Our Love Will Be Forever

di KiaWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dopo 14 anni... ***
Capitolo 2: *** Scoperta ***
Capitolo 3: *** Forse c'era una possibilità... ***
Capitolo 4: *** Incontro ***
Capitolo 5: *** La verità ***
Capitolo 6: *** Ricordi ***
Capitolo 7: *** Compleanno ***
Capitolo 8: *** Impossibile! ***
Capitolo 9: *** Litigio e Mistero ***
Capitolo 10: *** Pace e Regali ***
Capitolo 11: *** Sorpresa! ***
Capitolo 12: *** Alice Cullen ***
Capitolo 13: *** Rimorsi? ***
Capitolo 14: *** Matrimonio ***
Capitolo 15: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Dopo 14 anni... ***


Prima di iniziare a leggere, volevo ricordarvi che questa è la mia prima fanfic che pubblico (non so ancora come la mia migliore amica mia abbia convinto a farlo! XD), quindi non riesco a dirvi come sia venuta!
Comunque, buona lettura!


Pov.  Bella
 
«Mamma, sono tornata!», gridò mia figlia dall’ingresso.
«Che libro hai comprato stavolta, Alice? Non dirmi una storiella stupida, altrimenti il mese prossimo non te ne do soldi!». Già, mia figlia adorava leggere. Aveva preso tutto da me, in questo campo, ma a volte comprava libri troppo “da bambini”, per una ragazza di 12 anni. Certo, il più delle volte non mi deludeva, e appena finiva, iniziavo io a leggere quello che aveva comprato, però ogni tanto la sua ormai superata fanciullezza ritornava a fare capolino nella sua mente, e a far spendere soldi inutili alle mie tasche. Ricordai che ogni volta che facevo presente questo dettaglio a suo padre, Jacob, lui si metteva a ridere e la lasciava fare lo stesso. Lui adorava sua figlia, e se è per questo, anche io.
«Don’t worry, mamma, me l’ha consigliato Vanessa e sembra stupendo.. È un romanzo fantasy, quasi dell’orrore!»
«Orrore? E da quando ti piace questo genere di libri?»
«Da quando parla dei vampiri che stanno facendo impazzire tutto il mondo!»
Vampiri? Vampiri?
Oddio.
No.
Brutte immagini, via dalla mia mente!
Dopo, vi prego, la crisi di pianto dopo!
Riuscii a trattenere le lacrime, appena in tempo, e guardai Alice con occhi interrogativi. E comunque, il nome di mia figlia era uno dei tanti ricordi.. no, no, no! Dopo!
Mia figlia mi fece la linguaccia e andò in salotto a leggere.
Io, quasi di corsa, andai a rifugiarmi in camera mia. Chiusi la porta a chiave e sotterrai la mia faccia sotto il cuscino, prima di iniziare con le grida e le lacrime. Non potevo ancora stare male, non dopo che erano passati tutti quegli anni. Non dopo che mi ero sposata, anche per cercare di togliermelo dalla testa. Ogni volta che pensavo che questo era uno dei motivi per cui avevo detto di sì a Jacob, il senso di colpa mi avvolgeva, quasi soffocandomi.
Solo perché lui era andato via.
Da me.
Mi raggomitolai su me stessa, come ogni volta durante le crisi, che mi accompagnavano sempre.
Mi sa che erano inguaribili. Lo sarebbero state per sempre. Per sempre il mio cuore avrebbe sofferto la sua perdita. Ma questo non l’avrei mai mostrato a mia figlia, né lo facevo con Jacob, prima: li amavo troppo per vederli soffrire a causa mia. Lasciai quindi che i ricordi mi si affacciassero per l’ennesima volta nella mente, e mi beai soprattutto della sensazione che mi avvolse quando arrivai al viso. Il suo viso dagli occhi dorati.
 
*
 
«Mamma, sono a casa!». La voce di Alice risuonò chiara come quando era entrata a casa, quel pomeriggio. La frase che aveva detto, mi ricordava tanto suo padre: ogni volta che rientrava a casa dopo una giornata di lavoro, mi salutava calorosamente, come se fossi la cosa più importante al mondo. Quell’incidente però, me l’aveva portato via. Per sempre, pure lui. Perché avevo questa sfortuna?
«Alleluia, è tornata finalmente!», la salutai con un bacio sulla fronte. «Scusami se sono tornata tardi, ma le mie amiche non la smettevano più di comprare vestiti: erano insopportabili! Cosa è rimasto dalla cena?»
«Un po’ di pasta, te la sto riscaldando.»
Appena finì di mangiare, salì velocemente in camera a dormire. Io lavai quei pochi piatti che rimanevano e decisi di andare a dormire. Ero sfinita.
Salii svogliatamente di sopra e mi diressi col pigiama in bagno. Mi lavai con forza il viso, come se l’acqua potesse cancellare i ricordi, o meglio, il dolore di quei ricordi: poiché io non volevo dimenticarlo, volevo solo eliminare la sofferenza che ogni volta ne scaturiva.
Mi appoggiai, sfinita, al lavandino.
Non potevo continuare così. Non dopo 14 anni.
No, non era giusto nei miei confronti.
Io avevo rispettato la promessa: non avevo mai fatto niente di insensato o stupido. Lui no.
Aveva promesso, ma non c’era riuscito.
“Sarà come se non fossi mai esistito”, mi aveva detto.
Beh, non era così, non lo era mai stato e non lo sarebbe stato mai. Lui sarebbe sempre esistito nei miei pensieri. Sempre. Purtroppo o per fortuna? Forse entrambi.
Vi starete chiedendo, allora, come mai non fossi andata a cercarlo, perché avevo continuato a mantenere la mia apparentemente inutile promessa, qual era il motivo per cui ancora mi facesse male il suo ricordo, nonostante il dolore che lui mi aveva causato.
Perché semplicemente era e sarebbe stato l’amore della mia vita, e anche se lui non aveva ricambiato dopo un po’ i miei sentimenti, non riuscivo a non seguire il suo volere ma, nello stesso tempo, non riuscivo a farlo completamente, troppo affezionata a lui da attaccarmi smaniosamente al suo ricordo. Il mio amore verso Jacob non era paragonabile. Era completamente diverso. Un amore in un certo senso protettivo, più che fraterno ma mai come quello che provavo per lui: malsano e inguaribile, ma soprattutto inestinguibile.
Basta. Non potevo continuare così. Mi lavai e cambiai in fretta, e dopo andai in camera di mia figlia, l’unica cosa che mi faceva sentire un po’ meglio. Aprii piano la porta, per non svegliarla, ma dopo un po’ vidi che lei era ancora sveglia, a quell’ora, a leggere ancora quel libro. Lo aveva quasi finito. «Alice, che fai ancora sveglia?», le chiesi con sguardo interrogativo. Lei mi guardò con espressione colpevole.
«Beh, siccome voglio vedere come va a finire… Dai mamma, devo finirlo ormai! Mi mancano gli ultimi tre capitoli, ci metterò al massimo dieci minuti! Per favore!!» mi implorò. Ma cosa aveva di tanto speciale quel libro?
Vedendo che non rispondevo, continuò.
«E poi la protagonista si chiama come la mia mamma preferita! È un segno del destino: anche se è possibile che qualche personaggio abbia il nome di qualcuno che conosco, in questo libro, se la protagonista si chiama come te significa che devi lasciarmelo leggere fino alla fine!»
Non ne potevo più del suo chiacchiericcio. E va bene.
«D’accordo, ma sbrigati. Io vado a dormire, buonanotte..» la salutai con un bacio sulla fronte.
«’Notte mamma, e grazie mille»
Le sorrisi e me ne andai a letto, a dormire.



Ok, non so se dopo aver letto questo primo capitolo seguirete ancora questa storia..
Spero proprio di sì, e se avete dei suggerimenti recensite :D
Beh, speriamo arrivederci! XD


 

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Capitolo 2
*** Scoperta ***


Forse è un po’ presto per aggiornare, ma siccome questo capitolo era stato già scritto, mi sono detta: “Perché no?”….
Vabbè vedremo… buona lettura! ;)
 
Inoltre volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito, messo la storia sulle preferite/seguite!
Non pensavo di avere tutto questo successo xD grazie mille a tutti!
  Pov.  Bella
 
“Mia figlia è letteralmente impazzita!”, mi dissi quando sentii Alice che gridava dalla sua camera. Non faceva altro che ripetere “Adoro questo libro” da ormai cinque minuti. Era snervante.
«Sembra che gli piaccia proprio..» dissi ad alta voce.
«Mamma, mamma, mamma!», urlò mia figlia, scendendo dalle scale.
«Che succede?»
«Il libro è praticamente stupendo!E siccome ti obbligo a leggerlo, non ti rivelo nulla… Anzi, ti leggo solo una frase!»
«Ok..» dissi svogliata. Nel frattempo presi la mia tazzina del caffè e mi diressi verso il lavello.
«Aspetta che la cerco.. ah, eccola! Allora: “Di tre cose ero del  tutto certa. Primo, Edward era un vampiro. Secondo, una parte di lui – chissà quale e quanto importante – aveva sete del mio sangue. Terzo, ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui.” Non è stupenda?»
Non mi accorsi di aver fatto cadere la tazzina, fino a quando non sentii il rumore della ceramica rompersi in mille pezzi. Non riuscivo a credere a quello che avevo sentito. Era impossibile. Inimmaginabile. Incredibile. L’ emozione che avevo sentito quando Alice aveva pronunciato il suo nome era indescrivibile.
«Mamma, che hai?»
«Passami quel libro, immediatamente.»
«Certo.. Tieni..», mi disse titubante e preoccupata.
Quasi glielo strappai dalle mani, ma in quel momento non mi importava. Lo aprii alla prima pagina e iniziai a leggere, con gli occhi sgranati. E in quel momento fui sicura che questo libro, divenuto bestseller mondiale da come mi aveva detto Alice ieri, era stato il mio diario, venti anni fa.
«Wow!» dissi quasi in un sussurro, ma mia figlia riuscì a catturarlo e sembrò rilassarsi.
«Vedo che ti è piaciuto! Beh, allora te lo lascio; io vado a prepararmi..»
Il ricordo mi investì come se fosse successo ieri.
 
La sofferenza stava già iniziando a fare breccia dentro di me, ma non avevo ancora consapevolizzato che lui mi stava lasciando, e quindi riuscivo ancora a parlare quasi scorrevolmente.«Almeno ti prego di tenerlo, è l’unica cosa di caro che ho, e voglio che tu la tenga..» Non sembrava tanto convinto, e quindi decisi che potevo anche dirla una bugia.
«E poi sarà più facile dimenticarmi di te, senza quello in giro..». sì, come se io l’avessi potuto dimenticare. Allora annuì una volta, e così gli consegnai un blocchetto fatto da due quaderni, ormai sgualciti e malconci. Il mio diario, iniziato da quando ero arrivata a Forks, fino a quel momento. Le sue mani sfiorarono le mie per l’ultima volta. «Addio, Bella..». E lui non c’era più.
 
Iniziai a leggere il libro, non curandomi della cucina sporca, dei letti da rifare e neanche del mio essere ancora in pigiama. Forse però avrei dovuto aspettare che mia figlia se ne andasse, per poter essere libera di fare poi quel che avrei voluto, con la casa deserta. Oggi non dovevo neanche lavorare, che fortuna! Chiusi il libro delicatamente, poggiandolo sulla sedia e, mentre aspettavo che mia figlia scendesse pronta per la scuola (era sabato e lei non vedeva ogni volta l’ora che la settimana finisse, quindi sarebbe scesa a minuti), sistemai un po’ la cucina, perché non riuscivo a stare ferma. Finalmente sentii i passi di mia figlia e mi sentii elettrizzata anche io, per tutt’altro motivo.
«Mamma, io sono pronta. Vado a scuola, ok?»
Cercai di non far trapelare nulla, mentre parlavo.
«Certo, buona giornata!»
Lei mi salutò e se ne andò. Era arrivato il momento. Dopo tanti anni. Presi il libro, ne accarezzai la copertina e mi diressi verso il divano. Ci siamo, pensai.
«Pronta?» dissi a me stessa. Sì, lo ero.
Aprii di nuovo il libro e iniziai a leggere le mie parole.
 
