Welcome to Sunnydale - Enjoy your visit!

di Cleo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. He will never come ***
Capitolo 2: *** 2. Birthday present ***
Capitolo 3: *** 3. Follow the message ***
Capitolo 4: *** 4. Buffy is cooked ***
Capitolo 5: *** Epilogo - Dieci anni dopo ***



Capitolo 1
*** 1. He will never come ***


Welcome to Sunnydale - Enjoy your visit!
 
Capitolo 1 – He will never come
 
Ogni volta che il campanello suona spero che sia lui.
Non è una speranza vana, spenta; io credo davvero che possa essere lui.
Almeno fino a quando apro la porta, quando mi accorgo che è solo Dawn o il vicino che si lamenta del postino che ha scambiato per l'ennesima volta la nostra corrispondenza e i miei sogni si infrangono miseramente. Ogni maledetto giorno è la stessa cosa.
Se un giorno lo vedessi davvero dietro a quella porta giuro che ne morirei.
Mi manca, Spike.
Non ho pianto il giorno della sua morte. Semplicemente non ci credevo. Mi aspettavo che da un momento all'altro riemergesse da quell'enorme cratere che era diventata Sunnydale, con un ghigno diabolico sul viso e i capelli scompigliati.
"Non avrete per caso pensato che bastasse un’ Apocalisse a levarmi di torno, vero?"
E' patetico che io mi sia anche immaginata il dialogo che avremmo avuto.
L'ho aspettato con uno stupido sorriso sul volto fino a quando siamo arrivati all'aereoporto di Los Angeles, tre giorni dopo.
Ho realizzato tutto guardando Giles comprare i biglietti per Cleveland, Roma, New York. Willow mi ha posato gentilmente una mano sulla spalla.
"Non verrà, Buffy."
 
Io ho una vita nuova, adesso. Lavoro in un piccolo albergo vicino al centro di Roma, ho imparato l'italiano discretamente bene e vivo insieme a Dawn in un appartamento con le tende e i divani blu. Ogni tanto mi faccio un bel pianto in ricordo dei vecchi tempi e sono anche riuscita ad uscire con un paio di ragazzi, che poi naturalmente ho mollato. Troppo diversi da lui.
Dawn è felice. Tutti sono felici. Sono sempre io l’unica a dovermi convincere di esserlo. È patetico. Io sono patetica. Lo sono sempre stata. Patetica, e vigliacca.
Passo le mie giornate all’albergo sognando che, al mio rientro a casa, lui sarà seduto sul divano blu esattamente come i suoi occhi e mi sorriderà, mi bacerà ed io potrò essere finalmente felice, mentre le mie notti sono scandite dai sogni che mi mostrano ciò che sarebbe potuto essere, ciò che avremmo potuto avere, se solo io fossi stata più coraggiosa e gli avessi detto prima le fatidiche parole. Prima. Solo un po’ prima…
Come dice quel detto? Mai piangere sul latte versato. Io non solo ci piango sopra, a questo benedetto latte, ma singhiozzo e tiro pure su con il naso.
 
