I’ll always follow the quiet curve of your hip, on my way back home

di DazedAndConfused
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I’ll always follow the quiet curve of your hip, on my way back home ***
Capitolo 2: *** The new life starts from every day ***
Capitolo 3: *** Un autodafé dei miei innamoramenti ***



Capitolo 1
*** I’ll always follow the quiet curve of your hip, on my way back home ***


Ill always follow the quiet curve of your hip, on my way back home.

 

1.       I’ll always follow the quiet curve of your hip, on my way back home

 

Maggio ‘88

Uno scrittore non sa mai quando e dove troverà la sua ispirazione: può essere una parola, un gesto, una smorfia, un colore, un sogno, un’immagine, un suono. Giace in ogni cosa intorno a noi, ma ognuno la percepisce in modo diverso, così ciò che ispira me non ispira te, e viceversa. Jasmine vedeva sterilità dappertutto, purtroppo. Niente. Esiste forse qualcosa di peggiore del blocco dello scrittore... per uno scrittore?

Così il suo editore le aveva procurato un invito per un matrimonio esclusivo a Las Vegas, tra due ricconi (o forse aveva solo colto al volo l’occasione per ottenere un appuntamento), sperando che in tutta quella stravaganza lei trovasse la scintilla. Lei, per non deluderlo, la stava cercando dappertutto, senza risultati.

Gli occhi di Jasmine accompagnarono la sontuosa processione della bellissima sposa (una tipa che aveva dei capelli biondi lunghi e cotonati, sparati in aria come se avesse brillantemente deciso di infilare le dita nella presa della corrente, un abito mozzafiato e due tacchi da capogiro) e delle sue ridicole damigelle fino all’altare, dove il suo promesso, una specie di orsetto lavatore con i capelli ricci e confusi, visibilmente ossigenati, la stava aspettando in un abito da cerimonia parecchio improvvisato e decisamente poco credibile.

Al suo fianco, i quattro ‘damigelli’ sembravano tutte persone finite lì per sbaglio, ma Jaz in quello sbaglio vide la luce alla fine del tunnel: tra la sagoma del rosso con indosso una specie di completo da sottufficiale della marina britannica del ‘700 e quelle del presunto svedese e del presunto afroamericano vestiti allo stesso modo che si sorreggevano a vicenda per non buttare giù un qualsiasi pezzo della maestosa scenografia nuziale, la ragazza scorse una figura minuscola con il viso di un pallore incredibile, i capelli nero corvino nascosti sotto una bizzarra bombetta, abiti inadatti non solo a un matrimonio, ma a qualsiasi altra occasione, e una sospettosa smania di riavere subito le sue sigarette.

Quella era ispirazione, ispirazione allo stato puro.

Osservò quel volto a lungo, quasi a volerlo imprimere nella mente come una fotografia, ma pensò bene di piantarla, altrimenti l'avrebbero presa per una maniaca e sbattuta fuori dalla cerimonia senza tanti ‘se’ né ‘ma’.

Ne avrebbe fatto un personaggio della sua storia, il protagonista, e pazienza se non aveva ancora uno straccio di trama: quella sarebbe venuta da sé, ne era certa. Dentro di sé aveva la profonda convinzione che l’aver trovato la fonte d'ispirazione avrebbe risolto qualunque problema... o almeno così sperava.

 

Novembre ‘85

Il telefono squillò tre volte, prima che un uomo rispondesse.

«Pronto?»

Tiffany afferrò il foglietto stropicciato e lo girò, cercando di leggere il nome appuntato nella sua stramba calligrafia.

«Salve, cercavo Richard.»

«Sicura pupetta

«Sì!»

«Va bene, te lo passo subito... ripensaci però!» rispose lui, lasciandola in attesa. «Rich?! Telefono!» lo chiamò.

«Chi è?» domandò una voce maschile, in sottofondo.

«Non lo so, una pupa che chiede di te» rispose lui, scocciato, eclissandosi.

Il chitarrista si schiarì la voce e prese in mano la cornetta per introdursi:

«Qui parla Richard Fortus

«Ciao Richard, mi chiamo Tiffany. Ho letto il tuo annuncio al conservatorio: sono una cantante, ma mi servirebbero un paio di dritte con la chitarra. Dai ancora lezioni?»

«Ciao Tiffany! Mi spiace, ma no.»

«Questo è un vero peccato!» esclamò lei, mortificata «Posso chiederti perché? Non c’è niente che possa fare per farti cambiare idea?»

«No, davvero. È che io e il mio gruppo, the Eyes, stiamo per iniziare una tournée, ecco. Quindi non saremo più in giro da queste parti così spesso. Mi dispiace!»

«Fa niente! Buona fortuna!»

«Anche a te!»

 

The hardest part

this troubled heart

has ever yet been through now

was heal the scars

that got their start

inside someone like you now.

For had I known

or I’d been shown

back when how long it’d take me

to break the charms

that brought me harm

and all but would erase me.

I never would

or thought I could

no matter what you’d pay me

replay the part,

you stole my heart:

I should have known you’re crazy.

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Ciao Richard, sono di nuovo Tiffany, la tipa delle ripetizioni di chitarra. Ho il tuo album qui tra le mani. Gran bel pezzo ‘in a Cage’! Complimenti! Stammi bene, ci sentiamo!

 

«Tiffany? Sono Fortus!» esordì il ragazzo dall’altra parte della cornetta.

Lei fece mente locale, poi esclamò:

«Hey, credevo che tu fossi morto!»

«Sì, scusa, ma ho imparato solo ora ad ascoltare i messaggi nella segreteria di casa da altri telefoni fissi. Ho chiamato per dirti che sono felice che il pezzo ti piaccia e per ringraziarti di avermelo fatto sapere.» spiegò.

«Oh, bene. Siete ancora in giro? Ci tenevo tanto a quelle lezioni di chitarra!»

«Siamo a ForthWorth adesso, stiamo andando alla grande! Quindi temo che dovrai metterti l’animo in pace e rinunciarci. Tu come va? Fai ancora la cantante?» azzardò.

«Certamente!»

 

- Hai DUE nuovi messaggi! -

Se mi dai il tuo indirizzo, ti mando una cartolina!

 

Ah, ero io, quello della cartolina, cioè, sono Richard, Fortus.

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Rich, sono Tiffany! Mi è arrivata la cartolina! Ma che bella! Ti ringrazio tanto.

Mi piace la tua calligrafia, sai? Dà l’aria della scrittura di uno di talento!

 

Dicembre ‘85

- Hai UN nuovo messaggio! -

Sono Rich. Dici?

Ritornerò a St. Louis per le feste, ci sarai?

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Io ci sono! Tiffany.

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Ma questa segreteria?! Ce l’hai sempre inserita, non riesco a sentirti se non in differita! Rich.

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Senti chi parla!!

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Io sono on the road! Suoniamo in centro il 22. Vieni a vederci?

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Non vedo l’ora!

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Odio la tua segreteria! Si può sapere dove stai tutto il giorno? Ricordati che la prossima settimana arrivo a St. Louis!

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Scusa, sono Tiffany: sto traslocando, per questo non credo che sarò in città quando tornerai. Ti richiamo per farti sapere il mio nuovo numero. Mi dispiace davvero tanto, ci tenevo da morire a incontrarti e sentirvi suonare dal vivo. Scusa davvero, ma per me non ci sarà un’occasione migliore per levarmi di torno... spero che capirai.

