annunciai, immaginando lo stato vergognoso dei miei capelli.
Lui annuii debolmente e andò a sedersi sul suo letto.
Io mi misi di fronte il suo specchio e mi acconciai i capelli per bene.
Li raccolsi in alto e con un nastro riuscii a farli ricadere elegantemente. Erano lisci e lunghi per cui era molto facile renderli presentabili.. La nonna molte volte mi aveva spiegato come fare.
Mi guardai un attimo allo specchio come per convincermi di stare bene.
La pelle chiara, gli occhi neri, le labbra troppo carnose.. e un accenno di lentiggini mi fecero realizzare che nessuno  mi avrebbe mai scambiata per una nobile.
Mi voltai di scatto verso di Justin.
“Non funzionerà, me lo sento.”
Mi guardò qualche istante intensamente, poi mi sorrise.
“Funzionerà. E non voglio sentire repliche. Ora andiamo, è quasi ora.” Disse porgendomi la mano.
Indugiando la afferrai e lo seguii.


Ehi ciau (:
Scusate ma ieri non ho potuto aggiornare..
Come state?! Spero bene.
in questo capitolo ho cercato di farci capire l’aspetto fisico di Caroline.
Spero vi piaccia.
un bacione_
-Erika
Per qualunque cosa contattatemi su twitter o facebook.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


1789,Providence, Inghilterra

Durante il tragitto verso la grande sala in cui si sarebbe tenuta, fra pochissimo, questa festa, indugiai varie volte tentata di mollare tutto e tornare indietro.
Tuttavia i miei tacchi troppo difficili da portare rendevano la prospettiva di questa fuga al quanto impossibile.
Ad un tratto mi fermai di colpo, arrestando anche il passo di Justin.
Si voltò verso di me con aria disperata.
“Cosa c’è ora?” Mi chiese implorante.
“Una domanda. Solo una e poi andiamo di là.” Dissi.
Lui annuì e mi incitò a muovermi.
“Perché non vuoi sposarti? Non desideri avere una famiglia, dei figli. Non vuoi degli eredi?” Chiesi tutto d’un fiato.
Non sapevo se certe confidenze rientravano nel nostro rapporto, ma dopo ciò che avevo visto nella stanza di suo padre pensai di si.
Mi guardò come per dirmi che la risposta fosse ovvia, ma prima che potesse dirlo lo bloccai.
“E non raccontarmi la balla che vuoi mantenere la tua figura di uomo d’affari Justin. Non ci credo minimamente. I più ricchi e potenti uomini hanno una famiglia.” Dissi puntandogli il dito contro.
Roteò gli occhi al cielo e abbassò le mani in senso di resa.
“Sapevo che saresti stata una bella gatta da pelare.. Ma non volevo ochette.” Disse appoggiandosi con la schiena al muro.
Mi risentii per quel mezzo complimento e sorrisi, poi con lo sguardo lo intimai a non cambiare argomento.
Spostò lo sguardo verso il grande finestrone di fronte a noi, dopo di che iniziò.
“Non voglio avere, una donna, per non dover avere figli.. Nella famiglia può succedere di tutto. Prendi mia madre, è morta quando avevo solo 7 anni.. e la mia vita da allora è un inferno continuo. Oppure conosco molte famiglie che stanno insieme e fingono di amarsi.. mentre i genitori fra di loro si ucciderebbero nella notte.. ma non sanno che i loro figli lo notano. I bambini notano tutto. E allora io dico.. perché fare figli se poi al 99% delle possibilità soffriranno?” Disse poi puntando i suoi occhi nei miei.
Non potevo minimante capire questa sua concezione della sofferenza.
“E allora cosa mi dici, della prima volta in cui aprono gli occhi.. della prima volta in cui ti chiamano papà.. di ti sorridono mentre il mondo va a rotoli.. Justin cosa mi dici di quando ti accarezzano? Io ho cresciuto 3 fratelli più piccoli, e posso dirti che se c’è una cosa che voglio per il mio futuro è avere una famiglia. Non vorrei rinunciare per nulla al mondo a quelle emozioni.” Dissi iniziando a trascinarlo verso la sala da ballo.
Sua madre era morta allora.. ecco perché nessuno ne sapeva nulla, lo avevano tenuto nascosto.
Non posso nemmeno immaginare la sua sofferenza.. ma vorrei solo che non dovesse provarla.
In quell’istante Justin spalancò le porte della sala permettendoci così di notare che già parecchi invitati erano arrivati.
“Che scortesia arrivare dopo degli invitati..” Disse Justin a denti stretti nel mio orecchio.
Sorrisi e feci finta di non aver ricevuto la sua frecciatina, riferita al fatto che era colpa mia.
“Non se ne renderanno nemmeno conto. Fidati.” Risposi sorridendo ad un uomo che si incamminò verso di noi.
“Lui è il Marchese Bekelin, di Londra.” Mi sussurrò in modo che solo io potei sentirlo.
Ecco un altro problema. Io non conoscevo nessuno.. ma non feci in tempo a pensare ad altro che il Marchese arrivò.
“Justin, mio caro, come stai?” Chiese abbracciandolo.
“Benissimo signor Bekelin, la ringrazio. Lei è Caroline la contessa di Roma, Italia.” Annunciò.
Al sentir pronunciare quelle parole il sangue mi gelò nelle vene.
“è un onore conoscerla..” Disse prendendomi la mano e baciandomi leggermente le nocche.
“L’onore è tutto mio.” Risposi inchinandomi leggermente.
“Bene.. vi lascio. Aspetto l’arrivo di quel vecchio di tuo padre Justin.” Disse il Marchese sorridendo.
“Sarà qui intorno.” Disse Justin sorridendo.
Il marchese si voltò e scomparve tra la folla.
“Sei andata benissimo.” Mi disse fugacemente Justin.
Ma non feci in tempo a rispondere che altri migliaia di conti marchesi e nobili vennero a salutarci.
Mi comportai alla stessa maniera del Marchese Bekelin con tutti loro..
Finalmente dopo mezz’ora di saluti e presentazioni Justin si allontanò per andare a parlare con il maggiordomo intimandomi di fare guai.
Annuii e andai al tavolo del rinfresco.
Osservai tutto ma non toccai nulla.. la mia fame era diminuita notevolmente. Forse a causa del busto paurosamente stretto di questo vestito.
Mi poggiai leggermente al tavolo e mi toccai il petto, temendo di aver perso il respiro.
Improvvisamente qualcuno mi toccò la spalla.
“Contessa Caroline, giusto?” Disse una voce femminile alle mie spalle.
Sentirmi chiamare contessa mi dava ancora i brividi.
Mi voltai di scatto e mi trovai di fronte ad una ragazza della mia età, che solo a vederla dava fastidio.
“Salve.. con chi ho l’onore di parlare?” Chiesi cercando di non farle notare di aver bisogno di allargare il busto.
“Sono la marchesina Victoria Cristine Bleu. E volevo solo dirti di tenere giù le tue squallide mani da italianotta dal mio Justin. Chiaro?”
Mi guardò in maniera subdola  e prepotente, se solo si fosse accorta che a me di Justin non importava nulla, se non come padrone, forse non avrebbe alzato così tanto le ali.
Ma la nostra diversa provenienza non gli avrebbe permesso di trattarmi così.
“Senti un po’ qua marchesina Vittoria Clarissa Emanuela Paula o come cazzo ti chiami. A questa festa con Justin ci sono io, e tu sei con il tuo amato paparino.. vorrà dire pur qualcosa non credi? E quando parli con me, cerca di scendere dal piedistallo, altrimenti salirò io a farti scendere.”
Risposi.
Mi guardò qualche istante sconcertata, dopo di che disse:
“Voi italiani non sapete proprio comportarvi.” Si voltò e se ne andò.
Sorrisi soddisfatta e mi voltai nuovamente verso il tavolo.
Ripresi a respirare a fatica, il corsetto era davvero troppo stretto.
Lo so, Justin mi aveva detto che serviva ad accentuare il mio seno, ma non riuscivo più a respirare.
“L’hai stesa.”Sentii alle mie spalle.
Mi voltai e vidi Justin sorridere.
Il suo sorriso tuttavia svanì quando vide la mia faccia.
“Non stai bene Caroline?.. è tutto ok?” Mi chiese mettendomi un braccio attorno alla schiena.
Annuii gravemente e mi girai nuovamente verso il tavolo.
Non mangiavo da un paio di giorni, e quel corsetto contribuiva a farmi inalare meno ossigeno. La pressione stava per scendermi.
“Ehi..” Justin non se ne andò, restò li accanto a me.
“Va tutto bene Justin.” Risposi fingendo niente.
Non avrei potuto sentirmi male, o andare via e lasciarlo li da solo. Non lo avrei mai fatto.
Era in questo che consisteva il nostro rapporto giusto? ..
Giusto?..
Giusto?..
Ad un tratto non percepii più nulla tranne che delle braccia attorno al mio corpo.


Ehilà (:
Buon ultimo giorno del 2012.
Come state fanciulle?!
Questa sera che farete?? (: Io nulla di interessante ahahahhahahahaha cena con i parenti.
Cooomunque, il capitolo (anche se corto) vi piace?
FATEMI SAPERE.
Un bacione vi amo.
Nel caso non riuscissi a pubblicare domani BUON ANNO A TUTTI. <3

Erika
Per qualunque cosa cercatemi su facebook o twitter.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


1789, Providence, Inghilterra.



Lentamente aprii gli occhi cercando di focalizzare tutto ciò che mi circondava.
Ero in una stanza che conoscevo bene. Quella di Justin.
Improvvisamente mi ricordai di lui, del mio nuovo lavoro, del nostro complotto.. di tutto.
Mi alzai di scatto e solo allora mi resi conto di essere nel suo letto.
Sconcertata dall’idea di aver dormito sul letto del mio padrone, e quindi di poter essere punita, mi alzai terrorizzata.
I piedi nudi toccarono presto il freddo pavimento facendomi rabbrividire.
A quel contatto mi ritornò alla memoria gli ultimi istanti da sveglia che avevo avuto.. e presto fui ben sicura di essere svenuta.
Mi guardai bene e solo allora mi resi conto di essere in sottoveste.
Mi voltai subito verso il letto dove vidi steso il meraviglioso vestito che fino a poco prima avevo addosso, e il corsetto che mi aveva tolto il respiro.
Mi misi le mani ai capelli disperata. Era solo il primo giorno di lavoro e già ero finita nei guai.
“Caroline..” Sentii dire dalla porta.
Mi voltai velocemente implorando che non fosse Justin a vedermi in sottoveste.
Sospirai e allo stesso tempo rimasi sorpresa alla vista di Odette.
Era bella, anzi bellissima, nonostante indossasse il classico vestito da serva.
I capelli neri erano raccolti in una crocca molto raffinata mentre i  suoi occhi verdi splendevano alla piccola luce che filtrava dalla finestra, accompagnati da un sorriso smagliante.
Che ci faceva qui?
“Salve.. io..” Dissi guardandomi intorno come per giustificarmi.
Forse il signor Bieber, o Justin stesso la avevano incaricata di cacciarmi via.
“Nella tua stanza ti ho fatto portare tutto ciò che ti occorre. I tuoi nuovi abiti seppur tutti uguali e qualcosa per renderti più carina.” Disse ridendo e indicando il suo abito.
Sorrisi.
“Grazie..” Risposi lentamente.
Mi sorrise anche lei,dopo di che venne avanti a spalancò le tende della camera di Justin.
“Io sono Odette.“ Disse iniziando a mettere in ordine.
Immediatamente le andai dietro e la bloccai.
“Odette ti ringrazio, ma sta tranquilla di qua mi occupo io. Tu avrai già il tuo bel da fare.” Dissi.
Sorrise.
“Va bene.. ci vediamo sotto a pranzo.” Disse prima di uscire.
Impulsivamente la bloccai di nuovo.
“Scusami.. io vorrei solo sapere cos’è successo ieri sera.” Dissi poi chiedendole disperatamente aiuto.
“Sai.. le ragazze ricche di oggi sono talmente magre da non avere forme se non quelle delle ossa. Ieri sera tu eri stretta in quell’abito che non era necessario per te, visto che hai già tutte le forme perfette.. così il tuo corpo non ha resistito a quella compressione ed ha ceduto. Sei svenuta, ma non se n’è accorto nessuno tranne me che stavo accompagnando il signor Bieber, e il signorino Justin che era dietro di te e ti ha afferrata subito.” Disse sorridendo.
Annuii sconcertata.
“E.. perché ho dormito qua?” Chiesi ancora a quella donna così tranquilla e dolce.
“Il signorino si è sentito talmente tanto in colpa per quello che è successo, che ha passato la notte in un’altra stanza, e questa mattina è uscito presto a cavallo.” Rispose.
“Grazie mille Odette.. ci vediamo dopo.” Dissi andando in camera mia.
Era una donna meravigliosa.
Ma ora l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era al perché Justin si sentisse in colpa. Forse perché era stato lui a volere che andassi alla festa e che indossassi quell’abito.
Era chiaro che la colpa, però, non era di nessuno.
Mi precipitai nel bagno riservato a noi e mi lavai velocemente, dopo di che tornai in stanza e mi misi uno degli abiti che Odette aveva fatto portare.
Erano tutti uguali. Stretti al seno, color oro, scendevano poi larghi accompagnati da un grembiulino bianco che chiudeva proprio sotto la parte stretta dell’abito.
Infilai poi le scarpette nere  e raccolsi i capelli in una crocchia, come quella che avevo visto ad Odette.
Andai nella stanza di Justin e la ripulii da cima a fondo, e quando finii mi resi conto che mancava poco per farla brillare.
Soddisfatta del mio lavoro feci per uscire dalla stanza e quando mi voltai verso la porta andai a sbattere con qualcuno.
“Justin..” Dissi sorridendo.
Sorrise anche lui di sfuggita ed entrò nella stanza velocemente.
Indossava i vestiti tipici della caccia, il che lo faceva sembrare un semplice nullatenente del popolo.. e sorpresa? Non cambiava nulla, era comunque magnifico.
Sorrisi imbarazzata dai miei pensieri e abbassai lo sguardo dalle sue spalle forti e muscolose.
“Hai bisogno di qualcosa?” Chiesi, per aprire un argomento.
Era il mio secondo giorno di lavoro. Dovevo rendermi utile.
Si guardò intorno e sorrise rendendosi conto dello splendore della stanza.
“è tutto perfetto. Grazie Caroline.” Disse sorridendomi.
Annuii rassegnandomi al fatto che non volesse aprire argomento sulla sera precedente.
Mi incamminai vero la mia stanza, quando la sua testa spuntò da dietro la porta e mi incitò a rientrare.
“Aspetta, torna qui un attimo.” Disse.
Sorrisi compiaciuta e rientrai nella sua stanza.
Lo guardai circospetta, dopo di che iniziò a parlare.
“Mi dispiace per ieri sera. Non avrei dovuto..” Disse alternando il suo sguardo da un mio occhio all’altro.
“Justin, tranquillo è tutto ok. Non è successo niente. Mi dispiace di aver dormito nel tuo letto.” Ammisi, imbarazzata.
“Sono stato io a volerlo.” Rispose.
Annuii, sollevata, e sorrisi.
“E.. grazie per ieri. Allontanandomi Victoria in quel modo mi hai salvato la vita.” Disse sorridendo.
Sembrava che si stesse liberando di un peso.
Forse fra noi due si stava davvero creando quel magico rapporto che suo padre aveva con Odette. Anche se era passato solo un giorno.
“Dev’essere così il nostro rapporto.. giusto?” Dissi sorridendo.
Justin annuì.
“Posso andare.?” Chiesi sorridendo.
“Cosa non ti è chiaro del, ‘devi stare sempre dietro me’?” Disse sfilandosi la casacca.
Annuii.
“Ho conosciuto Odette.” Dissi mentre lo aiutai a sfilarsi l’indumento.
“Ah si? Come ti è sembrata?” Mi chiese, mentre la casacca gli scompigliò i capelli.
Sorrisi vedendolo disordinato, seppur bellissimo.
“Una donna dolcissima, e comprensiva.” Risposi in tutta sincerità.
“Allora la prima impressione è quella giusta..” Disse voltandosi verso di me e infilandosi una camicia larga alle braccia.
“Che ore sono?” Chiese.
Guardai il suo orologio da taschino, poggiato al comò.
“Le 12 in punto.” Risposi abbottonando il suo soprabito.
“Non dovresti essere a pranzo?” Chiese aggiustandosi il colletto della camicia.
Pranzo.. solo a sentir nominare quella parola la fame mi assalì.
“Pranzo.. certo ora ci vado. Lascia faccio io.” Dissi rimediando a tutti i suoi vani tentativi di ordinarsi il colletto.
“Grazie..ora va. Starai morendo di fame.” Rispose sorridendo.
Annuii, sorrisi e scomparvi dietro la porta.
Attraversai tutto il palazzo fino alla stanza in cui avrei pranzato cercando di far diminuire i battiti del mio cuore.


Ehi :33
BUON 2013 A TUTTE MERAVIGLIE.
Spero che per tutte voi possa essere un anno meraviglioso.
Mi scuso per non aver pubblicato ieri.. ma sono stata a casa giusto 5 minuti.
Che ne pensate del capitolo? Vi piace (:
Recensite e fatemi sapere.
Un bacione
-Erika
@I_amawolf

MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


1789, Providence, Inghilterra

La stanza del castello in cui noi servi potevamo pranzare mi sembrò enorme.
Notai subito la somiglianza con le mense cittadine.. solo che qua c’era tutto un altro tenore di vita.
In tutto eravamo venti persone la dentro.
Mi guardai intorno un po’ impacciata, ma quando Odette mi venne incontro iniziai subito a sentirmi a mio agio.
“Caroline viene siediti con noi..” Disse accompagnandomi al grande tavolo in cui ci sedemmo tutti insieme per mangiare.
“Ragazzi lei è Caroline. Si occupa del signorino Justin.” Disse dolcemente.
Tutti mi sorrisero e si presentarono.. non mi sarei aspettata una tale accoglienza.
Forse perché ero la più giovane?.. Per lo più erano tutte donne anziane, qualche uomo anche lui un po’ in la con l’età, e poi c’era Odette.. che comunque non era una ragazzina.
Insomma.. ero come la bimba di casa.
Il pranzo fu abbastanza consistente e rapido, e permise a tutti di rifocillarsi prima di tornare a lavoro.
Appena finimmo di mangiare, tutti schizzarono da qualche parte nel castello per darsi da fare.. mentre due donne restarono a mettere tutto in ordine.
Sorrisi e mi offrii di dare loro una mano.. Justin non aveva bisogno di così tante attenzioni.
“Grazie Caroline.. non preoccuparti. Va pure.” Disse una di loro sorridendo.
Ricambiai il sorriso e uscii dalla cucina precipitandomi verso la stanza di Justin.
Justin non era ancora arrivato.. sicuramente il loro pranzo era molto più espansivo e lento del nostro.
Quella camera brillava ancora.. che cosa avrei fatto ora per tutta la giornata?
Prima di essere assunta come serva di Justin ero convinta che fosse un lavoro faticosissimo e noioso.
Mi sbagliavo.
Andai in camera mia.. se Justin avesse avuto bisogno di me, mi avrebbe cercata lui sicuramente.
“Caroline..” Sentii chiamare improvvisamente.
Mi alzai di corsa e mi precipitai nella stanza di Justin.
“Sono qui.” Risposi frettolosamente.
Si voltò e mi sorrise.
“Devo cambiarmi.” Disse continuando a ridere.
“Di nuovo?” Chiesi avvicinandomi a lui.
“Promettimi di non ridere.” Disse poi non riuscendo lui stesso a trattenere le risate.
Mi baciai l’indice da entrambi i lati a mo di promessa.
Si voltò e mi mostrò la camicia, fino a poco fa pulita, ed ora completamente macchiata di qualche squisita pietanza che gli era stata servita.
Inizialmente soffocai una risata, spaventata dal suo sguardo.. ma quando poi non riuscii più a trattenermi scoppiai a ridere seguita da lui.
Risi fino a sentire gli occhi  umidi.. ma non perché fosse divertente la macchia sul suo vestito.. ma per la sua risata.
Così coinvolgente, così pura e limpida.. ogni suo singolo respiro mi incitava a  continuare a ridere.
“Ok aiutami a levarmela.” Disse sbottonandosi la giacca, e soffocando l’ennesima risata.
Lo aiutai a levarsela, lasciandolo a petto nudo.
Poi presi la camicia e sorrisi.
“Vado a lavarla..” Annunciai prima di scomparire dietro la porta.
A pranzo tutti gli altri collaboratori del castello mi avevano indicato ogni singola stanza, per cui sapevo perfettamente dove si lavavano i panni.
Uscii nel retro del giardino e poggiai la camicia su quel grande lavabo di pietra.
Presi il sapone fatto in casa che trovai alle mie spalle, dopo di che osservai qualche istante la camicia.
Senza accorgermene la portai al viso e inalai il profumo che emanava.
Era il profumo dei suoi capelli, del suo collo.. era un profumo che lentamente stavo imparando a conoscere.
“Caroline..” sentii dire e saltai all’aria.
Immersi immediatamente la camicia nella lavabo e fingendo che fosse tutto tranquillo dissi:
“Si anche questa va lavata.. è sudata.”
In realtà non era affatto sudata, ma .. cosa avrebbe pensato Odette se mi avesse vista odorare la camicia di Justin.
Il prossimo passo falso sarebbe stato la biancheria.
Storsi le labbra al pensiero.
“Caroline tutto bene?” Chiese Odette avvicinandosi, anche lei con dei panni da lavare.
“Odette.. si tutto bene. Stavo ripulendo la camicia del signorino.. tu?” Chiesi iniziando a strofinare il sapone sulla macchia.
“Davvero si fa chiamare signorino?”Disse mettendosi all’opera accanto a me.
“In realtà no. Vuole che lo chiami solo Justin.. “ Ammisi.
Il sapone profumò l’aria già abbastanza fresca, rendendola immensamente piacevole.
“Era prevedibile..” Disse sorridendo.
Immersi la camicia e ripresi a strofinare sulla macchia.
Le mani mi gelarono.
“Tu conosci Justin molto bene Odette..” Dissi.
“Per me è come un figlio.” Rispose immediatamente.
Sorrisi fra me e me, ed annuii.
“Ti stai trovando bene con lui vero?” Continuò.
Annuii e sorrisi.
Benissimo.. la prima impressione che mi aveva dato era davvero sbagliata. Non era ne subdolo ne prepotente ne egoista.
“Sa come farsi amare..” Disse, senza arrendersi.
A cosa voleva arrivare?..
“Odette devi dirmi qualcosa?” Tagliai corto.
Non amavo i giri di parole.. e lei ne stava facendo troppi. Cosa voleva chiedermi?
Mi fissò qualche istante come se stesse cercando qualcosa nel mio sguardo.. come se potesse dirmi tutto con uno sguardo.
“Tu.. mi ricordi così tanto me alla tua età. E non parlo fisicamente.. Parlo del carattere e di tutto il resto..E come se io stessi rivivendo la mia vita.. come se stessi avendo una seconda possibilità con te. E non voglio che tu faccia i miei stessi errori.” Disse.
Stesi la camicia di Justin in un filo messo accanto al lavabo.
“Quali errori?” Chiesi ormai troppo incuriosita.
Il suo sguardo si incupì nello stesso istante in cui afferrai dei panni dalla sua lunga pila e iniziai a darle una mano.
Le mani mi gelarono per l’ennesima volta.
“Avevo la tua stessa età quando il signor Bieber mi prese a lavorare come sua serva. Inizialmente per lui provavo solo odio ed invidia. Come poteva possedere tanto e non dare nulla? Mi chiedevo. Giorno per giorno, però, standogli accanto imparai a conoscerlo, a rispettarlo, ad apprezzarlo.. ma soprattutto ad amarlo.”
Feci un sospiro di sorpresa, e il sapone mi cadde dalle mani.
Immersi tutto il braccio dentro il lavabo e lo ripresi.
“Ero innamorata di lui a tal punto da mettere in pericolo la mia vita dicendolo pubblicamente.. Purtroppo le cose si fecero difficili molto presto. Suo padre morì e lui dovette prendere in mano le redini del suo impero.. così alla sprovvista senza aver avuto nessun insegnamento.. ma d’altronde i suoi fratelli erano totalmente inadatti a farlo. Si sposò presto, e divenne l’uomo che conosci oggi.. ma la cosa che tutt'ora mi fa soffrire.. è che anche lui mi amava..” Fece in tempo a dire prima che la voce le si strozzasse in gola.
“E mi ama ancora.” Continuò dopo poco.
Non riuscivo a capire cosa volesse dirmi.
La guardai dubbiosa.
“Non innamorarti di lui Caroline. Non sprecare la tua vita come me. Trovati un uomo che ti possa abbracciare ed amare alla luce del sole. Io sono felice di poter stare con l’uomo che amo.. ma non sono felice del fatto che lui abbia deciso di dirmelo solo dopo la morte di sua moglie. Ma non pensare che la colpa sia di Justin, o sua. La colpa è della società che  impedisce all’amore di sbocciare fra ricchi e poveri.”
La guardai sbigottita.
“Odette.. io non amo Justin.” Insinuai.
“Stavi odorando la sua camicia Caroline. Credi che non sappia che effetto fa quel ragazzo? L’ho cresciuto come un figlio e ho visto migliaia di ragazze innamorarsi di lui in meno di 5 minuti. Sei qui da due giorni, lo so, ma fidati, il tuo cuore sta già andando verso di lui.” Disse finendo di lavare l’ultimo panno.
“Be ti sbagli. Possiamo avere lo stesso carattere Odette, ma siamo comunque due persone diverse.” Risposi.
“Te ne accorgerai..” Disse prima che rientrassi dentro sbattendomi la porta alle spalle.
La sua era una storia triste.. ma non aveva nulla a che fare con me.
“Signorina Caroline..” Sentii dire poi alle mie spalle.
Mi voltai e mi ritrovai il signor Bieber alle spalle.
Barcollai.

Ehi ciau :33 come state??
Vi piace il capitolo? Spero di si. <3
Se vi va fatemi sapere con una recensione, vi voglio bene
-Erika
@I_amawolf

MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


1789, Providence, Inghilterra


“Lei conosceva me.. ma io non conoscevo lei.” Disse il signor Bieber passandomi un calice con dentro qualche bevanda troppo costosa perché potessi permettermela.
Ci trovavamo nella sua stanza, dove il giorno prima lo avevo visto con Odette, e potei dire che era ancora più meravigliosa di quanto mi fosse sembrata quella volta.
“Fino ad ora..” Concluse bevendo dal suo calice.
Sorrisi e bevvi un piccolo sorso anch’io.
Qualunque cosa ci fosse nel mio bicchiere era aspra e amara, mi dava un forte senso di bruciore al naso e alla gola.. tuttavia cercai di mandarne giù un altro po’… o forse riuscii a farlo solo grazie alla paura.
Non avevo idea di cosa volesse parlarmi il conte.. fatto sta che ancora aveva solo fatto immensi giri di parole invece che andare al punto.
“Ho sentito una piccola parte della tua conversazione con Odette.” Disse.
Sobbalzai. Mi avrebbe licenziata, sicuro.
“Mi dispiace, io non intendevo..” Non mi fece concludere la frase.
“Sta tranquilla.. non sono arrabbiato. Ciò che ti ha detto è la pura verità. Mi sono accorto troppo tardi di amarla. Ma non divaghiamo adesso.” Disse riempiendosi nuovamente il calice.
Mi tranquillizzai immediatamente e bevvi ancora un sorso.
Forse voleva chiedermi cosa provavo per Justin? O meglio se avevo intenzione di fare la fine di Odette?
Stavo divagando anch’io e non potevo permettermelo, non ora.
“L’altra sera mio figlio, ti ha portata in sala non è vero?” Chiese con uno sguardo impenetrabile.
Sembrava un brav’uomo.. quando non sfoderava quell’espressione.
“Si.” Risposi secca, prendendo coraggio.
“Perché?” Chiese velocemente senza darmi tempo di rielaborare.
Molto probabilmente suo padre non doveva sapere la verità, per il semplice fatto che non l’avrebbe accettata.
“Caroline rispondimi.. sono suo padre, lo amo e voglio solo il meglio per lui.” Insisté.
Mi sembrò sincero dallo sguardo.. ma .. sarebbe stato carino tradire Justin?
“Qualunque cosa sia stata..” Continuò, ma lo interruppi.
“No, faccia parlare me. Io lavoro qui da soli due giorni e sono già nei guai.. Lei crede che io voglia peggiorare la situazione mettendomi vostro figlio contro? Se tutto va bene dovrò passare la mia vita a servirlo e non mi va di avere dei conflitti.” Risposi poggiando il calice sul piccolo tavolo in legno accanto a noi.
“Con permesso.” Conclusi dirigendomi verso la porta.
Mi voltai giusto in tempo per vedere il conte sorridere, dopo di che mi chiusi la porta alle spalle e tornai nella stanza di Justin.
“Ci hai impiegato un’eternità Caroline..” Sentenziò Justin non appena entrai.
“Certo, scusa se prima sono rimasta incastrata con Odette e dopo con tuo padre.” Mi lasciai sfuggire.
Dovevo ancora imparare cosa potevo dire e cosa invece no.. Però a lui, sentivo di poter dire tutto.
Si alzò e mi venne incontro velocemente.
“Mio padre?” Chiese corrugando la fronte.
Annuii.
“Cosa voleva?” Chiese, ancora a petto nudo.
“Sapere perché ero alla festa con te ieri sera.” Risposi cercando di non perdere la concentrazione a causa del suo petto nudo.
“Cosa gli hai detto?” Chiese guardandomi terrorizzato.
In quell’istante lo vidi dipendere da me. In base alle mie parole il suo umore si sarebbe trasformato. Mi sentii potente.
Mi sfiorai i capelli, innervosita.
“Che non voglio essere coinvolta in nulla.” Risposi superandolo.
Fece un sospiro di sollievo e lasciandomelo alle spalle sorrisi.
“Grazie a Dio. Non so chi ti ha dato quest’intelligenza ma è stato davvero generoso.” Disse poi alzando le mani al cielo.
“Certo, quello che hanno sottratto a te l’hanno dato a me.” Sbuffai.
Justin lanciò un telo verso la mia testa che la ricoprì tutta.
“Stronzo.” Dissi, senza pesare le parole.
Quando mi resi conto di ciò che avevo detto mi voltai e guardai Justin in volto.
Era allibito. Aveva gli occhi strabuzzati e la bocca spalancata.
Cercai di articolare qualche frase di scuse, ma dalla mia bocca non uscì una parola.. rimase tutto dentro il mio cervello.
Anche io rimasi scombussolata qualche istante.
Come avevo potuto lasciarmi sfuggire quella parola dalla bocca?
Justin lentamente sorrise e iniziò a correre verso di me.
Mi strinsi nelle spalle e chiusi gli occhi. Ad un tratto mi sentii scaraventata verso il basso per poi cadere sul morbido.
Aprii gli occhi e mi ritrovai sul letto di Justin.
“Cos’hai detto?” Chiese solleticandomi.
Iniziai a ridere e cercai di rispondere ma non ci riuscii, bloccata dal suo corpo.
“Ripetilo se hai il coraggio Caroline..” Continuò.
Risi fino a sentirmi i polmoni scoppiare, dopo di che senza rendermene conto lo afferrai dai capelli per farlo smettere.
“Basta.” Dissi afferrandolo dai suoi ciuffi biondi e tirandolo verso l’altra parte del letto.
Urlò, dopo di che cadde sul pavimento e scoppiò a ridere anche lui.
Ad un tratto mi resi conto di poterla sentire.. la complicità che lentamente si stava creando fra di noi potevo sentirla nella sua risata, e vederla nel suo viso.
Justin iniziava  a fidarsi di me.. ed io di lui.
Anche se.. questo ragazzo aveva ancora troppi misteri dietro di se.
Sua madre, Odette, suo padre.. qualcosa non quadrava. Il racconto di Odette non mi aveva convinta del tutto.. anche perché non coincideva con quello di Justin.
Poi.. la storia di non volersi sposare?..
Suo padre che mi chiama per parlare?.. C’era qualcosa sotto.. qualcosa di molto molto losco.
Ed io avrei fatto di tutto per scoprire quali oscure ombre vagavano sopra la testa di questo ragazzo.

