Ocean

di Lilyth
(/viewuser.php?uid=210625)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Quella fu una notte senza sogni.
Mi sentii strana al mio risveglio, per settimane avevo pensato a quel giorno, fatto incubi terribili e la notte prima del giorno più importante della mia vita era stata nulla, priva di qualsiasi pensiero.
Mi  alzai cautamente e rimasi in piedi davanti allo specchio.
Tra qualche ora, solo qualche ora avrei disputato la gara più importante della mia vita ed ero quasi tranquilla, quasi immune alle mille emozioni che cercavano di martellare il mio animo.
Bussarono alla porta.
< avanti >
Mia madre entrò con quella tranquillità e quel sorriso che la caratterizzavano, era la mia spalla, era la mia preparatrice estetica, era la mia più grande fan.
< sei pronta? Se non ci sbrighiamo non riuscirò mai a sistemare tutti questi capelli. >
Annuii prendendo la sedia vicino al letto
< sono pronta, possiamo cominciare. >
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1 ***


“4.8 4.8 4.8 stile...”
Ok, ora ero nervosa; veramente nervosa.
Ero stressa nella giacca della tuta, sentivo freddo benché fosse giugno; la mia spina dorsale continuava ad essere percorsa da brividi di eccitazione e paura.
Il mio volto, nonostante tutto, era la solita lastra di ghiaccio.
Volevo stare da sola, seduta sulla gradinata più alta con i pattini già ai piedi; volevo stare da sola ad aspettare, aspettare...
Ma per quanto volessi rimanere sola sapevo che prima o poi avrei sentito quei passi, lenti e sicuri, che mi preannunciavano il suo arrivo; infondo aspettavo solo la sua voce, aspettavo di essere svegliata da quel torpore e caricata al massimo.
Il pavimento scricchiolò e non potei fare a meno di abbozzare un sorriso.
< tutto bene? >
Mi voltai pieno per poterlo guardare negli occhi
< sì, tutto bene >
Si sedette accanto a me continuando a guardare la pista
< manca poco ormai, sarete solo tu e la pista, come al solito. >
Scossi la testa
< no, saremo io la pista e te; come negli ultimi quattro anni Simòn >
Sorrise e quel sorriso mi diede più forza.
Spesso, in passato, chi sapeva quale sport svolgessi mi rivolgeva parole dolci e delicate su quanto fossi forte per affrontare un’emozione tanto grande da sola.
Ma io non ero mai sola.
Il primo paio di pattini lo misi a tre anni e mezzo, ma da sempre conto gli anni di frequenza da quando Simòn mi ha preso sotto la sua ala protettrice.
Ero praticamente una pupetta.
 Una tredicenne ambiziosa e con una gran faccia tosta;
lui un diciassettenne ugualmente ambizioso e pieno di se che non voleva assolutamente allenare una come me, già tecnicamente formata.
Eccoli qui, quattro anni dopo, diciassette e ventun’anni, ancora seduti vicino, ancora tesi verso un sogno in comune.
La ragazza che stava gareggiando in quel momento era l’ultima del suo prova pista, il prossimo gruppo era il mio.
Si alzò e mi guardò dall’alto
< o adesso, o mai più >
Mi alzai insieme a lui e scesi le scale in bilico sulle lame, rischiando per l’ennesima volta di cadere e rompermi un ginocchio.
Avevo paura, ma mai quanta ne aveva lui.
Da circa un anno ormai, ogni volta che facevo anche una piccola, stupida gara, lo guardavo negli occhi e vi leggevo dentro l’emozione e la paura che non si dovrebbero mai leggere negli occhi di un allenatore.
Non gliel’avevo mai detto, mai.
Sapevo che l’avrei messo in imbarazzo e sicuramente questo avrebbe messo a repentaglio il nostro lavoro di squadra.
Ci avvicinammo alla lastra di ghiaccio che da li a poco avrebbe ospitato i miei esercizi, i miei salti.
Mi guardò di nuovo negli occhi
< come al solito Mia, se cadi ti rialzi e continui. >
Annuii iniziando a sfilare le maniche della giacca, mi fermò intimandomi di porgerli tutta la mia attenzione;
< la paura non è nelle gambe, nelle braccia, nei piedi o nei nervi >
Mi poggio due dita sulla fronte
< la paura è qui, e qui soltanto. Ma tu puoi sconfiggerla mia, puoi fare grandi cose. >
“ prova pista A”
Ci voltammo insieme verso la pista, tolsi la giaccia, i salva lama e senza rivolgergli un altro sguardo entrai.
Per i prossimi sette minuti saremmo stati solo io e lei, solo io e il mio campo di battaglia.
 
< la migliore gara, veramente, la migliore gara degli ultimi cinque anni! >
Per poco non sputai la sorsata di birra che avevo appena messo in bocca.
Inghiottii di forza iniziando a ridere
< ma cosa cavolo dici, ero più brava da piccina. >
Mio padre scosse la testa contrario
< ma cosa dici?! È il punteggio più alto che tu abbia mai avuto, l’ha detto anche Tomas >
Mio fratello mi guardo annuendo
< è vero e io ho una buona memoria >
Alzai le spalle
< beh, l’importante è avere ottenuto quel quarto posto; un quarto posto nazionale, ad un passo dal podio >
Ero così felice di aver finalmente finito tutto, chiacchierare tranquillamente con la mia famiglia mi rilassava.
< dove andrete tu e Simòn stasera, per festeggiare? >
< torneremo in pista, stasera si esibiscono i gruppi danza e vogliamo andare a dare un’occhiata, tutto qua >
Mia madre annuì
< bene, la chiave ce l’hai, non ti aspetterò alzata, almeno per stasera >
Sorrisi.
Finalmente potevo passare due minuti con Simòn senza parlare di mie competizioni o di rivali o di quello che pensavo delle altre; avremmo guardato altri atleti di altre categorie e basta.
Mi ci voleva proprio.
Scesi sotto l’albergo alle 6:30, era già li sotto ad aspettarmi
< ce ne hai messo di tempo >
Sbuffai
< lo sai quanto tempo ci metto a lavarmi i capelli dopo che mia madre ci mette le mani, non ti lamentare >
Mi fece strada verso l’auto
< sei più tranquilla ora? Te lo chiedo perché stamattina ho veramente pensato che avresti perso il controllo >
Lo guardai storto
< come hai potuto anche solo pensarlo? O cavolo, mi conosci come se fossi mio fratello...io che perdo il controllo...è un’assurdità! >
Scoppiò a ridere
< vuoi che ti ricorda come sono andate le cose al nazionale di tre anni fa? >
Mi ammutolii e lui mi lanciò uno sguardo soddisfatto.
Arrivati al palazzetto ci trovammo due posti tranquilli e aspettammo che iniziassero le gare.
< ora che farai? >
Lo guardai perplessa
< cosa intendi esattamente per “ora” ? >
Alzò le spalle
< intendo le vacanze estive, dove andrai insomma... >
< ah...beh, mia zia lavora in un campo militare in New Jersey, andrò da lei >
Mi guardò di sottecchi
< oltretutto sai quanti bei militari gireranno li intorno >
Sgranai gli occhi e gli diedi una bottarella su una spalla
< come atleta sai che la mia mente sarà altrove >
< infatti sono i tuoi occhi a preoccuparmi, non la tua mente >
Puntai gli occhi sulla pista
< shh...stanno iniziando, ne parliamo poi. >
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2 ***


