Tu eri il mio passato e ora non so più cosa c'è nel mio futuro...

di Summer9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La scelta giusta ***
Capitolo 2: *** I demoni del passato ritornano sempre ***
Capitolo 3: *** I segreti non possono rimanere segreti per sempre ***
Capitolo 4: *** Sono tornato ma non per sempre ***
Capitolo 5: *** Tra il dubbio e il desiderio ***
Capitolo 6: *** Quando succede quello che non dovrebbe ***
Capitolo 7: *** Dopo la verità... ***
Capitolo 8: *** Una punizione fortunata e poi di nuovo a Hogsmeade ***
Capitolo 9: *** Senza di lei... ***
Capitolo 10: *** "Chi non muore si rivede" ***
Capitolo 11: *** La vita continua...nonostante tutto ***
Capitolo 12: *** Viaggi e fatalità ***
Capitolo 13: *** Tutto come prima e tutto diverso ***
Capitolo 14: *** Nemici...amici... ***
Capitolo 15: *** "Ti amo e ti amerò per sempre" ***



Capitolo 1
*** La scelta giusta ***


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Tu eri il mio passato ed ora non so più cosa c’è nel mio futuro...

 

Il quinto anno scolastico era ormai passato da un pezzo e aveva portato con se molti cambiamenti, molti di più di quanti ce n’erano stati con i precedenti anni, primo fra tutti finalmente la scoperta della verità, anche se il prezzo era stato grande, enorme, per tutti.

Inutile ormai sottolineare la morte di Sirius, evento che ha spezzato molti cuori, tra tutti gli amici che ha lasciato sulla terra; la consapevolezza di Harry di dover uccidere o morire ucciso, unita alla forte sensazione di essere solo, si, perché anche se in realtà non lo era, la perdita del padrino aveva lasciato in lui un vuoto incolmabile, almeno per il momento; ma non c’erano state variazioni solo per il famoso trio Ron, Harry, Hermione e per l’ordine della fenice, no, i mutamenti erano stati globali: ormai la notizia del ritorno di Voldemort era stata accettata persino da Caramell, conseguentemente divulgata in tutto il mondo magico e tra le principali autorità del mondo babbano che, sebbene ignaro, era gravemente in pericolo in quella situazione precaria finanche per chi era cosciente di tutti i pericoli che si correvano con il Signore Oscuro in libera circolazione.

Nonostante tutto ciò la vita ovunque sembrava scorrere tranquillamente, non perché nessuno si rendesse conto del pericolo incombente, ma poiché d'altronde non era plausibile smettere di vivere, in qualunque caso era meglio andare avanti, anzi si doveva andare avanti, perché nulla avrebbe favorito una più rapida ascesa del male quanto la crisi della quasi totalità della popolazione.

 

Capitolo 1°: la scelta giusta

Dafne Pratchett se ne stava distesa nella calma ombrosa del suo piccolo giardino, mentre supina, cercava di costruire una lunga ghirlanda con le margherite che la circondavano pensando con impazienza alla lontana fine delle vacanze.

Era sempre piena di curiosità quando doveva cambiare scuola e passava sempre il periodo estivo a fantasticare su come sarebbe stato il nuovo ambiente, i nuovi professori ed i nuovi compagni, cercando a fatica di ricordare i precedenti che spesso erano celati nelle nebbie della memoria, non perché lei avesse problemi a ricordare, ma perché a causa della sua situazione doveva cambiare scuola quasi ogni anno e ogni volta le era inferto l’incantesimo oblivious, per cancellare dalla sua mente il ricordo della sede del precedente istituto e ormai nella sua testa c’era solo un turbinio confuso d’informazioni mescolate.

Dafne, orfana da quando in grado di ricordare, non è mai stata potuta essere data in adozione per problemi burocratici e di anno in anno continuava a passare da diverse famiglie affidatarie che, sebbene affezionate alla ragazza, non riuscivano mai a darle un’abitazione stabile, poiché avevano gravi problemi di denaro e quindi potevano ospitarla solo temporaneamente.

Questa volta invece sembrava avessero trovato per lei la famiglia perfetta: una coppia londinese di mezza età, benestante e desiderosa di badare ad una ragazza gia abbastanza grande da non richiedere pressanti e continue attenzioni.

Dafne si trovava bene con loro, anche perché le concedevano una libertà che nessuno aveva mai avuto il coraggio di darle e in più abitando lì avrebbe frequentato per un tempo indeterminato,

 la scuola di magia più prestigiosa del mondo, Hogwarts, che ospitava nientemeno che il famoso Harry Potter.

Quante volte aveva sognato di poter conoscere o almeno solo vedere il ragazzo che all’età di un anno aveva sconfitto il Signore Oscuro e lo aveva affrontato ancora cinque volte in cinque anni scolastici, ora avrebbe persino frequentato le sue stesse lezioni, perché come lui avrebbe dovuto cominciare il sesto anno, non stava letteralmente nella pelle, al solo pensiero aveva cominciato a percorrere il perimetro del cortiletto a grandi falcate, seguendo il ritmo delle palpitazioni del suo cuore.

Quando si rese conto della sua esagerata reazione però si fermò di colpo e, dandosi un lieve schiaffo sulla guancia si disse, “Non essere stupida Dafne, quante volte hai cambiato scuola? Non mi sembra il caso di fare tante scene ora solo perché forse, sottolineiamo forse, conoscerò Harry potter! Si, perché non è detto che diventeremo amici, magari non ci staremo nemmeno simpatici a vicenda!” si disse per calmarsi, ma quella frase sortì l’effetto opposto, infatti, s’innervosì ancora di più e prese a camminare più velocemente, finché una voce alta e squillante giunse da dentro la casa “Dafne cara vieni! E’ pronto il pranzo! Non fare aspettare Jales per favore che alle due oggi deve già essere in ufficio”

Colta alla sprovvista la ragazza guardò l’orologio sovrapensiero senza accorgersi che era la una e quaranta, apprestandosi così a raggiungere la sala da pranzo a passi lenti, soffermandosi ogni tanto ad accarezzare i vari gatti cui la coppia aveva deciso di donare un posto dove stare.

Di nuovo da dentro giunse una voce che disse con un tono più duro e seccato “Dafne Allora ti vuoi muovere?!?Non abbiamo l’intero pomeriggio da perdere perché non ti vuoi spicciare a venire a tavola”

Finalmente si rese conto dell’orario e raggiunse veloce la coppia a pranzo dove l’aspettava un invitante arrosto di pollo con patate

“Mi spiace” cercò di scusarsi in tutta fretta “Non mi ero accorta dell’orario, spero di non farti arrivare in ritardo al lavoro” “Non preoccuparti” le rispose l’uomo da dietro i suoi ispidi baffoni castani, ”Io ho già finito di pranzare, ti farà compagnia Margaret, ora vado, ciao, buon appetito” disse stampando un grosso e sonoro bacio sulla guancia della moglie appena prima di scomparire con un sonoro “pop”.

“E’ inutile” asserì la donna ridacchiando “Non riuscirete mai a mangiare insieme!” “Mmm già”disse goffamente Dafne, che, affamata, si era già lanciata sulla porzione di pollo del suo piatto “Allora come va? Ti vedo molto pensierosa…curiosa di vedere la nuova scuola?” “Si…abbastanza” assentì tra un sorso d’acqua e l’altro “Sono più che altro nervosa, è la scuola migliore e ho il timore di rimanere indietro con qualche materia che magari non conosco molto bene” “Secondo me non ti devi preoccupare, da quello che mi hanno detto sei una studentessa modello, e poi scusa, non è mica per recuperare le materie che non conosci che stai frequentando dei corsi estivi? Basta che t’impegni ora e non incontrerai difficoltà!” disse in tono rassicurante mentre le scostava i capelli dal viso con gesto materno “Hai ragione, ma non so perché stavolta sono più in ansia, con gli altri cambi di scuola non è stato così, ma…forse è per via…forse è per…” “Cosa? C’è qualcos’altro che ti preoccupa” “Uh? No, no!” disse scuotendo la testa come per togliersi da uno stato di trance “Niente, niente, ma dimmi, tu hai studiato lì, com’è?” chiese con sincera curiosità, tanto da distogliere la mente della donna dai dubbi che aveva appena espresso.

Margaret allora si lanciò in una dettagliatissima descrizione delle tradizioni e della vita quotidiana a Hogwarts, che non sto a riportare in quanto siamo già fin troppo istruiti in questo campo.

 

Il pomeriggio passò lentamente tra i vari racconti della signora Williams e quando l’orologio a pendolo della sala suonò le sei e trenta Dafne non poté che ringraziare il cielo: era arrivata l’ora della sua lezione serale di difesa contro le arti oscure, una delle poche materie che non aveva affrontato molto nelle scuole precedenti e nonostante ciò una delle sue preferite.

Così, attraverso la metropolvere, raggiunse in poco meno di trenta secondi l’aula nella quale prendeva ripetizioni con altri otto ragazzi , non prima, però, di avere assicurato che sarebbe tornata per cena.

Era molto raro che dessero luogo a queste lezioni, poiché per frequentarle servivano determinati permessi per utilizzare la magia al di fuori della scuola in determinati orari nonostante la minore età e, anche una volta ottenuti, il Ministero effettuava rigidi controlli ogni settimana, perciò, servendo una tale organizzazione, solo in casi speciali elargiva questi permessi e Dafne e gli altri otto ragazzi evidentemente lo erano.

 

La lezione però quella sera fu davvero sfiancante e la ragazza decise, appena a casa, nonostante fosse tornata in tempo per la cena, di andare direttamente a letto, dove si addormentò senza nemmeno mettersi in pigiama, subito dopo avere appoggiato il capo sul cuscino.

Morfeo la accompagnò nei meandri di Notturn Alley, dove cominciò a tentoni a cercare la via d’uscita, invano, l’oscurità l’aveva completamente accerchiata, era sola, senza bacchetta e oltre a non conoscere la strada non poteva nemmeno vederla.

Avanzava cauta nel buio, cercando di evitare buche, dossi o individui di passaggio, ma era molto complicato senza nemmeno la luce della luna che illuminava fiocamente le anguste viette e ogni tre per due cadeva carponi a terra procurandosi lividi sui palmi della mano e tagli sanguinanti sulle ginocchia.

I vicoli sembravano infiniti e vuoti, ormai errava senza meta come un’anima in pena quando scorse in lontananza le voci di due uomini che discutevano.

Era salva! Cercò di seguirle in modo che la portassero a loro, ma mano a mano che s’avvicinava i loro toni sembravano dissuaderla dal chiedere aiuto.

Una voce era bassa e sibilante, fredda, piena d’odio, sembrava uscire direttamente dalle fauci di un grosso serpente, mentre l’altra assomigliava più ad un guaito, uno squittio ed emetteva piccoli versetti ogni volta che l’altro uomo cominciava a parlare.

No! Decisamente non era il caso di chiedere loro una mano, ma la sua curiosità ebbe comunque la meglio, così decise almeno di avvicinarsi per sentire cosa dicevano.

Arrivò a pochi metri di distanza, ma non osò avvicinarsi di più, perché dalla bacchetta di uno dei due fuoriusciva una forte luce e non voleva farsi scoprire; purtroppo, nonostante il silenzio del luogo, le voci dei due erano troppo basse perché potesse capire i loro discorsi nella totalità, così si sforzò di sentire tutto ciò che poteva, ma riuscì ad cogliere solo dei brandelli di conversazione:

 “Allora la profezia?” chiese l’uomo dalla voce sibilante “Sei riuscito ad ascoltarla?” l’altro con voce petulante rispose qualcosa che Dafne non comprese e poi cominciò un piccolo racconto di cui  udì solo piccoli brandelli quali “I due ragazzi…” “…uccidere…” “…spazio…” ”…uno se l’altro…” non riuscì a capire se quello che l’uomo con la vocetta da topo stava dicendo fosse importante per il sinistro individuo perché sembrava sapesse celare abilmente i suoi sentimenti, ma quando anche lei sentì la parola “Hogwarts” non poté non essere certa di aver udito un sibilo di soddisfazione uscire dalle sue labbra, finalmente cominciavano a parlare di qualcosa d’interessante…ma…no! Che stava succedendo? L’immagine dei due uomini si allontanava sempre di più, l’oscurità si stava dissolvendo e da un luogo lontano una foce familiare la chiamava, vide un lampo verde, un piccolo fagotto di stracci davanti alla porta di un grande istituto dai muri rovinati, poi si mise seduta e vide davanti a sé un piccolo felino arancione che le faceva le fusa e si strusciava contro i suoi piedi…

Non stava più sognando, era mattino, era nel suo letto e Margaret l’aveva svegliata per la colazione.

Mentre si vestiva per scendere a mangiare si trovò a ripensare a quello che le era successo –Ancora quel sogno…cosa vogliono quei due da Hogwarts? Forse è per questo che sono così preoccupata? O forse faccio sogni strani perché sono agitata? Mi sembra tutto un gran circolo vizioso!- esclamò tra sé mentre scendeva le scale.

Passò tutta la mattinata tra le nuvole, pensando e ripensando a quello strano sogno che faceva ogni notte da due settimane e che ogni notte mostrava qualche piccolo particolare in più o si allungava di qualche minuto.

Ma più ci pensava meno ci vedeva qualche cosa di logico, insomma, chi erano quelle due perone? E perché le apparivano in sogno? Ma poi era davvero convinta che fosse una visione? Magari era semplicemente frutto dei suoi timori inconsci! E se fosse stata una visione come faceva ad averla? Oppure chi permetteva che l’avesse? E perché?

Tutti questi dubbi le annebbiavano il pensiero, scosse lentamente la testa “No! Devo smetterla di pensarci, mi sto facendo dei filmini che non esistono, sono solo più agitata del solito perché questa nuova scuola è molto prestigiosa e faccio degli incubi, tutto qui!” questa affermazione ripetuta ad alta voce e con convinzione le infuse sicurezza, così smise di pensarci per tutto il resto della giornata, purtroppo però quella notte tornò e riuscì a cogliere una frase in più dal discorso dei due uomini “Quel ragazzo, dobbiamo prenderlo!” A chi si riferivano? –Oh no!- esclamò tra sé –Non di nuovo! Dafne, non ricominciamo a giocare al detective, è soltanto un sogno e non mi rovinerà le vacanze!- questa nuova affermazione conteneva un non so che di definitivo rispetto alla precedente e si convinse del tutto, tanto che, nonostante tutte le notti quell’incubo le fosse tornato non riuscì più a continuare a girare nella sua testa, ma veniva automaticamente eliminato dai suoi pensieri appena lei si svegliava, per poi tornare a tormentarla la notte, ma ormai non era più un problema, ci aveva fatto il callo.

 

Così, notte dopo notte, la fine delle vacanze arrivò e un bel dì, verso gli ultimi giorni d’agosto, arrivò anche la lettera dalla scuola.

Era una mattina limpida e serena e Dafne, dopo molto tempo, aveva passato una notte tranquilla e riposante, poiché le sembrava di non aver sognato nulla, così si era svegliata di buon’ora, ancora prima della sua matrigna Margaret, che ancora si rigirava nel letto nel sonno in cera del marito che ormai da molto era andato al lavoro.

Allora a passi felpati scese le scale e si accinse a raggiungere la cucina, dove contava di prepararsi delle buone e grasse frittelle, ma, mentre passava davanti alla porta d’ingresso, qualcosa attirò la sua attenzione: era arrivata la posta, ma in mezzo a tutte le lettere che normalmente consegnava il postino, pubblicità, assicurazioni, stipendi, c’era una busta di una carta strana, giallognola, molto spessa, che recava incise parole scritte con un inchiostro verde smeraldo e caratteri ricercati e svolazzanti.

Nonostante sapeva che i due coniugi non amassero che lei sbirciasse nella loro posta questa volta non seppe tenere a freno la sua curiosità e andò a controllare a chi fosse indirizzata quella missiva.

Con finto fare disinvolto la sollevò e cominciò ad osservarla: sul davanti portava il famoso stemma di Hogwarts, il suo viso s’illumino, ma scoprì che i suoi sospetti erano fondati solo dopo averla voltata, infatti, il destinatario era Dafne Pratchett, 125 Piccadilly street, camera con balconcino, Londra.

Senza il minimo ritegno strappò la busta e cominciò ad esaminarne il contenuto, era l’occorrente per frequentare la scuola: libri, accessori, ingredienti per pozioni e divise! Le divise! Le aveva sempre adorate! Nelle scuole che aveva frequentato in precedenza non usavano portarle, ma lei aveva sempre sperato che le sarebbe capitata, prima o poi, una scuola dove le utilizzassero, naturalmente solo per seguire le lezioni, perché nel suo tempo libero lei amava sbizzarrirsi nella scelta del suo look, ma per andare a scuola pensava che fosse molto comodo non dover spendere mezz’ora ogni santa mattina per scegliere i vestiti da mettere!

Bene! Hogwarts era decisamente la sua scuola ideale! Perché non si era trasferita prima in Inghilterra?

Troppo eccitata per aspettare ancora corse in camera sua per lavarsi e vestirsi, nell’attesa che si svegliasse Margaret, che, appena uscita dalla sua camera, con ancora le lacrime agli occhi per il gran sbadigliare fu travolta dall’impaziente ragazza che le chiese il permesso di andare a DiagonAlley per fare spese

“D’accordo, d’accordo!” acconsentì la donna assonnata colta alla sprovvista “Ma vedi di tornare nel pomeriggio presto che Jales ed io dobbiamo uscire e preferiamo non lasciare la casa incustodita!” “Perfetto!” esclamò la ragazza che mai avrebbe sperato in un permesso così immediato e lungo: l’intera mattinata e qualche ora del pomeriggio tutti per lei e lo shopping, stampò un grosso bacio sulle guance ancora arrossate di Margaret e corse verso il camino, dove si trasportò attraverso la metropolvere nelle strade brulicanti di gente di DiagonAlley.

Per prima cosa fece tappa alla Gringott, dove s’imbatté in due ragazzi che quell’estate avevano fatto con lei lezioni di difesa contro le arti oscure con i quali però non s’intrattenne a lungo, era troppo curiosa di visitare quel luogo pieno di negozi e ragazzi come lei.

Dopo aver prelevato una discreta sommetta dalla sua cassaforte personale Dafne partì in quarta verso l’assalto ai negozi, per prima cosa andò da madama McClan, abiti per tutte le occasioni, dove però, prima di riuscire a parlare con una commessa dovette, con gran disappunto, aspettare una fila di almeno venti minuti; se avesse dovuto attendere a lungo non avrebbe potuto visitare con calma gli altri negozi.

Fortunatamente sentì una voce gentile rivolgersi a lei, si voltò e vide una ragazza con la divisa della bottega “Posso aiutarla?” “Si, grazie, devo prendere delle divise per Hogwarts e anche un vestito da sera, si, sembrava fosse nella lista…mmh strano adesso che ci penso” “Be, in realtà no, già al quarto anno l’avevano fatto acquistare per il ballo del ceppo no?” “Ballo del ceppo?” “Oh si, un’usanza della scuola, ti spiegheranno meglio i tuoi futuri compagni, sei nuova giusto?” “Eh si, mi sono trasferita qui in Inghilterra quest’estate e ho dovuto cambiare scuola” “Buona fortuna allora, ascolta, ” disse la commessa che durante la chiacchierata non aveva fatto altro che cercare chissà cosa dentro ad alcuni scaffali “divise della tua taglia non ci sono, devo prenderti le misure e fartele al momento, se hai pazienza un attimo prendo la stoffa ed il metro, nel frattempo accomodati in piedi su quello sgabello” le consigliò indicando uno scranno libero accanto ad una ragazza dai capelli castani ricci e a prima vista indomabili che come lei si stava facendo prendere le misure

“D’accordo grazie” disse con un tono cortese salendovi sopra.

“Ciao!” le disse con voce allegra la vicina di sgabello porgendole la mano “Io sono Hermione! Scusa se mi presento così, ma non ho potuto fare a meno di sentire la vostra conversazione e sono curiosa di sentire che anno devi frequentare, visto che sei nuova” “Il sesto, comunque io sono Dafne, piacere! Non preoccuparti, non mi è dispiaciuto che ti sia presentata, è meglio non iniziare una scuola totalmente “al buio” diciamo” “Già, è vero, ad ogni modo anche io farò il sesto anno, saremo compagne di classe e di dormitorio forse” “Bene!” esclamò Dafne sollevata di aver già conosciuto una delle sue nuove compagne “Si, anzi stavo pensando, che ne dici se scegliamo insieme il vestito da sera e dopo vieni a fare spese con me così ti presento anche alcuni miei amici, sempre tuoi futuri compagni?” la ragazza non poteva credere alle sue orecchie, sembrava essersi già fatta una nuova amica, se tutti i londinesi erano così socievoli in pochi mesi avrebbe conosciuto tutti gli studenti di Hogwarts “D’accordo, perché no?” disse mentre la commessa cominciava a prenderle le misure con stoffa e metro.

Quand’ebbe finito le disse che avrebbe dovuto passare tra un paio d’ore, per ritirare le divise pronte e finalmente poterono scegliere il vestito.

Le varie prove e le scelte richiesero un tempo infinitamente lungo, ma quando uscirono dal negozio avevano stampato entrambe un sorriso soddisfatto sul volto.

“Ti stava davvero bene quel vestito Hermione, il colore poi faceva risaltare i tuoi occhi” “Grazie” disse lei un poco arrossita “Ma anche il tuo era perfetto per te, davvero sexy” “Già, faremo impazzire tutti i ragazzi quando lo indosseremo” disse ironicamente.

Hermione stava già per ribattere che lei non sarebbe stata notata di striscio quando sentì due voci familiari chiamarla dall’altro lato della strada “Harry, Ron!” riuscì ad esclamare prima che si avvicinassero e lei si lanciò verso di loro per abbracciarli e baciarli “Ehi!” urlarono in contemporanea i due, sorpresi “Cos’è tutta questa festa che ci stai facendo?” “Non fate gli scemi, sono stata seriamente preoccupata per voi, non è così facile sapere come state se nelle lettere non si può scrivere niente di potenzialmente pericoloso, poi non siamo nemmeno riusciti a vederci, con Voldemort in libertà non è che ero molto tranquilla!” a sentirla pronunciare quel nome senza problemi a Dafne scorse qualche piccolo brivido sulla schiena, che fece notare la sua presenza ai due ragazzi appena sopraggiunti

“Ehi Herm!” domandò Ron “Perché non ci presenti…la tua ehm…amica?” “Oh si! Scusa, che idiota sono!” “Finalmente l’ha capito” bisbigliò il rosso all’amico con sarcasmo provocandogli piccoli spasmi dalle risate fatte sotto i baffi “Evidentemente Ron non hai ancora capito il significato di sottovoce, te lo spiego: io non dovrei sentire ciò che dici a Harry!” esclamò inacidita, facendo arrossire le orecchie dell’amico “Comunque” disse schiarendosi la voce “Questa è Dafne e quest’anno verrà a Hogwarts con noi, frequenterà anche lei il sesto anno!” “Bene! Chissà in che casa sarai? Speriamo Grifondoro!” disse Harry con un entusiasmo che fece tingere le sue guance di porpora “Già, ma io pensavo che anche corvonero non sarebbe male no?” d’un tratto il viso del ragazzo si rabbuiò “Che ho detto?” “Niente, niente” si affrettò a dire Hermione “Solo una brutta esperienza con una ragazza un po’ frivola di quella casa, comunque hai ragione, anche quella non sarebbe male, sembri in gamba sai?” “Grazie mille, ad ogni modo Harry, mi spiace di aver fatto riaffiorare ricordi spiacevoli, dai adesso andiamo a fare un po’ di sano shopping e cerca di fare un bel sorriso, se no attacchi il malumore anche a me!” “D’accordo, ma per prima cosa compriamo i libri, così ci togliamo il pensiero!” “Ottima idea, forza, dove si va? Guidami tu!” chiese prendendolo sottobraccio

“Ehi, non pensi che si stia prendendo un po’ troppa confidenza con Harry?” “Che c’è gelosa?” “Io? Ma figurati, è che sembrava tutta timida ed impaurita con me prima, ha tirato fuori una grinta che non sospettavo!” “Gia…” mugugnò Ron che sembrava aver ascoltato solo la prima parte del suo discorso “…dimenticavo, c’è soltanto Krum nel tuo cuore” “Ma smettila! Ancora con questa storia! E’ solamente un amico di penna, lo vuoi capire, non è il mio tipo, troppo spigoloso diciamo! Sei contento ora che te l’ho detto?” “Si, ma non è che m’importava molto, era solo per prenderti in giro” affermò con una voce talmente risollevata che fece spuntare un mezzo sorrisetto sul viso della ragazza “E adesso che c’è?” “Niente, niente!” “Va bè, sarà meglio che raggiungiamo quei due, sono già entrati nel negozio!”

Da lì uscirono con delle borse talmente zeppe di libri che ogni pochi metri i ragazzi dovevano fermarsi per far riposare le braccia “D’accordo!” disse Harry stremato “Forse l’idea di prendere i libri per primi è stata più stupida che furba, propongo una pausa da Florian Fortebraccio per un gelato, non ho fatto colazione oggi!” “Ottima idea, nemmeno io ho fatto in tempo a mangiare stamattina!” asserì Dafne, il cui stomaco aveva effettivamente cominciato a gorgogliare molto rumorosamente.

Presero un grande tavolo all’aperto, all’ombra del tendone, dove, seduti, riposarono in silenzio le loro stanche membra, in attesa del gelato, che non tardò ad arrivare.

“Sai mi chiedevo” esordì Hermione mentre lottava per cacciare una nocciola fuori dalla coppa “chi ti avesse accompagnato qui e come mai ti abbiano lasciato solo” “E’ venuto Remus, tutti gli altro erano… occupati” disse cosciente di non poter parlare chiaro per la presenza di Dafne “Ma ha pensato che dopotutto in questa via brulicante di gente, in pieno giorno, con i miei amici, dopotutto magari ero al sicuro” “In che senso?” domandò incuriosita Dafne “Come in che senso?” esclamò stupita Hermione “Non dirmi che non hai capito che Harry è…è…Harry Potter!” “Oddio no!” proruppe allora imbarazzata, ma con un misto di curiosità nello sguardo “ Che stupida sono, chi poteva essere un Harry del sesto anno a Hogwarts se non il famoso Harry! Senti, so che te lo chiederanno tutti e probabilmente sarà fastidioso, ma…la cicatrice?” “Oh, non preoccuparti” disse all’ora lui sollevandosi con noncuranza il ciuffo ribelle dalla fronte “Ecco…” “Fa uno strano effetto vederla dopo averne sentito parlare per anni” disse sporgendosi e sfiorandola delicatamente con l’indice, al che però il ragazzo si scostò istintivamente lasciando andare i capelli “Oh scusa!” mormorò imbarazzata “Non ho pensato che…” “No, è solo che non me l’aspettavo, nessuno a parte me l’hai mai toccata…così…è stato strano, ma non spiacevole, non so perché ho reagito in questo modo…” dopo questa frase uno strano silenzio turbato cadde sul quartetto che finì il dolce senza parlare.

L’atmosfera cambiò soltanto quando un orologio lontano scandì mezzogiorno e mezzo “Scusate, ma ho ancora un sacco di cose per la scuola e per me da comprare e devo ancora passare a ritirare i vestiti, comunque è stato bello conoscervi, ora comincerò tranquilla il nuovo anno nella nuova scuola! Ciao a tutti! Ciao Harry” disse con un sorrisetto a metà tra l’imbarazzo e la malizia mentre scompariva dietro l’angolo della strada affollata.

“Quella ragazza è proprio strana!” “Quella ragazza è pericolosa” bisbigliò Hermione fissando la sedia vuota pensando di non essere sentita “Ma che dici?” esclamarono i due all’unisono “Chi?Cosa?Ah!Ma no! Volevo dire deliziosa, mi sono…confusa…ecco tutto” “Si, certo, a chi vuoi darla a bere? E’ che si vede lontano un miglio che piace a Harry e sei gelosa!” “Ma la vuoi piantare con questa storia, prima con Krum, ora con lui?” urlò indicando l’amico “Basta!” “Basta, davvero! A parte il fatto che non voglio essere messo in mezzo nei vostri battibecchi, poi non cominciate come l’anno scorso, sembrate una coppietta d’anziani inaciditi!” sbraitò irritato “Ha ragione, scusa Mione” “Okkei, non preoccuparti Ron, ma smettila con tutte queste frecciatine su me e altri ragazzi, non è che sei tu quello geloso?” “Non cominciare tu ora!” “D’accordo, ora basta davvero, andiamo a prendere gli ingredienti per le pozioni!” “Oh! Non farmi cominciare a pensare a quella patatina fritta vivente prima che arrivi settembre, ho già abbastanza incubi per conto mio!” affermò Harry provocando le risate dei due amici che riempirono l’aria già vociferante di Diagon Alley.

 

Quando Dafne ebbe finito tutti gli acquisti per la scuola le avanzava ancora un’oretta scarsa di libertà che decise di spendere con una visitina ad un negozio che l’aveva incuriosita quando c’era passata davanti: Accessori di qualità per il Quidditch, lei adorava quello sport, ma non aveva mai avuto il denaro per permettersi una scopa, nonostante tutto, tutte le volte che girava negozi per comprare gli accessori per la scuola nutriva sempre la segreta speranza di riuscire, in qualche modo che ancora non conosceva, a prendere almeno un manico di scopa mediocre.

Appena si avvicinò al negozio però le sembrò un’idea impraticabile quella di visitarlo, infatti, davanti alla vetrina c’era una calca impressionante di gente che cercava di vedere qualcosa all’interno –Probabilmente una scopa nuova- si disse con la curiosità che cresceva a mille, così, quatta quatta, cercò di farsi largo tra la folla eccitata, ma con scarso successo, per di più, mentre cercava di stare sulla punta dei piedi per vedere meglio perse l’equilibrio e scivolò addosso ad uno dei tanti ragazzi facendolo cadere rovinosamente a terra.

Dispiaciuta cercò di aiutare il ragazzo ad alzarsi porgendogli la mano.

 

Draco, ancora irritato per la caduta prese in malo modo la mano della ragazza maldestra, pronto, appena si fosse rialzato, a dirgliene quattro, ma appena posò il suo sguardo su di lei si ammutolì, improvvisamente la gola gli si era seccata ed emettere un suono che potesse avvicinarsi ad un ciao fu veramente difficile; la ragazza, infatti, era veramente bella, nessuna l’aveva mai colpito così ad Hogwarts, non gli sembrava nemmeno d’averla mai vista in effetti a Hogwarts, ma dalla sua borsa sporgevano le inconfondibili divise che anche lui aveva appena acquistato.

Non riusciva a togliere il suo sguardo da lei, non era molto alta, gli arrivava poco sopra alle spalle, ma aveva un bel fisico, era abbastanza magra, aveva tutte le forme al punto giusto ed il viso era bellissimo: aveva una pelle molto chiara, con lineamenti fini e degli occhi leggermente a mandorla, non abbastanza da farla sembrare orientale, ma da conferirle quell’aria di mistero che tanto amava nelle donne e quei capelli ondulati, di un tenue rosso ramato che le incorniciavano il volto la facevano apparire al contempo una ragazza tenera, da proteggere, ma sensuale e piena di passione.

Nonostante tutto i suoi modi non si erano raddolciti di molto quando le disse “Ehi stai attenta, hai deciso di rompere un braccio a qualcuno prima di sera?” “Ehi sta calmo tesoro, non l’ho mica fatto apposta, scusa se ti ho fatto impolverare il tuo bel vestito” esclamò vagamente irritata dal suo tono arrogante.

Questa sua audacia fece accrescere enormemente l’interesse del ragazzo verso di lei “D’accordo, mi calmo, ma stai attenta la prossima volta, in ogni caso, che ne dici di prendere una burrobirra con me?” –Ma che ho detto? Come mi è saltato in mente di invitarla…bah, ormai è fatta- -Questa è veramente la mia giornata fortunata- si disse invece lei prima di accorgesi che in realtà non ne aveva il tempo “Verrei davvero volentieri, ma tra dieci minuti devo essere a casa e non credo di ricordarmi esattamente la strada del focolare che ho usato per arrivare” “Io conosco bene questo posto, posso accompagnarti a quello più vicino” propose con una gentilezza che di certo non gli si addiceva –Ma che mi succede?- “Perfetto” rispose lei incamminandosi verso la strada che il biondino aveva appena imboccato “E comunque io sono Dafne, piacere” “Mmmh? Ah, io sono Draco, ma dimmi, che anno devi frequentare a Hogwarts?” “Il sesto perché?” “Perché non mi sembra di averti mai visto e ho pensato che magari fossi più piccola di me, ma non è così…Eppure credevo di conoscere tutti quelli del mio anno” “Guarda, io non so se conosci tutti quelli del tuo anno, ma sicuramente non puoi conoscere me, perché sono nuova, vengo ad Hogwarts per la prima volta quest’anno!” “Come mai?” “Mi sono appena trasferita” “Quindi non sai ancora in che casa starai?” “No, farò lo smistamento, ho detto giusto?” “si, si” “dicevo, lo farò con quelli del primo anno appena arriverò” “Mmmh bene, ecco il focolare” disse indicando un piccolo caminetto accanto al negozio di Madama McClan “Ci vediamo a settembre Draco” “Okkei, ciao Dafne, ci vediamo sul treno magari…” furono le ultime parole che sentì prima di essere catapultata nel freddo vortice di fiamme smeraldine che la riaccompagnarono a casa.

 

“Ciao cara, meno male che sei arrivata puntuale, io e Jales volevamo regalarti questo prima di andare via” disse Margaret appena la vide entrare e le porse un lungo pacco informe che la ragazza scartò senza preamboli scoprendo un lucido manico di scopa con la scritta lucente firebolt vicino ai rametti di saggina “Non è il nuovo modello, ma in ogni caso è un ottima scopa no?” chiese la donna speranzosa “Ottima? E’ magnifica, veramente un regalo fantastico, ma come mai?” “Così, avevamo pensato di farti un dono utile per la nuova scuola, ma non sapevamo cosa, poi io mi sono ricordata della tua passione per il qiudditch e così abbiamo pensato, perché non prenderle un bel manico di scopa, è bene dedicarsi un po’ allo sport quando si è giovani” “Grazie mille davvero!” esclamò Dafne con gridolini di gioia mentre si buttava al collo dei due coniugi e li riempiva di baci.

“Bene, ora basta, dobbiamo andare, torneremo per cena” “D’accordo, per ringraziarvi allora preparerò io una bella cenetta” “Perfetto, a dopo allora” “Si, a dopo, siate pronti a leccarvi i baffi”

*****

 

“Sono contento di potervi ospitare almeno per gli ultimi giorni di vacanza!” esclamò Ron porgendo ad Harry una federa pulita per il suo cuscino “Anche io, sarebbe stato più triste raggiungere la stazione da solo e senza la confusione che regna sempre qui il primo settembre” “Si, ma quest’anno non credo che la situazione sarà così tragica, perché anche se ci accompagneranno tutti solo io,te, Ginny e Mione avremo i bauli e tutto il resto, l’organizzazione sarà più semplice” “Bè, sarà comunque più divertente che con i Dursley” “A proposito dei tuoi zii, com’è andata quest’estate?” “Davvero meglio del solito, la minaccia di Moody  è stata veramente utile, certo, non hanno cominciato a trattarmi amorevolmente come il loro Duddy” “E per fortuna!” “Già, ma non mi affamano più, posso tenere in libertà Edvige e fare i compiti alla luce del sole e poi” cominciò con un tono di voce più tenue e strozzato “con il fatto di Sirius, mi hanno firmato il nuovo permesso per Hogsmeade” “Non ci avevo pensato a questo…ma te come stai?” “Va meglio rispetto a giugno, ma quando ci penso ci sto comunque male e poi…” “Ehi ragazzi!” lo interruppe Hermione “Quasi dimenticavo di chiedervelo, non so come mai non mi sia venuto in mente tramite lettera, come sono andati i gufo?” “Abbastanza bene, l’unica “E” che ho preso è stata in Difesa, per il resto sono state molte “O” “A” in storia della magia e astronomia e “D” in divinazione” “Wow Ron fantastico e tu Harry ?” “Quasi tutto come lui, solo che ho preso “E” anche in trasfigurazione e cura delle creature magiche “A” in divinazione e “D” in astronomia, ma non è importante, sono entrambe materie che lascerò, il problema è se Piton mi ammetterà nella sua classe di pozioni anche se non ho preso “E”, altrimenti non potrò fare l’auror, tu invece” continuò rivolgendosi alla ragazza “Avrai preso “E” in tutte le materie immagino” “Si, anche se mi sarei aspettata una “O” in astronomia e antiche rune, bè, meglio così!” “Infatti, comunque Harry ha toccato un punto fondamentale, anche io sono preoccupato che Piton non mi prenda per quest’anno” “Ragazzi, sapete, credo che la McGranitt calchi un po’ la mano per voi due con Piton dopo le liti con la Umbridge l’anno scorso, ma dovrete impegnarvi più seriamente in caso ci riuscisse, primo perché sarebbe veramente di cattivo gusto se dopo che si è sbattuta per voi andaste male a scuola, secondo non accettano di addestrare auror che non abbiano preso tutte “E” ed “O” ai M.A.G.O.” “Lo sappiamo, ed hai ragione, ma per adesso cominciamo a vedere se riuscirà a convincere la patatina fritta, poi si vedrà” saggiamente Hermione evitò di ribattere per non cominciare nuovamente a bisticciare, ma non poté pare a meno di non scoccare a Ron uno sguardo di rimprovero che lo inquietò un po’

“Be” disse per cambiare  discorso “La cena sarà pronta ormai, ci aspettano di sotto andiamo?” “Si ho una fame” acconsentì l’amico e tutti si precipitarono giù dalle scale, guidati dal profumino proveniente dalla cucina, in cui incontrarono la signora Weasley che li invitò ad accomodarsi nel tavolo in giardino dove trovarono l’intera famiglia al completo, fatta eccezione ovviamente di Percy che ancora non era tornato e non accennava a farlo, ma , nonostante tutto, l’atmosfera era decisamente allegra e rilassata i tre ragazzi non videro sedie libere vicine, così si separarono: Harry trovò posto accanto a Ginny, Hermione di fianco a Charlie e Ron si sedette tra i due gemelli che se possibile erano ancora più scherzosi del solito.

La cena comunque iniziò senza intoppi ed in silenzio perché tutti erano troppo concentrati a fagocitare, piuttosto che ad intavolare un discorso, solo quando arrivò il dolce e ormai gli appetiti si erano un po’ smorzati il giardino cominciò a riempirsi di voci serene.

“Allora Ginny, come va con Dean? Quando Ron me ne ha parlato sembrava un po’ nero, ma penso fosse più per la gelosia che per altro” “Infatti, va tutto a gonfie vele con lui, per quanto possa esserci tra noi adesso, ci siamo messi assieme alla fine dell’anno ed è da allora che ci sentiamo solo via gufo, non ci sono grandi novità, comunque lui è molto dolce con me” “Sono felice per te, di sicuro vale un po’ di più di quel ragazzo di corvonero” “Mmmmh…si…hai ragione…” mugugnò lei tra un boccone di torta di mirtilli e l’altro “Te invece con Cho? Non sembrava foste rimasti in buoni rapporti alla fine dell’anno” “No, infatti e preferisco non parlarne, veramente è finita in malo modo, senza un motivo quasi e siccome sono capitate cose molto più gravi ed importanti questa è proprio il caso di levarsela dalla mente a priori, senza rimuginarci sopra troppo” “Sono d’accordo con te, fai bene a fare così, non era un matrimonio, non sprechiamo troppe giornate utili per piangersi addosso” “Ehi! Sai che non avrei mai immaginato che tu fossi così fino a due anni fa? Sei forte” “Grazie” disse la ragazza che arrossì nonostante i suoi vecchi sentimenti per Harry fossero solo un ricordo, comunque non fecero in tempo a dirsi altro che un urlo proveniente dal lato opposto del tavolo attirò non solo la loro atenzone: la signora Weasley era trasalita ala vista del figlio minore che perdeva copiosamente sangue dal naso “Mamma” esclamò allora lui tra un risolino ed uno sputacchio “Stai tranquilla, sono…sono solo Fred e George, hanno scambiato la mia fetta di dolce con una merendina marinara, vedi” disse addentando la parte violacea della brioche “ora smette” infatti, quando l’ebbe ingoiata, di tutto il sangue che colava rimase solo una piccola scia sul mento e le labbra “Piccoli delinquenti, sapete che non voglio che seminiate i vostro scherzi per la casa, anche se siete maggiorenni” aggiunse prontamente per risparmiarsi le loro lamentele “e soprattutto che li proviate sui vostri fratelli!” “Ma non sono una novità mamma, sono già sul mercato da un po’, era solo uno scherzo” “Be, era di cattivo gusto” concluse la donna mettendo fine alla discussione e ripristinando il silenzio in tavola.

“Bene, ora che non state chiacchierando mi chiedevo se potevo avere la vostra attenzione” disse Bill con tono quasi autoritario e gli occhi di tutti i presenti si fissarono su di lui “Bene, sapete che con questa faccenda dell’ordine ora sarebbe meglio che molti di noi stessero nelle vicinanze in modo da essere più facilmente rintracciabili e soprattutto che più membri possibili dell’ordine abbiano libero accesso ala scuola per tenere maggiormente sottocontrollo gli studenti e, non averne a male, soprattutto tu, Harry” nove teste annuirono in silenzio “Bene, quindi, siccome io sono completamente d’accordo con tutto ciò non penso che sarà così stupefacente per voi il fatto che io abbia accettato l’incarico d’insegnante di difesa contro le arti oscure offertomi a giugno da Silente” “Cosa? Avrò mio fratello come insegnante? No! E perché mai hai accettato?” “No, veramente” chiese Ron “La domanda migliore è perché a te?” “Semplice, oltre incantesimi difesa era una materia in cui eccellevo, due delle poche in effetti, e siccome Albus si fida di me mi ha offerto il posto. Perché ho accettato? Bé, è un ottimo impiego, insegnare è soddisfacente, l’ho sperimentato con Fleur, e ho una gran voglia assurda di tornare nella mia vecchia scuola!”

A questa affermazione Molly ebbe un piccolo mancamento e poi esclamò “No caro, non puoi accettare, assolutamente, quello è un posto sfortunato, maledetto oserei dire, non puoi rischiare così!” “Sciocchezze mamma!” sbottò lui adirato “E’ solo stato affidato sempre alla persona sbagliata in quanto incompetente o maniacalmente folle, se tu pensi che io sia uno di questi due casi devo prenderla come un’offesa!” “Ma no, non era quello che intendevo, non capisci, è pericoloso, mi sembra evidente” “Si, ti capisco” sospirò raddolcito “Ma ci tengo veramente e poi anche il mio vecchio lavoro non era tanto più tranquillo, inoltre mi teneva spesso lontano, invece così sarò più vicino e sarà più semplice mantenersi in contatto e accertarsi che sono ancora vivo” soprattutto quest’ultima asserzione sembrò convincere l’apprensiva madre che diede l’impressione di aver accettato la scelta del figlio.

La cena terminò senza ulteriori colpi di scena e la stessa atmosfera tranquilla permase per il resto delle vacanze, sebbene verso gli ultimi di agosto un’aria elettrizzata invase la casa e contagiò tutti gli abitanti che diventarono un po’ più irrequieti, niente comunque a che vedere con la mattina della partenza.

Era un giorno umido e ventoso, sembrava che l’estate avesse deciso di finire di colpo con l’arrivo della scuola e tutti dovettero cercare all’ultimo momento dei vestiti più pesanti nei bauli già sigillati.

Così, nonostante fossero pochi gli studenti da portare a Hogwarts riuscirono a partire in ritardo anche quest’anno e non mancarono le varie serie di imprevisti del tipo “Mamma, torniamo indietro, ho dimenticato il vestito da sera” oppure “Si, e io la divisa nuova da Quidditch” persino Hermione: “Oddio il distintivo da prefetto!”

Fu così che quando giunsero alla stazione erano gia le undici meno due minuti e ce la fecero a prendere l’espresso solo per un pelo, senza però riuscire nemmeno a salutare gli Weasley che si sbracciarono dalla banchina per accomiatarsi ai quattro sul treno.

“Ce l’abbiamo fatta, non l’avrei mai creduto” “Nemmeno io, quando addirittura Mione ci ha fatto tornare indietro per la spilletta ero convinto che ormai fossimo spacciati” “Mamma mia Ron, non essere così tragico, come vedi non è successo niente” esclamò la ragazza agitata e rossa in volto, evidentemente le bruciava di essere stata distratta, cosa che praticamente non le capitava mai.

Mentre chiacchieravano i tre si accinsero a cercare uno scompartimento libero, ma non ebbero fortuna così ne scelsero uno dove si vedeva solo la sagoma di una persona all’interno, perché a differenza degli altri le tende erano tirate, tentarono la fortuna.

“Scusa, possiamo?” chiese Hermione trascinando a fatica il baule “Ma certo ragazzi, ciao come va?” rispose una voce familiare “Dafne! Ciao!” esclamò Harry felice mentre lei correva ad abbracciarli.

Passarono la successiva ora a raccontarsi cosa avevano fatto nei giorni in cui non si erano visti, fino a che Hermione non notò l’irrequietezza dell’amica e allora cambiò discorso.

“Allora, come stai?” “Sono un po’ agitata, sai, scuola nuova, ma…quello cos’è?” domandò indicando una cesta che aveva cominciato a dondolare minacciosamente “Oh, è solo grattastinchi, il mio gatto, ma è meglio non farlo uscire, farebbe troppo casino sul treno e non ho voglia di cercarlo quando dovremo scendere” “Hai ragione” disse distratta improvvisamente memore di quello che le aveva detto Draco a Diagon Alley “sentite ragazzi, io ora vado a fare un giretto, vorrei vedere se riesco ad incontrare un ragazzo che ho conosciuto a Diagon Alley poco dopo che ci siamo salutati” “D’accordo” risposero i tre in coro, che colsero l’occasione per stare da soli e parlare delle faccende di Voldemort e dell’ordine.

 

-Non sarà facile trovarlo, no, decisamente no- rifletté quando dal fondo del convoglio guardò in avanti e, per la prima volta, si accorse di quanto era lungo e di quanti studenti potesse ospitare –Be, pazienza, tutt’al più mi sarò fatta una passeggiata e qualche amico in più- si auto-incoraggiò cominciando l”ispezione” .

Nei primi vagoni che vide trovò gente che discorreva composta del più e del meno o su come avevano passato l’estate o ragazze che si scambiavano i primi pettegolezzi dell’anno o che parlavano dei loro rispettivi ragazzi e di quanto erano mancati loro.

Più avanti invece la situazione si fece più animata e dagli scomparti arrivarono gridolini eccitati o forti risate di ragazzi che stavano scherzando insieme ma nessuna traccia della chioma bionda del serpeverde o della sua voce fredda ma suadente.

Imperterrita avanzò ancora fino a che non ritrovò la calma dei primi vagoni e pensò quasi di essere tornata indietro, se non fosse che il treno non era rotondo e lei non aveva cambiato direzione, così, guardando di sbieco nei vari scomparti continuò la ricerca del misterioso ragazzo fino a che non arrivò all’estremità del treno –Com’è possibile? Che venga a scuola in un altro modo? Ma dai! Però come ho fatto a non vederlo? Magari era tra la folla dei ragazzi rumorosi e con tutto quel baccano non l’ho ne visto ne sentito, bah, speriamo bene, tanto comunque devo tornare indietro, magari lo becco al ritorno- decise incamminandosi –Chissà come mai mi ha colpito così tanto? Non mi succede mai! Eppure aveva un’aria così strana, fredda e distaccata, eppure i suoi occhi nascondevano qualcosa di diverso, rabbia, disperazione, non capisco, forse solo…-  “Mai stai un po’ attenta” gli gridò uno studente con cui si era scontrata. Evidentemente era immersa troppo profondamente nei suoi pensieri e oltre a non cercare più il ragazzo non vedeva nemmeno più dove stava andando “Scusa!” esclamò rialzandosi da terra e porgendogli la mano “Ma datti una calmata, non l’ho fatto apposta…Draco!” “Dafne! Possibile che dobbiamo sempre incontrarci così?” “Già, ma tu che ci fai in giro per il treno come un vagabondo?” “Scusa è, ma potrei rivolgerti esattamente la stessa domanda!” “Eh già! Bè, io cercavo te, sai avevi detto “Ci vediamo sul treno magari” e io pensavo di dare una mano al Fato” “D’accordo” disse tra il divertito e il sorpreso “Senti, qui non ti posso certo offrire una burrobirra, ma se vieni nel mio scomparto potrei offrirti un succo di zucca ghiacciato che ne dici?” “Perché no?” accettò ammiccando con un sorriso e lo seguì fino a quando arrivarono alla fine del convoglio “Ehi, ma qui ci sono già stata, non si può andare più avanti di così!” “Lo dici tu, io sono un prefetto e dietro questa finta parete ci sono i nostri scomparti personali, i teoria gli altri studenti non potrebbero entrare, ma ci ho già portato un sacco di gente e nessuno ha mai scoperto niente, perciò prego” la invitò sferzando con la bacchetta un piccolo quadro appeso al muro facendolo scomparire e rivelando un vagone molto più ampio e lussuoso “Cavolo, li trattano bene i prefetti qui vero?” “Già…” assentì conducendola nel suo scompartimento dove si accomodò in un confortabilissimo divanetto foderato di velluto verde smeraldo dove le servì la bevanda dopo essersi seduto accanto a lei “Allora, da dove vieni Dafne?” “Sidney, Australia, ma prima sono stata nel New England, a Toronto e una volta persino a Tokio, sapessi che incantesimi hanno dovuto fare per farmi parlare e scrivere correntemente il giapponese e poi per farmi dimenticare tutto quando ho cambiato stato” “Come mai tutti questi viaggi? Che lavoro fanno i tuoi?” “Oh, i miei sono morti credo, non lo so con esattezza, comunque mi sono trasferita ogni volta che ho dovuto cambiare famiglia affidataria” “Mi spiace, non dovevo chiederti…” “No, per carità, non farti problemi? Come potevi saperlo?” “E poi se non avessi voluto andare sul discorso avrei potuto mentire o non parlarti di tutti i miei viaggi giusto?” il biondino annuì “E tu invece da dove vieni Draco…Draco come?” “Malfoy, vengo da Londra, non quella babbana naturalmente, abito sopra una piccola collina, in un maniero” “Ehi, non fare tanto il figo in questo modo, guarda che con me non attacca” scherzò lei irritandolo visibilmente “comunque se vivi in un posto così devi essere un purosangue immagino, infatti mi sembra di averlo già sentito questo nome, ma non ricordo dove…” “Non saprei…e tu invece, come fai di cognome?” tentò di svicolare lui, non voleva si ricordasse dove aveva sentito quel cognome, era troppo fastidioso quando la fama di suo padre lo precedeva, spesso in molti dopo aver capito di chi era figlio lo evitavano…una rabbia enorme lo stava assalendo, ma non poteva permettere che trapelasse, così scansò di colpo quei pensieri e tornò a concentrarsi su quello che diceva la ragazza “Pratchett, è l’unica cosa che mi è rimasta dei miei genitori, o almeno credo…” disse, ma stavolta la sua voce non era così calma e sicura come prima, aveva cominciato a tremare e dai suoi occhi ormai lucidi cominciarono a sgorgare delle lacrime che caddero con tonfi sordi sulla sua gonna.

Imbarazzata per la pessima figura fece per alzarsi e scappare via, ma il ragazzo la bloccò e la strinse a se accarezzandole i capelli –Ma che sto facendo, non sono io, la consolo? Quando sono con lei non sono me stesso- si disse, ma sapeva perché, in lei qualcosa le ricordava lui, le ferite che aveva dentro, ma cosa? Com’era possibile? Comunque al momento non aveva importanza “Non preoccuparti, stai calma, piangi quanto vuoi” –E queste parole dolci? Da dove arriva tutto questo?- “S…s..scusa” riuscì a mormorare lei tra i singhiozzi “Non so che mi è successo, io non sono così, io non piango di solito, è che con te, non so, è strano quello che sento” “Sssssh, non c’è bisogno di scuse” disse, ma stavolta non tanto per consolarla, più per non farle dire ciò che stava per dire, gli faceva paura quello strano e tacito legame che c’era inspiegabilmente tra loro, non si conoscevano in realtà, ma era un po’ come se fossero amici di vecchia data persi di vista anni prima, entrambi lo sapevano, ma ammetterlo a voce, almeno per lui, era troppo spaventoso, voleva dire affrontare qualcosa che era in lui, qualcosa di consapevolmente nascosto da anni e probabilmente era pericoloso, o forse solo terrorizzante, si, era così, gli faceva già troppa paura l’effetto che aveva su di lui, scoprire il perché non solo era troppo prematuro, ma anche troppo agghiacciante, ma cosa? Cosa poteva legarli a quel modo? Apparentemente nulla, erano i due ragazzi probabilmente più differenti che potessero esservi sulla faccia della terra, almeno secondo lui eppure....

Restarono per molto lì, in silenzio, con tante cose da dire, ma senza parole e coraggio per descriverle, mentre lei piangeva e lui la consolava giocherellando con i suoi capelli morbidi con una mano e tenendola stretta con l’altra.

Piano piano le lacrime si esaurirono e quella situazione diventò sempre più imbarazzante.

Dafne non avrebbe mai voluto slegarsi da quell’abbraccio così rassicurante e Draco non avrebbe mai voluto che lei lo facesse, ma il cielo si era fatto scuro e l’ora dell’arrivo era vicinissima e loro non si erano nemmeno ancora messi la divisa.

Sempre in silenzio lui la fece uscire dalle stanze dei prefetti e poi lei con un’insolita flemma raggiunse il suo scomparto “Ciao ragazzi” disse senza nemmeno l’ombra della tristezza che le aveva bagnato il volto fino a poco tempo prima “Come va?” “Bene, ma forse a te va decisamente meglio che a noi” “Ma che dici Hermione? Smettila…” “Non fare la finta tonta con me, vai a cercare un ragazzo che hai conosciuto qualche giorno fa, dici che torni presto e invece ti vediamo spuntare quando quasi all’orizzonte si vede la scuola con un sorriso, se possibile, a trentaquattro denti e non ti è andata bene? Ma fammi il piacere!” “D’accordo hai vinto, ma voi ragazzi” si rivolse ad Harry e Ron che probabilmente erano gia pronti ad una sua confessione di quello che aveva fatto con il misterioso ragazzo “non sperate di saperne di più sul mio incontro, sono fatti privati, Mione, tu naturalmente saprai tutto più tardi, sperando di essere nello stesso dormitorio…tu sei?” “Grifondoro, come i due rimasti a bocca asciutta qua dietro” “Già è vero, avevo dimenticato, speriamo bene, comunque dopotutto anche Corvonero non sarebbe male, penso, anche serpeverde mi affascina” “Ma che dici, quella è una casa malfamata, piena di gente che per lo più è seguace di Voldemort o comunque di cui non ci si possa fidare, stai attenta a quelli, seriamente” “Ragazzi, quanti pregiudizi, bisogna conoscerle le persone, non giudicarle a priori” “Credici, noi le conosciamo molto bene” affermò Harry seguito da una voce che annunciava l’imminente arrivo “Bene, voi due uscite un attimo per favore, devo ancora mettermi la divisa” “D’accordo a dopo” acconsentirono cominciando già a raggiungere l’uscita del treno.

“E dimmi,” chiese Hermione dopo un po’ di inquieto silenzio “Chi sarebbe questo ragazzo con cui ti è andata bene?” “Ah! Sono abbastanza sicura tu lo conosca, è del sesto anno, ma non so perché ho la sensazione non sia della tua casa, anche se non so bene in quale sia, lui si chiama…” la ragazza venne interrotta da uno scossone e dalla brusca entrata di Neville che le avvisò “Siamo arrivati, coraggio muovetevi”

Cosi per il momento la ragazza non venne a sapere che la sua nuova amica si vedeva con il loro nemico per eccellenza a scuola e ancora serena e curiosa corse con lei fuori dal treno ed insieme raggiunsero una carrozza sulla quale erano gia saliti i loro due amici.

Appena Dafne salì e guardò fuori dal finestrino emise uno strano sospiro, come se fosse sorpresa di vedere qualcosa, ma non disse niente, allora Ron intervenne “Tu, tu li vedi?” “Vedere cosa scusa? Ho solo scorto il ragazzo di cui ti parlavo” affermò con finta noncuranza, ma nella sua voce qualcosa la tradì e tutti capirono che stava mentendo, ma il cocchio cominciò a muoversi e la prospettiva del banchetto fece risvegliare i loro stomaci che cominciarono a gorgogliare con fare sinistro.

 

Come tutti gli anni l’atmosfera era magica ed eterea e il soffitto che rifletteva il cielo contribuiva a rendere ancora più singolare il tutto, poiché ormai il tempo era rasserenato e loro erano coperti da un fitto manto di stelle più lucenti del solito.

Come tutti gli anni il preside avrebbe dato loro il benvenuto con uno dei suoi soliti discorsetti, ma non prima di aver fatto lo smistamento.

Così, dopo aver ottenuto il silenzio, entrarono dalla porta principale i ragazzi del primo anno accompagnati dalla vicepreside, ma quest’anno la fila era chiusa da una ragazza evidentemente più grande che appena arrivò cercò gli sguardi degli amici tra la folla e quindi salutò Draco, Hermione, Harry e Ron.

“Ehi, chi ha salutato oltre noi?” Non ho visto Ron, ma che importa adesso?” “Non capisci Harry? Vuole scoprire chi è il ragazzo del treno” “Ah! Già! Bè, tu l’hai visto?” “No purtroppo no, però…” fu interrotta dal cappello parlante che intonò una delle sue solite canzoncine

 

Certo voi tutti vi starete chiedendo

Che coretto quest’anno ci andrà propinando

Innanzi tutto per le matricole del nuovo anno

Che sicuro chi sono sapere vorranno

Dico che io, assai antico berretto

Fui dei quattro fondatori  progetto

Dovete solo indossarmi

E per poco ascoltarmi

Indubbiamente ci riuscirò

Nella casa giusta vi metterò

Probabilmente a Grifondoro dimorerete

Dove coraggio e fermezza utilizzerete

Lealtà e fiducia le parole d’onore

Difendete gli amici con grande ardore

Magari invece sarà  Tassorosso

I cui studenti studiano a più non posso

Grande calma e razionalità

Per chi là smistato sarà

Non dimentichiamo poi corvonero

Il cui abitante sarà forse altero

Ma dotato di gran intelligenza

Che sarà utile ad ogni evenienza

Infine serpeverde scelti diletti

Di nobile sangue, in astuzia provetti

L’ambizione di sicuro la vostra via

Ma le vostre menti non conosceran follia

Un ultima cosa vi prego ascoltate

La discordia come sempre temete

Unione,affiatamento tra le quattro case

Sono veramente le uniche cose

Che la sicurezza potranno ristabilire

Se la scuola vorrete salvare.

 

Fu così che lo smistamento ebbe inizio. Come al solito i ragazzini che si accingevano ad indossare il cappello per essere smistati erano sempre nervosi e spaesati e, come era reso evidente dalla presenza di Dafne, molto, molto piccoli.

La cerimonia, almeno per lei, sembrò durare un’eternità e, quando arrivò il suo turno, forse per il sollievo di non dover più aspettare, le sembrò la cosa più normale del mondo indossare un logoro cappello davanti all’intera scuola aspettando che decidesse dove avrebbe dormito ‘Ragazza è molto difficile, hai lo stesso numero di possibilità di entrare a Grifondoro o Serpeverde e come vedo non hai preferenze, davvero non saprei…coraggio, astuzia, lealtà, ambizione, non credo di ricordare nessuno che mi abbia mai fatto penare cos…aspetta ora che ci penso si me lo ricordo’ disse con un tono che sembrava più cupo e tetro, decisamente preoccupato ‘Infatti….no, non è possibile tu’ ‘Io cosa?’ ‘Forse…forse, si è meglio così, devo evitare l’errore che commisi anni fa, lì sarai più sicura tu e sarà meglio per tutti’ ‘Ma che dici, io non capisco, spiegati’ ma non ricevette mai una risposta, dopo probabilmente i minuti più lunghi della vita della ragazza una voce squillante sopra di lei gridò “Grifondoro” anche se prima di toglierselo Dafne potrebbe giurare di averlo sentito sussurrare ‘Speriamo che sia la scelta giusta”.

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Capitolo 2
*** I demoni del passato ritornano sempre ***


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Capitolo 2°: i demoni del passato ritornano sempre

 

Al tavolo dei Grifondoro come al solito scoppiò un forte boato, ma stavolta tra i serpeverde ci fu un moto di delusione che fortunatamente in pochi notarono ed evitarono di parlarne, ma era evidente che quella ragazza aveva colpito un po’ tutti e non solo per la lentezza del cappello a scegliere la casa migliore per lei.

Purtroppo, ormai a fine smistamento, erano rimasti pochi posti per sedersi e non riuscì a raggiungere Ron, Harry ed Hermione così si mise accanto ad un ragazzo niente male che scoprì poi essere del settimo anno e chiamarsi Adam Meils.

Appena il caos diminuì un poco Silente cominciò a far picchiettare una posata contro il suo calice di vetro, attirando così l’attenzione di tutti gli studenti, per il solito annuale discorso, che era seguito solamente poiché ogni volta il preside doveva annunciare chi si sarebbe seduto al posto vuoto lasciato in tavola, in altre parole il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.

“Bene ragazzi, la chicca la lasciamo alla fine” li informò sadicamente ottenendo un grande sbuffo generale “Buoni, buoni, prima di tutto, come sempre, vorrei informare quelli del primo anno di alcune norme per la loro sicurezza: innanzi tutto, come dovrebbero sapere anche molti degli alunni più grandi, l’accesso alla foresta è proibito, a maggior ragione quest’anno perché rischiereste un attacco da un branco di centauri impazziti, secondo ma non meno importante per il rischio che Voldemort vi si nasconda” ai quattro lunghi tavoli quasi tutti, a sentire quel nome, erano impalliditi o avevano cominciato a borbottare con il vicino “Inoltre da ora è vietato anche l’accesso alla serra numero tredici, inutile dire che vi ho avvisato per evitarvi di fare decisamente una brutta fine” disse sarcastico provocando però piccoli brividi sulla schiena ai ragazzi appena smistati, non ancora abituati alle battutine del preside “Ultima cosa, per il Quidditch, dalla terza settimana cominceranno le sessioni d’allenamento, mentre da domani, fino a venerdì, i capitani delle varie squadre potranno scegliere a turno una giornata per i provini, il foglio per stabilire le date è appeso in bacheca, bene e ora buon appetito ragazzi” esclamò lasciandoli esterrefatti “Ma come?” qualcuno ebbe il coraggio di urlare dal tavolo di tassorosso “Non presenta il nuovo professore?” “Ci siete cascati” cantilenò ridacchiando confusamente “Ma che fa?” pensò Hermione ad alta voce “Quest’anno, con Voldemort e i mangiamorte in libertà, appena evasi, dovrebbe essere molto più serio, vista la situazione poi” concluse guardando un punto nella tavolata che i due ragazzi non riuscirono ad individuare “Vista la situazione? Ma che dici? Di cosa parli?” domandò Ron guardando a turno l’amica ed Harry che aggiunse “Cosa sai? Tu ci nascondi qualcosa è da Diagon Alley che ho questo dubbio” “Cos…ma che dite?” cercò di svicolare “Non avete capito io intendevo solo che…” ma non finì mai quella frase perché Silente riprese a parlare attirando nuovamente l’attenzione su di se “Bene, voglio presentare a tutti voi, anche se alcuni sicuramente lo conosceranno già, William Weasley, il nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure” disse indicando la porta dalla quale entrò il ragazzo, elegante ma anche un po’ casual nel suo mantello blu notte sul quale ricadevano i lunghi capelli fermati in una coda fatta un po’ alla buona che andò a sedersi tra la Mc Granitt e Hagrid, il quale lo salutò con una pacca sulla spalla, facendogli quasi sbattere la faccia nel piatto, fortunatamente vuoto.

“Weasley? Ron non mi avevi mai detto di avere un fratello così carino” si rivolse Lavanda al rosso con voce sognatrice “Non me l’avevi mai chiesto!” rispose lui scocciato, sperando che non fosse l’inizio di una lunga serie di domande da parte delle ragazze della scuola affascinate da quel suo ammaliante fratello e futuro professore.

La cena comunque, nonostante le previsioni, finì tranquillamente e tutti tornarono sazi e stanchi morti ai loro dormitori.

Harry stava raggiungendo il ritratto della signora grassa solo, poiché i due amici dovevano assolvere ai loro doveri di prefetti e accompagnare i nuovi grifondoro al dormitorio e aveva deciso di usare un’altra strada, più lunga, ma poco trafficata, così da potersi permettere di riflettere sulle parole di Hermione senza rischiare d’investire qualcuno.

Purtroppo quella sera non era stato l’unico a ricercare la solitudine evidentemente, perché dopo poco si scontrò con qualcuno rischiando di cadere a terra

“Ehi come va? Fatto male?…Oh sei tu Dafne, ciao!” “Harry, meno male, stavo andando alle stanze con Adam” “Chi?” “Non importa, comunque, dicevo, stavo raggiungendo le camere quando mi sono accorta di aver lasciato il braccialetto che mi ero tolta per mangiare sul tavolo, così sono andata a prenderlo, ma quando sono tornata non mi ricordavo più se dopo il secondo corridoio dovevo svoltare a destra o a sinistra, allora, non vedendo arrivare nessuno, ho fatto una conta e ho sperato in bene, ma, ho idea che fosse quello sbagliato, è dieci minuti buoni che giro per i corridoi e…finalmente ho imboccato questo!” “Giusto, bè, andiamo allora” “Ehi, carino il nuovo insegnante di Difesa vero?” “Guarda, fortunatamente i maschi non rientrano ancora nei miei gusti, ma se succederà ti farò sapere cosa ne penso, comunque è un tipo in gamba, lo conosco, è il fratello maggiore di Ron, ha circa ventisei anni credo” “Ecco chi mi ricordava, comunque scusa per la domanda” si giustificò arrossendo.

Alla vista delle sue gote arrossate che facevano risaltare i suoi occhi color del cielo Harry non poté non pensare a come sarebbe stato bello accarezzarla e tenerla stretta a sé, quella ragazza le ispirava un senso di protezione che un po’ lo eccitava.

Dafne dopo poco si accorse che lui continuava a fissarla e cominciò a chiedersi cosa stesse pensando, ma non era difficile intuirlo dal suo sguardo, tanto che non riuscì a resistere alla tentazione, lo spinse contro il muro e lo baciò, intensamente, per un breve istante, poi, conscia di quello che stava facendo si staccò e cominciò a blaterare qualche parola di scusa “Mi spiace, non so perché l’ho fatto…io…tu…insomma…mi fissavi” –Ma che sto dicendo? Mi sto solo arrampicando sugli specchi- “Non…non preoccuparti” rispose lui confuso scrutando il pavimento.

Non si guardarono né rivolsero la parola fino a che non comparve davanti a loro il ritratto della signora grassa, ma Harry non accennava a dire qualcosa “Ehm…la parola d’ordine? Io non ho fatto in tempo a sentirla, sono scappata via prima” “Si, ci stavo pensando, ma non mi viene” –Cacchio non ci voleva, e ora? Sono stanchissima e mega imbarazzata per quello che ho fatto, perché l’ho fatto poi? Bah, pensiamoci dopo, su Harry tesoro, vedi di far lavorare il cervellino-

“Pudding?” tentò lui “Niente, come puoi essertela dimenticata?” “Forse un’idea l’avrei” disse sarcastico facendola arrossire di nuovo, stavolta per la rabbia –Ma che cavolo dico? Perché l’ho offesa? Non mi è mica dispiaciuto il bacio- “Ah si, deve essere questa” esclamò quasi tra sé e sé “Be che aspetti allora?” chiese lei acida “Calmina d’accordo? Avis soter” disse secco facendo aprire il ritratto.

Andarono nei rispettivi dormitori senza nemmeno guardarsi in faccia e lì trovarono rispettivamente Ron ed Hermione.

“Ehi amico che hai? Sembra che tu abbia appena incontrato Malfoy, non è così vero?” “No, se così fosse non sarei tanto arrabbiato, ormai ho fatto il callo a lui” “Bè, allora? Mi vuoi dire che è successo?”

Il moro partì in quarta con la spiegazione di quello che era appena accaduto con Dafne

“Quindi lei ti ha…” “Baciato si” “E perché?” “Non so, ma lo trovi tanto strano?” “No, è solo che, non so, si bè è strano, ma non per te, più per il fatto in sé” “Già” sospirò Harry “Ma perché ti sei arrabbiato?” “Mistero, forse perché mi ha criticato siccome mi ero dimenticato la parola d’ordine, si, il suo tono era proprio irritante, di superiorità, mi è venuto da pensare chi si credesse di essere” “Mi ricorda qualcuno appena nominato” “Vero…magari è solo un’impressione, meglio dormirci su, domani poi dobbiamo anche scegliere le materie che decidiamo di continuare a seguire” “Hai ragione, credevo che non l’avrei mai detto, ma speriamo di essere accettati a pozioni” “Suona strano” “Orribile” “Eppure…” “Bè buonanotte” “Notte, a domani”.

 

“Ciao Mione” disse secca Dafne entrando precipitosamente nella camera che condivideva con lei e altre quattro ragazze “Ciao, che hai? Sembra che qualcuno ti abbia appena fatto uno scherzo di cattivo gusto” “Infatti è così” “Cosa?” “Cosa? C’è che ho baciato Harry, non che volessi è stato un istinto, e lui che mi ha detto? Non preoccuparti! Ti rendi conto? Non mi ha detto nient’altro per tutto il tragitto da non so dove a qui!” “E allora? Tu l’hai baciato, tu gli dovevi delle spiegazioni e poi, lascia che te lo dica, Harry non è il tipo che esprime facilmente le sue emozioni, magari voleva pronunciare urla di giubilo e si è messo a fissare il pavimento” alla ragazza, già pronta a continuare la sua sfuriata, mancarono le parole “Mmmh…già…è…è stato così…e poi hai ragione, io l’ho baciato e…e l’ho anche trattato male…ma che mi è preso?” “Guarda, a questo non posso risponderti, ma se vuoi un consiglio” “Si?” “Se ti senti in colpa o anche solo imbarazzata vai a scusarti e a parlargli” “Hai ragione, vado subito” “Ma no, aspetta, magari dorme!” “Bè, lo sveglierò, non penso che riuscirei a dormire se non affrontassi subito la cosa” “Vabbè, fai come vuoi, io comunque ti aspetto, devi anche raccontarmi del ragazzo misterioso” “Okkei, ma non sperare di avere troppi particolari, non ci conosciamo ancora abbastanza bene perché ti racconti vita morte e miracoli delle mie storie” disse scomparendo dalla porta del dormitorio e dirigendosi in quello maschile dove però le luci erano tutte già spente.

Allora, non sapendo dove andare, nell’oscurità, e timorosa di sbattere contro qualche mobile cominciò a chiamare il ragazzo con un tono di voce sempre più forte, fino a che da un letto non giunsero gli inconfondibili rumori di tende del baldacchino che si scostavano.

Una luce si accese, rivelando che per il caldo il ragazzo era andato a letto solo in boxer “Chi è?” chiese guardando intorno con lo sguardo e arrossendo vistosamente quando si accorse che era una ragazza che lo cercava “Che vuoi? Dormivo” “Ho notato, vestiti e raggiungimi in sala comune, ti aspetto lì” “Ehi, non darmi ordini” esclamò in tutta risposta alla porta di legno che si era ormai già chiusa alle spalle “Vabbè, forse è meglio che non abbia sentito, forse ho evitato una litigata…ma si può? E’ solo due giorni che ci conosciamo e già mi succedono casini, vabbè che per me è destino, però che palle!” nel frattempo si era infilato un paio di pantaloncini e una maglietta sformata di Dudley e cominciò a scendere le scale.

Appena intravide la sala comune la individuò seduta su uno dei divanetti nel centro con indosso, la notava solo ora, una camicia da notte corta e semitrasparente –E poi non vuole essere fissata, bah, le donne- “Allora, che c’è?” chiese facendola sobbalzare “Oh, non apparire alle spalle della gente, a meno che vuoi far morire qualcuno d’infarto” scherzò con una gentilezza che gli fece quasi credere che non fosse la ragazza di prima “D’accordo, ma ora parla” disse sedendole accanto “Non qui, potrei cedere ancora alle tentazioni, è meglio se vai su quel divanetto di fronte” “Forse hai ragione, è meglio” “Senti, non che tu non mi piaccia Harry, fisicamente mi attrai davvero molto e forse è per questo che prima ti ho baciato, ma è ancora troppo presto perché cominci qualcosa, ci conosciamo troppo poco” “Sono d’accordo, le cose fatte troppo in fretta o d’impulso si rovinano sempre, non solo le storie tra adolescenti, sai lo so per esperienza” sussurrò rabbuiandosi al ricordo del padrino e facendola preoccupare “Cosa ti è successo?Vuoi parlarne?” “Non me la sento ancora con chi non sa tutta la storia, sarebbe troppo lungo da spiegare” “Certo, ma non ti spiace se continuo col mio discorso?” “No, vai pure avanti, sono curioso” “Dicevo, è meglio che rimaniamo amici per ora, senza imbarazzi per quello che è appena successo senza dare troppa importanza al bacio, anche se devo ammettere che mi è piaciuto” “Anche a me, ma sono pienamente d’accordo e poi c’è anche il ragazzo misterioso, non dimentichiamoci” “Vero, diciamo che è stata una reazione chimica molto piacevole” “Giusto, ma non mi hai ancora spiegato perché poi ti sei chiusa in un silenzio di tomba e quando mi hai parlato eri inacidita! Si, è anche vero che nemmeno io ho parlato più, ma tu mi hai baciato e poi hai taciuto, ero confuso e avevo paura di dire le cose sbagliate, non sarebbe la prima volta” “Si, scusa, mi sono effettivamente arrabbiata perché tu non parlavi, ma poi Mione mi ha fatto ragionare e ho capito di aver sbagliato” “Mione? Sa tutto?” “Eh già, ti spiace?” chiese allarmata? “No, va bene così, almeno evito di dover ripetere tutto anche a lei” “Ne hai parlato con Ron?” “Cosa ti aspettavi?” “Vero, bè, ora che ci siamo chiariti vado a letto perché sono stanca morta, scusa se ti ho disturbato” “No, meglio spiegare subito i disguidi, notte” disse prima che entrambi scomparissero sulle rispettive scale.

 

La notte passò velocemente, troppo forse per alcuni versi e, sebbene quell’anno il due di settembre cadeva di domenica gli alunni del sesto anno si dovettero alzare di buon’ora per raggiungere le aule dove avrebbero scelto, in poche parole, il loro futuro.

Dafne si destò per prima e siccome nessun’altra ragazza aveva sentito la sveglia magica chiamò Hermione, così che a sua volta risvegliasse le altre compagne che ancora non conosceva.

“Grazie mille, ma loro è meglio lasciarle dormire, non amano questo genere di cose e poi solitamente puntano la sveglia più tardi delle…?” “Sette meno un quarto!” “Già, persino io mi sveglio dopo” “Oh scusa, pensavo semplicemente non avessi sentito la suoneria” “Non importa, avrò più tempo per far colazione e per pensare bene alle mie scelte, a proposito, tu che materie frequenterai?” “Allora, Difesa, Pozioni, Incantesimi, Aritmanzia, Antiche Rune, Trasfigurazione, erbologia e babbanologia” “Wow, quasi come me, solo che io ho scelto cura delle creature magiche al posto di babbanologia, che non mi serve perché sono figlia di babbani” “Non lo sapevo” “Ora si!Comunque dicevo, al posto di quello frequenterò Cura delle creature magiche, più per far piacere ad Hagrid che altro in ogni caso” “Al guardiano?” “Si, è un nostro caro amico” “Ma dai…bè, vedo che anche tu sei pronta, scendiamo? Ho una fame!” “Si, un secondo, non trovo…la piuma…ah eccola, andiamo”

Le due ragazze s’incamminarono, ma non incontrarono nessuno per la strada, la sala comune era deserta e nella sala grande non c’era l’ombra di uno studente della loro età, non erano sole esclusivamente perché qualche ragazzo del secondo anno aveva deciso di allenarsi presto per gli imminenti provini di Quidditch.

Fortunatamente poco dopo arrivarono alcuni altri studenti del sesto anno e non solo, tra i quali Ginny che essendo sola si sedette davanti a loro “Ciao, vi spiace se sto con voi fino a che non arriva Dean, voglio vederlo prima che scelga definitivamente le materie” “No, certo che no, Dafne questa è Ginevra, ma chiamala Ginny” si affrettò ad aggiungere ad un’occhiataccia dell’amica “La sorella minore di Ron, è al quinto anno, Ginny, questa è Dafne, è nuova, ma è al sesto anno con noi” “Piacere, comunque mi ricordo di te, ti si notava ieri in mezzo a tutti quei bambinetti” “Già, che vergogna” “Non pensarci, non è così grave” “Lo so, ma dimmi, Dean è il tuo ragazzo” “Si, è al sesto anno con te, ma non credo tu lo abbia visto ancora” “No, già…oh guarda, Harry! Ron! Siamo qui!” richiamò l’attenzione dei due che con flemma raggiunsero le tre ragazze al tavolo “Mione…Dafne…Ginny” biascicò il rosso tra uno sbadiglio ed un altro salutandole con la mano, il moro fece solo tre gesti rapidi con il capo e si buttò, affamato, sulla colazione.

Piano piano la sala si riempì, il ragazzo di Ginny arrivò e il quartetto si stancò di aspettare l’ora fatidica in quel caos, così decise di dirigersi verso l’aula di trasfigurazioni dove i grifondoro e i tassorosso avrebbero prima parlato con un professore e poi compilato i dovuti moduli; quando però stavano per uscire dalla sala Dafne cambiò idea e tornò indietro “Ascoltate ragazzi, voi cominciate ad andare, vi raggiungo subito, ma voglio approfittare di questo quarto d’ora d’avanzo per parlare con…” “Il ragazzo misterioso” esclamarono in coro “Okkei ciao” “Ciao” disse dirigendosi verso il tavolo dei serpeverde e attirando l’attenzione di tutti nella sala senza però accorgersene.

Finalmente lo individuò e si avviò verso di lui, ormai gli sguardi di tutti erano puntati su di lei: non solo una grifondoro stava andando al tavolo dei loro acerrimi nemici, ma proprio da quello per eccellenza, Malfoy.

“Ehi Draco, ti posso parlare?” “Ma che diavolo vuoi da me?” chiese col suo solito tono arrogante mandando in confusione la ragazza che lo guardò esterrefatta e delusa, fece per andarsene, ma il suo sguardo lo colpì ancora nel profondo, non riuscì a sopportare d’averla offesa, si alzò e le sussurrò supplicante “Ti verrò a cercare io dopo, ma ora vai ti prego” senza dire una parola di più i due si separarono e lui tornò al tavolo gongolante, raccontando a tutti di essersela appena tolta dai piedi una volta per tutte.

 

Dafne invece, quasi in lacrime uscì correndo dalla sala grande e cominciò a cercare l’aula di trasfigurazioni.

-Ma che gli ho fatto? Perché mi ha parlato così? E perché poi mi ha praticamente fatto capire che non voleva vedermi davanti a tutti? Si vergogna di me? Eppure non ho fatto niente per cui debba vergognarmi, nessuna figura di merda, nemmeno dei torti a qualcuno, possibile che non me ne vada mai bene una? Ieri con Harry, oggi questo e non parliamo poi dei miei precedenti ragazzi, ma non creda di passarla liscia, trattarmi così davanti a tutti, non gliene ho dette quattro solo perché non volevo piangere in pubblico, ma oggi vedrà, di sicuro…- i suoi pensieri furono interrotti da una strana scena che le si parò davanti agli occhi: quattro fantasmi, uno dei quali decisamente inquietante stavano discorrendo animatamente su qualcosa che ancora non riusciva a capire, dubbiosa si fermò davanti a loro ed escogitò un modo per passare senza attraversarli: era una cosa molto spiacevole –Ma che ci fanno degli spettri in una scuola? E perché devono ostruire proprio questo corridoio- “Aehm, scusate” si schiarì la voce “Dovrei passare” “Certo signorina, signorina?” chiese uno di loro che sembrava non avere la testa troppo assicurata al collo “Pratchett e lei è?” “Sir Nicolas de Mimsy Propecton, ma lei può chiamarmi anche Nick quasi-senza-testa se preferisce, sono il fantasma di Grifondoro e questi sono il frate grasso, Priscilla ed il barone sanguinario, rispettivamente di tassorosso, corvonero e serpeverde” “Bene, grazie per le informazioni, siete stati gentili, sebbene io continui a non capire perché in questa scuola ci siano fantasmi, ma ora dovrei chiedervi di lasciarmi passare” “Certo, prego, ma comunque la spiegazione è semplice: siamo morti qui e qui restiamo, nulla di più lineare, buona giornata” aggiunse poi con tono offeso –Ora capisco, non si possono cacciare via se hanno deciso di infestare il luogo, forse sono stata un po’ scortese con la mia ultima uscita, ma non importa, mi riscatterò, oh! Ecco i ragazzi-

Non fece però in tempo a raggiungerli, poiché la campana suonò appena li vide, così entrò sola, preoccupata di trovare posto solo accanto a qualche sconosciuto, fortunatamente i banchi erano da due e accanto ad Hermione non c’era ancora nessuno, così si sedette.

“Meno male sei arrivata, cominciavamo a pensare ti fossi persa, è possibilissimo qui, ad ogni modo guarda, è arrivata la Mc Granitt” curiosa di capire quale fosse la sua insegnante di trasfigurazione Dafne guardò verso la cattedra, ma vide solo un gatto grigio striato “Non capisco” stava per dire all’amica, quando il felino cambiò dimensioni e prese forma umana “Un animagus, fantastico!” “Sì vero? L’ho sempre pensato”

Nel momento in cui l’insegnante cominciò a parlare però non ci fu più la possibilità di chiacchierare, ne la volontà, era troppo importante quel giorno e forse per la prima e unica volta nella storia della scuola tutta l’attenzione era puntata sulla professoressa.

“Non ho intenzione di tediarvi con un lunghissimo discorso, a farvi capire l’importanza di questa scelta e di questi futuri due anni scolastici credo sia bastata la difficoltà dei G.U.F.O. l’anno scorso” ventuno teste annuirono silenziose “Appunto, quindi inutile ripetervi che dovete riflettere bene e con serietà sulle vostre scelte e se siete ancora in dubbio piuttosto fatevi consigliare da me, conosco il vostro rendimento e potrei darvi una visione obiettiva della situazione. D’accordo?” nessuna risposta, ma le facce degli alunni erano convinte e concentrate “Bene, chi tace acconsente, ora vi saranno consegnate delle schede personalizzate dove per prima cosa abbiamo scritto, in base agli esiti degli esami, le materie a cui siete potenzialmente accettati, in seguito ci sono degli spazi bianchi, primo dovrete scrivere il o i lavori che vorreste fare in futuro e poi le materie che di conseguenza vorreste seguire, tutto qui, ma poi dovrete aspettare che io le visioni tutte, non ci metterò molto, ma è importante che mi assicuri abbiate scelto gli indirizzi corretti per le vostre future occupazioni, infine potrete uscire e andare a guardare in bacheca gli orari delle lezioni, tutto chiaro?” tutti assentirono, al che la Mc Granitt, con un gesto veloce della bacchetta fece comparire sul tavolo di ognuno la propria scheda.

Presto nella stanza si sentì solo il rumore delle piume che grattavano i fogli o dei sussurri di alcuni alunni che avevano optato per un consiglio dell’insegnante.

 

“Allora com’è andata?” “Bene, siamo stati ammessi persino a pozioni, anche se non so come” “Tu ovviamente avrai scelto tutte le materie” scherzò Ron “Non fare lo scemo, non voglio avere più niente a che fare con giratempo e affari simili” “Gira che?” s’intromise Dafne “Che dici? Devi aver sentito male, intendevo che non mi basterebbe il tempo, eh eh” “Mmmh se lo dici tu, in ogni modo a me è andato tutto bene, anzi, meglio di quanto pensassi, la Mc Granitt ha assicurato che antiche rune e aritmanzia non servono a gran che per i lavori che ho scelto, così abbandonerò aritmanzia, ma non antiche rune, mi piace troppo” “Anche a me, è troppo interessante come influiscano quelle piccole pietre sulla magia” “Già e poi…” le due ragazze s’immersero in una fitta discussione sull’utilità di quella materia, mentre insieme ad Harry e Ron si dirigevano verso la bacheca.

“Ehi ragazze, siamo arrivati, ecco gli orari” “Vediamo un po’” esclamò entusiasta Hermione “Allora, lunedì avremo doppia ora di pozioni con serpeverde, però poi ci sarà un’ora di Difesa con corvonero e una di Cura delle creature magiche sempre con loro” “Perché si ostinano a farci cominciare male la settimana” “Perché? Non sono materie così spiacevoli e poi comunque io al posto di cura delle creature magiche ho babbanologia ” affermò Dafne “Diciamo pure che non conosci ancora Piton, vedrai, domani a quest’ora odierai già pozioni” “Non credo è una materia affascinante” Ron a stento trattenne un conato di vomito “Fidati, magari non odierai la materia, ma quell’untuoso essere schifoso che è Piton non credo ti andrà a genio” “Vedremo…”

I quattro si diressero verso il giardino, per fare una passeggiata e andare a chiacchierare all’ombra di un vecchio albero.

 

Dafne però, appena i tre amici si voltarono e cominciarono ad incamminarsi verso il parco sentì qualcuno che le afferrava le spalle, ma prima che potesse gridare una mano le tappò la bocca e la trascinò in una classe buia e vuota.

Stava già per cominciare una sfuriata coi fiocchi quando si voltò e vide chi l’aveva “rapita” “Draco, ma che fai?” “Io? Che fai tu! Non capisci che non possiamo farci vedere insieme? E’ pericoloso, per entrambi” “Ma cosa stai dicendo? Tu sei impazzito! Che c’è di male se due ragazzi si frequentano?” “Ma tu non ti sei accorta che tutti ti guardavano mentre venivi da me?” “Si, ma ho pensato fosse perché…sono nuova” “Ma ti senti? Non ha senso nemmeno per te! Non è plausibile che un grifondoro esca con un serpeverde!” “Ma…ma è semplicemente assurdo…non so che dire” “Appunto, c’è una sola cosa da dire, addio” “Ma no, senti freghiamocene di cosa penseranno di noi, lasciamoli parlar male, io, non posso dirti addio, sento che fra di noi c’è qualcosa di più…profondo, non so descriverlo bene, non so perché, ma siamo simili, in qualche modo che ancora non capisco” “No, io invece capisco benissimo e anche per questo è troppo pericoloso” la ragazza si portò le mani al capo ed il suo viso assunse un’espressione di forte dolore “Cos’hai? Ti senti male?” “No, ho solo un gran mal di testa, è tutta questa confusione, non riesco a capire…in cosa consiste tutto questo pericolo? Che cosa succederebbe se ci vedessero insieme? Tu sai qualcosa e…e…non vuoi dirmi niente e così vero?” “Si, vedi io so qualcosa, so perché sarebbe troppo azzardata una nostra relazione alla luce del sole, ma non posso dirti perché, non che non voglia, ma ti sottoporrei a dei rischi che non voglio farti correre” –E che diamine! Perché mi comporto così? Non me n’è mai fregato niente degli altri, basta che le dica tutto e poi sarà lei a decidere il da farsi, a quel punto io non rischierei niente…no, non posso permetterle di passare quello che io…no! Non se ne parla- “Capisco, almeno credo, ma tu non mi conosci, come…come fai a possedere un segreto su di me?” “Vedi, è proprio questo il punto, io forse non ti conoscerò bene, ma so chi sei, è questo il vero pericolo, basta però ho già detto troppo, non chiedermi più nulla” “Cosa dici? Credi che io non sappia chi sono? Dafne Pratchett, tutto qui” “Oh no, credimi, non è tutto qui ragazzina” “Come ti permetti di…” “ORA BASTA, non farmi perdere la pazienza” –Ecco il vecchio Draco- “Ma che ti ho fatto?” chiese allora lei in lacrime.

Alla vista di quella piccola ragazza accasciata su di una sedia scossa da lievi tremiti la sua maschera d’indifferenza si sciolse e corse a consolarla.

Le alzò il viso e mentre dolcemente le baciava le lacrime sulle guance la stringeva forte a sé.

“Io…io non volevo piangere di nuovo, ma non permetterti più di trattarmi così…e…e ora lasciami” gli ordinò allontanandogli il viso dal suo, “Me ne voglio andare, ho bisogno di riflettere…su…su quello che è appena successo e su quello che mi hai detto, non so più se ho davvero voglia di vederti ancora” concluse sbattendosi la porta alle spalle.

Quell’ultima frase fece sentire Draco ancora peggio di quando l’aveva vista piangere –Ma cosa mi sta facendo quella ragazza? Basta, devo levarmela dalla testa-

Anche lui uscì dall’aula abbandonata e si diresse verso il suo dormitorio dove si sistemò su di una poltrona comoda a riflettere –Forse dovrei dirle tutto…ma cosa capirebbe? E poi? Ci crederebbe? E se anche così non fosse una volta venuta al corrente di tutta la verità non sarebbe più al sicuro…certo, la situazione non cambierebbe di molto, ma potrebbe ricordare e allora né io né molti altri saremmo più al sicuro a nostra volta, ma forse glielo devo, almeno questo, dopotutto, se non fosse per…-

“Ehi amico, ti abbiamo cercato per tutta la scuola” lo interruppe Tiger “Che volete?” “Ehm…niente, solo che non ti trovavamo” “possibile che siate così idioti da non potervi nemmeno divertire senza di me” i due corpulenti ragazzi si guardarono accigliati e poi volsero il loro sguardo verso il biondino “Oh mio Dio! Con tutte le persone che ci sono qui proprio a me dovevate capitare? Vabbè, venite, ho sentito che giù nei sotterranei Blasie è riuscito a trovare un posto sicuro per conservare burrobirra e roba del genere” –Magari mi distraggo un po’, e che cazzo, ci mancava lei per completare il mio quadretto felice!-

 

Nel frattempo Harry, Ron ed Hermione, dopo aver rinunciato alle ricerche dell’amica, introvabile, stavano discutendo sulle loro rispettive scelte dei lavori,seduti sulla riva del laghetto, mentre osservavano da lontano i provini di Quidditch della squadra dei tassorosso che, evidentemente, avevano deciso di non perdere tempo ed avevano prenotato il campo il primo giorno disponibile.

“Ehi Mione, Harry ti ha annunciato che è stato nominato capitano?” “Ragazzi, non cambiate discorso, stavo dicendo che …oh davvero?!? Complimenti! Te lo sei meritato” “Ma no, che dici, diciamo solo che non avevano altra scelta, Alicia, Angelina e Katie hanno finito la scuola l’anno scorso, io sono il membro più vecchio e quindi è passata a me la “carica” “Non essere così disfattista, sei bravo a…” “Ehi, voi tre, laggiù” la interruppe Neville richiamandoli a squarcia gola “Ciao ragazzi” la sua voce era fioca e rotta poiché li aveva raggiunti correndo ed ora gli mancava il fiato “Senti Mione, devo riferirti un messaggio” “Fa pure” rispose sorpresa “Un…un momento solo…” respirò profondamente per tre volte e poi ricominciò “Allora, Silente mi ha chiesto di dirti che ti aspetta in ufficio per parlarti, sostiene che avresti capito tu di cosa” “Infatti, ciao ragazzi, ci vediamo a cena” urlò affrettandosi verso l’entrata per non dar loro il tempo di fare domande “Voi che fate adesso?” “Niente, perché?” disse il rosso “Ma Ron” Allora sei scemo!” “Oh! Piano con i complimenti è!” “Scusa, ma non ti ricordi che alle cinque abbiamo la riunione con la squadra per decidere quando fare il provino per i nuovi cacciatori?” “Ah già! Ops, mi spiace Neville” “Non importa, tanto dovevo andare da Colin, mi ha sfidato ad una partita di scacchi magici” “Oh bè, buona fortuna allora” “Grazie Harry, a dopo”.

 

Hermione era finalmente giunta davanti alla porta dell’ufficio del preside, più precisamente alla statua del Gargoyle, quando si accorse che non sarebbe mai potuta salire, poiché non conosceva la parola d’ordine “No, Silente non è così stupido, sicuramente ci sarà un modo per entrare ugualmente, se mi ha mandato a chiamare deve dirmi qualcosa d’importante e non può sicuramente trascurare un dettaglio come questo” disse guardandosi attorno per cercare qualcosa che le desse la possibilità di raggiungere lo studio del preside.

D’un tratto una voce la fece sobbalzare “Pst, ehi, ehi ragazzina?” “Si? Chi sta parlando?” domandò scioccamente prima di capire che la voce proveniva dalla statua “Oh, sei tu” disse incerta “Che c’è?” “Tu sei quella che Albus ha mandato a chiamare?” “Si, esattamente” “Bene, lui mi ha ordinato di farti passare anche senza la parola, prego” la invitò mentre si spostava e lasciava libera la via che portava alla scala a chiocciola che conduceva all’ufficio.

Mentre percorreva i gradini dietro di sé il Gargoyle tornò al suo posto ed il corridoio si fecce buio e silenzioso.

Cominciò a camminare più lentamente e nel momento in cui arrivò sana e salva davanti alla porta, prima di entrare, tirò un respiro di sollievo.

Quando l’aprì e varcò la soglia però all’interno non c’era nessuno, fatta eccezione della fenice e dei vari presidi appesi nei ritratti. Fu uno di questi a rompere il silenzio “Silente ha chiesto di aspettarlo qui, tornerà tra pochi minuti, attraverso il focolare presumo” la ragazza allora si sedette su una sedia di fronte alla scrivania senza parlare.
Effettivamente qualche istante dopo il camino si riempì d’alte fiamme smeraldine dalle quali uscì il vecchio mago, togliendosi la fuliggine di dosso.

“Oh ciao Hermione, scusa se ti ho fatto attendere, ma ho ricevuto una chiamata urgente e non ho proprio potuto rimandare” “Non importa, non stavo facendo niente di così importante e comunque Harry e Ron di lì a poco sarebbero dovuti andare ad una riunione della squadra ed io sarei rimasta comunque sola” “E lei?” “Oh, non era con noi” “Ricordati,devi tenerla d’occhio” “Lo so e lo sto facendo, ma non sono sua madre, non posso impedirle di allontanarsi da me se vuole” “Si, lo capisco, ma devi stare molto attenta, sta diventando amica di Draco” “Capisco che non sia una buona persona, ma abbiamo appurato quest’estate che non è un mangiamorte e che sebbene abbia troppa paura del padre per renderlo pubblico lui non sta dalla parte di Voldemort perciò…” “Si, ma Draco sa, tutto, suo padre glielo ha raccontato e potrebbe farsi scappare qualcosa, è meglio che abbia ben poco da dire su di lei o peggio, potrebbe rivelarle tutto e allora…” “Sarebbe un disastro, potrebbe ricordare o anche solo cercare di venire a sapere qualcosa in più e in tal caso…” “Potremmo essere tutti in pericolo” “O solo lei” “Non ce lo possiamo comunque permettere, l’abbiamo promesso, quando era piccola, tutti noi dell’ordine” “Si, me l’ha già spiegato fin troppo bene, comunque in questo caso vale il discorso di prima, non sono sua madre, non posso vietarle di vedere Malfoy e se non riuscirò a persuaderla che è un cattivo soggetto non potrò fare nient’altro” “No invece, devi insistere” “Non sarebbe saggio, potrei perdere la sua amicizia e allora addio sicurezza, non potrò più starle appresso” “Hai ragione, è troppo avventato un comportamento del genere, per questo mi sono rivolta a te e non a Ron ed Harry, non sanno controllarsi” “D’accordo, ma si ricordi la promessa, se lo terrò opportuno o avrò bisogno del loro aiuto” “Potrai raccontare tutto, certo, stai tranquilla, so che è un grave peso da sostenere da sola, ma meno persone lo sanno, meno pericoli corriamo” “Capisco, ad ogni modo non possiamo continuare così, dobbiamo trovare al più presto una soluzione” “Sarebbe bello, ma sai bene che in questo caso non c’è soluzione, non possiamo nemmeno usare l’incantesimo che usarono i genitori di Harry per nascondersi da Voldemort o noi con Grimmauld Place perché vorrebbe dire rivelarle tutto e non possiamo, perciò, ti chiedo di cercare di resistere, non sei sola, tutti i professori lo sanno, per questo ho offerto la cattedra a Bill, perché mi fido di lui come di te e presto o tardi dovremmo dirlo in ogni caso ai tuoi amici, perciò non sarai davvero più sola a sopportare questo peso, prima di quanto pensi” “Si, ma quando? Potrebbero passare mesi…ad ogni modo avrò pazienza, non è il primo segreto che nascondo loro, con la giratempo ho avuto successo, ce la farò anche stavolta, tuttavia prima che me ne vada, non potrebbe dirmi se c’è qualche novità sui movimenti di Voldemort? E’ tutta l’estate che siamo all’oscuro di tutto, non crede che sarebbe il caso d’informarci? E poi così ho qualcosa da dire se mi chiederanno, e lo faranno, di cosa mi voleva parlare”

 

“Allora siamo d’accordo, martedì disputeremo una partita di prova per scegliere dei cacciatori nuovi e proveremo se voi tre siete davvero migliorati allenandovi quest’estate, altrimenti dovrò fare dei provini anche per il portiere e i battitori” Harry pronunciò questa frase tutto d’un fiato, un po’ perché gli scocciava dire certe cose a delle persone che sognavano di giocare e comunque ce la mettevano tutta, ma soprattutto perché aveva paura di ferire il suo amico, che però non sembrava colpito da quell’affermazione “Perfetto, non vedo l’ora di dimostrarti quanto sono migliorato” “Si, anche noi” –Speriamo bene-“Si, in ogni caso vi avverto subito, io non sono pressante come Baston o Angelina, non vi terrò occupati le ore ad ascoltare assurde prediche sul fatto che dobbiamo vincere e robe varie, v’incoraggerò, si, ma finirà lì, l’unica cosa che dovete sempre pensare è questa, non importa che vinciamo o perdiamo, l’importante è che abbiamo giocato con impegno e non alla leggera, salvo che la partita non sia contro serpeverde, allora in quel caso dobbiamo vincere, punto, ci sono obbiezioni?” “No, direi di no” riuscì a rispondere Ron tra un risolino e l’altro “Bene ragazzi, allora ci vediamo martedì, alle sette negli spogliatoi” “Okkei, ciao” dissero i due battitori mentre raggiungevano la bacheca dove si erano incaricati di appendere l’avviso per i loro provini.

“Ottimo discorso capitano” “Ma piantala Ron, odio fare certe cose, mi mettono in imbarazzo” “Lo so…” “si vedeva molto?” “No, devo dire di no” “Meno male, oh ecco Dafne…Ehi, ciao!” “Ciao ragazzi, come va?” il suo tono era allegro, ma aveva due occhi rossi e gonfi, tipici di chi aveva appena pianto per almeno un’oretta buona, ma entrambi i ragazzi pensarono che non sarebbe stato carino farglielo notare, l’avrebbe messa a disagio, o peggio fatta arrabbiare “Dove sei sparita, ti abbiamo cercata dappertutto quando ci siamo girati e non ti abbiamo più visto” “Scusate, ma Dr…il ragazzo misterioso mi ha tirato in un angolo e non ho fatto in tempo ad avvertirvi” “Non importa, come va con lui?” fece in tempo a chiedere il rosso prima che l’amico gli piantasse una gomitata nello stomaco come a voler dire “Imbecille, non vedi che ha appena pianto, come credi che sia andata?” “Non molto bene, abbiamo…litigato diciamo, è stato abbastanza triste” “Mi spiace” cercò allora di consolarla e scusarsi allo stesso tempo Ron “Che dici, manco fosse colpa tua, ma non pensiamoci, piuttosto che ne dite di andare a cena, ho una fame” “In effetti anch’io, ma pensavo di spettare Mione no?” propose Harry “Andiamo a cercarla allora” acconsentì la ragazza “Ma se non sappiamo nemmeno dov’è? Ci raggiungerà, dai andiamo” supplicò il rosso, dal cui stomaco provenivano gorgoglii continui che convinsero i due ad accontentarlo.

Appena arrivarono scoprirono di avere fatto la cosa giusta, infatti la ragazza era già seduta al tavolo in evidente attesa “Ciao, sapevo che non avreste resistito al richiamo del cibo” “Ma che simpaticona!” scherzò Ron “Come mai Silente ti voleva parlare?” “Niente che vi riguardi” disse dando una veloce occhiata a Dafne, in modo che capissero che non poteva parlarne davanti a lei “Okkei, fa come vuoi, se non ti va di raccontarcelo non farlo” dissero ragionevoli i due ragazzi in coro.

La cena continuò tranquilla e quando i quattro ebbero finito di riempirsi lo stomaco si recarono in sala comune, dove Ron sfidò Harry ad una partita di scacchi magici, Dafne si sistemò comoda su di una poltrona a leggere un libro di origine quasi sicuramente babbana(la foto della copertina era immobile e non sembrava dare segni di vita), mentre Hermione ricominciò a sferruzzare cappellini di lana per gli elfi che quella notte sarebbero andati a far le pulizie nella loro casa.

“No, non può essere, credevo che ci avessi rinunciato ormai” “E perché dici questo Harry” “Ehm, pensavo che con il tempo questa mania ti fosse passata” “E perché mai dovrebbe? L’anno scorso andavano a ruba!” –Che faccio glielo dico? Non posso permettere che anche quest’anno Dobby si faccia le pulizie tutto da solo, potrebbe stancarsi e allora vivremmo nella sporcizia, e poi trovare quei berretti offende gli altri elfi- “Allora, vuoi rispondermi si o no? O ti sei finalmente convinto della mia causa?” “Non esattamente, ascoltami, sai meglio di me che se fosse per mia volontà sarebbero tutti liberi, ma se nemmeno loro vogliono, che bisogno c’è di costringerli rischiando anche di far loro un torto?” “Ma no, loro vogliono essere liberati, solo che non lo sanno ancora” –O è scema o è fin troppo testarda- “D’accordo, ma allora mi costringi a farlo” “Fare cosa?” “Dirtelo” “Dirmi cosa?” “Ascoltami bene, l’anno scorso non te ne ho parlato per paura di farti rimanere male, ma non posso costringere Dobby a continuare a fare i mestieri da solo” “Ma cosa dici?” “Si, è da quando gli elfi hanno cominciato a trovare i tuoi stupidi cappellini che si rifiutano di pulire il nostro dormitorio, così tocca a lui farlo tutte le volte” “Quindi è lui che…” “Si, li prende lui i berretti” “Che delusione” “Per questo non volevo dirtelo” “Grazie della tua premura Harry, allora tornerò ad occuparmi del C.R.E.P.A. nella vecchia maniera, rifonderò il club e voi ne farete parte vero?” chiese con un tono che non ammetteva repliche “Ehm noi…” “Veramente…” entrambi cercarono in fretta di trovare una scusa valida ma… “Come pensavo, siete d’accordo, perfetto” “sentite, sono piuttosto stanca” s’intromise Dafne che concentratissima nella lettura non aveva seguito una sola sillaba di quello che era appena successo “Vado a letto, ci vediamo domattina” “Okkei ciao” risposero i tre in coro.

