Father? di svegliaminiall (/viewuser.php?uid=97148)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Autostop ***
Capitolo 2: *** 2. News ***
Capitolo 3: *** 3. Shopping ***
Capitolo 4: *** 4. Gossip ***
Capitolo 1 *** 1. Autostop ***
Capitolo
1: Autostop
Sunday
POV
Dintorni
di Doncaster, ore 8.18 p.m.
Osservo
sconsolata l'ultimo pullman per Londra imboccare la superstrada: l'ho
perso. Ho corso per più di un chilometro, questa maratona mi
ha
letteralmente sfiancata, ho rischiato di essere investita una decina
di volte...e nonostante ciò ho perso quel dannato e fottuto
pullman.
Dio
ce l'ha con me,
penso sedendomi
sulla valigia stracolma per riprendere fiato. E, come se tutte queste
sfighe non bastassero, una fitta dolorosa mi attraversa il ventre.
Appoggio la mano sinistra sul mio pancione di ormai più di
otto
mesi, pensando che sia solo il bambino che scalcia. Mi illudo che sia
così, per il momento non voglio dover avere altre
preoccupazioni per
la testa.
-
Non preoccuparti, amore mio – mi rivolgo a mio figlio,
accarezzandolo attraverso il pancione e sentendolo scalciare
nuovamente – ora la mamma trova una soluzione –
dico, forse per
rassicurare più me che lui.
Rassicurare?
Un momento, ma chi voglio prendere in giro? Forse è meglio
che sia
realista una volta tanto, anche se la verità è
difficile da
affrontare: sono nella merda.
Ma non solo nella merda, sono finita dritta in una discarica di feci.
Forse
scappare di casa non è stata una buona idea. Forse avrei
almeno
dovuto aspettare di compiere diciotto anni. Oddio, ora magari mia
madre chiama la polizia. Ma no...figurarsi, non si accorgerà
nemmeno
che sono scappata! Però ora che ci penso, essendo minorenne,
non
posso neanche alloggiare da qualche parte da sola perchè i
documenti
me li chiederanno di sicuro. Ma cosa mi è saltato in mente?
Cazzo. È
che non ce la facevo più a sopportare mia madre. E sono
scappata
senza pensare alle conseguenze. E la mia mente non controlla
più i
miei pensieri, sto sproloquiando.
No,
non posso arrendermi così. Dannazione, ce la devo fare. Non
posso
darle la soddisfazione di vedermi tornare a casa. Immagino
già il
sorriso falso che farebbe, come a dire "questa è solo la
conferma del fatto che tu sia ancora una bambina ingenua che da sola
non può fare niente".
Ero
scappata anche un'altra volta, due anni fa - però ero andata
da zia
Jessie, non a Londra da sola - e mia madre, quando mi aveva vista
tornare solo il giorno dopo, aveva detto quella fottuta frase che mi
aveva tormentata per secoli.
Ma
questa volta ho organizzato tutto. Ieri sera, appena mia madre
è
uscita di casa, ho deciso di agire. Mi sono fiondata nella camera
matrimoniale che una volta divideva con papà e ho cominciato
a
frugare nel terzo cassetto del comò. Oggetti ricercati:
vecchie foto
di quando ero piccola, di quando ero felice, di quando mia madre non
era ancora diventata una squilibrata, e di quando c'era ancora
papà.
Dopo aver preso le foto più belle sono passata al quarto
cassetto
del mobile. Oggetti ricercati: soldi. So che mia madre li tiene li,
dentro un vecchio portagioie. E so che potrò sembrare una
ladra, ma
con tutto quello di cui è riuscita a privarmi lei negli
ultimi anni,
non riesco a sentirmi in colpa. Sono riuscita a racimolare 380
sterline; direi che mi è andata di lusso, aggiungendovi i
miei
risparmi sani e salvi sulla mia carta prepagata. Per fortuna ho
lavorato per due anni come cameriera in un locale qui a Doncaster,
così qualcosa sono riuscita a mettere da parte. Poi ho preso
la
valigia che era già pronta sotto il letto e sono uscita da
quell'appartamento – da quella prigione – che mi ha
rovinato
l'adolescenza.
E
ora eccomi qua, in ansia come un cantante al suo primo concerto o
alla sua prima esibiz...scacciai subito quel pensiero. Esibizione.
Concerto. Sebastian.
Il
mio umore già nero peggiora ulteriormente a questi ricordi.
Sunday,
non pensare,
mi dico. Perchè in
un modo o nell'altro queste immagini mi tornano sempre in mente?
Perchè non ho ancora superato l'accaduto? Basta.
L'ansia
sta salendo ulteriormente. Probabilmente non sarei molto preoccupata
se dovessi badare solo a me stessa, il problema è che ogni
mia
decisione ora si riscuote su due persone: me e mio figlio.
Quindi,
visto che voglio
raggiungere il mio obiettivo (cioè la mia fuga), decido di
fare
qualsiasi cosa pur di andarmene. A partire dall'autostop: la prima
opzione che mi passa per la testa. Non so in quanti vadano da
Doncaster a Londra di venerdì sera, ma, come si suol dire,
tentar
non nuoce.
***
Harry
POV
Ma
porca di quella troia. No, ma ditemi dove cazzo sono adesso.
"Svoltare
a destra" continua
a
ripetere la fottuta voce metallica e femminile di questo fottuto
navigatore. "Svoltare a destra".
Guardo a destra: non c'è una strada neanche a pagarla oro,
dove
vuole che svolti, nel bosco?! "Svoltare a destra"
blatera ancora la donna-tom-tom.
-
Ma porca troia, stronza puttana, non vedi che a 'sta cazzo di destra
non c'è neanche una fottuta strada di merda?! - sbraito
contro
l'aggeggio meccanico come se potesse sentirmi. Stupida tecnologia. E
stupido Louis che non è voluto tornare a Londra con me,
almeno lui
avrebbe saputo la strada, porca miseria! Invece no! Gli mancavano
troppo le sue sorelline, e ha voluto prolungare la sua vacanza,
costringendo me a tornare da solo, rassicurandomi che con l'"aiuto"
del navigatore non mi sarei perso. Si, come no. Infatti ora sono qui
in una superstrada sconosciuta e non riesco a trovare l'autostrada
per Londra. Dannazione, i veri uomini non si perdono mai.
Sono
incazzato nero, così spengo il navigatore – che se
prova a parlare
un'altra volta lo lancio fuori dal finestrino, lo giuro – e
mi
guardo attorno alla ricerca di cartelli stradali o persone a cui
chiedere indicazioni. Persone. Chi credo di poter trovare ormai alle
9 di sera in questa zona fuori dal mondo? Oddio non voglio essere
costretto a chiedere indicazioni ad una prostituta. Sarebbe troppo
imbarazzante, e poi io sono Harry Styles, non vado a puttane. Magari
mentre sto per chiedere indicazioni una salta su credendomi un
cliente. Magari mi riconoscerebbe e mi filmerebbe di nascosto, e poi
venderebbe il video di Hazza che va a puttane,
mi immagino già i titoli di quegli insulsi giornali di
gossip.
Magari la mia carriera finirà così. Ma cosa sto
dicendo? Ho seri
problemi, si, ne sono consapevole. Magari
invece...
Sono
questi i pensieri che mi frullano per la testa, quando vedo una
figura poco più avanti di me. Comincio a rallentare e noto
così che
è una ragazza, di spalle, che si trascina dietro una valigia
enorme,
mentre la sua mano destra è ben evidente e tiene il pollice
alzato.
Autostop? Beh almeno non è una prostituta (credo), bene,
tutti i
miei pensieri precedenti sono inutili.
Accosto
titubante. Magari potremmo fare uno scambio equo: io le do un
passaggio e lei mi da indicazioni.
Quando
fermo il mio range rover accanto a lei, si volta. E io ci resto di
merda.
Cosa...?
È incinta? Ma se avrà si e no vent'anni! Oddio,
penso guardandola curioso per poi abbassare il finestrino.
Lei
mi guarda imbarazzata così decido di parlare. - Ciao, io sto
andando
a Londra, ti serve un passaggio? - chiedo gentilmente sistemandomi il
mio adorato cappello verde. Non ho mai fatto autostop nè ho
mai
preso sù qualcuno quindi spero di aver detto il necessario.
-
Oddio si! - risponde lei sorridendo sollevata. - Oddio non ci credo,
grazie! - esclama ancora. Così scendo dall'auto per aiutarla
a
mettere la valigia nel bagagliaio, decidendo di spiegarle subito il
mio "problema".
-
Misonopersoperò –
borbotto imbarazzato, a voce bassissima. Solo io potevo perdermi come
un idiota.
-
Cosa? Non ho capito – chiede la ragazza mentre io chiudo il
baule.
-
Mi... - confessare di essermi perso è più duro di
quanto avessi
immaginato, gli uomini non si perdono mai, che figura pessima - ...mi
sono...perso – concludo guardandola di sottecchi.
E
lei, notando la fatica che ho fatto a confessarglielo, si mette a
ridere.
-
E che male c'è? - chiede lei continuandoo a sorridere
– Succede! -
mi tranquillizza mentre le apro la portiera dal lato del passeggero
per farla salire. Forse non c'è niente di male a perdersi,
sono io
che mi faccio mille seghe mentali.
Una
volta salito al posto di guida, però, i miei pensieri idioti
ricominciano. E adesso di cosa parliamo? O non parliamo? Facciamo
tutto il viaggio in questo silenzio imbarazzante? Oddio magari ora mi
riconosce e mi chiede un'autografo e mi fa domande in stile
intervista per tutto il tragitto, Dio, ti prego, no.
Penso
guardando una foto di me e i ragazzi incastrata sotto la radio. Dio,
fa che non la veda.
-
Oh! Tu sei Harry Styles giusto? - chiede invece dopo un paio di
minuti.
