Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Occhio di legno scolpito in gioventù per passare il
tempo di convalescenza, per un lieve timore di doverlo portare dopo quella
brutta ferita, di cui ora porto i segni.
Occhio di legno, oggetto di fratellanza e chissà se
mai si riunirà?
Occhio di legno, simbolo semplice, successione
ereditaria incastonata nell'orbita cava di un pirata semplice, che non ti ha
mai voltato le spalle.
Un capitano ha enormi responsabilità, un uomo è
solleticato dai bisogni, un pirata è parte del mare.
Vorrei dire che questa avventura parte, come ogni
impresa che si rispetti, da Tortuga, città di perdizione, libertà, inganni,
feccia; vorrei dirvi anche che ci troviamo nel caldo mar dei Caraibi, ma mesi
di navigazione ci separano da quell'aria torrida e da quel mare cristallino,
mesi di navigazione hanno portato le nostre vele in Europa, la nostra chiglia
ancorata a Rodi.
Bianchi i colori delle case, bianchi i colori in
contrasto con il blu dell'Egeo e lo scuro del legno, bianco, colore lindo,
puro, che nasconde gli inganni, le frodi, i balordi nei bassifondi del porto.
- Capitano, ordini? - chiese il quartiermastro, un
uomo con una certa esperienza, di qualche anno più giovane di me, ma dall'ampia
stazza, una volta fatto porto.
- E quali sono gli ordini una volta che si fa porto,
signor Doom? - feci sarcastico dal cassero di poppa, la mia scimmietta
affrancata alla spalla, le piume del cappello solleticate dal vento, usurate
appena dalla salsedine - Rifornimenti quartiermastro, rifornimenti il più possibile,
l'impresa che ci aspetta è ardua e duratura - dettai, mentre l'uomo mi guardò
curioso e con un'unica domanda negli occhi che gli solleticava le viscere - vi
rifocillerete le membra e il vostro amico là sotto una volta finito, voglio che
la stiva strabordi di vivande, armi e polvere da sparo, sono stato abbastanza
chiaro? -
- Cosa ci aspetta, capitano? - chiese annuendo ai
miei ordini.
- Leggende con un fondo di verità e oro, tanto oro,
tanto da riparlarne al mio ritorno - tagliai corto, avviandomi alla passerella.
Una nave aveva attirato la mia attenzione, una persona sapevo che mi aspettava,
per coincidenza, per caso, in quelle vie là fuori. Una persona che mi aveva
introdotto nel campo della pirateria, lei come nessun'altra; una persona che
non vedevo da tempo, ormai.
Proseguii in quei vicoli stretti: i porti sono
uguali ovunque, scuri e sudici nel Mediterraneo come nei Caraibi. Disordinati
come se fosse passato un uragano. Casse aperte, botti rovesciate, acqua mista
ad alcool bagnava il terreno, l'odore di piscio, rum e salsedine saliva da ogni
angolo. Rodi come Tortuga, il bianco distingueva poco. La locanda era poco
distante, situata in un angolo di un vicolo senza uscita, su una strada in cui
l'acciottolato parlava da solo in merito a quanto aveva sopportato e subito.
Vetri opachi ed una porta in legno di ebano ad accogliermi, la spinsi, entrai.
Risatine, voci sommesse, ansimi e occhi che studiano i tuoi passi, una volta
dentro. No, Rodi non è così diversa da Tortuga. Il mare accomuna ciò che i confini
cercano di separare. Afferrai un boccale di rum da un vassoio vagante, senza
dar peso agli sguardi che mi contrassegnavano come il nuovo arrivato e
sedendomi in un angolo: le voci di taverna sono le migliori sulla piazza, se
sai ascoltarle come si deve.
Non avevo appuntamenti, solo un riscontro di sapere,
l'unico incontro dovuto era quello con la bevanda che avevo in mano e che stava
solleticando il mio esofago e accudendo il mio fegato da anni ormai. La Grecia,
le sue isole, i suoi dintorni, miti e leggende che popolano la terra e i
manoscritti; leggende che trovano sempre un nesso con la verità laddove si
parla di oro e non erano necessarie domande, bastava fare orecchie da mercante.
