Trust me, I'm a pirate

di Ziggie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rodi ***
Capitolo 2: *** Addio Mediterraneo ***
Capitolo 3: *** La conoscenza di Stefen ***



Capitolo 1
*** Rodi ***


Trust me, I'm a pirate

1. Rodi

Occhio di legno scolpito in gioventù per passare il tempo di convalescenza, per un lieve timore di doverlo portare dopo quella brutta ferita, di cui ora porto i segni.

Occhio di legno, oggetto di fratellanza e chissà se mai si riunirà?

Occhio di legno, simbolo semplice, successione ereditaria incastonata nell'orbita cava di un pirata semplice, che non ti ha mai voltato le spalle.

Un capitano ha enormi responsabilità, un uomo è solleticato dai bisogni, un pirata è parte del mare.

Vorrei dire che questa avventura parte, come ogni impresa che si rispetti, da Tortuga, città di perdizione, libertà, inganni, feccia; vorrei dirvi anche che ci troviamo nel caldo mar dei Caraibi, ma mesi di navigazione ci separano da quell'aria torrida e da quel mare cristallino, mesi di navigazione hanno portato le nostre vele in Europa, la nostra chiglia ancorata a Rodi.

Bianchi i colori delle case, bianchi i colori in contrasto con il blu dell'Egeo e lo scuro del legno, bianco, colore lindo, puro, che nasconde gli inganni, le frodi, i balordi nei bassifondi del porto.

- Capitano, ordini? - chiese il quartiermastro, un uomo con una certa esperienza, di qualche anno più giovane di me, ma dall'ampia stazza, una volta fatto porto.

- E quali sono gli ordini una volta che si fa porto, signor Doom? - feci sarcastico dal cassero di poppa, la mia scimmietta affrancata alla spalla, le piume del cappello solleticate dal vento, usurate appena dalla salsedine - Rifornimenti quartiermastro, rifornimenti il più possibile, l'impresa che ci aspetta è ardua e duratura - dettai, mentre l'uomo mi guardò curioso e con un'unica domanda negli occhi che gli solleticava le viscere - vi rifocillerete le membra e il vostro amico là sotto una volta finito, voglio che la stiva strabordi di vivande, armi e polvere da sparo, sono stato abbastanza chiaro? -

- Cosa ci aspetta, capitano? - chiese annuendo ai miei ordini.

- Leggende con un fondo di verità e oro, tanto oro, tanto da riparlarne al mio ritorno - tagliai corto, avviandomi alla passerella. Una nave aveva attirato la mia attenzione, una persona sapevo che mi aspettava, per coincidenza, per caso, in quelle vie là fuori. Una persona che mi aveva introdotto nel campo della pirateria, lei come nessun'altra; una persona che non vedevo da tempo, ormai.

Proseguii in quei vicoli stretti: i porti sono uguali ovunque, scuri e sudici nel Mediterraneo come nei Caraibi. Disordinati come se fosse passato un uragano. Casse aperte, botti rovesciate, acqua mista ad alcool bagnava il terreno, l'odore di piscio, rum e salsedine saliva da ogni angolo. Rodi come Tortuga, il bianco distingueva poco. La locanda era poco distante, situata in un angolo di un vicolo senza uscita, su una strada in cui l'acciottolato parlava da solo in merito a quanto aveva sopportato e subito. Vetri opachi ed una porta in legno di ebano ad accogliermi, la spinsi, entrai. Risatine, voci sommesse, ansimi e occhi che studiano i tuoi passi, una volta dentro. No, Rodi non è così diversa da Tortuga. Il mare accomuna ciò che i confini cercano di separare. Afferrai un boccale di rum da un vassoio vagante, senza dar peso agli sguardi che mi contrassegnavano come il nuovo arrivato e sedendomi in un angolo: le voci di taverna sono le migliori sulla piazza, se sai ascoltarle come si deve.

Non avevo appuntamenti, solo un riscontro di sapere, l'unico incontro dovuto era quello con la bevanda che avevo in mano e che stava solleticando il mio esofago e accudendo il mio fegato da anni ormai. La Grecia, le sue isole, i suoi dintorni, miti e leggende che popolano la terra e i manoscritti; leggende che trovano sempre un nesso con la verità laddove si parla di oro e non erano necessarie domande, bastava fare orecchie da mercante.

