Le Foglie di Questo Autunno

di The Black Dahlia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Godric's Hollow ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Daisy Ackerley ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Un Incontro Inaspettato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Natale ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Equivoci e Delusioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Nessuna Alternativa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Insicurezze ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Presentimenti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Ricordi ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - La Repressione dei Nati Babbani ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Spinner's End ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Eileen Prince ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Un Nuovo Inizio ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Frammenti di Memoria ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Faccia a Faccia ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Il Ritorno del Signore Oscuro ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Cenere di Pergamena ***



Capitolo 1
*** Prologo - Godric's Hollow ***


Le Foglie di Questo Autunno - Prologo

Godric’s Hollow, 30 giugno 1992

 
C’era qualcosa che gli aveva sempre impedito di tornare in quel posto dopo tutto quel tempo, ma questa volta era diverso: aveva davvero creduto che fosse morto per sempre, eppure quel pizzicore al braccio che aveva iniziato ad avvertire qualche mese prima avrebbe dovuto fargli comprendere la verità. Come era possibile che fosse così cieco? Sorrise amaramente, più a sé stesso che alla lapide che osservava. Non era la prima volta che aveva chiuso gli occhi davanti all’evidenza, e ne pagava ancora le conseguenze.
Si inginocchiò e scostò la polvere e il muschio che cresceva sulla fredda pietra grigia in modo da poter leggere il nome che celava: stupidamente, in fondo a quel poco di umanità rimastagli, sperava che non ci fosse il suo nome impresso nella pietra. Quando lo lesse fu come tornare indietro nel tempo di quasi undici anni, a quella sera di Halloween in cui aveva stretto il suo corpo esanime tra le braccia per l'ultima volta. Un nodo alla bocca dello stomaco gli impediva di respirare, parlare, pensare. Era colpa sua. Era l’artefice di quella sciagura, colui che aveva dato iniziò a quella maledizione. Il dolore faceva bene: lo aiutava a ricordargli il suo peccato.
Rimase per ore, o forse giorni, piegato su quella lapide, al punto che non sentì più le gambe e più le braccia. Estrasse la bacchetta dalla tasca e fece apparire delle margherite bianche, in ricordo di quel lontano giorno in cui si erano conosciuti. Quando si alzò mentalmente rinnovò la promessa che si fece anni addietro:  avrebbe risanato le ferite del suo cuore ricucendole di orgoglio.
Ripercorse la strada solitaria che dal cimitero portava al centro di quella piccola cittadina, talmente preso dai suoi pensieri che neanche si accorse di essere davanti al teatro di quegli orrori che lo tormentavano. Quando alzando lo sguardo vide, le forze lo abbandonarono. Poggiò le mani sul cancello di legno deteriorato dal tempo accanto alle incisioni lasciate dalla gente, e con uno strano verso il dolore esplose in singhiozzi e lacrime da tempo celate. In lontananza udì dei passi proseguire nella sua direzione, ma poco gli importava. I babbani non potevano vedere l’abitazione, e anche se avessero potuto nella peggiore delle ipotesi sarebbe passato per uno sbandato. Rimosse velocemente quel pensiero e sprofondò nuovamente nella disperazione. Non si accorse che il rumore dei passi era improvvisamente cessato alle sue spalle, fino a quando una mano gentile non si posò sulla sua spalla e una voce familiare lo riportò alla realtà.
- “Professor Piton… professore è lei? Sta bene?” -
Spaventato cadde a terra, tentato di Smaterializzarsi: non poteva permettere che qualcuno lo riconoscesse. Poi, tra la foschia delle lacrime, mise a fuoco un viso che aveva pensato non avrebbe rivisto mai più. Tese una mano alla giovane strega davanti a lui e si lasciò andare.
La ragazza gli prese la mano e cingendo un braccio attorno alle spalle dell’uomo si Smaterializzò con lui mentre le prime luci dell’alba illuminavano le rovine di casa Potter.

***


Ciao a tutte/i. Io sono The Black Dahlia e questra è la mia prima FF su Harry Potter. Questa storie nasce dalle strambe idee che inondano la mia testolina prima di addormentarmi. Il protagonista come avrete capito è il mio personaggio preferito dell’intera saga che come avrete capito è Severus!  Dato che la sua morte è forse una delle cose che mi ha turbato in assoluto, in questa FF stravolgo quest’avvenimento facendo sopravvivere Piton e ipotizzo una Hogwarts dopo la sconfitta di Voldemort. Cercherò di non distaccarmi troppo dal personaggio di Piton dipinto da JKR, ma allo stesso tempo cercherò di fargli superare il dolore per la perdita di Lily. Ovviamente non sarà facile, dovrà fronteggiare la diffidenza e i pregiudizi di chi non crede che alla fine è sempre stato con Silente, ma avrà occasione di provarlo, e anche l’aiuto di una persona accanto. Non vi svelo altro… Vi dico solo che se vorrete continuare a leggere la storia dovrete abituarvi ai vari flash back che inserirò nei capitoli. Per il resto lascio tutto a voi, e se vorrete potrete raggiungermi anche sulla mia pagina Facebook semplicemente cliccando QUI .
Un bacio a tutte/i,
Dahlia