Il pianto che mi feci in quelle quattro ore fu il peggiore di tutti. E stavolta non era per il dolore o la sofferenza, ma per la nostalgia che provavo rileggendo tutte le mie parole, le mie emozioni, i nostri discorsi, miei e di Edward.. non riuscivo a crederci, ma ero finalmente riuscita a pensare nella mia mente il suo nome, poiché da quando se n’era andato non volevo più ripetermelo, perché mi sentivo soffocare ogni volta. Ma ora, l’avevo letto e pensato così tante volte nella mia mente, che mi veniva molto più facile di respirare adesso. Strano come dei ricordi che puoi toccare con mano, possano fare questo effetto. Ogni volta che avevo letto di me ed Edward in quel libro, avevo provato una bellissima sensazione e le lacrime erano di gioia… non riuscivo a descrivere cosa provavo, ma era un’ emozione intensa e bellissima, che non provavo da molto, troppo tempo. Avrei dovuto ringraziare all’infinito mia figlia. La adoravo di più per questo. Era strano, però, aver ritrovato il mio diario così. Era possibile che lui l’avesse pubblicato? Guardai nella copertina il nome dell’autore, ma non era un maschio. Stephenie Meyer, c’era scritto. Forse, allora, aveva abbandonato il mio diario da qualche parte, perché non voleva saperne più di me e quello era l’unica cosa che gli ricordasse che esistevo anche io.. però, se conoscevo bene Edward – e lo conoscevo più che bene – non avrebbe mai fatto una cosa del genere, non dopo che io gli avevo detto che era l’unica cosa cara che avevo, non poteva averlo fatto! Decisi di escludere quell’idea a prescindere, e cercai un’altra alternativa. Magari si era firmato con un falso nome, oppure aveva lasciato “il lavoro sporco” – cioè quello di pubblicare il mio diario – a qualcun altro. Quella sembrava la conclusione più ragionevole. Ma c’era ancora una domanda che mi assillava di continuo e a cui non sapevo proprio dare una risposta: perché aveva lasciato che venisse, direttamente o no, pubblicato? Certo, la probabilità che io potessi leggere una storia di vampiri era bassa, dopo quello che era stato, e forse l’aveva pensato pure lui. Ma perché correre questo rischio? Non l’avrei saputo mai.
 
 

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Capitolo 3
*** Forse c'era una possibilità... ***


Allora, questo capitolo è più corto degli altri, perché volevo aumentare un po’ la suspance! XD Vi prometto che gli altri saranno più lunghi.. Buona lettura e fatemi sapere che cosa succederà dopo, secondo voi!
 
Pov. Bella
 
Erano passati sei giorni da quando mia figlia mi aveva fatto leggere quel romanzo, Twilight, e ancora non ero riuscita a dare una risposta a tutte le mie domande. Avevo cercato notizie su internet riguardo a questa Sthephenie Meyer: era una bella donna, simpatica e molto disponibile, a quanto avevo capito. Avevo pensato molte volte a come incontrarla per ottenere delle risposte – perché avevo bisogno di quelle risposte – ma ogni idea che mi era venuta in mente era impossibile da attuare. Non mi scoraggiai però, sarebbe arrivato il mio momento prima o poi…
«Mammaaaaaaaaa!! Ti prego, ti prego, ti prego, dimmi di sì!» urlò mia figlia, che fino a cinque secondi prima era “ipnotizzata” dal computer, a cercare sicuramente notizie sul seguito di Twilight, che si preannunciava la scrittrice fosse in procinto di scrivere. Sì, anche lei era diventata dipendente da questo libro, proprio come me, e non le sfuggiva nemmeno una nuova notizia riguardo a tutto quello che c’entrava con Stephenie e il suo bestseller.
«A che cosa?» chiesi curiosa, allontanando per un po’ i miei pensieri.
«Non ci crederai ma Stephenie Meyer in persona sarà qui a Chicago questa domenica, per il suo libro! Ti prego, mi ci porti? Voglio il suo autografo!»
Rimasi sbalordita. Qui, a Chicago? Davvero? Allora avrei potuto finalmente incontrarla!
“Sì, certo che ti ci porto, figlia mia adorata!”, pensai. Aspetta, Bella, sei pur sempre una mamma. Fai con calma.
«Davvero, e dove sarà questa Stephenie?»
«Al Palace Hotel! Ti prego! Andiamoci!»
Resisti Bella, stai tranquilla.
«E, sentiamo, perché dovremmo andarci?»
«Perché voglio il suo autografo! Perché voglio incontrarla da quando ho letto il libro, perché sarebbe una cosa strafighissima e poi, dai mamma, piace anche a te Twilight!»
Ecco la risposta più che esauriente di mia figlia.
«D’accordo Alice, ma non cominciare a gridare perché..»
Non riuscii a concludere la frase, che me la ritrovai con le sue braccia strette al collo, urlando “grazie” a mai finire. Sorrisi anche io, alzando gli occhi al cielo. Quel gesto l’avevo preso da lui...
 
Alice mi aveva convinto a prenotare una camera per due al Palace Hotel solo per una notte, cosicché l’indomani avremmo potuto arrivare puntuali all’incontro con la Meyer. Avevo acconsentito, ma non ne ero più così sicura… In fondo, non era poi così importante… o forse sì. Comunque, Alice adesso stava dormendo fra le lenzuola bianche della camera che avevamo prenotato, e io non avevo avuto ancora uno straccio di idea per come avvicinare la Meyer e parlarle. Forse avrei potuto farlo al bar dell’hotel.
Ma come riuscivo a farla andare là?
Ideona: potevo scriverle un piccolo biglietto e darglielo mentre mia figlia si faceva firmare la sua copia del libro.
Mi sedetti sulla sedia, presi carta e penna e iniziai a pensare alle parole.
 
 

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Capitolo 4
*** Incontro ***


Innanzi tutto, voglio ringraziare tutti voi che mi seguite, recensite o che state semplicemente dietro le quinte, vi adoro lo stessso. Inoltre un grazie speciale va sarahmanga per avermi aggiunto come autore preferito: veramente, non me lo sarei mai aspettato!
Comunque, eccoci qui: il primo incontro tra la nostra Bella e Stephenie! Quello che ho scritto non mi convince per niente, ma dopo averlo rifatto tre volte, ho lasciato perdere… Voglio precisare che io ADORO come scrive la nostra Steph e le sue idee geniali, ma non ho avuto altra scelta che non darle il merito della scrittura del suo romanzo, altrimenti potevo dire addio a questa fanfic xD non uccidetemi! Ok, mi sono dilungata troppo, vi lascio al capitolo J
 
PS: ho appena finito di rivedere il film “50 volte il primo bacio”: non è stupendo? Io mi emoziono ogni volta *.*

 
Pov. Bella
 
Eravamo messe in fila, io e mia figlia, dietro uno sciame enorme di ragazzine, di donne formate e anche di molte mamme come me. Mi stupii ancora una volta di quanto successo avevano avuto le mie parole in quel libro: nessuna di quelle ragazze davanti e dietro di noi sapeva che io ero la vera autrice, e io comunque non volevo che lo scoprissero; avrei dovuto essere arrabbiata con quella Stephenie per aver preso il mio posto senza permesso, ma non ero nemmeno irritata per quella storia, sia perché probabilmente lei non sapeva nemmeno di avermi rubato “le parole” e sia perché preferivo l’anonimato. Quando ero piccola qualche volta avevo immaginato di scrivere un libro e pubblicarlo, ma ogni volta avevo fatto marcia indietro perché sapevo di non avere il coraggio sufficiente. Speravo almeno che questa Stephenie fosse davvero una brava persona e che meritasse tutto questo successo. La fila si stava accorciando davanti a noi, e l’ansia mi attanagliava lo stomaco, anche se cercavo di non darlo a vedere. Mentre Alice sprizzava gioia da tutti i pori ed era elettrizzata, io non smettevo di rigirarmi in continuazione tra le mani il bigliettino, per il quale c’avevo messo ben due ore, ieri dopo che Alice si era addormentata, per decidere quali fossero le parole giuste e, soprattutto, quelle più convincenti.
Meno cinque ragazze…
Speravo con tutto il cuore che il mio piano funzionasse.
Meno tre…
Avrei potuto sembrare un’invadente, però, se glielo avessi consegnato di botto, o passare per una stalker… magari non avrei dovuto darglielo… No, non potevo tirarmi indietro proprio adesso, non ora che ero arrivata a questo punto. Altrimenti me ne sarei pentita per il resto della vita.
Meno una…
Eccola. Riuscivo a vederla. Era una donna graziosa, con morbidi capelli rossicci che le incorniciavano il viso. Aveva un sorriso gentile, e sembrava una persona affabile. Incrocia le dita, Bella, mi dissi.
«Ciao piccola, come ti chiami?» disse a mia figlia.
«Sono Alice…» rispose la mia bambina, improvvisamente tranquilla. Sapevo, però, che dentro di lei era molto emozionata. Le porse il libro e Stephenie iniziò a firmare.
«Sei stata molto brava, è una storia bellissima!» disse Alice, con ritrovato coraggio.
Sul viso della “scrittrice”, che aveva rivolto a mia figlia un mezzo sorriso imbarazzato e l’aveva ringraziata, lo vidi. Vidi un lampo nei suoi occhi, che agli altri sicuramente poteva sembrare imbarazzo per il complimento, ma io riconobbi il senso di colpa che, a quanto pareva, provava. Forse, in fondo, era una donna umile e sentirsi ricevere tutti quei complimenti in realtà immeritati la facevano sentire in colpa.
«Ecco a te piccola..» disse Stephenie, dopo aver finito l’autografo. Come, già finito? No! Mia figlia si stava già allontanando per far spazio alle altre ragazze che attendevano. Non poteva finire così. Non potevo farla finire così. Ma non sapevo come darle il mio bigliettino.
«Mamma, andiamo?» disse Alice.
Idea improvvisa. In questo periodo stavano diventando sempre più fulminee.
Allungai la mano, come per stringere quella della Meyer, e lei, dopo uno sguardo sorpreso, si riscosse immediatamente e mi sorrise, allungando anche la sua di mano. Perfetto.
«Grazie mille, signora Meyer..» dissi, lasciando il bigliettino nella sua mano. E poi le sussurrai sottovoce, guardandola intensamente: «La prego, per favore!»
Così, immediatamente mi girai e con passo veloce mi allontanai, affiancata con un po’ di difficoltà da mia figlia.
Speriamo accetti, pensai.
 
Pov. Stephenie
 
“Lo so che può sembrarle strano tutto questo, ma ho bisogno di sapere, la prego.
Io sono la Vera Isabella Swan del suo – o meglio, del mio – romanzo. Ho bisogno di parlarle.
Rimarrò al bar di questo stesso albergo fino alle 4 di oggi pomeriggio. Spero proprio che venga.
Grazie comunque, anche solo di avermi permesso di nuovo di rileggere le mie frasi. È stato un pezzo di vita ritrovato, e che di sicuro non lascerò più andare.
Buona fortuna per la vita,
Bella”
 
Rilessi di nuovo il piccolo messaggio che mi aveva lasciato quella donna.
Non poteva essere davvero lei.
Mi aveva detto che lei non avrebbe mai letto una storia di vampiri, mi aveva promesso che non sarebbe venuta a cercarmi per reclamare il suo diario.. però, se lo rivoleva, perché non aveva mostrato a tutte quelle ragazzine di prima la verità? Era strano e ingiusto già mostrarmi al mondo intero come una scrittrice, anche se ero solo una bugiarda e impostora, e quando avevo accettato di far finta di essere io l’autrice, ancora però con molti dubbi, avevo accettato di fargli questo favore: avrei permesso che il diario di questa Isabella fosse pubblicato col mio nome. Poi, quando era diventato così famoso che non mi era stato più permesso di uscire di casa senza essere inseguita da fan scatenati, stavo per mollare e spifferare tutto, eppure mi aveva di nuovo convinto a resistere, promettendo che quello che mi era capitato stamattina non sarebbe successo.
E invece si sbagliava.
Una donna, venuta da chissà dove con sua figlia, mi aveva lasciato in mano questo biglietto che continuavo a rigirarmi tra le dita. Poteva anche essere uno scherzo, o forse quella donna aveva detto una bugia, solo per acquistare notorietà. Eppure i suoi occhi erano così tristi…. no, non poteva aver mentito, le si leggeva in faccia tutta la verità.
Lei era Isabella Swan, la ragazza diciassettenne che si era innamorata di un vampiro.
Avevo tanta paura per questo incontro, ma non potevo renderle la vita ancora più difficile.
Dovevo incontrare quella donna.
 
 

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Capitolo 5
*** La verità ***


Allora, ecco qui il 5° capitolo, spero vi piaccia! Prima di leggere però, vorrei chiedervi se qualcuno sa come si inseriscono le canzoni e le immagini in un capitolo. Se lo sapete, ne sarei molto grata se me lo diceste in un messaggio privato. Grazie mille in anticipo, vi lascio al capitolo. Bacioni :*
 
Pov. Stephenie
 
Presi il telefono, composi il numero che ormai conoscevo a memoria e premetti il tasto verde.
Dovevo sapere cosa ne pensava, cosa voleva che dicessi e facessi, altrimenti non avrei saputo proprio come comportarmi.
 