 

Gennaio ‘86

- Hai UN nuovo messaggio! -

Hey Rich!

Sono Tiffany. Qui va tutto bene, scusa se non ti ho più richiamato ma sono stata incasinata con il trasloco. Adesso abito a Los Angeles, mi sono dovuta trasferire per colpa tua. Non mi hai mai dato quelle maledette lezioni di chitarra! Dove sei adesso? Chiamami, questo è il nuovo numero!

 

«Pronto?»
Richard si sorprese prima di sentire il telefono squillare senza che la segreteria si inserisse, e poi la voce della ragazza che, a quanto pare, era viva da qualche parte, dall’altro capo dell’apparecchio.

Quello che tuttavia lo fece sentire più strano fu il battito d’ali di farfalle nel suo stomaco all’idea di parlare con lei per davvero, come se fossero uno accanto all’altra.

«Tiffany? Sono Rich!» esordì con vivacità.

«Ahahahahah fantastico! Come va, Rich? Dove sei?» rispose lei, straordinariamente entusiasta.

«In albergo!»

«Ma davvero?!» rimarcò ironica.

«E tu? Come mai sei a casa?» replicò lui, altrettanto pungente.

«Aspetto una chiamata per un ingaggio...»

«Uh-uh! Un ingaggio nella città degli angeli? Sei avanti!»

«Voi non passate di qui?» cambiò discorso lei, sorvolando su quanto in realtà fosse indietro.

«Non nell’immediato: qui nel midwest abbiamo un discreto successo, ma il tour manager dice che il west non è ancora pronto per noi!»

«Spero che riuscirete a venire presto... è incredibile che ancora non siamo riusciti ad incontrarci!»

 

Gennaio ‘87

- Hai DUE nuovi messaggio! -

Hey, Rich.

Per colpa tua, voglio dire, cazzo, non mi hai mai potuto dare ripetizioni di chitarra... posso scordarmi una carriera solista con i controfiocchi! Oggi vado a fare i provini per essere una corista dei Guns n’ Roses. Sono una band emergente, ma sono dei tosti. Sono sicura che ti piacerebbero. Ci sentiamo presto. Lo so che sei on the road, ma il mio numero ce l’hai! Fatti sentire, stronzo! Chitarristi... siete tutti uguali -prego, inserire nuovo gettone- Ti saluto. Tiffany

 

RICHARD FORTUS MI HANNO PRESAAAAAA!!!

 

If all I knew

was that with you

I’d want someone to save me

It'd be enough

but just my luck

I fell in love and maybe...

 

So bittersweet

this tragedy

won’t ask for absolution.

This melody

inside of me

still searches for solution.

A twist of faith,

a change of heart

cures my infatuation.

A broken heart

provides the spark

for my determination.

 

 

Maggio ‘88

Tiffany passeggiava nervosamente di fronte al telefono con indosso il lungo ed elegante abito bianco che molte donne sognano di indossare nella loro vita. Era felice di sposarsi: amava il suo futuro marito, lo amava davvero tanto, e lui amava lei.

Nonostante ciò, c’era qualcosa di contraddittorio nel suo comportamento: era in brodo di giuggiole all’idea di alzare la cornetta e comporre il numero. Considerava Richard molto più di un amico, dopo tutti quegli anni di telefonate e cartoline, anche se non si erano mai visti in faccia, neanche una volta, mai stretti la mano. Avevano solo parlato, praticamente di tutto.

 

If I were you

I’d manage to

avoid the invitation

of promised love

that can’t keep up

with your adoration.

 

Ma allora perché non l’aveva invitato a partecipare al giorno più importante della sua vita, se era un tale amico per lei? Ci sarebbero state centinaia di persone: Steven di certo non si sarebbe neanche arrabbiato, non l’avrebbe neanche notato! Per essere precisi, in verità, non solo Richard non sapeva del matrimonio, ma non sapeva neanche di Steven, così come lei non sapeva nulla della sua vita sentimentale. Nessuno dei due sapeva, chiedere sarebbe stata una dichiarazione di interesse (sebbene lo stesso preoccuparsi di questo metteva ben in luce che l’interesse c’era, c’era eccome), quindi... ah, beata ignoranza! Occhio non vede, cuore non duole. Ma è proprio così?

Tiffany non si era sognata neanche lontanamente di dire a Richard della sua vita sentimentale, voleva che nella sua mente, lei rimanesse sempre collegata al concetto di ‘ragazza libera’. Sul perché preferiva non indagare, sebbene la risposta giacesse evidente nei meandri del suo cuore.

No, non l’avrebbe chiamato, non gliel’avrebbe detto. Non per lui, anche se per lei significava tutto: l’inizio di una nuova vita con la persona che amava, che era lì, accanto a lei, che l’avrebbe tenuta stretta la notte e vicina il giorno, che le prometteva la sua anima e la sua vita per sempre.

Possibile che quel giorno, quel sentimento... per lei importassero così tanto, ma nella sua ottica, per un amico così stretto dovessero contare meno di zero? Perché trasformare una verità così bella in una bugia, che è per sua natura un’infamia?

 

Just use your head

and in the end

you’ll find your inspiration

to choose your steps

and won’t regret

this kind of aggravation.

 

 

Jasmine si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, appena in tempo per godersi la scenetta esilarante che l’afroamericano e lo svedese avevano imbastito: il primo era evidentemente stato incaricato di tenere le fedi ma, al momento dello scambio degli anelli, aveva scatenato un putiferio e il panico generale non trovandoli più. Fu allora che il suo prode compare prese in mano le redini della situazione e gli sventolò sotto il naso il suo mignolo, su cui troneggiavano i due oggetti del desiderio. Tutti tirarono un sospiro di sollievo e la cerimonia poté continuare, mentre Jasmine tratteneva a stento le risate tappandosi la bocca.

Più che un matrimonio sembrava tanto un varietà di serie B: avrebbe dovuto ringraziare il capo per quello spettacolo.

In quel momento il sacerdote consentì allo sposo di baciare la sposa, e quello non se lo fece ripetere due volte: si alzò sulle punte dei piedi e la baciò appassionatamente, mentre i suoi amici si scambiavano gomitate e sghignazzate tra di loro.

Se non fosse stata una scena tendente al comico, Jasmine avrebbe pensato che di per sé fosse tenera... al diavolo, lo era per davvero.

Era tutto sommato tenero vedere lei che si era chinata un po’ sul suo volto per rispondere al bacio, e quell’ammasso di capelli biondi e ricci che, messi insieme, da lontano sembravano una nuvola.

‘Mi sto ammattendo!’ pensò Jasmine, seguendo gli invitati che sfilavano fuori dalla chiesa in tutta fretta per non farsi trovare impreparati nel lancio del riso.

Non appena riuscì ad uscire anche lei, una bimbetta le porse un cestino, facendole cenno di prendere una manciata di riso: la ragazza le sorrise e ubbidì, posizionandosi dietro ad una massa informe di invitati, stando attenta a non farsi notare.

Il boato che scoppiò dopo qualche secondo la informò che gli sposi dovevano essere usciti, così si affrettò a lanciare i chicchi e ad applaudire più o meno entusiasta.

In quel momento alzò lo sguardo e, attraverso un minuscolo varco tra tutti i presenti, poté intercettare un paio di occhi castani fissarla distrattamente. Non riuscì a capire a chi appartenessero, dato che il/la proprietario/a era coperto/a dalla bolgia di gente ed era scomparso/a poco dopo.