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Daisy Ackerley ***


Capitolo 1 - Daisy Ackerley


Stanford-Le-Hope, 13 agosto 1983

 
Daisy Ackerley aveva compiuto undici anni solo un mese prima della visita dell’anziano signore con una folta e lunga barba bianca, ma non aveva pensato che le due cose fossero collegate. Certo, era strano vedere qualcuno fare visita alla loro casa nei sobborghi di Stanford-Le Hope, non perché la sua fosse una famiglia emarginata o chissà ché, ma si erano appena trasferiti da un villaggio piccolissimo del nord dell’Inghilterra e ancora non conoscevo nessuno. I vicini conducevano vite alquanto riservate e il massimo della vita sociale e delle interazione con la popolazione di Stanford che avevano avuto erano stati nell’ordine un cenno del capo al vicino e un asettico “Buongiorno”-“Buonasera”-“Arrivederci” dall’impiegata del negozio di generi alimentari dove erano ormai soliti fare spese. Per questo motivo quella visita inaspettata l’aveva incuriosita e, nonostante fosse stata invitata dai suoi genitori ad aspettare fuori dalla sala, era rimasta con l’orecchio attaccato alla porta per origliare quella conversazione. Per poco non aveva perso l’equilibrio, rischiando di ruzzolare dentro la stanza, quando aveva sentito che l’anziano signore dal nome strambo era lì non per i suoi genitori ma bensì per lei, e che era stata iscritta in una scuola che si trovava molto lontano da lì, persino più lontano del paese dove abitata prima, dove avrebbe imparato a usare la magia.
La magia! Ma allora esisteva davvero? Allora le cose che sapeva fare, come far muovere gli oggetti semplicemente ordinandoglielo, o farsi spuntare un  naso da animale, erano cose normali? Aveva sempre tenuto nascoste quelle cose a sua madre per non spaventarla, perché pensava che l’avrebbe vista come un mostro e che l’avrebbe amata di meno. Anche lei pensava di essere uno scherzo della natura fino a pochi minuti prima. Per la prima volta nella sua vita provò l’impulso irrefrenabile di decidere della sua vita, di dire ai suoi genitori scettici che voleva davvero andare in quella scuola lontana con il nome strano. Entrò piano piano nella sala dove i suoi genitori e l’anziano signore si guardavano, i primi imbarazzati, il secondo come se si sentisse a casa sua, perfettamente a suo agio.
L’uomo con la barba disse; “Tu devi essere Daisy”. 
La bambina annuì intimorita.
 “Sai, io so che tu sei capace di fare tante cose, ma purtroppo i tuoi genitori credono che mi stia inventando tutto. Te la senti di mostrare loro quello che sai fare?” 
Daisy guardò prima suo padre e sua madre, poi il signore. “Anche lei è un mago signore?” chiese.
“Uno dei più vecchi, come potrai ben vedere dalla lunga barba bianca!” le rispose sorridendo.
Non sapeva come, ma quell’uomo aveva conquistato la sua fiducia. Guardò in direzione della mensola sopra il camino e cercò di chiamare a sé la sua foto preferita, quella dove lei e i suoi genitori posavano sorridenti accanto ad un pupazzo di neve storto ma dall’aria simpatica. Dopo pochi secondi la fotografia iniziò a tremare e a muoversi, e volò con velocità verso la sua mano, che la afferrò al volo. Sua madre si portò una mano alla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre sorpresa, stupore e ammirazione spuntarono sul volto di suo padre.
Il mago dalla barba lunga rise e battendo le mani in un applauso ammirato disse “Bene, credo che non siano dubbi, sarò felice di averti tra i miei studenti di Hogwarts a settembre!”.
“Signore” disse Daisy trattenendolo per la lunga veste argentata, “Mi fa vedere una magia anche lei?”.
L’anziano signore sorrise ed estrasse una bacchetta dal mantello: la fece roteare per aria e subito apparve un mazzo di margherite bianche candide.
“Sai perché ho scelto le margherite?” le chiese.
La bambina scosse la testa con energia.
 “Perché, oltre ad essere il significato del tuo nome, sono semplici. E mi auguro che questa non sia una semplice coincidenza!”. E strizzandole l’occhio, con educazione, si congedò.
 