Eh ciau (:
Scusate se il capitolo è cortissimo ma serve per introdurre l’altro..
Comunque sia spero vi piacciaaaaa <3
Recensite e fatemi sapereee
Un bacione
Erika
@I_amawolf

MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


1789, Providence, Inghilterra


Lentamente, giorno per giorno, iniziai ad abituarmi a tutto quel lusso.. ad Odette, al lavoro.. e a Justin.
Tutto nella mia vita iniziava a combaciare perfettamente.
“Caroline devo parlarti.” Annunciò Justin arrivando alle mie spalle e accarezzandomi leggermente la mano.
Il nostro rapporto in queste settimane trascorse si era mutato. Riuscivo a comportarmi con lui come se fosse una persona che conoscevo da una vita.. e lui si fidava ciecamente di me.
Ormai avevo anche imparato a non sbavare davanti al suo corpo, e a fingere indifferenza ogni volta che lo vedevo nudo.
“Dimmi.” Risposi finendo di rifare il suo letto.
Mi voltai verso di lui e lo vidi sorridermi.
Non con le labbra, ma con lo sguardo. I suoi occhi color miele mi stavano sorridendo.
“Ecco.. questa sera la figlia del marchese Bekilin compie 19 anni.. e siamo stati invitati..” Disse.
“Bene preparo subito la tua roba.” Annunciai sorridendo.
Si portò una mano ai capelli e li scosse dolcemente, come solo lui sapeva fare.
“No.. con noi.. intendo anche tu.” Disse sorridendo imbarazzato.
“Io?..” Chiesi evidentemente scossa.
Cosa centravo io ad un party per nobili?.. mi era già bastato una volta.
“Lui ti conosce come la contessa di Roma ricordi?..” Chiese beffardo.
Lo guardai con uno sguardo truce.
“Non mi va di fingere ancora Justin.. io sono..” Dissi, ma non potei continuare.
Si alzò e venne verso di me. Lentamente mi portò di fronte la finestra dopo di che mi abbracciò da dietro.
“Tu sei contenta di farlo..” Disse, come se fossero parole mie per convincermi.
Sbuffai pesantemente quando lui appoggiò il mento sulla mia spalla.
“Niente corsetto.” Sentenziai, in cenno di resa.
Ormai, mi resi conto che per lui avrei fatto qualunque cosa.
Dal suo riflesso nel vetro della finestra lo vidi sorridere, dopo di che mi stampò un bacio sulla guancia.
Due ore dopo eravamo in carrozza, verso casa del marchese Bekilin.
Avevo indosso un abito ambrato rivestito di un telo argento, senza corsetto, per poter respirare tranquillamente.
La carrozza si fermò di fronte un enorme palazzo circondato da un giardino molto prosperoso.
Anche con il buio, riuscii a vedere i due leoni in marmo che ci diedero il benvenuto alla porta del palazzo.
“Conte, contessa..” Disse un ragazzo afferrando i nostri mantelli.
Quando afferrò il mio mantello scoprendomi le spalle, mi voltai in cerca di Justin e sorpresi il ragazzo a fissarmi.
Mi guardava intensamente, permettendomi di leggere nel suo sguardo arroganza e prepotenza.
Istintivamente mi scansai da lui, quando mi sentii una stretta al braccio e mi ritrovai nella sala da ballo.
“Justin..” Dissi cercando di fargli allentare la presa.
Si avvicinò a me e mi guardò nervosamente.
“L’hai visto? L’hai visto come ti guardava? Stai lontana da quel tizio.” Disse isterico.
Annuii, scocciata, dopo di che mi liberai dalla sua presa e andai a salutare il conte Bekilin.
“Contessa..” Disse dolcemente abbracciandomi.
Era una persona molto affettuosa nonostante era solo la seconda volta che lo vedevo.
“Marchese.” Risposi sorridendo gentilmente.
“è meravigliosa questa sera..” Disse sorridendo.
“E lei è troppo gentile.” Risposi, come se fossi una ragazza abituata a ricevere complimenti.. cosa che in realtà non ero.
“Lascia che ti presenti mia figlia Susanne..”Disse poi accompagnandomi verso un gruppo di giovani ragazze intente a ridere e a schiamazzare.
Fra loro intravidi Victoria, che non mi guardò nemmeno. Ben le stava.
“Susanne.. lei è la contessa di Roma, miss Caroline.” Disse il conte Bekilin ad una ragazzina, che non dimostrava affatto 19 anni.
Indossava un vestito pomposo che le permetteva a stento di muoversi, accompagnato con un enorme fiore giallo sulla fronte.
I suoi occhi blu mi scrutarono intensamente, prima di socchiudersi.
“Ti auguro di passare un meraviglioso compleanno..” Sorrisi porgendomi verso di lei.
Mi baciò sulle guancie, dopo di che mi sorrise così aspramente che per poco non piansi.
“Sei con il conte Bieber?” Mi chiese tutto d’un tratto ignorando le mie buone maniere.
Corrugai la fronte infastidita dalla sua scostumatezza.
“Si.” Risposi poi freddamente.
Ad un tratto collegai la presenza di Victoria alla sua domanda. C’era un club “Pro-Justin” sicuramente, dove tutte le ricche ragazzine che non sapevano come sperperare i soldi di famiglia, passavano il loro tempo.
Mi guardò con aria di superiorità, dopo di che alzò una mano sfottendomi e tornò dalle sue amiche.
Mi voltai e le ignorai. Ok era più grande di me di un anno.. ma ehi, ero la contessa di Roma.
Il conte Bekilin che era scomparso misteriosamente, riapparve assieme ad un ragazzo.
“Lui è mio nipote Nicholas.” Disse sorridendo.
Bene, aveva intenzione di presentarmi tutta la sua famiglia.
Lasciai che il ragazzo mi baciasse la mano leggermente e sorrisi.
“Sono Caroline..” Dissi poi.
Ad un tratto una furia ci travolse.
“Conte Bekilin scusate, usciamo a prendere un po’ d’aria.” Annunciò Justin trascinandomi a velocità supersonica dietro di lui.
Uscimmo fuori, in giardino, dove il prato splendeva di rugiada anche al buio.
“Sei impazzita?” Mi urlò contro.
Mi guardai incontro, e l’unica persona presente, oltre noi, nel giardino scomparve terrorizzata nell’ombra dalle urla di Justin.
“Abbassa la voce. Che succede chiesi.” Cercando di fare chiarezza.
“Non puoi venire qui e fare la sciacquetta con tutti quelli che incontri.” Disse poi ringhiando fra i denti.
Non lo avevo mai visto così, mi spaventai, ma allo stesso tempo mi irritai.
“Io sciacquetta? Non solo mi hai trascinata qua a fingere di essere qualcuna che non sono, ma ho anche dovuto subire le torture di quella vipera della figlia di Bekilin. Lo sai che ti vengono tutte dietro, lo sai? Bhe, allora la prossima volta trovatene una di loro per fingere di essere la contessa di Roma. Chiaro? E già che ci sei trovati un’altra serva. Io mi licenzio. E si, se ti va fai decapitare me, mia madre, mio padre e i miei fratelli. Non c’è problema. Sempre meglio che subire le torture di questa gente.” Strillai scendendo le scale che portavano alla parte dietro del palazzo.
Le lacrime mi appannarono la vista, quando a metà strada, mi sentii afferrare per un polso.
In un istante mi ritrovai Justin di fronte, a pochi centimetri dal mio visto..
Il suo respiro si mescolò al mio.. le sue labbra sfiorarono prima il mio naso, e iniziarono lentamente a scendere.. scendere..
“Chi c’è?” Sentimmo strillare poi.

Salve ragazze :33
Questo capitolo mi piace molto.. diciamo che l’ho messo per farmi perdonare (?) per non aver pubblicato subito.
Recensite e ditemi che ne pensate.
Vi amo
Erika
@I_amawolf

SCUSATE PER EVENTUALI (SICURI) ERRORI.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


1789, Providence, Inghilterra


Anche al buio riuscii a vedere Justin farmi cenno di tacere con la mano.
Annuii spaventata. Perché ci nascondevamo? Non stavamo facendo niente di male.
Sentimmo dei passi avvicinarsi allora Justin iniziò a trascinarmi verso un vecchio capanno posizionato proprio dietro il palazzo.
Feci fatica a stargli dietro durante il tragitto così lui mi strattonò qualche volta per incitarmi a correre.
Il vestito mi impediva fare grandi passi, e se provavo a farne piccoli ma veloci, potete solo immaginare quanto mi sentivo ridicola.
Per cui, ad un tratto senza sapere perché, d’impulso, mollai la mano di Justin e mi alzai il vestito fino alle ginocchia dopo di che ripresi a correre.
Justin si voltò per cercare di capire perché avessi mollato la sua mano, e quando si accorse del motivo cercò in tutti i modi di ridere silenziosamente.
Frettolosamente entrammo nel capanno e ci nascondemmo nell’angolo più remoto.
Lui si mise con le spalle al muro costringendomi a comprimermi sul suo corpo.
Non che non volessi.. anzi.
“Perché ci nascondiamo Justin?” Chiesi poi a bassa voce mentre lui circospetto sbirciava fuori da una fessura nel capanno.
“Non hai capito chi era che ci cercava?” Chiese, quasi mimando.
Scossi la testa e cercai di ricordare quella voce. Niente, non mi era familiare.
“Il secondo braccio di mio padre Caroline. Ho pensato che vedendoti li appartata con me a strillarci contro avrebbe sicuramente pensato a male.. così..” Farfugliò respirandomi sulla testa.
“Non so chi sia.. ma.. perché?” Dissi allarmata.
“Credo che lui ci controlli.” Concluse.
“Grazie.” Lo interruppi sorridendo.
A lui non avrebbe fatto nulla, a me sicuramente me ne avrebbe fatte passare delle belle.. in sintesi.. l’aveva fatto per me.
Ci furono altri passi attorno al capanno.
Alzai le testa e il mio sguardo si scontrò con quello di Justin che mi fece cenno di tacere.
Poi pian piano, non si sentii più nulla.
Mi distaccai da Justin e feci per uscire dal capanno, quando lui mi afferrò da un braccio e mi trascinò nuovamente dentro attraendomi a se.
“Aspetta.. sicuramente starà aspettando di vederci uscire. Non possiamo andarcene subito.” Disse.
Annuii gravemente.
Dopo quello che mi aveva detto non era facile restare sola con lui..
E poi.. mi aveva quasi baciata o me l’ero solo immaginato? Scrollai le spalle cercando di pensare ad altro, e non fu difficile visto che le sue parole continuavano a rimbombarmi nella mente.
Mi aveva offesa gravemente, e senza una ragione ora  mi sentivo a pezzi.
Mi allontanai ugualmente da lui e mi misi a sedere qualche centimetro più in la.
Poco dopo si mise a sedere affianco a me. Doveva smetterla di avvicinarsi così, mi confondeva.
“Mi.. dispiace.” Sussurrò dopo tanto sforzi.
Si stava forse scusando?..
Annuii gravemente sentendomi lusingata. Si stava scusando, un conte, con me che sono la sua serva.
Aveva ragione mamma a dire che mi sarei trovata bene.
“Dimmi qualcosa.” Aggiunse poco dopo sempre sussurrando.
“Cosa dovrei dirti Justin?.. Non mi hai lasciato nemmeno il tempo di chiederti per cosa ti fossi arrabbiato?” Risposi.
“Non so nemmeno io per cosa. Quando il marchese ti ha presentato quel ragazzo non so per quale motivo non ci ho visto più.” Disse a voce bassa appoggiando la testa al muro.
“Mi stava solo presentando suo nipote.. credo che fosse.” Dissi corrugando la fronte al pensiero di quel ragazzo.
“Anche il tipo all’entrata.. lui.. “ Disse prima di sbuffare e scuotere la testa.
“Scusa.. non centri nulla e non dovevo farti quella sfuriata.” Disse poi alzandosi.
Mi porse una mano e mi alzai anch’io, accettando le sue scuse.
“Andiamo.” Dissi poi seguendolo verso l’uscita.
La sua mano stringeva ancora la mia, e inaspettatamente mi fece salire dei brividi lungo la schiena.
Si guardò intorno furtivamente dopo di che a passo svelto rientrammo a palazzo, fortunatamente senza nessun intoppo.
“Aspetta.” Disse prima che tornassimo agli ospiti.
Mi voltai e lo guardai.
“I capelli.” Disse indicando la mia acconciatura.
Lo guardai senza capire, dopo di che mi fece girare e lentamente iniziò ad armeggiare con i miei capelli.
“Ecco fatto.” Disse ad un tratto.
Sorrisi e insieme tornammo agli ospiti. Questa volta non mi staccai da lui nemmeno per un istante.. per evitare che il marchese Bekilin mi presentasse qualche altro membro della famiglia.
“Che cosa dicevi delle ragazze che mi vengono dietro?” Mi chiese ad un tratto Justin prendendomi sotto braccio dolcemente.
“Victoria,Susanne e tutte le loro amichette. Non ne ho la certezza.. ma noi donne abbiamo una specie di linguaggio in codice.” Dissi prendendo un calice con dentro una strana bevanda da ricchi, come quella del Conte Bieber.
“Avanti, non c’è nessun linguaggio in codice fra donne Caroline.” Disse sorridendo ad un uomo di fronte a noi.
“C’è invece fidati.” Replicai sicura di me.
Già, tutte loro con uno sguardo, un gesto, una parola.. mi avevano fatto capire che mi odiavano.. grazie a lui.
“L’uomo di tuo padre qui non può vederci?” Chiesi improvvisamente.
“No, lui non entra.” Replicò prendendo anche lui un calice.
“Come facevi a sapere che ci spiava?” Chiesi ancora.
“Conosco mio padre talmente bene che posso prevederlo Caroline.. Shh ora fingi.” Disse mentre Susanne ci venne incontro.
Sorrisi maliziosamente e mi aggrappai ulteriormente al braccio di Justin.
“Justin..” Disse fermandosi di fronte a lui.
Justin sorrise e la baciò sulle guance velocemente, dopo di che anche lui si accorse di tutte le altre ragazze in lontananza, fra cui Victoria che guardavano verso la nostra direzione.
Dio quanto erano infantili.
“Lei è Caroline.. Contessa di Roma, Italia.” Disse Justin indicandomi.
Levai lo sguardo dal gruppetto di ragazzine e guardai Susanne con aria trionfante.
“Ci hanno già presentate.” Dissi poi.
Susanne annuì velocemente, dopo di che tornò a Justin.
“Voi due?..” Chiese poi fingendo un sorriso.
“Si, ho chiesto al padre di Caroline il permesso di poterla frequentare, e lui ha acconsentito..” Disse voltandosi verso di me e sorridendo.
Ricambiai il sorriso.
Eccome se avrebbe acconsentito mio padre. Avrebbe fatto i salti di gioia addirittura.
“Oh beh.. devo.. io.. vado.” Balbettò prima di voltarsi per tornare dalle sue amiche.
Iniziarono poi a sibilare, probabilmente contro di me.
“Ora ti è chiaro?” Chiesi a Justin fissandolo negli occhi.
“Avevi ragione forse.” Ammise.
“Sai fingere.” Dissi poi.
Lui scosse le spalle e sorrise.
“Mi sono immedesimato. E ho cercato di immedesimare te. Tuo padre dici che avrebbe acconsentito?” Chiese poi ridendo.
Scoppiai a ridere, facendo girare qualche nobile verso di noi.
“Saremmo già marito e moglie caro.” Risposi abbassando i toni.
Un ragazzo si avvicinò a noi, e pensai che volesse salutare Justin, fin quando lui non mi spinse dietro le sue spalle.
“Signorino Bieber.. suo padre..” Disse con aria affannata.
“Che succede Primo?” Chiese Justin severamente.
Sicuramente quell’uomo era quello mandato da suo padre.
“è morto.” Disse poi senza indugiare.



Salve ragazze :33
Tutto bene? Mi dispiace di aver pubblicato tardi e mi dispiace che il capitolo sia un po’ confuso.
Ma ho un sacco da studiare çç
Spero recensirete comunque.
Scappo, un bacio
-Erika
@I_amawolf

MI SCUSO PER GLI ERRORI

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


1789, Providence, Inghilterra

Fu come se il tempo si fosse fermato qualche istante.
Vidi Justin fissare il vuoto con uno sguardo perso, così lo scossi.
“Andiamo.” Sentenziai poi trascinandolo fuori.
Non disse una parola, lasciò che lo trascinassi fino al nostro cocchiere, e che lo facessi sedere in carrozza.
Al diavolo tutto, non vedevo l’ora di andare via da quella festa.
La morte del conte, mi turbava parecchio, a causa di Justin, di Odette.. Odette, chissà come stava ora.
“Justin..” Dissi cercando di capire quale espressione ci fosse sul suo volto.
Vidi solo il vuoto dei suoi occhi.
Durante tutto il tragitto non disse una sola parola,  ed io feci lo stesso lasciandolo al suo silenzioso dolore.
Quando arrivammo a Providence, nel castello di famiglia Justin scese velocemente dalla carrozza e si precipitò nelle stanze di suo padre, mentre io indossai il mio solito abito da serva e andai in cerca di Odette.
La cercai ovunque, poi mi ricordai della nostra ultima conversazione e andai nel retro del palazzo..
C’erano panni appesi ovunque, e dietro di essi intravidi una donna affannata nel suo lavoro, accanto al lavabo.
“Odette..” Dissi avvicinandomi.
Non disse una parola e continuò a strofinare con forza sulla camicia che aveva fra le mani, mentre delle lacrime le sgorgavano dagli occhi.
Quando mi accorsi che dalle mani le sgorgava sangue e che quella che stava lavando era una camicia pulita, interruppi il silenzio e afferrai le sue mani violentemente.
La costrinsi a voltarsi verso di me dopo di che le esaminai i palmi, ormai rossi e sporchi di sangue.
Non so da quanto tempo stava strofinando su quel lavabo, ma le sue mani consumate dal dolore mi suggerirono da molto.
“Odette, ti prego ascoltami.” Dissi cercando di inventare qualcosa da dire.
Continuò a piangere e mi guardò negli occhi.
“Tu non puoi lasciarti andare.. Non puoi. Oppure tutto quello che hai fatto in questi anni sarà stato buttato al vento.” Dissi.
“Io cos’ho fatto in tutti questi anni di così importante?” Singhiozzò.
“Come cos’hai fatto? Hai iniziato al lotta contro le differenze sociali. Hai creduto nel tuo amore, hai lottato per il tuo amore. Ed hai vinto. Ora non lasciarti andare, continua a lottare.. a portare avanti tutto ciò che il Conte ti ha insegnato. Non puoi mollare tutto, devi occuparti di Justin.” Dissi trattenendo le lacrime.
Avevo sempre visto Odette come una donna fiera e forte, ed ora vederla così debole e fragile mi spezzava il cuore.
“Lui.. ha te.” Disse tranquillizzandosi qualche istante.
Anche il suo sguardo come quello di Justin era vuoto e perso.
“No Odette. Tu per lui rappresenti la figura materna e devi essere forte per lui e per te.” Dissi.
La vidi annuire lentamente, mentre con lo sguardo ritornò a guardarmi.
“Hai ragione. Vado a cercare Justin.” Disse poi guardandosi le mani.
Le feci segno di aspettare, mi alzai e presi delle pezze pulite che dovevano essere state stese qualche istante fa.
Gliele misi nelle mani asciugando le sue ferite, dopo di che la lasciai andare.
Lavai il sangue dalla camicia che Odette stava lavando, e la stesi dopo di che rientrai nel palazzo mentre nel cielo, sorgeva il primo raggio di sole dell’alba.
Andai nella mia stanza e mi assicurai che tutto fosse in ordine , dopo di che feci lo stesso con quella di Justin.
Era tutto perfettamente in ordine, ed io non avevo nulla da fare.
Mi misi a sedere sul letto e mi fissai le mani, ripensando a quelle di Odette.
Senza che me ne rendessi conto pian piano delle lacrime caldi cominciarono a scendere lungo tutto il mio viso per poi ricadermi sui palmi.
Riuscivo a sembrare forte con gli altri, ma la realtà era che anche io ero molto provata dalla morte del conte.
Avevo parlato con lui un’unica volta, ma era comunque una delle persone care a tutta Providence.
Era il padrone di queste terre, e ci aveva sempre trattati benissimo.
Era l’amore di Odette..
Era il padre di Justin.
Justin.. chissà quanto era a pezzi fra la fatica del viaggio e la brutta notizia.
Mi sedetti nella panca di fronte la finestra e appoggiandomi al davanzale interno guardai i sole sorgere.
Poi caddi nel sonno.
Mi risvegliai qualche istante dopo quando sentii la porta aprirsi e chiudersi violentemente.
Mi strofinai gli occhi e vidi Justin sedersi sul suo letto.
Il suo sguardo era ancora vuoto e perso, faceva paura.
Mi alzai lentamente e mi misi a sedere accanto a lui.
Una sola parola non uscì dalle sue labbra, così decisi di tentare l’impossibile.
“Lasciati andare.” Dissi poggiando la mano sul suo braccio teso.
Era irrigidito e sbatteva a stento gli occhi.. dalla sua bocca non era uscita una parola, ne una lacrima aveva bagnato il suo volto. Sapevo che però dentro stava scoppiando.
Spostai la carezza alla sua spalla, e salii fino alla sua testa, che spinsi sulla mia spalla.
“Lasciati andare.” Sussurrai nuovamente, quando le sue mani mi circondarono il corpo e lui seppellì il volto nel mio collo.
Gli accarezzai lentamente la schiena, mentre calde lacrime mi bagnarono la pelle.
Le sue lacrime. I suoi singhiozzi mi inondarono le orecchie, mentre il suo corpo iniziò a tremare fra le mie braccia.
“Sfogati..” Dissi baciandogli la testa.
Avrei voluto morire invece che vederlo in quello stato, eppure ero li, a tenerlo fra le braccia e a baciargli la testa.
“Caroline..” Disse singhiozzando.
“Shhh.” Feci, prima che le sue braccia mi stringessero ancora di più.
Lentamente lo stesi nel letto e lo liberai di quel vestito da sera che lo faceva stare scomodo.
Poi mi sedetti accanto al lui, sdraiato, e lo abbracciai nuovamente.
“Non ero ancora pronto.” Disse fra un singhiozzo e l’altro prima di cadere nelle mani di Morfeo.
In quell’istante il raggi del sole inondarono la stanza, mentre io giurai a me stessa che per quel ragazzo avrei fatto tutto il possibile perché la sua vita fosse perfetta.
Era tanto fragile fra le mie braccia che mi promisi di restargli accanto per sempre, anche se significava rinunciare alla mia vita.

Ehii :3
Ciao ragazze, e scusate se ho pubblicato dopo tanto, ma sono nel periodo delle interrogazioni e sto
studiando tantissimo.
Comunque spero che il capitolo vi piaccia :3
Recensite e fatemi sapereeeee
Vi voglio bene
Erika
@I_amawolf

Mi scuso per eventuali (sicuri) errori.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


1789, Providence, Inghilterra


Quel giorno tutti andarono via dopo il funerale del padre, mentre io misi a letto Justin e andai in camera mia.
Mi svestii e mi infilai nel letto, tuttavia prima che potessi prendere sonno sentii urlare.
Le urla provenivano dalla stanza di Justin, così senza pensare a nulla mi alzai correndo ed entrai nella sua stanza in veste da notte.
Senza rendermene conto sbattei la porta al muro, dopo di che lo vidi contorcersi urlando nel letto.
Corsi vicino a lui e mi resi conto che stava ancora dormendo, e che era tutto frutto di un incubo.
“Justin.” Urlai, scuotendolo.
“Justin sveglia è un sogno.” Urlai ancora.
Improvvisamente sul suo volto colmo di sudore vidi spalancarsi i suoi meravigliosi occhi, invasi dal terrore.
“Shh tranquillo era solo un incubo.” Dissi accarezzandogli il volto.
 Si guardò intorno terrorizzato e poi tornò a guardare me, squadrandomi dalla testa ai piedi.
Avevo i miei lunghi capelli sciolti,ed indossavo la veste da notte, ma non mi trovai affatto in imbarazzo.
Si alzò sui gomiti iniziò ad inspirare ed espirare profondamente.
“Va meglio?” Chiesi accarezzandogli i capelli e mettendomi a sedere accanto a lui.
“Ora che ci sei tu va meglio.” Disse poi toccandosi la fronte sudata.
Mi alzai e gli porsi una pezza di cotone con cui si asciugò la fronte, dopo di che tornai a sedermi accanto a lui.
“Cosa stavi sognando?” Chiesi poi accarezzandogli leggermente  i capelli.
Non rispose e si voltò dall’altra parte del letto.
Lo presi come una risposta abbastanza chiara: Impicciati degli affari tuoi.
Alzai le mani in segno di resa e mi alzai dal letto.
“Se ti serve qualcosa butta un fischio.” Dissi ironicamente allontanandomi verso la porta.
Sentii Justin muoversi nelle lenzuola così mi girai verso di lui prima di uscire dalla sua stanza, e lo trovai a guardarmi.
“Butta un fischio?.. è così che dite in paese?” Chiese quasi sconcertato.
Risi.
“Butta un fischio, lancia un grido, tira un sasso.. e cose del genere.” Risposi facendolo ridere.
Ero felice di vedere che stava meglio.
“Vado buonanotte. Vuoi che lasci la porta aperta?” Chiesi, pensando che mi permettesse di sentirlo.
“No. Chiudila pure. Sto bene.” Disse.
“Buonanotte Caroline.” Aggiunse, quando mi chiusi la porta alle spalle.
Tornai nella mia stanza e mi infilai sotto le morbide coperte pregando che Justin riuscisse ad addormentarsi tranquillamente, e così fu.
L’indomani mattina mi alzai e mi vestii velocemente, per andare in cucina a prendere la colazione di Justin.
Dal giorno in cui suo padre era morto, faceva colazione a letto, e a pranzo e cena, consumava il cibo in giardino, nel capanno dei fiori, o sul tetto.
Presi tutto e salii in camera sua.
Bussai ma nessuno mi rispose, così entrai e lo trovai ancora addormentato.. evidentemente aveva passato la notte insonne.
Misi il vassoio con la colazione dall’altra parte del suo grande letto a baldacchino e mi sedetti accanto a lui.
“Justin svegliati.” Dissi andando verso le finestre e spalancando le tende.
Quando la luce lo colpii, si dimenò nel letto ed emise qualche grugnito prima di aprire gli occhi.
“Hai dormito poco?” Gli chiesi tornando vicino a lui.
Nel frattempo si alzò e dopo essersi stiracchiato,guardò affamato il vassoio con la colazione.
Se lo poggiò sulle gambe e si mise seduto,scoprendo il suo petto nudo dalle coperte.
Lo guardai mangiare fin quando non sgranò gli occhi e mi fissò.
“Oh mio Dio, Caroline presto. Aiutami a vestirmi, fra poco verrà il conte Bekilin, dobbiamo andare insieme in paese a ritirare il grano dei cittadini.” Disse alzandosi con un balzo dal letto.
Il grano che doveva ritirare, era come una tassa che i cittadini pagavano. Parte del loro grano raccolto andava ai signori di queste terre, appunto a Justin.
Velocemente lo aiutai a vestirsi e prepararsi..
“Sei pronto?” Gli chiesi infine, dopo avergli aggiustato la giacca.
Non rispose, limitandosi a guardarmi spaventato.
“Andrà tutto bene, sarai perfetto.” Dissi sorridendo.
“Non sono mio padre.” Replicò.
“No, è vero. Ma sei suo figlio, è ci sono tutte le sue qualità in te.” Conclusi.
Si voltò a guardarmi, mentre iniziai a rifargli il letto.
“Perché credi così tanto in me?” Mi chiese poi prendendomi alla sprovvista.
Mi voltai a guardarlo qualche istante.
“Perché tu hai sempre creduto in me.” Risposi.
Già, aveva sempre creduto nelle mie capacità, scegliendomi come serva, e come sua “compagna” nella recita con i nobili.
Poi, c’era sotto qualcos’altro, che non sapevo cosa fosse.
Tuttavia c’erano ancora tante cose che avrei voluto sapere sulla sua vita.. su sua madre, sul suo passato.
Mi bastò intravedere il suo sorriso per distrarmi dai miei pensieri e tornare a lui.
“Cambiati..” Disse poi sorridendo ancora.
Lo guardai interrogativa, senza capire perché avrei dovuto farlo.
“Cambiati. Voglio che tu venga con me in paese.” Aggiunse.
“Io?” Chiesi incredula.
Lui annuì velocemente dopo di che si voltò, per poi voltarsi nuovamente verso di me.
“Muoviti.” Disse.
Scossi la testa e mi precipitai a cambiarmi.
Una volta aver indossato l’abito del primo giorno in cui ero arrivata tornai da Justin.
“Vado bene?” Chiesi.
“Sei perfetta.” Rispose trascinandomi verso il corridoio.
“Perché vuoi che venga con te?” Chiesi prima gi salire in carrozza.
“Sei l’unica che non mi fa stare in ansia.” Disse sospirando.
“E poi ho pensato che potessi vedere la tua famiglia..” Aggiunse sorridendo.
“La mia famiglia?” Chiesi raggiante.
Lui annuì e mi guardò gioioso.
Era come se potesse capire e condividere ogni mia singola emozione.
“Grazie.” Sussurrai.
La carrozza partì, quando mi accarezzò la mano.
“Grazie a te.” Rispose.
Velocemente arrivammo in paese, dove riconobbi ogni singola strada, dove avevo passato l’infanzia.
Sentii il cuore esplodermi.
Poi, raggiungemmo la piazza e trovammo un tumulto di persone, sotto un soppalco in cui c’erano degli uomini pronti per essere impiccati.
Ebbi un tuffo al cuore.