Quando anche l’ultimo ciuffo di capelli rossi scomparì dalle scale Ron cominciò l’interrogatorio “Allora, che voleva Silente?” “Da me in particolare niente, voleva solo informarmi sulle ultime mosse di Voldemort, dopo quello che è successo l’anno scorso a Harry non vuole più tenerci all’oscuro di niente, è un rischio troppo grosso” –Ottima scusa- pensò tra sé e sé “E perché non ha convocato anche noi?” “Dice che sarebbe parso troppo sospetto” “Allora perché non ha chiamato Harry? E’ dalla fine dell’anno che non lo vede” “Senti tesoro, non è che so leggere nel pensiero, se per te è così importante domandalo a lui” “Scusa, scusa, allora che ti ha detto?” ribattè in tono irritato “Niente che non potessimo sospettare già: in qualche modo che ancora non sono riusciti a capire ha ottenuto la profezia” “Bè, alla fine non era una grande arma per lui, mi sembra che uccidermi rientrasse già nei suoi piani” la interruppe Harry “Certo, ma ora sa che anche il tuo piano ormai è ucciderlo e quindi si muoverà più in fretta, cercherà di coglierti alla sprovvista, di farti fuori per primo.Originariamente era consapevole che per difenderti tu o qualcun altro avreste potuto tentare di liquidarlo, ma ora non è solo una forma di difesa, è il tuo obbiettivo, il tuo destino, non può più prenderla così alla leggera” lo rimproverò saggiamente lei “Non ci avevo pensato” “Forse per questo ha chiamato me, faccio meno domande e lascio parlare la gente” questa frecciatina non fece effetto sui due che però al momento non avevano niente da chiedere e perciò la fecero andare avanti “Quindi, dopo che  i mangiamorte catturati sono evasi da Azkabam lui, oltre ad arruolarne di nuovi, ha cercato di fare un’organizzazione più vasta e meglio controllabile, sta agendo in segreto, non compie molti omicidi e se li fa agisce in modo che si scoprano dopo molto tempo e inoltre c’è una forte presenza di maghi obliviati, anche se i vari casi non si collegano tra loro: non vuole farsi trovare, e questo ovviamente è un buon segno” “Perché?” “Dai Ron, a questo c’ero arrivato anch’io” “Meno male, comunque, è un buon segno perché significa che ha paura, o che comunque vuole agire con cautela, non è più sicuro di quello che fa e si nasconde” “Ma potrebbe semplicemente voler dire che si sta preparando a qualcosa che non vuole farci sapere” “Appunto, ci vuole cogliere di sorpresa, non è più sicuro che basti la sua magia per fermarci, una volta non aveva piani, uccideva e basta, non aveva nemmeno bisogno di nascondersi, non era felice il destino di chi lo scovava, mentre ora è più schivo e prudente” “Spero vivamente che sia davvero così” “Davvero”

Mentre parlavano era ormai giunta mezzanotte e tutti e tre erano d’accordo col fatto che sarebbe stato meglio arrivare lucidi alla prima ora di pozioni dell’anno, così si recarono nei rispettivi dormitori e si abbandonarono nelle braccia di Morfeo.

 

In effetti, la mattina seguente, quando entrarono nella stanza dei sotterranei vi trovarono un Piton molto nervoso e agitato, con una faccia ancora più scura del solito.

“Che gli succede?” “Non lo so Hermione, ma probabilmente è ancora arrabbiato perché la Mc Granitt l’ha obbligato a farci entrare nella sua classe” “Probabilmente Harry ha ragione” “Ma no, che dite, secondo me è semplicemente diventato più difficile fare la spia!” “Spia?” chiese Dafne incuriosita “Spia? Ho detto spia? Che scema, intendevo arpia, si si arpia” “Se lo dici tu” nel frattempo i quattro si erano accomodati scegliendo le stesse postazioni del giorno precedente, ma in due banchi all’ultima fila.

“Salve ragazzi, vedo che la classe rispetto agli scorsi anni si è decimata, anche se ci sono persone che non mi sarei mai aspettato, vero Potter, Weasley? Sappiate che mi basterà una sola A per sbattervi fuori da questa classe, perciò vedete di prendere sul serio la mia materia una volta per tutte! Bene, quest’anno, come avrete notato c’è una nuova allieva: Dafne Pratchett, benvenuta” disse e cominciò la lezione.

Quasi tutti nella classe ebbero un attimo di esitazione nel sentire il tono con il quale il professore si era rivolto a lei: non avrebbero mai pensato che l’avrebbe usato con una grifondoro, ma le perplessità finirono subito, un po’ perché Piton aveva ricominciato a parlare, un po’ perché pensarono che magari era un po’ tropo presto cominciare con le ostilità dalla prima lezione, anche se di certo lui non era il tipo che si faceva di questi scrupoli.

“Inizieremo con lo studio di una pozione che vi permetterà di diventare invisibili in mancanza di una bacchetta o di un mantello dell’invisibilità oppure in caso vogliate diventarlo senza servirvi di uno di questi strumenti. Vi prego di prestare la massima attenzione mentre l’eseguirete, innanzitutto perché non è molto semplice, secondo perché come vi ho detto quest’anno sarà molto più duro e non accetterò di avere allievi che non prendano almeno sempre “O” , perciò, per essere ancora più sicuro del vostro impegno alla fine di ogni lezione sperimenterete la vostra pozione, se possibile ovviamente, su voi stessi, quindi, se non volete rischiare che una parte del vostro corpo rimanga permanentemente invisibile o casi simili, vi consiglio di fare attenzione! Bene, seguite le istruzioni sulla lavagna, prego, avete un’ora e mezza” fece un rapido gesto con la bacchetta e vi apparvero scritti ingredienti e procedimento.

Harry e Ron si guardarono rapidamente negli occhi e con una certa apprensione cominciarono a lavorare.

Non solo loro ebbero piccoli brividi al pensiero del “test” di fine lezione, anche Dafne era preoccupata, mai nelle scuole precedenti aveva dovuto provare su di sé una pozione e, sebbene era sempre andata bene in quella materia, non moriva dalla voglia di assaggiare i suoi preparati; inoltre quella mattina concentrarsi sul lavoro era sempre più difficile: era in classe con Draco e ogni tre per due si sorprendeva a spiarlo senza volerlo fino a che Hermione la interruppe “Allora è quello il ragazzo misterioso?” le chiese guardandolo mentre aggiungeva le ali di fata fatte seccare sotto la luna piena “No, figurati non è lui, lo guardavo solo perché mi sembra carino” cercò di tergiversare lei “Non cercare di darmela a bere, non sono un ragazzo io, riconosco lo sguardo di una cotta e uno di semplice interesse” “Vabbè, tanto vale che confessi no?” scherzò la ragazza “Infatti” il tono dell’amica s’era fatto d’un tratto più serio “Senti, non sono gelosa di te, figurati, ma ti devo mettere sull’attenti, quel ragazzo non è uno di cui ci si possa fidare” “Come dici?” “Non è che sia cattivo” continuò “ma è arrogante, petulante ed immaturo, non perderci il tuo tempo, ti farà soffrire” “Ma, perché mi stai dicendo queste cose? Sembra che tu lo odi da come ne parli” “In effetti non è esattamente amore ciò che provo per lui” “Okkei, ma non potrebbe essere semplicemente che voi, non andate d’accordo?” “Potremmo anche metterla così, ma, fidati, non è quello che qualcuno definirebbe un bravo ragazzo” “Bé, è un po’ strano, mi ha detto cose che non capisco, abbiamo litigato per un motivo che non saprei spiegare, oserei dire incomprensibile, ma non mi è sembrato cattivo, solo diciamo di sangue caldo” “Mmmh si? E’ che ti ha detto?” ora la voce della ragazza tradiva una certa curiosità “Cose strane, che sa chi…ma perché dovrei dirtelo? Scusami, ma come non conosco abbastanza bene lui da non potermi affidare ai tuoi consigli per giudicarlo non conosco abbastanza bene nemmeno te per raccontarti la mia vita” disse secca, come a voler chiudere lì la conversazione “Scusa, volevo solo metterti in guardia” “Bene, ora l’hai fatto, basta così” il suo tono ormai non ammetteva repliche ed Hermione non poteva permettersi di litigare con lei perciò tacque e continuò a lavorare. 

Il tempo passò decisamente più in fretta di quanto in realtà servisse ai ragazzi per essere sicuri delle proprie pozioni, ma arrivò il momento della prova.

I primi a trangugiare furono i serpeverde che scomparirono tutti dopo aver preso una sorsata da un bicchiere fatto apparire per l’evenienza, fatta eccezione di un ragazzo a cui ancora non erano scomparsi totalmente i piedi, ma se ne intravedevano i talloni “Credo che manchi ancora un minuto di ebollizione, per questa volta passi, ma solamente perché è la prima lezione”

“Non mi sembra così cattivo” esclamò a bassa voce Dafne a Ron “Solo perché era uno della sua casa, aspetta di vedere il trattamento riservato a noi”.

Il gruppo dei grifondoro si apprestò a fare la prova delle proprie  pozioni.

Andò bene per tutti, solo che Dean Thomas ci mise più del previsto a scomparire “Vedo che non ha letto con attenzione la quarta riga: erano solo tre le ali da aggiungere, non quattro! Ecco i risultati ad avere degli alunni incompetenti, da lei per la prossima lezione voglio due rotoli di pergamena dove parlerà approfonditamente di questa pozione! Per oggi è tutto, ricordatevi di bere l’antidoto prima di uscire, è sulla mia scrivania, il liquido color blu elettrico.

 

“E’ incredibile, avrebbe dovuto darli anche all’altro  ragazzo i compiti di castigo, che cosa ingiusta!” “Cosa ti dicevo?” disse con orgoglio il rosso “Comunque mi ha stupito che non l’abbia buttato fuori dalla classe!” “Sii ragionevole” lo riprese Hermione “Può essere di parte quanto vuole, ma non può arrivare ala fine dell’anno con un solo studente e cominciare ad espellere la prima lezione lo porterebbe di certo verso quella via” mentre discutevano raggiunsero l’aula di Difesa, dove trovarono un agitatissimo Bill tutto preso a ripassare la lezione che aveva preparato per quel giorno “Ehi fratellone? Panico da primo giorno?” “Piantala Ronnie” quel soprannome faceva sempre arrabbiare Ron che, orecchie rosse, si sistemò in un banco molto lontano dalla cattedra, senza rivolgere più la parola al fratello “Calmati un po’ è la sua prima volta da insegnate per una classe di adolescenti, non credo sia facile per lui” “Hai ragione Harry, ma è troppo fastidioso ed imbarazzante essere chiamato così, davanti a dei ragazzi che non conosco bene per giunta” infatti, curiosi per il nuovo professore molti degli studenti ancora iscritti a quella materia si erano già sistemati nei banchi.

Appena tutta la classe si fu sistemata il nuovo insegnante si alzò e la lezione ebbe inizio.

“Salve ragazzi, come alcuni di voi già sapranno io mi chiamo Bill Weasley e ho studiato qui non più di sette anni fa circa” molte ragazze emisero de gridolini eccitati al pensiero di quanto fosse giovane il loro nuovo insegnante “Come ho visto dal rapporto inviatomi da Silente sebbene l’anno scorso non abbiate avuto un’ottima insegnante grazie a mezzi traversi siete riusciti comunque a procedere in questa materia, quindi partiremo spediti con il programma del sesto anno, naturalmente se incontreremo problemi non esiterò a fare dei ripassi su alcuni argomenti poco compresi d’accordo?” tutti annuirono “Bene, possiamo cominciare, aprite il vostro libro a pagina sette, troverete la foto di un Kelpie qualcuno sa dirmi cos’è?” come al solito la mano di Hermione saettò in aria per poter rispondere alla domanda e Bill fu costretto a farla parlare, poiché era l’unica a conoscere la risposta.

La lezione procedette con calma, ma il rosso riuscì a mantenere alta la concentrazione degli studenti, senza farli annoiare, sembrava quasi di fare nuovamente lezione con Lupin.

“Bene ragazzi, la prossima volta, se non ricordo male, avremo una doppia ora, perciò portate le bacchette perché faremo un po’ di pratica: è stato difficile, ma il preside ha procurato un Kelpie, perciò vedremo cosa avete imparato oggi, per sicurezza fate un breve riassunto su questa lezione. Ora potete andare, a mercoledì”.
”Wow non vedo l’ora che arrivi mercoledì” affermò Dafne “Si, anche io, è proprio forte Bill come insegnate, vero Harry?” “Infatti, le sue lezioni sono interessanti come quando c’era Remus” “Già, non me lo sarei mai aspettato, ma mio fratello è proprio un grande”.

L’ultima lezione, Cura delle creature magiche, passò velocemente e senza grandi avvenimenti poiché stranamente Hagrid non aveva scelto, per una volta, qualche animale feroce o comunque spaventoso, e l’ora di cena arrivò in fretta.

Il quartetto come al solito non si separò nemmeno per mangiare e finito il pasto Ron propose a tutti di andare a fare una partita a sparaschiocco nella loro sala comune “Wow, nelle mie vecchie scuole era proibito” “Forse anche qua” precisò Harry “Ma non è molto importante, allora vieni?” “Volentieri, ma prima devo parlare con qualcuno” disse in tono eloquente “Okkei, neanche oggi scopriremo chi è il ragazzo misterioso” scherzò Ron “Ci vediamo di sopra allora, ciao”.

Appena il terzetto scomparì dietro la porta Dafne cominciò a guardarsi attorno per cercare l’ormai familiare ciuffo di capelli color platino, ma non lo trovò: non era ancora andato a pranzo, era una fortuna, forse sarebbe riuscita a trovarlo nei corridoi, sperava che fosse solo.

Così si alzò e cominciò la ricerca. Dopo dieci minuti buoni che girava per corridoi lo adocchiò e….ed era solo.

Appena la vide il suo volto sembrò illuminarsi, ma neanche un secondo dopo abbassò lo sguardo  e la sua espressione si rabbuiò. Per un attimo guardandola era come se il sole fosse tornato a splendere di notte solo per lui, ma poi ragionò, non doveva più permettere che quella strana ragazza avesse quell’effetto su di lui era…imprudente. Riprese a camminare e fece finta di non averla notata, ma lei lo bloccò afferrandogli il braccio “Questa farsa non funziona Draco” la sua voce era fredda –Allora non è vero niente lei sa, lei ricorda- “Non sono scema so che mi hai visto” tirò un sospiro di sollievo –Mi ero sbagliato- “Tu avevi detto che non eri più sicura di volermi vedere, ti ho solo facilitato il compito” il suo tono era glaciale e spento “Ma, ero solo in preda alla rabbia, non lo pensavo davvero” “E allora? Mi sembrava che in ogni caso avessimo chiarito il fatto che non possiamo vederci” respingerla diventava sempre più difficile “Non ci riesco, è più forte di me” “Ma è pericoloso” “Perché non capisco?” “Non ricominciare” “Ma…” “Smettila ho detto!” quella sera la maschera d’indifferenza del ragazzo era più solida del solito “Non posso spiegarti, non so se potrò mai farlo, comunque sicuramente non ora” “Ma voglio stare con te” “Non è possibile” “Senti dammi un motivo valido e ti lascerò stare” “Anche questo non è possibile, sono fantasmi vecchi, cose private, non posso parlartene” “Draco, i demoni del passato tornano sempre, è inevitabile, ma se questo e il problema, ti aiuterò, insieme potremo sconfiggerli” “No, credimi, non questi.”

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Capitolo 3
*** I segreti non possono rimanere segreti per sempre ***


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Capitolo 3°:I segreti non possono rimanere segreti per sempre

 

Quando Dafne tornò nella sala comune era molto tardi e, fatta eccezione di Hermione non c’era nessuno.

Appena entrò la ragazza s’infuriò, possibile che non la lasciasse mai in pace? Che non riuscisse a capire che non aveva bisogno di confidarsi con lei ogni volta? Non era in grado di farsi i fatti suoi? Incredibile! Si conoscevano da quanti? Tre giorni? Quattro? E già credeva di essere la sua confidente personale? Ma questa volta non le avrebbe lasciato il tempo di riuscire a farsi dire qualcosa! Prima Draco che tratta segreti su di lei come se fossero suoi affari personali, poi anche la mammina sempre pronta a farsi gli affari suoi, no, non poteva reggerlo.

Facendo finta di non averla notata corse verso le scale, ma appena tentò il primo scalino la sua voce la raggiunse “ Senti se hai…” “No, grazie non ho bisogno di niente” la bloccò acida “Non fare così” “Così come? Sentiamo” “Perché mi respingi?” “Sentila…Ma chi ti credi di essere? Che ne sai in fondo di me? Che ne sai che io non preferisca sbrigarmele da sola le mie faccende, potrei non essere contenta di lavare i miei panni sporchi in pubblico” “Non ti sto dicendo di pubblicare la tua autobiografia sulla Gazzetta del profeta, solo di parlare con me di quello che ti sta succedendo, non è normale che un ragazzo conosciuto da poco riesca a farti stare così male” “Che ne sai tu che io sto male? In fondo anche tu mi hai conosciuta da poco” “Si, ma…posso percepirlo, si sente quando qualcuno non è felice” “Ma bene! Abbiamo una sensitiva tra noi” rise, ma non era una risata ironica o sarcastica, era cattiva, tagliente, voleva offendere con quella battuta e sapere di averlo fatto la gratificava…-Perché? Io…io non sono così- “Io…io…non ti riconosco” sospirò Hermione ferita “Che ne sai? Sei poi così sicura di conoscermi bene? Potrei non essere come mi hai sempre vista” –Però ha ragione, nemmeno io mi riconosco in questo momento-  “Non credo” esclamò, stava riacquistando coraggio “Ancora, ancora ostenti quell’aria da so-tutto-io, le persone non sono dei libri cara mia, non puoi imparare a conoscerle leggendo le istruzioni o studiando il modo migliore per star loro accanto, devi stare con loro, abituartici, tre giorni soli non bastano” più l’amica continuava più la rabbia cresceva, stava fremendo, avrebbe perso il controllo, lo sentiva “Eppure sembra che tu mi conosca bene, sembra che tu abbia capito che vorrei trovare tutte le risposte alle domande della vita sui libri, non è così?” “Ora…ora basta” ordinò perentoria “Ma, volevo solo aiutarti” “Be, questa volta non puoi!” urlò correndo sulle scale, ne aveva davvero abbastanza.

-Avrò fatto bene ad insistere? Non è stato prudente, questo è sicuro, però qualcosa mi dice che ho fatto la cosa giusta. Speriamo bene! Odio agire d’istinto, è una cosa pessima se vuoi tenere qualcosa sotto controllo, e io dovrei- mentre rifletteva su questo Hermione si sedette su di un divanetto ad aspettare, doveva darle il tempo di cambiarsi e di addormentarsi, o almeno di poter fingere di esserlo.

 

La mattina seguente quando aprì gli occhi Dafne si era già alzata e probabilmente era già scesa in sala grande per far colazione.

-Mi evita, dovevo aspettarmelo, solo speravo che di notte la rabbia sbollisse…accidenti a me!- si maledisse mentalmente mentre si stava lavando i denti.

Appena Lavanda e Calì entrarono nel bagno lei ne uscì, decisamente era una giornata in cui aveva voglia di rimanere sola: non solo stava facendo esattamente quello che Silente le aveva chiesto di non far accadere, ma stava perdendo anche l’unica amica che avesse. Non che Ron ed Harry non fossero dei buoni amici, non fraintendiamoci, stava benissimo con loro e nonostante fossero ragazzi erano degli ottimi confidenti, ma effettivamente in tutti quegli anni aveva sentito la mancanza di una persona a cui rivelare tutti i suoi crucci e segreti più intimi e, malgrado quella con Dafne fosse un’amicizia alquanto forzata era contenta di stare creando un legame con lei.

-Ma troverò un modo per tirarmi fuori da questa situazione  imbarazzante, non per me, ma perché è il primo incarico che svolgo quasi ufficialmente per l’Ordine e non posso fallire- questa imposizione, questa specie di disposizione che si era appena data la tranquillizzò: avere un compito da svolgere era molto più semplice che venire a capo in una situazione dove c’erano di mezzo dei sentimenti inoltre lei, era indiscutibilmente più brava con i compiti.

Con una nuova prospettiva davanti a sé la ragazza riuscì a cominciare meglio la giornata, si diresse alla doppia ora di Trasfigurazioni con un’espressione di calma assoluta stampata sulla faccia, non avrebbe fatto colazione, non aveva fame: dopotutto, quella situazione, sebbene lei fece finta di non accorgersene, la turbava molto, più di quanto avrebbe dovuto.

Le lezioni quella mattina non furono molto complicate, ma piuttosto noiose e le ore passarono molto lentamente, soprattutto erbologia e pozioni, dove fortunatamente non successe nulla di eclatante o comunque di pericoloso per gli alunni, poiché, avendo solo un’ora a disposizione Piton decise di fare una lezione sulla teoria di una strana pozione che aveva la capacità di ammansire qualunque bestia, anche la più crudele; in realtà nessuno capì l’importanza di un intruglio del genere, non tanto per la sua effettiva utilità, ma quanto perché un po’ tutti si chiedevano, per esempio, come fare a somministrarla a un drago infuriato.

Appena l’ultima campanella suonò Hermione decise: avrebbe agito prima di pranzo, non poteva assolutamente perdere tempo.

Quando la vide le si avvicinò di soppiatto, senza farsi notare: Dafne avrebbe potuto vederla e decidere di sfuggirle. Così, appena l’ebbe raggiunta le si parò davanti e iniziò a parlare, fortunatamente era sola. “Ascolta, non so precisamente perché ti abbia dato fastidio il fatto che ti volessi dare una mano, ma non ha importanza, importa solo che ieri sera ho sbagliato ad insistere, voglio solo che tu capisca che ero in buona fede, non sono un’impicciona e non provo gusto nello spettegolare, perciò se mi preoccupo per te è perché ci tengo. Nonostante tutto capisco che tu possa non volere sempre raccontarmi quello che ti succede, perciò non ti domanderò più niente e  non ti darò più consigli che non vuoi, ma ricordati, se avrai bisogno di me io sarò sempre pronta ad ascoltarti e spero che potrai ricambiare e soprattutto perdonarmi per l’altra sera” concluse voltando i tacchi e andando nel dormitorio dei grifondoro per lasciarvi lo zaino prima di scendere a pranzo.

 

La sera era umida e fresca, un lieve venticello preannunciava l’avvento dell’autunno. L’erba dello stadio come al solito era di un verde rigoglioso e sempre tagliata in modo da essere perfetta per un campo da calcio babbano.

Erano le sette e ancora non era arrivato nessuno, Harry cominciò a pensare che non fosse stato così intelligente andare ai provini con mezzora di anticipo, nessuno si sarebbe presentato così presto, se la partita di prova era alle sette e trenta tutti sarebbero arrivati a quell’ora, forse dieci minuti dopo, ma non prima, questo era sicuro.

Malgrado ciò sapeva che non avrebbe comunque resistito ad aspettare nella sala grande, il caos delle chiacchiere degli alunni lo avrebbe innervosito al punto di farlo impazzire e la vista di Ron così tranquillo sarebbe stato il colpo di grazia: come faceva a mantenere in quel modo la calma? Com’era cambiato dall’anno precedente, quando al solo nominargli la pluffa diventava verde e sentiva l’estremo bisogno andare al bagno.

Quindi, mentre aspettava che arrivasse l’ora giusta si sedette su di una panchina negli spogliatoi ad aspettare e s’immerse nei suoi pensieri…

Aveva sempre desiderato essere capitano, dal primo momento che era salito sulla sua scopa per disputare la sua prima partita: decidere gli schemi di gioco, le tattiche, la posizione dei giocatori, pensava che non solo fosse eccitante, ma anche che in qualche modo potesse dare una grande soddisfazione. Ma quando, l’anno scorso, diedero la carica ad Angelina invece che a lui non si arrabbiò, anzi, ebbe quasi come un moto di sollievo, perché? Era semplice, non si sentiva all’altezza e comunque non voleva una responsabilità del genere: c’erano altre cose decisamente più utili a cui pensare e distrarsi meditando su come prendere una palletta d’oro prima dell’altra squadra non portava a niente d’importante.

Non aveva mai pensato al Quidditch sotto questo punto di vista e si sentì quasi in colpa. Scosse la testa, non voleva pensarci, lui adorava volare e giocare, solo non voleva altre responsabilità. Pensò che in fondo silente non avesse fatto poi così male a non dargli la carica di prefetto, al momento non invidiava per niente Ron ed Hermione o Ginny e Colin.

Mentre rifletteva su queste cose si accorse che da lontano un modesto gruppetto di ragazzi e ragazze che, con sua sorpresa, andavano da secondo al settimo anno, si stava dirigendo verso di lui.

-Bene!- esclamò tra sé e sé –Quest’anno sarà molto difficile fare una scelta- nel frattempo dietro di lui erano comparsi i quasi titolari della squadra che come lui avevano indossato l’uniforme “Bene Harry” disse il rosso “Sarà una serata lunga, per fortuna che non hanno ancora cominciato a caricarci di compiti” “Infatti…oh! Guarda, là vicino a Ginny” proruppe indicando un punto indefinito in mezzo alla folla vociante “C’è anche Dafne” “Mmmh? Oh! Hai ragione, ed è anche ben equipaggiata, guarda, ha una firebolt” “Già, peccato che non sempre una buona scopa coincide con un buon giocatore” sospirò il moro “Che vuoi dire? L’hai già vista volare?” “No, era solo una frase saggia che mi è venuta al momento” “Tu non stai bene, ti sei fatto una pozione allucinogena mentre noi non c’eravamo” “Non fare l’idiota, è solo che sono nervoso” “Bè, non c’è motivo: secondo me sarai un buon capitano e poi comunque stasera non devi dimostrare proprio niente a nessuno, perciò vai e divertiti” l’entusiasmo e la sicurezza di Ron un po’ lo rincuorarono, ma non poté non uscire in campo con la sensazione che un rospo molto agitato gli fosse finito per sbaglio nello stomaco.

Sin dalla prima partita Harry scoprì con sollievo che i battitori ed il portiere potevano essere riconfermati, così si concentrò direttamente sulla qualità dei cercatori: al momento in campo cerano tre ragazzi del terzo anno che si destreggiavano discretamente con la scopa, ma per fare ciò si lasciavano scappare quasi ogni pluffa che tentavano di passarsi, così, dopo una breve e rapida occhiata d’intesa con Ron, Andrew e Jack(i battitori), consigliò loro di ritentare, magari, l’anno successivo, ma nel dirlo il suo tono era molto poco convinto.

Nel frattempo, i ragazzi che si erano presentati per ricoprire i ruoli per i quali aveva però appena prorogato i suoi amici avevano deciso che assistere alle prove dei compagni era molto noioso e avevano lasciato il campo, così, con stupore di Harry, rimasero solo altri nove ragazzi da vedere, era decisamente un’ottima cosa.

Quello dopo fu il turno di due ragazze del quinto anno, Ginny e una certa Julianne e di un corpulento ragazzo del settimo che sicuramente non sarebbe stato facilmente disarcionato dalla cavalcatura e che quindi sarebbe stato un ottimo elemento, se non fosse per il fatto che aveva una pessima mira e ad ogni passaggio rischiava di lanciare la pluffa in faccia alle povere ragazze.

Nonostante tutto la sorellina del rosso non perse mai il controllo ne del gioco ne della scopa e fece qualche tiro spettacolare che andò inevitabilmente a rete.

Ad un certo punto Harry si scoprì ad osservarla fender l'aria, senza soffermarsi però propriamente sulla tecnica del gioco, ma più sulla ragazza e sulle sue forme che s’intravedevano sotto i vestiti che, volando, le si incollavano al corpo, provava una certa invidia per il suo amico Dean.

Appena i sette tornarono a terra la informò che era stata presa e lei gli si gettò al collo per ringraziarlo.

Imbarazzato, subito dopo che smise di sbaciucchiarlo sotto gli sguardi tetri del suo ragazzo che era venuto ad assistere al suo provino, si preparò per la penultima dimostrazione, Dafne non si era ancora decisa e in campo c’erano tre ragazzi del secondo anno, due maschi e una femmina che volava come se fosse stata mandata sulla terra solo per stare su di una scopa ed aveva una mira incredibile, se aveva capito bene si chiamava Alexis, non poteva lasciarsela scappare…

Per l’ultima volta si diede una grande spinta con le gambe per librarsi in aria ad osservare gli ultimi tre giocatori: erano tutte ragazze, c’era Dafne, una che probabilmente frequentava il terzo anno e una del quarto che quasi sicuramente rispondeva al nome di Beatrix.

Tutte e tre volavano come Dio comanda e avevano un gioco un po’ incerto ma molto pulito, non c’era dubbio però su chi avrebbe scelto, essendo le tre alla pari, aveva deciso di favorire la sua amica, dopotutto non c’era niente di male ed era sicuramente meglio selezionare così che tirando una monetina.

 

“Allora, vedo che la squadra del grifondoro è destinata ad avere cercatrici femmine” “Infatti, avrei anche scelto qualche ragazzo ma…” “Erano tutti penosi” concluse per lui l’amico “Appunto”.

La serata era stata per entrambi faticosa e quando arrivarono in camera i loro tre compagni si erano già abbandonati ad un sonno molto profondo, Neville persino russava ricordando un paracarri che non riesce ad ingranare bene la marcia.

“Sono distrutto” annunciò Ron “Anche io ma non ho voglia di dormire” “Nemmeno io” ammise andando a sedersi sul bordo del letto di Harry “Non mi sarei mai immaginato che Dafne sarebbe venuta hai provini” “si, non sembra il tipo, però è molto brava” “Già, ed è anche molto bella, ho visto come la guardavi mentre volava e non era certo lo sguardo di un capitano che cerca il giocatore migliore” concluse ammiccando –Per fortuna che non mi ha visto anche quando guardavo Ginny- il suo sguardo al pensiero si fece preoccupato “A che pensi?” “Niente, solo che tanto c’è sempre quel ragazzo misterioso e quindi…” “E quindi cosa? Manco sai chi è quello e per la cronaca di sicuro non lo conosce più di quanto conosce te, volendo puoi ancora conquistarla” “Ma piantala! E poi non so nemmeno se mi va, quasi non so chi è, certo è molto bella, ma il suo carattere mi ricorda molto quello di Cho” “Non nominare più quella ragazza per piacere, non ne posso più delle sue scenate” “Nemmeno io, per questo non vedo esattamente in buona luce una mia relazione con lei” “Nonostante tutto ti piacerebbe vero?” “Vero, ma è meglio non pensarci lasciamo che se la sbrighi con mister x prima, dopotutto sono molti i pesci nell’oceano” “Basta con battute trite e ritrite, stai diventando un luogo comune vivente ragazzo mio” “Forse è meglio che andiamo a letto comunque, stiamo cominciando a dire cose senza senso” “E cosa cambia da quello che facciamo di solito?” “Non molto effettivamente, ma è tardi e mi è venuto davvero sonno” “Okkei, okkei, notte” disse il rosso mentre si sistemava sotto le coperte e tirava la tenda del baldacchino.

Harry spense la luce e la stanza si fece buia e silenziosa. Anche i due ragazzi si abbandonarono ad un sonno pesante e senza sogni.

 

Il resto della settimana passò lentamente, ma segnò inesorabilmente il passaggio tra l’estate e l’autunno: la brezza leggera che faceva oscillare i capelli lunghi delle ragazze improvvisamente era diventata fresca e pungente, la lucente erba del prato era diventata verdognola e in alcuni punti si stava già ingiallendo e il cielo cominciava ad essere ricoperto di inquietanti nubi grigie che minacciavano pioggia, pioggia e ancora pioggia.

I ragazzi avevano cominciato a portare pesanti maglioni sotto le divise e Hermione aveva ricominciato con l’accendere fuochi azzurri trasportabili in un barattolo durante la ricreazione.  

Dafne dopo quella strana sera non aveva più rivisto Draco ma continuava a pensare a quello che le aveva detto. Come potevano essere fantasmi del suo passato cose che la riguardavano? Perché gli incutevano così tanto timore? Era forse lei? Era colpa sua? Ma più ci pensava più quell’idea le sembrava assurda: come poteva centrare con qualcosa di brutto della vita passata di quel ragazzo se sapeva benissimo che da quando poteva ricordare non era mai, e con mai intendeva nemmeno da lontano, stata in Inghilterra? Ma da quanto poteva ricordare? Effettivamente i suoi ricordi non andavano molto indietro nel tempo, con tutti quegli incantesimi oblivius fatti su di lei la sua memoria non era poi un gran che. Cercò a lungo nella sua mente, più indietro che riuscì, aveva cinque anni e dov’era? Questo non lo ricordava, per lo meno non riusciva a capirlo, vedeva solo tanto grigio intorno a se, era in una stanza fiocamente illuminata da una torcia e c’era qualcuno con lei, ma non poteva ricordare chi era, non distingueva bene il volto, faceva molto freddo.

Quello strano signore si stava avvicinando piano a lei. Una strana sensazione di terrore la avvolse, aveva paura, quell’uomo la spaventava, non voleva che si avvicinasse, ma non poteva impedirglielo, avanzava inesorabilmente, aveva in mano qualcosa, ma non riusciva a distinguere bene cosa fosse, al momento comunque non era quello che la preoccupava, ormai era a pochi passi da lei, se avesse allungato le mani forse sarebbe riuscita a toccarlo.

Urlò, un grido acuto, pieno di terrore puro e ansia, mise talmente tanta forza in quell’urlo che ad un certo punto le mancò il respiro, le girò la testa e cadde, come un peso morto, ma non toccò mai il freddo pavimento del corridoio, qualcuno l’aveva sentita ed era corso ad aiutarla.

Sperava immensamente fosse Draco, o per lo meno Harry, invece quando aprì gli occhi si trovò davanti la faccia di Adam Meils “Dafne giusto sei Dafne?” “Si, credo di…cioè no, sono sicura, si sono io” “Stai bene?” “Si, grazie, ora puoi anche lasciarmi” disse liberandosi dalla stretta del ragazzo che non accennava di volerla lasciar andare “Cos…cos’è successo?” “Niente d’importante, comunque ti ringrazio di non avermi lasciato cadere” “Dal modo in cui hai urlato non mi sembrava “niente d’importante”” “Ehi, ma cos’hanno i ragazzi di questa scuola? Tutti a fare le mammine preoccupate e a ficcare il naso negli affari degli altri! Sto bene capito? Ora devo andare, mi aspettano” nonostante la rispostaccia ed il tono acido che aveva usato era contenta per la premura che aveva avuto per lei –Ma d'altronde che potevo fare? Se fossi rimasta calma lì con lui avrebbe continuato a tempestarmi di domande fino a che, disperata mi fossi convinta a raccontargli qualche cosa! Ma poi cos’avrei potuto dire? Guarda, sognavo a occhi aperti e mi sono spaventata? Niente ha un senso in questa frase. No, è stato meglio così, avrò tutto il tempo per scusarmi, o almeno spero…-

Quella sera il ricordo ritornò sotto forma di sogno e nel bel mezzo della notte si ritrovò seduta sul letto madida di sudore e con gli occhi delle sue compagne puntati su di lei: aveva urlato di nuovo.

“Sto bene non preoccupatevi, è stato solo un incubo, tornate a dormire”.

Rassicurate le ragazze si rigirarono nei loro letti e tornarono a sognare. Soltanto Hermione prima di farlo lanciò un occhiata in tralice alla ragazza, come a voler dire “Ricordati il mio discorso dell’altra settimana”.

Effettivamente stavolta l’idea di confidarsi con qualcuno era allettante e poi, da quando avevano fatto pace il suo atteggiamento si era decisamente ridimensionato, ma era la seconda volta che le succedeva e ancora non sapeva spiegarlo bene a sé stessa, non era sicura di essere in grado di raccontarlo a parole e nemmeno di volerlo fare, perciò tacque e si rimise a dormire anche lei, ripromettendosi però che se fosse successo una terza volta ne avrebbe parlato.

In realtà quell’incubo la perseguitò per tutta la settimana, ormai però aveva imparato a controllarsi e, sebbene continuasse a svegliarsi in preda al terrore riusciva  non urlare più, così mantenne il segreto con l’amica.

Un giorno però,stanca di dormire poco e male, decise di andarne a parlare con Draco.

Era ormai passato molto tempo dall’ultima volta che avevano discusso, ma, ne era certa, era stato lui a causarle quella specie di visione, con il suo farneticare sul pericolo che correvano a stare insieme.

Ciarlava continuamente sui rischi che avrebbero corso frequentandosi, ma a lei sembrava che i problemi erano cominciati poco dopo che non si vedevano più.

Era una domenica di ottobre fredda e ventosa e Dafne per uscire a cercarlo si era messa un pesante cappotto e la sciarpa della sua casa, bene nascosta dal colletto, non era il caso di sbandierare che una grifondoro andava a vedere gli allenamenti di serpeverde, sarebbe potuto sembrare equivoco, anche perché lei faceva parte della squadra e poi comunque non voleva farsi notare.

Quando la partita finì lei si mise in un posto dove nessuno l’avrebbe vista, ma da dove poteva tenere d’occhio l’uscita dello spogliatoio…

Il biondino uscì per ultimo, in compagnia di un nerboruto ragazzo che probabilmente era uno dei battitori.

Aveva sperato fosse solo, ma comunque c’era rimedio a tutto: estrasse la bacchetta da una delle innumerevoli tasche della divisa e stregò del fango perché gli schizzasse il volto “Ehi attento a dove cammini, mi hai insudiciato tutta la faccia, stupito bestione” “Ma cosa dici? Come avrei fatto secondo te?” “Non lo so, ma se noti ho la faccia piena di fango, evidentemente hai bisogno di una lezione supplementare di come camminare senza sporcare gli altri, idiota” ribatté acido rientrando negli spogliatoi: non aveva intenzione di farsi vedere a pranzo conciato così.

L’amico, offeso dalla sua stoccata finale decise che non lo avrebbe aspettato e riprese il cammino verso la scuola.

La ragazza attese che fosse abbastanza lontano da non poterla vedere bene e s’intrufolò all’interno del piccolo edificio.

Poteva sentirlo bestemmiare nei bagni a causa del terriccio che aveva insudiciato tutti i capelli.

Si sedette su di una panca e aspettò che uscisse.

Quando Draco ebbe finito di pulirsi e aprì la porta gli venne quasi un infarto “Ciao” “Che…che ci fai qui? Pensavo che ormai avessi capito che” “E’ meglio se non ci vediamo, si, avevo intuito qualcosa del genere” scherzo sarcastica “Ma non funziona credo” “Tu non sai cosa stai dicendo” “Credi? Eppure i miei incubi sono cominciati il giorno dopo che avevo accettato la situazione” “Cosa intendi?” –Non di nuovo, pensavo di non dovermi più preoccupare di…- “Ho cominciato a vedere cose strane, prima quando cercavo di ricordare il mio passato, poi anche di notte, sempre le stesse curiose immagini, una strana stanza grigia e fredda, un uomo che mi si avvicina con una bacchetta in mano, poi mi sveglio e urlo” –Mi ricorda qualcosa questa storia…no, possibile che sia quello che penso- “E allora? Io cosa centro in tutto questo?” “E’ colpa tua e delle tue fandonie sulla mia vera identità” “Vedi, avevo ragione, è pericoloso anche solo parlarne” “Ma cosa dici idiota, è solo suggestione” –Sarebbe bello se avessi ragione, ma non è così- “Ah si? E allora perché hai la sensazione che quello non sia solo frutto della tua immaginazione, ma qualcosa di più reale, più tangibile, come un vecchio ricordo perso nei meandri della tua memoria” “Come fai a saperlo?” –Perché io c’ero quel giorno…purtroppo- “Questo non è importante” “E invece si, se è accaduto veramente io…io devo sapere” “Non credo non è il caso” “Cos’è tutta questa ostinazione?” –Effettivamente non lo so, sarebbe mille volte più facile per me dirtelo e lasciarti al tuo destino, ma qualcosa me lo impedisce, non posso permettere che ti facciano quello che…non ci voglio pensare- “Non è ostinazione, semplicemente è meglio che tu non lo sappia, per il tuo bene, smettila di fare domande” “Se non volevi che facessi domande perché mi hai detto che avevi un segreto su di me, era meglio se tacevi” era andata da lui con buoni propositi ed era stato capace ancora una volta di farla arrabbiare, con quella sua aria di presunzione e arroganza, dov’era il ragazzo gentile che aveva conosciuto sul treno? “Hai ragione, avrei dovuto stare zitto, scusami” si voltò e si chiuse la porta alle spalle, incamminandosi verso il grande portone di quercia -Non avrei dovuto dirle niente, è vero, ma le prime volte che lo vista, non riuscivo a controllarmi, quella ragazza aveva, ha uno strano potere su di me, ma ora posso tenerlo a bada, non per molto però- un rumore di passi lo distrasse: Dafne gli era corsa dietro e ora gli aveva afferrato il braccio, come quel giorno, nel corridoio “Basta, sono stanca di questa storia, te lo giuro, non ti chiederò più niente, però non possiamo smettere di vederci, mi sei mancato” –Anche tu- “Non possiamo” “Invece si” “Mettiamo da parte un attimo la storia del segreto, non possiamo per il fatto che tu sei una grifondoro e io un serpeverde” “Al diavolo questa stupida regola, chi l’ha deciso che dobbiamo essere nemici per sempre” “Non importa chi l’ha deciso, importa che è così e basta” “Potremmo vederci in segreto i primi tempi” –Devo andarmene, non posso cedere- “SMETTILA” urlò al colmo della sopportazione, lei non capiva, non poteva capire e resistere stava diventando difficile, la voleva, la desiderava, solo passare del tempo con lei gli avrebbe fatto toccare il paradiso, ma le conseguenze potevano essere disastrose “NON OSARE MAI PIU’ URLARE IN QUEL MODO CON ME” la ragione lo abbandonò, la rabbia che provava al non poter stare con lei e repressa per tanto tempo si liberò, ma erano soli e non poteva sfogarsi in altro modo.

La ragazza cadde faccia a terra, tenendosi la guancia colpita. L’aveva schiaffeggiata talmente forte da aver lasciato il segno bordeaux delle cinque dita sulla sua faccia –Cos’ho fatto?- quell’ultimo suo gesto istintivo aveva stupito persino lui.

Calde lacrime scorrevano sulle guance di Dafne più per l’offesa che per il dolore. Di nuovo il viso sconvolto di lei gli fece abbandonare quella falsa e velata indifferenza che usava per proteggersi. Si gettò accanto a lei, le prese il volto tra le mani e cominciò a scusarsi “Io, non so che mi è preso non volevo…” “Lasciami stare” il suo tono era calmo, ma tradiva un’ira profonda “No, ti prego io posso…” “Lasciami stare” “Farò come vuoi, ci vedremo di nascosto” “Tu sei un pazzo, non ti voglio più vedere” scansò con un gesto rapido le mani di Draco dal suo volto “Se è questo che vuoi” “No idiota, non è questo che voglio, lo sai benissimo, ma comincio a pensare che sia tu il vero pericolo per me” “No, ho solo perso il controllo” “Oh bene e se lo perderai un’altra volta che succederà? Mi prenderai a calci?” “Ma no, ti prometto che…io non sono così” si voltò e ricominciò a camminare “Fermati” “Cosa c’è?” le volgeva ancora le spalle “Aiutami ad alzarmi, facciamo una passeggiata, devo avere mezza faccia che somiglia ad una pizza al pomodoro” “D’accordo”.

Il sole ormai era calato e ora erano le stelle ad illuminare il cielo che si era fatto nero e tetro “Perché l’hai fatto?” “Non lo so, tu perché sei tornata ancora da me?” “Te l’ho detto, mi mancavi” “Anche tu, per quello l’ho fatto!” “Ah è così che manifesti il tuo affetto? Picchi le persone?” “No, è che pensavo di essere finalmente riuscito a non pensare più a te ed ecco che ritorni” “Non è comunque un buon motivo” “No, lo so, è stato un impulso, era la rabbia accumulata da settimane. Odiavo non poter stare con te per…” “…quella cosa che non mi puoi dire” “Esatto e mi distruggeva dentro, anche se non volevo ammetterlo, sai io non sono così, è quando sto con te che mi sento diverso, in ogni caso sia l’effetto che tu mi facevi, che mi fai e la lontananza, mi facevano…ero furioso, tu continuavi ad insistere ed io sentivo che non avrei resistito ancora per molto, ma non potevo, per te, è troppo…” “…pericoloso, ormai conosco a memoria questa solfa” “Non scherzarci sopra è una cosa seria…io non ho mai desiderato proteggere nessuno, sono egoista, arrogante, ma con te non riesco e anche questo mi fa arrabbiare, in breve, tirate le somme, ero confuso, spaventato e arrabbiato, la tua scenata è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso” “Non credere che mi scusi, in fondo è solo colpa tua, non me lo sono certo sognato io che sapevi qualcosa sul mio passato” “Okkei, non avevamo detto che se volevamo frequentarci questa discussione sarebbe diventata tabù?” “E’ vero, te lo concedo, sono stanca di lambiccarmi il cervello” “Perfetto, però ricordati, per il momento sarà in segreto” “se non si può fare altrimenti” “infatti” “Allora ci vediamo” “Si, troverò il modo per farti sapere giorno e luogo” “Sarà sempre così?” “Spero di no”

 

Da quella sera il sogno non si ripresentò quasi più, un po’ perché ormai il penultimo anno di scuola era ormai cominciato da un pezzo e i professori avevano iniziato a caricarli di compiti come asini e arrivata l’ora di dormire sognare era diventato molto difficile, ma soprattutto perché dopo la chiacchierata con Draco il suo passato non era più così importante, ora contava il presente ed il suo presente era lui.

Purtroppo la sua lettera si fece attendere molto, solo una settimana dopo il loro incontro uno strano ragazzino che non aveva mai visto la avvicinò all’uscita di una lezione, le lasciò un foglietto in mano e corse subito via, era quasi spaventato: probabilmente era un serpeverde del primo anno e stare in mezzo a dei grifondoro del sesto lo inquietava; di certo non lo poteva biasimare, con tutta la rivalità che c’era tra le due case nemmeno lei si sentiva a proprio agio ormai se passava accanto ad un gruppetto con lo stemma del serpente sulla divisa.

Comunque, sebbene avesse intuito di chi fosse il messaggio non aveva intenzione di aprirlo finché fosse rimasta sola, c’era sempre Hermione con lei da quando avevano fatto pace e se avesse capito avrebbe ricominciato a fare domande e non era di certo dell’umore giusto, in effetti non lo era mai, non amava confidarsi, la sua vita privata era sua e sua soltanto, fino a che non aveva il disperato bisogno di sfogarsi o di essere aiutata.

Nonostante tutto l’amica aveva visto la scena, come molti altri del resto, e le si avvicinò con sguardo indagatore

“Stai tranquilla, è solo un ragazzino idiota che non guarda dove cammina, mi ha sbattuto contro”

dai suoi occhi era evidente che non aveva creduto ad una sola parola di Dafne, ma non chiese altro e perciò andava bene così, che pensasse quello che voleva, bastava che non la tempestasse con i suoi soliti interrogatori.

“Ciao Ragazze” le sorprese Ginny “Ehi ciao!” dissero le due di rimando “Vi va se ceniamo insieme stasera? Ho appena litigato con Dean e non voglio fargli vedere che se non sto con lui sono sola” “Ma certo, non è un problema, non c’era nemmeno bisogno di chiederlo” rispose solidale Hermione “Perfetto, andiamo allora”

Mentre s’incamminarono incontrarono anche Ron e Harry e raggiunsero con loro la sala grande.

Quella sera i loro compagni erano particolarmente rumorosi ed il chiacchiericci generale contagiò anche loro, così s’imbarcarono in una lunga e animata discussione sulla stagione di Quidditch alle porte.

Harry però, che era vicino alla rossa, aveva notato che lei non partecipava molto, ma continuava a guardarsi intorno, come a voler cercare qualcuno e aveva un’espressione preoccupata, diede una rapida occhiata ai suoi piatti e vide che non aveva quasi toccato cibo, così decise di parlarle

“Che hai? Chi cerchi?” “Cos…no, nessuno” “D’accordo, se non ti va non dirmelo” era un po’ da subdoli agire così, ma quel trucchetto funzionava sempre quando volevi farti dire qualcosa se l’altro non scuciva niente “No, la verità è che cercavo Dean, non l’ho ancora visto venire a mangiare” “Magari era qua prima” “L’avrei almeno visto uscire no? Sono arrivata poco dopo la fine delle lezioni” “Effettivamente…” “Vorrei sapere dov’è?” “Vai a cercarlo” “No, abbiamo litigato, non voglio che pensi che non posso stare nemmeno un paio d’ore senza di lui” “Vengo con te allora, così possiamo fare finta che stavamo facendo un giro insieme” “Ti va? Davvero?” “Perché no?” “Grazie mille, sei un tesoro” da quando avevano cominciato a fare Quidditch insieme il suo interesse per la sorella dell’amico era cresciuto molto e magari aiutarla nel momento del bisogno era un buon modo per avvicinarsi a lei, non voleva di certo rubarla a Dean, ma se loro si fossero lasciati avrebbe avuto un certo vantaggio, certo, se avesse saputo quello che sarebbe successo, si sarebbe sentito veramente uno stronzo a pensare certe cose, ma siccome divinazione non era esattamente la sua materia preferita per ora la sua coscienza era a posto.

Finito anche il dolce i due si congedarono dalla compagnia e partirono per una specie di caccia al tesoro, che sarebbe durata l’intera serata..

Dopo aver girato tutta la scuola, nel limite delle possibilità, decisero di rinunciarci, ma lei si sentiva più avvilita e depressa di prima, aveva una faccia che definire da funerale e ben poco.

“Senti” propose allora lui “Che ne dici se prima di andare a studiare ci facciamo una passeggiata nel prato?” “Possiamo?” “ Perché no? Il coprifuoco se non sbaglio per te è alle nove e mezza” “Vero…” “Allora?” insistette speranzoso “Perché no?” il suo volto era più illuminato di prima: una boccata d’aria le avrebbe rinfrescato le idee e stare un po’ con l’amico l’avrebbe aiutata a distrarsi.

Purtroppo non fu così: appena uscirono videro in lontananza una coppietta che si baciava, il che non aveva una importanza rilevante, se non che i due avevano un’aria familiare, infatti, appena si avvicinarono un po’ distinsero nettamente le sagome di Dean e di una ragazza di corvonero che quasi sicuramente rispondeva al nome di Cho Chang.

Quando li vide Harry si voltò preoccupato verso l’amica “Ginny…andiamo via” prese per mano la ragazza già in lacrime e la condusse verso la stanza delle necessità. Ormai lei non aveva più volontà, si lasciava guidare come fosse un automa.

Dentro quella volta vi trovarono semplicemente una specie di salottino con dei divanetti vicino ad un camino scoppiettante e tante scatole di cioccolatini che recavano la scritta ‘perfetti per le delusioni d’amore’

Lei neanche li vide, si gettò accanto al ragazzo in una poltrona blu molto morbida e, sprofondata nel petto di lui cominciò a piangere a dirotto.

Per Harry la situazione si stava facendo veramente molto imbarazzante, con sapeva che fare e consolarla divenne ancora più difficile quando si accorse quant’era piacevole ed eccitante stare li seduto abbracciato a lei.

Molto goffamente cominciò a darle piccole pacche sulla schiena e con voce molto bassa le disse “Senti, è un deficiente, non si merita che soffri così tanto per lui, piangere per uno così è inutile” finalmente lei emerse dal suo maglione, con gli occhi tutti arrossati e i capelli color del fuoco tutti scarmigliati e tra un singhiozzo e l’altro esclamò “Sembra facile detto così vero? Ma è tutto molto più complicato e triste” “Lo so, ma non puoi farci niente ormai e versare lacrime inutili ti farà solo gonfiare gli occhi” “Sei così dolce” a questo non sapeva come rispondere, abbozzò un sorriso impacciato “M’innamoro sempre dei ragazzi sbagliati, prima di te, quando ancora non ci conoscevamo ed era impensabile che tu mi potessi notare, poi del ragazzo di corvonero, che si è incavolato con me per una partita di Quidditch, poi Dean…sono sfortunata” “No, è solo che ti fidi troppo delle persone e che io ero molto stupido qualche anno fa” “Forse hai ragione, ma ti starò annoiando con le mie storie” le sue orecchie passarono ad una tonalità color del ketchup quando improvvisamente si accorse che aveva appena pianto per mezzora avvinghiata  lui e l’aveva seccato con i suoi problemi di cuore “Ma figurati, a cosa servono gli amici se no?” premuroso le ravviò una ciocca di capelli e le asciugò una lacrima ancora in bilico sulla punta del naso.

Con una mano le stava ancora sfiorando la guancia quando lei le si avvicinò al viso, fissandolo intensamente. Erano ormai a pochi centimetri, entrambi chiusero gli occhi. Lei fece scivolare una mano nei suoi capelli sempre spettinati. Si baciarono. Era qualcosa di magico e intenso, come se entrambi avessero agognato quel bacio per un’eternità e ora finalmente…Harry la prese per le spalle e l’allontanò da sé “No” “Perché?” “Non è giusto, non ora: primo Dean non sa ancora che lo hai lasciato, perché è così no?” Ginny annuì “Secondo, ora sei triste e depressa, domani potresti pentirtene e io non voglio rischiare che tu t’incavoli con me, terzo, io non sono uno che se ne approfitta” “Ma, lo so bene e credimi, non te ne stai approfittando, lo voglio anch’io” “Forse ora, ma domani? A mente lucida? Se sarà ancora così ne riparleremo” “Tu mi piaci Harry, non m’interessa, non voglio aspettare” “Anche tu mi piaci, per questo non voglio rischiare agendo in modo avventato” “Mi arrendo, raggiungiamo gli altri, sono le nove passate” “Bene, ne riparleremo quando con lui sarà tutto chiarito, non fraintendere, ti desidero, ma non così, voglio che tu pensi bene prima che succeda qualcosa, non voglio farti soffrire” “Sei davvero molto dolce”di nuovo non rispose, ma quella frase gli fece ripensare il bacio, anche questa volta era stato umido, ma decisamente più piacevole, si, era stato molto più appassionato e coinvolgente, forse per una volta non andava tutto storto, ma era presto per parlare.

 

Dafne aprì il biglietto dopo cena, mentre Hermione era in bagno. Con una calligrafia tutta svolazzi c’era scritto

 Alle dieci, davanti alla statua di Barnaba il babbeo, ti aspetto

Fu difficile trovare una scusa per uscire dal dormitorio a quell’ora, per fortuna che il coprifuoco per loro era alle dieci e mezza e non doveva trovare scuse anche per i professori oltre che per i compagni.

Purtroppo non conosceva ancora abbastanza bene la scuola e fu molto difficile trovare il posto, così arrivò un po’ in ritardo, aveva una paura matta che se ne fosse già andato, ma fortunatamente era ancora lì ad aspettare e quando lo vide emise un sospiro di sollievo.

“Alleluia, se aspettavi ancora un po’ ad arrivare…” “Scusa, mi sono persa” “Ah, d’accordo, scusata allora” “Bene, ma come mai ci siamo incontrati così tardi? Non vorrai stare con me solo un quarto d’ora?” “No, possiamo rimanere fin quando vogliamo, il nascondiglio è sicuro e poi per tornarcene indietro ho un po’ di pozione dell’invisibilità, ne basterà qualche goccia per il tragitto e l’effetto svanirà quasi subito, comunque per sicurezza sono riuscito a, ehm, recuperare diciamo, anche un po’ di antidoto” “Allora è tutto a posto, dove andiamo?” mentre loro parlavano alle loro spalle si era materializzata una porta che lui le indicò.

La varcarono insieme,era un posto perfetto per stare insieme, c’erano divani, poltrone, cuscini in quantità e persino un letto –Cosa spera di fare con me stanotte? Non crederà di portarmi a letto? Bè, non succederà, almeno non prima che abbia finalmente reso pubblica la nostra relazione- sospirò e riaccomodò su un divano vaporoso e spazioso, lui le si sedette accanto, sembrava imbarazzato.

-Che diamine mi succede? Non ho mai avuto problemi a portare a letto una ragazza e ora non riesco nemmeno ad avvicinarmi a lei, è incredibile- un caminetto scaldava intanto l’atmosfera e l’aria era quasi soffocante in quella stanza, Dafne si tolse la pesante uniforme, rivelando che per il tanto bramato appuntamento aveva scelto un abito perfetto.

Era celeste, richiamava il colore dei suoi occhi, non era molto lungo, appena sopra il ginocchio, era aderente, la gonna invece era a pieghette , bordata di blu come le maniche a tre quarti, mentre dietro la schiena era nuda e rivelava un tatuaggio sopra la spalla sinistra: una rosa nera “Wow…” fu tutto quello che lui riuscì a dire. Arrossendo si guardò le mani che teneva in grembo e chiese “Ti piace? È babbano, l’ho visto mentre facevo un giro in Italia l’anno scorso con la vecchia famiglia e non ho resistito, non l’ho mai messo, so che per noi maghi la moda è ben diversa, ma per stasera pensavo che sarebbe andato bene, non ci vedrà nessuno” “Infatti…” la vista della ragazza vestita in quel modo gli fece dimenticare del tutto l’imbarazzo e, dopo aver pensato con invidia ai ragazzi babbani che si trovavano ogni sera le ragazze vestite a quel modo, l’avvicinò a sé e la baciò.

Lei non si ritrasse, ma ricambiò con passione. Ormai il caldo era diventato troppo anche per lui e tra un bacio e l’altro si tolse il maglione, ma il sollievo non durò a lungo, anche se forse la colpa non era proprio tutta del fuoco.

Ormai erano avvinghiati da non sapeva nemmeno quanto tempo, come primo incontro non stava andando poi così male.

Dafne si accorse che Draco era sudato fradicio e così, piano cominciò a slacciargli la camicia, bottone dopo bottone s’intravedeva sempre di più la sua pelle pallida e liscia: nonostante le apparenze non era esile e gracilino, aveva una forte muscolatura scolpita, ma non eccessiva da farlo sembrare un armadio.

Spinto da quel gesto lui fece scivolare le lue mani sulla sua schiena e cominciò ad armeggiare con i ferretti per toglierle il reggiseno.

“Cosa fai?” esclamò allontanandolo da sé “Come? Ma tu…io credevo” “Credevi cosa? Che aspettavo di stare sola con te solo per fare sesso?” “Ma no, veramente, è che tu hai cominciato, con la camicia” “Era solo perché stavi sudando come un cammello, non è bello stare vicini se uno dei due puzza” il tono era tagliente, ma le parole che aveva usato decisamente poco adatte e suscitarono dei risolini al ragazzo “Vedo che la tua serietà non ha limiti” “Ma no è che” –Ho rovinato tutto, certo che con lei è impossibile- “Senti, fai come vuoi” tentò di rimediare mentre la ragazza si stava rivestendo “Vattene pure, ma sappi che non voglio obbligare a farti fare niente che tu non voglia, ho solo frainteso, ma forse fai così perché non vuoi stare con me e quello che è successo settimana scorsa è tutto uno stupido capriccio” “Smettila, sai bene che non è così, perché anche tu provi quello che sento io quando siamo insieme” “D’accordo, ma non è costruttivo se appena succede qualcosa prendi e te ne vai, mi sembra che ci siamo chiariti, non è successo niente, solo un malinteso” “Hai ragione, in ogni caso è veramente tardi, guarda, è già mezza notte e mezza, domani abbiamo lezione, ci conviene andare” per fargli capire che non era più turbata dopo aver detto ciò gli si avvicinò e lo baciò di nuovo “Okkei, andiamo allora” accettò allungandole due boccettini “Sono quelli delle pozioni” “Bene, quando ci rivedremo ancora?” “Domani no, ho la ronda, sono prefetto lo sai no?” “Già, che ne dici di mercoledì?” “Perfetto” “Se succede qualcosa vedi di farmi avere un biglietto come oggi” “Si, a proposito, è andato tutto bene?” “Si, nessun problema, quasi non si sono accorti di niente” “Buonanotte” “Anche a te” si scambiarono un ultimo bacio prima di bere un sorso dalla boccetta trasparente e scomparire.

I loro successivi incontri furono pieni di passione come il primo, ma tra di loro c’era sempre una lieve nota d’imbarazzo: era difficile stare insieme visto che uno di loro nascondeva un segreto e tutti e due lo sapevano.

Fortunatamente lo strano legame che da subito si era creato tra loro era più forte del disagio e col passare del tempo si abituarono a quella situazione così particolare, inoltre dal giorno del loro accordo la strana visione di Dafne era sparita e questo le bastava per stare tranquilla: non sembrava che corresse un grave pericolo stando con Draco.

Così, due settimane dopo, quando ormai novembre era alle porte i loro incontri cominciarono a farsi più frequenti e più imprudenti: anticipavano sempre di più l’orario, non sempre si servivano della pozione per tornare ai loro dormitori e spesso uscivano in cortile per fare una passeggiata al chiaro di luna.

Nonostante tutto, fatta eccezione di Hermione, nessuno conosceva ancora l’identità del ragazzo di Dafne e lei non dava certo l’impressione che da un momento all’altro l’avrebbe rivelata, anzi si ostinava a chiamarlo il ragazzo misterioso, oppure, come avevano scherzato una volta Harry e Ron, mister x.

Quella sera a cena nessuno sembrava avere una grande voglia di chiacchierare, erano tutti molto agitati per il compito in classe che ci sarebbe stato l’indomani: Piton ormai aveva dimostrato che non era un gran problema per lui arrivare alla fine dell’anno con un solo alunno nella sua classe, ne aveva già espulsi tre e non erano serviti gli ammonimenti del preside a fargli cambiare idea, non accettava che al M.A.G.O. arrivassero studenti con nemmeno il 50% di possibilità di superare l’esame e così non sentiva ragioni.

In realtà i più agitati erano Ron ed Harry, perché sapevano benissimo quanto il professore desiderava poter dire loro che avevano finito di studiare la sua materia.

“State tranquilli, vi siete preparati davvero bene e poi vi darò io una mano a ripassare” li stava rassicurando Hermione “Infatti, ha ragione, e dopo aver incontrato mister x potrò aiutarvi anche io, tanto mi sento abbastanza pronta” “Grazie ragazze, siete dei tesori, ma non riesco a togliermi questa sensazione che il compito di domani sarà di una difficoltà mostruosa” le due si diedero un’occhiata torva: effettivamente anche loro avevano il netto presentimento che sarebbe stato così e cominciavano a trovare difficile la ricerca di parole di conforto per i due amici.

“Bè, in ogni caso è inutile fasciarsi la testa in anticipo, ora possiamo soltanto essere sicuri di aver ripassato tutte le pozioni che ci ha fatto vedere fin’ora e di avere tutti gli ingredienti necessari”concluse saggiamente Hermione, mentre Dafne cominciava ad alzarsi e a salutare tutti “Ciao ragazzi, ci vediamo alle nove allora, per studiare tutti insieme le ultime cose, sarò puntuale, lo prometto” “Okkei, ciao” risposero tutti in coro mentre si dirigeva verso l’uscita.

Come al solito a quell’ora i corridoi erano deserti, poiché tutti i ragazzi, o quasi, erano a pranzo e così raggiunse la stanza delle necessità senza grandi difficoltà, ma davanti alla stanza di Barnaba il babbeo non c’era nessuno –Probabilmente è già entrato- si disse mentre spingeva la maniglia di una grande porta nera che le era comparsa davanti.

Appena varcò la soglia lo vide, appoggiato con la schiena alla parete, mentre si guardava una scarpa, l’aria pensierosa.

“Ehi ciao!” con aria sorpresa sollevò il capo e quando la individuò le fece un piccolo cenno a mo’ di saluto; lei non ci badò però molto, si avvicinò e gli diede un lungo e caloroso bacio, ma quando si separarono notò che qualcosa non andava “Cosa c’è?” chiese con aria impensierita “Uhm? Oh niente, sono solo un po’ stanco e preoccupato, sai per domani” “Non c’è motivo, ci siamo visti prima per questo no?” “Infatti” scosse un po’ la testa come a voler allontanare dei pensieri fastidiosi e prendendole la mano la condusse su di un divanetto, dove cominciò a coccolarla distrattamente.

Anche sa da qualche sera i loro incontri si erano fatti un poco meno appassionati si accorse che ancora lui non era del tutto tranquillo “Non è solo il compito in classe che ti preoccupa vero?” “Invece si, non c’è nient’altro” “Smettila, sei l’alunno migliore in pozioni, non può angosciarti tanto uno stupido test” “Che ne sai tu?” “Non sono una stupida, dai, dimmi cosa ti turba” “Non so se è il caso” “Non ricominciamo con i segreti, non tollero che, fatta eccezione di quello di cui abbiamo già discusso, ci siano altri misteri tra noi, altrimenti che relazione sarebbe?” “Va bene, secondo me stiamo agendo troppo avventatamente, anticipiamo troppo gli orari e usciamo troppo allo scoperto, non ne vale ancora la pena” “Cosa vuoi dire con questa frase?” “Che è ancora troppo presto per rischiare così” “Quindi è così che la pensi? La nostra relazione non è così importante da rischiare che qualcuno venga a sapere di noi?” –Oddio cos’ho combinato di nuovo? Perché non riesco mai a misurare quello che dico? Anzi, perché non so mentire? No, meglio ancora, perché non me ne sto mai zitto?- “Ma non travisare tutto quello che dico, io intendevo solo che non siamo prudenti, tutto qui” “Ah! Così io starei travisando, non sei tu che hai appena detto che, cito testuali parole, “non ne vale ancora la pena”? Sai, a casa mia dire così vuol dire che una cosa non è ancora così importante da prendersi la briga di preoccuparsene” “Bene, evidentemente a casa tua non sanno parlare l’inglese” la scenata ingiustificata di Dafne stava facendo infuriare Draco e il suo vecchio carattere arrogante stava di nuovo uscendo, non accettava di essere continuamente ripreso da una sciocca ragazzina che si lasciava travolgere completamente dai suoi sentimenti. In realtà forse era quello che più lo faceva infuriare, lei aveva fatto sì che i sentimenti per lui diventassero più importanti di quanto lo fossero mai stati e stava cominciando a conoscere la sofferenza, non lo sopportava, anche se doveva ammettere che ormai era troppo legato a lei per dare troppa importanza a questo particolare, ma quando cominciavano a litigare e uno strano nodo gli attanagliava la gola perché avrebbe voluto stringerla a sé invece che difendersi dai suoi attacchi, non riusciva a reprimere la rabbia che gli cresceva dentro, odiava sentirsi male, sentirsi in colpa e certe volte diventava difficile rimanere indifferenti a questa intolleranza.

“Senti, se hai deciso di credere che ogni cosa che dico è una conferma del fatto che non me ne frega niente di te possiamo anche finirla qui, perché non intendo trascorrere tutto il nostro tempo insieme a cercare di convincerti che ci tengo a noi” il suo tono era freddo e tagliente e la sua espressione dura e decisa.

Questo comportamento arrogante e meschino però, invece di far sentire lei una sciocca la irritò molto ed uscì sbattendosi con forza porta dietro le spalle.

-Cos’ho fatto? Perché sono così stupido- appena ripensò a quello che aveva detto un attimo prima si accorse di essere lui lo sciocco: prima le dice che non vale la pena rischiare per lei e poi s’impunta sul fatto che ha ragione –Che idiota-

Non perse tempo e le corse dietro, fortunatamente non era andata via correndo. La prese per le braccia e la voltò. Erano faccia a faccia. “Senti io…scusami, hai ragione, sono stato uno scemo, ho detto una stronzata, per te varrebbe anche la pena di buttarsi sotto ad un treno in corsa” “Sei patetico” “Ma…no, credimi, ho solo sbagliato a parlare…io…” gli mancavano le parole, cosa avrebbe potuto dire? Che era un idiota? Che si meritava di andare all’inferno? Erano tutti luoghi comuni e lei aveva già fatto chiaramente capire cosa ne pensava. Sul suo volto era dipinta la sua angoscia, se non avesse trovato in tempo qualcosa da dire l’avrebbe persa e stavolta non voleva, stavolta era lui che non voleva lasciarla andare.

Inaspettatamente lei gli accarezzò il volto e lo guardò con amore “Non affannarti troppo a trovare le parole, ho capito, il tuo viso…vedo nei tuoi occhi quello che cerchi di dirmi” reprimendo a stento un sospiro di sollievo l’avvicinò a sé e la baciò: le sue labbra lo ristorarono come avrebbe potuto fare una fontana per qualcuno che si era perso nel deserto e il contatto con la sua pelle liscia lo lasciò senza fiato, ma la litigata aveva sottratto loro il tempo che avevano a disposizione e poi non era il caso di scambiarsi effusioni nel mezzo di un corridoio dove tutti avrebbero potuto vederli.

Si salutarono e presero due direzioni opposte, un po’ per non dare nell’occhio, e un po’ perché effettivamente dovevano andare in luoghi diversi.

Purtroppo quella sera il corridoio non era deserto come aveva sperato e qualcuno li aveva visti mentre si baciavano “Blasie” “Draco” “Come va?” “Non fare il finto tonto vi ho visti” “E allora?” “Non avrei mai immaginato che sarebbe tornata sai? Ma ancora meno a dire il vero che vi sareste messi insieme” “Taci” “Scusa, ma sai meglio di me quanto darebbe pericoloso se qualcuno che noi sappiamo bene scoprisse di lei, hanno fatto una grande fatica per nascondere tutto…è per questo che mi evitavi? Pensavo che dopo quest’estate avessi capito che puoi fidarti di me” “Già, ma io non mi fido mai di nessuno” “Sbagli” “Non venirmi a dire quello che devo fare” “Non mi sembra che te la stia cavando molto bene da solo” “Io…non…” “Come pensavo, comunque stai attento, non solo e pericoloso, ma è anche pericolosa”

 

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Capitolo 4
*** Sono tornato ma non per sempre ***


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Capitolo 4°: sono tornato ma non per sempre

 

“Lo so benissimo” “E allora?” “Non puoi capire” “Vero, ma potrei provare, spiegamelo” “E’ complicato” “Come tutto in fondo” “Già, ma non tutto si può spiegare” “Me lo devi” “E perché?” “Non dimenticarti, sei in debito” “E’ così che dimostri che mi posso fidare di te? Ricattandomi?” “Hai ragione scusa, verrà anche il tempo delle spiegazioni…i suoi amici lo sanno?” “No…fortunatamente” “Infatti, però devo dire una cosa: mi sarei aspettato di vederla a serpeverde, se vogliamo esagerare corvonero, ma grifondoro…” “Questa cosa ha stupito anche me, anche se quello che più di tutto mi ha sorpreso è come mai Silente abbia permesso che tornasse qui in Inghilterra” “ “Vero, mi ha dato da pensare”

Mentre parlavano s’incamminarono insieme verso il dormitorio

“Forse ha un piano su di lei” disse Draco “Bah…” “Forse è per quello che è finita a grifondoro” “Giusto, ritornando sul discorso: a dire il vero forse già è stato un rischio farla smistare in pubblico no?” ammise Blasie “No, non credo, non è successo niente no?” “Ma sarebbe potuto e poi, il cappello, ci ha messo molto a decidere” “E questo che centra? Capita no?” “Forse è perché so che lei…” “Già forse, come forse io ti evitavo perché mi sembra di stare sbagliando di grosso ad uscire con Dafne perché so che lei…” “E’ così?” “Si, però, non so, è come se non potessi farne a meno” “Bè, è molto bella in effetti” “Sì ma non è quello…è qualcosa…è diverso, anche lei lo sente, è come se ci conoscessimo da una vita, guardiamo negli occhi l’uno dell’altra ed è come se vedessimo riflessi noi stessi capisci? E’ qualcosa di forte, più forte della ragione, della consapevolezza e della paura” “Amore?” “Amore?” a questa parola dei piccoli brividi scorsero lungo la schiena di Draco “E’ probabile…suona strano però” “Non saprei che dirti, solo, stai attento” “Pensi che sia davvero così rischioso?” aveva bisogno di sentire un parere esterno ora che inevitabilmente lui aveva scoperto il suo segreto “Non tanto la relazione in sé, quanto il pericolo che lui venga a sapere che lei è qui” “Quello che pensavo anch’io, solo che riflettevo, forse c’è il rischio che lei ricordi stando con me” “Non ci avevo pensato, non saprei…sai, hai ragione: è complicato” “Te l’avevo detto” “Comunque per ora la cosa migliore è continuare a vedervi in segreto, ma bè…ehm…un po’ più in segreto di così” le pallide guance del ragazzo diventarono rosa spento e per un po’ gli mancarono le parole “In effetti è quello che le stavo dicendo stasera” “Mi sembra che non sia funzionato granché” “No, è solo che abbiamo litigato, proprio per questo” “Le ragazze” a questa affermazione il biondino emise un sospiro: lui non avrebbe potuto trovare parole migliori al momento per quello che voleva esprimere.

I due discussero tutta la sera su Dafne e sulla loro relazione, ma fu difficile arrivare ad una conclusione: c’erano in gioco troppe cose in quella situazione, i sentimenti di Draco, quelli di lei, il rischio che stavano correndo loro, quello che correva lei e quello che correva tutto il resto del mondo, magico e non.

“Senti, non posso dirti se il gioco vale la candela, non so dirti se vale la pena di osare così perché non so quello che provi e non so nemmeno quanto effettivamente siamo in pericolo in questa situazione, in effetti solo tu puoi saperlo, solo tu puoi decidere: la ami o no? Perché se la risposta è no allora lasciale perdere: un tuo capriccio non vale il pericolo che corriamo” quest’ultima affermazione mise fine alla discussione ed i due spensero le lampade e si misero a dormire, ma, dopo ore, era ancora solo il russare di una persona che riempiva il silenzio della notte.

 

Tutti quei discorsi con l’amico invece che chiarire la situazione avevano solo aumentato la confusione che già da settimane regnava nella mente di Draco.

Non sapeva cosa fare, era difficile decidere: non era coinvolto solo lui in quella situazione, ma anche…bè un sacco di gente –Quando mai mi sono preoccupato degli altri? Figuriamoci che fino all’anno scorso ero deciso ad intraprendere la carriera di mangiamorte e quasi…lasciamo perdere, è tutta colpa di quel cretino di Blasie, o forse merito-

Era stata una giornata pesante e voleva solo stare da solo, il test di Piton, sebbene lui fosse l’allievo migliore, era stato una mazzata e poi quel pensiero lo attanagliava da quando l’amico gli aveva fatto un discorsetto, facendogli per di più passare la notte insonne: qual era la cosa giusta da fare?

Come suonava strana quella domanda: aveva mai fatto la cosa giusta? A che scopo poi? Perché iniziare ora? Ma tutti i quesiti portavano al dubbio più grande: se avesse voluto veramente farla, sarebbe riuscito a capire quale era la cosa più giusta?

-Incredibile, non avrei mai pensato che mi sarebbe capitata una cosa del genere, una volta non mi serviva riflettere, facevo semplicemente quello che andava bene per me e doveva andare bene anche per gli altri, era molto più semplice-

Si, era molto strano per una volta accorgersi che esistevano altre persone al di fuori di lui. Non solo era confuso, ma non capiva nemmeno cosa gli era successo, mai avrebbe pensato di poter amare, di potersi preoccupare per qualcuno, per gli altri.

Decisamente l’egoismo era la via più facile.

Ma ormai non era più quello che voleva.

Socchiuse gli occhi e si sdraiò sull’erba soffice, il rumore del lago che lo cullava. Il vento soffiava gelido e tenace e data l’ora tarda un freddo intenso era calato sul castello, ma lui non se ne dava pena, indossava un pesantissimo cappotto sopra la divisa invernale e pesanti vestiti babbani: si era equipaggiato. Voleva rimanere solo e, come ormai aveva sperimentato non c’era un luogo dentro al castello dove non si rischiassero incontri indesiderati, nessuno invece si sarebbe sognato di fare un girettino nel parco in una notte di tardo novembre.

La luna splendeva in un cielo così limpido che si potevano scorgere anche le stelle più lontane, mancava una sera al plenilunio. Come quella notte.

Draco chiuse gli occhi e si abbandonò ai ricordi…

Era un’afosa sera estiva e indossava una t-shirt sopra dei jeans neri: doveva rimanere in incognito e di certo mettersi un abito da mago era una mossa a dir poco azzardata.

La strada era deserta, ma quella solitudine lo opprimeva invece che dargli sollievo, gli sembrava che ad ogni suo passo lui fosse lì, a ricordargli quello che stava per fare, a metterlo in guardia “Non è più un gioco da bambini, non è più la stupida promessa di una gloria immensa, è la minaccia di un qualcosa da cui non potrai più tornare indietro. Stai attento, è quello che vuoi realmente? Sei sicuro che sia il tuo destino? O è solo paura di quello che potrebbe succedere se non lo facessi?Stai scegliendo il tuo futuro e, bada bene, non credere a tutto quello che ti hanno inculcato, non sarà gloria o rispetto quello che otterrai, non fama o grandezza, solo desolazione, morte e terrore, solitudine e vuoto”

Non ne poteva più di ascoltare i suoi vaneggiamenti “COSA VUOI DA ME?” urlò ad un cane che fuggì con la coda tra le gambe.

Quelle parole lo bombardavano da una settimana, ma solo ora erano tornate forti e vivide nella sua mente e con loro l’espressione di lui, risoluta e calma.

Cosa doveva fare? Stava sbagliando tutto davvero? Scosse il capo per allontanare quei pensieri “E’ assurdo, è da una vita che aspetto questo momento, non mi tirerò indietro adesso” di nuovo la sua voce “Era davvero quello che stavi aspettando?” “Io…ma sì certo, è il mio destino” “Ma il destino si può cambiare” “Ora basta” le sue parole lo stavano facendo impazzire.

Riprese a camminare, cercando di non dar loro importanza. Perché non poteva levarsi dalla testa quelle sciocchezze? Perché erano bastate a far crollare quello in cui aveva creduto per anni? Forse perché quello in cui credeva era sbagliato e lui, in fondo, lo sapeva.

Si fermò: era arrivato. L’ombra di un grigio cancello arrugginito si stagliava sopra di lui, ora o mai più, era lì e non poteva voltarsi e correre via, non era un vigliacco.

Lo spinse lentamente in modo da poter entrare nel piccolo cimitero di Llittle Hangleton. Improvvisamente tutto intorno a lui si fece buio e silenzioso, anche la sua voce nella testa scomparve.

Ora era veramente solo, messo a nudo davanti alla verità e all’inevitabilità…

“Draco?” una voce femminile lo riportò alla realtà. Aprì gli occhi, ma con uno spasmo involontario li richiuse immediatamente: la luce della luna era accecante.

“Cosa ci fai qui?”

Lentamente riuscì a rimettere a fuoco la vista, era Dafne “Cosa…cosa ci faccio qui?Niente, stavo da solo” “Non dovresti, fa freddo” “No, sto bene” si mise a sedere e la guardò: stava tremando “Ma tu invece non dovresti stare qui, congelerai” anche lei si sedette e si accoccolò accanto a lui.

“Ti stavo cercando” “Dovremmo vederci nella stanza delle necessità e già lì è un rischio molto grosso” “Infatti, ma lì non c’eri, sono già le undici, dovevamo vederci un’ora fa” “Ho…ho perso la cognizione del tempo” “A cosa pensavi?” “Niente d’importante” “D’accordo, andiamo però adesso” “Non mi sento dell’umore giusto stasera, mi spiace” il suo tono e la sua espressione la preoccuparono “Non stai bene?” “No, solo…ho bisogno di tranquillità” “Vedo…la tristezza nei tuoi occhi” “Forse, o forse è solo confusione” nessuno dei due ebbe più bisogno di parlare. Si baciarono, un bacio fugace, e poi lei si alzò e tornò sui suoi passi.

 

Harry, Ron ed Hermione stavano chiacchierando tranquillamente nella sala comune quando Dafne comparve da dietro il ritratto della signora grassa “Ehi, come mai indietro così presto?” domandò incuriosito il rosso “E’ stata una giornata pesante” “Aria di crisi è?” riuscì a dire prima che l’amica gli tirasse una gomitata bene assestata nelle costole “Grazie ‘mione, comunque no, va tutto bene tra noi” “D’accordo scusa” borbottò allora lui arrossendo in zona orecchie “Non importa, che stavate facendo?” “Oh, niente di particolare” s’intromise Harry “Bene, senti Ron, faresti una partita a scacchi magici?” voleva mettere fine a quella situazione imbarazzante e un diversivo era la cosa migliore “Perché no?” i due cominciarono a giocare, mentre il moro ed Hermione assistevano silenziosi al match: sicuramente quella era stata per tutti una giornataccia.

Solo un quarto d’ora più tardi, dalle scale che conducevano al dormitorio femminile, comparve la sorellina del rosso che fece un gesto ad Harry per richiamarlo. Lui la raggiunse dall’altra parte della stanza per parlare “Senti, so che da quella fatidica sera non ti ho più parlato, scusami” lui sapeva bene a cosa si stesse riferendo, a quando si erano baciati, dopo che lei aveva visto Dean con Cho “Non è che mi sono chiusa nel mutismo perché avevi ragione e mi sono pentita di quello che avevo fatto” il discorso stava prendendo una piega inaspettata, effettivamente era quello che aveva pensato:si era svegliata la mattina dopo e ripensando alla sera aveva capito che era stato tutto un grosso errore “Mi sarei decisa prima a parlarti, ma ero arrabbiata, insomma, mi

sembrava che fossi tu a non volere stare con me, che mi avessi baciato solo per ripicca a Cho, ma poi ho capito Harry, tu non sei quel tipo di ragazzo e mi stavi solo mostrando il tuo rispetto, ma come potevo allora tornare da te dopo aver pensato che mi avevi usata? Mi sentivo un verme e ho pensato, bè, tanto non mi piace più! Ma più il tempo passava più mi accorgevo che in realtà la cotta per te non mi era passata, che mi ero solo rassegnata e dopo quel bacio era tutto riaffiorato, perciò ti sto dicendo tutto questo, non intendo più stare nell’ombra come prima, sai cosa provo, ma stavolta non mi nasconderò dietro la mia vergogna” sapeva le costava molto sforzo per mantenere la calma mentre gli diceva quello cose “voglio sapere cosa provi tu Harry” la domanda giunse così diretta e inaspettata che ci mise un po’ a trovare le parole per risponderle “Tu…tu m’interessi molto Ginny, ma non possiamo affrettare le cose, io non sono fatto così” –Sei uno stupido allora- pensò lei ma disse “E quindi?” “Usciamo insieme almeno una volta ti va? Andiamo ad Hogsmeade il prossimo week-end” “Si, perché no?” ora era decisamente risollevata “A sabato allora” “Sì a sabato”

Entrambi ritornarono dai loro amici.

“Che cosa voleva mia sorella?” “Niente di particolare” “Ah si? E come mai è durato così tanto questo niente?” “Non fare l’idiota” ora anche lui era arrossito, ma non in zona orecchie come l’amico “Voleva solo scusarsi” “E per cosa” “Questi veramente non sono affari tuoi” “Come no? Siete mia sorella ed il mio migliore amico, ho il diritto di sapere cosa vi dite” ribatté, ma il suo tono era diventato più ironico e rilassato “Voleva solo scusarsi, te l’ho detto” “Sarà, ma qui gatta ci cova” “Se lo dici tu” si scambiarono delle occhiate eloquenti.

In realtà il moro avrebbe voluto raccontare tutto, sia lui sia a Hermione, ma si sentiva a disagio davanti a Dafne, finalmente l’amico lo capì e smise di interrogarlo e di bersagliarlo con le sue frecciatine.

 

“Allora? Cos’è successo?” era tardi e nel dormitorio dei maschi regnava il silenzio, fatta eccezione dei versetti che faceva ogni tanto Neville nel sonno “Niente, voleva solo dirmi una cosa” “Riguardo a?” “Quella sera, ti ricordi? Da quando non mi ha più parlato?” “Sì e allora?” “Ti ricordi cos’era successo dopo che abbiamo visto Dean e Cho?” “Si” il suo tono era stranamente diventato un po’ meno amichevole: stava lottando tra il fatto che quello era il suo migliore amico e il fatto che la ragazza di cui stavano parlando era sua sorella “Bè, si è scusata, dice che ha capito perché mi sono comportato così e che le piaccio” aspettò che rispondesse, ma dalla sua bocca non uscì una parola, così proseguì “Io però le ho detto che preferivo uscire insieme, senza affrettare troppo le cose, conoscerci veramente prima di…qualunque cosa succederà” “Bene” ora il tono dell’amico era decisamente risollevato “ E’ giusto così, sono contento se uscirete insieme, finalmente Ginny avrà il ragazzo che si merita e non più un deficiente come questo qua” concluse indicando il letto accanto al suo. Da quando Dean aveva tirato quel colpo basso a sua sorella lui non gli aveva più rivolto la parola anche se non perdeva occasione per rinfacciargli il suo comportamento meschino davanti a tutti.

“Senti, lei mi piace, non la farò soffrire, o almeno non è mia intenzione, ma non posso prometterti qualcosa su cui non ho alcun potere” “Lo so, mi fido di te e poi lei è in gamba, sono tranquillo” “…se l’avesse saputo cinque anni fa…avrebbe evitato di arrossire ogni volta che ti vedeva” aggiunse poi“Già” sorrise, l’aveva presa meglio di quanto si sarebbe aspettato; era strano però confidarsi con lui ora che stava con Ginny ed era quasi imbarazzante, soprattutto perché Ron aveva dato sempre prova d’essere gelosissimo nei confronti di lei e si era aspettato di ricevere una scenata invece che un discorso d’incoraggiamento -Meglio così- si disse mentre spostava le tende del baldacchino per allontanare la luce della luna.

 

Draco la preoccupava. Quando l’aveva visto al lago quella sera, aveva capito che qualcosa era diverso, che aveva capito qualcosa ed era proprio quello che la spaventava. La strana luce che aveva negli occhi, la strana malinconia palpabile come neve intorno a lui…poteva quasi vedere i suoi contorni sfocati ed imprecisi dietro alla nebbia della sua confusione.

Nonostante tutto non poteva capire cosa lo affliggeva: riusciva a comprendere i suoi sentimenti, ma non a condividerli; purtroppo era questo che l’aspettava nel suo futuro con lui, nonostante tutto non ne vedeva un altro. Chiunque, se lei avesse trasformato questi pensieri i parole e li avesse confessati, avrebbe riso “Non struggerti così, hai sedici anni e così tante occasioni di pensare all’avvenire e d’innamorarti, vivi il presente, perché il futuro è ignoto per tutti” ma nessuno effettivamente avrebbe potuto capire, quello che provava, quello che li univa; anche lei faticava a capirlo e a spiegarlo, ma era lì chiaro e semplice ed evidente, ma soprattutto, inevitabile.

Nei giorni successivi non andò a cercarlo, decise che avrebbe aspettato che fosse stato lui a tornare perché di una cosa era certa: qualunque cosa dovesse chiarire o capire stavolta doveva farlo da solo, lei non poteva aiutarlo, sentiva che dopotutto era una decisione sua e sua soltanto, anche se da quella poteva dipendere la loro storia, il loro destino.

Forse stava sbagliando, anche se in fondo una voce dentro di lei le diceva che no, non era così, perché non si sbaglia mai fidandosi del proprio istinto, ma era difficile aspettarlo ed ogni giorno che passava si sentiva sempre più sola e triste.

Più lui tardava più lei si convinceva che la sua decisione sarebbe stata dolorosa.

Il tempo passava sempre più lentamente e ogni volta che la lancetta dei secondi scorreva sul quadrante era come se la sua ferita si facesse un poco più profonda e lacerante.

Seguire le lezioni diventava a mano a mano più difficile, soprattutto se l’orario prevedeva che con loro ci fossero i serpeverde.

Il suo sguardo cadeva sempre su di lui ed ogni volta doveva fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per decidersi a non prenderlo da parte per parlargli: capiva che questa volta era diverso, che non poteva insistere, ma la pazienza non era il suo forte.

Lui d’altra parte non dava cenno di notarla: non le rivolgeva mai lo sguardo e non le aveva più nemmeno mandato un biglietto, anche solo per dirle di non preoccuparsi…ma forse l’aveva fatto solo per non darle un’illusione.

Perché si stava comportando così? Sarebbe finita presto? Nonostante il suo istinto non poteva fare a meno di non rivolgersi quelle domande, infondo, sebbene in un certo senso capiva il suo bisogno di solitudine, non sapeva il vero motivo, sapeva solo che i suoi sentimenti erano sinceri e che non era un altro stupido capriccio riguardo al suo passato e alla sua vera identità.

Ma quanto ci voleva ancora? E perché?

Sobbalzò: si era voltato e i loro sguardi si erano incontrati, ma lui aveva subito distolto il suo. Dunque non la stava davvero ignorando, ma perché non le parlava allora? Perché non le faceva sapere niente? Cos’erano tutti quei misteri, tutti quei segreti? Cos’era che non poteva assolutamente rivelarle?

 

Di nuovo si voltò, ma questa volta la fissò a lungo, abbastanza da permetterle di leggere ancora nei suoi occhi quello che provava: odiava quella situazione, quel silenzio, ma era indispensabile, non poteva riflettere a mente lucida stando con lei, sperava solo che sapesse attendere.

Impercettibilmente la sua bocca si mosse, sulle sue labbra si formarono le seguenti parole: capisco, aspetterò.

 

Di nuovo il contatto s’interrupe e lei si pentì di avergli dato il suo assenso, ma di nuovo sapeva di essere nel giusto.

Era strano, ma da quel momento tutto diventò più semplice, ora era fiduciosa, si sarebbe sistemato tutto, in un modo o nell’altro.

Uscì dalla lezione di pozioni notevolmente rincuorata e il suo umore ebbe un’ulteriore risalita quando il solito ragazzetto le lasciò cadere in mano un biglietto, scritto con la solita svolazzante calligrafia

Il prossimo week-end, a Hogsmeade

 Lo ripose in una tasca della divisa e, per la prima volta da una settimana si unì al solito terzetto per cenare.

“Ehi Dafne” esordì Hermione “Come va? Stai meglio ora?” “Oh si, era solo un periodo no, tutto qui” tutti sapevano che stava mentendo, che il vero motivo era mister x, o Draco che dir si voglia, ma era evidente che non le andava di parlarne e quella spiegazione ambigua fu sufficiente per chiudere il discorso.

Più tardi, finito di mangiare, si misero comodi nei divanetti della sala comune a chiacchierare mentre giocavano a spara schiocco.

Stettero lì così a lungo che quando si stancarono ormai la stanza, eccetto loro, era completamente vuota.

Ron riordinò le carte mentre Hermione ed Harry discutevano sul Quidditch: lui cercava di farle comprendere la bellezza del gioco, mentre lei insisteva col fatto che era molto meglio concentrarsi negli studi perché avrebbero portato di certo un futuro più sicuro, le risate divertite dell’amica facevano da sfondo al loro battibecco.

Ad un certo punto però un urlo di sorpresa le sostituì: Dafne stava fissando con curiosità il focolare ancora acceso; Harry si voltò appena in tempo per vedere tra le fiamme il volto di Sirius che guardava nella stanza.

“L’hai visto anche tu?” “Cosa?” chiese lui con finta curiosità “Quel, quel volto nel fuoco” “Stai scherzando vero?” “No, io l’ho visto c’era qualcuno nel fuoco “Forse era S…” Ron s’interrupe appena il moro gli lanciò un’occhiataccia “Forse te lo sei immaginato” si corresse “Non credo” “Allora come ti spieghi che sia comparso il volto di un uomo nel focolare?” “Non lo so ‘mione, però l’ho visto” “Magari era il riflesso delle fiamme” “Infatti, o un pezzo di legno con una forma strana” il continuo insistere degli amici la convinse “Forse…forse avete ragione, ho dormito poco in questi giorni, sono molto stanca, magari ho semplicemente visto male” “Infatti” risposero in coro i tre “Sarà meglio che vada a letto allora, tu che fai vieni?” “No, domani è sabato posso dormire di più, ti raggiungo più tardi” “Va bene” disse mentre scompariva su per le scale con un’espressione piuttosto sconcertata: dopotutto non era poi così certa di esserselo immaginato.

“Harry tu l’hai visto vero?” esordì l’amica appena si udì in lontananza l’inconfondibile rumore della porta che si chiudeva alle spalle di Dafne “Si, o almeno credo” “Come almeno credo?” “Senti Ron, è scomparso subito e potrei benissimo essermelo immaginato, è successo altre volte quest’estate” “Ma anche lei se n’è accorta, non è possibile che si sia immaginata il volto di Sirius se non lo conosce nemmeno” “Ma ragiona, non sappiamo se davvero abbia visto il suo volto, non ha nemmeno specificato che fosse un uomo e potrebbe davvero essersi sbagliata” “Ma l’hai visto anche tu” “Te l’ho già detto, è tutta l’estate che mi sembra di vederlo dietro ogni angolo, in ogni camino…dappertutto” “Potresti averlo visto davvero” disse d’un tratto Hermione che alle parole del ragazzo era diventata pensierosa” “Non è divertente sai? E’ stato difficile accettare la sua morte, non mettiamoci a scherzare con cose del genere” “Ma io non sto scherzando, non sappiamo veramente cosa gli sia successo, Malocchio stesso ha detto che il suo corpo non è stato mai ritrovato, probabilmente è sparito dietro quel velo e noi non sappiamo cosa sia, nessuno lo sa, eccetto gli indicibili, magari sta davvero cercando di tornare, o meglio, è già tornato ma non riesce a farcelo sapere” “Primo, se fosse già tornato gli sarebbe bastato andare all’ordine e noi lo sapremmo già, secondo sappiamo tutti benissimo che io ho spesso delle visioni e terzo, sappiamo ancora meglio, che non sempre ci si può fidare delle mie allucinazioni” “Invece no Harry” insistette lei “Si sono sempre rivelate reali, fatta eccezione dell’ultima che era un trabocchetto, ma che, a dirla tutta, non era fasulla giusto?” “Appunto, era un trabocchetto, Voldemort ormai sa che io non ragiono più quando c’è in ballo Sirius, potrebbe essere un’altra delle sue trappole” “Sarebbe diverso no?” disse Ron “Ti verrebbero di notte, mentre dormi e vedresti tutto con gli occhi di un altro, da quello che hai detto tu invece sembrerebbe che eri sveglio e vedevi con i tuoi occhi” “Ha ragione” a queste parole entrambi la fissarono: era sicuramente strano che Hermione desse ragione all’amico “Ascoltate, anche se voi aveste ragione non potremmo fare niente, possiamo solo aspettare che riprovi a mettersi in contatto con noi, non abbiamo idea di dove poterlo andare a cercare” “Potremmo parlarne con Silente” suggerì il rosso “Dobbiamo” lo corresse l’amica “Ah si? E cosa gli diciamo? Forse abbiamo visto Sirius comparire nel camino della nostra sala comune? Ricordati che per via di Voldemort la metropolvere è sotto controllo, se cercasse di mettersi in contatto con noi lo scoprirebbero” “Anche questo è vero, ascoltate ragazzi, faremo così: aspetteremo che si faccia vivo di nuovo, se succederà avvertiremo Silente” concluse la ragazza “Perfetto” accettò Harry “Però tutto ciò è davvero molto strano, se non è morto dov’è scomparso?” “Nessuno lo sa, a parte gli indicibili, ve l’ho già detto, e di sicuro non verranno a raccontarlo a noi” “Ma dovrebbero fare delle ricerche, darci almeno delle informazioni in generale” “Se potessimo sapere cosa succede là dentro non si chiamerebbe ufficio misteri” i due non trovarono modo per replicare e il silenzio cadde sul trio: i ragazzi erano intenti a riflettere su quello che era appena successo, non riuscivano a trovare una spiegazione logica e non avevano nemmeno idea di come affrontare la situazione. Avvisare qualcuno non sarebbe servito a niente, non erano nemmeno sicuri di quello che stava succedendo, non potevano cercare Sirius perché non avevano idea di dove andare, di tornare al ministero poi non se ne parlava: dopo quello che era successo l’anno precedente le misure di sicurezza erano triplicate.

Non conoscevano la situazione dell’amico, quindi non sapevano se avrebbero potuto fare qualcosa per aiutarlo, avevano le mani legate, potevano solo aspettare che, se davvero era ancora vivo avrebbe cercato di nuovo di mettersi in contatto con loro, era l’unica certezza che possedevano.

Era ormai molto tardi quando decisero di andare a letto: erano ancora sdraiati sui divanetti a riflettere e a discutere sul da farsi quando Ron cadde addormentato producendo un sordo tonfo con i morbidi cuscini, allora decisero che parlarne non serviva a niente dato che non c’era molto da fare, avrebbero semplicemente aspettato, come Hermione aveva già proposto. Si salutarono e si separarono.

Cinque minuti dopo erano tutti profondamente addormentati nei loro letti, con ancora i vestiti addosso.

 

La settimana trascorse tranquilla, senza avvenimenti particolari, finalmente era arrivata la data del primo week-end ad Hogsmeade, nel castello si respirava aria di festa e per i corridoi si potevano sentire i chiacchiericci allegri dei ragazzi che discutevano di quello che avrebbero fatto al villaggio.

Erano le due del pomeriggio quando Gazza si appostò davanti all’uscita per controllare i permessi degli studenti.

Harry, Dafne, Hermione e Ron stavano facendo la fila insieme: il moro aveva appuntamento con Ginny alle tre davanti al negozio di scherzi di Fred e George, lei sarebbe arrivata un poco più tardi e avevano colto l’occasione per vedere come se la cavavano i due.

Dafne invece non sapeva quando avrebbe incontrato Draco, dopo quel biglietto non si erano più visti e non le aveva fatto sapere il luogo dell’appuntamento. Lei, prima di partire, si era guardata intorno cercando di scorgere la sua chioma bionda, ma la ricerca non aveva dato buoni risultati e così aveva deciso che se avesse voluto l’avrebbe trovata lui.

Così i quattro si diressero a bere una burrobirra al pub I tre manici di scopa per trascorrere la mezz’ora che restava all’amico prima dell’appuntamento.

Il locale era pieno e fumoso, poiché innumerevoli caminetti erano accesi per tenere il posto riscaldato, sommando tutto ai profumi che provenivano dalle bevande servite l’atmosfera arrecava gli stessi effetti di una lezione di divinazione: sonnolenza e rischio di soffocamento.

“Ragazzi, abbiamo trovato l’habitat ideale per la professoressa Cooman” scherzò Ron “Peccato che non hanno ancora trovato gli ultimi sopravvissuti della sua specie i…” s’interruppe ad un’occhiataccia di Hermione “Cosa c’è? Credevo che non ti piacesse la Cooman” “Infatti, ma è passata dietro di te proprio in quel momento” “Bè e allora? Non è più la mia professoressa” di nuovo l’amica lo guardò di sbieco, ma non disse niente: sapeva per esperienza che avrebbe dato solo inizio ad un ulteriore battibecco con lui se avesse detto qualcos’altro.

Il tempo passò in fretta e presto arrivarono le tre.

Il gruppetto uscì dal locale e l’aria gelida cominciò a sferzare i loro volti che presto si arrossarono.

Quando raggiunsero un incrocio si divisero: Harry svoltò a sinistra, mentre gli altri a destra, verso l’ufficio postale.

Il ragazzo, essendo già in ritardo, cercò di camminare più in fretta possibile. Quando cominciò ad intravedersi il negozio dei gemelli scorse la sagoma dell’amica che lo stava aspettando, anche lei si accorse di lui e gli andò incontro.

“Ciao” “Ciao, è da molto che sei arrivata?” “No, stai tranquillo” insieme entrarono nel negozio, dove una vampata di calore li avvolse; anche lì dei focolari scaldavano l’aria.

“Ehi ragazzi” li chiamò Fred da dietro il bancone “Visita ad Hogsemade oggi?” “Già” risposero i due in coro mentre si guardavano in torno.

Gli affari dovevano andare a gonfie vele, infatti il negozio era pieno di gente e George stava impazzendo mentre cercava di incartare una bacchetta magica finta che continuava a trasformarsi in un topo di gomma “Dev’essere difettosa, un momento che gliela cambio” lo sentirono rispondere alle lamentele di una signora.

“Scusate, ma come vedete siamo molto occupati” disse loro appena riuscì a liberarsi “Non importa, volevamo solo vedere come andavano gli affari, vi lasciamo lavorare” “Grazie, ma tornate dopo le vacanze magari, sotto Natale c’è sempre più ressa” cercarono di rispondere che si, sarebbero tornati, ma una piccola folla di clienti lo travolse chiedendogli cosa fossero esattamente le crostatine canarine e se avessero per caso particolari effetti collaterali, così, facendo retro marcia, riuscirono ad aprirsi un varco tra la gente e ad uscire.

Ora erano soli ed il loro appuntamento era ufficialmente iniziato, improvvisamente Harry si sentì fortemente in imbarazzo e sentì che gli mancavano le parole: non sapeva cosa dirle, nemmeno dove portarla. Al contrario lei sembrava calma e a suo agio, come se fosse solo una delle tante volte che erano usciti insieme. Era divertente notare come la situazione si era ribaltata: ora era lui che si sentiva in difficoltà in sua presenza e la cosa non lo entusiasmava molto.

“Allora…ehm…che facciamo?” “Ci sarebbe quel pub dove vanno tute le coppiette, ma è un posto noioso” in cuor suo Harry ringraziò l’amica, dopo l’esperienza dell’anno precedente non aveva molta voglia di fare ritorno in quel posto, almeno per qualche anno “Potremmo semplicemente fare una passeggiata” propose lui “Okkei” rispose allegra afferrandogli il braccio e cominciando a camminare: si stavano dirigendo verso la stamberga strillante, evidentemente voleva un posto dove potevano rimanere soli.

La conversazione però non era esattamente delle più romantiche, infatti, dopo essere passati davanti ad un negozio d’accessori per il Quidditch, dove avevano visto affissa la pubblicità della nuova scopa tundherbolt300, si erano immersi in un fitto discorso sulla stagione di Quidditch di quell’anno: grifondoro aveva appena vinto una partita contro tassorosso, che la settimana seguente avrebbe dovuto giocare contro corvonero e i due stavano discutendo sulle possibilità di vittoria delle due squadre avversarie.

Continuarono per tutto il tragitto, fino a che arrivarono in prossimità della catapecchia abbandonata e lì si sedettero su di una panchina isolata, continuando a chiacchierare.

Prima di quel giorno il moro non aveva mai pensato quanto fosse divertente la sua compagnia e nemmeno aveva mai riflettuto quante cose avessero effettivamente in comune: entrambi erano stati posseduti da Voldemort, entrambi amavano il Quidditch, avevano condiviso tante avventure, come per esempio l’irruzione al ministero e come suo fratello lei conosceva tutto di lui, o quasi…

Ad un certo punto si distrasse dai suoi pensieri e si accorse che lei lo stava guardando ed aveva smesso di palare.

“A cosa pensi?” “Niente scusa mi sono solo distratto” sembrava aver accettato la spiegazione perché di nuovo rimase in silenzio, stavolta a scrutare l’orizzonte. Trascorse così qualche altro minuto, poi lei parlò di nuovo.

“Senti Harry” “Si?” “Non ti sembra assurdo tutto questo? Insomma abbiamo davvero bisogno di conoscerci meglio? Sappiamo tante cose l’uno dell’altro, quasi di più di quelle che persino marito e moglie si sognerebbero di conoscere, non è che stai solo prendendo tempo perché non t’interesso e non sai come dirmelo?” quella domanda lo colse alla sprovvista e non rispose subito. Il volto della ragazza si rabbuiò e cominciò a giocherellare distrattamente con una ciocca dei suoi capelli rosso fuoco.

“No, non è come pensi” disse all’improvviso “Mi piaci davvero molto è solo che non so come comportarmi, ho paura ad affrettare troppo le cose, non vorrei che tu pensassi che voglio approfittarne o qualcosa del genere” “Ma su questo punto mi sembrava che ci fossimo chiariti” “Hai ragione, ma…non so…è bizzarro, ho sempre pensato a te come la sorellina del mio migliore amico e pensare a te in un altro modo mi sembra quasi sbagliato” “Oh, ma non sono così piccolina sai. Ho solo un anno in meno, nemmeno poi se pensiamo che sono nata a gennaio, abbiamo cinque mesi di differenza” “Hai ragione è solo che…” “Basta trovare scuse è chiaro che non t’interesso, sono stanca di essere presa in giro da voi ragazzi, ci vediamo” si alzò di scatto e cominciò ad andarsene, ma qualcosa la bloccò: lui le si era parato davanti e ora la guardava intensamente. Le si avvicinò, prese il suo volto tra le mani e con dolcezza la baciò, prima le sfiorava solo le labbra, piano, quasi come se fosse un fiore a cui non voleva fare del male poi entrambi aprirono la bocca ed il bacio si fece più profondo, ma sempre tenero e delicato.

Quando si separarono erano entrambi senza fiato.

“Così va meglio” disse lei. Lui annuì e la portò di nuovo a sedere sulla panchina dove continuarono a coccolarsi e baciarsi.

Il tempo passava senza che nemmeno se ne accorgessero e ogni tanto facevano una piccola pausa per chiacchierare un po’ o fare quattro passi, si fermarono solo quando arrivarono in prossimità di una caverna nascosta, dove si sedettero di nuovo ad amoreggiare. Erano andati lì sperando di non essere scoperti ed interrotti, ma non riuscivano a togliersi la sensazione di essere osservati, infatti…

“Ehm, scusate se v’interrompo” era una voce molto familiare e dal tono entrambi notarono che aveva una certa urgenza di parlare con loro.

 

Erano le quattro ed ancora il biondino non si era fatto vivo. Più che ansiosa ora Dafne era furiosa. Capiva il suo bisogno di riflessione e solitudine, accettava che avesse deciso di non farle più sapere niente di quello che gli stava succedendo, ma non poteva sopportare che la stesse prendendo in giro.

Non poteva darle un appuntamento e non presentarsi.

Erano due ore che aspettava che si facesse vivo e non era successo niente, stava girovagando per negozi con Ron ed Hermione e per di più si sentiva la terza incomoda, c’era una strana affinità tra i due e non capiva se era solo una forte amicizia o qualcosa di più, in ogni caso fosse non si sentiva a suo agio sola con loro quel giorno e la sua rabbia cresceva a mano a mano che i minuti passavano.

