You stole my heart

di Symphoniies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il professor Bollore. ***
Capitolo 2: *** Miosodite. ***
Capitolo 3: *** In time. ***
Capitolo 4: *** I've got the power. ***
Capitolo 5: *** Strike! ***
Capitolo 6: *** Romeo e Giulietta. ***
Capitolo 7: *** La ruota panoramica. ***
Capitolo 8: *** Let it snow. ***
Capitolo 9: *** Thè al lampone. ***
Capitolo 10: *** Tutto a me ti guida. ***
Capitolo 11: *** Silent night. ***
Capitolo 12: *** This love. ***
Capitolo 13: *** Follia di capodanno. ***
Capitolo 14: *** After. ***
Capitolo 15: *** The flower duet. ***
Capitolo 16: *** Muscovite. ***
Capitolo 17: *** I tre porcellini. ***
Capitolo 18: *** Non diventerò anoressica, mangerò solo un po di meno. ***
Capitolo 19: *** Save you. ***
Capitolo 20: *** Un bacio rubato. ***
Capitolo 21: *** What's the point in saying you love me like a friend? ***
Capitolo 22: *** The power of love. ***
Capitolo 23: *** San Valentino. ***
Capitolo 24: *** The phantom of the opera, parte I. ***
Capitolo 25: *** The phantom of the opera, parte II. ***
Capitolo 26: *** Buon compleanno, Rosie Posie. ***
Capitolo 27: *** A cuccia, Carolina! ***
Capitolo 28: *** Come into my world. ***
Capitolo 29: *** And I love you. ***
Capitolo 30: *** Fall again. ***
Capitolo 31: *** Legami di sangue. ***
Capitolo 32: *** Blood of my blood, parte I. ***
Capitolo 33: *** Blood of my blood, parte II. ***
Capitolo 34: *** Un thè con papà. ***
Capitolo 35: *** Hict et nunc. ***
Capitolo 36: *** Somerhalder's family. ***
Capitolo 37: *** Stabilization. ***
Capitolo 38: *** Il ballo delle debuttanti. ***
Capitolo 39: *** Quando l'incanto finisce. ***
Capitolo 40: *** Frullato al mirtillo. ***
Capitolo 41: *** Graduation. ***
Capitolo 42: *** Le pagine della nostra vita. ***



Capitolo 1
*** Il professor Bollore. ***


IL PROFESSOR BOLLORE
-Capitolo uno-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“E tu?”
“Io cosa?”Chiedo ridacchiando e facendo passare la mia mano destra dietro il suo collo,per iniziare a giocherellare con i suoi capelli.
“Tu cosa vuoi dalla vita?”
“Io voglio te..”
Mi guarda con uno sguardo intenso,capace di far capitolare ai suoi piedi qualunque donna presente sulla faccia della terra,compresa me.
Sto per avvicinarmi al suo viso.
Voglio baciarlo.
Lui però mi prende una mano e mi fa girare su me stessa, “Devo andare..”
“No..”Dico,sporgendo il labbro inferiore,per assumere la tipica espressione da cane bastonato, “Perché proprio ora..?”
“Perché ormai è l’alba..”Mi fa notare lui,girando il viso verso la finestra spalancata,per osservare il cielo che si sta tingendo di rosso.
“Quando ci potremmo rivedere?”Chiedo,impaziente di scoprire quando avrei potuto bearmi ancora della sua compagnia.
“Presto..”Risponde lui,prendendomi entrambe le mani, “Molto presto..”
Si stacca da me e si avvicina alla porta della mia stanza.
Io lo seguo; non voglio lasciarlo andare.
“Arrivederci,regina Maria Antonietta..”Dice lui,prendendomi la mano destra e avvicinandola alle sue labbra,per poi sfiorami la pelle.
“Arrivederci,conte Hans Axel von Fersen..”Dico io,con sorriso malizioso.
Lui esce dalla stanza  e io mi butto sul letto a baldacchino,felice.
Conte Fersen,conte Fersen,continuo a pensare.
 
“Mh,conte Fersen..”Sussurrò Rosalyn,girandosi su un fianco,abbracciando il cuscino e strofinandogli sopra la guancia.
Si rigirò un'altra volta,sempre dallo stesso lato,finendo così per sfracellarsi al suolo,portandosi dietro le coperte e il cuscino che,in qualche modo,attutì la caduta.
“Cazzo!”Esclamò la ragazza,con la bocca impastata dal sonno.
Cercando di non inciampare,si alzò e si mise a sedere sul letto.
Si stiracchiò e poi si stropicciò un po gli occhi.
Quando li riaprì,la sua attenzione  fu catturata dalla sveglia posta sul comodino affiancato al letto.
7.50
No,non era possibile.
Rose prese il cellulare posto non troppo distante dalla sveglia.
Anche questo segnava le 7.50.
Era in un fottuto ritardo.
Velocemente si vestì.
Prese un paio di jeans abbandonati sulla sedia della scrivania una settimana fa,dal grigio un po sbiadito e pieni di tagli,una canottiera nera e una felpa bianca.
A grandi passi si diresse in bagno.
Arrivata davanti allo specchio,quasi le venne un infarto e si pentì di non essersi struccata la sera precedente.
“Sembro un panda che ha appena ricevuto un pugno..”Borbottò tra sé e sé.
Con i muscoli ancora rilassati per il sonno,allungò una mano verso il mobiletto posto vicino al lavandino,prese lo struccante e iniziò a pulirsi la faccia.
“Accidenti,questo eye-liner non si vuole togliere..”Disse,mettendoci più forza nello strofinare il batuffolo di cotone impregnato di latte detergente.
Quando ebbe finito,guardò il risultato.
Mh,bene,ora sembro una fattona.’
Rassegnata ormai al fatto di non potersi truccare come ogni mattina,prese il correttore e se ne mise un po sotto gli occhi,giusto per coprire le occhiaie e poi si mise un po mascara.
“Mamma?!”Urlò,uscendo da bagno per tornare in camera a prendere lo zaino.
Nessuna risposta.
“Mamma?!”Urlò di nuovo.
Roteò gli occhi al cielo.
“Mamma,si può sapere perché non mi hai svegliato?”Chiese Rose,entrando nella camera della madre, “Lo sai benissimo che ho la sveglia rotta da una settimana e non posso usare quella del cellulare perché non la sento..”Disse,mettendosi entrambe le mani sui fianchi.
La stanza era immersa nel buio più profondo,ma la giovane poté benissimo vedere qualcosa muoversi sotto le lenzuola e la testa di sua madre sbucare dalla parte opposta del letto,dove di solito stanno i piedi.
“Mh,che ore sono?”Chiese,sbadigliando.
Rosalyn prese il cellulare, “Le otto. Dai,sbrigati,se no non arrivo più a scuola!”
“Ok,tesoro,dammi cinque minuti..”
“Non abbiamo cinque minuti mamma!”Esclamò esasperata la ragazza, “Senti,lascia stare,ci vado a piedi. Ci vediamo questa sera..”
La donna annuì e poi sprofondò nel sonno.
Rose prese le chiavi di casa poste sul tavolino di legno vicino all’entrata e poi,prima di correre fuori si diede un’ultima occhiata allo specchio.
I lunghi capelli lisci e castani che ormai le arrivavano a una spanna sopra al sedere erano un po scompigliati,le labbra sottili secche come al solito e gli occhi castano chiaro belli svegli.
Per sua fortuna,o sfortuna,non aveva ancora capito bene,non abitava troppo distante dalla scuola.
Uscita di casa,si apprestò a saltare i quattro gradini che dividevano la veranda dal vialetto e poi si fiondò fuori dal giardino,distruggendo quasi il cancelletto di ferro tanta era la forza che aveva usato per aprirlo.
Mentre si apprestava a raggiungere il carcere minorile,detto anche istituto delle torture,ma chiamato comunemente scuola,il suo pensiero non poté non andare a suo padre e a come sarebbe potuta essere la sua vita se lui ne avesse fatto parte.
Infatti,lei non l’aveva mai conosciuto.
Sua madre,Cristyn,era rimasta incinta di lei quando aveva solo diciassette anni.
Suo padre,da quello che le aveva raccontato,non era stato molto felice di questa notizia,ma aveva comunque accetto di sposarla.
Purtroppo però,prima della sua nascita,i due si erano lasciati definitivamente e suo padre,di cui non sapeva neanche il nome,visto che sua madre cercava sempre di evitare il discorso,aveva lasciato la città per dirigersi a New York,in quanto,ragazzo molto ambizioso,sognava di poter insegnare diritto ed economia in una scuola prestigiosa.
La giovane un po lo capiva,anche a lei succedeva di voler lasciare Harmony,città della contea di Beaver,Pennsylvania,dove era nata e stava lentamente crescendo,ma poi il pensiero di lasciare tutti quelli che conosceva,con cui aveva passato l’infanzia,di lasciare le persone che l’avevo vista crescere,a cui voleva bene,le facevano passare quella voglia irrefrenabile abbandonare il “nido”.
Però non poteva non chiedersi come sarebbe stata la sua vita con lui.
Forse sua madre non si sarebbe tuffata a capofitto nel suo lavoro da manager che,sì,fruttava molti soldi,ma che aveva rovinato il loro rapporto.
Forse lei non sarebbe stata così timida con tutti.
Forse non avrebbe imparato ad allontanare le persone per evitare di affezionarsi a loro e non soffrire il giorno in cui se ne sarebbero andate.
Forse tutto sarebbe stato diverso.
LEI sarebbe stata una persona diversa.
Arrivata davanti all’entrata della scuola,Rosalyn vide la sua migliore amica Cher,che non sembrava affatto contenta per il suo ennesimo ritardo.
Stava per parlare ma questa la interruppe con un gesto della mano.
“Non voglio sentirti..”Disse la ragazza,girandosi e entrando a scuola.
“Dai,Cher,questa volta ho una scusa valida!”Esclamò Rose,alzando al voce per sovrastare il casino che gli studenti stavano facendo nei corridoi.
“Anche quella di ieri doveva essere una scusa valida. Navicella aliena,se non ricordo male. Questa volta che ti è successo? Sei stata morsa da un vampiro? Un licantropo ti ha tagliato la strada mentre correvi a scuola?”Chiese,con tono arrabbiato,dirigendosi verso il suo armadietto.
“Mh,no..”Disse,grattandosi la testa, “Non mi è suonata la sveglia. Lo so che sembra una scusa,ma giuro che non lo è. E’ tutta settimana che non mi suona e mia madre,non solo non si decide a comprarmi una nuova sveglia,ma si dimentica persino di chiamarmi..”
“E’ ancora presa con il lavoro?”Chiese Cher,addolcendosi,segno che ora non era più arrabbiata,scostandosi una ciocca dei lunghi capelli castani,dietro l’orecchio destro.
“Si. Non vedo l’ora che chiuda questo affare,giusto per tornare alla normalità..”
Con normalità la ragazza intendeva il fatto che sua madre stesse tutta la settimana a New York,poi,nei week-end tonasse in città,giusto per fingere di fare la mamma e prendersi cura di lei.
Quando,invece,doveva trattare qualche affare importante,Cristyn,se ne tornava a casa e si chiudeva in camera sua,rimanendo al computer anche per dodici ore di fila,perché,stando a quello che le aveva ripetuto più volte alla domanda: “Mamma,ma se è così importante questo affare,perché non stai a New York? Li ci sono i tuoi assistenti che ti possono aiutare e alleggerirti il lavoro”,se il lavoro voleva essere svolto come diceva lei,avrebbe dovuto occuparsene da sola e,stare a casa,la rilassava.
Bè,di certo non lo faceva per vederla o passare più tempo con lei.
“Sono sicura che accadrà presto..”Disse l’amica,chiudendo l’armadietto e iniziando a fissare un punto indefinito oltre le sue spalle.
Rose corrugò la fronte,girandosi e cercando di capire a chi,Cher,stesse sorridendo come un ebete.
Il suo sguardo andò a posarsi su Dean Geller.
La giovane roteò gli occhi.
Dean giocava a baseball,sport amato nella loro piccola cittadina.
L’amica ne era segretamente cotta della prima superiore,ma non aveva mai avuto il coraggio di parlarci,anche se frequentavano matematica e chimica insieme.
In effetti,tutte le ragazze della scuola erano perdutamente innamorate di lui.
Bè,tutte tranne lei che,invece,era stata catturata dal fascino di suo cugino,Robert Collins,a cui era molto legata,in quanto,sua madre le aveva fatto da baby sitter fin da piccola.
Certo,non poteva dire di essersi innamorata di lui,però una bella cotterella se l’era presa. Ma,più che bisticciare e fingere di flirtare non facevano e,in più,a scuola non si parlavano molto.
No,di certo lui non era il suo conte Fersen.
“Cher,posso sapere perché non ci hai ancora parlato?”
“Mh? Cosa intendi?”Chiese l’amica,tornando a fissarla.
“Bè,sai,quando due persone si avvicinano e iniziano a chiacchierare..”La prese in girò.
“Scema,lo so che vuol dire parlare. E poi non è vero che non ci ho mai parlato..”Disse,indignata Cher.
“Cher,un 'grazie',dopo avergli passato la maionese al McDonald non vale..”
“B-bè,almeno è un inizio..”
Rosalyn si avvicinò all’amica,facendole passe poi un braccio intorno alle spalle, “Qui urge un mio intervento..”
“No,no,NO!”Replicò l’altra.
Le due si incamminarono verso l’aula di matematica.
“Come no? Non ti fidi della tua migliore amica?”
“Esatto..”
“Così mi offendi,eh!”Disse la ragazza,fingendo di mettere il broncio.
“Oh,non prenderla sul personale..”Disse Cher,ridendo,stampando un bacio sulla guancia all’amica.
“U-uh,abbiamo una nuova coppia!”Disse un vocina alle loro spalle.
Le due si girarono.
Sapevano benissimo a chi apparteneva quella voce,simile al suono delle unghie sulla lavagna.
“Ciao Caitlin..”Disse Rose,forzando un sorriso.
Caitlin Perry,una delle ragazze più popolari della scuola e anche una delle più belle.
Capelli lunghi e mossi,labbra carnose,occhi azzurri,carnagione olivastra e un fisico da modella naturalmente.
All’asilo,accidentalmente,lei e Cher le avevano riempito i capelli di pongo. Da quel momento il suo  unico scopo della vita è quello di umiliarle.
“A quando il matrimonio?”Chiese Caitlin.
“Non cedo sia fatti tuoi..”Rispose Cher.
Ecco,una delle cose che la distingueva dall’amica,era il fatto che lei non aveva peli sulla lingua.
Se doveva dire qualcosa lo diceva,senza farsi troppi problemi.
“Sai cosa potrei farti vero,Cherì?”Domandò la biondina,facendo un passo avanti.
“Parole,parlole,soltanto parole. E il mio nome è CHER! Ci conosciamo dalla prima asilo e ancora non hai imparato? Sei proprio un’oca!”
“Scusa,mi hai appena dato dell’oca?!”
“Sì..”Rispose Cher.
“No..”Disse Rose,insieme all’amica, “Forse è meglio andare..”
“Brave,scappate..”Urlò Caitlin,una volte che le ragazze si furono allontanate.
“Perché mi hai portato via? Potevo distruggerla,farla a pezzettini e appendere la sua testa in camera mia come trofeo..”
“Perché non ne vale la pena,Cher..”
“Oh,Rose,tu sei troppo buona. Prima o poi questa cosa ti si ritorcerà contro..”
La giovane sorrise ed entrò in classe,dove alcuni studenti avevano già occupato dei posti.
Rosalyn si sedette in prima fila.
“Rose,che fai? Non ci sediamo MAI in prima fila quando c’è matematica..”Disse l’amica,confusa.
“Bè,oggi abbiamo supplenza..”
“E all..?”La ragazza si bloccò,vedendo entrare dalla porta il professore che sostituiva il signor Farrel.
Cher si sedette,trattenendo una risata.
Rose sospirò,poggiando poi il mento sulla guancia,assumendo un’espressione strana,un misto tra un pesce lesso e una persona in preda ad un attacco epilettico.
Gli mancava solo la bava alla bocca.
E come non sbavare davanti a contata bellezza?
Il prof posò la ventiquattrore sulla cattedra,nel momento esatto in cui la campanella iniziò a squillare e altri studenti entrarono nella porta.
Si avvicinò alla lavagna e poi scrisse il suo nome.
Ian Somerhalder’,lesse la ragazza.
Signora Somerhalder.
Rosalyn Somerhalder.
Oh,suona meravigliosamente.
“Salve ragazzi..”Disse Ian,girandosi verso gli studenti,sorridendo.
Rosalyn si sentì sciogliere e il cuore battere all’impazzata.
Oh,quel sorriso’,pensò, ‘quanto vorrei che fosse solo per me’.
“Io sono il professor Somerhalder. Molti di voi mi conoscono perché insegno storia e solo l’aiutante della professoressa Jones,che insegna educazione fisica. Per un breve periodo di tempo,comunque,ricoprirò anche il ruolo di insegnate di matematica,visto che il signor Farrel è a casa in malattia. Spero che vi troverete bene e,se avete qualche domanda,non esitate a chiedere..”
Possiamo sposarci?
Cher le diede una gomitata.
“Ahio!”Disse,a bassa voce,massaggiandosi il braccio destro, “Perché l’hai fatto?”
“Lo stavi guardando come di solito guardi le ciambelle al cioccolato..”
La giovane roteò gli occhi e poi riportò la sua attenzione sul prof.
Somerhalder era meglio di qualsiasi ciambella al mondo.
Con i suoi occhi azzurri,simili al ghiaccio,i capelli corvini portati spettinati,il suo sorriso perfetto,le labbra sottili e la piccola cicatrice sul mento,poteva essere benissimo scambiato per un modello o per Eros,il Dio dell’amore.
“Bene,iniziamo la lezione..”Disse lui.
Cher le diede ancora una gomitata,questa volta meno forte.
Rosalyn si girò verso di lei e l’amica le passò un foglietto.
*Che ne dici di trovare un bel soprannome al nostro prof?*
*Dico che ci stò!*
*Allora,hai già qualcosa in mente?*
*Potremmo giocare con il suo cognome..*
*Mh,quindi,una cosa tipo,Somerhotter?*
*Ahahah,sì,esatto! Oppure Sexyhalder*
*Fantastico!*
*E se lo chiamassimo professor stranamore?*
*Tipo Derek in Grey’s anatomy?*
*Sì! Oppure il professor bollore!*
Le due ragazze si guardarono,cercando d trattenere una risata.
Annoiata,la ragazza girò il viso verso le finestre,iniziando a osservare svogliatamente il paesaggio al di fuori di esse.
Chiuse gli occhi e il ricordo del sogno fatto quella notte le invase la mente.
Maria Antonietta.
Aveva sognato di essere Maria Antonietta,il suo idolo.
E il conte Fersen..oh,il conte Fersen era il professor stranamore!
Sospirò,diventando improvvisamente triste.
Sapeva benissimo che quello era e rimaneva solo un sogno.
Non solo perché Ian era il suo professore,un uomo di 34 anni,ma anche perché lui non si sarebbe mai accorto di lei.
Non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti.
Ancora poteva ricordarsi il suo cuore fermarsi nel momento stesso in cui,all’inzio della scuola,si era presentato come nuovo insegnate di storia,la sua materia preferita per lo più.
“Hey..”Le sussurrò Cher,all’orecchio.
Rose sussultò, “Che c’è?”
“Matt ti sta fissando,di nuovo”
La giovane corrugò la fronte e poi si girò,incontrando gli occhi color caramello di Matt Reed,il suo compagno di arti visive.
Lui le sorrise e lei ricambiò timidamente.
“Rose e Matt,seduti sotto un albero..”Canticchiò l’amica,cercando di non farsi sentire dal prof.
Rosalyn le buttò un’occhiataccia e lei,per tutta risposta,fece la sua solita faccia da angioletto con l’aureola.
Sì,un angelo con corna e forcone’
Lei e Matt era solo buoni amici,tutto qui.
Sapeva che lui voleva qualcosa in più,ma la ragazza lo vedeva solo come..come un fratello maggiore che non aveva mai avuto.
Cher la prendeva sempre in giro,dicendole che le mancava il gene HO-UN-BISOGNO-DISPERATO-DI-UN-RAGAZZO,ma la verità era un’altra. Semplicemente,non aveva conosciuto nessuno che avesse quella cosa in più,dal quale si sentisse attratta,sia fisicamente che caratterialmente.
Forse aveva delle aspettative troppo alte.
Tutta colpa della Disney e dei libri’
E’ solo che..che lei sognava le ginocchia tremanti,il cuore in gola,le farfalle nello stomaco,le notti insonni.
No,nessuno le aveva mai fatto provare nulla di simile.
Nessuno fin ora.
Si girò a fissare il professore.
Nessuno fino al suo arrivo.
I loro sguardi si incontrarono e Rose abbassò di colpo il suo,arrossendo e sentendo il battito accelerale.
Dio,Rose,un po di controllo!’
 
Arrivata a casa,Rosalyn trovò un biglietto della madre appena al frigo.
 
“Sono nello studio. Ti ho preparato le delle carote tritate,sono in frigo. Non disturbarmi. Dovrei aver finito per cena”
 
La ragazza aprì il frigo,prese le carote e le buttò.
Grazie per esserti ricordata che odio le carote,mamma’,pensò amaramente.
Riaprendo il frigo e stando a fissarlo per circa un quarto d’ora,decise di farsi un bel piatto di pasta al pesto.
Finito di pranzare,si diresse in camera sua.
Si cambiò,indossando i pantaloni di una tuta un po rovinati e un maglione deformato,di tre taglie più grande di lei.
Si lasciò cadere sul letto e poi prese il cellulare.
Quattro chiamate perse da Cher.
Ok,ora mi ammazza’
Alla velocità della luce compose il numero dell’amica.
Dopo due squilli e questa rispose.
“Senti,sorvolerò..sul fa-tto che…”
Rose si portò una mano all’orecchio, “Cher,non sento nulla!”Urlò.
“S-s-sì,perché..”
“No,aspetta! Non sento!”Urlò di nuovo.
Scese dal letto e uscì dalla stanza,con il cellulare davanti agli occhi,in modo da vedere se le tacchette aumentavano.
Arrivata al piano di sotto,si infilò gli Ugg e poi uscì in giardino.
Qui le tacchette aumentarono.
“Cher?”
“Sì?
“Bene,ora ti sento. Che succede?”
“Indovina chi è venuto oggi al negozio?”
I nonni dell’amica avevano un negozio di fiori e Cher,alcuni pomeriggi alla settimana,ci andava a lavorare,giusto per guadagnare qualcosina.
“Mh,non lo so..”
“Dai,provaci!”
“Mh,Dean?”
“Se,magari! Pensi davvero che se fosse arrivato lui,a quest’ora ti starei parlando?”
“In effetti..”
“Riprova!”
Sbuffò, “Orlando Bloom? Senti Cher,non ne ho idea!”
“IL PROFESSOR STRANAMORE!”Urlò quasi l’amica,sfracassandole un timpano.
“Non stai scherzando,vero?”
“Ma ti pare?”
“Dai,racconta!”
Sentiva le gambe di gelatina.
Ian,nel nezogio della sua amica.
Lui,che non si era mai visto in giro da quando si era trasferito in città,era finito lì.
“Allora,stavo sistemando un mazzo di rose per una signora che doveva portarle al cognato in ospedale. Che poi dico,le rose al cognato no dai. Va bè,fatto sta che sento il campanello della porta suonare. Io ero al bancone. Alzo gli occhi e PUFF eccolo lì,con il suo sorrisone..”
“E perché si trovava lì?”Chiese,mentre la sua attenzione veniva catturata da un gattino color mattone che,lentamente le se stava avvicinando.
Rose si abbassò e allungò una mano verso di lui.
Questo le si avvicinò maggiormente iniziando a farle le fusa.
“Ha detto che stava cercando la farmacia e si era perso”
La giovane scorse una medaglietta al collo del gatto; la prese tra le dita.
‘Moke’,lesse.
“Bè,possiamo dire che sei stata davvero fortunata!”
Cher rise, “Non sai quanto! E mi ha anche riconosciuta!”
“Bè..”
In quel momento qualcuno le posò una mano sulla spalla destra.
Per lo spavento,Rosalyn lanciò in aria il cellulare e cacciò un urlo,cadendo in avanti.
Chiuse gli occhi e cercò di rannicchiarsi in qualche modo su se stessa.
“NO! LASCIAMI STARE! STRONZO MANIACO!”
“No,no,calmati. Non voglio farti del male e non sono un maniaco”
La ragazza riaprì gli occhi di scatto,riconoscendo quella voce.
Ian Somerhalder’,pensò.
“Scusami,non volevo spaventarti,davvero..”Disse lui,allunagondole una mano.
Rose la fissò,poi la prese.
Le sue dita forti si strinsero attorno a quelle esili della giovane e,con uno strattone,si ritrovò fra le sue braccia.
Oddio,si era immagina mille modi per incontrarlo al di fuori dalla scuola o per essere abbracciata,sfiorata o,addirittura,per farsi notare da lui,ma di certo non così. Non nel suo giardino. Non con lei vestita come una barbona!
“Ci siamo già visto noi due,vero?”Domandò il professor stranamore,tenendola ancora stretta a sé.
Rosalyn continuò a fissarlo nei suoi bellissimo occhi azzurri,con la bocca semi aperta,incapace di proferire parola.
Rispondi,scema.
RISPONDI.
“Ma,certo! Tu sei una delle mie studentesse,giusto? Rosalyn Moore,se non mi sbaglio”
Cribbio,sa persino il mio nome e cognome!
“Rose? Rose che succede? Ti ho sentito urlare..”Disse sua madre,uscendo di casa.
La ragazza si allontanò bruscamente dal suo professore.
“Scusi signora Moore,è colpa mia. Stavo cercando il mio gatto e ho visto sua figlia che lo stava accarezzando,così mi sono avvicinato. Credo di averlo fatto troppo lentamente”
Rose girò il viso verso sua madre e l’orrore la invase.
La donna,infatti,si stava sistemando la chioma rossa e vaporosa,nello stesso modo che usava per flirtare con gli uomini che di solito incontrava.
Si era accorta anche lei della bellezza di Mr. Somerhalder.
Come si dice,tale madre,tale figlia.
Con l’unica differenza che,in quel momento,sua madre era uno schianto,nei suoi jeans neri aderenti e una camicetta lilla trasparente,che faceva intravedere quelle due mozzarelle di bufala che si ritrovava al posto del seno.
Non che Rose ne avesse poco,ma quello di sua madre era davvero enorme per una donna magra come lei.
“Oh,non si preoccupi. Ross si spaventa anche per un lombrico..”
‘Al massimo quella sei tu!’,pensò arrabbiata.
“Posso sapere chi è?”
“Certo,scusi. Mi chiamo Ian Somerhalder e sono il professore di storia di Rosalyn”
“Ian Somerhalder che un tempo abitava qui?”
“Sì,esatto. Ci conosciamo?”
“Ian,sono io,Cristyn Moore!”
“Cry?! Oddio,quanto tempo!”Esclamò lui,abbracciandola, “E come sei cambiata!”
“E’ un complimento?”
“Mi sembra ovvio!”
“V-voi due vi conoscete?”Chiese Rosalyn,scossa.
SUA MADRE CONOSCEVA MR. SOMERHOTTER?
“Se ci conosciamo?”Chiese Cristyn, “Io e lui eravamo fidanzati!”
La ragazza spalancò gli occhi,tanto che pensò gli potessero cadere fuori.
“F-fidanzati?”Chiese,con voce isterica.
“Ma che ci fai qui? Pensavo fossi tornato in Louisiana con i tuoi genitori!”
“La nonna non stava bene e io avevo bisogno di un lavoro,quindi,Tadan!”
“Ian Somerhalder..”Ripetè la donna ancora incredula, “Quanti anni saranno passati? Diciassette?”
“Sì,quasi diciotto”
“Ti prego,voglio sapere tutto quello che ti è successo in questi anni. Che ne dici di andare a cena?”
Cena?
Oh,no,no,no!
DICA DI NO,LA PREGO!
“Per me va benissimo”
VAFFANCULO!’
Rose serrò la mascella e anche i pugni e,con la sguardo piantato sul terreno,si incamminò verso la veranda.
Non avrebbe assistito un secondo di più a quella merda.
“Tesoro,il tuo cellulare..”Le fece notare la madre.
“NON ME NE FREGA UN CAZZO DI QUEL CELLULARE DI MERDA!”Urlò lei.
Come poteva pensare al cellulare in un momento simile?!
“Oh,Ian,scusala. Sai,a volte è un po strana. Credo sia per il fatto che non ha mai avuto un padre..”Sentì dire dalla donna,prima di chiudersi la porta d’entrata alle spalle.
E una madre’,aggiunse, ‘Grazie mamma. Grazie di avermi fatto apparire al ragazzo..cioè,uomo per cui provo qualcosa di forte come una ebete malata mentale che ha bisogno di essere rinchiusa in un manicomio. E grazie anche per avermelo rubato. Davvero,sei una madre meravigliosa!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve a tutti : )
Se avete etto fin qua giù,vuol dire che forse la storia vi è piaciuta o forse che non avevate niente da fare e,anche se la storia vi ha fatto schifo,avete continuato a leggere.
Comunque,non sto qui a farla lunga.
La madre di Rose adesso ha un appuntamento con Mr. Somerhalder.
Nascerà qualcosa tra i due?
Leggete e scoprirete ;)
Aspetto con ansia una vostra recensione per consigli o altro.

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Capitolo 2
*** Miosodite. ***


MIOSODITE
-Capitolo due-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“No aspetta, fammi capire bene. TUA MADRE HA INVITATO IL PROF STRANAMORE A CENA?!” chiese Cher sputando alcuni pop corn che aveva in bocca.
“Shh!” esclamò Rosalyn portandosi un dito alle labbra e guardandosi intorno circospetta, “Non urlare! Vuoi farti sentire da tutta la scuola?!”
Erano le otto di venerdì sera e, come da loro abitudine, si trovavano a scuola a ‘vedere’ la partita di basket.
Sì, ‘vedere’ era un parolone. Diciamo che erano lì soprattutto perché a Cher piaceva stalkerare Dean Geller. E perché a lei piaceva rifarsi un po’ gli occhi.
“Tanto, se loro due si metteranno insieme, a scuola si verrebbe comunque a sapere”
“Oddio, non mi ci far pensare” disse la ragazza afflosciandosi sul seggiolino di plastica blu.
In quel momento tutti si alzarono in piedi ad esultare e le due amiche, un po’ impacciate, li imitarono.
“Tu hai visto che è successo?” le chiese Cher.
“No ma credo che la nostra squadra abbia fatto canestro” rispose battendo le mani.
“Ottimo spirito d’osservazione” disse l’amica risiedendosi.
Rose la imitò.
“Poi ti immagini che brutto?! Vivresti con l’uomo che ami e con la donna che te l’ha rubato!”
“Eh, esagerata! ‘Uomo che amo’ mi sembra un po’ troppo, non credi? E’ solo una semplice cottarella e…” la giovane si bloccò vedendo lo sguardo scettico dell’amica, “E non abbiamo abbastanza merendine ipercaloriche per affrontare il discorso, perciò vado a fare rifornimento”.
Cher sospirò, “Ok, ma sbrigati. Ho bisogno di qualcuno che mi spieghi quanto valgono i touchdown”
“Em… mi spiace deluderti Cher ma nel basket non ci sono i touchdown”
“Va bè ci siamo intese, no?”
Rosalyn alzò gli occhi al cielo, si alzò, scese dalle gradinate e, cercando di passare il più inosservata possibile e di evitare di essere colpita dalla palla che avrebbe potuto benissimo sfracellarle la faccia - l’unica cosa decente del suo corpo che FORSE possedeva-, uscì dalla palestra dirigendosi verso il chioschetto.
“Buona sera Mr. Jones” disse salutando cortesemente l’uomo che si trovava dietro al bancone.
Il signor Jones, marito della sua insegnante di ginnastica, la signorina Jones, era uno dei bidelli della scuola e, durante le partite, si occupava del chiosco.
“Oh, buona sera Rosalyn. Come posso esserti utile?”
“Mh, mi dia tre snack al cioccolato, due vaniglia e nocciole, quattro al cioccolato fondente e caramello e, giusto perché sono a dieta, una coca cola piccola”
L’uomo la guardò un po’ sgomento e poi si mise alla ricerca di quello che gli aveva chiesto.
“Non sapevo che le diete prevedessero il cioccolato” disse una voce dietro di lei.
“Molto studi hanno confermato che il cioccolato risolleva il morale. Come faccio a fare la dieta se ho il morale a terra?” replicò, girandosi per vedere a chi appartenesse quella voce così sexy.
“Ottima osservazione” disse l’uomo che Rosalyn scoprì essere il professor Bollore.
Come aveva fatto a non riconoscerlo?
Lui le sorrise mentre lei rimase con la bocca aperta come un’ebete.
‘Di qualcosa! Di qualcosa, dannazione!’
“Ecco a te, cara” disse il signor Jones appoggiando sul bancone tutto quello che aveva chiesto.
“Em, grazie” disse lei prendendo il portafogli.
“Lascia, pago io” disse Ian.
‘Eh?!’
“N-no, no, la prego” disse la ragazza arrossendo, “Non deve”
“Oh, ma per me è solo un piacere. In fondo sei la figlia di Crystin” sorrise lui.
“Bè, ma...”
Non finì la frase che Somerhalder passò delle banconote al signor Jones.
“Almeno scelga una merendina” disse Rose.
“Vorresti privarti di una di queste delizie?”
“Diciamo che non è una cosa che permetto a tutti…ma per lei farò un’eccezione. In fondo è un amico di mia madre” replicò lei imitandolo.
Oddio, non è che stava flirtando con il suo prof?
“Oh, che onore!” disse lui ridendo. Dio, che risata! “Prenderò questa al cioccolato fondente e caramello”
“Ottima scelta!” disse la studentessa sorridendo e, per la prima volta, si rese conto che non era agitata in sua presenza e si diede mentalmente una pacca sulla spalla.
“Sei qui anche tu per sostenere la squadra?” le chiese.
“Sì, più o meno. Io e la mia migliore amica non ce ne perdiamo una”
“Wow!”
“Ci consideriamo dei portafortuna”
“Allora se vinciamo sarà solo merito vostro”
“Eggià, ci dovrà alzare il voto in matematica…” scherzò.
“Potrei ma se invece perdiamo dovrei abbassarvelo…”
“No, la prego! Più basso di così si può passare solo ai numeri negativi” disse Rosalyn ridendo e contagiando anche il professor Stranamore.
Non avevano mai parlato al di fuori di un’aula scolastica e tutto questo le sembrava un sogno.
Non solo per il fatto che si stava rivelando una persona 'alla mano', ma anche perché sembrava così dolce, così…così tutto.
“Va bè, ti lascio. Non voglio che la tua amica ti dia per dispersa”
“Quale amica?” chiese la giovane, incantata dai suoi occhi.
“Non eri qui con una tua amica?”
“Oh, sì sì, certo. Scusi, ero sovrappensiero”
‘No, complimenti! Maniaca e ritardata ora!’
“Allora ci vediamo lunedì a scuola” disse Ian.
“Certo. Arrivederci”
“Ciao Rosalyn” disse lui sorpassandola.
“Prof?”
“Mh?” disse lui girandosi.
“Per quello che è successo ieri pomeriggio…bè, volevo dirle che io non sono pazza”
“Pazza?”
“Sì, sa quando mi sono messa ad urlare in giardino”
Somerhalder piegò la testa di lato, “Io ti ho trovata buffa”
 
Lui l’aveva trovata buffa.
L’AVEVA TROVATA BUFFA!
Oh, perché quando serviva non c’era una telecamera?
“Rose? Rose cara?”
La voce della signora Thomas la destò dai suoi ricordi della sera precedente.
“S-sì?” chiese Rosalyn sbattendo un paio di volte le palpebre, come se si fosse appena risvegliata da un lungo sonno.
“Stai bene?” le chiese la donna.
“Oh, sì sì, stia tranquilla”
“Sicura? No perché è da più di venti minuti che vedo che cerchi di sistemare quei fiori ma rimani sempre allo stesso punto.”
Erano le tre di pomeriggio di un soleggiato sabato d’ottobre e la ragazza stava lavorando nel negozio di fiori dei nonni di Cher, che le aveva chiesto di sostituirla.
“Em, scusi ora sistemo” disse prendendo altri Fiordaliso da unire al mazzo.
La signora Thomas le sorrise e poi tornò ad occuparsi dei clienti.
‘Rose, Rose, Rose…il professor Bollore ti sta entrando troppo dentro, fermati finché puoi’, si ammonì mentalmente. ‘Ha mille anni più di te! Ok, magari non mille anni, ma più o meno siamo lì. E poi…’
“Buon pomeriggio Rosalyn” disse una voce che, questa volta, riconobbe.
‘Non è possibile…’
Rose alzò il viso e incontrò gli occhi più belli che avesse mai visto -di quell’azzurro che solo il cielo d’estate può avere- accompagnati dal sorriso più luminoso, capace di illuminare un’intera città.
Il suo professore era semplicemente una bomba atomica di bellezza vivente.
Era…era…
“Rosalyn sono io, Ian Somerhalder. Sono il tuo prof, ricordi?” chiese lui vedendo che lo stava fissando con la bocca mezza aperta e lo sguardo da maniaca sessuale.
“Em…sì, sì, scusi prof, è che sono cieca come una talpa e sa, con questo sole” rispose la giovane un po’ impacciata. “Ma che ci fa qui?” chiese cambiando rapidamente discorso.
“Passavo di qua” diede lui come spiegazione, “Stavo facendo jogging. Ti ho vista dalla vetrina e ho pensato di venirti a salutare”
La giovane osservò il suo abbigliamento e ringraziò il cielo di essere appoggiata ad uno sgabello perché altrimenti sarebbe di certo svenuta per terra.
Somerhalder, infatti, indossava una tuta grigia (sia felpa che pantaloni) aderente e portava i capelli spettinati e leggermente umidi.
Rosalyn, che invece indossava la divisa del negozio - jeans neri, maglietta bianca e grembiule verde scuro -, si sentì comunque uno schifo di fronte a lui.
“Ha…ha…ha fatto bene” disse lei deglutendo rumorosamente.
Improvvisamente sentiva la bocca secca.
Il professore sorrise.
“Comunque vorrei cogliere l’occasione per comprare dei fiori. Tu sei una ragazza. Che fiori sceglieresti?”
“Dipende dall’occasione…”
“Voglio regalarli alla mia ragazza”
A quelle parole la ragazza, che mentre parlava con l’uomo aveva afferrato delle forbici per tagliare il gambo ai fiori, per sbaglio tagliò via il Fiordaliso dal gambo.
‘Ragazza?’
Rose sentì una piccolissima fitta al cuore che smise di battere per un secondo.
Lo stomaco si annodò su se stesso e le sembrò di essere in una di quelle scene che ci sono nei cartoni animati, quelle in cui quando la protagonista riceve una brutta notizia la si vede immobile che sprofonda nel buio più totale e, ad illuminarla, c’è solo una piccola luce.
Ecco, se in quel momento fosse stata un cartone animato, si sarebbe ritrovata in quella situazione.
Lo sapeva benissimo che, per svariati motivi che ora non aveva voglia di analizzare per l’ennesima volta, tra lei e il suo prof non ci sarebbe potuto essere mai nulla, ma questo non voleva dire che non soffriva.
A lei piaceva davvero.
Le piaceva come a Cher piaceva Dean.
E non ci poteva fare nulla, perciò aveva tutti i diritti di stare male.
Perché il cuore dell’uomo per cui provava qualcosa di forte apparteneva ad un’altra.
Perché il suo conte Fersen aveva già trovato la sua Maria Antonietta.
“Rosalyn, stai bene?” le chiese Ian piegandosi in avanti.
“Mh? Sì, sì, scusi…” rispose cercando di riprendersi un po’.
“Sei sbiancata di colpo...”
“Sì, ma stia tranquillo. Sono solo un po’ stanca. Questa notte non ho dormito molto”
“Capisco”
“Comunque” disse Rosalyn schiarendosi la voce, ”Aveva già in mente che fiori prendere?”
“No…” disse lui sospirando, “Voglio un fiore che parli d’amore ma che non sia la solita rosa”
“Allora il ‘miosodite’ è quello che fa per lei”
“Il ‘miosodite’?” chiese il professor Stranamore corrugando la fronte.
La studentessa si morse il labbro inferiore per cercare di non svenire davanti a quella faccina.
“Scusi, nessuno lo conosce con quel nome. Intendevo il  ‘Non ti scordar di me’…”
“E pensi che siano dei fiori adatti?”
“Certo! Sa, il suo nome pare legato ad una storia austriaca avvenuta lungo il corso del Danubio, dove due giovani si stavano scambiando promesse d'amore donandosi proprio questo fiore. Lui però cadde nel fiume e gridò a lei, appunto, la famosa frase come promessa di amore eterno”
“Wow!”
“Già. Nel tempo questo fiore è stato utilizzato con numerose simbologie. Ad esempio, nella Germania del quindicesimo secolo, chi indossava questo fiore non sarebbe stato dimenticato dalla propria amata; mentre le donne lo portavano come segno di fedeltà.”
“Sembri molto informata al riguardo”
“Bè, lo sono” replicò la ragazza arrossendo lievemente, “Diciamo che il significato dei fiori mi affascina, ma soprattutto mi affascina la storia che vi è dietro”
“Quindi mi fido? Non ti scordar di me?”
“Si fidi”
“Quanto ti devo Rosalyn?”
Rose si girò e fece segno di avvicinarsi al fratello di Cher, Mathès.
Mathès aveva tre anni in più di loro.
Era alto e faceva il nuotatore il che implicava spalle larghe, vita stretta e molti, molti muscoli.
Aveva i capelli biondi molto corti e gli occhi di un castano scuro.
“Si, Ros?”
Ah, e la chiamava Ros.
“Mi potresti fare un bel mazzo con dei ‘Non ti scordar di me’?”
“Certo. Serve subito o lo devo far recapitare?”
La giovane si girò verso Somerhalder per fargli capire che doveva rispondere lui.
“Se è possibile vorrei farlo recapitare…”
Rosalyn prese una penna e un foglietto dove scrisse l’indirizzo che l’uomo le dettò.
“Come si chiama la sua fidanzata?”
“Nina. Ma non ti preoccupare, viviamo insieme”
“Ah…” disse secca.
Finì di scrivere l’indirizzo e poi diede il foglio a Mathès.
“Stasera ti vengo a prendere alla solita ora?” le chiese lui prima di andarsene.
“Certo” disse lei sorridendo.
Come ogni sabato, infatti, Mathès accompagnava lei e la cugina nel locale in cui lavorava la sorella di Dean che era una grande amica di lui.
Mathès passava la serata a tenerle compagnia, mentre Cher era intenta, come sempre, a stalkerare il povero ragazzo.
Somerhalder si schiarì la gola.
“Allora a dopo” disse Mathès.
“A dopo”
“Quindi quanto ti devo?” richiese.
“Sono dieci dollari”
L’uomo prese il portafogli e poi la pagò.
“Ci vediamo lunedì a scuola, Rosalyn”
“Arrivederci prof”
“Piacere di averti rivista” disse lui uscendo dal negozio per poi rimettersi a correre.
La ragazza non lo perse di vista. Cioè, finché non svoltò l’angolo, non perse di vista quel meraviglioso sedere sodo che si ritrovava.
                       
Rosalyn bloccò la nuova puntata di ‘Pretty little liars’, si sfilò le cuffie e spostò il PC sul materasso. Si scostò le coperte di dosso, scese dal letto e, in punta di piedi, si diresse verso il corridoio.
Prima di uscire sporse la testa e vide sua madre dirigersi verso lo specchio posizionato sul mobiletto di legno posto vicino alla porta d’ingresso.
“Allora alla fine esci?” le chiese la ragazza andando a mettersi davanti al caminetto.
“Sì, perché non dovrei?” chiese Cristyn ravvivandosi la chioma rossa con le dita.
‘Forse perché è fidanzato e non ha bisogno di te’, pensò, ‘Dio, Rose, è tua madre. Portale un po’ di rispetto anche se lei non ti considera’
In quel momento il suo cellulare vibrò.
Con cautela lo prese dalla tasca anteriore della tuta intera a forma di coniglio, munita anche di una codina morbidosa e di un cappuccio con le orecchie.
*Allora, per che ora passo a prenderti?*
*Scusami Cher ma non ho voglia di uscire*
*No :( perché?*
*Ti spiegherò tutto domani pomeriggio*
*Non mi puoi anticipare qualcosa?*
*Professor Bollore*
*Okey, ho capito. Ti lascio alla tua depressione ;)*
*Grazie :3*
“Allora, non mi rispondi?”
“Eh?”
“Perché non dovrei uscire con Ian?”
‘Bene, lei lo può chiamare per nome e io no.’
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
‘Lei ci può uscire a cena e io no.’
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
‘Lei ci parlerà tutta la sera senza dovergli dare del ‘lei’ e io no.’
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
‘Lei è stata la sua fidanzata mentre io non lo sarò mai!’
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
‘Probabilmente si scambieranno i numeri di telefono.’
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
“Non so. Che cosa vuoi fare con lui?”
“Che cosa intendi dire, tesoro?”
“Bè, mamma, lui è il mio professore...”
“Ed è anche un mio caro amico”
“Sì, ma…”
In quell’istante il campanello suonò.
“Oh, è lui!” esclamò Cristyn tutta eccitata, finendo di mettersi un po’ di rossetto. “Vuoi salutarlo?”
“No mamma, non conciata così!”
“Come vuoi, piccola scorbutica” disse lei. “Come sto?”
“Come una che sta per apprestarsi al peccato” rispose teatralmente Rose.
“Perfetto!”
Cristyn aprì la porta ma, invece di richiudersela subito alle spalle, la spalancò.
Con disinvoltura si buttò addosso al suo professore e lo salutò dandogli un bacio sulla guancia destra.
Sua madre si girò verso di lei e la salutò con un cenno della mano.
Somerhalder alzò lo sguardo e la vide.
Lentamente, sul suo volto, comparve un bellissimo e sexy sorriso sghembo e anche lui la salutò con un gesto della mano. Dopo di che, la porta si chiuse davanti ai sui occhi, spalancati per la vergogna.
LUI l’aveva vista con quella tutina addosso.
LE INGIUSTIZIE DELLA VITA.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buon pomeriggio!
Scusate l’enorme ritardo,ma,per chi non lo sapesse,io scrivo,compresa questa altre 4 storie,perciò,vi prego,abbiate pazienza.
Anyway,buona lettura:)
 

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Capitolo 3
*** In time. ***


IN TIME
-Capitolo tre-

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn picchiettò la penna sul quaderno di matematica e guardò i compiti che doveva fare, ma più fissava quei numeri disposti fra lettere e parentesi, più capiva che le sarebbe servito aiuto se non voleva ritrovarsi il debito in matematica.
Sospirò.
Inoltre, il fatto di non sapere com’era andata l’uscita tra sua madre e il professor Bollore, la stava rendendo pazza.
Era passata una settimana da quel sabato sera, in lui l’aveva anche vista con addosso la sua tuta da coniglietto, e sua madre non le aveva raccontato nulla.
Era forse andato male?
No, l’avrebbe capito subito. Quando sua madre veniva in qualche modo rifiutata da un uomo compiva i soliti gesti anti-depressivi, come riempirsi di gelato o buttarsi a capofitto nel lavoro o, peggio ancora, portarla in quegli strani saloni dove bisognava vestirsi con pizzo e raso, preferibilmente rosa, prendere il thè alle cinque del pomeriggio -ricordandosi di alzare il mignolino ogni qual volta la tazza si avvicinava alla bocca- e discutere del tempo che trascorreva troppo velocemente con le anziane altolocate di Harmony.
L’unica cosa che alla ragazza piaceva di quei posti era che lì si poteva sentire quasi come una principessa.
Una principessa annoiata a morte.
Non sapeva perché sua madre amasse tanto andare in quei posti. Ma con il tempo si era fatta l’idea che le piacesse stare in compagnia di donne vedove, solo per non sentirsi l’unica sulla faccia della terra a non aver accanto qualcuno d’amare.
Oppure, l’appuntamento era andato bene.
Ma se era andato bene, perché non andava in giro a vantarsi come un oca giuliva com’era solita fare?
Il prof non le aveva detto niente in quei giorni e non le aveva fatto capire neanche com’era andato, quindi non aveva indizi.
Da un lato sperava fosse andato male, così nessuno dei due avrebbe voluto rivedere l’altro e sua madre non l’avrebbe messa in imbarazzo. Dall’altro lato sperava fosse andato bene ma, in quel caso, forse la sua carriera scolastica sarebbe stata in pericolo.
Rose sospirò di nuovo e poi chiuse il quaderno.
Avrebbe copiato i compiti domani, durante Chimica, da Cher. Ora il suo cervello era troppo occupato per poter preoccuparsi dei problemi della matematica.
“Ros, io esco!” le urlò Cristyn.
“Dove vai?”
“Esco con un amico!”
“Di mercoledì pomeriggio?”
“Sì! Non aspettarmi alzata”
‘Come potrei, visto che di solito torni alle sette del mattino?’
“Aspetta!” esclamò alzandosi dalla sedia e correndo in soggiorno, “Con chi esci?”
“Con un amico” ripeté.
“E…”
“Buonanotte, Ros”
E, così dicendo, sua madre liquidò il discorso uscendo di casa.
La giovane si avvicinò alla finestra lì affianco e scostò la tendina, giusto in tempo per vedere Cristyn entrare in un’auto nera.
Con chi poteva uscire sua madre a quell’ora?
Oddio, e se fosse stato il professor Bollore?
NO. NO. NO.
Scosse la testa.
‘Ian è fidanzato’  si disse mentalmente, ‘IAN. E’. FIDANZATO’
Andò in cucina e prese una bottiglietta d’acqua. Poi tornò in stanza, ‘Il diario di Bridget Jones’  la stava aspettando.
 
Dopo aver fatto uno spuntino bello sostanzioso a base di fette biscottate con la grande e favolosa Nutella, Rosalyn decise di uscire a buttare la spazzatura. Così prese il sacchetto e uscì di casa. Percorse il vialetto stando attenta a non inciampare nei ciottoli e, arrivata in prossimità del bidone, ne alzò il coperchio buttandoci dentro il sacco.
Stava per ritornare in casa quando sentì qualcosa strusciarsi contro le sue gambe. Abbassò lo sguardo e vide una piccola pallina arancione iniziare a giocare con i lacci delle sue scarpe.
Si piegò sulle ginocchia e si accorse di avere davanti a se un gatto famigliare. Accarezzandolo, portò la mano sulla medaglietta appesa al collarino.
“Ciao Moke” disse la ragazza, grattandolo dietro le orecchie, “Che ci fai qui?” chiese.
Alzò lo sguardo per vedere se magari nei paraggi ci fosse il suo professore, ma poi pensò che forse era lui l’uomo con cui era uscita sua madre e quindi non poteva arrivare come l’altra volta.
Il miagolio sempre più insistente di Moke la salvò dal cadere nella depressione totale che la stava colpendo ultimamente.
“Che c’è? Hai fame?” chiese sospirando, “Ok dai, entriamo che mentre tu mangi io penso a come farti tornare a casa…” disse prendendolo in braccio e rientrando in casa.
Arrivata in cucina, prese una scodella che riempì di latte caldo e poi la posò a terra per permettere al gattino di berla.
Prese il telefono di casa e compose il numero che aveva trovato dietro la medaglietta di Moke.
Quando il telefono iniziò a suonare il cuore di Rose iniziò a battere un po’ più velocemente.
E se il professor Bollore non fosse il tizio con cui era uscita sua madre e avesse risposto proprio lui?
“Pronto?” rispose una voce femminile.
La sua ragazza, forse?
“Oh, sì, em, s-scusi se la disturbo. Mi chiamo Rosalyn Moore e ho trovato Moke, il gatto del signor Somerhalder. Volevo sapere cosa dovevo fare”
“Attenda un minuto la prego”
“C-certo”
La giovane sentì dei bisbigli e poi la ragazza riprese in mano la cornetta, “E’ ancora in linea?”
“Sì”
“Il signor Somerhalder in questo momento è…occupato e non può venire a riprendere Moke. Potrebbe portarlo lei, se non è di troppo disturbo?”
“Ecco...”
‘Rispondi di sì, scema! Così ti assicurerai che è in casa’
“Ok, arrivo subito. Mi potrebbe dare l’indirizzo?”
Dopo aver segnato l’indirizzo la giovane si mise il giubbotto, prese Moke in braccio e uscì di casa.
Rosalyn cammino per circa dieci minuti e, quando arrivò in prossimità della casa indicata dall’indirizzo che le era stato dato, non potè fare altro che spalancare gli occhi e la bocca.
‘Oddio’, pensò, ‘Il professor Bollore vive a villa Ninfea!”
La ragazza prese il bigliettino dalla tasca anteriore dei jeans e controllò di non aver sbagliato a leggere.
No, quella era davvero casa sua.
Rose si avvicinò al cancello di ferro battuto dove, al centro delle due porte, vi era il disegno di una ninfea e citofonò.
Nessuno le rispose, ma il cancello si aprì con un sonoro ‘zip’.
Stringendosi al petto Moke, la giovane si fece coraggio ed entrò.
Mentre percorreva il vialetto si permise di osservare la struttura imponente che si innalzava dinnanzi a lei. Era una vecchia villa ottocentesca costruita principalmente in marmo bianco, con lunghe colonne e decorazioni color oro e circondata da enormi cespugli di rose rosse. Prima di raggiungere la casa il vialetto si divideva per girare intorno ad una fontana con al centro la statua di una sirena che spruzzava acqua dalla bocca e, al cui interno, galleggiavano delle leggiadre ninfee.
Aveva letto in biblioteca di quella casa. Era una delle più antiche che si trovavano ad Harmony e veniva chiamata ‘Villa ninfea’, a causa dell’enorme stagno che si trovava sul retro della casa in cui, praticamente, ogni centimetro d’acqua era ricoperto di ninfee tutto l’anno.
Purtroppo lei non l’aveva mai visto, sia perché non vi erano foto al riguardo, sia perché era impossibile vedere anche solo a dieci metri dal cancello d’entrata per via delle enormi siepi che impedivano la visuale.
Aveva anche letto che quell’abitazione apparteneva alla famiglia Dawson da generazioni e, per quanto ne sapeva, la signora Jennifer Dawson, la vedova più ricca della città, era ancora viva.
Quindi, com’era possibile che Somerhalder vivesse lì?
Arrivata davanti alla porta non fece in tempo a bussare che una ragazza sui venticinque anni comparve d’innanzi a lei.
Inizialmente Rosalyn pensò fosse la fidanzata di Ian, ma poi, osservando il suo abbigliamento - gonna blu a pieghe lunga fino al ginocchio, camicia bianca accompagnata da un gilet dello stesso blu della gonna e un grembiulino di pizzo bianco – si accorse che era una cameriera.
“Lei deve essere Rosalyn” disse sorridendo cortesemente.
“Sì, salve”
“Prego, entri pure”
“Grazie”
Una volta dentro si guardò intorno, cercando di non risultare troppo curiosa.
Il pavimento era piastrellato e formava il mosaico di una ninfea.
A colpirla fu soprattutto l’enorme scala curva addossata alla parete di destra, che dava al piano superiore, e gli innumerevoli quadri appesi alle pareti.
“La signora Dawson la sta aspettando nel suo salottino privato”
“Bè io…io in realtà dovrei andare”
“Signorina Moore, glielo assicuro, quello della signora Dawson era più un ordine che un invito”
“Ah, quindi non ho scelta?”
“Credo proprio di no”
Rose sospirò, “Ok”
La cameriera sorrise, “Mi dia pure il soprabito”
Tenendo Moke in braccio, la giovane si tolse il giubbotto.
“Prego” disse la cameriera indicandole un grande arco bianco che dava su un lungo corridoio . “La signora si trova dietro la seconda porta a sinistra”
“Grazie”
E così dicendo, Rosalyn s’incamminò.
Passò davanti ad alcune finestre dalle quali potè vedere alcuni tratti del giardino sul retro, dipinto dai meravigliosi colori dell’autunno.
Stava per superare una porta mezza aperta quando sentì la voce di Sexyhalder. Si blocco davanti ad essa e si mise a spiare dalla fessura – ok, ok, non si origlia, ma se non l’avesse fatto, probabilmente, il suo futuro sarebbe stato diverso -.
“Perché? Perché non puoi venire con me?” urlò una voce femminile e, questa volta, Rose capì che quella era la voce della sua fidanzata.
“Lo sai benissimo perché” rispose Ian.
“No che non lo so!”
“Per mia nonna! Ho lasciato Covington per poterle stare accanto, Nina. Non sta bene, lo vedi anche tu”
“Bè, ci sono sempre le badanti, no?”
“Non lascerò mia nonna con una badante!” urlò lui stavolta, “Come puoi solo pensare che la lascerei morire con accanto qualcuno di estraneo?”
“Oh, come sei melodrammatico! Tua nonna non sta per morire”
“E chi te lo dice? Ha 96 anni. Potrebbe succederle da un momento all’altro”
“Comunque non la trovo una scusa valida” disse lei, con tono più caldo, “Non mi lasciare sola, Ian. Ti prego. Io ti amo e tu ami me. Non lasciarmi”
“Nina…”
“Ti prego, vieni con me. Vieni con me a New York”
“Va bene…”
“NO!” urlò Rose spalancando la porta.
I due, che si trovavano uno di fronte all’altro, si girarono di scatto verso la giovane.
“No” ripeté lei deglutendo, capendo di aver fatto un grande errore.
“Rosalyn?” fece Somerhalder spalancando gli occhi.
“La conosci?” gli chiese Nina.
La giovane guardò la fidanzata del suo professore e si rese conto che era bellissima.
Alta, magra, pelle olivastra, capelli castani lisci come la seta lasciati sciolti sulle spalle e occhi grandi color nocciola.
La ragazza perfetta.
E lei si sentì improvvisamente inadatta, con la coda alta un po’ imperfetta, nei suoi jeans neri e nel maglione largo a strisce verticali rosa e bianche.
“E’ che...” iniziò Rosalyn, “E’ davvero un peccato…un peccato tremendo c-che Harmony perda un professore t-tanto brillante. Per tutti gli abitanti della cittadina, per me, p-per sua nonna…per tutti insomma, perdere uno dei nostri professionisti migliori e, em, uomini migliori in realtà…” si schiarì la gola, “E, ecco…”
‘Oddio, Rose, stai zitta!’
In quel momento, Moke si mosse e si sciolse dalla sua presa, correndo fuori dalla stanza.
“Moke!” esclamò la ragazza, rincorrendo il gatto fuori dalla stanza e seguendolo in un’altra.
“Dove vai Moke?!”
“Dalla sua padrona” rispose una donna anziana, seduta su una sedia imbottita, “Rosalyn Moore, giusto?”
“Sì, signora” rispose lei cercando di ricomporsi un po’.
“Siediti cara” Disse la signora Dawson indicandole una sedia di fronte alla sua.
“G-grazie” replicò chiudendosi la porta alle spalle, accomodandosi e mettendosi le mani sotto le gambe, con fare nervoso.
“E’ da molto che non ti vedo. L’ultima volta avevi all’incirca sei anni”
“Scusi, non me lo ricordo”
La donna, che assomigliava molto all’attrice di Titanic, rise, “Oh, io di certo non posso scordarmelo” disse sorridendo, “Tua madre ti aveva portato a prendere il thè al Marcel’s Salon. Tu indossavi uno strano vestitino giallo e in testa avevi un fiocco così enorme da poter sembrare un bignè vivente. Te ne stavi seduta su una sedia con il broncio e le braccia conserte, così mi sono avvicinata a te e abbiamo iniziato a parlare e…”
Qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse la signora Dawson.
“Buon pomeriggio nonna” disse Ian entrando nella stanza.
“Ciao caro”
“Scusami, stavo parlando con Nina”
“Sì, credo vi abbia sentito tutto il vicinato”
“Mi dispiace io…”
“Oh, caro, non importa. E’ normale qualche batti becco tra fidanzati. Spero solo che la nostra Rosalyn non si sia spaventata”
Ros scosse la testa, arrossendo poi vivamente quando il professor Stranamore si sedette sulla sedia accanto alla tua.
“Stavo proprio raccontando a Rosalyn il vostro primo incontro” disse Caitlin.
La giovane sgranò gli occhi.
‘Il nostro primo incontro?’
“Continua pure allora” disse Somerhalder girandosi verso la studentessa mentre lei, volontariamente, cercava di evitare i suoi occhi, imbarazzata da quello che era successo qualche minuto fa.
“Dove ero rimasta? Ah, sì. Abbiamo iniziato a parlare e sei venuta a casa con me. Qui, a Villa Ninfea. Era estate e Ian era venuto a trovarmi. Ricordo che ti avevo aiutato a toglierti il vestitino e poi tu sei scappata in giardino correndo tutta nuda e il mio caro nipotino, che all’epoca aveva 22 anni, prese a rincorrerti come un pazzo perché aveva paura prendessi freddo…in piena estate. Sì, quel giorno mi sono fatta davvero delle grandi risate”
“Una grande differenza di età” pensò ad alta voce Rosalyn, molto, molto, imbarazzata.
Come aveva fatto a dimenticarsene?
“Una cosa un po’ pervertita” disse la signora Dawson.
“Mi piace pensarlo” disse suo nipote ed entrambi scoppiarono a ridere, mentre Ros li fissava sgomenta.
“Comunque, tornando ad essere seri, come va la scuola? Ian ha detto che nelle sue materie sei una delle più brave”
“Bè, ci provo” rispose la giovane sfoderando un sorriso radioso per aver scoperto che il suo professore parlava di lei.
“E, bella come sei diventata, sicuramente avrai molti spasimanti”
Il sorriso di Rosalyn vacillò un pochetto a quell’affermazione.
“Ecco...” iniziò, guardando di sottecchi il professor Bollore che, nel frattempo, aveva piegato la testa di lato e la guardava molto attentamente. “Forse è meglio che torni a casa” disse, alzandosi.
“Oh, mi dispiace cara. Sono stata troppo indiscreta?”
“No, no, non si preoccupi. Solo che si sta facendo tardi e...”
“Ho capito. Ian, tesoro, accompagnala”
“NO!” urlò.
La signora Dawson e suo nipote la guardarono straniti.
“N-non c’è bisogno. Voglio farmi una bella passeggiata”
“Sei sicura?” le chiese Somerhalder.
Lei annuì, sfregandosi le mani sui jeans.
“Grazie mille per avermi riportato Moke”
“Si figuri signora”
“Spero di poterti rivedere e, magari questa volta, di poter chiacchierare di più”
“Lo spero anch’io”
E la giovane lo pensava davvero, perché la signora Caitlin Dawson, una donna quasi aristocratica ma con un bel caratterino da quello che aveva capito, la incuriosiva molto.
Rosalyn si avvicinò alla porta.
“Ah, Rosalyn?”
“Sì, signora?”
“Come ti chiamato i tuoi amici?”
“Rose”
“Rose...” ripeté l’anziana.
“Arrivederci”
“Arrivederci cara”
E dopo aver buttato un’ultima occhiata al suo professore uscì, tirando un sospiro di sollievo e rendendosi conto di aver sudato come un maiale.
Si sentiva come se fosse uscita vittoriosa dalla terza guerra mondiale.
Doveva correre subito a casa e chiamare Cher.
 
“Senti Rose, io non posso vederti così, ok?”
“Così come Cher?”
“Così...COSI’!” replicò Cher indicandola.
“Guarda che sono normale”
“Ah, quindi tu trovi normale venire nella tua pasticceria preferita e prendere un semplice thè e un muffin al cioccolato che neanche hai toccato?”
“Bè, le persone normali di solito fanno così”
“Ma tu no! Soprattutto se veniamo e offro io”
“Non ho molta fame...” ammise Rosalyn poggiando il mento sul palmo della mano sinistra.
“E’ per il professor Bollore, vero?”
“Forse”
“Rose, lo sapevi benissimo che questo giorno prima o poi sarebbe arrivato”
“No, non lo sapevo”
“Rose” disse Cher minacciosa.
“Come facevo a sapere che se ne sarebbe andato a New York con la sua fidanzata tutta gambe e capelli di seta?”
“Rose smettila, sai che intendo”
La ragazza sospirò, “Sì, lo so”
“Senti, capisco che sei triste perché, va bè, hai una bella cotterella per lui, ma sei tu la prima che ha detto che tra voi non ci potrà mai essere niente per via dell’età e capisco che l’hai detto solo per dire, che dentro di te ti sei fatta mille film mentali che meriterebbero l’oscar su voi due insieme e che, ora che lui se ne sta andando per sempre, la realtà ti ha colpito come un pesce freddo e umidiccio in faccia, ma non puoi far così, ok? Sei giovane e sei anche bella, simpatica e intelligente – e non lo dico perché sono la tua migliore amica – perciò sorridi. Non ce la faccio a vederti in questo stato”
“Mi dispiace, ti sto rovinando il pomeriggio”
“Nah, non è vero. Solo che non è da te buttarti giù così”
“Non ci posso fare niente perché, anche se so che non starò mai con lui, una piccola parte di me ci sperava” disse Rose, poggiando la fronte sul tavolo.
“Sai che dovresti fare?”
“Cosa?”
“Andare da lui e dirgli tutto”
“COSA?!” urlò la giovane alzando la testa di scatto.
“Non urlare!” sussurrò Cher indicando con un cenno della testa alcune persone presenti nel locale che si erano girate a fissarle.
“Cosa?!” ripeté sussurrando questa volta.
“Sì, ti sentiresti meglio”
“No, no, no, tu sei pazza!”
“Tanto cosa ci perderesti, scusa? Non lo vedrai più o, se lo vedrai, accadrà fra trent’anni quando tu sarei bella che sposata e lui grasso e calvo”
“E’ troppo bello per diventare grasso e calvo”
“Vabbè, era per farti un esempio”
“Il suo treno potrebbe essere già partito, comunque”
“Oppure no. La stazione è dietro l’angolo, ci metteresti dieci minuti se corri”
“Correre? Non ci penso minimamente”
“Sono sicura che per lui lo faresti”
“Perché vuoi tanto che lo faccia?”
“Perché sono tua amica. Ti voglio bene Rose e non voglio che tu abbia rimpianti”
“Sì, ma sei ben prospera a farmi fare figure di merda colossali”
“Preferisci una figura di merda o ritrovarti a chiederti fra qualche anno ‘E se glielo avessi detto?’, mh?”
“Ti odio” disse Rosalyn addentando il muffin.
“Però fai come vuoi. E’ la tua vita. La mia era solo una semplice proposta…”
“Quindi secondo te ce la posso fare?”
Cher sorrise, “Vai e fagli vedere che si perde a non avere dieci anni in meno!”
“Cher, mica è colpa sua!”
L’amica si chiuse nelle spalle e bevve un sorso del suo frappè alle fragole, “Gli uomini sono sempre colpevoli, ricordatelo”
“Anche Dean?”
“Bè, magari lui no…”
La ragazza rise.
“Allora vuoi andare o no?” La incitò Cher.
“Oh, sì. Ciao!” urlò fiondandosi fuori dal locale.
“Dove sta andando Rose?” Chiese Matt, che lavorava come cameriere nella pasticceria, a Cher.
“A cambiare il suo futuro”
 
Rosalyn iniziò a correre come non aveva mai corso in tutta la sua vita.
Ma chi voleva prendere in giro?
Lei non aveva proprio MAI corso.
Svoltò l’angolo e per poco non si scontrò con un signore anziano.
“Scusi!” urlò, “Mi auguri buona fortuna!”
“Buona fortuna” urlò lui.
“Grazie!”
‘Dio, Rose, che stai facendo?! Lo sai che questa cosa ti segnerà per tutta la vita?’,pensò.
Arrivata in prossimità della stazione percorse più di 300 gradini a due a due per cercare di fare prima. Una volta al suo interno si fermò per controllare il tabellone.
‘New York…New York…New York! 16.35
La ragazza guardò il cellulare.
‘16.34 merda!’
Dopo ver controllato il binario riprese a correre.
Ci fu un momento in cui le venne da ridere.
Insomma, stava correndo per raggiungere un treno che forse non era quello giusto.
Che forse non conteneva LUI.
Che forse era già partito.
E per cosa?
Per dire ‘Mi piaci’ ad una persona che non l’avrà mai vista più di una diciasettenne, che non potrà mai ricambiare, che non vedrà più.
‘Mi piaci’
Questa scena sembrava troppo da film per dire un semplice ‘Mi piaci’. Qui ci voleva qualcosa di forte. Ma lei provava qualcosa di più?
Rose arrivò giusto in tempo sul binario per vedere il treno lasciare la stazione.
Inizialmente si sentì rilassata, come se si fosse tolta un peso dal petto, poi però le si formò un nodo in gola.
Era andato e questa volta per sempre.
La giovane si piegò, poggiando le mani sulle ginocchia.
Aveva il fiatone. Un po’ per la corsa e un po’ per le lacrime che si stavano facendo strada nei suoi occhi.
Se n’era andato e lei non aveva neanche avuto il tempo per salutarlo ed era solo colpa sua. Colpa del suo stupido orgoglio, colpa delle sue stupide paure.
QUESTO sarebbe stato il suo più grande rimpianto.
Rosalyn si rimise in posizione eretta e si passò una mano tra i lunghi capelli.
Ormai era fatta.
Non era Superman, non aveva la super velocità e di certo non poteva comprare un biglietto per New York.
Forse il destino le stava facendo capire che non doveva dirgli niente.
Forse questa esperienza l’avrebbe fatta crescere e magari innamorare di un ragazzo adatto a lei.
Forse...
‘Ian!’
La ragazza, facendo vagare lo sguardo, vide il professor Stranamore dall’altra parte dei binari.
Chiuse gli occhi e si li strofinò leggermente. Magari le lacrime le stavano giocando un brutto scherzo. O era la sua mente a farlo.
Quando li riaprì lui era ancora lì e la stava guardando con un’espressione che era un misto di stupore, confusione e felicità.
Le sorrise.
Rose rimase a fissarlo per qualche secondo, rigida come un palo, poi corse nel sottopassaggio, rischiando anche di scivolare per il pavimento bagnato, e risalì sul binario opposto a quello su cui si trovava prima.
Il professor Bollore, che si trovava a meno di cinque metri da lei, si girò nella sua direzione.
“Ian…” sussurrò e corse verso di lui, buttandosi fra le sue braccia.
Il professore, inizialmente stupito, la strinse a sé, mentre Rose si beava del profumo del suo dopobarba e del calore emanato dal suo corpo attraverso la giacca aperta.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buon pomeriggio a todos!
Niente, volevo solo ringraziare tutte quelle persone che stanno leggendo la storia e la stanno recensendo.
I love you!

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Capitolo 4
*** I've got the power. ***


I’VE GOT THE POWER
-Capitolo quattro-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn si allacciò la stringa della scarpa sinistra e poi raggiunse le sue compagne che stavano correndo intorno al campo da basket.
Era mercoledì mattina e,come prima materia, aveva ginnastica.
“Dove eravamo rimaste?” chiese Cher, “Ah, sì. E niente, l’ho abbracciato e quando mi sono resa conto di quello che stava succedendo me ne sono corsa via”
“Cioè, te ne sei andata senza dire niente?”
“Mh-mh”
“E lui che ha fatto?”
“Niente. Che doveva fare scusa?”
“Che ne so! Poteva inseguirti, fermarti e con la sua voce profonda dirti a fior di labbra: ‘Rose..’..”
“Lui non mi chiama Rose” la interruppe la ragazza.
“Dettagli. Allora, a fior di labbra ti avrebbe detto: ‘ Rose, so che la differenza di età tra noi due è molto grande, ma a me non importa, perché l’amore che provo per te va ben oltre a dei semplici numeri e, vedendoti qua, ho capito che anche tu provi lo stesso per me’ e poi ti avrebbe baciato..”
Rose si mise una mano sul cuore, “Se, magari Cher”
“Chissà, forse in un’altra vita questa scena è successa davvero”
“Bè, allora la ‘me’ di quella dimensione deve essere morta sul colpo”
Le ragazze risero e poi si misero in fila per il salto della cavallina.
Durante ginnastica, la professoressa Jones divideva la classe in due gruppi. Metà della palestra era occupata dalle femmine e l’altra metà dai maschi.
La prof si occupava dei maschi, mentre il professor bollore delle femmine.
La giovane si spostò un po di lato per riuscire a vederlo meglio.
Quel giorno indossava una maglietta a maniche corte bianca e i pantaloni della tuta azzurri.
Si morse il labbro inferiore.
Porca vacca, prima o poi sarebbe di certo finita in ospedale.
Ian alzò gli occhi dalla cartellina che stava compilando e poi soffiò nel fischietto che teneva fra le labbra.
‘Dio, perché non mi hai fatto nascere sotto forma di fischietto? Perché?!’, pensò.
La fila si mosse abbastanza velocemente finchè non arrivò il suo turno.
Rosalyn si piegò leggermente sulle ginocchia, fece un respiro profondo. Alzò gli occhi ed incontrò quelli di Somerhalder che stava aspettando un suo cenno.
La studentessa mimò un ‘Sì’ con la testa e lui fischiò.
Rose iniziò a correre e, arrivata in prossimità della cavallina mise le mani in avanti e le appoggiò su di essa, poi diede lo slancio in avanati, ma, nell’atterrare, la caviglia destra le si piegò di lato.
“Ahio!” urlò, piegandosi per il dolore.
“Tutto bene Rosalyn?” le chiese il professore avvicinandosi e accucciandosi accanto a lei.
“Mi fa male la caviglia”
“Ok” disse, aiutandola ad alzarsi, avvolgendole i fianchi con un braccio, “Appoggiati  a me”
Rose fece come le era stato detto e fece passare il suo braccio sinistro sulle spalle di lui.
Dopo aver incaricato Suzy Mendez di continuare a far saltare le ragazze, il professor bollore, con la giovane avvinghiata a lui, si diresse verso le gradinate, dove la fece sedere.
“Mh, vediamo che ti sei fatta” disse, prendendole la gamba destra, facendola stendere sulle sue gambe. Iniziò a slacciarle le stringhe della scarpa e poi gliela tolse.
“S-scusi, credo di avere il piede un po sudato”
“Non ti preoccupare” disse, sfilandole la calza.
Con movimenti delicati iniziò a massaggiarle il piede.
La studentessa arrossì violentemente.
Era strano. Il piede non era una parte del corpo intima, eppure si sentiva strana. Quasi imbarazzata.
‘Rose, è un piede, smettila!’
“Posso farti una domanda Rosalyn?” le chiese, distogliendola dalle sue fantasie che stavano diventando un po troppo osé.
“Em, certo”
“Perché sei venuta in stazione?”
‘Oddio, Rose! Inventati qualcosa e in fretta!’ pensò,‘Mi trovavo nei paraggi..No, troppo banale. Mi piace l’odore delle stazioni; mi rilassa. No, già ti considera una pazza ritardata maniaca, ci manca solo che ti consideri da C. I .M!’
“Volevo venire a salutarla” rispose, invece, dicendo una mezza verità.
 “E come facevi a sapere che sarei partito sabato?”
“Ho sentito mia mamma che ne parlava con una sua amica al telefono e per l’orario..bè, è stata solo fortuna”
“Comunque, grazie, mi ha fatto piacere” disse lui, guardandola negli occhi.
“Sì, figuri”
Tra i due cadde il silenzio, interrotto dalla ragazza che voleva colmare la sua curiosità, “Ora posso farle io una domanda?”
“Sì, mi sembra giusto”
“Scusi se mi intrometto, ma perché non è partito con la sua fidanzata?”
Ian sospirò, “Nina è sempre stata una ragazza a cui piaceva la vita mondana e, quando mi ha seguito qui ad Harmony, sapevo che sarebbe stato come rinchiudere un uccellino in gabbia. Prima o poi sarebbe morto. Ed è quello che stava succedendo a lei. Lentamente stava morendo, in senso metaforico intendo. Volevo seguirla a New York, davvero. Ma non ce l’ho fatta. Harmony è sempre stata casa mia. Io sono nato per vivere qui e per fare l’insegnate. Non sono un tipo da grande mela. E anche se la amo, l’ho dovuta lasciare andare. Perché, come dice il detto, se ami qualcuno lascialo libero”
“Capisco”
Da come ne parlava sembrava ancora molto legato a lei e, di certo, lasciarla andare non dev’essere stata una decisione molto semplice.
“Bene, prova a muovere il piede ora” le disse Ian.
Rose fece come le era stato detto, “Wow, non sento più nulla! Come ha fatto?”
“Mia madre è massaggiatrice”
“Oh, che bello”
“Già. Comunque, è meglio che per oggi non lo sforzi, quindi vai pure a cambiarti”
“Grazie”
La giovane si alzò e zoppicando si diresse verso gli spogliatoi. Mentre passava davanti al gruppo di ragazzi, decise di attirare l’attenzione di Robert, perciò si slegò i capelli e li mosse leggermente.
“Hey, Rosie Posie” disse Robert, raggiungendola, “Che hai fatto al piede?”
‘Kaboom’, pensò lei, sorridendo soddisfatta senza farsi vedere.
“Ho stortato la caviglia, ma niente di grave” rispose, girandosi verso di lui.
“Ti fa male?”
“Mh, ho provato di peggio”
“Tipo sbucciarti il ginocchio nel mio giardino?”
“Avevo cinque anni e per tua informazione ho sentito davvero male”
Robert rise, “Certo, certo. Ammettilo sei sempre stata una fifona”
“Io almeno non ho dormito fino ai dodici anni con la lucina accesa”
“Sai, se non fossi una ragazza, a quest’ora ti avrei già presa a calci nel sedere”
“Non mi sembra che questo ti abbia fermato quando ti ho rubato la tua figurina preferita dal album dei giocatori di baseball”
Il ragazzo le si avvicinò e con uno scatto la prese in braccio.
“Che bambina cattiva che sei stata” le sussurrò all’orecchio.
“Collins, che stai facendo?” chiese la professoressa Jones.
“Aiuto una compagna in difficoltà”
“Collins, vieni subito qui!”
“Prof, non era stata lei a dire che dovevo iniziare a trattare meglio le ragazze?”
La professoressa sbuffò, “Sbrigati, ti rivoglio in campo fra due minuti”
“Sì, signore! Cioè, signora!”
 
Rosalyn uscì dall’auto e poi si voltò, per salutare i suoi amici.
Era lunedì notte.
Il giorno dopo non ci sarebbe stata scuola per via delle vacanze del primo novembre.
“Grazie per riavermi accompagnata a casa Mathès” disse, “Buona notte Cher”
“Ciao Rose”
La ragazza sorrise, chiuse la portiera e poi si diresse verso casa.
Una volta arrivata davanti alla porta d’entrata, si accorse che questa era aperta.
‘Strano. Mamma è a New York come sempre. Mh, forse però è tornata per prendere qualcosa o magari perché vuole riposarsi’, pensò.
Rose entrò e poggiò il cappotto sul divano.
“Mamma?” chiamò, “Mamma sei tu?”
Si avvicinò al telefono posto non troppo distante dove una spia rossa lampeggiava assiduamente. Schiacciò il bottoncino della segreteria e ascoltò.
 
‘Rose, sono la mamma. Volevo dirti che starò via per due settimane perché devo andare a Hong Kong per una questione importantissima. Ti ho lasciato dei soldi per la spesa o per comprarti qualcosa nel contenitore delle caramelle. Se ti serve altro denaro, la carta di credito è sotto il materasso e il codice lo sai. Ti porterò a casa un souvenir, Bye!’
 
Alla giovane si gelò il sangue nelle vene.
Se sua madre era in viaggio, chi c’era dietro la porta che dava sul corridoio per arrivare nelle stanze?
Si tolse i tacchi e poi corse il cucina dove afferrò una padella.
Con i piedi che le sudavano dalla paura, Rosalyn si diresse verso la porta del corridoio mezza aperta.
“Chi c’è?”
Nessuna risposta, solo rumori.
“Ho un fischietto antistupro e una padella e non ho paura di usarli!”
‘Ok, Ros, è il momenti di mettere in atto tutto quello che hai imparato guardando Tom Raider e gli insegnamenti che Alaric ha dato ad Elena’
Contò fino a tre e poi spalancò la porta. Alzò il braccio che teneva la padella e si apprestò a darlo in testa a chiunque si sarebbe trovata davanti, ma, effettivamente, quello che si trovò davanti non fu proprio quello che si aspettava.
“Prof?” domando, spalancando gli occhi stupita.
“Hey, Rosalyn! Che ci fai con una padella in mano? E’ già ora di colazione?” chiese, barcollando leggermente.
“S-sta bene?”
“Mh, devo dire di sì. Dopo un bottiglia di whisky posso dire di sentirmi bene..”
“E’ ubriaco?!”
“Non lo so, Rosie Posie..” disse, chiamandola come l’aveva chiamata Robert mercoledì scorso in palestra. Li aveva forse sentiti?, “Lo sono?” chiese, avvicinandosi a lei.
“Sì, dall’odore direi che è ubriaco marcio” costatò.
Lui si mise a ridere.
“Come ha fatto ad entrate?”
“Tua madre nasconde ancora le chiavi nel vaso dei fiori. E lo sappiamo entrambi che non sarebbe neanche in grado di far crescere una piantina di fagioli”
“E da quanto è in questo stato?”
Il professor Stranamore alzò la mano, “Una..” disse alzando un dito, “O due ore. O forse cinque”
“Si venga a sedere per favore”
“No, sono in grado di stare in piedi”
“Certo, per questo è poggiato al muro?”
“Che c’è? Un uomo non può essere innamorato di un muro? Poi questo colore è così bello. Che tonalità d’arancio è? Albicocca?” chiese, prima di iniziare a sbaciucchiare la parete.
“Su, venga” insistette Rosalyn, prendendolo per mano, trascinandolo in soggiorno e facendolo sedere sul divano. Poi si chinò e iniziò a slacciargli le stringhe delle scarpe.
“Che stai facendo?” chiese lui.
“Non può tornare a casa in queste condizioni, non arriverebbe neanche alla fine del vialetto di casa mia, perciò resterà qui a dormire”
“E che diranno i vicini?” chiese, sussurrando.
“Niente, i signori Potter sono già a dormire da un pezzo” rispose, per poi alzarsi e aiutarlo a togliere il giubbino.
“Sai, questa cosa è un po pervertita. Nel senso, abbiamo sedici anni di differenza”
Rose rise, “Domani si sarà già dimenticato tutto”
“Io non credo” disse Ian, prendendole il polso della mano destra, obbligandola così a chinarsi verso di lui.
“Sei così diversa da tua madre”
“Lo prendo come un complimento” replicò la giovane, deglutendo rumorosamente.
Il volto del professore si fece sempre più vicino al suo.
Il corpo di Rosalyn si era fatto di pietra  elei non riusciva a muoversi, mentre il cuore stava accelerando i battiti.
‘Oh,cribbiolina’
“C- che sta facendo?” chiese, con un filo di voce.
“Shh, ferma” le sussurrò facendo sfiorare il naso con il suo.
La ragazza sentì le labbra di lui sfiorare le sue, poi il professore cadde all’indietro, a addormentato.
‘Cazzo, mi stava per baciare!’
 
Rose si svegliò di colpo e girò il viso verso la sveglia.
Le dieci e mezza.
‘Oddio, sono in ritradissimo per la scuola!’
Si mise a sedere e, allungando una mano in un cassetto li vicino, prese un paio di calzini puliti. Iniziò ad infilarseli quando si rese conto che quel giorno non vi era scuola e che poteva stare tranquilla.
La giovane si lasciò cadere all’indietro, chiudendo gli occhi e facendosi accarezzare la pelle da dei tenui raggi del sole di novembre che penetravano dalle finestre.
Quello stato di quiete comunque non durò a lungo, in quanto Rosalyn si rimise a  sedere dopo neanche cinque secondi.
‘Oddio!’, pensò, ‘Il professor bollore è in soggiorno!’
Rosalyn si alzò, uscì dalla sua stanza e si diresse in salotto, dove, però, non trovò nessuno.
Il divano era in ordine e la coperta che aveva utilizzato per coprirlo era piegata perfettamente su di esso.
La ragazza buttò un’occhiata verso la porta d’entrata, dove la sera prima aveva sistemato le scarpe del suo professore che ora non vi erano più.
Se n’era andato senza salutarla e senza lasciarle un bigliettino.
Sospirò abbattuta.
Aveva urgente bisogno di un po di power e di Tom Cruise.
Rose tornò in stanza, dove si tolse il pigiama e indossò dei pantaloncini corti e una maglia bianca fin troppo grande per lei.
Prese il cellulare e ci inserì le cuffiette, poi fece scorrere il pollice per trovare la canzone.
‘Eccola!’
“I’VE GOT THE POWEEER!” urlò, scivolando in soggiorno grazie ai calzini, “I’VE GOT THE POWEEER!” ripetè, urlando a squarciagola, iniziando poi a muoversi in modo alquanto imbarazzante.
Continuò così per un altro minuto, poi iniziò a ballare all’indietro, muovendo un po il culo, andando a scontrarsi contro qualcosa.
Si girò di scatto, con il terrore di aver colpito la lampada preferita di sua madre, ma, no, quella contro a cui era andata addosso non era una lampada, bensì il suo professore, che stava sfoderando il più bel sorriso a trentadue denti che avesse mai visto.
“Oh, mio Dio” sussurrò la giovane, togliendosi le cuffiette.
“Buongiorno Rosalyn. Ho interrotto qualcosa?”
“E-eh? No,no, è..è che avevo bisogno di muovermi un po..”
“Capisco. Sono uscito a comprare delle ciambelle. Hai già fatto colazione?”
Lei scosse la testa.
“Bene, neanche io” disse, dirigendosi in cucina.
Rosalyn lo seguì, ancora un po intontita dalla figura di merda appena fatta.
‘Ma era possibile che lui dovesse sempre vederla in strane situazioni o in abbigliamenti ambigui?!’
“Hai del succo di frutta?” le chiese il professore.
“Sì, è in frigo” rispose, sedendosi.
“I bicchieri?”
“Secondo sportello a destra”
“Grazie”
Ian le posò davanti un bicchiere e ci versò un po di succo, poi si sedette di fronte  a lei e le passò una ciambella.
“Hai dormito bene?” le chiese.
“Sì, grazie”
“Sei sicura?”
“Sì,sì”
‘Oddio, perché me lo chiede?!’
“L-lei? Come ha dormito lei?”
“Oh, per aver dormito, ho dormito bene. E’ il risveglio che è stato un po..doloroso”
Rosalyn trattenne una risata e sorrise.
“Rosalyn, volevo scusarmi con te”
La studentessa sgranò gli occhi sorpresa, “Per cosa?”
“Per la figuraccia fatta questa notte. Ero completamente ubriaco e non ragionavo”
“Ma no, non si preoccupi”
“E…e che non sono abituato a stare senza Nina e non sto passando un bel periodo e non so perché ti sto raccontando tutto. Probabilmente ora mi trovi patetico”
“Senta, io non la trovo patetico, anzi. N- non sono mai stata innamorata, quindi non so cosa prova ora, posso solo immaginarlo. So che non è facile e che probabilmente non sono io che glielo devo dire, ma, affogare i suoi dispiaceri nell’alcol non l’aiuterà, perché il giorno seguente, finita la sbronza, saranno ancora lì. Li affoghi nella nutella che sì, farà ingrassare, ma almeno evita il mal di testa”
“Ed evita di farti scordare le cose” aggiunse lui, ridendo.
“Già..”
‘Quindi lui non si ricorda del tentato bacio. Fantastico. Davvero fantastico’
“Va bè, ora è meglio che vada, prima che mia nonna sguinzagli i cani per trovarmi” disse il professor bollore, alzandosi.
La ragazza fece per alzarsi, per accompagnarlo alla porta, ma lui le fece segno di non scomodarsi.
“Salutami tua madre”
“E lei sua nonna”
“Sarà fatto”
E così, se ne andò.
Rose si alzò e corse verso la finestra che dava sul vialetto e senza farsi vedere lo osservò incamminarsi.
‘Se questo è un sogno, non svegliatemi’
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve girls!
Eccomi con un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto:)
Ps. Nella scene in cui Rose si “scatena” in soggiorno, ho voluto riprendere un po il film, di cui ora non ricordo il nome, in cui vi era Tom Cruise che ballava in camicia e mutante, solo che la canzone non è quella di Elvis, ma ‘The power’, quella di “Una settimana da Dio”
Aspetto con ansia un vostro parere.
Grazie mille per le recensioni  i complimenti, siete magnifiche!

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Capitolo 5
*** Strike! ***


STRIKE!
-Capitolo cinque-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Va bene, ragazzi. Ora che la parte teorica è conclusa, passiamo alla pratica” disse la signorina Evans.
La signorina Evans era l’infermiera della scuola e anche la docente che si occupava della materia più imbarazzante che esistesse al mondo: educazione sessuale.
Per lo più la signorina Evans era una di quelle donne..come dire..finte.
Non di carattere, anzi, da quella parte era una delle persone più gentili e disponibili che Rosalyn avesse mai conosciuto. Il punto stava nell’ aspetto fisico. Aveva quarant’anni e passa e, circa l’80% del suo corpo era fatto di silicone, di cui il 70% era contenuto solo nelle sue tette.
Ecco, ora immaginatevi una donna alta, magra, bionda con le labbra tipo quelle di Nina Moric, tutta arrostita per via delle lampade e con le tette così grosse da far invidia ad un Manga, spiegare educazione sessuale in una classe composta dal 90% da maschi arrapati ventiquattro ore su ventiquattro.
“Questa che vi sto distribuendo è una banana come potete vendere. Fingiamo che la banana sia l’apparato riproduttivo maschile in un paese chiamato la fantasia di ogni uomo. Ora vi insegnerò come mettere un preservativo, perché, ricordatevi..” disse, alzando una mano.
“Il preservativo ultrà! indossarlo tu dovrai, la volta che lo farai” dissero in curo gli studenti, con fare annoiato.
“Dio, non posso credere di aver imparato questa filastrocca a memoria” le sussurrò Cher, seduta accanto a lei.
“Non lo dire a me” disse la ragazza, alzando gli occhi per guardare il professor bollore aggirarsi tra i banchi per assicurarsi che nessuno facesse lo scemo. Di solito questo compito spettava al professor Farrel, ma visto che lui ancora non si era fatto vedere, questo compito era passato a Somerhalder.
‘Quindi, educazione sessuale + Ian Somerhalder = succederà qualcosa di molto imbarazzante e mi farà risalutare, come sempre, ai suoi occhi, come una pazza maniaca’, pensò Rose, sospirando e ingegnandosi per riuscire ad incastrate la banana su un sopporto che di solito veniva usato per le provette.
“Ok, ora infilate, delicatamente, il preservativo lungo la banana, cercando di non romperlo..” disse la signorina Evans.
Ros prese il preservativo e aprì la bustina.
“Uh, guarda” disse a Cher, “Mi è capitato quello rosa”
L’amica rise.
“Dio, non ci riesco” sbuffò Cher, alla prese con il suo.
“Forse perché non dovremmo fare sesso con delle banane” disse Rosalyn, a bassa voce.
“Sai, io credo di essere pronta a farlo” disse Jennifer St. Johns, “Tu che ne pensi Rose?” le chiese, girandosi verso di lei.
“Perché lo chiedi a me?”
“Perché tu sei la puritana della classe e volevo avere un tuo parere”
“Non sono puritana. Aspetto solo quello giusto. E comunque, per risponderti: è una cosa importante e devi essere sicura si farlo con la persona giusta. Sai, i pinguini della specie  adeliae passano tutta la vita alla ricerca dell’altro pinguino e quando si incontrano..lo sanno! E da quel momento trascorrono il resto della vita insieme” rispose la giovane, tornando ad occuparsi del preservativo che non sembrava volesse essere indossato dalla banana.
“Rose, io non sono un pinguino” disse Jennifer.
“Era un’ analogia” disse il professor Stranamore, comparendo accanto a Rose.
Lei si girò verso di lui per sorridergli, ma, nel farlo, si distrasse, facendo così volare in aria il preservativo che andò a finire in un occhio del professore.
I suoi compagni scoppiarono a ridere.
“Oddio!” esclamò Rosalyn, portandosi una mano alla bocca, “Mi dispiace! Sono mortificata!”
“Non ti preoccupare” disse Ian, tenendo chiuso l’occhio ferito.
‘E io prima che avevo detto?’
 
“Che fai?” le chiese Cher, appena uscite dall’aula, “Vieni a prendere un gelato con me e il mio fratellino?”
“Sì, dopo la figuraccia di prima ho un disperato bisogno di zuccheri”
L’amica rise, “Poteva andarti peggio, su”
“Ad esempio?”
“Non so, non mi viene in mente niente in questo momento”
“Grazie, mi sei molto d’aiuto” sospirò Rosalyn.
Cher stava per dire qualcosa, quando il cellulare di Ros iniziò a squillare e lei fu costretta a rispondere.
“Vado a vedere se Dean è già andato via” le sussurrò Cher, scomparendo.
Rose roteò gli occhi. “Pronto?” chiese, poggiandosi con la spalla sinistra ad un armadietto.
“R-Rose? Sei libera un momento?”
“Certo, Lizzie”
Lizzie era la figlia di sua zia Mary. Aveva la sua età e viveva a New York. Come la madre e la sorella aveva ereditato il gene: ‘Non in grado di avere una relazione’.
“Hai presente Cameron?”
“Certo, è il tuo fidanzato da quattro anni”
Ogni volta che aveva un problema con Cameron, Lizzie chiamava lei, in quanto figlia unica e, dovendosi fingere una stra figa davanti alle sue amiche dell’alta società, l’unica con cui sfogarsi era lei.
“Ci siamo lasciati” disse, scoppiando in lacrime.
‘Come ogni settimana’, pensò la ragazza.
“Perché?”
“Gli ho chiesto se voleva venire con me in montagna questo week-end, sai, per passare un po di tempo da soli, per fare un po i romantici e lui mi ha detto che lo sto soffocando. Che si sente come un topo chiuso in gabbia. Secondo te sono stressante?”
“Ma no, non sei stressante, Lizzie” disse Rose. Quello che aveva imparato negli ultimi quattro anni era che, qualunque cosa avesse fatto Cameron, era lui il colpevole, senza ombra di dubbio, “Tu sei un tesoro, è il tuo fidanzato che è uno stronzo cafone! Una testa di cazzo, senza palle, un bast..è..è quello che m – molte persone direbbero di Shakespeare dopo aver letto Romeo e Giulietta, visto che ha fatto finire male, molto male una relazione così r- romantica e appassionata” disse Rosalyn, cambiando improvvisamente discorso quando il professor Bollore le comparì davanti. “E - e devo dire che, quelle persone, non hanno tutti i torti, ma, prima di criticare il caro William bisognerebbe leggere altre sue opere. Ci vediamo dopo Cher, ciao” disse, chiudendo la chiamata, cercando di ignorare il pianto disperato di sua cugina.
“Scusa se ti ho disturbato Rosalyn, ma avevi lasciato il tuo quaderno in classe” disse lui, porgendoglielo.
“Oh, non si preoccupi. Grazie mille” disse la studentessa, prendendolo.
“Stavi parlando con la tua amica dal nome francese?” chiese.
“Intende Cher? Sì, sì, proprio con lei. Sa, sta passando una fase difficile con Shakespeare. Dopo Romeo e Giulietta lo odia un po”
Il professore rise, “Ma, la tua amica è un po bassina con i capelli castani?”
“Sì, esatto”
“Intendi quella che ho appena visto correre nel corridoio?”
“Mh – mh” disse, poco convinta, non sapendo se annuire o scuotere la testa.
“Allora mi sarò sbagliato. Sai, alla mia età è normale avere problemini di vista”
La giovane sorrise, sentendosi una stupida.
“Comunque, volevo chiederti una cosa”
“Certo”
“Sai che domani c’è la serata delle letture?”
E come dimenticarlo?
La serata delle letture era una serata che si svolgeva due volte all’anno a scuola che consisteva nel leggere alcuni versi o discorsi del proprio libro preferito.
Non era facile mettersi in lista per il primo turno, perché era un’attività che piaceva a tutti, ma lei, quest’anno, grazie all’aiuto di Cher che faceva parte del organizzazione, era riuscita  a farcela e si sarebbe esibita con Matt in alcuni versi di Romeo e Giulietta.
Purtroppo però, Matt si era preso la bronchite due giorni fa e non si sarebbe potuto esibire, perciò Ian, per evitare di farle perdere il posto, si era offerto di sostituirlo.
Ieri avevano fatto delle prove insieme, solo che lei faticava ad essere calma in sua presenza e quindi andava quasi sempre nel pallone.
“Sì, sì, me lo ricordo”
“Ho notato che sei nervosa quando leggi”
‘Ecco’
“Sì, è che..come dire, quando immagino di star leggendo davanti a un sacco di persone mi prende l’ansia” mentì.
Lui le sorrise, “Immaginavo, per questo volevo chiederti se ti andava di uscire con me”
Rosalyn sgranò gli occhi.
Aveva sentito bene?
Il professor Bollore le aveva appena chiesto di uscire o stava sognando?
“Per riuscire a distrarti un po, intendo” aggiunse lui.
Rose annuì lentamente, “M- ma certo, mi sembra un’ottima idea”
“Bene. E’ importante sentirci a nostro agio tra di noi, così sul palco non si noterà che stiamo fingendo”
“S - sono d’accordo”
“Allora, che ne dici se passo da te alle otto questa sera?”
“Mi sembra perfetto. Dove andiamo?”
“Mh, sai cosa mi piacerebbe fare?”
“Sedurmi?”
“Cosa?”
“No, niente”
“Ti porto al bowling. Ti va?”
“Eccome!”
 