SCUSATEMI çç
Il capitolo è micro e ho aggiornato dopo secoli, ma sono impegnatissima.
PROMETTO DI FARMI PERDONARE CON IL PROSSIMO.
Recensite e fatemi sapere che ne pensate.
Vi amo
Erika
@I_amawolf

MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


1789, Providence, Inghilterra


Non ebbi nemmeno il tempo di focalizzare la scena, che sentii lo sportello della carrozza sbattere e vidi Justin correre in strada.
Velocemente lo raggiunsi, esaminando la situazione.
Un plotone di uomini armati in divisa circondavano il soppalco, e puntavano le loro armi verso le povere donne che si buttavano in ginocchio di fronte i mariti.
“Cosa sta succedendo qui?” Chiese Justin allarmato ad un soldato.
Io intanto mi spostai in modo da poter riconoscere le persone che mi circondavano.
Sul soppalco pronti a morire, c’erano in fila, il fabbro, il panettiere, e due uomini che si aggiravano spesso per il paese. Li conoscevo tutti, avevo passato con tutti loro una parte della mia vita e vedendoli così vicini alla morte mi venne un vuoto allo stomaco.
“Stiamo rispettando gli ordini del generale signore.” Rispose il soldato.
Nel frattempo un’altra carrozza si avvicinò, accompagnando il conte Bekilin a destinazione.
Scese allarmato e raggiunse subito me e Justin.
“Quali ordini? Quale generale? Qui comando io.” Disse Justin.
“Il generale Parker, da Londra ci ha ordinato di occuparci di Providence signore, vista la morte del Conte Bie..” Il soldato non fece in tempo a finire la frase che Justin gli strillò contro.
“Io sono il figlio del Conte Bieber e ad occuparmi di Providence ci sono io. Quindi siete pregati di prendere tutte le vostre armi e di tornarvene a casa.”
Le sue parole trasudavano rabbia e frustrazione.
“Noi rispettiamo solo gli ordini signore.” Disse il soldato impallidendo di fronte la rabbia di Justin.
“E ora l’ordine è quello di scomparire chiaro? Se il vostro generale ha qualche problema, che venga a parlarne con me.” Disse.
“E fate scendere immediatamente i miei cittadini da quel soppalco, dopo di che lo smontate e ve ne andate. Non voglio ripetermi.” Aggiunse poi.
“Ma signore.” Cerco di protestare il soldato.
“Ho detto di muovervi.” Strillò per l’ennesima volta Justin.
“Dobbiamo portare a termine l’esecuzione prima.” Azzardò un altro soldato.
“Esecuzione? Cos’ha fatto questa brava gente?” Chiesi con rabbia, entrando nella conversazione.
Justin mi guardò dopo di che mi fece cenno di restare buona.
“Hanno disonorato la legge d’Inghilterra rubando dai boschi e tenendo armi in casa.” Disse il soldato.
“Devono tenere le armi, per cacciare e nutrirsi. Senza morirebbero.” Risposi, mentre Justin mi guardò malamente.
“Soldati.” Sentimmo dire ad un tratto da una grossa voce maschile allo nostre spalle.
Ci voltammo trovandoci di fronte quello che dalle medaglie supposi fosse il generale.
La tensione salì alle stelle.
Quell’uomo scortato da un altro plotone di soldati si avvicinò a noi con un sorriso di sfida.
“E così.. lei è il nuovo Conte di Providence.” Disse rivolto a Justin.
“Esatto. E lei chi è?” Chiese poi, lui senza scomporsi.
“Sono il generale Parker. Faccio in modo che la legge venda rispettata in tutta l’Inghilterra.” Disse sorridendo.
“Queste non sono le sue terre è pregato di andarsen..” Non feci in tempo a finire la frase che il conte Bekilin mi mise la mani sulla bocca, impedendomi di parlare.
“Permetterà che io porti a termine il mio dovere Conte? ..Poi lascerò le vostre terre lasciando qui un gruppo dei miei uomini per vigilare.” Disse il generale fissandomi.
Il suo sguardo era avido, prepotente e subdolo.. mi fece rabbrividire sentirlo sul mio corpo.
“Non può giustiziare il mio popolo.” Disse Justin.
“Caroline, ti prego.” Sentii piagnucolare ai miei piedi.
Abbassai lo sguardo e vidi la moglie del panettiere in lacrime insieme a due bambini. Il cuore mi si frantumò nel petto.
“Arianne, Arianne.. andrà tutto bene.” Dissi facendola alzare.
Il suo sguardo era disperato, vuoto e rabbioso.. Cercai di immedesimarmi in lei. Immaginai me, di fronte all’impiccagione di Justin.
Non so perché scelsi lui nella mia mente, ma tutto questo mi bastò a rabbrividire.
Mi guardai intorno alla ricerca della mia famiglia, che però non vidi da nessuna parte.
Da un lato mi tranquillizzai, pensando che sarebbe stato meglio se i miei fratelli non avessero visto un tale orrore.. però dall’altro mi preoccupai. Dov’erano?
Justin era solo un ragazzo, non poteva ancora amministrare certe cose. Al posto suo mi sarei sentita persa.
Immaginando che potesse sentirsi perso anche lui, mi avvicinai e gli accarezzai la mano.
“Signorina..” Disse il generale poggiando le labbra sulla mia mano libera.
Lo guardai con odio, e lui di tutta risposta sorrise.
“Le dispiacerebbe dirmi il suo nome?” Chiese ancora rivolto a me.
“Non gli riguarda. Si occupi dei suoi uomini invece.” Ringhiò Justin stringendo la mia mano.
“Signor Bieber, non si immischi. Parlavo con la signorina..?” Chiese per sapere il mio nome.
“Caroline.” Dissi con tono di sfida.
“Caroline. Diminutivo di Carola, che significa “donna libera”. Mi sbaglio?” Disse il generale avvicinandosi ancora di più a me.
Aumentai la presa sulla mano di Justin ed annuii.
Quell’uomo mi inquietava parecchio.
“Lascerò andare quegli uomini. A patto che la signorina Caroline, voglia prendere un the nella mia umile dimora, pomeriggio.” Disse sorridendo.
Rabbrividii e Justin se ne accorse.
“Lei non si deve nemmeno..” Non feci finire Justin di parlare.
“E sia. Ora si muova.” Dissi ignorando i battiti del mio cuore.
Justin mi mollò la mano di scatto e mi fissò qualche istante dopo di che andò dal conte Bekilin.
“Prendiamo il grano e andiamo via.” Lo sentii dire.
Poco dopo sparirono fra la folla.
“Caroline.. non sappiamo come ringraziare te e il conte Justin. Vi siete schierati dalla nostra parte, e tu ti stai sacrificando per noi. Grazie davvero.” Disse Arianne continuando a piangere.
“La aspetto pomeriggio.” Disse il generale intromettendosi e baciandomi le nocche della mano.
Annuii tremando, dopo di che si voltò e scomparve con il suo plotone, che nel frattempo aveva liberato quegli uomini.
Arianne fece per correre verso suo marito, ma purtroppo dovetti bloccarla.
“Arianne, scusami. I miei genitori?” Chiesi.
Mi guardò senza capire, dopo di che fece un’espressione sorpresa.
“Pensavo lo sapessi. Sono andati via, in Italia. Dove i Francesi hanno invaso il Piemonte.” Disse bisbigliando.
“Cosa? E perché?” Chiesi senza crederci.
“Nessuno sa niente..” Rispose, dopo di che corse da suo marito.
Erano andati via? Mi avevano lasciata li. E nemmeno mi avevano avvertita.
Sentii le lacrime salire prepotenti e dovetti reprimerle, quando Justin mi passò accanto come una furia.
Mi voltai e lo seguii in carrozza, sentendo di non aver più nessun legame con quel popolo.
I miei genitori erano andati via, senza sapere se ero riuscita a costruirmi una vita.. erano andati semplicemente via, portando con loro le mie radici. Ora l’unica cosa che mi restava era il castello, e Justin.
Asciugai una lacrima velocemente e salii in carrozza, dove Justin mi aspettava furioso.
“Partiamo.” Strillò al cocchiere quando salii anche io.
“Justin..” Cercai di iniziare, ma mi bloccò subito.
“Caroline, non ne voglio parlare ora. Lasciami in pace.” Strillò.
Intimorita dal suo tono di voce non dissi una parola per tutto il tragitto.
Quando arrivammo mi lavai, mi misi i miei soliti abiti e andai a finire di mettere in ordine la sua stanza.
Mentre finii di mettere l’ultimo abito nell’armadio lui arrivò alle mie spalle.
“Caroline.. per prima, mi dispiace, ero nervoso.” Disse assumendo un’aria amareggiata.
Come potevo arrabbiarmi? Era così tenero.
“Non fa nulla.” Risposi, però, mantenendo una certa distanza.
“Non voglio che tu vada a casa sua.” Disse poi scontroso.
“Nemmeno io lo voglio.” Risposi.
“Inizialmente mi ero arrabbiato perché ho pensato che tu volessi andare a casa sua per.. ecco.. cercare di crearti un futuro con lui.” Disse abbassando il capo.
“Cosa? Io l’ho fatto perché lasciasse liberi quegli uomini Justin.. Come hai potuto pensarlo?” Chiesi quasi strillando.
“Mi dispiace.” Sussurrò sedendosi di fronte il camino.
“Io ero li per te. E sono qui per lo stesso motivo.” Dissi raggiungendolo.
“Non andare te ne prego.” Disse quasi esasperato.
Perché non voleva che ci andassi? Mi chiesi fra me e me.
“Non voglio andarci. Quell’uomo non mi ha fatto per niente una buona impressione. Ma tu perché non vuoi che ci vada?” Chiesi curiosa.
Mi guardò qualche istante, poi abbassò lo sguardo e portò le mani di fronte il focolare che avevo acceso poco prima.
Poi sorrise.
“Perché sei mia.” Disse scherzando.
Ebbi un tuffo al cuore.
Ero sua.
Sorrisi.
“Tu.. ecco, potresti impormi di non andarci. Eppure, mi lasci scegliere.” Dissi imbarazzata.
“Mi fido di te. So che sapresti fare la scelta giusta.” Disse avvicinandosi a me.
Sorrisi e lasciai che le sue braccia mi circondassero.
“Non credo di andarci.” Dissi.
“E comunque non ti avrei lasciata andare.” Aggiunse lui.
Gli diedi un leggero buffetto sulla fronte, e lui mi baciò una guancia.
In quel momento mi resi conto, che qualcosa fra di noi si stava creando. Qualcosa di diverso dal solito.
“E comunque questa mattina sei stato bravissimo. Te l’avevo detto che ce l’avresti fatta.” Dissi alzando la testa e incrociando i suoi occhi.
Mi liberò dal suo abbraccio e sorrise.
“Quando ho visto quegli uomini ho pensato di non farcela.” Disse abbracciandomi poi da dietro.
“Invece..” Dissi poggiando le mie mani sulle sue, che a sua volta erano poggiate ai miei fianchi.
“Potrei abituarmi a tutte queste effusioni.” Disse poi staccandosi.
Era lo stesso per me. Sospirai a malincuore.
Nel pomeriggio mandammo un uomo di Justin a dire al generale che io stavo poco bene, così evitai quell’orrido incontro.
Quella sera dopo aver spento la luce della camera di Justin andai in camera mia.
Mi misi dentro le coperte e inspirai profondamente, ripensando alle sue carezze.
Quando ad un tratto sentii urlare.

VISTO CHE QUALCUNO MI HA CHIESTO COME IMMAGINO CAROLINE.. ECCO A VOI, COME IO LA IMMAGINO.
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fatemi vedere come la immaginate voi invece!!


Weila :33
Ciao fanciulle? Tutto bene?
Come vi avevo promesso ho scritto un capitolo più lungo per farmi perdonare per quello precedente.
Spero vi piaccia.
Ahhh ecco! Purtroppo non trovo il tempo di rispondere alle recensioni, oppure lo trovo ma è poco e non ce la farei a rispondere a tutti.. quindi non voglio scegliere a chi rispondere. O tutti o nessuno.
Comunque sia sappiate che vi ringrazio e che vi adoro tutte. Siete meravigliose.
Spero continuerete a recensire.
Un bacione
Erika
@I_amawolf

SCUSATE GLI ERRORI!!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


1789, Providence, Inghilterra


Urla strazianti mi invasero le orecchie, così mi fermai un secondo a capire a chi appartenessero.
Quando riconobbi quella voce poi, seppure consumata dalle urla, mi alzai correndo e raggiunsi la stanza di Justin in un istante.
Si stava nuovamente dimenando nel letto, con il viso corrugato e i pugni stretti.
Era la seconda notte d fila.
Senza perdere tempo mi fiondai su di lui e cercai di svegliarlo.
“Justin.. Justin svegliati.” Urlai, per sovrastare le sue urla.
Dovetti scuoterlo più volte, prima che si calmasse e che aprisse gli occhi.
Mi guardò spaesato, e per un istante tremò, dopo di che impulsivamente lo abbracciai.
Il suo petto si scontrò contro il mio viso, e involontariamente mi misi ad ascoltare il suo battito.
Sembrava come se il suo cuore battesse da dentro per uscirgli dal petto.
Mi mise un braccio attorno le spalle, e lentamente il battito tornò regolare.
“Justin..” Dissi per introdurmi al discorso.
Qualcosa non andava, e lui non voleva parlarne con me.
Mi allontanai da lui e lo guardai negli occhi.
“Caroline mi dispiace di averti svegliata io..” Disse, ma lo fermai prima che potesse finire.
“Devi dirmi cosa succede Justin. Anche se non vuoi parlarne con me, so perfettamente che qualcosa non va. Vuoi parlarne magari, con Odette?” Chiesi, pensando di essere io il problema.
“No Caroline.  Il punto è che non c’è nulla di cui preoccuparsi, sono solo sogni.” Disse facendo spallucce.
“No, Justin. Non sono solo sogni, il tuo cuore batte talmente veloce che sembra voglia uscirti dal petto, sei sudato, nervoso e ti dimeni. Sono delle crisi.”Affermai sicura delle mie parole.
Mi aspettai che mi urlasse contro, che dicesse che era solo una mia fantasia.. invece, non disse nulla. Abbassò lo sguardo e si strinse le mani.
“Ne sei consapevole, non è vero?” Chiesi cercando il suo sguardo.
Alzò la testa e mi fissò qualche istante negli occhi, talmente intensamente che mi sentii in imbarazzo.
“Credevo fossero solo degli incubi. Fino a sta notte. Era lo stesso di tutte le notti precedenti dalla morte di mio padre, ma prima riuscivo a gestire la paura nel sonno.. Ora.. non so come fare.” Ammise poi, con voce fioca.
Lo vidi agitarsi poco a poco.
Mi misi a sedere per bene, e gli presi una mano.
Iniziai lentamente ad accarezzargli il palmo.
“Cosa sogni?” Chiesi poi, lentamente, sfiorando con la punta del dito tutte le linee della sua mano.
Sospirò e si agitò ulteriormente.
“Prima vedo noi due ad una festa.. poi improvvisamente mi trovo nella stanza di papà.. lo vedo infilarsi dentro il letto quando un uomo, nell’ombra, arriva e gli stringe le mani intorno al collo soffocandolo. Le sue urla, le sue lacrime.. il modo in cui si dimena nel letto.. sono niente in confronto al fatto che io sono la, ma che non riesco a muovermi. Non posso fare nulla per salvarlo.” Concluse mentre la voce gli si spezzò in gola.
Mi rabbuiai anch’io, ma non smisi di accarezzargli la mano, notando che questo lo calmava.
Funzionava sempre con il mio fratellino più piccolo. Ogni volta che piangeva, o che stava male, bastava accarezzargli il palmo della mano perché si tranquillizzasse.
E lo stesso accadeva con Justin, che infondo era solo un ragazzino cresciuto troppo presto.
“Credi, che voglia significare qualcosa?” Chiesi vedendolo evidentemente più tranquillo.
Esitò prima di rispondere, come se stesse constatando se fidarsi o meno di me.
Poi annuì.
“Credo che qualcuno abbia ucciso mio padre, e non che sia morto per cause naturali.” Disse.
Istintivamente corrugai la fronte cercando di comprendere le sue parole.
Chi avrebbe mai potuto ucciderlo qui in casa sua?!
“.. Magari è solo un sogno..” Farfugliai per non farmi prendere la mano.
“L’hai detto anche tu che i miei non sono solo sogni. E sono sicuro che finchè non scoprirò la verità non smetterò mai di sognare la stessa identica scena.” Continuò.
“Forse è così.. o forse.” Non mi fece finire.
“O forse sono pazzo? .. No Caroline, non lo sono. Fidati di me.” Disse serio.
Come potrei non fidarmi di lui?.. Come, mi chiesi.
Sospirai.
Aveva bisogno di fiducia, ed io avevo precedentemente giurato a me stessa che avrei fatto di tutto per lui, a partire dalle piccole cose.
“Mi fido. Hai qualche sospetto?” Chiesi poi respirando profondamente.
In cosa mi stavo cacciando?
Sorrise maliziosamente  fissandomi.
“Ho idea che tu sia più pazza di me.” Disse poi con voce bassa, roca e sensuale che mi fece alludere ad altro.
Probabilmente si accorse che la mia mente si era distaccata dalla nostra conversazione perché mi fissò strano.
“Caro..” Disse come per svegliarmi.
Sorrisi e scossi la testa per scacciare il pensiero del suo corpo dalla mia mente.
“Si certo allora.. vogliamo far iniziare le indagini?” Chiesi nascondendo l’imbarazzo.
Lui annuì prontamente e mi sorrise.
“Vuoi iniziare dal personale?” Chiesi, indicando la porta, senza sapere perché.
Ogni volta che iniziavo a fare qualcosa,mi lasciavo prendere totalmente, ed incondizionatamente. Ecco perché ora avevo paura di esagerare.
“Caroline.. direi di iniziare domani..” Disse poi sorridendo.
“Ma certo.” Risposi. Ecco mi ero lasciata prendere la mano in un secondo solo.
Come potevo non essermi accorta che era notte?
“Buonanotte.” Dissi incamminandomi verso l’uscita.
Quando raggiunsi la porta sentii dei passi alle mie spalle, così mi voltai di scatto trovandomi faccia a faccia con Justin.
Mi sorrise maliziosamente, dopo di che con entrambe la mani mi prese il viso e lo avvicinò al suo, facendomi stare sulle punte dei piedi.
Lentamente i miei occhi videro i suoi farsi sempre più grandi e vicini, fin quando non li vidi chiudersi.
Istintivamente li chiusi anche io e mi concentrai su ciò che accadde introno.
Le sue labbra si poggiarono delicatamente sulle mie, permettendomi di abituarmi a questo nuovo contatto.
Ero totalmente inesperta di baci, e non sapevo come muovermi.
Ma non riuscii nemmeno a preoccuparmi in quel momento, visto tutta la confusione che si iniziò a creare in ogni mio singolo nervo, in ogni mia singola vena.
Il cuore iniziò a battermi all’impazzata, quando dopo qualche istante le labbra di Justin scoccarono un sonoro bacio alle mie.
Non mi mossi, non ricambiai, non respirai.
Mi voltai ed uscii dalla stanza accompagnata dal suo sguardo e dal suo sorriso.


Ehila :33
Lo so è corto scusatemi, ma ho taaantissime pagine di storia da fare uff çç
Capitemi.. çç
Spero vi piaccia.
VI RINGRAZIO PER LE RECENSIONI. Cioè ogni volta non so cosa scrivere per farvi capire quanto mi aiutino, quanto mi facciano piacere e quanto mi incoraggino ad andare avanti. Tutto quello che dico mi sembra sempre troppo poco per farvi capire che vi amo kasjdaksda
Un bacione
Erika

@I_amawolf

MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


1789, Providence, Inghilterra
 
 
Mi spinsi con forza il cuscino del mio letto contro il viso ed urlai, finchè tutta l’aria che avevo precedentemente inalato non uscì fuori.
Quello era stato il mio primo ed unico bacio, se così si poteva chiamare.
Non mi ero mossa, non avevo ricambiato.. avevo solo lasciato che mi baciasse dolcemente.
Non era certo uno di quei baci di cui si parla nei libri, ma era comunque stato qualcosa di meraviglioso.
Mi poggiai una mano al petto e ascoltai il mio cuore battere finchè non mi addormentai.
L’indomani mattina mi alzai, e faticai a decidere se era stato tutto un sogno, o se era realtà.
Nel dubbio andai a lavarmi e vestirmi, dopo di che andai di fronte la porta della camera di Justin.
Esitai qualche istante prima di entrare, ripensando al suo sorriso dopo avermi baciata.
Ci sarebbe stato imbarazzo? Scossi la testa cercando di non pensarci, dopo di che entrai bruscamente spalancando la porta.
Visto che il conte continuava a dormire andai a spalancai anche le tende.
Una calda luce penetrò dalla finestra per scontrarsi sulla pelle di Justin.
Brontolò infastidito e spalancò ammala pena un occhio.
“Buongiorno.” Dissi con tono frivolo, mostrandomi tranquilla e affatto imbarazzata.
Non volevo pensasse che un suo bacio potesse scombussolarmi a tal punto da farmi urlare contro il cuscino.
“Non voglio alzarmi Caroline.. per oggi non ho lavoro da fare.” Disse sbadigliando.
Mi misi le mani sui fianchi e mi posizionai di fronte al suo letto, dopo di che iniziai a togliere le coperte da sotto il materasso.
“Allora, mettiamo le cose in chiaro. Io non posso aspettare la tua grazia per riordinare la stanza, capito? O ti alzi o ti butto giù io.” Affermai.
Come risposta ricevetti il tonfo della sua testa che cadde sul cuscino.
“Te la sei voluta.” Affermai quasi sottovoce prima di prendere tutte le coperte del suo letto e buttarle per terra, lasciandolo scoperto, con ciò che lui chiamava pigiama: dei pantaloni di cotone larghi e lunghi fino al ginocchio.
Presi le coperte da terra e le portai nella mia stanza. Più tardi sarei andata a lavarle fuori.
Poi ne presi delle pulite dalla sala dove veniva tenuta la biancheria e tornai nella stanza, aspettandomi di vederlo in piedi.
Mi sbagliai.
Era ancora a letto, accovacciato a pancia in giù sulle ginocchia per non sentire il freddo.
Con le mani si teneva le spalle, mentre i piedi gli sfioravano il fondoschiena.
Sorrisi e scossi la testa.
“Justin levati forza.” Dissi poggiando le coperte sul letto.
Mi resi conto di aver dimenticato un telo, così tornai nella stanza della biancheria a prenderlo.
Quando tornai, non trovai più Justin sul letto.
Mi sorpresi, e mi guardai intorno, dopo di che  feci spallucce e mi misi a rifare il letto.
Finii di poggiare l’ultimo cuscino nella parte superiore del baldacchino quando, sentii un urlo spaventoso alle mie spalle e vidi delle mani venirmi addosso.
Istintivamente arretrai cadendo con la schiena sul letto, e prima di rendermene conto sferrai un calcio a quella figura che in un millesimo di secondo mi si era fiondata addosso.
Era troppo tardi per ritirare il calcio quando mi accorsi che quella figura era Justin.
Lo colpii in pieno stomaco, stendendolo per terra.
Quando me ne resi conto, la preoccupazione vinse contro il risentimento.
Mi abbassai per terra accanto a lui, che piegato in due si teneva la pancia.
“Tutto bene?” Chiesi vedendolo tenersi lo stomaco.
Si lamentò, e quando cercai di sbirciare il suo sguardo allargò le braccia per fiondarsi nuovamente su di me, stendendosi sopra di me sul tappeto.
Sospirai nuovamente spaventata.
“Dovevo ripagarmi il calcio.” Disse spostandosi e sdraiandosi accanto a me, sul tappeto.
Non indossava ancora la maglietta.
Feci per alzare, ma mi trattenne.
“Hai fretta?” Chiese.
“Di alzarmi dal pavimento? Si Justin, sono qui per lavorare.” Dissi tirandomi sulle ginocchia.
Si alzò anche lui e mi afferrò dal busto, iniziando a solleticarmi.
Non potei fare a meno di iniziare a ridere con ogni mia singola parte del corpo.
Ogni parte che le sue mani toccavano, nonostante avessi indosso il vestito, bruciava.
Ben presto fui nuovamente stesa sul pavimento, incapace di smettere di ridere e di rialzarmi.
Quando smise finalmente di solleticarmi si stese accanto a me.
Il solletico mi indeboliva, così cercai di iniziare a recuperare le forze.
Sentii la sua presenza accanto a me, e fremetti dalla voglia di chiedergli come mai mi aveva baciata. Ma mi trattenni.
“Quindi oggi non devi lavorare?” Chiesi, tanto per parlare finchè non mi sarei ripresa.
“Già..” Rispose.
“In realtà si.. “ Aggiunse poi alzandosi e posizionandosi su un gomito.
Io mi alzai con tutto il busto e lo guardai qualche istante.
“Dobbiamo fare quella cosa..” Disse.
Inizialmente non capii, e caddi nel doppio senso.
Lo guardai spalancando le palpebre e farfugliando parole a caso.
“Caroline.. se non hai voglia di indagare lo farò io.” Disse poi vedendomi scombussolata.
Indagare, ma certo, cretina, cosa mi era saltato in mente?
“No, certo che no, voglio darti una mano.. e poi non credo che da solo faresti qualcosa di concerto.” Risposi.
“Vuoi un’altra dose di solletico?” Mi chiese preparandosi all’attacco.
Alzai le mani in cenno di resa.
“No no.” Risposi dando enfasi.
“Da chi proponi di iniziare?” Chiese, finalmente serio.
Ci pensai qualche istante.
“Hai detto che nel tuo sogno, si tratta di un uomo giusto? Bene, inizierei con l’escludere tutte le donne.. il che riduce il personale di molto.”
“Esatto.. però sai.. ho come il presentimento che non sia nessuno di questo palazzo capisci?.. Il maggiordomo, Edward, Claus.. sembravano davvero troppo sinceri quando si disperavano ai funerali. E poi lavorano qui da una vita.” Disse passandosi una mano fra i capelli.
“Quindi.. da dove vorresti iniziare?” Gli chiesi un po’ scombussolata.
“Partiremo dalla stanza di mio padre. Controlleremo fra le sue lettere e i suoi diari.. deve pur aver avuto qualche nemico.” Disse poi, al limite dell’esasperazione.
Annuii sorridente, cercando di tirargli su il morale, ma in realtà sapevo che il solo pensiero di frugare fra le cose di suo padre lo faceva stare male.
“è la cosa giusta.” Dissi poi alzandomi.
“Conte, mi scusi, c’è una visita per lei.” Disse il maggiordomo entrando con aria preoccupata.
Mi guardò scuotendo la testa e tornò con lo sguardo verso Justin.
“Chi è?” Chiese Justin alzandosi e andando verso l’armadio.
“Il generale Parker.” Rispose gravemente il maggiordomo.
Dovetti sedermi per non cadere.
 
 
 
Salve ragazze.. sono davvero imperdonabile non pubblico da una vita lo so.. 
Mi dispiace ma ho un sacco di interrogazioni in questo periodo.
Spero che il capitolo vi  piaccia…
E VI RINRGRAZIO IMMENSAMENTE PER LE RECENSIONI. TUTTE. SIETE FAVOLOSE.
Un bacione
Erika
@I_amawolf
 
MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


1789, Providence, Inghilterra.


“Tu aspettami qui Caroline non muoverti.” Disse Justin affondando il suo sguardo nel mio.
L’unica cosa che potei fare fu annuire.
Da quando, qualche minuto prima, il maggiordomo ci aveva comunicato che il generale Parker era qui, sentivo  come dei brividi negativi in tutto il corpo.
Justin si era vestito velocemente, e mi aveva raccomandato di non uscire per nessuna ragione al mondo.
Non sarei uscita, avrei solo ascoltato la loro conversazione.
“Generale Parker..” Disse Justin entrando sorridente in soggiorno.
Mi nascosi dietro la porta che lasciai socchiusa, e mi resi partecipe a quel colloquio.
“Conte Bieber.. mi dispiace doverla disturbare..” Disse il generale, armeggiando con la spada che aveva al fianco destro.
Justin gli strinse la mano e gli fece cenno di sedersi.
Si misero uno di fronte all’altro, di fronte l’imponente camino, quando ad un tratto Justin guardò verso di me e mi fece bruscamente cenno di andarmene.
Scossi la testa e mi nascosi ancora di più dietro la porta. Di me si poteva intravedere solo un occhio.
“Nessun disturbo generale.. mi dica.” Disse Justin gettandomi delle occhiate sfuggenti.
“Sono venuto qui per proporle un accordo.” Continuò il generale, che fortunatamente mi dava le spalle.
Non avrei visto la sua stupida faccia quanto meno.
Justin gli fece cenno di continuare, e fece cenno a me di allontanarmi.
Quando si accorse che la sua autorità non riusciva ad imporsi su di me, si alzò di scatto.
“Generale, vorrebbe seguirmi fuori lontano da occhi indiscreti.. sa com’è.” Disse Justin.
Il generale annuì e si alzò, dopo di che entrambi si allontanarono fuori dalle mura del palazzo.
Non potei fare altro che andare a finire le mie faccende.
Finii di fare il letto di Justin e mi assicurai che ogni cosa fosse al suo posto.. ma oltre al letto e ai vestiti, niente era in disordine.
D’altronde Justin non era mica un bambino.
L’ansia mi assalì, quando mi resi conto che il generale Parker non era a conoscenza del nostro complotto, e che quindi non era qui per me.. ma allora cos voleva da Justin?
Nervosa e ansiosa raccolsi gli indumento che Justin indossava di notte e li portai fuori, assieme ai teli e alle lenzuola che poco prima avevo tolto.
Da quando ogni notte Justin sudava e si dimenava nel letto a causa dei suoi incubi.. io mi ritrovavo a dover cambiare tutto ogni giorno.
Iniziai a pensare se il suo sogno potesse avere un fondo di realtà, ma non riuscii a trovare nessun aggancio.
Se non era stato nessuno all’interno del palazzo chi altri poteva essere stato?!
Non so precisamente per quanto tempo restai a pensare a questo, ma quando dal lavabo sentii una carrozza abbandonare il palazzo, mi sbrigai a stendere i panni e raggiunsi subito la stanza di Justin.
La trovai vuota, così passando per il soggiorno andai nel luogo in cui ero sicura si trovasse.
Lo studio di suo padre.
Bussai leggermente con le nocche.
“Avanti..” Disse Justin sporgendosi verso la porta.
Non avevo mai visto lo studio di suo padre nemmeno di sfuggita.
Era molto ampio, a ai contorni delle mura che erano disposte circolarmente, troneggiavano lunghissimi scaffali traboccanti libri.
Al centro della stanza, una scrivania e due comode poltroncine rivolte verso un camino ormai spento da molto tempo.
Justin era in piedi di fronte la scrivania del padre e sfiorava con le dita tutto ciò che era appartenuto a suo padre.. ma che ora era suo.
Prima di entrare, mi arrestai sulla porta, come se non volessi profanare quel luogo che Justin sembrava vedere veramente sacro.
Lo vidi talmente impegnato a contemplare gli oggetti di suo padre, che pensai che fosse altrove col pensiero.
Quando una lacrima gli rigò il volto, ebbi l’impulso di correre ad abbracciarlo, ma ebbi paura di non avere il diritto di poter entrare nella stanza di suo padre, così mantenni la mia posizione sulla porta.
Si asciugò velocemente una lacrima e alzò lo sguardo verso di me.
“Stai bene?” Chiesi, realmente preoccupata.
Lo vidi annuire in maniera assente.
“Entra Caroline, ti prego.” Disse poi avvicinandosi a me e facendomi cenno di oltrepassare la soglia della porta.
Feci come mi disse, e con tutto il rispetto possibile entrai nella stanza, dopo di che lo seguì fino alle poltroncine.
“Siediti..” Mi disse indicandone una.
Vedendo che lui sarebbe rimasto in piedi decisi di fare lo stesso.
“Preferisco restare in piedi..” Dissi sorridendo lentamente.
Sorrise debolmente anche lui, dopo di che i suoi bellissimi occhi ambrati si voltarono verso il suolo.
“Cosa voleva il generale?” Chiesi poi, cercando di sembrare il più disinteressata possibile.
Alzò lo sguardo e fissò prima me e poi il vuoto.
L’ansia iniziò a crescere a tal punto che potei quasi toccarla.
“Te.” Disse in fine con tono secco ma allo stesso tempo fievole.
Mi sentii scorrere da un brivido.
Il generale voleva me? .. Non potevo nemmeno immaginarlo. Io ero sua, Justin aveva detto che ero sua.
Andai nel panico ed evidentemente lo notò poiché mi fece sedere per forza.
Dopo di che portò l’altra poltroncina di fronte a me e si sedette anche lui.
“Me?” Chiesi poi, cercando di capire.
“Si.. Ha detto che se in questo paese c’è la pace è solo grazie a lui.. e che lui manterrà questa situazione di stabilità.. a patto che tu inizi a frequentarlo.” Disse con rabbia.
“Ma perché io Justin?” Continuai a chiedere, bramando informazioni.
“Perché sei la più bella ragazza su questa terra. Perché sei umile, gentile, educata, cortese e rispettosa.” Disse.
Sentii la necessità di piangere, che repressi velocemente.. tutto ciò mi fece pensare a quel lieve e dolce bacio che le sue labbra avevano stampato sulle mie.
“Justin..” Farfugliai prima che le lacrime iniziassero a sgorgarmi dagli occhi.
“Shh, Caroline, ascoltami. Non lo farai. Non cederemo al suo ricatto.” Disse scendendo dalla sua poltroncina e mettendosi in ginocchio di fronte a me.
Prese il mio viso fra le mani e mi asciugò le lacrime dolcemente.
“Lui crede che io sia la contessa di Roma? Allora perché è venuto qui a minacciare te?” Chiesi inghiottendo l’ennesima lacrima.
“Ha fatto delle indagini.. credo che lui sappia chi sei.” Disse amareggiato.
Feci per aiutarlo ad alzarsi, ma non mi permise di muovermi.
“Allora perché mi vuole?.. Sono solo una serva Justin.” Dissi, senza comprendere il senso dell’azione del generale.
“Credo che lui sia rimasto colpito profondamente da te.. e..” Disse prima di abbassare lo sguardo.
Questa volta fui io a prendere il suo viso fra le mani e piantare i miei occhi nei suoi.
“Non voglio essere la sua serva Justin. Non voglio.” Dissi poi d’impulso senza rendermene conto.
Non mi spaventava il fatto di lavorare per quell’uomo.. ma il fatto di dover abbandonare Justin.
Poggiò le sue mani sulle mie ai bordi del suo viso.
“Caroline è tutta colpa mia non avrei dovuto portarti in paese con me.. io.. “ Disse mortificato facendo scorrere lentamente le sue mani sulle mie.
Non era colpa sua, e non avrei sopportato che se la prendesse con se stesso.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai sulle sue labbra.
Feci una sola volta, quello che lui aveva fatto con me.. gli stampai un breve e semplice bacio.
Ma quando feci per staccarmi le sue mani abbandonarono le mie e giunsero sul mio viso per poi attrarmi nuovamente a lui.
Quello che seguì non fu un semplice bacio come i precedenti. No.
Le mie labbra inesperte iniziarono a muoversi al ritmo delle sue, fin quando non sentii qualcosa di estraneo all’interno di esse.
Cercai di evitare che il cuore mi scoppiasse, invano, poiché qualche secondo dopo scoppiai d’amore.
Le sue labbra avevano il sapore del miele, e la morbidezza di un petalo di rose.
Mi stampò un ultimo bacio, quando allontanò il suo viso da me e mi guardò negli occhi.
Pensai di essere in punto di morte quando sorrise..
Non credo che al mondo potesse esistere qualcuno, o qualcosa, più incantevole e meraviglioso del suo sorriso.
Avrei voluto dirgli e spiegargli come mi faceva sentire..
Entrambi fummo sul punto di dire qualcosa, quando sentimmo urlare per il corridoio.
“Conte.. conte..” Sentimmo chiamare a gran voce e con affanno.


