Father?

di svegliaminiall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Autostop ***
Capitolo 2: *** 2. News ***
Capitolo 3: *** 3. Shopping ***
Capitolo 4: *** 4. Gossip ***



Capitolo 1
*** 1. Autostop ***



Capitolo 1: Autostop

Sunday POV


Dintorni di Doncaster, ore 8.18 p.m.
Osservo sconsolata l'ultimo pullman per Londra imboccare la superstrada: l'ho perso. Ho corso per più di un chilometro, questa maratona mi ha letteralmente sfiancata, ho rischiato di essere investita una decina di volte...e nonostante ciò ho perso quel dannato e fottuto pullman.
Dio ce l'ha con me, penso sedendomi sulla valigia stracolma per riprendere fiato. E, come se tutte queste sfighe non bastassero, una fitta dolorosa mi attraversa il ventre. Appoggio la mano sinistra sul mio pancione di ormai più di otto mesi, pensando che sia solo il bambino che scalcia. Mi illudo che sia così, per il momento non voglio dover avere altre preoccupazioni per la testa.
- Non preoccuparti, amore mio – mi rivolgo a mio figlio, accarezzandolo attraverso il pancione e sentendolo scalciare nuovamente – ora la mamma trova una soluzione – dico, forse per rassicurare più me che lui.
Rassicurare? Un momento, ma chi voglio prendere in giro? Forse è meglio che sia realista una volta tanto, anche se la verità è difficile da affrontare: sono nella merda. Ma non solo nella merda, sono finita dritta in una discarica di feci.
Forse scappare di casa non è stata una buona idea. Forse avrei almeno dovuto aspettare di compiere diciotto anni. Oddio, ora magari mia madre chiama la polizia. Ma no...figurarsi, non si accorgerà nemmeno che sono scappata! Però ora che ci penso, essendo minorenne, non posso neanche alloggiare da qualche parte da sola perchè i documenti me li chiederanno di sicuro. Ma cosa mi è saltato in mente? Cazzo. È che non ce la facevo più a sopportare mia madre. E sono scappata senza pensare alle conseguenze. E la mia mente non controlla più i miei pensieri, sto sproloquiando.
No, non posso arrendermi così. Dannazione, ce la devo fare. Non posso darle la soddisfazione di vedermi tornare a casa. Immagino già il sorriso falso che farebbe, come a dire "questa è solo la conferma del fatto che tu sia ancora una bambina ingenua che da sola non può fare niente".
Ero scappata anche un'altra volta, due anni fa - però ero andata da zia Jessie, non a Londra da sola - e mia madre, quando mi aveva vista tornare solo il giorno dopo, aveva detto quella fottuta frase che mi aveva tormentata per secoli.
Ma questa volta ho organizzato tutto. Ieri sera, appena mia madre è uscita di casa, ho deciso di agire. Mi sono fiondata nella camera matrimoniale che una volta divideva con papà e ho cominciato a frugare nel terzo cassetto del comò. Oggetti ricercati: vecchie foto di quando ero piccola, di quando ero felice, di quando mia madre non era ancora diventata una squilibrata, e di quando c'era ancora papà. Dopo aver preso le foto più belle sono passata al quarto cassetto del mobile. Oggetti ricercati: soldi. So che mia madre li tiene li, dentro un vecchio portagioie. E so che potrò sembrare una ladra, ma con tutto quello di cui è riuscita a privarmi lei negli ultimi anni, non riesco a sentirmi in colpa. Sono riuscita a racimolare 380 sterline; direi che mi è andata di lusso, aggiungendovi i miei risparmi sani e salvi sulla mia carta prepagata. Per fortuna ho lavorato per due anni come cameriera in un locale qui a Doncaster, così qualcosa sono riuscita a mettere da parte. Poi ho preso la valigia che era già pronta sotto il letto e sono uscita da quell'appartamento – da quella prigione – che mi ha rovinato l'adolescenza.
E ora eccomi qua, in ansia come un cantante al suo primo concerto o alla sua prima esibiz...scacciai subito quel pensiero.
Esibizione. Concerto. Sebastian.
Il mio umore già nero peggiora ulteriormente a questi ricordi.
Sunday, non pensare, mi dico. Perchè in un modo o nell'altro queste immagini mi tornano sempre in mente? Perchè non ho ancora superato l'accaduto? Basta.
L'ansia sta salendo ulteriormente. Probabilmente non sarei molto preoccupata se dovessi badare solo a me stessa, il problema è che ogni mia decisione ora si riscuote su due persone: me e mio figlio.
Quindi, visto che voglio raggiungere il mio obiettivo (cioè la mia fuga), decido di fare qualsiasi cosa pur di andarmene. A partire dall'autostop: la prima opzione che mi passa per la testa. Non so in quanti vadano da Doncaster a Londra di venerdì sera, ma, come si suol dire, tentar non nuoce.


***


Harry POV

Ma porca di quella troia. No, ma ditemi dove cazzo sono adesso.
"Svoltare a destra" continua a ripetere la fottuta voce metallica e femminile di questo fottuto navigatore. "Svoltare a destra". Guardo a destra: non c'è una strada neanche a pagarla oro, dove vuole che svolti, nel bosco?! "Svoltare a destra" blatera ancora la donna-tom-tom.
- Ma porca troia, stronza puttana, non vedi che a 'sta cazzo di destra non c'è neanche una fottuta strada di merda?! - sbraito contro l'aggeggio meccanico come se potesse sentirmi. Stupida tecnologia. E stupido Louis che non è voluto tornare a Londra con me, almeno lui avrebbe saputo la strada, porca miseria! Invece no! Gli mancavano troppo le sue sorelline, e ha voluto prolungare la sua vacanza, costringendo me a tornare da solo, rassicurandomi che con l'"aiuto" del navigatore non mi sarei perso. Si, come no. Infatti ora sono qui in una superstrada sconosciuta e non riesco a trovare l'autostrada per Londra. Dannazione, i veri uomini non si perdono
mai.
Sono incazzato nero, così spengo il navigatore – che se prova a parlare un'altra volta lo lancio fuori dal finestrino, lo giuro – e mi guardo attorno alla ricerca di cartelli stradali o persone a cui chiedere indicazioni. Persone. Chi credo di poter trovare ormai alle 9 di sera in questa zona fuori dal mondo? Oddio non voglio essere costretto a chiedere indicazioni ad una prostituta. Sarebbe troppo imbarazzante, e poi io sono Harry Styles, non vado a puttane. Magari mentre sto per chiedere indicazioni una salta su credendomi un cliente. Magari mi riconoscerebbe e mi filmerebbe di nascosto, e poi venderebbe il video di
Hazza che va a puttane, mi immagino già i titoli di quegli insulsi giornali di gossip. Magari la mia carriera finirà così. Ma cosa sto dicendo? Ho seri problemi, si, ne sono consapevole. Magari invece...
Sono questi i pensieri che mi frullano per la testa, quando vedo una figura poco più avanti di me. Comincio a rallentare e noto così che è una ragazza, di spalle, che si trascina dietro una valigia enorme, mentre la sua mano destra è ben evidente e tiene il pollice alzato. Autostop? Beh almeno non è una prostituta (credo), bene, tutti i miei pensieri precedenti sono inutili.
Accosto titubante. Magari potremmo fare uno scambio equo: io le do un passaggio e lei mi da indicazioni.
Quando fermo il mio range rover accanto a lei, si volta. E io ci resto di merda.
Cosa...? È incinta? Ma se avrà si e no vent'anni! Oddio, penso guardandola curioso per poi abbassare il finestrino.
Lei mi guarda imbarazzata così decido di parlare. - Ciao, io sto andando a Londra, ti serve un passaggio? - chiedo gentilmente sistemandomi il mio adorato cappello verde. Non ho mai fatto autostop nè ho mai preso sù qualcuno quindi spero di aver detto il necessario.
- Oddio si! - risponde lei sorridendo sollevata. - Oddio non ci credo, grazie! - esclama ancora. Così scendo dall'auto per aiutarla a mettere la valigia nel bagagliaio, decidendo di spiegarle subito il mio "problema".
- Misonopersoperò – borbotto imbarazzato, a voce bassissima. Solo io potevo perdermi come un idiota.
- Cosa? Non ho capito – chiede la ragazza mentre io chiudo il baule.
- Mi... - confessare di essermi perso è più duro di quanto avessi immaginato, gli uomini non si perdono mai, che figura pessima - ...mi sono...perso – concludo guardandola di sottecchi.
E lei, notando la fatica che ho fatto a confessarglielo, si mette a ridere.
- E che male c'è? - chiede lei continuandoo a sorridere – Succede! - mi tranquillizza mentre le apro la portiera dal lato del passeggero per farla salire. Forse non c'è niente di male a perdersi, sono io che mi faccio mille seghe mentali.
Una volta salito al posto di guida, però, i miei pensieri idioti ricominciano. E adesso di cosa parliamo? O non parliamo? Facciamo tutto il viaggio in questo silenzio imbarazzante? Oddio magari ora mi riconosce e mi chiede un'autografo e mi fa domande in stile intervista per tutto il tragitto, Dio, ti prego, no. Penso guardando una foto di me e i ragazzi incastrata sotto la radio. Dio, fa che non la veda.
- Oh! Tu sei Harry Styles giusto? - chiede invece dopo un paio di minuti.
Ma porca troia. - Si – rispondo sbuffando – ma non ho una penna, mi dispiace.
- Una penna? Per cosa dovrei volere una penna? - chiede lei confusa.
Io la guardo, ancora più stupito di lei. - Non...non vuoi un autografo? - chiedo titubante.
E lei cosa fa? Ride. E io mi sento letteralmente idiota. Ma che cazzo ride? Mi innervosisco. - Perchè dovrei volere un autografo? - chiede lei senza perdere il sorriso.
- Emm...non so, perchè dovresti non volerlo? Spiegami - chiedo io di rimando, curioso.
- Un autografo è la cosa più inutile che esista, insomma, cosa ti rimane dopo? Un pezzo di carta con una scritta sopra? Bello. - comincia lei, e io con lo sguardo la invito a continuare - Io non la penso...così, come tutte quelle ragazzine che incorniciano le firme delle star e magari baciano le loro foto prima di andare a dormire, è...triste. Insomma alla fine è un fottuto pezzo di carta, uguale ad infiniti altri, e il tuo idolo non saprà quanto è grande la tua gioia nel riceverlo, o a quanto sei felice ripensando al fatto che le sue mani hanno toccato quel foglio. È tristissimo. Perchè io devo fare queste cose per qualcuno che nemmeno sa che esisto? Se proprio avessi un idolo io ci parlerei...normalmente. Trovo che sia inutile sprecare quei trenta secondi in cui lo vedi per urlargli "ti amo", cosa se ne fanno di un grido tanto stupido? Chiedigli qualcosa di interessante, chiedigli qual è il suo colore preferito e perchè, chiedigli cosa prova quando canta, quando recita o quando balla. Ma non sprecare così quei trenta secondi – conclude la ragazza con naturalezza. Wow, che discorsone, penso. Magari non è la prima volta che le fanno una domanda simile.
Le sorrido. - Quanti anni hai? - le chiedo, colpito da questo suo modo maturo di pensare.
- Tra due mesi ne faccio diciotto.
Cazzo. - Wow, sei molto...molto giovane... – dico facendo cadere involontariamente lo sguardo sul suo pancione.
- Per essere incinta? - chiede lei un po scocciata – si, lo so. Ora prendi la tangenziale. - cambia argomento, gelida.
Ops, forse era meglio se me ne stavo zitto. - Scusa – comincio – non...non volevo immischiarmi in faccende non mie.
Lei sbuffa. - Non è un problema, scusami, è che è un argomento un po'...delicato, ecco – spiega lei senza però tornare a sorridere. Complimenti Harry! Sei un'idiota!
Decido quindi di cercare di rimediare, cambiando discorso. - Come ti chiami tu invece? - no, ma sono un genio, che discorsone! Idiota.
- Ah già, Sunday, piacere – accenna un sorriso. - Si, S-U-N-D-A-Y – scandisce – lo so, è stran...AAAH! - urla. Ma che sta succedendo?


