La Rosa Spinata - Cronache del Quinto Flagello

di Aesir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Rosa Spinata - Cronache del Quinto Flagello ***
Capitolo 2: *** Scena Prima (I): UN INIZIO E UNA FINE ***
Capitolo 3: *** Scena Seconda (II): SANGUE E OMBRE ***



Capitolo 1
*** La Rosa Spinata - Cronache del Quinto Flagello ***


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Il sapere della Chiesa sostiene che sia stata la superbia degli uomini a creare la Prole Oscura.
Nelle ere passate, i maghi dell'Impero Trevinter governavano buona parte del mondo conosciuto.
nella loro superbia, essi credevano che la loro magia fosse invincibile, e si ritenevano superiori al Creatore stesso.
Pensando ciò, essi invasero la sua Città Dorata, con l'intenzione di reclamarla per sé stessi e deporre il loro stesso Creatore.
Ma essi erano impuri e peccaminosi, ed è con questi peccati che contaminarono la Città Dorata, corrompendola per sempre.
Il Creatore li maledì e e li esiliò dalla sua vista.
Dovunque essi andavano, diffondevano la corruzione dei loro peccati.
Ogni terra che venne toccata dalla corruzione divenne infetta, restando priva di vita.
Da queste male terre sorse la Prole Oscura, per tormentarci e ricordarci la nostra arroganza.

~ Leliana ~

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Capitolo 2
*** Scena Prima (I): UN INIZIO E UNA FINE ***


Scena Prima (I): UN INIZIO E UNA FINE

She embraced, with a smile,
as she opened the door
A cold wind blows,
it puts a chill into her heart

~ Within Temptation, Restless
~

Cugina! Cugina! Svegliati! Cosa ci fai ancora a letto?”
Dubhe aprì gli occhi grigi e si trovò a fissare un volto indistinto, dai capelli rossi; sbattè le palpebre, mettendo a fuoco: “Shianni? Cosa ci fai nella mia stanza?”
L'elfa incrociò le braccia sul petto: “Ho chiesto allo zio il permesso di darti la bella notizia. Ti ricordi che giorno è oggi, vero?”
La ragazza la fissò, senza capire: “Si sposa Soris. Fra... - valutò la luce del sole - almeno un'ora. È un motivo valido per buttarmi giù dal letto in questo modo?”

Tanto eri già sveglia, lo so!”
Stai eludendo la mia domanda.”
E va beeene! Accidenti, cugina, con te non si può mai scherzare! Lo zio ha detto che l'Anziano ha detto...” Si interruppe, ridacchiando: “Che casino!”
Dubhe sbuffò.

Vabbè, in ogni caso Valendrian ha detto di andare da lui. Dice che è importante e che riguarda...”
Il tono giulivo la abbandonò, come se solo in quel momento avesse realizzato il contenuto del messaggio dell'anziano. Distolse lo sguardo: “Riguarda... sì... beh... il tuo... problema...”
Dubhe drizzò la testa, improvvisamente ben più attenta. “Va bene, ho capito.” Scostò gentilmente Shianni con la mano: “Appena posso, vado.”
L'elfa annuì, fece una smorfia di comprensione e lasciò la stanza. A controllare i preparativi della festa, e ad assaggiare le bevande, pensò la ragazza. Non con stizza: tutti avevano diritto a divertirsi, ogni tanto. C'erano volte in cui invidiava la spensieratezza degli elfi dell'enclave, che, sebbene considerati dagli umani degli esseri inferiori, erano riusciti a creare, in un mondo che disprezzava le creature come loro, una comunità dove... beh, se non vivevano esattamente sereni, c'erano anche momenti di gioia. Per lo meno, collaborando riuscivano ad avere un tetto sopra la testa e un pasto caldo a orari regolari. Aveva visto di peggio, nei suoi diciassette anni di vita.
Si alzò, stiracchiandosi. Non era un'elfa, nessuno avrebbe potuto scambiarla per tale. Il suo volto ovale, un volto da ragazzina, le sue orecchie arrotondate e i grandi occhi erano indubbiamente umani. Questo, e il fatto che, pur essendo di corporatura minuta, superava ogni elfo di almeno dieci centimetri. Raccolse un laccio dal comodino e lo usò per legarsi i capelli in una lunga treccia, che le arrivava alla vita... eccetto quelli, tagliati corti, a caschetto, che le orlavano il volto. Lanciò un'occhiata allo specchio e una ragazza magra e sottile, dalla capigliatura castana, la pelle pallida e gli occhi grigi, a quanto pareva perennemente cerchiati di rosso, le restituì lo sguardo malinconico. Tentò di sorridere, ma non le riuscì granchè bene. Avvertiva un senso di oppressione al petto:
Per quanto ancora dovrò convivere con questo tormento?
Si infilò una tunica grigia, discreta... non i soliti abiti neri, era un giorno di festa, quello, ma Dubhe si sentiva incapace di provare allegria, anche in una simile circostanza.
Non che fosse triste; semplicemente aveva troppi fardelli sulle spalle per pensare realmente a qualcos'altro.
Domani a quest'ora potresti essere libera, fece timidamente quel poco di ottimismo che ancora non era evaporato da lei. Non ci contar troppo, lo zittì subito la sua parte cinica e disperata. Disperata, sì. Erano passati troppi anni di sofferenza, anni che avrebbe dovuto trascorrere in ben altro modo, anni che avrebbero potuto far sì che fosse lei a sposarsi quel giorno, perchè potesse permettersi una scintilla di speranza.
La voce di Cyrion la richiamò alla realtà:
ah, sì, il matrimonio di Soris.
Diede un ultimo sguardo allo specchio.
Dai, Dubhe, sorridi come si deve!, si disse. Non ne ho voglia, risposero le ombre che inquietavano il suo sguardo.
Con un sospiro, la ragazza lasciò la camera.
Da qualche parte, in fondo al suo cuore, Dubhe era mortalmente stanca.

Sì, zio?”, chiese stancamente.
Cyrion, un vecchio elfo dai capelli grigi, sorrise. Dubhe non era certo sua nipote, come non era cugina di Shianni, ma quelli erano i titoli di parentela che tradizionalmente venivano usati quando qualcuno veniva adottato in una nuova comunità, come continuavano a fare i Dalish. La ragazza si era adeguata, come sembrava fare con tutto, d'altronde. Solo quando svolgeva il suo... lavoro... i suoi occhi si accendevano e perdeva quell'apatia che sembrava portarsi dietro sempre. D'altronde, come biasimarla?, si chiese Cyrion. Sapeva che il comportamento di Dubhe aveva ragioni precise, e che era un'impresa superiore alle sue forze cambiarla. Forse non lo voleva nemmeno. Gli ricordava troppo Adaia, la sua defunta moglie.
Sorrise benevolmente alla ragazza. “Valendrian mi ha detto che oggi dovrebbe giungere un suo amico, che potrebbe avere la soluzione al tuo... problema.” Sospirò. “Ci mancherai, Dubhe. Ci eravamo abituati ad averti intorno...”

Non è ancora successo niente”, mormorò lei. “E comunque non è detto che me ne andrei, anche se potessi farlo. Qui ci sono molte delle cose che desideravo trovare, ci sono i miei affetti, le persone che mi sono diventate care...” Ma non la libertà. Sospirò. “Forse è meglio che vada. Soris vorrà parlarmi, e poi c'è questo amico dell'Anziano.”
Guardò la porta: “Chi vivrà vedrà”, mormorò, rivolta più a sé stessa che non ad altri, e con un altro sospiro agguantò il mantello e scivolò fuori dall'abitazione.