***
 
Non era affatto come aveva immaginato. Quella scuola, quella Hogwarts, era troppo diversa dal suo mondo e troppo lontana dalla sua casa reale. Non le importava un fico secco della magia, di tutti quei prodigi e delle cose fantastiche che accadevano nelle aule che frequentava: semplicemente non era il suo mondo. Credeva che una volta arrivata lì avrebbe brillato, e invece aveva scoperto di essere una dei pochissimi studenti figli di “babbani”, e di conseguenza era l’ultima in tutte le materie. Non sapeva nulla sulle abitudini dei maghi e delle streghe e nonostante avesse scoperto che i due mondi quasi vivessero l’uno dentro l’altro non potevano essere più diversi. Non aveva più rivisto il signore dalla lunga barba grigia che aveva incontrato nella sua casa, se non la prima sera durante il banchetto di benvenuto ai nuovi arrivati: non l’aveva degnata neanche di uno sguardo e si era sentita più sola che mai. Ad essere onesti, quel luogo le faceva un po’ paura, con tutti quei dipinti animati e i fantasmi che si aggiravano nei corridoi del castello.
Aveva conosciuto pochissime persone, anche perché a detta di tutti quell’anno si erano viste meno ragazze che in tutta la storia di Hogwarts, e i maschi della sua casa sembravano tutti felici, emozionati e così indipendenti da non accorgersi di quanto fosse spaesata e di quanto lei avesse bisogno di una mano amica. L’unico che ogni tanto si mostrava gentile verso di lei era un ragazzo che frequentava il secondo anno, con l’espressione curiosa, il naso pieno di lentiggini e una cascata di capelli rossi sempre spettinati: Bill Weasley aveva il carisma del leader e il buon cuore delle persone nate nelle famiglie semplici, ma il primo molto spesso gli impediva di accorgersi di chi aveva bisogno del secondo. Dopo un’iniziale pacca sulle spalle e un “Complimenti!” urlatole quando la prima sera il Cappello Parlante aveva destinato Daisy nei Grifondoro, c’erano stati pochi episodi per scambiare qualche parola di più. D’altronde Daisy occupava tutto il suo tempo a recuperare le lacune che si portava dietro dalla nascita e neanche lei creava molte occasioni per socializzare.
Ma quella sera era diverso, quella sera Daisy aveva deciso che avrebbe lasciato Hogwarts e che sarebbe tornata a casa dai suoi genitori, frequentato una scuola babbana e che avrebbe dimenticato per sempre l’esistenza della magia e tutti gli annessi e connessi. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato un gufo ricevuto quella mattina, dove i suoi genitori le comunicavano che sua nonna era caduta e si era fratturata una gamba, di conseguenza stavano partendo per l’Irlanda, dove viveva la donna,  e sarebbe stato meglio per Daisy se avesse passato il Natale nella nuova scuola, dove erano sicuri si trovava benissimo e si era già fatta un sacco di amici.
Ma lei amici non ne aveva, non si trovava bene e sentiva la mancanza dei suoi genitori. Per questo dopo aver meditato a lungo sul da farsi per tutta la giornata, dopo cena era uscita di nascosto dalla sala comune dei Grifondoro per andare alla ricerca del preside Silente per chiederle di rimandarla a casa.
Vagare di notte per il castello, con i fantasmi che sbucavano dagli angoli meno probabili, non fece che aumentare l’ansia che Daisy provava: l’enormità dell’edificio, il labirinto di corridoi e le luci soffuse la mandarono in confusione e dopo aver avuto l’impressione di esser ripassata per lo stesso identico punto per almeno tre volte si arrese davanti una grande porta di legno, in cima a quella che presumibilmente era la torre ovest del castello. Aprì la porta e tutta la sua frustrazione esplose non appena si rese conto di essere nella Guferia, ovvero il luogo che ospitava i gufi degli studenti e quelli del castello. Non capì come, ma la sensazione di essere sola al mondo la investì come un treno in corsa, e in panico scoppiò in lacrime, riuscendo solo a farfugliare le parole “mamma” e “casa” indistintamente tra un singhiozzo e l’altro. Non le importava di sembrare ridicola, nessuno l’avrebbe vista in quel momento di debolezza, e anche se l’avessero vista entro pochi giorni lei sarebbe tornata a casa e dopo qualche settimana si sarebbero dimenticati di lei. Mentre dava sfogo alle sue lacrime e alla sua disperazione, qualcosa nella luce soffusa della Guferia si mosse, unito al frusciare di una veste: per un attimo Daisy sperò che si trattasse del professor Silente, ma quando vide chi si celava dietro quell’ombra scusa quasi non raggelò. Avrebbe riconosciuto quel vestito nero con tanto di mantello ovunque, per non parlare di quello sguardo severo e di quei capelli neri come la pece che ornavano il viso duro come se fossero due macabre tende: il professor Piton, insegnate di Pozioni, una delle materie in cui Daisy riusciva a dare il peggio di sé, era davanti a lei, con un piccolo foglio di pergamena in mano, e la guardava come se fosse il più raccapricciante spettacolo sul mondo.
“Signorina Ackerley” disse con voce piatta “Sarebbe così gentile da spiegarmi cosa ci fa in giro a quest’ora di notte per il castello nonostante sia ben consapevole del fatto che sia proibito per tutti gli studenti uscire dalle proprie sale comuni dopo la cena’?”. Aveva parlato senza respirare, il che contribuì a renderlo per certi verso ancora più sgradevole, se mai fosse stato possibile.
Daisy era letteralmente paralizzata del terrore, nonostante tutto riuscì a reprimere un singhiozzo e tirando su col naso rispose: “Mi sono persa, signore!” 
“Lo vedo, il mio acume è decisamente più brillante del suo! Mi vedo costretto a comunicarle che la prossima infrazione verrà severamente punita con l’espulsione dalla scuola, mentre per il momento dieci punti in meno a Grifondoro potrebbero essere sufficienti per farle capire la lezione. Mi sbaglio?”
La bambina scosse la testa con energia ma non riuscì a fermare le lacrime che le scorrevano sul viso. Piton storse la bocca in una smorfia di disprezzo.
“Lei può farlo davvero, signore?” chiese Daisy d’un soffio.
“Che cosa?”
“Espellermi. Mandarmi a casa, signore!”
Quella risposta doveva aver scatenato la curiosità dell’insegnante che improvvisamente si chinò per guardare la bambina negli occhi, che però erano sfuggenti e sembravano trovare il fazzoletto che stringeva tra le mani estremamente interessante.
“Mette forse in dubbio la mia autorità, signorina Ackerley?”
“No signore!” si sbrigò a ripondere.
“Allora che significa?”
Daisy sollevò lo sguardo e con gli occhi colmi di lacrime rispose: “Vorrei lasciare Hogwarts, signore”,
Quelle parole appena sussurrate dovevano averlo turbato, ma l'insegnate sgranò gli occhi come se stesse chiedendo al suo cervello conferma di quanto avesse appena udito. “Ho sentito bene? Vorrebbe abbandonare la scuola? E per quale motivo vorrebbe gettare alle ortiche l’opportunità migliore che forse l’è mai capitata nella vita?” 
Daisy sentì nuovamente le lacrime uscire prepotentemente dagli occhi, ma cercò di ricacciarle per darsi un minimo di contegno, una parvenza di dignità.
“Perché non sono capace signore. Non mi trovo bene e credo di non piacere a nessuno. Non sono come tutti gli altri. E’ difficile, non sono portata…” e diventando rossa dall’imbarazzo con un sussurro aggiunse “… e mi manca la mia casa!”
Il professor Piton si portò in posizione eretta e diede le spalle alla piccola Daisy, iniziando a camminare in silenzio avanti e indietro, come se stesse pensando al da farsi. Poi, improvvisamente parlò con duro e aspro, e furono delle parole che Daisy non avrebbe mai pensato di poter udire proprio dal professor Piton.
“Signorina Ackerley, potrei rimandarla a casa in questo preciso istante se solo fossi convinto che sarebbe la soluzione migliore per lei. Sono però spiacente di informarla che non sempre nella vita si è padroni di scegliere ciò che si vuole, per tanto è necessario adattarsi agli eventi. Buttare l’opportunità coltivare il dono che ha è decisamente l’idea più stupida che potesse venirle in mente. So che è troppo giovane per rendersene conto, ma dovrebbe ringraziare il fato che ha fatto si che lei avesse i suoi poteri e che le ha dato l’opportunità di conoscere un mondo che la maggior parte dei babbani neanche sospetta. D’altro canto, se lei pensa di non essere forte abbastanza perché ‘non piace a nessuno’ o perché vuole ‘tornare a casa’, non penso che tornare alla ‘normalità’, alla sua vita precedente, potrebbe essere utile: potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione anche in una comunità priva di poteri magici. A questo punto, dato che sempre nella vita dovrà lottare per ottenere qualcosa, mi permetta di porgerle un quesito: preferisce lottare fuori, per le cose comuni, semplici e banali, o preferisce lottare dimostrando a sé stessa che può migliorare e incrementare le sue doti fuori dal comune?”.
Daisy non rispose: guardava a bocca aperta il suo insegnante di pozioni, che in quel momento le dava le spalle, mentre imprimeva nella sua mente ogni singola parola. In fondo aveva ragione, e se una volta tornata a casa si fosse ritrovata nella stessa situazione? O peggio, e se un giorno si fosse pentita di quella stupida idea? Mentalemente decise che se il suo destino era quello di diventare una strega era quello che avrebbe fatto.
Severus Piton si voltò a guardarla e senza attendere una risposta alla sua domanda chiese: “Sa come tornare al suo dormitorio, signorina Ackerley?”
“No signore!” rispose Daisy con decisione.
“Allora le farò strada, sperando che questa le rimanga bene impressa nella mente. Anche se mi auguro di non vederla mai più vagare per il castello di notte, siamo bene intesi?”
“Si signore!”
“E un’ultima cosa…” aggiunse “Non creda che le motivazione che mi ha dato o il fatto che lei stesse piangendo mi tratterranno dal togliere dieci punti alla sua casa. La vita può essere molto ingiusta a volte, ed è ora che lei lo capisca.”
Daisy annuì con decisione, ma non le importava. Mentre usciva dalla guferia al fianco del professor Piton, giurò di averlo visto sorridere mentre chiudeva alle sue spalle la pesante porta di legno. ‘Devi essertelo proprio sognato…!’ pensò fra sé.