Rosalyn si guardò allo specchio per la milionesima volta, poi scosse la testa.
Era da un’ora che stava decidendo cosa mettersi, ma, quella sera, niente sembrava fare al caso suo.
‘Possibile che non abbia nulla da mettere?!’
Si tolse la maglietta e i jeans e poi tornò a fissare l’armadio.
‘Ok, adesso basta! Ora, appena scelgo qualcosa, me la tengo!’
Socchiuse gli occhi, facendoli diventare due sottili fessure e alla fine optò per indossare dei jeans stretti a sigaretta neri, una maglia a maniche lunghe, larga e beige abbinati a degli Ugg dello stesso colore della maglia, poi si spazzolò un po i capelli.
Finì di prepararsi giusto in tempo per l’arrivo del professor Stranamore, che suonò il campanello.
“Buona sera, Rosalyn” disse lui, sorridendole.
“Buona sera, prof”
“Se questa sera dobbiamo rilassarci, meglio smettere di darmi del ‘lei’, no?”
‘Oddio! Posso chiamarlo con il suo nome da battesimo!’
“Sì, certo..Ian. Devo dire che mi fa un po strano”
“Anche a me fa un certo effetto, Rosalyn”
“Oh, ti prego, chiamami Rose. Neanche mia madre mi chiama Rosalyn”
“Ma è così un bel nome!”
La giovane si chiuse nelle spalle, “Mi fa sembrare vecchia”
“Come vuoi, Rose”
 
Mezz’ora dopo, i due erano arrivati al Bowling e si erano presi qualcosa da mangiare.
“Prima le signore..” le disse Somerhalder, indicandole la palla da bowling con una mano.
Rosalyn sorrise, sapendo benissimo che la stava sfidando.
Finì di mangiare il suo pezzo di Hot dog, si pulì le mani e poi si alzò.
Avrebbe tanto voluto stracciarlo, perché, lo sapevano tutti, lei era la campionessa indiscussa in quel gioco, ma decise di fare l’ingenua, decise di fingere di non saper giocare, così non avrebbe distrutto il suo ego da uomo maturo.
“Ian, c’è un problema..io non so giocare”
Lui sgranò gli occhi, “Non sai giocare?”
La ragazza scosse la testa, “Mai imparato..”
“Potevi dirmelo, ti avrei portata da qualche altra parte”
“Ma no, qui va benissimo. Almeno ho l’occasione di imparare, no?”
“Meglio tardi che mai”
“Bene” disse Rose, sospirando, “Da che parte iniziamo?”
“Scegli la palla che ti piace di più”
“Questa!” disse lei, indicando una palla blu.
“Aspetta, perché hai lasciato a me quella rosa?”
“Perché io odio il rosa. Cioè, non è che lo odio, ma lo trovo un colore sessista”
“Ok, come vuoi tu”
La giovane prese la palla, “E ora?”
Ian andò dietro di lei e le posizionò le mani sulle spalle, spingendola leggermente in avanti.
“Concentrati” le sussurrò all’orecchio sinistro, sfiorandoglielo con le labbra, provocandole così brividi piacevoli lungo la spina dorsale, “Guarda i birilli”.
Somerhalder le prese il polso della mano destra, quella con cui lei teneva la palla.
“Rilassati” le disse, posandole la mano sinistra sul suo fianco sinistro.
‘Facile dirlo! Non sei tu quello che si sente il corpo gelatinoso’
Con il polso nella sua mano (una mano da uomo, da persona grande) le condusse il braccio all’ indietro e poi in avanti e la giovane lasciò la palla che iniziò a rotolare lentamente, per poi finire fuori pista.
“Brava!”
“Ma è uscita fuori” disse lei, sconsolata.
“Non importa. Per essere il tuo primo lancio non era male”
‘Piccola e perfida Rosalyn’
 
“Mh, questa pizza è buonissima!” Disse la ragazza.
Somerhalder rise, “Come fai ad avere ancora fame dopo l’Hot dog e le patatine?”
Ros si chiuse nelle spalle, “Il cibo mi consola. Sai, dopo essere stata battuta per due volte. Mai sentito parlare di far vincere una ragazza?”
“Non sono il tipo che ama perdere” rispose il professore, facendo un sorriso sghembo.
“Neanche io”
I due si guardarono intensamente negli occhi, poi la giovane distolse lo sguardo a disagio.
‘Che sta succedendo?’
“C- come sta tua nonna?” chiese lei, per cambiare un po discordo.
“Molto bene, grazie. E tua madre?”
“Normale. Lavora, come sempre”
“Ma, toglimi una curiosità..quando lei non c’è..”
“Cioè tutta la settimana” lo interruppe lei.
“Sì. Comunque, tu stai a casa da sola?”
Rosalyn annuì, “Esatto”
“E non hai paura?”
“No”
“Sento un po di ostilità nella tua voce”
“Ostilità?”
“Sì, appena ti ho chiesto di tua madre hai cambiato subito tono e ti sei irrigidita”
“Scusami, non era mia intenzione”
‘Cavolo, non se ne era neanche accorta’
“Non ti preoccupare. Vorrei solo capire il perché di questo tuo cambiamento”
La ragazza  abbassò lo sguardo.
‘Chiedilo alla tua ex fidanzatina del liceo’, pensò acida.
“Scusami, ma non mi va di parlarne”
“Certo, non ti preoccupare” disse lui, comprensivo.
Ci fu un attimo di silenzio.
“Lei non mi apprezza” disse Ros poco dopo, “Ed è solo una delle tante cose che non fa”
“Io ti apprezzo” disse il professor bollore, sorridendole, “Insomma, sei una brava studentessa e, da quello che ho capito, anche una brava persona”
“G-grazie” disse la giovane, imbarazzata.
‘Questa sottospecie di appuntamento di lavoro si sta rivelando molto strano e imbarazzante’
“Che ne dici di un ultimo lancio?” le propose.
“Vuoi farmi fare ancora la figura della perdente?” chiese la ragazza, scherzando.
“No, affatto. Anzi, credo che questo sarà un buon lancio”
“Ok, mi fido di te. Ma solo perché sei il mio professore”
Rose si alzò, prese la palla e si preparò per tirare, portandosela davanti al viso.
“Aspetta” disse Ian, “Prima il bacio della fortuna”
‘I – il bacio della fortuna?! CAZZO!’
La studentessa sgranò gli occhi e si immobilizzò, osservando attentamente il suo professore chinarsi su di lei.
‘Mi sta per baciare! MI STA BER BACIARE! MI STA P..OK, NON MI STA PER BACIARE’, pensò alla fine, vedendo le labbra dell’uomo poggiarsi sulla palla e non su di lei.
“Spacca tutto” le disse poi.
Lei annuì, un po delusa e un po stordita.
Fissò i birilli e tirò.
La palla iniziò a rotolare molto velocemente, andando a fare Strike.
“Sì!” urlò Rosalyn, iniziando a saltellare.
“Così si fa!” disse Ian, battendole il cinque e abbracciandola.
I due si separarono leggermente, quanto bastava per guardarsi in faccia.
Rimasero così a fissarsi per un po, mentre i sorrisi che avevano dipinto sul volto  scomparivano lentamente.
In quel momento le luci si abbassarono e l’immagine di loro due abbracciati che si guardavano intensamente comparve su uno schermo gigante al centro della pista circondato da un cuore.
Nel locale partirono urli, fischi e applausi.
I due girarono il viso verso l’immagine, e poi tornarono a fissarsi.
“Forse è meglio andare” disse il professor Stranamore.
“Sì, lo credo anch’io” concordò la ragazza, staccandosi da lui.
L’indomani sarebbe tornata a ritirare quell’immagine.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve a turu turu tutti xD
Scusate il ritardo, ma sto studiando per gli esami.
Per chi non lo sapesse faccio una scuola di moda che è privata. Ogni anno, per essere riconosciuta dalla stato (visto che è come se studiassi da privatista) devo svolgere degli esami. Gli scritti gli ho finiti venerdì e giovedì 13 ho l’orale.
Mi scuso anche per il capitolo frettoloso, ma l’ho scritto in due ore e spero sia uscito bene.
Buona lettura!
Ps. Se qualcuno vuole farmi qualche domanda, nella pagina in iniziale del mio profilo, ho inserito il mio contatto di Ask:)

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Capitolo 6
*** Romeo e Giulietta. ***


ROMEO E GIULIETTA
-Capitolo sei-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn scostò il tendone rosso.
Il teatro della sua scuola stava iniziando ad affollarsi e, più la gente entrava dalla porta principale, più dentro lei cresceva il nervosismo.
Si morse il labbro inferiore e poi si passò le mani sudate sui jeans.
In quel momento, vide Cher entrare nel teatro, seguita da suo fratello Mathès.
Tirò un sospiro di sollievo e poi la raggiunse.
“Hey Cher!”
“Rose” disse l’amica, alzandosi dal posto che aveva occupato, “Come stai?”
“Nervosa. Anzi molto nervosa” ammise. “Ciao Mat” aggiunse dopo, salutando il ragazzo che aveva copiato la sorella e si era alzato.
“Hola” disse, sporgendosi in avanti per darle un bacio sulla guancia.
“Ci cedo che sei nervosa, dovrai leggere insieme al professor Bollore!” squittì Cher.
“Professor bollore?” chiese Mathès, corrugando la fronte.
“E’ il professore di cui Rose si è presa una bella cotta”
La ragazza arrossì, “Smettila Cher, non è vero!” disse, guardandosi intorno, “Non è vero , Mat” disse poi, rivolgendosi al giovane, “E’ Cher che questa sera è in vena di scherzare” disse, usando un tono abbastanza minaccioso.
Cher le sorrise.
“A che turno sei?” le chiese Mathès.
“Sono l’ultima”
“Uh, quindi devi fare il gran finale. Devi chiudere in bellezza e soprattutto non devi sbagliare”
“Grazie Mat, ora sì che sono più tranquilla”
La sorella gli diede una gomitata.
Prima che potesse aggiungere altro, qualcuno le mise una mano sulla spalla destra. Una mano grande con una stretta delicata ma ferrea.
“Rosalyn” le sussurrò il professor Stranamore all’orecchio sinistro.
Piccoli, ma sempre piacevoli, brividi le percorsero la spina dorsale.
La studentessa girò il viso verso sinistra, ritrovandosi a pochi centimetri dalle labbra di Ian.
“Sì?” riuscì a dire.
“Mia nonna ti vorrebbe salutare”
“Certo”
Lui le sorrise e, dopo aver salutato Cher, se ne andò.
Rose riprese a respirare.
“Va bene, vado” disse, cercando di evitare l’espressione di Cher che andava tra l’imbarazzo e lo stupore.
Salutò i due amici e poi raggiunse il suo professore, seduto alla destra di sua nonna, la signora Dawson.
“Buona sera, signora Dawson” disse Rosalyn, sorridendole.
“Signora Dawson? Oh, no cara, chiamami Jennifer, ti prego”
“Jennifer, che bel nome”
L’anziana rise, “Che adulatrice che sei Rosalyn. Grazie mille per il complimento. Io sto molto bene, anzi, mi sento meglio del solito. Tu come stai?”
“Sono molto nervosa”
“Sono sicura che andrai benissimo. Il mio Ian mi ha detto che leggerai con lui questa sera”
“Sì, suo nipote è stato molto gentile a proporsi come sostituto del mio compagno”
“Matt Logan, giusto?”
“Sì, sì”
“Povero caro. Ho incontrato sua madre ieri in farmacia e mi ha detto che la polmonite che si è preso non vuole proprio diminuire”
“Già”
“Dov’è tua madre cara?”
“E’ ancora a Hong Kong. Dovrebbe tornare fra qualche giorno”
“Povera donna, sempre a lavorare”
“Mh – mh” disse la ragazza, solo per assecondare l’anziana, visto che lei non la pensava proprio allo stesso modo.
Ian le buttò un’occhiata intensa, per capire un po quello che le passava per la mente, visto che la sera precedente aveva capito che tra lei e sua madre non correva buon sangue e Rose evitò di proposito di guardarlo negli occhi.
“Quindi è venuta per vedere Ian?” le chiese la studentessa.
‘Rose, che domanda scema, certo che è venuta per lui!’
“In realtà sono venuta a vedere te”
“Me?” chiese lei stupita, indicandosi.
“Sì, te. Ho già visto troppe letture con Ian quando era la liceo e abitava ancora qui. Invece, tu per me sei una novità”
“Oh, la r-ringrazio”
La signora Dawson sorrise.
“Bene, ora è meglio che andiamo” disse Somerhalder, alzandosi, poi chinarsi a dare un bacio sulla guancia a sua nonna.
“Buona fortuna cari”
“Grazie” disse la ragazza, pietrificandosi, quando sentì la mano di Ian poggiarsi sulla sua schiena.
“Stai bene?” le chiese a bassa voce, dopo aver salutato la badante dell’anziana.
Ros annuì, “Sì, sì. A – andiamo”
 
“Sei pronta?” le chiese il professor Bollore, bevendo un sorso d’acqua.
Rosalyn annuì distrattamente, incantata dalle labbra del professore.
‘Dio, nella prossima vita voglio rinascere sotto forma di bottiglietta. QUELLA bottiglietta’
In quel momento, dalla sala, si levò un coro di applausi, segno che fra poco sarebbe toccato a loro.
 “Bene, è il momento di andare in scena” disse Ian, dirigendosi dalla parte opposta alla sua, davanti alla seconda entrata.
“Signori e signore siamo ormai alla fine dalle serata” disse la signorina Hill, la sua insegnante di letteratura, “Ma, per chiudere in bellezza questa serie di letture, vi proponiamo un classico di William Shakespeare, tratto da Romeo e Giulietta. Ad interpretarlo saranno la signorina Rosalyn Moore e il professor Ian Somerhalder”
La ragazza alzò lo sguardo verso il suo professore. Lui le fece l’occhiolino, lei sorrise e poi lo seguì.
Una volta sul palco, partirono gli applausi e si sentì anche un “Spacca il culo a tutti, Rose” da parte di Cher.
Ros sistemò i fogli che teneva in mano sul leggio dinnanzi a se, poi si assicurò che Somerhalder fosse pronto.
‘Andrà bene. Andrà bene’
“Ma piano!” iniziò a leggere il professore, “Quale luce spunta lassù da quella finestra? Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole! Sorgi, o bell'astro, e spengi la invidiosa luna, che già langue pallida di dolore, perché tu, sua ancella, sei molto più vaga di lei. Non esser più sua ancella, giacché essa ha invidia di te. La sua assisa di vestale non è che pallida e verde e non la indossano che i matti; gettala. E' la mia signora; oh! è l'amor mio! Oh! Se lo sapesse che è l'amor mio! Ella parla, e pure non proferisce accento: come avviene questo? E' l'occhio suo che parla; ed io risponderò a lui. Ma è troppo ardire il mio, essa non parla con me: due fra le più belle stelle di tutto il cielo, avendo da fare altrove, supplicano gli occhi suoi di voler brillare nella loro sfera, finché esse abbian fatto ritorno. E se gli occhi suoi, in questo momento, fossero lassù, e le stelle fossero nella fronte di Giulietta? Lo splendore del suo viso farebbe impallidire di vergogna quelle due stelle, come la luce del giorno fa impallidire la fiamma di un lume; e gli occhi suoi in cielo irradierebbero l'etere di un tale splendore che gli uccelli comincerebbero a cantare, credendo finita la notte” prese fiato, “Guarda come appoggia la guancia su quella mano! Oh! foss'io un guanto sopra la sua mano, per poter toccare quella guancia!”
“Ohimè!” disse Rose.
“Essa parla. Oh, parla ancora, angelo sfolgorante! Poiché tu sei così luminosa a questa notte, mentre sei lassù sopra il mio capo come potrebbe esserlo un alato messaggero del cielo agli occhi stupiti dei mortali che nell'alzarsi non mostra che il bianco mentre varca le pigre nubi e veleggia nel grembo dell'aria”
“Oh Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome: o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio, ed io non sarò più una Capuleti!” lesse la giovane.
“Starò ancora ad ascoltare, o rispondo a questo che ha detto?”
“Il tuo nome soltanto è mio nemico: tu sei sempre tu stesso, anche senza essere un Montecchi. Che significa Montecchi? Nulla: non una mano, non un piede, non un braccio. non la faccia, né un'altra parte qualunque del corpo di un uomo. Oh, mettiti un altro nome! Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un'altra parola avrebbe lo stesso odore soave; così Romeo, se non si chiamasse più Romeo, conserverebbe quella preziosa perfezione che egli possiede anche senza quel nome. Romeo, rinunzia al tuo nome e, per esso che non è parte di te, prenditi tutta me stessa!”
“Io ti piglio in parola: chiamami soltanto amore ed io sarò ribattezzato; da ora innanzi non sarò più Romeo”
“Chi sei tu che, così protetto dalla notte, inciampi in questo modo nel mio segreto?”
“Con un nome io non so come dirti chi sono. Il mio nome, cara santa, è odioso a me stesso poiché è nemico a te: se io lo avessi qui scrittolo straccerei”
“L'orecchio mio non ha ancora bevuto cento parole di quella voce ed io già ne riconosco il suono. Non sei tu Romeo e un Montecchi?”
“Né l'uno né l'altro, bella fanciulla se l'uno e l'altro a te dispiace”
“Come sei potuto venir qui dimmi e perché? I muri del giardino sono alti e difficili a scalare e per te, considerando chi sei, questo è un luogo di morte se alcuno dei miei parenti ti trova qui”
“Con le leggere ali d'amore ho superati questi muri poiché non ci sono limiti di pietra che possano vietare il passo ad amore: e ciò che amore può fare, amore osa tentarlo; perciò i tuoi parenti per me non sono un ostacolo”
“Se ti vedono, ti uccideranno!”
“Ahimè! C'è più pericolo negli occhi tuoi che in venti delle loro spade: basta che tu mi guardi dolcemente e sarò a tutta prova contro la loro inimicizia”
“Io non vorrei per tutto il mondo che ti vedessero qui”
“Ho il manto della notte per nascondermi agli occhi loro; ma a meno che tu non mi ami, lascia che mi trovino qui: meglio la mia vita terminata per l'odio loro che la mia morte ritardata senza che io abbia l'amor tuo”
“Chi ha guidato i tuoi passi a scoprire questo luogo?”
“Amore, il quale mi ha spinto a cercarlo: egli mi ha prestato il suo consiglio ed io gli ho prestato gli occhi. Io non sono un pilota: ma se tu fossi lontana da me, quanto la deserta spiaggia che è bagnata dal più lontano mare, per una merce preziosa come te mi avventurerei sopra una nave”
“Tu sai che la maschera della notte mi cela il volto, altrimenti un rossore verginale colorirebbe la mia guancia per ciò che mi hai sentito dire stanotte. Io vorrei ben volentieri serbare le convenienze; volentieri vorrei poter rinnegare quello che ho detto, ma ormai addio cerimonie! Mi ami tu? So già che dirai "sì" ed io ti prenderò in parola; ma se tu giuri, tu puoi ingannarmi: agli spergiuri degli amanti dicono che Giove sorrida. Oh, gentile Romeo, se mi ami dichiaralo lealmente; se poi credi che io mi sia lasciata vincere troppo presto, aggrotterò le ciglia e farò la cattiva e dirò di no, così tu potrai supplicarmi; ma altrimenti non saprò dirti di no per tutto il mondo. E' vero, bel Montecchi, io son troppo innamorata e perciò la mia condotta potrebbe sembrarti leggera. Ma credimi, gentil cavaliere, alla prova io sarò più sincera di quelle che sanno meglio di me l'arte della modestia. Tuttavia sarei stata più riservata, lo devo riconoscere, se tu, prima che io me n'accorgessi, non avessi sorpreso l'ardente confessione del mio amore: perdonami dunque e non imputare la mia facile resa a leggerezza di questo amore che l'oscurità della notte ti ha svelato così”
“Fanciulla, per quella benedetta luna laggiù che inargenta le cime di tutti questi alberi, io giuro...”
“Oh, non giurare per la luna, la incostante luna che ogni mese cambia nella sua sfera per timore che anche l'amor tuo riesca incostante a quel modo”
“Per che cosa devo giurare?”
“Non giurare affatto; o se vuoi giurare, giura sulla tua cara persona che è il dio idolatrato dal mio cuore ed io ti crederò”
“Se il sacro amore del mio cuore...”
“Via, non giurare. Benché io riponga in te la mia gioia, nessuna gioia provo di questo contratto d'amore concluso stanotte: è troppo precipitato, troppo imprevisto, troppo improvviso, troppo somigliante al lampo che è finito prima che uno abbia il tempo di dire "lampeggia". Amor mio, buona notte! Questo boccio d'amore, aprendosi sotto il soffio dell'estate, quando quest'altra volta ci rivedremo, forse sarà uno splendido fiore. Buona notte, buona notte! Una dolce pace e una dolce felicità scendano nel cuor tuo, come quelle che sono nel mio petto”
“Oh! Mi lascerai così poco soddisfatto?”
“Quale soddisfazione puoi avere questa notte?”
“Il cambio del tuo fedele voto di amore col mio”
“Io ti diedi il mio, prima che tu lo chiedessi; e tuttavia vorrei non avertelo ancora dato”
“Vorresti forse riprenderlo? Per qual ragione, amor mio?”
Rosalyn alzò lo sguardo e si reso conto che il suo professore non stava leggendo, bensì recitando tutto a memoria.
In un secondo si ritrovò catapultata su quel balcone, vestita con una semplice camicia da notte lunga e leggera. Davanti a sé, il suo Romeo, con gli occhi azzurri e i capelli corvini, retto dai rami del castano cresciuto vicino al marmo della ringhiera.
‘Oh’, pensò, ‘La storia di Romeo e Giulietta e molto simile alla nostra. Loro divisi da dei cognomi. Noi divisi da un numero’
“Amore mio?” la chiamò lui.
‘Amore mio? MAGARI!’
“Solo per essere generosa e darmelo di nuovo, giusto?” le chiese Ian, cercando di riportarla alla realtà. E ci riuscì, perché, la ragazza, sbattè un paio di volte le palpebre, come se si fosse appena svegliata. Girò il viso per gli spettatori.
‘Oh, merda!’
“S-sì” disse, riprendendo a leggere, collegandosi all’improvvisazione di Somerhalder, “Solo per essere generosa e dartelo di nuovo. Eppure io non desidero se non ciò che possiedo; la mia generosità è sconfinata come il mare e l'amor mio quanto il mare stesso è profondo: più ne concedo a te, più ne possiedo, poiché la mia generosità e l'amor mio sono entrambi infiniti.  Sento qualche rumore in casa; addio, caro amor mio! Subito, mia buona nutrire! Diletto Montecchi, sii fedele!”
“O beata, beata notte! Stando così in mezzo al buio, io ho paura che tutto ciò non sia che un sogno, troppo deliziosamente lusinghiero per essere realtà”
Finito di leggere, il professor Stranamore si girò verso il pubblico per ricevere gli applausi, mentre Rose corse subito dietro le quinte.
‘Che figura di merda! Che figura di M. E. R D. A! Stupida, stupida Rosalyn!”
La giovane era così impegnata a rimproverarsi mentalmente e con gli occhi appannati per via delle lacrime che a momenti le avrebbero solcato il viso, che andò a sbattere contro la schiena di qualcuno.
“Scusami” borbotto.
“Rose!” disse Robert, “Tutto bene?”
Robert, quella sera, si era offerto di sostituire il tecnico delle luci che, per vari motivi, non si era potuto presentare.
“No, affatto”
“Intendi per l’esibizione?”
“Sì, non hai visto che figura di merda ho fatto?!”
Lui le passò un braccio intorno alle spalle e poi le passò un fazzoletto.
“Grazie” disse, accettandolo, “Domani sarò sicuramente barzelletta più divertente dei corridoi”
“Ti capisco, Rose”
“Mi capisci?”
“Eccome! Quando durante una partita di basket sbaglio un canestro, pensi che le persone non ridano di me?”
“Allora come fai a stare sempre così sereno?” chiese, tirando su con il naso.
Il ragazzo si chiuse nelle spalle, “Li ignoro”
“Io non sono capace”
“Mandali tutti a Fanculo, Moore. Eri magnifica su quel palco e, che tu voglia o no, adesso ti porterò fuori a cena. Ti va una pizza?”
“Non sono proprio vestita per una cena”
“Almeno tu hai i Jeans. Io indosso la tuta”
Rosalyn sorrise.
“Era un sorriso quello?”
“Forse”
“Su, Moore, ne voglio uno più grande!”
La ragazza sospirò e poi fece come le era stato detto.
“Molto meglio, le lacrime non ti donano molto. Allora, esci con me?”
“Okey”
“Non ho sentito bene, scusa”
Rose roteò gli occhi, “Ho detto che va bene” disse, ridendo.
“Perfetto” disse Robert, poggiandole un dito sotto il mento per poi farle alzare il viso, “I tuoi occhi sono più belli quando non sono rossi”
“Grazie” disse, arrossendo.
 
Ian
Mentre sorrideva al pubblico, Ian vide con al coda dell’occhio Rosalyn correre giù dal palco.
‘Cazzo!’
Cercando di non risultare frettoloso e preoccupato, scese anch’egli dal palco, tornando dietro le quinte.
‘Dove sei finita Rose?’ continuava a chiedersi, mentre si guardava intorno con molta attenzione.
Doveva trovarla per rassicurarla e tranquillizzarla.
Qualche attimo dopo la individuò. Stava camminando verso l’uscita di sicurezza.
Facendosi strada tra le persone, stava per raggiungerla quando, vendendo un ragazzo avvicinarsi a lei, si bloccò.
‘Roberto Collins’, pensò, un suo studente.
Il giovane le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse a sé.
Somerhalder serrò la mascella e si ritrovò stupito della strana sensazione di fastidio che lo investì nell’attimo stesso in cui lui l’aveva avvicinata a sé.
“Ian?” lo chiamò la signorina Hill, “C’è tua nonna che ti cerca”
“Certo, la raggiungo subito. Grazie Felicity”
La donna gli sorrise e poi scomparve.
Il ragazzo girò il viso verso i due giovani, che stavano ancora parlando, poi raggiunse sua nonna.
“Eccomi, possiamo andare” disse.
“Aspetta caro, voglio salutare Rosalyn prima..”
“Credo che sia occupata al momento” disse, piuttosto seccato.
Jennifer si accigliò.
“Cosa c’è nonna?” chiese lui, vedendo la sua espressione.
“No, niente. E’ che..mi sembri geloso”
Ian sgranò gli occhi, “Geloso?”
“Sì, di Rose”
“Di chi? Di lei? Nonna, è una mia studentessa”
“Quindi non sei geloso del fatto che è appena uscita dalla porta con un affascinate giovanotto, vero?”
“Sono solo preoccupato, ecco tutto”
Sì, era preoccupato.
Rosalyn era la figlia di Cristyn e lui si sentiva in dovere di proteggerla.
“Preoccupato che si diverta troppo?”
“No, nonna. Ma non si sa mai. Potrebbe essere uno stupratore o chissà cosa”
“Tesoro, smettila di guardare CSI”
“Andiamo” disse lui, ignorandola, utilizzando un tono di voce che non ammetteva repliche.
Somerhalder non sapeva se sua nonna lo faceva apposta, ma per tutto il tragitto da scuola verso casa non fece altro che parlare di Rose e di quanto fosse stata brava durante la lettura, di quanto fosse gentile e carina.
Per un attimo, in mente, li comparì l’immagine di lei quella sera.
Aveva indossato dei jeans neri stretti, una canottiera bianca e, sopra di essa, un blazer a fiori. I capelli erano stati lasciati sciolti ed emanava il suo solito profumo.
Non sapeva spiegare che tipo di profumo aveva. Sembra un misto tra diversi tipi di fiore, però non era nauseatane o troppo forte, anzi era molto piacevole e..e lui doveva smettere di pensarci.
ORA!
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve a tutti!
Ora che la scuola è finita credo che riuscirò a pubblicare almeno un capitolo a settimana. Siete felici?
Questo è il primo capitolo (e la prima volta) in cui c’è il Pov di Ian.
Come vi è sembrato? Ho cercato di non sbilanciarmi troppo v.v
Inoltre, non sapete che guaio che mi è successo!
Era da tutta la giornata che lavoravo su questo capitolo e verso le sei l’avevo quasi finito, quando, scrivendo le ultime righe ho avuto problemi con word, così ho selezionato tutto e ho copiato. Poi ho chiuso il foglio senza salvare. Apro un altro foglio e che succede? Mi accorgo di non aver cliccato bene e di non aver copiato D: perciò ho dovuto rifare tutto da capo.
Spero che questa versione vi piaccia, purtroppo non è venuta come la prima.
Ps. Mi scuso, ma non ho resistito, e ho messo quasi tutto il dialogo tra Romeo e Giulietta, spero non vi siate annoiati xD

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Capitolo 7
*** La ruota panoramica. ***


LA RUOTA PANORAMICA
-Capitolo sette-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano le tre del pomeriggio e Rosalyn stava camminando verso casa.
Era rimasta  a scuola insieme a Cher, per aiutarla a finire delle decorazioni per la festa che la scuola organizzava ogni anno per raccogliere i fondi per il ballo scolastico che si teneva prima delle vacanze natalizie.
Stava ascoltando una canzone che in quel momento la prendeva molto. Una di quelle che ascolti tanto, fino a che non arrivi ad odiarla, quando sentì il ‘Tin, tin’ di un messaggio proveniente da facebook.
Prese il cellulare dalla tasca della giacca e guardò.
*Ciao Rosie Posie*
La ragazza sorrise, *Ciao Rob*
*Che fai?*
*Sto tornando a casa*
*Sei stata a scuola fino ad adesso?*
*Sì, ho aiutato la mia amica Cher a preparare  delle decorazioni per la festa. C’era anche Dean, tuo cugino*
*Ah, sì. Quest’anno si è messo all’opera*
*E tu non fai niente?*
*In questo momento sto cercando di sedurti.. xD*
*AHAHHA CHE CRETINO!*
*Bè, però, visto che non posso dedicare tutta la giornata a pensare a come conquistarti, sto anche studiando geografia*
*Hai l’interrogazione domani?*
“Eeeh, sì. Ah, comunque, per stare in tema, posso infilare il mio Corno d’ Africa nel tuo stretto di Gibilterra?*
*ROBERT COLLINS!*
*Non fare quell’espressione indignata con me, Rosie Posie*
“Come fai a sapere che ho un’espressione indignata? O.O*chiese Rose, guardandosi poi intorno.
‘Non si sa mai’
*Perché ti conosco e so che facce fai*
*Ok, signor 'Fra poco so anche quando ti arriva il ciclo' torna a studiare, se no mamma Debby se la prende con me*
*Non le avrei detto che stavo parlando con te*
*Davvero?*
*No, ti prendevo per il culo*
*Che simpy che sei, eh -.-*
*A domani Rosie Posie*
*Ciaoo!:)*
La giovane scosse la testa.
L’altra sera era andata a cena con lui e si era divertita molto.
Robert era davvero un ragazzo simpatico e molto intelligente, che però preferiva mostrarsi agli altri come il solito americano belloccio capace solo di fare sport, nel suo caso baseball e basket.
Si era comportato davvero da gentil uomo. Le aveva aperto la porta, scostato la sedia, pagato la cena e poi l’aveva accompagnata a casa in moto.
Era stata davvero una bella serata e, non poteva negarlo, la cotterella per lui si era fatta sentire, ma, in confronto alla serata al bowling passata con Ian, quella con Robert non valeva nulla.
Rendendosi conto di essere ormai arrivata a casa, Rosalyn spese la musica e quando rialzò il viso, trovò il professor Bollore fermo sulla sua porta.
“Ian?”
Lui si girò, sfoderando un sorriso mortale da 500 WATT. “Ciao Rose”
Dopo una specie di amnesia momentanea causata dal sorriso, dove Ros non si ricordava più il suo nome e chi fosse, la ragazza aprì il cancelletto e si incamminò verso di lui.
“Che ci fai qui?”
“Sono venuto a portarti questi” rispose il professore, passandole un mazzo di fiori, “Volevo darteli l’altra sera, ma poi sei scomparsa”
“Sì, scusami. Scusami anche con tua nonna. Non sono passata a salutarla”
“Non ti preoccupare”
“Sono bellissimi” disse Rose, chinandosi per annusarli, “E che buon profumo! Che fiori sono?”
“Credevo conoscessi tutte le specie presenti sulla faccia della terra”
La giovane rise, “Non esageriamo”
“Comunque sono delle Resede. Non sono bellissime, ma il significato lo è per loro”
“A me piacciono. Grazie ancora, sono meravigliose. Perché non me lo hai dati oggi a scuola?”
“Non credevo fosse una buona idea. Anzi, non era proprio il caso”
“Perché?”
“Bè, alcune persone potrebbero pensare che stia facendo della avance ad una mia alunna”
“Ah, capisco”
“Non voglio mettere a rischio la tua carriera scolastica e la mia di professore”
“Ma certo, hai fatto benissimo”
I due rimasero un po in silenzio.
“Vuoi entrare?” gli chiese Rosalyn, “La mamma tornerà tra due ore”
“No, tranquilla, devo andare. E poi l’ho sentita prima e le ho detto di chiamarmi quando sarebbe arrivata  a casa”
“Certo, l’hai già sentita” disse, con tono un po secco, ma Somerhalder sembrò non notarlo.
“Allora..a domani” disse lui, incamminandosi verso il cancelletto.
“A domani” disse la ragazza, entrando in casa.
Quando si fu chiusa la porta alle spalle, Rose corse in camera e accese il computer, per poi andare a cercare il significato dei fiori che aveva appena ricevuto.
Nel linguaggio dei fiori rappresenta la bellezza volutamente poco appariscente, un po' nascosta e quindi tutta da scoprire. La reseda è una pianta erbacea originaria dal Nord Africa e dall'Europa meridionale. Ha i fiori che crescono a grappolo poco appariscenti, di colore variabile a seconda delle specie dal bianco al giallo, dall'arancio al verde, ed è coltivata per il suo intenso profumo e viene largamente utilizzata per la cosmesi e la preparazione di profumi. Le foglie sono alterne, disposte a formare una rosetta alla base del fusto. Il nome deriva dal latino resedare = calmare, in riferimento alle proprietà medicinali attribuitele.
Finito di leggere, la giovane si buttò sul letto prese il cuscino e se lo strinse al cuore, sorridendo felice. Poi nascose la faccia nel cuscino e iniziò ad urlare come una pazza.
Cioè, secondo lui sono una bellezza tutta da scoprire!’, disse a se stessa.
 
“Mi spieghi perché sono venuta a questa festa?” chiese Rosalyn, all’amica.
“Perché, grazie anche a i tuoi soldini, quest’anno organizzerò il più meraviglioso ballo d’inverno che la nostra scuola abbia mai visto” rispose Cher.
La festa per la raccolta fondi era iniziata.
Come ogni anno era stata organizzata sul pontile della città.
Vi era la ruota panoramica, il circo, bancarelle, cibo. Insomma, una delle feste più belle che la sua scuola organizzava e a cui poteva partecipare tutta la città.
“Ah, quindi non sono qui per aiutarti a non svenire davanti a Dean?”
“Bè, anche”
Le due risero.
“Allora, che ti va di fare?”
“Mh, ti va di prendere dello zucchero filato?”
“Cher, sai che non mi piace”
“Infatti è per me”
La ragazza roteò gli occhi, “Ok, va bene. Ma sbrighiamoci, voglio entrare nella casa degli specchi”
“Uh, sì, anch’io! Poi si entra anche in coppia, quindi siamo a posto”
“E chi ti dice che io voglia entrare con te?”
“Bè, sei o no mia moglie?”
“Sono già occupata con il professor Stranamore”
“Andiamo, Ros. Lui è il tuo amante, io tua moglie. Non c’è confronto”
“Hai ragione”
“Che colore preferisce signorina?” chiese il signore che si occupava del zucchero filato.
“Rosa, grazie” rispose Cher.
“Rosie Posie!” esclamò Robert.
“Ciao Rob!” disse la giovane, “Questa è Cher, la mia migliore amica”
“Ciao” disse lei.
“Ciao. Sai dovrei odiarti” disse il ragazzo.
“Come scusa?” chiese Cher.
“Sì, prima che tu arrivassi, ero io il migliore amico di Rose”
“Ah, em, i- io”
“Cher, stai calma, Rob sta solo scherzando”
L’amica rise nervosa.
“Hey, Rob, dov’eri finito?” chiese Dean, avvicinandosi a suo cugino, “Ciao ragazze”
“Ciao” dissero loro in coro.
Con la coda dell’occhio, Rosalyn guardò l’amica e per un momento le venne da ridere. Sembrava una statua di marmo. Immobile, con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
“Dai, vieni”
“Non ho voglia di tornare da quelle due”
“Ma non puoi lasciarmi solo!”
“Siamo venuti con Caitlin e la sua amica Susan, grosso errore!” spiegò Robert.
“Davvero!” concordò Dean, “Non vogliono fare niente se non parlare tra loro. Io volevo andare nella casa degli specchi e Susan ha commentato che a lei non servono specchi, perché lo sa da sola di essere bellissima”
Ros rise, poi le venne un’ idea.
“Senti, Cher voleva andarci, perché non vai con lei?”
“Davvero?” chiese Dean, portando la sua attenzione sull’amica.
Rose le diede una piccola gomitata.
“Eh, em, c –certo”
“Mi farebbe piacere” disse Dean, sorridendo.
“Così puoi scappare da Susan” disse Rosalyn.
Ma ormai Dean non l’ascoltava più.
“Sei anche tu nel comitato studentesco, vero?” chiese a Cher, iniziando a incamminarsi.
“Sì, sì”
“Ah, ecco, mi sembrava di averti già vista”
“Vuoi un po di zucchero filato?”
“Oh, grazie, ne vado matto!”
“E anche oggi, cupido ha fatto il suo dovere” disse la giovane, dandosi una picca sulla spalla.
“E ora rimaniamo solo noi..” disse Robert.
“Tu non torni da Caitlin?”
“No, anzi, meglio non vederla per un po”
Ros rise, “Va bene. Ma se ti stressa così tanto, perché sei venuto con lei?”
“Per farti ingelosire un po”  ammise lui.
“Bè, spiacente deluderti, ma non ci sei riuscito”
“Lo so. Tu sei una testarda, Rosie Posie, e non ti apri facilmente alle persone, ma, sono sicuro, un giorno ce la farò a farti cadere ai miei piedi”
“Uh, non sai quanta acqua dovrà passare sotto i ponti prima che questo accada..”
“Intanto permettimi di portarti a fare un giro sulla ruota panoramica. Giuro di tenere le mani a posto”
La studentessa rise, “Andiamo” disse, aggrappandosi al suo braccio.
 
I due si misero in fila per poter salire sulla ruota panoramica.
“Robert!” si sentì urlare.
“Oh, no” disse lui.
“Rooob!”
“Che c’è?” chiese Rosalyn.
“Non la senti?”
“Rooobby!”
“Sì, chi è?”
“Caitlin” sbuffò, guardandosi intorno.
“Ti conviene scappare” disse, ridendo.
“No, non posso lasciarti sola”
“Sì, che puoi. E poi Cher tornerà fra poco. Al massimo ci becchiamo dopo”
“Sei un angelo”
“Lo so, dovrebbero farmi santa”
“Rose..”
“Su, corri!” lo incitò lei.
Robert le sorrise poi corse via.
“Prego” le disse il signore che si occupava della ruota panoramica.
“Grazie” disse Ros, andando a sedersi sul sedile.
“Dov’è il tuo partner?” chiese un altro uomo.
“Em, non ce l’ho”
“GIRO SOLITARIO NEL SECCHIELLO CINQUE!” urlò.
‘Oddio!’, pensò la giovane, portandosi una mano sopra il viso, imbarazzata.
“SINGLEEEE!”
“Dove proprio urlarlo a tutti?”
“Certamente, signorina”
“Questo posto è occupato?” chiese il professor bollore, comparendole davanti.
“N- no” balbettò Rosalyn.
“Allora ti accompagno” disse, sedendosi accanto a lei.
“Grazie”
Dopo un piccolo scatto, la ruota iniziò a girare.
“Oh, merda” sussurrò Ian, quando il loro carello si fermò.
“Hai paura?” chiese la ragazza.
“Vorrei dirti di no, ma adesso ti confesso una cosa che spero non mini la mia posizione come persona autorevole.. soffro di vertigini”
“Hai paura della ruota panoramica”
“Bè, veramente è quando ci si tuffa di testa nella folla che mi sconvolge”
“Magari se ti metti la maglietta che usavi durante le verifiche, diventi invincibile” disse Rose, riferendosi a una piccola storiella raccontata da lui durante una lezione.
Praticamente, il professore, ai tempi delle medie, quando aveva delle verifiche, indossava sempre la stessa maglietta perché secondo lui gli portava fortuna e lo faceva sentire sicuro di sé.
“Ti ricordi ancora quella storia?”
“Io mi ricordo tutto quello che dici” ammise la giovane, un po imbarazzata, “D- durante la lezione, intendo” aggiunse poi.
“Woo - oh!” si sentì urlare dall’alto.
I due alzarono gli occhi.
“Se vedi il prof ciondolare, scappa! No, no, non t’avvicinare!”
Rosalyn serrò la mascella e tornò a guardare il cielo di fronte a lei, mentre la ruota riprendeva  girare.
“I ragazzi..” disse Ian.
“Il signor Somerhalder ha un’ arma in più da sfoderare!”
“Vorrei dirti che prima o poi l’idiozia ci passa, ma mentirei. Alcuni di noi rimarranno sempre dei cazzoni”
“Perché fate così?” chiese Rosalyn, girando il viso verso di lui.
“Non lo so” ammise, “Non lo so. Quello che fa paura è che quando si cresce tutto diventa ancora più confuso. Hai presente Nina?”
La studentessa annuì.
“Lei mi aveva chiesto di seguirla a New York e io avrei dovuto accettare. Assumermi questo impegno e crescere e invece..” sospirò, “Sai, non dovrei parlare di queste cose con te. Mi dispiace”
Rose alzò le spalle, “E’ bello avere qualcuno con cui parlare”
“Sì, è vero”
Entrambi sorrisero.
“Bè, posso solo dirti che quando avrai la mi età, i ragazzi faranno la fila per uscire con te”
“Dici così solo perchè sei il mio professore e l’amico di mia madre”
“Non dovrei dirlo proprio per questi due motivi”
I due finirono il giro in silenzio.
“Dove vai ora?” le chiese Somerhalder, una volta scesi dalla ruota.
“A cercare Cher e poi a casa. Mia madre è tornata e mi ha messo il coprifuoco”
“Io mi ricordavo che Cenerentola aveva il rientro per mezzanotte”
“Ma purtroppo io non sono Cenerentola”
“Peccato, sono sicuro che le scarpette di cristallo ti avrebbero donato”
E così dicendo, scomparve in mezzo alla folla.
Rose si morse il labbro.
‘E tu saresti stato il principe perfetto’, pensò.
 
Mi siedo sulla sedia, posta accanto a quella di mio marito, il Delfino di Francia, e inizio a sventolarmi vicino al viso il ventaglio, guardandomi in giro con aria annoiata.
Appena incrocio lo sguardo di qualcuno sorrido cortesemente e, se qualcuno si avvicinava, scambio le solite due parole, giusto per fare conversazione.
Poi, eccolo lì.
Entra nella sala sicuro di se, nella sua giacca blu scuro che gli fa risaltare gli occhi azzurri come il cielo.
Si avvicina lento al mio tavolo, con lo sguardo di un predatore che sa di aver conquistato la sua preda e con quel suo solito mezzo sorriso, lasciandosi dietro un mucchio di sospiri e di signorine in preda ad uno svenimento.
Se solo sapessero che quell’uomo è tutto per me.
Si avvicina a mio marito e, come un vero gentil uomo, si inchina per porgergli i suoi saluti. Poi si avvicina a me.
Mio alzo in pieni e gli porgo la  mano. Lui la prende e mi sfora la pelle con le labbra. Io mi inchino leggermente.
Ci guardiamo negli occhi e le immagini della notte passata insieme mi tornano in mente.
“Conte Fersen, quando ci presenterete la ragazza che vi ha rapito il cuore?” chiede mio marito.
“Vostra maestà, come fate a sapere che mi hanno sequestrato il cuore?”
“Le voci si spargono molto velocemente a corte”
Il conte Fersen ride, “Vostra maestà, appena la ragazza in questione avrà intenzione di ridarmelo, prometto che voi sarete il primo a conoscerla”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera a tutti.
Sinceramente non avevo intenzione di aggiornare così presto, ma, guardando un film mi è venuta l’idea per un nuovo capitolo e non ho resistito xD
In questo capitolo Cher finalmente parla con Dean, Robert ammette che vuole conquistare Rose e la nostra amata protagonista si è beccata un giro sulla ruota panoramica con il professor Bollore.
Grazie mille a tutti quelli che mi lasciano recensioni, che mettono la FF nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite.
Un bacio!
Ps. Quello alla fine è un sogno, come quello del primo capitolo. Poi capirete perché uso sempre Maria Antonietta e il conte Fersen.

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Capitolo 8
*** Let it snow. ***


LET IT SNOW
-Capitolo otto-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn prese l’angolo destro della pagina ingiallita del libro che teneva in mano e poi riprese a leggere.
‘Le mie grandi sofferenze in questo mondo sono state quelle di Heathcliff, e le ho viste e vissute tutte fin dal principio; il mio pensiero principale nella vita è lui. Se tutto il resto morisse, e lui rimanesse, io continuerei ad esistere; e se tutto il resto continuasse ad esistere e lui fosse annientato, l'universo si trasformerebbe in un completo estraneo: non ne sembrei parte. – Il mio amore per Linton è come il fogliame nei boschi: il tempo lo cambierà, ne sono consapevole, come l'inverno cambia gli alberi. Il mio amore per Heathcliff somiglia alle rocce eterne che stanno sotto quegli alberi: una fonte di piacere ben poco visibile, ma necessaria. Nelly, io SONO Heathcliff! Lui è sempre, sempre, sempre nella mia mente: non come una gioia, non più di quanto io lo sia per me stessa, ma come il mio stesso essere. Quindi non parlare più di separazione: non è possibile’
La ragazza chiuse il libro e poi alzò il viso, guardando fuori dall’enormi vetrate della biblioteca, notando che aveva iniziato a nevicare più intensamente.
Novembre ormai era passato, aprendo le porte al freddo Dicembre.
Rose si trovava nella biblioteca della scuola, l’unico luogo in cui poteva leggere in pace senza essere disturbata da sua madre che continuava a ripeterle che leggere non l’avrebbe portata da nessuna parte, che quelle erano tutte menzogne e sogni di poveri pazzi riportati su carta.
Amava così tanto stare in biblioteca che, anche se domenica, grazie alla bibliotecaria, Mary, una donna sui sessant’anni, aveva avuto una copia delle chiavi e poteva andare e venire senza problemi.
Abbassò lo sguardo sul libro che teneva tra le mani.
‘Cime tempestose’
Adorava Emily Brontë.
E quello che sfiorava con le dita, era un grande libro, perché il romanticismo emergeva in spazi di un’ immensità serena e si manifestava in vaste forme primitive e grandiose, sdegnose di ogni ornamento frivolo.
Ai personaggi della Brontë era applicabile l’ordinaria antitesi tra bene e male. Essi non cercavano di porre freno alle loro passioni devastatrici, non si pentivano dei loro atti di distruzione; ma siccome quegli atti e quelle passioni non sgorgavano da impulsi di natura distruttiva, bensì da impulsi che erano distruttivi solo perché stornati dal loro corso naturale, essi non erano "cattivi". Inoltre la loro ferocia e la loro spietatezza avevano, nel loro ambito naturale, una parte da rappresentare nel disegno del cosmo, e come tali dovevano accettarsi. Sicché il conflitto a cui si assiste nel suo libro non era quello consueto dei romanzi vittoriani, tra bene e male; era piuttosto un contrasto tra simile e dissimile.
E poi la storia era così incasinata che faceva sembrare la sua vita un nulla in confronto.
Sospirò, tornado a leggere il libro.
Qualche minuto dopo, senti degli strani rumori.
Corrugò la fronte.
‘Strano, chi può essere di domenica pomeriggio?’  si chiese. Poi, un’idea che solo ad una ragazza che la settimana prima si era guardata da sola tutti e sette i film di ‘Saw – L’enigmista’ alle tre di notte, si fece strada nella sua mante.
‘Oh, mio Dio. Potrebbe essere un ladro o un serial killer!’, pensò preoccupata, “Ok, Rose, calma” si disse, prendendo il cellulare. “Cazzo!” esclamò, quando si rese conto che non c’era linea.
‘Che me ne faccio di un I-phone se non prende quando mi serve!?’
La giovane sentì dei passi dirigersi nella sua direzione.
‘Oh, porca paletta! Signore, Maria, Gesù o chiunque mi stia ascoltando, vi prego, non lasciatemi morire! So che non vengo mai in chiesa e non vi prometterò che ci andrò dopo che mi avrete salvato perché lo sappiamo tutti che non lo farò mai. Però io credo in voi, ok? Poi Cher ha bisogno di me. Quindi, se non volete farlo per me, fatelo per lei almeno!’pensò, portandosi il libro al petto e stringendolo a tal punto da farle diventare le nocche delle mani bianche.
I passi si fecero sempre più vicini.
“Rose”
Rosalyn spalancò gli occhi, al suono della voce.
“Ian”  disse in un sospiro.
“Cosa ci fai qui?”
“Potrei chiedere la stessa cosa a te..” rispose lei, ricomponendosi.
“Ero venuto a finire di correggere dei compiti. Quando ho visto che stava arrivando una bufera di neve ho deciso di venire qui per leggere qualcosa aspettando che il tempo si calmasse un po”
“Io sono qui da un po. Mi piace venire in biblioteca a leggere”
“E come hai fatto ad entrare?”
“Potrei dirtelo, ma poi dovrei ucciderti” disse la ragazza, scherzando.
“Certo, perché poi sarebbe un peccato tremendo che Harmony perda un professore tanto brillante come me” disse Ian, riprendendo parte di un discorso che lei gli aveva fatto.
“Certo che ti ricordi proprio tutto, eh?”
“Come te” disse, per poi guardare fuori dalla finestra, “Qualcosa mi dice che per un po non usciremo”
“Già”
“Ti va un caffè?” le chiese, “Certo, quello delle macchinette non è il massimo, ma almeno ci riscalderemo un po”
La studentessa annuì e poi si alzò, cercando di nascondere un po il viso nella sciarpa che indossava per evitare che lui si accorgesse delle sue guance diventate rosse come un peperone.
“Dopo di lei, Miss Moore” disse Ian, facendole segno di passare.
La giovane sorrise e poi si incamminò con le gambe che le tremavano, le ossa diventate di gelatina, le farfalle nello stomaco e il cuore che batteva all’impazzata.
‘Sto per prendere un caffè con Ian Somerhalder..e io odio il caffè!’
“Ecco qui” disse Somerhalder, fermandosi davanti alla macchinetta, “Come lo vuoi? Macchiato?”
“I – in realtà, credo che prenderò un thè”
Lui alzò le sopracciglia, “Niente caffè?”
“In realtà non sono un’amante del caffè” ammise.
Sorrise.
“D’accordo, thè al limone. Dolce..?”
Per un momento Rosalyn rimase sbigottita, pensando che quello fosse un modo dolce per rivolgersi a lei, ma poi la vocina razionale che si trovava nella sua testa intervenne, ‘Cretina, ti sta chiedendo se vuoi lo zucchero nel thè!’
“Em, sì, grazie. Il più possibile zuccherato”
“Vuoi anche qualcosa da mangiare?” le chiese, indicandole la macchinetta delle merendine li a fianco.
“No, grazie”
“Ok” disse prima di girarsi per prendere il bicchierino del thè.
‘Potrei stare ore a fissarlo’, pensò, ‘E’ alto, slanciato, con le spalle forti..’, abbassò gli occhi “E il modo in cui i pantaloni gli cadono sui fianchi. Per non parlare del suo lato B. ROSE CALMATI’
“Tieni” disse, porgendole il bicchierino, passandosi una mano tra i capelli e girandosi di nuovo.
‘Porca la miseria, vorrei passare io le mie mani lì’.
La giovane distolse lo sguardo, mordendosi il centro del labbro superiore, un po impaurita e imbarazzata dalla direzione che i suoi pensieri stavano prendendo.
“Torniamo a sederci?”
“Mh – mh”
I due tornarono nel posto dove la giovane stava leggendo.
Rosalyn si sedette sul divanetto, togliendosi le scarpe e rannicchiandosi in un angolo, dando le spalle alle vetrate, mentre Ian si sedette nel lato opposto.
Il divanetto non era molto grande, perciò i piedi di lei, continuavano a sfiorare la coscia destra di lui.
‘Cosa devo dirgli?’
La sua mente era di colpo paralizzata.
Lei che aveva sempre qualcosa da dire, ora non sapeva di che parlare.
‘Di cosa parleremo? Cosa avrò mai in comune con lui?’
“Da quanto consci la tua amica, Cher?” le chiese.
‘Bè, questa è facile’
“La conosco dall’asilo. All’inizio non ci parlavamo molto, ma poi, abbiamo fatto amicizia. E’ un po pazza ed è il mio opposto, ma le voglio bene”
“Capisco. Anch’io avevo molti amici quando frequentavo questa scuola’
“Avevo?”
“Bè, in terza superiore i miei divorziarono. Io e i mie fratelli andammo a vivere con mia madre a Covington, in Louisiana, mentre mio padre si trasferì in Ohio. Venivo a trovare la nonna solo d’estate e, crescendo, molto miei compagni lasciarono Harmony, perciò, in città rimangono solo dei conoscenti”
“Non deve essere stato facile. Il divorzio dei tuoi, intendo”
“No, non molto. Ma era meglio così. Ormai litigavano troppo spesso.. Comunque ora sono in ottimi rapporti”
“Ah, bene. Sei fortunato allora”
“Sì, molto. E dimmi, quali sono le tue passioni?”
‘La mia passione? TU SEI LA MIA PASSIONE!’
“Il disegno” sussurrò.
‘Calmati, Ros’
“E i film..e i libri” aggiunse.
“Che genere di libri?”
La studentessa si chiuse nelle spalle, finendo di bere il thè, “Oh, le solite cose. Mi piacciono le storie suoi vampiri e i classici”
“Cosa stavi leggendo prima?”
La giovane prese il libro e glielo mostrò.
“Uh, Cime tempestose. Molto bello. Anch’io l’avevo letto al liceo”
Proprio non riusciva a immaginarselo come liceale.
“Sì, bè, mi piace molto Emily Brontë. Così come Shakespeare o la Austen”
“Allora immagino tu voglia visitare Londra..”
“No, a dire il vero mi piacerebbe visitare la Francia o l’Italia”
“Sei mai stata all’estero?”
Rose rise.
“Che c’è? Che ho detto di divertente?”
“No, è che..vedi, mia mamma è sempre in giro per lavoro, perciò io sono sempre qui, ad Harmony”
“Vuoi dire che non sei mai andata via di qui?”
Scosse la testa, “Mai”
“Neanche al mare, che ne so, in California?”
Schioccò la lingua, “No. Secondo mia madre, il mare che c’è qui mi basta e avanza”
“Va bè, non parlo solo di mare. Mai stata in montagna?”
“No”
“Quindi non sai sciare”
“Esatto”
“Oddio, non ci credo” disse Ian, portandosi una mano sulla fronte.
“Cosa c’è? E’ una cosa così scandalosa?”
“Più o meno”
“Bè, allora portamici tu in vacanza, visto che ti sembra una così importante”
“Tu pensa a superare l’anno, che poi ci penso io a farti divertire”
“Davvero?” chiese lei, speranzosa.
“Davvero”
“Qui c’è bisogno di un giuramento”
“Ah, pensavo il consenso di tua madre”
“A lei non cambia nulla se ci sono o no a casa” disse, alzandosi in piedi.
Somerhalder inclinò la testa di lato, passandosi l’indice sul labbro inferiore.
‘Oh, porca merda!’
“Allora” disse la giovane, schiarendosi la voce, “Ripeti dopo di me. Io, Ian Somerhalder..”
“Ho anche un secondo nome”
“Ah, e quale sarebbe?”
“Joseph”
“Ok, quindi, Io, Ian Joseph Somerhalder..”
“Io, Ian Joseph Somerhalder” ripetè lui.
“Prometto..”
“Prometto”                             
“Di portare la qui presente Rosalyn Katrina Lavinia Moore..”
“Di portare la qui presente Rosalyn Katrina Lavinia Moore”
“In vacanza appena finita la scuola”
“In vacanza appena finita la scuola”
“Lo giuro sulla mia vita”
“Lo giuro sulla mia vita”
“E che io possa morire se non dovessi mantenere la promessa”
“E che io possa morire se non dovessi mantenere la promessa”
“Molto bene” disse Rosalyn, risedendosi.
“Posso farti una domanda un po personale?”
“Credo di sì. Mi sembra di stare in un episodio di Dawson Creek, dove i protagonisti si trovano in biblioteca, perché sono in punizione, e giocano a verità o penitenza”
“E si confessano i loro segreti più oscuri?”
“In realtà per la maggior parte del tempo limonano, però sì”
Il professore scoppiò a ridere.
Cavolo, quanto stava bene con lui. Riusciva persino a fare strane battute senza sentirsi imbarazzata per via del ruolo che ricopriva.
“Allora, questa domanda?”
“Volevo chiederti se tu e Robert Collins state insieme” disse, diventando serio.
La ragazza sgranò gli occhi, “Cosa?! NO!”
“Bè, vi ho visto abbastanza intimi la sera delle letture..”
“Io e Rob ci conosciamo dall’asilo. Mi ha visto triste e mi ha portata fuori a cena, tutto qui. Siamo solo ottimi amici”
Ian annuì, “E il ragazzo con cui hai parlato al negozio? E’ lui il tuo fidanzato?” chiese, tornando alla carica.
Se possibile, Rose sgranò ancora di più gli occhi, “NO!” scoppiò a ridere, “Mathès?! CHE SCHIFO!”
“Ok, ok, non è lui”
“Non c’è un 'LUI', Ian”
“Ah..”
“L’avevo già detto. A casa tua, ricordi?”
“Non pensavo stessi dicendo la verità”
“P- perché ti interessa?” ebbe il coraggio di chiedere.
Il professor Bollore si sistemò meglio sul divanetto e poi si chinò leggermente in avanti, “Vedi, Rose, io..io provo questa cosa nei tuoi confronti”
‘Oh, cazzo, ora si dichiara!’
“Questa cosa che..che mi fa sentire in dovere di proteggerti. Mi sento come..come mamma orso, ecco”
“M – mamma orso?”
“Sì, mamma orso. Non voglio che ti capiti nulla di male”
“So badare a me stessa”
“Sembra che gli uomini ti intimidiscano” disse lui.
“Come?”
“E’ l’altro motivo per cui ti ho fatto quelle domande. Sembra che gli uomini ti intimidiscano”
‘Cribbio, va un po sul personale. In realtà sei tu che mi intimidisci, prof’, pensò.
“In questo momento sei tu che mi stai intimidendo” ammise la studentessa, arrossendo, ma congratulandosi internamente con se stessa per essere stata sincera.
Ian ispirò bruscamente.
“Certo. Sei molto schietta. No, ti prego, non abbassare gli occhi. Così almeno riesco a capire che ti passa per la mente. Lei è un mistero per me, Miss Moore”
“Non c’è niente di misterioso in me”
“Penso che tu sia molto riservata”
“Solo quando sono intimidita”
Ian fece un mezzo sorriso, abbassò gli occhi, poi li ripuntò nei suoi, “Mi dispiace, ho esagerato, non sono affari miei”
“N – non fa niente”
“Ha smesso di nevicare” disse, cambiando bruscamente discorso, “Andiamo?”
“Sì, andiamo”
 
“Aspetta” disse Ian, “Vuoi farmi credere che non hai mai ascoltato una canzone dei Queen?”
Stavano camminando verso casa di Rose, visto che lui si era offerto di accompagnarla.
“Bè, a parte 'We Will Rock You', nessuna” ammise la giovane, portandosi davanti al professore, iniziando a camminare all’indietro, in modo da poterlo vedere in viso.
“Ok, qui urge un mio intervento”
“Ah, tu credi?”
“Se lo credo? Ne sono fortemente convinto! Ti porterò dei dischi”
“Sai, Ian, la specie umana si è evoluta. Mai sentito parlare di YouTube?”
“Hey, ragazzina, per chi mi hai preso? So cos’è YouTube. Non sono mica così vecchio”
“Ne sei sicuro? No perc..”
Ma Rosalyn non finì la frase.
Camminando all’indietro, non aveva visto che sul marciapiede vi era uno strato di ghiaccio, così, mettendoci sopra i piedi, stava rischiando di cadere. Ma, proprio mentre pensava che avrebbe preso una bella botta sul sedere, il professor Stranamore le afferrò le mani e, con uno strattone, la portò in avanti. La ragazza, che comunque non aveva recuperato l’equilibrio, gli cadde addosso, poggiandogli le braccia sopra le sue forti e muscolose e la mani sulle spalle. Lui le circondò la vita con le braccia, stringendola a sé e tendendola alzata a circa dieci centimetri da terra.
“Tutto bene?” le chiese, sfibrandole il naso con il suo.
Rose deglutì rumorosamente.
“S – sì, grazie”
“Figurati”
Eppure non la lasciò andare.
Restarono così per un tempo che alla studentessa sembrò infinito.
Erano così vicini che Ros potè imprimersi nella mente il profumo di dopobarba che portava. Era un profumo inebriante, ma allo stesso tempo stordente. O forse erano i suoi occhi a stordirla. Vederli da vicino era tutt’altra cosa. Si potevano vedere le sfumature di quell’azzurro che, neanche Henri Matisse in persona, sarebbe stato in grado di riprodurre.
“Ecco qui” disse Ian, poggiandola a terra.
“Grazie ancora”
E i due ripresero a camminare, stando però in silenzio.
Rosalyn guardò il professore di sottecchi, morsicandosi il labbro inferiore, nervosa.
Lui stava guardando dritto d’innanzi a sé.
“Cosa andresti a visitare in Italia?” le chiese di punto in bianco.
“Em, non so. Roma, Venezia, Milano e tanto altro”
“E in Francia?”
“Andrei sicuramente a Parigi”
“Parigi..” ripetè lui.
“Si dice sia la città dell’amore”
“E tu ci credi?”
La ragazza annuì, “Un giorno andrò a Parigi e m’innamorerò”
“E c’è bisogno di andare così lontano per innamorarsi?”
“Sì, se abiti ad Harmony. Oh, siamo arrivati”
“Grazie per avermi tenuto compagnia”
“Grazie a te”
Ian si girò.
“Aspetta” disse Rose.
Lui si rigirò verso di lei, “Sì?”
“Vuoi entrare? Mamma sarebbe felice di vederti. Possiamo bere una cioccolata tutti insieme. Sì, se non l’hai capito sto cercando di convincerti e se non ci sono riuscita con la cioccolata allora non so più come fare”
“Mi avevi già convinto al vuoi entrare” disse Ian, sorridendo.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Ciao tutti!
Come state?
Piaciuto questo capitolo? Io mi sono divertita tantissimo a scriverlo e sono quasi morta d’infarto nel momento dello scivolone di Rose. Forse dovrei smetterla di immedesimarmi nei personaggi che scrivo xD
Vi amo ♥

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Capitolo 9
*** Thè al lampone. ***


THE’ AL LAMPONE
-Capitolo nove-

 
 
 
 
 
 
 
 
 



Rosalyn si sistemò la giacca poi suonò il citofono.
Era un normale sabato pomeriggio e la ragazza si trovava a villa Ninfea per passare un po di tempo con la signora Dawson.
La trovava molto simpatica e le sarebbe piaciuto averla come nonna. Certo, questo avrebbe portato ad essere imparentata con Ian però. Quindi forse era meglio averla come amica o come nonna adottiva.
Poi le piaceva perchè era diversa da tutti gli altri anziani della città.
Era molto giovanile e la trattava al suo pari.
Il rumore del cancello che si apriva, la riportò alla realtà.
La ragazza sbattè le palpebre più volte e poi entrò, trattenendo il fiato una volta che la villa le comparì davanti.
Le faceva sempre uno strano effetto vederla. Forse per il fatto di esse così imponente e antica
Arrivata davanti alla porta d’entrata, questa si aprì senza darle neanche il tempo di bussare e, sulla soglia, comparve Caitlin, la cameriera che le aveva aperto alla sua prima visita.
“Buon pomeriggio, Caitlin”
“Signorina Moore”
“Caitlin, ti ho detto di chiamarmi Rose quando ci siamo viste al mercato qualche giorno fa”
“Lo so, ma ora sto lavorando e andrebbe contro le regole” sussurrò lei.
“Okey, allora fa niente” disse, copiando il suo tono di voce.
“Vuole darmi il soprabito?”
“Certo”
“La signora Dawson l’aspetta nel suo salottino privato”
“Grazie mille” disse Rose, sorridendo, incamminandosi verso l’enorme arco bianco che la colpì la prima volta che l’aveva superato.
Prima di raggiungere la stanza dove Jennifer la stava attendendo, vide comparire davanti a se Moke, che le corse incontro e iniziò a farle le fusa, strusciandosi contro le sue gambe.
“Hey, Moke” disse la giovane, piegandosi per prenderlo in braccio, per poi grattargli un po la testolina, “Andiamo”
E così dicendo, si diresse nel salottino privato.
“Buon pomeriggio, Rosalyn” disse la signora Dawson, vedendola entrare.
“Salve, Jennifer” disse lei, sorridendo.
“Prego, accomodati” disse, indicandole la poltrona di fronte alla sua.
“Grazie” disse Rosalyn, poggiando a terra Moke, per poi andarsi a sedere.
“E’ da un po che non ci vediamo..”
“Vero. Dalla serata delle letture, se non sbaglio”
“Sì, quando te ne sei andata senza salutarmi”
“Già..” disse la ragazza, abbassando gli occhi imbarazzata, “Mi dispiace, non era mia intenzione offenderla”
Jennifer sgranò gli occhi, “Offesa?” chiese, “Non mi hai offesa, cara. Anch’io me ne sarei andata senza salutare nessuno con quel ragazzo così carino! Come si chiama?”
“Robert”
“Mh, bel nome. Ha lo stesso nome del padre di Ian e di suo fratello”
“Che coincidenza”
“Signora Dawson?” chiamò Caitlin, affacciandosi alla porta, “Scusi se la disturbo. Posso servire il thè?”
“Oh, certo. Rose, cara, che thè vuoi? Ne abbiamo di tutti i tipi. Limone, pesca, cannella..”
“Se c’è al lampone, grazie”
“Hai sentito Caitlin?”
“Sì, signora. Torno subito”
E così dicendo, la cameriera si dileguò.
“Allora dimmi, come stai?”
“Molto bene, grazie Jennifer. Lei come sta?”
“A parte il mio povero cuore, sto molto bene”
La studentessa accavallò le gambe, “Se lo avessi saputo, avrei rimandato. Magari non sta bene e..”
“No, Rose, stai tranquilla. Sto bene”
“Ne è sicura? Se è solo perché non vuole offendermi o altro non si deve preoccupare”
“La tua compagnia è una delle cose che mi fa stare meglio e che non mi fa pensare alla salute”
“Va bene” disse Ros, sorridendo.
“Dove eravamo rimaste? Ah, sì. Robert. Parlami un po di lui”
“In realtà non c’è molto da raccontare. Ci conosciamo sin dall’asilo. E’ stato il mio migliore amico per gran parte dell’infanzia, anche perché sua madre mi faceva da baby sitter, perciò passavamo molto tempo insieme. Ammetto di avere un piccola cotterella per lui, ma non mi ci vedrai mai come sua fidanzata. Ci piace flirtare e scherzare un po, tutto qui..”
“Eppure a me, sembra che lui per te provi qualcosa”
La giovane si chiuse nella spalle, “Bè, quello che prova lui non è ricambiato”
In quel momento, Caitlin entrò in stanza e servì il thè.
Rosalyn le sorrise per ringraziarla e prese la sua tazza, iniziando a sorseggiare il liquido bordeaux.
“Quindi me lo assicuri? Solo una cotterella?”
“Solo una cotterella” affermò, prima di scoppiare a ridere.
“Perché ridi, cara?”
“S- scusi, è che nella vostra famiglia siete fisati con i ragazzi che frequento”
“In che senso?”
“Suo nipote qualche giorno fa mi ha fatto un interrogatorio di terzo grado per essere certo che non frequentassi nessuno”
“Ian?” chiese la donna, sgranando gli occhi.
La ragazza annuì, “Non sapevo come convincerlo”
“E perché ti avrebbe fatto quelle domande?”
“Lui ha detto che si sente in dovere di proteggermi” ripose, bevendo un sorso di Thè, “Che non vuole vedermi soffrire. Magari mi vede come una figlia”
“Sì, come una figlia” disse Jennifer, con aria pensierosa.
Per tutto il pomeriggio non fecero che parlare del più e del meno, sorseggiando thè e mangiando pasticcini.
“Ti andrebbe di vedere delle foto di Ian da piccolo?” chiese ad un certo punto.
“Oh, sì, mi piacerebbe molto!”
“D’accordo. L’album è nel secondo cassetto della scrivania. Ti dispiacerebbe prenderlo?”
“Certo che no” disse Rose, alzandosi.
Si diresse verso la scrivania di mogano scuro e aprì il secondo cassetto, prendendo l’album dalla copertina in velluto rosso, poi andò a sedersi accanto alla donna.
Jennifer prese l’album e lo aprì nel mezzo.
“Ecco qui” disse, indicandole una foto che ritraeva un bambino mezzo nudo, con addosso solo un pannolino e un capellino, che tentava di portarsi alla bocca un piede, “Questo è Ian quando aveva all’incirca un anno”
“Oddio, è carinissimo!” esclamò la giovane, portandosi una mano alla bocca.
La signora Dawson gliene mostrò altre, sempre di lui piccolo. Con la famiglia o da solo. Aveva i capelli ricci e gli occhi più chiari. Di quando era adolescente e poi una foto che ritraeva lui e Nina, vistiti in un modo molto elegante, che si tenevano abbracciati e sorridevano alla macchina.
Il sorriso scomparve subito dalla faccia di Rosalyn che girò bruscamente la pagina.
Immaturo?
Forse.
Ma non ce la faceva proprio a vederli insieme.
Le provocava una strana sensazione allo stomaco. Un fastidio al cuore.
“Questa sono io il giorno del mio matrimonio” disse la signora Dawson, distraendola da quei tristi e dolorosi pensieri.
Rose spostò l’attenzione sulla foto un poco rovinata in bianco e nero che ritraeva una donna vestita con un semplice abito bianco ad impero che teneva la mano ad un uomo poco più alto di lei.
“Questo è il nonno di Ian” disse, indicando l’uomo, “Anche se non è il suo nonno naturale”
“In che senso?” chiese la ragazza, corrugando la fronte.
“Quando ero giovane lavoravo in una fattoria, per un ricco proprietario terriero inglese di nome Hull. Hull era sposto, ma questo non mi impedì di diventare sua amante..”
“Era innamora di lui?”
“Sì, e anche molto. Fu il mio primo amore”
“E come andò a finire?”
“Quando rimasi incinta corsi subito a dirglielo, ma, invece di essere felice, Hull ordinò e pagò un suo lavoratore per sposarmi. Si chiamava Joseph Somerhalder. E si è preso cura di me, finchè non è scomparso cinque anni fa”
“Quindi lei non era innamorata di lui?”
“Non all’inizio. E anche lui non era innamorato di me. Ma, con il tempo, imparammo a  conoscerci, a fidarci l’uno dell’altro e, dopo qualche anno, ci innamorammo”
“Che cosa romantica” sussurrò.
“Sì, ma non pensare che sia stato tutto rose e fiori! Quando mi innamorai di lui, Joseph aveva ancora il cuore preso da una sua vecchia fiamma. Non sai che dolore vederlo uscire nel cuore della notte, non sapendo se sarebbe tornato o no e nel vederlo ridere  e scherzare con quella donna in casa nostra”
“Oh, credo di capirla benissimo invece”
“Ti piace Ian, vero?”
“Sì..” sussurrò Ros, sovrappensiero.
“Non credevo l’avresti ammesso così facilmente”
“Cosa? No, no, non è vero!”
“Ma lo hai appena ammesso”
“N- non avevo capito la domanda” cercò di giustificarsi.
“Io credo che tu l’abbia capita benissimo invece”
La giovane sospirò, prendendo il viso tra le mani.
“Si nota tanto?” borbottò.
L’anziana chiuse l’album, “No, stai tranquilla. Io stessa l’ho intuito alla serata delle letture e oggi ne ho avuto la conferma”
“La prego, Jennifer” disse Rosalyn, prendendole le mani, “Non dica niente a suo nipote. Mi sentirei troppo in imbarazzo e non farei altro che mettere entrambi a disagio. Poi lui è il mio professore. Non voglio creargli problemi”
“Cara, dalla mia bocca non uscirà nessuna parola al riguardo. Però voglio dirti una cosa. Per quanto Ian possa risultare affascinate e sicuro all’esterno, dentro è un uomo solo, che ha bisogno di essere amato”
“E – e io voglio amarlo. Se solo potessi essere un po più grande. Se solo potessi essere per lui qualcosa in più di una semplice ragazzina, qualcosa in più della figlia di una sua amica”
“A volte il destino ci presenta ostacoli che sembrano impossibili da superare. In questo caso, il destino ti ha riservato l’ostacolo più grande. Amare una persona che potrebbe non ricambiare”
“Lo so”
“Ma chi può dirlo? Chi può dire che Ian, un giorno, non arriverà a provare quello che provi tu?”
“Lo crede davvero?”
“Cara, i miei occhi sono vecchi. Ho una vita alle mie spalle. Io vedo cose che tu non puoi vedere. Che i tuoi occhi troppo ingenui non ti fanno vedere. Ricordati Rose, l’amore è una prigione, l’amore è libertà. Sta a te decidere come affrontarlo”
La studentessa abbracciò la donna.
Dopo aver parlato un altro po, la ragazza decise di tornare a casa.
Salutò la signora Dawson, con la promessa di un’altra visita e uscì dalla studio.
Ed è qui che andò a scontrarsi con Ian.
“Oh” disse lei.
“Scusami, Rose. Mi dispiace. Stai bene?”
“A me no” borbottò.
“Come?”
“No, dicevo..che sì, sto bene, grazie”
“Sei venuta a trovare mia nonna?”
Annuì.
“Bene. Scusami, sono davvero in ritardo. Devo uscire con tua madre e non voglio farla aspettare. Ci vediamo, ciao!”
“Ciao”
‘Ciao, amore della mia vita. Un giorno, sarai mio. Un giorno, esisterò solo io per te’
 
Rosalyn prese la ciotola che teneva in equilibrio sulla pancia dove, fino a cinque minuti fa, ci stavano dei pop corn e la poggiò sul tavolino di legno li vicino, poi, in un unico movimento, si stese sul divano. Prese la coperta e se la tirò fin sopra al mento, e, con il telecomando, girò canale, imbattendosi in uno dei suoi cartoni animati preferiti  'La bella addormentata nel bosco'.
Aveva sempre amato Aurora. Non solo perché aveva i capelli biondi (da piccola era fissata con il volere i capelli biondi), ma anche perché aveva avuto la fortuna di trovarsi un principe in mezzo al bosco.
Al massimo, se lei usciva e andava nei boschi, poteva incontrare uno scoiattolo.
E poi aveva anche una bella cotta segreta, va bè, non poi così segreta, per Filippo. Cioè, era troppo un figo per essere un cartone animato. Poi parlava poco e si sarebbero completati a vicenda, visto che lei, quando ci metteva era una mitragliatrice di parole.
E poi loro si incontrano in quel cavolo di bosco e si amano da subito.
Insomma, lui poteva essere uno stupratore e lei una serial killer.
Non ci hanno pensato quando si sono visti?
No?
Certo che no! Solo noi stupidi umani ci faccio sempre mille problemi per quanto riguarda il tema 'AMORE'.
‘Quando Dio distribuiva la capacità di non aver paura ad esprimere quello che si prova per una persona anche se questa potrebbe non ricambiarti, io ero al cesso!’
Riportò la sua attenzione alla televisione, proprio mentre si stava svolgendo il suo pezzo preferito. Il momento in cui Aurora incontra Filippo nel bosco.
La ragazza si alzò e andò nello sgabuzzino, ritornando in salotto con uno spazzolone in mano.
“So chi sei vicino al mio cuor, ogni or sei tu!” iniziò a cantare a squarcia gola, facendo girare lo spazzolone, “So chi sei, di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu. Anche se nei sogni è tutta illusione e nulla piùùù! Il mio cuore sà che nella realtà, a me tu verrai e che mi amerai ancor di piùùù! Lalalalalla! Il mio cuore sa che nella realtà a me tu verrai..”
Smise di cantare, aspettando che Filippo facesse la sua entrata.
“E che mi amerai, ancor di più!” disse il principe.
“Daje Filippo, falle conoscere l’amore!” disse Rose, tutta emozionata.
“Oh..oh” disse Aurora.
“Mi dispiace tanto, non volevo spaventarla” disse Filippo.
“N- non è questo” disse Rose, sovrastando la voce di Aurora. Ormai sapeva i dialoghi a memoria. “E’ solo che voi siete un..un..”
“Un estraneo?”
“Mh – mh” disse la giovane, annuendo, “Lo incontrassi io un estraneo così” aggiunse.
“Ma non ti ricordi? Ci siamo già conosciuti..”
“Davvero?”
“Ma sicuro! L’hai detto tu stessa, nei tuoi sogni!”
Rosalyn tornò a sedersi sul divano e girò canale.
“Oh, Filippo, che furbetto che sei!” disse, sbadigliando, finendo su un canale di cucina, dove stavano trasmettendo una vecchia puntata di Hell’s Kitchen.
‘Meglio che niente’, pensò.
 
Ian
“Grazie mille per la serata” gli disse Cristyn, fermandosi davanti la porta di casa.
“Figurati, è stato un piacere”
“Sei sicuro che non ti scoccia uscire con me? Sto sempre li a parlarti dei miei problemi..”
“Cristyn, siamo amici da una vita, se non ci sono io ad ascoltarti, chi lo fa?”
“Lo so, però anche tu hai i tuoi problemi”
“Parli di Nina?”
La donna annuì.
Ian si mise le mani nelle tasche dei jeans e si chiuse nelle spalle, “Mi sembra strano dirlo, ma non sto soffrendo molto. I primi giorni che era partita come sai stavo una merda..”
“Sì, mi hai detto che ti sei intrufolato in casa mia ubriaco e che Ros ti ha aiutato”
“Già, che figura. Comunque adesso mi sento diverso. Mi sento quasi bene”
“Ti sei già innamorato di un’altra ragazza?” chiese lei, scherzando.
Somerhalder sgranò gli occhi, “Cosa?! NO!”
“Chiedevo soltanto, scusa” disse Cristyn, trattenendo una risata, “Che fai? Vuoi entrare  a salutare Rose?”
‘No, è ora di andare a casa’, pensò.
“Sì, certo”
Cristyn prese un mazzo di chiavi dalla borsetta e aprì la porta di casa.
Il salone era illuminato dalla fioca luce della lampada posta vicino al divano, dove Rose stava dormendo profondamente.
“Si dev’essere addormentata guardando un film” disse Cristyn, togliendosi la giacca.
“Già” disse lui, facendo qualche passo in vanati, nella direzione della ragazza.
“Sembra diversa quando dorme..” disse la donna.
‘Sì, diversa..’
“Dai, svegliala”
Svegliarla? Perché? No, non voglio’, pensò.
“Non preoccuparti” disse lui, “La porto io in stanza”
“Oh, grazie. Che carino che sei”
Ian si avvicinò alla ragazza e poi la prese tra le braccia.
La sentì mugugnare un po  e, dopo aver finito di muoversi, posizionò la testa nell’incavo tra il collo e la spalla sinistra.
Ora il suo respiro caldo gli solleticava la pelle del collo, provocandogli piccoli brividi lungo la schiena.
Facendo attenzione, la portò nella sua stanza.
L’adagiò sul letto e poi le sistemo le gambe e le braccia e accese la piccola lampada posta sul comodino li vicino.
Le si avvicinò al viso e le tolse alcuni capelli dalla bocca, sistemandoli dietro l’orecchio sinistro.
E ora che doveva fare?
Ian la guardò.
Sembrava dormire molto profondamente.
Il più delicatamente possibile, le tolse le pantofole a forma di Elefante che aveva ai piedi e gliele sistemò ai piedi del letto. Successivamente le slacciò il bottone dei jeans, abbassò la zip e iniziò a sfilarglieli, poi glieli piegò e li posò sulla sedia vicino alla scrivania. Prese la coperta dal fondo del letto e la coprì.
Somerhalder iniziò a guardarsi intorno.
La stanza era abbastanza grande.
Vicino alla porta vi era situato il comodino e, alla sinistra di quello, il letto matrimoniale. Nella parete di fronte al letto vi era un enorme finestra che dava sul giardino. Vicino ad essa una scrivania con computer, libri di scuola o altro. Un semplicissimo armadio. Uno specchio grande. I muri erano tappezzatati di poster.
Ian guardò ancora una volta Rosalyn.
Non sapeva perché, ma non se ne voleva andare.
Era come se i suoi piedi fossero incollati a terra.
Un rumore proveniente dalla sala li a fianco lo destò da dei pensieri che non avrebbe dovuto fare.
Si apprestò ad uscire, quando, con il piede destro, calpestò qualcosa.
Abbassò lo sguardo.
Da sotto il comodino sbucava una fotografia.
Somerhalder la prese e la guardò.
La foto raffigurava lui e Rosalyn abbracciati, quella volta al bowling.
‘Come faceva ad averla anche lei?’
La poggiò sul codino, cercando di sistemarla visto che sembrava un po stropicciata, poi frugò nella taschina interna del suo cappotto e tirò fuori la stessa identica foto.
Che significava?
 
 
 
 
 
 





Angolo autore:
Buona sera, girls!
Non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo (soprattutto per l’ultima parte), per questo penso sia uscito un po frettoloso e quindi non all’altezza degli altri, ma lascerò decidere a voi.
Spero poi di essere stata abbastanza realistica negli avvenimenti e di non aver corso troppo, visto che il mio obbiettivo è quello di essere il più 'reale' possibile.
Vi amo sempre di più!

Ps.
Se vi interessa, villa ninfea è così, tranne per alcune caratteristiche che ho cambiato (cioè la fontana d'entrata non è così grande e non ci sono le scalinate per raggiungere la porta d'ingresso):
 

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Capitolo 10
*** Tutto a me ti guida. ***


TUTTO A ME TI GUIDA
-Capitolo dieci-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn si svegliò aprendo gli occhi molto lentamente.
Un’intensa luce stava invadendo la stanza e, qualche raggio di sole, faceva capolino anche sulla pelle del suo viso.
Chiuse gli occhi, girandosi sul fianco sinistro, sfregando le gambe l’una contro l’altra.
Pelle contro pelle.
‘Pelle contro pelle?!’, pensò, mettendosi a sedere di scatto, scostando la coperta.
Sì, eccole lì. Le sue gambe. Nel loro candido colorino.
Si guardò intorno, mettendosi una mano tra i capelli.
Si sentiva un po disorientata.
Come ci era arrivata in camera?
E soprattutto, come avevano fatto i suoi jeans a finire sulla sedia vicino alla scrivania?
L’unica cosa che ricordava era di essersi addormentata sul divano mentre stava guardando la televisione.
Si passò le mani sugli occhi e poi ricadde all’indietro, sprofondando nei cuscini.
Stava facendo un sogno così bello. Un po osé per i suoi gusti, ma sempre bello.
Aveva sognato di aver sposato Ian e di essere in luna di miele. Stava sognando la prima notte di nozze.
Forse il sogno più reale che avesse fatto, soprattutto quando la stava spogliando.
La ragazza si alzò e poi uscì dalla stanza, dirigendosi in cucina, da dove arrivavano strani rumori.
“Buongiorno Rosalyn!” esclamò sua madre, girandosi verso di lei.
Aveva i capelli raccolti e indossava un grembiule.
‘Aspetta, noi abbiamo un grembiule?! Troppo cose strane. Non è che ho dormito per più di un giorno e mi sono persa qualcosa?’
“Ciao..mamma” disse Rose, con cautela, “Sempre se tu sei mia mamma”
“Ma che cosa dici?” chiese Cristyn, ridendo, “Certo che sono tua madre!”
“Quindi un alieno non si è impossessato del tuo corpo”
“No, Rosalyn, smettila”
“Scusa” disse la giovane, dirigendosi verso il frigorifero, “E’ che..da quando cucini usando il fuoco?”
“Da quando ho voglia di farlo”
“E da quando hai voglia di farlo?” chiese, prendendo la bottiglia del succo alla pera.
“Da quando Ian mi ha regalato un libro di cucina e questo adorabile grembiulino”
“Ah” rispose secca Rosalyn, bevendo un sorso di succo.
“Perché quel tono? Non ti sta simpatico Ian?”
“Non ho detto questo”
“E allora che problema c’è?”
“C’è che è il mio professore e non voglio che ci flirti o che inizi una storia con lui”
“Perché no, cara?”
“Perché dopo a scuola tutti parlerebbero di te, di lui e del fatto che sarò privilegiata perché il mio patrigno mi fa da insegnate”
“Oh, Rose, se un giorno Ian dovesse diventare il tuo patrigno, cosa che non credo accadrà presto, doversi solo sentirti lusingata”
“Se lo dici tu”
“Ma mi vuoi dire che cos’hai contro di lui?”
“NON HO NIENTE, TI HO DETTO!” urlò esasperata.
“E’ stato così gentile ieri a portarti in stanza..” continuò sua madre, ignorandola.
“Mam..che cosa?!”
“Cosa?”
“C – cosa hai appena detto?”
“Che è stato molto carino ha portarti in stanza ieri sera senza svegliarti”
‘OH, ACCIPIGNA! Ecco come ci sono finita in stanza! E il sogno..non era un sogno! Lui mi ha davvero spogliata! Credo, ora crepo!’
“Tesoro stai bene?” le chiese Cristyn, vedendo in lei un cambiamento.
“S –sì, cioè, no. Ho un po di mal di pancia” mentì, ancora sconvolta.
“Certo, vai in giro mezza nuda a dicembre bevendo succo freddo tutto d’un fiato” la rimproverò.
Rosalyn avrebbe voluto risponderle che era mezza nuda solo perché il suo perfetto amico/interesse amoroso l’aveva spogliata, ma si trattenne. Non voleva essere irrispettosa. Infondo era sua madre.
“Non dovevi partire?” chiese cambiando discorso la ragazza.
“Sì, ma ho deciso di rimandare la partenza a domani”
“Perché?”
“Perché voglio accompagnarti a prendere il vestito per il ballo d’inverno”
“Ma se non ci sarai neanche quel giorno”
“Appunto! Su, vatti a mettere qualcosa addosso così andiamo”
“E il pranzo?”
Cristyn guardò la pultiglia verde che stava bollendo su uno dei fornelli, “Credo sia meglio magiare fuori, eh?”
 
Rosalyn si guardò allo specchio.
A mala pena riusciva a conoscersi.
Se la ragazza riflessa non avesse fatto i suoi stessi movimenti, avrebbe giurato di trovarsi di fronte ad una sconosciuta.
Era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie.
Era la sera del ballo, ma, lei e Cher non ci sarebbero andate.
 
“In che senso non andiamo al ballo?” chiese Rosalyn, all’amica, “Mi sono fatta fare su misura un abito apposta!”
Era pomeriggio e si trovavano a casa di Cher.
“Non ho detto questo. Ho detto solo che non andiamo al ballo della scuola”
“E allora dove andiamo?”
“Qui!” esclamò l’amica, tirando fuori dalla borsa li vicino due biglietti.
“Cosa sono?”
“L’inviti per partecipare alla festa in maschera organizzata dal sindaco”
“Cosa?! Sei pazza?! Come li hai avuti?”
“La mamma di Dean si è occupata catering e lui è riuscito a rubare questi”
“Solo perché il ragazzo di cui sei follemente innamorata fa cose stupide, non significa che anche tu le debba fare”
“Oh, Rose” disse Cher, prendendole le mani, “La festa è aperta a tutti quelli che hanno un biglietto e, indovina un po? Noi ce lo abbiamo!”
“Mh” disse Ros, arricciando le labbra, poco convinta.
“E poi hai già il vestito pronto, no?”
“Mh”
“Ti travesti ancora da Maria Antonietta, giusto?”
“Mh”
“Sai qual è la cosa più bella? Che il ballo è ispirato alle coppie più famose nella storia..”
“Mh”
“E sai qual è la sorpresa? Che bisogna trovare l’altro partner e la coppia vincitrice riceverà un premio in denaro che poi dovranno donare in beneficienza a un’associazione a loro scelta”
“Mh”
“Potresti smetterla di dire ‘Mh’, per favore?”
“Scusa, è che penso sia davvero una cattiva idea”
“Questo perché sei una polla che ha solo paura di vivere”
“Io non ho paura di vivere!”
“Invece sì. Ogni qual volta ti si presenta l’occasione di fare un po la trasgressiva, tu ti tiri indietro..”
“Non è vero!”
“Invece sì”
“Dammi quel biglietto”
L’amica le passò il pezzo di carta, “Spero che il conte Fersen non sia un vecchio decrepito maniaco sessuale senza possibilità di redenzione”
“Oh, credimi, sono sicura che il destino ti riserverà una bella sorpresa” disse Cher, con uno strano tono di voce, sorridendole furba.
 
I suoi pensieri furono interrotti dal suo cellulare che, ostinatamente, posto sul comodino, vibrava.
La giovane si allontanò dallo specchio e prese il telefonino.
“Pronto?”
“Sto partendo adesso di casa” disse Cher.
“Va bene, esco”
E così dicendo, chiuse la comunicazione.
Ritornò a fissarsi davanti allo specchio.
Il vestito che indossava, grazie alla sarta a cui si era affidata, era identico al vestito che Maria Antonietta aveva indossato per il ballo in maschera.
Questo era interamente nero, formato da un corpetto stretto con un’ampia scollatura rotonda e le maniche di pizzo a tre quarti. La gonna, realizzata in stoffa nera, era ampia e molto lunga, ricoperta di uno strato di tulle, anch’esso nero.
I suoi capelli castani avevano lasciato il posto ad una bella parrucca color platino, sistemata in una pettinatura un po bizzarra, realizzata dopo aver arricciato i finti capelli.
Sulle labbra aveva messo un rossetto color ciliegia e, dopo aver realizzato uno smokey eyes sugli occhi, ci applicò una maschera nera, ricoperta di pizzo. Certo, Maria Antonietta aveva indossato un semplice pezzo di tulle, ma lei non voleva nascondere la sua identità.
Come tocco finale, incastrò una piuma tra i capelli. Poi prese il cellulare e lo mise tra l’esastico delle calze autoreggenti e la pelle.
Si sistemò la gonna e uscì di casa, dove una lucente limousine nera la stava aspettando.
 
La cosa bella della casa del sindaco?
Il fatto che avesse mantenuto parte del suo stile originario e che sembrasse un castello.
Dean scese dall’auto seguito da Cher e da Rose.
Il ragazzo offrì un braccio alla sua amica e un braccio a lei.
Le piaceva Dean. Era un tipo simpatico, divertente e neanche tanto stupido. E poi faceva stare bene Cher e quella era la cosa più importante.
Certo, non si era ancora dichiarato, ma ormai era un mese che i due si frequentavano e la giovane sentiva che quella era la serata giusta.
Almeno una delle due sarebbe stata felice.
Non solo si sentiva di troppo, visto che Robert si era tirato indietro all’ultimo per partire per la Spagna con la sua famiglia, ma si sentiva tesa come la corda di un violino.
Tecnicamente, loro non erano stati invitati alla festa e, anche se avevano gli inviti, se qualcuno gli avesse scoperti, sarebbero finiti in guai grossi. Molto grossi.
“Pronte signore?”
“Pronte!” esclamarono le due in coro.
Così dicendo, i tre si incamminarono verso l’entrata.
Camminando lungo il vialetto, Rosalyn rimase incantata dal modo in cui il giardino era stato decorato con lampade e candele. Le sembrava di stare in un sogno.
“Biglietto, prego” disse un uomo, vestito in smoking con tanto di papillon, parandosi davanti alla porta di casa.
La ragazza mostrò il suo, così come Dean e Cher, rispettivamente travestiti da Brad Pitt e Angelina Jolie.
L’uomo li fissò per un po, tanto che Rose, per la paura, iniziò a trattenere il fiato. Ma, quando questo si spostò, ritornò a respirare regolarmente e a riprendere il suo candido colorito naturale.
La sala da ballo era davvero grandiosa.
Era molto grande e illuminata. Il tavolo del buffet era addossato ad una parete e alcune persone stavano ballando al centro della stanza.
Rose lasciò il braccio di Dean.
“Hey, che fai?” le chiese Cher.
“Vado a farmi un giro” rispose, “Voi andate pure avanti, io vi raggiungo”
“Sei sicura?”
Annuì.
Era meglio lasciarli un po da soli.
“Va bene, ma se hai bisogno chiama, ok?”
“Certo”
E, mentre i due scendevano la scalinata che permetteva di raggiungere gli altri ospiti, Ros uscì e raggiunse il giardino sul retro.
Anche intorno alla piscina erano state messe delle candele, il che rendeva ancor di più l’atmosfera romantica  e intima.
Alcuni sdrai erano occupati da persone che parlavano tra di loro.
Affascinata dai giochi di luce prodotti dall’acqua della piscina, la giovane iniziò a camminare lungo il bordo di essa.
 
Ian
“Buona sera, nonna” disse Ian, avvicinandosi all’anziana, per poi abbassarsi e darle un bacio sulla guancia.
“Oh, Ian caro, eccoti” disse lei, posandogli una mano sulla guancia destra.
“Scusa per il ritardo”
“Ma dov’eri finito?”
“Dovevo finire di correggere dei compiti. Ora sono libero per tutte le vacanze”
“Ah, bene”
“Certo che il sindaco Miller si è dato davvero da fare per questa festa, eh?” disse Somerhalder, prendendo un bicchiere di vino bianco servitogli da un maître.
“Più che altro è stata sua moglie a darsi da fare. Christopher si è limitato a presentarsi vestito da James Bond e a prendersi il merito di tutto”
“Oh, nonna, sei ancora arrabbiata con lui? Pensavo ti fosse passata”
“Dopo l’anno d’inferno che mi ha fatto passare per  riuscire a comprare la mia casa, dovranno passare secoli prima che io possa perdonarlo”
“Posso dirti che sei bellissima?” le chiese il nipote, “E che se ti arrabbi rovini il tuo look?”
Sua nonna arrossì lievemente, “Sei troppo gentile, caro”
“No, davvero, sicura di non essere stata Coco Channel in una tua precedente vita?”
“Ti svelo un segreto” gli disse Jennifer, poggiandoli una mano sul braccio destro, “Ho sfilato per lei una volta”
“Wow, nonna, sei piena si sorprese!”
La signora Dawson rise.
“Tornando ai costumi. Perché non indossi la tua parrucca?”
“Perché il codino non fa per me”
“Potevi almeno metterti la maschera”
“Nonna, il mio personaggio non richiedeva la maschera”
“Così mi sembri il principe azzurro”
“Ed è un male?”
“No, perché il blu fa risaltare i tuoi occhi. Mi preoccupa di più il gruppo di fanciulle laggiù che, CASUALMENTE, si sono vestite da principesse”
Ian alzò lo sguardo.
Davanti a lui, come aveva appena detto sua nonna, vi era un gruppo di ragazze che lo stavano fissando come se lo volessero sbranare. Quando queste iniziarono a spostarsi verso di lui, Ian face un passo indietro.
“Oh, merda” sussurrò.
 
Rose
Rosalyn stava ancora passeggiando, pensando quanto le sarebbe piaciuto avere un fidanzato e quanto avrebbe voluto fosse Ian, quando andò a sbattere contro qualcuno.
“Oh, porca la miseria!” esclamò, portandosi una mano sul naso.
“Cavolo!” esclamò quella voce diventata anche fin troppo famigliare per la ragazza, “Ti ho fatto male?”
Rose alzò di scatto il viso, incontrando gli occhi color del cielo del suo professore.
“Io..i – io..”
“IAAAN!” si sentì urlare da lontano.
“Oh, no” disse lui, facendo una smorfia, “Io non sono passato di qui, va bene?”
E, senza neanche aspettare una sua risposta, corse via.
La ragazza lo seguì con lo sguardo.
“Hey..” disse una ragazza, comparendole davanti all’improvviso.
“H – hey” disse con voce un po insicura, vedendo che altre ragazze si stavano avvicinando.
“Hai per caso visto un ragazzo vestito da principe azzurro?”
“Em, certo”
“E dov’è andato?”
“E’ corso verso l’ingresso”
“Oh, cavolo! Ragazze, sbraghiamoci!”
E così dicendo, il gruppo sparì.
‘Mamma mia’, pensò.
Rosalyn si girò.
Le coppiette che prima erano sedute sulle sdrai, ora non c‘erano più.
Il guardino era deserto.
“Senti, non so se sei ancora qui, ma puoi uscire. Le ho messe fuori gioco per un po”
“Grazie” disse lui, comparendo alle sue spalle.
“Ma figurati. Che cosa volevano, se posso chiedere?”
“Accalappiarmi”
“Accalappiarti?”
“Certo, sono il conte Fersen, qualunque donna mi vorrebbe nel suo letto questa notte”
“Eppure appartieni ad una sola donna presente a questa festa”
Ian sorrise, “E’ vero, ma sembra che la mia dama segreta non si sia ancora presentata”
“Magari aspetta solo il momento giusto” disse la ragazza, chiudendosi nelle spalle.
Cavolo, quella maschera la faceva sentire diversa.
Si sentiva sicura di se, come Maria Antonietta. E avrebbe sfrutto quel momento a suo favore.
“Può darsi. Ma, posso sapere il tuo nome?”
Rose prese i lati del vestito e lo alzò di mezzo centimetro da terra, poi fece un piccolo inchino, senza però mai staccare gli occhi dal professor Bollore, “Regina Maria Antonietta, al vostro servizio”
Somerhalder sgranò leggermente gli occhi.
“Siete sorpreso, conte Fersen?” chiese, passando ad un tono più formale.
“Leggermente”
“Perché?” chiese, tornando in posizione eretta, “Vi aspettavate una compagna più bella?”
“Affatto. Non mi aspettavo una compagna così bella”
La studentessa sorrise. “Immagino diciate così a tutte”
Ian fece un mezzo sorriso, “Sapete benissimo che non è vero”
‘Dio, Rose, calmati! State recitando. STATE RECITANDO!’
“Eppure, l’altra notte, mentre facevamo l’amore, mi avete chiamata Evangeline”
“E voi Luigi, come vostro marito”
La giovane rise, “Touchè!”
“Vi conosco?”
“Certo, sono Maria Antonietta”
“No, nella realtà, intendo. Nella realtà vi conosco?”
“Forse”
“E voi conoscete me?”
“Forse” rispose ancora.
“Perché non me lo volete dire?”
“E voi perché lo volete sapere?”
“Semplice curiosità”
“La curiosità uccide il gatto”
“Touchè” disse lui, questa volta.
Somerhalder stava per parlare, quando i due vennero interrotti da un uomo.
“Scusate se vi interrompo..” disse lui, “Volevo chiedere alla signorina se mi voleva concedere l’onore di questo ballo”
Rosalyn guardò Ian, poi l’uomo d’innanzi  a lei. Questo indossava un costume da Dracula, con tanto di denti finti e mantello nero.
Spostò di nuovo lo sguardo sul suo professore che aveva dipinto in volte uno sguardo freddo e inespressivo.
Forse era arrivato il momento di ‘risvegliare’ un po le sue amozioni.
“Certo” acconsentì Rose. “Conte Fersen” aggiunse, piegando la testa in segno di saluto.
Dracula le offrì il braccio destro e lei lo accettò volentieri.
Insieme si diressero nella sala del ricevimento e si posizionarono al centro della pista da ballo, dove altre coppie stavano aspettando che il dj mettese una nuova canzone.
Dopo poco, la melodia del Valzer Viennese, si librò nell’aria e la giovane ringraziò mentalmente sua madre per averla costretta a prendere lezioni di ballo da sala quando aveva dieci anni.
‘Passo grande e due piccoli. Passo grande e due piccolini’, continuava a ripetersi mentalmente.
Mentre ballava, Rosalyn si guardò intorno.
Vicino al buffet vi erano Dean e Cher intenti a parlare e, non troppo distante, la signora Dawson. L’unica persona che non riusciva a vedere e di cui le importava veramente era Ian.
‘Forse non avrei dovuto accettare di ballare con Dracula. Forse si è scocciato e se ne è andato. Mi sa che ho tirato troppo la corda’.
In quel momento, Dracula le fece fare un giravolta e le lasciò la mano. Lei girò su se stessa, fino ad andare a finire tra le braccia di Ian.
La canzone cambiò.
‘My heart will go on’, pensò.
Sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Sembrate sorpresa” disse il professor bollore, facendo un mezzo sorriso, per poi attirarla a se, facendo scivolare le mani attorno alla sua vita.
“Più che altro sono sorpresa dal vostro tempismo” disse la ragazza, allacciando le braccia intorno al suo collo.
“Vi svelerò un segreto” disse Somerhalder, avvicinando la bocca al suo orecchio, “Sono stato dietro di voi tutto il tempo e ho aspettato il momento giusto per entrare in gioco”
“Mh, ammirevole” disse Rose, “E anche leggermente spaventoso”
“Non avrei dovuto ricorrere a certe maniere, se voi non foste scappata”
“Avete ragione” disse lei, ridendo.
“Quindi, voi siete la regina Maria Antonietta”
“Esatto”
“Ma chi si cela sotto la maschera veramente?”
“Conte Fersen, questa è una festa a tema. Dirvi chi sono, sarebbe andare contro le regole”
Questa volta Cher gliel'avrebbe pagata cara.
Lei lo sapeva che il conte Fersen era Ian.
Ecco perché aveva a insistito tanto. Ecco perché quella sicurezza nel dirle che secondo lei non sarebbe stato un vecchio.
Piccola e perfida Cher.
“Qualcosa non va?” le chiese Ian.
“Uhm? No, tutto bene”
“Sicura?”
“Sì, sicura” confermò, sorridendo.
“A cosa stai pensando?”
“Alla fortuna che ho avuto a non finire in coppia con un conte Fersen ultra cinquantenne”
“Eh, sì, sei stata molto fortuna. Anche perché, sono uno degli scapoli d’oro più ambiti della città”
“Ah, davvero? Allora ti dovrei far ballare con una di quelle signorine di poco fa” disse, staccandosi da lui.
Ian però, la strinse ancora di più a se, per impedirle di muoversi.
“Non vi lascerò andare” disse.
“Mi volete trattenere contro la mia volontà?”
“Sì, se sarà necessario”
“Bè, siete fortunato. Mi trovo molto bene tra le vostre braccia”
Ian sorrise, poi divenne improvvisamente serio.
“Vi prego, lasciatemi vedere chi si nasconde sotto la maschera” disse, facendo risalire le mani lungo la schiena di lei per poi staccarle per avvicinarle al volto.
“Se toglierete la maschera, quel briciolo di interesse che state iniziando a provare per me, sparirà”
“No” sussurrò, poggiando le dita sulla maschera.
“Io, invece, credo di sì. Ma se è questo che volete, allora fatelo” disse la giovane, chiudendo gli occhi.
‘O la va, o la spacca’
Sentì la maschera alzarsi lentamente, scivolandole sulla pelle.
Si morse il labbro inferiore, non preoccupandosi del fatto che il rossetto avrebbe sbavato.
Ormai era quasi alzata, quando sentì il suo cellulare vibrare.
“Che cos’è?” chiese il professor Stranamore fermandosi.
“Il mio cellulare” rispose, iniziando a alzare la gonna per riuscire ad afferrare l’oggettino elettronico.
“Posto bizzarro dove metterlo”
“Odio le borse” disse Rosalyn, “Pronto?”
“Rose, esci immediatamente. La madre di Dean ci ha visti e ce ne stiamo andando” disse Cher.
“Cosa?! Sa che ci sono anch’io?”
“No, ha riconosciuto solo noi. Siamo qui davanti casa, sbrigati e cerca di non farti vedere da lei”
“Sì, arrivo” disse, chiudendo la comunicazione.
“Che succede?”
“Devo andare, mi dispiace” disse, “E’ stato molto bello e mi sono divertita. Grazie”
E così dicendo, corse verso la scalinata.
Fece qualche grandino, quando Ian riuscì a raggiungerla e ad afferrarla per un polso.
“Aspetta” disse lui.
“Ti prego, devo andare”
“Quando potrò rivederti?”
“Tutto a me ti guida” rispose Rose e poi, fece una cosa che desiderava fare da tempo. Si sporse leggermente in avanti, in quanto Ian si trovava due gradini più in basso di lei. Gli mise una mano sulla sua guancia sinistra e poi lo baciò.
Non fu un bacio lungo. Le loro labbra si sfiorarono per qualche secondo, ma la giovane si sentì rinata. Come se le avessero somministrato qualche strano elisir. Come se avesse fatto il pieno di zucchero o di energizzanti. Si sentiva più viva che mai. Una scossa le attraversò la spina dorsale.
“Addio” sussurrò lei, staccandosi e correndo via.
Questa volta, Somerhalder non la seguì.
Ed è proprio vero.
E’ vero che a volte il destino, regala momenti magici come quello che Rose aveva appena vissuto.
Momenti, che non verranno cancellati con facilità.
Momenti, che portano delle conseguenze.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buon pomeriggio? Tutto bene?
Ho aggiornato così presto perché era da tempo che volevo scrivere questo capitolo, perciò ero parecchio ispirata.
Pe Rose, Maria Antonietta è un mito e ho voluto farle vivere una serata a modo suo, visto che la regina di Francia sapeva benissimo come divertirsi.
E, quale conte Fersen migliore se non il nostro amato professore?
Come sempre, aspetto con ansia un vostro parere.
 
P.s Il titolo, che poi viene ripetuto da Rose, è la frase, scritta originariamente in italiano, fatta incidere da Maria Antonietta su un anello che regalò al conte Fersen.
P. p. s Questo è il look di rose:
 

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Capitolo 11
*** Silent night. ***


SILENT NIGHT
-Capitolo undici-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ian aprì la porta di casa e poi accese la luce dell’ingresso.
Sua nonna, seduta sulla sedia a rotelle  - erano stati obbligati ad usarla per via dei suoi sbalzi di pressione - lo seguì, accompagnata dalla badante, Jacqueline.
“Grazie, Jacqueline. Ci penso io ora” disse, congedandola.
“Oh, caro, perché ti devi scomodare?” gli chiese sua nonna.
“Nonna, non mi scomodo affatto” rispose, spingendo la sedia a rotelle verso la stanza di sua nonna, fatta trasferire al piano inferiore per evitare la scomodità delle scale.
“Ti vedo felice”
“Bè, mi sono divertito alla festa”
“Sì, ho notato” disse Jennifer, con tono un po malizioso.
“E questo tono? Che cosa vuoi insinuare?” chiese il ragazzo, aprendo la porta della stanza.
“Oh, proprio niente”
“Ah – ah, certo nonna”
“E’ solo che..che ti vedevo un po preso dalla ragazza vestita di nero”
“Era Maria Antonietta”
“Ah, bene, quindi era la tua compagna della serata”
“Sì”
“E chi è? La conosco?”
“Non lo so. Non mi ha voluto dire chi era”
“Mh, sei vuoi posso chiedere a Emily di controllare chi ha acquistato i biglietti per la festa” propose.
“Tranquilla nonna”
“Tranquilla? No, caro, non posso stare tranquilla. Guarda che ho visto il modo in cui la guardavi. A te quella ragazza piace. Non ti vedevo così dalla partenza di Nina. Ti prego, lascia che la rintracci”
“Va bene, nonna” acconsentì Somerhalder, dandole un bacio sulla guancia, “Ma ora vai a dormire”
“Certo caro”
“Notte”
“Buona notte, tesoro”
E così dicendo, Ian uscì dalla stanza per dirigersi nella sua camera da letto.
Una volta entrato, si chiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò contro.
Sua nonna aveva ragione.
Quella sconosciuta l’aveva colpito dritto al cuore.
Ma il suo sorriso, la sua risata, i suoi occhi, il suo profumo, la sensazione di aver già stretto fra le sue braccia quel corpo, avevano..avevano qualcosa di famigliare.
Quella sera gli era sembrato di vivere in un sogno e, per una volta, era riuscito a non pensare a lei.
Lei.
Ian si diresse verso la poltrona dove quel pomeriggio aveva deposto il suo giubbotto, dal quale estrasse una foto stropicciata.
Lei. Rosalyn.
Scosse la testa e si portò una mano sugli occhi.
Doveva smetterla. Smetterla subito.
Rose non andava bene per lui. Insomma, era solo una bambina. Doveva fare ancora mille esperienze e, questa cosa che stava iniziando a provare per lei, questo affetto, non era..sano. Per lui non era sano.
Perché, più il tempo sarebbe passato, più l’affetto si sarebbe tramutato in altro.
 
