Last night a rocker saved my life (but not my broken heart) di RubyChubb (/viewuser.php?uid=11150)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Greetings ***
Capitolo 2: *** Are you still having fun? I'm not! ***
Capitolo 3: *** Memories ***
Capitolo 4: *** Eatin', Drinkin' and Laughin' ***
Capitolo 5: *** One wild night... or not? ***
Capitolo 6: *** The 'Julian' file ***
Capitolo 7: *** ...I think that she knows... ***
Capitolo 8: *** Stars are blind ***
Capitolo 9: *** Everybody let's kung fu fighting! ***
Capitolo 10: *** Guess who's coming for dinner? ***
Capitolo 11: *** Ede the Mechanik ***
Capitolo 12: *** I go crazy... Crazy... ***
Capitolo 13: *** In salute ed in malattia ***
Capitolo 14: *** The Nightmare before Christmas. Part 1 ***
Capitolo 15: *** The Nightmare before Christmas Part 2 ***
Capitolo 1 *** Greetings ***
Questa
storia non è stata scritta per scopi di lucro. I personaggi
non mi appartengono e non intendo dare una rappresentazione veritiera
della
realtà.
Salve a tutti! Sono tornata, dopo le vacanze estive, con questa nuova
storia.
E' il continuo di una che ho già scritto, ma non
voglio dirvi quale
altrimenti vi rovinerei la sorpresa! State tutti pronti con i
coriandoli e lo
spumante per festeggiare... no meglio di no, sarebbe troppo patetico!
XD
A proposito, durante le mie vacanze campeggianti sulle dolomiti ho
fatto un
breve salto in Austria, più precisamente a Innsbruck. Ho
comprato "Zimmer
483", versione deluxe, cioè con dvd con il making of del
video di Ubers
ende der Welt (non che me ne importasse qualcosa del dvd, ma avevano
solo questo
cd in vendita, a parte Scream che comprerò prossimamente)...
devo dire...
pensavo meglio, canzoni carine, molto pop-rock, ma credevo fossero
più...
più... grintosi!
Non vi dico altro tranne RECENSITE PLEASE e GODETEVI LA
LETTURA!
Grazie, Ruby Chubb-Baggins!
GREETINGS
Sul pezzo di carta si leggeva semplicemente "Victor Hugo
Straße 185".
Nient'altro, tranne il nome di quella via. Non sapavano dove stavano
andando e
la pioggia batteva a dirotto sul parabrezza della macchina. Avevano
già
sbagliato strada ben cinque volte ed ogni volta che trovavano qualche
cristiano, musulmano, ebreo o di qualsiasi religione fosse che
passeggiava per
la strada, non curante dell'acquazzone che impeversava sulla
città, si
fermavano e gli chiedevano informazioni. Questo li guardava e, con
tutta la
naturalezza del mondo, diceva loro di tornare indietro
perchè avevano preso la
traversa sbagliata.
"Te l'avevo detto che era la terza a sinistra!", gridò
istericamente
una voce femminile.
"No! Era la quarta a destra, ne sono sicuro! Abbiamo sbagliato
dopo!", rispose l'altra voce, maschile, ancora più isterico
dell'altra.
"No! Era la terza a sinistra prima... e la quarta a destra poi!",
disse l'altra, buttando l'invito sul cruscotto e incrociando le
braccia, come
le bambine arrabbiate. Non ci poteva credere, viveva da anni in quella
città e
ora si perdeva miseramente in quel guazzabuglio di vie!
"E allora guida tu che sei tanto perfetta! Scendi e prendi il mio
posto!", fece l'altro, accostandosi improvvisamente a destra e
spegnendo
il motore.
"Non ci penso perchè se scendo mi bagno tutta!",
ribattè l'altra.
"E facciamo cambio senza uscire!"
"Assolutamente no! Ora tu rimetti in moto questo trabiccolo e mi porti
in
Victor Hugo Strasse!", disse l'altra, alzando ancora di più
il tono della
voce.
Il ragazzo ingranò la prima e premette a fondo
l'acceleratore, lasciando
l'impronta delle gomme sull'asfalto -benchè fosse
fisicamente impossibile:
pioveva a dirotto ed era bagnato, ma l'auto era partita tanto
velocemente che
aveva lasciato il fumo dietro di sè-. Impossessato dal
fantasma di un guidatore
pazzo, svoltò in alcuni sensi unici e, dopo aver rotto la
barriera del suono
tre volte, fermò l'auto, inchiodando la macchina al
suolo. La ragazza
aveva chiuso gli occhi ogni volta che qualcuno aveva suonato il clacson
contro
di loro; stringeva forte la valigetta che aveva con sè,
avendo paura che le
cadesse e che il suo prezioso contenuto si rompesse.
Durante quella pazza corsa il tempo sembrò calmarsi e la
pioggia diminuì,
lasciando spazio al grigiore intenso delle nuvole, ormai stanche di far
piovere. La strada era completamente sgombra di macchine, ancora non
era
arrivato nessuno.
"Ecco! Siamo arrivati! Scendi o ti uccido con le mie stesse mani anche
se
ieri ho fatto la manicure!", gridò il ragazzo, indicando
all'altra la
portiera al suo fianco.
Lei sbuffò, gli mostrò il dito medio e scese
dall'auto sbattendo la portiera.
Ecco dove erano diretti, una piccola chiesa, seminascosta tra le vie
della
città vecchia. Guardò l'orologio, era in ritardo
solo di mezz'ora, ma ancora
tutto aveva da cominciare. Entrò, premendo con forza contro
il portone di
legno, quasi più grande della chiesa stessa.
La facciata era molto semplice, fatta di pietre a vista e poco sopra il
portone
c'era un rosone di vetri colorati. Era una delle poche chiese romaniche
della
città ed era molto buia, un po' per la sua architettura
naturale, un poì perchè
sia la luce interna che quella esterna erano abbastanza
fioche.
In piedi, a pochi passi dall'altare, osservò il grande
cristo crocifisso appeso
a mezz'aria. Non si ricordava nemmeno l'ultima volta che era entrata in
una
chiesa, pensava che fosse stato per la morte di sua nonna quando era
piccola, o
forse per un battesimo. Era atea, completamente, così come i
suoi genitori, che
avevano deciso di non farle prendere nessuno dei sacramenti. Non capiva
niente
di religione, nè se ne era mai interessata, quel poco che
sapeva lo aveva
imparato a scuola o glielo avevano spiegato, magari durante una
conversazione
sul tema.
"Buon pomeriggio signorina, posso aiutarla?", disse una voce.
"Oh... sì, buon pomeriggio...", disse al prete
che era spuntato
improvvisamente alle sue spalle senza che lei lo avesse sentito.
"Lei deve essere qui per il matrimonio.", disse, "Ma è
parecchio
in anticipo."
"Lo so... sono la fotografa, mi chiamo Mackenzie Rosenbaum."
"Ah, benissimo, avrei dovuto capirlo, ma con questa penombra!", fece
l'uomo.
"Già... meno male che ho portato qualche luce esterna. Non
è che le
dispiace se illumino di più l'ambiente?", chiese lei con
cortesia.
"No, non si preoccupi. Può sistemarsi come vuole.", disse il
parroco.
L'attenzione di entrambi però fu attirata da dei tonfi
sordi: un ragazzo stava
trascinando 0malamente, lungo la navata, un valigia abbastanza grande e
apparentemente molto pesante.
"Hai bisogno di aiuto?", gli chiese Mac, andandogli incontro.
"Vorrei tanto dirti cosa sei ma siamo in chiesa e non posso!",
sbuffò
l'altro, lasciando cadere il suo fardello e facendolo rimbombare per
tutta la
chiesa,"Perchè invece di metterti a chiacchierare non sei
tornata ad
aiutarmi?"
"Sei un pappamolla...", disse Mac, prendendo con molta grazia e
leggerezza la valigia, che in mano all'altro sembrava fatta di piombo.
"Vuole una mano signorina?", disse il prete, accorrendo a sua volta.
"No, grazie, è solo che il mio amico non regge nemmeno il
peso di un
cocomero.", commentò lei.
Il ragazzo si mise le mani sui fianchi, spostò
elegamentemente il peso del suo
corpo sulla gamba destra e le lanciò uno sguardo tutt'altro
che amichevole. Il
prete lo guardò stranamente, poi tornò
indispettito verso la zona dell'altare,
dove già Mac aveva posato tutto il suo armamentario.
"Già...", borbottò Thiago, "Devo sempre
ricordarmi che i preti
odiano i gay... i gay come il sottoscritto!"
Andò sospirando verso Mac e l'aiutò a montare i
faretti.
"Quell'uomo già mi odia...", le disse.
"Certo che ti odia...", rispose lei, "Ti macchi di un peccato
mortale e morirai andrai dritto all'inferno, me lo hai detto tu quando
vivevi
da me."
"E tu verrai con me, ne sono sicuro...", fece lui, con una punta di
sarcasmo, "Piuttosto, vorrei sapere chi ti ha detto che stai bene con
questi capelli... così gli cucio la bocca e non ti
dirà più queste
stupidate!"
"Dacci un taglio... tu piuttosto sembri la sposa, sei tutto vestito di
bianco! ", rispose Mac, passandosi una mano sui capelli per controllare
se
tutto era a posto. Era qualche settimana che aveva quelle
treccine, un modo pratico per non doversi occupare troppo dei
capelli.
"Ma devo proprio insegnarti come acconciarti? Le treccine fissate alla
testa sono terribilmente 'out'! Non hai letto
nessuno dei miei
libri?", fece lui, mentre fermava le chiusure delle aste telescopiche
dei
faretti.
"Mi sono ben tenuta dal farlo!", fece lei ironicamente.
"Traditrice! Ma sappi che ho io le chiavi della macchina, quindi potrei
lasciarti a piedi sotto la pioggia!", la minacciò Thiago.
"E io mi metterò a cantare come Gene Kelly... I'm singing in
the
rain...", fece Mac, cantando e svolazzando intorno all'amico.
"Dai, Mac, siamo in chiesa...", fece Thiago, riacquistando un po' di
serietà e di rispetto per il luogo in cui si trovavano.
"Quanto sei bacchettone! Cantano sempre durante le messe, non posso
cantare io da sola?"
"Piuttosto,", fece il ragazzo, incrociando le braccia, "Guarda
di non sgualcire troppo quella gonna che hai... è stupenda!"
"Ci credo... è tua!", disse Mac, dandogli una pacca sulla
testa,
"Non voglio sapere quando te la sei messa, ma devo dire che sta meglio
a
me!"
"Vero... il cuoio ti dona, ti dà quel tocco così
sadomaso... e quegli stivali
al ginocchio!", prese a decantare estasiato l'abbigliamento dell'amica
di
sempre, "Tutto infiocchettato con una bella camicetta bianca, maniche a
tre quarti, aperta un po' sul petto... Se non fossi estremamente
omosessuale
avrei un paio di idee da mettere in pratica con te."
"Thiago! Siamo in chiesa...", fece Mac, chiudendo un bottone della
camicietta e dandosi le arie da giovinetta appena uscita dall'ora di
catechismo.
Doveva ammettere che Thiago non era proprio cambiato: sempre
volutamente gay
nei suoi atteggiamenti, sempre in ricerca della posa, sempre
perfettamente a
posto. Dopo la fine dell'università aveva trovato il modo di
guadagnarsi da
vivere scrivendo libri e c'era riuscito molto bene, anche meglio di
Mac; adesso
viveva felicemente nella sua natia Barcellona ma entrambi ricordavano
con
nostaglia i tempi in cui abitavano insieme e spesso, quando si
sentivano,
parlavano di come poteva essere bello riuscire a farlo di nuovo. Anche
Thiago
era sicuro che Mac non sarebbe mai cambiata: era sempre la solita
pasticciona,
combinaguai e con un sesto senso infallibile per le stupidaggini fatte
ad arte.
Per questa occasione l'aveva ospitato a casa sua, la solita in
cui avevano
vissuto insieme, e si era stupito di come, in sei anni, tutto era
ancora come
se lo ricordava. Si era lamentato con lei, le aveva detto che
quella era
una prova del fatto che lei non voleva crescere, che era rimasta ai
tempi delle
scemenze adolescenziali. Lei gli aveva risposto che tutti soldi che
guadagnava
e risparmiava non dovevano essere spesi per cose futili come la casa,
ma per
quello che a lei piaceva più di ogni altra cosa: da qualche
anno aveva
conosciuto il paracadutismo e, durante i periodi di vacanza, girava per
la
Germania
con un gruppo di
pazzi come lei, in cerca di zone adatte per praticarlo. Thiago ancora
non
capiva cosa c'era di piacevole, per lui lo sport più
pericoloso era mangiare le
minestre e le zuppe senza macchiarsi!
"Accidenti! Mi sono rotto un unghia!", esclamò Thiago,
mettendosi poi
il dito in bocca per bloccare il dolore.
"Fammi vedere...", fece lei, sfilandoglielo prontamente per
controllare il danno.
"Bonjour finezza! Sei un elefante, mi hai fatto male!",
piagnucolò
lui, liberandosi dalla presa della ragazza.
"Sei una checca... morirai all'inferno!", disse Mac, con voce
profonda e tenebrosa, tornando al montaggio dei faretti.
Quando tutto fu pronto, Mac fece alcune prove, fotografando la chiesa
per
controllare che la luce si distribuisse uniformemente nelle zone che le
interessavano: l'altare, il transetto e la prima parte
dell'unica navata
della chiesa.
"Thiago... senza fare lo scemo, mettiti qui.", fece lei, prendendolo
per la cintura dei pantaloni e portandolo davanti all'altare.
"Cioè non devo fare così?", disse il ragazzo,
mettendosi
nella famosa posizione alla Marilyn Monroe sulla grata della
metropolitana, proprio nel momento in cui Mac stava scattando la foto.
"Sì... proprio in quel modo...", si rassegnò
l'altra, riprendendo a
scattare.
"E nemmeno così?", continuò l'altro, facendo
finta di essere una
ballerina di danza classica in plié.
"Giù da lì, è una zona sacra!",
protestò immediatamente il prete,
giunto proprio in quell'istante in chiesa e vedendo il ragazzo
sconsacrare
l'altare con le sue movenze.
Thaigo, con un balzo felino, si dileguò dietro le spalle di
Mac.
"Sì.. ci scusi tanto padre....", fece lei, reprimento
l'istinto di
afferrare il cero benedetto infilato sul portacandele gigante e
romperlo in
testa a Thiago..
L'uomo, ancora indignato, se ne tornò nella sacrestia.
Mac si voltò verso l'amico ed incrociò le braccia.
"Guarda che non può lanciarti fulmini e maledizioni varie...
è solo un
prete!", gli fece.
"Sarebbe un sacrilegio maledire un ballerino perfetto come lui...",
li interruppe qualcuno, arrivato a qualche passo da loro senza farsi
sentire.
"Viva lo sposo!", esclamò Mac, posando la macchina
fotografica in
mano a Thiago ed andando verso Georg.
"E viva la fotografa!", fece l'altro, abbracciandola.
"Ma come siamo belli! Fai una giravolta prego!", disse lei, che non
aveva mai saputo immaginarlo, fino a quel momento, con un elegantissimo
vestito
nero, con tanto di cravatta e gemelli ai polsi.
"Sai, a noi interessa soprattutto il didietro!", fece Thiago,
porgendogli educatamente la mano per salutarlo, "Grazie per l'invito,
mi
piacciono così tanto i matrimoni! Anche quelli tra etero..."
"E' un piacere rivederti, Thiago.", ricambiò il gesto Georg,
"Scusate per la brevità delle informazioni ma, sapete, non
volevo
giungessero anche a persone non desiderate... Come i fotografi..."
"E ci sei riuscito, finora non ho visto nessun'altro flash che non
fosse
il mio!", disse Mac, ridendo.
"Com'è che non ci sono decorazioni, nè fiori?",
noto Thiago, "E'
un po' spoglia questa chiesa..."
"Abbiamo preferito fare le cose semplici... per adesso."", si
spiegò Georg.
"Ma almeno due margheritine! Tanto per farle accoppiare...",
piagnucolò Thiago, scontento per la poca presenza floreale
in un cos' bel
giorno.
Nel mentre che stavano ridendo per l'espressione imbronciata del
ragazzo,
alcune persone si erano avvicinate a loro e Georg fece fare
le rispettive
conoscenze. Erano i familiari più stretti suoi e della sua
fidanzata Jasmine,
che sarebbe arrivata per ultima come voleva la tradizione. Mac ne
approfittò
per fare loro qualche fotografia, ancora per trovare l'ideale
disposizione
delle luci.
"Una fotografia anche a me prego!", disse poi una voce in mezzo al
coro.
"Subito!", fece Mac, sistemando prontamente obiettivo per ritrarre un
bel primo piano di Gustav. Anche lui era tirato a lucido nel suo
smoking nero,
perfettamente in piega, non sembrava nemmeno il ragazzo che aveva
conosciuto
sei anni fa.
"Eh no, così sembrerò un mostro!",
esclamò il ragazzo,
salutandola poi con un abbraccio, "Come sta la nostra Mac? E' tanto
tempo
che non ci vediamo, ma a me sembri sempre la solita!"
"Con sei anni in più e sempre i soliti problemi!", disse
lei. Poi,
indictò accanto a lei Thiago, con un gesto della mano, "Ti
ricordi di lui,
Thiago?"
"Certo, come potrei dimenticarlo!", esclamò Gustav,
sorridendo,
"Hai fatto buon sfoggio della maglietta che ti abbiamo autografato?"
Il ragazzo lo guardò un attimo, pareva che non avesse capito
a cosa si stesse
riferendo.
"Quale maglietta?", gli domandò poi, incuriosito.
"Quella che... ma dai, quella che ci ha chiesto di fare Mac per
te...", tentò di ricordargli Gustav.
Thiago si voltò verso Mac con sguardo interessatissimo.
"Aspetta un attimo...", fece poi Gustav, capendo qual era
l'incomprensione, "La maglietta non era per Thiago... era per te Mac!
Allora alla fine sei diventata una nostra fan!"
"Calma! Calma! Calma!", si giustificò lei prontamente, "L'ho
fatta fare per ricordo, non mai stata vostra fan e mai lo
sarò!"
"Ok, stavolta te la perdono. ", disse Gustav, che rideva
così tanto
da portarsi le mani alla pancia, "Ma aspetta che lo sappiano gli
altri... Non riesco nemmeno ad immaginarmi quanto ti
prenderanno in giro
Mac!"
"Lo sanno i tuoi parenti di quella sera... in albergo? Alcol, droga and
rock'n'roll?", disse Mac, intimandogli in quel modo una possibile
rappresaglia nel caso in cui lui avesse spifferato il segreto agli
altri..
"Adesso passiamo ai ricatti?", fece Thiago, "E comunque c'è
stato anche del sesso quella sera, oltre al resto."
"Cosa?", fece Gustav, che si era distratto un attimo per salutare uno
dei presenti.
"Oh niente, ha detto solo una delle sue tante cazzate...", disse Mac,
lanciando all'amico un'occhiataccia storta.
"Vabbè... vado a salutare i familiari di Georg e di
Jasmine...",
disse il ragazzo, allontanandosi dai due.
"Sei deficiente?", disse Mac, una volta che fu abbastanza lontana
dalla piccola folla, a bassa voce.
"Cosa ho detto di male?", fece l'altro.
"Non ti è passato per l'anticamera del cervello che forse
loro non sanno
niente di quello che è successo veramente quella sera?"
Thiago si portò la mano alla bocca.
"Scusami... non pensavo che fossero così tardi di
comprendonio. E comunque
non credo che siano completamente all'oscuro, come dici tu. Magari non
aveva
semplicemente capito la mia allusione..."
"Sia come sia, ma non menzionare assolutamente quel fatto...
soprattutto
al matrimonio di Georg!", esclamò Mac.
La tensione stava salendo tra gli invitati, mancavano pochi minuti
all'arrivo
della sposa e Georg se ne stava già nervosamente in attesa
davanti all'altare,
mentre il prete dave le ultime istruzioni ai suoi bambini cherichetti.
Alla sua
destra c'era Gustav, il suo testimone, mentre a sinistra c'era una
ragazza
mora, la testimone della sposa.
"Pensa che a sette anni l'ho fatto anche io il cherichetto...", disse
Thiago, sottovoce a Mac. Anche loro, in disparte, aspettavano l'inizio
della
cerimonia.
"Non mi dire....", fece lei, con grande stupore.
"Sì... poi ho cercato di baciare il mio compagno e il prete
mi ha buttato
fuori dalla chiesa a calci nel mio bellissimo deretano!", fece lui,
dandosi una rapida occhiata al sedere.
"Se lo chiami deretano perde tutto il suo fascino...", disse Mac. Poi
si sporse sulle punte dei piedi, come se cercasse qualcosa con lo
sguardo.
"Ancora mancano Chico e Grougho Marx...", fece la ragazza, alludendo
ai due fratelli Kaulitz, "Chissà come si sono
conciati per un evento
del genere..."
"Guarda come mi cadono bene questi pantaloni... proprio un
bel
deretano..", disse Thiago, che naturalmente non aveva ascoltato una
singola parola detta da Mac, totalmente assorto nell'adorazione del suo
sedere/deretano.
All'improvviso, un rumore sordo riempì la navata della
chiesa e fece sussultare
tutti gli invitati, seduti sui loro scranni. Tutti, voltatisi verso
l'uscita
della chiesa, videro i ritardatati appena citati da Mac entrare
nell'edificio
con qualche difficoltà.
Furono capaci di aprire il portone, ma uno dei due scivolò
in avanti, cadendo
nelle braccia dell'altro e facendo ancora più rumore.
Georg, che aveva capito subito l'anitofona, andò verso di
loro per recuperarli.
"Siete in ritardo!", disse loro, abbastanza ad alta voce per essere
sentito da tutti. Accompagnato dai due circensi, Georg riprese il suo
posto
davanti all'altare.
"Gesù...", esclamò Mac vedendoli.
Poteva comprendere che lo sposo avesse deciso di vestirsi propriamente
per il
giorno più importante per la sua vita.
Poteva anche riuscire ad accettare la vista di Gustav con quello
smoking
che Thiago aveva individuato come una sicura opera d'arte dei
due stilisti
gay italiani più famosi nel mondo.
Ma ancora non riusciva a capire come riuscissero i fratelli Kaulitz ad
essersi
presentati in quel modo...
Erano veramente originali! Riuscivano ad indossare la giacca di un
frac, con
una lunga coda a pinguino, sopra ad una t-shirt e ad un paio di jeans.
Tom si
sedette tra gli invitati, salutando tutti con un cenno di mano, mentre
Bill
passò velocemente alle spalle di Mac e di Thiago, senza
accorgersi della loro
presenza, per andare a sedersi davanti ad un piccolo organo.
"Già hanno insultato il buon gusto vestendosi come dei
deficienti...
poi quello mi si siede anche sopra la coda del frac!!",
esclamò Thiago,
andando indispettito a rimediare all'errore di Bill, che non si era
minimamente
preoccupato di scansare lo strascico del proprio vestito prima di
sedercisi
sopra.
Gli picchiettò sulle spalle mentre Bill si scaldava le mani
sui tasti dello
strumenti.
"Metti giù quelle chiappe secche dalla coda del frac!", gli
disse,
sorridendogli.
Il ragazzo lo guardò un attimo, poi ricambiò.
"Tu devi essere quel pazzo di Thiago!", fece, alzandosi e dandogli la
mano.
"Sì... sono proprio io! Scusami, ma mi stavo veramente
sentendo male per
il tuo vestito!", gli fece, spiegandogli il motivo per cui gli era
balzato
così repentinamente alle spalle.
"E Mac dov'è?", gli chiese.
"E' là, dietro di me... ma non provare più a
vestirti in questo
modo..."
Bill salutò la ragazza con un cenno di mano per poi tornare
a sedersi, nella
maniera più appropriata per un indossatore di frac, e
riprendere il suo
compito. Averbbe parlato con lei dopo, la sposa stava per arrivare.
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Capitolo 2 *** Are you still having fun? I'm not! ***
ARE YOU STILL HAVING FUN? I'M NOT!
La cerimonia durò molto poco, Mac stimò circa una mezz'ora, minuto più
minuto meno. Fu tutto molto semplice, quasi sbrigativo, sicuramente c'era
una mega festa che li aspettava dopo la cerimonia. Lo sperava vivamente, perchè
i matrimoni erano molto stancanti: dopo aver fatto almeno un migliaio di
fotografie alla coppia aveva proprio bisogno di qualche bicchierino per
riprendere le forze. Era stancante fare la fotografa ai matrimoni, doveva
correre da una parte all'altra dell'altare e scattare, scattare scattare. Si
era dovuta anche togliere gli stivali per evitare che il tac tac dei tacchi
disturbasse la cerimonia.
"Oh mio dio...", le aveva fatto Thiago sottovoce, guardandole i
piedi, "Cosa ci fanno quei calzini...."
"Scusami, ma è giugno, fa caldo e non potevo certo mettermi le
calze...", si era scusata Mac, "Odio il contatto diretto tra il piede
e la scarpa, così mi sono messa un paio di calzini."
"Ma tra tutti i calzini che hai non potevi metterne un paio nero? No! Tu
devi sempre avere quegli orripilanti calzini a righe!", si era lamentato
il ragazzo, indignato per quell'insulto al buon gusto.
Mac gli aveva risposto con una la linguaccia ed era tornata al suo lavoro,
fiera dei suoi amati calzini colorati.
La sposa era a dir poco bellissima e doveva esserlo anche nella realtà
quotidiana, senza tutto quel trucco e quegli svolazzi del vestito. Benchè fosse
molto più bassa del ragazzo, aveva un sorriso invidiabile, capelli castani e
degli occhi così scuri che risaltavano molto sul bianco del suo vestito. In
tono con il resto della cerimonia, anche il suo abito era molto semplice,
liscio e lungo fino ai piedi, senza maniche e con un sobrio scollo
rettangolare.
"Per me è stupenda...", disse Thiago, seduto accanto a Bill sulla
panca dell'organo, "Vorrei essere nei suoi panni..."
"Intendi nel suo vestito?", gli chiese l'altro.
"Proprio così... ho sempre sognato di sposarmi un giorno."
"Beh... che io sappia in Spagna si può..."
"E allora trovamelo tu uno sposo. Sai, io ci ho provato ma, insomma, i
prezzo della fama...", fece lui, atteggiandosi da star.
"Tutti che ti corrono dietro per strada... E' difficile trovare l'anima
gemella mentre sei in fuga!", rispose l'altro ridendo.
A fine cerimonia, ognuno prese posto nella sua macchina e si mise in fila per
andare al luogo in cui si sarebbe svolta la festa privata del matrimonio di
Georg e Jasmine.
"Non è che potresti darci magari un'indicazione vaga su dove ci stiamo
dirigendo?", chiese Mac allo sposo, dato che non aveva la più pallida idea
sulla direzione da prendere. Ma soprattutto non voleva perdersi ancora, insieme
a quell'isterico di Thiago.
"Segui la macchina di Tom, non ti preoccupare.", le spiegò, "E'
poco fuori città, in campagna."
"Sì, ma ho paura di sbagliare strada mille volte come abbiamo fatto
per arrivare fino qui.", insistette Mac.
"Stai tranquilla... la macchina di Tom non è proprio invisibile.",
fece l'altro, con sorrisetto malizioso.
Al loro fianco apparve una fuoriserie decappottabile, grigia metallizzata, la
cui casa di produzione era facilmente riconoscibile dal 'mirino' sul cofano,
come lo chiamava Mac.
"Vi farei salire sul retro,", disse Tom, accarezzando il volante del
suo gioiello, "Ma come vedete è solo per due.."
Non appena la vide, gli occhi di Thiago presero a brillare dallo stupore. Si
avvicinò titubante alla macchina e toccò il cofano come se fosse fatto d'oro,
iniziando a decantare tutti i dati tecnici di quel bolide e tutte
le prestazioni su strada, sembrava si fosse trasformato in una rivista di
automobili.
"Chi lo avrebbe mai detto che un gay potesse essere così esperto di
macchine...", sbuffò Mac, cercando nella sua borsa le chiavi della sua
piccola ma superlativa quattro ruote. Non le erano mai piaciute le macchinone
per ricconi, tantomeno quella lì.
Aveva dovuto dire addio alla sua amata e decrepita Celestina due anni prima:
l'aveva persa improvvisamente in mezzo al traffico. Quella dannata sera, la
ricordava ancora come se fosse stata il giorno precendente, fece per mettere la
prima e, dopo una serie di terrificanti rumori e guaiti, si era spenta per
sempre... erano i primi di maggio, una sera di cielo cristallino e di tramonto
purpureo...
Adesso era stata sostituita dalla nuova versione di quell'adorato Maggiolino,
non poteva tradire la memoria della sua Celestina con un'altro tipo di
macchina.
"Bill," cinguettò Thiago, "Non ti dispiace se io e tuo fratello
ci facciamo un giro su questo diamante vero?"
"Beh... a dire il vero io...", provò a dire l'altro, ma
Thiagoormai aveva preso il suo posto e non gli rimaneva altro che
andarsene con Mac, a meno che non volesse viaggiare aggrappato alla cappotta
della machina di suo fratello.
"Ehy! Guarda che non rischi mica la vita a venire con me!", protestò
Mac, mentre cercava di infilare nel portabagagli la valigia dei faretti.
Fu un'impresa
ardua stare dietro a Tom, che aveva un piede destro molto pesante. Mac dovette
premere più volte il clacson per ricordargli che doveva rallentare, almeno per
due motivi: uno, perchè era risaputo che chi andava più piano andava sano e
lontano, e infine, ultimo ma non meno importante, lei doveva stargli dietro per
non perdersi.
"Da qui in poi mi ricordo la strada, quindi lasciali andare.", le
disse Bill.
"Va bene.", disse Mac, che prese a smanaccare per attirare
l'attenzione dell'altro.
Tom, vedendo l'amica riflesso sullo specchietto retrovisore, ingranò la sesta
marcia e la seminò, per la felicità del suo passeggero Thiago.
"Quindi adesso cerchi di metterti in proprio?", gli chiese Mac,
riprendendo il discorso che era stato precedentemente interrotto.
"Sì, ci sto provando, tra qualche giorno avrò un colloquio con l'ennesima
casa discografica... non è facile come sembra, vogliono impormi certe cose, io
non resco a scendere troppo ai patti, insomma, spesso sono stato io a mandare
tutto a quel paese."
"Beh... i compromessi sono fondamentali nella vita."
"Hai perfettamente ragione... ma non si cambia lo stile Bill! Io sono così
come vedi, non si mette le mani nel mio modo di essere.", disse lui.
Effettivamente non era cambiato molto nel tempo, se non per il fatto che i
capelli di una volta erano diventati più o meno della lunghezza di quelli di
Mac, cioè poco sotto l'orecchio. Data l'occasione galante, disse che aveva
preferito lasciarli liberi, senza costrizioni tra lacca e gel.
"Secondo me stai molto meglio così... prima sembrava che ti pettinassi con
le bombe a mano!", disse Mac, ridendo, "E poi le ciocche chiare....
no, no, ho sempre preferito il contrasto con colori tendenti al rosso, così
come hai adesso."
"Dici sul serio?", fece lui, tirando giù il parasole per rimirarsi
allo specchietto, "Eppure non mi convincono tanto. Secondo te ho fatto
bene a lasciarli così, lisci, senza niente?"
"Bill... è il matrimonio di Georg! E' già stato uno sbaglio metterti la
giacca di un frac sopra la t-shirt di...", fece Mac, allungando l'occhio
sulla scritta che troneggiava sul petto id Bill, "...di questo gruppo a me
sconosciuto... e sopra un paio di jeans strappati! Thiago stava per infilzarti
con un dito quando ti ha visto!"
"Questo gruppo a te sconosciuto sono gli Him!", fece lui, mostrandole
orgoglioso la sua maglietta.
"Siano chi siano, io non li conosco. E poi tuo fratello! Sembrava un
pinguino con le braghe calate!"
"Ecco, svolta a destra alla prossima...", fece il ragazzo,
indicandole la strada, e riprendendo poi il discorso, "Diciamo che nel
tempo Tom ha compreso che era indecente vestirsi con tutti quegli abiti così
larghi e per adesso si sta avvicinando alla sua taglia, ma ancora ci vorranno
anni per farlo ragionare."
"Ha parlato Mister Normalità.", disse Mac, svoltando come le era
stato detto.
"Sarà meglio mettere un po' di musica," sbottò Bill, "O
Mademoiselle Sarcasmo tirerà fuori un'altra delle sue battutacce..."
Percorsero un altro paio di chilometri di strada asfaltata, poi Bill le indicò
ancora dove svoltare.
"TLo vedi quel cancello?", le fece Bill, indicando l'inferriata che
stava alla loro sinistra, ad un paio di metri dalla strada principale, "E'
l'umile casa di Georg."
"Beh...", osservò Mac, perplessa, "A vedere il cancello sembra
una casa come le altre."
"Due bagni per piano, dieci camere da letto e una piscina semi
olimpionica? La vuoi chiamare ancora casa normale come le altre?", le fece
Bill, con sarcasmo, "Nemmeno la mia è così... ha voluto fare le cose in
grande per la sua mogliettina..."
Mac non notò la piccola punta di invidia celata nelle sue parole, era
troppo impegnata a premere il bottone del campanello, posto all'altezza
guidatore. Dopo qualche attimo il cancello si aprì e la macchina entrò
lentamente nel vialetto, costeggiato da un'alta siepe di alloro. Appena videro
le altre auto parcheggiate, tra cui quella di Tom, accostarono e spensero il
motore.
"Che te ne pare adesso?", disse Bill, indicandogli con un cenno della
testa la casa.
"Wow... è immensa... nemmeno sapevo che esistesse una casa del genere in
queste zone...", disse Mac.
Infatti era decisamente grande, quell'umile casa di Georg. Due piani, stile
inglese, mattoncini a vista, tante finestre quanto le dita delle mani di Mac e
Bill messe insieme. Scesero di macchina, Mac aveva ancora il naso puntato verso
la villa.
"Siamo di qua!", sentirono dire da Gustav, che li salutava a qualche
metro alla loro sinistra.
"Prendo l'attrezzatura.", disse Mac.
"Ti do una mano."
"Che posso dire... bella festa!", disse Thiago, sedendosi sulla
panchina accanto alla sua stanca amica Mac, mentre tutto intorno a loro la
gente rideva, ballava e si divertiva. Nelle precedenti due ore Mac non
aveva fatto altro che ritrarre i due sposini in ogni genere di posizione e
posto: sul torrentello che scorreva nel boschetto adiacente alla villa,
sull'altalena appositamente decorata per l'occasione, sotto un gazebo pieno di
fiori, in groppa al cavallo e così via.
Ne era uscita così stomacata da quel lavoro che aveva bisogno di qualcosa di
forte per riprendersi dall'eccesso di sdolcinatezza.
"Ecco il tuo doppio martini con doppio... boh, una sopresa del
barista!", disse lui, porgendole il suo bicchiere.
Mac lo prese, lo guardò un attimo, poi se lo avvicinò alla bocca e lo bevve
tutto d'un fiato.
"Un altro!", fece poi, riconsegnandolo a Thiago.
"Ehy... che ti prende bambolina mia...", disse lui.
Mac poggiò la testa sulla sua spalla e Thiago le passò un braccio intorno alla
vita.
"Tutto questo rosa nell'aria mi sta facendo venire un collasso
respiratorio...", fece lei, malinconicamente.
"Non dirmi che stai pensando alla solita cosa... Non mi fare
preoccupare..."
"Beh... portami un'altro doppio a sorpresa e mi passerà anche la
depressione.", ironizzò Mac, "Ma che sia doppio davvero
stavolta!"
"Sei sempre la solita!", fece l'amico, dandole un veloce bacio sulla
testa e andando ad esaudire il suo desiderio.
"Mac! Non vieni a ballare?", le chiese Georg da lontano. A qualche
passo da lei, alle sue spalle, oltre ai tavoli e alle sedie rosa confetto
sopra cui tutti gli invitati avevano mangiato e bevuto come dei pascià, c'era
una pista da ballo. Le casse dell'impianto stavano trasmettendo le canzoni
di 'Radio Cheek to Cheek: canzoni per gli innamorati', come pensava Mac.
Niente di questo faceva per lei.
"No, grazie, non so ballare...", gli rispose.
"Ti insegno io!", fece l'altro, esortandola a seguirlo nella danza
"Per l'amor di dio no!", sbottò Mac, ridendo di gusto, "Con quei
piedoni mi renderai paralitica! Sarà per un'altra volta ok?".
Al che Thiago si intromise.
"Potresti ballare con me però!", fece a Gorg, mentre si affrettava a
portare il drink all'amica per gettarsi nelle braccia del ragazzo.
"Non credo che Jasmine sarà gelosa!", rispose lui, aspettando il suo
ballerino a braccia aperte.
Mac scosse la testa divertita, prese al volo il suo doppio a sorpresa e si mise
a sorseggiarlo lentamente, rilassandosi al dolce rintocco dell'alcol sulle sue
papille gustative.
"Non ti ricordavo così solitaria...", fece Tom, sedendosi
accanto a lei. Portò una gamba al petto e la abbracciò.
"Sai, un po' di depressione post-matrimonio-altrui. Conosci questa
sindrome?", rispose lei, con sarcasmo.
"Sinceramente no, ma credo che sia scritta in tutti i manuali di
psicologia. Solo che io non ne ho mai preso in mano uno."
"Sono sicura che non sono gli unici libri da cui ti sei tenuto
lontano...", fece Mac, in vena di acidità, ma poi decise di deporre
il suo brutto carattere per essere più amichevole, "Com'è che hai
rinunciato ai tuoi rasta?", gli chiese.
Non lo aveva notato prima di quel momento, ma dal retro del suo cappellino e
della sua fascia non usciva niente. Non un solo dreadlock.
"Non ci ho rinunciato...", fece lui, toccandosi la visiera e facendo
spallucce, "Me li rifarò appena posso. Erano diventati troppo
insopportabili, si erano sciupati. Così, un giorno, ho preso forbici e rasoio
e... ho fatto imbestialire diverse persone!"
"Tra cui anche me!", disse Bill, spuntando come un fungo alle loro spalle
e sedendosi accanto al fianco libero di Mac.
"Un ritorno ai vecchi tempi... io, di nuovo tra i gemelli
Kaulitz...", disse la ragazza, con sorriso malinconico.
"Già, è vero... sono passati sei anni... tanto tempo...", disse Bill,
"Tante cose sono successe..."
L'occhio del ragazzo, che aveva vagato indisturbato su di Mac, cadde
esattamente sul suo braccio sinistro. Coperto dalla manica a tre quarti dalla
camicetta, gli era parso di vedere una scritta.
"fammi vedere un attimo...", fece, prendendole il braccio e spostando
la manica.
Copriva in parte una scritta a lui familiare.
"E questa?", le chiese, son sguardo meravigliato..
"Un ricordo di voi.", rispose Mac, cercando di essere vaga.
"Ma non era quella scritta...", disse Tom, "Quella che..."
"Quella che Georg aveva sul petto...", continuò il fratello, "E
te l'ha messa anche sulla maglietta, quella che abbiamo autografato per
Thiago..."
"Mamma mia che memoria che avete!", sbottò Mac, imbarazzatissima,
"Siete impressionanti, un elefante è niente contro di voi!"
"Beh... però è un bel tatuaggio.", disse Bill, complimentantosi,
"Se non sbaglio ne avevi un altro qua. Mi sono sempre chiesto che cosa
significasse."
Mac tirò un sospriro di sollievo, non era di certo il caso di dare spiegazioni
sulla vera natura di quella scritta ed era bensì felice di parlare dell'altro
tatuaggio. Spiegò loro che quel simbolo si chiamava 'Auryn' e che era stato
usato nel film 'La storia infinita'.
"E che cosa starebbe a significare?", le domandò Tom.
"La continuità dell'universo, sono due serpenti intrecciati, uno che morde
la coda dell'altro.", lo informò Mac, "Ma viene anche utilizzato per
simboleggiare la perfetta simbiosi tra gli estremi opposti. Io l'ho fatto solo
perchè mi piace il film, lo vedo almeno una volta al mese!"
"Ma non è un film per bambini?", disse Bill.
"Sì, e non me ne frega niente!", esclamò Mac ridendo.
"Non c'è nessuno signor Rosenbaum in vista?", le chiese Tom.
"L'ultimo ha ricevuto un bel calcio in culo due anni fa.", disse lei,
con un sorriso abbozzato.
"E cosa avrebbe fatto per ricevere cotanta punizione?", domabdò Tom,
stupito.
Mac fece un gesto eloquente con la mano sinistra.
"Ha osato tradirti?", esclamò Bill, facendo finta di essere
estremamente stupito. Mac lo guardò con aria abbastanza seccata.
"Dai, stavo scherzando...", si scusò l'altro, "Non esistono le
seconde possibilità in casa Mackenzie?"
"Assolutamente no, vai con un'altra, quella è la porta. Se opponi
resistenza, ti becchi un bel calcio. E' stato fortunato ad averlo preso sul
culo, perchè se non si fosse voltato avrei colpito tutt'altra zona!"
"Ahia!", fecero entrambi i ragazzi, portandosi le mani proprio in
quella parte del corpo.
"Non sei una che perdona....", disse Bill.
"Di solito sì, ma per alcune cose non ci sono giustificazioni
valide.", fece lei.
Il ragazzo notò una certa tristezza nelle parole di Mac, sicuramente lei aveva
sofferto molto per quello.
"Ecco perchè non ho mai pensato che noi due avremmo potuto essere una
bella coppia.", le fece Tom, cercando di buttarla sullo scherzoso.
"Una bella coppia no... ma magari...", disse Bill, lasciando il
discorso sul vago.
"Sarà meglio che torni da Thiago,", disse Mac alzandosi, "Non
voglio sapere altro! Voi due siete spaventosi insieme!"
"Dai! Rimani qua! Mica siamo ancora dei ragazzini!", fece Bill,
prendendola per un braccio e facendola sedere di nuovo.
"Sul serio, siete orribili messi insieme.", fece Mac, che iniziava a
sentirsi a disagio.
"Tranquilla, non abbiamo brutte intenzioni.", disse Tom,
stuzzicandosi il pearcing.
Si creò uno spiacevole attimo di silenzio, un misto tra il non sapere più cosa
dire e l'avere troppe cose di cui parlare da non sapere da dove cominciare.
"Già...", fece Mac.
"Eh sì...", disse a sua volta Tom, tanto per riempire quel momento
morto.
"Insomma...", seguì Bill.
"Le stagioni non sono più quelle di una volta...", continuò Mac.
"Dobbiamo ancora andare avanti?", esclamò Tom, seccato per quella
situazione di stallo.
"Non voglio dirlo... ma io mi sto annoiando a morte!", fece Bill,
prendendo il drink di Mac e bevendolo tutto d'un fiato.
"Pure io...", si accodò lei..
"Dovremmo animare la serata....", disse Tom, cogliendo al volo il
pensiero di tutti..
"Siamo ad un matrimonio, non possiamo rovinare la festa di Georg.",
fece Mac, "Vado a prendermi da bere, ne ho davvero bisogno. Ci vediamo
dopo!"
Andò verso la zona bar per prendersi un altro drink. Doveva ammettere che li
facevano molto buoni ma quello sarebbe stato davvero l'ultimo. Era meglio
evitare situazioni imbarazzanti dovute ad un tasso alcolico nel sangue più alto
del dovuto... e le memorie passate contribuivano a questa ferrea decisione.
Appoggiata alla colonna di ferro che sosteneva il grande gazebo, guardava i
ballerini scatenarsi in un twist dei Beach Boys. Vide Thiago tra la piccola
folla, che ballava stretto stretto alla ragazza che aveva fatto da testimone a
Jasmine, di cui ancora non sapeva il nome.
"Me lo concede questo ballo signorina?", le chiese Gustav,
picchiettandole con delicatezza sulla spalla.
"Mi serve ancora un po' di carburante prima di partire... ho un motore
diesel un po' scassato.", fece Mac, mostrandogli il suo bicchiere, "A
proposito, chi è quella ragazza che balla con Thiago?"
"Scusami, che sbadato! Non te l'ho presentata, è la mia fidanzata!",
disse Gustav, dandosi una pacca sulla testa.
"Ecco perchè mi era sembrato che vi guardaste con occhi troppo
dolci!", esclamò Mac.
"Si chiama Kim ed è un'amica d'infanzia di Jasmine.", le spiegò,
"E' tramite la mia ragazza che Georg ha conosciuto la sua attuale e
freschissima mogliettina!"
"Ma a voi piace fare le cose in famiglia o sbaglio?", osservò Mac,
ridendo.
"Io lo chiamerei amore..."
"No, ti prego, basta! Piantatela con questi discorsi sull'amore, la vita
insieme, bla bla bla, perchè potrei morire sul posto e senza ancora aver
incassato l'assegno!", fece Mac. Posò il bicchiere su un tavolo lì vicino,
prese con decisione la mano del ragazzo e si buttò tra la folla, raggiungendo
gli altri e prendendo a ballare animatamente con loro.
"Oddio! Non mi ricordavo nemmeno quando è stata l'ultima volta che ho
ballato così tanto!", disse Mac, dopo il termine di un tango della
passione con Thiago.
"Mi stupisco che le mie lezioni di ballo ti siano rimaste in mente dopo
tutto questo tempo!", fece il suo amico, mentre raggiungevano le sedie più
vicine a loro.
"Pure io... ho sempre pensato di essere ancora agile come un manico di
scopa e invece mi sono dovuta ricredere di me stessa!"
Riprese un attimo il fiato, avevano ballato per quasi due ore di fila e sentiva
che i piedi si stavano gonfiando.
"Sarà meglio che vada a cambiarmi... e soprattutto a mettermi un paio di
scarpe da ginnastica.", fece, lasciando l'amico a riposarsi
solitario.
Si era portata un paio di pantaloni, ovviamente al ginocchio come piacevano a
lei, sicura che si sarebbe stancata della gonna che portava, e un paio di
scarpe più comode, per dare sollievo ai suoi piedi doloranti.
Volle approfittare di quel momento anche per fare qualche foto in giro;
sicuramente con il tramonto che stava per venire avrebbe scattato qualche bel
pezzo da aggiungere al suo book personale.
Thiago rimase diversi minuti immerso nei suoi pensieri, mentre gli altri
invitati stavano in giro a chiaccherare tra sè o a improvvisare qualche
balletto. La cena era già stata servita da un pezzo, troppo presto per lui che
era abituato ai ritmi spagnoli, molto diversi da quelli tedeschi, e tutte i
tavoli erano stati ripuliti dal cibo. Sentiva di nuovo la fame gorgogliare
nello stomaco...
"Cosa si dice in Spagna?", gli chiese Bill, sedendosi accanto a lui e
porgendogli una vaschetta con dentro qualche patatina.
"Sei il mio salvatore! Stavo morendo dalla fame!", fece Thiago,
prendendone una manciata.
"Forse hai ancora qualche possibilità di salvezza, la ditta di catering è
sempre in giro...", disse Bill.
"Potrei scongiurarli di prepararmi qualcosa... ma lasciamo perdere, devo
mettermi in testa di dimagrire!", disse Thiago, con ferrea sicurezza,
"Cosa mi avevi chiesto?"
"Beh... una cavolata!", esclamò Bill, "Ma avrei veramente una
domanda, ma non so se sono troppo indiscreto."
"Spara.", fece Thiago.
Bill sospirò, cercando le parole giuste per non passare da impiccione.
"Mac mi è sembrata un po' strana... cioè, in fin dei conti io non la
conosco molto ma...", disse Bill, cercando nell'espressione di Thiago un
cenno che gli facesse comprendere di essere sulla buona strada. Lo colse in un
suo sguardo.
"Beh... non so se posso parlartene.", fece Thiago, comprendendo
perfettamente dove Bill voleva andare a parare.
"Allora come non detto.", si ritirò Bill, "Comunque era più che
altro per sapere se era vero quello che pensavo, cioè che non stesse
proprio a suo agio qui."
"Sicuramente sì, anche se non lo da molto a vedere.", continuò
l'altro, accennando ad un sorriso di comprensione.
"Sai dov'è?"
"Mah... mi ha detto che andava a cambiarsi le scarpe, forse la trovi alla
macchina che cerca di non rimanere asfissiata dalle esalazioni dei suoi
piedi!", disse Thiago ridendo, "Sei anni fa era in grado di uccidere
le zanzare, ora non saprei, ma non penso che sia cambiato molto!"
Mac cercò i padroni di casa per chiedere loro se poteva aggirarsi intorno
alla casa per fare qualche fotografia. Trovò Georg che stava salutando con
la sua neo moglie i primi parenti in partenza. Appena ebbe il consenso dei due,
iniziò la sua ricerca dello scatto d'oro. A volte, quando pensava di essere in
un luogo in cui era certo di poterlo trovare, poteva anche stare ore prima di
fare una foto che le piacesse veramente: aveva bisogno soprattutto della luce
giusta, perchè le piaceva molto giocare con i riflessi dei raggi del sole. Comoda
nei suoi pantaloncini e nelle sue sneakers, fece il giro della casa, andò verso
il boschetto, poi tornò verso la facciata ed infine si fermò, appoggiata al
cofano della sua macchina. Aveva scattato ogni volta che percepiva l'attimo
giusto per farlo. Ma con il braccio sinistro appoggiato sulla pancia e l'altro
che sorreggeva la fotocamera, si mise a chiedersi perchè non le stava
piacendo nessuna delle foto che compariva sullo schermetto. Erano certamente
belle, la luce era giusta, ma sentiva come se non le avesse scattate lei, come
se fossero state fatte da qualcun altro.
I suoi occhi si spostarono di nuovo sulla casa. Era magnifica, proprio il
posto in cui tutti avrebbero voluto vivere. Tutti tranne lei, che in un posto
del genere non ci avrebbe mai messo piede, nemmeno per una notte sola. Non
sapeva se ciò aveva a che fare con l'estetica della casa stessa, oppure con il
fatto che era fatta su misura per un marito ed una moglie.
Il matrimonio per lei era sempre stato come una gabbia, dove due fiere ammaestrate
giravano in tondo in cerca di uno spazio personale in cui vivere, senza però
trovarlo. Benchè i suoi fossero stati sposati per molti anni e non avessero mai
avuto molti problemi in famiglia, non riusciva proprio ad accettare questa
scelta di vita. Una volta però era stata quasi pronta per affermare il
contrario...
"Mac! Mac! Che ci fai là?", le chiese Thiago, che si stava
avvicinando a lei, interrompendo i suoi pensieri, "E' mezz'ora che ti
cerco!"
"Scusami... mi ero fermata un attimo a riflettere...", fece lei,
andando verso di lui e abbracciandolo.
Thiago comprese all'istante quali brutti pensieri passassero in testa
all'amica.
A dire il vero lo aveva già capito da un pezzo, fin dal primo momento in cui
Bill aveva suonato la marcia nuziale, ma non ne aveva fatto parola. La
abbracciò a sua volta, cercando di trasmetterle tutto il conforto di cui aveva
bisogno.
"Ecco, questo è uno dei pochi momenti in cui, piuttosto che vederti
depressa, ti preferisco ubriaca!", disse l'altro, cercando di tirarle su
il morale.
"Meno male che Dio ti ha fatto e poi ha buttato via lo stampo...",
gli disse Mac.
"Così ti voglio, acida e sarcastica come sempre. Ora torniamo di là, la
festa sta per concludersi.", le fece, prima di darle un bacio sulla testa.
TITOLO: 'Are you still having fun?' è una canzone di Eagle Eye Cherry. Non l'ho
utilizzata per scopi di lucro, solo per citazione.
RINGRAZIAMENTI: wow, che bello tornare con le storie! volevo farlo a settembre
come avevo già detto perchè così tutti tornavano dalle vacanze! ma l'impazienza
ha avuto la meglio!!!!
MissZombie: grazie grazie grazie per i complimenti, diciamo che
fino ad adesso Mac e Thiago sono i migliori personaggi che sono riuscita a
partorire (non è che mi piaccia tanto questo termine... XD) e mi dispiaceva
lasciarli cadere nel dimenticatoio! per quanto riguarda il cd dei tokio,
è vero, sono un po' immaturi come dice CowgirlSara, spero che presto perderanno
la loro venatura pop per diventare molto più rock! e poi per comprarlo! le
avventure! con il mio scarso tedesco ereditato dalle superiori sono riuscita a
capire che l'unico negozio di cd a innsbruck era in un centro commerciale... e
l'ho studiato per 5 anni... risultato che con il mio fidanzato siamo stati
mezza giornata a cercare quel maledetto negozio di cd e della città non abbiamo
visto niente!!!!!
