Valhöll.

di Ivan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro. ***
Capitolo 2: *** Chapter One. ***
Capitolo 3: *** Chapter Two. ***
Capitolo 4: *** Chapter Three. ***
Capitolo 5: *** Chapter Four. ***
Capitolo 6: *** Chapter Five. ***
Capitolo 7: *** Chapter Six. ***
Capitolo 8: *** Chapter Seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter Eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter Nine. ***
Capitolo 11: *** Chapter Ten. ***



Capitolo 1
*** Intro. ***


~INTRO~

 

Sono alto, quando ordino la pizza la prendo con le patatine fritte sopra poi le tolgo e le ammucchio agli angoli del cartone, mangio la pizza e dopo le patatine a parte.

Gli occhi li ho marroni, quando scendo le scale e mi spengo la luce alle spalle spesso mi ritrovo a correre perchè ho paura di essere seguito da qualche strana entità.

Ho i capelli castani, quando mangio i biscotti e li intingo nel latte-e-cacao ne prendo otto, quattro li spezzo in quattro pezzi e gli altri quattro li mangio interi, ovviamente dopo aver constatato che almeno quattro lo siano, interi.

Ho diciott'anni, quando conosco una persona ho il terrore di starle sui coglioni da subito, quando ho un amico da due anni ho un terrore quasi uguale di perdere l'amicizia.

Mi piacciono i gatti, sono molto materialista perchè mi innamoro delle mie cose, per questo quando esco controllo quasi ossessivamente le tasche (sia della giacca che dello zaino), verifico che siano sempre chiuse.
 

Mi chiamo Ivan e questa è la storia della ragazza che amo e di come mi piacesse far annegare le formiche nel bianchetto.

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Capitolo 2
*** Chapter One. ***


Il fatto che abbia il mio nome è solo perchè mi piace, non perchè sia io o cose simili

 

Chapter One.

 

 

Era un giorno di Maggio ed io e il mio vicino di banco sbriciolavamo merendine sul davanzale della finestra della classe, per attirare le formiche, sapete.

Avevamo preparato un foglio a quadretti piegato a metà ed ogni formica catturata aveva già pronto il suo ring di bianchetto. Un piccolo cerchietto bianco su un foglio bianco in attesa che un puntolino nero andasse lì a conciliarsi con la sua prematura morte.

La prof era in classe, credo, ma era quella di quell'inutile materia -se così vogliamo chiamare l'opzione due dopo religione- che è Alternativa. Se ne stava là alla cattedra a leggere per se stessa chissà che libro noioso, noi inscenavamo nel frattempo una mini strage di quelli che chiamavamo soldati.

È curioso fare caso a come le formiche siano bersagliate da tutti i ragazzini, si vede che attirano la malvagità infantile con le loro antennine e quelle zampette fragili.

Comunque sta di fatto che Ciccio, così lo chiamavo, prendeva su una formichina la piazzava sul foglio e io avevo il compito di indirizzarla nel suo cerchio predestinato senza che si facesse prendere dal panico e poi cominciavo a riempire in fretta spremendo il bianchetto liquido. Per il povero insetto sarà stato terrificante: una gigantesca bolla bianca che incombe su di te e poi ti avvolge non dev'essere il massimo, specie se tossica.

E incitato dai miei amici radunati attorno al banco dell'esecuzione riempivo tutto il cerchietto di melma biancastra e tutti insieme, soddisfatti, la guardavamo indurirsi e pietrificare l'insetto.

La cosa si è ripetuta una dozzina di volte prima che cominciassimo a sentirci in colpa e prima che Ciccio si facesse beccare a sventolare il trofeo a pois, il cimitero di statue di formiche.

Questo mi torna in mente ora che sono sdraiato su una panchina in un parco anonimo, con lo sguardo rivolto ad un cielo terso di Maggio, sei anni dopo quelle furbate, sulla mano mi cammina una formichina con la testa rossa diretta verso casa sua.

Si sta tranquillamente senza giacca, i raggi del sole scaldano perfettamente, tranne i rari momenti in cui una di quelle nuvole grosse, bianche e morbide ci passano davanti.

Che ci faccio qui? Nulla, mi faccio coccolare dall'aria tiepida e da quella manina gentile che mi liscia i capelli regolamente con ritmo calmo.

Ve l'ho detto no? Della ragazza che amo dico. Ecco a lei piace carezzarmi la testa e io adoro i grattini sulla nuca, non la fermo di certo ora che ci troviamo in questa bolla temporale.

Lontano da tutti e da tutti i problemi, io, lei e la formica.

Da questa posizione, con la testa su una sua coscia -perchè lei è seduta e io sdraiato no?- vedo uno stralcio del suo sorriso, una ciocca della sua chioma rossiccia, una fetta della sua spalla sinistra minuta e dalla pelle un poco rovinata da un graffio.

Si chiama Elena, la mia ragazza, e ho l'impulso di tirarmi su e schioccarle un bacio su quella porzione scoperta di carne.

Ma mi trattengo e le racconto di me, Ciccio e le formiche.

Per vederla sorridere.

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Capitolo 3
*** Chapter Two. ***


Chapter Two.

 

Si chiama Elena, l'ho detto, sì? è celiaca. Se alla mattina mi sveglio a casa sua e voglio baciarla devo farlo prima di fare colazione con pane e nutella, se no poi sta male.

Ha gli occhi azzurri, non di quell'azzurro slavato, sono profondi e screziati di giallo, sono occhi che mangiano, grandi e luminosi. Sono gli stessi occhi che all'ultimo San Valentino ho visto colmarsi di lacrime perchè le avevo fatto trovare a casa tre rose -di questi tempi costano un occhio della testa per essere dei fiori-. Non che nessuno le avesse mai regalato un fiore, capite? Era la sorpresa, era quella che sembrava portare il colore delle sue iridi a colare direttamente sulle guance.

È bassina, quando lava le posate nascosta nell'angolino della cucina non si aspetta mai che io la raggiunga da dietro per schioccarle bacetti dietro l'orecchio destro, giù lungo il collo. La sua pelle sa di buono anche senza profumo, odora di tenerezza e passato tormentato.

Ha diciannove anni, perchè lei è nata in Maggio, nel periodo delle formichine e del bianchetto, nel periodo a metà tra la primavera e l'estate, quando tutto si sgranchisce e si apre al sole. Io sono nato in Dicembre, il 3, alle sei di mattina, dall'altra parte dell'anno rispetto a lei.

È appassionata di film horror, io faccio scena accogliendola tra le braccia quando prende paura, rassicurandola, quando in realtà ad ogni colpo di scena mi si sciolgono le budella e mi ritrovo il cuore in gola.