Rose
Rosalyn entrò in casa e a gran velocità si diresse verso la sua stanza.
Appena arrivata si buttò sul letto e affondò la testa nel cuscino, iniziando ad urlare come una pazza.
‘Oddio, l’ho baciato. L’ho baciato davvero!’
Si tolse la parrucca e si sdraiò supina, cercando di riprendere fiato.
‘E lui non si è scostato’, pensò. Iniziando a giocherellare con la stoffa della gonna.
‘Grazie, a chiunque stia lassù. Grazie davvero! In una sera, il mio più grande sogno si è avverato e, anche se so che non ci sarà futuro per me e Ian, terrò questo ricordo nel cuore. Per sempre’
 
“Rose?! Rose, svegliati!” gridò Cristyn, entrando in camera della figlia.
“Mh..” disse Rosalyn, con la faccia infossata nel cuscino.
“Rosalyn Katrina Lavinia Moore, ti devi alzare. SUBITO!”
“Ma che succede?” chiese, alzandosi sui gomiti.
Era il 25 Dicembre, non che Natale.
Era passata solo una settimana dal ballo in maschera e, da quel giorno, non aveva più visto il suo professore.
“Devi vestirti”
“Perché? Dove andiamo? E quando sei tornata?”
“Sono tornata all’una. Il viaggio è stato un inferno per colpa della neve. Su, forza, alzati! La signora Dawson ci aspetta per mezzogiorno”
“Signora Dawson?!” chiese la ragazza, mettendosi a sedere di colpo.
“Sì, signora Dawson. La nonna di Ian. Ci ha invitato al suo pranzo di Natale”
“E quando avevi intenzione di dirmelo?”
Sua madre si chiuse nelle spalle, “Te lo sto dicendo ora” disse, uscendo dalla stanza.
“Grazie tante” borbottò Rose, prima di ricadere all’indietro. Poi si ritirò su di scatto.
‘NON HO NIENTE DA METTERMI!’, pensò, impanicata, ‘Ok, Rose, una cosa alla volta’, si disse, cercando di calmarsi.
Per prima cosa doveva farsi una bella doccia, così si diresse in bagno.
Mentre aspettava che l’acqua si riscaldasse al punto giusto, la giovane si lavò i denti.
Entrò nel box doccia e, quando ebbe finito, si asciugò i capelli, lasciandoli leggermente umidi, in modo da poterli acconciare senza difficoltà – avendo i capelli molto lisci, per lei era sempre difficile riuscire a fare delle pettinature impegnative senza che si rovinassero dopo neanche dieci minuti.
Prese il pettine e si cotonò la parte superiore dei capelli, poi, con un elastico si fece una coda alta, lasciando ricadere delle ciocche al lato del viso.
Finito di acconciarsi, si diresse in camera e aprì l’armadio, alla ricerca di qualcosa da indossare. Pecco che non avesse niente. Cioè, aveva il guardaroba piano di abiti, ma nessuno che fosse all’altezza di quell’occasione. Insomma, avrebbe rivisto Ian per la prima volta dopo la festa in maschera!
Si sentiva lo stomaco leggermente in subbuglio.
Affranta, per non sapere cosa indossare, poggiò la fronte contro l’anta dell’armadio, chiudendo gli occhi, sbuffando.
Poi, di colpo, le venne un’idea.
Velocemente si avvicinò al letto. Alzò lenzuola e, da sotto di esso, prese una scatola.
La scotola conteneva l’abito che avrebbe dovuto utilizzare il giorno del suo diciottesimo compleanno, che si sarebbe tenuto da li a qualche mese. Aveva usato gran parte delle sue paghette per comprarselo, ma quella era un’occasione davvero importante. Per Ian quello e altro. Per il compleanno ne avrebbe comprato un altro.
Aprì la scatola e ne tirò fuori il vestito. Questo era abbastanza corto – circa dieci centimetri al di sopra delle ginocchia – e a vita alta, anche se non troppo. Aveva le maniche corte. Nella parte anteriore era molto semplice, mentre, sulla schiena vi era un foro a forma triangolare, con un bottone in alto che serviva per allacciare il vestito. Quello che le piaceva di più, oltre il particolare sulla schiena, era il colore - fucsia reale - e l’effetto di leggerezza che dava la gonna.
Prima di provarlo, indossò un paio di collant nere.
Ai piedi un paio di Jeffrey Campbell realizzate in cuoio marrone.
Dopo aver indossato l’abito, Rosalyn tornò bagno per finire di aggiustarsi i capelli – si arricciò leggermente le punte e diede un movimento ondulato ai capelli che le ricadevano lungo il viso – e per truccarsi, dove optò per un look non troppo vistoso – una semplice striscia di Eyeliner, del mascara e, sulle labbra, un po di burro cacao, visto che le sue labbra erano sempre secche e lei tendeva a mangiarsi via le pellicine.
“Rose, hai finito?” la chiamò sua madre, dal salone.
“Sì, un attimo” rispose, guardandosi allo specchio.
‘Ok, Rose, ce la puoi fare’, si incoraggiò mentalmente.
Si diede qualche puffetto sulle guance, giusto per prendere un po di colore e poi raggiunse la madre.
“Tesoro, ho una sorpresa per te”
“Una sorpresa?”
“Sì, sì. Un regalo di Natale”
“Oh, e che cos’è?” chiese, entusiasta.
“Questo!” esclamò Cristyn, porgendole un giacchetto.
Questo era tutto bianco e peloso.
Molto da diva e per niente nel suo stile.
“Allora ti piace?”
Rose alzò gli occhi verso la madre, per vedere se la stava prendendo in giro, ma dalla sua espressione sembrava abbastanza seria.
“S –sì, è carino. Diverso da quello che indosso di solito, ma carino” mentì.
“Ahh, sono felice che ti piaccia. Perché non lo indossi oggi?”
“O – oggi?” chiese, impanicata. Lei quell’obbrobrio non lo voleva indossare. “Ma oggi nevica. Non vorrei rovinarlo”
“Rose, tranquilla, non si rovinerà”
“Ma..”
“Rosalyn, mi vuoi far felice per una volta?”
La studentessa sospirò, cedendo, “D’accordo” disse, indossandolo.
“Su, andiamo! Non voglio fare tardi”
E così dicendo, entrambe uscirono di casa.
 
La festa organizzata dalla signora Dawson doveva essere importante, perché, Rosalyn si accorse che tutti avevano accettato l’invito e che si erano presentati almeno con venti minuti di anticipo.
Dopo aver lasciato i soprabiti – con felicità da parte della ragazza – all’ingresso, le due vennero accompagnate da Caitlin nel soggiorno principale.
Rose era davvero rimasta colpita nel vedere le decorazioni natalizie che Jennifer aveva fatto sistemare per abbellire villa Ninfea.
Entrata nel salone, l’attenzione della giovane fu catturata dall’enorme albero di Natale, posto vicino alle finestre. Il soffitto della sala era molto alto e l’albero arrivava quasi a sfiorarlo con la punta, sul quale era stata appuntata una stella.
“Cristyn, Rosalyn, che bello vedervi” disse la signora Dawson, avvicinandosi a loro, spinta sulla sedia a rotelle da Emily Vancamp, la moglie del sindaco.
“Buongiorno Jennifer” disse Cristyn, chinandosi per darle un bacio sulla guancia, “Scusa il ritardo, ma Rose non si voleva svegliare”
A quell’affermazione, Rosalyn buttò un’occhiata omicida verso la madre, ma nessuno sembrò notarlo.
“Oh, non ti preoccupare Cristyn. L’invito diceva per mezzogiorno, perciò siete in orario. Ciao cara” disse, rivolgendosi alla studentessa.
“Buon Natale, Jennifer” disse Rosalyn, sorridendole cortese, abbassandosi per abbracciarla. “Questi sono per lei” aggiunse, passandole un vaso di Ciclamini perfettamente impacchetto, che si erano fermate a comprare lungo la strada.
“Sono bellissimi!” esclamò la donna, portandoseli al naso per sentirne il profumo, “Grazie mille” disse, facendo segno ad una cameriera di avvicinarsi, “Greta, mettili nel mio salottino, per favore”
“Certo, signora” disse Greta, prendendo il vaso.
“Su, su” disse l’anziana, “Entrate, non state sulla porta. Ho appena servito gli aperitivi. Mangiate, parlate e divertitevi. Vado un secondo in cucina a vedere a che punto siamo con l’arrosto”
E così dicendo, si congedò.
Sua madre non se lo fece ripetere due volte e si buttò sul buffet, iniziando a scambiare qualche parola con il signor Thomas, il medico più 'famoso' della città, lasciandola sola.
Alla ragazza comunque non importava molto. L’unica persona con cui voleva parlare era il suo professore che, dopo un’attenta ispezione della sala, trovò intento a parlare davanti al camino accesso con il sindaco.
Visto che doveva aspettare per parlare con lui, Ros si diresse verso il buffet, sentendo il suo stomaco implorare pietà. D'altronde quella mattina non era riuscita a fare colazione.
Stava prendendo una specie di involtino di verdure, quando sentì un braccio circondarle le spalle, mentre alle narici le arrivò l’ormai famigliare profumo di dopobarba.
“Per fortuna che sei arrivata” le disse Ian, chinandosi leggermente in avanti per prendere anche lui un involtino.
“Ti stavi annoiando?” chiese lei, cercando di non svenire.
“Leggermente” rispose, facendole un sorriso sghembo.
“Eppure mi sembravi preso dal discorso che stava facendo il sindaco”
“Sono un bravo attore” disse, tenendole sempre il braccio intorno alle spalle.
“Ah, buon Natale Ian” disse la studentessa.
“Buon Natale” disse il professor Bollore, dandole due baci sulle guance.
‘E’ proprio Natale’, pensò.
Rose iniziò a sorridere come un ebete.
Zip..nessuna conessione..zip, terra chiama Rose. Mayday, mayday.
“Ian, caro” disse Jennifer, avvicinandosi in quel momento, “Hai dato a Rose i suoi regali di Natale?”
“Regali di Natale?” chiese la giovane confusa.
“Stavo giusto per farlo” disse Somerhalder, prendendole una mano, portandola vicino all’albero.
“Stai molto bene vestita così” le sussurrò, prima di chinarsi a prendere i pacchi.
Rosalyn si mise una mano sul cuore, per paura che potesse uscirle da un momento all’altro.
“Ancora buon Natale, Rosalyn” disse Ian, passandole uno dei due pacchi.
Questo era abbastanza grande e pesante, perciò, per riuscire a scartarlo, dovette poggiarlo sulla spalliera del divano.
“Oddio, non ci credo!” esclamò entusiasta, portandosi una mano alla bocca.
Davanti agli occhi aveva le copie originali di alcuni dei suoi libri preferiti.
Jane Eyre, cime tempestose, via col vento, orgoglio e pregiudizio, ragione e sentimento e, infine, il suo preferito, Romeo e Giulietta.
“Sono bellissimi, grazie!” disse, abbracciando la signora Dawson.
“Ian mi ha raccontato che gli hai confessato di avere una passione per la lettura. Ho fatto alcune chiamate e voilà! Ma se questo ti è piaciuto, sono sicura che l’altro farà altrettanto”
Ian le passò un altro pacchetto.
Questo era decisamente più piccolo del precedente. Infatti riusciva tenerlo con una sola mano.
Tolse la carta, scoprendo così un cofanetto blu scuro.
Lo aprì.
“Ma..è..è bellissimo” disse, sfiorando con le dita il braccialettino d’argento sottile con i simboli del infinito attaccati.
“Ian l’aveva visto in una gioielleria qualche settimana fa. Non voleva prendertelo, ma l’ho obbligato a farlo” disse Jennifer.
“Grazie, davvero” disse la studentessa, abbracciando Somerhalder.
“Signora Dawson” disse una cameriera, entrando in sala, “Il pranzo è servito”
“Ah, era ora!” commentò l’anziana.
 
Gli invitati alla festa non erano più di dieci, comprese Rosalyn e sua madre, ma la signora Dawson aveva fatto cucinare cibo che avrebbe potuto sfamare un esercito.
L’anziana era seduta  a capotavola.
La ragazza era seduta alla sua sinistra, con sua madre accanto e il professor Stranamore di fronte.
“Allora, Rosalyn, ho notato che sei diventata proprio una bella ragazza” disse Emily, pulendosi la bocca con un tovagliolo.
“Grazie signora Vancamp”
“Mi ricordo ancora, quando andavi in giro fiera del tuo apparecchio e dei tuoi codini leggermente storti” disse la donna.
“Bè, ero in quinta elementare. Ero piccola”
“E guarda ora che cambiamento” disse il signor Walker, uno degli avvocati più influenti della città.
Bè, era anche l’unico.
“Già” disse Rose, sorridendo, sapendo che quel discorso sarebbe ben presto diventato imbarazzate.
Perché non potevano domandarle della scuola, come avevano fatto per tutto il tempo?
“E dimmi..” disse Christopher, il sindaco, seduto accanto a Ian, “Ce l’hai il fidanzatino?”
Ed eccola lì, l’odiosa domanda che, una ragazza della sua età, non poteva evitare.
Come essere punta da una zanzara in piena estate. IMPOSSIBILE.
“Em, no” rispose, buttando un’occhiata in direzione di Ian.
Anche lui la stava ascoltando.
“Come no?” chiese, sorpreso, “Un amichetto allora..?”
“No, signore”
“Oh, Chris, smettila” lo ammonì la moglie.
“Perché? Le sto facendo solo delle semplici domande. Non credi che potrebbe frequentare Jack?”
Jack Vancamp. Figlio del sindaco che aveva appena finito l’ultimo anno di università e si apprestava ad iniziare uno stage in Argentina come biologo marino.
“Tesoro, sei impazzito?! Jack è molto più grande di lei”
“Oh, non credo che per Rosalyn l’età sia un problema, vero?”
“No, affetto” rispose lei, sicura, “L’età è solo un numero. Se due persone sono innamorate, se è destino, allora l’età è l’ultima cosa a cui pensare”
“Visto?” chiese il sindaco a Emily.
“Però, come ho appena detto, bisogna essere innamorati e, sì, Jack è davvero un caro ragazzo, mi è capitato di parlarci due tre volte, ma io non  lo amo. E poi non credo che la sua fidanzata sarebbe d’accordo  a questa unione” aggiunse, iniziando a giocherellare con il braccialetto appena ricevuto in regalo.
“Avessi trent’anni in meno” disse il signor Walker e tutti scoppiarono a ridere.
“Ma dimmi, Ian” disse Emily, “Tu che stai a stretto contatto con Rosalyn, visto che sei uno dei suoi insegnati, cosa pensi?”
Somerhalder si passò una mano sulla bocca e inclinò la testa di lato, puntando gli occhi in quelli della studentessa, “Io credo..credo che il ragazzo di cui Rose si innamorerà, sarà molto fortunato”
“Lo credo anch’io” disse Jennifer, intervenendo.
Il signor Walker fece una battuta e il discorso venne cambiato.
 
Erano le tre del pomeriggio, i presenti avevano finito da poco di pranzare e ora si stavano svagando.
Gli uomini erano andati a giocare a carte in un'altra sala.
Le donne, tranne Rosalyn e Jennifer, erano uscite a fare una passeggiata.
“Jennifer, posso confessarle una cosa?” chiese la ragazza, cogliendo l’occasione di essere rimasta da sola con lei.
“Certo, cara. Cosa c’è? Mi sembri preoccupata”
“In effetti sono leggermente nervosa” ammise. “Lei.. lei sa mantenere i segreti?”
“Certo, cara. Di cosa si tratta? Dimmi tutto”
Rose prese un bel respiro profondo.
“Ha presente la ragazza vestita da Maria Antonietta che ha ballato con suo nipote la sera delle festa in maschera? Ero io”
“Eri..tu?” chiese l’anziana.
“Non sono andata al ballo a scuola. Io e alcuni amici ci siamo intrufolati e la situazione mi è leggermente sfuggita di mano”
“leggermente, eh?”
La giovane chiuse gli occhi, “Sono mortificata, Jennifer. Però, cerchi di capire, a me lui piace. Piace davvero tanto e..e quando mi si è presentata l’occasione di passare una serata con lui, senza che mi considerasse una semplice ragazzina, non ho saputo rifiutare. So di avere sbagliato e le sto dicendo tutto questo, perché prima ho sentito che parlava con la signora Vancamp, chiedendole se conosceva la ragazza che aveva ballato con suo nipote”
“Rose, credo che dovresti dirlo a Ian”
Rosalyn sgranò gli occhi, “No, non posso!” esclamò, cercando di non alzare troppo il volume della voce.
“Perché no, cara?”
“Perché non è una buona idea. Potrebbe rovinare il nostro rapporto, se così si può chiamare. Non voglio ferirlo o farlo arrabbiare”
“Magari scopri che a lui non importa”
“Non credo”
“Perchè mi stai dicendo tutto questo?”
“Perché so che qualcuno tirerà in ballo l’argomento prima o poi e ho bisogno che lei mi aiuti ad evitarlo. Per favore”
“Va bene, Rose. Puoi contare su di me. Ma promettimi che glielo dirai. Ian, devo ammetterlo, sembrava davvero preso da te quella sera”
“Stranamente me ne sono resa conto anch’io e mi ha fatto davvero piacere”
“Posso immaginare”
“Hey, che state confabulando voi due?” chiese Ian, entrando nella sala.
“Niente caro” rispose la signora Dawson, facendo l’occhiolino alla ragazza.
“Mah, voi non me la raccontate giusta”
“Stavamo parlando di poesie” disse Rose.
“Sì” confermò Jennifer, “Poesie d’amore”
“Stavo dicendo a tua nonna che anch’io vorrei un uomo che scrivesse per me. Sarebbe una cosa meravigliosa. Invidio tanto quelle ragazze che pur non sapendo nulla hanno ragazzi che scrivono sempre di loro”
“Tu non hai mai scritto poesie, tesoro?” chiese a suo nipote.
“No, ma so scrivere lettere d’amore. Con i piedi, se necessario”
“Una lettera d’amore è una poesia informale” disse Ros, buttandosi a capofitto negli occhi di Ian.
‘Oh, dolce e lento annegare’
“Rose, Rose!” urlò sua madre, camminando verso di loro.
“Cosa c’è, mamma?”
“Hai presente la festa di beneficenza a cui dovevo partecipare? Quella che cadeva lo stesso giorno del tuo ballo?”
La studentessa si irrigidì.
“V- vagamente”
“Emily mi ha portato le foto dell’evento” disse Cristyn, mostrando il book che teneva in mano.
“Ma non mi dire” disse, sorridendo nervosamente.
“Che ne dite di una caffè?” intervenne la signora Dawson.
Rosalyn la ringraziò mentalmente.
“Perché no?” disse Cristyn.
“Bene, spostiamoci in sala da pranzo”
“Ok, ma prima guardiamo le foto”
“NO!” urlò la ragazza. “M – mamma” riprese, usando un tono di voce più basso, “Guardiamole dopo le foto, eh?”
“Ma dopo Emily se ne andrà. Ci metterò solo un minuto” disse, aprendo l’album.
‘Oddio, sono morta’, pensò, afflosciandosi sulla sedia.
Jennifer, capendo il suo stato d’animo, le prese una mano, per farle forza.
“Guarda come si era conciato Christopher!” disse Cristyn, ridendo, “Oh, Ian, ci sei pure tu! E con chi stai ballando?” chiese.
“Non lo so” rispose il professor Bollore, “Non mi ha detto chi era”
“Rose, guarda la ragazza che sta ballando con Ian ha..il..tuo..stesso..vestito” disse, alzando gli occhi dal book, “Rosalyn Katrina Lavinia Moore, hai saltato il ballo per partecipare alla festa?!”
“Cosa?” chiese Ian.
“Mamma..”
“Questa sei tu, ne sono certa!”
“Magari è una ragazza che ha avuto la sua stessa idea per il vestito” suggerì Jennifer.
“No, questa è lei” disse, prendo il cellulare, “Ho una foto che lo dimostra”
‘Oh, merda’
“Guardate” disse Cristyn, passando il cellulare a Somerhalder, “E’ lei! So riconoscere un costume, quando mi è costato più di duecento dollari”
Rose spostò lo sguardo sul suo professore e, iniziò davvero a preoccuparsi, quando alzò gli occhi dal cellulare per puntarli nei suoi.
Questi erano freddi. Molto freddi. Così freddi da far sentire la giovane nuda in mezzo alla neve nel polo nord.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera!
Eccoci di nuovo qui.
Vi è piaciuto il capitolo? Spero tanto di sì.
So che magari ora sarete un po tristi e, vi dico subito che nel prossimo capitolo la situazione non migliorerà, anzi. Ci andrà di mezzo anche la nonna.
Ma tranquille, la situazione non durerà molto.
Ho in mente un capitolo meraviglioso per ‘riappacificarli’
Au revoir!

Questo è l'outfit di Rose:


E questo il braccialettino:


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Capitolo 12
*** This love. ***


THIS LOVE
-Capitolo dodici-

 
 
 
 
 
 





“Ian..i – io posso spiegare” disse Rosalyn, sentendosi improvvisamente molto accaldata.
“Spiegare” disse Cristyn, “Sì, è quello che devi fare”
“Forse è meglio se noi due ce ne andiamo a prendere il caffè” disse la signora Dawson, intervenendo.
“No, io resto qui” disse sua madre, guardandola fredda.
Ma perché era arrabbiata?
Non era lei che aveva illuso, infondo.
Non era con lei che aveva ballato.
Non era con lei che aveva flirtato.
Non era lei che aveva baciato.
Insomma, trovava molto fuori luogo il suo comportamento.
Era Ian, al massimo, che si doveva arrabbiate.
La ragazza riportò la sua attenzione sul professor Bollore.
La stava guardando.
Apparentemente sembrava tranquillo, ma glielo si poteva benissimo leggere negli occhi che era incazzato e..ferito(?)
“Devo insistere, Cristyn” disse Jennifer, con tono abbastanza autoritario, tanto che Rose si stupì.
Non l’aveva mai sentita parlare così.
E probabilmente anche sua madre non l’aveva mai sentita usare quel tono, perchè non se lo face ripetere due volte.
Rimasti soli, Rose iniziò a giocherellare con un filo pendente dall’orlo del suo vestito, non sapendo bene da che parte iniziare.
“Allora, Rosalyn, racconta, sono tutto orecchie” disse Somerhalder, andando a sedersi sul divano di fronte a quello dove vi era seduta lei.
“Per prima cosa” disse la giovane, “Volevo scusarmi con te. Non dovevi venire a saperlo in questo modo. Ne stavo appunto parlando prima con tua nonna per..”
“Ah, mia nonna lo sapeva?”
“Gliel’ho confessato circa cinque minuti fa”
“Capisco”
“Per favore, non essere arrabbiato con lei. Non c’entra nulla con questa storia”
“Quindi l’artefice di questo scherzo sei tu?”
“Sì, cioè..no. non era uno scherzo, Ian”
“Allora che cos’era? Ti sei presa gioco di me, mi hai fatto credere di essere un’altra persona. Che sarebbe successo se mi fossi innamorato di te?”
“Bè, ci sarebbe stato qualcosa di male?” chiese, arrossendo.
“Sì” disse, tagliente.
“Perché?” ebbe il coraggio di chiedere.
“Perché sei troppo piccola per me” rispose lui, “E immatura”
“I – immatura?” chiese con un filo di voce.
“Sì, immatura. L’hai dimostrato facendo quel piccolo scherzetto. Ti sei divertita, Rosalyn? Immagino tu ti sia fatta quattro risate una volta tornata a casa”
La studentessa era stupita.
Non lo aveva mai sentito parlare il quel modo.
Con quel tono tranquillo, ma al contempo freddo e duro.
E non credeva neanche che lui potesse dire delle così così cattive.
“Ti ho già detto che per me non era uno scherzo” disse, portandosi le mani in grembo, per poi chiuderle a pugno.
“Allora che cos’era?”
Rosalyn girò le testa di lato, evitando di incrociare il suo sguardo.
Non poteva dirgli che provava qualcosa per lui.
Non ora che era furioso.
“Come immaginavo” disse Ian, dipingendosi in volto un sorriso amaro, “E’ quello che fai sempre. Ti piace giocare con i sentimenti dei ragazzi”
“Come?”
“Ammettilo, ci godi a vederli cadere ai tuoi piedi come marionette” continuò, alzandosi in piedi.
“Non capisco a cosa ti riferisci” disse Ros, alzandosi in piedi a sua volta.
“Ah no? Quindi che mi dici di Robert Collins e Matt Duncan?”
“Sono miei amici”
“Non, è vero, Rosalyn. Loro provano qualcosa per te e tu giochi con i loro sentimenti. So perché mi hai baciato”
“Ah, sì?”
La ragazza non riusciva a credere alle sue orecchie.
Ma quello era davvero il suo professore?
Sembrava così diverso dall’uomo che aveva imparato a conoscere in quei mesi.
All’uomo spensierato che era salito con lei sulla ruota panoramica, anche se soffriva di vertigini.
All’uomo che era rimasto ad ascoltarla in biblioteca.
All’uomo che aveva subito capito i problemi che aveva con la madre.
No, quello era un estraneo.
Quello non era l’uomo di cui si era innamorata.
Nello stesso istante in cui aveva formulato quel pensiero, Rose capì.
Lei era davvero innamorata di Ian.
Non si era mai innamorata di nessuno, ma sapeva che quello che provava era amore.
“Mi hai baciato, perché io sono l’unico uomo che non potrai mai avere e pensavi di potermi manipolare. Ti dico una cosa, però. Io non sono come quei ragazzini. Io non mi faccio abbindola e soprat..”
Somerhalder non finì la frase.
Rose gli si era avvicinata e gli aveva mollato uno schiaffo in pieno viso.
Ora anche lei era arrabbiata.
“Non ti permetto di parlarmi in questo modo. Sarò più piccola di te, ma in questo momento sei tu che stai facendo la figura dell’infantile” disse, con le lacrime agli occhi, “Io non mi prendo gioco di nessuno. E poi, quello che faccio o non faccio, non sono affari tuoi. Non sei mio padre. Non sei mio fratello. Non sei NESSUNO. E non hai il diritto di giudicarmi” disse, “Sai perché non ti ho detto che ero io Maria Antonietta? Perché, per una volta, mi stavi guardando come se avessi di fronte un’adulta e non la tua studentessa. E ci stavamo divertendo. E..e che figura ci avresti fatto se in mezzo a mezza città avresti scoperto che stavi ballando con una diciassettenne, eh?”
I due si guardarono.
Ian teneva la mano sulla guancia colpita dalla giovane poco prima. Gli occhi leggermente sbarrati.
Rosalyn aveva le guance arrossate per via della rabbia e bagnate dalle lacrime.
La ragazza si girò e si incamminò verso la sala da pranzo, prima di bloccarsi sull’uscio, poggiando la mano sinistra sullo stipite di legno della porta, “Ah, un’altra cosa. Il bacio che ti ho dato, era il primo. Me l’ero tenuta stretta fino a quel momento, nell’attesa di una persona che lo meritasse. Io avevo scelto te, perché in qualche modo ti ritenevo degno. Ma mi sbagliavo. Sei solo un uomo di ghiaccio che ha paura ammettere di aver provato qualcosa quella sera alla festa”
E così dicendo, raggiunse sua madre e la signora Dawson.
“Tutto bene, cara?” le chiese Jennifer vedendola arrivare.
“Sì, ma ora devo andare”
“Cosa? No, perché?”
“Scusi, Jennifer, non mi sento molto bene”
Sua madre si alzò dalla sedia.
“No” disse Ros, fermandola con un gesto della mano, “Tu resta, mamma. Andrò a piedi”
“Quando sarò a casa, faremo i conti noi due” sibilò Cristyn, tornando a sedersi.
“Fa un po quello che vuoi” borbottò Rose. “Grazie mille, per tutto” aggiunse, rivolgendosi all’anziana.
La signora Dawson accennò un sorriso e, dopo aver ricambiato, la giovane uscì dalla stanza.
Si sentiva…morta dentro.
E delusa.
 
Ian
Quando tutti gli ospiti lasciarono la festa, Ian si diresse in salotto e si sedette su uno dei divani, quello posizionato più vicino al camino.
Le luci erano spente. Ad illuminarlo solo il fuoco che scoppiettava davanti a lui.
Erra arrabbiato e anche molto.
Non ci poteva ancora credere.
Quella ragazzina a si era presa gioco di lui.
Non si era mai sentito così in imbarazzo in vita sua.
Però su una cosa Rosalyn aveva ragione.
Lui aveva paura.
Aveva paura di quello che aveva iniziato a provare per lei, anche se stava cercando con tutto se stesso di negarlo.
E, scoprire che lei era Maria Antonietta, non l’aveva innervosito più di tanto.
Quello che l’aveva fatto principalmente arrabbiare, era che, nonostante tutto, continuava provare qualcosa per lei.
 
Rose
Rosalyn prese la tazza di thè, decorata con dei bellissimi disegni ritraenti dei fiori stilizzati, posta davanti a sè e se la portò alla bocca.
“Come stai?” le chiese Robert, bevendo anch’egli.
“Abbastanza bene”
“Cher mi hai detto il contrario” disse, inclinando la testa.
“E’ per questo che sei tornato? Per cercare di analizzarmi in qualche modo?”
Erano le tre del pomeriggio di una fredda giornata e, poco assolata, invernale.
Qualche giorno prima si era tenuta la festa di Natale e, da quando Ian ce l’aveva con lei, non era uscita molto dalla sua stanza.
Appena tornata casa sua madre le aveva fatto la ramanzina, ma, sentendo quello che diceva, aveva capito che Ian non aveva detto niente del bacio.
La ragazza, come giustificazione, aveva detto che era leggermente ubriaca e sua madre ci era cascata.
Si capiva che la conosceva poco.
Lei ODIAVA gli alcolici. Le facevano schifo. Tutti.
“No”
“E allora perché sei tornato? Non dovevi stare in Spagna ancora una settimana?”
“Sì, ma sono tornato per te. Mi mancavi”
Rose smise di bere e alzò il sopracciglio destro.
“Ti mancavo?”
“Sì, Rose. Io penso..penso che forse dovremmo essere qualcosa in più di semplici amici..”
“Migliori amici?”
“Mh, no. Non era proprio quello che intendevo. Qualcosa di più ancora”
“Mega, super migliori amici?”
“Rose” disse Robert, con faccia meravigliata.
La giovane scoppiò a ridere, “Scusa, ti stavo solo prendendo in giro”
“Pensavo fossi diventata stupida”
“Nah, non ancora” disse, facendogli l’occhiolino.
“Comunque io parlavo seriamente”
Rosalyn bevve ancora un sorso di Thè, poi poggiò la tazza sul tavolo, “Robert..” disse, guardandolo dritto negli occhi, “Io sono molto lusingata di piacerti fino a questo punto e vorrei tanto ricambiare quello che provi, ma per ora il mio cuore è occupato. Mi dispiace, davvero. Non me la sento di illuderti, scusami”
“Quindi ti piace un altro ragazzo”
“Sì, purtroppo”
“Perché ‘purtroppo’, uhm?”
“Perché non ricambia quello che provo”
“Quindi non è Matt?”
La ragazza buttò un’occhiata al cameriere che stava sparecchiando dei tavoli li vicino.
“No, non è lui. Non posso dirti chi è”
“Perché?”
“Perché no” rispose brusca, “Scusami” aggiunse dopo, poggiando la fronte sulla mano destra, “E’ che sono nervosa. Non sto dormendo molto ultimamente”
Ed era vero.
La notte, faticava a prendere sonno.
Ogni volta che chiudeva gli occhi le immagini della festa le si dipingevano nella mente, seguite da quelle dove Ian le diceva cose che non avrebbe mai immaginato potessero uscire dalla sua bocca.
“No, scusami tu. Non avrei dovuto impicciarmi”
Rose accennò un sorriso.
“Però, Ros, almeno vieni a Capodanno in discoteca con noi, giusto per non far preoccupare Cher”
“Non lo so..”
Non aveva molta voglia di uscire.
Era come se la vita avesse abbandonato il suo corpo.
Non aveva voglia di fare niente. A malapena mangiava.
Non capiva.
Non si era mai sentita così.
Neanche dopo la morte di Patrick Swayze.
Neanche dopo la morte di Mufasa e della mamma di Bambi.
Neanche dopo che il fantasma dell’opera aveva deciso di lasciare andare Cristyn con Raul e lui scappare via.
Certo, si chiamava come la madre. Qualche domanda prima di vedersi il film doveva farsela.
“Rose?” la chiamò Robert.
“Mh?”
“Eri sovrappensiero?”
“Sì, scusami. Dicevi?”
“Stavo cercando di convincerti di venire in discoteca. Se poi ti annoi, possiamo sempre andarcene”
“Bè..”
“Ti prego, non lasciarmi andare da solo con Cher e Dean. Non fanno che sbaciucchiarsi!”
La studentessa rise.
“E tu vorresti stare con me per una sera interna dopo che ti ho rifiutato?”
L’amico si chiuse nelle spalle, “In qualche modo dovrò passare del tempo con te” rispose, facendole l’occhiolino, “E poi chissà...potresti finire per innamorati di me”
La giovane sorrise.
Le sembrava un po difficile che potesse accadere una cosa simile, ma non disse niente e accettò di passare il Capodanno con loro.
Forse le avrebbe fatto bene.
 
La chiacchierata con Robert le aveva fatto scattare qualcosa.
Perché doveva stare male per Ian quando probabilmente lui, in quel momento, si stava divertendo con sua madre?
Per la prima volta in vita sua, di sua spontanea volontà, Rosalyn decise di andare a correre.
Si infilò la tuta, si allacciò per bene le scarpe da ginnastica, raccolse i capelli in una coda alta e, dopo aver incastrato le cuffie attaccate al suo cellulare nelle orecchie, uscì di casa, sotto le note di ‘This love’, Sarah Brightman.
Mise il ripetitore e poi iniziò  a correre.
This love.
Questo amore.
This love is a strange love.
Questo amore è Stranamore*.
Non poteva stare seduta davanti al computer tutto il giorno anche oggi a sbirciare il profilo facebook di Somerhalder o andare in giro a cercare informazioni su di lui come una stalker.
This love.
Questo amore.
I think I'm gonna fall again.
Credo di innamorarmi ancora una volta.
Doveva assolutamente sfogare quella parte di energia che aveva accumulato in quei giorni.
Girando l’angolo, la ragazza si rese conto di non trovarsi molto distante da villa Ninfea.
Forse avrebbe dovuto andare da lui e dirgli bene in faccia tutto quello che provava, tutto quello che sentiva e poi avrebbe dovuto supplicare sua madre affinché le facesse cambiare scuola. Magari in un altro stato o, perché no? Da qualche parte al di là dell’oceano. Il più distante possibile dal professor Bollore.
Scosse la testa e con decisone prese la direzione opposta.
Passando davanti al negozio dei nonni di Cher, Rose vide l’amica intenta a sistemare la vetrina.
Anche l’amica la vide, in quanto sgranò gli occhi, lasciando scivolare via il vaso che teneva in mano.
Sapeva a cosa stava pensando.
Rose Moore in tenuta sportiva al di fuori della scuola. La cosa avrebbe sorpreso anche lei.
La salutò con un gesto della mano, ma decise di non fermarsi, sapendo che poi le sarebbe passata la voglia di riprendere a correre.
It didn't mean a thing.
Non sa - nemmeno - che è amore.
This love.
Questo amore.
Arrivata in prossimità di una panchina, si fermò, mettendosi le mani sulle ginocchia, ansimando.
La giovane prese il cellulare da una delle tasche della sua felpa.
Stava correndo da mezz’ora.
Forse era il caso di tornarsene a casa.
Il destino aveva parlato: Lei e Ian non erano fatti per essere qualcosa in più di semplici conoscenti.
Non avrebbero mai avuto una storia alla Romeo e Giulietta o alla Maria Antonietta e Conte Fersen.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera (quasi buona notte), tutto bene?
Non sono molto soddisfatta di questo capitolo. Ho paura non di non aver espresso al meglio quello che Ian sta provando in questo momento e di aver fatto Rose un po melodrammatica. Però lascerò a voi i giudizi.
Come avrete notato, è un capitolo di passaggio. Prometto che il prossimo sarà più bello;)
Baci!
 
 
*So che la frase ‘This love is a strange love’ significa ‘Questo amore è un amore strano’, ma ho deciso di tradurlo con ‘Stranamore’ per richiamare il soprannome di Ian v-v
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Follia di capodanno. ***


FOLLIA DI CAPODANNO
-Capitolo tredici-

 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Tonight I’m gonna throooow my paaaast away” cantò Rosalyn, entrando in soggiorno, con una spazzola stretta nel pugno della mano destra.
“Tonight I’m gonna liiiiive like myyyy last day” cantò a sua volta Cher, seguendola.
“It makes wanna say..” dissero insieme, guardandosi.
“When your around, I can tell..I’m about to lose myself” disse la ragazza, salendo sul divano.
“I’m about to lose myself” disse l’amica, posizionandosi davanti a lei.
“Caught up in, the moment again. Boy you take my breath away”
“Boy you take my breath away”
“I don’t careee” disse Rose, spostandosi di lato.
“If people wanna” disse Cher.
“Stop and stare”
“We’ll just pretend”
“That no ones there”
“They’ll fade away”
“Boy you make me wanna say” disse la giovane, saltando giù dal divano.
“Wanna say…” disse l’amica e poi le due iniziarono a ballare come delle scatenate.
 
“Allora, che ti metterai questa sera?” le chiese l’amica.
Erano le sette di sera e le ragazze erano a casa di Rosalyn e si stavano preparando per andare in discoteca a festeggiare l’anno nuovo.
‘Anno nuovo, vita nuova’
Ogni anno, la ragazza si ripeteva la stessa frase, ma non cambiava mai niente.
Quest’anno, invece, qualcosa sarebbe cambiato.
Anche se ancora non sapeva cosa.
“Il vestito rosso che ho comprato l’anno scorso. Quello indossato anche alla festa di Cindy” rispose, buttando un’occhiata attraverso il riflesso dello specchio all’abito appeso all’anta dell’armadio.
Questo era rosso, abbastanza corto, con le maniche lunghe e una scollatura profonda sulla schiena. La linea era aderente e le spalline erano in stile anni 80.
“Ah, sì, sì. Molto bello”
“Tu che ti metti?”
“L’abito viola che ho comprato l’altro giorno”
“Quello che i tuoi genitori ti hanno mandato dalla Francia?”
“Esatto”
“Bè, farai cadere Dean hai tuoi piedi. O forse no, visto che è già tuo”
Cher rise, “Mi sa che sono io ai suoi piedi, non il contrario”
La studentessa alzò gli occhi al cielo, “Ahh, l’amore” sospirò.
“Bè, io sono stata molto fortunata. Ho trovato un ragazzo che mi vuole bene. Tu invece sei stata un po sfigatina, eh”
“No, grazie, infierisci pure”
“Rose, è tutta colpa mia” disse l’amica, finendo di arricciarsi i capelli, “Volevo ringraziarti per avermi fatto parlare con Dean e, averci così, fatto mettere insieme, che credo di essermi spinta troppo oltre” disse, riferendosi a quello che era successo alla festa in maschera.
“Cher, non è colpa tua. E’ colpa mia...sua, di nessuno. Non ne voglio parlare, per favore”
Lei annuì, “Sì, scusa. Non voglio metterti di malumore. Non ora che Robert ti ha fatto recuperare il sorriso”
“Cosa vorresti insinuare con questa frase?”
“Mh, niente”
“Cher, tra me e Rob non c’è niente” disse, iniziando a togliersi i bigodini - anche se più che bigodini, sembravano bigodoni -  che l’amica le aveva messo, per crearle delle onde naturali ai capelli.
“Mh, mh” disse, trattenendo una risata.
“E’ vero. Lui prova qualcosa per me, ma io non lo ricambio”
“Perché sei di coccio”
“Ma cosa c’entra se sono di coccio? Mica l’ho deciso io di essere innamorata di Ian!”
“No, sei di coccio nel fatto che non vuoi dare una possibilità a Rob”
“Ma guarda che io gliela darei volentieri una possibilità, solo che non mi va di illuderlo”
“Ma..”
“Cher, basta, mi sta sfinendo” disse, prendendo il vestito e togliendolo dall’appendiabiti, “Ho capito che ti piacerebbe vedermi con Robert, ma tanto alla fine sono io che decido”
“In realtà mi piacerebbe vederti con qualcuno che ti renda felice” ammise l’amica.
La giovane le sorrise affettuosa e poi finì di prepararsi.
 
“Che casino!” urlò Rosalyn, cercando di sovrastare la musica del locale.
Erano le nove e il ‘The point’, una delle poche discoteche presenti in città, era strapieno.
Ma da dove sbucavano tutte quelle persone?
“Vedrai a mezzanotte!” urlò a sua volta Robert. “Vieni” disse poi, prendendole una mano, “Andiamo al tavolo”
I due iniziarono a farsi strada tra le persone, seguiti da Dean e Cher.
Rob, per l’occasione, aveva preso un tavolino dell’aria vip, dove la musica era meno forte e vi erano i divanetti in pelle.
“Ciao Josh” disse Robert al buttafuori posizionato davanti all’ingresso dell’aria vip.
“Rob” disse lui, in forma di saluto, facendosi da parte per farli entrare.
Nel passare, la ragazza accennò un timido sorriso, un po intimorita dalla sua stazza.
Si erano chiamati per nome, il che voleva dire che non era la prima volta che l’amico entrava in quel posto.
Robert era così. Voleva sempre il meglio.
Se vi era la possibilità di comprare due piatti praticamente identici, lui prendeva quello che costava di più, perché, parole sue, voleva il meglio.
Ed era questa la risposta che le aveva dato quando, quella sera, rimasti un attimo soli, lei aveva avuto il coraggio di chiedergli perché le piaceva.
“Voglio il meglio, Rose” le aveva detto serio, “SEMPRE”
In questo era molto simile a suo padre, Cedric, medico chirurgico in uno degli ospedali più importanti di New York.
“Volete qualcosa da bere?” chiese.
“Io una birra” disse Dean.
“Anche per me” disse Cher.
Robert portò lo sguardo su Rose.
“Per me niente, grazie. Non mi piacciono gli alcolici”
“Eh, no, Rosie Posie, è il momento che tu esca dai tuoi schemi e ti prenda una bella sbronza”
“No, grazie, non voglio stare male”
“Ecco, è questo il tuo problema, pensi sempre alle conseguenze. Carpe diem, Rosie Posie. Carpe diem”
Mh, forse aveva ragione.
Forse era arrivato il momento di lasciarsi un po andare.
“Mh, allora una vodka Lemon”
“E vodka Lemon sia” disse, dirigendosi verso il bancone.
“Rose, andiamo a ballare!” disse Cher, prendendola per una mano.
“No, Cher, sai che faccio schifo”
“Non è vero”
“Sì, invece! Sembro un tronco trasportato dalla corrente. Non ho ritmo!” si lamentò.
“Ma cosa te ne frega?” chiese Dean, “Pensa che io ballo come John Travolta ne ‘la febbre del sabato sera’. Quindi, immagina un po”
Cher roteò gli occhi, “Sì, in effetti è molto imbarazzante”
“Ok, dai, vengo”
“Sì!” esclamò l’amica, battendo le mani, poi la trascinò con se fuori dall’aria vip, verso la pista da ballo.
Una volta trovato un posticino dove potessero essere abbastanza comode per muoversi, iniziarono a ballare.
 
Due ore dopo, i quattro erano belli che andati.
Cher non faceva altro che ridere e buttarsi addosso a Dean che a fatica si reggeva in piedi, così come lei e Robert.
“Vado fuori a prendere un po d’aria!” urlò Rosalyn all’improvviso, smettendo di ballare e iniziando a farsi strada tra la gente che ballava.
Si sentì improvvisamente la testa molto pesante e, intorno a lei, tutto iniziò a girare.
“Stai bene, Rose?” le chiese Robert, raggiungendola fuori.
“Temo di aver bevuto un po troppo” rispose, portandosi una mano alla fronte, sorridendo debolmente.
“Anch’io” ammise lui. “Vuoi una mano?” le chiese, avvicinandosi, cingendole le spalle con un braccio.
“N- no, sto bene. Ce la faccio da sola” disse la ragazza, cercando di spingerlo via.
‘Devo solo prendere un po d’aria’, pensò.
Comunque il suo tentavo di allontanarlo non funzionò proprio bene, anzi, Robert la prese e la strinse a sé.
“Rose, per favore” mormorò.
‘Per favore cosa?’
“Rob, che stai facendo?” chiese, biascicando un po le parole.
“Lo sai che mi piaci, Rosie Posie” disse, portandole una mano leggermente sopra il sedere, mentre con l’altra le sollevava il mento.
‘Oh, no, vuole baciarmi!’, pensò impanicata.
“ N – no, Rob. Smettila. Dai…no” disse Rose, poggiandoli una mano sul petto, per cercare di spingerlo via di nuovo.
Ma, come prima, il suo tentativo fu inutile.
Indossava i tacchi ed era più ubriaca di lui. Robert, inoltre, facendo molti sport, era una parete di muscoli e, quando la giovane cercò di sportarlo per la terza volta, lui non si mosse di un millimetro.
Si sentiva tutti i muscoli deboli, come quando ci si risveglia da un lungo sonno.
La sua mano destra si spostò dietro i suoi capelli, per cercare di tenerla ferma.
“La mia dolce, innocente, Rosie Posie” le sussurrò a fior di labbra.
Il suo alito aveva un profumo dolciastro.
Robert le baciò dolcemente la mascella, trascinando le labbra fino l’angolo sinistro della sua bocca.
Rosalyn si sentiva in preda al panico. Incapace di muoversi, di ribellarsi e si sentiva soffocare.
“Robert, no” lo supplicò di nuovo, “Non…non voglio”
“Mi sembra che la signorina Moore abbia detto di no” disse una voce alle loro spalle.
La ragazza non aveva bisogno di girarsi per capire a chi apparteneva.
Il professor Bollore era lì.
‘Oddio!’, pensò, tra l’eccitazione e la paura.
L’amico la lasciò andare.
“Prof?” chiese confuso.
Rose si girò, barcollando leggermente, iniziando a guardare Ian ansiosa.
Certo che quella sera era proprio da mozzare il fiato!
Indossava dei jeans chiari e stretti, una maglietta blu scuro aderente e sopra un blazer elegante a strisce nero e blu.
Nell’oscurità, i suoi occhi brillavano come zaffiri.
Ian fulminò Rob con lo sguardo.
Sembrava davvero furioso.
La studentessa, comunque, non potè pensare o fare altro.
Sentì una fitta allo stomaco e lo sentì rivoltare. Si piegò in avanti, abbracciandosi la pancia, iniziando a vomitare sull’asfalto.
“Porco..!” esclamò Robert, con disgusto, facendo un passo indietro.
Somerhalder, invece, le si avvicinò.
Con una mano le raccolse i capelli, portandoglieli indietro, per evitare che si sporcassero, mentre con l’altra iniziò a carezzarle la schiena.
“Vieni” disse, accompagnandola vicino a delle siepi.
Con un braccio cercò di allontanarlo.
Non voleva farsi vedere così. Soprattutto da lui.
Ian, dal canto suo, sembrò non notare i suoi goffi tentativi.
“Butta fuori tutto mentre siamo qui, Rose” le disse, “Ti aiuto”
‘Per quanto andrà avanti?’, si chiese.
Rimasero così per più di quindici minuti, dove Ros tirò su l’anima e, anche quando ormai il suo stomaco era completamente vuoto, continuò ad essere scossa da terribili conati.
‘Lo sapevo io che non dovevo bere. GIURO che non toccherò più neanche una goccia di Alcool, compreso quello contenuto nei Boeri’
Lentamente iniziò a ri - stare bene.
Si sentiva stanchissima, come se avesse corso per chilometri e, portandosi una mano alla fronte la sentì umidiccia per via del sudore.
Ian, cercando di tenerle ancora i capelli all’indietro, fece passare la mano libera lungo i suoi fianchi, per poi avvicinarla a sé, in modo da sorreggerla.
“Tieni” le disse, passandole un fazzoletto di stoffa.
La ragazza lo accettò, iniziandosi a pulire la bocca, cercando di nascondere il viso nell’ombra, troppo imbarazzata per guardare il suo professore.
‘Quanto vorrei sprofondare proprio qui’
Con la coda dell’occhio, vide Robert in piedi qualche metro più in la, mentre un’improvvisa fitta le arrivò direttamente alla testa.
Si prese la testa fra le mani, mentre il capogiro iniziò a far girare tutto intorno a lei.
“Oddio” sussurrò.
“Hey” disse Somerhalder, facendola girare verso di lui, alzandole il mento per cercare di guardarla in viso.
In volto  aveva dipinto un’espressione composta, che non lasciava trapelare niente.
‘Mr. Frezeer’
La giovane strizzò gli occhi, poi buttò un’altra occhiata al di la delle spalle del professor Bollore, verso Rob.
Sembrava mortificato e intimorito da Ian.
E come dargli torto?
Anche lei si sentiva molto intimorita in quel momento.
Anche perché, dopo la litigata, non si erano più visti o sentiti e non sapeva come comportarsi.
Dopo essersi grattato la testa, Robert rientrò nel locale.
‘Scelta saggia’, pensò, ‘Potessi farlo anch’io’
Ora erano rimasti solo lei e Ian.
‘Cosa gli dico?! Magari è meglio iniziare con delle scuse’
“M – mi dispiace” disse, abbassando lo sguardò sul fazzoletto che teneva in mano.
“Per cosa, Rose?” le chiese.
“Per aver vomitato. Per il bacio. Oh, guarda, l’elenco è infinito”
“Ci siamo passati tutti. Si tratta solo di conoscere i propri limiti” disse, con tono abbastanza secco, “Ti comporti così di solito?”
“No” rispose, morsicando la lingua.
Ma perché aveva quel tono?
Non glielo aveva chiesto lei di aiutarla.
Si sentiva come una bambina sgridata da suo padre.
Avrebbe voluto urlagli contro che tutta quella situazione, anche se in modo indiretto, era colpa sua, ma non voleva essere scortese. Non dopo che l’aveva aiutata.
“Non mi sono mai ubriacata” aggiunse, sentendosi improvvisamente le gambe di gelatina, “E stai certo che non lo rifarà per un bel po. Anzi, non lo farò mai più” disse, prima di lasciarsi andare.
Ian, per impedire che cadesse, la strinse tra le braccia.
“Forse è meglio se ti porto a casa”
“No, aspetta. Devo…devo avvertire Cher”
“La tua amica?”
Annuì.
“La puoi chiamare con il cellulare”
“Ce l’ha nella borsetta”
“Ok, allora dirò a Mark di dirglielo”
“Cosa?”
“Dirò al mio amico Mark di dirglielo”
“C – cosa? E come hai fatto a sapere che ero qui?”
“Non lo sapevo. Ero uscito a cena con degli amici e poi abbiamo pensato di venire a bere qualcosa qui. Ti ho visto prima in pista e, quando ti sei allontanata per uscire, ho pensato di seguirti”
“Stalker”
Somerhalder accennò un sorriso.
“Devi prendere qualcosa prima di andare?” chiese, tornando ad essere serio e pratico.
“Borsa e cappotto. Entro a prenderle, così lo dico a Cher. Non voglio che si preoccupi”
Lui sospirò, “Se proprio devi” disse, lasciandola andare. “Però ti accompagno” aggiunse, prendendole la mano.
A quel tocco, la ragazza sentì una scossa e un leggero formicolio si propagò in tutto il corpo.
“O – ok”
Era ancora ubriaca, lo capiva benissimo, le faceva male la testa ed era sfinita, eppure, il fatto che Ian le stesse stringendo la mano, la faceva sentire...forte.
Una volta dentro, i due si diressero verso l’aria vip, ma Rose notò che il loro tavolo era vuoto.
“Dove sono?” chiese.
“Saranno sicuramente in pista!” urlò.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma, invece di portarla sulla pista, la trascinò al bancone, facendola sedere su uno sgabello.
Con movimenti eleganti, si chinò in avanti e disse qualcosa al barman.
Dopo qualche secondo, la giovane si ritrovò con un bicchiere in mano.
“Che cos’e?”
“Acqua. Hai bisogno di bere qualcosa per idratarti”
Le luci stroboscopiche pulsavano e giravano a ritmo di musica, creando dei strani giochi di luce con l’acqua.
Bevve un sorso d’acqua.
“Tutta” urlò con tono autoritario il professor Bollore.
Lo fulminò con lo sguardo.
Con un gesto della mano, lui si scompigliò un po i capelli.
Sembrava frustrato o arrabbiato. Per via delle luci Rosalyn faticava a vedergli bene il viso.
‘Qual è il suo problema? A parte trovare una delle sue studentesse ubriaca che per poco non gli vomita sulle scarpe. E lui la libera da un amico un po troppo affettuoso. E, per lo più, la stessa che gli ha fatto credere essere un’altra persona e che l’ha baciato. Potrò mai superare questa figura di merda?’
Senza neanche rendersene conto, Rosalyn, lentamente, iniziò a scivolare giù dallo sgabello in pelle.
Nel vederla muoversi di lato, Ian la prese per una spalla, sostenendola.
Poco dopo, finì di bere tutta l’acqua, anche se questa le aveva causato il voltastomaco.
Il professore le prese il bicchiere vuoto di mano e, nel farlo, face un movimento che permise a Rosalyn di notare un particolare del suo abbigliamento che prima non aveva visto. La maglietta che indossava aveva uno scollo a ‘V’ il che le permise di intravedere la linea dei pettorali.
‘PORCA LA MISERICCIA’, pensò, grattando il fondo delle scarpe con le dita dei piedi.
Improvvisamente si sentì prendere di nuovo la mano.
“D – dove andiamo?” chiese, cercando di stare in piedi.
“A cercare la tua amica sulla pista da ballo” rispose.
Una volta arrivati davanti ad essa, Ian le si posiziò dietro, poggiando le mani sui suoi fianchi.
Sentiva il suo respiro caldo sul collo e le mani adeguarsi alla forma delle sue curve.
“Andiamo” disse, dandole un piccola spinta.
Mentre si facevano strada tra le persone, Rose notò che Somerhalder stava muovendo il bacino a ritmo di musica e arrossì vivamente, soprattutto perché la parte davanti dei suoi jeans sfregava contro il suo sedere.
‘Mai fidarsi di un uomo che sa ballare’, pensò, ricordando quello che le aveva detto sua madre.
I due si mossero così per un po, finchè non trovarono Cher e Dean.
Ros si allungò, per cercare di avvicinarsi a parlare con l’amica, ma il professor Stranamore l’anticipò, iniziando a dirle qualcosa nell’orecchio.
La ragazza, dal canto suo, iniziò ad annuire e poi, finito di parlare le sorrise, salutandola con un gesto della mano.
Che le avrà detto?
Va bè, era così ubriaca che se qualcuno le avessi detto di aver visto Harry Potter baciare Draco Malfoy ci avrebbe creduto senza indugio.
“Andiamo” disse Ian, trascinandola via.
Non le aveva neanche permesso di parlare con lei.
“Cosa lei hai detto?”
“Non è importante” rispose, guardando dritto davanti a sé.
Ros sospirò, decidendo di non chiedere altro.
Era troppo stanca.
‘Che caldo!’, pensò, iniziando a sventolarsi una mano davanti al viso.
Era il locale o il suo professore a farla sentire così?
E come mai tutto sembrava essere così colorato e luminoso.
In quel momento la testa iniziò a girarle e le sembrò che il pavimento le venisse addosso, quasi per colpirla in pieno viso.
“Ma che..?” disse, prima di perdere i sensi.
“CAZZO!” esclamò Ian, aspro, afferrandola.
 
 
 
 
 
 
 


Angolo autore:
Ciaoo:)
Come stanno procedendo le vacanze?
Bè, non credo di dover dire niente su questo capitolo, Ian ha già fatto abbastanza ahha
Spero di non essere caduta in un cliché, facendo salvare Rose da Ian xD
Se questo vi è piaciuto, allora credo che anche il prossimo vi gusterà. Rose si sveglierà e…
Aspetto, come sempre, un vostro parere.
Spero di essermi fatta perdonare per lo scorso capitolo di passaggio.
 
Ps. Scusa se per la seconda volta non rispondo alle vostre recensioni, ma sono stanchissima (questa settimana ho lavorato al ristorante di mia mamma perché mia nonna non c’era)
Pps. Una ragazza, charlie997, molto gentilmente, mi ha fatto notare che nel secondo capitolo la ragazza di Ian si chiamava Ginny. Questo, perché, l’idea iniziale era che lei si chiamasse veramente Ginny. Poi, però, ho pesato che, visto che Ian stava con Nina, potevo usare il suo lei, invece di creare un nuovo personaggio. Anyway, andrò a  correggere. Se trovate errori come questo, fatemelo sapere per favore v-v
Ppps. Spero che la parte iniziale non vi sia sembrata messa li a caso. Mi sembrava carino inserirla, perché io sono solita fare ste cose ahah
Pppps. Questo era l’outfit di Rose:

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Capitolo 14
*** After. ***


AFTER
-Capitolo quattordici-

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn strizzò lievemente gli occhi prima di aprirli.
Subito, questi furono colpiti da una forte luce.
“Mh” disse con voce roca, abbracciando il cuscino, corrugando la fronte.
Con gli occhi ancora un po abbagliati dalla luce, si guardò in giro.
Si trovava in una stanza molto grande, ma a lei sconosciuta.
‘Dove sono?’
Sistemando meglio il cuscino che stava abbracciando, notò, sul comodino li vicino una foto.
‘Oh, merda!’, pensò, alzando la testa di scatto, ‘Sono nella camera del professor Stranamore! Ma come ci sono arrivata?’
Ricordi frammentati della sera precedente fecero capolino nella sua testa.
L’alcol, Robert, il vomito, Ian lo stalker.
‘Che vergogna’, pensò, riscivolando sotto le coperte profumate, per poi mettersi a sedere di scatto. In questo modo, il lenzuolo che la copriva, scivolò verso il basso scoprendola fino alla vita.
‘Ma che..?’, pensò, sgranando gli occhi quando notò di non stare più indossando il suo vestito. ‘L’ha fatto di nuovo! Mi ha spogliata di nuovo!’
Alzandosi, cercando di essere il meno rumorosa possibile, si mise alla ricerca del suo vestito. Non trovandolo, però, optò per indossare qualcosa appartenente al suo professore.
Così, si avvicinò al cassettone bianco sopra il quale era stata fissata una televisione a  schermo piatto. Da qui tirò fuori una maglietta intima a maniche corte bianca e un paio di boxer neri.
Immaginando poi di avere un aspetto orribile, si diresse nel bagno annesso alla camera.
Questo era grande quanto la sua camera da letto, se non di più.
Aveva due lavandini, una doccia che avrebbe contenuto senza problemi dici persone e una vasca simile a una piscina.
‘Certo che il prof non si fa mancare proprio nulla, eh’, pensò, andando a specchiarsi nello specchio posto sopra i lavandini.
Aveva i cappelli tutti arruffati sulla parte sinistra – probabilmente aveva dormito in quella posizione tutta la notte – e il trucco leggermente sbavato.
Prese la saponetta li vicino, si bagnò le mani, le strofinò e poi si lavò la faccia. Cercando di non sporcare la salvietta si asciugò il viso e, il trucco colato, lo tolse grazie a un po di carta igienica. Poi si mise alla ricerca di una spazzola. Non la trovò. In compenso, però, trovò un pettine  e con quello cercò di aggiustarsi i capelli come meglio poteva.
Sul lavandino, in un bicchiere azzurro, vi era uno spazzolino e il tubetto di dentifricio.
La ragazza si guardò in torno, con la paura che qualcuno potesse vederla, sentendosi come una bambino che cerca di rubare una caramella in un negozio di dolciumi. Avrebbe potuto essere colta sul fatto da un momento all’altro.
Con mano tremante, prese lo spazzolino.
‘Cribbio, è lo spazzolino di Ian!’, pensò eccitata, poi scosse la testa, ‘Rose, un po di contegno, per favore! E’ solo uno spazzolino!’, si rimproverò mentalmente, per poi sorridere come un ebete.
Cercando di fare la striscia di dentifricio come quella della pubblicità, un po di composto bianco finì nel lavandino e il risultato non si avvicinò per niente a quello visto in televisione.
Velocemente si spazzolò i denti.
Stava finendo di risciacquarsi la bocca quando qualcuno bussò alla porta della stanza.
Rose si pulì la bocca, corse in stanza, si buttò sul letto, inciampando un po nelle lenzuola, e poi si mise sotto le coperte.
“Avanti” disse, cercando di ricomporsi un po.
“Buongiorno, Rosalyn” disse Ian, entrando in stanza, tenendo in mano un bicchiere d’acqua.
Aveva i capelli un po spettinati e umidicci sulle punte.
Indossava una felpa grigia e dei pantaloni della tuta neri.
Sul viso, un accenno di barba.
Il cuore le salì in gola.
‘Molte sexy. PERICOLASAMENTE SEXY’
“Ciao” disse lei, con un filo di voce.
‘Oh, no. Riprenditi!’
“Come ti senti?”
“Mh, meglio di quanto credessi”
“Bene” disse, sorridendo, piegando la testa di lato, “Ti ho portato delle pastiglie per il mal di testa”
“Grazie” disse, prendendo il bicchiere che le stava porgendo e le due pilloline.
Le mise in bocca e bevve un sorso d’acqua.
Quando rialzò gli occhi, incontrò quelli azzurri di lui che la fissavano.
‘Dio, devo avere un aspetto orribile!’, pensò, poggiando il bicchiere d’acqua sul comodino, cercando di ignorarlo. ‘Ok, pensa a qualcosa da dire. Pensa a qualcosa di intelligente da dire. Tipo un grazie o qualcosa di simile’
“Em..” si schiarì la gola, “C- come sono arrivata qui?”
Ian si tolse la felpa - mostrando così di indossare una maglietta nera super aderente che gli faceva risaltare i muscoli - e la buttò su una sedia li vicino, poi andò a sedersi sulla sponda del letto dove si trovava la giovane.
“Sei svenuta, così ho pensato di portarti qui, visto che tua madre non è a casa”
“Sì, è a Los Angel a festeggiare con qualche amica”
“Lo so”
“Mh”
‘E’ vero che lui sa tutto, soprattutto quando si parla di mia mamma. Quando pensano di dirmi che si frequentano?’
“Non volevo restassi sola. Non in quelle condizioni” aggiunse dopo Somerhalder.
“G- grazie. Ho vomitato ancora per caso?”
“No”
“E…sei stato tu a svestirmi?”
“Sì, avevi il vestito sporco di vomito. L’ho messo a lavare, ma credo che non sia ancora asciutto. Però vedo che ti sei arrangiata da sola” disse, indicando la maglietta che indossava.
La giovane arrossi lievemente, “Scusa, non volevo frugare nelle tue cose. Solo che mi sono svegliata così e non mi sembrava il caso di rimanere mezza nuda”
“Non importa, hai fatto benissimo. Ti avrei vestito io, ma ad un certo punto hai iniziato a muoverti e mi è stato un po impossibile. E poi non volevo svegliarti”
“Mi dispiace così tanto, ancora” disse lei, passandosi una mano sugli occhi.
Ed era davvero dispiaciuta.
Si sentiva così in imbarazzo.
“E’ stata un serata…diversa. Un po movimentata. Di certo non la dimenticherò facilmente”
“Bè, non eri obbligato a stalkerizzarmi e poi ad aiutarmi. Me la sarei cavata benissimo da sola”
“Se non ti avessi seguito, di certo non ti saresti risvegliata in questo di letto” rispose acido.
“Pensi davvero che avrei accetto di baciare Robert e che poi ci sarei finita a letto?”
“Non so le tue intenzioni, ma le sue erano più che palesi”
“Non ci sarei mai andata a letto”
“Bene”
“L’avrei allontanato, avrei…avrei fatto qualcosa”
“Sì, nelle condizioni in cui eri non avresti spostato neanche una formica”
“Bè, allora è stata davvero una fortuna che il principe azzurro fosse nei paraggi” disse, roteando gli occhi.
“Più che principe azzurro, mi definirei cavaliere oscuro” disse, cambiando totalmente espressione, addolcendosi.
Rosalyn sorrise.
“Una cosa che non capisco è il perché tu sia stata così male ieri sera. Hai mangiato qualcosa di strano? Tipo sushi?”
Scosse la testa, “Non ho affatto mangiato”
La sua espressione diventò di nuovo dura, “Ecco il perché. Non lo sai che è la prima regola per chi beve?”
“Em, no, visto che è la prima vota che lo faccio”
Il professor Stranamore si passò una mano tra i capelli.
Sembrava esasperato.
“Mi stai forse sgridando?”
“Non lo so. E’ quello che sto facendo?”
“A me sembra di sì”
“Sei fortunata che mi limito a sgridarti”
“In che senso?”
“Se fosse stata mia figlia, non ti saresti seduta per una settimana”
“Magari quando avevo otto anni”
“No, ti avrei sculacciata ben volentieri ieri. E devo ammettere che ora le mani stanno iniziando a prudermi”
“Ma non sono tua figlia”
“Lo so” rispose, puntando gli occhi nei suoi, “Lo so fin troppo bene. Non oso pensare a quello che ti sarebbe potuto succedere. Avresti potuto stare ancora più male o peggio, finire a letto con Collins”
“Ma non è successo”
“Solo perché sono intervenuto io”
La ragazza sospirò, “E te ne sono ancora grata. Robert non è cattivo, comunque. Era solo ubriaco”
“Bè, la prossima volta che lo vedo perdere con il controllo con TE, sarò io a perdere il controllo con LUI”
“Sei molto severo” disse.
Somerhalder si alzò.
“Con le persone a cui voglio bene, sì”
‘Con le persone a cui voglio bene’si ripetè, ‘Oddio! Mi vuole bene! Oddio, oddio, lo ha detto davvero!’
“Vado a fare una doccia” disse, per poi chinarsi verso di lei, prendendole una ciocca di capelli, annusandola, “A meno che non voglia farla prima tu”
Rose deglutì rumorosamente e smise di respirare, aprendo leggermente la bocca.
“Respira, Rose. Respira” disse, soffiandole sul naso, “Allora, vuoi fare prima tu la doccia?”
Lei scosse la testa.
“Ok, torno subito” disse, allontanandosi bruscamente, per poi andare in bagno.
La studentessa rimase a fissare il muro davanti a lei, senza però guardarlo veramente, poi si lasciò cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini.
‘O porca paletta!’, pensò, ‘Perché deve essere così maledettamente sexy e seducente? Perché non può essere come tutti gli altri professori grassi, bassi e palati che puzzano di muffa?’
Ros iniziò a muovere i piedi, poi tornò ad essere calma.
‘Se fossi mia figlia’, si ripetè, ‘Proviamo a togliere figlia. Se fossi mia’, sorrise, ‘Sì, così suona decisamente meglio. Oh, non sai quanto darei per essere tua!’
Il professor Bollore, fino a quel momento, era stato l’unico del sesso opposto a farle provare quello che stava provando.
A farla viaggiare un metro da terra.
A far fare al suo cuore il maratoneta e il ginnasta.
A far entrare il suo stomaco nei Guinness dei primati come miglior contorsionista.
‘Cavolo, è l’unico uomo che mi abbia fatto fare sport inconsapevolmente’, pensò.
‘E poi non è vero che è un cavaliere nero. Certo, quando vuole sa essere scontroso, stronzo, freddo come il marmo, ma il fatto è che è dolce, gentile, amorevole, tutto quello che una donna desidera. Quindi no, lui non è il cavaliere nero. E’ il principe azzurro in persona e ha salvato me, giovane fanciulla indifesa, come in una favola. Ok, la devo smettere prima di procurami una carie ai denti! Chissà cosa direbbe Cher...OH MERDA, CHER! LA DEVO CHIAMARE!’
Rosalyn si alzò di scatto, scendendo dal letto.
Si avvicinò alla sedia dove Ian aveva buttato la sua felpa prima e vide la sua borsetta.
La prese e ne tirò fuori il cellulare.
‘Merda, è scarico! Iphone di merda!’, pensò. ‘Anche Ian ha l’Iphone. Ma dove terrà il caricatore?’ si domandò.
La ragazza si mise entrambe le mani sui fianchi, iniziando a guardarsi in giro, con gli occhi socchiusi, mordendosi l’interno della guancia destra.
“La doccia è libera se ora vu…che stai facendo?” le chiese Somerhalder, entrando in stanza.
“Stavo…em, mi chiedevo, non è che mi puoi prestare il caricatore del tuo cellulare? La batteria del mio è morta” rispose, cercando di non guardarlo troppo.
Infatti, il suo magnifico professore, era uscito dal bagno avvolto in un – da come si presentava – morbidissimo accappatoio bianco un po allentato, quanto bastava per vedergli una gran parte del petto, i piedi nudi – che Rosalyn trovò estremamente sexy. Da quando le piacevano i piedi? Anzi, da quando i piedi erano una cosa arrapante? – e i capelli scompigliati, leggermente bagnati.
“Certo” rispose, sorridendo.
‘Ti prego, fa che non abbia capito che l’ho spogliato con gli occhi’, pregò mentalmente.
“Eccoti” disse, passandoglielo.
“Grazie” disse lei, prendendoglielo, “A – allora io vado a fare la doccia”
“La colazione sarà pronta fra quindici minuti”
Rose annuì e poi corse in bagno.
Quindici minuti dopo esatti, era pronta.
Si era lavata il più velocemente possibile, si era rimessa i vestiti di Ian, aveva asciugato i capelli con una salvietta e poi li aveva pettinati.
Avrebbe voluto asciugarli, ma non aveva trovato il phon.
Dopo aver preso un respiro profondo, uscì dal bagno, lasciando li il cellulare a caricare.
Quando tornò in stanza, trovò, poggiati sul letto rifatto, un paio di calzini e una felpa.
Sorrise.
‘Che maniaco del controllo!’
Li indossò.
I calzini erano anche abbastanza giusti per i suoi piedi – infondo portava il 38/39 – la felpa, invece, era bella grande, ma non le importava. Profumava di lui. Di Ian.
Tutta felice, si diresse in sala da pranzo, ma, invece di entrare, rimase imbambolata a fissare la creatura meravigliosa che aveva sotto gli occhi.
Il professor Bollore, infatti, sembrava pronto per un servizio fotografico o un matrimonio.
Le tende erano state tirate, il che permetteva alla luce del sole di entrare e illuminare il tutto.
Lui era seduto al lungo tavolo che padroneggiava la stanza e stava leggendo il giornale.
Indossava un completo elegante sul grigio chiaro. La camicia sotto la giacca era leggermente sbottonata  e i capelli di nuovo in ordine.
Alzò gli occhi di scatto e la giovane sussultò lievemente, sorpresa di essere stata colta sul fatto.
“Che fai li?” le chiese, “Siediti”
Rosalyn annuì e poi andò a sedersi di fronte a lui.
“Non sapevo cosa preferissi, così ti ho fatto preparare un po di tutto”
“Ho notato” disse, meravigliata, guardando la tavola imbandita di cibo.
“Che cosa mangi di solito?”
Si chiuse nelle spalle, “E’ molto raro che faccia colazione a dire il vero”
Il volto di Ian si incupì, “La colazione è il pasto più importante della giornata”
“Lo so, però alla mattina ho sempre lo stomaco chiuso” disse, aggiungendo, dopo aver ricevuto uno sguardo di rimprovero, “Però, magari, per questa volta potrei fare uno strappo alla regola” sorrise nervosamente.
Guardando le varie leccornie che imbandivano il tavolo, optò per una fettina di torta al cioccolato.
“Vuoi del thè?”
“Sì, grazie” rispose, guardandosi un po in giro. “Dov’è tua nonna?” gli chiese, giusto per fare conversazione.
“E’ andata a trovare mio padre in Ohio”
“Q – quindi siamo soli in casa?”
“No. Ci sono la cuoca e qualche inserviente. Ok, che amo cucinare, ma in quindici minuti non credo di riuscire a preparare tutto questo”
“Bè, magari sei super dotato..” disse, per poi mordersi la lingua, capendo di aver messo un doppio senso nella frase, “Cioè, magari hai il potere della super velocità”
Ian sorrise, “No, Rose, mi dispiace. Sono un semplice umano”
‘Oh, per me sei come un dio sceso in terra in verità’
Entrambi sorrisero, poi Somerhalder tornò serio.
‘E ora che ho combinato?’, pensò, esasperata.
“Hai i capelli bagnati” costatò.
“Sì, non ho trovato il phon, ma tranquillo, non li asciugo quasi mai”
“Potresti prenderti un malanno”
“Correrò il rischio” rispose, sfidandolo con gli occhi.
“Che piani hai per oggi?” le chiese cambiando discordo.
‘Uno a zero per me’, pensò soddisfatta, dandosi una pacca sulla spalla mentalmente.
“Andrò  a casa. Guarderò un po di televisione, leggerò, farò i compiti..”
“Farai i compiti?” chiese, chiudendo il giornale.
“Ok, l’ho detto solo perché tu sei un professore”
Il professor Stranamore rise.
“Tu invece? Dove vai così elegante?”
“In un posto” disse, bevendo un sorso di caffè. “Vuoi venire con me?” le chiese poi.
Ros sgranò gli occhi, “I – io?”
Annuì, “Sì, mi farebbe piacere”
“M – ma non ho niente da indossare. Se mi porti a casa, posso cambiarmi e sistemarmi”
“Non c’è ne bisogno, quando sono andato a correre mi sono fermato a comprarti qualcosa”
“Ma non dovevi. A casa ho un milione di vestiti che non metto mai e..”
“Mi andava di farti un regalo” disse, chiudendosi nelle spalle.
“Capisco. Grazie”
“Sarà meglio che vai a prepararti. In stanza troverai tutto quello che ti serve”
“D’accordo” disse, alzandosi.
“Rose?”
“Sì?”
“Finisci la torta”
“Ok, papà” disse, mettendosi in bocca l’ultimo pezzo che rimaneva del dolce, por poi succhiarsi il pollice, “Così va bene?”
“Sì, così va bene” disse, con sguardo più intenso, “Molto bene”
Chissà perché, ma le sembrava che non stessero più parlando della torta.
“B – bè, allora io vado” disse, uscendo fuori dalla sala da pranzo il più velocemente possibile.
‘Perché devo sempre mettermi in queste situazioni, perché?!’, pensò, mentre si dirigeva in stanza.
Una volta arrivata, si diresse verso il bagno di corsa sentendo il cellulare suonare, ma, quando raggiunse il mobiletto su cui l’aveva lasciato, la suoneria finì.
La  studentessa lo prese e poi storse la bocca, vedendo che Cher l’aveva chiamata almeno cinque volte.
Compose il suo numero e la chiamò.
‘Ora mi uccide!’, pensò.
“Pronto?” fece Cher.
“Ciao”
“Oh, Rose! E’ tutta mattina che cerco di chiamarti!”
“Sì, lo so, scusa”
“Stai bene?”
“Sì, sì. Sono…sono a casa di Ian”
“Lo so!” disse, ridendo, “E cosa avete fatto voi due porcellini?”
“Aspetta, tu lo sai?”
“Certo! Ieri, quando stavi ancora in piedi, il nostro professore mi ha detto che ti avrebbe portata a casa con lui, per sicurezza”
“E tu glielo hai lasciato fare?!”
“Bè, pensavo ti avrebbe fatto piacere. Ho sbagliato forse? Ti ha fatto qualcosa?”
“No, niente. Anzi, si è praticamente comportato come se fosse mio padre”
“In effetti, dall’età che ha, potrebbe anche esserlo, sai?”
Rosalyn rise, “Hai ragione. Comunque, se sapevi che stavo con lui, perché mi hai chiamato?”
“Pensavo che magari tra voi fosse successo qualcosa…”
“Cher, ero svenuta! Non credo che Ian sia un necrofilo!”
“Bè, non si sa mai nella vita”
“Sì, certo. Dai, ora ti lascio, mi devo cambiare che devo andare con lui”
“Cosa?! Dove?”
“Non lo so. Ma, da com’era vestito a colazione, sembra un posto elegante”
“Uffa, tutte le fortune sempre tu!”
“Tu hai già Dean, non puoi avere anche il professor Stranamore!”
“Che c’entra? Perché non entrambi?”
“Che ingorda che sei!”
“Non ti rispondo, perché se no tiriamo notte. Salutami tanto Ianuccio. Mi raccomando, sii più promiscua che puoi!”
“Ciao Cher!” disse, chiudendo al comunicazione.
 
Venti minuti dopo, la ragazza si stava ancora preparando.
Ian, oltre al vestito, le aveva procurato anche dei trucchi e delle collant marrone scuro.
Si era truccata come al solito. Un po di fondotinta per coprire le imperfezioni, una strisciolina di eyeliner nero sugli occhi e del mascara.
Il problema era il vestito.
Per essere bello, lo era. Anzi era bellissimo.
Bianco, di linea ampia, un po corto, con le maniche larghe, lunghe fino ai gomiti e realizzato interamente di pizzo, con sotto naturalmente della stoffa, in modo che non risultasse trasparente.
Ma, per quanto bello, era molto difficile da allacciare. Infatti, sul retro, aveva una lunga cerniera, che partiva da pochi centimetri sopra il fondoschiena e arrivava fino al collo.
Somerhalder bussò alla porta, “Tutto bene?” le chiese.
“Sì, sì. Solo che…non riesco ad allacciare il vestito”
“Vuoi una mano?”
“Sì, per favore” disse Rose, aprendo la porta del bagno.
“Ok” disse lui, scostandosi per farla passare.
Mentre era in bagno, il suo professore si era allacciato la camicia e si era messo una cravatta blu scuro.
La giovane si girò e poi si raccolse i capelli, che aveva deciso di lasciare sciolti.
“Hai i capelli molto lunghi” disse lui, poggiandole una mano sul fianco sinistro.
“Mh, arrivano quasi al sedere” disse Ros, chiudendo gli occhi.
“Li farai crescere ancora?” chiese, iniziando a alzare la zip.
“Sì, giusto qualche centimetro”
“Ti stanno bene”
“G – grazie” disse, schiudendo la bocca, sentendo dei brividi percorrerle la spina dorsale.
“Ho fatto”
Rosalyn lasciò andare i capelli e si girò verso di lui, ritrovandoselo a qualche centimetro da se.
Prima gli fissò le labbra, poi spostò il suo sguardo sui suoi meravigliosi occhi azzurri.
“C’è qualcosa che non va?” le chiese, soffiandole sul naso.
Scosse la testa, “No è che…mi chiedevo…tu dove hai dormito questa notte?”
Somerhalder alzò un sopracciglio, sorpreso da quella domanda.
“Perché me lo chiedi?”
Alzò le spalle, “Perché mi sentirei un po in colpa se sapessi che ti sei dovuto accampare sul divano, solo perché io stavo male”
“Non devi sentirti in colpa. Stranamente, ho dormito nel mio letto”
‘ABBIAMO DORMITO INSIEME!’
“Perché stranamente?”
“Perché da quando Nina se ne è andata, ho sempre dormito in un'altra stanza”
“Ah, capisco”
“Non posso dormire nel mio letto, forse?” chiese, sarcastico.
“No, no. Cioè, è il tuo letto, puoi farci tutto quello che vuoi” rispose, per poi rendersi conto di aver usato ancora una volta un doppio senso.
‘Ma porca vacca!’
Ian sorrise, “Vado a darmi una sistemata, torno subito”
E così dicendo, si chiuse dentro al bagno.
Rose si lasciò cedere a terra.
‘Ma si può essere più scemi? Stupida, stupida Rose!’
Si stava ancora rimproverando, quando sentì un cellulare suonare.
Gattonando si avvicinò al letto e vide lo schermo del cellulare di Ian illuminarsi.
‘French Kote’ lesse.
“Em, Ian, ti sta suonando il cellulare!” urlò.
“Potresti rispondere e dire che richiamerò più tardi io?”
“Ok!” disse, prendendo il cellulare in mano, “Pronto?”
“Pronto?” chiese, una voce femminile dall’altro capo del telefono.
“Con chi parlo?” chiese Rose.
“Nina Dobrev. Scusi, devo aver sbagliato numero”
“No, aspetti! Sta…sta cercando Ian?”
“Sì, lei chi è?”
‘Una persona che vorrebbe essere altrove in questo momento’
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Stranamente non ho niente da dirvi sul capitolo, tranne il fatto che mi sono divertita un sacco a scriverlo e mi piace (il che non capita spesso, perché sono molto autocritica).
Niente, spero che anche a voi sia piaciuto e colgo l’occasione per ringraziarvi per tutto il supporto che mi date.
Non potrei avere lettori migliori xoxo
 
Ps. Ecco il vestito che Ian regala a Rose:

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** The flower duet. ***


THE FLOWER DUET
-Capitolo quindici-

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn si scostò una ciocca di capelli dal viso, poi tornò a fissare il paesaggio di fronte a lei, non guardandolo però veramente.
Lei e il professor Bollore erano partiti da circa una ventina di minuti. Avrebbe voluto chiedergli dove stessero andando, ma, da quando aveva risposto al cellulare di lui, prima, non si erano scambiati più di due parole, per il semplice fatto che il suo cervello stava ancora cercando di accettare il fatto che al telefono era Nina.
Non era riuscita a sentire quello che si erano detti, visto che Ian era uscito dalla stanza e, il pensiero che forse si erano dati appuntamento per rivedersi o riconciliarsi, la stava logorando.
Era arrabbiata e frustrata per il fatto di essere arrabbiata. Infondo non  ne aveva il diritto.
Ian non era il suo fidanzato - purtroppo.
Si stava comportando come una bambina gelosa di un giocattolo non suo. E l’unica cosa che voleva evitare era comparire agli occhi di Somerhalder come una poppante, visto che la differenza d’età era già abbastanza.
“Come mai non parli?”
“Soffro di mal d’auto” rispose, sospirando.
“Ah, non lo sapevo”
“Ci sono molte cose che non sai di me” sussurrò, tenendo però la voce abbastanza alta per farsi sentire dall’uomo.
‘Sentiti in colpa. Anche se non so per cosa, ma sentiti in colpa!’, pensò.
“Soffro anche di mal d’aereo, mal di treno e, se sto troppo sull’altalena, mi viene la nausea” continuò.
Ian fischiò, “Cavolo”
“Già”
“Sei sicura di essere silenziosa sola per il fatto di non stare bene?”
“Certo. Quale altro motivo ci dovrebbe essere?”
“Non lo so, ma è da quando siamo partiti che sei così”
“Non ho niente”
“Va bene”
I due rimasero in silenzio per un po.
“Era la tua fidanzata al telefono?”
“La mia ex”
‘Bè, almeno ha detto ex’
“P- perché ti ha chiamato?”
“Niente di importante”
‘Non vuole dirmelo. Bene, è qualcosa di importante. Torneranno sicuramente insieme’
“Voleva solo sapere se aveva lasciato il suo set di valigie firmate da me” disse il professore.
“Cavolo! Per dimenticarsi un set di valigie firmate deve aver preso una bella botta alla testa!”
Ian rise, “Nina viene da una famiglia ricca. Ne avrà almeno cinque di set di valigie firmate”
“Che fortuna”
“Il bello è che però non è mai stata una persona viziata o legata al denaro”
“Immagino sia per questo che ti sei innamorato di lei”
“In realtà, è per le sue tette”
“Cosa?!” chiese, pensando di aver capito male.
“Le tette. Mi piacciono le tette grandi”
“E bè!” disse ridendo.
“A parte gli scherzi, amavo tutto di lei”
“Deve essere bello innamorarsi”
“Non ti è mai successo?”
La ragazza scosse la testa.
“Sei giovane. Hai ancora tutto il tempo”
“Non vedo l’ora. Anche se devo ammettere che ho un po di paura”
“Paura?”
“Sì” rispose Rose, annuendo, “Sai, poi correggimi se sbaglio, in amore una persona dona parte di se o tutto se stesso all’altra persona e, per farlo, deve aprirsi, deve lasciarsi leggere dentro. Deve…deve in un certo senso perdere il controllo. Ed io ho proprio paura di questo. Ho paura di perdere il controllo. Di svegliarmi una mattina e, guardandomi allo specchio, capire che sono cambiata, magari anche in negativo. Il controllo è quella cosa che mi permette di essere me stessa. E’ quella cosa che mi fa essere Rosalyn. Se lo perdo, cosa ne sarà di me?”
“Rose, quando ti innamorerai di una persona, ma ti innamorerai davvero, ti verrà spontaneo abbandonarti a lui e, come dici tu, perdere il controllo. Te lo posso assicurare”
“Lo spero, davvero. A volte ho paura di ritrovarmi sola, grassa come una balena, incastrata nella poltrona di un monolocale sudicio, a passare le giornate a guardare le soap spagnole in televisione, con 37 gatti e mezzo tra cui uno che si chiama Agamennone e una coppia di gatti siamesi di nome Romeo e Giulietta dove, Romeo, ha un occhio mobile che a volte si scambia con Giulietta”
Ian scoppiò a ridere.
Una risata fresca e genuina, per niente forzata.
“Non ti potrà mai accadere”
“Come fai ad esserne sicuro?” chiese, girandosi verso di lui, beandosi così del suo meraviglioso profilo perfetto.
“Perché sei una ragazza gentile, simpatica, intelligente e premurosa”
“Sai, i tempi sono cambiati, Ian. Ormai il carattere è passato in secondo piano. Io stessa guardo molto l’aspetto fisico in un ragazzo”
“Allora, quando troverai quello giusto, sarai soddisfatta”
“Spero di sì”
“Comunque stavo anche per aggiungere che sei una ragazza carina”
“Ecco, appunto”
“Cosa?”
“Carina”
“Cosa c’è di male?”
“Che la tipa ‘carina’ nessuno la vuole. La ragazza un po’ timida, che invece di andare in discoteca resta a casa a leggere, per la gente è una sfigata. Le persone vogliono la ragazza figa, quella che esce tutte le sere, che va a ballare e che si ubriaca”
“Non è vero. Io la ragazza figa, come la definisci tu, non la voglio. Che cosa me ne faccio di una che si ubriaca, quando ho bisogno di lei per un consiglio o per parlarle dei miei problemi? No, io preferisco la ragazza timida, ma seria. Quella che nessuno nota. Quella che solo un ragazzo può notare. Quel ragazzo che sarà suo per tutta la vita. Comunque, se l’aggettivo ‘carina’ non ti piace, lo cambio” disse convinto.
“Non devi cambiarlo solo per quello che ho detto”
“No, no. Io penso che tu sia…bellissima”
“Davvero?”
“Sì, lo penso veramente”
Per un attimo, il professor Bollore distolse gli occhi dalla strada e li puntò nei suoi.
Il contatto visivo durò solo qualche secondo, ma, per lei, sembrò durare un’eternità.
Un’eternità meravigliosa, a parer suo.
Quando Somerhalder riportò la sua attenzione sulla strada, la studentessa si rilassò e scivolò lungo il sedile di pelle - probabilmente ecologica – dell’Audi grigio perla del suo professore.
Iniziò a fissare il paesaggio di fronte a lei, osservandolo bene per la prima volta da quando erano partiti.
Il sole era alto nel cielo e , ai lati della strada, si trovavano ammassi di neve enormi.
Stava ancora fissando gli ultimi tratti del territorio di Harmony, quando una melodia bellissima raggiunse le sue orecchie.
“Che cos’è?” chiese Rosalyn.
“Il duetto dei fiori di Delibes, dell’opera Lakmè. Ti piace?”
“Non ho mai sentito nulla di più bello”
“E’ stata composta da Delibes tra il 1881 e il 1883”
“E’ cantata in francese?”
“Sì. E’ un’opera di tre atti ed è ambientata in India, durante il periodo della dominazione inglese, durante la quale molti induisti vennero obbligati a professare la loro religione in segreto e clandestinità.
Gli indù stanno andando a svolgere i loro riti in un tempio dal sommo sacerdote Nilakantha. Lakmé, la giovane figlia di Nilakantha, e la sua serva Mallika si sono attardate per scendere al fiume a raccogliere fiori. Prima di entrare in acqua, Lakmé si toglie i gioielli e li appoggia sulla riva del fiume. Due ufficiali britannici, Frédéric e Gérald, arrivano nelle vicinanze per un pic-nic insieme a due ragazze inglesi ed alla loro governante. Le ragazze vedono i gioielli indiani e Gérald ne fa alcuni disegni a matita. Poco dopo Gérald vede Lakmé e Mallika tornare e si nasconde.
Mallika lascia Lakmé da sola per un po' e Lakmé vede Gérald. Per la paura dello straniero grida aiuto. Tuttavia è incuriosita da quell'uomo in divisa e così Lakmé rimanda via Mallika quando accorre per le urla. Lakmé e Gérald si innamorano. Gérald entra a casa di Lakmé quando il padre è via. Quando il sommo sacerdote Nilakantha rientra, Lakmé, per nasconderlo, fa fuggire Gérald, ma ormai è troppo tardi: il padre lo ha visto ed è deciso ad ucciderlo.
Nel secondo atto, invece, ci troviamo in un bazar, dove Nilakantha costringe Lakmé a cantare l'Aria delle campanelle al fine di attirare l'attenzione di colui che è entrato nella loro casa. Gérald, poco distante, riconosce la voce dell'amata e si avvicina. Riconosciutolo, Nilakantha accoltella Gérald. Lakmé prende Gérald e lo porta in un nascondiglio segreto nella foresta per curargli la ferita.
Infine, nel terzo atto, Lakmé, mentre recupera l'acqua sacra per confermare i loro voti come innamorati, incontra Frédéric, un altro ufficiale inglese, il quale le ricorda che Gérald deve tornare al reggimento. Disperata per averlo perso, Lakmé si suicida avvelenandosi, mentre l'amato, indebolito dalla ferita, le spira in braccio”
“E’ meravigliosa”
"Vero?" sorrise, guardandola e, per un fugace attimo, il professore sembrò trasformarsi, ritornando un ragazzo: giovane, spensierato e bello da togliere il fiato.
"Posso riascoltarlo?" chiese, incantata dalle voci angeliche che riecheggiavano nell'auto. 
"Certo" rispose Ian.
Allungò una mano verso il cruscotto, premette un pulsante e fece ripartire la melodia.
"Ti piace la musica classica?" chiese la ragazza, sperando di ricevere una rara soffiata sui suoi gusti personali.
Così, per conoscerlo solo un po' di più.
Era impressionante come lui, in un pomeriggio, fosse riuscito a carpirle delle informazioni, mentre lei, quasi faticava a sapere come stava.
Un tipo molto riservato, il suo professore.
"Sì, mi piace molto"
"Tipo?" chiese, "Qual è il tuo artista preferito?"
“Non ne ho uno in particolare. Mi piacciono soprattutto Mozart, Thomas Tallis, Beethoven. Dipende dall'umore. Tu?"
"Anche se di solito ascolto musica molto diversa da quella classica, mi piace molto. Pure io ascolto Mozart e Beethoven. Oppure Bach e Chopin. Però non so chi sia Thomas Tallis"
“E’ stato un compositore inglese del periodo rinascimentale. Occupa un posto primario nelle antologie della musica liturgica inglese ed è considerato fra i migliori compositori dell'epoca rinascimentale”
"Ah, capisco"
Si sorrisero, poi il silenzio cadde tra loro, finché Rose non sprofondò in un sonno profondo, cullata dalla dolce melodia e da quei sedili che profumavano di gelsomino come Somerhalder.
La studentessa riaprì improvvisamente gli occhi, quando la macchina sussultò.
"Scusa" disse Ian, buttandole un'occhiata veloce, "Non avevo visto il dosso"
"Non importa" disse la giovane, sistemandosi meglio sul sedile. "Quanto ho dormito?"
"Un'oretta, circa"
"Manca tanto?"
"No. Dieci minuti al massimo"
Riportando gli occhi sulla strada, Rosalyn vide un'enorme carrello con la scritta 'Benvenuti a Greencity'.
"Greencity?"
"Greencity" confermò lui. "Ci sei mai stata?"
"No. Come ti ho già detto non sono mai uscita da Harmony"
"Credevo che almeno qui..."
"No, neanche qui" disse, diventando leggermente più fredda.
"Ti va di spiegarmi il motivo di questa freddezza? Perché non vai d'accordo con tua madre?"
"Ian, non voglio essere maleducata. Per favore, non richiedermelo"
Probabilmente non avrebbe mai risposto alla sua domanda.
Non era pronta ad aprirsi con lui e forse non lo sarebbe mai stata. 
"Va bene" disse il professor Bollore, fermando l'auto. "Siamo arrivati"
Rosalyn prese un bel respiro e poi si stampò in faccia un sorriso.
“Siamo in anticipo” disse Ian, “Ti va di andare a fare un po di compere? Devo prendere un regalo”
“Per chi?” chiese subito, per poi maledirsi.
‘Scema! Sei una scema! Più antisgamo di così non potevi essere!’
Somerhalder sorrise, per nulla infastidito dalla sua curiosità, “E’ per un mio caro amico. E’ per questo che siamo qui a Greencity, per incontrarlo”
“E perché sei vestito così elegante? Hai un’identità segreta tipo James Bond?”
“Sì, mi hai scoperto. Mi chiamo Somerhalder. Ian Somerhalder” disse, passandole davanti, per poi fermarsi davanti a lei, per bloccarle la strada, facendosi pericolosamente vicino.
“Oh, sì. Sei proprio un agente segreto” disse seria.
“Ora che hai scoperto la mia vera identità ti devo uccidere. Non posso correre alcun rischio. Spero tu possa capirmi”
“Ma io sono troppo dolce e bella per essere uccisa” disse, sporgendo il labbro inferiore, assumendo un espressione da cucciolo.
Il professor Bollore non rispose. Si limitò a fissarla intensamente con quegli occhi che l’avrebbero mandata dell’aldilà, prima o poi.
“C –che c’è?” chiese la ragazza, pensando di avere qualcosa sul viso.
“Niente” rispose, riprendendo a camminare.
Rose rimase immobile a fissarlo, poi lo raggiunse.
“Allora” disse lei, schiarendosi la gola, cercando qualcosa da dire, “Hai già in mente cosa comprare?”
“Pensavo ad un profumo o ad un libro. Hai qualcosa da proporre?”
“Partendo dal presupposto che fare un regalo a voi uomini è come cercare l’ago in un pagliaio, io opterei per qualcosa tipo…tipo una cravatta”
“Una cravatta” ripetè, poco convinto.
“Sì, una cravatta scema! Che ne so…rossa con i funghetti sopra”
“Mh, non sembra male come idea. E dove le vendono?”
“Il negozio si chiama ‘Banana Splint’. Lo so, perché Cher ha regalato a suo nonno una cravatta con i broccoli per Natale”
“Allora dobbiamo solo cercare il negozio”
 
Mezz'ora dopo, uscirono dal 'Banana Splint' con un sacchettino in mano contenente il regalo per l'amico di Ian e, al posto della cravatta indossata quella mattina, il professor Stranamore indossava una cravatta meno seria, tutta azzurra con le paperelle gialle. Stavano camminando spensierati verso il ristorante in cui avrebbero dovuto incontrare l'amico misterioso, quando la giovane si accorse di una cosa che la inquietò molto: tutti li stavano fissando. O meglio. Tutte le persone appartenenti all'universo femminile li stavano e lei sapeva benissimo il perché. Li fissavano per via di Ian.
Lui, con sguardo perso, famelico, carico di desiderio, pregando in silenzio che si girasse per notarle.
Lei, con un misto di gelosia, confusione e rabbia.
Se in un primo momento quegli sguardi l'avevano intimorita, successivamente iniziarono a lusingarla.
Credevano davvero che fossero una coppia(?)
Be', infondo, ora che ci pensava non le sembrava così impossibile.
Se fosse stata una persona qualsiasi, una persona che non li conosceva, anche lei l'avrebbe creduto.
Ian non mostrava affatto trentaquattro anni. Anzi, la prima volta che l'aveva visto, non gli aveva dato più di ventotto anni.
Da sotto le ciglia allungate dal mascara, guardò il suo professore che sembrava non essersi accorto di tutte quelle gatte che se lo stavano mangiando con gli occhi.
"Prego" disse l'uomo, aprendole la porta del ristorante.
"Grazie" disse, sorridendo, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
Somerhalder si avvicinò al bancone posto all'entrata del locale, parlò con una donna posta dietro di esso – facendola scogliere come un panetto di burro al sole – e poi si diressero verso un tavolo, posto al centro della sala.
Al tavolo vi era già seduto un uomo che, appena li vide avvicinarsi, si alzò.
Anche lui era vestito molto elegante.
“Hey, Paul!” disse Ian, sorridendo.
Il volto gli si era illuminato.
“Amico!” esclamò Paul, abbracciandolo.
“Tutto bene?”
“Benissimo”
“Dov’è Torrey?”
“E’ rimasta a casa. Aveva un po di nausea questa mattina”
“Mi dispiace! Come va con la gravidanza?”
Paul si chiuse nelle spalle, “Molte voglie, sbalzi d’umore e continue nausee”
“Bè, ne vale la pena”
“Questo sì”
“A quando il termine?”
“Poco, quattro mesi”
“Il piccolo non è ancora nato, eppure ti vedo già cambiato”
Paul rise, “E l’emozione di diventare padre. Un giorno proverai anche tu quello che sto provando io”
“Lo spero”
“E lei chi è?” chiese l’amico di Ian, guardando Rosalyn – che si era fatta educatamente da parte – curioso.
“Lei è Rosalyn, la figlia di Cristyn Moore. Te la ricordi no?”
“Certo! Come dimenticarla? E’ un piacere conoscerti Rosalyn. Mi chiamo Paul Wesley e sono stato il fidanzato di tua madre per tutto il liceo, dopo Ian”
“Piacere mio” disse la ragazza, stringendogli la mano.
‘Aspetta. Come faceva ed essere il fidanzato di mia madre per tutto il liceo? E il mio papà? Mamma mi ha detto che si è messa insieme a lui negli ultimi due anni’
Scosse la testa e scacciò quel pensiero. Probabilmente aveva capito male o Paul non si era espresso bene.
“Che bella stretta” commentò il signor Wesley, per poi fare cenno ai due di accomodarsi.
“Come vai è venuta con te, Ian?”
“Rose è il mio piccolo porta fortuna” rispose, sorridendole.
Sotto a quel complimento nascosto, Rose di fece piccola, piccola.
“Oh, bene” disse Paul, fissandola con quei bellissimi occhi verdi che si ritrovava.
Paul era più giovane di Ian, si capiva benissimo.
Aveva la pelle leggermente olivastra e dei capelli marroncino chiaro, con qualche sfumatura bionda. Inoltre, quando sorrideva, scopriva dei canini simili alle zanne di un vampiro.
“Quanti anni hai Rosalyn?”
“Ne devo fare diciotto fra qualche mese”
“Ti facevo più piccola. Non ti avrei dato più di quindici anni”
“Me lo dicono in molti. Io lo prendo sempre come un complimento”
Paul sorrise e poi riportò la sua attenzione su Ian.
“Allora, man. Che fine ha fatto la misteriosa Maria Antonietta della festa in maschera?”
Ian e Rose, che stavano bevendo, iniziarono a tossire.
Paul li guardò straniti.
“Parliamo d’altro, ok?” chiese Ian, con un filo di voce.
Wesley annuì e i due amici iniziarono  a conversare del più e del meno e, osservando il professor Bollore, capì quanto bene voleva a Paul e viceversa.
Solo alla fine del pranzo, Rosalyn capì il motivo di quell’incontro.
Paul, di professione, faceva l’avvocato e Ian si era rivolto a lui per un consiglio. Egli, infatti, voleva dare vita ad una fondazione per salvaguardare gli animali e la natura.
“Dalle carte sembra tutto regolare” disse Wesley, girandosi tra le mani alcuni fogli, leggendoli con cura.
“Bene” disse Ian.
“Devi sole mettere delle firme qua e la e i documenti saranno pronti per essere consegnati in banca e poi, successivamente, a quelle società che vorranno fare una donazione che userai come capitale di partenza. Hai già pensato ad un nome?”
“Pensavo a ‘SF’, cioè Somerhalder Foudation. Ma sento che manca qualcosa”
“Secondo me starebbe meglio ‘ISF’…” disse la ragazza, portandosi alla bocca un pezzetto di fragola, ricoperta di gelato al fior di latte.
Non aveva resistito e sotto consiglio dei due amici aveva deciso di prendere qualcosa come dessert. La scelta era ricaduta sulle fragole con gelato.
‘Mh, deliziose’
“Come?” chiese il professore.
Sono all’ora Rose si rese conto di aver parlato ad alta voce.
“N – niente” disse, preoccupata di aver ficcato il naso in affari non suoi.
“No, ripeti, per favore”
“Cioè, a me piace ‘ISF’…” disse, pulendosi la bocca con il tovagliolo, “Sembra più…mh, più completo, ecco. ‘Ian Somerhalder Foudation’. Secondo me suona meglio”
“Anche a me piace l’idea di Rosalyn” disse Paul.
“Va bene. ‘ISF’ è perfetto. Grazie Rose” disse Somerhalder, facendola arrossire. “Che ti avevo detto?” chiese retorico verso l’amico, “E’ il mio piccolo porta fortuna”
‘Gli sono stata utile! Gli sono stata utile!’, pensò entusiasta.
“Firma qui, Ian” disse Paul, passandogli un foglio.
 