“ Devi comprare i cereali. “
Dawn versa il latte nella tazza e dalla sua aria non troppo sveglia temo che da un momento all’altro il lavoro della mucca diventi buono solo ad essere raccolto con la carta assorbente.
“ È curioso come il tuo desiderio di comunicazione ti spinga ad intavolare discorsi così complessi. “
La mia adorabile sorellina mi lancia un’occhiata che avrebbe fatto rabbrividire anche il Maestro. Ho scordato la regola numero uno: mai, mai fare ironia con Dawn di primo mattino.
“ Programmi per la giornata? “
Dawn sbadiglia come un ippopotamo. Posso quasi vederle le tonsille. Ma che schifo.
“ Scuola, compiti e poi vado a cena fuori con Andrew. “
Andrew. Andrew. Con tutti i bei maschi latini che ci sono in circolazione qui a Roma mia sorella doveva andare a mettersi proprio con Andrew. Dico e ripeto: ma che schifo.
“ E tu cosa fai? “
Scrollo le spalle mentre addento una brioche.
“ Il solito. Lavoro, faccio un giro per guardare le vetrine di negozi in cui non potrò mai comprare niente, torno a casa, mi piango addosso mentre mangio gelato al cioccolato, guardo un film che mi ricorda la storia d’amore che non ho vissuto, mi piango addosso un altro po’ e poi vado a letto. Il solito. “
Il gelato italiano è davvero buono. È diventato il mio muto e delizioso compagno durante le mie intense sessioni di pianto notturno, che appena due anni fa erano intense sessioni di sesso notturno.
Dawn sbuffa e mi guarda di traverso. “ Sai, stai iniziando a diventare noiosa. È un anno che vai avanti così. Devi reagire, cercare di andare avanti. Inoltre, ultimamente sei ingrassata di quasi due chili, con quel gelato. Se Spike ti vedesse adesso ti prenderebbe a pugni. “
Mogia, tuffo la mia brioche nel latte. Sì, probabilmente mi prenderebbe a pugni. Poi finiremmo a fare l’amore contro il muro del soggiorno, ma questo forse non dovrei dirlo a Dawn.
“ Sì, forse dovrei, ma ci ho già provato e non ha funzionato, ricordi? “
Mia sorella rotea gli occhi. La odio profondamente, quando fa così. “ Andiamo, Buffy. Non hai neanche voluto provarci. Marco ti adorava, e tu hai rovinato tutto! Non puoi fare così ogni volta che- “
“ Marco non era Spike, Dawn. “
Devo averlo detto con un tono che era anche oltre la tristezza, perché Dawn si rabbuia all’istante e mi stringe la mano.
“ Mi dispiace, Buffy. Ma devi accettarlo. Non puoi continuando a vivere sperando che lui arrivi, perché lui non…”
“ Non dirlo, Dawn. “ mi alzo di scatto dalla sedia, afferro la borsa e apro la porta d’ingresso, stringendo convulsamente le chiavi di casa. “ Non dirlo, perché lui verrà.
Anche attraverso la porta blindata riesco a sentire l’attutito grido di mia sorella.
“ Lui non verrà mai, Buffy! “
È curioso come io riesca a trasformare una mattina allegra in una giornata triste.

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Capitolo 2
*** 2. Birthday present ***


Capitolo 2 – Birthday present

 

È il mio compleanno. Dovrei essere felice, ma è sempre la stessa storia. Devo fingere. Mi domando cosa succederebbe se un giorno mostrassi davvero quello che provo.

In realtà, mi sento solo più vecchia, specialmente quando guardo Dawn. Più che sua sorella mi sento sua madre.

Come tutte le mattine stiamo facendo colazione e come tutte le mattine il mio inconscio mi avverte che probabilmente Dawn rovescerà il latte, ma stamattina mia sorella è stranamente sveglia. Se mi ha preparato una festa giuro sulla mia tomba che l’impicco. Da due anni a questa parte non amo particolarmente festeggiare il mio compleanno. Chissà perché…

Sto per tuffare la mia brioche al cioccolato nel latte quando noto una busta sotto la tazza. Guardo interrogativamente Dawn, che mi risponde con uno sguardo eccitato ed impaziente.

“ Dai, aprila! “

Sospiro, aprendo la busta. Quando mi ritrovo in mano un biglietto aereo sento quasi la mascella cadere sul tavolo.

Dawn rimbalza sulla sedia e applaude istericamente, sogghignando come una iena. “ È per Los Angeles. Dici sempre che non riesci ad andare avanti e io penso sia perché devi ancora chiudere i conti con il tuo passato, così te ne ho – beh, abbiamo – dato la possibilità. Anche Andrew ha contribuito a comprare il biglietto. “

Senza accorgermene, ho le lacrime agli occhi. “ Io…io non so cosa dire, Dawn. “

Mia sorella mi sorride, ed è uno dei sorrisi più belli che le abbia mai visto fare. “ Di’ solo che andrai a Sunnydale e che ti darai pace. Che riuscirai ad andare avanti. Anche lui l’avrebbe voluto. Più di ogni altra cosa. “

Le lacrime prendono a scorrere sulle mie guance. Dio, mi sento così stupida. Come una ragazzina in piena crisi ormonale. “ Lo farò, Dawn. Grazie. “

La abbraccio forte. Forse questo compleanno non sarà così brutto come mi aspettavo.

