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Disclaimer:
Castiel e gli altri personaggi del telefilm Supernatural non mi appartengono,
tutti gli altri sono di mia invenzione, per cui si prega i gentili lettori di
non copiare in alcun modo.
N.d.A. : Ringrazio Robigna88 per l'editing e il bellissimo logo qui
sotto <3.
AL SICURO
Quando
arrivarono al piccolo monolocale di Penny, la pioggia sembrava essersi stancata
di precipitare sul mondo come una furia e si era accontentata di essere una
lieve e quasi impercettibile pioggerella. L'uomo senza memoria aveva dormito
tutto il tempo, più o meno un'ora, senza nemmeno muoversi. Non si era svegliato
neanche quando Penny aveva fermato la macchina nel parcheggio del walmart ed era
scesa per andare a comprare qualche vestito per lui e qualcosa per cena. Aveva
pensato di svegliarlo per avvisarlo, ma vedendolo dormire così profondamente
preferì lasciargli un biglietto. Ma non era servito, perchè al ritorno, dopo un
quarto d'ora abbondante, non si era né svegliato né mosso. Doveva essere
esausto, chissà per quanto tempo non si era concesso un po' di sonno, perduto là
fuori, scalzo e affamato. Sicuramente giorni, e ora si era totalmente
abbandonato al sonno sprofondandovi completamente. A Penny dispiaceva un po'
svegliarlo, ma sarebbe stato molto meglio in casa, dopo un bel bagno caldo e
qualcosa da mangiare.
“Ehi”
lo chiamò dolcemente toccandogli un braccio. “Svegliati, siamo arrivati.”
L'uomo
aprì gli occhi di scatto, sobbalzando sul sedile. Stava sognando qualcosa di
terribile, ma gli era rimasta solo la sensazione di orrore.
“Stai
bene?” gli chiese Penny. Lui la guardò e annuì.
“Sì...sì
sto bene” poi si raddrizzò e si guardò intorno. “Dove siamo?”
La giovane
sorrise. “Davanti casa mia” annunciò “dove potrai lavarti e mangiare. Ora
entriamo prima che la pioggia non decida di diventare nuovamente una tempesta!”
sentenziò allungandosi dietro per prendere le buste della spesa. Aprì la
portiera ed uscì senza attendere risposta dall'altro, che la imitò scendendo a
sua volta. Al contatto con il selciato i suoi piedi fecero di nuovo male, dopo
quel breve ristoro sul tappetino dell'auto. Ma nonostante il dolore, seguì la
sua salvatrice docilmente avvolto nello scialle di lana, mentre lei lo guidava
verso una piccola casetta con due entrate separate da un muretto e una
ringhiera.
Salirono
tre scalini e la giovane infilò la chiave nella serratura. Prima di aprire però
si guardò in giro per controllare se ci fosse qualcuno. Non abbassava mai la
guardia, lei conosceva quei mostri che cacciava, ma anche i mostri conoscevano
lei e non poteva permettersi il lusso di pensare ad altro, anche se aveva
recuperato un uomo senza memoria per strada che le ricordava tanto se stessa.
Appurato
che non c'era anima viva – né morta – aprì la porta di casa ed entrò. “Vieni,
entra” invitò il suo ospite mentre con la mano libera accendeva la luce.
Lui
obbedì, restando quasi accecato dalla luce al neon che sprigionava la plafoniera
attaccata al soffitto.
“Neanche
a me piace questa maledetta luce da ospedale” commentò Penny posando le buste
sul tavolo. “Ma non posso toglierla, sono qui in affitto e ho trovato tutto già
dentro. Inoltre tra poco andrò via.”
“Non
fa niente” rispose l'uomo strizzando un po' gli occhi per difendersi dalla luce.
Però era strano che la luce gli facesse così male, sì era fastidiosa e
dava l'impressione di essere nel corridoio di un ospedale, ma non era certo
qualcosa di insopportabile. Doveva essere rimasto al buio per molto. Un pensiero
le balenò in mente, e se fosse stato rapito e tenuto segregato per giorni o
settimane? Magari era riuscito a scappare o lo avevano liberato. Sì, ma la
memoria, cosa c'entrava? Lo shock? Era stato picchiato?