Non ne parlammo più e prima che riuscissi a rendermene conto ero su un aereo in procinto di atterrare in New  Jersey.
Zia mi aspettava in aeroporto, pantaloni militari, maglietta nera e un fisico da paura.
< Scricciolo, da quanto tempo! >
Le corsi incontro abracciandola
< Zietta! Come te la passi?! Sei la solita figa >
Mi scompigliò i capelli
< io tutto bene, anche se qui al campo è sempre la solita noia; meno male che sei qui, mi movimenti un po’ le cose. >
La osservai sorridente.
I suoi ventisei  anni li portava benissimo, sempre sorridente ma con quel cipiglio a volte severo che faceva sicuramente tremare tutti i suoi cadetti.
Era la sorella minore di mia madre, l’ultima delle quattro sorelle; la più giovane.
Aspettammo la mia valigia che, come al solito, arrivò per ultima e poi ci dirigemmo alla macchina.
Zia aveva un fuoristrada a dir poco lurido, pieno di terra ma allo stesso tempo figo.
< scusa per come è ridotto questo catorcio, dovrò portarlo a lavare prima o poi >
Sorrisi
< forse, se mai ce lo porto io >
Neanche mi guardò
< lo guiderai solo con me al mio fianco, non voglio problemi con i tuoi, sono un militare ma penso che non riuscirei a difendermi da tua madre infuriata. >
Scoppiai a ridere mentre lei metteva in moto e partiva.
< dove andiamo ora? >
Calcolando che erano le 10 del mattino avevamo tutta la giornata davanti.
< mi spiace dirtelo ciccia, ma io devo andare in caserma a rimettere in riga i miei sommozzatori >
La guardai bieca
< Sommozzatori? Ma il tuo non è un campo militare? >
< sei aggiornata zero a quanto vedo, sono ormai due anni che mi occupo anche dei ragazzi della marina militare, almeno per quanto riguarda gli allenamenti e la pratica in piscina. >
< uao, ragazzi in piscina...ci sarà da rifarsi gli occhi >
Scoppiò a ridere
< o certo, certo. Siamo arrivate comunque. >
Un cancello enorme si aprì davanti a noi, il campo era veramente immenso.
Zia parcheggiò e mi fece strada verso una struttura coperta che capii essere la piscina dove si allenavano i sommozzatori.
Entrammo e rimasi di stucco, ci saranno stati una ventina di ragazzi con dei fisici da paura.
Seguii zii cercando di non dare troppo nell’occhio
< ben arrivata coach >
Mia zia salutò con la mano togliendosi il cappello
< scusate il ritardo ma sono andata a recuperare una cosina in aeroporto. >
Ecco, quaranta occhi erano posati su di me.
< chi è? Sua figlia? >
< calcolando che ha quasi diciotto anni l’avrei fatta a nove anni, quindi no, non è mia figlia. È mia nipote >
Silenzio, c’era silenzio

Smisero di fissarmi e si lanciarono in acqua.
< e io che faccio? >
Zia si voltò dalla mia parte
< beh, tu seguimi, per ora solo questo. >
Feci come diceva lei, mi accomodai a gambe incrociate su una sedia mentre lei dirigeva i ragazzoni in costume.
< allora, per la manovra di salvamento ci serve una cavia e un salvatore. Uscite tutti e mettetevi in fila a bordo vasca. >
Le obbedirono come marionette.
< allora, Michael tu sarai la prima cavia e come salvatore...Chris; su sbrigatevi >
Quello che vidi fu tremendo ed esilarante allo stesso modo.
E anche le prove successive furono parecchio scadenti, per poco non scoppiai a ridere mentre uno di loro rischiava di soffocare l’altro per fare la manovra.
< no ragazzi, così non ci siamo proprio! Ma che vi succede? >
Michael scosse la testa
< coach è che siamo troppo pesanti, nel senso che le cavie sono troppo ben allenate, troppi muscoli. Non so, non ci riesco proprio. >
< però magari potremmo usare sua nipote come cavia >
La proposta era venuta da un ragazzo alto e biondiccio.
Lui era un matto, ma zia non me lo avrebbe mai fatto fare grazie a dio.
< Mia, togliti le scarpe >
Sgranai gli occhi
< cosa? >
< non volevi fare qualcosa? Bene, farai la cavia...su, non fare la timida >
Mi tirò praticamente giù dalla sedia e mi costrinse a togliere le scarpe
< ma mi si riempiranno i jeans di acqua >
Abbozzò un sorriso