Scivolò in mezzo ai corpi degli elfi, mentre tutti si spostavano per lasciarla passare. All'inizio aveva trovato strano, fastidioso, essere al centro dell'attenzione, lei che di solito era invisibile; certo, non aiutava il fatto che fosse la più alta dei presenti. Poi, pian piano, ci aveva fatto l'abitudine. Non era così per alcuni degli elfi: evidentemente la presenza della ragazza, perennemente cupa e vestita come un uomo, li metteva ancora in soggezione, o ancora peggio, scatenava il loro odio. Dopo tutto quello che ho fatto per loro, pensò Dubhe. Però non era la persona da generalizzare: sapeva bene che una come lei avrebbe suscitato sentimenti analoghi anche fra gli uomini.
Quel giorno, comunque, aveva un po' di pace, essendo tutti occupati per il matrimonio. La speranza di raggiungere Valendrian senza farsi notare sfumò rapidamente quando una giovane elfa la fermò. La ragazza si voltò, seguendola senza porre obiezioni. Non aveva voglia di suscitare altre antipatie, e, se una parte di lei voleva correre dall'Anziano e supplicarlo di dirle tutto senza tanti giri di parole, ce n'era un'altra che voleva rimandare il più possibile il confronto.
Troppe volte... sono stata delusa troppe volte....
Scosse il capo e cercò di concentrasi sugli elfi che le stavano davanti: “... speravamo di rimanere per la cerimonia, ma purtroppo dobbiamo metterci in viaggio.”

Non restate per le nozze di Soris?”, chiese, maledicendo la propria distrazione.
Vorremmo... ma non possiamo”, intervenne la ragazza elfica che l'aveva salutata, Nessa.
L'elfo dai capelli bianchi, suo padre, spiegò: “L'umano che possiede la nostra casa ha deciso di venderla per ricavarne un magazzino. Non possiamo permetterci di vivere altrove in questa città, quindi stiamo lasciando Denerim.”

Dove andrete?”, domandò Dubhe, non senza interesse. Era sempre meglio sapere dove si potevano trovare dei conoscenti, nel suo lavoro. Non si sa mai quando possono tornare utili.
Alle rovine di Ostagar. L'esercito che vi è accampato ha bisogno di manovali.”
Ci sarebbe piaciuto cercare lavoro ad Altura Perenne”, soggiunse la madre, “ma purtroppo non è possibile.”
Capisco”, disse la ragazza. “Buona fortuna, allora.”
Molte grazie. I nostri auguri a Soris per il suo gran giorno.”
Glieli trasmetterò.”
Fece per andarsene, ma non aveva fatto che pochi passi quando sentì Nessa fermarla di nuovo: “Aspetta. Posso parlarti un momento?”

Certo.”
Mi scuso per i miei genitori. Sono troppo orgogliosi per accettare aiuto, per non parlare di chiederlo. Loro lavoreranno nell'accampamento dell'esercito, e si aspettano che io faccia lo stesso, ma... non mi piace l'idea di essere circondata da soldati umani che non vedono una donna da mesi.”
Del denaro vi potrebbe aiutare?”
Certo, ma penso che qui nessuno abbia molto da donare. Ci servirebbero altri tre pezzi d'argento per viaggiare fino ad Altura Perenne, e se avessimo dieci pezzi d'argento, potremmo assicuraci una casa... magari abbastanza grande per avviare un'attività. Ma sto sognando ad occhi aperti. Nessuno dispone di tanto denaro e, anche se così fosse, perchè mai dovrebbe donarlo a noi?”
Dubhe sorrise brevemente e trasse dalla bisaccia che portava a tracolla alcune monete: “Tieni, questi sono dieci pezzi d'argento. Prendeteli e restate qui, a casa vostra.”
Ascoltò distrattamente i ringraziamenti confusi dell'elfa: per lei quella cifra era irrisoria, in rapporto a quello che aveva guadagnato con il suo ultimo lavoro. Peccato che ciò di cui davvero aveva bisogno non si potesse comprare con nessuna somma...

Soris non fu particolarmente difficile da trovare: la stava aspettando vicino al Vhenandahl, l'albero del popolo: in ogni enclave elfica ve n'era uno, per ricordare il proprio passato, quando gli elfi vivevano nelle foreste in comunione con la natura.
Ti va di festeggiare con me la fine della mia indipendenza?”, le chiese non appena la vide.
Te la potresti ancora filare, se ti ci mettessi d'impegno”, replicò Dubhe, senza la minima traccia di umorismo.
Sei impazzita? E dove andrei? Nella foresta, assieme ai dalish?”
La ragazza si limitò a sorridere: “Lontano dagli umani... dagli shem, come dite voi elfi... non mi sembra una pessima idea. E i dalish non sono così male.”

Parli così perchè sei di parte; mentre eri tutta concentrata sulla Custode del Clan, non hai notato la sua assistente?”
“No, perchè?”
“Era una ragazza carinissima, devo ammetterlo, ma avresti dovuto sentirla! Oh! Ho forse sbagliato a salutarvi? Per caso da voi ci si saluta come fra gli umani? Perdonatemi, ma non conosco gli usi degli umani. Mi dispiace, non ho chiesto il vostro nome... a meno che non sia sbagliato chiedere il nome di qualcuno presso di voi, che vivete come gli umani... è così per caso? E avanti, avanti, avanti. Si è scusata per mezz'ora, dopodichè ha preso a chiacchierare a raffica.”
Dubhe scosse il capo. “È Merrill. Dai, non puoi avercela con lei, è un'amore di ragazzina, è simpaticissima. Non ti fa tenerezza?”

A proposito di tenerezza, al confronto la mia futura moglie sembra un topo in fin di vita.”
Beh, l'aspetto esteriore non è tutto.”
Lo dici perchè tu non sei quella che si deve sposare.”
Quando e soprattutto se mi sposerò, potrai rinfacciarmelo”, tagliò corto la ragazza. “Suggerirei di andare a vedere cosa sta combinando Shianni, non vorrei che finisse tutto il vino prima ancora del banchetto. Sarebbe un pessimo auspicio, se credi in queste cose.”
Soris bofonchiò un “non la conosci, non ci sarebbe da stupirsi”, ma si staccò dalla parete della casa a cui era appoggiato per seguirla.

Shianni li stava aspettando in compagnia di alcune sue amiche. Erano così prese a sbracciarsi per essere sicure che le avessero viste - Devono proprio mettermi sempre al centro dell'attenzione?, pensò Dubhe, irritata - che non si accorsero degli uomini che erano arrivati alle loro spalle finchè non fu troppo tardi.
È una festa, no?”, osservò quello che sembrava essere il capo. “Prenditi una sgualdrina e divertiti.”
Dannazione, quello è Vaughan. In un secondo Dubhe si richiuse nel mantello e svanì fra le ombre. Non deve sapere nulla!

Assaporate la preda, ragazzi”, continuò il figlio dell'arle. “Prendiamo questa fanciulla elfica... così giovane e vulnerabile...”
Accidenti, questo è il momento in cui generalmente saluto e sparisco. Ma non posso lasciarli così... Mi sto affezionando troppo a questi elfi. Non andava bene. Non andava bene per niente.

Toccami e ti sbudellerò, maiale!”, esclamò immediatamente Shianni. La ragazza, dall'ombra, trasalì. Tenere la bocca chiusa, mai...
Silenzio, verme!”, sbottò infatti l'uomo.
Dubhe serrò la mano sull'elsa del pugnale. Peccato, mi toccherà trovarmi un altro rifugio...
All'improvviso sentì qualcuno trattenerla per il braccio. Si voltò, strappandosi alla mano. Soris. “Senti, so a cosa stai pensando, ma forse non dovremmo intromettermi.”

