La compagnia di Spagna

di wakewithcoffee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 Paola girò la chiave nella serratura della cassetta della posta ad occhi chiusi. Aprì lo sportellino e gli occhi contemporaneamente e sbuffò delusa: ancora nulla. Aveva ordinato quel cofanetto speciale di Tiziano Ferro per internet ormai da due settimane, ma ancora non era arrivato nulla. In breve tempo, allo sconforto si affiancò una strana sensazione alla bocca dello stomaco: anche quella sera avrebbe dovuto fare i conti con le lamentele di suo padre che, scettico verso lo shopping in rete, era convinto di aver perso cinquanta euro a vanvera per ‘quello lì’. ‘Quello lì’, come si ostinava a chiamarlo suo padre, era il suo idolo. Per lei non era uno sconosciuto, anzi, era un suo amico e insieme a lui aveva vissuto tutti i periodi, sia felici che dolorosi, della sua vita. ‘Quello lì’ aveva cantato e urlato migliaia di ore dallo stereo e le stava componendo, a poco a poco, la colonna sonora della sua vita. C’era sempre stato da quando, ancora all’asilo, lo aveva sentito cantare il suo nome in “Rosso relativo”: era come se le avesse dedicato una canzone dopotutto, no? Anni più tardi, a seguito delle tante prese in giro di suo fratello, capì che quella canzone non era stata scritta per lei, ma ormai non le importava più: Tiziano Ferro le era rimasto accanto anche quando nessuno era suo amico e lei gli aveva giurato fedeltà, qualsiasi cosa fosse accaduta.
Richiuse la cassetta della posta e con un’espressione scocciata si avviò alla fermata dell’autobus, dove l’aspettava Margherita che aveva una faccia più abbattuta della sua e, se da una parte questo fatto le tirava su il morale – come si dice, male comune mezzo gaudio – dall’altra la turbò parecchio.
“Wow, un corpo formoso come il tuo e poi neanche una curva in faccia? Un bel sorriso per la stampa?”
No, forse quello non doveva dirlo. Si stava chiedendo proprio se avrebbe fatto meglio a non aprire bocca, quando il viso di Margherita si girò cupo verso di lei con uno sguardo tempestoso. Come le cime del libro di  Emily Brontë o come si chiamava. L’edizione che aveva in casa era composta da 422 pagine: il libro era troppo lungo e lei troppo pigra per leggerlo, ma la copertina l’aveva guardata bene e le sembrava che l’autrice si chiamasse proprio così.
Mentre Paola si perdeva nei suoi pensieri e ripensava alla sua filosofia di vita secondo la quale, se si avevano dei buoni cd da ascoltare, i libri potevano essere usati per alimentare il caminetto e farsi calore, Margherita si gonfiò: “Non è aria, Pao. Oggi no. No, no, no!”
A guardar bene per Margherita non era mai aria: un giorno litigava con Luca, il suo bel tenebroso che la veniva a prendere a scuola e che ancora non aveva avuto modo, o forse non aveva voluto trovare il modo, di presentare alle sue amiche, un giorno un tre in fisica, un altro discuteva con la madre o sua sorella le prendeva i vestiti di nascosto macchiandoglieli a scuola, un altro aveva fatto troppi sforzi in palestra. Margherita era l’unica ragazza che, oltre a soffrire della crisi premestruale, si innervosiva anche durante e dopo il ciclo mestruale. Come se lo facesse apposta.
“Non fare la nervosetta, che il cofanetto di Tiziano Ferro non è ancora arrivato, ho appena controllato nella cassetta delle lettere: ci parli tu stasera con mio padre?”
“Faresti meglio a non lamentarti, tu, perché la mia cassetta delle lettere non era vuota come la tua, ma avrei preferito che lo fosse stata! È arrivata la cartolina da scuola, dice che se continuo così avrò quattro in greco, biologia, storia e inglese…”
Margherita non fece in tempo a finire, che la voce di Paola si aggiunse alla sua: “Mi dispiace, Marghe, ma pensa al lato positivo: quella di fisica ti ha graziato!”
“ Non mi ha graziato, Pao! Nella casella di fisica non c’è scritto un quattro, ma un tre! Un tre! Hai presente le due gobbe di cammello messe per verticale? Tre!”
“Cazzo.” 