Sospirò e
gli si avvicinò con un sorriso. “Ora puoi toglierti questo, non ti serve. Qui è
caldo” disse prendendo lo scialle dalle sue spalle. “Che ne dici di un bagno
caldo? Così puoi metterti degli abiti puliti e asciutti e” abbassò lo sguardo
verso i suoi piedi “soprattutto, delle scarpe. Hai camminato a lungo scalzo, sei
anche ferito.”
Anche lui
abbassò lo sguardo e provò vergogna. “Mi dispiace, sono impresentabile. Non ho
idea di come abbia fatto a ridurmi così” si scusò.
Penny
scosse il capo. “Scherzi? Abbiamo ben altro a cui pensare che non alla tua
impresentabilità. E poi credimi, ho visto
cose e persone realmente impresentabili e tu non sei nemmeno lontanamente
simile” poi lo prese sotto braccio e lo tirò gentilmente verso il bagno. “Ma ora
basta parlare, pensiamo a rimetterti in sesto.”
Entrarono
nel bagno e Penny andò subito a riempire la vasca di acqua calda, versandovi il
bagnoschiuma. Mentre la vasca si riempiva, si avvicinò all'armadietto e l'apri
per prendere degli asciugamani che posò su uno sgabello. “Ecco fatto” disse
chiudendo il rubinetto. “L'acqua è pronta e calda al punto giusto, e lì una
spugna, è nuova. Quando hai finito torna di là, troverai dei vestiti puliti.
Intanto vado a preparare qualcosa mangiare. Va tutto bene?”
L'uomo la
stava fissando in modo strano, con la fronte corrugata e le labbra serrate, ma
alla sua domanda sembrò scuotersi e tornò come prima, triste e spaesato.
“Sì..scusa è che per un attimo...mi è sembrato di riconoscerti. Era come che
conoscessi il tuo volto.”
Penny ci
riflettè su un momento, magari si erano davvero visti in passato da qualche
parte. Ma se lo sarebbe ricordato, era una frana coi nomi ma le facce le
ricordava tutte, e quel viso non era nel suo repertorio. “Non credo” rispose
scuotendo il capo “me ne ricorderei. Forse somiglio a qualcuno che conosci. Però
è già qualcosa, no? Vuol dire che in te ci sono dei ricordi, dei volti! Quando
ti sarai ripreso per bene, indagheremo a fondo e vedrai che scopriremo chi sei e
cosa ti è successo. Ora però ti lascio al tuo bagno caldo.”
Lui la
ringraziò e si avvicinò alla vasca, mentre Penny chiudeva la porta.
Mentre
tornava in cucina, si chiese cosa avrebbe detto sua madre a saperla in casa con
un estraneo. Poi sorrise, pensando che probabilmente come prima cosa le avrebbe
chiesto se almeno era carino. Theresa non era una donna che si scandalizzava
facilmente, di certo non lo avrebbe fatto sapendo che sua figlia aveva soccorso
un poveretto sotto la pioggia. Ma, e non sapeva perchè, pensò che era meglio se
per il momento non le faceva sapeva niente. Voleva prima capirci qualcosa da
sola, poi se non avesse fatto progressi, avrebbe chiesto il suo aiuto.
Si
sciacquò le mani nel lavandino e iniziò a lavare i pomodori. Però quell'uomo
aveva qualcosa di strano, pensò sfregandone uno sotto l'acqua. Nonostante fosse
sporco e trasandato, non emanava cattivo odore. In realtà, non aveva nessun
odore.
*****
Si tolse i
vestiti sporchi e zuppi d'acqua e si immerse nell'acqua calda. Un brivido lo
percorse dalla testa ai piedi e credette di svenire. Non c'era una parte del suo
corpo che non soffrisse e gioisse allo stesso tempo. “Mio Dio” mormorò chiudendo
gli occhi.