Obiezione annotata. Io sono un'umana. Ora togliti di mezzo.”
Cerca almeno di essere diplomatica...”
Sono già ricercata, di peggio non mi può capitare. Levati.”
La ragazza scivolò dietro ai presenti, come se fosse arrivata in quel momento e avesse assistito alla scena in disparte. Tossicchiò, appoggiata al Vhenandah. Ciò non parve impressionare il giovane nobile: “E ora che cosa succede? Un'altra bellezza desidera tenermi compagnia?”
La mano di Dubhe scese al pugnale: “Dì un po', hai intenzione di violentarla davanti a tutti, o cercherai prima un luogo più appartato? Giusto per non sfigurare davanti agli elfi...”
Le vene sul collo di Vaughan si gonfiarono. “Stammi a sentire, razza di troietta che non sei altro. Non so da dove tu sia sbucata, ma...”
Non si seppe mai che cosa avrebbe voluto aggiungere. Si udì un suono secco e il nobile sbarrò gli occhi, precipitando in avanti. Shianni lo aveva colpito in testa con una bottiglia. “Siete folle?”, esclamò uno dei suoi amici. “Questo è Vaughan Urien, il figlio dell'arle di Denerim!”

Co... cosa? Oh, per il Creatore...”, mormorò Shianni sottovoce, ma Dubhe la interruppe, esibendo un sorrisetto. Quel genere di sorriso davanti al quale la gente fuggiva a gambe levate...
“Allora provate a immaginare cosa faremo a voi..”

Avete un bel coraggio, voi, un umana a difendere quegli orecchie a punta. Vi avverto che le cose potrebbero mettersi molto male.”
Dubhe fece spallucce: “Non avete che da provarci...”
I due osservarono l'atteggiamento con cui la ragazza li fissava, concludendo in fretta e non senza una certa preoccupazione che quella non solo non aveva paura di loro, ma non aspettava altro che facessero una mossa falsa. La ritirata era la strategia più ovvia, e la applicarono con gran diligenza.
Quando furono spariti, Shianni scosse la testa: “Stavolta l'ho combinata grossa...”
Soris le si fece accanto con aria protettiva: “Non preoccuparti, andrà tutto bene. Non avrà il coraggio di dire in giro che un'elfa lo ha atterrato.”

Lo spero... Meglio che mi dia una ripulita.”
Si rivolse all'umana: “Grazie, Dubhe. Hai rischiato parecchio per me. Non lo dimenticherò.”
L'altra fece spallucce: “Non è niente”, si schernì. Non mentiva: non era una cosa da poco, quella che aveva fatto, ma i potenti non l'avevano mai intimorita. Conosceva tutti i nobili della città, conosceva l'intero apparato del potere del Ferelden, come l'aveva visto negli anni del suo lavoro, e ne conosceva anche la natura effimera. Li aveva visti così tante volte, nell'intimità delle loro case, che ormai ai suoi occhi apparivano deboli e meschini. E la soggezione che incute un potente diminuisce notevolmente quando si sa esattamente come, quando e dove potrebbe improvvisamente avere termine la sua vita.
Li chiamano sfortunati incidenti e li trattano come tali... a meno di non indagare molto a fondo.

D'improvviso, Soris le si fece vicino e le sussurrò: “Non voltarti ora, ma abbiamo un altro problema.”
Specifica.”
È arrivato un altro umano. Potrebbe essere uno scagnozzo di Vaughan o un piantagrane qualunque.”
Dubhe sbuffò. Si era accorta da tempo dell'uomo. Se fosse stato uno sgherro del nobile, a quel punto sarebbe già intervenuto. E un piantagrane non sarebbe rimasto lì a guardare. “Potrebbe essere l'amico di Valendrian”, osservò.

Un umano?”, si scandalizzò l'elfo.
Si raccontano tante cose sul passato dell'Anziano. In ogni caso, non lo sapremo mai finchè non gli andremo a parlare.” Notando lo sguardo del ragazzo, aggiunse, sospirando: “Di che hai paura? Guarda che ti proteggo io...”

Si avvicinarono prudentemente all'uomo. Non sembrava uno dei classici - benchè rari - visitatori dell'enclave: aveva i capelli neri e una barba tagliata corta, la pelle scura che tradiva tracce di sangue Rivaniani, indossava una corazza di cuoio e sembrava a proprio agio dentro di essa.
Buon giorno”, esordì. Fece un cenno con la testa in direzione di Soris: “Congratulazioni per le vostre imminenti nozze.”
Grazie...”, bofonchiò l'elfo, preso in contropiede.
Buon giorno a voi”, rispose Dubhe, ignorando il siparietto involontariamente offerto dal ragazzo. Come sempre, non era di nessun aiuto. “Se non avete affari urgenti che vi trattengono nell'enclave, vi pregherei di allontanarvi. Vorrei evitare eventi spiacevoli:”
Era un buon test e una scusa plausibile, aveva pensato la ragazza nello sceglierla: anche se gli elfi dell'enclave erano di solito sottomessi agli uomini, c'era sempre la scintilla di una rivolta, nell'aria, e, soprattutto in occasione di celebrazioni in cui la confusione e gli incidenti erano all'ordine del giorno, non attendeva che un po' di esca per divampare. Per questo, i cancelli dell'enclave erano stati prudentemente chiusi. Certo che, se qualcuno voleva sgattaiolare dentro, non era un'impresa particolarmente difficile.
L'uomo parve divertito: “A quale tipo di incidenti vi state riferendo?”
O è molto sicuro di sé, o è incredibilmente stupido. O entrambe. O è la persona che mi sta aspettando. “L'enclave non è un buon posto per gli uomini. Io sono una piccola eccezione”, aggiunse per prevenire l'ovvia risposta.

Chiedo il vostro perdono, ma non ho intenzione di andarmene.”
'Fanculo, allora. “Forse possiamo giungere ad un compromesso...”
L'uomo in armatura sorrise. “Costei in grado di mantenere il sangue freddo anche di fronte ad una persona sconosciuta ed armata. Un dono notevole, vero, Valendrian?”
A differenza di Soris, che fece un salto di un metro, Dubhe aveva percepito da un po' la presenza dell'Anziano. Non che fosse un buon segno. Proprio per niente. Anzi, quei sensi acuiti la spaventavano non poco, perchè erano segno tangibile che il suo “problema” avanzava... e che presto sarebbe stato troppo tardi.

Io dico che sono più utili coloro che sanno mantenere le lame nel fodero”, disse il vecchio elfo. “È passato davvero troppo tempo, mio vecchio amico.”
Dubhe si trattenne dal lanciare a Soris un'occhiata del tipo “te-l'avevo-detto”, e si rivolse all'uomo: “Valendrian mi aveva detto che sareste arrivato. Perdonate i tentativi di sloggiarvi, ma non potevo permettermi l'errore che foste un passante casuale. Piacere di conoscervi, io sono Dubhe.”

