L'Aube du six Juin

di Filira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. A la volonté du Peuple! ***
Capitolo 2: *** 02. La Journée est Finie ***



Capitolo 1
*** 01. A la volonté du Peuple! ***


#ilpaesedellemeravigliedell'autrice
Oh, hi! Wannabe friends? Ehm, ecco, io lo so che Hugo si starà rivoltando nella tomba. Lo so, ne sono cosciente. Perciò chiedo scusa a lui, a Enjolras, a Granntaire, a papà Mabeuf(?),e  anche a voi. Mi dispiace, non volevo ma ho DOVUTO farlo. Devo esorcizzare la fissazione in qualche modo XD prometto che il prossimo capitolo avrà più senso. Eh, uhm. Ho provato a far qualcosa di decente, vediamo che ne esce D: au revoir! 
   




L'Aube du six Juin
01 - A la volonté du
Peuple





"A la volonté du peuple!"

Una voce gracchiante, roca, si levò dall’angolo più buio e sudicio dell’angusto locale. L’essere – perché dal suono della voce non si sarebbe davvero potuto distinguerne il genere – se ne stava rannicchiato su di una di quelle sedie dalle gambe spropositatamente lunghe, e dalla base d’appoggio stretta e scomoda priva di schienale, così da parire più simile a un uccellaccio che a un uomo.
Probabilmente anche per il gracchiare di cui s’è detto in precedenza.
Ma, comunque, tal uomo – perché sì, era un uomo – non era l’unico occupante della fumosa e sconosciuta bettola; se infatti si è lasciato percepire inizialmente solo il grido di quella figura nascosta dalla fumosa atmosfera del locale, pare giusto adesso lasciar percepire il resto dei rumori che animavano la stanza.

Un vociare sommesso, che pareva seguire un andamento al contempo costante e incostante. Una contraddizione evidente, direte. Ma non l’unica che animava tal bettola, naturale escrescenza dei sobborghi parigini d’inizio ottocento. Era tutto causato da un folto gruppo di giovani che, muovendosi freneticamente per la stanza, si spostavano continuamente da un capannicolo di compagni all’altro, avvicinandosi con aria concitata e biascicando certe parole che, l’avessero sentite le guardie nazionali che passeggiavano oziose e ubriache per la stradina sottostante, avrebbero portato al rizzarsi di baffi – davvero di moda al tempo – e allo schioccare di baionette. Ma quel luogo pareva protetto, isolato e inarrivabile. Al Corinto, parole come “cittadino” e “repubblica” risuonavano allegre e vivaci, adagiandosi sul morbido tessuto di una bandiera rossa intessuta da robuste mani femminili e sui buffi rigonfiamenti di una coccarda tricolore.

Era il 1832, sotto il lastricato apparentemente solido del regno di Luigi Filippo cominciava a scorrere la linfa di una nuova idea. Pura, cristallina, tale idea – che nient’altro era, se non l’utopia di una repubblica francese – nutriva e nel frattempo era essa stessa generata dalle giovani e ferventi menti di uomini appena sbocciati, ragazzini che per le strade malfamate della città parlavano al popolo che li osservava con occhi che tradivano la fame, parlando di equità e giustizia a chi avrebbe ucciso per un tozzo di pane. Nei salotti buoni, quelli dove la rivoluzione sembrava un miraggio lontano e assurdo, si rideva di quei giovanotti che- sfrontati, loro! – inneggiavano al rovesciamento del governo. Si denigravano le bandiere rosse, l’uguaglianza e il termine “cittadino” veniva pronunciato con quella leggera curvatura delle labbra che dava al termine quel non so che di dispregiativo. Quindi, da una parte dalla fame, dall’altra dall’opulenza, questi ragazzotti appena cresciuti erano costantemente accerchiati da personaggi che ne osteggiavano la causa. Eppure l’ignoravano. O, probabilmente, avevano fiducia nel futuro.

È dunque in questo contesto che si può calare l’ambiente appena tratteggiato poco sopra, dove una figura celata – che d’ora in poi chiameremo Grantaire, per dover di cronaca – alzando la bottiglia oramai priva di un qualsiasi liquido, aveva sbottato contro il nulla con l’enigmatica frase “A la volonté du peuple!”. Nessuno aveva accolto tale sporadica iniziativa – e probabilmente Grantaire stesso l’aveva formulata in uno stato di semi-incoscienza dovuto all’alcol, essendo piuttosto restìo nei confronti di tal ideale repubblicano, o in generale nei confronti di qualsiasi ideale – così il giovane aveva fatto spallucce, lasciato la bottiglia – che era atterrata poco dolcemente sul pavimento di legno marcito, rompendosi – ed era ricaduto poco aggraziatamente sul tavolino di fronte a sé, prendendo a russare con enfasi.

