Il mio
proposito, nello scrivere questi quadretti,
era quello di tentare di mostrare l’altra
faccia di Genjo sanzo Hoshi. Quella nascosta
nelle allusioni, fra le pagine del manga, nere sullo sfondo e sfumate nei
tratti. Mostrare il volto che il nostro monaco cela costantemente o che, forse,
semplicemente, abbiamo sempre di fronte e ormai non distinguiamo più.
Sanzo, in definitiva, è una
maschera. Affascinante, carismatico, cinico e disilluso tanto quanto ferito,
fragile, instabile e perduto. Ed è
proprio nella molteplicità delle sfumature, nei chiaroscuri angoscianti e
malinconici che risiede la bellezza schiva e conturbante, suadente, di questo
stupendo, autentico personaggio.
Se sono riuscita sfiorarlo, a
catturare un istante della sua sfuggevolezza, questo lo deciderete voi.
Le drabble che ho composto hanno come una loro motivazione sia
per la collocazione che ognuna ricopre sia per il numero scelto. É impensabile
credere di poter incatenare la figura
di Genjo Sanzo Hoshi in poche immagini. Non ha questa
assurda, inarrivabile pretesa. Per questo ho scelto di limitarmi a pochi fotogrammi, fermandone il numero a
sette. Non casualmente.
Nel buddismo,
il sette ha un fortissimo valore magico e sacrale, in quanto indica l’uomo in
comunione con la proprio anima. Sette sono i nomi con sui Buddha viene chiamato e
sette sono i principi che vengono attribuiti all’uomo: Atma, che
significa scintilla divina; Budhi,
che è lo spirito; Manas, l’
anima; Kama
Rupa, gli istinti; Shtula Sarira,
la materia, Linga Sorira, il corpo astrale e, infine, il Prana, che è l’essenza della vita.
Sette, però, è anche un numero esoterico, impiegato
proverbialmente per indicare un maestro che ha vissuto a lungo e ha fatto esperienze di vita. Indica l’anzianità è
piena di chi ha fatto esperienza, e di queste ha colto il valore profondo.
Genjo Sanzo non è certamente un maestro nel senso di anzianità
d’esperienza, nè il sette gli è attribuito per la lunghezza della vita
affrontata. Il legame, che ho voluto intrecciare, sottintende il fatto che,
benchè ancora giovane d’età, Genjo Sanzo è stato costretto a invecchiare
a causa delle esperienze che lo hanno segnato. É vissuto. Semplicemente.
Ecco, dunque, le motivazioni per
questo numero: Genjo Sanzo ha consumato la vita, che ho tentato parzialmente
di fermare in sette spaccati della sua anima.
L’ordine. Non è stato scelto a
caso. Le sette drabble possono,
infatti, esser suddivise in tre gruppi: da # Pioggia a # Chakra;
# Areoplanini; # San.
Il primo gruppo è forse, anzi
certamente, il più complesso da comprendere, temo. Trascina nel passato, con
una strutturo circolare. La pioggia e il chakra che aprono e chiudono rimandano
alla tragica notte dell’infanzia di Genjo Sanzo che tutti noi ben conosciamo. Sono il legame più forte, credo, che lo tiene legato al passato:
gli elementi ereditati di quella maledetta notte: la pioggia è la debolezza del
rimorso; il chakra la forza del rimpianto.
In mezzo, # Sigarette, # Shoreijyu e # Sutra.
Tre spezzoni che iniziano, non casualmente, con il fonema esse. Esse come Sanzo, Komyo Sanzo. Il
centro, quindi, di quel passato che Genjo Sanzo non si permette di dimenticare.
Le sigarette e il sutra ciò che accomuna maestro e allievo, la shoreijyu invece la voglia di vendicarlo. Al centro,
l’unico modo, forse, l’unica illusione per esorcizzare il passato. Le eredità
di Genjo Sanzo, dunque: quella indiretta, racchiusa in # Pioggia e # Sigarette
e quella diretta, in #
Sutra e # Chakra; nel mezzo, # Shoreijyui, ciò che le collega.
# Areoplanini compone, invece, da
solo il secondo gruppo e rappresenta il punto di contatto fra il passato delle drabble precedenti e il futuro di quella seguente. Gli areoplanini di carta sono la concretizzazione dell’infanzia
serena di Kouryu al fianco del suo maestro. Un’altra
eredità di Komyo Sanzo, che permette a Genjo Sanzo di
ricreare un legame simile e assieme diverso. La scena è comune,
ma diversi sono i protagonisti: Sanzo è adesso il maestro, non più
l’allievo, e Goku è il riflesso spensierato dell’infanzia che si è visto
rubare. Della spensieratezza strappata.
Infine, # San. L’ultimo gruppo. É l’unica drabble
per cui ho preferito il titolo in lingua giapponese (san significa tre). Il punto di arrivo:
il presente. La realtà di cui Genjo Sanzo fa parte, volente o nolente. I tre amici che lo accettano e lo stimano per
quello che è, e che lui so ostina a non voler
considerare. Il riconoscere un cambiamento e negarlo assieme, con la cocciuta
sicurezza di non volersi invischiare in qualcosa che può far male. Il presente
cui Genjo Sanzo si aggrappa con tutte le sue forze, anche se lo nega,
indispensabile per cercare di rimarginare le ferite.
Desideravo ringraziare, nel
momento di chiudere questa piccola raccolta, tutti coloro che l’hanno letta e, in special modo, colore che hanno avuto la gentilezza
di commentarmi. La gentilezza che mi avete mostrato è meravigliosa, e non ho
davvero parole per esprimere la gratitudine che vi porto.
Spero solo che questa piccola nota conclusiva non vi
risulti antipatica. L’ho inserita in risposta ad una domanda che mi è stata posta, e
assolutamente senza interesse autocelebrativo. Lungi,
al contrario, da me una simile intenzione.
Ho provato semplicemente a spiegarvi il disegno che
ho tentato di seguire e che si era delineato nella mia mente. Una lettura, quindi. Certamente non l’unica
possibile, nè tanto meno la più corretta. Ci sono
infinite possibilità. E io non intendo per nulla imporre la mia. Ognuno è
libero di leggere come vuole.
Ringraziandovi infinitamente.
Avalon