Ehi :3
Ciao belle, tutto bene?!
Scusatemi, se ho pubblicato dopo una vita, ma un sacco di interrogazioni.
Finalmente però da lunedì finiscono e posso pubblicare regolarmente. (:
Sono contentissima perché ho preso 9 a storia sjakdakda quindi ho scritto un capitolo un po’ più lungo.
Spero vi piaccia.
Fatemi sapere.
Un bacione.
Erika

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


1789, Providence, Inghilterra


Justin mi fissò abbastanza stordito e si affacciò fuori dalla stanza, ma non vide nulla poiché il maggiordomo entrò subito nella stanza.
“Conte.. dovete fuggire ora. L’esercito dei francesi sta marciando qui a palazzo. Non so cosa vogliano fare, suppongo un assedio.” Disse senza riuscire quasi a respirare.
In quel momento nemmeno io respirai, infatti, sentii il cuore sobbalzarmi ancora scosso per il bacio di prima.
Un assedio? Al castello?.. I francesi? Era tutta colpa mia.
“Claus, calmati ascoltami. Sei sicuro che sono francesi e non invasori germanici?” Chiese Justin mettendo le mani sulle spalle dell’uomo, che a quanto avevo appreso si chiamava Claus.
“Sicurissimo signore. Il generale Parker è a capo della spedizione.. io credo che quando sia venuto a farvi visita poco fa.. aveva già l’esercito fuori ad attenderlo.” Disse disorientato e spaventato Claus.
“Sono qui per me.” Ansimai nervosamente.
Iniziai a pensare che la cosa migliore da fare fosse uscire fuori e andare dal generale, e probabilmente Justin lo capii.
“Caroline so cosa stai pensando. No. Sono qui per qualcosa che ho detto io al generale prima che se ne andasse.” Disse Justin fissandomi.
“No Justin, devo andare. Non c’è altra scelta.” Dissi prima di alzarmi e di dirigermi verso il corridoio.
Ad un tratto sentii un primo boato, e mi resi conto che  l’assedio era iniziato.
Mi affrettai a raggiungere l’uscita, quando Justin mi bloccò.
“Caroline, ferma. Non devi andare te lo proibisco.” Disse, mentre un secondo boato scoppiò sopra le nostre parole.
Mi liberai della sua presa ed inizia a correre verso l’uscita del palazzo.
Scesi al piano inferiore, sentendo i passi di Justin dietro di me.
Ad un tratto mi sentii afferrare dalle spalle.
“Stai rendendo tutto più difficile.” Dissi cercando di allontanarlo da me, invano, poiché mi strinse ancora di più.
“Tu lo stai facendo. Vuoi davvero andare a stare da un generale francese troppo in là con l’età? Vuoi davvero, essere sua..? passeggiare con lui? Baciarlo..?” Disse.
Mi venne il ribrezzo solo a pensare di poter sfiorare il generale. Era un uomo sulla quarantina, di ottima classe sociale.. ma se non aveva ancora una moglie, un motivo c’era no?
Ebbene si, più di uno. Era avido, possessivo, ricattatore e soprattutto non aveva idea di cosa fosse la pietà.
“Credi che io voglia? Non voglio Justin. Ma non voglio nemmeno vedere distrutta casa tua, e te messo dietro delle sbarre a causa mia. Lasciami andare.” Risposi con tono nervoso.
“Andrà tutto bene. Fuggiremo. Non lo so.. faremo qualcosa Caroline. Ma non andare.” Rispose mentre sentimmo un altro boato.
Mi aveva baciata due volte, vero, ma in realtà perché lui teneva così tanto a me?!
Tanto da rischiare la sua stessa vita.
“Stai rischiando tutto per me Justin. Per una serva.” Dissi divincolandomi dalla sua presa.
Mi afferrò nuovamente prima che potessi allontanarmi.
“No Caroline. Non sei solo una serva.. Io..” Farfugliò.
Lo guardai incitandolo a continuare, mentre con una mano mi asciugai le prime lacrime.
Mi si spezzò il cuore, in maniera lenta.. come un tormento. Doverlo abbandonare, era davvero il più brutto dei miei pensieri.
“Io..” Farfugliò ancora guardando in basso. Cercando di trovare le parole adatte forse..
Ma cosa stava cercando di dirmi? .. Che si era affezionato? Che non aveva voglia di trovarsi una nuova serva?
“Io mi sono innamorato di te.” Disse improvvisamente.
Le sue parole mi colpirono lentamente al cuore, facendo aumentare di gran numero le lacrime.
Era innamorato di me? Stentai a crederci.
Non poteva amarmi, non ero abbastanza per lui.. non ero ciò che meritava.
Mi guardò, con timore e solo allora mi resi conto che era in attesa di una risposta.
“Ed è perché mi sono innamorata anche io che devo andare.” Risposi.
Per la prima volta in vita mia, riuscii a sentire la vera ed unica forza dell’amore. Quella dei libri, e delle opere a teatro..
Quello che fa sognare, quello di cui mamma mi ha sempre parlato.
Nei miei 17 anni, ho sempre stentato a credere che mi sarei innamorata. Certo, volevo avere una famiglia e dei figli.. ma innamorarmi? Non credevo fosse possibile per una come me.
Eppure ora potrei raccontare di trovarmi a dichiararmi ad un ragazzo.
Non un ragazzo qualunque. Justin.
Il suo sorriso amaro mi riportò alla realtà, dopo di che le sue braccia mi strinsero in un abbraccio, quando un altro boato scoppiò tutto intorno.
Lentamente le sue mani si staccarono dal mio corpo e solo allora compresi davvero ciò che stavo facendo.
Lo stavo perdendo.
Gli stampai un veloce e dolce bacio sulle labbra, sorprendendomi della mia audacia, dopo di che corsi verso l’uscita, ed incredibilmente riuscii a chiudermi l’enorme portone in legno alle spalle.
Lo spettacolo che mi trovai di fronte fu terrificante.
Cento, e passa uomini sui loro cavalli erano disposti in file orizzontali di fronte il palazzo, e accanto a loro un enorme carro con delle armi.
Li guardai uno ad uno, dopo di che mi feci forza ed avanzai verso colui che era a capo di tutto ciò. Che aveva organizzato questa distruzione.
“Generale Parker, cessi il fuoco. Se è per me che è venuto, sono qui.” Dissi, insicura.
Justin aveva accennato a qualcosa che aveva detto al generale prima che se ne andasse, chissà cosa.
Sorrise beffardo e con il suo cavallo iniziò a girarmi intorno.
“Lei è meravigliosa anche in veste da serva, signorina Caroline.” Disse, come se non avesse appena finito di attaccare il palazzo dove vivevo.
Non risposi al suo complimento.
“Quindi.. il conte Bieber, l’ha lasciata andare?.. E pensare che dalla nostra recente conversazione non lo avrei mai detto.” Disse.
Alzai lo sguardo, e vidi le sue labbra sormontate dai baffi aprirsi in un ampio sorriso.
“Non crede che sia ridicolo fare tutto questo per una serva?” Chiesi allargando le braccia.
“Lei non è solo una serva..” Disse.
Le sue parole, mi riportarono a quelle di Justin. Per lui non ero solo una serva.
Con la manica del vestito mi asciugai per bene il viso dalle lacrime di poco fa.
“Vogliamo andare?” Propose il generale, fermandosi e porgendomi una mano per farmi salire a cavallo.
Mi guardai qualche istante intorno, come se potesse succede qualcosa da un momento all’altro.. come se potessi svegliarmi da questo brutto sogno e trovare Justin accanto a me.
Feci per dire addio a tutto ciò che mi circondava.
Probabilmente non avrei mai più rivisto Justin.. ma almeno sarebbe rimasto in vita.
Allungai una mano verso quella del generale, quando un uomo su un cavallo si avvicinò velocemente.
Socchiusi gli occhi per capire chi fosse, invano.
Tutti si girarono verso di lui, e quando ci passò di fronte, mi afferrò dalla vita e impedii che potessi toccare la mano del generale.
Tutti i soldati puntarono le armi verso di lui, ma quando mi appoggiò un coltello al collo, il generale fece subito cenno loro di abbassarle.
L’identità dell’uomo mi fu sconosciuta poiché aveva indosso una maschera in pelle che nascondeva tutto il suo viso.
“Buttate tutte le armi su quel carro, o la uccido.” Disse l’uomo, o meglio ringhiò verso il generale.
Cercai di dimenarmi, e di conseguenza lui aumentò la presa del coltello sul collo.
Sotto l’ordine del generale Parker, tutti i soldati misero le armi sul carretto e si allontanarono da esso.
Ero solo una serva, eppure il generale stava obbedendo invece che attaccare.
“Sali.” Ordinò l’uomo mascherato.
Feci per salire sul cavallo, quando lui si voltò e per fare in fretta mi impose di sdraiarmi a pancia in giù sull’animale, che mosse la coda.
Mi ritrovai con le gambe da una parte e il busto dall’altra, quando l’uomo mascherato prese il carretto, e lo attaccò al cavallo.
Il generale fece un passo verso di me, sul suo cavallo.
“Fermo o la faccio fuori.” Intervenne subito l’uomo mascherato puntandomi con una delle armi presenti sul carretto.
Velocemente poi, fece partire il cavallo e iniziammo a correre verso l’uscita del palazzo.
Cercai di scendere e fuggire da quest’uomo, ma per assicurarsi che restassi ferma mi cinse la vita con un braccio e con l’altro guidò il cavallo fin nel bosco.
La paura e l’eccitazione mi ribollirono in pancia, mentre deviammo verso una radura coperta da sempreverdi, e lasciamo il carretto di armi in un fiume.
Inizia ad urlare, sperando che quando meno il generale Parker potesse raggiungermi.
Lo odiavo. Ma tenevo alla mia vita.
L’uomo iniziò a rallentare l’andatura, dopo di che mi coprii la bocca con una mano, fasciata da un guanto in pelle.
Raggiungemmo un piccolo covo in legno quando l’uomo fermò il cavallo, lo legò ad un albero e mi fece scendere.
Mi dimenai, mentre mi trascinò fin dentro la capanna in legno.
Quando si voltò per chiudere la porta della piccola abitazione, ne approfittai e lo colpii alle spalle con un calcio netto e sicuro che lo fece barcollare.
Velocemente aprii la porta e feci per uscire, ma lui fu più veloce di me, poiché mi afferrò dall’abito e mi fece cadere indietro, proprio fra le sue braccia.
Urlai, fin quando non mi tappò nuovamente la bocca.
“Caroline.. Sono io Justin.” Disse poi, levandosi la maschera.


Ehi :3
Ciau belle. Tutto bene!?
Ho da poco finito di leggere le vostre recensioni, e vi giuro mi hanno fatta sentire talmente felice che sono subito corsa a scrivere il 16esimo capitolo. Quindi come vi dico sempre, siete voi la mia ispirazione, siete voi questa fan fiction.
Spero vi piaccia il capitolo..
Vi voglio bene,
Erika

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Ricambio il follow :3

MI SCUSO PER GLI ERRORI.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


1789,Providence, Inghilterra

Prima che potesse mollare la presa su di me mi voltai e lo abbracciai stringendolo più forte che il mio corpo mi permise.
“Justin..” Dissi trattenendo le lacrime.
Mi accarezzò i capelli e mi baciò la testa.
“Tu resta qui e non muoverti. Io vado a palazzo..” Disse alzandosi.
Sentii il rumore dei stivali lungo l’uscita, quando lo fermai.
“A palazzo? Justin no ti prego. Non farlo. Se il generale lo venisse a sapere..” Dissi agitata.
“Lui non sa che sono stato io a rapirti. Vado a fingere la mia parte Caroline.” Disse voltandosi verso di me e infilandosi i guanti in cuoio.
Era un piano abbastanza astuto, ma non ero convinta che sarebbe durato a lungo.
Annuii debolmente, sentendo il corpo cedere alla stanchezza, allora mi lasciai cadere su un enorme cumulo di paglia.
“Io nel frattempo.. resterò qui.” Farfugliai poi, spaventata.
Sentii dei passi avvicinarsi, quando poi delle labbra mi sfiorarono la fronte.
“Non ti lascerò sola.” Disse Justin, sorridendo.
Gli accarezzai il volto, tastando tutta quella meraviglia.
“Non devi tornare Justin.” Dissi ad un tratto.
Era ciò che pensavo. Se fosse tornato, sicuramente sarebbe finita male. Non doveva curarsi di me, per poter restare in vita.
“Perché non dovrei farlo? Non c’è posto al mondo dove io mi senta bene, o a casa, se non dove sei tu.”Rispose abbassandosi di fronte a me e fissando i suoi occhi nei miei.
Dovetti reprimere la voglia di piangere,ridere,urlare,abbracciarlo.. sorrisi solamente.
“Ed è lo stesso per me. Ma tu rischi tantissimo venendo qui Justin. Mi hai salvato la vita, e non puoi capire quanto te ne sia grata.. ma .. non voglio rischiare che tu venga scoperto..” Conclusi con sincerità.
Sorrise, rassicurandomi senza dover usare parole.
“Andrà tutto bene, fidati di me.” Rispose prima di alzarsi e scomparire dietro la porta del capanno.
Stetti in silenzio ad ascoltare i suoi passi fin quando non sentii gli zoccoli del cavallo allontanarsi.
Sospirai rumorosamente e mi guardai intorno.
Il capanno era poco più grande della mia stanza a palazzo Bieber.
C’era paglia un po’ ovunque, e sapevo che mi sarebbe tornata comoda.
Di lato, sulla destra, c’era come un altare di pietre, messe come se dovessero formare un letto. Sarebbe stato l’ideale per dormire.
Mi rimboccai le maniche, alzai l’orlo del mio ormai sudicio vestito e poco a poco spostai la paglia su quelle pietre, rendendolo se non comode, piacevoli.
Provai a stendermi sopra il mio nuovo “letto”, ma subito mi alzai e scaraventai la paglia per terra.
Piccoli pezzi di pagliuzza si insidiarono in profondità nel mio abito, pizzicandomi la pelle.
Sarebbe stato impossibile dormire con quel fastidio, meglio dormire sulla pietra direttamente.
Mi sciolsi i capelli, e lasciai che le lunghe ciocche raggiungessero la mia schiena, dopo di che mi sedetti vicino la porta di legno e inseguii il sole fin quando non scomparve.
Quando il giorno calò, il freddo iniziò a bussare alla porta del capanno prepotente.
Mi sedetti in un angolo accanto alle pietre, dove il freddo non sarebbe arrivato, se non dalle ormai fragili pareti della struttura.
Sentii la pelle accapponarsi e i brividi aumentare, fin quando non iniziai a battere i denti dal freddo.
Fuori il vento iniziò a produrre dei suoni terrificanti e ben presto mi resi conto che anche la pioggia iniziò a cadere dal cielo.
Ancora tremante, e con le dita ghiacciate mi avvicinai alla porta e la aprii leggermente.
Lo spettacolo che si presentò ai miei occhi fu terrificante.
Gli alberi in continuo movimento, sembrava volessero staccarsi da terra, mentre il cielo nero, continuava a buttare giù pioggia e a squarciarsi di lampi viola.
Quando un fulmine incontrò i miei occhi, chiusi la porta di colpo e mi appoggiai con le spalle contro di essa.
Va tutto bene Caroline.. cercai di razionalizzare la paura dei temporali, e mi guardai intorno per cercare di distrarmi.
Ben presto la distrazione arrivò, infatti un albero cadde su una parete del capanno, distruggendola totalmente.
Qualche ramo arrivò ai miei piedi, assecondando le mie urla di spavento.
L’acqua contemporaneamente iniziò ad entrare e ad accanirsi contro di me, pian piano rendendo fradicio il mio abito.
Seppure mi misi  ben lontano dalla parete crollata, non riuscii ad impedire alla pioggia di raggiungermi.
Tanta era la paura che non riuscii a capire se il mio tremolio fosse a causa di esso o del freddo.
Solo quando mi arresi alla situazione e mi misi a sedere appoggiata alla pietra, mi resi conto che tutto il corpo era indolenzito.
Le braccia iniziarono a pesare, ed anche le palpebre quando mi poggiai una mano al petto.
Il battito era regolare, ma pensai comunque che da un momento all’altro sarei morta.
Mi pentii immediatamente di tutti i miei peccati e pregai Dio perché si occupasse di Justin.
Ma quando pensai a lui, immediatamente imposi a me stessa di reagire.
Ma reagire per cosa? Sarebbe stato meglio finirla qui, per poter far si che lui si costruisca una famiglia lontano da me e dai miei problemi.
Tutti avrebbero pensato che fossi ancora nelle mani di quel bandito..e sarebbe andato tutto liscio.
Ma.. non avrei portato a termine il mio compito di proteggere Justin, e di scoprire con lui il mistero della morte di suo padre.
Mi alzai e mi appoggiai alla pietra, per potermi mettere più al riparo, ma quando feci un passo verso l’altra parete del capanno, l’acqua, che ormai aveva invaso tutta la costruzione, mi fece scivolare per terra.
Picchiai rovinosamente con il viso, ma il dolore più forte lo ebbi al fianco sinistro.
Imprecai di dolore, e con la faccia bagnata per l’impatto con il terreno, cercai di spostarmi e di constatare la gravità delle ferite.
Mi voltai su me stessa, e mi tastai la fronte, ritrovandomi le dita ricoperte da un rivolo di sangue.
Mi asciugai con la manica ormai fradicia del vestito dopo di che mi tastai il fianco.
Saltai dal dolore che la mia mano provocò all’osso sporgente del fianco.
Imprecai contro me stessa e lasciai che le mie lacrime si confondessero alla pioggia.
Sarei morta. Sicuro.
Mi stesi sul pavimento bagnato e ripensai ad ogni mio istante con Justin.
Sarebbe stato un modo perfetto per andarsene.. perché tanto distratta dalla sua bellezza non avrei sentito nessun dolore.. e sarei stata accompagnata dalla sua figura.
Un altro fulmine squarciò il cielo, ma questa volta non mi spaventai.. ma sorrisi, immaginando Justin di fronte il camino a scaldarsi.
L’immagine di lui felice e stabile mi fece superare ogni paura.
Decidi poi, di chiudere gli occhi e lasciare che tutto attorno a me continuasse ad accadere.. quando cercai di riaprirli mi resi conto che non ne avevo più le forze necessarie.
“Caroline..”Sentii urlare.
Probabilmente la voce di Justin, o meglio la sua figura,mi porteranno in qualunque posto ci sia dopo la morte. Pensai.
“Caroline.. o mio Dio.” Sentii questa volta proprio dentro il mio orecchio.
Mi sembrò addirittura di sentirmi accarezzare.. ma non potrei dirlo con certezza, poiché smisi anche di sentire i miei pensieri.



Ehiii :33
Salve ragazze.. scusate il ritardo. Ma domani ho L’ULTIMA (dico L’ULTIMA) interrogazione.. italiano!!
Ho studiato tutto il giorno e solo ora ho avuto tempo di aggiornare.
çç Comunque.. l’unica cosa che mi consola sono le vostre recensioni e che domani prenderò Believe Acoustic.
Voi lo avete?!
Ah eh.. DAVVERO GRAZIE GRAZIE GRAZIE PER LE RECENSIONI. SIETE FANTASTICHE, TUTTE IO VI ADORO. PURTOPPO NON POSSO RISPONDERVI PER DIRVI QUANTO VI RINGRAZIO .. MA SE DOVESSE SERVIRVI QUALCOSA, QUALUNQUE COSA, CONTATTATEMI PURE OVUQNUE..
Farò di tutto per rispondere.
Poi volevo chiedervi.. avete visto di Selena e Justin? Cosa pensate della rottura?!
(:
Ora scappo!! Spero recensirete!
Un bacione!!
Erika

Seguitemi su twitter o instagram .. sono @I_amawolf e wearetheperctwo (RICAMBIO IL FOLLOW :33)

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


1789, Providence, Inghilterra


Un acuto dolore al fianco e alla tempia destra mi fecero tornare alla realtà.
Lentamente aprii gli occhi e iniziai a focalizzare tutto ciò che mi circondava.
Lunghe lenzuola bianche erano sparse ovunque.. e un camino accesso distribuiva calore alla stanza.
Capii di trovarmi in una stanza di qualche ricco nobile, solo dopo che vidi le lunghe tende rosse scendere suntuosamente fino al pavimento.
Non avevo mai visto questa stanza, anche se mi sembrò uguale a tutte le solite camere dei nobili.
Cercai di muovermi, quando un forte dolore tornò a percuotermi il fianco e la testa.
Gemetti tastando le lenzuola.
Lentamente la mia mano si infilò all’interno delle lenzuola e le aprii, scoprendomi.
Strabuzzai gli occhi vedendomi indosso un indumento maschile. Indossavo, uno dei pantaloni che in genere i nobili usano per andare a dormire. Era quattro volte più grande di me, quindi se anche fosse bianco, non si poteva intravedere nulla del mio corpo.
Sopra vidi una camicia color avorio, anch’essa troppo grande.
Improvvisamente cercai di ricordare,e tutto mi tornò in mente.
Il capanno, il temporale, la caduta, il dolore, Justin.. tutto.
In particolare mi ricordai del mio abito. Se non lo avevo indosso, voleva dire che qualcuno mi aveva spogliata e poi rivestita.
Rabbrividii al solo pensiero.
Cercai di scendere dal letto, ma il dolore al fianco me lo impedì.
Esasperata, mi aggiustai i capelli, come meglio potei e mi guardai intorno, quando improvvisamente sentii dei passi e la porta aprirsi e chiudersi.
Mi voltai verso di essa e vidi Justin, in tutta la sua meravigliosa bellezza.
Aveva indosso un mantello nero che lo fece sembrare avvolto dal mistero. Si abbassò presto il cappuccio e si avvicinò a me sorridente.
Allora.. non era morta, o forse lo ero, e questo era il paradiso.
“Caroline. Ti sei svegliata.” Affermò venendomi incontro e chinandosi di fronte al letto.
Mi sentii debole, incapace di allungare una mano per accarezzarlo.. allora sorrisi debolmente per tranquillizzarlo.
“Cos’è successo dopo il temporale?” Chiesi deglutendo a fatica.
Justin mi baciò una mano dolcemente, dopo di che mi rivolse il suo meraviglioso sguardo e sorrise.
“Avevo ritardato perché il generale mi aveva sottoposto ad un interrogatorio.” Iniziò.
Sobbalzai e lo guardai disperata.
“Non ti preoccupare, il nostro piano regge.” Disse rassicurandomi.
Sorrisi sollevata e gli feci cenno di continuare.
“Ebbene.. avevo paura che potesse accaderti qualcosa a causa del temporale, allora dopo aver finto di essere disperato per il tuo rapimento, sono corso al capanno e l’ho trovato distrutto. Allora ho iniziato a cercarti, fin quando non ti ho trovata stesa per terra piena di ferite e con la febbre.” Concluse.
La febbre … certo, ecco perché quella sensazione di debolezza.
“Ma.. dove siamo?” Chiesi, notando che il sole non era ancora sorto.
“.. è un palazzo abbandonato al di sopra della radura del ponte. Siamo al sicuro qui Caroline.” Disse sorridente, con gli occhi luminosi.
“Siamo?” Chiesi.
Lui non doveva restare con me.. non doveva rischiare.
Annuì, e mi guardò duramente.
“Justin non devi restare con me.. sono sicura che succederebbe l’imprevedibile.” Dissi disperata dall’idea che potessero ferirlo.
Ancora non si era levato il mantello. Gli stava bene, ma desiderai di vederlo com’ero abituata.. semplice e stupendo.
“Sh.. non andrò da nessuna parte senza di te. Mai. Sono già troppe le persone che ti hanno abbandonata.” Rispose.
Il riferimento era chiaramente rivolto ai miei genitori, che erano andati in Italia, lasciandomi qui e senza avvisare.
Non trovai nemmeno la forza di annuire, e solo allora mi resi conto di avere le labbra increspate.
Me le tastai debolmente, dopo di che le bagnai con la saliva.
Justin mi fissò qualche istante con una tale intensità da mettermi in soggezione.. quando abbassai lo sguardo, lui rinvenne e sorrise.
Dopo di che iniziò a frugare in una sacca di belle e tirò fuori delle bende e delle erbe-.
“Devo medicarti la ferita..” Annunciò.
Sobbalzai nel letto, e se ne accorse.
“Non farà male..” Continuò, poggiando la sacca per terra ma senza togliersi il mantello.
“Justin.. il mio vestito?” Chiesi, immaginando che fosse stato lui a cambiarmi.
“è davanti al camino ad asciugare.” Rispose senza guardarmi negli occhi.
Abbassai lo sguardo, avendo la certezza che fosse stato lui a spogliarmi e a cambiarmi.
Mi sentii in imbarazzo.
“Non volevo farlo.. ma avevi la febbre alta e non potevi restare con l’abito bagnato.” Disse giustificandosi.
“Tu.. tu.. mi hai vista nuda?” Farfugliai sotto shock.
Non ero una di quelle nobili e viziate ragazzine di vent’anni a cui piaceva spogliarsi di fronte agli uomini.. non lo ero.
Non rispose, si limitò a farmi cenno di alzarmi la camicia.
Lo guardai allibita, dopo di che ignorando la mia espressione fece da se.
Mi alzò un lembo della camicia e mi scoprii il fianco.
Mi imbarazzai, ma contemporaneamente sospirai di sollievo nel vedere che la ferita si limitava a quella parte del corpo. Non mi sarebbe importato di soffrire.. ma non mi sarei spogliata di nuovo.
Mi poggiai sui gomiti e lo guardai all’opera.
“Posso fare sola..” Dissi cercando di ricordare chi era il conte e chi la serva.
Mi disinfettò la ferita con delle erbe tritate, dopo di che mi avvolse attorno a tutto il bacino delle bende, perché coprissero la parte della ferita.
Infine mi guardò come per cercami il permesso, dopo di che lentamente, si chinò e mi baciò la pelle nuda.
Un fremito mi attraversò tutto il corpo, giungendo fino alle punte dei capelli.
Poi si alzò e si mise a sedere di fronte a me.
“Spiegami cos’hai intenzione di fare?” Dissi cercando di trovare un minimo di forze in me.
Incrociò le gambe e abbassò lo sguardo.
“Restare qui con te.” Rispose.
Lo guardai sgranando gli occhi a mo di rimprovero.
“Certo.. sarebbe come appendersi un cartello in testa con scritto ehi sono io, sono il rapitore.” Risposi con tono acido.
Mi risultò strano avere questi modi nei suoi confronti ma non sapevo come altro fargli capire il mio punto di vista.
“Non posso andare via..non dopo quello che è successo.” Rispose cupo.
Lo guardai stringendo gli occhi.
“Tutto ciò che ti è successo Caroline è a causa mia. Sarei dovuto restare con te.. invece.. me ne sono andato. Bel vigliacco.”Disse.
Sentii il cuore riempirsi di una strana emozione simile alla tristezza.
“Non devi nemmeno pensare che sia colpa tua Justin. Tu mi hai salvato la vita, mi hai sottratta dalle mani di quel generale pazzo.. hai rischiato tutto per me, per una serva. E una piccola ferita, è solo un bassissimo prezzo da pagare per poterti vedere ancora sorridente.” Dissi fissandolo negli occhi.
Mi fissò a sua volta, e sorrise.
“Non capisci.. io..” Disse, ma lo bloccai interrompendolo.
“Tu devi ascoltarmi.. non è colpa tua chiaro?” Dissi scandendo le parole.
Mi fissò qualche istante, poi annuì debolmente.
“La febbre deve esserti scesa a quanto vedo.” Disse ridendo.
Fui lieta di cambiare discorso.
“Già..” Risposi.
Con una mano si scostò il mantello e fece per avvicinarsi a me.
“Perché non ti levi il mantello?” Chiesi, sospettosa.
Justin sgranò gli occhi e balbettò qualcosa, dando fondo ai miei sospetti.
“Ho freddo..” Disse poi, non convinto.
“Non prendermi in giro Justin. Cos’hai?!” Chiesi allungando una mano e poggiandogliela sul braccio.
Al mio tocco gemette e si irrigidì, ammonendosi da solo.
Stava cercando di nascondermi qualcosa.
Mi staccai con la schiena dal letto e mi avvicinai a lui sempre più.
“Niente Caroline.. che dovrei avere.. sono stanco tutto qua.” Rispose, mentendo.
Allungai una mano verso di lui, e fissandolo negli occhi e cercando di non perdere la concentrazione a causa delle sue labbra, gli sciolsi l nodo del mantello.
Lentamente, mentre cercò di dimenarsi, gli imposi di stare fermo .. e così fece.
Quando il mantello cadde ai piedi del letto, lasciò spazio ad uno spettacolo terrificante.
Justin aveva indosso una camicia bianca, ormai divenuta rossa  a causa delle chiazze di sangue.
Era ferito, a più parti del petto e delle braccia.
Lo guardai smarrito, dopo di che gli feci levare la camicia.
Esitò qualche istante, ma gliela tolsi ugualmente.
Le ferite che mi trovai davanti, mi fecero male solo a vederle.