Fu in quel momento che, all’opposto della sala, due occhi si posarono su tal pietoso spettacolo. Fissi, alteri, severi. Feully, un giovane dagli occhi vispi e la voce allegra, da sempre dedito allo studio almeno quanto al disquisire dell’ingiustizia perpetrata ai danni della Polonia del 1772, stava appunto arringando con foga un qualche discorso inerente a tale stato, quando, colto lo sguardo derivante dagli occhi di cui s’è detto, le parole gli morirono in bocca. Biascicò ancora uno stentato “Delitto, questa divisione è un delitto verso il popolo”, ma, notando di aver perso l’attenzione del suo uditorio, si era risolto nell’abbandonare l’impresa, e si era diretto verso Joly e Bossuet, con la testa bassa e sussurrando ancora la parte finale del suo discorso. Dunque Feully, seguendo l’andamento disordinato di quel gruppo, si era mosso verso la prossima meta, ma una figura, stoica, la stessa che prima aveva adocchiato quasi furiosamente il semi-cosciente Grantaire, non aveva mosso un passo, rimanendo saldamente piantata sulle gambe. Enjolras, dal centro della sala, nel luogo più illuminato del locale, guardava con disdegno a quel cantuccio oscuro e infido, dove stava rannicchiato Grantaire.
Si potrebbe quasi dire che questa particolare disposizione fosse quasi simbolo della loro contrapposizione, ma come si vedrà tale discorso potrà essere affrontato in seguito, alla luce di eventi che portarono comunque a un mutamento nel generale comportarsi del gruppo. Enjolras stava, come s’è detto, nel centro della sala. E si può dire fosse anche al centro di quel sistema di persone, di quell’ammasso confuso ma armonioso d’idee, fautore della linfa rivoluzionaria della bettola, capo di quella piccola parte della rivoluzione, se di capo si potesse parlare, quando si ha a che fare con cittadini che lottano per l’uguaglianza.
Enjolras dunque, la fronte madida di sudore e i ricci solitamente domati, ma in quel momento parecchio ribelli, assistette impassibile alla scena dettata dall’ubriacatura di Grantaire, lasciando trapelare momentaneamente il proprio disgusto per tale presenza a causa di un’effimera smorfia comparsa sull’angelico viso che, se non fosse stato oggetto di attenzione, non avremmo di certo notato.

L’ambiente era in subbuglio, l’avvento di un giovane bonapartista aveva portato una ventata di  novità all’interno dell’ambiente, e le sagge parole di Enjolras risuonavano ancora nell’aria, quanto il potente “Mia madre è la repubblica” con cui il giovane aveva annichilito tale bonapartista – che di nome faceva Marius – nonostante fossero ormai trascorse ore.
Enjolras si voltò, misurando a grandi passi la stanza in tutta la sua lunghezza.
Si fermò, era giunto ormai vicino a Grantaire.
Portò una mano al mento, tentando di nascondere la smorfia che veniva a crearsi sul suo volto a causa del disgusto per il forte puzzo di alcol. Sospirò, con quell’aria grave che faceva parere il più banale dei sospiri il più sofferto dei ragionamenti. Riprese a camminare, portandosi dal lato opposto della sala, verso le scale. Si volse per l’ultima volta, scorgendo rapidamente Courfeyrac che gesticolava, discutendo animatamente con Bahorel. Nello scendere le scale scricchiolanti chinò rispettosamente il capo di fronte alla vedova Hucheloup, ed uscì rapidamente dalla locanda.

Appena gli stivali toccarono il selciato di Parigi e l’aria rarefatta della città gli inondò la gola, sul volto di Enjolras si dipinse un’espressione tendente alla beatitudine, per quanto il suo volto di perfetto marmo potesse subire variazioni.

Chiuse gli occhi, quando alle sue spalle avvertì un leggero scricchiolio.