Qualche minuto dopo, i due erano di ritorno verso Harmony.
Ian l’avrebbe portata a casa e lui sarebbe andato in banca.
“Paul è molto simpatico” disse la giovane, “In un primo momento non l’avrei mai detto. Cioè, al primo impatto sembra molto serio”
“In effetti lo è. Nella compagnia del liceo è sempre stato lui il responsabile che prima di fare una cosa ci pensava su mille volte. Ed è ancora così. Devo dire a tua madre che l’ho visto. Loro non si sentono più da molto. Chissà cosa dirà”
“Immagino che farà i salti di gioia” disse, “Oppure no, visto che è sposato” aggiunse acida.
“Che intendi dire?”
“Che conosciamo due Cristyn Moore molto differenti”
“Non credo”
“Invece sì. Un giorno…un giorno farà qualcosa che ti farà aprire gli occhi e troverai il modo di lasciarla”
“Lasciarla?”
“Sì. Non state forse uscendo insieme?”
Ecco l’aveva detto.
Finalmente aveva avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
Ora doveva solo aspettare una risposta che sperava essere composta da due lettere: N O.
“Dove ti devo portare?” chiese, cambiando discorso.
Allora era vero.
Lui non le aveva risposto, ma non aveva neanche negato. Quindi voleva dire che lui e sua madre stavano insieme.
‘Perfetto’, pensò.
“Dalla mia amica Cher” ripose, girando il viso verso il finestrino.
Ed ecco che ancora una volta sua madre si intrometteva nella sua vita  - stavolta magari in modo indiretto – e gliela rovinava.
Non le aveva mai volto bene.
Mai.
E l’aveva dimostrato in diverse occasioni.
Ed ora le aveva preso l’unica cosa a cui teneva veramente.
Sì, ora se ne rendeva conto.
Era DAVVERO innamorata di Ian.
Non era una semplice cottarella che le studentesse si prendevano per il professore figo.
No.
Lei lo amava.
Lo amava come Maria Antonietta amava Fersen.
Le lacrime le salirono gli occhi, annebbiandoli e il naso iniziò a pizzicarle.
Non avrebbe pianto.
Non qui.
Non davanti a lui.
Deglutì e ricacciò indietro le lacrime.
Se era abbastanza grande per amare una persona che non l’avrebbe mai ricambiata, sarebbe stata abbastanza grande da non piangere.
Il viaggio di ritornò sembrò durare un’eternità.
Un’eternità d’agonia però.
Ros era così concentrata per cercare di non piangere, che non si rese conto che il professor Stranamore aveva accostato la macchina davanti alla casa di Cher.
“Arrivati” disse.
Rosalyn sgranò gli occhi stupita.
Come faceva a sapere dove abitava la sua migliore amica?
Lei non gli aveva dato alcuna indicazione di come raggiungerla.
Eppure lo sapeva.
‘Bè, per uno stalker come lui, questa è cosa da niente’, pensò.
“Grazie per tutto” disse fredda la ragazza, uscendo dall’auto.
“Figurati”
Rose chiuse la portiera e poi, cercando di non correre, si diresse lungo il vialetto di casa dell’amica.
Quando questa le aprì, le buttò le braccia al collo, scoppiando a piangere.
“Shh, Rose. Andrà tutto bene”
 
Ian
Si sentiva agitato e non capiva perché.
O forse lo capiva, ma non voleva dirlo.
Rosalyn.
Lei lo aveva reso agiato.
Lei e i suoi sbalzi d’umore.
Un momento prima era felice, mentre quello dopo triste. Poi tornava felice, finché lui non diceva qualcosa e la faceva arrabbiare.
‘Non state forse uscendo insieme?’
La sua voce gli rimbombò in testa.
Perché non aveva risposto?
‘NO, NO, NO! NON POTREI MAI USCIRE CON LEI!’
Perché?
Perché non l’aveva ammesso?
‘Sei un codardo, Somerhalder’
Aveva quasi rischiato due incidenti e la macchina aveva fatto un salto enorme quella mattina, quando non aveva visto il dosso, troppo impegnato a fissare la giovane dormire.
Sospirò e la domanda la suo quesito si fece bela nitida.
‘A lui piaceva Rose. Gli piaceva come avrebbe dovuto piacere una donna della sua età. Le piaceva come non avrebbe dovuto piacerle’
Ora sì, che era nei guai.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve a tutti.
Scusate per questo enorme ritardo, ora vi spiego il perché.
Allora, la mia famiglia possiede una trattoria. Da due anni ormai, ha preso una vecchia usanza che facevano i miei antenati che è quella di fare una festa nei boschi, perciò, io sono stata senza computer per due settimane, perché, appunto, ero nei boschi.
Perciò, per scrivere il capitolo, mi sono munita di carta, penna e buona volontà.
Finita la festa, sono partita subito per il mare e sono tornata venerdì.
Solo che in questi tre giorni (oggi è l’ultimo giorno) c’è la festa del paese e visto che mia mamma è dentro l’organizzazione come sempre mi ha tirato dentro e adesso mi tocca servire ancora ai tavoli.
In più mi si è rotta la batteria del mio PC, perciò, per riscrivere il capitolo ho usato il computer di mia mamma e di mio fratello, inviandomi i pezzi via mail xD
Ok, dopo questo papiro, vi auguro buona lettura:)
Ps. Scusate se non rispondo alle recensioni dello scorso capitolo, ma sono di fretta. Lo farò più tardi. Grazie mille per tutto comunque♥

 
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** Muscovite. ***


MUSCOVITE
-Capitolo sedici-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ian fece roteare la bottiglia di birra che aveva in mano, osservando attentamente il liquido giallognolo  - reso verde dalla sfumatura colorata del vetro – infrangersi come le onde del mare sugli scogli, creando della schiumetta bianca.
Le parole di ‘Talk 'n' touch’ arrivarono alle sue orecchie.
Qualcuno doveva aver cambiato la musica dal jukebox.
Si guardò il Rolex affrancato al polso sinistro.
Le nove.
Cristyn sarebbe arrivata a momenti.
‘New romance, new chapter inspiration's the right manner. Until the morning after here comes the morning after? You!’, canticchiò mentalmente.
Si guardò intorno.
Era giovedì sera e il locale che era solito frequentare – anche da ragazzo – con i suoi amici, il ‘Roxy bar’ non era molto affollato.
Le luci erano suffuse e, le pareti color porpora abbinate alle piastrelle nere del pavimento, non aiutavano ad illuminare il locale.
Lui era seduto su uno sgabello di pelle vicino al bancone e, quasi annoiato, stava sgranocchiando qualche nocciolina.
“Ciao, Ian” disse Cristyn, comparendogli alle spalle.
“Cris” la salutò, sorridendole.
“Aspetti da tanto?”
“No, sono appena arrivato”
“Bene” disse, sorridendo.
Al tempo del liceo era molto attratto da lei.
Con la sua chioma di riccioli rossi, la pelle candida, il volto cosparso di lentiggini e gli occhi di un marrone scuro, tendente al nero, gli aveva fatto letteralmente girare la testa.
Quando i suoi genitori gli annunciarono del loro divorzio e del trasferimento, ci aveva sofferto molto.
Lui e Cristyn erano molto legati e lasciarla era stata una sofferenza.
Poi aveva conosciuto Nina e Cris era diventata solo un ricordo.
Naturalmente, quello che aveva provato per Nina era diverso da quello che aveva provato per Cristyn.
E quello che stava iniziando a provare per Rose era qualcosa di ancora più potente.
Era…era una specie di Supernova.
Sì, era come se avesse una Supernova al posto del cuore.
Guardando la donna in piedi di fronte a lui, si meravigliò che fosse la madre di Rosalyn.
Era così diverse.
Sia d’aspetto fisico, sia di carattere.
“Andiamo a sederci su un divanetto?” propose la donna.
“Certo” rispose, prendendo la birra. “Un’altra birra e un Margarita, per favore”
“Con due olive” intervenne Cristyn.
Il barman annuì e i due si spostarono verso un divanetto di pelle nera.
“Allora, tutto bene?” le chiese.
Lei sospirò, “Non molto”
“Perché? Che succede?”
“Si tratta di Rose” disse, sospirando, accavallando le gambe.
Indossava un tubino color prugna, abbinato a un paio di scarpe col tacco nero, lucide e un giacchetto di pelle.
“Non sta bene?” chiese preoccupato, “Le è successo qualcosa?”
La donna rise, “No, Ian. Stai calmo”
Il ragazzo si mosse nervosamente, facendo scricchiolare la pelle del divanetto, maledicendosi mentalmente.
“Allora, che problema c’è?”
“C’è che mia figlia si sta affezionando a te”
Somerhalder sgranò leggermente gli occhi.
“Anzi, credo si stia innamorando di te. Ne sono più che certa. E questo non va bene”
“No, certo che no” borbottò lui, confuso.
Rose si stava innamorando di lui?
“Cosa credi? Che quando si è travestita da Maria Antonietta, l’ha fatto solo per farti una qualche specie di scherzo? Io conosco mia figlia, Ian. Non ha passato l’intera serata fingendo di essere un’altra ragazza solo per farti un dispetto. L’ha fatto perché gli interessi”
“Cris, io non credo…”
“No, no” disse, alzando una mano per bloccarlo, “Credi a quello che vuoi. Credi che io sia pazza, o ubriaca, ma i fatti sono questi: Rose prova qualcosa per te”
“E cosa vuoi che faccia?”
“Che le stia il più lontano possibile. Lei non ha mai avuto un padre, Ian e, credo che questa infatuazione nei tuoi confronti derivi appunto da questo. Dal bisogno di avere una figura maschile in famiglia”
“Sono il suo professore, Cris. A scuola ci vedremo di sicuro”
“Allora fingi di essere il mio fidanzato. Tanto ormai lo sospetta”
“E tu come fai a saperlo?”
“L’ho sentita parlare con Cher al cellulare, ieri. Ecco perché mi è venuto il sospetto che provasse qualcosa per te. Così ho indagato. Le ho fatto qualche domanda e sono arrivata a questa conclusione”
Ian ci rifletté su un secondo.
Rose non poteva provare qualcosa per lui.
Era…era impossibile.
Certo, lei l’aveva baciato e poi gli aveva confessato che quello era il suo primo bacio e che stava aspettando la persona giusta a cui darlo, però poi, quando avevano avuto quella piccola discussione il giorno di Natale, lei gli aveva espressamente fatto capire che si pentiva di quel bacio.
No, Cristyn si stava immaginando tutto.
Una cameriera posò la birra e il Margarita sul tavolino di vetro di fronte a loro.
Somerhalder finì la birra che teneva in mano e poi bevve un sospiro della bottiglia appena portata.
“Allora? Ci stai?”
Ian annuì, “Farò del mio meglio”
La donna sembrò rilassarsi e si mise a parlare d’altro.
Dal canto suo, Ian non le prestò molta attenzione, ancora scosso dalla notizia appena datogli.
‘Impossibile’
 
Rose
Rosalyn sbadigliò e poi girò il viso verso al finestra che dava sul cortile d’entrata della scuola.
Fuori il cielo era oscurato da grossi nuvoloni grigi che avrebbero di certo portato pioggia.
Era il primo giorno di scuola dopo le vacanze natalizie e già rimpiangeva il suo letto caldo e lo svegliarsi a mezzogiorno.
Sbadigliò.
O sì, le mancava assai.
Prese la penna e iniziò a scarabocchiare sul suo quaderno degli appunti, cercando di non prestare molta attenzione al professor Bollore, intento a spiegare la ‘Grande ribellione’, come veniva chiamata da molti, ma conosciuta principalmente con il nome di ‘Guerra di successione’.
Non si erano più parlati dopo il viaggetto a Greencity che avevano fatto.
Si erano incrociati qualche volta durante la settimana, quando Ian era venuto a prendere la madre per uscire, ma non si erano nemmeno cagati.
Sospirò.
Litigavano senza nemmeno accorgersene.
E lei odiava litigare.
Odiava litigare con le persone.
Fin da piccola aveva avuto questo piccolo difetto o pregio - ancora non l’aveva capito – di voler, a tutti i costi, essere simpatica a tutti.
Anche a chi non sopportava.
Voleva che le gente, vedendola passare, dicesse: ‘Guarda, quella è una ragazza meravigliosamente simpatica’.
Per questo non aveva mai litigato con nessuno – eccetto sua madre.
Se qualcuno diceva una cosa che lei non condivideva, piuttosto se ne stava zitta, per paura di offenderlo.
Con Ian, invece, era tutto diverso.
Loro litigavano senza nemmeno saperlo.
Ringraziò il cielo, quando sentì la campanella suonare.
Raccolse i vari quaderni e le penne, poi corse fuori dall’aula, tendendo lo sguardo fisso sui suoi piedi.
Appena svoltato l’angolo, si poggiò ad alcuni armadietti e chiuse gli occhi, tirando un sospiro di sollievo.
Per oggi era salva.
Doveva solo stare attenta ad non incontrarlo nei corridoi e la giornata sarebbe proseguita a gonfie vele.
Cher aveva scelto proprio il giorno sbagliato per ammalarsi.
 
Come sperato, per tutta la giornata Rose riuscì ad non incontrare il suo professore.
Per evitare di vederlo in cortile, si era persino trattenuta un’ora dopo la fine delle lezioni, ma, in questo modo, si era beccata in pieno il temporale.
Meno male che non si era messa le All Star.
Sospirò, sistemandosi meglio le cuffiette nelle orecchie, poi prese il cellulare e cambiò canzone, optando per ‘Love you like a love song’ di Selena Gomez, con la quale era cresciuta, guardandola su Disney Channel.
Si appoggiò contro una delle colonne di marmo poste davanti l’entrata dell’edificio e iniziò a canticchiare.
Di farsi la strada fino a casa non se ne parlava.
Avrebbe aspettato che il temporale si calmasse.
“It’s been said and done”
‘E’ stato detto e fatto’
“Every beautiful thought’s been already sung”
‘Ogni bel pensiero è stato già cantato’
“And I guess right now here’s another one”
‘E penso che ora ce ne sia un altro’
“So your melody will play on and on, with best we own”’
‘La tua melodia suonerà senza sosta, con il meglio che abbiamo’
“You are beautiful, like a dream come alive, incredible”
‘Sei bello, come un sogno che diventa vero, incredibile’
“A center full of miracle, lyrical”
‘Un centro pieno di miracoli, lirico’
“You’ve saved my life again”
‘Hai salvato la mia vita di nuovo’
“And I want you to know baby”
‘E io voglio che tu sappia baby’
“I, I love you like a love song, baby”
‘Ti amo come una canzone d’amore, baby’
“I, I love you like a love song b..”
La giovane si bloccò, sentendo la porta affianco a se aprirsi.
Alzò la testa di scatto, pensando fosse qualche alunno rimasto bloccato come lei o il bidello, ma quello che vide, fu l’ultima persona che voleva incontrare.
Il professor Stranamore.
Anche lui sembrava sorpreso di vederla.
Aveva cercato di evitarla come aveva fatto lei?
“Ciao” le disse.
“Ciao” rispose Ros, facendo qualche passo avanti, arrivando davanti alle gradinate, sistemandosi il giaccone vicino al collo.
“Non hai l’ombrello?” le chiese Somerhalder, affiancandosi a lei, con la ventiquattrore nella mano sinistra.
Ma perché le parlava dopo una settimana di continuo ignorarsi a vicenda?
Rosalyn ripensò a quel giorno del viaggio, quando era arrivata a casa di Cher e aveva iniziato a piangere.
Probabilmente non avrebbe pianto per un po, visto che aveva finito la sua riserva di lacrime.
“No” rispose, abbassando lo sguardo.
Magari, se l’avrebbe ignorato, se ne sarebbe andato.
Come con certi animali.
“Vuoi un passaggio?” chiese, mostrandole l’ombrellino nero che teneva nella mano destra.
“No, grazie. Preferisco aspettare”
“Le previsioni dicono che durerà tutta notte”
“Chiamerò la mamma”
“Rose, tua madre è a New York oggi”
Lei gli buttò un’occhiata gelida, prima di tornare a fissare il suolo.
“Ti prego, accetta un passaggio. Potremo parlare così”
“Parlare di cosa?” chiese, con tono amaro.
“Non lo so. Di quello che vuoi” disse, sorridendole.
Certo che dicono tanto delle donne, ma anche gli uomini sono strani forti.
Hanno degli sbalzi d’umore incredibili.
Che anche loro, in qualche modo, abbiamo una specie di ciclo?
La studentessa avrebbe tanto voluto saper leggere nel pensiero, così avrebbe capito Ian una volta per tutte.
“Allora?” chiese, aprendo l’ombrello, “Vieni?”
Dopo un momento di esitazione, la ragazza rispose, “Ok”
“Attaccati al mio braccio” disse Somerhalder, porgendole il braccio destro. “Purtroppo l’ombrello non è molto grande e se non vogliamo bagnarci, dovremmo stringerci un po”
Rose deglutì rumorosamente e poi si attaccò a lui.
Così vicini, la giovane poteva sentire il calore di lui, attraversarle il corpo, come se qualcuno le avesse fatto una flebo di tequila.
La guancia di lei, contro la spalla destra coperta dal cappotto di lui.
Ancora una volta il profumo di gelsomino e dopobarba le arrivò alle narici, fino ad avvolgerla completamente.
Una volta che entrambi si furo sistemati, si incamminarono.
“Come stai?” le chiese.
“Normale”
“Non sembrerebbe”
“Potresti evitare di fingere di conoscermi?” chiese, tagliente.
Rose non voleva essere scortese, solo che trovata tutto molto seccante.
Aveva litigato?
Bene.
Ognuno per la sua strada.
“Io non fingo. Io ti conosco, Rose”
La studentessa rise.
Una risata amara.
“Sono forse l’unico, oltre la tua migliore amica, che ti conosce veramente”
Rosalyn divenne improvvisamente seria.
Aveva ragione.
Lui la conosceva.
Anche se la maggior parte delle volte diceva cose che la facevano arrabbiare, lui la conosceva.
Riusciva sempre a capire quando qualcosa non andava.
E non andava bene.
Voleva dire che per lui, era un libro aperto.
E non andava affatto bene.
“Anche se non parliamo, anche se ti rifiuti di aprirti con me, io ti conosco. E sai come faccio a conoscerti? I tuoi occhi”
“I miei occhi?”
“Sì, i tuoi occhi. Mi è bastato guardarli una volta, per riuscire a capire cosa ci stava dentro”
“Non mi sembra”
Ian sorrise, “Lo so, a volte faccio cose che ti innervosiscono. Anzi, dico cose che ti innervosiscono”
“A volte?”
“Ok, quasi sempre. Ma giuro che non lo faccio apposta”
“Ah, allora se lo giuri…” disse sarcastica.
“Quindi, me lo vuoi dire o no che ti succede?”
“No”
Il professore sospirò, “Ti vorrei proprio sculacciare quando fai così” ammise.
“Ce l’hai su con questo sculacciare, eh?” disse, cercando di nascondere l’imbarazzo all’idea di lei stesa sulle sue ginocchia con il culetto al vento, pronta ad essere punita.
“Ho le mani che già prudono”
“Ecco, metti le tue manine che prudono in tasca, per favore”
“D’accordo” disse, ridendo.
Ed eccoli di nuovo li.
Punto a capo.
A comportarsi come se nulla fosse successo.
Quanto avrebbe durato questa specie di serenità?
Alla ragazza sembrava di stare camminando su della Muscovite.
Improvvisamente, un lampo squarciò il cielo grigio.
Nel vederlo, Rose si girò di scatto verso Ian, lasciandogli il braccio e andando ad appoggiarsi al suo petto.
Odiava i lampi.
I tuoni non le mettevano paura.
I lampi si, invece, perché si vedevano.
“Hey, va tutto bene” disse Ian, lasciando cadere a terra la cartellina, per stringere Rose a se. “Era solo un lampo”
“Appunto” disse Ros, con gli occhi ben chiusi, “Odio i lampi”
“Non c’è più” disse.
“Aspetta” disse lei, aggrappandosi con le mani al suo giaccone. “A – aspettiamo un secondo. Di solito ce ne sono due di fila”
“Va bene”
I due rimasero in silenzio.
La strada era deserta e il solo rumore che si riusciva a sentire era quello causato dalla pioggia che si schiantava contro il suolo.
“Scusa, Ian” disse la studentessa, rompendo il silenzio. La voce resa quasi impossibile da sentire, per via del cappotto di lui. “Scusa per essermi travestita da Maria Antonietta. Scusa per aver finto di essere un’altra persona. Scusa se ti ho baciato. Scusa se a volte faccio la scorbutica con te. Scusa, davvero”
“Non fa niente”
“No, no, non è vero! Mamma me l’ha detto, sai? Me l’ha detto che vi state frequentando. Per questo che ti chiedo scusa. Non voglio essere arrabbiata con te e non voglio che tu sia arrabbiato con me. Quando siamo andati a Greencity io…io mi sono arrabbiata con te, perché, dopo aver passando una bellissima mattinata, mi hai rivelato di stare insieme a mia madre. Cioè, me l’avete tenuto nascosto e questo non mi è piaciuto. Però a me sta bene. Sì, ha me sta bene”
“Rose..”
“No, ascoltami. Spero che mia madre ti renda felice”
Ros si staccò da lui e puntò dritto i suoi occhi nei suoi oceani.
“Rose, io ti piaccio?” le chiese a bruciapelo.
“Come?” chiese lei, con un filo di voce.
‘Merda. Da dove gli vengono certe idee?’
“Provi qualcosa per me?”
‘Menti. Anzi no, digli tutto Rose, digli tutto e liberati da sto peso’
“No, non provo niente per te, se non semplice affetto”
“D’accordo”
“P - perché?” osò chiedere.
“Perché, se così fosse stato, avrei dovuto prendere le distanze da te”
‘Avrei dovuto prendere le distanze da te’
Ed eccola qui. L’ennesima conferma del fatto che il suo fosse un amore unilaterale.
Ma questa volta non ci sarebbe stata male.
Questa volta era preparata.
Sorrise, poi si girò e si incamminò sotto la pioggia.
“Rose, dove vai?” le urlò il professore.
“A casa!”
“Aspetta, così ti bagnerai!”
“Ormai sono arrivata. Grazie del passaggio! A domani!”
 
Ian
Ian vide la sua alunna/ossessione girare l’angolo.
‘Bè, almeno sta volta non abbiamo litigato’, pensò.
Rose si era scusata. Scusata per tutto quello che aveva fatto e gli aveva espressamente detto che non gli piaceva.
Era quello che voleva, no?
Sapere da lei che non provava niente di quello che Cristyn insinuasse provasse.
Sopirò.
E allora perché si sentiva così…vuoto?
Raccolse la sua cartellina, orma zuppa, e tornò indietro.
Prima o poi, tutto sarebbe passato e la pioggia l’avrebbe aiutato.
Perché è questo che la pioggia faceva.
Lavava via tutto lo sporco, tutto i problemi, tutti gli errori.
E quello che provava per Rose era un bell’errore.
Si inumidì le labbra e, quel gesto, gli portò alla mente il bacio che si erano scambiati.
Quel maledetto bacio che aveva complicato tutto.
Ma, se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo, l’avrebbe fatto solo per sentire ancora una volta le labbra di lei sulle sue, il suo sapore, il calore del suo corpo stretto a se e il suo profumo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Slave girls!
Ho cercato di aggiornare il più velocemente possibile, visto che oggi mi è arrivata la batteria nuova del PC che, grazie al cielo, è tornato a funzionare.
Non ho molto da dire su questo capitolo.
Avevo semplicemente bisogno che tra Ian e Rose tornasse un po di tranquillità.
E’ una specie di capitolo di passaggio, come il prossimo, dove vedremo Rose, sua madre e Ian a cena insieme. Cercherò di rendere la situazione il più comica possibile xD
Spero che abbiate gradito la lettura e che non vi siate annoiati.
 
Ps. Mi sono dimenticata di mostrarvi com’è la stanza di Ian e la sua macchina che, tra l’altro, è davvero sua.



 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 17
*** I tre porcellini. ***


I TRE PORCELLINI
-Capitolo diciassette-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn era arrabbiata.
Anzi no, furiosa.
Se avesse avuto il potere di scatenare una tempesta, in quel momento la specie umana sarebbe stata sul punto di estinguersi.
Non era furiosa con il suo professore - stranamente.
Non era furiosa con sua madre - stranamente anche qui.
Non era nemmeno furiosa del fatto che stessero insieme. Almeno, non in quel momento – doppio, anzi triplo stranamente.
Era furiosa con quello che doveva essere un suo amico: Robert.
Dopo Capodanno non si era fatto più sentire e adesso la stava seguendo per i corridoi prendendola in giro per la gonna scozzese che stava indossando.
“Cioè, seriamente?!” chiese ad alta voce lei, “Eri ubriaco fradicio, hai cercato di baciarmi e magari speravi di avere qualcosa di più, non mi hai aiutato quando stavo male e adesso mi insegui per i corridoi prendendomi in giro per una stupida gonna?! E le scuse che mi devi?!”
“Quali scuse, Rosie Posie?”
La ragazza accelerò il passo.
“Le scuse per avermi quasi aggredita!”
“Ma l’hai detto tu. Ero ubriaco. Poi non ti ho aggredita”
“Io avrei da dire qualcosa al riguardo” sbuffò, girando l’angolo.
“Come sei tragica” disse Rob, seguendola lungo la scalinata. “Ma dimmi: indossi le mutandine?” le chiese, tirandole l’estremità della gonna.
“Sì, vai tranquillo” rispose, allontanandogli la mano.
“Sicura? Perché tu sei un tipetto così sbadato” disse, tirandogli ancora l’estremità.
“Sicura”
“Fammi dare una controllatina”
“No, Rob! Smettila!”
Dio, perché doveva essere così insistente?
Nel profondo sapeva che quello era un modo contorto per chiederle scusa.
Faceva sempre così.
Anche da piccolo.
“Rob, smettila” sbuffò Dean, che lo stava seguendo, annoiato da quella scena.
“Tu devi avere qualche problema al cervello, Rob!” esclamò Rose, continuando a percorrere i gradini.
‘Da quando ci vuole così tanto per raggiungere il terzo piano?’, si chiese.
“Rose ha ragione” disse Dean, “Sembri un vecchio arrapato”
“Ma che male c’è? Voglio solo vedere la sue mutandine”
“Ma vai a vedere quelle di qualcun’altra!” esclamò esasperata.
Robert le prese di nuovo l’estremità della gonna e questa volta, la giovane non riuscì più a trattenersi.
Puntò il piede destro sul gradino, in modo da riuscire a mantenere l’equilibrio, poi fece ruotare il corpo verso sinistra, alzando il piede sinistro.
Era tutto calcolato.
Si sarebbe fermata qualche centimetro prima del viso, giusto per far spaventare un po l’amico.
Ma, quando si girò, vide che davanti a Robert vi era un’altra persona. E questa persona era Ian.
Sgranò leggermente gli occhi, ma ormai era troppo tardi.
Si era distratta e il suo stivaletto nero stava andando dritto in faccia al suo professore.
Somerhalder si portò una mano davanti alla guancia sinistra, per proteggersi il viso.
Quando lo stivaletto colpì l’arto del professor Bollore, Rosalyn abbassò di colpo la gamba, girandosi completamente verso di lui.
“Oddio” sussurrò, portandosi una mano davanti alla bocca. “Stai bene?” gli chiese, dimenticandosi che erano in ambiente scolastico e che non poteva dargli del ‘tu’.
“Poteva andarmi peggio, signorina Moore” rispose lui, del tutto controllato.
Quel giorno indossava dei jeans chiari e un maglione verde scuro.
I capelli erano leggermente spettinati.
La studentessa si guardò intorno.
Non c’era nessuno nei paraggi.
“Sta sanguinando, prof” disse Robert.
“Non importa, Collins” disse lui, con tono gelido. “Piuttosto, perché non torni in classe? La campanella è già suonata da un pezzo”
“Sì, signore” disse lui.
Robert sembrava intimorito da Ian.
Forse per il fatto di essere stato colto in flagrante mentre ci provava con lei a Capodanno ed essere stato ‘cacciato’, mentre Ian si prendeva cura di lei.
‘La prossima volta che lo vedo perdere con il controllo con TE, sarò io a perdere il controllo con LUI’, la voce del suo professore le rimbombò nella testa, facendole scogliere il cuore.
“Ah, ti aspetto in palestra dopo le lezioni. Credo che un’ora di punizione ti farà bene”
“Ma prof, io...” si lamentò.
“Forse due sarebbero meglio?”
“No, signore. Vado, signore. Rose” la salutò, per poi scomparire.
“Stai davvero sanguinando” affermò la ragazza, indicando con un cenno della testa la mano sinistra, quella che aveva usato per difendersi.
‘Devono essere state le borchie dello stivaletto’, pensò.
Ian l’aprì, scoprendo un taglio che correva diagonalmente lungo il palmo.
Non sembrava profondo, però era meglio disinfettarlo e metterci un cerotto.
“Devi andare in infermeria”
“Un po d’acqua e sarà tutto passato”
“Ian, potrebbe infettarsi. Ti prego” cercò di insistere Ros, diventando improvvisamente nervosa.
Poteva entrargli un batterio e fargli marcire la mano, così poi avrebbe dovuto amputarla.
Scosse la testa.
‘Troppo film, Rose. Troppi film’
Il professor Stranamore sembrò aver notato la sua agitazione, visto che annuì.
‘D’accordo. Vuoi venire con me? Così starai sicura che ci andrò davvero”
Lei sorrise e poi i due si incamminarono verso l’infermeria, che si trovava proprio al terzo piano.
Appena arrivati, trovarono la stanza vuota.
“Signorina Evans?” chiamò Rose.
“Caroline?” chiamò Ian, utilizzando il suo nome di battesimo. “Mi sa che non c’è”
“Deve essere in qualche classe a fare educazione sessuale”
“A proposito di lezioni, tu non dovresti essere in classe?”
“Ho un’ora buca” rispose, chiudendosi nelle spalle.
“Forse dovrei tornare dopo”
“No, ci penso io” disse la giovane, “Infondo devo solo mettere un cerotto, no?”
Si guardò intorno, ma non sapendo dove l’infermiera riponesse quello di cui aveva bisogno, decise di andare a prendere la cassettina del pronto soccorso appesa vicino alla porta d’entrata. Poi scostò la tendina che nascondeva il lettino bianco, quello che la signorina Evans utilizzava per fa sdraiare gli alunni che si sentivano davvero male.
Posò la cassettina sul lettino e poi ci si sedette sopra.
“Vieni” disse, facendo segno ad Ian di avvicinarsi.
Rosalyn aprì leggermente le gambe, permettendo così al professore di avvicinarsi a lei, poi gli fece posare la mano ferita sulla sua coscia destra.
Delicatamente fece scorrere un dito parallelamente alla ferita.
“Spero ci siano cerotti abbastanza grandi” disse, soffiando via una ciocca dei lunghi capelli che le stava impedendo di vedere.
Somerhalder afferrò con la mano libera la ciocca mentre si librava in aria e, dolcemente, gliela sistemò dietro l’orecchio destro.
“G –grazie” balbettò la ragazza, evitando il suo sguardo.
“Prego”
Rose aprì la cassettina e ne tirò fuori un batuffolo di cotone che bagnò con del disinfettate, poi iniziò a passarlo sulla ferita.
“Mi dispiace di averti colpito. In realtà non dovevo colpire neanche Rob. Il mio scopo era spaventarlo un po, giusto per fargli smettere di fare lo scemo”
“Non è stata colpa tua. Ho visto che Collins ti stava infastidendo così mi sono messo in mezzo per rimproverarlo, ma tu ormai eri partita in quarta. Forse dovrei smetterla di correre in tuo soccorso ogni volta che ti vedo in difficoltà. Dal calcio che hai mollato sembri molto brava a difenderti”
La giovane sorrise e alzò il viso verso di lui, “A volte è bello avere qualcuno che si prende cura di te invece di cavartela sempre da sola”
“Sì”
Rosalyn si avvicinò al suo viso.
Avrebbe voluto dargli un bacio sulle labbra, ma sapeva che non era una buona idea, così, optò per la guancia.
Le sue labbra, a contatto con la guancia di lui - resa ispida dalla leggera barba che stava ricrescendo - le creò una strana sensazione alla pancia.
Quando tornò a fissare la ferita, Ian le chiese, “Perché l’hai fatto?”
“Era per ringraziarti” rispose, sistemando il cerotto sulla ferita.
“Di cosa?”
La studentessa applicò il cerotto sul taglio e poi premette leggermente sulle due estremità, per farle attaccare bene alla pelle.
Alzò il viso, tendo la mano del suo professore tra le sue, “Per essere il mio principe azzurro”
 
Rosalyn spense il computer, poi corse in bagno per mettersi un po di profumo.
Come aveva fatto a cacciarsi in quel guaio lo sapeva solo lei.
Era sabato sera e, invece di uscire con i suoi amici o - in quel caso - andare a trovare Cher che stava ancora male, stava per uscire a cena con sua madre e il professor Stranamore.
‘Perché ho accettato?!’, pensò per poi scuotere la testa.
Come avrebbe potuto rifiutare?
Sua madre era stata subdola e l’aveva incastrata.
Tornò di nuovo in stanza per controllare che tutto fosse a posto.
Indossava un abitino bianco che ricordava molto uno chemisier, con delle perle sul colletto e una cintura nera con un fiocco davanti all’altezza della vita.
Aveva pettinato i capelli così tanto da farli diventare setosi e lucidi, poi gli aveva tirati all’indietro con un semplice cerchietto nero.
Solitamente non si metteva così in tiro quando usciva con la madre - il che capitava molto raramente - ma con loro ci sarebbe stato anche Ian e lei non voleva sfigurare.
In quel momento il campanello suonò e il suo cuore fece un triplo lutz.
Sentì i tacchi di sua madre picchiettare sul pavimento in soggiorno e poi la voce del professor Stranamore.
Si posò una mano sul cuore, per cercare di calmarlo, poi prese la borsa e si diresse in soggiorno, dove la prima immagine che le comparì davanti fu quella di sua madre che si sistemava la cravatta a Ian, mentre lui la stringeva a sé.
‘Iniziamo bene’, pensò, stringendo la mano intorno alla borsa.
“Ah, eccoti qua” disse Cristyn, sciogliendosi dall’abbraccio dell’uomo.
“Ciao, Rose” disse Ian.
“Ciao” disse a sua volta, cercando di essere il meno fredda possibile.
Infondo non era colpa sua.
Non ti scegli chi amare.
Succede e basta.
“Pronte?”
Le due donne annuirono e seguirono Ian fuori casa.
Ros aveva il sospetto che quella serata sarebbe stata davvero molto lunga.
 
Sia Cristyn, sia la figlia non sapevano dove Somerhalder le avrebbe portate, ma, quando l’auto si fermò davanti al molo della città, capirono che la loro destinazione era il ‘Nepture’, il ristorante che cucinava il miglior pesce di tutta Harmony.
Uscita dall’auto, si diressero dentro il ristorante e, dopo che una cameriera li accompagnò al tavolo, presero posto.
Il tavolo era quadrato.
Ian si sedette sul lato che dava le spalle alla finestra vista mare.
Rosalyn si sedette sul lato alla sua destra.
Cristyn si sedette sul lato alla sua sinistra.
La ragazza guardò sua madre negli occhi e la donna ricambiò lo sguardo, sfidandola.
Improvvisamente si sentì catapultata indietro nel tempo, nel Medioevo.
Si sentiva come un cavaliere pronto a giostrare contro il suo avversario per conquistare il cuore della bella principessa, che in quel caso era Ian.
L’idea del suo professore vestito di rosa, la fece scoppiare a ridere.
“Che c’è da ridere?” chiese sua madre, acida.
Probabilmente pensava che stesse ridendo per qualcosa che la riguardava.
Quando avrebbe smesso di credere che il mondo girava intorno a lei?
“Niente” rispose, prendendo il tovagliolo per poi posizionarlo sulle gambe.
“Scusala, Ian” disse Cristyn, “A volte è persa nel suo mondo”
“Io la trovo una cosa ammirevole” ammise lui.
“Cosa?” chiese la donna, evidentemente stupita.
Anche Rose era stupita.
“Vorrei essere anch’io in grado di volare su un altro mondo con tanta facilità per lasciarmi i problemi alle spalle”
Cristyn bevve un sorso d’acqua, sorridendo, non sapendo bene cosa dire.
La giovane cercò di trattenere un sorriso compiaciuto.
Uno a zero per lei.
“Allora, Ian” disse Cris, ripartendo alla carica, “Come va al lavoro?”
“Molto bene, come sempre”
“E com’è la storia del professor Farrel? Ho sentito che forse non tornerà a scuola”
“Sì, in effetti Eddie non si sente molto bene e ormai la pensione è vicina”
“Quindi prenderai il suo posto?”
“Nel consiglio scolastico non ne abbiamo ancora parlato”
“Spero per te di sì. Sei un ottimo professore, da quello che mi dicono e sei l’unico che sia riuscito a far prendere una sufficienza a Rose senza che abbia avuto bisogno di ripetizioni”
“Ah, di solito prendi ripetizioni?” chiese Somerhalder, rivolgendosi alla sua studentessa.
“Verso la fine dell’anno. Giusto per riuscire a passarlo”
“Se vuoi ti posso inviare qualche esercizio in più via mail”
“Sarebbe un’ottima idea!” disse Cristyn.
“Sì, grazie” disse la giovane.
“Pronti ad ordinare?” chiese un cameriere, avvicinandosi al tavolo.
“Per me degli spaghetti allo scoglio” disse il professor Bollore.
“Anche per me” disse Cris.
“Per me, invece, un misto di pesce”
“Può tagliarle in pesce in piccole parti?” chiese sua madre al cameriere.
“Mamma, sono capace di tagliare il pesce”
“Lo so, ma a volte sei così sbadata. Si può fare?” chiese, rivolta al cameriere.
“Certo” disse lui.
“Potrebbe portarmi la lista dei vini?” chiese Ian.
“Subito signore”
E così dicendo, si allontanò dal tavolo.
Cristyn prese la mano di Ian e la strinse nella sua, sorridendo nella sua direzione.
Uno a uno.
Ma la guerra era appena iniziata.
Voleva renderla ridicola agli occhi di Ian?
Bene.
Si sarebbe rovinata con le sue stesse mani.
‘O forse no’, pensò la studentessa un’ora e mezza dopo, guardando annoiata fuori dalla finestra.
Per tutto il corso della cena, sua madre era riuscita a monopolizzare la conversazione, incentrandola su di lei.
Ogni qual volta Ian cercasse di parlare con lei, sua madre diceva una cosa e chiudeva il discorso.
Se prima erano a pari merito, ora Cristyn era in netto vantaggio.
Ma, la goccia che fece traboccare il vaso, fu quando si baciarono.
Si sfiorarono appena le labbra.
Sia chiaro, non iniziarono a limonare come due adolescenti presi da una crisi ormonale, il contatto durò solo qualche secondo, ma per Rosalyn fu come ricevere dieci pugnalate dritte al cuore.
“Scusatemi” disse, alzandosi dal tavolo.
A gran velocità si diresse verso l’uscita del ristorante.
Una volta fuori, l’aria gelida di Gennaio la colpì, facendola rabbrividire.
La ragazza si portò le mani sulle braccia e poi s’incamminò lungo il molo, fermandosi sulla piattaforma, guardando il mare.
Il cielo era limpido e il mare calmo, il che permetteva al riflesso della luna di non essere sfalsato.
Che stupida.
Aveva creduto veramente di poter passare il tempo con loro?
Aveva davvero creduto di riuscire a sopportare il modo in cui Ian trattava sua madre senza provare anche solo un minimo di gelosia?
La vita a volte era davvero ingiusta.
Perché proprio di lui?
Perché non poteva innamorarsi di un ragazzo della sua età?
Perché non poteva innamorarsi di Rob o di Matt?
Che cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quel dolore?
Poi con sua madre.
Non poteva scegliere donna peggiore e lei non poteva ritrovarsi avversaria peggiore.
Aveva già perso in partenza e quella cena era stato un modo contorto di sua madre per faglielo capire.
Lei non c’entrava nulla nel mondo di Ian.
Ed era quello che più la distruggeva.
Qualcosa di caldo le si poggiò sulle spalle.
Abbassò gli occhi.
Una giacca nera.
“Se non ti copri, finirai per ammalarti” disse Ian, posizionandosi di fianco a lei, mettendosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
Rose si strinse la giacca addosso e ne ispirò il profumo.
“Anche tu” disse poco dopo, buttandogli un’occhiata furtiva.
“Io ho degli anticorpi molto forti, a differenza tua”
“Mia madre esagera sempre. Sono solo un po anemica”
“L’anemia non è una cosa da prendere sottogamba, Rose”
“Mh” disse semplicemente.
“Perché te ne sei andata?”
“Avevo bisogno di prendere aria”
“Perché?”
“Avevo caldo” mentì.
“Chi dice una bugia non è figlio di Maria, Rose”
“Mi dava fastidio, ok?” sbottò esasperata, fissando il mare d’innalzi a lei.
“Ti dava fastidio cosa?”
“Lo sai benissimo cosa”
“No, non lo so. Ti prego, dimmelo”
“Mi dava fastidio il vostro stare insieme. Il vostro accarezzarvi, il vostro flirtare e il vostro baciarvi. Sei contento?”
“No, non lo sono, Rose” disse serio, “Non mi piace che tu stia così e neanche a tua madre. Mi dispiace che ti dia fastidio vederci insieme”
“Non è che mi da fastidio. E’ che…non ci sono abituata”
“Capisco, ma andartene via così non cambierà la situazione”
“Lo so. Sembrava una buona idea prima. L’ho fatto solo per rinfrescarmi un po le idee”
“Sai, anche io non ci sono abituato. Non mi è mai capitato di uscire con una donna che avesse già una figlia, per lo più mia alunna. E’ una novità anche per me. Forse abbiamo corso troppo, non dovevamo uscire tutti e tre insieme così presto. Dovevamo aspettare”
“Sì, lo credo anch’io”
“Ora stai meglio?”
Ros annuì.
“Bene. Sei sicura che sia tutto qui? Che non ci sia altro?”
‘In effetti c’è altro. C’è che sono gelosa marcia e che so che tutto questo non porterà a nulla di buono, ma me ne starò zitta. Zitta. Mentre tutto dentro di me fa a botte, va in frantumi, esplode, freme per uscire io, semplicemente, sto zitta. Me ne starò zitta per te. Me ne starò zitta perché so che potrei perderti da un momento all’altro. Perché la nostra relazione è appesa a un filo. Per tenerti stretto a me il più possibile’
“Non c’è altro”
“Vieni?”
“Sì, un secondo. Voglio stare qui a guardare ancora un po il mare”
“Va bene” disse il professor Stranamore, poggiandole una mano sulla spalle sinistra, “Ma sbrigarti, ti ho ordinato una fetta di torta al cioccolato”
La giovane annuì, sorridendo, “Ok”
Ian rimase li ancora un po, poi si diresse verso il ristorante.
Rosalyn girò la testa, per vederlo camminare.
‘Quando accadrà, no, non lo so, ma del tuo mondo parte farò. Guarda e vedrai, che il sogno mio, s’avvererà’, canticchiò mentalmente, ‘La devo smettere di guardarmi la sirenetta’.
 
Era domenica pomeriggio e Rosalyn si trovava a casa di Cher.
L’amica si stava riprendendo da una brutta influenza e, ora che non era più contagiosa, le era stato dato il permesso di andare a trovarla.
Le stava raccontando tutto quello che si era persa in quei giorni di scuola.
Dalla ferita che aveva causato al suo professore alla cena avvenuta la sera prima.
“Scusami, Rose, eh, ma io tua madre l’avrei fucilata!”
“Guarda non sei l’unica” disse, lasciandosi cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini, accanto all’amica. “Uccidi me, ti prego”
Cher rise, “Perché?” chiese ridacchiando.
“Perché mi sono innamorata di una persona irraggiungibile!”
“Oh, Rose, quello capita” disse, guardandola affettuosamente.
“Capita? Ma cosa capita? Un incidente capita, una bestemmia capita, una cacca sotto la suola delle tue scarpe preferite capita. Che ne so, un temporale, un infarto, un bicchiere che cade e si rompe, tagliarsi con un foglio, un quattro in matematica, un’unghia spezzata, perdere un treno, bruciare una torta, inciampare, questo capita. Non un amore, non un dolore. Amare, o soffrire, non capita. Amare è. E’ la consapevolezza che ti stai cacciando in un guaio.  E’ la consapevolezza che se non lo fai probabilmente te ne pentirai per tutta una vita, intera”
“Quindi tu lo hai fatto perché lo volevi? Nel senso, ti sei innamorata di Ian consapevolmente? E’ questo che stai cercando di dirmi?”
“Ti sto dicendo che inconsapevolmente mi sono innamorata di Ian consapevolmente”
“Quello che dici non ha senso, Rose”
“L’amore non ha senso!”
“Ok, adesso invece stai delirando. Ti ho attaccato la febbre?”
“Cher, è una cosa seria! Non posso neanche tornare a casa per la paura di ritrovarmelo lì”
“Ti passerà, Ros”
“E se non mi passasse?”
“Te lo assicurò, ti passerà. E un giorno riderai ripensando alla sclerata che stai facendo in questo momento. Devi solo aspettare”
“Lo sappiamo entrambe che non sono brava in questo”
“Sì, ma ti voglio bene anche così”
“Anche io ti voglio bene. Ti va di diventare lesbiche?”
“E Dean?”
“Mh, potrebbe essere il tuo amante. Ti prego, diventiamo lesbiche, così saremo sicure di amarci per davvero”
Cher rise, “D’accordo, saremo lesbiche”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera, meraviglie!
Sono in super ritardo per uscire, perciò non mi dileguerò molto.
Che dire? Capitolo interessante per Rose.
Ho adorato scrivere la scena dell’infermeria. Non è successo molto apparentemente, ma, tutti questi piccoli episodi ‘intimi’ servono per Ian. Servono per fargli aprire paino, piano gli occhi e il cuore.
Per la cena ero partita con l’idea che doveva essere una serata piena di frecciatine e, perché no? Magari ci sarebbe stato un confronto tra madre e figlia, con Ian che sventolava il tovagliolo come bandierina e diventava neutro come la Svizzera, poi ho  cambiato idea e spero vi sia piaciuta lo stesso.
Infine si vede Rose con Cher, la sua amica, la sua ancora di salvezza nei momenti di sconforto. La vedremo sempre al suo fianco, quando avrà bisogno di una mano.
Buona lettura, vi amo ♥
 

Ps. Questo è il vestitino di Rose

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 18
*** Non diventerò anoressica, mangerò solo un po di meno. ***


NON DIVENTERO’ ANOERESSICA, MAGERO’ SOLO UN PO DI MENO
-Capitolo diciotto-
 
 
 
 
 
 
Occhi in lacrime, ossa sporgenti
e freddo
vene secche e sangue sui polsi,
catene che stringono e rinchiudono la mente
nel suo angusto spazio
una ingannevole volontà
assoggettata a un subdolo tiranno
che striscia sottopelle.
Labbra viola e pelle secca,
è questa la perfezione?
volo e osservo dall'alto,
esco dalla mia prigionia
e vedo da fuori
la mia distruzione interna.
Lotto
e un giorno tutto questo
avrà il profumo di un ricordo
 
{Anonimo}
 
 
 
 
 
 
 
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’
Quella era la frase che Rosalyn continuava a ripetersi mentalmente.
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’, ancora una volta.
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’, ancora una.
La ragazza si raccolse i capelli con una mano sopra la testa e poi lasciò che le ricadessero dietro la schiena e lungo le spalle candide.
Si guardò allo specchio e si posò entrambe la mani sulla pancia. Poi, lentamente, le fece scorrere lungo le cosce, guardando ogni centimetro di pelle con occhio citrico.
Quello che vedeva non le piaceva affatto.
Era tutto sbagliato, tutto messo male.
Tutto così…grosso.
Era un normalissimo martedì mattina.
Gennaio era passato, lasciando le porte aperte a Febbraio.
Rose deglutì, sentendo lo stomaco brontolare, cercando di attirare la sua attenzione.
‘Smettila’, lo riproverò.
Lui brontolò ancora più forte.
Sospirò.
‘E va bene’
Indossò una maglietta e si diresse in cucina.
Dalla credenza prese un bicchiere, che poi riempì d’acqua, e da un cassetto una berretta ai cereali che dimezzò.
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’
Mise il pezzo di barretta rimanete nel suo involucro.
‘Lo mangerò a metà mattinata’
Finì di bere l’acqua, ripose il bicchiere nel lavandino e poi tornò nella sua stanza per mettersi la felpa e prendere lo zaino.
Era da qualche settimana che andava a scuola a piedi.
Da quando sua madre le aveva detto che stava diventando una balena e che, se continuava così, avrebbe dovuto essere spostata da una stanza all’altra con la carriola.
Di solito non ascoltava quello che le diceva, ma, Rosalyn si trovava in un momento molto delicato della sua vita.
L’uomo di cui era innamorata stava con sua madre, ovvero la stessa persona che le aveva detto di essere una balena e tutto quello che usciva dalla sua bocca ora assumeva tutt’altro significato.
Sua madre era magra, ecco perché Ian stava con lei.
Era magra.
Alta.
Bella.
Era perfetta.
A suo contrario.
Ed ora eccola lì, a morire di fame per essere come l’ultima persona a cui avrebbe mai pensato di ispirarsi.
Ed ora eccola lì, ad arrancare fino a scuola, cercando di non cadere.
Si sentiva così stanca.
Così affamata.
Chiuse gli occhi, pensando così di avere un po di sollievo.
‘Butta mossa’, pensò, quando intorno a lei tutto iniziò a girare.
Con una mano si poggiò al tronco freddo e umido di un albero li vicino.
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’, si ripetè, per darsi forza.
Prese un bel respiro profondo, riempiendo bene i polmoni, sperando, nel profondo, di riempire anche lo stomaco.
Non mancava molto per arrivare a scuola.
Qualche metro e avrebbe potuto sedersi.
Si sistemò lo zaino sulle spalle e riprese a camminare.
“Rose!” esclamò Cher, sventolando una mano, per farsi vedere dall’amica.
“Ciao” disse Rosalyn, una volta raggiunta davanti all’entrata dell’edificio.
A fare i gradini aveva barcollato un po e se Cher glielo avesse fatto notare le avrebbe detto che era colpa del ghiaccio che li ricopriva.
“Hey, ma stai bene?” le chiese l’amica.
“Sì, perché?”
“Ti vedo pallida”
“Io…cioè, no, in realtà non sto bene” mentì.
“E si vede. Hai una bruttissima cera. Cosa ti senti?” chiese, poggiandole una mano sulla fronte.
“N – niente di particolare. Solo un po di nausea”
“Magari ti ho attaccato l’influenza”
“Può essere, ma non credo”
“Vieni” disse Cher, prendendola sotto braccio, “Entriamo. Non voglio che prendi freddo”
Ros le sorrise, maledicendosi per essere un’amica così pessima con lei.
 
Ora di pranzo.
Il momento più difficile per Rosalyn negli ultimi giorni.
Branchi di persone affamate che le mangiavano - qualsia cosa capitasse a tiro - sotto gli occhi.
Con una scusa, la ragazza si staccò dal gruppo di amici, in fila per prendere il pranzo, e si diresse in bagno, dove rimase chiusa dentro una toilette per circa una ventina di minuti.
Il giramenti di testa era peggiorati.
Ora le venivano anche con gli occhi aperti.
Il suo stomaco brontolò.
‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’
Cercò di pensare ad altro, di distrarsi, ma la fame era troppa.
Probabilmente non aveva mai provato così tanta fame in tutta la sua vita.
In più ora le doleva anche la testa.
Prese lo zaino che aveva poggiato ai suoi piedi, lo aprì e ne tirò fuori delle pastiglie per il mal di testa e la barretta di cereali di quella mattina.
Uscì dalla toilette, si avvicinò a un lavandino e aprì l’acqua.
Scartò la barretta e me mangiò un pezzettino, poi chinò la testa e si mise la pillolina in bocca, facendola scendere bevendo un po d’acqua.
Chiuse il rubinetto e si alzo, asciugandosi la bocca con il dorso della mano.
Si guardò nello specchio arrugginito e pieno di sfrisi di fronte a lei.
La fronte le sudava e piccole goccioline di sudore attraversavano il suo viso pallido, per poi percorrere la linea dritta del collo.
‘Posso farcela’, pensò. ‘Non diventerò anoressica, mangerò solo un po’ di meno’
Si sistemò i capelli e uscì dal bagno.
Percorrendo il lungo corridoio che avrebbe dovuto condurla alla sala mensa, vide, attraverso le vetrate, che molti studenti compresi i suoi amici, erano usciti nel cortile. Così, decise di deviare e raggiungerli.
Almeno non erano più in mensa.
“Che ci fate qua fuori?” chiese la studentessa, sedendosi accanto a Robert.
Non si erano visti molto da quel piccolo episodio delle gonna.
Un po perché lui aveva ripreso gli allenamenti di baseball e di basket, un po perché - e Rosalyn non riusciva a capirne il motivo - cercava di evitarla.
“Volevamo prendere un po di aria fresca” rispose Cher, poggiando la testa sulla spalla destra di Dean.
“Hai già mangiato?” le chiese Robert, mostrandole il panino che teneva in mano.
“Sì, sì”
“Cosa? Sei sparita e non ti ho più visto” disse Cher.
“Ho preso un panino prima di venire qui e adesso finisco questa barretta” rispose la ragazza, mostrando il pezzettino di barretta che le era rimasto.
Lo mise in bocca e iniziò a masticare.
Si alzò, per andare a buttare la carta, ma subito si rimise a sedere.
La testa aveva iniziato a girarle vorticosamente
“Forse dovremmo rientrare. Rose, non mi sembra che tu stia bene”
“N - non è niente” disse, sventolandosi una mano vicino al viso, per farsi un po d’aria.
“A me non sembra” disse Rob.
“Sto bene, ho detto” disse secca, alzandosi.
Improvvisamente, una forte fitta le compì una tempia, le vista si iniziò a offuscarsi, diventando nera con dei puntini bianchi.
Rose svenne.
 
Robert
Una cosa che Robert aveva imparato durante tutti gli anni di allenamenti, era che bisognava avere i riflessi pronti. Così, quando vide Rose barcollare e faticare a stare in piedi, gli ci volle un attimo a capire che sarebbe caduta da un momento all’altro.
Si alzò giusto in tempo per afferrala e impedirle di cadere a terra, buttandosi in ginocchio sotto di lei.
Ora la teneva fra le braccia e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era a cosa le fosse accaduto.
“Rose?” la chiamò, quando vide che la ragazza iniziò a muovere le dita delle mani. “Rosie Posie?”
“Ian” sussurrò lei.
“Cosa?” chiese il giovane.
“Ian” ripetè.
‘Ian? Chi è Ian?’, si chiese.
“Che succede?” chiese il professor Somerhalder, avvicinandosi, facendosi strada tra l’orda di studenti che si era creato intorno  a lui.
Vide il suo sguardo contrarsi alla vista di Rose sdraiata tra le sua braccia.
“Che succede Collins?” ripetè il professore, accovacciandosi accanto a lui, prendendo la mano della sua amica, per sentire il polso.
“Non lo so!” rispose, in preda al panico, “Non lo so!” ripetè.
Con movimenti impercettibili, Rose mosse la mano, intrecciando le dita con quelle del professore.
“Rose?” la chiamò Ian, scostandole una ciocca di capelli umidiccia dal viso.
Robert assunse un’espressione confusa.
Quel contatto, che poteva sembrare del tutto casuale, ai suoi occhi non lo fu affatto.
“Ian” sussurrò Rosie Posie.
‘Ian’, ripetè.
“Starà bene” gli disse il professore, avvicinandosi ancora di più per poi prendere Rosalyn tra le braccia. “Starai bene” disse, questa volta rivolgendosi a lei, per poi scomparire dentro l’edificio.
Robert rimase immobile.
Le ginocchia che iniziavano a pizzicare per via della ghiaia che, lentamente, si stava conficcando nella sua palle, trapassando i jeans.
Le braccia lasciate cadere lungo i fianchi.
L’espressione quasi incredula.
Ora capiva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Lo so cosa state per dire.
State per dire ‘Ma perché questo capitolo è così corto?’
Semplice.
Volevo che il tutto fosse coinciso.
Ho voluto trattare il tema dei problemi alimentari come l’ho vissuto io.
Sia chiaro, non sono mai stata anoressica, ma mi è capitato di rimanere giorni e giorni mangiando pochissimo, sperando di dimagrire, ma la cosa non è durata molto, non solo perché ho paura di diventare anoressica, ma anche perché sono sempre stata una ‘bella bocca’ - come si dice da me -  e il richiamo del cibo era troppo forte.
Per fortuna non sono mai svenuta e, a parte qualche giramento di testa, non sono mai stata male.
Devo dire che sono anche stata fortunata, perché i miei non mi hanno mai fatto pesare quei chiletti in più.
Credo che l’anoressia sia uno dei problemi più grandi della nostra società, per questo l'ho voluto trattare.
Naturalmente non ho approfondito molto, altrimenti avrei dovuto cambiare il rating della storia.
Spero di non avervi deluso e che vi sia piaciuto.
Un bacio.
 
Ps. Vi consiglio di leggere ‘L'elefante e la farfalla - Michele Zarrillo’. Quando l’ho ascoltato ho pansato subito a Rose - che è l’elefante - e dedica questa canzone a Ian - che è la farfalla.

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Capitolo 19
*** Save you. ***


SAVE YOU
-Capitolo diciannove-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Caroline!” urlò Ian, stringendo a se Rosalyn, “Caroline!” urlò di nuovo, correndo su per le scale, raggiungendo il terzo piano.
“Che succede?” chiese la signorina Evans, andandogli incontro.
“Caroline, devi aiutarmi” disse, cercando di riprendere un po fiato.
“Che cos’ha Rose?” chiese, vedendo la ragazza che teneva stretta a se.
“Non lo so” rispose, facendo trapelare dalla voce il panico che lo stava invadendo.
“Va bene, portala in infermeria” disse la donna, facendogli strada verso la stanza.
Una volta dentro, Somerhalder adagiò la studentessa sul lettino.
“Che devo fare?” chiese, “Chiamare l’ambulanza? Ma qual è il numero? 119…no, no 191, no…991! Chiamo il 991?”
“No, Ian, stai tranquillo. Non sembra niente di grave. Ora devi uscire, però”
“U – uscire?” chiese, afferrando la mano di Rosalyn, “Non se ne parla nemmeno! Io resto qui con lei!”
“Ian, devo visitarla, non puoi stare qui” disse Caroline.
In quel momento, Mr. Controllo aveva…perso il controllo.
“Ma..”
“Piuttosto, perché non contatti i genitori?”
Ian fissò Rose, immobile, con la pelle bianca e la fronte sudaticcia.
Completamente inerme.
Le era successo qualcosa e lui non aveva potuto impedirlo.
Non l’aveva potuta proteggere.
‘Che hai fatto, Rose?’
“Ian, ti prego” disse la signorina Evans, richiamando la sua attenzione.
“Sì, un attimo”
Si chinò verso Rosalyn.
Avrebbe voluto baciarla.
Avrebbe voluto baciare quelle labbra dischiuse.
Avrebbe voluto baciare quelle labbra screpolate e umidicce.
Lo stava per fare, quando, a metà strada si bloccò.
No, non poteva farlo.
Non davanti Caroline.
“Andrà tutto bene, Rose” le disse, massaggiandole il dorso della mano che teneva stretta nella sua con il pollice. “La signorina Evans ti aiuterà. Io sono qua fuori, va bene? Non ti abbandonerò, te lo prometto. Sono qua fuori” disse.
La guardò ancora per qualche secondo, poi si rimise in posizione eretta.
“Se sta male, se vedi che non riesci a capire che cos’ha, chiamamii. Sono qua fuori” disse serio.
“Va bene”
Massaggiò la mano della ragazza per l’ultima volta, poi uscì dall’infermeria, chiudendosi la porta alle spalle.
Si avvicinò alle vetrate che davano sul cortile.
Gli studenti erano rientrati per completare le ore di lezione.
‘Devo chiamare Cris’, pensò, prendendo il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans.
Il cellulare squillò un bel po' di volte prima che la donna rispondesse.
“Pronto?”
“Cris”
“Ciao, Ian! Come stai?”
“S- sto bene, ma…”
“Dalla tua voce non si direbbe” lo interruppe lei.
“Sì, bè, in effetti non sto bene”
“Che succede?”
“Si tratta di Rose”
“Cos’ha combinato?” chiese Cristyn, cambiando subito il tono della voce.
“Niente. E’ appena stata male”
“Ah. E allora perché mi hai chiamato?”
Ian si accigliò, “Perché è tua figlia”
“Mh, e allora?”
“Bè, non credi sia il caso di tornare a casa per vedere come sta?”
“Se dovessi tornare a casa ogni volta che sta male, non lavorerei più Ian” disse, ridendo.
“Sì, ma qui non stiamo parlando di un mal di pancia o di un mal di testa. Rose è stata davvero male. E’ svenuta”
“Va bè, dai. Ci sei li tu, no?”
“Sì, ma lei ha bisogno di sua madre!”
Somerhalder non riusciva a capire.
Perché Cristyn si stava comportando in quel modo?
Sua figlia stava male e lei sembrava infischiarsene.
“Ian, non posso tonare a casa ora”
“Oh, invece sì che puoi. E se non l’hai capito, ti sto obbligando” disse il professore, poi, non sentendo risposta dall’altro capo del telefono, aggiunse, “Ah, e ti consiglio di prendere il primo volo, perché se non torni entro sera, puoi benissimo scordarti della nostra amicizia  e della nostra piccola recita”
E così dicendo, chiuse la comunicazione.
In quel preciso istante, la signorina Evans uscì dall’infermeria.
“A - allora?” chiese Ian, vedendola, “Come sta?”
“Stai tranquillo, Ian. Rose sta bene, ora dorme. Le ho fatto un’iniezione”
“Che cosa aveva?”
Caroline sospirò “La poverina non mangiava da giorni”
“Non mangiava?”
La donna annuì, “Ha tutti i sintomi di un digiuno forzato”
“Per questo è svenuta?”
“Sì, ha avuto una calo di zuccheri”
“Però ora sta bene, giusto? Non ha bisogno di andare all’ospedale?”
“L’unica cosa di cui ha bisogno è mangiare e bere qualcosa che non sia acqua”
“O – ok, allora vado a prenderle qualcosa per quando si risveglierà. Tu starai qui con lei, vero?”
“Non la perderò di vista neanche un secondo”
“Bene” disse lui, girandosi.
“Ah, Ian?”
“Sì?”
“Come amica e come collega vorrei darti un consiglio spassionato”
“Certo”
“Non affezionarti mai troppo ai tuoi alunni”
Somerhalder corrugò la fronte e annuì, poi corse giù per le scale.
Si sentiva felice e sollevato.
‘Rose sta bene. Rose sta bene!’, continuava a pensare.
Per fortuna quel pomeriggio non aveva lezione, perciò potè uscire dalla scuola senza problemi.
Prese il cellulare a cui attaccò le cuffiette e si mise ad ascoltare un po di musica, giusto per rilassarsi e ricomporsi.
In pochi secondi aveva vissuto la paura e la felicità in un modo che non aveva mai provato prima e ora si sentiva leggermente scosso.
Come canzone capitò ‘Save you’ dei Simple Plan - 
http://www.youtube.com/watch?v=ScfQDcFYUvQ.
 
Take a breath
Faccio un respiro
I pull myself together
Mi ricompongo
Just another step till I reach the door
Ancora un gradino e poi arriverò alla porta
You’ll never know the way it tears me up inside to see you
Non saprai mai che vederti mi lacera dentro
I wish that I could tell you something
Vorrei riuscirti a dire qualcosa
To take it all away
Per far passare tutto questo
Sometimes I wish I could save you
A volte vorrei poterti salvare
And there’re so many things that I want you to know
E ci sono così tante cose che vorrei tu sapessi
I won’t give up till it’s over
Non smetterò finché non sarà finita
If it takes you forever I want you to know
Se ti ci vorrà un'eternità, voglio che tu lo sappia
When I hear your voice
Quando sento la tua voce
Its drowning in a whisper
Annego in un sospiro
It’s Just skins and bones
E’ ridotta all'osso
There’s nothing left to take
Non c'è più niente da prendere
No matter what I do I can’t make you feel better
Non importa quel che faccio, non riesco a farti stare meglio
If only I could find the answer
Se solo potessi trovare la risposta
To help me understand
Per aiutarmi a capire
Sometimes I wish I could save you
A volte vorrei poterti salvare
And there’re so many things that I want you to know
E ci sono così tante cose che vorrei tu sapessi
I wont give up till it’s over
Non smetterò finché non sarà finita
If it takes you forever I want you to know
Se ti ci vorrà un'eternità, voglio che tu lo sappia
That if you fall, stumble down
Che se cadrai, inciamperai
I’ll pick you up off the ground
Ti tirerò su da terra
If you lose faith in you
Se perderai la fiducia in te
I’ll give you strength to pull through
Ti darò la forza per farcela
Tell me you won’t give up cause I’ll be waiting
Dimmi che non lascerai perdere, perché ti aspetterò
If you fall
Se tu cadrai
Oh you know I’ll be there for you
Oh, tu lo sai che sarò lì per te
If only I could find the answer
Se solo potessi trovare la risposta
To take it all away
Per far passare tutto questo
Sometimes i wish i could save you
A volte vorrei poterti salvare
And there’re so many things that I want you to know
E ci sono così tante cose che vorrei tu sapessi
I wont give up till it’s over
Non smetterò finché non sarà finita
If it takes you forever I want you to know
Se ti ci vorrà un'eternità, voglio che tu lo sappia
I wish I could save you
Vorrei poterti salvare
I want you to know
Voglio che tu lo sappia
I wish I could save you
Vorrei poterti salvare
 
Ian aveva camminato per circa un’ ora, raggiungendo un piccolo chiosco dove aveva comprato dei panini, un insalata, delle patatine e due bottigliette di Coca Cola per Rose.
Sulla strada di ritorno verso la scuola, si fermò anche a prenderle un mazzo di fiori.
Dopo varie indecisioni, aveva optato per un bel mazzo di narcisi.
Arrivato a scuola, percorse le scale di corsa, giusto in tempo per vedere il preside Davis uscire dall’infermeria.
Probabilmente era stata Caroline a chiamarlo.
“Ian” disse la signorina Evans, ferma sulla porta, facendogli segno di avvicinarsi.
“Caroline. Ho visto il preside”
“Sì, l’ho avvertito di quello che era successo a Rosalyn. Stava giusto andando a chiamare la madre”
“Bene”
Ci fu una pausa d silenzio.
“Vuoi vedere Rosalyn?” gli chiese Caroline.
“Posso?” chiese, speranzoso.
“Certo”
La signorina Evans si fece da parte, permettendogli così di entrare nella stanza.
Rosalyn era sveglia e, quando sentì un rumore, girò il viso verso di lui.
Sorrise lievemente e lui ricambiò.
Se prima era preoccupato adesso era arrabbiato.
“Vi lascio soli” disse Caroline, uscendo dall’infermeria.
“Come stai?” le chiese Somerhalder.
“Sono ancora debole, ma sto meglio, grazie”
“Sono arrabbiato, Rosalyn”
“Lo so”
“Sono molto arrabbiato, ma sto cercando di controllarmi”
“Lo so”
Lo sapeva?!
E allora perché si era comportata da sciocca?
“Perché lo hai fatto allora? Perché hai smesso di mangiare?”
‘Per essere come la tua ragazza’, pensò Rosalyn, girando il viso verso la finestra.
“Guardami in faccia, Rose” disse, sempre con tono di finta calma.
La ragazza rigirò il viso verso di lui. Gli occhi lucidi.
“Per dimagrire velocemente, va bene? Non sarei diventata anoressica, avrei mangiato solo un po' di meno. Non era mia intenzione stare male. Volevo…volevo solo dimagrire. Volevo…volevo..”
Non completò la frase, troppo scossa dai singhiozzi.
Ian si avvicinò a lei e l’abbracciò.
“Va bene” disse, con la bocca a contatto con i suoi capelli, “Va tutto bene. Non piangere, Rose. Per favore, non piangere”
La giovane gli fece passare le braccia intorno alla vita, abbracciandolo.
“Non volevo stare male” ripetè, “Volevo solo essere magra”
“Ma tu sei magra, Rose”
“No, invece”
“Sì, che lo sei. Anzi, sei giusta. E’ così che dovrebbero avere il corpo le ragazze della tua età. Tu sei bellissima, così come sei”
Perché non riusciva a capire che era stupenda?
“Rose, per favore, non farlo più. Mi hai fatto preoccupare. Io…cosa avrei fatto senza di te?”
“Tu hai mia mamma” disse, tirando su con il naso.
“Ma lei non è te, Rosalyn” disse Somerhalder, staccandosi dalla studentessa. Con più delicatezza possibile, le poggiò una mano sulla guancia sinistra, asciugandole con il pollice una lacrima che stava scivolando lungo la guancia pallida, che aveva riacquisito un po di colore. “Lei non è te” ripetè, guardandola dritto negli occhi. “E tu non sei lei. Ed è proprio per questo che io…”
“Che tu?” lo incitò.
“Che io…”
‘Che io ti amo’
Ed ora tutto diventava più chiaro.
Lui era innamorato di Rosalyn.
Lui l’amava.
Ecco perché era quasi morto, vedendola ridotta in quello stato.
Lui…lui l’amava.
“Niente” disse l’uomo, schiarendosi la gola, “Promettimi solo che non lo rifarai mai più”
“Te lo prometto” disse, annuendo.
“Dio, se mi hai fatto spaventare! Quante volte ti ho detto di mangiare?”
“In realtà solo una volta. Dopo capodanno, se proprio vogliamo precisare”
Lui sorrise, poi tornò serio.
“Rose?”
“Sì?”
‘Ora ti bacerò’, pensò, guardando le sue labbra, ‘Non c’è nessuno e ti bacerò’
“Io…” sussurrò, avvinandosi al suo viso, “Ti devo dire una cosa”
“Cosa?”
Il suo alito caldo sul suo naso.
L’avrebbe baciata e poi?
Poi, se Cristyn aveva ragione, anche lei avrebbe ricambiato il bacio, altrimenti…bè, altrimenti avrebbe fatto bene a trovare un altro posto dove vivere.
Le loro labbra stavano per sfiorarsi, quando qualcuno bussò alla porta.
Ian si allontanò di scatto, alzandosi dal lettino mentre Rose chinava la testa in avanti.
“Quindi, non farlo più” disse lui, dicendo la prima cosa che gli passasse per la testa.
“Sì, prof” disse Rosalyn.
Somerhalder si girò poi verso la porta, incontrando lo sguardo di Collins.
“Disturbo?” chiese Robert.
“No, certo che no” rispose il professore. Poi, rivolgendosi alla ragazza, “Ho chiamato tua madre, dovrebbe essere qui fra qualche ora, appena trova un volo. Vado a prendere la macchina, così ti riporto a casa io”
“Grazie, professor Somerhalder”
Ian annuì e poi si girò, uscendo dall’infermeria, senza però prima buttare un’occhiataccia al ragazzo.
Non gli piaceva Collins e non gli sarebbe mai piaciuto.
 
Rose
Rosalyn vide il suo professore uscire dall’infermeria e tirò un sospiro di sollievo, cercando di ricomporsi.
Sbagliava o prima stava succedendo quello che lei praticamente sognava tutte le notti?
Ian la stava davvero per baciare?
Scosse la testa.
‘Oh, Rose, quante stupidaggini! Ti sembra che Ian ti voglia baciare?’
“Come stai?” le chiese Robert, avvicinandosi.
“Meglio, grazie. E grazie anche per avermi afferrata prima. Senza di te mi sarei di certo sfracellata al suolo”
“Dovere” rispose lui, mettendosi le mani nelle tasche anteriori dei jeans, guardandosi intorno. “Bei fiori” disse dopo, indicando con un cenno della testa un mazzo di narcisi vicino alla sua gamba destra.
Non l’aveva neanche notato.
Glieli aveva portati Ian.
“Vero?” chiese, sfiorando con la punta delle dita un fiore.
“Te li ha regalati il prof?”
“Sì, voleva assicurarsi che stessi bene”
“Un pensiero gentile, no?”
“Immagino di sì” rispose la ragazza, chiudendosi nelle spalle.
“Forse un po troppo gentile”
Rose corrugò la fronte, ‘Dove vuole arrivare?’
“Non sono mai stato bravo con i discorsi, perciò vorrei passare subito al sodo di questa nostra piccola discussione, se per te va bene”
“Non sapevo neanche che stessimo discutendo, ma, ok”
“So cosa sta succedendo”
“Mh, a cosa ti riferisci di preciso? Al fatto che non ho mangiato per un certo periodo di tempo? Se vuoi farmi la ramanzina ci ha già pensato il prof e sono sicura che quando Cher lo verrà a sapere, perché sappiamo entrambi che lo verrà a sapere, mi prenderò una bella strigliata anche da lei”
“No, non mi stavo riferendo al tuo comportamento da incosciente. Mi stavo riferendo al fatto di avere una relazione extra scolastica con il nostro professore di storia”
Rose guardò l’amico, rimanendo in silenzio per qualche secondo, poi scoppiò a ridere.
“Che c’è?” sbottò lui, tirando fuori le mani dalle tasche per chiuderle in due pugni posizionati lungo i fianchi.
“S - scusa” disse la studentessa, cercando di trattenersi, “E questa da dove ti è uscita Rob? Io e Ian che abbiamo una relazione? Non ho mai sentito niente di più cretino, scusa”
“Bè, se avete o no una relazione questo non lo so, ma di una cosa sono sicuro: tu provi qualcosa per lui”
A quelle parole, Ros smise di ridere.
“E’ lui il ragazzo per cui mi hai rifiutato, vero?”
“Non credo che siano affari che ti riguardano”
“Ammettilo, Rose. E’ lui. L’ho capito, ormai. Ho visto prima, come lo chiamavi, come lui è sempre li a proteggerti, come tu sei sempre pronta a difenderlo. Con me…con me non l’hai mai fatto”
“Robert, io…”
“Ammettilo e basta, ok?” disse, “Ti prego, Rosie Posie” aggiunse, con tono più dolce.
La giovane sospirò, “Sì, è lui il ragazzo che amo” disse, per poi rendersi conto che quella effettivamente era la prima volta che lo diceva ad alta voce e quelle parole presero un significato più concreto nella sua testa.
“Devi farla finita” disse Robert, ritornando freddo.
“Finire cosa?”
“Questa cosa. Questa cosa che provi per lui deve finire”
“Scusami, Rob, ma tu mi stai chiedendo di smettere di amare una persona? Così, di punto in bianco?”
“Sì”
“Tu sei tutto scemo”
“No, quella scema sei tu! Sai cosa potrebbe succedere se ti beccano? Lui si scorda di poter ancora insegnare in questa città e tu ti scordi di poter ricevere il diploma quest’anno”
“Come fai a sapere che sto facendo due anni in uno?”
Rosalyn, all’inizio dell’anno scolastico, aveva fatto la richiesta di poter finire un anno prima la scuola  e, visto che comunque era una brava studentessa, il preside le aveva accettato la proposta.
“Ho sentito mio padre parlarne qualche giorno fa con il preside Davis, visto che sono grandi amici”
“Certo”
“Comunque, non cambiare argomento. Devi smetterla o qualcuno si farà male”
“Qui l’unica che si fa male sono io. Non ho nessuna relazione con il prof semplicemente perché lui non prova niente per me. Sta con mia madre, va bene? Io per lui sono solo la figlia della sua fidanzata. Ecco perché l’hai visto un po' premuroso nei miei confronti. Sono io che mi faccio del male sperando di poter essere ricambiata un giorno”
“E allora smetti. Smetti di fare la masochista”
“Non posso”
“Sì che puoi”
La ragazza scosse la testa, “No, io…io lo amo, Rob. Non posso, capisci? L’amore che provo per lui è l’unica cosa che mi fa sentire viva in questo momento”
“Per questo non hai mangiato per giorni?”
“Quello che provo per Ian non c’entra con quello che mi è successo adesso e se tu fossi mio amico accetteresti quello che ti sto dicendo”
“Ma è appunto perché sono tuo amico che non lo accetto!”
“No, tu ti comporti così perché provi qualcosa per me e fai il geloso!”
“Perché io voglio il meglio, SEMPRE”
“Ma io non sono il meglio per te!”
“Non per me, per te! Io voglio il meglio per TE!”
“Ma il meglio per me è Ian”
Robert chiuse la mascella.
“Rose?” chiamò Somerhalder, facendo capolino sulla porta, “Dobbiamo andare”
“Sì” disse lei, annuendo. “Discuteremo più avanti”
Robert annuì, “Sì. Rimettiti” disse, girandosi e dirigendosi verso al porta. “Prof” disse a mo di saluto, prima di andarsene.
“Collins” disse lui. “Tutto bene?” chiese a Rose una volta rimasti soli.
“Sì, più o meno. Abbiamo avuto una piccola discussione”
“Perché? Sempre se posso chiedertelo”
“Per il fatto del cibo. E’ un po' arrabbiato, ma gli passerà”
“Va bene” disse Ian, avvicinandosi a lei, “Prendi il mazzo di fiori, che ce ne andiamo”
“Sì” disse la studentessa, scostandosi le coperte per scendere dal lettino.
“Oh, no, Rose” disse Ian, fermandola, “Non voglio che cammini”
“E come pretendi che arrivi alla macchina? Volando? Hai della polvera magica nella giacca?”
“No, così” rispose il professor Bollore, prendendola in braccio.
“Oh” disse Ros, allacciando le braccia intorno al suo collo, “Vuol dire che viaggerò comoda” disse, un po' imbarazzata.
Lui le sorrise.
“Tua madre mi ha appena scritto un messaggio. E’ sull’aereo e fra un’ora sarà qui”
“Mh? Perché sta tornando?”
“Te l’ho detto prima. L’ho chiamata”
“Perché?”
“Perché stavi male”
“E allora?”
“Le ho detto di tornare a casa perché stavi male e avevi bisogno di lei”
“E sei riuscito a convincerla?” chiese, stupita.
“Ho dovuto alzare un po' la voce, ma alla fine ce l’ho fatta”
“Immaginavo”
Tra i due cadde il silenzio.
Rosalyn poggiò la testa sulla sua spalla sinistra.
“Ah, Ian?”
“Sì”
“Grazie per i fiori. Sono meravigliosi”
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Rieccomi con questo nuovo capitolo.
Spero vi sia piaciuto e, sinceramente, è tutto il giorno che scrivo perciò vorrei andare a letto ad ascoltarmi un po di musica, rilassarmi e pensare al prossimo capitolo!
Vorrei ringraziarvi tutte per le magnifiche recensioni che mi lasciate e soprattutto per LE recensioni che ad ogni capitolo non vi dimenticate di fare. Questo per me è molto importante.
Vi chiedo scusa se a volte non rispondo o rispondo in modo frettoloso, solo che non so mai cosa dirvi perché siete fantastiche**
 

 

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Capitolo 20
*** Un bacio rubato. ***


UN BACIO RUBATO
      -Capitolo venti-      
 
 
 
 
 
 
 




Rosalyn si sistemò la coperta sulle spalle, scivolatale via qualche minuto prima.
Era un tranquillo venerdì mattina e, come sempre quando non aveva niente da fare, se ne stava su facebook ad annoiarsi un po, ascoltando la musica.
“So wake me up when its all over, when I’m wiser and I’m older. All this time I was finding myself, and I didn’t know I was lost” canticchiò.
Si alzò, per permettere alla gamba sinistra di piegarsi e finire sotto il suo sedere e riportò la sua attenzione allo schermo del PC.
“Wish that I could stay forever this young. Not afraid to close my eyes. Life’s a game made for everyone, and love is the prize” canticchiò ancora.
Era passata circa una settimana da quando si era sentita male a scuola e, sotto stretta sorveglianza del professor Bollore, aveva ripreso a mangiare. Anzi, probabilmente, ora stava mangiando molto più di prima.
Fissò il mazzo di fiordalisi che aveva posizionato sulla scrivania, in modo che durante la giornata potessero stare al sole.
Sorrise come un’ebete.
Avrebbe di certo iniziato a fantasticare su lei, Ian e una bella vacanza al mare, quando la sua attenzione fu attirata da una specie di ‘Bip’ proveniente dalla casella di posta della sua mail.
Incuriosita l’aprì.
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.35
OGGETTO: Mail
Buongiorno, Rosalyn,
sono Ian, ma credo tu l’abbia capito dalla mia Mail.
Tua madre si era dimenticata di darmi il tuo indirizzo di posta elettronica,
perciò ho fatto un po di ricerche su facebook e l’ho trovato.
Ti ho preparato gli esercizi supplementari di matematica.
Se li vuoi, fammi sapere,
 
Ian.
 
Ps. Molto…divertente il tuo indirizzo mail. Chi è Damon Salvatore?
 
‘Stalker’, pensò la ragazza.
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.38
OGGETTO: Molto imbarazzata
Ciao, Ian,
sì, i compiti extra mi servirebbero proprio, soprattutto
in vista del test di settimana prossima
Grazie,
 
Rose.
 
Ps. Mi sento molto in imbarazzo. Se me lo avessi detto ti avrei dato l’altra mia Mail. Comunque Damon Salvatore è uno dei protagonisti di ‘The Vampire Diaries’, uno dei miei telefilm preferiti.
 
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.45
OGGETTO: Allegati
Ti ho mandato gli allegati degli esercizi.
Portameli lunedì mattina.
Mi raccomando studia.
 
Ian.
 
Ps. Immagino che questo Damon Salvatore ti piaccia.
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.47
OGGETTO: Damon Salvatore
Damon è solo il personaggio di un telefilm, anche se
devo ammettere che è molto affasciante.
Così tetro e misterioso.
Il cuore spezzato.
Il tipico ragazzo di cui la maggior parte delle teenager vanno matte.
 
Rose Damonizzata;)
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.49
OGGETTO: Gelosia
Attena Rose,
prima di iniziare a frequentarlo dovrai presentarmelo,
non voglio che tu esca con strani tipi in possesso di zanne.
 
Ian, forse un po troppo protettivo.
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.53
OGGETTO: Lusingata
Sono lusingata che tu faccia il protettivo.
Significa che in qualche modo ci tieni a me.
 
Rose.
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.55
OGGETTO: Fai i compiti!
Sono felice che tu ti senta lusingata, ma, come tuo insegnante
devo ricordarti una cosa:
FAI I COMPITI!
Finchè mi scrivi, non ti dedichi ai tuoi esercizi.
 
Ian, tornato per un po professor Somerhalder.
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 10.57
OGGETTO: Sì papà!
Prof Somerhalder,
finchè LEI mi scrive come faccio a concentrarmi?
La smetta di scrivermi e io inizierò i compiti.
Vorrei riuscire a prendere un’altra sufficienza nel prossimo test.
 
Rose, tornata studentessa, Moore.
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 10 febbraio 2013 11.00
OGGETTO: Non è colpa mia!
Miss Moore,
la smetta LEI di rispondere e faccia i suoi compiti.
 
Sono sicuro che ce la farai;)
 
Ian, xo
 
‘Oddio! Oddio! XO! Ian mi ha scritto XO!’
“Rose?” la chiamò sua madre, “Puoi venire di qua un attimo?”
“Sì” urlò.
Guardò l’ e - mail appena ricevuta, mordendosi il labbro inferiore, cercando di trattenere un sorriso, poi raggiunse la madre in soggiorno.
“Che c’è?” chiese, rimanendo sulla porta, “Non dovevi essere già uscita di casa?”
“Sì, infatti sono in ritardo e anche tu lo sei” disse, allacciandosi il giaccone.
“Io?” chiese Rose, indicandosi con un dito.
“Sì, tu” rispose spazientita, soffiandosi via dal viso un ciuffo di capelli ricci.
“Perché? Dove devo andare?”
“Lo sai benissimo dove devi andare. E’ da due giorni che te lo dico”
“Mamma, non capisco di cosa tu stia parlando. Non mi hai detto niente”
Cristyn sbuffò, andò in cucina e tornò con in mano due post – it gialli.
Ne passò uno alla figlia.
‘Rose, venerdì andrai da Ian e starai con lui fino a lunedì’, lesse mentalmente.
“Cosa?!”
“Bè, hai letto, no?”
“Sì, ma potevi dirmelo prima!”
“Te l’ho scritto!”
“Io non ci voglio andare!”
“Se è per questo, neanche io voglio che tu ci vada” ammise.
“E allora perché stiamo facendo questa discussione?”
“Perché Ian vuole che tu non rimanga sola mentre io sono fuori”
“Ma se è da quando avevo dodici anni che me ne resto a casa da sola?!”
“E quello che gli ho detto io, ma non ha voluto sentire ragioni. Ha detto che ti vuole tenere sott’occhio per la storia del cibo”
“Ma ho ripreso a mangiare”
“Bè, non si fida molto”
“Ma…”
“Rose, sarà solo per tre notti. Accontentalo e stop, ok?”
“Solo tre notti?”
“Sì, solo tre”
“E va bene” sospirò. “Aspetta che arrivo” aggiunse, correndo in camera.
Lo stalker maniaco del controllo era proprio uno psicopatico!
Non gli bastava controllarla  a scuola, no, ora anche mentre era a casa!
Uno strano dolorino allo stomaco la colpì improvvisamente.
‘Nervosismo’, pensò. ‘Oh, mamma, vado a casa di Ian per tre giorni! Vado a casa sua! Oddio! Oddio! Non ce l’ha posso fare!’
“Rose, ti sbrighi?”
“Sì, sì”
‘Ok, Rose, questa è una seconda opportunità per te. Hai l’occasione di riscattarti e fargli vedere quanto tu sia matura, intelligente ed elegante. Ce la puoi fare!’
 
Arrivata davanti a villa Ninfea, il nervosismo aumentò.
‘Rose, stai calma. Sono solo tre giorni, infondo’, pensò, cercando di tranquillizzarsi.
Pagò il taxi e poi, dopo aver citofonato e aver visto il cancello aprirsi, percorse il vialetto raggiungendo l’entrata.
“Buongiorno signorina Rosalyn”
“Ciao Caitlin”
“Prego, mi dia pure il cappotto”
“Grazie mille”
“Mi segua” disse Caitlin, incamminandosi verso le imponenti scale di marmo bianco. “La signora Dawson le ha fatto preparare una stanza nella stessa ala di quella del signorino Ian”
“O – oh, bene”
“Ecco, questa è la sua stanza” disse la domestica, una volta raggiunta la camera, facendosi da parte per farla entrare.
“ Vacca. La. Rana!” esclamò Rosalyn, a bocca aperta, “Questa stanza è bellissima!”
“Vi lascio sola”
“M - mi sapreste dire dove si trova Ian?”
“E’ in biblioteca, signorina. Fra poco il pranzo sarà servito e andrò a chiamarlo”
“No, vado a chiamarlo io”
“Va bene, signorina”
“Ah, Caitlin, dov’è la biblioteca?”
Dopo averle gentilmente spiegato dove si trovava la biblioteca, la domestica si dileguò.
La ragazza si guardò ancora un po in giro.
Un enorme letto a baldacchino di ferro nero era addossato alla parete di sinistra, affiancato da due comodini bianchi.
Nella stanza vi erano anche due poltrone verdi e un tavolino di stoffa color fandango, abbinato ai cuscini posti sul letto.
Lasciò il borsone sul letto e poi si diresse verso le vetrate che davano sul giardino retrostante la casa.
Qualcuno bussò alla porta.
“Avanti”
“Ciao, Rose” disse Ian, facendo capolino.
“Hey” disse, sentendo il suo cuore saltare un battito, un altro e un altro ancora.
“Vieni a mangiare?”
“Sì, ma poi devo correre subito via”
“Dove devi andare?” chiese, corrugando le sopracciglia.
“Al negozio di fiori. Il venerdì lavoriamo fino alle nove e ho deciso di lasciare la serata libera a Cher. Sai, per stare un po con Dean, il suo ragazzo”
“Sei stata molto gentile”
“Quando avrò il ragazzo, ricambierà il favore”
“Ne sono certo” disse, fissandola dritta negli occhi.
Imbarazza, distolse subito lo sguardo, “Em, andiamo?”
“Sì, certo”
 
“Scusa se ti ho fatto fare tardi, Rose” disse la signora Thomas, spegnendo le luci del negozio.
“Oh, non si preoccupi, è stato un piacere. E poi c’era molta gente questa sera, perciò ho fatto bene a restare”
“Sì, grazie cara”
“Va bene, io vado allora”
“Da sola?”
“Bè, non abito molto distante da qui”
“Va bene, cara. Ma stai attenta”
“Certo” disse Rosalyn, annuendo. “Buona notte” aggiunse, prima di uscire.
“Notte, cara”
La ragazza prese il cellulare per attaccarci le cuffie.
Mentre trafficava con la musica il suo sguardo cadde sull’orario.
‘Le nove e trenta. Bè, non è neanche tanto tardi’, pensò.
Appena la musica fu partita, si mise il cellulare nella tasca del giubbotto.
Nel farlo, notò un uomo in un angolo, poggiato al muro con una spalla.
Indossava un completo elegante e, quando la vide, smise di parlare al cellulare, mettendolo via nella ventiquattrore che teneva in mano.
I loro sguardi si incontrarono e a Rose si gelò il sangue.
Come aveva imparato nei film: mai fidarsi.
Distolse lo sguardo da lui continuando a camminare, abbassando il volume della musica al minimo.
Poco dopo, sentì dei passi dietro di lei.
Con mano sudata, strinse il cellulare nella tasca e aumentò leggermente il passo.
Cercando di non farsi capire, girò quasi impercettibilmente la testa, per vedere se in effetti era quel l’uomo che la stava seguendo.
Con la coda dell’occhio lo vide e, quando lui si accorse che lo stava fissando, sorrise.
La giovane ebbe un sussultò e riportò la sua attenzione sulla strada deserta davanti a lei.
Ok, doveva inventarsi qualcosa per seminarlo.
Girò ancora la testa.
Si fermò.
Era sparito.
Sospirò, portandosi una mano sul cuore, poi si mise a ridere fra se e se.
‘Oh, Rose. Basta film horror per un po, eh?’
Riprese a camminare, ma quando riportò la sua attenzione sulla strada, vide l’uomo poggiato ad un palo poco più avanti.
‘Ma che cazzo?! Rose, pensa. Pensa!’
Si guardò intorno e, quasi correndo, entrò in un minimarket.
Una volta lì, iniziò a girovagare fra i vari scaffali.
Magari, se non l’avesse più vista uscire, se ne sarebbe andato.
Guardò fuori dalla finestra.
Era ancora poggiato al palo e…la stava guardando.
‘Qualcosa mi dice che non se ne andrà di lì’, pensò. ‘Che faccio? Che faccio?!’
Picchiettò il piede destro sulle piastrelle color acquamarina del minimarket, cercando di farsi venire in mente un’idea, ma la paura le stava lentamente congelando i neuroni.
Prese il cellulare e compose il numero di villa Ninfea.
‘Ti prego, Caitlin, rispondi’, pregò, chiudendo gli occhi, ‘Ti prego, ti prego!’
“Pronto?” chiese una voce maschile.
“Ian? Ian, sei tu?” chiese, con la voce che le tremava leggermente.
“Sì, sono io. Rose?”
“Oddio, sì”
“Che succede?”
“Aiutami, Ian, ti prego. C – c’è un uomo che mi sta seguendo” disse.
Stava per piangere.
“Calmati, Rose. Dove ti trovi?”
“Non lo so”
“Come non lo sai?”
“S - sono in un supermercato. No, aspetta, un minimarket”
“Dove?”
“Non troppo distante da casa tua”
“Ok, ho capito. Sto arrivando”
“Sì”
“Rose, non muoverti di li, sono stato chiaro?”
“Sì”
Rosalyn chiuse la comunicazione.
L’uomo era ancora fuori, ma lei si sentiva meglio.
‘Ian sta arrivando’, pensò, ‘Ian sta arrivando’
Dieci minuti dopo, lui era li.
“Rose?” chiamò, entrando nel minimarket con il fiatone.
“Sono qui” rispose, avvicinandosi.
Ian le mise una mano sulla guancia sinistra, guardandola da capo a piedi per controllare che stesse bene.
“Dov’è lui?”
“La fuori” rispose la studentessa, indicandolo con un cenno della testa, “E’ quello poggiato al palo della luce”
Il professor Stranamore girò il viso per vederlo meglio, ma Ros lo prese e lo fece rigirare verso di lei.
“Non fissarlo” sussurrò. “Mi sta seguendo da quando ho lasciato il negozio di fiori”
“Da quanto ti trovi qui dentro?”
“Da circa venti minuti”
“Rose, questo si chiama stalking!”
“Una cosa in cui ti sei esperto” borbottò.
“Cosa?”
“N – niente. Non sapevo cosa fare, così mi sono rifugiata qua dentro. N – non sapevo chi chiamare e ho chiamato te e..”
“Ok, Rose, tranquilla. Adesso ce ne andiamo, va bene?”
“Sì”
“Devi prendere qualcosa?”
“N - no”
“Bè, io sì invece” disse, dirigendosi verso i freezer.
“Cosa fai?” chiese lei, seguendolo.
“Prendo dei ghiaccioli. Dopo la corsa che ho fatto, ho bisogno di qualcosa di fresco”
“Hai corso fin qui?” chiese Rosalyn, sgranando gli occhi.
“Sì” disse, facendo uno strano sorriso.
Mentre si muoveva verso la cassa, la ragazza notò che sotto il giaccone indossava i pantaloni del pigiama e sorrise, intenerita.
“Ian, come pretendi di farlo andare via? Non vorrai ricorrere alle mani, vero? No, perché, sarebbe molto romantico, ma non credo che la via della ‘mani’ sia quella giusta”
“Non ho intenzione di picchiarlo. Le mie mosse segrete le lascio per un’altra occasione”
“E allora cosa vuoi fare?”
“Questo” disse, per poi farle passare un braccio intorno alle spalle, avvicinandola a se.
Il professore prese il sacchetto contenente i ghiaccioli e insieme uscirono dal minimarket.
Attraversarono la strada e quando Rose capì le intenzioni di Ian, si irrigidì di colpo.
“Ian, che vuoi fare?” chiese, sussurrando, presa dal panico.
“Fidati di me, andrà tutto bene”
‘Fidarsi. La faceva facile lui’
L’uomo, vedendoli avanzare nella sua direzione, si mosse un po nervoso.
‘Bè, almeno non sono l’unica’
“Salve” disse il professor Bollore.
“S - salve” balbettò l’uomo, preso alla sprovvista.
Somerhalder aumentò la presa della sua mano sulla sua spalla.
Si girò verso di lei.
“Rose” disse, con voce profonda e incredibilmente sexy.
“Sì?” chiese, squittendo leggermente, girando il viso verso di lui.
“Ti amo” le disse.
E poi, prima che lei potesse fare qualcosa, si chinò in avanti e la baciò.
Inizialmente, Ros se ne rimase sulle sue, pietrificata per quel gesto improvviso, poi, lentamente, iniziò a risalassarsi.
Chiuse gli occhi e fece scorrere le mani lungo le sue braccia muscolose, girando il corpo in modo da farlo combaciare con quello di lui.
Si sentì il tonfo della scatola dei ghiaccioli che cadeva a terra, poi le braccia di lui si strinsero intorno alla sua vita.
La giovane spostò di nuovo le mani, legandole dietro alla sua nuca, fiorandogli i capelli con le dita.
Quello avrebbe potuto essere classificato come il miglior giorno di tutta la sua intera esistenza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Buona sera, care lettrici!
Ho scritto più veloce che potevo per aggiornare prima.
Che dire di questo capitolo?
Credo che la parte fondamentale sia quella finale, no?
Grazie mille per le recensioni precedenti, vi voglio bene.
Un bacio
 
Ps. Questa è la stanza di Rose a villa Ninfea

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** What's the point in saying you love me like a friend? ***


WHAT’S THE POINT IN SAYING YOU LOVE ME LIKE A FRIEND?
-Capitolo ventuno-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Rose” disse, con voce profonda e incredibilmente sexy.
“Sì?” chiese, squittendo leggermente, girando il viso verso di lui.
“Ti amo” le disse.
E poi, prima che lei potesse fare qualcosa, si chinò in avanti e la baciò.
Inizialmente, Ros se ne rimase sulle sue, pietrificata per quel gesto improvviso, poi, lentamente, iniziò a risalassarsi.
Chiuse gli occhi e fece scorrere le mani lungo le sue braccia muscolose, girando il corpo in modo da farlo combaciare con quello di lui.
Si sentì il tonfo della scatola dei ghiaccioli che cadeva a terra, poi le braccia di lui si strinsero intorno alla sua vita.
La giovane spostò di nuovo le mani, legandole dietro alla sua nuca, sfiorandogli i capelli con le dita.
Quello avrebbe potuto essere classificato come il miglior giorno di tutta la sua intera esistenza.
Ian fece risalire, molto lentamente la mano destra lungo il fianco sinistro di lei, poi più su, fino a raggiungere il collo e poi la guancia mentre Rose, per permettergli quel movimento, fece scorrere le dita lungo la sua schiena.
Sembravano due ingranaggi.
Si muovevano con estrema naturalezza, senza intralciarsi.
Dopo qualche minuto si staccarono ansimando.
I loro aliti caldi che formavano delle nuvolette che si mischiavano tra loro.
Somerhalder buttò un’occhiata di lato.
“Se ne è andato” disse.
Rosalyn annuì.
In realtà non aveva capito quello che aveva detto.
Si sentiva leggermente stordita e la mente era come annebbiata.
‘Un bacio devastante’, pensò.
“Ha funzionato” disse il professore, tornando a fissarla. “Stai bene, Rose?” le chiese, massaggiandole la guancia con il pollice.
“S - sì”
“Andiamo” disse, staccandosi da lei.
La ragazza si portò le mani alle braccia, sentendo l’aria fredda colpirla in pieno.
“Hai freddo?” le chiese il professor Bollore, chinandosi a raccogliere i ghiaccioli.
“Un po” ripose, percorsa da un brivido, causato dal freddo.
O forse dall’adrenalina causata dal bacio appena ricevuto.
Si passò la lingua sulle labbra e il sapore di menta di Ian le riempì la bocca.
Somerhalder le fece passare - per la seconda volta quella sera - un braccio intorno alle spalle.
“Torniamo a casa” le disse.
“Mh - mh. H - ho bisogno di infilarmi sotto le lenzuola e farmi una bella dormita”
“Sì, certo. E’ stata una serata ricca di…emozioni”
“Sì” sussurrò.
Per tutto il tragitto verso casa, nessuno dei due proferì parola, anche se Rose aveva tante domande che le ronzavano nella testa, tra cui ‘Perché mi hai baciata?’
 
Quella mattina Rosalyn si svegliò con uno strano dolorino alla pancia e la nausea.
Era agitata.
Ed elettrizzata.
E nervosa.
E felice.
Il bacio di ieri sera l’aveva completamente destabilizzata.
Aveva lo stomaco che sembrava uno zoo.
Guardò la sveglia posta sul comodino li a fianco.
Le nove.
Svegliarsi il sabato mattina alle nove doveva essere illegale!
Chiuse gli occhi e si mise supina, sfiorandosi con l’indice le labbra.
Il ricordo del bacio affiorò di nuovo.
Come aveva potuto un semplice bacio ridurla in quello stato?
 
‘E voi, labbra, voi che siete la porta del respiro, suggellate, con un leale bacio un contratto indefinito con la morte che tutto rapisce!’
 
Oddio, pure Romeo e Giulietta le venivano in mente.
Doveva smetterla di pensare, anche solo per qualche secondo.
Iniziava a dolerle la testa per tutto il lavoro che il suo povero cervellino stava compiendo.
Una doccia.
Sì, una bella doccia era proprio quello che le ci voleva.
Di solito l’acqua calda riusciva a rilassarle i muscoli e pensare non era così faticoso, anzi, poteva quasi consideralo piacevole.
Si alzò, scostando le lenzuola di lato e poi si diresse verso il bagno annesso alla camera.
Forse, quella giornata, le avrebbe riservato qualcosa di inespertamente bello.
 
Ian
“Tesoro, hai intenzione di mangiarle quelle uova o vuoi rimanere a torturarle ancora per un po?” chiese la signora Dawson a suo nipote, sorseggiando un po’ di thè caldo.
“Mh?” fece lui, distratto.
“Ti ho chiesto cosa hai intenzione di fare con quelle uova, caro”
“Scusami, ero distratto”
“Ho notato. C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi, Ian?”
“No, no. Niente di importante, nonna. Solo qualche pensiero riguardo la fondazione”
“Sta andando tutto bene, giusto?”
“Sì, sì, tutto come programmato”
Jennifer spostò la sua attenzione sull’orologio che portava sul polso sinistro. “Credi che Rosalyn stia ancora dormendo?”
“Probabile” rispose, sorseggiando del caffè, cercando di essere il più neutrale possibile.
In realtà stava trepidando.
Era da quando si era alzato che stava trepidando.
Anzi, era da quando si era messo a letto che si sentiva così.
Doveva parlare con Rose riguardo al bacio e doveva farlo ora.
Non sapeva il perché, ma aveva bisogno di parlare.
“Povera cara. Deve essersi spaventata molto ieri sera. Quando l’ho vista sembrava sconvolta”
“Già” disse, giocherellando ancora un po con il cibo. “Le porto la colazione a letto”
“Ottima idea, tesoro”
Somerhalder si alzò e si diresse in cucina.
Le avrebbe parlato.
Subito.
Il significato di quel bacio era: ‘Ti sto salvando dal maniaco’.
Per lui però aveva significato: ‘Finalmente ti ho tra le braccia’.
E per lei cosa aveva significato?
 
Rose
Rosalyn uscì dalla doccia.
Ora si sentiva molto meglio, l’acqua calda l’aveva aiutata a rilassarsi e a schiarirsi le idee.
‘Un semplice bacio’, pensò, ‘Un bacio per evitare di fare una brutta fine’
Prese una salvietta - non era molto lunga, a stento le copriva il sedere - e se l’avvolse intorno al corpo ricoperto di goccioline.
Prima di entrare sotto la doccia si era legata i capelli in modo che non si bagnassero.
Con un’altra salvietta si asciugò le spalle e poi slegò i capelli che morbidamente le caddero sulle spalle.
Erano mossi e scompigliati.
Con lo sguardo si guardò intorno, alla ricerca della spazzola.
‘E’ in stanza’, pensò.
Si asciugò un po i piedi, giusto per evitare di lasciare impronte sulla moquette della stanza e aprì la porta del bagno.
“Rose io..”
Il professor Stranamore si bloccò, vedendola.
La ragazza spalancò gli occhi e dischiuse leggermente la bocca.
‘OH. MIO. DIO’, pensò e, dall’espressione dipinta sul volto di Ian, sembrava che anche lui stesse pensando la stessa cosa, con la differenza che sembrava ragionare, non come lei che si era ridotta un vegetale.
Quando si accorse che Somerhalder la stava studiando da capo a piedi, chiuse la porta del bagno con un tonfo.
“R - Rose?”
“Sì?” chiese, con un filo di voce.
“Ti ho portato la colazione”
“Grazie”
“Em, ti vorrei anche parlare”
“C- certo. Di cosa?”
“Prima vestiti, ti aspetto nella stanza di fronte alla tua”
“Ok” disse, poggiandosi alla porta con la schiena.
“Ti porto la colazione di la”
Chiuse gli occhi, “Va bene”
Come aveva fatto a non sentirlo entrare?
Che figura di merda.
CHE. FIGURA. DI. MERDA.
 
Qualche minuto e rimprovero mentale dopo, Rose stava finendo di vestirti.
Da casa si era portata qualche vestito più del dovuto, ma l’aveva fatto per un valido motivo.
Sapeva che avrebbe cambiato idea di come vestirsi almeno cinque volte e non voleva ritrovarsi sprovvista di indumenti.
Mentre finiva di spazzolarsi i capelli si diede un’occhiata nello specchio di fronte a lei per assicurarsi di essere in ordine.
Indossava una canottiera bianca infilata nei pantaloni neri e stretti, una maglia a maniche lunghe color panna con delle strisce nere e ai piedi degli ‘EMU’ beige.
Finito di sistemarsi prese il cellulare e si diresse verso la stanza di fronte alla sua, nella quale entrò solo dopo aver bussato e aver ricevuto una risposta dal professore.
La stanza ero uno studio.
I due si sorrisero imbarazzanti per quello successo poco prima.
“Accomodati” disse il professor Bollore, indicandole una sedia posta di fronte una scrivania di legno.
Lei annuì e andò a sedersi.
Ian si allentò il nodo alla cravatta.
Indossava di nuovo un completo elegante. Probabilmente doveva andare da Paul o a fare qualcosa per la fondazione.
Le avrebbe ancora chiesto di seguirlo?
Infondo sperava di sì.
L’uomo si sedette di fronte a lei.
La scrivania di legno massiccio a dividerli.
“Hai dormito bene?” le chiese, avvicinandole un vassoio.
La giovane gli buttò un’occhiata.
Su di esso vi era posta una tazza, una teiera con l’etichetta del thè al limone penzolante fuori, un bicchieri di succo, una ciotola contente cereali, lamponi e yogurt bianco e un pezzo di torta.
A Rosalyn brontolò lo stomaco.
Infondo la sera prima aveva mangiato un panino di corsa.
“Abbastanza”
“La stanza non è di tuo gradimento? Il materasso non era abbastanza comodo? O forse avevi fre..”
“Niente di tutto ciò” lo interruppe lei, “Non avevo molto sonno, tutto qui” si chiuse nelle spalle.
“Va bene” disse, annuendo, “Ti ho chiamato per parlarti di una cosa importante”
“Immaginavo” disse la ragazza, versando un po di thè nella tazza.
“I - immaginavi cosa?” chiese, evidentemente allarmato.
“Che volevi dirmi qualcosa di importante. L’ho capito dal tono di voce che hai usato”
“Che tono ho usato?”
“Il tono da professore” rispose, sorridendolo.
Anche lui si lasciò sfuggire un sorrisino, poi tornò serio.
‘Chissà cosa lo turba così tanto’, pensò, corrugando la fronte. ‘Oh, no. Non dirmi che..’
“Volevo parlarti di quello che è successo ieri sera”
‘Ecco’
 “Non credo ci sia niente di cui discutere” disse, bevendo un sorso di thè e guardando con disgusto la torta e i cereali. Il suo stomaco si stava chiudendo.
“Bè, io non credo. Insomma, il bacio che c’è stato..”
“Lo hai fatto per aiutarmi” disse Ros, incrociando le mani in grembo, assumendo l’espressione da donna in affari.
Fredda e distaccata.
Era l’unico modo per non rimanerci male.
“E te ne sono grata” aggiunse.
Anche Ian alzò le barriere.
“Bene, quindi non c’è nulla da chiarire. Niente da spiegare”
“Esatto. So che non potresti mai baciarmi perché provi qualcosa per me. Stai con mia madre, il che vuol dire che…che la ami, o sbaglio?”
Ian la fissò a lungo e per un momento alla studentessa sembrò che volesse negare tutto.
“Già” disse poi, “Hai ragione”
“Bene”
“Bene. Ora devo scappare” disse, alzandosi, “Devo incontrarmi con alcune persone per la fondazione. Ah, Rose?” disse, fermandosi davanti alla porta.
“Sì?”
‘Vieni con me, mi dirà. Vieni con me’
“Mangia qualcosa, per favore” disse, fissando il vassoio con sguardo cupo.
 