Ah, già”, fece l'Anziano. “Permettimi di presentarti Duncan, capo dei Custodi Grigi del Ferelden.”
La ragazza ebbe un moto di sorpresa, ma si sforzò di non far trasparire nulla dal loro volto. I Custodi Grigi erano uomini e donne che votavano la loro vita a proteggere il Thedas dai Prole Oscura, orribili mostri provenienti dal sottosuolo. Dopo due secoli di assenza erano tornati nel Ferelden su concessione di re Maric, il padre dell'attuale regnante, in circostanze non del tutto chiare. Erano ancora in pochi, e, se le voci che circolavano sui Prole Oscura erano vere, sarebbe stato un potenziale disastro. Ma a Dubhe ciò non interessava: le sue necessità erano ben più pressanti: sarebbe stata morta... o peggio... ben prima di un eventuale Flagello. A interessarle erano gli accenni a certi studi fatti a Picco del Soldato. Avrebbero potuto aiutarla, come no, e quello avrebbe potuto essere un buco nell'acqua, ma non poteva concedersi il dubbio: ogni giorno era peggio del precedente, e la ragazza sentiva che non ne avrebbe avuto ancora per molto.

Immagino che se siete qui sia per parlare del mio... problema”, disse freddamente.
Immagini bene”, osservò Valendrian. “Soris, le cose andranno per le lunghe. Tu vai pure.”
Certo, Anziano. Dubhe... ti aspetto, dopo, ok?”
Va bene”, rispose distrattamente la ragazza, mentre si incamminava verso casa sua. Nella sua mente ora c'era posto solo per un misto di ansia e preoccupazione. Pur vergognandosene, sentiva un veno di sudore ricoprirle i palmi delle mani, e il cuore martellarle come impazzito nel petto.
Ditemi”, mormorò, sedendosi.
Duncan fece un cenno e l'elfo di mezz'età vestito con una tunica da mago, che lo aveva seguito prese la parola per la prima volta.

Mi chiamo Gesth”, si presentò. “Custode Grigio.”
Vi lascio soli.”

La ragazza sbrigò le formalità, nonostante qualcosa dentro di lei le urlasse di prendere per il collo quell'elfo e dirgli di muoversi. Soffocò quell'impulso, ascoltò educatamente la tiritera del mago sugli studi che aveva compito e su come era venuto a conoscenza del suo problema – Come se me ne fregasse qualcosa... - e finalmente questi le chiese di mostrarle il braccio. Senza perdere tempo Dubhe si arrotolò la manica della casacca, fino alla spalla. Appena sopra il gomito, sulla pelle pallida, spiccava violento un simbolo: era composto da due pentagoni sovrapposti, uno rosso e uno nero, al cui interno c'erano due serpenti intrecciati, dai medesimi colori, attorno ad un punto che sembrava una goccia di sangue rappreso. La pelle tutt'attorno era arrossata e irritata. L'elfo si chinò, le prese il braccio fra le mani e prese a sciorinare una serie di formule; la ragazza aspettò senza dire nulla: conosceva a memoria quelle analisi, sempre le stesse ormai. All'improvviso l'elfo annuì come se avesse capito tutto e si tirò in piedi: “Dunque, Dubhe, raccontami tutto e cerca di non tralasciare nulla: un dettaglio potrebbe essere vitale.”
La ragazza prese un respiro profondo e, con frasi secche e coincise, raccontò in breve la sua storia travagliata, senza nascondere nulla.
Quand'ebbe finito, Gesth annuì di nuovo: “Come pensavo. È una maledizione basata sul sangue. Devi sapere che...”

Lo so benissimo che cos'è”, non riuscì più a trattenersi la ragazza. “Me ne posso liberare, o no?”
Certo, certo, subito”, fece il mago, spaventato da quella furia, soprattutto da parte di una persona che si era mostrata fino ad allora tranquillissima. “Come la tenevi sotto controllo?”
Ho incontrato dei dalish, la Custode del clan mi ha dato la ricetta di una pozione che devo prendere.”
Dei dalish? Non credo che...”
Non l'ha fatto gratis, se è per questo. Ho tirato avanti per un po', ma non ce la faccio più. Gli intervalli di assunzione si stanno riducendo, presto temo che non servirà più a nulla.”
Rivolse al mago uno sguardo disperato: “C'è un rimedio, vero?”

Sì... ma la soluzione potrebbe non piacerti. Dovrai sottoporti all'Unione...”
Cosa?! Diventare un Custode Grigio?”
Teoricamente, sì, ma... devo chiamare un attimo il Comandante.”
Duncan apparve come se stesse aspettando quel momento. L'elfo gli chiese: “Posso parlare liberamente?”

Prima dillo a me.”
Dubhe annuì, prevenendo la richiesta, si alzò e si fece da parte.
I due confabularono per un po'. “Non è che mi piaccia tanto”, le parve di sentire, ma non ne aveva la certezza. Alla fine Duncan alzò gli occhi al cielo: “In fondo devo un favore a Valendrian...”
Si rivolse alla ragazza: “Ascolta, Dubhe, devi promettere di non rivelare a nessuno questo discorso; ne dipende l'ordine stesso dei Custodi Grigi.”
Sai quanto me ne importa... “D'accordo, prometto”, rispose mitemente per accontentarli.
Il Comandante si protese in avanti: “I Custodi Grigi, per diventare tali, devono bere il sangue dei Prole Oscura; normalmente ciò viene loro rivelato in un rito che è quella che chiamano Unione. Ora, il punto è che, se tu sottostarai al rito, la tua maledizione e l'Unione si annulleranno a vicenda...” Alzò la mano per bloccare l'elfo. “Bastano i concetti. Come dicevo, si annulleranno a vicenda.”

Quindi diventerò un Custode Grigio?”
Duncan la guardò sorpresa. Per essere una che aveva appena visto allontanarsi dal suo futuro la certezza di una morte orrenda, la stava prendendo con molta freddezza. Ma non conosceva Dubhe. Non sapeva che la ragazza non avrebbe mai potuto provare sollievo per un palliativo così flebile. Finchè la maledizione non fosse stata spezzata, lei non avrebbe creduto davvero che sarebbe stato possibile. Dubhe rifiutava di sperare: aveva visto le sue speranze andare infrante troppe volte per accettare un'altra delusione, non ora che era così vicina al traguardo. “No, l'Unione non avrà effetto su di te, e secondo Gareth incidentalmente il rito dovrebbe renderti immune al sangue dei Prole Oscura.”
“La fregatura dov'è?”
Nonostante tutto Duncan sorrise: “La fregatura è che nell'Unione si rischia di morire.”

Ah, capisco. È per questo che non andate a dirlo in giro, immagino.” Scosse la testa: “Morirò in ogni caso”, rispose con freddezza la ragazza. “Più prima che poi.”
Bene, allora la cosa è decisa.” Duncan e Geisth si alzarono.
Un momento, non avete risposto completamente alla mia domanda: cosa volete in cambio della cura? Se è una questione di soldi posso fornirvi una notevole somma, ho sentito dire che i Custodi Grigi non navigano esattamente in buone acque.”
Duncan scosse il capo: “Lo faccio perchè Valedrian mi ha detto che hai aiutato gli elfi dell'enclave, ed è un vecchio amico. Tu... sei sicura, piuttosto? Potresti morire.”

A me basta la possibilità di liberarmi della mia maledizione. Tutto il resto non conta.”
Posso capirti. Nella tua situazione, probabilmente penserei lo stesso. Partiremo domani, quindi se devi preparare la tua roba o salutare qualcuno, ti suggerisco di farlo.”
Non vi trattenete?”
Di certo avrai sentito le voci circa la possibilità che i Prole Oscura si stiano radunando. Che secondo alcuni potrebbe trattarsi di un nuovo Flagello.”
Sì... intendete dire che non sono soltanto voci?”
Non è il caso di spargere allarmismi... diciamo che esiste questa possibilità.”
Duncan si avvicinò alla porta: “Godetevi questa festa.”
“Vi ringrazio. A domani.”
All'improvviso la ragazza drizzò la testa, allarmata.