< ok, vada per i jeans bagnati. >
Zia mi trascinò a bordo vasca
< allora, lei entra e voi la salvate...tutto chiaro? >
Tutti annuirono
< bene, Mia buttati >
La guardai con occhi lucidi
< ma io, veramente >
Non feci in tempo a finire la frase che mi avevano presa e lanciata in acqua loro.
Non feci in tempo a sprofondare fino a giù che il primo sommozzatore si era lanciato e mi stava riportando su.
< brava Mia, sembravi proprio in procinto di affogare >
Fulminai zia con lo sguardo
< fa freddo >
Il tizio che mi aveva proposta come cavia scoppiò a ridere
< se questo è freddo pensa a noi in tutina che andiamo a salvare gente nel mare a largo, si vede che non sei abituata a lavorare duro >
Mi sedetti sul bordo della piscina
< veramente so cosa vuol dire farsi il culo, sono arrivata quarta ad un nazionale di pattinaggio. >
Lui rimase un po’ perplesso, era ciò che volevo io
< ma perché? Il pattinaggio lo considerano ancora uno sport? >
Sentii il mio petto che si gonfiava di rabbia ma non feci in tempo a dir nulla che zia sviò
< basta chiacchiere, a lavoro >
Venni rigettata in acqua e così per minimo altre venti volte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3 ***


Uscii dalla piscina per l’ultima volta e strizzai i capelli che ormai andavano per conto loro.
< bene ragazzi, per oggi abbiamo finito qui. Andatevi a cambiare e raggiungetemi di fuori per la preparazione atletica >
Appena tutti i ragazzi sparirono si voltò verso di me sorridendo
< o tesoro, scusa se ti ho messa in mezzo, ma era per il loro bene. >
Annuii
< sì, ok ma ora vorrei andarmi a cambiare. Mi sento incollata a questi abiti, si saranno ristretti >
Presi le chiavi dell’auto e uscii fuori.
Per fortuna non faceva freddo e la macchina era vicina, non sarei riuscita a rimanere così piena d’acqua per altro tempo.
< ehy, pattinatrice >
Mi voltai di scatto e inquadrai il tipo che era riuscito a farmi saltare i nervi.
Tornai a guardare davanti a me
< dai, scusa se prima ho maltrattato il tuo sport, non pensavo che te la saresti presa tanto >
< va bene, ok. Non c’è alcun problema, dimenticherò >
Aprii lo sportello e tirai giù la valigia
< beh, non mi sembra che tu abbia dimenticato il tutto, mi stai ignorando >
Rimasi immobile dandogli le spalle
< senti, io non ti conosco, tu non conosci me e devo dire che a pelle non mi sei stato molto simpatico. Quindi direi di evitare di parlarne ancora >
< ok, allora ciao >
Sentii i suoi passi allontanarsi e potei tirare un sospiro di sollievo.
Aveva cominciato male, anzi, malissimo; mi aveva dichiarato guerra mettendo in mezzo il mio sport e di certo non avrei chiuso un occhio, non come avevo detto.
Trascinai la valigia fino alla piscina dove ancora mi stava aspettando zia
< che voleva David? >
La guardai
< chi sarebbe David? >
< il ragazzo che ti è venuto a parlare prima, che voleva? >
Scossi la testa
< o, niente. Diciamo che voleva scusarsi per aver fatto il cretino prima,ma devo dire che le sue scuse non hanno funzionato >
Zia annuii e mi fece strada verso il suo ufficio dove mi sarei potuta cambiare.
 
Passai l’intera preparazione atletica sdraiata su un angolo di prato ad osservare i cadetti farsi il mazzo.
Iniziavo ad avere fame e, dal momento che era quasi l’una, pensai che da li a poco saremmo andati tutti a mangiare.
< tesoro tra qualche secondo andiamo a mangiare, poi ti faccio vedere dov’è casa >
Annuii soddisfatta per  l’informazione avuta e mi distesi nuovamente sull’erba.
Qualche minuto dopo sentii un gran trambusto, aprii piano gli occhi e notai che il campo da allenamento si era svuotato.
< ehi, bella addormentata >
Mi voltai di scatto, era sicuramente un cadetto di zia
< dici a me? >
Quello si avvicinò sorridente
< vedi altre ragazze distese nell’erba? >
Alzai le spalle tirandomi su
< comunque, sono andati tutti in mensa, tua zia mi ha detto di farti strada >
Annuii avvicinandomi a lui.
Iniziammo a camminare verso un palazzo basso, verdino, che quasi si confondeva con lo sfondo naturale.
< piacere, Michael >
Lo guardai bene
< tu sei uno dei primi che ha fatto la prova di salvamento, o sbaglio? >
Lui annuii
<  beh si >
Gli strinsi la mano
< piacere, Mia >
Entrammo in mensa, avvistai zia
< eh Mia, noi siamo tutti li giù...vuoi venire anche tu? >
Ecco, ora ero in grossi guai; dire di no sarebbe stato un gran rifiuto, ma se avessi detto di sì sarei rimasta fianco a fianco di non so quanti grossi sommozzatori alle prese con il cibo, il che non mi allettava.
Mi sentii spingere da dietro
< dire che verrò anch’io al tavolo dei miei ragazzi, dopo ciò che hanno fatto oggi in allenamento me lo devono. >
Salvataggio di zia, la adoravo, questo era certo.
Ci sedemmo entrambe a quel tavolo prettamente maschile ed iniziammo a mangiare ciò che la mensa passava.
< allora Mia, tu cosa fai di preciso? >
Finii di masticare
< sono al liceo, finisco il prossimo anno >
< quindi quanti anni hai? >
< diciassette >
< dimostri di più >
Guardai Michael
< cosa intendi dire? >
La tavolata scoppiò a ridere
< niente, niente.  Scherzavo >
A fine pranzo zia mi portò a casa.
In realtà viveva a pochi passi dal campo, anzi, addirittura all’interno del campo.
Lasciai la mia valigia in casa ed iniziai a sistemare quella che sarebbe stata la mia camera, era una gran bella stanza.
Zia mi aveva dato la libertà di fare ciò che volevo, il bello era che in quel momento non mi andava di fare assolutamente niente.
Mi lanciai sul letto ed inizia a pensare; erano passati diciotto giorni da quando avevo gareggiato, da quando avevo collezionato il mio quarto posto nazionale con l’Inghilterra.
Avevo l’età per entrare in nazionale, per partecipare ad un Europeo, ma ormai i quindici giorni base erano passati e Simòn non si era ancora fatto sentire.
Sospirai, avrei dovuto immaginarlo.
 