- Da quanti anni sei per mare, Stefen? - tuonò un
vecchio nel centro della stanza, un uomo con il volto segnato dalle interperie
con la voce roca, ma in quel momento tonante - anche un bambino non nomirebbe
il nome di Volga invano! -
- Non è blasfemia, Nanik - ribadì il giovane, un
ragazzo sulla ventina - le pergamene parlano chiaro, al di là del Mar Caspio
vive una leggenda che in queste terre è stata narrata secoli orsono, l'Argo, la
prode nave di Giasone, la sua fedele compagna, non è stata inghiottita da
Volga, ma accolta da Gea - orecchie da mercante, le vicessitudini si facevano
interessanti e io mi trovavo nel posto giusto al momento perfetto.
- Tu bestemmi, vaneggi! Il tuo è solo un sogno di un
bambino che non vedrà mai la luce, il tuo è solo un sogno che deve sparire nei
meandri della mente e pregare di non venire udito dal dio più temibile di tutti
- sentenziò il vecchio marinaio, scolandosi il suo liquore tutto d'un fiato.
- Dietro alle leggende esiste la verità ed io te lo
dimostrerò a costo di affrontare Volga da solo -
- E sarà quello che farai! In tutta Rodi non
troverai nessuno disposto ad aiutare un pazzo come te -.
- Pazzo? - feci retorico nell'ombra, era giunto il
tempo di parlare, ma non ancora quello di alzarmi - la pazzia si nasconde
dietro chiunque brami avventure e glorie. Anche voi stesso, vecchio, siete un
pazzo, il vostro viso esprime quanto tace la vostra bocca -sentenziai, ogni
tanto era divertente fare il pirata filosofo.
- Avventure e gloria non portano da nessuna parte,
straniero - bofonchiò Nanik, non troppo felice di esser stato interrotto, non
troppo allegro di esser stato contraddetto.
- Lo pensavo anche io, una volta - mi alzai e mi
avvicinai al tavolo dei miei interlocutori, che cercavano di individuarmi e
studiarmi meglio - ora sono qui e, ragazzo, avrei proprio bisogno di due
braccia in più sulla mia nave -.
- Dite davvero signore? Mi credete? Mi arruolate? -
esclamò euforico Stefen, guardandomi con occhi ricchi di felicità, feci una
smorfia, non mi piacevano i sentimenti troppo esternati.
- Un fondo di verità è nascosto ovunque, ritira la
tua gioia, ragazzo e fila a caricare i barili con gli altri, non farmi pentire
di averti arruolato - gli rubai il boccale dalle dita e finii per lui la sua
bevanda, mentre il ragazzo correva verso la porta - Chiglia nera e vele rosse,
non puoi sbagliare - dettai le ultime informazioni.
- Bestemmie, scelleratezza, morte certa - borbottò
il vecchio Nanik.
- Non è la prima volta che le incontro, saluterò gli
dei e la dama incappucciata quando li incrocerò ancora - dettai pungente e
sarcastico prima di lanciare un sesterzo sul tavolo per coprire la mia
consumazione e quella del ragazzo o, più che altro, per la buona informazione
che avevo avuto.
- Volga ti maledirà, straniero -
- Non sarebbe il primo dio a farlo - quanti dei lo
avevano fatto, più indirettamente che direttamente, ma aveva importanza? Dio,
persone, creature, tutti uguali e nessuno diverso ed io credevo solo a quanto
mi si presentava davanti per certi versi, credevo a quanto toccavo per mano e
le notizie riportate dai manoscritti, qualcosa di vero lo dovevano pur avere,
perchè la fantasia marcia a fianco della realtà.
Mi avviai all'uscita, niente solleticamenti di amici
nascosti dai pantaloni da parte di nessuna, almeno per il momento, le donne
della locanda erano già occupate ed io non avevo tempo di trastullarmi, perchè
aspettavo un appuntamento non dato tra quei vicoli che stavano per esser
baciati dal plenilunio.
La sera porta frescura ovunque, ai Caraibi allevia
il caldo torrido quando la brezza decide di soffiare, nel Mediterraneo il vento
è amico dei porti e le sue folate accompagnano la notte. Camminavo tra quei
vicoli sconosciuti alle mie suole, ma tanto simili alla vista con qualsiasi
altra cittadina portuale, camminavo con la notte calante sul biancore delle
case, camminavo con l'odore di rum come compagno.