- Da quanti anni sei per mare, Stefen? - tuonò un vecchio nel centro della stanza, un uomo con il volto segnato dalle interperie con la voce roca, ma in quel momento tonante - anche un bambino non nomirebbe il nome di Volga invano! -

- Non è blasfemia, Nanik - ribadì il giovane, un ragazzo sulla ventina - le pergamene parlano chiaro, al di là del Mar Caspio vive una leggenda che in queste terre è stata narrata secoli orsono, l'Argo, la prode nave di Giasone, la sua fedele compagna, non è stata inghiottita da Volga, ma accolta da Gea - orecchie da mercante, le vicessitudini si facevano interessanti e io mi trovavo nel posto giusto al momento perfetto.

- Tu bestemmi, vaneggi! Il tuo è solo un sogno di un bambino che non vedrà mai la luce, il tuo è solo un sogno che deve sparire nei meandri della mente e pregare di non venire udito dal dio più temibile di tutti - sentenziò il vecchio marinaio, scolandosi il suo liquore tutto d'un fiato.

- Dietro alle leggende esiste la verità ed io te lo dimostrerò a costo di affrontare Volga da solo -

- E sarà quello che farai! In tutta Rodi non troverai nessuno disposto ad aiutare un pazzo come te -.

- Pazzo? - feci retorico nell'ombra, era giunto il tempo di parlare, ma non ancora quello di alzarmi - la pazzia si nasconde dietro chiunque brami avventure e glorie. Anche voi stesso, vecchio, siete un pazzo, il vostro viso esprime quanto tace la vostra bocca -sentenziai, ogni tanto era divertente fare il pirata filosofo.

- Avventure e gloria non portano da nessuna parte, straniero - bofonchiò Nanik, non troppo felice di esser stato interrotto, non troppo allegro di esser stato contraddetto.

- Lo pensavo anche io, una volta - mi alzai e mi avvicinai al tavolo dei miei interlocutori, che cercavano di individuarmi e studiarmi meglio - ora sono qui e, ragazzo, avrei proprio bisogno di due braccia in più sulla mia nave -.

- Dite davvero signore? Mi credete? Mi arruolate? - esclamò euforico Stefen, guardandomi con occhi ricchi di felicità, feci una smorfia, non mi piacevano i sentimenti troppo esternati.

- Un fondo di verità è nascosto ovunque, ritira la tua gioia, ragazzo e fila a caricare i barili con gli altri, non farmi pentire di averti arruolato - gli rubai il boccale dalle dita e finii per lui la sua bevanda, mentre il ragazzo correva verso la porta - Chiglia nera e vele rosse, non puoi sbagliare - dettai le ultime informazioni.

- Bestemmie, scelleratezza, morte certa - borbottò il vecchio Nanik.

- Non è la prima volta che le incontro, saluterò gli dei e la dama incappucciata quando li incrocerò ancora - dettai pungente e sarcastico prima di lanciare un sesterzo sul tavolo per coprire la mia consumazione e quella del ragazzo o, più che altro, per la buona informazione che avevo avuto.

- Volga ti maledirà, straniero -

- Non sarebbe il primo dio a farlo - quanti dei lo avevano fatto, più indirettamente che direttamente, ma aveva importanza? Dio, persone, creature, tutti uguali e nessuno diverso ed io credevo solo a quanto mi si presentava davanti per certi versi, credevo a quanto toccavo per mano e le notizie riportate dai manoscritti, qualcosa di vero lo dovevano pur avere, perchè la fantasia marcia a fianco della realtà.

Mi avviai all'uscita, niente solleticamenti di amici nascosti dai pantaloni da parte di nessuna, almeno per il momento, le donne della locanda erano già occupate ed io non avevo tempo di trastullarmi, perchè aspettavo un appuntamento non dato tra quei vicoli che stavano per esser baciati dal plenilunio.

