Martire adolescienziale

di spongy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prepararsi ad una festa ***
Capitolo 2: *** Festa con ubriacatura ***
Capitolo 3: *** Dio o Buddha? ***



Capitolo 1
*** Prepararsi ad una festa ***


Non so se avete mai provato la sensazione di essere le uniche povere martiri su questa terra, costrette a subirvi le urla da iena di vostra madre, le scenate delle vostre amiche e i ragazzi che non vi si filano. Beh, io sì.
Ora, va bene, saranno pure tre ore che sto al computer invece di fare latino, sarà pur vero che i jeans che porto sono quelli che mia sorella ha cercato per duecentoottantasette ore, a suo dire, e okay, vi concedo anche che questa canzone sia un po’ troppo movimentata e le casse del pc in generale troppo alte o che il rap sia un genere musicale che proprio non si confà ad un quartiere di vecchi come questo.
Ma santo cielo, perchè devono urlare in questo modo osceno? Vi giuro, quando ci si mettono, mia madre e mia sorella insieme creano tipo una grande cappa nebulosa che si va ad infrangere contro le barriere normalmente raggiunte da un urlo di una persona sana. Glielo dico sempre, che l’inquinamento acustico è un problema serio.
Proprio mentre sto per esordire tra le loro urla con il mio migliore sorriso da ‘piantiamola di fare le isteriche&godiamoci la vita per quello che è... e soprattutto W NESLI(*)’, il mio cellulare comunica al mondo che mi è appena arrivato un messaggio. Ai due mostri dalle facce deformate che ho davanti, evidentemente, poco importa, quindi sono costretta a leggere il messaggio di Gianluca senza concentrarmi.
Poco male, mai che scrivesse qualcosa di intelligente infondo. Quando leggo, a momenti ho un crollo morale. Credo che abbia qualche deformazione mentale questo ragazzo, o forse, più semplicemente non ha frequentato le elementari.
Vi riporto le esatte parole:

“Pischèèè... che hai fatto oggi? Io sto a guarda Amici(***), ciè m’hai contaggiato... qua n’se po’ annà avanti così, mo te passo a prenne così se famo na passeggiata...(**)”

Ma perchè la vita è così crudele? Glielo ho chiesto di passarmi a prendere? Mh? GLIELO HO PER CASO CHIESTO?
Dopo mezz’ora di piastra spastica (sono particolarmente nervosa quando mi chiama quel cerebroleso di Gianluca) e soprattutto dopo averlo fatto aspettare una buona ventina di minuti, scendo. Okay, si crede molto figo, appoggiato al suo motorino-che-non-ho-la-più-pallida-idea-di-che-marca-sia-ma-comunque-è-nero-e-stupendo-però-non-glielo-dirò-mai-sul-serio. Beh, in realtà è molto figo. Ma io non gli dirò mai neanche questo.

“Ciao pischè...”

“Gianlù ti giuro che se mi chiami di nuovo ‘pischè’ ti faccio diventare donna.”

Lui prima sbianca, poi sorride in un modo che farebbe sciogliere anche un ghiacciolo (e soprattutto anche me), mi abbraccia e fa:

“Sì e poi come fai...”

Cazzo, ma deve sempre rovinare tutto questo troglodita? Gli do una ginocchiata in mezzo alle gambe e per un momento, dalla sua faccia, penso che sia seriamente diventato donna.

“Ehi, amichetta!” dice rialzandosi improvvisamente, con la voce in falsetto. Io rido e gli do uno scappellotto, mentre mi metto il casco. Okay, amico, ti seguirò.

Non so dove mi stia portando, rimango solo abbracciata a lui a sentire questo cavolo di profumo magnifico che ha. Sento il vento che si ferma intorno a me, i capelli mi si riafflosciano sulle spalle. Lui approfitta della mia insolita docilità per girarsi e darmi un bacio. Di solito mi tocca le tette, quindi posso ritenermi soddisfatta di questa dimostrazione di dolcezza.
Rimaniamo a baciarci sul motorino finchè uno non passa e fischia e io riesco a trattenere Gianluca solo tappandogli la bocca con la mia.
Okay, beh, io non so spiegare il mio rapporto con Gianluca. Se qualcuno mi chiede se sono fidanzata io rispondo “No” con estrema facilità. E dico anche a Federica con estrema facilità che “Già-già sta diventando un forte, pesantissimo accollo”. Però con lui sto bene e lo chiamo Già-già. Quando non mi può sentire, ovvio.