 

 

Sono all’aeroporto di Roma. Dawn non ha fatto altro che lamentarsi del fatto che ho messo in valigia praticamente tutto l’armadio, ma posso vedere il sogghigno che ha stampato in faccia. Sembra quasi dire ‘mia sorella sarà fuori di casa e io potrò fare tanto sesso’. Ma che schifo.

Prima di salire sull’aereo Andrew, in un impeto di commozione, mi abbraccia e poi lancia sguardi furtivi a Dawn. Mi sembra quasi che quei due sappiamo qualcosa di cui non sono al corrente, ma quando l’altoparlante chiama il mio volo le mie mani tremano e il mio cuore batte troppo veloce per poterci fare caso.

Mi agito sulla poltrona per tutta la durata del volo e durante lo scalo a Barcellona consumo un intero pacchetto di chewing gum per calmare i nervi. Anche se durante il volo Barcellona – Los Angeles l’effetto narcolessico che l’aereo ha su di me rientra in azione, il mio sonno è costellato di incubi. Sognare un demone verde e blu che ti mangia i piedi non è esattamente ciò che io definirei rilassante.

Arrivo a Los Angeles più o meno alle dieci di sera, e sono distrutta. Prendo una stanza in un piccolo motel vicino all’aeroporto e mi addormento non appena la testa sfiora il cuscino. E sogno. Sogno il cratere di Sunnydale e il cartello di benvenuto, che diventano sempre più piccoli e sfocati man mano che mi avvicino. Mi sveglio con uno strano senso di angoscia addosso e una morsa secca che mi stringe la gola.

Verso mezzogiorno, dopo aver caricato tutte le mie (numerose) valigie sul taxi decido di partire alla volta di Sunnydale. Il taxista è di poche parole, anche se quando gli dico la mia destinazione si meraviglia non poco, e gliene sono davvero grata. Devo pensare a ciò che sto per affrontare.

Sono spaventata. Ed eccitata. E nervosa. Non so se troverò ciò che cerco, ma in realtà non so nemmeno cosa sto cercando esattamente. Forse voglio solo una conferma del fatto che davvero Sunnydale non esista più.

Due ore dopo, il taxi si ferma vicino al bordo del cratere. Cammino piano verso l’enorme buco che si è mangiato la mia città e il mio amore e ci guardo dentro. Il mio sguardo si sofferma sul cartello di benvenuto e ricordo con malinconia tutte le volte che Spike…

Un momento. Il cartello di benvenuto.

Benvenuti a Sunnydale. Godetevi la visita!

Il cartello era caduto dentro il cratere, me lo ricordo bene. L’avevo guardato mentre cadeva lentamente ed avevo sorriso all’ironia. Ma adesso il cartello è qui, ammaccato ma solidamente piantato nel terreno.

E sotto il Benvenuti a Sunnydale –Godetevi la visita! c’è una scritta nera, più piccola e sbiadita, ma ancora leggibile.

Sono a Los Angeles.





Vorrei ringraziare di cuore Melanyholland e lisachan per le recensioni, mi ha fatto molto piacere ricevere i vostri pareri. Mi raccomando, fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo.
Baci,
Cleo.

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Capitolo 3
*** 3. Follow the message ***


Capitolo 3 – Follow the message

 

Tutto ciò è molto, molto strano. Ed io ne ho viste molte, di cose strane.

Il taxista scende dall’auto e guarda interrogativamente prima me e poi il cartello, grattandosi la pelata, confuso.

Mille domande vorticano furiosamente nella mia testa e vorrei tanto porle a qualcuno, ricevere una qualunque risposta, un segno che mi indichi che non mi sto immaginando tutto…

“ Se non fosse impossibile penserei quasi che il messaggio sia per lei. “

Lo guardo piena di speranza, deglutendo.

“ Lei abitava qui, signorina? “

Annuisco, senza riuscire a spiaccicare parola.

“ Ed ha perso qualcuno di caro qui? “

Annuisco di nuovo, guardando con sguardo vacuo il cartello.