 

Il ricevimento si tenne in un hotel con casinò annesso. Naturalmente il casinò era il minore dei problemi, e Jasmine se ne accorse subito. Con una precisione quasi matematica la maggior parte degli invitati si alzava a turno e faceva un viaggio al bagno.

I tavoli erano disposti a ferro di cavallo. Al centro della stretta composizione era stata installata una meravigliosa statua di ghiaccio che raffigurava i due sposi: questa separava il ramo sinistro del tavolo, con tutti gli invitati dello sposo, da quello destro, con tutti quelli della sposa.

Jasmine era stata sistemata, probabilmente per una questione di convenienza, dal lato della sposa, ed era seduta tra il suo editore e una signora grassottella che puntava gli avanzi nel suo piatto. Incapace di difendere ulteriormente se stessa e il suo piatto dagli sguardi ingordi della tipa, la ragazza si voltò, incontrando nella parete di ghiaccio l’immagine di qualcuno che guardava verso di lei. Reclinò la testa e lo stesso fece il suo interlocutore, un bel ragazzo, quel bel ragazzo, che le stava sorridendo divertito con la sigaretta tra i denti.

«Loro sono...?» domandò Steven, sospettosamente felice, alle sue spalle, facendola sussultare.

Questo fece ridere ancora di più Izzy. Tiffany, la bella bionda, si passò un indice sulle labbra con fare pensoso. «Sono dalla tua parte, quindi dovrebbero essere amici tuoi!»

Gli sposi a quanto pare stavano facendo il giro dei tavoli per fare le foto con tutti quanti.

«Ma sì, questo è mio zio Drew!» rispose la sposa in una fragorosa risata. «È lei che non riconosco, sei Patty o Renèe?» domandò, tentando di azzeccare il nome di una delle sue due cugine. 

Jasmine iniziò a sudare freddo. Presto o tardi il fatto che si era imbucata sarebbe saltato fuori e a lei non sarebbe rimasto altro che nascondersi sotto il tavolo. Fortunatamente ci pensò il suo editore, che a quanto pare era uno degli zii della sposa, a salvare la situazione.

«Lei è Jasmine, una mia scoperta. Presto o tardi scriverà la biografia della vostra storia d’amore!»

«Oddio, davvero? Mia cara, sento che diventeremo migliori amiche per la pelle!» la sposa l’abbracciò con trasporto, quasi soffocandola «Vedrai, saremo un soggetto unico e irripetibile, diventerà un best-seller!»
«Lo-lo spero...» borbottò Jasmine, staccandosi da lei e riprendendo a respirare normalmente per una frazione di secondo, dato che anche lo sposo si sentì in dovere di esprimerle la propria gratitudine e il proprio entusiasmo con una stretta.
«Come sono contento! Io, protagonista di un libro! Roba da non crederci: Axl diventerà verde d'invidia, che bello!» urlacchiò Steven felice, liberandola finalmente dalla morsa e catapultandosi al tavolo degli amici per comunicare la lieta novella.
Detto fatto: il batterista aveva già travolto i compagni di band sia verbalmente che fisicamente (dato che era franato addosso ad Axl, il quale lo aveva avvertito di stare più attento, pena un cazzotto dritto sul grugno), non badando affatto alle reazioni degli astanti, perso com’era nella sua euforia.
«Tu quindi vuoi dirmi che... che... che diventerai il protagonista di un libro?» lo squadrò perplesso Duff, mentre il diretto interessato si affrettò ad annuire velocissimamente con la testa, facendola quasi staccare dal collo.
«E di cosa? Di un fumetto, per caso?» lo punzecchiò Slash, ma Steven lo zittì con un: «Non ti sento, tanto so che è l’invidia che parla!» facendogli piantare un bel broncio.
I due di Lafayette erano gli unici che non avevano aperto bocca: se nel caso di Izzy la cosa era assolutamente naturale, c’era invece da preoccuparsi per Axl, che aveva sempre pronta una battutina di scherno da dedicare al batterista.
«Rose, tutto ok?» Slash si sporse incautamente verso di lui, venendo prevedibilmente travolto dall’onda d'urto che l’incazzatura del cantante aveva generato.
«No che non va tutto ok, idiota! Non va bene un cazzo!» si passò nervosamente una mano tra i lunghi capelli «Mi spieghi perché questo cerebroleso deve diventare protagonista di un libro e io no, eh? Cos’ha lui che a me manca? La deficienza, ecco quello che mi manca! Ma a quanto pare è una caratteristica fondamentale se si vuole diventare il soggetto di un libro, porca puttana!»
«Mi spieghi che cazzo di disagi ha?» Duff sussurrò sconcertato quella frase ad Izzy, che chiarì la situazione.
«Niente di che: è dalla notte dei tempi che Axl sogna di diventare protagonista di un romanzo... C’è chi ha fantasie erotiche ad ettolitri e chi invece si fa ‘ste seghe mentali...»

Non sappiamo dire con precisione se l’affermazione sulle fantasie erotiche fosse direttamente ricollegabile al fatto che il chitarrista non riuscisse a staccare gli occhi di dosso dalla ragazza di fronte a sé, ma Duff scosse le spalle e tornò a godersi la scena, dove un Axl incazzato nero urlava addosso allo sposo, troppo euforico (e fatto) per essere consapevole di quello che gli stava accadendo intorno.

«Adesso dimmi chi è quel coglione che vuole sprecarsi a buttar giù più di due righe su di te! Avanti, cretino, dimmelo!» continuò a sclerare quello, al che Pop Corn gli indicò la ragazza seduta al tavolo di fronte al loro.
Il cantante scattò come una molla in quella direzione, gesto che Izzy si perse perché era impegnato a cercare l’ennesima sigaretta da accendersi.
«E così saresti tu la Charles Bukowski in erba, eh?»
A quelle parole Jasmine sobbalzò: l’inflessione della voce roca che le aveva pronunciate non aveva proprio niente di rassicurante. Pensò che qualcuno si fosse sbagliato e continuò a fare la gnorri, fissando il calice di cristallo di fronte a sé.
«Hey, sei sorda? Sto dicendo a te, cazzo! Hai idea di chi ti sta rivolgendo la parola?»
La ragazza alzò lo sguardo smarrito in direzione di chi le stava parlando, incrociando gli occhi verdi e furenti di un tizio strambo dai capelli rossi. ‘Uno dei damigelli, cazzo!’ pensò, ma si affrettò a rivolgergli un piatto «... scusi?!»

Questo scatenò l’Apocalisse.
«Oltre che sorda sei pure rincoglionita? Cristo santo, lo sapevo che non dovevi avere tutte le rotelle al posto giusto, se è vero che vuoi quel deficiente di Adler come protagonista del tuo libro!»
A quelle parole la ragazza si agitò e scattò in piedi, parandoglisi di fronte.
«Senti, a me non dai della ‘rincoglionita’, intesi? Io e te non ci conosciamo, e non hai il diritto di parlarmi con questo tono, razza di cogl...» si bloccò a fissare l’abito che il tizio aveva indossato al matrimonio e, non riuscendo a trattenersi, scoppiò a ridere, di una risata spensierata che fece voltare in quella direzione parte degli invitati... compresi lo sposo e i suoi degni compari.

La sposa, che si era allontanata giusto in tempo per fare altre foto, ritornò di corsa per capire che cosa stesse succedendo. Aveva un’aria calma e pacifica, non doveva essere facile avere a che fare con quella gente tutti i giorni.