Sapete dove mi ha portato ‘l’amore mio’? A villa Panfili. Sapete dove ci siamo rincontrati per la prima volta io e ‘l’amore mio’? A villa Panfili. Sì, beh, non siete i soli a sostenere che sia un uomo banale.
Parlando del nostro primo ‘reincontro’, non c’è molto da dire. Io passavo una fase della mia inquieta adolescenza che mi diceva ‘trova il modo di dimagrire, ti prego, perchè sembri proprio un maiale a cui hanno insegnato con molta fatica a camminare e senza nemmeno grandi risultati’ perciò trascorrevo i miei pomeriggi a correre a villa Panfili. Cioè, a far finta di fare corse estenuanti a villa Panfili.
Un giorno però, nel pieno dello stato tuta-pigiama + cappelletto di mio fratello + capelli-cespuglio in stato più che terrificante ma almeno legati + hipod nelle orecchie + faccia molto simile a un grosso pomodoro, sempre durante una di quelle mie corsette a villa Panfili, mi sono sentita chiamare in lontananza. E mi sono ritrovata davanti una delle mie più grande cotte infantili, con cui facevo pallavolo e non riuscivo a spiccicare neanche una parola: Gianluca. Il resto ve lo lascio immaginare.

Tornando al presente, continuiamo a passeggiare. Non voglio annoiarvi con i discorsi sorprendentemente idioti che questo individuo sta facendo adesso, vi faccio solo presente che ora come ora preferirei di gran lunga che si limitasse a baciarmi.


***




“Fede dovresti sostenermi moralmente, non guardare quel cretino.”

Federica si gira con sguardo altamente offeso verso di me. Poi, mordendosi un labbro, accosta la finestra.

“Non è cretino.”

“Lo è. E passa le sue giornate a farsi su un muretto davanti casa mia con quella banda di buzzurri. Lo è.”

Lei si guarda semplicemente le unghie, sospirando. Le piace Matteo da circa due mesi e mezzo. Sta a scuola nostra, ma è come se così non fosse, data la quantità di tempo che ci passa. Ed è un cretino.

“Fedeeeee. E’ basso, basso, basso. Ti ricordi, vero? Niente tipi sotto il metro e ottanta. Che ci dobbiamo fare se madre natura ci ha fatto a immagine e somiglianza del Grande Gigante Gentile?”

Lei fa uno sbuffo, ma lo vedo che vuole sorridere. Mi guarda con i suoi occhi chiari, che ama definire ‘verdini tendenti all’ambrato che si scuriscono verso l’interno e quando piove sono più grigetti verso i contorni’. Come si fa a non amare una che descrive così i propri occhi?

Mia madre irrompe nella mia stanza, senza bussare, con fare alquanto irritante e mi comunica che se stasera ho da fare, posso anche recarmi a piedi in quel qualunque posto in cui abbia deciso di andare. E se ne va, non so se per fortuna o sfortuna, mentre gli grido inutilmente dietro che è proprio per questo che reclamo una macchinetta da dodici miliardi di anni.

“Io mi faccio venire a prendere da Michele...” urla la mia sedicente migliore amica, che presto ucciderò, con aria tutt’altro che innocente.

Michele è il suo ex ed è anche un nostro compagno di classe che le sta troppo sotto e non si capacita del fatto che lei lo abbia mollato e che ha un motorino. La vita a volte è crudele.
La sto guardando molto trucemente, ve lo giuro, ma quel sorrisino proprio non se ne va dalla sua faccia.

“Michele NO. Povero cristo, e lascialo perdere una volta tanto, no?”

“Non ci penso proprio... e poi, solo perchè a te non va di chiamare Gianluca, io dovrei andare fino a via della Balduina a piedi?!”

Ecco, sì, questa sera abbiamo la festa di una nostra compagna. Casa di Sara potrebbe essere potenzialmente lontana da raggiungere a piedi.

“Ma che cazzo chiamo Gianluca, è la festa di Sara... che c’entra lui?”

Federica alza le spalle e so che sta per dire che lei si farà venire a prendere da Michele.
Quindi le faccio presente che la odio e mi metto a cercare il vestitino marrone di cui ho estremo bisogno.


***




“Stai ferma, santo cielo?”

Ho l’eye-liner in mano e sto china sul viso di Federica e il suddetto eye-liner potrebbe anche andare a conficcarsi nel suo occhio, ma lei non sembra dar peso alla cosa perchè continua a parlare e a muoversi.

“... oh, e mi ha sorriso e mi saluta. Matteo mi saluta! Non è emozionante? Un altare, ecco il luogo del nostro prossimo appuntamento!”

“Prossimo?”

Ormai ho rinunciato a farla stare ferma, e tento solo di beccare i momenti di tranquillità per disegnare quel piccolissimo tratto nero che mi è possibile fare prima che lei abbia deciso di aver preso abbastanza fiato e ricominci a parlare.

“Oh vabbè... sarà anche il nostro primo appuntamento, d’accordo. Ma sai che bello, dritti al punto! Se due si amano, possono farlo, no?”