La sera porta frescura ovunque, ai Caraibi allevia il caldo torrido quando la brezza decide di soffiare, nel Mediterraneo il vento è amico dei porti e le sue folate accompagnano la notte. Camminavo tra quei vicoli sconosciuti alle mie suole, ma tanto simili alla vista con qualsiasi altra cittadina portuale, camminavo con la notte calante sul biancore delle case, camminavo con l'odore di rum come compagno.

- Non pensavo che Rodi fosse così grande - commentò una voce ben nota alle mie spalle, una voce femminile, il mio appuntamento non dato - tutto solo tra i vicoli, hai un modo tutto tuo di farti notare, Heckie -.

Mi voltai verso di lei, un sorrisetto sardonico, pari ad un lieve ghigno, dipinto sul volto - sei sempre stata un asso nello scovarmi, Lo - le feci notare - e credimi, in quanto a notorietà sono già stato apostrofato come: straniero pazzo e blasfemo, quindi si, ho un modo tutto mio di farmi notare - concordai con le sue parole avvicinandomi appena e ammirando le sue forme sode e sinuose, che riconoscerei ovunque anche ad occhi chiusi, sotto quei vestiti prettamente maschili che si sposavano con la sua eleganza.

- Si, credo di aver udito un qualcosa in merito ad un nuovo membro del tuo equipaggio e su un certo Volga - schioccò le labbra, osservandomi con sguardo furbo.

- Hai un modo tutto tuo di farti notare - sorrisi, accarezzandole lievemente il volto, riutilizzando appositamente le sue stesse parole. Erano anni che non la vedevo, sapevo che aveva lasciato la sua vecchia vita alle spalle, imbarcandosi nuovamente, riprendendo tra le mani la sua vera natura. Tortuga per lei era lontana, città di perdizione per molti, città di perdite per lei. La donna più bella dell'isola, la perla della Sposa Devota, che non si concedeva a nessuno e tutti si chiedevano il perchè. Un perchè valido, sentito, profondo; un perchè di cui pochi erano a conoscenza e la maggiorparte era nell'oltretomba.

- Dovresti saperlo, ormai - si sporse verso il mio orecchio e sussurrò quelle parole, giocando con la sua lingua sul mio lobo, una danza che mi era mancata, dovevo ammetterlo - E' il vento di rogne a portarti qui o quel Volga è davvero importante? - chiese poi curiosa, attorcigliando attorno ad un dito un ricciolo della mia barbetta.

- E' un vento di esplorazione e, qualsivoglia, di avventura - ammisi, facendo il vago, accarezzandole la schiena; io sapevo di lei, del fatto che aveva preso il mare, lei non era a conoscenza della fratellanza e della mia nomina venuta a pirata nobile.

- Esplorazione?! Heckie, cosa mi nascondi? - si fece sospettosa.

- Non nascondo niente - bofonchiai appena, staccandomi da lei - sto solo dando un'occhiata alle terre che da qualche tempo a questa parte sono di mia competenza, anche se indiretta -.

- Non ti vedo da più di dieci anni e fai il misterioso, sai che non ha mai attaccato con me - mi fece notare, punzecchiandomi con le dita il fianco destro, leggera, provocante, come solo lei sapeva essere.

- Le nostre strade non si incrociano da così tanto tempo che ne sono successe di cose, Loren - ammisi dopo qualche istante di silenzio, istanti in cui mi stavo godendo le sue dita su di me - ho perso la mia vecchia nave in seguito ad un violento combattimento da cui sono uscito sconfitto e a mare, l'ho rivendicata nel giro di qualche mese e, in seguito ad altre peripezie di cui ancora non mi capacito, sono divenuto pirata nobile ed ora eccomi qui, in viaggio per andare a dare un'occhiata a quelle sponde; eccomi qui per andare a fare conoscenze con nuove dicerie di porto -.

- Pirata nobile?! - aggrottò la fronte, non ero sicuro sapesse cosa fosse la fratellanza, io stesso ne venni a conoscenza soltanto pochi giorni prima di quelle mille peripezie - Allora devo trattarti con un riguardo particolare, Heckie - affermò con uno sguardo furbetto, mentre le dita che mi stuzzicavano il fianco scendevano sempre più giù, a stringermi il pacco e a dargli piacere nonostante fosse ancora coperto dalla stoffa.