CowgirlSara: grazissimissime anche a te! mi siete mancati
tutti!!!! se vuoi disegnarli davvero magari poi li pubblichiamo a fine storia,
nell'ultimo capitolo, sarebbe fichissimo! se questa piccola collaborazione
artistica ti va bene, nel prossimo chap, nei ringraziamenti, ti metto le
descrizioni dei due scemi!!!! ora che ci penso non li ho descritti molto, anche
perchè mi piace lasciare che voi che leggete la mia storia possiate immaginarvi
i miei personaggi come più vi pare, mi sembra di aver scritto solo che è alta e
bionda, con capelli lunghi nella prima storia; con i capelli corti a caschetto
in questa. Quindi, sempre se sei d'accordo, metto le descrizioni nel terzo
capitolo!
Lidiuz93: grazie anche a te! ho scritto anche un'altra storia dove non
sono loro, diciamo, ad essere al centro. se la vuoi leggere si intitola 'wanna
take a day off from your life?'... grazie ancora per la recensione e rimani in
linea per i prossimi capitoli!
Ki@rett@: grazie mille anche a te! la storia precedente si intitola
'rock my life', spero che ti piacerà! fammi sapere! e grazie di nuovo!
GRAZIE MILLE ANCHE A TUTTI QUELLI CHE NON HANNO RECENSITO!!!! AL PROSSIMO
CAPITOLO!!! R-C-B
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Capitolo 3 *** Memories ***
MEMORIES
Si era ricordata la strada senza troppi problemi e riconobbe subito il
cancello. Si accostò al campanello e suonò, attendendo che le venisse aperto.
Ripercorse il vialetto come aveva fatto circa un mese prima, il giorno del
matrimonio, e parcheggiò la sua macchina di lato, accanto all'ultimo scorcio di
siepe. Prese la sua borsa e, dopo aver percorso i pochi metri che la separavano
dal portone, entrò nella casa. Qualche giorno prima Georg l'aveva contattata
per farsi portare le fotografie della cerimonia, invitandola anche a cena.
Ad accoglierla fu Jasmine, la padrona di casa, e quasi Mac non la riconobbe: se
la ricordava ancora in abito da sposa, truccatissima e con i capelli acconciati
sulla testa. Adesso invece le era apparsa come una semplicissima ragazza acqua
e sapone, in jeans e t-shirt, ma sempre molto carina. "Entra
pure!", le disse Jasmine, "Scusa se c'è un po' di confusione, ma
ancora dobbiamo traslocare gran parte dei mobili e delle nostre cose, siamo
tornati appena qualche giorno fa."
"Figuratevi se ora mi metto a guardare tutti questi scatoloni in giro per
la casa e a pensare a quanto possiate essere disordinati!", disse Mac,
buttandola sullo scherzo, "Questa casa è bella anche così. La mia a
confronto sembra uno sgabuzzino per scope."
"Beh, grazie mille allora. Seguimi, andiamo nell'unica stanza
abitabile.", disse lei.
La portò in un salotto, grande quasi quanto la sua stessa casa, dove Georg se
ne stava tranquillamente a guardarsi una partita di basket sul suo maxi
schermo a cristalli liquidi, seduto su un divano di pelle nera lungo almeno un
chilometro.
"Ecco la nostra fotografa preferita!", esclamò, quando la vide
arrivare. Si alzò a la salutò.
"L'hai già usata per il matrimonio questa battuta, ma stavolta te la
passo, sono generosa.", fece lei, avvicinandosi per dargli un veloce
abbraccio.
"Allora? Hai portato le nostre foto?", le chiese, quando anche sua
moglie si fu seduta accanto a lui.
"Sì, le ho messe su un cd... possiamo vederle sulla vostra televisione,
altrimenti ho un portatile in macchina.", disse Mac.
"No, figurati. Ho appena collegato tutto questo impianto, voglio vedere se
funziona correttamente!", fece Georg, riferendosi al televisose e a tutte
le altre consolle per la videoregistrazione. Prese il cd che gli porgeva Mac e
lo inserì dentro al lettore dvd, ultima generazione, avrebbe anche potuto
servire il caffè e lavare per terra.
"Allora che la proiezione inizi!", esclamò Mac.
"Veramente dovrebbero arrivare anche altri spettatori.", le rivelò
Jasmine.
"Per l'occasione abbiamo chiamato anche gli altri tre.", proseguì
Georg, "Mi ci è voluto un po' per convincerli, dato che i due fratelli,
appena hanno capito che stavano per sorbirsi ore di fotografie e filmatini,
hanno iniziato ad evitare le mie telefonate. Gustav stava quasi per partire di
nuovo per la Spagna, per andare dalla sua fidanzata. Ho dovuto pregare in arabo
per farli venire!"
Mac rise, era contenta che sarebbero venuti anche gli altri, così non avrebbe
finito per sentirsi come il terzo incomodo. E poi voleva rivederli tutti, era
sempre un piacere passare del tempo con loro.
"Vuoi qualcosa da bere?", le chiese Jasmine, alzandosi ed avviandosi
verso la cucina..
"Certo, molto volentieri.", fece Mac, seguendola.
Modernissima, in legno laccato di nero, sembrava costruita per degli
astronauti. Diversi scatoloni impilati a terra stavano a dimostrare che ancora
i due non avevano trovato il tempo per riassettare nemmeno quella stanza.
"Scusami ancora.", disse Jasmine, con imbarazzo, indicando con gesto
della testa tutto il casino.
"Dai, non ti preoccupare!", ripetè di nuovo Mac, "Io abito nello
stesso appartamento da quasi otto anni e sono più o meno nelle solite
condizioni!"
"E' che non sono abituata a vivere in questo modo... tutte queste stanze,
tutta questa roba!", disse Jasmine.
"Io mi ci abituerei... magari con almeno una ventina di persone che fanno
tutte le pulizie per me!", fece Mac, ridendo di gusto.
"Non ho molto da offrirti... cosa ti piacerebbe bere tra succo di frutta
ed acqua minerale?", le domandò la padrona di casa.
"Il succo va più che bene se c'è, altrimenti anche un po' salutare e
analcolica acqua!", rispose Mac.
La ragazza tirò fuori un cartone di succo alla pera e ne versò sia per Mac che
per sè. Un sorso dopo l'altro, sentirono il campanello suonare.
"Eccoli, sono arrivati.", fece Jasmine.
"Vado io ad aprire!", si fece sentire Georg, dall'altra stanza.
"Bentornato!", esclamò Gustav, salutando il suo amico bassista,
"Pensavamo che ti fossi perso nell'immensità del continente
asiatico!"
"Beh, un paio di volte ci siamo andati vicini, meno male che avevamo
sempre una guida con noi!", fece l'altro, "Dove sono gli altri
due?"
"Ancora alla macchina, stavano finendo una stupida discussione su qualcosa
di altrettanto stupido.", disse Gustav, entrando nella casa per salutare
anche Jasmine e Mac. Georg rimase appoggiato allo stipite della porta ad
attendere Bill e Tom.
"Pronto per sorbirti due ore di fotografie e filmati
vari?", disse Jasmine, mentre salutava l'amico di suo marito.
"Dopo ore di quei due fratelli coltelli potrei sorbirmi di tutto!",
le rispose Gustav.
"E' qui la festa?", esclamò Bill, andando incontro alle due ragazze.
"Sicuramente se c'è Mac c'è il divertimento!", continuò a ruota suo
fratello Tom.
"Basta controllare cosa vuole farci fumare!", disse Georg.
"Non vi preoccupate, sto già cercando di smettere con le sigarette
normali!", disse Mac, ridendo.
"Forza! Non prediamo tempo, ci sono quintali di cose da farvi
vedere!", disse Jasmine.
La noiosità dei
filmati e delle fotografie dei viaggi di nozze era nota a tutti e quelli che
stavano vedendo di certo non erano diversi. A parte qualche divertente
fotografia che ritraeva Georg nelle faccie più impossibili, il resto era
talmente soporifero che Mac dovette combattere diverse volte contro il sonno.
Mentre i due sposini ridevano di ogni cosa, ricordando i felici momenti che
avevano passato insieme a Pechino, Shangai, Hong Kong e in tutto il resto del
sud est asiatico, Mac e gli altri ragazzi cercavano di passare il tempo come
potevano.
Gustav provava di toccarsi il naso con la punta della lingua, Tom si
picchiettava la testa con le dita e Bill giocherellava con una mazzo di chiavi.
"E questo era l'ultimo cd!", disse Georg, svegliandoli dalla loro
catarsi, "Vi ho visti molto attenti durante la proiezione."
"Bellissimo, non mi sono perso nemmeno una fotografia.", disse Tom
sarcasticamente.
Mac, che in quel momento si era arresa al sonno, con una lieve gomitata di
Gustav riprese coscienza.
La ragazza si scosse, cercando di riprendersi, ed involontariamente fece
rovesciare il bicchiere che teneva in bilico sulle gambe. Il succo rimanente le
si versò tutto sui pantaloni, creando una macchia scura ed immediatamente
appiccicosa.
"Oddio! Il divano!", esclamò Mac, tentando riprendendo il bicchiere
al volo.
"Mac se l'è fatta addosso! Mac se l'è fatta addosso!", iniziò a
canzonarla Tom, mentre Georg era già tornato dalla cucina con un pezzo di carta
assorbente per rimediare al danno.
"Tranquilla, già Georg lo ha inzuppato due volte di coca cola.", fece
Jasmine.
"Scusami tanto...", disse Mac, mortificata, "Non pensavo di
combinare danni prima della cena."
"A proposito di cena, cosa c'è da mangiare?", chiese Gustav.
"Pizza, e nient'altro.", fece Georg, mentre puliva il divano, aiutato
da Mac.
"Wow, che banchetto sontuoso!", fece Tom.
"Ehy, se non ti va bene ti lascio volentieri la cucina, fanne ciò che
vuoi.", gli rispose l'amico, con tono leggermente infastidito.
"Sarà meglio che vada in bagno a ripulire i pantaloni.", fece Mac,
camminando come se veramente se la fosse fatta addosso, "Intanto
guardatevi le fotografie che ho scattato per la cerimonia, sono nella custodia
rossa, nella mia borsa."
Scomparve nel corridoio, lasciando che gli altri si facessero prendere dalla
felicità.
L'entusiasmo era alle stelle, un'altra mezz'ora di scatti noiosi, un'altra
mezz'ora di barbosità totale. Jasmine infilò il cd dentro al lettore e premette
play, come aveva già fatto in precendenza. Dopo qualche attimo di attesa, lo
schermo si illuminò, ma invece delle fotografie del loro matrimonio, era
partita la riproduzioni di un filmato. Si vedeva Mac, in primo piano, che
guardava dentro la telecamera. Non riuscivano a capire cosa stava dicendo
perchè il volume era troppo basso.
"Forse è meglio chiamarla per dirle che non è il nostro cd.", fece
Jasmine, a braccia conserte e sguardo.
"Non vorrai mica farci perdere questa occasione di vedere cosa fa Mac con
la telecamera!", esclamò Tom, contento per quella svolta del tutto
inattesa.
"Magari sono cose personali.", disse Bill, con tono poco convinto.
"Già... è vero... potrebbe arrabbiarsi.", disse Gustav, senza però
togliere gli occhi dallo schermo.
"Alzo il volume.", fece Georg, afferrando il telecomando.
Nel frattempo l'inquadratura era cambiata: la telecamera riprendeva sempre Mac,
in primo piano, ma non sorrideva più. Sembrava stesse piangendo, i capelli
erano scompigliati dal vento, dietro a lei potevano vedere il cielo.
'Basta! Adesso la faccio finita! Mi sono stancata di questo mondo di merda!',
disse, poi si voltò e saltò.
"Oddio!", esclamò Jasmine, tappandosi gli occhi.
"Bellissimo! Si è buttata con il paracadute!", disse Gustav, balzando
in piedi.
Il video continuava a riprenderla dall'aereo, qualche secondo dopo videro
aprirsi il paracadute.
"Ti sei spaventata?", chiese Georg alla moglie.
"Beh... sembrava vero...", rispose Jasmine, con il cuore ancora in
gola.
"Troppo figo! Questa è proprio roba da Mac!", disse Bill divertito.
L'inquadratura cambiava di nuovo: adesso il video era girato sulla terra ferma,
riprendeva alcune persone davanti ad un aereo in sosta, tra cui Mac. Erano
tutte nella tipica tuta da paracadutisti e sembravano essere atterrati da poco
tempo.
'Ci dica, signorina Rosenbaum, cosa si prova a gettarsi da lassu?', disse
la voce dietro alla telecamera.
"Questo deve essere Thiago.", fece Gustav.
'Quando ti butterai anche tu lo saprai. Ma per adesso non voglio dirti
niente!', gli rispose Mac, che si stava togliendo la tuta che aveva
indossato durante il lancio.
'Non ci penso nemmeno! E se poi il paracadute non si apre?'
'C'è quello di scorta!'
'E se nemmeno quello di scorta di apre?'
'Muori spiaccicato per terra.'
'Bella consolazione'
'Grazie, non c'è di che'
"Penso che morirei all'istante se non si aprisse nemmeno quello di
scorta!", disse Bill, sentendosi pervadere da un senso di spavento poco
piacevole.
"Anche io... ci pensi? A mille metri di altitudine, non si apre. Mi si
fermerebbe il cuore.", fece Gustav, cercando di reprimere i brividi che
gli erano saliti lungo la schiena.
"Ssshh! Silenzio!", fece Tom, zittendoli.
Di nuovo cambio di scena: una festa, forse era il compleanno di qualcuno. Molte
persone riprese di spalle, che guardavano tutte verso la stessa direzione,
mentre applaudivano e gridavano. L'atmosfera era tenue, dovevano essere dentro
ad un locale e, al di là delle mani applaudenti, si vedevano dei tipi su
un palco, con degli strument in mano.
'Buon compleanno a Mac! Buon compleanno a Mac!', presero a cantare tutti
insieme.
"Oh, è il suo compleanno!", fece Jasmine, sorridendo..
La telecamera si fece spazio tra la gente e inquadrò il palco: il gruppo di
musicisti riprese il coro del pubblico suonando le note della celeberrima
canzoncina di auguri. Poi videro Mac salire sul palco, tenuta per mano da un
ragazzo. Un tipo alto, con un bel paio di spalle.
Il chitarrista della band si mise da parte e lasciò il microfono libero ai due.
'Grazie per essere venuti a questa festa. Questa pasticciona non ne
voleva sapere di festeggiare il proprio compleanno, mi ci sono voluti diversi
tentativi prima di convincerla!' disse il ragazzo che teneva Mac per mano,
al microfono, 'Quindi tiratele le orecchie per ben ventiquattro volte,
sono accettati anche calci nel sedere e simili!'
Poi, mentre tutti applaudivano e fischiavano, i due scesero dal palco e il
gruppo riprese a suonare.
'Questa è dedicata solo a te Mac. Da Jacob.', disse il chitarrista.
Lei, abbracciata al ragazzo, che evidentemente doveva essere il suo fidanzato
al tempo, prese a ballare un dolcissimo lento.
"Senti che bella canzone... è 'Your song' di Elton John! E tu non me l'hai
mai dedicata!", disse Jasmin a Georg, dandogli un colpetto alla testa.
Bill ripensò un attimo al giorno in cui loro due si erano sposati. Aveva notato
in Mac una certa tristezza ed era assolutamente certo che quello che stava
vedendo c'entrava in qualche modo. Il ragazzo che ballava con lei le dette un
bacio sulla fronte, poi la lasciò di nuovo per andare sul palco a prendere il
microfono .
'Mackenzie.... mi vuoi sposare?'', le chiese.
In un attimo quella una frase chiarì molti pensieri insoluti che
vorticavano nella testa di Bill. Ma non ebbe però il momento di approfondirli
tutti perchè Mac, nello stesso identico istante in cui la fatidica domanda
risuonò nelle casse dell'impianto home theater, apparve sulla soglia
della porta del salotto, sbianacata in volto.
"Evidentemente hai sbagliato cd Mac, ma la visione ci è piaciuta lo
stesso!", disse Tom, che non si era accorto di quanto la situazione poteva
degenerare dopo quello che aveva detto.
Mac non sentì nemmeno le parole di Tom, corse direttamente verso la sua borsa,
la afferrò e andò alla porta della casa, con le lacrime agli occhi.
"Mac!", esclamò Georg, "Dove vai?"
La ragazza non sentiva ragioni.
In un attimo aveva raggiunto la sua macchina.
"Merda!", gridò Mac, frugando nevroticamente dentro alla borsa in
cerca delle chiavi dell'auto. Se non fosse stato per quelle fottute lacrime,
che non le permettevano di vedere un cavolo, sarebbe già partita sgommando.
Georg la raggiunse, dietro a lui tutti gli altri, in preda alla preoccupazione.
"Cosa ti prende?", le chiese, raggiungendola mentre frugava ancora
disperatamente nella sua borsa.
"Lasciatemi in pace, ti prego, tornatevene in casa.", disse lei, con
la voce rotta.
"Mac, calmati, non è successo niente.", cercò di rassicurarla
"Lasciami in pace!", gli urò contro Mac.
Georg fece un passo indietro, costretto ad accettare la volontà della ragazza.
Jasmine lo prese per mano e gli fece comprendere che era meglio lasciarla sola.
Tornarono silenziosamente dentro la casa, chiedendosi il perchè di tutto
quello. Che cosa era successo a Mac?
Continuava a cercare quelle dannate chiavi nella borsa, ma le lacrime oramai
scendevano così copiose che non era capace più di vedere niente.
In un impeto di rabbia la scagliò terra.
Appoggiò la schiena alla portiera della sua macchina e si lasciò scivolare,
sedendosi sulla ghiaia bianca che ricopriva tutto il vilaetto.
Singhiozzava, con la faccia chiusa tra le mani.
Si sedettero, in silenzio. Nelle loro teste c'erano tante domande, ma
soprattutto c'era la voglia di scusarsi con lei.
Avevano violato la sua privacy, ingenuamente, ma aveva scatenato in lei una
reazione devastante.
"Che... che dobbiamo fare?", fece Georg.
"Lasciarla in pace...", disse Jasmine, "Avrà avuto i suoi buoni
motivi per reagire in quel modo."
Tutti cercavano di pensare, trovare una soluzione per il casino che avevano
combinato.
"State tranquill, ", disse Tom, notando un mazzo di chiavi nella
piega del divano, "Mac non andrà tanto lontano."
"In che senso?", gli domandò Bill.
Tom si alzò e prese le chiavi, sventolandole sul naso del fratello. Poi si
diresse incautamente verso la porta..
"Non credo che sia una buona idea.", lo ammonì Bill, comprendendo
cosa voleva fare, "Non sei molto bravo con le parole a volte."
"Fatti i fatti tuoi!", rispose l'altro, mentre usciva dalla casa.
Testa bassa, mani in tasca.
Raggiunse con calma Mac, che se ne stava ancora seduta accanto alla sua
macchina, con le gambe raccolte al petto e la testa sulle ginocchia.
Senza troppi complimenti si sedette accanto a lei.
Le prese con poca gentilezza la mano, gliela aprì, ci mise sopra le
chiavi della macchina e la richiuse.
"Se vuoi andare, puoi farlo senza problemi.", le disse, senza usare
mezzi termini, "Eccoti le chiavi. Non le trovavi perchè si erano infilate
tra i cuscini del divano. Ma non è così che ci si comporta."
"Ecco il Sigmund Freud del nuovo millennio!", sbuffò indignata Mac,
"Signore e signori, accorrete! Risolverà tutti i vostri problemi! Grazie,
puoi tornartene in casa."
"Non ci penso nemmeno.", fece l'altro, con tranquillità, "Si sta
molto comodi seduti qui, con tutti i sassi che mi premono contro il culo."
"Kaulitz, per piacere, lasciami in pace, non sono problemi tuoi.", lo
avvertì Mac, che non aveva nessuna voglia di parlare, tantomeno con uno stupido
come lui.
"Hai ragione, completamente ragione.", le rispose, senza alterare la
sua calma, "Ma sai, ho proprio voglia di capire che cosa è stato capace di
trasformare un pomeriggio noioso in un melodramma da telenovela."
"Vaffanculo Kaulitz!", gli urlò addosso la ragazza, "Levati dai
piedi prima che ti prenda a calci."
"Vedi Mac,", attaccò di nuovo Tom, "Se tu avessi voluto
veramente andartene da qui, lo avresti fatto nello stesso momento in cui io ti
ho dato le chiavi della macchina. Ma visto che sei sempre qui presumo che tu
non voglia proprio andartene."
Mac si voltò e lo guardò con ira negli occhi.
Ma come si permetteva di dirle questo?
Che cazzo ne sapeva lui di quello che le era successo?
Gli mollò uno schiaffo a cinque dita, che si stampò sulla sua guancia con un
tonfo sordo, facendogli voltare la testa per la botta.
Tom rimase un attimo senza fiato e si massaggiò rapidamente il viso dolorante.
"Ti senti meglio adesso?", le chiese, senza scomporsi nè arrabbiarsi
per quel gesto.
Mac, ansimante per la rabbia che cercava di reprimere dentro di sè, non potè
non mentire.
"Beh... devo ammettere di sì.", fece, con riluttanza.
Tom gli sorrise.
Prese una manciata di sassi e iniziò a giocherellarci.
"Ho due segreti da dirti.", prese a raccontalre, "E tu mi
dovrai promettere solennemente di non riferirli a nessuno. Nessuno."
Mac fece spallucce, ignorandolo sia con la mente che con lo sguardo.
"Il primo è che non ho mai preso uno schiaffo così forte in tutta la mia
vita.", rivelò Tom, "Ne ho presi migliaia... ma questo è stato
veramente potente."
Notò con contentezza che su Mac si dipinse un piccolissimo sorriso di
soddisfazione. Poi continuò con il secondo segreto.
"Il secondo è che penso di capire come ti senti."
"Devo chiamarti davvero Freud...", fece Mac, sarcastica.
"Non sto scherzando.", le fece, con serietà, "Questo è davvero
un segreto... vedi, tanto tempo fa...."
"C'era una volta un castello diroccato su una montagna...", lo
interruppe bruscamente Mac, continuando con il suo sarcasmo.
"Guarda che sono serio.", disse Tom, con tono abbastanza fermo e
deciso.
"Continua con la storiella...", sbuffò Mac, arrendendosi e lanciando
un paio di sassi davanti a sè.
Sentì il ragazzo sospirare, come per farsi coraggio.
"Diverso tempo fa ho conosciuto una tipa,", le fece, "l'ho vista
un paio di volte e poi, puf!, sparita nel nulla. Beh, non era proprio
sparita, ogni tanto ci sentivamo ma, insomma, era quasi come tra due
estranei."
"E quindi?", fece Mac, non cogliendo il nesso tra le sue vicende
personali e quelle di Tom.
"Quindi niente... a parte il fatto che mi ci è voluto un po' prima di...
insomma... di andare con un'altra."
"Non mi dire.", fece Mac, ancora più sarcastica.
"E' la pura verità.", disse Tom, talmente serio da convincere Mac che
quel fatto era forse uscito per la prima volta dalla sua bocca.
"Sei... sei stato male?", gli chiese.
"Abbastanza...", disse lui, facendo spallucce ed abbassando lo
sguardo.
"Beh... mi dispiace, Kulitz."
"Fa niente Rosenbaum... E a te cosa è successo?", le domandò.
"Intendi cosa è successo dopo il 'mi vuoi sposare'?", disse
lei, rilassandosi. Il ragazzo scosse la testa su e giù.
"Già lo sai...", disse Mac, sospirando.
Tom riflettè un attimo, poi comprese.
"Ti ha tradito.", tentò di indovinare, ricordandosi di quello che Mac
gli aveva raccontato durante la festa del matrimonio di Georg, a proposito di
in certo Signor Rosenbaum che aveva ricevuto una bestiale pedata nelle palle.
"Esatto."
"Magari poco prima del matrimonio."
"Bingo!", esclamò Mac, battendo le mani.
"Se l'è proprio meritato quel calcio nei coglioni...", sbuffò Tom,
cercandod di farla ridere, "Anzi, in occasioni del genere sei autorizzata
a prenderci ripetutamente a pedate laggiù."
Mac accennò ad un piccolo sorriso.
Missione compiuta, pensò Tom.
"Mi dispiace che ci siano persone che siano capaci di gesti del
genere.", le disse.
Mac lo guardò con un'occhiata allusiva.
Ma senti da quale pulpito arrivava la predica, si disse.
"Sì, lo so,", fece Tom, comprendendo il pensiero che era balzato
in mente all'amica, "Io non sono sicuramente di meglio, ma non credo che
arriverei mai a tanto.",
"Tranquillo.", gli rispose Mac, "E' stata un'esperienza che mi
ha fatto riflettere molto. Anche troppo."
"Dici che sia il caso di tornare di là?", le propose.
Mac deviò per l'ennesima volta lo sguardo.
"Penso di sì... devo scusarmi per il mio comportamento un po'
isterico.", disse poi, dopo qualche secondo di esitazione.
"E' stata idea di tutti continuare a vedere il filmino. Quindi siamo noi
che ci dobbiamo scusare con te.", disse Tom, alzandosi e dandole la mano
per aiutarla a mettersi in piedi.
Ma lei rifiutò l'aiuto e si alzò da sola, raccogliendo la borsa ed
avviandosi verso la casa, seguita da Tom.
"A proposito Kaulitz, stai proprio bene così.", gli disse, poco prima
di mettere piede sulla soglia, "Senza quei vestiti larghi... Mi piace il
tuo nuovo stile."
"Questi me li ha regalati Bill e, per non farlo arrabbiare, me li
sono messi.", si spiegò Tom, guardando gli abiti che indossava con
diffidenza, "Dici che sembro stupido?"
"Beh... la gente normale è contenta di vestirsi con abiti della propria
taglia...", ironizzò Mac, "E potevi anche fare uno sforzo in più e
rinunciare al cappellino!"
Con un rapido gesto gli colpì la visiera, come se volesse toglierglielo di
testa.
"Eh no! Questo non si tocca!", fece lui, toccandosi la testa con
venerazione.
TITOLO: 'Memories' è quella canzone che fa meeeeeeemorieeeeesssss it's so easy
to leaaaaaaaveeee meeeeee all alone with my memorieeeeeeeeees... insomma, non rende
molto come la vera canzone, che dovrebbe essere cantata da Barbara Streisand o
Celine Dion o da un'altra ugola d'oro della musica internazionale. Chiunque
sapesse chi la canta veramente è pregato di dirmelo, grazie! Cmq la canzone non
è utilizzata per scopi di lucro.
MissZombie: beh, dopo sei anni mica possono essere sempre gli stessi di
quando ne hanno 18, altrimenti sarebbero certamente poco originali! Sicuramente
per me starebbe meglio con i capelli corti, a me i rasta non piacciono per
niente... non li toccherei nemmeno con la canna da pesca per essere sincera al
100*100 Thiago per ora è uscito di scena, ma chi lo sa, magari farà una
comparsata e succederà il finimondo? oppure l'ho archiviato di nuovo? boh, non
lo so, per adesso ho scritto fino al settimo capitolo e lui non c'è... ma lo
farò rientrare, solo che mi sembra di fare un po' alla bruttiful, quando i
personaggi ricompaiono all'improvviso dopo essere
morti/rapiti/uccisi/tritati/dimenicati/investiti... e ss Bill farà il gay con
Thiago non lo so ma, credimi, sarebbe una bella idea! non ti preoccupare, anche
io ogni tanto ho dei blocchi di ispirazione e non mi viene niente. per dire,
prima di iniziare a scrivere le storie sui th sono stata un anno ferma, senza
scrivere più niente. e cmq se leggi quello che ho scritto prima, a parte
qualcosa, sono tutte storie molto infantili e scritte nemmeno tanto bene!
CowgirlSara: diciamo che in questa fic la presenza dei gemelli è
maggiore rispetto agli altri due perchè ho cercato di giocare alle comiche con
loro. gli sto facendo fare un po' quelli che cascano dalle nuvole e scoprono
che babbo natale non esiste e la befana non è sua moglie! sto bubbone del
tatuaggio, chi lo sa, forse che sì forse che no! mi piace fare la vaga, ma se
si verrà a sapere sicuramente ne succederanno delle belle! grazie per la
recensione e per la questione dei disegni, sì, devo dire che mi stuzzica l'idea
che tu li faccia. Ti mando le descrizioni via mail, qualsiasi cosa disegnerai,
anche il classico ometto-steccolo, sarà ben accettato!
Ki@rett@: eh no, i sedici anni li ho già passati da un bel pezzo,
esattamente li ho compiuti otto anni fa (mazza come sono vecia...). ne ho 22
suonati, fatti a maggio! grazie per aver trovato divertente l'altra storia,
d'estate il mio cervello procuce storie a migliaia ma non sono molto belle come
quelle invernali, sono molto più stupide (come questa). spero che continuerai a
leggere anche questa!
Nei prox giorni sarò al mare a prendermi l'ultima tintarella, sono bianca
come un cencio (come si dice dalle mie parti), quindi non posterò fino a
venerdì. Spero che nel frattempo non mi tradiate con altre storie XD scherzo,
non sono così gelosa!
|
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Capitolo 4 *** Eatin', Drinkin' and Laughin' ***
EATIN', DRINKIN' AND LAUGHIN'
Mac entrò in casa sentendosi nell'imbarazzo più totale.
Non riusciva a guardare nessuno in faccia, avrebbe voluto sotterrarsi. Gli
altri cercarono di scusarsi, lei fece lo stesso, ma per qualche tempo ci fu una
certa tensione. Ognuno cercava di non fare domande, di non dire niente di
sconveniente che potesse far riprecipitare la situazione. Seduti sui divani,
immersi in chiacchiere di ogni genere, cercarono di passare il tempo, senza
tornare sulla questione.
Mac si dette della stupida per almeno un milione di volte, cercando di
spiegarsi come aveva potuto scambiare i due cd. Provò a fare uno sforzo
mentale: ripercorse le sue azioni, cercando il momento in cui era successo lo
scambio tra i due cd, ma non riusciva comunque a darsi una spiegazione. Forse
aveva messo quello con le foto di Georg in una custodia uguale a quella del
filmino, era l'unico modo possibile...
"Mac?", le fece Georg, vedendola imbambolata nei suoi pensieri.
"Sì... che c'è?", disse lei, risvegliandosi dalla catatonia.
"Ti ho chiesto se conosci qualche pizzeria a domicilio.", le
richiese.
"Ah... certamente, ne ho una vicino casa.", fece lei, " Dovrei
avere il numero in memoria sul telefono."
Frugò in borsa e lo prese, inziando a cercare il numero nella rubrica.
"Eccolo, è questo, ora lo chiamo.", fece, inviando la chiamata.
"Lascia fare, lo chiamo io.", disse Georg.
"Ssshhh, sono già in linea... ciao Wolf, come va?...", disse Mac,
"Sì tutto ok... senti, ho un'ordinazione da fare.... no, altro
indirizzo."
"Dürer Strasse 125.", le suggerì Georg.
"Sì, Dürer Strasse 125.", ripetè lei, "Allora, io prendo la
solita, poi abbiamo... aspetta un attimo.", disse, mettendo una mano sul
telefono e aspettando che gli altri le dicessero cosa volessero.
"Con peperoni.", disse Gustav.
"Con la cipolla.", fece Georg.
"Con il prosciutto e le patatine fritte sopra.", disse Tom,
provocando un certo disgusto generale.
"Una margherita per me.", disse Jasmine.
"Anch'io margherita.", ripetè Bill.
Mac replicò la volontà dei ragazzi alla pizzeria e chiuse la chiamata.
"Tra mezz'ora saranno qui, sono molto veloci.", disse.
Come aveva previsto, dopo circa una trentina di minuti il campanello suonò e
Jasmine ricevette la consegna al posto di suo marito, che non si fidava tanto a
farsi vedere. Mac lo canzonò e gli disse di essere troppo paranoico, ma in
fondo poteva anche capirlo. Magari non voleva che si sapesse molto in giro che
lui abitasse lì, ci sarebbero stati troppi curiosi che sarebbero accorsi a
vedere.
Seduti intorno al lungo tavolo di cristallo e ferro battuto, si gustarono le
loro pizze.
"Mi ha detto Georg che la tua fidanzata sta in Spagna vero?", chiese
Mac a Gustav.
"Sì... è di Barcellona.", rispose lui, poco prima di addentare la
pizza.
"Davvero? Anche Thiago abita lì, che coincidenza."
"Non ci credo...", fece l'altro, stupito, "Mi piacerebbe
salutarlo di nuovo, è veramente un pazzo!"
"Già... al matrimonio venne a rimproverarmi di essermi seduto sulla coda
del frac!", disse Bill, ricordandosi di quel momento.
"E vi ricordate quando lei è venuta a chiederci di autografargli la
maglietta?", fece Tom, riportando tutti al passato.
Mac lanciò un'occhiata alquanto esplicita a Gustav, che stava proprio seduto di
fronte a lei, per ricordargli che non doveva fare una parola sull'argomento. Ma
il ragazzo sembrò non importarsene.
"Non era mica per lui quella maglietta...", fece, con sorriso
smaliziato in faccia.
"Gustav!", disse Mac, dandogli un colpo con un piede.
"Mac se l'è fatta fare per se...", rivelò, scetenando l'ilarità
generale, "Dicendoci però che era per Thiago!"
"Mi avevi promesso che non ne avresti fatto parola!", disse lei.
"Allora non ti stavamo poi così tanto sulle scatole!", esclamò Bill,
"Guarda che potevi anche dirci la verità!"
"Si ma... l'orgoglio è l'orgoglio.", fece Mac, con espressione
indifferente, "E comunque non so che fine abbia fatto."
"Sono sicuro che è appesa sopra il tuo letto e che la spolveri ogni santo
giorno!", fece Tom, inziando a canzonarla come al suo solito.
"Ehm... così stai esagerando, non è proprio credibile.", gli fece
Bill, notando la totale utopia che Tom aveva evocato.
"Allora la tieni sotto il cuscino e ogni notte ci accarezzi così...",
continuò Tom, imitandola nel gesto.
"E piantala!", esclamò Mac, tirandogli una pallina di mozzarella.
"Proprio buone queste pizze.", disse Jasmine, mentre raccoglieva
insieme a Mac i cartoni che le avevano contenute, oramai ripuliti.
"Sì, credo che sia la migliore di tutta la città. Però voi ragazzi
potreste anche darci una mano!", fece l'altra, osservando la totale
inconcludenza degli uomini intorno a loro.
"Da domani, da domani...", disse Tom, con stanchezza satolla.
"Come se tu vivessi qua.", gli rispose Georg, seduto a capotavola
come tutti i capi famiglia.
"Però stanotte ci ospiti.", contraccambiò Tom, "Non vorrai mica
che i tuoi migliori amici vadano a dormire in uno degli squallidi alberghetti
di queste zone quando possono usufruire delle stanze da letto di questa
magione?"
"E sia, ma non pensate di essere al Grand Hotel!", disse Georg.
"Io li caccerei fuori a pedate.", propose Mac.
"Tu sei diventata troppo manesca per i miei gusti.", ribattè subito
Tom.
"Sei tu che fai uscire fuori il mio lato aggressivo.", continuò
l'altra sarcasticamente, "E non mi devo nemmeno sforzare tanto!"
"Finitela voi due!", disse Bill, cercando di porre fine all'ennesimo
battibecco. Da quando si erano conosciuti non avevano fatto altro!
"Non sarai mica geloso...", gli fece suo fratello, iniziando a
strusciarsi sulla sua spalla come un gatto.
"Non è che c'è anche il dolce?", chiese Gustav.
"Ti ho detto che non sei al Grand Hotel!", ripetè Georg, spazientito.
"Ma io ho ancora fame...", si lamentò lui.
Mac si mise a ridere, dicendogli che non avrebbe mai voluto essere il suo
frigorifero o si sarebbe sempre sentita svuotata dentro. Quei momenti di
ilarità generale le avevano fatto dimenticare il brutto momento che aveva
passato prima, quei brutti ricordi che erano riaffiorati tutti insieme. Non si
sentiva più a disagio in quella casa, non voleva più nascondersi sotto il
tavolo come una bambina piccola. Adesso aveva ritrovato un po' di pace con se
stessa.
"Che ore si sono fatte?", disse Georg, mentre si aggiustava
l'orologio sul polso, "Ah, le otto e mezza..."
"Cosa facciamo? Andiamo a divertirci in qualche locale?", chiese Tom.
"Fate pure, io sono stanca morta, preferisco andare dritta dritta a
letto.", disse Jasmine.
"E dai! Anche per cinque minuti!", fece Bill, "Una birra e
torniamo!"
"Scusate, credo di non aver capito una cosa... dove vorreste
andare?", domandò Mac, "Non credo che sia una buona idea. Non vorrete
mica chiamare le vostre guardie del corpo per tirarvi fuori dalla baraonda di
ragazzine che vi verranno addosso?"
"Ha ragione Mac... meglio una serata tranquilla a casa.", affermò
Gustav.
"Ma qua ci si annoia! Non c'è niente da fare!", fece Tom, con aria da
moccioso viziato.
"Non siamo mica in un parco giochi!", ribattè Georg.
"Io esco, non mi interessa.", continuò Tom, deciso a concludere la
serata altrove.
"E io mi accodo con lui.", disse Bill.
"Non conoscete la città, vi perderete. Vengo con voi.", riprese Mac.
"E chi guida quando sarete tutti e tre ubriachi?", domandò Gustav,
che aveva già dimenticato la serata tranquilla.
"E a chi tocca rimanere in piedi per aprirvi la porta quando
tornerete?", fece Georg, incrociando le mani dietro la nuca, "Mi sa
che stasera si va a far tardi."
"Proprio così amico!", disse Tom, alzandosi da tavola.
Lasciarono la casa di Georg e Jasmine qualche minuto dopo, promettendo che
nessuno di loro avrebbe non messo piede lì dentro se non fosse riuscito a
camminare correttamente sulla linea bianca.
Mac sapeva che i tre erano a rischio riconoscimento, ma non pensava veramente
che ci sarebbe stato l'assalto delle fan. Quei tempi erano finiti, le
adolescenti che si strappavano i capelli di fronte a loro erano diventate
maggiorenni e si vergognavano a farlo di nuovo. Decise comunque di optare per
un locale tranquillo, non molto frequentato, tanto per non combinare casini.
"E questo lo chiami un posto alla moda?", sbottò Tom, dopo aver messo
piede all'interno del pub preferito di Mac, il MacFarland, "Sembra una
bettola."
"Chiudi quella boccaccia Kaulitz!", ribattè lei subito, andando verso
il bancone per salutare il proprietario.
"Non fare sempre il deficiente Tom! Altrimenti la fai arrabbiare e ha lei
le chiavi della macchina...", disse Bill.
"E noi gliele sfileremo dalla borsa senza che lei se ne accorga.",
fece Tom, tranquillo come sempre.
"Guarda che ti ho sentito scemo!", disse Mac che, nonostante fosse a
qualche metro da loro, aveva afferrato ogni singola parola.
"Ecco, sempre i soliti.", fece Gustav, sedendosi al primo tavolo che
vide nelle sue vicinanze, seguito dagli altri due ragazzi.
Mac chiese loro cosa volessero e, in un impeto di estrema generosità e
cavalleria, offrì loro ciò che desideravano.
"Cosa... cosa stai facendo....", disse Mac a Gustav, tra una risata e
un'altra. Erano alla settima o ottava birra e l'aria si stava facendo
letteralmente piena di alcol.
Nemmeno Gustav era riuscito ad evitare di bere: ogni volta che si assentava un
attimo, magari per andare in bagno o per fare una telefonata, Tom gli riempiva
di poco il bicchiere di birra. Gustav era sicuro di averne bevuti solo un paio,
ma a forza di piccoli ritocchi se n'era scolato almeno quattro o cinque.
"Non lo so... sto solo cercando di... oh mio dio... cosa stavo
facendo?", fece lui, appoggiando la testa sulla spalla di Mac.
"Sembra che qua abbiamo bevuto un po'... poco!", disse Bill,
scoppiando in una sonora risata.
"Calma ragazzi calma... adesso chi ci porta a casa?", domandò Tom,
cercando di essere serio.
Gustav e Mac si guardarono un attimo e poi gridarono insieme: 'Taxi!', prima di
rimettersi a ridere.
"Gesù... siamo proprio nei guai...", continuò Tom, che sembrava
essere il più sobrio di tutti, "Se ci fermano e ci fanno un controllo
ci buttano dentro e gettano via la chiave!"
Quella frase generò l'ilarità collettiva del gruppetto.
"Oh cavolo... sono le due!", fece Mac, che a malapena riusciva a
leggere l'orologio, "Devo tornare a casa, domani devo andare al
lavoro..."
"Non ci andrai.", disse Gustav.
"Ma devo... portare le fotografie che ho fatto..."
"Scommetto cinquanta euro che domani non ci andrai.", disse l'altro,
guardandola con degli occhi pesantemente rossi.
"No, non faccio mai le scommesse io... comunque ora devo proprio
andare...", disse lei. Cercò di alzarsi ma ricadde sulla sedia, facendo di
nuovo scattare l'esplosione di risate.
"Non mi reggo nemmeno in piedi.... mi sa che devo farmici accompagnare.
Qualcuno di voi se la sente di guidare?"
"Sicuramente... così andiamo a sfracellarci su un albero.", disse
Bill, appoggiando la testa sul tavolo.
"Ora che ci penso... ma io abito qua dietro l'angolo!", esclamò Mac,
dopo un attimo di lucidità mentale.
"E allora cosa rompi le scatole!", disse Tom.
"Io vado a casa.", fece Mac, alzandosi ancora.
"Ma a noi chi ci porta da Georg?", chiese Bill, anch'esso colto da
improvviso sprazzo di intelligenza umana.
La domanda fu la cosà più ragionevole che fosse uscita dalle loro bocche in
tutta la serata, soprattutto dopo la terza birra.
"Beh... venite a casa mia, riuscite per lo meno a camminare?",
propose Mac.
Con una certa difficoltà, riuscì ad infilare le chiavi nella toppa della
porta. Stava riacquistando le proprie facoltà mentali ma tutto era ancora
avvolto in un alone alcolico indefinito. Posò distrattamente la borsa a terra
dicendo agli amici che potevano entrare, a meno che non li disgustasse il
disordine.
"Casa mia è più incasinata di questa.", disse Tom.
"Anche casa mia.", ripetè Bill.
"Certo, abitiamo insieme!", sottolineò intelligentemente Tom.
"Ma ognuno hai suoi spazi, solo che il mio è sempre invaso dalla tua
persona!", rispose l'altro, prendendo
"Venite qua!", fece Mac, che si era già seduta sul suo
divanetto.
In confronto a quello di Georg sembrava la classica poltrona abbandonata
accanto ad un cassonetto, ma Mac lo trovava talmente comodo che a volte, alla
mattina, si svegliava in salotto invece che in camera. I ragazzi si sedettero
pesantemente accanto, facendo cigolare le molle del divano. Ci stavano un po'
stretti, ma erano talmente esausti che il contatto così ravvicinato non fece
alcun effetto.
"Gesù... ancora una volta...", fece Mac, rendendosi conto della
situazione.
"Ancora cosa?", le domandò Bill.
"Ancora una volta passiamo una serata insieme e ci troviamo ubriachi
fradici.... ho bisogno di una sigaretta...", fece, iniziando a tastare la
superficie del tavolino accanto al divano.
"Ehy, ma non avevi detto che stavi cercando di smettere?", disse
Gustav.
"Infatti, sto cercando, ma non sempre chi cerca trova.", esclamò Mac,
mentre se ne accendeva una.
"Ne hai una anche per me?", le domandò Tom che, qualche attimo dopo,
vide il pacchetto volare poco distante dal suo naso e cadere sulle sue gambe,
seguito dall'accendino.
"Servitevi pure, così ne fumo meno.", disse Mac.
"Dovremmo chiamare Georg per dirgli che rimaniamo da te.", disse
Bill.
"Ma cosa vuoi dirgli alle tre di notte? Tanto stiamo bene, basta farlo
domattina.", disse Tom, aspirando la sua sigaretta.
"A proposito, decidete chi dorme sul divano e chi sul letto.", fece
Mac.
"Sul letto!", esclamarono all'unisono i fratelli, rubando la parola
a Gustav, che in un gesto di rassegnazione si accontentò del divano
scassato.
"Bene,", fece Mac, "Stare comodi, è un letto matrimoniale. Prima
ci dormiva Thiago. Non fate caso però al disordine intorno, sarebbe una via di
mezzo tra una stanza di servizio e uno studio."
"Ma questo divano è scomodissimo!", si lamentò Gustav, muovendosi per
far notare a tutti il frastuono delle molle.
"Zitto e mosca, sei arrivato tardi!", disse Tom, liberandosi del peso
del fratello per alzarsi.
"Sarà meglio che vada in bagno... mi sa che sto per scoppiare.", fece
Mac, reggendosi la pancia.
Entrando nel bagno un improvviso ricordo le affiorò nella testa.
Tornò con la mente al giorno passato con loro, sei anni fa. Specificatamente
alla sera stessa.
Quando qualcuno entrò nel bagno e fece sesso con lei, facendole perdere
la verginità e risvegliare senza il minimo ricordo della sua identità.
Per evitare che la spiacevole situazione si verificasse ancora, si chiuse
dentro.
"Io ho ancora fame...", fece Gustav, dopo aver sentito il suo stomaco
gorgogliare di nuovo.
"Ma sei sfondato, te ne rendi conto? Vai a farti vedere da un
medico!", disse Bill, prendendo un cuscino al volo e tirandoglielo in
faccia.
"Può anche essere, ma io vado a vedere se ha qualcosa di interessante in
cucina.", fece lui, alzandosi e dirigendosi verso la sua agognata
destinazione.
I due Kaulitz rimasero in salotto, a guardarsi intorno. Di fronte a loro una
grandissima libreria, nel cui mezzo c'era un posto ritagliato su misura per una
piccola televisione. Tra i volumi delle enciclopedie spiccava ogni genere
letterario, dal fumetto al noir, dal comico allo storico, dal fantastico al
thriller. Era un peccato che i due non fossero molto dediti alla lettura,
altrimenti avrebbero trovato pane per i loro denti. Appoggiato malamente al
muro, un altro scaffale anch'esso traboccante, ma non di libri, bensì di cd ed
lp. Interessati, i due ragazzi si avvicinarono, incuriositi dalla
possibilità di poter trovare qualcosa con il loro nome scritto sopra. Nessuno
dei due però voleva ammetterlo all'altro, limitandosi a dire: 'bello questo!'
oppure 'non so per niente chi sia questo tipo' o anche 'cavolo,
questo mi manca!'.
"Beh, non si può dire che alla nostra amica non piaccia nè leggere nè
ascoltare la musica!", esclamò Bill.
"La metà di questi cantanti manco li ho mai sentiti nominare.", disse
Tom, dando un'ultima occhiata alla collezione.
"Di certo non si è arresa, i nostri cd non li ha mai comprati!",
osservò Bill.
"Lo sapevo che stavi cercando proprio quelli!", sbottò Tom,
smascherandolo.
"E perchè? Tu non stavi facendo lo stesso?", esclamò Bill, dandogli
una pacca sulla testa.
Vergognandosi un po' per ciò che avevano fatto, si distrassero.
"Forse dobbiamo andare a chiamare l'unità cinofila,", fece Tom,
andando verso la porta del gabinetto, "Quella si è persa nel suo stesso
bagno."
"Io intanto guardo dove dormiremo.", rispose Bill, grattandosi la
testa.
Mentre suo fratello se ne stava con l'orecchio attaccato all'uscio per sentire
se Mac fosse scomparsa nel nulla, Bill aprì la porta alla sinistra del bagno ed
accese la luce. Si accorse subito che sicuramente quella non era la stanza a
loro destinata, ma bensì era quella di Mac. Di fronte a lui, un grande letto in
ferro battuto, in stile molto classico, con alcuni arabeschi che terminavano in
foglie o fiori sulla testata.
Una grande coperta nera, lunga fino al pavimento, era colorata qua e là da
cuscini colorati, di forma circolare e quadrata. Alla destra del letto una
tenda rossa semi trasparente era legata al lato della porta finestra, che dava
forse su un minuscolo terrazzino, al lato opposto rispetto alla porta. Alla
sinistra invece un cassettone in legno scuro, con uno dei cassetti aperto per
metà, da cui penzolavano un paio di magliette. Accanto alla porta, un armadio
con un'anta aperta, anch'esso di legno scuro, intonato con il resto della
mobilia.
"Hai scoperto la camera di Mac?", gli disse Tom all'orecchio,
facendolo sussultare.
"Deficiente...", borbottò Bill, calmando il cuore che gli balzava in
petto.
"Ti ho fatto paura eh!", fece l'altro, con soddisfazione, e si mise a
curiosare nella camera, "Però... alquanto particolare la camera da letto
della nostra fotografa."
"Smetti, dobbiamo uscire o si arrabbia di nuovo.", fece Bill,
prendendolo per un braccio.
"Guarda questi quadri...", disse l'altro, soffermandosi sulle pareti
sopra il letto ed il cassettone, ricoperte da grandi e strani quadri.
"Non sono quadri... sono fotografie.", notò Bill avvicinandosi.
"Un collage di fotografie, una messa sopra l'altra...", continuò suo
fratello.
"Bella idea! Quasi quasi gliela rubo.", disse Bill, "Potremmo
mettere le nostre migliori fotografie così, appese per la casa, invece che
tenerle ad ammuffire dentro gli album."
"Gia....", fece l'altro, poco interessato ai discorsi di Bill e
concentrato soprattutto sulle immagini. Ritraevano Mac con tantissime persone
diverse, in ogni atteggiamento. Ce n'era una dove Mac era in braccio ad un
ragazzo, una in cui era in posa seduta su una sedia, una in cui era travestita
da coniglio e così via.
"Questo si che è un bell'ingrandimento.", esclamò Bill, soffermandosi
sulla fotografia appesa poco sopra il letto di Mac. Era una lungo scatto
rettangolare dei suoi occhi. Gli ricordava tanto lo sguardo di Malcolm
MacDowell , in altre parole l'attore protagonista di 'Arancia Meccanica'
di Kubrick.
"Se non fosse che questo paio di occhi appartengono a Mac, potrei anche
perderci la testa!", disse Tom.
"Quanto sei stupido...", disse Bill, dandogli l'ennesima pacca sulla
testa..
"A guardarli per più di trenta secondi mi fanno venire i brividi lungo la
schiena.", ribattè l'altro.
"Davvero?", chiese Mac.
I due si voltarono e la trovarono appoggiata allo stipite della porta della sua
camera, con le braccia incrociate.
"Vi siete divertiti a ficcanasare nella mia stanza?", domandò loro.
"Beh... noi non volevamo....", fece subito Bill, in preda al panico,
sapendo che Mac avrebbe potuto imbestialirsi..
"Tranquillo, non ti preoccupare.", disse lei, con tono rassicurante,
"Mi basta solo sapere che non avete frugato nei miei cassetti o vi taglio
le mani!"
"Sicuramente ci nascondi una tagliola per quelli come noi!", fece
Tom.
Di risposta, Mac gli fece la linguaccia e gli indicò che la loro stanza era
quella di fronte alla sua, alle proprie spalle. Aprì loro la porta e fece loro
gesto di entrare.
Se il resto della casa era lievemente in disordine, lì dentro sembrava ci fosse
passato un tornado!
Sul letto giaceva una montagna di panni spiegazzati, appena usciti
dall'asciugatrice; poco più in là una scrivania era sommersa di fogli,
foglietti e fogliacci appallottolati. Al di là del letto un armadio e tra
questo ed il muro una scarpiera vuota, perchè tutto ciò che era destinata a contenere
si trovava sparso per terra.
"Ma ci vive un maiale qui dentro?", esclamò Tom, notanto con lieve
disgusto la confusione che regnava lì dentro..
"Tranquillo Kaulitz, se mi date una mano tra cinque minuti tutto torna al
suo posto. Dovete scusarmi ma non aspettavo di certo ospiti."
"Figurati, ti do una mano io.", fece Bill, che era molto più
gentile con lei di quanto non lo fosse mai stato Tom. Forse si comportava
così perchè era intimidito dalle sue drastiche reazioni, ma in fondo pensava
che Mac fosse molto più equilibrata mentalmente di quanto lo fosse lui. Gli
duoleva ammetterlo, ma le sue scenate da attrice decadente degli anni cinquanta
erano molto più sconvolgenti delle sue!
"Molto bene! Ma... dov'è Gustav?", domandò Mac, non sentendo la sua
presenza nell'appartamento.
"E' in cucina... sta approfittando del tuo frigorifero.", disse Bill.
"Quell'elettrodomestico non è nemmeno maggiorenne!", esclamò
ironicamente Mac, "Ma non si vergogna? Speriamo che almeno sia
consenziente!"
Gli altri due risero di gusto, poi entrarono nella stanza.
"Bene, mentre io mi occupo dei miei vestiti, voi potreste radunare le mie
scarpe.", disse Mac, impartendo gli ordini.
"Io non le tocco le tue scarpe puzzolenti!", fece Tom.
"Guarda non te la faccio toccare la mia biancheria!", gli rispose
Mac, mentre si tuffava nella montagna dei suoi vestiti.