Sorrido, dall’alto della mia postazione, mentre lei allunga una mano, presumo per togliermi un residuo di trucco fuori posto. Infatti, ci resto molto di merda quando mi arriva una schiaffo. E’ decisamente leggero e scherzoso ma non me lo aspettavo.

“Ehi, ma che sei scema?”

Lei scrolla le spalle, ridendo.

“Te l’ha mai detto nessuno che ispiri violenza? Ma proprio violenza fisica...”

La fisso, fingendomi preoccupata.

“Jude Law ispira violenza carnale, non io.”

Ci penso un po’ e proprio mentre finisco il suo occhio destro, dico:

“Anche Simone ispira molto.”

Federica spalanca gli occhi e li fa roteare di qua e di là.

“Ale, parla di Simone un’altra volta e io vomiterò.”

Bene, Simone invece, è il tizio che piace a me. Mi ‘ispira’ alquanto. E’ sempre a scuola con noi, più piccolo di Matteo, con cui non ha proprio niente a che fare eccetto il numero di canne che si fanno, forse. La sua classe è di fronte alla nostra, quindi lo vedo sempre, ma soprattutto siamo andati in gita (5 giorni a Madrid... i 5 giorni più belli da non so quanto tempo) con la sua classe e l’ho conosciuto lì.
Cioè, in realtà ho conosciuto tutti ma non lui, ho parlato con tutti tranne che con lui, ho persino baciato un tizio che non era lui. Ma vabbè, eravamo imbottiti di rum e pera, mi dico sempre. Solo che non poteva capitare con lui, no?

Federica sta alzando un sopracciglio fatto decisamente bene. E’ opera mia.

“Sai... che Sara ha invitato anche lui vero?”

Spalanco gli occhi che fino ad ora ho accuratamente tenuto mezzi chiusi, impegnata com’ero a figurarmi me e Simone in pose poco romantiche, e deglutisco.
In realtà non penso di aver sentito proprio bene. In ogni caso, la mia vista si sta offuscando e il mio stomaco è momentaneamente bloccato. Riprovo a deglutire ma è come se non avessi saliva.

“C... che?”

“Oh, andiamo. Te l’ho detto ieri.”

“No che non me l’hai detto.”

“Uh. Beh, ora lo sai.”

Lei si alza, prende il mio lucidalabbra rosa e se lo passa sulle labbra. Poi dà uno sguardo fuori dalla finestra e mi bacia sulla guancia, lasciandomi appiccicaticcia e con la voglia di saltarle al collo.

“C’è Michele qui sotto, ciccia. Io scendo, tu chiami Gianlu. E’ abbastanza semplice? Ah, forse ringrazierò l’idiota che sta qui sotto,” dice maliziosa, “te lo faccio presente ora perchè sennò poi mi dici che non ti rendo partecipe della mia vita.”

Mentre apre la porta grida:

“Ciao Camilla, ciao Vero, ciao Nico! Ale sei fighissima, non fare quella faccia da ebete... e scordati di Simone.”

I saluti di mia madre, sorella e fratello, giungono da lontano, galleggiando per il corridoio.

Poi, Federica scompare tra le porte dell’ascensore, e io ho la fortissima tentazione di tirarle appresso una scarpa.















Hola, my dear! Giungo tra voi con una nuova storia, che rappresenta un po’ la mia vita in questi ultimi 5 mesi. Ho ristretto il tutto, aggiunto particolari per il bene della mia trama e omesso degli altri, ovviamente.

Spero che quanto stia per scrivere sia chiaro a tutti, ma non voglio strane incomprensioni, quindi ecco uno... ‘schemino’:


Alessandra: la protagonista nonchè l’io parlante.

Federica: la migliore amica di Alessandra.

Gianluca: il ragazzo di Alessandra (una sorta di pseudo-fidanzato. Il loro è un accordo che dice più o meno questo: ‘Noi non siamo fidanzati, possiamo fare quello che ci pare, ma se ci va vediamoci da piccioncini carini’)

Matteo: il ragazzo che piace a Federica

Simone: il ragazzo che piace ad Alessandra

Michele: lo pseudo-ex ragazzo di Federica

Camilla: la mamma di Alessandra

Veronica: la sorella più grande di Alessandra

Niccolò: il fratello più piccolo di Alessandra

Sara: una compagna di classe di Alessandra e Federica che dà una festa

Okay, per il momento sono citati loro. Spero che la storia vi piaccia... e se così non fosse, pazienza!






(*) Nesli è un rapper marchigiano, fratello di Fabri Fibra, di nome Francesco Tarducci.

(**) “Ragazzììì... che hai fatto oggi? Io sto guardando Amici, cioè mi hai contagiato... Qua non si può andare avanti così, ora ti vengo a prendere così ci facciamo una passeggiata.”

