Pìnakes

di avalon9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dedica ***
Capitolo 2: *** #Pioggia ***
Capitolo 3: *** #Sigarette ***
Capitolo 4: *** # Shoreijyu ***
Capitolo 5: *** # Sutra ***
Capitolo 6: *** # Chakra ***
Capitolo 7: *** # Areoplanini ***
Capitolo 8: *** # San ***
Capitolo 9: *** Nota finale ***



Capitolo 1
*** Dedica ***


Alle illusioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alle illusioni

perdute.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** #Pioggia ***


# Pioggia

 

 

 

# Pioggia

 

 

 

Detesti la pioggia.

Ti riporta a quel giorno. Ti fa sentire freddo. Ti senti sporco.

Odi la pioggia.

Ti mette di cattivo umore. Sempre.

In questi giorni, vorresti non aprire gli occhi.

Vorresti dormire per sempre.

Nemmeno fumare ti serve a qualcosa. Spegni la sigaretta con un sorriso amaro. Avresti voglia di piangere. E sai che non lo farai.

 

Ti appoggi alla finestra. Freddo fuori e freddo dentro.

Tanto, che importa?

Vorresti solo far cessare quel pianto.

 

I singhiozzi di un bambino.

Sono nella tua testa, assieme alla pioggia. E ti fa male.

Maledettamente male.

 

La riconosci, quella voce?

La tua voce.

Quella di quella notte.

 

Quella del bambino morto quella notte.

 

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Capitolo 3
*** #Sigarette ***


# Sigarette

 

 

 

# Sigarette

 

 

 

Un vizio.

Iniziato senza un perchè. E adesso, non puoi più farne a meno.

Te ne freghi che ti faccia male, che ti riempie di catrame i polmoni.

Ti servono.

Sempre.

Come l’aria.

 

La gusti fra le labbra, il tabacco in bocca.

L’odore del passato.

Di giornate trascorse uguali, accanto a quell’unica persona che era importante.

 

Non ti piacevano, le sigarette.

Adesso, sono la tua ossessione.

Per dirti che, in fondo, tu continui a esistere.

 

A fumare.

Non importa quando.

C’è solo il fumo, da assaporare.

 

Il gusto del rimpianto.

La disillusione della vita.

Una vita che è come una sigaretta.

Un vizio.

Fastidioso e impellente.

 

Un vizio che, in fondo, hai imparato ad amare.

 

 

 

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Capitolo 4
*** # Shoreijyu ***


#Shoreijyu

 

 

 

#Shoreijyu

 

 

 

C’è un gioco che ti piace fare.

Nelle notti buie. Insonni.

Con la tua fedele compagna.

 

Alzi il braccio.

La canna fra i capelli.

Il dito sul grilletto.

 

Aspetti.

Non hai paura.

Aspetti di avere il coraggio. La follia.

Di premere.

Di finire.

 

Resti così.

Pistola alla tempia e vigliaccheria dentro.

In quella tua anima che non vale niente.

Dannata.

 

Non finisci mai.

Non avrebbe senso, farlo.

La tua colpa è la vita.

Lo sai.

 

Lei può aiutarti.

Tu non lo vuoi.

Perchè, poi?

 

C’è un gioco che ti piace fare.

Torturarti.

 

In mano, la possibilità di scegliere.

E non sai mai cosa fare.

 

Se perderai.

 

 

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Capitolo 5
*** # Sutra ***


#Sutra

 

 

 

#Sutra

 

 

 

Pesa.

Lo sai. La tua eredità. Ti schiaccia a terra. Ti annienta.

Ti rinfaccia quello che sei.

Debole.

 

Ci hai messo tanto, per deciderti a usarlo.

Lo sai, vero, che è il marchio di quello che hai perso?

Preme come un macigno. Su spalle indegne di portarlo.

 

Lui lo portava meglio di te.

E vedetelo addosso ti fa rabbia. Ti fa male.

Vorresti gettarlo via. Lontano.

 

Patetico.

Lo stringi in mano. Lo avvicini al petto.

La tua dannazione.

 

Un ricordo che non sai cancellare.

Assieme all’odore di incenso e di fumo.

Assieme a lui.

 

Un lascito. Indegno.

Un rimorso. Soffocante.

 

Non l’hai ancora accettato.

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** # Chakra ***


# Chakra

 

 

 

# Chakra

 

 

 

Non ti piace specchiarti.

Strofini le mani sulla fronte.

Forte. Fino ad arrossare la pelle.

Odi fissarti. E anche che ti guardino gli altri. Perchè gli occhi corrono lì. A quel maledetto puntino. Fra i tuoi capelli.