< Mia, sei di sopra? >
Mi affacciai sulle scale
< o, eccoti. Senti, mi dovresti dare una mano a fare una cosa >
< che tipo di cosa? >
Zia sospirò, la vedevo strana
< senti, ho appena scoperto che tra solo quattro giorni verranno a controllare il mio lavoro con i ragazzi della marina; devo allenarli in modo diverso e vorrei che tu mi dessi una mano >
Annuii e la seguii verso la piscina, questa volta però misi il costume e un paio di pantaloncini, di nuovo i jeans bagnati neanche per sogno.
La piscina era meno piena di prima
< perché ci sono meno ragazzi? >
< solo alcuni verranno analizzati, mi devo concentrare su di loro. >
Tra quelli c’erano Michael e David, gli unici due con cui avevo parlato più approfonditamente.
< mi devo lanciare di nuovo in acqua? >
Zia annuì
< sì, ma dopo. Ora devi darmi una mano a fare un’altra cosa >
La guardai
< sarebbe? >
< devi montare a cavalcioni su di ognuno di loro e fargli fare tre vasche in stile libero; devono sopportare la pressione dell’acqua e il peso dell’attrezzatura; mentre tu fai questo io parlerò con gli altri delle cose tecniche e così via, hai capito Mia?! >
Mentre i ragazzi si preparavano mi affiancai a zia
< senti, io non sono sicura di poterlo fare. Peso troppo, rischio di farli affogare >
Zia non mi guardò neanche
< Mia, se te l’ho chiesto vuol dire che si può fare.  Fidati, non metterei mai in pericolo né i miei ragazzi né tantomeno te >
Mi arresi all’evidenza che li quella che non sapeva nulla ero io; mi dovevo solo fidare, fidare e tacere.
I ragazzi erano solo cinque, il primo di cui mi sarei dovuta occupare si chiama Lucas.
< scusa se peso e se non so assolutamente cosa fare >
Scosse la testa sorridendo
< tranquilla, ci penso io. Ora entriamo e dopodiché ti aggrappi alla mia schiena >
La prima vasca fu incredibile, feci quello che mi diceva lui e rimasi così stupita da quanta forza muscolare avesse che quasi mi divertii.
Era tutto muscoli, trasportava i miei sessantatre chili come se nulla fosse, e nuotava a tempi da record.
Continuai a svolgere il mio lavoro fino a che non arrivò il turno dell’ultimo ragazzo, David.
< bene, dovrebbe toccare a me ora >
Non sapevo se era contrario quanto lo ero io a quella cosa, ma non si tirò indietro.
Svolse tre vasche in modo impeccabile, fu bravo ma non glielo dissi.
 
Quando io e David finimmo zia stava ancora spiegando come si eseguiva un’azione di salvataggio in alto mare, erano tutti molto presi.
Mi diressi verso la scrivania e presi in mano il cellulare, c’era un messaggio di Simòn.
“ appena puoi chiama ”
Non me lo feci ripetere due volte, composi il numero e mi accoccolai in un angolo a telefonare
< Simòn, sono io >
< Mia! Finalmente riesco a sentirti! >
Aveva una voce acutissima dall’altro capo del telefono
< devi dirmi qualcosa di importante? >
Rise


Rimase qualche secondo in silenzio, poi si schiarì la voce
< beh pupetta, pare che tu ce l’abbia fatta. Ti hanno convocata. >
Rimasi di stucco a quell’affermazione
< cioè, intendi dire proprio che la nazionale mi ha convocata per gli Europei? >
< e sì, proprio così >
Mi tremavano le mani, e credei di essere sul punto di svenire.
< e ora? Che facciamo? >
< Mia, l’unica cosa che possiamo fare è prepararti. Devo venire li da te, non posso lasciarti due mesi ferma >
Ecco un’altra sorpresa
< verrai qui? >
< sì, ho già parlato con i tuoi. Partirò domani pomeriggio e sarò li da te il mattino dopo alle 5:30. I pattini te li porto io e ho già trovato una struttura che ci ospiterà >
< ma dove dormirai? >

Attaccò ed io rimasi seduta per terra a pensare a ciò che mi aveva detto.
Mi rialzai con calma e cercai di raggiungere zia in modo quasi normale, non mi riuscì molto bene
< Mia...che hai? >
La guardai colpita
< chi io? O, nulla...veramente >
Rimanemmo tutte e due a fissarci senza parlare, poi lei esordì
< devi dirmi qualcosa? >
Iniziai a zampettare sulle punte dei piedi cercando di calmarmi
< beh, ecco. Mi ha chiamata Simòn e...sta venendo qui, ci dobbiamo allenare, sai non posso rimanere due mesi ferma dal momento che... >
Mi guardò ansiosa
< dal momento che... >
< che sono stata convocata dalla nazionale per gli Europei >
Da quel momento in poi fu tutto un delirio.
Zia si alzò in piedi ed iniziò a saltellare come fosse un’adolescente ad un concerto rock.
Io non sapevo più che fare, ridevo e piangevo allo stesso tempo e i ragazzi un po’ sorridevano un po’ erano super imbarazzati alla vista della loro coach che si scomponeva in pubblico.
 
Quella sera avevamo idea di festeggiare al campo.
Zia aveva messo sotto sopra tutto il campo militare per mettere su una festa e, stranamente, tutti e dico tutti le stavano dando una mano.
Non sapevo come era riuscita a corrompere il “grande capo”, ma ora anche lui spostava tavoli e sistemava sedie nella mensa come per il ballo di fine anno di un liceo.
Mentre ci stavamo preparando per la serata, che per me consisteva al massimo nel truccarmi un po’ di più, zia mi fece una domanda che mi fece diventare bordeaux
< com’è questo Simòn >
Rimasi in silenzio qualche secondo con il rimmel in mano
< dai, dimmelo. Non me lo hai mai descritto alla perfezione >
Continuai a truccarmi come se niente fosse mentre cercavo di rendere giustizia e allo stesso tempo do non far sembrare un modello il mio allenatore
< beh, è alto, castano chiaro sul biondo, occhi...penso siano azzurri e niente. Tutto qua >
Zia mi guardò perplessa ma sorridente
< tutto qua? Beh, non si direbbe dalla tua faccia >
Mi voltai ad occhi sgranati
< cosa stai insinuando? >
Scosse la testa alzando la mano
< o niente, solo che quando parli di lui hai un viso diverso >
Abbassai lo sguardo
< per me è un grande punto di riferimento, quasi un amico, niente di più e ciò vuol dire che con lui hai campo libero >
Scoppiò a ridere
< ma è un bambino Mia >
< veramente ha ventuno anni, solo cinque meno di te, sarebbe più che fattibile >
Non rispose, ma forse mi pentii di averle detto una cosa del genere.
Per quanto ero sicura di non essermi invaghita del mio giovanissimo allenatore, non volevo assolutamente che entrasse a far parte della mia famiglia come vice zio.
Alle nove di quella sera iniziò la festa.
Diciamo che fu divertente il fatto che la maggior parte delle persone non sapevano neanche cosa si stesse festeggiando, ma infondo era meglio così, non volevo mettermi troppo in evidenza.
Mi avvicinai al tavolo dove erano posizionate le bibite e mi servii una birra al malto rosso.
< allora, mi sa che devo delle scuse al tuo sport >
Mi voltai di colpo facendo traballare la birra al bordo del bicchiere
< dici? >
< dico che mi devi scusare un’altra volta. A quanto pare il tuo sport è ad un livello importante e tu sei brava, ti avevo sottovalutata >
Annuii