(***) ‘Amici’ è un programma televisivo di Maria De Filippi che andava in onda su Canale 5 questo inverno.


Come avrete capito, il tutto è ambientato a Roma, la mia città.
Grazie a tutti per l’attenzione, ora vi lascio... commentino?
Bacini

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Capitolo 2
*** Festa con ubriacatura ***


Freddo. Avete presente, no? Ecco, io lo sto provando alla massima elevazione. Mi arrendo all’evidenza: ho chiamato Gianluca e gli ho chiesto se mi dava un passaggio. Il tutto con estrema nonchalance. Ovviamente.
Quando sono scesa nel mio vestitino di cotone marrone e tacco 11, mi ha guardato per un quarto d’ora con la stessa faccia. Poi mi ha fatto:

“50 euro vanno bene?”

Ora, ditemi se io, regina dell’eleganza e della finezza, posso stare con uno così. Infatti, no. Ha detto che mi accompagnava a patto che ci andassimo prima a prendere una birra insieme. Tanto non avevo altra scelta.

Adesso cammino con aria piuttosto instabile su per il vialetto di casa di Sara. Ho i brividi, mi pizzicano gli occhi e mi si sono gonfiati i capelli.
Mannaggia a Gianluca, le due birre e mezza e il caldo bestiale che faceva in quel bar di beduini in cui mi ha portato. Per una lunghissima mezz’ora ha tentato di parlare di noi, senza riuscirci tra l’altro, perchè continuava a sviare il discorso. Io senza darmi la pena di aiutarlo e tantomeno ascoltarlo, pensavo a Simone, ai suoi occhi nocciola, al suo culo spettacolare, alla sua pelle scura. E bevevo, bevevo, bevevo.
Non so se è per questo o per i tacchi che traballo in modo inquietante e la cosa mi preoccupa, anche se relativamente.

“Chi è?” squilla una voce meccanica dal citofono.

“Alessandra.” Mentre dico il mio nome mi esce un piccolo singhiozzo. Oh gesù.

Mi gira anche la testa. Devo constatare che i colori di quell’albero mi sembrano sfocati. Okay, inspira, espira. Apri la porta, sì, piano. Tira. No, okay, spingi.
Ora puoi riaprire gli occhi, Alessandra.

“AAAAAAHH!”

Va bene. Ditemi che non sono caduta per davvero e che quello che adesso ho sotto al sedere non è veramente il pavimento del condominio di Sara. Qualcuno me lo dica.
E aggiunga anche che davanti non ho sul serio Simone.

“Tutto bene?” dice con la sua voce che ispira fantasie erotiche.

“Ghhhg.”

Oh mio Dio. Perchè non esce niente? Quello doveva essere un sì. Perchè non suona affatto come un sì?

“Come scusa?”

Mi schiarisco la gola e sento distintamente che le mie guance mi stanno facendo l’enorme torto di diventare rosse. Un rosso pericolosamente vivo.

“Volevo dire... sì. Cioè no. Cioè va tutto bene... è solo che... mi hai spaventata. No, non è che metti paura. Io stavo soprapensiero, ho aperto la porta e puff! C’eri tu. Eheheh. Come... perchè sei qui? Dovresti essere su... cioè nessuno ti obbliga... però... cioè”

D’accordo. Sotto il pieno effetto della sconvolgente diarrea verbale che mi attacca nei momenti più inopportuni, sto conducendo la mia prima, disastrosa conversazione con questo figo da paura. Va bene.

Sta sorridendo, comunque. Lui, il figo da paura, sta sorridendo. Inconsciamente, stupidamente, mi giro, in cerca della persona a cui lui stia sorridendo davvero.
Non trovo nessuno e quasi me ne stupisco.
Mmh, mi sta tendendo una mano. Stringiamogliela.

“Ti... volevo solo aiutare.” Dice quasi a tratti, accennando alle nostre mani strette l’una nell’altra e al mio grande sorriso inebetito.

Sembra stia parlando con una persona il cui livello intellettivo è qualche kilometro sotto zero, perchè lo fa molto lentamente.
Oh. Sta parlando con me.

“A fare cosa?” dico con il fare più sexy che posso trovare, continuando a tenergli la mano.

Probabilmente può persino vedermi le mutande da questa posizione, ma non penso di aver sortito l’effetto desiderato.

Ride. Lui ride. Com’è carino quando ride... forse se rido anche io lo faccio contento, uhm...

“Ti vuoi alzare o preferisci restare qui tutta la sera?”

Sono seriamente sul punto di dirgli che preferisco restare qui con lui. Poi mi trattengo. E in compenso, mi esce questo:

“Sei carino quando ridi.”