Cosa c'è?”
Dubhe non rispose.
Il suo udito aveva captato un suono, ovattato dalle pareti.
Un grido acuto.
Un grido femminile.

Dubhe non perse tempo e scattò fuori dalla porta, la mano già sul pugnale. Quando raggiunse lo spiazzo vicino al Vhenandah, tutto ciò che riuscì a sorgere fu una gran massa di elfi che si muoveva agitata, vociando e schiamazzando. Acchiappò per un braccio Soris: “Cosa succede?”
Vaughan e i suoi amici sono tornati, e hanno preso le ragazze... Dubhe?”
Lei non rispose: il suo sguardo si era fatto assente, mentre sul suo volto passavano lampi di... impressioni? Ricordi?

Dubhe?”
Scusami. La sacerdotessa non ha fatto nulla?”
“Cosa volevi che facesse?”
Dubhe scosse il capo: “Non lo so. Qualcosa. Ascolta, porta qui Cyrion e Valedrian. Subito.”

Farò il prima possibile”, garantì l'elfo, sparendo nella folla.
Soris fu di parola, e nel giro di qualche minuto i due erano davanti a lei. La muta richiesta nei loro sguardi era evidente, anche se i volti cercavano di dissimularla. “Vado a prenderle”, Dubhe sentì pronunciare le proprie labbra. Perchè? Lei non si comportava così. Lei era una ladra, era un'ombra che un giorno c'era e il giorno dopo non c'era più, sempre in viaggio, sola e senza compagnia verso un destino indefinito e sfumato. Destino sul quale incombeva la sua maledizione. In futuro Dubhe si sarebbe spesso chiesta che cosa l'avesse portata a offrirsi volontaria: nella sua mente, l'offerta era intrinsecamente connessa con gli eventi che di lì a poco avrebbero cambiato la sua vita, anche se non c'era un reale legame fra le sue cose. In realtà, doveva giustificare in qualche modo quell'offerta, perchè la ragazza che credeva di essere non l'avrebbe mai fatta. Quella persona fredda, cinica ed egocentrica non si sarebbe mai mossa senza un'interesse... o almeno così pensava. Ma c'era in Dubhe molto di più di quanto lei stessa immaginasse...

Una volta arrivata alla casa, di corsa, si appoggiò per un attimo alla sponda del letto per riprendere fiato. Si tolse i vestiti, e rimase nuda. Sul letto erano allineati la casacca, il corpetto di cuoio, i pantaloni aderenti, la cintura, gli stivali e il mantello con il cappuccio; si vestì con attenzione, controllò che il pugnale fosse nel fodero, i coltelli da lancio nelle guaine, che nella faretra ci fossero abbastanza frecce. Compì questi atti con cura scrupolosa, come una sacerdotessa che si prepara ad un rito. Quand'ebbe finito e fu sicura che tutto fosse a posto, fece per infilare la porta, andando a sbatter contro qualcuno.
Soris! Cosa ci fai qui?”
Voglio venire anch'io.”
“E farti ammazzare?”

Io non...”
Tu, sì, ti faresti ammazzare.”
E dovresti farlo tu? Non sei nemmeno un'elfa...”
Senti, il peggio che mi può capitare è che debba lasciare Denerim per un po'. È già previsto, quindi bene o male me ne andrò a breve. Tu non hai questa possibilità.”
Shianni è mia sorella!”
Ostacolandomi non la aiuti. Fammi passare, non ho tempo!”
In un lampo superò l'elfo e svanì.

Quante possibilità ha?”, chiese Duncan.
Di uscirne viva?” Valedrian ci pensò su. “Non poche, è una ragazza in gamba. Temo di più ciò che accadrà dopo.”
“Credi ci saranno ripercussioni sull'enclave?”

Che ci saranno, ne sono sicuro. Non so di quale entità.”

"Perchè l'ha fatto? Non mi sembra troppo interessata al prossimo.”
No, se è per questo ha aiutato parecchio l'enclave. Diventa suscettibile se si parla del suo... problema. Immagino che questa situazione le abbia suscitato ricordi spiacevoli: vole bene a Shianni, e credo che Vaughan e i suoi amici si troveranno in una situazione decisamente grave. Non posso dire che la cosa mi dispiaccia.”
Il suo problema... ne parlano tutti in questo modo. Di che si tratta, esattamente? Geth, il mago che mi accompagna, non ha voluto dirmi troppo. Sosteneva che fossero faccende di Dubhe; sembra stargli simpatica.”
Probabilmente è compassione per quello che le è successo. Ma non credo le abbia fatto piacere: è meglio evitare di trattarla con i guanti per via della sua condizione, lo odia. Quanto alla sua maledizione, credo che nessuno, a parte lei, conosca tutta la storia, ma grossomodo...”

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Nota di Aesir: Fa schifo, lo so. Purtroppo questi primi capitoli sono un po' arragiati, miei cari ventiquattro lettori (magari!). In questa fiction essenzialmente mis ono riproposto di porre nell'universo di Dragon Age il personaggio di Dubhe, dai libri de "Le Guerre del Mondo Emerso" di Licia Troisi. Tuttavia, non è necessario aver letto il libro per elggere la fiction, come non è necessario aver giocato a Dragon Age.
Ho scelto le origini dell'elfo di città, perchè erano quelle che più si adattavano al personaggio, ma, beninteso, Dubhe resta un'umana. Per chi conoscesse i libri, segnalo una divergenza, per ragioni di adattamento
Dubhe non odia la religione. Semplice, nel Thedas non c'è nulla di paragonabile alla Gilda, degli assassini spinti da motivi religiosi. Essendo assurdo inventare un'intera setta per questo motivo, giustificherò in un altro modo il "problema" di Dubhe...

Non so quando riuscirò ad aggionare, avendo gli esami di maturità e un'altra fiction che ha la precedenza su questa, ma trattandosi di un'idea a cui tengo parecchio prometto solennemente che cercherò di portarla a termine...si spera.

Questa è Dubhe:

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Capitolo 3
*** Scena Seconda (II): SANGUE E OMBRE ***


Scena Seconda (II): SANGUE E OMBRE

You don't believe what all the signs say
I don't believe in judgment day
But you won't be leaving here unharmed

~ Within Temptation, Murder ~

Dubhe..”, mormorò Shianni.
Un ruggito coprì le sue parole. L'elfa cadde a terra, incapace di muoversi, aspettando la fine. Quegli occhi color rubino la fissavano implacabili; era lo sguardo del predatore davanti alla vittima indifesa, il terrore atavico che paralizzava le prede e impediva loro di fuggire.
Come era potuta accadere una cosa del genere?
Come era arrivata a ciò?

Il sangue... è cominciato tutto con il sangue...