Arrivarono le cinque ed ormai i luoghi da visitare erano esauriti, la visita guidata che i due le stavano facendo era finita: proposero di ritornare ai Tre manici di scopa.

“Io credo che farò quattro passi per conto mio ora che conosco la zona” “Sicura?” “Stai tranquilla, non mi perderò è solo che…” “Non si è fatto vivo?” “Come lo sai?” “Non dovresti lasciare in giro certi bigliettini” “Non avresti dovuto leggerlo” “Era aperto sul mio letto, prima di capire di chi fosse avevo già visto il contenuto” “Okkei, errore mio, comunque ci vediamo a scuola” “A dopo” “Ciao” la salutò il rosso, ma era un saluto un po’ incerto, non aveva ancora bene capito cos’era successo e ci stava riflettendo sopra “Di che biglietto…” cominciò a dire“Non sono affari tuoi” lo azzittì Hermione “Chi non si è presentato?” continuò “Devo dire che la tua arguzia è irraggiungibile, andiamo dai che qui fa freddo” lo prese per mano e cominciò a trascinarlo verso il pub.

Finalmente sola. Ma ora che poteva fare? Aspettarlo? Dove? Andare e cercarlo? Ora era lui che doveva farsi avanti…

Mentre rifletteva percorreva le strette stradine della città cercando di trovare un posto isolato, dove non ci fosse nessuno, ma sembrava impossibile, Hogsmeade pullulava di persone e, sebbene sembrava che tutti gli studenti di Hogwarts fossero rintanati in qualche bar la gente del luogo non aveva rinunciato ad uscire nonostante l’aria gelida.

“Ehi ciao” si voltò di scatto e presa alla sprovvista estrasse la bacchetta per lo spavento “Calma, sono io” un sorriso comparve sulla faccia di Draco: non l’aveva mai visto sorridere ed effettivamente quella smorfia non vi assomigliava affatto, aveva solamente gli angoli della bocca leggermente in su, ma nei suoi occhi poteva ancora vedere unicamente tristezza e apprensione. Improvvisamente tutta la rabbia che aveva in corpo svanì.

“E’ molto che aspetti?” “Un po’” “Volevo che fossi sola, non potevo di certo venirti a chiamare in mezzo alla folla o davanti alla m…” stava per parlare di Hermione e Ron chiamandoli come al solito mezzosangue e poveraccio, ma sentiva che non sarebbe stato il caso così si interruppe e si corresse “Alla Granger e a Weasley” nel dire quei nomi non poté comunque astenersi dal fare delle smorfie non troppo simpatiche “Vedo che li adori…” non rispose, sapeva che era un terreno minato, dopotutto erano i suoi amici e parlare male di loro era di certo una via che li avrebbe portati a litigare.

Per un po’ camminarono mano nella mano, in silenzio, senza nemmeno guardarsi in faccia fino a che il ragazzo voltandosi cercò di baciarla, ma lei si scansò “Non credo proprio” disse con una punta d’acidità nella voce “Cosa c’è adesso?” “Credi di poter fare così? Non mi rivolgi più la parola per due settimane e poi vuoi che torni tutto come se non fosse successo niente?” “E’ una cosa di cui non ti posso parlare” “Ancora quella storia? Io so chi sei…bla bla bla…è pericoloso ecc ecc, potresti ricordare…sono stanca sai? Non me ne vuoi parlare? D’accordo! Ogni coppia ha i suoi segreti, te lo concedo, ma devi agire con un attimo di riguardo nei miei confronti, non puoi evitarmi per giorni e poi nasconderti dietro al fatto che non puoi dirmi niente perché è pericoloso, non m’importa quale sia, voglio una spiegazione” “Senti, se non sbaglio tu hai tanto insistito per stare con me giusto? Bene io sono così, prendere o lasciare” “Ma bravo, minacciami adesso, è così facile fuggire dai problemi vero? Perché immagino che tu non voglia restare con me giusto? Già, altrimenti perché piuttosto di non vedermi hai accettato di farlo di nascosto rischiando la faccia e quella cosa che io non posso sapere?” “Perché hai insistito” “Bene, se le cose stanno in questo modo…” si voltò e fece per andarsene “No aspetta, smettiamola di litigare così” di nuovo si girò e lo guardò, ma non aprì bocca: stava aspettando che fosse lui a parlare “Ho dovuto fare così in queste due settimane, avevo bisogno di capire cose per le quali la tua vicinanza mi avrebbe influenzato e poi avevo bisogno di decidere da solo” “D’accordo” “E poi…cosa?” “D’accordo, mi basta” “Non vuoi sapere altro?” il ragazzo era basito, si era aspettato di doverle dare una delucidazione molto prolissa sulla faccenda, invece le erano bastate poche parole. Improvvisamente capì come si era comportato da stupido: tutto quel tempo, tutte quelle volte che cercava di farle capire che non poteva parlare di certe cose, tutti quei misteri, quando invece avrebbe potuto semplicemente spiegarle quello che sentiva e sarebbe stato sufficiente.

“Vedi che non è poi così difficile?” non rispose, ma sorrise, questa volta un sorriso vero, non un ridicolo stiracchiamento delle labbra, oltre la malinconia poteva vedere quasi un lampo di felicità nei suoi occhi.

Era veramente singolare Draco: un ragazzo all’apparenza così forte e arrogante, così insensibile ai sentimenti, come aveva imparato a conoscerlo in quei giorni di scuola, come lo vedeva comportarsi verso gli altri compagni, in realtà era fragile e confuso, quasi come se si affacciasse al mondo reale per la prima volta, quasi come se solo in quel momento tutte le responsabilità della vita gli si fossero riversate addosso come una cascata che non riusciva a fermare e che lo devastava dentro.

Aveva dovuto imparare a ricorrere a quella maschera di egoismo ed indifferenza perché aveva sempre dovuto difendersi dalla realtà, dalla quale probabilmente qualcuno l’aveva sempre tenuto lontano…ma a che scopo? Volevano forse fare in modo di poterlo facilmente manipolare in ogni occasione? Chi? E come l’avevano permesso i suoi genitori? Forse però…erano proprio loro che…suonava così assurdo eppure…chi altro avrebbe potuto giocare deliberatamente con la vita di un bambino se non chi l’aveva messo al mondo? Suonava sempre più atroce e crudele, non ci poteva credere…

Ora stavano camminando e lei piano si voltò ad osservarlo, con uno sguardo colmo di apprensione e di curiosità, avrebbe tanto voluto sapere, avrebbe tanto desiderato che lui riuscisse ad aprirsi con lei, ma ci voleva tempo e dopotutto lei ne aveva in quantità.

Anche lui stava pensando, chissà a cosa? Si chiedeva lei. Immerso nei suoi pensieri quasi non si accorgeva dove stava andando e le toccò guidarlo, senza parlare, non voleva disturbarlo, le sembrava quasi di interrompere quello strano equilibrio che finalmente si era appena formato tra loro.

Era così bello poter stare finalmente insieme, senza doversi nascondere da tutti, purtroppo non sarebbe durato ancora a lungo, la sera stessa, ritornati a scuola avrebbero dovuto ricominciare a fingere di odiarsi in quanto grifondoro e serpeverde, perciò decise di godersi quel momento di libertà, finché sarebbe durato.

Gli appoggiò la testa sulla spalla piano, ma il movimento lo distrasse lo stesso e si destò dalla trance. “Oh scusa” “No, bisognerebbe pensare un po’ di meno certe volte, ma ultimamente non faccio che quello, mi ci vuole una pausa” “Se vuoi ti posso aiutare io a trovare un modo per non pensare”.

Erano arrivati in un luogo veramente isolato, o forse ormai era tardi e le persone avevano deciso di tornare a casa per iniziare a preparare la cena, fatto sta che trovarono un posto tranquillo, nascosto dal fitto di un piccolo bosco vicino alla città dove, neanche a farlo apposta, c’era una piccola panca di legno dove lei spinse il ragazzo, sedendoglisi in braccio.

“Forse ho capito cosa intendi” “Ah si?” chiese lei con tono malizioso “Già e mi piace”.

Chiusero contemporaneamente gli occhi e avvicinarono i volti, cominciando a baciarsi.

Prima erano solo piccoli baci innocenti, uno sfuggevole sfiorarsi di labbra che appena si staccavano bramavano solo l’istante in cui si sarebbero incontrate di nuovo, come quando l’uomo che ha appena scoperto l’ambrosia, il cibo degli dei, scopre anche di non poterne fare a meno.

Poi i contatti cominciarono a farsi più prolungati, più intensi, sfiorarsi non bastava più, piano piano entrambi aprirono la bocca e cominciarono a baciarsi con una passione che in pochi hanno conosciuto.

Poco a poco si fecero ancora più audaci e con il calare della sera, chiunque li avesse notati da lontano non avrebbe potuto distinguere dove iniziava l’uno e dove terminava l’altro.

Per la prima volta da quando si erano conosciuti erano insieme davvero, un essere unico che ne ospitava due contemporaneamente, come se si fossero aperti l’un l’atro totalmente, senza riserva.

Ben presto sotto i pesanti cappotti da viaggio fece molto caldo e Draco si tolse il suo, cominciando poi ad armeggiare con la fibbia di quello di Dafne, ma lei lo fermò, non era arrabbiata, né ferita ed il tono che usò non tradiva tensione o nervosismo.

“Non ora e non qui” ansimava, quegli attimi erano stai più eccitanti di una notte passata insieme “Perché?” si alzò e gli sorrise, divertita “Tutto diventa più bello se si fa aspettare” “Vuoi farmi  penare in questo modo crudele?” domandò divertito, il gioco lo intrigava “Proprio così” gli schioccò un bacio sulla bocca, in modo scherzoso, per prenderlo in giro e poi si allontanò di nuovo

“Fammi sapere quando potremo vederci ancora, sempre con un bigliettino se vuoi, non è il caso che torniamo insieme ad Hogwarts, ciao” girò i tacchi e corse via.

La sua sagoma scomparve subito all’ombra di un lampione spento.

Rise. Ora ne era sicuro, aveva fatto la scelta giusta, quella ragazza gli piaceva molto. Si diresse anche lui sulla via del ritorno, convinto delle proprie azioni, ma non sapeva che ormai il tarlo del dubbio si era insinuato dentro di lui e che presto sarebbe riaffiorato a farlo di nuovo esitare riguardo al suo futuro.

 

Harry spalancò occhi e bocca per lo stupore e probabilmente Ginny di fianco a lui fece altrettanto. Ma non era solo stupore quello che provavano, era confusione, smarrimento e forse anche un po’ d’orrore.

Non riuscivano a credere a quello che avevano davanti e anche se il fatto che potevano vederlo era prova inconfutabile che fosse qualcosa di reale alle loro menti si affacciarono pensieri quali –Non è possibile, sto sognando e non mi sono accorto di essermi addormentato- -Deve essere un’allucinazione collettiva- -Non dovevo bere tutta quella burrobirra-

Ma quelle supposizioni non riuscirono a farsi strada nelle loro bocche e i due rimasero ancora qualche secondo in silenzio cercando di ricordare come funzionava quello strano meccanismo della parola.

Finalmente qualcosa sembrò risvegliarsi nel ragazzo e nel suo sguardo, vitreo fino a poco prima, sembrò tornare la vita.

Nonostante tutto non riuscì ad esprimere appieno quello che provava

“Tu…non può essere, non ci credo” la reazione dell’amico scosse la ragazza per la quale però articolare una frase completa era ancora forse troppo prematuro, riuscì solo ad assentire “Già”.

“Non puoi essere qui, tu insomma, sei…lo sai…” ora entrambi avevano riacquistato totalmente l’uso della parola  “Tu, se sei qui, non sei là, cioè voglio dire, dove sei?”

“Da due ragazzi quasi entrambi sedicenni devo ammettere che mi sarei aspettato più loquacità, nonché felicità nel vedermi trattandosi di voi”

Di nuovo silenzio.

“D’accordo, se non volete parlare voi lo farò io. Come vedete, anche se tutti lo pensavano non sono mor…” “Non dirlo” aveva parlato il ragazzo “Tu non puoi essere Sirius” “Invece si” “Allora spiegati” “E’ quello che stavo tentando di fare prima che tu m’interrompessi” “Va avanti allora” “Okkei, non ho molto tempo, sarò breve, come dicevo non sono morto” a questa parola entrambi ebbero un fremito: era strano sentirlo dire da lui dopo averlo creduto tale “Il colpo infertomi da Bellatrix non è stato letale, anche se avrebbe potuto, ma non l’ha formulato correttamente e mi ha solamente fatto svenire; purtroppo quando sono caduto ho attraversato il velo, nessuno sa cosa ci sia dietro, eccetto gli indicibili e me al momento. Ora tuttavia non c’è tempo a sufficienza per spiegare bene, vi dico solo che è un universo parallelo da cui è molto difficile uscire, per farlo in modo definitivo ho bisogno di questi ingredienti” porse un pezzetto di pergamena stropicciato ad Harry che chiese “Cosa significa in modo definitivo?” lui non disse niente, ma diede loro comunque modo per scoprirlo: infatti, a poco a poco la sua immagine divenne più sfocata e la sua voce sembrò arrivare da un luogo sempre più remoto, riuscì solo a dire “Non venite mi a cercare, mi farò vivo io e non avvisate Silente” prima di scomparire con un soffio, spazzato via come in una folata di vento.

 

 

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Capitolo 5
*** Tra il dubbio e il desiderio ***


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Prima del capitolo voglio fare un piccolo ringraziamento generale a tutti quelli che mi hanno recensito, è più facile scrivere quando qualcuno apprezza il tuo lavoro, buona lettura, un bacioz, Summer9(alla fine del cap ci sono le risposte persona per persona)!

 

Capitolo 5°: tra il dubbio e il desiderio

 

Era ormai dicembre inoltrato e nel castello tutti respiravano aria di festa. Mancava poco meno di una settimana alle vacanze di Natale e probabilmente nella storia di Hogwarts, o perlomeno da quando Harry la frequentava, non c’era mia stato un anno in qui così tanti studenti avevano deciso di non partire, effettivamente era quasi certo che si sarebbero fermati tutti.

Nemmeno per il Ballo del Ceppo l’affluenza era stata così abbondante. L’occasione comunque era simile, infatti quell’anno i professori avevano finalmente capito che non sarebbero mai bastati gli avvertimenti del cappello parlante per unire le case nemiche e avevano pensato che magari un ballo sarebbe servito al suo scopo o, se non altro, sarebbe stato un diversivo nell’atmosfera di tensione che si era creata da quando anche il ministero aveva deciso di accettare la rinascita di Voldemort.

Per quel ballo tutti gli studenti, dal primo al settimo anno, avrebbero potuto partecipare; si sarebbe tenuto la sera della vigilia, dopo cena e sarebbe continuato anche dopo la mezzanotte, era un modo diverso di festeggiare il Natale, anche se il giorno successivo si sarebbe comunque tenuto il tradizionale banchetto cui difficilmente potevano rinunciare.

Nella scuola ormai da un paio di giorni fervevano i preparativi: nelle cucine gli elfi stavano studiando piatti esotici e nuovi tipi di dolci da esporre nel buffet per quegli irreparabili timidoni che, incapaci di trovare il coraggio per invitare qualcuna al ballo, avrebbero trascorso tutta la serata abbuffandosi mentre guardavano di sottecchi quelle con cui tanto sognavano di ballare; i professori si stavano dando da fare per architettare nuove ed originali decorazioni e, nel frattempo, cercavano di rintracciare qualche gruppo musicale famoso nel mondo della magia disposto ad intrattenere gli studenti.

Come al solito giravano un sacco di voci in proposito e la più fondata era che Silente avrebbe ingaggiato un nuovo gruppo che aveva preso subito piede tra i giovani: I lupi mannari stonati.

Nonostante tutto c’era chi, nel castello, aveva preoccupazioni ben più gravi che trovare il coraggio di invitare “quella bella ragazza del sesto anno al ballo”.

“Non è possibile…e noi cosa dovremmo fare? Trovare tutti questi ingredienti? Inaudito! Dobbiamo assolutamente andare a parlarne con Silente” “Ma Hermione, ci ha detto espressamente di non farlo” ripeteva Harry esasperato per la quarta volta.

“Non è una ragione sufficiente, è troppo pericoloso, potrebbe essere una trappola e poi per questi ingredienti potremmo dover rubare di nuovo dalla dispensa di Piton e siate certi che non lo farò” ora i due ragazzi la guardavano stupiti “Io non ti capirò mai” sospirò il rosso “Ieri hai sostenuto che forse Harry aveva visto davvero Sirius, che dovremmo fare qualcosa per lui e ora che sappiamo cosa ti rifiuti di farlo” effettivamente l’amico non era nel torto e per la prima volta riuscì ad azzittire l’amica che rilesse il foglio più accuratamente “Però forse…” “Cosa?” chiese Ginny che, in quanto testimone della riapparsa del padrino del moro, era rimasta con loro a discutere sul da farsi “Forse non tutti gli ingredienti sono così difficili da trovare, i primi tre sono delle piante che stiamo studiando adesso ad erbologia e prenderne un po’ non sarà complicato, altri sono semplici, li troveremo nella dispensa della scuola, il problema sarà per l’ultimo: corno di un Erumpent” “Un cosa?” chiesero i tre in coro “Non è importante, come non importa quanto gli ingredienti siano semplici da trovare, resta il fatto che suona tutto troppo pericoloso” “Ma cosa dici? Dobbiamo solo portargli quelle quattro cosette” “Ah si, solo Ron? E allora perché mai Sirius, che più di tutti dovrebbe tenere in questo momento alla salute di Harry, lo intima di non avvisare Silente? Non sappiamo che pozione si ottiene mischiando questa roba, potremmo stare offrendo inconsapevolmente a Voldemort un’arma contro di noi” “Ma dai, tu pensi che se lui volesse questi ingredienti non riuscirebbe a trovare qualcuno disposto a procurarglieli? E’ ridicolo e se anche fosse stata tutta una trappola probabilmente sarei già morto, perché, come vedi, non avrebbero avuto problemi ad avvicinarmi” “Ma allora perché non vuole che lo avvisiamo?” “Non lo so, non ha fatto in tempo a spiegarmelo, ma voglio fidarmi, è lui, e poi stavolta non l’ho visto solo io” l’attenzione ora passò tutta sulla sorellina del rosso “Era lui, non ho dubbi, ma non era il solito Sirius di sempre, era pallido, emaciato, i capelli erano lunghi e arruffati, oserei dire che dove vive adesso fatica molto a trovare un posto dove lavarsi e sembra anche piuttosto malaticcio” “Non so cosa pensare” Hermione era ancora molto incerta “Come possiamo essere sicuri che fosse lui, finché si trattava di vederlo comparire ogni tanto per qualche secondo sembrava molto più facile credere a questa versione dei fatti, ma data la situazione tutto si complica e molto anche”

Era notte fonda e la sala comune come al solito ospitava ormai soltanto loro che, descrivendo ad ampi passi il perimetro della stanza, cercavano di trovare una soluzione a quel problema.

Stanco e annoiato Harry si accomodò su di un divanetto dove, con un po’ d’imbarazzo, Ginny lo raggiunse: gli si sdraiò accanto, appoggiando la sua testa sulle ginocchia di lui che cominciò a giocherellare con i suoi capelli, anche se non poteva fare a meno di sentirsi a disagio ogni volta che incontrava lo sguardo del fratello.

Improvvisamente la voce dell’amica ruppe di nuovo il silenzio, stavolta però c’era un tono definitivo nella sua voce.

“Ascoltate, mi spiace ma non intendo rischiare così tanto, le scelte sono due: o non facciamo niente e aspettiamo che ricompaia per chiedergli spiegazioni o facciamo quello che ci chiede, ma avvisando lo stesso Silente” nessuno era veramente entusiasta di quelle due opzioni, avrebbero voluto fare qualcosa per Sirius e tradire una delle sue richieste non era una prospettiva così allettante. “Ma Hermione…” esordì il rosso “No, niente ma, se è una trappola avvertirlo sarà stata la cosa migliore, se non lo è allora Sirius capirà perché l’abbiamo fatto” “Ma…io non capisco proprio come tu abbia potuto cambiare idea così, di punto in bianco” “Ron” disse lei con tono spazientito “Non è il fatto di essere lunatica è che è tutto troppo sospetto” “Ascoltate” li interruppe improvvisamente Harry “Potremmo avvisare un altro professore” “In questo modo Silente lo verrebbe a sapere lo stesso” “Non se l’insegnante in questione è Bill, se gli spieghiamo tutto magari potrà capire” “Hai ragione, perché non ci ho pensato prima” anche Hermione sembrò non trovare niente da ribattere “Perfetto” aggiunse alla fine con tono comunque non troppo convinto “Allora ne parleremo domani con lui” dopotutto comunque era un compromesso accettabile “Buonanotte” cominciò a risalire le scale che portavano alle stanze delle ragazze.

Anche Ron, vedendo che la coppietta non accennava a muoversi, decise di togliere il disturbo, avrebbe aspettato l’amico di sopra.

Harry, grato per la sua premura, smise di accarezzare la fulva chioma di Ginny e la guardò con dolcezza, aspettandosi uno sguardo di rimando, ma i suoi occhi erano chiusi e nella stanza d’un tratto silenziosa poteva distinguere perfettamente il suo respiro irregolare: si era addormentata.

Avrebbe tanto voluto prenderla tra le braccia e portarla nel suo letto dove, il mattino dopo, si sarebbe svegliata senza sapere com’era finita lì, ma purtroppo per sua esperienza sapeva che i ragazzi non potevano salire al dormitorio delle femmine, o la scalinata si sarebbe trasformata in un ripido scivolo impraticabile.

Allora la svegliò, dandole dei piccoli baci sul collo e chiamandola

“Che c’è?” domandò smarrita “Sono in ritardo?” “Stai tranquilla” disse ridendo “ti sei addormentata mentre parlavamo” ancora insonnolita si mise a sedere, stropicciandosi le palpebre per abituarsi alla luce. Era molto buffa, con il volto assonnato e i capelli che lo incorniciavano scarmigliati; molto premurosamente lui cercò con le mani di pettinarglieli alla meglio, rimandandoli dietro alle orecchie.

Riconoscente per tutte quelle attenzioni lo ringraziò con un bacio e poi anche lei se ne andò a dormire. Non gli restò che raggiungere Ron che probabilmente lo stava spettando sveglio.

Effettivamente il piano del rosso era stato proprio quello, ma quando Harry entrò in camera il forte russare dell’amico investì le sue orecchie: era caduto addormentato sul letto intatto e con la divisa ancora addosso.

Decise che non l’avrebbe svegliato, era piuttosto irritabile in quei casi e poi per essersi assopito così in fretta doveva essere proprio distrutto. S’infilò un vecchio pigiama sformato, ancora parte del patrimonio vestiario ereditato dal cugino Dudley, e s’infilò sotto le coperte.

Purtroppo per lui dormire fu un’impresa ardua, appena chiudeva gli occhi gli tornava in mente la scena del giorno precedente e l’apprensione per il padrino si faceva sentire vivida e forte dentro di lui, ogni volta si trovava davanti il Sirius, smunto e sparuto, che tanto gli ricordava la prima volta che lo aveva incontrato, al terzo anno: il suo fascino nascosto dietro la sporcizia e la malattia, i suoi capelli neri e fluenti, radi e incollati tra loro dal sudiciume, la sua espressione vuota e sofferente. Dopo averlo creduto morto quella visione era forse peggiore: non solo non riposava in pace, ma soffriva anche le pene dell’inferno nel tentativo di tornare da lui, ancora una volta e, ancora una volta, lui non avrebbe potuto aiutarlo, almeno non come avrebbe voluto.

Ma probabilmente Hermione aveva ragione, lui stesso l’aveva detto poco tempo prima, Voldemort sapeva che lui non capiva più niente quando c’era di mezzo il padrino, non potevano assolutamente escludere a priori che quella fosse una trappola.

E poi comunque in realtà loro non stavano facendo niente che lui avesse chiesto espressamente di non fare, era certo di non sbagliarsi, non aveva detto “Non avvertire nessuno” aveva sicuramente pronunciato solo in nome del preside.

Ma se Bill avesse deciso di parlargli una volta venuto a conoscenza dell’accaduto? Loro non lo potevano sapere a conti fatti, ma non sapevano nemmeno se quello che stava accadendo era reale o tutto un macchinaggio dei nemici.

Era tutto troppo incerto per agire d’impulso, dando per scontato che quello visto da lui e Ginny fosse il vero Sirius Black…

Era quasi l’alba quando finalmente riuscì ad abbandonarsi tra le braccia di Morfeo, ma anche quelle poche ore di sonno che fece furono tormentate da incubi e sogni nei quali riviveva la morte del padrino o sognava che, dopo essersi trasformato in Silente e ancora in Voldemort, lo uccideva con una strana pozione bluastra che rimescolava con un corno di enormi dimensioni color giallo evidenziatore.

Di conseguenza, la mattina seguente, sotto i suoi occhi c’erano più borse di quante se ne potrebbe permettere una ricca appassionata di quel genere di oggetti.

Andò avanti così per l’intera settimana, anche con l’inizio delle vacanze.

Un giorno, quello successivo ad una notte totalmente insonne si presentò nella sala grande con un viso che sarebbe potuto benissimo essere scambiato per quello di un vampiro rimasto a secco da un mese

“Per Merlino Harry, hai una faccia spaventosa, cos’è, stanotte invece di dormire hai partecipato ad un festino con gli elfi nelle cucine?” scherzò Seamus quando il moro si sedette accanto a lui per colazione, però lui non aveva assolutamente le forze per pensare ad una battuta di rimando, così grugnì qualcosa d’incomprensibile guardano il porridge nel suo piatto prima di cominciare a trangugiarlo svogliatamente: il sonno gli stava portando via anche la fame.

“Devo ammettere che ha ragione però, hai davvero un brutto aspetto” stavolta era stato Ron a parlare che però, appena finito di pronunciare quella frase, si rese conto quanto era stato inappropriato da parte sua fare quell’osservazione, aveva capito che il motivo della sua insonnia era sicuramente il ritorno del padrino creduto morto, ma la sua insensibilità lo aveva portato di nuovo a dire una stupidaggine.

Arrossendo in zona orecchie cercò di sprofondare il più possibile nella sua zuppa d’avena, cosa abbastanza difficile per uno spilungone dai capelli rosso fuoco come lui.

Stavolta lui non lo degnò nemmeno di un grugnito infastidito, continuò a fissare imperterrito la sua colazione, non tanto perché l’avesse offeso la domanda sciocca dell’amico, quanto perché l’affermazione di Finningan l’aveva di nuovo indotto a riflettere sui pensieri e sugli incubi di quella notte e non aveva sentito una parola pronunciata da Ron.

Finalmente anche le ragazze li raggiunsero a tavola, ma non fecero loro compagnia a mangiare, poiché, decisamente più mattutine, li avevano preceduti di un’ora abbondante.

Come gli altri notarono l’aspetto lugubre del moro, tuttavia, molto più sensibili, avrebbero aspettato che fosse lui a parlare, nel caso avesse voluto.

Però lui, nonostante le stesse ringraziando mentalmente per il loro silenzio, non aveva intenzione di confidarsi al momento, sentiva che avrebbe potuto piangere, forse più per la stanchezza che per lo shock in sé, ma non aveva intenzione di farlo dove anche qualsiasi serpeverde avrebbe potuto vederlo e quindi trovare l’occasione di prenderlo in giro da lì ai mesi successivi.

Immersa in quell’atmosfera imbarazzata creata dal suo ostinato silenzio la mattinata trascorse lenta e noiosa, solo dopo pranzo qualcosa lo risvegliò finalmente dal suo torpore: si accorse che da quando erano cominciate le vacanze natalizie non avevano più incontrato nemmeno una volta il fratello di Ron, la cosa lo impensierì e fece nota la sua preoccupazione a tutti, suscitando occhiate incuriosite di Dafne che non capiva come mai fosse tanto importante per lui la presenza o meno di un insegnante.

Di conseguenza dopo che il rosso affermò che non sapeva niente dei suoi programmi per quel periodo, il discorso cambiò totalmente d’argomento, purché si evitasse che l’amica facesse domande cui non avrebbero saputo come rispondere.

Solo più tardi, quando lei decise di fare una passeggiata solitaria, che tutti sapevano avere lo scopo di scovare il ragazzo misterioso, tornarono sul tema.

“L’ho notato anch’io, questa mattina, consapevole di quello che stiamo per fare ho cercato di sfuggita Bill e non l’ho trovato al tavolo dei professori, è da giovedì che non lo vedo, ora che ci penso” affermò Hermione “Io ve l’ho già detto, non era una scusa prima, non so niente dei suoi programmi per le vacanze…Ginny?” “No, nemmeno a me ha detto niente, ma è assurdo che un professore si allontani dalla scuola durante l’anno” “Magari è qualcosa che riguarda l’ordine” suggerì Ron, il viso dell’amica si oscurò e con voce flebile pronunciò qualcosa che somigliava terribilmente a… “Dafne? Che centra adesso?” domandò allora lui incuriosito “Cosa? Ma no, hai capito male ho detto…dannazione…già…dannazione” “Senti, ma tu credi che siamo così idioti?” sbottò d’un tratto Harry “Non è la prima volta che te ne esci con affermazioni strane riguardo a lei pretendendo di farci credere che siamo stati noi ad avere capito male, ora voglio una spiegazione” “Sarei ben felice di dartela, se ci fosse, ma non è così, avete davvero frainteso le mie parole, punto” aveva usato un tono definitivo, il classico tono di quando decideva che non avrebbe rivelato loro niente e così stabilì di non insistere, sarebbe stato inutile, non era il tipo da farsi convincere facilmente, nemmeno con molta insistenza ad essere sinceri.

“Bè” si rassegnò “tornando al discorso di prima allora io penso che potremmo provare a cercarlo per scoprire se veramente è partito”

“D’accordo Harry” accettò il rosso dirigendosi verso il buco del ritratto “Che fai?” domandarono i tre in coro “Be’, che aspettiamo? Non possiamo stare con le mani in mano ancora per molto, da un momento all’altro Sirius potrebbe farci di nuovo visita e noi dobbiamo essere preparati”. Sembrava del tutto determinato a farsi perdonare per l’insensibilità dimostrata quella mattina, del tutto inconsapevole che l’amico non aveva fatto nemmeno caso alla sua distrazione.

 

Come al solito avrebbe potuto girare tutto il castello e di Draco non avrebbe scorto nemmeno l’ombra, o quel ragazzo era il mago dei travestimenti, e non gli sembrava proprio il tipo, o la stava evitando deliberatamente, era pur vero che non gli aveva ancora fatto recapitare nessun biglietto per darle un appuntamento, ma con quella storia del vedersi di nascosto era sempre difficile incontrarsi ed era passata una settimana dall’ultima volta, gli mancava. Come sempre del resto.

Era seduta su di una panchina nei pressi della casa di Hagrid quando sentì dei passi alle sue spalle, si voltò e lo vide, sorridente, per quanto il suo triste sguardo poteva permetterlo, mentre si dirigeva verso di lei e la prendeva per mano, addentrandosi con lei sempre più nella foresta.

Finalmente giunsero in un luogo dove nessuno li avrebbe visti da fuori e senza nemmeno una parola cominciò a baciarla.

La lontananza le faceva apprezzare quella foga e gustava le sue carezze come qualcuno che perso nella foresta senza ne cibo né acqua gusta per la prima volta dopo molto tempo un rinfrescante gelato.

I suoi baci erano nella sua bocca infuocati e brucianti dalla passione e allo stesso tempo gelidi e leggeri come candidi fiocchi di neve, poteva distinguere nei suoi gesti la purezza dell’impulso e l’ardore dell’eccitazione.

Sentiva le sue mani scorrere sul suo corpo come se stesse cercando la via più piacevole e diretta per il paradiso.

A poco a poco s’insinuarono sotto il pesante cappotto e la divisa, il suo tocco era gelido e ogni volta che si spostava le faceva salire piccoli brividi su tutta la schiena.

Ora si soffermava sui suoi fianchi, dove le mani che all’apparenza erano lunghe ed esili praticavano una presa salda e decisa, facendola sentire al sicuro, ora salivano, sfiorando l’addome piatto e muscoloso, soffermandosi appena prima del seno per paura di provocare una brutta reazione in lei e facendole sperare per un attimo che vincesse quel timore, ora le accarezzavano la schiena con una dolcezza di cui non credeva sarebbe stato capace.

Era quello il fascino della lontananza, quando si vedevano i loro incontri erano sempre travolgenti, appaganti, non vivevano un rapporto di routine, passavano il tempo a desiderarsi, facendo in modo che per l’attesa durante i loro appuntamenti arrivassero al culmine del piacere.

Era molto eccitante, ma anche parecchio estenuante.

Quando erano insieme sembrava che il tempo si fermasse, o almeno loro avrebbero voluto che fosse così, per non doversi lasciare mai, per non dover smettere mai di scambiarsi baci e carezze e promesse d’amore.

Ma ben presto anche quel giorno la sera calò e nel bosco divenne tutto più buio e tetro, non era più il luogo romantico dove i due innamorati si nascondevano da chi non avrebbe potuto comprendere il loro legame, era diventato il classico bosco spaventoso delle favole, dove ad ogni angolo incombeva un grave pericolo, Dafne lo pregò affinché la portasse fuori da lì.

Appena prima di uscire, quando arrivarono al limitare tra gli alberi e la radura lo fermò per un attimo.

“Come faremo per il ballo” “Per che cosa?” Draco sembrava essere caduto dalle nuvole, non aveva mai riflettuto su cosa avrebbe fatto in quell’occasione “Non so, non ci ho pensato” “Mi piacerebbe andarci con te” azzardò lei, ben sapendo quale sarebbe stata la sua risposta “Anche io lo vorrei tanto ma…” “E’ troppo pericoloso, lo so, è solo che…” non finì la frase, era inutile insistere al riguardo.

“Lo sapevamo Dafne, sapevamo a cosa correvamo incontro mettendoci insieme, te lo spiegato fin troppe volte credo, stiamo così bene insieme adesso, non rischiamo di mettere a rischio quello che abbiamo creato fin’ora, ci vedremo quella notte, dopo la festa” sentirlo parlare così la rassicurò, non aveva tirato fuori come al solito il discorso di quanto fosse pericoloso, semplicemente non voleva rovinare tutto e questo la convinse a non fare più obiezioni.

“D’accordo, andremo al ballo con qualcun altro, ci troveremo non appena il tutto sarà finito” “Esatto” il tono di entrambi era malinconico e rassegnato e, mentre si dirigevano verso il castello prendendo direzioni opposte rifletterono su quanto sarebbe stato desolante vedere l’altro ballare con qualcuno che non fosse uno di loro.

Appena arrivò nella scuola la ragazza decise di togliersi il pensiero, avrebbe trovato al più presto qualcuno che l’avesse accompagnata, ma chi? Forse le era venuta un’idea, c’era solo da sperare che non fosse già occupato e che non fosse ancora arrabbiato per il modo in cui l’aveva trattato l’ultima volta che si erano visti…

Come aveva sperato lo trovò in biblioteca intento a scrivere con una fitta calligrafia su di un lungo foglio di pergamena, probabilmente aveva deciso di iniziare subito a fare i compiti delle vacanze, purtroppo non era solo.

Timidamente e cautamente si avvicinò e gli picchiettò l’indice sulla spalla, per attirare la sua attenzione, giacché le dava di schiena.

Quando si voltò il suo viso non esprimeva certo giubilo e allegria, ma non sembrava nemmeno celare un grande rancore verso di lei, tanto che quando fece cenno di seguirla si alzò in piedi e raggiunse con lei l’uscita.

“Ehm, ciao Adam” “Ciao” il suo tono non si poteva esattamente definire amichevole “Cosa c’è? Hai bisogno dell’aiuto di mammina?” “Oh….” Sospirò lei tra il deluso e il dispiaciuto “Sei ancora arrabbiato per la volta scorsa?” “Diciamo che se ci ripenso non faccio i salti di gioia, ma riesco ancora a dormire la notte okkei?” questo rendeva molto più difficile raggiungere il suo scopo “Mi, mi spiace e so che avrei dovuto dirtelo prima, ma stavo passando un periodo molto brutto, mi andava semplicemente di rimanere sola, tutto qui” “Non è un buon motivo per trattare male le persone comunque” “D’accordo, scusami ancora” era ovvio che non avrebbe mai accettato, avrebbe solo fatto una pessima figura ad insistere “Aspetta, non andare via, non sei venuta solo per dirmi questo giusto?”doveva cogliere l’occasione “No, infatti, volevo chiederti, con chi ci vai al ballo?” “Con nessuno per ora…” “Verresti con me?” l’aveva fatto, l’aveva invitato, ora c’era solo da sperare che non fosse uno di quei tipi vendicativi o rancorosi “Non so se sia una buona idea…” forse lo era “Però dopotutto…” magari non troppo “Va bene, senti, diciamo che è un modo per fare pace d’accordo?” “Perfetto, sono contenta che tu abbia accettato, ci vediamo venerdì allora” “Okkei a venerdì”

In un certo senso era felice che lui avesse accettato il suo invito e per questo si sentiva in colpa nei confronti di Draco: come poteva essere felice ad andare al ballo con un altro? –Ma non sono felice, solo sollevata di aver già trovato qualcuno- si giustificò tra sé e sé e quell’affermazione smorzò i suoi sensi di colpa; doveva per forza essere così e non poteva essere altrimenti, perché lei amava Draco, ne era convinta, solo che a volte la lontananza la scoraggiava, ma doveva essere forte, aveva lottato troppo per lui e arrendersi per degli stupidi dettagli sarebbe stato da sciocchi, se non peggio.

Ora non c’era più niente da fare, doveva solo aspettare che arrivasse venerdì e non pensare troppo a quanto avrebbe voluto sentirsi stringere da lui mentre l’accompagnava in un lento o mentre le mostrava i passi di una danza più movimentata.

Decisamente doveva mettersi l’anima in pace e non c’era modo migliore per questo di divertirsi in compagnia, partì quindi alla ricerca del solito quartetto, risoluta a scovarli prima di cena.

 

La ricerca fu piuttosto vana. Harry, Ron, Ginny ed Hermione setacciarono ogni angolo del castello in cerca del fratello professore del rosso, ma non videro da nessuna parte i suoi inconfondibili fulvi e lunghi capelli raccolti in una coda, tanto meno il loro possessore.

Com’era possibile che un insegnante si allontanasse dalla scuola, fosse anche per le vacanze natalizie? C’era inequivocabilmente qualcosa che non quadrava e, a parte quello, non avendolo trovato, ora non sapevano di nuovo cosa fare.

“Potremmo scrivergli una lettera” propose dubbiosamente il moro “Certo, e se per caso si trovasse in un luogo dove sarebbe meglio non ricevere missive compromettenti? Se lo mettessimo in pericolo? O, semplicemente, se non rispondesse? Saremmo al punto da capo, probabilmente anche peggio, e dovremmo comunque aspettare l’inizio delle lezioni” si oppose saggiamente Hermione con il tono saccente che ormai avevano imparato a conoscere dal loro primo anno ad Hogwarts “Dubito che una lettera sia cosi pericolosa” s’intromise Ron “Ah si? Allora perché da quando Voldemort è risorto Silente ci ha impedito di comunicare notizie pregiudizievoli anche se ci scriviamo tra di noi” questa volta era stata Ginny ad intervenire, in quel gruppo erano decisamente le ragazze a detenere il primato di razionalità.

Ammutoliti i due si misero a riflettere per trovare un’altra soluzione

“Non so a cosa potrebbe servire, ma potremmo domandare alla Mc Granitt dove è andato, dopotutto io sono il fratello, sono affari di famiglia in un certo senso” “Sarebbe un tentativo, male che vada chiederemo di Silente” “Mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro su questo punto ‘mione” la ammonì Harry “Oh, d’accordo…” disse delusa “Ci ho provato” “Forse però non è il caso di andare tutti insieme, sarebbe un po’ equivoco se anche voi voleste sapere il motivo dell’assenza di mio fratello, darebbe l’impressione che stiamo di nuovo ficcando il naso in affari che non ci competono” la logica del ragazzo stupì un po’ tutti, aveva perfettamente ragione ed era strano da parte sua. Nessuno ebbe niente da obbiettare, cinque minuti dopo lui e la sorella stavano bussando all’ufficio della professoressa di trasfigurazione, entrambi un po’ inquieti. Dopo tutto erano lì con l’intenzione di mentirle e non era semplice mantenere calma e sangue freddo davanti alla McGranitt.

-In fondo però cos’ho da temere? Non è proprio del tutto falso che voglio solo sapere dove si trova adesso Bill, è legittimo sono suo…-

“Che c’è Ron? Hai una faccia insolita, non funzionerà mai se ti stampi in fronte la scritta ‘colpevole’” lo rimproverò la sorella mentre attendevano.

Sembrava che la stanza fosse vuota: da dentro non provenivano rumori ed era da un po’ ormai che i due avevano bussato, lui, arreso, stava già per fare retro front, quanto sentì Ginny di nuovo battere alla porta, stavolta con più insistenza e con molta più forza, finché non sentirono l’inconfondibile rumore della sedia che veniva strascicata per alzarsi e delle scarpe sobrie dell’insegnante.

La ragazza allontanò il suo pugno dal legno appena prima che l’uscio si aprisse.

Nonostante la sorpresa la Mc Granitt si ricompose subito e l’invitò ad entrare.

“Prendete un biscottino allo zenzero” cercò di essere gentile mentre porgeva l’oro un grosso barattolo dalla trama scozzese che regnava sovrana nell’arredamento della donna.

Nessuno dei due ne aveva veramente voglia, ma rifiutare era scortese e poi dovevano essere cauti: la maleducazione non era la chiave per arrivare a qualcosa che nemmeno loro fratello aveva svelato loro.

Stavano ancora sbocconcellando i dolci quando lei riprese a parlare da dietro la sua scrivania, accomodata su di una rigida e imponente sedia di legno di ciliegio.

“Immagino il motivo per cui siete qui…William Weasley” per poco Ron non s’ingozzò con un boccone appena ingerito, invece la ragazza non fece una mossa e, con una calma naturale e disinvolta, si rivolse alla professoressa

“Infatti, come mai si è allontanato dal castello? Soprattutto, perché non ci ha detto niente? Lo cercavamo giusto oggi per chiedergli se avrebbe cenato con noi a Natale” il rosso era stupito, non avrebbe mai immaginato che fosse tanto brava a mentire e specialmente a farlo così in fretta.

“Be’, posso dirvi che è stato per compiti riguardanti Hogwarts” “Che genere?” tentò allora lei “Oh, temo di non potervi rivelare di più” “Ma è nostro fratello” disse con finto tono indignato, Ron era sempre più ammirato “Mi spiace, ma quando si tratta dell’ordine non ci si può pronunciare al riguardo” “Allora non centra niente la scuola” “Sì e no, comunque vi ho già rivelato troppe cose, non dovremmo nemmeno parlare di questo a scuola” “Ma noi…vorremmo solo sapere se…” “Se temete per la sua incolumità potete stare tranquilli, è in viaggio con il preside e, lo ripeto, sapete già troppe cose che non dovreste nemmeno immaginare, perciò ora andate” la voce della Mc Granitt non aveva un tono irritato o altro, ma nella sua voce si poteva distinguere una nota conclusiva, che li spinse a non fare altre domande.

Ringraziandola uscirono dal suo ufficio e raggiunsero gli altri due che li aspettavano ansiosi un corridoio più sotto.

“Allora?” “E’ partito, con Silente, per l’ordine” la notizia allarmò i due “E se fossero andati a cercarlo? Se fossero tornati là per Sirius?” “Dovrebbero sapere in cosa consiste il velo dietro il quale è scomparso per sapere come liberarlo” ribatté Hermione alle parole di Harry “Bè, vuoi dire che escludi che Silente lo sappia?” “Se lo sa allora perché non te ne ha mai parlato? Perché non hanno ancora fatto nulla? E’ anche per questo che sospetto che tutta la faccenda sia una trappola” “Ma dobbiamo fare qualcosa, se tornasse e fosse davvero lui? Non abbiamo ancora in mano niente” “Aspetteremo che compaia di nuovo e cercheremo di capire in qualche modo se è veramente lui” “Ma non c’è tempo, se non è morto là, dove si trova ora, quello è il suo destino, più attendiamo, più diminuisce la possibilità che ritorni” il moro era disperato, credeva di avere perso per sempre l’unica sorta di genitore che avesse e ora che si era riaperto uno spiraglio di luce aveva le mani legate, non lo poteva accettare.

“Ascolta, tu stesso l’hai ammesso, quando si tratta di lui non capisci più niente, è pericoloso” “Stavolta è diverso: uno l’ha visto anche Ginny ed è sicura quanto me che sia lui, secondo, se centrasse Voldemort abbiamo visto quanto sarebbe stato semplice avvicinarmi, sarei già morto, terzo, di certo non ha bisogno di noi per recuperare qualche stupido ingrediente, non lo farebbe nemmeno per prendersi gioco di me, non è il suo stile , quarto, come ho già detto, non intendo farmi scappare la possibilità di riaverlo accanto ora che mi si è inaspettatamente presentata, io lo aiuterò, sta a voi decidere cosa vorrete fare, non vi obbligo a seguirmi, capisco come te che bisogna andarci cauti come mai abbiamo fatto, ma non posso accettare di rimanere indifferente ad una sua richiesta d’aiuto” “D’accordo, non ti lascerò solo, stanne certo” non aveva altra scelta, non poteva abbandonarlo e poi nel suo cuore anche lei nutriva la speranza che quello fosse il vero Sirius e le dava una certa sensazione di sollievo accoglierlo come vero.

Lo sguardo del moro si spostò verso i due fratelli

“Ti aiuteremo anche noi, ovviamente” disse Ron mentre Ginny annuiva “Spero solo di non farvi correre altri pericoli” ora che tutti avevano accettato sentiva la responsabilità su di sé, se fosse accaduto loro qualcosa, in fondo, sarebbe stata esclusivamente colpa sua. “Non importa, non hai costretto nessuno, noi ti abbiamo voluto seguire e poi anche noi desideriamo aiutarlo quanto te, solo che a volte i dubbi sono più forti dei desideri, o meglio, la paura è più forte della speranza, ma insieme, lo sappiamo, possiamo affrontare tutto e lo faremo” le parole di Hermione lo rassicurarono, ora poteva di nuovo sentire pienamente la felicità, come quella volta, al terzo anno, quando era convinto che sarebbe andato a vivere col suo padrino; strinse forte a sé Ginny, avere accanto anche lei lo faceva sentire più forte, sapeva, che qualunque cosa avesse fatto avrebbe potuto contare sul suo sostegno, sul suo conforto, ma soprattutto sapeva che qualunque cosa fosse successa, se non fosse riuscito ad aiutare Sirius, avrebbe sempre avuto il suo amore.

Lei ricambiò e lo baciò teneramente su di una guancia, ma non lo lasciò finché lui non fu pronto a farlo.

“Allora andiamo, dobbiamo scoprire dove si può trovare il corno di un Erumpment” “Senti Harry, quell’ingrediente si può trovare solo nella dispensa di Piton” affermò Hermione “Che facciamo allora?” “Io so cosa si può fare” questa volta fu la sorella del rosso ad intervenire “L’ho appena letto su di un libro che mi ha prestato Colin, quell’ingrediente può essere sostituito, in pozioni con più di cinque elementi, con estratto di mandragola e crine di unicorno” “Allora siamo a cavallo, li troveremo nella dispensa scolastica” “Infatti Ron, tu e lui” disse indicando il moro “Andrete lì a recuperare le sostanze che ho annotato qua” ordinò mentre porgeva loro una piccola pergamena dove aveva appuntato il necessario “Mentre io e Ginny cercheremo di recuperare quello che serve dalla serra, non dovrebbe essere molto complicato, ci vediamo qui tra un’ora okkei?” “Perfetto” esclamò il rosso prima che le due coppie si dividessero.

 

Finalmente li vide, seduti al tavolo del grifondoro, non avevano ancora cominciato a mangiare, i due ragazzi le davano le spalle, mentre poteva nettamente distinguere il volto delle due femmine.

Avevano un’espressione stanca e, a mano a mano che si avvicinava, vedeva che avevano tante piccole ferite sulle gote, sul collo, sulle mani e persino sulla fronte.

Cosa era successo? Si sarebbe quasi aspettata di trovare Harry e Ron nelle stesse condizioni, invece erano sereni, riposati e soprattutto illesi.

Prese posto tra Seamus e Ginny

“Cos’è capitato?” fu lei a rispondere “Avevo dimenticato un libro di testo nella serra e lei mi ha accompagnato a riprenderlo” “E quindi?” “Diciamo che non ci aspettavamo che come antifurto la Sprite avrebbe messo degli avocadi urticanti, siamo state sommerse dai loro piccoli tentacoli” “Mi spiace” disse sinceramente, ma quando vide che le due non risposero tacque e iniziò a mangiare il pollo comparsale nel piatto.

La cena continuò silenziosa, Dafne non sapeva che dire e gli altri quattro non erano dell’umore giusto per chiacchierare, avrebbero semplicemente voluto discutere riguardo a Sirius, oppure fare congetture sul viaggio di Silente e Bill, ma con lei lì e per giunta in mezzo ad altre centinaia di studenti non era esattamente il caso.

Probabilmente anche quella sera avrebbero dovuto aspettare che lei si ritirasse e parlarne fino a tardi. Infondo però cosa c’era ancora da decidere? Nulla, lo sapevano, tutto consisteva solo nell’attendere che il padrino di Harry si fosse fatto di nuovo vivo, ma era proprio quello il difficile, la pazienza non era il loro forte ed erano stanchi, non potevano continuare a passare notti insonni o a dormire poche ore e non c’era più niente di cui non avessero parlato fino allo sfinimento. C’era come un tacito accordo tra loro: bisognava aspettare, avevano ormai fatto tutto il possibile.

I giorni seguenti furono i più lenti e apatici che trascorsero mai i cinque: stare tra loro li turbava, li faceva solo pensare a tutta quella vicenda e non potendone parlare dovevano reprimere i loro dubbi e le loro riflessioni che così continuavano a tormentarli senza tregua, la solitudine poi era ancora peggiore perché li metteva a nudo davanti alle loro paure.

Ginny ed Harry poi trovavano molte difficoltà nello stare insieme, poiché lei, ancora ferita, era inavvicinabile e nemmeno gli sporadici incontri con Draco mettevano più in pace Dafne che ogni giorno di più sentiva le fitte della gelosia al pensiero di quel venerdì, quando lo avrebbe visto per un’intera serata nelle braccia di una ragazza della sua casa, Pansie Parkinson.

L’attesa era snervante, per tutti, e più il tempo passava più il nervosismo cresceva.

Tanto che quando Ron finalmente trovò il coraggio di invitare l’amica al ballo la sua richiesta somigliava più a un grugnito un po’ troppo perpetrato. Nonostante tutto la ragazza, senza accompagnatore e felice che il rosso si fosse finalmente accorto che anche lei era una donna accettò senza riserve e quella novità le permise finalmente di avere un’isola felice in tutte quelle preoccupazioni che spesso la tenevano sveglia la notte.

Ora poteva addormentarsi pensando alla sera del ballo, quando sarebbe scesa da quelle scale, tutta agghindata a braccetto del suo migliore amico…

 

“La porterai al ballo?” “Dì un po’ Blasie, mi hai preso per uno sprovveduto? Certo che no, ci vedremo dopo” “Se hai scelto di stare con lei significa che la ami davvero” “Già…e in un certo senso è tutto grazie a te” “E io cosa centro scusa?” “Non ho mai provato sentimenti reali per qualcuno, non ho mai ragionato con la mia testa e non ho mai pensato a quanto le conseguenze delle mie azioni potessero riguardare altri oltre che me, questo fino che tu, non mi hai aiutato” il biondino lo guardò, poteva quasi distinguere la gratitudine nei suoi occhi “In fondo non ho fatto tanto, i miei interventi non sarebbero serviti a molto se tu non avessi voluto ascoltarli, la verità è che tu eri stanco della tirannia di tuo padre e pur di abolirla hai ceduto” “Non è vero, mi hai fatto vedere le cose come stavano e io non volevo accettare, non volevo, finché non ho visto la verità, le tue parole, mi faceva male sentirle, non potevo rinnegare quello in cui avevo creduto da una vita, pensavo che mi avrebbe distrutto, che mi avrebbe annullato dentro, non capivo che solo quello che stavo per fare poteva cancellare quello che ero” “Ma alla fine ce l’hai fatta” “Solo perché…” “Sono dettagli è il fine che conta, non i mezzi utilizzati per raggiungerlo” “Non è quello che pensi davvero” “No infatti, non centra nemmeno con quello che stavi per dire, è solo che non voglio sentirlo, non voglio stupidi ringraziamenti o frasi strappalacrime, è successo quello che è successo, fortunatamente è finito tutto bene” a questa affermazione Draco ebbe una reazione compulsava, insolita, la sua mano scattò è andò a soffermarsi sull’avambraccio sinistro, stringendolo forte, quasi come se improvvisamente gli fosse scoppiato in quel punto un dolore lancinante…

Anche per lui le vacanze quell’anno non stavano andando particolarmente bene, di amici non ne aveva molti, quasi nessuno per l’esattezza ora che non trovava più interessante la compagnia di due leccapiedi come Tiger e Goyle e, sebbene avesse capito che in Blasie poteva trovare un confidente fidato, era ancora difficile per lui aprire il suo cuore a qualcuno, così di nuovo doveva tenersi per sé i suoi dubbi ed i suoi rancori, come Dafne anche lui infatti veniva attanagliato dalla gelosia ogni volta che pensava a lei che ballava stretta ad un corpulento grifondoro del settimo anno e quando non era questo a preoccuparlo i suoi pensieri andavano a suo padre: era solo perché ormai lui era costretto ad una vita di fuggitivo che aveva ancora una casa…

Quella chiacchierata con l’amico l’aveva di nuovo portato a riflettere sulla sua situazione, l’aveva portato di nuovo a pensare a quella notte, quando stava per fare il più grande errore della sua vita, quando stava per trasformarsi in quello che Lucius gli aveva sempre fatto credere di essere destinato a diventare…

Dietro di lui il nulla, solo il piccolo e sgangherato cancello di quel tetro cimitero, davanti a lui l’inevitabile, o almeno quello che lui credeva tale.

All’improvviso ogni singolo muscolo del suo corpo s’irrigidì, come congelato, sentiva che non sarebbe nemmeno riuscito ad aprire bocca per parlare, se solo avesse voluto, ma non lo desiderava.

Voleva solo rimanere lì, in bilico. Sapeva di essere di fronte ad un bivio, sapeva che se si fosse mosso, se avesse scelto, in ogni caso, non sarebbe più potuto tornare indietro. Cosa doveva fare? Era complicato da decidere, non sapeva cosa voleva fare del suo futuro, ma sapeva benissimo cosa vedeva in lui suo padre e sapeva ancora meglio cosa avrebbe rischiato a contraddirlo, nonostante tutto non riusciva a decidersi.

Non sentiva più la voce e i discorsi deliranti dell’amico, ma il loro significato più profondo era rimasto in lui come un’incisione impressa per sempre nella dura pietra di una grotta: puoi cambiare, è tutto effimero quello che lui ti ha promesso, torna indietro e vedrai come sono le cose realmente.

Bramava davvero conoscere la verità? Preferiva guardare in faccia il concreto, scoprire sofferenza e dolore o piuttosto abbandonare un universo nel quale era sempre stato protetto dal mondo reale, dove avrebbe conosciuto solo gloria e potenza.

Strane parole, erano poi davvero quelle a portare la felicità? O meglio ancora, voleva davvero la felicità? Nella sua mente regnavano il caos e l’indecisione e, ancora peggio la paura delle conseguenze, per qualsiasi delle due cose che avrebbe fatto.

Basta, era stanco di stare lì, immobile, spaurito come un pulcino abbandonato dalla chioccia, con lo sguardo perso nel vuoto ad osservare l’oscurità che lo circondava, non sarebbe stato un vigliacco, avrebbe preso coraggio e avrebbe continuato, non era di certo da lui esitare e non voleva cominciare in quel momento.

Finalmente le sue membra dettero segno di vita e, passo dopo passo, raggiunse il luogo prestabilito.

Era una piccola radura, nel mezzo di quel cimitero disseminato di grandi querce, al centro c’era una lapide che sembrava spiccare più di tutte, che sembrava quasi risplendere alla luce della luna.

Sulla facciata una sola incisione TOM RIDDLE.

Con un sibilo di vento e due piccoli schiocchi due persone apparvero accanto a quella. Lo sguardo di Draco si soffermò solo sugli occhi rossi ed assetti di sangue di un uomo alto, pallido e dal viso serpentino che a sua volta lo fissava con un ghigno soddisfatto sulla faccia, non aveva bisogno di voltarsi a guardarlo per sapere che accanto a lui c’era suo padre.

Non c’era bisogno di parlare, non servivano lunghe cerimonie con prolissi discorsi d’apertura e di chiusura, tutti sapevano cosa c’era da fare e sprecare il tempo con quattro chiacchiere inutili non era intenzione di nessuno.

Lui, mascherando la sua apprensione dietro l’abituale schermata d’indifferenza porse al signore Oscuro l’avambraccio sinistro, ma, prima che quello cominciasse a imprimergli il marchio indelebile dei suoi futuri peccati, lo sguardo del ragazzo si spostò, senza che lui lo volesse, verso il padre.

Fu allora che lo vide, nei suoi occhi, quello strano compiacimento, quella strana nostalgia, Lucius non lo vedeva affatto, non vedeva suo figlio davanti a lui, vedeva solo un piccolo se stesso che come lui, tanti anni fa, giurava fedeltà ad un padrone crudele e tirannico, come lo era stato lui stesso per Draco, in quei lunghi e cupi sedici anni di vita, ma ancora una volta non seppe ribellarsi al controllo che aveva su di lui…

 

Era la vigilia del grande ballo e si respirava veramente aria di festa in tutto il castello, di nuovo le armature erano state stregate per cantare gli innumerevoli inni natalizi, che stavolta si erano premurati di insegnare loro, nella sala grande i numerosi abeti portavano varie decorazioni differenti, tra cui stormi di fate e di festoni che cambiavano colore a seconda dell’umore o dell’età della persona che passava loro accanto, era favoloso notarne l’effetto quando erano circondati da miriadi di persone diverse, le decorazioni prendevano sfumature di mille colori e per lo sforzo diventavano iridescenti.

In questa atmosfera persino gli umori di Draco e degli altri cinque ragazzi ebbero un netto miglioramento e poi, con il fatto che nessuno studente o quasi fosse partito per le vacanze non dava a nessuno la possibilità di rimanere in solitudine: in ogni dove si trovavano ragazzi intenti a giocare a scacchi magici, a sparaschiocco, a lanciare i petardi freddi del dottor Filibuster e ad ingaggiare furenti battaglie di neve, infradiciandosi fino al midollo, dovendo così tornare al proprio dormitorio con l’urgenza di farsi una bella, rilassante e ricostituente doccia bollente.

Fu così che, approfittando dell’assenza di Dafne che, con tutta sicurezza era andata a far visita al ragazzo misterioso, anche ad Harry, Ron, Hermione e Ginny venne voglia di fare una bella passeggiata fino alla capanna di Hagrid, divenendo così a turno l’involontario bersaglio di qualche lanciatore di palle di neve dalla mira non troppo perfetta.

Arrivati alla costruzione bussarono con insistenza, ma nessuno venne ad aprire, sentirono solo i latrati di Thor in lontananza e, preoccupati, fecero il giro della casa per vedere se ci fosse qualcuno nell’orto.

Speravano di fargli una visita e quattro chiacchiere spensierate, non di scoprire che anche lui era partito per la misteriosa spedizione, così percorsero il tragitto con un po’ d’ansia.

Fortunatamente era lì, intento a piantare attorno alle zucche qualcosa che assomigliava tremendamente a delle mandragole con un vaporoso paraorecchi marrone leggermente nascosto dal suo groviglio di ricci e crespi capelli neri.

Appena si voltò e li vide se lo levò e andò a salutarli.

“Salve ragazzi, è un sacco che non ci s vede, come vi va? Vedo con piacere che voi due finalmente siete tornate alla normalità” disse rivolgendosi alle ragazze “Già, alla fine siamo andate da madama Chips che con una delle sue pozioni chi ha fatto sparire le cicatrici in un lampo, mi chiedo perché non siamo andate subito in infermeria” rispose Ginny “Bè, l’importante è che ora siete apposto, ma non stiamo qui a prendere freddo, vi offro un te, su entrate” li invitò aprendo la porta che dava sul retro “Va bene, ma dimmi Hagrid, come mai hai piantato delle mandragole nel tuo orto?” indagò Hermione incuriosita “Oh, quelle, niente di speciale, solo che delle stupide talpe lo stavano invadendo e quelle piante sono il modo migliore per mandarle via, noi non le sentiamo, ma le loro urla continuano sotto terra e spaventano tutti gli esseri che si avvicinano con intenzioni maligne” “Talpe?” chiese lei sbalordita “Sì perché? Non esistono nel mondo babbano?” “Si, solo che non credevo che i maghi…bè si, effettivamente non dovrei stupirmi” aggiunse mentre si accomodava nell’enorme poltrona del guardiacaccia che le porse subito un enorme tazza con del liquido bollente.

Il pomeriggio trascorse così, tra una chiacchiera e l’altra, tranquillamente, fino a che ad Harry non venne in mente di chiedere del viaggio di Silente e Bill.

“Vi state di nuovo impicciando in storie che non vi riguardano ragazzi” “Ma non abbiamo detto di voler andare con loro, vogliamo solo sapere dove sono finiti” controbatté il moro “Non importa cosa volete o non volete fare, sono affari in cui non dovete ficcare il naso” “Ma io ho il diritto di sapere, se centra con Voldemort” “Può darsi, ma non è mio compito rivelartelo, spetta al preside” “Ma è la mia vita e poi io devo sapere, c’è in ballo anche S…” “Basta, è ora che tornate al castello, sta per farsi sera e non voglio che attraversate il parco al buio” in quattro e quattro otto li spinse fuori senza troppi complimenti e sbatté loro la porta in faccia

“Dovevi proprio farlo arrabbiare?” disse Ron rabbrividendo, dal momento che dovendo uscire in gran fretta non aveva fatto in tempo ad indossare il cappotto e la sciarpa “Ma avevo veramente il diritto di sapere e poi volevo dirgli di Sirius, ma non mi ha fatto continuare” “E’ vero, che stupidi siamo stati, avremmo potuto parlarne con lui” esclamò Hermione “No, non credo, l’avrebbe detto a Silente, io ho pensato di farlo adesso solo perché abbiamo già tutti gli ingredienti e lui è via, altrimenti non mi sarebbe mai saltato in mente, avrebbe potuto rovinare tutto e in ogni caso non ci sono riuscito come vedi” “E’ vero, non importa, ormai abbiamo deciso” disse incamminandosi. Gli altri tre la seguirono a ruota.

Il giardino a quell’ora era deserto poiché il freddo ormai era irresistibile anche per chi era di tempra più forte e poi si stava avvicinando l’ora di cena. Sembrava che il giardino non dovesse finire più, era talmente forte e sferzante il vento a quell’ora che li rallentava e quando erano quasi convinti di essere arrivati si accorsero d’essere solo a metà strada.

Fu allora che davanti a loro apparve Sirius, ancora più pallido ed emaciato che neanche l’ultima volta che l’avevano visto ad Hogsmeade “Salve ragazzi, ho scelto un momento in cui eravate tutti insieme per venire a prendere gli ingredienti, ho pensato che fosse il modo migliore perché Hermione smettesse di sospettare” “Come fai a saperlo?” “Vi spiegherò quando ce la farò a tornare del tutto, oggi penso che riuscirò a rimanere solo un poco di più, ma non a sufficienza per tutte le spiegazioni necessarie” “D’accordo” alla vista dell’amico malaticcio anche il sospetto della ragazza scomparve.

“Avete le cose con voi?” “Ovviamente, le stiamo portando dietro da giorni ormai” Harry estrasse da una tasca del pastrano una piccola sacca di stoffa dove c’era tutto il necessario “Ascolta, il corno d’Erumpment non c’era, ma abbiamo letto che si poteva sostituire con mandragola e crini d’unicorno, trovi tutto lì dentro” il viso del padrino del moro s’illuminò di gratitudine, tutti i dubbi che avevano nutrito i ragazzi scomparvero di fronte all’espressione dell’uomo, per fare posto al desiderio che tornasse prima che poteva.

“Bene ragazzi, ora ascoltate, trasferire oggetti dall’universo dove sono io ora al vostro non crea problemi, come avete visto, ma portare qualcosa da qui a là crea una specie di campo magnetico che una volta chiuso creerà un’esplosione, che aumenterà di potenza con l’aumento del materiale trasportato, ora, non conosco giusto la portata della scarica che causerà questa borsa, ma appena scomparirò allontanatevi in tutta fretta, non rischiate d’accordo?” “Certo” assentirono i quattro all’unisono, non avevano certo intenzione di morire per evitare una corsetta.

“Ma tu quando tornerai?” “non lo so Harry, è una pozione molto complessa, non richiede tempi lunghi, ma devo affrontarla con molta attenzione e calma e non so in quanto tempo avrà effetto, potrebbero volerci mesi, come invece potrei tornare in poco meno di in secondo “In cosa consiste?” “E’ complicato da spiegare, sarà una delle prime cose che vi dirò, insieme al motivo per il quale ti ho chiesto di non dire niente a Silente, posso solo assicurarti che non ti ho fatto rischiare niente, te lo giuro, tengo di più alla tua vita che alla mia” “Lo so, non ho dubb…” s’interruppe, Sirius era sparito, non era stata una cosa lenta e graduale come l’ultima volta, era scomparso, senza nemmeno un rumore…qualcosa si accese nella sua testa, doveva scappare, correre al più lontano possibile da lì, non poteva morire, doveva sopravvivere ed essere lì, per quando lui sarebbe tornato.

Così si voltò e cominciò una rapida fuga, altrettanto fecero Ginny e Ron, che gli stavano accanto, ma Hermione non aveva i loro stessi riflessi, forse per questo non amava lo sport, fatto sta che era rimasta indietro e di molto anche.

Si voltò, appena in tempo per vedere che, nel punto dove poco fa c’era il suo padrino ora galleggiava a mezz’aria una piccola sfera rossa, luminosa che scoppiò, in un gran botto, facendo tremare la terra sotto i suoi piedi.

Piccole scintille aranciate raggiunsero il suo volto, scottandolo, come anche ai due fratelli, ma l’amica non si era allontanata sufficientemente e una scarica la colpì nella schiena, sbalzandola avanti di una ventina di metri, svenuta, o forse peggio, non poteva vedere se respirava da lì, il volto poi era nascosto dai folti ricci disordinati.

Accanto a lui Ron si bloccò, la fissò ed improvvisamente un urlo di dolore e spavento giunse dal suo stomaco, tramutandosi però in un sibilo disperato “…Hermione…no…”

 

Risposte ai commenti:

 

 

Seyenne: sono contenta che tu abbia apprezzato la mia storia e anche il mio modo di scrivere, spero di non deluderti andando avanti…Non capisci molto bene la storia di Dafne? In un certo senso ne sono contenta, è quello che volevo ottenere, creare un po’ di mistero su di lei…si scoprirà tutto più avanti…forse…skerzo ;-)!

Do più spazio a lei e Draco perché come vedi nella trama la mia storia verte un po’ su questi due personaggi e poi trovo più difficile scrivere di Harry e Ginny senza fare apparire il loro rapporto monotono e scontato(se è così dimmelo).

Ho apprezzato molto la sincerità quando ho letto la tua impressione sul personaggio di Silente, ma il suo comportamento è diverso ed insolito per un motivo preciso e speravo che si capisse, questo è un piccolo indizio, ora io cercherò di essere più chiara scrivendo, effettivamente è un po’ ambiguo.

Grazie mille per il 10 e per il fantastica, come ho già detto spero che apprezzerai anche il seguito, fammi sapere cosa ne pensi di questo chap se puoi….un bacioz Summer9!

 

Angel Ridde: mi fa piacere che tu li abbia letti tutti d’un fiato questi 4 chap e che ti sia piaciuta la mia idea e spero davvero che continuerai a leggere ed a commentarla, come quelle di Kiak e Seienne la tua recensione mi ha incoraggiato molto ad andare avanti a scrivere…un mega bacioz Summer9

 

Kiak: ti sconvolgono tanto le mie idee? Spero che ti piacciano anke ( ;-) )…un’altra innamorata di Draco…vedi di non maledire Dafne, non deve morire per cause sconosciute, ho bisogno di lei per la storia…no, non ho rubato appunti alla Rowilng, magari, almeno a quest’ora saprei realmente che fine ha fatto Sirius, mi piace troppo come personaggio per vederlo morire così…Perché non devono avvisare Silente? Se te lo dicessi ti svelerei una parte della storia che comunque spiegherò nei prossimi cap…ti posso solo dire che no, Dafne non ci pensa più alla testa di Sirius nel camino, nei suoi pensieri c’è solo Draco…più o meno…lui è cambiato realmente? O è sempre stato così? O è tutta una finzione? Chi lo sa…io ovviamente, ma se te lo svelassi sarebbe come se la Rowling ci dicesse cosa succederà nel settimo libro…Spero comunque che continuerai a leggere e a recensire, grazie 1000 anche a te x il tuo sostegno, bacioz Summer9

 

Un’ultima cosa, come avrete notato recensirò più o meno una volta alla settimana, commentate e grazie ancora saluti Summer9

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Quando succede quello che non dovrebbe ***


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Ecco il nuovo capitolo, è un po’ diverso dagli altri, il ritmo è molto più lento, ma mi è piaciuto molto scriverlo, spero che anche voi lo apprezzerete, buona lettura…Summer9

Capitolo 6°: quando succede quello che non dovrebbe…

 

Tutti e tre erano immobilizzati dalla paura, se non dal terrore, avrebbero voluto andare a soccorrere l’amica, ma non riuscivano a muovere un muscolo, troppo era il timore che una volta giunti là e voltatala avrebbero scoperto che era…non ci potevano nemmeno pensare.

Ma in fondo faticavano a credere che fosse sopravvissuta, come poteva? La forza dell’urto era stata talmente grande da scatenare un piccolo terremoto, aveva fatto un balzo di più di dieci metri, colpita alla schiena e, cosa peggiore, non aveva emesso un solo suono, non un urlo di terrore, non uno spasmo per esprimere il dolore, nulla…forse era morta sul colpo.

La fissavano attoniti, incapaci di credere a quello che fosse successo, impossibilitati al movimento, la fissavano e basta, squadravano il suo corpo, immobile, steso in quella posizione innaturale, con i folti capelli che le ricoprivano la faccia, il silenzio intorno era innaturale, lei, che mai era stata capace di tacere, nemmeno nei momenti più inopportuni ora era lì, immobile e tacita, come se non volesse mostrare la sua presenza in quel luogo. Tutto intorno a loro sembrava congelato, bloccato, come se il tempo si fosse fermato. Perché non arrivava nessuno? Perché nessuno si era accorto di quello che era successo? Dovevano fare qualcosa.

Lentamente, passo dopo passo, Ron riuscì a trovare nella disperazione la forza necessaria per avvicinarsi a lei, mai si era accorto quanto fosse importante per lui, mai avrebbe pensato che il mondo gli sarebbe crollato addosso senza di lei ed ora non poteva crederci, non poteva accettarlo, doveva di certo essere ancora viva, ma per saperlo doveva controllare.

A poco a poco le distanze tra i due si accorciarono, ogni volta riusciva ad andare un poco più veloce, fino a che non la raggiunse ora era lì davanti a lui, doveva solo chinarsi. Di nuovo la paura lo attanagliò, non sapeva se avesse davvero il coraggio di scoprire la verità sulla sorte della sua amica, dopotutto però, presto o tardi…forse prima l’avesse scoperto prima sarebbe riuscito a farsene una ragione in caso…no! Quella possibilità non la voleva nemmeno prendere in considerazione.

Lentamente, come se quel movimento gli costasse uno sforzo immane, si piegò sulle ginocchia, accanto a lei, non si muoveva, ora n’era certo, ma qualcosa gli diceva che non poteva essere…con delicatezza appoggiò una mano sulla sua chioma e, ancora più dolcemente le scostò qualche ciocca per scoprire il viso: aveva un’espressione così serena, sembrava semplicemente che stesse facendo un profondo, riposante e piacevole sonno, senza sogni.

Attento a non farlo brutalmente fece passare un braccio sotto di lei e, aiutandosi con l’altro la voltò, lentamente, ora era stesa a pancia in su, e niente in lei era più innaturale, Ron si sedette, appoggiò il busto di lei sulle sue gambe incrociate e l’abbracciò, silenziosamente, con rispetto e malinconia, la strinse a se, piano ma con fermezza. Il suo corpo era ancora caldo, le sue labbra ancora umide, le sue palpebre rilassate e, con sua sorpresa, respirava, a fatica, ogni sospiro era come un rantolo, ma respirava…

La appoggiò di nuovo a terra e si rialzò, raggiungendo i due amici “E’…è viva credo, ma dobbiamo chiamare qualcuno” la sua voce era seria, dura, non tradiva nemmeno una briciola della disperazione che in quel momento lo attanagliava, nel suo sguardo qualcosa era cambiato, ma era difficile definire cosa, era solo, più consapevole, questa era la parola che avrebbe usato Harry se avesse dovuto descrivere cosa vedeva in quel momento, ma non capiva come potesse essere così.

Questa notizia li calmò “D’accordo, noi resteremo qui con lei, vai a chiamare…non so, il primo professore che trovi, chiunque sia, persino Gazza, ma torna con qualcuno prima che puoi” senza nemmeno rispondere il rosso la adagiò di nuovo a terra, si rimise in piedi e cominciò a correre, più veloce che poteva, corse, corse, finché andò a sbattere contro… “Professor Piton, venga presto, Hermione” la sua espressione risoluta, il suo sguardo fisso, la totale assenza di ansia nel ragazzo però fecero innervosire il professore “Senti Weasley, se questo è un altro dei vostri stupidi trucchetti bada bene che Grifondoro perderà molto di più di qualche punt…” “CRISTO! Le pare che se fosse una burla o una cosa da niente sarei venuto da lei? Si muova, non c’è tempo da perdere” “Non osi rivolgersi a me in quel modo, trenta punti in meno…” ma non gli lasciò terminare la frase, le sue parole si persero nel vento, mentre Ron ricominciava la corsa contro il tempo.

I corridoi pullulavano di ragazzi, ma d’insegnanti nemmeno l’ombra, perché sono sempre tra i piedi sono quando vorresti che fossero altrove? Ormai era vicino all’infermeria, non aveva altra scelta, entrò, come un fulmine, scaraventando quasi a terra la povera infermiera “Madama Chips, la prego, non mi faccia domande o obiezioni, mi segua e basta o morirà!” “Chi morirà?” “Mi segua” disse e percorse la strada che aveva fatto al contrario, in compagnia della donna.

Quando arrivarono sul luogo videro i due ragazzi ancora più sconvolti di quando li aveva lasciati “Oh Ron, Ron, non respira più, è un po’ che Harry gli fa la respirazione bocca a bocca, ma non ricomincia a respirare” disse Ginny buttandoglisi al collo in lacrime.

“Fatti da parte ragazzo” intimò Madama Chips al moro che si scostò subito.

Lei scrutò Hermione con attenzione, la auscultò, le sentì il polso e le provò la pressione, con il sottofondo dei tre ragazzi che sbraitavano “Ma che fa? Un check-up gratuito? Non vede che non respira? Non ha bisogno di sapere se ha la pressione bassa, ma solo se sopravvivrà” lei non ripose, sapeva quando poteva essere traumatizzante rischiare di perdere un’amica, ma aveva tutto sotto controllo, alla fine disse

“Mi fa piacere quanto avete a cuore la vostra amica, ma ora potete calmarvi, non so cosa le sia successo, evidentemente qualcosa di grave se siete così preoccupati, ma il polso e la pressione sono regolari, non sentite il respiro perché è svenuta, ma con una pozione ricostituente si riabiliterà in un attimo, l’unica cosa che potrebbe crearle problemi è che ho riscontrato numerose ecchimosi sul corpo e uno strappo muscolare alla schiena, la cosa più grave che le può capitare è non riuscire a ballare domani”

Com’era possibile? Eppure l’avevano vista spiccare un salto terribile, non respirava e non capivano nemmeno come avesse potuto l’infermiera comprendere tutte quelle cose osservandola per soli cinque minuti.

Riuscirono ad accettare quella spiegazione solo quando videro l’amica, seduta su di un letto nell’infermeria mentre sfogliava un grosso librone intitolato: Universi paralleli, esistono? Se si, dove sono?

“Un’altra delle tue letture leggere?” esclamò il rosso sedendosi sul bordo del letto “Non scherzare Ron!” “Ma ti sembra il caso di affaticarti adesso?” “Sto bene, mi fa solo un po’ male la schiena” ribatté lei “E poi tra poco Madama Chips mi darà una pozione che ha effetto sui muscoli strappati come sulle ossa rotte, un’altra soporifera che mi farà dormire fino a domani e per il ballo sarò in perfetta forma, con solo qualche piccolo lividuccio” “Ma…forse è meglio che per domani non ti affatichi troppo” “Smettila di fare il genitore apprensivo, mi rimetterò e non ho intenzione di rinunciare alla festa” “Ma, non è da te” “Ah si? Non è da me? Bè, non m’interessa, non intendo passare il Natale in un ospedale, fine della discussione” lui non contestò più la sua decisione e rimase con i due amici a farle compagnia.

 

Il giorno seguente affermare che il castello era in festa era come usare un eufemismo, l’atmosfera d’allegria ed eccitazione era palpabile e densa nell’aria e si vociferava che persino la McGranitt per l’occasione avrebbe sciolto i lunghi capelli corvini, ma probabilmente era tutto frutto di qualche pettegolezzo infondato messo in giro da qualche studente burlone.

La giornata trascorse per tutti fin troppo lentamente, in ogni antro del castello si potevano scorgere ragazze con lo sguardo perso nel vuoto intente ad immaginarsi danzare con il proprio cavaliere la sera stessa e probabilmente intente ad immaginare il dopo-ballo con quest’ultimo…

I ragazzi invece non avevano l’aria da sognatori, ma erano evidentemente pervasi da una strana scarica d’adrenalina e provavano l’improvviso bisogno di sfogarsi e di calmarsi.

In questo clima il guardiano Argus Gazza era evidentemente preso da una potente crisi di nervi e si aggirava per la scuola scandendo brandelli di frasi incomprensibili su quanto avrebbe voluto che tutto fosse come ai vecchi tempi “Per i pollici…si si…catene di ferro…torture…no, non tutto infangato…non provare nemmeno ad entrare conciato così…” fu condotto in infermeria e sedato con una potente pozione soporifera, avrebbe dormito fino al giorno seguente e smesso così di terrorizzare gli studenti con la sua espressione da pazzoide psicologicamente nonché mentalmente instabile(che poi è la stessa cosa, lo so, ndS).

Ovviamente, sebbene il tempo abbia la facoltà di sembrare scorrere nettamente più lento quando stai aspettando che accada qualcosa di particolarmente piacevole, non si ferma mai veramente e presto arrivò l’ora fatidica.

Dopo cena tutte le ragazze si erano rinchiuse nei dormitori per prepararsi e adesso, ben due ore dopo, erano pronte per raggiungere i loro partner nelle sale comuni delle rispettive case, o direttamente nella sala grande, nel caso di coppie formate da ragazzi di case diverse.

Harry era uno dei pochi ragazzi rimasti ad attendere, persino Ron se n’era già dipartito con Hermione, appena dopo averlo avvertito “C’è una cosa che forse non sai di Ginny, diciamo che sa farsi aspettare…non so se mi capisci no?” e strizzando l’occhio era scomparso dietro il ritratto della signora grassa, al seguito della sua dama.

Nonostante tutto, appena la vide, non poté non pensare che n’era valsa la pena. Notò un movimento sulle scale e, come i pochi rimasti alzò lo sguardo per vedere se quella volta il fortunato era lui. Forse è un po’ scontato da dire, ma, a quella vista, gli si mozzò letteralmente il fiato. Ginny era fantastica, forse indescrivibile, ma mi cimenterò lo stesso nell’impresa.

Era una ragazza alta e snella, come Ron, Bill e Percy nella famiglia, ma decisamente madre natura non era stata avara con lei quando le donò quelle forme così prosperose, senza però conferirle nulla di volgare, potevi guardare in lei e trovare solo l’innocenza di una fanciulla, nascosta forse dalla grande personalità che aveva.

Quel giorno indossava un elegante abito verde acqua, perfettamente in tinta con i suoi grandi occhi chiari. L’abito, scollato sul davanti aveva uno stretto corpetto, non decorato, ma che si allacciava sul davanti con un nastro argenteo, allacciato all’estremità dello scollo a ‘v’. Le maniche a sbuffo le lasciavano scoperte le spalle, ma scendevano aderenti sulle braccia, infine la gonna, che arrivava a coprirle i piedi, non era rigonfia, ma fluente e setosa, con uno spacco fino al polpaccio che però lasciava tutto all’immaginazione.

L’abito sembrava decisamente in vecchio stile, probabilmente ereditato dalla mamma, ma il ragazzo non riuscì a non pensare che doveva sicuramente stare meglio a lei. I capelli, fiammeggianti e messi in risalto dal chiaro colore del tessuto, scendevano sulle spalle in eleganti boccoli, solo la frangia ricadeva dritta sull’ampia fronte.

Per completare il tutto indossava un girocollo d’argento ed orecchini dello stesso materiale , dei piccoli pendenti,a forma di mezza luna, probabilmente presi in prestito da un’amica, ma non per questo la svalorizzavano.

“Ciao Ginny” riuscì a sospirare il moro “Che ne dici se saltassimo del tutto il ballo e passassimo oltre, al momento della passeggiata nel parco?” scherzò poi “Non fare lo sciocco, siamo già in ritardo andiamo” “Certo, ma almeno prima la dama dovrebbe trovare il modo per ringraziare il cavaliere, diciamo per la compagnia…” sorridendo sorniona si avvicinò a lui e posò sulle sue labbra un fugace e casto bacio “E’ no, non sei per niente cortese sai?” continuò allora lo scherzo “Con un gesto così uno potrebbe pensare che vieni con me al ballo solo per interesse, sai, per uscire con il famoso Harry Potter…” la trasse a sé, prendendola per i fianchi e questa volta il bacio fu tutt’altro che casto, si presero dalla foga del gesto e la passione li travolse, le bocche si schiusero e le lingue si cercarono, le palpebre si abbassarono e tutto il mondo attorno a loro scomparve; non si preoccuparono più di quello che avrebbero detto gli altri vedendoli e si abbandonarono ai loro desideri.

Quando si separarono molti intorno a loro fischiarono e i due arrossirono, lei, come tutti i fratelli, in zona orecchie.

Compiaciuti nonostante tutto uscirono finalmente dalla sala comune.

Durante il tragitto non incontrarono quasi nessuno, solo qualche ritardatario come loro e, quando varcarono la soglia della sala grande, videro per primi Neville e la su dama, una graziosa ragazza di tassorosso, del loro anno, amica di Hannah Abbot: Marlene Toupet.

Li salutarono e cercarono i loro amici, tutti in pista, Dafne ed Adam e persino Ron ed Hermione, sebbene l’uno fosse totalmente negato e non avvezzo al ballo e l’altra fosse reduce di una caduta di dieci metri costatale parecchie contusioni.

Harry sorrise e fece per dirigersi vero il buffet “Cos’è” lo riprese allora lei “Ti fai ringraziare in anticipo e poi non balli, spiacente, ma non funziona così” in realtà avrebbe solo voluto bere un secondo prima di invitarla, ma non aveva intenzione di discutere quella sera, tutti avevano deciso che sarebbe stata una tregua dai problemi che avevano in quel momento e non voleva rovinarsi, litigando, la sua fuga dal mondo, così la seguì mentre lo conduceva in uno spazio liberò per danzare.

In quel momento il gruppo suonava una canzone tranquilla e dalle parole romantiche e notò che, sulla pista, c’erano quasi tutte coppie affermate o che avevano la probabile intenzione di farlo quella sera, ma, appena la rossa si strinse a lui per ballare quel lento, non gli importava più chi avessero intorno, le posò di nuovo le mani sui fianchi e chiudendo gli occhi abbassò la testa quel tanto da sfiorarle il collo con il viso.

Poteva sentire il suo profumo, dolce e pungente…quell’aroma lo invadeva, s’impossessava lentamente di lui e dei suoi sensi, intorpidiva la sua mente, inebriava i suoi pensieri…presto si trovò ad immaginare di essere in una stanza, loro due soli, con lei avvolta da un vestito che poco stavolta lasciava all’immaginazione e dall’alone di quel fatale profumo.

Stavano ballando, ma una canzone che potevano sentire solo loro, perché loro la creavano con le melodie flemmatiche dei loro desideri.

Una giravolta, un caschè…poco a poco l’incanto finì e si ritrovarono l’uno davanti all’altra.

Lui percorse la sua gota con l’indice, passando gentile anche sul contorno delle sue labbra rosate, sul suo mento, sul suo zigomo dai fini lineamenti.

Lei, con la stessa snervante lentezza scorreva i palmi delle sue mani sul petto nudo, poi sugli addominali scolpiti, infine sulla schiena liscia, tutto sarebbe potuto succedere ma…un rumore sordo lo interruppe dalle sue fantasticherie, forse prima che degenerassero; di nuovo si trovò a scrutare tra la folla di presenti, stavolta per capire cosa fosse successo e così vide, un ragazzo a terra, intento a massaggiarsi la mascella colpita, un altro in piedi, le cui nocche recavano evidenti segni di un colpo alla babbana e una ragazza tra i due, il cui sguardo, attonito, vagava saettante dall’uno all’altro, senza parlare… 

 

Draco percorreva la sala comune del grifondoro a grandi passi, avanti indietro, avanti indietro, con un ritmo incessante, frenetico e intanto pensava, rifletteva…

-Non posso, non posso andare, se la vedo io…ma non posso nemmeno starmene qui e saperla là a flirtare con lui…nooo, non lo farà, mi ama, non lo degnerà nemmeno di uno sguardo…mi ama?-

Tutti questi dubbi, queste congetture fluttuavano nella sua mente facendolo impazzire, mancava ormai poco meno di una mezzora alle nove e non sapeva decidere sul da farsi: sarebbe andato? E cosa avrebbe fatto? Sarebbe riuscito a rimanere impassibile vedendola stringersi ad un altro? Vedendola ridere alle sue battute, sorridere ai suoi complimenti mentre le si arrossavano le guance? Da un po’ di tempo la sua ormai collaudata maschera d’indifferenza aveva cominciato a fare cilecca, si sentiva forte, sicuro che niente in lui potesse mostrare a qualcuno le sue debolezze, le sue ansie, poi la vedeva, anche solo in lontananza, scherzare con gli amici, leggere un libro in biblioteca, raggiungere la sala grande e tutto scompariva, la sua sicurezza, il suo tono spavaldo ed il suo sguardo glaciale, tutto si scioglieva e non riusciva a riprenderlo, scivolava dalle sue mani come quando un bimbo cerca inutilmente di fermare l’acqua del rubinetto nelle sue piccole mani congiunte a mo’ di coppa.

Allora si rinchiudeva nel silenzio, non ascoltava più nessuno, non rispondeva più alle domande, non si prendeva più nemmeno gioco di mezzosangue o babbanofili vari, taceva nella speranza che nulla trasparisse dal suo volto, dai suoi gesti, ma era inevitabile, come l’acqua che dopo poco scorre via dalle mani del bambino, anche i suoi sentimenti presero a fluire da lui, in ogni momento, in ogni cosa che faceva, qualunque cosa pensasse, sempre più difficilmente riusciva a nasconderla agli altri.

Ma anche stando lì, rinchiuso in quelle quattro mura del dormitorio, la paura, che anche per un solo, piccolo momento, lei si potesse avvicinare troppo a quel ragazzo non lo avrebbe abbandonato mai, lo avrebbe tormentato ed estenuato, martellante nella sua testa come un grosso, insistente e prepotente tarlo.

No, sarebbe andato e, se solo avesse sentito che il suo autocontrollo stava per cedere si sarebbe allontanato, prima di non rispondere più delle sue azioni. Si, era decisamente la cosa migliore da fare, l’unica cosa da fare.

Risoluto si sedette su una delle poltrone per attendere la sua dama, Pansie Parkinson, che però fece subito la sua comparsa, agghindata in un abito rosa shocking che forse faceva risaltare eccessivamente i suoi scuri capelli raccolti in una lunga treccia fermata da un fermaglio a forma di serpente, anch’esso purtroppo, del colore del vestito.

Nel complesso non si poteva certo definire una brutta ragazza: alta, magra, capelli lisci e corvini in forte contrasto con la pelle bianca come il latte, ma quando la guardava non poteva fare a meno di pensare che in lei ci fosse qualcosa, non sapeva definire bene cosa, che la rendeva un po’ grossolana e sgraziata, forse, rifletté, era quella sua noiosa abitudine a spettegolare e sproloquiare in continuazione.

Le prese il braccetto e la condusse al ballo senza più darsi pena di pensare al suo aspetto fisico, non doveva stare insieme a lei, era solo una sostituta perché non poteva portare Dafne alla festa, purtroppo…

Appena entrarono nella sala un forte odore di vivande e la melodia di una canzone conosciuta li investirono in pieno viso. Non fece nemmeno in tempo a guardarsi un po’ intorno che, con una forza che poco si addiceva ad una signora, la ragazza lo trascinò tra la gente per prendere parte alle danze “Adoro questa canzone, l’ho ascoltata mille volte a radio strega Network quest’estate” disse lei mentre la faceva volteggiare sulle note della musica, con il solo scopo di avere una scusa per voltarsi ogni tanto e scovare lei, ma forse era troppo presto, perché ancora non la vide.

Trascorsero innumerevoli canzoni prima che la scorse salire sulla pista, accanto ai suoi amici Mezzosangue e lenticchia…qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto smetterla di chiamarli così…Potterino ancora non sì vedeva…doveva smetterla anche con lui…

Era talmente bella, appena posò gli occhi su di lei provò come un impulso di mandare al diavolo tutto il discorso della segretezza e di quanto fosse pericoloso che li vedessero insieme e di invitarla a ballare, tutta la serata, scaricando Pansie, ma non poteva…però poteva guardarla…anche questo era doloroso…

Chiuse gli occhi e immaginò di essere lì con lei, la poteva distinguere nei minimi particolari: la sua figura, bassa ma snella stagliarsi davanti a lui, aveva un abito color del cielo, dei suoi occhi, le maniche, che arrivavano poco sopra le spalle, avevano una scollatura babbana stile anni ‘50 (quella squadrata, che lascia le spalle un poco scoperte, circa a metà ndS), le maniche scendevano aderenti, allargandosi mano a mano che arrivavano ai polsi e la parte più ampia, in fondo, era bordata con una trama di fiorellini rosa, la gonna, che scendeva svasata al contrario del corpetto di seta aderente portava in fondo la stessa decorazione, che continuava fino al corto strascico.

In vita portava una cintura con la stessa trama floreale, allacciata al fianco sinistro con una spilla raffigurante una rosa argentea.

Al collo aveva un ciondolo, a forma di stella, appeso ad una corda trasparente, come orecchini dei piccoli brillanti, infine i capelli, lunghi quasi fino alla vita, non erano più mossi, ma perfettamente lisci e risplendevano di lucidi riflessi ramati…

Gli faceva male anche quella fantasticheria, ogni volta che apriva gli occhi, per evitare di inciampare nei piedi della ragazza quasi si aspettava di trovare Dafne davanti a sé ed ogni volta non riusciva a reprimere un moto di delusione; cercò di distrarsi, chiacchierando con Pansie, invitandola a bere della burrobirra o a prendere qualcosa dal tavolino e così, poco a poco, il tempo passava, sempre più velocemente, fino a che vide quella scena e allora tutto si fermò per lui, tutta la stanza sembrava congelata in quel fatidico momento, non fosse che, oltre che lui, tutti intorno continuavano a danzare e a divertirsi, come se niente fosse successo…

 

Dafne era parecchio nervosa quella sera, non voleva andare al ballo con un altro e soprattutto non voleva che Adam si facesse una strana idea, ma non poteva nemmeno stare tutta sera a misurare quello che diceva con il contagocce, onde evitare che lui fraintendesse le sue parole.

Le nove erano ormai passate da dieci minuti quando lui la raggiunse nella sala comune

-Finalmente è arrivato- pensò, era meglio sottrarsi il più velocemente possibile all’imbarazzo di entrare in una stanza già gremita di gente attirando l’attenzione di tutti e lo raggiunse, sorridente, prendendogli il braccio

“Ciao, vogliamo andare?” disse trascinandolo fuori attraverso il ritratto della signora grassa, insieme ad Hermione e Ron, Harry stava ancora aspettando Ginny “Ehi, quanta fretta, ti sta aspettando qualcuno?” “Cosa? No, che dici? Ho solo voglia di vedere come sono le feste qui ad Hogwarts, nelle mie vecchie scuole, a parte rare eccezioni, erano fantastiche e mi divertivo sempre un mondo e a giudicare dalla preparazione sembra che qui non siano da meno, perciò cosa aspettiamo?” lui non rispose, ma rise, di gusto, lo divertiva l’entusiasmo fanciullesco della ragazza e senza più lamentarsi la seguì.
Quando arrivarono la sala grande era ancora semi vuota ed il gruppo si stava preparando sul piccolo palco allestito per l’occasione, ebbero tutto il tempo per osservare bene la stanza addobbata: in ogni angolo vi era un albero che strabordava di decorazioni ed oggetti magici che già ho nominato in precedenza, i quattro tavoli, tutti addossati alle pareti, ospitavano ogni tipo di leccornia e bibita e come se non bastasse ognuno al centro esatto aveva la scultura in ghiaccio del proprio stemma, ovviamente incantato perché non si sciogliesse con il riscaldamento.

Nel tavolo del corvonero vi era un imponente corvo, dal becco adunco che guardava con occhio severo, le ali aperte, come se stesse per spiccare il volo; in quello di tassorosso un grosso tasso dall’aria docile che sedeva indisturbato su di una larga pietra; il tavolo di grifondoro mostrava invece un massiccio leone rampante dalle enormi fauci aperte, con espressione di sfida; infine su quello di serpeverde svettava un lungo cobra aizzato che mostrava alla folla le zanne puntute con sguardo glaciale, era notevolmente inquietante.

Dove prima vi era il tavolo degli insegnanti troneggiava ora la band che aveva iniziato a suonare la sua prima canzone e, dietro, un grande stendardo di velluto celeste con impresso lo stemma di Hogwarts nel bel mezzo di una grande ghirlanda smeraldina, forse un po’ chitch ma abbastanza gradevole.

Finalmente la sala si era riempita e ora stare sola con lui la metteva un po’ meno a disagio, perché, bè, effettivamente non erano soli, c’erano decine di persone intorno a loro e, più vicino di quanto avesse sperato, anche Ron ed Hermione e si tranquillizzò, tutto divenne più piacevole.

Adam era veramente un ragazzo simpatico ed un ballerino sublime e non le aveva più fatto pesare come l’aveva trattato quel giorno, all’inizio della scuola, doveva ricredersi su di lui, la stava distogliendo dai suoi pensieri…ma poi arrivò lui e non capì più niente, così affascinante nel suo abito verde scuro, così elegante e così vicino a quella strega della Parkinson, cominciò a pensare se forse non conosceva una maledizione adatta per quella…

“Ehi, non dimenticarti che sei al ballo con me” la richiamò con una punta di disapprovazione nella voce: aveva seguito il suo sguardo e aveva visto che stava fissando niente meno che Draco Malfoy “Stai tranquillo” mentì prontamente “Stavo solo cercando di capire chi mai avesse voluto andare al ballo con quel Malfoy” disse con il tono più sprezzante che riuscì ad ottenere nonostante parlasse di lui. Adam non rispose subito, facendole  quasi venire il dubbio di aver mostrato più gelosia che disprezzo ma poi lui disse “Un’oca, come lui” e ripresero a ballare e a scherzare. Meno male, non si era accorto di nulla, doveva stare più attenta e non pensare troppo a Draco, infondo l’avrebbe visto poco dopo e avrebbero festeggiato il Natale insieme. 

Anche in seguito a quella gaffe Adam fu gentilissimo con lei, le riservò sempre le massime attenzioni e la fece divertire, si sentiva serena e allegra, ma non sarebbe potuto accadere niente di peggio di quello.

Nel tentativo di non pensare a Draco e di resistere alla sua gelosia Dafne si era lasciata troppo andare e purtroppo successe quello che non avrebbe dovuto: il ragazzo, credendo che lei stesse accettando le sue avance si convinse di piacerle, dopotutto perché lo avrebbe invitato al ballo se fosse stato altrimenti? Cominciò a farsi più audace: a stringerla di più mentre ballavano, prolungava i contatti, le faceva complimenti sempre più personali.

Ormai anche lei cominciò ad accorgersi che stava esagerando e diventò più fredda e distante, indifferente ai suoi modi, ma ormai la frittata era fatta, lui pensò solo che la ragazza fosse una forte sostenitrice del motto ‘in amor vince chi fugge’ e cercò solamente di essere più convincente.

Doveva andarsene da lì, andare via da lui, cosa avrebbe pensato il biondino? Come si sarebbe sentito? E poi lei non voleva, lo ammetteva, si, era stata molto bene con lui quella sera e la sua gentilezza lo aveva colpito, ma non lo interessava, a conti fatti non avrebbe pensato a lui in quel senso nemmeno per un momento, nemmeno se non fosse stata insieme a Draco, non era il suo tipo di ragazzo, troppo scontato, troppo sdolcinato e monotono, era solo un amico molto divertente.

Di certo però non poteva mettersi a correre come una scema per allontanarsi, così mano a mano, cercando di evitare le sue mosse, si muoveva sempre più verso la fine della pista, cercando anche di scappare alla visuale del biondo: non voleva che la vedesse.

Ad un certo punto però, mentre lei era distratta a scrutare la folla per cercarlo, il ragazzo fu più veloce. Le accarezzò il viso con la mano, poi celere la passò tra i capelli, avvicinando a sé il suo volto e la baciò, fu un bacio breve, lo allontanò quasi subito, ma lui li aveva visti…

Fu come se tutto si fosse fermato nella sala, Draco Malfoy, arrabbiato e scuro in volto come mai si era mostrato a nessuno, nemmeno a sé stesso, percorse in tre balzi la stanza e raggiunse i due, con uno spintone voltò Adam e con tutta la forza che aveva in corpo gli tirò un pugno, maldestro forse, mal caricato, ma mandò a terra l’altro

“Non osare più nemmeno guardarla d’accordo? Se non vuoi che ti dia il resto”

Il ragazzo si rialzò a fatica, mantenendosi la mascella, senza rispondere, ma evidentemente preparato per il contraccolpo

“Non credo proprio signor Meils, oh no, lei non lo farà e lei Malfoy, farebbe bene ad andare a rinfrescarsi il viso e le idee, ma prima, trenta punti in meno a serpeverde, non tollero la violenza gratuita in pubblico, è degradante e mai, dico mai bisognerebbe toccare qualcuno anche se ci fa un torto, solo gli stolti risolvono i guai con le mani e dieci in meno a grifondoro, sa bene e lo sapete tutti spero, quanto trovo inopportune e indecorose le effusioni in pubblico, soprattutto se non gradite da chi le riceve e ora, entrambi voi, nei dormitori, la festa per voi è finita” intimò irosa la Mc Granitt.

Senza protestare i due furiosi obbedirono, ma Draco, mentre passava accanto alla ragazza, le sussurrò in un orecchio, senza farsi notare

Deditores insulsi sunt vieni, prima che puoi” “Cosa…?” ma ad uno sguardo indagatore della professoressa si zittì.

Cosa voleva dire quella frase, Deditores insulsi sunt? E dove doveva andare? Perché non era mai chiaro? Perché non poteva avere una relazione normale con lui? Come tutti quei ragazzi, lì con le loro compagne, senza doversi nascondere da qualche parte per…che cosa poi? Una stupida rivalità tra case? La minaccia di svelare un segreto di cui non sapeva niente? Ma poi qualcosa che aveva detto la colpì…come tutti quei ragazzi…nessuno era rimasto nei dormitori, tutti quelli che non erano partiti erano al ballo, o chi sa dove ad imboscarsi…Quella non era una frase, ma la parola d’ordine del suo dormitorio, che stupida, a volte non si capacitava di quanto potesse esserlo, fece per andarsene quando si sentì chiamare da dietro, erano Ron ed Harry, seguiti a ruota dalle due ragazze, avevano una faccia strana, sorpresa più che preoccupata, Hermione invece, sembrava più ansiosa che altro “Come va tutto bene?” si premurarono di chiederle prima di sottoporla, dopo che lei li aveva rassicurati (“Si, si è tutto okkei”), ad una specie di interrogatorio “Allora era lui il ragazzo misterioso?” esordì il rosso “Già, Adam, insospettabile vero?” cercò di svicolare, con un tono che avrebbe convinto poco anche un bambino “Non prenderci per stupidi, parlavo di Draco” “Come potete pensare che…?” “La gente fa due più due sai?” disse con tono di biasimo “Bè, e se anche fosse? Avete intenzione di punirmi per questo? Non ho bisogno della vostra approvazione per i ragazzi con cui esco” “Ma come puoi pensare di stare con un essere che come passatempo denigra i non purosangue come lui?” “Perché io conosco il vero Draco” “Oh no, forse ti ha mentito, ti ha giocato, lui è subdolo, maligno…” ora stava veramente esagerando, come si permetteva di giudicarla senza sapere niente di quello che era capitato tra loro? Non capiva perché potesse sentirsi così ferito, non notava nemmeno i suoi amici che lo richiamavano, che lo intimavano di stare calmo, Harry lo tratteneva e lui lo spintonava, Hermione gli diceva di calmarsi e lui la azzittiva, Ginny lo fissava disgustata e lui l’ignorava…penoso, almeno gli aveva dato una scusa ulteriore per lasciare la sala

“Sei patetico lo sai?” sibilò velenosa e fece retro front…

 

Non si era addentrata spesso nei sotterranei, li conosceva solo ed unicamente perché lì vi era la classe del professor Piton e, ora che c’era, si trovò effettivamente a pensare che non aveva la più pallida idea di dove fosse l’entrata del dormitorio di serpeverde, bene! Draco si era dimenticato di dirle giusto un paio di cosette di poca importanza, come avrebbe fatto a trovarlo? Setacciò tutte le pareti di quel corridoio, non c’era traccia di quadri o chissà quali altre botole che fungessero come porta d’entrata, non c’erano mattoni diversi, incrinati o in posizioni strane, niente scritte, nemmeno indicazioni, di bene in meglio.

Ci rinunciò: avrebbe potuto essere un po’ più chiaro o scegliere un altro posto!

Cominciò a tornare indietro, quando udì uno strano rumore alle sue spalle, si voltò e vide che in un angolo era appena comparsa una porta, nera, dall’aspetto solido, con l’effige di un serpente come maniglia, da quell’antro ne uscì il biondino.

“Ciao Dafne era ora!” “Ma sentilo! E secondo te come potevo sapere dove stava il tuo dormitorio io?” non rispose, ma le sue guance si tinsero di rosa, odiava sbagliare e scusarsi, perciò il tuo tono suonò molto poco pentito “Mi spiace, hai ragione, ma ora entra” “E se ci vedono?” “Ormai il guaio è fatto, entra e basta” fece come le aveva chiesto e varcò la soglia, si trovò davanti ad un ambiente totalmente diverso da quello che si era aspettata: era freddo e dall’aspetto sinistro come sempre si era immaginata quando i suoi amici le avevano descritto che tipo di persone erano solitamente i serpeverde. Stupidi pregiudizi, aveva sempre pensato, immaginandosi le stanze di quella casa esattamente come le loro, ma ora che si trovava lì e l’ambiente la inquietava, cominciava a pensare che un po’ di ragione l’avessero, anche se non poteva credere che tutti erano così, soprattutto non il suo Draco.