 

Rosso.

Colore odioso. Come il sangue.

La stilla che ti marchia.

 

Hai fatto crescere i capelli.

Patetico. Vuoi nascondere quel segno.

Lo sai, no? E’ inutile.

 

Resta. Continua. Rimane.

 

Distruggi pure gli specchi.

Sfrega la pelle.

Graffiati, ferisciti, colpisciti.

 

Non se ne va.

Non se ne andrà mai.

Rassegnati.

 

Fa solo male. Più di allora.

Sempre di più.

Non smetterà. Mai.

 

E tu lo sai. Lo sai bene.

Nascondilo pure.

Esisterà.

Sempre.

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** # Areoplanini ***


# Areoplanini

 

 

 

# Areoplanini

 

 

 

Ti ha dato fastidio, quella domanda.

Gli volti le spalle e continui a fumare. Non serve, ma fa lo stesso.

Te ne vuoi dimenticare. Perché è inutile farsi del male.

 

Non ti interessa.

Stia pure seduto a terra. A spiegazzare fogli su fogli.

Ignora.

 

Altra pallina di carta.

La getta lontano.

Sbuffi.

 

Ti cacci la sigaretta fra le labbra.

Gli strappi il foglio di mano.

Sei stufo di quel massacro.

 

È porosa, la carta. Come allora.

Ricordi le mosse.

Pieghe veloci. Come le sue.

 

Finito.

Non ne sei soddisfatto. Ma nemmeno deluso.

Lo guardi solo volare.

Semplicemente.

Lui ride. Entusiasta.

 

E tu ti ricordi il sorriso di un ragazzino.

Perso chissà dove.

Il tuo sorriso.

 

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Capitolo 8
*** # San ***


# San

 

 

 

# San

 

 

 

Non hai bisogno di loro.

Ripetitelo pure. Gridalo.

Fastidiosi.

 

La calma irritante.

La sfacciataggine provocante.

L’ingenuità snervante.

 

Non ti servono.

Puoi farne benissimo a meno. Li usi soltanto. Come hai sempre usato ogni cosa. Non te ne frega niente, di loro. E viceversa.

 

Sorridi amaro.

Speravi in qualcos’altro? Patetico.

Sei tu a non voler legami, no?

Scocciano. Come loro.

 

Idioti.

Perdenti.

Scarti.

 

Non li sopporti. Proprio no.

 

Sbuffa pure. Tanto lo sai.

Te ne accorgi.

Maledizione! E non lo capisci.

Ti irritano, vero?

Vuoi che ti irritino.

 

Senza un vero perchè.

Per cancellare le ferite dentro di te.

Per non lasciarti invischiare.

 

Non lo permetti. Non a loro.

Ma non ci puoi far niente, lo sai?

Sono testardi. Dannatamente testardi.

 

E quello che decidono non lo cambiano.

Neanche questa assurdità.

Quella di accettarti.

 

 

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Capitolo 9
*** Nota finale ***


Il mio proposito, nello scrivere questi quadretti, era quello di tentare di mostrare l’altra faccia di Genjo sanzo Hoshi

 

 

 

 

 

 

Il mio proposito, nello scrivere questi quadretti, era quello di tentare di mostrare l’altra faccia di Genjo sanzo Hoshi. Quella nascosta nelle allusioni, fra le pagine del manga, nere sullo sfondo e sfumate nei tratti. Mostrare il volto che il nostro monaco cela costantemente o che, forse, semplicemente, abbiamo sempre di fronte e ormai non distinguiamo più.

Sanzo, in definitiva, è una maschera. Affascinante, carismatico, cinico e disilluso tanto quanto ferito, fragile, instabile e perduto. Ed è proprio nella molteplicità delle sfumature, nei chiaroscuri angoscianti e malinconici che risiede la bellezza schiva e conturbante, suadente, di questo stupendo, autentico personaggio.

Se sono riuscita sfiorarlo, a catturare un istante della sua sfuggevolezza, questo lo deciderete voi.

 

Le drabble che ho composto hanno come una loro motivazione sia per la collocazione che ognuna ricopre sia per il numero scelto. É impensabile credere di poter incatenare la figura di Genjo Sanzo Hoshi in poche immagini. Non ha questa assurda, inarrivabile pretesa. Per questo ho scelto di limitarmi a pochi fotogrammi, fermandone il numero a sette. Non casualmente.

Nel buddismo, il sette ha un fortissimo valore magico e sacrale, in quanto indica l’uomo in comunione con la proprio anima. Sette sono i nomi con sui Buddha viene chiamato e sette sono i principi che vengono attribuiti all’uomo: Atma, che significa scintilla divina; Budhi, che è lo spirito; Manas, l’ anima; Kama Rupa, gli istinti; Shtula Sarira, la materia, Linga Sorira, il corpo astrale e, infine, il Prana, che è l’essenza della vita.