 

E ovviamente a tutto questo penso ogni volta che trovo un suo messaggio sul cellulare.

Non è che ci pensi proprio, sono più ricordi accumulati e sensazioni nascoste sotto la superficie, che vedo e non vedo. Ecco, potrei dire di percepire un 'noi'.

Mi sento stupido a ritrovarmi ogni volta imbambolato a fissare il nulla mentre la mia mente si distacca e viaggia nel fiume di ricordi che ho.

Nel caso non si fosse capito sono un 'ricordatore'. Mi piace rivedere il passato, rivedere le cose, perchè senza un passato non potremmo essere le persone che siamo.

Sapevo che avrei dovuto fare il filosofo straccione invece che impuntarmi con una scuola che non mi piace, ma questo discorso mi schifa tanto quanto Chimica quindi lo lascerò a parte, non c'è spazio.

Torniamo ai messaggi sul telefono. Alla mattina mi sveglio alle sei e quaranta e aspetto che sia lei a rivolgermi la parola, non per mancata galanteria, ma perchè mi piace premere un tasto casuale e vedere l'icona della busta in alto nello schermino luminoso e provare quel brivido di felicità. So già che sarà lei e mi dirà un buongiorno e una lamentela, o sul sonno o su una verifica. È routine, è la nostra routine.

E io le risponderò a mia volta Buongiorno e anche io/io invece Lamentela.

Lei mi consola, io smonto il suo rassicurarmi, a volte le scrivo cose brusche per prolungare i suoi discorsi affettuosi, la faccio stare sulle spine per vedermi arrivare tre messaggi uno dopo l'altro, in sequenza: ci sei? ; mao? ; inizio a preoccuparmi.

Mi piace farla stare in pensiero, ci provo un gusto malsano, ma è lei ad istigarmi facendomi venire in mente quel suo torcere le manine quando è in ansia.

La provoco per immaginarmela. Per sentirla reale anche se è lontana, fino a Sabato, solo fino a Sabato.

Poi mi riscatto, sono io a proteggerla dal mondo brutto e cattivo.

Mi miagola quando non l'ascolto, ma miagola anche alla sua gatta per farla miagolare e miagola a sua madre per farsi dare una mano. Mah.

Miagola e mi posa un bacio leggero sulle labbra finito di fare l'Amore, e io ricambio proteggendola dai suoi brutti pensieri.

Ormai sarà mezzo'ora che me ne sto steso sul letto a guardare il soffitto al buio in attesa che il sonno mi abbracci e i miei occhi si decidano finalmente di chiudersi e i miei pensieri facciano altrettanto e mi lascino in pace.

Fisso il buio e mi stringo nelle coperte.

Non chiede mai un abbraccio la mia piccola Elena, si limita a mangiucchiarsi il labbro e guardare a terra finchè non mi accorgo che tutto in lei grida di stringerla.

So di dire cose scontate che chiunque sarebbe capace di dire, ma a volte sono proprio le cose più semplici a sfuggirci.

E all'arrivo di mezzanotte e quaranta forse dovrei piantarla di atteggiarmi a portatore di frasi fatte che fa il vissuto e dormire.

-Taglio netto.

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Capitolo 4
*** Chapter Three. ***


Chapter Three.

 

Per quanto faccia religioso come inizio.. Dal dialogo con Francesco:

c'ero io no? In piedi in camera di questo mio amico a camminare avanti e indietro.

E questo mio amico, Francesco, Emil, o come lo volete chiamare, era ancora mio amico, non ci avevo ancora litigato. Stava steso sul suo letto a giocare con la PSP e ad ascoltarmi.

È quel genere di amico che un po' lo ami e un po' di più vorresti spaccargli la faccia, però l'umana concezione di Buone Maniere ti impedisce di farlo.

E io gli raccontavo tutto di me, di Elena.

Non che gliene fottesse qualcosa di una donna, è quel genere di amico che ti ama, ma per l'umana concezione di Amicizia non ti scopa.

Ero lì a raccontargli quanto fossi cotto di lei ogni giorno che passava e come non mi sarei mai aspettato che l'averle parlato per la prima volta un po' per caso su internet avrebbe preso questa svolta.

Ci eravamo incontrati dal vivo durante l'estate, ad un raduno di appassionati di fumetti. Non avevamo nemmeno il coraggio di parlarci. Non le riuscivo a fare un discorso senza incartarmi sulle parole a causa del troppo imbarazzo. Portava una gonna viola che le arrivava poco sopra al ginocchio e per tutta la giornata ho continuato a spiarla di sottecchi, a seguire i suoi movimenti, senza alzare un dito finchè non ho fatto la cosa più geniale e cretina del mondo: le ho mandato un messaggio.

Ci eravamo scambiati il numero in chat, chiaro, e quando le arrivò il mio impacciato sms venne a sedersi di fianco a me ridendo con aria perplessa.

Non dicemmo molto nemmeno allora, però prendemmo a vederci sempre più spesso.

"Fra, merda, devi ascoltarmi, chissene frega di Sora."

Ahn come risposta non è il massimo.

"Fanculo."

e mi sono seduto di fianco a lui.

Ha appoggiato l'aggeggio e si è seduto di fianco a me e mi ha abbracciato dandomi delle pacche sulla schiena: "e insomma, sempre più innamorato"

il che non aggiungeva nulla di nuovo a quello che già sapevo.

Parlare con Fra è come bagnarsi le labbra conoscendogià il sapore dell'acqua, ma in quel caso non la si manda giù, si lascia nel bicchiere, anche se muori di sete.

Ti dice le cose che dici tu anche se volendo avrebbe qualcosa di più sensato e rilevante da dire.

Infatti poi vorresti rompergli il naso a suon di DizionarioDiInglese-ate. E invece mi ero rilassato nel suo abbraccio e avevo sospirato.

Naturalmente reprimendo anche la voglia sfrenata che avevo ogni volta di piangere esasperato.

Quando piango mi incazzo.

E quando mi incazzo piango.

"non arrovellartici sopra, tanto meglio che sia così, che siete pazzi l'uno dell'altra. È carina, dolce, simpatica, il tuo tipo no? Non aver paura di lasciarti andare."

e bastava mostrarsi vulnerabili che lui subito coglieva l'occasione per fare la Primadonna Eroina dell'opera. Tirava fuori tutta la sua teatralità, per questo il dizionario di inglese si tramutava in una sedia..

l'avete anche voi uno di quegli amici a cui piace fare scena? Di quelli che pensano di essere gli unici al mondo con un passato tarlato di brutte storie?