Ma
porca troia. - Si – rispondo sbuffando – ma non ho
una penna, mi
dispiace.
-
Una penna? Per cosa dovrei volere una penna? - chiede lei confusa.
Io
la guardo, ancora più stupito di lei. - Non...non vuoi un
autografo?
- chiedo titubante.
E
lei cosa fa? Ride. E io mi sento letteralmente idiota. Ma che cazzo
ride? Mi innervosisco. - Perchè dovrei volere un autografo?
- chiede
lei senza perdere il sorriso.
-
Emm...non so, perchè dovresti non
volerlo? Spiegami - chiedo
io di rimando, curioso.
-
Un autografo è la cosa più inutile che esista,
insomma, cosa ti
rimane dopo? Un pezzo di carta con una scritta sopra? Bello. -
comincia lei, e io con lo sguardo la invito a continuare - Io non la
penso...così, come tutte quelle ragazzine
che incorniciano le
firme delle star e magari baciano le loro foto prima di andare a
dormire, è...triste. Insomma alla fine è un
fottuto pezzo di carta,
uguale ad infiniti altri, e il tuo idolo non saprà quanto
è grande
la tua gioia nel riceverlo, o a quanto sei felice ripensando al fatto
che le sue mani hanno toccato quel foglio. È tristissimo.
Perchè io
devo fare queste cose per qualcuno che nemmeno sa che esisto? Se
proprio avessi un idolo io ci parlerei...normalmente. Trovo che sia
inutile sprecare quei trenta secondi in cui lo vedi per urlargli "ti
amo", cosa se ne fanno di un grido tanto stupido? Chiedigli
qualcosa di interessante, chiedigli qual è il suo colore
preferito e
perchè, chiedigli cosa prova quando canta, quando recita o
quando
balla. Ma non sprecare così quei trenta secondi –
conclude la
ragazza con naturalezza. Wow, che discorsone,
penso. Magari
non è la prima volta che le fanno una domanda simile.
Le
sorrido. - Quanti anni hai? - le chiedo, colpito da questo suo modo
maturo di pensare.
-
Tra due mesi ne faccio diciotto.
Cazzo.
- Wow, sei molto...molto giovane... – dico facendo cadere
involontariamente lo sguardo sul suo pancione.
-
Per essere incinta? - chiede lei un po scocciata – si, lo so.
Ora
prendi la tangenziale. - cambia argomento, gelida.
Ops,
forse era meglio se me ne stavo zitto. - Scusa – comincio
–
non...non volevo immischiarmi in faccende non mie.
Lei
sbuffa. - Non è un problema, scusami, è che
è un argomento un
po'...delicato, ecco – spiega lei senza però
tornare a sorridere.
Complimenti Harry! Sei un'idiota!
Decido
quindi di cercare di rimediare, cambiando discorso. - Come ti chiami
tu invece? - no, ma sono un genio, che discorsone! Idiota.
-
Ah già, Sunday, piacere – accenna un sorriso. -
Si, S-U-N-D-A-Y –
scandisce – lo so, è stran...AAAH! -
urla. Ma che sta
succedendo?
***
Sunday
POV
-
AAAH! - un gemito mi fuoriesce dalle labbra in
seguito ad una
fitta alla pancia, molto più forte di quelle che avevo
avvertito
negli ultimi minuti. Harry mi fissa confuso, senza capire. Chiudo gli
occhi e mi porto le mani al ventre, sconvolta dal dolore. Comincio a
respirare sempre più velocemente, prendendo la mano del
ragazzo che
si trova sul cambio, anzi, stritolandogliela. Il male che provo
è
insopportabile, lacerante.
-
Cazzo. Porca troia! - urlo. Ma lui non capisce, finchè, una
volta
fermati ad uno svincolo, comincia a fissarmi i leggins con
insistenza.
-
Hai...fatto la pipì addosso? Sulla...sulla mia auto? -
chiede
sbarrando gli occhi e trattenendo le risate.
Io
lo guardo incenerendolo con lo sguardo. Sono terrorizzata. - Ho... -
comincio con il cuore a mille – ho...credo di aver...rotto le
acque
– spiego. Cazzo e siamo ancora abbastanza lontani da Londra!
-
Oh – dice lui senza sapere cosa fare – cosa...cosa
devo...?
Lo
interrompo. - Mi serve un ospedale! - urlo terrorizzata e nel panico
più totale.
-
Ti...ti porto io? - chiede.
Ma
che domande sono? - Puoi? - chiedo invece.
In
tutta risposta schiaccia in modo disumano sull'acceleratore,
svoltando a sinistra, verso una cittadina sconosciuta.
-
Vuoi...vuoi qualcosa da mordere? - mi chiede.
Io
lo guardo come se fosse pazzo, senza capire. - Non si fa
così nei
film? Per...non far sentire il dolore? Ti danno un bastoncino di
solito...da mordere – continua.
Io,
seppur la situazione sia alquanto critica, mi metto a ridere. - Ti
prego – una fitta più forte delle altre mi
costringe a smettere di
parlare – per favore distraimi.
-
E come? - chiede.
-
Che ne so! Raccontami qualsiasi cosa! - esclamo cominciando a
respirare come una dannata.
E
mentre lui blatera del fatto che lui avrebbe sempre desiderato un
fratellino o una sorellina minore io mi perdo a fissarlo per non
pensare al dolore che mi trafigge.
Ora
che lo guardo meglio indossa un paio di pantaloni verde militare, una
maglietta...delle Tartarughe Ninja??, una felpa
aperta e un
paio di converse verdi. Due collane piene di ciondoli gli sfiorano il
torace muscoloso, ha un bel viso, un sorriso abbagliante adornato da
due fantastiche fossette e dei capelli...stra fighi.
-
Aaaah! Cazzo che male! Oddio cazzo! No, ti prego, ti prego, ti
pregooo – lo guardo, supplicandolo – ti prego non
voglio
partorire in una macchina! Morirò!
-
Oh santo cazzo che situazione – impreca lui – okay
Sunday,
respira, devi respirare - cerca di incoraggiarmi.
-
AAAAAH porca troia, respira tu che la fai tanto facile! Dio... - gli
urlo dietro, ormai fuori controllo.
E
mentre continuo a guardarlo guidare come un pazzo, io urlo come
un'ossessa. E – dei del cielo, non chiedetemi il
perché – lui
comincia ad urlare insieme a me.
-
Dio, ti prego, se esisti – prega – non farmi fare
il ginecologo.
Non sono pronto per una cosa del genere, non voglio. Dai Sunday,
resisti, ci siamo quasi.
-
Dio Cristo – ansimo – cazzo io mi uccido! Maledetto
il bastardo
che mi ha fatto questo, porca puttana! - urlo contro il finestrino.
Sto
per continuare con gli insulti, quando sento Harry urlare che siamo
arrivati.
I
minuti seguenti sono i più tragicomici che io abbia mai
vissuto.
Harry
scende di corsa dalla macchina, mi apre la portiera, afferra la mia
borsa con i documenti, mi prende in braccio – non so come
visto che
per la gravidanza sono ingrassata come un maiale – e comincia
a
correre verso l'ingresso dell'ospedale. E nel frattempo io cosa
faccio? Mentre Harry mi rassicura, io mi godo il contatto con i suoi
addominali paradisiaci e rassicuro il mio bimbo, parlandogli con voce
fioca e intervallando parole dolci con esclamazioni volgari contro il
dolore immenso che mi fa provare. Ogni tanto mi guardo attorno,
notando le facce stupite, divertite o preoccupate delle persone che
ci circondano. Che imbarazzo. Quando poi arriviamo nel salone con le
sale parto, una dottoressa ci accoglie con un'espressione di
disappunto e io vorrei sprofondare. La sento chiamare una sua collega
e sussurrarle – Questi giovani, che poco di buono, a
quest'età...-
ma vaffanculo dottoressa di merda! Che cazzo ne vuole sapere
della
mia storia? Queste
sono le cose
che mi fanno più incazzare in assoluto. La gente che giudica
pensando di sapere cose che non sa. Imbecille.
La
nuova dottoressa è però molto più
gentile. Assieme a due colleghe
accompagna me in una sala parto, e, mentre mi sdraia sul lettino e
controlla la mia situazione, una delle due infermiere fa
firmare delle carte ad Harry che non le legge nemmeno
e gli porge una specie di camice verde, ricevendo in risposta da
quest'ultimo un'occhiata sconvolta. - No, io...io aspetto fuori... -
prova a dire, ma l'infermiera lo interrompe – Su, non essere
schizzinoso, la nascita di un figlio
è una cosa alla quale si deve
assistere! - gli sorride bonaria. Harry la guarda shockato, ma, preso
dal panico, esegue gli ordini senza fiatare.
Intanto
la dottoressa gentile mi spiega che è troppo tardi per
procedere con
l'anestesia e io vorrei uccidermi. Il dolore è ormai
insostenibile
e, senza rendermene conto, mi trovo a dover spingere per far nascere
mio figlio mentre fisso un Harry paralizzato in un angolo della
stanza.
Dopo
minuti che sembrano ore, dopo un dolore fisico che non credevo
sostenibile, e dopo una sequela infinita di parolacce e improperi,
nasce. Nasce un bambino stupendo. - Nathan
– sussurro –
piccolo mio, sei bellissimo.
Continuo
a guardarlo sorridendo come un'ebete. Harry mi si è
avvicinato e sta
sorridendo anche lui come me, mentre Nathan ci guarda curioso.
È
mio, mio mio mio mio, ma me lo lascino tenere in braccio solo per
pochi minuti, perché, vista la sua nascita leggermente
prematura,
ritengono più sicuro tenerlo nell'incubatrice per un po'.
Forse
potrebbero mettermici anche a me nell'incubatrice, sono così
stanca,
penso debolmente prima di vedere l'espressione preoccupata di Harry
e, infine, il vuoto.