Dubhe osservò il palazzo.
Era una magione cittadina, il che se da un lato significava difese molto più contenute rispetto ad una dimora isolata nella campagna del Bannon, voleva anche dire che, se le cose fossero andate storte, la via di fuga non sarebbe stata agevole. In più era pieno giorno, e questo non le avrebbe facilitato il lavoro. Per questo i proprietari potevano permettere di lesinare sulla sorveglianza: era quasi una follia sgattaiolare in pieno centro abitato. Le labbra di Dubhe si piegarono in un sorriso cinico: a meno di non essere disperata, non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Certo, era uscita senza problemi da situazioni peggiori, ma sapeva che in quelle occasioni, più che la destrezza, giocava una buona quantità di fortuna. E la fortuna non dura per sempre.
Fece un paio di volte il giro dell'edificio, cercando di stabilire se fosse cambiato qualcosa dalla sua ultima vista; si spostò sul lato esposto a nord per avere la certezza di trovarsi nell'ombra. Da lì osservò la posizione delle guardie, studiandone a lungo il percorso, sebbene dentro di sé qualcosa le strepitasse di muoversi. Calma!, si impose. A loro il peggio che possa capitare è che io arrivi troppo tardi. Non corrono rischi. Non corrono rischi. Non corrono rischi...
Trattenne l'ansia e seguì le ronde sotto le mura, finchè non fu assolutamente certa di aver compreso l'itinerario e i tempi. Ovviamente, c'erano dei vuoti, c'erano sempre: un sistema poteva essere perfetto, sulla carta, però le sentinelle erano umane, e come tali erano soggette a fame, sete, sonno... distrazioni. Quando fu ragionevolmente sicura delle proprie possibilità, agì. Avrebbe preferito attendere ancora, ma non aveva tutto quel tempo: se era vero che non si trovavano a rischio immediato di vita, ogni istante che passava era un mucchio di cose in più che potevano accadere a Shianni e alle sue amiche. Raccolse una pietra e la lanciò, premurandosi di fare rumore.
Toc. Toc. Toc.
Il sasso rimbalzò sul viale acciottolato, svolgendo egregiamente il suo compito.
Bene. Adesso toccava a lei.

Cos'è stato?”, chiese una delle due guardie.
Un gatto, forse”, replicò l'altra.
Dovremmo controllare?”
Mah, non penso...”
Non sembravano particolarmente ansiosi di lasciare la loro postazione. Certo, probabilmente con quello che li pagano... riflettè la ragazza.
Con una punta di irritazione, raccolse un rametto e lo spezzò. Il gesto mise in allarme gli uomini, che adesso non potevano proprio negare che un qualcosa non meglio definito fosse nel cortile.

Vanir, vai tu?”
Ti guardo le spalle...”
Muovetevi, dannazione a voi! L'arle doveva pagarli davvero poco.
Finalmente la prima guardia, quella che aveva ipotizzato la presenza di un gatto, mosse qualche passo in direzione dei cespugli e, rincuorata dalla mancanza di qualunque reazione da parte degli stessi, si fece più ardita e avanzò ancora. Quando Dubhe fu certa che fosse uscita dal raggio visivo della sentinella rimasta davanti alla porta, le scivolò alle spalle e le serrò un braccio attorno alla gola, calandogli il pomolo del pugnale sulla tempia. Era altamente impreciso, il metodo che stava usando: certi uomini venivano appena storditi da una pressione che ad altri spezzava il collo, per non parlare del raggio di imprevedibilità di un oggetto chiaramente non costruito per essere un'arma contundente. Ma non voleva uccidere, se non era necessario, e nell'immediato non aveva gli strumenti per fare altrimenti... qualche giardiniere aveva premurosamente ripulito il parco da ogni pezzo di legno utile allo scopo, e procurarsene uno avrebbe di sicuro destato più attenzioni del necessario. E non aveva avuto il tempo di acquistare dei narcotici. Fu fortunata, e la guardia si accasciò ai suoi piedi, svenuta. Ne avrebbe avuto per qualche ora.
La nascose in mezzo ai cespugli e si rimise in agguato: il suo compagno, Vanir, sarebbe venuto a cercarla. Sentì il rumore dei passi ritmati dell'uomo, il suo respiro nervoso... Dubhe tese i muscoli, pronta a scattare.
Col senno di poi, dovette riconoscere di aver fatto un errore di valutazione, dettato dalla fretta. Ciò non era perdonabile, certo, ma almeno le offriva una spiegazione per ciò che era accaduto... altrimenti sarebbe stata costretta a constatare un'impressionante calo delle proprie abilità. L'errore che aveva commesso era molto semplice: le armature non davano modo di esaminare a fondo gli uomini che erano al loro interno; se fosse stata notte, così da potersi avvicinare di più, e se ne avesse avuto tempo, avrebbe dedicato un'analisi molto più accurata alle sentinelle... e questo non sarebbe accaduto. Ma in quel momento ci fu solo un attimo per pensare: la ragazza era balzata con l'agilità di un felino addosso all'uomo, gli aveva serrato il braccio attorno alla gola... per accorgersi che al guardia era molto più robusta della precedente. Se l'avesse saputo avrebbe corretto la presa... se l'avesse saputo... L'uomo si divincolò. Si sarebbe liberato, nessun dubbio a proposito; la sua stretta era troppo debole, mal calibrata. Nella testa di Dubhe passò un solo pensiero: chiamerà aiuto. Guidata dall'istinto, la sua mano aveva rovesciato il pugnale e, ancor prima di rendersi conto di cosa stava facendo, l'aveva passato sulla gola della guardia, da un orecchio all'altro, in un'esplosione di sangue.
Il momento parve dilatarsi, durare in eterno, le goccioline di sangue sospese nell'aria che ad una ad una cadevano sulla sabbia, ma in realtà si svolse tutto in un istante. La ragazza si ritrovò ferma lì, imbrattata di sangue, con la mano ancora serrata sul manico dell'arma, la mente sconvolta dall'orrore. Oh non era l'aver ucciso che la preoccupava, quanto le sue conseguenze.
Cadde in ginocchio, tossendo e tenendosi il torace minuto, che si agitava come se dal suo interno qualcosa stesse cercando di spaccarle le costole. Sollevò di scatto al testa, e dalla bocca le sfuggì un gemito che si tramutò in un ringhio roco. Sembrava innocua come una bambina, in preda al suo misterioso male, ma guai a chi l'avesse avvicinata!
Con quello che parve un enorme sforzo di volontà, trasse dal tascapane una fiaschetta. Se la portò alla bocca e ne inghiottì un minuscolo sorso. L'effetto fu istantaneo: subitanea com'era giunta, la crisi si dissolse, e Dubhe si ritrovò boccheggiante nella sabbia. Ma non c'era tempo per boccheggiare... non poteva sapere esattamente quanto rumore avesse fatto durante il suo misterioso male, ma presto qualcuno avrebbe trovato lei e lo scempio che aveva fatto. Togliersi da qui, pensò. Nascose anche il corpo della seconda guardia, e rivoltò il terreno e i rami per celare, almeno il parte, il sangue.
Squadrò con aria critica il proprio lavoro: avrebbe retto, almeno ad un esame non proprio accurato.
Adesso devo proprio sbrigarmi...
La ragazza si guardò intorno prudentemente, fece qualche passo indietro, prese la rincorsa e con un salto si aggrappò alle mura, cominciando ad arrampicarsi.

La stanza era buia, senza finestre. Forse era quella la cosa peggiore di tutte, pensava Shianni, l'incertezza, essere tutte là rinchiuse senza sapere quando sarebbe accaduto ciò che doveva accadere. Erano tutte ragazze realistiche, sapevano che dal matrimonio non avrebbero avuto l'umo che sognavano, ma almeno sarebbe stata una cosa onesta, e si sperava che le coppie venissero assortite tenendo conto delle rispettive parti in gioco. E ora, invece... Ci chiameranno puttane e dovremo diventare quelle che tutti pensano. Ma chi ci vorrebbe accanto, adesso?
Creatore proteggici, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Basta! Era possibile che non sapessero dire altro? Il Creatore era ben lontano da quello spaurito gruppo di elfe, a giudicare da come erano andate le cose. Una alla volta, e non sapevano chi e quando sarebbe stata la prossima... Sobbalzavano ad ogni scricchiolio, certe che la loro ora fosse giunta... e invece non accadeva niente. In un angolo della mente si chiese se ci fosse qualcuno che si stava divertendo a camminare su e giù davanti alla porta, solo per farle star male.