"Andiamo deficiente... o andremo a dormire alle sei!", gli fece Bill,
esortandolo a dargli una mano con le scarpe.
Dopo qualche minuto, sentirono passi lungo il corridoio e videro Gustav
spuntare sulla porta della stanza.
"Hey Mac... mi vuoi spiegare cosa ci fai con tutti quei cetrioli nel
frigorifero?", domandò, innocentemente.
Tom e Bill si lanciarono uno sguardo tutt'altro che ingenuo e scoppiarono a
ridere, mentre Mac, che aveva afferrato il doppio senso nascosto nella domanda
di Gustav, cercava di non arrossire.
"Guarda che non è come pensate voi!", disse, ma non fece altro che
peggiorare la situazione perchè Gustav, dopo qualche attimo di incertezza,
comprese cosa era balzato in mente ai fratelli e si era messo anche lui a
ridere.
"E va bene! Non è consentito ad una ragazza mangiare cetrioli in grandi
quantità senza che degli scemi come voi fraintendano tutto?", fece,
innervosita ma allo stesso tempo divertita per quella situazione a metà tra il
totale imbrarazzo e il totale non-sense.
Ogni volta che i tre stavano per smettere di ridere, si guardavano di nuovo in
faccia e tornavano a sghignazzare. Stufa, Mac andò in camera a mettersi il
pigiama, lasciandoli alle loro risate. Stava quasi per infilarsi sotto le
coperte quando sentì bussare alla porta.
"Dai scema, esci fuori, non te la sarai mica presa?", disse
Gustav, al di là dell'uscio.
"No, aspettavo solo il momento in cui smettevate di prendermi in
giro.", fece lei, uscendo dalla stanza con in braccio una coperta ed un
cuscino, dopo aver indossato una vestaglia, "Vieni, ti preparo il divano.
Non sembra, ma ci si dorme da dio."
Il ragazzo la seguì mentre gli altri due ancora non riuscivano a trattenersi.
MINI RECENSIONE PERSONALE: mah... devo dire che fino ad ora questa storia
non è che mi convinca tanto... l'ho riletta e non è che poi sia tanto
originale. boh, magari nei prossimi capitoli farò meglio... e scrivetelo che
questa storia non è sufficientemente sufficiente XD lo so che lo pensate... RcB
MissZombie: ho preso una tintarella da fare invidia a naomi campbell...
cioè ho sempre quella che datata un mese fa! in due giorni sono stata a casa,
mentre i miei erano al mare, a leggere e a sentire la musica, altrimenti ero
con la bici sotto le chiappe a farmi chilometri nelle piste ciclabili (con i
tokio nelle orecchie ovviamente)!!!! e l'auto abbronzante buttalo via, anche io
sono venuta a strisce, sembrava avessi la psoriasi o come cavolo si chiama!!
(insomma, quella malattia che ti fa venire la pelle a chiazze...) ma tornando
alla recensione, grazie mille per quello che dici, insieme a CowgirlSara sei la
mia recensitrice più assidua! e manca ancora Judeau, chissà cosa dirà! sì, ho
cercato di far saltare fuori un aspetto che penso sia del carattere di tom
(ma che presunzione! manco lo conosco). boh, ritengo che, a discapito di ciò
che ho letto su di lui, cioè uno sciupafemmine molto stronzo, penso che abbia
anche un cuore! ora mi metto a fare l'avvocato del diavolo! per quanto riguarda
la sofferenza di Mac spero davvero che non mi capiti una cosa del genere un
giorno! di sicuro non mi succederà... mi ci vedresti con un vestito bianco
all'altare??? XDDDD cmq in quanto a sofferenze di cuore ho un piccolo ma bel
bagaglio personale di emozioni a cui attingere per scrivere una storia!!!
grazie infinite per la recensione!
CowgirlSara: se un fatto come quello del cd fosse successo a me avrei
tirato il collo a tutti!!! che ficcanaso... ma ne combineranno altre, forse
anche peggiori! e poi, per una come Mac, non servono altro che le parole di Tom
per farla tirare su, non perchè le ha dette lui, ma perchè era il modo giusto
per farla stare meglio! per i tipetti come lei non basta il 'poverina, ti sono
vicino'! c'è bisogno di una bella strigliata! grazie per la tua recensione, la
tua storia mi è piaciuta molto, era degna di una recensione per ogni capitolo!
scrivine un'altra!
Lidiuz93: momenti di gelosia-invidia-sogno? tranquilla, puoi averne
quanti ne vuoi! per l'altra storia non ti preoccupare, se non ti è piaciuta
molto fa lo stesso! ho visto che hai messo nei preferiti alcune delle mie
storie, questo mi fa molto più piacere di ogni altra cosa! quindi grazie
mille!!!!
ki@rett@: tranquilla, anche se non recensisci ogni volta non importa!
sono contenta che ti piaccia! per la storia dell'età, sì lo avevo capito che
dicevi in quel senso, era chiaro. ho anche sbagliato a fare due conti, perchè
ho detto di averli compiuti otto anni fa... ma ne avrei 24 in quel modo... ciuchina
in matematica come sempre! di nuovo grazie mille anche a te!
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Capitolo 5 *** One wild night... or not? ***
ONE WILD NIGHT.... OR NOT?
Sistemò con cura il cuscino sul divano e aprì la coperta facendola svolazzare
nell'aria. Poi allargò le braccia ed esclamò 'Ta-dah!'.
"Ecco, signori e signori, il trucco è riuscito! Da un divano scolorito ad
un letto comodo!", fece, inchinandosi come se fosse stata davanti ad un
pubblico febbricitante.
"Molto bene... ho un sonno...", fece Gustav, sbadigliando,
"Grazie per averci ospitato allora!"
"Grazie a voi per non essere fuggiti via urlanti dopo aver visto casa
mia!"
"E cos'ha di strano?", gli domandò lui, che l'aveva trovata normale,
anche se forse un po' in disordine.
"Beh... non è che abbia molto tempo per curarla."
"Puoi stare tranquilla. Se non avessi qualcuno che fa tutto per me, vivrei
come in un porcile.", disse lui.
"Sono contenta allora di non essere l'unica!", esclamò Mac, andando
verso la finestra per chiuderla e coprirla con la tenda, "Allora
buonanotte Gustav!"
"Notte... salutami anche gli altri!", fece l'altro, stendendosi sul
suo giaciglio.
Dato che il salotto non aveva una porta, perchè si apriva direttamente verso
l'ingresso, Mac sperò che il ragazzo non si sentisse troppo a disagio per
questa mancanza di privacy. Andò in cucina a prendersi un bicchiere di acqua
per la notte e poi tornò verso la sua camera. Mentre entrava nella stanza,
sbirciò nella fessura della porta socchiusa della camera di fronte alla sua.
Non vide niente, la luce era già stata spenta, forse i Kaulitz stavano dormendo.
Chiuse la porta e si sedette sul letto, appoggiando il bicchiere sul comodino.
Si tolse la vestaglia e si distese sul letto. Avrebbe tanto voluto chiamare
Stephan, un suo amico massaggiatore, si sentiva le spalle indolenzite e molto
irrigidite. Lo avrebbe fatto sicuramente il giorno dopo, pensò.
Si mise le mani dietro la testa e incrociò i piedi, guardando il soffitto,
assorta nei suoi pensieri.
Nnon aveva ancora ringraziato Tom per averla fatta ragionare. Avrebbe dovuto
farlo al più presto, anche se lui sembrava essere sempre così ostile nei suoi
confronti. Sbadigliò distrattamente, il sonno le era quasi passato del tutto,
doveva leggere qualcosa per aiutarlo a tornare. Spense la luce principale,
emanata dal lampadario al centro della stanza, per accendere quella
dell'abat-jour.
"Cavolo, le lenti a contatto!", disse, ricordandosi che ancora le
stava indossando. Si stupì che ancora non le avessero mai dato fastidio, ma
forse aveva sempre avuto il cervello occupato da altre cose per pensarci.
Riaccese la luce e si avvicinò al cassettone, dove aveva tutto l'occorrente per
le sue lenti. In un attimo le tolse e le richiuse nei loro piccoli contenitori
circolari.
Le portava sin da quando l'oculista le aveva detto, con suo grande sconforto,
che era miope, più o meno una decina di anni prima. Si era sempre
rifiutata di portare gli occhiali perchè non si piaceva con quegli arnesi sul
naso.
Tornò sul letto e afferrò il libro, riposto dentro al piccolo cassetto del
comodino, e riprese la lettura dal punto in cui l'aveva lasciata la sera prima.
Quel mese si era cimentata in un 'mattone', come lei definiva i libri
estremamente noiosi, che era particolarmente efficace nel farle venire sonno.
Non si ricordava nemmeno il titolo, nè l'autore, era così interessante quella
lettura....
Un nuovo pensiero le piombò in testa, aveva lasciato il telefono nella borsa,
vicino alla porta d'ingresso. Se avesse squillato avrebbe svegliato tutti,
doveva andare a recuperarlo. Sbuffò annoiata, dandosi il libro in testa per la
dimenticanza.
In punta di piedi uscì dalla camera, arrivando nell'atrio silenziosa come un
gatto. Gustav si era profondamente addormentato e sperò che fosse comodo.
Una volta afferrata la borsa, fece il tragitto di ritorno, ma appena si accorse
che la porta della camera degli ospiti si stava aprendo, si appiattì al muro
per non farsi vedere. Ne uscì un Bill abbastanza assonnato: come uno zombie
andò in bagno, in maglietta e boxer, trascinandosi pesantemente i piedi sul
pavimento. Quando ebbe richiuso la porta, Mac riprese a zampettare nel
corridoio.
"Altolà!", esclamò Tom, mettendole una mano sulla spalla, un attimo
prima che lei potesse afferrare la maniglia della porta della sua camera.
Mac fece cadere la borsa a terra, riuscendo ad evitare di urlare per lo spavento.
"Paura eh!", fece lui.
"Ma, dico, sei rincretinito tutto insieme o sei nato così?", disse
Mac, sottovoce, voltandosi.
"C'è chi tifa per la seconda opzione.", rispose l'altro, con
l'atteggiamento di uno spaventapasseri idiota. Poi la guardò, notando che il
suo pigiama non era la classica tutina con gli orsacchiotti, "Wow, non
avrei mai detto che tu dormissi con la maglia di Jordan dei Bulls! Numero 23,
un mito!"
"E smettila, svegli Gustav!", ribattè Mac, cercando di non sembrare
stupida mentre si copriva il petto con le braccia.
"Tranquilla, dorme come un sasso. Piuttosto, mi daresti un bicchier
d'acqua per piacere?", le chiese.
"Sì... ma fammi mettere la vestaglia per lo meno!"
Tom si sedette intorno al tavolo della cucina, attendendo che Mac arrivasse.
Dovette cercare di non scoppiare di nuovo a ridere quando la vide arrivare in
accappatoio e pantofole.
"Beh... che c'è?", gli disse, accorgendosi che il ragazzo stava
ridendo sotto i baffi, "Mica siamo tutti alla moda come te quando andiamo
a letto!"
"Ok, non rido più.", disse l'altro, "La parte più buffa comunque
sono gli occhiali..."
Mac, accorgendosi che li aveva ancora sul naso, li tolse rapidamente e li
infilò dentro la tasca della vestaglia.
"Sei fortunato che abbia la gola secca anch'io, altrimenti ti sputerei nel
bicchiere.", disse Mac, mentre prendeva un paio di bicchieri da un vano
della cucina e li riempiva di acqua. Sentì la porta del bagno richiudersi
di nuovo, Bill doveva essere tornato in camera. Si sedette di fronte al ragazzo
e gli porse il suo bicchiere.
"Comodo il letto?", gli domandò.
"Non male, anche se ancora non ho chiuso occhio. Mi è andato via il
sonno."
"A me stava tornando quando mi sono ricordata di avere il telefono
acceso... poi sei arrivato tu a spaventarmi ed è fuggito di nuovo. Sei un vero
bastardo quando mi ci metti!", fece Mac.
"Per me bastardo è un complimento, così come stronzo, pezzo di merda e
così via.", la consigliò, "Quindi la prossima volta offendimi in un
altro modo, se vuoi."
"Grazie, lo terrò a mente.", fece lei, bevendo l'ultimo sorso ed
alzandosi per tornarsene in camera, seguita da Tom.
"Notte Kaulitz!", disse, un attimo prima di entrare nella sua tanza.
"Notte a te Rosenbaum!", rispose l'altro, di rimando.
"Un'ultima cosa.", fece Mac, recuperandolo prima che sparisse,
"Grazie per oggi. Non sei stato un genio nel scegliere le parole giuste,
ma ci hai saputo fare."
L'espressione semi assonnata di Tom si trasformò in uno sorriso dolce.
"Ho fatto del mio meglio, mi sembravi abbastanza sconvolta e... insomma...
dai, lo sai, i discorsi così non sono per me, non mi far continuare. Quindi
accontati di un prego scoglionato."
Mac rise e poi lo salutò, alzandogli il dito medio e ricevendolo altrettanto
come risposta.
Come un fulmine a ciel sereno, un attimo prima che il suo interruttore
cerebrale si spostasse da 'acceso' a spento', il suo cellulare
squillò. Era appena entrata nella fase catatonica, quella in cui aveva ancora
la percezione del mondo circostante come se fosse un sogno, e si accorse del
telefono solo dopo qualche squillo.
"Dannazione...", fece, mentre metteva i piedi fuori dal letto.
Gattonò fino alla borsa, l'aveva lasciata inerte vicino alla porta. Afferrò il
telefono e premette il pulsante di accettazione della chiamata, sedendosi a
terra e con la schiena contro il legno dell'uscio.
"Pronto....", disse, con tono poco amichevole.
"Ma dove siete! Mi avete fatto venire un accidente! Va tutto bene?",
squillò la voce di Georg.
"Oh, gesù, Georg...", disse Mac, mortificata, "Scusaci, abbiamo
alzato un po' il gomito e..."
"Dove siete? Quale ospedale?", si preoccupò lui.
"Tranquillo, siamo a casa mia, stiamo tutti bene. Abbiamo deciso di... di
venire qui, per evitare di salire in macchina e schiantarci da qualche
parte."
"Oh dio, meno male... potevate anche avvertirmi!", fece
l'altro, con tono abbastanza arrabbiato.
"Hai ragione... pensavamo di farlo domani... ma che ore sono?"
"Quasi le cinque..."
"Non sarai mica rimasto in piedi ad aspettarci!"
"Certo che no, sono andato a letto e quando mi sono accorto che nessuno
era tornato...."
"Tutto a posto?", disse una voce, al di la della porta.
"Sì, è Georg, tutto ok.", rispose all'altro.
"Chi era?", chiese Georg, che ancora era in linea e aveva
sentito tutto.
"Boh, forse Bill o Tom, non lo so.", disse Mac, che non aveva saputo
riconoscere di chi fosse quella voce.
"Ah, ok. Allora a domani.", fece, chiudendo la chiamata.
Mac appoggiò la testa alla porta, chiedendosi quando avrebbe potuto dormire,
dato che ogni poco c'era qualcosa che la disturbava..
"Hey, non ti vorrai mica addormentare lì.", disse di nuovo la voce
dietro alla porta.
"Già... hai ragione.", fece lei, alzandosi con qualche difficoltà per
tornarsene a letto.
"Non c'è verso di chiudere occhio.", disse ancora l'altro.
"Proprio così... senti, scusa, quale Kaulitz saresti?", gli domandò.
"Sono Bill. Ancora non mi riconosci?", sbuffò l'altro, ridendo,
"Eppure mio fratello ha la voce molto più bassa della mia!"
"Ah... allora notte Bill.", rispose Mac, accoccolandosi sul suo letto
ed ignorandolo completamente.
"Senti... lo so che non dovrei farti una richiesta del genere ma... non è
che posso entrare?", insistette a disturbarla Bill.
Mac ci pensò un attimo su, magari una chiacchierata le avrebbe conciliato il
sonno.
"Entra pure.", disse poi.
Bill la ringraziò e entrò nella sua stanza, illuminata dalla luce soffusa della
lucina accesa sul comodino.
"Bella camera che hai... molto ben arredata.", disse, rimanendo in
piedi come un pesce lesso.
"Dai, vieni qua, ti offro una sigaretta."
"Fumi in camera?", le domandò lui.
"Assolutamente no, andiamo alla finestra.", fece lei, scendendo dal
letto per andare al piccolo terrazzino.
Era veramente molto piccolo, sporgeva di poco dal muro della casa: i due si
sedettero sul pavimento freddo e si accesero una sigaretta.
"Quali brutti sogni ti tormentano?", gli chiese Mac.
"E' per mio fratello... mi ha preso a calci tre volte.", rispose
l'altro, massaggiandosi la schiena.
"Poveretto... ho un po' di valium per le emergenze, con quello stai secco
per diverse ore, non ti sveglia nemmeno la terza guerra mondiale."
"Sarebbe utile... piuttosto, volevo domandarti una cosa.", le fece.
"Spara pistolero.", disse Mac, unendo le dita come una pistola.
"Beh...", fece lui, titubante.
"Allora? Guarda che non ti mangio...", disse lei, sorridendogli.
"Sei stata sposata prima?", le disse, tutto d'un fiato.
Mac lo guardò con un'occhiata divertita.
"Ti riferisci ad oggi vero?"
"In un certo senso sì... anzi sì... quando ho visto quel filmato, poi la
tua reazione. E avevo anche notato che eri molto triste, durante il matrimonio
di Georg."
"No, non sono mai stata sposata, ma ci sono andata molto vicina.",
rivelò lei, dopo aver preso una boccata di fumo.
"Ah...", fece l'altro.
"Beh... vedere quel filmato mi ha fatto tornare in mente tante cose, più
che altro brutte, è per quello che mi sono comportata in quel modo."
"E... cosa è successo? Se posso saperlo..."
"In poche parole?", disse Mac, "Lui mi ha chiesto di sposarlo,
iniziamo quindi tutti i preparativi. Decidiamo tutto, data, parenti, bomboniere
e così via. A due mesi dal fatidico giorno, lo trovo mentre si scopa una delle
mie migliori amiche. Fine della storia."
"Accidenti...", disse Bill, esterrefatto.
"Accidenti eccome... ho vissuto l'inferno."
"E... com'è stato viverci?"
"La cosa più brutta del mondo... per un po' mi hanno anche tenuto sotto
controllo... pensavano che stessi per combinare qualche danno a me
stessa."
"Danno?", fece lui, cercando di capire il vero senso di quella
parola.
Mac lo guardò un attimo, poi fece un gesto del tutto inconfondibile: si tracciò
una linea sul polso destro, e poi fece altrettanto su quello sinistro.
"Ma sono passati più due anni da tutto questo. Ora sto bene.", disse,
ridendo un attimo per far sembrare la cosa meno drammatica di quanto lo fosse
veramente.
"Wow... questo è proprio l'amore che porta alla morte!", fece lui,
cogliendo l'occasione per sdrammatizzare ancora di più.
"Già... proprio così!", disse Mac.
"Beh, ora che lo so, posso stare anche più tranquillo. Sai, per un attimo
mi hai spaventato oggi pomeriggio....", disse Bill, abbracciando le
proprie gambe per riscaldasi un po', "E mi è dispiaciuto un po' che la
nostra amicizia si sia persa nel tempo."
"Anche a me... quante volte ci siamo visti in sei anni? Una?", fece
Mac, contandole sulla punta delle dita.
"Già... speriamo che adesso non risucceda ancora."
"Guarda che è colpa vostra! Io sono sempre stata qua!", esclamò Mac,
assumendo un tono fintamente accusatorio. Anche lei aveva avuto il suo bel da
fare, quindi parte della colpa era anche sua.
"So che stai scherzando, ma dici la verità....", fece Bill,
accennando ad uno sbadiglio, "Sarà meglio tornare a letto, sperando che
quell'altro si sia calmato."
Si alzò e lasciò la camera della ragazza, dandole la buonanotte e facendo una
breve sosta in bagno per spegnere la sigaretta, rimasta a metà. Diceva sul
serio quando pensava che era stato un vero peccato perdersi di vista, ma
d'altra parte cosa potevano fare, ognuno aveva vissuto la propria vita. Si
stupì di quello che era capitato a Mac: non ne aveva saputo niente e non
si sarebbe mai immaginato che le fosse potuta capitare una cosa del genere.
Doveva essere proprio stata innamorata di quel ragazzo per... insomma... stare
così male da far preoccupare gli altri della sua stessa salute. Dopo aver
aspirato l'ultima boccata di fumo, gettà la sigaretta nel water, tirò lo
sciaquone e se ne tornò a letto, sdraiandosi sul bordo del materasso perchè suo
fratello aveva occupato pure la sua parte.
Mac rimase altri cinque minuti sul terrazzino, con la sigaretta che veniva
consumata tra le sue mani dal venticello estivo. Ripensò a quei mesi
passati nel totale inferno e poi quelle brevi settimane... alla clinica.
Ce l'aveva portata sua madre, preoccupata perchè pensava che sua figlia avesse
smesso di mangiare del tutto. Non era così, o meglio, era in parte la verità.
Sprofondata in un esaurimento nervoso, lo stomaco di Mac si era chiuso, mentre
il resto della vita le scorreva intorno.
Durante i primi giorni non era mai uscita dalla sua stanza, nella clinica,
tranne che per fare gli esami di routine. Non voleva vedere nessuno, non voleva
ricevere visite, non voleva fare nient'altro che starsene a letto, a fissare
catatonica la tv, mentre il suo cervello si svuotava dai pensieri. Poi, dopo
essere stata spronata da una chiacchierata tutt'altro che amichevole con
Thiago, aveva preso a partecipare a alle classiche riunioni di sostegno che gli
psicologi organizzavano per i degenti, quelle in cui tutti si sedevano in
cerchio e si raccontavano a vicenda le loro sfighe e le loro disgrazie personali.
Nel giro di poche settimane Mac si era ripresa, quasi miracolosamente,
chiacchierando e sfogandosi. Aspirò l'ultimo tiro rimasto, prima che il vento
consumasse anche il filtro della sigaretta e tornò a letto, rilassata e
tranquilla.
*spero che abat-jour (cioè la lampadina da comodino) si scriva così, altrimenti
ditemelo e lo correggo!!! il mio francese risale alle medie, è stato
rispolverato solo per infamare i francesi dopo i mondiali, ma non era compreso
il ripasso di questa determinata parola XD
TITOLO: è preso dalla canzone 'one wild night' di bon jovi. non è utilizzato
con scopo di lucro, ovviamente.
Questo capitolo è di stasi, molto più corto del resto, ma dovevo per forza
dividere i fatti della notte e della mattina, altrimenti sarebbe venuto fuori
qualcosa come 'guerra e pace', cioè un capitolo lungo un chilometro con troppi
fatti premuti insieme! Spero che cmq vi piaccia! Pubblico questo capitolo
a mezzanotte e cinque minuti, dopo aver ucciso una zanzara grande come una
giraffa vicino al pc (che schifo!!!!!) e dopo aver acquistato 'SCREAM'.... ma
domando e dico... chi cavolo glieli ha tradotti i testi in inglese? La metrica
in alcuni punti fa schifo, le parole non sono a tempo con la musica e sono
tremendamente scontate! Che tornino a cantare in tedesco, sono migliaia di
volte migliori nella loro lingua originale che in inglese!!! Sono pronta a
vendere questo cd su ebay, meno male che l'ho trovato a tredici euro, una spesa
tutto sommato accettabile. E meno male anche che ho acquistato pure 'AMERICAN
IDIOT' dei Green Day, mi sono consolata con loro!
Ma passiamo ai ringraziamenti!
MissZombie: pensavo che questa storia non campasse in piedi perchè, in
fin dei conti, in rock my life non si erano conosciuti molto bene, erano stati
insieme solo pochi giorni e farli passare come stra-amici, dopo pure sei anni,
mi pareva un po' eccessivo. ho cercato di far passare il loro rapporto come una
di quelle amicizie un po' assenti, ma che poi alla fine si rivelano le migliori
(un po' come quelle che ho io, pochi amici, ci vediamo una volta alla
settimana, ma ci pare di essere sempre stati insieme). la scena dei cetrioli mi
è venuta in mente per caso: dato che gustav, a vederlo nelle foto, mi sembra
abbastanza in carne, stavolta l'ho fatto passare per la cloaca massima del
gruppo, il trita-rifiuti, che ha sempre fame! grazie ancora per la recensione e
tutti i tuoi complimenti! quanto mi fai aspettare per il prossimo capitolo di
thema #1? ps: il sole è stato pazzerello anche da me, in trentino, ma in
montagna è sempre così! una notte pioveva così tanto che pensavo di comprare un
motore da motoscafo, attaccarlo alla tenda e farmi un giro per il campeggio con
la gommon-tenda! (ma quante cazzate sto scrivendo...)
CowgirlSara: le teorie su Tom... non dirò niente! muta sono! peggio di
una mafiosa!!! XD no, non sono solo le tue impressioni, anche a misszombie è
saltata la pulce nell'orecchio, ma non dirò niente... chissà chi sarà il rocker
che salverà la vita di Mac (come dice il titolo della storia) ma non salverà il
suo cuore infranto? chi lo sa??? a dire il vero nemmeno io perchè non so ancora
come evolvere la storia!!! grazie mille per la recensione!!!!
Ki@rett@: è bello avere un gruppetto di recensitrici fedeli come voi!
fatti sentire anche per la recensione di questo capitolo altrimenti me la
prendo XDDD scherzo, ovviamente! grazie anche a te!
Lidiuz93: purtroppo no, kim è kim e gustav è molto innamorato di lei!
comunque prova a corteggiarlo un po', se lo incontri, per testare se è fedele a
lei come pensa di essere! XD fammi sapere poi com'è andata! no, l'email non
l'ho ricevuta... mandala a questo indirizzo: silvia.slimer@libero.it . ho
controllato con quale indirizzo email ero iscritta a efp e mi sono accorta che
lo avevo inserito male, avevo dimenticato una lettera!grazie della recensione!
aspetto la tua email!
Grazie anche a quelli che hanno recensito! E anche a quelli che hanno
messo questa storia, e anche le altre, nei preferiti!!! A propisito, cosa vi
costa mettere anche una piccola recensione? XD scherzo, è già tanto essere tra
i vostri preferiti!!!
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Capitolo 6 *** The 'Julian' file ***
THE 'JULIAN' FILE
Allungò la mano tremante verso il comodino. Dopo averlo tastato diverse volte,
riconobbe la maniglia del cassetto e lo aprì. Frugò per diversi minuti,
cercando di trovare quello che stava cercando, cioè il flacone delle aspirine.
Quando al tatto sentì il tubicino cilindrico muoversi tra le sue dita, lo
afferrò.
Con le gambe riuscì ad allontanare il lenzuolo e ad alzarsi sul bordo del
letto: con la vista ancora annebbiata, prese il bicchiere che aveva sul comodino
e fece sciogliere non una, nemmeno due, ma tre aspirine. Era quella la
dose giusta che le faceva passare velocemente il mal di testa del dopo sbronza.
Ingerì velocemente l'acqua frizzantina piena di principio attivo benefico e si
stese di nuovo, con il cuscino richiuso sulla testa e tenuto premuto sulle
tempie.
Dopo qualche tempo, infatti, sentì il suo cranio liberarsi da quella morsa
infernale e fu di nuovo capace di intendere e di volere. Inforcò i suoi
occhiali, di stropicciò le braccia e le gambe e mise i piedi fuori dal letto,
in cerca delle pantofole. Non trovandole, dovette accontentarsi di camminare
scalza; non che le dispiacesse, anzi, le piaceva molto il contatto con il
pavimento, ma aveva sempre avuto il terrore, fin da piccola, di tagliarsi i
piedi con i vetri rotti a causa di una brutta esperienza. Camminando come uno
zombie, con gli occhi chiusi dal sonno, aprì la porta della camera ed entrò
tranquillamente in bagno.
"Bussare alla porta? No eh? Non lo vedi che sono in mutande?"
La gracchiante voce mattutina di un intruso inaspettato nel suo bagno le fece
drizzare i peli delle braccia.
"Gia....", disse Mac, dopo aver aperto gli occhi per la prima volta
in quella mattina, "Mi ero scordata che c'eri anche tu, Kaulitz."
Il ragazzo, che era entrato qualche attimo prima di lei in bagno, si era
voltato di spalle per avere un po' di privacy.
"Ti dispiace lasciarmi solo? Non è che mi riesca bene farla in compagnia,
vuoi che ti sporchi la tavoletta?", fece Tom.
"Manco l'hai alzata... sei proprio un maiale.", fece Mac, aprendo il
rubinetto e togliendosi gli occhiali per lavarsi la faccia e sciacquarsi la
bocca.
"Non te ne vuoi proprio andare?", disse l'altro, seccato.
"No, perchè questo è il mio bagno... e poi cosa ti ci vorrà mai per fare
un po' di pipì! Devo mettermi a fare sssshhh ssssshhh ssssshhh per
aiutarti?"
"Cristo che palle! Vattene!"
Mac, con tutta la calma del mondo, aprì l'armadietto accanto allo specchio e
tirò fuori tutto l'occorrente che le serviva per farsi la giornaliera pulizia
del viso.
"No.", disse poi, guardandolo di riflesso nello specchio, mentre lui
le lanciava occhiatacce di odio, "Gli altri dormono ancora?"
"E chi se ne frega degli altri!", esclamò l'altro, che era sull'orlo
di arrabbiarsi.
"Non ti scaldare, altrimenti te le fai addosso."
"Levati dai coglioni Rosenbaum!", disse Tom, alzando la voce.
"Ah, non ci penso proprio.", continuò lei, senza scomporsi di un
millimetro, mentre si spalmava sulla faccia il sapone detergente.
"Sei proprio una stronza!", fece il ragazzo, ricomponendosi e andando
verso la porta del bagno.
"E questo è il mio bagno, filare fuori.", disse Mac, che la mattina
era una vera rompiballe, come ne stava avendo dimostrazione Tom.
"E tu sei una... una...", provò a dire l'altro, senza trovare
un'offesa proporzionata a quella che aveva appena ricevuto, "Una... una
con la crema e i cetrioli sulla faccia, brutta come la peste!"
Mac gli fece la linguaccia e tornò a massaggiarsi la faccia con le mani, mentre
Tom se ne stava lì a sbuffare, sconfitto dall'irriducibilità della ragazza.
Stava per mettere la mano sulla maniglia, ma un attimo prima che potesse
reagire di nuovo, la porta si aprì, colpendolo su un braccio.
"Ma che cazzo!", esclamò.
"Ops scusa.", fece Bill seccamente, entrando nel bagno,
"Levati dalle palle Tom."
"Ora arrivi anche tu a fare il dittatore!", disse suo fratello,
mentre si massaggiava il gomito dolorante.
"Ah, buongiorno Mac.", continuò l'altro, ignorandolo e andando verso
il gabinetto.
"Visto come fa Bill? Senza problemi, va lì e la fa.", disse Mac a
Tom, guardandolo come se fosse un bambino piccolo, "Non come te, che ti
blocchi..."
"Che c'è per colazione?", domandò Gustav, accapandosi nel bagno,
svegliato dalle esclamazioni isteriche di Tom.
"Apri il frigorifero e tira fuori quello che vuoi. Altre cose le puoi
trovare in giro per la cucina.", fece Mac, dopo essersi sciacquata ed
asciugata la faccia.
"Ah ok.", fece l'altro, richiudendo la porta.
"Di solito sono io a fare il deficiente... per adesso mi sembra di essere
quello più normale di tutti.", borbottò Tom, uscendo dal bagno inviperito.
"Ma cos'ha che non va?", chiese Mac a Bill, che nel frattempo si era
accostato a lei, davanti allo specchio e si era appropriato del sapone della
ragazza per lavarsi la faccia.
"Mah, non saprei. A casa nostra ognuno ha il suo bagno.", rispose
l'altro.
Mac entrò in cucina mentre gli altri stavano già sgranocchiando i loro
biscotti, guardando ipnotizzati la tv, che trasmetteva cartoni animati. Erano
le tre e mezza passate, l'ora in cui lei, di solito, si prendeva un attimo dal
lavoro per fare merenda. Oggi invece doveva ancora fare colazione e, benchè non
avesse avuto molta fame, doveva placare quel senso di nausea che le prendeva
sempre dopo una notte folle. Si sedette all'unico posto rimasto, quello che
dava le spalle alla tv, facendo levare un 'no' corale di disapprovazione dei
ragazzi.
"Dai, così non possiamo vedere niente!", disse Bill, a capotavola,
mentre si spostava da un lato da un altro per scavalcare con gli occhi la sua
presenza.
Gustav e Tom, che avevano la bocca piena, le facevano segno di spostarsi, l'uno
a destra, l'altro a sinistra.
"Dio mio, cosa faranno mai vedere di così importante!", fece lei,
voltandosi.
"L'ultima serie di Dragon Ball!", fece Gustav, "Ancora non l'ho
vista per intero!"
"Gesù....", disse Mac, afferrando il biscotto che giaceva
solitario dentro il contenitore di vetro, oramai svuotato dalle bocche
fameliche dei tre.
"Non potevi comprare un televisore più grande?", le disse Tom.
"Io non guardo mai la tv. C'è solo perchè ce l'ha messa mia madre qualche
anno fa, l'avrò accesa due volte in tutto questo tempo."
"Allora togliti e fammi vedere!", fece l'altro.
Con tutta la pazienza che potè trovare in quel momento, Mac si alzò dalla sedia
e andò a sedersi sul ripiano della cucina, l'unico posto in cui sapeva che non
avrebbe infastidito nessuno. Era anche la 'sedia' preferita di Mac,
benchè non fosse stata quella la mansione per il quale era stato costruito; di
solito mangiava seduta lì perchè poteva vedere fuori dalla finestra, uno svago
che rimpiazzava benissimo le idiozie sputate fuori dal televisore.
Avrebbe voluto obiettare che quella era casa sua, ma aveva già rotto le scatole
per il bagno, poteva anche risparmiarsi. Allungò la mano per prendere il
cartone del latte, lasciato fuori dal frigo da quei casinisti e prese a berlo.
Distrattamente, con la coda dell'occhio vide la mano di Gustav districarsi
malamente tra le bottiglie e i contenitori sul tavolo e rovesciare la bottiglia
della coca cola addosso a Tom. Nell'attimo di silenzio che precedette l'urlo
incazzato di Tom, Mac ebbe il tempo di pensare a come si poteva riuscire a bere
la coca di prima mattina senza trovarsi con lo stomaco sfondato dall'ulcera a
trent'anni.
"Ma allora ce l'avete con me!", fece lui, incavolato come non mai.
Mac afferrò il rotolo di carta assorbente appeso al muro e iniziò, cercando di
non ridere, a tamponare il tavolo per evitare che altro liquido viaggiasse
verso il pavimento.
"E dai! Mica lo ha fatto apposta!", gli disse suo fratello, mentre lo
guardava divertito, con le mani dietro la testa per stirarsi le braccia.
"Prima vi coalizzate contro di me per non farmi pisciare e ora mi versate
tutta la coca addosso!"
"Scusami Tom...", fece Gustav, con aria da cane bastonato, aiutando
Mac nelle pulizie, "Non volevo..."
"Scusa un corno... guarda che hai fatto!", ripetè l'altro, mentre
guardava la macchia di coca ingrandirsi a dismisura sui suoi vestiti, "Non
ho nemmeno altro da mettermi."
"Dai, Mac avrà sicuramente qualcosa per te...", fece Gustav,
guardando la ragazza con occhi speranzosi, cercando conforto in una sua
espressione. Lei ricambiò con uno sguardo abbastanza spaesato.
"Beh... non ho abiti maschili...", disse poi.
"Ma a lui sta bene tutto!", esclamò Bill, dando pacche amorevoli
sulla spalla del fratello.
"Fatti una tonnellata di cazzi tuoi, Bill.", gli rispose l'altro,
imbestialito, "Oramai il danno è fatto, me li tengo bagnati piuttosto di
farmi vestire di nuovo da donna!", disse Tom, ricordandosi di quando Mac
gli aveva fatto mettere un completo femminile, molti anni prima.
"Qualcosa comunque posso trovare!", fece Mac, "Non puoi stare
così, diventerai tutto appiccicoso. Posso provare a lavarteli, tra un paio di
ore li avrai di nuovo puliti. Con il caldo che fa asciugheranno subito!"
Tom rimase un attimo in silenzio, pensando se sarebbe stato meglio
starsene in quella condizione perchè Mac stava per fargli uno scherzo, oppure
se averbbe potuto fidarsi di lei e accettare abiti puliti.
"Dai, proviamo. Se poi non mi vanno bene, me ne sto così ok?", disse.
"Perfetto!"
Mentre Gustav se ne stava ancora incollato alla tv e Bill si era seduto sul
letto di Mac con il cellulare in mano, la ragazza cercava di trovare qualcosa
che fosse di gusto per Tom.
"No, questo no.", continuava a ripetere lui.
"Guarda che non sei in una boutique Kaulitz. Accontentati di ciò che
ho.", lo ammonì Mac.
"Ma questa maglietta è rosa, l'altra è gialla, con questa sembro una
checca.", disse Tom, disgustato di tutto ciò che Mac gli aveva mostrato.
"Tanto è questione di poco tempo.", gli disse suo fratello, impegnato
con il suo telefono.
"Ma in poco tempo questa stronza può riuscire a prendermi in giro come non
mai. E io non glielo permetto!", fece Tom, mentre Mac scuoteva la testa
rassegnata, ma sorridente.
"E che te ne importa!", ribattè l'altro.
"Senti Kaulitz,", disse Mac, porgendogli una maglietta sportiva e i
pantaloni di una vecchia tuta, "Tieni 'ste cose, non mi far buttare altro
fuori dagli armadi perchè poi ti faccio rimettere a posto!"
"Proprio perchè è questione di due orette...", fece l'altro,
sbuffando e prendendoli di controvoglia, "Ora, se non vi dispiace, mi
chiudo in bagno... ho un po' da fare!"
Mac e Bill risero del tono che aveva usato Tom, un misto tra la superstar
incavolata e il bambino viziato.
"Cosa c'è di bello da fare in casa Rosenbaum?", le domandò Bill,
saltando giù dal letto.
"Beh...", disse Mac, grattandosi la testa, "Ho qualche vecchio
film, degli album da ascoltare..."
"Ah...", fece l'altro, un po' deluso.
"Di solito mi diverto fuori casa.", puntualizzò lei.
"Capisco... non è che posso utilizzare il tuo pc per vedere la mia casella
di posta elettronica?", le domandò.
"Certo, fai pure.", disse Mac, che nel frattempo si stava adoperando
per riportare la sua camera in uno stato di decenza.
"Grazie, sei un tesoro.", le disse, dandole un bacio al volo sulla
guancia ed uscendo dalla stanza.
"Tra un po' esco, devo fare alcune cose, non è che mi distruggete la casa
vero?", fece Mac, retoricamente.
"Stai tranquilla!", le rispose Bill, prima di accendere il computer.
Appoggiò vicino alla tastiera un bicchiere quasi colmo della coca rimasta e non
versata per la cucina. Attese che il sistema operativo si fosse caricato e poi
si connettè a internet: doveva controllare molte altre cose rispetto alla sola
casella elettronica, ma tanto ci avrebbe messo solo pochi minuti. Nel
frattempo, suo fratello era piombato di nuovo fuori dal bagno, lamentandosi
ancora del fatto che il mondo pareva avercela con lui.
"Se fa stingere i colori mi incazzo!", disse, chiudendo la porta
della camera per non farsi sentire da lei.
Aveva affidato i vestiti alla padrona di casa e gliel'avrebbe fatta pagare
veramente se fosse successo qualcosa ad una delle sue magliette preferite.
Accorgendosi poi che suo fratello non lo filava, si era sdraiato sul letto in
cui aveva dormito ed aveva iniziato ad infastidirlo, tirandogli le ciocche
di capelli.
"Sei uno stupido Tom.", gli disse lui, "Piantala di
rompermi."
"Cosa stai facendo?", gli chiese, appollaiandosi sulla sua spalla.
"Guardo delle cose su internet."
"Io vado ragazzi! Ci vediamo tra una mezz'oretta!", sentirono dire a
Mac.
"Ciao!", si unirono in coro le voci di Gustav, in salotto, e di Bill.
"Dov'è che va?", domandò Tom, a cui balzava già un'idea in testa.
"Boh non so,", rispose Bill, "ha detto che deve fare alcune
cose."
"Disconnettiti andiamo!", esclamò suo fratello, impossessandosi del
mouse per mettere in atto il suo piccolo ma perverso piano..
"Ma cosa vuoi fare!", si animò Bill, cercando di recuperare il
topolino dalle mani cattive del fratello.
"Dai, guardiamo cosa tiene Mac nel suo computer!", disse Tom, e poi
alzò la voce, "Gustav! Guardiamo nel computer di Mac!"
"Ma non è illegale?", fece l'altro, precipitandosi dal salotto in cui
stava beatamente a guardare la tv.
"Tanto lei non lo saprà mai!", gli rispose Tom, con un sorriso
malefico in faccia.
"Abbiamo già ficcato il naso nelle sue cose... e sappiamo come
reagisce.", gli ricordò Gustav.
"E comunque ne rimarrà traccia nella cronologia...", disse Bill.
"E noi la cancelliamo... e non lo saprà mai!", rincarò Tom, curioso a
morte.
Bill rimase un attimo a pensare, da una parte era impaziente di intrufolarsi
nel computer di Mac per vedere cosa potesse contenere, dall'altra sapeva che
poteva succedere il finimondo se ne fosse venuta a conoscenza. Durante la sua
riflessione, anche Gustav si era accomodato alle sue spalle, portando un paio
di sedie, per se stessoe e per Tom, che lo aveva ringraziato vivamente,
perdonandogli la coca cola sui vestiti.
"Andiamo!", lo esortò Tom.
"Facciamo presto, non sappiamo tra quanto tornerà. E se lo scopre io non
c'entro niente! E' stata un'idea tua!", disse Bill.
Tom cliccò su 'disconnetti' e si fiondò sulla prima cartella che trovò sul
desktop. Non videro niente di interessante, erano solo rendiconti di spese,
buste paga e così via. Quella dopo conteneva una sfilza improponibile di
canzoni mp3.
"E guarda la nostra pirata informatica...", disse Tom, "Ne ha
ben tremila di canzoni scaricate illegalmente da internet!"
"Magari le ha comprate in un sito apposito.", fece Bill.
"Ma certamente! E io sono Brigitte Bardot!", lo schernì Tom,
scuotendo il capo per l'ingenuità del fratello.
"Non aprire cartelle a caso, leggi prima come si chiamano!",
consigliò Gustav.
"Ok... guardiamo in questa, mi sembra abbastanza eloquente, si chiama 'immagini'
", fece Tom, aprendo però la classica cartella con le immagini che
inserivano di serie le case programmatrici di sistemi operativi.
"E questa? Cosa sarà?" fece Bill, indicando con la punta del dito la
cartella chiamata 'Fun&more'.
"Bingo!", esclamarono Gustav e Tom, guardando superficialmente il
contenuto della cartella. Questa conteneva altre sottocartelle intotolate 'giochi',
'fotografie', 'filmati' e così via.
"Vai su filmati!" ripetè Gustav un centinaio di volte.
Tom aprì il primo file su cui si posò la punta del mouse. Era un vecchio
filmato che riprendeva una piccola Mackenzie, con occhiali da sole, capelli
raccolti in due codini alti e sbarazzini, in mutandine colorate, che saltava e
cantava con una spazzola in mano una canzoncina che sicuramente aveva imparato
all'asilo. Dopo essersi fatti qualche risata, guardarono uno spezzone di una
recita scolastica e una parte del filmato del suo diciottesimo compleanno.
"Guarda che capelli che aveva!", esclamò Tom, vedendo una Mac appena
maggiorenne con una cesta di capelli lunghissimi e tinti una parte di bianco e
una di nero.
"Non vedi che è una festa mascherata, deficiente! E' vestita da Crudelia
de Mon!", disse Bill, chiudendo il filmato per aprire il prossimo.
I successivi sei o sette filmati furono le riprese fatte durante i suoi lanci
con il paracadute e meravigliarono di nuovo i ragazzi, che non si aspettavano
che Mac fosse una persona così spericolata.
"E ora rimane l'ultimo.", disse Tom, cliccando su un promettente
filmato chiamato 'Julian'.
Dopo qualche attimo di caricamenteo...
"Dai Julian! Non mi riprendere così da vicino!", diceva Mac,
mentre la telecamera la riprendeva in primo piano. Le mani di lei si
avvicinarono sull'obiettivo per allontanarlo, sfuocando del tutto l'immagine.
"E piantala! E' un anno che non ci vediamo e ora voglio sapere tutto di
te!", rispose una voce maschile, ma molto giovane, nascosta dietro la
cinepresa..
"Sei piccolo, hai solo diciassette anni, non puoi sapere tutto di me!",
fece lei.
"E cosa vuol dire? Io sono tuo cugino e ho il diritto di..."
"Nemmeno mia madre ha tutti questi diritti su di me!"
"Andiamo! Mi hai visto nascere, hai giocato con me fino a che non sono
diventato troppo grande per i super eroi e mi hai sempre consigliato su tutto."
"Non siamo marito e moglie!"
"Per i posteri!", la implorò un'ultima volta.
"E va bene! Allora, cosa vuoi sapere?"
"Innanzitutto una presentazione fatta con i fiocchi!"
Mac sbuff paurosamente ma parlò. I ragazzi, in totale silenzio, ascoltavano.
"Beh... ciao a tutti voi posteri, sono Mackenzie Rosenbaum, sono nata a
Berlino ben ventiquattro anni fa. Faccio la fotografa, mi diverto male e tu sei
un moccioso rompipalle!"
"Ah ah ah...", fece l'altro, sarcasticamente, "Continua,
dimmi dove sei stata l'ultima volta in vacanza."
"Sono stata due settimane in Francia, in Normandia a fare il
parapendio."
"Che bello! Ci porti anche me il prossimo anno?"
"Manco per idea!", sbottò gentilmente Mac.
"Lo sapevo! E ti sei divertita?"
"Certo che sì!"
"Hai conosciuto qualche uomo interessante?"
"No... e questo comunque non ti deve interessare, non sei
maggiorenne."
"Tra un mese lo sarò! Ad ogni modo... qual è l'aspetto del tuo lavoro
che ti piace di più?"
"L'aspetto che mi piace di più...", fece Mac, riflettendo,
"Sicuramente lavorare è già una cosa che mi piace."
"E come sei diventata fotografa?"
"Così, per caso. Ho lasciato un giorno il mio vecchio lavoro come
assistente di redazione di un giornale per adolescenti e sono diventata
apprendista da Karl. Ti ricordi? Quel signore con i capelli rossi..."
"Ah, sì, mi ricordo... qual è il tuo gruppo preferito?",
chiese il ragazzino.
"Ma lo sai che le tue domande non hanno una sequenza logica? E tu vuoi
fare il giornalista da grande?"
"Ragazzi, la cosa si fa interessante!", fece Tom.
"Credi davvero che lei dica Tokio Hotel?", gli disse Gustav.
"Il mio gruppo preferito.... decisamente i Deep Purple!",
rispose lei.
"Infatti...", fece Bill, scuotendo la testa, "Sei sempre il
solito presuntuoso, Tomi."
"Anche a me piacciono i Deep Purple!", fece il ragazzino.
"Certo, a te piace tutto quello che piace a me, sei la mia copia
maschile mocciosa."
"Lascio perdere tutte le tue frecciatine e vado avanti... qual è la
cosa più pazza che hai fatto?"
"Penso che la cosa più pazza sia stata andare in giro con un cartello
al collo con su scritto 'Mi tiro su la maglia per un euro'... avevo perso una
scommessa stupida."
"E quando hai perso la verginità?"
"Zitti tutti!", esclamò Tom, "Questa la voglio proprio
sapere!"
Mac abbassò la testa, arrossendo lievemente.
"Non te lo dico."
"E dai!"
"No, ti ho detto di no."
"Mac...."
I suoi occhi si alzarono stancamente verso l'alto.
"E sia! E' stata una notte in cui ero molto sbronza."
"Te pareva...", sbuffò Tom.
"Come si chiamava?"
"Julian, sei un bastardo, non te lo dirò mai."
"Lo conosco?"
"Beh... in un certo senso sai chi è."
"E' più grande di te?"
"Siamo coetanei. E non dico altro."
"Andiamo Mac... ti prego.... fallo per i posteri."
Mac rimase un attimo in silenzio, poi guardò dritto dentro la telecamera,
bucando lo schermo. Per un attimo i tre pensarono quasi che stesse guardando
direttamente loro.
"Qual è il gruppo preferito di tua sorella Jessica?", chiese
Mac al ragazzo.
"Quei deficienti bavosi dei Tokio Hotel."
"E questo che c'entra?", fece Bill, perplesso.
"E hai presente qual è il suo preferito tra loro?", fece Mac
"Anche troppo bene."
"Ecco, proprio con lui.", disse Mac, appoggiando la testa
sulla mano.
La telecamera fu voltata e apparve il ragazzino, Julian, che disse: "Questa
la risolviamo privatamente!".
E il filmato finì.
I tre si guardarono allibiti. Ognuno di loro squadrò l'altro come per catturare
qualche elemento rivelatore.
"Io non sono stato!", disse Gustav, alzando le mani.
"Nemmeno io.", rispose Bill.
Lo sguardo di entrambi cadde su Tom, con fare abbastanza accusatorio.
"Perchè se qualcuna perde la verginità è sempre colpa mia?.", fece
lui, un po' incavolato, "Vi giuro che quella sera era ben riposato
nei pantaloni."
"Quindi... se non siamo stati noi...", fece Gustav.
Sulle loro teste si accesero tre lampadine.
"Georg!", esclamarono in coro.
FINALMENTE LA BOLLA E'
SCOPPIATA!!!!! E ora che loro tre lo sanno, cosa succederà? Beh, ovviamente
basta attendere i prossimi capitoli XD
CowgirlSara: ok, ti do una chicca, uno spoiler... nel nono capitolo ci
sarà uno dei due che farà chiarezza sui suoi sentimenti... ma ti dico subito
che il nono capitolo è in fase di costruzione, quindi la situazione può anche
cambiare da un momento all'altro XDD grazie per la recensione!!! e complimenti
di nuovo per i disegni!!!
Lidiuz93: ora faccio uno spin off con Thiago così accontento tutti!
anzi, facciamo il Thiago fan club, così ci leviamo il pensiero! non pensavo che
un personaggio secondario sarebbe diventato anche più popolare della stessa
protagonista! grazie della recensione!!!
Ki@rett@: guarda non ti faccio arrabbiare e posto anche questo capitolo
XD spero che ti piaccia!! XDDD
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Capitolo 7 *** ...I think that she knows... ***
...I THINK THAT SHE KNOWS...
"Maledizione!", esclamò a gran voce Mac.
Era successo ancora. Si erano rotti di nuovo i manici della busta della spesa,
facendo finire tutto il contenuto per terra. Capitava ogni volta, ogni
santissima volta!
"Perchè deve sempre succedere a me?", piangucolò, mentre apriva la
porta.
"Vieni, ti do una mano.", fece Gustav, accortosi dell'inveniente,
"Tu porta l'altra busta dentro, io raccolgo quello che è per il
pavimento."
"Grazie mille, sei proprio un angelo come ho sempre pensato.", disse
Mac, "Dove sono gli altri?"
"Sono in camera, stanno facendo un pisolino.", rispose l'altro.
"Ah, ok perfetto. Tornate da Georg per l'ora di cena oppure vi fermate da
me? Ho preso qualcosa in più per questa evenienza.", diceva Mac, mentre
già riponeva al loro posto i viveri appena acquistati.
Al sentire il nome di Georg, Gustav arrossì un po'...
Non perchè si stesse vergognando, ma solo perchè era tornato con la mente al
filmato, che aveva finito di vedere appena una decina di minuti prima. Quando
aveva avuto quella rivelazione, un paio di elementi ancora incongruenti ma
sepolti nel dimenticatoio erano combaciati quasi perfettamente. Si ricordava
poco di quella famosa serata, ma gli era sempre parsa strana la reticenza di
Georg sullo spiegare l'origine di quella strana scritta che era comparsa sul
suo corpo. Quando l'aveva vista anche sul braccio di Mac, benchè non ne
avesse mai fatto parola nè con Tom nè con Bill, aveva già cominciato a fare due
più due. Beh, sicuramente ora era tutto sepolto sotto una montagna di pietra
per entrambi, era certo che fosse stata solo la follia di una notte. Mac si era
fatta tatuare quella scritta per mille motivi diversi, non di certo perchè
voleva suggellare quel momento imprimendoselo per sempre sul corpo.
"Beh, non lo so, dovrei sentire gli altri. Ma non vorrei essere troppo di
disturbo...", fece Gustav.
"E dai! Se ti ho detto che ho comprato qualcosa anche per stasera vuol
dire che non siete un peso per me, o no?"