Emil era così, prima che litigassimo, volevi fargli mangiare cactus e farlo sedere su uno sgabello mono-gamba rovesciato, però le sue frasi fatte ti facevano sentire bene nei momenti di sconforto in cui anche tu ti trasformavi in parte in attore.

La mia parte è sempre stata quella del poeta menefreghista che vedi come trasgressivo, ma preso da parte è solo una persona come tante.

Il mio difetto principale è la difficoltà a permettermi le cose, ad accettare di avere una vita tra le mani da gestire. Per l'appunto ogni volta che mi si fa un regalo o un complimento io divento una bellissima statua di sale e sorridendo tirato dico 'aha, grazie'.

Non è scortesia, no, è uno spiffero della tomenta che mi turbina dentro.

Per distrarmi mi occupo della vita degli altri, li cerco con dei complessi, dei buchi nell'autostima, dei problemi famigliari.

Elena, per lei dire che le manca l'autostima è un eufemismo.

Io senza presunzione ho raccolto la sua vita e l'ho ripiantata per lasciarla sbocciare.

Elena io la invidio per la sua forza di volontà. La amo per come vive.

È lo stesso motivo per cui odio Emil, lui è come me, fa la vittima e non reagisce. Fa l'attore patetico per farsi notare subdolamente.

Io invidio un sacco di persone. Per esempio quelli che si fanno i capelli blu o viola, o completamente arcobaleno.

Quelli che si vestono gotico o punk o anni 50 tutti i giorni e sono capaci di mantenersi loro stessi per tutto l'anno.

Ivan è Ivan solo per sé stesso, per gli altri sono solo uno qualsiasi.

Elena la amo perchè lei mi ama e ha visto Ivan sotto Ivan.

Mi ha visto. E io l'ho lasciata guardare.

Ha visto, l'ho lasciata guardare e lei sbocciando ha lanciato un semino di vita anche a me.

Me l'ha lanciato come esca per invogliarmi a piantare anche me oltre che tutti quelli che mi stanno attorno.

Visto che Fra non mi ha nemmeno mai innaffiato ho sempre avuto la tentazione di cambiare la sedia con un pianoforte.

Poi abbiamo litigato e va da sè che il pianoforte è diventato un macigno di granito di quattro metri per sei.

Stesso peso sotto cui mi lancerei se non fossi il semino appena interrato da Lei.

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Capitolo 5
*** Chapter Four. ***


Chapter Four.

 

La scorsa volta vi ho parlato di Fra? Questa volta vi parlerò di come suonassi un violino immaginario mentre in televisione passava Johnny Depp nei panni di Jack The Ripper.

Ossia di tutte le volte che faccio il coglione per divertire gli altri.

La cosa diverte anche me, sia chiaro, non sono uno di quegli emarginati che si atteggia a giullare e intanto muore dentro; sono più uno a cui piace ridere insieme a qualcun altro.

L'umore non mi manca e questo mi ha sempre portato amicizie fantastiche -anche se poi sono sfociate in liti mortali e apocalissi di varie entità-.

Fondamentalmente però negli ultimi due anni ho soppiantato tutti i miei sentimenti malvagi e riposto nel loro cubicolo i problemi degli altri, una sorta di maniera poco efficace per non sentirmi schiacciato da un macigno di guano di gabbiano tutte le volte che mi alzo dal letto dopo una santa dormita.

Mettere i piedi a terra è sempre un trauma perchè in quel piccolo gesto è racchiuso tutto.

A volte mi figuro la scena ambientata in uno spazio chiaro, tranquillo, con la luce del sole che ti dice 'buongiorno!' e tu sei felice, per un attimo ancora in dormiveglia sei davvero felice, sospeso tra realtà e sogno dove niente di concreto importa.

E poi appena con la punta dell'alluce tocchi le assi di legno del parquet una valanga di strisce colorate, brutti ricordi e parole offensive scivolano da quell'unico punto per tutta la stanza, poi escono dalla casa, avvolgono il mondo e alla fine si riassorbono tutte, tornano dentro di te. Il tutto in pochi secondi.

La sensazione è più o meno quella di essere stato violentato in un orecchio alle prime luci dell'alba (tra parentesi è davvero un'immagine grottesca).

Logicamente a quel punto ti ricordi che se non ti sbrighi perdi l'autobus, arrivi tardi a scuola, ti segnano in ritardo e dovrai portare una giustificazione, poi ti interrogano, litigherai con tua madre perchè ti accusa di non fare nulla in casa, poi con tua sorella perchè con le sorelle ci litighi sempre, con tuo padre perchè lasci in giro le tue cose sparse a casaccio.

Finirai per prendertela col cane gridandogli contro brutte cose e che ti guarderà con gli occhioni neri e aria interrogativa.

Finirai a desiderare di implodere purchè la morsa di malessere che ti attanaglia svanisca.

Finirai per accorgerti che era meglio rimanere a letto.

Ovviamente per me tutto questo vale finchè non guardo il telefono.

In tutti i casi sto già divagando, il che ci riporta al mio classico saltar di palo in frasca, non posso farcela a mantenere lo stesso discorso 'barra' obiettivo troppo a lungo -che nel mio mondo è pari a cinque minuti, massimo dieci-.

Il mio mondo è strano, non corrisponde a quello reale. Nel mio mondo si sta un po' come a Narnia, i tempi sono diversi.

I miei cieli vorrebbero essere sempre azzurri, ma anche quando piove nel mio mondo non c'è bisogno dell'ombrello, visto che addosso non si ha nulla di importante tranne i vestiti. Nel mio mondo non fa mai troppo freddo, gli animali non si estinguono e se qualcuno mi fa arrabbiare rimane in mutande. Giuro.

Il mio mondo non ha un nome perchè i nomi condannano le cose ed essere sempre quelle che sembrano. Avete mai pensato se una roccia alla mattina si alzasse e decidesse di diventare un dromedario? Non potrebbe perchè roccia vuol dire roccia, e dromedario dromedario. Però se nel mondo non ci fosse un nome fisso allora io potrei chiamarmi volpe, o armadillo, o papera. Anche se qualche buco in questa teoria c'è.. vabè.

Ah già, non dimentichiamo che nel mio mondo tutti trovano qualcuno con cui stare bene.

Non voglio diventare noioso o ripetitivo, anche se ora il mio cervello mi sta portando -come sempre- ad un unico discorso, in pieno stile "tuttelestradeportanoaRoma" ...impazzisco quando giro per il centro della città e mi passano vicino persone con addosso uno dei tre profumi che usa sempre Elena. Per un attimo mi dico 'ora mi giro e la trovo' poi mi ricordo che sta studiando, sta preparando la cena con sua madre, è in gita.