Ehi :33 Ciao ragazze!!
Mi avete chiesto un capitolo più lungo?! Ho fatto il possibile! Spero basti (:
Inoltre spero vi piaccia..
Vi amo e vi ringrazio tutto per le 18 recensioni. SIETE FANTASTICHE.
Per qualunque cosa contattatemi.
Un bacione.
Erika

@I_amawolf
MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


1789, Providence, Inghilterra


Un’angoscia profonda e indescrivibile mi invase il cuore quando mi ritrovai di fronte quel bellissimo corpo deturpato dalle ferite.
Erano abbastanza profonde, probabilmente causate da un coltello.. o da una frusta. Non seppi dire con esattezza poiché di ferite del genere non ne avevo mai viste prima.
Ne aveva alcune sul braccio e sulle spalle, e numerose sul petto fino all’addome.
Mi portai le mani alla bocca e trattenni lacrime prepotenti.
Lui cercò di nascondere le ferite prima con le mani, poi con il mantello, raccogliendolo da terra.
Mi feci forza e mi imposi di non far cadere nemmeno una lacrima.. anche se il solo pensiero di cosa gli avevano fatto .. mi fece angosciare.
“Justin.. sdraiati.” Dissi mettendomi in piedi, barcollando.
Lo guardai negli occhi e mi resi conto che era ferito anche nel profondo dello sguardo. Cosa gli avevano fatto?
“Non ne vale la pena Caroline.. devi ristabilirti.” Disse infilandosi il mantello e venendomi incontro per farmi sedere.
Mi allontanai da lui e mi appoggiai ai bordi del letto.
“Sdraiati ho detto.” Continuai sicura di me.
Esitò qualche istante, dopo di che lasciò cadere il mantello per terra, e con solo i pantaloni in dosso si sdraiò dove fino a pochi istanti prima c’ero io.. sicuramente per il calore che le coperte mantenevano.
Guardai le erbe che fino a poco fa aveva usato lui per me e seguii il suo stesso identico procedimento, le tritai fino a farle diventare una crema., dopo di che mi inginocchiai di fianco a letto.
“Cos’è successo?” Chiesi, iniziando a pulire con un panno umido tutte le macchie di sangue dalle parti sane del suo corpo.
Sentii la rabbia galoppare, e desiderai intensamente di poter uccidere chiunque lo avesse ridotto così.
“Niente Caroline..” Farfugliò.
Poggiai il panno sul letto e ne presi uno pulito, lo intinsi nella crema e iniziai a picchiettare sulla prima ferita, per farlo abituare al bruciore, che conoscevo.
Strinse gli occhi e si morse il labbro, dopo di che aprii nuovamente gli occhi e iniziò a fissarmi intensamente.
“Tutto questo è accaduto  a causa mia.. ho il diritto di sapere.” Insinuai.
Lentamente iniziai a massaggiare più intensamente la ferita.
“Niente è accaduto per colpa tua. Se non il fatto che mi sono innamorato.” Confessò.
Era la seconda volta che si dichiarava a me, eppure mi sembrò ancora strano e meraviglioso. Rabbrividii e sorrisi delicatamente.
“Allora ti prego di raccontarmi.” Risposi, senza riuscire a dire altro.
La situazione mi mandò in palla e mi costò molto mantenere la calma.
Gemette mentre passai ad un’altra ferita , dopo di che sorrise amaramente.
“Ti ho detto che ieri sera il generale ha voluto interrogarmi. Ebbene.. ha fatto molto più che pormi qualche domanda.. sospettava di me, così per estorcermi le informazioni necessarie ha deciso di torturarmi.” Disse vagamente.
Probabilmente solo il ricordo di ciò che gli era stato fatto, gli faceva male.
Decisi di non andare a fondo, e di non chiedere come gli erano state inflitte quelle ferite.. mi limitai ad odiare il generale e me stessa. Se fossi andata con lui velocemente e senza rallentare tutto questo non sarebbe successo e ora lui non sarebbe qui ferito.. ma sarebbe a casa sua di fronte al focolare.
Lo guardai negli occhi qualche istante e desiderai di baciarlo.. ma mi trattenni.
“Ha preso una spada, e ne ha riscaldato la lama sul fuoco.. dopo di che mi ha fatto spogliare e legare ad una sedia..” Disse poi in un soffio.
Finii di curare l’ultima ferita, proprio in quell’istante.. e fu come se il mondo mi fosse caduto addosso.
Il ferro bollente aveva tastato la sua pelle fino a procurargli quelle ferite.. questa volta non riuscii a trattenere le lacrime.
Solo ad immaginarlo mi sentii male.
Lui si alzò lentamente e si mise a sedere sul letto, dopo di che mi spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise.
“Shh.. non piangere Caroline.. ora tu sei qui con me, e tutto diventa solo un brutto ricordo.” Disse facendomi sedere nel letto accanto a lui.
Presi una benda e gli coprii tutte le ferite, dopo di che gli sfiorai il viso lentamente, cercando di capire cosa avesse immaginato in quel momento.
Mi sdraiai accanto a lui, facendomi male al fianco.. ma ormai poco importava.
“Siamo ricercati.. non è eccitante questa situazione?” Chiese poi, ridacchiando.
Per un attimo decisi di seguire il suo esempio e pensai di lasciarmi alle spalle l’accaduto.. ma l’immagine di lui ferito in ginocchio di fronte il generale mi fece tornare ad essere pessimista.
“Ma.. alla fine.. hai confessato?”Chiesi, lentamente,  pesando le parole.
“Bhe.. sono fuggito. Credo che valga come una confessione.” Rispose.
“Non credo che il generale fosse solo.. come hai fatto a fuggire?” Chiesi.
“Come in ogni palazzo che si rispetti.. anche nel nostro c’è un passaggio segreto..” Disse sorridendo.
Aveva detto ‘nostro’. Socchiusi gli occhi e mi godetti l’immagine di noi due per mano, a curarci del palazzo con i nostri bambini in giro per casa.
Sorrisi imbarazzata solo al pensiero..
“Perché sorridi?” Mi chiese sdraiandosi alla mia altezza e mettendosi faccia a faccia con me.
“Nulla.” Risposi scuotendo la testa.
“Voglio saperlo!” Disse, insistendo.
“Niente di importante.” Conclusi, decisa  a non rivelargli i miei film mentali.
Si sporse ancora verso di me, e ansimò, probabilmente perché qualche ferita si appoggiò contro il letto.
Fu talmente vicino che il suo respiro mi inebriò le narici.
Allungai una mano e gliela poggiai sulla testa, dietro l’orecchio, mentre mi persi nei suoi occhi.
Lentamente si avvicinò e quando le sue labbra furono a pochi millimetri dalle mie sorrise.
“Sei così bella.” Disse.
Prima che potessi replicare, poggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò.
Non era il primo bacio, ma mi sembrò ancora un’emoziona nuova ed incontrollabile.
Gli misi entrambe le mani fra i capelli e contemporaneamente ci alzammo a sedere.
Sorrise, mentre continuò a baciarmi, facendo imbattere nella sua perfetta dentatura.
Era così disdicevole che una serva baciasse il proprio padrone .. o che lui si innamorasse di lei.. eppure non trovai da nessuna parte la voglia e la forza di staccarmi dalle sue labbra.
Si allontanò qualche istante per sorridermi e per guardarmi negli occhi, dopo di che con dolcezza infinita mi baciò nuovamente.
“Caroline..” Farfugliò mentre si spostò facendomi stendere sul letto.
Lasciai che decidesse lui in che posizione dovessi stare.. mentre io mi impegnai a mantenere la calma..
Ma fu impossibile quando si stese sopra di me lentamente, per non farsi male, ne fare male a me.
Senza pensarci, continuai a baciarlo distaccandomi ogni tanto per prendere fiato, mentre le sue mani iniziarono a vagare indisturbate e dominanti lungo la mia pelle coperta da quel leggero strato di cotone.
..Lentamente lo strato di cotone non fu più d’intralcio poiché, le mani di Justin si insinuarono all’interno dei miei indumenti con innata velocità.
Mi dannai mentalmente, sentendo sbagliato tutto ciò.
Stavo compromettendo lui.. ma ormai  non avrei potuto smettere per nessun motivo al mondo.
Il suo bacino iniziò a far pressione sul fianco in cui non ero ferita,mentre io lasciai che mi toccasse senza imbarazzo.
Quando mi decisi a lasciargli i capelli e a seguire l’istinto delle mie mani che mi imponeva di sentire la sua pelle.. sentimmo un forte rumore proveniente dal piano di sotto.
Entrambi sobbalzammo, e per lo spavento Justin mi morse il labbro inferiore.


Ehi ciao bellezze .. Tutto bene?!
Ho saputo che quasi tutti hanno problemi per Believe Acoustic.. spero si risolva presto anche perché sto fremendo dalla voglia di averlo fra le mani çç
Mhhh 19 recensioni?! Davvero volete farmi piangere. Siete fantastiche, ma che dico .. di più.
Ogni volta che sto giù di morale leggo le vostre recensioni e mi rallegro.
Spero vi piaccia il capitolo.
Un bacione ragazze!!
Grazie a tutte.
Erika

PS. Non sono più ErikaSilipigni, ma Iwantasmile C:

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


1789, Providence, Inghilterra


“Ahi.” Esclamai mentre il ferreo sapore del sangue mi invase la bocca.
Justin non fece caso a me, e si poggiò il dito sulle labbra per farmi cenno di tacere. Eravamo talmente vicini che il suo dito sfiorò anche le mie di labbra.
Socchiusi gli occhi ignorando la nuova ferita e seguii Justin, che scese dal mio corpo e mi fece strada verso un’altra stanza.
Quando aprii la porta mi fece entrare e si chiuse dentro con me, dopo di che si inginocchiò di fronte la serratura e si mise a sbirciare.
Sentimmo dei passi avvicinarsi, probabilmente per le scale.
Impulsivamente gli strinsi la mano e mi inginocchiai accanto a lui.
Il sangue continuò a macchiarmi la lingua, giungendomi fino alla gola. Mi sentii sul punto di vomitare.
Uno dei due uomini disse qualcosa in francese, e scoppiò a ridere contagiato dall’altro.
Non erano Inglesi.. ma Francesi. Non avevo capito cosa avesse detto ma fui più che sicura che erano stati mandati dal generale a cercarci.
La conversazione fra gli uomini continuò e ad un tratto Justin mi strinse la mano .. poi anche io tesi l’orecchio e riuscii a sentirli.
Dei passi si fecero sempre più vicini fino a sembrare di fronte a noi.
Il cuore si fermò qualche istante.
In quel momento, feci la cosa più inopportuna che avessi potuto fare. Mi misi a ripensare a quanto era in punto di accadere se non fossero arrivati questi due francesi.
Avrei perso la mia purezza.. la mia castità.. certo, con l’uomo che amo.. ma lui, che idea si sarebbe fatto di me?
Da un lato ringraziai il destino.. dall’altro, lo maledissi.. poter avere quel contatto vivo con lui.. mi fece stare talmente bene da dimenticare ogni dolore.
Sentimmo battere alla porta, e Justin si voltò verso di me immediatamente.
Il cuore fu in procinto di uscirmi dal petto.. quando Justin iniziò a guardarsi intorno iniziai ad impaurirmi.
Lo stanzino dove ci trovavamo era talmente piccolo che a stento riuscivamo a starci noi due.. eppure trovammo una vasta gamma di oggetti polverosi sul pavimento.
Ne analizzammo qualcuno con lo sguardo, sempre tenendoci per mano.. ma non trovammo il tempo di afferrarne nessuno poiché la porta si spalancò di colpo.
Un uomo grande e grosso, in divisa francese si fece avanti scagliandosi contro di noi.
Urlai, continuando a sentire quell’amaro sapore di sangue in bocca.
Justin iniziò una lotta infinita contro l’uomo che era chiaramente in vantaggio sia per le armi, che per la salute. Justin era ferito.
Non riuscii a capire bene come avvenne la lotta poiché in quello stanzino nemmeno un piccolo fascio di luce si affacciò dalla porta.
Intuii che Justin fosse in difficoltà, allora mi diedi una mossa.
Non feci caso alle gambe tremanti ed uscii alla ricerca di qualche arma. Purtroppo non trovai nulla che non fosse l’altro francese.
Si mise di fronte a me, a gambe spalancate e braccia conserte.
“Ora capisco perche il generale ti vuole tutta per se..sei così bella..” Disse sorridendo beffardo, mostrando la dentatura scomposta.
Poteva avere una quarantina d’anni, all’incirca.. non avrei potuto fare granchè, ma tentai.
Iniziai a correre verso la camera da letto seguita dai passi pesanti del soldato. Cercai attorno a me qualcosa che potesse essermi utile, ma non trovai altro che le mie scarpe.
Le impugnai come se fossero una spada e iniziai a scagliarle prima una e poi l’altra contro l’uomo.
Una la schivò, ma l’altra lo colpì in un occhio costringendolo a rallentare e a strillare.
Si inginocchiò per terra ed io ebbi qualche secondo di vantaggio.
“Sgualdrina..”Strillò.
Mi avvicinai alle tende e quando il soldato si scagliò nuovamente su di me, mi divincolai varie volte fino a chiuderlo dentro le tende come un involtino.
Le urla provenivano sia dalla stanza in cui mi trovavo, che da quella in cui era Justin. Sperai per il meglio.
Mi distrassi un istante guardando il letto fino a dove poco fa eravamo sdraiati.. così il francese mi colse alle spalle e mi colpii bruscamente alla schiena, probabilmente con un calcio, facendomi cadere per terra.
Il fianco andò a sbattere sul pavimento con tutto il mio peso sopra costringendomi a strillare dal dolore.
Mi morsi il labbro cercando di non urlare per non far preoccupare Justin.
“Caroline.” Sentii poi, urlare selvaggiamente.
“Justin.” Risposi con identica foga.
Fu incredibile.. un brivido mi percorse tutto il corpo quando la sua voce mi giunse all’orecchio.
Mi diede forza.. la forza di non sentire il dolore.
Mi voltai di scatto e vidi il soldato sopra di me, pronto a prendermi e portarmi dal generale probabilmente.
Senza pensarci due volta, mi misi con la schiena sul pavimento, alzai un piede e lo colpii in mezzo alle gambe.
Strabuzzò gli occhi e si inginocchiò tenendosi le parti intime.
Fra me e me mi scusai.. era solo un uomo che eseguiva gli ordini.
Era indifeso ora come ora.. avrei dovuto sferrare il colpo decisivo.
Mi alzai barcollando e vedendo la mia camicia bagnata di sangue, presi una delle sedie presenti di fronte al camino e mi diressi verso l’uomo.
La alzai fin sopra la testa, per poter avere più forza e quando mi trovai sopra di lui, gliela schiantai contro la  testa facendolo cadere de finitamente al suolo con una chiazza di sangue sulla nuca.
Una parte della sedia si spezzò creando un paletto appuntito.
Lo presi in mano e passai sopra l’uomo, probabilmente svenuto. Mi augurai di non averlo ucciso.
Raggiunsi velocemente lo stanzino con il cuore in gola.
L’uomo che si stava occupando di Justin era più alto, giovane e forte.. ed era in vantaggio.
Lo teneva contro il pavimento e a cavalcioni su di lui, continuava a colpirlo in faccia.
Fortunatamente non mi vide, poiché mi trovai in direzione delle sue spalle.
“Va via.” Urlò Justin.
L’uomo si voltò verso di me, probabilmente insospettito dal fatto che l’altro soldato aveva smesso di urlare o di ridacchiare, e mi guardò beffardo.
Gli sferrai un calcio in fronte per far si che si allontanasse da Justin, in modo che non peggiorasse le sue ferite.
L’uomo cadde esattamente nel mio tranello.
Si alzò e si scagliò verso di me.
Solo che il mio piano era carente sul punto di vista difensivo.. ed ora che avrei fatto?!
Mi guardai intorno, sbirciando Justin che si mosse lentamente.
Poi fu tutto un attimo.
L’uomo piombò su di me, e il silenzio ci circondò.
Impulsivamente, senza rendermene conto.. il paletto che fino a poco  prima nemmeno considerai, ora era piantato nello stomaco del soldato.
Sentii il suo fiato sul collo qualche istante in cui farfugliai qualcosa di incomprensibile, dopo di che  mi sposai e il suo corpo cadde per terra.
Sgranai gli occhi che ben presto di bagnarono e mi fermai ad osservarlo qualche istante.
“L’ho ucciso..” Dissi con voce strozzata.
Non potei credere ai miei occhi.. avevo ucciso un uomo.
Mi iniziarono a tremare le gambe le mani.. il cuore soprattutto.
Poi, qualcuno mi toccò la spalla delicatamente.
“Caroline.. probabilmente non è morto.” Disse Justin con il fiato spezzato.
“Ma lo sarà presto.” Risposi, nello stesso istante in cui la prima lacrima mi bagnò il viso.
Avevo posto fine ad una vita umana.. chi ero io per poterlo fare? Chi ero io per avere il diritto di fuggire e fare finta di niente?
Mi misi le mani sul viso e mi sforzai di non piangere invano.
Justin mi prese di peso e mi fece voltare verso di lui.
Aveva delle chiazze rosse attorno agli occhi e del sangue alle labbra e al naso.
“Caroline. Mi hai salvato la vita. Li ho sentiti parlare, avevano l’ordine di prendere te e di uccidere me immediatamente.” Disse.
Lentamente portai una mano al suo viso e gli accarezzai prima la fronte e poi la guancia fino a giungere alle labbra.
Con dolcezza si avvicinò a me e mi baciò.
Potei sentire il sapore del suo sangue in bocca, mischiato al mio.
Portai entrambe le mani nel punto in cui il collo e il suo viso si congiungevano e lo sporsi ancora verso di me.
Ecco cosa dicevano in francese.. erano qui per ucciderlo.
Iniziai ad essere più tranquilla e il senso di colpa pian piano scomparve, in contemporanea ai movimenti delle nostra labbra.
Ad un tratto si staccò lasciandomi desiderosa della sua pelle.
Mi guardò con un tale modo che la parte più intima del mio corpo fremette.
“Ora dobbiamo muoverci amore mio.. presto verranno a cercarli.” Disse.
Mi ripresi velocemente da quello sguardo e annuii assente.
“Dove andremo?” Chiesi senza ricever risposta.


Ehi bellezze!!!
Ciao a tutte! Come state?! Io non tanto bene. Sto impazzendo per avere Believe Ac. Però qui in Calabria ancora non c’è!!!
Che palle!!
Comunque.. spero che il capitolo vi piaccia!!
Recensite e fatemi sapere che ne pensate.
Un bacione
Erika

PS: seguitemi su twitter o instagram!! Ricambio il follow, dovete solo menzionarmi o dirmi chi siete (:
@I_amawolf     wearetheperfectwo

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


1789, Providence, Inghilterra


Mi afferrò la mano e iniziammo ad incamminarci verso il bosco sottostante al palazzo.
“Non prendiamo nulla?” Chiesi, preoccupata.
Saremmo morti di freddo, almeno qualche coperta.
Justin rallentò qualche istante e si voltò verso di me.
“Non possiamo..  qualunque cosa ci farebbe da intralcio, e sarebbe più difficile coprire le nostre tracce.” Rispose.
Annuii, decidendo di fidarmi ciecamente di lui, poi afferrai la sua mano, e iniziai  seguirlo nel bosco.
Mentre lui instancabile continuava a guardare nelle radure e a scegliere la strada migliore, io mi osservai distrattamente.
Avevo ancora indosso quella camicia e quei pantaloni da uomo, ormai sporchi di sangue, e a piedi nudi solcavo il terreno.
Ero in uno stato spaventoso, mi chiesi come Justin volesse stare con me..
Lui invece, era meraviglioso, anche se i suoi capelli erano scompigliati ..anche se il viso era affannato.. e non aveva indosso abiti eleganti, ma solo quel nero mantello, che gli copriva le ferite.
Ben presto il sole raggiunse la sua posizione più alta, e iniziò a farsi sentire.
La temperatura diventò rovente, e la stanchezza mi persuase ogni membra.
“Justin..” Farfugliai, stremata dalla lunghissima camminata.
Si voltò di scatto e  mi guardò negli occhi.
Sorrise.. ed io mi sentii meglio..
“Caroline.. non possiamo fermarci ora..” Disse esasperato, ma comprensivo.
Non potevo deluderlo.
“Andiamo..” Risposi vaga, pregando che iniziasse a piovere.
La sera era molto fredda, come la notte.. ma il giorno qui a Providence, al contrario di tutte le altre città Inglesi era afoso.
Una forte sensazione di nausea iniziò ad invadermi lo stomaco.
Justin, allarmato forse dalla mia stanchezza rallentò il passo. Era incredibile che lui potesse camminare per ore sotto il sole senza sentirsi stanco, affaticato, o distrutto..  o forse lo era, ma non lo dava a vedere.
Arrancai qualche altro passo prima di fermarmi di colpo.
“Justin va avanti tu.. sono sfinita. Sono ora che camminiamo non ce la faccio.” Dissi sorreggendomi a fatica sulle gambe.
Lui si voltò di scatto e senza dire una sola parola si abbassò e mi prese in braccio.
Non ebbi nemmeno la forza di impedirglielo.
“No Justin, non puoi camminare con me fra le braccia. Lasciami qui e va avanti.. sono sicura che non mi troverà nessuno e quando mi riprenderò ti raggiungerò.” Dissi faticando a tenere gli occhi aperti.
Mi baciò la fronte e riprese a camminare, mentre io mi lasciai andare appoggiando il viso sul suo petto nudo.
“Tu hai di nuovo la febbre.. scotti.” Disse girando per un sentiero ricoperto di fiori.
Forse era a causa della febbre che ora mi sentivo tanto debole.
“Justin devi lasciarmi scendere.. non puoi andare avanti con me fra le braccia.” Dissi ancora stringendomi di più a lui.
“Non manca molto Caroline.. ed io non ti lascio.” Rispose stringendomi ancora di più fra le sue braccia.
Non riuscii a capire quanto tempo passò da quando le sue braccia avevano preso il mio corpo, però quando iniziai a sentirmi meglio, ci trovammo in un prato verde bellissimo, affiancato da un ruscello.
Justin mi poggiò delicatamente al suolo, dopo di che si chinò affianco a me.
Mi tastò la fronte, mentre con occhi stanchi mi osservò.
Quando si chinò per baciarmi mi scostai, lasciandolo di stucco.
“Potresti ammalarti anche tu.” Dissi.
Era l’ultima cosa pensabile, che lui si ammalasse.
Mi afferrò bruscamente il viso e mi fece voltare verso di lui.. non disse una parola, si limitò a fissarmi nervosamente negli occhi dopo di che mi baciò.
Inizialmente reagii distaccata, ma quando il contatto fra le nostre labbra divenne più intenso, mi ritrovai a ricambiare.
“Justin..” Farfugliai voltandomi verso il ruscello.
Era limpido e alla cima di esso, una piccola cascata ricopriva una piccola grotta d’acqua.
Justin mi accarezzò la testa e mi schioccò un sonoro bacio in fronte, dopo di che mi aiutò a sedermi all’ombra di un meraviglioso salice.. finalmente lontana dai raggi del sole.
Appoggiai la schiena al tronco, e lo guardai allontanarsi verso il ruscello.
Seppure stanco e affaticato, raggiunse la riva con passo regale.
Il sole, caldo, ma non più rovente gli accarezzò il petto e le ferite nel momento in cui si liberò del mantello e lo lasciò cadere per terra.
Poi si tolse le scarpe e le mise accanto al mantello, dopo di che con indosso solo i pantaloni si inoltrò nell’acqua. Prima a piccoli passi, poi quasi correndo.
Ad un tratto, spalancò le braccia e si tuffò in avanti scomparendo nelle limpide acque.
Guardai il ruscello da un angolo all’altro, ansiosa di vederlo riemergere..
Passarono altri secondi, quando mi alzai barcollando e mi avvicinai alla riva.
“Justin..” Chiamai spaventata.
Ad un tratto saltò fuori dall’acqua urlando e ridendo.
Mi spaventai, e dovetti sedermi a terra per non cadere.
Mi poggiai una mano al cuore, e risi del suo scherzo. Nel frattempo lui si incamminò verso di me.
Lo guardai uscire dall’acqua, tutto bagnato con i capelli grondanti d’acqua e gli occhi arrossati.
Piccole goccioline scorrevano su ogni parte del suo corpo, e stupidamente mi trovai ad invidiarle.
Le ferite, bagnate, sembrono più profonde, ma ero sicura che rinfrescarle non gli avrebbe fatto che bene.
I pantaloni che aveva indosso, gli si attaccarono al corpo, sembrando una seconda pelle permettendomi di ammirare le sue forme.
Distolsi lo sguardo imbarazzata e gli sorrisi.
Lentamente si mise a sedere accanto a me, dopo di che mi mise il suo mantello sulle spalle.
Era un momento di gioia.. ma la realtà era li presente affianco a noi ed era sempre pronta a mostrarci le difficoltà.
Non avevamo più una casa, una famiglia, del cibo, dei vestiti un camino.. niente.
Abbassai lo sguardo avvilita. Lui aveva sempre avuto tutto.. ed io glielo avevo tolto.
Ero entrata nella sua vita bruscamente, e gli avevo portato tutto via.
“Cos’hai?” Mi chiese passandosi una mano fra i capelli.
Delle piccole gocce d’acqua mi bagnarono il viso pallido per carnagione.
“Nulla..” Risposi fingendo un sorriso.
Si alzò di colpo e mi trascinò fin sotto l’ombra del salice dove mi trovavo fino a poco prima.
Mi appoggiai al tronco e lui si mise accanto a me.
“Non puoi stare al sole.. con la febbre.” Disse preoccupato.
Annuii vagamente, presa dai miei pensieri.
“Caroline..” Disse con tono malinconico.
Mi voltai a guardarlo, scontrandomi contro i suoi meravigliosi occhi.
“Dimmi..” Dissi ansiosa di sapere cosa stesse pensando.
Forse, si era pentito di tutto. Forse voleva costituirsi e tornare alla sua felice vita.. Speravo, da un lato, che fosse così, perché vederlo così triste e senza nulla mi causava solo dolore.
“Ti vedo assente.. triste.. e penso che forse avresti preferito andare con il generale.. ora non saresti qui, ammalata e pensierosa, ma saresti di fronte ad un caldo camino con un uomo accanto pronto a curarti.” Disse guardandomi con malinconia.
Il cuore mi si fermò per qualche istante.
“Come puoi solo pensare una cosa del genere?.. non c’è stato un attimo solo in cui mi sia pentita di esser restata con te. Sei la miglior cosa della mia vita.. e se per caso mi vedi triste e non so.. non credere che sia perché ho nostalgia del benestare, ma perché ti amo. Ti amo a tal punto da non riuscire a perdonarmi di averti portato via tutto. È colpa mia se ora non hai da mangiare, un camino.. una casa.” Dissi pronta a piangere.
Trattenni le lacrime prontamente, vedendo i suoi occhi illuminarsi.
“Ora sei tu la mia casa.. sei tu tutto ciò di cui ho bisogno. Stando con te, ogni posto diventa perfetto Caroline. Non ho bisogno di altro che di te.. di vederti felice, e tranquilla.” Disse sbattendo più volte gli occhi.
Una gocciolina d’acqua gli attraversò il viso, mentre nel volto gli lessi a chiare lettere la stanchezza.
Alzai una mano e gli accarezzai il viso. Contemporaneamente lui rabbrividì.
Era stanco, ferito e sfinito.. con le braccia lo condussi a sdraiarsi su di me.
Feci in modo che mi mettesse la testa in grembo e che si adagiasse accanto a me.
Quando tremò di nuovo mi cacciai al volo il suo mantello e glielo stesi di sopra.
Pian piano iniziai ad accarezzargli la testa, mentre lentamente socchiuse gli occhi.
Poco dopo li riaprii di scatto.
“Caroline, non posso dormire. Devo proteggerti, e devo preparare un fuoco o questa sera moriremo di freddo.” Disse allarmato.
“Shh, ora dormi. Ti chiamerò io prima che il sole tramonti e allora penseremo a tutto. Sta tranquillo qui non verrà nessuno.” Dissi dolcemente, convincendolo a sdraiarsi di nuovo.
Prima di coricarsi completamente, si alzò un secondo mi stampò un bacio sulle labbra.
Sorrisi, continuando il lavoro prima iniziato.
Quando smisi di accarezzargli la testa, pensando che potesse infastidirlo, di colpo aprì gli occhi e mi sorrise.
“Ti prego non smettere di farlo..” Disse quasi morbosamente.
Senza farmelo ripetere due volte, iniziai nuovamente ad accarezzargli la testa.. con dolcezza, come se fosse un bambino.
Lo avevo sempre fatto con i miei fratelli più piccoli.. ecco perché mi venne nostalgia della mia famiglia.
Com’era possibile che erano partiti lasciandomi qui?.. Senza nemmeno avvisarmi.
Scossi la testa, pensando che ormai apparteneva tutto al passato. Dovevo pensare al presente. A Justin.
“Credo che mia madre lo facesse.. quando ero piccolo. Mi ricordo di me in questa posizione sul suo grembo.. e delle carezze.. fra i capelli sul viso.. era il momento della giornata che preferivo di più. Ogni volta che arrivava la sera lasciavo tutti i giochi e correvo da mamma.. e lei credo mi desse attenzioni in questo modo..” Disse con tono assente e lontano, come nel sonno.
“Vuoi che smetta?” Chiesi, preoccupata che potesse portargli alla mente brutti ricordi.
“Ti prego non farlo.” Rispose, sicuro di se.
Sorridendo, continuai ad osservare ogni tratto del suo viso, fin quando non si addormentò.
Il suo respiro, leggero e regolare, mi confermarono che stesse dormendo beatamente.
Mi guardai intorno, dopo di che guardai il cielo, rendendomi conto che ormai mancava poco al tramonto.
Con delicatezza mi scostai, poggiando la testa di Justin sul prato, poi mi alzai e andai alla riva del ruscello.
Mi guardi intorno varie volte, dopo di che lanciando un’ultima occhiata a Justin mi spogliai ed entrai pian piano nel ruscello.
L’acqua fredda mi punzecchiò la pelle nuda facendomi indietreggiare rabbrividendo.. poi però, una volta che mi ci abituai, mi immersi completamente, lavandomi sia il corpo che i capelli.
Visto che il saper restare a galla per me era impossibile, restai a riva, dove potevo costantemente sentire il terreno sotto i piedi.
Sguazzai felice qualche istante, ripensando alle meravigliosa parole di Justin.. ai suoi capelli, al suo volto, a ciò che stava per accadere sta mattina.. dopo di che velocemente uscii dall’acqua, e mi rivestii.
I miei vestiti erano asciutti, ma il corpo bagnato lo rese umidi.
Mi guardai la ferita sul fianco, e la vidi quasi rimarginata. Le erbe di Justin e l’acqua del ruscello avevano fatto il loro effetto.
Mi strizzai tutta l’acqua dai capelli, dopo di che mi resi conto che il bagno nell’acqua fredda mi aveva rinvigorito. Mi sentivo, in forze, tranquilla.. come nuova.
O forse a rinvigorirmi era stata la confessione di Justin a proposito del suo passato.
Mi lamentavo della mia famiglia, senza ricordare che lui con la morte di sua madre aveva subito un inferno.
Mentre finii di abbottonarmi la camicia, Justin iniziò ad urlare e a dimenarsi nel sonno.
Lo raggiunsi di fretta, quasi barcollando, e lo svegliai.
“Justin.. Justin svegliati.” Dissi, quasi urlando.
Lui aprì gli occhi di scatto, e si alzò abbracciandomi improvvisamente.
“Va tutto bene.. era solo un sogno.” Dissi sentendo  il suo cuore battere agitato, quando venni a contatto con il suo petto.
Gli accarezzai la schiena fin quando non si tranquillizzò e non si sciolse dal mio abbraccio.
“Va meglio?” Chiesi guardandolo a pochi centimetri dal suo viso.
Sorrise ed annuì.
“Sei bagnata..  ha piovuto?” Chiese guardandosi intorno come per cercare le gocce di pioggia intorno a se.
Scossi la testa..
“Il sole è appena tramontato e non ha piovuto affatto.” Dissi sorridendo.
“Allora?” Chiese, senza intuire nulla.
“Ho fatto il bagno nel ruscello.. dovevo anche io darmi una ripulita.” Risposi sorridendo, per l’ennesima volta.
“Ma tu sei malata Caroline..” Replicò bruscamente.
“Credo che il bagno freddo mi abbia abbassato la temperatura.” Risposi mostrandogli quanto ora mi sentissi bene.
Sbuffò, dopo di che sorrise e mi baciò.
“Vado a cercare la legna.” Disse alzandosi.
“Vengo con te.” Dissi, nello stesso istante in cui il mio stomaco iniziò a stringersi, dalla fame. Ignorai la morsa che mi fece salire la nausea.
“Non se ne parla. Sei scalza e non sei guarita del tutto.. resta qui. Tieni il mio mantello potresti avere freddo.” Disse poi slacciandosi l’indumento.
Lo bloccai immediatamente.
“No. Tieni tu il mantello. Io sto bene. Resterò qui .. o andrò qui vicino alla ricerca di qualche foglia commestibile.” Risposi, nauseata dall’idea di noi due seduti a divorare foglie.
“No resta qui, per favore. Non allontanarti.” Disse preoccupato.
“Andrà tutto bene ..” Risposi accarezzandogli il volto.
“Caroline..” Iniziò..
“No ascoltami. Con mio padre, sono cresciuta in questi boschi. Lui veniva a cacciare, ed io lo accompagnavo e raccoglievo erbe commestibili per la mamma. So come ambientarmi e so cosa raccogliere.” Dissi bloccandolo.
Lui non era uno di quei signorotti con il naso all’insù pronti a far uccidere chiunque gli proponesse di uscire dal lusso. No, lui sapeva resistere alla povertà e alla sofferenza.. e sapeva come sopravvivere.. ma io ne sapevo più di lui essendo cresciuta in povertà.
Scosse la testa.
“Va bene.. ma non superare la radura che porta al paese chiaro?” Disse sorridendo, arrendendosi.
Sorrisi ed annuii girandomi e scomparendo dietro un valico di legna.
Sentii dei passi allontanarsi correndo, e mi accorsi che solo ora Justin era andato alla ricerca di legna e viveri.
Mi guardi intorno alla ricerca di qualcosa.. qualunque cosa che potesse essere commestibile, ma l’unica cosa che trovai furono erbe medicinali. Ne trovai una pianta intera.
Le raccolsi tutte, sicura di poter guarire del tutto le ferite di Justin.
Vagai ancora per poco nel bosco, dopo di che cercai la strada per tornare al ruscello.
Mi trovai di fronte ad un bivio, e seguii il mio istinto, pregando che fosse quello di una volta.
Quando mi ritrovai di fronte il valico di legna e il salice, sorrisi fiera di me.
Anche noi donne possiamo combinare qualcosa di buono.
.. Peccato che l’unica cosa che avevo trovato erano erbe medicinali.
Un momento.. il valico, era di legno. La legna quindi, era proprio accanto a noi.
Sorridendo soddisfatta tornai sui miei passi e iniziai violentemente a staccare la legna dal valico.
Le schegge e il legno appuntito mi procurarono molte ferite alle braccia, ma quando riuscii finalmente a staccarle, li presi poco a poco e li portai accanto al salice.
Aspettai che Justin tornasse, per mostrargli che aveva fatto la scelta migliore a mandarmi alla ricerca di qualcosa.
Aspettai.. aspettai.. non so quanto.
Poi preoccupata e in pena, mi affacciai varie volte verso la radura dove si era incamminato.
Forse aveva deciso di tornare al palazzo e costituirsi?.. forse aveva trovato ospitalità da qualche amico..?
Il gelo iniziò a calare ed io mi strinsi fra le braccia, come una bambina.
Mi appoggiai sotto il salice e continuai a guardare verso quella radura in cui si era inoltrato.
La notte era ormai veggente sugli avvenimenti.
“Ehila.” Sentii dire alle mie spalle. Mi voltai di colpo.