Oddio. Però, non è certo che io lo abbia detto. Ora glielo chiedo e tutto sarà più chiaro. Chiudo gli occhi per una frazione di secondo e glielo chiedo.

“L’ho detto davvero?”

“...Sì.”

Oddiomioddiomioddiomio. Sto facendo la figura di merda del millennio.
Lui non è imbarazzato. E’ semplicemente bello.


***




La stanza è poco illuminata, fa caldo e mi fa male la testa e i piedi e non capisco se quella che mi sta parlando è la festeggiata o la mia migliore amica. So solo che sono salita qui con un ascensore stretto insieme a Simone e credo di aver parlato solo io, dicendo in una frase una ventina di ‘Ehiii’ molto trasportati.

Chiunque sia la ragazza con cui sto intrattenendo un dialogo unilaterale, mi guarda con sconcerto perchè evidentemente stava parlando di una cosa interessantissima e io l’ho appena interrotta chiedendole dove sia il bagno.
Quando dice ‘dopo la cucina a sinistra’, sembra anche un po’ offesa. Mentre sto andando dopo la cucina a sinistra, una mano molto fredda mi si stringe sul braccio. Quando mi giro, riesco persino a riconoscere Federica.

“Ciaaaao Fede.”

Ha una faccia molto buffa, i capelli un po’ arruffati e un sorriso obliquo. Anche se non mi sembra molto opportuno, scoppio a ridere sguaiatamente, e mi devo piegare perchè mi fa male la pancia, così mi appoggio sulle ginocchia, e il risultato è che cado per la seconda volta in mezz’ora.

“Ale... sei ubriaca.”

“N-ahahaha-no”

Ma la sua non è una domanda. Lei lo sa. Sono io che non so.
Mi alza di peso, e davvero, non capisco come possa riuscirci. Mi sta trasportando in bagno e tento di dirle che lo avrei fatto da sola se solo lei non mi avesse interrotto.
Entriamo in una stanza dalle maioliche blu, o verdi, non saprei dire, e lei chiude la porta a chiave. Poi si gira e mette le mani sui fianchi. Purtroppo sto ridendo ancora e la sua faccia si... accartoccia.

“Che ti sei bevuta?”

“Mmh. Due birre e mezza.”

“E tu sembri sotto anfetamine per due birre e mezza? Santo cielo, ti dovrebbero rinchiudere da qualche parte.”

Poi mi mette una mano in testa e spinge, finchè le mie ginocchia non si piegano e io mi ritrovo con la faccia davanti al water.

“Ti viene da vomitare?”

“No.”

“La Bacchetti ha addosso una specie di tendone rosa da circo, pantaloni neri di una taglia in meno e scarpe da ginnastica. Qualcosa viene su adesso?”

“No.”

“Mammamia. E’ grave la cosa.”

Metto la guancia sulla ceramica pulita e ho un moto di sollievo. E’ fresca.

“Magari devi mangiare qualcosa per vomitare. Aspetta qua.”

E dove vuoi che vado? Mmh...

“Ale ma non puoi addormentarti sul cesso, Cristo!”

“Ah no?”

Alzo la testa con molta cautela e poggio lo sguardo sulla mia amica.

“Ok, forse puoi. Senti, ti piace la mozzarella?”

La fisso per qualche secondo con aria molto critica. Sto ponderando la questione.

“S... sì.”

Lei allunga un braccio e probabilmente ha un pezzo di supplì in mano. Aha, era una domanda trabocchetto la sua...

“Mangia questo, allora.”

“Mh, no. Non mi piace.”

Vedo nei suoi occhi lo scintillio del sadismo che si fa spazio. Mi spaventerei, se la cosa non implicasse l’uso di qualche neurone.
Sara fa irruzione nella stanza, con un sorriso enorme stampato sulla faccia. Grazie, paladina delle donne che non vogliono mangiare la mozzarella! Salvami dal mostro dei supplì che ha dimenticato di chiudere la porta come prima!

Così, adesso, mi ritrovo in un mare di gente che fa strane domande e balla e canta e beve birra, trasportata dalla mano eccitata di Sara. Non so dove vuole farmi arrivare, ma forse è ora di comunicarle che sto per accasciarmi a terra.

“Allora.” Dice con aria da cospiratrice, tenendomi per le spalle. Fa bene, altrimenti non penso che riuscirei a guardarla fissa.

“Adesso...”

E poi non sento più niente, perchè Stefano mi sta salutando a modo suo. Non so perchè, da quando ci conosciamo si diverte immensamente a leccarmi nelle orecchie.

“Eh?”

Ma Sara non mi ascolta neanche e mi strappa dalle braccia del nostro amico per portarmi all’entrata del paradiso. Il divano.