- Non pensavo che Rodi fosse così grande - commentò
una voce ben nota alle mie spalle, una voce femminile, il mio appuntamento non
dato - tutto solo tra i vicoli, hai un modo tutto tuo di farti notare, Heckie
-.
Mi voltai verso di lei, un sorrisetto sardonico,
pari ad un lieve ghigno, dipinto sul volto - sei sempre stata un asso nello
scovarmi, Lo - le feci notare - e credimi, in quanto a notorietà sono già stato
apostrofato come: straniero pazzo e blasfemo, quindi si, ho un modo tutto mio
di farmi notare - concordai con le sue parole avvicinandomi appena e ammirando
le sue forme sode e sinuose, che riconoscerei ovunque anche ad occhi chiusi,
sotto quei vestiti prettamente maschili che si sposavano con la sua eleganza.
- Si, credo di aver udito un qualcosa in merito ad
un nuovo membro del tuo equipaggio e su un certo Volga - schioccò le labbra,
osservandomi con sguardo furbo.
- Hai un modo tutto tuo di farti notare - sorrisi,
accarezzandole lievemente il volto, riutilizzando appositamente le sue stesse
parole. Erano anni che non la vedevo, sapevo che aveva lasciato la sua vecchia
vita alle spalle, imbarcandosi nuovamente, riprendendo tra le mani la sua vera
natura. Tortuga per lei era lontana, città di perdizione per molti, città di
perdite per lei. La donna più bella dell'isola, la perla della Sposa Devota,
che non si concedeva a nessuno e tutti si chiedevano il perchè. Un perchè
valido, sentito, profondo; un perchè di cui pochi erano a conoscenza e la
maggiorparte era nell'oltretomba.
- Dovresti saperlo, ormai - si sporse verso il mio
orecchio e sussurrò quelle parole, giocando con la sua lingua sul mio lobo, una
danza che mi era mancata, dovevo ammetterlo - E' il vento di rogne a portarti
qui o quel Volga è davvero importante? - chiese poi curiosa, attorcigliando
attorno ad un dito un ricciolo della mia barbetta.
- E' un vento di esplorazione e, qualsivoglia, di
avventura - ammisi, facendo il vago, accarezzandole la schiena; io sapevo di
lei, del fatto che aveva preso il mare, lei non era a conoscenza della
fratellanza e della mia nomina venuta a pirata nobile.
- Esplorazione?! Heckie, cosa mi nascondi? - si fece
sospettosa.
- Non nascondo niente - bofonchiai appena,
staccandomi da lei - sto solo dando un'occhiata alle terre che da qualche tempo
a questa parte sono di mia competenza, anche se indiretta -.
- Non ti vedo da più di dieci anni e fai il misterioso,
sai che non ha mai attaccato con me - mi fece notare, punzecchiandomi con le
dita il fianco destro, leggera, provocante, come solo lei sapeva essere.
- Le nostre strade non si incrociano da così tanto
tempo che ne sono successe di cose, Loren - ammisi dopo qualche istante di
silenzio, istanti in cui mi stavo godendo le sue dita su di me - ho perso la
mia vecchia nave in seguito ad un violento combattimento da cui sono uscito
sconfitto e a mare, l'ho rivendicata nel giro di qualche mese e, in seguito ad
altre peripezie di cui ancora non mi capacito, sono divenuto pirata nobile ed
ora eccomi qui, in viaggio per andare a dare un'occhiata a quelle sponde;
eccomi qui per andare a fare conoscenze con nuove dicerie di porto -.
- Pirata nobile?! - aggrottò la fronte, non ero
sicuro sapesse cosa fosse la fratellanza, io stesso ne venni a conoscenza
soltanto pochi giorni prima di quelle mille peripezie - Allora devo trattarti
con un riguardo particolare, Heckie - affermò con uno sguardo furbetto, mentre
le dita che mi stuzzicavano il fianco scendevano sempre più giù, a stringermi
il pacco e a dargli piacere nonostante fosse ancora coperto dalla stoffa.