Dopo un intero pomeriggio passato con la signora Dawson a passeggiare per il cortile, a leggere libri e dopo un cena a base di pollo e patate, Rosalyn si ritirò nella sua stanza.
Non era stanca, ma aveva bisogno di stare un po da sola.
Ian non era ancora tornato  a casa e lei era ansiosa.
Ansiosa di rivederlo.
Cavolo, sembrava una drogata!
‘Rilassati’, pensò, chiudendo gli occhi, facendo dei respiri profondi.
Si cambiò, indossò il pigiama e si infilò sotto le coperte.
Guardò la sveglia.
Le otto e mezza.
Se svegliarsi il sabato mattina alle nove doveva essere illegale, pure andare a dormire alle otto e mezza doveva esserlo.
Ma lei doveva farlo.
Dormire le impediva di pensare.
Pensare a Ian.
Al bacio.
Alle sua braccia intorno alla sua vita.
Al suo profumo.
Al suo sorriso.
Ai suoi occhi.
Alle sua labbra.
Alla sua cicatrice.
A lui.
A..
‘Smettila, Rose!’
Si girò, mettendosi sul fianco sinistro e chiuse gli occhi.
Ci mese un po ad addormentarsi, ma alla fine ce la fece.
Probabilmente il fatto di non aver chiuso occhio la notte precedente stava influendo.
Dormì tranquilla per qualche ora finchè, verso le tre, non fu svegliata da uno strano rumore che proveniva da una delle vetrate.
Si alzò, ma quando andò a controllare, non vide nulla di strano, tranne gli alberi che si piegavano per via del vento.
Guardò il cielo e notò dei grossi nuvoloni.
Tornò a letto e qualche minuto dopo iniziò a piovere e a tuonare.
Poi un lampo squarciò le tenebre.
‘Oddio!’, pensò.
Odiava i lampi.
I tuoni non le davano fastidio, in quanto non si vedevano.
I lampi invece la terrorizzavano a morte.
Le sembrava di poter essere colpita da un momento all’altro.
Un altro lampo e Rose si mise a sedere di colpo.
Non sarebbe rimasta in quella stanza un momento di più.
Quando era piccola e aveva paura, di solito raggiungeva la madre nello studio, prendeva una coperta e si sdraiava sul divano di pelle mentre lei era intenta a lavorare.
Se sua madre era via, invece, e stava dalla mamma di Robert, ricordava che se ne andava nella sua stanza e si infilava nel suo letto.
Perfino quando rimaneva a dormire da Cher, se vi erano i lampi, si stringeva a lei per la paura.
-http://www.youtube.com/watch?v=yWcGtLblBxs-
Poggiò i piedi nudi sulla moquette e poi si alzò, uscendo dalla stanza.
Camminò in punta di piedi fino alla camera da letto di Ian e poi aprì la porta.
Nella camera regnava il buio, tranne per la luce della luna che andava e veniva per via delle nuvole.
Il professore stava dormendo sulla parte destra del letto, la luce argentea della luna che gli faceva brillare il viso.
Si avvicinò a lui.
Sinceramente non sapeva bene che fare.
Chiamarlo?
Infilarsi nel letto?
Un altro lampo.
La giovane chiuse gli occhi.
“Ian” sussurrò, toccandogli la spalla nuda con una mano.
“Mh” mugugnò lui, tenendo gli occhi chiusi.
“Ian” chiamò di nuovo.
Questa volta spalancò gli occhi di colpo e il cuore di Rosalyn fece un doppio avvitamento su se stesso.
“Che succede?” chiese.
I suoi occhi in quel momento sembravano blu.
“N - non riesco a dormire” gli disse, “H - ho p - paura dei lampi. Posso dormire con te?”
La ragazza si aspetto di essere mandata a quel paese o di essere cacciata o peggio ancora di essere derisa. Per questo, quando Somerhalder alzò le coperte e si fece da parte, sbarrò gli occhi sorpresa.
“Vieni” le disse.
Rose prese le coperte per alzarle meglio e si infilò sotto, iniziando a tremare come una foglia.
“Perché tremi?” le chiese.
Tremava per la paura.
Tremava per il freddo.
Tremava per lui.
“Ho paura” ammise.
“Va bene. Girati”
“C - come?”
“Girati sul fianco, per favore”
La giovane fece come le era stato detto e si girò sul fianco destro.
Poco dopo sentì un braccio di Ian avvolgerla e spostarla verso di se, finchè non andò a scontrarsi con il suo petto.
“Ora dormi, Rose” le sussurrò, sfiorandole i capelli con le mani.
Dormire?
LEI SAREBBE MORTA!
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo autore
Salve girls!
Ho alcune cose da dirvi, perciò farò un elenco:

1. Scusate se ho aggiornato così tardi, ma negli ultimi giorni ho cercato di fare i compiti che avrei dovuto fare durante l’estate xD Ecco perché aggiornavo sempre così presto.
2. Giovedì ho iniziato scuola. Purtroppo mi vedo costretta a pubblicare un capitolo a settimana. Il giorno della pubblicazione sarà il sabato o la domenica. Se il capitolo verrà finito prima, lo pubblicherò subito. A volte potrà capitarmi di non rispettare le date, perdonatemi, il capitolo verrà messo il prima possibile.
3. Due capitoli ancora e poi succederà qualcosa di bello!
4. Sto pensando a questo capitolo da troppo e ora che l’ho scritto non mi piace molto. Mi sembra…freddo.
5. Siamo arrivati a 100 recensioni! Wow! Siete fantastiche!
6. Questo è l’outfit di Rose 

Che comuque mi sono accorta che voi non sapete che volto ha Rose xD
Questa è Rose 'normale'


Poi c'è Rose truccata e pronta per conquistare Ian


E, infece, c'è Rose che cerca di fare la sexy xD

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** The power of love. ***


THE POWER OF LOVE
-Capitolo ventidue-
 
 
 
 
 
 
 
I sogni sono come gli angeli
Tengono a bada il male
L’amore è la luce
Che spaventa il buio
Sono così innamorata di te
Fai dell’amore il tuo scopo
Il potere dell’amore
è una forza dall’alto
Che pulisce la mia anima
Fiamma di un ardente desiderio
Amore con lingue di fuoco
Purifica l’animo
Fai dell’amore il tuo scopo
Ti proteggerò dagli artigli incappucciati
Tieni i vampiri lontani dalla tua porta
Nel momento della verità io sarò lì intorno
Con il mio amore eterno che sfida la morte per te
L’invidia si farà del male
Permetti a te stesso di essere bello
Luce scintillante, fiori e perle e ragazze carine
L’amore è come un’energia
che scorre, scorre dentro di me
Questa volta è sublime
Amanti intrecciati come divini
L’amore è pericolo, l’amore è piacere
L’amore è puro, è l’unico tesoro
Sono così innamorata di te
 
{The power of love - Gabrielle Aplin}
 
 
 
 
Quando quella domenica mattina Rosalyn fu svegliata da degli strani rumori provenienti dal soggiorno, quello che la vita le stava riservando, sarebbe stata la prova più difficile in assoluto che avesse mai dovuto provare a superare.
La ragazza si alzò dal letto mezza intontita.
Doveva essere presto.
Molto presto.
Allungò una mano e prese la felpa poggiata sulla sedia della scrivania, poi si grattò la testa.
La sera prima si era fatta una crocchia che adesso le ricadeva tutta d’un lato, sulla spalla destra.
Sbadigliò e barcollando si diresse in soggiorno.
Una forte luce la colpì in piano viso, facendola sentire una talpa per qualche secondo e, quando recuperò la vista, si accorse che quella luce proveniva da un lettino solare aperto, posto al centro del salone.
‘Ma che cazz..?!’
“Rosee, ti sei svegliata!” squittì una voce alle sue spalle.
‘Oddio’, pensò.
“Ciao zia Lucy” disse, girandosi verso la donna, forzando un sorriso.
Lucy non era davvero sua zia.
Era la migliore amica di sua madre e lei la chiamava zia solo perché la conosceva da tanto tempo.
“Ma guarda quanto sei cresciuta!” esclamò, abbracciandola, “E ti sono anche cresciute le tette!”
“Sai, non ci vediamo da un po” disse Rose, un po imbarazzata.
“Eh, lo so. Ma sai com’è quando si fa la fotografa di intimo, no?”
‘Sì, certo, perché secondo te io faccio foto a tipi abbronzati e super oliati per non dire muscolosi all’ennesima potenza come lavoro. Sì, ha perfettamente senso. Cribbio, Dio li fa  e poi li accoppia!’
“Che ci fai qui, zia Lucy?”
“Come che ci faccio qui?” chiese, ridacchiando, “Pensavi davvero che non sarei venuta in questa occasione speciale?”
‘Che occasione speciale? E’ il compleanno di mia madre e io non me lo ricordo? No, no. Madre fa gli anni ad Agosto. C’entra forse con il lettino solare piantato li in mezzo?’
In quel momento il campanello suonò.
“Vai ad aprire tu, tesoro?”
La giovane annuì e quando si avvicinò alla porta, guardò l’ora sull’orologio attaccato al muro li vicino.
Le sette.
‘Le sette del mattino?!’
Il campanello suonò di nuovo e Rosalyn si apprestò ad aprire.
“Rose, la mia nipotina preferita!” esclamò sua zia Mary, saltandole praticamente addosso appena aprì la porta.
‘Anche l’unica’, pensò, mentre cercava di non soffocare.
“Ciao, Rose” disse sua cugina, seguendo la madre.
“Ciao, Lizzie” disse, una volta che Mary l’ebbe lasciata andare.
Ma che stava uscendo?
Sua mamma aveva organizzato una specie di pigiama party?
“Cry, dove sei?” chiese zia Mary.
“In camera! Aspetta che arrivo!”
“D’accordo”
“Tadan!” esclamò sua madre, entrando in soggiorno vestita da…sposa.
“Oddio, Cry, sei bellissima!” esclamò zia Mary, portandosi entrambe le mani alla bocca.
Sua madre indossava il vestito da sposa più esagerato che avesse mai visto in tutta la sua vita.
La gonna era così ampia e piena di fronzoli da farla sembrare una bomboniera riempita di troppi confetti. Una parte dei capelli era piastrata, mentre l’altra, ancora tutta riccia, era domata sotto alcune mollette.
Dietro di lei vi era una donna con una piastra in mano e la faccia esasperata.
Da quanto era li?
“Mamma, che ci fai vestita in quel modo?”
La risposta era ovvia, ma la ragazza aveva bisogno di sentirselo dire.
“Ma tesoro, che domande sono? Oggi mi sposo!”
Ecco l’aveva detto.
Si sposava.
E lo sposo era…
Oh, no, lo sposo era Ian!
“E quando avevi intenzione di dirmelo?”
“Ma te l’ho detto”
“No, non è vero!”
“Sì, te l’ho detto”
“Con un post – it? Come è tuo solito fare?”
“No, di persona”
“Io non me lo ricordo”
“Bè, io te l’ho detto” disse lei, insistente.
Ros si morse l’interno della guancia per evitare di urlare e di buttarsi addosso alla madre e staccarle la testa a morsi.
Dio, il suo più grande incubo stava per diventare realtà.
Sua madre e Ian…sposati.
Non avrebbe potuto sopportarlo.
No, non era così forte.
E non avrebbe neanche presieduto alla cerimonia.
Ok, doveva organizzarsi.
Doveva chiamare Cher e chiederle se poteva rimanere da lei e si sarebbe trovata un nuovo passaporto così se ne sarebbe potuta andare in Canada con una nuova identità e…
“Sono così felice che tu abbia accettato la proposta di Alan” disse Lucy.
Alan?
Alan chi?
“Chi è Alan?” chiese.
“Ma è il tuo futuro papà!” disse sua zia Mary.
“Cosa?! E Ian?!”
“Chi è Ian, mamma?” chiese Lizzie.
“Non lo so, tesoro”
Ok, ora era veramente confusa.
Alan?
E Ian?
Oddio, le girava la testa.
“Rose, puoi venire un secondo?” chiese sua madre.
“Sì” rispose seguendola in camera.
“Credo di doverti spiegare alcune cose”
“Già, lo credo anch’io” disse, sedendosi sul letto.
“Alan Parker è un mio collega. Ci siamo conosciuti un anno fa durante un convegno e abbiamo iniziato ad uscire insieme. Un mese fa mi chiese di sposarlo e io accettai. E bè, oggi mi sposo”
“E quando avresti avuto la decenza di dirmelo?” chiese.
“Lo so, sei arrabbiata, ma non sapevo come farlo” rispose, guardandola attraverso lo specchio.
“Dire ‘Rose, lo sai che sto frequentando un uomo e che abbiamo deciso di sposarci’ sarebbe stato sufficiente”
“Rose…”
“Quello che mi fa più arrabbiare e che tu e Ian avete finto di stare insieme. Perché? Non volevi far sapere alla gente di Harmony che stavi per sposarti?”
“No, non proprio”
“Allora perché?”
“E’ complicato e ci vorrebbe tempo, cosa che noi non abbiamo. Vai a lavarti, quando avrai finito Samantha si occuperà dei tuoi capelli e Jessica del trucco. Poi ti presenterò Katia, la mia Wedding Planner”
“Va bene” disse, sospirando, alzandosi.
“Grazie Rose” disse Cristyn, “Questo per me è un giorno speciale”
La studentessa uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Il vuoto che aveva sentito prima - quando credeva che Ian sarebbe diventato il suo futuro patrigno - si stava affievolendo.
Suo madre sembrava seria.
Forse ci teneva davvero a questo Alan.
Certo, le sarebbe piaciuto conoscerlo prima magari, giusto per non iniziare a vivere con un perfetto sconosciuto, ma di certo questa notizia era molto meglio di quello che aveva pensato lei.
Solo che non capiva perché sua madre non glielo aveva detto.
L’aveva sempre esclusa dalla sua vita e forse lo avrebbe continuato a fare e da un lato a Rose stava bene. Ma perché non le aveva detto che stava per sposarsi?
E soprattutto, perché aveva finto di essere la fidanzata del professor Stranamore?
Troppo presto, per farsi queste domande.
Di una cosa era certa però: dopo avrebbe parlato con Ian per chiedere a lui spiegazioni.
Si era alleato con il nemico e doveva capire il perché.
 
“Rose, fatti vedere dalla zia Lucy” squittì la donna, picchiettando alla porta della sua stanza.
“Sì, un attimo” disse, zoppicando verso la porta.
L’aprì, permettendole così di entrare e poi finì di allacciarsi il tacco.
“Ah, ma guardati, stai benissimo!” esclamò, allontanandosi un po per vederla meglio.
“Certo che però, se ti fossi fatta la lampada il colore del vestito avrebbe risaltato maggiormente”
Rosalyn sorrise, ma rimase zitta.
Non le andava di ribadire per l’ennesima volta che odiava il color carota su di lei e che odiava farsi le lampade perché sapeva che con il tempo le avrebbero rovinato la pelle.
A quello ci stavano pensando già i brufoletti.
Sua madre, stranamente, le aveva scelto un vestito che le piaceva molto, soprattutto per la sua semplicità.
Era di un rosa molto chiaro, stile impero, lungo fino ai piedi - se non avesse indossato i tacchi le avrebbe lasciato un piccolo strascico -  con una scollatura  a cuore, abbellita da un finto intreccio. La stoffa le piaceva molto. Era leggera e le permetteva di muoversi senza fatica.
Grazie a Samantha i suoi capelli erano diventati vaporosi e ondulati verso le punte. Mentre, grazie a Jessica, la sua pelle ora risultava senza imperfezioni, i suoi occhi più intensi - soprattutto grazie alle ciglia finte - e le labbra rosee.
Al polso, il braccialetto che le aveva regalato Ian.
“Sì, stai proprio bene. Hai intenzione di rubare il cuore a qualcuno?”
“Diciamo che non è la mia priorità”
Zia Lucy rise, come se avesse detto la cosa più divertente di questo mondo e uscì dalla stanza, con Ros che la guardava in modo strano.
Erano le tre del pomeriggio e il fatto che sua madre si stesse preparando da prima delle sette la diceva lunga su come si era conciata e come aveva obbligato a conciare le altre donne.
Le aveva fatte abbrustolire come aragoste nel lettino solare, le aveva truccate che neanche Moira Orfei sarebbe uscita così di casa, per non parlare dei vestiti.
Per fortuna aveva avuto pietà di lei.
Forse per una volta aveva pensato che farla arrabbiare non era una buona idea.
In quel momento la limousine parcheggiata fuori casa suonò il clacson.
‘E allora andiamo a sto matrimonio’, pensò.
 
Rosalyn prese il cestino che Katia le stava porgendo.
“Bene. Mancano cinque minuti all’inizio della cerimonia” disse, guardando l’orologio.
“Petali di Rose?” chiese la studentessa, guardando all’interno del cesto.
“Sì” rispose la donna, “Devi entrare prima di tua madre. Arrivata alla fine della navata, lo appoggi sul tavolino vicino alle fedi, ti sistemi a fianco di tua zia Mary e all’altro testimone di tua madre e quando questa ti raggiunge prendi il suo bouquet”
“Va bene”
“Io vado” disse, “Quando senti la musica partire, le porte si apriranno e tu dovrai uscire”
“Ok”
“Buona fortuna, Cry” disse, rivolta a sua madre, posta dietro di lei, prima di entrare in chiesa.
La ragazza prese un bel respiro profondo e si sistemò i capelli.
Anche se non voleva essere li, anche se era ancora molto arrabbiata  e frustrata, ora stava iniziando ad agitarsi.
In quel momento, dalla sala partì la musica. Non era la marcia nuziale. Sembrava più un insieme di melodie create da dei violini.
Le porte si aprirono.
“Rose?” la chiamò sua madre.
“Sì?”
“Non osare inciampare” sussurrò, tranquilla.
‘Grazie per la fiducia’, pensò, facendo qualche passo avanti, fermandosi all’inizio delle panche di legno.
Le porte dietro di lei si richiusero e Rose iniziò  a camminare verso l’altare, prendendo delle manciate di petali dal cestino.
Per educazione, mentre camminava, girava la testa a destra e a sinistra, sorridendo come forma di saluto, anche se la maggior parte delle persone presenti le erano sconosciute.
‘Devono essere i parenti di Alan’, pensò. ‘A proposito di lui, vediamo un po il mio nuovo papà’ pensò, girando il viso verso l’uomo.
Alan Parker era un uomo a cui piaceva trattarsi bene.
La giovane lo capì appena posò gli occhi su di lui.
Aveva i capelli molto corti, di un castano tendente al biondo. Gli occhi erano piccoli e chiari. La bocca sottile e sul viso vi era la presenza di una leggera barbetta.
Indossava uno smoking nero, abbinato ad un papillon dello stesso colore.
Arrivata vicino all’altare, posò il cesto sul tavolino e poi andò a sistemarsi vicino a sua zia.
Spostando lo sguardo sulle prime file, notò la presenza del professor Bollore - soprannominato per la giornata il Traditore - e sua nonna.
Sorrise nella loro direzione e i due ricambiarono.
Era felice che su madre avesse invitato anche la signora Dawson.
Per lei era diventata come una nonna, ormai.
Ian indossava un completo elegante composto da giacca e pantaloni blu zaffiro, camicia bianca e cravatta grigia.
Bè, come sempre era uno schianto e ringraziò ancora una volta il cielo che quell’uomo così fantastico non si trovasse sull’altare davanti  a lei.
 
La cerimonia durò all’incirca due ore e, una volta conclusa, tutti gli invitati si diressero in uno dei ristoranti più grandi - e quindi utilizzato molto spesso per i matrimoni - di tutta Harmony, il ‘Fiori d’arancio’, dove Cristyn aveva prenotato una sala, che era stata addobbata con palloncini bianchi e margherite.
Da un lato vi era il palco, dove i musicisti aspettavano solo un cenno da parte di Katia per iniziare.
Ai lati della stanza erano stati disposti i tavoli con i posti assegnati attraverso dei cartoncini che presentavano l’elenco dei nomi che non superavano le cinque persone per tavolo.
“Ciao, Rose” disse Ian, raggiungendola una volta dentro.
“Ciao” rispose, forzando un sorriso.
Infondo era arrabbiata anche con lui e i suoi occhi azzurri come il cielo non avrebbero cambiato la situazione.
“Salve Jennifer” aggiunse poi, rivolgendosi alla donna che si era avvicinata lentamente ai due, aiutata da un bastone di legno.
“Ciao, Rose cara. Cerimonia meravigliosa, non trovi?”
“Sì. Mia madre ha un po esagerato con il vestito, ma poteva andare molto peggio”
“In effetti neanche Lady Diana aveva indossato un vestito così…così…”
“Em, esuberante?”
“Sì, esatto” disse, ridendo.
“Mh, Ian, potrei parlarti un secondo?”
“Certo”
“Io vado a vedere dove siamo seduti, caro” disse Jennifer, allontanandosi, capendo che i due dovevano rimanere soli.
“Posso chiederti una cosa?”
“Tutto quello che vuoi”
“Perché tu e mia madre avete finto di essere fidanzati?”
“Ecco, puoi chiedermi tutto tranne questo” rispose, ridendo nervoso.
‘Bene, è nervoso, il che significa che è il doppio colpevole’
“Perché? Cosa mi state nascondendo?”
“Nulla”
“E allora rispondimi, no?”
“Em, guarda, c’è tua madre che ti cerca” disse, indicando la donna che stava parlando con Katia.
“No, guarda che non è v…” disse, per poi bloccarsi, notando che il Traditore si era dileguato.
‘Traditore e pure codardo’, pensò, scuotendo la testa.
“Ciao, Rosalyn” disse in quel momento una voce che non  aveva mai sentito alle sue spalle.
La ragazza si girò, ritrovandosi di fronte Alan.
“Oh, ciao”
“Mi chiamo Alan Parker” disse, allungandole una mano nervoso.
“Sì, l’ho scoperto qualche ora fa. Io non mi presento, tanto sai già chi sono, però chiamami Rose, per favore”
“Sì, l’ho scoperto solo una settimana fa”
“Ah, bene. Vedo che non sono stata l’unica ad essere stata messa all’ oscuro di qualcosa”
“Già”
“Spero che per te non sia un problema”
“No, affatto. Io spero di non essere un problema per te”
Rose ci accigliò, “Perché dovresti essere un problema?”
“Perché io non sono tuo padre. Sono un intruso nella piccola corazza che vi siete costruite tu e tua madre. Non voglio essere odiato da te”
“Guarda, detto in confidenza, probabilmente sei l’unica cosa positiva che sia capitata in questi faticosi quasi diciotto anni. E’ arrivato il momento che qualcuno sopporti mia madre oltre me e tu mi sembri l’uomo giusto, Alan Parker”
“E cosa te lo fa credere?”
La giovane si chiuse nelle spalle, “Non lo so. Il mio sesto senso di donna mi dice che sei uno ok. E poi, per arrivare a sposare una donna come mia madre, devi essere per forza un santo”
Lui rise e delle piccole rughe si formarono intorno agli occhi chiari, rendendolo buffo.
“Non vai molto d’accordo con Cry, vero?”
“Già il fatto di aver scoperto questa mattina che oggi si sposava dice molto sul nostro rapporto”
“Certo. Voglio solo che tu sappia che non mi imporrò come tuo padre”
“Va bene, nessuno pretende che tu lo faccia”
“Però, per qualsiasi cosa, io ci sono” disse serio e Rosalyn ne rimase colpita.
Sembrava davvero che si volesse impegnare per far funzionare le cose.
Sarebbero andati molto d’accordo, ne era sicura.
Forse Alan avrebbe portato quell’equilibrio che le era mancato per tutta la vita.
Quell’equilibrio che solo una famiglia al completo sapeva darti.
“Grazie”
“Bene, sono felice di aver parlato con te, spero di poterlo fare molte altre volte”
“Anch’io”
 “Meglio che andiamo a sederci, o Katia verrà a prenderci con la frusta” disse, indicando con un cenno della testa la Wedding Planner tutta impegnata a far accomodare gli invitati al tavolo per riuscire a rispettare la scaletta che aveva pianificato.
 
La cena fu veramente squisita, ma davvero troppo abbondante  e, dopo le prime portate, le mille foto e i balli di gruppo fatti, Ros era sfinita.
Con nonchalance, si afflosciò sulla sedia, sfilandosi i tacchi.
‘Grazie al cielo’, pensò, quando poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo.
La famiglia di Alan non solo era numerosa - Ora aveva una nonna e un nonno acquisiti, svariati zii e una marea di cucini. Per non parlare di prozie e cugini di secondo e terzo grado - ma anche molto vivace. Però tutti si erano comportati in modo delizioso con lei, non facendola mai sentire esclusa delle conversazioni, molto pazienti quando le spiegavano i vari alberi genealogici e trattandola come se la conoscessero da sempre.
Soprattutto la madre e il padre di Alan.
Ma come aveva fatto a vivere senza nonni fino a quel momento?
Ma soprattutto, un uomo come Alan come aveva fatto a finire con una stronza come sua madre?
Chissà se Cristyn si era innamorata di lui o della sua famiglia.
O forse avevano scoperto pure loro qualche ora fa il matrimonio?
La ragazza fino a quel momento se la sarebbe scordata una famiglia così bella ed energica da sembrare quasi da cartolina.
In tutta quella frenesia, aveva visto Ian soltanto durante il servizio delle portate - visto che erano seduti allo stesso tavolo – e ogni volta che cerca di parlargli, zia Lucy la interrompeva per raccontare qualche aneddoto per nulla divertente.
“Sei stanca?” le chiese Jennifer.
“Abbastanza. Mi sono alzata molto presto questa mattina”
La signora Dawson sorrise comprensiva.
“Nonna, ti va di ballare?” le chiese il nipote, tornado dalla toilette.
“Oh, caro, vorrei, ma sai che le mie povere gambe non me lo permettono”
“Certo, non preoccuparti”
“Ian, ti posso parlare ora?” chiese allora Rose, approfittando di quel momento.
“Cosa? Vuoi ballare?” chiese, fingendo di non capire.
“No, parlare”
“Ballare?” chiese ancora, “Ma certo che mi va”
“No, a me n..” disse, per poi essere afferrata da lui.
Senza neanche rendersene conto si ritrovò al centro della sala a danzare in mezzo ad altre coppie.
“Sorridi Rose, siamo ad un matrimonio non a un funerale”
“Bè, mi sento ad un funerale io”
“Perché?”
“Perché sono furiosa. Ho voglia di uccidere qualcuno, il che mi riporta con la mente ai cimiteri”
“Sei arrabbiata con me” affermò serio.
“Con te e con mia mamma”
“Per la storia del finto fidanzamento”
“Sì. E visto che lei sembra voler evitare l’argomento quanto te, io non ho avuto ancora una risposta alla mia domanda”
“D’accordo, ti racconterò tutto io”
“Grazie”
Il Traditore le fece fare una giravolta su se stessa e poi la riprese fra le braccia.
“Tua madre si era messa in testa una strana idea”
“Che strana idea?”
“Pensava che tu provassi qualcosa per me. Qualcosa che andava oltre il semplice ‘ti voglio bene come amico’, capito?”
“Mh” rispose, irrigidendosi, iniziando a sudare.
‘Oddio, mi ha sgamata’
“Perciò mi ha convinto a partecipare a quella messa in scena anche se io l’ho considerato fin da subito un’idea sbagliata. Se una cosa può farti sentire meglio, è che neanche io sapevo di questo Alan e del matrimonio. E mi sento molto ferito. Prima le ho parlato e lei si è scusata con il fatto che non sapeva come dirmelo”
“Ha rifilato la stessa scusa a me”
“Non lo so. Mi sembra cambiata. La Cristyn che conoscevo io non era così”
“Forse non l’hai conosciuta mai veramente”
“Forse”
“Scusa, ma qui ci sta un bel ‘Te lo avevo detto’ da parte mia”
Il professor Stranamore rise, “Ok, hai ragione”
“Ma non sei arrabbiato con lei, vero?”
Anche se ci stava godendo un sacco a vedere che Somerhalder stava iniziando a crederle, non voleva che lui fosse arrabbiato con sua madre, visto che lei lo considerava uno dei suoi più grandi amici.
“Sì, ma mi passerà”
“D’accordo, ma non esserlo per troppo. Lei ti vuole bene”
“Sì, lo so”
“Ok, ora mi sento meglio” disse Rosalyn, ridendo nervosa.
“Sono felice. Non avrei potuto sopportare di vederti arrabbiata con me ancora per molto”
Un’altra giravolta, poi di nuovo tra le sue braccia.
Una scarica di adrenalina pura le percorse la spina dorsale.
“Bel braccialetto”
“Grazie”
“Chissà chi te lo ha regalato”
“Oh, un tale. Un certo tizio dagli occhi azzurri”
“Ah, immagino sia un uomo affasciante”
“Sì, in effetti è affascinante per essere un vecchietto”
“Un vecchietto?” chiese, spalancando gli occhi, “Io non sono vecchio”
“Per me sì”
“E questo? Questo sarebbe capace di farlo un vecchio?”
Ian la fece girare ancora su se stessa, poi, quando la strinse di nuovo a sé, la prese in modo da farle fare un casquè.
Somerhalder la fece reclinare così all’indietro che i suoi capelli andarono a sfiorare il pavimento.
Ora, la ragazza non era per niente un tipo sportivo, ma quel movimento non le causò il solito mal di schiena, anzi, era molto comoda e questo perché c’era lui che la sorreggeva.
Con estrema lentezza la fece rialzare e, una volta tornata in posizione eretta, i loro nasi si sfiorarono.
“Rose?” la chiamò, alitandole sulle labbra.
“Sì?” chiese, deglutendo l’aria, visto che non aveva neanche più saliva in bocca.
“Oggi sei davvero splendida”
Quel giorno molte persone le avevano fatto i complimenti per il suo aspetto, ma solo quando Ian pronunciò quelle quattro semplici parole, lei si convinse di esserlo davvero.
Arrossì, “Grazie”
I due iniziarono a fissarsi intensamente negli occhi, aspettando che l’altro parlasse, che magari rivelasse i suoi veri sentimenti.
“Rose, Rose!” esclamò Alan, facendosi strada fra le coppie che ballavano.
“Sì?” chiese, continuando a fissare il professore negli occhi.
“Katia sta radunando tutte le donne per il lancio del bouquet. Ti prego, vieni o finirà per andare di matto”
“Va bene” disse e Ian la lasciò andare, spezzando la magia che si era creata fra loro.
“Torno subito” disse, rivolgendosi a lui.
“Noi ragazzi abbiamo scommesso su chi prenderà il bouquet” disse, seguendola fino ad un certo punto, “Ho puntato duecento dollari su di te”
La giovane sorrise, “Hai puntato bene” disse, prima di aggregarsi alle altre donne single presenti in sala.
Cristyn era salita sul palco e la musica si era fermata.
“Siete pronte?” urlò.
“Sì!”
La donna diede le spalle agli invitati e strinse il bouquet di calle con entrambe le mani.
“Uno!” urlò e tutte si prepararono, “Due! Tre!” aggiunse, lanciando i fiori all’indietro.
Il bouquet roteò in aria.
Le donne iniziarono a muoversi e sbracciarsi per cercare di entrare nella traiettoria che aveva preso.
Bè, tutte tranne Rosalyn che, in mezzo a quelle pazze che mettevano la loro futura vita matrimoniale in un mazzo di fiori, non riusciva a muoversi di un millimetro.
Fatto sta che qualche secondo dopo si ritrovò con il bouquet in mano.
Quando se ne accorse lo alzò ed iniziò a d urlare, girandosi verso Ian.
Tutti nella sala iniziarono ad applaudire e lui le sorrise.
 
In questa strana cerimonia, non potevano di certo mancare i discorsi che i parenti facevano ai novelli sposi. Tra questi, persino Rosalyn fu costretta a dire due parole.
Quando toccò lei si alzò in piedi e tutti si girarono a guardarla, facendola innervosire.
Non sapendo di dover fare un discorso non si era preparata nulla e ora le toccava improvvisare.
“Io…emm” si schiarì la gola e poi decise di optare per la sincerità, “Io ho scoperto solo questa mattina del matrimonio di mia madre. Io e lei non abbiamo proprio un ottimo rapporto. Entrambe lo sappiamo. Non sapevo neanche che si era fidanzata e fino  a dopo la cerimonia non avevo mai parlato con Alan, anzi, non sapevo neanche della sua esistenza. Mi madre mi ha sempre tenuta fuori dal suo mondo, fin da piccola. E così io ho fatto con lei. Ma ora nelle nostre vite è entrato Alan e spero posso cambiare questa situazione. Io non ho mai avuto un papà. Non ho mai avuto una persona che mi accompagnasse all’asilo o che mi insegnasse ad andare in bici senza le rotelle. Una persona che prima di andare a letto mi rimboccasse le coperte o che facesse il terzo grado ai ragazzi con cui sarei uscita. Spero che Alan posso insegnarmi qualcosa che ancora non so fare e che possa diventare il papà che non ho mai avuto. Solo una cosa: non farei il terzo grado ai ragazzi con cui uscirò. C’è crisi e scarseggiano pure loro, perciò non farmeli scappare”
Dopo un momento di silenzio, nella sala si alzò un coro di mani e di risate.
La giovane si sentiva la gola chiusa da un nodo e faticava a respirare.
Aveva le lacrime agli occhi, così prese le scarpe, la sua borsetta a corse fuori, decisa a tornarsene a casa.
Non sapeva il perché stesse piangendo.
Forse perché si era alzata presto e la stanchezza iniziava a farsi sentire.
Forse le troppe novità, per le troppe emozioni di quella giornata.
Forse per il sollievo di non avere Ian come padre.
O forse perché semplicemente aveva aperto parte del suo cuore ad Alan, alla sua meravigliosa famiglia e, dopo anni, a sua madre.
O forse per tutte queste cose messe insieme.
Camminò per un tempo che le sembrò infinito e quando arrivò a casa, si tolse di nuovo le scarpe che, mentre fuggiva, si era rimessa.
“Discorso magnifico. Sei disponibile anche per battesimi?” chiese una voce proveniente dalla veranda.
Rosalyn alzò di scatto il viso, trovandosi di fronte il professor Bollore.
Aveva tolto la giacca, la cravatta era allentata e i capelli leggermente spettinati.
“Solo su richiesta” rispose, avvicinandosi.
“Buono a sapersi”
“Credevo fossi ancora alla cerimonia”
“No. Mia nonna era stanca così siamo tornati a casa”
“E che ci fai qui?”
“Volevo assicurarmi che arrivassi a casa sana e salva” rispose, alzandosi dai gradini.
Ora erano l’uno di fronte all’altra.
“Perché stavi piangendo prima?”
Si chiuse nelle spalle, “E’ stata una giornata piena di emozioni. Il matrimonio, una nuova famiglia. Alan. Lo scoprire che tu e mia madre...bè, sicuri di non stare più insieme? Sicuri che non sto sognando?”
 “Come potrei stare con lei, visto che amo te?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buon qualcosa (E’ tipo l’una e non so se dirvi buona notte o buongiorno) ragazze!
Contente per questo capitolo?
Al dire il vero ci dovevano essere altri due capitoli prima di questo, ma ho cambiato idea e l’ho messo subito. Spero di aver fatto bene.
E niente, spero vi sia piaciuto.
Grazie mille per le recensioni, siete fantastiche!
Che accadrà nel prossimo?
 
Ps. La ragazza che ha dato il volto a Rose sono io xD ahahha
Pps. Ecco l’outfit di Rose


E la sua pettinatura

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** San Valentino. ***


SAN VALENTINO
-Capitolo ventitrè-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Perché stavi piangendo prima?”
Si chiuse nelle spalle, “E’ stata una giornata piena di emozioni. Il matrimonio, una nuova famiglia. Alan. Lo scoprire che tu e mia madre...bè, sicuri di non stare più insieme? Sicuri che non sto sognando?”
“Come potrei stare con lei, visto che amo te?”
Rosalyn corrugò la fronte e inclinò la testa di lato.
‘Devo aver capito male’, pensò, ‘Non può averlo detto davvero’
Si guardò in giro, poi portò l’attenzione sulle sue mani.
No, vedeva bene. Non era tutto offuscato, perciò non poteva essere un sogno.
“P - puoi ripetere?” chiese, con un filo di voce.
“Io ti amo, Rosalyn” disse, avvicinandosi ulteriormente.
“Oh, Ian, sarebbe bello se tu mi amassi” disse, sentendo il naso pizzicarle e gli occhi annebbiarsi per via delle lacrime, “Se tu mi chiamassi nel bel mezzo della notte solo per sentire la mia voce. Se ti arrabbiassi a vedermi parlare con un altro. Se ti preoccupassi quando fuori è buio e io non sono ancora tornata a casa. Se ti sfogassi con me quando qualcosa non va. Se tu mi amassi. Se ti piacessero i miei capelli. Se mi prendessi in giro per il mio comportamento da bambina. Se fossi l’unica di cui ti fidi davvero. Se potessimo mangiare un gelato insieme sul letto. Se potessimo ubriacarci insieme. Anzi, forse questo no, visto i precedenti. Se tu mi amassi. Se i miei occhi ti incantassero. Se tu volessi cenare con me. Se tu volessi svegliarti con me. Se tu volessi prendere un aereo con me, un treno con me. Se tu volessi camminare accanto a me. Se tu volessi baciarmi a Natale sotto il vischio. Se tu volessi baciarmi sempre. Se fossi la più piccola, la più fragile e la più dolce per te. Se fossi la più grande, la più incantevole, la più forte per te. Se ti stessi simpatica.
Se tu ridessi pensando a me. Se potessimo andare a sciare o al mare in California. Se potessimo andare in Australia. Se potessimo restare in casa. Se ti piacessero le mie ciglia.
Se ti piacessero le mie gambe. Se ti piacesse quello che dico. Se ti piacesse quello che non dico. Se ti piacesse sentirmi cantare, dato che sono stonata come una campana. Se ti piacesse vedermi felice. Se ti piacessi quanto tu piaci a me. Sarebbe bello, non ho nemmeno un dubbio. Sarebbe bello, inoltre, se tu volessi baciarmi, ORA”
“Vorrei baciarti”
“E allora fallo”
Ian non se lo fece ripetere due volte.
Fece un passo avanti, colmando definitivamente la distanza fra i due.
Le fece scivolare la mano destra dietro la schiena e le diede un piccolo colpetto in avanti, in modo che i lori corpi potessero combaciare perfettamente.
La ragazza trattenne il fiato quando Somerhalder posò le labbra sul suo occhio destro e successivamente su quello sinistro, bagnandosele con le lacrime poi finalmente le loro bocche si incontrarono.
Per Rose fu come morire e risvegliarsi in paradiso.
Lasciò cadere la pochette a terra, incurante del fatto che contenesse il cellulare.
Il cuore iniziò a correre all’impazzata e, nella sua testa, iniziarono a scoppiettare un milione di fuochi d’artificio.
Ian congiunse l’altra mano dietro alla schiena di lei e poi la face abbassare leggermente, tanto quanto bastasse per sfiorarle l’inizio del fondoschiena.
La giovane fece scorrere le mani sul suo petto - grazie alla camicia riusciva a sentire perfettamente i suoi muscoli - e poi si aggrappò alle sue spalle, per sorreggersi.
Lui la strinse di nuovo a sé, probabilmente capendo che in quel momento non era in grado di rimanere in piedi da sola.
E quel bacio, da dolce si tramutò in qualcosa di più appassionato.
Di un bisogno represso da tanto tempo che adesso trovava soddisfazione.
Era come aver vagato per mesi nel deserto e adesso trovare un’oasi d’acqua.
Era come aver patito la fame per giorni e aver trovato un pezzo di pane.
Era come aver giocato con la neve e stringere tra le mani una tazza di cioccolata bollente.
Era qualcosa di indescrivibile.
Qualcosa che andava oltre l’immaginazione di entrambi.
Non si resero nemmeno conto di quanto avessero passato fermi così, a baciarsi, ma quando si staccarono tutti e due avevano il fiatone.
Sorrisero, felici di essersi finalmente dichiarati.
Felici di essersi finalmente tolti quel peso di dosso.
“Piangi ancora?” le chiese Ian, asciugandole una lacrima con il pollice.
“No” disse, scuotendo la testa energicamente, “E’ che sono felice”
“Anch’io sono felice”
“Oh, Ian” disse, abbracciandolo, “Non sai quanto ho sognato questo momento”
“Lo stesso vale per me” disse lui, baciandole i capelli, “Credevo che non avrei mai potuto tenerti stretta a me in questo modo”
“Tu? E io che devo dire, scusa, che ti sbavo dietro dal primo giorno di scuola!?”
“Tu non ti porti appresso questa ogni volta che esci di casa” disse il professor Bollore, sciogliendosi dall’abbraccio, per prendere dalla tasca posteriore dei pantaloni un pezzo di carta.
Lo passò alla studentessa e questa lo aprì.
“Ma questi siamo noi due” disse, incamminatosi verso la veranda. Si sentiva ancora le gambe di gelatina per via del bacio. Si sedette suoi gradini. “E’ la sera in cui siamo andati a giocare a bowling”
“Sì” disse, seguendola, sedendosi accanto a lei.
“Ci credi che ho la stessa foto in camera?”
“Sì, ci credo. L’ho vista”
“Quando?” chiese, sagrando gli occhi.
“Una sera in cui ero uscito con tua madre. Ho finto di stare con lei per cercare di tenermi a distanza da te”
“Pensavo perché ti avesse in qualche modo obbligato”
“Anche”
Ros scosse la testa, “Pensa che quella sera in cui mi hai ‘salvata’, io mi sono ubriacata per cercare di non pensare più a te”
“Questo è davvero da stupidi, Rose” disse, serio.
“Perché fingere di essere il fidanzato di mia madre non lo è, vero?” gli rispose, di rimando.
“Touchè” disse, tornando a sorridere.
“Stai attento, Ian, ho la lingua lunga”
Il professore inclinò la testa di lato.
“Che c’è?” chiese lei.
“Vorrei dire una cosa, ma uscirebbe qualcosa di un po…perverso”
“Perv..” disse, bloccandosi di colpo, per poi arrossire violentemente.
“Rose” disse Ian, prendendole le mani tra le sue, “Cosa vuoi fare?”
“Cosa voglio fare riguardo cosa?”
“Riguardo…noi”
“Stavo per farti la stessa domanda” disse, abbassando lo sguardo.
Ecco, lo sapeva.
Era troppo bello per essere vero.
Adesso lui le avrebbe detto che non potevano frequentarsi per vai dell’età, di sua madre e di altre mille motivi.
‘Che mi colpisca un fulmine se non finisce così!’
“Ora che ti ho trovata non ti lascerò più andare, Rose”
“Davvero?” chiese, ritornando a guardarlo.
“Mai stato più serio in vita mia”
“N - neanche io voglio lasciarti andare”
“Bene” disse, avvicinando il viso a quello di lei, sfiorandole il naso con il suo due o tre volte, “Sono felice di sentirtelo dire”
“Ma come faremo? A scuola, intendo. E anche in città non potremmo farci vedere insieme, almeno finchè non finisco la scuola. E poi, oddio, mia madre non lo deve sapere. Se ti ha obbligato ad essere il suo fidanzato solo per tenerci distanti, non oso pensare cosa la sua mente malata potrà partorire quando saprà che stiamo insieme”
“Ah, stiamo insieme?”
“B - bè, i - io credevo di sì. Nel senso, ci siamo baciati, ci siamo confessati i nostri sentimenti, c’è stato un carico di pathos, fuochi d’artificio, io che quasi ti svenivo tra le braccia”
“Rose, tranquilla. Io voglio stare insieme a te. Pensavo solo che pe te fosse un problema”
“Un problema? Sei pazzo? Stai praticamente realizzando un sogno”
Lui sorrise, “Ce la faremo, Rose. Te lo prometto”
La giovane annuì, “Sì, troveremo il modo per stare insieme”
“Ma non dobbiamo dirlo a nessuno. Solo finchè non finirà l’anno scolastico”
“Sì”
Ian avvicinò alle labbra le mani di lei che teneva ancora strette alle sue e le baciò.
“Non permetterò a nessuno di dividerci”
‘Ed eccolo qui, il mio cavaliere dall’armatura scintillante, senza macchia e senza paura’
“Che fai?” le chiese lui, quando la vide spostarsi di lato di scatto.
“Oh, niente, niente”
 
Rosalyn si svegliò venti minuti prima della sveglia.
Quella notte non aveva dormito molto, troppo eccitata che arrivasse presto mattina.
Probabilmente era la prima volta dopo anni che avesse voglia di andare a scuola.
Anzi, era la prima volta in assoluto.
Ma non poteva farci niente.
Voleva rivederlo.
Voleva rivedere Ian.
Erano precisamente passate otto ore, quindici minuti e venti secondi dal bacio della sera prima.
Con uno slancio si alzò dal letto, lasciando cadere le coperte in modo disordinato tutte da un lato.
Doveva decidere cosa indossare con molta peculiarità.
Ora stava con Ian e non poteva farlo sfigurare.
Ok, la loro relazione - Oddio, non posso credere di poterlo dire! - era segreta, ma solo per ora.
Dopo varie indecisioni - come sempre - optò per dei pantaloni stretti color melanzana, una semplice maglia bianca con le maniche a tre quarti e un cardigan grigio. Poi prese degli scaldamuscoli grigi a cui abbinò degli Ugg alti dello stesso colore.
Non sapendo se Ian preferisse i capelli raccolti a quelli lasciati sciolti, decise di creare una pettinatura che fosse una via di mezzo - lasciò i capelli sciolti, tranne per alcune ciocche tirante all’indietro e affrancate con una moletta.
Si mise un po di profumo e poi uscì dalla stanza e si diresse in cucina, dove trovò Alan intento a fabbricare con i fornelli.
“Cosa fai…papà?” chiese, un po incerta sull’ultima parola.
“Preparo la colazione…figlia” rispose, girandosi verso di lei, corrugando la fronte.
Entrambi scoppiarono a ridere.
“Ok, no. Questa cosa non funziona” disse la ragazza, poggiandosi ad una sedia con le mani.
“Concordo. Credo che potremmo iniziare chiamandoci per nome”
“Sì, lo credo anch’io” disse, “Allora, che cucini?”
“Frittelle al mirtillo”
“Mh, buone. Sono per la mamma?”
“Per lei e per te”
“Oh, Alan, sei molto gentile, ma io non faccio mai colazione al mattino”
“Ah” disse, fermandosi con la frittella sulla paletta a mezz’aria, “Non lo sapevo”
“B - bè, magari per questa volta potrei fare un’ eccezione” disse, vedendo la sua espressione e sentendosi un po in colpa.
“Non devi sentirti obbligata”
“No, no, tranquillo, la mangio volentieri. Conosco qualcuno che se potesse mi prenderebbe a sculacciate se non lo facessi”
Il suo nuovo papà la guardò strano.
“Un amico” disse, arrossendo.
“D’accordo, non voglio entrare nei dettagli. Vado a chiamare tua madre”
“Perché?”
“Per fare colazione”
“Dio te ne prego, non farlo! Ne potrebbe andare della tua vita!”
“Voi non fate colazione insieme?”
“Em, no. E’ da quando mi nutro da sola che non faccio colazione con lei. Sta dormendo e quando dorme va lasciata dormire o potrebbe diventare una belva”
“Ah, grazie per avermelo detto”
“Non lo sapevi?” chiese, finendo di mangiare la frittella, mettendo poi il piatto nel lavandino.
“Quando dormivamo insieme stavamo in albergo e ci svegliavamo più o meno alla stessa ora”
“Bè, ora lo sai”
“Sì, grazie, mi hai salvato dal possibile scoppio della terza guerra mondiale”
Rose rise.
Almeno non era l’unica  a pensare che sua madre fosse leggermente schizzata.
“Va bene, io devo andare a scuola”
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, non preoccuparti, ci vado a piedi. Ah, ricordami quando partirete la luna di miele?”
“Quando tua madre avrà finito con il lavoro”
“Ce n’è molto?”
“Normale, è lei che non riesce a separarsi da lui”
La giovane rise, “Dovrai imparare a conviverci” disse, infilandosi il giaccone, “Io l’ho fatto”
“Ci proverò”
“Ci vediamo dopo, ok?”
“Sì, ciao Rose”
Lei sorrise e poi uscì.
Il tragitto da casa e scuola fu relativamente breve visto che Rosalyn praticamente corse.
Altro che febbraio, lei si sentiva in pieno Agosto!
Febbraio.
‘Febbraio?!’
Mentre entrava nel cortile della scuola, prese il cellulare e andò sul calendario.
‘Merda!’
Come aveva temuto.
Era il quattordici Febbraio.
Era San Valentino.
E lei se ne era dimenticata completamente!
“Hey, amica Rose!”
“Ciao Cher” disse, sospirando, raggiungendola.
“Che hai?”
“Niente”
“Mh, non si direbbe. Il tuo nuovo papà non è simpatico?”
“Come fai a sapere che ho un nuovo papà?” chiese, sgranando gli occhi.
“Ros, sei scema? Mi hai mandato un messaggi ieri!”
“Ah, sì, scusa”
“Ti vedo distratta”
“No, è che…niente. Dov’è Dean?” Chiese, sperando che l’amica abboccasse.
Non aveva detto a Cher di lei e il professor Stranamore.
Non perché volesse tenerla all’oscuro.
Semplicemente, non poteva dirglielo.
Era un segreto e, anche se Cher era la sua migliore amica e le stava costando molto stare zitta, doveva rimanere tale.
“Oh, non lo so. Non l’ho ancora visto e muoio dalla voglia di dargli il mio regalo di San Valentino” rispose, incamminandosi verso l’entrata dell’edificio.
Una volta dentro, la ragazza si accorse di essere stata l’unica ad essersi dimenticata di quel giorno.
I corridoi erano persino decorati con palloncini a forma di cuore e striscioni rosa.
Non è che l’aveva fatto apposta. Solo che non aveva mai avuto un ragazzo e per lei quel giorno era uno come gli altri. Anzi, non faceva che ricordarle il suo essere perennemente sola.
Si era ripromessa che, una volta insieme a qualcuno, avrebbe festeggiato quel giorno.
La maggior parte delle persone la trovava una cosa stupida. Dicevano che due persone se si amano non hanno bisogno di San Valentino per dimostrarlo o per farsi dei regali. Ma lei trovava  tutto molto dolce.
Era come se per ventiquattro ore, il mondo fosse invaso dall’amore.
E lei amava l’amore(?)
“Cosa gli hai preso?”
“Gli ho cucinato dei biscotti al cioccolato. Spero siano venuti bene”
“Sono sicura di sì, tu sei bravissima con i dolci”
Cher si chiuse nelle spalle, “Non è niente di che poi. Sono solo dei dolci”
“Ma sono certa che gli adorerà. Gli hai fatti tu, anche se fossero pieni di vermi e ricoperti di escrementi di mosca li mangerebbe”
“Le mosche fanno la cacca?”
“Non lo so, era un esempio”
“Sai, non me lo so…”
E ormai Rose non stava ascoltando più l’amica.
Nel corridoio aveva fatto la sua comparsa Somerhalder - Cribbio, ne parlo manco fosse Dio sceso in terra.
Con un gesto della mano si scompigliò i capelli e solo in quel momento, la studentessa si accorse di quale effetto avesse sulle ragazze.
Come aveva potuto pensare che solo lei si fosse accorta del fascino dell’uomo.
E poi perché se ne accorgeva solo ora?
Che il suo radar ‘Oddio - quella - stronza - sta - guardando - il - mio - ragazzo’ si sia attivato?
Comunque Ian non sembrava essersi accorto della striscia dei cadaveri delle povere ragazze che si lasciava dietro.
‘Uomini, tutti uguali’, pensò.
Lentamente si stavano avvicinando l’uno all’altro.
Sarebbe andato a parlare o l’avrebbe snobbata per evitare di creare in qualche modo dei sospetti? O peggio ancora! L’avrebbe snobbata perché la scorsa sera era ubriaco e non si ricordava nulla di quello che le aveva detto?!
Deglutì.
Cher intanto continuava a parlare.
A volte era peggio di lei.
Ian le passò a fianco.
Rose girò il viso e anche lui fece lo stesso.
Le sorrise e lei ricambiò, poi la sua mano sfiorò quella di lui ed entrò in contatto con qualcosa di ruvido.
Un bigliettino.
“Em, Cher, scusa devo andare in bagno. Ci vediamo in classe, ok?”
E, senza curarsi se l’amica l’avesse sentita o meno, girò l’angolo, ritrovandosi davanti a uno degli sgabuzzini utilizzati dal bidello.
Si guardò intorno e sperando che nessuno la notasse, ci entrò.
Accese la luce e aprì il biglietto.
 
‘Cara Rose,
Non ho il tuo numero di cellulare, perciò eccomi qui a scrivere un
bigliettino (mi sento un liceale).
Spero davvero che tu non abbia cambiato idea da ieri sera.
Se così non fosse, incontriamoci nel parco dietro alla scuola alla fine delle lezioni.
 
XO, Ian’
 
La ragazza stropicciò il foglietto e se lo mise in tasca, poi si posò una mano sul cuore.
No, non aveva cambiato idea.
Fece qualche respiro profondo, poi la sua mente malata iniziò a partorire qualcosa di ancora più malato: E SE IAN LE AVESSE FATTO UN REGALO DI SAN VALENTINO?!
No, no, no, non ci voleva pensare.
Lei non gli aveva fatto nulla.
‘Oh, non può succedere a me!’, pensò, facendosi leggermente prendere dal panico.
 
Rosalyn uscì dal cancello posteriore della scuola, attraversò la strada e si diresse al parco, desolato.
Alcuni residui di neve erano ammassati addosso agli alberi e il laghetto era ancora mezzo ghiacciato.
Era nervosa.
La mattinata era passata lentamente, ma questo non le aveva permesso di ritrovarsi dopo sei ore a scervellarsi senza un regalo per il professor Bollore.
Che figura avrebbe fatto se Ian le avesse regalato qualcosa mentre lei era a mani vuote?
Ok, doveva trovare una scusa plausibile.
‘Pensa, Rose. Pensa’
E così riprese a pensare.
Poveri i suoi neuroni che in quelle poche ore avevano iniziato a lavorare come non avevano mai fatto in tutta la loro esistenza.
Era così concentrata che non si accorse che Ian la stava raggiugendo.
“Rose” sussurrò al suo orecchio destro, ponendosi alle sue spalle e piegandosi in avanti.
“Cazzo!” esclamò lei, sussultando, portandosi una mano sul cuore e girandosi di scatto.
“Ian” disse.
“Ti ho spaventata?” chiese, facendo un sorriso sghembo.
“Sì, non era questo il tuo intento?”
“Mh, forse” rispose, avvicinandosi al suo viso.
La ragazza si tirò leggermente indietro, beccandosi un bello sguardo confuso da Somerhalder.
“Che c’è?” le chiese, “Sei venuta. Pensavo non avessi cambiato idea”
“E non l’ho fatto” si affrettò a dire.
“Allora che c’è?”
E in quel momento tutte le insicurezze racchiuse in lei, vennero fuori.
In quel momento, guardandolo negli occhi, si dimenticò persino del regalo.
“Mi innervosisci”
“Cosa?” chiese stupito, sbattendo le palpebre più di una volta.
“Mi rendi nervosa” ripetè.
“E perché mai?” chiese, sorridendo.
“Perché…perché tu sei tu e io sono io”
“Sì, siamo io e te, Rose”
“No, Ian, non hai capito” disse, scuotendo la testa, “Tu sei tu, nel senso che sei un uomo. Hai fatto delle esperienze, mentre io no. Andiamo, io ti ho dato il mio primo bacio. Il mio primo bacio, capisci? Se non avevo ancora baciato nessuno, pensi abbia fatto altro? E poi mi sento a disagio. Mi fai agitare, sudare le mani e le ascelle ad essere sinceri. Mi fai sentire insicura in tutto. In tutto quello che faccio e tutto quello che sono. Che poi, chi sono io? Una ragazzina con la testa fra le nuvole che non ha mai avuto il ragazzo, perché ha avuto sempre paura di avvicinarsi troppo ad una persona. E lo so che ora sto straparlano. Che sto mettendo argomenti diversi insieme in un discorso che non ha senso logico. Lo so benissimo, ma non riesco a fermarmi. E tutto questo è nato per il fatto che oggi è San Valentino e io non ti ho fatto il regalo perché me ne sono dimenticata, perché la serata di ieri è stata così bella che non ho fatto altro che pensarci tutta notte. Probabilmente sto sclerando anche per non aver dormito molto e per la troppo adrenalina che la tua vicinanza mi provoca. E tu ora mi starai prendendo per pazza e…e ti capisco e…oddio, io sono un disastro in tutto, Ian! A malapena so cucinare, mi vesto come il coniglio Pasquale praticamente ogni sera, prima di andare a dormire metto l’apparecchio se no mi risveglio con un dente storto. Quando mi sveglio ho l’alito pesante, a volte mi riempio di brufoli che sembro una lebbrosa. Quando ho le mie cose ho i cambiamenti d’umore che neanche una donna incinta. Di inverno faccio pochissime volte la ceretta che a volte ho paura di scomparire nei miei stessi peli. Sono una computer dipendente e, ripeto, non ho mai avuto il ragazzo. Oltre ad andare a scuola, fare i compiti e stare in internet non faccio! E, oddio la scuola! Sai che non sono capace di non studiare? E’ più forte di me, mi sento in colpa se non lo faccio. Quando metto i tacchi sembro un’anatra con le palle grosse come quelle di un elefante. Quando mi siedo mi ingobbisco leggermente. E so che dicendoti tutto questo ti sto dando l’occasione di scappare e ti consiglio di farlo. E sai perché? Perchè sono una stronza. Sono la regina delle nevi e non permetto a nessuno di avvicinarsi. Ecco perché mi sono ritrovata a quasi diciotto anni senza avere un minimo di esperienza in appuntamenti ed altro. E sai perché te lo sto dicendo? Perché sono nervosa e quando sono nervosa parlo a mitraglietta!”
“Hai finito?”
“Sì” rispose, con il fiatone.
“Bene”
E così dicendo, Ian la prese per i fianchi, l’ avvicinò a sé e le poggiò le labbra sulle sue.
Ros chiuse gli occhi, ma anche la bocca, intenzionata a non aprila.
Insomma, lei stava cercando di fare un discorso ‘serio’ e lui voleva distrarla!
Ian, quasi impercettibilmente, la spinse all’indietro, facendole scontrare la schiena con il tronco di un albero. Poi, coprì il suo corpo esile con il suo, facendoli combaciare.
Poggiò la mano sinistra sul tronco, sbarrandole la strada.
Ora era in trappola.
L’altra mano invece, andò a posizionarsi dietro la sua schiena.
Con la mano prese alcune ciocche dei suoi lunghi capelli e li tirò, obbligandola a piegare la testa all’indietro.
La giovane gemette, dischiudendo le labbra.
Ian non si fece scappare l’occasione.
Il professor Stranamore sapeva di caffè.
Lei odiava il caffè.
Ma nella sua bocca, acquistò un sapore diverso.
Lei amava quel sapore.
“Non mi importa” disse Ian, a fior di labbra.
Rosalyn poggiò la testa al tronco, tenendo sempre gli occhi chiusi.
“Non mi importa di nulla, Rosalyn” aggiunse, alitandole sul collo, provocandole la pelle d’oca. “A me tu piaci, così come sei. Con la tua marea di difetti e di pregi”
“Ma..” disse lei, aprendo gli occhi.
“No, ascoltami. Io non sono perfetto e presto lo scoprirai. Se tu davvero provi qualcosa per me, come hai detto ieri, dammi una possibilità. Dammi la possibilità di conoscerti, di FARMI conoscere. Che tu abbia esperienza o no, è irrilevante. Se mi permetterai di stare al tuo fianco, ti insegnerò come amarmi”
“Davvero?”
“Sì”
Rose si morse il labbro inferiore, soppesando le sue parole, poi si sporse in avanti e gli sfiorò le labbra, “Non farmi del male, Ian” lo supplicò.
“Te lo giuro, Rose. Non lo farò” promise, abbracciandola. “Ah, visto che siamo in vena di confessioni. Anch’io ho dimenticato che oggi era San Valentino”
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sssera!
Ho aggiornato prima, yuppy!
Ok, di due giorni, ma meglio che niente, no?
Da questo capitolo inizierà una nuova avventura per Rose e Ian: lo stare insieme.
Ce la faranno?
Corro che devo ancora docciarmi e andare a letto.
Questa mattina ho fatto l’esame di patente - teoria. È la seconda volta che ci provo. Sono passata sta volta, eh - e per l’agitazione non ho dormito molto e ora sto crollando.
Anyway, siete bellissime e vi amo!
 
Ps. In questo pezzo:
 
“Che fai?” le chiese lui, quando la vide spostarsi di lato di scatto.
“Oh, niente, niente”
 
Rose si stava spostando per evitare il fulmine che pensava l’avesse colpita xD Magari l’avevate capito, però ho preferito specificare.
 
Pss. Nello scorso capitolo una ragazza mi ha fatto notare che non si capiva il distacco temporale dal capitolo in cui Rose andata a dormire con Ian. Rileggendolo me ne sono accorta anch’io. Mi dispiace, vedrò di non farlo ricapitare:)
Psss. Ecco l’outfit di Rose


 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 24
*** The phantom of the opera, parte I. ***


THE PHANTOM OF THE OPERA, PARTE I
-Capitolo ventiquattro-
 
 
 
 
 
 
 
No, non è un fantasma; è un uomo del cielo e della terra, ecco tutto.
 
{Il fantasma dell'Opera, Gaston Leroux}
 
 
 
 
 
 
 
Ian, cercando di non farsi notare dalla ragazza, le buttò un’occhiata furtiva.
Sembrava tranquilla.
Non come prima, al parco.
Si era sentito quasi in colpa nel vederla così agitata in sua presenza.
Perché le faceva quello strano effetto?
Proprio non capiva.
Non gli era mai successo.
E forse era proprio questo che l’attraeva tanto in Rose. Il fatto che gli facesse provare sensazioni di cui prima non sapeva nemmeno l’esistenza.
Si trovavano sul marciapiede, uno affianco all’altra.
Non erano soli, c’erano persone in giro, perciò non potevano tenersi per mano, o abbracciarsi o baciarsi.
‘Baciarsi’
Il ragazzo le guardò le labbra.
Quelle labbra leggermente screpolate e morbide allo stesso tempo e che una volta baciate si gonfiavano e diventavano leggermente rosse.
Un dolce invito a possederle di nuovo, per lui.
Sporse la mano e la fece sfiorare con quella di lei.
La vide rabbrividire  e sorrise soddisfatto.
Ecco l’effetto che voleva avere su di lei, non quello di prima.
Gli faceva capire che non gli era indifferente.
Gli faceva capire che era sua.
Perché era sua, vero?
Perché lei provava quelle sensazioni solo con lui, vero?
Ed eccolo li, il piccolo mostriciattolo verde chiamato Gelosia, arrampicarsi su una delle sue spalle, mettendogli la pulce nell’orecchio.
Che avesse già provato per Collins quelle sensazioni?
“Sono arrivata” disse Rosalyn, di punto in bianco, attenuando la voce del mostriciattolo.
“Va bene” disse, ponendosi di fronte  a lei e quando la guardò negli occhi si rimproverò mentalmente per aver ceduto, anche solo per un attimo, alla gelosia.
Non aveva motivo di temere di perdere Rose.
‘Non sei più un ragazzino, Ian!’
Si guardarono negli occhi, desiderosi di avere di più. Di stringersi l’uno all’altra, di comportarsi come una normale coppia.
Si sorrisero, capendo che entrambi stavano pensando alla stessa cosa, per confortarsi a vicenda.
“Ci vediamo domani a scuola?” chiese lei.
“Non questa sera?” chiese, speranzoso.
Rosalyn scosse la testa, “Domani ho un test di diritto e devo studiare”
“Mh, capisco” disse, dispiaciuto, “Allora ci vediamo domani” disse, girandosi.
“Ian?” lo chiamò, prima che si allontanasse.
“Sì?” chiese, girandosi verso di lei.
“Lo sai che domani sera aprono di nuovo il vecchio cinema?”
Ian inclinò la testa di lato.
Non capiva.
Perché glielo stava dicendo?
“Danno il ‘Fantasma dell’opera’, quello girato nel 2004” fece una pausa. “Adoro quel film”
E, allora, Somerhalder capì.
“Oh, piace molto anche a me quel film” disse, mettendosi una mano nella tasca posteriore dei Jeans e stringendo con l’altra la ventiquattrore.
“Ah, che coincidenza”
“A che ora apre?”
“Verso le otto. Io ci andrò con un mio amico”
“Hai fatto bene a dirmelo. Purtroppo non potrò vederlo. Ho un appuntamento con una ragazza bellissima” disse, facendole l’occhiolino.
Rose arrossì.
“Allora, ciao” disse Somerhalder.
“Ciao”
Si guardarono ancora.
Nessuno dei due sembrava intenzionato a volersene andare.
Nessuno dei due sembrava volersi separare dell’altro.
Fu Rosalyn a staccare il contato visivo per prima, entrando in casa.
Ian si girò, incamminandosi verso casa.
Era felice.
Era felice come non lo era da tempo.
Da mesi.
E non ci poteva credere.
Non poteva credere che Cristyn avesse avuto ragione.
Gli sembrava di stare fluttuando su una nuvola.
Una nuvola soffice e deliziosa.
Prese un bel respiro profondo.
L’aria fresca gli fece pizzicare il naso e gli riempì i polmoni.
Forse stava sognando.
Forse fra poco si sarebbe svegliato e si sarebbe ritrovato nel suo letto, con la sensazione del suo sapore sulle labbra.
Non riusciva neanche a spiegare a se stesso come si sentiva.
E se quello era un sogno, avrebbe voluto dormire. Per sempre.
 
Rose
Rosalyn, dopo aver pranzato, si ritirò nella sua stanza. Un po perché doveva studiare, il che implicava che aveva bisogno di silenzio per concentrarsi, un po perché non le andava di vedere sua madre fare le fusa come una gatta in calore ad Alan. Cioè, era suo marito, poteva farci tutto quello che voleva, ma le faceva proprio orrore vederla comportarsi come una lumaca pronta all’accoppiamento.
Sperava, inoltre, di diventare sorella maggiore il più tardi possibile,  perché non augurava a nessuno di diventare figlio di sua madre.
La ragazza si diresse verso l’armadietto dove teneva impilati i libri di scuola. Prese quello di diritto e poi si sistemò sotto le calde lenzuola del suo letto, sprofondando nei cuscini.
Anche se la sua mente in quel momento era da tutt’altra parte, doveva concentrarsi e mettersi a studiare.
Doveva smetterla di pensare ad Ian.
Ai suoi occhi.
Al suo sorriso.
Ai suoi capelli.
Al suo profumo.
Al suo corpo.
Alla sua risata.
E al fatto che baciava da Dio!
Certo, non aveva mai avuto termini di paragone, ma non ci voleva un genio per capire che Somerhalder era un ottimo baciatore.
Ogni volta le riduceva le gambe di gelatina.
E il cervello in pappa.
E le faceva battere il cuore così veloce.
E le toglieva il respiro.
E non ci poteva credere che domani sera avrebbe avuto un appuntamento con lui.
Il suo primo appuntamento!
Il suo cellulare, in quel momento fece uno strano rumore.
Allungò la mano verso il comodino e lo prese.
‘Mh, mi è arrivata un e - mail’
Aprì la casella di posta e si mise a leggere.
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 14 febbraio 2013 13.30
OGGETTO: Numero di cellulare.
 
Cara Miss Moore,
nella ‘confusione’ di oggi, ho dimenticato di chiederti il numero
di cellulare.
Me lo dai, oppure vuoi comunicare con le colombe?
 
XO, Ian
 
‘Oh, porca puzzolina!’
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 14 febbraio 2013 13.32
OGGETTO: Colombelle.
 
Anche se trovo l’idea delle colombe molto
romantica, credo che il cellulare sia meglio.
 
331 – 9983038, mi raccomando, non perderlo;)
 
Rose♥
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 14 febbraio 2013 13.36
OGGETTO: STUDIA!
 
Miss Moore, studi!
 
Professor Somerhalder.
 
Da: DamonSalvatore69@hotmail.it
A: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
DATA: 14 febbraio 2013 13.39
OGGETTO: Indignata.
 
Ian,
Vorrei ricordarti, che sei tu che mi
hai scritto! O.O
 
Da: Ian.Somerhalder78@hotmail.it
A: DamonSalvatore69@hotmail.it
DATA: 14 febbraio 2013 13.41
OGGETTO: Mi fai ridere.
 
Non importa, lei studi!;)
 
Professor Somerhalder.
 
Ps. Ti aspetto alle otto in punto davanti al cinema.
 
 
La studentessa alzò gli occhi al cielo e poi ripose il cellulare sul comodino, chiedendosi come avrebbe fatto a resistere fino a domani sera.
 
Rosalyn si spazzolò i capelli e poi sorrise al suo riflesso, soddisfatta.
Quella era la grande sera.
Stava per andare al cinema con Ian!
Visto che non sapeva cosa mettere e non aveva potuto neanche chiedere aiuto a Cher, ci aveva messo un bel po a decidere e ora si ritrovava in leggero ritardo sulla tabella di marcia.
Aveva indossato dei jeans stretti, una canottiera bianca - che infilò dentro di essi. Sopra quest’ultima mise un maglione largo beige, in modo che se avesse mangiato tanti pop corn, Ian non l’avrebbe notato.
Si mise un paio di ballerine, il giaccone, prese la borsa e si prestò ad uscire, possibilmente senza farsi vedere da sua madre.
Ce l’aveva quasi fatta.
Si trovava a pochi passi dalla porta.
Il soggiorno era deserto, così come la cucina.
Poteva farcela.
“Rose?” la chiamò Cristyn, comparandole di spalle all’improvviso.
La ragazza sussultò lievemente, stringendo con forza la maniglia della porta.
“Sì, mamma?” chiese, girando il viso verso di lei.
“Dove vai?” chiese, stringendosi la vestaglia al corpo.
“Em, esco”
“Questo l’avevo capito. Ma dove vai?”
“H - ha fare un giro…con Cher”
“Mh, d’accordo. Volevo solo saperlo, visto che anche io e Alan usciamo questa sera”
“Ah, bene. E dove andate?”
“A cena, credo. Non abbiamo ancora deciso”
Rose annuì, “Allora, ciao”
Sua mamma girò suoi tacchi e tornò nella sua stanza.
La giovane tirò un sospiro di sollievo e poi uscì di casa, iniziando a correre.
Mancavano giusto cinque minuti alle otto e non voleva fare tardi, non al primo appuntamento.
Ok, le donne erano conosciute per essere sempre in ritardo, ma lei non lo era mai e poi forse a Ian davano fastidio le persone in ritardo e lei non voleva iniziare con il piede sbagliato.
Il vecchio cinema era più o meno vicino alla scuola, perciò arrivarci a piedi non era un problema.
‘Ma perché ho messo le ballerine?!’, si maledì, svoltando l’angolo.
Non essendo un tipo molto atletico - come ribadito più di una volta - le gambe stavano già iniziando a farle male, ma, per sua fortuna, il cinema era proprio davanti a lei.
Attraversata la strada, tirò un bel sospiro, cercando di riprendere fiato.
Si guardò intorno e vide Ian seduto su una panchina li vicina.
Che doveva fare ora?
Avvicinarsi a lui o stare in disparte?
In quel momento, Ian alzò lo sguardo e le sorrise.
Bit, bit.
Rosalyn guardò il suo cellulare, le era arrivato un messaggio.
*Seguimi* lesse.
Era di un numero che non aveva salvato in rubrica, perciò arrivò alla conclusione che appartenesse a Ian.
Alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare e vide Ian avvicinarsi alla cabina del cinema, dove prese un biglietto.
La studentessa si sistemò un po i capelli e quando vide il suo professore entrare nell’edificio, si avvicinò anche lei alla cabina.
“Un biglietto, per favore” disse, prendendo il portafogli dalla borsa.
“A lei” disse la donna, dietro il vetro, per poi fermarla prima che potesse consegnarle i soldi. “No, signorina. Questo biglietto è gratis”
“Gratis?” chiese corrugando la fronte Ros.
“Sì, gratis. Prima, un uomo ha preso un biglietto, ma ne ha pagati due dicendo che l’altro lo potevo dare alla prima persona che si sarebbe presentata”
‘Oh, Ian’, pensò, sentendo il cuore sciogliersi.
“G - grazie, allora” disse, prendendo il biglietto ed entrando nel cinema.
Una volta dentro, un uomo le strappò il biglietto, lasciandole in mano solo una metà.
Lei sorrise cortese, poi scostò le tende rosse.
Il vecchio cinema non era altro che un teatro con, sistemato davanti al palco, un telone bianco che serviva per le proiezioni.
Si guardò in giro per la stanza.
Questa era vuota, tranne per una coppia di anziati seduti un una delle file molto vicine allo schermo.
‘Ma dov’è finito Ian?’, si chiese, mentre si dirigeva verso i sedili.
Si posizionò nella fila più al centro e nel sedile perfettamente di fronte allo schermo.
Si girò un paio di volte verso l’entrata, innervosendosi leggermente non vedendo arrivare Ian.
Dopo qualche minuto le luci si abbassarono e il film iniziò.
Solo allora, vide una figura avvicinarsi a lei e, una volta vicino, vide che era Ian.
“Ciao” disse lui, sussurrando.
“Ciao” rispose, sorridendo.
“Ho preso un po di pop corn. Ti piacciono?”
“Sì, grazie. E grazie anche per il biglietto”
“Dovere” disse lui, sistemandosi nel sedile alla sua sinistra. “E’ stato facile uscire di casa?”
“Abbastanza. Mi mamma mi ha fermato prima che riuscissi ad uscire senza farmi vedere, me le ho detto che uscivo con Cher. Tu invece? Tua nonna ti ha chiesto qualcosa?”
“E’ da quando ho sedici anni che nessuno mi chiede più nulla quando sto per uscire”
Rosalyn si diede una sprangata sulle gengive mentalmente.
‘Rose, sei scema? Che razza di domande fai?’
“Em, già, hai ragione”
“Guardiamo il film?” propose Somerhalder.
La ragazza annuì e girò il viso verso lo schermo.
Ora era davvero nervosa e le stava anche vendo da vomitare.
‘Stai calma’
Era così nervosa che, quando sentì qualcosa sfiorarle la mano sinistra - poggiata sul bracciolo del sedile - si alzò in piedi di scatto.
“Che succede?” le chiese Ian.
“N - niente” rispose, sedendosi.
Per fortuna il cinema era praticamente desolato.
“Sei nervosa, vero?”
“Nervosa? N – no, certo che no”
Il professor Stranamore ridacchiò, “A me sembri nervosa”
“Sì, ok sono nervosa” sbottò.
Odiava il fatto che non riuscisse a tenergli nascosto nulla.
“Per colpa mia” affermò lui.
“Sì, per colpa tua”
“Allora faremo così” disse Ian, avvicinandosi al suo orecchio, “Io poggerò la mia mano sul bracciolo del sedile e quando vorrai prenderla, quando ti sentirai rilassata, ti basterà poggiare la tua sopra la mia. E la stessa cosa vale per un bacio. Quando vorrai baciarmi, potrai farlo. Io fino a quel momento non ti toccherò, te lo prometto. Dovrai fare tu la prima mossa, Rose. Ora hai tu le redini”
Ian si sistemò sul sedile, putando gli occhi verso lo schermo.
La studentessa deglutì e poi lo copiò.
‘Rose, prendi una decisione’, si disse, ‘Non puoi stare con un ragazzo e non sfiorarlo nemmeno o non baciarlo. Non è normale. Lasciate andare un po, su. Perdi il controllo. Ian te l’ha detto, non ti farà del male. Fidati per una santissima volta, fidati, mannaggia al demonio!’
Prese un respiro profondo.
Guardo la mano di Ian, aperta, con il palmo rivolto verso l’alto.
‘Puoi farcela, Rose. Tu pensi che se le principesse Disney non avessero perso un po il controllo per conquistare i loro principi? Aurora cantò in mezzo al bosco con uno sconosciuto, Ariel diventò umana, Belle andò a vivere in un castello con una bestia, Cenerentola andò al ballo. Insomma, se ce l’hanno fatta loro, puoi farcela anche tu’
Prese un altro respiro e poi allungò la mano verso quella di lui.
Appena le sue dita entrarono in contato con il palmo della sua mano, un brivido le percorse tutta la schiena e lei trattenne il respiro.
Ian girò il viso verso Rose, sorridendo, intrecciando le dita con le sue, poi coprì la distanza che separava i loro visi, baciandola.
Un semplice bacio a stampo.
Uno sfiorarsi di labbra.
Una cosa, comunque, abbastanza potente per mandarla in tilt.
“Scusa” disse il professor Bollore, staccandosi, “Non ho resistito”
“Oh, n - no, non scusarti” disse, balbettando.
Somerhalder sorrise e tornò a guardare il film.
Rose, invece, rimase a fissarlo, mordendosi il labbro inferiore.
“Non morderti il labbro, Rose” disse lui, continuando a fissare d’innanzi a se.
La giovane si accigliò.
‘Come aveva fatto a vederla?’
“Scusa”
Ian riportò la sua attenzione su di lei, “Non scusarti. Lo potrai fare quando saremo andati un po più avanti nella nostra relazione. Quando, e se, tu ti concederai a me, potrai mordertelo ogni volta che vorrai”
Rosalyn ringraziò il cielo di essere seduta e di trovarsi praticamente al buio, altrimenti si sarebbe sentita ancora di più in imbarazzo di quanto non fosse già.
Come faceva a parlare di certe cose con tutta quella nonchalance?
“Mh, respira Rose, respira” disse, baciandole la punta del naso.
Lei annuì, “Ci proverò” squittì, schiarendosi poi la voce.
“Mi piace quando fai così” ammise il ragazzo.
“Ti piace vedermi agitata?”
“Mi piace vedere l’effetto che ti faccio”
Rosalyn rise nervosamente, “Sentire il cuore esploderti non è il massimo della bellezza, Ian”
“Ti senti il cuore esplodere?” chiese lui, un po sorpreso.
“Oh, sì. E vorrei tanto appoggiare la mia testa sulla tua spalla, ma non oso” confessò.
“Rose” disse, sfiorandole la guancia destra con una mano, “Devi fare quello che ti senti, ok? Vedi, una relazione non è qualcosa di calcolato. Le persone fanno quello che si sentono, non ci sono delle ‘cose’ che bisogna fare per forza. Ad esempio, se tu volessi baciarmi anche se non c’è una situazione ‘particolare’, potresti farlo, perché te lo senti. E se io volessi iniziare a ballare con te in mezzo al supermercato mentre facciamo la spesa, lo farei. Capito quello che intendo?”
“Credo di sì”
“Bene. Appoggiati pure”
Ros sorrise  e si poggiò alla spalla destra di Ian, mentre lui le fece passare un braccio intorno alle spalle, per avvicinarla a sé.
A metà film, le luci si riaccesero e il filmato si bloccò per la pausa di dieci minuti.
“Vuoi altri pop corn, visto che li hai divorati?” le chiese Ian.
“Non li ho divorati” borbottò lei.
“No, certo che no” disse sarcastico.
La giovane gli fece la linguaccia, “Comunque vorrei delle caramelle. I lombrichi e le ciliegine, possibilmente”
“Ai suoi ordini, Miss Moore” disse, alzandosi, “Torno subito” aggiunse, dandole un bacio sulle grancia sinistra.
Quando si fu allontanato, Rosalyn potè concedersi di scivolare sul sedile, sciogliendosi come burro al sole.
‘Sole’, pensò. ‘Oh, non ho detto a Ian di prendermi le caramelle a forma di sole!’
Si alzò, si sistemò il magione poi si diresse verso l’entrata del piccolo bar annesso al cinema.
“Ian, mi prend..” si bloccò, alla vista di sua madre e Alan che parlavano con il suo professore.
Subito si buttò dietro una locandina, nascondendosi anche per metà dietro una tenda.
‘E loro che diavolo ci facevano li?!’
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Outfit di Rose


 
 
 
 

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Capitolo 25
*** The phantom of the opera, parte II. ***


THE PHANTOM OF THE OPERA, PARTE II
-Capitolo venticinque-
 
 
 
 
 
 
 
Amami, questo è tutto ciò che ti chiedo.
 
{Il fantasma dell'Opera, Gaston Leroux}
 
 
 
 
 
 
 
 
Sentendosi chiamare da Rose, Ian girò il viso dietro di sé, ma non vide nessuno.
“Tutto bene, Ian?” gli chiese Cristyn, corrugando la fronte.
“Sì, sì, tutto bene” rispose, riportando la sua attenzione sulla coppia di novelli sposi.
“Siete venuti anche voi a vedere il Fantasma dell’opera?” chiese, cercando di prendere tempo.
Prendere tempo per impedire che Alan e sua moglie scoprissero di lui e Rosalyn.
“Sì, siamo stati fuori a cena fino ad adesso” rispose Alan.
“Saremmo andati a casa se il signorino qui presente non mi avesse trascinato qui” aggiunse Cris, buttando un’occhiataccia al marito.
“Non fare quella faccia” disse, “Ti piacerà, ne sono sicuro”
“Se lo dici tu” disse la donna, sospirando. “Allora, Ian. Sei qui solo o in buona compagnia?”
‘Cazzo’
“Em, io…”
Cristyn sgranò leggermente gli occhi, “Oddio! Sei qui con una donna!”
“M - ma no…”
“Sì, sì, lo so! Te lo si legge in faccia! Oddio! Perché non vuoi farmela conoscere?”
“Non è che non voglio fartela conoscere - visto che la consoci benissimo. Semplicemente...io...n - non l’ho ancora presentata a nessuno, neanche a mia nonna, perché è da poco che ci stiamo frequentando e voglio essere certo che sia qualcosa di serio prima di rendere la nostra relazione pubblica”
Cavolo, come aveva fatto a non notare quanto Cristyn fosse invadente fino a quel momento?
“Ma dai, solo un saluto” insisté lei.
E insistente.
“Non credo sia una buona idea”
“Solo un saluto, Ian”
E snervante.
“Io…”
Ormai non sapeva più che inventarsi.
“Va bene. Se non vuoi presentarmela tu, farò da sola quando il film sarà finito” disse, incrociando le braccia al petto.
“Ora è meglio che andiamo, Cris” disse Alan, intromettendosi nella conversazione, “Il film sarà ricominciato”
“Certo” disse la donna, prendendo a braccetto il marito, “A dopo, Ian” aggiunse, prima di entrare in sala, con quel sorrisetto irritante da ‘Come sempre ho vinto io’.
Somerhalder alzò gli occhi al cielo, supplicando Dio di aiutarlo in quel momento abbastanza critico.
Si girò, pronto ad entrare in sala pure lui e trovare un modo per uscire di li con Rose senza essere visti, ma qualcosa lo afferrò per una gamba quando si avvicinò al tendone rosso porpora.
“Rose?” chiese incredulo, vedendo la ragazza rannicchiata dietro la locandina., “Che ci fai li?”
“Mi nascondo da mia madre” rispose, alzandosi
“L’hai vista, vero?”
Lui annuì e, con l’aiuto del suo professore, si alzò.
“Forse è meglio andarsene” disse la giovane.
“Sì, credo sia la scelta migliore”
“Ok, dobbiamo solo entrare per prendere le nostre cose e filarcela”
 
Rose
“Rose, dentro ci sono i tuoi genitori” le fece notare.
“Lo so. Non preoccuparti ho già un piano” disse, “Seguimi”
I due rientrarono così in sala.
Il film aveva già riperso, perciò le luci erano state abbassate.
La coppia di vecchietti era seduta sempre al solito posto, mentre sua madre e Alan si erano accomodati qualche fila dietro di loro.
Rosalyn si buttò a terra, mettendosi a carponi.
“Cosa fai?” le chiese Ian
“Recupero le nostre cose ed evito che ti denuncino per pedofilia. Mi aiuti o resti li a fissarmi?”
“Anche se mi piacerebbe molto  rimanere a osservare il tuo sedere, credo che verrò ad aiutarti” rispose, accucciandosi a sua volta.
Iniziando a gattonare, raggiunsero i sedili che avevano occupato.
La ragazza afferrò il giaccone di Ian e glielo passò, insieme alla sciarpa, mentre lei prese la sua giacca e la sua borsa.
Sempre gattonando, si recarono verso l’uscita della sala.
Sulla strada del ritorno Somerhalder gattonava davanti a lei, dandogli una perfetta visuale del suo popò.
Bè, anche alle ragazze piace fissare i sederi.
Prima di uscire, Rose girò il viso verso sua madre e Alan. Li fissò e poi fece la linguaccia.
‘Rovina appuntamenti’, pensò.
“Vieni” disse Ian, prendendole una mano, “Ho la macchina proprio dietro l’angolo” aggiunse, prima di mettersi a correre.
Per evitare di cadere, la giovane fu costretta a mettersi a correre pure lei.
Per fortuna il professor Bollore aveva ragione, girarono l’angolo e l’Audi argentea comparve sotto i lori occhi, illuminata a mala penna da un lampione.
Ian tirò fuori da una delle tasche le chiavi, dove premette un bottone che face ‘aprire’ la macchina.
La studentessa si diresse verso il posto del passeggero, mentre Somerhalder si mise al volante.
I due si rilassarono.
‘Pericolo scampato’
Girarono il viso l’uno verso l’altro e dopo essersi fissati negli occhi per qualche minuto, scoppiarono a ridere.
Così, senza un motivo apparente.
Risero così tanto da farsi venire le lacrime agli occhi e i crampi alla pancia.
“Allora, Cenerentola, a che ora ti ritrasformerai in zucca?” le chiese il professor Stranamore.
Ros prese il cellulare, “Ho ancora una bella oretta” rispose, asciugandosi le lacrime con un dito.
“Allora che ne dici di una bella crepe?”
“Dico che il mio stomaco ti ringrazierà presto” rispose, sporgendosi di lato per stampagli sulla guancia sinistra un sonoro bacio.
 
“Mh, questa crepe è squisita” disse Rosalyn, addentando subito un altro pezzettino.
“Quello è miglior chioso della città, in assoluto”
I due si trovavano rannicchiati uno di fronte all’altro sui sedili posteriori dell’auto con l’aria condizionata calda accesa a gustarsi delle meravigliose crepe alla nutella.
“Come l’hai trovato? Io passo da quella strada per andare da Cher e non l’avevo mai visto”
“Ho l’occhio predisposto per scoprire cose bellissime che le persone non si accorgono di avere sotto il naso” disse lui, guardandola dritta negli occhi, facendola arrossire.
“E - e questa melodia” disse la ragazza, schiarendosi la voce, chiudendo gli occhi, inclinando la testa di lato per appoggiarla al sedile, “E’ così bella”
“E’ la Primavera, tratta dall’opera delle Quattro stagioni di Vivaldi”
“Una volta, quando era piccola, trovai un cd nella libreria di casa. Sopra vi era scritto il nome di mia madre. Curiosa lo inserì nel lettore. Pima che la musica iniziasse, la voce di uomo parlò per qualche minuto. ‘Alla rosa più bella del mio giardino’ diceva. Successivamente la Primavera di Vivaldi partì. Ero e sono ancora convinta che quella voce fosse di mio padre”
“Ti piacerebbe conoscerlo?” le chiese.
“Sì, immagino. A dire il vero non lo so. Sono così abituata alla sua assenza che forse non farebbe alcuna differenza conoscerlo. Però ho sempre desiderato chiedergli il perché avesse abbandonato mia madre”
“Chissà, magari un giorno lo incontrerai”
“Già”
Rose riaprì gli occhi e venne accolta dal sorriso caloroso di Ian.
“Sei un sporca qui” le fece notare lui, indicandole il punto in cui era sporca di nutella.
“Qui?” chiese, toccandosi parte della guancia sinistra.
“No, più in su”
“Qui?”
“Leggermente a destra”
“Qui allora?”
“Qui” rispose, sporgendosi in avanti, catturando le labbra di lei.
Quando sentì le labbra di Ian posarsi sulle sue, Rose dischiuse la bocca e chiuse gli occhi.
Il ragazzo le mise una mano dietro il collo, aggrovigliando le dita nei suoi capelli.
Un bacio dolce.
Una bacio che sapeva di cioccolato.
Ian le posò l’altra mano sulla guancia destra, poi si staccò da lei, leccandosi il dito che aveva utilizzato per pulirle la pelle dalla nutella.
Rose deglutì, poi fece una cosa che neanche lei si credeva in grado di fare.
Fece l’audace.
Con l’indice prese il rivolo di nutella che stava scivolando dalla sua crepe e lo spalmò sul labbro inferiore di Ian.
“Anche tu sei sporco” disse, spostando lo sguardo sulle sue labbra, “Proprio qui” disse per poi baciarlo.
Sentì Ian ispirare bruscamente e Ros dentro di se fece i salti di gioia.
Per una volta, era stata lei e far smettere di respirare lui.
“Oh, Rose” disse con voce roca il suo professore, staccandosi da lei, “Se continui così, mantenere il controllo per me sarà davvero difficile”
Ros divenne color peperone, tornando ad essere la timida ragazzina di sempre.
In quel momento il cellulare di lei suonò.
“Salvata dal cellulare” le disse.
La ragazza gli sorrise mortificata, poi rispose.
“Pronto?”
“Rose, dove sei?”
“Sono da Cher, mamma”
“Bene, torna a casa. Io e Alan siamo stanchi e vorremmo andare a dormire”
Rose corrugò la fronte, “E allora andate. Ho la mia copia delle chiavi, ricordi?”
“Rosalyn, non contestare e torna a casa” disse, con tono gelido, “SUBITO” aggiunse, prima di attaccare.
“Tua madre?”
“Sì” rispose, sospirando.
“Che voleva?”
“Vuole che torni a casa”
“Ma non è ancora mezzanotte”
“Lo so, ma a quanto pare Cristyn si è messa in testa di comportarsi da madre rompi palle questa sera”
Somerhalder allungò una mano verso di lei, prendendo una ciocca di capelli e facendola arrotolare sul suo dito indice.
Restarono così per un po, con L’Estate di Vivaldi di sottofondo.
Sospirando, con viso contrariato, Ian le sistemò la ciocca dietro l’orecchio destro.
“Andiamo” disse, aprendo la portiera, “Ti riporto a casa”
 
“Mi dispiace di essermi trasformata in zucca prima dello scoccare della mezzanotte” disse Rosalyn, circa dieci minuti dopo, quando Ian parcheggiò l’auto, sul ciglio della strada, non molto distante da casa sua.
“Non importa. Si sa, a volte questi incantesimi non durano molto”
La ragazza sorrise, “Ci vediamo domani a scuola?”
“Certo”
“Bene”
Il professor bollore le prese il mento e avvicinò il viso al suo.
Le baciò l’angolo destro della bocca e poi quello sinistro e poi, finalmente, la baciò davvero.
“Buona notte” disse lei, staccandosi.
Aprì la portiera e uscì.
“Rose?”
“Mh?”
“Verresti a cena con me sabato sera?”
Sul volto della studentessa si dipinse un sorriso enorme, “Con molto piacere”
Ian ricambiò il sorriso.
“Ciao” le disse.
“Bye” disse lei, chiudendo la portiera.
Si incamminò verso casa, ma prima di raggiungerla si girò verso l’uomo per salutarlo ancora una volta con la mano.
Anche se la mezzanotte non era ancora scoccata e lei non aveva perso la scarpetta di cristallo, le sembrava di vivere lo stesso in una favola.
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve ragazze!
Scusate se oggi aggiorno così tardi, ma è da ieri che sto male e mi sono concessa mezza giornata per riprendermi quanto bastasse per finire di scrivere il capitolo.
Lo so che è molto corto rispetto agli altri, ma serviva solo per concludere il precedente.
Vi prometto che il prossimo - che tratterà il compleanno do Rose - sarà più lungo:)
Buona lettura e, come sempre, aspetto una vostra opinione.
 

 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Buon compleanno, Rosie Posie. ***


BUON COMPLEANNO, ROSIE POSIE
-Capitolo ventisei-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn prese alcuni libri dall’armadietto e poi tornò a parlare con Cher.
“Quindi questa sera non ci sei?”
“No, Ros, mi dispiace. Tu hai detto che non volevi fare una festa così ho preso altri impegni”
Era il nove Marzo, non che giorno del suo diciottesimo compleanno.
Certo, in America non era un giorno speciale, ma fin da piccola aveva avuto una passione per l’Italia e, grazie ad alcune ricerche, aveva scoperto che gli Italiani diventavano maggiorenni raggiunti i diciotto anni.
Per questo era molto eccitata quel giorno, ma non lo avrebbe dato a vedere a nessuno.
Non dopo che i suoi amici le avevano dato buca per faccende ‘più importanti’.
Aveva detto ai suoi amici qualche giorno fa di non volere una festa, non di non voler festeggiare.
Le sarebbe piaciuto ordinare una pizza e poi uscire e andare al cinema o al bowling.
Invece, i suoi CARI amici avevano preso altri impegni per il week - end e ora lei si ritrovava a dover festeggiare da sola.
E non solo i suoi amici le avevano dato buca, persino il suo presunto fidanzato!
 
“Quindi non ci sarai?” gli chiese lei, passeggiando fianco a fianco nella galleria d’arte che lui le aveva proposto di visitare.
“No, tesoro. Mi dispiace molto, non sai quanto. Ho una cena per decidere alcune cose sulla ISF. Mi capisci, vero?”
“C – certo”
“Potremo festeggiare il tuo compleanno un altro giorno”
“Sì, sì” rispose lei, forzando un sorriso.
‘Un giorno qualsiasi tranne il mio compleanno’
 
Improvvisamente suonò la campanella.
“Ci vediamo dopo, ok?” disse Cher, dandole un bacio sulla guancia, “Ancora buon compleanno” aggiunse, prima di andarsene.
La ragazza sospirò e poi girò su se stessa, tornando indietro.
Doveva raggiungere il laboratorio di biologia.
 
Avrebbe cucinato.
Sì, Rosalyn era convinta.
Avrebbe cucinato.
L’idea le era venuta mentre si apprestava a dissezionare un rospo durante biologia qualche ora fa.
Così, appena uscita da scuola era corsa al supermercato e aveva comprato quello che più l’attirava con la carta di credito di sua madre.
Visto che non aveva ancora deciso cosa cucinare, riempì a caso il carrello.
La ragazza si affrancò bene il grembiule alla vita e poi si apprestò ad ascoltare il messaggio trovato sulla segreteria del telefono di casa.
 
“Ciao tesoro, sono la mamma. Buon compleanno! Vedi che non mi sono dimenticata? Anche Alan ti fa gli auguri. Purtroppo stiamo per entrare in conferenza, perciò ti devo lasciare. Un bacio. O meglio, un bisou, come dicono qua a Parigi. Ci sentiamo quando torno, Au revoir!”
 
“Au revoir anche a te, vecchia strega!” esclamò, prendendo un libro di ricette dalla libreria in soggiorno.
Probabilmente era appartenuto a suo nonna o forse qualcuno l’aveva regalato a sua madre. Di una cosa però era certa: non era stata Cristyn a comprarlo.
Aveva avuto sempre un’avversione verso i fornelli.
Tutto il contrario della figlia che, sì, non era una cima nel cucinare - con una madre simile come modello persino Chef Ramsay sarebbe stato quasi totalmente incapace di fare un piatto di pasta - però se aveva sotto mano una ricetta magari sarebbe stata in grado di cucinare qualcosa di complicato.
Aprì il libro e iniziò a sfogliarlo e alla fine decise di cucinare la zuppa di piselli, del tacchino ripieno stile giorno del Ringraziamento con patate arrosto e come dolce dei buonissimi brownies.
Bè, lei non aveva il tacchino, ma il pollo. Entrambi avevano le ali e la stessa forma, più o meno, perciò avrebbe usato quello.
Prese una pentola, la riempì d’acqua fredda e poi ci buttò i piselli spezzati che dovevano essere lasciati li per tre ore. Poi prese una carota, del sedano e una cipolla e iniziò a tritarli finemente e li mise da parte.
Prese il pollo e lo guardò.
Era strano.
Ma non strano nel senso che sembrava avariato.
Strano nel senso che non aveva lo stesso aspetto che aveva il pollo quando lo comprava di solito.
Sembrava più gonfio.
Però, probabilmente, era solo la sua immaginazione.
Guardò la ricetta sul libro.
“Una volta pronto il ripieno, inseritelo con l'aiuto di un cucchiaio e premendo bene all'interno in modo da compattarlo” lesse ad alta voce.
Rose si avvicinò al pollo e si chinò in avanti, pronta ad esaminare la fessura dalla quale avrebbe dovuto inserire il ripieno successivamente e quello che vide non le piacque affatto.
Il pollo era già ripieno.
Ripieno delle sue disgustose interiora!
“Non ci posso credere” sussurrò, non sapendo se ridere o piangere.
Ritornò a fissare le pagine del libro.
“Una volta pronto il ripieno, inseritelo con l'aiuto di un cucchiaio e premendo bene all'interno in modo da compattarlo” rilesse, “N.b: evisceratelo se non la trovate già eviscerato”
La giovane guardò l’animale posto sul piatto, non troppo distante da lei.
No, lei non avrebbe infilato le sua mani dentro li.
Al solo pensiero le veniva da vomitare.
Ora capiva perché sua madre non cucinava il tacchino e lo ordinava dalla rosticceria.
Però se voleva mangiarlo, l’unico modo era pulirlo.
Sospirò quasi rassegnata, si avvicinò al lavandino e aprì l’armadietto sottostante e ne tirò fuori due paia di guanti di gomma gialli, quelli che usava per lavare i piatti.
Li indossò, facendoli schioccare e poi si parò davanti all’apertura del tacchino.
“A noi due” disse, decisa.
Allungò la mano verso l’animale e poi, cercando di non guardare la infilò nella fessura. Lentamnte prese le viscere e poi tolse la mano.
“Schifo, schifo, schifoo!” ripetè, mentre si accingeva a buttare gli scarti, poi si tolse i guanti e buttò via anche quelli.
Mai, mai più in tutta la sua vita avrebbe infilato la mano dentro un qualsiasi animale!
 
Tre ore dopo, il tacchino era stato messo inforno, la zuppa di piselli doveva solo essere riscaldata prima di essere mangiata mentre i brownies…bè, con quelli si era proprio arresa.
Visto che doveva aspettare che il pollo fosse pronto, si diresse in bagno.
Si avvicinò alla vasca e aprì l’acqua poi, dall’armadietto dietro la porta, prese un sacchetto contente dei sali da bagno alla brezza marina e li versò nell’acqua.
Si svestì, buttando i vestiti nel cesto dei panni sporchi.
Chiuse l’acqua giusto in tempo per impedire alla schiuma di strabordare.
Prese il cellulare e avviò la musica, poi si infilò nella vasca dove una volta seduta, la schiuma le arrivò fino al mento.
Allungò una mano verso il bordo e afferrò il barattolo di Nutella precedentemente aperto.
Prese una bella cucchiaiata e la mangiò.
‘Complimenti, Rosalyn’, pensò, ‘Che bel compleanno che stai passando. I tuoi amici non ci sono, il tuo ragazzo trentaquattrenne è chissà dove per la sua cavolo di fondazione e tu sei qui. Sola. Con la Nutella. A sparati a palla le canzoni di Céline Dion, che manco Bridget Jones’
“Per fortuna ci sei tu, Nutella” disse, baciando il vasetto per poi mangiare un’altra cucchiaiata.
“All by myseeeelf” cantò, “Don't wanna be, all by myseeelf, anymoooore!”
E un’altra cucchiaiata.
 
Finito di lavarsi, o per meglio dire, deprimersi, la ragazza uscì dalla vasca e si asciugò, per poi indossare il pigiama.
Tornò in cucina e guardò il pollo lasciato in forno. Pochi minuti e sarebbe stato pronto.
Stava per iniziare ad apparecchiare, quando sentì il campanello suonare.
Con la fronte corrugata - chi può mai essere a quest’ora? - andò ad aprire la porta.
“Buon compleanno!” disse Ian, sfoderando un sorriso da 500 WATT.
“H - hey” disse lei, cercando di restare il più calma possibile, “Che ci fai qui?”
“E’ il tuo compleanno, no?” chiese retoricamente, allentandosi la cravatta, “Sono riuscito a  liberarmi prima e ho pensato di raggiungerti” disse, porgendole un mazzo di rose. “Rose per la mia Rose”
“Sono bellissime” disse la giovane, prendendo il mazzo, sfiorando con la punta delle dita i petali soffici.
Avvicinò il mazzo al naso e inspirò profondamente. “Profumano!” esclamò, quasi sorpresa.
“Non mi merito un piccolo premio?”
“Non devi neanche chiederlo” disse lei, sorridendo teneramente.
Gli poggiò la mano sinistra sulla spalla destra. Si alzò sulle punte e posò le labbra su quelle sottili di lui.
Ian fece passare il suo braccio destro attorno ai suoi fianchi, avvicinandola a sé e alzandola di qualche centimetro da terra.
Lentamente fece qualche passo avanti, richiudendosi con la mano sinistra la porta alle spalle.
“Stai cucinando?” le chiese, una volta staccatosi.
“Sì” rispose, stampandogli un bacio sulle labbra.
“Cosa?”
“Il pollo ripieno”
“Il tuo pollo sta andando a fuoco”
Rosalyn corrugò la fronte, poi un preoccupante odore di bruciato le arrivò alle narici.
“Oddio, il pollo!” esclamò, passando a Somerhalder le rose, correndo in cucina.
“Oh, no!” disse, aprendo il forno, iniziando a tossire per via della nube nera che stava fuoriuscendo e le stava arrivando tutta in viso.
“Qualcosa mi dice che non è più commestibile” disse Ian, raggiungendola.
“E’ praticamente carbonizzato” costatò lei, poggiando il vassoio sul tavolo.
Il suo povero pollo da dorato era diventato color cenere.
“Ma no, magari solo lo strato superiore è bruciato. Mi passi un coltello?”
La ragazza fece come le era stato chiesto.
Somerhalder, una volta avuto il coltello, iniziò a grattare il pollo, “No, è proprio incenerito” disse, cercando di trattenere una risata.
Ros gli buttò un’occhiataccia, “Non trattenerti, ridi pure” disse, buttando le pattine vicino ai fornelli.
Tanto lavoro per nulla.
“Bè, la zuppa comunque non mi sembra male” disse Ian, curiosando nella pentola lasciata sui fornelli. “E questo?” chiese, prendendo un padellino dal lavandino.
“Doveva essere il cioccolato per i brownies, ma non è venuto. In più è salato!”
Ian puciò il dito nel padellino e poi assaggiò.
“Oddio, è salatissimo!” disse, storcendo la bocca.
“Lo so” concordò, sbuffando.
“Ma come l’hai preparato?”
“Sul libro c’era scritto a bagnomaria”
“E tu che hai fatto?”
“Bè, bagnomaria mi fa venire in mente a Maria e bagno all’acqua, così ho pensato si riferisse alle lacrime di Maria, perciò ho preso dell’acqua, ci ho messo del sale e poi ci ho buttato dentro un po di cioccolato”
Il professor Bollore sgranò gli occhi, “Scherzi?”
Scosse la testa, “Dove ho sbagliato?”
“B - bè, per prima cosa…cioè…lascia stare. Ho una cosa che però potrebbe farti sentire meglio”
“Ovvero?”
“Aspettami qui”
Ian uscì di casa e poi tornò due minuti dopo con una scatola in mano.
“Un altro regalo?” chiese, con gli occhi luccicanti, dimenticandosi immediatamente del casino che aveva fatto in cucina.
Annuì, “Forza, aprilo”
La studentessa si diresse in soggiorno e si sedette sul divano, poggiandosi la scatola sulle ginocchia. Sfilò il nastro rosso e alzò il coperchio, scoprendo un meraviglioso abito.
Lo prese e lo tirò fuori dalla scatola, guardandolo incantata.
“E’ meraviglioso” disse.
L’abito era sui toni del blu zaffiro, con dei bellissimi motivi floreali color argento che si estendevano su una parte della gonna e sulle maniche.
“Perché non lo indossi?”
“Adesso?”
“Mh - mh. Ti porto fuori a cena, piccola”
Rosalyn sorrise, “Corro subito a prepararmi!” esclamò, correndo in stanza. Poi tornò subito indietro e buttò le braccia al collo di Ian, baciandolo.
“BEST”
Bacio.
“BOYFRIEND”
Un altro bacio.
“EVER!”
E ancora un altro bacio.
“Mh” disse lui, con voce roca, “Dovrei regalarti vestiti più spesso”
La ragazza rise e poi tornò in stanza.
Si cambiò il più velocemente possibile, abbinando al vestito delle scarpe con in tacco argento.
Si pettinò i capelli e li tirò indietro con un cerchietto nero.
“Pronta!” esclamò, ritornando in soggiorno.
“Sei bellissima” le disse, dandole un bacio sulla guancia.
Lei arrossì, toccandosi nervosamente i capelli.
“Andiamo?” le chiese, porgendole il cappotto.
Annuì e i due uscirono di casa.
 