***


Sunday POV

- AAAH! - un gemito mi fuoriesce dalle labbra in seguito ad una fitta alla pancia, molto più forte di quelle che avevo avvertito negli ultimi minuti. Harry mi fissa confuso, senza capire. Chiudo gli occhi e mi porto le mani al ventre, sconvolta dal dolore. Comincio a respirare sempre più velocemente, prendendo la mano del ragazzo che si trova sul cambio, anzi, stritolandogliela. Il male che provo è insopportabile, lacerante.
- Cazzo. Porca troia! - urlo. Ma lui non capisce, finchè, una volta fermati ad uno svincolo, comincia a fissarmi i leggins con insistenza.
- Hai...fatto la pipì addosso? Sulla...sulla mia auto? - chiede sbarrando gli occhi e trattenendo le risate.
Io lo guardo incenerendolo con lo sguardo. Sono terrorizzata. - Ho... - comincio con il cuore a mille – ho...credo di aver...rotto le acque – spiego. Cazzo e siamo ancora abbastanza lontani da Londra!
- Oh – dice lui senza sapere cosa fare – cosa...cosa devo...?
Lo interrompo. - Mi serve un ospedale! - urlo terrorizzata e nel panico più totale.
- Ti...ti porto io? - chiede.
Ma che domande sono? - Puoi? - chiedo invece.
In tutta risposta schiaccia in modo disumano sull'acceleratore, svoltando a sinistra, verso una cittadina sconosciuta.
- Vuoi...vuoi qualcosa da mordere? - mi chiede.
Io lo guardo come se fosse pazzo, senza capire. - Non si fa così nei film? Per...non far sentire il dolore? Ti danno un bastoncino di solito...da mordere – continua.
Io, seppur la situazione sia alquanto critica, mi metto a ridere. - Ti prego – una fitta più forte delle altre mi costringe a smettere di parlare – per favore distraimi.
- E come? - chiede.
- Che ne so! Raccontami qualsiasi cosa! - esclamo cominciando a respirare come una dannata.
E mentre lui blatera del fatto che lui avrebbe sempre desiderato un fratellino o una sorellina minore io mi perdo a fissarlo per non pensare al dolore che mi trafigge.
Ora che lo guardo meglio indossa un paio di pantaloni verde militare, una maglietta...delle Tartarughe Ninja??, una felpa aperta e un paio di converse verdi. Due collane piene di ciondoli gli sfiorano il torace muscoloso, ha un bel viso, un sorriso abbagliante adornato da due fantastiche fossette e dei capelli...stra fighi.
- Aaaah! Cazzo che male! Oddio cazzo! No, ti prego, ti prego, ti pregooo – lo guardo, supplicandolo – ti prego non voglio partorire in una macchina! Morirò!
- Oh santo cazzo che situazione – impreca lui – okay Sunday, respira, devi respirare - cerca di incoraggiarmi.
- AAAAAH porca troia, respira tu che la fai tanto facile! Dio... - gli urlo dietro, ormai fuori controllo.
E mentre continuo a guardarlo guidare come un pazzo, io urlo come un'ossessa. E – dei del cielo, non chiedetemi il perché – lui comincia ad urlare insieme a me.
- Dio, ti prego, se esisti – prega – non farmi fare il ginecologo. Non sono pronto per una cosa del genere, non voglio. Dai Sunday, resisti, ci siamo quasi.
- Dio Cristo – ansimo – cazzo io mi uccido! Maledetto il bastardo che mi ha fatto questo, porca puttana! - urlo contro il finestrino.
Sto per continuare con gli insulti, quando sento Harry urlare che siamo arrivati.

I minuti seguenti sono i più tragicomici che io abbia mai vissuto.
Harry scende di corsa dalla macchina, mi apre la portiera, afferra la mia borsa con i documenti, mi prende in braccio – non so come visto che per la gravidanza sono ingrassata come un maiale – e comincia a correre verso l'ingresso dell'ospedale. E nel frattempo io cosa faccio? Mentre Harry mi rassicura, io mi godo il contatto con i suoi addominali paradisiaci e rassicuro il mio bimbo, parlandogli con voce fioca e intervallando parole dolci con esclamazioni volgari contro il dolore immenso che mi fa provare. Ogni tanto mi guardo attorno, notando le facce stupite, divertite o preoccupate delle persone che ci circondano. Che imbarazzo. Quando poi arriviamo nel salone con le sale parto, una dottoressa ci accoglie con un'espressione di disappunto e io vorrei sprofondare. La sento chiamare una sua collega e sussurrarle – Questi giovani, che poco di buono, a quest'età...- ma vaffanculo dottoressa di merda! Che cazzo ne vuole sapere della mia storia? Queste sono le cose che mi fanno più incazzare in assoluto. La gente che giudica pensando di sapere cose che non sa. Imbecille.
La nuova dottoressa è però molto più gentile. Assieme a due colleghe accompagna me in una sala parto, e, mentre mi sdraia sul lettino e controlla la mia situazione, una delle due infermiere
fa firmare delle carte ad Harry che non le legge nemmeno e gli porge una specie di camice verde, ricevendo in risposta da quest'ultimo un'occhiata sconvolta. - No, io...io aspetto fuori... - prova a dire, ma l'infermiera lo interrompe – Su, non essere schizzinoso, la nascita di un figlio è una cosa alla quale si deve assistere! - gli sorride bonaria. Harry la guarda shockato, ma, preso dal panico, esegue gli ordini senza fiatare.
Intanto la dottoressa gentile mi spiega che è troppo tardi per procedere con l'anestesia e io vorrei uccidermi. Il dolore è ormai insostenibile e, senza rendermene conto, mi trovo a dover spingere per far nascere mio figlio mentre fisso un Harry paralizzato in un angolo della stanza.

Dopo minuti che sembrano ore, dopo un dolore fisico che non credevo sostenibile, e dopo una sequela infinita di parolacce e improperi, nasce. Nasce un bambino stupendo. - Nathan – sussurro – piccolo mio, sei bellissimo.
Continuo a guardarlo sorridendo come un'ebete. Harry mi si è avvicinato e sta sorridendo anche lui come me, mentre Nathan ci guarda curioso. È mio, mio mio mio mio, ma me lo lascino tenere in braccio solo per pochi minuti, perché, vista la sua nascita leggermente prematura, ritengono più sicuro tenerlo nell'incubatrice per un po'.
Forse potrebbero mettermici anche a me nell'incubatrice, sono così stanca, penso debolmente prima di vedere l'espressione preoccupata di Harry e, infine, il vuoto.