- In qualche modo... - dissi con voce roca sulle sue
labbra - lo hai sempre fatto - la baciai e quell'appuntamento non dato si
trasformò in un qualcosa che condividevamo solo noi da quando ci eravamo
conosciuti. Non era sesso, era puro piacere, dato da semplici gesti che
portavano all'estasi senza penetrazioni. Non era amore, era attrazione, un
forte legame che andava avanti da anni, nonostante le perdite di vista. E
perchè un pirata deve trattenersi in quel modo? Perchè non far valere l'uomo
rude, malvagio, burbero che è in realtà? Loren e la sua bellezza gettavano gli
uomini nel vortice del volere e della perdizione, nel vortice che se non hai un
buco dove infilarci il tuo amico pulsante allora esci di senno. Loren e la sua
storia, quanto ha patito, la morte della madre per violenza sessuale, quella
del padre e del fratello per cani vigliacchi in preda ad un abbordaggio senza
quartiere, e solo allora rifletti, perchè un pirata è un uomo come un altro e
il cuore, nonostante sia nero per quanto spietato, a volte prevale. Loren e la
nostra amicizia, legame forte, carattere simile così come la forza. Amanti? No,
non conosco l'amore e a malapena so cos'è l'affetto. Siamo solo complici
lontani che si incontrano ogni tanto in qualche porto; complici che si muovono
nell'infinito del blu oceanico.
Buonasera
carissimi compari!Chiedo venia per non
aver fatto una presentazione adeguata alla storia nel primo capitolo, ma ero
curiosa di vedere quanto suscitavo anche senza spiegazioni o cose varie. Era da
molto che non imbracciavo una long fic sul buon vecchio Hector, bhè, qui è
giovane e come avete letto la storia è di tutt'altra risma e luogo, innovazioni
gente!!!!Ma non voglio rivelarvi
troppo, davvero, lascio a voi la lettura e se volete le recensioni :)
2. Addio Mediterraneo
Alba, sole sulla distesa blu, sole che si innalza
nel cielo e solletica con i suoi raggi gli alberi, le vele, i pennoni. Alba,
tempo di partenze dopo i bagordi, dopo il carico. Alba, si va, la nave aspetta.
- Mi hai detto di esser in esplorazione di queste
coste per te nuove, Heckie - mi aveva detto, la sera prima, Loren - questo
termine, capitano, non ti assidice molto - aveva iniziato a stuzzicarmi.
- La vita del pirata è fatta anche di avanscoperte,
milady - avevo sentenziato io, molto semplicemente.
- La tua no, però - i suoi occhi color cioccolato
nascondevano qualcosa, qualcosa di serio, non semplice curiosità.
- Non dovete ripartire anche voi co-capitano? - avevo deciso di continuare con la stessa carta
di prima, le davo sempre del voi quando prendevamo una piega seria nel discorso
- non voglio grane con Louis - affermavo pacato, mentre le accarezzavo i
capelli, in quella radura a cielo aperto dove ci eravamo appartati.
- Louis... - aveva abbassato gli occhi e detto quel nome in
silenzio, eccolo il segreto nascosto dietro le sue iridi - Louis è morto Hector
e non sono stata io a succedergli come avrebbe voluto, bensì un energumeno
sputasentenze, il mio grado non ha più importanza, sono tornata ad essere la
cameriera che ero a Tortuga e sai bene che il mare non vuole ciò, sai bene che
la sottoscritta ha un destino diverso da quello dei maltrattamenti - esclamava
melliflua e pacata, nonostante tutto, tamburellandomi le dita sul naso - ti
servirà una mano per tutte quelle perlustrazioni -
E così era deciso, quegli appuntamenti non dati
stavano per partire insieme come quel tempo in cui presi il mare per la prima
volta, come quel tempo in cui ero un pischello e lei la figlia del capitano del
mercantile, che mi aveva preso a bordo, come quel tempo...
Loren non era a conoscenza del vero motivo del
viaggio, ma con le sue ottime abilità di esploratrice e cacciatrice avevamo un
punto a favore. La ciurma non era a conoscenza di nulla, così come il primo
ufficiale, che mi accolse a bordo con un volto speranzoso di conoscere di più -
Si, signor Doom, ora faremo le presentazioni e scambieremo quattro chiacchiere,
deve ancora arrivare un nuovo membro dell'equipaggio -.