Così tutte le volte mi rimetto a camminare annusando di nascosto l'aria per sentire ancora il suo tocco fresco sulla pelle, le sue carezzine delicate contro la nuca, i suoi graffi sulla schiena.

Se ci penso mi bruciano ancora.

Lei adora mettersi le mie felpe perchè dice 'sanno di te' o 'è come se tu fossi lì con me e mi stessi abbracciando'.

Suona un po' psico-inquietante, ma se siete stati innamorati di una persona almeno una volta nella vita mi capirete, capirete lei.

Capirete perchè molte delle storie più belle sono storie d'amore, perchè tutti a 'sto mondo cerchiamo l'anima gemella e magari anche perchè il vostro amico suona un violino immaginario davanti alla televisione mentre guardate quel film, Jack lo Squartatore, quello lì con Johnny Depp.

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Capitolo 6
*** Chapter Five. ***


Chapter Five.

 

Sono in piedi sul marciapiede e sto guardando il balcone della casa dall'altra parte della strada.

Ha la ringhiera classica in ferro battuto che si attorciglia in vari semplici decori, come evoluzioni di onde arrugginite.

Quella casa è lì da almeno trent'anni, ma quello che io sto guardando così attentamente è il cane con il pelo lungo e chiaro che se ne sta sdraiato con il muso tra il pavimento e la parte inferiore del parapetto di ferro.

Il cane è lì da almeno diciotto anni, perchè lo vedevo quand'ero piccolo, ed ha ancora la voglia di abbaiare ad ogni persona ed ogni biciletta che passa.

Si alza e zoppica mezzo metro più in là, si sdraia e abbaia sobbalzando ad ogni latrato.

È buffo e triste allo stesso tempo.

Non è mai cresciuto, dentro è rimasto un cucciolo scemo, come me forse..

la cosa che mi mette nostalgia è pensare che quando avevo si e no cinque anni mi fermavo sempre a guardarlo e mi perdevo delle buone mezz'ore così, ora mi sto creando un'altro varco temporale come allora, per osservare quell'animaletto così convinto di sè stesso dopo tutto questo tempo.

Mi dispiace pensare che la sua vita sia quasi finita e l'abbia passata su un balcone spoglio ad abbaiare alle solite cose -a prescindere dal tempo atmosferico o dalla stagione-, mangiare, dormire e cagare (non necessariamente in quest'ordine).

Mi viene naturale paragonarmi a lui e pensare cosa proverei se fossi un cane.

Forse mi inventerei sempre oggetti nuovi a cui abbaiare, un giorno all'albero, un giorno alla macchina parcheggiata di sotto, un giorno al postino o al tipo vagamente sfigato che consegna la pizza a domicilio.

La cosa che mi rincuora è sapere che io non sono un cane però, e la mia vita dopo diciotto anni ho la certezza che continui -ovviamente ammesso che non mi succeda nulla, e ci spererei-.

Mi viene in mente quella volta che mio padre era caduto in moto e si era semplicemente sbucciato gomiti e ginocchia, ovviamente niente a che vedere con le sbucciature di me che a dieci anni cadevo in cortile, ma fortunatamente non si era rotto nulla.. a parte la moto s'intende, che andò completamente distrutta contro un pilastro di cemento armato.

Lui poi camminava come un ebete e diceva di odiare l'infermiera perchè quando andava in ospedale gli toglieva le croste con le pinze senza far caso al suo possibile dolore.

E cosa potevo farci io che aspettavo gli undici anni se non sedermi di fianco a lui sul divano e iniziare a grattare piano piano le crosticine macabre mentre papà era assorto in un film. Pezzo per pezzo ne toglievo gran parte e solo quando arrivavo a quelle più rosse si accorgeva di me e si scuoteva come se dovesse mandare via una mosca.

Brontolava, ma non mi ha mai sgridato, e io mi divertivo.

Non credo sia cambiata la sua visione della vita nonostante avesse rischiato grosso.

E in questo sono simile a lui.

Quattro mesi fa mi hanno investito sfracellandomi il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro perchè 'col sole davanti non ti avevo visto'.

Cara signora, col suo 'mi dispiace tanto perchè sa io so cosa vuol dire stare male' non mi curo l'infiammazione alla cartilagine della rotula.

Vabè, il succo è che se quella macchina fosse arrivata più veloce, più forte, avrebbe potuto uccidermi. Eppure io vedo tutto come prima, fatta eccezione per quando attraverso la strada, che ora mi mette un po' di inquietudine. Niente roba da film come 'oh cioè da quando ho passato questoequello vedo la vita in maniera diversa, mi sono reso/a conto di quanto siano importanti le piccole cose'.

Sinceramente rimpiango solo la piena mobilità del ginocchio, ma non mi aggiro di certo per il mondo ad occhi sgranati amando incondizionatamente ogni merda che pesto.

Siamo fatti per lasciarci il passato alle spalle, per assorbire gli eventi ed archiviarli.

Se non verrò investito un'altra volta tra poco scorderò anche quanto fosse scomodo girare con le stampelle.

Una persona deve avere la possibilità di lamentarsi di ciò che la circonda, altrimenti la colpa del suo malessere sarà solo sua.

Se non ti lamenti di qualcosa o di qualcuno vuol dire che sotto sotto gli ingranaggi non girano. Se con una persona non litighi mai una delle due sta mentendo a sé stessa o all'altro su chi è veramente.

La gente è strana, o la odi o la ami, niente palle sulla coesistenza o neutralità, dentro di te sai sempre quale delle due opzioni è vera.

Sapete già dove voglio andare a parare con questa cosa di odio e amore no?

Io delle volte di Elena mi lamento, perchè è umano farlo.

E anche lei si lamenterà di me, che lo ammetta o meno, da qualche parte di me avrà da dire. E se non lo facesse allora sarebbe inquietante.

Scommetto che non lo ammetterà, ma le da fastidio quando lei mi chiede una mano e io continuo a mangiare senza rispondere.

Le darà fastidio quando la abbraccio, ma con la coda dell'occhio continuo a giocare online.

E anche lei coverà la sua esperienza da film che si è lasciata scivolare addosso senza 'ora si che vedo tutto sotto un'altra luce'.

Potrei giurare che per tutta la vita dal più scemo al più brillante continueranno a lasciarsi passare addosso gli avvenimenti, magari accumulando cicatrici, ma che dopo saranno solo minime scalfiture. Ossia..