Note dell'autrice

Ciao a tutti, questa è la prima storia che pubblico su Efp, spero sia di vostro gradimento o, almeno, che non vi abbia fatto poi troppo schifo. Mi scuso se userò talvolta delle parolacce, ma come già saprete la nostra lingua è composta anche di quelle... Recensite e ditemi che ne pensate. Grazie per averla letta e... a presto, se vi andrà di tornare a leggere!

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Capitolo 2
*** 2 ***


Era metà novembre: c’era da immaginarsi che le lettere non avrebbero tardato ad arrivare. Anche se le dispiaceva dirlo, Margherita i voti che aveva se li meritava proprio.
Diceva di studiare a casa come un mulo, ma poi, a scuola, non rendeva e, se con gli altri poteva accusare i professori, cattivi e irritanti con lei più che con gli altri, con Paola non poteva farlo dato che erano compagne di classe.
 
“ Prossima fermata… Spagna. Uscita lato… destro.”
 
Non era colpa della signorina che parlava al di là degli altoparlanti e neanche del sindaco, ma Margherita proprio non sopportava le voci registrate. Per non parlare delle registrazioni pubblicitarie che iniziavano quando alzava la cornetta del telefono all’ora di pranzo: pur sapendo che non c’era nessun dall’altra parte del cavo, lei un ‘vaffanculo’ lo urlava lo stesso. A volte le faceva ridere il pensiero dei vicini che sentivano tutti ‘questi inviti a partire per mete sconfinate’, come li chiamava lei.
Scese dalla metro, camminarono silenziose a passo sicuro: due anni di convivenza scolastica le aveva portate a capire che nelle giornate ‘no’ è meglio starsene in silenzio per conto proprio piuttosto che provare ad interagire con l’altra che, se fosse stata Paola, avrebbe sbuffato e se fosse stata Margherita… vabbè, avrebbe risposto usando il suo stile ‘dolce e aggraziato’.
 
Piazza di Spagna era gremita di gente: ricconi snob che si avviavano o che tornavano da uno shopping sfrenato per via Condotti, giapponesi con macchine fotografiche al seguito e poveri turisti tedeschi che contrattavano con i gladiatori per una foto o un giro in carrozza. Se i giapponesi erano facile da riconoscere perché portavano gli ombrellini parasole e avevano gli occhi a mandorla, i tedeschi, che si sarebbero potuti confondere con russi, francesi o ucraini, avevano un tratto che li distingueva da tutti: i classici, stilosi e meravigliosi sandali con i calzini. In genere i primi erano neri e gli altri bianchi, proprio come se volessero mettere ancor più in evidenzia quello scempio alla moda che calzavano ai piedi.
“ Oh Carla, credo che questo sia così… O R R I P I L A N T E !”
“ Enzo, hai proprio ragione. Qui, dobbiamo ricominciare tutto da capo: ma come ti vesti!?”
Scherzavano Margherita e Paola, prendendo in giro quei programmi di Real Time che, nonostante considerassero quasi demenziali, non mancavano mai di guardare.
Alzarono lo sguardo ai gradoni. C’erano già tutti che parlavano e scherzavano in gruppo, già pronte a salutare le ultime arrivate e, più in disparte, a bisbigliare fra loro con gli occhi abbassati sui loro iPhone c’erano anche Lisa, Clara e Rosa, in abiti griffati, smalto fucsia e la loro immancabile Pinko Bag.
“ Eccole le compagnone. Grazia, Graziella e Grazie ar…”
“Marghe!”








Note dell'autrice:

Ciao a tutti, vi chiedo di continuare a leggere un attimo anche qui perchè avrei qualcosa di importante da dirvi, o meglio, scrivervi. Volevo, per prima cosa, ringraziarvi per le visite e le recensioni ricevute che mi hanno reso davvero felice anche perchè, fino ad ora, sono tutte positive. Mi scuso nuovamente per la presenza di parolacce, ma mi auguro che vi abituerete presto al mio stile un po' colorito e, specialmente, mi auguro di riuscire a mettere da parte, almeno quando scrivo, il mio gergo da 'Camionista del raccondo anulare che all'ora di pranzo va a mangiare da Gino er Porchettaro' cx . Ho lasciato alla fine quella che forse è la cosa più importante: la mia storia e il suo genere. Alcuni, infatti, pensavano che questa fosse una ff su Tiziano Ferro: non è così. È, invece, come si può notare andando a vedere il genere, appartenente alla categoria 'generale'. Non è per puntigliosità, ma dato che parlerò anche di altri cantanti, attori o conduttori, non vorrei che mi fraitendereste (anche perchè, dopo questo capitolo, potrebbe essere anche una ff su Enzo e Carla, lol). Mi scuso per la brevità del capitolo, ma vi prometto che entro la fine del weekend vi posterò il seguito, un po' più lungo. Non dimenticate di recensire anche questo capitolo dando un vostro giudizio sincero a proposito di ciò che ho scritto. Grazie per essere riusciti a sopportarmi durante queste ultime righe, spero che il capitolo vi sia piaciuto e, per qualsiasi cosa, contattatemi qui o su twitter. c:



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Capitolo 3
*** 3 ***


Eccoli lì. La compagnia di Piazza di Spagna. La vita scorreva frenetica sotto i loro piedi in quei sabato pomeriggio e le settimane che dividevano un sabato dall’altro sfuggivano dalle loro mani. Gli orologi erano così lenti nelle mattine scolastiche e troppo veloci in quei pomeriggi di scambi, di emozioni, di parole. Margherita e Paola, salutata tutta l’allegra banda, comprese le ‘Vip’ – che di certo era un soprannome appropriato e meno esplicito di quello che tante volte aveva già suggerito Margherita – trovarono posto fra i gradoni. Faceva freddo, ma erano le ore più calde e sotto il sole si stava comunque benissimo. Faceva, anzi, quasi caldo, tanto che Paola fu costretta a togliersi la kefiah che le cingeva il collo.
“ Ragazzi, ho una notiziona da darvi” gridò Rocco alzandosi in piedi, a mo’ di annuncio speciale. Nonostante fosse il più spiritoso e il meno serio, stavolta sembrava che fosse in procinto di dire un qualcosa di sensato o, almeno, degno di essere preso in considerazione.
“Notizia è l’anagramma del mio nome vedi…” e un ‘cheppalle!’ corale si alzò dal basso al canticchiare di Paola.
“ Possibile che debba infilare Tizianuccio tuo in qualsiasi frangente? Che poi è pure frocio!”
Paola alzò la testa di scatto e guardò verso Simone che aveva appena finito di articolare la frase. Era stufa di dover spiegare sempre le stesse cose e sapeva che lui faceva così per stuzzicarla, perciò rimase zitta e, solo dopo un po’, bofonchiò un “omofobo di merda”. Solo il ponentino invernale poté captare quelle parole sussurrate all’aria perché le facce di tutti erano piegate in una smorfia di stupore riguardo a ciò che avevano appena sentito: Rocco di lì a poco avrebbe ricevuto il motorino. Un centoventicinque rosso, usato e truccato.
Le facce sbalordite si aprirono in grandi risate nel momento in cui Rosa, che era davvero sbigottita oltremodo, aveva chiesto come un motorino potesse essere truccato e se i trucchi in questioni si potevano acquistare dal meccanico o in profumeria.
“Non c’è mai fine alla stupidità umana. Specialmente se gli umani in questione sono le Vip.” Aveva sussurrato fra i denti Margherita a voce evidentemente non troppo bassa dato che dovette subire l’occhiataccia lanciatale da Clara.
Margherita la guardò meglio: oggi era diversa, sembrava più sciatta.
Non è doveroso precisare che la sciatteria di Clara corrispondeva al massimo picco di eleganza di Margherita, ma per una appartenente al Trio, non avere le ciglia finte era segno di trascuratezza.
Per il resto, era come al solito: duemila anelli alle dita, orecchini tondi giganteschi nei buchi “ordinari” ai lobi e altre catenelle negli altri, tre collane che, a detta della ragazza, “dovevano essere assolutissimamente portate sovrapposte”, scollatura vertiginosa creata da un corpetto fucsia che la faceva sembrare un’enorme meringa e un trucco che avrebbe lasciato perplesse persino Moira Orfei e Nicki Minaj.
Tesssssssssssshoro, ti vedo out. Cosa ti turba? Ti si è scheggiata lo smalto dell’unghia dell’alluce del piede sinistro oppure si è rotto il tacco di quelle decolleté rosa schiapparelli che ti saresti dovuta mettere stasera per quel mega party in disco con il tuo boy e i suoi friends? Oppure ti è morto il pet? ”
Clara la divorò con lo sguardo e Margherita si corresse subito: “ Intendevo il cane. O il gatto. O il pesce rosso. Sai che non mi permetterei mai…” disse, alludendo al dislivello che c’era fra la sua terza naturale abbondante e quella seconda striminzita che Clara otteneva soltanto con imbottiture e push-up.
Mentre Clara le lanciava la terza occhiataccia nel giro di pochi minuti e gli altri ridevano sotto i baffi – tutti  persino il resto del trio! – Simone si avvicinò a Margherita.
“Sai che quando fai così sei terribilmente stronza?”
“ Si, lo so. Rabbia repressa.”
 