“ Senta, io non credo molto a queste cose, ma…”

“ Ma cosa? “

L’uomo mi guarda intimorito e si gratta ancora la testa. “ Deve ammettere che questo è strano. “

Sorrido. “ Sì, lo è. “

Il taxista da’ un calcetto al cartello, che non traballa nemmeno. “ Sa cosa farei se fossi in lei? “

“ Cosa farebbe? “

Sorride e si rimette il cappellino da baseball sulla pelata. “ Io seguirei il messaggio. “

 

Io seguirei il messaggio.

E così ho fatto. Ho seguito il messaggio. Sono risalita sul taxi e mi sono fatta scaricare a Los Angeles, davanti alla sede principale della Wolfram&Hart. Sospiro guardando le mie valigie strapiene. Mi sembrano così inutili, adesso…

Sospiro di nuovo. So che questo ad Angel non piacerà. Farà di tutto per convincermi che quel messaggio non era reale e che Spike non è qui, ma io devo sapere. Devo sapere se quel messaggio era reale ed era per me, se quelle forze oscure che mi hanno tanto ostacolato in questi anni per una volta sono dalla mia parte…

Mi faccio coraggio ed entro nel palazzo. C’è gente che corre di qua e di là, impugnando pratiche sicuramente importantissime e litigando al telefono, ed io mi sento intimorita e piccola.

Trascino stancamente i miei bagagli attraverso la hall e appoggio un braccio sul bancone della reception.

“ Scusi, io…”

Le parole mi muoiono in bocca quando vedo la testa ossigenata di Harmony fare capolino.

“ Buffy?! “

Scuoto la testa. Se prendono anche Harmony come segretaria significa che c’è speranza per tutti, in questo mondo. Insomma, Harmony. C’è qualcuno più stupido di lei?

“ Sì, sì, ciao. Senti, ho bisogno di parlare con Angel. “

“ È in riunione. “

Potrei anche allungare una mano e fare a pezzi quel suo faccino arrogante, ma decido di mantenere la calma. Non è per picchiare a sangue Harmony che sono a Los Angeles.

“ È importante, Harmony. Davvero, davvero importante. “

Sospirando e roteando gli occhi, la stupida svampita si decide a premere il tasto dell’interfono, facendo però sembrare che le costi un’infinita fatica.

“ Capo, c’è qui Buffy che ha urgente bisogno di te. “

Arrivo. In questo momento mi sembra la parola più bella del mondo.

 

Angel esce dalla sala riunioni e mi corre incontro. Mi abbraccia stretto e un sorriso mi affiora spontaneo sul volto, capendo che i suoi abbracci non hanno più il significato di cui erano pieni appena qualche anno fa.

Mi sciolgo lentamente dalla sua stretta e gli sorrido, mentre lui mi guarda con gli occhi pieni di speranza.

Forse spera che io sia qui per offrirgli il mio delizioso biscotto. Dio, è deprimente che dopo un anno io mi ostini ad usare ancora l’analogia del biscotto.

“ A cosa devo la tua visita? “

Gli sorrido, poggiando a terra il mio bagaglio. “ Mi serve il tuo aiuto. “

“ Tutto quello che vuoi. “ risponde, sorridendomi di rimando. Improvvisamente, strabuzza gli occhi fissando qualcosa o qualcuno dietro di me e mi afferra per un braccio. “ Ma forse è meglio andare a parlarne da qualche altra parte, non credi? “

Lo guardo interrogativamente e anche un po’ arrabbiata. “ Angel, ma…”

“ Ehi, Peaches! “

Non può essere. Semplicemente non può essere vero. Angel me l’avrebbe detto. Chiunque me l’avrebbe detto. Lui non è qui. Ripeti con me, Buffy. Stai avendo le allucinazione uditive. Sto avendo le allucinazioni uditive.

In barba alla mia vocina interiore che mi mormora di essere totalmente in negazione, mi giro lentamente verso la direzione da cui viene – o credo che venga – la voce, con il cuore che batte a mille e le mani tremanti come quelle di un malato di Parkinson.

Lo vedo, ma non riesco a guardarlo. La vista continua ad offuscarsi e anche sbattendo le palpebre non riesco a schiarirmi la visuale. Solo quando piccole gocce iniziano a bagnarmi la maglietta capisco di stare piangendo.

Non sono lacrime di commozione, o di gioia. Sono lacrime di rabbia che non riesco in alcun modo ad arginare.

Perché non me l’hai detto?