* * *



Hola gente! Okay, non so come sia venuto questo capitolo perchè...boh, insomma la storia è ancora all'inizio e per capire bene bisognerà arrivare al secondo capitolo dove cuccederà una cosa...boom! (?) Ma! Allooora, premettendo che non conosco Harry Styles e nessuno dei suoi amici, e che con questo scritto non intendo offendere nessuno di loro e bla bla bla...volevo spiegare un paio di cose.
La prima è che spero di non aver plagiato nessuno, se così fosse, vi pregherei di farmelo sapere che provvederò a rimediare. Poi volevo dire che (ovviamente) non conosco Harry e lo descrivo/descriverò come penso che potrebbe essere, sperando di poterlo immaginare abbastanza simile all'Harry che vedete voi (parlando per via del carattere s'intende). Terza cosa: vi chiedo già perdono se in futuro dovessi sbagliare a scrivere qualche informazione su di lui o cose simili.

Ah
già, dimenticavo: per vedere l'abbigliamento dei due protagonisti cliccate qui: Harry e Sunday.
Detto ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo delirio e mi ritiro nella mia grotta (?).
Adieu, Lucia.

P.S: Cosa avrà firmato Harry? "Chissene frega" dirente voi. Invece no! È un passaggio cruciale (?).
P.P.S: Cecy (si, proprio tu) se stai leggendo (cosa che spero non avvenga) sappi che, si, mi vergogno di aver fatto una cosa del genere. Tanti baci.
P.P.P.S: Giulia, dedicato a te (non uccidermi).
P.P.P.P.S: Ah già! Quasi dimenticavo! Per chi volesse ecco a voi uno spoiler del prossimo capitolo!

« - Beh, pensavo che potresti venire a stare da me – continua incerto. [...]
Okay, sono stupita. Uno sconosciuto mi ha appena chiesto di andare a vivere da lui assieme a mio figlio? [...] - Non sei un maniaco o cose del genere, vero? - ridacchio. »

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Capitolo 2
*** 2. News ***



C
apitolo 2: News

Sunday POV


La prima cosa che percepisco quando mi sveglio sono delle risate. Risate che si alternano a...imprecazioni scherzose, se non sbaglio. Solo una voce sembra davvero preoccupata e sovrasta tutte le altre.
- Questo si che è un casino, che cazzo ho fatto? Oddio. - sento dire dall'unica voce familiare che riesco a sentire. - Un figlio? Cioè, io dovrei avere un figlio? E il fatto è che nemmeno conosco la madre! Non è possibile. - continua Harry.
Ma cosa diavolo sta dicendo? Mi sa che c'è qualcosa che non va. - E voi ragazzi, smettetela di ridere come degli idioti! Cazzo c'è pieno di paparazzi e giornalisti fuori ed è solo per colpa vostra! Non potevate essere più discreti?
Paparazzi? Giornalisti? Okay, c'è sicuramente qualcosa che non va; così, facendomi forza, riesco ad aprire gli occhi e, dopo qualche secondo, a mettere a fuoco l'ambiente che mie circonda.
Mi sento spaesata. La mia stanza è occupata da quattro ragazzi chiassosi che non conosco e da Harry; le tende bianche lasciano filtrare attraverso le finestre una luce accecante – che cavolo di ore sono? - e accanto al mio letto trovo un disgustoso vassoio a fiori con sopra una tazza di tè, biscotti che sembrano di cartone, un bicchiere di plastica con un succo d'arancia pieno di grumi e, da una parte, sei caffè Starbucks e un cornetto dall'aspetto delizioso.
Torno a fissare i ragazzi che non si sono ancora accorti di me e, facendomi coraggio: – Harry? - chiamo - che ore sono? - classica domanda scema, da film scemo, fatta dal protagonista scemo che si sveglia dopo aver subito un trauma ancora più scemo.
- Sunday! - esclama facendo un sorriso un po' tirato – Sono le nove e un quarto, dopo che sei svenuta ieri sera hai dormito per tutta la notte. Ti hanno fatto una flebo. - spiega.
- Wow. Harry, chi sono...chi è tutta questa gente? E cos'è successo? Ho sentito qualcosa, ma non ho capito. Nathan sta bene? – chiedo preoccupata.
- Ehmm – sospira – Tuo figlio sta benone, potrete essere dimessi già domani, o forse addirittura oggi e loro sono dei miei amici...
- Ciao – mi salutano questi quasi all'unisono ridacchiando, e io rispondo con un debole sorriso, Li ho già visti da qualche parte, penso ancora con la mente annebbiata, sono stanchissima. Poi torno a guardare lui, in attesa di altre spiegazioni.
- E...per il resto vuoi la versione corta o lunga? - chiede esitante.
- Corta, rapida e indolore – decido seccamente, meglio muoversi, sto cominciando ad agitarmi.
- Okay, allora... - però si blocca e dice ai suoi amici di andare pure a casa, lasciandoci da soli. Perché? - Dunque. Ieri ho firmato, per sbaglio s'intende, dei documenti e altre scartoffie, quindi, per farla breve, ora sull'anagrafe risulto essere il padre di tuo figlio. Fine. E prima che tu me lo chieda, no, non si può cambiare.
- Oh. - subito ci resto di sasso, ma poi penso... – scusa, ma a noi che importa? Mica siamo sposati, quindi non mi devi...che ne so, i soldi degli alimenti, non devi vivere con me o stronzate del genere. Se anche tu fossi il padre, potremmo semplicemente decidere che il figlio venga cresciuto solo da me, o no?
- No – risponde lui secco – no, perché sei ancora minorenne, mentre io non lo sono. Mi hanno spiegato che se tu avessi partorito tra due mesi tutto questo casino non sarebbe successo, ma sei minorenne ora, quindi la responsabilità del bambino è tutta mia. Almeno fino al giorno del tuo diciottesimo compleanno.
- Cazzo. Cazzo! Per lo più ora mia madre mi starà cercando! - esclamo.
- Tua madre? Lei non sa che sei qui? - chiede sbalordito, e dopo qualche secondo di riflessione: – aspetta Sunday...dove stavi andando ieri sera con le valigie? - continua dubbioso e ora preoccupato.
Cazzo. - Emm...se ti dicessi che stavo scappando di casa? - Okay, ora sono in guai seri.
- Non ci posso credere! Già questa situazione era difficile, ora si complicherà ancora di pi... - lo interrompo.
- No, ti prego, non farmi tornare a casa, ti supplico! - mi trovo a implorarlo.
- Sunday, io...credo di non avere alternative... - dice dispiaciuto.
- Cazzo... - è l'unica parola che riesco a dire, mentre delle lacrime silenziose cominciano a solcarmi le guance.
- Ehi, no, non piangere, dai – cerca di consolarmi invano. Non posso darla vinta a mia madre. Non posso tornare a casa, e, cosa ben più importante, non voglio.
- Non...non c'è un'alternativa? - chiedo quasi disperata – sono disposta a tutto, posso andare anche in una casa-famiglia o in un orfanotrofio, qualsiasi cosa. Qualsiasi.
- Wow, emmm...ci stavi proprio male a casa – nota lui pensieroso, Non sai quanto, penso – ora pensiamo a una soluzione dai – mi sorride e io ricambio.

Qualche istante dopo lo sorprendo a fissarmi, pensoso; imbarazzata faccio finta di non essermene accorta ma lui continua imperterrito. Odio la gente che mi scruta con attenzione, mi fa sentire nuda, leggibile, e io non voglio esserlo.
- Insomma, che hai da guardare? - sbotto leggermente irritata qualche secondo dopo.
Lui si riscuote. - Niente...stavo pensando – comincia Harry – che forse ho una soluzione ma... - sembra esitante – ma non so se tu saresti d'accordo, insomma, a me sembra una buona idea però non voglio che tu pensi cose strane o...
Lo interrompo. - Finché non mi dici l'idea non posso giudicare – sorrido incoraggiandolo.
- Beh, pensavo che potreste venire a stare da me – continua incerto - insomma, io potrò mantenervi almeno per un po', finché non compirai diciotto anni sicuramente, e poi, secondo lo stato, sono il padre di tuo (e quindi nostro) figlio. Ho dei diritti su di lui ma anche su di te. E quindi, se vuoi naturalmente, potrai stare da me, e nessuno può impedirtelo. Un bambino ha diritto all'affetto di entrambi i “genitori”.
Okay, sono stupita. Uno sconosciuto mi ha appena chiesto di andare a vivere da lui assieme a mio figlio? Okay che non è poi così uno sconosciuto, però... vabbè, in fin dei conti non ho niente da perdere provando - Mmm...sei sicuro? - chiedo titubante - non sei un maniaco o cose del genere, vero? - ridacchio.
- Certo! Perché se lo fossi te lo verrei a dire! - ride.
- O non è che la tua immagine di star potrebbe uscire intaccata da questa storia? Insomma, non vorrei sentirmi in colpa – continuo.
- Figurati! Sarà una cosa provvisoria, quando sarai maggiorenne potrai scegliere di andartene e fare quello che vuoi.
- Mi sento cretina, mi sembra di essere in quei programmi assurdi tipo “Sedici anni e incinta” oppure “Teen mom” - rispondo ridacchiando.
- In effetti l'idea mi è venuta da una puntata di “Teen mom”, quella con i tipi biondi...come si chiamavano? - mi chiede.
Io lo guardo sbalordita e gli scoppio a ridere in faccia – Stai scherzando? Ahahah!
- No! Una volta non mi perdevo mai un puntata, me lo registravo pure! - confessa.
- Ammettilo che lo registri anche adesso – lo accuso con finto sguardo indagatore.
- Emmm no! Lo registro per mia sorella! Lo giuro. - ride.
È così che ci trova la dottoressa (quella gentile) quando entra per il primo controllo: che ridiamo come due imbecilli. Lei ci guarda dolcemente, Che abbia frainteso?, e poi si avvicina. - Vediamo un po' come sta la nostra Sunday – annuncia sorridendo.