Ci cado sopra e aspetto che succeda quel qualcosa che la lingua di Stefano mi ha impedito di sentire. Poi sento Sara dire:

“Beh, voi due vi conoscete?”

E appena mi sporgo per capire chi dovrei conoscere, lo vedo. Simone, in tutto il suo splendore. Quando mi vede anche lui, ride. Perchè, amici miei, sta ridendo? Porca eva... potrebbe uscirgli un bellissimo ‘ciao’, o un sorriso a centoventisette denti, o una smorfia di sollievo perchè ritrova finalmente quella che sa essere la donna della sua vita. Ebbene, tra le mille reazioni che potrebbe avere, lui ride.

Allora glielo chiedo, gli chiedo perchè sta ridendo, cavolo.

“Perchè quando rido sono carino, no?”

Sento che se mi concentro, forse, si aprirà sul serio un buco nero sotto di me che mi risucchierà inesorabilmente.
Sara ci guarda con un sorrisino curioso, poi alza le spalle e se ne va, lasciando un vuoto abbastanza colmabile tra me e Simone. Lui stende una mano. Io la guardo e dico:

“Non mi voglio alzare, questa volta.”

Lui sorride fantasticamente, probabilmente non ha capito che sono seria.

“Io sono Simone.”

“Lo so.”

Silenzio e la sua mano che si abbassa molto piano e la sua faccia che si piega in una smorfia interrogativa. E io che continuo a concentrarmi per far sì che quel buco nero appaia sul serio, prima o poi.

“Cioè, no che non lo so. Adesso lo so. Tu sei tu... e ti chiami Simone. E sei carino quando ridi. Oddio. Va bene, va bene. Simone. Cancella quello.”

“E lei è Alessandra e ha bevuto un po’.”

Federica mi salva. Mi salva quasi sempre in realtà. Vedo che sta seduta lì, sul divano davanti al nostro e ha un braccio attorno alle spalle che non può essere il suo, perchè sono certa del fatto che non sia una contorsionista. Gusto?

“Bella Simò, come va?”

Okay. Il braccio è di Michele. Sto male, ma fino a un certo punto.
Uh, guarda come balla Giorgio... ha i piedi enormemente oblunghi e li muove un po’ di traverso. Uhhhhh. Toc. Cacchio. Penso di essere appena approdata sulla spalla di Simone.

“Scusa. Sai quanto è pesante una testa umana? Beh,il mio collo è in difficoltà.”

“Non ti preoccupare, non mi pesi.”

“Davvero?”

“Tranquilla. Sono sotto l’effetto della canna di poco fa. Anche se la tua testa pesasse centoventi kili, non lo sentirei.”

Lui sorride ancora, lo sento da come si muove il suo collo, io chiudo gli occhi e la musica mi inonda la testa. Mi ci volevano due birre e mezza per conoscere Simone.








Rieccomi! Che ne dite del seguito di questa storiella? Mi diverto a scrivere delle mie grezze immense... più o meno. Mi torna in mente tutto i l senso di sconforto di quella sera, sapete? Mhmmm... Grazie ai lettori e in particolare a:

_Laura_
Pinzyna
Ale93
GinTB
Nausicaa212
Bacini fortiforti

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Capitolo 3
*** Dio o Buddha? ***


La mia testa sballonzola gravemente. Già.
Uh, vedo birra. Se allungo la mia mano, estremamente pallida oserei aggiungere... perchè diavolo ho le mani così bianche? Si vedono tutte le vene Santo Cielo...

“Ehi, anche le tue mani sono così bianche?” chiedo molto seriamente a colui cui credo appartenga la birra. E anche le gambe su cui sto appoggiata.

“Non hai le mani bianche.” Simone risponde, con pacatezza. Si deve essere fatto una canna.

“A quando risale la tua ultima canna amico?” Tanto vale sapere se sto parlando con uno lucido o meno, no?

“Circa un’ora fa.”

Beh, le mie mani potrebbero benissimo essere bianco cadevere e lui potrebbe urlare che sono un’aliena perchè le vede verdi. Ma io non sto meglio e quindi non sono nelle condizioni di giudicare.

La birra ripassa davanti ai miei occhi e una luce rossa riflette sulla sua argentea superficie. Allungo la mia estremamente-pallida-mano e faccio solo in tempo a sfiorarla perchè la lattina sale all’improvviso decisamente su e siccome non mi chiamo Miss Caucciù, non sono in grado di allungare il mio estremamente-pallido-braccio (anche lui. Gesù) fino ad afferrarla.
Simone sta ridendo, perchè la sua pancia si muove in modo convulso e temo proprio si stia facendo beffe della mia scarsa agilità in questo momento.

“Non c’è nulla da ridere, tessssoro.”

Mh. L’ho appena chiamato ‘tessssoro’. Evviva.