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Capitolo 2
*** 02. La Journée est Finie ***


#ilpaesedellemeravigliedell'autrice
Miei cari ricoluzionari! Merci beaucoup per il benvenuto :) Io amo questo fandom, really. Niente shipwar, hating vario, bashing dei personaggi. DOve è stato nascosto questo paradiso per tutto questo tempo, DOVE? Oh well, siete stati davverdavvero carini nelle recensioni, indipercuiperciò spero questo capitolo vi piaccia. Ho provato ad aggiornare prima ma tre piccoli problemi chiamati Spinoza, Locke e Hume me l'hanno impedito. Ah, i miei uomini XD
Alla prossima  
   




L'Aube du six Juin
02 - 
La Journée est Finie





In giugno, Parigi rifioriva.
Il lastricato perennemente umido e scivoloso delle strade si asciugava, gli alberi dai rami secchi e stanchi parevano vivere una seconda giovinezza, gli uomini cantavano ubriachi fuori dalle locande, e le ragazze meno fortunate allentavano i corsetti stracciati e accorciavano le gonne bucherellate.
Sulla terra e la pietra si affrettava dunque una giovane donna, dall’incedere affrettato e, al contempo, parecchio impacciato. I piedi nudi si appoggiavano con attenzione sul lastricato della strada, evitando accuratamente cocci di bottiglie e sassolini troppo appuntiti. Era quella tipologia tipica di donna parigina di bassa estrazione. Éponine Thenardier si muoveva furtiva tra le vie malfamate di un qualche sobborgo Parigino, con la luna a fare da guida in una notte senza stelle. Meteorologicamente parlando, sembrava che gli astri stessi in quei giorni di silenziosi preparativi al subbuglio si fossero ritirati, incapaci di assistere all’infruttuoso avvicendarsi delle cose umane.

Prima di continuare con la storia – quindi di comprendere cosa muovesse quella giovane gamine parigina a frequentar tali sobborghi ad un orario così disdicevole per una donna – pare opportuno spendere qualche parola in merito a tale essere umano, cui nella storia si potrebbe anche far riferimento quale “la ragazza Jondrette”, grazie alla qualifica attribuita al padre, su cui però non ci soffermeremo. Éponine aveva lineamenti comuni, capelli castani e portamento da gatto inselvatichito. Si muoveva lesta che fosse giorno o notte, senza differenze. Gli occhi veloci e lo sguardo vibrante, pareva fosse sempre sul punto di attaccare il prossimo. Non aveva una voce gentile, né tantomeno portamento sofisticato. I capelli intrecciati dalla polvere e dal sudore, unghia annerite e sanguinanti, guance scavate. Era una vagabonda, la naturale evoluzione del monello di strada. Non ancora donna, non più bambina, vagava nel limbo di quell’età particolare che è l’adolescenza. Se fosse nata borghese – o, meglio ancora, nobile! – forse avrebbe avuto guance rosee, vesti di organza e velluto. Fosse nata nobile sarebbe stata in età da marito. Ma Éponine era nata povera, più prossima al legno di una volgare bara più che a quello pregiato di un talamo nuziale.  Ed avrebbe raggiunto prima l’uno dell’altro, come si vedrà in seguito.
La ragazza stava dunque camminando per il dedalo di vie che è Parigi, esperta di vicoli più che viali, di taverne più che palazzi. Fu così che si ritrovò alle spalle della bettola chiamata “Corinto” e – di conseguenza, come il lettore ricorderà – alle spalle di Enjolras.
“Monsieur” azzardò, la voce graffiante e fiera “Sapete dove posso trovare il mio fralin?”


**


“Con la disgrazia che mi visita ogni notte, mio buon cittadino ” bisbigliava allegro Bossuet, chinando la testa di lato per osservare i precisi movimenti di Joly, in piedi di fronte a lui “tutte queste medicine finiranno per condurmi sottoterra!”
Joly inarcò un sopracciglio, mentre con uno straccio bollente detergeva il taglio dell’amico.
“Sia invidiato colui che dorme nel seno della nostra adorata madre, Parigi! Mio buon amico, non vorresti ricongiungerti ad essa?”
Jehan avvicinò rumorosamente una grossa sedia dai braccioli mangiati dalle termiti, e vi si sedette con eleganza
“Se voglio andare a nutrire la Repubblica con le mie sfortunate carni? Giammai, mon ami. Enjolras non permetterebbe tale scempio, ne son certo!”
Combeferre attraversò lo stanzone a grandi falcate, portandosi dietro allo schienale dove sedeva Bossuet
“Enjolras non permetterebbe tante cose, se potesse. Non disperare Bossuet, il tuo corpo avrà degna sepoltura, amico mio. Piuttosto, lasciate che del malato si occupi un altro malato” guardò brevemente Joly che, indaffarato, si tergeva la fronte con una panno umido. Era certo di aver contratto una qualche febbre esotica. “Dicevo, qualche valoroso uomo della Repubblica mi aiuti in un compito gravoso e degno dei massimi onori!”
Feuilly impettito camminò di fianco al compagno
“Bene, signori… È ora di svegliare l’ubriaco di Francia, se non vi dispiace. Enjolras non gradirebbe vederlo disturbare il sonno della venerabile madame Hucheloup fino a dommattina.”