Saaaalve (:
Come state?!
Grazie a tutte per le recensioni.. come promesso ho cercato di fare un capitolo più lungo.
Sono qui a scrivere dalle 3. Spero vi piaccia!!
Siete fantastiche, vi adoro.
un bacio
Erika

@I_amawolf

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


1789, Providence, Inghilterra


Mi preparai a scontrarmi contro chiunque volesse prendermi e portarmi dal generale e pian piano nella mia mente affiorò la preoccupazione che Justin potesse essere stato presto anche lui, motivando così la sua assenza.
Mi voltai pronta a colpire e fuggire, ma l’unica cosa che mi trovai davanti furono due meravigliosi occhi blu, e un ampio sorriso.
“Azelle..” Dissi sorpresa.
“Caroline.” Rispose abbracciandomi.
Azzelle era una ragazzi di vent’anni circa, da sempre aveva vissuto accanto a casa mia ed era cresciuta assieme a me e altri ragazzi.. anche se non era di certo la bambina più simpatica del mondo.
Mi distaccai velocemente da lei, consapevole del fatto che non c’era mai stato un gran rapporto fra noi due.. per lo più delle volte avevamo passato il tempo litigando, per poi ignorarci completamente una volta raggiungi i 15 anni.
“Ho saputo cos’è successo a palazzo, i francesi vi stanno cercando ovunque, ma tu che ci fai qui?” Disse guardandosi intorno come per cercare qualcosa.
“Ci siamo fermati per riposarci..” Risposi, innervosendomi.
“Tu invece che fai qui?” Aggiunsi poco dopo.
“I miei genitori sono andati in Italia, ed io ho preferito restare qui.” Rispose continuando a guardarsi intorno.
Anche i suoi genitori in Italia? Cos’era questa storia..
Mi trovai sul punto di chiederle di più, quando sentimmo dei passi avvicinarsi correndo.
“Caroline..eccomi.” Disse Justin spuntando da dietro la radura.
Portava in spalla il suo mantello all’interno del quale c’era avvolta della legna.
La lasciò cadere pesantemente per terra, dopo di che vuotò le tasche, mostrando orgogliosamente del pane e della carne cruda.
Sorrisi, felice di vederlo sano e salvo, e contento.
“Lei chi è?” Chiese Justin indicando Azelle che subito arrossì.
“Lei è Azelle, una mia amica di infanzia.” Dissi, dubbiosa.
Azelle sorrise, ma non spiccicò nemmeno una parola.
Justin ricambiò cortesemente il sorriso e venne verso di me, mi stampò un lieve bacio sulle labbra e mi sorrise.
Lo abbracciai felice che stesse bene, e ricambiai il sorriso.
“Mi aiuti ad accendere il fuoco?” Mi chiese cortesemente.
“Certo. Ho trovato tantissima legna sul valico.. staremo caldi tutta la notte.” Dissi, felice all’idea di poter dormire abbracciata a lui.
“Caroline.. sei sempre la stessa bambina incosciente. Non possiamo tener il fuoco acceso tutta la notte, in questo modo segnaleremmo la nostra posizione ai francesi.” Disse Azelle, con presunzione, intromettendosi nella conversazione.
Mi voltai a guardarla malamente, ma Justin parlò prima che potessi farlo io.
“Ha ragione.. vuol dire che staremo vicini. Sta tranquilla non sentirai freddo.” Mi rassicurò.
Lasciai che la rabbia si sbollisse e accompagnai Justin alla legna.
Quando finimmo di aggiustare la legna, mi misi a sedere incrociando le gambe.
Mi alzai le maniche e porsi a Justin il necessario per accendere la fiamma.
Mi guardò perplesso le braccia, dopo di che afferrò le pietre e le poggiò per terra.
Si pulì le mani sui pantaloni e mi afferrò le braccia, le rivoltò verso di se, e le guardò per qualche istante.
“Cos’è successo?”Chiese poi sfiorandomi delicatamente i tagli procuratimi dalla legna.
“Mentre prendevo la legna..” Risposi sorridendo sinceramente.
Mi mollò le braccia e sorrise affabilmente.
“Sei sciocca Caroline, avresti dovuto aspettare lui.” Si intromise nuovamente Azelle, contro di me.
Justin fece finta di niente e si dedicò all’accensione del fuoco, mentre io guardai storto Azelle chiedendomi perché  non se ne fosse già andata.
“Non vai via?” Le chiesi bruscamente.
I suoi interventi contro di me, non facevano altro che infastidirmi.. proprio come gli sguardi che lanciava a Justin.
Sembrava che se lo volesse mangiare.
“Pensavo di restare con voi.. almeno qualche tempo.” Disse inginocchiandosi accanto a Justin.
Non risposi, mi limitai ad annuire aspettando un intervento di Justin.
“Per noi va bene.” Disse poi lui senza nemmeno alzare lo sguardo dal suo lavoro.
Non mi aveva consultata, non poteva sapere se ero d’accordo.. eppure aveva acconsentito.
Innervosita e ferita mi alzai e mi sedetti a riva del ruscello.
Lentamente con l’acqua mi sciacquai le braccia e il viso, gelando.
‘Devi restare tranquilla’ pensai fra me e me.. ma la presenza di Azelle mi inquietava. Sembrava volesse dare attenzioni al mio ragazzo.
Mi voltai e vidi Justin intento a riscaldare la carne di non so quale povero animale sul fuoco e Azelle di fronte a lui, intenta a parlare a proposito di chissà cosa..
Mi alzai e li raggiunsi.. pensando che domani sarebbe andata meglio.
“E così lei ha picchiato George, capisci? È un vero maschiaccio ..” Sentii dire ad Azelle quando tornai a sedermi accanto al fuoco.
Stava parlando di me. Io da bambina avevo dato un pugno a George, un ragazzino che aveva alzato il vestito ad un’altra bimba.
Perché lo stava raccontando a Justin, e perché lui stava ridendo compiaciuto?
Lo guardai male.
“Di che parlate..”Chiesi fingendo di non aver sentito nulla.
“Di quando hai picchiato George..” Rispose Azelle scoppiando nuovamente a ridere seguita da Justin.
“Gli ho solo dato un pugno..” Dissi imbarazzata dalle risate di Justin, rivolte a me.
“E non l’hai vista sta mattina.. ha fatto fuori due soldati francesi da sola.” Aggiunse Justin continuando a ridere.
Mi irrigidii e non dissi una parola. Questa situazione iniziò a starmi stretta.
“Credo che la carne sia pronta.. sembriamo un po’ primitivi ma meglio di niente. Azelle passami il pane.” Disse Justin, sorridendomi.
“Ah e non ti ho raccontato di quando..” Iniziò nuovamente Azelle, ma questa volta, al limite della sopportazione mi alzai e la bloccai.
“Io non ho fame. Vado a fare un giro di la.” Dissi.
Entrambi annuirono, e Azelle riprese a parlare.
“Non allontanarti.” Disse Justin, quando raggiunsi il salice.
Non mi voltai nemmeno a rispondere, proseguii spedita e veloce.
Il freddo iniziò a penetrarmi fin nelle ossa, e quando riuscii ad oltrepassare una piccola radura mi sedetti sul terreno ricoperto di foglie, e alzai gli occhi al cielo.
Cosa stava succedendo? Perché l’arrivo di Azelle stava stravolgendo tutta la nostra stabilità?
Tutte le emozioni e le fatiche che avevano accompagnato l’intera giornata mi piombarono addosso, così non riuscii a trattenere le lacrime.
Solo dopo aver pianto con il viso rivolto al cielo, per abbastanza tempo mi resi conto che il vero motivo di queste sensazioni negative era la paura di perdere Justin.
La paura che si potesse innamorare di un’altra persona. Di Azelle magari.
Sentii dei passi avvicinarsi, allora mi asciugai in fretta le lacrime, e ripresi a guardare il cielo, fingendo.
“Caroline.. stai bene?” Chiese Justin avvicinandosi e porgendomi una mano.
Annuii e sorrisi vagamente.
“Andiamo a dormire forza..” Aggiunse tendendomi nuovamente la mano.
“Tu vai.. vi raggiungo tra poco.” Risposi.
Stese il braccio, e si mise a sedere accanto a me.
“Perché sei andata via, prima?” Chiese poi stringendosi nelle braccia, probabilmente infreddolito anche lui.
“Non avevo fame.. “ Risposi con tono pacato.
“Non sono stupido. Caroline, se qualcosa non va bene, devi parlarmene.” Disse malinconicamente.
“Scusami, sono stanca, vado a dormire.” Dissi alzandomi.
Lo lasciai li, solo, e a passo lento mi incamminai verso le ultime ceneri del falò.
Mi stesi accanto ad esso, aspettando di addormentarmi.
Justin arrivò poco dopo e fece per stendersi accanto a me.. ma mi spostai prontamente.
Era chiaro che stare con lui non mi avrebbe fatto sbollire la rabbia.. solo mantenendo un po’ le distanze mi sarei tranquillizzata .. e in fondo in fondo mi sarei vendicata.
Azelle in quel momento si alzò prontamente dal suo posto, e si posizionò accanto a Justin.
Li ignorai prontamente, e mi voltai per cadere subito in un sonno profondo.
Delle urla profonde e selvagge raggiunsero i miei sogni e mi svegliarono.
Mi alzai di scatto e vidi Justin urlare e dimenarsi.. come ogni notte.
Azelle, più vicina si alzò e cercò di svegliarlo e tranquillizzarlo senza riuscirci, ma io prontamente, li raggiunsi e la spostai.
“Justin amore.. svegliati. Va tutto bene.” Dissi quando, di colpo aprì gli occhi.
Sentirlo urlare, vederlo stare male.. mi fece dimenticare ogni cosa, e l’unico pensiero fu lui.
Si agitò e si alzò dopo di che, come ogni notte mi abbracciò e mi tenne stretta.
“Caroline..” Farfugliò ancora spaventato.
Se solo ne avessi avuto la capacità, sarei entrata nei suoi sogni, per far si che tutto andasse bene.
“Va tutto bene sono qui.” Dissi accarezzandogli la testa.
Azelle in quel momento allungò un braccio e toccò Justin facendolo sobbalzare.
“Non toccare mai più il mio ragazzo.” Ringhiai, vedendo la reazione spaventata di Justin al tocco di Azelle.
Lei ritrasse subito la mano spaventata e sorpresa.
Justin si calmò lentamente, ma non volle staccarsi da me, così mi stesi assieme a lui.
Tutta la rabbia e il rancore si sciolsero velocemente quando si accovacciò al mio petto e strinse le braccia attorno a me.
Azelle ci guardò con gli occhi sbarrati e scosse la testa innervosita, dopo di che si abbassò accanto a noi e si avvicinò a Justin.
“Sono qui per te Justin. Qualunque cosa ti serve.” Disse con voce irritante.
Non le diedi un pugno in faccia solo per non cambiare posizione e per non disturbare Justin, che si innervosì farfugliò qualcosa e si strinse più forte a me.
“Vai via.” Ringhiai a denti stretti.
Sorrise maliziosamente, come se non avesse fatto nulla di male e tornò al suo posto, si stese e si mise a dormire. Almeno sperai.
..Lei stava facendo di tutto per potersi prendere Justin.. di tutto, era letteralmente disperata.. Certe cose solo le ragazze possono capire.
Accarezzai ancora una volta la testa del mio ragazzo e gliela baciai, dopo di che aspettai che si addormentasse, e feci lo stesso.
Quando il primo raggio di sole mi colpì il viso mi svegliai subito.
Restai però immobile, poiché Justin era ancora abbracciato a me. Sorrisi ripensando alla notte precedente.
Era talmente forte Justin.. ma allo stesso talmente fragile, che aveva bisogno delle attenzioni come un bambino.
Subito mi venne in mente Azelle, così alzai lo sguardo e la vidi di fronte a noi, seduta a gambe incrociate, con i grandi occhi blu puntati su Justin.
Decisi che avrei affrontato Azelle e che le avrei chiesto di andarsene.
Mi divincolai dalla presa di Justin, e lo baciai leggermente sulle labbra, poi mi diressi verso di lei.
“Azelle devo parlare con te, andiamo.” Dissi sottovoce per non svegliarlo.
Senza batter ciglio si alzò e con aria imbronciata mi seguii fino alla riva del ruscello.
“Devi andartene.” Dissi secca, bagnandomi i piedi.
Mi guardò sorridendo, come se le stessi facendo dei complimenti.
“Perché me lo ordini tu?” Mi rispose con fare beffardo.
Perché mi odiava fino a questo punto? Cosa avevo mai fatto di male.
“Non capisco cos’hai contro di me. E non voglio capirlo. Voglio solo che tu scompaia dalla mia vita e da quella del mio ragazzo.” Dissi furiosa.
Scoppiò in una fragorosa risata.
“Non lo capisci davvero eh?.. Secondo te perché ho lasciato il paese per vivere in questo schifo di posto? .. E perché ti odio tanto?.. Semplice. Sin da bambine hai sempre avuto tutto ciò che desideravo. Eri la leader del gruppetto e tutti i ragazzi volevano stare con te. Con il passare del tempo, mia zia è stata assunta a palazzo e così ho avuto l’opportunità di incontrare il conte e suo figlio. Me ne sono innamorata subito. Ma purtroppo Justin non si ricorda di me. Vede solo te. Ma io farò si che le cose cambino.” Disse.
Restai a bocca aperta.
Avevo capito sin dal primo istante che aveva un interesse per il mio ragazzo, ma non pensavo fino a questo punto.
Aveva minacciato di “sottrarmi” Justin o sbaglio?!.. La rabbia continuò ad avanzare, così per calmarmi serrai i pugni.
“Le cose cambino?.. Illusa. Niente cambierà. Niente. Sei solo una povera stupida .. e mi fai pena.” Dissi aspramente.
La vidi serrare i denti, e avanzare, fino a lanciarsi contro di me.
L’attacco fu inaspettato così non potei far nulla se non cadere all’indietro nel ruscello.
La riva era stata oltrepassata da un pezzo, così caddi l’acqua era fonda.
Gelai inizialmente, ma non mi preoccupai di quello.. mi preoccupai di non sapermi muovere in acqua.
Mi dimenai ed urlai, dopo di che lentamente iniziai  a inalare acqua.



Ehi ciao :33
Tutto benee?!
Oggi non sono uscita, così ho deciso di pubblicare.!!
Vi ringrazio per le recensioni, e spero che il capitolo vi piaccia.
Un bacione ragazze,
vi voglio bene.. lo sapete.
Erika
@I_amawolf

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


1789, Providence, Inghilterra


Mi dimenai più volte cercando di restare a galla, o quanto meno, di riuscire a tenere il viso fuori dall’acqua.
Dalla mia posizione vidi Azelle poggiarsi le mani ai fianchi e sorridere, dopo di che voltarsi e  tornare indietro, accanto al fuoco ormai spento.
Urlai, ma quando il petto iniziò a farmi male chiusi gli occhi e riuscii solo a sentire delle urla confuse, poi scomparve tutto.
“Allora, ho sentito le sue urla e mi sono svegliata.. mi dispiace di non essermene accorta prima.” Sentii farfugliare.
Aprii lentamente gli occhi e li richiusi subito,poiché la luce del giorno mi stordì. Era sicuramente l’ora in cui il sole era più alto.
Mi mossi lentamente, e quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi e a mettere a fuoco la scena mi agitai.
Azelle, seduta di fronte a me, appoggiata al petto di Justin piangeva.
Mi ricordai della lite, della sua spinta e poi dell’acqua.
Immediatamente mi raddrizzai e cercai di articolare qualche parola, che non uscì a causa della tensione.
Justin sorrise improvvisamente, e si allontanò da Azelle, che da dietro di lui sorrise maliziosamente.
Perché lei era appoggiata al petto di Justin? Perché lui non l’aveva cacciata dopo ciò che aveva fatto.
“Amore mio..” Disse Justin mettendosi accanto a me e baciandomi la fronte.
“Che ci fa lei qua? Voglio che se ne vada.” Strillai sull’orlo delle lacrime.
Justin mi guardò senza capire, e poi si voltò verso Azelle che finse di asciugarsi una lacrima.
“Deve aver fatto qualche incubo.” Disse Azelle, giustificando il mio comportamento.
“Quale incubo? Tu mi hai buttata nel ruscello.” Dissi accusandola.
Justin incredulo, guardò prima lei e poi me, dopo di che fece un’espressione rassegnata.
“Azelle, lasciaci qualche istante da soli.” Disse Justin.
Qualche istante? Perché non le aveva detto di scomparire per sempre.
Azelle si alzò e senza nemmeno guardarmi si allontanò verso il ruscello.
Quando fu abbastanza lontana, Justin mi guardò sorridendo.
“Come stai?” Mi chiese poi, cambiando argomento.
“Finchè lei sta qua male.” Risposi brusca.
“Caroline, quando ho sentito le tue urla, lei era accanto a me.  Nel ruscello ci sarai caduta.” Disse.
Faticai a trattenere le lacrime di fronte quelle parole.
“No.. Mi hai presa per scema? Stavamo litigando Justin e lei mi ha spinta.” Dissi tremando.
Mi accarezzò il volto e annuì.
“Va bene.. ora riposati.” Concluse.
Non mi credeva.. non sarei restata li neanche un secondo di più.
Mi alzai bruscamente, e barcollai, per poi ricadere al suolo.
“Caroline.” Strillò Justin sorreggendomi.
“Lasciami.” Risposi liberandomi della sua presa.
Mi alzai di nuovo, questa volta con cautela, e riuscii a fare qualche passo. La sera prima non avevo mangiato.. non lo facevo da troppo tempo, ed ora ne pagai le conseguenze.
“Caroline che sta succedendo?! .. “ Chiese venendomi dietro, e sorreggendomi dalla vita.
“Ti ho detto che non devi toccarmi.” Risposi istericamente.
Dietro di lui, in lontananza, vidi Azelle ridacchiare aggiustandosi i capelli.
Serrai i denti di rabbia.
“Cosa ti ho fatto?” Chiese senza mollarmi.
“Tu non ti fidi di me Justin. Ed io non posso stare con qualcuno che crede a chi ha attentato alla mia vita, e non a me.” Risposi sinceramente.
Si poggiò una mano sugli occhi e scosse la testa.
“Lei era accanto a me quando hai iniziato ad urlare. Caroline, te lo sarai sognato, sei stata svenuta per ore.” Rispose.
“Il sole era appena sorto, ed io e lei stavamo discutendo sulla riva del ruscello. Le avevo detto che doveva andarsene, e lei aveva risposto che non lo avrebbe fatto perché.. “ Tralasciai questo particolare e andai avanti.
“Insomma, le dissi che se ne sarebbe dovuta andare subito, e lei mi spinse nel ruscello. Passarono parecchi istanti prima che tu corressi in mio aiuto.” Conclusi guardandolo negli occhi.
Scosse la testa, senza capire.
“Perché stavate litigando?” Chiese con tono rilassato.
Non gli avrei detto mai la verità. In quel modo avrei sicuramente aumentato il suo interesse per Azelle.
“Non lo ricordo..” Mentii stupidamente.
Scosse la testa e sorrise.
“Vedi allora?.. è stato tutto un sogno Caroline.” Rispose.
Questa volta, io scossi la testa e sorrisi amaramente.
Era il mio unico grande amore, e per la seconda volta, stavo subendo il dolore di lasciarlo andare.
“Devo andare.” Dissi indietreggiando.
“Dove Caroline?” Chiese con gli occhi lucidi.
“Non so ancora dove.” Risposi sorridendo.
Lo guardai qualche istante, come per imprimere nella mia mente il suo viso.
Non avrei vissuto a lungo senza di lui.. ma lasciarlo, era la cosa migliore.
Aveva vinto Azelle, che sicuramente lo avrebbe reso felice.
Prima che potessi cambiare idea, mi voltai e mi incamminai verso una radura. La prima che mi trovai di fronte.
Non mi credeva.. ormai Azelle lo aveva persuaso con la sua bellezza e la sua versione dei fatti.
A malincuore, mi allontanai.
“Caroline non ti lascio.” Sentii urlare alle mie spalle, quando svoltai verso il bosco.
Mi imposi di non voltarmi, ma fu inutile poiché dei passi raggiunsero velocemente i miei.
“Caroline.” Sentii dire con voce spezzata.
Justin mi abbracciò da dietro circondandomi la vita, dopo di che appoggiò il viso sulla mia testa.
Dovetti stringere i pugni e mordermi le labbra per restare immobile. Avrei voluto voltarmi abbracciarlo e dirgli che non mi interessava se non mi credeva, e che lui era la mia unica ragione di vita.
“Sei tutto per me.” Disse piangendo.
Il cuore iniziò a battermi all’impazzata a tal punto che pensai che sarebbe scoppiato li ora.
La pelle a contatto con la sua, iniziò a bruciare.
Sentirlo singhiozzare abbracciato a me, mi fece ripensare a ciò che avevo promesso a me stessa: proteggerlo dalla sofferenza a costo della mia vita.
Questa volta, però, la causa della sua sofferenza ero io.
“Justin..” Dissi quando la prima lacrima mi scivolò lungo il viso.
“Non piangere Caroline, ti prego.” Disse a sua volta piangendo.
Non resistetti. Mi voltai di scatto e mi persi nel suo abbraccio.
Poggiai il viso nel suo petto gli avvolsi le braccia attorno al busto.
Le sue lacrime mi caddero sul viso, e si mescolarono alle mie.
Alzai il viso e lo guardai, a pochi soffi da me.
Mi prese il viso fra  le mani, dopo di che le gambe gli cedettero e si inginocchiò per terra.
Lo seguii subito, bramosa del suo tocco.
Mi guardò qualche istante, con tanto sentimento che non riuscii ad interrompere il pianto.
Poi vidi i suoi occhi rossi e lucidi avvicinarsi sempre di più fin quando le sue labbra non toccarono le mie.
Mi baciò con passione e con sentimento, quasi come se fosse in astinenza.
“Ti amo.” Sussurrò fra un bacio e l’altro.
“Ti amo.” Risposi distaccandomi definitivamente.
“No ancora.” Disse sorridendo e fiondandosi di nuovo sulle mie labbra.
Continuammo a baciarci, riappacificandoci .. quella piccola discussione con lui mi aveva stravolto la vita.
“Caroline.. se Azelle è quella che hai detto, dobbiamo farla uscire allo scoperto.” Disse poi staccandosi da me, prima di baciarmi di nuovo.
Lo baciai ancora una volta, con tanta passione, che il sentimento poteva sembrare solido.
“Cosa vuoi dire?” Chiesi poi sorridendo.
“Possiamo accusarla, solo se abbiamo le prove. E per avere le prove dobbiamo farla uscire allo scoperto. Ci stai?” Chiese poi maliziosamente.
Esitai qualche istante.
“Va bene, che cos’hai in mente?” Chiesi facendomi piacere l’idea.
“Fingiamo di odiarci, per qualche tempo. Non dobbiamo parlarci, guardarci.. nulla. Lei uscirà allo scoperto allora, vedrai.” Disse.
Annuii.
“Justin, perché hai cambiato idea?” Chiesi poi, alzandomi.
“Ho fatto caso al suo abito. Era bagnato, e lei da quando era sveglia non si era nemmeno avvicinata al ruscello.. Poi ho capito che, la causa della vostra discussione ero io.” Concluse.
Sorrisi.
“Facciamola uscire allo scoperto allora.” Risposi.


Salve ragazze.
QUESTO CAPITOLO è MICROBO SCUSATEMI. Ma sono stata all’incontro scuola famiglia ed è stato un caaasino.
Comunque, vi prometto che il prossimo sarà lungo come quello precedente!! Promesso! (:
Anche perché ho 934820 cose da scrivere!
Detto questo, vi ringrazio tutte
Un bacione
Erika

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


1789, Providence, Inghilterra


Ci avviammo verso il ruscello nuovamente, dove Azelle ci attendeva, o meglio attendeva Justin, speranzosa.
“Allora, tutto bene?” Chiese guardandomi malamente.
Annuimmo entrambi distrattamente.
Mi andai a sedere sotto il salice, fingendomi furiosa.
Justin andò a sedersi sulla riva del ruscello e iniziò a tirare dei sassi colpendo la caverna nascosta dietro la cascata.
Di colpo si bloccò, e si voltò a guardarmi qualche istante. Non colsi il senso di quel gesto, e portai avanti quella farsa.
Azelle guardò senza capire prima lui, poi me, dopo di che mi sorrise maliziosamente e andò a sedersi accanto a Justin.
La rabbia iniziò a montarmi dentro, ma mi imposi di restare calma.
“Cos’è successo, perché è tornata?” Sentii Azelle chiedere a Justin.
Justin impiegò parecchio a rispondere  e quando lo fece, fu talmente tanto sotto voce che non riuscii a sentire nulla.
Azelle si voltò verso di me varie volte, e mi guardò storto.
La ignorai ancora una volta.
Il resto della giornata trascorse in maniera lenta e straziante. Non poter avvicinarmi a Justin, non potergli parlare, non poterlo toccare.. fu una tortura.
Al calare della sera, ci riunimmo tutti attorno al fuoco, anche se come serata era abbastanza afosa.
Finalmente, dopo non so quanto tempo mangiai.
Justin con cura e attenzione, ma contemporaneamente con distacco si mise a ripulire per bene la carne, dopo di che la riscaldò e ce ne diede un pezzo ciascuno.
Mangiai senza nemmeno fare caso al sapore, dopo di che mi sentii sazia.
Quando per molto tempo non ti nutri, lo stomaco inizia pian piano a chiudersi e riesci a mangiare sempre di meno.
“Caroline hai finito di già?” Mi chiese Justin.
Lo guardai storto, e lui si accorse subito di aver dimenticato il piano.
“Menomale, per favore vattene a dormire.” Aggiunse poco dopo.
Annuii tristemente, mi alzai e mi diressi verso il salice sotto lo sguardo compiaciuto di Azelle.
Li sentii ridacchiare e farfugliare, fin quando non caddi nel sonno.