Nella mia voce c’è il furore, la rabbia più pura. Tutta la gioia per la mia visita sembra sparita dal viso di Angel.

“ Buffy, io…”

“ Ti ho chiesto perché non me l’hai detto. “ Lo guardo freddamente e gli tiro un sonoro schiaffo sulla guancia, mormorando. “ Era per il mio bene anche questo? Lo sapevi. Sapevi quanto stavo male e nonostante tutto non me l’hai detto. Dio, Angel. “

Mi avvicino a Spike lentamente. Un sorriso affiora sul suo volto e fa un passo avanti, pronto ad abbracciarmi.

So che il naso è il punto dove i pugni gli fanno più male.

“ Per l’inferno maledetto, donna! “ esclama, tenendosi con le mani il naso sanguinante.

Per l’inferno maledetto, donna! “ gli faccio il verso, continuando a piangere. Neanche in compagnia del gelato al cioccolato ho mai pianto così tanto. “ Io ti odio! Eri qui e non mi hai detto niente! Non sei venuto da me, non hai…”

Tutto questo è troppo. Cado a terra, piangendo, e schiaffeggio la mano che cerca di stringermi.

I pianti, Dawn, il biglietto aereo, il cartello di benvenuto. Tutto per portarmi da un uomo – un vampiro – che non mi vuole più.

Lui avrebbe chiamato, lo sai.

“ Buffy…”

Odio lui, e odio anche me, perché la sua voce è ancora in grado di farmi tremare dentro.

Buffy un cazzo! Me ne vado, d’accordo? Scusate per il disturbo! “

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Capitolo 4
*** 4. Buffy is cooked ***


 

Capitolo 4 – Buffy is cooked

 

Facendo finta che i bagagli, Angel e Spike non mi interessino più, corro fuori dalla Wolfram&Hart e continuo a correre anche in strada. Corro finché non sento il fiato spezzarsi e le gambe cedere, e solo allora mi concedo di fermarmi ed appoggiarmi ad un muro grigio.

Piango ancora, nonostante io voglia smettere con tutta la mia anima.

Buffy è cotta. Buffy è un biscotto, ormai. Buffy credeva di poter essere mangiata quando voleva lei, ma adesso a chi avrebbe dovuto mangiarla i biscotti non piacciono più. E a Buffy non resta altro che ammuffire.

Voglio tornare a casa. Voglio tornare a Roma. Voglio sedermi sul divano blu come i suoi occhi, mangiare gelato al cioccolato e ricordare piangendo quanto Spike mi amava. Ricordare i baci, le risate, i discorsi, il fare l’amore. Voglio ricordare e fare finta che tutto questo non sia mai avvenuto.

“ Buffy! “

Perché continuo a sperare? Perché sono sempre così stupida da pensare di poter essere finalmente felice?

È destino della Cacciatrice essere sola. E anche se non sono più l’unica Cacciatrice, questa regola vale ancora.

“ Buffy! “

La voce è più vicina. Chiudo gli occhi e li stringo forte.

Sono a Roma, a casa mia. Dawn sta facendo i compiti sul tavolo della cucina ed io sono seduta sul divano blu che ho scelto senza neanche pensare. Lui non è vivo e, se lo fosse, mi avrebbe chiamato.

All’improvviso due braccia forti mi stringono e non posso far altro che aggrapparmi a lui, singhiozzando e stringendo forte gli occhi. Fa male. Oh, Spike, fa così male.

“ Sono qui, Buffy, sono qui…” mi sussurra in un orecchio ed io mi sento morire e rinascere allo stesso tempo.

Scivoliamo lentamente seduti sul marciapiede lurido, mentre io continuo a piangere e lui mi stringe e mi bacia dolcemente i capelli.

Vorrei picchiarlo. Vorrei fargli male, quasi quanto lui ne ha fatto a me. Vorrei fargli assaggiare il suo stesso sangue, e ancora non ne sarei contenta. Vorrei ucciderlo. Vorrei baciarlo.

Apro lentamente gli occhi e lo guardo. Riesco a leggere tante cose nel suo sguardo bagnato. Commozione, tristezza, disperazione. Amore.

È davvero qui. Gli accarezzo il viso, soffermandomi sugli zigomi affilati e sulle labbra piene. È qui.