***


Harry POV


La visita è andata molto bene, Sunday si è anche alzata ed è potuta andare a vedere Nathan.
È un bambino davvero bello, Come la mamma d'altra parte, mi sorprendo a pensare.
Harry dannazione cominciamo bene! Okay, parlo anche da solo con la mia mante. Evvai questa stranezza ti mancava!
Comunque è così, insomma. Quel bambino è un ganzo. Si, sono un fissato con i bambini, ma lui so già che diventerà particolarmente figo. Me lo sento. (Si, in questa storia Harry probabilmente risulterà un cretino ma tant'è, ahahah. NdA (*))
Mi ci sono già affezionato. Penso porgendo a Sunday una brioche e uno dei caffè Starbucks che avevo precedentemente comprato assieme ai ragazzi. Lei afferra la bevanda sorridendomi per poi tornare a guardare suo figlio addormentato, e comincia a sorseggiare il caffè poggiando le sue labbra carnose sul bordo del bicchiere. Wow. Ma da dove salta fuori questa ragazza? Harry, dannazione, controlla i tuoi pensieri! Però è davvero...bella, si, diciamo semplicemente bella. Però cazzo... Harry! Sei un pervertito! Come farai a conviverci 24 ore su 24 se già guardandola bere un fottuto caffè ti ecciti come un dodicenne!? Vaffanculo, non mi sto eccitando, Coscienza di merda, fatti i cazzi tuoi.
Perché parlo da solo nella mia testa!?
Oddio, ora la mia mente malsana mi ha anche ricordato che vivrò con lei! Una sconosciuta! Ma cosa mi è saltato in mente? Spero solo che non lasci in giro la sua biancheria sennò...HARRYYYYYY! Maledetto maniaco!
Okay basta, pensiamo ai documenti che ora dovrò firmare per permettere a Sunday e Nathan di stare da me.
Solo ora mi rendo conto che mi sto prendendo una bella responsabilità, proprio io che non sono neanche in grado di tenere in vita un pesce rosso per due giorni! Sarò un padre per Nathan? Almeno per un paio di mesi? O semplicemente sarò Quello-che-l'ha-mantenuto? Bah.
Mentre Sunday finisce di fare colazione e torna nella sua stanza per allattare il bambino, io firmo le varie scartoffie e alle 11 abbiamo già recuperato e sistemato tutto e, con il bimbo in braccio lei, e i documenti, le chiavi dell'auto e la sua borsa io, possiamo finalmente lasciare questo posto, ma all'uscita dell'ospedale ci attende qualcosa che io – purtroppo – avevo già immaginato; al contrario di Sunday, come posso notare dalla sua espressione quasi sconvolta.


***


Sunday POV

Oh mio Dio. Questa non me l'aspettavo di certo. Perché l'ingresso dell'ospedale è pieno di gente? O meglio, di...paparazzi? Giornalisti? Ragazzine? Oh cazzo. Guardo Nathan che mi sembra stia per piangere a causa del rumore e poi mi volto verso Harry che sta guardando la folla con un'espressione molto meno sconvolta della mia; né io né lui sappiamo cosa fare, poi lui prende l'iniziativa, mi prende per un polso per non perdermi in quella calca e - mentre io cerco di calmare mio figlio che è terrorizzato dalle urla - cerca di farsi spazio tra la folla.
- Harry, chi è questa ragazza? - urla un tizio piazzando un microfono in faccia al riccio e chiedendogli di me come se io non fossi presente.
- Nuova fiamma, Harry? - un altro si fa avanti, mentre decine di flash ci accecano.
- Hazza, di chi è questo bambino?
- Abbiamo incontrato gli altri quattro One Direction prima, ma hanno detto soltanto No comment, no comment, tu ce l'hai un commento?
- HARRY TI AMO, CHI È QUELLA TROIA CHE TI PORTI DIETRO?! - urla una ragazzina indemoniata che avrà si e no dodici anni.
Harry non risponde, infastidito, facendo finta di non sentire le domande, e, dopo mille interruzioni e deviazioni, riusciamo ad arrivare alla sua macchina.
Io sono letteralmente sotto shock. Nathan ha cominciato a piangere come un disperato perché ha di nuovo fame e Harry mette in moto l'auto cercando di non investire le fan più pazze che, pur di fermarci, si buttano in mezzo alla strada. Al mondo c'è gente che non è molto normale.
- Quanto è lontana casa tua? - chiedo gentilmente ad Harry. - Nathan ha già fame, sai... - spiego imbarazzata.
- Non molto, credo che in mezz'oretta saremo arrivati. - risponde Harry sorridendomi e accendendo la radio.

Ma passiamo alle previsioni del tempo, oggi pomeriggio Londra sarà stranamente soleggiat...”. Harry cambia stazione e io comincio a sentirmi in ansia.
E proprio ora ci viene segnalato un incidente sulla S13...”. Harry cambia stazione per la seconda volta, ed ecco quello che più temevo. Musica.
Comincio a respirare affannosamente mentre le note di una canzone Rap invadono l'abitacolo. Senza neanche rendermene conto porto le mie mani alle orecchie per non sentire. La mia espressione è sconvolta, lo so, ne sono perfettamente consapevole, perché mi succede sempre ma non riesco ad evitarlo. E sento che le lacrime premono per uscire.
- Harry – chiamo respirando sempre più velocemente – Harry, ti prego spegni. - supplico con voce tremante.
Lui mi guarda sbalordito, senza capire, mentre io lo fisso disperata, incurante di quello che lui potrebbe pensare di me.
- Cosa? - chiede – ti senti bene? - continua preoccupato.
- Spegni, ti prego! - quasi urlo ormai, sotto il suo sguardo sorpreso e confuso. Per fortuna ascolta le mie suppliche e un silenzio carico di tensione torna a regnare nell'abitacolo caldo dell'auto.
Perché mi succede sempre così? Perché? Penso. Ma ormai la mia mente non ragiona più, e torna indietro nel tempo a mesi prima, a rivivere il mio passato. Cosa che mi ero promessa mille volte di non fare.
- Scusa Harry, scusa – comincio, stringendomi Nathan al petto. - Scusa io...io non ci riesco – lui mi guarda senza capire. - È la musica che...mi fa questo, scusa.
E forse lui ha capito qualcosa perché mi rassicura. - Tranquilla, niente musica – sorride, senza però riuscire a camuffare la palese confusione che regna sovrana sul suo viso.
Io non riesco a guardarlo ancora, quindi concentro la mia attenzione su Nathan. E...sbam, tutto torna come se la musica non fosse stata spenta. Perché ha i suoi occhi? Perché ha gli occhi di Sebastian? Io amo Nathan, è mio figlio, ci mancherebbe. Ma c'è comunque qualcosa che mi frena. Qualcosa che non mi ha fatto esplodere dalla gioia quando è nato, qualcosa che non me lo fa amare appieno come vorrei e come una madre dovrebbe fare. Perché la genetica gioca questi brutti scherzi? Perché non è nato con i miei occhi azzurri? Perché verdi? Perché quel verde? Perché c'è qualcosa in lui che mi allonatana?
Io lo so il perché, ma è difficile ammetterlo. Imparerò ad amare completamente mio figlio, ne sono certa, anche se sarà difficile.
Sono questi i pensieri che mi ronzano per la testa quando arriviamo a casa di Harry che scende rapido dall'auto e mi viene ad aprire la portiera. È una villetta bianca molto carina, preceduta da un giardino piuttosto curato e da un sentiero di sassi.
- Wow – torno a sorridere. - Vivrò davvero qui? - chiedo meravigliata.
- Già – conferma Harry scompigliandosi i ricci in modo buffo – vieni, ora ti faccio fare un giro – dettò ciò, prende la mia valigia, la trascina verso l'ingresso, e, abbandonandola sotto il porticato, mi dice di seguirlo sul retro; così lo seguo, con Nathan ancora in braccio, costeggiando l'enorme casa affianco a lui che cammina su una stradina di ciottoli.
E quando arrivo sul retro resto letteralmente senza parole. Un giardino enorme si estende davanti ai miei occhi. Se questo è un sogno, vi prego, non svegliatemi. Penso meravigliata. Una piscina azzurra e bianca si trova all'estremità opposta del cortile, e un capanno di legno la affianca, preceduto da un albero bellissimo con una corda dalla quale, arrampicandosi, suppongo che ci si possa tuffare nell'acqua.
È un piccolo paradiso. Guardo Harry – Io... - comincio – io sono sconvolta, devo trovare il modo di ricambiare la tua gentilezza, davvero – sorrido.
Lui non risponde, semplicemente mi sorride a sua volta così mi rivolgo a Nathan.
- Hai visto, piccolo? Guarda dove abiteremo! - comincio a ridere, alzando le braccia per tenere Nathan sollevato sulla mia testa, come per farlo volare. E lui mi guarda, curioso, senza piangere. Lo amerò, ci riuscirò, ne sono certa; gli do un bacio sulla testa ancora povera di capelli e lui mi stringe il pollice con la sua minuscola manina per poi cominciare ad emettere strani versi con la bocca. E, mentre cerco di capire cosa voglia dire, scopro Harry che ci fissa sorridente; torno poi a guardare mio figlio, che si sporge con le manine verso il riccio, così mi avvicino ad Harry e Nathan si aggrappa alle sue collane, facendo ridere il ragazzo.
- Vuoi prenderlo in braccio? - chiedo incoraggiante.
- Ehm...okay, spero di farcela – ride ancora, mostrandomi il suo fantastico sorriso che dà vita alle sue adorabili fossette. Io gli porgo mio figlio e mi soffermo a guardarli. Harry con in braccio Nathan è una cosa stupenda, i suoi occhi brillano, sono di un verde puro, felice, e, tornando a guardare Nathan, mi chiedo come mai il suo verde, invece, mi inquieti tanto. Se li osservo bene, sono due sfumature quasi uguali, forse è perché so da dove provengono quelli di mio figlio. Non ci devo pensare, no.
- Puoi tenerlo un po' tu, se vuoi – dico ad Harry, notando che Nathan è molto interessato ai ciondoli del ragazzo e non è intenzionato a separarsi dai suoi nuovi giocattoli.
- Certo! - esclama Harry – entriamo dai, ti faccio vedere l'interno. Ho due camere per gli ospiti, potrai scegliere tu dove sistemarti.
- Grazie – gli sorrido per poi seguirlo nuovamente verso l'ingresso. Arrivati sotto il porticato, prendo la valigia mentre lui apre la porta con una mano ed entriamo.