***
 
Col passare dei mesi e degli anni, Daisy ripensò spesso a quella notte nella guferia. Chissà se avesse incontrato Silente le cose sarebbero andate diversamente? L’incontro con Piton aveva decisamente cambiato il suo atteggiamento nei confronti della sua permanenza a scuola e dell’impegno nello studio. Era migliorata tanto fino ad essere la migliore del suo corso, e se prima i suoi compagni la ignoravano, adesso la evitavano perché la trovavano saccente e ‘secchiona’, ma poco le importava.
Era rimasta un animale solitario, con poche e superficiali conoscenze. Le piaceva passare il poco tempo libero che si ritagliava tra una lezione e una seduta in biblioteca, ad esercitarsi. Fin da piccola era capace di farsi spuntare strane orecchie pelose, dei lunghi e sottili baffi neri, e una volta addirittura una coda, ma non era mai riuscita a trasformarsi in un animale completo. Sapeva cosa fosse un Animagus e dentro di sé sperava avesse le capacità per trasformarsi completamente, ma non ci era mai riuscita. Era faticoso, e a volte molto doloroso, ma nonostante su tutti i libri sull’argomento che era riuscita a trovare in biblioteca era riportato che la trasformazione per un principiante poteva essere molto pericolosa, Daisy era sempre riuscita a far sparire eventuali baffi, orecchie o code con estrema facilità. Rimaneva davanti allo specchio del dormitorio femminile studiando il suo corpo,  cercando anche il più minimo cambiamento, ma oltre alle piccole trasformazioni di cui era gia’ capace, a parte il cambiamento dei suoi capelli e dei peli delle braccia da biondo intenso a rossiccio, non era riuscita a fare altro. Era tentata di chiedere consiglio alla professoressa McGranitt, ma d’altra parte sapeva che se davvero fosse diventata un Animagus si sarebbe dovuta registrare presso il Ministero della Magia, e per un motivo che neanche Daisy era in grado di spiegare, questa idea non le piaceva affatto.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, aveva iniziato ad ammirare l’atteggiamento del professor Piton e fece di lui il suo mentore segreto. Ne imitava l’atteggiamento e la serietà, l’attaccamento al dovere, ma questo non le permetteva comunque di eccellere in Pozioni. Era più forte di lei: il miscuglio di erbe, interiora, polveri ed estratti non era il suo forte, ma ogni tanto notava dietro l’aspetto burbero e disinteressato del suo maestro un aiuto, un consiglio velato che la portava per lo meno a non creare miscele esplosive, nonostante appartenesse ad una casa che non ricadeva propriamente nelle grazie dell’insegnante. Oppure era frutto della sua immaginazione? Dentro di sé nutriva la speranza che non fosse così, che anche lui dopo quella notte alla Guferia avesse capito che lei aveva solo bisogno di incoraggiamento e perché no, un qualche suggerimento, per riuscire nella sua strada. Che poi, quale fosse la sua strada ancora non lo sapeva. Cercava di fare il suo meglio per eccellere, ma si sentiva sempre fortemente legata al mondo babbano, alle sue origini, e di conseguenza più passava il tempo e mentre i suoi compagni decidevano il loro corso di studi per intraprendere una chissà quale carriera all’interno del Ministero della Magia, lei organizzava il suo piano di studi in modo da non abbandonare le lezioni di Pozioni. Quello che ne sarebbe stato della sua vita l’avrebbe deciso la vita stessa; nel frattempo sperava che il momento di lasciare Hogwarts tardasse ad arrivare il più possibile.

 ***

 
Ciao a tutte! Eccomi qui col secondo capitolo. Sono stata veloce eh? Vi dirò, sono talmente presa da questa storia che scriverei in continuazione! Voglio ringraziare tutte colore che hanno letto, hanno lasciato una recensione, e hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite… vi giuro che non mi aspettavo così tanto seguito!!! Grazie, grazie, grazie a tutte, specie a TheGhostOfYou che mi incoraggia così tanto!!!
In questo capitolo torniamo un po’ indietro nel tempo e iniziamo a scoprire questo misterioso personaggio femminile: la regressione era d’obbligo per presentarvi la misteriosa ragazza e il legame che in seguito si instaurerà con Voi-Avete-Capito-Chi (no, non parlo di Lord Voldy, mhuahuah!!!). Spero vi piaccia.
Per chiudere vi informo che ho una pagina Facebook e se vi va potete seguirmi semplicemente cliccando QUI.
 Nel frattempo vi saluto con un abbraccio!
Xoxo Dahlia


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Un Incontro Inaspettato ***


Capitolo 2 - Un Incontro Inaspettato
 
 
Il giorno in cui Daisy Ackerley lasciò la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts pioveva a dirotto, e con una punta di romanticismo la ragazza ipotizzò che quel tempo fosse un riflesso del suo stato d’animo. Non aveva più un posto dove andare, né famiglia a cui tornare: nel corso degli anni era venuto  a mancare preima suo padre per un disastroso incidente sul lavoro, e solo un anno dopo sua madre lo aveva raggiunto, lacerata dalla perdita del suo grande amore. La casa a Stanford-Le-Hope era stata venduta il Natale precedente, in modo che Daisy potesse assicurarsi  qualche risparmio per il futuro: in poche parole poteva considerarsi una senza tetto dato che non aveva parenti prossimi da cui tornare. Quando varcò per l’ultima volta il grande cancello della scuola  si voltò per imprimere nella mente i dettagli di quella struttura che inizialmente le era sembrata un’antica prigione, ma che fino a pochi minuti prima considerava casa. Rischiò di essere scaraventata per terra una dozzina di volte da orde di ragazzi esultanti per la fine dell’anno scolastico: ormai era ben abituata a risultare invisibile. Per la prima volta si maledì per esser stata così così chiusa, scontrosa e solitaria; non aveva neanche un amico e stranamente ne sentì la mancanza. Forse se ne avesse avuto uno quell’addio sarebbe stato meno triste e complicato. Quando stava per voltare le spalle al castello vide sul grande portone intagliato il professor Piton, circondato da tutto il corpo docenti al completo. Tutti ridevano e parlavano tra loro, tranne lui. Ancora sentì quello strano senso di appartenenza verso quell’uomo. Combatté l’istinto di andargli incontro per chiedergli un consiglio, cosa avrebbe dovuto fare adesso che non aveva nessuno al mondo. I loro sguardi si incrociarono per l’ultima volta e lei gli rivolse un timido sorriso, prima di voltare per sempre le spalle ad Hogwarts e partire verso l’ignoto.
 