“Caroline..Caroline..” Sentii sussurrare.
Mi alzai di colpo da terra e spalancai gli occhi. Mi trovai di fronte solo una notte scura come non mai, illuminata solo da qualche sterra e un piccolo tratto di luna.
Sobbalzai quando sentii una presenza accanto a me.
Prima che potessi urlare, mi venne tappata la bocca. Mi spaventai e cercai di dimenarmi, dopo di che mi guardai intorno.
Azelle dormiva beatamente accanto al falò, e Justin non nei paragi..ma certo.
Quando Justin mi baciò la testa mi calmai immediatamente e mi voltai verso di lui.
Stetti per chiedergli cosa ci facesse qui, quando mi poggiò un dito sulle labbra e ci appoggiò sopra le sue.
“Shhh” Sussurrò ad un dito di distanza dalle mie labbra, prima di sorridermi maliziosamente.
Feci come mi dissi, e mi limitai ad afferrare la mano che mi porse e ad alzarmi da terra.
Iniziò a trascinarmi con passo lento e attento fino alla riva del ruscello, ed io senza timore ne dubbi lo seguii.
Si tolse la camicia e le scarpe, e tenne i pantaloni, dopo di che mi invitò a fare lo stesso.
Scossi la testa, imbarazzata solo dall’idea di mostrargli il mio corpo nudo, e d’istinto mi avvolsi fra le mie stesse braccia.
Sin da bambina, mostrarmi nuda era sempre stato il mio punto debole.. temevo troppo di essere fissata.
Senza insistere, mi afferrò la mano e mi fece percorrere il ruscello, fin dove la riva terminava,e l’acqua diventava più profonda fino ad arrivarmi al seno.
Quando arrivammo li, lui si allontanò ancora di più, riuscendo a padroneggiare il movimento delle acque il gelo che ci avvolse improvvisamente, io restai indietro.
“Justin, che vuoi fare?” Chiesi, poi ,per la prima volta.
“Shh.. tu seguimi e basta..” Rispose sorridendo.
Ignorai per un attimo la paura di annegare, e mi voltai verso Azelle, che dandoci le spalle continuava a dormire beata.
“Potrebbe svegliarsi.” Sussurrai.
“Fidati di me.” Rispose infine, immergendosi completamente sott’acqua.
Di colpo non lo vidi e mi ritrovai sola in quelle gelide acque.. sarei fuggita se due braccia non mi avessero abbracciato le gambe.
Justin, sott’acqua poggiò il viso contro la mia pancia e potei sentire dei dolci ed eccitanti baci.
Feci un passo indietro, dopo di che allungai le mani per portarlo a galla.
Quando spuntò fuori dall’acqua, scurita dalla notte, mi sorrise.
Quei denti splendenti, quegli occhi speranzosi.. mi fissarono qualche istante, mentre tutto il suo corpo iniziò a gocciolare.
Sentii un fremito al ventre, e provai il desiderio di abbracciarlo.. ma fui trattenuta dalla paura di affogare.
“Dobbiamo andare dietro la cascata..” Disse porgendomi una mano.
“Io non so..” Farfugliai senza completare la frase.
“Non devi preoccuparti, penso a tutto io.” Rispose incitandomi a prendere la sua mano.
Lentamente, ma con sicurezza la afferrai e feci qualche passo, ma appena non sentii più il terreno sotto i piedi mi ritrassi.
Justin sorrise, tornò indietro e mi diede le spalle.
“Abbracciami.” Lo sentii bisbigliare.
“No Justin, ti manderei giù..” Risposi.
“Caroline, fidati di me. Abbracciami.” Insistette.
Lui alzale braccia all’altezza dell’acqua mentre io avvolsi le mie braccia attorno al suo petto.
Con passo deciso, ma cauto avanzò superando la riva.
Quando non percepii più solidità sotto i miei piedi un vuoto mi riempii lo stomaco, minacciando di salire alla bocca. Mi dimenticai presto della nausea poiché il mio corpo venne immediatamente spinto dalle correnti contro quello di Justin.
Improvvisamente il vuoto sparii e mi sentii tranquilla e sicura.. accanto a lui.
Iniziò a muoversi aprendo le braccia in maniera circolare attorno a se, dopo di che raggiunto il centro del ruscello iniziò a farle roteare fuori dall’acqua come un mulino.
Sentii tutti i muscoli del suo corpo muoversi, come le sue gambe.
Capii immediatamente che per aiutarlo avrei dovuto muovermi anch’io, così iniziai a muovere i piedi alternandoli.
Justin rise di gusto e mi incitò a continuare, poiché iniziammo a prendere velocità.
Quando arrivammo di fronte la cascata, Justin si voltò verso di me liberandomi dalla presa, e per un attimo mi persi nel vuoto.
Ma presto le sue mani recuperarono il mio corpo afferrandolo dalla vita.
Mi rilassai e poggiai i polsi sulle sue spalle, trovandomi faccia a faccia con la tentazione di baciarlo.
Questa tensione, questo dolore piacevole al ventre.. erano sensazioni nuove per me.
“Ora dobbiamo fare una piccola immersione, l’acqua cadendo da quell’altezza ci farebbe male ..” Disse, in un soffio.
“Continua a muovere i piedi.” Aggiunse.
Feci come mi disse, seppur la forza di mandarli avanti e indietro cominciò a diminuire.
“Non so immergermi.. non so trattenere l’aria.” Ammisi vergognandomene.
Si guardò intorno, dopo di che mi sorrise ,e azzerò completamente le distanze.
“Quando te lo dico io baciami.” Disse riprendendo a nuotare.
Giungemmo di fronte la cascata, e molte gocce mi bagnarono il viso, facendomi bruciare gli occhi.
Ci posizionammo proprio accanto ad essa, dopo di che Justin mi sorrise.
“Baciami.” Disse poi.
Con un pizzico di vergogna, mescolato al desiderio della sua pelle, mi avvicinai ancora di più a lui e lo baciai.
Le sue labbra fredde iniziarono a riscaldarsi assieme alle mie, poi ad un tratto sentii l’acqua bagnarmi il viso ed entrarmi nelle orecchie.
Feci per distaccarmi, ma lui mi bloccò la testa e continuò a baciarmi.. allora mi arresi alle sue labbra, fin quando pochi istanti dopo non salimmo a galla.
Aprii gli occhi, e tenendomi con una sola mano da Justin me li strofinai per asciugare l’acqua.
La prima cosa che vidi fu il suo splendido sorriso di fronte a me, dopo di che misi bene a fuoco tutta la scena.
Una splendida arcata di pietra ricopriva le nostre teste, e a poco spazio da noi troneggiavano delle rocce disposte in circolo, sempre circondate dall’acqua.
La cascata era come un portale a questo mondo di tranquillità.
Justin riprese a nuotare sorreggendomi fin quando non i miei piedi non toccarono terra.. ma anche allora non mi mollò, ed io non mollai lui.
“è bellissimo..” Dissi sorridendo e continuando a guardarmi intorno.
Lui non si guardò intorno, il che mi fece pensare che forse lui fosse già stato qui, ma continuò a fissarmi.
“L’unica cosa che riesco a vedere in questo momento sei tu.” Disse spingendomi con la schiena contro una delle rocce.
Fu delicato a tal punto che non sentii nemmeno l’impatto con la pietra.
Con i corpi sommersi per metà, contemporaneamente ci fiondammo l’uno sull’altro baciandoci con foga.
Ogni volta che le sue labbra toccavano le mie, ogni volta che le sue mani tastavano indisturbate la mia pelle, tutte quelle intense emozioni all’addome sembravano nutrirsi di ciò.
Ma nutrendole, non svanivano.. anzi diventavano più bramose di lui, dei suoi tocchi, dei suoi baci..
Le sue mani iniziarono a percorrere la pelle della mia schiena, sotto quel poco di camicia bagnata che mi restava.
Fra un bacio e l’altro non mi resi nemmeno conto che ben presto quell’indumento fradicio volò sulla roccia.
Audacemente gli circondai il busto spingendomi ancora di più contro di esso.
“L’Italia.. è proprio li che vuoi andare giusto?” Chiese ansimando fra le mie labbra.
Annuii distratta da ogni suo singolo respiro e ripresi a baciarlo, fin quando non si staccò di nuovo.
“Ci andremo. Te lo prometto.” Disse, dopo di che riprese lui a baciarmi.
Quella piccola promessa fatta in quel posto, ormai nostro, mi si conservò dentro, e bruciò assieme al mio desiderio di averlo..
Ad un tratto, percepii un nuovo contatto con qualcosa che gradualmente aumentò la pressione contro il mio bacino.
Non ci feci caso, poiché, Justin abbandonò le mie labbra per dedicarsi al collo.
Appoggiò le labbra contro di esso, mentre io gli misi una mano fra i capelli, poi lentamente iniziò a baciarmi ogni singolo spazio, fino all’ultimo, dopo di che ritornò daccapo, questa volta mordicchiando leggermente.
La strana sensazione all’addome aumento, divorata dal piacere di quei piccoli morsi a tal punto da farmi ansimare.
Fino a quel momento non feci molto caso alle sue mani, ma quando mi sfiorò il seno ,dentro di me, sobbalzai.
Subito lui si staccò dal mio collo e mi fissò negli occhi, scusandosi con lo sguardo.
Mi resi conto che il suo tocco non aveva fatto altro che accentuare la voglia della sua pelle, facendomi desiderare di più.
Sorrisi, e afferrai le sue mani lentamente, dopo di che io stessa, stupendomi della mia audacia gli poggiai le mani sui miei seni nudi.
Lui sorpreso, e meravigliato, riprese a baciarmi con gli occhi luminosi.
Le sue mani accarezzarono delicatamente i miei seni, dopo di che si diressero vera quella parte di pelle ancora ricoperta da un tessuto.
Sentii i pantaloni maschili che avevo indosso allargarsi, fino a scivolarmi lungo le gambe.
Prima di sfilarmeli completamente Justin mi guardò chiedendomi il permesso, per risposta lo baciai nuovamente, non volendo perdermi nemmeno un istante di lui.
Anche il mio ultimo indumento raggiunsi la roccia, e di seguito Justin pensò di fare lo stesso per se.. ma mi resi subito conto che era compito mio quello.
Afferrai le sue mani e le riportai alla mia vita, dopo di che gli sfilai i pantaloni bagnandomi nuovamente il viso.. infine li misi sulla pietra accanto ai miei indumenti.
“I tuoi capelli sembrano  più scuri.” Farfugliò ad un tratto spingendomi ancora di più contro la roccia.
Era forse il momento adatto per pensare ai miei capelli, bagnati e sicuramente in disordine?
.. Ero li, nuda, di fronte a lui, seppure immersa in quel  poco d’acqua che ci permetteva il ruscello, e per la prima volta in vita mia non mi vergognai di esserlo.
Desiderai di restarlo per sempre.
Nuda, con lui. Nudo con me. Saremmo stati io e  lui per sempre, insieme.  Qualcosa di immenso da concepire.
Ad un tratto si rese conto della sua domanda e mi guardò in maniera buffa.
“Scusa.. è che tu mi confondi, mi.. fai sentire in un modo in cui non mi sono mai sentito e che non so gestire.” Disse poi tutto d’un fiato.
“Ti amo.” Risposi riprendendo a baciarlo.
Mi stese lentamente contro la pietra e mi guardò qualche istante, come per permettermi di ritrarmi se lo avessi voluto.
Sarebbe stata la cosa giusta, poiché lui non era il mio sposo, eppure accidenti, sorrisi e lasciai che facesse ciò che avevo desiderato sin dal primo giorno.
Mi riempii all’improvviso, ma pur sempre delicatamente, dopo di che mi fissò qualche istante.
Si trovò in procinto di chiedermi qualcosa, ma lo baciai prima che potesse farlo.
La piccola sensazione all’addome aumentò e diminuì a seconda dei suoi movimenti, fino ad esplodere in un assoluto momento di piacere, e gioia.
I suoi respiri veloci e pieni mi asciugarono la pelle, fin quando non mi baciò nuovamente, impedendomi di poter gemere.
Quando si staccò per prendere aria mi resi conto di essere totalmente innamorata da essere sopraffatta da questo amore.
“.. Ti amo.” Disse, sopraggiungendomi nuovamente.
Quella notte fu la più bella della mia vita. Quella che avrei dato tutto per rivivere, quella che avrei raccontato a mia figlia.. Quella notte in cui il nostro amore era diventato qualcosa di concreto.
Quella notte mi sentii talmente viva e innamorata da non riuscire a  pensare ad altro che non fosse lui.

Ciao ragazze (:
Tutto bene?! *ok mi sto vergognando tantissimo.*
In tutte le mie precedenti ff non mi sono mai vergognata a fare capitoli del genere.. eppure ora si ahahahahah
Spero di non essere stata troppo volgare, ne troppo superficiale.. insomma spero che vi piaccia e aspetto i vostri pareri.
Sapete quanto vi adoro.
Erika


MI SCUSO PER EVENTUALI ERRORI

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


1789,Providence, Inghilterra



Restammo abbracciati l’un l’altro fin quando il primi raggi di sole non attraversarono la barriera d’acqua che nascondeva quella piccola caverna.
Cercai di scavare a fondo dentro di me, per trovare sentimenti di frustrazione, delusione, vergogna vista la situazione. Ma nulla.
Nonostante mi fossi data ad un uomo che non era sostanzialmente mio marito, mi sentii felice e tranquilla.
Non ero certo, più casta, ne pura.. ma ero innamorata che era molto meglio.
Quando mi riportò nuovamente  a riva, uscii velocemente dall’acqua, preoccupata che Azelle potesse vederci.
Una volta fuori, guardai Justin che guizzò con un balzo fuori dall’acqua e sorrisi.
Vidi il volto ancora affannato, suppongo per la nuotata, e rosso sotto quei bellissimi occhi splendenti.
“Andiamo a dormire.” Suggerii ricordandomi in quale posto mi ero sistemata prima che Justin mi venisse a chiamare.
Lui annuii e mi scoccò un leggero bacio sul naso, dopo di che si mise accanto ad Azelle.
Provai una fitta di gelosia, al pensiero del suo corpo accanto al suo.. poi mi costrinsi ad addormentarmi.
Delle voci mi giunsero all’orecchio prima confuse, poi ben distinte.
“Entrambi avete i vestiti bagnati cos’è successo? Avete fatto pace e vi siete fatti un bagno?”Sentii chiedere dalla voce di Azelle.
Che stupidi eravamo stati.. era ovvio che si sarebbe resa conto dei vestiti.
“Ha piovuto fortissimo sta notte.. io ti ho presa e ti ho portato al riparo.. quanto a lei ha dormito comunque sotto l’acqua.” Inventò Justin.
Di certo non gli mancava l’immaginazione e di questo passo Azelle si sarebbe innamorata di lui ancora più follemente.
La sentii sospirare e senza vederla potei immaginare il suo sorriso.
“Sei un gentiluomo grazie.” Disse poi con voce acuta, per impormi l’ascolto.
Feci finta di essermi appena svegliata e mi stiracchiai per bene, indolenzita dalla notte precedente.
Sorrisi beandomi di quei piccoli dolori che mi ricordarono ogni singolo istante passato.
“Buongiorno.” Sentii dire ad Azelle con voce stizzita.
Dovetti sopprimere la felicità e fingere di essere imbronciata, delusa, offesa e chissà quante altre cose.
“Ciao.” Risposi bruscamente alzandomi.
Non rivolsi nemmeno uno sguardo a Justin, seppure guardarlo era l’unica ragione per cui mi svegliavo ogni giorno.
Mi guardai intorno sentendomi ancora assonnata.
“Guardati sei zuppa.. questa notte ha piovuto.” Disse sorridente.
La guardai trattenendo le risate e le posi la domanda che si aspettava.
“Come mai tu non sei zuppa allora?”
“Justin mi ha portata al riparo.” Rispose con convinzione.
Dovetti fare uno sforzo enorme e fingere di essere sorpresa, ma soprattutto dovetti farmi violenta per non scoppiarle a ridere in faccia.
“Non prendertela.. niente di personale.” Aggiunse.
Annuii e mi voltai fingendo indifferenza.. quanto avrei desiderato dirle che la notte precedente c’era stata un'unica e sola pioggia.. d’amore però.
Feci per alzarmi e raggiungere la riva del ruscello, bagnata di ricordi di poco tempo prima, quando sentimmo uno sparo,proveniente da non molto lontano.
Ci guardammo l’un l’altro allibiti e la paura iniziò a salire lentamente fino ad inondarci.
“Sono sulle nostre tracce.” Disse Justin guardandosi intorno spaesato.
Quel luogo, fino ad allora, tranquillo e protettivo, casa di litigi, amori, speranze e finzioni.. pian piano si stava sgretolando ai nostri piedi fino a sembrare un luogo a noi sconosciuto, come il primo giorno.
“Dobbiamo fuggire.” Disse Justin guardandomi.
Mi resi conto che da ora in poi il piano per far uscire allo scoperto Azelle sarebbe crollato definitivamente.
Al di fuori di questa farsa, io e Justin avevamo dimenticato di essere dei ricercati.
“Dove andremo?” Disse Azelle avvicinandosi a lui.
Mi irrigidii istintivamente, temendo che Justin potesse davvero voler continuare la farsa.
Lui mi guardò qualche istante, e se la scrollò di dosso.
“Tu non so. Noi andiamo ad Ovest.” Disse Justin venendo verso di me.
Raccolse il suo mantello e mi diede la mano.
Sorrisi e per un istante mi sentii nuovamente al sicuro nonostante i francesi fossero vicini a noi.
“Non vorrai lasciarmi qui?” Strillò Azelle.
“Tu non sei ricercata.” Continuò Justin cercando di orientarsi.
“Pensavo mi amassi..” Contestò lei venendoci incontro.
“Non l’ho mai detto.” Rispose Justin stringendomi di più la mano e incamminandosi verso una radura.
Azelle venne da dietro e mi afferrò da un lembo della camicia.
Entrambi ci fermammo di colpo.
“è stata lei? Ti ha raccontato ancora quella storia vero? Bhe, sappi che si è tutto vero. Ma non avrei dovuto buttarla solamente, mi sarei dovuta tuffare con lei per ucciderla.” Sentimmo dire con disprezzo.
Il piano non era stato portato a termine, ma lei era uscita comunque allo scoperto.
Mi voltai verso di lei all’unisono con Justin, quando ad un tratto lei si avvicinò e fece per picchiarmi.
Non ebbi bisogno di difendermi poiché Justin si mise in messo, le afferrò una mano e gliela ruotò fin dietro la schiena, assieme al braccio.
“Hai cercato di uccidere la mia ragazza.. mi hai fatto litigare con lei ed ora tenti di alzarle le mani? Sei caduta male se pensi che non ti picchierò solo perché sei una donna.” Disse.
“Andiamo via.” Dissi tirandolo verso di me.
Si scostò velocemente da Azelle, che restò a bocca aperta, dopo di che entrambi iniziammo a correre all’interno di una delle migliaia radure.


Ehiiii
RAGAZZE DAVVERO DOVETE SCUSARMI! Non pubblicò da troppo tempo e il capitolo è piccolissimo.
Ma in ogni libro ci sono i capitoli piccini piccini (?) ahahahah.
Comunque sia.. ho dovuto farlo piccolo perché tutto deve iniziare dal prossimo (:
Spero vi piaccia comunque.
Vi ringrazio per le recensioni e per tutto.. siete magnifiche. Le migliori lettrici al mondo <3
Un bacione
Erika

@I_amawolf

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


1789 Providence, Inghilterra


Vidi i suoi passi forti e decisi farmi strada.
“Metti i piedi esattamente dove li metto io.” Disse voltandosi qualche istante.
Ero a piedi nudi, ma ormai mi ero abituata a percepire la durezza e il dolore sotto di essi.
Nonostante ciò feci come mi disse.
Continuammo a correre verso ovest, fin quando di colpo non sentimmo un cavallo nitrire.
Justin si arrestò di colpo, e di conseguenza anch’io.
“Hai sentito?” Mi chiese, come per assicurarsi di non esser divenuto matto.
Annuii gravemente, sentendo la paura assalirmi.
Si poggiò un dito alle labbra e lentamente continuammo ad avanzare, abbassati dietro i cespugli, sempre mano nella mano.
Dopo qualche minuto sentimmo nuovamente un cavallo nitrire, e il rumore degli zoccoli picchiettare contro il terreno debole attorno a noi.
Cercai di mantenere la calma, e dovetti farmi violenza per non abbracciare Justin.. in quel modo lo avrei solo agitato. Dovevo mostrarmi forte, ed anche lui sarebbe stato più tranquillo.
Mi fece cenno di sedermi completamente, dietro un cespuglio, e senza parlare eseguii gli ordini.
“Andrà tutto bene.” Disse ad un tratto, dimenticandosi del pericolo circostante, forse per rassicurarmi.
Annuii e gli sorrisi debolmente.
Se ci avessero trovati, probabilmente io sarei stata rinchiusa o peggio, costretta a vivere con il generale, ammesso che ancora nutriva qualche interesse nei miei confronti.. mentre lui sarebbe certamente stato giustiziato.
Non potei nemmeno immaginare la sua morte, che le lacrime iniziarono a bagnarmi gli occhi.
Eravamo ad un piccolo soffio dalla fine.. eppure riuscivamo a mantenere la calma. Apparentemente.
Sentimmo il rumore degli zoccoli del cavallo ancora attorno a noi, quando ad un tratto Justin si voltò verso di me e mi prese il viso fra le mani.
“Ascoltami.. ora io lo distraggo e tu scappi.” Disse serio.
Cercai nei suoi occhi un barlume di scherzo, o di ripensamento.. ma vidi solo decisione.
Scossi la testa, terrorizzata.
“No .. no” Farfugliai qualcosa di incomprensibile.
“Si invece.. andrà tutto bene.” Disse.
“Non ti lascerò andare Justin..” Risposi avvicinandomi ancora di più al suo viso.
“C’è una possibilità che io riesca a fuggire e ci rivedremo al termine della foresta..” Disse sorridendo, come se tutto ciò fosse divertente.
Non potei evitare di sentirmi impotente di fronte alle sue decisioni.
“No ti prego Justin.. ti prederà.. ha un cavallo non andrai lontano. Resta con me.. staremo nascosti fin quando non andranno via i francesi.” Farfugliai disperatamente.
Scosse al testa e mi baciò dolcemente le labbra.
“No amore mio. Quanto credi che ci vorrà prima che ci scoprano?” Chiese retoricamente.
Scossi la testa, rifiutando con ogni singola parte del mio corpo la sua decisione.
“Ascoltami.. io devo andare. Tu appena io salto fuori inizia a correre più che puoi verso il confine, ad ovest.” Disse.
Scossi la testa e senza rendermene nemmeno conto, iniziai a piangere.
“Ti darei i miei stivali, ma ti sarebbero solo d’intralcio nella corsa, vista la piccola dimensione del tuo piede.” Aggiunse poco dopo.
“Non lasciarmi ti prego.” Dissi, mentre un forte vuoto allo stomaco iniziò a farmi salire la nausea.
Lo guardai qualche istante negli occhi, prima che nuove copiose lacrime iniziassero ad appannarmi la vista, ed anche nei suoi occhi vidi tristezza e sconforto.
“Ora basta.” Disse ad un tratto con tono brusco.
“Te lo ordino. Appena esco, scappa. Sei la mia serva e fai tutto ciò che ti dico.” Concluse bruscamente prima di voltarsi.
Un brivido mi fece sobbalzare.
Le sue parole mi avevano ferita nel profondo, anche se in realtà sapevo il motivo per il quale le aveva dette.
Annuii debolmente, intuendo che sarebbe stato stupido continuare a contraddirlo verbalmente.
Si appostò ancora di più, fin quando non sentimmo il cavallo nitrire, proprio di fronte a noi.
Alzai lo sguardo tremante, e vidi quest’uomo su un cavallo bianco tutto composto nella sua divisa da cui le armi pendevano.
Rabbrividii, ma non ebbi il tempo di ragionare, o commentare, o disperarmi nemmeno.. che Justin balzò fuori dal cespuglio e gli andò in contro con passo spedito.
Mi sentii morire.
L’uomo sul cavallo si sorprese, e voltò l’animale in direzione di Justin, dopo di che con fare sicuro iniziò a girargli intorno.
“E tu sei il conte allora?” Chiese beffardo.
Justin non rispose.
“Bella presenza, non ne dubito ma come può una donna preferire te ad un generale?!” Chiese prima di scoppiare in una secca e aspra risata.
Fremetti dalla voglia di saltare fuori e di aggredirlo ma una strana sensazione mi impose di restare calma.
“Donne.. donne..  comunque sia. Ho l’ordine di portarti immediatamente dal generale , cane.” Ringhiò contro Justin prima di dargli un calcio da cavallo e scaraventarlo per terra.
Restai nascosta, tremando.
Justin non proferì parola, si limitò a ripulirsi silenziosamente.
Poi si rialzò.
“Cane, metti la corda attorno le braccia.” Disse lanciandogli una corda addosso.
Intuii subito che avrebbe voluto portarlo fin da generale a piedi, trascinandolo.
“Sarà felice di vedere questa sorpresa.” Continuò tossendo, in maniera orridamente terribile..
Justin senza parlare si mise la corda attorno ai polsi, dopo di che lanciò un’occhiata veloce e furtiva verso di me.
Furono pochissimi istanti, ma ebbi tutto il tempo di perdermi nei suoi occhi.
Desiderai ardentemente di abbracciarlo, baciarlo e accarezzarlo.. di poter scappare ancora con lui, ovunque il destino ci avrebbe portati. L’importante era averlo al mio fianco.
Il francese rise di nuovo, mentre il cavallo si agitò.
“Mi raccomando, cerca di restare in piedi, non vorrei vederti con la faccia a penzoloni sulla terra.” Disse il francese girando il cavallo e trascinando, di conseguenza, Justin.
Justin mi guardò di nuovo, con uno sguardo truce e severo.. incitandomi a fuggire.
Esitai, dopo di che uscii fuori dal mio nascondiglio e mentre il cavallo iniziò ad allontanarsi mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, presi coraggio ed urlai.
“Ehi.” La mia voce riecheggiò fra i rami dei meravigliosi alberi della foresta.
Sentii il cavallo nitrire, dopo di che il francese si voltò verso di me.
Prima che uno dei due potesse solo muoversi, Justin strattonò la corda, legata alla sella e lo fece cadere da cavallo.
Feci per avanzare verso di loro, ma una pistola puntata alla nuca mi fermò.
“Stia ferma.” Sentii dire alle mie spalle.
Justin si arrestò di colpo e trasalì guardando nella mia direzione.
Senza voltarmi, intuii subito che un soldato era alle mie spalle, ovviamente armato.
Justin alzò le mani e mi guardò con occhi gravi, dicendomi senza parole, che sarei dovuta scappare.
Lo ignorai e mi voltai verso il soldato.
Ebbi un tonfo al cuore, quando mi accorsi che non era un soldato ma erano un esercito intero.. e che non era un semplice tenente.. ma il generale Parker.
“Tu..” Dissi tremante.
Sorrise beffardo e puntò la pistola verso Justin.
“Potrei ucciderti ora e risparmiarmi mille inconvenienti. Ma farlo davanti una signora sarebbe poco galante.” Disse scuotendo il suo cavallo.
“Anzi no, ci ho ripensato. Di le tue ultime preghiere.” Disse facendo fare uno strano rumore all’arma tenuta con destrezza da una sola mano.
Vidi Justin guardarmi sorridendo debolmente, ma con decisione, coraggio e onore.
Il generale chiuse un occhio per prendere la mira.
“Fermo.” Strillai al generale.
Aprii entrambi gli occhi e si voltò a guardarmi.
“Ho una proposta da farle.” Dissi raccogliendo tutto il coraggio di cui ero fornita.
“Sentiamo mia bella Caroline..” Disse affabilmente, abbassando finalmente l’arma.
Sospirai, mentre Justin si dimenò di disapprovazione.
“No Caroline..” Lo sentii gridare, come se mi avesse letto nel pensiero.
“Zitto cane.” Disse il soldato alle sue spalle tenendolo fermo.
Dovetti reprimere le lacrime.. il mio signore, il mio padrone, il mio amore.. trattato in quel modo.
“.. Lei, generale, è ancora interessato a me?” Chiesi con tono calmo, ma irritato.
Sorrise sotto i baffi.
“Mi sembra più che ovvio. Sei la causa di ogni mio turbamento.. tuttavia, sei tutto ciò che desidero.” Disse.
Ebbi la nausea.
“Caroline ti scongiuro non farlo.” Sentii dire alle mie spalle da Justin.
Ignorai il suo tono, che fu presto rotto dal pianto.
Dovetti reprimere la voglia di correre ad abbracciarlo.
“Lei.. lascia andare il conte. In cambio io, verrò a vivere con lei..” Dissi, sul punto di rimettere.
La testa iniziò a girarmi.. ma cercai di non farci caso.
Il suo sguardo si illuminò come il suo sorriso.
“Vivere?.. Non mi basta, per questo potrei risparmiagli la vita. Ma per la sua libertà, devi sposarmi.” Disse sogghignando, sapendo che avrei accettato.
Ebbi un attimo di esitazione, in cui avrei voluto scappare nella foresta il più lontano possibile.. poi però ripensai a Justin.
Avrei dato la mia vita se fosse stato necessario per la sua.
“E sia.” Risposi, mentre Justin continuò a piangere e a dimenarsi.
Non mi voltai e guardarlo nemmeno. Sapevo che non avrei retto.. sarei corsa sicuramente ad abbracciarlo e a baciarlo.. e questo ora mi era impossibile poiché ero la donna di un altro uomo.
Il generale mi guardò con un barlume di possesso negli occhi e sorrise.
“Sei una dea anche in queste condizioni.” Disse porgendomi una mano.
Prima di afferrarla per salire a cavallo, mi voltai a guardare Justin.
Accovacciato su se stesso con un fucile puntato alla nuca, mentre un pianto forte e aggressivo cresceva sul suo volto.
“Voglio vederlo libero.” Dissi prima di salire a cavallo.
“Tenente lo lasci andare.” Disse frettolosamente, e senza riguardo il generale.
Mi asciugai velocemente una lacrima e salii a cavallo, mentre Justin restò accovacciato su se stesso.
Il cavallo del generale, dove ora ero pure io, si incamminò verso il paese, seguito dall’intero esercito.
Mi voltai una volta sola,e vidi il mio grande amore accasciarsi nuovamente al suolo sempre più lontano e distante.