***


Harry POV

- Questa è la mia stanza – dico aprendo l'ultima porta a sinistra del secondo piano, mostrando a Sunday una camera nella quale il disordine regna sovrano; per poi proseguire verso l'ultima a destra. - E questa è una zona che ho dedicato alla musica, non so se ti può interessare... - spiego incerto ricordandomi la reazione che ha avuto Sunday questa mattina a causa della musica.
La vedo infatti irrigidirsi, dare una rapidissima sbirciata all'interno per poi tornare a guardarmi rivolgendomi un brevissimo sorriso di circostanza. - Scegli pure la stanza che vuoi e sistema le tue cose, non so, se vuoi farti una doccia il bagno è li – continuo – io torno in cucina e ordino qualcosa da mangiare, la pizza è okay?
- Certo, grazie – risponde lei trascinando la sua valigia nella stanza
bianca (immaginatela un po' più piccola. NdA (*)).



***

(*) Nda sta per “Nota dell'Autore”.

ALLORA. SALVE. Ammetto di non avere la minima idea di come funzionino le varie pratiche dell'ospedale e dell'anagrafe (voi fate finta che sia tutto come ho scritto io e che non si possa cambiare quello che c'è scritto). Poi scommetto che non avete capito molto del momento di “crisi” di Sunday, ma prometto che più avanti vi sarà chiaro. *Mistero*.
Poi, anche questo capitolo è un po' di passaggio, ma prometto che i prossimi saranno migliori!
Vi avviso che questa non sarà la solita fanfiction (almeno spero) perché per Sunday sarà molto difficile aprirsi con le persone (e quindi con Harry), a volte probabilmente non capirete i suoi strani comportamenti o i suoi cambi di umore, ma più avanti vi sarà tutto più chiaro :)
Volevo ringraziare nuovamente le ragazze (fantastiche) che hanno recensito,
e
Bubububububu e fedrica218 per aver messo la storia tra le preferite, grazie davvero!
E ecco qui l'abbigliamento:
Sunday, Harry e Nathan.
Detto ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo delirio e mi ritiro nella mia grotta (?).
Adieu, Lucia.

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Capitolo 3
*** 3. Shopping ***



Capitolo 3: Shopping

Sunday POV

- Harry, ma il tuo frigo è vuoto! - esclamo aprendo l'enorme (e deserto) elettrodomestico grigio, popolato soltanto da due lattine di birra e da un solitario vasetto di marmellata alla...rosa canina? Bah, che gusti strani. - Cosa mangi di solito?
- O ordino una pizza, o vado a cena fuori con i miei amici, anche il cinese non è male, niente in confronto al messicano però... – farfuglia lui con aria sognante ficcandosi un biscotto in bocca e sputacchiando alcune briciole.
- Harry, che schifo! Dai, avrai qualcosa nella dispensa che non siano biscotti – lo incoraggio io.
- Mmm – comincia lui, per poi andare ad aprire un'anta dell'isola in cucina – si! Patatine! - esclama lui vittorioso estraendone un sacchetto dal mobile.
- E quella dovrebbe essere una merenda più salutare? - rido.
- Uffa, sembri mia madre! - scherza – sono settimane che non sono a casa, è ovvio che la dispensa sia vuota, di solito sono bravo, mamma – continua sorridendo.
- Si, certo – rispondo ironica senza credergli - Lascia almeno che ti prepari qualcosa di decente per cena, visto che vivrò qui senza sborsare mezza sterlina!
- Sunday, non devi sentirti un peso, non sei qui nemmeno da un giorno e ti stai già facendo problemi inutili, tranquilla – mi rassicura.
- Va bene se vado a fare un po' di spesa? - chiedo invece io – Devo anche comprare un po' di cose per Nathan, dimmi cosa vorresti mangiare – sorrido. Sembriamo una vecchia coppia, quando in realtà ci conosciamo da meno di 24 ore. Forse mi sto prendendo troppa confidenza?
- Figurati, vengo con te, ci mancherebbe! - esclama chiudendo velocemente il pacco di Gocciole ormai mezzo vuoto. - Il supermercato è a soli quindici minuti da qui, andiamo a piedi? - chiede.
- Certo – rispondo prendendo in braccio Nathan che, dopo aver mangiato, si era addormentato sul divano. Harry era stato dolcissimo, non avendo ancora una culla per lui, l'aveva sistemato sul divano e circondato con un muro di cuscini per evitare di farlo cadere, poi l'aveva coperto con una copertina di pile con stampe verdi e si era messo a mangiare biscotti tenendolo d'occhio dalla cucina.
Dobbiamo comprare un sacco di roba: pannolini, biberon, un lettino, una carrozzina e altre millecinquecento cose. Per non parlare dell'operazione riempimento-frigo-di-Harry.

Alla fine abbiamo preso la macchina. Siamo due pigri cronici, quindi abbiamo optato per la comodità, e così ci è venuto in mente che dobbiamo prendere anche un seggiolino da auto per Nathan.
Io invece mi sento sempre più in colpa per tutti i soldi che devo far spendere ad Harry, non avevo messo in conto che avrei dovuto fare tutte queste spese, ma lui non sembra curarsene, anzi, sembra quasi entusiasta. Bah, chi lo capisce è bravo.
Entriamo tutti e tre nel supermercato e, con Harry ben camuffato – banali occhiali da sole e cappello – per non farsi riconoscere, ci dirigiamo verso il reparto per bambini.
- Bene, eccoci qua – nota Harry – da dove cominciamo?
- Emm, non ne ho idea, pannolini? Salviettine? Latte in polvere? - comincio ad elencare cose a caso.
- Okay, pannolini. Magari lì troviamo anche i biberon – mi asseconda Harry indicando un reparto un po' più avanti, dove ci dirigiamo. - Wow – esclama lui sconsolato appena raggiungiamo la fantomatica corsia. E in effetti non ha tutti i torti. Ci cono decine e decine di tipi di pannolini diversi, di tutte le forme e i colori.
- Beh, quali...quali prendiamo? - chiedo io incerta.
Lui ci pensa per mezzo minuto e poi indica un pacco di pannolini, con sicurezza. - Questi! - esclama deciso.
- Perché proprio quelli? - chiedo io non capendo il suo “criterio di scelta”.
- Perché, guarda, è troppo tenero l'orsetto che c'è disegnato! - sorride lui come un deficiente – E sono sicuro che piacciano anche a Nathan, vero piccolino? - si rivolge a mio figlio, prendendo la scatola di pannolini e sventolandogliela davanti agli occhi per poi far parlare l'orso disegnato. - Si, Nathan, sono l'orso Boo e tu vuoi comprarmi – dice cercando di imitare la voce di un pupazzo dei cartoni animati.
In tutta risposta mio figlio lo guarda con gli occhi spalancati, curioso. - Harry, per favore, smettila di fare l'idiota e pensiamo a quali prendere – lo rimprovero io scherzosamente, strappandogli la confezione dalle mani e rimettendola al suo posto.
- Uffa sei cattiva – sorride, poi continua – prendiamo quelli che costano di più, così andiamo sul sicuro – propone lui.
- Harry, sii serio, non mi va di farti spendere sterline su sterline per dei cavolo di pannolini.
- SI! - esclama invece lui - Quelli con l'orsetto Boo sono anche quelli che costano di più! Sono perfetti! - urla lui al settimo cielo, attirando gli sguardi sorpresi della gente attorno a noi e senza badare alla mia precedente protesta. Prende così quattro confezioni enormi e le butta nel carrello senza tante cerimonie e senza ascoltare minimamente le mie continue lamentele. Dopo un po' decido di arrendermi, è testardo come un mulo questo ragazzo.
- Ecco i biberon! - esclama lui poco dopo.
- Harry, perché sei così entusiasta? - chiedo io, notando il suo umore - Stiamo facendo la spesa – gli faccio notare.
- Non lo so, è troppo figo avere un bambino! - esclama lui sorridendo.
- Harry – comincio sorpresa – tu non hai un bambino – dico incerta.
Lui non si scompone. - Beh, non proprio – conferma – ma perché non dovrei essere emozionato?
- Perché Harry, tu non sei suo padre, ci conosciamo da un giorno! - esclamo.
- E allora? C'è tutto il tempo per conoscersi – afferma.
Forse non si è accorto che la sua frase potrebbe risultare un po' ambigua? Che cavolo di intenzioni ha? Ho sicuramente frainteso io. Si, per forza.
- Visto che tu hai scelto i pannolini, il biberon e il latte in polvere li scelgo io – decido di cambiare discorso.
Lui sbuffa ma accetta il mio “quasi ordine” seguendomi mentre prendo le due cose quasi a caso.
- Bene, adesso...ci manca una culla, una carrozzina, un seggiolino per la macchina e...? - chiede lui.
- E dobbiamo riempire il tuo frigo deserto – sorrido.