Pov. Bella
 
Il mio piede non smetteva di sbattere frenetico contro il pavimento liscio e levigato del bar.
15.45
Sentivo i rintocchi dei secondi sul mio orologio, quasi fossero amplificati da un microfono, e mi sembrava che il mio cuore battesse seguendo il loro ritmo. Avevo fatto tutto il possibile, ora dovevo solo sperare che lei accettasse di venire.
Ma chi prendevo in giro? Per lei ero una sconosciuta, non avevo neanche il diritto di sperare in un suo arrivo.
15.50
Avevo lo stomaco in subbuglio, non riuscivo a toccare nulla dei salatini che si trovavano sopra al bancone, vicino al quale ero seduta. Non riuscivo a pensare a nulla, anzi solo a mia figlia che, ignara di tutto, era ancora in camera ad aspettare me, “torno tra un po’, il tempo di pagare e poi ce ne andiamo”, le avevo detto. Ma ero uscita più di un’ora fa.
15.55
Bella, che fai ancora qui? Sei in attesa di una persona che non arriverà. Vai da tua figlia, pensa a lei e dimentica tutto. Sarebbe molto più salutare per te.
La mia vocina interiore probabilmente – anzi sicuramente – aveva ragione, ma nonostante ciò non riuscivo a muovermi. Guardai nuovamente l’orologio, cinque minuti, cinque lunghissimi minuti, ecco quanto mancava. Se non sarebbe arrivata entro quell’ora, mi sarei rassegnata e me ne sarei andata. Me l’ero promesso.
16.00
Ecco qua. Finito. Non c’è. Alzati Bella, hai già perso troppo tempo.
Non riuscivo a sopportare la delusione, mentre raccoglievo la borsa appoggiata allo sgabello affianco a me, perché in fondo ci avevo sperato veramente. Misi la borsa a tracolla e mi alzai.
«Aspetti! Si fermi, signora Swan!»
Mi girai, sentendo pronunciare il mio nome.
E mi sorpresi del volto che vidi.
Era Sthephenie.
«Mi scusi per il ritardo, ma mio marito non smetteva di blaterare al telefono, e mi ha fatto perdere la cognizione del tempo!» disse, quando arrivò di fronte a me, col fiatone.
«Spero non sia troppo tardi!»
Era davvero lei. Aveva accettato di venire. Era qui. O mio Dio.
«No, non lo è» dissi, con le lacrime agli occhi.
Lei mi rispose con un sorriso a trentadue denti.
«Bene! E, mi scusi, io so tutto di lei, o meglio una gran parte, ma io non mi sono ancora presentata ufficialmente: piacere, io sono Sthephenie Meyer!» disse porgendomi la mano.
«Bella Swan» risposi, stringendole la mano e sorridendo a mia volta.
«Bella, che ne dice di spostarci in un luogo più appartato? Se non è un problema per lei…»
«No, non lo è affatto» dissi. Infondo avevo bisogno di parlarle a quattr’occhi e orecchie. «Però mi dia del tu!» dissi, per alleggerire l’atmosfera.
«Allora anche lei, ehm tu!» rispose ridendo.
«D’accordo» mi unii alla sua risata.
«Vieni, da questa parte potremo parlare in santa pace»
Mi condusse in un piccolo salottino, di quelli che si trovano negli alberghi e dove gli ospiti possono rilassarsi e bere qualcosa tranquillamente. Ci sedemmo su delle poltrone rosse, una di fronte all’altra, separate da un tavolino. La sua espressione era ritornata seria, come la mia. Questo era un momento troppo importante.
«Bella, io sono pronta, fammi tutte le domande che vuoi»
Ecco, era arrivato il momento.
Non iniziai con la domanda più importante, quella me la sarei tenuta per dopo.
«Stephenie, non so se sai che il tuo romanzo è stato il mio diario vent’anni fa, comunque la mia domanda è: ti è stato dato da qualcuno, giusto? Per ora non voglio sapere chi è, voglio solo sapere se è così..»
Mi stupivo di me stessa: non riuscivo davvero a capire come mai stavo parlando con un tono così calmo e sereno, anche se dentro ero piena di dubbi e tormentata da mille pensieri.
«Sì, è così Bella, mi è stato dato da qualcuno…» rispose.
Sorrisi: bene, se non altro avevo azzeccato.
«E come mai hai accettato di pubblicarlo?» dissi con la stessa calma di prima.
«Senti Bella, io mi volevo scusare proprio di questo, ti giuro che non volevo farlo, mi sono ribellata fin dal primo momento ma… questo qualcuno mi ha così pregato di farlo, che alla fine ho acconsentito. Se per te va bene, possiamo subito rivelare a tutti che sei stata tu a scriverlo e che…»
«No, no, al contrario, sono molto felice che tu l’abbia fatto!»
«N-non sei arrabbiata con me? Davvero?»
«Certo che no! Come potrei esserlo? Mi hai fatto sognare e rivivere dopo venti lunghissimi anni? Come potrei arrabbiarmi con la persona che mi ha salvato la vita? Io non voglio che il mondo sappia chi ha davvero scritto questa storia, voglio solo ringraziarti» le dissi sincera.
Sembrava sbalordita dalle mie parole. Non riusciva davvero a crederci.
«Ma io mi sento in colpa, non sai che tormento ogni volta, quando qualcuno mi dice come sono stata brava a scrivere! Io non ce la faccio più a prendermi il merito, perché non è giusto!»
«E invece devi continuare a farlo, perché se questo qualcuno ti ha dato il mio diario e ha avuto tutto questo successo la storia, vuol dire che l’ha affidato in buone mani. Io mi fido di questa persona, se l’ha fatto vuol dire che sei davvero una scrittrice molto brava. E quindi anche io mi fido di te!» dissi.
Lei era con le lacrime agli occhi.
«Davvero Bella, io non…»
«Non preoccuparti Stephenie, te lo meriti!»
Quello che fece mi sorprese. Si alzò all’improvviso e mi venne ad abbracciare.
«Grazie mille, Bella, non sai quanto questo significhi per me!» rispose, bagnandomi la maglietta delle sue lacrime. Io ricambiai l’abbraccio. Dopo un po’ si ricompose e tornò al suo posto.
«Vorrei chiederti una cosa io, adesso…» concluse.
«Certo, dimmi..»
«Davvero non ti interessa sapere chi me l’ha dato?» mi chiese.
«Certo che mi interessa! Però voglio risparmiarmi la botta a dopo…» risposi.
«Ecco, il problema è proprio qui..»
«Quale problema?» chiesi sospettosa.
«Sì, insomma, mi ha chiesto di… di non dirtelo chi è stato, ecco..»
«Cosa?!» quasi urlai, per la disperazione.
«Bella, mi dispiace un sacco, ma ha detto che ancora non era il momento giusto, che però prima o poi mi avrebbe permesso di dirtelo! Io non voglio farti del male, però..» disse dispiaciuta.
In fondo me l’aspettavo una cosa del genere, era quasi prevedibile. Anche se non era giusto verso di me, dovevo rispettare quelle regole imposte. Stephenie non c’entrava nulla.
«Dimmi qualcosa, Bella!» mi implorò.
«D’accordo Stephenie, facciamo come dici, tanto non penso mia sia rimasta altra scelta..» mormorai, quasi più a me stessa che a lei.
«Non so proprio come fai» sbottò allora.
«Come faccio cosa?»
«Ad accettare tutto questo! Io al posto tuo non ci riuscirei..» disse.
E allora le rivelai quello che non avevo mai detto a nessuno in questi anni.
«Quando si ama qualcuno, non hai vie di scampo: devi accettare tutto, per il suo bene e la sua felicità, anche se tu ne soffrirai per il resto della vita.»
«Sei proprio coraggiosa, Isabella Marie Swan, devo dirtelo!»
Sorrisi.
 
Purtroppo per voi, ancora non si è scoperto chi è stato! Ci leggiamo al prossimo capitolo, gente! ;D
 

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Capitolo 6
*** Ricordi ***


Scusate, non avrei neanche il diritto di ripresentarmi di nuovo qui, davanti a voi, ma il ritardo è stato assolutamente involontario. Ho avuto una vacanza che è durata sette giorni, e sono appena tornata dal campo scout (si, sono una Guida, e sono FIERA esserlo u.u), e quindi non ho avuto il tempo materiale né per scrivere né per postare alcunché. Sorry :S
However, questo è il capitolo, spero vi piaccia. Ah, e per ultimo, ma non meno importante, ringrazio INFINITISSIMAMENTE tutte quante voi per aver recensito, aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate o anche solo per averla letto dietro le quinte. Baciiiii :*
 

Eccoci di nuovo a casa, al sicuro, in un certo senso. Avevo lasciato Stephenie già da qualche ora, con la promessa di rivederci e di sentirci tramite mail o cellulare.
Mi era sembrata molto simpatica e comprensiva mentre parlavamo, e non potevo avercela con lei.
Saremmo diventate grandi amiche, me lo sentivo.
Mia figlia, ancora emozionata dalla giornata e ignara del mio incontro pomeridiano, mi ringraziò un centinaio di volte e io non facevo altro che sorridere per la sua felicità. Decidemmo per una pizza come cena, e poi andammo a dormire. O meglio, lei andò a dormire, e io mi rintanai nella mia camera, come un lupo nella sua tana, per pensare a quello che era successo.
Istintivamente abbracciai il cuscino di Jacob: quanto mi mancava in questi momenti, lui era stato l’unico che realmente riusciva a capirmi e mi aveva amato così tanto da non avermi mai fatto domande riguardo alle mie stranezze e ai miei pianti continui ed improvvisi.
Ora più che mai avevo bisogno del suo abbraccio caldo e stritolante, ma purtroppo lui non c’era.
Decisi quindi di fare una cosa che non avevo mai fatto prima di allora, tanto la giornata non poteva andare ancora peggio di com’era stata: avrei aperto la scatola.
In questa c’erano contenuti tutti i miei ricordi materiali, che un tempo, il solo pensarci mi faceva male. Ma in fondo avevo bisogno di una spolverata no?
Così mi allungai verso l’ultimo cassetto del comodino e, con le mani tremanti, presi quel contenitore nascosto da una pila di vestiti.
Era ormai sgualcito dal tempo e il coperchio era un po’ rovinato dai lati, ma l’importante era il contenuto.
Aprii quella scatola e buttai tutto il contenuto nel letto. L’oggetto che fece più rumore fu la radio strappata al mio vecchio pick-up.
Sorrisi, ricordando il mio fratello-orso, Emmett. Quanto mi mancavano la sua spavalderia e simpatia.
Poi i miei occhi caddero ai due biglietti per Jacksonville, ormai scaduti, che mi avevano regalato Carlisle e Esme.
Mi ci soffermai solo il tempo di ricordare i loro due splendidi visi, prima di pensare a chi mi avrebbe dovuto accompagnare a far visita a mia madre.
E poi, gli ultimi oggetti, molto più recenti e molto più importanti raccolsero la mia attenzione: decine di foglietti di carta, bianchi inizialmente ma ormai un po’ ingialliti dal tempo, con degli auguri per me. Li avevo trovati sempre nella stessa data davanti la porta di casa, e ogni volta scrutavo il paesaggio attorno per trovare chi me li aveva recapitati, ma invano.
Sapevo chi fosse stato, e ogni anno era una gioia per me trovarli lì, sull'uscio della mia dimora. Ne presi uno a caso.
Tanti auguri Bella per il tuo compleanno, ti voglio tanto bene.
Per sempre, la tua migliore amica.

Ne presi un altro.
È passato un altro anno, ma il mio affetto per te rimane immutato.
Auguri, amica mia.

Ogni volta era stata una grande emozione riceverli, perché così sapevo che anche lei non mi aveva dimenticato e continuava a volermi bene.
Non sapendo come ringraziarla, avevo deciso di dare il suo nome alla mia bambina.
Era il minimo che potessi fare.
Presi un altro biglietto, l’unico ricevuto in una data diversa, il giorno del mio matrimonio, insieme ad un pacco enorme.
Ormai non sei più una ragazzina, ma una donna adulta e bellissima.
Sono fiera di te, non mi hai mai deluso in questi anni.
Ricordati che ti voglio un bene dell’anima e non potevo non farti un regalo, almeno oggi.
So che hai già comprato il tuo vestito, ma non ho resistito a fartene uno io.
Spero che ti piaccia comunque.