***
 
Lasciata Hogwarts, Daisy aveva lasciato anche il Regno Unito. Ormai non aveva più nulla che la trattenesse nella sua terra d’origine e decise di intraprendere un viaggio alla ricerca del suo vero io. Si, perché se c’era una cosa che aveva capito in quegli anni è che non sapeva chi o cosa fosse: era in bilico tra due mondi ma era consapevole del fatto che dovesse fare una scelta, decidere a quale mondo appartenere. Lei era una strega, ma era anche una giovane babbana e sentiva la necessità di vivere come tale. Vagò per due anni per l’Europa, spostandosi di paese in paese, di villaggio in villaggio, ma ben presto acapì che non era solo il suo paese ad avere una così rigida regolamentazione sull’uso della magia: era opinione diffusa, e difesa anche dalla Confederazione Internazionale dei Maghi, che mondo magico e mondo babbano non potessero coesistere, quindi a livello internazionale vigevano delle regole che Daisy trovava molto difficile seguire, le stesse che trovava assurde nel Regno Unito. Perché non poteva praticare la medicina e apporre della magia laddove gli intrugli babbani fallivano? Perché non poteva semplificare la sua vita da strega con la tecnologia? La risposta a quest’ultimo quesito la ebbe sulla propria pelle mentre cercava di far funzionare un semplice telefono con la magia: le interferenze create dagli incantesimi aveva fatto quasi saltare l’apparecchio, provocandole un’ustione all’orecchio che le aveva impedito di dormire per diverse notti. Sembrava non ci fosse rimedio alla sua inquietudine in nessun luogo. Dopo 730 giorni passati a vagare tra un posto e l’altro, aveva deciso di tornare in Inghilterra, dove almeno non avrebbe avuto lo scoglio invalicabile della lingua. Si, ma che fare? Cercare un impiego presso il Ministero? No di certo, avrebbe dovuto trasferirsi a Londra, ed era troppo cara, troppo caotica e troppo tutto. Avrebbe potuto viaggiare usando la Metropolvere o Smaterializzandosi, ma non amava particolarmente questi due sistemi di trasporto: soffriva di claustrofobia ed entrambi i metodi la mettevano in agitazione. Per non parlare del fatto che il ministero si trovava sotto Londra stessa. Non avrebbe mai potuto passare una vita dentro i cunicoli incantati del sottosuolo. Era fuori discussione. Decise allora di aprire una piccola attività babbana nel villaggio magico di Godric’sHollowche le permettesse di coniugare i due aspetti della sua vita pacificamente, fornendo di nascosto ai babbani i benefici della magia, trasformando così la sua battaglia nella sua vocazione. Aprì una piccola bottega, un’ erboristeria, che chiamò "Alchemilla- Erbe Mediche e Unguenti". Col tempo , nel corso dei suoi lunghi viaggi aveva affinato la sua passione e il suo talento nell'arte delle pozioni, complice anche il fatto di non sentirsi costantemente sotto esame dal suo burbero professore, e la sua preparazione in Erbologia era  un qualcosa di cui andava fiera.
In brevissimo tempo gli affari iniziarono a decollare, al punto che solo al quarto mese di attività fu in grado di restituire alla banca babbana il piccolo prestito di cui aveva fatto richiesta per l’apertura del locale, e la popolarità nel piccolo paese cresceva a dismisura: anziani, babbani e non, ma anche giovani, ormai si rivolgevano a lei per quell’estratto di bacche di elicriso che tanto faceva bene al sonno, o per quella pomata tanto amata dai giovani che faceva miracolosamente sparire i brufoli. Se solo avessero immaginato che il misterioso composto era formato da zanne di serpente, lumache cornute e aculei di porcospino sarebbero stati sicuramente meno felici. Ma il segreto del suo successo stava anche nel raccontare delle piccole bugie a maghi e babbani, diluendo le pozioni  in modo da passare per una brava erborista. Offriva anche i suoi servigi a maghi e streghe troppo anziane per poter preparare da soli le loro pozioni. Finalmente la sua vita iniziava a prendere una piega decisamente piacevole. Oltretutto in quel villaggio erano successe delle cose eccezionali in passato. Oltre alla triste e immane tragedia dei Potter, quello era il posto dove era nato GodricGrifondoro, fondatore della casa a cui apparteneva a Hogwarts, ed anche la famiglia del preside della sua scuola era originaria di lì. Non avrebbe mai ammesso con nessuno di essere diventata una sciocca sentimentale, ma quelle due cose la facevano sentire ancora più vicina all’unico posto che avesse mai considerato casa sua.
A quasi venti anni poteva ritenersi realizzata. Non aveva lasciato posto ai sentimenti nella sua vita, ritenendo che fossero solo un ostacolo alle sue aspirazioni, ma dentro di sé aveva la certezza innata che le mancasse qualcosa. Non aveva mai sperimentato l’amore, e forse non lo avrebbe sperimentato mai. Da poco tempo aveva liberato la sua mente dall’ossessione segreta di un uomo impossibile, e ripensando alla sua infantile infatuazione, non poteva fare a meno di darsi della stupida sorridendo, chiedendosi come fosse lontanamente possibile aver sperato per un solo istante di avere una possibilità con lui.
 
***
 
Per quello stesso motivo, la notte in cui lo incontrò a Godric’s Hollow Daisy pensò che fosse un’allucinazione: tra tutte le persone che aveva immaginato di poter reincontrare una volta tornata in Inghilterra, il professor Piton era decisamente l’ultimo della lista. In cuor suo sperò di essersi sbagliata quando lo vide accasciato davanti alle rovine di casa Potter disperato e all’apparenza indifeso. Gli aveva teso una mano, certa che lui l’avrebbe rifiutata non appena si sarebbe reso conto di non essere più solo, ma non fu così: un fremito negli occhi dell’uomo le fece capire che l’aveva riconosciuta, prese la sua mano e la ragazza dopo avergli cinto le spalle con un braccio si smaterializzò.
Riapparvero a qualche isolato di distanza, nel salotto della casa sopra la bottega di Daisy. Severus non dava neanche l’impressione di essersi reso conto di trovarsi in un posto diverso rispetto a quello dove era qualche istante prima e confuso si accasciò sul pavimento. Daisy lo guidò su una poltrona, lo fece accomodare e sparì, diretta alla bottega. Qui prese una piccola boccetta trasparente, ne diluì il composto in un bicchiere d’acqua: lo diede all’uomo, che dopo pochi istanti cadde in un sonno profondo e senza sogni.