Mi guardò accigliato - un altro? -
- Non eravate voi quello che si lamentava e
richiedeva più braccia? - feci notare pungente e sarcastico.
- Bhè, s... in un certo senso... - abbassò lo
sguardo colto in fallo, mentre io ridacchiai con sguardo furbo ed eloquente -
basta parlare, allora! Le presentazioni arriveranno e anche l'oro, tanto oro,
quindi cucitevi quella bocca, il sole è appena alto nel cielo e voi avete
sentenziato troppo per i miei gusti -.
Le vele ammainate battevano sugli alberi immobili,
divorati dalla salsedine, il vento si stava alzando in compagnia del sole, la
ciurma stava salendo a bordo, la partenza era imminente. I segni dei bagordi di
quella notte erano evidenti, barcollanti, sfatti, puzzolenti, pirati. L'odore
dei bagordi era nell'aria, la salsedine non era pura, ma un misto di piscio,
vomito e rum. E Tortuga non era poi così lontano.
Una figura snella, alquanto alta, stava correndo con
una sacca verso la nave: Loren. Era il momento delle presentazioni, delle
quattro chiacchiere con Stefen e delle spiegazioni alla ciurma in merito alla
nuova spedizione dedita all'esplorazione in senso lato, perchè non ero
diventato pirata per esplorare le coste e farmi una cultura geografica e
naturalistica. La donna salì a bordo a testa alta, senza badare ai molteplici
sguardi che la osservavano famelici e postumi da sbronza. La donna salì a
bordo, accarezzando il calcio di una delle pistole portate nel cinturone legato
in vita, mentre l'altra mano si coricava in spalla la sacca, al fianco della
carabina. La donna mi sorrise mentre il primo ufficiale mi guardava
corrucciato.
- Levate l'ancora e issate le vele, il vento ci è
favorevole insulsi scarafaggi impregnati di rum fin nelle viscere - dettai,
quasi ringhiando, un anello leonino al dito, un leone al comando - So cosa
state aspettando e quanto vi state chiedendo, sottospecie di mozzi, quale rotta
dobbiamo perseguire, perchè c'è una donna a bordo e perchè un ragazzetto
gracilino si ritrova alla ruota dell'argano quando il legno da trasportare è
più pesante di lui - ridacchiai appena, notando nei loro occhi lo stupore nel ritrovare
quei punti di domanda che vagavano nelle loro menti, prendere atto nelle mie
parole.
- Una donna a bordo porta male - si sentì borbottare
qualcuno.
- Così come un uomo che biascica dalla mattina alla
sera - ribattei svelto - Loren Farlow era la co-capitano della Tempesta, la
nave di Louis occhio di lince - al nome del pirata tutti ammutolirono, il
vecchio marinaio era un abile tiratore ed un pirata temibile quanto crudele, ma
conosceva la clemenza e la praticava verso chi la meritava, al nome della donna
le voci si fecero basse, ma il silenzio tornò a regnare, avevo appena nominato
due nomi piuttosto scottanti, dato anche il passato di Loren - ora è una di noi
e non credo servano raccomandazioni a riguardo la vostra o la sua incolumità,
le lady dal buco di piombo che porta con sè, non sono certo di bellezza e sono
conscio che non vogliate metterla alla prova -
- La rotta capitano? - ebbe il coraggio di chiedere
qualcuno dopo attimi di ammutolimento.
- Il mar Caspio e le sue sponde marinaio, in particolare
le coste dell'Iran - spiegai guardando dall'alto del cassero il mio
interlocutore dritto negli occhi - la mitologia si sposa con le leggende e
l'oro ne fuoriesce sempre - sguardi incuriositi si spostarono verso la plancia
del timone, la materia si stava facendo interessante.
-
Le
leggende possono rivelarsi vane e pieni di intrighi, capitano! Cosa vi rende
così sicuro di quest'impresa? - chiese un altro, un uomo poco più vecchio di
me, che sembrava saperla lunga. Ridacchiai scuotendo il capo, me la aspettavo
una domanda del genere, alla fine erano sbronzi, ma non tutti idioti!