Per dire, ho un sacco di tempo ancora per impuntarmi ad abbaiare alle stesse cose.

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Capitolo 7
*** Chapter Six. ***


Chapter Six.

 

Ed eccomi qui.

< und dann haben wir.. >

chiariamoci. Seguite il mio sguardo.

C'è la M.A. Seduta vicino alla finestra che non degna mai di uno sguardo, lei tiene gli occhi incollati alla lavagna di fronte a lei, le orecchie tese ad ogni noiosa parola che rotola fuori dalla bocca degli insegnanti. Lei ha la sedia coi braccioli, perché si sente importante. Lei non mangia e si imbottisce di integratori perché deve piacere agli altri. Di fianco, alla sua destra, c'è E.d.G. Con i suoi capelli ricci ed occhiali ed anfibi, che fa la parte di quella omeopatica troppo emotiva. Ancora di fianco c'è F.P. Con le spalle larghe, che non vuole smettere di fumare perché ha paura di tornare ad ingrassare, di tornare ai suoi incubi in cui viene preso per il culo.

 

-E intanto -nel mio mondo- ci sono io già a casa a farmi una doccia (a mangiare, a leggere o a smanettarmi, dipende dai giorni).-

 

Seguitemi.

Nel banco dietro le spalle di M.A. C'è A.G. Che dice di essere una falsa magra e vorrebbe vestirsi come le piace, e non come è costretta a vestirsi per non farsi additare come strana, anche se tutti le dicono che è adorabile, s'intende.

Accanto a lei, a destra, c'è E.T. (non l'alieno ora che ci penso) che detiene il ruolo di quella saggia, che fa sempre domande svelte, che protegge le altre sue amiche.

E di fianco a lei c'è C.C. Eterna insicura che nasconde con una faccia da schiaffi tutta la sua dislessia. Mostruosamente brava in tutto quello che è scentifico, estremamente 'io avrebbi voluto.'

 

-Chiariamoci. Non è che a me il tedesco piaccia, però nel mio mondo è passabile. Ha un bel suono. E poi eccita Elena.-

 

Ancora dietro ci sono M.C. (lercia, fastidiosa, disadattata) A.C. Povera malcapitata della triade, ex vegetariana un po' dark e molto incomprensibile per me, ed infine M.V.C. (disadattata, insicura, ansiosa).

 

-dicevo, nella mia testa, mentre faccio scorrere lo sguardo su tutte queste personalità, sono già a casa a perdere tempo davanti al PC, o magari davanti a Mike Rowe che imita un falco.-

 

Nella fila centrale cominciamo con i posti davanti alla cattedra: S.B e A.R, la prima, in un ipotetico inferno dantesco, sarebbe inseguitrice della bandiera bianca. Lei è la donna dell' "è vero" a prescindere da quale teoria tu stia esponendo, magari anche contraddicendoti volutamente, lei sarà sempre d'accordo.

La seconda invece è ben piantata nella sua determinazione. A.R non mangia perché deve entrare nelle taglie sempre più piccole che si propone, oppure si chiude in bagno alla sera e vi resta interminabili quarti d'ora a vomitare l'anima in silenzio.

A.R voleva fare l'avvocato, ma quando l'hanno bocciata ha strappato i suoi sogni. I genitori ad A.R sono convinti che lei spenda tutti i suoi soldi in cibo quand'è a scuola, lei mi dice "far credere alle persone quello che vuoi è molto più facile di quello che pensi."

 

-nel mio mondo questa è una cosa ironica e ingiusta, non capisco per quale motivo lei debba soffrire così e non accettare aiuto. Nel mio mondo le sputerò sulla tomba dopo averci ballato a piedi scalzi, urlerò alla sua faccia di marmo che è stata una cretina, oppure mescolerò le sue ceneri al burro, almeno sarà felice e grassa per una volta. Secondo me se devi stare male per sentirti bene c'è qualcosa che non va. Nell'usare l'opinione della società come metro di misura per sé c'è qualcosa di profondamente sbagliato.-

 

Nella seconda e nella terza fila stanno sedute G.E, M.M, A.G e M.P.

Loro sono il nucleo sparlante della classe, loro portano veleno.

Le prime due hanno da ridire su tutti, ma davanti ti sorridono.

(sola, complessata, emotiva).

(complessata, complessa, fredda).

È a causa della gente come loro che il mondo inizia ad essere un tantino scomodo.

A volte mi sento l'unico a cercare di vedere oltre ai quintali di fondotinta o all'atteggiamento schivo, antipatico o incostante di qualcuno.

Quelle della terza fila piangono per i brutti voti in storia. Hanno entrambe la R strana, una cosa che senza motivo mi da parecchio sui nervi. A.G vive di atletica, studia, ma sembra vuota. M.P fa skate, è misteriosa, non la capisco.

Dietro di loro ci sono S.B con di fianco U.F.F (quante cose scopro ad abbreviare i loro nomi, uff, è appropriato, visto che costui è la cicala della classe, parla di continuo, bocciato più volte e sicuramente complessato.) con accanto A.R (non la stessa di prima).

S.B è innocua, schifosamente ingenua e umoristicamente inopportuna. Ruba le mie battute, ma non le fa nei momenti giusti, cerca di farsi accettare ostentando argomenti che non le appartengono.

A.R è la mia discepola, appassionata di fumetti, inciampa sui suoi stessi piedi, con un piccolo bocciolo malvagio dentro.

 

-nella mia testa intanto '..Traumhaus hat blaue Fenstern..' si tramuta in me che prendo un treno e raggiungo la città vicina. Scendo e all'uscita della stazione c'è Elena che mi aspetta con un gran sorriso e gli occhioni spalancati. Quegli occhi.. dio solo sa quanta luce mangiano, di quanta della mia anima hanno bisogno per non spegnersi.

Io la raggiungo e l'abbraccio, non la bacio, perché una stretta è più intima, perché così può sentire il cuore che mi martella nel petto per l'emozione ogni volta.-

 

Infine c'è la mia fila, quella che io chiudo in bellezza, modestamente.

Davanti a tutti, vicino alla porta, ci sono E.L e S.G, una non brilla d'intelligenza, ma è sempre solare ed entusiasta, l'altra è rozza da morire, appare sicura di sè, è migliorata più di quanto non l'abbia fatto io.

Dietro stanno A.G (un'altra) e S.L. Lei sembra timida, silenziosa, in realtà ho conosciuto un'A.G spiccia e schietta. S.L è il terzo maschio della classe -oltre me e gli altri due- e sta bene in banco con A.G, è silenzioso, scontroso e schivo, ma fa battute esilaranti e battibecca con me in continuazione. Sopravviviamo.