"Effettivamente... sentiremo gli altri quando si svegliano.", fece
lui, "Dove lo metto lo zucchero?"
"Dai qua, ci penso io. Vatti a riposare un po' anche tu, hai delle
occhiaie! Se vuoi ti concedo il mio letto."
"Oh, no, ma grazie lo stesso.", disse Gustav, riprendendo la
confezione e avvicinandosi alla cucina per trovargli un posto.
"Cosa avete fatto nel frattempo che non ero via?", chiese lei, quasi
distrattamente.
"Cosa abbiamo fatto? Beh.. abbiamo... chiacchierato... del più e del
meno.", fece l'altro, rimanendo sul vago.
"Interessante.", disse lei. Gustav intese quella frase detta quasi
senza pensarci come la voglia di Mac di sapere qualcosa di più.
"Sì... abbiamo chiacchierato del... tempo, di come stanno cambiando le
stagioni..."
"Ah, davvero?", fece Mac, mentre sistemava i flaconi del latte nel
loro scompartimento.
"Beh... non c'è niente di male a parlare del tempo.", disse Gustav,
indispettito.
Al sentire quella frase, sulla mente disattenta di Mac si posò un piccolo
pensiero.
"E' vero, non c'è niente di male.", disse, ridendo, "Pensi che
ti stia accusando di aver fatto qualcosa di male?"
Gustav si sentì preso in contropiede e non sapeva cosa dire.
"Scusami, avevo solo interpretato male il tono della tua voce.",
disse, salvandosi in corner, "Sarà meglio che vada in bagno, devo... insomma..."
"Ah, sì, vai pure, faccio io. Se hai bisogno di farti una doccia dimmelo,
ti dò degli asciugamani puliti."
"Volentieri, ma più tardi.", disse lui, mentre si allontanava nel
corridoio.
Mac rimase un attimo a riflettere: era strana la reazione di Gustav, lei quasi
non lo stava ascoltando... e lui stava comportando come se avesse davvero fatto
qualcosa di male e stesse cercando di nasconderlo. Ma forse era solo un suo
pensiero, nient'altro. Sentì il cellulare che squillava nella borsa e rispose.
"Ti saresti mai aspettato una cosa del genere?", chiese Bill a suo
fratello. Sapeva che non stava dormendo, sentiva che il suo respiro non era
ancora regolare e quasi impercettibile.
"Mh? Cosa?", fece l'altro, supino, accanto a lui.
"Mi riferivo al filmato... secondo te ha detto la verità?"
"Beh, non ci metterei la mano sul fuoco, magari lo ha detto solo per
scherzare con quel ragazzo...", disse Tom, indifferente.
"E comunque non ci sarebbe niente di male.", disse Bill, voltandosi
su un fianco e dando le spalle al fratello.
"Infatti... secondo te perchè ce l'hanno tenuto nascosto?"
"Non saprei... magari perchè se ne vergognano.", fece Bill, cercando
una spiegazione.
"Non mi sembrano tanto imbarazzati quando si vedono.", disse Tom.
"Scemo, sono passati sei anni, sono grandi e vaccinati.", fece
l'altro, come se fosse la cosa più scontata del mondo.
"Io ce l'avrei un po' di imbarazzo!", protestò l'altro.
"Vabbè, lasciamo perdere. Mi è venuto sonno.", disse Bill.
Sentirono Mac imprecare all'entrata e Gustav andarle contro per aiutarla.
"E' tornata... secondo te se ne accorgerà?", chiese Tom al fratello.
"Guarda che è stata un'idea tua e quindi la colpa è la tua.", affermò
Bill, "Non ti fare prendere dalla paura, altrimenti sarò costretto a darti
del pappamolla a vita."
"Deficiente, io non ho paura."
"Certo che ce l'hai.", ribattè l'altro all'istante, "Lo sai
benissimo quanto è pericolosa sotto l'effetto dell'ira."
"No, non ce l'ho.", ripetè Tom, cercando di essere più convincente.
"Sì che ce l'hai.", riprese Bill.
"No, non ce l'ho."
"Fai come ti pare.", chiuse l'altro il battibecco, "Tanto la
colpa è tua."
"E così sia, amen!", fece Tom, dandogli le spalle innervosito.
Certo che se Mac avesse scoperto che aveva voluto curiosare nel suo computer...
il suo pensiero si fermò lì, non volle pensare a cosa gli sarebbe potuto
succedere. Poi tornò di nuovo con la mente a quello che aveva scoperto. Non lo
avrebbe mai detto, Mac e Georg.
Per un attimo provò una punta di invidia, poi cacciò anche quel pensiero.
Infilò il braccio sotto il cuscino e si sistemò sul materasso. Sentì la porta
della stanza aprirsi quasi impercettibilmente.
"Hey... finora non sospetta niente.", disse Gustav, sottovoce.
Tom gli fece segno con il pollice.
"Non dormite fino a tardi.", disse l'altro, richiudendo la porta.
Dopo che ebbe
infilato nello stereo il cd che voleva ascoltare, un greatest hits di Patty
Smith che aveva comprato durante una breve gita in Polonia, Mac si sistemò sul
divano. Si rilassò, affondando nei cuscini, catturando le parole della
celeberrima 'Because the night' e muovendo il piede sinistro, rimasto penzoloni
dal divano, a tempo con la musica. Aveva anche avuto il tempo di sistemare
l'impegno lavorativo che saltato quella mattina. Adesso aveva tutto il
pomeriggio per se stessa, anche con quei tre che gironzolavano per la casa.
"Non ti dispiace se esco un attimo?", disse Gustav, quasi sottovoce,
dall'ingresso.
"Per carità, fai ciò che vuoi. Prendi il mazzo di chiavi di riserva che
sono attaccate vicino alla porta..", disse Mac ridendo.
"Buona idea! Vado a prendere un po' d'aria fresca.", fece lui,
cercando di evitare ulteriori contatti con Mac, aveva paura che lei potesse
insospettirsi.
Con le mani dietro la testa, Mac immerse la mente nella musica e si appisolò
sul suo divano.
Si svegliò un'oretta dopo, l'orologio segnava imperterrito le sei e mezza
e doveva iniziare a preparare qualcosa se voleva che i ragazzi rimanessero
a cena da lei. Fece un salto in bagno per darsi una sistemata veloce e bussò
poi alla porta della stanza degli ospiti. Non sentendo nessuna risposta abbassò
silenziosamente la maniglia e fece capolino nella camera, dove i due fratelli
stavano ancora dormendo. Con un gesto veloce, scostò la tenda che oscurava la
luce del sole ed aprì la finestra per far entrare un po' di aria fresca.
Sentì un mugolio di disapprovazione alle sue spalle ma non si fece intenerire.
"Andiamo pelandroni, scendete da quel letto, non sapete fare altro che
dormire.", disse loro, che presero a muoversi lentamente a stiracchiarsi.
"Ha preso la vostra forma. Avanti, marsch!", disse iniziando a
battere le mani a tempo della marcia, "Unò duè unò duè!"
"Chetati!", sbottò Tom, innervosito dall'insistenza di Mac.
"Ah si?", fece lei. Montò sul letto e iniziò a saltarci sopra,
"Vediamo se vi svegliate adesso!"
"No! Ferma!", fece Bill, prima di cadere dal letto, mosso dagli
scossoni del materasso.
"Ops... ti sei fatto male?", gli chiese Mac, smettendo di giocare per
preoccuparsi di lui, che si toccava la testa.
"Tranquilla...", rispose Bill, cacciando la smorfia di dolore che si
era dipinta sulla sua faccia, "Vado a farmi una doccia, posso?"
"Certamente! Ci sono asciugamani puliti nell'armadietto accanto alla
vasca, prendi quello che più ti piace!", disse Mac, aiutandolo ad alzarsi.
"Sei sempre la solita stronza.", disse Tom, mettendosi il cuscino
sulla testa, dopo che suo fratello fu entrato in bagno.
"Me lo hai già detto qualche ora fa, sei ripetitivo.", disse Mac,
sedendosi a gambe incrociate sul letto, "Sono quasi le sette, Georg non ha
chiamato per sentire se siamo sempre vivi ed ho pensato che potete anche
rimanere a cena qui da me."
"No, grazie, non voglio morire avvelenato.", rispose l'altro,
bofonchiando sotto il cuscino.
"Perchè sei sempre così cattivo con me? Che ti ho fatto?", disse Mac,
con voce da cagnolina bastonata, come se stesse piangendo.
Per un attimo, l'occhio di Tom apparve da sotto il cuscino e la esaminò, poi
lui tornò a coprirsi la faccia.
"Pensavi stessi piangendo davvero eh? Te l'ho fatta!", esclamò Mac.
"Ma piantala ed esci da questa stanza.", sbottò l'altro, infastidito.
"Gaurda che qua è casa mia, non so se te lo sei scordato, e anche se sei
famoso in tutta Europa e le ragazzine ancora ti saltano addosso non è detto che
puoi permetterti di dettare legge dove vuoi. Indi per cui o scendi da questo
letto o vengo a farti il solletico ai piedi."
"Vattene.", disse lui, ritirando i piedi verso di sé.
"Ma gaurda questi bei piedini, ma come sono belli, vieni qua, fatti fare
il solletico...", iniziò a fare Mac, con quella vocina particolare con cui
si parla ai bambini piccoli per farli sorridere.
"E va bene! Sei una mignatta Mac! Una sanguisuga!", fece lui,
saltando già dal letto per evitare la tortura del solletico alle piante dei
piedi.
Soddisfatta, Mac fece una capriola sul letto e scese, per continuare a
infastidire il ragazzo con i suoi tentativi di fargli il solletico. Lui riuscì
a liberarsi dalle dita della ragazza e se ne andò in cucina, sperando che non
tornasse a dargli noia.
Rimasta sola nella stanza, Mac ne approfittò per ridare un senso alla
confusione perenne che vi regnava: rifece il letto, vi posò sopra i vestiti che
doveva stirare, perchè quello era il loro posto, e riassettò la scrivania del
computer. Accese il pc per controllare la posta elettronica, non lo faceva da
diversi giorni e sicuramente era stata invasa da email pubblicitarie di cui non
riusciva a liberarsi nemmeno con i programmi antispam.
Non potendo leggere nelle menti altrui, non sentì il campanello di allarme che
suonò dentor la testa di Bill, quando rientrò nella stanza, dopo la sua doccia.
"Trovato niente di interessante?", chiese distrattamente al ragazzo.
"Interessante? Dove?", disse lui, reprimento il tremito della voce..
"Quando sei andato su internet.", puntualizzò lei, mentre stava
accedendo alla rete.
"Beh... le solite cose.", rispose Bill, facendo spalluce..
"E' successo qualcosa a Gustav?", gli domandò poi lei.
"Perchè?", chiese a sua volta Bill, il quale non sapeva bene dove la
ragazza voleva andare a parare.
"Boh... mi è sembrato un po' strano. Sembrava quasi si sentisse colpevole
per qualcosa. Se avestee rotto un vaso non vi preoccupate, li odio ma mi madre
continua a regalarmeli."
"Non saprei.", disse l'altro, tagliando corto, "Dov'è
adesso?"
"E' uscito. Sembarva quasi mi volesse evitare."
"Ma dai, magari aveva solo bisogno di un po' di aria fresca."
"Certo....", fece Mac, che in un attimo aveva controllato la posta e
stava già spegnendo di nuovo il pc, "Volete rimanere a cena da me?",
gli chiese poi.
"Beh... per me va bene, gli altri non so."
"Gli altri sono d'accordo. Se mi date una mano, tra meno di un'ora saremo
tutti a tavola con la forchetta in bocca.", disse lei.
Mentre i due fratelli stavano cercando di disporre i posti in maniera corretta
intorno alla tavola, dato che non volevano che la tv venisse oscurata da
nessuno, Mac era indaffatara con la pulitura dell'insalata e delle verdure. La
carne stava già cuocendo e mancava solo il contorno. Non era molto brava in
cucina, di solito combinava sempre qualche guaio e faceva bruciare tutto, oppure
rompeva qualcosa vicino alla pietanza già pronta e doveva buttala via per
evitare che venissero ingoiate anche delle pericolose schegge. Era per quello
che, se voleva invitare qualcuno a cena, ordinava tutto fuori e poi riscaldava.
"Ahia!", esclamò, quando la punta del coltello le si infilò
dolorosamente nella pelle, procurandole un lieve taglio superficiale,
"Cazzo, mi sono tagliata!"
"Mettilo sotto l'acqua! Sotto l'acqua!", fece Bill, a cui la vista
del sangue aveva sempre fatto una certa impressione.
"No, tranquillo, non è niente, vado a metterci un cerotto e via.",
disse Mac, andando verso il bagno con il dito in bocca.
Non appena sentì la porta del bagno cchiudrsi, Bill approfittò del momento e
parlò con suo fratello, riferendogli che Mac doveva aver intuito qualcosa per
colpa di Gustav.
"Lo uccido! Lo uccido!", fece Tom, battendo il pugno sul tavolo.
"Calmati, vedrai che appena...", disse Bill, ma fu interrotto.
Proprio in quel momento Gustav era rientrato dalla sua passeggiata all'aria
aperta.
"Vieni subito qua!", esclamò Tom, mettendosi le mani sui fianchi come
facevano le mamme con i bambini disubbidienti.
"Cosa ho fatto... che c'è?", fece l'altro.
"Cosa hai detto a Mac?", gli domandò Bill, sottovoce.
"Niente, lei non sa niente ed io non ho detto nulla di nulla.",
rispose l'altro.
"Eppure le è entrata la pulce nell'orecchio... sospetta che abbiamo
combinato qualcosa e che non glielo vogliamo dire.", disse Tom.
"Dicci le esatte parole che le hai detto.", disse Bill con decisione.
"Le ho detto che abbiamo chiacchierato del più e del meno,
nient'altro.", rispose l'altro, che stava iniziando a spazientirsi del
terzo grado a cui era sottoposto.
"E come glielo hai detto? Con tono insicuro?", gli domandò Tom appena
ebbe finito di dire l'ultima parola.
"Gliel'ho detto come cazzo mi pare! Ora hai paura che la tua stupida
idea ti si ritorca contro e vuoi scaricare la colpa a me, non è così
Tom?", fece l'altro, molto irritato.
"Ci siamo dentro tutti e tre!", disse Tom, dopo essere rimasto per un
attimo spiazzato dalla reazione di Gustav, "L'idea sarà stata anche mia,
ma voi siete miei complici. Siete rimasti lì in silenzio a guardare, senza
obiettare. Quindi siete colpevoli tanto quanto me!"
Gli altri due non trovarono le giuste parole per obiettare alla verità della
situazione; erano altrettanto rei, non avevano fatto nient'altro che guardare,
benchè fosse stato poi lui a muovere il mouse e a scegliere determinate
cartelle da esaminare. Sull'orlo di una crisi di nervi, impauriti anche dalla
possibilità che la furia di Mac si potesse scatenare su di loro, furono salvati
dallo squillo di un telefono.
"E' il tuo?", chiese Tom al fratello, che scosse la testa in segno
negativo.
Anche Gustav negò la proprietà di quel suono.
"Dovrebbe essere quello di casa... vado ad avvertirla.", disse poi il
ragazzo, "A proposito, dov'è Mac?"
"E' in bagno, si è tagliata.", la informò Bill.
"Ah...", fece lui.
Si avvicinò al bagno.
"Mac, sta squillando il telefono.", le disse, bussando lievemente
alla porta..
"Portamelo!", disse lei, "Dovrebbe essere sul mio
comodino!"
Gustav si sbrigò, per evitare che la chiamata venisse interrotta, e le consegnò
il telefono. Con la mano sana, la ragazza aveva aperto l'uscio della toilette
ed aveva afferrato la cornetta del cordless, mettendola a contrasto tra la
testa e la spalla. Doveva ancora finire di fasciarsi il dito infortunato,
benchè questo fosse già diventato grande quanto un'ananas.
"Pronto?", rispose, "Cosa?... Non la sento... ecco,
ora la sento, cosa desidera?..."
Gustav si allontanò per lasciarle la sua privacy, ma servì a poco. Forse perchè
colui o colei all'altro capo della linea aveva problemi di udito, forse perchè
la linea era scarsa, Mac urlava come una forsennata al telefono e la
conversazione finì per arrivare alle orecchie di tutti.
"Sì, sono io... uhm... sì... ah... oh sì, beh, certo, comprendo...
allora arrivederci...", disse lei, ritrovando il giusto volume alla
sua voce.
Per un attimo non volò una mosca.
"Vaffanculo! Pezzo di imbecille che non sei altro!", gridò Mac
esplodendo di nuovo.
Buttò nervosamente il telefono sul letto e tornò altrettanto scossa in cucina
per riprendere la mansione interrotta dal suo dito ferito.
I tre, appena sentirono il rimbombo dei suoi passi, scattarono sull'attenti e
si indaffararono con la prima mansione che capitò sotto mano. Per qualche
minuto ognuno di loro cercò di non sfiorarla nemmeno con il pensiero, tanto
avevano timore che quel coltello, che ora tagliava finemente l'insalata con la
maestria di un cuoco giapponese, venisse scagliato contro di loro.
"Beh...", fece Bill, che voleva riportare la situazione ad una
parvenza di normalità, "Se continui così ti affetti gli altri diti senza
accorgertene."
La lama continuò a tritare l'insalata scompostamente, poi si fermò
all'improvviso. Mac sospirò ed appoggiò la testa sullo scompartimento davanti a
lei. Gli altri trattennero il fiato, in un momento di suspence hitchcockchiano.
"Che c'è che non va?", le domandò.
"Niente...", rispose lei, raccogliendo l'insalata e mettendola in una
scodella di plastica.
"Non sembra...", insistette Bill, "Scusa, ma sembri abbastanza
sconvolta. Vuoi sederti?"
La ragazza sospirò di nuovo, si pulì le mani sotto il getto dell'acqua, le
asciugò con uno straccio che stava inutilizzato vicino a lei, e si sedette.
Bill le si accomodò accanto, mentre Gustav era rimasto in disparte con le
braccia conserte e Tom aveva preso posto sul ripiano della cucina, quello su
cui di solito Mac si sedeva sempre per mangiare.
"Era il direttore di un giornale, un tale chiamato Krapfen e che, per ironia
della sorte, somiglia davvero ad un krapfen.", disse Mac, sospirando,
"Mi ha telefonato per dirmi che la mia collaborazione non serve
più.".
"Ti ha licenziato?"
"Beh, sì."
"Ma non collabori anche con molte altre riviste?", le chiese Tom.
"Oh, sì, verissimo. Solo che gran parte del mio stipendio derivava da quel
lavoro... cazzo, questa non ci voleva proprio! Ho la macchina da
pagare...", disse Mac, lasciandosi allo sconforto.
"E gli altri lavori?", fece Gustav.
"Con quelli ci guadagnavo degli extra, erano lavori saltuari, questione di
tre o quattro volte al mese..."
"Cavolo...", disse Bill, "E adesso cosa farai?"
Mac sospirò per la terza volta.
"Ho qualche spicciolo da parte, posso cavarmela per qualche tempo ma...
quella cavolo di macchina! Che sfiga! Mancavano solo tre rate! Tre rate e poi
basta! Non poteva aspettare tre fottutissimi mesi quel pezzo di merda?",
fece lei, tornandosene con il capo appoggiato al tavolo. Bill le dette una
pacca sulla spalla e le disse che tutto si sarebbe sistemato nel migliore dei
modi.
Poi, un odore strano entrò dentro le loro narici, facendole arricciare.
"Cazzo! La carne sta bruciando!", esclamò Mac, dopo aver tolto il
coperchio dalla pentola in cui stava cuocendo.
In poche parole, dirò il motivo per il quale questa storia non mi convince. Sto
mancando di fantasia, sto utilizzando situazioni già usate, soprattutto nei
prossimi capitoli... a scrivere sempre più o meno sullo stesso tema può
capitare... spero di non deludervi!
Ah, un'altra cosa: tra un po' i protagonisti saranno i soliti tre scemi:
Mac-Bill-Tom... poi vi spiegherò perchè ho deciso di spostare l'attenzione su
di loro...
APERTA PARENTESI Piccolo parere personale: hanno fatto bene a togliere le
twincest perchè, purtroppo, la maggior parte di queste erano ripetitive, spesso
di cattivo gusto e scritte molto male! Se si vuole parlare di un rapporto
speciale tra i due fratelli, perchè non parlare del forte legame che hanno tra
loro, invece di pensare che si amano e che fanno sesso? Credo sia poco
fantasiosa una cosa del genere... comunque devo anche ammettere che ce n'era
qualcuna davvero scritta bene, è un peccato... ma il regolamento è il
regolamento... CHIUSA PARENTESI
Judeau: aaaaaaahhhhhhhhh! sei tornatooooo! com'è andata? ho un milione
di cose da dirti! adesso capisco veramente perchè ti sei innamorato della
germania! io sono stata per un giorno (solo uno, purtroppo) ad innsbruck, in
austria (che non c'entra niente con la germania ma siamo lì... più o meno XD ).
successo questo: vedo passara i primi adolescenti: cinture borchiate, maglietta
con i teschi, e penso: mmhh gli alternativi come me ci sono anche qui! ne
passano altri: teschini, teschietti, magliette nere, strane... ne passano un
milione davanti a me, tutti più o meno sullo stesso stile e penso che sono
finita in un sogno! mi fiondo in un centro commerciale e se il mio ragazzo non
mi porta via dilapido tutti i soldi! la moda lì è fantastica! non riesco a
trovare i vestiti che mi piacciono qua perchè ce li hanno tutti lassù!!! wow è
stato fantastico! io che sono un pò punk di natura qua mi sembra di vivere un
incubo, tra fighettini e roba del genere! (ps: lo so che il tuo amore per la
germania va oltre ai vestiti, ma penso che almeno un'affinità con questo ci sia
XD ).... e il prossimo anno lavorerò, metterò i soldi da parte per un mega tour
della tedeschia con il camper! e mi comprerò il guardaroba nuovo!!!
cmq è vero, ho acquistato il cd zimmer 483, carino ma potevano fare di
meglio... e scream... oh mio dio!!! pessimo! soprattutto i testi, fanno pena!
anche il mio ragazzo, che non capisce una sega di inglese, ha detto che non
tornano le frasi con la musica! vabbè, spero che un giorno ammettano di non
aver fatto un buon lavoro con l'inglese... e quando torna MissZombie, che è a
roma per vederli, falle una strigliata! Dille che non si fa!!!!
MA tornando ad argomenti seri: mi vuoi sposare? certo che sì! ce li hai gli
anelli??? XDDd
Argomento ancora più serio: la mia storia... spero che ti piaccia, perchè io
non ne sono per niente convinta! grazie comunque per tutto!
CowgirlSara: tranquilla, puoi stare certa che succederà in quel modo! da
quel capitolo in poi succederà qualcosa di particolare... un treno di cazzi
propri? non basta! un'intera autostrada del sole!!! vabbè, si dice che la
curiosità è femmina, ma anche i maschi fanno la loro parte, non credi? XD
per la scena del bagno ho dovuto pensarci un po', volevo fare qualcosa di
comico, ma ancora devo migliorarmi su questo senso, perchè la comicità non è il
mio forte, vado meglio con la drammaticità... e con la mielosità, in questo
periodo di post vacanze!!! grazie comunque!!!
MissZombie: sei partita per roma??? a vedere i tokio??? wow, non me lo
sarei aspettato! non è che ti metti sotto il palco a strapparti i capelli? ci
vuole sempre un po' di dignità! Magari passami qualche fotografia se ci riesci!
Ci sentiamo al tuo ritorno!
E comunque grazie per tutti i tuoi complimenti! ora mi monto la testa!!! XD
mai!
Naysha13: eccoti! bentornata! mi fa molto piacere che tu stia leggendo
anche questa mia storia! quando arrivi a questo capitolo fammi sapere cosa ne
pensi! grazie mille ancora!
Ki@rett@: da oggi dichiaro aperta la prima riunione del Thiago Fun Gay
Club: all'ordine del giorno, quan'è che torna nella fanfiction? per ora non ce
n'è traccia, posso assicurartelo... mi dispiace, ma credo che sia destinato a
non comparire più, magari forse nell'ultimo capitolo...
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Capitolo 8 *** Stars are blind ***
STARS ARE BLIND
Posò la pentola sul tavolo e prese un cucchiaio abbastanza grande per servire
una porzione a tutti. Gli altri, con lo stomaco in subbuglio per la fame e le
forchette strette nelle mani, attendevano il loro turno. Quando la carne però
fu posata sul loro piatto,gli sguardi si mutarono da famelici a lievemente
disgustati. Bill tocchicchiava la sua fetta di carne con la punta del
coltello, Gustav cercava di masticarla senza pensare al vago odore di bruciato
che pervadeva la sua bocca, Tom era diventato improvvisamente vegetariano e si
era dato all'insalata. Anche Mac sembrava non molto soddisfatta del risultato
del suo lavoro.
"Questa cosa la do al cane del vicino...", disse lei, dopo avere
cercato di tagliarla in tutti modi.
"E' un'ottima idea!", esclamò felice Bill, che si era stancato di
torturare la sua porzione con la forchetta.
"Benissimo! Cos'altro c'è da mangiare oltre all'insalata?", disse
Tom, non accorgendosi che alcuni pezzi erano rimasti incastrati tra i suoi
denti e scatenando l'ilarità generale. Accortosi del piccolo problema, prese a
pulirsi poco educatamente la bocca con le mani, protestando per essere stato
preso in giro così brutalmente dai suoi amici.
"Ho anche un'altra ottima idea. Facciamo un salto in pizzeria, prendiamo
quello che ci pare e andiamo a fare una visita a Georg!", disse Mac.
Dopo aver recuperato la macchina, lasciata la sera precedente al pub, ed aver
caricato le loro pizze, partirono per tornarsene da Georg, sperando di trovarlo
in poche faccende affaccendato. Ad aprire loro la porta fu Jasmine, che sembrò
molto felice che i quattro fossero ricomparsi, anche se improvvisamente, sulla
sua soglia.
"Ma cosa avete portato?", chiese, vedendoli con in mano cartoni e
bottiglie.
"Pizza!", esclamarono quasi in coro.
"Ma noi abbiamo già mangiato!", fece Jasmine.
"Anche noi, durante il tragitto.", disse Gustav, "Avevamo fame
ma vi abbiamo lasciato qualcosa."
"Già...", fece Bill, che trasportava diverse bottiglie di Coca ma
anche di qualche alcolico, "Però non abbiamo ancora bevuto, quindi
se tu e Georg avete sete..."
"Portate tutto in cucina, vi precedo.", disse Jasmine, ridendo.
"E dov'è Georg?", fece Mac, posando i cartoni delle pizze sul tavolo.
"Si sta facendo una doccia, stavamo quasi per andarcene a letto.",
disse lei, appoggiandosi al legno con le braccia incrociate.
"A letto?!? Ma sono le nove e mezza!", esclamò Tom, che nel frattempo
stava già frugando nei cassetti della cucina per prendere un apri bottiglie.
"Noi abbiamo tante cose da fare qua! Mica come voi che sicuramente avrete
dormito fino a sera per via della sbornia che vi siete presi!", rispose
lei.
"Non è vero!", fece l'altro, appena ebbe trovato il tesoro che stava
cercando.
"Ma ti ci sei avvicinata moltissimo.", disse Mac, "E scusami
ancora per stanotte... per la chiamata."
"Figurati, io sapevo già che non sareste tornati qua perchè eravate
ubriachi fradici. Oramai li conosco i miei polli.", disse Jasmine,
riferendosi agli amici del marito.
"A proposito, eccoti le fotografie... stavolta ho preso il cd
buono!", disse Mac, prendendolo dalla borsa.
"Eh no! Stasera niente fotografie!", protestò Bill.
"Jasmine, cos'è questa confusione?", si sentì dire da Georg, che
doveva essere in qualche stanza vicino alla loro.
"Tranquillo, sono tornati i nostri figli prodighi!", rispose lei,
alzando la voce.
"Dì loro che se non hanno portato niente con sè, posso anche lasciare la
casa!", rispose lui.
"Abbiamo vino a sufficienza per stordirci fino al mattino!", esclamò
Tom.
"Allora falli rimanere!", disse l'altro, sbucando nella cucina.
Approfittando del caldo tepore estivo, il gruppetto si spostò nel giardino sul
retro, portandosi con sè le pizze e il vino per allietare la serata e i loro
stomaci. Seduti intorno ad un tipico tavolino da esterni, di quelli tutti
bianchi, fatti di metallo, con i ghirigori intorno alle gambe, presero a
scambiarsi chiacchiere.
"Questa pizza è fantastica!", disse Gustav, mentre si mangiava
l'ultimo spicchio rimasto.
"Lo sai che in tre giorni ti ho sentito solo fare commenti sul cibo o dire
che avevi fame?", gli disse Mac, "Secondo me hai dei disordini
alimentari!"
"E non solo alimentari... anche cerebrali!", disse Georg, facendo
ridere tutti gli altri.
"Prendetemi, sì, prendetemi in giro...", fece Gustav, mentre masticava,
"Siete solo invidiosi della mia forma fisica!"
"Soprattutto di questo bel pancino qui... il nostro Gusti Gusti ga-ga-go-go-gu!",
disse Tom, iniziando a stropicciargli le orecchie e i capelli come se fosse un
bambino piccolo.
"Cosa avete intenzione di fare adesso?", domandò Georg,
riferendosi ai membri della band, "Vi fermate qui o no?"
"A questo punto direi proprio di sì, mica volete mettervi alla guida a
quest'ora? Si vede che siete stanchi.", disse Jasmine, "I letti sono
già pronti per voi da ieri."
"E' questo il vero significato di padrona di casa, non come te, Mac, che
ci fai apprecchiare, ci fai rimettere a posto...", fece Tom,
tirandole una frecciatina.
"Sei fortunato ad avere la schiava che fa tutto per te.", rispose
lei, accendendosi una sigaretta, leggermente infastidita, "Io che
devo sempre fare tutto da sola, una volta che ho l'occasione di farmi dare una
mano la sfrutto! E poi cosa ti avrò mai chiesto di fare!"
Tom sembrò cogliere perfettamente la seccatura che le aveva causato e non rilanciò
la posta in gioco.
"Io sarei un pochino stanchino...", disse Georg, alzandosi dalla
sedia e stiracchiandosi, "Me ne vado a letto, ma voi rimanete quanto vi
pare."
"Sì, è meglio che ci corichiamo. Domattina vorrei essere a casa per
mezzogiorno, ho il volo e diverse cose da preparare.", disse Gustav,
alzandosi a sua volta. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire alla volta di
Barcellona, per andare a trovare la sua fidanzata, e non voleva fare
eccessivamente tardi.
"Noi rimaniamo ancora un po', vero Tomi?", disse Bill al fratello.
"Ok, tanto non ho sonno.", fece l'altro, prendendosi una sigaretta e
accendendosela, come poco prima aveva fatto Mac.
"Io invece vado, domani mi aspetta una giornata lunga.", disse la
ragazza, raccogliendo la sua borsa.
"Dai! Rimani un altro po', cinque minuti!", disse Bill, "Finisci
la sigaretta e te ne vai."
Georg le disse che poteva rimanere anche tutta la notte, non avrebbe creato
nessun disturbo, nella casa c'era posto anche per lei, ma Mac rifiutò
garbatamente l'invito. Voleva dormire nel suo letto le giuste ore che le
servivano per sentirsi riposata. Il giorno dopo le sarebbe servito per cercare
di rattoppare la propria vita ed evitare di finire in bancarotta, senza un
lavoro.
"Come vuoi... allora buonanotte a tutti!", disse Georg, abbracciando
una sbadigliante Jasmine e seguito da Gustav.
Mac fece ruotare la testa all'indietro, si sistemò sulla sua sedia per avere
una visuale più chiara del cielo. La villetta di Georg si trovava in una zona
di campagna e, dopo che lui ebbe spento anche alcune delle luci che
illuminavano il giardino, alcune stelle prima invisibili tornarono ad essere
perfettamente scorgibili dal pianeta Terra. Non trovava molte cose
interessanti nell'osservazione della volta celeste, ma pensava che quell'attività
apparentemente inutile riuscisse a calmare un po' il suo animo inquieto. A
volte passava intere ore ad osservare il solito gruppetto di stelle, con la
sigaretta tra le labbra, a guardare come queste tremolavano, nel profondo blu.
I due ragazzi, vedendola così assorta, con il naso per aria, alzarono i loro
occhi al cielo, per capire quale fosse il motivo di cotanto interesse.
"Conoscete la costellazione del Sagittario?", disse lei poi.
"Quale sarebbe?", chiese Bill, che di stelle e costellazioni sapeva
poco e nulla.
"E' quel gruppo di stelle lì, quasi all'orizzone del cielo... ha una forma
strana, non saprei come spiegarvela... comunque è la costellazione più luminosa
di tutto lo zodiaco. Guardando in quella precisa direzione, state vedendo il
centro della nostra galassia."
"La Via Lattea.",
disse Tom.
"Tombola!", esclamò Mac.
"Quali altre costellazioni conosci?", le domandò Bill.
"Allora... l'orsa maggiore... ma quella la conosce anche un bambino
piccolo.", rispose Mac.
"Ah, sì, la grande padella!", fece Tom.
"E' un carro, ignorante!", gli disse suo fratello, che conosceva
quella costellazione, la più famosa di tutto il firmamento.
"Ma non ha tutti i torti, anche a me pare una padella...", fece Mac,
"E con il manico lungo! Poi vediamo... vedi quelle quattro stelle lì,
quelle messe come una croce...", disse Mac, indicandogli la direzione in
cui doveva guardare.
"Sì... mi sembra di vedere una sorta di croce... una stella lì, una lì e
una là...", fece Bill, seguendo con lo sguardo i punti luminosi.
"Perfetto... quella è la costellazione del cigno... vedi, riconosci la
testa, le ali e la coda.", lo informò Bill.
"Un'altra?", domandò Tom, che non aveva capito ancora dove guardare e
sperava nella prossima costellazione.
"Vediamo... ah, sì! Questa sicuramente fa per voi!", disse Mac,
alzandosi e camminando lungo il giardino portandosi i due fratelli appresso,
"Seguite attentamente il mio dito e usate tutta l'immaginazione che potete
avere... guardate in quella direzione... le vedete quelle due stelle, le più
luminose?"
"Beh.... sono tutte luminose...", fece Tom.
"Certamente Kaulitz... ma concentrati... scendete con lo sguardo e
troverete altre due stelle... poi spostatevi a destra e a sinistra..."
"Ce ne sono altre tre... una nel mezzo, due ai lati.", disse Bill, "Le
vedi Tomi?"
"Avrei bisogno di un disegno...", disse l'altro, grattandosi la testa
perplesso.
Mac andò verso la sua borsa e prese la sua agendina, dove di solito segnava
tutti i suoi appuntamenti, e su un foglietto libero disegnò quello che Tom
avrebbe dovuto vedere. Il ragazzo osservò e poi tornò con il naso in aria.
"Ah, ho capito, quelle stelle lì.", disse soddisfatto, accantonando
il pensiero di essere un perfetto imbecille in materia stellare.
"Ecco, scendete ancora, ecco un'altra coppia di stelle, un po' meno
luminose.", disse Mac, continuando anche a disegnare per facilitare
l'osservazione, "Poi scendete ancora e ecco altre stelle... più o meno
messe così, non si vedono molto, ci vorrebbe il buio più completo."
"Già... comunque ho capito, siamo in quella zona là del cielo...",
disse Bill.
"Un momento... ma questi che hai disegnato sembrano due omini!", fece
Tom, al quale piaceva più la rappresentazione grafica della costellazione, dato
che trovava ancora delle difficoltà nello scovare le stelle di cui parlava Mac.
"Certamete Kaulitz... questa è la costellazione dei gemelli... proprio
come voi. Questo di sinistra è Polluce, l'altro è Castore. Venivano chiamati
Dioscuri. Polluce era immortale, mentre Castore no e venne ucciso da Idra, un
mostro mitologico. Polluce, dal tanto dolore, cedette parte della sua
immortalità e così vissero insieme felici e contenti, pure per l'eternità,
un giorno nell'Olimpo, dove stavano gli dei come Polluce, e un giorno nell'Ade,
dove vievano i morti come Castore."
"Wow...", disse Bill, "Questa storia non la conoscevo per
niente. Cioè, sapevo che c'era una costellazione dei gemelli, ma non l'avevo
mai vista. E' così... poetico..."
"Bellissima! La ribattezziamo seduta stante!", esclamò Tom
entusiasta, " Ecco a voi la costellazione dei Gemelli Kaulitz, a sinistra
potete ammirare il grande Tom Kaulitz, cioè io, con in mano la sua chitarra
d'oro e d'argento, un dio che sprigionava musica celestiale per tutti i
mortali. A destra, invece, stava Bill, il cantante da strapazzo, con il suo
microfono di plastica e...."
Mac sospirò, toccandosi stancamente la fronte per l'irriducibilità del ragazzo.
Bill, invece, non parve prenderla tanto bene.
"Riesci a rovinare tutti i momenti più belli della mia vita!",
protestò Bill, infuriato, tornandosene verso il tavolo.
"Beh, cosa ho fatto?", gli disse Tom, andandogli incontro.
Mac, non stupendosi oramai più dello strano rapporto dei due, si sedette sul
pratino, stendendo le gambe stanche e fumando l'ultimo tiro di sigaretta.
Avebbe dovuto andarsene, aveva da recuperare molte ore di sonno e già si era
fatto molto tardi, era mezzanotte passata. Affondando le dita nell'erba
umidiccia ebbe quasi un brivido di freddo. Aveva troppi pensieri per la testa,
una corrente semi perpetua, un flusso continuo di parole che bombardava la sua
mente. Doveva cercare di rilassarsi, di distendere i muscoli, altrimenti
avrebbe passato la notte insonne a rimuginare su cosa doveva fare per mettere
insieme i pezzi rotti della sua vita. Le era già capitato di trovarsi da un giorno
all'altro col culo per terra, ma adesso aveva la responsabilità della macchina,
quelle dannate rate che le succhiavano più della metà del suo guadagno mensile.
Non poteva permettersi di farsi salassare tutti i risparmi da una stupida
società finanziaria francese che le aveva dato appena i soldi sufficienti per
acquistare la macchina!
Presa da un nervosismo abbastanza sfrenato, si accese un'altra sigaretta, non
curante dei danni permanenti che stava arrecando ai suoi polmoni. Aspirò una
boccata quasi infinita di fumo, chiuse gli occhi, e lo fece uscire lentamente
dalle narici. Sì, adesso si stava rilassando...
"Ma vaffanculo Tom! Sei sempre il solito imbecille, pallone
gonfiato!", gridò Bill.
"Vaffanculo Bill!!", gli rimandò Tom.
La litigata in corso tra i due Kaulitz la fece sorridere un po', spostando la
sua mente dalle preoccupazioni amletiane ai demenziali comportamenti semi
adolescenziali di quei due. Meno male che era figlia unica, pensò, e che non
doveva fare i conti con un fratello o con una sorella.
"Che pezzo di idiota che mi ritrovo per fratello!", disse Tom,
passandole accanto, con le mani in tasca, camminando dritto dritto verso il
buio del giardino. Bill, invece, se n'era andato in casa, con un diavolo per
capello.
Dopo circa un minuto e mezzo, tanti erano i secondi che Mac aveva contato,
sentì dei passi venirle contro.
"Secondo te ha ragione lui o ho ragione io?", le chiese Tom,
accucciandosi ai suoi piedi. Mac alzò leggermente la testa, lo guardò un
attimo, poi tornò con lo sguardo sul cielo.
"Ma dico, io faccio una battuta e quello se la prende sempre!", fece
Tom, iniziando una nenia infinita di supposizioni personali sull'accaduto,
camminando initerrottamente avanti e indietro.
Mac continuava a fissare il cielo, ascoltando solo di sfuggita i pensieri a
caduta libera del ragazzo.
"Voglio dire, cerco di scherzare e lui si offende. Allora è un problema
suo, non mio, dovrebbe essere meno permaloso! Io faccio il simpatico e lui
l'antipatico. Comunque vada, alla fine sono sempre io a passare per il
maleducato, mentre lui passa sempre per la vittima del caso!"
"Kaulitz...", implorò Mac, inascoltata.
"E poi, quando magari è lui a fare il simpatico e sono io ad offendermi,
inizia a sputtanarmi dicendo che sono patetico, che sono vigliacco, che non so
prendermi le mie responsabilità, che se non fosse per lui io sarei in
bancarotta con la merda fino alle orecchie...", continuò lui, senza
sentire che Mac stava cercando di attirare la sua attenzione.
"Tom...."
"Ma lui non lo sa che se non fosse per me nessuno avrebbe mai
accettato di sentire quelle sue stupide idee sul suo progetto solista! Sono
stato io a chiedere a quelle case discografiche di starlo a sentire!"
"Tom Kaulitz!", esclamò Mac, ad alta voce.
"Che c'è?", fece lui, come se fosse stato svegliato da una trance.
"Non so se stai parlando solo perchè sei arrabbiato o se le cose stiano
così veramente...", disse Mac, mettendosi seduta, a gambe incrociate.
"In che senso?"
"Parlavo delle case discografiche... se è vero che sei stato tu a premere
affinchè lo ascoltassero...."
"E questo che c'entra con quello che stavo dicendo?", domandò lui,
cadendo dalle nuvole.
Mac si rese conto che lui stava davvero parlando a ruota libera e che non si
era nemmeno reso conto di cosa stesse dicendo. Sospirò, si distese di nuovo e
tornò con gli occhi al cielo, pensando a quanto fosse irrecuperabile quel
ragazzo. Lui le si sedette accanto, incrociando le gambe e poggiando il mento
sulle mani.
"No... non lo farò,", disse lui, rivelando che poi non aveva fatto
così il tonto come aveva sospettato Mac, "Nemmeno se mi mettessero sotto
tortura, sono discorsi senza senso...."
"Sembrava molto incazzato.", sottolineò Mac.
"Ma lui è sempre così drammatico.", fece l'altro, strappando un filo
d'erba, poi decise di cambiare discorso, "Dimmi Rosenbaum, com'è che
sai tutte queste cose sul cielo e le costellazioni?"
"Beh... sono stata per un po' con uno che passava i suoi fine settimana
con il telescopio a guardare in su... io per un po' pensavo a quanto fosse
romantico, a quanto fosse poetico passare ore ed ore a rimirare il
firmamento... poi mi sono rotta e l'ho piantato.", disse Mac.
"Sei perfida, Rosenbaum!", esclamò Tom, scoppiando a ridere.
"E' ora di andare, sto facendo troppo tardi.", disse Mac, balzando in
piedi, "Sarà meglio darsi la buonanotte, Kaulitz."
Gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi e lui accettò l'offerta.
"Quando tornerete in città da Georg fatemi uno squillo, così vi raggiungo
e facciamo qualcosa insieme, che ne dici?"
"Buona idea!", fece l'altro.
"Benissimo, allora notte notte?", disse lei.
"Dai, ti accompagno alla macchina, di solito voi ragazze avete sempre
paura del buio e con questa scusa intanto..."
"Ma piantala! Io non ho paura di niente!", disse Mac, "Facciamo
a chi arriva primo?"
"Ok, al mio tre!", disse Tom, accettando la gara, "Uno... due...
tre!"
I due presero a correre come dei pazzi, cercando di utilizzare tutte le loro
forze per vincere. Per qualche secondo Mac fu in testa alla gara, ma Tom
rimontò subito. Alla fine, il risultato fu incerto, entrambi arrivarono nello
stesso istante a toccare il muso della macchina di Mac, ci sarebbe voluto il
foto finish per constatare chi aveva effettivamente vinto.
"Vabbè, facciamo finta che questa gara non sia mai stata fatta!",
disse Mac, cercando di recuperare il fiato perso.
"Ok... ahia, che male! Mi duole la milza...", esclamò Tom, toccandosi
la pancia.
"Che pappamolla...", disse Mac, entrando nella macchina,
"Buonanotte Kaulitz, fate un buon viaggio domani!"
"Buonanotte a te, Rosenbaum, non combinare incidenti per la via di
casa.", fece lui, allontanandosi lentamente.
Mac infilò le chiavi nel cruscotto e le girò, aspettandosi che il motorino di
accensione facesse il classico rumoretto che dava il via al motore vero e
proprio. Invece di quello che si aspettava, sentì solo un suono stanco e lento,
e il motore non si avviò.
"Dai... hai solo quattro anni e nove mesi di vita...", disse Mac,
prima di iniziare ad imprecare come una forsennata perchè, dopo il quarto
tentativo, la macchina ancora non si era avviata. Tom, che aveva capito sin dal
primo istante qual era il problema, si era avvicinato a lei per chiederle cosa
c'era che non andava.
"Questa fottuta macchina ha deciso di lasciarmi a piedi! La sfiga mi sta
perseguitando!", fece Mac, sfilando le chiavi dal cruscotto e lanciandole
contro il parabrezza.
"Non è niente di che... è solo la batteria, si è scaricata.", disse
lui.
"E doveva proprio scaricarsi dopo quattro anni? Questa macchina è
nuova!"
"Può succedere anche dopo una settimana, se è difettosa... sicuramente sei
ancora in garanzia, te la sostituiscono. Potremmo anche provare a riavviarla,
basta collegare la tua macchina con la batteria della mia."
"Allora facciamolo!"
"All'una di notte? Dai, sveglieremo tutti... ti accompagno io a
casa.", le fece.
"No, domani mi serve la macchina, devo trovare un modo per farla
ripartire. Ho troppe cose da fare!"
"Rosenbaum, ragiona...", disse Tom, "Se non potrai sistemare la
tua vita domani perchè la tua macchina ti ha lasciato a piedi, potrai farlo il
giorno dopo. Sarai sempre su questo pianeta, credimi."
Mac riflettè, in fin dei conti aveva ragione. Questi suoi lampi di estrema
ragionevolezza stavano iniziando a spaventarla.
"Ok, Kaulitz, mi accompagnerai tu... ma non sono sempre così arrendevole
come pensi."
"Infatti, io non lo stavo affatto pensando.", rispose l'altro,
incrociando le braccia.
"Fammi lasciare un biglietto sul parabrezza, così Georg capirà perchè la
mia macchina è qui senza di me.", fece Mac.
Mac salì nell'auto di Tom, notando che non era la solita che aveva visto per il
matrimonio di Georg, un mesetto prima. L'altra era una Mercedes grigia
decappottabile, questa doveva essere un'altra fuoriserie di una marca simile,
ma nera.
"Non è la solita macchina dell'altra volta... beato te che la puoi
cambiare quando ti pare!", disse.
"Veramente non l'ho cambiata, l'altra è nel garage insieme alle sue
sorelline Audi, Bmw e Ford.", rispose lui, con un certo orgoglio.
"Non capirò mai cosa ci trovate di bello nelle macchine... e non iniziare
a spararmi quelle stupide teorie sulla similitudine tra macchine e donne perchè
alla prima occasione tiro il freno a mano e ti mando tutta la baracca in
frantumi!"
"Allora non dirò una parola.", disse Tom, passandosi una mano sulla
bocca per 'chiudersi la zip'.
Dopo circa una ventina di minuti, in cui Mac dovette dire più volte a Tom di
non premere sull'accelleratore più del dovuto, la macchina si fermò davanti a
casa sua. Era la prima volta che Tom la vedeva, senza avere il cervello
consumato dall'alcol come la sera prima, e dovette ammettere che nemmeno Mac se
la cavava poi così tanto male. Viveva in una palazzina a tre piani, ogni
appartamento aveva un'entrata indipendente dalle altre ed il garage personale.
Tutti i balconi erano pieni di fiori, tranne uno, sicuramente era il suo, non
sembrava che avesse il pollice verde. Mac viveva all'ultimo piano e, per
entrarci, doveva percorrere un vialetto che si snodava intorno alla casa, dato
che la porta dava sulla strada opposta.
"Allora questa è la buonanotte definitiva Kaulitz.", gli disse,
sorridendogli.
"Alla fine sì, ci siamo. A proposito, prima che mi dimentichi dammi il tuo
numero così, se sono solitario nei paraggi, vengo a farti visita."
"Ok, te lo scrivo su un...", disse Mac, ma si interruppe.
"Su un cosa?", chiese lui.
Lo sguardo di Mac era fisso su un punto preciso che si trovava sull'altro della
strada, Tom si voltò a guardare cosa c'era da farla bloccare in quel modo.
"Cosa stai guardando?", le chiese.
"Quella... quella macchina."
"Cos'ha di strano? Vuoi che controlli?"
"No no, tranquillo. Non è niente, l'ho scambiata per un'altra.",
disse lei.
"Ok...", fece Tom, poco convinto.
Anche Mac era poco convinta di quello che aveva detto. Quella macchina la
conosceva più che bene. Scese dal'auto dando un'altra buonanotte, molto
frettolosa, all'amico. Tom la salutò a sua volta e partì, lasciandola sola sul
marciapiede. Dopo aver controllato che la macchina avesse svoltato l'angolo,
Mac attraversò la strada per osservare l'oggetto della questione da vicino.
Controllò la targa e gli interni, era proprio lei.
Sola e spaesata, guardò più volte intorno a sè mentre si frugava nella borsa,
alla ricerca delle chiavi di casa. Attraversò correndo la strada e salì le
scale velocemente. Voleva entrare in casa, solo lì si sarebbe sentita al sicuro
da tutto... e specialmente da tutti. Non fece in tempo ad arrivare alla seconda
rampa che si trovò qualcuno davanti.
"Ciao Mac...", fece lo sconosciuto.
TITOLO: è la canzone di Paris Hilton ' Stars are blind'.... questa,
ancora meno delle altre, non è stata utilizzata per scopi di lucro...
mamma mia che pessima canzone che ho scelto come titolo.... e 'sto capitolo è
corto, mi dispiace... e non chiedetevi come mai l'altra storia, rock my life,
appare nella lista dopo questa, ho fatto un casino pubblicando per sbaglio
questo capitolo in quella... e ora l'ho fatto per sbaglio salire nelle ultime
storie... cavolo!
Mi è venuta un'idea: ho letto dalle vostre recensioni che più o meno la
pensiamo similmente (scusate l'invenzione della parola) su tante cose... visto
che i miei amici sono sempre assenti da messenger, o forse sono io che ci vado
nelle ore più impensabili del giorno, metto qui il mio indirizzo msn: sil.stellina@hotmail.it
Così ci facciamo delle belle chiacchierate, non solo sull'argomento TH!!!
APERTA PARENTESI scusate se dico sempre che questa storia non mi convince...
forse è perchè sono troppo esigente da me stessa e voglio sempre che le cose
siano perfette, altrimenti mi arrabbio... ok, visto che dalle vostre recensioni
non sembra che questa storia vi dispiaccia, smetterò di dirlo, ma non di
pensarlo, altrimenti faccio la figura di quella che se piagne addosso per
cercare di attirare i complimenti degli altri. no, la pittima (come dicevo da
piccola XD) non la voglio fare! RcB CHIUSA PARENTESI
Ah, un'altra cosa, non so se avrete notato, ma non ho mai fatto nomi di città,
non conoscendo bene la germania tranne che nella cartina geografica. questo
forse mi creerà qualche problema per i prossimi capitoli, pensatela in questo
modo: Mac vive nella città A, dove vive anche Georg; Gustav nella città B,
abbastanza lontano da A; Bill e Tom nella città C, vicino a B. Non ha senso
parlarvene adesso, ma era per dare una spiegazione ad alcune cose, tipo: come
mai gustav bill e tom vengono insieme a trovare l'amico georg? vuol dire che
abitano vicino, magari insieme? insomma, pensavo che a qualcuno potesse essere
venuta in mente una cosa del genere e ho preferito spiegare. se poi non ci
avevate pensato, tanto meglio!
Judeau: sì, anche io trovo che i testi in inglese siano poco carini...
soprattutto perchè spesso sembra una traduzione letterale tedesco-inglese,
fatta col vocabolario a 5 euro dei soci coop... facciamo una petizione per
farli tornare a cantare in tedesco! per quanto riguarda la musica, anche io
trovo qualche canzone di poco gradimento... e poi non lo so se hai sentito
spring nicht, ad un certo punto sembra iris dei goo goo dolls! vabbè, tornando
alla storia, questo è un altro capitolo di transizione, molto più corto del
resto, ma mi serviva per introdurre la storia in una nuova fase. prossimamente
troverai delle somiglianze con le altre storie... ultimamente non vado molto in
là con la fantasia, sono presa da altre questioni che mi stanno spappolando il
cervello (ultimi esami, tesi, trovarmi un lavoro, tirocinio....) e non riesco a
spremere le meningi per tirare fuori una scena originale. comunque vedremo, se
ti piace, dimmelo, se non ti piace, scrivilo a lettere cubitali!