“Perché ci simo fermati a casa tua?” chiese Rose, sistemandosi il vestito.
Si trovavano sulla macchina del professore e, tecnicamente, avrebbero dovuto andare a cena, ma lui si era fermato davanti a villa Ninfea.
“Voglio solo cambiarmi la camicia. E’ tutto il giorno che la indosso” spiegò, aprendo il cancello con un telecomando.
“Oh, va bene”
Ian entrò e parcheggiò prima dell’inizio del vialetto.
“Vuoi entrare a salutare mia nonna?” chiese, scendendo.
“Ma non si farà qualche domanda a vederci insieme?”
“Puoi sempre dirle che ti sto accompagnando ad una festa perché i tuoi non ci sono”
“Sì, non mi sembra male come idea e poi non la vedo da un po di tempo”
“Vieni, allora”
La giovane slacciò al cintura, scese dall’Audi e seguì il professor Bollore dentro casa.
“Di qua” disse, dirigendosi verso destra.
Non era mai stata in quell’ala della casa. Chissà che cosa c’era.
Ian aprì una porta.
La stanza era immersa nel buio.
Accese la luce.
“AUGURI!”
Un coro si levò alto, insieme a dei battiti di mani.
Dal soffitto iniziarono a cedere dei coriandoli.
Quando la studentessa riuscì a mettere a fuoco, vide Cher, Dean, la nonna di Ian, Mathès e altri suoi compagni di scuola.
Ros rimase sulla soglia, completamente immobile, quasi pietrificata.
Somerhalder dietro di lei.
‘Oddio’
“Auguri, Rose!” esclamò Cher, andandole incontro, abbracciandola.
“G - grazie”
“Sei rimasta senza parole, vero?”
Annuì, “Ma come…?”
“Era da una settimana che ci stavamo lavorando, ci serviva solo un posto dove fare la festa. Il prof ci ha sentito parlare e, parlando con tua madre, ci ha detto che potevamo farla qui, a casa sua”
“Oddio” disse, con le lacrime agli occhi.
“Su, non dirmi che ora ti metti a piangere, eh”
“E’ che sono sorpresa”
“E ci credo! Ti abbiamo nascosto tutto bene, vero?”
“Sì” rispose, asciugandosi una lacrima.
“Ma che fai qui? Vai a salutare gli altri!” disse Cher, dandole un piccolo colpetto in avanti.
Per prima cosa, andò a salutare Jennifer e la ringraziò per l’ospitalità e per aver acconsentito a tutto questo. Poi salutò Dean e tutti gli altri, ringraziandoli e rimproverandoli amorevolmente per averle fatto credere di dover festeggiare da sola.
Finito questo, però, si guardò intorno.
Mancava qualcuno.
Mancava Robert.
Non lo vedeva dal giorno in cui aveva scoperto che lei provava qualcosa per Ian.
Quindi da molto tempo, perciò non era del tutto sorpresa di non vederlo lì.
Però le sarebbe piaciuto avere le sua compagnia.
“Dov’è Rob?” chiese a Cher che stava trafficando con lo stereo.
“Non stava bene”
“Sì, certo”
“Rose, dagli tempo” disse.
Alla giovane si gelò il sangue nelle vene.
Le aveva detto che le piaceva Ian?
Cioè, Cher sapeva che aveva una cottarella, ma non che provava davvero sentimenti forti per lui.
“Mi ha detto cosa è successo tra di voi, sai? Mi ha detto che ti ha confessato quello che provava e che tu l’hai rifiutato” continuò l’amica.
A sentire quelle parole, Ros si rilassò.
“Bè, c- che avrei dovuto fare? Fingere di provare qualche interesse per lui?”
“No, no, affatto. Anzi, io sono dalla tua parte. Non puoi stare con una persona che non consideri più di un semplice fratello. Ti sto solo dicendo di comprenderlo”
“Ma io lo capisco”
“Allora perché speravi venisse?”
“Non lo so. E’ che…non ci parliamo da molto e bè, oggi è il mio compleanno. Avrebbe anche potuto mandarmi un messaggio”
“E’ un maschio e tu l’hai ferito nel suo ego. Gli passerà”
Rosalyn annuì, anche se poco convinta.
“Ecco fatto” disse Cher, facendo partire lo stereo, “Che la festa abbia inizio!” urlò, rivolta verso i suoi compagni. “Andiamo a ballare!” disse, prendendola per una mano e trascinandola nel centro della sala.
Forse, anche senza Rob, non sarebbe stato un compleanno orribile.
 
“Rose, posso parlarti?” chiese Ian, avvicinandosi a lei mentre prendeva qualcosa da bere dal tavolino dei drink.
“Sì, certo”
Se n’era rimasto in disparte tutta sera ed entrambi sapevano il perché.
“Ti andrebbe di tagliare la torta? Mia nonna è stanca e vorrebbe assistere al momento prima di ritirarsi”
“Oh, sì, certo. Non sapevo neanche che c’era la torta, se no l’avrei fatto prima”
“Non preoccuparti. Vado a prenderla”
Mentre il professor Stranamore usciva dalla stanza, la ragazza si girò verso i suoi amici.
“Hey, la volete la torta o no?” chiese.
“TORTA! TORTA!”
Rose rise e tutti iniziarono ad applaudire quando il professore rientrò con la torta.
La poggiò su uno dei tavoli non occupati e tutti si avvicinarono.
“Aspetta, le candele!” disse Cher, poggiato ben diciotto candeline sulla torta, per poi accenderle.
“Cher, ti prego” disse la giovane.
“Che c’è? Non si è mai troppo grandi per le candeline” disse, chiudendosi nelle spalle.
“Esprimi un desiderio, cara” disse la signora Dawson, seduta sulla sedia a rotelle, accanto a lei.
Le prese la mano.
“Se ci credi davvero, si realizzerà”
La studentessa portò la sua attenzione sulle candeline.
Si chinò in avanti, tendendosi i capelli con una mano e si morse il labbro inferiore. Il suo sguardo si posò su Ian, poggiato al muro con le braccia incrociate davanti a lei.
‘Insieme a Ian’, pensò, ‘Per sempre’.
Poi soffiò.
“Oh, sono arrivato giusto in tempo per la torta” disse una voce, alle loro spalle.
“Rob!” esclamò Rose, girandosi.
Robert era lì.
E non sembrava molto in grado di reggersi in piedi, vedendo come barcollava da una parte all’entrata.
Era ubriaco?
“Come sei entrato, Collins?” chiese Ian, avvicinandosi al tavolo, mettendosi davanti a sua nonna.
“Una graziosa cameriera mi ha fatto entrare”
“Caitlin” disse Rose.
“Sì, mi sembra si chiamasse così. Le ho fatto vedere il mio invito” si guardò in giro, “Ma vedo che sto interrompendo i festeggiamenti. S - scusate, evidentemente disturbo”
“M - ma, no” disse Ros, facendo un passo avanti, “Mi chiedevo dove fossi finito, a  dire il vero”
“Rose” disse il professor Bollore, riprendendola.
Lei lo guardò, mimandogli con le labbra un “Ci penso io”.
Sapeva com’era Robert quando era ubriaco, bisognava assecondarlo.
“Ah, salve prof, c’è anche lei” disse, salutandolo con un gesto della mano, “Bè, la cosa non mi sorprende”
“Robert” disse la ragazza, alzando un po la voce, avvicinandosi del tutto, “Sei ubriaco” disse poi, abbassandola
“Mi manchi, Rosie Posie” disse, sussurrando, “Non faccio altro che pensare a te”
“Anche tu mi sei mancato, ma ora devi tornare a casa. Sei ubriaco”
“No, no. Sono venuto qui per un motivo”
“Cioè?”
Si schiarì la gola, “Fare sapere ai nostri amici” disse, alzando la voce, “Che la qui presente Rosalyn Moore, ha una bella cotta per il nostro professore e che è ricambiata!”
Lei sgranò gli occhi.
‘L’ha detto davvero!’
“Adesso basta, Collins!” disse Ian, intervenendo.
Si avvicinò al ragazzo e lo prese per un braccio.
Robert diede uno strattone e si liberò della sua presa.
“Che c’è? Si vergogna di provare qualcosa per Rose?”
“In questo momento mi sto vergognando per te, se lo vuoi sapere”
“Bè, almeno io non sono un vecchio a cui piacciono le ragazzine!”
“Robert!” esclamò Rose.
“Rob, stai esagerando” disse Dean, “E stai anche blaterando”
“Non sono io a mentire qui!”
“Ok, Collins, basta. Vieni fuori”
“Come scusa? Fuori? Vuole duellare con me? Prof, non siamo più nel Medioevo”
“Proprio perché non siamo nel Medioevo, ti sto offrendo la possibilità di andartene con un minimo di dignità”
Robert rise, “Dignità? Una cosa lei non ha”
“Grazie, Collins, ora mi dai la possibilità di fare quello che sto aspettando di fare dalla sera di Capodanno”
“Cosa?”
“Questo!” esclamò, prima di mollare un pugno in pieno viso al giovane.
 
Rosalyn si sedette su una sedia, si tolse le scarpe e poggiò i piedi sul pavimento freddo.
‘Sollievo, finalmente’
I suoi amici se ne erano andati da qualche minuto, dopo che Robert aveva rovinato la sua festa di compleanno.
Quando Ian gli aveva mollato il pugno era svenuto e Dean si era preso l’incarico di riportarlo casa.
Nessuno, per fortuna, aveva creduto a quello che aveva detto.
“Se ne sono andati tutti” disse Somerhalder, rientrando nella stanza.
“Bene”
“Tu come stai?”
Si chiuse nelle spalle, “Non sono io quella che ha ricevuto un destro”
Lui la raggiunse e si piegò sulle ginocchia, per avere il viso alla sua stessa altezza.
“Se lo meritava, Rose”
“Lo so, ma non rifarlo, ok? Non rifarlo a meno che non fosse strettamente necessario”
“Va bene”
“Non mi piace vederti così violento” disse, posandogli una mano sulla guancia sinistra.
“E a me non piace esserlo” disse, prendendole la mano e baciandole il palmo.
“Ti va di ballare?”
“Speravo me lo chiedessi” disse, alzandosi in piedi.
“La musica non c’è, ma ci basterà chiudere gli occhi ed immaginarcela”
“Grazie, Ian, per aver aiutato ad organizzare il miglior compleanno di sempre” disse Rosalyn, allacciando le braccia attorno al suo collo.
“Sarebbe stato perfetto se Collins…”
“Shh” lo interruppe lei, poggiando la guancia destra sulla sua spalla, chiudendo gli occhi, “Non ci pensare, è stato perfetto”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Bonsoir mesdames!
Niente, non credo di dover dire niente su questo capitolo:)
Volevo solo ringraziarvi perché crescete a dismisura e con voi anche il vostro amore.
Grazie per la recensioni. Grazie per tutto. Anche Ian e Rose vi ringraziano v.v ahahah
Nel prossimo capitolo i due andranno in gita con la scuola, riusciranno ad avere un po di tranquillità?
 
Ps. Ecco l’outfit di Rose:

 

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Capitolo 27
*** A cuccia, Carolina! ***


A CUCCIA, CAROLINA!
-Capitolo ventisette-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Rosalyn si chinò in avanti e si allacciò la stringhe della scarpa sinistra, poi si sistemò la parte finale della tuta e si rimise in piedi.
“Ti ho messo dentro lo zaino, oltre i panini per oggi, delle merendine in caso ti venisse fame durante la giornata o la notte” disse Alan.
“Grazie” rispose, indossando la giacca.
Era un mercoledì mattina di fine marzo e lei si stava preparando per andare a prendere il pullman che l’ avrebbe portata sul confine tra Harmony e Greencity dove i suoi compagni e alcuni insegnati - tra cui Ian -  si dovevano incontrare per poi raggiungere a piedi uno degli accampamenti presenti nei boschi per passare la notte e poi raggiungere una fattoria nella giornata di domani.
“Hai preso tutto?” le chiese Alan, aiutandola ad indossare lo zaino sul quale era stato sistemato il sacco a pelo e la tenda.
“Sì, sì, ho preso il dentifricio e lo spazzolino. E anche il caricatore portatile del cellulare. E lo spray, sia da usare per gli insetti, sia in caso di un qualsiasi tipo di attacco animale/ umano/ alieno” rispose, prendendolo in giro.
“Una coperta?”
“Sì, l’ho presa”
“D’accordo. Sicura che non vuoi che ti porti in macchina?”
“Sì, tranquillo. E poi devi andare al lavoro e non arriverai mai a prendere l’aereo in tempo se mi accompagni”
“Se tua madre non fosse in Italia, non dovrei lavorare in ufficio così tanto”
“Non ti devi preoccupare, Alan. Davvero”
“Va bene” disse, sospirando, “Ma se hai problemi, se vuoi tornare a casa o altro, chiamami, intesi?”
“Non starò via neanche due giorni”
“Non importa”
“D’accordo”
Lei e Alan si erano avvicinati molto nelle ultime settimane e avere degli interessi molto affini non aveva fatto altro che facilitare le cose.
Inoltre, vi era il fatto che sua madre era impegnata in un importantissimo affare in Italia, perciò era assente da casa da qualche giorno.
“Quindi, ci vediamo domani sera”
“Sì, ciao”
“Ciao Alan” disse la giovane, uscendo di casa.
Controllò l’ora sul cellulare.
Erano le otto in punto.
Poteva raggiungere la fermata del bus con molta tranquillità, visto che doveva prenderlo tra circa un quarto d’ora.
Attaccò le cuffie al cellulare e, dopo aver messo le mani nelle tasche della giacca, si avviò verso la fermata.
 
Qualche minuto dopo, Rosalyn si trovava sull’autobus.
Questo, che come penultima fermata aveva la stazione dei treni, era pienissimo.
La ragazza era riuscita ad entrare e farsi strada tra la persone appiccicate tra di loro e aveva trovato un posticino abbastanza libero per poggiare per terra il suo zaino e che aveva anche un tubo a cui riuscire ad aggrapparsi.
Peccato che però Rose non era famosa per il suo equilibrio, perciò alla prima frenata brusca da parte dell’autista sarebbe di certo finita  a terra se qualcuno non l’avesse sorretta, facendole passare un braccio intorno alla vita, tirandola all’indietro.
“Presa” disse Somerhalder.
“Oh, Ian!” esclamò, sorpresa, “Che ci fai qui?”
Si chiuse nelle spalle.
“Non dovevi venire in macchina?”
“Sì, ma poi ho pensato: ‘Cavolo, devo stare due giorni senza poter toccare o baciare la mia ragazza, posso fare un piccolo sforzo e prendere il pullman con lei per passare qualche minuto insieme, no?’. Ed eccomi qui”
“Ma quando sei salito?”
“Prima di te. Solo che con questo casino, ci ho messo un po ad avvicinarmi. Per fortuna ce l’ho fatta giusto in temo per afferrarti”
“Già. Ottimo tempismo”
Ian le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e la giovane gli bloccò la mano sulla sua guancia.
Si guardarono intensamente negli occhi.
“Vorrei tanto baciarti, ora” le disse il professore.
“Anch’io”
“Tre mesi. Tre mesi e poi potremo uscire alla luce del sole”
“Non siamo vampiri, Ian” disse Ros.
Lui rise, “Se fossimo vampiri ti morderei qui” disse, toccandole una parte del collo con l’indice, “E poi ti succhierei il sangue. E tu lo potrai fare a me”
“Mh, non sono un’amante del sangue”
“Te lo farò piacere io” disse, con tono malizioso.
Vedendola arrossire e abbassare lo sguardo, il professor Stranamore decise di cambiare argomento. “Cosa ascolti?”
“Cose a caso. Vuoi?” chiese, allungando una cuffietta verso di lui.
“Yep!” disse, prendendola.
La studentessa si inclinò in avanti, poggiandosi al petto del ragazzo, sfruttando il fatto di essere spiaccicati l’uno contro l’altro per via della folla.
 
“Ok, questo è il posto giusto, ne sono sicura!” disse Cher, fiondandosi vicino ad un albero.
“Avevi detto la stessa cosa tre postazioni fa” disse Rosalyn, sbuffando.
Scesi dal pullman lei e Ian si erano ‘separati’ e, dopo essersi aggregati al gruppo di studenti che già si trovavano all’entrata del sentiero che portava nel bosco, erano partiti per raggiungere l’accampamento.
Avevano camminato per circa cinque ore, per via della pause per mangiare, bere, osservare la natura e prendere fiato.
“Scusa se voglio trovare un posto comodo dove piantare la tenda”
“Ah, questo significa che mi aiuterei a montarla?”
“Eeeh no. Ma tranquilla, non dovrai farlo neanche tu”
“Cher, non credo che la tenda si monti da sola”
“E’ per questo che esiste Dean!”
“Da, non puoi chiedere a Dean di montarci la tenda”
“E perché no? Noi non ne siamo capaci. Voi dormire nel sacco a pelo a contatto con il terreno e i ragni?”
Alla parola ‘ragni’, un brivido di paura le percorse la schiena.
Sospirò, “D’accordo, chiamalo”
Cher battè le mani, felice per essere riuscita a persuaderla.
“Dean?” lo chiamò, “Puoi venire un secondo?”
Il ragazzo, che aveva appena finito di montare la sua tenda, le raggiunse, seguito dal cugino, Robert.
Dopo la sera del suo compleanno, Rob l’aveva volontariamente evitata e, doveva ammetterlo, anche lei lo aveva fatto. Un po perché era molto arrabbiata con lui, un po perché si sentiva in imbarazzo.
Così, quando i due ragazzi si avvicinarono, lei fece un passo indietro.
“Cosa c’è, Cher?” chiese Dean, passandole un braccio intorno ai fianchi.
“Ci aiuteresti con la tenda?” chiese, sbattendo le ciglia.
“Ma certo” rispose, baciandola.
“Grazie!” squittì.
“Grazie Dean” aggiunse anche Rose.
Dean sorrise e si mise all’opera.
“Posso parlarti?” le chiese Rob, avvicinandosi.
“Pensavo non volessi più rivolgermi la parola” disse la ragazza, guardando dritta davanti a se.
“Sì, ma questo prima di volerti chiedere scusa”
La giovane girò il viso verso di lui, guardandolo dritto negli occhi.
“D’accordo, parliamo” disse, incamminandosi verso un posticino più tranquillo.
Rob la seguì.
“Rosie Posie, sono davvero dispiaciuto per averti rovinato la festa di compleanno. Davvero, credimi”
“Rob” disse sospirando, passandosi una mano sulla fronte, “Non me ne frega niente della festa di compleanno. A me ha dato fastidio il fatto di aver urlato al mondo interno che mi piace il prof”
“Lo so, e mi dispiace tanto. E mi dispiace di averti evitato in queste settimane. Mi sono fatto prendere dalla gelosia”
“E dall’alcool” aggiunse la studentessa.
Sorrise, “Sì, anche quello”
“Ora mi lascerai in pace? Mi lascerai vivere questa cotta per il prof senza rovinare la mia vita e la sua?”
“Sì. Giuro che ora me ne starò zitto”
“Bene”
“Ti posso abbracciare?”
“Certo” rispose sorridendo.
Lui aprì le braccia e Rosalyn si avvicinò.
“Mi sei mancata, Rosie Posie” le disse, baciandole i capelli.
“Anche tu. Ma smettila di fare il cazzone o la prossima volta non ti perdono più”
“Sì, niente più cazzone”
“E niente di alcool”
“Non esageriamo”
I due risero.
 
Dopo aver chiacchierato ancora un po, i due raggiunsero Dean e Cher che nel frattempo avevano finito di preparare tutto.
“Signorina Moore”
La voce di Ian riecheggiò alle sue spalle.
Lei si girò e il suo sguardo gelido la colpì all’istante.
“Sì?”
“Posso parlare?” chiese, fissando i suoi amici e poi lei, “In privato?”
“Certo, arrivo subito”
La ragazza si girò, per prendere i guanti dal suo zaino.
“Oh - oh, che hai combinato?” le chiese Cher, sottovoce.
“Cosa intendi dire?”
“Bè, il prof non sembra avere la solita faccia da zucchero filato”
Si chiuse nelle spalle.
Sapeva che quello era un trucco di Ian per riuscire ad averla tutta per se per un po.
“Non ho fatto niente”
“Sembra che quel ‘niente’ l’abbia innervosito”
“Sicuramente si tratterà di un malinteso”
“Signorina?” la chiamò lui.
“Arrivo” rispose, “A dopo!”
“Per di qua” disse Somerhalder, incamminandosi all’interno del bosco.
Quando Rose si fu accertata di essere abbastanza distante dall’accampamento, iniziò a ridere.
“Cavolo, Ian! Dovrebbero darti un oscar! Sembravi davvero incazzato!”
“Forse perché lo sono davvero” disse lui, fermandosi.
“Come?” chiese, pensando di aver capito male.
Era arrabbiato?
Ma per cosa?
“Sono arrabbiato” ripetè, girandosi verso di lei.
E la lo vide.
Vide quella barriera innalzarsi sul suo volto.
La barriera che aveva già usato più di una volta con lei.
La barriera che non aveva ancora imparato a distruggere.
“Perché?”
“Perché ti ho visto con Collins, prima. Non eri mica arrabbiata con lui?”
“Sì, ma abbiamo parlato, si è scusato e abbiamo fatto pace”
“Oh, ho visto”
Gli occhi gli brillavano di una strana luce.
Poi capì.
Era geloso!
“Sei geloso” affermò, non sapendo se rimanere seria o ridere.
Dopo qualche secondo di silenzio, rispose, “Sì e allora?”
“Bè, non dovresti esserlo”
“Invece ne ho tutto il diritto”
“Questo è vero, ma, Ian, non è successo nulla”
“Okey”
“Okey?”
“Cosa vuoi che ti dica, Rose?”
“Mh, non lo so” disse, iniziando ad innervosirsi, “Per prima cosa potresti smetterla di usare quel tono freddo. Poi potresti farti entrare in testa che a me Robert non interessa”
“Ma tu interessi a lui”
“E allora? Anche tu interessi a molte donne, eppure io non ne faccio una tragedia!”
“Abbassa la voce”
“Sei tu il primo che l’ha alzata!”
“Rose, io non mi fido di lui”
“Bene, nessuno te lo sta chiedendo. Però, fidati di me. Ti giuro che stavamo solo parlando e abbiamo fatto pace. Rob non mi interessa. Io sto con te”
“Mi dispiace, ma so quello che ho visto”
“Sì, hai visto noi che parlavamo e ci abbracciavamo!”
“Mi dispiace” ripetè, con tono freddo.
La giovane si guardò un attimo in giro e poi tornò a fissarlo, “No, a me dispiace. Mi dispiace che tu sia un cavernicolo cafone geloso che non riesce a fidarsi di me”
E così dicendo, senza dargli il tempo di replicare, se ne andò.
 
“E questa è la scuderia” disse Aron Johnson, il padrone della fattoria, facendo strada, “La mia famiglia ha sempre posseduto dei cavalli fin dall’antichità. L’equitazione scorre nel nostro sangue. ‘I miei tesori non luccicano né tintinnano, ma brillano nel sole e nitriscono nella notte’, dice un vecchio proverbio gitano. Bè, non vi annoierò più. Che ne dite di scegliere un cavallo? Andremo a fare un giro nella tenuta”
I ragazzi, entusiasti, iniziarono a girare per la scuderia, alla ricerca di un cavallo che piacesse loro.
Rosalyn camminò per un po, cercando sempre di non entrare nella traiettoria di Ian.
Era dalla sera precedente che non si rivolgevano al parola.
Entrambi troppo orgogliosi.
Per fargli un dispetto, lei non aveva mollato Robert un secondo e Ian, per fare un dispetto a lei, non aveva mollato la signorina Evans un secondo.
Quella mattina il gruppo si era alzato abbastanza presto e, dopo aver fatto colazione con quello che si erano partati da casa, si erano incamminati per raggiungere la fattoria.
Qui avevano visitato il pollaio, la stalla e altri luoghi piani di animali e poi avevano pranzato con quello che la signora Johnson aveva cucinato.
“Stone” lesse ad alta voce, guardando il cartellino appeso sulla porta di legno.
Stone era uno stallone puro sangue inglese - o almeno così diceva la sua scheda descrittiva. Il suo manto era color carbone, così come la crine. Una macchia bianca gli colorava la punta dell’orecchio sinistro.
La ragazza allungò una mano verso il muso dell’animale per accarezzarlo, ma questo sbuffò, facendola arretrare di un passo.
“A cuccia Carolina!” esclamò a voce bassa.
“Pensavo ti piacessero gli animale” disse Robert, comparendole alle spalle.
“E infatti mi piacciono. Però apprezzo più quelli che non sono più grandi di una mucca”
“Andiamo, Rosie Posie, te la sei cercata” disse Rob, ridendo sotto i baffi.
“Cercata?! Io volevo solo accarezzarlo”
“E cavalcarlo immagino”
“Bè, è un bellissimo cavallo. L’ho scelto per questo motivo”
“Sì, ma è uno stallone per lo più purosangue e qualcosa mi dice anche che è maschilista” disse, allungando la mano verso Stone, carezzandogli il muso.
Rose alzò il sopracciglio destro e incrociò le braccia al petto.
Si guardò un attimo in giro e i suoi occhi incrociarono quelli di Ian.
Il contatto visivo duro però solo qualche secondo.
Ad interromperlo fu lei.
“Signor Johnson?” chiamò, “Ho scelto”
“Oh, bene mia cara” disse l’uomo, avvicinandosi a lei, “Chi è il fortunato?”
“Stone” rispose lei, indicando il cavallo con un cenno della testa.
“Stone?” chiese Aron, sgranando leggermente gli occhi.
“Sì, Stone”
“Ne è sicura signorina?”
“Sì”
“Ha mai fatto equitazione?”
Scoppiò a ridere, “Se ho mai fatto equitazione? Signor Johnson io e l’equitazione siamo una cosa sola”
 
Quindici minuti dopo, tutti i ragazzi avevano scelto un cavallo ed erano pronti per partire.
“Bene” disse il signor Johnson, “Ora che tutti vi siete sistemati, possiamo partire. Prenderemo un sentiero secondario, perché nell’altro della tenuta ho alcune giumente in calore e non vorrei che i cavalli impazzissero. Per partire, vi basterà dare due colpetti con i piedi sul fianco dell’animale. Vi ricordo di essere i più gentili possibili e di evitare qualsiasi cosa che potrebbe innervosire i cavalli. Se è tutto chiaro, io credo che potremo andare”
Aron guardò Somerhalder che gli fece un segno d’assenso con la testa.
“Da questa parte” disse il signor Johnson, facendo muovere il suo cavallo.
Una volta partito, gli studenti lo copiarono.
“Ok, con molta delicatezza” disse tra se e se Rosalyn.
Picchiettò i fianchi di Stone e questo partì.
Strinse le redini nervosa e chiuse gli occhi per poi riaprirli quando l’animale iniziò a muoversi tranquillamente.
“Bene” sospirò, “Bravo Stone”
“Come va Rosie Posie?” chiese Rob, avvicinandosi con il suo cavallo.
“Tutto tranquillo per ora” rispose, guardando dritta davanti a se.
“Che hai? Sembra che ti abbiano infilato un palo su per il sedere! Sciogliti un po”
“Shh! Sto cercando di concentrarmi”
“Ammettilo, stai morendo di paura”
“Stai zitto!”
Robert rise e la superò.
‘E’ tutto ok, Rosalyn. Stai calma. Non succederà proprio niente. Stone è buono e tu non cadrai e il tuo cervello non verrà spappolato a terra e..’
Ma non fece in tempo a completare il pensiero che Stone iniziò ad agitarsi.
“No, buono, Stone. Buono” disse, carezzandogli il dorso.
Il cavallo nitrì e scosse il capo.
“Buono” disse Rose, iniziando ad innervosirsi pure lei.
L’animale girò su se stesso e nitrì di nuovo.
“Dai, Stone, stai buono”
Picchiò gli zoccoli a terra e sbuffò.
“Ecco, tranquillo. No, Stone, bast..”
Il cavallo iniziò a correre in avanti.
“Aiutooo!” urlò la giovane, superando i suoi compagni e Aron.
“Tira le briglie!” urlò Aron.
“Le briglie?!” urlò, scomparendo dentro il bosco. “Che cazzo sono le briglie?!”
“Merda!” esclamò Ian, picchiettando i piedi contro i fianchi del suo cavallo, rincorrendo la studentessa. “Tira le briglie!” urlò, raggiungendola.?
“Oddio! Ma sto coso non ha un bottone?!”
“Rose, le briglie!” ripetè lui.
“Buono cavallino. Buono!” esclamò, ignorandolo. “Oh, signore!” urlò, quando Stone saltò un trucco che ostacolava il passaggio. “Oh, Dio mio!”
‘Perché?! Perché ho scelto questo cavallo maledetto?’
“Rose, sto arrivando!” urlò Somerhalder, spronando il cavallo.
“Iaan!”
“Resisti!” urlò affiancandosi a lei.
La giovane girò la testa verso di lui.
“Rose, devi saltare”
“No!”
“Rose, cazzo, ascoltami. Salta!”
“Il mio istinto di autoconservazione me lo vieta!”
“Dannazione!” esclamò, spazientito. Facendo attenzione si avvicinò il più possibile a lei. Velocemente le fece passare un braccio intorno i fianchi.
“Attaccati al mio collo!”
“Cosa?”
“Lascia le briglie e attaccati al mio collo!”
Rosalyn si guardò le mani.
“Devi farlo, Rose o finirai per essere disarcionata”
“Ma..”
“Ti sto tenendo. Non ti accadrà nulla, te lo prometto, ma lascia andare la presa!”
“Cioè, io mi dovrei fidare di te, quando tu non ti fidi di me?!”
“Io mi fido di te, Rose!”
“Ieri non hai proprio detto così!”
“Cazzo, Rose, io mi fido! Ora lascia la presa!”
Rose chiuse gli occhi e, trattenendo il respiro, lasciò andare le briglie, attaccandosi al collo del professor Stranamore.
“Molto bene” disse lui, trascinandola verso di sé.
“Oddio!” esclamò, quando si sentì sollevare e poi, finalmente, il suo sedere toccò la sella del cavallo su cui si trovava Ian.
“Ooh” disse l’uomo, fermando il cavallo.
Rosalyn era praticamente appiccicata a lui.
Nello spostamento, si era girata e si era seduta sulla sella con il corpo rivolto verso quello del professore e aveva nascosto il viso nell’incavo del suo collo.
Le gambe allacciate intorno ai suoi fianchi.
Tremava.
Tremava come una foglia per la paura.
Iniziò a piangere.
“Va tutto bene, Rose” disse Ian, massaggiandole la schiena con la mano sinistra, mentre con quella destra teneva le redini e spronava il cavallo a girarsi e a riprendere a camminare. “Va tutto bene” ripetè, “E’ tutto finito”
La ragazza si strinse ancora di più a lui.
“Tutto a posto?”
Non rispose.
“Non piangere, Rose” le disse, fermando di nuovo il cavallo.
Rose, dopo qualche secondo, alzò lentamente il viso.
“Ecco, molto bene” disse, alitandole sul naso. “Visto? Sei salva” disse, asciugandole una lacrima che le stava attraversando una guancia.
“H - ho avuto…paura”
“E chi non l’avrebbe avuta?”
“Non avrei dovuto scegliere quel cavallo”
“Non è colpa tua. Ne sua. Qualcosa…l’ha fatto impazzire”
“E tu mi hai salvata. Come hai fatto?”
“Ho preso lezioni di equitazione da bambino. Inoltre, mi madre ha una fattoria dove ha sempre curato alcuni cavalli”
“Grazie” disse.
Il professor Bollore le sorrise, “Credi davvero che avrei permesso che ti accadesse qualcosa?”
“Sei arrabbiato ancora con me” affermò.
“Il motivo lo sai”
“Un motivo non vero. Un motivo che come ti ho già detto nasce tutto da un malinteso, comunque”
“Rose, vogliamo tornare di nuovo sull’argomento?”
Sbuffò, “No”
Ian sorrise.
“Potresti fare meno il compiaciuto, per favore?”
“Compiaciuto?”
“Sì, il compiaciuto”
Il professore trattenne una risata.
“Quanto ti odio” disse, lasciandosi cadere in vanati, poggiando la fronte sulla sua spalla destra.
“E’ così che ringrazi il tuo salvatore? Dicendogli che lo odi?”
La ragazza rise, “Grazie, di nuovo”
“Come ho detto prima, non avrei mai permesso che ti succedesse niente di male”
Momento di pausa. “Dopotutto sei la mia ragazza” aggiunse.
“Ah, sì?” chiese, tornando a fissarlo.
“Sì. E io…io ti amo”
Ros cercò di contenere il suo stupore.
 “Scusa, non ho sentito bene” disse lei, con voce un po stridula.
“Ho detto che ti amo”
“Mh, no. C’è qualcosa che non va. Non ti sento. Potresti alzare la voce?”
“Per l’amore del cielo, ho detto che ti amo, Rosalyn!”
La studentessa sorrise e poi poggiò entrambe la mani sulle guance di lui.
“Non me lo avevi più detto dal giorno del matrimonio”
“Perché ‘ti amo’ è una cosa seria e va detta solo quando è il momento giusto per farlo, non GIUSTO per farlo. E poi, neanche tu me lo hai più detto”
“Bè, io…” arrossì.
Il professor Stranamore si chinò in avanti e la baciò.
“Scusa per essere un cafone geloso”
“Un cavernicolo cafone geloso” lo corresse, “Però ti perdono” disse, baciandolo a sua volta.
 





Angolo autore:
Buona seraaa!
Scusate, ma devo scappare, perciò sarò veloce!
1. Scusate il ritardo di ben una settimana! Colpa dello studio çç
2. Questo è un capitolo di passaggio, quindi scusate se non è il massimo.
3. Grazie, perchè 'crescete' sempre di più!


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 28
*** Come into my world. ***


COME INTO MY WORLD
-Capitolo ventotto-
 
 
 
 
 
Come into my world, never ever go back
I do need you so, without you life's my in black
Come into my world, we will try once more
Time will wait for us, swear you're mine and I'm yours,
Come into my world
http://www.youtube.com/watch?v=L9LBLfDyUUc-
 
 
 
 
 
“Quindi verrai?” le chiese Ian.
“Mh”
“E’ un sì o un no?”
“E’ un ‘non lo so’, ok?”
Era il tre aprile, e i due se ne stavano comodamente seduti sul divano del soggiorno a casa della ragazza. Il tempo non era molto bello e il fatto che sia Alan che sua madre erano fuori casa, gli aveva convinti ad oziare un po. E poi, come dice il detto ‘Aprile dolce dormire’ e loro avevamo molto sonno anche se erano le quattro del pomeriggio.
Rose era appoggiata sul bracciolo destro del divano e aveva le gambe piegate - inoltre indossava la sua tutina da coniglio. Lei non l’avrebbe indossata, ma Ian le aveva confessato che la trovava tenerissima con quella tuta, così l’aveva messa. Solo per lui.
Somerhalder, invece, era seduto, con la schiena poggiata allo schienale e le sue gambe passavano sotto quelle di lei.
“Non vuoi conoscere Mark?” le chiese.
La giovane si morse il labbro inferiore.
“Certo che voglio conoscere il tuo amico, ma avevamo deciso di non dire a nessuno di noi due fino alla fine della scuola”
“Lo so, ma tutti hanno capito che sto frequentando qualcuno - mia nonna compresa - e non mi lasceranno in pace finchè non ti avrò presentata. Però, visto che non mi sembra il caso che tu li conosca tutti e subito, ho pensato che per primo potevi incontrare Mark. Ci possiamo fidare di lui. Non è nei suoi interessi andare in giro a dire che sto con una mia studentessa”
“Mh” disse, torcendo leggermente la bocca.
“Non sei convinta?”
“No, è che…” iniziò, alzandosi e andandosi a posizionandosi sulle gambe del professor Stranamore, il corpo di fronte al suo e le gambe rannicchiate ai lati, “Non lo so. Non sono sicura che sia una buona idea, tutto qui”
“Non voglio obbligarti a fare qualcosa che non vuoi fare. Credevo solo che fosse un’idea carina”
Rosalyn gli legò le braccia intorno al collo, iniziando a giocare con qualche ciocco dei suoi capelli corvini.
“Forse hai ragione” disse, ripensandoci, “Sarebbe un’idea carina”
Ian sorrise.
“Tu potresti dirlo a Cher”
Scosse la testa, “Non credo sia una buona idea”
“Perché? Non ti fidi di lei?”
“No, non è questo. E’ solo…solo che ho paura di come potrebbe reagire”
“Rose, Cher è una tua amica, non credo che ti giudicherà o altro”
“Lo so” disse, abbassando lo sguardo, facendo passare l’indice della mano sinistra sulle righe verticali della scollatura del maglione di lui. “Ma non è ancora il momento. Non sono pronta per dirglielo”
“Va bene” disse Somerhalder, dandole una bacio sulla guancia sinistra.
“Però, davvero, mi piacerebbe conoscere Mark”
Gli occhi gli brillarono, “Molto bene”
La ragazza rise e poi lo abbracciò. “Ora sei mio prigioniero e non potrai più andartene”
Anche lui la strinse, “E chi se ne va?” chiese, prima di baciarla.
 
 
“Rose, non essere agitata” le disse Ian, spostando la mano dal cambio alla sua coscia sinistra.
“Non sono agitata” mentì, sfiorando con le dita le vene della mano di lui.
“Allora perché sei silenziosa?”
“Non ho semplicemente niente da dire”
“Sai, a volte sai essere una pessima bugiarda. Ormai ho capito che quando non parli è perché c’è un problema”
“Davvero, sto bene. E’ solo che…”
“Che?”
“Se non mi trovasse giusta per te?” disse, tenendo lo sguardo fisso sulla sua mano, “Insomma, se mi trovasse una sciocca ragazzina non adatta a il suo migliore amico?”
“Oh, Cassie, non credo che questo possa accadere. Per la tua età sei molto matura e intelligente. E poi tu devi piacere a me, non a lui”
“Lo so, però questo pensiero mi tormenta”
“Bè, tu pensa al fatto che, visto che piaci a me, automaticamente piacerai a lui per il cinquanta per cento”
“E l’altro cinquanta?”
“L’altro cinquanta comparirà quando ti vedrà e verrà folgorato dalla tua bellezza”
Rosalyn rise e arrossì, “Che adulatore che sei”
“Dico solo la verità” disse, afferrandole la mano sinistra, portandosela alle labbra.
 
Un’ora e venti minuti dopo avevano raggiunto Pittsburgh, dove Mark gli stava aspettando al ‘Cure’, un bellissimo ristorante da tre stelle Michelin.
Ian parcheggiò.
Spense l’auto e uscì. Le girò intorno e le andò ad aprirle la portiera.
La ragazza sentì la bile salirle in gola.
“Hey, non è che mi svieni, vero?” le chiese Somerhalder, porgendole una mano.
Rose forzò un sorriso, “Proverò a non farlo, ma non ti assicuro nulla” rispose, prendendogli mano, uscendo dall’auto.
“In tal caso, dovrò essere pronto a prenderti” disse, tirandola  a sè per poi baciarla.
La giovane chiuse gli occhi, per riuscire ad assaporare a fondo quel momento.
Ogni volta che Ian la baciava era come se dentro di lei scoppiassero mille palloncini pieni di coriandoli.
La sensazione era ogni volta la stessa, ma ogni volta era come se fosse la prima.
“Come ti senti ora?” le chiese, staccandosi.
“Bè, ora sento le gambe di gelatina e il cuore non mi batte più per l’agitazione”
“Bene” disse, dandole un bacio a fior di labbra, “Andiamo, piccola” disse, chiudendo l’auto.
I due, mano nella mano, si diressero verso il ristorante.
Erano le dodici e mezza, perciò erano perfettamente in orario.
Una volta dentro, mentre lei si apprestava a togliersi il giaccone, il professor Bollore si diresse verso il maître, un uomo sulla sessantina, per chiedergli a che tavolo il signor Rogers - Mark - li stava attendendo.
Rosalyn si guardò nella vetrata dietro di lei, per assicurarsi di non avere un capello fuori posto.
Per il pranzo aveva deciso di non vestirsi ne troppo elegante, ne troppo casual, perciò aveva optato per un paio di pantaloni rosso porpora abbinati ad una camicetta di jeans. Ai piedi un paio di anfibi marroni. I capelli, invece, erano stati raccolti in una crocchia alta.
“Rose?” la chiamò Ian.
“Mh?”
“Andiamo?” chiese.
“Sì, sì”
La studentessa lo raggiunse e gli prese la mano.
Il maître li guardò sorridendo e poi gli condusse al tavolo.
Ros adorava andarsene da Harmony, perché solo fuori dalla città lei e il prof potevano comportarsi come una vera coppia, senza doversi rifugiare in casa.
Li nessuno li conosceva.
Li nessuno avrebbe potuto giudicarli.
Nessuno avrebbe fatto nulla.
“Ciao Mark” disse Ian, arrivati al tavolo.
Mark era un uomo di bell’aspetto.
I capelli erano biondo platino, portati legati dietro alla nuca.
Gli occhi verdi smeraldo erano vispi e attenti, le labbra sottili e il mento pronunciato.
Era un poco più alto di Ian, ma il fisico era praticamente lo stesso.
Probabilmente anche lui faceva palestra.
“Ian!” esclamò Mark, stringendoli la mano. “Tutto bene?”
“Non mi posso lamentare. Tu, invece?”
“Lavoro, palestra, le solite cose insomma”
“E le donne dove le lasci?”
‘Donnaiolo’, pensò, aggiungendolo alla lista che si era creata mentalmente.
“Sono cambiato, Ian. Non mi interessano più quelle cose”
“Sei cambiato da…due settimane? L’ultima volta che ti ho chiamato avevo interrotto qualcosa di…importante, mi sembra”
Mark rise, “Ho avuto un’illuminazione” disse, posando lo sguardo sulla ragazza.
Ros sussultò.
Quegli occhi verdi, nascondevano dentro di loro una grande oscurità.
Somerhalder si accorse che si stavano guardando, così decise di presentarli.
“Mark, amico, questa è Rosalyn, la mia ragazza. Rose, questo è Mark”
“Piacere Mark” disse Rose, allungando una mano verso di lui.
L’uomo la prese e se la portò alle labbra, baciandola, “Incantato”
Lei arrossì lievemente per la galanteria.
Di una cosa era sicura: quell’uomo sapeva come prendere le donne.
“Vogliamo stare qui in piedi o ci sediamo?” chiese Somerhalder.
I tre si sorrisero e poi si accomodarono.
Rose e Ian vicini e Mark di fronte  a loro.
“Questa, comunque, non è la prima volta che io e Rosalyn ci incontriamo” disse Mark, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe. Quando vide un’espressione di confusione dipingersi sul viso della coppia, continuò. “Ho visto Rosalyn la sera di capodanno, in discoteca”
“Ah, sì, è vero” disse il professor Stranamore.
La giovane sorrise, non sapendo bene cosa dire.
“Allora, come va con la ISF? Qualche miglioramento da settimana scorsa?”
E i due amici iniziarono a parlare.
Ros li guardava in silenzio, prestando attenzione alla conversazione e inserendosi solo quando voleva elogiare Ian per qualcosa o ridendo per delle battute o storie divertenti che raccontavano.
“Sono felice di essere uscito a magiare con voi” disse d’un tratto Mark, una volta che la seconda portata fu servita al tavolo.
Il professore guardò Rosalyn che gli sorrise.
“Anche noi siamo molto felici. Però questo non mi impedirà di pagare la nostra parte e la tua”
“Oh, no, no. Pago tutto io, siete miei ospiti”
“No, Mark, non se ne parla”
“Ian, ha ragione. Non possiamo accettare”
“Sentite, siamo solo a metà del pranzo. Prima finiamo di mangiare, poi decidiamo cosa fare, va bene?”
“D’accordo, ma ti tengo d’occhio” disse Ian, “Non osare pagare il conto di nascosto”
“Giuro che non ci proverò” disse Mark, alzando le mani”
La ragazza sorrise e riprese mangiare.
“Rose?” la chiamò Mark. “Posso chiamarti Rose, vero?”
“Ma certo” rispose, polendosi la bocca con il tovagliolo.
L’uomo sorrise e smise di mangiare, poggiando il mento sul palmo della mano sinistra, “Ian mi ha detto che tu sei una sua studentessa”
“Mh - mh”
“E’ difficile mantenere la vostra relazione professionale in ambito scolastico?”
“Certo”
Rose si mosse nervosamente sulla sedia.
Stava cercando di essere il più vaga possibile, perché non conosceva ancora bene Mark e, anche se era amico di Ian, proferiva non fidarsi subito.
“Sei sempre così poco loquace?”
“E’ un po nervosa quando conosce persone nuove” spiegò Somerhalder, poggiandole una mano sulla coscia sinistra, “Infatti, se hai notato sta mangiando molto”
“Scusa, se mi rilasso mangiando” disse la studentessa, mettendo il broncio.
“Lo sai che ti amo anche per questo” disse il professor Bollore, sporgendosi di lato, per lasciarle un bacio sulla guancia.
“State molto bene insieme” disse Mark.
“Grazie” disse Ian, “E’ importante per me, sentirti dire una cosa simile”
“Bè, è quello che penso. Perché non vieni alla festa di Paul e Torrey di settimana prossima, Rose? Sono sicuro che anche gli altri vorrebbero conoscerti”
“Io…non so…” disse Rose, guardando Ian.
“Perché no? Trovo sia un’ottima idea” disse Somerhalder, “Mi era passato per la mente che la festa era settimana prossima”
“Ti capisco. Tra il lavoro, la fondazione e, naturalmente, Rose, immagino che la tua mente sia ben occupata” disse, buttando alla ragazza una strana occhiata, che la turbò e non poco.
“Già”
“Ti va di scambiarci i numeri di telefono, Rose? Potrei presentarti qualche nostra amica, così alla festa non ti sentiresti troppo oppressa”
“Oppressa?” ripetè lei, inclinando la testa di lato.
“Sì, oppressa. Tutti vorranno di certo conoscerti e potrebbero non lasciarti un momento in pace. Se invece ti faccio conoscere qualcuno prima, questo problema non dovrebbe presentarsi”
Ros guardò di nuovo il professor Stranamore alla ricerca di una sua approvazione.
Lui annuì e le sorrise.
“D’accordo” disse la giovane e poi gli diede il suo numero.
In quel momento il cellulare di Somerhalder squillò.
Guardò lo schermo.
“Scusatemi, devo rispondere. Torno subito”
E così dicendo si alzò e si allontanò dal tavolo.
Rosalyn lo seguì con lo sguardo e quando scomparve dalla sua visuale, riprese a mangiare, nervosa.
La sensazione di disagio che provava in presenza di Mark non le piaceva. E il fatto che la fissasse di continuo non la aiutava  affatto a rilassarsi.
“Ian, sempre lo stesso. Immagino che stia parlando con una ragazza” disse Mark, “Forse Nina. Da quello che so, si stanno sentando molto spesso. Non ti da fastidio?”
Nella mente della ragazza si formò l’immagine di lei che prendeva  a sberle l’amico del suo fidanzato, ma nella realtà tutto quello che fece fu stringere la forchetta che aveva in mano e rispondere con il tono più piatto e controllato che avesse mai usato. “Affatto. Ian e Nina sono ex fidanzati, ma molto amici. Credo sia normale che si sentano e a me la cosa non crea problemi. Mi fido di lui”
“Uh, ma allora è vero amore. Sai, sono sorpreso”
“Di cosa?” chiese, alzando lo sguardo verso di lui.
“Da quanto tu sia così carina. Ti avevo notato a capodanno, ma non mi ero reso conto che eri così bella”
“Non esagerare, ti prego”
Quei complimenti, fatti con quel tono mieloso le stavano dando la nausea.
“Non sto esagerando. E i tuoi occhi, sono di un marrone così bello. Mi ricordano molto il cacao. Sono così sexy. TU sei sexy”
Rose lo ascoltava parlare, fissandolo allibita.
“Si dice che l’amore renda le donne più belle. Ora so che è vero”
“Mh”
‘Oddio, che faccio? Ian, dove sei finito cazzo?!’
“Quello era un grazie?”
“Bè, non credo di essere diventata più carina. Infondo, non ho fatto niente. Nulla è cambiato. A parte l’entrata di Ian nella mia vita”
Mark la fissò per qualche minuto e la giovane si sentì come una mosca intrappolata in una ragnatela, pronta ad essere divorata.
E il ragno sembrava davvero affamato.
“Potrei entrare anch’io nella tua vita?”
“Come?” chiese, con un filo di voce.
Non perchè non avesse sentito bene, ma per permettere al ragazzo di rimangiarsi la parola.
“Non voglio rovinare la vostra relazione”
‘Bè, sembra tutto il contrario’
“Però, qualche volta potresti, come dire, cambiare aria” continuò. Mark si alzò, girò intorno al tavolo e si sedette accanto a lei, sporgendosi verso il suo viso. “Non sarebbe bello?” chiese, prendendo tra le dita dei ciuffetti di capelli che le erano sfuggiti dalla crocchia.
La giovane allungò un bracciò e afferrò il bicchiere mezzo vuoto.
Bevve l’ultimo sorso di acqua e poi rimise il bicchiere sul tavolo.
Chiuse gli occhi e si apprestò a parlare, cercando di utilizzare il tono più calmo che poteva usare. “Detto sinceramente, non sono interessata”. Aprì gli occhi e li puntò in quelli verdi di lui, “E la cosa che mi fa più schifo è che tu abbia avuto il fegato di chiedermelo come se ti aspettassi che accettassi. Non so che ragazze frequenti, o che tipo di ragazze ha frequentato Ian in passato, ma io non sono come loro. Amo Ian e di certo non starò qui a farmi prendere in giro da te un minuto di più”. Si alzò e prese la borsa. “Non ho bisogno di persone come te nella mia vita” disse, lasciando qualche banconota sul tavolo. “Mi disgusti”
“Dove vai?” le chiese, afferrandola per un polso.
Cercando di essere il meno brusca possibile, si liberò della sua presa, “Il più possibile lontana de te. Spero a mai più arrivederci, Mr. Rogers”
E così dicendo gli voltò le spalle e si diresse verso l’uscita.
Quell’uomo le aveva messo la nausea addosso.
Ma come poteva essere amico di Ian?
Come poteva un…mostro essere amico del suo bellissimo cavaliere senza macchia e senza paura che si batteva sempre per il giusto?
Forse anche Ian, in passato, era stato così.
Scosse la testa.
No, no, impossibile.
Uscita dal ristorante si mise la giacca e vide Somerhalder ancora intento  parlare al telefono.
Avrebbe dovuto diglielo.
Avrebbe dovuto digli come il suo caro amico si era comportato con lei.
Avrebbe dovuto digli che le aveva praticamente chiesto di avere una relazione anche con lui.
Sì, avrebbe dovuto farlo.
E invece non lo fece.
Si mise il cappuccio e gli diede le spalle.
Ma chi voleva prendere in giro?
Ian non le avrebbe mai creduto.
Da quanto la conosceva? Qualche mese?
Da quanto conosceva Mark?
Tutta la vita.
La vista le si appannò.
Odiava sentirsi impotente.
Lo odiava proprio.
Si incamminò.
Non sapeva dove andare, ma ogni posto era meglio che stare li.
 
Ian
Finito di parlare con sua nonna - che si trovava a Los Angeles, in visita da suo padre - che gli aveva detto che sarebbe tornata l’indomani in giornata, rientrò nel ristorante.
“Mh? Dov’è Rose?” chiese, una volta arrivato al tavolo.
“Se n’è andata” rispose Mark, sospirando.
“Eh? Cosa intendi dire con ‘se ne è andata’, Mark?”
“Secondo te? Che si è alzata ed è uscita dal ristorante”
“Senza dire niente?”
“Io non l’ho sentita proferire parola”
‘Ma che cazz..?!’
Il pensiero di Ian si interruppe quando il ragazzo vide che Rosalyn aveva lasciato delle banconote e non aveva finito di mangiare. E la cosa era DAVVERO preoccupante. Ormai conosceva Rose. Lei mangiava anche quando non aveva fame.
Prese il cellulare dal giacca e uscì di fretta dal ristorante.
Compose il suo numero e cominciò a girare in tondo nervosamente.
Il cellulare suonava libero, ma lei sembrava intenzionata a non voler rispondere.
‘Dai, dai, rispondi!’
La richiamò una seconda e poi una terza volta.
“Ian, hai dimenticato il cappotto” disse Mark, raggiungendolo.
“Mark” disse Somerhalder, dandogli le spalle.
“Sì?”
“Hai detto qualcosa  a Rose?”
“Sì, le ho detto che mi sarebbe piaciuto averla come amica. A quanto pare lei non mi vuole. Un po maleducata, la tua nuova ragazza, mio caro. Si è alzata e se ne è andata, senza dire una parola. Perché me lo chiedi? Che ti importa? E’ una bambina Ian e il suo comportamento di oggi lo ha dimostrato. Io conosco un sacco di DONNE che vorrebbero stare con te. Lasciala perdere”
Il professore strinse i pugni e si girò.
Guardò l’amico negli occhi e poi gli mollò un pugno in pieno viso.
La forza usata fu talmente tanta, che Mark finì K.O.
E il tutto avvenne così velocemente, che Ian si rese conto di quello che aveva fatto solo quando vide l’amico a terra.
“LEI. NON. E’. UNA. BAMBINA” disse, a denti stretti.
Si avvicinò a Mark, si chinò e lo prese per il bavero della camicia, “Non è una bambina. E’ una ragazza. Ma non una ragazza come tutte le altre. Rose…Rose è MIA” disse, per poi lasciarlo andare. “So cosa le hai detto. Lo fai sempre. Stalle alla larga, mi hai capito?”
E non aspettando neanche una risposta, si diresse verso la macchina.
Non poteva essere andata troppo lontano.
 
Ian girò tutta Greencity, ma, due ore dopo, nessuna traccia di Rose.
‘Rose, dove sei finita?’
Si passò nervosamente una mano tra i capelli, scompigliandoli un po.
In quel momento il suo cellulare suonò.
Lo prese e, quando vide il nome di Rosalyn comparire sul display, si sentì improvvisamente sollevare  una strana sensazione di calore gli si diffuse nel corpo.
“Rose” disse, tirando un sospiro di sollievo, “Dove sei?”
“A casa” rispose, “A casa tua”
“Come ci sei arrivata?”
“Ho usato le chiavi del cancelletto sul retro che mi hai dato tu”
“Qualcuno ti ha visto?”
“No, sono salita in camera, ma non c’era in giro nessuno”
“Sto arrivando. Non muoverti, capito?”
“Sì”
“Ah, Rose?”
“Mh?”
“Ti amo”
“Ti amo anch’io” disse e Ian sentì la sua voce spezzarsi, come se stesse per scoppiare a piangere.
“Non piangere piccola, sto arrivando”
 
Rose
Rosalyn chiuse la chiamata e poggiò la testa sul lato del materasso.
Si trovava nella stanza di Ian ed era seduta con la schiena poggiata ad un comodino.
Era dall’altra parte del letto in modo che, se qualcuno fosse entrato, avrebbe potuto nascondersi senza problemi.
Chiuse gli occhi e si asciugò le guance con un pezzo di carta igienica, poi si soffiò il naso.
Ian sarebbe arrivato a breve e tutto sarebbe andato bene.
TUTTO.
La stava cercando. Questo significava che forse aveva scoperto quello che Mark le aveva chiesto.
Lo sperava.
Lo sperava con tutta se stessa.
 
Un’ora dopo, Ian era arrivato.
Parcheggiò l’auto nel vialetto e poi corse in casa.
Salutò Caitlin che era arrivata ad aprirgli la porta e poi si diresse in camera sua, percorrendo la scalinata saltando alcuni gradini.
Una volta arrivato davanti al porta della sua stanza, la spalancò.
“Rose?” chiamò, quando non la vide.
La ragazza fece sbucare la testa da dietro il suo letto.
Ian era davanti a lei.
I capelli spettinati.
La camicia con il colletto aperto e leggermente sgualcita.
“Rose”
Gli occhi di Rosalyn si riempirono di lacrime.
Si alzò e corse verso di lui.
A pochi passi dal professore, saltò e gli finì tra le braccia.
Somerhalder la sorresse e lei gli legò le gambe intorno ai fianchi, poi ricominciò a piangere.
“Va tutto bene” le disse, “Va tutto bene”
Mentre con una mano continuava a sorreggerla, con l’altra si chiuse la porta alle spalle, poi si incamminò verso il letto.
“Lui…lui…” singhiozzò.
“Shh, lo so. Stai tranquilla, Rose. Lo so” disse, sedendosi, facendola così adagiare sulle sue gambe.
“Mi dispiace di essermene andata” disse, “Non sapevo cosa fare, come reagire”
“Potevi dirmelo, Rose”
Scosse la testa, “Non mi avresti mai creduto”
“E invece sì. So com’è fatto Mark. E’ un bastardo. Si comporta così, con ogni donna. Ma non con te, Rose. Non glielo permetterò più, capito? Tu sei mia. Solo mia. E lui non ti parlerà più in quel modo”
“Mi ha fatto sentire così…sporca”
Ian le scostò alcune ciocche di capelli dal viso che si erano ulteriormente liberate dalla crocchia.
“Non dovevo presentartelo. Avrei dovuto aspettare. Avrei dovuto immaginare i suoi secondi fini”
“Mi dispiace, Ian. Ora tu hai litigato con uno dei tuoi migliori amici per colpa mia e..”
“Rose” la interruppe “Stai delirando? Dopo quello che immagino ti abbia detto non è più mio amico”
“Come hai fatto a sapere quello che mi ha detto?”
“In realtà non lo so, ma lo conosco. So che fa proposte indecenti alle donne - sia fidanzate che non. Quando ho visto le banconote sul tavolo e il piatto ancora pieno, ho subito capito che era successo qualcosa. Poi ho collegato”
La giovane sorrise, “Wow, scoperta per colpa di un filetto al branzino”
Il professore sorrise a sua volta, poi tornò serio, “Promettimi solo che non scapperai più così, va bene? I problemi si possono risolvere, basta parlare. Semplice comunicazione, è questo che rende una coppia forte”
Annuì, “Te lo prometto” disse, allacciandogli le mano dietro al collo.
“Promettimi anche che risponderai al telefono. Anche se non vuoi parlare con me. Dimmi che risponderai solo per farmi sapere che sei sana e salva e che non sei stata sbranata da cani Alsaziani. Mi sono spaventato”
“Te lo prometto”
“Bene” disse, asciugandole una lacrima che le stava rigando la guancia sinistra. “Bene” ripetè, prima di avvicinare le labbra alle sue e coprirle.
Prima le sfiorò le labbra con un bacio casto, poi, quando Rosalyn dischiuse le labbra, il bacio si fece più intenso, finchè non si trasformò in qualcosa che non avevano ancora affrontato: LA PASSIONE.
Le loro lingue si inseguivano, vogliose di toccarsi e avvolgersi l’una intorno all’altra.
Quando i due si staccarono, si guardano negli occhi, entrambi con il fiatone.
La ragazza si passò la lingua sul labbro inferiore con un gesto involontario e Ian spostò la sua attenzione su quelle lebbra che si erano gonfiate e che avevano assunto la tonalità di rosso innaturale.
“Voglio di più” disse Ros.
Quelle parole le uscirono dalla bocca senza che se ne accorgesse.
E, non solo il professor Bollore, ma anche lei si stupì dalla sua ammissione.
“Voglio di più” ripetè.
“Ne sei sicura?” le chiese, con voce leggermente roca.
Annuì decisa.
Era vero.
Era giunto il momento.
Lei amava Ian.
Lo amava con tutto se stessa.
E ora voleva di più.
Voleva sentirlo suo e lei voleva sentirsi sua.
COMPLETAMENTE.
Somerhalder le baciò la punta del naso.
Si alzò, tenendo sempre Rose il braccio, si girò e poi la depositò orizzontalmente sul materasso - il letto era così grande che, anche orizzontalmente, i due ci stavano perfettamente e non fuoriuscivano dal materasso.
“Allora facciamo l’amore” disse Ian, prima di catturarle le labbra.
Chiuse gli occhi.
L’amore.
L’AMORE.
Ros sentì il suo cuore iniziare a battere velocissimo.
Non ci poteva credere.
Forse era tutto un sogno.
Oh, no, i sogni non erano così reali.
Nei suoi sogni Ian non baciava così bene.
La giovane buttò le braccia all’indietro e con le dita si disfò la crocchia.
Ian allungò le sue mani verso quelle di lei e le strinse, poi, con uno scatto la fece mettere a sedere.
Ora erano uno di fronte all’altra.
Lei ancora sulle sue gambe.
Tenendo gli occhi puntati nei suoi, iniziò a slacciarle i bottoni della camicia.
Rosalyn si sentiva molto in imbarazzo, ma non abbassò mai lo sguardo, anche se sentì le guance andarle in fiamme.
I suoi occhi azzurri la tenevano incatenati e non le permettevano di fermare il contatto visivo.
Ian le catturò di nuovo le labbra, poi si spostò sulla line della sua mascella e poi sul collo.
La ragazza reclinò la testa all’indietro, allacciando le braccia intorno al collo del professore e dischiuse la bocca, mentre la lingue di Ian passò nell’incavo tra le due clavicole e le sue mani si spostarono sulle spalle, portando con loro la camicia che poi cadde sul materasso.
“Rose” sussurrò, sfiorandole la pelle del petto con il suo alito caldo. “Rose, Rose, Rose” ripetè.
‘Adesso muoio’
“Rose, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, mia anima” sussurrò, mentre la faceva stendere di nuovo, mettendosi sopra di lei e spostando la sua bocca verso l’ombelico.
Ros piegò le dita dei piedi, mentre un dolce e caldo pizzicore le si espanse nel basso ventre.
“Mia” disse Somerhalder, tornando a guardarla in viso.
“Tua” disse lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve a tutti!
Scusate il ritardo, ma la scuola mi porta via un sacco di tempo e mi rimane solo il venerdì sera e il sabato mattina per scrivere il capitolo.
Anyway, spero v sia piaciuto.
Il rating che ho scelto non mi permette di descrivere molto le scene intime, ma spero che siete comunque soddisfatte.
Ho cambiato la scena finale un milione di volte, perché non ero soddisfatta e sinceramente non lo sono ancora.
Niente, grazie mille per le recensioni e i complimenti.
Un bacio.
 
Ps. L’outfit di Rose


 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 29
*** And I love you. ***


AND I LOVE YOU
-Capitolo ventinove-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ian si svegliò di soprassalto.
Aveva il cuore in gola.
Allungò un braccio verso il comodino li a fianco e accese l’abatjour.
Piegò leggermente le gambe e si passò le mani sul viso, sfregandole un po, per poi farle risalire verso l’alto, intrecciandole nei capelli diventati umidi sulle punte per via del sudore.
Aveva fatto un sogno orribile.
Aveva sognato di stare rincorrendo Rosalyn ma, per quanto si forzasse, non riusciva a raggiungerla. Poi, ad un certo punto, si accorgeva che la ragazza stava per essere risucchiata da un buco nero. Allora, lui cercava di avvertirla, di stare attenta, di scansarsi, ma la voce non usciva. Così provava a correre più forte, ma non bastava e Rose veniva risucchiata.
E poi si era svegliato.
Girò la testa verso la sua sinistra.
Li, in posizione prona, con le braccia legate intorno al cuscino, il viso girato verso di lui, con la bocca leggermente aperta e i capelli scompigliati un po sul cuscino e un po sul materasso, c’era Rosalyn.
Sorrise teneramente.
Per fortuna era stato solo un sogno.
Prese la coperta e con delicatezza la fece risalire lungo la schiena nuda della giovane, poi si sdraiò sul fianco sinistro, in modo da poterla guardare.
Ros si mosse, sfregando una guancia contro il cuscino, mugugnando qualcosa.
Com’era possibile che un esserino così piccolo fosse riuscito ad occupare completamente il suo cuore?
Alla fine ce l’aveva fatata.
Alla fine ce l’aveva fatta a farlo lasciare andare.
Ricordava quando, qualche mese fa, cerca in tutti i modi di nascondere, combattere quelle sensazioni e quei sentimenti che sembravano così sbagliati, ma che in quel momento invece sembravano così giusti.
‘Bisogna essere artisti, folli. Bisogna essere pieni di vergogna, di malinconia, di disperazione per riconoscere in mezzo alle altre il micidiale demonietto. Spicca tra le ignare compagne, inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere’.
 
Rose
Rosalyn si mosse, mettendosi supina e poi spalancò gli occhi.
Si guardò intorno, sentendosi leggermente spaesata, poi, quando si ricordò di trovarsi nella camera di Ian, si rilassò.
Le tapparelle erano state chiuse, perciò la stanza si trovava nella penombra, ma, intravedendo una forte luce, capì che il sole era già sorto.
Girò il viso verso la sua destra e vide Ian ancora sprofondato nel sonno.
Si morse il labbro inferiore e arrossì, sentendo il cuore iniziare a batterle forte.
Non ci poteva credere.
NON. CI. POTEVA. CREDERE.
Non solo aveva trovato l’uomo dei suoi sogni.
Non solo lui aveva ricambiato il suo amore.
Non solo era tipo un adone greco sceso in terra.
Non solo era il ragazzo più dolce, sensibile e romantico che avesse mai conosciuto, ma ora avevano fatto anche l’amore!
E, porca palettina, era state la cosa più spaventosa ma allo stesso tempo meravigliosa che avesse mai fatto e lui…lui era stato dolcissimo e così attento a non farle male e a cercare di farle provare piacere.
E lei non avrebbe potuto sperare uomo migliore al suo fianco.
Ma forse Somerhalder era stato così bravo, così attento perché era quello, era un uomo e non un ragazzino inesperto alle prese con la sua prima volta.
Ma lei come se l’era cavata?
Nel senso, anche al suo professore era piaciuto?
O forse era stato troppo occupato a non far del male a lei per preoccuparsi del suo piacere?
La ragazza prese il lenzuolo e se lo portò sopra il viso.
‘Stupida testolina che rovina anche i momenti più belli’, pensò.
Sospirò e poi, cercando di essere il più delicata possibile, sgusciò fuori dal letto e in punta di piedi si diresse in bagno.
Dopo aver fatto pipì, si diresse verso i lavandini.
Si guardò nell’enorme specchio posto sopra di essi alla ricerca di un segno che potesse farle campiere che qualcosa era cambiato, ma, osservando il suo corpo nudo, non notò nulla.
Niente era cambiato.
O, almeno, niente era cambiato esternamente.
Si sentiva leggermente indolenzita, ma probabilmente era normale.
Prese il pettine dall’armadietto dove l’aveva trovato l’ultima volta, la mattina dopo capodanno, e cercò di aggiustare il caos post coito che si ritrovava in testa.
Dopo essersi lavata la faccia, tornò in stanza.
Ian aveva cambiato posizione, ma stava ancora dormendo.
Si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da indossare.
Nella penombra vide la camicia di Ian stesa a terra, così la prese e la indossò, poi, non trovando le sue mutande, decise di indossare un paio di boxer del professor Stranamore, prendendoli dal cassettone.
‘Ma dov’è finita la mia biancheria?’
Si avvicinò alla sua borsa, che il giorno prima aveva abbandonato su una sedia e ci frugò dentro, alla ricerca del cellulare.
Una volta trovato guardò l’ora - Erano le dieci del mattino - e notò che aveva ricevuto un messaggio da Alan, che la informava del rientro di lui e sua madre nei prossimi giorni, e tre di Cher che le chiedeva perché era assente da scuola.
Rispose all’amica, inventandosi che era ammalata e si appuntò mentalmente di chiamare Alan nel pomeriggio.
Appoggiò il cellulare sul tavolino li vicino e poi, sentendo la sua pancia brontolare, decise di andare in cucina, prendere qualcosa da mangiare e poi tornare di corsa in stanza.
Naturalmente tutto questo doveva avvenire senza che nessuno si accorgesse di lei, perciò, quando aprì la porta, la prima cosa che fece fu quella di far uscire solamente la testa.
Quando fu sicura che la via fosse libera, uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
In punta di piedi si diresse verso le scale e le percorse con il cuore in gola.
Alla fine, comunque, riuscì a raggiungere la cucina senza essere vista da nessuno, anche perché non aveva incontrato nessuno.
Era come se la casa fosse deserta.
Non che Ian e sua nonna avessero molti cameriere, ne avevano si o no quattro, ma le sembrava strano non aver visto nessuno.
Senza riempirsi la testa con troppe domande, Rose aprì il frigorifero.
Non sapendo bene cosa volesse Ian, decise di prendere quello che rimaneva di una buonissima - o, almeno, così sembrava agli occhi - torta alle mele e del succo di frutta e il cartone del latte.
Poi iniziò a curiosare tra gli sportelli, alla ricerca di bicchieri, piatti e ciotole.
“Buongiorno, Rosalyn”
La voce della signora Dawson la colse di sorpresa, tanto che la fece sussultare e rovesciare a terra la scatola di cereali.
“Oddio!” esclamò la giovane, mettendosi in ginocchio per raccogliere i Corn Flakes, “Mi scusi”
La donna si avvicinò, reggendosi sul suo vecchio bastone di legno.
“Non ti preoccupare, cara. Ci penserà dopo Magdalena”
Rosalyn, però, ignorò la donna, e continuò a raccogliere.
“Rosalyn, ti ho detto che ti puoi fermare” disse Jennifer, gentile.
“No, non posso”
“E perché no?” chiese, accigliandosi.
“Perché è l’unico modo che ho per non guardarla in faccia” borbottò.
La signora Dawson scoppiò a ridere, “Oh, Rose, cara, sei in imbarazzo?”
“B - bè, leggermente” balbettò, alzando il viso, sorpresa della sua reazione.
“Ti confesserò una cosa: anche io sono leggermente imbarazzata”
La studentessa forzò un timido sorriso.
Jennifer si guardò intorno, “Mh, hai fame?”
“Sì, stavo prendendo qualcosa per me e…bè, per me e..”
“Ian”
“Sì”
L’anziana inclinò la testa di lato.
“Siete arrabbiata con me, Jennifer?” chiese, cercando di decifrare la sua espressione.
“Arrabbiata? Perché dovrei essere arrabbiata, cara?”
“Forse perché sto con suo nipote e ho passato qui la notte. Però le giuro che è la prima notte da quando stiamo insieme che dormo qui e che amo Ian, con tutta me stessa, e non farei mai, MAI, nulla per ferirlo”
“Oh, ma lo so, cara”
“L - lo sa?”
La signora Dawson annuì.
“Rosalyn, non potevo sperare una ragazza migliore per mio nipote. E so che lo ami, non solo perché me l’hai confessato, ma anche perché lo hai dimostrato. E poi sei l’unica che riesce ad innervosirlo, il che mi fa capire che anche lui tiene a te”
“Davvero?”
“Ma certo. Sono sempre stata una tua specie di fan. Ho sempre sperato in segreto che un giorno mio nipote iniziasse a provare qualcosa per te. Tu gli fai bene, Rose. Lo rendi una persona più solare, più energica e questo non fa altro che farti sembrare la scelta giusta per lui ai miei occhi”
“Sono felice di sentirle dire queste cose”
“Che stanno confabulando le due preferite della mia vita?” chiese Ian, entrando in quel momento in cucina.
Somerhalder indossava una vestaglia nera, con un nodo non troppo stretto legato intorno ai fianchi, leggermente aperta sul petto. I capelli erano spettinati e una leggera barbetta le era comparsa sul viso.
Un espressione divertita e perplessa allo stesso tempo dipinta sul volto.
Se fosse stata in piedi, sarebbe di certo svenuta.
“Buongiorno, nonna” disse, abbracciando l’anziana, dandole un bacio sui capelli, “Ben tornata a casa”
“Grazie, caro. E’ bello vederti”
Dopo essersi slegato dall’abbraccio, Ian si avvicinò verso Rosalyn.
Le allungò una mano e l’aiuto ad alzarsi, ma, quando cercò di baciarla, lei girò il viso, imbarazzata.
“S - stavamo parlando di colazione” disse la ragazza, chinandosi per raccogliere la scatola di cereali.
“Hai fame?” le chiese lui.
“Parecchia. Per questo sono scesa di sotto”
“Bene, allora io direi di accomodarci a tavola. E’ venuto un certo languorino pure a me” disse Jennifer.
“Va bene” acconsentì Ian.
“Vado a chiamare Frida” disse la Signora Dawson, lasciando la cucina.
“Sei stata tu a rovesciare i cereali?” le chiese Ian.
“Sì, li stavo raccogliendo, ma tua nonna mi ha detto che ci avrebbe pensato Magdalena” rispose, passandosi le mani sudate sui lati della camicia.
Il professor Bollore le sorrise, divertito.
“Ciao” le disse suadente, avvicinandosi.
“Ciao” disse, sorridendogli a sua volta.
Somerhalder le mise una mano dietro alla schiena e con uno scatto l’avvicinò a se, per poi baciarla.
“Mh, qui qualcuno non indossa il reggiseno” disse Ian, guardandole la camicia.
“E qui qualcuno non indossa le mutande” disse lei, di rimando, abbassando gli occhi allusoria, por posi scoppiare a ridere.
“Miss Moore, da dove esce tutta questa spudoratezza?”
“Credo sia colpa sua, prof. Il suo metodo di insegnamento ha bisogno di essere rivisto”
“Mi vuoi dare una mano?” le chiese, stringendola ancora di più a sé.
“Mh, magari più tardi, ora avrei un certo appetito”
“Va bene” disse, baciandole la punta del naso. “Andiamo da mia nonna”
Le prese una mano e i due si diressero in sala da pranzo.
Jennifer era già seduta a capotavola e quando li vide arrivare, sorrise radiosa.
Il professore andò a sedersi alla sua destra, mentre Rose decise di accomodarsi alla sua sinistra.
“Ah!” esclamò la giovane, sentendo una fitta al basso ventre, alzandosi di colpo non appena il suo sedere toccò la sedia.
“Che succede, cara?” le chiese la signora Dawson, corrugando la fronte.
“Em, io..” iniziò, guardando Ian che ricambiò lo sguardò con uno molto confuso. Ros gli fece delle strane facce e alla fine lui capì.
“Non stai bene, Rose?” le chiese l’anziana.
“S - sì, esatto” rispose, portandosi una mano alla pancia, “Credo di aver preso freddo. Io…io andrei di sopra a stendermi un po”
“Sì, forse sarebbe meglio, cara” disse Jennifer.
“Mi dispiace. A dopo”
E così dicendo, la studentessa lasciò la stanza.
“Meglio che vada con lei” disse Ian, alzandosi, seguendola.
Rosalyn raggiunse di corsa la stanza di Ian, ma quando si apprestò a chiudere la porta, lui la bloccò ed entrò.
La ragazza iniziò a camminare per la stanza, poi si fermò davanti a Somerhalder, poggiando entrambe le mani sui fianchi.
“Guarda che puoi ridere” sbottò.
Il professore cercò di trattenersi, “S - scusa, ma la situazione è alquanto bizzarra”
“Bizzarra? Bizzarra?! E’ dolorosa, non bizzarra!”
“Rose…”
“Oh, lascia stare, tu non puoi capire!” esclamò, buttandosi a pancia in giù sul letto.
Ian si avvicinò e si sedette sul materasso.
“Su, è una cosa normale, Rose. Domani sarà tutto passato. Anzi, già fra qualche ora riuscirai a sederti”
“Sì, ma che figura con tua nonna! Avrà sicuramente capito che abbiamo passato la notte insieme”
“Nah, non credo. E poi, immagino che si sia fatta già un’idea di quello che abbiamo fatto ieri vedendoti vestita così”
“Oddio!” esclamò, nascondendo faccia tra i cuscini.
Il professor Stranamore ridacchiò e poi si chinò a baciarle la testa.
“Sono sicuro che per lei non è cambiato nulla. Ti trova fantastica come al solito”
“Se lo dici tu”
“Ho un’idea per farti stare meglio”
“Ovvero?”
“Che ne dici di venire a farti una doccia con me?”
Scosse la testa.
“Daaai”
“No”
“Suuu”
“No”
“Ok, Miss Broncetto, se mi vuoi, mi trovi in bagno” disse, tirandole l’elastico dei boxer.
Ian si alzò e si diresse in bagno.
“Ian?”
“Mh?”
“Posso farti una domanda?” chiese, sistemandosi meglio sul cuscino.
“Certo” rispose, aprendo l’acqua nella doccia.
“Ecco, però non so come fartela. Cioè, mi vergogno”
“Rose, chiedi e basta. Non ti preoccupare”
Rosalyn prese un bel respiro, “Tu ti sei divertito? Nel senso, ti è piaciuto quello che abbiamo fatto questa notte? Nel senso, non è che magari non ti è piaciuto, perché a me è piaciuto. E posso migliorare se a te non è piaciuto. Oddio, mi sento così ridicola a dirtelo!” disse, tutto d’un fiato.
Aspettò qualche minuto la risposta di Ian, ma questa non arrivò.
“Ian?” chiamò. “Ian?” ripetè, senza però ottenere risposta.
La ragazza si alzò e si diresse verso il bagno.
La porta era aperta, l’acqua stava scorrendo nella doccia, riempiendo di vapore la stanza, ma di Somerhalder neanche l’ombra.
Fece un passo avanti ed entrò.
“Ian?” chiamò di nuovo, cauta.
“Presa!” esclamò lui, comparendole da dietro alle spalle, abbracciandola. “La risposta è sì” aggiunse, dandole un bacio sulla guancia.
“Sì?” ripetè lei.
“Sì, mi è piaciuto fare l’amore con te, Rosalyn Katrina Lavinia Moore”
Rose rise e si girò verso di lui.
“Oddio, Ian, sei nudo!” esclamò, portandosi una mano davanti agli occhi.
“E allora?” chiese, divertito.
“Bè…ecco…SEI NUDO!”
“Ma mi hai già visto così, come mamma mi ha fatto”
“Ok, ma era un momento di intimità e devo confessarti che mi sentivo molto in imbarazzo e non ti ho fissato mica le parti intime!”
Il professore le girò intorno e si posizionò dietro di lei, poggiandole entrambe le mani sulle spalle.
“Eccola, la mia piccola Rose pudica” disse, baciandole una spalla.
“Una Rose che potrebbe morire asfissiata se ora non se ne va” disse, con voce resa stridula per via dell’emozione.
Ian rise.
“Noto che questa mattina tu ti stia divertendo molto” disse la giovane, schiarendosi la gola.
Il professor Bollore le diede un altro bacio sulla spalla, “Questo perché ti trovo adorabile. E ti amo, tanto, tanto”
Ros si girò, tenendosi sempre la mano sugli occhi, “Ti amo anch’io” disse, baciandolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Buon pomeriggio!
Pensavo di riuscire a mettere il capitolo sabato prossimo, ma purtroppo l’ho finito solo oggi.
Spero vi sia piaciuto v.v
Nel prossimo capitolo, Ian e Rose parteciperanno alla festa di Paul e Torrey, dove rivedranno Mark.
Grazie mille a tutti!
 
Ps. Questo pezzo:
‘Bisogna essere artisti, folli. Bisogna essere pieni di vergogna, di malinconia, di disperazione per riconoscere in mezzo alle altre il micidiale demonietto. Spicca tra le ignare compagne, inconsapevole anche lei del proprio fantastico potere’.
Viene da una parte del libro 'Lolita ' di Vladimir Vladimirovič Nabokov. L'ho messo perchè il romanzo tratta di lastoria di un professore che si innamora di una ragazzina.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Fall again. ***


FALL AGAIN
-Capitolo trenta-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn si svegliò, ma quando aprì gli occhi questi furono investiti da una lue abbagliante.
“Mh” mugugnò, nascondendo il viso sotto le lenzuola.
Nel farlo, un pezzo di carta andò a sfiorarle il naso.
Era un post - it giallo fosforescente.
Si strofinò un po gli occhi con le mani e poi, quando la vista le tornò nitida, lesse quello che vi era scritto sopra.
 
‘Ciao amore!
Se stai leggendo questo bigliettino  vuol dire che ti sei svegliata.
Se mi stai cercando sono nello studio.
Ti amo,
Ian’
 
La ragazza sorrise, intenerita.
Sgusciò fuori dalle coperte e si mise alla ricerca della sua biancheria.
Trovò le mutande sotto il letto e poi socchiuse gli occhi per sondare la stanza, alla ricerca del suo reggiseno.
Possibile che dovesse sempre perderlo?
Rendendosi conto che non l’avrebbe mai trovato, afferrò il pigiama di Somerhalder, abbandonato su una poltrona li vicino e si diresse in bagno.
Era passata una settimana dal fatidico giorno in cui Rose si era donata completamente al suo professore e lei non poteva che sentirsi felicissima e più innamorata che mai.
Dopo aver indossato i pantaloni e la maglia a maniche lunghe che quasi le arrivava alle ginocchia, si lavò la faccia e i denti e poi cercò di darsi una sistemata ai capelli.
Tornò in stanza e in punta di piedi uscì, dirigendosi verso lo studio, che si trovava nella camera davanti a quella di Ian.
Bussò alla porta e senza attendere risposta entrò.
Ian era seduto su una sedia, posta dietro la vecchia scrivania.
Era girato di profilo, con le gambe incrociate e distese sulla scrivania e il sole gli colpiva il viso, creando intorno al suo profilo un alone dorato.
Teneva una penna in bocca ed era concentrato ad osservare dei fogli di carta che teneva in mano.
La giovane si prese qualche secondo per bearsi di quella visione e poi si avvicinò a lui.
“Buongiorno” disse, abbracciandolo dal dietro, poggiando il mento nell’incavo destro del suo collo.
“Buongiorno a te, Bella Addormentata” disse Ian, poggiando una mano sulle sue, intrecciate sul suo petto, lasciato leggermente scoperto dalla vestaglia, continuando a guardare i fogli.
“Non credo di aver dormito così tanto”
“Sicura?”
“Certo. Perché dici così? Che ore sono?” chiese, guardandosi in giro, alla ricerca di un orologio.
“Le tre del pomeriggio”
“Cosa?! Le tre?” ripetè, tornando in posizione eretta di scatto, continuando però a tenere le braccia incrociate sul petto di lui.
“Yuup!”
“Potevi svegliarmi!”
“Dormivi così bene che non me la sono sentita”
Rosalyn sospirò, “Ma come ho fatto a dormire così tanto?”
“Bè, Rose, credo perché siamo andati a letto alle sei di questa mattina. E questo perché, signorina, sei insaziabile. Sarei stanco anch’io se non fossi abituata a fare sport e poi passo la notte a fare l’amore con il mio ragazzo”
La ragazza arrossì, boccheggiando, non sapendo bene cosa dire.
Era colpa sua se lui l’eccitava ogni volta che la sfiorava?
“Hai fame?” le chiese il professor Stranamore, cambiando discorso.
“Sì, leggermente”
“Cosa ti andrebbe di mangiare?”
“Mh, non lo so. Un’omelette sarebbe perfetta, magari non troppo grande”
“Un’omelette per la signorina Moore, allora” disse Ian. Poi prese il telefono posto sulla scrivania e schiacciò un numero. “Magdalena? Sì. Un’omelette, per favore. Non troppo grande, se è possibile. Ok, grazie”. Chiuse la comunicazione. “Fra un quarto d’ora sarà pronta”
“Grazie”
Somerhalder tornò a guardare i fogli.
“Che stai facendo?” gli chiese, girandogli intorno.
Ian abbassò le gambe e lei ci si sedette sopra, allacciandogli le braccia intorno al collo.
“Correggo delle verifiche”
“Posso aiutarti?”
“Certo” rispose, facendo girare la sedia, in modo da permetterle di prendere dei fogli lasciati sulla scrivania.
“Io darei il dieci politico a tutti”
“Rosa, non esiste il dieci politico”
“Bè, allora il sei politico”
Il professor Bollore rise, poi posò i fogli che teneva in mano sulla scrivania e si mise ad osservare la ragazza, che stava ancora leggendo le verifiche.
“Che c’è?” le chiese lei, poco dopo, sentendosi osservata.
“Niente” rispose, mettendole una ciocca di capelli dietro l’orecchino destro, “E’ solo che sei bellissima” disse, per poi lasciarle un bacio sul collo.
Arrossì.
Il professore sorrise, alzando solo l’angolo destro della bocca.
Rose gli mise entrambe le mani sulle guance e poi si chinò, per baciargli quell’angolino.
“Ti ricordi che questa sera c’è la festa di Paul, vero?” le chiese.
“A dire il vero me ne ero completamente dimenticata”
“Vuoi ancora andarci?”
‘No, non voglio andarci. Non voglio vedere quel viscido di Mark’, pensò.
“Certo” rispose, invece, forzando un sorriso.
“Sicura?”
Annuì.
Non era di certo così egoista da impedire a Ian di vedere i suoi amici solo perchè lei aveva timore di rivedere Mark e di non piacere agli altri.
No, non lo era.
Ce l’avrebbe fatta.
Per lui.
“Bene, grazie” le disse, baciandole il collo di nuovo.
“Una domanda: Paul non vive mica a New York? Come facciamo a raggiungerlo?”
“Sì, vive a New York, ma ora che Torrey sta per partorire si sono trasferiti per un po nella casa che hanno a Greencity, per stare un po in pace. Sai, lei è un’attrice e a New York i paparazzi non le stavano dando tregua”
“Ah, ho capito”
Si sorrisero e poi qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse Ian. “Sarà la tua omelette” le sussurrò all’orecchio.
Lo stomaco di lei brontolò.
‘Pancia mia fatti capanna!’
 
La giovane aprì la porta di casa e si tolse il giaccone.
Erano le cinque del pomeriggio e lei doveva essere pronta per le sette e trenta.
“Ah, ecco chi si fa rivedere” disse Cristyn, facendo capolino dalla cucina.
“Ciao mamma”
“Dove sei stata?”
“Da Cher”
“Okey. E cosa vuoi per cena? Io e Alan volevamo ordinare cinese”
“Oh, non ci sarò per cena”
“Perché, dove vai?” chiese, con tono leggermente nervoso.
“Esco”
“E con chi, se posso saperlo?”
“Con qualcuno” rispose, dirigendosi in camera.
“E questo qualcuno c’entra con il pacco che è arrivato a nome tuo questo pomeriggio?”
“Quale pacco?” chiese, tornando in soggiorno, curiosa.
“Questo pacco” rispose la donna, indicando la confezione posta sul divano.
Rosalyn si avvicinò e prese il bigliettino, incastrato tra il nastro e il coperto della scatola.
 
‘Per Miss Moore.
XOXO’
 
Sorrise.
Sapeva chi glielo aveva mandato.
Ian SonoUnFidanzatoPerfetto Somerhalder.
“Perché sorridi?” le chiese sua madre, “Conosci il mittente?”
“Certo” rispose, prendendo la scatola.
“E chi è?” chiese, poggiandosi le mani suoi fianchi.
“Cris, la vuoi lasciare in pace?” disse Alan, che fino a quel momento se n’era rimasto in disparte. “Sarà il suo fidanzatino, no?”
“Cosa?! Ha il fidanzato?! E tu come fai a saperlo?”
“Non lo so se ha il fidanzato! Ho tirato ad indovinare”
“Bè, questo spigherebbe perché è sempre fuori” disse fra se e se, “Rose” disse poi, guardando la figlia, “Hai il fidanzato?”
“Emm..”
‘E ora che dico? CHE DICO?!’
“Puoi dircelo senza problemi, Rose” disse Alan, sorridendole incoraggiante.
“Sì, ecco” si schiarì la gola, “Ho un fidanzatino”
“E chi sarebbe, scusa?!”
“Cristyn, stai calma. Non aggredirla”
“E’…lui…lui è…Robert” mentì.
‘L’ho detto davvero, porco finocchio!’
“Robert?” ripetè sua madre, alzando un sopracciglio.
“Sì, Robert. Robert Collins. Ricordi? Sua madre mi faceva da baby sitter, mentre suo padre è un chirurgo e lavora a New York”
“Oh, sì, sì, ricordo” disse, cambiando completamente tono e espressione, “Ottima scelta, tesoro, davvero”
“G - grazie”
“Su, va a cambiarti. Non vorrai farlo aspettare, no?”
“N - no, infatti”
Sua madre le sorrise e poi andò a sedersi vicino ad Alan.
‘Rose, non potevi inventarti una scusa migliore?!’
 
Ian scese dall’auto, le girò intorno e andò ad aprire la portiera di Rosalyn, poi le porse una mano.
La ragazza gli sorrise e gliela prese, uscendo dal veicolo.
La casa di Paul e Torrey era meravigliosa. E se era così all’esterno, non osava immaginare l’interno.
Vi erano molte vetrate e ringhiere fatte di ferro battuto nero.
La casa era circondata da molta vegetazione, tra cui palme e dei bellissimi gerani rossi.
Erano le nove e loro erano perfettamente in orario.
“Non essere agitata, Rose” le disse il professor Stranamore, aumentando di poco la presa sulle sue dita, per infonderle coraggio.
“Facile dirlo. Non sei tu che stai per essere giudicata dagli amici trentenni del tuo ragazzo”
“Nessuno ti giudicherà li dentro”
“Mark l’ha fatto e poi ha osato fare di peggio”
“Non sono tutti come lui, te lo posso assicurare”
“Lo so” disse, abbassando lo sguardo.
“Dai, vieni” disse, facendo qualche passo avanti, obbligandola così a seguirlo. “Facciamo così” disse, “Se ti sentirai a disagio, ce ne andremo”
“Ma no” disse Rose, scuotendo la testa, “Non voglio rovinarti la serata con le mie insicurezze”
"Rose, non mi rovini proprio niente. E poi andremo da qualche altra parte e poi a casa e poi..."
"Sì, ok, ho capito il concetto" lo interruppe, arrossendo, proprio quando raggiunsero l’entrata.
Il professore rise e suonò il campanello.
“Mi piace quando arrossisci” le disse, tirandola verso di se.
La giovane si preparò ad incontrare le sue labbra, ma proprio mentre i loro nasi stavano per sfiorarsi, la porta si aprì.
“Volete che vi mostri dove sono le stanze da letto?” chiese ironico Paul, con un ghigno furbo dipinto in volto.
Rosalyn arrossì ancora di più, girando la faccia dall’atro lato per cercare di nascondersi dietro la spalla sinistra di Ian.
“Paul” disse semplicemente il professor Bollore, sporgendosi in avanti per abbracciare l’amico.
Wesley ricambiò l’abbraccio, poi, una volta staccatosi da Ian, si avvicinò a lei per baciarle le guance.
“Rosalyn, sei bellissima”
“Grazie mille, Paul”
“Su, entrante” disse, spostandosi per far entrare gli ospiti, “Vi stanno aspettando tutti. Rosalyn, mia moglie non vede l’ora di conoscerti”
“Oh, che bello” disse lei, cercando di respirare.
I due si tolsero i soprabiti e poi seguirono Paul, che li condusse in un enorme soggiorno, dove alcune persone stavano amabilmente parlando tra di loro.
Quando arrivarono, tutti si girarono per osservarli.
La ragazza si sentì saliere il cuore in gola.
Ian, intuendo il suo stato d’animo, le fece passare un braccio introno alla spalle e la strinse a se, per poi darle un bacio sulla guancia.
Una donna, che Rose intuì essere Torrey per via del pancione, le si avvicinò, avvolta in un bellissimo abito rosso scarlatto e i capelli castani raccolti.
“Ciao, Ian!” disse, felice.
“Torrey, sei meravigliosa” disse Somerhalder, prendendole la mano destra per baciarla.
“Tu devi essere Rosalyn. Che bel vestito!” disse la donna, rivolgendosi poi a lei.
La studentessa sfiorò l’abito che indossava con le dita della mano destra.
Le piaceva molto.
Era beige, probabilmente di cotone, con una scollatura rotonda, stretto fino alla vita e poi leggermente più ampio.
Le maniche erano lunghe e l’abito era decorato da motivi floreali ricamati.
“Sì, piacere di conoscerti” disse, allungando una mano nella sua direzione.
Torrey la ignorò e si avvicinò a lei per abbracciarla.
Nel farlo, la sua pancia andò incontrarsi con quella di Rose e, forse era stata solo la sua immaginazione, qualcosa si era mosso li dentro.
“Oh, credo che tu piaccia a Jasmine” disse Torrey, portandosi una mano sulla pancia.
Allora non se l’era sognato.
“Jasmine?” chiese Ian, “Allora è una femminuccia?”
“Sì. All’inizio ero preoccupata, perché pensavo che Paul volesse un maschietto, però sembra molto felice che sia una femminuccia”
“Le femmine sono più intelligenti. E a quando il termine di preciso?”
“Il tredici maggio”
“Oh, fra pochissimo allora”
“Sì e sono un po agitata”
“Sono sicura che andrà tutto benissimo”
Torrey sorrise e poi riportò la sua attenzione sulla studentessa, “Rosalyn, ti andrebbe di venire a conoscere qualche mia amica?”
“Sì, certo”
Torrey la prese per una mano, “Tranquillo Ian, te la rubo solo per qualche minuto”
“Basta che me la riporti intera” disse Somerhalder, facendo l’occhiolino.
“Ti va di bere qualcosa, Rosalyn?” le chiese Torrey, prendendola sotto braccio.
“No, grazie, sto bene così. Comunque chiamami Rose, nessuno mi chiama con il mio nome per intero”
“Ok, Rose. Sono così felice di poterti parlare. E sono anche felice che Ian abbia trovato una persona come te. Sai, all’inizio non ero molto d’accordo che Ian uscisse con un ragazza molto più giovane, per di più una sua studentessa e…”
“Aspetta, sai che lui è il mio insegnate?”
“Sì, Ian lo ha raccontato a mio marito che a sua volta ne ha parlato con me. Ma anche tutti gli altri lo sanno. Sai arrabbiata?”
“No, però sorpresa sì. A voi questo va bene?”
“Vogliamo bene ad Ian e se tu puoi renderlo felice, non saremo di certo noi a famarvi. Anche perché Mark ci ha provato e l’unica cosa che ha ottenuto è stata quella di perdere Ian”
“Quindi, voi sapete anche di quello?”
La donna annuì, “E a nome di tutti noi, vorrei scusarmi”
“Grazie, ma quello che dovrebbe scusarsi è Mark, non voi. E non mi sembra di vederlo in giro”
“Arriverà più tardi. Non si fa mai scappare queste feste che organizziamo. Secondo me poi non si aspetta neanche che tu ci sia, perciò sarà bello vedere la sua reazione”
La giovane rise.
“Dai, vieni, ti presento gli altri e ti faccio fare un giro della casa”
 
Un’ora dopo, Rosalyn aveva conosciuto tutti gli amici di Ian - scoprendo, come le aveva già detto il suo professore, che non erano affatto come Mark - e Torrey le aveva quasi finito di mostrare la casa.
Dopo essere state nella futura camera di Jasmine, Torrey la stava portando su un balcone che dava sul giardino sul retro.
“Wow, una piscina!” esclamò, poggiando entrambe le mani sulla ringhiera.
“Sì, io e Paul l’abbiamo fatta costruire per rilassarci e per nuotarci d’estate”
“La vostra casa è meravigliosa, Torrey”
“Grazie Rose, sei gentilissima”
“Bè, è la verità”
“Torrey? Torrey finalmente ti ho trovata” disse Beatrix, una ragazza che aveva conosciuto prima, raggiungendole.
“Che succede, Trix?”
“Tuo marito ha combinato uno dei suoi soliti disastri. Puoi venire un attimo, per favore?”
Torrey rise, “Certo”, poi si rivolse alla ragazza, “Aspettami qui, Rose. Torno subito”
“Va bene” disse, sorridendo.
Beatrix e Torrey rientrarono in casa e Rose si mise a guardarsi un po intorno.
Torrey le era sembrata davvero una donna carismatica, simpatica, gentile e profondamente innamorata di Paul.
Si sentiva un po invidiosa di lei.
Era una donna fortunata e poteva vivere il suo amore alla luce del giorno.
Quando sarebbe arrivato il suo turno?
Quando finalmente lei e Ian avrebbero potuto vivere il loro amore senza più nascondersi?
“Bella serata, vero?”
“Sì, non c’è neanche una nuv…” si bloccò, quando vide comparire alla sua sinistra Mark.
“Su, continua” la incalzò lui, sorridendole.
“Neanche una nuvola” concluse, serrando poi le labbra. “Sei vuoi scusarmi” disse, rientrando in casa.
Attraversò la biblioteca e poi, arrivata in corridoio scese le scale, ritrovandosi nell’atrio.
“Rose, aspetta, ti prego” disse Mark, raggiungendola, afferrandola per un polso.
Con uno strattone lei si liberò della sua presa.
“Per te non sono Rose, ma Rosalyn. E poi c’è Ian che mi sta aspettando”
“Ah, sì? A me sembra parecchio impegnato”
Rose corrugò la fronte, “Che vuoi dire? E’ un altro dei tuoi stupidi trucchetti?”
“Io non uso trucchetti. Comunque, se non mi credi, guarda tu stessa” le disse, indicandole il salotto con un cenno della testa.
La giovane si girò e fece qualche passo avanti, verso l’entrata della stanza, poi socchiuse leggermente gli occhi, per riuscire a vedere meglio.
Somerhalder si trovava davanti al camino e stava parlando con…Nina.
La studentessa deglutì e poi si girò verso Mark, “Stanno semplicemente parlando”
‘Brava Rose, si razionale e matura’
“Bè, ti capisco. Vedi solamente quello che vuoi vedere, ma non c’è nulla di male ad ammettere di provare gelosia. Infondo, se fossi nei tuoi panni la proverei anch’io. Insomma, guardali! Insieme sono perfetti e sono sempre stati una coppia affiatata. Ed era innegabile che si amassero molto. Niente impedirebbe loro di tornare insieme”
“Sì, invece. Ora Ian ama me”
“I sentimenti possono sempre cambiare. E poi ammettiamolo, chi preferirebbe stare con una ragazzina inesperta appena conosciuta, quando puoi avere una come Nina Dobrev?”
“Io” disse Somerhalder, comparendo alle spalle di Rosalyn.
“Ian” sussurrò la ragazza, vedendolo.
“Io sceglierei la ragazzina piuttosto di Nina Dobrev. E i motivi del perché lo farei sono molti e per te impossibili da capire per elencarli” disse, avvicinandosi, facendo passare il braccio sinistro intorno i fianchi di lei.
Mark sembrò davvero sorpreso dall’affermazione dell’amico, ma cercò di nascondere il disagio sistemandosi un po la cravatta.
“Credo tu debba delle scuse a Rose. Torrey mi aveva detto che non vedevi l’ora di scusarti con lei. Bene, puoi farlo”
“S – sì, certo”. Si schiarì un po la gola, “Scusami, Rosalyn, per il comportamento irriprovevole che ha avuto nei tuoi confronti”
“Grazie, Mark” disse Ian, “Ora, se vuoi scusarci, vorrei ballare un po con la mia ragazza”
Il professor Bollore la fece girare e la condusse nel salotto.
Si avvicinò all’impianto della musica e schiacciò un tasto.

http://www.youtube.com/watch?v=isJ86DZWwVY
“Ma non sta ballando nessuno, Ian” disse Ros, a bassa voce.
“E allora?” le chiese, prendendola per i fianchi, avvicinandola a se, “Voglio tenerti un po fra le braccia”
La giovane gli sorrise, gli allacciò le braccia intorno al collo e poi poggiò la guancia destra sul suo petto.
“Stai bene?”
“Sì, grazie per essere intervenuto”
“Ti prego di non prestare attenzione a quello che Mark ti ha detto. Io e Nina siamo solo amici. Abbiamo ripreso a parlarci da poco e, avendo amici in comune, è inevitabile incontrarsi a volte”
Annuì, “Certo, capisco. Voglio solo dirti che non ho intenzione di vivere nel suo fantasma”
“E non succederà, Rose. Te lo assicuro. Sai una cosa? Hai avuto un successone questa sera, piaci a tutti”
“Davvero?”
“Sì” rispose, baciandole la testa.
“Ne sono felice, davvero”
“Pure a Nina stai simpatica”
“Ma se non le ho neanche parlato!” esclamò, guardandolo in viso.
“Lo so, ma io le ho parlato di te e credo abbia capito che persona meravigliosa tu sia”
“Bè, allora credo sia giusto andare a ringraziarla di persona”
“E’ andata via. Domani ha un’importante servizio fotografico”
“Capisco. Allora sarà per la prossima volta”
“Sì. Grazie, apprezzo il gesto”
Gli sorrise e poi tornò ad appoggiare la testa sul suo petto.
L’unico posto dove si sentiva realmente a casa.
Tra le sue braccia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera a tutti!
Scusate per questa mia assenza nelle ultime settimane, ma, come tutti credo sappiate, i professori si infossano tutti sugli ultimi giorni di scuola per avere voti e volere la consegna di progetti.
Anyway, eccomi qua con questo nuovo capitolo che spero vi sia piaciuto.
Nel prossimo capitolo succederà una cosa molto interessate che cambierà la vita a Rose.
Ci vediamo – tempo permettendo – martedì con il nuovo capitolo.
Un bacio enorme.

Outfit Rose:


Casa Wesley:

 
 

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Capitolo 31
*** Legami di sangue. ***


LEGAMI DI SANGUE
-Capitolo trentuno-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Rose, tu non me la racconti giusta” disse Cher.
Rosalyn rise, “Ma perché devi essere così sospettosa?”
“E me lo chiedi anche? Riesco a vederti solo a scuola, quando ti chiedo di uscire non ci sei praticamente mai e hai sempre un sorriso ebete stampato in faccia. Come pretendi che non sospetti che tu ti sia innamorata?”
La ragazza scosse la testa, esasperata.
Era lunedì mattina e le due stavano passeggiando per i corridoi della scuola durante la pausa pranzo.
Lei, dopo la festa di Paul, aveva passato il resto del week - end con Ian e, quando domenica sera era rincasata, sua madre non le aveva fatto alcuna polemica - sia ringraziato il cielo.
Senza farsi notare da Somerhalder era riuscita ad inviare un messaggio a Robert, spiegandogli della bugia che aveva raccontato alla madre. Lui le aveva chiesto chi era il ragazzo in questione che voleva nascondere, ma lei era riuscita a sviare il discorso e lui aveva accettato di recitare quella farsa.
Ora non le restava che dirlo a Ian, ma non sapeva come fare vista l’avversione di lui nei confronti del suo amico.
“Bè, ti devi fidare di me” le disse.
Non le piaceva mentire a Cher.
Avrebbe davvero voluto dirle che aveva ragione.
Aveva ragione quando diceva che si era innamorata.
Aveva ragione quando diceva che la vedeva diversa, più euforica.
E avrebbe davvero tanto voluto presentarle Ian in veste di suo ragazzo, non come suo professore.
Ma non poteva.
Anzi, non VOLEVA.
Ian le aveva detto che per lui non ci sarebbe stato alcun problema se avesse rivelato della loro relazione all’amica, ma Rose sapeva che Cher non era ancora pronta a ricevere la notizia. O forse era lei che non era ancora pronta a dare la notizia, visto che a volte le sembrava di vivere ancora in un sogno.
“E poi lo sai, ho molti compiti”
“Non cercare di fare la furba. Frequentiamo gli stessi corsi e quindi abbiamo gli stessi compiti. E posso assicurarti che non ci metti tutto il giorno a farli”
“Sì, ma io sto facendo due anni in uno”
Cher sbuffò, “Ah, già. Dimenticavo che mi vuoi abbandonare qui per un anno”
“Sciocca, lo sai che lo faccio per un buon motivo”
“Sì, lo so. Lo fai per poter avere il diploma che ti serve per poter ritirare la vecchia biblioteca della città ed evitare che venga trasformata in un fast food” disse l’amica, cercando di copiarla nel tono di voce. “Non capisco perché tu sia così interessata a quella vecchia, polverosa e puzzolente biblioteca. Sei intelligente, potresti andare all’università”
Scosse la testa, “Sono stanca di studiare. Voglio fare la bibliotecaria”
“Non mi sembra una gran aspirazione, Ros”
“So che non potrai mai capirmi, Cher. Ma è quello che voglio fare, davvero”
“Contenta tu…” disse, chiudendosi nelle spalle.
La giovane le sorrise teneramente.
Aveva sempre adorato la biblioteca della città.
Era imponente, con i pavimenti a mosaico e i muri abbelliti con dei vecchi quadri.
Un tempo palazzo appartenuto ad un duca, la vecchia biblioteca possedeva enormi vetrate e infinite stanze stracolme di libri di qualsiasi genere in tutte le edizioni trovabili.
Si era sempre sentita in qualche modo a casa e forse, iniziare a lavorarci dentro, le avrebbe svelato il motivo.
“Rose, eccoti finalmente!” esclamò Anya Cyrus, una ragazza che frequentava il suo stesso corso di storia e matematica, parandosi davanti alle due amiche.
“Ciao, Anya. Che succede?”
“Somerhalder ti vuole parlare”
“Oh, em, certo. In che aula posso trovarlo?”
“Nella solita. Ha detto che era urgente, perciò ti conviene correre”
“Mh, mi sa che vorrà parlarmi del test di matematica”
“Lo abbiamo fatto solo un’ora fa, che vorrà dirti?” chiese Cher.
Scrollò le spalle, “Non lo so. Ora vado a scoprirlo”
“Cosa?! E mi lasci qui?”
“Bè, hai sentito Anya. Devo correre”
“E chi mi accompagnerà da Dean?”
“Posso farlo io, se vuoi” si propose Anya.
“Visto? Problema risolto” disse la ragazza, prima di iniziare ad allontanarsi.
“E’ di questo che stavo parlando prima, Ros!” le urlò l’amica, “Non riusciamo mai a stare insieme!”
Rose le fece l’occhiolino e le mandò un bacio, poi si girò e si incamminò verso l’aula del suo professore.
Arrivata, bussò alla porta già aperta ed entrò.
“Eccovi qui, signorina Moore” disse il professor Bollore, alzandosi dalla sedia, congedando un ragazzo con cui stava parlando.
“Mi volevate vedere?”
“Sì, esatto” disse, avvicinandosi a lei.
“Si tratta del compito di matematica? E’ andato male?”
“Non precisamente” rispose, fermandosi davanti a lei. “E’ che..” disse, sporgendosi un po in avanti, per chiudere la porta, “Mi mancava il suo profumo, Miss Moore” disse, circondandole la vita con le braccia, facendola avvicinare a sè. “E mi mancava tenerla tra le braccia, sfiorare la sua pelle, accarezzarle i capelli e sentire la sua voce”
“Oh, allora possiamo rimediare” disse la studentessa, alzandosi sulle punte, poggiando le labbra su quelle di lui.
In quel momento suonò la campanella.
“Siamo riusciti a stare insieme sessantacinque secondi. Record!” disse il professor Stranamore, staccandosi malvolentieri dalle sue labbra.
“Pensa cosa avrebbe potuto succedere se avessimo avuto diciannove secondi in più” disse Rose, mordendosi il labbro inferiore.
“Rose, sto già cercando di controllarmi. Per favore, non morderti il labbro proprio ora”
“Ops” disse, per poi scoppiare a ridere.
Da quando aveva scoperto che alcuni suoi gesti lo facevano impazzire, a volte li usava per torturarlo. Si divertiva molto a vedere come cercasse di mantenere il controllo.
“A che ora finisci?” le chiese, andando verso la scrivania.
“Fra un’ora”
“Perfetto. Ti aspetto, così possiamo andare a casa insieme”
“Va bene. Allora a dopo. Buongiorno, professore” disse facendogli l’occhiolino.
“A lei, Miss Moore” ricambiò lui, con un cenno della testa.
 
“Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita” lesse Rosalyn, per poi chiudere il libro.
Era pomeriggio.
Finita la scuola, lei e Ian si erano diretti a villa Ninfea e, dopo aver chiacchierato un po con la signora Dawson, si erano ritirati in giardino. Somerhalder aveva steso delle coperte a terra dove loro si erano poi accomodati e si erano coperti con delle altre coperte pesanti.
La ragazza si era seduta e aveva poggiato la schiena al tronco dell’albero sotto il quale si erano accampati. Il professore, invece, si era sdraiato e aveva poggiato la testa sulle gambe di lei.
“Adoro Nabokov” disse Ian, prendendo un cioccolatino dalla scatola posta li vicino.
“Sì, anch’io. Per ora ho letto solo ‘Lolita’, ma mi piacerebbe leggere altro di suo”
“Ho alcuni suoi libri di sopra, in biblioteca. Se vuoi dopo andiamo a sceglierne uno e te lo presto”
Rose gli carezzò la guancia destra e poi si chinò per baciarlo.
“Sì, grazie”
“Leggimi qualcosa d’altro” la incitò lui.
“D’accordo. Ti leggerò una poesia che parla di una rosa. Era una delle preferite di mio padre”
Il professor Bollore corrugò la fronte, “Tuo padre? E tu come fai a saperlo?”
“E’ una delle poche informazioni che sono riuscita a cavare a mia madre. Ascolta, tu non hai idea di chi possa essere mio padre?”
Ian scosse la testa, “No, mi dispiace. Me ne sono andato prima che Cristyn rimanesse incinta. Però posso chiedere a Paul”
“Sì, grazie. Ma fai con calma, io non ho fretta”
“Però mi sembra strano…”
“Strano cosa?”
“Che nessuno in città sappia chi sia”
“Quando ero molto piccola, chiedevo sempre in giro se qualcuno conoscesse il nome di mio padre, ma nessuno mi dava ma risposta, così alla fine ho smesso di chiedere. E’ come…è come se non fosse mai esistito”
Il professore, notando il suo cambiamento d’animo, cercò di riportare l’attenzione sulla poesia.
“Allora, questa poesia?”
“Sì, eccola. Disse il Sole alla Rosa: ‘Sei bella e profumata, però, quando io voglio, sarai da me bruciata’. La Rosa ribatté: ‘Non provo soggezione, perchè rifiorirò la prossima stagione’. Dà il Sole gran calore, ma più del Sole il cuore”
“Che bella. Di chi è?”
“L’autore non è riportato”
“Che strano. Posso vederlo?”
“Certo” disse la giovane, passandogli il libro.
“Dove lo hai preso?” le chiese, iniziando ad ispezionare il libro.
“Da che io sappia, è sempre appartenuto a mia madre”
“E’ scritto tutto a mano…” disse.
“Sì, interamente”
“E il nome dell’autore di queste raccolte? Dov’è?”
“Non c’è, a dire il vero”
“Mh”
Somerhalder continuò a fabbricare con il libro per altri cinque minuti buoni.
“E questo cos’è?” chiese.
“Cos’è cosa?” domandò Rosalyn, chinandosi in avanti, curiosa.
“Questo” disse, indicando la parte finale della copertina, “Qua è gonfio”
La ragazza allungò la mano e toccò.
Aveva ragione, era gonfio.
Ian prese le chiavi della macchina dalla giacca e poi bucò il rigonfiamento.
“Sembra essere una lettera” disse lui, prendendo la busta ingiallita. “Non c’è scritto da dove provenga ne a chi sia diretta” disse, passandogliela.
Rose la prese, l’aprì e poi iniziò a leggere.
 
‘Cara Rose,
Ti chiamo così, perché non so quale sarà il tuo nome.
Questo è quello che avevamo deciso di darti io e tua madre e non so se l’abbia mantenuto o se l’abbia cambiato.
Non sono mai stato bravo a descrivere a voce i miei sentimenti, ecco perché ti scrivo questa lettera.
Purtroppo tu non mi conoscerai mai.
Tua madre non mi vuole più nella sua vita ed essendo ancora tu nella sua pancia non hai diritto di scegliere, ma non importa.
So che ci sarai, so che esisterai e questa sarà la mia forza. Questo sarà quello che mi permetterà di andare avanti ogni giorno. La speranza che forse, tu voglia avere un papà che ti voglia bene.
Rose, io ti voglio bene.
Ti voglio bene anche se non sei ancora nata.
Anche se non ti ho mai visto.
Anche se tu non mi hai mai visto.
Sei sangue del mio sangue e saremo sempre legati.
Passerai dei periodi felici e dei periodi buoi, lo so. E il mio più grande rimpianto sarà quello di non poter essere li a gioire con te o a piangere con te.
Per questo, ricordati Rose, per questo quando sentirai che non ce la farai, quando ti sentirai sconfitta o impotente, guarda nel tuo cuore e cercarmi.
Io sarò li, pronto ad accoglierti tra le mie braccia e a sussurrarti che andrà tutto bene.
Non so se leggerai mai questa lettera.
Non so se tua madre la butterà o la terrà per mostrartela un giorno, ma di una cosa sono sicuro.
Sono sicuro che un giorno ci vedremo.
Un giorno ci rincontreremo e potremo essere una vera famiglia.
 
Tuo padre.’
 
La studentessa lasciò che il foglio le scivolasse via dalle mani e iniziò a fissare un punto indefinito verso l’orizzonte.
Ian, capendo perfettamente cosa stesse provano, si tirò su a sedere.
“Rose” disse, prima di abbracciarla.
Ros rimase immobile. L’unica cosa che fece fu quella di poggiare a testa sulla spalla sinistra di Somerhalder e scoppiare a piangere.
“Sfogati Rose. Sfogati pure”
Ora tre sentimenti lottavano dentro di lei.
Tristezza.
Non aveva mai conosciuto suo padre e tutto quello che aveva era una lettera.
Rabbia.
Era stata colpa di sua madre se non l’aveva conosciuto.
Felicità.
Finalmente aveva scoperto qualcosa su di lui.
I due rimasero così per un tempo che sembrò infinito.
“Ian?” lo chiamò lei, staccandosi.
“Sì?”
“Mi porti a casa?”
“Ne sei sicura?”
“Sì”
“D’accordo andiamo”
 
Quando i due arrivarono davanti a casa di Rosalyn, lei invitò Ian ad entrare.
“I miei non ci sono”
“Non vuoi rimanere un po da sola?”
Scosse la testa, “No. Ho bisogno del tuo aiuto. Devo trovare altre lettere come questa”
“Come fai ad essere sicura che ci siano altre lettere e che tua madre le abbia conservate?”
“Non lo so. E’ un presentimento. E in caso ci siano davvero, se ha tenuto questa, vuol dire che avrà fatto lo stesso con le altre”
“Se dovessero comparire anche le altre cosa ne farai?”
“Gliele metterò davanti e le chiederò spiegazioni”
“Va bene, andiamo”
Ian e la ragazza uscirono dall’auto, si diressero verso la casa e, una volta entrati, Rose consigliò di iniziare a cercare negli scaffali in soggiorno, dove si trovavano tutti i libri presenti in casa, pensando che sua madre avesse nascosto le altre lettere come quella appena trovata.
Stavano ancora cercando, quando la porta d’entrata si aprì e sulla soglia comparirono Cristyn e Alan.
“Ian, che ci fai qui?” chiese Cris, togliendosi il giaccone.
“Ecco…” iniziò il professore, non sapendo bene cosa dire.
“L’ho invitato io” intervenì Ros.
“E perché?”
“Per aiutarmi a cercare altre di queste” rispose, mostrando la lettera alla madre, “Perché ce ne sono altre, vero?”
‘Dritta al punto’
L’espressione di Cristyn si tramutò in una maschera fredda di controllo.
“Dove l’hai trovata?”
“Nel tuo vecchio libro di poesie”
“E chi ti ha detto il permesso di prenderlo?”
“Cris, per favore, calmati” disse Alan, intervenendo.
“Non pensavo mi fosse vietato prendere un libro dalla libreria”
“Credo che dovremmo sederci e parlarne con calma” disse Alan.
“No” disse Cristyn, “Noi non ci siederemo e non ci metteremo a parlare, perché non c’è nulla di cui discutere”
“Insomma!” esclamò Rosalyn, alzando la voce, “Mi merito la verità! Se la meritano tutti!”
“Non sei ancora pronta”
“Non sono pronta a che? A scoprire che sei solo una stronza egoista capace di pensare solo a se stessa?!”
Sua madre fece qualche passo avanti e le mollò una sberla in pieno viso.
Per qualche secondo la ragazza rimase con il viso girato, scioccata.
“Cristyn, hai esagerato” disse Ian.
“Tu stai zitto” gli disse, con aria sprezzante.
“No, tu stai zitta” disse Alan, “Tua figlia chiede solo delle risposte”
“Non fa niente, Alan” disse Rose, chiudendo gli occhi. Prese un bel respiro profondo poi li riaprì, “Non starò un minuto di più in questa casa ad ascoltare bugie”
E così dicendo, si diresse verso la sua stanza.
“E dove pretendi di andare?!” le urlò sua madre.
“Da Cher, l’unica persona a cui sembra importagli qualcosa di me!”
La donna non rispose, ma la giovane sentì la porta d’entrata aprirsi e poi chiudersi di colpo.
Prese due borse e iniziò a riempirle, buttandoci dentro vestiti e oggetti a caso in modo disordinato.
“Rose…” disse Alan, comparendo sulla porta della stanza. “Non andartene”
“Scusami, Alan. Tu sei un patrigno meraviglioso, ma sono arrivata ad un punto in cui non posso più sopportare il suo comportamento nei miei confronti”
“Rose, so che tua madre a volte può essere un po…un po…”
Rosalyn alzò una mano per fermarlo.
“Alan, non c’è bisogno, davvero. So che lei è tua moglie e troverai sempre un modo per difenderla. Tu la ami e non te ne faccio una colpa, ma davvero, me ne devo andare”
Il suo patrigno la fissò per qualche secondo, “D’accordo” acconsentì.
Le si avvicinò e, in un gesto inaspettato, l’abbracciò.
“Le porte di questa casa saranno sempre aperte per te”
“Lo so, grazie”
“Ti voglio bene, Rose”
“A - anche io”
“Chiamami, se hai bisogno di qualcosa o vuoi semplicemente parlare”
Annuì.
I due si staccarono e Alan prese le borse che aveva preparato.
“Ian, potresti accompagnare tu Rose da Cher? Io vado a recuperare Cristyn”
“Certo” rispose il professore, prendendo le borse.
Alan gli diede una pacca sulla spalla.
La ragazza sorrise al suo patrigno poi uscì di casa, seguita da Somerhalder.
“Rose…” disse Ian, una volta saliti in macchina.
“Ian, mi dispiace, ma non cambierò idea. Se non vuoi portarmi da Cher, ci andrò a piedi. Io in quella casa non ci rimetto piede”
“Mi fai finire di parlare?” le chiese retoricamente, con tono affettuoso, “Volevo dirti che puoi benissimo venire a stare da me”
“Cosa?”
“Vieni a stare da me”
Ora non glielo stava proponendo, glielo stava quasi imponendo.
“Sì” sussurrò.
“Come?”
“Sì” ripetè Rose, sorridendo. “Spero di non essere un disturbo. Ne per te, ne per tua nonna”
“Oh, sì, sei proprio di disturbo” disse sarcastico, “Odio quando non chiudi il tubetto del dentifricio”
La giovane rise e poi si lasciò scivolare lungo il sedile.
Per fortuna aveva il suo cavaliere senza macchia e senza paura al suo fianco.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera, girls!
Come promesso ecco il nuovo capitolo. Spero tanto che vi sia piaciuto.
Nel prossimo capitolo Rose si metterà alla ricerca del padre o non vorrà comunque conoscerlo?
Ci vediamo venerdì per scoprire cosa farà:)
 
Ps. BUON NATALE!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

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Capitolo 32
*** Blood of my blood, parte I. ***


BLOOD OF MY BLOOD, PARTE I
-Capitolo trentadue-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ian uscì dagli spogliatoi riservati ai professori e prese in mano una cartellina, dove controllò di aver firmato tutto quello che doveva firmare.
Aveva appena finito di fare lezione di educazione fisica alle prime classi, insieme alla signorina Jones e ora poteva andare a prendersi un bel caffè e rintanarsi in aula professori per finire di correggere dei compiti, aspettando la prossima lezione.
Il suo pensiero non potè andare che a Rosalyn.
Erano passati due giorni da quando aveva scoperto che Cristyn aveva tagliato fuori suo padre delle loro vite e ora viveva da lui.
Aveva spiegato la situazione a sua nonna ed entrambi era stati felicissimi ad accoglierla.
Quello che lo preoccupava era il suo stato d’animo.
Quello che provava.
Stava male, ed era evidente.
Si alzava a stento dal letto, mangiava poco e piangeva molto.
A volte anche di notte.
Chissà sua madre quante gliene aveva fatte passare.
Si immaginò una piccola bambina dagli occhi color cioccolato chiedere alla madre dove fosse suo padre e quest’ultima girare il viso dall’altra parte per evitare di rispondere.
Cristyn era cambiata dai tempi del liceo.
Era cambiata in peggio e ora capiva cosa intendeva dire Rose quando diceva che conoscevano due Cristyn differenti.
Stava per avviarsi verso la caffetteria dell’istituto, quando Robert Collins gli si parò davanti.
“Prof, le posso parlare?” gli chiese, guardandolo dritto negli occhi.
Somerhalder già non riusciva a sopportare la sua presenza in aula, ritrovarselo li davanti e inaspettatamente, perciò, non fece altro che far crescere il suo nervosismo.
Prese di nuovo in mano la cartellina e finse di leggervi sopra qualcosa.
“Se si tratta del compito di matematica andato male, mi dispiace, non ho potuto darti di più. Potrai recuperare però nel prossimo o facendoti interrogare” disse, superandolo.
“Si tratta di Rose” disse.
Il professor Bollore, a quelle parole, si fermò di colpo. Alzò gli occhi dalla cartellina e si girò verso di lui.
“La signorina Moore verrà a sapere del suo voto quando ritornerà a scuola”
“Non mi interessa quel cazzo di compito di matematica” disse Robert, tranquillo.
Ian assottigliò gli occhi.
Non gli era andato a genio dal primo momento in cui l’aveva visto a capodanno, quando ci aveva provato spudoratamente con Rose e poi se n’era andato quando si stava sentendo male. Il tutto era peggiorato durante il periodo scolastico, quando lo vedeva ronzare sempre intorno alla ragazza. Al compleanno di Rose gli aveva mollato un pugno in pieno viso, ma a quanto pare non era bastato per placare i suoi bollori. Poi in gita, quando avevano fatto pace, se avesse potuto l’avrebbe appeso ad un albero e lasciato li a marcire. E poi adesso.
Adesso si presentava davanti a lui, con la solita sfrontatezza e arroganza che lo caratterizzavano.
“Le conviene moderare il linguaggio, Collins” lo avvertì.
“Senta, io voglio parlare con lei più di quanto lei voglia parlare con me, perciò mi faccia dire quello che ho da dire, così possiamo chiudere l’argomento e tornare ad ignorarci come abbiamo sempre fatto”
Il professore si accigliò leggermente.
Cosa aveva di così urgente da dirgli?
Riguardo Rose poi.
Sospirò, “D’accordo. Dimmi”
“Non qui” disse il ragazzo, guardandosi intorno circospetto.
Bene, Collins aveva voglia di giocare alla spia.
“Va bene, allora vieni con me” gli disse, incamminandosi verso l’aula professori.
Questa era vuota, ma non lo sarebbe stata ancora per molto.
“Hai dieci minuti primi che quest’aula si riempia di professori che, a quanto so, cercano di vederti il meno possibile” disse il professor Stranamore, andandosi a sedere su una delle sedie poste intorno al tavolo ovale che riempiva praticamente tutta la stanza.
Robert si guardò intorno.
Probabilmente era a disagio.
La lepre nella tana del lupo.
Ian fece un sorriso sghembo.
“Rosalyn qualche giorno fa mi ha inviato un messaggio…” iniziò Collins, girovagando per la stanza, “Dicendomi di fingersi il suo fidanzato. Ora, prima di accettare, le ho chiesto perché dovevo farlo. Lei mi ha risposto che si stava vedendo con uno, ma non voleva farlo sapere ai suoi. A nessuno. Nemmeno a Cher, la sua migliore amica. Non ho insistito, perché sapevo l’avrei fatta spazientire, così ho accettato”
“E perché sei venuto da me a dirmi ciò?”
“Perché, mio caro professore, è lei il ragazzo misterioso”
“Collins…”
“No, si fermi. Non voglio sentire nessun tipo di scusa. Non sono cieco. Ho visto come vi toccavate, vi guardavate e vi parlavate quel giorno in cui Rose è stata male. E, anche se tutti mi dicono che sono pazzo, io continuerò a credere che voi stiate insieme. Ora, chi sono io per giudicare? Però, mi fa leggermente ribrezzo che uno della sua età stia con una mia coetanea. Ma. Hey, sono gusti”
Somerhalder si alzò in piedi.
Un pugno in pieno viso avrebbe risolto molto facilmente quella scomoda situazione.
Poteva già sentire le mani che gli prudevano.
“Comunque, sono venuto a dirle tutto ciò, perché non volevo che lo scoprisse da qualcuno, tipo la madre di Rosalyn. Non voglio farvi litigare, perché questo la farebbe stare male e io non voglio. Tengo a Rose e vorrei davvero evitare di trovarla con il cuore infranto. Tutto qui”
“Come fai ad essere sicuro che non mi abbia detto del messaggio?”
“Perché so com’è fatta. Ros farebbe di tutto per evitare di far star male le persone a lei care e, sapere che ha chiesto il mio aiuto di certo non l’avrebbe resa felice”
I due rimasero in silenzio.
Ian cercò di analizzare bene la situazione.
Non sapeva bene se ringraziarlo o se mollargli un pugno.
Chissà perché la seconda opzione sembrasse sempre così allettante.
“Grazie, Collins” disse alla fine.
“Non ringrazi me. Ringrazi la sua ragazza che rende migliori le persone che la circondano” disse, incamminandosi verso la porta.
Arrivato sulla soglia si fermò e girò la testa, “Vorrei solo specificare che questo non mi impedirà di provarci con lei, sia chiaro”
E così dicendo uscì.
Avrebbe dovuto seguire il suo istinto.
Avrebbe dovuto mollargli quel pugno.
 
Rose
Rosalyn guardò l’ora dalla sveglia posta sul comodino affiancato al lato del letto dove dormiva Ian.
Erano le sette di sera e lui sarebbe tornato da un momento all’altro.
Era rimasto a scuola per via del consiglio di classe.
A fatica, la ragazza si alzò dal letto e si trascinò in bagno.
Arrivata davanti ai lavandini si concesse qualche minuto per osservarsi.
Di certo non si poteva dire che era in ottima forma.
La pelle si era fatta più diafana e delle enormi occhiai viola si erano formate sotto i suoi occhi spenti e resi gonfi per via delle lacrime.
Un ‘bit, bit’ proveniente da suo cellulare lasciato in camera le fece notare l’arrivo del milionesimo messaggio da parte di Cher che sicuramente le chiedeva ancora che fine avesse fatto.
Lo ignorò.
Non aveva voglia di parlare con nessuno.
Nemmeno con lei.
Prese la spazzola e iniziò a sistemarsi i capelli, liberandoseli dai nodi. Poi se li legò in una crocchia e accese l’acqua del lavandino che utilizzò per sciacquarsi la faccia.
Prese lo spazzolino appartenente al suo professore, ci mise sopra un po di dentifricio e iniziò a spazzolarsi i denti.
In quel momento qualcuno bussò alla porta del bagno.
Ian
“Entra” farfugliò, con la bocca piana di dentifricio.
Somerhalder entrò e si avvicinò  a lei, “Buona sera, Miss Moore” disse, dandole un bacio sulla grancia destra.
Lei gli sorrise, girando il viso verso di lui e Ian le sfiorò la punta del naso con l’indice della mano destra.
“Come stai oggi?” le chiese, togliendosi il maglione color porpora che indossava, scompigliandosi così i capelli.
Poi si tolse le scarpe e i calzini.
Rose si chiuse nelle spalle, continuando a spazzolarsi i denti.
Il professor Bollore si tolse la maglia a maniche corte bianca, rimando così in jeans, a dorso nudo.
I loro occhi si incontrarono attraverso il riflesso dello specchio.
Azzurro contro marrone.
La giovane arrossì leggermente, beandosi di quella vista.
Il cuore iniziò a batterle più forte del normale.
“Attenta Rose, o finirai per consumarmi” le disse, facendole l’occhiolino.
Lei alzò gli occhi al cielo e poi sputò il dentifricio, si risciacquò la bocca, pulì lo spazzolino e poi lo passò a lui.
Il professore sorrise divertito.
“Sentiti libera di prendere il mio spazzolino quando vuoi” le disse, guardandola dirigersi in camera, “Ciambellina” aggiunse, alludendo alle ciambelline disegnate sul suo pigiama.
“Nel fare la borsa ho dimenticato di prendere lo spazzolino” disse Rosalyn, ritornando in bagno.
“Ho parlato con Collins oggi” le disse di punto in bianco.
“E perché?” gli chiese, stringendo l’estremità del pigiama tra le mani.
Oddio, vedi che gli detto tutto’
“E’ lui che ha voluto parlare con me. Mi ha detto che gli hai chiesto di farti da finto fidanzato”
Ecco.
Quando avrebbe rivisto Rob, l’avrebbe preso a calci dove non batteva il sole
“S - sei arrabbiato?”
Scosse la testa e la studentessa tirò un sospiro di sollievo.
“Però mi sarebbe piaciuto che me ne parlassi”
“Lo so. Scusami. Stavo solo trovando il modo per dirtelo” disse, avvicinandosi a lui, per poi abbracciarlo.
“Non fa niente” le disse, baciandole i capelli. “Ho parlato con Paul prima”
“Sì?”
“Sì. Gli ho chiesto se sapeva qualcosa su un ragazzo che poteva essere stato il ragazzo di Cristyn durante il liceo, ma ha detto che oltre a lui tua madre non frequentava nessuno”
“Che strano”
“Esatto, è quello che ho pensato anch’io. Poi Paul mi ha detto che nell’ultimo anno, lui e tua madre si erano lasciati per qualche mese e pare che durante quel periodo lei frequentasse un ragazzo più grande, un certo Carl Parker. Potrebbe essere lui tuo padre”
“Tu dici?” chiese, staccandosi per guardarlo in viso.
“Bè, potrebbe essere. Domani farò qualche ricerca in città e vedremo cosa scoprirò”
Annuì.
Da un lato non vedeva l’ora di scoprire chi fosse suo padre.
Aveva così tante domande da fargli.
Dall’altra parte si sentiva leggermente spaventata.
Avrebbe potuto non trovarlo mai.
E se invece l’avessero trovato, ma lui non si ricordasse di lei?
Oppure non volesse conoscerla?
Tutto questo la portò a pensare ancora a sua madre e al suo comportamento e alle sue scelte.
Il solito nodo le si formò in gola e le lacrime le offuscarono la vista.
Stava per piangere, di nuovo.
Ormai non faceva altro da giorni.
“Ehy” le disse Ian, stringendola ancora di più a sé. “Per favore, Rose, non piangere” la pregò.
La ragazza sentì le gambe diventarle molli e lentamente si lasciò andare.
Il professor Stranamore la sorresse e con delicatezza si abbassò, sedendosi sul pavimento, portandosi lei in grembo.
“Va tutto bene” disse, massaggiandole la schiena. “Sfogati, Rose. Sfogati pure”
“La odio” disse, tra un singhiozzo e l’altro, “La odio” ripetè, stringendosi a lui.
“Lo so, Rose. Non pensarci. Non pensare a lei”
Rimasero li per un tempo che sembro infinito.
Ian la lasciò sfogarsi, continuandole a massaggiare la schiena, baciarle i capelli e sussurrarle parole molto dolci.
Quando ebbe finito di piangere, Somerhalder si rialzò, continuando a reggerla tra le braccia.
“Mi dispiace di averti lavato la spalla” disse.
“Non importa”
Il professor Bollore la portò in stanza e la depose sul letto.
Ros si coprì e si mise su un fianco.
Pochi secondi dopo, lui fu accanto a lei.
Le luci spente.
Le avvolse le pancia con un braccio e l’attirò a sé, tenendola bella stretta.
“Ian, che fai?”
“Non si è capito?”
“Ma è ora di cena. Tu non…”
“Shh” la interruppe, “Basta parlare”
La giovane chiuse gli occhi e intrecciò le gambe con le sue.
Neanche se avesse avuto la possibilità di vivere mille anni avrebbe trovato una persona come Ian, ne era certa.
 
“Guarda, questa faccia ti dice nulla?” le chiese Ian, mostrandole la foto di un vecchio annuario scolastico.
“No” scosse la testa Rosalyn, “Chi è?”
“Carl Parker” rispose, girando l’annuario verso di sé.
“Quello di cui mi parlavi qualche giorno fa?”
La settimana stava ormai per concludersi e il week - end era alle porte.
In quel momento il cellulare di Ian squillò.
Lui lo prese e, dopo aver guardato lo schermo, lo riappoggiò sul tavolo.
Era ora di pranzo e loro due stavano mangiando in sala da pranzo.
“Chi è?” chiese.
“Tua madre” rispose, continuando a guardare l’annuario.
La ragazza serrò le labbra.
“Ancora non si è arresa?”
“La conosci. Sai che se vuole una cosa, cerca in tutti i modi di averla”
“Bè, se spera che torni  a casa è proprio un’ illusa” disse, portandosi con rabbia un maccherone alla bocca. “Comunque, dove hai trovato quell’annuario?”
“In biblioteca. Ho fatto anche alcune ricerche. Ho scoperto che questo Carl si è trasferito qui ad Harmony con la sua famiglia quando aveva diciassette anni. Ho frequentato qui le superiori e poi si è messo a frequentare l’università locale fino al suo ventitreesimo anno di età, dove si è poi traferito a New York”
“Wow, Ian, ora ne ho la conferma: sei un vero stalker!”
Lui rise.
“Quindi potrebbe essere lui mio padre?”
“E’ stato con tua madre quando aveva sedici anni, quasi diciassette”
“E lei mi ha avuta a diciassette anni”
“Poi si è trasferito a New York”
“Mia madre mi ha detto che mio padre l’aveva lasciata per andare a New York per frequentare un’università prestigiosa”
“Bene, per ora alcune cose coincidono”
“Bè, ma non ne siamo sicuri”
“Questo è vero. Ci conviene fare altre ricerche. Potremmo andare nella casa dove ha vissuto con i suoi per vedere se i nuovi proprietari possono darci un recapito o altro”
La studentessa annuì.
“Ok, vado a cambiarmi, così possiamo uscire e metterci subito all’opera”
“D’accordo”
Ian finì di mangiare i suoi maccheroni e poi si alzò, dirigendosi in camera.
Ros afferrò l’annuario e guardò la foto di quello che poteva essere suo padre.
Ha un sorriso gentile’, pensò.
Carl Parker.
Rosalyn Parker.
Bè, non suonava così male.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera, patatinee:)
Ecco il nuovo capitolo.
Non credo di aver niente da dire tranne dirvi che è un capitolo di passaggio e che vi aspetto al prossimo.
Ci sentiamo domenica o lunedì con il nuovo capitolo.
Un bacio♥

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 33
*** Blood of my blood, parte II. ***


BLOOD OF MY BLOOD, PARTE II
-Capitolo trentatré-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Rose, prima di entrare in quella casa vorrei dirti solo una cosa” disse Ian.
Era giovedì pomeriggio e i due si trovavano davanti al vialetto che conduceva alla casa dove un tempo aveva vissuto Carl Parker, suo padre al 90% delle possibilità.
Qualche ora prima Somerhalder aveva scoperto che questo Carl Parker aveva frequentato sua madre durante il periodo in cui era rimasta incinta di lei, perciò c’erano molte probabilità che lui fosse suo padre.
Ora, dopo pranzo, avevano deciso di andare a chiedere qualche informazioni alle persone che ora occupavano la casa in cui un tempo aveva vissuto.
“Certo, dimmi”
Lui si sistemò meglio sul sedile, girandosi verso la ragazza.
“Non siamo sicuri che Carl Parker sia tuo padre. Potremmo trovare il suo indirizzo o altro e poi scoprire che non è legato a te in alcun modo, così come possiamo non trovare nulla e perdere le sue tracce e, a questo punto, se tu vuoi davvero incontrarlo, dovremmo rivolgerci a tua madre. Tutto questo per dirti di non viaggiare molto con la testa. Di tenere saldamente i piedi a terra”
Rose sospirò e annuì, “Credimi, li sto tenendo ben ancorati al terreno. So che non devo sperarci troppo, perché potrebbe non essere lui” poi il suo viso si indurì leggermente, “Ma di una cosa sono certa: non chiederò aiuto a mia madre. Almeno, non ora. Chissà quante bugie potrebbe avere il coraggio di raccontarmi ancora”
Lui le prese una mano, “Mi dispiace di non averti creduto quando mi dicesti che conoscevamo due Cristyn differenti”
La giovane abbozzò un sorriso, “Non ti preoccupare. Mia madre è molto brava a recitare. Credo sia questo il trucco del suo successo nel lavoro”
Ian portò la mano che stringeva alla bocca e le posò un leggero bacio sulle nocche.
Ros venne attraversata da un brivido.
Che ci poteva fare?
Probabilmente Ian le avrebbe fatto quell’effetto per il resto dei suoi giorni.
“Andiamo?” le propose.
“Sì” rispose, annuendo.
I due scesero dall’auto e si incamminarono lungo il vialetto.
Morris ’, lesse la studentessa sulla cassetta della posta.
Arrivati davanti alla porta, il professor Bollore suonò il campanello.
“Arrivo!” urlò una voce femminile, da dietro la porta.
Rosalyn e il suo professore si guardarono e lui le sorrise incoraggiante.
“Sì?” chiese una donna, aprendo la porta.
Questa era molto bassa, robusta e con i capelli castano scuro tendenti al bianco.
“Salve mi chiamo Ian Somerhalder e questa è…è una mia cara amica, Rosalyn Moore” disse Ian.
“Buongiorno” disse la donna, salutandoli con un cenno della testa.
“Volevamo farle qualche domanda sulla famiglia che ha vissuto in questa casa prima di voi se è possibile, signora…” lasciò in sospeso la frase, facendo intuire alla donna che era il suo turno di presentarsi.
“Erika. Erika Morris” disse, squadrandoli da capo a piedi. Probabilmente stava cercando di capire se poteva fidarsi o no. “Entrate, prego. Chiacchierare davanti una bella tazza di thè e dei biscotti è sempre meglio che rimanere in pieni sulla porta al freddo”
“La ringrazio molto” disse il professor Stranamore, entrando in casa, seguito dalla ragazza.
La casa della signora Morrison era molto graziosa.
Le pareti erano di un rosa pastello, che risaltavano sul pavimento in legno bianco.
“Accomodatevi” disse, indicando con una mano un divanetto.
I due sorrisero e si andarono a sedere, togliendosi i cappotti.
“Vi va del thè? L’ho appena fatto” propose la donna.
“Sì, grazie” risposero i due contemporaneamente.
“Bene. Torno subito”
E così dicendo, scomparve dietro un porta.
Rose si guardò un po intorno.
Le parenti erano addobbate con qualsiasi tipo di quadri, soprattutto rappresentanti gatti.
Sul camino - che occupava gran parte della parete alla loro sinistra - invece, erano state poste alcune fotografie.
“Ecco qui” disse Erika, tornando in salotto, con un vassoio sul quale aveva posto tre tazze di thè fumanti e un piattino con alcuni biscotti, che poggiò un tavolino di legno posto di fronte  a loro. “Scusate per il disordine, non sono più abituata a ricevere visite”
“Non si preoccupi” disse il professore.
“Ditemi, ragazzi, perché vi interessa sapere chi è vissuto qui prima di me?” chiese, andando a sedersi su una poltrona che faceva pendant con il divano su cui erano seduti.
“Vede, Rosalyn sta cercando suo padre e, facendo alcune ricerche, abbiamo scoperto che quello che crediamo esserlo abbia vissuto qui. Si chiamava Carl Parker. Questo nome le dice qualcosa?” le chiese, passando una tazza a Rosalyn.
“Certo. Ho conosciuto Carl il giorno in cui io e mio marito - pace all’anima sua -  siamo venuti qui a Harmony per visitare la casa che era stata messa in vendita da poco. La famiglia aveva una gran fretta di vendere”
“Come mai?” chiese la ragazza.
La signora Morris si chiuse nella spalle, “A quanto pare Carl aveva vinto una borsa di studio per un’università a New Your, la Columbia, non so se la conoscete”
“Sì, certo” disse Somerhalder, mentre la giovane annuì.
“Bè, da quello che i suoi genitori ci avevano raccontato, Carl desiderava da tempo frequentare la Columbia e non vedeva l’ora di lasciare l’università locale”
“Non le hanno detto se era anche per sfuggire  a una gravidanza indesiderata della sua ragazza o altro?”
“No, mi dispiace. Come vi ho già detto, erano solo molto frettolosi di chiudere l’affare e lasciare Harmony”
“Capisco” disse Ian, bevendo un po di thè.
“Sembrava essere un attimo ragazzo ed era anche molto intelligente. I suoi genitori non facevano altro che cantare le sue lodi”
“Lei non ha un indirizzo o un numero di telefono che potrebbe aiutarci a rintracciarlo, vero?”
Erika scosse la testa, “No, mi dispiace. Una volta comprata la casa, non abbiamo più avuto contatti con la famiglia Parker”
Il professor Bollore annuì, “Certo”
“Mi dispiace di non potervi essere di nessun altro aiuto”
“Non si preoccupi, ci ha già aiutato molto” disse Ian, poggiando la tazza sul relativo piattino. “Bè, credo che sia meglio andare ora” disse, alzandosi.
La studentessa bevve ancora un sorso di thè e poi si alzo a sua volta.
“Grazie per la visita” disse la signora, accompagnandoli verso la porta.
“Grazie a lei per l’aiuto”
“Arrivederci cari” disse, fermandosi sulla soglia. “Spero tu possa trovare Carl e scoprire se sia o no davvero tuo padre, Rosalyn” aggiunse.
Ros le sorrise, “Grazie”
 
“Ma toglimi una curiosità” disse Ian, accavallando la gamba destra su quella sinistra.
Rosalyn distolse lo guardo dalla distesa di nuvole che stava ammirando dal finestrino e volse la sua attenzione al ragazzo seduto alla sua destra.
Era venerdì mattina e due stavano volando verso New York.
Ci avrebbero messo all’incirca tre ore.
La ragazza era leggermente elettrizzata.
Un po perché si stavano dirigendo a New York per andare alla Columbia e vedere se in questo modo avrebbero potuto trovare qualche informazione riguardanti Carl Parker.
Un po perché era la prima volta che lasciava Harmony in tutta la sua vita.
Un po perché era il primo viaggio che lei e Ian facevano insieme.
“Mh”
“Che fine ha fatto Cher? Nel senso, mi sembra strano che non ti abbia chiesto dove stessi andando”
“Le ho accennato della situazione che si è creata con mia madre, ma non le ho detto che ho lasciato casa e men che meno del fatto che mi sia trasferita da te. Per quanto riguarda il fatto che ci stiamo dirigendo a New York…bè, le ho detto  che stavo raggiungendo mia zia Mary perché mia cugina Lizzie aveva organizzato una festa”
“E ci ha creduto?”
Sospirò, “Non mi ha fatto altre domande, quindi immagino di sì”
“Lo sai che prima o poi le dovrai dire tutto, vero?”
Rose reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, “Sì, lo so”
“Più le tieni nascoste le cose, più brutta sarà la sua reazione quando le verrà a sapere”
“Lo so” ripetè.
“Ma sono sicuro che sai quello che fai”
Oh, Ian, in realtà no. Non so bene quello che sto facendo con Cher’
Sentì il suo viso avvicinarsi, così aprì un occhio.
Lui le sorrise e lei ricambiò, poi richiuse l’occhio.
Il professor Stranamore si avvicinò e le baciò la punta del naso e poi le labbra.
Poi iniziò a torturargli la pelle della mano destra, che teneva intrecciata con la sua, carezzandogliela con il pollice.
“Ian, smettila” lo ammonì, tenendo sempre gli occhi chiusi.
“Di fare cosa?”
“Lo sai benissimo cosa”
“Ti sto forse facendo perdere il controllo?” la stuzzicò.
Aprì gli occhi e li puntò nei suoi.
“Sì, e lo sai. E lo stai facendo apposta”
Sorrise malizioso e Rose ebbe l’irrefrenabile voglia di prendergli il viso e riempiglielo di baci.
“Sai, non è bello avere la tachicardia la prima volta che si vola”
“Ti faccio venire la tachicardia?” chiese, stupito.
“Oh, Ian, possibile che tu non l’abbia ancora capito? Mi sovraccarichi di energia ogni volta che mi sfiori, ogni volta che mi guardi e ogni volta che mi parli. E credo di stare arrossendo in questo momento”
“Leggermente” disse, “Ma io ti trovo estremante adorabile e sexy” aggiunse, catturandole di nuovo le labbra.
 
“Comunque tu sei pazzo” disse Rosalyn, entrando nella stanza.
“Perché?” le chiese.
“Perché hai prenotato al Plaza!” esclamò, lasciando cadere il borsone con dentro tutte le sue cose, correndo verso le vetrate che davano su una parte di città.
“Non ci vedo niente di male a stare comodi”
“Sì, ma così è troppo! Chissà quanto ti è costato!”
La suite era davvero meravigliosa.
Appena entrati si veniva immessi in un favoloso soggiorno con due divani e due poltrone sistemati al centro della stanza, un piano forte posizionato in un angolino, alcuni mobili di legno con delle rifiniture in oro - perfettamente abbinate alle decorazioni dello stesso colore presenti sui muri e ai tappeti che coprivano gran parte del pavimento in legno chiaro - e un bellissimo caminetto in marmo sopra il quale era stata posta una televisione a schermo piatto.
Ai lati del caminetto vi erano due porte.
Quella a sinistra portava nella camera matrimoniale che presentava un letto, affiancato da due comodini e di fronte due sedie con rispettino tavolino e poggia piedi.
Vicino alla finestra una cabina armadio e una specchiera sempre in legno con delle rifiniture in oro.
La porta a destra, invece, portava in un magnifico bagno, realizzato principalmente in marmo bianco o oro, con delle colonne e dei mezzi busti grechi.
Al centro della stanza vi era un vasca gigantesca e sopra di essa un affresco rappresentate un cherubino in mezzo al cielo. Anche i lavandini e la doccia erano realizzati in marmo.
Ritornando in salotto vi era ancora un’altra porta che portava in una sala da pranzo con un tavolo di mogano scuro e pareti addobbate con quadri di diverso tipo.
Un raggia in miniatura praticamente.
“I soldi non sono un problema” disse, abbracciandola dal dietro, dandole un bacio sulla guancia sinistra.
Lei si girò verso il suo professore. Le lacrime agli occhi,  “Grazie, Ian”
“Perché stai piangendo?” le chiese.
Si chiuse nelle spalle, “Perché sono felice”
Ian le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, “Anche io sono felice” disse, prima di baciarla.
Poi i due si abbracciarono.
“Hai fame?” le chiese, tenendola sempre stretta a sé.
La giovane prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e guardò l’ora.
Mezzogiorno.
“Sì, leggermente”
“Allora ordino il servizio in camera”
“Perfetto” disse, alzandosi sulle punte per sfiorargli le labbra in un bacio casto. “Io intanto vado a farmi una doccia” aggiunse, staccandosi da lui, dirigendosi verso il borsone.
“Hai qualche preferenza per il menù?”
Rosalyn frugò nel borsone e prese la trousse.
“Stupiscimi” gli rispose facendogli l’occhiolino, per poi dirigersi in bagno.
Una volta dentro, si chiuse la porta alle spalle.
Poggiò la trousse sul ripiano di uno dei lavandini e prese il cellulare, decisa a scrivere un messaggio ad Alan.
*Sono a New York con Ian. Non posso dirti di più. Volevo farti sapere che sto bene e che tornerò a casa entro domenica, per riprendere le lezioni*
Poco dopo arrivò una sua risposta.
*Va bene. Stai attenta. Ti voglio bene*
*Anche io*
Ed era vero.
Voleva davvero bene ad Alan, perché in quei mesi gli aveva fatto da padre.
Non patrigno.
PADRE.
Scosse la testa e si passò una mano tra i capelli.
Si spogliò e poi andò ad aprire l’acqua della doccia.
Aveva bisogno di rilassarsi un po.
Quando l’acqua raggiunse la temperatura ideale, entrò.
Si stava insaponando il corpo, quando sentì la porta della doccia spalancarsi.
Si girò e si ritrovò davanti agli occhi Ian, COMPLETAMENTE NUDO.
“C - che fai?” gli chiese, deglutendo rumorosamente, mentre l’uomo si apprestava a chiudere la porta della doccia.
“Non si vede?”
I suoi occhi caddero sulla parte bassa del corpo di lui.
Oh, sì, si vede ed è enorme! Oddio, Rose, no! Smettila!’
 “S - sì, ma…” iniziò, distogliendo lo sguardo.
“Tu mi hai detto di stupirti” disse, facendo un passo avanti.
Di conseguenza, la studentessa fece un passo indietro, andando a scontarsi con il marmo freddo di una delle pareti.
Era in trappola.
“Ok, ma io intendevo con il menù. Di stupirmi con il menù”
“Ops, devo aver capito male” disse, con tono di finte scuse.
Si avvicinò ulteriormente, coprendo il suo corpo esile con il suo forte e tonico.
“E il s - servizio in camera?”
“Non arriverà prima di mezz’ora”
Ian le prese il viso tra le mani, obbligandola a guardarlo negli occhi e…AL DIAVOLO IL CONTROLLO!
 
“Come ti senti?” le chiese Ian, stringendole leggermente la mano che teneva intrecciata con la sua.
“Per ora bene” rispose, sorridendogli.
Erano da poco passate le due e lei e il professor Bollore, dove aver affittato una macchina, si stavano dirigendo verso la segreteria della Columbia University.
Non aveva mentito.
Non era agitata.
Per ora.
“Buongiorno” disse Ian, sorridendo alla donna seduta dietro lo sportello delle informazioni.
“Salve. Come posso esserle utile?”
“Volevo sapere se era possibile avere accesso ai vecchi registri, per vedere gli alunni che hanno frequentato l’università dal 1995 in poi”
“Sì, questo è possibile” disse la donna.
“E’ possibile anche avere accesso alle loro informazioni personali? Tipo, un indirizzo o un recapito telefonico?”
“No, questo no. Mi dispiace signore”
“Non si potrebbe fare uno strappo alla regola?” chiese, sbattendo le ciglia.
Nessuno poteva resiste a Ian Somerhalder che sbatteva le ciglia in quel modo.
Era praticamente impossibile.
La donna tentennò un po, “No, mi dispiace”
Okey, questa è lesbica’
“Ascolti…” iniziò Somerhalder, per poi fermarsi per leggere il suo nome sulla targhetta che la donna porta appesa al petto, “Esme, noi stiamo cercando un uomo, che dovrebbe avere sui quarant’anni e che ha frequentato questa università tramite una borsa di studio. Si chiama Carl Parker e potrebbe essere il padre della mia ragazza” disse, indicando Rosalyn con un cenno della testa.
Esme buttò un’occhiata alla ragazza e poi tornò a fissare Ian.
“Carl Parker ha detto?”
“Sì, Carl Parker. Lo dice niente questo nome?”
“Bè, non so se stiamo parlando della stessa persona, ma c’è un professore qui, che si chiama così. Insegna diritto ed economia”
“Ian, mia madre mi ha detto che mio padre voleva diventare insegnate di diritto ed economia” disse Rose, inserendosi nella conversazione.
“Quand’è che potremmo trovarlo in università?” chiese il professor Stranamore, rivolgendosi ad Esme.
“Siete fortunati” rispose la donna, digitando qualcosa sul computer posto davanti  a lei, “Oggi sta tenendo un corso extra per alcuni alunni. E’ una lezione aperta a tutti, quindi potete partecipare se volete”
“Perfetto” disse Somerhalder.
“L’aula in cui si sta tenendo la lezione è quella infondo al corridoio. È iniziata da circa mezz’ora quindi fra poco finirà”
“Grazie mille, Esme. Ci è stata davvero d’aiuto” disse Ian, poggiando le mani una contro l’altra, come segno di ringraziamento. “Andiamo” aggiunse prendendola per mano.
Ora il cuore di Rosalyn iniziò ad accelerare i battiti.
Si trovava ad un passo dal poter abbracciare quello che sembrava essere davvero suo padre.

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Capitolo 34
*** Un thè con papà. ***


UN THE’ CON PAPA’
-Capitolo trentaquattro-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ian e Rose entrarono nell’enorme aula universitaria, di struttura simile ai vecchi teatri romani con i banchi nella parte superiore e la cattedra con il professore che spiegava nella parte inferiore.
Come aveva già anticipato la segretaria, la lezione era iniziata da un pezzo.
Ian indicò con un cenno della testa di andarsi a sedere in una nella ultime file.
Una volta accomodati, i due iniziarono a prestare attenzione alla lezione.
Il professore stava parlando di grafici e li stava spiegando aiutandosi con dei disegni fatti probabilmente precedentemente sulla lavagna.
Rosalyn non ci stava capendo molto, per fortuna Somerhalder all’università aveva fatto un po di Economia, così grazie a lui riuscì a capire qualcosina di quello che il suo presunto padre stava spiegando.
Certo, le era capitato di studiare Economia a scuola, ma non a livello così avanzato. Però c’era qualcosa nella voce dell’ uomo che spiegava, quella voce che aveva anche Ian quando insegnava, qualcosa che faceva sembrare tutti quei numeri, tutte quelle iperbole, tutte quelle parentesi e tutti quei grafici la cosa più interessante e figa del mondo.
Osservò per bene il signor Parker.
Aveva i capelli castano scuro, portati corti e leggermente mossi. Gli occhi, nascosti dietro le lenti degli occhiali da vista, erano marroni e sottili. Il naso era perfettamente proporzionato al viso e le labbra erano sottili. Sul suo viso neanche l’ombra di un leggero velo di barba.
Era molto alto e aveva un corpo asciutto.
Indossava un dolce vita verde color trifoglio abbinato a dei semplici jeans chiari.
Per un nano secondo i loro occhi si incontrarono e la ragazza sentì una strana sensazione allo stomaco.
Scosse la testa.
Si stava facendo influenzare dal fatto che quello poteva essere davvero suo padre e ora il suo corpo le stava giocando brutti scherzi.
Come quando si finge di avere la febbre e poi alla fine ti arriva davvero, perché ci hai creduto così tanto che la tua mente ha fatto ammalare il tuo corpo.
Eppure non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che lui fosse davvero suo padre.
E, non l’avrebbe mai ammesso, ma ci sperava anche che il signor Parker lo fosse davvero.
 
Finita la lezione, lei e Ian uscirono dall’aula e si misero ad aspettare che il professore uscisse per potergli parlare.
Quando il signor Parker, comparve d’innanzi ai due, Rose aprì la bocca per chiamarlo, ma tutto quello che uscì dalle sua labbra fu…niente.
Il nulla.
Anidride carbonica.
Si schiarì la gola e ci riprovò.
Ancora nulla.
Più che boccheggiare non riusciva a fare.
Ma che le stava prendendo?
Infondo era solo un uomo!
Carl naturalmente non l’aveva neanche notata e si era diretto verso un gruppo di studenti, iniziando a chiacchierare con loro.
“Rose, che ti prende?” le chiese il professor Bollore.
“Non lo so” sussurrò, mantenendo gli occhi sul suo presunto padre, “Credo di essere leggermente nervosa”
Somerhalder sorrise compressivo.
“E’ normale, Rose, ma se non ci parli non potrai mai scoprire se lui è davvero tuo padre o no. Sarebbe come sprecare un’occasione”
“Lo so”
“Dai, andiamo” disse il professor Stranamore, prendendola per mano.
I due si incamminarono verso il professore universitario.
“Il signor Carl Parker?” chiese Ian, una volta che l’ebbero raggiunto.
L’uomo, che dava le spalle alla coppia, si girò, “Sì, sono io” rispose, sorridendo.
“Possiamo parlare un attimo?”
“Ma certo” acconsentì. Riportò la sua attenzione sul gruppo di ragazzi con cui stava parlando, “Scusatemi, ragazzi. Continueremo il nostro discorso mercoledì, a lezione”
Il gruppo si congedò, così il signor Parker potè finalmente parlare con loro.
“Sono tutto vostro” disse, “Voi non siete miei studenti, giusto?”
“No” disse Ian.
“Infatti, non mi sembrava di avervi mai visto”
“Mi chiamo Ian Somerhalder e questa è…” Somerhalder fece una piccola pausa per trovare una parola che non fosse ‘ragazza’, “Questa è una mia cara amica, Rosalyn Moore”
All’udire il cognome della studentessa, Carl si irrigidì leggermente e poi spalancò gli occhi, “Moore, ha detto?”
Il professor Bollore annuì.
“Moore, come Cristyn Moore?”
“Cristyn Moore è mia madre” disse Ros, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, sussurrando.
“Rosalyn” disse quasi incredulo il professore universitario, “Tu sei Rosalyn” disse, sorridendo sempre più.
“S - sì. E lei…lei è mio padre(?)” disse Rosalyn.
“Io credo…credo di sì”
I due si guardarono intensamente negli occhi.
Allora era vero.
Lui era suo padre.
LUI ERA IL SUO VERO PADRE.
Non era un sogno.
Non era una stupida fantasia che si stava facendo.
Le loro ricerche non erano state vane.
Carl Parker era davvero suo padre.
Finalmente l’aveva trovato!
“Se tu sei d’accordo, mi piacerebbe abbracciarti” le disse Carl.
“M - ma certo” disse la ragazza, leggermente stupita dalla sua richiesta.
Il signor Parker si fece avanti e l’avvolse tra le sue braccia.
Alle narici le arrivò subito un buonissimo profumo di dopobarba.
Dopo qualche secondo di titubanza anche lei ricambiò l’abbraccio.
“Oh, Rosalyn” sospirò. “Non sai…non sai quanto tempo ho sognato questo momento”
Rose accennò un sorriso e si rilassò tra le sue braccia, sentendo una bellissima sensazione di calore espandersi dal suo petto in tutto il corpo.
Era strano.
Si sentiva…completa.
“Forse è meglio uscire di qui” propose Ian.
“Sì, concordo” disse Carl, staccandosi dalla figlia.
Lei gli sorrise e i tre si incamminarono verso l’uscita dell’università.
“Visto che credo abbiate molte cose da dirvi e da raccontarvi è meglio che vi lasci soli” disse Somerhalder, una volta fuori.
Rose lo afferrò per la giacca, guardandolo impanicata.
Cosa?
Voleva lasciarli soli?
No, no, no!
Non era pronta!
“La ringrazio” disse Carl.
“Non mi dia del lei, signor Parker”
“D’accordo, ma non farlo neanche tu allora”
“Va bene” disse il professor Bollore, sorridendo.
Poi riportò la sua attenzione sulla giovane.
“Non andare” gli sussurrò.
Lui le prese la mano che lo teneva per la giacca e gliela tolse delicatamente.
“Andrà tutto bene, Rose” le disse, “Starò qui nei paraggi e quando vorrai andartene ti basterà chiamarmi”
“Ma perchè non puoi stare con noi?”
“Perché non è giusto. Dovete stare un po da soli”
“Ma io…”
“Mi racconterai tutto questa sera, ok?” le disse, interrompendola.
Ros si morse il labbro inferiore e poi annuì.
“Molto bene” disse, sfiorandole la guancia sinistra con una mano e posandole un bacio sull’altra guancia. Per la durante dal bacio, Rosalyn chiuse gli occhi. “A dopo” disse, il professor Stranamore per poi girarsi ed allontanarsi.
La ragazza lo fissò andare via, sentendo l’ansia crescere sempre più.
“Ti va di prendere qualcosa di caldo da bere, Rosalyn?” le chiese suo padre.
“S - sì” rispose, girandosi verso di lui.
“Perfetto. Conosco un posto qui, di fronte all’università, che fa anche dei dolci buonissimi. Ti piacciono i dolci?”
Annuì, “Si può dire che siano la mia droga”
 
Pochi minuti dopo, i due si ritrovarono seduti ad un tavolino in un bar molto grazioso, dallo stile Bohemian chiamato ‘Violette’.
Avevano già ordinato e pochissimi minuti dopo, il cameriere era ritornato con, su un vassoio di legno, le loro ordinazioni.
Suo padre aveva preso un caffè, qualche Macarons e una fetta di torta al cioccolato, mente lei aveva optato per un thè verde, qualche cannoncino con il ripieno al cioccolato e un mega bignè con crema e fragole.
“Allora, come hai fatto a trovarmi?” le chiese.
“E tu perché te ne sei andato?” gli chiese, ignorandolo.
Voleva essere una domanda innocente, ma nel tono usato da lei si poteva benissimo sentire un po di rabbia.
Infondo, era la verità.
Lui se ne era andato.
Carl bevve un sorso di caffè e poi sorrise, “Rosalyn, devi credermi, l’ultima cosa che volevo fare era lasciare tua madre e te”
“Eppure, eccoci qui a fare questa conversazione” sussurrò.
“Cosa ti ha detto su di me di preciso Cristyn?”
“Ha detto che vi siete conosciuti quando aveva diciassette anni, che, una volta scoperto che era incinta non eri molto felice, ma alla fine decidesti di sposarla. Mi ha detto che volevi diventare un professore di Diritto ed Economia e che il tuo sogno era quello di studiare a New York. Poi mi ha detto che prima della mia nascita vi siete lasciati e che tu te ne sei andato”
“Quindi ti ha raccontato una mezza verità”
“E’ anche per questo che sono venuta a cercarti” disse, bevendo un sorso di thè.
“In realtà non è andata proprio come ti ha detto tua madre. Sì, ci siamo conosciuti quando lei aveva diciassette anni e sì, l’ho messa incinta e, sì, ammetto che l’idea di sposarla all’inizio mi impauriva un po, ma non me ne sono andato di mia spontanea volontà. I genitori di tua madre mi hanno obbligato”
“I miei nonni?”
Annuì, “Tuo nonno non era molto felice che la sua adorata figlioletta fosse rimasta incinta così, sotto suggerimento di Cristyn stessa, ha obbligato la mia famiglia a trasferirsi a New York”
“Ma perché?”
Si chiuse nelle spalle, “Per evitare una scandalo, mi sembra ovvio. Mandandomi via, era come se nulla fosse accaduto. Tua madre sarebbe tornata con il suo ex fidanzato, il ragazzo con cui si era mollata prima di conoscermi” ‘Paul’, pensò lei. “Poi, quando la pancia non si sarebbe più potuta nascondere, sarebbe andata via per un po, sarebbe ritornata per il diploma e poi avrebbe lasciato il suo fidanzato, trasferendosi a Los Angeles per finire gli studi, portando con se sua figlia”
“Quindi sei stato obbligato?”
“Sì. Tuo nonno minacciò di farci andare in banca rotta e di togliere il lavoro a mio padre. Sai, era un uomo potente. Immagino sia ancora uno stronzo come all’ora”
“Non lo so. Lui e la nonna sono morti quando io ero molto piccola e non ho mai avuto grandi rapporti con loro, visto che si rifiutavano di venire a trovarci ad Harmony”
“Siete tornate a vivere a Harmony?”
Rose annuì, “Sì, credevo di essere nata li, ma a quanto pare non è vero. I miei ricordi risalgono a quando avevo tre anni. Prima non ricordo nulla. E ricordo che a tre anni vivevo già ad Harmony”
“Mh, probabilmente tua madre non ha completato gli studi ed è tornata a casa. Magari i tuoi nonni si sono arrabbiati per il suo comportamento e hanno lasciato Harmony”
“Sì, potrebbe essere. Ma non credo lo sapremo mai, visto che non parlo con mia madre da circa due settimane”
“Come mai?”
“Perché ho scoperto che mi ha mentito su di te. Ho trovato una vecchia lettera che era indirizzata a me e lei non ha voluto raccontarmi nulla, anche se le avevo spiattellato davanti agli occhi la verità. La verità che era una persona insensibile, un vera stronza. Sia Ian, sia Alan, il mio patrigno, mi hanno sostenuto”
“Tua madre si è sposata?”
Annuì, “Sì, e ancora non capisco come un uomo meraviglioso come Alan possa amare una donna come lei. Mi chiedo come tu abbia potuto amarla”
“Un tempo era diversa” disse, sorseggiando il suo caffè, “Poi, d’un tratto è cambiata”
La giovane alzò le sopracciglia, assumendo un espressione scettica, addentando un cannoncino.
“E ora dove vivi?”
“Da Ian. Vivo con lui e sua nonna a Villa Ninfea”
“Villa Ninfea? Ho sempre desiderato vistarla”
“Se vuoi un giorno ti faccio fare un giro” disse.
Carl assunse una strana espressione e la studentessa pensò di aver corso un po troppo con quella proposta.
“Sì” disse lui, poco dopo, “Mi pacerebbe molto”
 
I due parlarono per tutto il pomeriggio del più e del meno.
Carl le disse che a scrivere il libro di poesie dove aveva trovato la lettera era stato lui. Aveva racchiuso tutto le poesie e tutti i passi dei libri che amava di più e lo aveva regalato a sua madre come dono di nozze.
Avevano scoperto di avere molte cose in comune e dopo poco il senso di disagio e imbarazzo abbandonarono Rosalyn, che iniziò a sentirsi a suo agio.
Lei gli raccontò quanto avesse desiderato un padre, il difficile rapporto con sua madre. Gli raccontò di Cher e di Robert. Gli raccontò di Ian - tralasciando il fatto che stavano insieme. Gli raccontò di quanto il professore e sua nonna fossero stati gentili con lei e di quanto fosse grata ad Alan per il suo aiuto e per la sua comprensione.
Carl invece le raccontò della sua vita a new York e del suo lavoro. Le raccontò di quanto gli fosse dispiaciuto lasciarla e che neanche nelle sue fantasie più remote avesse mai immaginato che sarebbe andato a cercarlo.
Arrivate le sei, Rosalyn decise di chiamare Ian, per tornare in albergo.
Dopo aver pagato il conto i due uscirono dal locale per aspettare il professor Bollore.
“Posso farti una domanda, Rosalyn?”
“A parte che credo sia ora che tu mi chiami Rose, perché nessuno mi chiama Rosalyn. Comunque, certo, dimmi pure”
“Tu e Ian state insieme, vero? Come coppia, intendo”
“C - come?”
“Ho visto come vi comportate, come cerchiate sempre il contatto l’uno con l’altro, come non riuscite a stare troppo lontani. Ho visto che a volte prendevi il cellulare mentre parlavamo per controllare se ti aveva scritto o chiamato. E ho sentito come hai parlato di lui. Ti brillavano gli occhi. Pensavo me lo avresti detto alla fine”
“Mi dispiace” disse, “Solo che, come ti ho già detto, lui è il mio professore e, a parte sua nonna, nessuno sa di noi, neanche mia madre e neanche Cher. E poi avevo un po paura di dirtelo”
“Perché?”
“Bè, ci siamo appena ritrovati e…e poi avete più o meno la stessa età, pensavo non fossi d’accordo. Cioè, non ti conosco bene, non so cosa pensi su questo tipo di relazioni”
Si chiuse nelle spalle, “Che dovrei pensare? Se ti rende felice, va bene per me. Ok, la cosa è un po strana, ma non sarò di certo io ad impedirti di stare con lui, visto che ho notato che ci tieni davvero a te”
“Sì, lui mi vuole davvero bene” disse, con orgoglio.
Lui mi ama, pensò, vedendolo arrivare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Salve ragazzi!
Tutto bene?
Com’è andato il rientro a scuola?
Io posso dire di essere distrutta e aspetto con ansia le vacanze di Pasqua se non quelle di Carnevale xD
Anyway, spero che il capitolo, anche se corto (SORRY!) vi sia piaciuto.
Nel prossimo capitolo vedremo come affronteranno la situazione Rose e Ian quando Carl inviterà la figlia a trasferirsi da lui e cosa proporrà Ian alla sua ragazza.
Un bacio enorme a tutte voi!
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 35
*** Hict et nunc. ***


HIC ET NUNC
-Capitolo trentacinque-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Sei stanca?” le chiese, buttandole un’occhiata veloce.
“Abbastanza” rispose, muovendo il collo un po a destra e un po a sinistra.
Erano appena tornati dalla cena con Carl e si trovavano nell’ascensore del Plaza.
“Ti sei divertita?”
Annuì, “Sì, anche se l’ho appena conosciuto, lo trovo molto simpatico”
“A me ha messo leggermente paura”
Rosalyn roteò gli occhi, “Ti ha fatto solo qualche domandina”
“Qualche domandina? Mi sembrava di essere sotto interrogatorio! A momenti mi chiedeva il mio gruppo sanguigno!” disse, ridendo.
“Bè, vuoi non dargli ragione? Sta cercando di fare il padre. Sì, magari ha esagerato  quando ti ha minacciato con la storia dei gioielli di famiglia, ma sono sicura che non fosse del tutto serio”
La ragazza si dondolò sui talloni, poi si sporse lateralmente verso il professore e colpì con il braccio sinistro il braccio destro di lui. “Fifone” lo prese in giro.
“Io non sono un fifone”
“No. Certo che no” disse, sarcastica.
“Hai pensato alla proposta di tuo padre?” le chiese, diventando improvvisamente serio.
“Sì” rispose.
Le porte dell’ascensore si aprirono e i due si incamminarono verso la loro suite.
Quando erano andati a cena con suo padre, qualche ora prima, dopo aver parlato, chiacchierato e aver riso come una pazzi per l’interrogatorio di terzo grado che suo padre aveva fatto ad Ian - Okey, solo lei aveva riso - , alla fine della cena, Carl le aveva chiesto una cosa importante.
 
“Rose, è da questo pomeriggio, quando ci siamo salutati, che sto pensando ad una cosa”
“Cioè?” chiese, infilzando con una forchetta un pezzettino di fragola ricoperta da un po di panna e cioccolato.
“E’ una cosa bella o, almeno, secondo me lo è. Sicuramente la troverai inaspettata, perciò non pretendo che tu mi risponda subito”
“Mi stai facendo leggermente preoccupare”
“So che mi potrai prendere per pazzo, ma volevo chiederti se ti andava di venire a vivere con me, qui, a New York”
Rose, che si stava portando alla bocca un altro pezzo di fragola, si bloccò con la forchetta a mezz’aria.
“Vivere con te?” chiese, “A New York?”
Era stupita.
Molto.
Non si aspettava una proposta simile da lui.
Certo, si aspettava che trovassero un modo per continuare a vedersi, ma non una cosa così radicale.
Ma la cosa che l’aveva stupita di più era stata la relazione di Ian.
Con la coda dell’occhio, vide il bellissimo sorriso del suo ragazzo spegnersi e il suo corpo irrigidirsi.
“Sì, nel mio appartamento. Ho una stanza che non uso. Potrei sistemarla e farla diventare la tua camera da letto” propose.
“E - e con la scuola?”
“Bè, anche qui a New York ci sono molte scuole. Probabilmente sono anche più belle di quelle presenti ad Harmony”
“Bè, io…”
“Come ti ho detto non voglio metterti fretta, hai tutto il tempo per decidere. Però trovo l’idea carina. Sai, visto che ora non sei in ottimi rapporti con tua madre e non hai un posto dove stare…”
“Sta a casa mia” disse il professor Bollore, intervenendo.
“Lo so, ma non potrà stare li in eterno. Non solo per il disturbo, ma anche perché ha trovato me. Suo padre. Credo sia normale”
“Rose non crea alcun disturbo. Ne a me, ne a mia nonna”
Carl sospirò, come a voler chiudere quel discorso prima che iniziasse a degenerare. “La decisione spetta solo a te, Rose”
 
“E cosa hai deciso?” le chiese Somerhalder, cercando di non sembrare troppo interessato alla risposta.
“Io ti amo, Ian” disse con decisione, fermandosi al centro del salone della suite. Si girò verso l’uomo e fece qualche passo avanti, finchè non gli fu abbastanza vicina da prendergli la mano sinistra tra le sue. “Ti amo così tanto da non riuscire a stare un secondo senza di te. Tu sei il mio tutto. Mi sveglio con te e mi addormento con te. Sei diventato una parte fondamentale della mia giornata. Della mia vita. Ed è per questo che ho deciso di non venire a stare con mio padre. Sinceramente, non ci ho dovuto neanche riflettere molto. Sapevo già che scelta avrei fatto”
“Rose, non devi rinunciare a stare con tuo padre, che hai appena ritrovato, per l’affetto che provi verso di me”
La giovane gli posò la mano sinistra sulla guancia destra, “Ian, mi hai sentito? Non posso vivere senza di te. Come pretendi che venga a stare a New York? Troverò un altro modo per passere del tempo con mio padre. Per ora, l’unica persona con cui voglio passare il mio tempo sei tu. E so che magari potrebbe essere una cosa non bella da dire, ma è così. Ma se tu vuoi che io stia con mio padre, allora lo farò. Se questo potrebbe renderti felice, allora ti accontenterò. Ma sappi che non potremo più stare insieme, perché non ho intenzione di intrattenere una relazione a distanza. All’inizio, magari, potrebbe andare bene. Come dice un vecchio detto ‘La distanza rafforza l’amore’. Ma poi inizieremo di certo a stancarci, ad arrabbiarci l’uno con l’altra, perché non riusciremo più a vederci come prima, a trovare del tempo per stare insieme e ci raffredderemo, finchè non arriveremo al punto da doverci per forza separare. E io non voglio che questo accada. E lo so che sono un’ameba appiccicosa, ma non ci posso fare nulla. Questo è quello che penso. Questo è quello che provo”. Prese un bel respiro, “E capisco se tu, invece, te ne vuoi andare. Sono piena di problemi, di insicurezze e di tanti altri difetti. Non mi arrabbio, sai? Certo, magari all’inizio ci starò un po male, ma poi riuscirò a superarlo”
Il professor Stranamore pose una mano sopra quella di Rosalyn che ancora se ne stava adagiata sulla sua guancia. La prese e poi se la portò alla bocca, dove posò sulle sue nocche un bacio delicato.
La guardò intensamente e la ragazza vide i suoi occhi ardere.
“Non vorrei essere in altro posto, se non qui e ora” disse, prima di catturarle le labbra.
Rose si fece inondare dal suo profumo inebriante e si aggrappò alle sue spalle per non cadere.
Lentamente, Somerhalder, iniziò a slacciarle i bottoni della giacca e, una volta tolta, si fermò, per guardarla bene negli occhi.
“Rose, sei la ragazza più meravigliosa che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. E anch’io ti amo e non voglio lasciarti andare. MAI. E mi sento così egoista, perché ti voglio con me e non voglio che tu venga a vivere qui a New York. Ripetimelo, ti prego. Ripetimi che tornerai a casa con me e che non te ne andrai”
La giovane notò una punta di disperazione nella sua voce e quasi si commosse.
Nessuno le aveva mai voluto così bene.
Nessuno l’aveva amata mai così tanto.
Nessuno sembrava avere bisogno di lei, come lui.
E in quel momento si sentì più matura, si sentì più grande di Ian e la strana sensazione di protezione - la stessa strana sensazione che probabilmente Ian provava nei suoi confronti - la invase.
“Tornerò con te ad Harmony…e non me ne andrò. Mai”
“Mai” ripetè il professore, sussurrando, catturandole di nuovo le labbra.
 
“Quindi sei sicura? Non resterai con me a New York?”
Rosalyn scosse la testa.
Era sabato mattina e lei e Ian stavano aspettando di imbracarsi sull’aereo che gli avrebbe portati a una piccola cittadina - di cui non ricordava il nome - a sud di Covington, Louisiana, per conoscere sua madre - Precedentemente Ian le aveva detto che i suoi erano separati quando lui era molto piccolo.
Era molto emozionata, ma allo stesso tempo agitata.
Voleva presentarla a sua madre e questo voleva dire solo una cosa: la loro relazione non era seria, era serissima!
“Mi dispiace, Car…cioè, papà, ma credo sia giusto finire la scuola ad Harmony”
“E non vuoi lasciare Ian per uno sconosciuto” completò lui la frase al suo posto.
La ragazza si morse il labbro inferiore, staccandosi una pellicina con i denti.
Era un po brutto da dire, ma era la verità, e il fatto che il padre l’avesse intuito un po l’aveva sollevata. Non avrebbe dovuto scervellarsi per capire come dirglielo senza offenderlo.
“Comunque possiamo sempre ricorrere alla soluzione a cui abbiamo pensato” disse lei.
Quella mattina, infatti, quando si erano incontrati per raggiungere insieme l’aeroporto, avevano parlato del suo possibile trasferimento e, quando Rose aveva comunicato al padre che sarebbe tornata a casa con Ian, quest’ultimo aveva proposto di fare una cosa.
La giovane sarebbe tornata a vivere ad Harmony, a Villa Ninfea, mentre Carl avrebbe potuto prendere in affitto un appartamento dove avrebbe vissuto con la figlia durante i week - end.
Suo padre aveva accettato, ma si era visto benissimo che avrebbe tanto voluto averla li con se, a New York.
“Sì, certo”
“Scusate” disse Ian, raggiungendoli, “Rose, dobbiamo andare”
Rosalyn annuì.
“Ci vediamo lunedì sera a villa Ninfea, così possiamo cercare un bell’appartamento” disse, rivolta a suo padre.
L’uomo annuì, “Fate buon viaggio”
I due si abbracciarono e poi si salutarono e lei e Somerhalder si incamminarono.
Mentre stavano aspettando, in fila, il loro turno per mostrare il biglietto, l’attenzione della ragazza cadde su un poster promozionale di un rossetto che ritraeva Nina, l’ex di Ian.
Le si gelò il sangue nelle vene.
Con la coda dell’occhio guardò il suo professore.
Non sembrava averlo visto.
‘E anche se l’avesse visto? Lui sta con te, adesso’, le disse una vocina.
Sospirò.
Anche se la vocina aveva ragione, lei non riusciva a fare a meno di non sentirsi all’altezza della ragazza e questo non fece che aumentare l’agitazione che provava nel dover conoscere la madre di Somerhalder.
Insomma, da quello che aveva capito Ian e Nina stavano insieme da molto, il che voleva dire che la donna conosceva bene la famiglia di lui.
E se non fosse stata all’altezza?
E se sua madre l’avresse trovata in adatta per il figlio?
Ma perché non poteva essere una di quelle ragazze sicure che non si preoccupavano di certe cose?
“Rose? Terra chiama Rose” disse il professor Bollore, ridacchiando, sventolandole davanti agli occhi il biglietto dell’aereo.
“Come?” chiese, sbattendo le sopracciglia.
“Che hai?”
“No, niente. Stavo pensando”
“Posso sapere a cosa?”
“Bè…” si schiarì la voce, prendendo tempo, “S - stavo pensando…ripetimi quanto staremo in viaggio?”
“Più di sei ore”
Annuì.
“Sei agitata?”
“Affatto” mentì, sorridendo.
 
“Quindi, fammi capire, tu hai una casa pure qui?” chiese Rosalyn, guardando la villetta dal finestrino del taxi che si era appena fermato.
Erano ormai le tre del pomeriggio quando Ian e Ros raggiunsero la casa del professore.
“Sì” rispose, ridendo per la reazione della ragazza.
“Wow!” disse, scendendo dalla vettura.
La villetta era davvero bellissima.
Un enorme giardino con piante e cespugli, un grosso vialetto in pietra ingiallita.
La casa si sviluppava su due piani e per la maggior parte era costituita da pietre.
“Ma scusa, chi ti cura la casa mentre tu sei via?” gli chiese.
Ian pagò il taxista e poi la raggiunse, affiancandola. “Mia madre. E quando lei non può, mia sorella Robyn”
“Bè, è bellissima”
“Aspetta di vedere l’interno” disse, incamminandosi lungo il vialetto, portando le valigie di entrambi.
 
“Sei bellissima, Rose” le disse Ian, giocando con una ciocca dei suoi capelli.
La studentessa sorrise.
Era tardo pomeriggio, quasi sera.
Dopo aver sonnecchiato un po, i due si ritrovavano ad oziare nel letto, completante nudi e appagati per il rapporto appena avuto.
Somerhalder era sdraiato, anche se non completamente, mentre Rosalyn si trovava per una parte sopra di lui, con le mani poste una sopra all’altra sull’ombelico di lui, dove lei ci aveva poggiato sopra il mento.
“Perché sorridi? Non mi credi?”
“Bè, non proprio. Vedi, Ian, io non credo di essere bella, ma quando mi guardi in quel modo, con quello sguardo e quegli occhi, come se guardarmi fosse tutto quello che hai deciso di fare da lì alla fine dei tuoi giorni, io mi sento…giusta. Non bella, non perfetta, non migliore. Giusta”
“Rose, io…”
Il professore fu interrotto dal campanello.
Corrugò la fronte.
“Ma chi può essere?” chiese.
La ragazza si chiuse nelle spalle, “Non lo so”
“Vado a vedere chi è. Torno subito”
Rose si scansò per farlo alzare.
Ian afferrò i jeans buttati li per terra qualche ora prima e li indossò, senza neanche mettersi le mutante. Poi si mise addosso la maglietta e si ravvivò i capelli.
Una volta uscito dalla stanza, la giovane si fece scappare un sospiro e poi ruotò sulla schiena, portandosi le braccia sopra la testa.
Le sembrava di stare in paradiso.
Ma perché tutti i giorni non potevano essere così?
Perché non si potevano chiudere in quella stanza e non uscire mai più?
Quando lo vide rientrare, si tirò su, poggiandosi suoi gomiti.
“Allora? Chi era?”
“Mia madre” rispose con nonchalance lui.
“Tua madre?!”
“Sì, è di la. Vuole conoscerti”
“Cosa?!” quasi urlò.
“Bè, l’avresti comunque conosciuta domani. Qualche ora prima, qualche ora dopo. Era inevitabile che succedesse”
“Ok, ma io contavo di vederla domani. Da lavata e da vestita!”
“Bè, indossa qualcosa ora e vieni di la”
“D - dov’è la mia valigia?” chiese, guardandosi in giro.
Le mani che le tremavano per l’agitazione.
“In soggiorno”
“In soggiorno?! E io cosa indosso?!”
“Puoi metterti qualcosa di mio”
“Ian, devo conoscere tua madre! Non posso indossare i tuoi vestiti che mi stanno larghissimi”
Si sentì invadere dal panico.
Mamma Somerhalder.
‘Povera me! Ci ha anche colti sul fatto. Di certo avrà capito dello strano aspetto di suo figlio, non credo sia scema’
“F - forse è meglio che rimanga qui” disse, “Non potresti dirle che sto dormendo? O che sono sotto la doccia?”
“No” rispose lui, “Adesso tu ti infili qualcosa di mio e vieni di là. Perché tu staresti benissimo anche con un sacco di patate addosso. Non preoccuparti, mia madre non farà di certo caso a come sei vestita. Io ora tornò di là, prima che venga a cercarci. Ti do dieci minuti per sistemarti, altrimenti sarò costretto a venirti a prendere io stesso, qualunque cosa tu abbia addosso…o NON abbia addosso. Le mie magliette sono li nel cassettone, mentre i pantaloni della tuta puoi trovarli nell’armadio”
E così dicendo uscì dalla stanza.
‘Stupido testone’
Ros sbuffò e poi scese dal letto.
Guardandosi intorno trovò le sue mutante e il suo reggiseno e, dopo averli indossati, afferrò i suoi jeans, poi afferrò la maglietta che aveva indossato durante il volo. Purtroppo era sgualcita, così aprì un cassetto a caso del cassettone che le aveva indicato Ian e ne tirò fuori una t - shirt nera.
Indossata quella si diresse in bagno, dove per prima cosa si lavò la faccia. Non vi era traccia ne di dentifricio ne di una spazzolino, così optò nel prende una cicca nella sua borsetta. Certo, non era il massimo, ma almeno avrebbe avuto l’alito fresco. Per fortuna, però, trovò una spazzola, con la quale potè sistemarsi i capelli post coito - che di certo non erano il massimo per incontrare per la prima volta sua suocera.
Prima di uscire dal bagno lanciò uno sguardo angosciato allo specchio.
Non le restava che accontentarsi.
Uscì dalla stanza e si diresse verso il salone, da dove sentiva provenire delle voci.
“Eccola qui” disse il professor Bollore, vedendola arrivare.
Lei sorrise, terribilmente in imbarazzo.
Ian, che era seduto sul divano, si alzò e la raggiunse, prendendola per una mano e, senza farsi vedere da sua madre, le sorrise incoraggiante.
“Mamma, voglio presentarti Rosalyn” disse l’uomo, ritornando verso il divano, portando con se la ragazza.
“Ciao, Rosalyn” disse la donna, seduta sull’altro divano presente in salotto che faceva angolo.
“Salve, signora Somerhalder” mormorò, impacciata.
Appena si fu accomodata, la studentessa potè osservare sua suocera.
Aveva la pelle chiara e gli occhi come quelli di Ian, sia nel colore, sia nella forma.
Anche il naso era molto simile a quello del suo professore.
Aveva i capelli grigi, ma castani sulle punte e portati lunghi fino alle spalle.
Le stava sorridendo e sembrava gentile.
“Chiamami pure Edna. Non sono una donna così formale” disse.
“Va bene”
“Allora, finalmente ti conosco. Ian mi ha parlato molto di te”
Rose guardò con la coda dell’occhio Somerhalder e lui le strinse la mano che ancora teneva intrecciata con la sua.
“Sono così felice di conoscerti” disse Edna.
“Anche io” ammise.
“Stavo dicendo a Ian che mi dispiaceva di essermi presentata così d’improvviso. Avevamo deciso di incontrarci domani per pranzare, ma ho cambiato programma e, visto che il mio caro figliolo non mi rispondeva al telefono, sono dovuta venire qui di persona. Visto che anche i fratelli di Ian hanno saputo che sarebbe tornato a casa per il week - end abbiamo deciso di organizzare un pranzo tutti insieme, a casa mia. Poi però mi sono ricordata che tu lunedì hai scuola, così come Ian, perciò volevo chiedervi se volevate organizzare qualcosa di semplice, per prendere presto l’aereo o se ve la sentivate di saltare un giorno di scuola”
Il professor Stranamore girò il viso verso la sua studentessa.
“Che vuoi fare?”
Rosalyn ci pensò su un attimo.
Perdere un altro giorno di scuola non sarebbe di certo stato un problema.
E poi Ian non vedeva la sua famiglia da un bel po, sarebbe stato un tantino egoista da parte sue farsi sopraffare dalle sue stupide insicurezze di non essere all’altezza di Nina.
“Bè, se per tua madre non è disturbo…”
“No, no, affatto” la interruppe Edna radiosa. “Oh, sono così felice” disse, alzandosi, “Ora torno a casa, così potete cenare e riposarvi ancora un po”
“Grazie per la visita, mamma” disse Somerhalder, alzandosi a sua volta.
Ros lo copiò.
“Oh, caro, è bello riaverti a casa!” disse, baciando sulla guancia il figlio. “E’ stato bello conoscerti, Rosalyn” aggiunse, abbracciandola.
Quel gesto, così inaspettato, lasciò la ragazza di stucco.
“Ci vediamo domani” disse, dirigendosi verso la porta.
“L’hai resa felice” le sussurrò all’orecchio, seguendo la madre.
‘Bè, spero di aver guadagnato almeno qualche punto’
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Ecco la ‘casettina’ di Ian

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** Somerhalder's family. ***


SOMERHALDER’S FAMILY
-Capitolo trentasei-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn uscì dal bagno e si sedette sul letto per infilarsi gli stivaletti marroncino chiaro.
Era domenica mattina e lei e Ian si stavano preparando per andare a casa della madre di lui.
“Come sto?” chiese ansiosa, rivolgendosi al suo professore che se ne stava comodamente seduto su una delle poltrone presenti nella stanza.
“Stai benissimo, amore”. Fece una pausa. “Così come stavi benissimo con gli altri cinque completi che ti sei provata prima”
“Non è vero” disse, alzandosi e andandosi a specchiare in bagno.
Ian aveva ragione.
Quella mattina si era provata almeno cinque completi, ma solo perché niente di quello che si era messa in valigia sembrava adatto ad incontrare la famiglia del suo ragazzo.
Alla fine aveva optato per dei pantaloni bianchi e stretti, abbinati a un maglione rosa e panna.
Maggio era ormai alle porte e il freddo stava lentamente svanendo.
Poi, li al sud, il caldo arrivava sempre prima.
“Dimmi cosa aveva di sbagliato il vestito a fiori che avevi provato prima”
“Semplice. Mi faceva il sedere grosso. Cioè, più grosso di quanto io l’abbia già”
“Non è vero, Rose” disse, esasperato, reclinando la testa all’indietro.
“Invece sì” ribatté, uscendo dal bagno, “Comunque, tranquillo, ora mi tengo quello che indosso. Sono quasi le undici e non ho più tempo per cambiarmi”
Somerhalder le si avvicinò e l’abbracciò dal dietro.
Rose smise di trafficare con la borsa e poggiò le sue mani su quelle di lui e si rilassò fra le sue braccia.
Ian le diede un bacio sul collo.
“Miss Moore, è splendida”
La giovane si girò e intrecciò le mani dietro il suo collo, “E lei è un adulatore, Mr Somerhalder” disse.
Il professor Bollore fece uno dei suoi soliti sorrisi sghembi.
Uno di quelli potenti.
Uno di quelli che ti fanno ritrovare sdraiata a terra se resti troppo tempo a fissarli.
L’uomo le si avvicinò lentamente al viso, ma Ros si scostò e sgusciò via dal suo abbraccio.
“Ah, ah, non abbiamo tempo per questo” disse, afferrando la borsa.
“Non abbiamo tempo per un bacio?” chiese Ian, sporgendo il labbro inferiore.
“Per un bacio sì. Ma per un BACIO, no. Lo sappiamo entrambi come va a finire e che non è solo un bacio, alla fine”
“Bè, non mi sembra poi così brutta come cosa”
“In altre circostanze sarei d’accordo con te, ma fra - prese il cellulare e guardò l’ora - quindici minuti dobbiamo essere da tua madre. O vuoi che ci venga a cercare, così ci ritroviamo nella stessa situazione di ieri?”
“In effetti è stato un po imbarazzante”
“Un po?! E’ stato super imbarazzane! Chissà cosa avrà pensato!”
“Avrà detto ‘Oh, guarda il mio caro figliolo come si da fare’. A parte gli scherzi, mia mamma sa che faccio sesso. Nel senso, credo che l’abbia capito quando a sedici anni mi ha beccato con la vicina…nel garage”
“Con la vicina?!”
“Voleva un po di olio per il suo furgoncino”
“Oddio, fa tanto porno! Del tipo ‘Scusa, hai dell’olio da prestarmi?’ e BOOM ti ritrovi per terra a farlo e neanche te ne sei reso conto”
“Bè, più o meno è andata così…”
Rosalyn si coprì le orecchie, “No, basta, non voglio più sentire nulla”
“E’ per caso gelosa, Miss Moore?”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, “Non mi chiamo mica Ian Joseph Somerhalder”
Il professor Stranamore stava per ribattere, ma lei lo bloccò, parlando per prima, “Su, andiamo! Tu madre ci sta aspettando!”
“Ecco, a proposito di questo…” disse, dirigendosi verso l’uscita.
“Sì?”
“Dobbiamo fermarci prima dalla pizzeria gestita da mia sorella, Robyn”
“Ah, lavora? Avevo capito che doveva esserci anche lei oggi”
“Lavora solo mezza giornata”
“Ho capito. E perché dobbiamo passare da lei?”
“Dobbiamo prendere qualche pizza che mia madre vuole tagliare e usare come stuzzichini prima del pranzo”
“Oh, va bene”
“Spero non ti dispiaccia. Ci metteremo circa dieci minuti”
“No, no, affatto”
“Bene” disse Ian, chiudendo la porta di casa, dirigendosi poi verso la BMW serie 4 che apparteneva al suo professore.
“Non sapevo che tua sorella avesse una pizzeria”
“L’ha aperta da qualche anno. Si era stancata di fare la casalinga, così, quando Jaxon, suo figlio, fu abbastanza grande per andare all’asilo, decise di aprirla”
“Wow, che bello!”
“La nonna ha finanziato il tutto. Lei si diverte, questo l’importante”
“Giusto”
 
Arrivati davanti alla pizzeria, Ian fermò la macchina.
“Ma sei sicuro che non disturbiamo?” chiese Rosalyn, uscendo dall’auto.
Ian girò attorno alla vettura e la raggiunse.
“Disturbare? Robyn mi ha praticamente obbligato a portarti qui! Mi ha minacciato, facendo uscire dalle orbite i suoi meravigliosi occhioni azzurri”
“Sai, non riesco ad immaginare tua sorella” disse, corrugando la fronte.
“Che stai facendo?” le chiese, vedendo la sua espressione.
“Sto cercando di immaginare tua sorella, ma continuo a pensare a te…con i capelli lunghi!” rispose, prima di scoppiare a ridere.
Anche Somerhalder rise.
“Immagino che mi rendano molto più attraente”
“Oh, non sai quanto” disse sarcastica, avvicinandosi a lui.
Il professor Bollore la prese per una mano e la tirò a se, “Era sarcasmo quello che ho sentito nella tua voce?”
“Forse”
“Sento già le mani che prudono”
Rose sorrise e poi si alzò sulle punte, per riuscire a raggiungere le sue labbra.
“Ti prudono ancora?” chiese, staccandosi lentamente.
“Ora, mi prude qualcos’altro” disse, serio.
La giovane sgranò gli occhi, “Ian!” esclamò, dandogli una pacca sul petto.
Lui le sorrise, “Entriamo, prima che il mio autocontrollo si vada a fottere”
“Sono assolutamente d’accordo con te” disse, arrossendo.
I due si diressero verso la pizzeria.
Il professor Stranamore dopo aver aperto la porta e aver fatto segno a Rosalyn di entrare per prima, la seguì.
“Oh, Ian, sei arrivato!” disse un uomo, posto dietro il bancone situato alla loro destra.
“Ciao Lucas” disse Somerhalder, avvicinandosi al bancone.
Una volta vicina, Ros notò che l’uomo stava facendo a mano l’impasto della pizza.
“Robyn, tua fratello è qui!”
“Arrivò!” rispose una voce femminile, da dietro una porta.
“E’ andata a portare in magazzino alcuni cartoni” spiegò Lucas.
“Come sempre non sta ferma un attimo, eh”
“Bè, la conosci. Robyn!”
“Arrivo, arrivo, non c’è bisogno di urlare” borbottò la donna, uscendo dal magazzino. “Oh, Ian!” esclamò, appena vide il fratello, “Finalmente!” disse, andandogli in contro per poi abbracciarlo.
“Ciao, Robyn”
La donna era molto bella e assomigliava a Ian.
Aveva i capelli biondi, portati lunghi un pochino più sotto le spalle e gli occhi identici a quelli di Ian, sia di forma che di colore. Anche il naso e la bocca erano molto simili.
Era molto alta, quasi quanto il fratello e magra.
“Oh, il mio fratellino!” disse, stringendolo a se.
“Sì, okey. Robyn…Robyn mi stai stritolando”
“Ah, scusami” disse, staccandosi. Poi, il suo sguardo cadde su di lei, “E’ lei Rosalyn?” chiese la fratello minore.
“Sì” rispose, allungando una mano verso la ragazza.
Rose fece un passo avanti e il professor Stranamore le passò un braccio intorno alle spalle.
“Ciao” disse timida, la giovane.
“Ciao, Rosalyn , piacere” disse, facendo un passo avanti. Poi però si bloccò e si guardò intorno a disagio.
“P - puoi abbracciarmi, se vuoi”
“Davvero?” chiese Robyn, con gli occhi che iniziarono a brillarle.
“Certo”
“Oh, grazie!” esclamò, abbracciandola, “Non volevo farlo perché magari ti saresti trovata a disagio”
“Ma no, tranquilla” disse, ricambiando l’abbraccio.
“D’accordo” disse la donna, staccandosi dalla studentessa, “Immagino siate qua per la pizza”
“Sì, esatto” disse il professore.
“Bè, sono stata un po impegnata questa mattina, perciò dovrete cucinarvela voi”
“Va bene” disse Ian, come se fosse una cosa normale. “Rose, vieni, ti do un grembiule” disse, andando dietro il bancone insieme a Lucas.
Rosalyn scosse la testa.
“Dai, Rosalyn, vai pure” disse Robyn.
“N - non credo sia il caso. Diciamo che la cucina non è proprio il mio forte. Non vorrei combinare qualche disastro o peggio, avvelenare qualcuno”
La sorella di Ian rise, “Sono sicura che andrai benissimo”
“Robyn ha ragione. Questa volta non sei sola a cucinare, ci sono io a tenerti d’occhio” disse il professor Stranamore, passandole un grembiule.
“Io…va bene” disse, accettando.
‘Se poi qualcuno si sente male, che nessuno provi a prendersela con me’
 
“Sei ancora in tempo per tirarti indietro”
“Ian, se avessi voluto tirarmi indietro, lo avrei già fatto da un pezzo. E poi sono solo persone. Sono la tua famiglia. Che vuoi che mi facciano?”
Era quasi mezzogiorno.
Ian e la studentessa si trovavano davanti alla casa di infanzia di lui, dove la sua famiglia li stavano aspettando per il pranzo.
“Tu non li conosci”
“Ecco, è appunto per questo che siamo qua no?”
“Senti, vale la stessa cosa che ti ho detto a casa di Paul, ok? Quando te ne vuoi andare, me lo dici”
“A parte che sicuramente non me ne vorrò andare, ma, in caso volessi farlo, non posso mica dirlo apertamente”
“Mh, hai ragione. Ci serve una parola segreta”
“Che ne dici di pasticcino?”
“Nahh. Mh, vediamo…uh, trovata! CETRIOLO!”
“Cetriolo?” ripetè la ragazza, alzando le sopracciglia, poco convinta.
“Sì, cetriolo”
“Io dovrei urlare in mezzo a tutti ‘Ian, cetriolo!’ quindi?”
“Esatto!”
Rose scoppiò a ridere, “Oh, Ian! Va bene, e cetriolo sia”
Il professore le sorrise e poi i due si incamminarono verso la porta d’entrata.
Robyn aveva preso le pizze da loro cucinate e le aveva portate a casa di mamma Somerhalder, mentre i due si erano fermati in pizzeria il più possibile, perché la ragazza ci aveva preso la mano a preparare l’impasto e si stava davvero divertendo.
Doveva ammetterlo, si era divertita a cucinare con Ian.
Era una cosa che non avevano mai provato visto che, quando stavano a villa Ninfea, c’era Magdalena che cucinava per loro.
Il suo professore comunque era molto bravo e paziente. Quando non capiva come fare qualcosa gliela rispiegava anche cinque volte e poi l’aiutava in tutti i passaggi della preparazione.
Era bello passare delle giornate così…spensierate.
Senza la paura di poter essere visti da qualcuno.
Potersi comportare come una coppia normale.
Purtroppo però, una volta tornati a casa, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Non che le dispiacesse vivere da Ian o doversi incontrare di nascosto a scuola, perché, insomma, rendeva il tutto molto eccitante, ma quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno li beccasse?
“Siamo arrivati!” disse il professore, aprendo la porta.
Rosalyn, dietro di lui, lo seguì timorosa.
“Zio Ian! Zio Ian!” si sentì urlare e, all’improvviso, comparve un bambino di otto circa dai capelli biondi e ricci.
“Eccolo qui, il mio nipotino preferito!” disse Somerhalder, abbassandosi leggermente, aprendo le braccia, per poi accogliere il nipote e alzarlo.
Il bambino nascose il viso nell’incavo del collo dell’uomo.
“Il mio campione” disse ancora Ian, scompigliandoli i ricci.
Il bambino mosse le gambe e lo zio lo rimise a terra.
“Jaxon, ti andrebbe di conoscere una mia amica?”
Il Riccio annuì.
Il professor Bollore si spostò leggermente per permettere a Jaxon di vedere la ragazza.
Rose gli sorrise, poggiò le mani sulle ginocchia e si chinò in avanti. “Ciao” gli disse.
Il bambino la fissò a lungo con quegli occhi di quell’azzurro così intenso da fare invidia al cielo stesso.
‘Ma tutti nella famiglia di Ian si ritrovano con questi occhi meravigliosi?’
Da come la guardava si capiva benissimo che la stava studiando per bene.
Forse si aspettava di vedere Nina.
Forse TUTTI si aspettavano di vedere Nina.
“Ciao” le disse Jaxon poco dopo, grattandosi una gamba.
“Jaxon, perchè non saluti Rose come ti ho insegnato?” gli propose Somerhalder.
Il Riccio annuì e poi si avvicinò a lei, porgendole il palmo della mano destra.
La giovane corrugò la fronte e buttò un’occhiata confusa al suo professore.
“Devi dargli la tua mano” le spiegò.
“Ah” disse Rosalyn, rimproverandosi mentalmente per aver fatto la figura della scema.
Gli porse la mano e Jaxon la strinse nella sua, più piccola. Avvicinò poi il suo viso e gli pose un leggero bacio sulla mano.
Poi, corse via.
“Gli piaci” le disse Ian, “ Se no non avrebbe fatto così il timido”
“Bene, allora quando tu sarai tutto vecchio e raggrinzito come una prugna secca, io mi fidanzerò con tuo nipote” scherzò.
“E cosa ti farà credere che ti lascerei andare senza lottare?”
“Ah” disse sospirando, allacciandogli le braccia intorno al collo, “Ma dove lo trovo un altro uomo come te?”
“Perché faticare a cercarlo? Io sono qui e sono tutto per te”
I due si sorriso e poi avvicinarono i loro visi.
Le loro labbra stavano per incontrarsi quando qualcuno si schiarì la voce per attirare la loro attenzione.
Rosalyn chiuse gli occhi e si morse una parte il labbro inferiore, alzando le sopracciglia, per poi arrossire.
‘Beccati in procinto di pomiciare. Bene’
“Intendete rimanere all’ingresso per tutta la giornata?” chiese Robyn, con entrambe la mani poggiate sui fianchi.
“Rilassati Robyn. Stavamo arrivando” disse il professor Bollore, prendendo la ragazza per mano.
La sorella di Ian si girò e si diresse in soggiorno.
“Che figura” borbottò Rose.
“Non ti preoccupare, Rose. Non è successo niente di grave. Ora fai un bel respiro”
La studentessa fece come le era stato detto.
“Ricordati: CETRIOLO. Va bene?”
Annuì divertita e i due si diressero in soggiorno.
“Oh, eccovi qui!” esclamò Edna, alzandosi dal divano.
“Scusami, Edna. E’ colpa mia” disse Rosalyn, “Mi stavo divertendo a preparare le pizze”
“E non te la stavi neanche cavando male” disse Robyn.
“Credo che comunque mi debba esercitare ancora un po” disse, abbracciando mamma Somerhalder.
“Vieni ogni volta che vuoi”
“Grazie”
“Ah, Rosalyn , lascia che ti presenti mio marito, Steven” disse Robyn, prendendo sotto braccio Steven, portandolo verso di lei.
“Piacere di conoscerti, Rosalyn” disse, porgendole una mano.
“Piacere mio” disse, ricambiando la stretta.
Steven poteva essere scambiato benissimo per un orso…o un armadio.
Era molto alto, con le spalle larghe e un corpo abbastanza robusto.
Aveva gli occhi castani ed era pelato.
Inoltre, portava un orecchino all’orecchio destro.
“Questo invece è Jaxon, il mio figlio maggiore, che hai conosciuto prima”
“Sì, ciao”
Il bambino si nascose dietro le gambe di sua madre.
“Mentre questa è Lea” disse, prendendo dal passeggino una bambina di qualche mese.
“Oh, è adorabile!” disse la giovane, avvicinandosi per guardarla meglio. “Ciao bellissima” le disse, carezzandole una manina con un dito. “E meravigliosa” aggiunse, rivolgendosi alla donna.
“Naturalmente ha ereditato la bellezza dei Somerhalder” disse un uomo, alzandosi dal divano. “Ciao, sono Robert, il fratello maggiore di Ian” disse, allungando una mano verso di lei.
“Piacere” ricambiò la stretta. “Vi hanno mai detto che siete quasi identici?” chiese.
Robert era leggermente più basso di Ian e anche leggermente robusto.
Aveva i capelli molto corti e pochi, di un castano scuro e una leggera barbetta gli copriva il viso.
Inutile dire che aveva gli stessi occhi di Ian e gli stessi lineamenti.
“Sì. Solo che io sono la versione più affascinante” rispose Robert.
Rosalyn stava per togliere la mano, ma il maggiore dei Somerhalder la strinse ancora di più e con uno strattone le fece fare un passo avanti e poi l’avvolse tra le sue braccia.
Sorpresa, la ragazza ci mise un po a ricambiare l’abbraccio.
“Ok, Robert. Smettila di palpare la mia ragazza e torna da tua moglie” disse Somerhalder.
“Non la sto palpando, fratellino. La sto solo abbracciando”
“CETRIOLO” disse Ian.
Robert la lasciò andare e tutti guardarono Ian straniti.
Probabilmente si stavano chiedendo perché avesse detto cetriolo.
Il professore sorrise e poi cambiò discorso, “Oh, ecco gli altri miei due nipoti. Rose, loro sono Robert e Alexia”
“Ciao Rosalyn” dissero in coro i due.
“Sono i figli di Robert”
Rose sorrise nella loro direzione e annuì.
Alexia doveva avere suoi quattordici anni.
Aveva i capelli castani, lisci, portati lunghi fino alle spalle.
Gli occhi azzurri erano nascosti dietro un paio d’occhiali da vista e portava l’apparecchio.
Di costituzione invece era magra e secca.
Robert - nella famiglia di Ian, oltre agli occhi stupendi, si ereditano anche i nomi mi sa. Cioè, il padre si chiama Robert, il figlio si chiama Robert e il figlio del figlio si chiama Robert. Avrebbe dovuto chiamare Robert anche suo figlio, se mai lei e Ian ne avessero avuto uno? - era alto quanto la sorella, ma doveva avere uno o due anni più di lei.
Di costituzione era come il padre e aveva i capelli corti e castano scuro.
Gli occhi tipicamente azzurri.
Oddio, quella famiglia era fatta con lo stampino!
“E questa è mia mia cognata, Sheila” disse, Ian, indicando una donna alta, magra, dai capelli corti e biondi, appena comparsa sulla porta della cucina. “La moglie di Rob”
“Piacere” le disse, salutandola da lontano.
“Ciao” disse la giovane.
“Scusate se vi interrompo” disse Sheila, “Ma, Edna, il polpettone è quasi pronto”
“Arrivo, cara”
“Aspetta mamma, ti aiuto” disse Robyn.
“Posso aiutare in qualche modo?” chiese Ros.
“Sì, certo” disse Robyn e, in un secondo, si trovò Lea tra le braccia.
“Ma…io non so cosa fare!” disse, impanicata.
“Stai tranquilla, si è appena addormentata. Non si sveglierà prima di un’ora. Aiuto mia madre e arrivo subito”
“N - non possiamo fare cambio?”
Robyn scosse la testa, “Sei stata a fare la pizza finora. Vai a sederti sul divano e rilassati”
La ragazza abbassò gli occhi per guardare la bambina.
Quando rialzò lo sguardo, Robyn le buttò un’occhiata che non ammetteva repliche.
Sospirò rassegnata e andò a sedersi su uno dei tre divani disposti a ferro di cavallo intorno a un grazioso tavolino di legno e vetro.
Lea mosse una manina proprio mentre Rose poggiava la schiena contro lo schienale morbido del divano e lei si irrigidì.
Guardò la bimba, preoccupata che si stesse per svegliare.
Giusto per spiegare, la giovane amava i bambini e tutti le dicevano che era molto brava e che ci sapeva fare con loro, ma quella creatura così piccola e fragile che teneva fra le braccia, era la nipotina di Ian e lei doveva stare molto attenta.
Somerhalder, intanto, si era accomodato accanto a lei. Aveva accavallato le gambe e aveva steso un braccio lungo la superficie dello schienale del divano, dietro la sua schiena.
Si chinò in avanti e carezzò la guancia destra della sua nipotina.
“E’ troppo bella” disse la studentessa.
“Vero? Credo sia la creatura più bella che io abbia mai visto”. Alzò gli occhi e li puntò nei suoi, “Dopo di te, ovviamente”
Rosalyn arrossì e poi la sua vista fu accecata per qualche secondo da un forte flash.
Sbattè le palpebre un paio di volte per poi girare il viso in direzione della luce.
Dall’espressione dipinta sul volto del professor Stranamore, anche lui sembrava essere stato abbagliato.
“Scusate, eravate così carini che non ho saputo resistere” disse Robyn, che stava sventolando  con una mano un pezzo di carta.
“E ti sembrava il caso di fare una foto con la Polaroid?” le chiese Ian.
“Fratellino, la Polaroid è mia e ci faccio quello che voglio. E poi, davvero, sembravate una vera famiglia”
“Quando potrò giocare con il mio futuro nipotino?” chiese Robert.
La ragazza sgranò gli occhi.
“Molto, molto più in la” rispose Somerhalder, “Credo che Rose sia ancora troppo giovane”
Rose annuì con enfasi, pienamente d’accordo con lui.
Per quanto desiderasse sposarlo per passere l’intera vita con lui e avere dei figli suoi, il suo professore aveva ragione, era troppo giovane  e forse non abbastanza matura. Non ancora, almeno.
“Sicuro sia per quello, Ian? Non è che hai paura di un altro rifiuto?” chiese suo fratello, ridacchiando.
Doveva essere una battuta, ma dall’espressione che comparve sul volto di Ian, non sembrava essere venuta bene.
“Em, Ian, perché non vieni n cucina con me?” chiese Robyn, “Non riusciamo ad aprire un vasetto”
“Sì, arrivo” disse l’uomo, con sguardo cupo.
Si alzò e seguì la sorella in cucina.
Prima di andarsene, però, fulminò il fratello con lo sguardo.
Robert, dal canto suo, si chiuse nelle spalle.
“Em, Robert, scusa, cosa intendevi con un altro rifiuto?” chiese la giovane, curiosa.
“Ian  non te l’ha detto?”
“Detto cosa?”
“Forse dovresti chiederglielo a lui”
La studentessa scosse la testa, “Se avesse voluto parlarmene, l’avrebbe fatto. Ti prego, Robert”
Sospirò, “Tu sai chi è Nina, immagino”
“Sì, l’ho…conosciuta. Più o meno”
“E sai il motivo per cui si sono lasciati, giusto?”
“Sì, lo so”
“Bè, forse tu non lo sai, ma Ian le aveva chiesto di sposarla”
Rosalyn sgranò gli occhi, “Cosa?! Le aveva chiesto di sposarla?”
L’uomo annuì, “Sì, la cerimonia si sarebbe dovuta tenere quest’anno, verso l’estate”
“Oh, Dio”
“Quando poi si sono lasciati, Ian non ha più voluto parlare della questione”
“Capisco”
‘Oh, santo cielo, stavano anche per sposarsi!’
“E’ pronto!” urlò Edna.
 “Vieni, andiamo” disse Robert.
I due si alzarono e si diressero verso la sala da pranzo.
“Hey, stai bene?” le chiese Somerhalder, vedendola arrivare, con una strana espressione dipinta in volto.
Lui invece sembrava essersi ripreso.
Annuì, “Certo, ho solo tanta fame”
“Oh, Rosalyn, scusami. Mi ero dimenticata che avevi tu Lea” disse Robyn,avvicinandosi.
“Figurati” disse, sorridendo, passandole la bambina.
“Andiamo a sederci” le disse Ian, facendole strada.
 