«Axl, tesoro, cosa sta succedendo? Perché te la prendi con i miei invitati?» domandò, mentre tutti sopraggiungevano.

«Lo sapevi che questa tipa... scriverà un libro su tuo marito? Ti rendi conto?»

Jasmine guardò Tiffany fare una faccia strana. Pareva che stesse pensando qualcosa come ‘Sì, lo so, e io sarò la sua coprotagonista perché la nostra storia d’amore merita di essere scritta in un libro che diventerà un best-seller, su cui baseranno un colossal che vincerà 90 Oscar’, ma che non potesse dirlo, perché questo avrebbe sconvolto troppo il cantante.

«Io so che scriverà una biografia sui Guns n’ Roses...» improvvisò, facendo la vaga.

«È vero?» chiese Axl, guardando la mora con gli occhi ridotti a fessure.

Tutti, alle spalle del cantante, fecero cenno con la testa di annuire, tutti eccetto il misterioso ragazzo della statua di ghiaccio che, trovata la sigaretta, stava ora cercando l’accendino.

«Certamente!» esclamò Jasmine con un sorriso a 36 denti.

Ci fu un momento di silenzio in cui tutti cercarono di prevedere come Axl avrebbe reagito a questa notizia. Il rosso scosse la testa, dandosi un’aria affascinante, poi scacciò la signora grassottella e si sedette al suo posto.

«Bene. Hai carta e penna? Inizia a scrivere. Io sono il cantante, W. Axl Rose, nato a Lafayette il...»

 

Si era ormai fatta sera: tutti erano andati a ballare all’esterno, e nella sala da pranzo non c’era rimasto nessuno... nessuno tranne Axl e Jasmine. Fu Duff a lanciare l’allarme, facendo notare la cosa agli sposi. Tiffany si offrì di raggiungere la sventurata, che stava per perdere l’uso della mano destra, mentre Axl continuava a raccontare della sua vita come di solito fanno i vecchietti che parlano di guerra.

«Ragazzi, ma non vi va di prendere un po’ d’aria?» domandò la bionda. Axl si voltò verso di lei con aria rancorosa. «Dopotutto, ehm... come hai detto che ti chiami?»
«Jasmine» sorrise lei, grata per il semplice fatto che fosse andata in suo soccorso.

«Beh, Jasmine avrà un sacco di tempo per scrivere di tutte le mirabolanti imprese che ti hanno portato a fondare gli Axl n’... i Guns n’ Roses

Il cantante si drizzò in piedi e lo stesso fece la moretta, prima che fosse troppo tardi.

«È giusto.» Le due seguirono il cantante all’esterno. «Stavo pensando che dovremo fare in modo che ci segua in tour, così da poter prendere nota di avvenimenti di cui Duff, Izzy, Slash e tuo marito potrebbero non avere ricordo. Per esempio, quella volta che...»

Tiffany intuì che Axl stava per ricominciare il suo monologo, quindi afferrò il primo maschio disponibile che non stava facendo nulla se non fumare da una parte tutto solo, cioè Izzy, e lo appioppò a Jasmine, lanciandoli nella pista da ballo.

La mora capì subito che era caduta dalla padella alla brace.

Izzy, estremamente a disagio in mezzo a quella folla danzante, era rimasto immobile di fronte a lei e si stava limitando a fumare. Emise un soffio di fumo verso l’alto e tentò di parlare, visto che la ragazza sembrava incapace di farlo: «E così tu scriverai un libro su di noi.»

«Così sembrerebbe...» abbozzò un sorriso lei «Fai parte della band anche tu?»

«Chitarrista. Ritmico.» rispose.

«Pare che dovrò tirarti fuori qualche nuova informazione con le pinze» ridacchiò lei.

«Suono il mio strumento, non credo ci sia altro da sapere.»

«Il tuo nome, per esempio,» riprese lei «il mio è Jasmine.»

«Izzy Stradlin, chitarrista ritmico dei Guns n’ Roses. Ecco.»

Axl afferrò di nuovo la poveretta, che si sentiva sballottare dappertutto come una bambola.

«Izzy moriva dalla voglia di ballare con lei.» affermò Tiffany, con aria dispiaciuta e allo stesso tempo ironico. «Guardalo, l’hai mai visto divertirsi così tanto?»

Axl la guardò con aria dubbiosa, e poi disse:

«Dobbiamo parlare di affari. Tiffany, che ne dici se te la affianchiamo come corista? Mi dà l’idea di una persona di talento. Sarete una mora e una bionda, e io sono rosso. Perfetto!»

 

 

 

Nda:

Snafu: Ringrazio tutti, in particolare Dazed che mi ha concesso quest'occasione, Richard Fortus, la sua musica e il suo naso per esistere, Izzy Stradlin, tutto il suo corpo, la sua musica e tutto quello che vi viene in mente e non, la mia famiglia (?) e l'amministrazione della città di Las Vegas (?). 

Dazed: io ringrazio la Cath (sì, ti chiamerò sempre così :D) per avermi concesso l’opportunità di ritornare nella sezione dei Guns con un nuovo progetto, Izzy Stradlin, per il suo essere semplicemente Izzy Stradlin, e pure Duff McKagan, così, a cazzo.

 

Disclaimers:

La canzone è Better, GNR.

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Capitolo 2
*** The new life starts from every day ***


Ill always follow the quiet curve of your hip, on my way back home.

 

2.      The new life starts from every day

 

Luglio ‘88

- Hai UN nuovo messaggio! -

Ciao Rich,

sono Tiffany. Stiamo partendo per il nostro nuovo tour degli States, stavolta con gli Aerosmith, e saremo in giro fino a settembre. Mi hanno affiancato una nuova corista che sta scrivendo un libro, una tipa simpatica ma un po’ bizzarra. Sono felice di non essere l’unica donna non groupie. Ahah, ma che te lo dico a fare? Sei un musicista anche tu, non capiresti!

Cerchiamo di rimanere in contatto!

 

 

Jasmine arrivò all’aeroporto e si sentì un po’ spaesata. Era luglio, e di conseguenza c’era tantissima gente che andava o tornava dalle vacanze. Come sarebbe riuscita a trovare il suo gruppo in quel casino?

Si aggirò con la sua valigia enorme – che avrebbe rischiato di esplodere da un momento all’altro – alla disperata ricerca di Tiffany, la sua mentore dal punto di vista canoro. Aveva una bella voce e, per come la vedeva lei, che era comunque una profana, era sprecata a fare la corista per quello schiavista di Axl.

Negli ultimi due mesi si erano viste spesso e lei le aveva insegnato i testi delle canzoni, oltre che a cantare cercando di avvicinarsi ad alcune note più alte. Sembrava una brava ragazza ed erano praticamente coetanee: non vedeva punti in comune tra lei e Steven, escluso il seme della follia piantato in modo profondo in ognuno di loro, ma se si erano sposati ed erano felici... beati loro.

I giorni più sfortunati delle prove erano stati quelli in cui la band si era trasferita a sorpresa a casa Adler per ordine di Axl e la povera Jasmine doveva subirsi tutta la sua biografia con riassunto degli episodi precedenti. Questo era un male fino ad un certo punto, perché Izzy era nel gruppo... e quindi poteva vederlo. Quelle serate finivano quasi sempre nel casino, per questo la nuova arrivata tendeva a tagliare la corda prima che la situazione si compromettesse troppo. Al momento, però, non era sicura che quella fosse stata una buona idea: non sapeva che cosa aspettarsi per il tour.