Ancora non
riusciva a crederci, ancora pensava che prima o poi si sarebbe svegliato
scoprendo di essere ancora rannicchiato da qualche parte nel bosco, in attesa
che arrivasse il giorno. Ma non succedeva, apriva e chiudeva gli occhi ed era
sempre immerso in quella vasca profumata e accogliente, col rumore di pentole e
piatti che proveniva dalla cucina e i muscoli che finalmente iniziavano a
rilassarsi. Avrebbe dovuto lavarsi ed uscire per rivestirsi, non era una
situazione molto dignitosa, ma era troppo bello starsene lì. Sospirò poggiando
la testa sul bordo della vasca e cercò di ricordare.
Cos'era
l'ultima cosa che ricordava? Si era risvegliato una mattina, nel bosco, scalzo e
bagnato. Nient'altro. Era il primo ricordo che la sua mente riusciva a
richiamare. Solo il viso della sua salvatrice, per un attimo, gli era sembrato
familiare, come se quegli occhi castani, quei capelli neri, appartenessero a
qualcuno che conosceva. Lei aveva detto di no, eppure quella sensazione non lo
aveva abbandonato. Ma poteva benissimo essere solo il suo disperato bisogno di
capire chi era, di ricordare il suo passato, a fargli credere di conoscerla. In
realtà non sapeva nemmeno come si chiamava quella donna, sapeva solo che si
stava prendendo cura di lui. E per il momento, era più che sufficiente. Sorrise,
ripensando a lei e alla premura con la quale lo trattava, senza scomporsi
davanti a niente, senza fare tragedie. E pensando a lei, si assopì di nuovo,
cullato dall'acqua calda.
*****
Assaggiò
il sugo e decise di aggiungere un po' di zucchero per togliere quel leggero
sapore acido. Era un trucco che aveva visto in un programma di cucina italiana e
dopo un po' di perplessità l'aveva provato e aveva constatato che era vero,
diventava più dolce e saporito. Diede un'occhiata alle bistecche, girandole
dall'altro lato e le ricoprì col coperchio. Mancava solo la pasta, ma l'acqua
stava per bollire e tra pochi minuti sarebbe stata pronta per mettere la cena in
tavola. E il suo ospite non si era ancora visto, nonostante fossero passati
quasi tre quarti d'ora. Che si fosse addormentato nella vasca?
Scosse il
capo e spense i fuochi, doveva andare a controllare. Poteva anche essersi
sentito male. Si diresse a passo veloce verso il bagno, non era impossibile che
avesse avuto un collasso o qualcosa del genere, col rischio di annegare.
Arrivata
davanti alla porta, bussò con decisione. “Va tutto bene?” domandò.
Quando non
ricevette risposta, decise di aprire e basta. Vide l'uomo rannicchiato nella
vasca, con il viso tra le mani. Gli si avvicinò di corsa e solo quando fu a
pochi centimetri dalla vasca, lui tolse le mani dal viso e la guardò. “Cos'hai?
Ti senti male?”
L'uomo
scosse il capo. “No sto bene. E' che” fece una pausa e sorrise imbarazzato
“credo di essermi addormentato di nuovo. Scusami, è davvero vergognoso.”
Penny
ridacchiò. “Ma figurati, non sei l'unico ad addormentarsi nella vasca. Capita
anche a me, quando sono particolarmente stanca...” poi si accorse di stare
parlando con un uomo nudo in una vasca da bagno, e si sentì avvampare le guance.
“Comunque ti lascio finire il tuo bagno. Di là è quasi pronto.”
Uscì dal
bagno e tornò in cucina, cercando di non pensare al fatto che si era messa a
parlare con un uomo – giovane e, cosa che aveva fatto finta di non vedere, molto
attraente – nudo nella sua vasca da bagno. Sua madre avrebbe riso per ore, ne
era certa.