Con tutto il cuore, tanti auguri per il tuo futuro
Alice.

Era stata l’unica volta in cui si era firmata, e aprendo la scatola, non avevo potuto fare altro che rimanere sbalordita.
L’abito era bellissimo e mi calzava a pennello. Avevo già preso la mia decisione, e quando mia madre mi vide avanzare verso l’altare con un abito diverso da quello che avevamo scelto, in un primo momento rimase stupita, ma poi si riscosse e sorrise come non aveva mai fatto.
Sapevo che Alice era lì da qualche parte ma, giustamente, non riuscii a vederla neanche per un secondo.
Quello, però, fu uno dei giorni più belli della mia vita.
Ricordare tutte queste cose però non mi fece male come mi aspettavo, ma anzi fui molto felice e le lacrime che mi cadevano erano di gioia.
"Quanto mi manchi Alice, tu più di tutti. Quanto avrei voluto che tu fossi con me durante tutto questo tempo. Ti voglio tanto bene, te ne vorrò per sempre, amica mia."
 

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Capitolo 7
*** Compleanno ***


Eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo! Non so che dirvi, quindi buona lettura ;D
Un grazie IMMENSISSIMO a
itachiforever per avermi aiutato con questo capitolo. Bacii :*
 
«Mamma, svegliaaaaa!! Mamma, su, alzati! Buon compleanno!»
Oh, no. Non può essere.
«Mamma! Daiiiiiiii!»
Non è possibile. Non poteva già essere il 13 Settembre.
Aprii svogliatamente gli occhi.
«Si, Alice, sono sveglia..»
«Tanti auguri, mamma!» e mi circondò con un abbraccio soffocante.
«Grazie, amore mio…» le dissi e le diedi un bacio nella fronte.
Lei sorrise, felice, e io risposi con un sorriso tirato. Era passato un altro anno. Continuavo ad invecchiare ogni giorno che passava, ma oggi era quantificabile. Avevo 32 anni. Io non ero per niente felice. «Dai mamma, lavati, vestiti e così usciamo! Andiamo a fare shopping!»
No, questo no!
«Ma Alice, per il mio compleanno non dovrei fare quello che piace a me?»
«Ma mamma, per favoreee! Ci divertiremo un mondo!»
Non potevo resistere al suo sguardo da cane bastonato con gli occhi dolci.
«E va bene…»
«Evviva!» Cominciò a saltellare per tutta la stanza, ricordandomi molto la mia amica da cui aveva preso il nome. A proposito, oggi avrei ricevuto un altro biglietto. Non vedevo l’ora che arrivasse mezzogiorno, così da poter leggere un altro dei suoi biglietti. E se quest’anno avesse deciso di non mandarmene più? Ogni anno mi veniva sempre lo stesso dubbio, che sfocava ogni volta con il suono del campanello. Ma magari, forse, quest’anno, aveva cambiato idea… Meglio non pensarci, mi dissi, e iniziai la mia giornata senza alcun pensiero in testa.
 
«Esprimi un desiderio, forza!»
Come ogni anno, espressi lo stesso desiderio e soffiai. Alice mi applaudì e insieme mangiammo la nostra torta. Non ebbi neanche il tempo di ingoiare la prima forchettata, che sentii suonare il campanello. Mi immobilizzai, con gli occhi sgranati e un sorriso da ebete in faccia. Alice mi guardò con un’ espressione strana, del tipo mia-mamma-è-impazzita, ma in quel momento non me ne preoccupai. Corsi verso la porta, impaziente. Prima di prendere il biglietto mi guardai intorno, sperando che lei si facesse vedere. Speranza vana. Mi chinai allora per raccogliere il foglietto con gli auguri, ma mi stupii di trovare anche una piccola scatolina. Raccolsi il tutto e tornai in cucina. Alice aveva ancora la stessa espressione di prima.
«Chi era, mamma?»
Non le risposi e iniziai a leggere.
Cara Bella, buon 32° compleanno. Ti voglio tanto bene e spero che il mio regalo ti piaccia.
Che strano, non mi aveva mai fatto un regalo fino ad oggi, tranne che per il matrimonio. Stavo per aprirlo, quando mia figlia mi fermò.
«Mamma! Allora? Chi era?»
«Una mia vecchia amica» risposi distrattamente.
«E la conosco?» chiese insistente.
«No» risposi. “E invece la conosci molto più di quanto tu possa pensare”.
«E perché piangi?»
Lo stavo facendo davvero? Mi toccai la guancia, e in effetti una lacrima mi bagnava il viso. Cercai di asciugarla in fretta.
«Mamma, non prendermi in giro!!! Io ho capito tutto, sai?!»
Strabuzzai gli occhi davanti alla sua risposta.
«Tutto cosa?»
«Non so chi sia a mandarti questi biglietti ogni anno, ma sono stufa di vederti piangere ogni volta! Come quando hai pianto dopo aver letto il libro, oppure quando di tanto in tanto ti rifugi in camera tua con la testa sotto il cuscino! Dimmi che cosa hai, mamma!»
Restai allibita alle parole di mia figlia. Aveva notato tutto. Non le aveva nascosto nulla.
«Alice, ma io…»
«No, niente ma! Voglio sapere la verità!»
Ecco, è arrivato il momento.
«D’ accordo Alice, ti racconterò la mia storia…»       

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Capitolo 8
*** Impossibile! ***


Pov Alice
 
«D’ accordo Alice, ti racconterò la mia storia…»
Lo stava per fare veramente. Per davvero.
Erano dodici anni che aspettavo questo momento. Prima di oggi, non avevo mai avuto il coraggio di chiedere a mia madre il perché della sua tristezza, perché avevo paura di farla soffrire ancora di più, ma sotto sotto avevo soprattutto paura di scoprire la verità. Il dolore che vedevo a volte negli occhi di mia madre lasciava intuire che non fosse una cosa da nulla. Solo con papà sembrava che quel dolore si attenuasse, solo quando era con lui la mamma era più serena, tranquilla, rilassata, felice. Sembrava che io non avessi lo stesso effetto calmante che mio padre aveva su di lei, ed ero molto triste per questo. Non sapevo come poterla aiutare.
«…ma sappi che non è una storia felice, anzi all’inizio lo era, io lo ero: molto, molto felice, fino a quando.. beh, si insomma, fino a che…» si interruppe, incapace di proseguire. Le lacrime stavano per riaffiorare di nuovo, e quindi decisi di aiutarla.
«D’accordo, mamma, partiamo dall’inizio, ok? Così forse ti verrà più facile…»
Mi sorrise, affettuosa e grata.
«Ok, sappi che all’inizio sarà difficile per te accettarla, ma se mi darai il tempo per spiegarti tutto e ragionerai con calma, ti convincerai che è tutto vero!» disse, accarezzandomi una guancia.
Sorrisi, titubante a quelle parole, ma curiosa di sentire il resto.
Prese un altro profondo respiro e iniziò.
«Alice, tesoro mio, la mia storia inizia precisamente 14 anni fa, quando avevo diciotto anni. In realtà, l’inizio è una storia che adesso conosci alla perfezione, se non quasi a memoria. Sai che esperienze ho vissuto, sai che cosa ho provato e sai perfettamente tutte le scelte che ho fatto…»
Non capii neanche una parola di quello che aveva detto.
«Ma mamma, io non so tutte queste cose che hai detto! Come potrei saperle, se tu non me le hai neanche raccontate?» chiesi, dubbiosa e un tantino arrabbiata. Credeva che non avrei ricordato niente, se lei si fosse degnata qualche volta di raccontarmi anche solo un piccolo aneddoto della sua vita di adolescente?
«E invece, piccola mia, tu sai tutto questo. Aspettami qui, va a prendere una cosa..» disse salendo le scale. Dopo due minuti tornò con in mano una scatola e la mia copia di Twilight.
«Mamma, perché hai preso quel libro?»
«Perché io sono Isabella Marie Swan, la protagonista di questo libro, che 14 anni fa è stato il mio diario…»
No. Era impossibile. Uno scherzo bello e buono. E va bene che la protagonista si chiamava Isabella Marie Swan, ma era solo una coincidenza e la mamma mi stava facendo uno scherzo di pessimo gusto. E poi le non si chiamava Marie, giusto? Non mi aveva mai detto di avere un secondo nome, quindi non poteva che essere tutta una bugia.
«Mamma, smettila di scherzare, io voglio conoscere la tua vera storia!»
«Ma è la verità, Alice! Non ti sto mentendo! Lasciami solo raccontare come sono andate le cose e…»
«Ah sì? Non stai mentendo? E va bene, ti ascolto: dimmi come ha fatto Stephenie Meyer a conoscere la “tua” storia!» dissi, mimando le virgolette alla parola tua. Iniziavo davvero ad arrabbiarmi. Cercai però di non interromperla.
Allora lei iniziò a raccontarmi di quando, grazie a me, aveva scoperto che quello era stato il suo diario, di quando aveva visto la Meyer a quell’hotel e le aveva lasciato un biglietto per chiederle di incontrarsi. Di quando si erano incontrate e avevano parlato, ma Stephenie aveva detto che chi le aveva dato quel diario, non voleva ancora far sapere a Bella chi fosse. Di come, parlando, erano diventate lei e la Meyer così amiche da scambiarsi il numero di telefono. Me lo mostrò anche, salvato nella sua rubrica del cellulare, memorizzato con il nome Stephenie Meyer. E dopo aver finito di parlare del loro incontro, vedendo che io stavo zitta, senza dire una parola, decise di iniziare a raccontarmi la sua storia, che io conoscevo a memoria. La storia di quella ragazza diciassettenne che si trasferisce dal padre in una nuova, piccola città e lì incontra l’amore della sua vita, il vampiro vegetariano Edward insieme alla sua famiglia. Ogni volta che la mamma nominava Edward o ricordava i momenti vissuti insieme a lui, sorrideva felice, come non l’avevo mai vista fare. A mano a mano che la storia continuava e si arricchiva di particolari, io diventavo sempre più scettica e preoccupata. Scettica perché, diciamocelo, è impossibile da crederci: è impossibile, giusto? E preoccupata per mia madre, che se si era inventata tutto questo aveva seriamente dei problemi e io non sapevo che fare. Dopo la parte in cui Stephenie, nel libro, parlava del ballo a scuola, ovvero la scena finale, pensavo che mia madre si interrompesse. E invece no. Continuò ancora a raccontare. Mi disse che l’estate seguente, insieme al “suo” Edward fu la migliore della sua vita, ma che all’inizio dell’ultimo anno di liceo la cosa cominciò a cambiare. Anzi iniziò a cambiare durante il suo 18° compleanno. Stavano tutti festeggiando tranquilli a casa Cullen, quando lei si tagliò il dito mentre strappava la carta da un regalo. Allora Jasper, il fratello di Edward, fu attirato dal sangue. La situazione degenerò ma Edward riuscì a tenerlo lontano e alla fine la serata si risolse. Ma Edward da quel momento non fu più lo stesso. Nei tre giorni che seguirono, lui sembrava essere sempre più distante e sofferente, e lei non riusciva a capire perché. Pensava che ormai il problema con Jasper fosse stato risolto. Ma non aveva capito che il problema ormai non era più Jasper, ma lei stessa. Edward non la voleva più. Glielo disse, appunto, tre giorni dopo il suo compleanno. Mentre la mamma raccontava questa parte, non riusciva a trattenere le lacrime e i singhiozzi. Le dissi di fermarsi, perché non potevo vederla così, straziata dai ricordi. Ma lei non ne volle sapere, disse che avevo il diritto di conoscere tutto e continuò a raccontare. Edward la lasciò, e tutto il suo mondo parve crollarle addosso. La mamma disse che quel periodo fu il più doloroso della sua vita, fino a quando non cominciò a stare più tempo con papà, che già conosceva fin dall’infanzia, il quale era l’unico con cui il dolore sembrava evaporare per un po’. Finì per innamorarsi di lui, e quando papà morì fu come se la mamma fosse morta una seconda volta, così almeno disse lei. Ogni anno, da quando i Cullen se n’erano andati, la mamma aveva ricevuto per il suo compleanno un biglietto di auguri, come quello che aveva letto stamattina. Erano tutti di Alice, che era l’unica che non si era mai dimenticata di lei e, siccome non sapeva come ringraziarla, decise di mettermi il suo nome quando nacqui. La mamma allora aprì la scatola e mi mostrò tutti i bigliettini di auguri e due dei suoi regali per il suo 18° compleanno, ovvero la radio di emmett e i biglietti per Jacksonville di Carlisle e Esme.
«E oggi, come ogni anno, me n’è arrivato un altro, con la differenza che quest’anno Alice mi ha lasciato anche un regalo..» concluse la mamma, indicando il pacchetto ancora incartato che aveva preso poco prima davanti alla porta.
Adesso mi guardava, aspettando una risposta.
Ma sinceramente io non sapevo che pensare. Non potevo credere a quella storia! Dannazione, i vampiri NON esistono! Eppure ogni cosa combaciava, sia col libro che con tutto quello che aveva raccontato la mamma. Ma la mia mente rifiutava di crederci.
«No – dissi, più a me stessa che alla mamma – è impossibile… Non è vero tutto questo..»
Alzai gli occhi verso di lei, che mi rivolse un sorriso triste, come a dire lo-sapevo-che-non-ci-avresti-creduto-ma-invece-è-tutto-vero.
«D’accordo, Alice, questa è l’ultima prova che mi rimane per farti credere a quello che ho detto..» e così dicendo, la mamma portò la sua mano verso il polso destro, nascosto perennemente da un polsino.
Mi venne immediatamente un immagine fulminea. No, impossibile!
Tolse il polsino e scoprì la pelle.
Era tutto vero.
Tutto quello che non riuscivo a credere, perché impossibile, era tutto vero.
Fissai meravigliata e nello stesso tempo disgustata la cicatrice che aveva mamma nel polso.
La cicatrice del morso di James.