Ehi tesoooori
Come state? Spero bene!!
SCUSATE SE RECENSISCO COSì TARDI MA SONO DAVVERO IMPEGNATA.. HO SOLO IL FINE SETTIMANA LIBERO.
.. Spero che il capitolo vi piaccia.
Vi voglio bene..
Erika

@I_amawolf

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


1789, Providence, Inghilterra


“E questa sarà la nostra stanza.” Concluse il generale, dopo avermi fatto  fare il giro completo della sua immensa abitazione.
Mi sforzai di ricordare qualcosa di quella dispendiosa ed espansiva costruzione.. ma ora come ora, mi sarei persa solo voltandomi.
Trasalii sentendo quelle parole.
“Nostra?” Chiesi terrorizzata dall’idea di dover dormire con lui.
Lo vidi annuire fieramente.
“Io preferirei.. stare separati almeno fin quando..” Non potei concludere la frase.
Fin quando?.. Non c’era una data, un giorno.. non avrei mai voluto condividere il letto con un uomo che non fosse Justin.
“Fin quando?!” Mi incalzò.
Deglutii rumorosamente e strinsi i pugni per trattenere la rabbia.
“Fin quando non .. riuscirò ad ambientarmi.” Balbettai.
Lo vidi annuire compiaciuto.
“E sia. Ma sappi che hai l’obbligo di rispettare il tuo patto. Ti darò due giorni, dopo di che verrai a dormire con me, e presto diventerai la mia sposa.” Disse.
Restai immobile, in silenzio, senza respirare nemmeno.
Solo pensare una cosa del genere mi fece sprofondare nel vuoto più assoluto.
Cercai di oppormi, di replicare.. poi mi ricordai del patto.
La vita di Justin e la sua libertà valevano il mio matrimonio.
In silenzio annuii e abbassai lo sguardo, reprimendo le copiose lacrime che potenti minacciarono di uscire.
“Ricordati che se il tuo grande amore è vivo e libero è grazie a me.” Disse prima di prendermi il viso dal mento e alzarmelo alla sua altezza.
Non potei evitare di lasciarmi sfuggire una lacrima.
“Shh..” Disse asciugandola.
Poi di colpo, senza preavviso si avvicinò e mi scoccò un bacio sulle labbra.
Non mi mossi, non respirai.. il contatto dei suoi baffi e delle sue ruvide labbra mi fecero salire la nausea.
Desiderai di gettare immediatamente tutto ciò che involontariamente sconvolgeva il mio stomaco.
“Io.. non mi sento bene vorrei raggiungere le mie stanze.” Dissi senza cercare di far toccare le mie labbra.
Avrei voluto pulirmele prima di parlare ancora.
“Vai pure. In fondo a destra. La camera più bella del palazzo.” Disse sorridente.
Scossa dalla nausea e tramante raggiunsi quella che sarebbe stata la mia stanza e mi chiusi la porta alle spalle sotto il suo sguardo sorridente.
Mi appoggiai ad essa e senza rendermene conto sprofondai in un silenziosissimo pianto disperato.
Ormai stanca e al limite delle forze corsi nelle stanze di servizio e mi accasciai su un secchio scolpito con qualche costoso materiale, e vomitai.
Scossa e tremante, presi le coperte dal letto e mi raggomitolai per terra, rifiutando di sdraiarmi su quel letto.
Non feci nemmeno caso alla stanza e al suo arredamento, che qualcuno bussò alla porta.
“Signorina.. sono la sua serva, Giselda.” Sentii dire da una voce leggera, quasi appartenesse ad una bambina.
Tremai ancora di più. Fin qualche giorno fa ero io a servire.. ed ora mi ritrovai servita.
Non risposi, visto che la voce mi venne a mancare quando aprii la bocca per rispondere.
“Il pranzo..” Disse.
Quando ripresi il controllo del mio corpo, mi strinsi ancora di più nelle coperte e al suo ennesimo richiamo risposi.
“Giselda.. non ho fame adesso.. di al generale che mi scuso, ma sto poco bene.” Dissi.
“Certo signora.” Rispose prima che i suoi passi si allontanarono lungo il corridoio.
Il fatto di essere servita, peggiorò la mia situazione.
Non ero nessuno per dare ordini ad una ragazza.. e non lo avrei fatto.
Lentamente, senza rendermene conto, mi addormentai fra le lacrime e la sensazione di vomito su quel freddo pavimento, avvolta sola da poche coperte.
Sentii dei rumori provenire dalla porta, dei tocchi leggeri ,ma decisi.
“Caroline.” Sentii chiamare, prima ancora di aprire gli occhi.
Mi guardai intorno, presi coscienza della situazione e risposi.
“Si..” Dissi lievemente alzandomi da terra.
“La cena.. è pronta.” Disse una ragazzina all’incirca di 14 anni.
La guardai con tristezza e malinconia. Perché non era ancora a giocare? Era troppo presto per lavorare.
Le nuove legislature dei francesi. Mi maledissi.
Annuii.
“Il generale mi ha detto di mostrarle questi abiti. Ne scelga uno e lo indossi.” Disse aprendo una panca al di la della stanza e tirandone fuori degli abiti suntuosissimi.
Annuii vagamente, e ne afferrai uno senza nemmeno guardarlo.
Giselda uscì, ed io mi vestii velocemente dopo essermi lavata, seppure senza voglia.
Scesi al piano di sotto e raggiunsi il generale in un enorme stanza ornata di splendidi e ambigui quadri.
“Siediti Caroline ti prego. Sei meravigliosa.” Disse indicandomi un posto accanto a lui.
Andai a sedermi contro voglia, silenziosamente.
“Hai riposato?”Mi chiese sorridendo.
Non aveva indosso la divisa, ma un semplice abito da sera.
Annuii senza rispondere davvero.
“Stai bene?” Continuò.
“Si.” Risposi vagamente, incerta se mettere sotto i denti quell’enorme fetta di carne di fronte a me.
Pensai a Justin.. e immaginai dove potesse trovarsi ora.
Forse al freddo, senza cibo.. o da qualche amico. Sospirai e rigirai un po’ la pietanza.
“Non essere pensierosa.” Disse con tono severo.
Mi scossi e annuii nervosamente.
“Ti ho fatto mettere quest’abito meraviglioso per darti una notizia.” Disse trionfante.
Lo guardai interrogativa, senza chiedere nulla, sentendomi completamente disinteressata da tutto ciò che non riguardava Justin.
“Ho parlato con Frate Martino.. ci sposerà domani alla mezza.” Disse sorridendo e poggiando la sua mano sulla mia.
Mollai di colpo la posata sul piatto,che rimbombò nel silenzio della grande stanza.
Ero consapevole delle nozze.. ma non pensavo fossero così imminenti.
“Io..io..” Farfugliai.
“Sei estasiata lo so, non dirmelo.” Disse con un’espressione di cattiveria.
Stare con quest’uomo significava salvare Justin? Ebbene lo avrei sposato.
“Già..” Conferii.
“Forse però è troppo presto.” Dissi.
Fino a qualche ora fa, parlavamo di farmi ambientare.. e ora siamo già all’ultima notte prima delle nozze.
“Non lo è. Ho pensato che per ambientarti non ci sarebbe modo migliore. I preparativi sono stati tutti avviati nel pomeriggio. Sarà una piccola cerimonia a cui parteciperanno all’incirca un centinaio di persone e il mio esercito.” Disse sorridendo, e guardando verso un punto indefinito.
“Ma io..” Dissi, senza poter finire.
“Ma tu non hai l’abito lo so. Almeno fin’ora. Ne ho scelti alcuni personalmente, e domani mattina sarai tu a decidere quale indossare mia principessa.” Disse prendendo la mia mano fra le sue e baciandomi dolcemente le nocche.
Non potei obbiettare nulla.. allora senza sforzarmi di fingere lo guardai seria.
Quella piccolissima voglia di cibo che ebbi fin’ora mi abbandonò all’improvviso.
“.. Vorrei ritirarmi nelle mie stanze, non mi sento molto bene e vorrei essere in forma per domani.” Dissi fingendo il più adorabile dei miei sorrisi, dietro il quale si celava la disperazione.
“Prego.. fai pure. Questa è casa tua ora..” Disse riprendendo a mangiare.
Mi alzai e lentamente, con il mio suntuoso abito risalii nella mia lussuosa stanza.
Mi svestii svogliatamente e mi sdraiai nuovamente per terra. Mi coprii e senza prendere sonno restai ferma a guardare il vuoto, fin quando il primi raggi di sole non mi raggiunsero, allora mi addormentai stremata dal pianto.
“Signora.. mi scusi.” Sentii dire, prima di sentirmi toccare.
Mi scossi subito e mi svegliai dal sonno.
Vidi Giselda in piedi, di fronte a me, sorridere scusandosi.
“Sono entrata perché lei non rispondeva.. devo aiutarla a prepararsi per le nozze.” Disse porgendomi una mano.
La afferrai delicatamente e mi alzai.
Dopo qualche ora mi ritrovai di fonte di questo bellissimo abito ricamato, chiuso delicatamente attorno al mio corpo.
Non mi sforzai nemmeno di guardarmi, annuii a Giselda e raggiunsi il piano di sotto dove un anziano signore mi sorrise e mi accompagnò in carrozza.
Salii  e non feci altro che guardare fuori fin quando non arrivammo alla cappella di Frate Martino.
L’uomo di prima aprii la carrozza, scesi e tenendolo dal  braccio raggiunsi l’ingresso di essa.
Non feci caso ne ai fiori ne gli addobbi, ne all’intero esercito francese attorno a me.
Continuai a guardare l’orlo del mio abito fin quando non giunsi all’altare.
Solo allora alzai lo sguardo e mi vidi circondata da migliaia di persone a me sconosciute. In nessuno dei loro volti trovai amore, sicurezza o.. felicità.
Tutti sorrisi forzati e visi truccati.
Poi vidi il generale di fronte a me, sorridente, porgermi il braccio.
Ignorai il suo invito, e sola andai a genuflettermi di fronte l’altare.
Il generale fece lo stesso e Frate Martino iniziò a celebrare la funzione.
Non ascoltai una sola parola, e pregai in silenzio di poter morire ora. All’istante, in modo da poter fuggire da questa situazione.
“Qualcuno, ha un valido motivo per opporsi all’unione di queste anime?” Chiese in Latino.
Ci fu un tonfo sordo, e le porte della cappella si spalancarono alle nostre spalle.
“Io.” Sentii dire, e smisi di pregare.


Ehi ciao ragazze!!
Scusate se pubblico dopo tanto. Çç Come sempre  oh!!
Tutto bene? Spero di si.
Volevo dirvi che per questo capitolo mi sono ispirata alla scena di un telefilm, da cui ho preso spunto per la ff.
Spero vi piaccia.
Un bacione
Vi amo
Erika
@I_amawolf

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


1789, Providence, Inghilterra


Smisi di pregare perché le mie preghiere si avverarono.
Il suo bianco sorriso mi inondò gli occhi e il cuore, mentre con indosso un abito da cerimonia iniziò ad avanzare fiero di se lungo la navata.
Non ci fu una sola persona che non si voltò a guardarlo, per poi spalancare la bocca. Sembrava talmente perfetto da esser stato disegnato.
Pensai di avere le allucinazioni a causa della mancanza di cibo e delle lacrime.. poi mi resi conto di quanto fosse vero.
Mi alzai ma prima che potessi andargli incontro, il generale mi afferrò da un braccio e mi costrinse ad arretrare oltre che a tornare alla realtà.
“Che ci fai tu qui?” Ringhiò il generale evidentemente infastidito.
Justin sorridente, sicuro di se si guardò intorno.
“Volevo assistere alla funzione.” Rispose poi, prima di guardarmi.
Sentii le gambe tremare, proprio come se fosse il nostro primo incontro.
“Poi però mi sono reso conto, che in quanto padrone di queste terre, voglio impedire che venga commessa quest’infamia.” Concluse beffardo.
In quell’istante sentii ogni singola parte del mio corpo agitarsi e fremere fino ad esplodere.
Feci un ennesimo tentativo di incamminarmi verso di lui, ma il generale mi trattenne ancora, sguainando la sua spada.
Sobbalzai per lo spavento, come tutti all’interno della cappella, escluso Justin che restò tranquillo e sorridente.
Solo allora i terribili pensieri mi tornarono alla mente.
Cosa gli saltava in mente? Perché lo stava facendo.. sicuramente il generale e le sue truppe lo avrebbero fatto uccidere.
“Un’infamia dice?.. si batta contro di me allora e in caso di vittoria, gli risparmierò la vita.” Disse il generale agitandosi, puntando la spada contro Justin.
“No. Io non devo più battermi contro nessuno, e lei è pregato di allontanarsi immediatamente da Providence e dall’Italia intera.” Disse sorridente.
Non riuscii a seguire il filo del discorso di Justin.. di cosa stava parlando?
Il generale, in difficoltà fece un passo in avanti e puntò la spanda proprio contro il petto di Justin, sfiorandolo.
Mi portai una mano alla bocca e cercai la forza di muovermi.
Furono istanti di terrore, fin quando Frate Martino non intervenne.
“Per l’amor del cielo. Siamo nella casa del Signore, abbiate rispetto.” Disse indignato.
Il generale Parker allontanò la spada dal petto di Justin e si voltò verso il Frate.
“Rispetto? Rispetto? Vi sembra forse rispettoso che questo insulso Don Giovanni interrompa le mie nozze?” Chiese urlando.
Nessuno dei partecipanti alla funzione uscì fuori, decidendo di non perdersi lo spettacolo.
Frate Martino, unendo le mani in segno di tranquillità e preghiera lo guardò affabilmente, come solo lui poteva fare.
“Risolvete le vostre questioni fuori di qui. E non mi ripeterò generale. Fuori immediatamente.” Disse con tono calmo, ma severo.
Il generale si voltò verso Justin, aspettando forse un invito allo scontro.
Cosa si aspettava? Justin era un ragazzo nel pieno delle forze, scaltro ed abile.. lo avrebbe infilzato come si deve.
Almeno sperai.
Sorrise, Justin, senza lasciar trapelare nulla.
“Io non voglio duellare con lei. La morte sarebbe troppo semplice per te. Devi pagare per tutti i padri di famiglia che hai fatto uccidere, e per tutti i bambini che hai lasciato in preda alle belve. Pagherai Parker.” Disse Justin, mostrando finalmente indignazione.
Il generale scoppiò in una fragorosa risata che risuonò in tutta la cappella.
Tutti gli ospiti si guardarono negli occhi e alcuni, terrorizzati, iniziarono ad uscire.
Justin non fece caso al generale e mi porse la sua mano. Feci un piccolo passo e la afferrai, dopo di che mi attirò fra le sue braccia.
Sentii il meraviglioso della sua pelle che mi fece dimenticare tutti i dolori e le peripezie affrontate fin’ora.
Non mi mossi, restai ferma immobile fra le sue braccia, ascoltando il suo respiro ed intuendo i suoi battiti, fin quando non si staccò da me e iniziò a guidarmi fin fuori la cappella.
Lo seguii frettolosamente, desiderando intimamente di più.
Al di fuori della cappella tantissime persone ci accerchiarono mentre raggiungemmo il cavallo di Justin.
Lui salii per primo, dopo di che aiutò me, che fui ostacolata più volta dall’abito.
Lasciai il bouquet di fiori bianchi a due bambine e mi abbracciai al mio uomo, incurante delle possibili conseguenze.
Lui guardò in direzione della cappella, dove il generale, circondato dai suoi uomini dava ordine di inseguirci.
“Justin.. siamo nei guai.” Farfugliai  stringendomi ancora di più a lui.
“Sta tranquilla amore mio. Il generale Parker, è stato direttamente mandato in licenza dal generale Napoleone. Egli stesso mi ha comunicato la notizia poco fa, e si è scusato per l’accaduto.. in più ha detto che mantenere buoni rapporti con L’Inghilterra e con Providence per lui è fondamentale.” Disse.
“Quel Napoleone?” Chiesi ricordandomi di migliaia di avvincenti storie raccontate da mio padre ai miei fratelli.
Justin annuì.
“Ma.. come mai il generale Parker è stato cacciato ?” Chiesi, curiosamente.
“Ha commesso tantissimi delitti. Napoleone lo sospettava e ha fatto si che i suoi uomini cercassero le prove.. una volta trovate, ha agito.” Concluse nuovamente.
Ebbi improvvisamente voglia di urlare, saltare, gioire.. ma mi trattenni.
Justin non fece muovere il cavallo, poiché avere l’esercito alle calcagna non era piacevole. Intuii che stesse aspettando che arrivasse la notizia tramite qualche servo.
E così fu.
Quando un uomo con il marchio francese, portò una busta al generale, egli si stupì e nervosamente la aprii di fronte a tutti noi.
Justin, che aveva agognato tanto questo momento, avanzò con il cavallo proprio di fronte a lui, e lo guardò in viso.
“E allora.. mio carissimo signor Parker.. ormai mi sembra inutile chiamarla generale..” Disse ridacchiando.
Doveva aver preparato tutto nei minimi dettagli, persino l’arrivo della lettera da parte del grande generale.
Mi strinsi ancora di più a lui e con disprezzo guardai Parker, che osservò le facce dei suoi uomini, dopo di che si tolse il cappello e lo gettò per terra.
“Maledizione. Non finisce qua conte. Scenda da cavallo e combatta com’era stato detto.” Strillò disperato.
Pensò sicuramente, che almeno avrebbe potuto vincere me.
Mi strinsi a Justin per impedirgli di scendere, e quando lo sentii muoversi mi lamentai.
“No Justin. Non farlo, andiamo via ti prego..” Mi lamentai della sua decisione, per paura che potesse ferirlo.
Ancora a cavallo, con un movimento di bacino si voltò verso di me e mi prese il viso fra le mani.
“Ascoltami amore, voglio chiudere questa storia per sempre, ti prego di non ostacolarmi.” Disse prima di stamparmi un lieve bacio sulle labbra.
Mi godetti il contatto con le sue labbra e quando si staccò mi protesi in avanti alla ricerca di esse. Quando riaprii gli occhi lo vidi sorridere.
“Starei qui a baciarti per sempre, ma ora devo vendicare tutti i torti che hai subito.” Disse scendendo da cavallo e sguainando anche lui la spada.
“Ti prego..” Dissi prendendo le redini.
Mi sorrise e mi accarezzò dolcemente una gamba ricoperta del delicato velo dell’abito.
Mi preparai mentalmente allo scontro.


Ehi ciau belle!!
Tutto bene?! (: Spero di si.
Mi dispiace di aver aggiornato tardi.. ma credetemi per poter aggiornare ora ho dovuto fare i salti mortali.. çç
Devo ancora finire latino per domani.. uff..
Comunque.. Domani è il compleanno di Justin *-* Quante Beliebers seguono questa ff?! (:
Ora scappo, corro a fare i compiti.
Anche se è corto spero vi piaccia..
Ah quasi dimenticavo… il prossimo capitolo sarà l’ultimo.. <3
Un bacioneee
Erika

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Capitolo 29
*** Capitolo 29- Fine. ***


1789, Providence, Inghilterra


Il generale, in preda al panico dell’ultimo gesto disperato, si allontanò da Justin sempre tenendo la lama dell’arma puntata verso di lui.
Con il cuore in gola scesi da cavallo e mi misi accanto a Justin.
Attorno a noi, parecchie persone formarono una ruota.
Alcune donne presero i propri bambini in braccio, senza però allontanarlo per non perdersi la scena.
Altre, si esaltarono eccitate.
Disgustata dalla felicità della folla abbracciai Justin.
“Andiamo via.” Lo implorai.
Mi osservò qualche istante con uno sguardo desideroso, dopo di che un uomo, gli porse una spada, che maneggiò abilmente, dopo di che a sua volta la indirizzò verso il generale.
“Ti fidi di me?” Chiese stringendomi una mano.
I suoi occhi salirono e scesero lungo il mio corpo varie volte prima che sorridesse.
Imbarazzata annuii, senza rendermene conto, tanta era la fiducia riposta in lui.
“Allora non preoccuparti.” Rispose.
Gli poggiai una mano al petto percependo il suo battito, dopo di che lentamente gli sfiorai le labbra con le mie.
“Sei meravigliosa.” Mi sussurrò all’orecchio quando poggiai la testa sul suo petto.
Mi strinsi ancora a lui, quando le sue mani mi allontanarono con dolcezza.
Lo vidi sorridere, e voltarsi lentamente, quasi senza che nessuno potesse accorgersene.
“Allora mio caro conte, è felice di aver rivisto la sua dama?” Chiese il generale, beffardo.
L’esercito dietro di lui pian piano si sparpagliò indifferente a tutto ciò.
“Estasiato, non tanto quanto da saperlo finalmente fuori dall’esercito, signor Parker. Inutile a questo punto chiamarla generale.” Disse Justin, mentre delle risate si alzarono dalla folla.
Il generale serrò i denti e aprì le gambe, dopo di che  in posizione di combattimento si avvicinò a Justin.
Sentii un fremito di paura percuotermi il corpo quando le loro lame si scontrarono la prima volta.
Un uomo esultò, ma quando gli lanciai uno sguardo inquietante tacque.
Le loro lame si incrociarono varie volte, prima che si invertissero le posizioni, permettendomi di vedere Justin in volto.
Sembrava sicuro di se ed era molto abile con la lama.
Anche il generale riusciva a padroneggiarla bene, ma l’età ormai si faceva sentire sulla sua affaticata respirazione.
Justin si mosse velocemente e lo fece inginocchiare per terra, con la lama messa orizzontalmente di fronte al viso , per proteggersi.
Mi tranquillizzai vedendolo dominare lo scontro, ma quando il generale si alzò di colpo e con una mossa secca lo ferì alla spalla, sobbalzai dallo spavento.
Justin ringhiò qualcosa, e si poggiò un secondo la mano sulla ferita, dopo di che tornò ad impugnare la spada con due mani.
“Justin..” Farfugliai andandogli incontro, ma una robusta mano mi trattenne.
Mi voltai per trovarmi di fronte un uomo alto e massiccio con un’espressione divertita.
Lo scansai, invano, poiché la sua stazza gli permise di bloccarmi completamente.
“Mi lasci immediatamente.” Dissi, con tono nervoso ma rispettoso.
“Se vai ad aiutare il conte, lo distrarrai soltanto e sarà la fine. Non vedi che non fa altro che guardare verso di te? Tu, il tuo abito, il tuo sguardo lo distraete.” Disse l’uomo lasciandomi andare.
Ragionai sulle sue parole e mi ricomposi, dopo di che guardai l’uomo negli occhi, e solo allora mi accorsi della piccola bambina abbracciata alla sua gamba.
“Tutti noi vogliamo che il conte torni ad occuparsi di Providence. Con suo padre abbiamo vissuto tempi di pace e lo stesso sarà con il figlio, lo sappiamo tutti. Ma ora, anche se il generale non è più generale, deve comunque essere scacciato dalle terre di Providence, con la sconfitta.” Disse ancora l’uomo.
Lo guardai con sincera ammirazione per la sua fedeltà alla patria, poi però tornai di nuovo alla bimba.
Le accarezzai la testa dolcemente e lei sorrise.
“Perché lascia che sua figlia veda lo scontro?” Chiesi poi all’uomo.
Mi guardò incredulo, dopo di che fece un’espressione rassegnata.
“Johanna non è mia figlia, ma la figlia di mia sorella. Il generale Parker ha fatto giustiziare suo padre pubblicamente, sotto gli occhi di tutta la famiglia compresa la bambina. Mia sorella non ha retto il colpo e pochi giorni l’abbiamo trovata morta, distesa in terra.” Disse alzando gli occhi al cielo, nascondendo delle lacrime.
“Mi spiace..” Sospirai prendendo delicatamente la mano della bambina.
I suoi grandi occhi marroni mi fissarono, prima di nascondersi imbarazzati dietro la gamba dell’uomo.
“Johanna.. quanti anni hai?” Chiesi alla bambina, che lentamente mi si avvicinò.
Mi guardò impaurita, dopo di che sorrise a malapena.
“5 ..” Mimò con la manina.
“Il tuo vestito è così bello.” Disse poi in un piccolo soffio.
La sua voce dolce e gentile raggiunse il mio orecchio quasi impercettibilmente.
Le sorrisi, e fui sul punto di risponderle, quando il rumore delle lame mi riportò allo scontro.
Mi voltai e vidi Justin imporsi sul generale, che tossì ferito.
Non mi importò di nulla se non di vedere Justin sano e salvo.
Mancava poco alla vittoria, ma quando il generale lanciò la spada per terra e trasse dalla divisa una pistola, tutti restammo a bocca aperta.
“Non ho nulla da perdere conte. Sarò comunque sbattuto in cella, meglio cacciarmi qualche soddisfazione.” Rise l’uomo.
Questa volta non lasciai che nessuno mi bloccasse e corsi verso Justin, mettendomi fra lui e il generale.
“Caroline va immediatamente via.” Mi rimproverò Justin.
Non lo ascoltai e puntai i miei occhi su quelli del generale.
Justin mi strattonò fino a nascondermi dietro il suo muscoloso corpo, per poco, poiché mi liberai subito dalla presa.
“Che pessimo tentativo principessa..” Disse il generale, quasi felice.
In quell’istante avrei potuto giurare che non fosse lucido di mente.
“Parker, è con me che vuoi vendicarti.” Lo istigò Justin, distraendo l’attenzione dell’ormai ex generale da me.
“Non lo colpirai senza ferire me.” Strillai quando alzò la pistola in direzione del viso di Justin.
“Non mi spiacerebbe colpirti. Sei tu la causa dei miei guai donna.” Rispose il generale.
Restai immobile, accanto a Justin con lo sguardo fisso su quella meravigliosa bambina dietro la gamba dello zio.
Il vento mosse gli innumerevoli veli del mio abito, quando Justin mi strinse la mano.
La folla intorno a noi tacque, con l’ansia in corpo. Fu facile notarla nei loro sguardi.
Ognuno di essi amava, rispettava, apprezzava e ammirava Justin e i padroni delle proprie terre.. Era sempre stato così. E sempre lo sarebbe stato.
Anche distante da lui, potei vedere le pupille del generale dilatarsi in seguito ad uno sparo.


…..

Delle robuste ed agili braccia mi circondarono il corpo, mentre la testa di Justin mi piombò sul petto.
“Ti amo.” Farfugliai, di fronte la sua figura che crollò ai miei piedi.
“Ti ho sempre amata, e sempre lo farò.” Disse prima di abbracciarmi le gambe.
Mi inginocchiai alla sua altezza e presi il suo volto fra le mani.
Mi voltai una volta verso il generale, disteso sanguinante per terra, prima di baciare Justin.
Da troppo tempo ormai le sue labbra non sfioravano più le mie.. da troppo tempo non potevo toccarlo, ed ora ero desiderosa di lui.
Mi diede un casto bacio, prima di rialzarsi e dirigersi verso l’uomo che aveva sparato alle spalle del generale Parker.
Non mi mossi, e guardai ancora un volta Johanna che con occhi sognanti continuava a guardare il mio abito, incurante dell’uomo morto di fronte a lei.
“Generale Napoleone.” Disse Justin porgendo all’uomo a cavallo una mano.
Egli tolse la propria mano dalla divisa francese e strinse quella di Justin.
“Mi sono recato personalmente a Providence dopo aver saputo delle innumerevoli condanne attribuite all’ormai ex generale Parker. Speravo di trovare un clima positivo, ma al mio arrivo non ho potuto fare altro che difendere i padroni di queste terre, così accoglienti e solidali. Mi dispiace per suo padre conte, e per tutti i delitti commessi da quell’uomo. Non avrei voluto ucciderlo.. ma era l’unica soluzione.” Disse l’uomo.
Justin sorrise cordialmente e annuì.
Il generale, raccolse l’esercito e fece per andarsene, ma prima di farlo si voltò ancora una volta verso di noi.
“Signorina Caroline, sono sicura che lei e il conte avrete tutta la felicità che meritate. Tornerò presto a farvi visita.” Concluse scomparendo in testa ad un esercito di uomini.
Justin aspettò che scomparissero del tutto dietro la foresta, dopo di che si voltò verso di me, mentre la folla iniziò ad esultare.
Attorno a noi si creò come una festa, poiché nessun generale avrebbe disturbato la nostra quiete, mentre io e lui, pensammo solo a noi.
Avanzai lentamente fra la polvere provocata dai bruschi movimenti della gente, e le loro urla.
Lo stesso fece lui, fino ad arrivare a pochi passi da me.
Restammo così qualche istante, che mi bastò per perdermi nei suoi occhi.
Mi sorrise e con uno sguardo indecifrabile restò ad osservarmi.
Improvvisamente sentii la necessità di annullare le distanze, e lo raggiunsi, senza sfiorarlo.
Fu lui, con dolcezza ad afferrarmi una mano e ad inginocchiarsi di fronte a me su una gamba.
“Caroline, vuoi diventare la mia sposa?” Mi chiese poi con tono emozionato.
Sentii la sua mano tremare fra la mia, e il suo respiro spezzarsi per l’emozione.
La folla intorno a noi, tacque qualche istante e restò in silenzio.
Li guardai uno ad uno, poi guardai lui, negli occhi.
La sua espressione preoccupata ed emozionata mi fece venir voglia di baciarlo.
Con il cuore in gola, risposi solo.
“Si.” Velocemente, ma con espressione tranquilla. Sicura, ma traballante di sentimento.
Mi sentii completa quando si alzò e mi prese fra le braccia facendomi roteare.
La folla di persone esultò una volta ancora, fin quando non ci fermammo entrambi e con il cuore in gola presi il suo viso tremante fra le mani e lo baciai.
Era successo tutto talmente velocemente che anche solo ripensarci mi fece perdere la capacità di cogliere tutto ciò che avevo intorno.
Ci baciammo tante altre volte da perdere il conto. Tanto da sentirci consumati nel cuore e nella bocca. Tanto da non saziarci mai.
Mi sentii tirare piano l’abito quando tornai alla realtà.
“Johanna..” Dissi vedendo la bambina accanto a me, sotto gli occhi increduli di Justin.
“Chi è lei?” Chiese Justin inginocchiandosi all’altezza della bambina.
“.. te lo spiego più tardi.” Dissi a Justin affabilmente mentre prese Johanna in braccio e la alzò facendola svolazzare sopra le nostre teste.
Li vidi giocare e divertirsi qualche istante, e non riuscii a staccare lo sguardo da quell’incanto.
Justin con lei in braccio sembrava anche lui un bambino,felice, sorridente, spensierato. 
Desiderai di poterlo vedere così per sempre.




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“Johanna hai finito di scrivere?” Le chiesi dolcemente accarezzandole i lunghi capelli castani.
“Si Caro, ho finito.” Rispose sorridendo.
Le baciai la testa e raggiunsi il camino.
Mi sporsi verso il grande cesto intrecciato per il mio bambino e accarezzandola la piccola testolina ricoperta di biondi capelli, gli baciai una mano.
Rimboccai le pesanti coperte nel cesto e lo guardai dormire, fin quando delle mani non si poggiarono sui miei fianchi.
“Amore mio.” Sussurrò Justin inspirando fra i miei capelli.
Mi voltai di colpo, trovandomi faccia a faccia con lui.
Con la coda dell’occhio guardai Johanna raccogliere le sue cose e sorriderci.
“Io vado.. ci vediamo domani.” Disse gentilmente.
“Ma certo, mi raccomando Johanna, studia e vieni puntuale che il piccolo Harry sente sempre la tua mancanza quando sei via.” Dissi scoccandole un bacio da lontano.
Sorrise e si voltò per andarsene.
“Saluta tuo zio.” Aggiunse Justin.
“Aver deciso di prenderci cura di lei e del suo futuro è stata la nostra migliore decisione.” Dissi baciandolo all’angolo della  bocca.
“Ora dobbiamo prenderci cura del piccolo Harry.” Continuò lui, ansimando prontamente sotto i miei teneri baci.
“Sarà meraviglioso crescere il nostro bambino.” Dissi.
“Sarà meraviglioso viverti per sempre affianco.” Disse prima di baciarmi con passione e trasporto.
Era l’uomo che amavo, che mi aveva cambiato la vita e che mi aveva resa immensamente felice.
“Sono sicuro che l’Italia sente ancora la tua mancanza.” Farfugliò ad un tratto baciandomi sul naso.
“Siamo tornati dall’Italia due settimane fa.” Risposi ridendo.
“Io non potrei stare un solo istante senza te, figuriamoci standoti lontano settimane come mi sentirei.” Disse baciandomi ancora.. e ancora.. e ancora.
“Ti amo, e lo farò per sempre.” Aggiunsi abbracciandolo.
Rivolse un ultimo sguardo ad Harry, che continuò a dormire profondamente prima di prendermi in braccio e portarmi nella nostra stanza.
Era la mia vita, e assieme a nostro figlio lo sarebbe stato per sempre.


Ciau bellissime!
DOVETE SCUSARMI IMMENSAMENTE PER AVER PUBBLICATO DOPO TAAAAAAAANTO!
Questo, era l’ultimo capitolo. Davvero non so che dire. Ogni volta che termino una ff mi sento quasi male, perché mi affeziono troppo alle vostre recensioni, negative, positive, divertenti,.. Davvero mi avete tenuto compagnia per tutto questo tempo.
Siete meravigliose. TUTTE UNA PER UNA!
Spero che il capitolo vi piaccia. Spero che l’intera ff vi sia piaciuta.
Vi voglio un bene immenso.
Per qualunque cosa contattatemi su twitter o facebook. Sarò felicissima di parlar con voi.
Un bacione enorme.
Erika

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