- In qualche modo... - dissi con voce roca sulle sue labbra - lo hai sempre fatto - la baciai e quell'appuntamento non dato si trasformò in un qualcosa che condividevamo solo noi da quando ci eravamo conosciuti. Non era sesso, era puro piacere, dato da semplici gesti che portavano all'estasi senza penetrazioni. Non era amore, era attrazione, un forte legame che andava avanti da anni, nonostante le perdite di vista. E perchè un pirata deve trattenersi in quel modo? Perchè non far valere l'uomo rude, malvagio, burbero che è in realtà? Loren e la sua bellezza gettavano gli uomini nel vortice del volere e della perdizione, nel vortice che se non hai un buco dove infilarci il tuo amico pulsante allora esci di senno. Loren e la sua storia, quanto ha patito, la morte della madre per violenza sessuale, quella del padre e del fratello per cani vigliacchi in preda ad un abbordaggio senza quartiere, e solo allora rifletti, perchè un pirata è un uomo come un altro e il cuore, nonostante sia nero per quanto spietato, a volte prevale. Loren e la nostra amicizia, legame forte, carattere simile così come la forza. Amanti? No, non conosco l'amore e a malapena so cos'è l'affetto. Siamo solo complici lontani che si incontrano ogni tanto in qualche porto; complici che si muovono nell'infinito del blu oceanico.

 

 

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Capitolo 2
*** Addio Mediterraneo ***


Buonasera carissimi compari!  Chiedo venia per non aver fatto una presentazione adeguata alla storia nel primo capitolo, ma ero curiosa di vedere quanto suscitavo anche senza spiegazioni o cose varie. Era da molto che non imbracciavo una long fic sul buon vecchio Hector, bhè, qui è giovane e come avete letto la storia è di tutt'altra risma e luogo, innovazioni gente!!!!  Ma non voglio rivelarvi troppo, davvero, lascio a voi la lettura e se volete le recensioni :)                                       

                                                

                                                  2. Addio Mediterraneo

Alba, sole sulla distesa blu, sole che si innalza nel cielo e solletica con i suoi raggi gli alberi, le vele, i pennoni. Alba, tempo di partenze dopo i bagordi, dopo il carico. Alba, si va, la nave aspetta.

- Mi hai detto di esser in esplorazione di queste coste per te nuove, Heckie - mi aveva detto, la sera prima, Loren - questo termine, capitano, non ti assidice molto - aveva iniziato a stuzzicarmi.

- La vita del pirata è fatta anche di avanscoperte, milady - avevo sentenziato io, molto semplicemente.

- La tua no, però - i suoi occhi color cioccolato nascondevano qualcosa, qualcosa di serio, non semplice curiosità.

- Non dovete ripartire anche voi co-capitano? -  avevo deciso di continuare con la stessa carta di prima, le davo sempre del voi quando prendevamo una piega seria nel discorso - non voglio grane con Louis - affermavo pacato, mentre le accarezzavo i capelli, in quella radura a cielo aperto dove ci eravamo appartati.

- Louis... -  aveva abbassato gli occhi e detto quel nome in silenzio, eccolo il segreto nascosto dietro le sue iridi - Louis è morto Hector e non sono stata io a succedergli come avrebbe voluto, bensì un energumeno sputasentenze, il mio grado non ha più importanza, sono tornata ad essere la cameriera che ero a Tortuga e sai bene che il mare non vuole ciò, sai bene che la sottoscritta ha un destino diverso da quello dei maltrattamenti - esclamava melliflua e pacata, nonostante tutto, tamburellandomi le dita sul naso - ti servirà una mano per tutte quelle perlustrazioni -

E così era deciso, quegli appuntamenti non dati stavano per partire insieme come quel tempo in cui presi il mare per la prima volta, come quel tempo in cui ero un pischello e lei la figlia del capitano del mercantile, che mi aveva preso a bordo, come quel tempo...

Loren non era a conoscenza del vero motivo del viaggio, ma con le sue ottime abilità di esploratrice e cacciatrice avevamo un punto a favore. La ciurma non era a conoscenza di nulla, così come il primo ufficiale, che mi accolse a bordo con un volto speranzoso di conoscere di più - Si, signor Doom, ora faremo le presentazioni e scambieremo quattro chiacchiere, deve ancora arrivare un nuovo membro dell'equipaggio -.