Rimise a
bollire l'acqua per la pasta e apparecchiò la tavola. Per due. Era insolito,
raramente mangiava con qualcuno, a parte sua madre e lo zio Bobby. E anche
quelle riunioni di famiglia erano diventate sempre più rare, sopratutto con suo
zio. In realtà era lo zio di Theresa, quindi non c'era nessuna parentela, ma lo
amava come se fosse suo zio, anzi come un padre. L'unica figura paterna che
avesse mai avuto, o che ricordasse di avere mai avuto. Sospirò posando un piatto
sulla tovaglietta, accanto alle posate, pensando che avrebbe dovuto telefonare
allo zio, un giorno o l'altro. Non lo sentiva da mesi, non perchè non volesse
sentirlo e lui non volesse sentire lei, ma facevano entrambi lo stesso lavoro –
se passare la vita dietro a mostri infernali si poteva definire lavoro – e
spesso li assorbiva talmente tanto da tagliare fuori tutto il resto. Ma Bobby
prima o poi doveva andare in pensione, non poteva fare il cacciatore per tutta
la vita, aveva tutto il diritto di godersi la vecchiaia in pace, senza doversi
preoccupare di questo revenant o di quel ghoul. Suo zio era stato molto
fortunato, era riuscito a diventare vecchio. Non capitava a molti cacciatori,
molti morivano ben prima dei cinquanta. Probabilmente anche lei e sua madre
avrebbero fatto questa fine.
Scacciò il brutto pensiero e buttò la pasta
nell'acqua bollente, doveva pensare al presente, non all'ipotetico futuro. Se
c'era una cosa che quella vita le aveva insegnato davvero, era che non si poteva
mai sapere cosa sarebbe successo il giorno dopo. Nel bene o nel male.
*****
Tentò
ancora una volta, ma non ci riuscì. Il braccio non voleva saperne di piegarsi
all'indietro, l'articolazione della spalla sembrava inchiodata.
“Maledizione”
imprecò a denti stretti, vergognandosi avvilito per quella situazione. Non
riusciva nemmeno a lavarsi, aveva dolori ovunque, dolori che prima di entrare in
acqua non si era accorto di avere. Ogni muscolo, tendine, articolazione, tutto
era un insieme di fitte. Gettò letteralmente la spugna in acqua e si lavò il
viso, l'unica parte che riusciva a raggiungere senza fitte di dolore. Aveva la
barba molto lunga, doveva avere un aspetto orribile. Si rese, conto con
amarezza, di non ricordare nemmeno il proprio volto. Qualsiasi cosa gli fosse
successa, doveva essere stata molto grave, e probabilmente non sarebbe mai
guarito. Sospirò trattenendo a stento le lacrime e pensò a come fare per uscire
da quella vasca, visto che non poteva contare sulle braccia per alzarsi. Mentre
pensava a ciò, sentì di nuovo bussare alla porta.
“Non
ti sarai di nuovo addormentato spero!” la voce di Penny lo fece sorridere.
“No”
rispose lui “ma...credo di avere bisogno del tuo aiuto...”
Penny
entrò nel bagno con un'espressione preoccupata. “Ti senti male?” chiese
avvicinandosi.
Lui
accennò un sorriso. “Non proprio, cioè...ho dei dolori alle braccia, alla
schiena. Non riesco a muoversi bene, non riesco ad alzarmi. Non sono riuscito
nemmeno a lavarmi” confessò imbarazzato.
La giovane lo guardò comprensiva e capì cos'era
successo. Lo sforzo fisico di quei giorni trascorsi a vagare a piedi senza una
meta, lo avevano devastato e ora il suo corpo ne stava pagando le conseguenze.
Superando l'imbarazzo, Penny si sollevò le maniche fin sopra i gomiti, si
inginocchiò accanto alla vasca e recuperò la spugna che galleggiava appena sotto
la schiuma. “Ti aiuto io” gli disse, e iniziò a strofinargli la schiena.
L'uomo la
guardò negli occhi. “Non devi farlo, stai già facendo tanto per me e questo...è
davvero troppo. Sono un estraneo, potrei essere chiunque” le disse con voce
stanca. Poteva anche essere un poco di buono, un ladro, un assassino. Era un
pensiero che lo atterriva.
Lei
sorrise, mentre con la spugna raggiungeva il braccio. “Smettila” lo rimproverò.