A proposito del tour, era felice di partire essenzialmente per tre motivi: primo, aveva trovato un lavoro momentaneo con stipendio a parte, vitto e alloggio compresi e che le permetteva di girare il mondo; secondo, quel lavoro le avrebbe permesso di scrivere la storia che le avrebbe fatto guadagnare altri soldi; terzo, sarebbe stata a contatto con Izzy quasi ventiquattro ore al giorno.

Non male per una professione praticamente piovuta dal cielo, no?

La ragazza si guardò intorno ancora una volta alla ricerca del gruppo. A dir la verità, non fu difficile identificarlo dopo qualche passo: Duff e Steven stavano correndo uno in collo all’altro, creando una figura platinata, vestita in modo non bizzarro e alta circa due metri e mezzo, che di certo NON poteva passare inosservata. I due erano inseguiti da Slash, che sembrava piuttosto infuriato per ragioni sconosciute che Jasmine, in fondo in fondo, non ci teneva a sapere. Izzy, Axl, Tiffany e un altro paio di uomini erano invece seduti in attesa dell’annuncio del volo.

Quando la bionda la riconobbe le andò incontro: indossava una canotta nera, un paio di jeans tutti strappati e degli stivali che doveva aver ereditato da Steven, tanto le parvero grandi rispetto al suo corpo.

«Sei arrivata!» esclamò felice, posando entrambe le mani sulle sue spalle, gesto che permise a Jasmine di riconoscere il cerchietto d’oro siglato al suo anulare.

«Sono un po’ agitata...» confessò quella sottovoce, mentre l’amica l’aiutava a portare il mega borsone.

«Primo volo?»

‘Fosse quello...’ pensò. La situazione fu pesantemente aggravata da Izzy con la sigaretta tra le labbra. Quella sigaretta... perché Izzy aveva quell’effetto su di lei?! Si erano visti poche volte in due mesi eppure lei sembrava non riuscire a toglierselo dalla testa. Meglio non pensarci...

 

L’assegnazione dei posti era avvenuta tra i “piani alti” dello staff dei GN’R: Jasmine si era quindi ritrovata tra Duff e il finestrino, postazione che in fondo non le dispiaceva.

Certo, non era vicina a Izzy (posizionato parecchie file davanti accanto a Slash, come aveva avuto modo di constatare con il suo radar sintonizzato sulle frequenze cardiache del moro) né all’amica (che ora pareva intenta a farsi ispezionare la cavità orale dal suo adorato consorte), ma ringraziò il cielo di non essere capitata di fianco al despota sotto le mentite spoglie di front-man di una delle più famose rock band in circolazione: era perfettamente consapevole che non sarebbe riuscita ad affrontare l’intero viaggio in balia dei suoi deliri di onnipotenza, preferendo sfondare il vetro con il martelletto d’emergenza e fare bungee-jumping senza l’elastico al doverselo sorbire durante la traversata.

Per passare il tempo lesse qualche pagina di Bulgakov, ma dovette interrompere l’attività perché il bassista era in modalità “loquace” e le fece perdere la concentrazione: ciononostante non le dispiacque fare quattro chiacchiere con lui, le era sempre sembrato gentile e a modo (nell’accezione che “a modo” può assumere riferendosi ai Guns n’ Roses di quegli anni, ovviamente).

Dopo un po’ tirò fuori dalla borsa il suo blocco degli appunti, per vedere se riusciva a tirar fuori qualche idea per l’adorato romanzo che non voleva proprio saperne di venire alla luce, gesto che Duff interpretò erroneamente come una richiesta silenziosa d’intervistarlo.

La ragazza non si sentì di contraddirlo e accettò il suo invito: in men che non si dica, il biondo cercò di raccontarle i fatti più interessanti che gli erano successi in quei ventiquattr’anni di esistenza, mentre Jasmine scribacchiava velocemente la sintesi di quel che usciva dalla sua bocca.

«… ecco tutto. Adesso ho finito, ti lascio finalmente in pace: sei stata gentilissima ad ascoltarmi per tutto questo tempo, era da tanto che qualcuno non lo faceva!» le sorrise il bassista, gesto che le fece subito ricambiare il sorriso.

«Ma figurati! È stato un piacere, dico sul serio… Magari tutti gli intervistati fossero così sintetici e cristallini come te!»

«A forza di parlare però m’è venuta una sete che non ti dico… Vado a prendermi una birra: tu vuoi qualcosa da bere?»

«Un bicchier d’acqua andrà benissimo, grazie.» gli sorrise nuovamente «Piuttosto, tu sei sicuro che su un aereo di linea servano della birra? Voglio dire: con tutto il rispetto, ma non siamo la Regina Elisabetta…»

«Hai ragione: io sono il Re delle Birre, vuoi che me ne neghino una?» rise quello, scompigliandole i capelli ed andandosene in cerca di un’hostess disponibile a spillargli una doppio malto.

Jasmine sbuffò leggermente: va bene che dall’aspetto non dimostrava l’età che aveva, però quello scompigliarle i capelli le dava comunque sui nervi. Decise però di fare spallucce: Duff era stato gentile e non era il caso di prendersela per una fesseria del genere, per cui ripose il blocco degli appunti ed estrasse nuovamente il libro dalla borsa, intenzionata a leggerne un sostanzioso numero di pagine.

 

Axl si sedette al fianco di Tiffany, cacciando la tipa a cui era stato assegnato il posto (sappiamo che è una sua prerogativa).

«Spero che non vi spiaccia se vi interrompo mentre giocate all’allegro dentista.» esordì.

Steven fece spallucce, poi cercò di scendere a patti: «Basta che stasera non vieni a rompere mentre giochiamo all’allegro ginecologo!»

Il cantante lo ignorò e si mise a parlare con la bionda. Domandò, senza mezzi termini: «La nuova corista sa i testi?»

«Certo! Cosa credi che le abbia insegnato in questi mesi? A fare l’uncinetto?»

«Volevo solo assicurarmi. E come procede la biografia che sta scrivendo su di me? Ti ha fatto domande? Hai risposto in modo che dalle tue descrizioni sembrassi un idolo metropolitano?»

Tiffany aveva due scelte: poteva dire la verità, cioè che Jasmine non le aveva chiesto niente, e causare così un dirottamento, oppure mentire, dire che Jasmine le aveva chiesto un sacco di cose e che lei aveva risposto in modo da idolatrarlo. Seppur non fosse esattamente al top della sua felicità, ancora non aveva pensato al suicidio, quindi optò per una cosiddetta bugia a fin di bene.

«Sì, non abbiamo parlato altro che di te… ho parlato così bene che ho paura si sia fatta un’idea sbagliata!» poi si rivolse al marito «Quindi, tesoro, non dare retta alle voci…»

 

Jasmine si stropicciò gli occhi: troppo Bulgakov nuoce gravemente alla salute, e quindi decise di riporre da una parte (per l’ennesima volta) l’angosciante tomo.

Tutto sommato era soddisfatta: aveva letto qualcosa come un’ottantina di pagine e tutto senza distrarsi o, peggio ancora, addormentarsi nemmeno una miserissima volta.

Fu però quando si voltò verso Duff, per scambiare nuovamente qualche chiacchiera con lui, che soffocò a stento un urletto di spavento (leggasi tra le righe: puro terrore): di fianco a lei infatti non v’era alcuna traccia della pertica ossigenata, bensì mister Stradlin in (carne ed) ossa.