“Senti Dafne, io non so cosa succederà ora di preciso, quando mio padre verrà a saperlo, ma potresti essere in pericolo” il suo tono era grave, spaventato, mai aveva provato in vita sua sentimenti del genere per qualcun altro, nemmeno per se stesso forse “Ma cosa centra lui con me? Cosa centra con te? Tu stesso mi hai raccontato che se n’è andato, che ti ha lasciato con tua madre” “Oh si, ma non per sua scelta” “Ma ora non può più niente su di te” “Forse no, ma lui non la vede così e, cercando di prendere di nuovo in pugno la mia vita, potrebbe scoprire di te” “Ma come? Cosa gli può interessare se hai una ragazza?” “Non capisci, tu non sei una ragazza qualsiasi, per questo ci siamo dovuti nascondere, per questo nessuno doveva sapere la verità su di noi. Io mi dovrei sposare con la Parkinson e, sebbene quest’estate io non sia diventato…io non abbia fatto ciò che voleva lui, prima di andarsene mi disse, testuali parole, “Non è finita qui, tu non rovinerai così il nome dei Malfoy, diventerai ciò che sei nato per essere e sposerai quella ragazza, procrastinando così la nostra dinastia di nobili purosangue”” “Ma io, in tutto questo, cosa centro? Non sono nemmeno una mezzosangue da quello che mi hanno detto, non che ci troverei niente di male, ma non potrei rovinare i piani di tuo padre…o si?” “Vedi, forse se tu fossi un’altra serpeverde qualsiasi nata da genitori maghi non ci sarebbe problema, ma tu sei…” “Chi? Chi sono? Dimmelo! Smettila con questi segreti, con queste mezze verità, ho il diritto di sapere se sono in pericolo” “Non è questo l’importante ora, ciò di cui devi preoccuparti è che mio padre cercherà di scoprire chi sta rovinando i piani per il futuro glorioso dei Malfoy, così come lui lo sogna e, quando scoprirà che sei tu, purosangue o meno…non ci voglio pensare, ma sarà un grande, enorme problema” “Smettila di cambiare discorso, ho capito che sto rischiando e ho capito anche cosa centra in questo tuo padre, ma dimmi perché? Chi sono io dannazione?!? Ho il diritto di sapere e tu l’obbligo di rivelarmelo” ripeté esasperata, in lacrime, quasi sull’orlo di una crisi nervosa “No, non sono la persona giusta, non conosco nemmeno tutta la storia nei particolari, non è compito mio” “Allora dovevi tacere! Smetterla di blaterare tutte queste cose che io non posso comprendere senza poi spiegarmi niente!” le lacrime ora scendevano a fiumi dal suo volto, ma non per  tristezza o per ansia, ma per la grande rabbia che provava a non poter comprendere appieno la situazione, a non poter comprendere quello che diceva Draco.

“Sono…sono solo stanca di tutto questo, che mi venga a cercare, che mi uccida se è questo che intendevi con ‘abbiamo un enorme problema’, sono stanca della mia vita, non è mai stata facile, ma così tutto è troppo complicato, non posso affrontare qualcosa senza conoscerlo, è davvero tutto troppo…troppo…troppo per me” si accasciò affranta sul divanetto di pelle nera e si raggomitolò nelle sue braccia, con gli occhi chiusi ancora gonfi e bagnati.

Lui la strinse e prese a baciarle tutte le lacrime che cadevano sulle sue gote, sulle sue labbra e sul suo viso, con dolcezza e tenerezza, fino a che smisero di caderle dagli occhi e lei si calmò.

“Andrà tutto bene” disse lui con voce suadente e rassicurante “Me lo prometti?” chiese allora lei con la voce ancora ridotta ad un tremolio “Si, non permetterò che ti accada qualcosa, nessuno potrà toccarti finché ci sarò io con te, ti proteggerò” “Non voglio che ti accada niente, mi sentirei in colpa per tutta la vita se ti succedesse qualcosa mentre cerchi di difendermi, anzi, non riesco nemmeno a pensarla una vita senza di te ora, chiederemo aiuto” “Forse Silente ci starà già pensando” affermò questo con un tono molto poco convinto, non perché non credesse all’efficacia dei provvedimenti del preside, quanto perché per sedici anni l’aveva visto solamente attraverso gli occhi di suo padre: un babbanofilo che ostacolava i piani del signore oscuro e gli riusciva ancora difficile immaginarlo sotto un’altra luce, ai suoi occhi era ancora come il nemico, il pericolo

“Potremmo parlarne con lui” “No!” “Ma sei ostinato! Insomma a me non vuoi dire niente, tu non sai cosa fare e non vuoi chiedere aiuto a nessuno, come facciamo a risolvere la situazione?” “Lascia pensare tutto a me” “Mi sembra che l’ultima volta che ho lasciato pensare a te hai intimato Adam, davanti a tutti, di non avvicinarsi mai più a me” “Non mi sembra il momento di scherzare” “No, infatti…” sospirò, era stanca e si sentiva confusa, frustrata, voleva solo chiudere gli occhi e dormire, tra le sue braccia, si strinse ancora più a lui e disse “Tienimi con te stanotte” quella frase lo intenerì molto, le prese il mento tra le mani e le sollevò il volto, piano, fissandola con quei suoi occhi di ghiaccio che ormai erano come uno specchio sui suoi sentimenti per la ragazza “Non possiamo vero?” “Lo sai quanto vorrei, ma è già tutto molto complicato così com’è, saremo soli, tra i nostri amici, in pochi accetteranno una grifondoro che fa coppia fissa con un serpeverde e viceversa e per te rimanere qui sarebbe come stare nella fossa dei leoni, anzi, faresti meglio andare, è quasi la una, presto tutti torneranno, ti conviene farti trovare a letto” “D’accordo” acconsentì sfinita, stanca di controbattere “Ma prima, voglio ballare, almeno una volta, con te”

Fu tutto magico, con un leggero colpo di bacchetta il ragazzo si sintonizzò sulla frequenza radio magica più ascoltata, dove stavano dando una vecchissima canzone molto bella e, come se fossero ancora al ballo le porse la mano e la invitò a danzare.

Avevano tutto il dormitorio per loro e la fece volteggiare fino allo sfinimento, stretta a lui, si sentivano come se mai si sarebbero dovuti lasciare, occhi negli occhi, mani nelle mani, tutto il mondo, tutto quello che era successo e che li spaventava scomparì, niente in quel momento avrebbe potuto turbarli.

Ora non ballavano più, ma oscillavano con le note della melodia mentre si baciavano appassionatamente. Lei non la vide, perché aveva gli occhi chiusi, ma ad un certo punto una lenta, trasparente ed amara lacrima di consapevolezza scivolò dalle ciglia di Draco e le bagnò la manica del vestito.

 

I corridoi ora le parevano molto più spogli e lunghi, il tragitto sembrava non finire mai, il rumore che ancora giungeva dalla sala grande si allontanava sempre di più, lasciandola sola, immersa nel silenzio.

Finalmente da lontano apparve il ritratto della signora grassa, ma la donna dormiva. Prese a chiamarla con insistenza, ma non dava cenno di svegliarsi; russava profondamente , sdraiata in malo modo sulla scomoda sedia di legno e in un angolo della cornice, seminascoste, poteva vedere una bottiglia vuota di whiskie incendiario e forse anche qualche fiasco di burrobirra, ma non n’era del tutto certa.

Prese a scuotere violentemente il dipinto, sperando di destarla, ma la fece solo scivolare dall’ampio trono mentre i resti nelle bottiglie si versavano sul suo vestito di pizzo e tulle.

Sbuffò, esasperata, per quella sera era veramente troppo, ma non era finita lì. Qualche minuto dopo, mentre cercava di aprire gli occhi della signora a forza arrivarono di corsa Ginny, Ron, Hermione ed Harry –Bene, vorranno di nuovo farmi una ramanzina su quanto io sia stupida a stare con Draco, ma stavolta sentiranno prima me-

“No, non è il momento, non ho intenzione di ascoltare i vostri sproloqui e le vostre paternali sulla mia vita privata, smettetela di darmi addosso e di voler decidere per me! Ne ho davvero abbastanza di tutto ques…” “No, non è questo, è solo che devi venire con noi, subito” le disse la rossa tirandola per un braccio, ma lei oppose fiera resistenza “Ti prego, non possiamo spiegarti né ora, né qui, ma sei in pericolo” “No, anche voi, non ditemelo, bisogna fare qualcosa prima che lo venga a sapere il padre di Draco” tutti stavano per ribattere, ma quella frase li lasciò attoniti “Come, come lo sai?” domandò il moro “Oh, non importa, non ora e non qui, avete ragione, vi seguirò”

Partirono a passo svelto verso il primo piano, fino a che non giunsero davanti ad un passaggio segreto, che, dopo avere svelato con una buffa parola d’ordine, imboccarono.

Salite delle impervie scale si trovarono in una stanza che non aveva mai visto. Era molto bizzarra, avrebbe quasi sostenuto che fosse rotonda e strabordava di strani oggetti magici che non aveva mai visto, di scaffali stracolmi di pozioni e sconosciuti elisir e di armadi dalle forme e dalle dimensioni più strane. Nel centro, dietro la scrivania, un enorme camino in marmo lucido, color avorio nel quale baluginavano ancora alcune fiammelle verdi, infine, su di un trespolo, accanto alla finestra, un maestoso uccello dalle piume rosso fuoco e dal canto celestiale li osservava curiosa ed anche un po’ malinconica. Non capiva come mai l’avessero portata lì e perché mai non parlassero. Stavano forse aspettando qualcuno? Chi? E perché non era ancora lì se avevano avuto tanta fretta di arrivarci? Loro non sembravano inclini a fornirle ulteriori spiegazioni e lei d’altra parte non aveva voglia di parlare, apprezzava quel silenzio così innaturale, così profondo. Si accomodò su uno degli innumerevoli e morbidi pouf che tanto stonavano con il resto dell’arredamento e come gli altri attese, anche se non sapeva chi, né perché. Ma nemmeno questo la turbava, ormai era abituata ad essere tenuta all’oscuro di cose che la riguardavano e che sapeva, per esperienza, nessuno le avrebbe mai raccontato. Anche per questo forse, non fece domande, ma continuò a guardarsi intorno. Ora che ci faceva caso poteva vedere che nessuno dei quattro, nemmeno Ron che prima sembrava essersela presa tanto a male, la guardava più con aria di superiorità, semmai dai loro occhi traspariva paura ed ansia. Solo Hermione sembrava distaccata, come se per lei tutto fosse così naturale, così ovvio, come se sapesse già tutto. Ma, in fondo, poteva essere benissimo così, come sapeva che lei stava con Draco forse conosceva anche la verità sul suo passato, quella che anche lei aveva dimenticato…

Non seppe dire quanto tempo fosse passato, forse circa una ventina di minuti, quando in una parete si delineò una piccola porta scura dalla quale uscì il preside accompagnato da Bill Weasley, fratello del rosso nonché nuovo insegnante di difesa contro le arti oscure, che li salutarono e si misero a trafficare con delle strane pietre iridescenti che cambiavano colore ogni qualvolta il vecchio preside le colpiva con la bacchetta pronunciando chissà quale strana formula.

Finalmente terminarono di trafficare con quegli strani oggetti e si rivolsero ai ragazzi, in particolare Silente si rivolse a Dafne

“Draco ha ragione, dobbiamo fare qualcosa” quest’affermazione la lasciò basita: come faceva a sapere quello che si erano detti? Come faceva a conoscere sempre tutto quello che succedeva nella scuola? Sospirò, arresa all’evidenza che tutti sapessero di lei, fatta eccezione di lei stessa.

“D’accordo sono in pericolo, lo so” disse seccata, “Ma a qualcuno dispiacerebbe degnarsi di dirmene il motivo?” tutti la guardarono con aria grave, un po’ preoccupata, come a voler dire che era tanto meglio e tanto più tranquillo continuare a vivere senza conoscerlo. Era stanca di tutto quel mistero e sembrava che, come al solito, nessuno si sarebbe disturbato a risponderle

“Bene, me lo racconterete, non ho fretta, è tanto che aspetto, qualche ora in più ormai non mi fa né caldo ne freddo” non era così, ovviamente, era ormai mesi che la curiosità la stava lacerando, per non parlare poi del fatto che quel segreto riguardava il suo passato, quindi avrebbe potuto scoprire tante di quelle cose che da anni si domandava, ma era stanca di combattere contro l’ostinato silenzio delle persone che le stavano davanti “Almeno volete dirmi cosa potremmo fare per difendermi? Per non farmi trovare da Malfoy senior?” “Ci sarebbe l’incanto fidelius …” esordì lui, ma le due ragazze, che l’avevano appena studiato in incantesimi, sbottarono “Ma è troppo potente, persino per persone che hanno preso tutte “E” ai M.A.G.O., come potrebbe funzionare…?” “Lo so, lo so e non ho mai optato per questa possibilità in passato, ma alla luce dei fatti, in questa situazione e considerando gli ultimi avvenimenti, è il mezzo di protezione migliore…mi sembra Hermione, che già con le mie ultime richieste io ti abbia fatto notare la precarietà della situazione” “Si, era molto strano, in effetti, che mi avesse affidato quell’incarico” concluse e, con un’aria di chi aveva capito tutto si sedette su di un puof, in attesa. Fu ancora più grande allora la sorpresa della ragazza quando vide che nemmeno gli altri ci stavano capendo molto in quella faccenda.

“Albus, se è d’accordo” intervenne Bill “Io mi offrirei come custode segreto” “Mi trovo costretto ad accettare, essendo io già quello di Grimmauld place, devo dire però che mi spiace affidarti questo gravoso compito” il rosso non rispose, ma lo guardò, risoluto “Bene allora, sei convinta Dafne? Sei pronta?” lei sbuffò, no, non era convinta e nemmeno assolutamente certa di essere pronta, ma voleva che tutto passasse al più presto, per poter finalmente venire a capo di quello strano suo mistero che tutti sembravano conoscere e così annuì “Possiamo cominciare”  sentenziò allora il preside consegnando due delle pietre con le quali aveva visto i due trafficare una a Bill e una alla ragazza, la terza la tenne lui

“Questi, sono cristalli cangianti, possiedono un’energia potentissima e sono in grado di mettere il contatto, diciamo spirituale, delle persone, le useremo in modo che io possa compiere la formula al posto vostro, così da assicurare maggiormente la vostra incolumità, ora però, prego tutti di rimanere nel silenzio più assoluto, un solo errore, una sola parola di troppo, detta anche da qualcun altro…porterebbe effetti collaterali di enormi dimensioni, troppo spaventosi persino da menzionare” ora la tensione, già alta in precedenza, era salita alle stelle.

“Dobbiamo posizionarci in modo da creare un triangolo pressoché equilatero, così perfetto” disse quando ebbero trovato la posizione corretta “Voi due, non perdete mai il contatto visivo, da quando comincerò a parlare a quando vi dirò che tutto sarà finito” ordinò ai due che subito si voltarono, uno di fronte all’altro, per guardarsi; gli occhi di Dafne emanavano una certa inquietudine, allora Bill cercò di confortarla, mentre Silente preparava la bacchetta “Stai tranquilla, è il mago più potente del mondo, non sbaglierà, gli succede raramente e, in quanto a me, puoi fidarti, non violerò mai quest’incantesimo, se servirà lo porterò nella tomba” non che il tono del ragazzo o le sue parole fossero sconfortanti, ma non era proprio il suo genere di cose, far rischiare la vita alla gente per lei, di gran lunga avrebbe preferito difendersi da sola.

“Ora, veramente, silenzio, solo tu Bill, quando io farò una pausa, l’unica in tutta la formula tu, sempre guardandola ripeterai: hoc iuratum est” di nuovo lui assentì con il capo.

Sulla stanza in quel momento cadde davvero un silenzio pesante e teso, gli occhi dei tre ragazzi erano puntati tutti sull’amica che trovava molto difficile non distogliere mai lo sguardo dal professore, le sembrava tutto così strano, così lontano da quello che aveva immaginato per quell’anno nella nuova scuola…qualcosa la distrasse da quei pensieri: il rito era cominciato.

Ut ne ullus, captivae an bonae volpuptates, potueris eam invenire, numquam postea si hic homo, qui nunc iuis iurandum da, non eos eius latibulum ostendet. Hoc fiat huius hominis giuramento

Fece una pausa, molto lunga, perché l’uomo, concentrato nel non distogliere mai lo sguardo dalla ragazza ci mise un po’ a realizzare che quello era il suo momento di parlare

Hoc iuratum est” di nuovo il vecchio preside cominciò a parlare

Iuramentum acceptum est. Nunc puellae sors ex homine arbitrio pendebis” fu strana la sensazione che provarono tutti in quel preciso istante, quando numerosi fasci di luci fuoriuscirono dalle gemme e misero i tre in collegamento, disegnando un grande triangolo colorato nell’aria. Sapevano che Dafne era lì, che si trovava davanti a loro, ma allo stesso tempo sentivano che, una volta usciti dalla scuola e perse le sue tracce non avrebbero mai più potuto ritrovarla, non avrebbero mai più saputo dove fosse e dove andarla a cercare.

Poco a poco il disegno si dissolse e Silente e Bill parvero molto segnati, mentre la ragazza sembrava, se non nel pieno delle sue forze, non sfinita quanto loro, di questo persino Hermione parve sorpresa

“Sapevo di non farti rischiare molto, ma non pensavo tu fossi forte a tal punto” sospirò il preside mentre si sedeva sulla sua grande e comoda sedia dietro la scrivania “Mi scusi, ma potrei sapere di cosa sta parlando” “Questa rivelazione è molto pericolosa, potrebbero accadere cose in te dopo aver scoperto certe notizie sul tuo passato che non riusciresti a capire, che ti cambierebbero a tal punto probabilmente da farti impazzire o da farti diventare come lui” “Lui chi? Io…è come diceva Draco giusto? Potrei ricordare…ma cosa significa, è ovvio che se mi raccontate del mio passato qualche ricordo potrebbe riaffiorarmi alla mente, ma anche se così non fosse mi svelereste tutto voi no? Non capisco cosa allora potrei rammentare? Qualcosa che avevate intenzione di non dirmi?” si prese la testa tra le mani, confusa “No, potresti ricordare chi eri, più precisamente com’eri e tornare così” “Così come? Com’ero? No…” sospirò, di nuovo “non importa, capirò quando mi racconterete tutto.. ma ditemi, promettetemi, che se sarà qualcosa che io al momento non vorrei diventare o essere mi aiuterete e mi starete vicino, non mi permetterete di cambiare” “Speravo che ci chiedessi di farlo”

“Allora promettetelo” a queste parole sentì una pressione su entrambe le spalle: dietro di lei c’erano Ginny, Ron, Hermione ed Harry che dissero, determinati, “Lo prometto!” si alzò e li abbracciò, riconoscente dell’aiuto che le stavano dando nonostante non li avesse lasciati avvicinare più di tanto a lei in quei mesi di scuola, da quando si erano conosciuti; ma ancora aveva paura, era agitata, avrebbe voluto che con lei ci fosse Draco, ma sapeva che era una verità della quale doveva venire a conoscenza da sola e che avrebbe anche dovuto accettare da sola, così, riaccomodatasi sulla piccola poltrona, attese in silenzio che tutti, tranne il preside, fossero usciti dalla stanza; parlò solo dopo che sentì distintamente la porta chiudersi alle sue spalle ed il rumore sordo dei passi svanire in lontananza.

“Allora, sono pronta, a sapere tutto dal principio” “Ascolta bene e domanda quando vuoi tutto quello che vuoi, so quanto può essere shockante venire a conoscenza di certe cose, anche per questo ho deciso di rivelarti tutto, prima che potessi sentirlo direttamente da lui, prima di…senza poterti difendere” si corresse “Lui chi” “Come mi hai chiesto tu, ti racconterò tutto dal principio” “Perfetto” a queste parole l’uomo fece un rapido gesto con la bacchetta, facendo comparire un grande libro, dalla rigida rilegatura color blu notte, dall’aspetto vecchio e logoro “Questo annuario ha circa cinquant’anni, risale all’epoca in cui Annik Lindgreen frequentava Hogwarts, aveva qualche anno meno di te mi pare, frequentava la prima, forse la seconda, non di più, era molto brava, la migliore del suo anno” iniziò con un tono tra il malinconico e il triste, tipico di chi si getta in ricordi che gli provocano un po’ di nostalgia ma anche un po’ di rimpianti…ma cosa centrava quella donna con lei? Non capiva, tuttavia avrebbe aspettato ad interrompere il suo racconto “Non solo intelligente era molto bella ed astuta, aveva molti ammiratori, nonché molti pretendenti, anche al di fuori della sua casa che anche allora non aveva una grande fama, ma a lei interessava soltanto una persona, che però non sapeva cosa fosse l’amore” mentre parlava sfogliava il quaderno, smise solo quando arrivò alla pagina corretta, allora lo capovolse e lo porse alla ragazza che vide qualcosa che la stupì molto: all’inizio della pagina c’era il nome di quella donna, le sue generalità, la sua media scolastica e la sua foto, su di uno sfondo verde e argento, ma la cosa sorprendente non era quella, quella più strana è che era una ragazza non molto alta, snella, prosperosa, dai capelli mossi, di un rosso ramato e dagli occhi leggermente a mandorla, color del cielo…

 

E ora le risposte ai vostri belliximi commenti:

 

Kiak:Sono contenta di avere finalmente il permesso di far stare Draco con Dafne, un inchino, sei molto gentile…Farli ballare insieme? Credo di averti accontentata se hai già letto il chap, se nn l’hai ancora fatto smetti di leggere la risposta perché c sono delle anticipazioni…Hermione ti sta antipatica? Cmq cm vedi è sana e salva, troppo importante nei prossimi chap per farla morire…Quella di Sirius è tutta una trappola? Bisognerà aspettare per saperlo…Il ballo…non me lo sono scritta sulla mano, ma come vedi eccoti un bel capitolo dedicato quasi tutto a quello! Accontentata? Ti è piaciuto? Spero di sì, fammi sapere, grazie per il commento, un bacioz Summer9!

 

Seyenne:no, non sei scema, sono io che ho lasciato veramente poco spazio e pochi indizi per capire il senso di quell’incontro, ma penso che con questo chap ti sarai già chiarita tutto, come ho detto a kiak però: se nn l’hai ancora letto non leggere più quello che sto scrivendo perché ci sarebbero delle anticipazioni! Sono contenta che ti sia piaciuta la scena Harry e ginny, è una delle poche del chap e ci tenevo a inserire un po’ di romanticismo anche qui…Sirius ambiguo? E’ tutta una trappola? Lo dico e lo ripeto, bisognerà aspettare più avanti per saperlo, ma forse hai ragione, sono stati un po’ troppo avventati e fiduciosi, cosa ti devo dire? Dopotutto sono ancora sedicenni inesperti…Draco marchiato? Vabbè’….si anche io odio suo padre, come si è visto mi sembra e….nooo! Anche tu una fan del misterioso biondino? Meno male che come kiak non te la sei presa con Dafne…si scoprirà qualcosa del suo passato? Come vedi in questo chap solo un piccolo indizio…

Ron ed Herm saranno una coppia difficilissima da affrontare, spero che nn vi deluderò…fammi sapere come ti è sembrato questo chap un po’ diverso, thanks per i complimenti Summer9!

 

 

Angel Ridde:Sono contentissima che la storia ti piaccia sempre di più e spero che commenterai anche questo chap…Hermy morta? No come vedi, solo un po’ ammaccata…Thanks Summer9

 

Un saluto e un bacio anche a tutti quelli che leggono ma non commentano(spero che siano molti e che un giorno trovino la voglia di farlo)! A settimana proxima, ciauz Summer9!

 

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Capitolo 7
*** Dopo la verità... ***


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Ciao, ecco il nuovo chap, spero di nn avervi fatto aspettare troppo, vi avviso:potrebbe sembrare noioso e nn troppo importante(spero di no), ma invece mi serve come punto di svolta della fic, spero cmq che lo apprezziate, fatemi sapere, buona lettura Summer9(Come sempre, thanks x i commenti…)

Capitolo 7°: dopo la verità…

I corridoi erano più bui e tetri, i rumori più lontani e meno fastidiosi, le persone sembravano più fredde e distanti, come se tutti avessero scoperto la verità sul suo passato nello stesso momento in cui Silente gliela aveva rivelata, ma non poteva essere così, lui stesso alla fine del loro incontro le aveva giurato che mai nessuno l’avrebbe saputo, se non da lei.

Come poteva essere vero tutto quello che le aveva raccontato? Come poteva d’altronde esserselo inventato? Dov’era finita sua madre? E suo padre? Bè, lui lo sapeva dov’era, lui era meglio che non l’andasse a cercare.

Fortunatamente il vecchio preside le aveva assicurato che grazie all’incanto fidelius sarebbe rimasta al sicuro…ma lui aveva detto tante cose, aveva anche detto che quelle rivelazioni avrebbero potuto farla tornare come prima, in realtà non l’avevano cambiata di una virgola, sennonché adesso stare con gli altri le sembrava impossibile, soprattutto se erano a conoscenza del suo mistero. Come suonava strana ora quella parola, non era più il segreto che pochi altri sapevano su di lei, all’infuori di lei, era il segreto che condivideva con poche persone, molte delle quali, nonostante tutto, avrebbe preferito che ne rimanessero all’oscuro, non perché non si fidasse, non perché pensasse che potessero avere dei pregiudizi, ma perché, come al solito, certe cose preferiva tenersele per sé.

Solo riguardo ad una persona era contenta che lo sapesse, ma guarda caso col racconto di Silente aveva scoperto che le aveva mentito, non solo non dicendole quello che sapeva sul suo conto, ma anche evitando accuratamente di dirle una cosa molto importante sul proprio passato e sulla propria famiglia…

Le giornate, dopo quella fatidica sera, trascorrevano sempre più lente e noiose, mentre lei cercava di fuggire da qualsiasi compagnia e si rintanava nei suoi pensieri e nelle sue fantasie. S’immaginava che non fosse mai successo niente, che non fosse mai nemmeno arrivata ad Hogwarts e di continuare a vivere tranquilla con la sua famiglia, mentre frequentava una stupida ed anonima scuola dove niente del genere le sarebbe potuto accadere, dove viveva l’adolescenza tranquilla con i suoi compagni ed amici e dove poteva passeggiare mano nella mano con il suo ragazzo senza che il preside la chiamasse per farle l’incanto fidelius prima di raccontarle il suo oscuro passato. Oppure a volte semplicemente si rintanava in un posto dove regnava la quiete per rimettere un po’ d’ordine nei suoi pensieri che, da un po’ di giorni a quella parte, vorticavano ostinati nella sua testa, senza darle tregua, senza farle riuscire bene ad individuare i suoi sentimenti veri in tutto quel caos di emozioni diverse, sensazioni nuove e, diciamolo, nuove identità.

Non avrebbe potuto continuare così, lo sapeva, sfuggire al contatto, alle persone, agli sguardi, alle parole, non era possibile quando si viveva in una scuola con altre centinaia di ragazzi, ma fino a che le lezioni non avessero avuto inizio lei poteva continuare a non rispondere alle  domande fingendo di non aver sentito, camminare più veloce per far si che non la raggiungessero, andare in sala grande negli orari più insoliti così da non trovare l’usuale ressa.

Non era una soluzione, era consapevole anche di questo, rinchiudersi, fuggire dai problemi, non affrontare la realtà e continuare a rimuginare sugli stessi pensieri non solo non risolveva le cose, ma era un modo molto patetico e scontato di commiserarsi.

Pensava di non essere cambiata, che quella cosa non l’avesse toccata caratterialmente, ma solo sentimentalmente, ed invece eccola lì a piangersi addosso. Una volta non avrebbe resistito per molto fuggendo, si sarebbe rimboccata le maniche e avrebbe fronteggiato uno ad uno gli ostacoli, o qualunque altra cosa fosse, che le si paravano davanti e mai, ripeto mai, avrebbe fatto pesare alle altre persone la sua tristezza e la sua angoscia. Aveva bisogno di parlarne, aveva bisogno di sfogarsi di piangere e, alla fine, di sentirsi dire che non era cambiato niente, che era sempre la stessa, che le volevano bene comunque. Buffo, non riusciva a capire che era così, perché chi non conosceva niente di lei continuava ad esserne all’oscuro e, chi già lo sapeva, non avrebbe certo pensato in modo diverso di lei ora che era stata messa al corrente di tutto, ma forse è troppo semplice giudicare così razionalmente quando non ci si trova in balia degli eventi e delle emozioni.

La ragazza era decisa però a non diventare il fantasma di se stessa, a reagire, l’aveva promesso prima di tutto a sé, anche perché al momento sentiva di essere molto sola, sentiva che quella promessa non sarebbe valsa così tanto se fatta a qualcun altro.

Questa considerazione la faceva sentire ancora più isolata: fino a poco prima era convinta che, nonostante tutto, nonostante non si fosse mai mostrata completamente disponibile con loro, oltre a Draco avrebbe potuto contare su Hermione, Ron, Harry e Ginny, ma in quel momento, sola sulla riva del lago ghiacciato, con tante faccende da risolvere ed incomprensioni da chiarire, aveva paura che non avrebbe più potuto nemmeno contare sul biondino…quanto sperava che non fosse davvero così…calde lacrime ora si condensavano sulle sue guance, subito dopo essere entrate in contatto con la gelida aria di dicembre; seduta, si nascose la testa tra le ginocchia, anche se lì non c’era nessuno, la vergogna dell’essere impotente contro i propri sentimenti,  come mai lo era stata fino a quell’anno, da quando aveva conosciuto lui, da quando era arrivata in quella dannata scuola, era troppa per lei… 

Tutto intorno era così silenzioso che, quando udì la sua voce, sussultò, non lo aveva sentito arrivare, niente aveva tradito la sua presenza, non il rumore dell’erba calpestata, non il rumore della brina che scricchiolava sotto le sue scarpe, non il secco suono di un rametto spezzato solo un

“Ciao” non si voltò, sapeva riconoscere la sua voce ormai “Da quanto sei lì?” chiese però “Abbastanza da capire cosa provi” “Come puoi?” “Tu stessa me lo dicesti tempo fa, è come se ci conoscessimo da anni, ci guardiamo e ci capiamo, un solo sguardo e sappiamo di cosa ha bisogno l’altro, non mi servono parole per percepire i tuoi sentimenti” “No, in fatti, come non ti servono se devi tenermi nascosto qualcosa” il tono era tagliente, offeso, ma impregnato di tristezza, quello di lui, al contrario, sorpreso “Cosa ti avrei celato?” “Niente” riprese lei sarcastica “Solo il piccolo particolare che tu ed i tuoi genitori siete una famiglia di mangiamorte” “Cos…non crederai vero che io?” lei si voltò e notare il suo sguardo glaciale e deciso fu come una pugnalata al cuore “No, non ci credo, molte volte ti ho detto che i miei non stavano dalla parte dei buoni, certo, ho evitato di dirti chiaro e tondo quello che sono, ma non era mia intenzione mentire, pensavo solo…solo che ci fossi arrivata…” sussurrò respirando profondamente. Da un po’ ormai aveva perso la sua arroganza, la sua impetuosità, una volta, quando qualcuno lo calunniava o gli rivolgeva accuse infondate, si adirava sempre enormemente e cercava di sostenere le sue ragioni fino all’ultimo, arrivando alle maniere forti se l’altro si ostinava a non credergli, ma, con lei, tutto era diverso, più complicato, con chiunque altro, sebbene in modi meno estremi, il suo atteggiamento sarebbe rimasto tale, ma con Dafne era impossibile, più gridavi più si convinceva, più riusciva a convincere persino lui, che lo stava facendo per sensi di colpa, perché riconosceva di essere nel torto.

“D’accordo, concesso, mi costa ammetterlo, ma mi sono sbagliata, non ho mai capito a cosa alludevi con tutte quelle frasi ambigue sui tuoi genitori, mi dispiace, ma questo non cancella il fatto che tu non mi abbia mai detto di essere un mangiamorte” disse l’ultima parola con un odio ed un disprezzo tale che nemmeno lei avrebbe voluto usare e lo ferì, profondamente.

Era veramente strana quella situazione, non si ricordava di essere mai stato dispiaciuto per una frase maligna nei suoi confronti. Tempo fa quello sarebbe stato un complimento, tempo fa una battuta ben piazzata sul suo conto l’avrebbe imbarazzato, offeso forse, ma non mortificato. Non rispose, sapeva che parlare, difendersi, sarebbe stato molto doloroso.

“Perché non dici niente?” ora si era alzata, erano faccia a faccia e poteva vedere la sua espressione d’odio nei suoi confronti: perché? Perché gli stava facendo questo? In fondo lo sapeva, ma doveva esprimerlo ad alta voce per convincersene o sarebbe crollato, avrebbe finito per credere che lei lo odiasse, così raccolse tutto il suo autocontrollo e parlò

“Smettila, non comportarti come una bambina, tu stai cercando di riversare su di me l’odio che provi per te stessa dopo aver saputo la verità” “Non dire stronzate” “Ah si? Sono tutte balle? Allora perché ti da tanto fastidio che lo dica? Perché non te ne freghi come fai di solito quando qualcuno ti sputtana?” “Perché su certe cose si può passare sopra, su altre no” “Non arrampicarti sugli specchi” “NON MI STO ARRAMPIACANDO SUGLI SPECCHI” “E non alzare la voce con me” “IO NON STO ALZANDO LA VOCE CON NESS…” si bloccò, si era accorta che Draco aveva ragione “Sai cosa ti dico? Sfogati! In fondo ne hai bisogno, urlami dietro fino a quando ti sentirai svuotata, allora potremo discutere con calma, allora capirai che non devi biasimarti per quello che erano i tuoi genitori, perché l’importante è quello che sei diventata” “Credi di fare il grand’ uomo in questo modo? “Prego, urla pure, tanto i tuoi insulti non mi toccano”, no, non me la bevo, smettila di fare l’eroe, smettila di cercare di salvarmi quando ne avresti bisogno anche tu” lui tacque, non c’era niente da dire che l’avrebbe calmata “Che fai ora? Perché non mi rispondi? Ti ho detto di smetterla di sembrare migliore di quello che sei” “Ma non lo sto facendo” “No? NO???ALLORA perché NON MI HAI MAI DETTO DI ESSERE UN MANGIAMORTE?” di nuovo quello sguardo, quel tono, di nuovo resistere fu impossibile “PERCHE’ NON LO SONO…cazzo, non lo sono!”

 

Harry e Ginny stavano avendo un incontro privato nella stanza delle necessità, il luogo dove si erano baciati per la prima volta, ma ora l’atmosfera era molto cambiata, il salottino era molto più intimo, un caminetto come unica fonte di calore e di luce, qualche poltrona, un divano e molti cuscini, ma soprattutto niente dolci per le delusioni di cuore.

Come la prima volta erano seduti sul divano, la ragazza affondata nel petto di lui, che le accarezzava distrattamente i capelli, in silenzio.

“Ma cos’hai oggi? Non  mi hai guardato negli occhi una volta” “No, non ho niente” disse con un tono di voce che tradiva la sua irrequietezza “Senti,” disse lei sedendoglisi in braccio, in modo da poter stare faccia a faccia “se hai bisogno di un modo per non pensare troppo ai tuoi problemi io posso aiutarti” propose ammiccante per poi cominciare a baciarlo, piano, sulle labbra, posandovi le sue dolcemente, con contatti prolungati, sorprendendolo per la sua audacia che, seppur conoscendola, mai aveva sospettato in lei. In un primo momento sorrise e, felice, accettò con piacere quel gradevole diversivo, cominciando a rispondere ai suoi baci e alle sue carezze, ma poi, altrettanto dolcemente, la scostò e la fece sedere accanto.

“Senti, me lo vuoi dire o no cos’hai oggi? Non è che ti sei stufato di me?” “Come potrei? Non pensarci nemmeno per un minuto, con te al mio fianco non mi sento mai solo, è tanto che non mi sento così dalla morte di Sirius” “Perché dici così? Non…non è morto no?” “No, infatti” sospirò “Anche se ora che è tutto finito, ora che di nuovo non possiamo fare niente per lui e dopo quello che è successo ad Hermione, il suo improvviso ritorno e la storia dell’universo parallelo sembrano così assurdi, così improbabili” “Hai paura vero? Temi di averci fatto rischiare per niente, di aver davvero offerto involontariamente un’arma a Voldemort” “In parte si, ma in parte sono ancora convinto che invece sia lui, che sia insensato che il Signore Oscuro, riuscito a scampare alla morte, si serva di me per recuperare quattro stupidi ingredienti per una pozione, l’ultima volta che l’ha fatto è stato solo ed unicamente perché ero io il suo ingrediente” “Stai tranquillo, siamo con te, nessuno ti incolperà mai di averci obbligato contro la nostra volontà, nessuno ti accuserà mai di averci fatto rischiare per un capriccio, dopotutto noi potevamo opporre molta più resistenza, potevamo convincerti o costringerti a non fare niente se anche noi non ci avessimo creduto, ma infondo, nei nostri cuori, come te, eravamo convinti che fosse lui e, sempre come te, desideravamo aiutarlo, ma avevamo troppa paura! Tu…le tue parole, sono solo servite per infonderci quel coraggio che non abbiamo, che ti rende un mago molto forte ed in gamba” “Non lo sono mai stato come quando sto con te” poi spiegò “In gamba intendo” lei sorrise , compiaciuta e lui, finalmente, un po’ rincuorato la fissò di rimando, con amore.

Lentamente, come a non voler interrompere la magia che si era creata, portò una mano al suo viso, accarezzandolo. Poco a poco scese, sfiorò il collo con due dita, facendole salire piccoli brividi per tutto il corpo e poi, sempre con una lentezza estenuante scese verso il braccio, l’avambraccio, il palmo della mano…gliela voltò e mise le punte delle sue dita contro quelle di lei, poi fece una leggera pressione e s’incrociarono.

Lo stesso fece con l’atro braccio e, quando entrambe le mani furono unite la baciò, prima la fronte dove le ricadevano ciuffi di rossi capelli, poi il naso, il mento, ed infine, quando Ginny credeva che non ci sarebbe arrivato mai, la bocca, ma qui, dimentico della dolcezza, si lasciò subito prendere dalla forza della passione, la invitò a schiudere le labbra ed ad unirsi a lui in quel gesto di trasporto ed amore.

Il tempo passò velocemente e presto giunse il momento di andare a cena, dove avrebbero trovato Ron ed Hermione, di certo non Dafne  che dalla sera del ballo li evitava ogni qual volta fosse possibile. Infatti, anche quel giorno, appena varcarono la soglia di quella immensa e rumoreggiante sala, al tavolo videro solo i due amici, della ragazza nemmeno l’ombra

“Ciao” si dissero in coro mentre la coppia prendeva posto “Non verrà nemmeno oggi” sentenziò seria Hermione “Perché si comporta così? Le abbiamo fatto capire che le saremmo stati vicini, che per noi non cambiava nulla sapere chi fossero i suoi genitori” “Sai Ron” rispose lei allora “Suona un po’ ipocrita detto da uno che l’ha assalita solo perché ha scoperto che il suo ragazzo è Draco Malfoy” l’amico arrossì vistosamente sulle orecchie “Ma insomma, anche per voi è stato scioccante, lui è…lui è…” “Non come credevamo che fosse” concluse al suo posto, azzittendolo per la vergogna dei suoi gesti impulsivi e della sua ostinazione.

Non avevano parlato di quello da giovedì, avevano deciso che non ci avrebbero pensato, che non avrebbero discusso nemmeno tra loro fino a che Dafne non avesse deciso che era venuto il momento, ma era difficile, poiché da una settimana ormai si era rinchiusa nel silenzio e nella solitudine più totali. Stavolta fu il moro a parlare, rivolto all’amica ricciuta

“Ma dimmi, tu lo sapevi, Silente ti aveva raccontato tutto e persino pregato di controllarla, ho capito bene?” “Si, la situazione era molto precaria, aveva bisogno anche del mio aiuto, un professore non avrebbe mai potuto avvicinarsi tanto ad un alunno senza destare in lui strani dubbi o sospetti, serviva, diciamo, un infiltrato, ma non ha funzionato. Lei è troppo introversa, troppo decisa a tenere tutto quello che la riguarda per sé, non potevo certo impedirle di vedere Draco senza superare quella barriera che si è creata intorno e, anche se avessi cercato di farlo a forza avrei solo creato in lei una reazione ancora più forte di rifiuto” –Bè, in realtà ho rischiato davvero di farlo- rifletté poi “Io, io non capisco, perché fare un figlio per poi volerlo uccidere, perché?” “Non lo so Ginny, è inutile tentare di entrare nella mente di quel pazzo, probabilmente solo per il gusto di ammazzare ancora” “Ma ‘mione, non è un ragionamento che sta in piedi” “Non credo che abbiano bisogno di un senso per una persona simile i ragionamenti, basta che le sue azioni, i suoi piani, prevedano l’omicidio” “Resta tutto troppo confuso, io sono convinta che per lui la figlia potrebbe essere fonte di…” non finì la frase, perché appena alzò lo sguardo vide la ragazza avvicinarsi a loro e prendere posto accanto ad Harry. Aveva una strana espressione, un po’ più calma, un po’ più rilassata, come se finalmente, dopo giorni e giorni di riflessioni, fosse finalmente riuscita ad accettare ogni singola parola che il preside le aveva riferito, ma portava ancora i segni della sofferenza: era molto pallida, i capelli scarmigliati erano raccolti alla meno peggio in una coda disordinata e gli occhi azzurri, gonfi e rossi per il pianto, erano cerchiati da violacee occhiaie.

Sorrise, più precisamente stiracchiò la bocca in un gesto che chiunque avrebbe potuto tranquillamente cambiare per una smorfia e chiese con voce rauca se poteva stare con loro

“Ma certo” accettò prontamente il moro, mentre le faceva cenno di avvicinarsi un po’.

Purtroppo l’imbarazzo era tanto ed era per tutti difficile trovare la cosa giusta da dire, per non costringerla a tornare sull’argomento in caso non avesse voluto, ma, al tempo stesso per farle capire che avrebbe potuto confidarsi con loro se solo ne avesse sentito il bisogno.

Così rimasero cheti, fino a che  fu lei a parlare, di nuovo, con quella voce segnata dal pianto e dal prolungato silenzio

“Scusatemi” “Non importa” disse dolcemente Hermione guardandola con apprensione “Non è vero, non avevo il diritto di chiedervi aiuto e poi di tenervi sulle spine” “Non dire così, non sapevi cosa stava per rivelarti Silente, non conoscevi le dimensioni e la gravità della scoperta, è ovvio che ti abbia scioccato molto, hai il diritto di affrontare il tuo dolore come ti pare, senza sentirti in dovere con noi per qualcosa che hai detto. Ognuno fronteggia le difficoltà a modo suo e gli altri possono solo tentare di capirlo e di restargli vicino nel modo che lui desidera” “Grazie, devo ammettere che sono stata fortunata a conoscervi, nonostante prima io sia rimasta più fredda e distante ora capisco che potevo fidarmi di voi” questa volta fu il Harry a rispondere “Ti capisco, fidarsi di qualcuno è difficile, soprattutto se continui ad avere la sensazione che non ti possa capire, anche se non sai perché e poi scopri che non è vero” ora sorrise veramente, grata, per la loro disponibilità e gentilezza, per la loro fiducia nei suoi confronti, per averle dimostrato, con il loro comportamento, che  non era cambiata, che poteva affrontare la realtà senza paura che si avverasse quello che Draco e Silente le avevano detto prima che venisse a conoscenza del suo segreto. L’avevano sottovalutata. Lei non sarebbe cambiata, non basta scoprire le proprie origini per divenire come i propri genitori,

aveva una volontà propria e avrebbe mantenuto i suoi ideali, nonostante tutto.

 

Le aveva dimostrato che si sbagliava, che quello stupido vecchio non era onnisciente, ma a che prezzo? Ogni volta che ci pensava era come se la sua ferita si riaprisse e venisse resa più profonda da un acuminato coltello. Troppe volte era successo quell’anno, troppe volte era stato costretto a tornare indietro con la memoria fino a quel giorno d’estate, prima da Blasie, e ora da lei, ma stavolta era finita, stavolta aveva ricollegato gli ultimi pezzi del puzzle e poteva riporlo in soffitta, tenendo con lui solo le cose migliori che aveva appreso da quell’esperienza.

Ma era più facile a dirsi che a farsi e ben presto si trovò di nuovo in quel tetro cimitero, a rivivere ancora e ancora l’ultima sequenza della sua storia…

Lo vide ancora, nei suoi occhi, quello strano compiacimento, quella strana nostalgia, Lucius non lo vedeva affatto, non vedeva suo figlio davanti a lui, vedeva solo un piccolo se stesso che come lui, tanti anni fa, giurava fedeltà ad un padrone crudele e tirannico, come lo era stato lui stesso per Draco, in quei lunghi e cupi sedici anni di vita, ma ancora una volta non seppe ribellarsi al controllo che aveva su di lui.

Di nuovo si voltò verso il Signore Oscuro e, con una nuova determinazione, mista alla frustrazione di non riuscire a ribellarsi a quel despota del padre, stese il braccio dritto davanti a lui. L’uomo, con la sua solita voce glaciale, serpentina, recitò una piccola formula e poco a poco un lento fumo nero e grigio fuoriuscì dalla bacchetta.

Era estenuante la lentezza con cui si faceva strada tra il vento, verso l’arto teso del ragazzo che, sempre di più, avrebbe voluto allontanare quella nebbiolina da sé. La vedeva avanzare, ineluttabile, verso la sua carne sempre più pallida nel buio di quella notte. Fu allora che in lontananza, come attutite dal folto degli alberi, ricominciò a sentire le parole dell’amico “Fermati, non è quello che vuoi, non per forza deve essere il tuo destino, ribellati”, ma non poteva essere, quei discorsi erano solo nella sua testa. Ancora desiderò che quell’incantesimo si arrestasse, ma poi, il fumo raggiunse ustionante l’incavo del suo braccio, non stava ancora tracciando niente, ma sentiva come se un acido gli stesse bruciando la carne per arrivare direttamente all’osso, forse il simbolo del male doveva entrare in lui prima di mostrarsi anche agli altri, ma non lo scoprì mai.

Quando cominciò a sentire che non avrebbe sopportato a lungo quel dolore una luce rossa raggiunse la nebbia, facendola dissolvere e lui potè sentire di nuovo il vento fresco della notte scorrere sul suo braccio immacolato. Si chiese cosa fosse successo, quando da dietro una possente quercia spuntò Blasie. Cosa diamine ci faceva lì? Forse non era il momento adatto per chiederglielo, non sapeva in realtà cosa volesse fare, ma, quando lui lo prese per un braccio, intimandogli di correre, lo seguì, senza esitare e, imitandolo, prese a lanciare ogni sorta di incantesimi di difesa dietro a sé.

Non seppe mai come fossero riusciti a sfuggire a Voldemort ed a suo padre, non seppe mai se loro tentarono veramente di inseguirli, ma ora era lì, in una stradina sperduta di una città babbana a riprendere fiato, con l’amico.

Rimasero lì, a lungo, in silenzio e si lasciarono nello stesso modo, senza dirsi una parola: non era il momento per le confidenze quello.

Mentre camminava un pensiero gli baluginò nella mente: dove sarebbe andato? A casa, non aveva altra scelta, sua madre non sapeva ancora niente e, anche una volta messa al corrente dell’accaduto, non sarebbe mai stata crudele come suo padre, non l’avrebbe mai allontanato, non glielo avrebbe mai nemmeno permesso.

Meno male che almeno in lei sotto quella scorza, c’era ancora un residuo dell’ umanità che da tempo i Malfoy avevano cercato di cacciare per sempre.

Quando arrivò a casa infatti, e trovò suo padre pronto a cacciarlo, trovò di contro Narcissa pronta difenderlo; forse diventare genitore era riuscita a cambiarla, di certo non era stato così per Lucius.

“Tu sei la disgrazia della nostra famiglia, tu devi andartene, devi morire” l’aveva minacciato “No, non oserai, non nostro figlio” si era intromessa lei “Spostati, non sono affari che ti riguardano Narcissa” “Oh no Lucius, invece mi riguardano eccome, qualunque cosa mi riguarda se centra Draco” nel dire quelle parole la sua solita aria snob, da classica signora con la puzza sotto il naso era svanita, per fare spazio ad una dura determinazione. Vedendola così il padre cambiò atteggiamento, che strano potere avevano a volte le donne sugli uomini, si trovò a pensare il biondino in quella curiosa situazione “D’accordo” si arrese, ma poi si rivolse al ragazzo “Non è finita qui, tu non rovinerai così il nome dei Malfoy, diventerai ciò che sei nato per essere e sposerai quella ragazza, procrastinando così la nostra dinastia di nobili purosangue” si voltò, avvolto nel mantello fino al volto e se ne andò: non poteva rimanere in quella casa ora che era ricercato dagli auror, doveva tornare al sicuro, dove era protetto dal suo signore.

Era finita così, almeno per il momento, almeno così credeva, ma il dubbio che in realtà quella fosse solo una piccola tregua concessagli da lui lo assaliva ogni volta che dal braccio sinistro provenivano forti fitte di dolore, proprio nel punto in cui stava per essere marchiato.

Ancora, come le prime volte in cui la ragazza andava supplicante da lui per aprirgli gli occhi, per mostrargli il loro futuro insieme, cominciò a dubitare. Non avrebbe mai dovuto comportarsi così, non avrebbe mai dovuto mettersi con lei, abbandonarsi ai sentimenti, allo scorrere degli eventi, sapeva che stavano rischiando, che era un tentativo troppo pericoloso, ma si era fatto incantare dalle sue parole…no, in realtà aveva solo ceduto ai suoi desideri.

Pensò a quando l’aveva incontrata, prima di quel giorno, pochi mesi prima, erano molto piccoli e lei era molto diversa, anche lui lo era, ancora inconsapevole del potere che suo padre stava esercitando su di lui, ma lei no, non era succube di nessuno, ostentava sempre quell’aria di sicurezza, di controllo, ripensandoci, ora non si capacitava di come una ragazzina di poco più di cinque anni potesse sembrare così…adulta, consapevole.

Nello stesso tempo però in lei vedeva una bambina spaventata, stanca e desiderosa di avere una vita normale, come lui, solo che in lui tutto questo era più evidente, spontaneo, mentre quel desiderio in lei era represso, scacciato negli angoli più reconditi della sua mente per essere dimenticato, perché non tornasse mai più a farla vacillare, perché essere figlio di Lucius Malfoy poteva essere difficile, ma non quanto essere figlio del padre della ragazza, perché, sebbene lui non c’era più, solo il suo ricordo era tanto opprimente da schiacciarla inesorabilmente, giorno dopo giorno.Come poteva resistere? Forse non lo avrebbe fatto, ma qualcuno l’aveva salvata, le aveva donato una vita diversa, normale.

Quel giorno a Diagon Alley, non l’aveva riconosciuta, non subito, ma quando l’aveva guardata negli occhi, mentre si rialzava, aveva visto la stessa espressione di controllo, di sicurezza, nascondere l’estenuazione, aveva rivisto quello sguardo, sognato per anni dopo che quella strana ragazzina era scomparsa per sempre dalla sua vita.

Solo quando era tornato a casa, dopo avere sfogliato vecchi album di fotografie, riconobbe in lei la piccola donna che aveva conosciuto nella sua fanciullezza, forse non se l’era ricordata anche perché quello non era il suo vero nome, non rammentava quale fosse, ma di sicuro non era Dafne, doveva averla chiamata così il suo salvatore o i primi genitori adottivi.

Ma ancora una volta aveva sbagliato, in treno, sicuro che avrebbe potuto smettere di vederla quando avesse desiderato, l’aveva invitata nel suo scomparto e lei si era messa a piangere, ma lui cosa aveva fatto? L’aveva coccolata, consolata, si era lasciato guidare dal suo istinto, no, peggio, si era mostrato debole. La mossa perfettamente sbagliata, aveva fatto l’errore che tanti anni fa commise, quando lei si mise a piangere tra le sue braccia, di nuovo aveva cercato di aiutarla e di nuovo lei si era accorta del loro legame, del loro destino comune, che però lei non poteva ricordare, non poteva conoscere e lo scambiò per amore. Non seppe mai come successe, forse fu quando lei disse “Lo senti anche tu che è come se ci conoscessimo da anni” o forse quando stanca di litigare lo pregò, mostrando per la prima volta di non avere il controllo su qualcosa, ma anche lui scambiò quello che sentiva per amore.

Solo ora si accorgeva però che ormai non era più un errore di calcolo, ora l’amava davvero e probabilmente anche lei.

Questo spiegava perché era successo quello che non avrebbe dovuto. Sperava solo di non averla messa in pericolo, sperava solo che Silente avesse fatto in tempo l’incanto fidelius e che il suo custode segreto fosse affidabile, chi era poi? Non aveva voluto rivelarglielo, chissa perché?Probabilmente Potter…al pensiero una fitta di gelosia lo travolse, no! Doveva smetterla di cedere alle emozioni! L’unica cosa da fare ora era aspettare e vedere quello che sarebbe successo, sperando che lui non sapesse già dove si trovava, sperando che non fosse talmente potente da farsi beffe di quel sortilegio, sperando che non fosse così malvagio da volerla ancora uccidere…

 

Dafne vedeva solo tanto grigio intorno a sé. Si trovava in una stanza illuminata fiocamente da una piccola torcia, appesa ad una delle spoglie pareti di granito, faceva freddo, lo poteva percepire, sotto le coperte del suo caldo letto a baldacchino, non sapeva perché, ma indossava solo una canottiera sopra le mutandine ed aveva i capelli bagnati, mentre l’uomo davanti a lei indossava un pesante pastrano.

Appena lo vide provò una stretta al cuore e poi un sospiro di sollievo, l’aveva riconosciuto, non doveva temerlo, anche se…

I suoi occhi azzurri color del ghiaccio avevano una strana luce, diversa da quella che era abituata a vedervi e in una mano impugnava minacciosamente la sua bacchetta. I lunghi capelli color platino erano raccolti in una coda ordinatissima, che oscillava leggermente mentre lui si avvicinava sempre di più, nello sguardo una velata sete di uccidere…chi? Ora capiva, voleva uccidere lei, ma perché? Cosa le aveva fatto di male? Poteva sentire la paura che provava sebbene non ricordasse precisamente di aver vissuto quella scena, poteva percepire la confusione.

Doveva fare qualcosa, doveva scappare: sicuramente cercare di fermarlo sarebbe servito a poco, se non l’avesse messa in condizioni peggiori. Ormai però la sua avanzata era terminata, il ghigno si stendeva sempre più sul suo viso e aveva già cominciato a pronunciare l’anatema quando entrò qualcuno nella stanza e gli ordinò di fermarsi. Sorprendentemente lui lo ascoltò e allora anche lei si voltò a guardare l’uomo.

Di nuovo poteva percepire come reale quello che provava nel sogno, ora che era arrivato si sentiva al sicuro, certa che nessuno più avrebbe voluto ucciderla con lui lì, ma nonostante tutto sentiva ancora timore, ma era diverso, assomigliava più ad apprensione, al bisogno di qualcosa che lui non poteva darle, amore forse.

Sorridente si avvicinò all’uomo con passi incerti, per accompagnarlo nella sua solita ronda notturna,  ma fu enorme lo stupore in lei quando anche lui alzò la bacchetta con il chiaro intento di farle l’avada kedavra, come poteva, era suo padre…riusciva vedere il lampo di luce verde che si formava sulla punta della bacchetta…appena prima che terminasse però un altro lampo, rosso stavolta, deviò il colpo, che la mancò di pochi millimetri.

Sentì lo spostamento d’aria violento vicino al suo viso…

Si sedette, di scatto, nel suo letto, improvvisamente desta e, come tante notti prima, urlò, con tutto il fiato che aveva in gola, forse più per la rabbia ed il dolore che per lo spavento.

Fortunatamente le vacanze non erano ancora terminate e le loro compagne di stanza non era tornate al dormitorio quella notte, probabilmente si erano fermate a dormire dalle amiche o dai propri ragazzi, così, quando Hermione cercò di capire cosa fosse successo, non dovette misurare attentamente quello che diceva.

“Ehi, come va? Incubo?” chiese con una voce incerta, timorosa che l’accusasse di nuovo di farsi i fatti suoi “S…si, credo di si” faticava a rispondere e quasi subito scoppiò in lacrime, lacrime amare, lacrime di rabbia “Cos’hai sognato?” “Non lo so con certezza…io…credo….non era reale, non era un ricordo…non poteva esserlo” il viso le si stava rigando di nero, era andata a dormire senza levarsi il trucco “Perché dici così?” “Perché io avevo cinque anni, sei forse e mio padre era lì, in carne ed ossa, ma non è possibile, a quell’epoca lui…” “Se n’era già andato” terminò per l’amica “Infatti, è stato orribile, volevano uccidermi, lui e un uomo, che non riconosco…anzi no, assomigliava molto a Draco: capelli platinati, lunghi, alto, magro ma evidentemente in forze…” “Tu non l’hai mai visto di persona?” “Non credo…” “Allora forse in parte era un ricordo, l’hai conosciuto in passato, te l’ha detto Silente no?” “Si…credo…credo di si” era ancora sconvolta “Forse hai sognato il momento in cui ti hanno portato via dal maniero dei Malfoy, il giorno che ti hanno cancellato la memoria e fatto cominciare una nuova vita” “Ma allora che ci faceva lì mio padre?” “Il sogno non è totalmente realtà, mentre dormi ti costruisci la realtà che vuoi, cambiare in parte fatti reali, fare entrare persone in un mondo fantastico o immaginarti persone inesistenti in luoghi familiari” “Già…” sembrava aver ripreso la calma, ma allo stesso momento dava l’impressione di essere appena entrata in uno stato di trance, guardava fissa il letto di fronte e parlava con una voce lontana, eterea “E’ molto sconcertante scoprire che tuo padre ti vuole morta” asserì “Vorrei dirti che ti posso capire, ma probabilmente sarei blasfema…” sembrò svegliarsi dall’apatia, la guardò, grata, ma poi una calma strana le si dipinse sul viso “Sarebbe bello palarne con te, sfogarmi, farmi consolare, ma non posso, devo mantenere il controllo di me stessa” “Ma tenersi tutto dentro fa male” “Non so, credo mi farebbe più male non essere più certa di cavarmela da sola, ho già messo a dura prova la mia sicurezza con la scenata che ho fatto a Draco” l’amica stava già chiedendole di cosa si trattava quando proseguì “A proposito, Silente mi ha detto che quest’estate si era fatto marchiare, quando in realtà non era vero, non è mai diventato un mangiamorte a tutti gli effetti, perché secondo te mi ha mentito?” “Non saprei…e se tu avessi capito male? E se ti avesse semplicemente detto la cosa in modo sbrigativo, credendo che tu conoscessi già questa parte della sua storia? Quello che ti ha svelato su di te era abbastanza lungo, forse ha ritenuto che, siccome pensava ne fossi già al corrente, infilare un’altra storia in un racconto così prolisso e contorto da spiegare fosse solo un modo per incasinarti maggiormente le idee” la chiarezza e la sicurezza con cui disse ciò la convinse “Si, deve essere così” fece un lungo sospiro “Sono solo stanca di tutto questo, vorrei semplicemente una vita normale, forse, come tutti i ragazzi di questo mondo, vorrei quello che non ho mai avuto e che probabilmente non è necessariamente ciò di cui ho bisogno” “Forse si, forse tutti ogni tanto avrebbero bisogno di una pausa dalla propria vita” “Già…” sorrideva beata a quella prospettiva “Ma basta ora, sento di non poter più andare avanti a parlare continuando a rimanere indifferente a quello che diciamo, sarà meglio dormire” “Buonanotte” le augurò allora Hermione, spegnendo la lampada. Decisamente non riusciva a capire la sua amica, ora finalmente aveva scoperto come mai odiava confidarsi, ma non concepiva comunque come poteva aver passato una vita a tenersi tutto dentro, a nascondere agli altri le emozioni che più la spaventavano.

Tuttavia non sapeva, mentre pensava questo, che c’era una persona con cui, sebbene raramente, riusciva a mostrarsi con sincerità, senza paura di perdere il controllo, anche se forse questi aveva rappresentato per lei il rischio maggiore, il pericolo di essere scoperta: Draco al tempo stesso era la cosa migliore e peggiore che le potesse mai essere capitata.

Quel mattino Dafne si svegliò riposata, nonostante tutto e, quando uscì dal bagno, completamente vestita e anche leggermente truccata, sembrava in perfetta forma, fisica e mentale, come se in tutti quei giorni niente le fosse capitato, niente avesse turbato la sua vita che mai nessuno, anche in precedenza, avrebbe potuto definire normale.

 

Ron, come accadeva spesso ultimamente, si svegliò solo. La stanza era completamente vuota: Seamus, Dean e Neville erano piuttosto mattinieri, anche durante le vacanze e Harry, approfittando del suo sonno pesante, si vedeva con Ginny la mattina, se riusciva, per poter passare almeno un momento nella giornata solo con lei, recuperando in anticipo i giorni in cui non le avrebbe quasi nemmeno parlato, quando sarebbero ricominciate le lezioni.

Malgrado tutto il suo risveglio non avrebbe potuto essere dei migliori, perché aveva aperto gli occhi, ma davanti a sé aveva ancora l’immagine di Hermione.

Come molte notti, dal giorno del ballo, da quando Madama Chips aveva detto loro che si sarebbe ristabilita, l’aveva sognata. Quando l’aveva vista a terra, priva di sensi, forse morta, si era accorto di provare qualcosa di più che neanche solo amicizia per quella ragazza, ma dichiararsi non era semplice, lui non era certo dei suoi sentimenti e già trovare il coraggio di invitarla alla festa quando ancora la vedeva solo come un’amica era stato arduo, non voleva nemmeno pensare a quanto ci avrebbe messo a convincersi a rivelarle tutto.

E poi, anche una volta che l’avesse fatto? Lei sicuramente non provava niente per lui, una ragazza così intelligente, così seria, non poteva trovare nessuna attrattiva in uno come lui, che probabilmente era al cesso quando distribuivano scaltrezza ed affini. Non aveva nessuna dote particolare, era solo un buffone, era solo capace a far ridere la gente, anche quando non avrebbe voluto ottenere quell’effetto e, spesso, quando succedeva, lei, invece di divertirsi s’irritava.

L’unica cosa buona in lui era la fedeltà, ma non bastava certo a far innamorare perdutamente di lui una come Hermione, tanto da non vedere i suoi infiniti difetti.

Come se non bastasse inoltre, erano più le volte che litigavano quando stavano insieme.

A suo favore c’era solo il fatto che, nonostante tutto, la sera del ballo era riuscita a farla divertire, a farle dimenticare tutti i pensieri che vorticavano in quella sua testa ricciuta sempre affollata, ma poi, furbizia assoluta, si era comportato come un deficiente e aveva dato di matto quando aveva scoperto che Dafne si vedeva con quel viscido di Malfoy.

-Bene Ron - si disse -ogni cosa intelligente che fai compi tre o quattro azioni idiote-

A dispetto di ciò c’era sempre una vocina nella sua testa che continuamente ripeteva ‘Tentare non nuoce Ron’ ‘Lo sai che gli opposti si attraggono’ ‘Sei totalmente sicuro di non farne mai una giusta?’ e questa gli infondeva un briciolo di speranza che però automaticamente distruggeva come fosse carta straccia: si diceva che si, forse era anche vero tutto ciò. Ma se così non fosse stato probabilmente avrebbe rovinato per sempre la loro amicizia, se lei non avesse ricambiato poi stare insieme sarebbe stato troppo imbarazzante e per colpa sua il gruppo si sarebbe disgregato, no, non poteva permetterselo.

Com’era bravo nel trovare scuse per nascondere il fatto che non le diceva niente solo per la paura del rifiuto, era immensamente più facile tacere, nascondere tutto e vivere nel proprio mondo di fantasie che rischiare un po’ di imbarazzo affrontando la realtà.

Così, come da molte mattine a questa parte, si rimise sotto le coperte cercando di rivivere quello che si ricordava.

Quando fu totalmente soddisfatto per aver approfondito ogni minimo particolare dell’ennesimo sogno fatto su Hermione decise di prepararsi e scendere a far colazione, sempre che non fosse troppo in ritardo e gli elfi domestici avessero già finito di cucinare da un po’.

Fortunatamente non era l’unico dormiglione della scuola e su ogni tavolo c’era ancora qualcosa di commestibile per riempirsi lo stomaco.

Dopo aver ingurgitato in tutta fretta due tazze di porridge e un boccale colmo fino all’orlo di succo di zucca si diresse in biblioteca: mancavano tre giorni all’inizio del nuovo trimestre e aveva ancora quasi tutti i compiti delle vacanze da finire, lì probabilmente qualcuno gli avrebbe passato qualcosa o per lo meno gli avrebbe dato una mano.

Effettivamente vi trovò Dafne ed Hermione, sedute ad un tavolo, da sole, chine sui libri, ma evidentemente immerse in una profonda discussione, di cui non capiva l’argomento, perché tenevano il volume della voce molto basso.

Con un po’ di disappunto si unì a loro, avrebbe preferito che lei fosse sola, ma così almeno aveva da chi copiare, l’amica non si era mai fatta problemi a passare i compiti, anche se ogni volta che la ragazza ricciuta la vedeva dare ai due il quaderno di incantesimi o trasfigurazione esclamava

“Ma come fanno ad imparare se copiano?” con voce seccata “Impareranno durante le lezioni o in vista dei compiti in classe, non sono la loro insegnante io per impedir loro di trovarsi all’ultimo minuto a dover capire ancora tutto, si spera che impareranno dai propri errori, altrimenti sono troppo stupidi per sognarsi di avere in futuro una vita dignitosa” rispose stavolta, azzittendola, sembrava che anche per Hermione ci fosse un senso in questa affermazione e questo lo inquietò: un po’ perché cominciava ad avere seri dubbi sul fatto che avessero ragione, un po’ perché gli dispiaceva che pensasse che fosse un fannullone buono a niente, ma ormai non aveva altra scelta, era troppo indietro e non aveva certo il tempo di fare tutto da solo.

Inoltre quando era in presenza della ragazza impegnarsi per lui diventava sempre complicato, ogni volta che alzava la testa, per riposare il collo, per domandarle qualcosa o perché aveva sentito un rumore strano che l’aveva distratto, non solo s’incantava a guardarla, a fissare i morbidi riccioli che le cadevano sempre disordinati sulle spalle, ad osservare il modo in cui mordicchiava l’estremità di quello strano aggeggio babbano che chiamava matita, mentre si concentrava su un esercizio intricato, ma si trovava anche a pensare, ogni volta, al modo migliore con cui avrebbe potuto spiegarle quello che sentiva, anche se persino a lui non erano del tutto chiari i sentimenti che provava.

Era molto frustante quella situazione. Sapeva che un giorno anche lui si sarebbe innamorato o almeno invaghito di una ragazza e che avrebbe cominciato a pensare che senza di lei non poteva vivere, ma adesso che era successo e che quella ragazza era Hermione, la cosa lo lasciava un po’ spiazzato. In parte perché si rendeva conto che già da molto la vedeva sotto questa luce, anche se non voleva ammetterlo a se stesso, in parte perché non essendo una qualunque ma la sua migliore amica non poteva chiederle consigli su come conquistarla e non riusciva nemmeno a parlarne con Harry.
Era abbastanza imbarazzante, lui non aveva avuto bisogno del suo aiuto per conquistare sua sorella, aveva fatto tutto da solo, non aveva chiesto una mano alla balia; però era anche vero comunque che lui era stato più fortunato: Ginny aveva sempre avuto una cotta per il moro e anche le circostanze nelle quali si erano dati il primo bacio erano state abbastanza fortunate per lui, con Hermione invece era come giocare d’azzardo, sapeva che gli voleva bene, come amico, ma aveva mai pensato a lui come ragazzo? Spesso il confine è sottile tra queste due cose, perché è complicato distinguere tra un forte legame come il loro e l’amore, ma lei aveva sempre avuto le idee chiare in tutto e non sembrava aver mai avuto dubbi sul loro tipo di rapporto.

“Ehi che fai dormi?” era lei “Cosa? No, no…” evidentemente si era distratto per troppo tempo “Ma cos’hai? Ultimamente sei strano” “Ma no, cosa dici…eh eh…” se n’era accorta -dovevo pensarci, è troppo intelligente- si disse distogliendo lo sguardo da lei e cercando di calmarsi un po’ guardando Dafne, che, con suo stupore, aveva stampato sul volto un ghigno divertito e gli lanciò uno sguardo d’intesa.

Possibile che anche lei ci fosse arrivata? Sperava che non le venisse la malaugurata  idea di dirle qualcosa –No, non lo farà, non è la tipa che s’impiccia nei fatti degli altri! Però…- scosse la testa, non doveva pensarci troppo, ma anche questo gesto attirò l’attenzione dell’amica

“Smettila di dire che non hai niente e subito dopo sbatacchiare la testa come uno stupido” “Ma cosa stai dicendo, avevo solo gli occhi un po’ appannati e mi dava fastidio, forse sei tu che ultimamente vedi problemi ovunque ti giri” la sua espressione si fece più seria “Hai ragione, anch’io mi sono accorta di essere ancora più apprensiva per ogni cosa” accorgendosi di avere toccato un argomento che la preoccupava cercò di rimediare “Infondo comunque è comprensibile, sono successe molte cose in questi primi mesi di scuola, contando il tuo grande salto, chiunque sarebbe più guardingo e prudente” e se ne uscì di nuovo con una frase perspicace che stupì le due e fece spuntare un grande sorriso di gratitudine sulle labbra di lei.

Si rimise a copiare i compiti, soddisfatto e tranquillo, anche se aveva quel solito peso sul cuore che lo preoccupava.

 

Di nuovo Ron l’aveva stupita, ultimamente le sembrava diventato molto più saggio anche se continuava ad impegnarsi troppo poco con la scuola, ma stava cambiando, non era più il ragazzo che aveva conosciuto sul treno quando cercava di fare un fasullo incantesimo sul suo topo Crosta ed aveva dello sporco sul naso; se ci pensava molte cose erano diverse in lui, molte altre però erano rimaste tali: la sua gelosia, il suo carattere irascibile e la sua impulsività, ma soprattutto la tendenza a scherzare sempre anche nelle situazioni più serie, sembrava non capire mai quando era il momento di smetterla.

Ma lei lo sapeva e si rendeva conto che quello non era ne il posto ne il momento per abbandonarsi ai ricordi, doveva finire il tema per Piton sulla pozione sdoppiante: anche per quelle vacanze non li aveva risparmiati e voleva due rotoli di pergamena della lunghezza di un metro, impresa abbastanza complicata anche per lei, dal momento che la preparazione non era molto intricata e non erano notevoli le notizie su questo intruglio scoperto poco tempo fa da un anonimo mago, nel complesso, non c’era molto da scrivere e diventava difficile riempire tutto quello spazio, anche ricorrendo alla calligrafia più grande che si permetteva di utilizzare.

Mancava poco meno di un quarto d’ora al pranzo quando il rosso annunciò che aveva terminato di copiare e che gli mancava solo quel tema idiota, che però avrebbe dovuto fare da solo perché nessuno aveva così coraggio da passare i compiti di pozioni

“Come hai fatto in un paio d’ore a fare tutto?” “Questione di allenamento, modestia a parte” disse strofinandosi la mano chiusa sul petto dopo averci soffiato sopra, fingendo di vantarsi “Non fare l’idiota” “Bè, infondo è vero, ma lasciamo perdere, venite a mangiare?” “Aspetta, mi mancano solo una decina di righe, andate avanti, vi raggiungerò” “Correzione, vai avanti, ti raggiungeremo” s’intromise Dafne che per questa affermazione ricevette un’occhiata implorante dall’amico, come a pregarla di non dire ad Hermione niente di quello che aveva capito, ma lei di rimando rimase impassibile, senza far trasparire le sue intenzioni, senza cambiare espressione, nemmeno quando lui prese a fissarla col suo peggiore sguardo minaccioso, che, a dire il vero, era piuttosto buffo e ridicolo, molto rassomigliante a quello che avrebbe un criceto mentre si cimenta nell’impresa di fare una ruota terminando in spaccata.

Così, vedendo che non sortiva nessun effetto, si diresse, arreso, verso l’uscita.

Ma, appena dalla porta scomparve anche l’ultimo ciuffo dei suo fulvi capelli la ragazza ricciuta invece di continuare imperterrita la battaglia contro le ultime righe vuote del suo foglio, mise tutto della borsa e si rivolse all’amica

“Anche tu hai notato che è strano ultimamente?” “Ma noooooooo, cosa dici mai?” disse facendo la finta tonta ma allo stesso tempo strizzando l’occhio “Non prendermi in giro, tu sai qualcosa” “No, mi spiace deluderti ma io non so proprio niente di niente” “Ah si? E allora cos’erano quelle occhiate d’intesa che vi lanciavate? Non sono stupida sai?” “Sembrerebbe il contrario e comunque non erano sguardi d’intesa, te lo posso giurare” “Io invece giurerei che lui ti ha detto qualcosa” “Di nuovo spiacente, ma non mi ha rivolto la parola da quando io ho smesso di rivolgerla a tutti voi” “Non ci credo, sai qualcosa” “Senti, sono stanca, mettiamola così, io non so niente, ma basta guardarlo perché tutto sembri ovvio e palese, tu stessa ti sei accorta che quando è con te è diverso, fai due più due” “Cosa? Quando è con me?” chiese confusa: non aveva notato questa piccola sfumatura e non poteva credere che lei avesse ragione, ma Dafne non rispose mai a quella domanda, anzi, sorrise e, prendendola per un braccio, la condusse nella sala grande, molto soddisfatta del risultato ottenuto.

Furiosa la seguì senza ribattere e continuando a non capire cosa centrasse lei con il cambiamento d’umore del ragazzo. E’ proprio vero che l’amore non s’impara sui libri e lei ne è la prova vivente.

Per tutto il giorno continuò a lambiccarsi il cervello cercando di trovare un senso nelle parole dell’amica. So cosa vi starete dicendo, non è nel carattere di Hermione non capire le cose, è sempre stata un asso anche nel decifrare i sentimenti delle persone! Vero, non c’è niente di più azzeccato in tutto ciò, ma l’amore è cieco, non solo perché potrebbe farti invaghire di persone che con te non centrano niente o che hai sempre pensato che non facessero per te, ma anche perché spesso di fa diventare un po’ stupidi, a dire il vero, tanto da non vedere cose che stanno palesemente davanti hai tuoi occhi.

Ora, con queste mie affermazioni potrei avervi fatto pensare: ah!ma allora anche Hermione è innamorata di Ron, ma pensateci bene, se vi ho tenuto, e lo sto ancora facendo, tanto in suspence riguardo al passato di Dafne, perché dovrei invece essere così esplicita in altre cose? Tuttavia potrebbe anche essere vero che sto dicendo questo per depistarvi, bè, come al solito, si scoprirà tutto più avanti…

 Tornando alla storia…come ho detto l’amore rende ciechi, quindi Hermione avrebbe potuto anche passare la sua vita analizzando parola per parola quello che le aveva detto l’amica e continuare a non capire cosa intendesse dirle, così fu infatti, l’unica conclusione a cui giunse è che probabilmente Ron poteva trovarsi a disagio con lei per via del suo incidente, ma comunque continuava a credere che fosse strano: cosa avrebbe dovuto imbarazzarlo?Forse si sentiva in colpa perché pensava che avrebbe dovuto proteggerla? Che idea idiota! Era certa che si rendesse perfettamente conto che l’unica cosa da fare in quel caso fosse correre e che lui in quello non poteva darle una mano, se non ama lo sport e non è atletica lui non può farci nulla! E allora cos’altro? Cosa poteva aver detto o fatto per confonderlo in quel modo? O forse centrava con la storia del passato di Dafne e l’amica  le aveva detto quelle cose per sviare l’attenzione da lei? No! Impossibile! Era riservata, non subdola…Non ce ne veniva fuori, sentiva che c’era un motivo preciso, qualcosa di ovvio e scontato che era la risposta a tutte quelle domande, ma non riusciva ad afferrarlo, sentiva che c’era vicino, che stava per capire, poi, come una farfalla che si è accorta dell’entomologo e vola via appena prima che il retino la catturi, scivolava via elegantemente. Come la innervosiva quella cosa. Basta! Decise che avrebbe fatto una passeggiata per schiarirsi le idee, dopotutto erano solo le nove ed erano ancora in vacanza.

 

I corridoi erano deserti e credeva che non l’avrebbe mai trovata. Ma perché tra tante sere proprio quella aveva deciso di farsi una camminata solitaria nella scuola? Sperava proprio che Dafne non le avesse raccontato niente, anche se a sentire lei le aveva dato solo un piccolo indizio che però non aveva colto, non era importante comunque, se era così evidente quello che sentiva presto ci sarebbe stato qualcuno che non si sarebbe limitato a darle suggerimenti, ma che glielo avrebbe proprio sbattuto in faccia e lui doveva evitare questo, già lo vedeva come un pagliaccio perdigiorno, se in più scopriva che non aveva nemmeno il coraggio delle proprie azioni sicuramente avrebbe perso quella famosa partita d’azzardo che aveva cominciato quando aveva scoperto i suoi sentimenti per Hermione.

Così, senza darsi per vinto continuò imperterrito la ricerca che fortunatamente non risultò infruttuosa: mentre faceva l’ennesimo giro del piano dov’era situato il loro dormitorio la vide, da dietro, scorse i suoi riccioli e la sua figura slanciata, davvero non capiva come potesse avere un fisico del genere nonostante lei e lo sport fossero due universi paralleli che non si sarebbero mai incontrati, no, non era il momento di pensare a certe  cose, stava per pronunciare la parola d’ordine e rientrare, ma la fermò prima. Con la voce rotta dal fiatone le disse

“No, ferma, ti….ti devo…ti devo parlare, vieni…con…me” “Ma Ron” obbiettò lei “sono le dieci passate, dovremmo essere dentro già da un pezzo!” “Al diavolo il coprifuoco, non è mai stato un problema per noi” “Effettivamente…” “Allora vieni con me, ti devo parlare” “D’accordo, ma solo a patto che sia una cosa breve” “Mi spiace, ma non lo sarà affatto” “Ma Ron!” “Per favore, è importante” stavolta non c’era più determinazione e sicurezza nelle sue parole, ma un tono lieve di scoraggiamento “Oh e va bene, andiamo ti seguirò” e s’incamminò con lui verso un corridoio del quinto piano, dove quasi tutte le classi erano in disuso e nemmeno Pix osava inoltrarsi tanto…

 

Risposte ai commenti:

Seyenne:lo so, sono cattiva, ma di la verità, nn sarebbe interessante la storia senza un poco di sana suspence…eh he -me cattiva-…Belle vero le descrizioni delle sensazioni e del cazzotto? Non dovrei dirlo ma ne sono abb orgogliosa, spero di nn sembrare arrogante nel dirlo…Cmq avrei voluto vederti a fare il balletto ;-)

Le reazioni di Ron e Piton? Esagerate entrambe, ma fedeli all’originale, nn pozzo stravolgere il carattere di tutti! Cmq cm vedi anche in questo chap nuovo approfondisco il rapporto di Ron con Hermione, pensi che nn abbia rispettato bene il loro carattere?
Hai trovato incasinato il pezzo dell’incanto fidelius? In che senso se posso chiedere? Perché ho tranciato di netto la storia di Silente? Di nuovo -me cattiva- !

Ad ogni modo si, era un errore, Draco stava nel suo dormitorio…

Bello il ballo con Dafne? Non potevo non concederglielo, mi sarei auto ammazzata, no, non scherzo, se nn si è ancora capito sn molto romantica…cmq grazie per continuare a seguirmi e fammi sapere cosa ne pensi di questo chap, bacioz, Summer9

Ps: nn ho ancora rivelato tutta la storia, ma spero che i rari indizi che ho disseminato leniscano per un po’ la tua curiosità…

 

Kiak:sono contentissima che ti abbia entusiasmato il chap, effettivamente mi sn impegnata moltissimo a scriverlo, adoro sempre nei libri la parte del ballo e quello del ceppo non è adnato come mi sarebbe piaciuto, così mi sono rifatta…toccante la scena della lacrima?Nemmeno il gelido Draco ha il cuore di pietra…

Sono soddisfatta anche di averti fatto ridere, è importante che c sia sempre una vena comica, altrimenti risulta tutto sempre un po’ tetro e deprimente…

Cmq si, trovo che annik somigli a qualcuno: a Dafne! Mi sembrava di averla descritta bene, non te la ricordi? E poi anche lei ha gli okki azzurri…

Devo ammettere che cmq si, dovreste riamare l’FBI per sapere la sua storia, ma anche così nn otterreste molto, nn la sanno…spero che i pochi indizi che ho dato bastino per un po’…grazie per il commentuccio, fammi sap se ti è piaciuto anke questo chap di “collegamento” ciauz, Summer 9

 

Bè, io vi saluto e di nuovo mi congedo fino alla proxima settimana ringraziando tutti quelli che leggono ma nn commentano(spero che c siano anke quelli)! Summer9!

 

 

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Capitolo 8
*** Una punizione fortunata e poi di nuovo a Hogsmeade ***


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Ecco il nuovo chap, sarà pieno di sorprese! Un grazie particolare a Seyenne ke continua a commentarmi e anke a quelli ke leggono ma non recensiscono…se ci siete, come spero, battete un colpo…(x questo chap cmq credo che il raiting sia NC17)

 

Capitolo 8°: una punizione fortunata e poi di nuovo a Hogsmeade

 

La stanza era umida e buia e su tutto aleggiava un penetrante odore di muffa. Quando Ron accese la lanterna che nascondeva nella divisa si distinsero perfettamente i piccoli fiocchi di polvere che avevano spostato con i loro movimenti affrettati e incalzanti.

Quando anche Hermione fu dentro chiuse la porta dietro a loro e lo spostamento d’aria sollevò ancora una gran quantità di pulviscolo, provocandole un forte eccesso di tosse.

Dovette attendere che smettesse, così si accomodò su di un banco. I gesti nervosi dei suoi piedi e delle sue mani tradivano la sua impazienza ed il suo nervosismo, ma la sua faccia era ferma e solida come il marmo, non rivelava nessun sentimento, se non si contano le orecchie che erano diventate di una tonalità di rosso molto più accesa e, se si guardavano attentamente da una distanza non troppo notevole, vi si poteva distinguere un semitrasparente filo di fumo che ne usciva(sto scherzando ovviamente, era solo per rendere l’idea, ndS).

Ad ogni modo la reazione della ragazza alla polvere non poteva durare in eterno, non essendone allergica, così presto smise di tossire e prese a fissare l’amico

“Allora? Per quale misterioso ed importante motivo mi hai condotto fino a qui  a quest’ora, senza poter aspettare domani?” le parole forse rivelavano un certo disappunto, ma il tono della voce mostrava più che altro una forte curiosità “C’è una cosa che devo dirti” “Fino a qui c’ero arrivata da sola sai?” “Smettila, così rendi le cose solo più difficili” “Cosa? Cosa rendo più difficile?” “Non riuscirò mai a parlare se continui ad incalzarmi così, ti chiedo solo di rispondere alle mie domande e di ascoltare quello che dico, poi potrai dire tutto quello che vuoi” “D’accordo” si arrese allora lei “Io so che Dafne ti ha parlato di me stamattina, cosa ti ha detto?” a quest’affermazione per la ragazza fu come se un lampo illuminasse il suo cervello: allora l’amica aveva ragione, lei centrava qualcosa con lo strano comportamento di Ron “Niente di particolare perché?” “Ho bisogno che tu mi dica esattamente quello che ti ha detto, perché vorrei basarmi su questo per spiegarti quello che devo” “E va bene, semplicemente io le ho fatto notare che ultimamente ti comportavi in modo molto diverso dal solito e lei con un giro di parole mi ha fatto capire che si, cambiavi, ma solo quando stavi con me” “Solo…solo questo?” “Già” “E tu, cos’hai capito da questa frase?” “Anche se mi costa ammetterlo nulla, non concepisco cosa possa centrare io con il tuo mutamento” questa rivelazione lo stupì, era abituato a sentirsi sempre rispondere da lei “Ma certo, è ovvio…” e questa novità un po’ l’aveva spiazzato “Okkei, ascoltami, non mi sento ancora pronto per questa cosa e non penso che sia il momento adatto per dirtela…” “Allora perché lo stai facendo?” “Mi vuoi lasciar parlare?” annuì, sbuffando, “Non posso aspettare oltre, è fin troppo evidente per quelli che ci stanno accanto e tra poco ricominceranno le lezioni, non tutti avranno il garbo di cercare solo di fartelo notare, ci sarà chi penserà di fare una buona azione o solo un dispetto ben riuscito spiattellandotelo in faccia, ma io vorrei che tu lo venissi a sapere da me” “Cosa?” non era proprio capace di stare zitta, con voce più irritata il rosso cercò di andare avanti “E’ partito tutto da giovedì, quando ti ho vista a terra, quando ho pensato che non c’eri più…allora, come se d’improvviso tutto diventasse più chiaro, mentre correvo per cercare aiuto, mentre disperato cercavo di andare sempre più veloce per non arrivare troppo tardi, ho capito. Ho capito che non volevo che te ne andassi, non solo perché sei una delle persone più care che ho, ma perché ho ancora tante cose da dirti che fino a poco tempo fa celavo persino a me stesso, perché inconsciamente avevo paura che, accettando quello che sentivo, ti avrei persa per sempre, invece di avvicinarmi ancora di più a te” ora l’espressione della ragazza era confusa e la testa cominciava a dolerle: non riusciva a capire dove volesse arrivare Ron con quelle parole.

“Io so di non avere molte qualità, so di non essere un mago coraggioso e famoso come Harry Potter, bello  e misterioso come Draco Malfoy” questa affermazione gli costava veramente molto “Sono solamente Ron Weasley, un ragazzo troppo alto, tutto ossa e lentiggini con le tasche vuote e la mania di sdrammatizzare tutto quello che succede, spesso coprendomi di ridicolo. E ancora più ridicolo per me sarebbe credere che una ragazza bella, intelligente, coraggiosa e sveglia come…insomma, una ragazza così, si possa interessare a me, so che è solo un bellissimo sogno, so che quando mi sveglio non devo continuare a credere in quest’illusione, ma tutto questo non importa, quello che davvero mi preme è che tu non pensi che io sia anche un vigliacco, quindi non aspetterò che sia qualcun altro per me a farti notare quello che già è palese, non mi nasconderò dietro le chiacchiere perché non ho trovato la forza di guardarti in faccia e dirti che ti amo” anche lui si stupì di quello che aveva appena dichiarato, sapeva di non avere ben chiaro in testa quello che provava per la ragazza e non capiva dove avesse trovato il coraggio di dire qualcosa che ancora faticava ad accettare. Ma come aveva affermato lui stesso, non era importante, ora lei non poteva pensare che fosse un codardo e questo gli bastava.

Ma la sua reazione non fu quella che si era aspettato, ne quella che sperava.
La sua faccia improvvisamente divenne rigida come pietra, non sapeva dire se fosse per rabbia o cos’altro, era indecifrabile.

Con una lentezza indefinibile, mentre un silenzio di ghiaccio e paura si era introdotto in ogni fessura del corpo immobile di Ron, Hermione si diresse verso la porta, dove si voltò, per guardarlo un ultima volta, fugacemente, prima di spalancarla e correre via, senza fermarsi nemmeno quando le sue urla raggiunsero laceranti le sue orecchie “NO! FERMATI, COSA TI HO FATTO? COSA TI HO DETTO DI MALE? NON SCAPPARE COSì”

 

Le lezioni erano ricominciate e con loro le giornate avevano ripreso a scorrere lente, faticose e spesso noiose, la quotidianità li stava di nuovo intrappolando nella solita rete della routine e la minaccia dei compiti in classe del trimestre aveva ricominciato a pendere sugli studenti, ma c’era qualcuno per cui tutto questo non era vitale, c’era qualcuno che aveva anche altre cose di cui preoccuparsi.

Ma non per questo qualcosa era cambiato nella scuola, non per questo a qualcuno era saltato in mente di attribuire meno importanza a quello che fino a quel momento era al centro della sua vita di adolescente, non per questo qualcuno la trattava diversamente.

Per Dafne era bello vedere come nessuno aveva modificato il suo atteggiamento verso di lei, che sapessero o meno la sua storia, la vita continuava e nulla era cambiato, nemmeno lei. Sorridente si avviò a lezione, riflettendo sul fatto che se fosse successo tutto durante il trimestre avrebbe superato molto più in fretta e facilmente la crisi che le avevano procurato le parole di Silente. Non la turbava nemmeno che la prima ora del primo giorno avessero in programma pozioni, come all’inizio dell’anno.

Il professore entrò in aula con il suo solito incedere veloce e disordinato, mentre le sue vesti sbatacchiavano incerte sulle caviglie nodose, sembrava che il periodo Natalizio invece di distenderlo l’avesse innervosito maggiormente.

Quella doppia ora non si prospettava di certo noiosa e tranquilla, ma era anche vero che nessuno si era diretto nei sotterranei pensando che così sarebbe stato e, come al solito, con un po’ di timore, si apprestarono a recuperare nelle borse gli ingredienti che avrebbero utilizzato quella mattina.

Piton non solo non sembrava di ottimo umore, ma evidentemente non era nemmeno in vena di parlare e in quel momento era seduto alla cattedra, che li osservava arcigno, appena dopo aver fatto comparire alla lavagna le istruzioni per l’intruglio che avrebbero dovuto preparare quel giorno. Era palese cosa si aspettava dagli studenti che, con silenzio, cominciarono a lavorare: ogni giorno che passava quell’insegnante diventava sempre più bizzarro ed intrattabile.

Solo quando vide che tutti erano concentrati sul compito parlò, fu breve e conciso, ma il suo tono tradiva una certa voglia di cominciare  a sfogarsi con loro togliendo punti e infliggendo punizioni, se solo gliene avessero data l’occasione, motivo in più per stare zitti e muti e fingere di ascoltarlo adoranti.

“Come avrete capito sono gli elementi costitutivi della pozione sdoppiante, dovreste conoscerli, per via del tema che dovevate svolgere per le vacanze, ma temo tuttavia che qualcuno possa non essere riuscito a svolgerlo al meglio, così ho preferito scriverli evitando di vedere copie di arti o altre varie parti del corpo che se ne vanno in giro senza il resto, visto che come al solito la sperimenterete su di voi” disse questo rivolgendo il suo sguardo verso Harry e Ron e più in generale verso tutti i Grifondoro, come se fosse ovvio ed inevitabile che avrebbero sbagliato tema e pozioni, ma ormai erano tutti abituati a quel trattamento e non ci fecero nemmeno caso.

L’impegno fu generale, nessuno ci teneva a rischiare di vedere il doppione di una sua gamba che impazzito prendeva a calci il professore mentre questi urlava adirato spiegandogli il modo in cui l’avrebbe punito, inoltre nessuno davvero ci teneva a dover sostenere un recupero della sua materia dopo aver meritato una valutazione tipo “T”(troll)!

Quando suonò la prima campanella i loro movimenti si fecero più frenetici e piccole gocce di sudore imperlarono la fronte di tutti, o quasi, ci sono sempre le eccezioni che confermano la regola e in questo caso si chiamano Hermione Granger e Draco Malfoy, ma non è una novità o mi sbaglio?

Comunque, non molto tempo dopo, il timer scattò e tutti e dieci gli alunni rimasti versarono un po’ della miscela in un vasetto trasparente, preparandosi per il solito antipatico test di fine lezione.

Senza cercare mai di celare il suo favoreggiamento per la sua casa l’insegnante fece provare per primi i ragazzi del serpeverde che, in ogni caso, se la cavarono senza problemi, fatta eccezione di un alunno il cui doppio aveva capo e busto spropositati rispetto al resto del corpo. Senza cambiare espressione gli chiese se aveva dosato bene la polvere di scarabeo e lo mandò a posto pregandolo di rivedere bene il passaggio, mentre Harry, ne era sicuro, lo vide distintamente scrivere una grossa “E” accanto al suo nome.

Quando fu il turno degli studenti dell’altra casa la sua espressione se possibile si accigliò maggiormente, innervosendoli parecchio, anche se in realtà si irritò molto di più lui quando anche accanto al moro apparve una copia perfetta del ragazzo; perciò, quasi certamente per ripicca, essendo lui l’ultimo, affermò che era terminato l’antidoto e che avrebbe dovuto badare al suo gemello fino a quando la pozione non avesse fatto il suo corso, ovvero ventiquattrore dopo.

Così Harry dovette lasciare l’aula, pochi minuti dopo, mano nella mano con la sua copia che, sebbene perfettamente identica nell’aspetto, nel carattere si era rivelata, se non l’opposto di lui, certamente molto antipatica e dispettosa e non poteva certo lasciarla vagare indisturbata per la scuola. Furono molte le risate quando, la professoressa Mc Granitt, vedendolo arrivare mano nella mano con se stesso gli chiese se tutto d’un tratto fosse diventato molto narcisista e talmente pieno di sé da non farsi bastare nemmeno un corpo solo.

Ovviamente lui non accolse molto bene la battutina sardonica dell’insegnate e, rabbuiato, si sedette in un banco all’ultima fila, accanto al suo fastidioso alter ego, che non fece altro che punzecchiarlo per tutta la lezione facendogli perdere una somma considerevole di punti.

La giornata, con quella compagnia indesiderata, sembrava non trascorrere mai, anche perché il suo doppio, petulante com’era, godeva nell’offendere gli altri e presto tutti si dimenticarono della pena che provavano per Harry, che se lo doveva portare appresso e lo lasciarono a sbrigarsela da solo.

Nemmeno Ginny, con tutta la sua buona volontà, resistette per molto e l’ennesima volta che quello tentò di infilarle la mano sotto la gonna della divisa ribadendo il suo ruolo di fidanzato  se ne andò, dopo avergli lasciato il segno delle cinque dita su di una guancia dicendo che, essendo la sua ragazza, come lui aveva affermato, poteva permetterselo.

La cosa peggiore però successe a cena, quando, annoiato perché il moro aveva deciso di non lasciargli la libertà che secondo lui gli era dovuta, cercò di ingaggiare con chiunque gli si sedesse accanto una lotta di molliche di pane e, quando si accorse che nessuno mai gli avrebbe dato corda, prese a lanciare cucchiaiate a iosa di zuppa inglese e succo di zucca. Morale: tutti al tavolo di grifondoro quella sera non avrebbero potuto coricarsi senza prima togliersi quella roba appiccicosa e puzzolente dal corpo ed Harry rischiò una punizione, fortunatamente evitata quando il preside intervenne in suo favore, sostenendo che non avrebbero potuto punirlo per qualcosa che, oggettivamente non aveva fatto e che non potevano nemmeno farlo con il suo gemello, perché, a conti fatti, non sarebbe durato fino al giorno stabilito.

Così, sempre più adirato, lo condusse a calci fino al dormitorio, dove, nelle ore successive, scatenò un putiferio indescrivibile, fino a che il ragazzo, arreso, lo portò in camera sua per dormire e dovette persino cedergli il letto perché lui, troppo schizzinoso, insisteva nel mettere più distanza possibile tra sé ed il pavimento.

Fu un enorme sollievo per lui quando, il giorno dopo, durante una movimentata lezione d’incantesimi, lo vide dissolversi nell’aere, lasciando cadere a terra con un tonfo secco la sua bacchetta, con la quale stava cercando di fare compiere assurde acrobazie ai libri di testo di tutta la classe, dai quali cadevano fogli rotti e strappati o addirittura grandi parti della rilegatura.

Da quel momento in poi la giornata proseguì tranquilla e per quel breve periodo riuscì persino ad apprezzare la calma, quieta a piatta noia delle lezioni, ovviamente solo fino al dì successivo, quando dopo un’ora di teoria di pozioni ne aveva decisamente le tasche piene di quella monotonia.

Quel diversivo però non gli permise di accorgersi di quello che stava succedendo tra Ron ed Hermione, i due infatti non si rivolgevano più la parola da un paio di giorni, non per le loro sciocche litigate, ma per qualche altro motivo che al momento era sconosciuto; inoltre non si evitavano entrambi, con l’espressione ostinata di chi non si vuole arrendere a chiedere la pace per primo, no, la situazione tra loro era ben differente. C’era il ragazzo che, sguardo triste e testa bassa, ma con un po’ di risentimento dipinto sul volto, cercava sempre un approccio con lei, che però, lo evitava, scappando via astutamente poco prima che lui potesse ribattere e fare qualcosa, come se avesse paura di guardarlo negli occhi e ascoltare quello che aveva da dirle.

E ora, che il suo gemello era scomparso e lui era di nuovo libero e vigile, notò subito questa cosa e altrettanto immediatamente volle parlarne con l’amico, che però non sembrava esattamente disposto né à collaborare né a confidarsi

“Ehi, che succede tra te e ‘mione?” buttò lì come se fosse una domanda casuale e di poca importanza, per non farlo imbarazzare o, peggio, innervosire troppo, ma non funzionò “Niente” “Ah, certo, okkei, meno male” utilizzò un tono poco convinto, come a fargli capire che non pensava fosse giusta quella risposta, ma che non era obbligato a parlarne con lui se non se la sentiva e così fu. Quella frase fu sufficiente al rosso per ritenere concluso l’argomento e discutendo dell’imminente partita contro i corvonero si diressero verso la sala grande, per la cena.

La situazione al tavolo, se possibile, era ancora più imbarazzante: era evidente che anche le ragazze avevano notato qualcosa e, come lui,  avevano provato senza successo ad avere qualche spiegazione e ora se ne stavano in silenzio guardando l’amica di sottecchi e scambiandosi sguardi curiosi ma arresi.

Il loro arrivo aggravò maggiormente la situazione e il silenzio piombò inevitabile sul gruppetto, fino a che Hermione, stanca di sentirsi l’attenzione di tutti puntata addosso, si alzò, salutandoli freddamente e uscì dalla sala, probabilmente diretta alla sua camera.

Stavolta fu Ginny a chiederglielo “Cosa diamine è successo?” “Nulla, come ho già detto ad Harry” “Già lo sospettavo, che divertente, senti Dafne, ti va se da domani anche noi non ci parliamo più? Magari è un gioco spassoso, magari è quello che stanno facendo loro due” “Non mi sembra il caso di…” ma l’amica non fece in tempo a concludere la frase “Cosa pretendi? Che ti racconti vita, morte e miracoli della mia vita? Non dico che non mi faccia piacere che voi tutti ci teniate a me, ma ci sono certe cose di cui non mi va di parlare, cose che non sono pronto a rivelare e non rivolgerti più a me con quel tono di biasimo, non avere la pretesa di sapere tutto solo perché sono tuo fratello e poi, diventare la ragazza di Harry non ti ha dato nessun diritto, stanne certa” queste parole glaciali la colpirono duramente, un po’ perché capì di essere nel torto, un po’ perché, anche se lo sapeva, sentirsi dire da suo fratello che non voleva confidarsi con lei era abbastanza triste “Ma io…scusa, volevo solo saper cos’è successo, siete strani” “Passerà, stai tranquilla” “Non essere così testardo, potremmo aiutarti” “Potrebbe essere che io voglia cavarmela da solo per una volta” “Ma…” stava per ribattere di nuovo, quando, vedendo l’espressione risoluta del rosso si arrese “D’accordo, ma ricordati che potrai sempre contare su di me” “Non ho dubbi” disse sospirando e mangiando l’ultimo boccone ormai freddo del suo pasticcio di carne.

Tutti ovviamente erano del parere della ragazza, ma era difficile dimostrare il loro appoggio ad una persona che in modo tanto evidente lo rifiutava, così tacquero, seguendo la regola del silenzio-assenso.

Quella sera li lasciarono entrambi soli, li avrebbero cercati loro se ne avessero sentito il bisogno. Così Harry trovò un luogo appartato per stare con la sua Ginny e Dafne partì alla ricerca del suo biondo amore, che doveva avere appena terminato gli allenamenti.

L’aria della notte era gelida e nel cielo le stelle e la luna erano coperte da grandi nubi nere delle quali si scorgeva solo il contorno grigio fiocamente illuminato; la visuale era pessima e si guidò utilizzando la luce proveniente dagli spogliatoi. Poteva scorgere in lontananza i ragazzi della squadra che ne uscivano, lui non c’era, sperava che non se ne fosse andato prima, ma se tutti erano usciti e s’intravedeva ancora la luce dalle finestre era probabilmente perché lui aveva aspettato che se ne andassero per cambiarsi.

Ormai più ne aveva la possibilità più cercava di stare alla larga dai suoi compagni di dormitorio. Li aveva tutti contro, in parte semplicemente perché non vedevano di buon occhio da parte sua la relazione con una ragazza di una casa avversaria, in parte perché essendo figli di mangiamorte concepivano come alto tradimento il fatto che si fosse fidanzato con una ragazza appartenente alla casa che aveva sfornato tanti di quegli oppositori del Signore Oscuro da dargli filo d torcere.

Ma volgere il pensiero a certe riflessioni la faceva solo intristire e non era l’umore migliore con il quale andare da lui, così, cercando di tornare serena, spinse la porta scricchiolante ed entrò. Fortunatamente era sotto la doccia e non l’aveva sentita. Udiva lo scrosciare dell’acqua come se fosse sotto con lui, curiosa sbirciò dall’oblò della porta, ma non era molto alta e riuscì a scorgere solo i suoi ciuffi biondi bagnati e gocciolanti.

Dentro al piccolo edificio doveva esserci una qualche sorta di riscaldamento di conseguenza presto dovette decidersi a liberarsi della giacca, e, successivamente, anche del maglione, fu allora che cominciò a pensare che quel gran caldo fosse dovuto anche al pensiero del ragazzo nudo, sotto la doccia, al pensiero dell’acqua che libera poteva accarezzare il suo viso dalla pelle di porcellana, le sue braccia muscolose, il suo addome scolpito…

L’uscio si aprì, sempre scricchiolante e oltre al ragazzo uscì una nuvola di caldo ed umido vapore che per un momento annebbiò la vista di Draco, senza permettergli di capire bene chi ci fosse seduto davanti a lui, sulla panca dello spogliatoio. Istintivamente posò la mano sul nodo dell’asciugamano che aveva in vita e strizzando gli occhi cercò di metterla a fuoco, chiedendo

“Chi sei?” con voce inquieta, ma non ottenne risposta, così, un po’ incerto per via della sua nudità, fece qualche passo avanti, non sapeva perché, ma aveva sempre avuto un forte senso del pudore.

Quando la focalizzò non seppe se sorridere per il sollievo o arrabbiarsi, così, con un tono che sembrava tinto di delusione disse “Ah Dafne, sei tu?” confondendola “Che c’è? Non sei contento? Me ne vado se vuoi” propose alzandosi “No, non è questo, mi hai solo fatto spaventare, potevi almeno rispondermi. Comunque è tutto apposto” affermò irritato “Sicuro?” “Certo” assentì annuendo col capo.

Quando vide che si era spogliata nonostante il freddo pungente di quella sera però, invece di tornare in bagno a rivestirsi, subitaneo si avvicinò a lei e senza una parola di più cominciò a baciarle il collo, lentamente, adagiando ogni volta le sue labbra sul suo muscolo teso, per poi alzarsi e riappoggiarsi prontamente, ancora e ancora, partendo da dietro l’orecchio fino ad arrivare all’incavo formato con la spalla; aveva ripreso il controllo della situazione, come sempre, e ora lei fremeva sotto il suo tocco infuocato di passione.

Deciso, ma con delicatezza ed attenzione, prese a sbottonare la camicia di lei, bagnandola con le sue mani umide, mentre quelle di lei scorrevano graffianti sulla sua schiena madida e forte.

Ora si stavano guardando negli occhi, lei si slacciò la gonna scozzese della divisa che cadde a terra, quasi senza emettere rumore, accartocciandosi ai suoi piedi, prima che lei con un piccolo movimento del piede la calciasse via, e poi si avvicinarono, baciandosi con foga, quasi assetati l’uno dell’altro, mentre lui armeggiava con il reggiseno e lei sfiorava con l’indice il bordo della candida salvietta, indecisa sul da farsi.

Quindi le mani gelide di lui accarezzarono la pelle morbida e pallida accanto al suo seno, senza però avere il coraggio di sfiorarlo e piccoli brividi la percorsero per tutto il corpo, eccitandola; non ebbe più inibizioni: con le dita lentamente sciolse il nodo dell’asciugamano che scivolò via scoprendolo. Con movimenti maldestri lo stesero alla bell’e meglio poi vi si sdraiarono sopra, l’uno sull’altro e, come quella volta ad Hogsmead,e diventarono una cosa sola, corpo nel corpo, anima nell’anima, senza più distinzione o confine tra l’uno e l’altra.

Si amarono, per ore, come mai nessuno aveva insegnato loro, come mai nemmeno Draco aveva provato.

Quando, qualche tempo dopo, erano stesi uno accanto all’altra coperti solo dal cappotto di lei, il biondino ripensò a quello che aveva provato rifletté che forse nemmeno in paradiso si sarebbe sentito così appagato.

Allora si appoggiò ad un gomito, per guardarla: ciuffi di rossi capelli le ricadevano sulle guance in disordine e poteva vedere la forma del suo petto, sotto il pesante tessuto, alzarsi e abbassarsi sempre meno velocemente, seguendo il ritmo del suo respiro che stava regolarizzandosi.