 
Eccoci ad un nuovo capitolo, ragazze. Spero che vi sia piaciuto, perché ho messo tutta me stessa e la mia concentrazione per scriverlo. Spero solo che sia venuto bene. È più lungo rispetto agli altri, quindi credo che siete contente almeno di questo xD secondo voi cosa penserà Alice dopo questa scoperta? Come reagirà? E cosa succederà dopo? Al più presto possibile, girls ;)
Grazie a chi segue la mia storia:

1 - 1717 [Contatta]
2 - 96giuggi [Contatta]
3 - Akiram Vampire [Contatta]
4 - ale1982 [Contatta]
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A chi l’ha messa tra le preferite:
1 - amicotta [Contatta]
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5 - itachiforever [Contatta]
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7 - Kristen Cullen [Contatta]
8 - Romy [Contatta]
9 - sarahmanga [Contatta]
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E a chi tra le ricordate:
1 - Alice and Nessie [Contatta]
2 - FCq [Contatta]
3 - nessie mimi [Contatta]
4 - sarahmanga [Contatta]
Ma soprattutto a chi recensisce, vi voglio molto bene e non vi ringrazierò mai abbastanza per questo, mi fa molto piacere che la mia storia piaccia così tanto! <3
Ok mi sono dilungata troppo, bye xD

 

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Capitolo 9
*** Litigio e Mistero ***


Pov. Alice
 
No, non, no. Impossibile. Non poteva essere tutto vero.
«Alice, amore, dimmi qualcosa, ti prego..»
Non riuscivo ad articolare nemmeno una parola.
La mamma si avvicinò lentamente.
«Alice, parlami..»
Visto che continuavo a non aprire bocca, allungò una mano per accarezzarmi la guancia, ma mi ritirai, disgustata.
La mamma spalancò gli occhi, sorpresa.
«Non toccarmi..» sussurrai.
E a quel punto capii come mi sentivo realmente: ero davvero arrabbiata con mia mamma, non riuscivo a guardarla negli occhi senza provare sdegno e ira. Non riuscivo a credere che mi avesse tenuto nascosto tutto questo per tutto questo tempo, ma soprattutto la cosa più orribile era che non aveva detto bugie. Era tutto vero, e mi venne quasi da vomitare per l’orrenda situazione.
«Alice, ti prego, io..»
Non le lasciai terminare la frase.
«Non provare a dirmi più niente, mamma. NON TI VOGLIO ASCOLTARE PIÚ!» urlai.
«Lasciami in pace, ti odio!» continuai, e scappai in camera mia, lasciando mia madre sola in cucina, con un’ espressione ferita e delusa.
 
Pov. Bella
 
Avevo sbagliato tutto.
Tutto.
Non avevo combinato niente di buono, e mi ero giustamente meritata la reazione di mia figlia.
Come avevo potuto parlarle così, schiettamente e senza peli sulla lingua? Senza preoccuparmi di orripilarla e spaventarla con i miei racconti dell’orrore. Anzi, avevo pensato solo a me stessa, a liberarmi dal peso che mi opprimeva il petto da ben 14 anni. Non avevo avuto nessuna pietà.
Ed ora eccomi qui, ancora in piedi in cucina, ferita da quel che avevo fatto a mia figlia, con una torta che si stava ormai sciogliendo sul tavolo, e un regalo mezzo aperto di Alice.
No riuscivo ancora a metabolizzare la situazione, e come uno zombie, mi misi a sistemare le cose sul tavolo, a lavare i piatti rimasti e a mettere tutto in ordine. Poi presi il regalo e la scatola dei ricordi, risistemai il polsino al suo posto e mi diressi al piano di sopra, verso la camera di mia figlia.
Era chiusa.
Incerta su cosa fare, bussai.
«Alice…» iniziai.
«LASCIAMI IN PACE! VATTENE, MAMMA!» urlò, anche se il suono era stato un po’ attutito dalla porta chiusa.
E solo allora compresi tutto, fino in fondo: mia figlia mi odiava, non voleva più parlarmi e non mi era rimasto più niente.
Avevo perso anche lei.
Avevo perso tutto quello che amavo, un’altra volta.
E sempre per colpa sua.
Le lacrime cominciarono a scendere copiose sul mio viso, e non riuscii a fermarle per un bel po’. Quando finirono pure quelle, mi alzai dal pavimento nel quale mi ero accasciata, prendendo il regalo che mi era caduto per terra con tutta la scatola.
In quel momento non provai più niente, solo un odio profondo verso tutto quel mondo nascosto e soprannaturale, che mi aveva di nuovo tolto tutto, senza considerare i miei sentimenti.
«Ti odio, Edward! Vi odio tutti!» gridai con tutta la forza che avevo.
Mi diressi in camera e buttai nella spazzatura la scatola e il regalo.
«Non voglio più avere niente a che fare con voi!» sussurrai a me stessa.
Dopodiché mi arresi, esausta, al sonno nel mio letto.
Un sonno pieno di lacrime, di odio, di tristezza e di amore per mia figlia.
 
«Alice, ti sto lasciando il pranzo davanti la porta. Se hai bisogno di me, sono in camera mia..»
Erano passati ben tre giorni dal mio compleanno e da tutto quello che era successo, e mia figlia ancora non voleva parlarmi. Si alzava la mattina per andare a scuola, usciva senza salutarmi, e lo stesso quando ritornava, niente “Ciao mamma, sono tornata”, nulla. L’unica cosa che faceva era rifugiarsi in camera sua, chiudendo la porta e ostinandosi a non parlarmi.
Aveva ragione, aveva ragione da vendere.
Ma purtroppo io non potevo farci nulla. Le lasciavo il pranzo e la cena davanti la porta ogni giorno e mi rifugiavo in camera, con il senso di colpa che aumentava ogni minuto di più.
Tre giorni di sofferenza, tre lunghissimi giorni di lacrime.
Non potevo più continuare così.
Ma non sapevo come recuperare il rapporto con mia figlia: ogni volta che tentavo di parlarle, nelle rare volte in cui la incontravo in casa, lei non rispondeva, anzi di corsa si rintanava in camera.
Mi buttai nel mio letto, che scricchiolò ormai abituato per tutte le volte che l’avevo fatto, e stringendo il cuscino del mio adorato Jake ricominciai a piangere, silenziosamente.
 
Pov. Alice
 
Delusa. Tradita.
Ecco come mi sentivo.
Non riuscivo a perdonarla, a perdonare la donna che mi aveva messo al mondo e mi aveva mentito per tutto quel tempo.
Non riuscivo proprio a cambiare idea.
Anche se mi sentivo tremendamente in colpa per come mi ero comportata e mi comportavo anche in quel momento con lei, non riuscivo a farmene una ragione.
Era razionalmente incredibile, e spaventoso.
Insomma, essere ignara di tutto un giorno e conoscere una realtà nascosta e soprannaturale, nonché terribile, il giorno dopo, non è una bella esperienza dopo la quale puoi uscirtene con una frase del tipo: “Wow, fantastico mamma! È davvero una cosa super!”!!
«Alice, ti sto lasciando il pranzo davanti la porta. Se hai bisogno di me, sono in camera mia..»
Sentii la sua voce attutita dalla porta, e mi commossi nonostante tutto.
Nonostante tutto quello che le stavo facendo, nonostante il dolore che le stavo causando, lei continuava a preoccuparsi per me.
La mamma continuava a volermi bene.
Per questo accettavo tutti i giorni il cibo che lasciava davanti la porta della mia stanza, per questo avevo deciso di non gridare con lei, ma di fare solo l’indifferente.
Perché le volevo ancora bene, sotto tutto lo strato di rancore.
Ma non riuscivo a perdonarla completamente.
Sì certo, sapevo che non era colpa sua, che non mi aveva raccontato tutte quelle cose per non spaventarmi, per paura di perdermi e perché ricordare tutto quello le faceva male.
Purtroppo tutto quello che voleva non accadesse era accaduto.
Sbuffai. Avevo un mal d testa grande quanto una casa e doloroso da morire. Mi alzai dal letto, dov’ ero stirata, per prendere il mio I-Pod dalla scrivania e dimenticarmi per un po’ di tutti i problemi che mi assillavano la mente. Mi stirai nuovamente nel letto, premetti play e chiusi gli occhi.
Mi accorsi che mi ero addormentata dopo una mezz’oretta, perché ancora la musica del mio I-Pod suonava indisturbata. Mi alzai dal letto e, proprio mentre una canzone arrivava alle ultime note, mi diressi verso la scrivania per posare l’I-Pod. Premetti pausa e tolsi una cuffia, guardando in basso verso la superficie del mobile.
E mi bloccai.
Vidi un foglietto di carta, appoggiato lì sopra, nel quale c’era scritto in una calligrafia a me ormai familiare: “Per Alice”.
Impossibile.
Mi diressi alla porta correndo, ma quando abbassai la maniglia, la porta era chiusa a chiave, proprio come l’avevo lasciata io.
E allora com’era stato possibile?
Prima, quando avevo preso l’I-Pod da lì, non c’era nessun biglietto, ne ero sicurissima.
Di scatto, mi girai verso la finestra della mia stanza.
Era aperta.
E io non la lasciavo mai aperta. Mai.
E allora tutti i pezzetti del puzzle ritornarono al loro posto, e quindi presi titubante ed emozionata quel biglietto.
Avevo capito chi me l’aveva lasciato.
Ma cosa voleva da me?
 
Bene, eccoci di nuovo qui! Ho fatto in fretta stavolta, non è vero? Beh, ho avuto, diciamo così, la vena ispiratrice molto piena di “sangue” (? xD) e quindi le idee mi sono passate a fiotti nella testa e  ho deciso di scriverle subito.
Che ve ne pare di questo capitolo? Secondo voi Alice fa bene a comportarsi così con Bella? E, ultima domanda ma non meno importante, chi è secondo voi il misterioso mittente del biglietto?
A presto, ne sono certa, con un nuovo capitolo e fatemi sapere che ne pensate di questo! ;D
Baci :**** 

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Capitolo 10
*** Pace e Regali ***


Pov. Alice
 
Di scatto, mi girai verso la finestra della mia stanza.
Era aperta.
E io non la lasciavo mai aperta. Mai.
E allora tutti i pezzetti del puzzle ritornarono al loro posto, e quindi presi titubante ed emozionata quel biglietto.
Avevo capito chi me l’aveva lasciato.
Ma cosa voleva da me?
 