Pensò nuovamente che le poteva andare peggio, che al suo posto poteva esserci quello psicopatico incrociato con gli irlandesi, ma si rimangiò tutto quanto: era nella merda, e nessun giro di parole sarebbe servito a cambiare la situazione, a farla migliorare.

Boccheggiò per qualche minuto prima di riuscire a trovare le parole adatte da pronunciare al chitarrista ritmico, parole che le uscirono strozzate dalla gola, ridotte ad un pigolio sommesso.

«Che-che ci fai qua?»

«Duff si è accomodato di fianco a Slash, io ero andato un attimo al bagno» a quelle ultime parole la ragazza alzò gli occhi al cielo, consapevole del messaggio subliminale che quelle contenevano «e quando sono tornato mi sono ritrovato sfrattato… Per caso ti disturbo?»

Jasmine diventò paonazza: l’ultima cosa che voleva era che Izzy pensasse di essere un peso per lei, per cui si affrettò a scuotere la testa per negare con fermezza.

«Affatto!»

«Perfetto.»

Il silenzio piombò nuovamente tra i due, cosa che ormai rientrava nella prassi.

«Ah, Duff mi ha detto di darti questo… Ha anche detto che c’ha fatto aggiungere del limone…» le porse un bicchiere, e la ragazza lo ringraziò balbettando, sfilandoglielo dalla mano. In quel momento le loro dita si sfiorarono per qualche istante, e il gesto non poté che farla arrossire imbarazzata.

 

 

Jasmine aveva iniziato ad avvertire la tensione una volta arrivata sul luogo dell’evento; Tiffany, invece, aveva l’aria di una che si sta divertendo molto con il suo nuovo giocattolino, che, invece, la viveva come una persecuzione. Le due avevano un camerino a parte, e questo era ancora più deprimente.

La bionda, china su di lei con il suo passARTISTS - Access to stage is only up to and including artists set. Access all areas’ le stava facendo il trucco da un’eternità. La scena era talmente comica che ogni tanto qualcuno si fermava a vedere come stava andando, per ingannare l’attesa generata dal ritardo epico del cantante.

«Axl ti ha fatto un favore ad assumerla, Steven...» constatò Duff «Guarda come si sta divertendo: è il suo nuovo bambolotto. Non vorrà figli fino a che ci sarà lei a lavorare con noi.»

La battuta fece sorridere anche Izzy, che però puntualizzò: «Axl farebbe meglio ad arrivare...»

Si sa, tra chitarristi e cantanti c’è una specie di contatto interiore, un filo che lega i cuori. Il cantante arrivò in quel preciso momento.

«Beh? Cosa state poltrendo tutti?» strillò, per scaldarsi la voce «Prepariamoci a salire sul palco!»

«Di già?!» domandò la nuova arrivata, con un’aria preoccupata.

«Andiamo!»

Durante il tragitto Tiffany dovette richiamare Jasmine, che stava inconsciamente seguendo Izzy.

«Jaz... odio deluderti, ma noi entriamo dal lato di Slash.»

Mancava pochissimo all’inizio e la mora iniziava a pensare che non fosse stata una buona idea cominciare da così in alto.

Fuori la folla, un’arena intera (non si era documentata, ma il concerto era probabilmente sold-out ed era meglio non indagare) sollevava il suo impaziente brusio.

«Ascolta.» esordì Tiffany, rapita da quel frangente «Questo è il momento che preferisco in assoluto. Adesso Steven salirà sul palco, guarda, ci sarà un impercettibile attimo di silenzio e poi Slash spaccherà di brutto con l’intro e la folla inizierà a gridare. Allora la follia farà irruzione sul palco... e con lei noi.»

Successe esattamente come aveva detto: Slash le augurò buona fortuna, mentre Steven salutava la moglie a modo suo. Poi i due salirono sul palco e si sentì partire l’intro. Tiffany si avvicinò a Jasmine per indicarle Izzy che faceva il suo ingresso sul palco con il suo stile inconfondibile.

«Axl?» domandò, spaventata all’idea di non vederlo.

«Lui entra da dove gli pare!» strillò Tiffany, poi la prese per un polso e si avvicinò alle postazioni, trascinandosela appresso come un peluche. Era il loro turno.

Le ginocchia di Jasmine iniziarono a tremare e un brivido la scosse.

«Inizia lo spettacolo!»

 

«YOU KNOW WHERE THE FUCK YOU AREEEE?»

A quelle parole lo stadio intero si scatenò, e i musicisti con loro. La stessa Tiffany sembrava essere stata impossessata dal demonio, presa com’era nel dispensare sorrisi a destra e a manca e a battere le mani a tempo.

L’unica che si sentiva come un pesce fuor d’acqua era invece Jasmine, che non riusciva a capacitarsi delle modalità che l’avevano condotta in quella situazione: fino a qualche mese prima la cosa più estrema che poteva fare era forse il girare fianco quando la sveglia suonava e concedersi una birretta di tanto in tanto, mentre adesso si ritrovava sul palco di uno stadio gremito di gente, in compagnia di una delle rock band emergenti più famose.

E tutto quanto per un dannatissimo libro che non voleva saperne di venire alla luce e per un maledetto chitarrista che la degnava a malapena di qualche sguardo.

Volse lo sguardo verso il soggetto dei suoi pensieri, che era intento a strimpellare la chitarra, mentre la fidata coppola celava il suo sguardo misterioso agli spettatori.

La ragazza sospirò: ad aver avuto metà del carisma e del fascino di Tiffany, il malcapitato sarebbe stato invischiato nella sua ragnatela già da qualche tempo…

Ma lei non era Tiffany: era Jasmine, l’anonima Jasmine, e quella sarebbe rimasta per sempre.

Sospirò e cercò di nascondere la propria malinconia, che però era stata notata da qualcuno: Duff le si avvicinò con fare assolutamente naturale e continuando a suonare la propria parte, per poi darle un improvviso buffetto affettuoso sulla guancia.

In fondo la new-entry gli stava simpatica, il muso lungo non le si addiceva per niente.

Per tutta risposta Jasmine arrossì ma si sciolse in un sorriso, gesto che lui ricambiò volentieri: dopodiché le fece un cenno veloce e ritornò alla propria postazione.

La ragazza sorrise di nuovo: si sentiva già meglio, anche se le sarebbe piaciuto molto che quelle attenzioni le fossero state dispensate da un altro membro della band… ma era meglio non pensarci: ora era solo il momento di sorridere e riprendere a cantare con più foga.

Nel frattempo un paio di occhi scuri avevano assistito all’intera scena ma, prima di poter riuscire a fare qualcosa, il loro proprietario fu costretto ad ultimare il brano sotto le urla incessanti del pubblico.

 

Finalmente fu il turno di Paradise City.

La dolce melodia dell’inizio era solo la quiete prima della tempesta. Steven approfittò dell’intro per riposarsi un attimo (e guardare il sedere a sua moglie che stava ballando). Le due coriste, con la collaborazione di Duff e Izzy ai microfoni davanti, cantavano: «Take me down to the Paradise City where the grass is green and the girls are pretty! Oh, won’t you please take me home?» mentre Axl scandivaTake. Me. Home.

«Take me down to the Paradise City where the grass is green and the girls are pretty! Oh, won’t you please take me home?»