***
 
Severus si risvegliò diverse ore dopo, confuso, con una coperta adagiata sul corpo. Aveva male al collo, a causa della posizione in cui si era addormentato su quella poltrona. Cercò di fare mente locale ma non riusciva a riconoscere il posto in cui si trovava. Aveva pochi ricordi della sera prima. Ricordava di essere corso sulla tomba di Lily, spaventato dagli avvenimenti delle ultime settimane e dal bruciore che sentiva crescere di giorno in giorno sul suo braccio sinistro. E poi…? Ricordava di essersi incamminato per le vie di quella città, nel buio della notte e di essersi ritrovato davanti alla casa in cui aveva visto il corpo esanime della sua Lily, e poi, la visione. Sicuramente doveva essere stata una visione. Aveva visto la sua Lily venirgli incontro e tendergli una mano. Accecato dal dolore l’aveva presa, convinto che lei fosse li per portarlo via da quella vita che era diventata arida e insignificante da quando aveva lasciato quel mondo. Poi il vuoto.
Si guardò intorno e cominciò a percorrere quella stanza in tutta la sua grandezza, alla ricerca di un indizio che gli facesse capire chi l’aveva salvato la notte precedente. La grande poltrona moderna sulla quale aveva riposato si trovava vicino a una finestra , dalle cui tende spesse filtrava il sole: la scostò appena, quel tanto che gli bastò per capire che si trovava al primo piano di un edificio indipendente, sopra quello che all'apparenza sembrava essere un negozio o una bottega, dato il frequente andirivieni della gente. Si voltò e a grandi passi si avvicinò al camino: sopra una mensola vi erano appoggiate diverse fotografie, ma nessuna di queste fu di grande aiuto. Ritraevano una giovane coppia di babbani, che sorridevano all’obbiettivo, con alle spalle una villetta bianca e immense quantità di fiori colorati alle finestre. La mano che aveva scattato quella foto doveva essere giovane o inesperta: l’inquadratura era storta e i soggetti non erano messi perfettamente a fuoco. Deluso riprese a guardare altri ritratti di quella coppia, che da giovane diventava sempre più adulta, ma nulla gli diede l’idea di chi fossero. Era tentato di scappare come un ladro, non c’era cosa che più odiava al mondo del ritrovarsi in una situazione a lui sconosciuta, ma la sua buona educazione gli intimava di ringraziare per l’aiuto e l’ospitalità concessagli per quella notte.
Tese l’orecchio alla ricerca di qualche rumore che potesse fargli percepire la presenza dei proprietari di casa, e udì un lieve rumore provenire dal piano di sotto. Seguì il suono, uscendo così dal salotto. Si ritrovò in un corridoio luminoso, con poche porte che presumibilmente conducevano alle camere, ed in fondo vide la scala. Facendo attenzione a non fare troppo rumore, scese la rampa di scale che lo separava dal piano terra. Una volta poggiato il piede sull’ultimo gradino, alzò lo sguardo e trattenne il respiro per la sorpresa: si trovava in un vero e proprio laboratorio, con pozioni in ebollizione ed erbe a macerare. Alcune piante erano appese dalle radici, presumibilmente per far spargere l’essenza in tutte le sue parti verdi, altre ribollivano in calderoni. Due bilance in ottone occupavano un piano da lavoro in marmo sulla parete orientale del laboratorio, mentre provette in cristallo e pile di calderoni erano sparse ovunque. Una parete in legno con una piccola porta separava quell’ambiente dalla bottega.Severus sorrise tra sé: quel laboratorio sarebbe stato il sogno del giovane Piton. Lui, una volta finita Hogwarts svolgeva i suoi piccoli esperimenti con le erbe nei luoghi più disparati, costretto a traslocare di volta in volta a seconda dei piani del Signore Oscuro. Gia’, il Signore Oscuro… per un attimo, affascinato dal luogo in cui si trovava, aveva quasi scordato il motivo del suo viaggio fino a Godric’sHollow. Lord Voldemort era tornato. Alcuni dei suoi più “fedeli” seguaci, quelli che erano riusciti ad evitare Azkaban incantando i presenti con favole del tipo “Voi-Sapete-Chi mi ha costretto! Era sotto incantesimo!”, smaniavano dalla voglia di tornare sotto il Lato Oscuro, e avrebbe scommesso tutto l’oro che possedeva alla Gringott che non avrebbero tardato a cercarlo.
Un rumore improvviso lo destò dai suoi pensieri. La porta divisoria si aprì e una ragazza dai lunghi capelli biondi entrò nel laboratorio, con le braccia cariche di pacchetti e tra le mani un pesante mazzo di chiavi. Severus si immobilizzò. La ragazza alzò lo sguardo e quando lo vide fu sorpresa. Gli sorrise. C’era qualcosa di familiare in quello sguardo, inutile negarlo, doveva averlo gia’ visto da qualche altra parte… ma dove?
- “Professore! Buongiorno… non pensavo di trovarla in piedi!” – gli si avvicinò per poggiare i suoi pacchetti sul piano da lavoro di fianco Severus, che la guardò meglio sotto la luce fioca della lampadine e all’improvviso capì.
Daisy Ackerley lo guardava con lo stesso sguardo di riverenza e curiosità che gli aveva rivolto per sette lunghi anni ad Hogwarts. Ricordava come se fosse ieri la notte in cui lei tra le lacrime gli chiese di espellerla dalla scuola, credendo di non avere il talento necessario per diventare una strega. L’aveva osservata per tutta la durata dei suoi studi, incapace di ammettere a sé stesso che quella bambina solitaria e spaurita gli ricordava il Severus bambino, e che forse era per quello stesso istante che non era mai stato capace di non aiutarla velatamente.
- “Signorina Ackerley…” –
- “Daisy!” – lo interruppe lei, rivolgendogli un grande sorriso.
Severus le rivolse uno sguardo contrariato; - “Signorina Ackerley… la …ringrazio. Sono compiaciuto di vedere che sta bene ma credo sia il momento di togliere il disturbo”.-
La “Signorina Ackerley” lo guardò come se Piton stesse parlando in una lingua incomprensibile, non riuscendo a nascondere affatto la delusione provocata dalla asettica frase. L’uomo si accorse dell’indelicatezza e cercò di rimediare.
- “Ha… messo su un discreto laboratorio di pozioni, signorina Ackerley.”-
- “Grazie” – o per lo meno quello fu il senso che Severus attribuì al grugnito scontroso che lei gli rivolse.
- “Di cosa si occupa? Rivende pozioni?” –
- “Rivendo pozioni diluite ai babbani, sa… problemi di insonnia, brufoli, depressione. Qualcosa anche per la memoria. E per qualche mago non più in forze preparo le pozioni. Loro mi portano l’occorrente e io faccio tutto il lavoro.” –