Sorrise
< di niente >
Mi poggiai al tavolo ed iniziai a fissare le persone che festeggiavano me senza saperlo
< potremmo ricominciare, non credi? >
Lo guardai
< sì, potremmo >
Mi allungò la mano
< piacere, David >
< piacere, Mia >
< ci vedremo anche domani Mia? >
Alzai le spalle
< domani e per i prossimi due mesi. Non vi libererete presto di me >
Non fece in tempo a dirmi nient’altro che zia mi tirò da una parte
< vieni, balla un po’ tesoro. È la tua festa >
Mi tirò in mezzo alla stanza, non avevo nessuna intenzione di ballare, odiavo farlo ma la accontentai per quanto potessi.
Tornai a casa distrutta e mi addormentai di sasso.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4 ***


Il mattino dopo zia mi svegliò alle 5:30.
Per poco non mi addormentai  sulla tazza di caffè che avevo davanti.
La sveglia per i cadetti era alle 5 in punto e quando arrivai al campo io alle 6 erano tutti già belli e svegli
Mi sedetti sui materassini nella piscina e per poco non mi riaddormentai
< Mia! Sbrigati, ci servi in acqua >
Mi alzai di colpo e corsi in acqua, senza pensarci due volte mi tuffai.
< bene, ora sei in acqua però... >
Ero l’unica in acqua
< scusate, ho sonno >
Mi riavvicinai nuotando al bordo della piscina quando sentii una voce famigliare, molto famigliare
< tu hai sonno, pensai io >
Rimasi immobile poggiata sulle braccia, a metà fra l’uscire e l’entrare in acqua, mi voltai lentamente
< Simòn >
Uscii dall’acqua e rimasi in piedi a fissarlo
< beh? Mi aspettavo un accoglienza leggermente più calorosa,sono qui per allenare te, sa >
Sorrisi riconoscendo il suo tono di perenne acidità e mi avvicinai per salutarlo.
< sei un po’ bagnata insomma >
< già, a quanto pare qualcuno qui ha pensato bene di sfruttarmi >
Il nostro sguardo converse su zia che sorrideva vicino ai suoi ragazzi.
Era arrivato il momento di fare delle presentazioni ufficiali del tipo che si era appena introdotto nel loro regno
< allora, ragazzi, zia lui è Simòn il mio allenatore  >
Mi voltai verso di lui
< Simòn loro sono i sommozzatori che allena mia zia e, mia zia, Sophie >
I due si strinsero la mano.
< come mai sei già qui Simòn, ti aspettavo per domani mattina >
Alzò le spalle
< ho trovato un last minute e sono corso qua, perché ti dispiace? Ma...più che altro, perché sei così bagnata? >
Indicai i ragazzi alle mie spalle
< aiuto loro, sono la loro cavia umana per fare le prove di salvamento >
Mi guardò ammiccante
< sì, insomma, tu pensi solo a fare l’atleta >
Mi avvicinai a lui prendendolo per un orecchio
< piantala >
 
Lo accompagnai fuori
< hai portato i miei pattini? >
Mi indicò una borsa vicino all’entrata della piscina
< bravo, sei stato efficiente >
< avevi dubbi? >
Alzò un sopracciglio, espressione di disappunto che riconoscevo troppo bene ormai
Scossi la testa sorridendo
< nah, nessuno dubbio. Almeno in questo sei quanto meno lodabile. >
Mi spinsi due dita in fronte

Sbuffai sonoramente scostandomi da lui
< ah...che palle >
Rimase a fissarmi senza dire nulla ed io non dissi altro.
David si affacciò sulla porta della piscina
< My ci serviresti dentro >
Annuii
< arrivo >
Mi rivolsi a Simòn
< se vuoi vieni dentro e rimani a guardare finché non finisco >
Lui mi seguì, ma dentro di me avrei voluto che decidesse di tornare in albergo, mi sentivo troppo controllata con lui li
< allora zia, che devo fare? >
Come al solito avrei dovuto fare la donzella da salvare.
Mi lanciai in acqua, Sim si era seduto sui materassini e di tanto in tanto scambiava qualche parola con zia.
< Mia, dai, collabora >
< scusa Michael >
Abbandonai tutti i muscoli e mi lasciai trascinare fuori  dall’acqua e la stessa cosa feci per decine di volte, finché finalmente non mi dissero che da li a pochi minuti saremmo andati a pranzo.
Uscii dall’acqua e mi sfilai la maglietta per strizzarla, si girò tutta la piscina.
< beh? Che c’è da guardare? Sparite! >
Avevo urlato.
Simon per poco non scoppiò a ridere
< come siamo delicati, proprio un ragazza da salvare! >
Corsi a casa per cambiarmi, presi le prime cose che mi capitarono in mano e mi diressi verso la mensa.
Sapevo che Simòn era al tavolo con zia ( decisamente meglio per me ) guardai il tavolo dei ragazzi e mi diressi li senza pensare.
< vi dispiace se sto qui? >
David alzò un sopracciglio
< lasci da solo il coach? >
Lo guardai male
< cioè? >
< il tuo allenatore, è appena arrivato è già lo molli così? >
Alzai le spalle
< stiamo insieme quasi tutto l’anno, è meglio per me che almeno duranti i pasti zia lo intrattenga un po’ >
Annuì continuando a mangiare
< e anche tu hai ragione  >
 