Girai il biglietto e lessi.
Ciao Alice, penso tu sappia chi io sia.
Volevo inizialmente scusarmi a nome di tutti per quello che abbiamo fatto a tua madre, per la sofferenza che le abbiamo causato.
So quello che è successo tra te e lei, e so pure che nessuna delle due è fiera del comportamento che ha usato o che usa nei confronti dell’altra. Vi volete molto bene, e non sai quanta felicità questa cosa mi suscita, né allo stesso tempo quanta tristezza provo nel vedervi separate.
Lo so che hai paura di tutto quello che tua mamma ti ha raccontato. So che sei arrabbiata con lei.
E ti capisco. Molto bene.
Anche io sono arrabbiata tremendamente con un componente della mia famiglia, ma nonostante questo lo voglio molto bene. E ogni volta che lo vedo mi sforzo di perdonarlo.
Per questo credo che anche tu debba provare a farlo con Bella.
Lei sta soffrendo molto, ha già sofferto molto anche per causa mia, e non voglio più vederla in questo stato, non se chi potrebbe aiutarla sei tu.
Solo se la perdoni, riuscirà ad andare avanti.
Perché non vuole perdere anche te.
Ha già perso un sacco di cose nella vita, e soprattutto tuo padre.
Ti prego, aiutala e perdonala. Ti chiedo solo questo.
Con tanto affetto,
Alice Cullen
 
P.S.: Solo perché tu lo sappia, ADORO il tuo nome! ;D
Sorrisi per quell’ultima frase e poi rilessi il messaggio.
Alice Cullen mi aveva lasciato un biglietto! Wow!
E aveva ragione, su tutto.
Volevo molto bene a mia madre ed ero dispiaciuta per come mi stavo comportando.
Ma come faceva lei a saperlo?
Già, che stupida. Lei vede il futuro, e magari ci spia pure dalla finestra.
“Vuole ancora tanto bene alla mamma”, pensai.
E gliene vuoi anche tu, disse la mia vocina interiore.
“Le dispiace per quello che è successo”.
Anche a te dispiace, molto.
“Vuole solo vederla felice”.
Come lo vuoi tu, del resto.
“E io sono l’unica che può renderla così, per ora”.
Finalmente ci sei arrivata, testona!
Già, avevo finalmente capito. Dovevo solo perdonarla.
In fondo non era colpa sua se non ero stata coraggiosa come lei, quando aveva scoperto quel mondo segreto e  aveva deciso anche di farne parte solo per amore.
Non era colpa sua se non avevo avuto la forza di starla ad ascoltare senza impressionarmi a tal punto da non volerle parlare.
Non aveva nessuna colpa, ero io la codarda.
Ero io che la stavo facendo soffrire col mio comportamento.
Ero io quella di cui aveva bisogno.
Non me lo feci ripetere due volte, aprii la porta della mia camera e andai verso la sua, pronta per aiutarla, per soffrire insieme a lei, per combattere i brutti ricordi, per perdonarla.
Grazie, Alice Cullen!
 
Pov. Bella
 
Mentre ancora stringevo il cuscino di Jake e piangevo, bussarono alla porta.
Poteva essere solo lei.
E infatti quando mi girai, la vidi lì, immobile, con uno sguardo colpevole.
Mi stava perdonando.
Non riuscivo a crederci.
Ero davvero così fortunata?
Sorrisi, tra le lacrime, e allargai le braccia. Un momento dopo lei si ci tuffò e mi strinse in uno dei suoi abbracci che mi erano mancati così tanto.
«Scusami mamma!»
«Scusami tu, piccola mia… Non avrei dovuto mentirti per tutto questo tempo, avrei dovuto renderti partecipe, farti sapere tutto, ma avevo così paura!»
«E io non mi sarei dovuta comportare con indifferenza, non mi sarei dovuta arrabbiare con te, ma anzi avrei dovuto parlare con te di tutte le mie paure, sarei dovuta rimanerti vicino! Mi dispiace così tanto di averti fatto stare male!»
«Non preoccuparti, tesoro, adesso è tutto passato, perché tu sei di nuovo qui con me!»
«Oh, mamma, ti voglio tanto bene!»
«Anche io, piccola mia, anche io!»
Ci stringemmo in un abbraccio per non so quanto tempo, ma non me ne importava più di tanto perché Alice mi aveva perdonato.
Ero la persona più felice della terra.
Dopo un po’ ci staccammo, col sorriso sulla faccia.
«Mamma, adesso che so tutto, quando avrai bisogno di qualcuno con cui parlarne o anche solo un abbraccio di conforto, ci sono io ok?» disse timida.
«Grazie mille Alice, ma non preoccuparti: non vedrai più la tua mamma così!»
«In che senso?»
«Ho deciso che ho smesso di soffrire per tutto questo, non voglio più ricordare niente di tutto ciò… Non voglio più rischiare di perdere anche te…»
A quelle parole, Alice mi accarezzò una guancia e mi disse una cosa che non mi sarei mai aspettata.
«No, mamma, non devi farlo, non devi dimenticare quello che è stato il tuo passato, è una parte troppo importante della tua vita!»
«Ma Alice..»
«Niente ma, tu hai bisogno di questi ricordi, e poi non rischierai di perdermi. Voglio darti una mano, e ormai diciamo che mi ci sono affezionata pure io!»
Adoravo mia figlia, poco ma sicuro.
La abbracciai di nuovo.
«Grazie mille, grazie, grazie, grazie! Che farei senza di te?»
«Non lo so, per fortuna che ci sono!» scherzò.
«Già, sono la mamma più fortunata del mondo!»
Mi abbracciò più stretta.
«Ehm, ora che ci siamo riappacificate, mi fai vedere cosa ti ha regalato Alice per il compleanno?»
Sprizzava curiosità da tutti i pori.
«Sinceramente non lo so..» risposi.
«Come non lo sai? Ma non l’hai aperto?»
Ops.
«Ehm, veramente no. L’ho buttato nella spazzatura, lì vicino alla porta…»
«MAMMA! Ma perché? Uffa, meno male che ci sono io in questa casa!»
Si diresse verso il cestino della spazzatura e si abbassò per cercare il regalo.
«MAMMA!! Ma hai buttato anche la scatola dei ricordi?» mi guardò severa, con le mani appoggiate nei fianchi.
Abbassai lo sguardo, mortificata.
Era stato un gesto istintivo, ma ne ero stata pienamente convinta prima.
Ritornò con entrambe le scatole, verso il letto, dove mi ero seduta a gambe incrociate.
Si sedette come me, ritrovata la calma, e poggiò la scatola fra noi due.
Parlai io.
«Aprila»
«No, fallo tu»
«Te lo meriti, aprila tu»
«Il regalo è tuo, tocca a te. Sbrigati..» aggiunse, visto che non mi decidevo.
«Ok, ok» dissi più a me stessa che a lei.
Presi la scatola fra le mani e la aprii.
Dentro c’era un altro biglietto.
Erano sotto le assi del pavimento della tua camera a Forks.
Passai il biglietto ad Alice e vidi il contenuto.
Fotografie.
Erano le fotografie della mia vecchia macchina fotgrafica.
Le foto del mio compleanno e dei due giorni a seguire.
La mia mente non gli aveva reso giustizia.
Lui era molto più bello di come ricordavo.
Iniziarono a scendere le lacrime.
«Sono fotografie?» chiese Alice. Io annuii solamente e, mano a mano che le vedevo, gliele passavo una ad una.
Erano bellissime.
Alice le sparse fra noi nel letto, guardandole meravigliata.
«Mamma, lui è… Edward?» chiese titubante e forse pensando che il suo nome detto ad alta voce mi avrebbe fatto male. Non più.
«Sì, è lui» risposi, continuando a contemplarle tutte insieme.
«È bellissimo…» mormorò incantata.
Comiciai a ridere.
Una risata vera, dopo una sacco di tempo.
«Hai ragione – dissi, quando mi calmai – è proprio bellissimo…»
Lei sorrise solamente, senza aggiungere altro.
Non riuscivo a pensare a niente mentre guardavo quegli scatti. Solo ai momenti più belli che avevo vissuto con lui.
Ovvero tutti, perché anche gli istanti in cui non dicevamo niente, ma ci limitavamo a guardarci negli occhi, erano indimenticabili.
«Mamma, c’è un’altra cosa dentro la scatola!» disse all’improvviso Alice.
“Cosa?”
Le rivolsi uno sguardo interrogativo.
Lei si limitò a passarmi la scatola.
E io vi guardai dentro.
O. Mio. Dio.
 
Buon pomeriggio ragazze, come va?
Vi avevo promesso che il nuovo capitolo sarebbe arrivato molto presto, e quindi eccoci di nuovo qui!
*si presenta in punta di piedi al vostro cospetto, perché non sa proprio come è venuto il capitolo*
Allora come vi sembra? Avendoci messo proprio poco tempo per scriverlo, non so davvero com’è…
Spero recensirete in molte per farmelo sapere :)
Avete avuto ragione tutte! Il mittente misterioso era proprio il nostro caro folletto Alice XD ihih
Grazie sempre e comunque a
ChocolateEyes,   fefe cullen   e   YunaCullen85    che recensiscono ogni volta: grazie ragazze, senza di voi probabilmente non continuerei questa storia!
Un grazie grande grande anche a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e a tutte quelle che fate visita ogni volta in silenzio (siete davvero tante e ne sono felicissima *.*)
Una domandina piccolina, secondo voi cosa trova Bella all’interno della scatola?
Bacioni, al prossimo capitolo :****

PS: vi informo che non so se nel prossimo o fra due capitoli, entrerà in scena un altro personaggio! Bye ;D
 

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Capitolo 11
*** Sorpresa! ***


Pov. Bella

Non riuscivo a crederci. Le mani mi tremavano mentre prendevo quell’oggetto dalla scatola.
Pensavo non l’avrei rivisto mai, e soprattutto ascoltato.
Era il suo CD. Il CD con le sue composizioni.
Erano anni che non le ascoltavo.
Era il regalo che mi era mancato maggiormente.
La sua grafia faceva bella mostra di sé sul CD.
Per Bella, c’era scritto.
Era fantastico.
«Mamma, cos’è?»
Cercai di rispondere, ma non riuscii a trovare la voce.
Ritentai, ma al momento di parlare uscirono pure le lacrime.
«Questo è i-il re-regalo di E-edward per il mio compleanno.. Ci sono tutte le sue composizioni…»
Alice rimase allibita.
«C’è anche la tua ninna nanna?» chiese.
«S-sì, è la prima di tutte..»
«E allora che aspetti? Ascoltiamolo!»
A quelle parole, mi pietrificai.
Non potevo ascoltarlo. Non ci sarei riuscita.
Il dolore sarebbe stato troppo.
Impossibile.
«No..» sussurrai con un tono di voce così basso, e mi sorpresi del fatto che Alice mi avesse sentito.
«Perché?»
«N-non ce la f-faccio…»
Mi prese le mani fra le sue, e mi costrinse a guardarla negli occhi.
«Mamma, so che per te è difficile, soprattutto sapendo chi ti ha regalato questo CD, ma fidati se ti dico che forse ascoltarlo sarebbe la cosa migliore. Soprattutto per te!»
Riflettendoci meglio, Alice forse aveva ragione. In fondo, ne avevo passate tante e adesso non avrebbe fatto nessuna differenza.
«Ci sono qui io con te..» aggiunse Alice, per sostenermi.
«Okay, ascoltiamo questo CD…» risposi.
Lei mi stampò un bacio sulla guancia, prese il CD e si diresse verso la radio. Lo inserì ma non lo fece partire. Invece ritornò di nuovo da me.
«Ora ti stendi sul letto, chiudi gli occhi e liberi la mente, ok?»
Feci come aveva detto, e lei raccolse le foto ancora sparse nel letto e mise play.
Bella's Lullaby
Immediatamente la musica cominciò a diffondersi nella stanza e le note della mia ninna nanna risuonare nell’aria.
Era proprio come me la ricordavo.
Meravigliosa.
Semplicemente stupenda.
Ogni nota era come mi ricordavo.
Erano tanti anni che non lo ascoltavo, eppure la melodia era la cosa più familiare che avessi mai ascoltato, come se la mia mente ne avesse conservato il ricordo in un cassetto, pronto per il momento adatto per quando venire di nuovo a galla.
Tutte le immagini legate a quella melodia ripopolarono i miei pensieri, e quello era il momento più bello della mia vita: non sentivo dolore, per nulla, solo un’incredibile e immensa gioia, di quelle che te le immagini così luminose e brillanti da accecare gli occhi e bruciarti per la loro immensità.
Io ero un fuoco vivo, in quel momento, e non riuscivo a pensare a nient’altro che a lui.
Niente intorno a me in quel momento aveva più importanza.
Solo lui.
Se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché alla fine si conclude.*
E in questo preciso istante, io non avevo nulla di cui lamentarmi.
Ero stata la persona più fortunata del mondo e non potevo fare altro che ringraziarlo per il tempo che mi aveva regalato vicino a lui.
Il mio cuore era un pozzo che straboccava, troppo pieno di felicità per contenerla tutta insieme.
Mia figlia mi raggiunse nel letto e mi strinse nel suo abbraccio.
La strinsi a me, per regalarle parte della mia gioia, e lei mi cullò al ritmo della mia ninna nanna, come se fosse per lei la cosa più naturale al mondo.
In quel momento suonarono al campanello e il citofono cominciò ad emettere quel suo bizz inconfondibile.
Io però non avevo nessuna intenzione di muovermi.
Non ora.
Non mentre stavo ascoltando la melodia più bella del mondo.
Alice parve capirlo.
«Vado io, mamma! Tu non ti muovere da qui!» ordinò perentoria.
Non me lo feci ripetere due volte.
Sprofondai di più la testa nel cuscino, e
continuai ad ascoltare.
 