La carrozzina e il seggiolino li abbiamo presi senza alcun tipo di intoppo perché non c'era molta scelta. Anche se, indovinate un po'? Harry ha scelto i più cari. È un idiota quel ragazzo, spendere tutti quei soldi per qualcosa che tra qualche mese andrà sostituito perché troppo piccolo.
Mentre ci dirigiamo verso il reparto dedicato ai lettini e alle culle, passiamo davanti a quello dei vestiti per bambini e...catastrofe. No, seriamente, ma siamo sicuri che Harry sia un ragazzo normale? Perché non è possibile che si metta ad urlare davanti ad una tutina pelosa a forma di leopardo. Che poi è orribile!
- Sunday, se non gli compriamo questa tutina io non mi scollo da questo supermercato! - urla. Ma sa cosa vuol dire parlare con un tono di voce normale? A quando pare no.
- Harry, dai, è orribile! - esclamo io di rimando – e poi credo sia da bambina.
- Non è da bambina, l'interno del cappuccio è azzurro, ergo, è da maschio – specifica lui prendendo in mano l'orribile capo di abbigliamento ed esaminandolo nei suoi minimi particolari.
- È perfetta. Andiamo – dice buttando la tutina nel carrello ormai pieno di tutte le scemenze che ha voluto comprare a tutti i costi.
Sospiro rassegnata, e comincio a spingere il carrello verso il reparto che dobbiamo raggiungere, ma al quale probabilmente non arriveremo mai, viste le continue interruzioni da pare di Harry.
Ora Nathan è in braccio a lui, che lo tiene in modo innaturale con un braccio solo, mentre con l'altro tocca tutti i vestitini e i giocattoli esposti. Spero solo che non gli cada per terra mio figlio, o lo riempio di botte.

Finalmente siamo arrivati al reparto tanto ricercato. Ormai ho smesso di oppormi al volere di Harry e il carrello che mi trovo a spingere per questo dannato supermercato è completamente pieno. Io non so come faremo a fare anche la spesa per lui. Scoppierà la macchina.
- Eccoci qua – esclama lui continuando a sorridere. Sono quasi tre ore che siamo chiusi qua dentro e io mi sto annoiando come una dannata, come fa lui ad essere così su di giri? Si sarà fatto di qualcosa prima di entrare.
- Questa volta scelgo io – dico con un tono che non ammette repliche. Ma questa volta la tattica di dettare legge non funziona perché Harry si oppone.
- Col cavolo! Al massimo puoi decidere se vuoi una culla o un lettino con le sbarre – ribatte deciso.
- Cosa? Harry, dai, smettila – lo prego, stufa di tutte le sue proteste. Ma lui non si fa ingannare dal mio tono supplichevole.
- Okay, allora deciderò tutto io: vada per una culla – decreta senza badare (per la millesima volta) alle mie proteste.
- No! - urlo – voglio un lettino.
- Uffa, okay, lettino sia – acconsente – ma lo scelgo io.
- No Harry.
- Si Sunday.
- Enne. O. Harry.
- Esse. I. Sunny.
Trasalisco. - Come mi hai chiamata?
- Sunny, perché? - chiede lui confuso.
- No, niente, è che nessuno mi ha mai chiamata così, mia piace – ma che cazzo c'entra questa confessione adesso?! Lui mi guarda e mi sorride. Che imbarazzo.
- Comunque non lo scegli tu quel fottuto lettino – cambio argomento.
- Si!
- No!
- Si!
- No!
- Si!
- No!
- No!
- SI!
- Ha! Hai detto si! - urla quel deficiente che mi ritrovo davanti.
- Vaffanculo Harry, cosa c'entra? - ma ormai è partito in quarta e si fionda verso il lettino più costoso, con le sbarre color verde acqua. È molto carino in effetti. - Come fai a dire che quello è più comodo di questo? - chiedo indicando un lettino un po' meno costoso.
- Perché se costa di più ci sarà un motivo valido: è più comodo.
- Non è detto che sia così, come fai a saperlo?
Harry sbuffa per le mie proteste e fa una cosa che mai e poi mai mi sarei aspettata da una persona definita normale. Mi porge Nathan – che ha iniziato a piangere per la fame da un paio di minuti – e, incredibile ma vero, si toglie le scarpe e si siede nel lettino con le sbarre turchesi. Cambia posizione un paio di volte e poi decreta con nonchalance, - Mmm, è comodissimo – poi fa per alzarsi ma...
- Ehi, ragazzo, ma cosa credi di fare? - una commessa sbuca da dietro un angolo mentre io sono ancora sconvolta per quello che ha appena fatto Harry.
- Ops – lo sento mormorare per poi vederlo saltare fuori dal lettino, prendere in mano le scarpe e il carrello e darsela a gambe – Corri Sunday, corri! - mi urla ridendo come un pazzo. Così mi trovo a correre assieme a lui, con Nathan in braccio, e a rifugiarci nel reparto peluches. Una volta appurato che la commessa non ci avrebbe trovati, ci guardiamo e scoppiamo a ridere come due idioti.
- Tu sei pazzo! - dico tra una risata e l'altra.
- Lo so – conferma lui senza smettere di ridere con quella sua voce roca e (ahimè) dannatamente sexy. È un dato di fatto, ormai, non posso negarlo. Questo ragazzo è bellissimo. Non so cosa c'entri questo pensiero con questa situazione ma non posso controllare la mia mente quindi chissene frega. Se uno è bello, è bello e basta. E poi era da un secolo che non mi divertivo e che non ridevo così tanto.

Alla fine indovinate un po' quale lettino abbiamo preso? Quello verde acqua ovviamente. Ormai mi sono abituata a non avere voce in capitolo, quindi Harry ha deciso di comprare anche uno di quegli aggeggi che ti attacchi alla pancia per portare i bambini. Bah, non ne capisco l'utilità visto che esistono le carrozzine. E, dopo aver fatto anche la spesa per riempire il frigo, ha insistito per mettersi quell'intrico di stoffa addosso e di far indossare l'orribile tutina al povero Nathan.
Inutile dire che ci abbiamo messo mezz'ora per infilargli quell'indumento peloso e altrettanto tempo è stato sprecato per mettere ad Harry quella specie di porta-bimbo o come diavolo si chiama. Come se non bastasse, il risultato finale è inguardabile, anche se da un lato tenero.
Harry insiste che gli scatti una foto col suo IPhone, così, malvolentieri, lo accontento.
Perdiamo poi un'altra mezzora per togliergli di dosso quel coso ma, a sentire lui (parole testuali) “ne è valsa la pena”.


***


Harry POV

È quasi ora di cena quando arriviamo a casa, stanchi morti ma – almeno per me – felici.
Sunday, dopo aver allattato il piccolo Nathan, si mette subito ai fornelli mentre io tolgo dagli scatoloni tutte le cose che abbiamo comprato. Forse ho un po' esagerato con il numero di vestiti ma vabbè, erano belli, quindi ne è valsa la pena.

La cena che mi ha preparato Sunday è buonissima, ma mi porta a pensare tutta sera: sono solo io che mi faccio mille teghe mentali, o sembriamo una vecchia coppia dove lei prepara la cenetta perfetta per il marito che torna dal lavoro?
Okay, probabilmente sono io che mi creo strani pensieri, ma la nostra in effetti è una situazione un po' ambigua.