Mangiai con i ragazzi senza degnare di uno sguardo il tavolo dei prof dove c’era anche Sim.
Contrariamente a ciò che pensavo la squadra dei magnifici sette era gremita di simpaticoni e anche David non era male.
Qualche lezione in più e avrei imparato tutti i nomi, per ora avevo in mente Chris, Michael, Lucas, Leon e David; me ne mancavano solo due e sarei stata perfetta.
Verso fine pranzo David mi lanciò un’occhiata
< che c’è? >
< sta arrivando >
Non feci in tempo a chiedere chi, sentii le mani di Simòn sulle spalle
< ehy pulce d’acqua dolce, sei pronta? >
Non mi voltai
< se dicessi di no? >
Intensificò  la pressione sulle mie spalle
< risposta non contemplata  >
Mi voltai sorridendo
< ok, sono pronta. >
 
 
Tornai  a casa di zia portandomi dietro i pattini, li tirai fuori e controllai che stessero bene.
< Mia, sei qui? >
Scesi le scale lentamente
< zia, eccomi >
< o, cara, mi hai mollato il tuo coach a quanto ho visto, o sbaglio? >
Le sorrisi ammaliatrice
< dai, sono stata un po’ con i ragazzi, capiscimi >

Mi fece l’occhiolino
< magari. >
Mi sorrise e io ricambiai.
 
Quella era la serata più bella che io potessi passare li.
Indossavo una lunga maglietta stropicciata avevo una scatola di pizza sulle gambe e mangiavo avidamente guardando un film in tv; sicuramente dopo mi sarei sparata anche un gelato.
Bussarono alla porta, mi alzai controvoglia ed aprii la porta senza chiedere chi fosse.
< uao, che splendore >
Per poco non urlai, richiusi la porta di scatto e rimasi immobile a fissarla
< Mia, dai, lascia perdere l’ironia di David...apri la porta >
Sospirai riaprendo
< ciao, ragazzi, scusate  per la reazione...che ci fate qui? >
Michael si schiarì la voce
< sapevamo che eri da sola e quindi... >
David si passò una mano nei capelli
< e quindi siamo venuti a farti compagnia >
Si sporse verso l’interno della casa
< e vai, pizza >
Li lasciai entrare, erano in tre, oltre a Michael e David c’era anche Lucas.
Si lanciarono sul divano e in due secondi finirono la mia pizza
< e scusate, io dove mi metto? Questo sarebbe il mio divano >
Si strinsero un po’ e mi fecero posto al centro.
Mi sedetti e rimasi schiacciata tra Michael e David, praticamente non potevo fare nessun movimento senza intruppare su di loro.
< Mia stai ferma! Non riesco a sentire niente! >
< è che siamo troppo stretti >
David sbuffò
< no, è che il film è una palla! Cambio canale >
Si impossessò del telecomando ed inizio a fare zapping. Ad un certo punto si fermo con un sorrisone
< stasera è la serata horror su questo canale, danno riflesso di paura >
Gli altri due ragazzi ne furono entusiasti, io un po’ meno.
< dobbiamo vederlo per forza? >
Mi guardarono tutti annuendo
< tranquilla, non è così spaventoso >
Gli diedi ragione per i primi quindici minuti di film, dopodiché sarei voluta solo scappare via.
< ecco, ecco che arriva la parte bella >
Avevo un cuscino stretto al petto e le gambe rannicchiate sullo stomaco, non feci in tempo a chiedere cosa altro potesse succedere che comparve un’orrenda immagine di una donna mezza bruciata che rantolava per terra in uno specchio.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola e poi scoppiai a ridere istericamente.
Tutti  tre i ragazzi stavano ridendo come non mai.
< sei una fifona My, niente da fare >
Non guardai David, perché per quanto mi desse della fifona, la mano che teneva poggiata sul mio ginocchio era in preda ad una crisi isterica, continuava a tamburellare le dita, era più nervoso di me.
La scena dopo poggiai una mano sulla sua
< mi metti ansia così, ferma ste dita >
 
A fine film ero accoccolata sul divano stretta tra Michael e David che ancora ridevano.
Stava per iniziare un secondo film, era già l’una di notte.
Un altro non l’avrei retto.
Chiusi gli occhi poggiando la testa sul divano e mi addormentai in un modo o nell’altro.
< shh...state zitti che la svegliate >
< ah! Se fosse sveglia ti prenderebbe a schiaffi Dav, sappilo >
Aprii gli occhi a poco a poco
< ragazzi, che succede >
Eravamo nella mia camera
< niente, ti stavo portando a letto >
Ok, ciò voleva dire che mi stava portando in braccio nella mia camera
< come ti sei permesso Dav? >
Alzò le spalle lasciandomi sul materasso
< veramente me lo ha chiesto tua zia >
< ah >
Gli altri due mi salutarono e uscirono dalla stanza
< ok >
Si avvicinò alla porta
< notte My, dormi bene che domani mattina la sveglia è alle 5 e, per correttezza, ci dovresti venire a svegliare tu >
Uscì dalla stanza.
Appena mi ripoggiai sul cuscino mi riaddormentai.
 
Feci un sogno orrendo, un mix tra  “le pagine della nostra vita” e “riflesso di paura”.
Mi svegliai di soprassalto  e la prima cosa che feci fu guardarmi allo specchio; il mio riflesso ancora non voleva uccidermi, bene.
Erano le 4:30 del mattino.
Di sicuro non mi sarei riaddormentata e avrei fatto in tempo ad andare a svegliare i cadetti.
Scesi in cucina, zia era già in piedi.
< buongiorno nipotina, com’è andata la serata >
La guardai male
< per colpa di quei tre ho fatto dei sogni orrendi. Oggi mi sentiranno >
Scoppiò a ridere
< sì, mi hanno raccontato le tue reazioni. Si sono divertiti più a guardare te che a guardare il film >
Mi versai del caffè
< com’è andata invece la tua di serata? >
Scosse la testa
< serata normale, le solite cose che facciamo tra prof. >
Cercai di sembrare simpatica
< e Simòn? >
Alzò le spalle
< niente. C’è si è divertito, tutto qua. Ieri mi ha accompagnata a casa, ti avevamo portato un gelato, ma non immaginavamo di certo di trovarti addormentata su David mentre vedevate the ring 2 >
Scoppiai a ridere
< se arrivavate qualche secondo prima mi avreste trovata molto sveglia. Vabbè, io vado a prepararmi. >
Ero arrivata alla porta quando zia mi fermò
< comunque...Simòn per tutta la sera di ieri si è chiesto cosa stessi facendo. Non ti stupire se oggi ti farà qualche battuta. >
Annuii tornando su.
 