Poi ogni voce tacque e ci fu solo musica. Il cantante solista andò a ballare per qualche istante in mezzo alle due coriste (giusto affinché quel ricordo rimanesse impresso nella memoria di Jasmine per scriverlo nel libro), poi tornò al centro del palco, sempre danzando, e Tiffany riuscì giusto in tempo a farlo notare alla sua collega mora (che aveva deciso che non valeva la pena guardare il pubblico quando sul palco c’era Izzy), mentre soffiava nel fischietto e lo lanciava tra la folla, non prima di aver mandato l’arena in visibilio.

Slash si prese la sua parte e iniziò a correre per il palco, evitando per miracolo un indumento intimo dietro l’altro. Si era sempre chiesto se tutta quella gente che glieli lanciava non volesse dirgli che forse era il caso di indossarli.

Nel frattempo la folla spingeva sempre di più verso le prime file: era uno spettacolo da vedere, ma Jasmine sperò di non trovarsi mai in una circostanza del genere.

Poco prima dell’inizio del secondo ritornello Izzy fece un cenno col capo a Slash e i due si materializzarono accanto alle coriste. Il primo fece l’occhiolino alla moretta, che dovette fare un notevole sforzo per ricordarsi le parole, mentre il secondo, troppo vicino al mega ventilatore installato per il caldo eccessivo, lasciò volar via il suo cappello, che prima si impigliò tra i capelli della bionda e poi raggiunse Steven, creando uno spettacolare effetto speciale.

Se Jasmine era ben felice di dividere il suo microfono e il suo spazio limitato con Stradlin, Tiffany era invece sul punto di cacciare Slash a pedate, visto che lei era quella che aveva il microfono più alto e non voleva di certo che si sentisse il chitarrista che stonava peggio di... non lo sapeva neanche lei. 

Arrivò dunque il momento di separarsi e lo show andò avanti. La pressione e il ritmo erano sempre più incalzanti e salivano man mano che il tempo passava, fino al gran finale.

 

 

- Hai UN nuovo messaggio! -

Ciao sono Richard!

Una nuova corista?! Ma almeno è carina? Ahahahahahahah. Sto scherzando, lo so che la corista più bella del reame sei tu. Perché hai un’opinione così bassa dei musicisti? Donne... non vi capirò MAI.

Fammi sapere le date, magari per un colpo di fortuna riusciamo a incontrarci... così potrò valutare di persona se sei la corista più bella del reame. Fammi sapere!

 

 

 

 

Nda:

Dazed: sentiti ringraziamenti alla saliera della Cath, io e lei sappiamo perché. Ah sì, scusatemi per la pigrizia: il ritardo della pubblicazione è solo colpa mia, just saying LOL

Snafu: Grazie a tutti i lettori, a chi ha commentato e a chi ha pazientemente aspettato! 

 

 

Disclaimers:

Le canzoni sono rispettivamente Welcome to the Jungle’ e ‘Paradise City’, GNR.

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Capitolo 3
*** Un autodafé dei miei innamoramenti ***


Ill always follow the quiet curve of your hip, on my way back home.

 

3.      Un autodafé dei miei innamoramenti

 

Jasmine aveva messo le mani sulla sua prima suite da poche ore: aveva fatto un bagno con i sali e la schiuma come aveva visto solo nei film e si era messa il pigiama, pronta a farsi avvolgere da un letto che aveva tutta l’aria di essere comodissimo. Vi si era lanciata sopra e si era messa sotto le coperte: sentiva un gran casino nelle orecchie, come un fischio continuo, dovuto probabilmente all’effetto degli amplificatori. Aveva chiuso gli occhi e si era detta che si sarebbe riposata: era stanca morta ed era stata una giornata di quelle che spaccavano. Avrebbe dormito davvero, se alcuni rumori parecchio equivoci di testate del letto che sbatacchiavano contro il muro o molle del letto che cigolavano, che si alternavano a gemiti sconnessi e gridi di nomi, non fossero provenuti dalla stanza accanto.

Jasmine sperò che la scelta del management di mettere la sua stanza accanto a quella di Steven e Tiffany non fosse permanente. Stava cercando di tapparsi le orecchie con il cuscino extra che il letto matrimoniale aveva in dotazione, quando qualcuno, bussando violentemente alla porta, gridò:

«Donnaaaaaaaaa

Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. La moretta si alzò dal letto e indossò la vestaglia che aveva trovato piegata sul fondo del letto, poi si trascinò fino all’uscio. Aprì e trovò Axl intento a finire una conversazione che forse aveva intrapreso da solo.

«… eja, di ghisa.»

«Di ghisa? Di cosa stai parlando, Axl? Hai bevuto?» chiese lei, preoccupata.

«Secondo te?»

Il cantante strinse la fibbia della cintola, lanciando un’occhiata di sufficienza alla nuova corista, poi fece irruzione nella stanza, trascinando con sé Stradlin.

«So che non hai ancora intervistato Izzy. Quindi mi sono offerto di portartelo qui, così puoi fargli tutte le domande che vuoi. Naturalmente, non è detto che lui risponda, ma devi provarci se vuoi avere un quadro completo del gruppo…»

«Finito di parlare come se non fossi qui?» mormorò il chitarrista.

«Come non detto, Izzy oggi è in vena di chiacchiere. Buon lavoro.»

Jaz tremò con la porta che veniva sbattuta dopo l’uscita del rosso, quindi non ebbe il tempo di pensare al fatto che il despota le avesse perfino augurato buon lavoro. La ragazza fece giusto in tempo a voltarsi per vedere che Izzy si era accomodato su una poltroncina stile impero, e questo le risparmiava l’incombenza e l’imbarazzo di invitarlo ad accomodarsi, cosa che naturalmente avrebbe potuta essere fraintesa. L’uomo stava tracannando il primo miniwhisky che un tempo era alloggiato nel minibar: aveva tutta l’aria di uno che non ha intenzione di far sopravvivere il contenuto di neanche una bottiglia.

«Insomma, com’è stata la tua prima volta?» domandò quello, insolitamente loquace.

La ragazza arrossì violentemente: stava ancora pensando ai messaggi subliminali di Axl, alla ghisa, ai suoi vicini di camera e la bocca di Izzy incollata alla bottiglietta non era affatto d’aiuto.

«C-che?»

«Ti sei divertita?»

Solo allora la ragazza capì che Stralin si stava sicuramente riferendo alla prima esibizione, così si affrettò a rispondere: «Oh, sì, moltissimo!»

«Bene.»

«Già, bene.»

Il silenzio piombò nella suite e una palla di erba secca rotolò con nonchalance tra i due, nonostante non spirasse alcun alito di vento.

Jasmine però cercò disperatamente di non precipitare nel buco nero del mutismo imbarazzante, e optò per il dire le prime stronzate che le passavano per la mente in quel preciso istante.

«Posso… posso offrirti qualcosa?»

Per tutta risposta il chitarrista le mostrò il miniwhisky che teneva in mano (il quinto, per la precisione, sottrattole con le abilità del Mago Silvan), un’espressione impenetrabile dipinta sul volto.

«Oh, vedo che hai fatto da te… bene.»

Izzy giurò di aver visto la palla di erba secca fare retromarcia e ballare spensierata un tip tap davanti ai loro occhi… ma forse era solo l’alcool che cominciava a fare effetto.

«Non dovevi intervistarmi?»

Quelle parole riscossero la ragazza, che si ritrovò a ringraziarlo mentalmente.

«Oh, sì, certo! Allora, cominciamo subito con le domande facili che potrebbero sembrare pure sceme: quand’è che hai deciso di voler far parte di una band?»