- Mastro Tes ha ragione signori miei! - dettai a
gran voce alzando le braccia al cielo - le leggende possono rivelarsi vane e
piene di intrighi - confermai le parole del vecchio - ma fantasia e verità si
sposano quando l'intrigo si fa più cupo e avvincente, perchè è allora che la
sicurezza di una ricerca si stanzia come sostanza materiale e non più come
dimensione onirica soltanto - era divertente notare gli sguardi attenti e curiosi
di quel branco di ubriachi pendere dalle mie labbra - Qual è la natura
dell'impresa, mi chiedete voi e io vi dico: l'Argo! -
Silenzio, suspance, chi voleva sapere di più, chi si
stava chiedendo dove avesse già sentito quel nome. Loren mi guardò accigliata,
curiosa di sapere di più, come gli altri. Il gracile Stefen era l'unico che
sorrideva, ma con lui avrei avuto modo di parlare più tardi, con lui avrei
discusso le direttive di quanto era a conoscenza e dettava contro il vecchio
che, alla locanda, mi maledì a parole. Stetti momentaneamente zitto anche io,
gustandomi la brezza lieve e fresca delle prime luci dell'alba sul mio volto,
una carezza per un nuovo inizio, un tocco leggero ad inaugurare l'impresa. Le
voci e gli sguardi della ciurma si fecero più concitati, più ricchi di voglia
di sapere e bramosia d'oro, qualcuno aveva fatto mente locale e individuato nei
meandri della mente la storia dell'Argo, qualcuno si stava semplicemente
facendo prendere dal suono tintinnante ed elegante della parola oro. Un sorriso
mi si dipinse sul volto, un disegno mellifluo sulle intermperie del volto.
- L'Argo, la nave che accompagnò Giasone e i suoi
compari nell'impresa del vello d'oro, la nave che si diceva fosse affondata,
perita nell'abisso con i suoi tesori, con il suo nome, la sua imponenza. Una
grande triremi greca, un'enorme dama antica e forte scampata al mare, scampata
a Volga, Poseidone, Nettuno, chiamatelo come vi pare. Una signora del blu
accolta da Gea, ed è lì che andremo signori miei, solleticando le acque di due
mari e risalendo il fiume dal nome dell'omonimo dio.I fantasmi degli argonauti ci aspettano, il
loro tesoro è stato da solo per troppo tempo -.
Grida di giubilo e hurrà si innalzarono tra la
ciurma, basta domande, le richieste erano lontane, nelle menti solo l'oro e il
discorso appena ascoltato.Diedi
disposizione al timoniere per uscire dal porto, direzione nord, nord - est,
verso i Dardanelli, lo stretto che divideva due continenti, oltre che due mari,
in linea d'aria non molto distante dalla nostra posizione, in linea di
navigazione e di venti distante una settimana o poco più. Diedi disposizione di
rotta perchè io avevo una discussione da iniziare.
- Signor Stefen credo che il legno dell'argano vi
sarà grato se non tentate di approcciarvi con lui in maniera così ardita per
cercare di porlo nell'apposito sostegno, non impegnatevi in atti che vi
spezzino la schiena da soli, lasciate questo divertimento agli altri - inserii
una dose di sadismo nel sarcasmo e scesi le scale del cassero, approdando sul
ponte, la mano posata sull'elsa, la mia scimmietta accomodata sulla spalla, gli
occhi che studiavano quel gracile marinaio di diciottanni o poco più faticare
con il legno - Abbiamo un amico in comune di cui parlare, dopodichè voglio
vedere brillare il ponte, sarà il primo lavoro alla vostra portata, pulire il
lerciume che avete portato a bordo -.
Ahoy!
Scusate il ritardo, ormai sapete la causa delle mie madornali attese, ha solo
un nome: università. Ma non per questo smetterò di scrivere, vi chiedo solo un
filo in più di pazienza :) Un piccolo capitolo, un grande mistero. Non dico
altro, non voglio svelarvi altro. Lascio a voi la lettura e i commenti se vi va
:)
Ile
3. La conoscenza di Stefen
Acqua cristallina che solletica la chiglia, riflessi
del sole sul blu profondo, chiaro scuro, caldo e freddo. Le vele innalzate
aperte al vento, le cime sbattono contro i pennoni, gli uomini cantano e ognuno
lavora.