Alle cinque precise ero davanti ai dormitori dei ragazzi, mi feci indicare da zia la camerata dove dormivano Michael, Lucas e David ed entrai di soppiatto.
Ancora prima che venisse suonata la tromba entrai nella loro camera urlando
< tutti in piedi, forza ragazzi vi pare il caso di farvi trovare in queste condizioni. >
Erano pietosi.
Capelli stropicciati e facce smunte.
David praticamente dormiva a pancia in giù con la testa schiacciata sul cuscino.
Mi sedetti sul suo letto
< sai, per quanto io vorrei farlo, credo che non riuscirei a prenderti in braccio e a portarti a fare colazione, quindi alzati. >
Si voltò di pancia mugolando
< sei impazzita >
Lo guardai con occhi lucidi
< ma me lo avevi detto tu ieri sera che dovevo venire a svegliarti. E ora sono qui. >
Mi alzai di nuovo
< ragazzi, giù dalle brande. Vi voglio fuori tra un quarto d’ora >
Uscii dal dormitorio e mi diressi verso le piscine.
Zia era dentro e stava sistemando le ultime cose, mi sedetti sui materassini e tolsi la maglietta, rimasi con i pantaloncini da mare e  il sopra del costume.
I ragazzi sarebbero arrivati tra circa una mezz’ora
< li hai svegliati? >
Annuii
< bene. Simòn mi ha detto di dirti che oggi pomeriggio vi andrete ad allenare >
< a bene. A che ora viene? >
Alzò le spalle
< dovrebbe venire intorno alle dieci. Sta qua con noi e dopo pranzo andate. >
< ok, perfetto >
Appena i ragazzi entrarono presi posto a bordo piscina pronta a dar loro una mano.
< ben arrivati ragazzoni. Oggi per voi ho una sorpresa che potrebbe mandarvi in tilt >
Guardarono tutti me come se io dovessi sapere qualcosa.
< non guardate lei, non ne sa niente. La marina ci ha affiancato un giovane sommozzatore professionista, è negli spogliatoi a prepararsi >
Ero molto curiosa anche io di vedere questo famoso sommozzatore, ma quando entrò pensai che l’avessero scambiato per un modello di costumi da bagno.
Alto, altissimo con un fisico da paura (praticamente era fatto a v ), moro, capelli un po’ sul lungo e due occhi verdi bottiglia.
Era semplicemente perfetto.
< ragazzi, questo è Tiler il vostro vice coach >
David mi si avvicinò facendo il vago
< asciugati la bava, non ti si addice >
Lo guardai male, Tiler intanto si stava presentando alla squadra.
Arrivò anche davanti a me e a David; strinse la mano a lui e poi si inginocchiò davanti a me
< e tu? Non sapevo ci fossero ragazze in questo gruppo >
Scossi la testa
< no, infatti. Io sono la nipote della coach, aiuto e basta >
Mi porse la mano, la strinsi
< piacere, Tiler >
< piacere, Mia >
Appunto mentale, il piercing al sopracciglio con i suoi occhi non rendeva giustizia.
< ragazzi, basta chiacchiere, vi voglio in acqua in cinque secondi. Via! >
David mi diede una spinta e mi fece cadere in piscina, poi tuffandosi gridò
< mi perdoni miss >
Riuscii nera di rabbia
< te la farò pagare ranocchio >
Mi strizzai i capelli e li legai più stretti che potei.
< allora Mia, in che modo precisamente aiuti? >
Mi rivolsi a lui
< in pratica faccio la cavia, niente di più. Quando andranno a fare allenamento in mare aperto però starò solo a guardare >
Sorrise
< sei un porcellino d’india quindi >
Scoppiai a ridere
< sì, potrei autodefinirmi così >
< quanti anni hai? >
< diciassette >
Mi guardò bene
< ne dimostri di più >
Non risposi
< tu invece? >
< ventuno  >
Annuii
< no, tu non ne dimostri di più >
< ehi voi due >
Zia ci stava chiamando
< mi entrate in acqua, tu Mia metti dei pesi attaccati alle caviglie e ai polsi, mi devi pesare di più >
Sgranai gli occhi
< cerchi di farmi affogare? Guarda che Simon te la farà pagare se fai morire la sua unica atleta passata agli Europei >
Mi guardò con sufficienza
< sì, simpatica. Fallo e basta >
Obbedii all’ordine e mi tuffai con circa dieci chili in più addosso.
A stento riuscivo a stare a galla.
Si svolgeva sempre la stessa manovra, niente di più niente di meno.
Le prime andarono bene, i ragazzi riuscivano tranquillamente a salvarmi anche se il mio peso corporeo era superiore.
Mentre Michael stava svolgendo la sua manovra sentimmo un crac, riuscimmo a vedere solo che il trampolino ci stava crollando in testa, poi sentii solo l’impatto contro le nostre teste.
Scivolai infondo alla piscina, la testa pulsava e inoltre avevo quei dannati pesi attaccati alle braccia .
Intruppai con il sedere al fondo della piscina, ero scesa per più di dieci metri.
Quel dannato trampolino doveva pesare veramente tanto.
Con la coda dell’occhio vidi del sangue volteggiare nell’acqua, mi ero fracassata la testa.
Cercai di risalire, era dannatamente difficile.
Non persi la concentrazione, mantenni la calma e risalii piano.
Poco lontano vidi che si erano tuffati in acqua almeno tre ragazzi, sopra la mia testa vedevo Michael, anche lui non doveva stare bene.
I ragazzi si stavano avvicinando velocissimi, riuscii a toccare il pelo dell’acqua e a riemergere.
Lucas e Tiler presero Michael e iniziarono a portarlo fuori dall’acqua; David mi afferrò piano per un braccio e mettendomi a pancia su iniziò a trascinarmi fuori.
< Mia ci sei? Sei cosciente? >
Risi piano
< ora si, ma non so ancora per quanto >
Mi tirarono su e mi fecero sedere a bordo piscina, zia si piegò su di me
< zia mi viene da vomitare >
< resisti, dobbiamo portarvi in ospedale ora, chiama un’ambulanza >
In quel momento Simòn entrò in piscina, ci vide e corse subito da quella parte
< che è successo? >
Tiler gli si mise davanti
< non so chi sia lei, ma non si avvicini troppo, potrebbe perdere conoscenza da un momento all’altro. >
Non riuscii a vedere l’espressione di lui ma sentii la sua voce
< io sono forse la persona che la conosce meglio qui dentro, fammi vedere come cazzo sta! Ora! >
Quelle urla mi facevano venire delle fitte alla testa incredibili.
Tiler e Simòn avevano iniziato a litigate, zia urlava per cercare di capire fra quanto l’ambulanza sarebbe arrivata.
Vicino a me Michael non riusciva a riprender conoscenza, vidi il sangue ovunque, mi sentii male.
Crollai a terra davanti agli occhi di tutti, vedevo male ma riuscii a intravedere le sagome dei ragazzi accalcarsi su di me.
David gridava
< allontanatevi, non la toccate, è peggio, non la toccate >
Poi più niente.
 