*
* *
Hola
gente! Okay, non so come sia venuto questo capitolo
perchè...boh,
insomma la storia è ancora all'inizio e per capire bene
bisognerà
arrivare al secondo capitolo dove cuccederà una cosa...boom!
(?) Ma! Allooora, premettendo che non conosco Harry Styles e nessuno
dei suoi amici, e che con questo scritto non intendo offendere
nessuno di loro e bla bla bla...volevo spiegare un paio di cose.
La
prima è che spero di non aver plagiato nessuno, se
così fosse, vi
pregherei di farmelo sapere che provvederò a rimediare. Poi
volevo
dire che (ovviamente) non conosco Harry e lo
descrivo/descriverò
come penso che potrebbe essere, sperando di poterlo immaginare
abbastanza simile all'Harry che vedete voi (parlando per via del
carattere s'intende). Terza cosa: vi chiedo già perdono se
in futuro
dovessi sbagliare a scrivere qualche informazione su di lui o cose
simili.
Ah
già, dimenticavo: per vedere l'abbigliamento dei due
protagonisti
cliccate qui: Harry
e Sunday.
Detto
ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo
delirio e mi
ritiro nella mia grotta (?).
Adieu,
Lucia.
P.S:
Cosa avrà firmato Harry? "Chissene
frega" dirente voi. Invece no! È un
passaggio
cruciale (?).
P.P.S:
Cecy (si, proprio tu) se stai leggendo (cosa che
spero non
avvenga) sappi che, si, mi vergogno di aver fatto una cosa del
genere. Tanti baci.
P.P.P.S:
Giulia, dedicato a te (non uccidermi).
P.P.P.P.S:
Ah già! Quasi dimenticavo! Per chi volesse ecco a voi uno spoiler
del prossimo capitolo!
«
- Beh, pensavo che potresti venire a stare da me – continua
incerto. [...]
Okay,
sono stupita. Uno sconosciuto mi ha appena chiesto di andare a vivere
da lui assieme a mio figlio? [...] - Non sei un maniaco o cose del
genere, vero? - ridacchio. »
|
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Capitolo 2 *** 2. News ***
Capitolo
2: News
Sunday
POV
La
prima cosa che percepisco quando mi sveglio sono delle risate. Risate
che si alternano a...imprecazioni scherzose, se non sbaglio. Solo una
voce sembra davvero preoccupata
e sovrasta tutte le altre.
-
Questo si che è un casino, che cazzo ho fatto? Oddio. -
sento dire
dall'unica voce familiare che riesco a sentire. - Un figlio?
Cioè,
io dovrei avere un figlio? E il fatto è che nemmeno conosco
la
madre! Non è possibile. - continua Harry. Ma
cosa diavolo
sta dicendo? Mi sa che c'è qualcosa che non va. -
E voi ragazzi, smettetela di ridere come degli idioti! Cazzo
c'è
pieno di paparazzi e giornalisti fuori ed è solo per colpa
vostra!
Non potevate essere più discreti?
Paparazzi?
Giornalisti? Okay, c'è sicuramente qualcosa che non va;
così,
facendomi forza, riesco ad aprire gli occhi e, dopo qualche secondo,
a mettere a fuoco l'ambiente che mie circonda.
Mi
sento spaesata. La mia stanza è occupata da quattro ragazzi
chiassosi che non
conosco e da Harry; le tende bianche lasciano filtrare attraverso le
finestre una luce accecante – che
cavolo di ore sono? -
e accanto al mio letto trovo un disgustoso vassoio a fiori con sopra
una tazza di tè, biscotti che sembrano di cartone, un
bicchiere di
plastica con un succo d'arancia pieno di grumi e, da una parte, sei
caffè
Starbucks e un
cornetto dall'aspetto delizioso.
Torno a fissare i
ragazzi che non si sono ancora accorti di me e, facendomi coraggio:
–
Harry? - chiamo - che ore sono? - classica domanda scema, da film
scemo, fatta dal protagonista scemo che si sveglia dopo aver subito
un trauma ancora più scemo.
- Sunday! - esclama
facendo un sorriso un po' tirato – Sono le nove e un quarto,
dopo
che sei svenuta ieri sera hai dormito per tutta la notte. Ti hanno
fatto una flebo. - spiega.
- Wow. Harry, chi
sono...chi è tutta questa gente? E cos'è
successo? Ho sentito
qualcosa, ma non ho capito. Nathan sta bene? – chiedo
preoccupata.
- Ehmm – sospira –
Tuo figlio sta benone, potrete essere dimessi già domani, o
forse
addirittura oggi e loro sono dei miei amici...
- Ciao – mi salutano
questi quasi all'unisono ridacchiando, e io rispondo con un debole
sorriso, Li ho già visti da qualche parte,
penso ancora con
la mente annebbiata, sono stanchissima. Poi torno a guardare lui, in
attesa di altre spiegazioni.
- E...per il resto vuoi
la versione corta o lunga? - chiede esitante.
- Corta, rapida e
indolore – decido seccamente, meglio muoversi, sto
cominciando ad
agitarmi.
-
Okay, allora... - però si blocca e dice ai suoi amici di
andare pure
a casa, lasciandoci da soli. Perché?
- Dunque. Ieri ho firmato, per sbaglio s'intende, dei documenti e
altre scartoffie, quindi, per farla breve, ora sull'anagrafe risulto
essere il padre di tuo figlio. Fine. E prima che tu me lo chieda, no,
non si può cambiare.
- Oh. - subito ci resto
di sasso, ma poi penso... – scusa, ma a noi che importa? Mica
siamo
sposati, quindi non mi devi...che ne so, i soldi degli alimenti, non
devi vivere con me o stronzate del genere. Se anche tu fossi il
padre, potremmo semplicemente decidere che il figlio venga cresciuto
solo da me, o no?
-
No – risponde lui secco – no, perché sei
ancora minorenne,
mentre io non lo sono. Mi hanno spiegato che se tu avessi partorito
tra due mesi tutto questo casino non sarebbe successo, ma sei
minorenne ora, quindi la responsabilità del bambino
è tutta
mia. Almeno fino al giorno del tuo diciottesimo compleanno.
- Cazzo. Cazzo! Per lo
più ora mia madre mi starà cercando! - esclamo.
- Tua madre? Lei non sa
che sei qui? - chiede sbalordito, e dopo qualche secondo di
riflessione: – aspetta Sunday...dove stavi andando ieri sera
con le
valigie? - continua dubbioso e ora preoccupato.
Cazzo.
-
Emm...se ti dicessi che stavo scappando di casa? - Okay,
ora sono in guai seri.
- Non ci posso credere!
Già questa situazione era difficile, ora si
complicherà ancora di
pi... - lo interrompo.
- No, ti prego, non
farmi tornare a casa, ti supplico! - mi trovo a implorarlo.
- Sunday, io...credo di
non avere alternative... - dice dispiaciuto.
- Cazzo... - è l'unica
parola che riesco a dire, mentre delle lacrime silenziose cominciano
a solcarmi le guance.
- Ehi, no, non
piangere, dai – cerca di consolarmi invano. Non posso darla
vinta a
mia madre. Non posso tornare a casa, e, cosa ben più
importante, non
voglio.
- Non...non c'è
un'alternativa? - chiedo quasi disperata – sono disposta a
tutto,
posso andare anche in una casa-famiglia o in un orfanotrofio,
qualsiasi cosa. Qualsiasi.
- Wow, emmm...ci stavi
proprio male a casa – nota lui pensieroso, Non sai
quanto,
penso – ora pensiamo a una soluzione dai – mi
sorride e io
ricambio.
Qualche
istante dopo lo
sorprendo a fissarmi, pensoso; imbarazzata faccio finta di non
essermene accorta ma lui continua imperterrito. Odio la gente che mi
scruta con attenzione, mi fa sentire nuda, leggibile, e io non voglio
esserlo.
- Insomma, che hai da
guardare? - sbotto leggermente irritata qualche secondo dopo.
Lui si riscuote. -
Niente...stavo pensando – comincia Harry – che
forse ho una
soluzione ma... - sembra esitante – ma non so se tu saresti
d'accordo, insomma, a me sembra una buona idea però non
voglio che
tu pensi cose strane o...
Lo interrompo. - Finché
non mi dici l'idea non posso giudicare – sorrido
incoraggiandolo.
- Beh, pensavo che
potreste venire a stare da me – continua incerto - insomma,
io
potrò mantenervi almeno per un po', finché non
compirai diciotto
anni sicuramente, e poi, secondo lo stato, sono il padre di tuo (e
quindi nostro) figlio. Ho dei diritti su di lui ma anche su di te. E
quindi, se vuoi naturalmente, potrai stare da me, e nessuno
può
impedirtelo. Un bambino ha diritto all'affetto di entrambi i
“genitori”.
Okay, sono stupita. Uno
sconosciuto mi ha appena chiesto di andare a vivere da lui assieme a
mio figlio? Okay che non è poi così uno sconosciuto,
però...
vabbè, in fin dei conti non ho niente da perdere provando -
Mmm...sei sicuro? - chiedo titubante - non sei un maniaco o cose del
genere, vero? - ridacchio.
- Certo! Perché se lo
fossi te lo verrei a dire! - ride.
- O non è che la tua
immagine di star potrebbe uscire intaccata da questa storia? Insomma,
non vorrei sentirmi in colpa – continuo.
- Figurati! Sarà una
cosa provvisoria, quando sarai maggiorenne potrai scegliere di
andartene e fare quello che vuoi.
-
Mi sento cretina, mi sembra di essere in quei programmi assurdi tipo
“Sedici
anni e incinta” oppure “Teen mom” -
rispondo ridacchiando.
-
In effetti l'idea mi è venuta da una puntata di
“Teen mom”,
quella con i tipi biondi...come si chiamavano? - mi chiede.