“Vorresti un po’ di birra, piccola ubriacona?” mi dice con la sua voce assurdamente sexy, alzando un po’ di più la mano con la lattina.

Mi alzo dalle sue ginocchia, su cui la mia testa era inesorabilmente scivolata, facendo un po’ di pressione sulle sue gambe, finchè la mia pesantissima testa si ritrova al pari con la sua.
Ho la netta sensazione che i nostri nasi siano troppo vicini mentre sussurro: “Sì, grazie.”

Lui smette improvvisamente di sorridere, ma io sono troppo impegnata a cercare con lo sguardo la birra, che nel frattempo è scesa insieme al braccio di lui, per accorgermi che quella era una posizione che avrebbe facilmente portato alla sperimentazione del Kamasutra. Dio, odio essere ubriaca.
Prendo finalmente la lattina dalle sue mani e lui mi guarda bere e versarmi addosso tre quarti del suo contenuto. Nonostante ciò continua a fissarmi con gli occhi socchiusi e non ride e mi poggia una mano su un fianco. Mi gira pericolosamente la testa.

E all’improvviso, scoppia la terza guerra mondiale.
Qualcuno grida qualcosa a voce molto alta, il che nuoce gravemente alla mia persona, e poi qualcun altro, probabilmente Dio che vuole punirmi per i miei peccati e la mia vita dissoluta, pianta il sole esattamente sopra la mia testa. Mi rendo conto durante i due minuti successivi che è solo Sara che ha acceso la luce, così mi arrendo alla crudeltà del destino e prendo semplicemente un cappotto dal bracciolo del divano per mettermelo in testa e ripararmi dall’accecante fonte di luce che è la lampadina. Sento qualcuno molto vicino a me che alza un lembo del cappotto e si mette in trincea assieme a me. E’ sempre Simone.
Una mano mi alza il mento e degli occhi scuri, dalle pupille dilatate, si puntano nei miei. E’ sempre Simone. Poi una bocca fantasticamente calda che sa di birra, mi trasporta in un bacio lento e dolce e divertente e buono. Sì. E’ sempre Simone.


***




“Cazzo è la seconda volta che ti trovo addormentata su un cesso, questa sera. Se escludiamo l’abbiocco che ti è preso su Simone, perchè con quello saremmo arrivati a tre.” Mi sveglia crudelmente Federica. Le sue parole vanno a sbattere amaramente beffarde in ogni angolo della mia enorme testa dolorante.

Vorrei chiederle se le ha prescritto il medico di urlare contro la sua migliore amica che era riuscita con evidente sforzo ad addormentarsi, e il fatto che ciò si sia verificato sul cesso di casa sua è un irrilevante dettaglio. Però la mia bocca risulta occupata da un nuovo, detestabilissimo conato di vomito.
Lei lascia cadere le braccia lungo i fianchi, rassegnata, e si siede accanto a me.

Odio questo dannato vomito giallo.” Mi lamento dalla mia poco cerimoniosa posizione di abbracciatrice water.

Federica, appena riesce a sfilarsi gli stivali, mi accarezza piano la testa.

“Non credere che non abbia assimilato il fatto che hai appena dato del cesso a Simone, infida traditrice.” Mormoro prima di rituffare la testa nel water, attaccata dal Mostro del Vomito Giallo.

E i nostri sorrisi bastano. Mentre sua madre ci prepara la camomilla, piuttosto accigliata e in camicia da notte, non sentiamo il bisogno di parlare.
Mentre ci laviamo i denti e guardiamo il riflesso delle nostre facce oscenamente pallide nello specchio, non dobbiamo chiederci niente. Non so come siamo tornate a casa, cosa lei abbia detto a mia madre per telefono (chiamandola da casa di Sara ad un orario indecente) e non so se lei nel risponderle abbia minacciato di uccidermi. Non so come e se ho salutato Simone e se si toglierà mai la macchia di tiramisù sul mio fantastico vestito marrone a cui ho rovinosamente dato vita qualche ora fa e non so come andrà domani e che ore siano adesso. So che Federica mi ha detto che è tutto ok. E allora, è tutto ok anche per me.


***




Sento il forte impulso di gettarmi violentemente sul professore che in questo momento pretende di spiegarci le teorie Epicuro. In sesta ora. Epicuro.
Ovviamente io e Fede stiamo sentendo l’hipod. In realtà abbiamo queste cuffiette nelle orecchie che sparano musica a livelli che dovrebbero decretare illegali e delle quali, davvero, non so come i professori non si accorgano, a partire dalla fine dei primi cinque minuti di scuola. Ormai ho rinunciato persino a litigare con lei perchè metta Vasco o Nesli o Fabri Fibra o della sanissima musica House. Per mia enorme sventura, la mia amica ama Giorgia (Giorgia?!), gli Zero Assoluto, i Maroon 5. Mi concede al massimo Ligabue. E’ snervante.