Quando mi risvegliai ero in un letto d’ospedale, strizzai gli occhi piano e misi a fuoco la stanza.
Mi tirai su piano sentendo una fitta alla testa, ma mi ripresi subito.
Poggiato al muro intento a guardarmi c’era Simon
< come stai? >
Cercai di sorridere
< ora credo bene, ma da quanto sono qui? >
Si scompigliò i capelli
< da ventiquattr’ore >
< hai passato la notte qui con me? >
Annuì senza guardarmi
< certo, non potevo certo lasciarti sola. Qui fuori ci sono tutti gli altri, pare che l’altro ragazzo sia ridotto piuttosto male >
< Michael >
< ora stai un attimo calma, vado ad avvertire un dottore che ti sei svegliata. Ti faccio venire a visitare >
Annuii mentre lui usciva dalla stanza.
Stavo pensando a Michael, come cavolo poteva stare...il colpo più duro doveva averlo preso lui.
Un dottore entrò in stanza
< signorina Lay, come si sente? >
< bene, cioè, meglio >
Si avvicinò
< lo vedremo subito >
Mi fece tutte le visite del caso
< bene, si sta riprendendo. Penso che potrà tornare a casa, ma ogni due giorni dovrà venire a farsi controllare il taglio. >
Lo guardai inorridita
< mi avete forse rasato la testa? >
Mi guardò perplesso
< no, direi di no. È stata colpita sulla tempia, ha un taglio che va dal sopracciglio all’orecchio, ma non è profondo; non dovrebbe rimanere nessuna cicatrice >
Mi toccai piano, avevo un cerottone sulla fronte.
< se vuole può iniziare a vestirsi, cosi può raggiungere i suoi amici >
< ok, grazie dottore >
Sorrise e mi lasciò sola.
Con la massima cautela mi tolsi il pigiamone e mi rivestii con gli abiti che probabilmente zia mi aveva lasciato su una sedia.
Bussarono
< sì? >
< Mia, sono Simòn >
< entra, sono già vestita >
Mi prese per un braccio e mi scortò fuori
< Simòn, riesco a camminare, tranquillo >
Mi scortò lo stesso fuori come se fossi un’invalida di guerra, fuori c’erano tutti.
< Mia! >
Zia mi abbracciò
< come ti senti? >
< meglio zia, stai tranquilla. Mi riprenderò >
David mi si avvicinò
< tu, mi hai fatto prendere un colpo. Non ti azzardare più >
Annuii
< promesso >
 
Quello stesso pomeriggio tornammo a casa; Michael era ridotto piuttosto male e sarebbe rimasto sotto sedativi per un altro paio di giorni.
I ragazzi tornarono con noi al campo, Simòn aveva insisto per l’accompagnarmi a casa, nonostante io gli avessi ripetuto numerose volte che poteva tranquillamente tornare il albergo e andare a disdire la pista che aveva prenotato per quel pomeriggio.
< ti serve qualcosa Mia? >
Scossi la testa
< no Sim, sto bene >
Si affacciò alla porta della mia camera
< veramente dico >
Scossi la testa sorridendo

< riposati ora, che quando inizieremo a fare sul serio in pista non ne avrai il tempo >
Uscì dalla camera lasciandomi sola.
Quando stavo per decidere di uscire ribussarono alla porta.
Sbuffai sonoramente pensando fosse nuovamente Simòn
< avanti >
Quando la porta si aprì rimasi di stucco
< David ma...cosa ci fai qui? >
Aveva una strana espressione
< posso entrare? >
Annuii
< certo, entra pure >
Mi si avvicinò a testa basta e si sedette sul letto vicino a me; avrei voluto chiedergli cosa aveva ma me ne rimasi ferma ad aspettare che parlasse lui.
Non parlò.
Sentii la sua testa posarsi sulla mia spalla e capii, capii di cosa aveva bisogno.
Iniziò a piangere incondizionatamente, gli presi la mano e la strinsi
< va tutto bene David, va tutto bene >
< ho paura My, o cazzo se ho paura. Sono stato vicino a lui sempre, l’ho soccorso io e sono stato il primo a parlare con un medico, ho paura che non ce la faccia >
Strinsi più forte la sua mano e iniziarono a bruciare gli occhi anche a me
< sono sicura che ce le farà, Michael è forte...e poi, non lascerebbe mai il suo amico sfigatello da solo >
Gli strappai un sorriso, tirò su la testa e si asciugò il viso.
< grazie >
Scossi la testa
< di niente, quando vuoi, io sono qui per qualsiasi cosa >
Mi abbracciò in una stretta letale baciandomi su una guancia
< ci vediamo domani >
Mi alzai con lui
< vuoi che ti accompagni giù? >
Scosse la testa
Sorrise avvicinandosi alla porta
< a domani Mia >
< a domani David >
Uscì ed io decisi che volevo affogare in una coppa di gelato.
Scesi le scale e aprii il freezer, presi il barattolo del cioccolato e aspettai che si sciogliesse.
Non uscii, tornai in camera mia e mi ci chiusi, io e il mio gelato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1231544