Io lo guardo sbalordita
e gli scoppio a ridere in faccia – Stai scherzando? Ahahah!
- No! Una volta non mi
perdevo mai un puntata, me lo registravo pure! - confessa.
- Ammettilo che lo
registri anche adesso – lo accuso con finto sguardo
indagatore.
- Emmm no! Lo registro
per mia sorella! Lo giuro. - ride.
È
così che ci trova la dottoressa (quella gentile) quando
entra per il
primo controllo: che ridiamo come due imbecilli. Lei ci guarda
dolcemente, Che
abbia frainteso?,
e poi si avvicina. - Vediamo un po' come sta la nostra Sunday
–
annuncia sorridendo.
***
Harry
POV
La visita è andata
molto bene, Sunday si è anche alzata ed è potuta
andare a vedere
Nathan.
È un bambino davvero
bello, Come la mamma d'altra parte, mi sorprendo a
pensare.
Harry dannazione
cominciamo bene! Okay, parlo anche da solo con la mia mante.
Evvai questa stranezza ti mancava!
Comunque è così,
insomma. Quel bambino è un ganzo. Si,
sono un fissato con i
bambini, ma lui so già che diventerà
particolarmente figo. Me lo
sento. (Si, in questa storia Harry probabilmente
risulterà un
cretino ma tant'è, ahahah. NdA (*))
Mi ci sono già
affezionato. Penso porgendo a Sunday una brioche e uno dei
caffè
Starbucks che avevo precedentemente comprato assieme ai ragazzi. Lei
afferra la bevanda sorridendomi per poi tornare a guardare suo figlio
addormentato, e comincia a sorseggiare il caffè poggiando le
sue
labbra carnose sul bordo del bicchiere. Wow. Ma da
dove salta
fuori questa ragazza? Harry, dannazione, controlla i tuoi
pensieri! Però è davvero...bella, si,
diciamo semplicemente
bella. Però cazzo... Harry! Sei un pervertito!
Come farai a
conviverci 24 ore su 24 se già guardandola bere un fottuto
caffè ti
ecciti come un dodicenne!? Vaffanculo, non mi sto eccitando,
Coscienza di merda, fatti i cazzi tuoi.
Perché parlo da solo
nella mia testa!?
Oddio, ora la mia mente
malsana mi ha anche ricordato che vivrò con lei! Una
sconosciuta! Ma
cosa mi è saltato in mente? Spero solo che non lasci in giro
la sua
biancheria sennò...HARRYYYYYY! Maledetto maniaco!
Okay basta, pensiamo ai
documenti che ora dovrò firmare per permettere a Sunday e
Nathan di
stare da me.
Solo ora mi rendo conto
che mi sto prendendo una bella responsabilità, proprio io
che non
sono neanche in grado di tenere in vita un pesce rosso per due
giorni! Sarò un padre per Nathan? Almeno per un paio di
mesi? O
semplicemente sarò Quello-che-l'ha-mantenuto? Bah.
Mentre Sunday finisce
di fare colazione e torna nella sua stanza per allattare il bambino,
io firmo le varie scartoffie e alle 11 abbiamo già
recuperato e
sistemato tutto e, con il bimbo in braccio lei, e i documenti, le
chiavi dell'auto e la sua borsa io, possiamo finalmente lasciare
questo posto, ma all'uscita dell'ospedale ci attende qualcosa che io
– purtroppo – avevo già immaginato; al
contrario di Sunday, come
posso notare dalla sua espressione quasi sconvolta.
***
Sunday
POV
Oh
mio Dio. Questa non me l'aspettavo di certo. Perché
l'ingresso
dell'ospedale è pieno di gente? O meglio, di...paparazzi?
Giornalisti? Ragazzine? Oh cazzo. Guardo Nathan che mi sembra stia
per piangere a causa del rumore e poi mi volto verso Harry che sta
guardando la folla con un'espressione molto meno sconvolta della mia;
né io né lui sappiamo cosa fare, poi lui prende
l'iniziativa, mi
prende per un polso per non perdermi in quella calca e - mentre io
cerco di calmare mio figlio che è terrorizzato dalle urla -
cerca di
farsi spazio tra la folla.
-
Harry, chi è questa ragazza? - urla un tizio piazzando un
microfono
in faccia al riccio e chiedendogli di me come se io non fossi
presente.
-
Nuova fiamma, Harry? - un altro si fa avanti, mentre decine di flash
ci accecano.
-
Hazza, di chi è questo bambino?
-
Abbiamo incontrato gli altri quattro One Direction prima, ma hanno
detto soltanto No comment, no comment,
tu ce l'hai un commento?
-
HARRY TI AMO, CHI È QUELLA TROIA CHE TI PORTI DIETRO?! -
urla una
ragazzina indemoniata che avrà si e no dodici anni.
Harry
non risponde, infastidito, facendo finta di non sentire le domande,
e, dopo mille interruzioni e deviazioni, riusciamo ad arrivare alla
sua macchina.
Io
sono letteralmente sotto shock. Nathan ha cominciato a piangere come
un disperato perché ha di nuovo fame e Harry mette in moto
l'auto
cercando di non investire le fan più pazze che, pur di
fermarci, si
buttano in mezzo alla strada. Al mondo c'è gente che non
è molto
normale.
-
Quanto è lontana casa tua? - chiedo gentilmente ad Harry. -
Nathan
ha già fame, sai... - spiego imbarazzata.
-
Non molto, credo che in mezz'oretta saremo arrivati. - risponde Harry
sorridendomi e accendendo la radio.
“Ma
passiamo alle previsioni del tempo, oggi pomeriggio Londra
sarà
stranamente soleggiat...”. Harry cambia stazione e
io comincio
a sentirmi in ansia.
“E
proprio ora ci viene segnalato un incidente sulla S13...”.
Harry cambia stazione per la seconda volta, ed ecco quello che
più
temevo. Musica.
Comincio
a respirare affannosamente mentre le note di una canzone Rap invadono
l'abitacolo. Senza neanche rendermene conto porto le mie mani alle
orecchie per non sentire. La mia espressione è sconvolta, lo
so, ne
sono perfettamente consapevole, perché mi succede sempre ma
non
riesco ad evitarlo. E sento che le lacrime premono per uscire.
-
Harry – chiamo respirando sempre più velocemente
– Harry, ti
prego spegni. - supplico con voce tremante.
Lui
mi guarda sbalordito, senza capire, mentre io lo fisso disperata,
incurante di quello che lui potrebbe pensare di me.
-
Cosa? - chiede – ti senti bene? - continua preoccupato.
-
Spegni, ti prego! - quasi urlo ormai, sotto il suo sguardo sorpreso e
confuso. Per fortuna ascolta le mie suppliche e un silenzio carico di
tensione torna a regnare nell'abitacolo caldo dell'auto.
Perché
mi succede sempre così? Perché?
Penso. Ma ormai la mia mente non ragiona più, e torna
indietro nel
tempo a mesi prima, a rivivere il mio passato. Cosa che mi ero
promessa mille volte di non fare.
-
Scusa Harry, scusa – comincio, stringendomi Nathan al petto.
-
Scusa io...io non ci riesco – lui mi guarda senza capire. -
È la
musica che...mi fa questo, scusa.
E
forse lui ha capito qualcosa perché mi rassicura. -
Tranquilla,
niente musica – sorride, senza però riuscire a
camuffare la palese
confusione che regna sovrana sul suo viso.
Io
non riesco a guardarlo ancora, quindi concentro la mia attenzione su
Nathan. E...sbam,
tutto torna come se la musica non fosse stata spenta. Perché
ha i
suoi
occhi? Perché ha
gli occhi di Sebastian? Io amo Nathan, è mio figlio, ci
mancherebbe.
Ma c'è comunque qualcosa che mi frena. Qualcosa che non mi
ha fatto
esplodere dalla gioia quando è nato, qualcosa che non me lo
fa amare
appieno come vorrei e come una madre dovrebbe fare. Perché
la
genetica gioca questi brutti scherzi? Perché non
è nato con i miei
occhi azzurri? Perché verdi? Perché quel
verde? Perché c'è qualcosa in lui che mi
allonatana?
Io
lo so il perché, ma è difficile ammetterlo.
Imparerò ad amare
completamente mio figlio, ne sono certa, anche se sarà
difficile.
Sono
questi i pensieri che mi ronzano per la testa quando arriviamo a casa
di Harry che scende rapido dall'auto e mi viene ad aprire la
portiera. È una villetta
bianca molto carina, preceduta da un giardino piuttosto curato e da
un sentiero di sassi.
-
Wow – torno a sorridere. - Vivrò davvero qui? -
chiedo
meravigliata.
-
Già – conferma Harry scompigliandosi i ricci in
modo buffo –
vieni, ora ti faccio fare un giro – dettò
ciò, prende la mia
valigia, la trascina verso l'ingresso, e, abbandonandola sotto il
porticato, mi dice di seguirlo sul retro; così lo seguo, con
Nathan
ancora in braccio, costeggiando l'enorme casa affianco a lui che
cammina su una stradina di ciottoli.
E
quando arrivo sul retro resto letteralmente senza parole. Un giardino
enorme si estende davanti ai miei occhi. Se questo
è un sogno, vi
prego, non svegliatemi. Penso meravigliata. Una piscina
azzurra e
bianca si trova all'estremità opposta del cortile, e un
capanno di
legno la affianca, preceduto da un albero bellissimo con una corda
dalla quale, arrampicandosi, suppongo che ci si possa tuffare
nell'acqua.
È
un piccolo paradiso. Guardo Harry – Io... - comincio
– io sono
sconvolta, devo trovare il modo di ricambiare la tua gentilezza,
davvero – sorrido.
Lui
non risponde, semplicemente mi sorride a sua volta così mi
rivolgo a
Nathan.