Non sapeva perché ma quella situazione lo inteneriva: vederla lì, accanto a lui, nuda, con gli occhi ancora chiusi ed inconsapevole di essere osservata gli diede come l’impressione che avesse bisogno di protezione.  Sotto quella barriera di roccia che si era dovuta creare per non soffrire, si celava una piccola bimba che ancora voleva capire come mai il padre la volesse uccidere e la madre l’avesse abbandonata -Non preoccuparti, ora ci sono io, ti difenderò, non lascerò più che ti facciano del male, non ti abbandonerò mai- pensò mentre le scostava i capelli dalla fronte imperlata di sudore freddo.

Al suo tocco Dafne aprì gli occhi e lo guardò, con quel suo solito sguardo imperscrutabile, sapeva che solo a lui permetteva di usare la chiave del suo cuore, sorrise

“Sei ancora così arrabbiato che non ti abbia risposto?” “No, non lo sono” disse e si alzò per rivestirsi.

 

La stanza era immensa e umida, odorava fortemente di vecchio e sentiva che sarebbe soffocato se non avesse aperto le finestre, così lo fece e una folata di vento freddo lo investì facendogli quasi cambiare idea –No, tra un po’ suderò come un matto a pulire, stare al fresco mi farà bene- si disse per incoraggiarsi e, infilandosi i guanti di gomma che Gazza gli aveva consegnato impugnò per primi straccio e lucidante, pensò che non avrebbe avuto senso  spazzare prima il pavimento per poi doverlo pulire di nuovo una volta che avesse tolto gli ammassi di polvere accumulati da anni su quei mobili abbandonati.

Per un breve istante si trovò a pensare con gratitudine alla sua famiglia: se non avesse passato gran parte delle sue punizioni alla tana a fare i lavori domestici quel giorno si sarebbe dovuto trattenere fino a notte inoltrata.

Anche se effettivamente, ora che si guardava intorno, date le dimensioni della stanza ed il quantitativo di pulizie da fare, non sarebbe rimasto lì dentro tanto di meno, a meno che non avessero mandato Hermione ad aiutarlo.

Però visto che non era già lì forse non sarebbe successo, anche se Gazza li aveva scoperti insieme fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco, dopo che avevano parlato quella sera, non era scontato che avrebbero dato loro la stessa punizione.

Ad ogni modo si mise a lavorare, anche se fosse stata solamente in ritardo ne avrebbero avuto per un po’ e non aveva intenzione di fare le due quella sera, il giorno successivo il test di trasfigurazione ci sarebbe stato lo stesso.

Mentre faticava tuttavia, non poteva fare a meno di riflettere sulla reazione della ragazza alla sua rivelazione. Capiva che poteva essere sconcertante e poteva non ricambiare i suoi sentimenti, ma a che scopo fuggire così? Di solito affrontava i suoi problemi, non voltava le spalle correndo e…

Un sordo clack interruppe i suoi pensieri: Argus aveva aperto la porta dalla quale era entrata lei, quel tanto che bastava per permetterle di passare. Si sentì un altro scatto della serratura, ora erano chiusi dentro, insieme, non sarebbe potuta scappare, era il momento adatto, poteva parlare, non sarebbe corsa via, non avrebbe potuto, ma, invece di farlo, le porse semplicemente un altro straccio e la invitò ad imitarlo.

Non era un vigliacco, non avrebbe approfittato della situazione costringendola a fare qualcosa che non si sentiva, sarebbe rimasto in silenzio, fino a che lei non si fosse decisa a dicuterne e, se non l’avesse fatto, avrebbe aspettato, ancora e ancora, non importava quando, purché non la dovesse forzare.

Ma non gli servì dimostrare la pazienza di un felino, dopo mezz’ora di mutismo e noiose pulizie sembrò averne abbastanza di stargli lontana e lo chiamò

“Ron” sorpreso lui non reagì subito, ma si voltò semplicemente, fissandola con sguardo indagatore “Mi dispiace, non avrei dovuto comportarmi così” –Effettivamente…- “No, non importa, ognuno reagisce a suo modo, l’hai detto, tu stessa no? Ognuno ha il diritto di affrontare i propri problemi a modo suo, impara da te stessa” rise, era una risata nervosa, ma come al solito lui aveva sdrammatizzato la situazione, a volte era proprio piacevole quando lo faceva, la tensione calava “Il punto non è tanto che non ricambio i tuoi sentimenti” questa frase aprì una speranza nel cuore del rosso “Il fatto è che non penso che i tuoi siano reali, credo siano solo una reazione al mio incidente, vedi, Harry ha rischiato spesso la vita ed è un’abitudine per te vederlo a terra da qualche parte sanguinante e nel letto dell’infermeria, ma io, per quanto spesso l’abbia aiutato, non ho quasi mai rischiato la pelle, o comunque tu non mi hai visto solo una volta, pietrificata, ancora con la possibilità di essere salvata e pensarmi morta ha fatto nascere qualcosa in te che però è passeggero ed instabile” “Come…come credi di poter sapere quello che provo, di capire, anche solo realizzare i miei sentimenti? Non sai quello che c’è nella mia testa e nel mio cuore, tu…tu…questo non lo puoi leggere su di un manuale ‘Ronald Weasley, le sue emozioni dalla A alla Z e, se possibile, anche lettere ancora sconosciute’, no! Io quello che ti ho detto lo sento davvero, proprio per quello ho trovato la forza di rivelartelo, perché era fin troppo evidente per tutti, compresa te e non avrei mai potuto accettare che lo venissi a sapere per via di qualcun altro, dovevo dimostrarti di non essere un codardo” “Allora, tu, insomma, tu mi ami?” suonava molto strano “Si, credo…credo di si, anzi no, ne sono certo, completamente” “Io non so cosa rispondere” sovrapensiero si sedette sulla grande sedia dietro la cattedra, sollevando un gran polverone “Non devi farlo subito, hai tutto il tempo che vuoi per rifletterci e capirò se per te non sarà lo stesso, una ragazza brillante come te difficilmente s’innamora di un giullare come me” “Non dire sciocchezze, non autocommiserarti, non funziona, ti ho sempre creduto una persona speciale e ti ho sempre ammirato, è solo che è difficile distinguere il sottile confine tra affetto e amore e io non sono brava con i sentimenti” “A volte per capire certe cose bisogna osare” si avvicinò a lei, scostando la sedia in modo da poter stare di fronte alla ragazza, poi si piegò e, in modo maldestro e goffo l’avvicinò a sé, per baciarla.

Quando le loro labbra si staccarono vide l’espressione stupita sul volto di Hermione che successivamente si rabbuiò “Non so se è giusto, io…” “Cosa stai dicendo?” “Non dovremmo baciarci” “Ma ‘mione allora non…” “No, sono solo confusa” “Lo so è difficile ma…vieni a Hogsmeade con me!” disse illuminandosi “Mh? Ma andiamo sempre insieme” “Motivo in più per non rompere la tradizione! No, a parte gli scherzi, io intendevo come coppia, sarebbe un appuntamento, una prova, per decidere” “D’accordo ci sto” accettò con entusiasmo “E ora mettiamoci al lavoro o arriveremo a sabato troppo stanchi per uscire insieme” concluse, cominciando a lucidare i vecchi banchi di legno leggermente ammuffiti.

 

Era un gelido sabato mattina di metà gennaio e dalla finestra del dormitorio Dafne poteva vedere il vento giocare sadico con le poche foglie ingiallite rimaste sul terreno spoglio, nemmeno la magia riusciva a non far morire l’erba durante il periodo più freddo dell’anno.

Indossava ancora la vestaglia e ad ogni piccolo spiffero che passava tra i cardini rabbrividiva sfregandosi le braccia incrociate sulle spalle.

Era bello poter rimanere un po’ sola a guardare il paesaggio e riflettere. La visuale che godeva dalla camera era ottimale per perdersi nei propri pensieri e nelle proprie fantasie. Tante volte aveva rivissuto quello che era successo il martedì negli spogliatoi con Draco, rivedendolo ogni volta nei dettagli, riuscendo ogni volta a sentire ancora le splendide sensazioni che lui le aveva fatto provare. Era da quella notte che non lo vedeva e spesso si sorprendeva a sperare che facessero qualche allenamento straordinario o che i professori li caricassero di meno di compiti per poterlo rivedere, ma quella purtroppo era stata una settimana massacrante, tanto che la squadra del serpeverde aveva annullato il secondo allenamento e il biondino, come lei d'altronde, era sempre rintanato da qualche parte immerso fino al collo negli appunti di trasfigurazione o negli spessi calderoni di peltro nero, per esercitarsi con le ultime pozioni che avevano fatto, così da non trovarsi impreparato per il test che Piton aveva annunciato dopo aver spiegato loro la pozione sdoppiante.

Erano da poco passate le otto, ma le sue compagne si erano già tutte preparate per la gita, prima di scendere a fare colazione. Lei, da parte sua, trovava inutile tutta quella fretta, dal momento che non sarebbero partite fino alle dieci e, comunque, non avrebbe potuto vedere Draco prima di quell’ora perché l’aveva informata che quella mattina avrebbe dormito fino a tardi, per poi potersi dedicare completamente a lei quando si sarebbero visti, chissà cosa intendeva con quella frase…sperava di aver capito bene.

Decise che avrebbe cominciato almeno a scegliere cosa mettersi. Mezzora dopo uscì dall’armadio, dal quale aveva già lanciato fuori miriadi di abiti ora ammassati sul letto in modo disordinato, che diligentemente si disposero con criterio nell’armadio dopo che ebbe pronunciato l’incantesimo adatto.

Quando uscì dal bagno era perfettamente pronta: indossava un paio di jeans aderenti, larghi in fondo, neri ed un pesante maglione celeste sciancrato in vita, di quella tipica lana che solo a vederla sembra morbida come panna montata.

I capelli, raccolti in due eleganti treccine, le ricadevano sulle spalle e si era truccata particolarmente bene. Era molto felice. Pensò che a lei i ragazzi le facevano davvero un bell’effetto.

Scese in  sala grande per far colazione, dove trovò i suoi amici che, già sazi, si erano fermati per fare quattro chiacchiere, in attesa che scattasse l’ora X.

Le fecero compagnia mentre mangiava, poi, visto che mancava ancora circa una mezzora alla partenza fecero una passeggiata per i corridoi deserti, prendendo la strada più lunga per andare al punto d’incontro, dove Gazza a avrebbe controllato i loro permessi.

“Allora, andrai con Draco come al solito?” “Si Ginny perché?” “Così, anche io e Harry ci andiamo insieme” affermò sorridendo al ragazzo dietro di lei “Mmmmh, bene, allora Hermione e Ron saranno soli soletti eh?” disse ammiccante “Ma smettila, siamo sempre andati soli da quando tu e loro due siete ‘occupati’”  ribatté il rosso infastidito dalla sue continue insinuazioni: fino a che non fosse stato sicuro di quello che c’era tra loro non voleva informare nessuno di quel tentativo, era una precauzione nel caso fosse andata male.

“Non essere sempre così permaloso fratellino, ultimamente sei troppo irascibile, ma che ti è preso? Stai seguendo una rigida dieta a base di pane e cattiveria? Ogni Santa volta che parli sputi veleno addosso a tutti anche se abbiamo smesso di chiederti quale strano problema vi affligge” lui non rispose, ma le rivolse quel classico sguardo da “Ti conviene non parlare più se ci tieni alla pelle” e, quando vide che alcuni studenti stavano già cominciando a mettersi in fila fece un cenno all’amica e si accodò.

L’altra coppietta rimase indietro, mentre Dafne rimase seduta ad aspettare il biondino, come lui le aveva chiesto.

“Perché non hai voluto dire niente? Vuoi dimostrare di non essere un codardo ma non trovi nemmeno il coraggio di dire che anche tu mi hai dato un appuntamento” “Speravo che non la pensassi così, credevo solo che fino a che tra noi non fosse stato tutto più…definito, diciamo, anche tu avresti preferito che nessuno sapesse niente, per evitare domande a cui non ci piacerebbe rispondere e situazioni imbarazzanti anche quando siamo tra noi amici” “Sai, devo dire che c’è qualcosa di profondamente giusto e furbo in tutto questo, mi complimento” disse mentre riprendeva la pergamena dalla mano del custode e con lui si avviava verso il villaggio.

Appena uscirono un’aria glaciale li investì e lei non seppe più dire se il forte rossore delle orecchie dell’amico fosse dovuto a quello o alle sue parole, anche se in verità aveva una precisa opinione in proposito.

Dopo un po’ che camminavano in un silenzio turbato lui a poco a poco le si avvicinò e, timidamente, le prese la mano, piccola e sottile, tra una delle sue, molto più grandi e robuste, ma soprattutto calde. In un primo momento, troppo sorpresa, si irrigidì, mentre le sue guance si colorivano sempre di più, poi, colpita dall’innocenza e dall’ingenuità con cui Ron aveva fatto quel gesto, tornò completamente a suo agio e strinse la sua mano in quella di lui, che sorrise, tranquillizzato.

Era una situazione davvero molto strana, non si sentivano imbarazzati, né turbati, ma non riuscivano a parlarsi, sentivano entrambi che dire qualcosa avrebbe rovinato la magia che si era creata, ma non riuscivano nemmeno ad agire, era come se quel momento si fosse cristallizzato e, mentre intorno a loro il tempo scorreva libero da ogni catena, il luogo dove si trovavano fosse un’isola dove tutto si era fermato, perché nessuno potesse rovinare quell’atmosfera speciale.

Mano a mano che si allontanavano dalla parte più frequentata di Hogsmeade si accorgevano di quanto fosse però irreale quel silenzio, non ne avevano mai sentito il bisogno, in precedenza, di stare zitti, quando erano insieme, anzi, avevano sempre riso e scherzato quando visitavano il negozio di scherzi di Zonko, o chiacchierato spensierati mentre si gustavano una burrobirra al pub.

Improvvisamente Hermione si trovò a pensare come fosse inevitabile che presto tra loro sarebbe nato un sentimento di quel genere, ormai, da quando i loro amici si erano fidanzati, si trovavano sempre più spesso soli, a fare tutto, e si stavano conoscendo sempre meglio, aveva scoperto molte più cose di lui in quei quattro mesi che nemmeno in cinque anni di scuola e avventure condivise.

Non capiva come quella volta fare una gita insieme potesse essere diverso, in fondo era sempre stato come se avessero un appuntamento tutte le volte che Harry e Dafne sparivano e adesso la situazione non era certo dissimile.

Ma in realtà in questo ragionamento nascondeva quello che anche lei sapeva essere vero: non era come tutte le altre volte, stavolta avevano entrambi deciso che in qualunque caso avrebbero voluto rimanere soli, perché era un appuntamento, era una prova, volevano capire se avrebbe funzionato.

 

Come al solito Draco arrivò in ritardo, trafelato e rosso in volto  si fermò con uno scivolone davanti alla ragazza, cominciando a profondersi  in scuse e giustificazioni di ogni tipo

“La sveglia, non ha suonato e poi, non trovavo più il permesso e quando l’ho trovato, dovevo vestirmi e…” “Basta, non fare lo sciocco, so come sei fatto, non ti aspettavo certo per le dieci, non per niente mi sono portata un libro da leggere” disse ridendo, facendogli tirare un sospiro di sollievo e gratitudine “Sei fantastica, io, non lo faccio apposta è solo che…” “Ti ho già detto di smetterla, andiamo adesso, ho già aspettato abbastanza” lo incalzò facendo l’occhiolino e tirandolo per la manica del lungo mantello.

Per quella mattina non si isolarono subito dal resto del mondo, ma visitarono insieme i vari negozi e locali del villaggio, fermandosi una volta giunti al paiolo magico, per bere qualcosa insieme. Per la prima volta potevano stare davanti a tutti come coppia, certo, non era comunque sicuro osare così tanto, ma non l’avrebbero fatto tutto il giorno e poi sarebbero tornati a vedersi, se possibile, nel modo più incognito che potevano trovare.

Il locale, caldo e accogliente, non era mai stato per Dafne un’attrattiva come quel giorno. Per la prima volta da quando era arrivata ad Hogwarts, la sua vita sembrava ritornata normale: aveva degli amici che come lei uscivano con il proprio ragazzo o la propria ragazza e le uniche preoccupazioni che la assillavano al momento erano gli imminenti test delle varie materie e le montagne di compiti che si sarebbe ritrovata da fare una volta tornata a scuola.

Così, mentre sorseggiava quella dolce bevanda, lo sguardo perso nelle fiamme dorate del caminetto davanti a sé, si trovò a riflettere su quanto fosse bella l’Inghilterra, nonostante il clima rigido. In quel momento nulla la turbava più, nemmeno il pensiero dei suoi genitori, ormai l’aveva di nuovo allontanato, come tanti anni fa, quando l’assistente sociale le disse per la prima volta che non li avrebbe mai più rivisti.

“Tutto bene?” le chiese il biondino preoccupato dal suo sguardo fisso nel vuoto e dal suo sorriso malinconico stampato sul volto come se non dovesse mai più cambiare espressione “Certo, meravigliosamente” rispose mentre depositava un lieve bacio sulle sue labbra rosa pallide ma calde come la brace che scoppiettava nel fuoco.

Di nuovo erano giunti al loro nascondiglio segreto, una piccola nicchia nel mezzo del boschetto vicino alla stamberga strillante, dove, per la verità, avevano scorto con la coda dell’occhio Ginny ed Harry che si baciavano e coccolavano, facendo venire anche a loro una gran voglia di farlo.

Lì, sulla panchina, trovarono un piccolo topolino smagrito che stava rosicchiando indisturbato un pezzo di pane. Con dolcezza Dafne lo prese tra le mani e lo adagiò a terra, ma quest’ultimo abbandonò il suo cibo e correndo s’inoltrò nel folto degli alberi.

Senza darvi troppa importanza i due si accomodarono e cominciarono ad emulare i loro amici, ma con molta più foga e passione: era difficile controllarsi dato che non si vedevano da giorni ma si desideravano tutte le notti, immaginando che il caldo abbraccio delle coperte in realtà fosse quello dell’amata o dell’amato.

Ma non ebbero molto tempo per quel genere di cose.

Dopo nemmeno due minuti che si stavano scambiando effusioni udirono un fruscio sinistro intorno a loro, era come se, qualcuno che prima non c’era, si fosse all’improvviso materializzato e ora li stava circondando, ma non poteva essere, chi poteva voler fare uno scherzo del genere? Decisero di ignorare quegli strani rumori e ripresero a baciarsi, ma ormai si erano agitati e, oltre a non ricavare più piacere da quello che stavano facendo erano costantemente all’erta e distratti.

Poco dopo quei rumori si fecero più insistenti, ma soprattutto più vicini, più incombenti.

Presto le foglie degli alberi e dei cespugli presero a muoversi minacciose e Draco strinse più forte la ragazza tra le sue braccia, ma questo atteggiamento di difesa la spaventò maggiormente, dimostrava che non solo lei, ma anche lui, aveva perso il controllo della situazione e, di conseguenza, erano in pericolo.

Quando avevano ormai cominciato a pensare che sarebbe andata avanti così per ore, nere figure incappucciate uscirono dall’oscurità e uno di loro parlò

“Eccoli” disse con una voce melliflua e glaciale che, come un flash, la riportò a tanti anni fa: era una bambina, svestita e con i capelli bagnati, ma stavolta, a differenza del sogno, c’era anche Draco, zuppo e in desabillè come lei, forse era così che era andata veramente, forse c’era anche lui quel giorno.

Ancora una volta Malfoy si avvicinò con un incedere intimidatorio, brandendo come allora la sua bacchetta contro di lei. Ora poteva scorgere il suo viso pallido e crudele, con la stessa espressione che aveva Draco a Diagon Alley, il primo giorno che l’aveva conosciuto di nuovo, con la sola differenza che nei suoi occhi, dietro a quella barriera di ghiaccio, non scorgeva la malinconia, la tristezza ed il desiderio di una vita diversa come invece era successo con il ragazzo.

“Bene” continuò “Due in uno! Ho la possibilità di uccidere per il mio Signore colei che undici anni fa mi sfuggì dalle mani e il mio erede ribelle” questa affermazione non solo colpì Dafne, ma anche Draco, sapeva che suo padre in qualche modo avrebbe ottenuto la sua rivincita, ma non avrebbe mai pensato che anche lui volesse ucciderlo, ora erano sulla stessa barca.

“Come avete fatto a trovarmi? Ho fatto l’incanto fidelius” di nuovo la sua voce non era rotta dal pianto o dalla paura, ma era salda e calma, stava guardando in faccia la morte e sembrava che stesse per scegliere come vestirsi, anche se il suo tono era più grave del solito

“Credi che per fermare il Signore Oscuro basti uno stupido incantesimo? Io sapevo già del tuo ritorno, molto prima che Silente adottasse le sue drastiche misure di sicurezza, che poi, ovviamente, non hanno funzionato, devi sapere che questo tipo di anatema non funziona se la persona a cui vuoi celare la verità la conosce già, avete fatto tutto invano” stavolta a rispondere era stato un uomo dalla voce serpentina, gli occhi rossi assetati di sangue e il volto più pallido che avesse mai visto, era l’uomo che aveva visto in sogno durante l’estate, era suo padre “E così sei tornato, per me, ora vorrai uccidermi lo stesso scommetto, anche se non sono più cattiva” “Si perché rischiare?” “Già, perché? Non conta niente che sono tua figlia” “No Nerissa, non è mai contato niente, sei stata solo un errore, un momento di debolezza, in cui ho ceduto alla lussuria, niente di più, non ti ho ucciso appena nata solo perché tua madre si sarebbe opposta” “Solo perché non saresti riuscita a contrastarla” “No, ci sarei riuscito, sarebbe stata una dura lotta, ma ci sarei riuscito” ora lei stava piangendo, non singhiozzava, la sua voce era sempre ferma e sicura, ma lacrime amare le scorrevano sulle gote arrossate, quando lui aveva pronunciato quel nome, il suo nome, tutto nella mente da racconto si era trasformato in ricordo, come fosse stato un film le immagini della vita con sua madre le tornarono in mente, quelle parole, quelle stesse parole che lui adesso aveva pronunciato le aveva sentite da lei poco prima che cercassero di ucciderla, per tuo padre sei solo un errore. Perché? Perché gliel’aveva detto? Lei le voleva bene, lei l’amava, non l’ha mai abbandonata…

“Dov’è? Rispondimi, dov’è lei adesso se non ti ha mai lasciata?” “Lei non può mantenermi, lei sarebbe più un pericolo per me che una salvezza, ti attirerebbe” “Bè, mi sembra che a questo sei già bastata tu no?” “Non fare questi giochetti con me, non credere d’intimidirmi, non l’hai mai fatto, non ho mai avuto paura nemmeno di pronunciare il tuo nome: V-O-L-D-E-M-O-R-T” scandì bene le lettere, una ad una, ad alta voce, per dimostrargli che le sue minacce implicite non avevano effetto su di lei, che, dopotutto, era sua figlia e aveva una gran dose di sangue freddo.

“Ma brava e cosa credi di dimostrare con questo? Che sai parlare?” non rispose, ma si portò le mani al viso, asciugò le lacrime, per riprendere la sua dignità e rise, una risata di disprezzo, di sdegno, come se tutto quello che stava dicendo non la toccasse, come se non fosse importante che suo padre le stesse dicendo che la odiava, che la voleva morta, anche se dentro di sé era come se il suo cuore fosse prima diventato di pietra e poi fosse stato ridotto in tante piccole briciole e non le circolasse più il sangue nelle vene.

Come la invidiava Draco, lui era sempre riuscito a mantenersi freddo e distante, ma non quando si trattava di suo padre, quando c’era in gioco lui tutto il suo lavoro di autocontrollo non era servito a niente, ora infatti era lì, con un’espressione attonita sul volto e sapeva che se avesse parlato la sua voce sarebbe stata tremolante e non sarebbe riuscito a sostenere una conversazione che avesse un senso logico.

“Bene senti, io sono solo una ragazzina di sedici anni, che bisogno hai della scorta per farmi fuori? Non fare il codardo, accetta di fare un duello con me, alla pari, se così si può dire, visti i nostri rispettivi livelli” “Lasci che sia io ad affrontarla per lei, questa ragazzina insolente” intervenne Lucius “No, quello che è giusto è giusto, è mia figlia, dovrà morire per mano mia e non voglio rischiare che tu te la faccia scappare di nuovo” Malfoy sembrò ferito nell’orgoglio da quella frase, ma non disse niente e, rispettoso, si tolse di mezzo.

Con un gesto della mano ordinò ai mangiamorte di andarsene e quelli fecero retro front, dileguandosi nel bosco buio, solo il padre di Draco rimase.

“Anche lui deve andarsene” “Oh no, se vogliamo fare un duello secondo le regole ognuno di noi dovrà avere il suo secondo ed immagino che il tuo sarà Draco, non voglio togliere al mio servo più fedele la possibilità di fare ciò che io farò tra poco, eliminare il suo indegno erede” un altro colpo basso, un’altra pugnalata al cuore, di nuovo il suo volto immobile, impassibile.

“Allora, hai finito di sproloquiare? Iniziamo” “Quanta fretta, comunque, se è questo che vuoi, d’accordo, sono pronto”

Si misero in posizione, uno di fronte all’altra, s’inchinarono, senza mai togliersi lo sguardo di dosso e poi, quando lui pronunciò il fatidico tre lo scontro iniziò.

Dafne non fece nemmeno in tempo a pensare un incantesimo che un lampo giallo la mancò di pochi centimetri: appena lo scorse fece uno scatto di lato, rotolando a terra e si rialzò subito, non aveva nemmeno parlato, solo un sussurro, incomprensibile e dell’albero dietro di lei rimanevano solo delle braci fumanti.

Un po’ più prontamente lanciò una fattura contemporaneamente a lui. I due fasci di luce s’incontrarono e lei riuscì a deviare il suo colpo

“Ottimo, vedo che ti sei già resa conto delle tue potenzialità” “Ne dubitavi?” “No, in effetti, ma ora vediamo come te la cavi con questo” pronunciò una qualche formula incomprensibile, brandendo la bacchetta come una frusta e un lampo rosso ne fuoriuscì.

Senza pensarci un attimo saltò e si nascose dietro la panchina che andò in cenere.

“Non continuare a fuggire, non fare la vigliacca, cerca di morire con dignità” “Smettila, non mi fai paura” disse con odio e poi “Crucio” per la prima volta fu il Signore Oscuro a contorcersi sotto l’effetto della maledizione che spesso aveva usato per uccidere con dolore i suoi nemici. Le sue urla erano irreali, sembravano provenire da un essere che non poteva vivere sulla terra, ma riempivano le sue orecchie assordandola.

Vederlo lì, indifeso e raggomitolato le fece provare una gran pena, il suo odio si dissolse e l’incantesimo cessò di avere effetto. Allora lui si alzò e le restituì il colpo, solo che lei cadde su di una pietra appuntita che le penetrò nel polpaccio che cominciò a sanguinare copiosamente.

Quando lui sollevò la bacchetta lei si rimise in piedi a stento, la gamba le doleva e oltre a quella cadendo sulle dure radici di una quercia si era rotta un braccio, non avrebbe resistito a lungo.

Cercò di schiantarlo, ma lui fu più veloce e la mandò a sbattere di schiena contro un albero. Puntellandosi sulla gamba ancora sana rimase in equilibrio e cercando di imitare il suo labiale rifece l’incantesimo simile ad una frustata che le aveva rivolto lui in precedenza, ma evidentemente sbagliò delle parole e lo fece solo indietreggiare di qualche passo, ma lo stupì.

“Vedo che impari in fretta” lei non rispose, non aveva le forze anche per parlare e, cogliendolo in fallo, lo pietrificò con la fattura total body. Felice di averlo sorpreso si riposò un attimo, che però le fu fatale, lui si liberò dalle strette funi invisibili e si avvicinò velocemente, intrappolandola tra sé e l’albero.

Ora erano faccia a faccia, ma nei suoi occhi non vedeva la disperazione, vedeva solo determinazione ed orgoglio.

“D’accordo, per te è finita e lo sai anche tu, l’ultimo desiderio?” senza degnarlo d’attenzione si rivolse a Draco “Ti amo, ricordatelo, scappa se riesci e vendicami, promettimi che lo farai” “Lo farò Nerissa, anche io ti amo” piangeva, non era riuscito a difenderla, l’aveva abbandonata a se stessa, troppo preso dall’invidia che provava per il suo autocontrollo, non l’avrebbe delusa di nuovo, sarebbe riuscito a vendicarla “Non chiamarmi così, io non sono lei, non sono la figlia di Voldemort, sono Dafne, solo Dafne” “E’ per questo che ti amo”.

Con calma volse il suo sguardo verso la morte

“Sono pronta e non ho paura, fallo come desideri, nemmeno il dolore mi spaventa” “Ah no? Allora perché urlavi come una povera bimba impaurita quando ti ho fatto la maledizione criuciatus? No, papà no, non farlo, non mi vuoi bene?” la scimmiottò “Ancora cerchi di togliermi la dignità che tu stesso mi hai detto di mantenere? E’ inutile, non vincerai anche questa battaglia” lui rise “Forse, ma ho vinto la guerra, non è più importante” fece un lungo respiro, come a voler dare solennità alla cosa e poi levò il braccio, minacciosamente, la punta della bacchetta rivolta verso il cielo, piccole scintille verdi già scaturivano da quest’ultima “Avada…” ora l’arto si abbassava verso di lei, le scintille aumentavano, sfrigolanti, cera un certo odore di bruciato, l’odore della morte “…Kedavra” veloci fulmini smeraldini andarono verso di lei.

Chiuse gli occhi, in realtà era terrorizzata e la sua brutta faccia non sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto prima di andarsene. Rievocò l’immagine di Draco, della prima volta che si erano visti a Diagon Alley e ritrovò la serenità, per quanto si possa raggiungerla quando la fine è imminente.

Ormai erano passati più di venti secondi, era impossibile che il colpo non l’avesse ancora raggiunta. Grazie all’immagine del ragazzo trovò la forza per riaprirli e vide qualcosa che la sbalordì: a qualche metro da loro, appena uscita dal folto degli alberi c’era sua madre, o almeno credeva, ma non poteva essere diversamente. Era una donna bassa, snella, con rossi capelli ramati e degli occhi leggermente a mandorla, color del cielo.

Anche lei brandiva una bacchetta, dalla quale provenivano scariche di un blu intenso che avevano bloccato il colpo di Voldemort. Nel punto dove i due incantesimi convergevano si era formata una piccola sfera bianca e lucente, che palpitava e, a mano a mano, s’ingrandiva.

Cosa stava succedendo? Lei, il biondino e suo padre erano immobili a fissare quella scena, mentre i suoi genitori si guardavano negli occhi, con aria di sfida. Sapeva quanto fosse inopportuno quel pensiero al momento, ma non potè fare a meno di riflettere sulla cosa: per la prima volta vedeva i suoi genitori, insieme, era una sensazione veramente strana, nonostante lui stesse per ucciderla fu la prima volta nella sua vita in cui sentì cui avere una famiglia, per quanto potesse essere assurda e inverosimile.

“Sai che chi perderà per primo il contatto morirà” era stata sua madre a parlare, con la sua stessa voce, il suo stesso tono impassibile, come se stesse elencando la lista della spesa “Per questo conto sul fatto che sia tu a farlo” “Bè no, non questa volta, stavolta farò in modo che sia salva per sempre” “Non riuscirai, non sono più umano, io non posso morire” “Oh, sono solo dettagli” “Bene, mettila come vuoi, comunque io ho tutto il tempo che vuoi, posso aspettare anche settimane, mesi, anni, fino a che tu non mollerai la presa” “Oh, ma non abbiamo tutto quel tempo” disse indicando la sfera che, mentre parlavano, si era ingrandita: ora aveva le dimensioni di un enorme pallone dal diametro di tre metri, se solo avessero steso il braccio avrebbero potuto sfiorarla.

Per la prima volta un lampo di preoccupazione si accese negli occhi del Signore Oscuro “Cosa significa?” “Significa che non la ucciderai, nemmeno questa volta Tom” non ribattè, ma era evidente che stava pensando ad una soluzione, ma non fece in tempo, la luce lo inghiottì, come fece con Annik e loro tre non li videro più, ma la palla iridescente si stava espandendo, incessantemente. Dovevano correre, scappare via da quella cosa, lo sapevano tutti, ma nessuno riuscì a reagire, troppo sorpresi e sconcertati per quello che era successo e comunque entrambi sapevano che prima o poi li avrebbe raggiunti lo stesso, che nessuno la poteva fermare, nessuno che non fosse o Voldemort o sua madre, così Draco la raggiunse, la strinse forte a sé e insieme attesero.

Pochi minuti dopo una bianca luce accecante li avvolse e si ritrovarono in uno strano luogo. Galleggiavano a mezz’aria , erano soli, fatta eccezione di Lucius, i suoi genitori erano scomparsi.

Attoniti si guardarono intorno, le pareti sempre più estese della bolla erano come uno schermo e vi potevano vedere delle immagini sfocate che vi scorrevano a velocità impressionante, fino a che il pallone non si ingrandì sempre di più e tutto fu troppo lontano per poterlo scorgere.

Improvvisamente Draco vide suo padre svanire nel nulla e molto dopo sentì come se Dafne gli fosse sfuggita dalle mani e anche lei scomparve.

Subito dopo cadde a terra, era nella hall del ministero della magia, in giacca e cravatta e quando si accorse di essere inginocchiato e di aver lasciato cadere la sua ventiquattr’ore che si era aperta cospargendo il pavimento di documenti esclamò “Questa stupida mania di dare ogni volta due strati di cera, è troppo scivoloso”.

Nessuno seppe spiegare come, né perché, ma era come se per loro, sulla terra, fossero trascorsi cinque anni in cinque minuti, ma nelle loro menti, i ricordi di quel lasso di tempo, erano impressi come se li avessero vissuti.

 

Era sera, erano circa le nove e un quarto e in un quartiere di Londra una bimba di poco meno di tre anni giocava nel salotto di casa, con una bacchetta finta che ogni volta diventava un topo di gomma squittente. Un fuocherello leggero scoppiettava nel camino e illuminava i suoi capelli rosso fuoco, come quelli della madre e i suoi occhi verdi e profondi, come quelli del padre, guardavano divertiti l’animaletto di gomma ridiventare un lungo e solido bastone. Quando l’orologio a pendolo suonò le nove e trenta un uomo molto alto, dai capelli castani sempre scarmigliati, venne a prenderla per portarla a dormire “No nanna io, Maggie vuole giocare” disse cercando di divincolarsi dalla sua forte stretta. Ma lui la adagiò nel letto, rimboccandole le coperte, contro la sua volontà. Guardandola con affetto la baciò sulla fronte e, accarezzandole i capelli, le disse di dormire, di stare tranquilla

“Devi riposare, domani è il compleanno di Sarah e bisogna andare dalla nonna per festeggiare, mi prometti che quando spegnerò la luce dormirai?” “Solo se mi racconti una favola” lui sorrise, paterno, si sedette sul fianco del letto e chiuse un attimo gli occhi per riflettere “Non addormentarti però” rise “No, non preoccuparti” “Allora cominci?” “Va bene, va bene, c’era una volta un unicorno di nome Lucy che si era perso nel bosco e non trovava la strada di casa…” si addormentò dopo poco meno di due minuti e lui, dopo averla coperta bene uscì dalla stanza, spegnendo la luce con un colpo di bacchetta.

 

Risposte ai commentucci:

 

Seyenne:Ciao! Grazie di avere commentato anke il settimo cap!!! Lì avevo cercato di rivelare qualche particolare, ma in modo generalizzato, come vedi credo che con questo capitolo si siano risolti molti altri interrogativi! Finalmente ti ho accontentato: ora sai chi è il fantomatico padre di Dafne e Ron si è dichiarato, ma non si capisce bene cosa ne pensa Hermione…so che può sembrare assurda l’idea di Voldemort che ha una figlia, ma questo particolare era utile per passare alla seconda parte della fic, il salto nel futuro…spero si sia capito bene e che non sia tanto illogico da rendere banale la storia, ho cercato di descrivere nel modo più chiaro possibile come sono passati a cinque anni dopo, ma, nel caso fosse tutto un po’ confuso basta chiedere e, comunque non ha molta importanza il come, l’importante è l’interrogativo: e adesso?

So che è stato strano il mio modo di tranciare di netto il racconto del preside, ma se vi avessi spiegato tutto in quel momento non ci sarebbe stata più la possibilità di far luce a poco a poco sulla verità che è la cosa che apprezzo di più in una storia, tu cm la vedi?

Come al solito ribadisco di essere contenta del fatto di riuscire anche a far ridere con la mai fic, un saluto, Summer9(ti prego, fammi sap che ne pensi di questo cap, è uno dei più importanti!)

 

Alla prossima settimana…bacioz!

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Capitolo 9
*** Senza di lei... ***


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Bè che dire? Buona lettura…grazie x i commenti…

Capitolo 9: senza di lei…

 

Come odiava dover indossare vestiti Babbani, bè, in realtà soprattutto odiava i babbani. Ogni volta che aveva un incontro con ministri o politici non dotati di poteri magici era una terna al lotto: non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi con loro per favorire la collaborazione, anche se segreta, del mondo magico con quello babbano.

C’era chi aveva soggezione di lui, non solo in quanto mago, ma anche perché come persona incuteva un certo timore: era molto alto, snello ed esile, ma dava comunque l’impressione d’essere forte e saldo, i suoi capelli biondi, chiarissimi, emanavano quasi una luce propria e i suoi occhi di ghiaccio, dai quali ormai non traspariva nessuna emozione, quando ti fissavano, ti facevano raggelare. Con questi doveva essere calmo e tranquillo, cercando di metterli a loro agio.

C’era chi, invece, molto più prevenuto, stentava ancora a credere a tutta la storia sul mondo magico e lo trattava senza rispetto, ritenendosi superiore, in quanto persona più seria, e allora con questi doveva cercare di mantenere maggiormente il controllo della situazione, trovando comunque il modo di assecondarli.

In quel momento non potevano permettersi di avere screzi con nessuno, né con il mondo babbano né con i ministri magici delle altre nazioni. Per questo avevano creato il nuovo settore, facente parte della branca che si occupava di Collaborazione Magica Internazionale, chiamato Mediazione&Accordo con ministri magici e babbani, di cui lui era il maggiore rappresentante. Certo, non erano anni bui come lo erano stati nel periodo di pieno splendore di Voldemort, ma erano comunque in una situazione molto precaria: dopo lo sbalzo temporale, la cui entità era talmente grande da aver interessato l’intera popolazione, non si aveva avuto più notizia riguardo al Signore Oscuro, ma non volevano incappare nell’errore di tanti anni fa, ovvero quando, data la scarsa vigilanza, era riuscito nell’intento di resuscitare. Non l’avrebbero permesso di nuovo e a questo scopo avevano creato anche dei nuovi corpi d’elite di auror che sarebbero stati pronti a combattere ad ogni evenienza, in ogni momento del giorno, la guerra senza fine contro il male radicato ormai nelle radici di un mondo che tutti volevano migliore.

Era nato, inoltre, uno speciale corpo di vigilanza (che chiamarono polizia, esattamente come quella babbana, per maggiore discrezione), che si occupava di perlustrare, seguendo turni precisi, le varie parti delle città. Per questo motivo aumentava sempre di più il numero di maghi che lavoravano in borghese presso le città babbane.

Draco si alzò a fatica: i suoi movimenti erano limitati da quegli indumenti stretti che non lasciavano spazio. Goffamente raccolse tutte le sue carte, riponendole ordinatamente nella valigetta e si rialzò, recuperando totalmente la sua dignità.

Nessuno osava mai rivolgersi a lui in tono di scherno o comunque con sufficienza, stavano sempre tutti sull’attenti quando lo interpellavano, non aveva mai più permesso a nessuno di avvicinarsi tanto a lui come aveva fatto con Dafne e adesso che non c’era più si era chiuso in se stesso. Si rifiutava di fare ancora lo stesso stupido errore, si rifiutava di soffrire ancora così tanto.

L’ascensore arrivò come al solito preannunciato da un forte stridore e da un fastidioso clangore metallico e quando si aprì ne uscirono un paio di colleghi, che salutò con un cenno del capo, e numerosissimi areoplanini di carta magici. Appena la via fu libera entrò, premendo quasi contemporaneamente il quinto pulsante, poi si appoggiò ad una parete, attendendo con calma che la porta si chiudesse, ma, quando mancavano solo pochi millimetri, dita affusolate di donna s’infilarono nella fessura, bloccandola e respingendola, quel tanto che bastava a permettere ad Hermione di passare.

Senza fare caso a chi già ci fosse nell’abitacolo schiacciò il bottone del quarto, salutando il biondino con un ciao molto affrettato, senza ricevere risposta, improvvisamente capì chi c’era alle sue spalle.

“Sai Draco, potresti almeno sprecarti a biascicare un ciao” di nuovo silenzio “Come non detto” “Adesso nemmeno di sabato si è sicuri di non fare incontri indesiderati” stavolta fu lei a non parlare, ma alzò esasperata gli occhi al cielo, stava per replicare quando si aprì la porta, al secondo livello e la familiare voce metallica elencava i servizi che vi si potevano trovare. Non c’era nessuno in vista, così continuò la conversazione

“Perché insisti con questo atteggiamento ostile nei nostri confronti? Siamo tutti colleghi, non siamo più ai tempi di Hogwarts, smettiamola con certi infantilismi, non dico di diventare amici per la pelle, per carità, ma almeno una formale cortesia…” “E’ inutile che sprechi il tuo prezioso fiato in questo modo, ti avverto fin da ora” “Ma insomma almeno spiegami perché…” di nuovo l’ascensore si fermò, stavolta al terzo livello. Quando l’apertura si schiuse entrò nell’abitacolo un uomo, probabilmente un visitatore, dall’aria distinta nel suo mantello blu pervinca, ponendo così fine alla discussione.

Lei continuò ad osservarlo, l’espressione sconcertata, mentre lui la evitava accuratamente, lo sguardo di ghiaccio imperscrutabile, fisso sul cappello di quel signore, come se improvvisamente quell’oggetto fosse diventato per lui particolarmente interessante.

Quando la porta si aprì per l’ennesima volta, lei ne uscì arresa e si diresse verso l’ufficio di Jason che l’aveva chiamata urgentemente per una consulenza straordinaria; dal numero di volte che la interpellava avrebbe giurato che ci fosse qualcosa sotto.

Nonostante la sua assenza l’ascensore continuò il suo percorso e finalmente arrivò al quinto livello. Anche lo sconosciuto scese a quel piano con Draco, ma svoltò a destra.

Il biondo invece si diresse nel suo ufficio, dove, oltre a innumerevoli serie di scartoffie da completare e firmare doveva assistere ad una riunione di aggiornamento, sperava che anche quella volta non sarebbero dovuti partecipare gli auror, o li avrebbe dovuti vedere di nuovo, Potter ed il suo collega Weasley, sospirò, stanco e si mise al lavoro.

Un lontano rumore di tacchi che picchiettavano leggeri sul pavimento preannunciò l’arrivo della sua segretaria che gli consegnò un dossier molto importante sui rapporti di cooperazione magica Inghilterra-Francia e un’altra pila di documenti che costituivano la traccia principale per il trattato con Cina e Giappone, forse, grazie a lui, per la prima volta da trecento anni, sarebbero riusciti a riprendere i contatti con i maggiori rappresentanti della magia orientale, costruendo così una difesa più forte contro le forze del male che ancora si aggiravano ben nascoste e radicate nella società.

Come al solito la ragazza gli regalò un sorriso solare e, molto impacciata, prima di uscire inciampò nello stipite della porta, riuscendo con strane manovre a non cadere faccia a terra.

Ogni volta gli strappava una risata, sommessa, appena accennata, ma ogni volta, per un attimo, nel buio che la scomparsa di Dafne aveva lasciato dentro di lui, si apriva una breccia illuminata che però la sua tristezza si affrettava sempre a richiudere. Perché? Perché non riusciva più a ricordarsela? Non si rammentava più di che colore fossero i capelli che mille volte aveva fatto scorrere tra le sue dita, non riusciva più a vedere quegli occhi che tante volte avevano letto fino in fondo al suo cuore, non riusciva più a percepire le sensazioni che gli dava il contatto con la sua pelle ed il calore del suo corpo.

Non la vedeva più, non riusciva più ad immaginarla, sapeva che se avesse sentito la sua voce in mezzo a tante altre non l’avrebbe riconosciuta, non c’era niente che avrebbe potuto ricollegarla a lei, nemmeno un frammento di una sua foto, una piccola immagine, nulla, tutto volatilizzato.

E tutto questo era successo per colpa sua, ne era certo, ma gliela avrebbe fatta pagare, un giorno o l’altro, non si sarebbe vendicato solo di Voldemort, se mai l’avesse trovato…

 

Alla Tana fervevano i preparativi per la festa di Sarah. Era il 9 gennaio e compiva tre anni. La bambina, che ancora non realizzava completamente il perché tutti si stessero dando tanto da fare per farla felice vagava con aria trasognata per le stanze, con i grandi occhi color dell’ebano puntati in aria ad osservare festoni e luci colorate, con i lunghi ricci rossi che le cadevano sulle spalle raccolti in due codini. Aveva una bretella slacciata e una gamba della salopette, troppo lunga per la sua piccola statura, le finì sotto un piede, facendola inciampare.

Cadde ruzzolando e scoppiò a piangere, più che per lo spavento che neanche per il male effettivo, ma fu subito recuperata dalla nonna apprensiva che la prese in braccio e la cullò fino a che il pianto si spense e le lacrime si asciugarono sul suo viso tondo e roseo, dove spuntava qualche piccola lentiggine testarda. Quando Molly Weasley vide che la piccola si era calmata chiamò uno dei suoi figli, affinché la tenesse d’occhio fino a che non fossero arrivati tutti:

“Ronald Weasley, smettila di dare aria alla bocca vantandoti delle tue imprese e vieni a badare a tua figlia” dalla cucina arrivò un uomo molto alto e dinoccolato, dalla fulva capigliatura spettinata e il viso ancora più cosparso di lentiggini che in gioventù, ma senza quell’aria da eterno buffone che tanto lo caratterizzava, aveva un’espressione seria che si raddolcì solo quando vide la bimba rannicchiata al petto della nonna. Immediatamente la prese con le sue robuste braccia, mettendosela sulle spalle e la condusse sulla collina, dove spesso aveva giocato a quidditch con i suoi fratelli e dove ancora ne trovò.
C’erano Charlie e Billy, più vecchi di quanto se li ricordasse, che stavano insegnando ai loro figli a volare, nonostante il freddo. Erano due ragazzini vispi e briosi, privi della capigliatura rosso fuoco di tutti i Weasley, evidentemente avevano preso dalle madri e le loro chiome erano di un castano non troppo scuro, tuttavia tendente al fulvo, grazie a dei riflessi ramati, evidenti soprattutto alla luce del sole. Li poteva vedere librarsi incerti a pochi metri dal suolo, mentre cercavano di mantenere il precario equilibrio. Il figlio di Billy, Leonard, era il più grande, aveva quasi sei anni (era nato verso la fine del sesto anno ad Hogwarts) ed aveva una presa più salda ed un espressione un po’ più sicura, mentre quello di Charlie, Thomas, aveva solo una anno in più rispetto a Sally, o Sarah che dir si voglia, e sembrava sempre sul punto di cadere dal suo manico che ormai aveva visto anni migliori.

La piccola, che non aveva visto ancora nessuno volare, scese dalle spalle del padre e si diresse verso di loro, pretendendo di salire anche lei su quegli strani bastoni volanti, mentre tirava con foga la saggina di uno di quelli. Solo il pronto intervento di uno degli zii la salvò dal vedersi rovinare addosso uno dei più corpulenti cugini.

Charlie la afferrò con le sue possenti mani callose e prese a lanciarla in aria, per farla divertire, ma subito la bambina fu recuperata dal padre che, nonostante fosse cresciuto, non aveva smesso di essere fortemente geloso delle persone a lui care e, con un perfetto incantesimo di appello si procurò una scopa, di dimensioni poco maggiori, utilizzandola per far volare la figlia, insieme a lui. Fu così, librandosi ad un’altezza notevole, che vide in lontananza sua sorella scendere da un’auto del ministero con Hermione ed entrare in casa, la bimba appresso, mentre di Harry nemmeno l’ombra: avrebbe creduto che sarebbero venuti insieme.

Piano si riportò a terra e con i due fratelli tornò alla Tana.

“Ciao Ron! Siamo in ritardo?” chiese Ginny poco prima di stampare un grosso bacio sulla guancia della nipotina.

Quella subito dopo corse in salotto a giocare con la cugina, ignorando Hermione che le disse “Ehi e la mamma non si saluta?” scoppiando a ridere per l’innocente voglia di giocare delle piccole.

Sempre ridacchiando andarono in cucina dove trovarono Molly intenta ad apprestare alcune migliorie ad una grande torta al limone di sette piani, dove apparivano colorate decorazioni di zucchero e pan di spagna.

I tre si sedettero al tavolo, in attesa degli altri che stavano tardando un po’. Fu Hermione a dare inizio ad una conversazione

“Oggi al lavoro ho incontrato di nuovo Malfoy, come sempre è ostile e non saluta, ho cercato di chiarire con lui questa cosa, ma sul più bello è entrato qualcuno nell’ascensore” “Non ha fatto in tempo a farneticare qualcosa su quella ragazza, Dafne la chiama se non sbaglio?” domandò Ron “No, stavolta non ha fatto in tempo, anche se, devo dire, più ci penso più mi sembra che mi ricordi qualcosa” aggiunse pensierosa “Non farti troppi problemi e non chiedergli più niente, o tirerà nuovamente in ballo la storia che Harry, cos’avrebbe fatto?” “Rotto l’incantesimo fidelius e detto a Voldemort dove si trovava” stavolta fu la rossa a rispondere “Già, assurdo no? In ogni caso, a proposito di Harry, come mai sei sola?” “Al solito, dieci minuti prima che uscissimo l’hanno chiamato per un’emergenza, sarà un falso allarme come sempre, non si registrano più attività di mangiamorte da almeno un mese” “Vero, hanno chiamato anche me l’altro ieri, alla fine si trattava semplicemente di un lavoro per correttori di magia accidentale: Paciock era su di una metro babbana quando gli è scivolata la bacchetta dalla tasca e ha trasformato alcune persone in mostri strani, alcuni della polizia magica lo hanno scambiato per un attacco ed è scattata la chiamata, bisognerebbe reclutare gente più valida o meglio addestrata, non è possibile che agenti di guardia non sappiano distinguere babbani trasfigurati da troll o spiriti malvagi” “Già è assurdo” esclamò una voce maschile dietro di lui

“Finalmente Potter ci degna della sua presenza” scherzò facendogli l’occhiolino che Ginny però non vide “Piantala di fare il buffone” lo rimproverò mentre andava a salutare Harry, stampandogli un piccolo bacio sulle labbra.

“Scherzi a parte, a dire il vero non sei nemmeno molto in ritardo, mancano ancora i gemelli, papà, le simpatiche consorti di Bill e Charlie e Percy” pronunciò quest’ultimo nome con un tono di disapprovazione nella voce: circa nella primavera del loro sesto anno di Hogwarts lui era tornato a casa, scusandosi per tutti gli errori commessi e dicendo che sarebbe anche venuto prima, se non fosse stato che non si sentiva degno di tornare come traditore in una famiglia nella quale era sempre stato amato. Ovviamente Molly ed Arthur non ci avevano pensato due volte a perdonarlo, ma i fratelli non l’avevano mai fatto del tutto e tra loro non si era più ricreato quel rapporto che anche prima era stato comunque complicato, per via del carattere pignolo e altezzoso di lui che, anche all’età di ventisette anni, non si era ridimensionato.

Anche la signora Weasley percepì quella sfumatura nella voce di lui e questo la colpì duramente: odiava vedere un simile atteggiamento freddo e distante tra i suoi figli e, distratta, fece cadere a terra un gran quantitativo di glassa che avrebbe dovuto utilizzare per la guarnizione finale della torta.

A causa di questo incidente un’atmosfera generale di imbarazzo calò inevitabilmente sul gruppo: era chiaro che comunque fosse nessuno della famiglia aveva voglia di parlarne, mentre Harry ed Hermione non sapevano come o se fosse il caso di cambiare discorso.

Il pesante silenzio fu però fortunatamente interrotto dalle due bambine che irruppero nella stanza tirando per un braccio rispettivamente Fred e George, costretti a camminare chinati mentre ridevano dell’entusiasmo delle piccole.

“Ci sono gli zii, ci sono gli zii” urlavano allegre: era ovvio che tra tutto il parentado i due gemelli erano sicuramente quelli che potevano andare maggiormente d’accordo con pargoli e ragazzini, nonostante tutto non ne avevano, anzi, per di più non avevano nemmeno una famiglia.

Vivevano insieme in un appartamento sopra il loro negozio di scherzi e, nelle rare riunioni di famiglia, non parlavano mai delle loro fidanzate, tanto meno di ragazze che frequentavano occasionalmente.

C’era stato un periodo in cui nei discorsi di Fred appariva casualmente, ma sempre più spesso, il nome della sua ex compagna di scuola Angelina e questo fece credere quasi a tutti che fosse prossimo ad una convivenza, se non ad un matrimonio, ma solo poche settimane dopo lessero sul settimanale delle streghe che la ragazza era in luna di miele con il leader della banda dei lupi mannari stonati.

C’era chi credeva che i due avessero un legame incestuoso, come c’era chi era convinto che i due fossero troppo immaturi e burloni perché decidessero mai di mettere a posto la testa, dal canto loro i genitori avevano rinunciato a vederli accasati, anche perché erano gli unici due figli che mai aveva sentito lamentarsi dello stile di vita che conducevano.

“Ciao a tutti, credo che qui qualcuno abbia lasciato in giro delle piccole furie senza guinzaglio” esclamò George “Già, ma sei fortunato fratellino, ci abbiamo pensato noi a regalarti una museruola per questa cucciolotta impazzita” concluse l’altro scompigliandole i ricci indomabili che aveva liberato dai due codini.

Anche i due si sedettero intorno al tavolo, prendendo in braccio le bambine che non si convinsero a tornare ancora un po’ in sala nemmeno quando la nonna le minacciò che si sarebbe mangiata la torta tutta da sola

“Smettila, è impossibile, non ci riesci” ribatterono e di contro si accomodarono ancora di più sulle gambe degli zii, mentre aspettavano tutti gli altri.

Passarono ancora venti minuti, nei quali la conversazione si concentrò sulla decisione dei gemelli di aprire anche un mercato a domicilio della loro merce: la madre, già di per sé contraria a “quelle loro diavolerie”, come le chiamava, sostenuta da Hermione, disse che erano sufficienti i due negozi e che avrebbero fatto bene a non montarsi troppo la testa, mentre i due uomini erano fermamente convinti che fosse un’ottima idea, solo Ginny rimase neutrale, sostenendo che, per quanto la riguardava, avrebbero potuto anche andare in Madagascar a vendere i loro prodotti.

Il discorso, che come al solito si stava trasformando in una discussione, che, senza alcun dubbio, sarebbe degenerata in litigio, s’interruppe quando si udirono dei rumori provenire dal selciato

“Probabilmente sarà Arthur, qualcuno vada a chiamare Bill e Charlie, se arrivano Dana e Marissa la festa può iniziare” disse Molly, ma, quando videro l’autore degli strani passi comparire dalla porta, nessuno ebbe più tanta voglia di chiamare i due uomini, quanta invece ne avevano di fargli un mucchio di domande.

 

Il Malfoy Manor si stagliava incombente sulla solita cupa collina e le sue mura grigie e fredde emanavano come sempre un’aura nera e malvagia, nonostante fosse disabitata da anni.

Ogni volta che lo guardava quando tornava dal lavoro a piedi Draco faticava a capire come potesse essere nascosto alla vista dei babbani, ma, soprattutto, ogni volta ripensava alla sua famiglia: entrambi i suoi genitori erano morti. Forse non era esattamente il male peggiore, non erano stati un gran che, ma sua madre gli mancava. Suo padre invece…bè, aveva una stretta al cuore anche ogni volta che pensava a lui.

L’ultima volta che lo aveva visto, tre anni prima, era anche l’ultima che qualunque altro essere umano l’avrebbe visto vivo.

Aveva finito da poco il praticantato per un impiego al ministero e gli era appena stato offerto quel lavoro nella sezione Mediazione&Accordo con ministri magici e babbani. Se ne tornava felice a casa, per la prima volta dopo tanto tempo non si sarebbe sentito stretto, rinchiuso nelle quattro piccole mura del suo nuovo alloggio, che a dir la verità non si meritava poi tanto questa definizione e una nera figura incappucciata gli tagliò la strada.

Era in un’angusta viuzza della periferia Londinese, in una gelida sera buia d’inverno e non capiva chi, fatta eccezione di qualche pazzo, potesse avere voglia di farsi una passeggiata notturna. Proprio in quel momento poi aveva cominciato a nevicare e i primi delicati cristalli si scioglievano al contatto dello scuro manto dello sconosciuto.

Solo quando si mise a parlare si accorse che non lo era poi così tanto, sconosciuto. La sua untuosa voce melliflua gli trapassò i timpani come se si stessero lacerando a causa di tante piccole lame che vi infierivano.

“Ciao Draco, contento di rivedermi?” quelle poche parole gli fecero sanguinare il cuore più di quanto avrebbe fatto una pugnalata: l’ultima volta che l’aveva udito aveva perso per sempre l’unica persona che fosse mai stato in grado di amare. Ma era anche grazie a lei che, in quel momento, non commise l’errore che fece in precedenza, non gli mostrò la sua debolezza, sebbene ne sentisse il forte desiderio non versò nemmeno una lacrima e non gli si scatenò contro, con l’intenzione di fargli una plastica facciale a pugni in faccia.

Semplicemente, un ghigno inespressivo gli comparve sulla faccia e si apprestò a superarlo, senza rivolgergli la minima attenzione, ma quando l’ebbe sorpassato di pochi passi si sentì afferrare per il baraccio e tirare

“Non fare il vigliacco, non scappare” “Non sto scappando, ti sto solo ignorando, ti sto solo dando la possibilità di vivere ancora qualche tempo” “Illuso, non credere di avere sufficiente potere per affrontarmi” “Non sottovalutare il potenziale di un uomo distrutto dal dolore che ha deciso di non lasciarsi andare” “Non farmi ridere, non credere d’incantarmi con le tue commedie e poi di cosa diavolo stai parlando?” nemmeno lui la ricordava più, fatta eccezione del biondo, nessuno si ricordava più di una Dafne che fino a gennaio aveva frequentato il sesto anno con loro, com’era possibile? Bè, non era il momento di porsi certe domande “Non importa” “Infatti, l’unica cosa che conta è che hai abbandonato il tuo destino, hai tradito la tua famiglia, il Signore Oscuro, hai rinunciato al futuro di gloria che avresti ottenuto senza versare mai una goccia di sudore e meriti di morire” di nuovo, possibile che si fosse dimenticato di quel giorno, ad Hogsmeade, quando già una volta l’aveva minacciato “L’unica cosa a cui ho rinunciato è un futuro di fughe e assassini” “Smettila di rivolgerti a me con quel tono irriverente…crucio” Draco si contorse cadendo a terra, in silenzio, senza emettere un suono e, quando Lucius sollevò la bacchetta, si rialzò. Dentro le sue viscere bruciavano come se ardessero in un incendio, fuori niente denotava questa sua sofferenza “Grande” disse con tono grave “Aspettavo che mi dessi la possibilità di ucciderti senza essere incriminato” “Non credo, non oserai utilizzare l’Avada Kedavra su tuo padre” “Infatti, non ne ho bisogno, basterà qualcosa di più semplice” affermò glaciale e brandendo la bacchetta come una frusta e pronunciò le parole che Voldemort aveva usato contro Dafne.

Malfoy si afflosciò a terra, senza vita, con una vaga espressione di ansia sul volto. Con una tristezza nel cuore che mai si sarebbe immaginato di poter provare, prese il corpo e lo consegnò al ministero dove non fecero nemmeno caso alle circostanze in cui era morto: era sufficiente avere sul campo un seguace in meno di “lei-sa-chi”.

L’anno successivo morì anche Narcissa, si trovava nel momento sbagliato al posto sbagliato: nel bel mezzo di uno scontro fra auror e mangiamorte che non si fecero nessuno scrupolo ad indirizzarle una ben assestata maledizione senza perdono…

La metro si fermò. Era la sua fermata. In quel periodo i traffici con la polvere volante erano stati bloccati per un controllo dei collegamenti tra camini: sapevano che ce n’era qualcuno illegale e si stavano dando da fare per scoprirli, così doveva viaggiare con mezzi babbani o a piedi, se non aveva le forze di materializzarsi, ma quel giorno era troppo stanco anche per camminare e, inoltre,  poco dopo pranzo aveva cominciato a tirare un vento gelido.

Quando arrivò a casa sua erano le quattro. Grazie al suo nuovo lavoro si era potuto di nuovo permettere una reggia degna di quel cognome che, però, lo disgustava al solo pensiero della fama che lo contraddistingueva. Era un grande palazzo che niente aveva in comune col vecchio maniero che lo ospitava: le mura erano candide e lisce, mentre l’interno era luminoso e ben riscaldato, arredato nel modo più accogliente possibile.

Aveva un grande giardino che in primavera si riempiva di fiori dai colori sgargianti e dai profumi più invitanti, la descrizione potrebbe proseguire così, ma no, decisamente non era il suo genere, in realtà per la maggior parte ospitava piante e arbusti sempreverdi dall’aspetto imponente ed inquietante. Il grande cancello che circondava la villa era ricoperto di edera e non permetteva la visuale dall’esterno.

Fu davanti a quest’ultimo che trovò Blaise, appoggiato alla ringhiera invasa dalla pianta rampicante.

Dopo quel giorno era l’unico ad essergli rimasto accanto, era l’unico che, nonostante non ricordasse nulla della ragazza, credeva alla storia di Dafne e per il suo sostegno gli era molto grato, anche se non si era mai abbandonato a confidenze spropositate nemmeno con lui. Ma quel giorno, l’ennesimo tentativo di riconciliazione di Hermione aveva fatto scattare qualcosa in lui e quando lo vide non sentì quel solito sottofondo di fastidio, ma solo un grande sollievo per non dover entrare di nuovo in quella casa enorme e vuota.

 

Perfetto, si era di nuovo persa! D’accordo, Londra non era la sua città nativa, ma questo non giustificava che ogni volta non riuscisse a trovare la strada di casa. Del resto Amanda l’aveva avvertita prima che se ne andasse dall’Italia:

“Certo” aveva detto “Non si sa bene perché ma conosci l’inglese a menadito, ma con il senso dell’orientamento che hai e la sbadataggine che ti ritrovi non riuscirai mai ad ambientarti in quella città immensa” era la sua migliore amica, sapeva che aveva ragione, ma quella era una sfida che voleva affrontare e poi l’Inghilterra l’affascinava troppo, chissà perché…Così un bel giorno, dopo il diploma, era partita allo sbaraglio verso una nazione sconosciuta, con usi tanto diversi dai suoi, con solo una piccola valigia contenente i suoi pochi averi e qualche galeone avanzato dal pagamento del biglietto aereo: la metropolvere non permetteva viaggi così lontani e di volare sola su di una scopa non se ne parlava, si sarebbe persa, o sarebbe morta dal freddo, erano entrambe opzioni che non si sentiva di correre.

Quando sbarcò si guardò intorno: l’aeroporto era immenso e, nonostante fosse estate, tirava un vento freddo e cadeva un’incessante pioggia. Il cielo era plumbeo e coperto di nuvoloni dall’aria minacciosa. Con un briciolo di nostalgia per la sua solare e calda Toscana era uscita dal grande prefabbricato, zaino in spalla, coperta da capo a piedi da un pesante cappotto che fortunatamente aveva tenuto a portata di mano.

In una mano l’ombrello aperto, nell’altra una cartina dov’erano segnati i luoghi magici di Londra. Si era diretta al paiolo magico dove aveva affittato una stanza per la notte. Il giorno seguente era subito andata in cerca di un lavoro.

Passò da un impiego all’altro. Prima alla gringott addetta all’archiviazione, era un part-time e le consentì di attendere un corso di approfondimento necessario per poter diventare una spezza incantesimi, ma la banca la licenziò subito, poiché non era esattamente una persona ordinata e attenta e così cominciò la sua collezione di lavori: prima impiegata in un’erboristeria di Diagon Alley, poi cameriera della gelateria di Fortebraccio, infine barista al Paiolo magico.

Trascorsero due anni e finalmente riuscì a racimolare un gruzzoletto tale da comprarsi un piccolo trilocale vicino al ministero della magia.

In quel periodo era stata appena licenziata da Tom per aver rotto per l’ennesima volta una dozzina di bicchieri e così provò a vedere se lì sarebbe stata più fortunata. Strano a dirsi ma proprio in quel momento era stato aperto un nuovo ufficio al quale serviva una segretaria part-time. Fece la domanda d’impiego e fu assunta. Non riusciva a crederci: aveva un’occupazione remunerativa che le permetteva di frequentare il corso per spezza incantesimi, esattamente quello che stava cercando.
Difficile poi è descrivere quale fu la sua sorpresa quando vide il suo capo: un uomo alto e dal corpo scolpito, dalla pelle bianca, simile alla porcellana e gli occhi di ghiaccio, imperscrutabili, l’unico difetto era il suo caratteraccio. Ma non era un problema: con la sua spontaneità e la sua assurda goffaggine presto riuscì ad aprire una breccia nel muro che aveva costruito per proteggersi dagli altri e il loro rapporto, sebbene molto formale (era impossibile avvicinarsi troppo a lui senza essere respinti o addirittura aggrediti) era differente da quello che aveva con altre persone: con lei era cordiale e premuroso, nonostante restasse freddo e un po’ distaccato.

Quel giorno, le lezioni erano finite da poco e come al solito aveva preso la metropolitana fino alla piazza più vicina e poi si era inoltrata nelle viuzze per raggiungere casa sua. Ma stavolta evidentemente era troppo immersa nei suoi pensieri ed aveva svoltato a destra dove probabilmente avrebbe dovuto andare a sinistra o viceversa e ora non riconosceva più il luogo dove si trovava.

-Bene Eva! Brava- si disse –E ora che faccio?- sospirando si sedette sconsolata su di una panchina che emise un cigolio nettamente sinistro prima che una delle doghe cedesse. Non ci fece nemmeno caso e, facendosi bastare le due rimanenti cercò di pensare quale fosse la cosa migliore da fare, quando scorse da lontano un uomo che, ne era sicura, si era appena materializzato. Bene, avrebbe potuto chiedere a lui delucidazioni. Si avvicinò con cautela e si presentò ”Ciao sono Eva” disse gentilmente porgendogli la mano. Quello, un po’ sconcertato, non reagì subito, ma poi le porse a sua volta la mano “Io sono Harry, cosa c’è?” “Sai ti ho appena visto comparire in quella via” affermò indicando il luogo dal quale era venuto, facendolo evidentemente preoccupare, perché estrasse la bacchetta e si preparò a fare un incantesimo di memoria “Ehi, via quella cosa, sono un mago anche io” “Bene, che vuoi allora?” chiese con un tono forse un po’ più scortese di quanto avesse voluto “Scusa, non volevo importunarti” “No, figurati, ma solo, facciamo in fretta, devo correre al ministero” “Lavori lì? No, no, non sono fatti miei e non voglio farti fare tardi, sai per caso dirmi dove si trova Green street?” “No, in realtà abito a Londra da poco e non conosco quella via” era frettoloso nei modi, si vedeva che aveva premura di raggiungere la sua meta il più presto possibile “Ma scusa, non mi hai detto di essere una strega? Perché non ti materializzi?” “Ehi, hai ragione, non ci ho mai pensato, tutte quelle volte che sono tornata a piedi…accidenti a me, bè grazie, ciao” lui si congedò con un cenno del capo, borbottando qualcosa che somigliava in modo impressionante ad un insulto. Se lo meritava dopotutto, non solo aveva fatto la figura della perfetta idiota, ma gli aveva fatto anche perdere tempo.

Lo osservò dirigersi verso la cabina che fungeva da entrata al ministero e non poté fare a meno di pensare che i suoi capelli scuri scarmigliati e i suoi occhi verdi le ricordavano qualcuno, qualcuno del suo passato –Bè, probabilmente qualche vecchio compagno di scuola- decise alla fine, poco prima di scomparire con un lieve ‘pop’ e di ritrovarsi nel suo salotto che poi fungeva anche da camera da letto.

Si guardò intorno e vide che in quella stanza dominava il caos: vestiti sporchi e stropicciati erano sparsi dappertutto e il letto non era ancora fatto.

Sorrise, si rimboccò le maniche e fece un gesto rapido con la bacchetta

“Gratta e netta” esclamò e tutti gli attrezzi domestici si misero a fare i lavori pesanti per lei che, invece, sistemò le pratiche che avrebbe dovuto consegnare lunedì a Malfoy e finì di ripassare per il test che avrebbe dovuto affrontare la settimana prossima, uno dei più semplici: le varie modalità di apertura di una porta o una comune apertura chiusa attraverso fatture o incantesimi.

Arrivò sera e stanca morta si stese sul divano letto, sotto una dose innumerevole di coperte, cercando di finire di leggere uno dei romanzi che le aveva prestato una sua amica, ma si addormentò con il libro in mano.

 

Alla fine Baise si era fermato a cena, anche se è un po’ difficile definirla tale, in realtà si misero sul divano a chiacchierare mentre spiluccavano dal tavolino un mezzo tramezzino al tacchino o qualche nocciolina, buttando giù ogni tanto qualche sorso di wiskie incendiario che li disinibì non poco. Presto il pensiero di Dafne e dei genitori tornarono a tormentare Draco che, dimentico della sua decisione di non aprirsi mai troppo con nessuno, gli confidò tutte le sue ansie, i suoi problemi.

Gli parlò dei sensi di colpa che lo attanagliavano ogni volta che pensava al padre nonostante non si meritasse nemmeno un briciolo del suo disagio, di quanto gli mancasse sua madre sebbene non gli fosse mai stata vicino, l’aveva difeso solo una volta quando Lucius lo aveva minacciato, ma, soprattutto, parlò a lungo, quasi tutta la notte, di Dafne.

Gli mancava, non capiva come fosse possibile che nessuno se la ricordasse, lui stesso non l’avrebbe mai riconosciuta vedendola, non ne rammentava l’aspetto, ma continuava a sentire i profondi sentimenti che provava per lei, continuava a sentire la depressione e lo struggimento causati dalla sua lontananza. Dov’era sparita? Era ancora viva? Molte volte dopo ore ed ore di riflessione si era ritrovato a pensare che fosse tutto frutto della sua immaginazione, ma non poteva, non voleva crederci, sentiva che non era così.

Si confidava e più lo faceva più sentiva le lacrime salirgli agli occhi, un po’ per la frustrazione di non poter comprendere fino in fondo la situazione, un po’ solo per la forte tristezza che da troppo tempo ormai lo attanagliava e si teneva dentro.

Di una cosa sola era sicuro, disse infine, il suo custode segreto era Potter che, costretto da Voldemort gli aveva rivelato il nascondiglio della ragazza e lui l’aveva trovata, solo per colpa sua era successo tutto questo.

“Nemmeno tu credi a quello che dici, io non capisco appieno questa storia, ci sono tanti lati oscuri che non riesco a chiarire, ma se tutto quello che dici fosse vero sai meglio di me che Harry si sarebbe sacrificato pur di non tradire un’amica, anche se dubito che Silente gli abbia aggiunto un peso così grande da sopportare” il ragionamento era logico, non c’era niente da obbiettare, ma la sua mente era offuscata dalla rabbia e dalla disperazione, non voleva sentire ragioni, colpevolizzare Potter infondo era l’unico modo per non dover colpevolizzare se stesso: fino a che avesse creduto che era esclusivamente dipeso dal moro quello che era successo ad Hogsmeade riusciva a sopportare l’idea di non essere riuscito a difenderla quando invece le aveva promesso di farlo, per quanto quella versione dei fatti potesse essere irrazionale.

Mezzi ubriachi e mezzi intontiti dai fiumi di parole che erano scorsi quella notte, verso le sei del mattino si addormentarono sul divano, ancora vestiti e in posizioni alquanto scomode.

Il primo a svegliarsi fu Draco, dieci ore dopo. Erano le quattro del pomeriggio e un sole stranamente forte per i primi giorni di gennaio batteva sugli occhi del biondo che trovò molto difficoltoso riaprirli.

Si alzò, automaticamente e sentì che tutti i muscoli dorsali gli dolevano per via della posizione in cui aveva dormito. Stiracchiandosi si diresse in bagno. Davanti al lavandino si guardò allo specchio: gli occhi gonfi e rossi, i capelli appiccicaticci e spettinati e le righe del copridivano stampate sulle guance.
Rassegnato si fece una rilassante doccia calda e ne uscì come nuovo.

Quando tornò in sala vide l’amico ancora addormentato che russava, sbavando sul suo cuscino preferito. Improvvisamente si ricordò di quello che aveva fatto e sembrò prendere il controllo. Si era lasciato andare, non avrebbe mai dovuto, ma era colpa di Blaise, lo odiava per questo, per averlo fatto parlare, non avrebbe dovuto osare così tanto con lui, non avrebbe mai dovuto approfittarsene in un momento in cui era debole.

Furente lo svegliò, in malo modo, gli picchiò nelle braccia la sua roba e lo spinse fuori dalla porta.

Ancora intontito dal sonno e quindi non del tutto sveglio l’ex serpeverde si avviò verso il cancello mentre indossava il pesante mantello e si chiedeva cosa mai avesse fatto di male per meritarsi un simile trattamento.

Era molto nervoso, sentiva che in quel modo aveva perso qualcosa di lei, sentiva che parlare delle sue paure le aveva rese più reali, più concrete e niente avrebbe potuto farlo preoccupare di più, fargli perdere tutto l’autocontrollo per cui aveva sudato tanto.

Aveva molta rabbia in corpo e molta incertezza, non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui, lei era nel suo passato, era il suo passato e poco dopo essere finalmente tornata era scomparsa di nuovo e lui non sapeva più cosa c’era nel suo futuro.

Era arrivata, con la sua faccia tosta e il suo velo di mistero e si era impossessata del suo cuore come solo lei aveva avuto il coraggio di fare e per la prima volta, dopo aver rinunciato al suo destino di glorie ed onori sotto il comando di Voldemort, sentiva che c’era un perché, che la sua vita non era più vuota, che aveva di nuovo una meta, ma adesso? Molti gli avevano detti di rifarsi una vita, ma non potevano capire che niente sarebbe stato simile ad un’esistenza con lei, nessuno poteva veramente comprenderlo fino in fondo a quel modo, nessuno era come lui, ma soprattutto nessuno sarebbe mai riuscito a farlo sentire completo.

Come un uragano sconvolge tutto e tutti nel luogo in cui passa lei era entrata nella sua vita e l’aveva cambiato, rivoltato come un guanto, per poi andarsene a lavoro compiuto, lasciandolo lì, desolato, nel mezzo dei detriti della sua precedente identità che ancora ingombravano il suo cuore lacerato.

E ora, sebbene non fosse un fallito, sebbene avesse dovuto ripartire da zero, senza l’appoggio dei suoi parenti, preceduto dalla cattiva fama dei suoi genitori e senza un soldo in tasca e avesse raggiunto una fama, un potere, ma soprattutto una ricchezza che difficilmente avrebbe pensato di poter ottenere, si sentiva vuoto, solo, ma soprattutto molto povero, perché l’unica ricchezza della sua vita, l’unica vera fonte di luce e felicità era Dafne e non era rimasta traccia del suo passaggio sulla terra, se solo non fosse per il ricordo che aveva del tempo vissuto con lei.

Il portone chiuso con poca attenzione si spalancò e un forte vento penetrò ostile nella casa, facendolo rabbrividire sotto il leggero accappatoio di spugna.

Facendosi coraggio lo accostò nuovamente e poco a poco cominciò a riprendere la sua normale temperatura, anche se ormai aveva preso troppo freddo per rimanere così svestito.

Salì di sopra, nella sua stanza da letto, che mai gli era sembrata così spoglia e troppo grande per lui. Lì si vestì: indossò una maglietta nera, aderente, sotto un pesante vestito da mago di uno scurissimo verde bottiglia che faceva risaltare più che mai la sua candida pelle, indossò un paio di guanti neri, calzò il cappuccio del pastrano e si smaterializzò, ricomparendo a Notturn Alley, dove nessuno l’avrebbe chiamato per strada e dove non avrebbe visto allegre famigliole fare compere in compagnia o coppiette di studenti che si godevano l’ultimo giorno di vacanze natalizie.

 

Eva si svegliò la domenica mattina molto presto, il sole non aveva ancora completamente illuminato la città e quando si affacciò alla finestra vide i lampioni ancora accesi, nonostante ormai non servisse più l’illuminazione artificiale.

Spesso quando si svegliava la mattina molto presto o di notte, verso circa le tre o le quattro, andava a quella piccola finestra e si perdeva ad osservare la strada buia e silenziosa, immersa in quel pungente profumo d’aria fresca, incontaminata e bagnata di rugiada che le riempiva i polmoni e la faceva sentire padrona del mondo, era un po’ come essere sospesa a mezz’aria, se mi perdonate il giro di parole.

S’incantò lì, di nuovo, immobile e persa nelle sue fantasticherie, fino a quando uno strano brontolio non lontano non la fece tornare dal suo mondo dei sogni.

Scosse leggermente la testa, per allontanare i suoi pensieri e si mise in ascolto, di nuovo sentì quello strano brusio, ma stavolta si accorse che proveniva dal suo stomaco e finalmente si rese conto di avere una gran fame.

La sera precedente, solo ora se ne rammentava, era andata a letto senza cena e in quel momento sentiva un forte bisogno di tappare quell’immenso buco che si era creato e lo fece con una lauta colazione a base di uova e pancetta, il suo piatto preferito.

Certo, non era un pasto molto salutare, ma se lo concedeva una volta ogni tanto e faceva talmente tanto movimento che poteva benissimo permettersi di lasciarsi andare qualche volta: andava ogni giorno da casa al lavoro, dal lavoro alla scuola di specializzazione, da lì di nuovo a casa, per non parlare di tutte le volte che la chiamavano da Ministero perché Draco aveva avuto un incarico urgente o di tutte quelle che doveva viaggiare con lui perché doveva svolgere affari all’estero e del fatto che doveva mandare avanti una casa da sola.

Si, decise, quella domenica si meritava proprio una giornata tutta dedicata a se stessa.

Dopo aver mangiato fece una doccia ricostituente e si cambiò i vestiti sgualciti con i quali si era addormentata, indossando un vestito celeste e il cappotto che le aveva regalato Amanda, voleva proprio trattarsi bene, così, per la prima volta da quando era arrivata a Londra, si concesse una giornata di shopping sfrenato a Diagon Alley, che avrebbe concluso con una serata al cinema, non amava il mondo dei babbani, ma i film l’avevano sempre interessata molto.

Il viale brulicava di gente, era l’ultima settimana che i negozi avrebbero abbassato i prezzi, ancora per le offerte natalizie e raggiungere la gringott fu un’impresa, per non dire un’autentica avventura che non finì nemmeno una volta entrata, poiché c’era una fila impressionante: tutti quelli che avevano dato fondo ai loro ultimi risparmi per regali e cenoni vari sembravano aver deciso che quello era il giorno opportuno per prelevare il necessario a tirare avanti, non capitava tutti i giorni poi di trovare la banca aperta di domenica, era un vero e proprio assalto.

Dovette aspettare mezz’ora prima di riuscire a parlare con uno dei folletti che la condusse alla propria camera blindata.

Era una piccola stanza molto in fondo nei sotterranei e già questo non era molto consolatorio, anche se la situazione diventò realmente desolante quando lui, girata la piccola chiavetta dorata nella serratura, la aprì, svelando un gruzzoletto veramente molto modesto. Forse lo shopping non sarebbe stato poi così sfrenato, si sarebbe limitata a concedersi qualche sfizio, forse…

Quando uscì si sentiva sempre meno determinata a fare acquisti, ma non si scoraggiò del tutto e cominciò lo stesso il giro dei vari negozi, rincuorandosi a mano a mano che il tempo passava e riusciva a resistere alle tentazioni.

Presto un campanile lontano suonò le dodici e mezzo e tornò al paiolo magico, dove ordinò il pranzo che consumò da sola, in un tavolo vicino al caminetto.

Più il tempo trascorreva più si convinceva che andare in Inghilterra era stata la decisione migliore della sua vita, ma non era ancora riuscita a farsi delle amicizie che andavano al di là del salutarsi e scambiare quattro chiacchiere quando ci s’incontrava per strada, a scuola o al lavoro.

Spesso si sentiva sola, ma non aveva mai pensato di tornare sui suoi passi e aveva quindi deciso di nascondere il suo temperamento di solito distaccato e serio con quella maschera di sempiterna allegria e goffaggine, la rendeva più avvicinabile e la faceva sentire lei stessa più serena, poiché non si sarebbe mai aspettata di riuscire a tirare fuori quell’aspetto buffo della sua personalità e la divertiva, facendola sentire anche più soddisfatta di se stessa:  aveva scoperto di essere in grado di superare i suoi limiti.

Nel pomeriggio concluse sul presto la visita ai restanti negozi e per tirare l’orario della prima visione del film prescelto decise che si sarebbe recata a Notturn Alley, non aveva mai visto quel luogo e, nonostante tutti lo descrivessero come buio, pieno di pericoli e senza alcun fascino particolare reputò che non le sarebbe successo niente se lo avesse attraversato senza inoltrarsi tanto, così, dopo l’erboristeria di Madama Fawke invece di svoltare a sinistra prese la strada sulla destra e si ritrovò davanti a tutto un altro paesaggio: i locali avevano un’aria abbandonata e sudicia, come se non fossero molto frequentati e solo da gente non molto per bene. Le insegne, scritte in malo modo e con una calligrafia poco leggibile erano scrostate e cadenti, spesso del tutto assenti e l’unico negozio di animali presente ospitava un vecchio gufo che , sperava per lui, doveva aver visto anni migliori e una gabbia piena di neri ed sproporzionati ratti molto grassi che mancavano di enormi quantità di pelo.

La strada, dove camminava, era leggermente umidiccia e scivolosa, ricoperta di sporcizia in ogni angolo e, ne era certa, ogni tanto qualche animaletto insolito le tagliava la strada correndo a tutta velocità.

Era strano, ma quel luogo le ricordava qualcosa, le sembrava di esserci già stata, molto tempo fa, ma era tutto molto confuso, come se più che esserci realmente andata lo avesse sognato, ma in un sogno molto concreto, di quelli che quando ti svegli ti sembra appartengono veramente alla realtà.

La singolare atmosfera che vigeva, le sue curiose sensazioni e le bizzarre persone che la fissavano quando passava la inquietavano molto così, giunta ad un altro bivio, fece retro front: decisamente ne aveva abbastanza di quel luogo cupo e sporco, dove, ne era certa, circolavano persone delle quali non ti potevi nemmeno fidare a chiedere le indicazioni e che quindi non era per niente il luogo adatto a lei, tendeva a perdersi facilmente, se non si era ancora capito.

Però, da quando si voltò, cominciò ad avere la sensazione di essere seguita e senza dare troppo nell’occhio a poco a poco aumentò il passo.

Pochi minuti dopo stava correndo e continuava a lanciare sguardi indagatori dietro di sé, perdendo la visuale completa di quello che aveva davanti a lei e così andò a sbattere contro qualcuno, cadendogli addosso.

Quel qualcuno, con una voce molto irritata, le disse di stare attenta a dove camminava e, prendendola per la vita, la spinse di lato, per permettersi di alzarsi, ma, quando i loro occhi s’incontrarono, lui si immobilizzò e non diede più cenno di volersi muovere.

 

Ma dove diavolo era? L’aveva cercato tutto sabato senza risultati. Possibile che fosse così introvabile o così indaffarato. Quella era una notizia che aveva il diritto di conoscere per primo, dopo di lui, ma ancora non era riuscito a trovarlo e rimaneva forse l’unico ad essere ancora all’oscuro del grande evento.

Di nuovo quella mattina, dopo quello che era successo alla Tana, era partito alla ricerca di Remus, ma non aveva avuto ancora fortuna. Come il giorno precedente passava da un luogo all’altro ed ogni volta era quello sbagliato.

Ormai non gli bastavano le dita delle mani per contare quante volte si era sentito dire

“Mi dispiace Harry, ma è appena andato via, se fossi arrivato solo due minuti fa l’avresti trovato, prova a casa sua, mi aveva detto che sarebbe andato lì” ovviamente ci aveva provato, ma mai nessuno aveva risposto al campanello. Non sapeva perché, ma aveva l’impressione che fosse ‘appena andato via’.

Sarebbe stato molto più semplice rintracciarlo per lettera, ma non solo era introvabile, non rispondeva nemmeno ai gufi e alle comunicazioni con la metropolvere, gli restava solo di andare per tentativi, prima o poi sarebbe riuscito ad arrivare al posto giusto e al momento giusto, o almeno così si augurava.

L’importante era non perdere tempo e darsi da fare.

Questo pensiero gli fece ricordare qualcosa che gli era successo il giorno prima, quando stava andando al ministero (Moody gli aveva detto che Lupin doveva andare a parlare con Caramel e a consegnare alcuni dossier a Draco) e aveva incontrato quella ragazza.

Scoppiò in una piccola risata, attirando l’attenzione della gente per la strada.

Di per sé non era stato un episodio particolare, ma era ridicolo il fatto che fosse una strega e non aveva pensato all’idea di materializzarsi. Certo, se fosse stato perché non aveva passato l’esame poteva anche capirla, ma perché non si ricordava di poterlo fare…bha! Non avrebbe mai pensato di trovare qualcuno più perso di Neville…questa cosa lo fece riflettere ancora di più, quella ragazza gli aveva dato la sensazione di essere famigliare, di conoscerla, ma non riusciva a capire il perché, era come se ce l’avesse sulla punta della lingua, come una parola che conosci perfettamente ma al momento non riesci a ricordare –Pensa Harry- si disse –Pensa-, ma era più facile a dirsi che a farsi, con il suo lavoro vedeva ogni giorno centinaia di persone diverse, tra reclute da addestrare, persone da salvare, cattivi da catturare e nuovi colleghi da accogliere, poteva essere chiunque…eppure…

Era inutile lambiccarsi così il cervello, sapeva che gli sarebbe venuto in mente quando meno se lo sarebbe aspettato, cercò di concentrare i suoi pensieri su quello che Hermione gli aveva detto prima di andarsene, l’altro giorno: “Non so perché Harry, ma sento che Malfoy ha bisogno di aiuto”. Cosa intendeva dire? Perché ne aveva parlato proprio con lui? Forse ne aveva già discusso con gli altri e non aveva ottenuto nulla…

Ma Certo! Si batté il pugno sul palmo dell’altra mano, quella ragazza, lavorava al ministero, era la segretaria di Draco, molte volte l’aveva vista quando doveva fare delle riunioni nel suo ufficio o quando doveva consegnargli dei documenti, come aveva fatto a non pensarci prima? Si prendeva gioco delle persone sbadate e poi lui stesso dimostrava di non essere poi così diverso…che stupido.

Si fermò, aveva un muro davanti a sé: era finito in una strada chiusa. Ma come diavolo aveva fatto? Di nuovo si biasimò: perso nei suoi pensieri aveva sbagliato strada…ma cosa gli stava succedendo in quel periodo? Scuotendo la testa sconsolato, come a dirsi da solo “Non c’è più niente da fare, sei pronto per il manicomio”, cercò di rimettersi sulla retta via, l’avrebbe trovato, anche se fosse significato che doveva cercarlo di nuovo fino alla sera, non immaginava un’altra persona che potesse essere felice quanto lui lo era adesso che finalmente fosse successo.

 

Risposte ai commenti:

 

DaffyDebby: grazie x l’8, spero che questo cap sia sempre allo stesso livello…fammi sapere cosa ne pensi, grazie anke x il commento, è importante, un bacioz, Summer9!

 

Seyenne: è bello vedere che chap dopo chap trovo sempre un tuo commento! Grazie!Non so se mi merito un dieci, ma è stato comunque bello scrivere questo chap.
Le scene d’amore o con colpi di scena e altro certo non si risparmiavano nel 8, ma anche se il 9 è un po’ differente ci sono sempre interrogativi e avvenimenti inspiegabili, in sostanza anche se ad Hogsmeade molte cose si sono chiarite ora nascono nuovi quesiti, è un po’ come raccontare un’altra storia, xkè ora loro sn cresciuti e ci sono un sacco di cose successe nel passato che ogni volta devo riprendere, ma stando alla tua ultima recensione non sembra un problema no? Ovvio, non lascerò niente all’immaginazione, mano a mano ricostruirò minuziosamente gli avvenimenti del passato fino a chiarire tutto, ma non anticipiamo troppo…aspettando si sapere cosa ne pensi di questo cap…un bacioz…summer9!


A settimana prossima con il 10°…ciauz

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** "Chi non muore si rivede" ***


Che dirvi? Buona lettura, questo è un altro dei capitoli in cui si capiranno molte cose…

 

Capitolo 10°: “Chi non muore si rivede”

 

Era buio e faceva freddo. L’aveva cercato di nuovo tutto il giorno senza risultati. Dove diavolo si era cacciato Remus? Sembrava quasi una presa in giro: si stava convincendo che si stessero prendendo gioco di lui.

Andava al ministero e qualcuno lo mandava a casa sua, da lì provava all’ordine e lo informavano che era andato a trovare la madre, lei gli diceva che era appena andato via. Basta! Harry non ne poteva veramente più.

Quando finalmente vide da lontano il vialetto che conduceva alla porta tirò un sospiro di sollievo, finalmente a casa, non dai Dursely o ospite di qualcuno, quella era la sua casa, finalmente c’era un luogo a cui davvero sentiva di appartenere, dopo tanti ostacoli, dopo tante battaglie…

...Se lo ricordava ancora come fosse ieri, un po’ perche' era successo durante lo sbalzo temporale, un po’ perche' effettivamente non era passato molto tempo, il giorno esatto in cui per la prima volta avevano messo piede in quella casa che ancora sapeva di vernice fresca ed era completamente vuota.

Praticamente tre anni dopo Hogwarts, terminata la specializzazione, dopo essere stato graduato auror. Poteva  davvero cominciare ad esercitare e a guadagnare, a poter sostentare la sua famiglia ed era un sollievo, soprattutto visto che Ginny era incinta da poco. Aveva visto in precedenza come per Hermione e Ron si era subito complicata la situazione, con poche risorse finanziarie e con ancora mesi di studio davanti a loro avevano dovuto trasferirsi a casa Weasley, la' era cominciato il loro calvario, lei si sentiva a disagio, mantenuta da loro che erano cosi' poveri e il suo atteggiamento cambio', divento' irritabile, sempre nervosa e presto iniziarono a litigare tutti i giorni, sembrava quasi che si sarebbero separati. Fortunatamente ciò che non ti uccide ti rende più forte e, quando erano riusciti a tornare a vivere soli, la loro relazione era rinata, se possibile ancora più salda e appassionante di prima.

Ma lui decise che non se ne parlava, ne' di rimanere alla Tana con lei ne' di portarla dai Dursley, avevano superato con fatica la lite creata dalla decisione della ragazza di diventare auror, sentiva che non ne potevano affrontare un’altra ed uscirne illesi, non se lo potevano permettere. Aveva circa vent’anni, un patrimonio non esattamente modesto in banca e un lavoro remunerativo, amava Ginny ancora più di quando erano a scuola e non avrebbe permesso a nient’altro di farli litigare, di separarli anche solo per un momento.

Cominciarono cosi' a scegliere il posto dove stare. Inutile dire che qui erano iniziati i problemi.

Lui desiderava una casa come la Tana, un luogo familiare, dove tutto era intimo, dove il loro amore sarebbe potuto essere dimostrato da ogni cosa. Lei invece, stanca dell’ambiente povero dove aveva sempre vissuto, del quale si era sempre vergognata, voleva un’abitazione dello stile Privet Drive numero 4.

Accese furono le discussioni al riguardo, ma il loro amore, nonostante tutto,  era ancora troppo forte per essere prevaricato da simili inezie e giunsero ad un compromesso.

Acquistarono una casa, alla periferia della citta', che aveva del rustico a vedersi, con mura in pietra, decorate da piante rampicanti che in estate si riempivano di fiori colorati e un tetto molto simile a quello di una baita, solo molto più robusto e con le tegole in mattone, mentre all’interno l’ambiente era elegante, distinto, quasi formale, anche se il moro aveva disperatamente cercato di arredarlo in modo che assomigliasse il più possibile ad una casa di esseri umani che non ad una di automi…

Erano le otto e trenta e come la sera precedente era in ritardo al pranzo di un paio d’ore circa, stavolta avrebbe subito la sua ira: le aveva promesso che avrebbe mangiato con loro.

Improvvisamente memore di questa cosa il suo sollievo si guastò un po’ e l’idea di cercarlo ancora, diciamo fino a che lei si fosse addormentata, lo allettava molto, ma aveva affrontato assassini spietati e senza dignità, non poteva fuggire di fronte alla moglie irritata.

Sospirando si fece coraggio e attraversò il piccolo praticello che precedeva l’edificio.

Quando fu davanti alla porta estrasse le chiavi da una tasca del mantello e le fece scattare per tre volte nella serratura, fino a che l’uscio non si schiuse.

Entrò e il calore lo avvolse come miele, restituendo la sensibilità alle sue estremità ormai completamente congelate. Si levò il pastrano, appendendolo all’attaccapanni e, preparandosi psicologicamente alla sfuriata, si diresse in salotto, dove, ne era sicuro, avrebbe trovato Ginny, seduta sul divano, braccia incrociate e sguardo torvo.

Fu enorme la sorpresa quando sul sofà trovo invece Remus. L’uomo aveva un aspetto vecchissimo nonostante, lo sapeva, non aveva più di cinquant’anni. Gli occhi ambrati, che un tempo brillavano sul suo viso pieni di speranza ora erano cerchiati da profonde e scure occhiaie che, insieme alla magrezza, gli conferivano un aspetto emaciato e malaticcio. La barba incolta non faceva altro che attribuirgli un’aria più trasandata e i capelli ormai completamente ingrigiti facevano sì che chiunque lo scambiasse per un sessantenne, ma, ne era sicuro, la notizia che stava per dargli lo avrebbe reso talmente felice che la vitalità ricavata gli avrebbe restituito tutti quegli anni che la vita da licantropo gli aveva crudelmente ed ingiustamente portato via.

Quasi tremante si alzò per andarlo a salutare ma Harry gli fece cenno di sedersi

“Stai pure lì, quello che ti devo dire potrebbe scioccarti” “Non penso, lo so già e sono solo più stanco e depresso” “Come…cosa?” non capiva come potesse reagire così ad una cosa del genere, ora il moro ad avere bisogno di mettere qualcosa tra lui ed il pavimento “Rushton è stato catturato da Ron, l’altro ieri” spalancò gli occhi, sbalordito: certo,  Alexander Rushton era stato uno dei più fedeli e pericolosi seguaci di Voldemort ancora latitanti fino a sabato notte, grazie al rosso, ma era assurdo che Lupin credesse che l’avesse chiamato e cercato così a lungo per dargli una notizia del genere, di cui certamente ne era già al corrente, forse era davvero troppo stanco di questa vita che era stata così ingiusta con lui: oltre a togliergli la dignità di essere umano in quanto lupo mannaro gli aveva tolto ad uno ad uno gli amici più cari che avesse mai avuto.

“Potrebbe sembrare un passo avanti per chiunque Harry” continuò lui notando il suo sbigottimento e male interpretandolo “Ma sai meglio di me che catturato un mangiamorte ne verrà uno più spietato, è una guerra senza vincitori né vinti” “Hai ragione e nemmeno io ho gioito più di tanto nel vederlo sbattere ad Azkabam, ma non è per questo che mi sono affannato tanto per trovarti” stavolta fu l’uomo a stupirsi, ma nemmeno eccessivamente “Allora che cosa c’è? Cos’è successo ancora?” “Non so come dirtelo senza farti restare secco, detto in sincerità” “Niente ormai fa più la differenza per me” “Non esserne poi così sicuro” rise, sommessamente, quel ragazzino sapeva ancora troppe poche cose della vita, nonostante fosse Harry Potter…peccato che si sbagliava “E’ tornato” “Voldemort?” chiese con voce annoiata “No, sarebbe fin troppo semplice da spiegare” “Sai, credo che tenermi sulle spine sia molto peggio che rivelarmi la notizia” “E va bene, no, il Signore Oscuro è ancora da qualche parte o morto o troppo debole per agire è Sirius che è tornato” credeva che ormai niente avrebbe potuto sconvolgerlo a quel modo eppure, quando sentì quel nome pronunciato dal moro il suo cuore si fermò, lo percepì, per pochi secondi nel suo petto, smise di battere.

Fece un respiro profondo, come se gli mancasse l’ossigeno, la sua voce tremava e i suoi occhi presto furono velati da lacrime incontrollabili “E…e dov’è adesso?” “Alla Tana” “Puoi portarmici?” “Domani pomeriggio” “D’accordo”.

 

Quegli occhi, lo stregarono. Si bloccò, perso in quell’oceano che era la sua anima. Imperscrutabile, inavvicinabile, così la vedeva, così la percepiva.

Le era appena caduta addosso e già si era scordato l’irritazione che aveva provato. Come lui Eva si era incantata a fissare quello sguardo freddo che la osservava con un’espressione che non aveva mai riservato a nessuno: curiosità. Sembra assurdo che questo sentimento possa sembrare così strano, ma ogni sensazione lo sarebbe parsa se vista sul volto di uno che non ne mostrava mai.

Disincantandosi il biondo si sollevò e porse la sua mano alla ragazza –Possibile che ogni volta che incontro una donna che conosco poco le vado a sbattere contro? Sta diventando un abitudine fastidiosa…- e poi gli ricordava Dafne…

Improvvisamente dai suoi occhi non trasparì di nuovo più nulla: erano tornati di ghiaccio, era tornato il suo capo, non era più semplicemente…

“Draco, scusami” disse arrossendo. Nessuno, fatta eccezione di Hermione e Blasie, lo chiamava per nome, a meno che non fosse un suo superiore. Non riusciva a capire se quella cosa lo infastidiva o lo faceva sentire di nuovo vivo “Non importa, ma guarda dove corri” le sue gote si colorirono ancora di più e abbassò il capo per nasconderlo. Era molto tenera… “Piuttosto, cosa ci fai in un posto come questo? Da chi scappavi?” “Da nessuno, mi sembrava solo di essere seguita” “E da chi?” “Non saprei” quelle domande la innervosivano: cosa voleva da lei? “Bene, ora comunque sei quasi arrivata a Diagon Alley, posso lasciarti andare senza il pericolo che tu investa qualcun altro?” non seppe mai definire se il suo tono era di scherno o aveva semplicemente fatto una battuta di spirito, era complicato capirlo dato che il suo tono di voce era sempre pressoché lo stesso, grave e misterioso, qualunque cosa volesse dire, ma sapeva che non poteva, non voleva lasciarlo andare via così “In effetti credo che farmi circolare da sola sia pericoloso per le persone, forse ho bisogno di una scorta” buttò lì, chissà se avrebbe colto l’allusione?
Draco non rispose subito: era incerto sul da farsi, sapeva per esperienza che trovarsi solo con una donna a passeggiare era il primo passo per perdere di nuovo il controllo…ma forse non sarebbe successo, non era certo una regola che ogni ragazza avesse la facoltà di arrivare al suo cuore e di farlo soffrire e poi in ogni caso doveva rifarsi una vita, non poteva rimanere per sempre chiuso in quel suo bozzolo dorato, o si? In fondo magari avrebbe solo evitato di passare l’ennesima domenica da solo a pensare a lei, a cercarla, inutilmente. Era doloroso accettare, sentiva come se era un passo in più verso il momento in cui l’avrebbe dimenticata e lui non voleva, ma forse quella era l’unica soluzione.

“Sai” disse infine, dopo averla fatta penare per un po’ “Non credo nemmeno io che sarebbe sicuro per la comunità lasciarti vagare incontrollata per le strade” sospirò, lasciando andare tutta la tensione che aveva accumulato mentre lui la teneva in sospeso “Vedo che siamo d’accordo, guidami allora” esclamò mettendosi di fianco a lui e cingendogli un braccio con uno dei suoi.

Al contatto con Eva il biondo si irrigidì non poco, così lei dovette lasciare la presa. Forse non era stata poi così una buona idea dopotutto, ma ormai l’aveva fatto e non avrebbe mai pianto sul latte versato, avrebbe sempre potuto ricavarne qualcosa di buono.

Camminarono per un po’, in silenzio, per le vie della Londra magica, lei era molto agitata, non sapeva cosa dire e si convinceva sempre di più di avere sbagliato ad invitarlo, mentre lui era tranquillo, si sentiva bene con lei, anche se non chiacchieravano. Era talmente abituato alla solitudine che ormai gli veniva naturale non aprire bocca mentre passeggiava e non si accorse dell’inquietudine di lei, che aveva quel suo solito sorrisino ingenuo stampato in faccia ed un’espressione serena. Bè, era una brava attrice.

Nonostante tutto il tempo passò e presto arrivarono le cinque e trenta, nemmeno mezz’ora più tardi sarebbe iniziato il film. E ora cosa doveva fare? Chiedergli di venire con lei? Aveva già elargito fin troppi inviti quel giorno. Dirgli che aveva una cosa importante da fare e andarsene? Suonava molto scortese. Bene! Come al solito si cacciava in situazioni che non avevano via d’uscita ed era anche stanca di seguirlo ovunque andasse, come una cagnolina, senza fiatare. Prese coraggio.

“Senti io adesso veramente avevo programmato di andare al cinema” silenzio “Siamo in zona, il film comincia tra poco, non c’è bisogno che mi accompagni” Draco sembrava non aver ascoltato quest’ultima frase “Cosa sarebbe questo cima?” rise, possibile che se ne intendesse così poco di babbani nonostante il lavoro che faceva? “Cinema, c-i-n-e-m-a” “Si scusa, ma non c’era bisogno di fare lo spelling, non sono stupido” “Non volevo offenderti” sbuffò, un po’ irritato “Non importa” “Bè, comunque, hai presente la televisione?” “Pressappoco, è quell’oggetto con cui i non-maghi comunicano tra di loro quando non si conoscono?” era una descrizione strampalata, ma effettivamente calzava a pennello “Già” rispose incerta “Ad ogni modo il cinema è un posto dove ci sono televisioni enormi e la gente paga per andare a vedere un film a scelta” “Un film? Cos’è? Non mi vorrai dire che pagano per ascoltare le notizie?” “No, il film è…come spiegarti? Bè, un romanzo racconta una storia se tu lo leggi, ci siamo?” “Si ma che centra?” “Ascolta, non discutere, bè, anche un film ti racconta una storia ma con delle persone che la recitano” “Quindi sarebbe come se mettessero il teatro su di un grande schermo” “Diciamo così” “E noi possiamo parlare con quelle persone come facciamo con i quadri?” “No, cosa dici? Non mi sembra che tu ci stia capendo molto” “Effettivamente…credi che potrei venire a vederlo con te?” “Vestito così no di certo” Draco osservò i suoi abiti, non gli sembravano inadatti all’occasione, erano sobri, ma avevano anche dell’elegante “Cos’hanno che non va?” “Ma sei perso oggi?” “Piano con le offese” –Quant’è permaloso- pensò, ma non le sembrò il caso di farglielo sapere “E’ un luogo frequentato da babbani” “Devo cambiarmi allora, aspettami qui” le chiese prima di scomparire con un fastidioso ‘pop’: non amava essere abbandonata in quel modo.

Fortunatamente pochissimo tempo dopo un simile schiocco preannunciò il suo ritorno. Ora indossava Blue Jeans molto di moda e u maglione nero, decisamente quello era il suo colore, non l’aveva mai visto un giorno senza un abito o un accessorio che non fosse di quella tonalità. Stavolta fu lui a domandarle di guidarlo e lei non se lo fece ripetere due volte, ora che aveva ripreso il controllo della situazione sentiva che la serata si sarebbe potuta concludere molto meglio di quanto aveva previsto.

 

Hermione era in bagno a pettinarsi i ricci castani che resistevano testardi ai denti del pettine nonostante fossero bagnati e ad ogni colpo di spazzola piccole goccioline trasparenti cadevano picchiettando sul tappeto rosso.

Si guardava allo specchio, ma in realtà riflesso ci vedeva Draco, vedeva il suo sguardo freddo, non più cattivo come lo era stato ai primi anni di Hogwarts, solo assente, triste e si chiedeva cosa gli fosse successo.