La luna troneggiava alta in cielo. Sarebbe parsa quasi una serata di normali trascorsi tra compagni di ubriacature, così vista e brevemente raccontata. Se non fosse che, fino a qualche istante prima che la nostra attenzione convergesse su tale ambiente, nell’aria risuonavano grevi i conti delle munizioni a disposizione della compagnia, in vista della rivolta. Fu così che nacquero le rivoluzioni del Giugno 1832. Tra risa e complotti, tra compagni di facezie e d’armi. Iniziò col folle progetto di studenti, si concluse col terribile pagamento di un tributo tanto sanguinolento quanto – apparentemente –  infruttuoso.
Non ci sarebbe stato nessun 1848 senza 1832, nessuna Seconda Repubblica senza il sangue grondante dalle barricate.


**


Enjolras espirò profondamente, lasciando che la figura della giovane gamine gli risultasse chiara. Riconobbe quegli occhi scavati, nonostante già la voce l’avesse redarguito sull’essere che l’aveva interpellato.
Madame” e non vi era ombra di alcun sarcasmo o disprezzo “vostro fratello non si trova con noi. Quel ragazzino mette a rischio la propria vita qui, mia signora. Se posso permettermi, vi consiglio di tenere il piccolo lontano da certi affari che non riguardano i monelli di strada.”

Éponine si mosse malamente dall’angolo buio della strada, andando ad avvicinare quella figura angelica che parlava con voce tanto distante. Nell’ombra, a ben vedere, sarebbe potuto parere un messo divino inviato ad annunciare l’Apocalisse. Bello e terribile. Ma la giovane Thenardier sapeva troppo – e al contempo troppo poco – del mondo per lasciarsi intimorire. SI portò dunque a pochi passi dal ragazzo – che sapeva essere di ricche origini – e gli parlò brevemente

“Mio signore, dimmi allora, chi riguarda questa faccenda? Non riguarda forse il popolo? Vi ho sentito parlare mio buon signore, Éponine sa tante cose che non dovrebbe sapere. Sei sicuro, monsieur, di non aver incontrato un povero gamin chiamato Gavroche?”
Enjolras alzò lo sguardo di brace sulla ragazza. Per il popolo viveva, combatteva, era pronto a donare la propria vita. E non sentiva di aver alcunché da nascondere ad esso
Madame, non è posto per signore e bambini, questo. E nulla di quello che diciamo non si dovrebbe sapere.”
“Sta bene, evidentemente quel monello starà derubando qualche bella prostituta nei dintorni. Sa, sono le più facili da colpire, le sfortunate. Sempre troppo impegnate dagli indumenti altrui per curarsi dei propri.”
“Mia signora, non sarà così a lungo. Presto nessuno avrà bisogno di rubare alcunché. Eppure lasciatemi insistere, dovreste essere già al sicuro, a quest’ora della notte.”

Enjolras si volse, facendo perno su un piede per girare le spalle alla giovane. Abbassò lievemente il capo, e si apprestò dunque a rientrare, mentre dall’ingresso della locanda veniva trascinato un incosciente Grantaire. Immediatamente i pensieri di Enjolras vennero catalizzati sulla figura del giovane ubriaco. Una volta che l’alcol ne avesse liberato la mente, egli avrebbe vissuto la peggiore delle sofferenze. Enjolras era nato per disquisire di quanto Grantaire fosse dissoluto e poco utile alla causa comune.

Monsieur, sono sicura che nessun uomo appoggerà la vostra causa se toglierete le ragazze dalle strade.” Sorrise mesta, mentre un’immagine orribile le attraversava la mente. Si vedeva vestita di stracci, con solo il selciato di Parigi a farle da talamo. Marius – il suo bel Marius! – passeggiava tenendo amorevolmente la mano ad una giovane dama. Oh, disgraziata! Cosa avrebbe detto il buon signor Marius di lei? Sarebbe diventata prostituta, un giorno?
Enjolras non sembrò aver percepito la frase della ragazza, che – in ultimo – aggiunse

Monsieur, quando sarete pronto a morire, riservate su questo cimitero un posto per due giovani amanti. Sfortunati? Chissà, ma almeno noi si morirà assieme!”
Corse via, un foglietto ripiegato nel taschino del vestito stracciato, ricucito con un ago grosso che pungeva le mani fino a farle sanguinare, aspettava di essere consegnato.

Non trovato Gavroche, si risolse essa stessa a consegnarlo al destinatario.
In una grafia incerta, lo scritto recitava “Sloggiate.”.

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