Mentre comunico al mondo che ‘la Filosofia ha ufficialmente rotto la nerchia’, stampandolo con un pennarello indelebile a enormi e tondeggianti lettere sul banco, la grazia divina provvede a far suonare la campanella. Dubito che si tratti seriamente di quel Dio che mi ha fatto il grande torto di far venire al mondo mio fratello.

E’ sotto scuola che succede una tra le tante cose che mi fa riflettere sull’eventualità di diventare buddhista.
Parlo amabilmente con Luca della corsa di ieri di Valentino (che, per inciso, è stata fantastica anche con i borbottii di dissenso di Fede, che, per doppio inciso, odia Valentino Rossi, che, per triplo inciso, è un fenomeno del Motociclismo, nonchè mio idolo) e sono decisamente sovraeccitata come ogni santissima volta in cui sto parlando di Valentino.
Continuo a guardare Luca, che in questo momento ai miei occhi è come un Dio da idolatrare solo perchè concorda con me sulla bellezza e la prestanza del motociclista in questione nella corsa di ieri, e intanto cammino tra la folla di gente che si crea ogni volta sotto scuola e muovo le mani ovunque e gesticolo e mi sono persino momentaneamente dimenticata dell’eccezionale peso della mia borsa e della noiosissima spiegazione sull’Epicureismo.
Quando vado a sbattere a un muro che devono aver costruito da poco, perchè non me lo ricordavo, e rimbalzo all’indietro, finendo immancabilmente a terra. Certo, bella merda un muro in mezzo alla strada.

“Oh”

Ecco, quel piccolo ‘oh’ di sorpresa mi ha fatto pensare che no, cazzo, non ce lo hanno costruito un muro.

“Ogni volta che ti incontro sei terra, sai?”

Simone mi porge la sua mano e dentro di me penso che questa scena, da ubriaca, è decisamente meno imbarazzante.
Faccio un sorriso tirato ed inizio ad implorare Buddha di accettarmi come sua adepta. Lui mi raccoglie i libri usciti dalla borsa e mi saluta baciandomi sulle guance.

Luca, al mio fianco, sghignazza mefistofelico. Questa bestia che fino a un attimo fa mi era sembrata una persona ammirevolmente benevola, alla festa di Sara è stato capace di farmi un video col cellulare. Mentre ballavo, cantavo, ripetevo disastrosamente un alfabeto sconosciuto ai più. E soprattutto, mentre dormivo seraficamente su Simone. Lo odio, ma mentre parla di Valentino la mia mente cancella i ricordi traumatici che lo riguardano.

“Scusa.” Sorrido, mentre scarico tutta la rabbia repressa in uno sguardo volto a Luca.

Lui sorride di rimando e all’improvviso mi prende una mano. Sono piuttosto turbata e nervosa e eccitabile e penso sia meglio non iniziare a sognare mentalmente come faccio in situazioni del genere. Alessandra, tu non sei Babi e lui non è Step. Anche menomale, direi.

“Te la porto via per un po’.” Comunica a Luca che inizia a non capire, ma dice ugualmente di sì, soprattutto perchè Simone è infinitamente più grosso di lui. E poi non gli ha chiesto proprio niente in realtà. Lui ha affermato e si è preso ciò che voleva.

Mi trascina velocemente verso una meta che conosce solo lui, ma spero non sia troppo lontana perchè mi tremano le gambe. Fa cenni a chiunque, a mo’ di saluto, alza il mento, sorride, alza la mano con cui tiene il casco. Io, guardandomi attorno stralunata, faccio appena in tempo a scorgere lo sguardo sorpreso di Federica che passa su me e Simone e le nostre mani intrecciate. Le lancio un bacio e lei fa un segno esaustivo con la mano sinistra, voltandosi verso Michele e fingendosi offesa. Forse torno ad essere cattolica. Se lo sono mai stata.







Hello! Quaaaaanto tempo dall’ultimo aggiornamento! Vi ringrazio per i vostri commenti (Juls, io ti amo ogni volta di più). Sappiate che è difficile riuscire a riscrivere i pensieri che si fanno quando si è ubriachi, in ogni caso. La scritta sul banco l’ho fatta sul serio, ma qualche giorno fa. Anche se Epicuro ancora dobbiamo studiarlo.
A dirla tutta questo capitolo è autobiografico per intero, eccetto la corsa di Valentino forse, visto che l’anno scorso sono state poche quelle che ha vinto. Ma siccome mi pesa molto parlare di certe cose, vi lascio soli con la vostra coscienza. Decidete se commentare o meno^^

Bacini

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