Pov. Alice

 

Diamine, ma chi si permette a quest’ora di venire a farci visita, senza avvisare, e soprattutto durante un momento così importante?
Gliene avrei dette quattro.
Insomma, riesco a convincere mia mamma ad ascoltare il CD di Edward – di Edward, cavolo! -, finalmente realizzo il sogno della mia vita e posso ascoltare la così tanto desiderata ninna nanna, e qualcuno si permette di suonare il campanello?
Che poi, dire che la ninna nanna era bellissima è un grande e fottutissimo eufemismo.
Come minimo, si può definire splendida.
O forse magnifica.
O forse stupefacente.
O incredibile.
Oppure… non esiste un aggettivo capace di descriverla.
Ogni nota era un’emozione indescrivibile e si completava con quella successiva, così da creare un’armonia e un melodia indescrivibile.
Era magica.
Unica.
Era la ninna nanna della mia mamma.
E ora questo casuale visitatore si permette di rovinare questo momento.
Mah, le persone non hanno limiti.
Scesi le scale di corsa, così da arrivare prima alla porta e liberarmi in fretta di chiunque ci fosse al di là.
E così finalmente andare a riascoltare di nuovo quella meraviglia.
Attraversai in fretta la cucina e superai veloce il salotto.
Avevo già una scusa bellissima, pronta per essere messa in atto.
Speravo soltanto che la voce non mi uscisse acida, come mi accadeva spesso quando ero irritata.
E adesso lo ero.
E molto.
Arrivai finalmente davanti alla porta, maledicendo mentalmente il citofono che non funzionava già da qualche mese, e aprii.
Quello che vidi mi lasciò senza parole.
Tutto il discorso che mi ero fatta in mente si polverizzò, davanti a quella persona.
Sebbene non l’avessi mai vista, riconobbi subito chi era.
E questo non poteva essere altro che un miracolo.
 

*entra, facendosi piccola piccola, e alzando piano lo sguardo spaventata, per vedere se c’è ancora qualcuno*
Ehm, salve a tutti, lo so che non è salutare per me essere di nuovo qui, perché andrò incontro a molte lettrici arrabbiate e con i forconi in mano (?), ma ho deciso di rischiare la mia vita lo stesso per pubblicare questo capitolo..
Per prima cosa, vorrei scusarmi DAVVERO con voi per l’enorme ritardo, ma ecco qui le mie motivazioni: è iniziata la scuola, io ho appena iniziato il terzo anno di liceo classico, il che non è molto facile, e il mio tempo è stato limitatissimo anche a causa del fatto che ho “traslocato” la mia camera al piano di sopra di casa mia e, diciamocelo, spostare una camera intera non è cosa di qualche giorno… motivo più importante però è che non sono stata per niente ispirata, e per scrivere questo capitolo ci è voluto davvero tanto!
Non sono molto contenta del risultato, ma è il meglio che ho saputo fare, quindi spero che chi è rimasto lo apprezzerà davvero xD
Chi si aspettava che fosse il CD di Edward? E secondo voi, chi trova Alice sul ciglio di casa? xD
Alla prossima, bye :***

 

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Capitolo 12
*** Alice Cullen ***


Pov. Bella
 
Viva.
Ero finalmenteviva.
Dopo tanto tempo, sentivo di nuovo il cuore battermi nel petto e il sangue scorrere nelle vene.
Ero tornata a respirare.
Ero tornata a vivere.
Ed era una sensazione stupenda, che non sentivo da troppo, troppo tempo.
Grazie a quelle bellissime note, a quella melodia, tutto ormai aveva riacquistato senso.
Da quel momento sarebbe stato tutto più facile.
Tutto più semplice.
Tutto più bello.
Isabella Swan era rinata e stavolta non sarebbe scomparsa così facilmente.
Grazie alla mia ninna nanna avevo capito cosa contava davvero.
Di cosa dovevo realmente preoccuparmi.
Di mia figlia, la mia Alice
La mia bellissima bambina, così affettuosa e premurosa.
Così gentile e disponibile verso tutti, così felice anche per le piccole cose.
Così solare, sorridente, ottimista, unica.
La mia bambina, che tardava già da qualche minuto.
La mia bambina, che era scesa per aprire la porta e vedere chi ci aveva disturbate.
La mia bambina, che ancora non si vedeva da nessuna parte.
Perché ci metteva così tanto? Che fosse qualcosa di importante?
Forse sarei dovuta andare a vedere che succedeva.
Forse avrei dovuto alzare il mio corpo, momentaneamente rilassato e che si stava godendo quella musica celestiale, dal letto e andare a controllare.
Forse avrei dovuto asciugarmi le lacrime che ancora scendevano copiose, darmi una sistemata e scendere di sotto.
Ma non ebbi neanche il tempo di razionalizzare quel pensiero, che la porta della mia camera si aprì lentamente e il volto di mia figlia comparve silenziosamente.
«Alice, finalmente! Mi stavo preoccupando… chi era?» chiesi, richiudendo gli occhi, non troppo interessata alla risposta.
«Mamma, c’è una persona che vuole vederti…» disse quasi in un sussurro.
«Alice, non mi sembra questo il momento per ricevere visite.. sono troppo scombussolata anche solo per parlare civilmente con te, pensa con chiunque altro…»
«Mamma, è davvero importante! Se non lo fai, mi odierai per il resto della vita…!»
A quelle parole aprii gli occhi e la guardai attentamente.
E lo vidi.
Vidi quel barlume di emozione, quella scintilla di felicità che le illuminava il viso.
Vidi il suo mezzo sorriso, che faceva soltanto quando era imbarazzata o terribilmente impaziente.
Vidi il leggero tremolio della sua mano, quella appoggiata alla maniglia della porta.
E mi sorpresi.
Ma che stava succedendo?
«Alice, di che stai parlando? Chi vuole vedermi?» chiesi ansiosa, alzando la schiena dal materasso per guardarla meglio.
Lei non mi rispose, ma si spostò leggermente verso la sua sinistra, per lasciare lo spazio probabilmente a quella persona misteriosa.
Non riuscii a crederci.
Io stavo sognando.
I miei occhi si sbagliavano.
Ma sapevo che non era così, sapevo che questa era la realtà.
E non poteva essere più bella.
Se prima mi ero sentita viva, adesso ero finalmente felice.
Era lei, era davvero lei.
La persona che mi aveva sempre voluto bene.
Quella che ci era stata sempre e comunque, anche se non fisicamente.
Quella che mi era mancata più di tutti.
Era veramente lei.
La mia migliore amica.
La mia sorella.
Era Alice Cullen.
«Ciao Bella…»
La sua voce era ancora squillante e melodiosa, come mi ricordavo.
Non era cambiata per niente, ovviamente.
Era ancora la ragazza ribelle, solare e bellissima che non avevo mai dimenticato.
I suoi vestiti erano impeccabili come sempre e i suoi occhi felici come non li avevo mai visti.
E quella felicità era lo specchio della mia.
Non riuscivo a capacitarmene.
«Alice… sei davvero tu?»



Ed eccoci qui, di nuovo, a svelare quel misterioso ‘qualcuno’ che era entrato in scena la volta scorsa! Che ne pensate? Ve lo aspettavate? XD ihih la mia mente contorta ha voluto accontentarvi, visto che già da tempo credevate che Alice sarebbe tornata molto presto e tadan, eccola qui!
Lo so, questo capitolo è un po' (molto) corto, ma mi serviva solo per esprimere i sentimenti di Bella e fare entrare in scena il nostro amato folletto, nei prossimi ci saranno le vere novità! :P
Per il prossimo capitolo ci sto già lavorando, e ho in mente una cosina diversa da quello che abbiamo letto fino ad’ora…
Dai, vi lascio un piccolo spoiler: il prossimo capitolo sarà un POV anonimo, ma che io adoro tantissimo :P lo so, mi piace essere criptica, ma cosa ci posso fare? XD ciancio alla bande, a presto, girls, un bacione a tutte e grazie come sempre a chi recensisce, legge, aggiunge la storia nelle preferite/seguite/ricordate!
SIETE MAGNIFICHE, dovevo dirvelo ;D
Adesso vado veramente, byeeeeeeeee :******

 

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Capitolo 13
*** Rimorsi? ***


Pov. Anonimo
 
Silenzio, acuto e spossante silenzio.
Rumoroso e assordante.
Da spezzare il fiato e soffocare.
Anche se a me, respirare, non serviva un granché.
Ero caduto in un baratro profondo, senza fine, dal quale non riuscivo e non volevo risalire. Un baratromuto.
Letteralmente senza suoni.
Senza colori, senza emozioni.
Senzavita.
Tutto era morto e freddo.
Come me.
Molti, nella mia relativamente lunga esistenza, avevano cercato di risollevarmi, di farmi uscire dal questo pozzo senza fondo, di farmi rivivere.
Nessuno c’era riuscito completamente.
Solo una persona era stata l’eccezione alla regola.
Solo conlei il mio cuore era tornato a funzionare, a riprendere i suoi battiti regolari.
Solo lei mi aveva portato fuori da quel baratro inumano e aveva fatto rivivere l’essere disgustoso che ero e che sono.
Riprovevole.
Un mostro senz’anima.
Un’altra fitta di dolore mi colpì in pieno petto e mi piegai su me stesso per cercare di attenuarla. Ormai erano diventate un’abitudine quotidiana, quasi familiare, ma in fondo me lo meritavo.
Alla fine ero felice: il dolore mi ricordava che lei era in salvo.
Viva.
Senza di me.
Ahi! Eccone un’altra, pungente e insopportabile come un ape col suo pungiglione, pronta a difendersi.
I ricordi per me, però, non erano difese, ma attacchi spregevoli, che persistevano solo per farmi del male.
Ricordare comunque era sempre meglio di dimenticare.
Come potevo continuare a vivere, o meglio, sopravvivere così?
Stavo soffrendo e avevo fatto soffrire tutti quelli che mi volevano bene, la mia famiglia, ma soprattutto lei.
Era in vita, ma non felice.
Almeno era così due anni fa.
Avevo mantenuto la mia promessa, non avevo interferito in alcun modo nella sua vita. Ero quasi soddisfatto di me stesso.
Un sorriso senza emozione mi sfuggì dalle labbra.
Una ragazza che mi passò accanto pensò che mi fossi riferito a lei e quindi mi rispose con un sorriso timido prima di passare avanti.
All’improvviso mi scrollai di dosso tutti i pensieri che mi affollavano la mente come zanzare in uno stagno e mi guardai intorno.
Era sera, i lampioni della strada erano accesi e quella via brulicava di vita anche a quell’ora: c’erano persone che andavano e venivano dai posti più disparati, entravano nei negozi e uscivano con buste enormi e piene.
Io, dalla panchina in cui ero seduto, mi godetti la scena e soprattutto i pensieri della gente.
Mi trovavo a Milano e, si sa, gli italiani sono sempre stati molto divertenti. Quando parlavano, gesticolavano un sacco e non riuscivano mai a pensare ad una cosa sola alla volta. Erano frettolosi e molto buffi.
Per un attimo dimenticai i miei problemi e mi godetti la routine dei milanesi. Una signora con le buste della spesa si muoveva velocemente, col fiatone, perché doveva preparare la cena per i suoi nipotini. Da quanto le leggevo nella mente, voleva loro molto bene e loro gliene volevano a lei, anche perché era rimasta solo lei come famiglia. I due piccoli infatti erano orfani dei genitori, morti in un incidente stradale. “Com’è ingiusta la vita!”, mi ritrovai a pensare.
E lo era davvero.
Anche lei l’aveva detto una volta: “Non te l’ha mai detto nessuno? La vita è ingiusta”.
Adesso potevo dire realmente che era la verità, perché l’avevo provata nella mia pelle dura come la roccia.
Era inconcepibile che io dovessi amarla in un modo così smisurato e profondo ma non potessi stare con lei.
Era proprio un’ingiustizia.
Ma non potevo farci nulla, sarebbe stata la mia condanna eterna.
Mi mancava tutto di lei, agognavo i suoi baci, desideravo le sue carezze e i suoi sorrisi, la volevo con me.
La voglia di andarmela a riprendere e non tornare mai più era ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo più forte e di continuo mi tormentava la mente e il cuore.
Ma non so come, riuscivo a resistere.
A stento, ma ci riuscivo.
Ed era spossante e terribilmente faticoso, ma necessario.
Per il suo bene.
Meritava di vivere la sua vita, di stare senza di me.
E purtroppo, lo meritavo anch’io.
Non ero degno di lei, della sua gentilezza, dei suoi valori, del suo amore.
Nessuno voleva, poteva e doveva amare un mostro come me.
Soprattutto lei.
In quel momento venni distratto da una musica dolce e lenta che usciva da un bar lì vicino.
La conoscevo, era una canzone italiana cantata da un certo Fausto Leali e Anna Oxa, “Ti Lascerò”.
La ascoltai, rapito dalla verità di quelle parole.
 