-
Hai visto, piccolo? Guarda dove abiteremo! - comincio a ridere,
alzando le braccia per tenere Nathan sollevato sulla mia testa, come
per farlo volare. E lui mi guarda, curioso, senza piangere. Lo
amerò,
ci riuscirò, ne sono certa; gli do un bacio sulla testa
ancora
povera di capelli e lui mi stringe il pollice con la sua minuscola
manina per poi cominciare ad emettere strani versi con la bocca. E,
mentre cerco di capire cosa voglia dire, scopro Harry che ci fissa
sorridente; torno poi a guardare mio figlio, che si sporge con le
manine verso il riccio, così mi avvicino ad Harry e Nathan
si
aggrappa alle sue collane, facendo ridere il ragazzo.
-
Vuoi prenderlo in braccio? - chiedo incoraggiante.
-
Ehm...okay, spero di farcela – ride ancora, mostrandomi il
suo
fantastico sorriso che dà vita alle sue adorabili fossette.
Io gli
porgo mio figlio e mi soffermo a guardarli. Harry
con in braccio Nathan è una cosa stupenda, i suoi
occhi
brillano, sono di un verde puro, felice,
e, tornando a guardare Nathan, mi chiedo come mai il suo
verde,
invece, mi inquieti tanto. Se li
osservo bene, sono due sfumature quasi uguali, forse è
perché so da
dove provengono quelli di mio figlio. Non ci devo pensare, no.
-
Puoi tenerlo un po' tu, se vuoi – dico ad Harry, notando che
Nathan
è molto interessato ai ciondoli del ragazzo e non
è intenzionato a
separarsi dai suoi nuovi giocattoli.
-
Certo! - esclama Harry – entriamo dai, ti faccio vedere
l'interno.
Ho due camere per gli ospiti, potrai scegliere tu dove sistemarti.
-
Grazie – gli sorrido per poi seguirlo nuovamente verso
l'ingresso.
Arrivati sotto il porticato, prendo la valigia mentre lui apre la
porta con una mano ed entriamo.
***
Harry
POV
-
Questa è la mia stanza
– dico aprendo l'ultima porta a sinistra del secondo piano,
mostrando a Sunday una camera nella quale il disordine regna sovrano;
per poi proseguire verso l'ultima a destra. - E questa è una
zona
che ho dedicato alla musica, non so se ti può interessare...
-
spiego incerto ricordandomi la reazione che ha avuto Sunday questa
mattina a causa della musica.
La
vedo infatti irrigidirsi, dare una rapidissima sbirciata all'interno
per poi tornare a guardarmi rivolgendomi un brevissimo sorriso di
circostanza. - Scegli pure la stanza che vuoi e sistema le tue cose,
non so, se vuoi farti una doccia il bagno è li –
continuo – io
torno in cucina e ordino qualcosa da mangiare, la pizza è
okay?
-
Certo, grazie – risponde lei trascinando la sua valigia nella
stanza bianca
(immaginatela
un po' più piccola. NdA (*)).
***
(*)
Nda sta per “Nota dell'Autore”.
ALLORA.
SALVE. Ammetto di non avere la minima idea di come funzionino le
varie pratiche dell'ospedale e dell'anagrafe (voi fate finta che sia
tutto come ho scritto io e che non si possa cambiare quello che
c'è
scritto). Poi scommetto che non avete capito molto del momento di
“crisi” di Sunday, ma prometto che più
avanti vi sarà chiaro.
*Mistero*.
Poi,
anche questo capitolo è un po' di passaggio, ma prometto che
i
prossimi saranno migliori!
Vi
avviso che questa non sarà la solita fanfiction (almeno
spero)
perché per Sunday sarà molto difficile aprirsi
con le persone (e
quindi con Harry), a volte probabilmente non capirete i suoi strani
comportamenti o i suoi cambi di umore, ma più avanti vi
sarà tutto
più chiaro :)
Volevo
ringraziare nuovamente le ragazze (fantastiche) che hanno recensito,
e
Bubububububu
e fedrica218
per aver messo la storia tra le preferite, grazie davvero!
E
ecco qui l'abbigliamento: Sunday,
Harry e Nathan.
Detto
ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo
delirio e mi
ritiro nella mia grotta (?).
Adieu,
Lucia.
|
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Capitolo 3 *** 3. Shopping ***
Capitolo
3: Shopping
Sunday
POV
-
Harry, ma il tuo frigo è vuoto! - esclamo
aprendo l'enorme (e
deserto) elettrodomestico grigio, popolato soltanto da due lattine di
birra e da un solitario vasetto di marmellata alla...rosa
canina?
Bah, che gusti strani. - Cosa mangi di solito?
-
O ordino una pizza, o vado a cena fuori con i miei amici, anche il
cinese non è male, niente in confronto al messicano
però... –
farfuglia lui con aria sognante ficcandosi un biscotto in bocca e
sputacchiando alcune briciole.
-
Harry, che schifo! Dai, avrai qualcosa nella dispensa che non siano
biscotti – lo incoraggio io.
-
Mmm – comincia lui, per poi andare ad aprire un'anta
dell'isola in
cucina – si! Patatine! - esclama lui vittorioso estraendone
un
sacchetto dal mobile.
-
E quella dovrebbe essere una merenda più salutare?
- rido.
-
Uffa, sembri mia madre! - scherza – sono settimane che non
sono a
casa, è ovvio che la dispensa sia vuota, di solito sono
bravo, mamma
– continua sorridendo.
-
Si, certo – rispondo ironica senza credergli - Lascia almeno
che ti
prepari qualcosa di decente per cena, visto che vivrò qui
senza
sborsare mezza sterlina!
-
Sunday, non devi sentirti un peso, non sei qui nemmeno da un giorno e
ti stai già facendo problemi inutili, tranquilla –
mi rassicura.
-
Va bene se vado a fare un po' di spesa? - chiedo invece io –
Devo
anche comprare un po' di cose per Nathan, dimmi cosa vorresti
mangiare – sorrido. Sembriamo una vecchia coppia, quando in
realtà
ci conosciamo da meno di 24 ore. Forse mi sto prendendo troppa
confidenza?
-
Figurati, vengo con te, ci mancherebbe! - esclama chiudendo
velocemente il pacco di Gocciole ormai mezzo vuoto.
- Il supermercato è a soli quindici minuti da qui, andiamo a
piedi?
- chiede.
-
Certo – rispondo prendendo in braccio Nathan che, dopo aver
mangiato, si era addormentato sul divano. Harry era stato dolcissimo,
non avendo ancora una culla per lui, l'aveva sistemato sul divano e
circondato con un muro di cuscini per evitare di farlo cadere, poi
l'aveva coperto con una copertina di pile con stampe verdi e si era
messo a mangiare biscotti tenendolo d'occhio dalla cucina.
Dobbiamo
comprare un sacco di roba: pannolini, biberon, un lettino, una
carrozzina e altre millecinquecento cose. Per non parlare
dell'operazione riempimento-frigo-di-Harry.
Alla
fine abbiamo preso la macchina. Siamo due pigri cronici, quindi
abbiamo optato per la comodità, e così ci
è venuto in mente che
dobbiamo prendere anche un seggiolino da auto per Nathan.
Io
invece mi sento sempre più in colpa per tutti i soldi che
devo far
spendere ad Harry, non avevo messo in conto che avrei dovuto fare
tutte queste spese, ma lui non sembra curarsene, anzi, sembra quasi
entusiasta. Bah, chi lo capisce è bravo.
Entriamo
tutti e tre nel supermercato e, con Harry ben
camuffato –
banali occhiali da sole e cappello – per non farsi
riconoscere, ci
dirigiamo verso il reparto per bambini.
-
Bene, eccoci qua – nota Harry – da dove cominciamo?
-
Emm, non ne ho idea, pannolini? Salviettine? Latte in polvere? -
comincio ad elencare cose a caso.
-
Okay, pannolini. Magari lì troviamo anche i biberon
– mi asseconda
Harry indicando un reparto un po' più avanti, dove ci
dirigiamo. -
Wow – esclama lui sconsolato appena raggiungiamo la
fantomatica
corsia. E in effetti non ha tutti i torti. Ci cono decine e decine di
tipi di pannolini diversi, di tutte le forme e i colori.
-
Beh, quali...quali prendiamo? - chiedo io incerta.
Lui
ci pensa per mezzo minuto e poi indica un pacco di pannolini, con
sicurezza. - Questi! - esclama deciso.
-
Perché proprio quelli? - chiedo io non capendo il suo
“criterio di
scelta”.
-
Perché, guarda, è troppo tenero l'orsetto che
c'è disegnato! -
sorride lui come un deficiente – E sono sicuro che piacciano
anche
a Nathan, vero piccolino? - si rivolge a mio figlio, prendendo la
scatola di pannolini e sventolandogliela davanti agli occhi per poi
far parlare l'orso disegnato. - Si, Nathan, sono l'orso Boo e
tu
vuoi comprarmi – dice cercando di imitare la voce
di un pupazzo
dei cartoni animati.
In
tutta risposta mio figlio lo guarda con gli occhi spalancati,
curioso. - Harry, per favore, smettila di fare l'idiota e pensiamo a
quali prendere – lo rimprovero io scherzosamente,
strappandogli la
confezione dalle mani e rimettendola al suo posto.
-
Uffa sei cattiva – sorride, poi continua –
prendiamo quelli che
costano di più, così andiamo sul sicuro
– propone lui.
-
Harry, sii serio, non mi va di farti spendere sterline su sterline
per dei cavolo di pannolini.
-
SI! - esclama invece lui - Quelli con l'orsetto Boo
sono anche
quelli che costano di più! Sono perfetti! - urla lui al
settimo
cielo, attirando gli sguardi sorpresi della gente attorno a noi e
senza badare alla mia precedente protesta. Prende così
quattro
confezioni enormi e le butta nel carrello senza tante cerimonie e
senza ascoltare minimamente le mie continue lamentele. Dopo un po'
decido di arrendermi, è testardo come un mulo questo ragazzo.