Mi guardò accigliato - un altro? -

- Non eravate voi quello che si lamentava e richiedeva più braccia? - feci notare pungente e sarcastico.

- Bhè, s... in un certo senso... - abbassò lo sguardo colto in fallo, mentre io ridacchiai con sguardo furbo ed eloquente - basta parlare, allora! Le presentazioni arriveranno e anche l'oro, tanto oro, quindi cucitevi quella bocca, il sole è appena alto nel cielo e voi avete sentenziato troppo per i miei gusti -.

Le vele ammainate battevano sugli alberi immobili, divorati dalla salsedine, il vento si stava alzando in compagnia del sole, la ciurma stava salendo a bordo, la partenza era imminente. I segni dei bagordi di quella notte erano evidenti, barcollanti, sfatti, puzzolenti, pirati. L'odore dei bagordi era nell'aria, la salsedine non era pura, ma un misto di piscio, vomito e rum. E Tortuga non era poi così lontano.

Una figura snella, alquanto alta, stava correndo con una sacca verso la nave: Loren. Era il momento delle presentazioni, delle quattro chiacchiere con Stefen e delle spiegazioni alla ciurma in merito alla nuova spedizione dedita all'esplorazione in senso lato, perchè non ero diventato pirata per esplorare le coste e farmi una cultura geografica e naturalistica. La donna salì a bordo a testa alta, senza badare ai molteplici sguardi che la osservavano famelici e postumi da sbronza. La donna salì a bordo, accarezzando il calcio di una delle pistole portate nel cinturone legato in vita, mentre l'altra mano si coricava in spalla la sacca, al fianco della carabina. La donna mi sorrise mentre il primo ufficiale mi guardava corrucciato.

- Levate l'ancora e issate le vele, il vento ci è favorevole insulsi scarafaggi impregnati di rum fin nelle viscere - dettai, quasi ringhiando, un anello leonino al dito, un leone al comando - So cosa state aspettando e quanto vi state chiedendo, sottospecie di mozzi, quale rotta dobbiamo perseguire, perchè c'è una donna a bordo e perchè un ragazzetto gracilino si ritrova alla ruota dell'argano quando il legno da trasportare è più pesante di lui - ridacchiai appena, notando nei loro occhi lo stupore nel ritrovare quei punti di domanda che vagavano nelle loro menti, prendere atto nelle mie parole.

- Una donna a bordo porta male - si sentì borbottare qualcuno.

- Così come un uomo che biascica dalla mattina alla sera - ribattei svelto - Loren Farlow era la co-capitano della Tempesta, la nave di Louis occhio di lince - al nome del pirata tutti ammutolirono, il vecchio marinaio era un abile tiratore ed un pirata temibile quanto crudele, ma conosceva la clemenza e la praticava verso chi la meritava, al nome della donna le voci si fecero basse, ma il silenzio tornò a regnare, avevo appena nominato due nomi piuttosto scottanti, dato anche il passato di Loren - ora è una di noi e non credo servano raccomandazioni a riguardo la vostra o la sua incolumità, le lady dal buco di piombo che porta con sè, non sono certo di bellezza e sono conscio che non vogliate metterla alla prova -

- La rotta capitano? - ebbe il coraggio di chiedere qualcuno dopo attimi di ammutolimento.

- Il mar Caspio e le sue sponde marinaio, in particolare le coste dell'Iran - spiegai guardando dall'alto del cassero il mio interlocutore dritto negli occhi - la mitologia si sposa con le leggende e l'oro ne fuoriesce sempre - sguardi incuriositi si spostarono verso la plancia del timone, la materia si stava facendo interessante.

- Le leggende possono rivelarsi vane e pieni di intrighi, capitano! Cosa vi rende così sicuro di quest'impresa? - chiese un altro, un uomo poco più vecchio di me, che sembrava saperla lunga. Ridacchiai scuotendo il capo, me la aspettavo una domanda del genere, alla fine erano sbronzi, ma non tutti idioti! 