Dopo aver pranzato, Ian si era offerto di accompagnarla a fare un giro della casa e, dopo aver visto l’interno, si spostarono all’esterno, facendo un giro del giardino, dirigendosi poi nella stalla.
“D’estate qui ci teniamo i cavalli”
“Già, e anche qualcun altro” disse Rose, ridacchiando.
“Cosa…? Oh, Robert dovrebbe imparare a chiudere la bocca”
“Ma non ti devi vergognare. Portare le ragazze a visitare la stalla per poi sedurle è davvero una bella mossa. Le intenerisci con gli animali e poi ci flirti”
“Io lo ammazzo”
“Ma no, povero!”
“Con te sta funzionando?”
“Forse”
Ian fece un passo avanti, con l’intenzione di baciarla, ma lei lo fermò.
“Robert mi ha detto anche un’altra cosa” disse, seria.
“Cosa?” chiese, corrugando la fronte.
“Mi ha detto che tu e Nina dovevate sposarvi”
La sua espressione si indurì e i suoi occhi si fecero glaciali.
“Mio fratello dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa”
“Ti prego, non essere arrabbiato con lui. Sono stata io a chiudergli di raccontarmi perchè all’improvviso ti fossi stranito”
“Sei…arrabbiata?”
Scosse la testa, “No, certo che no. Solo, vorrei capire il perché tu non me l’abbia detto”
“Perché ormai è storia passata”
“Sei sicuro? Non è che ci stai ancora male?”
“Bè, sono sempre ferito nell’orgoglio. Ma puoi credermi, Rose, te ne avrei parlato, prima o poi. Dovevo solo…”
“Finire di digerire la cosa”
“Sì, esatto”
“Zio! Zio sei qui?” chiese Jaxon comparendo all’improvviso.
“Sì, Jaxon”
“La nonna ha detto di rientrare. C’è il dolce”
“Arriviamo”
I due si avvicinarono al bambino e Ian lo prese in braccio.
“Rose?” la chiamò il bambino.
“Sì?”
“Ti piace tanto il mio zio?”
“Em, sì, tanto”
“Ma tanto, tanto?”
“Sì, sì”
“Tanto così?” chiese, allargando le braccia più che poteva.
“Ancora di più. Tuo zio per me è…lui per me è…è la Nutella sul pane tostato a colazione e Coca Cola col ghiaccio nelle calde sere d’estate”
“Wow” disse Jaxon, girando il viso verso Somerhalder, “Ti vuole proprio bene”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera a tutti!
Scusate per questo enorme ritardo ma tra scuola, patente (Sì, ho la patente *--*) e una morte in famiglia non sono riuscita ad aggiornare prima.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia ripagato la lunga attesa!
 
Ps. Tutte le informazioni sulla famiglia di Ian le ho prese su internet, ma, essendo che non ho trovato praticamente nulla, ho dovuto inventarmi alcune cose xD
Ora vado a rispondere alle vostre bellissime recensioni!

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Capitolo 37
*** Stabilization. ***


STABILIZATION
-Capitolo trentasette-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Siamo qui per un motivo comune: il bene di Rosalyn” disse Alan, poggiando le mani sull’antico tavolo di legno presente nell’ex studio del nonno di Ian a villa Ninfea. “Rosalyn, vostra figlia” continuò, guardando Cristyn e poi Carl.
Era lunedì sera e qualche ora prima si era scatenato il putiferio.
Dopo aver salutato la famiglia di Ian, all’aeroporto, e aver promesso loro di tornare a fargli visita al più preso, i due si erano imbarcati sull’aereo per tornare ad Harmony.
Durante il volo, Rosalyn aveva mandato un messaggio ad Alan dove gli spiegava che aveva prolungato il suo soggiorno a New York di un giorno e il motivo per cui si era recata nella grande mela.
Il suo patrigno era sembrato molto sorpreso nel sapere che era andata alla ricerca del suo padre biologico, ma si era comunque congratulato con lei per averlo trovato e si accertò anche che tutto fosse andato bene.
Quello che però ne lui, ne Rose e neanche Ian avevano previsto, era Cristyn che leggeva i messaggi di Alan di nascosto.
Sua madre aveva letto i messaggi ed era arrabbiata.
Molto.
Così tanto che, quando lei e Somerhalder erano arrivati all’aeroporto di Harmony e avevano trovato Carl ad aspettarli e si erano recati a villa Ninfea, una volta entrati si erano ritrovati di fronte una Cristyn dalle orecchie fumanti, dalle narici dilatate, dagli occhi fuori dalle orbite, da un Alan inerme, che non sapeva più come comportarsi e da una Jennifer molto confusa.
Ed ora si trovavano lì, seduti a quel tavolo con Rosalyn che ringraziava il cielo di avere quel pezzo di legno massiccio che la divideva da sua madre. Anche perché, senza di esso, a quest’ora, si sarebbe ritrovata impiccata con una fune a circa due metri da terra.
“Mia figlia, vorrai dire” sibilò Cristyn, “Carl non c’è mai stato”
“Questo perché tu mi hai impedito di farlo, Cristyn” rispose l’uomo.
“Bè, non mi sembra che tu abbia cercato di far parte delle nostre vite, visto che non c’era alcun contratto scritto che ti obbligasse a tenere le distanze”
“Le minacce di tuo padre erano più che sufficienti”
“Scuse, solo scuse!”
“Anche tu non sembra ti sia sforzata di cercare di avermi nella tua vita. Non hai minimamente pensato a quello che avrebbe provato Rose una volta scoperto il tuo inganno?”
“Quello che avrebbe provato Rose?! Perché nessuno pensa hai MIEI sentimenti?”
“Perché non ne hai!” rispose Carl, “Non hai versato neanche una lacrima quando hai visto tuo padre cacciare me e la mia famiglia da Harmony!”
“Che avrei dovuto fare, scusa? Strapparmi i capelli e buttarmi a terra, implorandolo di lasciarti rimanere? Io non volevo che tu rimanessi. Non ti amavo. E di certo rimanere incinta non era nei piani. Io non volevo un figlio!”
La giovane, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, sentì il naso pizzicarle e gli occhi offuscarsi per via delle lacrime.
Sapeva che sua madre era una donna spregevole, ne aveva avuto la conferma innumerevoli volte durante quegli anni, ma, arrivare a dire che non avrebbe mai voluto averla, che era un errore - non aveva proprio detto così, ma il senso era quello - le sembrava troppo anche per lei.
Ian, seduto alla sua sinistra, le strinse la mano, nascondendo poi le loro mani intrecciate sotto il tavolo.
Si guardarono.
Somerhalder si stava sforzando di sorridere per cercare di farla sentire meglio, ma si vedeva benissimo che era furioso.
“Cristyn” la richiamò all’ordine Alan, come una scolaretta ripresa da un professore per essersi rifiutata di uscire alla lavagna per risolvere un’equazione, “Stai molto attenta alle parole che usi”
La donna alzò un sopracciglio, poi capì. Un lento sorrisetto maligno comparve sul suo viso. Si rilassò e si sistemò meglio sulla sedia.
“Ho ferito i tuoi sentimenti, Rose?” chiese, con finto tono innocente.
Rosalyn, a quella provocazione, decise di rispondere.
Tirò su con il naso e puntò gli occhi lucidi in quelli della madre, “No, Cristyn”  rispose, evitando volontariamente di chiamarla ‘mamma’. “Ma i tuoi ben presto sì” continuò, alzandosi in piedi, “Io ho una proposta e sono sicura che andrò bene a tutti” buttò un’occhiata a sua madre, “O quasi. Continuerò a vivere qui, a villa Ninfea, fino a quest’estate e vedrò papà durante il week - end, quando verrà in città, come precedentemente concordato tra noi. Però mi rifiuto categoricamente di vedere lei” disse, indicando Cristyn con un dito.
“Rosalyn, sei sotto la mia custodia e non sei ancora maggiorenne, il che vuol dire che devi obbedirmi. Quindi, prendi le tue cose, fai le valigie e torna a casa”
La ragazza scosse la testa, “No, ho smesso di prendere ordini da te. Prova ad avvicinarti a me in qualsiasi modo o cercare di contattarmi, e giuro che scateno un putiferio. Giuro che andiamo in tribunale e faccio di tutto per toglierti la mia custodia”
“Tu non…”
“Oserai? Voi vedere quanto riesco ad assomigliarti?” scosse la testa, “Non riesco più a vedere la tua faccia senza che mi venga da vomitare. In tutta la mia vita non ho mai incontrato una persona crudele come te. Mi fai schifo. Ma come fai a guardati allo specchio senza provare neanche un briciolo di vergogna?”
“Tesoro, il mondo è un posto crudele, se non sei come me diventa difficile sopravvivere”
“Ma cosa vuol dire? Io sono tua figlia, non il mondo! Non chiedevo tanto! Un poco di attenzioni in più, qualche carezza o parole di conforto mi sarebbero bastate. E conoscere mio padre, magari. Io non riesco a capirti. Perché non me lo hai mai fatto conoscere? Perché l’hai estraniato dalle nostre vite? Sai, non ce n’era bisogno. Non lo volevi al tuo fianco per il resto della vita? Bene, decisione tua. Io invece lo volevo. Volevo che mi insegnasse ad andare in bicicletta, volevo che fosse lì a medicarmi le ginocchia sbucciate, a vedere le mie recite all’asilo, a rimboccarmi le coperte e, perché no? Anche a sgridarmi se fosse stato necessario. Il punto è che tu hai deciso per entrambe, come se fosse stata l’unica possibile decisione da prendere, come se fosse stata l’unica cosa giusta da fare. E ora tu non mi puoi impedirmi di conoscerlo, solo perché non lo vuoi”
Aveva detto tutto d’un fiato, perciò ora aveva il fiatone.
Sua madre la guardava con la stesa espressione fredda e calcolatrice che utilizzava durante il lavoro.
L’espressione tipica di un giocatore di poker, che non vuole far capire all’avversario la prossima mossa che andrà a compiere o di un felino pronto ad attaccare la sua esile preda.
“Credo sia meglio che tu te ne vada” disse Rose, quando il suo respiro tornò ad essere regolare.
“Questa non è casa tua, non puoi mandarmi via”
“Ma io sì” disse il professore Stranamore, intervenendo.
Cristyn gli buttò uno dei suoi migliori sguardi capaci di far glaciare anche il deserto del Sahara, ma Ian non cedette, continuando a mantenere gli occhi fissi nei suoi.
La giovane lo guardò piena d’orgoglio. E con quello sguardo cercò anche di trasmettergli riconoscenza e amore.
Tanto amore.
“Bene” disse Cristyn, alzandosi, “Come volete voi. Giocate alla famigliola felice, godetevi questo momento, perché non durerà a lungo. Prima o poi qualcosa romperà questo perfetto equilibrio e a rimetterci sarai tu, Rose cara”
E così dicendo, uscì dalla stanza.
“Alan” disse Rosalyn.
Il suo patrigno, che stava seguendo la moglie, si fermò.
“Non sei obbligato ad andare con lei”
Alan le sorrise, “E’ mia moglie, Rose”
“Già. In salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, ma non in pazzia e crudeltà”
“Quando amerai una persona al punto in cui io amo tua madre, capirai perché non posso lasciarla”
La ragazza avrebbe voluto rispondere che lei amava già qualcuno in quel modo.
In quel modo così spropositato.
In quel modo così malato.
Così tossico.
In quel modo che ti crea dipendenza.
In quel modo che saresti disposto ad andare contro la tua morale, contro la ragione per l’altro.
E che quella persona di cui non avrebbe mai potuto fare a meno era il li presente Ian Joseph Somerhalder, ma rimase zitta.
Non era il caso di fare una confessione simile, soprattutto in quel momento.
Semplicemente, annuì.
Alan salutò tutti, ringraziando e scusandosi per il comportamento di Cristyn e poi se ne andò.
Subito dopo, suo padre si lasciò sfuggire un fischio, “Wow, ce la stavamo vedendo proprio brutta”
Rose e il professor Bollore gli sorrisero.
“Tu, Rose, sei stata fantastica!” continuò, “Sei una delle poche persone che ho mai visto riuscire a tener testa a tua madre e farla uscire sconfitta da una discussione”
“Credo sia stata l’adrenalina del momento”
“Adrenalina o no, sei stata bravissima. Ora, non so voi, ma tutto questo movimento mi ha messo fame”
“Credo di aver capito da chi hai preso” le sussurrò il professore all’orecchio sinistra, “Vieni, Carl, sono sicuro che mia nonna avrà di certo fatto preparare qualcosa”
“Oh, bene. Non vedo l’ora di conoscerla”
“Rose?” la chiamò Ian.
“Arrivo, vado a prendere una felpa”
La giovane uscì dallo studio e si diresse verso una delle camere degli ospiti.
Anche se ormai si era annidata nella camera di Ian, le sue cose le aveva lasciate in quella stanza.
Una volta entrata, aprì l’armadio e afferrò una felpa.
In quel momento sentì il suo cellulare squillare dentro la borsa posta sul letto.
Lo prese.
Cher la stava chiamando.
Aveva evitato le sue chiamate per tutto il week - end, perché non le andava di raccontarle bugie sopra bugie. Ora, però, non poteva più tirarsi indietro.
Magari non le avrebbe detto tutto, ma si meritava almeno una parte di verità.
Cher era la sua migliore amica e, in quel momento, aveva proprio bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
“Pronto?”
“GUARDA UN PO’ CHI SI E’ DEGNATO DI RISPONDERE AL TELEFONO!” urlò Cher tanto forte da farle male ai timpani. Poi staccò il telefono dall’orecchio, mentre una serie di parolacce e imprecazioni, iniziarono ad uscire da esso come una valanga.
Quando sentì la voce dall’amica abbassarsi, riportò il cellulare a contatto con l’orecchio.
“Cher?”
“Senti, lo so che hai i tuoi problemi, però potresti almeno degnarti di rispondere al telefono!”
“Lo so” disse, sedendosi sulla sponda destra del letto.
“E allora, se lo sai, perché non fai qualcosa al riguardo? Ti stai divertendo troppo con Lizzie per non avere tempo di rispondermi?”
“No, certo che no”
“Allora dimmi, parlami, spiegami”
Ros sospirò, “Ti ho mentito”
Momento di silenzio.
“Questo non migliora la tua situazione”
“Lo so. Però ora ascoltami. Non sono andata a New York per trovare zia Lucy. Sono andata a New York per trovare mio padre. E l’ho fatto. L’ho trovato”
“Oh”
“E abbiamo parlato. Abbiamo iniziato a conoscerci. Cher, è un uomo meraviglioso, devi assolutamente conoscerlo”
“Questo vuol dire che ora ti trasferirai a New York?” le chiese, cambiando completamente tono di voce.
“NO! No, non ti lascerei mai! Io…per un po vivrò dal prof Somerhalder e vedrò mio padre nei week – end, visto che ha intenzione di prende un appartamento qui. Non ti devi preoccupare”
“Aspetta, aspetta, aspetta! Troppe informazioni! Ne dobbiamo parlare di persona, ok? Domani ci sei a scuola?”
“Sì”
“Ok, ne parliamo lì, allora”
La studentessa sorrise, “Grazie Cher”
“Comunque non ti aspettare chissà quale accoglienza domani. Aspettati un pugno in faccia, quello sì”
Rise, “Mi sembra giusto. Ciao”
“Ciao, Rose”
Rosalyn chiuse la comunicazione e buttò il cellulare sul letto, lasciandosi poi ricadere all’indietro.
Le cose, piano, piano, avrebbero ripreso il loro corso naturale e tutto sarebbe tornato normale.
Tutto si sarebbe stabilizzato.
Doveva solo dare tempo al tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Buona sera!
Lo so, sono imperdonabile!
Non aggiorno da tantissimo e, dirvi che è solo colpa della scuola, sarebbe mentirvi.
Sì, sono stata impegnata con la scuola, però non così tanto da non poter aggiornare prima.
Il punto è che c’erano sempre delle belle giornate e mi mancava un po di ispirazione.
Cioè, non fraintendetemi, sapevo cosa scrivere solo che non riuscire a trovare un modo per scriverlo.
Quindi, vi chiedo perdono *Si inginocchia*
Il capitolo è molto corto, ma serviva solo – come dice il titolo stesso – a stabilizzare la situazione.
Un bacio!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 38
*** Il ballo delle debuttanti. ***


IL BALLO DELLE DEBUTTANTI
-Capitolo trentotto-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn allungò un braccio verso il tavolino di legno finemente lavorato con intarsi che ricordavano motivi floreali che correvano lungo le quattro gambe e si estendevano poi verso il centro del mobile, poggiandoci sopra una scatoletta  di cartone dalla forma rettangolare e dal packaging abbastanza pacchiano proveniente da ‘China Town’, il miglior - e anche l’unico - ristorante cinese presente ad Harmony.
Lentamente si fece scivolare lungo il lato destro del divano.
“Che mangiata!” commentò la ragazza, dandosi qualche pacca con una mano sulla pancia.
“Eri davvero affamata” disse suo padre, accavallando il piede destro su quello sinistro.
“Ho tinteggiato tutto il pomeriggio senza fare neanche una pausa”
“Sì, ho notato”
Era giovedì sera.
Visto che suo padre non aveva avuto lezione quel pomeriggio, aveva preso l’aereo  e l’aveva raggiunta ad Harmony con un giorno di anticipo.
Rose, come d’abitudine da lì a una settimana circa, era andata all’appartamento che suo padre aveva affittato per i iniziare i lavori di ristrutturazione, a partire dalla sua camera, ovviamente.
Ora i due stavano cenando sul vecchio divano che puzzava di muffa, abbandonato dai vecchi proprietari dell’immobile, sdraiati uno difronte all’altro su due lati opposti.
“Senti, Rose” iniziò suo padre, pulendosi le labbra con un tovagliolino di carta, “Ti andrebbe di conoscere i tuoi nonni?”
La giovane si grattò la guancia sinistra, dove una striscia di pittura lilla si estendeva parallela all’occhio.
“Certo che mi piacerebbe! Cosa hai in mente? Spero tu non voglia incontrarli qui, visto che non abbiamo neanche un mobile”
“No, stai tranquilla. Andremo noi da loro”
“Ah, e quando?”
“Questa domenica”
“Cosa?!” urlò, drizzandosi di colpo.
“Lo so, avrei dovuto dirtelo prima, ma è stata una decisione dell’ultimo minuto, perché…hai mai sentito parlare del ballo delle debuttanti?”
“Se ne ho mai sentito parlare? E’ da quando ho sei anni che desidero prendervi parte. L’anno sorso ho implorato mamma di farmi partecipare, ma quella vecchia acidona non me l’ha permesso”
“Ti piacerebbe prendervi parte?”
“Mhh, non è un po tardi? Nel senso, le prove di ballo, del vestito e tutto il resto non sono iniziate mesi fa? E poi come facciamo a farmi entrare?”
“Tua nonna fa parte del comitato organizzativo. Farti entrare non sarebbe un problema. Devi solo darmi una risposta”
“Adesso?”
“Sì, per favore”
“Bè…ok, sì, mi piacerebbe molto”
“Perfetto” disse Carl, sorridendo radioso.
“Immagino di dover trovare un cavaliere e immagino anche non potrà essere Ian”
“Tesoro, sai che io non ho nulla contro la vostra relazione. Ian mi piace. Ma…come mi hai detto tu, nessuno deve sapere di voi e, anche se saremo a New York, la gente parla”
“Sì, lo so, hai ragione. Non vedo l’ora che la scuola finisca per potere stare con lui come una coppia normale”
Suo padre le sorrise, “Sono sicuro che Ian capirà, sai, se per una sera sarai di qualcun altro per cinque minuti”
“Mh” disse, poco convinta. ‘Dipende da chi sia questo qualcuno’. “Va bè, troverò qualcuno”
“Cerca di trovare il fortunato entro domani pomeriggio. Dovete imparare a ballare il valzer viennese”
“Bene, allora ci sarà molto lavoro da fare, perché il valzer viennese è l’unico ballo da sala che non sono mai riuscita ad imparare”
“Non ti preoccupare, imparerai”
“In 48 ore? La vedo un po difficile, ma avrò fiducia in te” disse alzandosi.
“Dove vai?”
“Ian mi sta aspettando. Domani ho un compiti di italiano e si è offerto di aiutarmi a ripassare” rispose, muovendosi verso la porta, infilandosi le scarpe.
“Vuoi che ti accompagni?”
Scosse la testa, “No, grazie” rispose, prendendo il giubbetto, “Ian è già qui sotto”
“Va bene, allora ci vediamo domani pomeriggio”
“Sì, ciao” disse, prendendo la borsa, uscendo poi dall’appartamento.
Bene, ora doveva solo dire la suo ragazzo POCO geloso che avrebbe partecipato al ballo delle debuttanti e che come cavaliere aveva scelto Robert Collins che, se si fossero trovati in un libro, poteva definirsi la sua nemesi.
 
Rosalyn si mise un po di rossetto rosso che la sua vicina di ‘specchio’, Alice, le aveva prestato.
Era domenica sera.
Più precisamente le sette in punto e fra poco meno di quindici minuti sarebbe entrata in società.
Era arriva a New York quella mattina, accompagnata da suo padre, Ian e il suo cavaliere per quella sera, Robert, che aveva dovuto praticamente supplicare per convincerlo ad accompagnarla, ma che aveva accettato solo quando aveva saputo che ci sarebbe stato anche il professor Bollore e che non avrebbero potuto avere comportamenti troppo…intimi.
Dal canto suo Ian era stato molto tollerante.
Non aveva fatto una scenata quando gli aveva comunicato che avrebbe portato Rob, però aveva espressamente sottolineato il suo disappunto.
Lei gli aveva ribadito che, se avesse potuto, non ci avrebbe pensato due volte a scegliere lui, visto che era il suo ragazzo e che lo amava, ma non aveva avuto scelta.
Ed ora eccola lì, al Waldorf-Astoria Hotel, uno degli hotel più belli di New York, dove lei e i suoi compagni di viaggio stavano alloggiando e dove ogni anno, da li a vent’anni circa, si teneva il ballo delle debuttanti e lei ne avrebbe preso parte!
Si concesse qualche minuto per controllarsi.
Il vestito che indossava le piaceva tantissimo.
Lei e sua nonna erano andate a comprarlo quel pomeriggio, sotto proposta di suo padre.
Infatti, aveva conosciuto i suoi nonni paterni all’aeroporto.
Suo nonna, Claire, era una donna bassa, magretta, dai lunghi capelli castano scuro, mentre suo nonno, Charles, era un uomo alto, con gli occhi verdi e i capelli brizzolati, molto simile a suo padre.
Entrambi erano stati molto felici di conoscerla e non avevano fatto trapelare alcun tipo di imbarazzo, iniziandola a trattare come se l’avessero conosciuta da sempre.
Era un autentico abito da sposa.
Lei era entrata in un negozio di abiti da sposa, qualche ora prima, e l’aveva scelto come se avesse dovuto indossarlo il giorno del suo matrimonio.
Inutile dire che si era commossa.
E si era anche fatta qualche bel viaggio mentale di lei, Ian, una chiesa e la marcia nuziale.
Scosse la testa, rimproverandosi per essere finita ancora una volta nel mondo dei sogni e si impose di concentrarsi su quello che indossava.
L’abito era formato da un corpetto senza maniche, dalla scollatura generosa, in pizzo. In vita portava una fascia di seta. La gonna, invece, era molto pomposa, realizzata interamente in tulle. Il tutto rigorosamente bianco neve.
I capelli, grazie alla parrucchiera ingaggiata per la serata, erano stati raccolti in uno chimion basso insieme a delle trecce e poi, per abbellire il tutto, erano stati incastrati in essi dei fiorellini finti.
“Rosalyn, c’è qualcuno per te” le disse Kenna, una delle organizzatrici, sfiorandole la spalla con una mano.
Rosalyn alzò lo sguardo e, attraverso lo specchio, vide Ian sulla soglia dell’entrata dei camerini, che le sorrideva.
Ricambiò il sorriso e si alzò, scostando la gonna lunga e ampia, per raggiungerlo.
“Sei…sei qualcosa di indescrivibile” le disse Somerhalder, prendendole una mano.
“Grazie, Ian” disse, arrossendo.
“Vedo che qualcuno qui ha imparato a ricevere i complimenti”
“E che altro potrei fare, scusa? Se non li accetto, tu inizia a farmi una sottospecie di paternale sul fatto che devo avere più fiducia in me, che se mi fai un complimento è perché lo pensi davvero. Però la verità è che la mia autostima è come il naso di Voldemort”
Somerhalder corrugò la fronte.
“Inesistente” gli spiegò.
“Rose…” iniziò lui.
“Sì, lo so, lo so” lo anticipò lei, “La devo smettere con queste stupidaggini. Ma cerca di capirmi. Non sono mai stata abituata a ricevere così tanti complimenti praticamente tutti i giorni, per lo più detti con il cuore. Non…è come se mi sovraccaricassero e non riuscissi a accettarli tutti”
“Quindi non devo più farti complimenti?”
“No!” rispose velocemente la ragazza.
Ian rise.
“Solo…cerca di capirmi quando fatico ad accettarli”
“Va bene” sorrise comprensivo Somerhalder.
“Quanto vorrei ci fossi tu al posto di Robert” ammise, sospirando.
Il professor Bollore le posò la mano destra su una guancia, “Tesoro, non sai quanto anch’io lo vorrei. Però, guarda il lato positivo, sarà solo per un ballo. Poi sarai mia per tutta la sera. Per tutta la vita”
“Saranno i dieci minuti più interminabili di tutta la mia intera esistenza”
“Se Collins mette mano dove non dovrebbe, ti posso assicurare che la cerimonia non durerà più di tre secondi”
Rose rise, “Lo so, gelosone”
“Sono geloso solo perché ti amo”
“So anche questo”
I due si sorrisero.
“Ragazze, per favore, mettetevi in fila indiana e dirigetevi tutte verso la scalinata. Troverete i vostri padri pronti ad aspettarvi. I vostri cavalieri sono già pronti e vi stanno aspettando nella sala” disse Kenna.
“Qualcosa mi dice che devi andare” disse Somerhalder, guardando il formento che si stava creando nella stanza alle spalle della studentessa.
“Già. Ci vediamo dopo”
“Non te ne andrai prima di mezzanotte come fai di solito, vero?” chiese, alludendo alla festa della scuola stile luna park e alla festa in maschera dove in entrambe le occasioni se ne era andata all’improvviso.
“Credo che sta volta l’incantesimo durerà più a lungo”
“Ah, bene. Allora non dovrò rincorrerti”
“A parte che non mi hai mai rincorso”
“Non sapevo volessi essere rincorsa”
“Ogni donna lo vuole”
“Lo terrò a mente”
“Bravo”
“Ok, ora vado davvero, prima che un mandria di ragazze fibrillanti ricoperte di strass e lustrini mi investa” disse, alludendo al gruppo di debuttanti che si stavano mettendo in fila.
Rosalyn rise, “A dopo” disse, lasciandogli la mano e ritornando nel camerino.
Qui si avvicinò alla sua postazione e si diede un’ultima occhiata allo specchio e poi si mise in fila.
“Chi era quello, Rose?” le chiese Alice, girandosi verso di lei.
“Quello chi?”
“Il bel fustacchione con cui stavi parlando”
“Ah, quello. Mh…mio cugino, Ian”
“Ed è single?” chiese ridacchiando Rachel, poggiandole entrambe le mani sulle spalle e chinandosi in avanti.
“No, assolutamente no” rispose, forse anche un po scortese, perché le due ragazze si guardarono stranite.
Alice tornò a girarsi e Rachel le lasciò le spalle, poi il gruppo iniziò a muoversi, guidati da Kenna, verso le scale.
Arrivate, le ragazze si diressero ognuna verso il proprio padre.
“Hey” le disse Carl, porgendole il braccio.
“Ciao” disse Rose.
“Stai benissimo. Sembri una sposa”
“Grazie papà”
“Sei emozionata?”
“Sì, e anche leggermente nervosa. Ho paura di aver dimenticato i passi”
“E’ solo una sensazione. Una volta che la musica partirà e Robert farà il primo passo, tutto andrà a gonfie vele”
“Lo spero davvero tanto”
“Ti sei divertita con la nonna, oggi?”
“Sì, molto. Era come se ci conoscessimo da sempre. Mi è piaciuto fare shopping con lei e mi ha anche chiesto se volevo andare a stare con lei e il nonno questa estate, per qualche settimana. E poi mi hanno detto che verranno a vedermi alla consegna del diploma”
“Oh, molto bene. Sono felice che ti sia divertita”
“Sì, non mi aspettavo di andare subito così d’accordo con loro”
“Rose, non sai quanto hanno desiderato conoscerti”
“Anche io. Tanto. Soprattuto quando ero all’asilo e vedevo che molti dei miei compagni venivano accompagnati o venivano ripresi dai propri nonni”
“Non sono stati anni difficili solo per me o solo per te. Ma anche per loro”
“Bene, signori e signorine” disse Kenna, ponendosi a capo della fila, “Fra pochi secondi si entrerà in scena. Vi prego di fare silenzio e di rispettare tutto quello deciso durante le prove. Buona fortune e…testa alta”
Kenna scrisse qualcosa sul foglio attaccato alla cartellina che aveva in mano, poi prese la radiolina attaccata alla sua cintura e l’avvicinò alle labbra. “E’ ora” disse.
Pochi secondi dopo una leggera musichetta, quasi impercettibile da lassù, iniziò ad essere suonata.
Poi la voce di Melanie Tokings riecheggiò nella sala.
“Buona sera, signori e signore. Come ogni anno, eccoci qui, a festeggiare l’entrata in società di sedici e giovani donne. Questo giorno, fa riaffiorare in me numerosi ricordi. Anch’io sono stata una debuttante, molti anni fa e anch’io ho debuttato in questa sala. Ma non siamo qui per scoprire quanto vecchia io sia, bensì siamo qui per accogliere queste giovani donne ufficialmente tra di noi. E allora, basta indugiare. Signori e signore, le debuttanti del 2014”
“Oh, prima che mi dimentichi. Credo che tu debba indossare questa” disse suo padre, mostrandole un cerchietto dorato decorato con delle perline che per tutto il tempo aveva tenuto nella mano destra, nascosta dietro la coda del Frac.
“E’ bellissimo!” esclamò a bassa voce, prendendolo.
Cercando di non rovinare la pettinatura, se lo sistemò tra i capelli.
“Come mi sta?”
“Ora sembri davvero una principessa”
“Signor Parker, Rosalyn, è il vostro turno” disse Kenna, richiamando la loro attenzione.
La giovane strinse la presa intorno al suo braccio.
“Forza” disse suo padre.
“Promettimi una cosa”
“Certo, dimmi”
“Non farmi cadere”
“Questo posso farlo”
I due si incamminarono e poi iniziarono a scendere i gradini.
La ragazza gli aveva contati durante le prove di quella mattina.
Erano giusto giusto venticinque.
Per percorrere ogni gradino ci metteva all’incirca un secondo.
Quindi erano venticinque secondi di agonia.
Arrivata a metà dei venticinque gradini, la signora Tokings fece la sua presentazione.
“Rosalyn Katrina Lavinia Moore. Figlia di Carl Parker e Cristyn Moore”
Per tutta la scalinata Rosalyn aveva tenuto gli occhi incollati al pavimento. Arrivata  circa due gradini dalla fine, finalmente alzò gli occhi.
Le luci, che la colpivano in pieno viso, le impedivano di vedere tutte quelle persone che in quel momento la stavano fissando e questo la tranquillizzò un po.
Scesi tutti gradini rimasti, i due si fermarono.
Suo padre si staccò da lei e le diede un bacio su una guancia.
Rose fece un passò avanti e fece un inchino, poi si rialzò e si girò verso Robert, che nel frattempo si era avvicinato a lei.
Solo che, quando girò il viso, i suoi occhi non incontrarono i suoi dalla cromatura simile al caramello, ma incontrò due paia di occhi azzurri, così familiari che quasi le si sciolse il cuore.
“Ian…” sussurrò.
Il professor Stranamore le porse il braccio destro. Lei lo prese e lui la condusse verso la pista da ballo.
“Che fai?”
“Ballo con te”
“Sì, ok, lo vedo, ma…Rob? Lui dov’è?” chiese, guardandosi intorno.
“Che tu ci creda o no, questa è stata una sua idea. Credo sia al buffet”
I due raggiunsero le altre coppie e si sistemarono dietro di esse.
“Spero tu l’abbia ringraziato”
Ian ci accigliò, “Non sono un uomo delle caverne!”
“Con Robert, sì”
“Ma se gli avevo permesso di ballare con te”
“Solo perché mi serviva un cavaliere, ma ti sono grata. Te l’ho già detto”
“Sì, ma credo di meritarmi una ricompensa più proficua”
“Sai, sono un po stanca. Potrei voler tornare in stanza prima del previsto”
A Somerhalder brillarono gli occhi, ma non c’era più tempo per flirtare, perché il valzer viennese partì non appena l’ultima coppia raggiunse la pista da ballo.
Ian le fece fare una giravolta su se stessa e poi la strinse a sé.
Le coppie iniziarono a muoversi una ad una, secondo la corografia studiata.
“Come hai fatto a imparare la coreografia?” gli chiese.
“Ho la memoria fotografica”
“Mr Somerhalder, lei è piano di soprese”
“Mai come lei, Miss Moore”
Ros rise, reclinando la testa all’indietro e poi tornò ad essere seria e a godere quella bellissima sensazione che poteva provare solo tra le sue braccia.
 
“Che fai qua fuori?” le chiese Ian, comparendo improvvisamente alle sua spalle.
Si trovavano su uno dei balconi della sala che dava sulla città di New York che, grazie alle luci dei palazzi, dava al tutto un’atmosfera magica.
Dopo il ballo, Rose era andata a salutare i suoi nonni e a conoscere i loro amici, poi era andata a cercare Robert, per ringraziarlo del gesto che aveva fatto, ma, non avendolo trovato nella sala, era uscita.
“Stavo cercando Rob. Sai, per ringraziarlo. Ma a quanto pare ne se è andato”
“Poi ringraziarlo quando torniamo a Harmony”
“Lo so, ma non vorrei ci fosse rimasto male” disse. “Grazie” aggiunse, quando il suo professore le mise la sua giacca sulle spalle.
“Rose, l’idea è stata sua. Nessuno lo ha obbligato a lasciare il posto a me”
“Lo so. Ma…lui prova qualcosa per me e non vorrei ci stesse male per quello che siamo io e te. Per il fatto che ci amiamo e che nei nostri cuori ci sia spazio solo per l’altro. O, per lo meno, questo vale per me”
Ian sorrise, “Sia, tanto tempo fa, esisteva una donna che amava un uomo e anche lui l’ amava. Un giorno, la donna, accusata di stregoneria - che realmente praticava - decise di scappare per non essere bruciata. Prima di farlo però, si tolse il cuore e lo cristallizzò. Poi lo fece incastrare in un sostegno di ferrò e lo donò al suo amato”. Fece una pausa dove iniziò a frugare nella tasca posteriore dei suoi pantaloni dal taglio perfetto. Poco dopo ne tirò fuori una collana. “Questo è il mio cuore cristallizzato. E decido di darlo a te, perché so che lo terrai al sicuro”
Rosalyn si avvicinò e fissò la collana che penzolava dalla mano destra di Ian.
Aveva un ciondolo molto grazioso a forma di cuore e di un rosa chiaro.
“Oh, Ian” disse, con le lacrime agli occhi.
“Posso mettertela?”
Annuì, “Sì, ti prego. Sì”
La ragazza si girò e il professor Bollore gliela face indossare, poi la fece girare e la strinse tra le sue braccia.
Rose poggiò le mani sul suo petto e alzò lo sguardo.
“Allora, te ne prenderai cura?”
“Sì, fino alla fine dei mie giorni”
E poi le loro labbra si incontrarono.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Buongiorno a tutti!
Ho cercato di aggiornare il prima possibile.
Niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e non l’abbiate trovato banale.

Ps. il vestito di Rose


Il cerchietto e la collana


 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 39
*** Quando l'incanto finisce. ***


QUANDO L’INCANTO FINISCE
-Capitolo trentanove-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Avete presente quei momenti in cui vorreste trovarvi da tutt’altra parte?
Quei momenti in cui vorreste tanto avere il potere del teletrasporto per scomparire e ricomparire dall’altro capo del mondo?
Quei momenti in cui vorreste avere la super velocità, o la capacità di fermare il tempo per svignarvela o la capacità di diventare invisibili?
Avete presente quei momenti in cui il tempo rallenta, quasi si ferma, e vi sentite come se le pareti e gli oggetti intorno a voi iniziassero a cambiare forma, allungandosi e ristringendosi anche diagonalmente?
Avete presente quando tutto inizia a volteggiare intorno a voi?
Avete presente quando sentite il cuore accelerare i battiti, le guance infiammarsi, la bocca seccarsi e il vostro cervello non risponde?
Avete presente quando iniziano a sudarvi tutte le parti del corpo, ma proprio TUTTE?
Avete presente quando sentite quello strano calore espandersi dal centro del vostro corpo e venire sostituito da un freddo glaciale e poi ricominciare ancora?
Avete presente quando le voci attorno a voi si allontanano diventando inudibili e l’unica cosa che vedete sono le labbra che si muovono senza emanare alcun suono?
Avete presente quando tutto questo non c’entra con l’ assunzione di droga?
Ma forse, per capire cosa stava accadendo a Rosalyn in quel momento, bisogna fare un salto temporale di qualche ora, tipo quello dei film, con le immagini che vanno all’indietro e poi si fermano nel momento esatto in cui il cataclisma è iniziato.
 
“Tre settimane. Tre settimane e tutto questo sarà finito” disse Rosalyn, afferrando Ian per il colletto della camicia bianca, infilata dentro i jeans scuri, sotto un maglioncino leggero color turchese.
“Tre settimane e potremo stare insieme, alla luce del sole, senza nessuno che ci giudichi” disse Somerhalder, avvicinando le labbra a quelle della ragazza.
Si trovavano nel bagno delle ragazze.
Era la quarta ora, il che significava che Rose doveva essere in classe a fare letteratura inglese, mentre il professor Bollore doveva essere in sala professori a correggere dei test di matematica.
La giovane era seduta sul ripiano dei lavandini e aveva le gambe legate intorno alla vita dell’uomo.
“Che ne dici se dopo la tua laurea ce ne andiamo un po via di qui?” le chiese.
Ros inclinò la testa da un lato, “E dove proporresti di andare?”
“Non so. Al mare e poi in montagna. Così potrò mantenere la promessa che ti ho fatto quel giorno, in biblioteca”
“Te lo ricordi ancora?” gli chiese, leggermente stupita.
“Io ricordo tutto quello che mi dici, Rose” rispose Ian, iniziando a carezzare le cosce di lei, rese nude dalla gonna alzata.
Un brivido la pervase, andando a scuotere anche la sua femminilità.
Il professor Stranamore se ne accorse, perchè i suoi occhi iniziarono a luccicare.
“No” disse Rosalyn.
“No cosa?” le chiese, facendo il finto tonto, continuando a torturarla con le sue carezze.
“Lo sai benissimo cosa” disse a denti stretti, piegando le dita dei piedi per cercare di resistere, mentre la mano di lui iniziava a spostarsi più in alto.
“Non sto facendo nulla”
“Ian, non possiamo farlo qui” sussurrò.
“E perché no?”
“Perché siamo a scuola!” rispose, indignata.
“E’ questo che lo rende eccitante, non trovi?” chiese, abbassandosi sul collo di Rosalyn, iniziando a baciarlo.
“E’ questo che lo rende da espulsione, non trovi?” chiese, chiudendo gli occhi e reclinando indietro la testa.
Con una mano si aggrappò al bordo di un lavandino, mentre l’altra la infilò nei capelli di lui.
Il professor Bollore le leccò la gola con la punta della lingua, salendo fino ad arrivare al mento, lasciando dietro di se una striscia umida che bruciava come il fuoco, per poi catturarle le labbra.
La ragazza non si tirò di certo indietro e si buttò su di lui, allacciandogli le mani dietro la testa.
Quando però sentì un rumore provenire da uno dei gabinetti, si ritrasse di colpo.
“Hai sentito?” gli chiese, ansimando.
“Sentito cosa?” gli chiese con voce roca il professore, dandole piccoli baci su tutto il viso.
“Quel rumore”
Ian si stacco da lei e si voltò, “No, non ho sentito nulla”
“Sembrava venisse dai gabinetti”
“Rose, abbiamo controllato, non c’è nessuno”
Sospirò, “Sì, probabilmente hai ragione. E’ meglio andare, comunque, o verranno a cercarmi”
“Va bene” acconsentì, prendendola per la vita, aiutandola a scendere.
“Hai lezione anche nel pomeriggio?” gli chiese, concedendosi qualche minuto per sistemarsi i capelli e la gonna.
“No, finisco a mezzogiorno. Ti devo aspettare?” chiese, andando a controllare che la via fosse libera.
“Se non ti scoccia, sì. Anche perché vorrei fermarmi a comparare dei cartoncini e delle tempere per il lavoro di arte quando usciamo”
“Come Miss Moore desidera. Via libera”
“Ci vediamo più tardi” disse, raggiungendolo, per poi dargli un bacio a fior di labbra.
Fatto questo uscì dal bagno.
“A dopo” mormorò lui, seguendola.
 
E ora, ora avete presente quei momenti in cui tutto sembra perfetto?
Avete presente quei momenti che vorreste andassero lenti, per goderne appieno ogni attimo?
Avete presente quei momenti in cui vorreste avere un telecomando? Un telecomando simile a quello di Adam Sandler in ‘Cambia la tua vita con un click’, per poter fermare il tempo, mandarlo indietro o registrarlo?
Avete presente quei momenti quando tutto va per il verso giusto e poi suona la sveglia?
Bè, quel giorno la sveglia per la studentessa era suonata alle 12. 44 in punto e l’aveva buttata giù dalle nuvole senza neanche darle il tempo di capire quando e come fosse successo.
Si trovava nell’ufficio del preside, seduta su una comodissima poltrona, affiancata da altre tre poltrone. Alla sua sinistra c’era suo padre, che sorrideva nervoso, alla sua destra Alan che invece era serissimo e che le permetteva di avere una certa distanza da sua madre, che a momenti avrebbe rotto i braccioli della sedia, se non avesse allentato un po la presa.
Di fronte a lei, seduto dietro la scrivania di legno massiccio, su una poltrona molto più grande di quella dove vi era seduta lei, con le mani giunte poggiate sulla superficie lucida, vi era il preside Davis che la guardava senza far trapelare alcuna emozione dal viso.
Anche Ian era stato convocato e si trovava in piedi, alla destra del preside, vicino ad un finestra.
Inutile dire che neanche lui era molto felice di quella convocazione.
E sapete perché la nostra cara protagonista si trovava lì?
Perché era stata accusata da fonte anonima che aveva una relazione extracurricolare con il professore Ian Somerhalder.
“Allora?” la incalzò il preside, “E’ vero o no, signorina Moore, che lei ha una relazione con il suo docente?”
Signori e signore  della giuria, sono colpevole. Sono colpevole di essermi innamorata di un uomo fantastico. Sono colpevole di averlo fatto innamorato di me. Sono colpevole di ogni istante che abbiamo passato insieme. Sono colpevole di volerlo. Sono colpevole di avergli donato tutta me stessa e di averlo amato con tutta me stessa. Signori e signore della giuria, ripeto, mi dichiaro colpevole. Ma davvero volete condannarmi per aver ceduto alla più grande delle debolezze umane? Davvero volete rendermi colpevole di un reato che io stessa ho compiuto contro me stessa? Signori e signore, l’unica mia colpa è stata quella di non essere riuscita a dimostragli quanto io lo amo, perché quello che provo va oltre alle capacità umane. Ebbene sì, sono colpevole di averlo amato oltre me stessa, oltre la luna, le stelle e l’universo. Sono colpevole di aver sognato un amore che andasse oltre alle favole e di averlo ottenuto’.
Ecco cosa avrebbe voluto rispondere Rosalyn.
Ma non lo fece, perché avrebbe causato la sua espulsione, la carriera a Ian sarebbe andata a quel paese e lei sarebbe finita in un convento di suore di clausura negli Appalachi.
“No, non è vero” rispose, seria, “Io e il professore Somerhalder non abbiamo alcun tipo di relazione al di fuori dell’ambiente scolastico. Certo, è un amico di famiglia e certo sono ospite in casa sua per vari motivi famigliare che, francamente, non mi va di far conoscere a uno sconosciuto quale è lei. E certo, ammetto di essere stata fuori più del dovuto in bagno questa mattina, nell’ora di letteratura, ma questo è dato dal fatto che mi è arrivato il ciclo e avevo dei forti crampi alla pancia. E qui mi dovrà credere sulla parola, a meno che non voglio controllare. Immagino che non abbia neanche delle prove concrete che le forniscano una qualsiasi accusa contro di me, preside Davis”
L’uomo deglutì, smollando un po la cravatta con un dito.
“Come immaginavo” disse Rose, annuendo. “Voglio anche ammettere una cosa, una cosa che la Spia - la voglio chiamare così, ma so già chi è venuto a spifferarle tutto - ha azzeccato. E’ vero provo qualcosa per Ian. Mi sono presa una cotta per lui all’inizio dell’anno scolastico. Ma lui non sa nulla di quello che provo. O, almeno, non lo sapeva fino a tre secondi fa. E quello che la sua spia ha sentito in bagno, ero io che fingevo di parlare con lui” disse, arrossendo, “Lo faccio, a volte. Fingo di parlare con lui come se stessimo insieme. So che è qualcosa che può risultare strano, ma allevia le mie sofferenze, causate dalla consapevolezza che lui è il mio professore e io solo un’alunna alle prese con la sua prima cotta. Posso andarmene ora?”
Il preside la guardò a bocca aperta e l’unica cosa che riuscì a fare fu annuire.
Suo padre non sapeva se continuare a sorridere per sdrammatizzare oppure fingere di non sapere nulla di quella storia. Alan era ancora serio anche se la sua espressione stava lasciando il posto a qualcosa che rispecchiasse davvero il suo vero stato d’animo.
Sua madre invece, bè, lei iniziò a sbraitare contro il preside, ma non per difenderla, bensì maledicendolo per averle fatto perdere qualche ora di lavoro per un’accusa infondata.
Bè, cosa ci potevamo aspettare da lei?
Quando uscì dall’ufficio del preside, con il rallenty e i capelli che si muovevano spinti da un finto vento, sentì il cuore riprenderle a battere normalmente e la forza di gravità ritornare a funzionare correttamente.
“Rose!” urlò Ian, seguendola nel corridoio.
La ragazza si fermò.
“Rose” ripetè lui, arrivando alle sue spalle, “Sei…sei stata grande. Ci hanno creduto davvero! Avevi ragione, c’era qualcuno in bagno. Ma tu sai chi è, giusto? Dimmelo e ci farò una chiacchierata io. E’ stato Collins?”
“No, Ian, lascia perdere. La giustizia farà il suo corso da sola”
“Bè, sì, hai ragione. La prossima volta staremo più attenti, basterà controllare meglio e cercare di non fare cose avventate”
“No, non ci sarà una prossima volta”
“Ok, ok, basta incontri clandestini a scuola. Tanto possiamo stare insiem…”
“No, Ian” disse Rosalyn, chiudendo gli occhi. Doveva prepararsi, stava per dire la cosa più difficile che avesse mai detto in tutta la sua vita. “Non ci sarà una prossima volta, ho detto”
“Che cosa intendi dire?”
La ragazza si voltò verso di lui, “Che dobbiamo finirla qui”
Ecco, l’aveva detto.
Aveva detto quella frase che tanto odiava e che non pensava sarebbe mai arrivata a dire.
“Come?” chiese il professore, che improvvisamente sembrava paralizzato.
“Non…non possiamo più continuare così. Non possiamo più continuare a mettere in pericolo le nostre carriere. Non possiamo più continuare a rischiare di essere scoperti da un momento all’altro. Non possiamo più continuare a nasconderci. Non possiamo più continuare a fingere che questo vada bene, perché non è così. Guardaci, guarda fin dove ci ha portato il nostro amore. Ci vedi, Ian? Perché io ora ci vedo benissimo e quello che si è materializzato davanti agli occhi non è il presente che disideravo. Ho litigato con mia madre, mio padre vuole portarmi via da Harmony, mia madre e il mio patrigno sono ai ferri corti per colpa mia, non vedo quasi più Cher, ne Robert, ne Dean e tu, anche tu trascuri i tuoi amici e la ISF. Questo…questo amore ci ha rovinati. E lo sapevamo che lo stava facendo, ma lo abbiamo lasciato fare. Non possiamo vivere così, con la paura di essere scoperti da un momento all’altro”
Rose guardò Ian dritto negli occhi, cercando di captare i suoi pensieri, ma la sua faccia era come una maschera di cera, non faceva trapelare nulla.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Somerhalder parlò, “Hai ragione” disse, “Hai ragione su tutto”
Parole che fanno crollare tutto, peggio dei terremoti.
La giovane si portò le mani dietro il collo e si slacciò la collana che io le aveva regalato una settimana prima durante il ballo delle debuttanti e gliela restituì.
“Ora non posso più prendermi cura del tuo cuore”
L’uomo prese la collana e la strinse nella mano.
“Non dico che non mi mancherai” disse Ros, accennando un sorriso che subito scomparì, “Che con lo sguardo non mi girerò a cercarti. Non dico che non piangerò mai, perché, bè, mentirei. E che non ci saranno sere malinconiche e tristi, dove ricorderò il tuo viso e notti insonni e scomode, dove ricorderò il tuo corpo accanto al mio. Che non continuerò a sperare di ricevere un tuo messaggio o una tua chiamata. Non dico che non spererò di incontrarti nei corridoi, che non ti ricorderò in tutti quei piccoli gesti e dettagli. E non dico che smetterò di amarti. Infondo, solo perché non staremo insieme, non significherà che non ti amerò”
“Anche io ti amerò, Rosalyn. Ti amerò finchè l’universo mi permetterà di farlo. Ti amerò fino alla fine dei miei giorni”
I due si guardarono intensamente negli occhi.
Non osavano avvicinarsi l’uno all’altra, perché sapevano che, una volta toccati, non avrebbero più avuto la forza di lasciarsi.
La studentessa deglutì, ricacciando indietro le lacrime.
Era forte.
Lei era forte.
Doveva pensare che lo faceva per il bene di Ian, per permettergli di mantenere il lavoro e la dignità.
“Questa sera manderò mio padre a prendere le mie cose a casa tua. Ho deciso che vado a stare nel nuovo appartamento con lui. Ti prego, salutami tua nonna. Dille che mi dispiace, ringraziala per l’ospitalità  riferiscile che verrò a trovarla il prima possibile”
“Lo farò”
“Grazie”
I due rimasero di nuovo immobili uno di fronte all’altro.
A quanto pare nessuno dei due aveva il coraggio di muoversi da lì, perché, girarsi avrebbe implicato rendere il tutto reale e chiudere definitamente il capitolo del loro amore.
“Dovremmo andare” disse Somerhalder.
“Sì” rispose lei, assente, fissandogli le labbra.
“Ciao” disse l’uomo, avvicinandosi al suo volto.
“Ciao”
I loro nasi si sfiorarono. Le loro labbra erano sempre più vicine.
“Ciao” disse Rose, spostandosi.
Il professore Stranamore deglutì, “Ciao”
Un ultimo sguardo e poi Rosalyn si girò, dandogli le spalle e, come ogni scena drammatica che si rispetti, percorse il lungo corridoio con un fichissimo rallenty e una bella musica drammatica tipo ‘The End Of The World’ - che poi il titolo è azzeccatissimo.
Arrivata alla fine del corridoio girò a sinistra, senza mai voltarsi.
“Quindi è tutto vero” disse una voce alle sue spalle.
La ragazza si bloccò e si morse il labbro inferiore.
“E’ tutto vero!” urlò.
“Cher…” sussurrò, girandosi.
La sua migliore amica si trovava di fronte a lei e non sembrava molto in vena di ricevere un abbraccio o di parlare amichevolmente.
“Le voci che girano sono tutte vere. Quella strega di Caitlin aveva ragione”
Quindi le mie supposizioni erano giuste. Era stata quella carogna di Caitlin a spifferare tutto al preside. Infondo, chi oltre a lei si nascondeva nei bagni per saltare le lezioni?’
“Cher, lasciami spiegare, per favore”
“Spiegare? Spiegare cosa? Che sei stata insieme al nostro professore? Che hai iniziato una relazione con lui?”
“Lo sapevi che mi piaceva”
“Oh, sì, lo sapevo, ma pensavo fosse una cotta innocente! Non che…non che diventasse una cosa come quella…come quella…”
“Tra te e Dean?” concluse la frase al suo posto, “Bè, invece è stato proprio così”
“Posso sapere perché cavolo non me lo hai detto?!”
“Per evitare questa sceneggiata! Perché sapevo che non avresti capito!”
“Però almeno potevi provarci!”
“Io…io ci ho provato, non sai quante volte”
“Eppure, eccoci qui, adesso, ad affrontare questo argomento. Ora capisco perché non c’eri mai, perché eri sempre via. Era perché stavi con lui”
“Cher, ascolta, questo non è ne il luogo, ne il momento giusto per parlarne”
“Invece a me sembra l’unico luogo dove riesci ad essere sincera”
“Cher, porca miseria!” urlò, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, “Ho appena detto addio all’uomo che amo e tu pretendi che ora discuta con te?! Non ce la posso fare, capisci?! Io…io non sono così forte! Ho creduto…ho…creduto di poter vivere in una favola, sapendo benissimo che la realtà era ben diversa perché, fuori da quella camera da letto in cui passavamo le nostre giornate, noi non siamo mai stati nulla. E io lo amo, Cher. Lo amo con tutta me stessa e l’ho lasciato perché era la cosa giusta da fare. La cosa giusta per lui, per entrambi”
Cher raggiunse l’amica e la strinse forte a sé.
“Ok. Ok, ne parleremo domani. Adesso, calmati. Calmati, per favore”
“Ci…ci provo” disse, tra un singhiozzo e l’altro.
“Tesoro, perché ti sei innamorata di lui? Mannaggia, lo sapevi che era una cosa impossibile” le disse l’amica, con voce calma.
“Non esiste un motivo logico nella scelta di una persona. Semplicemente perchè non scegliamo noi. E’ il nostro cuore che sceglie al posto nostro”
E di certo il suo cuore non aveva fatto la scelta più saggia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Ed eccoci qui.
Bè, prima o poi dovevamo aspettarci una cosa simile, no?
Non poteva sempre essere tutto rose e fiori.
In questo capitolo ci doveva essere un’altra parte che però ho deciso di aggiungere nel prossimo capitolo che, tra l’altro, è il penultimo. Essì, siamo agli sgoccioli ragazze.
Vi lascio, un bacio!

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 40
*** Frullato al mirtillo. ***


FRULLATO AL MIRTILLO
-Capitolo quaranta-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn buttò un’occhiata veloce all’orologio posto sopra alla lavagna.
Due minuti.
Due minuti e la lezione sarebbe finita, così come la sua agonia.
Sospirò e riprese a scarabocchiare sul suo quaderno, cercando di non guardare il professor Bollore, intento a risolvere un’equazione alla lavagna per spiegarla alla classe.
Era lunedì pomeriggio, ma, più precisamente erano tre settimane, ventun giorni, sei ore, dieci minuti e due secondi, che non stavano più insieme.
E la ragazza ne subiva ogni giorno le conseguenze.
Ora viveva nell’appartamento di suo padre, che per la maggior parte della settimana era vuoto, visto che lui stava a New York per mantenere le lezioni e, le doleva ammetterlo, si sentiva estremamente sola, anche se a volte Cher si fermava a dormire con lei, oppure veniva Alan a trovarla.
Si sentiva sola perché Ian non c’era.
Perché si era creata un routine con lui che aveva stroncato all’improvviso.
Era come un drogato che all’improvviso decideva di disintossicarsi di colpo.
Ma quella era stata la sua decisione e non sarebbe tornata indietro.
Finita la scuola avrebbe passato tutta l’estate a New York, poi, una volta tornata ad Harmony avrebbe esposto il progetto di rinnovare la vecchia biblioteca al sindaco, così sarebbe stata impegnata per un bel po. E in tutto quel lasso di tempo avrebbe dimenticato Ian e avrebbe dato una possibilità a Robert, a Matt o chiunque glielo avesse chiesto.
Certo, erano solo progetti e sapeva benissimo che non sarebbe stato facile, ma se davvero voleva vivere felice, se davvero voleva rifarsi una vita, doveva iniziare ad andare avanti.
‘Oddio, Rose, parli come una vedova’
“Ros, che fai? Vieni o no?” le chiese Cher.
La ragazza sbattè un paio di volte le palpebre e si guardò in giro confusa.
Il professore si era seduto alla cattedra, mentre alcuni suoi compagni, tra cui Cher, si erano alzati e stavano sistemando i libri, segno che la lezione era finita.
“Sì, sì, arrivo”
“Io vado avanti, che saluto Dean e poi ti raggiungo in biblioteca”
“Perché dobbiamo andare in biblioteca?”
“Ma dove hai la testolina? Mi avevi promesso una mano con la ricerca di biologia”
“Ah, è vero!” disse, dandosi una sberla in fronte.
“Hai preso altri impegni?”
“No, no, tranquilla. Raccolgo qui e vado”
“D’accordo. A dopo”
E così dicendo corse fuori dalla classe.
Rose si guardò in giro e si rese conto di essere rimasta sola con Ian, così raccolse velocemente le sue cose e con passo svelto si diresse verso la porta.
“Signorina Moore?” la chiamò lui, prima che potesse uscire.
La giovane chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore. Poi prese un bel respiro e si girò verso di lui, “Sì?”
“Vorrei parlare un secondo, se ha tempo” le disse, alzando gli occhi da dei fogli che stava controllando.
“Certo” disse lei, avvicinandosi alla cattedra, ma fermandosi un po prima.
‘Meglio mantenere le distanze’
“Volevo parlare del compito di matematica della scorsa settimana” disse, alzandosi e andandosi a sedere su un angolo della cattedra.
“E’…è andato male?” chiese preoccupata.
Matematica era l’unica materia in aveva un voto negativo e, l’unico modo per riuscire a diplomarsi e fare due anni in uno, era avere tutte le materie positive.
“Decida lei” disse, passandole un foglio.
La studentessa lo prese e con timore guardò il voto segnato con la penna rossa nell’angolo destro in alto della pagina.
A.
C’era scritto ‘A’.
Aveva preso un’ ‘A’ in matematica.
“Oddio” sussurrò, guardando prima il professore poi ancora il voto incredula. “Questo vuol dire…vuol dire…”
“Vuol dire che potrai diplomarti” disse il professor Stranamore al suo posto.
“Sì!” esclamò, buttandogli le braccia al collo. “Oddio, sì” ripetè, chiudendo gli occhi.
Senza dare però il tempo a Somerhalder di ricambiare l’abbraccio o di dire qualcosa, si staccò subito da lui.
“Oh, em, non…non dovevo farlo. Scusami, cioè, mi scusi”
E così dicendo corse via.
‘Ottimo modo per mantenere le distanze, eh’
 
Il giorno dopo, Rosalyn fece di tutto per evitare di incontrare Ian nei corridoi e sperava che il suo intento funzionasse, visto che non aveva nessuna lezione con lui e che avrebbe lavorato, come suo solito, solo fino a metà mattina.
Quindi, tecnicamente, vi erano pochissime possibilità di incontrarlo in giro.
Forse il 15%.
Peccato che quel 15% ce l’aveva con lei.
Quella mattina aveva deciso di non prendere l’autobus, per evitare di arrivare troppo prima a scuola e quindi avere la possibilità di incontrarlo. Così aveva deciso di farsela a piedi. Tra l’altro l’appartamento di suo padre era in sederino ai lupi. Ma, guarda un po, quando stava per raggiungere la scuola, chi si trova dall’altro lato del marciapiede?
Sì, esatto.
SOMERHALDER.
E lei come una scema, si era bloccata a fissarlo come uno stoccafisso.
Anche lui l’aveva notata e si era fermato.
E sapete Rose che ha fatto in quel momento?
Voi direste: ‘Avrà abbassato lo sguardo e avrà ripreso a camminare’.
Bè, tecnicamente era quello che voleva fare.
Tecnicamente nella sua mente era quello che aveva fatto.
Invece, nella realtà, era entrata in panico e si era nascosta dietro un albero.
Mossa di merda.
Non solo perché l’aveva fatta sembrare un tantino psicopatica, ma anche perché la corteccia dell’albero le aveva rovinato la camicetta.
Poi, come se questo non bastasse, l’aveva incrociato in un corridoio durante la seconda ora, quando era uscita per andare a prendere il registro in segreteria.
Erano praticamente uno di fronte all’altro.
Lui stava leggendo dei fogli che teneva in mano, il che le permise di scomparire prima che alzasse lo sguardo.
Solo che il suo piano non funzionò come dovuto e, invece di entrare nello stanzino del bidello - che era il motivo per cui aveva accelerato il passo e aveva svoltato a destra di colpo - si trovò con il visò spiaccicato contro alcuni armadietti.
Dannati calcoli matematici.
Certo, ora aveva il naso che le doleva.
Ma meglio il naso che il cuore, no?
E poi l’aveva incontrato nel cambio di lezione, quando i corridoio si riempivano di studenti, stile bufali impauriti ne ‘Il re leone’. E, proprio in mezzo al casino, proprio in mezzo alla confusione, che i loro corpi si erano scontrati.
All’inizio non l’aveva riconosciuto.
Aveva borbottato uno ‘scusa’ ed era andata avanti.
Poi, quel formicolio che il contatto con il corpo del professor Bollore le procurava, si era fatto sentire, si era voltata, confusa, e in quel momento aveva visto l’uomo girarsi e darle le spalle.
Ora erano le due del pomeriggio e la campanella era suonata da poco.
Stava uscendo dalla porta principale dell’edificio, con Cher che le stava raccontando dell’appuntamento a sorpresa che Dean le aveva organizzato il giorno prima.
Vederla così felice, vedere come stava con Dean, il loro amore, le faceva un po male e le faceva provare una gelosia così forte che a volte le sarebbe piaciuto tapparle la bocca con una ciabatta, ma non poteva farlo.
Cher era suo amica, le voleva bene, e, per quanto si sforzasse di non parlare di Dean, era impossibile che non lo facesse.
Così, ingoiava il boccone amaro, sorrideva e annuiva, cercando di essere una buona amica, cose che negli ultimi mesi non era stata.
Cher le aveva dato una seconda, o anche terza, possibilità e lei non voleva rovinarla.
Stavano per uscire dal cancello, quando vide l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere in quel momento: NINA DOBREV.
Miss perfezione se ne stava poggiata alla sua auto, e stava trafficando con il cellullare, quando alzò gli occhi dallo schermo e la vide.
Le sorrise.
Rosalyn sgranò gli occhi e si irrigidì.
“Che succede?” le chiese Cher, vedendo che qualcosa non andava.
“Niente” rispose in fretta la ragazza, prendendola a braccetto, cercando di coprirsi il volto con dei capelli.
“Non mi sembra”
“Spighiamoci”
“Rose, che cavolo fai?”
“Shh, non dire il mio nome” disse, nascondendosi dietro due studenti, che seguì fino all’uscita, trascinandosi dietro una più che confusa Cher.
“Hey, Rosalyn?” la chiamò Nina, alzando un braccio e sventolando la mano, per richiamare la sua attenzione. “Rosalyn?”
“Mi sa che quella ti chiama” le disse l’amica.
“Nah, sarà sicuramente un’altra Rosalyn” rispose, continuando a camminare.
“Rosalyn Moore?” la chiamò di nuovo Nina.
“No, credo chiami te”
“Ma no, ma no”
“Scusami, sei Rosalyn Moore?”
“Sì, è lei” rispose Cher, fermandosi.
“Cher” disse a denti stretti, fulminandola con lo sguardo.
“Bè, che c’è? Ti stava chiamando poverina”
“Quella poverina è l’ex/nuova ragazza di Ian” sussurrò.
Aveva ancora in mente la scena che aveva assistito il giorno prima, quando si era fermata qualche ora in biblioteca per aiutarla in una ricerca e, mentre stava facendo un piccola pausa bagno, nell’attraversare il cortile per raggiungere le toilette dell’edificio scolastico, aveva visto Somerhalder e Nina abbracciati l’uno all’altra davanti all’entrata.
Quando era tornata dal giro, Cher aveva notato che qualcosa non andava, così le aveva raccontato quello che aveva visto.
“Ops” disse l’amica, chiudendosi nelle spalle, “Scusa, eh, ma io come facevo a saperlo?”
“Rosalyn, scusami, ti posso parlare?” le chiese Nina, ferma ancora vicino alla macchina.
“Possiamo ancora scappare” disse Cher.
Rose sospirò, “Sì, come no” disse, alzando gli occhi al cielo. “Senti, tu va a casa. Appena ho finito ti raggiungo”
“Non mi fido”
“Dai, Cher, è solo una ragazza come noi. Non credo voglia portarmi in un vicolo e prendermi a pugni”
“Oh, ma no che hai capito! Io non mi fido di te! Sei tu che potresti portarla in un vicolo e prenderla a pugni”
“Davvero mi credi capace di una cosa simile?”
“Se parliamo di Ian, sì”
“Ma per chi mi hai preso? Io non la prenderei a pugni…lo farei fare da qualcun altro, mica voglio sporcarmi le mani” disse, facendole l’occhiolino.
Cher scosse la testa, “Chiamami se hai bisogno”
“Okey, capo”
Le due si salutarono e la giovane raggiunse la Dobrev.
“Ciao” le disse lei, tutta sorridente.
“Ciao. Scusa, non ti avevo riconosciuta” mentì.
“Certo” disse Nina, ridendo.
“Di cosa volevi parlarmi?”
“Io ho fame. E tu?” chiese, cambiando argomento, “Avrei proprio voglia di un buon frullato. Ti piacciono i frullati, Rose?”
“Em, s – sì”
“Bene. Sali in macchina, te ne offro uno” disse, aprendo la portiera.
“Bè, in realtà…”
“Non accetterò un no come risposta. Altrimenti sarò costretta a portarti in un vicolo e prenderti a pugni”
Rosalyn arrossì.
Bene, aveva sentito tutto.
Si massaggiò le tempie e poi girò attorno alla Barlino nera e si accomodò al posto del passeggero.
 
Pochi minuti dopo si trovavano sedute ad un tavolo esterno della pasticceria preferita di Rose.
Come faceva Nina a sapere che quello era il suo posto preferito?
“Come mai non bevi il tuo frullato?” le chiese Nina, inclinando la testa di lato.
“Oh, em, no, niente” disse, portandosi la cannuccia alle labbra.
Bevve un sorso, poi si guardò intorno, guardinga.
“Tranquilla, Ian non comparirà all’improvviso” le disse, leggendole nella mente.
“N - non stavo pensando a quello” disse, arrossendo per essere stata colta sul fatto, bevendo un altro sorso del suo frappè al mirtillo.
“Ian mi ha detto che sei spassosa, ma non pensavo così tanto”
“Vedo che parlate molto spesso”
“Credo di parlare molto più con lui ora che siamo amici, che quando eravamo fidanzati”
“Mh” commentò Rosalyn.
‘Amica. Sì, certo. Come no.’
“Senti, Rosalyn, c’è un motivo per cui ti ho invitata a uscire” disse la Dobrev, portandosi una ciocca dei suoi perfettissimi capelli lisci dietro il perfettissimo orecchio destro, adornato con dei perfettissimi orecchini a perla - di perla vera, non come quelli che Rose comprava da Accessorize - con le sue perfettissime dita dalle unghie perfettissime.
“E io che pensavo che volessi solo trovare qualcuno con cui riempire un pomeriggio noioso”
Lei rise, “No, niente di tutto ciò. Volevo parlare di Ian”
La ragazza smise di bere di colpo il suo frappè, “Scusami, ho altro da fare che stare qui a sentirti parlare di quanto sia bello aver avuto indietro il tuo fidanzato, perché, sai che ti dico? Tienitelo. A quanto vedo non ero così importante per lui, visto la velocità con cui si è buttato tra le tue braccia non appena ho voltato le spalle”
“E’ questo che pensi?”
“E a cos altro dovrei pensare? Sono giovane, ma non così scema”
“Rosalyn” disse con un tranquillità nella voce quasi disarmante, “Siediti, per favore”
Rose tentennò un po, iniziando a mordersi l’interno della guancia destra e poi si sedette.
“Rosalyn” riprese Nina, “Posso assicurati che non è come pensi”
“Ah, no?”
“No” disse, scuotendo la testa, “Te lo giuro”
“E allora perché vi facevate delle moine fuori dalla scuola, ieri?” chiese.
“Moine? Rosalyn, ci siamo semplicemente abbracciati”
La giovane arrossì, “Sempre moine sono”
“Ascoltami, c’è un motivo per cui sono tornata ad Harmony. E questo motivo sei tu”
“Io?”
“Sì. Vedi, quando tu e Ian vi siete lasciati, quello stesso giorno dovevo passare a Harmony per ritirare un quadro che avevo comprato qualche mese fa ad un’asta e che è stato spedito a villa Ninfea perché mi sono dimenticata di cambiare l’indirizzo. Così sono venuta a ritirarlo e indovina cosa ho visto? Un uomo distrutto che stava cercando consolazione nell’alcool. Credo di non aver mai visto Ian in quelle condizioni. Così mi sono fatta raccontare tutto e ho capito. Rosalyn, lui sta male. Sta DAVVERO male. Lui…lui ti ama davvero. Probabilmente non ha mai amato tanto una persona nella sua vita come ama te” disse seria, “Neanche…me” aggiunse, sospirando.
“Sto male anch’io” sussurrò, con voce poco ferma, gli occhi già offuscati dalle lacrime. “Sto male perché lo amo così tanto e non possiamo stare insieme”
“Perché è il tuo professore?”
Annuì.
“Ma non credo che questo sia l’unico motivo per cui l’hai lasciato”
“L’abbiamo deciso di comune accordo” precisò la giovane.
“Davvero?” chiese, alzando il sopracciglio destro, sorridendo.
“C - certo”
“Quindi immagino lui abbia detto ‘Sì, Rosalyn, sono d’accordo con te, dovremo lasciarci’, no?”
“Bè, lui…no, cioè, ha detto che avevo ragione”
“Solo perché ha ammesso che avevi ragione, non significa che era d’accordo sul lasciarti andare”
Rosalyn ebbe un tuffo al cuore.
Quindi lui non era d’accordo?
“E allora perché non ha detto nulla? Perché non ha detto quello che pensava realmente?”
“Andiamo, Rosalyn. Credi davvero che Ian farebbe una cosa simile? Credi davvero che metterebbe i suoi desideri davanti ai tuoi?”
“No, credo di no” rispose, abbassando lo sguardo, “Questo però di certo non cambia le cose. Non possiamo stare lo stesso insieme”
“E cos’è che ve lo impedisce? Oltre al fatto che lui è il tuo professore e tu la sua alunna? Perché c’è altro, no?”
“Io…”
“Fammi indovinare…hai avuto paura”
“Paura?”
“Sì, paura. Ascolta, Rosalyn, io la storia dell’alunna e del professore non me la bevo. Cioè, sì, anche quello ha influito, ma la verità è che ti sei fatta prendere dal panico”
“Bè, sì, ho avuto paura per la carriera di Ian, per…”
“Sì, sì, ok, ma a parte questo, tu hai avuto paura del tuo amore. Tu hai avuto paura di tutto quell’amore che provi per lui. Hai avuto paura, perché, per la prima volta in tutta la tua vita, non ti è fregato più nulla di niente. Non ti è fregato nulla di essere stata scoperta, non ti è fregato nulla di aver trascurato la tua famiglia, i tuoi amici, i tuoi desideri e i tuoi sogni. Tutto quello di cui ti è importato, era lui. Era Ian. Non esisteva più niente per te, se non lui. E allora ti sei spaventata, perché avevi perso completamente il controllo della tua mente e del tuo cuore e, in qualche modo, hai dovuto riprendere il controllo. E per farlo, dovevi allontanarti da lui, quindi sei scappata. Hai usato la scusa dell’essere stati scoperti. E ora dimmi se non ho ragione”
Rosalyn, che per tutto il discorso di Nina l’aveva fissata allibita, deglutì rumorosamente.
Aveva ragione.
Aveva DANNATAMENTE ragione.
Quella donna, che aveva visto si o no due volte, che era uscita di scena prima che la vita di Ian e la sua si intrecciassero in qualcosa di più di semplici conoscenti, era riuscita a psicoanalizzarla solo da quello che Somerhalder le aveva raccontato.
Quindi, oltre ad essere bella, era anche intelligente.
“Ok, va bene, hai ragione. E allora cosa dovrei fare?”
Nina schioccò la lingua e un lento sorriso le comparse sul viso, “Va a riprenderti il tuo uomo”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore
Ho aggiornato il prima possibile, scusatemi tanto.
Tra l’altro sono ammalata da una settimana. Ho l’influenza. Ma come cappero si può prendere l’influenza a maggio?! Mah!
Volevo dirvi che l’altra volta ho fatto male i conti. Non manca un capitolo alla fine, ma due.
Scusatemi, la matematica non è proprio la mia materia xD
Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 41
*** Graduation. ***


GRADUATION
-Capitolo quarantuno-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rosalyn prese il Tocco color rosso fuoco, abbinato alla toga lunga fino alle caviglie che indossava e si diede un’ultima spazzolata.
“Rosalyn! Sei pronta? Siamo in ritardo!” gridò suo padre dal soggiorno.
Era venerdì mattina.
Era la fine della prima settimana di giugno.
Era il giorno del diploma.
Finalmente avrebbe finito la scuola e finalmente avrebbe parlato con Ian.
Non l’aveva fatto prima, perché, tecnicamente, per ancora un’ora, era la sua studentessa e visto che si erano lasciati principalmente per evitare una catastrofe di dimensioni stratosferiche, non le era sembrato il caso di farsi avanti prima, solo perché voleva essere di nuovo stretta fra le sue braccia, essere di nuovo baciata, assaporare di nuovo il sapore della sua pelle, toccare di nuovo i suoi capelli, perdersi nell’incavo del suo collo, sfiorargli la cicatrice che aveva sul mento per poi baciargliela, scherzare con lui, sentire la sua risata.
‘Rose, smettila, o ti verrà un’infarto!’
“Rose?!” gridò di nuovo suo padre, non avendo ricevuto risposta
“A - arrivo, papà” rispose.
Sì lisciò la toga con la mano libera e lo raggiunse.
L’uomo la stava aspettando davanti alla porta d’entrata e, appena mise piede in soggiorno, un flash le abbagliò la vista.
“Papà!” si lamentò, coprendosi gli occhi con una mano.
“Prima foto da diplomata”
“QUASI diplomata” gli fece notare lei.
Suo padre guardò la foto dalla macchina fotografica, “Sei venuta con gli occhi chiusi. Meglio rifarla”
“Sai com’è, mi hai praticamente aggredita, senza neanche darmi il tempo di mettermi in posa”
“E’ l’emozione, tesoro. Su, ora mettiti vicino al caminetto che voglio farne una da incorniciare”
“Addirittura da incorniciare?” chiese Rose, ridendo, dirigendosi verso il caminetto.
“Il diploma è un momento importante nella vita di una persona. E poi voglio esporti qui in casa, così da vantarmi di te con qualche amico”
La giovane scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.
“Su, mettiti in posa”
“Sì, sì, stai tranquillo”
Rosalyn si mise davanti al camino e mise tutto il peso del corpo sulla gamba sinistra e una mano sul fianco destro.
“Mettiti il Tocco” le ricordo Carl.
“Ah, sì” disse lei indossandolo.
“Ok, ora un bel sorriso”
La ragazza fece come le era stato detto e dopo pochi secondi il flash le abbagliò di nuovo la vista.
“Finto?” chiese lei.
“Sì, grazie”
“Ok, allora andiamo. Non voglio arrivare in ritardo il giorno del mio diploma”
 
Pochi minuti dopo, mentre suo padre trovava parcheggio per l’auto, Rosalyn si dirigeva sul retro della scuola, dove il giorno prima era stato costruito un palco di legno dove i professori avrebbero consegnato i diplomi e dove il capo del consiglio studentesco avrebbe tenuto un discorso.
“Heyyy, diplomata!” disse Cher, correndole incontro.
“QUASI diplomata. QUASI”
“Oh, stessa cosa!”
“Che ci fai qui così presto?”
“Avevo paura di arrivare in ritardo, così sono venuta un po prima. Tuo padre?”
“E’ andato a parcheggiare”
“Ascolta, non so se dovrei dirtelo o no, ma ho visto tua madre e Alan”
La ragazza sospirò, “Sì, gli ho invitati io”
“Avete fatto pace?”
Scosse la testa, “No, però desideravo che Alan ci fosse e mi sembrava giusto invitare mia madre. Infondo è pur sempre…mia madre”
“Bè, è stato molto gentile da parte tua”
“Spero solo che non ne combini una delle sue. Se solo osa fare una scenata…”
“Eccoti qui, non ti trovavo più!” disse sua padre, raggiungendo le due ragazze. “Ciao Cher”
“Buongiorno signor Parker”
“I nonni quando arrivano che non me lo ricordo più?” gli chiese Rose.
L’uomo guardò l’orologio, “Dovrebbero essere qui a momenti. Il loro aereo è atterrato circa mezz’ora fa”
“Perfetto”
“Ho visto Alan…con tu madre”
‘Oh, bene’
“Io ancora no. E spero di non doverla vedere fin dopo la cerimonia. Anzi, spero di riuscire a beccare Alan da solo, così da salutarlo e poi svignarmela”
“Rose…”
“Anche se l’ho invitata, non significa che le voglia parlare”
“Che ne dite di una foto?” chiese Cher, cercando di cambiare argomento.
“Cher, mi leggi nel pensiero!” disse Carl.
“Non devi dire quella parola” sussurrò Ros all’’amica.
“Stringetevi un po” disse l’uomo, facendo qualche passo indietro, “E ora sorridete”
Dopo la foto, Cher decise di andare con suo padre a prendere posto alle sedie poste di fronte al palco. Rosalyn, invece, si incamminò per andare a raggiungere gli altri diplomandi per la foto pre - diploma.
“Rosalyn!” urlò una ragazza alle sue spalle.
La studentessa si girò e vide Margaret Scott avvicinarsi a lei di corsa, “Rosalyn, ti ho trovata” ansimò, una volta raggiunta, poggiandole una mano su una spalla, piegandosi in avanti, per riprendere fiato.
Margaret era una di quelle poche persone che conosceva dell’ultimo anno, visto che molto spesso lavorava in segreteria.
“Ciao” ridacchiò Rosalyn, “Che è successo? E’ andato a fuoco qualcosa?”
“Macchè! Non ti trovavo!”
“Sono appena arrivata, forse per quello”
“Può darsi”
“Allora, che c’è?”
“Ascolta, hai presente Lee Chang?”
“Sì, la ragazza a capo del consiglio studentesco”
“Esatto. Doveva tenere il discorso prima della consegna dei diplomi, ma ha chiamato un’ora fa dicendo che si è presa un’intossicazione alimentare e che non verrà”
“Ok, vuoi che cerchi qualcuno che la sostituisca?”
“No, stai tranquilla, io e i professori ci siamo riuniti mezz’ora fa e abbiamo trovato già un sostituto”
“Ah, bene. E chi è?”
“Tu”
La ragazza assottigliò gli occhi poi si guardò in giro.
Sicuramente aveva capito male.
Non poteva davvero aver detto che toccava lei tenere il discorso.
“Credo di non aver sentito bene. Hai detto che devo farlo io?”
“Sì”
Rose, dopo qualche minuto di silenzio, scoppiò in una risata nervosa. “Stai scherzando”
“No”
“Margaret, non posso farlo io il discorso!” esclamò, iniziando a farsi prendere dal panico, “Non solo perché non mi sono preparata niente, ma anche perché…cioè, è già tanto che nelle interrogazioni non balbetto! Sono troppo timida per fare una cosa del genere!”
“Mi dispiace, ma ormai è stato deciso”
“Ma…ma che ne è stato del tesoriere? Non è lui che dovrebbe sostituire Lee Chang?”
“Sì, tecnicamente. Ma nessuno è in grado di fare un discorso degno di nota”
“E io sì?!”
“Senti, c’è stata una persona che ha fatto pressione affinché scegliessero te” ammise.
“Chi? Oh, non dirmelo! La signora Mongomeri! Quella iena ce l’ha ancora con me dal primo anno perché le ho fatto notare che durante uno dei suoi test aveva sbagliato a segnarmi un errore”
“No, non è stata lei”
“Allora chi?”
Sospirò, “E’ stato il professor Somerhalder”
Le rotelline che si trovavano nel cervello di Rose ci misero un po ad ingranare e iniziare a muoversi, “Cooosa?!” urlò.
“Sì, è stato lui. Ha detto che ne saresti stata all’altezza”
La giovane deglutì.
Perché l’aveva fatto?
Sapeva che era sempre nervosa quando si trovava al centro dell’attenzione.
Era arrabbiato?
Voleva vendicarsi?
‘Non farti prendere dal panico!’
“Vieni” disse Margaret, afferrandola per una manica della toga, “Dobbiamo sbrigarci a fare la foto. Hey, stai bene?” le chiese guardandola in faccia.
La studentessa annuì, senza rispondere. Sapeva che se avesse aperto bocca, le parole non erano le uniche cose che sarebbero uscite di lì.
Venti minuti dopo, concluso il ‘servizio fotografico’, aver preso posto sulle sedie riservate ai graduandi e aver ascoltato un noiosissimo discorso d’apertura fatto dal preside, Rosalyn fu invitata a salire sul palco.
Appena il preside pronunciò il suo nome, la ragazza fece un salto alto tre metri da quanto era tesa.
Facendosi coraggio e cercando di ignorare tutte quelle persone che la fissavano e alcuni suoi compagni che bisbigliavano tra di loro, raggiunse il palco e ci salì sopra, aggrappandosi al leggio una volta raggiunto, visto che le gambe durante il tragitto le erano diventate di gelatina.
Prima di iniziare il discorso, si girò a guardare i suoi professori e con lo sguardo fulminò Somerhalder, che, tutto sorridente, se ne stava seduto con gambe e braccia incrociate.
‘Brutto stronzo’, pensò.
Si morse la lingua e poi si girò verso la folla composta da genitori e studenti, quasi del tutto sconosciuti.
“Uno, due, tre, prova” articolò, un po insicura, prima che un suono fastidiosissimo si disperdesse per tutto il cortile, facendo corrugare la fronte di tutti gli spettatori. Rose picchiettò sul microfono con due dita, “Scusate” si schiarì la voce, “Ammetto di essere leggermente nervosa. L’ultima volta che ho parlato davanti a così tante persone, era in terza elementare, durante la simulazione di un dibattitto, conclusosi con il pasticcio di zucchine di mia madre mangiato la sera prima sulle scarpe nuove del mio professore. E, ancor oggi, sono certa che sia stato i nervosissimo a far accadere quell’orribile episodio, e non il pasticcio di mia madre che sapeva di copertone per gomme. Quindi, prima fila, ti consiglio di sposarti indietro, non si sa mai” disse, cercando di fare un po di sarcasmo, ma tutto quello che ricevette fu solo silenzio e le famosissime cavallette dei film. “N - non dovevo essere io a tenere il discorso di fine anno, bensì Lee Chang” riprese, “Così mi sono chiesta: cosa avrebbe detto Lee Chang? Di cosa avrebbe parlato? Solo che io non conosco Lee Chang. Quante volte ho detto Lee Chang? Bè, tralasciando il fatto che abbia bisogno di un nuovo dizionario dei sinonimi, di lei so solo che probabilmente è la ragazza più intelligente che abbia mai percorso i corridoi di questa scuola, perché non solo è capo del consiglio studentesco, ma anche perché si trova  a capo del club dei matematici e del club della scienza. E i suoi voti sono eccellenti, da quello che ho sentito dire. Ma io non sono Lee Chang. Io sono Rosalyn Moore. Molti di voi mi conoscono per un piccolo disguido successo qualche settimana fa, altri mi conoscono dall’asilo, altri sono miei amici e per altri sono ancora sconosciuta. Volevo perciò cogliere quest’occasione per farmi conoscere davvero” prese un bel respiro, “Mi chiamo Rosalyn Moore e fino a qualche mese fa vivevo con mia madre. Anche se lei non lo sa, l’ho sempre considerata una donna forte e indipendente, in quanto era sempre riuscita a raggiungere i suoi obbiettivi lavorativi e crescermi allo stesso tempo. Certo, mi ha sempre un po trascurata, ma per quanto riguarda i beni materiali non mi ha mai fatto mancare nulla e probabilmente non sarei quella che sono adesso se lei non mi avesse cresciuta così. E tutto sembrava andare abbastanza bene, finchè non ho scoperto che mi aveva mentito. Forse, anzi, voi non lo sapete, ma io sono cresciuta senza un padre. Quando era piccola, credevo ci avesse abbandonate per causa mia, che se ne fosse andato per inseguire i suoi sogni. Invece, mio padre, il signor Carl Parker, che ora siede con i miei nonni nella decima fila, e, lo dico con orgoglio, insegna alla Columbia University, è stato allontanato da questa città con la forza da mio nonno, senza che mia madre battesse ciglio. In seguito a questa scelta, nella mia vita è entrato da poco Alan, il nuovo marito di mia madre, non che mio patrigno, a cui voglio un mondo di bene e con cui ho legato subito.
Ho una migliore amica. Si chiama Cher e ci siamo conosciute all’asilo e da lì non ci siamo più divise. Ho anche alcuni amici di cui non sto qui a parlare, perché li conoscete sicuramente tutti. Comunque, ho anche qualcuno a cui sto antipatica. E questa persona è Caitlin Perry, che ce l’ha con me solo per uno stupido incidente accaduto ai tempi dell’asilo. Ed è a causa di questa sua rabbia nei miei confronti che il professor Somerhalder ha rischiato il licenziamento e io la sospensione. A lei vorrei dire solo quello che altre persone pensano, ma che hanno paura di dirle, per via della sua popolarità: NON TI CHIEDO MOLTO, MA OGNI TANTO UN GIRO VICINO AI TOMBINI APERTI POTRESTI ANCHE FARTELO”
Un coro di applausi, di risate e di fischi di consenso di levò dal pubblico.
“Il discorso si incentra solitamente su una riflessione da parte dello studente su una figura nella storia che ha influenzato la sua vita o che l’ha ispirato” riprese, “ Io non ho scelto Martin Luther King o Maria Teresa di Calcutta o Obama, ma ho scelto qualcuno che è entrato da poco nella mia vita e in questo poco tempo l’ha cambiata radicalmente, l’ha rivoluzionata, l’ha sconvolta e l’ha resta migliore. La persona che ho scelto è molto speciale. Ha sempre lottato per raggiungere i suoi sogni ed è questo che mi ha insegnato…a lottare, e che posso fare tutto ciò che voglio, tutto ciò che sogno. Questa persona mi ha fatto capire che non è mai troppo tardi. Per niente, neanche per trovare l’amore. E questa persona è il qui presente Ian Somerhalder. E non parlo così solo perché, come ormai saprete tutti, ho una cotta per lui. Anzi, credo che questa cotterella mi sia venuta nel vedere quanta passione e amore mettesse nel suo lavoro. Quindi, in conclusione, buon giorno del diploma. Divertitevi e, una volta usciti di qui, inseguite i vostri sogni. Io lo farò”
Il silenzio aleggiava intorno a lei.
Tutti la fissavano, ma nessuno osava parlare o muoversi.
Forse aveva esagerato.
Forse…
Proprio in quel momento, suo padre si alzò in piedi e iniziò a battere le mani. A seguirlo furono Cher, poi Dean e Rob. Dopo poco si alzarono i suoi nonni, Alan e sua madre e di seguito tutta la folla.
Anche da dietro le sue spalle i professori si erano alzati e stavano applaudendo.
Rosalyn accennò un sorriso, “Grazie” borbottò, facendo fischiare di nuovo il microfono, poi scese dal palco e si mise in fila con gli altri suoi compagni per ricevere il tanto atteso diploma.
E, nel profondo, ringraziò Ian per averle permesso di aprirsi anche solo per cinque minuti e essersi fatta conoscere da tutti per quello che era realmente.
 
“Rose? Mi firmi l’annuario?” chiese una ragazza minuta, avvicinandosi a lei.
Non l’aveva mai vista prima, ma era già la nona persona sconosciuta che si avvicinava a lei per farle firmare l’annuario nell’arco di cinque minuti.
Forse avrebbe dovuto uscire dal suo guscio molto prima.
Stare al centro dell’attenzione non era poi così tanto male.
Era passata circa mezz’oretta dalla consegna dei diplomi e, dopo essersi tolta la tunica e aver abbinato al suo vestitino color panna e celeste che aveva già indossato sotto la tunica, delle scarpe col tacco di finto legno, aveva raggiunto i suoi compagni all’interno della palestra, dove si stava tenendo un rinfresco.
“Come ti chiami?” chiese alla ragazza.
“Rosalyn, come te”
“Oh, un’altra me. Bene, vediamo un po. Cara Rosalyn, non fare come me, esci dal guscio il prima possibile, perché non c’è niente di più bello del liceo. Ti piace?”
“Sì, grazie mille” disse la ragazza, riprendendo il suo annuario, andando via.
“Vedo che ora sei diventata famosa” disse Alan, comparendo alle sue spalle.
Rose si girò verso di lui, “Sono solo io, con più amici” spiegò e quando vide sua madre, la salutò con un cenno della testa.
“Siamo molto orgogliosi di te, Rose” le disse Alan.  
Bè, lei non era tanto sicura di quel ‘siamo’.
“Ne sono felice”
“Il tuo discorso era magnifico, perché non ci hai detto che dovevi farlo?”
“Perché non toccava me, mi hanno scelta come sostituta e ho dovuto inventarmelo all’ultimo minuto”
“Ah, era anche improvvisato? Bè, questo è molto notevole”
“Ti ringrazio”
Tra i tre cadde il silenzio, che fu spezzato poco dopo dal suo patrigno, “Io…io vado un attimo da tu padre” tossì, schiarendosi la gola, “Vi lascio sole. Cercate…cercate di non uccidervi, ok?” chiese, prima di filarsela via.
Le due donne lo fulminarono con lo sguardo e poi si fissarono.
La ragazza incrociò le braccia all’altezza del petto e iniziò a guardarsi in giro.
Non avrebbe aperto bocca.
Assolutamente no.
Non avrebbe fatto il primo passo, non questa volta.
Se voleva avere una conversazione con lei, le toccava - forse per la prima volta nella sua vita - chinare il capo, mettere da parte il suo orgoglio e parlare.
“Alan ha ragione, hai fatto un bel discorso”
“Grazie”
“Se stata brava”
“Grazie”
“Rose…volevo dirti che mi dispiace per come mi sono comportata a casa di Ian, il giorno del tuo ritorno da New York. Anzi, voglio scusarmi per come mi sono sempre comportata con te. Ti ho fatto credere che tuo padre ci aveva abbandonate e ho avuto le mie ragioni per farlo. Ragioni che forse tu non capirai mai. Mi dispiace di averti trascurata in questi anni, ma era un modo per tenere le distanze da te, perché…non volevo affezionarmi troppo. Non volevo che affezionandomi troppo a te, iniziassi a pensare di trascurare il lavoro. Rose, tu non eri stata calcolata nel piano che mi ero fatta a diciassette anni. Avevo dei sogni, delle aspirazioni e, mi dispiace è la verità, tu non eri prevista. Così ho dovuto rimboccarmi le maniche e cercare di far coincidere tutto. Purtroppo non bene come mi aspettavo” confessò, abbozzando un sorriso.
Rose rimase semplicemente lì a fissarla. Non perché non avesse niente da dire, ma perché era troppo scioccata per aprir bocca.
Insomma, non si aspettava nulla del genere, soprattutto da sua madre.
Che i miracoli esistessero davvero, infondo?
Forse Alan aveva portato sua madre in Italia e aveva chiesto al papa di eseguire un esorcismo su di lei e aveva funzionato.
“Questo…questo non è tutta farina del mio sacco. Sto andando in terapia. All’inizio non lo volevo fare, ma secondo Alan dovevo andare a parlare con un esperto, per cercare di capire da dove arrivasse la mia rabbia, il mio rancore e per cercare di scoprire come diavolo siamo finiti in questa situazione. In più mi ha quasi minacciata di lasciarmi se non l’avessi fatto, quindi sono stata un po’ obbligata” ammise.
“Sono felice per te, mamma. Davvero”
“Così potrai tornare a stare da noi”
“Credo sia ancora troppo presto”
“Oh, sì, sì, certo. Sappi solo che quando ti sentirai pronta, io e Alan saremo ben lieti di riaverti a casa”
“Va bene, grazie”
La donna sospirò, “Vado a salutare tuo padre. Ha cercato di evitarmi tutta la mattinata”
La giovane annuì, “Se volete tu e Alan potette venire a mangiare con me, papà, Cher e gli altri dal cinese”
“S - sì, mi…ci piacerebbe molto”
“Ok. Allora a sta sera”
“Sì, ciao”
La donna le sorrise e poi si avvicinò per abbracciarla.
Quasi per abitudine, Rosalyn fece un passo indietro e poi le allungò una mano.
Cristyn annuì e rise, “Giusto, un passo alla volta” disse, stringendole la mano. Poi se ne andò.
Bene, la giornata della ragazza non poteva non essere che classificata come una delle migliori della sua vita, ma mancava ancora una cosa da fare.
Una cosa per cui si era preparata.
Si guardò intorno, alla ricerca del professor Bollore e quando lo trovò, intento a parlare con dei genitori, il suo cuore fece un triplo avvitamento su se stesso per poi atterrare perfettamente al suo posto, guadagnandosi un bel dieci dai polmoni.
Si sistemò delle pieghe immaginarie del vestito, mentre prendeva il coraggio di fare quello che doveva fare.
‘Vai. Fallo. Riprenditi il tuo uomo, ricordi? Fallo, Rose, o te ne pentirai. Fallo’
Rose iniziò a muoversi verso il suo professore.
‘Su, un  po di coraggio, porchina pozzolina!’
Era pronta, aveva provato il discordo da fargli davanti allo specchio almeno un milione di volte, gesti e movimento delle sopracciglia compresi.
Niente sarebbe andato storto.
Niente.
“Ian” lo chiamò, una volta raggiunto.
L’uomo le buttò un’occhiata, chiuse la conversazione con i due genitori che se ne andarono e poi si girò verso di lei.
“Rose”
“Io…” iniziò la ragazza. ‘Dai, cavolo! Di quello che ti sei preparata!’. “Ian, io…”
E poi fece una cosa che di certo non si era preparata e che di certo di non aveva immaginato di fare. Con uno scatto, afferrò la cravatta del suo professore, si alzò sulle punte - anche se aveva i tacchi - si avvicinò al suo viso e poi coprì le labbra con le sue, chiudendo gli occhi.
All’inizio Somerhalder se ne stette immobile, tanto che Rose pensò che stesse cercando un modo carino o comunque poco offensivo, per allontanarla. Poco dopo, invece, sentì le sue braccia avvolgerle il corpo e le sue labbra dischiudersi.
La giovane gli sorrise a fior di labbra prima di far incontrare le loro lingue.
Rosalyn colse l‘occasione e fece passare la mano libera nei suoi capelli.
Dio, quanto le era mancato.
Quanto le era mancato tutto questo.
Le sue labbra.
Il suo sapore.
Il calore della sua pelle.
Il suo profumo.
I suoi capelli.
L’essere stretta tra le sue braccia.
Intanto, tutti i presenti della stanza si erano accorti di quello che stava accadendo, tanto che si alzarono delle urla di gioia e dei fischi, degli strilli, la voce di Caitlin che continuava a starnazzare di aver sempre avuto ragione e anche un urlo furibondo di sua madre.
Ma i due erano immersi del loro mondo e tutto il resto non esisteva più.
“Mi dispiace” ansimò la ragazza, staccandosi da lui, “Mi dispiace per quello che ho fatto. E’ stata colpa mia. Avevo paura, paura di come mi stavi cambiando. Ti prego, dimmi che mi perdoni”
“Ti perdono. Ad eccezione che tu perdoni me, per non aver provato a lottare per il tuo amore”
Annuì, “Credo che potremo trovare un accordo”
“Quindi, dici che ho fatto bene a non dare via i biglietti per il nostro viaggio?”
“Credo che tu abbia fatto benissimo” rispose, baciandolo.
“Ti amo, Rosalyn Katrina Lavinia Moore Parker”
“E io amo te, Ian Joseph Somerhalder”
Un altro bacio.
“Fino alla fine dei miei giorni” dissero insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
CHIEDO VENIA.
Lo so, lo so, sono in mega ritardo, ma sono giustificata, ho avuto gli esami v-v
(per chi non lo sapesse, faccio una scuola di moda privata e ogni anno devo tenere degli esami per essere riconosciuta dallo stato)
Anyway, eccomi qui. Penultimo capitolo.
Tipo che l’ho cambiato cinque volte e ancora non mi soddisfa pienamente, però lascio a voi i giudizi.
Un bacio!
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

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Capitolo 42
*** Le pagine della nostra vita. ***


LE PAGINE DELLA NOSTRA VITA
-Capitolo quarantadue-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rileggo l’ultima parola.
‘Fine’
Sospiro e poi con decisione premo ‘invio’, guardando con occhi quasi lucidi la stampante rilasciare quello che in un anno ho scritto.
‘Fine’
Questa parola, così fredda e malinconica, per me è solo fonte di sollievo.
‘Fine’ è la parola corretta da usare in questo momento.
Con delicatezza, prendo i fogli caldi usciti dalla stampante impilandoli uno sopra l’altro. Li tocco delicatamente, per paura di rovinarli.
Questi fogli, che contengono parte della mia vita.
Questi fogli, che raccontano le mie scelte, le mie parole, i miei errori, i miei desideri, sogni, le mie emozioni.
Questi fogli, che racchiudono il mio amore.
Tengo metà della mia vita tra le mani, la rileggo e non posso fare altro che lasciarmi sfuggire una lacrima.
I giorni passati tra i banchi di scuola con i miei amici, il mio amore per Ian, il mio lavoro, il matrimonio, i miei figli, tutti ricordi conservati in queste pagine, nella mia mente e nel mio cuore.
Ora, tutto quello che devo fare è vivere il resto dei miei giorni in tranquillità, come una normalissima donna di sessant’anni.
“Rose” sussurra Ian, comparendo all’improvviso dietro di me, poggiando una mano sulla mia spalla sinistra.
Giro il viso verso di lui e il mio ormai debole e stupido cuore sussulta, come la prima volta che lo vidi.
Somerhalder è sempre bellissimo.
Anche se il tempo ha toccato il suo corpo, come il mio, lo spirito è rimasto sempre lo stesso.
Gli occhi azzurri come il cielo, contenenti qualche sfumatura di grigio, circondati da delle piccole rughe, si spostano sullo schermo del computer.
“Che fai?”
“Oh, niente di importante” rispondo, chiudendo subito World, “Sto solo appuntando delle cose, per evitare di scordarle”
“Che tipo di cose?”
“Ricordi”
“Una specie di diario, insomma”
“Esatto”
“E ha che punto sei?”
“L’ho finito”
“Bene. Scendi? I ragazzi sono arrivati”
Oggi è il decimo compleanno della mia prima nipotina, Caroline, la figlia di Robert, mio secondo genito e tutti i mei figli, con la rispettiva famiglia sono stati invitati qui a Villa Ninfea, per festeggiare.
“Inizio a scendere” mi annuncia Ian.
“Aspetta” dico e lui si ferma. Mi alzo e lo raggiungo, per poi buttargli le braccia al collo, “Ti amo” gli dico, fissandolo negli occhi.
Lui mi avvolge i fianchi e corruga la fronte, chiedendosi il perché di quella confessione improvvisa. Non sa che quella mattina, rileggendo il manoscritto, ho rivissuto tutte quelle magnifiche emozioni provate SOLO grazie a lui.
E quasi le venne da ridere. Aveva desiderato rubare il cuore a Ian, ma alla fine, era stato lui a rubarlo a lei.
 “Ti amo anch’io, piccola”
Ci scambiamo un leggero bacio a fior di labbra e restiamo così, stretti l’uno all’altra per qualche minuto, a fissarci. E in quel gioco di sguardi, che mi perdo nei suoi occhi, per l’ennesima volta. Mi succede spesso, da quando lo conosco. Poi mi accordo che è leggermente sovrappensiero.
“A cosa pensi, Ian?”
Lui sospira, “A quanto sono stato fortunato ad averti incontrata. Probabilmente, non sarei qui, se tu non fossi entrata nella mia vita”
“Prof, sta forse facendo il sentimentale?” scherzo.
“Non so. Secondo lei, Miss Moore?”
“Secondo me, sì” rido.
“Oh, bè, allora mi merito qualcosa in più di un bacetto, no?” chiese, spostando una mano su una delle mie chiappe.
“Ian!” esclamo, arrossendo, “Ci stanno aspettando da basso”
Lui storce la bocca, “Ok, aspetterò di rimanere solo con la mia mogliettina e poi farò l’amore con lei tutta la notte”
“Non vedo l’ora” dico, facendogli l’occhiolino.
Butto un’ altra occhiata al manoscritto, sistemato sulla scrivania.
Domani lo invierò al mio editore, così da farlo pubblicare, per dimostrare ad ogni donna presente su questa terra che a volte l’amore è davvero bizzarro e può nascondersi in posti immaginabili.
Un altro bacio e poi scendiamo e solo quando vedo la nostra famiglia al completo, che sento di essere io completa.
Non potevo chiedere di meglio.
Non potevo chiedere vita migliore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Angolo autore:
Buona sera, meraviglie!
Sì, è arrivato il momento dei saluti - per quanto riguarda questa storia.
Spero che questo mini capitolo vi sia piaciuto come conclusione.
Vorrei ringraziare tutti voi, che avete sempre letto le mie parole, facendomi dei bellissimi complimenti e dandomi tanti consigli per aiutarmi a crescere e migliorare.
Ringrazio voi, che avete messo la storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.
Grazie a voi, che avete atteso con trepidazione i nuovi capitoli.
A voi che avete permesso ai Rian - Rose + Ian - di entrare nei vostri cuori.
Credeteci o no, ma sto scrivendo queste parole con le lacrime agli occhi.
Spero di poter “rivedere” alcune di voi in altre mie fan fiction.
Ancora un grazie e un bacio immenso.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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