http://www.youtube.com/watch?v=w3Sp33rKl2Q
 
Ti lascerò andare
ma indifesa come sei
farei di tutto per poterti trattenere
perché dovrai scontrarti
con i sogni che si fanno
quando si vive intensamente la tua età
Ti lascerò provare
a dipingere i tuoi giorni
con i colori accesi dei tuoi anni
ti aiuterò a sconfiggere
i dolori che verranno e
che saranno anche i più grandi
degli amori che ti avranno
e lascerò ai tuoi occhi
tutta una vita da guardare
ma è la tua vita e non trattarla male
ti lascerò crescere, ti lascerò scegliere
ti lascerò anche sbagliare
ti lascerò
ti lascerò decidere
perché sarò al tuo fianco
piuttosto che permettere
di dirmi che sei stanco
lo faccio perché in te
ho amato l'uomo e il suo coraggio
e quella forza di cambiare
per poi ricominciare
e quando avrai davanti agli occhi
altri due occhi da guardare
il mio silenzio lo sentirai gridare
ti lascerò vivere, ti lascerò ridere
ti lascerò ti lascerò
e lascerò ai tuoi sorrisi
la voglia di scoppiare
ed il tuo orgoglio lo lascerò sfogare
ti lascerò credere, ti lascerò scegliere
ti lascerò ti lascerò
ti lascerò vivere, ti lascerò ridere
ti lascerò ti lascerò

 
Questa canzone era riuscita ad esprimere tutto quello che non le avevo detto, e che non le avrei detto mai.
“Amore, perdonami, l’ho fatto per te, per lasciarti vivere la tua vita, com’è giusto che sia.
Per farti inseguire i tuoi sogni, per farti pianificare consapevolmente il tuo futuro e vivere tutto ciò che la vita ti offre.
Una vita che io non sarò mai in grado di darti.
L’ho fatto per permetterti di fare una scelta, quella giusta.
Perché se io fossi rimasto con te, non avresti mai capito cosa sia davvero importante, non mi avresti mai permesso di lasciarti vivere, mi avresti obbligato a porre fina alla tua splendida vita.
Ti ammiro, lo farò sempre, per il coraggio che hai dimostrato nel starmi affianco e ti ringrazio per avermi permesso di amarti, per avermi amato, ma tu meriti altro.
Qualcuno che ti starà accanto per sempre, per tutta la vita e non l’esistenza.
È così che deve andare.”
Che sensazione orribile non poter piangere, ma desiderare così intensamente di farlo.
La suoneria del mio cellulare partì all’improvviso.
All’inizio pensai di non rispondere, ma poi decisi che forse era meglio farlo.
Poteva essere successa qualsiasi cosa.
Vidi chi era: Alice.
«Alice, sai che non voglio essere disturbato se non per questioni di estrema importanza..» dissi con tono brusco.
Poverina, in fondo lei non aveva colpa.
Era tutta colpa mia.
«Stavolta è davvero importante!» rispose accalorata.
Alice accalorata?
«Allora parla, ti ascolto»
«Ok… Bella sta per sposarsi..»
No.
No, no.
NO!
 
Allora? Lo so, forse è un po’ prestino, ma il capitolo anche se è stato MOLTOOO difficile, è venuto così, di getto, e non mi andava di modificarlo un granché.
Secondo voi chi è il personaggio misterioso?
E se lo avete capito, chi se lo sarebbe mai aspettato?
XD basta, non commento più perché voglio vedere che ne pensate!
Anzi, ultima cosa, siccome in questo periodo mi sono fissata con questa canzone (lo so, è strano XD) e siccome c’entrava perfettamente, ho deciso di metterla.
Adesso vi saluto, aspetto i vostri pareri! Bye :****

 

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Capitolo 14
*** Matrimonio ***


Prima di iniziare, ascoltate questa canzone, le parole si leggeranno durante tutto il capitolo. ;D

http://www.youtube.com/watch?v=b-RQIN3wo5U


Pov. Edward

Sono afflitto, mi senti?
Sono accecato, perchè tutto ciò che vedo sei tu
Sto ballando, da solo
Sto pregando che il tuo cuore si guardi attorno

 
Un sorriso.
Per la prima volta dopo due anni, sto sorridendo.
Io, Edward Cullen.
Perché, anche se quello che sto vedendo mi lacera il petto e mi impedisce di respirare – anche se non ne ho realmente bisogno -, sono felice per te.
Solo perché tu sei felice.
E quello che sto vedendo non può che confermarmi che avevo ragione, che quello che ho fatto non è stato uno sbaglio.
È stata la cosa migliore per te.
Ieri, mentre lo abbracciavi prima di salire in macchina con Jessica e Angela, sorridevi anche tu, come sto facendo io, proprio in questo momento.
Ieri prima di andare al tuo addio al nubilato, lo hai baciato e gli hai detto: «Ti amo, ci vediamo domani..»
E lui, l’ uomo più fortunato sulla Terra, Jacob Black, non poteva che ricambiare il tuo bacio, premendo le sue labbra sulle tue, così delicate, così soffici, così degne di amore.
Io le conosco molto bene, e non fanno che tormentare i miei pensieri.
Insieme ai tuoi occhi, alla tua voce, a tutto ciò che sei, naturalmente.
Ma non lo  saprai mai.
Sono così felice per te.

Quando lui apre le sue braccia e ti stringe a sè stanotte
Non si potrà sentire bene
Perchè non posso amarti più di così
Yeah
Quando ti fa sentire giù, mi sento morire
Perchè non posso amarti più di così
Amarti più di così

Da essere mostruoso ed egoista che sono, mi sento tutt’altro che felice.
Per me.
Secondo te è sbagliato sentirmi soffocare ad ogni vostro sfioramento, o sentire il mondo crollarmi addosso quando lo baci?
Non potrai mai rispondermi.
Ti amo troppo per sopportare tutto questo, ma è perché il mio amore per te è così sconfinato che riesco a sopravvivere, se la mia è vita.
Perché non riesco a capacitarmi che tutto quello che sto vedendo non è sbagliato?
Perché penso solo al fatto che vederti, ora, col tuo bellissimo abito bianco, mentre sfili verso l’uomo della tua vita, sia un abominio?
Perché non riesco ad allontanare dalla mia mente la tua immagine con la mia, insieme davanti a quell’altare dove ti stai dirigendo adesso?
E perché l’impossibilità di questa situazione mi divora il cuore, graffiandolo e strappandolo come una tigre fa con la sua preda?
Perché ti amo.
Semplice.
Impossibile.

Se parlassi più forte, ti accorgeresti di me?
Staresti tra le mie braccia e mi perdoneresti
Perchè siamo uguali
Mi salvi
Quando te ne vai è finita di nuovo

Allora ti vedo per la strada
Nelle sue braccia, divento debole
Il mio corpo cede, sono in ginocchio
E prego

Stupido, stupido, stupido.
Non riesco a fare altro che ripetermi questa parola in mente.
Ma è stato meglio così, cerco di convincermi.
Inutilmente.

Quando lui apre le sue braccia e ti stringe a sè stanotte
Non si potrà sentire bene
Perchè non posso amarti più di così
Yeah
Quando ti fa sentire giù, mi sento morire
Perchè non posso amarti più di così
Amarti più di così

Devo continuare a resistere, però. Per te.
Solo per te.
È l’unico modo che mi rimane per essere felice, almeno un po’.
Fare felice te.
Con chiunque tu scelga.
E hai già scelto.
Dopo due anni, Jacob Black ti ha rubato il cuore.
Cuore che una volta apparteneva a me.
Sono felice per te, se non è più così.
Per me, è un po’ più complicato.
Il mio ti apparterrà sempre.
Per sempre.
Ti amo.
È banale, ma vero.
Alice è qui, accanto a me, appollaiata nel ramo più alto dello stesso albero, per vederti nel giorno più importante della tua vita.
So che ti ha spiato molte altre volte.
Lei non ti ha mai dimenticato, continua a volerti bene.
Come tutta la mia famiglia.
In questo momento Alice mi guarda e scuote la sua testolina da folletto.
Quasi mi viene da ridere – è sempre così ostinata e arrabbiata con me – ma mi esce solo uno sbuffo silenzioso.
Tu non ti accorgerai di noi.
Le leggo la mente, è così fiera di vedere che il suo vestito ti sta a pennello.
Se non fosse assolutamente vero e tu non fossi così bella, mi sarei già arrabbiata con lei.
Le avevo detto niente contatti con te.
Un taglio netto, per infliggerti meno dolore.
Ma sei stupenda, e non posso che ringraziarla per averti reso ancora più bella di quanto tu già non sia.
Ti ricorderò così, mia dolce Bella, con questo vestito da sposa e l’espressione spaventata ma sicura sul tuo volto.
Sarai per sempre il mio unico amore.
Non verrò a spiarti mai più.
La parte più bugiarda che è in me dice che non lo farò per mantenere la mia promessa.
La parte più nobile, affinché io soffra di meno.
Beh, qualunque sia il motivo, sarà così.
Addio, Bella.
Ti amo.
A mai più.

Non posso amarti più di così
One Direction, More Than This

  

 
Eccoci di nuovo qui, con un nuovo capitolo!
Sono un po’ di fretta, quindi vi lascio un salutino veloce, giusto il tempo di pubblicare il capitolo e poi *svishhhh* più veloce di Edward Cullen XD
Scherzi a parte, spero che questo capitolo vi piaccia e che i vostri pareri siano molti (anche negativi, lo so che fa schifo, non mi offendo xD)
Comunque, grazie a tutte come sempre per il vostro supporto ;D
I love you, girls, really <3
A presto, baci :*** 
 
 

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Capitolo 15
*** Avviso ***


Mmm *si schiarisce la voce ed entra in punta di piedi* ehm, ciao a tutti, se siete ancora qui.

Vi chiedo enormemente scusa, è passato un sacco di tempo e non ho ancora pubblicato niente di nuovo qui, quindi non ve ne faccio una colpa se avete deciso di non seguire più questa storia.
Lo so, sono in un ritardo mostruoso e non starò qui a ripetervi quanti impegni ho, quanto tempo la scuola mi occupi, e tutto il resto, perchè non è una buona scusa e non è neanche una giustificazione accettabile.
Il motivo principale però è la mancanza di ispirazione.
Questo 'blocco dello scrittore' o come lo volete chiamare mi perseguita da non so quanto tempo. Ho provato a mettere giù qualche riga, ma non mi convinceva nulla, non riuscivo a trovare un appiglio a cui aggrapparmi per continuare questa storia.
Per questo chiedo il vostro aiuto.
Una mia amica qualche giorno fa mi ha suggerito di provare a cercare un'altra scrittrice che mi dia una mano col seguito.
E questa idea mi ronza nel cervello da allora.
Ed è per questo che oggi sono qua, per vedere se c'è qualche anima pia tra le scrittrici qui presenti (se ce ne sono ancora :S) che mi voglia dare una mano.
Sottolineo però una cosa: io non voglio abbandonare questa storia, perchè è la mia prima che pubblico e ci sono molto affezionata, quindi cerco solo qualcuno che insieme con me scriva il continuo, cosicchè l'autrice non sarà più una ma due.
So che è una richiesta assurda e, per citare il nostro Edward, 'stupida e insensata', ma questo è l'unico modo che mi rimane per continuarla.
Lo faccio sia per voi che per me, credetemi.
Quindi, beh, se c'è qualcuno interessato basta che mi mandi un messaggio privato e ne parliamo lì.
D'accordo, sto quasi per scoppiare in lacrime, quindi mi dileguo.
Grazie a tutti quelli che mi hanno sempre sostenuto, che hanno letto e recensito.
Vi adoro in una maniera assurda.
A presto, spero.
Un bacione a tutti :*


Kia Wolf

PS: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1498683&i=1  questo è link di una mini-fic che ho scritto e già completato, per chi di voi non l'abbia letta, mi farebbe piacere se ci faceste un salto. Grazie comunque, ciaoo ;)

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