-
Ecco i biberon! - esclama lui poco dopo.
-
Harry, perché sei così entusiasta? - chiedo io,
notando il suo
umore - Stiamo facendo la spesa – gli faccio notare.
-
Non lo so, è troppo figo avere un bambino! - esclama lui
sorridendo.
-
Harry – comincio sorpresa – tu non hai un bambino
– dico
incerta.
Lui
non si scompone. - Beh, non proprio – conferma – ma
perché non
dovrei essere emozionato?
-
Perché Harry, tu non sei suo padre, ci conosciamo da un
giorno! -
esclamo.
-
E allora? C'è tutto il tempo per conoscersi –
afferma.
Forse
non si è accorto che la sua frase potrebbe risultare un po'
ambigua?
Che cavolo di intenzioni ha? Ho sicuramente frainteso io. Si, per
forza.
-
Visto che tu hai scelto i pannolini, il biberon e il latte in polvere
li scelgo io – decido di cambiare discorso.
Lui
sbuffa ma accetta il mio “quasi ordine” seguendomi
mentre prendo
le due cose quasi a caso.
-
Bene, adesso...ci manca una culla, una carrozzina, un seggiolino per
la macchina e...? - chiede lui.
-
E dobbiamo riempire il tuo frigo deserto – sorrido.
La
carrozzina e il seggiolino li abbiamo presi senza alcun tipo di
intoppo perché non c'era molta scelta. Anche se, indovinate
un po'?
Harry ha scelto i più cari. È un idiota quel
ragazzo, spendere
tutti quei soldi per qualcosa che tra qualche mese andrà
sostituito
perché troppo piccolo.
Mentre
ci dirigiamo verso il reparto dedicato ai lettini e alle culle,
passiamo davanti a quello dei vestiti per bambini e...catastrofe.
No, seriamente, ma siamo sicuri che Harry sia un ragazzo normale?
Perché non è possibile che si metta ad urlare
davanti ad una tutina
pelosa a forma di leopardo. Che poi è orribile!
-
Sunday, se non gli compriamo questa tutina io non mi scollo da questo
supermercato! - urla. Ma sa cosa vuol dire parlare con un tono di
voce normale? A quando pare no.
-
Harry, dai, è orribile! - esclamo io di rimando –
e poi credo sia
da bambina.
-
Non è da bambina, l'interno del cappuccio è
azzurro, ergo, è da
maschio – specifica lui prendendo in mano l'orribile capo di
abbigliamento ed esaminandolo nei suoi minimi particolari.
-
È perfetta. Andiamo – dice buttando la tutina nel
carrello ormai
pieno di tutte le scemenze che ha voluto comprare a tutti i costi.
Sospiro
rassegnata, e comincio a spingere il carrello verso il reparto che
dobbiamo raggiungere, ma al quale probabilmente non arriveremo mai,
viste le continue interruzioni da pare di Harry.
Ora
Nathan è in braccio a lui, che lo tiene in modo innaturale
con un
braccio solo, mentre con l'altro tocca tutti i vestitini e i
giocattoli esposti. Spero solo che non gli cada per terra mio figlio,
o lo riempio di botte.
Finalmente
siamo arrivati al reparto tanto ricercato. Ormai ho smesso di oppormi
al volere di Harry e il carrello che mi trovo a spingere per questo
dannato supermercato è completamente pieno. Io non so come
faremo a
fare anche la spesa per lui. Scoppierà la macchina.
-
Eccoci qua – esclama lui continuando a sorridere. Sono quasi
tre
ore che siamo chiusi qua dentro e io mi sto annoiando come una
dannata, come fa lui ad essere così su di giri? Si
sarà fatto di
qualcosa prima di entrare.
-
Questa volta scelgo io – dico con un tono che non ammette
repliche.
Ma questa volta la tattica di dettare legge non funziona
perché
Harry si oppone.
-
Col cavolo! Al massimo puoi decidere se vuoi una culla o un lettino
con le sbarre – ribatte deciso.
-
Cosa? Harry, dai, smettila – lo prego, stufa di tutte le sue
proteste. Ma lui non si fa ingannare dal mio tono supplichevole.
-
Okay, allora deciderò tutto io: vada per una culla
– decreta senza
badare (per la millesima volta) alle mie proteste.
-
No! - urlo – voglio un lettino.
-
Uffa, okay, lettino sia – acconsente – ma lo scelgo
io.
-
No Harry.
-
Si Sunday.
-
Enne. O. Harry.
-
Esse. I. Sunny.
Trasalisco.
- Come mi hai chiamata?
-
Sunny, perché? - chiede lui confuso.
-
No, niente, è che nessuno mi ha mai chiamata
così, mia piace – ma
che cazzo c'entra questa confessione adesso?! Lui mi guarda e mi
sorride. Che imbarazzo.
-
Comunque non lo scegli tu quel fottuto lettino – cambio
argomento.
-
Si!
-
No!
-
Si!
-
No!
-
Si!
-
No!
-
No!
-
SI!
-
Ha! Hai detto si! - urla quel deficiente che mi ritrovo davanti.
-
Vaffanculo Harry, cosa c'entra? - ma ormai è partito in
quarta e si
fionda verso il lettino più costoso, con le sbarre color
verde
acqua. È molto carino in effetti. - Come fai a dire che
quello è
più comodo di questo? - chiedo indicando un lettino un po'
meno
costoso.
-
Perché se costa di più ci sarà un
motivo valido: è più comodo.
-
Non è detto che sia così, come fai a saperlo?
Harry
sbuffa per le mie proteste e fa una cosa che mai e poi mai
mi
sarei aspettata da una persona definita normale. Mi
porge
Nathan – che ha iniziato a piangere per la fame da un paio di
minuti – e, incredibile ma vero, si toglie le scarpe e si
siede nel
lettino con le sbarre turchesi. Cambia posizione un paio di volte e
poi decreta con nonchalance, - Mmm, è comodissimo
– poi fa per
alzarsi ma...
-
Ehi, ragazzo, ma cosa credi di fare? - una commessa sbuca da dietro
un angolo mentre io sono ancora sconvolta per quello che ha appena
fatto Harry.
-
Ops – lo sento mormorare per poi vederlo saltare fuori dal
lettino,
prendere in mano le scarpe e il carrello e darsela a gambe –
Corri
Sunday, corri! - mi urla ridendo come un pazzo. Così mi
trovo a
correre assieme a lui, con Nathan in braccio, e a rifugiarci nel
reparto peluches. Una volta appurato che la commessa non ci avrebbe
trovati, ci guardiamo e scoppiamo a ridere come due idioti.
-
Tu sei pazzo! - dico tra una risata e l'altra.
-
Lo so – conferma lui senza smettere di ridere con quella sua
voce
roca e (ahimè) dannatamente sexy. È un dato di
fatto, ormai, non
posso negarlo. Questo ragazzo è bellissimo. Non so cosa
c'entri
questo pensiero con questa situazione ma non posso controllare la mia
mente quindi chissene frega. Se uno è bello, è
bello e basta. E poi
era da un secolo che non mi divertivo e che non ridevo così
tanto.
Alla
fine indovinate un po' quale lettino abbiamo preso? Quello verde
acqua ovviamente. Ormai mi sono abituata a non avere voce in
capitolo, quindi Harry ha deciso di comprare anche uno di quegli
aggeggi che ti attacchi alla pancia per portare i bambini. Bah, non
ne capisco l'utilità visto che esistono le carrozzine. E,
dopo aver
fatto anche la spesa per riempire il frigo, ha insistito per mettersi
quell'intrico di stoffa addosso e di far indossare l'orribile tutina
al povero Nathan.
Inutile
dire che ci abbiamo messo mezz'ora per infilargli quell'indumento
peloso e altrettanto tempo è stato sprecato per mettere ad
Harry
quella specie di porta-bimbo
o come diavolo si chiama. Come se non bastasse, il risultato
finale
è inguardabile, anche se da un lato tenero.
Harry
insiste che gli scatti una foto col suo IPhone, così,
malvolentieri,
lo accontento.
Perdiamo
poi un'altra mezzora per togliergli di dosso quel coso
ma, a sentire lui (parole testuali) “ne
è valsa la pena”.
***
Harry
POV
È
quasi ora di cena quando arriviamo a casa, stanchi morti ma –
almeno per me – felici.
Sunday,
dopo aver allattato il piccolo Nathan, si mette subito ai fornelli
mentre io tolgo dagli scatoloni tutte le cose che abbiamo comprato.
Forse ho un po' esagerato con il numero di vestiti ma vabbè,
erano
belli, quindi ne è valsa la pena.
La
cena che mi ha preparato Sunday è buonissima, ma mi porta a
pensare
tutta sera: sono solo io che mi faccio mille teghe mentali, o
sembriamo una vecchia coppia dove lei prepara la cenetta perfetta per
il marito che torna dal lavoro?
Okay,
probabilmente sono io che mi creo strani pensieri, ma la nostra in
effetti è una situazione un po' ambigua.
Siamo
qui che parliamo di quanto zucchero mettere nella torta che abbiamo
deciso di fare dopo cena, quando sentiamo suonare il campanello.
Sunday mi guarda con un'espressione interrogativa, ma io scuoto la
testa: non aspetto visite. Così mi avvicino alla porta e la
apro.
-
Ragazzi, cosa ci fate qui? - esclamo per la piacevole sorpresa di
ritrovarmi i miei migliori amici – Zayn, Liam, Josh, Niall e
Louis
(evidentemente tornato da Doncaster) – davanti.
-
Louis era troppo curioso di sapere qualcosa in più di questa
tua
nuova situazione,
Harry, così abbiamo deciso di fare un'improvvisata
– sorride Liam.