CowgirlSara: beh, insomma, prima o poi dovevano scoprirlo, in un modo o
in un altro! ti posso dire solo che la rivelazione non tornerà a tormentare il
gruppetto nei prox capitoli, per ora è rimasta in sospeso! per quanto riguarda
il lavoro, sappi che Mac è una che non chiede niente a nessuno, nemmeno se si
trova con la cacca al collo XD e poi sono certa che loro le avrebbero solo
causato guai! d'ora in poi le scenette divertenti diminuiranno, si passerà a
tutt'altri toni, la storia diventerà un po' più cupa... insomma, dopo tutte
queste piccole anticipazioni, basta! XD posto il capitolo e vediamo cosa ne
pensi XD
Ki@rett@: Thiago ha spedito una lunga lettera di ringraziamenti al
nostro fan gay club e dice di essere molto entusiasta di avere così tanti
ammiratrici, anche se avrebbe preferito dei bei maschioni... vabbè, cerchiamo
di trovare qualcuno che fa per lui! grazie ancora per la recensione!
Lidiuz93: eh no, la trama non si cambia XD soprattutto in questi giorni
che sto scrivendo la conclusione... ho appena finito il quindicesimo capitolo,
questa è la storia più lunga che abbia mai scritto, le altre si solito si
fermano a 12 o 13 capitoli... speriamo non diventi noiosa! grazie anche a te!
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Capitolo 9 *** Everybody let's kung fu fighting! ***
EVERYBODY LET'S KUNG-FU FIGHTING
Mac guardò l'altro negli occhi con tutto l'odio che riusciva a provare.
"Togliti da queste scale, è proprietà privata.", disse rabbiosamente.
"E dai, sono venuto a farti una visita di piacere e mi cacci così?",
fece l'altro, scendendo uno scalino per avvicinarsi a lei.
"Vattene."
"No, stavolta no, rimango.", disse, salendo ancora e costringendola
ad indietreggiare.
"Jacob, ti ordino di andartene adesso.", fece Mac, alzando la voce
per cercare di rendersi più minacciosa, ma non riusciva a controllare il
tremito della sua voce.
"Non sono il tuo cane."
"Non lo sarai, ma sei lo stesso un fottuto bastardo!", esclamò lei,
cercando di non alzare troppo la voce per non svegliare i vicini.
Mac si appiattì alla balaustra, quasi immobile dalla paura. Qualche anno prima
non avrebbe mai reagito in quel modo, non se la sarebbe fatta sotto, era sempre
stata una persona molto coraggiosa, senza paure. Ma i vecchi fantasmi le
avevano reso la vita difficile, soprattutto se erano spauracchi travestiti da
ex fidanzati. La vecchia Mac li avrebbe liquidati con un calcio nelle scatole
ma Jacob... Jacob si era scopato la sua migliore amica due mesi prima del
matrimonio, rendendole la vita un inferno. Da quel momento, Mac aveva cambiato
serratura, amici, tutto. Aveva dato un taglio netto alla propria vita per
evitarlo, per riuscire ad odiarlo nel migliore dei modi possibili. Per un
periodo c'era riuscita, era stata capace di andare avanti con la sola forza
dell'odio, ma quando questo era scemato era caduta lentamente in un vortice di
paura e disperazione... Lui aveva cercato di vederla ancora, ma una muraglia
fatta di persone e brutti sentimenti lo avevano sempre tenuto lontano... fino a
quel momento.
"Non mi chiedi nemmeno come sto?", le domandò, avvicinandosi ancora
di più.
"Non mi interessa.", rispose lei.
"Perchè ti trema la voce? Hai paura di me? Dov'è finita la coraggiosa Mac,
quella a cui non faceva paura camminare da sola la notte?"
"Fottiti.", disse lei, cercando di non piegarsi come una foglia in
mezzo al fuoco.
"Non vuoi tirarmi uno di quei tuoi famosi calci? Non vuoi colpirmi come
hai fatto l'altra volta?", disse.
Poi si buttò quasi a peso morto su di lei. Mac poteva sentire il suo alito,
sicuramente appesantito dall'alcol, scaldarle la fronte. Chiuse gli occhi,
provando a scovare quella forza latente necessaria per toglierselo di dosso.
"Tutto a posto lassù?", sentì dire, dal fondo delle scale.
Il fiato caldo si allontanò dalla sua faccia, Mac riuscì a respirare di nuovo e
cadde a terra tremante.
"E tu chi cazzo saresti?", disse Jacob, "Sei il suo nuovo
fidanzatino eh?"
"Non te ne dovrebbe fregare un bel niente...", rispose Tom, salendo
il primo scalino.
"Hey, non provare ad avvicinarti. Sono questioni personali!"
"Ah, davvero? Si dà il caso che Mackenzie sia una mia cara amica."
"E allora? Mac è la mia fidanzata, non so se te l'ha detto!", disse
lui.
"Questa informazione mi risulta del tutto errata.", fece Tom, salendo
il secondo scalino.
"Amico, se continui a salire mi costringi a usare le maniere forti."
"Usale pure, non me ne importa. Anzi, guarda, vieni qua da me.",
disse il ragazzo, sfregandosi le mani.
Jacob rimase un attimo perplesso, poi fece uno strano sorriso, si tirò al
gomito le maniche del maglioncino leggero che indossava e scese gli scalini,
sicuro che quel ragazzo non sarebbe mai riuscito a sfiorarlo, nemmeno con un
dito. Lui, che di anni ne aveva ben trentadue, non si stava facendo di certo
spaventare, era persino più alto di lui!
Tom attese senza scomporsi, nemmeno quando Jacob, nel suo metro e novanta, gli
si parò davanti, facendo qualche mossa finta per spaventarlo. L'altro,
innervosito dalla calma del suo avversario, affondò il primo colpo, dritto al
suo naso, ma Tom riuscì ad evitarlo prontamente e a rispondere con un pugno,
che affondò con forza nel suo stomaco. L'uomo boccheggiò per il dolore ma si
riprese molto velocemente, contro le aspettative di Tom, che aveva usato quella
mossa già altre volte, concludendo quasi sempre con estrema rapidità il primo
ed ultimo round del breve scontro.
L'uomo gli mollò un bel colpo, che si infranse sul suo sopracciglio. Tom cadde
a terra inesorabilmente: quell'avversario, benchè certamente ubriaco, era molto
più forte di lui.
"Ecco, stronzetto, ecco dove finirai la serata!", disse Jacob,
dandogli un colpo nello stomaco con il piede, facendolo piegare in due dal
dolore.
Mac, che aveva assistito alla scena, era in preda al panico, rannicchiata sulle
scale, ma quando vide con quanto odio Jacob aveva colpito il suo amico, sentì
una molla scattare dentro di sè. Raccolse volontà e coraggio, scese
velocemente le scale e mollò un colpo deciso sul collo del suo ex, che barcollò
per qualche secondo. Poi, appena si fu voltato, con la faccia sorpresa per
quell'attacco che non si aspettava, Mac gli assestò un calcio rovesciato dritto
nello stomaco e, non contenta, quando lui cadde a terra, fermò la pianta del
piede a pochi centimetri dal naso.
"Adesso vattene, non farmi fare quello che mi sta passando per la testa
perchè il tuo naso diventerebbe un moscerino spiaccicato tra gli occhi. Non
provare più a farti vedere in giro, da ora in poi non mi farò più spaventare da
te.", disse Mac, decisamente risoluta a chiudere per sempre con i vecchi
spauracchi del passato.
L'uomo la guardò con un certo terrore negli occhi, misto ad odio e a voglia di
vendetta. Si alzò e prese a correre in direzione della sua macchina, che partì
sgommando rumorosamente nella notte. Mac, appena vide che Tom non se la stava
passando tanto bene, accorse da lui, aiutandolo ad alzarsi.
"Ti porto in ospedale.", gli disse.
"Ma dai, non è successo niente, sto bene."
"Hai un taglio sulla fronte."
"Non è niente, vedrai che lo sciacquo e non ci sarà altro che un taglietto
minuscolo."
"Che sanguina come se ti avessero sgozzato. Vieni...", disse Mac,
cercando di farlo camminare appoggiato a sè, "Ma quanto pesi... mettiti a
dieta..."
"Cavolo
come fa male...", fece Tom, che stava cercando di liberarsi del sangue
colatogli sulla faccia con un pezzo di carta assorbente.
"Vai in bagno, o farai infettare la ferita.", disse Mac.
Seguì il suo consiglio e si spostò dalla sedia in cucina al lavandino in bagno,
dove si sciacquò abbondantemente, osservando con l'occhio sano l'acqua
rossastra che veniva inghiottita dalle tubature. Ma chi cavolo gliel'aveva
fatto fare di invitare quell'energimeno a fare a pugni? Meno male che Mac si
era data una svegliata e lo aveva steso con un paio di calci, altrimenti lo
avrebbe davvero mandato all'ospedale. Doveva avere fatto qualche sport, tipo
kick box, per darne di così potenti da stendere un uomo di un metro e novanta e
quasi cento chili di peso, si disse, ma poi gli tornò in mente che lei aveva
praticato per molti anni il tae kwon do.
Quando lei gli aveva dato la buonanotte aveva subito capito che c'era qualcosa
che non andava in lei e, benchè avesse rimesso in moto e svoltato l'angolo,
aveva preferito rimanere nei paraggi. Infatti, il suo istinto aveva colto nel
segno, era arrivato un attimo prima che quel deficiente le mettesse le mani
addosso.
"Non era così prima.", disse Mac, appoggiata allo stipite della porta
del bagno.
"Cosa?"
"Dicevo che lui, Jacob, non era così prima. Cioè, quando stavamo insieme,
non era così cattivo con me.", spiegò Mac.
"Se devo essere sincero, non mi interessa se prima era così o no.
L'importante era evitare che non ti facesse niente di male adesso."
"Beh... non sono io ad essere quella sanguinante.", disse Mac,
mettendosi una mano sulla bocca per coprire il suo riso sotto i baffi.
"Ah... ah... ah...", fece Tom, sarcasticamente.
"Non sarà che ti senti un po' ferito anche nell'orgoglio? In fondo, se non
fossi intervenuta io, saresti di sicuro su un lettino d'ospedale..."
Tom la guardò un attimo di sbieco. In parte aveva colto in pieno, perchè si
sentiva un po' denaturato del suo ruolo di maschio. Per rifarsi di quello
smacco prese velocemente una manciata d'acqua dal rubinetto e gliela tirò,
schizzandola dritta dritta sulla faccia.
"Ecco, lo sapevo, ho indovinato.", disse Mac, prendendo l'asciugamano
che penzolava attaccato al muro, "Comunque grazie davvero. E' la seconda
volta che mi tiri fuori da queste situazioni... di merda, per parlare
finemente. Ma di solito la mia vita non è così tragica, anzi, diciamo che era
la prima volta che lo rivedevo in tutto questo tempo..."
"Tranquilla... tu non ti sei fatta male vero?", le domandò, mentre si
guardava allo specchio il piccolo taglio che aveva sulla fronte.
"No, sto bene, ho solo il piede un po' dolorante per via del calcio. Non
ci ero più abituata."
"Ma hai fatto un ottimo lavoro, credimi, devo ammettere che nemmeno io
sarei riuscito a stenderlo meglio di te..."
"Allora grazie mille!", disse Mac, ridendo, "E' un peccato che
ti sia colato anche un po' di sangue sulla maglietta. Posso provare a
smacchiarla, se vuoi."
"Oh, no, lascia stare. Tanto non era nemmeno una delle mie
preferite.", fece l'altro, controllando la macchia che si era formata sul
davanti della maglietta, coprendo una parte del graffito che vi era stampato.
"Fammi vedere almeno la ferita, siediti lì."
"Sul gabinetto?!?", esclamò Tom.
"Certo, sei pu alto di me, devo prendere uno sgabello per medicarti il
sopracciglio? Quindi siediti e chiudi gli occhi."
Una volta fatto come gli era stato detto, Mac controllò che il taglio non fosse
così profondo: infatti, era solo un piccolissimo squarcio, anche se sembrava
sanguinare come se fosse stata recisa l'aorta. Aprì il mobiletto degli
asciugamani e prese una scatola di latta, in cui la sua santa madre aveva
riposto un accuratissimo kit per il pronto soccorso casalingo.
"E' tutto ok?", fece Tom, che se ne stava ancora ad occhi chiusi.
"Sì, niente di che. Ti ci metto questa, è una specie di colla."
"Cosa?!? Colla?!?", esclamò lui, mettendosi una mano sul sopracciglio
per coprirsi.
"Dai, è roba chirurgica fatta apposta per questi taglietti. Non ti metto
il cerotto, questo è meglio. Richiudi gli occhi e non fare il bambino
viziato.", fece Mac, sventolandogli il dito indice sul naso.
L'altro sbuffò un po' ma poi ubbidì, tolse la mano e si fece rimettere a posto
l'occhio. Sentì qualcosa di viscido e freddo spalmarsi sulla sua faccia e non
potè fare altro che una boccaccia di disgusto.
"Adesso apri gli occhi...", disse Mac, che continuava a massaggiargli
la ferita, per far sì che la colla facesse effetto.
Abituato a seguire i suoi dettami, Tom aprì gli occhi, trovandosi davanti due
buoni motivi per prenderla in giro.
"Sai Rosenbaum... è la seconda volta che mi trovo a guardare a questo
piano...", disse Tom, dopo qualche secondo.
Mac non comprese la strana frase appena detta e continuò il suo lavoro.
"Cosa porti? Una terza?", domandò lui, iniziando a ridere.
"Brutto deficiente!", esclamò Mac all'istante, portandosi in braccio
sul petto per coprirsi, "Sei sempre il solito maschio arrapato!"
Arrabbiata ed in imbarazzo, lasciò il bagno gettando quello che aveva in mano
nel lavandino.
"Dai, stavo scherzando!", protestò l'altro, riacciuffandola poco
fuori dal bagno.
"Ecco cosa vuole dirti tuo fratello quando fai l'imbecille.", si
rivoltò Mac, "Tu scherzi sempre nei momenti meno opportuni e fai incazzare
la gente! Guarda di cambiare questo atteggiamento o alla fine ti troverai solo
come un cane!"
"Veramente gli unici a non gradirlo sembrate proprio tu e Bill.",
fece Tom, innervosendosi a sua volta.
"Ne sei veramente sicuro, Kaulitzl? Quanti altri amici hai? Forza,
contiamoli!", disse Mac, mettendosi le mani sui fianchi.
"Ne ho un milione di amici!"
"I nomi! Voglio i nomi!", disse Mac, battendo una mano contro l'altra
per esortarlo.
"Con piacere, allora ci sono Bill, Georg, Gustav..."
"Esclusi tutti quelli che hanno a che fare con le vostre carriere
musicali!"
"Ci sono Brigitta, Daria, Edel.."
"Escluse anche tutte quelle donne, se così si possono chiamare, che ti
vengono dietro.... tagliamo fuori anche parenti, cugini vari, vedrai che rimani
solo come un cane! E questo perchè? Per via della tua simpatia del cazzo! Ma
dico, io cercavo di rimetterti in sento un sopracciglio spaccato e tu ironizzi
sulle mie tette? Ti sembra il caso?", disse Mac, alzando minacciosamente
il tono della voce.
"Cara mia, cercavo solo di ricordarti una cosa divertente successaci tanti
anni fa! Quando ho battuto la testa nel tavolo, al locale in cui
lavoravi!", disse Tom, oramai ufficialmente arrabbiato a morte.
"Allora non potevi semplicemente dire: 'Ti ricordi tanto tempo fa...'
eccetera eccetera? Dovevi proprio farmi sentire come una stupida?"
"Perchè siete sempre così melodrammatici? Perchè dovete estremizzare
tutto?", esclamò Tom, "Non è successo il finimondo! Ho semplicemente
constatato, guardando, che tu sicuramente porti una terza...."
Mac, ancora più infervorata da quell'ennesima stupidità, digrignò i denti
emettendo un suono gutturale simile al ringhiare di un cane e si precipitò
nella sua camera, sbattendo violentemente la porta.
"Ho forse sbagliato? E' una quarta?", fece lui, avvinandosi alla
stanza.
"Levati dalle palle deficiente!", gridò Mac, seduta sul letto, con la
voglia di prendere la prima cosa che aveva sul comodino per tirargliela contro.
"Ok! Ok! Me ne vado!", disse Tom, rispettando la sua volontà.
Mac si distese sul letto, mettendosi un cuscino sulla faccia. Come poteva
cambiare faccia da un momento all'altro? Passare da essere la persona più
responsabile del mondo a quella più stupida dell'intero universo? Un momento
prima, le dimostrava di essere capace di fare l'uomo, di avere la testa a
posto... un attimo dopo, ironizza sulle sue tette... Adesso era stufa di
questi comportamenti idioti.
Per la prima volta Mac dava libero sfogo a pensieri che, fino a quel momento,
teneva chiusi in un cassettino, nascosto in un angolo remoto della sua mente.
Li aveva sempre taciuti, quasi si vergognava di averli pensati. Quegli strani
pensieri erano iniziati da poco tempo, forse li poteva far risalire al
matrimonio di Georg. Poteva ammettere che lo aveva trovato molto cambiato in
meglio, senza quei rasta, e che era carino con quella giacca da frac sui
pantaloni larghi, come piacevano tanto a lui. Però era stato solo un pensiero
volante, di passaggio, che era stato subito etichettato come 'ok, sono
felice di vederlo cambiato'. Poi quella sorpresa inaspettata: lui, che non
ne capiva sicuramente un cavolo di come far sentire meglio una donna durante un
momento difficile come aveva avuto da lei, era riuscito con quattro frasi a
farla riprendere dallo shock di rivivere quella fatidica domanda che le aveva
distrutto la vita.
Tra i due c'era sempre stata quella voglia di becchettarsi, di prendersi in
giro e di sfottersi in ogni momento, una cosa che Mac trovava molto piacevole.
Lui sembrava davvero bravo nel rispondere alle sue frecciatine, lo trovava
molto stimolante, stuzzicava quel sarcasmo viscerale che era rimasto un po'
latente, negli ultimi tempi. Prima c'era Thiago che le faceva salire
l'adrenalina quando faceva l'ironico, ma non si vedevano più spesso come una
volta e Mac era felice che qualcuno avesse degnamente preso il suo posto.
Una domanda, presto ricacciata nel buio dell'inconscio, affiorò nella sua
testolina confusa: non è che Kaulitz sta cominciando a piacerti? Prese
il cuscino e se lo dette almeno una decina di volte sulla faccia, per punirsi
di quel pensiero così idiota. Faceva meglio a smettere di farsi venire in
mente queste cose, sicuramente lui le avrebbe riso in faccia se avesse potuto
sentire cosa stava frullando nella sua testa.
Guardò la sveglia sul comodino, segnava le una e quarantacinque. Anche questa
nottata era andata letteralmente a puttane, domani si sarebbe svegliata
tardissimo e avrebbe perso tutto il tempo a non fare niente di niente. Ancora
più nervosa di quanto già era, si accese una sigaretta lasciata ciondolante nel
posacenere solitario accanto al computer e si mise a passeggiare, con l'animo
inquieto, per il corridoio.
Cosa doveva fare con la sua vita a pezzi? Doveva prendere uno scopettino e una
paletta, raccogliere i cocci rotti e buttarli nel cesso? Oppure doveva armarsi
di pazienza, colla e un paio di forbici con la punta arrotondata, come dicevano
nei programmi del fai da te per i bambini, per rimetterla in sesto? E cosa
doveva fare se i suoi sentimenti stavano impazzendo? Tutto questo succedeva
perchè era in piena sindrome premestruale o perchè stava semplicemente andando
in menopausa alla tenera età di ventisei anni? Ventisei... e lui ventiquattro,
tra poco venticinque...
"Basta!", esclamò ad alta voce, buttandosi a peso morto sul divano.
Un'idea gli sorvolò il cervello: si alzò, andò verso l'impianto stereo e cercò,
con la sigaretta tra le labbra e la vista annebbiata dal fumo, uno strano lp
che le avevano regalato. Lo trovò, lo spolverò velocemente con una mano e tolse
il vinile dalla custodia di cartone, inserendolo velocemente sul vecchio
giradischi.
'Ooooooh oooh ooooh ooooh...'
Cantò Carl Douglas.
'Ooooooh oooh ooooh ooooh...'
Oh sì, era proprio una strana canzone!
'Everybody let's kung-fu fighting... Uh! Ha!...'
Come potevano averle regalato un lp del genere? Si ricordava precisamente:
aveva vinto l'ultima gara regionale di tae kwon do, aveva compiuto da poco
diciotto anni. Dopo quella avrebbe smesso definitivamente, lasciando la sua
squadra con qualche lacrima di troppo e le sue compagne le avevano regalato
quella canzone, per farsi sempre ricordare da lei.
Chissà perchè le era tornata in mente, forse perchè era tornata ad utilizzare
la sua mossa migliore, il calcio rovescio, contro quel deficiente di Jacob.
Forse con quel calcio lo aveva per sempre cancellato dalla sua vita: via
spiacevoli ricordi, via brutte sensazioni, via ogni sorta di paura. Perchè non
riprovare a saltare di nuovo, voltarsi di scatto e calciare ancora?
Mac iniziò a saltellare, occhi chiusi, mani libere. Saltò, dette un colpo di
reni, si girò su se stessa e dette un calcio in aria. Esecuzione perfetta,
forse un po' goffa ma precisa. Atterrò sul piede sinistro, il pavimento troppo
liscio la trasse in inganno e cadde a terra, su un fianco. Tolse la vita ad un
vaso rosso: si trovava disgraziatamente nella mira della sua mano la quale,
cercando un appiglio, si era malauguratamente aggrappata ad esso, facendolo
andare in mille pezzi.
"Merda!", esclamò Mac, una volta che tutti i rumori dei cocci rotti
si furono placati. Si mise seduta e un dolore quasi lancinante le prese il
piede sinistro. Facendo leva sul piede sano si alzò e si sedette sul divano,
chiedendosi per quale dannato motivo aveva provato di nuovo quella mossa,
procurandosi una storta.
Lei gli aveva ordinato di andarsene, era incazzata con lui e viceversa.
Anche lui aveva un diavolo per capello, non era possibile essere sempre
trattato come il deficiente di turno. Cos'aveva mai detto per farla arrabbiare
in quel modo? Che palle, era meglio starsene lontano dalle persone così
drammatiche, che riuscivano a rendere un puntino minuscolo grande quanto
l'Everest.
Basta, basta, basta!, si disse quando chiuse la porta della casa.
Chi era lei per farlo sentire un merda? Nessuno, quello era solo una
prerogativa di Bill.
Chi era lei per chiedergli il nome dei suoi amici? Nessuno, lui sapeva chi
erano e non doveva certo renderne di conto a lei.
E poi quella frase sulle sue tipe: 'donne, se così si possono chiamare'...
di certo erano molto più femminili di lei, sempre con quei pantaloncini al
ginocchio, quelle stupide canottiere a righe e le etnies, dava tutta
l'impressione di essere una lesbica!
Chi si credeva di essere, lui era Tom Kaulitz, era una rockstar, era qualcuno
di cui i giornali parlavano quasi ininterrottamente. Doveva essergli grato
per essere sua amica, tanta gente faceva il diavolo a quattro per conoscerlo e
lei, che aveva questo privilegio, lo trattava come un cane....
'Non essere così presuntuoso...', disse una voce nel suo orecchio
destro, facendolo fermare sul terzo scalino.
"Ma va....", disse lui.
'Chiedile scusa...', disse di nuovo la voce.
E perchè avrebbe dovuto farlo? Era convinto di non aver fatto niente di male.
'Chiedile scusa e basta, non importa chi ha ragione tra voi due, così lei si
calmerà ed eviterai di...'
"Di?", fece lui, rimanendo in attesa di una risposta sensata da parte
della sua coscienza.
'Perderla... come amica, da intendersi!'
Già, niente Mac, niente frecciatine sarcastiche, niente prese di culo.
Fermo sul quarto scalino, con una mano in tasca, voltato verso la sua porta,
stava lì indeciso sul da farsi.
Tornare indietro, magari prendersi una porta in faccia, oppure andarsene e non
sentirla più? La prima o la seconda? Cosa scegliere?
Un piede, prendendo da solo l'iniziativa, salì uno scalino, seguito dall'altro.
Davanti alla porta di legno chiaro, con la mano pronta per bussare, riflettè
ancora di nuovo. La voce incattivita di Mac tornò forte nella sua testa: 'Levati
dalle palle deficiente!'. Rimise la mano in tasca e si voltò, appoggiandosi
sulla balaustra alle sue spalle.
Non era sempre stato così difficile scegliere cosa fare con una
ragazza...
Forse proprio perchè lei non era come le altre.
Non ci voleva la scienza infusa per comprendere quale abisso ci corresse tra le
ragazze che aveva sempre frequentato e lei, così indipendente da tutto e da
tutti.
Le altre gli si buttavano al collo.
Lei semplicemente gli diceva di stare zitto perchè era uno stupido bambino
viziato... e lui obbediva, oppure la riprendeva con un'altra battutaccia e lei
faceva l'offesa.
Era sempre stato così, fin dal primo momento in cui si erano conosciuti.
L'aveva inquadrata come una 'presuntuosa stronza' quando lei, durante quella
memorabile intervista, chiese ai Tokio Hotel il motivo per il quale non si
erano ancora ritirati dal commercio. Si era vendicato di lei rovesciandogli un
quintale di coca cola in testa, in quel locale, e lei aveva controbattutto
facendolo vestire da donna e pubblicando le foto sul giornale in cui lavorava.
E quella festicciola nell'albergo!
Lei che offre loro le sue sigarette, non sapendo che erano state truccate, che
ingenua! Il gioco della verità o della penitenza... e la cosa con Georg.
Certo, la cosa con Georg che aveva scoperto il giorno prima e che era stata
debitamente tenuta nascosta.
Poi il video, lei che scoppia in lacrime davanti a loro, completamente
indifesa. Quel gesto quasi imprevisto, andarle accanto e cercare di farla stare
meglio, cosa che aveva stupito il suo stesso fratello.
Le aveva detto un segreto, una cosa che aveva perfino tenuto nascosta a Bill.
Le aveva servito su un piatto d'argento uno dei suoi fatti più personali.
Tutt'ora si ricordava di quella ragazza che, in un certo senso, gli aveva
lasciato un certo vuoto dentro. Se avesse potuto raccontare tutta la storia, e
non solo una parte, avrebbe anche detto che con quella ragazza non c'era stato
niente, nemmeno un bacio. Lei lo aveva affascinato, se così si poteva dire, con
la sua personalità sbarazzina e intraprendente. Perchè a differenza delle altre
con cui era stato, lei aveva una personalità.
Era la prima cosa che si notava di lei.
Era una strana ragazza, una che aveva conosciuto quasi per caso.
Era una come Mac.
Era Mac.
I gomiti appoggiati sulla balaustra e la testa chiusa dentro alle mani,
Tom era rimasto diversi minuti in riflessione. Si passò una mano sui capelli,
rendendosi improvvisamente conto che non c'era traccia del suo amato cappello.
Chissà dove lo aveva lasciato... ah, era da qualche parte nel giardino di
Georg.
I suoi pensieri furono disturbati improvvisamente da un romore di cocci
rotti.
Pensò subito che quell'energumeno si fosse ripresentato da Mac, magari entrando
da una finestra, e stava quasi per perdere la ragione.
Bussò prepotentemente sulla porta, intimando a Mac di aprirgli.
"Cosa ci fai qua Kaulitz...", disse lei, dopo qualche tempo, "Ti
avevo detto di andartene..."
"E' tutto ok? E' tornato di nuovo?", disse, sperando che lei aprisse
la porta.
"No... è tutto a posto, ho solo rotto un vaso.", fece lei, freddamente.
Niente, aveva solo rotto un vaso.
"Ah... ok... allora io vado.", le disse.
"Sarebbe anche l'ora.", ribattè immediatamente lei.
"Sei... sei sicura di stare bene?"
"Non ti preoccupare, il mio dottore abita al piano terra, se mi sentissi
male andrei da lui.", disse Mac, con un tono ancora più duro.
"Allora... buonanotte...", disse Tom, che non voleva però arrendersi,
"Ma dico, potresti anche farti vedere! Così mi fai preoccupare ancora di
più!"
Sentì sbuffare, gli parve quasi di vedersela davanti agli occhi.
"Ecco, sei contento?", disse Mac, aprendo dopo qualche reticenza la
porta di casa sua.
Il piede le faceva abbastanza male e cercava di non appoggiarlo a terra; per
sembrare normale, si teneva sul piede destro, aggrappandosi stretta alla porta
per non cadere.
Tom la guardò stranito, notando la strana posizione che aveva assunto.
"Restiamo ancora qui a prendere freddo?", sbottò lei, vedendolo senza
parole.
Le nascondeva qualcosa. Sì, con quella posizione Mac voleva pararlo dalla vista
di qualcosa.
"Sembri... cos'hai sul braccio sinistro?", le domandò. Voleva
costringerla a muoversi.
"Niente.", rispose l'altra, con indifferenza..
"Fammi vedere, sembra un taglio molto grave... c'è del sangue..."
"Cosa?", esclamò Mac, togliendo il braccio dalla porta per
guardarlo.
Involontariamente poggiò il piede a terra e, stringendo i denti per il
dolore, dovette aggrapparsi di nuovo alla porta per non perdere l'equilibrio
"Attenta!", esclamà Tom, andandole incontro, "Cos'hai fatto al
piede da non poterlo tenere a terra?"
"Lasciami in pace, non è niente di che.", rispose lei,
stizzita.
Ce l'aveva ancora con lui, era chiaro. Era limpido, Kaulitz, come un lago senza
fango. Come un cielo senza nuvole, sempre blu.
"Non è vero, ti sei fatta male al piede!", ribattè Tom.
"Sei sempre così insistente e snervante?", disse Mac, "Vai,
tornatene dagli altri! Faccio da sola!"
Tom la ignorò totalmente. Le si avvicinò e la prese in braccio, sapendo che
sicuramente lei non sarebbe stata in gradi di camminare.
"Mettimi giù! Ci riesco benissimo da sola!", protestò l'altra.
"Ci stai zitta?", esclamò l'altro, lasciandola un attimo esterrefatta
e silenziosa.
La posò sul divano che ancora non aveva detto parola, andò in cucina e frugò
nel freezer per cercare del ghiaccio e fare un impacco per il piede. Lo trovò,
incubettato dentro alle classiche formine, lo ruppe e lo raccolse in un vecchio
straccio che giaceva inutilizzato sulla spalliera di una sedia. Tornò nel
salotto e lo appoggiò per qualche secondo in terra, il tempo giusto per toglierle
la scarpa. Poi lo riprese e glielo appoggiò delicatamente sul piede.
"Ahi... è così ghiaccio...", disse lei, facendo una smorfia di
dolore.
Tom rimase impassibile, non diceva niente, sembrava del tutto muto. Ogni tanto
spostava di qualche centimetro l'impacco, tenendo fermo il piede, con lo
sguardo quasi fisso nel vuoto.
"Cos'hai...", disse flebilmente Mac, notando la stranezza del suo
comportamento.
"Niente...", rispose l'altro.
"Invece no... a cosa stai pensando?", fece lei, decisa ad indagare.
"Pensavo che fosse tornato quel tuo focoso ex."
"No... sono semplicemente caduta.", si giustificò Mac, con tono
insicuro.
"Se ti tieni da sola il ghiaccio, io potrei pulire il pavimento."
"Dai, lascia stare, ci penso io domani. E' solo una storta, conosco benissimo
i miei piedi, domattina sarà tutto a posto..."
"La caviglia è abbastanza gonfia."
"Ho dell'anti dolorifico in bagno, lo prenderò quando non la sopportetò
più.", disse Mac, sforzandosi per mettersi seduta sul divano. Prese
l'impacco dalle mani di Tom e si massaggiò la parte dolorante con quello,
"Puoi anche tornare da Georg, adesso sto bene."
Tutte quelle premure nei suoi confronti la stavano spaventando un po'...
inoltre stava anche cominciando a sentirsi in imbarazzo e non voleva
assolutamente che lui lo notasse.
"Ne sei proprio sicura? Guarda che stavolta non torno a salvarti di nuovo
la vita!", fece lui, scherzando sulla fatalità che lo aveva portato, nel
giro di poche ore, a toglierla per ben due volte dai guai.
"Tranquillo, non mi alzerò da qui fino a domani!"
"Molto bene... ah, ancora non mi hai dato il tuo numero.", disse Tom.
"Ci dovrebbe essere una penna da qualche parte...", fece Mac,
iniziando a cercarla con gli occhi.
"Lo segno sul telefono, è molto più semplice.", disse Tom, tirandolo
fuori dalla tasca. Digitò i numeri che lei gli dettò e lo salvò sotto il nome
di Rosenbaum, come la chiamava sempre. Altrettanto fece Mac.
"Bene... allora che questa sia la buonanotte definitiva, perchè non ne
dispenserò più per questa volta!", fece lui, alzandosi in piedi.
"Lo spero davvero, stavo iniziando a non sopportarti più.", gli
rispose Mac.
Tom la salutò un'ultima volta, prima di aprire la porta ed uscire per la
seconda volta. Scese le scale velocemente e dopo pochi minuti era già a metà
strada per la casa di Georg. Appena l'occasione si sarebbe presentata, sarebbe
stato di nuovo nei paraggi.
La mattina
seguente Mac si svegliò con un due dolori: uno al piede, l'altro al collo.
Aveva dormito seduta sul suo divano e la sua cervicale reclamava vendetta.
Zoppicando, andò verso il bagno per prendere un antidolorifico, dimenticandosi
che non si dovevano mai prendere le medicine a stomaco vuoto. Dopo una
sbrigativa colazione si fece una doccia e si preparò per tornare dalla sua
macchina.
Nel mese seguente fece di tutto per riuscire a tornare a galla: chiese ai
giornali per cui collaborava di poterle affidare più incarichi, ma in molti le
dettero il due di picche, già faceva abbastanza. Gli altri cercarono di
accontentarla, ma comunque i soldi che entravano in più non erano sufficienti.
Mandò il suo curriculum a tutti i giornali della Germania, sperando che
qualcuno di loro rispondesse alla sua domanda di lavoro, ma dopo due settimane
nessuno aveva risposto e lei si era data per vinta. Aveva trovato lavoro come
segretaria part time presso un'azienda che produceva tessuti, il cui
proprietario era amico di sua madre. Almeno con quello stipendio riusciva a
sopravvivere, benchè fosse tornata in parte a fare la schiava, come tanti anni
prima a 'Pop my life'. Era tutto un 'signorina Mackenzie' di qua, di là,
di sopra e di sotto. Odiava quel lavoro e sperava sempre in qualcosa di meglio.
http://it.youtube.com/watch?v=lTiSzFp4arg è il video della canzone
che dà il titolo al capitolo, e che viene suonata anche dallo stereo di Mac! No
scopo di lucro!
Stavolta non posto i ringraziamenti, purtroppo non ho tempo di farlo, ora sono
le sei e devo mettermi a riassettare casa prima che la belva (mia madre) torni
a casa e si metta le mani nei capelli. Ho postato così tardi questo capitolo
perchè ho avuto dei problemi con la conclusione della storia: ad un certo punto
mi sono detta 'cazzo, sta conclusione è pessima' e ho deciso di modificare metà
dei fatti!
Scusate ancora!
Ringrazio velocemente tutti i recensitori, quelli che hanno messo
la storia tra i preferiti (please, una recensione anche da parte
vostra!) & company! Al prossimo capitolo!
|
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Capitolo 10 *** Guess who's coming for dinner? ***
GUESS WHO'S COMING FOR
DINNER?
Tempo, tempo, tempo.
Le mancava il tempo per fare ogni cosa. La mattina era una segretaria perfetta
in camicetta e pantaloni di stoffa, poi pranzava velocemente in una tavola
calda, correva in casa e si cambiava, t-shirt e jeans.
Prendeva al volo la sua macchina fotografica e si recava nella redazione di 'Quick
games', oppure di 'Il mio cane', 'Il mio gatto', 'Casa
moderna' o a 'Landskapes', le cinque riviste per cui lavorava.
Pregando in arabo i direttori, era riuscita a farsi impiegare anche come
assistente dei fotografi che vi lavoravano a tempo pieno. Le ci era voluto del
tempo, ma alla fine c'era riuscita, era tornata in parte a fare il lavoro che
amava, anche se le toccava essere sempre l'assistente di quello o di
quell'altro.
L'unica cosa che non riusciva a trovare era il tempo per se stessa. Nei due
mesi che seguirono non aveva quasi avuto nemmeno un fine settimana libero, era
sempre in giro per la Germania, soprattutto per la rivista 'Landskapes',
in altre parole fotografava paesaggi. A volte doveva stare ore, insieme
all'altro fotografo, nell'attesa della luce giusta per scattare qualche foto
per la rivista. Uno strazio, ma cento volte meglio di stare davanti ad un
computer ad incasellare numeri come faceva per tre ore e mezza alla mattina.
Quel mercoledì pomeriggio era terribilmente in ritardo, il tempo era di un
settembrino autunnale e stava per piovere da un momento all'altro. Montò in
macchina di corsa e dovette rovesciare la borsa sul seggiolino per trovare la
chiave. Tra fogli e fogliacci, rullini pieni e vuoti, penne e altre robacce,
riuscì a scovarle in corner. Le infilò nel cruscotto e mise in moto, ma non
inserì la retromarcia per uscire dal parcheggio, come avrebbe fatto in un
giorno qualunque.
Il suo sguardo si era infatti posato su un giornale, esposto nell'edicola
ambulante a due passi da lei. Spense il motore e scese dalla macchina,
incuriosita da quello che le era parso di leggere. Arrivata davanti al
giornaletto scandalistico, lo prese, si frugò nelle tasche dove teneva sempre
qualche spicciolo e lo pagò. Lo lesse in macchina, quasi incredula di quello
che stava vedendo.
Il giornale intitolava in prima pagina: 'Intervista esclusiva! Tom Kaulitz,
il mio amore non corrisposto', scritto accanto ad un suo primo piano in
banco e nero, che metteva in evidenza il suo storico pearcing al labbro. Mac
scorse l'indice del giornale e lo sfogliò per leggere direttamente
quell'articolo. In un attimo, si ritrovò a pensare a lui, al fatto che non si sentivano
da quasi due mesi. L'ultima telefonata risaliva a qualche settimana dopo
l'ultima volta che si erano visti. Poi lui aveva preso a lavorare per l'album
di suo fratello, lei aveva iniziato queste collaborazioni pomeridiane
e... insomma, doveva essere proprio il destino a farli perdere di nuovo di
vista.
Saltò le classiche domande di routine sui Tokio Hotel e sulla loro carriera
musicale per andare direttamente al punto. Chissà per quale motivo aveva
concesso un'intervista del genere, sicuramente era per farsi pubblicità in
questo momento di pausa dal gruppo, ma le era parso troppo strano che un tipo
come lui potesse dare una fatto del genere in pasto alla stampa. Per
quanto riguardava gli strani pensieri che le erano venuti in mente l'ultima volta
che si erano visti, aveva ritenuto che la cosa migliore era accantonarli, era
stata solo una stupida infatuazione causata da un periodo di irrazionalità
emotiva e da un vortice di emozioni, che l'aveva investita proprio quando lui
si trovava tra i piedi.
Era sicura che se ci fosse stato una scimmia, al posto di Tom, sarebbe accaduto
lo stesso.
'Allora Tom, ci è arrivata una voce strana... si dice che da qualche tempo i
tuo cuore sia occupato da una bella fanciulla. Non è così?', domandava il
giornalista.
'Vorrei proprio sapere chi vi ha detto questa cosa.', fu la sua
risposta.
'Ci hanno detto anche che, insomma, questa bella fanciulla non sia molto
favorevole al vostro amore...'
'Stai parlando come se vivessimo nel medioevo...', rispose lui, facendo
il vago.
'Allora c'è o non c'è questa persona? E' vero che è un amore non
corrisposto?'
'Devo proprio rispondere a questa domanda?'
'Per le tue fans.', lo esortò il giornalista.
Mac si immaginò Tom che sbuffava come un bambino e sorrise.
'Sì, c'è stata una persona che mi ha fatto, diciamo, vivere queste
fantomatiche pene d'amore. Ci siamo frequentati per un po', ma siamo solo
amici, niente di più.'
'Sarebbe troppo sapere anche il nome?'
'Direi di sì'
'E' una persona famosa?'
'Assolutamente no.'
'E' una tua fan?'
'Neanche.'
'Vuoi lasciarle un messaggio?'
'E' una segreteria telefonica? Rispondo dopo il beep: no!'
L'intervista finiva così, con una battuta tipica del suo stile che fece ridere
Mac. Guardò l'orologio su cruscotto, era terribilmente in ritardo. Se se ne
fosse ricordata, lo avrebbe sicuramente chiamato. Le sarebbe piaciuto molto
rivederlo... Anche Bill e gli altri, ovviamente!
"Tomi....", disse una voce molto ovattata, nel suo orecchio destro,
l'unico libero dal cuscino che stringeva sempre intorno alla testa. Un
gorgoglio uscì dalla sua bocca stanca.
"Svegliati...", disse ancora quella voce.
"Che c'è...", fece lui, liberandosi dal cuscino.
"Sono le sette di sera... cosa ci fai ancora a letto!", tempestò la
voce arrabbiata di suo fratello Bill, prima completamente oscurata dalle
morbide piume.
"Ho mal di testa, non urlare...", cercò di dire Tom, prima che una
nuova raffica di insulti lo investisse.
"Non me ne frega un cazzo se hai mal di testa! Dovevi essere in sala
registrazione all'una ma evidentemente non te ne importa un bel niente dei tuoi
impegni!", brontolò l'altro.
"Scusami dai... non succederà più."
"Lo hai già detto tre giorni fa, quando sei arrivato con un'ora e mezza di
ritardo!"
"Te lo prometto, davvero!", disse Tom, guardandolo con lo sguardo più
serio che poteva fare alle sette di sera, dopo una notte di balordi in un
locale notturno, passata addirittura con lo stesso Bill, che aveva avuto però
il buon senso di rincasare ad un'ora decente.
"Oramai non credo più alle tue promesse...", fece l'altro,
amaramente.
"Andiamo...", temporeggiò Tom.
Bill lo prese per un braccio e lo tirò verso di sè, per iniziare a scherzare
con lui. Dopo qualche attimo di totale immobilità, Tom reagì ai vari
scappellotti e pizzichi che riceveva sulle braccia e sulla pancia,
svegliandosi.
"La fai troppo facile, lo sai che non so essere arrabbiato con te.",
disse Bill.
"Lo so, e per questo me ne approfitto. Ma cercherò di essere il più
puntuale possibile, lo prometto solennemente su quello che ho di più
caro!"
"Scommetti sul tuo pisello e siamo a posto!", disse Bill, che
ricevette subito una raffica di pugni alla pancia.
"Momento... pausa! Pausa!", prese a dire, quando non ne ebbe più.
"Pausa concessa per un totale di... trenta secondi! Forza, uno... due...
tre..."
"Ho letto la tua intervista, quella sull'amore non corrisposto... ma che
cazzate vai dicendo!", disse Bill, sistemandosi con le braccia dietro la
testa, disteso sul letto del fratello mentre l'altro se ne stava a gambe
incrociate.
"Ah... l'hai letta?", domandò Tom.
"Certo che sì! Cosa sarebbe 'sta storia? Sei impazzito? Quando mai Tom
Kaulitz si è innamorato di qualcuno se non di se stesso!"
"Infatti... ho detto una cavolata, solo perchè quello insisteva.",
disse Tom.
"Mah, non potevi spararne una più grossa! Per un attimo ci ho quasi
creduto anche io!", fece Bill, ridendo.
Poi, in un attimo, un rapido sguardo alla faccia del fratello gli fece cambiare
totalmente idea.
"Cosa?!? Tu... tu non hai detto una bugia a quel giornalista...",
disse, titubante.
Tom sospirò, cadendo a peso morto su un fianco e facendo sobbalzare anche il
fratello, che approfittò di quello slancio per sdraiarsi sulla pancia e
guardarlo così dritto negli occhi.
"Tu, Tom Kaulitz, nato dallo stesso ovulo da cui sono nato io, carne della
mia carne, sangue del mio sangue, fratello mio omozigoto... tu hai osato tenere
nascosto a me, Bill Kaulitz, che c'è stata una persona, una sola in tutto
questo universo, che ti ha fatto passare tutto quello che tu, Tom
Kaulitz, hai fatto passare a centinaia di altre ragazze?"
"Beh... se non lo hai mai capito in tutto questo tempo vuol dire che l'ho
tenuto nascosto bene... e che poi in fin dei conti non sono stato tanto
male.", cercò di giustificarsi Tom.
"Devo ammettere che questo è vero... e mi fa anche pensare che tu non ti
fidi più di me...", si imbronciò Bill.
Tom prese un cuscino e glielo tirò in testa.
"Smettila scemo... non te l'ho detto perchè mi ci è voluto un po' per
capire cosa mi stava succedendo... e poi perchè me ne vergognavo anche..."
"Lo sapevo, ma volevo sentirtelo dire...", si tranquillizzò Bill,
"E chi sarebbe questa persona? Dai, sono curioso!"
La rivelazione fu interrotta dallo squillo del cellulare di Tom, arrivato
proprio nel momento meno opportuno di tutti. Il ragazzo lo prese e rispose,
senza nemmeno guardare chi lo stesse chiamando.
"Ehm... Tom?", disse una voce titubante.
"Sì, sono io.", fece lui, con voce scocciata.
Sicuramente era una di quelle ragazze che non si erano arrese al suo 'è
finita, a mai più rivederci né risentirci'.
"Scusami, non ti avevo riconosciuto Kaulitz!", disse l'altra,
squillante.
"Ma senti un po' chi è! Chi non muore si risente Rosenbaum!", fece
lui.
Bill, che comprese subito che all'altro capo della chiamata c'era Mac, iniziò a
chiedere al fratello di poter parlare con lei.
"Ti passo subito la zecca di mio fratello, ti vuole salutare."
"Ciao Mac, come te la passi?", le domandò, accostandosi il telefono
all'orecchio.
"Abbastanza bene direi! E voi? Come state?"
"Quello scemo di Tom si è svegliato ora, abbiamo litigato e ora abbiamo
fatto pace. Ovviamente per colpa sua!"
"Sempre la mia!", sbottò Tom.
"Metto il vivavoce, così sentiamo entrambi senza litigarci il
telefono.", disse Bill, "Ci senti adesso?"
"Sì, molto bene... scusatemi se non vi ho più chiamato da diverso
tempo, ma ho avuto diversi impegni e non c'era tempo nemmeno per pensare a
neint'altro che al lavoro!"
"Figurati! Potevamo chiamare noi, ma eravamo lo stesso impegnati come
te...", disse Bill.
"A cosa devo l'onore della tua chiamata Rosenbaum?", le chiese Tom.
"Beh... io non sono il tipo che fa queste cose ma..."
"Cos'avrai combinato?", disse Tom.
"Niente di male ma... stamattina, per caso, i miei occhi si sono posati su
qualcosa di strano che stava impilato tra tanti altri giornali e..."
"L'hai letta anche tu...", fece Tom, grattandosi la testa, con
sguardo imbronciato.
"Certo e... ora non so se posso dirlo apertamente."
"Tranquilla, ", fece Bill, "L'ho saputo anche io leggendo quel
giornale."
"A dire il vero Tom me l'ha detto qualche tempo fa..."
Bill lanciò un'occhiataccia al fratello, facendogli capire che la questione
sarebbe stata sistemata in un altro momento.
"Ma chi te lo ha fatto fare di darlo in pasto alla stampa? ",
sbottò Mac, "Era un tentativo di avvicinarla di nuovo?"
"Veramente...", cercò di giustificarsi Tom, ma si trovò spiazzato,
"Lei non lo sa nemmeno. E poi cosa te ne importerà mai!"
"Ok, hai ragione, non sono fatti miei... ad ogni modo, siete così
troppo impegnati da rifiutare un invito a cena?", domandò loro.
"Beh, Mac, abbiamo da fare così tante cose...", disse Bill.
"Va bene questo fine settimana?", squillò subito Tom, che già si
sfregava le mani, avendo in mente almeno un migliaio di battutacce da dirle.
Sicuramente avrebbe iniziato con 'hai una smagliatura sulle gambe' per
concludere con 'c'è un topo in questa casa!'.
"Ma sabato abbiamo quell'intervista!", lo richiamò Bill.
"E che te ne importa! La facciamo, poi prendiamo la macchina e andiamo da
lei.", trovò subito la soluzione Tom.
"Tomi, faremo un casino come sempre.", si lamentò Bill.
"Tomi... cos'è questo nome? Ho sentito bene? Tomi...", disse
Mac, iniziando a ridere come una pazza.
"Ma dovevi chiamarmi in quel modo proprio davanti a questa strega?",
fece Tom, pensando a quanto fosse stupido il fratello. Adesso aveva un buon
motivo per essere preso in giro, mentre prima pensava di essere pressocchè
intoccabile.
"Tomi...", continuò a ripetere Mac, facendo ridere anche Bill
di conseguenza.
"Ok, andate a quel paese!", esclamò l'offeso, alzandosi dal letto e
lasciando i due al telefono.
"Va bene Mac, rimaniamo per sabato sera, ci rifaremo sentire. Ciao e
stammi bene!"
"Ciao! Statemi bene anche voi!"
Bill premette il pulsante di fine chiamata e richiuse il telefono di suo
fratello, che nel frattempo si era spostato nel bagno. Mentre lui si stava
facendo la doccia, Bill si sedette sul bordo del lavandino.
"Allora? Devi ancora rispondere alla mia domanda!", gli disse.
"No, non ho più voglia.", rispose l'altro, rimanendo poi in silenzio
per tutto il tempo, non curante delle suppliche del fratello.
Doveva fare un rapido conteggio.
Spolverare i mobili: fatto.
Riassettaggio libreria e collezione di musica: fatto anche quello.
Pulitura posacenere: lindi e trasparenti.
Messa in sesto della camera/studio: tutto al suo posto.
Raccoglitura capelli nello scarico della doccia, la cosa più schifosa di tutte:
fatto, con i guanti di lattice.
Pulitura resto del bagno: ok.
Camera in ordine: certamente.
Cucina pronta per riscaldare la cena consegnata dal ristorante: microonde sugli
attenti.
Cosa rimaneva da fare? Ah, sì, preparare gli aperitivi. Come le aveva insegnato
l'esperienza, era meglio mettere qualche bottiglia a basso tasso alcolico,
qualche succo di frutta e lasciare che ognuno si preparasse il suo. Tolse le
bottiglie dal frigorifero e le posò sul tavolinetto da fumo in salotto, insieme
a qualche bicchiere.
Con qualche risparmio era riuscita a rifarsi la mobilia del salotto nuova:
adesso aveva un divano in pelle nera, anzi, ecopelle perchè quella vera costava
un occhio della testa; un tavolino nuovo, fatto di cristallo, con le gambe in
ferro battuto, poggiato sopra un tappeto rosso e una libreria molto più grande
di quella che aveva prima e che occupava tutta la parete di fronte al divano,
nera come quello. C'erano così tanti scompartimenti che era riuscita ad
infilarci anche parte dei suoi cd ed lp!
Nell'ultima chiamata Bill le aveva detto che sarebbero arrivati da lei verso le
sette, sempre che fossero riusciti ad impostare correttamente il nuovissimo
navigatore satellitare che aveva comprato suo fratello. L'orologio segnava le
sei e mezza e Mac, sapendo che sicuramente i due sarebbero arrivati in ritardo,
si prese tutto il tempo necessario per sistemarsi.
Dette una leggera piastrata ai suoi capelli: ora, che li aveva lunghi alle
spalle, tendevano sempre ad essere mossi e doveva ammaestrarli a suon di colpi
di calore. Si truccò leggermente gli occhi, si infilò i suoi jeans preferiti,
quelli strappati ai ginocchi, poi indossò un golfetto a righe nere e fucsia ed
era pronta per la serata. Aveva dovuto rinunciare ai suoi adorati pantaloni
corti, era ottobre inoltrato e faceva abbastanza freddo per starsene
liberamente a gambe nude!
Guardò di nuovo l'orologio, che segnava silenzioso le sette in punto. Solo un
miracolo avrebbe fatto arrivare quei due, ma fu subito smentita dal suono del
campanello,
"Eccoci qua!", esclamò Bill, quando lei aprì la porta.
"Gesù... così puntuali? Non ci speravo nemmeno io!", fece Mac. Poi,
vedendo che i due non volevano entrare, ma che se ne stavano stretti spalla a
spalla, con un sorriso idiota stampato in faccia, iniziò a preoccuparsi.
"Cosa... cosa state combinando? Perchè non volete entrare in casa?
Guardate che pulita così è stata solo per Natale di due anni fa! Ve lo posso
assicurare!"
I due si guardarono complicemente negli occhi e poi si spostarono di lato,
lasciando lo spazio sufficiente tra loro per permettere a Mac di vedere cosa le
avevano portato come regalo.
"Ta-DAH!", esclamarono insieme.
"Allora?", fece Mac, che non aveva compreso niente di quello che i
due avevano in mente.
Tom, spazientito, prese un cestino da terra e glielo mise davanti agli occhi.