Ma la risposta gli balzava sempre agli occhi: era solo e soffriva per l’amore di una donna di cui nessuno conosceva l’esistenza. Che se la fosse inventata? Non sapeva cosa credere, ma sentiva che loro potevano fare qualcosa per lui. Non avrebbe mai creduto di potersi preoccupare per qualcuno che la insultava con uno degli appellativi peggiori tra maghi, ma non poteva rimanere impassibile quando lo vedeva e poteva quasi percepire la sua solitudine. Perché nessuno ci riusciva? Perché tutti continuavano ostinatamente a dare retta al pregiudizio che avevano di lui? Forse perché non avevano visto quello che aveva visto lei, pochi anni prima. Era al ministero quando ad un certo punto entrò lui, con il corpo del padre sulle spalle e  il volto impassibile, ma rigato dalle lacrime piante poco prima. Lo sguardo vacuo. Perdere suo padre non poteva essere una passeggiata, per quanto lo dovesse aver maltrattato per tutta la vita, per quanto avesse cercato di farne una sua copia perfetta.

In quel momento il ministro stava attraversando la hall, verso l’uscita e il biondo gli si era parato davanti, scaricando il corpo esanime di un uomo perfettamente identico a lui, solo più vecchio e con gli occhi grigi ormai spenti.

“Eccolo” aveva detto e poi si era voltato, tornando da dove era venuto, senza una parola di più, senza più piangere, ma lei aveva visto distintamente sotto il mantello i suoi pugni stringesi, fino a che le unghie non si erano conficcate nella carne e forse l’avevano ferita.

Era rimasta per un tempo indefinibile a fissare la porta dalla quale era uscito e tutti i sentimenti d’odio che ancora giacevano latenti dentro di lei la lasciarono per sempre: non si poteva disprezzare una persona che rinunciava al male anche se questo significava perdere il proprio padre, non si poteva aborrire qualcuno che aveva optato per la scelta più gravida di conseguenze e che avrebbe portato alle strade più impervie.

Sentiva la tristezza opprimerle il cuore come una coltre di pesante fumo nero. No, non si sarebbe abbandonata di nuovo a quelle avvilenti sensazioni, in quel momento non poteva fare proprio niente per lui, nemmeno patire quello che pativa.

Così si concentrò su pensieri più allegri, come il ritorno di Sirius e il sorriso tornò ad illuminarle il viso.

Finalmente tutti i nodi dei suoi lunghi capelli cedettero e  cominciò ad asciugarseli, facendo uscire dalla bacchetta, con una strana formula, del vento forte e tiepido.

Improvvisamente Ron entrò nella stanza e la vide: la folta chioma mossa dall’aria e la camicia da notte che arrivava poco sopra il ginocchio che seguiva anch’essa quel dolce ondulare.

Non resistette e le andò di soppiatto alle spalle, per quanto fosse possibile dal momento che lei vedeva la sua immagine riflessa nello specchio.

Con movimenti decisi le prese la verga dalla mano e l’appoggiò sul lavandino, con l’altra le tolse i capelli dal collo e prese a baciarle dolcemente la zona che stava tra quest’ultimo e la spalla, mentre, sempre stando dietro a lei, le cinse la vita con le forti braccia.

Hermione allora voltò il viso per chiedergli un bacio, ma lui non voleva saperne, anzi, mano a mano scendeva sempre di più e ora le stava mordicchiando delicatamente la spalla mentre l’eccitazione di lei cresceva sempre più.

Si liberò dalla sua presa e si mise davanti a lui, portò le sue braccia esili al collo del rosso e si sollevò sulle punte per baciarlo con passione. Non aspettarono che, bacio dopo bacio, le bocche si schiudessero e le lingue si incontrassero, ma si esplorarono subito, avidi uno dell’altro, desiderosi di provare piacere e di farne provare all’altro. La situazione si stava surriscaldando, entrambi sapevano che quella sera volevano di più. Così Ron la prese in braccio, come farebbe un marito con la neosposa per la tradizionale entrata in casa e la portò in camera, adagiandola sul letto.

Lì si mise sopra di lei e le levò la camicia, facendola rimanere quasi completamente nuda, non indossava mai il reggiseno sotto il pigiama, fu allora che lei parlò

“No, fermo e Sara?” “Dorme, non è servito nemmeno che le leggessi un racconto” “Perfetto” disse allora mentre si infilava sotto le coperte.

Lui la raggiunse subito e nemmeno un secondo dopo erano già avvinghiati. La sera era gelida e fuori il vento spazzava le foglie e congelava i pochi viandanti che osavano affrontare la notte, ma a loro sarebbe servito a poco un camino acceso, il calore dei rispettivi corpi era già paragonabile ad un fuoco che ardeva dentro di loro e, mentre Hermione gli slacciava la felpa del pigiama, Ron non provò un brivido di freddo, nemmeno quando le mani gelide della ragazza cominciarono a scorrere sul suo addome, dove una cicatrice che lo attraversava obliqua brillava alla luce della candela, per sempre testimone di uno scontro nel quale si era salvato per miracolo.

Sotto le coperte ormai non si distingueva più dove finiva l’uomo e dove cominciava la donna che, con un leggero soffio spense anche l’ultima fonte di luce rimasta: una corta candela ormai quasi totalmente consumata.

Solo la notte vide e seppe come e per quanto tempo si amarono, ma il mattino dopo entrambi fecero molta fatica a svegliarsi e non resero molto al lavoro.

Il loro rapporto ne aveva affrontati di ostacoli, ma ora erano una coppia molto unita e formavano con loro figlia una famiglia quasi perfetta, nessuno l’avrebbe mai detto agli esordi di quella relazione, anzi, quasi tutti avevano scommesso che non sarebbe nemmeno riuscita a nascere: quella loro prima gita a Hogsmeade era stata un disastro. Nessuno dei due era riuscito più a comunicare con l’altro, né come ragazzi che si erano dati un appuntamento né come amici, il silenzio era calato definitivamente su di loro e niente di quello che avrebbero potuto dire avrebbe più potuto salvare la situazione. Entrambi erano sfiduciati ed arresi, pensavano che se stare insieme con la consapevolezza di volere qualche cosa in più dall’amicizia li turbava così non avrebbero mai concluso niente, anzi, con l’avanzare del tempo tutto si sarebbe guastato ancora di più perché tentare di tornare solo all’amicizia sarebbe stato un compito arduo: entrambi si amavano, lo sentivano, ma era proprio questo che li bloccava, la paura che frequentandosi in un modo diverso non si sarebbero piaciuti, la paura che il loro esperimento sarebbe fallito. Ma, come si dice? Chi non risica non rosica e passarono giorni interminabili, durante i quali la situazione rimase stazionaria: la paura di affrontare i loro sentimenti li paralizzava, ma convivere ignorandoli era improponibile, perché ora che lo avevano ammesso a loro stessi desideravano stare insieme ogni momento di più, si guardavano negli occhi e immaginavano di amarsi, si parlavano, frasi semplici, del quotidiano e sognavano di farsi lunghe e romantiche dichiarazioni d’amore.

Fu un giorno, un assolato giorno di maggio, in cui qualcosa scattò nella testa di Ron: decise di arrendersi e la informò

“Non posso andare avanti così, non funzionerà, non avrei mai dovuto tentare, ho rovinato anche tutto quello che c’era tra noi prima e ho reso impossibile per Harry e Ginny stare in nostra compagnia, forse se lasciamo perdere tutto a poco a poco le cose si normalizzeranno, io ti amo, ma così non …” non lo lasciò mai terminare la frase, ma lo azzittì, tirandogli con tutte le sue forze un sonoro schiaffo, che attirò l’attenzione di non poche persone “Ronald Weasley io non posso credere che alle prime difficoltà tu ti arrenda così, volevi dimostrarmi di non essere un vigliacco, ma non è questo il modo” a queste parole lui si infuriò e cominciò a gridare “A E COSI’ SAREBBE TUTTA COLPA MIA? CREDO CHE SE LE COSE NON VADANO E’ PERCHE’ NON C’E’ COLLABORAZIONE DA ENTRAMBI I LATI NON CREDI?”  lei si guardò intorno, ormai una discreta folla li ascoltava fingendo indifferenza “Abbassa la voce ti prego” “ABBASSA LA VOCE? SONO STANCO DI FARE QUELLO CHE VUOI, MI SONO DICHIARATO E HO DOVUTO FARE UNA PROVA DELLA NOSTRA POSSIBILE RELAZIONE PERCHE’ ERI CONFUSA, NEMMENO QUELLA E’ STATA SUFFICIENTE E MI HAI CHIESTO DI VEDERE COME SAREBBE POTUTA ANDARE LA CONVIVENZA CON I NOSTRI SENTIMENTI ED OGNI VOLTA CHE TI DOMANDAVO COSA AVEVI DECISO MI CHIEDEVI DI ASPETTARE ANCORA! HO SEMPRE ACCETTATO, MA ADESSO SONO STUFO E NON CREDERE DI POTERTI SENTIRE LEGITTIMATA A FARE LA VITTIMA PER QUESTO! IO TI AMO DANNAZIONE, MA NON MI FARO’ MONOPOLIZZARE DA TE PER QUESTO E NON OSARE CHIAMARMI VIGLIACCO PERCHE’ SONO STATO L’UNICO A CERCARE DI FAR FUNZIONARE QUESTO RAPPORTO” aveva detto tutto questo urlando, con un tono ed una rabbia che non aveva mai sentito prima, diciamo che forse per la prima volta si era veramente adirato ed aveva ragione, ma il suo impeto l’aveva spaventata, sapeva che aveva un carattere focoso, ma essere aggredita così…non se lo sarebbe mai aspettato, scoppiò in lacrime e singhiozzi, ma questo non lo impietosì “No, adesso non credere di farmi cedere, io non posso, sto troppo male, non posso lasciare che tutto vada avanti così, ho bisogno di una svolta, perché Hermione, se ti devo dimenticare devo farlo subito o non ci riuscirò più” stavolta il suo tono era solo stanco, quasi disperato. Tra un singhiozzo e l’altro allora lei si avvicinò al rosso che si era seduto su di una piccola panca, davanti al lago “Oh Ron…anche io ti amo è solo che ho troppa paura” “Di cosa?” “Che finirà, che mi lascerai, che ti accorgerai di non amarmi più appena mi avrai conquistato” finalmente capiva. Lui si alzò e la sovrastò con la sua altezza (gli arrivava poco sopra la spalla) le appoggiò le mani sulle spalle e la fissò dritto negli occhi “Se pensi questo di me non mi conosci, perchè se ti dico che ti amo non è per gioco, non è per togliermi lo sfizio di essermi fatto la mia migliore amica, ma perché so al cento per cento che non potrei mai immaginare il mio futuro senza che preveda di stare con te, mi figuro dove sarò tra cinque anni e l’unica cosa che riesco a vedere è che non sarò felice se non ti avrò accanto, ci ho messo secoli a capirlo e ora che ci sono finalmente arrivato non me lo lascerò scappare dalle mani come fosse acqua, ti terrò stretta, vicino a me, per sempre” lei aveva smesso di piangere, ma soprattutto di guardarsi intorno.

Nessuno dei due si preoccupava più degli altri studenti che osservavano curiosi la scena, finalmente si erano compresi, finalmente stare insieme non era più un calvario e non importava se qualcuno li avesse spiati o derisi, c’erano solo loro in quel momento.

Una delle mani grandi e forti di lui le asciugò delicatamente le guance rigate di lacrime e poi prese a giocare con i suoi ricci che, non l’aveva mai notato, erano morbidi e fluenti al tatto, l’altra mano le sollevò il viso, prendendolo per il mento e poi si appoggiò ad una delle sue spalle, infine, con lentezza, chiudendo a poco a poco le palpebre, si chinò versò di lei e posò le labbra sulle sue. Non seppero dire per quanto tempo rimasero in quella posizione e non andarono oltre a quel casto bacio, nonostante non vedessero l’ora di stare insieme, perché non potevano, in ogni caso, lasciarsi andare lì, davanti a tutti e solo schiudere finalmente le labbra per fare incontrare le loro lingue avrebbe voluto dire perdere il controllo, perché lo desideravano da troppo a tempo per potersi trattenere.

Era nata così la loro storia, tra infinite attese e litigate furiose, ma grazie a quelle, difficoltà dopo difficoltà, ostacolo dopo ostacolo non si erano mai arresi e ora vivevano insieme, felici ed avevano una bellissima bimba che aveva ereditato l’impulsività del padre e l’acume della madre, una furia insomma.

Quel giorno Hermione si sentì male per tutto il tempo al lavoro e, quella sera, appena entrò in casa e sentì l’odore del tacchino che Ron stava cucinando aleggiare per tutta la casa, fu assalita da una fortissima nausea e corse in bagno, dove, se possibile, vomitò anche l’anima.

 

Sirius era sul divano della signora Weasley, coperto da una serie infinita di trapunte e ancora faticava a scaldarsi. Il principio di assideramento era passato, ma sentiva ancora il freddo ostinato nelle ossa e nelle sue stanche membra. Era rimasto sdraiato lì da sabato, quando aveva interrotto la festa di compleanno della piccola Sara con il suo arrivo. Si era alzato solo quando la vescica non gli aveva dato altre possibilità.

Sapeva di essere tornato troppo tardi, si era perso una parte importante della vita di Harry e dei suoi amici e, nonostante da dove si trovava riuscisse ad osservare le loro mosse, era difficile essere partecipe delle loro gioie, d’aiuto quando soffrivano, di sostegno quando credevano di non farcela, era davvero impossibile, ma molto di più lo era osservare impotente.

Quante volte avrebbe voluto poter prendere in braccio la piccola Maggie e cullarla fino a farla dormire. Oppure consolare Harry quando Cho Chang fu uccisa dai mangiamorte, l’aveva amata dopotutto e la sua perdita fu abbastanza shockante. O ancora aiutarlo a studiare quando aveva esami complicati e pensava che non sarebbe mai riuscito a diventare auror.

Ma nei suoi pensieri, oltre a quello che per lui sarebbe rimasto per sempre il piccolo Harry c’era il suo amico Remus. Poteva percepire la sua tristezza, la sua disperazione nonostante la lontananza. Anno dopo anno aveva perso i suoi migliori amici. Prima Lily e James, in un colpo solo e subito dopo Cosaliscia e quindi lui. Poi lui era tornato, fuggito da Azkabam quasi morto e due anni dopo il suo ritorno se n’era riandato di nuovo. Il punto è che nemmeno stavolta lui sapeva che non sarebbe stato per sempre.

Tutte queste sensazioni però, sebbene chiare e lampanti nella sua mente, le sentiva molto lontane nel suo cuore, non riusciva del tutto a comprenderle, faceva fatica a viverle…

Ma ora era lì, finalmente sarebbe potuto tornare a far parte della loro vita, avrebbe potuto tornare a vivere come un normale essere umano, senza più fuggire, perché ora non era più un latitante, non era più ricercato, anche se fosse stato difficile reintegrarsi, abituarsi a come erano cambiate le cose, anche se ci fosse  voluto del tempo e ricominciare da capo è difficile.

La porta si aprì, con un lento cigolio –E’ lui- pensò, ma in realtà era solo Molly che andava a portargli una tazza di brodo caldo e del pane fresco, il suo pranzo da un paio di giorni: il suo stomaco si era accontentato di pochissimo per così tanto tempo, che al momento, mangiare più di quello, sarebbe significato fare un’indigestione e non poteva permetterselo con le sue condizioni fisiche.

Cercò di alzarsi per mangiare con più comodità, ma dalla parte bassa della sua schiena arrivarono dei spasimi il cui chiaro significato era “non muoverti se non vuoi morire di dolore” e così, mugugnando per il male, si rimise sdraiato, come d’altronde gli aveva già ordinato la donna

“No Sirius, rimani lì, è meglio se ti alzi ancora solo per andare in bagno, potrebbe peggiorare la situazione continuare a muoverti” disse e con cautela gli infilò sotto la schiena e le spalle dei cuscini, così che sarebbe riuscito a mangiare senza rovesciarsi tutto addosso “Ecco, così starai più comodo credo, vanno bene messi così?” “Oh si, perfetti, ma non dovresti disturbarti tanto” “Figurati, a cosa servono gli amici altrimenti? Anzi, rimarrei anche qui a farti compagnia, se non fosse che devo uscire a fare la spesa, comunque, qualunque cosa succeda non farti scrupolo di avvertirmi” un mezzo sorriso apparve sul suo volto stanco “Se mai riuscirò ad alzarmi da qui” “Già, forse è meglio aspettare che torni Arthur per uscire” “No, non c’è ne bisogno, l’unica cosa che potrebbe mettermi nei guai è il mio carattere impulsivo, ma al momento non sono in condizione di commettere niente di avventato, non sei d’accordo?” “Okkei, recepito il messaggio, hai voglia di stare solo, capisco come ti puoi sentire, ma non potrà essere così in eterno, presto dovrai spiegare molte cose a tutti noi, senza più tirarti indietro…” un rumore proveniente dal cortile attirò entrambi che si voltarono a guardare la porta della cucina, da dove entrarono Harry e Remus “Ti dirò, forse dovrai farlo più presto di quanto pensassi” esclamò prima di salutarli con un ciao spiccio e smaterializzarsi a Diagon Alley.

I due rimasero per un po’ in silenzio a fissarlo, non era affatto il felpato che ricordavano. Non per quanto riguarda il fisico, certo, erma magro, quasi scheletrico, le ossa si potevano intravedere sotto la sua pelle ingiallita per l’astinenza dal cibo, i suoi occhi intorno ai quali le occhiaie erano ormai profondi fossati, avevano un’espressione stanca e vacua e la barba incolta nascondeva il suo viso altrimenti, nonostante tutto, fascinoso, ma era qualcosa nella sua espressione che lo rendeva irriconoscibile, vedevano sul suo volto la decisione di arrendersi, la decisione di lasciar fare tutto al suo destino, non avrebbe più preso in mano le redini della sua vita. Non era più l’uomo forte che conoscevano, era solo un corpo vuoto, era come se un dissennatore fosse riuscito a baciarlo. Era inquietante vederlo così e capire che non potevano farci nulla, che potevano sostenerlo, spiegargli che ormai era finita, che il suo lungo calvario era finito, ma solo lui avrebbe potuto ricominciare a vivere e sembrava non averne intenzione.

Titubante Remus si avvicinò all’amico, la felicità dell’averlo ritrovato gli si leggeva in faccia e gli aveva donato già una grande vitalità, sembrava essersi liberato da quello strano torpore nel quale si era rinchiuso dopo la sua nuova scomparsa, ma era ancora la malinconia che regnava incontrastata nel suo cuore perché non aveva ritrovato il vero Sirius, ma solo la sua copia sfocata.

“Ciao” “Ciao” la sua voce arrivava attutita da dietro le coperte che ancora teneva sotto il naso “Era ora” “Già, lo penso anch’io” “Bè, chi non muore si rivede” “Ci sono andato molto vicino” “Non avevo dubbi” “Purtroppo” “Ci devi molte spiegazioni” “Non ho colpa di quello che è successo” “Non intendevo quello, dicevo solo che ci devi raccontare molte cose” “Non c’è molto da sapere” “Forse per te che l’hai vissuto, che sapevi quello che vivevamo, se non mi sbaglio giusto?” “Giusto” “Ma tu per noi, tutto questo tempo, sei stato un’incognita, le poche cose che sapevamo di te e che volendo potevi tornare per poco tempo su questo mondo e che lui ti aveva dato elementi di una pozione per tornare, siamo poi giunti alla conclusione che tu in qualche modo assurdo potevi vedere quello che succedeva qui” “Infatti, ma dimmi, quanti credevano che fosse tutta una trappola? Quanti hanno pensato che Harry non avrebbe mai dovuto aiutarmi?” “Nessuno” fu il moro a rispondere “Non abbiamo mai rivelato che avevi detto di non rivelarlo a Silente, anzi, abbiamo sempre sostenuto che tu avresti voluto, ma che noi non l’abbiamo fatto” questa rivelazione stupì Lupin “Avreste dovuto dirlo, rischiavate la vita in ogni momento della vostra giornata, certi particolari non andrebbero tenuti nascosti” “E’ quello che temevamo. Voi non l’avevate visto, voi non potevate capire come noi che fosse veramente Sirius, se ve ne avessimo parlato ci avreste impedito di aiutarlo e non volevamo che accadesse, meglio, non volevo” “Credevo che almeno Hermione…” “Oh, si, lei si è rifiutata, ma quando si è una contro tre è facile essere convinta, anche se ha resistito per molto” “Lo immaginavo” “Bè, sono dettagli che chiariremo in seguito, anche se non sono più così importanti ormai, ora sta a te Felpato, ci devi una storia” “E’ troppo lunga” “Spiacente, ma abbiamo tutto il tempo che ti servirà” “Non ne dubitavo” “Prego allora” “Se devo…” “Infatti” “Bene, da dove cominciare?” disse con fare cerimonioso, come a voler ridicoleggiare quella situazione di tensione “Allora, il mondo dietro al velo non è quello degli spiriti dei defunti, come molti di voi hanno pensato, infatti come vedete non sono morto” questa affermazione fece venire in mente ad Harry Luna, la sua vecchia compagna di scuola, l’avrebbe shockata sentire questa notizia e forse l’avrebbe screditata sul Cavillo, il giornale che aveva ereditato dal padre “Lì c’è un mondo cupo, dove tutto è ombra, dove tutto è oscuro, come dietro ad un velo, le persone sono malvagie ed è come vivere nell’epoca in cui Voldemort era al pieno dei suoi poteri, ma dovete contare che io ero solo e sopravvivere è stato arduo, non so come io abbia potuto, la forza della disperazione, forse. All’inizio non sapevo cosa fare, come avrei potuto tornare indietro? Dove prima c’era il velo era comparso un muro solido ed in attraversabile, nessuno sembrava disposto ad aiutarmi, anzi, quando scoprivano che ero buono ingaggiavano con me duri duelli che ho imparato troppo tardi ad evitare, così iniziai a scappare. Recuperai tutte le provviste che in quella precaria situazione riuscii a trovare e a rubare senza mettermi nei guai e mi allontanai dalla città più che potei. In campagna almeno non viveva nessuno, ero al sicuro dagli altri, ma non da me stesso. Senza ne cibo ne compagnia presto impazzii. Era quasi peggio che stare ad Azkabam. Dormivo sonni agitati e mi svegliavo sempre più stanco, cominciai a soffrire d’insonnia e a sussultare ad ogni rumore. Parlavo da solo, farneticavo e non ci misi molto a perdere la cognizione del tempo ed il senso dell’orientamento. Presi a girovagare per quei boschi tetri, giorno e notte, in un interminabile viaggio senza meta, fino a quando lo trovai. Somigliava immensamente al calice di fuoco, solo che era molto più grande e le fiamme che vi divampavano erano di un inquietante rosso sangue, che niente aveva a che fare con il normale fuoco. Sul bordo vi era un’iscrizione, in inglese arcaico, quel poco che riuscii a tradurre fu: questo è lo specchio e la porta del mondo. Cosa significava? Non ci misi molto a scoprirlo in verità. Mi affacciai e notai che le fiamme non mi scottavano. Mi ricordò molto la storia di Harry al primo anno, mi ha raccontato che aveva dovuto attraversare un incendio di cui grazie ad una pozione non sentiva il calore. Pensai a lui, a quanto mi mancava e lo vidi. Comparve tra le fiamme, era in camera sua, sfogliava l’album delle fotografie…Capii subito che tesoro avevo trovato e non smettevo mai di osservarvi. Mi bastava pensare ad uno di voi che quello compariva nell’enorme calice. Mi aveva stregato, non mangiavo più, non dormivo più, non mi preoccupavo più dei miei bisogni, ero come ipnotizzato.

Poco dopo successe una cosa che non avrei mai pensato. Vidi ancora lui che sfogliava quel suo solito album, regalo di Hagrid, e piangeva. Normale, pensai, che piangesse ancora i suoi genitori. Ma poi scorsi la foto che osservava. Era la mia. Allora una grande tristezza mi avvolse, ma soprattutto si rafforzò in me il desiderio di tornare, non per la mia salvezza, ma per lui, per farlo star meglio. In un modo che non saprei spiegare questo sentimento altruistico permise alla mia essenza di tornare sulla terra, su questo mondo. Stupito persi subito la concentrazione, ma ormai avevo capito il trucco, bastava imparare a padroneggiarlo e presto avrei potuto rivedervi…purtroppo scoprii anche che l’unico sentimento che mi dava la forza di tornare era quello per Harry e così non riuscii mai a farmi vedere da qualcun altro.

Appresi in seguito che potevo trasportare oggetti da dov’ero a voi senza conseguenze, ma che poteva essere pericoloso fare il contrario, come loro hanno sperimentato, riflettei così che dopo tutto non vi avevo persi del tutto, ma più tentavo di trovarvi e più mi chiedevo: perché farmi vedere? V’avrei fatto stare solo più in pensiero e non c’era modo per farmi tornare.

Arreso smisi per un po’ di osservarvi, per abituarmi all’idea che sarebbe stato così per sempre e per non impazzire di nuovo cercai di cacciare per mangiare  e di costruirmi un rifugio. Nel tempo libero provavo a tradurre le altre iscrizioni sul fianco del calice.

Mi ci volle qualche mese, ma era molto più semplice di quanto avessi pensato e presto mi fu svelato il mistero: quello era un mondo creato per mantenere l’equilibrio tra bene e male, perché se tutta quella oscurità non fosse stata contenuta e si sarebbe riversata sul nostro mondo, le forze della giustizia sarebbero state annientate e sarebbe stata la fine. Nonostante tutto c’era un modo, che potevano utilizzare solamente i puri di cuore, per uscire da quell’inferno: quelle fiamme potevano creare una finestra tra i due mondi se quello che l’avrebbe attraversata  avrebbe assunto una pozione che era spiegata dall’altro lato della coppa. La speranza si riaccese in me e ricominciai a osservarvi e ad allenarmi a stare il più a lungo possibile sulla terra.

Spiavo spesso Harry, Ron ed Hermione, cercando di trovare un momento in cui erano da soli nella sala comune del grifondoro, ma c’era sempre quella Dafne con loro e non era il caso che lei venisse a sapere di me” a questa affermazione il moro sussultò, anche lui nominava quella Dafne, ma chi era? Persino Remus sembrava non capire di chi stesse parlando ma per lui non era fondamentale, non conosceva tutti i grifondoro e doveva aver pensato che fosse semplicemente una compagna di cui non avevano mai parlato, decise però di non chiedergli spiegazioni al momento “Così comparii davanti a lui e Ginny durante la loro prima visita ad Hogsmeade e chiesi gli ingredienti della pozione che io non potevo nemmeno pensare di andare a cercare là, mi avrebbero ucciso, ma per loro, nella scuola, sarebbe stato un gioco da ragazzi…ehm, adesso,e mi permettete, salterei la parte della storia che già sapete” “Certo” “No problem” “Bè, una volta ottenuto il necessario, prepararla non fu complicato, non occorreva nemmeno usare un calderone, ma quando la bevvi fu deleterio. Mi sentii letteralmente bruciare dentro e svenni, probabilmente rimasi incosciente settimane, se non mesi e quando mi svegliai ci misi altrettanto a riprendermi, ma, quando mi fui ristabilito scoprii di aver acquisito una capacità: quella di creare un portale che mi avrebbe condotto a voi, non era una cosa che mi era stata detta o che avevo letto da qualche parte, semplicemente, sapevo che era così.. Recitai allora una formula, che mai avrei creduto di conoscere e davanti a me si creò un vortice, blu intenso, in fondo al quale vedevo il mio mondo. Vedevo voi. Non sembravate molto lontani e pensai che una volta entrato nemmeno pochi minuti dopo sarei tornato a vivere. Ovviamente non fu così. Entrai e il portale dietro a me si chiuse. Ero intrappolato là e se non fossi riuscito a trovare la strada sarei rimasto intrappolato per sempre in quel luogo senza tempo, dove i giorni non passavano, sarebbe stata la mia eterna tomba vivente. Non desideravo un futuro di quel genere, così, gambe in spalla cominciai a camminare, ma, paradossalmente, più mi avvicinavo più vi allontanavate, non sapevo se vi avrei mai raggiunto, poteva essere un viaggio senza fine, ma non avevo altra scelta, dovevo tentare. Vi vedevo, era ancora come se fossi là, ma potevo raggiungervi e traevo determinazione da ciò, non sentivo il tempo passare, non invecchiavo, non percepivo lo stimolo della fame, della sete, il sonno o la stanchezza, ero un essere vuoto, entrato in simbiosi con quel luogo fuori dal mondo dove non esisteva la vita, dove non esistevano i sentimenti, quell’unico che provavo lo avvertivo a malapena grazie a voi.

Non so dirvi quanto sia rimasto là dentro, anche se, facendo qualche calcolo è abbastanza ovvio che siano trascorsi all’incirca cinque anni.

Finalmente, ad un certo punto, notai che non vi allontanavate più, che più mi avvicinavo più le immagini diventavano nitide: avevo trovato la porta per tornare, dovevo solo aprirla. Di nuovo quella sensazione, di nuovo sentivo di conoscere una formula che mai avevo studiato, la pronunciai, chi non l’avrebbe fatto? Ebbi fortuna. Mi ritrovai in campagna, vicino alla Tana, non se ne parlava di andare fino a Londra e a poco a poco riuscii ad arrivare qua, ma fu estenuante.

Appena tornato la vita si è impossessata nuovamente di me, ho ricominciato a sentire il freddo e indossavo abiti estivi, lo stomaco ha preso a brontolarmi, ma non avevo cibo con me, la mia bocca si è seccata e l’unica acqua che ho trovato è stata quella della pioggia, sentivo le mie membra cedere, ma non potevo mollare. Mi ci sono voluti giorni ancora per venire qui, riuscivo a coprire solo pochi chilometri al dì, come cane o come uomo, e sentivo spesso il bisogno di dormire e riposarmi.

Molte volte ancora ho rischiato la morte, ma come potevo arrendermi ora che ero qui? Bè, non l’ho fatto e sono riuscito a bussare alla vostra porta, fortunatamente.

Però c’è ancora una cosa che ancora stento a sentire: le emozioni, sono ancora vuoto, fatico ancora a comprendere l’amore e tutto il resto, capisco solo che sarà difficile tornare di nuovo a far parte della vostra vita ma non mi arrenderò.” Sentire questo da lui li tranquillizzò, era ancora il loro Sirius, o meglio, sarebbe presto tornato tale.

Quel racconto lo aveva spossato. Accomodò bene il capo al cuscino e chiuse gli occhi, per riposarsi. Harry e Remus sapevano che dovevano rispettarlo e per un bel po’ rimasero in ossequioso silenzio, attendendo che riprendesse le forze e spiegasse alcuni piccoli particolari che nel suo racconto aveva accuratamente evitato, ma non sembrava volerlo fare, così Lupin parlò

“So che è difficile, che vorresti buttarti solo tutto alle spalle e che sei molto stanco, ma è venuto il momento di rispondere ad alcune domande” “So che mi tocca, non preoccuparti, è solo che cercavo di tardare questo momento il più possibile, concedimelo” “Certo, è gia stato molto chiederti di raccontarci quello che hai appena detto, ma sapevi che evitando di inserire alcune parti nel resoconto le domande sarebbero sorte di conseguenza” “Si, certo che lo sapevo…prego, chiedete pure” fu il ragazzo a cominciare “Per iniziare solo un paio di curiosità: come facevi a materializzarti ad Hogwarts? Non si può, Hermione lo ripeteva in continuazione e poi, non riuscivi ad andare in città sotto forma di cane? Nessuno ti avrebbe riconosciuto…” “Per prima cosa, potevo comparire ad Hogwarts perché non era una vera e propria apparizione materiale, ma più che altro una trasposizione della mia essenza, in secondo luogo, non saprei dirti il motivo, ma laggiù non riuscivo a trasfigurarmi, potevo concentrarmi fino allo stremo, era inutile, il massimo che ottenevo era farmi crescere qualche pelo in più e credimi, non ne avevo proprio bisogno, con il caldo infernale che c’era” “Bè, toccherà a me allora farti la domanda da centomila sterline: perché Harry non doveva parlare di te a Silente o comunque a noi?” Sirius sospirò “Dobbiamo saperlo” annuì, piano “Sapete che io potevo vedere la vostra realtà, quindi a volte spinto dalla curiosità controllavo le mosse di Voldemort. Bè, lui aveva delle spie all’ufficio misteri,  che ora ho visto tutte o morte o a marcire ad Azkabam, ma quelle ai tempi gli avevano rivelato tutti i misteri che esso conteneva e così lui sapeva che io ero vivo e che ero condannato a rimanere rinchiuso là in eterno, ma allo stesso tempo pensava che anche Silente fosse al corrente di tutto ciò che è custodito in quell’ufficio ed era certo che nonostante tutto avrebbe provato a venire a salvarmi, così aveva cercato di aumentare il numero di spie, volontarie ed involontarie” “Ecco perché aveva sottoposto all’imperio tutti quelli che erano rimasti dalla parte del bene” “Esatto Harry, hai capito, era una trappola, chiunque di voi avesse provato a trovarmi sarebbe stato scoperto, non potevo permetterlo, anche se sapevo che Albus è forte e che sarebbe stato prudente, il mio metodo era infinitamente più sicuro perché il Signore Oscuro non sospettava minimamente che io potessi fare una cosa del genere e così non vi teneva più di tanto d’occhio, anche perché sapeva di rischiare, sapeva che tu Harry eri tenuto ancora più sotto controllo rispetto all’anno precedente” “Bè, ora è tutto talmente chiaro, talmente …”  “Semplice, in un certo senso” completò Remus “Già”.

Mentre parlavano il tempo era passato molto più velocemente di quanto si sarebbero aspettati e quando guardarono fuori dalla finestra videro che il cielo si era fatto scuro e la luna troneggiava incontrastata tra le stelle che quella sera sembravano avere una luce fioca ed offuscata.

Anche nella casa era calato il buio e si accorsero finalmente di non riuscire più a vedere ad un palmo del loro naso. Dovevano essere circa le otto. Come mai Molly non era ancora tornata? Sentirono provenire un rumore di piatti molto attutito dalla cucina e scoprirono che non era così. Erano talmente attenti che oltre a non accorgersi della luce che scompariva non si erano accorti nemmeno del suo arrivo.

Anche se lei, comprendendo l’importanza di quel momento per i tre, aveva fatto di tutto per non farsi udire. Appena si era materializzata aveva messo a posto la spesa, camminando piano e sistemando quasi tutto con la magia, nel modo più silenzioso possibile e una volta terminato, sempre materializzandosi, era andata in cortile, dove aveva aspettato leggendo fino a quel momento quando aveva dovuto cominciare a cucinare.

Il moro tornò in cucina “Ciao, noi ora andiamo” “No, non se ne parla, ho già scritto a Ginny per dirle di venire, cenerete tutti qui, Arthur ne sarà felicissimo, è da troppo ormai che questa casa è vuota e poi noi mangiamo sempre a quest’ora ultimamente, continua a fare straordinari” mentre finiva di parlare suo marito e la figlia entrarono, erano arrivati nello stesso momento.

Harry andò subito a salutarla con un caldo bacio che la imbarazzò un po’: era davanti ai suoi genitori, ma lui non poteva farne a meno, da troppi giorni la trascurava e gli mancava il contatto col suo corpo o anche semplicemente parlare con lei tutta la notte, come facevano prima di sposarsi.

“Smettila, ci sono loro” “Lo so scusami, è che mi sei mancata molto” “Anche tu…farai qualche straordinario stasera penso” “Non vedo l’ora” erano ancora abbracciati mentre si dicevano queste cose e si guardavano negli occhi. Fu Remus ad interromperli “Se voi due piccioncini avete finito di tubare il pranzo sarebbe anche pronto” di rimando il moro gli mostrò la lingua, ma poi entrambi si misero al tavolo dal quale si poteva vedere Sirius che sorseggiava tranquillo sul divano la sua ciotola di porridge.

“Ehi amore, dov’è Maggie?” “L’ho lasciata da Ron ed Hermione, sono andata a trovarli nel pomeriggio e la lettera di mamma mi è arrivata lì, lei non voleva saperne di andare via da là e così si sono offerti di tenerla fino a domani” “Bene” niente avrebbe potuto andare meglio: le cose si erano chiarite e quella notte avrebbero avuto la casa interamente per loro.

Come al solito, quando uno dei suoi figli andava a trovarla, la signora Weasley aveva preparato un pranzo molto più simile ad un banchetto che ad altro: come primo piatto una pentola colma di squisita zuppa inglese, per secondo delle piccole ma appetitose polpettine al ragù (che in tutta sincerità preparato da un’inglese a mio parere non poteva essere poi così eccellente), come contorno una leggera insalatina verde ed infine, per dolce, un’enorme crostata di ribes che in qualche modo riuscirono a finire, senza lasciare nemmeno traccia della sua esistenza, il tutto innaffiato con fresco succo di zucca.

Rimarrà sempre un mistero come, in poco meno di un’ora, quella donna riesca a preparare tutto quel cibo senza mai avere un esaurimento nervoso, ma forse noi tutti sappiamo qual è il suo segreto! Ci vuole allenamento per mandare avanti una casa e allo stesso tempo nutrire ed occuparsi di nove persone no?

Più tardi, prima di andare via, si recarono tutti in sala a fare un po’ di compagnia a Sirius, che però non sembrava esattamente dell’idea: era taciturno e sfuggevole, se poteva rispondeva alle domande con un cenno del volto e lo scoprivano spesso a sonnecchiare.

Stavano per avviarsi tutti e quindi lasciarlo finalmente in pace quando in mezzo alla sala comparvero i gemelli che erano passati solamente “per salutare”, come avevano detto, ma era evidente che volessero capire come stesse Felpato e magari carpire da qualcuno la sua storia.

Fallirono nell’impresa, era chiaro che nessuno aveva voglia di parlarne di nuovo quella sera, soprattutto lui, così, un po’ delusi, se ne andarono non molto tempo dopo e finalmente la casa si svuotò anche degli altri ospiti.

Remus, che ormai aveva imparato a controllare la sua metamorfosi da lupo mannaro (ma questa è un’altra storia che vi racconterò in seguito), prese quelle sembianze e, attraversi i boschi e le campagne raggiunse casa sua.

Harry e Ginny optarono invece per una romantica camminata al chiaro di luna, che però interruppero circa una mezz’oretta dopo, quando, stanchi e desiderosi di rimanere dopo molto tempo veramente soli nelle loro quattro mura, scelsero la via magica più breve per arrivarvi.

Appena furono dentro raggiunsero subito la camera, dove il moro era già pronto a spogliarsi e ad andare sotto le coperte, ma lei bloccò subito i suoi bollenti spiriti.

Le stava già slacciando la camicetta quando gli prese le mani tra le sue e lo fermò

“Ti devo parlare” “Non puoi aspettare?” chiese già fremente dal desiderio “E’ importante per me” glielo disse con quella voce, quella che usava sempre quando voleva intenerirlo e convincerlo a fare quello che voleva lei.

Come sempre ci riuscì. “D’accordo” sbuffò “Ma non è corretto usare certi trucchetti” scherzò e si sedette sul ciglio del letto, attendendo che lei iniziasse a parlare

“Maggie ormai è grande, ha cominciato la scuola materna e in ogni caso se non sappiamo a chi darla c’è la nonna che è disposta a curarla” “Si…e con questo?” non capiva dove voleva arrivare “So che tu probabilmente non sarai d’accordo, ma io non riesco a fare una vita da casalinga come sto facendo adesso, sono sprecata per questo e poi, ti assicuro, è abbastanza noioso, certo, non abbiamo bisogno di soldi ed è inutile che lavori anche io, ma non posso sopportare di aver affrontato quella dura specializzazione per poi ritrovarmi a casa a fare le pulizie, è giusto che torni ad esercitare e comunque potrò rimanere ugualmente accanto a mia figlia, ormai gli attacchi seri sono cessati, la criminalità è diminuita, avrò più tempo libero e posso chiedere di non essere rintracciata quando capitano degli imprevisti” “Non voglio che tu torni a fare l’auror, non se ne parla, avevo paura prima, figurati adesso che abbiamo una figlia” “Sarò prudente, non puoi costringermi qua” “No, non posso, ma ti chiedo di non farlo e poi tu non sei prudente, non lo sei mai stata, sei come tuo fratello, troppo impulsiva” “No, non è vero, non ho mai affrontato situazioni più grandi di me” “MA SE PRIMA DI ABBANDONARE, PRIMA DI RIMANERE INCINTA, TI HANNO QUASI UCCISA” “Non urlare con me” “URLO QUANTO MI PARE, NON HO INTENZIONE DI LASCIARTI ANDARE DI NUOVO LA FUORI A FARTI AMMAZZARE” “Mi spiace, ma non era una richiesta, ho già deciso, non c’è nulla di sindacabile, ho già chiesto a Caramell di poter tornare in servizio, alle condizioni che ti ho detto e ha accettato, sarò di nuovo un auror e non me lo potrai impedire” “Ti prego no, ti amo troppo, vivrei nella paura di perderti” “Non succederà” “Non ne sarei così sicuro”.

Gli era passata la voglia di stare insieme, si infilò sotto le coperte e spense la luce, rannicchiato nel suo angolo, mentre lei, troppo triste per la discussione, andò in sala dove si addormentò sul divano solo dopo qualche sorso di burrobirra.

 

Risposte ai commenti:

 

Seyenne:So che è un po’ strano questa specie di nuovo inizio, però alla fine loro sono sempre loro: i miei personaggi con i rispettivi caratteri e Draco, bè si, against Harry forever, cosa ti aspettavi? Troppi cambiamenti? In realtà non poi così tanti se non si pensa solo al fatto che non vanno più a scuola…si, c’è un nuovo personaggio, ma penso che avrai già capito che è abbastanza determinante e non campato per aria come potrebbe sembrare…

Come al solito ci sono alcuni fatti un po’ strani(es nessuno si ricorda di Dafne), ma va da sé che prima o poi tutto si spiegherà…come dico sempre, ormai è una mia frase tipo…come vedi ho cercato di aggiornare più presto che potevo, ma ora cerca di farmi sapere al più presto cosa ne pensi perché sono curiosa anche io, thanks x il commento, bacioz, Summer9

 

Un saluto a tutti, alla proxima sett…ciauz!

 

 

 

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Capitolo 11
*** La vita continua...nonostante tutto ***


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Bè, buona lettura e grazie a tutti questi che leggono la mia storia…

Capitolo 11°: la vita continua…nonostante tutto

 

Era finito il primo giorno di lavoro. Era sfinita. Sapeva che sarebbe dovuta correre a casa della madre a prendere la piccola ma sentiva un forte bisogno di chiacchierare con qualcuno, era molto confusa e soprattutto molto triste. Non sapeva se fosse nella ragione o nel torto, ma soprattutto le dispiaceva di non aver ottenuto il suo appoggio, sentiva di averne veramente bisogno.

Ginny riuscì a raggiungere Hermione poco prima che uscisse dall’edificio e comunque, per attirare la sua attenzione, dovette richiamarla a gran voce

“Hermione! Hermione! HERMIONE!” “Che c’è” il suo respiro era affannato, aveva corso, e quindi parlò con fatica “Pensi che Ron si arrabbierebbe se per questa sera cenassi fuori con me? Per quanto mi riguarda credo che Harry non mi aspetti nemmeno a casa, non mi ha parlato per tutto il giorno a lavoro, nonostante ci abbiano affidato gli stessi casi e di certo non si aspetta che dopo un comportamento così io vada senza problemi a fare la perfetta moglie” “Cos’è successo?” “E’ proprio per questo che ti sto invitando fuori a mangiare, ho bisogno di parlartene” “D’accordo, per fortuna che stasera fa un’oretta di straordinari, così, se mi aspetti un attimo, torno indietro ad avvisarlo, dovrebbe essere ancora in ufficio” “Si, non c’è problema” a questa risposta l’amica fece retro front e rapida si diresse al terzo piano, dove avevano appena creato un ufficio apposito per gli auror dipendenti del ministero e lì vi trovò il rosso che stava discutendo con Caramell

“E’ improponibile far tornare i dissennatori ad Azkaban” “Weasley lei non capisce, ne altre creature ne nessun mago si presteranno mai come guardia di quella prigione e io non posso permettere che vi siano custoditi i criminali della peggior specie senza alcun tipo di controllo” “Troverà una soluzione, perché se Voldemort dovesse farsi di nuovo vivo quelle luride bestie torneranno nuovamente dalla sua parte e allora pregherà di non aver mai deciso di metterle a guardia delle celle” “Mi vedo costretto allora a proporre degli auror per quell’incarico, non vedo altra soluzione” “Nemmeno io, ma è assurdo” “E per quale motivo?” “Nessun auror accetterà mai, dopo la dura specializzazione, di rimanere fermo tutto il giorno a controllare ex mangiamorte rinchiusi, io per primo piuttosto mi licenzierei” “Allora saranno in molti a perdere il lavoro, perché io devo pur salvaguardare in qualche modo la comunità magica” allora lui si fece pensieroso “Non c’è niente da obbiettare effettivamente e c’è pur bisogno di un certo grado di esperienza per fare quel lavoro, in caso di evasioni” “Infatti perciò…” “No, aspetti, le proporrei momentaneamente una soluzione di questo genere: dividere il nostro squadrone in due parti, suddivise a loro volta in due metà” “Dove vuole arrivare?” “Mi lasci finire di spiegare. Allora, le prime due parti si organizzeranno per la guardia diurna e notturna della prigione per due settimane e le seconde per altre due. Proviamo questa cosa per  qualche mese, poi indiremo una riunione e chiederemo ce c’è qualcuno disposto a svolgere a tempo pieno questo lavoro. Se ci saranno adesioni sufficienti il problema sarà risolto, in caso contrario adotteremo questo metodo e noi ci rassegneremo” in un primo momento il ministro sembrava un po’ scettico, ma più pensava a quella via più gli pareva pratica ed efficace “Ottimo Weasley, ottimo, andrò subito a sottoporlo al consiglio” e borbottando soddisfatto uscì dalla stanza, lasciando finalmente entrare la donna che aveva ascoltato tutto e baciò orgogliosa Ron

“Sapevo che dietro quei capelli di fuoco si doveva nascondere un cervello niente male…più stiamo insieme più ti amo” “Wow, a cosa devo questi complimenti e questa visita inaspettata?” “I complimenti alla tua splendida idea e la visita inaspettata a tua sorella” “Cosa intendi?” “Ha bisogno di parlarmi, mi ha chiesto se ceno con lei stasera, è un problema?” “No, Sally è dalla nonna vero?” “Si, devi andarla a prendere prima di cena” “Va benissimo, ma dimmi, cosa succede a Ginny?” “Non dovrei dirtelo, ma credo problemi con Harry, in ogni caso acqua in bocca” “Sarò muto come un pesce, ci vediamo allora” “Si, a dopo” lo salutò con un altro caloroso bacio e tornò in superficie dove lei la stava aspettando

“Scusa, so che ci ho messo molto, ma stava parlando con Caramell” “Non importa, andiamo al ristorante italiano?” “Non ci nono mai stata” “Si mangia molto bene” “Aggiudicato allora!” esclamò prendendo l’amica a braccetto.

Il locale era caldo e fumoso ma si respirava un’atmosfera allegra. Si vedeva che era un logo di vecchio stile e l’arredamento era molto rustico, per esempio i tavoli, in legno rozzamente intagliato, avevano tovaglie bianche con disegnati quadroni rossi, in tinta con i coprisedia, i camerieri avevano tutti la stessa uniforme che ricordava un po’ gli antichi vestiti dei marinai ed il proprietario, che faceva cassa dietro ad un bancone dove spiccavano i più curiosi souvenir arrivati dall’Italia, era un omaccione rubicondo, con folti baffoni neri ed un’espressione gioviale, che indossava una camicia bianca che evidentemente doveva aver acquistato qualche taglia fa e i cui bottoni sembrava dovessero saltare via da un momento all’altro.

Appena entrarono due gentili garzoni si offrirono di appendere i loro mantelli all’attaccapanni.

In un secondo tempo poi le condussero ad un tavolo libero porgendo loro i menu che avevano appena fatto comparire con un colpo rapido delle bacchette e si allontanarono solo dopo averle avvertite che sarebbero tornati a prendere le loro ordinazioni eclissandosi dietro le porte della cucine, rivelando, mentre le aprivano, cuochi esperti che facevano uscire salse dalle proprie bacchette o leggeri fuochi per cuocere i pasti.

Hermione capiva perfettamente che Ginny non volesse che i due garzoni sentissero i suoi problemi, così aspettò pazientemente di avere il pranzo prima di andare al nocciolo della questione e chiacchierò volentieri con lei del più e del meno prima che i due tornassero, anche perché era molto che non si concedeva una serata per sole donne.

“Allora, cosa c’è qui di buono da mangiare?” “Bè, io ci vengo spesso e prendo sempre la pizza, ma non posso lasciarti uscire senza che tu abbia assaggiato dei veri spaghetti al pomodoro, sembra un piatto semplice, ma è delizioso”

Ovviamente lei non se lo fece ripetere due volte e ascoltò il consiglio dell’amica. Non c’è bisogno di dire che quando si vide arrivare un piatto ricolmo di pastasciutta rossa fumante gliene fu decisamente grata.

“Bè ‘mione, forse è il caso che finalmente ti dica perché ti ho chiesto di venire” “Non ti preoccupare, posso aspettare finchè non ti sentirai pronta per parlarne” “Non è tanto questione di essere pronta o no” “Allora ascolterò senza interromperti” “Grazie, sapevo di poter contare su di te, con Luna non è la stessa cosa, sembra sempre sulla luna, scusa il giro di parole, quando sei con sei anche se poi sa dare ottimi consigli, ma oggi ho bisogno più che altro di sentire che è presente la persona con cui sto parlando” “Ti vedi ancora con lei?” “Si, abbastanza spesso, ogni tanto mi ha anche tenuto Maggie, all’inizio non mi fidavo, ma ci sa davvero fare con i bambini” “Dovremmo uscire tutte e tre insieme qualche volta” Hermione aveva superato la sua ostilità nei confronti di quella ragazza da quando aveva visto che anche il cavillo poteva rivelarsi utile ogni tanto “Infatti” “Già…allora dimmi, che succede Ginny?” “E’ un po’ imbarazzante da dire” “Problemi con Harry?” “Si…” “Ti ha tradito?” “No, ma che vai a pensare?” “Dicevi che era imbarazzante…” “No, sei completamente fuori strada” “Mi dispiace” Non preoccuparti, comunque centra con il lavoro” “Il suo?” “No il mio” “Ma io pensavo che tu non esercitassi più” “Sta qui il problema” “Sentiamo” “So che il mio lavoro può essere pericoloso e che molti mi reputano inadatta a svolgerlo, persino i miei genitori hanno fatto una faccia stralunata quando ho annunciato loro che volevo fare l’auror, solo tu e Luna mi avete sempre sostenuto” “E continueremo a farlo” “Lo so…e meno male, perché siete le uniche! In ogni caso dopo l’incidente e la bambina non ho più ricominciato, io stessa ero molto spaventata, ma ora sento di non poter più fare la casalinga a tempo pieno. È troppo frustrante essere lì, scopa e paletta in mano, a pulire il pavimento, pensando agli anni di scuola e specializzazione che ho alle spalle” “E’ comprensibile, anche io ho ripreso poco dopo la nascita di Sally” “Bè, io non l’ho fatto, ma ora ne sento il bisogno” “”Parlane con Harry, capirà” “Qui sta il problema. Per non illudermi prima del tempo sono andata da Caramell per vedere se mi avrebbero riassunto e lui ha detto che non ci avrebbe nemmeno dovuto pensare, ero un prezioso elemento della sua squadra e l’unico motivo per cui non mi ha richiamata, dice lui, è che rispettava il mio dolore e la mia paura. Quindi, pensando, come tu ora, che sicuramente il mio Harry avrebbe capito il mio bisogno ho subito aperto le pratiche per la riassunzione  e sono tornata a tutti gli effetti auror” “Bè, allora è tutto apposto no?” “Niente affatto! Io pensavo che il mio problema sarebbe stato il datore di lavoro, in realtà l’ostacolo è stato proprio mio marito. Si è infuriato appena ho accennato alla cosa, dice che è troppo pericoloso, che non sono prudente e che mi ama troppo per vivere nel terrore di potermi perdere! Ma ormai la frittata era fatta quando gliene ho parlato e comunque non riesco ad immaginarmi la mia vita senza un lavoro, certo, c’è mia figlia, ma mi sembrerebbe di non avere uno scopo, anzi, in realtà, temo di ridurmi a evitare di avere altri figli per paura di offrire loro una vita di povertà come lo è stata la mia, non fraintendermi, amo i miei genitori ed è stato mille volte meglio essere figlia loro che dei Malfoy ad esempio, ma voglio che la mia famiglia non debba vivere di stenti” “Non devi giustificarti con me” “Lo so, ma dopo quello che è successo sento il bisogno continuo di approvazioni perché la reazione di Harry è stata per me così strana che mi ha stupito e mi ha portato a credere che forse, dopotutto, abbia ragione lui” “Non pensarci nemmeno per un attimo, in fondo anche per te è la stessa cosa no? Anche lui un giorno potrebbe non tornare a casa…per colpa di un mangiamorte” a queste parole era salito un nodo in gola ad Hermione: quelli erano gli stessi timori che aveva per Ron e solo a pensarci le sembrava che divenissero più probabili “Si, è così, ma in fondo so che in un modo o nell’altro lui tornerà ogni volta, l’ha sempre fatto, prima di Hogwarts, durante e dopo, è difficile dubitare di questo, invece io, bè, ho sempre dovuto essere salvata” “Ma questo non importa, non ti deve frenare, dimostragli che ce la puoi fare, non può rinchiuderti così, annullarti così, sei sua moglie, non una sua proprietà e di conseguenza hai anche una tua personalità non credi?” “Si, ma non  mi piace litigare con lui e mi ha evitato tutta la giornata, già è duro riprendere una vita normale, in queste condizioni non credo di potercela fare, crollerò presto” “Ma non può durare in eterno e lui ti ama, presto capirà, te lo assicuro” “Non sai quanto spero che tu abbia ragione” “Lo spero anch’io per te, ma ora vorrei chiederti una cosa” “Fai pure” “Io so che ieri Harry e Remus sono stati i primi ad ascoltare la storia di Sirius, so che avete litigato, ma non è che magari ha fatto in tempo a dirti qualche cosa? Si, mi ha raccontato tutto prima che tornassimo a casa, perché? Curiosa?” “Chi non lo sarebbe? E poi abbiamo agito alla ceca aiutandolo, sperando che fosse lui, ora voglio sapere da cosa lo abbiamo salvato” “Già, lo meriti, lo meritiamo tutti in effetti” disse prima di cominciare un lungo racconto che terminò non molto prima di mezz’ora più tardi.

“Wow…” “Già, è tutto quello che anche io ho detto ad Harry” “E’ difficile trovare qualcosa d’altro da dire” “Vero” “C’è una cosa che più di tutte mi ha stupito nel racconto” “Cioè?” “Anche lui ha nominato quella Dafne” “Si, anche Harry era stupito, ma ha deciso che non ha intenzione di chiedergli niente per un bel po’, dice che è già stata molto dura farsi raccontare questo” “si, devo ammettere che è una storia molto lunga e dolorosa da ricordare” “Comunque ha incuriosito ancora anche me, continua a ricordarmi qualcosa quel nome, ma non capisco cosa possa essere” “Certo che volendo c’è qualcun altro che potrebbe dircelo” “Intendi Malfoy?” “Si, sarebbe la chiave dei nostri dubbi fino a che Sirius non si riprenderà” “Dubito che abbia intenzione di collaborare” “Anche io in effetti, ho fatto molti tentativi, ma nessuno ha avuto successo, è arrabbiato, anche se in realtà lo è più con se stesso che con noi ma non vuole ammetterlo” “Tu credi? Si, è diversa la rabbia che dimostra, non è vero e proprio astio nei nostri confronti, è più desiderio di sfogarsi, però…Non so, potresti avere ragione, ma resta il fatto che non gli caveremo mai una parola di bocca” “Forse Harry potrebbe” “E come?” “Bè, comunque sia la cosa è lui l’oggetto principale della sua ira no? Come sempre, potrebbe avere talmente effetto su di lui da riuscire a farlo parlare” “E’ un po’ utopica la cosa, ma è un tentativo che forse vale la pena di fare, ma credo che dovremo rimandarlo di un po’ perché voglio prima risolvere le cose con il mio morettino” “Si, penso anche io che sia giusto così” affermò prima di portarsi le mani alla bocca, per fermare un conato di vomito venutole all’improvviso, facendo preoccupare l’amica

“Cosa c’è? Non stai bene?” “No, solo un piccolo conato, forse ho mangiato troppa pasta” la rassicurò, ma subito dopo ne venne uno più forte e dovette correre alla toilette prima che mostrasse a tutti quello che aveva mangiato in giornata.

Quando tornò al tavolo aveva la faccia stravolta e si teneva lo stomaco come se avesse paura che da un momento all’altro potesse scivolare via

“Dal tempo che ci hai messo sembra che tu ti sia finalmente liberata del cenone di Natale di mia mamma” “No, per quello ci vorranno altre due capatine in bagno” scherzò con una voce flebile e rauca “Sai, hai ragione, comunque ora è meglio che tu vada a casa, non hai per niente una bella cera” “Non credo di avere la forza di materializzarmi” “Allora ti toccherà fare una bella scarpinata, a meno che…aspetta un secondo” le chiese Ginny prima di andare di corsa a parlare con il tondo uomo dietro al bancone.

Discussero per una decina di minuti poi la vide tornare indietro con una faccia trionfante, meno male, sentiva che presto avrebbe dovuto fare un’altra eccitante puntatina in bagno.

“Allora?” “Ci faranno usare la metropolvere, anche se ci toccherà sborsare un galeone, ma non preoccuparti, il viaggio te lo offro io, comunque mi ha fatto troppe storie per adoperarlo, nonostante ormai il ministero abbia riabilitato il traffico, credo che sia un camino non denunciato, ad ogni modo non sarò io a smascherarlo, in più che ce lo fa usare a suo rischio e pericolo” “Non credo sia il caso sai” “Non ti preoccupare, mi fa piacere offrirti il ritorno a casa, ti dirò di più, hai cenato gratis stasera” “Non se ne parla nemmeno e comunque, anche se sei gentilissima, non era quello che intendevo, è solo che un viaggio con la povere volante mi metterebbe definitivamente a soqquadro lo stomaco” “Ci ho pensato, ma nel tuo stato materializzarti è un rischio troppo grande e camminare sarebbe ancora peggio, tu ti terrai stretta a me e una volta a casa correrai ai ripari, mentre io spiegherò tutto a Ron” “Devo dire che hai proprio pensato a tutto” “Ne dubitavi?” per tutta risposta Hermione sorrise e aspettò che lei andasse a saldare il conto (l’aveva minacciata di lasciarla a dormire lì se non le avesse lasciato pagare) e poi con lei si diresse in cucina, dove c’era un piccolo caminetto scoppiettante in cui sarebbero potute entrare solo a testa china.

“Bè, è quello che passa in convento giusto?” disse affranta la riccia “Purtroppo”

Ginny afferrò un barattolo che stava su di un mobile accanto, come le aveva spiegato il proprietario, vi prese una manciata di polvere e poi lo porse all’amica che fece altrettanto. Contemporaneamente la gettarono nel fuoco, le cui fiamme aumentarono tingendosi di una tonalità smeraldina e poi, accucciandosi, vi entrarono. Subito Hermione si aggrappò con tutte le sue forze alla rossa che, con una voce forte e chiara, pronunciò “9, Indipendence street”.

Le due presero a girare vorticosamente, strette l’una all’altra, fino a che non si fermarono in un camino conosciuto, quello di casa di Ron. Appena toccarono terra la ragazza mora corse disperata in bagno, mentre l’altra cercò il fratello in cucina dove vi trovò anche, con molto stupore, il marito.

 

Dopo quella domenica, quando erano andati a vedere quella strana cosa che lei aveva chiamato film il loro rapporto in ufficio era tornato come ai vecchi tempi: un’accozzaglia di meri formalismi e discorsi capo-segretaria. Niente avrebbe potuto compiacerlo e deprimerlo maggiormente allo stesso tempo.

In parte ne era contento perché questo lasciava ancora un barlume di speranza al suo amore per Dafne, che ogni giorno di più si cacciava in lati sempre più reconditi della sua memoria, in parte ne era dispiaciuto perché si era trovato bene con lei e per un breve istante, quando durante la visione del film si era voltato e aveva osservato il suo bel viso sorridergli, illuminato dallo schermo, aveva pensato che sarebbe stato bello ricominciare a vivere con lei.

Ma non era successo. In fondo era tutta colpa sua. Dopo quel pensiero si era sentito subito in colpa e in un attimo, quel muro gelido da lui forgiato che lei era riuscita ad abbattere, nacque di nuovo dal nulla, rompendo la magia che una luce soffusa e la sua infantile gentilezza avevano creato.

Ma nemmeno lui si accorgeva che non tutto era perduto. Forse non si rendeva nemmeno conto di farlo, ma ogni volta che lei entrava o usciva dal suo ufficio la osservava di sottecchi, senza farsi notare, guardava il suo modo di camminare, come sembrava che non toccasse nemmeno terra, osservava i polpacci magri e sodi che spuntavano dalla corta tunica color panna e i capelli che teneva sciolti ed ogni volta brillavano al sole artificiale che proveniva dalle finestre.

Quel giorno per la verità però era diversa dal solito, indossava una gonna rossa aderente con un maglione blu che più che armonia ti davano la sensazione di un bel pugno nell’occhio, i capelli, alquanto arruffati erano raccolti in uno strano chignon con la bacchetta e i suoi passi erano frettolosi, nervosi, mentre il suo sguardo era scattante ed irrequieto. Sembrava fosse sulle nuvole ed ogni volta rispondeva stizzita, come se le stesse rivolgendo degli insulti. Probabilmente era nervosa, certo, ma questo sicuramente non era un comportamento da tenere in ufficio, ma soprattutto non era l’atteggiamento che Draco desiderava da lei in ambito lavorativo.

“Hai finito di dattilografare quel dossier sul caso “Flitt”?” (usavano di solito catalogare i documenti sotto il cognome del soggetto in questione) “No e non sono la tua serva, mi ci vorrà ancora del tempo” il biondo cercò di trattenersi, a stento “Capisco che sia molto materiale, ma mi occorre questa sera stessa, hai poco più di un’ora per finirlo, pensi di farcela?” “Se l’obbiettivo è quello di farmi venire l’esaurimento si” rispose sempre più acida facendogli perdere definitivamente la pazienza, dote di cui già di per sé non brillava “INSOMMA BASTA! Non tollero questo atteggiamento nei miei confronti, sono il tuo capo e mi devi rispetto e poi tu hai scelto questo lavoro per poter anche studiare, sapevi che compito gravoso fosse e non ho quindi intenzione di accettare un simile comportamento ancora a lungo, bada bene che potrei licenziarti, vedi di non mettermi in questa posizione perché non desidero farlo, non sei a casa e, per quanto tu possa credere che aver passato un pomeriggio con me possa averti dato automaticamente il diritto di prendertela comoda, mi spiace, ma ti sbagli di grosso” sembrava ferita da quelle ultime parole “Mi dici cosa ti ho fatto?” “E hai il coraggio di chiedermelo? Dannazione, è da giorni che mi rispondi con quel tono petulante e pretenzioso, io non…” “Non intendevo quello, so di essere stata peggio di una zitella acida, ma è solo perché non ti capisco, cos’ho fatto di male domenica?” sul pallido viso di Malfoy apparve un’espressione un po’ smarrita “Nulla…perché?” chiese raddolcito vedendo che ad Eva era salito un nodo alla gola solo introducendo l’argomento “Non è possibile che non ti abbia dato fastidio niente, altrimenti significherebbe che non è significato nulla per te!” “Ma cosa vai blaterando?” “Possibile che non ci arrivi? Mi stai trattando come se non ci fossimo nemmeno visti quel giorno” “Perché dovrei cambiare atteggiamento? Non è comunque successo nulla” “Ah è così allora?” sembrava offesa “Cristo, mi vuoi spiegare perché tutte le donne dopo un’uscita si sentono legittimate a farti tragedie di ogni genere se non le richiami il giorno successivo? Non ti ho promesso il matrimonio, ho solo guardato un fottutissimo film su due tizi che salvavano il mondo, non ti ho portato a Tahiti per un week-end” “Già, perché non ci sarei venuta nemmeno se mi avessi pagato per farlo” disse nera mentre gli tirava un sonoro ceffone su di una guancia ed usciva in gran carriera dall’ufficio. (si, le donne delle mie fic hanno tutte un carattere molto focoso, ma in realtà a molti uomini farebbe bene una bella sberla ogni tanto che gli rinfreschi le idee ndS)

Draco la osservò in silenzio, tenendosi la guancia colpita, troppo esterrefatto solo per pensare qualcosa e rimase un bel po’ di tempo a fissare la porta che aveva sbattuto andandosene, fino a che l’arrivo di un aeroplanino di carta messaggero non lo destò dalla sua trance: era un suo messaggio, diceva che aveva appena recuperato una sostituta per quel giorno che avrebbe certamente finito di battere quel cavolo di coso e che sicuramente non si sarebbe comportata da zitella acida, sue testuali parole.

Mentre aspettava l’arrivo di quella ripensò al discorso fatto, alle sue domande “Allora per te non è significato nulla?” cosa avrebbe dovuto significare? Quasi non si erano parlati quel giorno…forse si riferiva a quel bacio sulla guancia datole a fine serata…ma era solo un ringraziamento, ma forse lei aveva frainteso, forse lui aveva detto qualcosa di troppo, qualcosa di ambiguo, effettivamente l’ultima parte della serata era immersa nelle nebbie della memoria, non ricordava molto, chissà per quale assurdo motivo, però probabilmente allora doveva essere successo qualcosa.

Bene, benissimo, si era impelagato in una qualche situazione incresciosa che non riusciva a comprendere appieno. Lo sapeva, sapeva che doveva evitare di andare più in là del rapporto di lavoro, con qualsiasi donna, ma la sua semplicità, la sua spontaneità avevano fatto si che lui si lasciasse andare, ogni volta che si mostrava debole poi perà si pentiva delle sue azioni, che idiota.

A proposito di questo, forse si era aperto uno spiraglio nella sua mente, durante il film, certo, era stata una reazione involontaria, ma se n’era accorto solo molto tempo dopo dal tanto che era preso e chissà per quanto era rimasto in quella posizione, questo non lo sapeva, ma ora era certo di ricordarsi distintamente di averle preso la mano.

Ora si accorse di essere lui lo scemo. Certo, non c’era niente di compromettente ad uscire con una donna, non rivolgerle la parola durante la passeggiata e nemmeno un commento al cinema, ma era tutto ben diverso se lui dimostrava di essere a suo agio con lei, si faceva scoprire a guardarla, le prendeva la mano e la baciava a fine serata, chiunque poi si sarebbe sentito confondere se colui che l’aveva innalzato ad oggetto delle sue attenzioni il giorno successivo l’avesse trattato di nuovo freddamente e con noncuranza.

Forse aveva smesso davvero per troppo tempo di vivere, l’unica cosa che gli permetteva di andare avanti era il suo lavoro, ma solo ora si era accorto che questo lo aveva trasformato in un automa stacanovista che aveva completamente dimenticato tutte le regole del vivere comune e quelle strane sottigliezze dell’agire di un uomo che una donna può cogliere e rigirare a modo suo.

Era stato veramente uno sciocco, bè, in realtà era stato solo il suo inconscio che gli aveva fatto dimenticare le cose successe quella sera perché lui aveva stabilito che si rifiutava di soffrire ancora in quel modo atroce, che per niente si addiceva a lui.

Sicuramente non gli sarebbe stato sufficiente accettare di ricominciare a provare qualche emozione perché tutto potesse tornare alla normalità, ma indubbiamente poteva fare il primo passo.

Un sordo rumore di passi pesanti ed affaticati invase la stanza. Alzò lo sguardo dalla sua sedia di comodo cuoio nero e vide la sostituta che Eva gli aveva mandato, probabilmente era un chiaro messaggio di quanto fosse adirata con lui: era una donna molto bassa, ma decisamente più larga, i capelli tirati con forza e tenuti legati strettamente dietro la testa facevano si che il suo naso si dilatasse non poco ed i suoi occhi, dietro spessi occhiali dalla montatura rosa shocking,  si allungassero, conferendole così una decisa somiglianza con un maiale.

Indossava una vecchia e lunga tunica arancione le cui cuciture resistevano a fatica a livello addome.

Nonostante la ridicolezza della sua figura aveva un’espressione molto seria e distinta (per quanto si possa immaginarla su di una persona così ndS) e la sua voce bassa e grave somigliava terribilmente a quella di un vecchio rospo con la raucedine.

Era il colmo, ma non aveva alternative, gli consegnò il lavoro e si stupì non poco quando la donna, che scoprì avere il nome di Irina, in una mezz’ora lo completò, con tanto di relazione allegata sulle possibili variazioni da apportare per migliorarne resa e contenuto.

Comunque fosse non era il caso di perdersi nell’ammirare le doti di quella quantomeno insolita segretaria: sentiva che doveva fare qualcosa per farsi perdonare dalla ragazza perché sapeva di averla illusa e maltrattata…quando si comportava in questo modo, con buonsenso, gli veniva sempre in mente Dafne, dopo tutto era merito suo se lui ora era fatto così, gli capitava spesso di pensare al fatto che non molto tempo fa se ne sarebbe fregato dei sentimenti di Eva… bè, per nulla al mondo sarebbe tornato indietro, per quanto al momento stesse male lei era stata una parte importantissima della sua vita, di se stesso e, se anche un giorno si sarebbe reinnamorato non si sarebbe mai sentito come quando era con lei perché mancava qualcosa che si era portata via per sempre. Era questo, forse, che gli faceva maggiormente rabbia...

Tempo dopo la sera era umida e qualche fiocco solitario cadeva dal cielo rendendo le strade più scivolose. Non si era materializzato direttamente a casa sua perché aveva bisogno di ancora un po’ di tempo per riflettere: era la cosa giusta andare a scusarsi? O più che altro, farlo subito? Magari sarebbe stato saggio aspettare l’indomani al lavoro, ma se lei non fosse tornata? Ma si, in fondo glielo doveva e poi era una scusa per non tornare subito nella sua grande e vuota casa che odiava ogni giorno di più come il Malfoy manor: gli ricordava la solitudine che provava nonostante vivesse nel lusso più sfrenato e fosse viziato all’eccesso dai suoi genitori, che però non erano mai stati in grado di amarlo.

Fin troppo presto giunse davanti al condominio che ospitava il piccolo alloggio di Eva, vide un campanello con il suo nome, non riusciva ad intravedere il cognome perché era stato cancellato dalla pioggia che aveva lasciato solo macchie bluastre d’inchiostro. E se fosse stato l’indirizzo sbagliato? E se avesse suonato ad una donna che non era lei? Ma poi pensò, quante Eva avrebbe potuto trovare lì a Londra, ma soprattutto, cosa gliene importava di sbagliare campanello? Bastava scusarsi con gentilezza, no, in verità lui temeva più di tutto il resto che quello fosse il posto giusto, il giusto campanello e la persona giusta.

-Non sia mai- si disse –Draco Malfoy non è un vigliacco- e con decisione premette a lungo quel pulsante che lasciò un’impronta circolare nera sul suo indice, mentre un trillio alquanto fastidioso riempiva la tromba delle scale.

Nessuno rispose e si trovò a pensare con rammarico e con sollievo allo stesso tempo che non fosse in casa, quando la porta davanti a lui si spalancò cigolando tremendamente e ne uscì lei. Indossava un paio di shorts che rivelavano le gambe snelle(nel suo appartamento doveva fare molto caldo), ma sopra si era avvolta in una coperta poiché era molto forte lo sbalzo tra dentro e fuori. I capelli ancora più arruffati rispetto a quella mattina ora erano tenuti da un mollettone  e i suoi occhi sempre sorridenti ma un po’ malinconici erano rossi e gonfi dal pianto, quando lo vide fece per sbattergli la porta in faccia, ma lui prontamente infilò un piede nella fessura e la bloccò, spingendola poi con forza per poter passare.

Eva però non sembrava del parere e gli si parò davanti, mani sui fianchi, lasciando cadere a terra la coperta, scoprendosi, Draco potè così notare che sopra indossava una felpa che in quella posizione le lasciava scoperto l’addome dove brillava un piccolo percing a forma di goccia.

“Niente ti da il diritto di venire qui in casa mia senza essere invitato” “Hai ragione” “E quindi…” stava per cominciare ad inveire, ma le sue parole la bloccarono “Cosa?” chiese “Hai ragione, forse è meglio che me ne vada” “Certo, fai pure il codardo” in realtà la sua intenzione era proprio quella: dirgli di andarsene, ma ora che lui lo stava facendo senza lottare la cosa la infastidiva non poco, significava che di nuovo non gliene importava nulla.

“Come osi rivolgerti in quella maniera a me?” “Non ricominciare con quella tiritera sul fatto che sei il mio capo, se sei qui non è di certo per motivi di lavoro e ho il diritto di comportarmi come farei con qualsiasi altro uomo” “Chi ti dice che io non sia qui per motivi di lavoro? Infondo non hai lasciato detto ad Irina se domani saresti tornata e io devo pur organizzarmi…” “E’…è così?” chiese titubante, non solo non desiderava che fosse quello il motivo, ma, in tal caso, avrebbe davvero fatto una pessima figura. Lui sospirò, voltandosi dall’altra parte e con una voce sottile sussurrò “No…” “Come?” “No…” disse solo con un poco più di forza. La sua insicurezza abbattè completamente ogni suo proposito di litigio e lo osservò rabbrividire sotto il pesante mantello, accorgendosi finalmente di stare morendo di freddo, raccolse la coperta, la rimise sulle spalle e lo afferrò dolcemente per un gomito

“Coraggio sali, ci sono troppi vicini che non vedono l’ora di ascoltare finalmente qualcosa d’interessante che non sia la tv” “Vuoi dire che questo è…?” “Si, un condominio babbano, ma non pensarci, ora sali prima che la nonnina del primo piano esca e ti domandi per quale assurdo motivo un uomo stia indossando un abito che per lei è femminile” lo invitò una seconda volta, vedendo che non accennava a muoversi.

Quando entrarono un forte calore lo investì e presto fu colto dal desiderio di spogliarsi il più possibile

“Come può fare così caldo in casa tua?” “Ma se ci sono poco più di ventun gradi?” “Così tanti?” “Si perché?” “Io non arrivo mai a più di diciotto, se sono fortunato” “Alla faccia, è un problema così grande per te accendere i caloriferi una volta ogni tanto?” “I che cosa cariferi?” “Lasciamo perdere, è vero che i maghi usano solamente i focolari, che effettivamente non possono certo scaldare così tanto” “Ma Eva, tu sei o non sei una strega?” “Che domande mi fai scusa?” “Allora perché ti vesti da babbana, fai cose da babbana, vivi come una babbana?” “Non so, sono sempre stata abituata così, mia mamma sebbene strega ha sempre vissuto nel mondo non magico, non chiedermi per quale motivo e io ho dovuto farci l’abitudine, ma sbaglio o non era per questo che sei venuto fino nei quartieri bassi della Londra babbana?” “Infatti” Draco si alzò in piedi ed i suoi capelli biondi oscillarono al suo movimento, mentre nei suoi occhi azzurri, quasi trasparenti, si accese una luce strana, diversa. Si diresse verso la finestra e, con le mani appoggiate al davanzale chinò la testa e osservò le sue nocche diventare ancora più pallide per la pressione. Non parlava.

“Sto aspettando Draco” di nuovo quella sua brutta abitudine di chiamarlo per nome lo mise a disagio. “Mi dispiace” disse allora con un tono di voce ancora meno udibile di quello usato per dire no, prima “Cosa, cosa ti dispiace?” “Di essermi comportato in quel modo, non lo meritavi” “No, non lo meritavo, ma forse potrei capire” “Capire?” “Perché l’hai fatto, basterebbe che tu mi spiegassi” “Non so se sono pronto a farlo” “Non so se sono pronta a perdonarti allora” “Bè, se non ti basta che io sia venuto qui, solo per scusarmi, io non posso darti altro, non ora, non lo sopporterei” c’era qualcosa nelle sue parole…sentiva che lui avrebbe voluto parlarne, ma non poteva farlo, sarebbe stato come riaprire una ferita ancora non del tutto chiusa ed ancora sanguinante “Io…” stava per dire, ma il ragazzo si era già rivestito ed aveva raggiunto la porta di casa. Sarebbe scappato via così, senza una parola, se la serratura non fosse stata difettosa.

Mentalmente ringraziò quella porta che tante volte in quei giorni aveva maledetto. “Alohomora” ridacchiò “Non funzionerà…vedi?” “E perché mai?” “E’ rotta, non è chiusa a chiave, qui ci vuole un metodo del tutto babbano, oppure potresti sempre farla esplodere, ma non è il caso non trovi?” “Fammi uscire” “No” “Cosa vuoi ancora da me? Se ciò che posso darti non è sufficiente insistere ci allontanerà ancora di più di quanto io non stia già facendo” “Forse, ma non voglio che tu rimanga per cercare di carpire i tuoi segreti, voglio solo offrirti una cioccolata calda, credi che ti possa intorpidire a tal punto da irretire i tuoi sensi?” “No, ne dubito” “Bene, perché, devi saperlo, io faccio le cioccolate migliori d’Inghilterra” finse di vantarsi mentre gli indicava una comoda poltrona dove avrebbe potuto aspettare mentre lei la preparava.

Sorridendo un po’ incerto vi prese posto e, appoggiando la testa al morbido cuscino, chiuse momentaneamente gli occhi, era veramente molto stanco…

 

Quando Remus assumeva la sua forma da lupo i suoi sensi si offuscavano sempre, lasciando maggiore spazio alle sensazioni, agli impulsi, spesso sentiva che l’animale stava prendendo il sopravvento e allora tornava uomo, si concentrava di nuovo e poi ancora ridiventava un quadrupede in grado di coprire grandi distanze in poco tempo.

Amava farlo, soprattutto la sera, correre libero nei campi, col buio, l’acqua umida che gli accarezzava il pelo, luna e stelle che gli illuminavano la via, i suoi occhi d’ambra che osservavano il mondo attorno a sé.

Era stato utile riuscire finalmente a dominarsi quando Sirius se n’era andato. In quello stato non riusciva a percepire la sofferenza e correre era l’unico pensiero che aveva, mentre nel suo cervello si succedevano senza logica le sensazioni che gli dava tale movimento: sete, indolenzimento, piacere, freschezza e libertà ed ogni volta che tornava l’uomo che era la sua tristezza mano a mano si affievoliva, dandogli una sorta di tregua. Era felice, finalmente dopo tanto tempo. Ma, sistematicamente, la mattina successiva, era come se tutto gli crollasse addosso di nuovo, più pesante e tangibile di prima e sentiva tutto questo sulle spalle, come un grande peso di cui non poteva liberarsi. Sapeva che quella non era la soluzione giusta, sapeva che doveva smetterla di affrontare così il suo dolore, che era assuefatto alla sua mente animalesca come ad una droga, ma, tutti lo sanno, delle droghe non puoi farne a meno, così, sebbene sapesse che l’unico modo per superare quel dolore era affrontarlo ed accettarlo giorno per giorno lui preferiva dimenticarselo ogni tanto, completamente, anche se poi le conseguenze erano evidenti per lui, come per tutti quanti. Aveva un’aria vecchia e trasandata: le trasformazioni non erano ancora del tutto semplici ed innocue ed il peso che ogni volta aumentava sulle sue spalle già deboli lo metteva a dura prova. Prese a partecipare sempre meno alle riunioni dell’ordine e ad uscire sempre più in cerca di mangiamorte da sbattere dentro. Tutti sapevano che non avrebbe smesso fino a che non l’avrebbe trovata ed uccisa, Bellatrix Lestrange, fino a che non avesse visto l’ultimo suo respiro uscire da quella bocca indegna che spesso aveva pronunciato senza alcun diritto il suo nome “Sirius” diceva “Quell’imbecille di mio cugino”.

Era forse quello il desiderio che tanto l’aveva fatto resistere quando Piton gli aveva rivelato il rimedio per controllare la sua licantropia. Lui, come gli spiegò, aveva trovato una pozione che avrebbe potuto risolvere tutti i suoi problemi, nel bene e nel male: dopo averla bevuta infatti sarebbe dipeso tutto da lui, se la sua volontà fosse stata abbastanza forte nel periodo in cui l’intruglio avesse fatto effetto avrebbe conservato per sempre la sua forma umana, mantenendo comunque la capacità di tornare animale, mentre se, troppo debole e demotivato, si fosse arreso al dolore che, lo avvertì, lo avrebbe travolto, sarebbe rimasto lupo per sempre.

Ovviamente Severus non poteva scegliere per lui così gli mise in mano una boccetta contenente pochi sorsi di un liquido viola-grigiastro e disse “Solo tu puoi sapere  se ce la farai o no, solo tu puoi capire se hai abbastanza motivi per affrontare e vincere il dolore che t’invaderà truce in ogni più piccola cellula del tuo stanco corpo, io però ti posso garantire che se ce la farai, potrai tornare a fare una vita normale, gradualmente, perché gli effetti si vedranno col tempo, ma non ti dovrai più preoccupare di rinchiuderti per tre volte al mese perché la luna non ti farà più alcun effetto e anche una volta lupo, sebbene il tuo cervello non sarà più umano, conserverà comunque una parte di coscienza che ti permetterà di controllare il tuo istinto” “Bene, finalmente, devo ringraziarti per l’impegno che ci hai messo in questa ricerca” disse riconoscente “Oh, non c’è né bisogno, dopotutto per questo probabilmente riceverò un primo ordine di Merlino” disse acido e se ne uscì dalla porta di Grimmauld Place n°12 con aria impettita.

Dietro la porta nera che lui gli aveva sbattuto nel modo più raffinato possibile in faccia però Lupin rise, sapeva che Severus, nonostante si fosse pentito di aver servito l’oscurità, non avrebbe mai potuto ammettere di essere gentile con nessuno.

Non seppe per quanto tempo rimase a rigirarsi quella boccettina tra le mani, osservando il liquido ogni volta oscillare pericolosamente verso il bordo: se si fosse rovesciato il problema berlo o non berlo si sarebbe risolto in un lampo…in realtà no, Piton avrebbe sempre potuto riportarne un altro.

Quindi cominciò a riflettere. Il dilemma più grande era, se l’avesse bevuto, avrebbe resistito al dolore predetto dall’amico? E se fosse rimasto lupo per sempre? Ma poi tutto questo passò in secondo piano e gli venne in mente Sirius, lui l’avrebbe fatto, lui non avrebbe avuto paura e non si sarebbe mai tirato indietro. Lo doveva almeno a lui e ad Harry, doveva provarci perché non era stato in grado né di difendere l’uno né di essere un buon padrino per l’altro, aveva fallito in tutto nella sua vita ed ora poteva riscattarsi soltanto dimostrando che almeno non era arrendevole, che aveva lottato fino alla fine e poi era meglio per tutti, lui in primis, condurre una vita da animale che da uomo come nullità, in caso la cosa non fosse andata a buon fine.

Si, certamente il succo della questione stava in quello.

Risoluto strinse tra le mani la piccola ampolla e ne bevve il contenuto in un solo sorso. Severus non aveva mentito. Era un dolore atrocissimo. Sentiva il liquido bruciare in lui ancor prima che avesse raggiunto il suo stomaco. Presto fu immerso in un lago di sudore, avvampava per il calore, la sua vista era offuscata, i suoi sensi deboli, non riusciva a rendersi conto di dove fosse, di chi fosse di perchè fosse lì e stesse soffrendo in quel modo. Sentiva  che non avrebbe resistito ancora per molto, Presto nella sua mente cominciarono a spuntare sensazioni ed istinti prettamente da lupo mannaro: cacciare qualcosa per la notte, trovare un branco, una compagna, diventare il capo-branco magari. Questi pensieri si alternavano a quelli di persona, ma come umano riusciva solo a considerare che stava perdendo e che presto tutti avrebbero perso lui.

Fu quando tutto sembrava davvero andato perà, quando mancava pochissimo a che la sua mente si fondesse completamente con quella dell’animale, un’immagine nitida e forte gli comparve davanti. Quella di Bellatrix. Fu allora che il procedimento si invertì e cominciò a conquistare sempre maggiore lucidità.

Passarono forse ore, forse molto più tempo, ma finalmente tutto il dolore sembrò cessare e andarsene, lasciando solo le tracce del suo passaggio, ovvero stanchezza e indolenzimento delle membra, fino a dentro le ossa.

Solo dopo essersi riposato tuttavia Remus finalmente comprese cosa lo aveva tenuto in vita: non l’amore per Harry e Sirius, non la fiducia che loro sapeva riponevano in lui, non il desiderio di vivere. Ma l’odio profondo che niente era riuscito a cancellare, nemmeno le parole che Silente spesso gli aveva ripetuto “Non potrai mai dare il meglio di te se i tuoi pensieri sono offuscati da questo sentimento”, solo il bisogno di vendicare l’ultimo dei malandrini aveva permesso alla sua mente ormai regredita di tornare umana , solo quello e niente, a parte il ritorno dell’amico, che aveva peraltro sempre creduto impossibile, avrebbe potuto fargli cambiare quel proposito, a meno che qualcuno non ci pensasse per lui e liberasse il mondo da quella presenza ignobile che era Bellatrix Lestrange…

 

àEra ormai passato un mese e mezzo dal ritorno di Sirius che, a questo punto, avendo completamente superato il principio di congelamento, doveva combattere contro i disturbi alimentari ed i diversi acciacchi che gli avevano procurato la sua permanenza in quel luogo e il lungo viaggio nel vortice senza tempo, quindi non aveva ancora accennato ad andarsene dalla tana, anzi, erano rari i giorni in cui si convinceva a lasciare il suo beneamato divano e sempre più spesso aveva la compagnia di un Remus rinato e ringiovanito, con il quale non solo riviveva i vecchi tempi, ma condivideva le sensazioni ed i pensieri che lo avevano attanagliato per tutto il tempo che era stato solo. Naturalmente Lupin faceva altrettanto con lui.

Anche la situazione tra Ginny ed Harry era cambiata, ormai avevano fatto la pace da un pezzo e lui si era costretto ad accettare che lei tornasse al lavoro, ma solo negli ultimi giorni, quando si era abituato alla sua presenza, aveva cominciato a vederne gli aspetti positivi: poteva trascorrere maggior tempo con lei e poi, visto che aveva lottato per ottenere turni il più possibile combacianti, riusciva a tenerla sott’occhio e quindi a non preoccuparsi troppo per la sua vita, malgrado in ogni momento della giornata c’era sempre questa nota d’ansia nei suoi pensieri.

Comunque, nonostante tutto, la vita continuava e, soprattutto ultimamente, sembrava andare molto meglio, anche tra Draco ed Eva le cose si stavano evolvendo, ma il processo era talmente lento che i progressi erano impercettibili e per il momento tra loro si era instaurato solo un formale rapporto di amicizia che andava, non di molto a dirla tutta, al di là di quello lavorativo.ß

 

Una donna, al quarto piano del ministero, stava percorrendo i corridoi per raggiungere il suo ufficio con passo sicuro ed agile e, ogni volta che il suo sguardo incontrava una persona conosciuta automaticamente il suo capo si reclinava leggermente in avanti e sulla sua bocca si disegnavano quasi alternativamente le parole ciao e buongiorno.

Fu quando la sua mano si appoggiò sulla maniglia della porta che la situazione cambiò. Le sembrò che tutto girasse intorno a lei, sentì una forte nausea e un crampo allo stomaco, le sue gambe diventarono sempre più pesanti e deboli e cedettero.

Fortunatamente un suo collaboratore, Jason, si stava dirigendo da lei per domandarle se avesse visionato un certo documento  e fece appena in tempo a prenderla tra le sue braccia e lei non cadde rovinosamente a terra.

“Signora Weasley, signora Weasley, tutto bene?” disse con voce incerta e preoccupatissima, senza però ottenere risposta. Presto accorse in torno a loro quasi tutto lo staff presente a quel piano, attirato dai suoi strilli incoerenti e sempre più frequenti.

Qualcuno molto più sensato e con più sangue freddo di lui lo allontanò e stese la donna in modo che i suoi piedi stessero un po’ più in alto rispetto alla testa così che il suo sangue potesse riprendere a circolare.

Ci vollero circa cinque minuti prima che Hermione si riprese, ma poi, piano piano, si svegliò.

Inizialmente aprì gli occhi e non capì bene cosa fosse successo, non vedeva bene, tutto era sfocato e dinnanzi a sé distingueva solo una macchia multiforme e multicolore.

Con incertezza si appoggiò sulle braccia deboli e si mise a sedere, con le mani si teneva la testa, dove i suoi ricci ribelli erano domati in un severo chignon, dal quale, conseguentemente alla caduta, erano usciti alcuni boccoli che le ricadevano disordinati sul viso.

Quando tutto si focalizzò un po’ rammentò cosa era successo e, riacquistando il contegno per cui era sempre stata famosa al lavoro, si alzò e sorrise, vedendo tutte quelle facce che la fissavano

“Non preoccupatevi, sto bene, deve essere stato semplicemente un calo di zuccheri, ora ho solo bisogno di una bella cioccolata calda, ma vi ringrazio comunque della vostra premura” aggiunse quando notò che intorno a lei non c’erano solo i suoi colleghi di reparto ma anche qualche visitatore forse un po’ troppo curioso e degli impiegati di altri livelli.

Nonostante tutto sembrava che nessuno si volesse muovere: non erano convinti della sua versione dei fatti e sembravano pensare che, la donna, appena avesse fatto un passo, sarebbe crollata di nuovo.

Seccata la bruna fece come una piccola sfilata in mezzo a loro, andando varie volte avanti indietro, sotto gli sguardi attoniti delle persone che un po’ si erano stupite della sua reazione ma che subito dopo si tranquillizzarono perché videro che era perfettamente in grado di camminare e stava bene

“Allora, è sufficiente questo? Ora posso andare a prendere la mia cioccolata?” “Si, credo di sì” stabilì una voce nel mucchio e tutti, eccetto Jason, tornarono al lavoro.

“C-come va?” “Tutto bene, non ho mentito, ma ho bisogno davvero di buttare giù qualcosa, torno tra poco” “C-certo, tranquilla”.

Sogghignando sotto i baffi la signora Weasley si diresse verso l’ascensore, quel ragazzo era proprio cotto di lei e non si voleva mettere in testa che era sposata, anzi, volendo essere pignoli , felicemente sposata.

Il solito fastidioso stridore annunciò l’aprirsi delle porte e uno stormo di promemoria interuffici la investì, prima che potesse salirvi e, quando finalmente fu dentro premette il pulsante del piano terra, che in realtà non era il livello dove avrebbe potuto trovare delle bevande calde, ma i bagni dei dipendenti.

Sapeva che era normale avere bisogno della toilette, ma pensando a quello che stava per fare la metteva molto in ansia e così, sapendo che il suo nervosismo si poteva facilmente notare dal suo incedere, cercò di assumere una perfetta nonchalanse (o come cavolicchio si scrive ndS) fino a che attraversò un’elegante porta rosa antico che si richiuse dietro di lei con il caratteristico rumore di un barattolo ermetico che viene tappato.

Sempre con cautela guardò sotto le fessure delle porte per controllare che fosse sola(come fa Ally Mc Beal se l’avete mai vista) e poi estrasse la scatoletta dalla ventiquattrore.

Era molto piccola, bianca a strisce rosa e azzurre ed aveva nel mezzo un piccolo quadratino a forma di biberon.

Rimase a rigirarsela tra le mani, continuando a pregare che nessuno entrasse da quella porta.

Era un test di gravidanza, precisamente il secondo della sua vita.

Sapeva benissimo cosa doveva fare: bagnare uno dei cartoncini con la sua urina e…vedere cosa succedeva, il metodo babbano per lei era ancora il più semplice, era cresciuta pensando che fosse l’unico modo per scoprire la verità, oltre la visita ostetrica e poi il metodo magico…bè, lo trovava assai scomodo.

C’era tutta una strana pozione da preparare, che doveva sedimentare parecchi giorni e lei non aveva a disposizione tutto quel tempo o meglio, non voleva più aspettare, già da tempo le sue strane nausee ed i suoi strani malesseri le avevano fatto sorgere quel dubbio e voleva levarselo dalla testa per sempre o cominciare a pensarci seriamente, anche se in realtà avrebbe preferito di gran lunga la prima ipotesi: non che non volesse altri figli, ne aveva già parlato con Ron ed entrambi erano d’accordo che avrebbero dato un altro fratellino, se non due, a Sally, ma quello non era il momento giusto, era ancora troppo presto.

Si, decisamente era così, ma quando pensò alla felicità che dava il pensiero di avere un’altra vita dentro di te, si trovò a meditare che forse non era poi così un grave problema, ma poi si risvegliò dai suoi sogni. La situazione economica e famigliare di lei e Ron si era appena stabilizzata e con due bambini certamente avrebbe dovuto trascurare il lavoro perché non poteva sempre appiopparli entrambi ai rispettivi nonni, contando poi che Molly si curava anche di quelli di Harry e Ginny, di Bill e di Charlie, no, forse non era il momento migliore! Però...

…però basta! Era ora di smetterla di indugiare, doveva prima vedere se era veramente in cinta e quindi pensare alle sue sensazioni.

Si voltò ed entrò nel primo scomparto.

Con mano tremante richiuse l’uscio davanti a sé e bloccò la serratura con uno scatto della chiave. Nella sua mente la sua agitazione sembrò duplicare il rumore che fece il clack secco del ferro che scorreva contro altro ferro.

Rimase non poco immobile, ancora completamente vestita, indecisa sul da farsi, troppo timorosa per decidersi a farlo e troppo ansiosa di saperlo per non tentare.

Trascorsero ancora cinque minuti prima che finalmente si convinse a bagnare quella dannata fettuccia di carta, prima di uscire di nuovo da quel piccolissimo stanzino che le dava una sensazione di occlusione.

Si trovò di nuovo nella prima stanza della toilette che fortunatamente era ancora vuota.

Il cartoncino aveva bisogno di una decina di minuti circa prima che rivelasse il responso. Sarebbero stati interminabili.

-In effetti- rifletté –sono sempre stati interminabili-.

Era ansiosissima, come la prima volta e, come la prima volta, le lancette dello splendido orologio d’argento che le avevano regalato i suoi per il compleanno sembravano ferme o comunque scorrere più lentamente del solito.

Erano circa le otto e quaranta  e avrebbe dovuto attendere le otto e cinquanta. Minuto più, minuto meno.

Prese a camminare avanti indietro, sempre più velocemente, sempre con più foga. Come la prima volta e, sempre come allora, quando scattò l’ora x il suo cuore sembrò voler uscirle dal petto.

La mano le tremava mentre alzava il cartoncino che sarebbe potuto essere di due colori, viola, oppure blu come la prima volta.

Nello stesso momento in cui il foglietto entrò nella sua visuale i suoi occhi si chiusero.

Bene, doveva solo guardare, poteva essere viola oppure…

“Blu” “Cosa?” chiese sorpresa: era talmente tesa da non accorgersi che una donna era entrata in bagno e aveva visto gran parte della scena.

Si voltò e vide che era Lilith un a bionda auror dai capelli lisci e fluenti, sempre raccolti in un’alta coda di cavallo e gli occhi neri come la pece. Quel giorno indossava una corta gonna di jeans a pieghe, dei pantacollant neri, delle decollete(scarpe alte che lasciano il davanti del piede scoperto ndS) dello stesso colore e un maglione di lana che sembrava molto caldo e morbido, ma che lasciava intravedere un lembo di pancia.

“Cosa hai detto?” “Niente, solo che è blu” “No!” “Perché?Che vuol dire?” “Che sono incinta, perfetto!” “Bè, non è poi così brutto” “No, lo so, è la cosa più bella del mondo, ma non era il momento e poi siamo sempre stati attenti” “Gli incidenti capitano” “Me ne sono accorta”.

La giovane le sorrise ed entrò in uno di quei piccoli sgabiottini, lasciandola sola ad affrontare la notizia…

 

Risposte ai vostri sempre bellissimi e graditissimi commentucci:

 

Kiak:ciao, sn contenta che tu mi abbia recensito a ancora e che recensione! Non importa se sei mancata per tre chap, con questo papiro li hai recuperati tutti! Cmq no, non mi ha annoiato un commento così lungo, mi ha fatto piacere! Starei qui volentieri a rispondere a tutte le tue note, ma oggi non ho moltissimo tempo e poi non mi hai fatto nessuna domanda, quindi nn c’è tutta questa fretta giusto??? Mi scuso comunque e ti ringrazio di nuovo! Una cosa però la devo dire: i gemelli weasley anche per me sono troppo dei grandi, ma credo che perderebbero tutto il loro fascino se si sposassero perché non sarebbero più i soliti burloni immaturi e così simpatici e vorrebbe dire che si sono messi la testa a posto, quindi sn molto contenta che tu condividi la mia idea…spero che tu riesca a commentare questo nuovo chap, un bacioz…summer9

 

Seyenne: ciao, sto cercando di aggiornare più presto che posso, ma la scuola è ricominciata a pieno ritmo ed è un po’ difficile, comunque se vedi nn manco mai di puntualità, o mi sbaglio?

Cmq per risponderti: come vedi ho rivelato un po’ del passato di Remus, come volevi, perlomeno le parti fondamentali per capire come mai fosse così distrutto e come sia riuscito a dominare la sua licantropia, per le scene famigliari con i bambini dovrai aspettare il prox capitolo o quello dopo ancor, mi spiace…

Sn contenta xò essere riuscita a spiegare con chiarezza la vita di Sirius dietro il velo, ma, anche se potrebbe sembrare, lo sbalzo temporale non centra proprio niente con il viaggio nel vortice, è solo che ho voluto far ritornare Black in questa parte della fic, ma nn era una boiata, anzi un’ipotesi che poteva essere calzante…

Grazie per commentarmi sempre, fammi sapere riguardoquesto chap…bacioz, Summer9!

 

DaffyDebby: bene, mi fa piacere di aver trovato un’altra lettrice della mia storia e spero di trovare una recensione da parte tua anche per questo chap, un bacioz, summer9

 

AngelRiddle: ehi, pensavo che nn la stessi leggendo più, nn ti fai viva da un po’…bè è bello che tu mi abbia recensito ancora…troverò la tua recensione anche per l’11 chap? Un bacioz, Summer9

 

Ciao a tutti e a sett proxima!

 

 

 

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Capitolo 12
*** Viaggi e fatalità ***


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Buona lettura…

Capitolo 12°: viaggi e fatalità

 

“No Draco, stavolta non verrò con te questa sarebbe la mia settimana di ferie, ne ho bisogno, ho fatto di tutto per farla combaciare con lo stacco tra prima e seconda sessione di esami, andrò in esaurimento nervoso se la utilizzerò per lavorare” “Ho bisogno di te” “Puoi portarti Irina” “No, ti prego, vieni con me, sarà una settimana fantastica e non dovrai lavorare molto, solo stendere il trattato, tutti i sei restanti giorni sarò occupato soltanto io” “Ma…insomma…una vacanza del genere…” “Infatti, non succede tutti i giorni di andare in Giappone gratis” “No, ma devi assolutamente promettermi che sarà davvero così, che non sarò oberata di lavoro” “Ma no, tu servirai solo se riuscirò a convincere i due ministri cinesi e giapponesi, sarà più che altro una sgobbata per me, mi aspettano intensi giorni di trattative in una lingua che parlo solo in modo maccheronico” in realtà lei non era importante per quel viaggio, avrebbe potuto benissimo fare tutto con la posta via gufi, ma voleva semplicemente andarsene con lei, starle vicino più tempo possibile e capire cosa desiderava da quel rapporto, era arrivato ad un punto in cui ormai era fondamentale

“D’accordo” accettò sorridendo “Signor Malfoy, verrò a Tokio con lei” “Non chiamarmi così!” “E perché mai? Fino a poco tempo fa non volevi che ti chiamassi per nome” bella domanda…bè, in fondo la risposta era semplice, lui non amava essere chiamato Malfoy da chi contava qualcosa nel suo cuore, gli ricordava ogni volta di più che quel cognome era accompagnato ancora a quei tempi da una fama di gente spietata e senza cuore, non poteva pensare che quelli a lui più cari lo vedessero così.

Ma non poteva mostrarsi troppo…

“Vero, ma ora anche Draco andrà benissimo” “Non ti capirò mai, lo sai?” “Ti risparmi solo un sacco di casini” “Ma senti un po’, parla quello pieno di soldi e viziato fino all’esagerazione a cui non è mai mancato niente nella vita” ovviamente Eva non conosceva il passato del ragazzo essendo arrivata a Londra da poco e non avendo molti amici e non potè capire come mai quelle parole, che si, potevano essere offensive, ma neanche all’eccesso, lo ferirono in tal modo.

Si oscurò in volto e le parlò, con una voce dura “Non dirlo mai più, tu non sai chi sono chi e cosa sono stato io, ma soprattutto non sai cos’è stata la mia vita” nel frattempo si era voltato e allora lei, avvicinandosi, gli mise la mano sulla spalla e in un sussurro disse “Hai ragione, non lo so, ma forse un giorno…comunque scusami, ci vediamo lunedì, a casa tua, non avrò molto bagaglio” “Non è comunque un problema” rispose al vento: la donna si era smaterializzata direttamente dall’ufficio, ricomparendo non molto dopo nella sua piccola casa.

 

Lunedì arrivò con una lentezza esasperante. Nessuno dei due avrebbe mai sospettato di bramare così tanto di poter stare da solo con l’altro.

Non avevano dormito, nessuno dei due, quelle due notti che separavano l’inizio della settimana che sembrava non arrivare mai.

Chiudevano gli occhi e le loro menti erano invase dall’immagine e dalle frasi dell’altro, se cercavano di distrarsi finivano sempre per controllare che tutto fosse apposto nelle valige che, nel giro di quarantotto ore furono fatte e disfatte miriadi di volte perché quello era l’unico metodo che trovarono per trascorrere il tempo che li separava.

Si, perché in fondo era solo quello che li teneva lontani.

Ma, si sa, l’uomo, mago o babbano che sia, nonostante possa sembrare così, non ha poteri sul tempo che sembra sempre fermarsi quando qualcosa di prettamente fantastico deve arrivare (si, lo so, la prima frase è un po’ contraddittoria con la mia fic, ma concedetemela, era più un qualcosa di filosofico che una realtà inconfutabile).

Ma dopotutto non si può nemmeno fermare, il tempo, e così, anche se molto più tardi di quando entrambi avessero sperato, le campane di una chiesa lontana suonarono con il loro ritmo cadenzato e ovattato le otto del mattino.

Il biondo ormai da venti minuti era fuori dalla sua dimora in attesa della bella segretaria -casomai arrivasse in anticipo- aveva pensato.

Ovviamente lei però, per quanto desiderasse vederlo, non gli avrebbe mai dimostrato che non vedeva l’ora di stare con lui, infondo infondo, anche se non sembrava, era molto orgogliosa e, per quanto lei per prima avesse cercato di fare dei passi verso di lui, spettava soltanto a Draco fare il passo più importante e se non fosse successo…bè, avrebbe lottato per questo…

La sua figura armoniosa si distinse tra le nebbie mattutine di Londra, fino a che il ragazzo riuscì a  distinguere ogni più piccolo particolare del suo viso: la piccola lentiggine a forma di cuore che da molto aveva imparato a scorgere sullo zigomo sinistro, una piccola cicatrice sulla guancia destra e quelle piccole pagliuzze dorate in quei due oceani che erano i suoi occhi.

-Ma cosa sto pensando?- si chiese tra sé e sé –Un po’ di contegno, sembra quasi che io ne sia innamorato…- questa frase lasciò un piccolo tarlo nella sua mente già troppo lambita da vorticose incertezze.

“Ciao” “ ‘giorno” rispose lei in un ampio sbadiglio “Vedo che sei contenta di vedermi “Scemo, sono solo un po’ stanca, ho dormito poco” –Allora anche lei…- pensò, ma disse, fingendo pomposo contegno “Non osare rivolgerti con certi epiteti a dir poco sconvenienti al tuo capo, ricordati signorina che siamo in viaggio d’affari” quindi lei, fingendosi impaurita e riverente “Certo, mi scusi per la mia ingenua irriverenza, cercherò d’ora in poi di essere oltremodo rispettosa nei suoi confronti signore” concluse profondendosi in un grande inchino alla fine del quale entrambi scoppiarono vivacemente a ridere.

