Capitolo 3 – Follow the message
Tutto ciò è molto, molto strano. Ed io ne ho viste molte, di cose strane.
Il taxista scende dall’auto e guarda interrogativamente prima me e poi il cartello, grattandosi la pelata, confuso.
Mille domande vorticano furiosamente nella mia testa e vorrei tanto porle a qualcuno, ricevere una qualunque risposta, un segno che mi indichi che non mi sto immaginando tutto…
“ Se non fosse impossibile penserei quasi che il messaggio sia per lei. “
Lo guardo piena di speranza, deglutendo.
“ Lei abitava qui, signorina? “
Annuisco, senza riuscire a spiaccicare parola.
“ Ed ha perso qualcuno di caro qui? “
Annuisco di nuovo, guardando con sguardo vacuo il cartello.
“ Senta, io non credo molto a queste cose, ma…”
“ Ma cosa? “
L’uomo mi guarda intimorito e si gratta ancora la testa. “ Deve ammettere che questo è strano. “
Sorrido. “ Sì, lo è. “
Il taxista da’ un calcetto al cartello, che non traballa nemmeno. “ Sa cosa farei se fossi in lei? “
“ Cosa farebbe? “
Sorride e si rimette il cappellino da baseball sulla pelata. “ Io seguirei il messaggio. “
Io seguirei il messaggio.
E così ho fatto. Ho seguito il messaggio. Sono risalita sul taxi e mi sono fatta scaricare a Los Angeles, davanti alla sede principale della Wolfram&Hart. Sospiro guardando le mie valigie strapiene. Mi sembrano così inutili, adesso…
Sospiro di nuovo. So che questo ad Angel non piacerà. Farà di tutto per convincermi che quel messaggio non era reale e che Spike non è qui, ma io devo sapere. Devo sapere se quel messaggio era reale ed era per me, se quelle forze oscure che mi hanno tanto ostacolato in questi anni per una volta sono dalla mia parte…
Mi faccio coraggio ed entro nel palazzo. C’è gente che corre di qua e di là, impugnando pratiche sicuramente importantissime e litigando al telefono, ed io mi sento intimorita e piccola.
Trascino stancamente i miei bagagli attraverso la hall e appoggio un braccio sul bancone della reception.
“ Scusi, io…”
Le parole mi muoiono in bocca quando vedo la testa ossigenata di Harmony fare capolino.
“ Buffy?! “
Scuoto la testa. Se prendono anche Harmony come segretaria significa che c’è speranza per tutti, in questo mondo. Insomma, Harmony. C’è qualcuno più stupido di lei?
“ Sì, sì, ciao. Senti, ho bisogno di parlare con Angel. “
“ È in riunione. “
Potrei anche allungare una mano e fare a pezzi quel suo faccino arrogante, ma decido di mantenere la calma. Non è per picchiare a sangue Harmony che sono a Los Angeles.
“ È importante, Harmony. Davvero, davvero importante. “
Sospirando e roteando gli occhi, la stupida svampita si decide a premere il tasto dell’interfono, facendo però sembrare che le costi un’infinita fatica.
“ Capo, c’è qui Buffy che ha urgente bisogno di te. “
Arrivo. In questo momento mi sembra la parola più bella del mondo.
Angel esce dalla sala riunioni e mi corre incontro. Mi abbraccia stretto e un sorriso mi affiora spontaneo sul volto, capendo che i suoi abbracci non hanno più il significato di cui erano pieni appena qualche anno fa.
Mi sciolgo lentamente dalla sua stretta e gli sorrido, mentre lui mi guarda con gli occhi pieni di speranza.
Forse spera che io sia qui per offrirgli il mio delizioso biscotto. Dio, è deprimente che dopo un anno io mi ostini ad usare ancora l’analogia del biscotto.
“ A cosa devo la tua visita? “
Gli sorrido, poggiando a terra il mio bagaglio. “ Mi serve il tuo aiuto. “
“ Tutto quello che vuoi. “ risponde, sorridendomi di rimando. Improvvisamente, strabuzza gli occhi fissando qualcosa o qualcuno dietro di me e mi afferra per un braccio. “ Ma forse è meglio andare a parlarne da qualche altra parte, non credi? “
Lo guardo interrogativamente e anche un po’ arrabbiata. “ Angel, ma…”
“ Ehi, Peaches! “
Non può essere. Semplicemente non può essere vero. Angel me l’avrebbe detto. Chiunque me l’avrebbe detto. Lui non è qui. Ripeti con me, Buffy. Stai avendo le allucinazione uditive. Sto avendo le allucinazioni uditive.
In barba alla mia vocina interiore che mi mormora di essere totalmente in negazione, mi giro lentamente verso la direzione da cui viene – o credo che venga – la voce, con il cuore che batte a mille e le mani tremanti come quelle di un malato di Parkinson.
Lo vedo, ma non riesco a guardarlo. La vista continua ad offuscarsi e anche sbattendo le palpebre non riesco a schiarirmi la visuale. Solo quando piccole gocce iniziano a bagnarmi la maglietta capisco di stare piangendo.
Non sono lacrime di commozione, o di gioia. Sono lacrime di rabbia che non riesco in alcun modo ad arginare.
“ Perché non me l’hai detto? “
Nella mia voce c’è il furore, la rabbia più pura. Tutta la gioia per la mia visita sembra sparita dal viso di Angel.
“ Buffy, io…”
“ Ti ho chiesto perché non me l’hai detto. “ Lo guardo freddamente e gli tiro un sonoro schiaffo sulla guancia, mormorando. “ Era per il mio bene anche questo? Lo sapevi. Sapevi quanto stavo male e nonostante tutto non me l’hai detto. Dio, Angel. “
Mi avvicino a Spike lentamente. Un sorriso affiora sul suo volto e fa un passo avanti, pronto ad abbracciarmi.
So che il naso è il punto dove i pugni gli fanno più male.
“ Per l’inferno maledetto, donna! “ esclama, tenendosi con le mani il naso sanguinante.
“ Per l’inferno maledetto, donna! “ gli faccio il verso, continuando a piangere. Neanche in compagnia del gelato al cioccolato ho mai pianto così tanto. “ Io ti odio! Eri qui e non mi hai detto niente! Non sei venuto da me, non hai…”
Tutto questo è troppo. Cado a terra, piangendo, e schiaffeggio la mano che cerca di stringermi.
I pianti, Dawn, il biglietto aereo, il cartello di benvenuto. Tutto per portarmi da un uomo – un vampiro – che non mi vuole più.
Lui avrebbe chiamato, lo sai.
“ Buffy…”
Odio lui, e odio anche me, perché la sua voce è ancora in grado di farmi tremare dentro.
“ Buffy un cazzo! Me ne vado, d’accordo? Scusate per il disturbo! “ |