Daisy alzò lo sguardo sopra l’uomo, che osservava con discreto interesse un fungo Orclumpo ma aveva assunto un’espressione contrariata alle parole della giovane. Rimase in silenzio qualche minuto e poi sentenziò: - “La nobile arte delle pozioni mercificata alle banali esigenze dei babbani. Non trova anche lei che rischioso che il tutto risulti di conseguenza… banale?” –
- “Oh, mi scusi, non era mia intenzione ridicolizzare il nobile scopo della pozione per Foruncoli, professore!” –
I lor sguardi si scontrarono per un attimo, poi quello della ragazza si addolcì. Prese a frugare dentro i pacchetti e a scartare piccoli funghi e pietre.
- “Cosa lo porta a Godric’s Hollow professore?” –  chiese con lo sguardo basso su dei germogli di coriandolo.
- “Una semplice passeggiata.” –
- “Nel cuore della notte, in stato confusionale, davanti a casa Potter?” –
- “Non credo che l’argomento la riguardi.” –
La ragazza incassò il colpo e rimase in silenzio per qualche minuto. Poi, mentre Severus Piton indugiava sul contenuto che ribolliva all’interno di un calderone incalzò.
- “Non ha niente a che vedere con quello che si sussurra in città?” –
Il professore alzò di scatto la testa dall’intruglio  magico per farsi vicino alla ragazza, scrutandola con occhi severi.
- “Cosa si sussurra in città?” –
- “Beh… la signora Bath, dice che il professor Silente si è fatto sfuggire qualcosa a proposito di Voi-Sapete-Chi, di un suo presunto ritorno.” –
- “E cosa le fa pensare che io c’entri qualcosa con questa storia?” –
Daisy era in difficoltà. Prese un profondo respiro e disse d’un fiato: - “Beh, non è successo che proprio a casa Potter Voi-Sapete-Chi è stato sconfitto? Lei era lì stanotte quando l’ho trovata, e fino a prova contraria lei lavora ad Hogwarts, e visto che a quanto pare Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è riuscito ad entrare dentro la scuola, ho pensato che la sua presenza qui a Godric’sHollow non fosse una coincidenza. Tutto qui!” -
L’ultima frase l’aveva pronunciata un’ottava sopra il suo normale tono di voce e non appena se ne rese conto le sue guance si colorarono di porpora.
Piton la osservava con curiosità. – “Non la ricordavo così permalosa.” –
- “Devo esserlo diventata.” –
- “Signorina Ackerley…” –
- “Daisy!” –
L’uomo storse il naso ma si arrese. – “ Signorina Daisy, solitamente lei da ascolto alla signora Bath?” –
Daisy ci pensò un po’ su prima di rispondere. Bathilda Bath era una donna colta, e di certo non si poteva negare che avesse conoscenze influenti, ma in realtà Daisy aveva come l’impressione che la ragione stesse inziando ad abbandonarla. In effetti non era tanto sicura che quello che andava dicendo per tutta Godric’s Hollow fosse la realtà, e ad essere onesti non godeva più della credibilità di quella piccola comunità.
Per un qualche motivo, Severus non se la sentì di mentire e raccontò alla ragazza gli avvenimenti dell’ultimo anno ad Hogwarts: le disse come l’arrivo dei figli di Potter fosse coinciso con la ricomparsa di Lord Voldemort, del professor Raptor e dei suoi tentativi di appropriarsi della pietra filosofale, di come tre ragazzini undicenni avessero mandato all’aria i piani del Signore Oscuro.
- “E il professor Silente che ne pensa di tutto questo?” – chiese la ragazza.
- “Silente ha un piano ben preciso, presumo. Ma non è ancora degno di essere svelato.” –
- “Ed è per questo che lei è qui? Intendo dire… E’ qui su indicazione di Silente?”-
- “Perché tante domande sul professor Silente?” –
Daisy si morse il labbro inferiore. Piton riconobbe quel gesto: lo faceva sempre quando si trovava in difficoltà, quando aveva paura di dire un qualcosa. Lo aveva fatto per anni, ogni volta che lui la metteva alla prova chiedendole gli ingredienti delle varie pozioni studiate.
- “Beh vede, non saprei. Ho sempre stimato Silente ma… Da quando sono qui ho iniziato a sentire delle cose strane sul suo conto. Sa, la signora Bath conosceva Silente e la sua famiglia e a volte si è lasciata scappare delle cose, anche a proposito di Gellert Grindelwald. Non che io creda a tutto ciò che la signora Bath dica, ma ecco, sono cose che ti fanno vedere gli avvenimenti da un’altra prospettiva, non so se mi spiego.” –
- “Quali cose?” –
- “Beh, dice che non è sempre stato così a favore della causa babbana e della loro integrazione nel mondo magico e cose simili. E che lui e Grindelwald fossero più vicino di quanto lo stesso Silente ammetterebbe mai.” –
Piton metabolizzò la notizia e dopo essersi allontanato dal bancone disse: - “Non sempre le cose sono così chiare e comprensibili come ci appaiono.” –
- “Lei ritiene che siano fesserie?” – chiese con un filo di voce la ragazza.
- “Questo sta a lei decidere. Se ritiene questi argomenti degni di essere approfonditi, lo faccia. Ma non si faccia influenzare. Le cose, i fatti, così come le persone, spesso possono avere un lato oscuro che una volta scoperto, preferiremo solo dimenticare.” –
Ma in un certo senso stava parlando anche di se stesso.
- “Per quel che mi riguarda il mio tempo qui è finito. Grazie ancora per quello che ha fatto per me, signorina Acker… Daisy.” –
La ragazza si scostò una ciocca di capelli ribelli dalla fronte e gli sorrise. – “Sa, è stato bello incontrarla di nuovo professore.” –
Severus la guardò. Era raro che non sapesse cose dire, e quella era una di quelle volte.
- “Se dovesse tornare a Godric’s Hollow… beh ecco, magari… Potrei…” –
- “Mi accontenterei di vederla diluire le pozioni con infuso di ginepro. Nasconde i composti magici alle più attente analisi. Adesso, se non le dispiace…” –  fece un cenno col capo e dopo pochi secondi riapparve nella sua dimora di Spinner's End. Solo. Per qualche minuto aveva scordato l’incessante bruciore al braccio. Cercò di scacciare via quel fastidioso dolore concentrandosi sulle poche cose piacevoli che ricordava. In tutto quel che faceva c’era una traccia di Lily, ma per un breve istante un fremito di eccitazione lo pervase, come quando sperimentava una nuova pozione e poi ne verificava gli effetti. Stranamente le parole della ragazza lo colpirono più di quanto avesse immaginato, e dentro di sé si ripromise che avrebbe tenuto gli occhi più aperti del solito.