Accanto a me c'è G.D che pensavo mi fosse indifferente, invece ride quando scherzo e ci divertiamo, anche se a scuola non si dovrebbe, ehn?

Lei crede di avere un sedere enorme, tralascia le sue amicizie di sempre per le nuove persone che conosce, ma lo fa senza accorgersene.

Sbircia i miei disegni e mi manda a fanculo con affetto.

 

Nell'ultimo banco in fondo a destra, contro il muro, nell'angolo più buio della classe, c'è una persona che non conosco molto bene.

Si chiama I.M ed è al diciottesimo posto nell'elenco degli alunni della mia sezione. A volte sembra sentirsi fuori luogo, inopportuno, inadatto, non aderente ai canoni sociali di 'normale'. Si perde un pochino tra i rovi della sua fantasia. Racconta aneddoti strani, come quello delle formiche nel bianchetto credo, era una cosa del genere.

Durante le lezioni di tedesco si lamenta perchè sono soporifere, sembra sempre nel suo mondo.

Ma non fraintendetelo, non è che il tedesco non gli piaccia, dice che suona bene, ma forse doveva scegliere quella che appella come V.A
(una Vita Adatta).

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Capitolo 8
*** Chapter Seven. ***


Chapter Seven.

 

Tutti viviamo con la certezza che al mondo ci sarà sempre qualcuno meglio di noi.

Avremo tutti un compagno di classe o un amico che eccelle in qualcosa in cui noi siamo solo bravi.

 

Tutti viviamo con la certezza che al mondo ci sarà sempre anche qualcuno peggio di noi.

Avremo tutti un compagno di classe o un amico che o è brutto o insopportabile, al confronto noi saremo sicuramente meglio.

 

Io sono la via di mezzo, il metro di misura, o almeno credo di esserlo. Venderei mia nonna al mercato, baratterei mia sorella con un cammello.. insomma, potrei giurarci.

L'autostima umana è una merda. Nessuno ne ha una, in realtà, o almeno non sempre, anche il più narcisista o la peggior fighetta sulla faccia della terra nascondono una profonda insicurezza.

Ed è con questi pensieri che spesso mi consolo quando qualcosa va storto, come oggi.

 

Oggi la bilancia mi ha detto che sono ingrassato due chili -perché tutto a questo mondo ruota attorno all'apparenza- allora mi sono demotivato.

Ebbene sì, anche io mi scoraggio per queste cose.

Mi strafogo di Nutella e grissini, biscotti, cibo in generale e non faccio un beneamato niente dalla mattina alla sera, però di solito resto su un peso accettabile.

Ora invece mi sembra di avere un muro davanti, perché amo troppo sgranocchiare per auto convincermi a smettere di farlo, ergo continuerò solamente a farmi delle pare mentali su quando dovrò togliermi la maglia davanti ad Elena e magari si noteranno quei due chiletti in più.

Io so che lei non bada ai miei piccoli difetti, tipo che storco le labbra quando parlo con convinzione, o che tengo un occhio più chiuso dell'altro, o che cammino come un velociraptor (tendo ad appoggiare solo la parte esterna dei piedi e quindi alzo leggermente l'alluce da terra) e pure zoppo (perché dopo che mi hanno investito non riesco a dar tutto il peso che dovrei alla gamba sinistra), però mi viene comunque da arrovellarmi per cercare di migliorare.

E mentre rifletto su tutto ciò sto bevendo del caffè extra zuccherato in una tazza da Americani con un cucchiaio di cioccolata in mano.

Sono un controsenso ambulante.

Ma ora basta con queste cose inutili su di me, ahn?

Parliamo piuttosto del mio argomento preferito, che immagino conoscerete già <3

ci tengo a farvi capire quanto sia bella ai miei occhi, quanto io sia capace di annoiare per quanto ne parlo.

Oltre che la mia ragazza è anche la mia migliore amica, naturalmente, con lei posso parlare di tutto.

Condividiamo libri, film, videogiochi, musica e soprattutto il letto.

Se io amo mordere lei ama ricevere morsi, se io non sono in vena di fare il cattivo dominante è lei a prendere il comando.

Non avete idea di quanto possa essere carina quando dorme, o quanto eccitante quando mi si siede in braccio mentre parla.

Guardare le sue labbra che articolano parole equivale per me a perdere automaticamente il filo del discorso, a perdermi nella sua voce. Molte volte succede così, mi chiede 'ma mi stai ascoltando?' e io la tiro su di peso e la porto sul letto, anche se capisce mi guarda come se non collegasse.

Spengo la luce, lascio solo quella che filtra dalle persiane, per vederla e non vederla, visto che si vergogna.

Con Elena non puoi fare le cose troppo direttamente, le piace essere coccolata, e allora non si accorgerà nemmeno che stai fissando la sua espressione mentre si aggroviglia nel piacere.

Si sente fragile, Elena, quando tutto è finito e rimangono solo i nostri respiri affannati, o una mezza risata che scema nell'aria.

Si incastra perfettamente dentro il mio abbraccio, la stringo, le bacio i capelli, il naso, le labbra. E anche lì non c'è mai un bacio spinto, basta uno schiocco, dolce e chiusura ideale.

È sempre triste quando devo riprendere il treno per tornare a casa, dopo quasi due anni che stiamo insieme un giorno non è più abbastanza, nemmeno due lo sono.

Più stiamo insieme e più vorremmo starci..

perdo la cognizione del tempo quando c'è lei, tutto sembra scivolarmi tra le dita senza che io possa farci nulla.

La notte, una volta nuovamente solo nel mio letto, cerco il suo profumo sulla maglia con cui ho dormito da lei, contro il suo calore, e aspetto la sua buonanotte nell'orecchio che non arriva mai.

 

E mentre mi perdo nei ricordi dei suoi cento sorrisi che ho registrato lei è fuori con gli amici, a farmi morire di gelosia.

Credo di essere troppo coglione in questi casi, so perfettamente che non c'è nulla di cui preoccuparsi, ma è più forte di me, diamine.

Se non mi scrive per più di un'ora sarà senza dubbio stata rapita dagli alieni, o quanto meno da degli spacciatori che vogliono venderla al mercato insieme a mia nonna, o comunque le è successo qualcosa, che so, un maniaco, un rapimento, una rissa..!

e non venite a dirmi che non succede anche a voi, è lo stesso processo mentale dei nostri genitori quando usciamo di casa e dimentichiamo di mandare un 'sono vivo mamma, torno alle sette invece che alle cinque' ehn?