“ Ti amo, Spike. “

La prima e ultima volta che gli ho detto queste parole lui è morto. Mi aggrappo a lui, sperando che stavolta resti con me.

 

Siamo nel suo appartamento, seduti al tavolo della cucina. Lui sorseggia una birra, mentre io mi rigiro tra le mani il semplice bicchiere d’acqua che gli ho chiesto.
Ci sarebbero ancora tante cose da dire, ma sono ancora troppo arrabbiata per farlo.

“ Allora non sei qui per Peaches. “

Lo guardo dritto negli occhi, sostenendo duramente il suo sguardo così impassibilmente blu.

“ No. “

Getta la bottiglia di birra dentro il lavello. “ Bene. “

Non resisto più. Non ce la faccio. Devo chiederglielo. “ Perché non sei venuto da me? “

Spike sorride amaramente, abbassando gli occhi sul tavolo. “ I motivi sono troppi per spiegarteli tutti, pet. “

“ Credevi che non mi mancassi? “ la mia voce trema come il mio mento. Perché deve essere così? Sempre così difficile e duro…

“ Ho pensato semplicemente che stessi meglio senza di me. A proposito, come sta Briciola? “

Probabilmente dovrei prenderla con calma. Parlargli, spiegare. Chiarire. Ma non posso. Non con lui che mi guarda in questo modo.

Mi alzo in piedi e sbatto sonoramente le mani sul tavolo. Con mio grande piacere, Spike sobbalza.

“Dawn sta bene! Benissimo! Ed io? Io come credi che stia? Oh, sto benissimo! Senza te sto b-e-n-i-s-s-i-m-o! E anche tu senza di me te la cavi egregiamente, vedo! “ Anche Spike si alza in piedi. Ed inizia ad urlare.

“ Bene! BENE! Sai una cosa, sono contento di non esserti venuto a cercare, dato che l’unico modo che conosci per comunicare con me è urlare e insultarmi! “

“ Tu sei…sei…Dio, non trovo neanche la parola! Io…io voglio solo sapere perché non sei venuto da me! E non dirmi che pensavi che io sarei stata meglio senza di te! Non sei tipo da- “

Perché il mio sacrificio avrebbe perso valore ai tuoi occhi! “

Sento le lacrime pungere di nuovo per uscire. Come può aver pensato questo? Come può aver creduto che non l’avrei più amato?

“ Tu sei un imbecille! Io…io…io ti amo così tanto…”

Devo aver sussurato, perché il suono delle mie parole è quasi inudibile alle mie stesse orecchie.

Ci guardiamo intensamente negli occhi e in un secondo annulliamo le distanze, avvinghiandoci come due adolescenti.

“ Tu…sei…un…idiota.” Mormoro fra i baci.
Lui sorride, appoggiando la sua fronte alla mia. “ Allora siamo in due. “

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Capitolo 5
*** Epilogo - Dieci anni dopo ***


Epilogo – Dieci anni dopo

 

“ Sei sicura? “

Mi guarda incerto ed io sbuffo per l’ennesima volta.

“ Te lo devo dire ancora, Spike? Sì, sono sicura. “

Il mio vampiro respira affannosamente. So che lo vuole, ma so anche che non vuole farmi del male. Sorrido e mi scopro il collo.

“ Sto invecchiando, Spike “ gli confesso, seria “ Non voglio guardarmi invecchiare e diventare rinsecchita e brutta, mentre tu rimani giovane e bello. Voglio essere come te. Con te. In tutti i modi possibili. “

Appoggia le labbra sul mio collo e un brivido mi percorre la schiena, mentre chiudo gli occhi.

“ Non importa, Buffy. Ti amerò anche se sarai vecchia e rugosa, lo sai. “

Senza parlare, lo guardo negli occhi ora ambrati e gli sospingo il viso sul mio collo. “ Voglio essere tua anche in questo modo, Spike. “

Lo sento soffiare sulla pelle sensibile del mio collo e vengo scossa da un altro brivido. Mi mordicchia gentilmente ed io gemo incoerentemente.

“ Ti amo, Buffy. “

Lui sorride e poi affonda i denti nella mia pelle, conducendomi verso l’oblio.

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