"Ta-DAH!", disse di nuovo, mentre la testolina di un tenero gattino
spuntò al di fuori, annaspando tra tutta quella stoffa rossa che ricopriva il
vimini.
"Oh... che carino!", disse Mac, prendendolo con le mani, attenta a
non fargli male.
"Non volevamo arrivare con una bottiglia di vino in mano, sapevamo che a
questo ci avresti già pensato tu.", disse Bill "Così siamo passati in
un negozio di animali e, in un momento di pazzia, ti abbiamo comprato questo
batuffolino tutto nero!"
"Io avrei preferito un cane.", puntualizzò Tom.
"Ma sapevamo che sarebbe stato troppo impegnativo per te che ti ammazzi di
lavoro... un gatto è più indipendente, insomma, fa tutto da sè!"
"E' così... così bello, guarda che occhini blu!", disse Mac, mentre
lo teneva in braccio e gli accarezzava il pancino. Chiuse poi la porta e disse
ai due di accomodarsi sul divano.
"Come gli metterai a nome?", le domandò Bill.
"Beh... non lo so... sembrerebbe una femmina."
"L'ha scelta lui, è stato lui a guardare sotto la gonna come
sempre!", fece l'altro, ridendo di Tom che nel frattempo stava facendo
l'offeso.
"Penso che la chiamerò Kenzie."
"Kenzie?", chiese Bill, che non aveva capito.
"Certo, io Mac, lei Kenzie. Mac e Kenzie. Mackenzie!", precisò lei,
"Dai, bevete e rilassatevi. Intanto vado a cercare una sistemazione per
questa bambolina qui... non è vero? Sei la mia bambolina vero?", disse
Mac, sfregando il suo naso con il musino della gattina, che prontamente rispose
con una soffice leccata.
I due, seduti sul comodo e nuovo divano, si versarono da bere e rimasero
qualche minuto da soli, in silenzio, nell'attesa che la padrona di casa
tornasse. Bill guardò il fratello con la coda dell'occhio, cercando di capire
come mai fosse diventato improvvisamente silenzioso.
"State bevendo vero?", chiese Mac, appena tornata insieme alla
gattina, sistemata in un alloggio di fortuna fatto con una vecchia coperta di
pile dentro al cestino con il quale le era stato regalato.
"Sì, tranquilla.", rispose Bill.
Mac si accomodò di fronte ai due, sedendosi su una sedia che aveva piazzato
davanti al divano, e si versò da bere.
Una sorta di silenzio cadde nella stanza. Ognuno che guardava il proprio bicchiere,
come se avesse qualcosa da dire ma non la forza per farlo.
Cosac'è che non va in me?, pensò Mac.
Lo aveva guardato mentre gli porgeva quella gattina, solo di sfuggita. Quel
breve attimo aveva aperto ancora quel cassetto chiuso nella sua testa e, di
nuovo, quegli strani pensieri erano usciti fuori ed avevano iniziato a fare il
girotondo intorno a lei. Era adulta, non doveva sentirsi nervosa in quel
modo, le sue mani avevano un leggero tremolio impercettibile. Doveva evitare di
comportarsi come una quindicenne, che sobbalzava ogni volta che uno
sguardo si posava su di lei. Non riusciva nemmeno a
guardarlo direttamente negli occhi, le pareva di essere una bambina.
Aveva notato subito che era senza cappellino, testa nuda, capelli cortissimi.
Proprio come piaceva a lei... e glielo aveva anche detto che stava molto meglio
senza.
Cosa c'era che lo aveva distolto dal metterselo? Era come una parte
inseparabile di sè...
"Hai cambiato i mobili vero?", le domandò Bill., distogliendola dai
suoi pensieri.
Silenzio, tremendo, imbarazzantissimo silenzio. Silenzio che assorda, silenzio
che si fa sempre più pesante. Avrebbe voluto dire tante cose, ma non gli usciva
una sola parola dalla bocca. Che cosa gli era preso? Perchè si sentiva le
labbra serrate, la gola secca e le mani sudaticce? Si dette mille volte dello
stupido; in preda al nervoso, si accese una sigaretta ed, in ulteriore
silenzio, se ne andò nel terrazzino su cui si affacciava il salotto, chiudendo
la porta a vetro dietro di sè, come per dire 'non mi rompete le scatole'.
Bill, che aveva appena chiesto a Mac dei suoi mobili, rimase abbastanza
sbigottito dal comportamento del fratello. Era entrato in casa e l'unica cosa
che aveva detto era stata 'io preferivo un cane' o giù di lì.
"Cos'ha?", chiese Mac sottovoce a Bill, sedendosi accanto a lui.
"Boh, non lo so...", fece Bill, distratto.
"Beh... mi dispiace, magari forse è meglio rimandare la cena."
"Dai, sei stata ore a preparare tutto questo e, siccome lui hai il
broncio, rimandi tutto? Assolutamente no, ora vado là fuori e lo sgrido per
bene!", disse Bill, posando il bicchiere e andando fuori dal fratello.
Tom se ne stava con i gomiti appoggiati alla balaustra di ferro, fumando
nervosamente, assorto nei suoi pensieri. Bill gli si mise accanto, nella sua
solita posizione.
"Cos'hai Tomi?", gli domandò, con molta calma.
"Niente... avevo solo voglia di fumare e non volevo disturbarvi."
"Lo sai che fumiamo tutti e tre...", disse Bill, smascherando la sua
bugia, "Dai, dimmi cosa ti passa per la testa... sono abbastanza
preoccupato."
"Non c'è niente... te l'ho già detto."
"Tomi, non mi mentire ancora, ti prego. Non riesco a capire che cosa ti
passa per la testa."
"Sto bene, te l'ho detto, avevo solo bisogno di aria pulita... e di stare
da solo.", ripetè l'altro.
"Ma ti sembra questo il modo di comportarti? Mac ci invita a cena e tu fai
il maleducato?", disse Bill, scocciato dalla cocciutaggine del fratello.
Tomo sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
"Sei incorreggibile, ultimamente mi stai stupendo con i tuoi comportamenti
assurdi.", continuò a dire Bill, "Ho le palle quasi piene di te e
della tua presuntuosaggine!"
Sapeva che l'unico modo per farlo parlare era farlo innervosire, quindi aveva
adottato quella tattica, anche se non pensava davvero quelle cose.
"Ogni volta devi stare al centro dell'attenzione, farti vedere. Perchè non
metti da parte quel carattere di merda che..."
"Ok! Ok! Ho capito, smettila di sputtanarmi così.", fece Tom,
piegandosi alla volontà del fratello.
"Dimmi perchè stai mettendoci il muso.", disse Bill, risoluto a
saperlo a tutti i costi.
"Vuoi sapere la verità?", fece Tom.
"Direi proprio di si."
Tom aspirò l'ultima boccata di fumo, prima di gettare dal terrazzino la
sigaretta. Lo fece uscire lentamente dalla bocca e poi parlò.
TITOLO: vi ricordate quel film, 'Indovina chi viene a cena'? ecco, il
titolo del capitolo è la versione in inglese. cioè, non so se il film si
chiamava, in lingua originale, proprio in quel modo. diciamo che è la
traduzione letterale italiano-inglese. Nessun scopo di lucro, of course!
Un grazie a Saphira 87 che mi ha fatto notare un errore: ad un certo punto è
saltato fuori il nome Samara, nella scena del capitolo precedente in cui i due
si scambiano i numeri. Ecco, è colpa del mio cervellin sovraccarico, ora ho
sostituito il nome sbagliato con quello giusto, cioè Mac!
Judeau: grazie mille! non mi fare tutti questi complimenti altrimenti mi
monterò la testa XD scherzo... ma basta con tutte queste fotografie, non
concedo più autografi a nessuno! ora che ho messo la parola fine anche a questa
storia, che si conculderà tra qualche capitolo, mi sento più tranquilla e posso
dire di non aver lavorato con i piedi. Alla fine sono rimasta contenta!
Complimenti per il tuo 'Bleed Well', penso che sia la fanfic più originale
della sezione, perchè ancora nessuno aveva pensato di trascinarli in un
ambiente del genere, la storia credo che si tingerà di colori horror e finora
tutti siamo rimasti con i 'piedi per terra', se così si può dire, perchè non
finora non è mai stata trattata una tematica del genere (esclusi i twincest,
meno male che li hanno cancellati). Parlando poi dei testi, devo dire che hai
ragione, traduzione letterale proprio non è, ma credo che abbiano cercato di
dire, anche se in modi leggermente differenti, le solite cose che
cantavano in tedesco... riuscendoci molto male. Almeno è quello che mi è
sembrato di capire, sentendoli sia in tedesco (a innsbruck ho comprato zimmer
483) e in inglese (a lucca ho comprato scream). Poi ti ripeto, il mio tedesco
fa pietà, alcune cose le capisco altre no, ma il mio inglese non lascia per
niente a desiderare. A proposito, tu hai messenger?
CowgirlSara: la costellazione dei gemelli, a cui sono anche io
particolarmente legata perchè anche io sono una gemelli (ma di segno zodiacale
e basta, sono figlia unica, ma ho un fratello scemo per amico), non è molto
facile da vedere e ci vuole un occhio esperto per trovarla. Ogni volta il mio
fidanzato (che è un astrofilo, cioè uno che passa una volta al mese il sabato a
guardare le stelle con il telescopio... come quello con cui usciva Mac! Piccolo
pezzo autobiografico, solo che io non gliele metto le corna quando se ne sta
con il naso per aria... vado con lui a rimirar le stelle!) mi deve sempre
ricordare dove si trova e, per non fare errori, ho dovuto prendere un libro
sull'universo che avevo fin da piccola, dove ce l'ho disegnata perfettamente. I
due fratelli si sono dimostrati morlo orgoglioni di avere qualcosa
che li rappresenta in cielo... e si, era proprio il suo ex quello appostato,
come in quel film: a volte ritornano! Anche Mac è un po' tonta, ma ha i suoi
buoni motivi, verranno fuori più in là... durante una telefonata con chi?.... a
volte ritornano 2! Vediamo se indovini...
MissZombie: eccoti di nuovo! Infatti mi chiedevo: ma che ci fa lei in mezzo a
tutte quelle ragazzine urlanti??? Hai fatto proprio bene! Io ci sono stata due
volte a Roma: per una manifestazione contro la guerra in Afghanistan e tre
giorni, con un mio ex, e l'ho trovata bellissima in entrambe le occasioni!
Vorrei tanto tornarci ma gli alberghi sono talmente tanto cari che le mie
tasche si rifiutano di darmi il borsello quando parlo di Roma! XD comunque ora
vedrai che non lo dirò più, non tanto per la mazza da baseball, ma perchè alla
fine sono riuscita a farmela piacere, 'sta storia! Oramai sto comprendendo che
Mac è il mio alter ego, quella che non sono ma che affiora ogni tanto (tipo
ieri sera, in un ristorante a Livorno, ci hanno fatto aspettare venti minuti
per il conto e siamo andati via senza pagare... hihihi! La vera Silvia non
l'avrebbe mai fatto...), Ci sentiamo su msn e mi racconti com'è stata a Trl!!!
Lidiuz93: se i TH sono stati a 105 spero non siano andati allo Zoo...
perchè sicuramente li avranno stroncati!!!!! Te lo immagini, tra quei
deficiente e insime a Leone? Bill verrebbe fatto a pezzi! XDDDDDD mi sbellico
dalle risate a pensarci!!! Ps: ho registrato anche il festivalbar... ancora non
l'ho visto, ma spero vivamente che Bill non abbia avuto i capelli come a Trl...
oddio, sembrava un porcospino! *non me ne vogliate male, ma io lo preferisco
con i capelli giu*
Ki@rett@: voglio un amico come Thiago! Muovi tutta Brindisi per
trovarmelo? XD grazie per la recensione!
Saphira87: grazie ancora per l'errore che mi hai fatto notare! Non mi so
ancora spiegare come l'ho fatto, forse ho avuto un lapis froidiano (detto
volgarmente lapsus freudiano). Certo che puoi chiamarmi Ruby! Il nick per
intero sarebbe Ruby Chubb-Baggins, ma chiamami come ti pare, ci sono abituata
ad essere chiamata in tutti i modi, mia nonna ha un po' di arteriosclerosi e
prima rammenta tutte le figlie, poi si ricorda che mi chiamo Silvia XD Mi piace
lasciare il capitolo sospeso, alla maniera di Beautiful, quando Booke o Ridge
rimangono a bocca aperta dopo l'ennesima rivelazione. Almeno si stuzzica la
fantasia del lettore! Grazie per i complimenti che mi hai fatto e per aver
recensito! Rimani in linea per il prossimo capitolo! RcB
Starfi: anche per me la scrittura, da qualche mese a questa parte, da
quando mi è ritornata l'ispirazione, ha sovvertito tutti i miei ritmi
biologici! Prima di addormentarmi penso a cosa scrivero, appena sveglia raduno
le idee, poi studio per un'oretta scarsa per il prox esame, scrivo per tre ore,
pranzo, ripasso lo studio, scrivo per altre tre orette e poi ceno. Meno male
che gli ultimi due esami rimasti saranno talmente difficili che non avrò il
tempo di pensare ad altro, sennò questa laurea arriva nel 2010! Grazie per la
recensione!!!!
Gufo: anche io ho... 500 mp3 nel computer! Ma non avrei problemi a dirlo
in giro, finchè mi fanno pagare 20 euro per un cd farò questo ed altro! Meno
male però che ogni tanto li mettono anche a 10 euro, altrimenti il mio
masterizzatore si fonderebbe! Memories... oddio, quella canzone ogni tanto mi
perseguita! Dopo aver postato quel capitolo l'ho sentita almeno dieci volte
alla radio! Grazie per i complimenti e per la recensione!
Ruka88: beh, nella storia precedente si capiva che era stato Georg e non
lui, ho tratto molte persone in inganno! Ma non l'ho rivelato in questa storia,
già si sapeva prima della fine di 'Rock my life'... mi sembra di capire che il
tuo preferito sia Tom, non è vero? XD grazie per la recensione!!
Nana Punk: grazie mille! Un sequel è un buon metodo per far leggere
anche la storia precedente, non credi? XD scherzo, ovviamente non l'ho fatto
per questo ma perchè il personaggio di Mac mi era rimasto nel cuore. Grazie,
sono davvero molto lusingata! Grazie ancora!
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Capitolo 11 *** Ede the Mechanik ***
EDE THE MECHANIC
Bill guardò il fratello con occhi quasi increduli, pensando di aver compreso
male il significato di quelle poche parole.
Davvero suo fratello si stava vergognando così tanto di se stesso da non farne
parola nemmeno con lui?
Oppure poteva essere una cosa di poca importanza.
Oppure ancora doveva fare molta chiarezza nella sua testolina confusa per
riuscire a parlarne.
Ma poteva esserci anche un altro motivo: che fosse veramente... no, non è
possibile, disse Bill, non credeva che suo fratello potesse essere...
innamorato? Rideva ad associare quella parola con Tom.
"Perchè... dimmi la verità, perchè l'hai tenuto per te?", gli chiese.
"Non lo so... all'inizio, quando avevo diciotto anni, pensavo solo che
fosse il fatto di averla intorno... insomma, che mi piacesse solo perchè era lì
con noi... solo che, per un po' niente, nessun'altra in vista...",
disse Tom, cercando di non cadere nell'imbarazzo più totale.
"Cioè mi stai dicendo che non sei andato con nessun'altra per un po' di tempo?
E che ovviamamente hai iniziato a mentire perchè non mi risulta questo periodo
di... astinenza.", fece Bill.
"Dopo un po' mi passa tutto... e ora.... dai, capiscimi.", disse Tom,
balbettando per il disagio, "Mac è Mac, non è una come le altre."
"Si, ho capito.... tranne una cosa, che ci facciamo su questo
terrazzo?", chiese Bill.
"Non mi usciva una parola, stavo facendo la figura del coglione, era
meglio levarsi dalle scatole!", si giustificò Tom.
Bill comprese lo stato d'animo del fratello: in una sola parola, era
spaventato. A morte.
Per la prima in ventiquattro anni, suo fratello poteva dirsi innamorato... e
non sapeva cosa fare.
"Dai, Tomi, torniamo dentro.", gli disse, mettendogli un braccio
intorno al collo e dandogli una pacca sulla testa.
"Bill...", lo riprese lui.
"Dimmi."
"Cosa devo fare? Cioè..."
Bill gli sorrise teneramente.
Era proprio un dolce coglione, pensò.
"Lascia stare. Fai un bel respiro e dai il meglio di te. Prendila in giro
come sempre... secondo me le fa anche un po' piacere."
"Dici sul serio?", disse Tom, intravedendo il barlume di una remota
speranza.
"Beh... non ne sono sicuro, prendi questa informazione confidenziale con
le dovute precauzioni..."
Non riuscì a finire la frase che Tom era piombato del salotto.
"C'è un topo in questa casa!", disse, gridando, e facendo saltare Mac
in piedi sulla sua sedia.
"Kenzie! Mangialo! Mangialo!", iniziò ad urlare lei, mentre si
reggeva allo schienale, in preda al panico, non rendendosi conto che la gattina
era troppo piccola per una cosa del genere.
Tom si piegò dalle risate, aspettando di essere investito dall'uragano
Mackenzie. Bill, appoggiato alla porta vetri, si cheideva quanta confusione
potevano fare quei due, messi insieme. Chissà se era vero che anche Mac provava
qualcosa per lui, non poteva dirlo con certezza, ma gli era parso che qualcosa
di strano veleggiasse intorno a lei. Gli sarebbe piaciuto fare il cupido della
situazione e vedere soprattutto cosa poteva combinare quello stupido di Tom.
Il microonde trillò, la cena riscaldata era la specialità di Mackenzie. Chiamò
i due, che stavano a farsi i dispetti sul divano, sperando che il drin non si
fosse sentito troppo. Fece passare gli spaghetti al ragà del ristorante
italiano di Strauss Platz come una ricetta che le aveva dato una sua
conoscente italiana.
"Che buoni che sono....", disse Bill, dopo la prima forchettata,
"Sembra di essere in un ristorante."
"Davvero... ricordo ancora l'ultima volta, ci volevi rifilare quella
soletta mascherata da fetta di carne.", disse Tom.
"Zitto e mangia!", gli rispose Mac.
Anche il secondo passò del tutto inosservato. Con la scusa che non aveva saputo
regolarsi con le tempistiche, Mac riscaldò delle ottime bistecchine, con
contorno di zucchine e patate, provenienti dal ristorante al quindici della De
Gaulle Straße.
"Ci hai meravigliato davvero.", disse Bill, massaggiandosi la pancia,
"Sono pieno come un uovo."
"Già, devo ammettere che sei davvero una brava cuoca.", disse Tom,
"Svelaci il tuo segreto!"
"Mai e poi mai! I maghi del mestiere tengono tutto per sè.", fece
Mac, mentre toglieva i piatti.
"Dolce?", le chiese Tom.
"Niente preparato da me, purtroppo, non ho avuto tempo.", disse lei.
In verità, aveva fatto tardi e la pasticceria dove lo aveva ordinato era chiusa,
quindi era corsa a prendere dei biscottini al supermercato. Li prese da uno
scompartimento della cucina e finirono la cena al suon di dolci delizie al
cioccolato.
"Sto per scoppiare.", disse Mac, mentre dava un po' di latte alla sua
micina, "Non riesco nemmeno a piegarmi."
"Attenta che ti si strappano i pantaloni e ti si vedranno le
mutande!", le disse Tom.
Mac, mentendo spudoratamente, sbuffò stizzita ed arrabbiata per la sua ennesima
presa di giro., nascondento che tutte quelle particolari attenzioni le stavano
facendo piacere.
"Non hai fatto altro che farmi commentacci stasera, si può sapere perchè
sei così acido?", sbottò lei.
"Perchè ho il ciclo.", rispose lui.
"Allora ce l'hai perenne...", disse Bill, rubando la battuta che era
affiorata sulle labbra di Mac.
"Questa me la sono cercata...", fece Tom, ammettendo che suo fratello
aveva colto nel segno, "Programmi per la serata?"
I tre si guardarono un po', aspettando il primo tra loro a proporre un'idea.
"A proposito, ma dove dormite stanotte? Avete prenotato un hotel?",
domandò Mac.
"Beh...", chiese Bill, "L'hotel Rosenbaum è aperto?"
Mac si era aspettata quella richiesta.
"Certo...", fece lei, sorridendo.
"Benissimo! Abbiamo portato anche qualcosa per cambiarci... sai, l'ultima
volta abbiamo dormito con i vestiti e, insomma...", fece Bill, contento.
"Fate come se questa fosse casa vostra.", li rassicurò Mac,
"Oramai siete diventati clienti abituali! Riusciremo un giorno a trovarci
senza fare le solite cose? Cioè casa mia, cibo e alcol?"
"Quale modo migliore per passare una serata tranquilla!", disse Bill,
"Intanto vado a prendere la nostra roba, voi due pensate a cosa
fare."
Se doveva fare davvero il cupido della situazione, poteva benissimo andarsene
per un po' e lasciarli soli. Un passo dietro l'altro sparì dalla loro vista,
fuori dalla casa.
Mac, approfittando del momento di calma, iniziò a mettere in sesto la cucina.
Non voleva svegliarsi il giorno dopo con i piatti tutti incrostati, che per
tornare puliti avevano bisogno dell'acido muriatico. Dopo essersi infilata un
paio di guantoni di lattice, odiava ritrovarsi le mani tutte screpolate dopo il
lavaggio delle stoviglie, iniziò a riempire una vasca del lavandino di acqua
calda e sapone per i piatti.
"Dai, lasciali per domani!", le disse lo scanzafatiche Tom che, da
bravo ospite, non aveva fatto niente per darle una mano nel raccoglierle,
rimanendosene invece in silenzio, a giocare con la forchetta.
"Devo farlo, domani è domenica e la mia religione mi vieta di lavare i
piatti in questo giorno.", rispose lei, ridendo.
Tom sorrise a quella battuta e andò a sedersi sul ripiano della cucina, a pochi
centimetri dall'acquaio pieno di forchette e ciotole da pulire.
"Così finirò per schizzare quei bei pantaloni firmati.", lo
rimproverò lei.
"E poi li laverai, come l'altra volta.", disse lui, con il suo solito
tono disimpegnato.
"Non voglio farlo.", affermò lei, ridacchiando.
"Io rimango qua.", ripetè lui, facendo spallucce.
"Come ti pare. Tanto non te li lavo.", disse Mac, facendo una smorfia
con la bocca.
Non riusciva a posargli gli occhi addosso per un totale di mezzo secondo ma
adesso doveva per forza tenerli fissi sulle sue mani insaponato, che pulivano
sapientemente le stoviglie appena usate, e si sentiva già più rilassata: almeno
aveva una scusa per parlargli senza dovere spostare freneticamente lo sguardo
ovunque tranne che posarlo su di lui.
"Allora, Rosenbaum...", fece Tom, "Cosa mi racconti di
bello?"
"Molto poco... le solite cose.", borbottò lei, "Tu invece?"
"Le solite cose.", ripetè a pappagallo la stessa frase appena usata
da lei.
"Te la spassi come sempre, vero?"
"Certo che sì, altrimenti mi ammazzerei di noia. Tu...", disse poi
Tom, e si schiarì la voce, "Insomma, nessun signor Rosenbaum in
vista?"
"Me lo hai già chiesto un'altra volta in quel modo...", si ricordò
Mac, "Sii più creativo, lo so che ci puoi riuscire."
"Allora...", riflettè Tom, "C'è qualcuno che tieni stretto al
guinzaglio?"
"Mmmmhhh... era un po' scadente."
"Sì, lo so. Ci riprovo... Quante volte hai cambiato le lenzuola questo
mese?"
"E questa era di cattivo gusto!", disse Mac, pronta a schizzarlo con
acqua insaponata se avesse continuato con quelle battutacce.
"Dai, lo sai cosa ti voglio chiedere. Rispondi!", la esortò lui.
"Se proprio vuoi saperlo, no, nessun signore in vista, nessun cane al
guinzaglio. E comunque, per essere chiari, le lenzuola le cambio una volta alla
settimana."
"Proprio nessuno nessuno?", continuò lui, tenendosi per sè una certa
soddisfazione.
"Beh... a dire il vero starei uscendo con un tipo da un mese.... ci stiamo
conoscendo.", disse Mac, chiarificando quale fosse la sua attuale
posizione sentimentale. Appena lo ebbe detto, però, le venne voglia di
mordersi la lingua....
Era vero, da circa un mesetto frequentava un ragazzo, si chiamava Ede, lavorava
nell'azienda tessile dove Mac faceva la segretaria: era uno degli addetti alla
manutenzione delle macchine filatrici. Era un tipo abbastanza carino e
simpatico. Moro, occhi scuri, di un centimetro solo più basso di Mac. La prima
volta era uscito con lui solo perchè quella sera non aveva proprio niente da
fare; poi dovette ricredersi, aveva davvero un bel carattere e l'aveva quasi
sempre fatta ridere con le sue disavventure sul lavoro. Era un tipo un po'
stravagante nei suoi modi di essere, comunque veramente simpatico.
"Niente di serio,", proseguì lei, "Siamo usciti così poche volte
che te le posso contare sulle dita di una mano... E tu? Quante donne sono
venute strisciando da te per chiederti una notte di folli passioni?"
"Mah, qualcuna...,", fece spallucce, giocherellando con uno straccio
trovato nei suoi pressi, "Ma meno del solito, forse con l'estate se ne
sono andate in vacanza, mentre io ero chiuso in studio con Bill. E... ma dimmi,
com'è questo Ede? Spero che non somigli nemmeno vagamente al tuo ex.", disse
Tom, omettendo che avrebbe voluto spaccargli la faccia con le sue stesse
mani.
Ovviamente ad entrambi, sia l'ex e che l'attuale.
"No, assolutamente. Ha i capelli neri, occhi scuri. Ha la mia stessa
età.", lo descrisse lei.
"Mmh.. e che lavoro fa?"
"Fa il manutentore nell'azienda dove faccio la segretaria, alla mattina.
Si occupa delle macchine."
Il meccanico? Mpf!, pensò Tom.
"E quanto è alto?", chiese ancora.
"Qualcosina meno di me... Ma tutte queste domande? A quale scopo?"
"Per sapere se ho qualche possibilità di spaccargli la faccia se ti mette
le mani addosso.", disse Tom, sorridendole.
Mac rimase un attimo in silenzio per quella risposta. Con le mani dentro
l'acqua calda insaponata, riuscì ad alzare gli occhi, guardarlo dritto nei
suoi.
"Non potrò mai ringraziarti per tutto l'aiuto che mi hai dato. Sembri una
persona su cui nessuno può fare affidamento... invece mi hai tolto dai miei
stessi guai come se fossero stati i tuoi. Questa è vera amicizia.", disse
Mac, realizzando in quel preciso momento che Tom dovesse rimanere in quel modo
per lei, un grande amico.
Anche se lei stava provando qualcosa era meglio che scemasse tutto in fretta,
perchè non c'era modo che la cosa potesse svoltare, lui sicuramente la vedeva
come un'amica... Un improvviso prurito al naso la costrinse a togliere la mano
dall'acqua e grattarselo con il polso.
Tom, in quel momento, avrebbe voluto con tutto se stesso toglierle quel piccolo
batuffolo di schiuma che le si era posato sulla punta del naso... e poi
baciarla. Ma la frase 'questa è vera amicizia' gli impose di fermarsi:
con quelle quattro parole Mac aveva definito la sua posizione e non c'era modo
di tornare indietro. Non potè nascondere che il sorriso che aveva in volto si
stesse trasformato in qualcosa di falso.
"Stavolta saresti davvero tu in vantaggio.", gli disse lei poi,
ridendo, "Tu sei più alto di lui ed Ede sembra una canna al vento..."
"Attenta a non tagliarti piuttosto.", disse Tom, scendendo dal
ripiano, "Io vado a vedere cosa sta combinando quella zecca. E a comprare
un pacchetto di sigarette, le ho finite. Vuoi qualcosa?"
"Niente, sono a posto, ma grazie lo stesso.", disse Mac.
Appena lo sentì chiudere la porta di casa, Mac iniziò a darsi dell'imbecille e
a battere la testa sul mobiletto sopra l'acquaio.
Bill, davanti alla porta di casa con gli zaini tra le gambe, attendeva il
momento giusto di entrare. Gli pareva di sentirli chiacchierare, ma non capiva
cosa si stessero dicendo. Nell'attesa, si era seduto sul primo scalino.
Sentendo dei passi venire verso di lui, si alzò e si dette una pulita ai
pantaloni. Si aspettava una Mac inviperita, invece era solo suo fratello.
"Che ci fai ancora qui?", gli domandò Tom, "Quanto ti ci è
voluto per prendere due zaini?"
"Beh... pensavo che vi facesse comodo un po' di tempo da soli.",
rispose l'altro.
"Allora grazie mille.", fece Tom, scendendo le scale a corsa.
"Dove stai andando?", gli chiese, senza ricevere risposta. Capì che
sicuramente qualcosa era andato storto.
Entrò in casa perplesso. Trovò Mac ancora con le mani dentro l'acqua
insaponata, gli parve tranquilla. Ma cosa era successo per far scappare via Tom
in quel modo?
"Hey, sai dov'è andato mio fratello? Non me l'ha detto.", le
chiese, appoggiando gli zaini accanto al divano.
"Andava a comprarsi le sigarette. Non ci metterà sicuramente molto, c'è
una tabaccheria automatica a venti metri da qua.", gli disse, sorridendo.
O stava fingendo benissimo, oppure lui non ci stava davvero capendo niente.
"Ti aiuto con i piatti.", le fece.
"No, tranquillo, li lascio qui e poi li metterò a posto in seguito. Odio
asciugarli, cadono le gocce a terra e poi mi tocca passare uno straccio anche
lì.", disse Mac. Si tolse i guanti e si sedette intorno al tavolo, oramai
spoglio di tutto, seguita da Bill.
"Ancora non ho pensato a cosa possiamo fare!", disse Mac,
"Potremmo anche noleggiare un film, andarcene in un bar, farci una
passeggiata..."
"Aspettiamo Tom e decidiamo. Una sigaretta?", le propose.
"Certo, adesso è proprio quello che ci vuole!", esclamò Mac.
Si sedettero nel balcone, su un paio di vecchie sedie di plastica scolorite,
con i piedi appoggiati sulla striscia di ferro della balaustra.
"Come va con il tuo album?", gli chiese Mac.
"Per ora tutto ok. Abbiamo registrato una dozzina di canzoni ma ancora
siamo a metà strada. Penso che forse per il prossimo anno, ottimisticamente a
febbraio, possa uscire qualcosa. Magari il primo singolo."
"Sempre sullo stesso genere dei Tokio?"
"Sì, ma decisamente più rock."
"Non capisco se vi siete sciolti o se siete in pausa.", fece Mac,
riflettendo brevemente sulla questione.
"Siamo soprattutto in pausa. Sai, Georg si è sposato, Gustav c'è
vicino..."
"Vicino?!?", fece Mac.
"Sì... almeno è quello che sembra, sta sempre a Barcellona! E poi era da
tempo che ci serviva una pausa da tutto e tutti. Io e Tom stavamo pensado a
questo progetto da un po' e... insomma, abbiamo trovato il momento giusto per
farlo.", si spiegò Bill.
"Allora non è un album solista.", disse Mac, che tenne a precisare la
sua posizione al riguardo.
"Beh, ci sarà il mio nome, ma è lui che suona la chitarra e che verrà in
tour con me, se mai questo album avrà il successo sperato."
"Di sicuro tutte le tue fan lo compreranno e, se ti comporterai bene, lo
farò anche io."
"Wow, sembra di essere in campagna elettorale! Come posso comprare il tuo
voto?", disse Bill, ridendo.
"Vedremo...", disse Mac, ridendo a sua volta.
Tom entrò in macchina, inserì la prima e lasciò il suo parcheggio. Passò
davanti alla tabaccheria senza neppure notarla ed accellerò quando il semaforo,
che regolava l'incrocio che stava per attraversare, divenne giallo. Lo superò
svoltando a destra e prendendo il grande viale che lo portava verso il centro
della città.
Aveva bisogno di riflettere e le sigarette erano solo una scusa. Ne aveva a
volontà nelle tasche dei suoi pantaloni.
Premette l'accendisigari ed aspettò, con una sigaretta in bocca, che questo
scattasse sull'attenti per fargliela accendere.
Il suo piccolo piano aveva in parte funzionato: non avendo una scusa per andare
da solo a casa sua aveva utilizzato quel giornale per lanciarle un chiaro
messaggio. L'importante non era effettivamente il contenuto dell'intervista,
lei quella storia la conosceva già perchè era stato lui stesso a
raccontargliela... ed anche in modo abbastanza patetico, si disse, facendola
passare come una storiella morta e sepolta, quando invece era viva e vegeta
dentro di lui.
Ma quello che contava di più era farsi notare e anche chiamare. Certo, lui
poteva benissimo prendere il cellulare, accedere alla rubrica, selezionare il
suo nome e dirle, una volta che lei aveva risposto, 'ciao, ci vediamo?'.
Ma era troppo facile e a lui piaceva fare le cose nel modo più strano
possibile. Altrimenti non si sarebbe chiamato Tom Kaulitz.
Non era passato nemmeno un giorno dalla pubblicazione dell'intervista sul quel
giornale che lei aveva chiamato e li aveva invitati a cena. Le cose erano due:
o leggeva quegli stupidi giornali come le signore dal parrucchiere, che non
hanno nient'altro da fare che spettegolare, oppure lo aveva davvero visto per
caso in bella vista in un'edicola, per caso. Sapendo che Mac non era una da
giornaletti scandalistici, era più propenso a pensare che il suo folle piano
fosse stato supportato da una buona dose di fortuna... o di culo sfacciato.
Ma tutto questo non era servito a niente. A nulla.
Era stato in casa sua e, dopo qualche attimo di confusione, dovuta allo
spaesamento, si era deciso che doveva cercare di farle capire. Non era facile,
non doveva fare come con le ragazze con cui di solito aveva a che fare. Lei era
Mac, una fuori dal normale, non la si poteva prendere in giro con quelle frasi
di circostanza così efficaci con le altre. No, ci voleva qualcosa di meglio.
Nel tentativo di trovare la strada giusta, aveva iniziato a chiederle se c'era
qualcuno che le stava a cuore. Era venuto fuori il nome di questo Ede, un
meccanico, più basso di lei, per giunta! Però da come lei ne aveva
parlato non sembrava che la cosa fosse molto seria. E poi aveva anche aggiunto
che erano usciti solo poche volte.... In così poco tempo non si incontrava
l'uomo della propria vita.
Ed era venuto il tentativo di fare un colpo gobbo: farle capire che era pronto
a proteggerla. Era sicuro che fosse quello di cui lei aveva bisogno, quello che
lei cercava in un uomo, la protezione. Invece aveva fatto un casino, lei se ne
era uscita fuori con la parola l'amicizia.
Per esperienza, quando una donna parlava di amicizia era meglio deporre le armi
e lasciar perdere.
Ma come poteva farlo?
TITOLO: è strano, mi è venuto in mente questa canzone dei Deep
Purple, 'Ted The Mechanic', e ho deciso di trasformarlo in 'Ede the
Mechanic'... trip mentali!!!
Judeau: non ti inchinare, non ho pulito per terra e ti sporcheresti le
ginocchia XD e non farlo comunque, perchè non sono io quella che scrive di
vampiri e di sesso XD basta basta basta XD questo è stato il capitolo che mi ha
dato più rogne di tutti, compreso anche il prossimo! Diciamo che, nella prima
stesura, era totalmente diverso, i fatti successivi erano altri e il finale...
semplicemente patetico! Meno male che poi, alla fine, sono riuscita a cavarne
fuori le gambe. Ho deciso anche di sfruttare la verità assoluta di Max Pezzali:
la regola dell'amico non sbaglia mai *cantandola a tempo di musica* avrò fatto
male secondo te ad affidarmi all'esperienza degli 883? La risposta la so, non
dirmela... *ruby canta la nuova di max, in un versione tutta particolare...
sono stupido, resto ancora un attimo, devo dare un'altra occhiata alla storia,
e il prox capitolo pubblicheròòòòòòòò*
MissZombie: eccolo qua, l'hai letto attentamente ho sei arrivata subito
all'ultima parola per vedere se tra i due succede qualcosa? Mascherina ti
conosco! Leggila tutta per bene e non fare l'impaziente XD i silenzi
imbarazzanti mi vengono bene, anche nella vita reale, soprattutto dopo che sparo
una delle mie solite cacchiate... tutti mi guardano, i grilli cantano, i
cespugli del deserto che passano... cri cri cri cri... come in questo
momento... Vabbè, cerco di recuperare la mia lucidità mentale per dirti grazie
grazie grazie! A sentirci su msn!
CowgirlSara: diciamo che mi diverto a far fare l'adolescente a Mac e
questo succederà soprattutto nei prossimi capitoli... le farò fare la bambina,
battere i piedi e comportarsi irrazionalmente! Mi diverto troppo a lasciare la
frase decisiva al capitolo successivo, questa suspence... insomma, mi piace,
sia scrivere così che leggerlo! Grazie per la recensione!
Ruka88: scusa per il ritardo nell'aggiornamento, ma l'università mi ha
un po' preso! i puntini di sospensione finali servono, ogni tanto, sennò il lettore
si annoia XD i finali alla beautiful con brooke a bocca aperta sono i miei
preferiti! Grazie per la recensione!!!
Saphira77: anche a me succede che la prima cosa che guardo su internet
non è più la posta elettronica, ma gli aggiornamenti delle storie che seguo!
Questo sito di efp è come una droga! Grazie per aver letto anche le altre mie
storie, la mia preferita ovviamente è rock my life, ma nel mio cuore nero
imperia epiphany... spero ti sia piaciuta anche quella, anche se è molto cupa e
triste! Grazie mille per la recensione!!!!
Starfi: non ti voglio avere sulla coscienza XD tieniti stretta il tuo
cuore, cinque gocce di Xanax e vai, ecco il capitolo! RcB
Gufo: no, niente capricci, suvvia, non fate le bambine che ai TH non
piaccono quelle che piangono XD scherzo, batti i piedi quanto vuoi, meno male
che non abito sotto di te XD grazie mille, rimani incollata per il prossimo
chap XD
Nana Punk: i due si piacciono, è ovvio ma... c'è un piccolo problema di
comunicazione e ognuno di loro è convinto che l'altro se ne freghi... chissà se
la situazione si invertirà? chi lo sa? boh! *fa la vaga* vedremo... Grazie
mille!!!!
Lidiuz93: l'idea della gattina è venuta così, nella prima stesura erano
arrivati con in mano due bottigli di alcolici ma... insomma, sempre i soliti
beoni! Ed ecco che spunta l'idea di Kenzie! A volte un po' di vino aiuta! XD
grazie mille anche a te!!!
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Capitolo 12 *** I go crazy... Crazy... ***
I GO CRAZY... CRAZY...
"Da quanto tempo è che tuo fratello è fuori? Mezz'ora?", domandò Mac
a Bill.
"Penso di sì...", disse Bill, spazientito, "Ora lo chiamo, sento
dov'è."
Prese il telefono e compose il suo numero. Appena avesse avuto il momento di
prenderlo per un orecchio e sbatacchiarlo contro il muro lo avrebbe fatto.
Tanto per sentire se dentro a quella testa ci fosse stato qualcosa di vivo
oppure un ammasso informe di pappa di pane.
"Dove sei?", gli domandò, appena lui ebbe risposto.
"In giro.", rispose lui, secco.
"Le sigarette?", contrattaccò Bill, cercando di non far notare a Mac
la nevrosi che era affiorata sulla sua pelle.
"Stavo appunto cercando un tabaccaio automatico, sono tutti chiusi.",
inventò l'altro.
"Cosa ci fai in giro?"
"Cazzi tuoi, mai eh? Comunque avevo bisogno di pensare. Da solo.",
rispose lui.
"Ho capito. Vedi di tornare nel giro di pochi minuti.", disse Bill,
chiudendo la chiamata.
Se avesse potuto lo avrebbe mandato a fanculo dal vivo, ma era meglio
trattenersi.
"Si era perso?", domandò Mac, non comprendendo quel ritardo.
"Diciamo di sì... ma non è stato lui a perdersi, bensì il suo
cervello.", disse, sperando che Mac non comprendesse il messaggio
subliminale che le sue parole stavano nascondendo.
"Quando torna proporrei di andarci a prendere un caffè. Ti va?", gli
disse, dopo che ebbe finito la sua breve risata sulla battuta di Bill.
"Mm.. non male come idea.", disse lui.
"C'è un pub qua vicino che lo fa buonissimo, speciale."
"Allora spassiamocela in questo pub.", disse Bill, entusiasta.
Tom trovò suo fratello e Mac che lo aspettavano, seduti sull'ultimo scalin,o
che se la ridevano. Mac continuava a ripetere una frase, quando ritrovava il
fiato, e ritornava a scompisciarsi.
"Le hai raccontato la barzelletta del pomodoro.", disse Tom al
fratello, indovinando al volo il motivo di tanta ilarità.
"Certo che sì! E' fantastica!", fece Bill, "Puoi raccontargliela
altre mille volte e lei riderà sempre come se fosse la prima."
"Mac, cosa dice un pomodoro all'altro mentre attraversano?", le
domandò Tom, incrociando le braccia, in parte ancora stufato per la parola amicizia
che rimbombava nelle sue orecche, dall'altra divertito nel vederla spanciarsi
dalle risate per una barzelletta così idiota..
Tra una risata e l'altra, lei disse che non lo sapeva.
"Oh gesù...", implorò Tom, "La risposta la sai già... cos'hai da
riderci ancora?"
"Dai! Dillo!", lo esortò lei.
Tom sbuffò.
"Un pomodoro attraversa e dice all'altro:", raccondogliela nel modo
peggiore prossibile, "Attento al prr... e viene spiaccicato dalla
macchina che passa. Quell'altro non capisce viene spiaccicato anche lui... prr..."
Mac sembrò comunque gradire al massimo l'ennesima rivisitazione di quella
barzelletta flash, ripetendo all'infinito la pernacchia che Tom aveva usato per
mimare lo spiaccicamento del pomodoro per la strada.
"Ti stavamo aspettando. ", disse Bill, provando a ripristinare la
situazione, "Andiamo a prendere un caffè in un pub qua vicino."
"Dai, avevamo detto 'niente locali affollati', non ho voglia di stare a
fare fotografie e autografi.", si imbronciò Tom.
"Ma non c'è mai nessuno il sabato sera!", disse Mac, ripresasi dalle
risate, "Alle dieci tutti se ne vanno in discoteca e quel pub si
svuota!"
"Discoteca?!? Hai detto discoteca?!?", disse Tom, che a quelle parole
andava sempre in brodo di giuggiole.
"Scordatelo! Io non ci metto piede in un posto del genere!", disse
Mac, "Se vuoi ti dico dov'è e ci vai da solo."
"Proprio da solo, io non ho voglia.", precisò Bill.
"Ok... sarà per il pub, noioso, fottutissimo pub!", sbuffò Tom,
mentre apriva di nuovo la sua Bmw con la chiave telecomandata.
I due, che fino a quel momento sembravano anche essersi divertiti senza di lui,
si alzarono in piedi, pulendosi velocemente i rispettivi sederini dalle
briciole di sporco che vi si erano attaccate.
Senza che Mac se ne accorgesse, uno sguardo veloce le fece una rapida
radiografia, per poi spostarsi velocemente su tutt'altra visuale.
Tom cercò la cosa più brutta che poteva immaginare. Non voleva più
pensare, voleva solo passare una piacevole serata in compagnia di suo fratello
e di una sua amica.
Non importava se questa sua amica aveva dismesso i suoi soliti abiti per
mettersi una deliziosa camicia bianca a mezze maniche, leggermente aperta sul
davanti e un paio di jeans che le stavano benissimo. Non gliene fregava
niente!
Il nuovo Tom guardava in avanti, spostava la sua attenzione verso altro.
"Meno male che tutti sarebbero andati in discoteca...", disse Bill
quando, una volta entrato, ebbe visto quanta gente c'era lì dentro.
"Andiamo ad un altro locale?", domandò Mac, "Ne conosco molti
altri."
"Ma sono tutte donne!", esclamò Tom, estasiato.
Infatti il pub sembrava essere quasi completamente abitato da persone dello
stesso sesso di Mac. La maggior parte di queste se ne stavano nella pista, in
fondo al locale, a ballare.
"E' un locale di lesbiche?", domandò poi, con gli occhi brillanti.
"No... sarà una festa di addio al celibato.", borbottò Mac,
"Sento se possiamo rimanere."
Catturò un cameriere che passava per caso di fronte a lei e lui le disse che
potevano restare, ma che dovevano andarsene al piano superiore, dato che la
festa che occupava la sala centrale era privata e non volevano
scocciatori.
Seguendo la volontà del cameriere, andarono a sedersi al piano superiore.
Appena ebbero scelto il tavolo, Mac se ne andò in bagno.
"Io non ti capisco... cosa ci facevi in giro da solo?", chiese Bill
al fratello, spazientito ancora dal suo comportamento.
"Te l'ho detto... avevo bisogno di pensare ai fatti miei.", disse
Tom.
"Cosa è successo mentre non c'ero? Vi siete baciati?"
"No...", sbuffò Tom, incrociando le braccia.
"L'hai fatta arrabbiare?"
"No..."
"Le hai confessato tutto e lei ha detto picche?"
"Nemmeno... Ha detto che tra noi due c'è una vera amicizia.", gli
rivelò.
"Ah!", fece Bill, comprendendo a pieno la situazione, "E su
questo non si discute.... ma sei proprio sicuro che abbia detto in quel
modo?"
"Certo... sicuro come il fatto di essere qui a rompermi le palle."
"Capisco... beh, mi dispiace...", disse Bill, mettendogli una mano
sulla spalla.
"Lascia stare, non sembra ma so sopportare anche un rifiuto.", disse
Tom, cercando di tranquillizzare il fratello.
"Tom... Tom Kaulitz? E tu sei Bill!", disse una ragazza, che passava
di lì e che li aveva riconosciuti.
"Oh no...", fece Tom, intravedendo l'arrivo di un'orda di donne
impazzite, "Ora porterà su tutte le sue amiche..."
"Siete proprio voi!", esclamò lei.
Mac, che in quel momento era uscita dal bagno, vedendo il tentativo di
approccio di una possibile fan dei due ragazzi, si precipitò per cercare di
rattoppare la situazione.
"Ciao! Come stai!", le disse, prendendola per un braccio.
"Hey ma... io non ti conosco! E non mi chiamo Lia!", protestò lei.
"Certo che mi conosci... non ti ricordi di me?", proseguì Mac.
"Beh, no, lasciami il braccio!"
Mac continuò a tenerla stretta a braccetto e prese ad allontanarla dal tavolo,
sotto gli occhi increduli dei suoi due amici famosi. Riuscì a condurla al piano
di sotto, ripetendole ancora che si conoscevano, che erano state compagne alle
elementari e che aveva tanta voglia di fare una bella chiacchierata con lei. La
ragazza fu distratta e si lasciò convincere dalla forte insistenza di Mac, che
si era spacciata per un'altra per salvare la situazione. Stette cinque minuti a
parlarle, dicendole che il tempo l'aveva molto cambiata ed era per questo che
non la riconosceva come una sua compagna di classe. Quando la ragazza fu
totalmente anestetizzata, Mac la salutò, sperando che nel frattempo non andasse
a spargere la voce alle sue amiche.
Il solito cameriere di prima le passò di nuovo davanti. Lei lo afferrò per il
braccio, chiedendo di parlare con il suo capo. Siccome la volontà del cliente
andava sempre rispettata, lui glielo indicò: era l'uomo che serviva le birre
dietro il bancone. Andò da lui, con sguardo deciso.
"Senti, sei il capo qui?", gli disse.
"Si, cosa c'è? Un cameriere ha fatto qualche cavolata?", fece lui,
lievemente scocciato.
"No... ascoltami bene. Al piano di sopra ci sono i Kaulitz, hai presente?
Bill e Tom..."
"Sì...", disse lui, lasciando perdere la birra che stava preparando.
"Ecco, non vogliono essere disturbati da quelle pazze scatenate là. Non lo
vogliono per niente al mondo. Ora, se tu rispetterai questa loro volontà, ti
concederanno qualche foto e potrai fare una bella pubblicità al tuo locale,
altrimenti sappi che hanno una buona squadra di avvocati e ti faranno prudere
il culo!", disse Mac, con tono fermo e minaccioso.
"Guarda che non sono nato ieri...", sbottò l'altro, pensando di essere
preso per il culo.
"Tu vieni su a vedere e poi ne riparleremo.", disse Mac, ancora più
decisa.
L'uomo la squadrò un attimo.
"Non posso lasciare il bancone, manderò un mio dipendente a controllare.
Ma se mi prendi per il culo giuro che non ti permetterò di mettere più piede in
questo locale."
"Affare fatto!", disse Mac, porgendogli la mano per suggellare
l'accordo.
I patti vennero pienamente rispettati. Nessuna di quelle femmine indiavolate
salì a disturbarli, fecero solo qualche foto per il gestore del locale come
aveva accordato con Mac. Ma la serata non sembrava essere delle migliori e il
gruppetto di amici sistava annoiando.
A dire il vero, in condizioni normali, senza affari sentimentali di mezzo, si
sarebbero divertiti senza problemi ma... da una parte, Mac cercava di essere
disinvolta e di non farsi influenzare. Dall'altra, Tom si era concentrato
sull'incrociare le dita della sua mano. Bill, seduto in mezzo ai due, ne
provava di tutte per far instaurare una conversazione che andasse oltre il monosillabo.
Seduti in un angolo della sala, i tre bevevano i loro drink nel quasi totale
silenzio, mentre le casse diffondevano una dolce musica jazz nell'aria.
"Quindi...", tentò di nuovo Bill, "Il caffè che ci hanno portato
prima era proprio buono."
"Sì... lo hai già detto un quarto d'ora fa.", disse Tom.
"Dai, ragazzi, siete delle piante grasse! Ve ne state lì come in trance,
sembrate dei baccalà! Cosa vi sta succedendo?", protestò lui.
"Scusami Bill... ti prometto che d'ora in poi ci divertiremo.", disse
Mac, accorgendosi della sua poca animosità.
Bill passò lo sguardo sul fratello, che aveva scambiato il suo passatempo delle
dita con la tortura di una cannuccia.
"Sì... anche io la penso come lei.", disse lui.
"Non hai sentito una sola parola di ciò che ha detto."
"Beh...", disse Tom, ma non finì la frase perchè la sua attenzione
mancante fu recuperata da una ragazza di passaggio. Era insieme ad altre sue
due amiche e si sedettero qualche tavolo più in là rispetto al loro. Capelli
biondi, ricci, bel davanti, bel didietro.
Bill comprendese cosa stava a significare quel particolare sguardo che
era apparso negli occhi del fratello e volle sperare che la sua coscienza lo
frenasse dal buttarsi in una veloce conquista....
Davanti a Mac...
Lo guardò mentre continuava a fissare la preda, con un sorriso divertito, ed
ammiccarle una volta che lei ebbe ricambiato. Un altro paio di sguardi e poi si
sarebbe alzato per andare a conoscerla.
"Ma è sempre così strano tuo fratello?", chiese Mac a Bill per
l'ennesima volta.
Bill le lanciò uno sguardo più che significativo poi, con un cenno della testa,
le fece comprendere il motivo di quella particolare attività.
"Ah...", disse Mac, notando la bionda alle sue spalle.
Ecco perchè non avrebbe mai potuto essere qualcosa di più per lui, pensò.
Le mancavano almeno un paio di taglie sul davanti.
Etichettò subito quella ragazza come una di quelle che, quando Dio creò il
mondo, si erano messe per prima in fila per le tette e poi per il cervello.
Era gelosia? Forse sì, ma l'avrebbe catalogata in quel modo anche se
l'avesse vista ritirare il premio Nobel.
Tom si alzò e andò a sederlesi accanto, iniziando il suo rituale
corteggiamento.
"E' così patetico a guardarlo.", disse Bill, prendendo l'ultimo sorso
del suo cocktail.
"Eppure non sembra che si preoccupi tanto del suo amore non
corrisposto.", disse Mac, in uno slancio di improvvisa e amara simpatia.
"E' un'informazione molto confidenziale ma, credimi, se ne preoccupa
eccome.", disse Bill, deciso oramai a rivestire pienamente il suo ruolo di
cupido.
"Davvero?", disse Mac.
Non era mai stata una gran pettegola, ma una cosa del genere la stuzzicava.
Almeno poteva capire chi era la fortunata di queste attenzioni.
"Sì... non pare, ma un po' pensa anche a lei.", proseguì Bill.
"E dimmi, che tipo è?", chiese Mac, cercando di mascherare il suo
interesse per pura curiosità amichevole.
"Beh... normale. Del tutto normale. Niente a che vedere con signorina
grandi tette e le sue amiche laggiù."