-
Beh, entrate, Sunny ed io stavamo facendo un dolce, possiamo
mangiarne una fetta tutti insieme – propongo facendo entrare
i
ragazzi – Fate piano, però, che finalmente Nathan
si è
addormentato – sussurro indicando il bambino accoccolato
nella
carrozzina (il lettino l'avevo già montato in camera di
Sunday).
-
OMMIODDIO MA È BELLISSIMO! - urla invece Louis, beccandosi
un'occhiata di fuoco da parte di Sunday. Nathan, infatti, turbato da
quel chiasso improvviso, si sveglia e comincia a piangere.
-
Lui è Louis – mi rivolgo alla ragazza con aria
sconsolata.
-
Grazie Louis – comincia Sunday sarcastica – ora ci
metterò
un'ora per farlo riaddormentare, comunque io sono Sunday –
gli
porge la mano sorridendo per poi andare a recuperare Nathan.
-
Harry, metti quel cazzo di zucchero, mescola l'impasto, e poi inforna
la torta – mi ordina – torno appena Nathan si
riaddormenta.
La
vedo scomparire su per le scale e decido di seguire i suoi ordini,
dirigendomi verso la cucina. - Decisa, la ragazza – constata
Zayn.
Subito
Louis mi si avvicina e pretende che io gli racconti ogni minimo
particolare. Nel frattempo Niall ha acceso la televisione su Mtv e si
è stravaccato sul divano assieme a Josh e Liam.
Quando
Sunday comincia a scendere le scale è passato poco
più di un quarto
d'ora e io e Louis abbiamo chiacchierato abbastanza e infornato la
torta. Lei fa per sorridermi ma, ancora prima di arrivare in fondo
alle scale si blocca, e guarda verso la TV che sta riproducendo
Skinny
Love di
Birdy. Poi torna a guardare me, terrorizzata.
-
Niall – chiamo il mio amico in possesso del telecomando.
-
Potresti spegnere la TV o cambiare canale? - chiede Sunday con
urgenza, tremando. Perché fa così? Continuo a non
capire.
-
No, è figa questa canzone – lo sento grugnire come
se niente
fosse, abbuffandosi di patatine.
-
Niall... - provo di nuovo.
-
Dai, Hazza, non rompere i coglioni – scherza. Ma Sunday no.
-
Vaffanculo, guardatela da solo la tua Mtv, stronzo – Sunday
lo
fulmina. Glaciale. Poi gira i tacchi e torna al piano di sopra,
lasciando tutti i ragazzi senza parole.
-
Cosa...cosa ho fatto? - chiede Niall incredulo. Anche i ragazzi
attendono una mia spiegazione, mi stanno fissando tutti, increduli.
-
Non...non lo so Niall – comincio – Sunday non
riesce ad ascoltare
la musica. Non ce la fa proprio e non so il perché
– spiego i tutta onestà.
-
C'è qualcosa sotto, per forza.
Zayn
ha ragione, c'è qualcosa che non va.
***
Eee
bentornate fanciulle caVe!
Come state? Io
bene. E si, ve lo dico anche se non me l'avete chiesto e quindi anche
se non ve ne frega niente. Perdonate gli eventuali errori ma non ho
avuto tempo di rileggerla, cosa che farò appena
avrò un po' di
tempo.
Ragazze
mie, nel secondo capitolo le recensioni si sono rammollite(?)! Per
favore fatemi sapere cosa ne pensate,
così so
se continuare questa storia o se abbandonarla al
suo
destino crudele(?). In poche parole: fatevi sentire! Anche
per
messaggio privato se non per recensione, mi farebbe molto piacere!
Comunque
come vedete in questo capitolo Sunday ha di nuovo questi suoi
comportamenti che saltano dalle stelle alle stalle (oggi ce l'ho con
i termini strani), si scoprirà perchè, abbiate
fede(?) e vedrete.
Un'altra
cosa: durante la storia ci sarà la necessità di
descrivere
tematiche un po' particolari, e per questo motivo ho deciso che
scriverò qualche Missing
Moment rosso.
Per chi non lo potrà leggere non
sarà un problema perché
gli stessi fatti verranno comunque raccontati nella storia originale
anche se un po' meno esplicitamente.
Ma
passiamo ai ringraziamenti!
Grazie
alle ragazze che hanno recensito; a fedrica218,
Frannie
e Spinning_Top_Hope
per aver messo la storia tra le preferite e a incrediniall,
Bebix
e jas_
per averla messa tra le seguite! Grazie infinite anche ad Annarita98
che mi ha messa tra i suoi autori preferiti! Non me lo sarei mai
aspettato, ti ringrazio tantissimo!
Come
sempre ecco qui l'abbigliamento: Nathan,
Harry e Sunday.
Detto
ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo
delirio e mi
ritiro nella mia grotta (?).
Adieu,
Lucia.
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Capitolo 4 *** 4. Gossip ***
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questo messaggio ovunque vogliate!
Capitolo
4: Gossip
Sunday
POV
Un
suono fastidioso mi martella le orecchie. Sembra un campanello che
suona, ma forse sto ancora sognando. O forse no? Apro gli occhi di
scatto e mi rendo conto di essermi addormentata nel mio lettone con
Nathan affianco. È già sveglio e stranamente non
sta piangendo. Lo
saluto prendendolo in braccio e mi dirigo verso la camera di Harry,
dopo aver notato che sono già le dieci di mattina.
«Harry!»
urlo a squarciagola stropicciandomi gli occhi «suonano alla
porta!».
Lo
sento mugugnare qualcosa di incomprensibile e quando busso alla porta
della sua camera per poi aprirla, il riccio si volta verso la
finestra ancora chiusa, dandole le spalle. «Voglio
dormire»
borbotta con la voce ancora impastata dal sonno «apri
tu» mi
implora.
«Ma
Harry, è casa tua!» protesto. Ma, ottenendo in
risposta soltanto il
suo silenzio, mi dirigo sbuffando verso le scale che conducono al
piano inferiore.
Lo
scampanellio si fa sempre più insistente e comincio quindi a
correre
– con Nathan in braccio e ancora in pigiama – verso
l'ingresso.
Mi fiondo verso la porta e la apro senza nemmeno prima guardare chi
è
dallo spioncino.
Una
donna mora sulla quarantina mi guarda sorpresa e poi si sofferma per
secondi che mi sembrano ore a guardare mio figlio. La sua espressione
mi sorprende, mostra contemporaneamente decine di emozioni
contrastanti: emozione, stupore e poi consapevolezza verso Nathan; ma
quando rivolge lo sguardo verso di me l'espressione cambia
radicalmente: rabbia, diffidenza, confusione e qualcos'altro che non
riesco a capire. È strano, sono sicura di non conoscerla, ma
ha
comunque un'aria familiare. Forse sono le fossette che si sono
formate sulle guance mentre sorride a...qualcosa alle mie spalle.
Mi
volto curiosa. Harry?
«Mamma?»
esclama sorpreso il riccio «cosa ci fai qui?»
chiede con voce piena
di emozione per poi fiondarsi tra le braccia della donna, felice come
una pasqua.
Oh
porca misera. Questa è sua madre? E ora chi le
spiegherà la
situazione?
Distolgo
lo sguardo da quell'abbraccio che urla la parola
“famiglia” al
mondo intero. Parola della quale io – purtroppo –
non ho mai
conosciuto il significato.
In
quel momento squilla anche il telefono e Harry si fionda in sala per
rispondere, dicendo a me e a sua madre di andare in cucina.
Cosa?
Mi abbandona qui da sola con lei?! Ma questo è pazzo.
«Harry...»
faccio per protestare ma lui è già sparito oltre
la porta e io mi
limito a tornare a guardare sua madre, imbarazzata.
«Ciao,
sono Anne» si presenta la donna, ora già
più cordiale «stavate
dormendo? Avete già fatto colazione?» chiede poi
sorridendomi.
«Oh,
ehm, no, non abbiamo ancora mangiato» balbetto come un'idiota.
«Bene,
siediti pure cara, ci penso io» propone «tu intanto
pensa al tuo
bambino».
In
effetti è da qualche minuto che ha cominciato a piangere,
probabilmente per la fame, così decido di allattarlo. Nel
frattempo
Anne comincia a preparare la colazione, sorprendendosi di trovare il
frigo di Harry pieno.
«Ero
convinta di dovergli comprare tutto io, come tutte le volte che vengo
a trovarlo» dice.
«Abbiamo
fatto la spesa ieri» spiego, intimidita dal suo sguardo
indagatore.
Lei mi guarda sorpresa ma non ribatte.
Restiamo
in silenzio per diversi minuti, finché –
finalmente - non arriva
Harry.
«Wow
mamma, uova e pancetta?» esclama contento per poi rivolgersi
a me
sottovoce «ti prego, reggimi il gioco».
Reggergli
il gioco? Che gioco? «Harry, ma di che stai
parl...» mi interrompe
con uno sguardo di ammonimento per poi indicare sua madre che ci sta
dando le spalle, e io mi zittisco immediatamente.
«Si,
Haz, la tua colazione preferita, scommetto che non la mangi da
secoli» risponde Anne alla precedente domanda del figlio.
Una
volta pronto ci sediamo tutti a tavola e facciamo colazione.
«Beh
mamma, come mai sei qui?» biascica Harry con la bocca piena,
sputacchiando qualche pezzo di pancetta.
«Harold!
Non parlare con la bocca piena! Non è educato» lo
rimprovera sua
madre, strappandomi un sorriso «comunque hai anche il
coraggio di
chiedermelo? Perché io devo sempre essere l'ultima a sapere
le cose?
Sono tua madre!» continua seria, volgendo lo sguardo verso di
me.
Io
ed Harry ci guardiamo, io senza capire, lui stranamente non sorpreso.