“Insaponare la schiena ad un uomo ferito non è un grande sforzo, estraneo o
meno.” poi si fermò e lo guardò negli occhi. “Tu sei una persona buona, te lo si
legge in faccia. E credimi, io di persone cattive me ne intendo molto bene. Ora
dobbiamo solo scoprire chi sei e perchè eri lì fuori da solo, mezzo nudo e senza
memoria. Così potrai tornare dalla tua famiglia, che sicuramente ti sta
cercando. Ma prima di tutto questo, dobbiamo rimetterti in sesto, a partire da
un bel bagno caldo” e si allungò per aprire di nuovo il rubinetto dell'acqua
calda, visto che quella nella vasca era diventata appena tiepida.
“Grazie”
le disse ancora una volta, confortato dalla presenza di quella giovane donna che
si prendeva cura di lui anche senza conoscerlo.
“Di
niente” rispose lei passandogli la spugna sul petto. “Dobbiamo anche pensare a
queste ferite. Non sono gravi, ma è meglio disinfettarle.”
Aveva
diversi graffi e tagli sulle spalle, sulle braccia e sul petto, anche sul viso
ma la barba li nascondeva un po' e non sapeva dire se erano profondi o meno. Sì,
doveva fargli radere quella barba.
“Me
li sono fatti nel bosco, credo” le raccontò. “La notte non vedevo nulla e mi
ferivo.”
“Non
ricordi nulla? Voglio dire, prima del bosco e tutto il resto.” gli domandò.
“No”
rispose abbassando lo sguardo. “E' come se fossi nato nel momento in cui ho
aperto gli occhi in quel bosco ai margini della strada. Non ricordo niente di
più.”
Lei gli
fece una carezza sul viso, provando tanta pena per lui, perchè sapeva cosa stava
provando.
“E'
successo anche me, lo sai?”
L'altro
sgranò gli occhi. “Davvero?”
Penny
serrò le labbra e annuì alzandosi per prendere un asciugamano. “Sì. Ero una
bambina però, i medici dissero che avevo all'incirca otto, nove anni. Una donna
mi ritrovò mentre vagavo in un bosco, piangendo. Non avevo idea di chi fossi” si
voltò a guardarlo con gli occhi lucidi. “Quindi so cosa vuol dire ed è per
questo che voglio aiutarti come posso.”
“Hai
recuperato la memoria?” le domandò lui ansioso. Penny era incerta su cosa
rispondergli, brutta verità o bella bugia?
“Un
po'” rispose vaga, optando per la seconda opzione. “Ma non ha importanza perchè
mi sono costruita una nuova identità e nuovi ricordi, e mi va bene così. Ma ora
basta parlare, la cena sul tavolo si sta raffreddando e noi siamo ancora qua!”
L'uomo le
rivolse uno sguardo amaro, ma subito dopo le sorrise confortato dall'espressione
dolce sul viso di quella donna giovane e bella. Lei gli stava mostrando rispetto
e bontà e lui pensò che era giusto ricambiare con gratitudine e speranza
piuttosto che con tristezza e delusione. Non ricordava nulla e si sentiva
disorientato e spaventato ma, non sapeva esattamente perché, la sua sola
presenza lo faceva sentire meno solo.
*****
Quell'uomo
non aveva mangiato per settimane. Era l'unica spiegazione possibile per la
quantità di cibo che aveva ingurgitato. Pover'uomo, come aveva fatto a non
morire di stenti? Doveva essere oltremodo forte e vigoroso, altrimenti non ce
l'avrebbe fatta.
Due piatti di pasta, due bistecche e un ricco
contorno di purè di patate, il tutto mangiato in non più di mezz'ora, mentre
Penny aveva solo mangiato un piatto di pasta, sentendosi sazia. Anche in questo
le ricordava lei quando era stata ritrovata. Dopo le visite e un misero
bicchiere di latte caldo, sua madre le aveva portato un grosso hamburger e tante
patatine, forse intuendo quanta fame avesse, forse perchè era già entrata nella
modalità madre. Aveva divorato tutto, fino all'ultima briciola, tanto da far
temere a Theresa che potesse sentirsi male. Invece era stata benissimo e dopo
l'abbondante pasto, si era lasciata andare ad un lungo sonno ristoratore.
Proprio come stava facendo il suo ospite in quel momento. Dopo cena era
praticamente crollato, addormentandosi di colpo sul divano letto che lei aveva
approntato mentre lui finiva di mangiare. Ora dormiva beato, con un'espressione
serena sul viso, prova che finalmente si sentiva bene e al sicuro.