...Merda, ho lasciato la torta di mia madre nel forno.

Grazie per la vostra

MERAVIGLIOSA

attenzione.

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Capitolo 9
*** Chapter Eight. ***


Chapter Eight.

 

Sono seduto da quasi due ore sulla poltrona arancione in camera dei miei genitori, sotto la finestra aperta che mi porta dentro tutta l'allergia dei pollini di primavera.

Tra uno starnuto e l'altro sento che mia sorella ha la musica accesa, e con i coreani sparafleshosi nelle orecchie chatto su Facebook con Elena che ha appena caricato delle foto.

Ho le gambe stese, i piedi sul letto matrimoniale azzuro dei miei, da piccolo mi ci buttavo sopra gridando che affogavo nel mare, sarò stato un bambino speciale?

Da piccolo giocavo coi dinosauri, ora disegno T-rex nelle ore di Filosofia.

Mi dice, Elena: allora ti piacciono i trucchi che mi sono fatta?

E io che di trucchi non ne so niente rispondo che sì, mi piacciono, potrebbe truccarsi anche con il fango se fosse per me. Potrebbe anche non truccarsi, se fosse per me.

Le dico: in più sei diventata una gran figa gioia mia, come te lo devo dire? <3

Ci sono due minuti di silenzio, poi il tlin della chat: Ma che dici >\\>

E volevo solo un parere sui trucchi, se mi stavano bene o no, ho capito che per te sono bella >\\\\\\\>

e io le dico: No, a prescindere che sia io o no, rispetto a due anni fa ti sei fatta davvero bella, ma bella bella, a volte ti guardo cercando di essere più imparziale possibile, e ti faccio la lastra. A parte il fatto che dopo un po' mi sento come uno di quei vecchi pedo della stazione, ma comunque.. I capelli lunghi ti stanno molto meglio di quando li avevi corti, due anni fa non sorridevi spesso, ora sorridi sempre, hai gli occhi felici, mi piace guardarci dentro.

 

Lei tace, e io scrivo: è vero che stavi benissimo anche prima, ma cosi dimagrita hai un corpicino perfetto, con il tuo bel fondoschiena da favola, tutte le curve al posto loro, ti vesti con cose che ti stanno da dio, ti trucchi con trucchi che ti stanno da dio.

Se non fosse che ti mangi sempre le unghie e le pellicine sarebbe anche meglio (per te), ma hai le tue solite manine adorabili. E mi piace che siano un po' ruvide al tatto quando me le passi sulla schiena.

 

E lei ancora non dice niente, io riempio il vuoto: e fai delle espressioni che non so, sarà la confidenza, ma due anni fa non facevi, sono una più bella dell'altra.

Prima quando piangevi eri depressa, ora quando piangi sei bella lo stesso. Bella sarà pure un termine abusato che sembra superficiale e vuoto, io ci metto due anni di cotta stratosferica che si è trasformata in amore cieco.

Che poi tanto cieco non è, visto che comunque se mi sforzo so dare un giudizio oggettivo su di te, Pulcina.

 

E ci potrei giurare, sta piangendo, come al solito, perchè si commuove con niente. Come ho detto, prima piangeva perchè era triste, ora piange perchè è felice.

Aggiungo: sei bellissima anche alla mattina appena sveglia quando ti accorgi che ti stavo guardando allora ti accoccoli contro di me e mi abbracci, brontoli un buongiorno e dopo una carezza ti alzi con il peso della gatta addosso e vai a preparare il caffè.

Vorrei che capissi anche quanto siano piacevoli le tue attenzioni, voglio dire, tutti i bacetti e le carezze che mi fai sono saturi di un non so che che mi fa stare bene.

Quando mi lamento senza ragione, perchè ho fame magari, e tu mi carezzi la testa, sento quasi la forza che ci hai messo per riemergere dal baratro in cui ti eri cacciata.

Ti ammiro e ti amo, anche quando fai la modesta e fai fatica ad accettare i miei complimenti.

Se ti dico che sei bella sei bella, fine.

Oh.

 

e dopo questa spassionata dichiarazione di essere completamente rimbecillito per colpa di quello che tutti chiamano Amore vado a sbattere la faccia dentro ad un gelato, pensando comunque a lei.

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Capitolo 10
*** Chapter Nine. ***


Chapter Nine.



Allora, il mio hobby -che più che un hobby è una condanna- è scrivere.

Scrivo racconti che poi faccio leggere ad amici e nell'eventuale caso non siano troppo spinti anche ai parenti.

Vivo ogni giorno arrovellandomi su cosa ad ogni minuto della mia vita potrebbe trasformarsi in un'avventura estiva di ragazzini oppure in una nave pirata che solca gli oceani oppure ancora una scopata selvaggia tra un riccio ed un coniglio con la potenziale di fertilità di un topo di campagna.

Che, esempio a parte, provate solo ad immaginare la cosa.

Uscirebbero dodici esseri spinosi e saltellanti con le orecchie più lunghe di loro.

Comunque il punto è che vivo sommerso ed affogato nelle parole ogni secondo della mia variopinta vita, ci sguazzo, tormentato dal tarlo e/o chiodo fisso dello scrivere praticamente di continuo.

Non è che mi dispiaccia, solo ogni tanto mi fa saltare i nervi, visto che faccio così da sempre.

Da piccolo dicevo che sarei diventato uno scrittore, oltre che un pilota di moto GP (e da notare che ho giusto il patentino, passato l'esame per culo, puro culo) quindi figuratevi cosa me ne faccio dello scrivere...

c'è chi dice che mi sottovaluto e dovrei provare a pubblicare qualcosa, io dico che uno che non finisce nemmeno uno stupido diario da femminucce si deve ritirare dal campo ancora prima di entrarci. Spesso mi manca anche l'ispirazione per raccontare me stesso e le mie stronzate, qualità che nel mio spirito invece dovrebbe abbondare.

Certo, sono convinto anche io delle mie potenzialità (ho vinto due volte ad un concorso di poesia), ma non altrettanto convinto della mia pazienza altrimenti traducibile in resistenza alle mie stesse e continue idee o perseveranza nel starle a sentire e portarle ad una qualche misera conclusione.

Okay, mentre il treno su cui sto schioppa preparandosi ad esplodere in coriandoli di metallo e persone (c'è un rumore davvero agghiacciante che si sente quando traballa sui binari, lo sento anche attraverso i Rhapsody of Fire!) io continuo a martoriarmi la mano inseguendo il mio dizionario interiore che tenta di spiaccicarsi su un block notes dalla copertina viola 5x10 cm tutto in una volta.