«Ma di che sta parlando?» chiedo io, notando che il
riccio non è
intenzionato ad aprire bocca.
Così
vedo Anne rovistare nella sua borsa e sbattermi davanti agli occhi un
mucchio di giornali di gossip pieni di...foto
mie e di Harry.
Io
ed Harry che usciamo dall'ospedale con Nathan.
Io
ed Harry che facciamo la spesa.
Io
ed Harry che ridiamo cercando di mettere mio figlio nel porta-bimbo
con addosso la tutina leopardata.
Io
ed Harry che saliamo sulla sua auto.
Oh
merda.
«Mamma,
cosa avrei dovuto dirti?» chiede il riccio per poi sfiorarmi
la mano
e ricordarmi sottovoce di reggergli il gioco. Ma di che sta parlando?
«Harold,
sono tua madre! Avresti dovuto dirmi di avere un figlio! Ti sembra
una cosa da niente?» lo rimprovera Anne. Io sono ammutolita.
Perché
Harry non smentisce? Perché non dice che in
realtà Nathan non è
suo figlio? Perché non le spiega? «Ti credevo un
ragazzo
responsabile, e invece che fai? Metti incinta una ragazzina!»
continua lei.
«Non
sapevo come dirtelo!» si giustifica lui.
“Non
sapevo come dirtelo”? “Non
sapevo come dirtelo”?!
Perché diavolo non smentisce?!
“Reggimi
il gioco”.
È questo il gioco?
Perché se questo lui lo chiama
“giocare”, siamo messi proprio
male. Cosa cazzo ha in mente?
Lo
guardo sempre più sorpresa e, si, arrabbiata. Lui se ne
accorge e
cerca di tranquillizzarmi con lo sguardo.
«Sunny,
potresti lasciarmi un momento da solo con mia madre?» chiede
gentilmente. E io in tutta risposta annuisco, anche se in
realtà
quello che vorrei fare è ucciderlo.
Non
appena esco dalla cucina con Nathan in braccio, sento distintamente
Anne cominciare a tempestare suo figlio di domande.
«Perché
non mi hai detto di avere una ragazza? Convivete addirittura! E poi
sei padre Harold, sai cosa significa?! La ami almeno, questa
poveretta? O magari l'hai anche messa incinta da sbronzo?»
sento da
dietro la porta.
«Mamma,
mi conosci! Certo che la amo, e poi non dico che sia stato voluto, ma
sono felice lo stesso!». Ma cosa diavolo si sta inventando?
Non ci
sto capendo niente.
«E
con la band? I ragazzi sanno tutto? Cosa ne pensano i
management?»
continua la madre di Harry.
«Si
mamma, sanno tutto, e comunque non cambierà
niente» risponde la
voce attutita di Harry.
Per
un po' dall'altra stanza sento provenire solo silenzio.
«Spero
solo che tu sappia quello che stai facendo» sussurra Anne con
una
voce che sembra commossa «posso conoscere il mio nipotino?
Dio, chi
l'avrebbe mai detto che sarei diventata nonna così
presto?».
«Certo»
sento rispondere al riccio per poi sentirlo venire a chiamarmi. Apre
la porta della stanza dove mi trovo e mi sorride. Si, lo ammetto,
è
un sorriso bellissimo, ma che ugualmente non ricambio.
«Harry.
Dimmi che cazzo hai in mente»
dico gelida ed allarmata.
«Poi
ti spiego» dice facendosi anche lui serio «Eccoci
mamma!» cambia
tono, sfoggiando un sorriso un po' finto.
Ed
ecco che Anne parte subito facendo mille domande alle quali a stento
ho il tempo di rispondere. Continua a parlare di quando era incinta
di Harry, di qual è il miglio modo per allattare i
bebè e dei
migliori omogenizzati. In tutto ciò io ho soltanto il tempo
di
sorridere ed annuire, notando un Harry che tenta di contenere
inutilmente una madre – a parer suo – troppo
invadente.
«Ragazzi,
mi dispiace ma ora devo proprio andare, comunque verrò a
trovarvi
ancora» sorride Anne al settimo cielo.
Io
e Harry la guardiamo sfoggiando due sorrisi un po' tirati, lei bacia
per l'ultima volta Nathan e mi abbraccia.
Sono
un po' sorpresa per tutto questo affetto, ma sono felice di essere
stata accettata.
«Siete
davvero bellissimi e fortunati, ragazzi» dice infine Anne,
prima di
chiudersi la porta dell'ingresso alle spalle. Io ed Harry ci
guardiamo un po' sorpresi e imbarazzati, ma nessuno dei due dice
niente. Almeno non riguardo la frase appena pronunciata.
«Spiegami
tutto» ordino al riccio.
Harry
sospira, ma poi comincia a parlare. «Beh, i management mi
hanno
detto di fare così, cioè, non me l'hanno proprio
imposto, ma
vivamente
consigliato,
per usare le loro parole. Erano loro al telefono, hanno chiamato non
appena hanno saputo che la cosa era uscita sui giornali».
«Ma
perché? Insomma...che senso ha?» chiedo confusa.
«Onestamente
non ne ho idea. Ma non cambierà niente per te, casomai
sarò io
quello sotto i riflettori».
«Mi
dispiace Harry, è colpa mia» dico.
«Figurati,
non è colpa di nessuno, è andata così
e basta» torna a sorridere
lui «Più che altro ora per la stampa noi due
stiamo insieme, e mi
dispiace averti coinvolta in una cosa del genere».
Cosa?
Un momento. Io e lui stiamo insieme? Oh cazzo ma perché la
mia vita
sta diventando sempre più complicata?
«E
quando tra due mesi me ne andrò, cosa dirai? La gente
penserà che
tu sia un padre che non vuole più vedere suo figlio, che se
ne frega
di lui».
«Sunday,
non preoccuparti, ci penseremo» mi tranquillizza
«io vado di sopra,
devo...stare un po' da solo» dice sbrigativamente.
Lo
vedo salire le scale con passo strascicato e io mi butto sul divano.
Devo calmarmi e metabolizzare i fatti accaduti in queste sole 48 ore.
È tutto assurdo, pazzesco, incredibile. La situazione
è troppo
nuova per essere accettata così in fretta, mi sento
opprimere da
tutti questi avvenimenti e da queste nuove responsabilità.
In due
giorni mi sono ritrovata a Londra, madre, (finta) ragazza di Harry
Styles, sui giornali di gossip e odiata dalle fan.
Sento
un lieve suono nell'aria: Harry che canticchia una canzone.
È molto
fioca, ma mi infastidisce comunque, cerco di darmi una regolata e con
apparente calma decido di mettere Nathan nella carrozzina e di
portarlo a fare un giro. Metto le scarpe e un giubbino di jeans senza
maniche e lascio un biglietto sul frigo al riccio, per poi dirigermi
verso l'ingresso ed uscire.
Harry
POV
Entro
nella stanza della musica. L'unica cosa di cui ho bisogno adesso
è
infatti cantare.
Cantare
per dire quello che non dico a parole.
Prendo
la chitarra e, anche se non so suonare molto bene, comincio a
strimpellare qualcosa grazie agli spartani insegnamenti di Niall.
There
was a time, I used to look into my father's eyes
In
a happy home, I was a king I had a gold throne
Those
days are gone, now the memories are on the wall
I
hear the sounds from the places where I was born
Up
on the hill, across the blue lake,
That's
where I had my first heartbreak
I
still remember how it all changed
My
father said
Don't
you worry, don't you worry child
See
heaven's got a plan for you
Don't
you worry, don't you worry now
Yeah!
Perché
non c'è nessuno a tranquillizzarmi adesso? Perché
perfino mia madre
non mi ha dato il supporto di cui avevo bisogno?
Anche
le persone a me più care, come la mia famiglia, mi
considerano già
un uomo vissuto che non ha bisogno di supporto o di qualcuno che lo
tranquillizzi quando ha paura.
Perché
è così: ho paura. Ho una
paura fottuta. Ma visto che
ora sono diventato famoso tutti pensano che io sia cresciuto. Ma le
due cose – purtroppo – non vanno di pari passo.
Sono ancora un
adolescente che ha bisogno di certezze, certezze che nessuno mi da.
Perché nessuno lo sapisce?
°
° °
Donzelle,
sono tornata! Allora, che dire? Beh, innanzitutto scusate il ritardo,
lo so, sono imperdonabile ç.ç
È
corto questo capitolo, secondo voi quanto dovrei farli lunghi (mmm)?
Non l'ho neanche riletto quindi perdonate eventuali errori,
ripetizioni o cose simili, lo sistemerò.
E
in più non ne sono affatto soddisfatta, voi cosa ne pensate?
Boh. La
canzone che canta Harry è Don't
you worry child - Swedish House Mafia se cliccate li
c'è anche
la traduzione :)
Ma
passiamo ai ringraziamenti: grazie ancora alle splendide
ragazze che hanno recensito,
ad Annarita98
e xenia
styles che mi hanno messa tra i loro autori preferiti, alle 12
ragazze che hanno messo la storia tra le preferite, alle 2
che l'hanno messa tra le ricordate e alle 19
che l'hanno messa tra le seguite; so che per alcune di voi numeri
così non solo molto alti, ma per me si e mi avete tutte resa
felicissima!
Fatemi
sapere cosa pensate della storia (se vi va), accetto anche recensioni
critiche, anzi, sono proprio quelle che mi
servirebbero per
migliorare!
Come
sempre, ecco qui l'abbigliamento:
Harry
e Sunday.
E
vi lascio il link di una mia nuova storia, un po' meno impegnativa,
per chi volesse: Swimming
Lessons, con protagonista Zayn.
Detto
ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo
delirio e mi
ritiro nella mia grotta (?).
Adieu,
Lucia.
P.S:
Per rifarsi un po' gli occhi vi lascio questa gif che adoro!
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