Siamo qui che parliamo di quanto zucchero mettere nella torta che abbiamo deciso di fare dopo cena, quando sentiamo suonare il campanello. Sunday mi guarda con un'espressione interrogativa, ma io scuoto la testa: non aspetto visite. Così mi avvicino alla porta e la apro.
- Ragazzi, cosa ci fate qui? - esclamo per la piacevole sorpresa di ritrovarmi i miei migliori amici – Zayn, Liam, Josh, Niall e Louis (evidentemente tornato da Doncaster) – davanti.
- Louis era troppo curioso di sapere qualcosa in più di questa tua nuova situazione, Harry, così abbiamo deciso di fare un'improvvisata – sorride Liam.
- Beh, entrate, Sunny ed io stavamo facendo un dolce, possiamo mangiarne una fetta tutti insieme – propongo facendo entrare i ragazzi – Fate piano, però, che finalmente Nathan si è addormentato – sussurro indicando il bambino accoccolato nella carrozzina (il lettino l'avevo già montato in camera di Sunday).
- OMMIODDIO MA È BELLISSIMO! - urla invece Louis, beccandosi un'occhiata di fuoco da parte di Sunday. Nathan, infatti, turbato da quel chiasso improvviso, si sveglia e comincia a piangere.
- Lui è Louis – mi rivolgo alla ragazza con aria sconsolata.
- Grazie Louis – comincia Sunday sarcastica – ora ci metterò un'ora per farlo riaddormentare, comunque io sono Sunday – gli porge la mano sorridendo per poi andare a recuperare Nathan.
- Harry, metti quel cazzo di zucchero, mescola l'impasto, e poi inforna la torta – mi ordina – torno appena Nathan si riaddormenta.
La vedo scomparire su per le scale e decido di seguire i suoi ordini, dirigendomi verso la cucina. - Decisa, la ragazza – constata Zayn.
Subito Louis mi si avvicina e pretende che io gli racconti ogni minimo particolare. Nel frattempo Niall ha acceso la televisione su Mtv e si è stravaccato sul divano assieme a Josh e Liam.

Quando Sunday comincia a scendere le scale è passato poco più di un quarto d'ora e io e Louis abbiamo chiacchierato abbastanza e infornato la torta. Lei fa per sorridermi ma, ancora prima di arrivare in fondo alle scale si blocca, e guarda verso la TV che sta riproducendo Skinny Love di Birdy. Poi torna a guardare me, terrorizzata.
- Niall – chiamo il mio amico in possesso del telecomando.
- Potresti spegnere la TV o cambiare canale? - chiede Sunday con urgenza, tremando. Perché fa così? Continuo a non capire.
- No, è figa questa canzone – lo sento grugnire come se niente fosse, abbuffandosi di patatine.
- Niall... - provo di nuovo.
- Dai, Hazza, non rompere i coglioni – scherza. Ma Sunday no.
- Vaffanculo, guardatela da solo la tua Mtv, stronzo – Sunday lo fulmina. Glaciale. Poi gira i tacchi e torna al piano di sopra, lasciando tutti i ragazzi senza parole.
- Cosa...cosa ho fatto? - chiede Niall incredulo. Anche i ragazzi attendono una mia spiegazione, mi stanno fissando tutti, increduli.
- Non...non lo so Niall – comincio – Sunday non riesce ad ascoltare la musica. Non ce la fa proprio e non so il perché – spiego i tutta onestà.
- C'è qualcosa sotto, per forza.
Zayn ha ragione, c'è qualcosa che non va.


***


Eee bentornate fanciulle caVe! Come state? Io bene. E si, ve lo dico anche se non me l'avete chiesto e quindi anche se non ve ne frega niente. Perdonate gli eventuali errori ma non ho avuto tempo di rileggerla, cosa che farò appena avrò un po' di tempo.
Ragazze mie, nel secondo capitolo le recensioni si sono rammollite(?)! Per favore fatemi sapere cosa ne pensate, così so se continuare questa storia o se abbandonarla al suo destino crudele(?). In poche parole: fatevi sentire! Anche per messaggio privato se non per recensione, mi farebbe molto piacere!
Comunque come vedete in questo capitolo Sunday ha di nuovo questi suoi comportamenti che saltano dalle stelle alle stalle (oggi ce l'ho con i termini strani), si scoprirà perchè, abbiate fede(?) e vedrete.
Un'altra cosa: durante la storia ci sarà la necessità di descrivere tematiche un po' particolari, e per questo motivo ho deciso che scriverò qualche Missing Moment rosso. Per chi non lo potrà leggere non sarà un problema perché gli stessi fatti verranno comunque raccontati nella storia originale anche se un po' meno esplicitamente.
Ma passiamo ai ringraziamenti!
Grazie alle ragazze che hanno recensito; a fedrica218, Frannie e Spinning_Top_Hope per aver messo la storia tra le preferite e a incrediniall, Bebix e jas_ per averla messa tra le seguite! Grazie infinite anche ad Annarita98 che mi ha messa tra i suoi autori preferiti! Non me lo sarei mai aspettato, ti ringrazio tantissimo!
Come sempre ecco qui l'abbigliamento:
Nathan, Harry e Sunday.
Detto ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo delirio e mi ritiro nella mia grotta (?).
Adieu, Lucia.

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Capitolo 4
*** 4. Gossip ***


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Farai felici milioni di scrittori.

Copia-incollate questo messaggio ovunque vogliate!


Capitolo 4: Gossip

Sunday POV


Un suono fastidioso mi martella le orecchie. Sembra un campanello che suona, ma forse sto ancora sognando. O forse no? Apro gli occhi di scatto e mi rendo conto di essermi addormentata nel mio lettone con Nathan affianco. È già sveglio e stranamente non sta piangendo. Lo saluto prendendolo in braccio e mi dirigo verso la camera di Harry, dopo aver notato che sono già le dieci di mattina.
«Harry!» urlo a squarciagola stropicciandomi gli occhi «suonano alla porta!».
Lo sento mugugnare qualcosa di incomprensibile e quando busso alla porta della sua camera per poi aprirla, il riccio si volta verso la finestra ancora chiusa, dandole le spalle. «Voglio dormire» borbotta con la voce ancora impastata dal sonno «apri tu» mi implora.
«Ma Harry, è casa tua!» protesto. Ma, ottenendo in risposta soltanto il suo silenzio, mi dirigo sbuffando verso le scale che conducono al piano inferiore.
Lo scampanellio si fa sempre più insistente e comincio quindi a correre – con Nathan in braccio e ancora in pigiama – verso l'ingresso. Mi fiondo verso la porta e la apro senza nemmeno prima guardare chi è dallo spioncino.
Una donna mora sulla quarantina mi guarda sorpresa e poi si sofferma per secondi che mi sembrano ore a guardare mio figlio. La sua espressione mi sorprende, mostra contemporaneamente decine di emozioni contrastanti: emozione, stupore e poi consapevolezza verso Nathan; ma quando rivolge lo sguardo verso di me l'espressione cambia radicalmente: rabbia, diffidenza, confusione e qualcos'altro che non riesco a capire. È strano, sono sicura di non conoscerla, ma ha comunque un'aria familiare. Forse sono le fossette che si sono formate sulle guance mentre sorride a...qualcosa alle mie spalle.
Mi volto curiosa. Harry?
«Mamma?» esclama sorpreso il riccio «cosa ci fai qui?» chiede con voce piena di emozione per poi fiondarsi tra le braccia della donna, felice come una pasqua.
Oh porca misera. Questa è sua madre? E ora chi le spiegherà la situazione?
Distolgo lo sguardo da quell'abbraccio che urla la parola “famiglia” al mondo intero. Parola della quale io – purtroppo – non ho mai conosciuto il significato.
In quel momento squilla anche il telefono e Harry si fionda in sala per rispondere, dicendo a me e a sua madre di andare in cucina.

Cosa? Mi abbandona qui da sola con lei?! Ma questo è pazzo.
«Harry...» faccio per protestare ma lui è già sparito oltre la porta e io mi limito a tornare a guardare sua madre, imbarazzata.
«Ciao, sono Anne» si presenta la donna, ora già più cordiale «stavate dormendo? Avete già fatto colazione?» chiede poi sorridendomi.
«Oh, ehm, no, non abbiamo ancora mangiato» balbetto come un'idiota.
«Bene, siediti pure cara, ci penso io» propone «tu intanto pensa al tuo bambino».
In effetti è da qualche minuto che ha cominciato a piangere, probabilmente per la fame, così decido di allattarlo. Nel frattempo Anne comincia a preparare la colazione, sorprendendosi di trovare il frigo di Harry pieno.
«Ero convinta di dovergli comprare tutto io, come tutte le volte che vengo a trovarlo» dice.
«Abbiamo fatto la spesa ieri» spiego, intimidita dal suo sguardo indagatore. Lei mi guarda sorpresa ma non ribatte.

Restiamo in silenzio per diversi minuti, finché – finalmente - non arriva Harry.
«Wow mamma, uova e pancetta?» esclama contento per poi rivolgersi a me sottovoce «ti prego, reggimi il gioco».
Reggergli il gioco? Che gioco? «Harry, ma di che stai parl...» mi interrompe con uno sguardo di ammonimento per poi indicare sua madre che ci sta dando le spalle, e io mi zittisco immediatamente.
«Si, Haz, la tua colazione preferita, scommetto che non la mangi da secoli» risponde Anne alla precedente domanda del figlio.