Guardò
l'orologio al muro, segnava le ventitré e trenta. Troppo tardi per iniziare le
sue ricerche e scoprire chi era l'uomo misterioso che dormiva sul suo divano,
l'avrebbe fatto il giorno dopo. Bevve un altro sorso della sua tisana calda e lo
guardò ancora.
Si chiese
quanti anni potesse avere. La barba indubbiamente lo invecchiava, anzi era la
prima cosa da fare la mattina successiva sopratutto per i segni sul viso, ma era
certa che non avesse più di trentasei o trentasette anni. Aveva un bel viso e
occhi stupendi, ma molto tristi. Chissà se aveva una moglie che lo stava
cercando, o dei figli che chiedevano dove fosse finito il loro papà. Forse da
qualche parte anche lei aveva dei parenti che si chiedevano che fine avesse
fatto, cosa le fosse capitato e se mai l'avrebbero rivista. Magari una mamma
ormai anziana, o al contrario una giovane cinquantenne che si era rifatta una
vita avendo altri figli, scordandosi di lei. Si mordicchiò un labbro sforzandosi
non pensarci, quello che era stata la sua vita prima di Theresa non le
apparteneva più, lei ce l'aveva una mamma e anche meravigliosa. Annuì al proprio
pensiero e si alzò dalla sedia, posando la tazza sul tavolo. Era ora di andare a
dormire anche per lei. Il monolocale che aveva affittato era composto di un
unico grande ambiente, ma la zona notte era provvidenzialmente divisa da una
parete di legno con una porta a soffietto chiudibile a chiave. Certo, non era a
prova di scassinatore, ma era sempre meglio di niente. Non che temesse il suo
ospite, di certo gli istinti sessuali erano l'ultimo dei suoi problemi, ma era
pur sempre un uomo e non erano così intimi da farla stare totalmente tranquilla
su questo punto.
Passando
accanto al divano, gli sistemò meglio le coperte addosso, aveva già sofferto
abbastanza il freddo, ora doveva solo godersi il calore di un letto comodo.
Gli
accarezzò con gentilezza i capelli ancora umidi e si diresse alla sua camera.
*****
Sam tornò
al motel dopo circa mezz'ora, con l'hamburger e la torta per Dean e l'insalata
di tofu per sé.
“Novità?”
domandò al fratello maggiore.
Dean scosse il capo. “Niente. Cass sembra
essere svanito nel nulla. La donna che dice di aver visto un uomo
esplodere di luce è stata ricoverata al
reparto psichiatrico, quindi non ci serve un granché. Anche se dubito che abbia
visto qualcosa in più di noi.”
Sam annuì
e gli passò la sua busta. “E Bobby? Gli hai telefonato?”
“Ovvio”
rispose afferrando l'hamburger. “ Anche lui è a un punto morto, in realtà non sa
nemmeno dove andare a cercare, cioè dove può cercare un cazzone alato che
potrebbe essere morto sul serio? Ci è esploso accanto Sam, e anche se non era
una nuvola di sangue e ossa, inizio a pensare che sia morto.”
Ormai
erano due settimane che Castiel era scomparso. Stavano seguendo un caso e
avevano chiamato Cass per farsi aiutare, quando improvvisamente lui
era...esploso. Un'intensa luce azzurra li aveva accecati, ma non c'era stato
alcun rumore. Solo luce, e poi Cass era scomparso. Da allora il buio, non
avevano idea di dove fosse finito o se fosse vivo. Lo avevano chiamato sul
cellulare, ma prima era risulto spento, poi numero inesistente. Che diavolo
stava succedendo? Cosa c'era dietro?
“Io
non credo sia morto” sentenziò Sam aprendo la sua insalata. “Penso piuttosto che
sia stato...rapito..”
Dean
addentò il suo panino. “E da chi? Se lo beccano ai piani alti, lo fanno a fette
altro che rapimento.” disse masticando.
Il più
giovane dei Winchester alzò le spalle. “Non lo so, però hai ragione. Spero solo
che sia ancora vivo.”
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