Sette, però, è anche un numero esoterico, impiegato proverbialmente per indicare un maestro che ha vissuto a lungo e ha fatto esperienze di vita. Indica l’anzianità è piena di chi ha fatto esperienza, e di queste ha colto il valore profondo. Genjo Sanzo non è certamente un maestro nel senso di anzianità d’esperienza, nè il sette gli è attribuito per la lunghezza della vita affrontata. Il legame, che ho voluto intrecciare, sottintende il fatto che, benchè ancora giovane d’età, Genjo Sanzo è stato costretto a invecchiare a causa delle esperienze che lo hanno segnato. É vissuto. Semplicemente.

Ecco, dunque, le motivazioni per questo numero: Genjo Sanzo ha consumato la vita, che ho tentato parzialmente di fermare in sette spaccati della sua anima.

 

L’ordine. Non è stato scelto a caso. Le sette drabble possono, infatti, esser suddivise in tre gruppi: da # Pioggia a # Chakra; # Areoplanini; # San.

Il primo gruppo è forse, anzi certamente, il più complesso da comprendere, temo. Trascina nel passato, con una strutturo circolare. La pioggia e il chakra che aprono e chiudono rimandano alla tragica notte dell’infanzia di Genjo Sanzo che tutti noi ben conosciamo. Sono il legame più forte, credo, che lo tiene legato al passato: gli elementi ereditati di quella maledetta notte: la pioggia è la debolezza del rimorso; il chakra la forza del rimpianto.

In mezzo, # Sigarette, # Shoreijyu e # Sutra. Tre spezzoni che iniziano, non casualmente, con il fonema esse. Esse come Sanzo, Komyo Sanzo. Il centro, quindi, di quel passato che Genjo Sanzo non si permette di dimenticare. Le sigarette e il sutra ciò che accomuna maestro e allievo, la shoreijyu invece la voglia di vendicarlo. Al centro, l’unico modo, forse, l’unica illusione per esorcizzare il passato. Le eredità di Genjo Sanzo, dunque: quella indiretta, racchiusa in # Pioggia e # Sigarette e quella diretta, in # Sutra e # Chakra; nel mezzo, # Shoreijyui, ciò che le collega.

 

# Areoplanini compone, invece, da solo il secondo gruppo e rappresenta il punto di contatto fra il passato delle drabble precedenti e il futuro di quella seguente. Gli areoplanini di carta sono la concretizzazione dell’infanzia serena di Kouryu al fianco del suo maestro. Un’altra eredità di Komyo Sanzo, che permette a Genjo Sanzo di ricreare un legame simile e assieme diverso. La scena è comune, ma diversi sono i protagonisti: Sanzo è adesso il maestro, non più l’allievo, e Goku è il riflesso spensierato dell’infanzia che si è visto rubare. Della spensieratezza strappata.

 

Infine, # San. L’ultimo gruppo. É l’unica drabble per cui ho preferito il titolo in lingua giapponese (san significa tre). Il punto di arrivo: il presente. La realtà di cui Genjo Sanzo fa parte, volente o nolente. I tre amici che lo accettano e lo stimano per quello che è, e che lui so ostina a non voler considerare. Il riconoscere un cambiamento e negarlo assieme, con la cocciuta sicurezza di non volersi invischiare in qualcosa che può far male. Il presente cui Genjo Sanzo si aggrappa con tutte le sue forze, anche se lo nega, indispensabile per cercare di rimarginare le ferite.

 

 

Desideravo ringraziare, nel momento di chiudere questa piccola raccolta, tutti coloro che l’hanno letta e, in special modo, colore che hanno avuto la gentilezza di commentarmi. La gentilezza che mi avete mostrato è meravigliosa, e non ho davvero parole per esprimere la gratitudine che vi porto.

Spero solo che questa piccola nota conclusiva non vi risulti antipatica. L’ho inserita in risposta ad una domanda che mi è stata posta, e assolutamente senza interesse autocelebrativo. Lungi, al contrario, da me una simile intenzione.

Ho provato semplicemente a spiegarvi il disegno che ho tentato di seguire e che si era delineato nella mia mente. Una lettura, quindi. Certamente non l’unica possibile, nè tanto meno la più corretta. Ci sono infinite possibilità. E io non intendo per nulla imporre la mia. Ognuno è libero di leggere come vuole.

 

Ringraziandovi infinitamente.

 

 

Avalon

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