“Cara Eva, non sei normale” “Forse la critica farebbe un po’ più effetto detta da uno che lo è, non trovi?” sempre ridacchiando rispose “Okkei, hai vinto la battaglia, ma ti assicuro che sarò io a vincere la guerra” “Non ci sperare troppo, a proposito, chi ha vinto tra l’Irlanda e L’Italia a Quidditch ieri? Mi si è rotta la radio esattamente nel momento più critico della partita” “Tu segui il Quidditch?” “Ci mancherebbe, soprattutto quando gioca la mia Italia poi!” “Bè, mi spiace ma non ne ho idea” “Cosa? Non dirmi che non ti interessa?” “In realtà si, ma mi sono completamente dimenticato della partita, avevo altro da fare, cose più importanti” “Sarebbe bello stare a sentire cosa c’è di più importante della partita del secolo, contando che quelle due squadre non si sono affrontate da quella volta che hanno pareggiato due anni fa in seguito a due mesi di sanguinoso e deleterio scontro, ma ritengo che se vogliamo essere all’Hotel per le dieci converrebbe muoverci, abbiamo una serie di coincidenze con la rete internazionale di metropolvere magiche che dobbiamo prendere e non possiamo permetterci di perdere, perciò, se non le dispiace che una poveraccia come me calpesti le sue dorate proprietà proporrei di entrare in casa e partire” lui si avviò, ma intanto la rimproverò “Di nuovo con questa stupida storia dei soldi…” “Stavo solo scherzando” lo interruppe e poi, quando vide che lui stava per ribattere di nuovo gli mise un dito sulle labbra e lo azzittì “No, lo giuro, stavo solo scherzando” e poi tornò a dirigersi verso il camino da dove sarebbero andati in una stazione di metropolvere svizzera.

Il contatto con quella piccola parte di lei lo ipnotizzò. Potè assaggiare il dolce sapore di quella sua candida e pura pelle, riuscì finalmente a scoprire che il contatto con la sua cute vellutata gli dava le stesse sensazioni della seta più morbida che leggera lambiva le sue carni, fu inebriato dal dolce profumo di muschio bianco che emanava ogni parte di lei.

Quando pronunciò il nome del luogo dove doveva dirigersi la sua voce fu flebile e spiritata e, se solo lei fosse stata presente, l’avrebbe insospettita.

Il luogo era molto trafficato e fecero molta fatica a non perdere il contatto in mezzo a quella folla di assatanati, ma, dopo vari ostacoli e sbagli di percorso raggiunsero il camino giusto, poco prima che fosse aperto e, con loro grande disappunto, notarono che c’era una grande fila proprio davanti a quello.

“Perfetto!” esclamò irritato il biondo “Non preoccuparti, ce la faremo a prendere la coincidenza, piuttosto, dopo Mosca potremo andare direttamente a Tokio?” “Si, lì ci sarà l’ultimo scalo, poi finalmente compariremo nell’albergo dove abbiamo prenotato” “Bene! E comunque, avevo ragione io, dovevamo partire prima, ora ci tocca fare tutto a corse” “Bè, un po’ di allenamento non guasta mai” “Non ti vedo proprio nei panni di uno che trova degli aspetti positivi in ogni cosa” “Infatti non sono così, era solo una frase buttata lì, per non far morire la conversazione” “Cosa vorresti insinuare con questo? Che ti annoia quello che dico?” “No, che vai a pensare, sono solo io che non ho la risposta pronta e a volte mi capita di utilizzare qualche frase fatta” “Ah ecco! Così va decisamente meglio” .

A Mosca la situazione era, se possibile, peggiore e riuscirono a trovare il camino giusto solo poco prima che chiudesse, dovettero viaggiare insieme e all’arrivo caddero uno sull’altro, con un tonfo sordo che catturò l’attenzione di tutti.

C’era Eva per terra, con Draco sopra di lei che si puntellava con le mani per non caderle completamente addosso.

Se per chiunque poteva sembrare una scena esilarante per loro era qualcosa di magico, come quelle cose che noi adolescenti pensiamo possano accadere solo nei telefilm, durò un breve istante, forse nemmeno il tempo di pronunciare il corto nome della ragazza, ma lui si nutrì della sua bellezza come un dissennatore fa con i pensieri felici dei condannati mentre lei rimaneva a fissare imbarazzata il ghiaccio che piano piano andava sciogliendosi nei suoi occhi.

Entrambi si trovarono a pensare che finalmente sapevano cos’era l’amore. Ma forse lui non era pronto a mettere in pratica quel sentimento, perché una volta che sei caduto è difficile rialzarsi e tornare in vetta, è sempre troppa la paura di crollare di nuovo…

Così, recuperando totalmente la sua aria austera con un gesto distinto la aiutò ad alzarsi ed entrambi si ricomposero immediatamente, arrossendo sotto gli sguardi degli astanti, lei visibilmente, mentre lui impercettibilmente.

Subito un fattorino, avvertito del loro arrivo, si diresse contro i due che avevano un’aria leggermente smarrita ed estasiata, si stavano guardando in torno con stupore, completamente basiti alla vista di quell’immenso e lussuosissimo edificio

“Certo che ti concedi sempre il meglio tu” “Non cadere in conclusioni affrettate, è il ministero a pagare questi viaggi” “Lo so…” era difficile descrivere il tutto: erano in un grande atrio altissimo, attorno al quale, in una struttura pressoché quadrata si stagliavano i vari piani dove erano distribuite le varie stanze.

I corridoi erano come tutti dei grandi balconi con vista sull’enorme hall ed erano collegati da ampollose scale. Non c’erano ascensori, di certo, si trovò a pensare Eva, non poteva invidiare i facchini, ma si sentì molto stupida quando ne vide passare uno che spingeva un baule aiutandosi con la bacchetta, senza fare alcuno sforzo fisico.

“Numero della stanza?” era forse la quinta volta che un ometto basso e grassoccio rivolgeva loro quella domanda, senza mai essere ascoltato ed evidentemente quella cosa lo irritava molto perché aveva usato un tono di voce molto alto ed inasprito.

“Come scusi?” chiese allora il biondo cadendo dalle nuvole “Numero della stanza” ripetè la sesta e, sperava, ultima volta “Trecento quindici” “Terzo piano, dopo le scale, settima porta a sinistra. Cominciate pure ad andare con i vostri bagagli a mano, vi verranno presto recapitate le restanti valige” si accomiatò, indicando loro la scala dalla quale sarebbero dovuti salire e lasciando l’inconsapevole ragazzo alle ire della donna

“Draco Malfoy!” disse con voce dura portando le mani ai fianchi, mentre con la punta di un piede picchettava a terra, senza accennare a muoversi “Come hai osato solo pensare che io possa dividere la stanza con te?” “Ma infatti io non ho mai pensato una cosa simile” “E allora spiegami per quale assurdo motivo hai prenotato una sola stanza!!!” “Vedi, è qui che ti sbagli, io non ho ne pensato ne fatto assolutamente nulla, ha stabilito tutto il ministero, non aveva abbastanza soldi per due camere di lusso e così ha preso un piccolo attico per noi, pensando che dopotutto non fosse un così grande sacrificio per entrambi” disse con un sorriso sarcastico e poi si voltò, incamminandosi come nulla fosse verso la grande salita che li aspettava e riflettendo tra sé e sé -No, in effetti da parte mia non è poi così un gran sacrificio- .

La ragazza lo seguì impettita, ma in realtà a quella notizia il suo cuore aveva fatto circa tre salti mortali all’indietro e qualche piccola capriola di ripresa in avanti e il suo viso si era illuminato di una nova luce –Bene- pensò –è evidente che questa è la mia ultima occasione, se non succede nulla in questa che non credo di sbagliare a definire una lunga settimana, allora veramente non significo nulla per lui- invero questo pensiero non la scoraggiò, poiché in fondo le aveva dato troppe speranze ed era troppo ovviamente interessato il suo comportamento perché fosse vera anche solo in parte quella triste supposizione…

La camera non deluse le loro aspettative, anzi, se possibile li strabiliò ancora maggiormente del resto della costruzione: al centro della stanza si trovava il letto a baldacchino che sembrava risplendere di luce propria poiché ricoperto di veli e drappi tutti intarsiati di stoffe lucenti che andavano dalle tonalità di oro alle tonalità di giallo più luminose. Ai due lati vi erano posizionati due mobiletti celesti, dall’aspetto antico e pregiato, mentre nel bel mezzo del soffitto campeggiava un lampadario di cristallo con eleganti candele argentee la cui luce poteva essere spenta per chi volesse creare un atmosfera più soffusa (si può definire l’atmosfera soffusa? Mi sa che mi sto confondendo un po’ le idee…bè, avete capito cosa intendevo no??? NdS).

Sulla loro destra vi era una porta dalle tipiche fattezze orientali, bianca candida, che conduceva ad una stanza da bagno  corredata di tutti i possibili ed inimmaginabili accessori per la cura del corpo e una vasca in cui avrebbero potuto comodamente sfidarsi a “chi nuotava più veloce” (ma credo che in una vasca così tutti sappiamo bene che altro genere di peripezie una coppia preferisca fare giusto? NdS).

Non ci voleva di certo un genio per capire che gli interni dovevano essere stati allargati e adattati magicamente, altrimenti nessuno dall’esterno avrebbe potuto comprendere come tanta popo’ di roba potesse stare in una vecchia catapecchia di due piani e una soffitta (lo so, può essere paradossale un luogo così nascosto in un rudere, ma se i babbani vedessero un luogo così lussuoso e pieno di attrattive non resisterebbero e il segreto del mondo della magia andrebbe a puttane per una cavolata, se mi permettete il termine ndS).

Ad ogni modo l’inconveniente di dover dividere la stanza sembrava superato senza troppi problemi dai due che, appena arrivati i loro bagagli, cominciarono a prepararsi per il primo appuntamento di lavoro, uno dei pochi a cui doveva partecipare anche lei.

Come è possibile prevedere la donna, dopo Draco, occupò il bagno che rimase zona off limits per circa mezz’ora, ma i suoi sforzi non furono vani, quella che uscì da quella porta non era più la stessa Eva, almeno non quella affaticata dal viaggio e coperta da capo a piedi di fuliggine.

Indossava un tipico abito giapponese, un kimono, che perfettamente si adattava alla sua bassa statura e alla sua minuta costituzione, legato in vita con un elegante nastro nero color dell’ebano che sembrava richiamare il contorno occhi che aveva ripassato abilmente con della matita nera, così da sottolineare la forma a mandorla dei suoi splendidi occhi.

I capelli erano raccolti in una piccola coda alta, ma erano troppo corti perché l’elastico li potesse contenere tutti e morbidi ciuffi le ricadevano sugli zigomi, evitando così che quella sua mise le conferisse un’aria austera.

Il biondo rimase sbalordito da quella visione e quasi, guardandosi, si trovò non all’altezza della sua splendida segretaria.

“Ehi” esclamò “Ma vuoi convincerli della validità del nostro operato o farli innamorare di te? No, perché in questo modo ti riuscirà più semplice il secondo obbiettivo” deliziata dal complimento fece un sorrisetto malizioso e ammiccante che lo colse un po’ di sorpresa e, senza rispondere nulla, perché, ditemi, voi al suo posto che avreste detto?, estrasse da una valigetta tutti i documenti del caso e si diresse con il sempre più basito Draco alla prima, agognata, colazione d’affari.

 

Kingsley e Shakelebolt stavano tenendo a bada quattro mangiamorte all’angolo del buio vicolo, Harry non riusciva a distinguerli molto bene, ma poteva essere quasi certo che fossero in difficoltà, poteva scorgere le quattro figure nere ed incappucciate stringersi sempre di più verso di loro, mentre i due sempre più agitati sparavano incantesimi a raffica, troppo ansiosi di salvarsi la pelle per preoccuparsi di prendere la mira, non riuscendo quindi a mandarne quasi nessuno a buon fine. Dall’altro lato vi era Ron che ne teneva senza troppa fatica a bada due che però sembravano alle prime armi, probabilmente erano scagnozzi appena arruolati, questo poteva significare solo che Voldemort non se n’era andato dopo lo sbalzo temporale, ma allora, dov’era finito tutto quel tempo? Non era il momento di chiederselo, alle sue spalle infatti Lilith affrontava tre mangiamorte e non avrebbe resistito molto a lungo, mentre Remus era impegnato con un solo uomo che però sembrava dargli molto filo da torcere, era appunto abilissimo nel lanciare incantesimi e agilissimo negli spostamenti, un avversario un po’ troppo in forma per un Lupin non ancora del tutto ripreso che però, doveva ammettere ascoltando attentamente il rumore dei combattimenti dietro di lui, se la cavava egregiamente.

E lui? Bè, lui era impegnato con un terzetto di deatheaters veramente scarsi che riuscì a mettere ben presto k.o., fortunatamente, oserei aggiungere, perché ormai i suoi due compagni erano completamente sopraffatti dal quartetto degli uomini in nero che stavano evidentemente per procedere con una delle due peggiori maledizioni senza perdono.

Prontamente si frappose fra loro ed i nemici, distraendoli quel tanto che bastava perché, insieme, potessero riprendere il controllo della situazione.

Nel frattempo Remus, con un colpo astutamente assestato, era riuscito a pietrificare il suo avversario ed ora era giunto a dare manforte alla bionda auror che era ormai troppo provata dal combattimento che sin dall’inizio si era svolto nettamente a suo sfavore(insomma, tre contro uno sono tre contro uno, a meno che non hai la fortuna sfacciata di Potter o Wealsey  a cui capitano sempre i pivellini ndLilith, ehi, non interrompere la storia in un momento così critico, avrai l’occasione alla fine del chap per lamentarti del fatto che sei sfigata! NdS Ma io…ndL Fammi continuare, già nn sono ispirata al momento ndS cn uno sguardo estremamente minaccioso, okkei okkei ndL arresa).

Ben presto anche Ron ebbe la meglio contro i suoi rivali e si aggiunse alla coppietta Carter(Lilith) e Lupin, che aggiunse senza eccessiva fatica i suoi tre mangiamorte alla lista di quelli “conciati per le feste”.

Rimanevano solo quelli con cui avevano combattuto inizialmente da soli Kingsley e Shaklebolt che però, appena videro che la situazione si stava ribaltando, ora erano sei a quattro, a favore degli auror, lanciarono un oggetto astruso, non meglio definibile, dal quale fuoriuscì uno strano fumo che li intossicò tutti, per lo meno quel tanto che bastava da dar loro il tempo di smaterializzarti e sfuggire al loro destino che, rimanendo, non si sarebbe di certo rivelato tanto roseo e gradito.

Non appena si riprese, la bionda e fascinosa strega si diresse verso i deatheaters e con una forza che mai nessuno si sarebbe sognato di associare ad una fanciulla alta e snella come lei, che sembrava mancare totalmente di muscoli dal tanto che era asciutta, li trascinò ad uno ad uno in un angolo, dopo averli legati tutti con delle corde argentee molto resistenti che fece scaturire dalla bacchetta pronunciando la parola “Funix” (si, lo so, non ho molta fantasia con i nomi…che ci posso fa’? ndS).

Harry, ancora appoggiato al muro da quando la strana nebbia lo aveva intossicato, era ora intento ad osservare la donna svolgere quel compito, ma non vedeva le sue gambe flessuose sforzarsi per rimanere in equilibrio o i suoi aurei capelli brillare alla luce della luna, ad ogni suo movimento, vedeva invece Ginny, che quella sera era rimasta a casa, poiché quella era stata una chiamata d’emergenza e non poteva abbandonare la bambina e poi gli aveva promesso che a certe imprese improvvise non avrebbe partecipato mai..

Fissava Lilith legare i mangiamorte e pensava a lei, sola a casa, agitata per lui.

Non avrebbe dimenticato molto presto la sua bella fronte solcata da una ruga mentre lo implorava “Non andare stasera, convocheranno qualcun altro, se la caveranno, sento che succederà qualcosa, non so perché, se non vuoi farlo per me almeno fallo per Maggie”  “No, gli altri sono di turno ad Azkaban, devo andare assolutamente” aveva risposto lui mentre, poco prima di materializzarsi, stampava un appassionato bacio sulle labbra morbide della rossa che rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, ancora a guardare lo spazio che nemmeno due secondi prima era stato occupato dal marito.

Ma adesso che era lì ed era tutto finito, non poteva fare a meno di pensare che avesse fatto bene ad andare, perché ora lui era sano e salvo e presto sarebbe tornato a casa, alla sua vita normale, o almeno così credeva…

 

Ginny rimase per un bel po’ a fissare il vuoto che aveva lasciato la smaterializzazione del moro. Aveva in braccio la bambina ormai addormentata ed il suo cuore aveva preso a battere all’impazzata, seguendo il ritmo frenetico dettatogli dalla paura.

I suoi occhi turchini, irrequieti, saettavano da una parte all’altra della stanza senza mai individuare però qualcosa che fosse anomalo o fuori posto. Improvvisamente scosse la testa e sembrò tranquillizzarsi.

“Ginevra Weasley, non essere sciocca, Harry è sempre tornato e tornerà sempre, anche questa sera e come al solito ti sentirai una sciocca per aver temuto, anzi, oggi ancor di più perché in questo modo l’hai fatto preoccupare per niente” disse a sé stessa come a voler considerare l’argomento concluso, poco prima di salire le scale, dove mise la piccola nel letto.

Con movimenti lenti e dolci adagiò il suo corpicino assopito sul morbido materasso e, ancora più teneramente, le rimboccò le coperte, in modo che solo il suo bel faccino ne rimanesse al di fuori quel tanto che bastava per lasciarla respirare: le case dei maghi non sono molto calde d’inverno ed una madre che si rispetti si preoccupa sempre che i propri figli non rischino un malanno.

Non appena fu tornata da basso però quella sensazione d’ansia la assalì nuovamente. Non sapeva per quale assurdo motivo quella sera non riuscisse a tranquillizzarsi. Era sempre stato un calvario effettivamente quando lui usciva per certe missioni straordinarie, ma in realtà era riuscita ogni volta a tenere la sua apprensione sotto controllo poiché il suo comportamento irreprensibile non le aveva mai dato modo di dubitare che lui non sarebbe rimasto ucciso in un duello.

L’aveva visto molte volte combattere, ancora di più lo aveva sfidato e mai aveva scorto un punto debole nelle sue tattiche, non poteva permettersi di temere per lui date le circostanze, ma quella sera…Le sue mani tremavano irrimediabilmente e brividi di freddo e tensione insieme le salivano sadici dalla colonna vertebrale.

Sapeva che Harry non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male, doveva vivere, per loro, perché le amava come mai era riuscito a fare con nessun altro e perché non si era addestrato tanto duramente solo per far vedere alla Umbridge che ce la poteva fare, ma perché potesse essere preparato allo scontro finale con Voldemort, perché doveva fargliela pagare per tutto il male che aveva fatto con la sua immonda presenza a questo mondo che, sebbene non meritasse la definizione di immacolato, in precedenza ospitava ancora qualcosa per cui fosse giusto combattere.

Era pienamente cosciente che con la sua preparazione e animato da ideali e sentimenti tanto forti non sarebbe mai potuto essere abbattuto, ma quella sera tutte le sicurezze che Ginny nutriva vacillarono e disperata si rannicchiò sul divano, con la speranza di vederlo comparire al più presto dall’entrata, come al solito con i vestiti fuori posto e quella sua aria stanca, mentre le diceva

“Coraggio Gin, andiamo a letto, è stata una lunga giornata” solo allora tutto sarebbe andato a posto…

Era passata poco meno di una mezzora dalla sua dipartita che sentì l’inconfondibile rumore di qualcuno che si materializzava.

Felice, fece per andare incontro a quello che credeva essere il moro, ma prontamente si accorse che non era stato solo uno ad entrare nella casa, ma che, soprattutto, non erano comparsi nell’atrio ma di sopra.

Era assurdo, chi mai poteva essere? Cosa mai poteva voler fare al piano superiore? Ma tutte quelle domande vennero accantonate quando un lampo attraversò la sua mente *la stanza della bambina*! Maggie era là che dormiva beata, ignara di quello che era successo perché, ne era consapevole, aveva il sonno molto pesante e di certo non aveva udito il flebile fruscio prodotto dall’apparire di una o di un gruppo di persone.

Con il cuore in gola si precipitò su per le scale per poi fiondarsi in fondo al corridoio dove vi era una porta che spalancò di botto, con veemenza.

La scena che si trovò davanti fu agghiacciante.

Voldemort con quattro mangiamorte non meglio identificabili, poiché avevano lo scuro cappuccio calato interamente sul volto, erano riuniti accanto al letto della piccola e l’Oscuro Signore la stava fissando con i suoi occhi color del sangue che avevano una strana espressione velata.

Quando udì la donna precipitarsi all’interno della camera alzò il capo con un movimento simile allo strisciare di un serpente e che la fece rabbrividire non poco. Troppo spaventata per reagire si bloccò, conscia che non sarebbe più riuscita a muovere un solo muscolo e rimase attonita a fissare quella scena non poco innaturale.

Solo la sua bocca riuscì a muoversi e a pronunciare  alcune parole

“Tom…che ci fai qui?” “Cara Ginevra, ti piaceva essere chiamata così vero? Quanto tempo è passato” a quella frase il viso di lei si contrasse “Cosa credevi? Che non ricordassi? Sbagliavi, rammento tutto del nostro breve ma significativo periodo insieme. Oh si, io sono io, nel passato o nel presente e  tutto ciò che ho fatto, come uomo o come pensiero è scritto qui, nella mia testa” “Schifoso bastardo” “Cosa dici? Credo di non aver sentito bene” mentre pronunciava quella frase si avvicinò pericolosamente la donna che ancora non osava muoversi di un passo. In pochi secondi fu a non più di qualche centimetro da lei. Poteva scorgere le sue sanguigne iridi e le sue narici serpentine e vedeva ogni piccola ruga della sua fredda e pallida mano che si avvicinava al suo volto lentigginoso per accarezzarlo, mentre parlava

“Si, mi ricordo ancora, mi è sempre piaciuto di te, questo carattere focoso, questa grande passionalità che ti anima in tutto ciò che fai. Ho posseduto tante creature, ma con te, con te era diverso, tu mi eccitavi…ricordo quando sono diventato abbastanza forte da poter uscire dal diario e tu eri stesa, priva di sensi, sul pavimento della camera, non sai che attimi interminabili sono stato a fissare i tuoi bei lisci capelli, ogni piccola efelide delle tue rosee guance, le tue curve sotto i vestiti sgualciti, non so cos’avrei fatto, se Poter non fosse arrivato in tempo, ma purtroppo è stato così” preso da uno scatto di rabbia tirò un forte schiaffo alla rossa, rivoltandola e facendola cadere a terra.

Sentiva di non avere la forza di rialzarsi e, puntellandosi con il gomito, si alzò quel tanto che bastava per poterlo guardare dritto in faccia, fissandolo con un odio che mai in vita sua aveva provato e sibilandogli, dura, con voce fredda “Sei solo un lurido bastardo”.

Era evidente che Colui-che-.non-deve-essere-nominaao non si sarebbe lasciato insultare così senza fargliela pagare, ma, appena fece per reagire, una voce di ghiaccio dietro di lui lo chiamò, con fermezza mista alla più assoluta reverenza

“Signore” “Che c’è Nott?” “Credo sia il caso di sbrigarci, presto gli auror avranno finito, non erano molto potenti i mangiamorte inviati” “Hai ragione”.

Fu un lampo, ma Ginny capì: l’emergenza di quella sera, l’avevano creata loro, per portare Harry e se possibile lei fuori di casa, volevano la piccola, ma perché?.

Con una flemma che per niente si addiceva ad un simile uomo Voldemort si avvicinò al letto della bambina e tornò ad osservarla

“Ti assomiglia così tanto, penso che mi divertirò con lei” la informò prima di portare la mano alla bacchetta “Cosa le vuoi fare” “Nulla, per ora, solo portarla via a Potter” “Per-perché?” “Non mi aspetto che tu capisca il potere che può avere nelle mani del nemico qualcuno che hai il tuo stesso sangue, contro di te” “Non puoi, non puoi utilizzarla contro Harry” “E’ qui che ti sbagli, io voglio farlo e quando Lord Voldemort vuole, Lord Voldemort può” nel dire questo si era rivolto soprattutto, non capiva per quale assurda ragione, al gruppetto di deatheaters che rabbrividirono visibilmente.

Ma Ginny non poteva arrendersi, non se c’era in gioco la vita di sua figlia e si lanciò contro Tom, in un gesto disperato, che però fu intercettato: quello che prima aveva parlato, Nott, era scattato per proteggere il padrone, assestando un potente montante allo stomaco della povera donna che cadde al suolo, a gattoni, con il fiato mozzo.

Soddisfatto del risultato l’uomo tornò al proprio posto, ma evidentemente tutti avevano sottovalutato la forza che può avere una mamma la cui bambina è in pericolo e così, con un altro scatto imprevedibile lei riuscì a frammettersi tra Maggie e l’Oscuro che alla vista di quel gesto estremo fece una risata gelida

“Credi veramente di fermarmi così, stupida donna? Levati di mezzo, FRUSTRA” gridò brandendo la bacchetta come una frusta che schiocchò lanciando un fulmine rosso contro la rossa.

Il colpo non la centrò in  pieno petto ma lei si accasciò comunque sul pavimento, non si capiva se viva o morta, ma con una strana espressione serena che irritò alquanto l’uomo.

“Dannazione, com’è possibile che sia felice di morire?” esclamò calciando di lato con rabbia il corpo ormai vuoto di lei e ritornando ad avvicinarsi alla piccola.

Ma, come si sa, i malvagi non sono in grado di amare e, seppur vero che una cosa che ti capita una volta difficilmente può capitarti una seconda, a volte nella foga del momento è difficile controllare tutti i gesti impulsivi e Voldemort non si era accorto che aveva fatto lo stesso, esatto, stupido errore commesso ventitre anni prima con la sua nemesi per eccellenza: Harry Potter.

Aveva cioè fatto si che la madre si sacrificasse per la salvezza della piccola che, di conseguenza, non poteva più essere toccata nè dal lui nè da nessun’altro suo seguace.

“Com’e possibile? Non posso esserci cascato un’altra volta!”.

Ma purtroppo la bimba era lì, intoccabile se non a costo di un estenuante dolore, come prova vivente della sua stupidità.

Di nuovo uscì dalla casa del suo nemico, a mani vuote, ma stavolta c’era qualcosa che non lo faceva pentire poi così tanto di aver perso quella preziosa arma

“Quando lo sfregiato tornerà troverà la sua bella mogliettina ad aspettarlo, già addormentata, per sempre…”

 

Hermione era nel salotto con la piccola Sally che non ne voleva sapere di andare a dormire e, nonostante fosse stanca morta, continuava imperterrita a richiamare l’attenzione della madre che però quella sera era troppo preoccupata per permettersi di giocare spensierata con la sua piccola.

“Mamma, mamma, ora tocca a te a lanciare i dadi” ripeteva esasperata per l’ennesima volta tirandole il maglione.

La brunetta però non sembrava dare ascolto ai mugugnii della bambina e, distratta, invece di lanciare i dadi per far avanzare la pedina che rappresentava la sua perfetta copia in miniatura sul tabellone del monopoli magico(con le vie di Diagon Alley), la prese in braccio e cominciò a cullarla, convinta che fosse quella la richiesta che seguitava a farle con così tanta insistenza.

Ovviamente, non essendo quello il suo scopo, la piccola si divincolò dall’abbraccio materno e, dopo averle urlato che non la voleva più vedere e che la odiava, si sedette sul divano con un broncio da far concorrenza persino a quello che aveva avuto Harry al quinto anno quando finalmente lo avevano portato a Grimmauld Palce.

Fu solo in quel momento che Hermione si concesse di mettere da parte per un attimo le sue riflessioni o meglio, finalmente cadette da quelle beneamate nuvole dove si era andata a cacciare e si accorse ( all buon’ora oserei aggiungere ndS) (Hei, nn rompere, ho i miei problemi io ndH) (Lo so benissimo, li ho inventati io…eh eh…ndS) che Sally era furiosa con lei.

Con uno sguardo improvvisamente presente e raddolcito la raggiunse e si sedette accanto a lei, avvicinandola a sé con un braccio.

La piccola però era ancora troppo adirata e rimase rigida nella stretta della donna mentre lacrime di rabbia cominciarono a solcarle prepotenti il viso.

“Scusami, scusami tanto amore” tentò allora la madre, asciugandole quei fiumi con il solo ausilio del suo pollice “So che ti ho trascurato un po’ in questi giorni e non avrei dovuto e in effetti non ci sono scuse per il mio comportamento, ma devi capire che mamma è una persona esattamente come te e anche a lei capita a volte di dire o fare, senza volerlo, cose che possono ferire la gente” “Ma io non sono la gente” ribattè saggiamente tra i singhiozzi, dimostrando a tutti gli effetti di essere sua figlia: di sicuro la parlantina era la stessa “Hai ragione, non la si spunta con te vero?” cercò di buttarla sul ridere.

In effetti quella battuta un po’ lusinghiera fece spuntare un mezzo sorriso sulla faccetta rotonda della figlia che quasi dimenticò il motivo per cui si era tanto arrabbiata con lei.

“Va bene, non mi arrabbio più solo se mi prometti che adesso giochi giusto con me” la riccattò molto poco velatamente “E’ no piccola” rispose allora lei dopo aver dato una rapida occhiata a quel suo famoso orologio “E’ tardi e dovresti essere a nanna già da un pezzo, per stasera finisce così, ma domani faremo tutte le partite che vorrai, prenderò una giornata di ferie e la dedicherò tutta a te” finalmente un completo sorriso di gioia le illuminò il viso e dopo aver stampato un grosso bacio della buonanotte sulla guancia di Hermione corse nella sua stanza dove, già in pigiama, si infilò subito sotto le coperte, addormentandosi appena il suo piccolo capo si adagiò sul cuscino.

Nel frattempo la madre si era già reinmersa in quei pensieri che anche prima tanto l’avevano turbata.

Stavolta, veramente libera di poter manifestare le sue angosce, cominciò a percorrere la piccola stanza avanti ed indietro, con grandi falcate nervose e intanto pensava

-Okkei, ora davvero non ho più scusanti, me lo ha detto anche il medico, sono in cinta, di un mese e mezzo, devo veramente dirlo a Ron, anche perché non riuscirò a nascondergli ancora per molto che sto ingrassando, finchè si tratta di farsi vedere con i vestiti addosso celare qualche chilo in più non è un problema, almeno non lo è per me che non ingrasso molto nemmeno in gravidanza, ma lui mi vede spesso e volentieri senza, se ne accorgerà, infondo è stato lui a notare che stavo cambiando quando aspettavo Sally, ancora prima che me ne accorgessi io- camminava e camminava e nel frattempo si tormentava le mani come faceva sempre quando era agitata e, ben presto, quelle cominciarono a scricchiolare, provate da quel continuo stropicciamento a cui lei le sottoponeva.

Ron quella sera era uscito per un’emergenza con il solito gruppo: Shakelebolt, Remus, Kingsley, Carter, Harry, ma non era ancora tornato, non che ci stessero mettendo più del solito, anzi, era uscito solo da poco più di quarantacinque minuti, ma era tipico di quando aspettava una creatura che ogni imprevisto, ogni volta che lui doveva partecipare alla resistenza di un attacco improvviso di mangiamorte o che tardava dal lavoro la sua ansia cresceva ancora più del normale.

C’erto, era ovvio che fosse così, c’era in ballo tutto il fatto degli ormoni e poi comunque nessuno mai vorrebbe mettere al mondo un figlio che sarà destinato a crescere senza un padre, ma quelle non erano motivazioni sufficienti a farla calmare: anche se era tutto ordinario il suo cuore batteva comunque a mille e, lo poteva giurare, era una situazione insopportabile.

Già si vedeva, ai corsi pre-maman, ipertesa, come una corda di violino, scattare in piedi ogni volta che udiva un piccolo rumore o che l’insegnante l’avesse stoccata senza che lei l’avesse sentita arrivare.

Di certo non poteva aggiungere a tutta quell’ansia il pensiero di dover tenere nascosta una cosa simile a Ron.

In verità non sapeva se avrebbe reagito meglio se glielo avesse detto lei o se lo avesse scoperto. Bè, quale che fosse il caso alla fine non avrebbe mai scoperto quale sarebbe stata la scelta migliore, così decise che era assolutamente il caso di levarsi quel pelo dallo stomaco.

Con aria risoluta disse alla sua immagine nello specchio

“Si, sono stanca di tenere questo segreto come una stupida, dopotutto lui mi ama e non si arrabbierà mai per una cosa che comunque, anche se non subito, vogliamo entrambi” ma era anche pur vero che una vocina nella sua testa le ricordava che il suo dolce maritino aveva un carattere non poco impulsivo

“Non essere sciocca” si disse di nuovo “Mi ama e perciò capirà, è deciso, appena torna Ron glielo dico!” stabilì battendosi il pugno destro sul palmo della mano sinistra come a dare un carattere definitivo alla sentenza.

“Cos’è che mi devi dire?” chiese una voce assonnata tra uno sbadiglio ed uno starnuto. Data la sua improvvisa scomparsa tanta sicurezza scomparve in un lampo e la donna prese a balbettare frasi senza senso (okkei ke l’amore tira brutti scherzi, ma devi proprio farmi diventare scema? Ho la capacità di mettere una parola dietro l’altra, a differenza di una scrittrice di fic di mia conoscenza ndH) (Ehi, piano cn le parole, sn io la parca che tesse il tuo destino e se nn vuoi fare una brutta fine zitta e buona ndS ) (^__^’ …ndH).

Comunque dicevamo, cominciò a balbettare frasi senza senso

“Io-io…nieeeeeeente….cioè…per-perché? Cos-cosa intendi con…e poi cosa dovrei…no no, stai proprio sbagliando tu…e poi io non ho mai detto che…perché poi…” “Insomma basta, ma vuoi farmi diventare mezzo rincoglionito? Fermati, riordina le parole e spiegati bene” disse seccato il rosso che era appena uscita da un duello certo non troppo pesante ma che non si poteva nemmeno definire una passeggiata.

“Okkei, scusa, mi sto comportando come una stupida…è solo che non è semplice quello che ti devo dire” affermò finalmente la donna con il suo solito tono calmo e saccente.

Questa frase mise sull’attenti il marito: non preannunciavano mai niente di buono le parole ‘non è semplice quello che ti devo dire’.

“Forse è meglio che ti siedi” rincarò la dose, facendo aumentare la sua irrequietezza, cosa non difficile dal momento che di certo Ron non aveva mai brillato per la sua infinita pazienza “De-devo sedermi? Dai, non può essere così terribile la notizia” “No, in effetti in un certo senso non lo è, ma non so se avrei la forza di sorreggerti se per qualche astrusa ragione non ti dovessi più sentire la terra sotto i piedi” “Allora è terribile” “Ma no” cercò di rimediare lei “Non è nulla di tragico, è solo un po’ inaspettato” “Non so, a mio parere le cose inaspettate non possono mai essere totalmente positive” “Di certo così non mi rendi le cose più semplici” “Me ne rendo conto, ma devi pur ammettere che hai esordito tu con questo tono catastrofico…okkei okkei, mi siedo ed ascolto buono buono in silenziò” si affrettò poi a dire dopo aver ricevuto uno sguardo inceneritore dalla bella brunetta.

“Senti amore, non so come possa essere capitato, dopo tutto in fondo siamo stati sempre attentissimi, tra metodi babbani e  magici abbiamo usato forse fin troppe precauzioni tutte insieme, tanto che sembrava più una camera blindata che altro, ma dopo tutto se qualcosa è destino è destino e non tutto è inevitabile” “Dove vuoi andare a parare scusa? Hai fatto un discorso senza né capo né coda, avrebbe potuto dire la stessa cosa Sarah e si sarebbe espressa meglio” “Sono incinta” disse allora d’un fiato.

Finalmente l’aveva fatto…e adesso come avrebbe reagito lui?

Ron si passò una mano tra i fulvi capelli scompigliati, con un’espressione pensierosa, come se stesse soppesando qual’era la cosa migliore da dire e quale il modo migliore per dirla, ma sul suo volto non c’era né preoccupazione né…sembra assurdo, ma lei l’aveva pensato…rabbia.

C’era solo sorpresa, com’era normale che fosse date le circostanze.

“Bè ma è magnifico!” “Cosa?” non c’è bisogno di sottolineare quanto basita fosse l’espressione di Hermione al momento “Sai che ho sempre voluto un altro figlio” “Si, ma mi sembrava più che chiaro che non era ancora il momento…” “No, non sarà mai il momento adatto se vogliamo deciderlo, ma le cose sono infinetisimamente più belle quando capitano, come tu sei capitata a me” “Ronald Weasley ti amo più della mai vita” per tutta risposta lui le si avvicinò, guardandola teneramente negli occhi e quando fu a pochi centimetri da lei le posò dolcemente sulla guancia una mano, a cui lei si appoggiò istintivamente, poi la trasse a sè e, prima di travolgerla in un appassionato bacio le sussurrò in un orecchio

“E’ per questo che sono l’uomo più fortunato del mondo”

Si sa, queste dette così sembrano le solite frasi scontate che ormai possiamo a ragione definire luoghi comuni, ma penso che certi luoghi comuni dopotutto non suonino così melensi se detti in un certo qual modo…

 

La magica settimana in Giappone stava ormai volgendo al termine, era sabato e ancora non era successo niente con Draco di tutto quello che aveva osato immaginare e sperare.

Sapeva che si stava illudendo, sapeva che ogni volta che si immaginava nelle braccia del bel tenebroso dava al suo cuore una speranza che una volta sfatata avrebbe provocato in lei una sofferenza mostruosa, ma come poteva immaginarsi di passare un’intera settimana a stretto contatto con lui senza sognare giornate romantiche e notti infuocate?

Era strano come quell’uomo così freddo e distaccato avesse fatto così facilmente breccia nel suo cuore, lei, che mai era stata predisposta a farsi incantare da una figura perfetta e due occhi argentati, lei che spesso aveva rinunciato alla compagnia di un bel ragazzo se solo aveva sentore che il suo sentimento per lei potesse essere non del tutto sincero?

Ma ogni volta che stavano insieme e di sottecchi lo fissava scervellarsi fissando i suoi appunti per decidere cosa accettare  o meno nel compromesso che gli stavano offrendo i ministri orientali non poteva fare a meno di notare tutte quelle cose che di lui l’avevano sempre affascinata e, perché no, fatta innamorare: il suo finto autocontrollo, la sua angoscia più esacerbante di nascondere la paura di soffrire, la sua eterna solitudine, la sua espressione così saputa, tipica di chi aveva vissuto troppo, troppo in fretta e  fin troppo presto e l’aura di sicurezza che nonostante tutto emanava, come se, malgrado quello che gli era capitato, lui avesse sempre ogni singola cosa sotto controllo.

Ma infondo, pensava, non poteva che essere così, perché altrimenti, un uomo solo a tal punto, non avrebbe resistito tanto quanto lui, ma si sarebbe lasciato allettare dalla dolce pazzia che contaminava le membra e scacciava lontano dolori e rimpianti…

Si, la cosa che più di lui la intrigava era quella sua forza intrinseca che, lo sapeva, non lo avrebbe mai abbandonato.

Non poteva allora non sognare di essere stretta tra le sue braccia e sentirsi al sicuro, non poteva non sperare di essere protetta da lui, ma, più di tutto, non poteva non bramare come il cibo degli dei di essere amata da lui fino allo sfinimento, fino, finalmente, a sentire che era completa, che non sarebbe mai più stata sola perché, l’uomo di profilo non si bastò e partì cercando l’altra sua metà…

Non poteva non essere certa di averla trovata in quel ragazzo, di soli ventiquattro anni che già dimostrava la tempra di un saggio eremita…

“Ehi Eva, a cosa pensi?” quella domanda giunse inaspettata e la ragazza non trovò subito la risposta, ma si voltò verso l’ex serpeverde con sguardo vacuo e la mente improvvisamente svuotata, mentre cercava di mettere a fuoco le esatte parole che lui le aveva appena rivolto “Cosa dici?” una risata sommessa riempì la stanza ed un sorriso per un attimo distese il volto sempre tirato di lui “Sei sempre distratta, non so come fai, mi chiedevo a cosa pensassi, mi fissavi così assorta” disse subdolamente, come a voler ricevere da lei la risposta che tanto bramava di dirgli “Pensavo a te e a quanto ti voglio” invece quello che sentì fu solo “Niente, sono solo molto stanca, sai, il fuso orario…” “Dopo sei giorni soffri ancora per il fuso orario, non credo di sbagliarmi nel dire che non me la conti giusta vero?” era sempre stata brava nel celare quello che provava e nel mantenere l’autocontrollo, ma, effettivamente, di rado era stata colta così pienamente in fallo, così le sue guance si tinsero leggermente di rosa e il suo sguardo si abbassò a fissare le dita dei piedi mentre il suo cervello si impegnava furiosamente per trovare in fretta una scusa valida.

Fu il servizio in camera a salvarla: si sentì un leggero bussare alla porta e l’ormai familiare voce dell’inserviente pronunciare

“Servizio in camera” in un inglese maccheronico “Non abbiamo ordinato niente” rispose prontamente lei, convinta di quella cosa “Oh, ho ordinato io qualcosa da mangiare, per una volta tipica cucina Giapponese, spero di non avere osato troppo prendendo qualcosa anche per te” “No, figurati” disse gentilmente mentre apriva l’uscio e posizionava sul comodino i piatti che gli offriva l’uomo, che uscì solo dopo che il biondo gli ebbe messo tra le mani una lauta mancia.

Inaspettatamente appena la porta si richiuse con un clac sordo dietro a loro lui non si diresse subito verso il comodino per prendere il cibo ordinato, ma si parò davanti alla bella segretaria che lo fissò stranita

“Che c’è, che ho fatto ancora?” “Nulla…bè, no, in realtà ho deciso che sono stanco di aspettare” “Cosa?” non c’era molto senso in quelle parole “Sono stati fantastici questi sei giorni e ti assicuro che in te ho scoperto qualcuno che non avrei mai creduto che esistesse a questo mondo, eccetto lei” “Lei chi?” “E’ una storia davvero lunga e forse un giorno troverò la forza di raccontarla a qualcuno, ma per ora ti dovrai accontentare di quello che posso permettermi di rivelare” “Va bene” era troppo bello quello che pensava stesse per dire per rovinarlo con la sua stupida curiosità “Sai, da quando se né andata, dallo sbalzo temporale, io non ho mai più permesso a nessuno di avvicinarsi a me, so che è sbagliato, ma tutt’ora non posso impedirmi di allontanare da me quelli che più mi amano, perché so che mi faranno soffrire, in un modo o nell’altro, anche se in realtà sono ben pochi quelli che mi amano, per non dire nessuno…” “Draco non…” com’era bello sentirsi chiamare di nuovo per nome, con affetto “No, non dire nulla, so accettare il dolore, in realtà quello che non riesco più ad accettare è l’amore, ma sento anche che ho voglia di tornare a vivere, che non posso più rifuggire quello che provo…per te” sapeva quello che stava per dire, era perfettamente cosciente di quelle che sarebbero state le sue parole, ma il loro effetto fu ugualmente devastante e sconvolgente tanta era la felicità che le provocavano“Io non ti capisco” disse però “Come?” “Fino a pochi istanti fa sembrava che di me non te ne fregasse niente ed ora…te ne esci così, non fraintendermi, non so se capisci come tutto ciò mi compiace, ma è difficile convincersi che il tuo sentimento sia vero data la situazione” “Ma come, io ho sempre pensato che tu…” “Certo, tu m’interessi non poco, ma non posso rimanere indifferente alla tua…indifferenza” aveva ragione e lui lo sapeva, sospirò, un po’ deluso “Non posso darti torto, ma non può essere altrimenti, questo mio comportamento è derivato da quelle cose che non posso dirti senza perdere il controllo di me e se non puoi accettare tutto così com’è…io non mi arrenderò, sappilo, ma le cose non cambieranno, il mio comportamento sarà sempre tale e quale ad ora, perché per quanto io possa accettare di provare qualche cosa per te cambiare quello che sono richiederà molto più tempo e sofferenza e ci riuscirò solo con te vicino…”

Eva poteva percepire la trasparenza del suo sentimento e sapeva che quella era la sua unica e ultima possibilità perché se avesse rifiutato di nuovo tutte le certezze del biondo sarebbero crollate e riconquistare la sua fiducia sarebbe stato arduo ed impossibile, ma allo stesso tempo sapeva che rischiava molto, forse più di quello che poteva permettersi…infondo però, lei non era mai fuggita dai problemi, sapeva che nonostante quello che le aveva appena detto un suo rifiuto lo avrebbe fatto arrendere, doveva resistere lei per lui, se davvero lo amava tanto e di questo era certa, non capiva come, nemmeno perché, ma lo amava…

“Ti sarò vicino, posso accettare di non conoscere qualche tu segreto, dopotutto ne hai il diritto” accettò infine con un sorriso.

Il biondo la fissò intensamente, di rimando e si avvicinò pericolosamente a lei

“Sei così speciale” cosa poteva rispondere? Lo ammirò in silenzio.

Le sue mani presero a percorrere i suoi fianchi sinuosi.

“Sei così bella” di nuovo da parte sua nulla.

“Ti desiderò così tanto” stavolta non aspettò che lei si decidesse a rispondere, appoggiò le sue sottili labbra su quelle rosee di lei e senza troppi complimenti la coinvolse in qualcosa che andava al di là di un semplice bacio.

E questa volta Eva non riuscì a non rispondere e partecipò attivamente a quello che Draco aveva solo appena cominciato…

Il mattino seguente si svegliarono nel letto insieme, beati, quando la luce del sole riuscì a vincere l’oscurità delle nere tende di velluto che riparavano le finestre, ma qualcosa era cambiato:

la ragazza si voltò e finalmente ricordò, finalmente comprese tutte le incertezze che il biondo aveva dovuto affrontare prima di accettare quel sentimento, finalmente realizzò chi le ricordava il ragazzo incontrato qualche tempo fa quando si era persa e come mai provava quell’inspiegabile trasporto verso il biondo che giaceva accanto a lei.

Anche Draco si destò e si voltò per guardare finalmente Eva con occhi diversi, ma quando lo fece si accorse che ora poteva di nuovo vederla, che poteva di nuovo osservare i suoi lucenti capelli rossi e ramati, i suoi splendidi occhi blu a mandorla e la sua pelle bianca e delicata, poteva di nuovo pronunciare quel nome che ormai per lui significava sofferenza e sentirsi rispondere amore.

“Dafne…?” “Si…credo di si” assentì lei con gli occhi sgranati.

 

Ta dà…ecco che Dafne ricompare…certo, sono sicura che tutti avevate sempre sospettato chi fosse Eva in realtà, ma comunque è bello che Dracuccio la possa riconoscere e che lei possa ricordare tutto, di nuovo…peccato che non tutto tornerà come prima anche se il bel biondino ( e non solo) vorrebbe così,…ma nn facciamo troppi spoiler e passiamo alle risposte ai vostri sempre graditissimi commenti(a proposito la frase scritta cn carattere diverso, quella dell’uomo di profilo, è della canzone di Vecchioni “Canzone per Sergio” e, purtroppo, nn è assolutamente mia):

 

 

Seyenne: finalmente la tua recensione…devi sapere che ogni tanto anche se nn aggiorno controllo se c’è almeno una piccola recensione e quando nn ho visto la tua pensavo che ti fossi stancata di leggere questa mia skifezza…fiùù(respiro di sollievo)

cmq x risponderti:

si ho veramente tantissimo da fare x colpa della scuola ultimamente e nn ti nascondo che una volta o due ho sperato che per sbaglio in una notte in cui era completamente deserta potesse andare a fuoco…bè, nn è successo, ma finalmente sn riuscita a finire il chap e spero di fare più in fretta con il prossimo…Remy caro ormai si è messo il cuore in pace ma nn è escluso che gli dia la possibilità di vendicarsi…la relazione tragicomica tra Draco ed Eva come vedi si è un po’ risolta e x quanto riguarda la ricerca di dafne… nn ce n’è più bisogno…

voldy caro è il solito bastardo e la sua scomparsa era solo un mezzo x poter agire con maggiore calma…

La reazione di ron so che nn ricalca molto il personaggio, ma un colpettino di scena al riguardo ci stava bene no?

Per la tua domanda su ad Azkaban dovrai aspettare il proximo chap(che spero commenterai, come questo d’altronde)

Un baciox e grazie per la tua onnipresente(meno male) recensione…summer9

 

Kiak: ciao tessoro!!!! Grazie cm sempre x la tua recensione!

Si, Harry è un po’ esagerato, ma infondo è solo un po’ protettivo e nn ha tutti i torti se vedi no? Cmq sorvoliamo…

Hermione mamma di nuovo, si, ma come scoprirai mamma cn le palle…lo so, ci vuole coraggio x stare male dopo un piatto di ottima pasta, ma è incinta dopotutto…e la scena l’ho presa da kill bill, lo ammetto!!! *me ladra*

No, la porta nn si è rotta x finta e cm vedi eva nn prende il posto di nessuno e sul felici e contenti aspetterei a contarci…

Si, forse Remus ha un odio un po’ profondo verso Bellatrix, ma chi può biasimarlo? Cmq ora cm puoi vedere è tornato in perfetta forma e anche di più…

Spero cm ho già detto di riuscire ad aggiornare + in fretta il tredici e si, se i compiti e le verifiche me li fai tu lascio perdere la scuola, nn ho assolutamente problemi al riuguardo…alla prossima comunque….baciottissimi…Summer9!

 

Come al solito un grazie anche a chi legge e nn commenta (sxo sempre che c siano anche quelli)!!!!

Fatemi sapere che ne pensate di questo chap un po’ diverso…Summer9!

 

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Capitolo 13
*** Tutto come prima e tutto diverso ***


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Che dire? Buona lettura e commentate!!!!

Capitolo 13°: tutto come prima e tutto diverso

 

Dopo lo scontro tra auror e mangiamorte, prima che Harry sappia dell’incontro tra Ginny e Voldemort…

Quella sera il combattimento non era stato molto pesante, ma Harry si sentiva particolarmente stanco. Era ormai fine settimana e dopo circa cinquanta ore di lavoro sarebbe anche strano se non lo fosse stato, come d’altronde i suoi amici che come lui avevano delle facce a dir poco stravolte.

“Non siamo molto in forma stasera vero?” disse ironico “E chi lo sarebbe Harry? E’ la quinta serata di fila che ci chiamano per emergenze del genere, anzi, a dire il vero questa volta siamo anche stati fortunati” lo rimbeccò Lilith “Sembrerebbe quasi che…” fu un sussurro, ma Remus lo colse e gli rivolse uno sguardo interrogativo “No, nulla, mi chiedevo solo una cosa” “Se è tornato?” di nuovo era stata la bionda a parlare “Si, esattamente” disse rassegnato “Chi? Voldemort volete dire?” domandò Ron che nonostante tutto non era mai stato bravo ad afferrare le cose al volo “No Weasley, l’uomo nero” disse seccata lei che non aveva mai avuto molta pazienza “Spiritosa, comunque anche io ci ho riflettuto molto e credo ci converrebbe tenere gli occhi ben aperti, gli attacchi si stanno moltiplicando e ho sentito delle strane voci si un’ombra scura che si aggira attorno la foresta proibita ad Hogwarts” “Dobbiamo assolutamente avvisare Silente” affermò precipitosamente il moro “Non ce né alcun bisogno, né è al corrente e per di più ha appena ripristinato nuovamente l’ordine, mi ha informato che presto ci sarà una nuova riunione quando l’ho visto di sfuggita uscendo dall’ufficio di Caramell” le occhiate che ricevette furono non poco inceneritici: quasi tutti lo stavano biasimando per aver parlato di una cosa così segreta in presenza di una persona che ne era all’oscuro.

“Ehi ragazzi, si sa che il lentigginoso non brilla per la sua intelligenza, ma non vi sputtanerebbe in questo modo, ero con il qui presente quando Albus mi ha chiesto quale era la mia decisione, faccio anche io parte dell’ordine!”

Otto occhi sollevati la fissarono per qualche istante e poi cominciarono ad andare dall’uno all’altro, ritmicamente, come a voler chiedere qualcosa, fu Shakelebolt a dare voce ai  loro pensieri

“E quando contavate di dircelo, sentiamo” i due si fissarono divertiti: non avevano proprio pensato ad avvisare nessuno della cosa “In effetti…” esordì il rosso “Già in effetti…” continuò Lilith “Non ci avevamo minimamente pensato” dissero infine in contemporanea.

“Bene, vi ringraziamo del vostro interesse verso di noi” la buttò Harry sul ridere “Ma dal canto mio sono troppo distrutto per star qui a discutere su quello che avreste o non avreste dovuto dirci, perciò me ne vado a casa che Ginny mi aspetta, ci vediamo domani a pranzo da tua madre Ron?” “Si, ha invitato anche noi, anzi, un po’ tutti per dir la verità” “Okkei, a presto allora” si rivolse poi al resto del gruppo da cui in tutta risposta ricevette solo cenni del capo: erano tutti veramente assonnati, quella settimana era stata pesantissima e non vedevano l’ora che finisse.

“Andate pure anche voi” disse poi la bionda strega “Li porto io questi ad Azkaban, ci vediamo lunedì” “Grazie mille” dissero i restanti quattro in coro, prima di smaterializzarsi nelle loro rispettive case.

Finalmente sola rivolse lo sguardo ai mangiamorte che stavano riprendendo i sensi

“Bene, ora vi porterò in un bel posticino, siete pronti per andare nella vostra nuova casa, dove la feccia merita di stare? Si, perché è solo questo che siete, feccia” ripetè quando si accorse dello sguardo inorridito di uno dei deatheaters legato ai suoi piedi.

Purtroppo con quel carico di prigionieri da trasportare non poteva nemmeno pensare di smaterializzarsi, così dovette scervellarsi qualche minuto cercando di ricordare se li vicino abitasse qualcuno che la conoscesse abbastanza da essere disposto a farla entrare in casa sua con nove mangiamorte appresso: solo chi l’aveva vista combattere infatti aveva pienamente fiducia nelle sua capacità e comunque non si poteva di certo biasimare chi non si fidava di lei solo vedendola, nessuno avrebbe mai sospettato tanta forza in una donna all’apparenza così fragile.

Non conosceva molto la zona, così, applicando un incantesimo sui quattro uomini in modo che potesse trasportarli solo con rapidi cenni della bacchetta, si mise a perlustrare la zona fino a che non individuò una via dove, sapeva per certo, abitava un suo collega.

Ispezionò uno per uno i campanelli fino a che non vide un cognome conosciuto, Davies: lo ricordava perfettamente il bel donnaiolo di corvonero di un anno più avanti a lei, si era fatto tutte le donne della casata, senza distinzioni di età e quando aveva tentato anche con lei si era beccato una bella cinquina sulla guancia destra e non aveva più osato rivolgerle la parola, fino a che non si era trovato costretto a lavorare con lei…

Aveva suonato e, preannunciata dallo scatto della chiave nella toppa, la moglie dell’ex studente di Hogwarts era andata ad aprire, agitandosi non poco quando si trovò davanti la donna con la tunica strappata, parecchi lividi, una ferita sanguinante sopra l’occhio di cui lei non si era minimamente accorta e alcuni uomini incappucciati che galleggiavano sconfiggendo la gravità dietro di lei…era una babbana e sebbene avesse accettato il mondo magico del marito non era per lei frequente trovarsi davanti agli occhi scene di questo tipo.

Con voce mozzata chiamò

“Roger…vieni…c’è una donna strana…” lo disse con un tono fin troppo marcato “che chiede di te, muoviti!” aggiunse infine con un certo accento esortativo.

Si sentì un rumore di piedi che calpestavano velocemente il tappeto e un uomo alto, dalla carnagione ambrata, i folti capelli corvini e gli occhi più neri della notte spuntò dietro la donna.

Quando vide chi si trovava davanti la sua espressione si rabbuiò un poco, ma non voleva dare a vederlo alla consorte e subito quella delusione si tramutò in un sorriso solare che stupì Lilith per la repentinità del suo cambiamento

“Scusa se ti disturbo a quest’ora, ma devo assolutamente portarli ad Azkaban, sono freschi, appena catturati, ma tra poco non lo saranno più e se non li rinchiudo in fretta potrebbero trovare il modo di liberarsi” “Hai preso loro le bacchette?” “Non sono una sprovveduta” disse sgarbata indicando una tasca del suo mantello dalla quale spuntavano nove bastoni di legno di diversa lunghezza e fattura “Allora questo camino?” l’uomo scosse la testa, dando evidentemente a vedere che si era perso un attimo nei suoi pensieri –non è mai stato molto sveglio- riflettè –Suo padre deve avere pagato per farlo promuovere auror- “Cosa? Ah si! Bè, non sono sicuro che sia delle dimensioni giuste” “Oh, non è un problema, basterà applicare il giusto incantesimo d’ingrandimento…non ti preoccupare, farò in modo che scompaia dopo pochi minuti” aggiunse quando notò lo sguardo contrariato della donna che si trovò costretta ad acconsentire, viste anche le pressioni del marito che per nulla al mondo avrebbe avuto il coraggio di arrecare un dispiacere alla sua forte collega.

Finalmente, con il permesso di entrambi varcò la soglia di una casa molto lussuosa e seguì i coniugi nella sala dove trovò il camino che, in effetti, era davvero molto piccolo.

“Dimensionem maior” sospirò colpendo delicatamente una parete del camino che prese ad ingrandirsi fino a raggiungere la stazza da lei desiderata.

Prontamente Davies le porse un barattolo dal quale lei prese una manciata di polvere che gettò nelle fiamme che già ardevano miti in precedenza e che poi si moltiplicarono, diventando smeraldine e fresche.

Si voltò e, ringraziando ancora con più gentilezza di quanta se ne sentisse in realtà di esprimere, attraversò se fiamme seguita dai nove, sempre aleggianti, mangiamorte, che si trovarono con lei  nel vortice della metropolvere quando decisa pronunciò “Azkaban”…

Si ritrovò catapultata in un luogo completamente diverso: freddo e lugubre, sporco e rumoroso: da quando non c’erano più i dissennatori i prigionieri avevano anche fin troppe forze per lamentarsi e far baccano.

Prese con cautela a percorrere gli intricati dedali della costruzione, sempre con i deatheaters svolazzanti al seguito. Non vedeva guardie intorno, dannazione, Caramell non li aveva messi lì a guardia mica per niente, serviva gente capace per evitare che quegli essere immondi che erano i mangiamorte evadessero quando volevano e ben pochi auror sembravano aver preso quell’incarico sul serio, appena fosse uscita da lì, prima di tornare a casa, ne avrebbe assolutamente parlato col ministro, non si poteva assolutamente continuare così.

A parte quello poi, non si sentiva mai sicura ad entrare là dentro da sola, era forte, certo, ma non abbastanza da sostenere con le sue sole forze un assalto e, con quella ridicola protezione erano più alte le probabilità che avvenisse che nemmeno il contrario.

Fu agghiacciante la sua espressione quando svoltato un angolo si trovò davanti agli occhi uno spettacolo che mai si sarebbe immaginata: tutti i suoi colleghi, anziani e non, erano riversi a terra, morti, con parecchi squarci nel corpo e negli occhi un terrore puro, quella per lei era solo una conferma che il Signore Oscuro non era scomparso come tanto voleva far credere.

Non era mai stata tanto sensibile alla vista del sangue o delle viscere, ma quelli non erano sangue e viscere qualunque, bensì quelle di tutti i suoi amici, improvvisamente un conato le sconquassò lo stomaco e si scansò giusto in tempo per non vomitare sopra uno dei cadaveri.

Appena si fu ripresa alzò lo sguardo per cercare quale fosse la cella dalla quale erano usciti i colpevoli di quello sterminio, ma, invece di una porta scardinata, si trovò dinnanzi il volto serpentino di Voldemort sul quale giaceva un ghigno sadico

“Siamo un po’ troppo sensibili, dovrei lasciar setto a Caramell di scegliersi meglio i suoi Auror” disse sarcastico e poi, senza dare alla donna il tempo di reagire alla sorpresa le puntò la bacchetta al cuore e sussurrò spietato “Avada Kedavra”

La bella e biondissima Lilith si accasciò al suolo esanime, mentre i capelli dorati le coprivano rispettosi il volto.

“Nott, forza, slega Carson, Goy, Zakar, Pratt, Talan ,Rich,Tiger, Flitt e Goyle, presto, voglio che tu mi abbia raggiunto al nascondiglio entro cinque minuti” “Sarà fatto” assentì lui mentre svelto si voltava verso i compagni imprigionati.

 

Harry era veramente molto stanco, ma, quando si materializzò nella sua calda casa e non sentì come al solito i leggeri passi di Ginny riempire la stanza mentre lo raggiungeva per salutarlo lo intristì molto.

Era ormai un appuntamento fisso, ogni volta che lui tornava da un’emergenza si amavano perché quello era l’unico modo con cui lei si metteva il cuore in pace e con cui lui, dopo aver lottato con persone che avevano perso persino il ricordo della loro anima, si ricordava che c’era ancora qualcosa per cui valeva la pena di lottare: creare un mondo migliore per le persone che amava.

Così, un po’ deluso si accinse a salire le scale, solo dopo aver dato una sbirciatina al salotto, casomai che si fosse addormentata sul divano nell’attesa.

Ma sapeva che non era possibile, non succedeva mai, la sua piccola Gin non riusciva a dormire quando lui era fuori casa e non trovarla lì già lo aveva agitato.

Mentre saliva nervosamente le scale il suo cuore prese a battere velocemente: più si avvicinava al piano superiore più si accorgeva che vi regnava un silenzio troppo innaturale. Ormai era abituato a percepire certe cose e  comunque non sentiva nemmeno il sommesso respirare che sempre proveniva dalla loro camera quando lei vi dormiva sola e poi, quando ebbe salito abbastanza gradini per avere una visuale completa del corridoio notò che la stanza della piccola Maggie era socchiusa, doveva esserci assolutamente qualcosa che non andava perché per nulla al mondo sarebbe riuscita ad addormentarsi se l’uscio fosse stato aperto e Ginny, anche se fosse entrata per controllare se dormisse, l’avrebbe in seguito richiusa, ne era certo.

Il cuore continuava la sua lenta ed inesorabile salita verso la gola e sembrava scoppiargli mano a mano che si avvicinava alla stanza.

Finalmente non gli restava solo che appoggiare la mano sulla maniglia e spingere, ma la paura era troppa.

Era facile mantenere l’autocontrollo se la famiglia che credevi di trovare morta o torturata fino alla pazzia non era la tua. Al momento però non sapeva se avrebbe potuto accettare di entrare e vedere che per lui tutto era finito di nuovo e allo stesso tempo, non poteva rimanere con quel dubbio atroce che girava vorticosamente nella sua testa così fece l’unica cosa sensata: spinse lentamente la porta ed entrò.

Subito pregò che non l’avesse mai fatto e di poter dimenticare quello che i suoi verdi occhi avevano dovuto vedere, ma nulla di tutto ciò era possibile.

La sua vista si offuscò, lacrime di dolore e fiele cominciarono a bruciare le sue guance come fossero corrosive e in un impeto di rabbia tirò un pugno con tutte le sue forze contro la parete, attraversandola.

Quando ne estrasse l’arto numerose schegge uscirono insieme a quello e la sua pelle era graffiata da tanti piccoli tagli che sanguinavano copiosamente.

Cosa avrebbe dato per provare quel dolore, ma l’unica cosa che sentiva era la sua sofferenza, troppo forte per provarne qualsiasi altra.

Si chinò per stare più vicino a loro. Ginny e la piccola giacevano l’una accanto all’altra, senza vita e per la prima volta vide veramente quanto si assomigliavano: gli stessi capelli rossi e boccolosi, gli stessi grandi occhi verdi e sempre pronti a regalarti un sorriso, le stesse guance lentigginose…non poteva averle lasciate andare così…se la prese con se stesso

“Sono stato solamente un idiota! Lei me lo aveva detto cristo “Non andare, sento che stasera succederà qualcosa” perché non l’ho ascoltata? Cosa mi costava per una volta mettere da parte l’orgoglio e stare con lei…non l’ho fatto e l’ho persa, per sempre, per un’inezia” prese di nuovo a sbattere il pugno già insanguinato contro il pavimento.

A quei colpi irosi il corpino della piccola prese a muoversi sempre con maggiore frequenza, fino a che quella si alzò e andò ad abbracciare il padre. Perspicace, mentre nuove gocce le imperlavano il tondo faccino disse

“Se n’è andata vero?” –Dio mio- pensò sorpreso –Come fa una piccola di tre anni a capire una cosa simile?- ma non disse nulla, semplicemente la strinse forte a sé tanto da farle mancare il fiato conscio che non aveva ancora perso tutto, c’era lei, c’erano Ron, ‘Mione e tutti gli altri che sarebbero rimasti per sempre la sua famiglia…ma senza Ginny tutto era fin troppo più difficile.

Non aveva ancora mollato la presa quando Maggie parlò di nuovo, stavolta la sua voce era gaia, risollevata “Guarda papà respira, respira” a queste parole anche lui alzò lo sguardo per osservarla, ma inizialmente non constatò nulla, solo guardandola con più attenzione lo notò, era impercettibile, ma il suo petto sia alzava ritmicamente e, quando ci appoggiò una mano, fu come se il cuore di lei dicesse “No, non è un corpo vuoto, c’è ancora una vita imprigionata qua dentro”.

Senza pensarci minimamente la prese tra le braccia, sollevandola con forza e, servendosi della polvere volante, assieme alla piccola la portò al San Mungo.

Lì, i medimaghi del pronto soccorso  le prestarono immediatamente le più efficaci cure: le somministrarono pozioni, analizzarono ogni singola cellula del suo corpo immobile per capire a quale duro incantesimo fosse stata sottoposta, le fecero qualsiasi tipo di controincantesimo e le fecero bere litri e litri di pozioni. Non era irriconoscibile quando fu condotta in rianimazione, ma non aveva nemmeno un bell’aspetto.

Il moro sedeva nella camera con la bambina addormentata in grembo e, tenendo continuamente sotto controllo il monitor a cui era attaccata la moglie ( si , si sn modernizzata ndS), aspettava l’arrivo di qualcuno che fosse in grado di dire qualcosa sulla sua prognosi.

Fu solo dopo parecchie mezzore di attesa che un giovane un uomo, non troppo più vecchio di lui, dall’inconfondibile tunica verde, fece cautamente il suo ingresso nella stanza, aspettando che fosse lui a parlare prima di dire qualsiasi cosa

“Allora” chiese quindi Harry spazientito “Signor Potter è complicato quello che sto per dirle e nessuno più di me vorrebbe portarle notizie più confortanti” una gelida risata che per nulla si addiceva ad Harry uscì spontaneamente dalle sue labbra “No dottore, non cerchi di indorarmi una pillola che è impensabile solo somministrare, non incornici il suo inesorabile verdetto con melense formalità…mi dica solo cosa succederà” “L’incantesimo che l‘ha colpita è potentissimo, si chiama Frustra” a quel nome sussultò, lo conosceva fin troppo bene, era quello che il quinto anno aveva quasi ucciso Sirius, se non fosse stato che non lo aveva colpito in pieno petto, ma solo di striscio “Vada avanti” disse quando vide che il dottore aspettava un suo cenno “Antidoti e controincantesimi non servono, la signora Potter è in coma e ci sono scarsissime possibilità che ne esca e, anche se succedesse…bè…non oso pensare alle condizioni mentali in cui lo farebbe” concluse costernato.

Le parole dell’uomo avevano subito svegliato la piccola che, senza farsi notare perché sapeva che altrimenti l’avrebbero fatta uscire, aveva ascoltato tutta la conversazione ed ora era finalmente uscita allo scoperto, rivolgendosi al moro

“Papà?” “Che c’è cucciolo?” “Non voglio che la mamma se ne va” “Nemmeno io e se potessi impedirlo lo farei, a qualsiasi costo, ma ci sono cose su cui nemmeno io ho alcun potere” “Ma forse…forse puoi vendicare la mamma” accennò con una vocina che ad un tratto si era fatta piccola piccola “Sarebbe bello, ma dovrei sapere chi è stato e non lo so” rispose lui, dispiaciuto, quell’idea lo aveva già accarezzato parecchie volte in quelle ultime ore “Io lo so però, è qualcuno che lei ha chiamato Tom…so solo questo, ho avuto troppa paura per ascoltare quello che dicevano dopo e mentre parlavano fingevo di dormire, come ora, e pensavo alle mie bambole” “Hai fatto benissimo” le assicurò comprensivo, accarezzandole i capelli.

-E poi- aggiunse a se stesso –Quel nome mi basta! Voldemort, questa è l’ultima volta che rovini la mia vita, si perché ora sono pronto e anche se non sei più abbastanza umano per morire ti assicuro che dopo che ti avrò trovato ti rimarrà ben poco per cui vivere…puoi contarci…-

 

Draco si alzò di scatto dal letto e, coprendosi con un lenzuolo si allontanò più che potè dal letto e lo stesso fece Dafne. Certo, entrambi erano al settimo cielo all’idea di vedersi, ma ciò non toglieva che la situazione fosse talmente assurda da confonderli tanto quanto bastava per offuscare il desiderio che avevano l’uno dell’altro.

“No, non è possibile, mi ricordo benissimo, c’era, c’era Eva nel letto con me ieri sera” “No, c’ero io…cioè…ero io” “Cos-cosa? Vuoi dire che sei tu? Che Eva in realtà sei tu?” “Sembrerebbe così” “Come sembrerebbe?” chiese sgarbato “Non posso saperlo io Dafne, solo tu puoi dirmi chi eri l’altra notte, io so solo quello che ho visto e cioè che mi sono addormentato con qualcuno e che mi sono svegliato con qualcun altro” aggiunse sempre con quel suo tono irritato ed agitato, non sono certo cose che capitano tutti i giorni queste. “Accidenti Draco, nemmeno io lo so, al momento non ho nulla di chiaro in testa, solo un gran casino e un male atroce!” ribattè di rimando con lo stesso tono seccato.

Vedendo la sua reazione il biondo abbassò un po’ la cresta

“Si, scusa, forse è meglio se ci sediamo non credi?” “A che scopo?” “Che ne so, ma non servirà a capire le cose con precisione starcene qui in piedi, nudi, uno davanti all’altra” “No, hai ragione. Forse è anche il caso che si vestiamo…anzi, sai cosa ti dico? Io mi faccio una doccia, può darsi che mi rinfreschi un attimo le idee” “Si, perfetto, nel frattempo io scendo a bere un caffè” le disse mentre con un gesto rapido della bacchetta faceva comparire dei vestiti sul suo corpo spoglio.

Contemporaneamente i due aprirono uno, la porta del bagno, l’altro, quella della stanza e scomparirono alla reciproca vista.

-Dannazione- rifletteva lui tra sé e sé mentre scendeva lento le scale –La mia vita sembrava essersi appena ripresa un attimo ed ecco che rispuntano i casini- a quel pensiero si sentì subito in colpa –Oh no- disse a se stesso –Non sono assolutamente dispiaciuto che lei finalmente sia tornata…no…però…- di nuovo qualcosa gli attanagliò il fegato, si diede una leggera pacca in testa, come se fosse un modo per assestare meglio tutti quei pensieri nel suo cervello –Mi chiedo solo perché cavolo ogni volta che nella mia vita capita qualcosa di buono subito dopo ne devo pagare le conseguenze!- Ma forse, quello era solo un pensiero egoistico, dopo tutto anche lei era nella sua medesima situazione…non sapeva proprio che pensare e probabilmente era il caso di mettere la sua mente al riposo per un quarto d’ora, avrebbe avuto tutto il tempo per tornare sull’argomento in seguito, quando sarebbe tornato di sopra.

Al bar dell’Hotel non c’era già più anima viva, effettivamente era mezzo giorno, un po’ troppo tardi perché gli uomini d’affari che in genere dormivano in quel luogo lussuosissimo si concedessero una colazione tranquilla o un ultimo goccio di brandy prima di riprendere il lavoro.

Per fortuna quel giorno la sua riunione d’affari era rinviata al tardo pomeriggio e aveva perciò tutto il tempo di chiarire quella faccenda.

-No!No Draco! Cristo, ci stai pensando di nuovo, rilassati una attimo!- si ordinò. Così, con la mente svuotata e non troppi soldi in tasca si sedette su di un’alta sedia di fronte al bancone e attese che il barman lo raggiungesse per prendere la sua ordinazione.

“Posso sapere cosa desidera il signore” chiese poco dopo questi con un inglese nemmeno troppo stentato “Solo un caffè grazie” “Corretto?” “No, cavolo no, non è il caso, lo faccia solo ristretto e…molto,molto forte” “Come desidera” assentì eclissandosi dietro ad una porta a soffietto da dove, pochi istanti dopo, lo raggiunse un assuefacente aroma di caffè nero…

Passarono non meno di venti minuti prima che finalmente facesse il suo ritorno e, quando aprì con lentezza l’uscio, sentì che ancora dalla toilette proveniva l’inconfondibile scroscio d’acqua provocato dalla doccia

“Possibile che si stia ancora lavando?” disse al vento e poi si stese sconsolato sul letto, di nuovo in attesa.

Non passò molto fortunatamente che i rubinetti si chiusero e la porta si spalancò facendo uscire, oltre alla ragazza coperta solo da un asciugamano una quantità eccessiva di tiepido vapore. Quella scena gli ricordò la prima volta che avevano fatto l’amore, negli spogliatoi, solo che quella volta era stato lui ad uscire dal bagno…non era il momento di perdersi in certi pensieri, ma, dal modo il cui lo fissava Dafne sembrava pensare la stessa cosa…

“Draco…” “Si?” “Ti sono mancata” “Ho smesso di vivere senza di te” “Non mi sembra” “Sono passati tanti anni prima che una donna potesse rapire il mio cuore e guarda caso sei stata di nuovo tu” sul suo volto si disegnò un sorriso, ma lo sguardo era spento vacuo… -Perché?- lui non capiva, allora disse “Io, io non so perché, ma dopo la lotta contro Voldemort io…io ti ho dimenticata…non la nostra vita insieme, ho solo dimenticato quelle parti fondamentali di te che mi avrebbero permesso di riconoscerti, è sempre di più di tutti gli altri che ti hanno dimenticato completamente, forse, forse ora anche loro ricordano di nuovo” “E’ probabile si…” rispose la rossa in un sussurro, mentre i suoi occhi turchesi si nutrivano della vista del suo uomo “Sai, sono realmente riuscita a riordinare tutte le cose mentre mi lavavo…ho capito quasi tutto” “E’ un sollievo, perché io continuo a non trovare né capo né coda in questa strana situazione, hai voglia di raccontarmela tu?” “Non posso fare altrimenti” accettò sedendosi accanto a lui sul ciglio del letto.

Draco come lei si mise a sedere e dolcemente fece appoggiare la sua testa fulva su una delle sue forti spalle, mentre con la mano finalmente poteva di nuovo giocare coni suoi boccoli setosi.

“Io aspetterò, fino a che tu sarai pronta a parlare” “Grazie” ribadì lei riconoscente “Ma è meglio togliersi subito il dente, prima lo farò prima tutto potrà riprendere il suo normale corso” “Lo spero anch’io” “Già…” nella sua voce non c’era tutta quella convinzione che aveva appena sentito nel tono di lui…

Prese a raccontare e tutto ciò che diceva prendeva una forma sempre più distinta anche nella sua mente mentre le sue parole gli conferivano sempre maggiore tangibilità

“Durante lo sbalzo temporale mia madre ha cercato di modificare la mia storia, ha nuovamente cancellato la mia memoria immettendo nuovi dati nel mio cervello” “Non sapevo fosse una strega così potente” “Si, è difficile crederlo, ma nemmeno lei è stata in grado di sopportare questo dispendio di energie e finito di compiere il sortilegio è impazzita, è morta qualche mese dopo in un ospedale italiano, nessuno poteva più salvarla” era difficile trovare parole di conforto per certe cose e sapeva che il modo migliore era farle capire che lui le stava vicino, così la strinse forte a sé, fino a che lei riuscì a ricacciare indietro le lacrime che a tutti i costi volevano sgorgare come fiumi sulle sue gote e riprese la storia “Comunque, ha fatto questo perché mio padre non potesse trovarmi di nuovo, non aveva sufficiente forza per riuscire ad ucciderlo. Ma non aveva tenuto conto di una cosa: io e te evidentemente siamo legati dal destino in modo indissolubile e dentro ci è rimasto qualcosa che ci ha ricondotti l’uno all’altro, nonostante io vestissi le false spoglie di Eva, la nuova segretaria. Così però il suo incantesimo si è interrotto, infatti, come sai, la forza dell’amore è nettamente più forte di qualsiasi incantesimo e, ritrovandoci, lo abbiamo spezzato, ora è tutto come prima e io sono di nuovo in  pericolo” non aveva parlato del loro amore con quell’enfasi che ci si sarebbe aspettati da una perdutamente attratta dall’altro, ma forse era solo per la particolarità della situazione in cui si trovavano.

“Ma ora che siamo di nuovo insieme il più è fatto, non sono più un codardo incapace come sei anni fa, stavolta ti proteggerò veramente, non riuscirà mai più a toccarti quel lurido…” “No!” lo interruppe. A quelle parole uno strano fuoco aveva acceso quegli occhi che fino a poco prima erano così…vuoti.

“No Draco, stavolta non aspetterò che sia lui a venirmi a cercare e a cogliermi di sorpresa, questa volta sarò io a decidere come e quando porre la parola fine a questa storia” “Ma, è pericoloso, non sei in grado di…” “Sottovaluti la forza della disperazione, mi aveva tolto di nuovo le uniche vere persone che  mi abbiano amato nella mia vita: te, Ginny, Harry, Hermione, Ron e mia madre, non gli permetterò di fare lo stesso con la vita delle altre persone”

Quella frase gli ricordò qualcosa che aveva sentito per sbaglio quando ancora frequentava Hogwarts, era al settimo anno e, appena tornato da una punizione aveva sentito, poco prima di svoltare l’angolo, due persone che parlavano, erano Silente ed Harry. Era arrivato nel punto esatto della conversazione in cui il moro aveva detto le stesse identiche parole di Dafne “Mi ha tolto alcune delle poche persone che mi abbiano amato prima di arrivare ad Hogwarts: mia madre, mio padre, Sirius, tutti i loro amici che per tenermi all’oscuro della mia natura di mago mi hanno evitato per undici anni di sofferenza, non gli permetterò  di fare lo stesso con la vita di altre persone” aveva detto determinato e il preside, con il solito tono calmo aveva risposto “Sono contento che tu la pensi così e non ne dubitavo, ma promettimi che quando tornerà, perché lo farà, lo sappiamo entrambi che sei tu l’unico che può ucciderlo, starai molto attento, penso che ricordi bene il passo della profezia che diceva uno dei due dovrà morire per mano dell’altro”…

“No” disse a Dafne “Come no?” “Non puoi, morirai nel farlo” l’avvertì e le raccontò quello che aveva sentito “Quindi…quindi solo Harry può ucciderlo?” “Esattamente” “Allora lo aiuterò” quella frase lo colse d sorpresa, però non poteva permettere di farle compiere da sola questo passo così importante, di conseguenza, vincendo il suo odio per il quartetto degli ex grifondoro, anche perché ormai, dopo quel racconto, si era completamente convinto che il moro non avesse mai detto a Voldemort sotto tortura dove si trovasse Dafne provocando così la sua morte (certo, era un pensiero stupido, ma lui era attanagliato dal dolore per la sua scomparsa e la cosa più semplice era dare la colpa a qualcuno e nessuno era perfetto come Harry Potter il suo, nonostante tutto,a acerrimo nemico), le assicurò che anche lui si sarebbe unito a Potter nella battaglia contro l’Oscuro.

Quella cosa per un attimo fece scomparire l’espressione vacua che riempiva gli occhi di lei ogni volta che si posavano sull’ex serpeverde “Sul serio lo farai? Metterai veramente da parte la tua perenne rivalità contro di lui, per me?” “Senza alcuna remora” per la prima volta da quando Eva era tornata Dafne le labbra di lei si congiunsero a quelle di lui in un caloroso bacio di ringraziamento, anche se quello slancio non durò per molto…

 

La casa della signora Weasley era gremita di gente ed erano quasi tutti presenti all’appello: vi erano Ron, Hermione e la piccola Sally, Sirius che ormai aveva recuperato quasi completamente la sua forma fisica, Charlie e Bill con famiglia, i due gemelli e, ovviamente, Molly ed Arthur, i padroni di casa che erano impegnatissimi nella preparazione di  un’immensa tavolata nel mezzo della sala che per l’occasione era stata sgombrata di molto del suo precedente contenuto.

Tutti loro ormai avevano recuperato pienamente il ricordo di Dafne e non c’era qualcuno che non si fosse fatto un’idea di come erano andate le cose, ma al momento non era un argomento che si sentivano di affrontare…

Alla grande riunione di famiglia che si svolgeva almeno una volta al mese mancavano solo Harry, Ginny, la loro piccola e Remus che, stranamente, erano decisamente più in ritardo del solito.

Tutti quindi si voltarono felici quando sentirono gli inconfondibili passi del moro provenire dalla porta della cucina dove, probabilmente, era appena apparso, ma non lo accolsero con la stessa espressione quando finalmente si mostrò alla loro vista. Come biasimarli? Aveva gli occhi gonfi e rossi e, nelle sue verdi e di solito lucenti iridi bruciava il fuoco opaco della vendetta. I suoi vestiti, gli stessi della sera prima, erano tutti pieni di tagli e, se possibile, ancora più sgualciti e fori posto.

I capelli, che già di per se stessi non tendevano ad assumere una forma regolare, erano ancora più scarmigliati del solito e un grande ciuffo spettinato copriva totalmente la cicatrice che pulsava come le sue tempie. I suoi modi erano affrettati e sgarbati e, quando parlò la sua voce uscì rauca e lontana, come se provenisse da un Harry che ormai non esisteva più.

“Ginny è in coma” rivelò diretto, senza preamboli inutili “Santo cielo cos’è successo?” fu la voce della signora Weasley già incrinata dal pianto “Tom Orvoloson Ridde” disse e nel suo tono non  traspariva pietà “Ora è all’ospedale, ma non si risveglierà più” fu la sentenza definitiva. La madre di lei si scagliò contro il suo petto, senza riuscire a spostarlo nemmeno di un centimetro e, mentre batteva con forza i pugni contro il suo costato urlava tra le lacrime “Non puoi dire una cosa del genere, si risveglierà, i medimaghi la cureranno, lei è…lei è …forte” con fermezza afferrò i polsi della donna disperata e li allontanò da sè “No Molly, non sanno nemmeno loro dove mettere le mani, è finita…ho lasciato detto che aspettino la visita di tutti i parenti e degli amici più stretti prima di staccare il respiratore” mentre parlava aveva allentato la presa e una mano liberata della vecchia signora schiaffeggiò veemente il viso del ragazzo “Non dire più una cosa nel genere, non la staccheremo e aspetteremo che si riprenda” con un tono di voce che ormai nulla aveva di diverso dal ghiaccio più puro Harry urlò “NON CAPISCI? E’ FINITA, FINITA PER LEI, NON TORNERA’ MAI TRA NOI E SE ANCHE FOSSE IL SUO CERVELLO SUBIREBBE DANNI TALEMTE GRAVI CHE GINNY NON SAREBBE NEMMENO L’OMBRA DI QUELLO CHE ERA, LA VUOI CONDANNARE VERAMENTE AD UNA VITA DEL GENERE? PRIMA ACCETTEREMO IL SUO DESTINO RPIMA ACCETTEREMO IL DOLORE CHE CI PROVOCA!” Molly sapeva che aveva ragione e le sue parole la colpirono come una lama nel ventre. Si accasciò al suolo, il lacrime, senza più la forza di dire niente e, mentre il marito andava lì per consolarla e piangere con lei la figlia perduta pensò a quando prima del quinto anno dei ragazzi ad Hogwarts un molliccio aveva mostrato al moro e a Lupin le sue paure –Si sono avverate- pensò –Sapevo che sarebbe successo- fu l’ultima cosa che ebbe il coraggio di ammettere.

Harry stava per parlare di nuovo, ma si interruppe quando Lupin si materializzò accanto a lui e si guardò attorno stupito, osservando le facce terree dei presenti e i due coniugi a terra che si abbracciavano gementi, comprese subito che avevano appena ricevuto una pessima notizia e si odio per doverne portare un’altra, ma prima di parlare chiese spiegazioni. Come prima fu il figlioccio a rispondere “Ginny sta morendo…Voldemort” gli spiegò con freddezza, quasi non fosse toccato da quella cosa: quella era stata veramente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e aveva fatto aprire quello di pandora che conteneva le paure e le rabbie più represse e feroci del ragazzo che lo avevano trasformato in un essere troppo pieno di dolore per provare altri sentimenti.

Ma Remus in quel momento non poteva soffermarsi anche su quel problema, doveva dar loro il messaggio che era andato a riferire “Anche Lilith è morta e anche il ministro pensa sia opera di Voldemort o di mangiamorte nuovamente sotto il suo comando” di nuovo la voce gelida del moro “La lotta senza fine sta per cominciare di nuovo, ma stavolta non permetterò che non si concluda, non c’è modo di fermarmi”…

Fortunatamente Silente aveva appena ripristinato nuovamente l’ordine della fenice…

 

Il giorno seguente si celebrarono subito i funerali della povera Lilith e gli unici due posti vuoti alla cerimonia furono quelli di Ginny ed Harry. Era ovvio il perché mancasse la donna, ma nessuno riusciva più a comprendere il comportamento del moro, era cambiato radicalmente, in una sola notte, anzi, probabilmente nei cinque secondi in cui aveva visto sua moglie a terra, sul punto si morte, con accanto la piccola che come lei credeva esanime.

Tutti sapevano che avrebbero dovuto fare qualcosa, ma nessuno aveva una precisa idea di cosa avrebbero dovuto fare esattamente e poi da quando il giovane era andato alla Tana per comunicare la disgrazia nessuno aveva più sue notizie.

Non molte ore dopo era giunto un gufo dal San Mungo, che portava una lettera con la quale uno dei medimaghi che si occupavano di Ginny chiedeva che qualcuno venisse a prendere la piccola Maggie perché il padre non aveva fatto ancora ritorno e loro non avevano il tempo materiale né le strutture adatte per occuparsi di lei.

Fu Hermione ad andare a prenderla e a portarlaa casa, dove almeno sarebbe stata con la sua cuginetta, ma questa cosa non sembrava rallegrarla molto, nonostante la sua tenera età sembrava infatti aver capito che non avrebbe mai rivisto la madre e non poteva certo ignorare la cosa e giocare allegramente con Sally come niente fosse successo. Se ne stava quindi apatica, appoggiata al davanzale a guardare fuori dalla finestra gli ultimi rimasugli di neve che si scioglievano solo a febbraio inoltrato, mentre raffiche di forte vento facevano svolazzare i pezzetti di carta abbandonati sulla strada da ragazzini distratti che non erano riusciti a centrare il cestino della spazzatura.

In viso la stessa espressione dura del padre, anche se nei suoi occhi erano ben visibili le lacrime che non vedevano l’ora di sgorgare a fiotti.

La brunetta sapeva che non ci sarebbe stata parola in grado di mettere pace, al momento, nel cuore devastato della piccola, così, si rese conto che l’unica cosa che poteva fare era farle capire che non era sola.

Lentamente, senza fare troppo rumore, si avvicinò e la prese in braccio, la bambina non oppose resistenza.

Poi si sedette con lei sul divano e la tenne stretta a sé. Rimasero a lungo in quella posizione, passarono molti minuti, forse una mezzora, e finalmente Maggie rinunciò a tenere dentro tutto quel dolore, si voltò, sprofondò il triste faccino nel petto della zia e si sfogò, pianse finchè nei suoi verdi occhi come quelli della madre non rimase più nemmeno una goccia, ma non bastò un’ora per fare esaurire le sue lacrime e così trascorsero quasi tutto il pomeriggio, sul divano, in un silenzio rotto solo dai singhiozzi della bambina.

Non molto dopo che le due si erano accomodate sul divano, un po’ per gelosia, un po’ per serio dispiacere verso la mestizia della cuginetta, Sally le raggiunse e si unì al grande abbraccio, immersa anche lei in un rispettoso mutismo, che non interruppe per tutta la durata di quel malinconico momento.

Fu solo molto dopo che Ron aveva fatto finalmente ritorno a casa che le tre si staccarono l’una dall’altra e, come se tra loro ci fosse stato un tacito accordo, cercarono di riprendere la loro vita normale, ma non era semplice.

Ron stesso faticava a controllarsi. Era tornato dall’ospedale, distrutto dal dolore con gli occhi se possibile più rossi persino della sua chioma e gonfi come piccolo palloni e non passava minuto senza che lo si sentisse borbottare frasi del tipo

“Non è giusto…così giovane” “E’ mia sorella, non la passerà liscia” alternate a scatti d’ira: ogni tanto infatti senza che nulla preannunciasse quel gesto chiudeva la mano a pungo e la sbatteva violentemente contro il primo mobile o la prima parete che gli capitasse a tiro.

Ben presto in quasi tutta la casa si notavano i segni della sua stizza dall’ arredo ammaccato e dalle pareti che perdevano modesti pezzi d’intonaco bianco.

Furono giorni lenti, per tutti, giorni in cui Harry non accennava a tornare e all’ospedale la più piccola dei figli di Molly ed Arthur non era mai lasciata sola un minuto.

Al suo capezzale continuavano ad alternarsi famigliari ed amici, compresa la figlia, in una processione che sembrava non avere mai fine e che appariva come un rito il cui termine avrebbe decretato la morte della donna.

Si, perché tutti sapevano che i medimaghi avevano l’ordine di farla smettere di respirare una volta che le visite sarebbero terminate e nessuno aveva la forza d’animo di accettare che prima o poi sarebbe dovuto accadere e così, nonostante il lavoro e tutti gli impegni che avevano da svolgere, riuscirono a fare in modo che per una lunga, interminabile, straziante settimana non passasse minuto, anzi, secondo, in cui Ginny fu lasciata sola in quell’asettica camera d’ospedale.

Un dì però, più precisamente il lunedì mattina della seguente settimana, uno dei guaritori si avvicinò alla signora Weasley e con il tono di voce più rispettoso e gentile che poté trovare si rivolse alla donna

“Mi scusi, la posso disturbare solo un secondo?” colta di sorpresa Molly si voltò sobbalzando e, asciugandosi le lacrime con un fazzoletto ormai fradicio annuì, prima di seguire l’uomo in un angolo della stanza lontano dal letto della figlia degente.

“So che forse non è il momento, anzi, non lo sarà mai, ma io ho il dovere di ricordarle la scelta del marito, lei ora dovrebbe essere staccata…” “Come? No! Non è forse più importante il parere della madre? Ho ancora io il diritto di decidere del destino di mia figlia!” “In realtà signora, non è così, come lei ben sa ogni auror prima di intraprendere la carriera deve redigere il suo testamento e sua figlia ha lasciato detto che in un caso del genere Harry avrebbe dovuto decidere della sua sorte, perché sapeva che lei avrebbe cercato il più possibile di tenerla vicina a sé, anche se non fosse servito a niente , mentre lui sapeva qual’era la cosa migliore per lei, ma soprattutto lui sapeva e comprendeva le sue volontà” “Ma lei non l’ho ha visto dannazione? Non è più in sé, ha firmato quella maledetta carta che decideva della sua vita ed è sparito, forse per sempre, come può mettere in atto le volontà di una persona che è evidentemente impazzita?” ma nonostante tutte le proteste della madre disperata non c’erano vie d’uscita in quella situazione e, il 23 febbraio alle 13 e 30 la sua piccola Ginevra raggiunse i genitori del suo amato, in una vita che sarebbe stata serena ed eterna…

 

“Mamma non trovo la gonna nera!” sbraitò Sally per farsi udire da Hermione che era al piano di sotto “E’ nel mio armadio, nel primo cassettone” le rispose con lo stesso tono, non potendo salire, poiché era impegnata nella difficile manovra di infilare la calzamaglia di lana a sua nipote che non sembrava per niente propensa a collaborare.

“Amore hai visto la mia cravatta grigia?” chiese con voce sommessa il rosso. Lei confusa allora alzò lo sguardo verso il marito e si irritò non poco quando la vide sporgere da una tasca della nera tunica non ancora abbottonata “Ma non vedi che ce l’hai addosso?” gli disse secca. L’avrebbero fatta impazzire se non si fossero decisi a cercare da soli le loro cose, era già la una e mezza, dovevano essere in Gholcred street alle due e non era ancora riuscita a vestirsi.

L’uomo si guardò un po’ spaesato e, quando finalmente ebbe visto il pezzo di stoffa grigia che pendeva dalla sua veste la afferrò e si diresse in anticamera, dove se la sistemò davanti allo specchio.

Improvvisamente sulla casa cadde un plumbeo silenzio. Tutti erano pronti ad eccezione della donna e nelle loro menti rimase di nuovo spazio per pensare a quello che stava per accadere: erano in procinto di dare l’ultimo addio a Ginny e non erano certo dell’umore adatto.

Non lo sarebbero mai stati.

“Sarà dura vivere senza di lei” sussurrò il rosso alla moglie con voce spenta. Lei si limitò ad annuire, il viso contrito per non dare possibilità alle lacrime di scendere fin troppo presto.

“Quando c’era un problema sapevi che andando da lei tutto sarebbe sembrato meno grave, aveva sempre un sorriso ed un pensiero speranzoso per tutti…era molto forte” “Oh si, questo è sicuro, per tutti voi, anche per Harry, è sempre rimasta la piccola Ginny e ogni briciola di stima che si è guadagnata lo ha fatto da sola, contro il volere di tutti, senza la fiducia di nessuno e con il sudore della sua fronte, con la certezza che se avesse fallito non avrebbe trovato parole di conforto, ma solo biasimo, spesso mi ripeteva “Sai Hermione, la mia più grande paura a volte è sentire la frase ‘te l’avevo detto’, si perché se succederà vorrà dire che ho fallito e che avevano ragione, che non sono una persona speciale come sotto sotto ho sempre pensato, ma che sono solo la piccola, dolce ed indifesa Gin”. Quante volte ho sentito queste parole pronunciate dalle sue labbra e ogni volta mi bruciavano come le avessero dette a me” “Hai ragione, quanti errori che abbiamo fatto con lei, il solo rimpianto che ho forse è quello di non essermene accorto in tempo da poter rimediare” “Già…”

Quando arrivarono al luogo dove si sarebbe tenuto il funerale si stupirono dalla grande quantità di persone che vi trovarono, forse erano in molti a sottovalutarla come forza e determinazione, ma non c’era nessuno che non riuscisse ad apprezzare la magnifica persona che era, a quanto pareva…

C’erano i rappresentanti dell’ordine al completo, nuove e vecchie reclute: Kingsley, Shaklebolt, Lupin, Sirius, Silente, La Mc Granitt, Mundunguns, Tonks, Moody, Thmpson, Sanson, Hardy e persino Piton.

Per quanto riguarda invece quelli che erano stai i suoi professori ad Hogwarts erano tutti presenti: la Sprite, Hagrid, Vitious, la Cooman addirittura, Vektor e Madama Bumb, vi era persino Madama Chips che era molto legata alla ragazza, poiché durante l’estate tra il sesto e il settimo anno la rossa aveva frequentato sotto il suo insegnamento un corso d’infermieristica.

Non molto dopo di loro arrivarono quasi tutti i suoi colleghi auror, non mancarono nemmeno quelli che di rado le avevano rivolto la parola.

E’ inutile dire che non mancavano neppure tutti i suoi familiari: i gemelli, la madre ed il padre, Percy, Bill e Charlie con Dana e Marissa e i loro due pargoli, Ron con Hermione, la loro figlia e Maggie e alcuni dei parenti non molto conosciuti che erano giunti dai luoghi più reconditi dell’Inghilterra per quella che continuavano a considerare, nonostante i nuovi arrivati, la più piccola della famiglia Weasley e tutti avevano un posto in prima fila.

Tra tutte quelle teste rosse spuntava persino la bionda chioma della stravagante Luna ‘Lunatica’ Lovegood che, per l’occasione sembrava aver abbandonato quell’aria da eterna sognatrice, come fosse sempre a vivere sulle nuvole, nonostante il suo corpo fosse lì.

Mancava solamente l’ex bambino sopravvissuto.

“Secondo te arriverà?” “Non lo so” rispose sconsolata la riccia “Chi può dirlo? E’ da più di otto giorni che non si fa vivo” continuò poi “E’ vero, ma non posso pensare che ci abbandoni così, non riuscirei a perdonarlo” “Non credo che sia così, sta solo prendendosi il tempo necessario per reagire, troppe volte Voldemort gli ha rovinato l’esistenza e poi anche tu l’hai sentito quando prometteva, più a se stesso che a noi, che non avrebbe permesso che questa guerra assurda tra bene e male fosse durata ancora per molto” “Infatti, non vorrei solo che…” “Andasse a cercarlo da solo” finì lei per Ron e poi continuò “Si, è anche la mia paura, ma se anche così fosse non potremmo biasimarlo, io non credo, ha tutto il diritto di agire in questo modo” “Hermione mi stupisci, credevo che non avresti mai accettato da nessuno un comportamento così irrazionale” “Infatti da chiunque altro non lo accetterei, ma non posso pretendere che la mente di Harry prevalga ancora così con forza sul suo cuore tanto provato” “Riesci a trovare qualcosa di logico persino in queste situazioni, non so come fai” “Nemmeno io a dir la verità, è solamente l’unico modo in cui riesco ad accettare tutte le strane cose che succedono a questo mondo deturpato” “E’ sempre più difficile trovare un senso in tutto quello che succede…” “Per questo non riesco ad arrabbiarmi con lui se desidera mettere fine a tutto questo” questa frase concluse il loro dialogo…

Il rosso annuì, più sconfortato che convinto e, tenendo in una mano quella della figlia e nell’altra quella di Hermione che a sua volta non si faceva scappare la piccola nipote, si immerse nella ressa, per andare ad occupare il loro posto tra i familiari della defunta.

Purtroppo il percorso non fu loro facilitato, poiché ad ogni passo erano fermati da qualcuno che si sentiva in diritto di esprimere, soprattutto al fratello, le sue sentite condoglianze e di tessere elogi di quella ragazza tanto buona e gentile.

Tutto questo avrebbe fatto loro infinitamente più piacere se non fosse suonato così ipocrita. Infatti, malgrado i sentimenti suscitati dalla ragazza nelle persone presenti quel giorno erano sempre sinceri, non riuscivano a non pensare che era semplice parlare bene di qualcuno che non c’era più ce che quindi non avrebbe più avuto la materiale possibilità di fare del male o solo degli stupidi errori. Così giunsero accanto alla signora Weasley con il cuore ancora più sanguinante di quando erano arrivati.

 

La funzione era finita da un pezzo e finalmente trovò il coraggio di addentrarsi nel cimitero, sicuro che nessuno l’avrebbe visto, poiché non c’era effettivamente nessuno.

Con passi felpati e grandi falcate raggiunse ben presto il luogo dove l’avevano messa, ma, quando fu di fronte all’esatta collocazione della pietra sentì che non avrebbe avuto il coraggio di guardare, non osava accettare che fosse scomparsa per sempre dalla sua vita, non aveva la forza di dirle addio.

Dopo otto estenuanti giorni in cui nel suo cuore non vi era stato altro spazio che per l’odio verso il suo assassino finalmente sembrò che un’ondata di tristezza mista a paura spazzasse via quel sentimento corrotto.

Certo, così diventava più difficile tirare avanti, ma almeno sembrava che la sua parte umana avesse di nuovo il sopravvento, anche se in realtà nemmeno lui ne era del tutto sicuro.

Le sue palpitazioni risuonavano assordanti nel suo orecchio e il desiderio di porre fine al più presto a quella tortura lo fece allontanare di qualche metro dal luogo in cui sui trovava.

-No!- si disse –Non posso agire da vigliacco, devo andare là e affrontare tutto questo dolore…se non altro perché altrimenti non riuscirò mai a vendicarla-.

Questo ragionamento filava, sicuramente, ma era difficile metterlo in pratica, molto di più di quanto fosse facile parlarne e, ogni volta che si avvicinava un po’ di più repentinamente si allontanava ancora maggiormente.

Ci mise veramente un’infinità a tornare nella posizione precedente e, quando lo fece, fu ancora voltando le spalle alla lapide.

Lo sapeva, sapeva che se vi avesse letto il suo nome sarebbe scoppiato, non avrebbe retto, avrebbe pianto e, pensava, era l’ultima cosa che gli serviva a quel momento, doveva mostrarsi forte.

In realtà l’unica cosa che non capiva, la più importante, era che aveva l’estremo bisogno di sfogarsi, se voleva tornare quello di sempre, se voleva salvare quello che restava della sua famiglia.

Arreso stava per andarsene senza nemmeno aver gettato un’occhiata dietro a sé, quando una forza proveniente dalle sue viscere lo costrinse a voltarsi e a guardare, tanto che lo fece quasi involontariamente, come un gesto accidentale.

Fu tanto l’impeto che cadde a bocconi, trovandosi faccia a faccia con l’epitaffio.

Calde lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi smeraldini ormai da troppo tempo spenti e a cadere sulla bianca e gelida pietra, immacolata in mezzo a tante altre ormai logorate dal tempo.

Il suo nome era inciso nel duro marmo e ancora poteva vederlo sanguinare sotto i colpi dello scalpello.

Sopra rivoli di sangue invisibile che ormai non scorreva più nelle sue vene il suo nome palpitava ancora, ferito, come il suo cuore ormai spento.

Ginevra Weasley in Potter 1982-2005 per sempre nei nostri cuori.

“Già” disse Harry con voce rauca alla roccia “per sempre nei nostro cuori, ma quelli battono ancora”.

“Esatto, proprio per questo vorrebbe che tu non ti comportassi così, perché tutti noi abbiamo ancora una possibilità di cambiare le cose e non è fuggendo da chi ti può aiutare che lo farai”

Per un secondo il moro fissò stupito la pietra, come se pensasse che la voce potesse provenire da lì, ma dopo un attimo di riflessione riconobbe chi era stato a parlare.

“Ero convinto che non ci fosse più nessuno” disse qualche secondo dopo, senza alzare lo sguardo “Mi ero nascost” “Dovevo immaginare che non ci avresti rinunciato, che avresti tentato ancora di farmi ragionare” “Per certi versi nulla è cambiato da Hogwarts, siamo sempre gli stessi” “Io non credo che sia così” “Ah si? Non stai forse reagendo esattamente come al quinto anno?” “Di cosa parli?” “Quando qualcuno commette delle ingiustizie contro di te, come il fatto di averti tenuto lontano da Grimmauld place, non lotti per cercare di migliorare la situazione, non cerchi di accettare le cose così come stanno, no, tu ti chiudi in te stesso e ti arrabbi con chiunque ti capiti a tiro, eviti quelli che ti amano ancor più dei tuoi nemici, ti convinci profondamente di essere l’unico a soffrire, l’unico povero ed incompreso che capisce come vanno le cose…no Harry, non sei cambiato, per niente” “E TU CHE NE SAI? EH? DIMMELO? COME PUOI SAPERE COME MI SENTO? COME PUOI GIUDICARE COME MI COMPORTO? COSA PENSI CHE TE NE DIA IL DIRITTO?” “Oh, forse non ne avrò il diritto, anche io sbaglio, sono un essere umano come te, ma non ti vedi? Non vedi come stai reagendo? Non ti stai impegnando per nulla nel tentativo di vendicarla, di pulire finalmente questo mondo dalla presenza di Voldemort, stai solo lì, a piangerti addosso e ad inveire sul primo che ti capita e che ti dimostra quanto infantile sia il tuo comportamento” “Io non…ti sbagli” “E’ possibile, ma io non lo credo” “Forse…” “Torna Harry, Maggie ha bisogno di te, tutti noi ne abbiamo” “Non lo so” “Fai come credi…anzi no, mettiamola così, hai un’ultima possibilità, domani sera, a casa Black, Silente ha ripristinato l’ordine come sai e faremo una prima riunione, se non verrai, sarà un addio, per sempre” concluse e, mentre si allontanava con passi lenti si smaterializzò, senza lasciarlo rispondere.

Hermione sapeva di essere stata molto dura, ma era forse l’unico modo perché finalmente il suo migliore amico di desse una svegliata…

 

 

Ed ecco il 13° capitolo…lo so, sono stata un po’ macabra e cattiva, ma non poteva essere altrimenti, ci voleva una bella svolta alla situazione perché ste pigroni si decidessero a fare il culo a Voldy caro…Hermione è sempre più saggia e decisa, ma soprattutto un fattore determinante di unità del gruppo che con la dipartita di Ginny sembra disgregarsi…cosa succederà ora? Harry metterà da parte il suo orgoglio e combatterà la battaglia a cui era destinato per tutta la vita? Che ruolo avranno Dafne e Draco…? E dopo avervi lanciato questi quesiti passo alle risposte dei vostri sempre piacevolissimi commentuzzi:

 

Kiak: ciao!!!!!!! Si, lo so lo so sn stata cattivissima anche in questo chap, ma, come dico sempre, se non succedesse niente sarebbe una noia…

Hai visto cosa fa Harry senza Ginny? Il cretino, come sempre, non è molto responsabile, succede qualcosa e lui s’incacchia e si comporta da immaturo, come suo solito…ma infondo ammettiamolo, c piace così…certo, c’è, alla morte della rossa, la contrapposizione della nuova vita che nasce in Hermione, ma non l’ho creata apposta anche se mi farebbe più onore dire così…ma sn sincera…*me idiota*

Si, Voldemort è il solito deficiente, ma a noi ci fa comodo e poi comunque uno che non concepisce l’amore è sempre portato a sottovalutarlo, soprattutto perché pensa che “Capitato una volta non capiterà più” o almeno è così che il vedo Voldy caro…

Mi spiace di nn averti potuto accontentare per il giro a Tokio, ma, nonostante io sia fissata cm te cn l’oriente una parentesi descrittiva del Giappone non centrava proprio nulla anche se cm vedi ho fatto carte false per far trasparire la mia fissazione nipponica dalla storia…

Come si sistemeranno le varie coppie e la figlia di H&G si saprà più avanti, posso sl dirti che Voldemort è tornato adesso semplicemente perché…lo saprete alla proxima puntata, scherzo, ma aspetta i prox chap, se nn capisci chiedimelo ancora…Grazie per il tuo commento…bacioxissimi!!!!!