Con la gente che peraltro mi fissa perplessa.

Cos'è, non avete mai visto un (bel) ragazzo accartocciato su un foglietto che viene sodomizzato psicologicamente dallo stesso, mentre per di più viaggia su di un treno?

Va bene, me lo appoggio sulla gamba, così magari sembro meno idiota.

Ah già, sono nel treno perchè dopo due giorni a casa di Elena l'ho accompagnata a scuola, svegliandomi alle sei ed alzandomi alle sei e mezza solo per lei, perchè è lei.

Non lo farei per tutti d'alzarmi così presto una delle tante mattine in cui potrei svegliarmi a mezzogiorno. Niente più scuola per Ivan, he has given up, ci ha dato a mucchio, ora langue tra le coperte fino ad ora di pranzo, si crogiola nella sua nullafacenza con qualche lavoretto in casa, poi ciuccia un'oretta dai capezzoli della disperazione, dopo riprende a fare la persona tranquilla.

Anche se la verità è che dentro ho un gran casino.

Il mio unico punto fermo e solo vagamente cangiante è Elena, tutto il resto, famiglia (me compreso), amici, certezze.. sono vorticosamente iridescenti.

Non so se avete presente quella sensazione di giocare ad essere calmi finché però non arriva qualcuno che vi fa la domanda più legittima al mondo

"cos'hai intenzione di fare?" spesso è lì che sbrocco come un pappagallo assetato di sfoghi e crackers (ah, le metafore animali <3 ).

Litigavo spesso coi miei prima di passare una settimana in Olanda da solo, ora medito solamente in silenzio su come trucidarli senza tanto inutile spargimento di globuli rossi in caso mi consumino del tutto la buona volontà che ho rinnovato con l'aria fresca di là.

Siamo a casa tutti e tre, mentre mia sorella va a scuola, sapete, tempi duri.

Ho già avvisato mia nonna di salire in casa a controllare se un giorno dovesse sentire troppo silenzio, niente voce di Padre che mi dice da giù dalle scale cosa fare, niente risate di Madre che si spiscia dal ridere per una mia battuta.

Niente musica alta, che è un po' come la mia voce..

forse aggiungerò qualcos'altro, ma per ora il treno si sta fermando, quindi sento la penna bruciare di frenesia e l'impulso di mettere via tutto.

Anche me, da qualche parte, in qualche luogo oscuro possibilmente.

Amo il mondo e le sue troiate, andate in pace.

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Capitolo 11
*** Chapter Ten. ***


Ho sentito l'improvviso bisogno di scrivere. Senza dare un titolo a questo capitolo, perchè voi già sapete che numero è, come si chiamerebbe.



Si chiamerebbe Chapter taldeitali, ma io non voglio vincolare questo getto d'ispirazione con un numero come se stessi catalogando la mia stessa vita.

E' tipo uno di quei momenti filosofici del cazzo dove ti senti felice per niente, non hai niente tra le mani se non sabbia e putridume eppure ti senti sul punto di una svolta nelle tue giornate, nella tua esistenza, ti senti di poter stringere i pugni ed avere la certezza che i granelli di sabbia rimarranno lo stesso lì dove sono senza rotolarti tra le dita.

Dovrei alzarmi e andare al cesso, perché il tè alla cannella sta facendo il suo effetto eh, non si fa attendere mica tanto, però rimango inchiodato con le chiappe addormentate sulla solita poltrona arancione, i piedi gelati -in due paia di calze tra l'altro- piantati sul bordo del letto dei miei, in una delle posizioni più scomode per la schiena che esistano in natura sulla faccia della terra eppure resto a scrivere quattro cazzate su un foglio.

Sì, questa volta sto usando un foglio, per disintossicarmi dal rumore dei tasti del pc ed avere un momento stile 'vecchi tempi' a tu per tu con la carta.

Quella meravigliosa, profumatissima cosa chiamata carta.

Se non mi sentissi osservato da forze ultraterrene l'annuserei ora, per ristabilire un contatto con il mio 'fattore di realtà'.

La piccola cosa materiale che ogni giorno ha il compito di ricollegarmi al globo, saldamente, prima che io parta per il mondo dei miei incubi.

Ieri sera è stato abbracciare un cuscino che sapeva di una settimana di sonni agitati a riagganciarmi con il pianeta Terra prima che venissi trasportato via.

Il campanello d'allarme per capire che la mia vita stava prendendo una brutta piega, una china non consigliabile, è stato accorgermi che dormire non mi dava più alcuna soddisfazione.

Mi svegliavo stanco alla mattina e non avevo mai sonno alla sera, non mi accorgevo di aver bisogno di un letto finché non mi si seccavano gli occhi fino a chiudersi da soli. Alcune sere ho avuto dei blackout di punto in bianco dai quali mi risvegliavo con la tastiera stampata in faccia ed un messaggio non inviato a chissà chi dei poveri malcapitati nella mia chat che recitava più o meno 'oaherwi'.

Capite? Non dormire bene per me è come dire che mia nonna si stancherà di pulire tutti i venerdì la sua enorme casa da cima a fondo, come dire che mio nonno si stancherà di cercare ogni versione esistente di ogni opera lirica sulla faccia della terra, come dire che mia mamma smetterà di far ridere, come se.. ecco, come se un ciccione smettesse di amare i dolci.

Per me è una cosa assurda -per inciso non ho nulla contro le persone grasse, e amo i dolci anche se non c'entra tanto- quindi ho deciso di dare una svolta alle mie giornate vissute passivamente stravaccato da qualche parte.

Prenderò di nuovo le redini e farò qualcosa di me.

Che sarà qualcosa di buono non posso assicurarlo a nessuno, so per lo meno che non sarò qualcosa di cattivo, che non sarò un fallimento.

Mi sta tornando la voglia di essere qualuno di buono per me stesso.

Voglio essere l'atmosfera salutare che respirerò.


E visto che non sono capace di scrivere una parola fine, così come un titolo schematico di capitolo, finirò senza finire anche questa volta.



ps. Per me 'ciccione' o 'grassone' prende un'accezione negativa quando si riferisce ad una persona che è già una merda di suo. Se sei un figlio di puttana e sei anche sovrappeso allora mi sentirò in diritto di offenderti chiamandoti 'palla di lardo', il classico, da bulletti, no? Se no non importa.


Pps. Pensavate potessi concludere (più o meno) senza tirar fuori Elena dal cilindro? Eh no, mai. Le ultime due volte che abbiamo fatto l'amore stavo per mettermi a piangere di nascosto. Cioè, mi son proprio scappate un paio di lacrimucce, così.

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