«… potrei rigirarti la domanda.»

«… c-come, scusa?» si affrettò a balbettare lei, la salivazione improvvisamente scomparsa.

Izzy le si avvicinò, sempre restando seduto sulla poltrona, spostando il suddetto oggetto d’arredamento con scarsa delicatezza e grande frastuono.

«Ok, hai una bella voce, non lo metto in dubbio, ma sappiamo benissimo entrambi che fare la corista non sia la tua ambizione: allora perché sei venuta al matrimonio di Steven?»

«Ma che razza di domande sono!» s’inalberò lei, cercando di essere il più convincente possibile «Mi ci ha trascinato il mio capo, che è zio di Tiffany! Per caso la mia presenza ti ha arrecato fastidio?»

«Oh, niente affatto…» le sorrise sornione «E comunque ho capito, t’ha dato lo zuccherino dopo un milione di caffè recapitatigli a domicilio, dico bene?»

La vena della tempia della ragazza cominciò a pulsare vistosamente, rischiando di causarle un embolo, anche se in quel momento era troppo impegnata a reprimere una vagonata d’insulti per potersi preoccupare delle proprie condizioni di salute.

«Senti, io non so se lo stronzo che ti ritrovi come cantante t’ha contagiato, fatto sta che non ti devi assolutamente rivolgere così a me: voglio fare la corista? Farò la corista! Voglio imbucarmi ad uno stracazzo di matrimonio? Sono libera di fare anche quello, e non sarai di certo tu ad impedirmelo!» urlò, ormai in piedi «Non ho capito perché devo rendere conto di ogni mia azione: non so come cazzo ho fatto a diventare corista, non ne ho la più pallida idea… ma sai che ti dico? Che, finché dura, me la godrò!»

A quelle parole il chitarrista sorrise nuovamente e, dopo essersi alzato in piedi, la raggiunse, posizionandosi esattamente di fronte a lei.

«Te lo dico io perché sei diventata corista: perché è dal giorno del matrimonio che non mi stacchi gli occhi di dosso, e questo non puoi negarlo…» le mise una ciocca di capelli dietro un orecchio «Ma sei fortunata, sai? Perché è la stessa cosa che è successa a me.»

Per tutta risposta Jasmine deglutì rumorosamente e si precipitò fuori dalla porta, il volto in fiamme e il cuore in gola.

Aveva una sola salvezza, e quella era Tiffany.

 

 

Tiffany sorrise e digitò il numero di telefono di Richard, che ormai sapeva a memoria. L’apparecchio squillò a vuoto, come sempre, fino ad innescare la segreteria, e il classico lasciare un messaggio dopo il segnale acustico.

Lei non se lo fece ripetere due volte e iniziò a parlare: «Hey Rich, sono Tiffany. Quando hai parlato del chitarrista più figo degli Stati Uniti non avevo realizzato che stessi parlando di te stesso! E comunque sono certa che la mia collega avrebbe avuto da ridire… ahahahahah scherzo, lo sai che ti adoro anche se non ti ho mai visto né sentito suonare. Ho fiducia nelle tue doti di musicista! Sei stato fortunato a riavere indietro la tua chitarra. Io troverò qualcuno che mi insegni al posto tuo. Sto cercando di rimpiazzarti da anni, ormai. Sai, la prima tappa è stata una figata pazzesca, avresti dovuto esserci. In realtà, avresti dovuto esserci molte volte… »

 

 

Dopo aver girovagato come una furia per tutto l’hotel e per tutta la notte, alle prime luci dell’alba Jasmine si ricordò finalmente che la stanza di Tiffany era quella attaccata alla sua: quando fu davanti alla sua porta fece per bussare, ma la voce dell’amica la persuase dal farlo.

Stava parlando a voce piuttosto bassa, ma lei riusciva a sentirla distintamente perché doveva essere proprio nei pressi dell’entrata della stanza.

Pur sapendo che non fosse eticamente corretto, poggiò un orecchio sul legno della porta per poter ascoltare meglio.

«Serve una mano?»

La giovane si vide sventolare un bicchiere di fronte al naso e, dopo aver alzato il capo, si accorse che chi le aveva rivolto la parola era nientepopodimeno che mister McKagan.

A quel punto, resasi conto di essere stata scoperta, si scostò immediatamente dalla porta, iniziando a balbettare scuse campate per aria.

«I-io… non è come sembra, eh! Passavo di qui per caso e…»

«Tranquilla, non me ne frega nulla se sei una psicopatica o se hai disagi di qualsiasi tipo…» le sorrise lui «Dai, prendi questo e prova a vedere se funziona: l’ho sempre visto fare nei polizieschi ma non ho mai avuto modo di sperimentare questa tattica.»

La ragazza fissò titubante il bicchiere, per poi afferrarlo e sorridergli a propria volta; dopodiché si mise all’opera, cercando di carpire più parole possibili.

«Sai, avevo il bicchiere in mano perché me ne stavo andando giù alla reception a protestare: ne ho chiesto di più grandi e non me li hanno voluti dare, perché dicono che questi bastano… così volevo andare a farglieli vedere di persona, magari capiscono che la situazione è urgente e…»

«Duff, ti spiacerebbe stare zitto per due secondi, almeno riesco a capire qualcosa?» sbuffò quella per tutta risposta, schiacciandosi ancor di più contro il legno, ma poi sorrise soddisfatta «Bingo!»

«Ah, sapevo che avrebbe funzionato!» esclamò lui, appoggiandosi alla porta perché la curiosità aveva preso il sopravvento. «Sai…» continuò poi, mentre lei era ancora concentrata ad origliare «Mi chiedevo se ti andasse di venire con me a reclamare… cioè, non che tu sia una grande fan degli alcolici, questo l’ho notato… però sicuramente con le parole ci sai fare più di me, e sono sicuro che li convinceresti, quegli stronzi… e poi potrei offrirti da bere o magari portarti fuori a cena, che ne so»

«Duff, non mi sembra il caso…» sussurrò quella piano, cercando di non farsi sentire.

«Perché no? Non ho un secondo fine, eh! È solo una cena tra amici, niente di che…»

«Volevo dire “Duff, non mi sembra il caso che”…» e, com’ebbe detto quello, la porta cigolò e cadde per terra, facendoli ruzzolare nella stanza di Tiffany, che a quel frastuono sobbalzò spaventata e riagganciò la cornetta immediatamente.

«… “non mi sembra il caso che tu ti appoggi troppo a quella porta”, ecco quel che volevo dire.» sbuffò Jasmine ancora frastornata, pronta a sorbirsi la ramanzina dell’amica.

 

 

 

 

Nda:

Dazed: Innanzitutto vi devo ringraziare per la pazienza infinita che state portando, compresa la mia socia u.uEja, di ghisa” è un’espressione sarda che si usa per dire “certo, come no” (tradotta letteralmente sarebbe “sì, certo, di ghisa”) e io e la Cath la usiamo sempre… è diventata un tormentone e la Cath l’ha affibbiata a mister Rose, che ci volete fare lol

Altro da dire? NO.

(grazie-grazie-grazie a chi si prenderà la briga di leggere :3)

Snafu: Grazie a tutti i lettori, a chi ha commentato e a chi ha pazientemente aspettato!  (non ho altro da aggiungere, bye :D)

 

 

Disclaimers:

Il titolo del capitolo è tratto da un brano di Franco Battiato.

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