La cabina attendeva i discorsi, le spiegazioni,
attutiti e racchiusi dai muri, che non li avrebbero fatti uscire finchè non
fosse stato il momento opportuno, il che poteva essere più tardi, domani o mai.
La fiammella era ormai debole nella lampada ad olio,
fletteva leggera accompagnata dalla poca aria che le era rimasta, le passai
accanto e, la spensi con un lieve soffio, prima di aggirare la scrivania e
accomodarmi sulla sedia; una gamba a cavalcioni sul bracciolo, l'altra
accavallata sopra: si, era una posizione comoda per ascoltare quanto il ragazzo
aveva da dire. La mia scimmietta arrivò di lì a poco , trillò e con agile balzo
si accomodò sul proprio trespolo, accucciandosi lì: eravamo due anime in
attesa.
Notai lo sguardo perso, quasi timoroso, di Stefen
entrare prima del suo corpo, restando sulla porta intimidito e meravigliato al
tempo stesso.
- Non credete che vi convenga entrare, ragazzo? -
ridacchiai in domanda, con pungente ironia e fu allora che si riscosse,
entrando e richiudendo la porta alle spalle, annuendo.
Io stesso conoscevo quello sguardo, tempo immemore
addietro lo avevo usato. Chiglie bramate a terra divengono diamanti del mare e
del vento una volta che vi sali a bordo; divengono parte di te e poco importa
quante ne vedrai, poco importa quante ne cambierai, il mare ti ha scelto e
presto ti servirà il gioiello che ti spetta.
Notai l'attrazione negli occhi del ragazzo
soffermarsi su ogni minimo particolare della cabina, stupito dell'ampiezza del
luogo che si celava dietro quel piccolo apperente spazio visto da fuori,
nascosto da quella semplice porta. Tre stanze di una modica grandezza: una
parte principale, dove ci si trovava ora, la camera da letto e un vano più
piccolo, una sorta di ripostiglio per armi, pergamene, mappe e libri. Cercai di
attirare la sua attenzione al tavolo, non avevo troppo tempo da perdere e il
suo culo doveva trovarsi sul ponte a dargli degna pulita.
- Allora, signor Stefen, siamo qui per iniziare un
discorso interessante o per perderci nel rimirare la mia cabina? - feci
sarcastico e un pò spazientito.
- Capitano... Signore, devo ringraziarvi per avermi
preso a bordo, signore - iniziò a parlare velocemente, le sue parole, una
ripetizione unica.
- Si, si, si, questo l'ho capito, sempre i soliti
ringraziamenti. Vediamo di non farmi cambiare idea a riguardo - roteai gli
occhi al cielo.
- Perdonatemi capitano, ma non credevo ci fosse un
qualcuno disposto a dar retta a quelli che tutti, a Rodi, ritengono discorsi
infondati - abbassò appena lo sguardo, recuperando da sotto il gilet una specie
di mappa - questa me la diede mio nonno, un gentiluomo di ventura che servì
sotto il vessillo di uno dei pirati più famosi di queste acque: il Minotauro
del mare -.
Aggrottai la fronte a quel nome alquanto bizzarro,
molti capitani alzavano il grado di terrore che portavano con un soprannome, ce
ne erano di più svariati anche nei Caraibi, ma il Minotauro del mare più che un
nomignolo per incutere paura e panico, sembrava inventato su due piedi.
- E sentiamo, aveva un paio di corna, un anello al
naso, si nutriva di ragazze vergini ed era metà uomo e metà toro? - sospirai,
incrociando le braccia al petto, osservando da lontano la pergamena che il
ragazzo srotolò sul tavolo.
- Così venne chiamato per la sua enorme stazza e per
la violenza nella battaglia, ferite che potevano risultare mortali per molti, a
lui scalfivano a malapena la pelle, fu solo decapitandolo che raggiunse il
Creatore, ma non perì in battaglia, bensì per mano di una donna - fece una
lieve pausa, ma riprese poco dopo - una donna fluida e leggiadra come il mare, molti
dicono sia stato Volga in persona ad ucciderlo -.
La mia fronte si aggrottò maggiormente a quel
continuo di storia, ma mi avvicinai di più alla pergamena deposta sul tavolo.