Creatore proteggici, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Il Creatore era sufficientemente imprevedibile anche nei confronti dei Suoi supposti prediletti, come dimostrava il fatto che la sacerdotessa aveva potuto fare ben poco per opporsi quando Vaughan e i suoi erano arrivati; come potevano pretendere che si occupasse di loro, che non erano nemmeno umane, bensì elfe, la razza contro cui la Chiesa aveva dovuto proclamare una Sacra Marcia per ricondurrla dall'eresia alla luce della fede?

Creatore aiutaci, Creatore proteggici, Creatore proteggici...”
Ed erano ancora peggio gli altri discorsi che sentiva:

Ascoltate, noi... faremo quello che vogliono... torneremo a casa e... e cercheremo di dimenticare tutto questo.”
Hai ragione. Se opponessimo resistenza sarebbe peggio.” Questa era Valora. Per un attimo Shianni si sentì dispiaciuta per il fratello, a cui toccava sposare una tale idiota.
Sarà peggio se non resisteremo!”, sbottò. Ma capiva bene che era inutile discutere con quelle oche.
Si alzò, incapace di starsene ferma e tranquilla. Era così immersa nelle sue cupe riflessioni e contemporaneamente atterrita da ogni fruscio, che quando una mano le si chiuse sulla bocca, non si stupì di non essersene accorta. Stava per dibattersi, cercare di liberarsi, quando una voce le sussurrò: “Buona!”
Conosceva quella voce!

Dubhe?”
Sì.”
Come...?”
Non c'è tempo...”
Si interruppe; la sua presenza alle spalle dell'elfa si dissolse, tanto che questa barcollò leggermente. Si voltò, scrutando l'oscurità: niente. La ragazza, com'era arrivata, era svanita.

Dubhe?”
La serratura scattò e la porta si aprì.
Shianni strinse istintivamente gli occhi, accecata dalla luce improvvisa. Peccato di non poter serrare anche le orecchie.

Salve, sgualdrine.... siamo qui per accompagnarvi alla festicciola di Lord Vaughan”, disse un uomo dalla voce rude. Quando riuscì a mettere a fuoco meglio i dettagli, notò che era accompagnato dalle guardie dell'arle e che indossava egli stesso una corazza, quindi doveva essere un capitano o qualcosa del genere. Non che la cosa avesse importanza.
Tu prendi quel fiorellino rannicchiato nell'angolo. Io e Horace prenderemo la sposa sciatta e l'ubriacona...”
Non abbiate paura, ci comporteremo da perfetti gentiluomini”, garantì una delle guardie con un sorriso che non prometteva nulla di buono.
Shianni sospirò: avrebbe voluto reagire come si era ripromessa, ma in quel momento si rese conto di quanto futile sarebbe stato, di quanto ridicola sarebbe apparsa una piccola elfa che pretendeva di affrontare quegli uomini, chiaramente addestrati. E di come per la piccola elfa sarebbe andata a finire...
Così rimase inerte mentre la guardia la sollevava, trasportandola verso un fato sconosciuto, ma fin troppo prevedibile.
Dubhe, dove sei?

Dubhe era lì, in effetti. Avvolta nel mantello e nascosta in una zona d'ombra, che restava cieca al fascio di luce che poteva proiettare la porta, si era resa praticamente invisibile. Che bella situazione: aveva fatto quanto era nelle sue capacità per arrivare il prima possibile, senza commettere errori o farsi scoprire... le sarebbero bastati anche solo cinque minuti in più, accidenti! Anche la beffa...
Celata nel suo angolino, aveva riflettuto sul dafarsi: una parte di lei le urlava di andare via, che lei non centrava nulla con quella situazione, mentre cinicamente la sua altra metà – metà che recentemente tendeva a farsi avanti un po' troppo spesso – le diceva che ormai era in ballo, e doveva ballare. Doveva passare per l'enclave, aggiunse spietata la sua mente, e con che coraggio avrebbe osato presentarsi? Inoltre, se solo... Va bene! Va bene! Basta!
Aveva contato un ragionevole intervallo di tempo dopo il nuovo scatto della serratura e senza rumore di passi - poteva fidarsi del suo udito, purtroppo – quindi, estratto un set di grimaldelli, si era accanita sulla porta. La povera serratura resistette eroicamente una trentina di secondi, prima di essere sopraffatta e scattare... attutita da una mano che si era chiusa sulla toppa.
Dubhe non era diventata quella che era senza prestare attenzione ai dettagli.
La porta aveva cigolato, al trattamento non troppo gentile delle guardie, ma la ragazza la fece scivolare quel poco che bastava ad infilare in mezzo il suo corpo sottile, per poi richiuderla con cautela. Nemmeno un rumore. Per un momento soddisfatta di sé, nonostante la situazione drammatica, Dubhe scivolò fra le ombre della magione, il mantello che le svolazzava dietro come un pipistrello scappato dall'inferno.

Si appiattì contro la parete, trattenendo il fiato e ringraziando per l'ennesima volta di essere così magra e minuta. Davanti a lei passò una pattuglia, non troppo diligentemente impegnata nel proprio lavoro, a giudicare dai discorsi che si udivano. Dubhe non era esattamente una ragazza cresciuta a latte e miele, ma ad ascoltare quelle conversazioni sentì comunque le guance andarle in fiamme più volte. Ma non permise che ciò la distraesse, restando immobile e controllando il respiro. Ecco, bravi. Sono solo un'ombra, non badate a me...
Gli uomini le passarono a nemmeno mezzo metro di distanza, per poi superarla e svoltare nel corridoio. Idioti, pensò sprezzante Dubhe.
Uscì dalla nicchia e attraversò l'ala dell'edificio, muovendosi in modo da restare sempre immersa nell'ombra. Quelle vecchie stanze polverose e il suo mantello scuro avevano buon gioco su quelle guardie, che probabilmente non avevano mai affrontato una rapina. Costosi soprammobili viventi, li definiva colei che era stata la sua guida, e la ragazza si trovò per l'ennesima volta a concordare. Aveva attraversato l'edificio senza mai dover ricorrere alle armi, abbandonando ben presto il piccolo randello di cui si era impossessata con una visita all'armeria. Adesso doveva trovarsi nella biblioteca: alle pareti, i ritratti degli arle di Denerim la fissavano altezzosi; per un attimo, ebbe l'impulso irrefrenabile di tirare giù quei quadri e farli a pezzi.
Calmati, si impose, e tanto per tranquillizzarsi tirò di nuovo fuori la boccetta, stappandola e annusandone l'effluvio. Sospirò: la maledizione aveva preso una piega davvero spiacevole, se le faceva desiderare la morte di persone ritratte in dei quadri... Non una buona notizia...
Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro: non fosse mai che le cose andassero nella maniera più semplice, per lei!