- Mastro Tes ha ragione signori miei! - dettai a gran voce alzando le braccia al cielo - le leggende possono rivelarsi vane e piene di intrighi - confermai le parole del vecchio - ma fantasia e verità si sposano quando l'intrigo si fa più cupo e avvincente, perchè è allora che la sicurezza di una ricerca si stanzia come sostanza materiale e non più come dimensione onirica soltanto - era divertente notare gli sguardi attenti e curiosi di quel branco di ubriachi pendere dalle mie labbra - Qual è la natura dell'impresa, mi chiedete voi e io vi dico: l'Argo! -

Silenzio, suspance, chi voleva sapere di più, chi si stava chiedendo dove avesse già sentito quel nome. Loren mi guardò accigliata, curiosa di sapere di più, come gli altri. Il gracile Stefen era l'unico che sorrideva, ma con lui avrei avuto modo di parlare più tardi, con lui avrei discusso le direttive di quanto era a conoscenza e dettava contro il vecchio che, alla locanda, mi maledì a parole. Stetti momentaneamente zitto anche io, gustandomi la brezza lieve e fresca delle prime luci dell'alba sul mio volto, una carezza per un nuovo inizio, un tocco leggero ad inaugurare l'impresa. Le voci e gli sguardi della ciurma si fecero più concitati, più ricchi di voglia di sapere e bramosia d'oro, qualcuno aveva fatto mente locale e individuato nei meandri della mente la storia dell'Argo, qualcuno si stava semplicemente facendo prendere dal suono tintinnante ed elegante della parola oro. Un sorriso mi si dipinse sul volto, un disegno mellifluo sulle intermperie del volto.

- L'Argo, la nave che accompagnò Giasone e i suoi compari nell'impresa del vello d'oro, la nave che si diceva fosse affondata, perita nell'abisso con i suoi tesori, con il suo nome, la sua imponenza. Una grande triremi greca, un'enorme dama antica e forte scampata al mare, scampata a Volga, Poseidone, Nettuno, chiamatelo come vi pare. Una signora del blu accolta da Gea, ed è lì che andremo signori miei, solleticando le acque di due mari e risalendo il fiume dal nome dell'omonimo dio.  I fantasmi degli argonauti ci aspettano, il loro tesoro è stato da solo per troppo tempo -.

Grida di giubilo e hurrà si innalzarono tra la ciurma, basta domande, le richieste erano lontane, nelle menti solo l'oro e il discorso appena ascoltato.  Diedi disposizione al timoniere per uscire dal porto, direzione nord, nord - est, verso i Dardanelli, lo stretto che divideva due continenti, oltre che due mari, in linea d'aria non molto distante dalla nostra posizione, in linea di navigazione e di venti distante una settimana o poco più. Diedi disposizione di rotta perchè io avevo una discussione da iniziare.

- Signor Stefen credo che il legno dell'argano vi sarà grato se non tentate di approcciarvi con lui in maniera così ardita per cercare di porlo nell'apposito sostegno, non impegnatevi in atti che vi spezzino la schiena da soli, lasciate questo divertimento agli altri - inserii una dose di sadismo nel sarcasmo e scesi le scale del cassero, approdando sul ponte, la mano posata sull'elsa, la mia scimmietta accomodata sulla spalla, gli occhi che studiavano quel gracile marinaio di diciottanni o poco più faticare con il legno - Abbiamo un amico in comune di cui parlare, dopodichè voglio vedere brillare il ponte, sarà il primo lavoro alla vostra portata, pulire il lerciume che avete portato a bordo -.

 

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Capitolo 3
*** La conoscenza di Stefen ***


Ahoy! Scusate il ritardo, ormai sapete la causa delle mie madornali attese, ha solo un nome: università. Ma non per questo smetterò di scrivere, vi chiedo solo un filo in più di pazienza :) Un piccolo capitolo, un grande mistero. Non dico altro, non voglio svelarvi altro. Lascio a voi la lettura e i commenti se vi va :)
Ile

 

                                                              3. La conoscenza di Stefen

Acqua cristallina che solletica la chiglia, riflessi del sole sul blu profondo, chiaro scuro, caldo e freddo. Le vele innalzate aperte al vento, le cime sbattono contro i pennoni, gli uomini cantano e ognuno lavora.