Vecchia pelle essiccata che odorava di vino e inchiostro, leggermente annerita,
riportava scritte in diverse lingue e il greco antico era quella più leggibile.
- Un Dio che fa i propri interessi, quindi, c'era da
aspettarselo - mormorai, mentre cercavo di intendere quanto c'era scritto, se
dovevo qualcosa a quei cani della marina era conoscere le lingue morte e, una
lieve conoscenza del greco antico, giocava un punto a mio favore - Una nave
ancorata tra monti e mare - lessi tra le righe - Volga non la volle, ma la
sorveglia a distanza -.
- Volga non è propriamente il Dio del mare, sono i
russi a riconoscerlo tale, così come le popolazioni turche e del Caspio. E' un
sottoposto del potente Poseidone, un mutaforma, un dio caotico, come potrebbe
essere il Loki scandinavo - spiegò il ragazzo e dovetti ammettere che per la
sua giovane età sapeva molte cose.
- E scommetto che il Minotauro del mare era sulle
tracce dell'Argo, Volga l'ha scoperto, l'ha ammaliato e al momento opportuno
gli ha mozzato la testa come fece Teseo nel labirinto - non ci voleva molto ad
unire mitologia ad una pseudo leggenda - Quello che non torna è: come mai la
mappa è nelle tue mani? -
- Mio nonno e altri tre gentiluomini di ventura
erano stati incaricati di andare in avanscoperta quando successe il tutto, il
Minotauro gli aveva affidato la mappa per seguire parte del tracciato, ma fu
quando tornarono indietro e videro l'incendio divampare nel campo e la testa
del loro capitano appesa al centro, impalata sull'albero di trinchetto
spezzato, che tempo al tempo si allontanarono il più possibile da quella terra
maledetta -
Il silenzio regnò dopo quella risposta. Avevo
lasciato i Caraibi per venire a conoscenza delle mie nuove terre, i miei spazi
di neo pirata nobile. Avevo lasciato Tortuga, le insidie di Cuba, i leviatani,
per veleggiare in questi mari più piccoli, ma non tanto diversi. Le maledizioni
lasciavano la loro scia ovunque, così come le leggende. Gli dei erano sempre in
mezzo, signori pomposi a cui tutto è dovuto. Ma cos'era un Dio se non un uomo
immortale con qualche potere speciale? Si poteva sfidare un Dio? Si poteva
ingannarlo? Era quello che avevo intenzione di fare, una maledizione non è
nient'altro che una storia della buonanotte piena di terrore, di quelle che si
raccontano nelle notti tetre, una storia di passato e fantasmi, che punta a non
farti muovere in quella direzione, ma la morte ti solletica e ti fa sorridere e
non sono i brevi racconti ad incutere timore.
- Nonostante la tua decisione nel raccontar la
storia, ragazzo, i tuoi occhi tremano più delle tue parole - gli feci notare e,
colto in fallo, Stefen abbassò subito lo sguardo.
- Perchè volete muovervi in questa avventura? - mi
chiese cupo.
- Diciamo che voglio toccare con mano la mitologia -
ridacchiai imperterrito - ma potrei rigirarvi la domanda, il vostro perchè,
signor Stefen? -
- Voglio dare un perchè alle storie di mio nonno,
vedere se c'è un fondo di verità in questa pergamena e tornare per dirgli che
non è morto invano -
- Un motivo molto nobile - dichiarai mellifluo,
portandomi una mano sul cuore - Direi che dopo questa chiacchierata questa
rimane a me - gli comunicai arrotolando la mappa e agitandola tra le mani. Il
ragazzo non fu contrario, si limitò ad annuire - D'accordo, capitano. Occorre
però non sottovalutare Volga, è stato per suo volere che l'Argo è stata
confinata tra il mar Caspio e il Caucaso, accolta da Gea. Una nave però non può
che appartenere al mare e un uomo non può sovrastare gli dei e attraversare poi
il loro territorio - disse infine Stefen, alzandosi, ricordandosi del lavoro
che doveva svolgere sul ponte.
- Non nella mia esperienza - gli riservai un sorriso
spavaldo e lo lasciai uscire, la nave aveva bisogno di una degna pulita.