Correva. Ormai non c'era più nulla da fare: aveva ucciso, e presto qualcuno l'avrebbe scoperto. Dannazione!, pensò. Tutto per colpa di un gruppetto di soldati ubriachi. Davvero l'arle sembrava infischiarsene della disciplina... oppure aveva mandato a fare la ronda anche le guardie fuori servizio. Quegli uomini erano entrati nella stanza dove si trovava anche lei, costringendola a nascondersi dietro una tenda. E, naturalmente, avevano finito per barcollare e spintonarsi, andandole a finire proprio addosso. Ovvio, se qualcosa può andar male, lo farà. Insomma, quei deficienti le avevano fatto saltare il nascondiglio, ed era finita in un bagno di sangue. Oh, non avevano costituito una sfida eccessiva, ma lei – e nessun altro, pensò acidamente – anche se sarebbe stata capace di eliminare silenziosamente quegli uomini, non possedeva il dono di tornare indietro nel tempo per far tacere il casino che avevano fatto e le loro grida. E non aveva modo di sapere se qualcuno li aveva sentiti.... e fino a prova contraria, ciò significava che si sarebbe comportata come se fosse stata scoperta. Per questo correva attraverso le sale. Maledizione a te!, si rimproverava nel contempo. Complimenti, eh! Tanto, tu queste cose le fai tutti i giorni, vero? Ricordarsi che solitamente lei pianificava tutto con grande attenzione e in anticipo, soprattutto, non si gettava alla cieca in una dimora nobiliare al salvataggio di un gruppo di elfe, fu inutile. L'irritazione per quelle che reputava ovvie mancanze e, soprattutto, il senso di colpa per essersi fatta scoprire come una dilettante, per non aver commesso altro che errori, ai suoi occhi, da quando era entrata nella dimora dell'arle di Denerim, non si affievolivano.
Fortunatamente ormai non mancava molto. Le guardie erano state davvero generosissime a dare informazioni, con il giusto incentivo, beninteso.

La stanza era parzialmente oscurata, satura di odori. Vaughan poteva ritenersi soddisfatto. Dopo quello che avevano passato, era ragionevolmente sicuro che quelle elfe avrebbero smesso di alzare la testa. Era già tanto se sarebbero state in grado di tornare a casa senza sostenersi l'un l'altra; sorrise, con il compiacimento dei potenti quando se la prendevano con qualcuno più debole di loro. Era un vero peccato che con una di loro, quella con i capelli castani, si fossero spinti un po' troppo oltre, però, eh, se l'era cercata, no? Non era mica colpa sua se non era stata capace di rimanere al suo posto, no?
Ora, nella stanza restava solo quella sgualdrina con i capelli rossi, la stessa che l'aveva colpito con la bottiglia. Digrignò i denti: il bernoccolo faceva ancora male, ma ben di più lo tormentava il suo orgoglio: tutti, tutti quei dannati elfi avevano visto ciò che era accaduto! Devo far radere al suolo quella fogna, pensò.

P-per favore... basta... n-non fatemi del male...”,supplicava l'elfa. Oh, certo che te ne faremo, piccola puttana.
Signori, siete pronti per un altro giro?”
Nessuno ebbe il tempo di rispondere, perchè in quell'istante la porta esplose.

Esplose letteralmente, cedette sui cardini e si afflosciò di lato, penzolante. In controluce stava una sagoma minuta, avvolta in un mantello. Il figlio dell'arle sentì una spiacevole sensazione, guardandola. L'aveva già vista ma quando? E che ci faceva lì, chiunque essa fosse? Come aveva fatto a superare tutte le guardie?
Le doamnde potevano aspettare.

Prendetela”, ordinò.
Per quel che valse, a loro onore bisogna dire che ci provarno.
Il primo afferrò una spada da dove le avevano gettate e le si avventò addosso, ma la figura si limitò ad afferrarlo per il braccio con cui reggeva l'arma, tirarlo a sé e tagliargli la gola, lasciandolo cadere a terra a soffocare nel sangue. Il secondo fu più prudente, ma ugualmente dopo poche stoccate finì infilzato sul pugnale dell'avversario.
Vaughan fece per raggiungere la spada, ma la figura fu più rapida, premendovi un piede sopra e calciandola via. Quindi sollevò una mano e si sfilò il cappuccio.

Il nobile trasalì. Non è possibile... Davanti a lui stava la medesima ragazza che si era presa gioco di lui, poche ore prima. “Non puoi fare questo!”, protestò incongruentemente. “È illegale!”
Illegale?, pensò Shianni. Stuprare le ragazze, che cos'è, invece?

Mio padre è l'arle, chiamerò le guardie e...”
La giovane si chinò su di lui. Vaughan pensò che volesse dirgli qualcosa... invece questa aprì la bocca e sibilò.

Gli odori la colpirono con la forza di una mazzata. I suoi sensi erano stati acuiti dalla maledizione, certo, ma forse solo in quel momento si rese conto della sua reale portata. Nel piccolo ambiente si mescolavano sudore stantio, il tanfo penetrante degli umori corporei, ma soprattutto sangue. In un angolo della mente, la ragazza notificò che doveva trattarsi di sangue verginale, ma ormai non aveva più importanza. Quegli odori la prendevano alla gola, allontanando in fretta quanto di umano c'era in lei.
Lo stress, la tensione, la stanchezza, la rabbia si unirono insieme in un miscuglio di sentimenti... potenzialmente letali.
Nel buio del petto di Dubhe, due occhi rossi si spalancarono.
Un ringhio che solo lei poteva sentire le risuonò nelle orecchie.
Sangue...
La parte cosciente della ragazza si rese conto orripilata di ciò che stava per accadere, ma non si fermò.
Non ci riuscì, o forse semplicemente non volle.
Aprì la bocca e sibilò.

Sangue...

Shianni cercò di guardare la scena che aveva davanti, ma non ci riuscì; spostò lo sguardo sulle ombre che si proiettavano sulla parete, più distanti, meno reali. Finchè guardava le ombre, poteva fingere che fosse un sogno.
Dubhe si era chinata su Vaughan e, per quanto al cosa potesse sembrare inverosimile, l'aveva sollevato con una mano sola. In quel momento dalla sua bocca era uscito un sibilo, e l'elfa aveva a cominciato ad avere i primi dubbi su ciò che stava vedendo. Ma queste furono considerazioni che fece a posteriori. In quegli attimi non c'era il tempo per pensare razionalmente, solo per guardare sconvolta il teatrino che si spiegava davanti ai suoi occhi.

Vaughan si trovò a guardare gli occhi della ragazza, e in quel momento si accorse che erano rossi, di un rosso rubino scurissimo, quasi nero.
In quel preciso istante, lei lo morse alla gola.

Sangue!
Nella mente di Dubhe non c'era posto per altro. Le sue mascelle si chiusero di scatto sulla pelle tenera della gola dell'uomo, la barba tagliata corta le punse per un attimo le labbra, e poi tutto scomparve in un'esplosione di rosso. Non è vero che i colori sono solo immagini visive. In quel momento il rosso era un colore violento, un sapore caldo e metallico, un liquido che le sia appiccicava alla pelle, un suono viscido che si univa al rantolo del respiro spezzato, mentre oltre alle vene del collo i suoi denti laceravano la trachea di Vaughan.
E poi la torsione del capo all'indietro, la carne strappata con violenza e quel sapore inconfondibile della vita che abbandonava il corpo, quel sapore di vittoria.
Girò la testa. In un angolo, una piccola elfa stava rannicchiata e tremante, con i vestiti strappati.

Dubhe...”, mormorò questa.
Il mio nome, riconobbe con distacco la creatura.
Non aveva più importanza.

Carne per la mia fame.
Sangue per la mia sete.

Shianni guardò la figura che avanzava verso di lei, con i vestiti macchiati di sangue, la bocca che grondava del liquido rosso, negli occhi un'espressione di folle ferocia. Chiuse violentemente gli occhi, e in quegli istanti raccomandò l'anima al Creatore, anche se era un'elfa, anche se difficilmente Egli l'avrebbe accolta nella Sua Città Dorata.
Chiuse gli occhi per non vedere, e attese la fine.
Una mano le sfiorò la spalla.

Stai bene?”
 

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Con i miei tempi!

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