La cabina attendeva i discorsi, le spiegazioni, attutiti e racchiusi dai muri, che non li avrebbero fatti uscire finchè non fosse stato il momento opportuno, il che poteva essere più tardi, domani o mai.

La fiammella era ormai debole nella lampada ad olio, fletteva leggera accompagnata dalla poca aria che le era rimasta, le passai accanto e, la spensi con un lieve soffio, prima di aggirare la scrivania e accomodarmi sulla sedia; una gamba a cavalcioni sul bracciolo, l'altra accavallata sopra: si, era una posizione comoda per ascoltare quanto il ragazzo aveva da dire. La mia scimmietta arrivò di lì a poco , trillò e con agile balzo si accomodò sul proprio trespolo, accucciandosi lì: eravamo due anime in attesa.

Notai lo sguardo perso, quasi timoroso, di Stefen entrare prima del suo corpo, restando sulla porta intimidito e meravigliato al tempo stesso.

- Non credete che vi convenga entrare, ragazzo? - ridacchiai in domanda, con pungente ironia e fu allora che si riscosse, entrando e richiudendo la porta alle spalle, annuendo.

Io stesso conoscevo quello sguardo, tempo immemore addietro lo avevo usato. Chiglie bramate a terra divengono diamanti del mare e del vento una volta che vi sali a bordo; divengono parte di te e poco importa quante ne vedrai, poco importa quante ne cambierai, il mare ti ha scelto e presto ti servirà il gioiello che ti spetta.

Notai l'attrazione negli occhi del ragazzo soffermarsi su ogni minimo particolare della cabina, stupito dell'ampiezza del luogo che si celava dietro quel piccolo apperente spazio visto da fuori, nascosto da quella semplice porta. Tre stanze di una modica grandezza: una parte principale, dove ci si trovava ora, la camera da letto e un vano più piccolo, una sorta di ripostiglio per armi, pergamene, mappe e libri. Cercai di attirare la sua attenzione al tavolo, non avevo troppo tempo da perdere e il suo culo doveva trovarsi sul ponte a dargli degna pulita.

- Allora, signor Stefen, siamo qui per iniziare un discorso interessante o per perderci nel rimirare la mia cabina? - feci sarcastico e un pò spazientito.

- Capitano... Signore, devo ringraziarvi per avermi preso a bordo, signore - iniziò a parlare velocemente, le sue parole, una ripetizione unica.

- Si, si, si, questo l'ho capito, sempre i soliti ringraziamenti. Vediamo di non farmi cambiare idea a riguardo - roteai gli occhi al cielo.

- Perdonatemi capitano, ma non credevo ci fosse un qualcuno disposto a dar retta a quelli che tutti, a Rodi, ritengono discorsi infondati - abbassò appena lo sguardo, recuperando da sotto il gilet una specie di mappa - questa me la diede mio nonno, un gentiluomo di ventura che servì sotto il vessillo di uno dei pirati più famosi di queste acque: il Minotauro del mare -.

Aggrottai la fronte a quel nome alquanto bizzarro, molti capitani alzavano il grado di terrore che portavano con un soprannome, ce ne erano di più svariati anche nei Caraibi, ma il Minotauro del mare più che un nomignolo per incutere paura e panico, sembrava inventato su due piedi.

- E sentiamo, aveva un paio di corna, un anello al naso, si nutriva di ragazze vergini ed era metà uomo e metà toro? - sospirai, incrociando le braccia al petto, osservando da lontano la pergamena che il ragazzo srotolò sul tavolo.

- Così venne chiamato per la sua enorme stazza e per la violenza nella battaglia, ferite che potevano risultare mortali per molti, a lui scalfivano a malapena la pelle, fu solo decapitandolo che raggiunse il Creatore, ma non perì in battaglia, bensì per mano di una donna - fece una lieve pausa, ma riprese poco dopo - una donna fluida e leggiadra come il mare, molti dicono sia stato Volga in persona ad ucciderlo -.