"Wow... chi lo avrebbe mai detto!", fece Mac, prendendo il suo drink
e bevendone un po'.
Bill cercò di notare un segno, una leggera piega della bocca, una rughetta
d'espressione sulla faccia di Mac che potesse rivelare qualcosa. Ma niente.
Totalmente indifferente. Era vero, c'era solo amicizia nei confronti di suo
fratello.
"E lui, sapendo che lei nemmeno lo degna di uno sguardo, si dà alla pazza
gioia con la prima che passa.", disse Bill, cercando di imboccarla con le
informazioni giuste per farle capire che questa ragazza così speciale da aver
fatto breccia piena nel cuore di Tom era proprio lei..
Ma lei sembrava del tutto indifferente.
"Ma perchè stiamo sempre a parlare di lui?", sbottò Bill, "Mio
Dio! Tom fa quello, Tom fa quest'altro... Tom si arrabbia e vado a soccorrerlo.
Tom di qui, Tom di là! Adesso basta! Vado di sotto, mi butto in mezzo alle
donne e mi diverto!"
"Cavolo Bill, datti una calmata! Così mi spaventi! Sono solo le undici e
mezza, chissà cosa succederà con il prossimo giro di alcol!"
Ordinarono un'altro paio di vodka alla frutta allungate con qualcosa, forse
succo, di cui non si ricordavano il nome. Poi, con il bicchiere in mano,
andarono nell'altra sala, adiacente alla loro. Per offrire un divertimento
alternativo ai clienti non invitati all'addio al nubilato al piano di sotto, il
proprietario aveva allestito una specie di impianto per karaoke ambulante,
snobbato dai pochi clienti che sembravano più attratti dalle chiacchiere che
dalla musica.
"Cantiamo qualcosa!" propose Mac, inebriata dall'alcol che le
circolava nelle vene, "Una canzone a due!"
"No, non mi va...", disse Bill, che aveva bisogno di essere implorato
un po' di più per concedersi.
"Dai...", continuò Mac, "Una canzone sola..."
"Va bene... ma la scelgo io...", disse lui, "Ok, ti va bene
'Crazy' degli Aerosmith?"
"Perfetta!", disse Mac, prendendo in una sola boccata tutto il
cocktail che era rimasto in fondo al bicchiere.
Chiamarono il ragazzo svogliato che si occupava del karaoke, che poco fece
partire la base. Dopo qualche difficoltà iniziale, i due partirono a cantare,
tutt'altro che intonati, cercando di dare una sorta di interpretazione alla
canzone.
''I go crazy, crazy, baby, I go crazy
You turn it on
Then you're gone
Yeah you drive me
Crazy, crazy, crazy, for you baby
What can I do, honey
I feel like the color blue... '', cantavano i due, spalla a
spalla, ondeggiando a destra e a sinistra. Il pubblico, certamente disgustato
dalle loro doti canore, si divertiva però a guardarli, mentre sculettavano e
ridevano, dimenticandosi di guardare le parole della canzone.
'I need your love, honey!
I need your love .... Crazy, crazy... baby, I go crazy...'
Quando
la canzone terminò, il pubblico inziò ad applaudirli, e qualcuno iniziò anche a
battere le mani dicendo a tempo 'Bacio! Bacio'.
"No, questo non lo possiamo fare!", disse Bill la microfono, "Ma
possiamo andare con un'altra canzone se vi va!"
Un coro quasi unanime di 'no' e di 'lasciateci in pace',
costrinse i due a posare i microfoni e a non provare più ad esibirsi per un
pubblico così rozzo e maleducato.
"Ma che bravi!", disse Tom, con una certa vena sarcastica. Si era
seduto vicino all'uscita della saletta, per non farsi vedere dai due.
"Hey... ma non eri con la bionda?", gli chiese suo fratello.
Bill rimase freddato dallo sguardo che Tom gli aveva lanciato. Aveva compreso all'istante
che cosa era passato per la testa del fratello.
"Già... ti ha dato buca?", fece Mac, sperando che alla sua domanda la
risposta fosse sì.
"Altro che no! Ho il suo numero in tasca!", disse Tom, con falsa
contentezza.
"Ah... bene...", fece Mac, abbozzando un sorriso felice.
"Non sei mai stato così stonato in tutta la tua vita!", disse Tom,
cercando un appiglio per prendersela con suo fratello.
Aveva fatto l'idiota con Mac, la ragazza che a lui piaceva.
"E dai! E' solo uno stupido karaoke... e poi sono anche un po'
alticcio.", disse Bill, giustificando la sua pessima esibizione.
"Sarà...", fece Tom, lasciando che i puntini di sospensione facessero
il loro effetto.
"Che ne dite? Andiamo a casa?", propose Mac.
Aveva fiutato che tra i due stava per scattare la scintilla, sicuramente
causata dalla brutta critica che Tom aveva fatto a Bill, e non voleva di certo
assistere ad una litigata familiare tra i Kaulitz.
"E' proprio una buona idea.", sibilò Tom, arrabbiato, "Andiamo a
casa."
TITOLO: stramegafamosissimissima canzone degli Aerosmith, non dico altro. No
scopo di lucro. Mi piace tanto sentirla alla radio e cantare a squarciagola,
ovviamente mentre guido (attenzione, se vedere una panda, nuovo modello,
celeste con una pazza al suo interno rallentate e lasciatela passare, può
essere pericolosa).
Judeau: In ordine: 1. Ede era già nato nella mia testa da un pezzo, ma
mi dispiace non avergli dato altro che un misero spazietto... Per torvare il
nome, non ti dico, l'impresa titanica! Ma che nomi maschili brutti ci sono in
Germania? Vabbè... 2. Attento, ti sei inchinato sopra ad una macchia d'unto...
cavolo, prendi un po' di borotalco e daccelo sopra, altrimenti non ti va più
via. 3. Vuoi sapere chi è quel pazzo che ha scritto una fanfiction stupida sui
vampiri e i TH? per favore, risparmiamelo e risparmiati, non vale la pena di
leggerla, fa schifo, è scritta con i piedi. 4. A dire il vero la versione
di torno subito non è mia, ma del mio ragazzo, è stato lui ad inventarla, ma ti
cediamo i diritti d'autore con l'interesse da strozzino, ok? 5. Vedrai che pena
ti farà tom nel prossimo capitolo... cosa si fa per amore... Aggiungo un punto
in più ai tuoi 6. Vai in clinica a disintossicarti, perchè non manca molto alla
fine!!!
MissZombie: tranquilla per l'altra sera, su msn, ma se discuti
sempre così animatamente ti vengono le rughe (come direbbe Thiago). Ma torniamo
a questioni... meno importanti! I due sono abbastanza adorabili, ho scritto
questa storia in vena di diabete, nella prossima, se ne scriverò un'altra sul
genere, sarò molto più acida e sarcastica! XD Davvero ti senti molto simile a
Mac? Wow, allora sei molto simile anche a me, perchè lei sarebbe il mio alter
ego!!! (per farla breve, quella che spunta fuori e mi fa fare le scemenze). Il
particolare dell'altezza di Ede mi è venuto in mente ricordandomi di due miei
amici (insomma, poco amici, mi stavano un po' sulle scatole... questo lo ha
detto Mac), lei era alta quasi 1.80, lui 1.63... insomma, tra Mac ed Ede la
differenza è poca... ma se avessi visto questi due qua andare a giro mano nella
mano... Ci sentiamo su msn come sempre!
CowgirlSara: a Mac, ogni tanto, va in tilt il filtro che ha tra il
cervello e la bocca. Quando va fuori uso, tende a sparare cazzate di cui poi si
pente (vede la storia della vera amicizia... e molte altre). La prossima volta
che noterai una disfuzione del genere sei autorizzata a darle una mazzata in
testa, tanto per vedere se con una botta si rimette a lavorare, quel dannato
filtro! Tom che si arrende? No, non credo proprio... vedremo...
Saphira87: fa un certo effetto essere ad un passo dall momento d'oro e
poi vedersi rovinare tutto, all'improvviso... ma ti posso assicurare che se hai
problemi di cuore ti servirà un bel peace-maker... diciamo che ho fatto di tutto
per intricare ancora di più la storia! Comunque grazie per la recensione! E
anche per il commento su Epiphany!
Ruka88: la regola dell'amico non sbaglia mai! E Tom lo sa benissimo!
Chissà se suo fratello riuscirà a far rompere questa legge? Boh, non si sa!
Vedremo nel prossimo capitolo, finora diciamo che ha fatto il rompicoglioni...
e se anche lui fosse innamorato di Mac? Ci avevi pensato? Sospetto di no... XD
cmq grazie per la recensione!
Gufo: no, non le sopporto le bambine isteriche, ne ho due che abitano al
piano di sotto al mio e sono talmente amorevoli che le strozzerei adesso... XD
scherzo! Ma ci saranno diverse isterie prossimamente, speriamo che non ti
saltino i nervi!
Nana Punk: è suonato strano anche a suo fratello ma, cosa ci vuoi fare,
prima o poi tocca a tutti. D'altronde è vera quell'aforisma che dice: meglio
aver amato e sofferto che vivere senza aver amato mai... suona più o meno così
il significato ma non credo siano le parole esatte... e non mi ricordo nemmeno
l'autore! Ma basta con le citazioni XD grazie per la recensione!
dEW94: no, niente statua, quelle si fanno solo ai morti XD e io sono
viva e vegeta XD comunque grazie per la recensione!
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Capitolo 13 *** In salute ed in malattia ***
IN SALUTE ED IN MALATTIA
Lungo il tragitto nessuno dei tre spiccicò parola: seduti davanti, i due
Kaulitz sembravano sul silenzioso piede di guerra. Bill, a lato accompagnatore,
con le braccia conserte, guardava fuori dal finestrino, labbra serrate. Suo
fratello, un braccio appoggiato sul volante e l'altro sul cambio, altrettanto
muto. Mac, dietro, con aria interrogativa, si domandava perchè Bill si fosse
tanto incavolato quando suo fratello gli aveva detto che aveva cantato male.
Era vero, entrambi avevano fatto pienamente schifo ma non c'era motivo di
prendersela per una cosa del genere.
"Svolta qui a sinistra.", disse poi a Tom, "Puoi lasciare la
macchina anche in questa vietta qua, tanto sicuramente non c'è più posto sotto
casa."
La macchina si spense tra le due strisce bianche del posteccio. I tre fecero
qualche decina di metri camminando al fresco, che non riuscì a calmare i
loro spiriti in subbuglio. Tra i tre fratelli era calata una cortina di ferro
impenetrabile, un muro di Berlino fatto di silenzio. Solo per una stupida
frase, pensò Mac.
Come erano complicati quei due...
Una volta in casa, Mac chiese a loro se volevano una camomilla, tanto per
rilassarsi, ma i due rifiutarono.
Con lo stesso silenzio e la medesima freddezza, presero le loro cose e andarono
nella stanza degli ospiti.
Il miagolio soffice della sua gattina invece le fece ricordare che c'era ancora
qualcuno che desiderava parlarle, senza andarsene via a chiudersi in una
stanza, senza proferire parola.
"Ciao, piccolina mia! Vuoi venire a letto con me?", le domandò,
prendendola in braccio. Quella rispose con un mao.
"Ma sì, ora ti prendo la cuccetta e la metto in camera, sei
d'accordo?", fece, andando verso il salotto, dove aveva posizionato quel
piccolo letto per lei. Lo prese e lo sistemò accanto al suo letto.
Da sotto il suo cuscino prese il suo pigiama, che consisteva solo in una lunga
e larga maglietta dismessa. Si tolse con calma tutti i vestiti e la indossò,
mettendosi anche un paio di calzini. Era incredibile quanto le si ghiacciassero
i piedi durante la notte e, per evitare di infreddorlirsi, se li metteva
sempre. Controvoglia, andò in bagno a lavarsi i denti: se lo imponeva da quando
era piccola di farlo almeno una sera sì ed una no, odiava avere il sapore del
dentifricio in bocca per tutta la notte, ma per evitare problemi ai denti
cercava di mantenere questo ritmo. Dopo essersi tolta le lenti a contatto andò
nel bagno, spremette un po' di pasta sullo spazzolino e iniziò il rituale giro
di boccacce davanti allo specchio. Si stava risciacquando la bocca per l'ultima
volta, quando:
"Tu non capisci niente!", sentì dire. Doveva essere la voce di
Bill, ovattata dal muro che divideva il bagno dalla stanza in cui lui si
trovava con il fratello. La sua buona educazione le imponeva di non
origliare, ma Mac si ritrovò un attimo dopo con l'orecchio quasi sigillato alla
porta dei due fratelli, e lo spazzolino che continuava a fare il suo lavoro.
"No, sei tu che non capisci niente!", gli rispose Tom, "Sei
tu che hai cominciato per primo!"
"Non ho fatto nulla di male!"
"C'era una regola ben precisa tra di noi... e tu non l'hai rispettata!"
"Ti ripeto che non ho fatto nulla di male!"
"Ah no? Allora non ci sarebbe mai stato niente di male se io avessi
fatto la stessa cosa a te!"
"Esatto! Proprio così!"
"Ma che bugiardo che sei! Se ci avessi provato in quel modo mi avresti
tagliato a fettine spesse così!"
Mac, al di là della porta, stava quasi per ridere e dovette portarsi una mano
alla bocca per trattenersi.
"Io non ci ho provato con lei!", disse Bill.
A quel punto, la risata di Mac si interruppe, e il suo orecchio cercò di
catturare tutti i risvolti possibili di quella discussione.
"Continua ancora a prendermi per il culo, dai Bill, continua!"
"Stavamo solo cantando una canzone, cercavamo di divertirci! E questo
non vuol dire che io ci abbia provato!", fece Bill, la cui voce si
sentiva sempre meglio rispetto a quella del fratello, "Potrei anche
aggiungere che potevi anche evitare di andare a flirtare con la bionda davanti
a lei, non hai fatto sicuramente una bella figura!"
"Però mentre cantavi l'hai abbracciata, l'hai toccata, ti sei
strusciato adosso a lei...", disse Tom, ignorando ciò che aveva detto
suo fratello.
"E se avessi voluto baciarla lo avrei anche fatto, ma si dà il caso che
non sono quello innamorato di Mac! Non io! Lei è solo un'amica per me!",
disse Bill.
Mac si impietrì.
"Allora stai ammettendo che avresti voluto baciarla!", ribattè
Tom.
"Stai rigirando la frittata come sempre! Non sei capace di sostenere
una discussione da adulto!"
"Parla quello che non vuole prendersi le sue responsabilità..."
"E questo discorso cosa c'entra?"
"Te lo ricordi quando abbiamo visto quel filmato, sul computer di Mac?
Quello in cui scopriamo che ci teneva nascosto di essere stata con Georg?"
"Non riesco ancora a capire dove tu voglia arrivare... e non alzare
troppo la voce, lei è nella stanza di fronte alla nostra!"
"Ecco il punto: tu ne sei responsabile tanto quanto me ma ogni volta
che abbiamo affrontato questa discussione, tu hai sempre voluto tirarne fuori
le gambe scaricando la colpa su di me! Se io non sono adulto per affrontare una
discussione, come dici tu, allora nemmeno il signorino Bill Kaulitz è così maturo
per comportarsi da uomo e addossarsi parte della colpa!"
"Vuoi sempre avere ragione tu! Va bene, ho torto, contento? Adesso vado
a lavarmi i denti.."
La maniglia si mosse, la porta che li divideva si aprì.
Bill si trovò davanti Mac, in pigiama, con lo spazzolino da denti che le
pendeva dalla bocca.
Uno scambio di sguardi fece comprendere loro che lei aveva sentito quello che
non avrebbe dovuto.
Si sasso, continuava a fissarlo.
Con la mano sinistra si tolse lo spazzolino dalla bocca, lo passò alla destra e
lo puntò verso la porta di casa.
"Fuori di qui.", disse, con estrema calma.
"Mac... lasciaci spiegare...", provò a dire Bill.
"Fuori... di... qui...", ripetè lei, scandendo le parole per farsi
comprendere meglio.
"E' stato solo per gioco, non pensavamo mai che tu lo avresti
scoperto...", continuò l'altro, cercando di salvare la situazione.
"Ho detto FUORI DI QUI!", gridò.
Tornò nella sua camera sbattendo la porta.
Nel giro di
cinque minuti i due sgomberarono la stanza e, quando Mac sentì la porta di
casa chiudersi, maledisse il giorno in cui li aveva incontrati. Si promise
anche che non avrebbe mai e poi mai più avuto vederli: loro si erano permessi
di frugarle nel computer, di vedere cosa contenevano le sue cartelle, ed
avevano scoperto ciò che non avrebbero dovuto. La cosa spiacevole non era tanto
il fatto che loro sapessero che cosa c'era stato con Georg: la cosa che la
faceva imbestialire era che i due si erano permessi di invadere i suoi
spazi.
Questa cosa non l'aveva mai sopportata, mai.
Anche il resto di quello che aveva sentito le era andato di traverso: cos'era?
Un oggetto? Attenzione a come toccate Mac altrimenti vuol dire che ci state
provando con lei? Queste forme di possessione non le aveva mai sopportate...
anche se era Tom ad essere geloso. Geloso di lei... e innamorato. Di lei.
Si alzò dal letto e andò in bagno. Credendo che quel pensiero non l'avrebbe mai
fatta dormire, Mac prese una pillola di sonnifero.
"Sei un dannato imbecille Tom!", disse Bill, mentre i due stavano
camminando verso la macchina, cercando di infilare i vestiti dentro alle loro
borse. Ancora non si erano tolti quelli che indossavano, altrimenti sarebbero
stati costretti ad uscire in mutande, "Potevi rispiarmiarti di nominare
quel fatto!"
"La colpa è anche tua, non te lo scordare.", rispose l'altro. Non
voleva andarsene da lì, assolutamente, voleva riuscire a spiegarle, voleva
provare a parlarle.
"Sì, ma sei stato tu a far precipitare la situazione!"
"E tu hai detto cose che non avresti dovuto! Se... se scopro che lei ha
sentito anche quello...", lo avvertì Tom, camminando diretto verso
la sua macchina.
"Per questo ti chiedo scusa...", si pentì Bill. Poi lo prese per un
braccio, "Almeno voltati quando ti parlo, non continuare a
camminare!"
"Non mi toccare...", lo minacciò Tom, "Non voglio guardare
quella faccia di merda che ti ritrovi...", gli disse, seccamente, "Te
l'ho detto anche prima, c'era una regola ben precisa, tra di noi: non con
la stessa ragazza, se uno dei due prova qualcosa. E tu l'hai infranta!",
gridò Tom.
Poi prese un profondo respiro, cercò di calmare il tono della propria voce.
E tornò verso casa di Mac.
"Perchè torni indietro?", gli chiese Bill.
Tom si voltò e gli lanciò con rabbia le chiavi della sua macchina, che per poco
non lo colpirono in piena faccia.
"Vai dove cazzo ti pare e non mi rompere.", gli urlò contro.
Bill comprese che non ci sarebbe stato niente da fare. Montò nella macchina,
mise in moto e lo lasciò alle sue spalle.
Doveva trovare dove dormire... all'una di notte, non sarebbe stato facile.
Poche altre volte avevano litigato in quel modo e non voleva ricordarle in
nessun modo, perchè gli faceva male. Accendendosi una sigaretta prese la
seguente decisione: voleva confessarle tutto ed andarsene, ad ogni modo lei non
lo avrebbe più voluto vedere. Così si sarebbe tolto quel peso e avrebbe potuto
iniziare a vivere una vita normale.
Ce l'aveva a morte con Bill, avrebbe voluto rompergli la faccia, prenderlo a
calci... ma doveva essere ragionevole. Quello che era successo al pub non era
niente, Bill era stato sincero, glielo aveva letto negli occhi.
Salì le scale velocemente, sperando che lei non fosse già a letto. Arrivato
davanti alla porta, però, gli mancò tutto il coraggio che credeva di avere.
Aveva alzato la mano per bussare alla porta, ma questa non vi ci si era
avvicinata nemmeno di un millimetro.
"Cazzo...", disse sottovoce, appoggiandosi alla balaustra.
Cercò di trovare la volontà di bussare, ma dopo diversi tentativi falliti gli
fu chiaro che non ci riusciva. Ma non se ne sarebbe andato da lì, avrebbe
aspettato fino alla mattina seguente. Non gli interessava che la temperatura
fosse calata, che fosse ottobre, e che la sua maglietta a maniche lunghe non
fosse sufficiente a ripararlo dal freddo. Si sedette di fronte alla porta, con
la schiena contro la balaustra di cemento, e attese.
Un leggero camminio sul suo petto le fece aprire il primo occhio, ma era ancora
lontana dal recuperare la funzionalità mentale. Quando si prendeva un sonnifero
rimaneva intontita per diverso tempo prima di riuscire ad alzarsi senza
sbattere la faccia in terra. Un mao molto dolce le entrò dolcemente
nell'orecchio, era la piccola Kenzie che aveva fame e voleva mangiare.
Dopo qualche minuto, decise che era meglio alzarsi e accontentarla, perchè le
leccatine sulle orecchie non le piacevano molto.
Andò ad occhi chiusi in cucina, tirò fuori un po' di latte e ne versò su un
piattino per la sua piccola micia, che accettò molto entusiasticamente quella
colazione. Si sedette a terra, di fronte a lei, a guardarla mangiare.
La invidiava: i gatti come Kenzie se ne stavano tutto il giorno a poltrire,
senza problemi, senza preoccupazioni... e senza cuori infranti. Piuttosto che
tornare a pensare alla sera prima, era ora di darsi una pulita e di prepararsi
per andare a fare qualcosa. Non sapeva ancora cosa, ma le andava di uscire.
Magari una passeggiata al parco le avrebbe chiarito alcuni pensieri, avrebbe
incontrato qualche amico che passava di lì e avrebbe chiacchierato. Altrimenti,
sarebbe passata all'edicola accanto a casa sua, avrebbe comprato un quotidiano
e si sarebbe messo a leggerlo su una panchina. Ecco, era questo quello che
avrebbe fatto. Andò in camera per cambiarsi, infilarsi un maglioncino, jeans e
via.
Poco prima di uscire passò dalla cucina per afferrare un biscotto da
sgranocchiare.
Quello, però, non toccò mai la sua bocca
Quando aprì la porta, le cadde dalla mano, frantumandosi per terra.
La testa appoggiata sulle braccia conserte, seduto, con le gambe al petto, Tom
stava lì, addormentato, davanti a casa sua. Cosa ci faceva?
Non era uno stupido e sicuramente sapeva che non aveva nessuna voglia di
vederlo. Le venne quasi la voglia di passare oltre, senza svegliarlo...
Maquel pazzo era lì da tutta la notte e si era preso un freddo
pazzesco.
Gli si avvicinò, toccandogli una mano che penzolava quasi inerme. Era molto
fredda.
"Tom...", disse scuotendolo.
Ma lui non reagì.
"Hey Kaulitz... mi stai facendo prendere uno spavento, svegliati.",
disse Mac, alzandogli la testa e dandogli dei piccoli colpi sulle guance.
Lui aprì leggermente gli occhi, ma li richiuse subito quando la luce del giorno
glieli fece pizzicare.
"Dove sono...", disse.
"Ti porto dentro...", disse Mac, cercando di farlo alzare,
"Sicuramente hai anche la febbre... ma cosa pensavi di fare..."
Una volta in piedi, lo fece appoggiare alla sua spalla e, trascinandosi sui
piedi, Tom riuscì ad entrare nella casa, mezzo intontito. Mac sentiva quanto
fosse freddo e fu pienamente certa che avesse passato la notte al
ghiaccio.
Lo portò in camera sua e lo fece stendere sul letto.
"Mac..." cercò di dire lui.
"Farai meglio a non dire una parola per tutto il tempo che rimarrai qui.
Appena ti riprenderai, spero tra un paio di ore, chiamo tuo fratello e ti
faccio venire a prendere.", gli rispose Mac, nel tono più freddo e
asettico che potesse utilizzare.
Gli slacciò le scarpe e gliele tolse. Ebbe un attimo di ritrosia per toglierli
i pantaloni.
"No...", disse Tom, quando si accorse che Mac gli stava abbassando la
cerniera.
"Credi che voglia farlo per piacere o perchè sto cercando di farti stare
meglio?", sbottò lei, prendendogli i pantaloni per le gambe e
sfilandoglieli con poca gentilezza. Poi lo aiutò ad andare sotto le coperte e
gli sistemò il cuscino sotto la testa.
Toccandogli la fronte sentì che scottava abbastanza, avrebbe fatto bene a
chiamare il suo dottore, che abitava al primo piano della sua palazzina. Sperò
di trovarlo in casa, era abbastanza preoccupata. Prima di scendere a chiamarlo
distese un'altra coperta sul letto, per evitare che Tom prendesse altro freddo.
Suonò il campanello del dottor Keller, attendendo che qualcuno la ricevesse.
"Buongiorno, Mackenzie.", disse la moglie, che era venuta ad aprire
alla porta.
"Buongiorno, c'è suo marito?", le chiese.
"Ti senti male?", domandò a sua volta.
"No, non è per me, è per un mio amico... è su in casa mia, penso
abbia la febbre alta."
"Te lo chiamo, verrà su tra qualche minuto."
"Ok, lo aspetterò in casa, lascio la porta aperta per lui.", disse
Mac.
Tornò nella sua camera, pensando a quanto potesse essere idiota quel ragazzo.
Lo trovò addormentato, o forse svenuto, fatto stava che aveva gli occhi chiusi.
Si sedette accanto a lui, sul letto, e gli toccò di nuovo la fronte. Stava
bruciando, sicuramente non se la sarebbe cavata in poco tempo. Doveva avvertire
suo fratello, sperando che anche lui non avesse fatto un'altra scemenza del
genere.
"E' permesso?", sentì dire, dall'atrio.
"Venga dottore, siamo in camera.", disse Mac.
Il dottor Keller, un signore sulla cinquantina con un paio di enormi baffi
bianchi, era sempre stato il suo dottore di famiglia, da quando era piccola.
Aveva delle guance così paffute che sembrava scoppiassero da un momento
all'altro ed aveva sempre quei gilet vecchio stile che lo facevano sembrare un
dottore dell'ottocento. Accompagnato dalla sua fedele valigetta di pelle,
chiese a Mac di poter uscire dalla stanza per visitare il suo paziente. Seduta
sul divano, con un bicchiere in mano, attese che il dottore le dicesse che Tom
doveva essere ricoverato in ospedale perchè si era preso una polmonite.
Dopo qualche minuto, il medico ricomparve.
"Come sta?", gli domandò Mac a sangue freddo, balzando in piedi.
"Di certo non bene.", rispose lui, "Cosa ha fatto?"
"Beh, è... rimasto tutta la notte fuori... qua fuori, davanti alla... mia
porta.", disse Mac, non nascondendo un certo imbarazzo.
"Capisco... Per i prossimi giorni dovrà stare al caldo, deve mangiare cibi
leggeri e prendere queste. Te le regalo.", disse lui, passandogli una
bottiglietta di vetro scuro con dentro delle pillole
"Non è niente di grave vero?", chiese Mac, leggendo di sfuggita il
nome scritto sulla boccetta..
"No, non preoccuparti Mackenzie. Ha solo febbre alta e quelle pillole
servono appunto per farla scendere. Gliene ho già date una e non credo che te
ne serviranno altre, ma non si sa mai. Se le mie previsoni non saranno
corrette, dagliene una e fai un salto da me, lo visiterò ancora, ma non
penso di rivederti.", disse lui, con quel sorrisone paffuto.
"Grazie mille dottore...", fece Mac, tirando un sospiro di sollievo.
"Ah, quasi dimenticavo, ho un'altra diagnosi per il suo amico, questa un
po' più grave dell'altra.", disse, in tono molto serio.
"E cioè?", domandò Mac, alla quale tornarono a tremare le mani dallo
spavento.
"Cuore infranto... ci parli un po', con quel ragazzo.", disse
lui, sorridendole come se fosse stato suo padre, e poi uscì.
Scese le scale con molta calma, altrimenti gli sarebbe venuto il fiatone. Come
dottore era uno che predicava bene e razzolava male: diceva che una dieta sana
e un po' di esercizio fisico potevano far vivere a lungo, ma lui non faceva nè
una nè l'altra. Prospettava di vivere almeno un'altra decina di anni, poi
sicuramente gli sarebbe preso un infarto, ma la sua vita gli piaceva così
com'era e non aveva rimorsi mentre si mangiava tutte quelle cose grasse ma
deliziose che gli preparava sua moglie.
Entrò in casa e la trovò seduta sul tavolo, che giocava nervosamente con uno
straccio.
"Cos'aveva Mackenzie?", gli domandò. Le era sempre stata simpatica,
quella ragazza, e l'aveva vista quasi crescere. Ogni volta che suo marito
andava a visitarla, stava in pensiero per lei.
"Lei sta bene, ma aveva un amico con un po' di febbre. Ah, cosa fanno i
giovani per amore...", disse lui, ricordandosi i bei tempi in cui stava
corteggiando la sua futura moglie.
"Perchè? Cosa è successo?", domandò lei ancora, per soddisfare la sua
curiosità.
"Beh... anche se quello che il ragazzo mi ha detto non fosse indirizzato a
me, ho assistito alla più bella dichiarazione d'amore che un dottore possa
ricevere mentre visita un paziente in stato di semicoscienza.", disse
l'uomo, senza nascondere una leggera risata.
Mac cercò di rintracciare più volte Bill e tirò un sospiro di sollievo quando
questo rispose alla sua chiamata, con voce impastata ed assonnata.
"Tuo fratello è qui da me.", gli disse.
"Ah... grazie per l'informazione.", rispose l'altro, chiudendo
la chiamata bruscamente.
Risentita per quella mancanza di educazione, Mac decise una volta per tutte che
quei due non facevano per lei. Nè come amici, nè come altre cose. Basta, i
Kaulitz erano una specie da tenersi lontana, come le brutte malattie veneree,
altrimenti ci si poteva stare male per niente.
Ma oramai Tom era lì, nel suo letto, febbricitante ma in via di una sicura
quanto svelta guarigione, e doveva tenerselo.
Si affacciò nella camera verso le tre del pomeriggio per controllare la
situazione, dato che non aveva sentito nessun rumore provenire da lì. C'era
odore di aria chiusa e avrebbe fatto meglio ad aprire un po' la finestra per
far circolare l'aria, ma non era saggio farlo Almeno un po' di luce poteva
entrare, anche per farlo svegliare e mangiare. Si avvicinò alla finestra,
scostò le tende rosse e aprì lentamente le tapparelle, per far entrare
gradualmente luce nella stanza.
"Mac...", disse Tom, mugolando, svegliato dal rumore delle tapparelle
che si alzavano.
"Sono qua, sei a casa mia. Hai solo un po' di febbre, domani passerà, stai
tranquillo.", gli disse lei. Stava cercando di rimanere impassibile ma non
ci stava riuscendo molto bene. "Hai freddo?"
"No sto... sto bene... anzi, ho quasi caldo."
"Non toglierti le coperte di dosso, altrimenti non guarirai mai.",
disse Mac.
Tom si stropicciò gli occhi e la cercò con lo sguardo. Lei se ne stava lì, in
piedi, alla fine del letto, silenziosa.
"Comodo questo letto...", disse lui.
"Non fare lo spiritoso, non è il caso. Piuttosto, devi mangiare
qualcosa."
"Non ho fame.", rispose lui, innervosito in parte dalla freddezza
della ragazza.
"Ti ho preparato un po' di minestra, sforzati a finirla.", disse lei,
con un po' di apprensione, "C'è un termometro sul tuo comodino, misurati
la febbre. Ah, ti ho messo sul letto qualcosa da metterti. Ho cercato tra la
tua roba ma non ho trovato niente che somigliasse ad un pigiama, così ne ho
preso uno mio. Dovrebbe starti.", disse lei, uscendo dalla camera.
Tom affondò la testa nel cuscino, con il termometro sotto il braccio, dicendosi
che aveva fatto un altro errore di valutazione, a parte la scemenza di rimanere
fuori tutta la notte e beccarsi l'influenza. Indipendentemente da come si sarebbe
poi risolta la situazione, in altre parole se Mac non avrebbe più voluto
rivederlo oppure sì, lei sicuramente non gli avrebbe mai permesso di parlare se
ogni volta lo stroncava con la sua freddezza. Di nuovo tutto stava andando a
monte ed a rimetterci era lui. Si tolse quell'aggeggio freddo da sotto il
braccio e controllò la temperatura: trentasette e uno, la febbre non c'era
quasi più.
Mackenzie entrò nella stanza con una grossa tazza da colazione in mano ed un
cucchiaio nell'altra.
"Mettiti seduto, devi mangiare.", gli disse.
"Non ho fame.", rispose lui, mettendosi un cuscino sulla testa.
"Dai, devi recuperare le forze."
"No, ho lo stomaco chiuso."
Mac sospirò, cercando i recuperare il controllo.
"Tom... se non mangerai la situazione collasserà e ti sentirai sempre
peggio. Se non ti passa la febbre entro domani, dovremo portarti
all'ospedale.", disse lei, con un tono più conciliante.
"Sto bene, la febbre è scesa, non ce l'ho più."
"Fammi controllare.", disse Mac, poggiando la tazza sul cassettone. Era
vero, il termometro segnava trentasette, "E' un buon segno... se mangi
scenderà ancora di più e starai meglio."
"Ti ho detto di no.", continuò l'altro.
Mac, a quel punto, perse completamente il controllo.
"Ascoltami bene! Non ti ho chiesto di startene tutta la notte come un
barbone davanti alla mia porta eppure, ora che stai male, ho deciso di curarti
perchè così non dovrai passare un mese all'ospedale, con un flebo su per il
braccio, per via di una polmonite! Non ho chiesto mai niente a nessuno e, di certo,
non mi metterò ad implorarti come un imbecille per farti mangiare una
minestra.", disse Mac, uscendo dalla stanza.
Tanto era arrabbiata che fece sbattere la porta.
Se ne andò in cucina, mordendosi la lingua, avrebbe voluto parlare molto
più. Si accese una sigaretta e se la fumò in pochi minuti, guardando
apaticamente fuori dalla finestra, seduta sul ripiano della cucina.
Anche Tom prese a mordersi la lingua, maledicendosi. Anche se gli girava un po'
la testa e si sentiva appesantito, andò alla finestra ed aprì completamente le
tapparelle, facendo entrare tutta la salutare luce del sole che poteva. Si
tolse la maglia che aveva ancora indosso dal giorno prima e si mise
quello che gli aveva preparato Mac. Sicuramente quel pigiama grigio, senza
particolari disegni, lo aveva scelto per evitare ulteriori futili lamentele. Si
sedette di nuovo sul letto, a gambe incrociate, e sorseggiò la minestra, in
silenzio, senza pensieri.
Avrebbe voluto rimettersi a letto e starsene tutto il giorno a rimuginare, ma
non era questo quello che voleva: si doveva scusare con lei per tutto quello
che le aveva fatto.
Per questo, con la tazza vuota in mano andò in cucina. Appena lei lo vide,
balzò in piedi e uscì dalla stanza. Ecco, si disse Tom, erano arrivati al punto
in cui le non riusciva a stare nella stessa stanza con lui. Posò la tazza
dentro al lavandino e si sedette su una sedia.
Dopo qualche minuto, passato in una nuova riflessione, sentì qualcosa toccargli
le spalle.
"Mettiti questa addosso, ancora non dovresti uscire dal letto.",
disse Mac, che gli aveva appoggiato sulle spalle un caldo plaid rosso.
"Ah... grazie...", disse lui, sistemandoselo indosso.
"E mettiti i calzini...", fece lei, porgendogli un paio di calze
tutte colorate, "Scusa, non ne ho in altri modi."
"Fa' lo stesso."
"Sul divano starai più comodo.", gli fece.
Seguì il suo consiglio e si sedette sul divano, accoccolandosi dentro la
coperta. Mac se ne restò invece sul suo amato ripiano, a guardare fuori dalla
finestra pensierosa. Lui stette a guardarla per qualche minuto, prima di cadere
di nuovo addormentato.
Non sapeva da quanto tempo era rimasta lì, appollaiata davanti alla finestra, a
guardare il mondo all'esterno. In tutto quel tempo era rimasta catatonica,
senza pensieri, quasi addormentata ma con gli occhi aperti, e la sigaretta in
bocca. Si stupiva di se stessa: aveva finito un pacchetto in un giorno, mentre
di solito ce ne volevano tre. Non era infatti una gran fumatrice, ma il
nervosismo di quelle ore l'aveva portata a diventare quasi una ciminiera.
Fu risvegliata da quell'apatia dallo squillo del suo cellulare. Corse alla
porta, era nelle sue vicinanze che giaceva la borsa, al cui interno c'era il
telefono, come sempre abbandonato a se stesso.
"Pronto?", disse, dopo aver visto che a chiamarla era Bill, sperando
che il rumore non avesse svegliato Tom.
"Ciao Mac... Bill è lì con te, vero?", fece lui.
"Sì... te l'avevo detto stamattina ma, evidentemente, a quell'ora non ti
faceva piacere ricevere telefonate."
"Hai ragione, scusa... ma ero ancora arrabbiato e..."
"Lascia perdere. Tom è qui.", disse Mac, lanciandogli un'occhiata. Il
telefono non l'aveva disturbato.
"E... come sta?"
"Non tanto bene..."
"Sì?", disse l'altro, preoccupandosi all'istante.
"Ha la febbre. Ma domani starà meglio, potrete tornare a casa."
"E' ancora arrabbiato con me?"
"Non lo so e non mi interessa. Tu dove sei?"
"Stanotte ho dormito all'hotel... hotel Esperia, in via...",
cercò di ricordarsi lui, ma Mac lo interruppe.
"Lo conosco. Domani lo porto lì. Ciao.", disse Mac, chiudendo la
chiamata.
Voleva uscire presto da questa storia e senza stare ad ascoltare spiegazioni.
Domani sarebbe tutto finito.
Si accapò nel salotto.
Lui se ne stava ancora lì, avvolto nel plaid. Forse era meglio dargli un'altra
coperta, pensò Mac, e andò a prenderne una in camera sua. Gliela posò addosso e
gli passò velocemente una mano sulla fronte, sentendo che ormai della febbre
non c'era più traccia.
E pensare che fino a qualche giorno prima era stata contenta di rivederlo...
mentre adesso voleva scaricarlo come un sacco della spazzatura.
Da quanto tempo lui e suo fratello le nascondevano di averle sbirciato nel
computer?
Provò a pensarci e le tornò a mente che, tempo addietro, Bill le aveva chiesto
di poter usare il suo pc per guardare la posta elettronica...
Che stupida era stata a lasciarglielo fare...
Ma le suonava così strano che Bill si fosse messo a ficcare il naso, non poteva
essere stato lui. Quel giorno c'era stato anche Gustav in casa, ma pure lui era
da scartare: sapeva che l'abito non faceva il monaco, ma quel ragazzo non le
aveva mai dato l'impressione di essere uno che non si faceva i fatti suoi. Per
cui, secondo lei, se non era stata colpa di Bill, nè di Gustav, l'unico che
rimaneva era Tom. C'era da aspettarselo.
Avrebbe voluto mettergli le mani al collo e strozzarlo nel sonno, ma poi non
sarebbe riuscita a sbarazzarsi del cadavere senza che nessuno se ne accorgesse.
Accantonata l'idea dell'omicidio, l'altra opzione era quella originaria, cioè
tagliare di netto tutti i ponti.
Aveva tradito la sua intimità, il suo spazio, una cosa che le risultava molto
difficile da perdonare.
Thiago le rimproverava sempre di non saper dimenticare, di essere una persona
che portava troppo rancore...
Presa da una voglia irrefrenabile di sentirsi punzecchiata dal suo vecchio
coinquilino, andò al computer, si connettè ad internet e cercò di chiamarlo
tramite Skype.
"Dalla Germania con furore!", rispose lui, come faceva ogni
volta che era lei a chiamarlo.
"Ciao bellissimo! Ti sto disturbando? Hai almeno un'ora di tempo da
dedicarmi?"
"Beh... ho avuto un'improvvisa ispirazione per un capitolo del mio
nuovo libro...", fece lui.
Era un modo ironico per dire che non aveva un cavolo da fare...
"Se senti cosa ho da raccontarti vedrai che avrai idee per tutta la
vita.", gli disse Mac, ridendo.
Mac iniziò il suo racconto, che durò almeno un quarto d'ora, scandito dai vai 'no
me digas', 'noooo', 'madre de dios' detti da Thiago per
manifestare la sua vivida attenzione per la sua storia. Mac non si dimenticò di
omettere niente, fu molto dettagliata, e riportò tutte le conversazioni quasi
per intero, arrivando fino alla chiamata di Bill.
"Mac, devo essere sincero, di tutta questa lunghissima storia riesco a
ricordare una sola cosa...", disse Thiago, con quel suo forte accento
spagnoleggiante.
"E sarebbe?"
"Tom è innamorato di te! E' bellissimo! Sono contentissimo per te!",
iniziò a strepitare l'altro.
"No... Thi calmati... non ci siamo capiti per niente!", cercò di
calmarlo MAc.
"Stai zitta, brutta verginella che non sei altro! Per una volta che
piaci a qualcuno... sei sempre vestita come un maschio, fai i rutti..."
"Io non li faccio i rutti!", protestò Mac.
"Non mentire!"
"Ok... ma solo quando non c'è nessuno!", si giustificò lei.
"Se c'è una persona in tutto questo universo che ha dei prosciutti
infilati dentro agli occhi da non accorgersi di quanto sei disgustosa, tu cosa
fai? Lo butti fuori di casa!"
"Sempre carino con me... Ma non stai vedendo la storia dal mio punto di
vista!"
"L'ho sempre detto che quel neurone che hai nel cervello non ha mai
funzionato...", disse Thiago, sconfortato, "Mac, io capisco
perfettamente il tuo punto di vista. Lo so quanto ci tieni alle tue cose e che
non vuoi assolutamente che nessuno le tocchi, soprattutto quando si tratta
della tua vita privata... ma puoi mettere da parte il tuo orgoglio?"
"Non è questione di orgoglio."
"E allora che cos'è?"
Mac cercò di essere sincera sia con se stessa che con il suo migliore amico.
"E' che... dai, Thi, lo puoi capire perfettamente anche tu..."
"Neurone? Dovevi partire per le vacanze proprio adesso?",
disse Thiago, volendo esortare l'amica a parlare.
"Thi, io sono io, una persona comune,", si spiegò Mac come meglio
poteva, " con un lavoro comune e una vita normale. E lui è Tom Kaulitz,
chitarrista di un gruppo stra famoso in tutta Europa. Ho detto tutto."
"Posso parlare con quel dannato neurone che hai in testa? Mac, queste
sono solo stupidità."
"No, Thi, è la verità."
"L'unico punto che mi è un po' oscuro è: tu ricambi o no?"
Mac rimase in silenzio, lasciando che Thiago arrivasse alla facile conclusione.
"Allora cercherò di parlare lentamente così mi capirai senza dovertelo
ripetere mille volte: posso dirti con totale sincerità che Tom è
veramente innamorato di te.", disse Thiago, con totale sicurezza.
"Ti chiamerò Dottor Stranamore...", disse Mac, con lieve sarcasmo.
"Per quello che so io lui non è mai stato veramente innamorato...
quindi reputati fortunata!"
"Smettila Thiago, non è questo il punto!", ripetè Mac, "Adesso
non c'entrano più i sentimenti... ma solo il fatto che mi sento presa in giro.
Se mi avessero chiesto di vedere cosa avevo nel mio pc glielo avrei fatto
vedere volentieri... Non avrebbero mai dovuto farlo di nascosto!"
"Basta, io ci rinuncio! Prenditi una maestra di sostegno.",
protestò Thiago, arrendendosi all'irriducibilità dell'amica.
"Dai, Thi, fai discorsi senza senso!"
"Ci sentiamo la prossima settimana!", fece lui, interrompendo
bruscamente la chiamata.
Che Thiago avesse ragione? Mac era talmente tanto scettica. Tornò in salotto,
si sedette a terra appoggiando la schiena contro il divano. Si portò le
gambe al petto e le abbracciò. Tom, alle sue spalle, respirava lentamente.
Sarebbe rimasta lì a riflettere, solo per un po'.
Miao...
Cos'era questo rumore...
Miao...
Dei piccoli passi sulla sua pancia. La gattina che le avevano regalato, Kenzie,
stava saltellandogli addosso, giocando con i bruscoli della polvere. La prese
delicatamente, le fece qualche carezza e poi la fece scendere, per girarsi su
un fianco.
Tanto per rendersi conto di dove fosse, si stropicciò gli occhi e li aprì.
Vide il suo viso, appoggiato al divano, voltato verso di lui. Le gambe vicine
al petto, strette tra le braccia. Mac, forse in un momento di stanchezza, si
era addormentata in quella posizione. Con delicatezza, le tolse una ciocca di
capelli biondi che le copriva la faccia.
In quel momento realizzò quanto fosse bella e speciale. Voleva ricordarsela in
quel modo, addormentata e serena. Non arrabbiata con lui...
Kenzie, che nel frattempo si era messa a scorrazzare per il salotto, si
avvicinò al divano e si arrampicò sulla gamba della sua padroncina, facendola
svegliare. Dopo qualche attimo di smarrimento, Mac si affrettò per
staccarla dai suoi jeans.
"Gesù...", disse, mentre l'altra protestava per l'interruzione del
divertimento. La posò delicatamente sul pavimento e la lasciò tornare ai suoi
giochi. Dopo averla guardata un po', fece cadere la testa all'indietro.
"Buon pomeriggio Rosenbaum.", disse Tom, attirando la sua attenzione.
"Sei sveglio?", fece lei, voltando la faccia nella sua direzione.
"Sì, ho dormito per un bel po'."
"Ti senti meglio?", gli domandò.
"Decisamente sì, anche se sono un po' debole."
"E' normale...", disse lei, voltandosi a guardare ancora la sua
micina che giocava con la luce sul pavimento, "Ha telefonato tuo fratello
prima."
"Ah...", fece Tom, "Cosa ha detto?"
"Ha chiesto di te. Domattina, prima di andare al lavoro, ti accompagno da
lui."
"Ok... va bene."
"Vado a vedere che ore sono..." disse Mac, alzandosi per controllare
l'orologio che stava appeso in cucina. Fece per muovere il primo passo, ma la
sua mano fu presa da quella di Tom.
Mano nella mano, rimasero a guardarsi per diversi secondi, dritti negli occhi,
finchè le dita di Mac non scivolarono fuori dalle sue. Cercando di ricacciare
le lacrime indietro, Mac andò in cucina, chiudendo la porta dietro di sè e
sedendosi intorno al tavolo. Aveva desiderato baciarlo con tutta la sua anima,
ma non poteva farlo. Era sempre più convinta che sarebbe stato un errore, che
non doveva accadere perchè tanto tra loro due non avrebbe mai funzionato... e
lei si sarebbe trovata di nuovo a terra, con il cuore in mille pezzi. Avevano
due vite troppo diverse, scandite da ritmi totalmente inconciliabili; i loro
caratteri sarebbero entrati in collisione ad ogni ma e se... e la lista dei
motivi poteva continuare ancora per molto.
Tom, disteso sul divano, cercò di dare un senso a tutto quello. Voleva
baciarla, ma non ci riusciva. Voleva stringerla a sè, ma non trovava il
coraggio per farlo. Perchè, una volta riuscito a trovare in questo fottuto
mondo una persona di cui potersi innamorare, non riusciva a tenersela
stretta?
Andò verso la camera, riprese i suoi vestiti e li indossò, non curante della
finestra spalancata e del vento freddo che entrava. Voleva andarsene da lì,
rendere tutto più facile sparendo dalla circolazione. Una volta rivestitosi, si
avvicinò alla porta della cucina: era quello il momento, sarebbe entrato,
avrebbe parlato e poi se ne sarebbe uscito, senza dire altro.
Aprì la porta della stanza ed entrò, aspettandosi di trovare Mac seduta sul
ripiano della cucina, come se l'era immaginata. Invece se ne stava seduta su
una sedia, con la testa bassa.
"Mac...", la chiamò, ma lei non rispose.
Le si avvicinò e le mise una mano intorno alla spalla, accucciandosi per
poterla vedere negli occhi. La trovò che stava piangendo. Aveva cercato di
voltarsi dall'altra parte per nascondersi, ma lui, toccandole la faccia con
delicatezza, le disse di non vergognarsi delle lacrime.
"Io... io volevo dirti che posso anche andare adesso.", le fece.
"Ma... ti è passata la febbre da poco, così peggiorerai
ancora.", disse Mac, asciugandosi le lacrime con la mano.
"Non ti preoccupare, ho chiamato Bill, arriverà qui tra pochi minuti. Non
voglio disturbarti più.", disse lui, alzandosi e andando verso la porta.
Davanti ad essa, però, si voltò.
"C'è anche un'altra cosa che devo dirti...", le disse..
"Parla pure.", fece Mac.
"Mac...", disse Tom, cercando in quegli attimi le parole giuste,
"Mac..."
"Dimmi.", fece l'altra.
"Lascia stare... non ha più senso oramai. "
"Anche io ho una cosa da dirti.", disse Mac, "Non vediamoci mai
più. Mai più."
TITOLO: fa tanto matrimonio... dite che il Vaticano ha il copyright su
una frase del genere?
Eccoci qua... Che bel lunedì, con un capitolo del genere, eh?
A proposito, ho un favore da chiedervi: siccome voi sicuramente saprete
molte più cose di quante ne so io sul gruppetto, potreste darmi informazioni su
queste due persone? Cioè il loro manager David e Saki. Informazioni di ogni
tipo: descrizione fisica, se sono fidanzati/sposati... insomma, se sapete
qualcosa su di loro, fatemelo sapere, anche mandandomi una mail. Grazie mille!
ps: è per un'idea su una nuova storia...
Per i ringraziamenti oramai lascio tutto in fondo, per l'ultimo capitolo!
Stamattina non ne ho voglia, quindi che a tutti voi basti un GRAZIE
MILLE! VI ADORO!!!! RcB
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Capitolo 14 *** The Nightmare before Christmas. Part 1 ***
THE NIGHTMARE BEFORE
CHRISTMAS - Pt. 1
Chiuse la portiera della macchina prendendo dal portafogli i soldi necessari
per fare il pieno alla sua macchina. Si sarebbe poi fatta fare una fattura,
così le avrebbero rimborsato le spese come sempre. Andò dal benzinaio e gli
disse di riempire il serbatorio di gasolio. L'uomo fece come gli era stato
detto, mentre la sua cliente si stringeva ancora di più nel suo piumino.
Dove sarà andato quello scemo, pensò, calzandosi il cappellino di lana
sulla testa. Era così che chiamava, nella sua testa, il suo assistente
combinaguai. Quel ragazzo, benchè sapesse scattare delle foto di grande
qualità, era davvero un perdente, riusciva a tagliarsi con un cucchiaio. Era
pure molto strano e questo non sapeva spiegarselo razionalmente. Lo vide
uscire, incespicando sui suoi passi, dal bar della stazione di servizio, con in
mano due caffè lunghi.
"Tenga, signorina Rosenbaum.", le disse, porgendole il caffè nel suo
bicchierone di polistirolo.
"Andiamo, Faust, lo sai che devi darmi del tu.", gli disse per
l'ennesima volta.
"Lo so ma non ci riesco. E' più forte di me."
"Lavoriamo insieme da sei mesi e ancora non mi chiami nemmeno con il mio
nome."
"Mi scusi... cercherò di migliorare.", fece lui.
Aveva una venticinquina anni, era uscito da diversi altri lavori, ma era un
mago con la fotocamera. Glielo aveva presentato Karl, il fotografo presso il
quale Mac aveva fatto apprendistato; era suo nipote e Mac, dopo aver visto un
paio delle fotografie che aveva scattato e dopo aver consultato il direttore di
'Landskapes', che l'aveva nominata da qualche tempo fotografa a tempo
pieno, aveva deciso di prenderlo con sè. Lo doveva a Karl, che le aveva aperto
un mondo facendola lavorare con lui, e lo doveva a se stessa, perchè aveva
bisogno di un aiutante!
Per il servizio del mese di gennaio, il direttore aveva deciso di spedirla in
giro per i mercatini natalizi che si tenevano nelle maggiori città tedesche per
fare un reportage. Da un mese, Mac viaggiava per il suo paese, tra mille
difficoltà e peripezie, da fare invidia ad un romanzo di Jules Verne. Una volta
le si era rotta la macchina, la volta dopo quell'incompetente aveva messo la
benzina al posto del gasolio, la volta successiva il treno su cui doveva salire
aveva avuto mezza giornata di ritardo per una bufera di neve. Cercando di non
pensare che il suo aiutante Faust portasse sfiga, Mac era andata avanti nel suo
lavoro.
Ripresero il loro viaggio, dopo aver pagato il benzinaio, e andarono verso il
centro della prossima città.