Una volta pronto ci sediamo tutti a tavola e facciamo colazione.
«Beh mamma, come mai sei qui?» biascica Harry con la bocca piena, sputacchiando qualche pezzo di pancetta.
«Harold! Non parlare con la bocca piena! Non è educato» lo rimprovera sua madre, strappandomi un sorriso «comunque hai anche il coraggio di chiedermelo? Perché io devo sempre essere l'ultima a sapere le cose? Sono tua madre!» continua seria, volgendo lo sguardo verso di me.
Io ed Harry ci guardiamo, io senza capire, lui stranamente non sorpreso. «Ma di che sta parlando?» chiedo io, notando che il riccio non è intenzionato ad aprire bocca.
Così vedo Anne rovistare nella sua borsa e sbattermi davanti agli occhi un mucchio di giornali di gossip pieni di...
foto mie e di Harry.
Io ed Harry che usciamo dall'ospedale con Nathan.
Io ed Harry che facciamo la spesa.
Io ed Harry che ridiamo cercando di mettere mio figlio nel porta-bimbo con addosso la tutina leopardata.
Io ed Harry che saliamo sulla sua auto.
Oh merda.
«Mamma, cosa avrei dovuto dirti?» chiede il riccio per poi sfiorarmi la mano e ricordarmi sottovoce di reggergli il gioco. Ma di che sta parlando?
«Harold, sono tua madre! Avresti dovuto dirmi di avere un figlio! Ti sembra una cosa da niente?» lo rimprovera Anne. Io sono ammutolita. Perché Harry non smentisce? Perché non dice che in realtà Nathan non è suo figlio? Perché non le spiega? «Ti credevo un ragazzo responsabile, e invece che fai? Metti incinta una ragazzina!» continua lei.
«Non sapevo come dirtelo!» si giustifica lui.

Non sapevo come dirtelo”? “Non sapevo come dirtelo”?! Perché diavolo non smentisce?!
Reggimi il gioco”. È questo il gioco? Perché se questo lui lo chiama “giocare”, siamo messi proprio male. Cosa cazzo ha in mente?
Lo guardo sempre più sorpresa e, si, arrabbiata. Lui se ne accorge e cerca di tranquillizzarmi con lo sguardo.
«Sunny, potresti lasciarmi un momento da solo con mia madre?» chiede gentilmente. E io in tutta risposta annuisco, anche se in realtà quello che vorrei fare è ucciderlo.
Non appena esco dalla cucina con Nathan in braccio, sento distintamente Anne cominciare a tempestare suo figlio di domande.
«Perché non mi hai detto di avere una ragazza? Convivete addirittura! E poi sei padre Harold, sai cosa significa?! La ami almeno, questa poveretta? O magari l'hai anche messa incinta da sbronzo?» sento da dietro la porta.
«Mamma, mi conosci! Certo che la amo, e poi non dico che sia stato voluto, ma sono felice lo stesso!». Ma cosa diavolo si sta inventando? Non ci sto capendo niente.
«E con la band? I ragazzi sanno tutto? Cosa ne pensano i management?» continua la madre di Harry.
«Si mamma, sanno tutto, e comunque non cambierà niente» risponde la voce attutita di Harry.
Per un po' dall'altra stanza sento provenire solo silenzio.
«Spero solo che tu sappia quello che stai facendo» sussurra Anne con una voce che sembra commossa «posso conoscere il mio nipotino? Dio, chi l'avrebbe mai detto che sarei diventata nonna così presto?».
«Certo» sento rispondere al riccio per poi sentirlo venire a chiamarmi. Apre la porta della stanza dove mi trovo e mi sorride. Si, lo ammetto, è un sorriso bellissimo, ma che ugualmente non ricambio.
«Harry.
Dimmi che cazzo hai in mente» dico gelida ed allarmata.
«Poi ti spiego» dice facendosi anche lui serio «Eccoci mamma!» cambia tono, sfoggiando un sorriso un po' finto.
Ed ecco che Anne parte subito facendo mille domande alle quali a stento ho il tempo di rispondere. Continua a parlare di quando era incinta di Harry, di qual è il miglio modo per allattare i bebè e dei migliori omogenizzati. In tutto ciò io ho soltanto il tempo di sorridere ed annuire, notando un Harry che tenta di contenere inutilmente una madre – a parer suo – troppo invadente.

«Ragazzi, mi dispiace ma ora devo proprio andare, comunque verrò a trovarvi ancora» sorride Anne al settimo cielo.
Io e Harry la guardiamo sfoggiando due sorrisi un po' tirati, lei bacia per l'ultima volta Nathan e mi abbraccia.
Sono un po' sorpresa per tutto questo affetto, ma sono felice di essere stata accettata.
«Siete davvero bellissimi e fortunati, ragazzi» dice infine Anne, prima di chiudersi la porta dell'ingresso alle spalle. Io ed Harry ci guardiamo un po' sorpresi e imbarazzati, ma nessuno dei due dice niente. Almeno non riguardo la frase appena pronunciata.
«Spiegami tutto» ordino al riccio.
Harry sospira, ma poi comincia a parlare. «Beh, i management mi hanno detto di fare così, cioè, non me l'hanno proprio imposto, ma
vivamente consigliato, per usare le loro parole. Erano loro al telefono, hanno chiamato non appena hanno saputo che la cosa era uscita sui giornali».
«Ma perché? Insomma...che senso ha?» chiedo confusa.
«Onestamente non ne ho idea. Ma non cambierà niente per te, casomai sarò io quello sotto i riflettori».
«Mi dispiace Harry, è colpa mia» dico.
«Figurati, non è colpa di nessuno, è andata così e basta» torna a sorridere lui «Più che altro ora per la stampa noi due stiamo insieme, e mi dispiace averti coinvolta in una cosa del genere».
Cosa? Un momento. Io e lui stiamo insieme? Oh cazzo ma perché la mia vita sta diventando sempre più complicata?
«E quando tra due mesi me ne andrò, cosa dirai? La gente penserà che tu sia un padre che non vuole più vedere suo figlio, che se ne frega di lui».
«Sunday, non preoccuparti, ci penseremo» mi tranquillizza «io vado di sopra, devo...stare un po' da solo» dice sbrigativamente.
Lo vedo salire le scale con passo strascicato e io mi butto sul divano. Devo calmarmi e metabolizzare i fatti accaduti in queste sole 48 ore. È tutto assurdo, pazzesco, incredibile. La situazione è troppo nuova per essere accettata così in fretta, mi sento opprimere da tutti questi avvenimenti e da queste nuove responsabilità. In due giorni mi sono ritrovata a Londra, madre, (finta) ragazza di Harry Styles, sui giornali di gossip e odiata dalle fan.
Sento un lieve suono nell'aria: Harry che canticchia una canzone. È molto fioca, ma mi infastidisce comunque, cerco di darmi una regolata e con apparente calma decido di mettere Nathan nella carrozzina e di portarlo a fare un giro. Metto le scarpe e un giubbino di jeans senza maniche e lascio un biglietto sul frigo al riccio, per poi dirigermi verso l'ingresso ed uscire.


Harry POV


Entro nella stanza della musica. L'unica cosa di cui ho bisogno adesso è infatti cantare.
Cantare per dire quello che non dico a parole.

Prendo la chitarra e, anche se non so suonare molto bene, comincio a strimpellare qualcosa grazie agli spartani insegnamenti di Niall.

There was a time, I used to look into my father's eyes
In a happy home, I was a king I had a gold throne
Those days are gone, now the memories are on the wall
I hear the sounds from the places where I was born

Up on the hill, across the blue lake,
That's where I had my first heartbreak
I still remember how it all changed
My father said
Don't you worry, don't you worry child
See heaven's got a plan for you
Don't you worry, don't you worry now
Yeah!

Perché non c'è nessuno a tranquillizzarmi adesso? Perché perfino mia madre non mi ha dato il supporto di cui avevo bisogno?
Anche le persone a me più care, come la mia famiglia, mi considerano già un uomo vissuto che non ha bisogno di supporto o di qualcuno che lo tranquillizzi quando ha paura.
Perché è così: ho paura. Ho una paura fottuta. Ma visto che ora sono diventato famoso tutti pensano che io sia cresciuto. Ma le due cose – purtroppo – non vanno di pari passo. Sono ancora un adolescente che ha bisogno di certezze, certezze che nessuno mi da. Perché nessuno lo sapisce?


° ° °


Donzelle, sono tornata! Allora, che dire? Beh, innanzitutto scusate il ritardo, lo so, sono imperdonabile ç.ç
È corto questo capitolo, secondo voi quanto dovrei farli lunghi (mmm)? Non l'ho neanche riletto quindi perdonate eventuali errori, ripetizioni o cose simili, lo sistemerò.
E in più non ne sono affatto soddisfatta, voi cosa ne pensate? Boh. La canzone che canta Harry è Don't you worry child - Swedish House Mafia se cliccate li c'è anche la traduzione :)
Ma passiamo ai ringraziamenti: grazie ancora alle splendide ragazze che hanno recensito, ad Annarita98 e xenia styles che mi hanno messa tra i loro autori preferiti, alle 12 ragazze che hanno messo la storia tra le preferite, alle 2 che l'hanno messa tra le ricordate e alle 19 che l'hanno messa tra le seguite; so che per alcune di voi numeri così non solo molto alti, ma per me si e mi avete tutte resa felicissima!
Fatemi sapere cosa pensate della storia (se vi va), accetto anche recensioni critiche, anzi, sono proprio quelle che mi servirebbero per migliorare!
Come sempre, ecco qui l'abbigliamento:
Harry e Sunday.
E vi lascio il link di una mia nuova storia, un po' meno impegnativa, per chi volesse: Swimming Lessons, con protagonista Zayn.
Detto ciò, vi saluto, vi ringrazio per aver sopportato questo delirio e mi ritiro nella mia grotta (?).
Adieu, Lucia.

P.S: Per rifarsi un po' gli occhi vi lascio questa gif che adoro!


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