 

Ghirlanda: io ho controllato, ma si vedono tutti e poi una my amica che ha il pc e la legge nn ha mai avuto problemi, perciò credo che sia x via del tuo pc, cmq se vuoi posso trovare un modo per farteli avere, per e-mail x esempio, fammi sapere, x me non è assolutamente un problema, anzi, è bello aiutare qualcuno a leggere una mia storia, se c tieni così significa che ti piace e nn posso che esserne felice!!!!!!

Spero che commenterai i proximi chap anche xkè nn manca molto alla fine…un baciox!!!!!

 

Bene…mano a mano la fine si avvicina, xciò tenete duro se siete stufi di questo mio esperimento fallito di fic xkè tra un po’ il supplizio avrà un termine…

Cm al solito un grazie anche a quelli che leggono e nn recensiscono (se davvero esistete, anche se Ghirlanda ne è una prova) un baciox….

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Capitolo 14
*** Nemici...amici... ***


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Cm al solito, buona lettura…

Capitolo 14°: nemici…amici…

 

Non più tardi delle otto e trenta Tonks, Hermione, la signora Weasley e Nina, una nuova recluta dell’ordine dai fluenti capelli corvini, arrivarono in anticipo a Grimmauld place numero 12 per mettere un po’ in ordine le cose e far prendere aria a quella casa in disuso da anni.

Fu Ninfadora ad entrare per prima nella vecchia abitazione dell’antica casata dei Balck e, sbadata come sempre, inciampò, al suo solito, nel portaombrelli a forma di zampa di troll, svegliando la madre di Sirius, che però, troppo sorpresa dall’improvviso arrivo di visitatori che ormai da troppo tempo non avevano varcato più quella soglia, non fece in tempo ad incominciare le sue solite strillate lamentele che la brunetta prontamente la ricoprì di nuovo con le tende di velluto nero, facendola riaddormentare.

Nonostante tutto nessuno parlo, la ragazza si scusò semplicemente con un rapido gesto del capo e la casa cadde di nuovo in un profondo silenzio, fatta eccezione di loro infatti era vuota: Kreaker era definitivamente passato al servizio del Signore Oscuro e l’ippogrifo, ormai dimenticato lo scabroso episodio di cui era accusato, era tornato a pascolare nel giardino di Hagrid, sotto falso nome ovviamente, in caso qualcuno ricordasse di un certo fierobecco che avesse quasi staccato il braccio al piccolo della casata Malfoy, come lui tanto si vantava di raccontare quando ancora qualcuno menzionava quella faccenda.

Il buio le avvolgeva come una pesante stoffa e fu la signora Weasley a sollevarle di quel peso accendendo con un perfetto incantesimo tutte le torce di quella casa che non vedeva luce dall’ultima volta che loro vi avevano messo piede.

Quasi con rispetto entrarono nella stanza dove erano soliti tenere le riunioni e Nina ruppe finalmente il silenzio, lamentandosi di quanto fosse sporco e polveroso quel luogo e di quanto ci sarebbe strato da faticare per rimetterlo in sesto.

“Stai tranquilla, dobbiamo solo sistemare qui e il corridoio, non sarà un compito poi così arduo” le fece notare allegramente Tonks “Lo so, ma non ho mai amato le pulizie ed onestamente non so dove mettere le mani” confessò lanciando occhiate sconsolate agli angoli dove si era accumulata più polvere “Allora perché cavolo ti sei offerta di aiutarci?” sbottò Molly che dalla morte della figlia era soggetta a improvviso sbalzi d’umore “Scu-scusi…io…volevo solo…rendermi utile” sussurrò colpita dal tono duro della donna “No, scusami tu cara, non dovevo reagire così, tu stai solo cercando di dare una mano è solo che…bè, non sono molto presente in questo periodo” “Non si preoccupi, capisco benissimo” le assicurò appoggiandole una mano sulla spalla in segno di conforto.

La donna sembrò ingaggiare una lotta furiosa con se stessa per non scoppiare a piangere l’ennesima volta e, quando ebbe di nuovo tutto sotto controllo, cominciò ad impartire ordini e direttive

“Allora, Ninfa, Hermione, voi due vi occuperete del corridoio, ricordate di spolverare tutto bene prima di cominciare a scopare e lavare il pavimento, mentre io e Nina ci occuperemo della sala, così la potrò seguire meglio se lavorerà con me, vedrete, non sarà un lavoro molto pesante, siamo molte per uno spazio relativamente ristretto” le incoraggiò, prima che si mettessero al lavoro.

Effettivamente, in men che non si dica, i due ambienti ripresero a risplendere come se quella parte della casa fosse stata appena rinnovata e le quattro donne ebbero anche il tempo di osservare ammirate il risultato delle loro fatiche per parecchi minuti prima che arrivassero le prime persone.

Erano tutte riunite nel salone, già sedute ai propri posti, quando l’inconfondibile pop di qualcuno che si materializzava le distrasse dalle loro chiacchiere.

Otto occhi curiosi erano puntati sulla porta, mentre Remus vi passava attraverso per raggiungerle, salutandole con garbo

“Ragazze, è uno splendore, come se non l’avessimo mai lasciata, devo davvero congratularmi con voi” “Non scherzare” finse di rimproverarlo Molly “Non è stata poi questa impresa titanica, semplici lavori di routine” “Bè” insistette lui “Se anche i miei semplici lavori di routine fossero così efficaci come i vostri forse la mia modesta dimora non sarebbe quel rudere che è” “Non dire una parola di più, l’ho vista un paio di volte e vi ho sempre trovato un ordine impeccabile” “Mai quanto la tua cara Molly…”

Quell’assurdo scambio di spropositati elogi ben presto fu interrotto dall’arrivo di Kingsley e Shaklebolt che, appena finito il loro turno di guardia ad Azkaban si erano recati alla riunione, senza nemmeno passare da casa.

“Bene arrivati, li accolse Tonks senza prestargli troppa attenzione: era tutta intenta nella ricerca di un nuovo look che si adattasse alla situazione: si risolse a farsi andare bene una lunga chioma di capelli turchini dritti come spaghetti che, raccolti in un’alta coda di cavallo, scendevano soffici sulle spalle.

Di certo quella ragazza aveva un’idea tutta sua di formalità…

Non passò molto tempo che un lungo trillo di campanello destò la madre di Sirius che riprese con le sue solite urla di disprezzo, ma anche quelle mancavano da tanto tempo alle orecchie degli astanti che le ascoltarono con nostalgia.

A suonare era stato Mundunguns, troppo ubriaco per solo pensare di materializzarsi, accompagnato ma un Moody più in forma che mai che rimase molto deluso quando, precipitatosi nel grande salone, non vi trovò l’unica persona che realmente desiderava vedere: il moro.

L’arrivo di questi ultimi fu seguito a ruota da i due professori di Hogwarts: la Mc Granitt e Piton accanto al quale qualche minuto dopo si materializzò Sirius che, sorpreso per il luogo che aveva scelto per la sua comparsa, cominciò a guardare l’avversario di sempre in cagnesco.

Questo atteggiamento assurdo però non durò per molto, infatti aveva vissuto talmente tanto tempo in quel posto paradossale,, in solitudine, da aver imparato ad apprezzare anche la peggiore, a detta sua, compagnia, così, abbozzando un sorriso comunque non troppo convinto, strinse la mano, senza esitare, ad un Severus troppo stupito per reagire e, successivamente, si accomodò accanto a Nina, che era la più giovane del gruppo e non conosceva quasi nessuno dei presenti e che si fece quindi piccola piccola sulla sua sedia quando si accorse che niente popo’ di meno di quel bel figliuolo di Sirius Black si era posizionato a non più di un paio di centimetri da lei.

Dovette passare però ancora un quarto d’ora buono prima che, in successione, fecero la loro comparsa i due gemelli Weasley, assolutamente ilari come il loro solito, ma con la più cieca determinazione di liberare il mondo dal sudiciume che creava l’Oscuro, i maggiori della famiglia dai capelli fulvi, Charlie e Bill, e Ron accompagnato da Percy che, per l’occasione, non era assolutamente riuscito a trovare il coraggio di presentarsi da solo, memore delle maldicenze che aveva messo in giro su tutti quanti loro, esclusi gli sconosciuti, durante il quinto anno.

Arrivarono le dieci e trenta quando finalmente giunsero Hardey e Sanson, all’appello mancavano solo Silente ed Harry, ma era soprattutto l’assenza dell’ultimo che preoccupava enormemente una nostra conoscenza femminile, l’unica a sapere, per il momento, dell’ultimatum che gli aveva fatto l’ultima volta che si erano visti.

Hermione non aveva proferito parola tutta sera, stava semplicemente in silenzio, seduta al capo di quella grande tavolata attorno la quale tutti erano riuniti ed aspettava, aspettava che lui arrivasse, si, perché inizialmente non aveva alcun dubbio che di lì a momenti il moro sarebbe apparso da quella porta con il suo solito sorriso sulle labbra semplicemente dicendo “Scusate” e si sarebbe accomodato sullo scranno che aveva appositamente cercato di non far occupare accanto a sé.

Ma i secondi passavano, lenti ed inesorabili, i minuti avanzavano sul quadrante dell’orologio, appeso sulla parete di fronte a lei e, né Silente né l’amico accennavano a comparire.

Presto al silenzio ossequioso si sostituì un fastidioso brusio di sottofondo che, non molto dopo, si alzò non poco di volume, facendole venire un gran mal di testa.

Per distrarsi cercò allora di pensare a come dovesse stare in quel momento la sua piccola che giocava spensierata con la cuginetta sotto lo stretto controllo dell’efficiente baby-sitter, ma anche quell’immagine la turbava: non aveva mai amato lasciare sua figlia a sconosciuti e da quando era nata quella era solo la seconda volta che capitava, no, di sicuro quello non era un buon espediente per togliesi Harry dalla mente.

I suoi pensieri allora cominciarono a vagare a briglia sciolta e si ritrovò quindi a riflettere su cosa sarebbe successo se invece lui, a dispetto delle sue previsioni, non fosse mai arrivato.

Sarebbe stato un addio. Non sarebbe mai tornato dopo che lei gli aveva rivolto quelle parole,sapeva che quello e solo quello era il momento per farlo e che se non l’avesse colto non avrebbe più potuto, avrebbe perso tutta la fiducia che loro avevano di lui, perché poteva essere amato e rispettato, ma difficilmente sarebbero riusciti a perdonare il bambino sopravvissuto che li aveva abbandonati per la battaglia finale.

Certo,capivano il suo dolore e, per quanto possibile, lo condividevano, ma non sarebbe più stato lo stesso Harry se quella sera li avesse rinnegati…

Forse era un pensiero egoistico, forse pretendevano troppo da lui, forse le sue spalle avevano ormai ceduto sotto il peso di così forti responsabilità…forse…ma non contava, senza di lui tutto sarebbe stato vano, sapevano, era solo una sensazione, ma sentivano, che da soli sarebbero andati incontro alla morte.

Però poi…

Fu impercettibile, ma lei lo notò. Stava ancora pensando, quando un veloce movimento in prossimità della porta la distrasse: le sembrava di aver visto come se qualcuno che fosse stato lì lì per entrare improvvisamente ci avesse ripensato e avesse fatto retro front.

Hermione si guardò in torno per scorgere qualche altro sguardo confuso come doveva apparirlo il suo in quel momento, ma vide solo facce di gente concentrata in una conversazione fitta fitta con il vicino di posto.

E ora? Cosa avrebbe dovuto fare? Andare lì e coglierlo sul fatto? Non poteva essere altri che Harry, non mancava infatti nessun’altro oltre lui e Silente all’appello e non era di certo Albus ad essere indeciso sul fatto di entrare o no…allora? Cosa aspettava?

-Dai Harry, hai fatto trenta, fai trentuno- lo incoraggiò mentalmente, lo sguardo sempre fisso all’uscio per notare qualsiasi cosa di strano vi accadesse.

Nulla. Forse aveva visto male, forse era talmente concentrata su di lui che la sua mente aveva tramutato in allucinazione quello che lei desiderava accadesse e comunque

-No- si disse –Che sia frutto della mia immaginazione o che lui sia realmente la dietro devo lasciargli fare le sue scelte o se no non avrò risolto nulla- deciso questo si mise, braccia incrociate, di nuovo in attesa, anche se con ancora maggiore trepidazione.

Un nuovo movimento. Questa volta però, ne era sicura, c’era stato davvero, aveva scorto una mano, dalla pelle rosa e giovane, i battiti del suo cuore accelerarono enormemente e il suo sguardo attento si dilatò…che fosse davvero…

Una figura alta e snella varcò la soglia, il volto coperto dal cappuccio del mantello.

Per un attimo, dati i suoi passi silenziosi, nessuno si accorse di nulla, poi a poco a poco quel misterioso individuo attirò l’attenzione di tutti i presenti.

Quella reazione comune lo spaventò e per un attimo sembrò esitare, quasi fosse sul punto di tornare indietro, poi però, nella massa, scorse qualcuno che lo fissava felice, qualcuno che già aveva capito chi era.

Fingendo di non badare a nessuno con flemma si avvicinò alla donna riccia e solo quando si fu seduto comodamente con un gesto lento della pallida mano abbassò il cappuccio.

Finalmente Harry ebbe una visuale completa della stanza e si accorse che ancora mancava il vecchio preside.

Nessuno aveva ancora tolto l’attenzione da lui, mille sguardi indecisi erano puntati sul ragazzo ed esprimevano tutti la stessa incertezza: “Che fare? Rivolgergli o no la parola?” si risolsero ad ignorarlo, fino a che lui non fosse stato pronto a parlare, nemmeno l’amica sembrava rivolgergli molta attenzione.
Così lui comprese, non poteva tornare come nulla fosse. Alzò il capo ed incontrò gli occhi di Ron, l’unico che imperterrito non aveva smesso di fissarlo, l’unico il cui sguardo esprimeva solamente la felicità che provava nel rivederlo. Continuando a guardarlo fu molto più semplice di quanto avesse creduto parlare a tutti. La sua voce era ancora roca e flebile, ma nessuno perse una sola sillaba di quello che disse

“Scusatemi, avete tutto il diritto di non perdonarmi, ma sappiate che non vi lascerò più, che combatterò al vostro fianco perché finalmente questo torni il mondo dove non avremo paura far vivere i nostri figli”
Grandi sorrisi commossi spuntarono sui visi degli astanti che, sempre rispettosi del suo dolore, gli espressero solo il loro appoggio, prima di tornare a chiacchierare nell’attesa di Silente: era pur sempre lui che aveva indetto quella riunione.

Harry poi si voltò verso Hermione che, il capo chino, nascondeva le lacrime che le bagnavano le guance arrossate “Sapevo che saresti tornato” “Non mentirmi, non staresti piangendo” “Hai ragione” ammise asciugandosele con il dorso della mano, come fosse ancora una ragazzina “Temevo il contrario…forse ora sono io che ti devo chiedere scusa” “Non scherzare, in questi giorni non ho certo fatto si che la fiducia che riponevate in me crescesse, semmai ho provocato la reazione contraria” “Forse, ma infondo nessuno di noi aveva il diritto di dubitare, nemmeno di rimproverarti” “Oh no, Voldemort ha fatto soffrire  molte persone tanto quanto me e non merito certo un trattamento speciale solo per questa dannata cicatrice” esclamò colpendosi forte la fronte. La brunetta non rispose, ma prese tra le sue una mano del ragazzo e la strinse forte. “Lo so ‘Mione, anche io ti starò sempre vicino”.

Erano ormai le dieci meno un quarto quando il loro ex preside fece finalmente la sua comparsa, ma quello che li stupì, tutti quanti, non fu quel ritardo non certo insolito, ma la presenza due ospiti che nessuno si sarebbe mai sognato di vedere entrare in quella casa…

 

Dafne e Draco entrarono mano nella mano ma, quando videro tutta quella folla composta da gente mai vista come da gente fin troppo conosciuta, ebbero differenti reazioni: il biondo sembrò chiudersi in sé e riprendere lo sguardo glaciale che sempre lo aveva accompagnato dopo la scomparsa di colei che ora lo accompagnava, mentre la ragazza sorrise felice a tutti, contenta finalmente di rivederli, anche se si rabbuiò non poco quando scorse Harry e Ron e si ricordò della morte della piccola Ginny…

La loro entrata fu accolta con non poco stupore, non solo perché tutti avevano riacquistato da poco il ricordo di quella che era stata per pochi mesi una grifondoro e ne erano ancora confusi, ma anche perché fra tutti quelli che mai si sarebbero aspettati di vedere là dentro, il giovane Malfoy ne occupava proprio la vetta della classifica.

“Suvvia, potreste anche sforzarvi di accogliere un poco più calorosamente i nostri nuovi arrivati” chiese Silente con il suo solito tono calmo e pacato, non ottenendo però la reazione sperata, poiché definendoli ‘nuovi arrivati’ aveva fatto scattare qualcos’altro nelle loro menti: cosa intendeva con quella parola?

Nonostante tutto l’uomo, che ormai aveva decisamente visto anni migliori e il cui sguardo era più vecchio e stanco che mai, non aveva perso la sua solita arguzia e comprese immediatamente le domande che stavano sorgendo spontanee nella testa di tutti e allora, emettendo un lungo e arrochito sospiro, cominciò le complicate spiegazioni.

“Tutti voi sicuramente vi starete domandando molte cose che penso di intuire, prima di cominciare a tutti gli effetti la riunione perciò cercherò di colmare tutti i vuoti dei vostri ragionamenti, ma vi prego di fare qualsiasi tipo di domanda una vota che avrò finito, se non sarò stato chiaro in alcuni passaggi” Fissò tutti ad uno ad uno, qualche secondo, e ripartì con il suo discorso quando vide che tutti erano d’accordo con quella soluzione

“Questa ragazza innanzi tutto si chiama Dafne Pratchett, so che molti di voi sanno il suo nome, ma c’è anche qualcuno per cui è una completa sconosciuta, ma capirete sicuramente di chi sto parlando quando dirò che il suo vero nome è Nerissa” improvvisamente espressioni consapevoli comparvero sul volto di chi prima non sapeva assolutamente chi fosse quella bella ragazza e così lui disse, dopo aver letto il labiale di una ragazza “Si Nina, esatto, è la figlia di Voldemort” a quella parola chi ancora non era abituato a pronunciarne il nome rabbrividì “Tutti sappiamo che quando c’è stato lo sbalzo temporale avevamo perso il ricordo di lei, solo Draco ne conservava la memoria e nessuno era disposto a credergli, ma ora l’incantesimo che la madre aveva lanciato su di lei poco prima di morire è stato spezzato, come, non spetta a me dirvelo,ma lei vuole vendetta. Forse questo non è un sentimento dei più nobili, ma in fondo ognuno di voi è qui non solo per salvare il mondo, ma anche per la propria vendetta personale, come lei e come Draco e vi chiedo quindi di accettare senza riserve la loro entrata nell’ordine”.

Fu talmente diretto e sintetico nell’esporre le proprie ragioni che poco di quello che aveva detto era attaccabile o confuso, le cose semplicemente stavano così: Dafne, la figlia di Vodemort, come aveva giustamente detto Albus, voleva al loro stesso livello la sua vendetta personale contro di lui, come Draco che forse la meritava più di molte delle persone che erano in quella stanza e quindi chiedevano semplicemente di unirsi all’ordine…ma perché? Perché con tutti quelli a cui Draco avrebbe potuto chiedere aiuto si era rivolto a loro? Questo quesito vorticava insistentemente nelle menti di quasi tutti i presenti.

Fu Ron a mettere voce a quella curiosità

“D’accordo Malfoy, unisciti a noi” disse con una naturalezza che nessuno si aspettava in lui, soprattutto chi lo conosceva bene era infatti fermamente convinto che piuttosto di combattere fianco a fianco con il biondo avrebbe affrontato faccia a faccia l’Oscuro senza l’ausilio della bacchetta “Non ho problemi, schierati dalla nostra parte, una bacchetta in più non può che assicurarci sempre maggiormente la vittoria, ma dimmi perché? Perché con tutte le persone a cui potevi chiedere aiuto, con tutti quelli che ancora ti rispettano, nonostante tu abbia rinnegato Voldemort, l’hai chiesto proprio a colui a cui non ti sei avvicinato nemmeno dopo aver intrapreso le vie del bene? Dimmi solo questo, chiarisci le mie perplessità” quella domanda pareva quasi a tutti logica e molti furono contenti che il rosso avesse avuto coraggio di rivolgergliela, ma Draco invece parve stupito che proprio lui gliela ponesse.

“Come sarebbe Weasley? Che razza di domanda è?” quel tono sembrava tanto uscire dal Malfoy del passato “Calma ragazzo, non è il modo migliore per guadagnarti la loro fiducia rispondere in questo modo e ne avrai bisogno per combattere al loro fianco” lo ammonì prontamente Silente sempre con una tranquillità innaturale nella voce “Scusate, ma non capisco, so di essere orgoglioso, ma non sono un pazzo, sfidando il Signore Oscuro senza Potter non avrei speranza” il rosso sembrava sempre più basito dalle sue asserzioni “Cosa vai blaterando? Stai per caso dicendo che riconosci che Harry sia molto più forte di te?” “No Ron” non era stato il biondo a parlare, ma il moro che stanco di ascoltare quel dibattito che non avrebbe portato a niente, scuro in viso, era intervenuto per chiarire quell’equivoco provocato unicamente da lui “Non sta dicendo questo, io non so come diamine faccia a saperlo, ma si sta riferendo alla profezia” gli sguardi esterrefatti di tutti quelli che non erano a conoscenza di quel segreto vagavano alternativamente dall’ex-bambino sopravvissuto a Ron e a Draco “Di cos-cosa stai parlando? La profezia…è andata distrutta…o no?” chiese quando a quella domanda l’amico abbassò il capo “Oh si, si è andata distrutta, ma c’è chi l’ha ascoltata prima ancora che venisse conservata, lui me l’ha rivelata, lui mi ha detto quale sarebbe stato il mio destino, inevitabile, come la morte” rise, una risata sommessa, quasi arresa “Lui…lui chi?” “No, non chi tu pensi, è stato Silente” rivelò indicando il preside che annuì grave “Quando?” “Al quinto anno, dopo che pensavamo che Sirius fosse morto, alla fine di tutto” “E tu, tu per tutto questo tempo ce l’hai tenuto nascosto?” il tono dell’amico cominciava a scaldarsi e a tingersi d’ira “Aspetta Ron, calmati, lascia che vi riveli la parte più importante di essa…forse dopo capirai perché l’ho celata a tutti” “Sentiamo” disse con meno impeto ma non ancora del tutto convinto “Non so come sia possibile, ma la ricordo perfettamente a memoria, come se fosse stato solo ieri che Albus mi ha condotto nel suo ufficio per rivelarmi…la profezia della Cooman…” il suo tono prese la stessa nota grave che spesso sentivano usata dal loro ex preside “Ecco giungere il sol col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore, nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del settimo mese, l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto e l’uno dovrà perire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive, il solo col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore nascerà all’estinguersi del settimo mese…” finì quella frase con voce strozzata, ma nessuno dopo osò proferire parola per un po’.

Persino Draco, cosciente di parte dell’oracolo fu colpito dalla durezza di quelle parole –E così Harry ha dovuto convivere da quando aveva quindici anni con questo peso?- l’aveva persino chiamato per nome…
Ron non sapeva cosa dire e la sua indecisione si leggeva sulle labbra che si muovevano inconsultamente, quasi boccheggiasse nello sforzo di creare una frase di senso compiuto.

“Io non…Harry…avresti dovuto dircelo” “E poi? Sarebbe tutto cambiato no? Io ero quello troppo potente, persino più di Voldemort, oppure destinato ad una morte certa, sareste riusciti ancora a guardarmi con gli stessi occhi? Sarebbe stata la stessa cosa stare con me consapevoli di questo fatto? Mi avreste trattato come nulla fosse?” il suo tono era un po’ troppo accusatorio forse, ma le sue parole incisive colsero nel segno…no, nulla sarebbe stato come prima, aveva ragione e le loro facce lo dimostravano, chi intimorito, chi ammirato, tutti lo guardavano diversamente da poco prima, persino il suo nemico di sempre.

C’era qualcuno però che era stato spinto a riflettere da quelle parole, qualcuno che non si era fermato ad assorbire solo la notizia che lui dovesse uccidere L’oscuro o morire per mano sua, qualcuno che aveva ascoltato anche la parte iniziale della profezia.

“Harry, ma allora, allora avrebbe potuto essere benissimo qualcun altro il bimbo della profezia, qualcuno prima o dopo di te, dipendeva tutto da Voldemort, lui ti ha scelto…” “Esatto Hermione” rispose Silente al suo posto, poiché sapeva che era già stato complicato per lui rivelare il contenuto dell’oracolo “Hai centrato il punto e ti dirò, più precisamente, l’unica persona che aveva le stesse caratteristiche di Harry era Neville, si il caro,vecchio, pasticcione Neville” questa forse era una notizia ancora più scioccante, ma la ragazza la accolse con razionalità, anche se fu l’unica…

Sospirò, ponendo fine a quell’interrogatorio che, lo sapeva, aveva come unico risultato quello di riaprire al moro ferite che ci avevano messo molto a rimarginarsi e che forse non lo avevano ancora fatto del tutto.

Dafne, Draco e Silente erano ancora in piedi accanto all’uscio da quando erano arrivati e finalmente, giunta la fine delle spiegazioni, poiché nessuno aveva obbiettato sul fatto che loro si unissero all’ordine, consci della storia passata di abnegazione del male dei due ragazzi, presero posto attorno alla tavolata, con una titubanza ed una timidezza che non si addicevano per niente a Malfoy e che tutti notarono.

Come premesso fu Albus ad aprire la riunione.

“Come detto in precedenza ho ricostituito l’ordine alla luce degli ultimi avvenimenti la cui certa causa è da rimandarsi ad un definitivo ritorno di Voldemort e con questo non mi riferisco solo alle morti che hanno sconvolto le nostre vite” disse fissando con sguardo triste i più colpiti da quelle calamità “Ma anche all’intensificarsi delle attività dei mangiamorte e di creature demoniache in genere. Penso cioè che tutti noi riteniamo necessario agire perché finalmente, ora che Harry è pronto, ora che tutti noi lo siamo, si riesca nell’intento in cui già si prodigarono i migliori maghi delle epoche precedenti: la sconfitta del Signore Oscuro. Badate bene, sarà rischioso, non nascondo che molti moriranno nell’impresa, ma se siete qui è perché avete riconosciuto questo rischio e l’avete accettato, vi chiedo perciò, come vogliamo agire? Come pensate di trovare ed affrontare le innumerevoli forze del male che ci troveremo d’innanzi al momento dello scontro?”

Fu Tim Sanson, un bel ragazzo sulla ventina, dai capelli biondo cenere e gli occhi neri come la pece a rispondere

“Trovarlo sarà il meno credo, la polizia magica è talmente distribuita sul territorio mondiale che sono sempre più frequenti gli avvistamenti di Lei-sa-chi, il vero problema sarà affrontare quell’esercito che è numericamente superiore a noi, l’ordine della fenice non è grande nemmeno un quarto delle forze di Riddle” “Bene, hai centrato il punto della questione, trovarlo non sarà complicato, anzi, si sa quasi per certo che dopo aver abbandonato la foresta proibita si è nascosto in una delle vecchie proprietà dei suoi genitori nell’estremo nord scozzese, o sul famoso altipiano mongolo, il vero problema sarà raggiungere almeno un numero di compagni pari ai loro” “Nelle ultime stime è risultato che sono parecchie centinaia i mangiamorte odierni, tra quelli appena arruolati e quelli di sempre” “Sarà complicato raggiungere questo numero” “In realtà secondo me c’è una soluzione dopotutto” il vecchio preside gli rivolse uno stanco sguardo “Molti degli auror che conosco sono motivati dal mio stesso desiderio profondo di eliminare tutto questo marciume dalla faccia della terra, solo che non essendo a conoscenza di nessuna organizzazione che si stia preoccupando di risolvere più concretamente questa faccenda seguono strettamente gli ordini di Cramell che non vuole assolutamente rischiare, almeno fino a che Voldemort non si sarà esposto talmente tanto da mettere di nuovo in crisi la comunità magica” “Cosa vuoi dire con questo?” s’intromise Sirius, interessato “Dico che se solo noi informassimo con un passaparola generale tutti coloro che a nostro personale parere possono essere interessati alle nostre manovre, non passerebbe molto tempo prima di riuscire ad arruolare molte più unità dell’Oscuro, poiché, ne sono convinto, sono parecchi quelli che vorrebbero andare a stanarlo e a combatterlo, contando anche sull’effetto sorpresa” “Arguto il ragazzo Silente” fu l’unico commento di Black che si mostrò così d’accordo con Tim “Lo penso anch’io Sirius, ma vorrei sentire altri pareri, mai come ora dobbiamo essere tutti d’accordo, uniti, per evitare disaccordi, perché è dell’odio che si diffonde tra i suoi nemici che Voldemort si nutre e, se davvero decideremo di attaccarlo, dovremo essere sicuri di farlo senza aver litigato tra di noi, con la completa certezza di poterci fidare l’uno dell’altro, solo trovandosi di fronte a questa unione lui si troverà poi spiazzato” il discorso, benché rivolto principalmente al padrino di Harry, sembrava un’ammonizione rivolta a tutti, riferendosi soprattutto al caso specifico di Malfoy, ma nessuno sembrava insistere nel portare avanti assurde faide del passato e si trovò di fronte solo facce che esprimevano accordo con quello che aveva appena detto.

“Non c’è niente di più saggio Albus” intervenne Moody “In quello che dici, perciò direi di iniziare con le votazioni…bè, da parte mia trovo che sia un’ottima strategia quella del ragazzo” “Anche io” si aggiunse Shaklebolt “Ottima idea” assentì Kingsley “Quando si comincia?” domandò Nina. Hermione e Ron assentirono con il capo, Harry fissò il suo ex preside dritto negli occhi, deciso “Io ci sto” disse entusiasta Remus, mentre Molly biascicava un “Si” non troppo convinto, lei dopo tutto non sapeva a chi chiedere una cosa simile, i suoi rapporti esterno dopo otto figli non erano molti, invece il marito annuì vigorosamente, Mundunguns, sempre propenso ad accettare i piani di Silente non ebbe obiezioni, come d’altronde la Mc Granitt e Piton che avevano già delle idee sui professori da avvisare. Anche Percy e Hardey si dissero perfettamente d’accordo e non mancò il gioviale assenso di Tonks.

“Bene” continuò allora Silente “Ci troveremo di nuovo allora, la settimana prossima e sperò che sarà l’ultima, se capite cosa intendo…”

 

Finita la riunione Harry fu l’ultimo a lasciare la grande casa che ospitava l’ordine della fenice e, visto come si era risolta la serata, decise che era il caso di farsi una passeggiata notturna per schiarirsi le idee, l’indomani sarebbe andato a prendere la piccola Maggie e doveva calmarsi quanto bastava per non comportarsi così freddamente anche con lei, che non lo poteva capire…

Era certamente immerso nei suoi pensieri, nelle sue sofferenze e nelle sue complicate riflessioni, ma ormai la mentalità da Auror aveva il sopravvento in ogni aspetto della sua vita e, per quanto potesse essere distratto, c’era sempre una parte di lui che attenta scandagliava il territorio intorno per controllare che fosse al sicuro…e quella sera non lo era.

Non riusciva a capire bene chi e quanti fossero, ma era sicuro che qualcuno lo stesse seguendo, un qualcuno, per la verità, non molto abile nel pedinare la gente…o che probabilmente non aveva alcun problema a farsi scoprire.

Stanco di quella situazione, lentamente, come per non far capire che aveva notato quella presenza, prese a camminare un poco più veloce ad ogni passo, fino a che, svoltando un angolo, non riuscì a nascondersi completamente alla vista dell’inseguitore.

Completamente immobile e immerso in un silenzio innaturale attese che anche quello girasse, per coglierlo finalmente in fallo. Ma sembrava che dopotutto non fosse così sprovveduto, si era accorto infatti che i passi si erano spenti in quella via e che quindi lui lo stava attendendo e si era fermato un poco prima di entrare nel suo campo visivo, ne poteva sentire la presenza opprimente dietro l’angolo.

Per un  breve, teso istante provò l’impulso di girare i tacchi e tornarsene tranquillo a casa, che lo seguisse pure, non gliene importava, chiunque fosse, un mangiamorte, un qualsiasi nemico, che lo cogliesse di sorpresa e lo uccidesse, era così stanco di quella vita che non era una vita! –Vieni, vieni pure, dammi il colpo di grazia- gli disse mentalmente –Potrei solo ringraziarti, c’è solo una cosa che mi mantiene legato a questo mondo, la sola che mi vieta di decidere di andarmene, ma puoi farlo tu per me, lascia che me ne vada senza colpe, coraggio, prendi coraggio e liberami, lascia che me ne vada…per sempre-

Finalmente un rumore di passi, una figura si stagliò alta, davanti a lui, controluce, vedeva i suoi contorni, ma non distingueva le sue fattezze.

Poco a poco si posizionò in modo che la luce non impedisse la visuale di quell’uomo…quel ragazzo…la sua vecchia nemesi….il ricordo di quello che era stato e che non sarebbe mai tornato ad essere…il suo inizio…la sua fine…no, forse quello no… Vide Draco Malfoy sorridergli incerto, non più un ghigno malevolo, non più quel tono mellifluo e strafottente, ma un “Ciao” quasi cordiale, un ciao che lo bruciò più di mille insulti, era stato lì, a chiedere di morire e ora vedeva il suo eterno nemico, con un ramoscello d’ulivo…che vergogna per quel desiderio egoistico, che vergogna…lui almeno era stato amato dopo essersene andato dai Dursley, Draco una vita non l’aveva mai avuta, mai…ma lui non avrebbe mai chiesto di morire…

Il suo “Ciao” fu molto più flebile e stizzito .

“Che vuoi Malfoy?” “Draco” “Cosa?” “Mi chiamo Draco” il moro ora era tecnicamente schierato dalla sua parte e farsi chiamare da lui Malfoy era come sentirsi rivolgere un’implicita accusa: tu sei quello che eri e lo sarai sempre, il figlio di Lucius Malfoy, sei un lurido, come lo fu lui “D’accordo, Draco, che vuoi?” suonava strano il suo nome, pronunciato dalle labbra dell’ex bambino sopravvissuto “La tua fiducia e una promessa” “Che diamine…?” “Combatteremo fianco a fianco e voglio che tu ti fidi di me” “Come puoi…non è una cosa che si richiede, si guadagna” “Non scherziamo Potter, non ne ho né il tempo né la pazienza” “Harry” “Cosa?” “Mi chiamo Harry” “Scusa, hai ragione” “Non importa, ma dimmi perché? Non sei solo, c’è Dafne al tuo fianco, io che importanza ho per te?” “Voldemort ci ha fatto lo stesso regalo Harry, a noi tre, ci ha privato dei nostri genitori…in un modo o nell’altro” aggiunse quando vide che lui stava per ribattere “Non avrà lo stesso sapore la vittoria se saprò che combatteremo insieme…come nemici” “Sei così sicuro che vinceremo?” “Non ha importanza, è la battaglia finale e che si vinca o si perda ho bisogno che tu capisca chi sono veramente, perché forse solo questo finalmente farà credere a tutti che non sono Malfoy, ma solo Draco” “Non ho energie anche per risolvere i tuoi problemi” disse con un impeto di sdegno, chissà perché poi “Ma non ti chiedo nulla, solo, stringimi la mano e combatti affianco a me, io ti comprendo meglio dei tuoi amici” “Non ne sarei così convin…” “Lo sai anche tu che è vero” “Basta! D’accordo, infondo me lo aspettavo, non posso continuare da solo, se nemmeno tra di noi ci uniamo Voldemort non farà fatica a prevalere” “Silente è molto più saggio di quanto abbia mai creduto” Harry sorrise a Draco e stese il braccio, stringendo la mano tesa di lui.

Sembrava che non sarebbe mai successo, sembrava che nessuno dei due avrebbe mai messo da parte l’orgoglio per lottare accanto a chi era suo nemico di sempre, ma non fu così: anche il biondo sorrise  e improvvisamente la gratitudine tinse il suo volto.

“Ora la promessa Potter” “Non puoi farne a meno vero?” “Come?” domandò esterrefatto “Di chiamarmi per cognome intendo” “Sarà complicato fare il contrario” “Lo so, ma dovrai concedermi la stessa licenza” “D’accordo, ma ora…” “Si, cosa vuoi chiedermi?” “Prima di affrontarlo, prima di combattere la tua guerra finale, prima di congiungerti con il tuo destino, lasciacelo tra le mani un attimo, io e Dafne vorremmo dirgli ciò che pensiamo di lui” “Non credi che mill’altre persone se lo meriterebbero?” “Forse…anzi si, sicuramente e avrai tutta la mia comprensione se non vorrai accettare, ma ti chiedo di non farlo, per il freddo che hai letto nei miei occhi dal primo giorno che ci siamo incontrati, a Diagon Alley” a quelle parole Harry si voltò. Non voleva ricordare, non voleva pensare a quando,  nonostante tutto, era stato felice, era ancora più doloroso che guardare ad un futuro che per loro non ci sarebbe stato…lo fece penare qualche minuto…

Si voltò, un’ombra ormai a coprire il suo volto “Sai, penso che lo farò” “Grazie” “A settimana prossima” “Contaci” s’incamminarono in due direzioni diametralmente opposte e, quando furono sufficientemente lontani l’uno dall’altro, abbastanza perché l’altro non potesse udire quello che stava dicendo esclamarono “Forse è l’inizio della fine, ma si prospetta migliore del previsto”…

 

Il serafico serpeverde si materializzò nella sua grande casa, ma quella volta non era vuota, quella volta tutto era diverso, era come prima, o almeno lui la vedeva così.

Dafne era a casa ormai da un bel pezzo e lo aspettava impaziente sul divano. Quando lo vide apparire si alzò di scatto e lo raggiunse, il suo sguardo vacuo acceso dall’opaco fuoco della vendetta, come pochi giorni prima, a Tokio.

“Allora, che dice?” “Ha accettato” “Gliela farò pagare, morirà per quello…” “Non illuderti” “Come?” “Non potrai mai ucciderlo, solo Harry può” “Ora lo chiami per nome?” cercò stizzita di cambiare discorso “Dove sta il problema?” “Dove sta? E me lo chiedi? Anni della mia vita non vissuti per colpa sua, le persone che più ho amato perse per sempre per colpa sua, non so più chi sono, chi ero, chi potrò essere, mi ha rubato della dignità di essere umano e io non posso fare niente, io sono inerme nella consapevolezza che ha fatto tutto ciò coperto dal fatto che Harry e Harry solo poteva ucciderlo, come fai a non vederlo il problema?” Draco tacque, fissandola preoccupata, non la riconosceva più, ma dopotutto non era quello a preoccuparlo, magari era solo una fase, un qualcosa dovuto all’incantesimo, no, ciò che più lo terrorizzava erano le sue parole, quello che diceva senza accorgersene, quello che ogni volta lo colpiva al cuore e lo confondeva sempre di più, in quell’occasione la frase “le persone che più ho amato perse per sempre”.

Cosa significava ho amato? Che non lo amava più? Che nel suo cuore l’amore per lui aveva lasciato spazio all’odio per il padre che ormai stentava a reprimere? E poi cosa significava per sempre? Quella dannatissima parola, aveva un tono definitivo che lo agitava…significava “Il mio amor per te l’ho perso, per sempre”? non poteva accettarlo, anche se ormai sapeva che…

Ma poi lei si avvicinò. La sua espressione era cambiata, come i suoi modi, gli regalò un sorriso così solare che di nuovo illuminò la sua vita spenta, la sua vita vuota ed insignificante.

Le sue mani si appoggiarono alle sue spalle, il corpo si protese verso quello di lui, solido e perfetto, mentre le braccia ora gli cingevano il collo pallido.

I suoi occhi celesti nei suoi quasi trasparenti, quegli occhi che sapevano leggergli dentro, quegli occhi che l’avevano fatto innamorare una, due e ancora tre volte, sempre di lei, sempre della povera, piccola, indifesa ma forte figlia dell’Oscuro Signore.

La sua bocca prese a muoversi, parole stavolta dolci ne uscirono con l’armonioso suono della melodia

“Ma ora che tu sei di nuovo con me, forse ora sarà tutto più semplice, tutto come prima”

C’era sempre quel forse…

Le palpebre di lei si abbassarono, con le punte dei piedi si diede una piccola spinta e le loro labbra s’incontrarono per una bacio ardente e passionale come quelli che c’erano stati molto tempo prima, quando Hogwarts era ancora nel loro presente.

Probabilmente quel forse le era sfuggito.

Le bocche si dischiusero e le lingue presero ancora a rincorrersi giocose.

Si, sicuramente le era sfuggito…

 

L’alba era ormai trascorsa da un pezzo, ma una velata nebbia ricopriva ancora la città in un silenzio ovattato, magico, lievi cinguettii ne erano l’unico sottofondo celestiale, una nera figura rompeva quella bianca unità.

Era un uomo, avvolto nel suo pesante mantello nero per via del freddo che camminava nel mezzo della strada ancora deserta.

I suoi passi quasi rimbombavano assordanti nel vuoto della città addormentata.

Un lieve ma gelido vento sferzava la pallida pelle dell’uomo che s’intravedeva appena, foglie morte rotolavano con fare giocoso attorno alle sue caviglie.

Tutto però, nonostante ci fosse lui ad interrompere quella magica staticità, si svolgeva come al solito.

I primi gatti mattinieri uscivano dalle loro case stiracchiandosi mentre le loro bocche si aprivano in grandi sbadigli e partivano per l’esplorazione della città, prima che i loro padroni si svegliassero e potessero finalmente dar loro da mangiare, quelli randagi invece erano già fuori da un bel po’, impegnati nella ricerca di avanzi non notati il giorno precedente.

Un rumore improvviso fece sobbalzare l’uomo dal nero pastrano, il cui capo si voltò, scattando, da destra e a sinistra, prima che potesse registrare quello strano suono e capire che era il miagolio di due gatti che lottavano famelici per una lisca abbandonata in un cassonetto.

Maledicendoli per averlo spaventato riprese il suo cammino, di nuovo senza prestare attenzione al mondo che lo circondava.

Nelle case attorno a lui la gente ancora dormiva beata ed inconsapevole, poche infatti delle persone che abitavano nl quella parte della città, essendo in maggioranza babbane, erano consce del fatto che di lì a pochi giorni il bene avrebbe dichiarato guerra al male, per scontrarsi nella lotta per la supremazia che tanti avevano predetto e che non era mai arrivata.

Ma tutto ha una fine e doveva averla anche quella situazione, che a vincere fossero il bene od il male, come in un racconto confuso e brutale, anche per loro doveva esserci una parola che decretava il termine di sofferenze e precarietà, di battaglie inutili e scontri sanguinosi, di odio e corruzione, oppure di amore e purezza, di libertà e serenità…

 Harry si dirigeva, con questi pensieri che giravano vorticosamente nella sua mente, verso la casa di Ron ed Hermione che, per forza di cose, dovevano essere già svegli per andare al lavoro e per portare loro figlia a scuola.

Era il momento di andare di nuovo da Maggie, era il momento di iniziare a ricostruire qualcosa che Voldemort aveva distrutto, nella sua vita, per la seconda volta: la sua famiglia.

Finalmente in lontananza cominciò ad intravedere la porta di casa loro…come non riconoscerla?Era stata luogo di incontri tra le due famiglie per molti anni, quanto tempo che non respirava il profumo di lavanda che diffondeva Hermione per la casa, quanto tempo che non si sedeva con il rosso sul divano a rivangare i bei tempi andati ad Hogwarts tra una partita a sparaschiocco e una bottiglia di burrobirra, quanto tempo…

Il portone blu era sempre meno lontano all’orizzonte e il suo cuore prendeva a battere sempre più velocemente, perché, non lo sapeva nemmeno lui, forse la paura che la piccola lo avrebbe rifiutato, forse la paura di aprire un’altra porta e trovare di nuovo la morte, forse la paura che l’amore diventasse ancora troppo importante nella sua vita…

Il vialetto si accorciava sempre di più sotto i suoi passi, mentre la ghiaia scricchiolava sadica sotto le sue scarpe nere, mentre qualche sassolino sfuggendo entrava facendogli male al piede.

Dovette fermarsi tre o quattro volte per levarsi dai piedi quelle presenze fastidiose.

Scoccarono le otto quando la sua mano si posò sulla rotonda maniglia di ottone, doveva far presto, in genere dovevano presentarsi al lavoro alle otto e dieci.

Facendo un respiro profondo suonò il campanello, a lungo.

Ci misero molto a rispondere, tanto che il moro si trovò a pensare che fossero già usciti, ma qualche minuto dopo un trafelato Ronald Weasley aprì l’uscio, accogliendolo con un sorriso

“Scusa se siamo conciati un po’ male, ma non ci siamo svegliati e dobbiamo fare tutto di corsa” “Non importa” disse sommessamente e sotto suo invitò si accomodò su di una sedia in cucina, dove Sally e sua figlia si stavano gustando una colazione a base di latte, cereali e cacao.

Entrambe le bambine lo salutarono gioiosamente ed il suo cuore si calmò quanto bastava perché nessun altro eccetto lui potesse sentirlo.

Rimase silenziosamente in ascolto dei rumori della quotidianità: il tostapane che scattava, il risucchio con cui le due cuginette bevevano il latte, il colpo secco delle porte dell’armadio che si chiudevano, lo scroscio dell’acqua che scendeva rapida dai rubinetti, il gatto Grattastinchi, sopravvissuto a cinque anni di scuola, che reclamava con miagolii rauchi la sua razione mattiniera, il raschiare dei croccantini nella scatola e così via, non gli sfuggì nemmeno la conversazione che la donna fece con Caramel per avvisarlo che sarebbero andati a lavoro alle otto e mezza per via del contrattempo e non riuscì a trattenere una smorfia molto simile ad un sorriso quando sentì il burbero vocione del vecchio ministro borbottare

“Ma è già la terza volta questa settimana…va bene, va bene, a dopo”.

Finalmente entrambi li raggiunsero nella sala da pranzo e si sedettero alla tavola per finire la propria tazzina di caffè, forte, molto zuccherato. La gustarono in silenzio.

Fu il moro a romperlo

“Allora Maggie, hai voglia di tornare a casa?” la piccola annuì felice: aspettava solo quello. Un’occhiata nervosa di Hermione lo perforò “Sei sicuro di…?” “Non sono un bambino, sono pronto, è ora che torni con me” “Magari hai bisogno di ancora un po’ di tempo per…” si aggiunse Ron “Smettetela di trattarmi come fossi…” “Forse il nostro comportamento sarebbe stato più sicuro se non fossi sparito per giorni dalle nostre viste” lo rimbeccò l’amico “Basta, ha ragione, è sua figlia  e ha il diritto di riportarla con sé se vuole e poi è Harry, Ron e io mi fido di lui, se dice di sentirsi pronto lo è e poi hanno bisogno l’uno dell’atro per farsi forza, sono quelli che più possono comprendere il loro rispettivo dolore” “Ma era mia sorella e poi…” “Ronald Weasley!” inveì lei, facendolo azzittire una volta per tutte.

Nei suoi occhi verdi per la prima volta da molto tempo si dipinse gratitudine che non mancò di mostrare all’amica che rispose con un sorriso appena accennato.

 

Dieci minuti dopo padre e figlia erano fuori sul marciapiede di una città ormai completamente sveglia, dove le macchine con colpi di claxon spaventavano i randagi e vecchiette impellicciate portavano fuori il cane per una passeggiata.

Mano nella mano con la figlia che trotterellava allegra al suo fianco Harry ripercorreva nel senso inverso la strada fatta prima ed i suoi pensieri irrimediabilmente si rivolsero al tema precedente: lo scontro decisivo tra bene e male…

Mancava veramente poco….

Giorni…

Ore…

Minuti…

Attimi…

Sospiri…

Carezze…

Gioia…

Dolore…

Sangue…

Sofferenze…

Atrocità…

Vendetta…

Mancavano solo pochi istanti di una vita vissuta…

Una morte…

Una vita…

Una vittoria…

Una perdita…

Un urlo di gioia…

E uno di dolore…

Mancavano i rombanti colpi di mille incantesimi…

Le infinite angosce delle mogli e dei mariti…

Il terrore dei figli…

Le incomprensioni degli amanti…

La forza di chi ha fiducia nel prossimo…

L’amore di chi si sacrifica…

L’avidità di chi lotta per il potere…

L’odio di chi lo fa per uccidere…

La lussuria degli assetati di sangue…

Il disprezzo…

Le ferite…

I sussurri…

Gli ultimi respiri…

Le parole vere di chi t’incoraggia a lottare per il bene…

Quelle ipocrite di chi ti incoraggia nel male ad abbandonare i tuoi amici…

La tristezza…

Lo sconforto…

La voglia di farla finita perché tutto sta andando male…

La forza di andare avanti per difendere chi ti ama…

La stanchezza, alla fine di tutto…

E poi…

Più nulla…

Solo qualcosa di abominevole…

Solo qualcosa che porta scompiglio…

Solo qualcosa che porta morte…

Solo qualcosa che porta disperazione…

Delirio…

Confusione…

Depressione…

Pena…

Distacchi…

Addii…

Mancava solo la guerra senza fine…

 

Bè, finalmente Harry si è deciso a combattere e sembra che alla fine del tutto non manchi molto…chi combatterà?Chi avrà la meglio tra il bene ed il mal? Ma soprattutto chi e cosa sopravvivrà allo scontro cruento?…

Grazie come al solito x i vostri commentuzzi ke, ora ke la fine si avvicina sempre più sn fondamentali…passiamo alle risposte personali, ke ne dite?

 

Kiak: allora…no, nn ho bevuto nulla prima di scriverlo, ma bisognava che succedesse qualcosa xkè finalmente la gente si decidesse a fargli il culo a sto voldemort!!! Tu nn trovi? Lo so, anke io m stavo affezionando a Lilith e mi è dispiaciuto “eliminarla”, ma ho dovuto…

So anche che la povera Maggie nn sta avendo una vita facile, ma cn voldy caro in giro chi ce l’ha????

Bella vero la scena in cui Harry le trova…mi è piaciuto scriverla (lo so, è un po’ macabro da dire, ma m sentivo ispirata, tt qua!!!).

Nn capisci bene la storia eva-dafne? Ecco la soluzione: lui di lei ricordava solo l’esistenza, nn com’era fatta e xciò nn la riconosceva in eva che nn ricordava proprio + nulla.

2° domanda, quella da un milione di dollari, xkè va cercare voldy? Xkè ricordando tutto lei ha rotto l’incantesimo e in questo modo anche gli altri che nn se la ricordavano ora hanno riacquistato la memoria, compreso lui, ma questo nn è il punto, il fatto è che lei vuole vendetta x tt quello che le ha fatto passare, cm biasimarla???

Grazie x la tua recensione (ke ti ho un po’ estorto a forza…) un bacioz…summer9

Ps: visto che ti ho risp x prima?????

 

Nico&Lucry14:grazie 10000000000(troppo forse?nooooooo) x avermi commentato anche qui!!! Forse il fantastico è un po’ troppo, xò sn contenta che finalmente, dopo averne parlato x giorni, l’hai letta e ti sia piaciuta…dai, mettila la tua, sn certa che avrà + recensioni della mia, che ho già definito un esperimento fallito!!!

Grazie anche a Nico x i suoi complimenti totalmente di parte!!!!Sono cmq graditissimi!!!! Un bacioz summer9!

Ps: magari ci provo a farla leggere ad un cane così vediamo che succede…)

 

 

 

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Capitolo 15
*** "Ti amo e ti amerò per sempre" ***


Capitolo 15°: “ti amo e ti amerò per sempre”

Capitolo 15°: “ti amo e ti amerò per sempre”

 

Mentre il progetto di aggiungere sempre più adepti alla missione finale dell’ordine della fenice procedeva, proseguiva anche la vita quotidiana di tutti i vecchi appartenenti ad esso che, oltre a convincere il maggior numero di persone a combattere per la loro causa, dovevano continuare a mantenere stretti i logorati fili della loro esistenza che stava per spezzarsi definitivamente o per saldarsi  nell’eternità…

Hermione sedeva con Sally sul divano mentre aspettava Ron che tornasse dal lavoro, visto che, come al solito, si era fermato per un paio d’ore di straordinari.

In quel periodo doveva svolgere il turno di guardia alla prigione ed erano sempre di più i giorni in cui decideva di starvi un po’ di più per fare un giro di controllo di ogni singola cella, controllando ogni volta lo stato dei prigionieri, per cercare di capire se avevano qualcosa in mente, e coprendo le assenze dei suoi commilitoni che, nonostante la strage avvenuta la notte della morte di Lilith, non sembravano aver preso quell’impegno in modo sufficientemente serio.

La piccola cercava come al solito di coinvolgerla in qualche suo interessante gioco, mentre lei era persa nei suoi pensieri e l’ascoltava a malapena.

Sapeva che stava sbagliando, che una buona madre non avrebbe dovuto comportarsi così, ma come poteva stare tranquilla a casa e giocare serena se suo marito che rischiava la vita in quel modo e con la consapevole incombenza della lotta per la supremazia tra bene e male?

Stizzita la bambina lanciò in uno scatto d’ira le pedine ed i dadi del gioco sul tavolo, facendo sobbalzare la nervosa Hermione che finalmente si accorse di averla trascurata di nuovo.

“Scusa…” “Sono stufa…scusa, scusa, scusa, ma poi non giochi mai con me, dillo che non mi vuoi bene” le urlò con tono petulante ed arrogante la bambina “Non rivolgerti a me con quel tono sai? Sono d’accordo con te, sto sbagliando a trascurarti, ma ci sono dei validi motivi” ribattè la donna con voce dura e ferma.

Presto gli occhi scuri della figlia si riempirono di lacrime che non tardarono a sgorgare come fiumi in piena, mentre correva nella sua stanza a tutte velocità, con le sue esili gambe.

Dandosi della stupida per la sua reazione esagerata Hermione cercò di raggiungerla, ma la trovò barricata dietro la porta chiusa a chiave.

“Aprimi, voglio solo spiegarti” “No…” la sua vocina giunse lontana e soffocata dal cuscino “Ti prego piccola, è lo stesso discorso dell’altra volta, anche alla mamma può capitare di sbagliare” “Non così tanto” brontolò provocandole una risatina sommessa “Hai un’opinione troppo alta di me” “Cosa?” “Non importa, cosa ne dici se entro e ne parliamo un po’ adesso?” “No!” resisteva imperterrita.

“Sarah Marie Weasley, non costringermi ad aprirla con la magia” “Aprila pure con quello che vuoi” “Guarda che lo faccio davvero” “E allora?” “Cosa? E va bene! Alohomora!” esclamò infine indicando la serratura della porta bianca con la punta della bacchetta.

Ci u uno scatto e la chiave dall’altra parte cadde per terra.

Senza esitare Hermione irruppe nella camera buia e per un primo momento pensò che fosse vuota, ma poi scorse la sagoma della bambina disegnata sul piumino del letto: si era nascosta evidentemente sotto le coperte pensando che lei non l’avrebbe mai trovata.

Sospirando le si sedette di fianco e le parlò, nonostante Sally continuasse a fingere di non esserci.

“Ascoltami bene, in questo periodo né io né papà riusciamo a stare con te come dovremmo, lo so e so anche come ti senti, ti capisco” fu quasi come udire un tremulo squittio “Non ci credo” “Invece è così” la bruna sospirò e si stese accanto a lei sul piccolo lettino “Senti, so che è difficile da capire, che sei piccola, che non dovrei nemmeno pensare di caricarti di un peso simile, ma devi sapere la realtà” “Cosa intendi?” “La mamma e il papà staranno via per un po’ di tempo, succederanno delle cose brutte e non posso dirti quanto dureranno, ma una cosa è certa, io tornerò, tornerò da te e anche Ron, ricordatelo sempre, quando sarai sola” scattando Sally uscì dal piumone. Piangeva, non capiva il senso di quelle parole “Io non voglio che andate via e poi cosa centra con quello di prima?” anche lei con le lacrime agli occhi la strinse e le disse “Nulla, non centra nulla, ricordati solo che ti voglio davvero tanto bene” “Non voglio che andate via” “Torneremo” “Ma…” “Ora dormi, veglierò sul tuo sonno perché i tuoi sogni siano sereni” “Io non ho capito niente” “Non è importante ora…Ti sarò sempre vicino”.

La piccola si era addormentata nelle braccia della mamma mentre lei le parlava piano ed ora Hermione la stese sul letto, rimboccandola bene con le coperte, la baciò teneramente sulla fronte e uscì dalla stanza.

Come prima si mise sul divano ad aspettare che tornasse il marito, con la solita ansia che le faceva battere forte il petto e salire ancora più lacrime amare agli occhi scuri.

Allo scoccare delle dieci e trenta il classico rumore della chiave che girava nella toppa indicava che era tornato con il nottetempo.

Il solito cigolio fastidioso della porta.

Il fruscio del suo mantello che veniva appeso all’attaccapanni.

Un ciuffo di fulvi capelli spuntò dallo stipite, seguito subito dal suo proprietario.

“Giornata pesante!” “Sei in ritardo” “Lo so, ma sono rimasto a parlare con delle persone che mi chiedevano informazioni sull’ordine…sono sempre di più quelli che s’interessano alla nostra causa, presto saremo pronti” “Non avrei mai voluto che dicessi quella frase” “Ma prima o poi dovrà succedere” “Lo so, ma…” “Non pensiamoci stasera” “D’accordo”.

Il rosso con un sorriso stanco si avvicinò ad Hermione che nel frattempo si era alzata.

Teneramente le cinse la vita con le braccia, chinando leggermente il capo per poterla guardare bene negli occhi

“Sei sempre bellissima” “Sono diventata una botte” “Smettila, nessuno intanto si è ancora accorto che sei incinta”  la baciò sul sorriso che le aveva appena illuminato il viso: sapeva che era vero.

Lei naturalmente non vi rimase indifferente e schiuse le labbra in un gesto sensuale mentre piano gli succhiava il labbro inferiore.

La lingua di lui presto cercò di farsi un varco fra i suoi bianchi denti, perché si incontrassero in un gesto di passione e amore che avrebbe dovuto condurli a ben altro.

Le mani di lei si sprofondarono nella sua chioma spettinata mentre quelle di lui percorrevano lentamente la sua schiena nuda, sotto la maglietta.

Mentre i loro fiati si univano ritmicamente si stesero sul divano l’uno accanto all’altra, già ansimanti di piacere.

Hermione stava ormai cercando la lampo dei pantaloni di lui quando un dubbio, che forse era più una curiosità, attraversò come un lampo la mente di Ron

“Come mai non hai intenzione di dire a nessuno che sei incinta per il momento?” si bloccò. La donna ci pensò su un momento “Perché penso che non capirebbero” rispose e poi riappoggiò le labbra sulle sue.

Ma non fecero in tempo a riunirsi che la allontanò di nuovo

“Cosa non capirebbero?” “Che domande, perché lo faccio, perché insisto nel mio obiettivo nonostante tutto” il suo tono cominciava a diventare irritato e il ragazzo sapeva per esperienza che non conveniva farla arrabbiare quando aspettava un bambino.

Cercò di riprendere ciò che stava facendo con lei, ma tutte quelle paure che gli aveva inculcato con quelle risposte ambigue non lo facevano concentrare e il suo pensiero si perdeva sempre di più, facendole presto accorgere che non c’era con la testa

“Ma cos’hai stasera? Sei troppo stanco? Vuoi andare a letto? Guarda che non è un problema, non sono mica malata del sesso!” esclamò, ma la sua voce suonò palesemente dispiaciuto, certo, non era fissata, ma era da molto che non stavano insieme.

“No, non è questo, non pensarci nemmeno per un secondo!” sbottò lui di rimando “E allora cosa? Cosa diamine ti prende?” “E’ che non ti capisco, cosa significa che non capirebbero? Cosa significa che vuoi perseguire i tuoi obiettivi nonostante tutto?” la sua voce esprimeva veramente la più totale confusione e finalmente Hermione comprese. Un po’ sorpresa sospirò e lo fissò accigliata

“Ero convinta che avessi capito!” “Cosa? Di cosa dannazione stai parlando?” inveì lui “Calmati” gli impose fredda “Si, si, scusami, scusa io non…” “Lo so, non riesci a controllarti…” “E’ solo che…” “Non importa, va tutto bene ora” lo rassicurò appoggiandogli una mano sulla spalla.

“Con quelle frasi io intendevo che non capirebbero se gli dicessi che nonostante io sia incinta, nonostante io abbia anche un’altra figlia, nonostante anche tu lo faccia, io combatterò lo stesso al vostro fianco la battaglia finale e non potrete impedirmelo” gli spiegò in poche frasi.

“No, non pensarci assolutamente…tu non…” “Io non posso combattere? Cosa credi che ti dia il diritto di decidere della mia vita? Non comportarti come Harry con Ginny” “Ma io…è completamente diverso, non sto dicendo che non sei in grado, che non voglio che tu lo faccia mai, ma adesso…adesso tu aspetti mio figlio” “Chi ti dice che sia un maschio?” “Era per generalizzare” “Scusa” “Non è quello il punto, non ti permetterò di rischiare anche la sua vita” Hermione sapeva che avrebbe reagito così, ma non poteva accettarlo, non poteva in ogni caso…

“Ma non capisci? Non avrò altre possibilità, non ci sarà un'altra guerra contro Voldemort, non ci sarà un’altra fine di tutto e non posso guardarla avvenire con le mani in mano, non posso pensare che se perderemo avrò assistito inerme alla creazione di un mondo nel quale non vedrò crescere i miei figli come non posso pensare che se ne creerete un migliore io non vi abbia aiutato…non posso rimanere con le mani in mano, non posso arrendermi ora che è tutto così…vicino” “COSA? CRISTO! DIMMI COSA E’ TUTTO COSì VICINO?” le sue parole lo esasperavano “Tutto o niente, la fine e l’inizio, nessuno sa cos’è così vicino, nessuno, ma noi possiamo far si che sia la fine delle sofferenze…” la sua voce era un sussurro “Hermione no, ti prego no…non posso combattere pesando che potresti morire, non posso accettare di rischiare di perderti…” “E io nemmeno, non senza lottare per questo” “Ripensaci” “Sai che non lo farò” “C’è sempre l’eccezione che conferma la regola” “Non questa volta” “Ne sei così sicura?” “Combatteremo fianco a fianco” “Non so se ce la farò…” “Ce la faremo insieme” “Non ti lascerò mai” “Ci conto” “Ti proteggerò” “Ne sono certa” “Ti amo” “Anch’io” “Lo so, ma sappilo Hermione, ti amo e ti amerò per sempre, ovunque saremo, a qualunque costo”.

 

Harry e la piccola Maggie dormivano abbracciati nel grande lettone matrimoniale che sarebbe stato troppo grande per lui da solo, ma troppo piccolo per tutti e tre…ma non erano più in tre…

Più precisamente era la piccola che dormiva beata stretta al padre sveglio…

Ormai il moro non si ricordava nemmeno più da quanto tempo non dormiva, quasi non gli servisse più, quasi non fosse tornato abbastanza umano per averne bisogno…

Non lo dava a vedere, ma il dolore lo distruggeva ancora dentro, non era sparito, era solo come un cancro silenzioso che poco a poco, con lentezza, lo attaccava dall’interno ed ora si stava avvicinando sempre più pericolosamente al suo cuore.

I suoi occhi spalancati erano fissi al soffitto sul quale vedeva scorrere inesorabili le scene della sua vita con lei…era stata così breve, così intensa, era così bella, così pura…gli mancava così tanto…

La piccola Ginny…i primi anni di scuola mai avrebbe pensato che sarebbe diventata così importante per lui, tanto da essere la sua indispensabile metà, senza la quale non riusciva a vivere, senza di lei lui era solo la parte vuota di un tutto che non esisteva più, era il nulla, la solitudine, un anima che vagava disperata alla ricerca della salvezza eterna, qualcosa che non aveva più dimensione né in questo mondo né nell’altro, qualcosa che aveva creato Voldemort e che lui non aveva potuto evitare di divenire…era un mostro…

“Cosa sono diventato?” chiese piano alla sua ombra che scosse la testa, affranta…

Nessuno sapeva cosa fosse diventato…bè, di certo non lui…

“Cosa sono adesso?” ripeté sempre più forte, di nuovo nessuna risposta…

La sua voce diventava sempre più alta e nervosa

“Cosa dannazione sono adesso?”

“Papà…” stropicciandosi gli occhi la piccola lo guardò in tralice: l’aveva svegliata con quelle sue frasi inconsulte.

Ma nel sentire la sua piccola bocca pronunciare quella parola lui capì…capì cos’era, comprese perché fosse ancora legato a quel mondo che ormai sentiva sfuggirgli dalle mani giorno dopo giorno…
Semplicemente era lì per lei, per lei che come la piccola Ginny non poteva continuare da sola…

Per lei che come la sua amata era la metà finalmente ritrovata, il senso di tutto ciò che stava facendo, di tutto ciò in cui aveva smesso di credere…

Per lei…

Per lei che lo amava così tanto, incondizionatamente…

Per lei che non capiva cosa stava succedendo…

Per lei che avrebbe pianto come non mai se lui non fosse mai tornato…

Per lei i cui occhi erano lo specchio dei suoi, la cui anima risplendeva della magica essenza di due vite unitesi per formare qualcosa che avrebbe dovuto diventare più di loro, meglio di loro…

Per lei che era sua  figlia e che meritava una vita diversa, libera da tutto ciò che è male…

Per lei…

Era suo padre…ecco cos’era…

Ecco per cosa doveva lottare…

Muovendosi piano si alzò dal letto e le disse, con una dolcezza da tempo dimenticata

“Dormi tesoro…tuo papà non ha più sonno…”

annuendo stanca Maggie si girò dall’altro lato e ricadde subito addormentata, russando lievemente, piccoli rantoli che suonavano nelle orecchie di Harry come le dolci melodie di una nuova realtà nella quale poteva continuare a vivere.

Con passi felpati andò in salotto, dove forti brividi di freddo lo assalivano: indossava solo i boxer, unico indumento che non lo facesse sudare sotto il calore del pesante piumino di lana che usava come coperta.

Finalmente provava di nuovo delle sensazioni…

L’amore, il freddo, il calore, la stanchezza…finalmente sentiva di nuovo…

Con la bacchetta che dalla morte di Ginny teneva, in qualche modo, sempre a portata di mano, chiamò con un incantesimo di appello dei vestiti e li indossò, appena in tempo per accogliere con una mise decente il padrino che, materializzatosi dinnanzi a casa sua, aveva suonato il campanello nell’esatto istante nel quale il moro si stava allacciando l’ultimo bottone di una candida camicia.

Un trillo squillante invase la casa.

Harry imprecò, avrebbero svegliato la piccola ed erano solo le sette e trenta di una prima, gelida mattina di marzo.

“Chi diavolo è che…?” esclamò mentre spalancava l’uscio “Oh Sirius, ciao” cambiò subito atteggiamento appena vide chi era stato “Scusa se ti disturbo così presto” “Cosa? No, non importa, se hai sentito…diciamo, qualche parola poco gentile è perché avevo paura che svegliassi Maggie” “Scusa, hai ragione, ma nonostante tutto non mi sono ancora abituato a ragionare tenendo conto dei vostri figli, non sai quante volte sono capitato a casa di Ron ed Hermione nel cuore della notte quando Ginny…quando tu non c’eri” “Già…” cadde il silenzio: Black si era reso conto di aver detto una cosa molto poco delicata e né lui né il moro sapevano come recuperare la cosa.

Dopo qualche istante di mutismo il ragazzo dagli occhi smeraldini invitò finalmente l’ospite, che era rimasto per tutto il tempo in attesa sullo stipite, ad entrare.

“Oh si, grazie, lo prendo volentieri un caffè” rispose Sirius alla sua offerta mentre, dopo aver appoggiato il pastrano umido su di una sedia, si sedette a sua volta all’altro capo del tavolo, in modo da poter parlare faccia a faccia con il ragazzo anche mentre preparava la bevanda.

Nonostante tutti gli scongiuri di Harry il campanello aveva definitivamente destato la bambina che comparve dalle scale, gli occhi verdi ancora gonfi dal sonno , i fulvi capelli raccolti in scarmigliati codini, il pigiama tutto spiegazzato e con i pantaloni calanti che le lasciavano il pancino scoperto al gelo di quel mese ancora così rigido e il suo pupazzo preferito a penzoloni nella mano destra che dondolava piano.

Appena entrò in cucina e notò Sirius si bloccò, sulla soglia: non lo conosceva ancora abbastanza bene e non sapeva se fosse lì per una visita amichevole o di lavoro, perché in tal caso, lo sapeva bene, il moro non avrebbe voluto che lei rimanesse lì.

Piano voltò il capo in direzione del padre, come a chiedere direttive e, quando con un sorriso la invitò a far loro compagnia si arrampicò a fatica su di una sedia molto lontana dal quella dell’uomo grande e grosso dagli scuri e ribelli capelli neri e la barba incolta da lupo di mare.

Il padrino non disse niente, ma dai suoi atteggiamenti si capiva perfettamente che non gli andava che la piccola stesse lì, poiché doveva parlare con il figlioccio di faccende dell’ordine e  non gli sembrava il caso che ascoltasse, ma quando introdusse l’argomento e vide che l’ex-bambino sopravvissuto non faceva una piega per la presenza della figlia si adeguò, in fondo chi era lui per decidere della sua educazione?

Mentre l’uomo parlava il moro continuò imperterrito a spadellare, nel tentativo di scaldare il latte alla figlia, fallito, perché lo lasciò sul fuoco fino a che un forte odore di bruciato non invase la cucina e la colazione divenne immangiabile.

Maggie dovette accontentarsi di magiare i cereali nel latte freddo (Che secondo me è anche più buono ndS E a noi che ce ne frega? Ndtutti Ma niente, era così, a titolo informativo ndS CONTINUA A SCRIVERE! ndtutti con sguardi assassini Aehm…okkei okkei scusate… ^§^ ndS).

“Harry, Silente ha anticipato la riunione dell’ordine” “Ah si?” “Già, è questa mattina, alle nove, a Grimmauld place” “Posso venire anch’io?” domandò curiosa Maggie mentre il suo sguardo vagava dal padre all’uomo grande e grosso, provocando una risata argentina del moro “Certo che puoi venire, stai tranquilla” “Sai, non credo sia il caso di…” “Bene Sirius e dimmi, dove mi consigli di lasciarla allora?” “A casa” “Ti ricordo che ha solo tre anni” “Non mi sembra che tu ci abbia pensato quando te ne sei sparito per dieci giorni” “Mi sembra di aver chiarito quella parentesi” il suo tono d’un tratto era diventato freddo e tagliente “Si, scusa, è solo che…” “Non disturberà, starà in una stanza di sopra, con Sally ed i figli di Bill e Charlie” “Chi ti dice che verranno?” “Vengono anche le loro mogli alla riunione no?” “Si, mi sembra di aver capito una cosa simile” “E quindi ci saranno anche i piccoli, non li lasceranno di certo a casa” “Una baby-sitter?” propose “Non sono certo i tempi adatti per lasciare i propri piccoli soli con una sconosciuta, non potrei mai fidarmi di nessuno, eccetto voi, che però fate tutti parte dell’ordine” “Okkei, mi arrendo”.

A quelle parole sul visino di lei apparve un sorriso trionfatore.

“Ma dimmi, per quale motivo l’ha anticipata così tanto, avrebbe dovuto tenersi tra qualche sera se non sbaglio” “Si, ma siamo gia pronti” mentre ascoltava l’uomo Harry stava sorseggiando il suo caffè, ma quella notizia fu così inaspettata che ne ingoiò metà e l’altra la sputo tossendo sul pavimento

“Come diavolo…? Io credevo che servisse un ulteriore colloquio solo perché l’idea non stava andando in porto” “Solo perché tu non ti sei impegnato, per motivi personali comprensibilissimi” aggiunse allo sguardo truce del figlioccio “nella ricerca di nuovi adepti non significa che altri non lo abbiano fatto, abbiamo raggiunto un numero sufficiente, resteresti stupito dalla quantità di persone che si sono unite a noi”

Le mani nei capelli e i gomiti chiusi davanti alla faccia, il moro rifletté un attimo prima di parlare

“E’ successo tutto così in fretta” “Lo so, credimi, molto più di te” “Non troppi giorni fa abbiamo stabilito di combattere e oggi siamo già pronti…è assurdo” continuò come se non avesse udito le parole di Sirius “Ma così finirà tutto presto” “Troppo presto” “Proprio tu che dici così…” “Sottovaluti la forza dell’abitudine, ormai è più facile adattarsi all’idea di uno scontro finale futuro che farlo davvero” “Forse…si, è più semplice vivere nell’incombenza che affrontare la realtà…” “Già…” “Ma ormai non c’è più la possibilità di tornare indietro” “Nemmeno volendo, devo vendicare Ginny” “Non puoi affrontare la battaglia ultima con l’odio nel cuore…” “Non lo farò stai tranquillo” gli promise guardando la figlia che era tornata dal piano di sopra di punto vestita

“Bene, possiamo andare?” domandò il padrino alzandosi.

Harry annuì e, prendendo la mano di Maggie seguì l’uomo che si era già incamminato…

 

Grimmauld Place come al solito puzzava di vecchio, nonostante le numerose ristrutturazioni e pulizie in cui mille volte le donne del gruppo erano state coinvolte dalla signora Weasley.

In silenzio passarono accanto al velo nero che nascondeva la signora Black che russava sommessamente.

Prima di entrare nella sala delle riunioni Harry accompagnò la figlia al piano superiore e la lasciò in una piccola stanzetta piena di giochi, dove si trovavano già Sally e i bambini di Bill e Charlie.

In verità lei sembrava abbastanza restia a lasciarlo, ma non aveva ulteriori alternative, il moro doveva andare e lei non poteva seguirlo.

Con un sorriso molto poco convinto si unì ai cuginetti…

L’ex bambino sopravvissuto tornò al piano di sotto e finalmente si unì agli altri, effettivamente vide che era aumentato discretamente il numero delle persone dall’ultima volta, ma non gli sembrava una crescita così eclatante.

Scuotendo il capo andò a sedersi accanto a Draco che lo salutò cordialmente, scostando di poco la sedia per liberare il passaggio, e quando ebbe finalmente la visione dell’intera stanza rivolse uno sguardo indagatore a Silente che prese immediatamente a parlare

“Credo che non manchi più nessuno…” esordì, nessuna risposta, bene, poteva continuare “Molti di voi si chiederanno se sono solo questi i nuovi facenti parte dell’ordine, in realtà no, questo è solo il gruppo meno numeroso, ho dovuto dividere i riuniti in momenti diversi, perché anche se possedessimo un luogo così grande per farci stare tutti di nascosto, un qualsiasi spostamento di una massa simile di persone darebbe troppo nell’occhio” molte delle espressioni degli astanti si dipinsero di comprensione “Vi vedo d’accordo e quindi passerei subito al nocciolo della questione, perché non abbiamo molto tempo, questo, fortunatamente per la mia gola” cercò di sdrammatizzare “E’ l’ultimo incontro prima dell’azione” tutti si erano fatti più attenti, nervosi, stavano sul ciglio della sedia, tesi, con le mani appoggiate allo scranno, ai loro fianchi, pronti a scattare a qualunque imprevisto, come se stesse per succedere qualcosa

“Mentre voi tutti vi impegnavate nella ricerca di persone disposte a lottare io, Remus e Sirius ci siamo dati da fare nella ricerca di Voldemort, sarebbe stato infatti assurdo dichiarare guerra a qualcuno di cui ignoriamo l’ubicazione…” il volto di un moro a noi molto conosciuto si voltò nella folla di ascoltatori a fissare il suo padrino -Perché diavolo non mi ha detto nulla?- pensò, ma il suo ex preside continuò a parlare e non poteva perdersi parte del discorso “…abbiamo quindi scoperto che, dal suo presunto nascondiglio precedente si è fortunatamente  spostato in un luogo più isolato, dove abbiamo visto chiari segni della sua presenza, per non dire lui in persona…è nascosto in una fortezza abbandonata in un deserto di una regione Asiatica, precisamente sull’altipiano Mongolo(spero di nn starmi confondendo con qualcos’altro, in tal caso, perdonatemi, nn sn mai stata brava in geografia…ndS)” tutti mormorarono alla notizia, evidentemente se si era allontanato così tanto significava che anche lui stava tramando qualcosa, anche se questo era effettivamente indicato anche dal tentativo di utilizzare la figlia di Harry come arma contro di lui.

Con voce d’un tratto fredda e grave l’uomo interruppe i loro pensieri, come ad esprimere una condanna

“Sarà per stanotte”.

 

Lo sciame di persone che con lui avevano assistito al breve discorso di Albus gli passava accanto in silenzio, tutti erano stati troppo colpiti da quella notizia: erano al corrente che la battaglia sarebbe stata imminente…ma non così tanto…quella notte…

Appoggiato con la schiena al muro controllava che Maggie non si allontanasse troppo in strada…attese…la processione era quasi finita e dalla porta apparve una figura bionda che a Hogwarts aveva preannunciato sempre e solo guai, mano nella mano con Dafne si avvicinò a lui.

La rossa lo baciò, era in lacrime

“Ho…ho tanta paura” i suoi occhi verdi la fissarono rincuoranti “Grazie Harry, grazie , Draco mi ha detto che hai accettato” “Infatti” “Capisci, non posso permettere che se ne vada così, era mio padre…voglio solo che tutto ciò non sia più vero prima che lui se ne vada per sempre” “Non lo è mai stato” “Forse…” ancora per ringraziarlo lo baciò e poi fece retro front, lasciandolo solo con Draco “Bene Potter” “Harry, Malfoy” “Draco…” Scusa…” “Lo so, l’abitudine” “Già” “Bè, Harry” disse sottolineando il suo nome “Grazie mille, a sta sera, sarà un onore combattere al tuo fianco” quell’affermazione un po’ lo colse di sorpresa, ma si riebbe subito “Anche per me” gli porse la mano in segno di amicizia, il biondo la afferrò e tirando lo trasse a sé, per stringerlo in un abbraccio un po’ rigido “Spero non sia l’ultima volta Potter” concluse e anche lui si voltò, seguendo  la direzione presa dalla ragazza…

 

Dafne e Draco camminavano fianco a fianco, in silenzio, le lacrime sulle gote di lei si erano appena asciugate e i suoi occhi celesti avevano ripreso a risplendere alla luce opaca di quel giorno di metà inverno

“Perché gli hai detto che avevi paura?” “Non sapevo cos’atro dire, avrebbe capito se gli avessi confessato tutto?” “Si, avrebbe capito” “Ma sarebbe stato tutto diverso” “Mph…?” “Combattere con lui, intendo” “Si…forse hai ragione, ma ciò non toglie che…” “Non potevo” “Avresti dovuto”“DANNAZIONE SMETTILA! SMETTILA DI DECIDERE PER ME!” “Scusa, dicevo solo…ah, non importa” abbassò il capo, affranto…

Da troppo tempo reagiva così, da troppo tempo ad ogni sua parola corrispondeva uno scatto di rabbia, era come se solo a vederlo, solo a sentirlo, una collera insormontabile le riempisse la mente, poteva scorgere i suoi occhi ormai vacui dardeggiare di fuoco e sangue quando lo osservava, perché? Perché tutto questo?
Si, era tornata, ma non era tornata Dafne…era tornata qualcuna che lo odiava…sperava che fosse tutta una reazione dovuta al prossimo scontro con il padre, ma più lei lo maltrattava, più le sue speranze già deboli affondavano sempre di più in quella melma che era diventata la sua anima arida bagnata dalle acide piogge di un amore oscuro…

Lei si era un po’ calmata…

“Amore scusami, ma non potevo…come l’avrebbe presa sapendo che erano lacrime d’ira? Che piangevo perché ero troppo sconvolta all’idea che per una stupida profezia lui fosse talmente legato a mio padre da non permettermi nemmeno di porre fine da sola alle mie sofferenze…come poteva trovare lo spirito di sconfiggere il male per il mondo, quando sapeva che c’è chi lo odia per averla privata anche di questa briciola di amara vendetta?” lui le sorrise, ma fu solo uno stiracchiamento sommesso delle labbra…

Ora usava di nuovo quel suo tono dolce ed etereo, ora ogni suo movimento ispirava di nuovo amore, ma questa incostanza, questi improvvisi cambiamenti…non poteva pensare di continuare così, anche perché quando stavano insieme,in ogni momento, se non lo guardava con il fuoco dell’ira, i suoi occhi erano spenti e vacui, quegli occhi di cui tanto si era innamorato, per lui riservavano solo rancore o…vuoto…e allora si trovava a pensare quanto aveva perso, quanto aveva perso amandola ancora, ritrovandola di nuovo e quando pensava così atroci sensi di colpa lo assalivano: come poteva incolparla per questo? Come poteva sapendo tutto quello che aveva passato? Sapendo chi era suo padre?…Ma lei era stata amata, lei aveva avuto sua madre…ma era morta…basta! Scosse il capo…doveva finirla con questi pensieri che avevano come unico risultato quello di confonderlo, dopo la battaglia finale tutto sarebbe finito…doveva essere così…doveva crederci…doveva sperarci…o nulla per lui avrebbe contato tanto da andare quella notte, all’una, nel campo del nemico, schierato con colui che aveva sempre odiato, per porre fine a tutto, a tutto ciò che avrebbe potuto decretare la sua fine, quella di lei, o quella della loro storia…

“Che c’è amore?” gli si era parata davanti e, sovrapensiero, lui le andò a sbattere contro.

“Sc-scusa, mi ero distratto” “Ho notato” “Sono solo agitato” “Anche io…” “Già…”

Ripresero a camminare mentre le campane babbane, ignare di quello che di lì a poco sarebbe successo, suonavano in festa la fine della messa, era mezzogiorno.

“Draco?” “Si?” “Ho bisogno di una cosa?” il biondo sospirò “Tutto quello che vuoi” rispose sommessamente “Ho bisogno di averti mio ancora una volta prima di andare incontro alla morte” quella richiesta lo rincuorò non poco: doveva pur significare che ci teneva a lui…

“Tu non morirai” disse però “Non importa, mi basta sapere di averti al mio fianco” “C’è bisogno della conferma?” “Ho solo bisogno di sentirmi sicura” “Anch’io credo, ti amo” per tutta risposta lei lo baciò sulle labbra sottili e fredde.

 

Le grandi finestre della camera di Malfoy erano appannate e goccioline di condensa cadevano sul davanzale picchiettando scherzosamente.

Sotto le nere lenzuola di seta avvolgente i loro corpi nudi erano intrecciati, come a formare quella danza che, innalzando le anime e la vita all’estasi, decantava l’amore perduto di chi si da ciecamente senza capire che non è più chi conosceva l’amante tanto agognato nelle freddi notte di numerosi inverni soli e lenti.

Gli occhi argentei di Draco si nutrivano della vista dell’amata che, sopra di lui, ansimava dolcemente ad ogni movimento del suo corpo, morbido o secco che fosse.

Si riempiva dell’immagine del suo dolce viso appagato per merito suo, incorniciato dai boccoli rossi color del fuoco che le scendevano liberi dalla stretta coda in cui prima erano costretti.

Ma lei non lo guardava…

No…

Lei aveva gli occhi chiusi…

Stretti…

Quasi avesse paura di guardarlo

Quasi volessero trattenere qualcosa che altrimenti ne sarebbe uscito irrimediabilmente…

Ma cosa?
Non ci mise molto a scoprirlo…

Fu un attimo, ma spinta da qualcosa dentro di lei volle vedere di nuovo la sua candida pelle e i suoi serafici capelli dondolare al ritmo del loro amore…

Subito la vista le si offuscò e amare lacrime si unirono sul torace di lui al picchiettio delle gocciole sul davanzale…

Perché stava piangendo? Le stava forse facendo del male?

“Dafne cos…” “Sssssssh” lo azzittì lei “Sssh” ripetè appoggiando l’indice della sua piccola mano sulle labbra perfette di lui “E’ meglio così” gli assicurò e poi, quando entrambi furono soddisfatti, si stese con la testa sul suo petto e cadde in un sonno senza sogni, in un sogno oscuro…

“Dafne…” “Mpfh?” “Dafne?”  “Mpfh..?” ’’Dafne, svegliati, è mezzanotte!” esclamò Draco per l’ennesima volta.

Finalmente gli occhi celesti della donna si mostrarono al ragazzo e, con voce arrochita la rossa si rivolse a lui

“Cosa? Mezzanotte? E’ già ora?” “Troppo presto?” “Decisamente, era ieri che abbiamo deciso…oh non importa, prima cominceremo, prima sarà finita” “Durerà a lungo…” “Quanto?” “Settimane, forse mesi” “Non mi abbandonerai vero?” “Mai, ti amo troppo” “Già…” perché dannazione non gli rispondeva mai? Forse lui era l’unico contento che alla fine tutto fosse cominciato così presto, perché in cuor suo era convinto che non appena tutto fosse finito anche quella cosa si sarebbe chiarita…ma non era il momento di ricadere in quei pensieri angosciosi: il grande orologio a pendolo mostrava che era mezza notte e venti minuti, mancava veramente molto poco  e non c’era tempo di perdersi in certe inezie…

Dafne era finalmente uscita dal letto ed aveva cominciato a prepararsi e lui, già vestito, osservava i suoi sinuosi movimenti, i suoi boccoli dondolare alla luce della luna mentre la sua pelle candida risplendeva opaca nel riflesso dell’argento dei suoi occhi

-Perché, perché non mi ama?- qualcuno avrebbe mai risposto a quella domanda?

“Senti, perché Silente a deciso di combattere a quest’ora? E’ un tantino strano non trovi?” ripeteva lei per la terza volta: distratto non riusciva a comprendere le sue parole e non mancò di chiederle di ripeterglielo una quarta volta

“Come?” “Sono stufa di domandartelo, mi vuoi ascoltare?  Perché Silente a deciso di combattere a quest’ora? E’ un tantino strano non trovi?” disse di nuovo, stavolta molto più stizzita

“Non so, credo che conti molto sull’effetto sorpresa principalmente…” “Forse…”

Non c’era molto da dire, o forse non avevano molto da dirsi, non importa più di tanto, fatto sta che un silenzio pesante li avvolse fino a che il suono sordo che decretava fosse l’ora di partire non riempì l’atmosfera di mestizia che si era creata.

Scuri in volto, ma decisi, si fissarono e, avvicinandosi si presero per mano.

Senza neanche una parola si smaterializzarono, trovandosi nel luogo indicato loro per l’incontro.

Si stupirono non poco quando videro che erano già lì, quasi tutti, probabilmente loro erano gli ultimi.

Alle loro spalle la voce stanca del vecchio preside li fece voltare

“Bene, vi ripeto quello che ho già detto a tanti altri, il signore Oscuro con i suoi seguaci è dietro quel bosco, lo attraverseremo e i primi che arriveranno gli dichiareranno guerra” “E poi?” domandò stupidamente lei “E poi bo’, nessuno sa…bisogna solo sperare” fu il biondo a dirlo, mentre l’uomo faceva un cenno d’assenso con il capo dai lunghi e candidi capelli, prima di voltare i tacchi ed andarsene.

Nessuno però sembrava deciso a cominciare. Tutti, nessuno escluso, non avevano paura o esitazione alla lotta, ma nessuno aveva il coraggio di andarle in contro…come biasimarli? Chi sarebbe andato con serenità incontro alla più sicura prospettava di morte che possa esistere?

Sempre tenendo per mano Dafne raggiunse un capo della comitiva, dove vi trovò Harry con i soliti due suoi compagni: Ron ed Hermione.

Vincendo il pregiudizio del rosso che non l’avrebbe mai abbandonato, si accostò al gruppetto e chiese con tono grave

“Andiamo?” stupendo persino se stesso.

Ma quella era forse l’unica cosa sensata che avesse fatto quel giorno e tutti, anche la rossa, annuirono decisi.

La scena era strana: si poteva distintamente scorgere una fila di quattro persone, leggermente distaccate dal resto della folla al loro seguito, che avanzavano verso il folto degli alberi, senza mai guardarsi indietro, senza mai guardarsi tra di loro, senza una parola.

Semplicemente avanzavano, i volti contratti, la bacchetta stretta nella mano destra con forza, il passo deciso.

Non si fermarono né cambiarono atteggiamento nemmeno quando il bosco, più fitto e crudele di quanto avessero pensato, oppose loro fiera resistenza, graffiandoli con i suoi rami aguzzi, facendoli cadere con le sue alte radici, spaventandoli con i suoi animali sconosciuti che felpati si aggiravano nell’ombra.

Nulla fermò la loro determinazione…

E presto la radura si aprì ai loro occhi, scura e tetra, non illuminata dalla luna che quella notte non risplendeva per loro, oscurata da nere nubi d’odio e tempesta…

Harry sussurrò

“La guerra senza fine…”

“Si”, risposero gli altri contemporaneamente

“Siete pronti”
”Non lo saremo mai” dissero sempre insieme

“Allora cos’aspettiamo?”

“Nulla” terminarono decisi e con lui si diressero verso l’alta figura nera ed esile che si stagliava nel mezzo dell’altipiano e li guardava avanzare con la faccia serpentina corrugata in un ghigno malevolo e gli occhi iniettati di sangue atteggiati in un’espressione divertita.

I quattro, un’ultima occhiata d’intesa, si avvicinarono definitivamente a lui e poi…

Bè…

Cosa?

Cosa volete che sia successo?

Poi tutto ebbe inizio…

“Credevo non sareste arrivati mai” “Ci aspettavi?” “Sorpreso Potter?” “No, in realtà no”

Mentre loro parlavano tutto intorno la guerra era già scoppiata.

Rombi di incantesimi mai sentiti prima dall’ora riempirono l’aria già satura di tensione e odio, paure e vendetta…già satura di morte…

“Sei venuto per combattere?” “Credi che mi consegni a te senza lottare?” “Sarebbe una mossa più saggia, risparmieresti la vita a molta gente” disse l’Oscuro in tono seducente, come a volerlo convincere maggiormente di quella cosa, ma il moro rispose con una risata fredda e glaciale che per un attimo sorprese anche Colui-che-non-deve-essere-nominato per la totale assenza di sentimento che vi scorse

“No Tom, non farmi ridere, se mi consegnerò li condannerò a perire di una morte ben peggiore, torturati dai tuo deatheaters, oppure a vivere per sempre in un mondo dove l’egemonia è vostra, no, non essere ridicolo, non ho passato tutto ciò che ho passato per arrendermi ora, ora che tutto deve finire, per forza” “Ma l’hai detto tu, questa è una guerra senza fine” sul volto di Harry si dipinse un’espressione stupita: come diavolo faceva a sentirlo? Ma dopotutto non importava, non in quel momento, non più.

Un rumore secco dietro a lui lo distrasse e con la coda dell’occhio cercò di capire cosa stesse succedendo: vide Hermione che, attaccata alle spalle da un mangiamort,e si era rialzata e gli aveva reso la cortesia con un po’ di fervore in più, ora erano uno in meno e cominciava a sentirsi più solo, cominciava a capire che il suo destino stava incombendo

“Già, la guerra senza fine tra bene e male ci sarà sempre, è il limite dell’uomo, ma io posso porre fine al tuo regno, per sempre e lo farò, perché infondo le guerre sono fatte di tante battaglie e io, bè, io ho intenzione di vincerla questa” gli occhi vuoti dell’uomo ebbero un guizzo e un’espressione di compatimento comparve a poco a poco nel suo ritratto canuto

“Illuso” “Forse…” “Morirai” “E’ probabile…” “Non avrai il tempo di dire ‘a’” “Tutto è possibile…” “Come puoi Potter? Come puoi combattere sapendo che morirai” “Posso, posso eccome, in nome di qualcosa che non hai mai conosciuto, che non conosci e che non conoscerai mai, se stasera avrò fortuna” ora l’irritazione era di nuovo ben visibile “Stai parlando dell’amore” “Come sempre…ma so che come sempre lo sottovaluterai” “Non questa volta non sperarci..” “Non è tanto il fatto che penso che tu non vi sia preparato, il punto sta più che altro nel fatto che, per quanto ci abbia provato, non lo conosci e, con tutta la buona volontà che uno può avere, non puoi pretendere di sopravvivere a qualcosa che non conosci”

Un altro colpo molto vicino si unì agli strepiti lontani, attutiti dalle parole; di nuovo tentò di capire cosa fosse successo e vide Ron di schiena, con il mantello impolverato ed i capelli rossi più arruffati che mai, il braccio sanguinante dove pendevano brandelli della veste bruciata, che aveva ingaggiato uno scontro corpo a corpo con un uomo, nel quale riconobbe Vincent Goyle, nel tentativo di raccogliere la bacchetta che giaceva pochi metri distante da lui, accanto ad un’altra che con tutta certezza doveva appartenere all’avversario.

Si voltò per ascoltare la voce fredda e tagliente che di nuovo si stava rivolgendo a lui.

“No, vedrai quanto il male può essere infinitamente più forte, vedrai quanto di sbagli Potter” “Harry” “Cosa?” “Ci conosciamo da tanto, chiamami Harry…Tom” sottolineò così con impeto il suo nome che quasi lo urlò

Voldemort sorrise e con passo baldanzoso cercò di diminuire lo spazio che li separava.

Un metro…e poteva osservare le sue narici fremere eccitate all’odore del sangue…

Cinquanta centimetri…e poteva con disgusto ancora maggiore osservare le sue mille rughe, ognuna delle quali probabilmente era comparsa su quell’altrimenti fascinoso volto in seguito alla morte di un innocente…

Venticinque centimetri…e poteva distinguere le pagliuzze verdi dei suoi occhi, gli ultimi rimasugli nelle sue iridi rosso sangue di ciò che una volta era umano…

Cinque…e ne percepiva il dolciastro odore di sudore ed eccitazione…

Due…con un ghigno crudele stese la sua mano dalle lunghe e troppo sottili dita perlacee e con un gesto lento percorse la cicatrice che gli si era mostrata alla vista quando un ciuffo castano di Harry si era scostato ad un suo scatto…

Un dolore atroce lo assalì partendo da una zona indecifrabile della spina dorsale…urlando a squarcia gola si piegò in due, portando le mani alla fronte, sotto lo sguardo sadicamente divertito del Lord della morte

“E’ questo l’amore Harry? Ciò che grazie a tua madre ci lega? Ciò che grazie a Lily ci legherà per sempre”

“BASTARDO” gridò fino a perdere fiato “non saremo legati per sempre, perché stanotte uno di noi morirà e poi non osare nemmeno pensare il suo nome, non ne sei degno” “Cosa dici, la conoscevo bene io lei…quella…come le piaceva essere chiamata dai ragazzi a scuola, oh si, era più piccola di me, ma la conobbi, io ero all’ultimo anno e lei al primo, la prima volta che la vidi, allo smistamento, capii subito che razza di puttana fosse” quelle parole gli fecero sanguinare il cuore più di qualsiasi pugnalata nel petto, doveva mettere fine a tutto ciò, fine, il più presto possibile…

Cercando di riaversi dal dolore impugnò stretta la bacchetta e iniziò a pronunciare la lunga formula di un potente incantesimo che se solo fosse andato completamente a segno avrebbe fatto si che di Voldemort rimanesse solo un misero cumulo di cenere, ma, proprio mentre stava per lanciarlo, un deatheater particolarmente affezionato gli si lanciò contro, per evitare che il suo signore venisse colpito, e il lampo giallo ferì qualcuno a parecchi metri di distanza, trafisse qualcuno che si polverizzò all’istante, senza nemmeno accorgersi di essere morto, come quando un bimbo soffia sulla candelina e la sua fiammella si spegne, senza rendersene conto…

“Cosa diavolo?” si rivolse all’uomo che notò essere Marcus Flitt “Non credo proprio Potter che lo rifarai, non arriverai vivo tra le mani del mio Lord dopo che avremo fatto un’informale chiacchierata.”

Preoccupato di perdere troppe forze inutilmente il moro si voltò a fissare la sua nemesi, ma, quando vide che Dafne e Draco stavano già pensando a cosa farne di lui, considerò che una partitina di riscaldamento con quell’idiota di un ex-serpeverde sarebbe stata un punto di vantaggio in fondo…

Così si girò nuovamente verso il suo avversario e accettò la sfida, che vinse non con molta difficoltà…

 

Poco più in là, sul limitare del piccolo bosco così inospitale, un Remus più in forma di quanto tutti si sarebbero aspettati stava fronteggiando un terzetto di uomini incappucciati che teneva a bada senza fare un eccessiva fatica

“Devo dire che avete deluso non poco le mie aspettative ragazzi” rivelò loro con una battutina sarcastica mentre con un rapido movimento della mano dirigeva un efficace incantesimo a quello più alto e robusto che finì k.o.,hai suoi piedi, con un espressione rassegnata e al contempo atterrita.

“Non scherzare col fuoco Lupin” lo avvertì un altro, più basso e tarchiato ma decisamente più agile e che, con una capriola, schivò velocemente il suo Petrificus Totalus per colpirlo con una fattura gambemolli.

Colto di sorpresa e dall’effetto dell’incantesimo Remus cadde a terra con un tonfo, suscitando le ristate dei due che per schernirlo si distrassero, mentre introno a loro i segni della battaglia illuminavano il cielo e riempivano l’aria di intenso fumo grigiastro.

Subito dopo però uno dei due cadde al suolo esanime, quasi senza motivo e l’altro si voltò per cercare di capire cosa diavolo gli fosse successo.

Si trovò davanti allora un Remus di nuovo in posizione eretta che riservò anche a lui lo stesso trattamento, non prima però di avergli sussurrato con una voce nella quale traspariva una punta di cinismo

“Mai sottovalutare il nemico, è la cosa peggiore che si possa fare, credete che sia così idiota da non conoscere uno stupido controincantesimo? Bè, allora questo è ciò che vi meritate”.

Alle sue spalle un rumore di applausi poco convinti lo attirò, sembrava che fossero rivolti a lui.

Non voleva voltarsi, non sapeva perché, ma aveva paura, o per lo meno il suo cuore aveva preso a battere stranamente più veloce, forse per l’ansia, forse per la sorpresa, fatto sta che lo poteva sentire pulsare sordo nelle orecchie già troppo provate dagli assordanti rumori degli scoppi

“Ma bravo!E Così non avevamo ragione a pensare che ti fossi rammollito dopo la morte del mio caro cuginetto”appena sentì quella voce femminile e glaciale comprese il motivo della sua strana agitazione

“Bellatrix…finalmente” sospirò Remus voltandosi.

Con un odio che forse nemmeno lei aveva mai visto o provato, gli occhi di lui si posarono sulla donna, squadrandola da capo a piedi.

Era alta e snella, i segni della vecchia degenza ad Azkaban erano da tempo scomparsi e la sua nera bellezza splendeva di nuovo incontrastata sul suo corpo scolpito.

La pelle ambrata era resa opaca dalla polvere del combattimento e gli occhi neri, dove bruciava il fuoco del disprezzo e baluginava  anche un certo inespresso sadismo, erano messi in risalto dai biondi e lisci capelli, l’unica cosa che la differenziava dal cugino…

 “Sei pronta a dire addio alla vita?” “No, ci tengo troppo, ma spero che lo sia pronto tu”

Risoluto Remus alzò la bacchetta, ma, appena prima di pronunciare l’incantesimo che avrebbe iniziato la loro ultima lotta ebbe un breve attimo di esitazione che non passò certo inosservato…

“Che c’è? Ti ricordo troppo il tuo amichetto?” “Non farmi ridere, Sirius è vivo, come avrai ormai notato” aggiunse indicando l’uomo che lottava non troppo lontano “Che tipo di problemi credi che potrei avere?” “Allora dimmi, cosa ti blocca? Cosa ti impedisce di attaccarmi?” “Nulla” ma la voce non suonava pienamente convinta “Ora sei tu che vuoi farmi ridere!” esclamò prima di scoppiare materialmente in una gelida risata che rimbombò in un attimo di silenzio in cui buoni e cattivi si erano concessi tacitamente una tregua

“Siete tutti deboli, tutti vigliacchi, voi stupidi babbanofili, a che scopo vivere di stenti nel bene se si possono avere gloria, onore e ricchezze nel male? A che scopo sprecare la vita per difendere uno sciocco marmocchio che sarebbe dovuto morire ventitre anni fa? Rinuncia Remus, passa dalla nostra parte, sei ancora in tempo, tanto vinceremo, prima dell’alba questo terreno sarà irrorato dallo squallido sangue di tutti quegli illusi che hanno lottato sotto la guida indegna dello sfregiato, salvati” Lupin rimase un attimo in silenzio ad ascoltare i rumori della guerra già ricominciata –Perché? Perché mi sta dicendo tutto questo?-

Ma le sue parole non rispecchiarono i suoi pensieri

“Smettila” mormorò a mezza voce “Cosa?” “Smettila, smettila di riempirmi la testa di vaneggiamenti e impugna quella dannata bacchetta, presto, molto più presto di quanto vorrei, tutto ciò dovrà finire” il ghigno soddisfatto scomparve dal bel viso di Bellatrix che, animata da un odio sempre più profondo prese a lottare.

Forse sarà un logo comune, ma fu un combattimento senza esclusione di colpì e chi non ne uscì vivo non lo fece di certo con disonore…

Un rivolo di sangue usciva cinico dalla sua bocca dai contorni perfetti, il respiro come un rantolo debole arrancava nei suoi polmoni mentre il petto ripeteva il ritmico movimento della respirazione che presto non sarebbe più stata priorità di quel corpo, le mani, esili e fini chiuse a pugno, mentre le unghie, forse troppo lunghe, tagliavano in profondità la pelle facendola sanguinare copiosamente, con un ultimo e disperato gesto di forza prese l’uomo per la collottola e avvicinò il suo orecchio alla sua bocca perché potesse sentire la sua voce, ormai ridotta ad un leggero fiato…

“Remus…” “Che c’è?” domandò stranamente triste “Diglielo, ti prego, promettimi che glielo dirai” “Cosa? Cosa Bellatrix” “Che dopo tutto gli voglio ancora bene, a Sirius, intendo” precisò con uno sguardo imbarazzato e stramazzò al suolo esangue…

Con una tenerezza che nemmeno lui sapeva da dove provenisse Lupin la guardò accasciarsi nel terreno polveroso.

Piano si chinò sul corpo ancora caldo e le abbassò le palpebre, ma poi, come ne fosse stato scottato, ritirò in fretta la mano e si rialzò…

“Lo so, l’ho sempre saputo ed è proprio per questo che non meritavi di continuare a fargli del male” disse al vento freddo che gli spettinava i capelli ingrigiti mentre, con una certa flemma, si dirigeva verso un altro degli infiniti combattimenti che lo aspettavano…

 

 

 

E la guerra senza fine è cominciata, cn una velocità che nessuno si aspettava…x ora sl Remus ha avuto la sua piccola vendetta che sicuramente nn risuonerà così dolce dopo le parole di pentimento della bella cugina di Sirius…

Che succederà ora? Come si risolveranno le cose? Chi e come vincerà? Il male dopotutto ha mille risorse…

Bene, siamo verso la fine della storia, ma vedo che ancora qualcuno ha il coraggio di leggerla e commentarla, così vediamo di ringraziarlo…

 

Fanny: grazie per il tuo commento, sebbene sintetico mi ha fatto molto piacere ed è servito x darmi un po’ di ispirazione….un bacioz, Summer9!!!!

 

Kiak: ciao!!!!! Tessoro!!!! Ti voglio bene!!!! Grazie x la recensione e scusa se nn ti rispondo prolissa cm sempre, ma sn molto stanca(x questo nn sn uscita oggi pome cn voi, ma c vediamo stase…), quindi t dico sl che sn contenta che continui a piacerti la storia e che t mando un grosso bacio, devi sopportarmi ancora sl x due chap, che poi è finita…un bacioz!!!!!

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