La mia fronte si aggrottò maggiormente a quel continuo di storia, ma mi avvicinai di più alla pergamena deposta sul tavolo. Vecchia pelle essiccata che odorava di vino e inchiostro, leggermente annerita, riportava scritte in diverse lingue e il greco antico era quella più leggibile.

- Un Dio che fa i propri interessi, quindi, c'era da aspettarselo - mormorai, mentre cercavo di intendere quanto c'era scritto, se dovevo qualcosa a quei cani della marina era conoscere le lingue morte e, una lieve conoscenza del greco antico, giocava un punto a mio favore - Una nave ancorata tra monti e mare - lessi tra le righe - Volga non la volle, ma la sorveglia a distanza -.

- Volga non è propriamente il Dio del mare, sono i russi a riconoscerlo tale, così come le popolazioni turche e del Caspio. E' un sottoposto del potente Poseidone, un mutaforma, un dio caotico, come potrebbe essere il Loki scandinavo - spiegò il ragazzo e dovetti ammettere che per la sua giovane età sapeva molte cose.

- E scommetto che il Minotauro del mare era sulle tracce dell'Argo, Volga l'ha scoperto, l'ha ammaliato e al momento opportuno gli ha mozzato la testa come fece Teseo nel labirinto - non ci voleva molto ad unire mitologia ad una pseudo leggenda - Quello che non torna è: come mai la mappa è nelle tue mani? -

- Mio nonno e altri tre gentiluomini di ventura erano stati incaricati di andare in avanscoperta quando successe il tutto, il Minotauro gli aveva affidato la mappa per seguire parte del tracciato, ma fu quando tornarono indietro e videro l'incendio divampare nel campo e la testa del loro capitano appesa al centro, impalata sull'albero di trinchetto spezzato, che tempo al tempo si allontanarono il più possibile da quella terra maledetta -

Il silenzio regnò dopo quella risposta. Avevo lasciato i Caraibi per venire a conoscenza delle mie nuove terre, i miei spazi di neo pirata nobile. Avevo lasciato Tortuga, le insidie di Cuba, i leviatani, per veleggiare in questi mari più piccoli, ma non tanto diversi. Le maledizioni lasciavano la loro scia ovunque, così come le leggende. Gli dei erano sempre in mezzo, signori pomposi a cui tutto è dovuto. Ma cos'era un Dio se non un uomo immortale con qualche potere speciale? Si poteva sfidare un Dio? Si poteva ingannarlo? Era quello che avevo intenzione di fare, una maledizione non è nient'altro che una storia della buonanotte piena di terrore, di quelle che si raccontano nelle notti tetre, una storia di passato e fantasmi, che punta a non farti muovere in quella direzione, ma la morte ti solletica e ti fa sorridere e non sono i brevi racconti ad incutere timore. 

- Nonostante la tua decisione nel raccontar la storia, ragazzo, i tuoi occhi tremano più delle tue parole - gli feci notare e, colto in fallo, Stefen abbassò subito lo sguardo.

- Perchè volete muovervi in questa avventura? - mi chiese cupo.

- Diciamo che voglio toccare con mano la mitologia - ridacchiai imperterrito - ma potrei rigirarvi la domanda, il vostro perchè, signor Stefen? -

- Voglio dare un perchè alle storie di mio nonno, vedere se c'è un fondo di verità in questa pergamena e tornare per dirgli che non è morto invano -

- Un motivo molto nobile - dichiarai mellifluo, portandomi una mano sul cuore - Direi che dopo questa chiacchierata questa rimane a me - gli comunicai arrotolando la mappa e agitandola tra le mani. Il ragazzo non fu contrario, si limitò ad annuire - D'accordo, capitano. Occorre però non sottovalutare Volga, è stato per suo volere che l'Argo è stata confinata tra il mar Caspio e il Caucaso, accolta da Gea. Una nave però non può che appartenere al mare e un uomo non può sovrastare gli dei e attraversare poi il loro territorio - disse infine Stefen, alzandosi, ricordandosi del lavoro che doveva svolgere sul ponte.

- Non nella mia esperienza - gli riservai un sorriso spavaldo e lo lasciai uscire, la nave aveva bisogno di una degna pulita.

 

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