E ne aveva di rabbia Margherita: Clara l’aveva fatta soffrire davvero molto. Le due frequentavano la stessa classe alle elementari e alle scuole scuole medie, ma mentre Clara, con il suo modo di fare gentile e superficiali era divenuta nel giro di poco tempo, una delle ragazze più popolari della scuola, grazie anche al fatto che apparteneva alla banda di Rosa, Margherita con il suo carattere scontroso e introverso e i suoi rotolini di grasso attorno ai fianchi, era sempre rimasta nel buio, finchè un giorno Rosa, la ridicolizzò davanti a tutti. Ora erano in due ad essere popolari: una era conosciuta e ammirata – tutti, ambivano ad instaurare un rapporto di, almeno, amicizia con lei e con le sue amiche – mentre l’altra veniva derisa e scansata. Si era chiesta per molto tempo come fosse stato possibile che nessuno le avesse mai pestato un piede mentre camminava dato che, agli occhi di tutti, era la ragazza invisibile.
Si ricordava quel giorno di prima media.
Era primavera e tutti ridevano e scherzavano nel cortile scolastico. Rosa chiamò Margherita dopo aver radunato un po’ di gente intorno a sé, la guardò e sentenziò: “ Rinasce la natura: è primavera. Tu ti chiami Margherita, giusto? Bè, se fossi in te chiederei a madre natura di farmi convertire in un altro fiore più bello, ad esempio la Rosa, perché, siamo obiettive: quel grasso che ti contorna la parte centrale del bustonon ti dona per niente.”
E Clara era lì, in prima fila, ma non aveva detto niente per fermare Rosa, che godeva profondamente nel far star male le persone. Ci godeva con tutti, per questo Margherita non mise mai in dubbio il fatto che forse avesse fatto soffrire anche Clara e, se non lo aveva ancora fatto, era sicura che non si sarebbe lasciata scappare quest’occasione, appena si fosse presentata. Quelle parole avevano tormentato Margherita per anni, tanto che se era dimagrita e se aveva plasmato il suo carattere forte lo doveva, nella maggior parte, a Rosa e al silenzio di Clara: erano servite a qualcosa quelle due, una volta tanto.
Ora, però, voleva una rivincita e non perdeva mai occasione di ampliare i difetti delle due o, semplicemente, irritarle un po’.
E così, in quel momento, le tornarono in mente tutti gli istanti passati a piangere a causa della cattiveria di Rosa.
 Ripensò anche a quella volta in cui aveva trovato il foglietto lilla. Era un grazioso foglietto lilla contornato da tanti cuoricini fucsia su cui Margherita, presa da un momento di noia, aveva stilato un elenco. Un elenco speciale: ‘dieci cose per farmi innamorare’.
Era una cavolata, una roba da ragazzine, eppure lei, ogni tanto, ancora lo tirava fuori quel foglietto ed analizzava ogni singola voce della lista, pensando al ragazzo del momento.
Anche in quel caso Rosa, venuta in possesso della sua lista segreta, aveva urlato a tutto il cortile il comportamento infantile di Margherita, sottolineando il fatto che una come lei non avrebbe avuto la benché minima speranza di trovarsi mai faccia a faccia con un ragazzo, se non per essere presa in giro o sfruttata. ‘I ragazzi vogliono le belle’ le aveva detto ‘non le bambine racchie e sempliciotte come te. Guardaci, noi siamo future donne, tu sei solo un brutto anatroccolo.’
Ma si sa, i brutti anatroccoli erano destinati a diventare dei cigni.
 


Note dell'autrice:

Mi è dispiaciuto che il secondo capitolo non abbia avuto successo quanto il primo, ma in effetti, poteva sembrare più un appunto che un vero e proprio 'capitolo'. Così, armata di nottate passate alzata e di computer, ho scritto questo che, come mi avevate chiesto, è piuttosto lungo. Spero comunque che non vi annoi e che vi possa piacere, almeno quanto il primo. Un bacione e grazie per avermi letta.  - wakewithcoffee, Beatrice.

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