Non era facile fotografare quando la neve cadeva così fitta, così i due
fotografi di 'Landskapes' decisero di approfittare di quella pausa
inaspettata dal lavoro per andare a prendere una cioccolata calda in un locale.
Seduti davanti alla vetrina appannata, aspettarono che il tempo migliorasse.
"Questa neve è pazzesca...", disse Faust, dopo un'ora passata al
caldo, in attesa, "Sembra non smetta mai di venire giù..."
Mac, che aveva la certezza matematica che ogni frase sul tempo detta da lui si
trasformasse nella realtà nell'esatto opposto, gli chiese di ripeterla di
nuovo.
"Beh... non smetterà di venire giù fino a domani.", disse lui, con
noncuranza.
Mac, speranzosa, guardò fuori e, se avesse scommesso cento euro sulla teoria,
cinque minuti dopo sarebbe stata pronta a riscuotere la vincita perchè piano
piano la neve scemò, facendo ripopolare le vie della città. Era il ventitrè
dicembre e tutti erano sommersi da pacchi e pacchetti, sembrava di vedere un
film natalizio americano.
"Avanti Faust, torniamo al lavoro.", disse Mac.
Nel frattempo si era fatto buio e l'atmosfera, illuminata a festa, era davvero
impregnata di Natale. Se facevano presto a scattare buone fotografie, per il
venticinque erano ognuno a casa propria.
Mentre Faust si occupava di fotografare ciò che più gli piaceva, sperando
magari che uno dei suoi scatti finisse con l'essere pubblicato, Mac si occupava
di cercare l'immagine perfetta. Voleva beccare due fidanzatini a baciarsi
romanticamente e, se non ci fosse riuscita, li avrebbe anche pagati per
farlo. Con la macchina pronta tra le mani si guardava intorno, in cerca
dei suoi soggetti preferiti.
Dopo qualche tempo li trovò: portò la macchina all'occhio, azionò lo zoom,
sistemò la messa a fuoco e...
Quella faccia la conosceva, era familiare, anche se riusciva solo a vederne una
parte perchè era voltata...
Aumentò l'ingrandimento, guardando se alla bocca di lui ci fosse un... pearcing.
Sì, c'era, al solito posto. Era lui.
Il cuore le fece un tonfo nel petto...
La goffaggine di Faust la investì ancora: per fotografare una stupidità le era
venuto addosso, facendole cadere di mano la fotocamera.
"Faust!", disse lei, dopo che l'ebbe raccolta, "Ma con tutto il
posto che c'era!"
"Mi scusi... non volevo... non è che si è rotta?", disse lui,
preoccupato.
"No... la neve ha attutito il colpo.", fece lei, scuotendola.
Cercò di ritrovarlo con gli occhi, ma non c'era più. Sicuramente si era
allontanato, abbracciando la sua ragazza per scaldarla dal freddo.
"Vuole... vuole che le faccia vedere i miei scatti?", le chiese
Faust, vedendola distratta a cercare qualcuno.
"No, li vedrò stasera.", disse Mac, tornando alla ricerca di una
nuova coppia di innamorati per distrarsi da un affollamento di pensieri che le
erano piombati senza preavviso nella testa.
"Non ci posso credere...", disse qualcuno alle spalle di Mac.
Lei si voltò e riconobbe a malapena il miscredente, mentre la sua faccia
era nascosta tra un cappello di lana e una pesante sciarpa, ovviamente entrambi
neri, come il suo lungo cappotto.
"Nemmeno io... Bill!", disse lei, porgendogli la mano infreddolita
per stringere la sua, "Cosa ci fai qua?"
Si stupì di se stessa: quando lo aveva riconosciuto, la prima cosa che le
era venuta in mente non era stato quello che era successo un anno fa, ma bensì
che era contenta di vederlo. Molto contenta.
"Beh... ci abito in questa città, non te lo ricordi?", disse lui,
sorridendole.
"Oh sì, che sbadata! Scusami ma ero completamente assorta che non ho
riflettuto.", disse Mac, dandosi una pacca sulla testa.
"Figurati... sei qui per lavoro?", le fece, vedendole la macchina
fotografica tra le mani.
"Sì, rimango oggi e riparto domani. Sono qua con il mio
assistente...", fece, voltandosi verso Faust, ma non trovandolo nei
paraggi, "Ma dov'è andato? Sparisce sempre quando lo cerco e lo ritrovo
quando non ne ho più bisogno!"
"Un assistente utile allora!", esclamò Bill, ridendo di gusto,
"Mi sto chiedendo da quanto tempo è che non ci vediamo..."
"Davvero troppo...", fece Mac, con rammarico, "Riesco a contare
almeno dai tredici ai quattordici mesi."
"Già... non siamo bravi nel mantenere i nostri rapporti, non credi?"
"Proprio così, c'è qualcuno lassù che non vuole che ci teniamo in contatto.",
disse Mac, infilandosi i guanti per evitare il congelamento.
"Hai niente da fare per adesso? Sta tornando a nevicare.", fece Bill,
notando che nuovi fiocchi di neve stavano cadendo.
"Beh, se nevica non posso fotografare e quindi sono
disoccupata."
"Andiamo a prenderci una cioccolata calda, ti va? Tanto per chiacchierare
un po'.", le propose lei.
"Molto volentieri... anche se devo trovare quello scemo di Faust."
"Mandagli un messaggio sul telefono, digli che siamo al Cafè Marseille,
qua dietro l'angolo."
"Buona soluzione.", disse Mac, prendendo il telefono e chiamandolo
per dirgli di quel cambio di programma. Lui le disse che sarebbe andato in
hotel a riposarsi. Bene, pensò Mac, così non avrebbe combinato guai.
Seduti al caldo del Cafè Marseille, i due fecero un rapido resoconto della loro
vita trascorsa in quell'anno lontani: Bill le disse che il suo album era andato
bene, ma non aveva fatto tanto furore e che, per il momento, i Tokio Hotel
erano in studio, pronti per uscire con il nuovo lavoro. Mac, invece, aveva
abbandonato il suo lavoro da segretaria, si era tasferita in una nuova casa, ed
era tornata a fare la fotografa a tempo pieno. Gli disse anche con grande
rammarico che aveva dovuto dare via Kenzie alla sua vicina di casa, perchè
aveva scoperto di essere allergica al pelo del gatto e non poteva vivere con
lei.
"Oh, mi dispiace, se avessi saputo che eri allergica...", disse Bill.
"Non preccuparti, nemmeno io sapevo di esserlo. Ma è stato bello
condividere di nuovo l'appartamento con qualcuno, anche se non camminava su due
gambe e aveva tutti quei peli addosso!", rispose Mac, con ilarità.
Bill rise di quella battuta. Non la trovava molto cambiata, anche se dovette
notare una certa stanchezza nel suo aspetto, forse causata dal lavoro. Eppure
aveva sempre quei grandi occhi, che le illuminavano il viso, facendola passare
a prima vista per la persona solare e simpatica che era davvero. Altrettanto lo
pensava Mac di Bill, sempre con quei capelli neri, stavolta però tenuti
perfettamente a bada con una piastra, lunghi sulle sue spalle. Sempre il solito
sorriso a tutti i denti, sempre la solita risata.
Un anno non li aveva cambiati molto nell'aspetto, in fondo.
"Senti... lo so che è tardi per farlo ma... vorrei scusarmi davvero per
quello che è successo, un anno fa.", disse Bill.
"Dai, Bill, non ci pensare... in fondo, cosa è mai successo? Solo una cosa
stupida... non vale la pena tornarci sopra.", si scusò a sua volta Mac,
facendo spallucce.
"Ne sei sicura?", volle accertarsene Bill.
"Puoi starne certo. Anche io ho da farmi perdonare, l'ho presa troppo sul
serio, avrei potuto contenermi. Ma quando mi montano i cinque minuti non sempre
riesco ad essere così ragionevole."
"A chi lo dici!", disse Bill.
Era proprio contento di averla ritrovata, stava molto bene in sua compagnia.
Gli erano sempre piaciute le persone genuine come lei.
"Ti va stasera di farci compagnia?", le domandò, senza rifletterci
troppo.
"In che senso?", chiese Mac, perplessa.
"E' ritrovo tra amici, a casa mia, per festeggiare insieme il Natale. Mi
chiedevo se tu volessi aggregarti.", le spiegò.
"Beh... non saprei, mi sentirei un po' come un pesce fuor d'acqua Non
conosco nessuno.", disse Mac, lievemente a disagio.
"No, non devi. Siamo davvero in pochi, forse una quindicina", disse
Bill, cercando di convincerla.
Mac avrebbe voluto dire di sì, era così tanto tempo che non andava ad una
festa...
Ma non voleva fare determinati incontri, sapeva che si sarebbe sentita a
disagio. Dall'altra parte, però, voleva prendere la situazione di petto e farsi
scivolare tutto sulle spalle. Lo aveva visto appena un quarto d'ora prima,
abbracciato ad un'altra. L'effetto non era stato del tutto positivo, dovette
ammettere che aveva sentito una punta di gelosia e di invidia.
Poi si disse che a ventisette anni queste cose doveva imparare a gestirle,
senza comportarsi come una mocciosa.
"Allora invito accettato.", disse, aggiungendo un sorriso amichevole.
"Benissimo! Allora passa all'ora che vuoi, dopo cena, questo è il mio
indirizzo.", disse, scrivendoglielo al volo su un tovagliolino di carta.
"Perfetto...", disse Mac, salutandolo e alzandosi dal tavolo,
"Ci vediamo tra un po'!"
"Mac...", la chiamò lui, prima che si allontanasse troppo.
"Dimmi.", si voltò Mac.
"Lui non ci sarà...", le disse, guardandola attentamente negli occhi
per scorgere un segno, "Intendo Tom... non è in città, torna tra qualche
giorno."
"Ah... ok!", esclamò Mac, cercando di assumere la faccia di una che
non sapeva quale fosse argomento di cui si stava parlando.
Lo salutò ancora con la mano e poi uscì dal locale.
Allora quel ragazzo che aveva visto prima non era lui, si disse, aveva avuto un
abbaglio...
Non potette nascondere che la cosa le stava facendo piacere, ma si dette della
stupida e si incamminò verso l'hotel.
Bussò almeno tre volte alla porta di Faust prima che lui le dicesse che era
quasi pronto.
Ovviamente non poteva essere puntuale perchè il ritardo era patologico in lui.
"Ti aspetto in macchina, ti do cinque minuti o parto senza di te.",
lo minacciò.
Di solito quell'avvertimento funzionava sempre ed anche quella volta non fu
diversa dalle altre.
Partirono alla volta della casa di Bill, infreddoliti dal gelo natalizio.
Trovarono la casa al primo tentativo, il navigatore satellitare che le aveva
dato la redazione non aveva sbagliato ad indicarle la strada e dopo una
mezzoretta di viaggio suonarono il campanello di casa Bill Kaulitz. A vederla
da fuori, quella villetta a due piani non pareva tanto diversa dalle altre, a
parte per il classico cancello altissimo posto a barriera dell'entrata. Non
c'erano vialetti da percorrere perchè l'abitazione si trovava a pochi metri
dalla strada principale. Era in una zona non molto abitata, un'edificio qua e
uno là gli facevano compagnia, si poteva dire che anche lui abitasse in
campagna. A Mac faceva tornare in mente quelle abitazioni degli anni quaranta
dall'architetto Lloyd Wright, che si divertiva a costruire le case sulle
cascate. In poche parole, era davvero una bella costruzione, che alternava muri
lisci a muri in pietra scoperta, non perfettamente regolari, molto asimmetrici.
Il cancello si aprì e la macchina di Mac entrò nella proprietà dell'amico,
parcheggiandola accanto alle altre. Arrivata davanti alla porta, bussò e il
solito Bill venne ad aprirle, salutandola con un abbraccio.
"Questo è Faust, il ragazzo di cui ti parlavo.", disse Mac,
presentandogli il suo assistente.
"Ma allora lui è davvero Bill Kaulitz! Non era solo uno che si chiamava
come lui!", fece Faust, stringendogli così forte la mano da fargli male,
"Wow, sto conoscendo il cantante dei Tokio Hotel!"
"Si, Faust, ma adesso molla la presa, non ti mettere a fare l'idiota! E
non torturare gli altri invitati!", fece Mac, separandolo da Bill.
"Prego, entrate.", disse il padrone di casa, mentre si massaggiava la
mano.
"Complimenti Bill, che bell'appartamentino di periferia che ti sei
trovato!", gli disse Mac.
"Diciamo che è stato un affare.", fece lui, "La festa è di qua.
Aspettavamo voi!"
"Ecco Faust, ci hai fatto arrivare ultimi!", rimproverò Mac il suo
assistente.
I due nuovi arrivati lo seguirono in un grande sala, dove si trovavano almeno
un'altra decina di invitati. Tra questi Mac riconobbe Georg e Jasmine, seduti
sul divano vicino al caminetto scoppiettante e corse a salutarli, perchè anche
con loro non c'erano state molte altre occasioni per vedersi, se non quelle
legate al servizio fotografico sul loro matrimonio. A pochi passi da loro un
solitario Gustav che parlava con un ragazzo, che gli venne presentato come
Andreas, un vecchio amico di Bill. Volle quasi chiedere a Gustav cosa ci faceva
lì solo soletto, ma aveva paura che la risposta fosse 'mi sono lasciato da
poco'.
Passò l'ora successiva a parlare con Bill, che le raccontò più o meno tutti i
fatti personali dei suoi invitati. Gustav non si era lasciato, stava ancora con
Kim, la ragazza spagnola, ma Bill pensava che ci fosse un po' di aria di crisi
tra i due, dato che lui non l'andava più a trovare così spesso. Il matrimonio
di Georg stava andando molto bene, i due stavano progettando di trasferirsi da
quelle parti per facilitare gli spostamenti di Georg, per via del gruppo.
"Secondo me stanno pensando di avere qualche pargoletto.", spettegolò
Bill.
"Sul serio?", fece Mac.
"Beh, direi di sì, e forse non accadrà tra molto tempo. Non noti una certa
pancetta su di Jasmine?"
"Bill, sei diventanto una macchina spara-gossip!", lo rimproverò
ironicamente Mac.
"Dopo tutto quello che sento dire su di me non credi che abbia il
dovere di dire la mia?", fece lui. ridendo.
"Già, hai perfettamente ragione!"
Il campanello prese a suonare quasi ininterrottamente e Bill, dopo aver
guardato Mac con una faccia interrogativa, andò a vedere chi potesse mai essere
quello scocciatore.
"E' quì la festa?", sentirono dire a gran voce tutti gli
invitati che si voltarono verso l'entrata della sala.
"Smettila scemo! E pulitevi le scarpe che fai tutte le pedate!",
rispose Bill all'intruso.
Mac, che avrebbe potuto ancora riconoscere quella voce tra mille altre, volle
annegare nel suo bicchiere di Martini bianco. Dopo averlo ingerito tutto d'un
fiato, Mac si avvicinò a Faust, che se ne stava solitario a guardare fuori
dalla grande porta a vetri, in disparte, e gli disse:
"Sei il mio assistente?"
"Sì...", rispose lui, senza comprendere il perchè di quella domanda.
"E fai tutto quello che ti dico io, non è vero?"
"Certo, se non voglio che tu mi cacci.", rispose lui, con un certo
tremito nella voce.
"Allora ti dispiacerebbe per una sera soltanto mettere da parte quel tuo
lei del cavolo e fare finta di essere il mio fidanzato?", gli disse,
sperando di non dover più ripetere quella frase ancora.
"Cosa? Vuole che io faccia... e perchè?", disse lui.
"Faust, dammi del tu e facciamola finita! Te lo impongo!"
"Va bene... Mac... ma mi spieghi perchè devo farlo?"
"No posso spiegartelo, ma tu fai finta e basta!", disse e lo prese a
braccetto, voltandosi a guardare fuori la neve che cadeva e sperando di essere,
per miracolo, diventata invisibile.
Proprio in tempo per vedere entrare Tom nella sala, riflesso nel vetro.
Gli altri invitati gli si avvicinarono per salutarlo e lui se ne restò per
diverso tempo con loro. Mac osservava la scena riflettersi nel vetro, cercando
di essere credibile nel suo improvviso amore per il suo assistente, che se ne
stava rigido come un palo. Si aspettava di vedere il Tom di cui si ricordava,
con abiti normali, della sua taglia, senza cappellino, ma non fu così. Con quei
vestiti extra large e il cappellino, pareva che fosse tornato indietro nel
tempo, a quando lo aveva conosciuto la prima volta, e ne rimase alquanto
delusa.
Poteva prendere le chiavi ed aprire come faceva tutte le volte, ma voleva
un'entrata coi fiocchi e si attaccò al campanello.
"Verrà presto ad aprire e sarà anche abbastanza incavolato!", disse a
Thea, la sua pseudo-fidanzata, con cui divertiva da un paio di mesi.
Infatti la faccia indispettita di suo fratello apparve dopo qualche secondo.
"E' qui la festa?", esclamò lui, entrando in casa.
"Smettila scemo! E pulitevi le scarpe che fai tutte le pedate!",
disse lui, da bravo rompipalle igenista che era.
Andò quasi correndo verso la sala e, con in una mano una bottiglia di vino e
nell'altra una di champagne, dette il benvenuto a tutti gli invitati, che
andarono a salutarlo. Bill prese le due bottiglie, le esaminò un attimo e andò
a metterle insieme alle altre. Non aveva nemmeno salutato Thea, tanto gli stava
antipatica. All'inizio non era stato così, quando l'aveva conosciuta gli era
sembrata una bella ragazza, anche simpatica, ma poi aveva capito che lei
pensava di essere di qualche gradino sopra a tutti gli altri, dava giudizi non
richiesti e trattava male quelli che non le andavano a genio. Questo sentimento
di repulsione nei suoi confronti era così evidente che anche lei non ci faceva
più caso e non gliene importava niente, ricambiandolo con la stessa moneta.
Tom la presentò a i suoi amici, togliendola dall'aura di odio che Bill
proiettava su di leii. Si fermò a parlare un attimo con Gustav e Georg, dicendo
loro che era appena tornato dallo studio, dove aveva appena ascoltato il lavoro
che avevano fatto e lo aveva trovato grandioso. Finiti i rituali saluti, andò
verso la zona bar, per prendere un po' da bere per sè e per Thea, che lo
aveva seguito fedelmente come un cagnolino.
Con in mano un bicchiere quasi pieno dell'ottimo vino francese che aveva
comprato, si appoggiò al mobile bar, passando un braccio intorno alla vita di
Thea.
Vide che c'era ancora una coppia di invitati che non aveva salutato, stavano
accanto alla finestra, ma non riusciva a riconoscerli.
O forse si...
Forse ora stava riconoscendo chi erano. O meglio, chi era lei.
Ma non sapeva chi era lui. La vera sorpresa, comunque, era trovarla lì.
Prese Thea per mano e si avvicinò ai due.
"Rosenbaum!", esclamò, alle sue spalle. Lei si voltò, sorridendogli.
"Ma guarda un po' chi c'è, il signor Kaulitz!", fece lei, sorridendo
a dentri stretti.
"Cosa ci fai qua? Non mi aspettavo proprio di trovarti!", disse Tom,
con tono allegro e cordiale.
"Beh... ero qui in città. Ho trovato tuo fratello e mi ha invitato.",
fece Mac, mantenendo una calma che anche lei stessa non pensava di avere,
"Piuttosto, Bill mi aveva detto che non tornavi fino a domani, quindi
anche io sono altrettanto sorpresa.".
"Già, dovevo tornare domani, mi ero preso un po' di vacanze pre-natalizie,
ma ho anticipato il ritorno... Allora... buon natale!", disse Tom. Sentendo
poi un piccolo colpo al piede, si ricordò della sua ragazza accanto a lui.
"Lei è Thea.", disse Tom, presentandogliela.
"E lui è Faust.", fece altrettanto Mac.
Dopo che le presentazioni finirono, un certo silenzio cadde tra i
quattro.
Gli sguardi di ognuno che esaminavano l'altro: chi in cerca di un indizio, chi
semplicemente per il gusto di giudicare.
Mac avrebbe voluto essere risucchiata dai vortici neri dell'inferno.
Faust sentiva la mano di lei stringergli il braccio come un laccio
emostatico.
Thea che guardava quella strana coppia divertita.
Tom si chiedeva cosa ci potesse fare Mac con uno come quello stoccafisso
accanto a lei.
"Allora... speriamo che la festa riesca!", disse Faust, che non
sopportava più lo sguardo di Thea.
La ragazza pensava che fosse uno sfigato, glielo si leggeva negli occhi.
"Giusto!", esclamò Mac, ritendendo che non ci poteva essere cosa più
stupida da dire in quel momento.
"Allora divertitevi!", disse Thea, esortando Tom, con un leggero
cenno di testa, a lasciare quelle due stranezze.
I due si allontanarono, lasciando l'infelice coppia al loro posto, davanti alla
finestra. Mac, appena si furono voltati, dismise il suo sorriso falso e lasciò
Faust per prendersi una sigaretta e andarsela a fumare.
Faust, libero da Mac, riuscì a respirare e a riprendere un colorito sano,
tornandosene a sedere in silenzio. Si sentiva un po' spaesato in quella festa,
ma dopo qualche minuto trovò simpatica la compagnia di una signora sui
ventisette anni, di nome Rebecca, che era una collaboratrice della casa
discografica per cui lavoravano i Tokio Hotel.
Mac, una volta messasi il suo piumino e la sciarpa, andò nel terrazzino su cui
si affacciava la sala per fumarsi una sigaretta in pace. Si disse che non
poteva cadere più in basso di quel modo, farsi passare per la fidanzata di
Faust solo perchè... non si voleva far vedere da sola. Che imbecille! Ma
soprattutto, che vergogna... cos'altro poteva fare di peggio?
"Mac! Torna dentro, ti prenderai un accidente!", le disse Gustav, che
era rabbrividito nell'infilare fuori la testa dalla terrazza.
"Tranquillo, sto arrivando.", fece lei, spegnendo la sigaretta nella
neve.
TITOLO: è il celeberrimo film di Tim Burton, no comment, no scopi di lucro.
Ta Dah! Ci siamo... siamo agli sgoccioli!!! Scusate se anche questa volta non
metto i ringraziamenti finali ma... sono stata molto impegnata con un mio caro
amico, si chiama San Giovese, detto anche Chianti... in altre parole sono in
vigna a vendemmiare... ci starò per i prossimi venti giorni... e mi diverto da morire!!!!!!!
Alla prossima!!!! RcB
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Capitolo 15 *** The Nightmare before Christmas Part 2 ***
THE NIGHTMARE BEFORE
CHRISTMAS - Pt. 2
Una volta al calduccino della sala, si sedette accanto a Faust, unendosi alla
sua conversazione con quella Rebecca. I due stavano discutendo di un argomento
che per Mac suonò molto stupido: parlavano dell'eventualità di poter potare le
rose in primavera o e in un altra stagione. Non capendo un'acca nè una cappa di
giardinaggio, Mac se ne stava lì, a ridere quando era giusto farlo, ad annuire
quando i due dicevano una verità assoluta, e ad annoiarsi a morte per il resto
della serata. Sembrava che Faust avesse trovato qualcuno che lo comprendesse,
mentre lei continuava a pensare che fosse uno stupido. Forse era proprio per
questo che lui si sentiva sempre a disagio durante il lavoro, doveva smettere
di sottostimarlo.
Si guardò un attimo intorno, notando che tutti avevano formato piccoli
gruppi di due o tre e chiacchieravano per i fatti loro. Raggiunse Bill, che a
qualche metro da lei parlava tranquillamente con Georg e Jasmine e gli chiese
dove fosse il bagno.
"In fondo a destra.", rispose lui, indicandole la direzione.
Mac, con la sua borsa in mano, andò verso la toilette, ma dopo qualche passo fu
raggiunta da Bill, che la prese in disparte.
"Scusami tanto, Mac, davvero... Non pensavo che sarebbe tornato prima di
domani...", le disse, mortificato.
"A cosa ti stai riferendo?", domandò lei, facendo la finta tonta.
"Dai...", fece lui, guardandola pieno di comprensione.
"Andiamo Bill, non crederai mica che la cosa mi interessi?", disse
Mac, con sguardo ovvio.
"Beh... stai fingendo di stare con il tuo assistente!", la colse lui
in fallo.
"E con ciò? Cosa vorresti dire?", fece Mac, stizzita.
Bill preferì non andare avanti, sapendo che avrebbe dovuto scontrarsi con un
muro.
"Bill, è passato un anno, la cosa non mi interessa più.", disse Mac,
scrollandosi di dosso tutte le sue preoccupazioni, "Non c'è niente di cui
preoccuparsi... tu, piuttosto, perchè non vedi di trovarti una bella mora come
Thea?"
"Mac! Ti dispiace se vengo con te al bagno?", disse Jasmine, che aveva
raggiunto i due, interrompendo la loro discussione.
"Certo che no, le donne vanno sempre in coppia al bagno!", disse Mac,
ridendo, felice di non dover più sopportare il terzo grado di Bill..
"E chissà per quale motivo.", fece il ragazzo, allontanandosi.
Avrebbe voluto parlare apertamente con Mac, ma lei continuava a negare.
Le due andarono nell'ultima porta in fondo a destra del corridoio. Entrarono
insieme, nessuna delle due aveva un particolare senso del pudore che non le
permetteva di fare una cosa del genere. Davanti allo specchio, scambiarono
qualche parola veloce.
"Così quel morettino è il tuo fidanzato?", le domandò Jasmine, con
fare civettuolo.
"Ah sì, Faust. Sì, a quanto pare sì.", rispose Mac, mentre si
ritoccava il trucco.
"E'... uno strano tipo. Non prenderla come un'offesa però.", disse
l'altra.
"Lo penso anche io.", disse Mac, facendola ridere.
"Da quanto state insieme?"
"Beh... un po'.", fece Mac.
"Mmh... e come vanno le cose?", le domandò ancora Jasmine.
"Bene direi."
Jasmine la guardò di sbieco, mettendosi una mano sul fianco.
"Non ci conosciamo molto bene, ma non me la dai a bere!", disse,
rivelando quella che secondo lei era la verità.
"Si vede così tanto?", chiese Mac, sentendosi completamente
disarmata.
"Non so perchè lo stai facendo, sinceramente, ma non credo che sortirà un
buon effetto... si vede lontano un miglio che non state insieme."
"Gesù, quanto sono caduta in basso!", esclamò Mac, appoggiando le
mani sul lavandino, "Mai e poi mai sarei arrivata a fare una cosa del
genere... ho chiesto al mio assistente di fare finta di essere il mio
fidanzato."
"E per quale motivo l'avresti fatto?", le chiese Jasmine, sedendosi
sul bordo del lavandino.
"Niente... pensavo di trovarvi tutti felicemente in due e di fare la
figura del pesce lesso..."
"Beh... gli unici accoppiati siamo io e Georg... e Tom con quella Thea, se
si può chiamare coppia..."
"Ho fatto un bel buco nell'acqua.", disse Mac, "E anche la
figura dell'idiota!"
"Tranquilla, io ho fatto finta di essere fidanzata con mio cugino per far
ingelosire Georg, quando ancora non stavamo insieme. La parte più scioccante è
stato baciarlo... che schifo, ancora mi vengono i brividi!", fece lei, con
una smorfia sulla faccia.
"A quanto pare ha centrato in pieno...", disse Mac, sedendosi sul
bidet.
"Direi proprio di sì!", disse Jasmine ridendo.
Qualcuno che bussò alla porta le disturbò e Jasmine, un po' scocciata, disse
che era occupato e dovevano aspettare un attimo.
"Questi uomini... ne inventiamo di cotte e di crude per farli cadere ai
nostri piedi e poi, quando li abbiamo in pugno, vogliamo toglierceli di
mezzo!", disse Jasmine.
"Già... proprio così..."
"Ho la netta sensazione che questa festa non sia proprio divertente per
te... e non mi riferisco solo al dover fingere di stare insieme a quel ragazzo."
"Fai la detective? Sei dei servizi segreti?", chiese Mac,
sorprendendosi di quando fosse perspicace quella donna.
"Ultimamente ho visto così poche persone girarmi intorno che sono felice
di essere a questa festa. Poi tu sei l'unica che conosco, gli altri sono tutti
colleghi o collaboratori di Georg e non fanno altro che parlare di lavoro, di
canzoni e di quella roba là! Ora che sto con te mi diverto a indagare, dato che
hai tutti questi piccoli segreti!"
Al di là della porta bussarono di nuovo, erano impazienti di venire al bagno.
"Dai, andiamo, altrimenti se la farà addosso!", disse Mac.
Uscirono, lasciando che il bussatore prendesso il loro posto al bagno.
"Ciao Gustav! Proprio non potevi aspettare eh?", fece Jasmine ed a
Mac venne da ridere.
Per il resto della serata se ne stette con lei, a ridere, a prendere in giro
suo marito, e a fare battute a destra e a manca. Sembravano ubriache, ma erano
perfettamente sobrie e spesso, con le loro risate grosse, attiravano
l'attenzione degli altri, che si chiedevano cosa ci fosse di così divertente da
ridere in quel modo. Mac si stupì di quanto fosse simpatica Jasmine, riusciva a
cavare fuori battute anche da un bicchiere vuoto. La cosa che le riusciva
meglio era parlare di Georg negli atteggiamenti più strani che aveva.
"E poi si alza dal divano, si mette a guardare un punto fisso nel vuoto...
e inizia a togliersi le mutande dal culo!", disse Jasmine, cercando di
imitarlo e facendo scompisciare Mac dalle risate.
Mentre Jasmine continuava a parlarle di quanto fosse poco romantico suo marito
nei momenti della vita quotidiana, l'occhi di Mac cadde da un'altra parte. Per
un attimo il suo sorriso si spense, diventando falso, nel vedere con quanta
passione quei due si stessero baciando. Oramai, nella sua testa, non li
chiamava più Tom e Thea, ma quei due. Vide Bill avvicinarsi a loro,
picchiettare sulla spalla di suo fratello e dirgli qualcosa
nell'orecchio.
"Mac... Mac, è tutto a posto?", le domandò Jasmine, che avevano
notato quel momento di stranezza.
"Oh, no niente. Mi è... venuto a mente che ho dimenticato una cosa
importante a casa.", disse Mac, cercando di rattoppare la situazione.
Jasmine, notando che lo sguardo di Mac si spostava nervosamente da lei ad un
altro punto alle sue spalle, si voltò per vedere cosa avesse catturato la sua
attenzione.
"Per caso, questo momento di improvvisa consapevolezza su una
dimenticanza... ha per caso a che fare con qualcuno che sta in questa stanza
con noi?"
Mac, un po' stanca della continua arguzia dell'amica che la stava mettendo in
imbarazzo, le chiese scusa dei suoi strani comportamenti dicendo che,
negli ultimi giorni, c'erano stati degli scombussolamenti nella sua vita di cui
però non voleva parlare, ed era per questo motivo che sembrava strana e
discostante.
"Oh, scusami, non volevo fare l'impicciona.", disse Jasmine,
mortificata.
"Non ti preoccupare... adesso ho bisogno di un po' d'aria.", disse
Mac, allontanandosi dalla ragazza.
Quello che ci voleva, in situazioni del genere, era un po' di ritegno.
Bisognava contenersi, fare gli educati, lasciare che tutto passasse come
l'acqua del fiume, lenta e costante, senza preoccuparsi che, da un momento
all'altro, poteva esserci la cascata. Ecco la filosofia che Mac fu costretta ad
adottare: lasciare che tutto le defluisse addosso, tenere le spalle ben oliate
per le spiacevoli sorprese, cosicchè queste potessero slittarci sopra senza
problemi. In poche parole: fottersene allegramente, con un sorriso a cinquanta
denti stampato perennemente sulla faccia.
Andò verso la zona bar, prese un bicchiere pulito, vi versò dentro una quantità
accettabile di vino e prese a passeggiare per la stanza, ammirando i quadri che
vi erano appesi. Arte moderna, disegni subliminali, surrealismo... per lei
incomprensibile, ma improvvisamente era diventata una grande esperta di quelle
tele. A dire il vero, poteva anche stare a guardare con quale maestria il muro
della sala era stato tinteggiato di bianco, l'importante per lei era stare con
lo sguardo fisso su qualcosa che non poteva causarle problemi.
Il suo tour artistico continuò nella stanza adiacente, dove un intero muro era
quasi totalmente coperto da un collage di fotografie. Qualcosa di simile c'era
anche in camera sua, Mac aveva selezionato le migliori fotografie e ne aveva
fatto dei quadri.
Seduto sul divano, insieme a Thea, aveva pazientemente ascoltato tutto quello
che lei aveva da dirgli sulla giornata appena vissuta, su come aveva fatto
benissimo quel provino per il film in cui voleva recitare, di come tutte le
altre che erano con lei erano assolutamente mediocri e scarse nella
recitazione. Thea era brava a fare tante cose... e le faceva veramente bene, ma
quello che non le riusciva assolutamente fare era stare a bocca chiusa. Se
iniziava a parlare, era solo per raccontare di se stessa e l'unico modo per
sopportarla era fare finta di ascoltarla, dire 'uhm uhm' ogni tanto, oppure
'hai ragione', insomma, attendere che terminasse il suo racconto.
Mentre un bla bla bla continuo ed ininterrotto gli entrava in un orecchio ed
usciva dall'altro, lo sguardo di Tom vagava tra i presenti, cercando una
persona in particolare. Quando l'aveva vista, alla finestra, gli era balzato il
cuore in gola e mille domande gli affollarono la testa. Perchè era qui? Un anno
prima gli aveva detto che non lo avrebbe mai più voluto vedere... Ma se era lì
forse aveva rinunciato a quella sua volontà. Poi, parlandole, seppe che Bill le
aveva detto che lui non ci sarebbe stato, e comprese. Ecco il motivo: lei c'era
perchè lui era da un'altra parte. Capì anche che quel bel sorriso che gli
mostrava era carico di risentimento.
In un anno, non si erano mai sentiti. Mai. I ponti erano stati completamente
tagliati e, benchè nel suo telefono il suo numero era sempre memorizzato come
'Rosenbaum', non era più stato selezionato per una chiamata
Oltre al divieto imperativo che Mac aveva imposto su ogni possibilità di
incontrarsi di nuovo, c'era anche un altro motivo per il quale lui non aveva
più cercato di contattarla: Tom voleva proprio scordarsela, sapendo con estrema
certezza che mai e poi mai sarebbe riuscito ad averla. Era diventata
irraggiungibile per lui, quindi non valeva nemmeno più la pena provarci. Ma se
da una parte il cervello gli imponeva di comportarsi in un certo modo...
Insomma, aveva testato che quel famoso detto 'al cuor non si comanda' poteva
anche essere vero. Ma se quel detto era vero, anche un altro lo era
altrettanto: 'lontano dagli occhi, lontano dal cuore'. Credendo fermamente che
non l'avrebbe più rivista, Tom si era dimenticato di lei. O almeno lo pensava.
Da quando era tornata dentro la sala, dopo aver fumato una sigaretta, si era
messa a chiacchierare con Rebecca e 'Manico di Scopa', come aveva gentilmente
definito quel ragazzo. Eppure non sembrava tanto attratta dalla conversazione,
se ne stava lì, tra i due che chiacchieravano come forsennati, con un braccio
intorno alla pancia e l'altro a contrasto con quello, che teneva un bicchiere
quasi vuoto di vino.
"Tom! Mi stai ascoltando?", gli disse Thea, che lo aveva colto in
flagrante nella sua disattenzione.
"Certo, stavo solo guardando in giro, tutto qui.", disse lui, bastava
poco per convincerla.
In quel momento la vide andare da suo fratello Bill, per dirgli qualcosa. Lei
si spostò nel corridoio, lui l'aveva seguita ed erano scomparsi. Tutto quello
gli fece tornare in mente quella sera, al pub... Un piccolo fremito di rabbia e
gelosia gli stuzzicarono la fantasia, e per un attimo immaginò che si stessero
baciando, ma era un pensiero del tutto irrazionale. Suo fratello riapparì e lui
tornò ad ascoltare Thea, rimanendo comunque con l'occhio teso verso il
corridoio. Dopo qualche minuto la vide tornare in compagnia di Jasmine e
mettersi a chiacchierare con lei, vicino al caminetto.
Non seppe spiegarsi cosa lo fece alzare da quel divano, se era di nuovo gelosia
o altro: Tom si alzò, prese per mano Thea e le disse di seguirlo, aveva bisogno
di bere. Il futile monologo continuò accanto alla zona bar, a pochi metri dal
caminetto. Con l'orecchio che sporgeva in direzione delle due ragazze,
ascoltava tutto quello che si dicevano, sperando di raccogliere qualcosa di
prezioso. Invece, le due sembravano divertirsi a prendere in giro Georg, senza
dirsi niente di importante.
"Ma cosa stai ridendo!", disse la sua ragazza, che lo aveva beccato
di nuovo a distrarsi. Alcune battute di Jasmine lo avevano fatto sorridere e
Thea, che gli stava raccontando di quanto fosse grave che la sua coinquilina
avesse la forfora, non ci trovava niente di divertente.
"Beh... dai, vieni qua.", gli disse lui, accostandosi a lei per
baciarla. Quello era un altro utile e veloce modo per farla stare zitta. Si
baciarono per diversi minuti e continuarono anche dopo che Bill lo pregò di
trattenersi dal disgustare gli invitanti. Fu il bisogno di Thea di andare in
bagno a farli smettere.
Tom, sperando che il suo piccolo perfido gesto avesse scaturito qualche
reazione, si voltò con molta non chalance verso la zona dove più o meno si
aspettava di trovare la destinataria del suo messaggio. Ma nè lei nè Jasmine
erano più lì: quest'ultima era tornata da suo marito, mentre dell'altra non
c'era traccia. Forse aveva un po' esagerato, si disse.
Andò verso il corridoio, ma non la vide. Non era nemmeno in bagno, perchè lì
c'era Thea, e neppure sul terrazzo. Tutti gli altri invitati erano nella sala,
tranne lei. Poi vide la porta della stanza adiacente, forse poteva essere lì.
Infatti, era con il naso per aria a guardare il collage di fotografie che aveva
fatto suo fratello.
Immobile, sulla soglia della porta, la guardava, voltata di spalle. Notò quanto
fossero tornati lunghi i suoi capelli, quasi le arrivavano sotto le spalle,
perfettamente lisci. Mosse un passo verso di lei, poi un altro, cercando di
fare meno rumore possibile. Si arrestò quando lei fece per spostarsi di lato,
sicuro che se ne sarebbe accorta, ma sembrava talmente concentrata su quelle
fotografie che non lo aveva proprio sentito.
Il suo stile non era cambiato, pensò, gli pareva di vedere suo fratello in
versione femminile: maglioncino a righe nere e bianche, jeans, cintura
borchiata e scarpe da ginnastica. Le arrivò quasi alle spalle, poteva sentire
il suo profumo.
"Bill lo ha copiato da casa tua.", disse facendola sussultare. Per
poco non le si versò il vino sulla maglia.
"Ah... Kaulitz, sei tu...", fece lei, mentre scuoteva la mano per
togliere il vino che era uscito dal bicchiere.
"Non mi aspettavo di certo baci e abbracci, ma nemmeno un misero 'ah, sei
tu'...", disse lui, sforzandosi di sembrare perfettamente normale. Mac,
che non sembrava aver gradito quello che aveva detto, gli lanciò un'occhiata
poco amichevole e poi tornò a guardare le fotografie.
"Quella l'abbiamo scattata quando siamo stati in Portogallo, a
Lisbona.", disse Tom, cercando di recuperare con una conversazione del
tutto normale. La fotografia che indicava con il dito era un primo piano di lui
e di suo fratello, uguale a molti altri, ma con uno sfondo diverso.
"Interessante.", disse Mac, spostandosi di qualche passo.
"E quella invece è di tre anni fa, a Berlino.", continuò lui,
riavvicinandosi.
"Ah...", disse lei, e si mosse ancora.
"Parigi.", riprese Tom, indicandole un'altra foto.
"Senti Kaulitz, non ho bisogno di una guida turistica, so riconoscere
benissimo Alexander Platz e la
Tour Eiffel. Ho anche una buona fantasia per riuscire a
capire dove avete scattato il resto delle fotografie!", disse Mac,
abbastanza scocciata della sua insistenza.
"Beh... scusami se ti ho disturbato... non volevo. Adesso me ne torno di
là. Scusami ancora.", disse Tom, voltandosi.
La riprova che lei ce l'aveva sempre con lui. Mentre lui cercava di essere
gentile e carino nei suoi confronti, lei lo prendeva a pesci in faccia. E
questo gli fece salire la rabbia in gola.
”Ma si può sapere che cosa ti prende?", sbottò Tom, "Sto cercando di
comportarmi bene nei tuoi confronti e tu... tu mi dici che non ti serve una
guida turistica!"
"Comportarti bene?!? Comportarti bene nei miei confronti?", disse
Mac, scandendo bene quelle parole, innervosita dall'atteggiamento di Tom,
"Tu vieni a casa mia e pretendi di essere trattato come un re! Sbuffi,
dici cose senza senso, fai il prezioso, ti arrabbi per niente, diventi
intrattabile... e ti permetti di guardare dove non devi! Lo so che è stata tua
l'idea di ficcare il naso nel mio computer!"
"Senti da che pulpito viene la predica! Ti offendi con niente, bisogna
trattarti con le pinze, devo stare attento a ciò che dico perchè altrimenti
succede il finimondo!"
"Ah si? AH SI?!?", fece Mac, mettendogli un dito di fronte alla
faccia, "Tom Kaulitz, tu sei l'ultima persona più... più... più... ah, vai
a quel paese e basta!"
Come un sassolino lanciato a tutta velocità da una fionda, Mac fece un giro su
se stessa e tornò a guardare le fotografie, mordendosi la punta delle dita.
"Non era meglio dirmi vaffanculo?", fece lui.
"Sì... vaffanculo Tom!", ripetè Mac, cercando di non perdere il
controllo di nuovo.
"Ti... ti senti meglio adesso?", le chiese lui, che non sembrava aver
intenzione di andarsene come avrebbe dovuto.
Mac fu riluttante nel dare la risposta, ma dovette ammettere che si sentiva
davvero meglio. Solo a se stessa, però, non di certo a lui.
"No, lasciami in pace, tornatene dalla tua Tia, Tie, come cavolo si
chiama!"
"Si chiama Thea... volevo solo dirti che ti vedevo bene... anche insieme a
quello là."
"Si chiama Faust.", disse Mac, sospirando.
"Faust, Frost, come ti pare...", disse lui.
"Anche io ti vedo bene..", fece lei, voltandosi verso di
lui, dopo qualche secondo di silenzio, "Insomma, ti preferivo vestito
normalmente, senza quello stupido cappellino..."
Tom fece un gesto che lei non si sarebbe mai aspettata: prese il cappellino e
lo gettò via, facendolo volteggiare nell'aria. Si tolse anche la fascetta che
potrava sempre sotto, rimanendo a testa nuda.
"Contenta?", le chiese, sorridendo.
"E' un buon inizio.... adesso sparisci."
"Ma non posso accontentarti con i vestiti... mi sentirei un po' in
imbarazzo in mutande.", disse Tom, insistendo. Voleva riuscire a farla
ridere... a farsi perdonare.
"Ah... ah... ah...", fece Mac, sarcasticamente.
Tom si gettò davanti a lei in ginocchio, sguardo verso l'alto, mani giunte in
preghiera.
"Gesu, cosa posso fare per farla tornare dolce come una volta? Questa sua
perenne acidità mi sta distruggendo! Devo tirare fuori la scimmietta per farla
ridere?", disse lui.
Mac avrebbe voluto ridere, ma quando vide che non era stata l'unica ad
assistere alla scenetta di Tom, si sentì avvampare le guance dall'imbarazzo.
Jasmine, sulla soglia della porta, li osservava, cercando di comprendere cosa
stesse accadendo: accortasi poi che Mac l'aveva vista, scomparve, chiudendo la
porta dietro di sè.
"Alzati, deficiente! Mi stai facendo fare una figura!", disse Mac,
prendendolo per un braccio e facendolo alzare.
"E cosa te ne importa! Lasciamoli pensare male! Non sarà mica geloso il
tuo fidanzato Frost?"
"Piantala Kaulitz!"
"Ok! Ok... adesso ti lascio da sola... sappi comunque che lui e
Rebecca stanno flirtando di brutto di là."
Mac, innervosita dall'insistenza di Tom, gli mollò un bello schiaffo.
"E due...", disse lui, massaggiandosi la guancia. Era la seconda
volta che veniva preso a schiaffi da lei. Ne aveva ricevuti talmente tanti che
non se li ricordava tutti, ma i suoi erano particolari: erano i più dolorosi,
gli altri gli facevano il solletico.
"Se non la smetti arriverà anche il terzo!"
"Avanti, ti porgo l'altra guancia.", disse lui, voltandosi verso
sinistra per permetterle di dargliene ancora. E non dovette attendere molto.
"Ora che sembro un pomodoro... mi perdoni tutto quello che ti ho
fatto?", le domandò.
Lei lo guardò, sospirando.
"Ci vorrebbero altri cinquemila schiaffi.", disse lei, "Ma non
ho tutto questo prurito alle mani."
"E' un sì?"
"Ok Kaulitz.", disse lei, dandogli la mano per suggellare quella
tregua.
Lui gliela strinse, sentendo una piacevole scossa che non aveva mai provato
prima nel toccare un'altra ragazza. Anche Mac la sentì, ma dette la colpa all'elettrostticità
del suo maglioncino di misto lana.
"Sai, Rosenbaum, c'è sempre stato uno scherzo che avrei voluto farti,
ma non ho mai trovato il momento giusto.", disse Tom.
"E che scherzo sarebbe?", fece lei.
Lui le strinse lievemente la mano, la tirò verso di sè con altrettanta
gentilezza e, quando il corpo di Mac sfiorò il suo, le cinse la vita, per far
sì che lei non fuggisse.
E la baciò.
I know I wasn't
funny, but you laughed at all of my jokes
When I was choking on the words to say,
You showed me your finger down my throat
The first night I said I loved you, you told me to go to hell
You were giving me head, on that creeky,
Old bed at the Ol'Duvol Motel
Bitter Wine - Jon Bon Jovi
FINE
E nella nostra testa apparirà invece la seguente: E POI?
Come un aeroplano che sorvola lentamente la terra, seguendo la sua rotta fino a
destinazione, diamo uno sguardo veloce alla vita dei ragazzi, e vedremo che…
Georg e Jasmine stanno organizzando la festa per il battesimo della
piccola Lily Anne… e della gemella Zoe! Che buffo il destino! Non gli bastava
l'allietante presenza di Kaulitz... erano in arrivo le gemelle Listing!
Gustav, dopo un anno di convivenza con la sua fidanzata Kim, ha deciso
di svoltare pagina e di… trovarsi un’altra fidanzata. Si dice che adesso sia da
qualche parte in Italia, alla ricerca dell’anima gemella.
La vita di Bill si è intrecciata inaspettatamente con quella di un altro
personaggio, meglio conosciuto con il nome di Thiago! E chi se lo poteva
aspettare che quei due, dall’essere semplicemente conoscenti, sarebbero
diventati… no, ma cosa state pensando! Come è saltato sicuramente in testa a
tutti, Bill non si è scoperto gay… per l’infelicità di Thiago, lui è tutt’ora
perfettamente etero. I due sono diventati… collaboratori! Adesso producono e
sceneggiano una sit come di culto, trasmessa dalla rete nazionale tedesca e
presto anche nel resto d’Europa, dove Bill interpreta il cantante primadonna e
Thiago il suo manager… certamente gay! Adesso è in produzione la seconda serie…
chissà se nella finzione ci sarà un po’ di omosessualità anche per Bill…
Thiago non poteva essere citato solo in relazione al suo nuovo amico del
cuore! Ovviamente lui, insieme a questa fortunata carriera televisiva, continua
a scrivere libri di successo, soprattutto tra i lettori gay e donne. Al primo
posto della classifica spagnola si trova da ben tre settimane il suo nuovo
libro: ‘Don’t touch my Gay!’, piccolo manuale di prevenzione sugli imprevisti
di coppia, cioè quando lui confessa a lei di essere dell’altra sponda. Ha
cambiato colore dei capelli, adesso se ne va in giro tutto platinato!
Faust, l’assistente sfigato, ha preso il posto di fotografo a tempo
pieno alla rivista ‘Landskapes’ e si gode il mutuo appena stipulato per
l’acquisto di un appartamento al terzo piano, insieme alla signorina Rebecca,
conosciuta alla festa di pre-natale a casa di Bill.
Kenzie, la piccola gattina, si trova sempre ben accudita dalla vicina di
casa di Mac, che non era altro che la moglie del paffuto dottore Keller.
Accudita dalla coppia come una figlia, adesso passa le sue giornate a leccarsi
i baffi. E’ un po’ in soprappeso, ma non fateglielo notare…
Ed infine arrivano i due… cosa stavate pensando? Lo so, ve lo si legge in
faccia, pensate che i due vivranno per sempre felici e contenti, come in tutte
le storie d’amore di Harmony… e vi sbagliate! Come possono due tipi come Mac
e Tom andare d’amore e d’accordo per il resto della loro vita? Posso dirvi
che la storia tra i due è stata peggio dei tira e molla di Beautiful: lacrime a
secchiate, drammi, ripicche, tradimenti e… insomma, ve l’avevo detto che erano
peggio di Biuttifulle, come dice mia nonna... Ma ve lo posso assicurare, tra
gli addii e i ritorni, i due si sono veramente amati, con tutta l’anima… e molto
anche con il corpo… Adesso si sono detti addio definitivamente per la
centotreesima volta. Ma Thiago, Bill, Gustav, Georg e Jasmine sanno che non
sarà mai definitivo tra quei due. Non importa quando teatrale sarà il goodbye,
non importa cosa si sono detti e fatti di due per arrivare ad una nuova
rottura… i due saranno sempre Mac e Tom.
________________________________________
Ebbene sì, anche questa storia è giunta alla conclusione *lacrimuccia* Sto
buttando giù i primi capitoli di una nuova avventura ma non credo che leggerò
nelle vostre recensioni: 'cavolo! ora sì che verrà fuori una storia
fichissima!' come è successo per 'Rock my life' o per 'Epiphany'..
Mi seguirete ancora? XD
Ho notato che le mie ultime tre storie hanno sempre contenuto la parola life
nel titolo: 'Wanna take a day off from your life?', 'Rock my life' e 'Last
night a rocker saved my life (but not my broken heart)' che si possa
parlare di una trilogia?... o è l'influsso malefico della vodafone e del LAIF
IS NAU? XD
Vabbè... basta con le cavolate...
Grazie al talento artistico di CowgirlSara, che ha fatto queste
stupende rappresentazioni grafiche di Mackenzie e di Thiago! Sono belle, non
credete? A me piacciono davvero tanto! (e grazie anche per avermi concesso di
'copiare' il suo finale di 'Feels something like summertime'... chi non l'abbia
ancora letta cosa aspetta a farlo? E' bellissima!
http://i40.photobucket.com/albums/e215/SaraLab/Mackenzie.jpg?t=1190057951
--> per Mackenzie
http://i40.photobucket.com/albums/e215/SaraLab/Thiago.jpg?t=1190057976 -->
per Thiago.
Copiateli e incollateli nella barra degli indirizzi... o come si chiama,
insomma dove digitate gli indirizzi internet. Se non dovessero funzionare
ditemelo, ve li mando per email!
E la ringrazio anche per la canzone di Jon Bon Jovi, che in poche parole riesce
a riassumere il sentimento che c'è stato tra i due scemi, alias Mac e Tom.
RINGRAZIAMENTI: visto che purtroppo sono stata troppo svogliata
per farli correttamente negli ultimi capitoli.... sarò svogliata ancora... ma
prometto di non farlo più, è che la vita di contadina mi stanca, sempre a
vendemmiare...
VI MANDO UN BACIONE A TUTTI, BELLI E BRUTTI, RECENSITORI E NON!!! E
vi ringrazio di cuore, davvero di cuore, per avermi dimostrato tutta questa
fedeltà *lacrimona* perchè siete MITICI!!!!!
Mando una stretta di mano e un abbraccio fraterno... macchè! Anzi, un french
kiss a tutti questi personaggioni:
Judeau
Miss Zombie
CowgirlSara
ki@rett@
Muny_4Ever
Lidiuz93
ruka88
Gufo
dEw94
Nana Punk
ki@rett@
starfi
Saphira 87
e spero di non aver dimenticato nessuno di quelli che hanno sempre
lasciato un pensierino per ogni capitolo!!!
Un ringraziamento altrettanto speciale va a coloro che hanno messo questa
stramba storia nei loro preferiti e sono, in ordine alfabetico:
CowgirlSara
destiny16
drusilla87
Goddes of Water
Gufo
jocelynne
Ladynotorius
Lidiuz93
Mikela_Th
MissZombie
Muny_4Ever
Nana Punk
revege
Saphira87
sososisu
starfi
stel84
which_one
yuugao
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