***

Tadaaaaan! Dopo tanto ci sono riuscita! Scusate il ritardo ma a lavoro è periodi di terremoti e uragani e quindi il tempo è davvero poco, però faccio del mio tempo per aggiornare almeno una volta la settimana. Okay, è uscito un capitolo un po’ più lungo del previsto ma spero di avervi dato un quadro abbastanza preciso di che personaggio sia Daisy. Ed ecco che “Chi non muore si rivede!” (lo so, sarebbe il titolo perfetto per il capitolo ma ho dovuto inventarmi qualcosa di più serio!!!). Daisy e Severus si incontrano, in maniera alquanto insolita, e vediamo anche spuntare il pretesto per alcuni loro incontri futuri, che dove ci porteranno solo Merlino lo sa! Ringrazio tutte quelle che hanno messo la storia tra i preferiti e che hanno lasciato una recensione: siete più di quanto mi aspettassi!!! *____*
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Xoxo Dahlia

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Natale ***


Capitolo 3 - Natale
 

 
Il nuovo anno scolastico ad Hogwarts era iniziato da tre mesi e il vento e la neve imperversavano senza pietà. Le stanze private di Severus Piton nei sottettanei sembravano costruite nel ghiaccio; neanche il grande camino riusciva a riscaldare interamente quel piccolo ambiente, ma poco gli importava. Si era abituato a vivere nel gelo e quasi non ci faceva più caso se non in quel particolare periodo dell’anno. Mancavano pochi giorni a Natale e l’assenza delle lezioni corrispondeva ad un aumento del tempo libero, cosa che l’uomo non era capace di gestire: più tempo significava più giornate vuote senza niente che occupasse i pensieri. Questi, i soliti, si insunuavano nella sua mente e faticavano ad uscirne. Le sue notti erano scandite dal solito incubo ricorrente, quello che ormai faceva da più di dieci anni:  si trovava imprigionato in una stanza le cui pareti erano fatte di vetro e assisteva impotente alla morte di Lily, solo che negli ultimi mesi gli occhi della donna che amava si sostituivano con quelli del figlio Harry. Severus si sentiva  solo. Inoltre la certezza che il Signore Oscuro stesse tornando gli dava l’impressione di avere un cappio al collo che si stringeva sempre più; si sentiva soffocare e le rare volte in cui non era tormentato dagli incubi si svegliava nel cuore della notte  dal bruciore che sentiva provenire dal suo avambraccio sinistro. Sapeva bene che girarsi dall’altro lato del letto non funzionava, di conseguenza si alzava, preparava le lezioni per il giorno seguente e cercava di occupare la mente per isolare il dolore. Ma in quei giorni, senza lezioni da preparare e senza un posto dove andare, nulla gli recava sollievo.
Poi una mattina, mentre osservava pigramente il ribollire di una pozione nel calderone, udì bussare alla sua porta.
- “Avanti” – disse in tono piattò, gia’ scocciato da quell’intrusione.
Minerva McGranitt, vicepreside di Hogwarts, entrò trafelata nel suo studio.
- “Severus, scusa il disturbo. Hai ricevuto un gufo. Ha quasi staccato un dito a Gazza mentre cercava di recuperare la posta per te. Credo sia meglio tu venga a prenderlo di persona prima che distrugga tutta la guferia.” –
Un gufo? Severus Piton non riceveva posta da anni. Mascherando la sua curiosità agli occhi di Minerva, che tratteneva a stento la sua, si incamminò verso la guferia. Al primo piano si separò dalla donna, che voltò in direzione della Sala Grande e lo salutò, non prima di avergli detto  -“E’ lo svantaggio del vivere nei sotterranei Severus. Senza una finestra questi inconvenienti potrebbero diventare normale routine in poche tempo. Perché non prende in considerazione la proposta del professor Silente di trasferirsi negli alloggi del terzo piano della seconda Torre Nord?”- . L’uomo rispose con durezza alla domanda della donna, considerata da lui come uno sconfinare in territorio privato, esclamando duramente: –“Troppi professori curiosi infestano il terzo piano!” -. L’idea che quell’idiota di Gilderoy Allock potesse diventare suo vicino gli faceva accapponare la pelle e di certo Piton non avrebbe retto una settimana senza la tentazione di Schiantarlo.
Salite le ripide scale a chiocciola della torre della guferia, aprì la porta trovandosi davanti Gazza che cercava di colpire il gufo con un manico di scopa. Tossì per avvertire l’uomo della sua presenza, il quale, accortosi del professore, quasi sbiancò in viso e con maldestra furbizia mascherò il suo attacco in un tentativo di ripulire il pavimento della stanza. Non che potesse dargli torto però. Il gufo in questione era un gufo comune che si sarebbe potuto perdere tra la cinquatina di gufi identici della scuola, ma riusciva a fare più confusione di qualunque altro animale.
- “Gazza, non penso che il proprietario dell’animale sarebbe felice di vederlo ritornare integro per metà” –
- “Eh? No beh professore no… io facevo solo il mio… lavoro, ecco! Facevo solo il mio lavoro!”-
Gli scoccò un’occhiata torva e attese che l’uomo uscisse prima di avvicinarsi all’animale: prese delicatamente il sottile rotolo di pergamena e ne lesse il contenuto.
Novità”. Non era firmato, o meglio, lo era da un semplice disegno di una margherita. Rigirò il foglio tra le mani pensieroso, e non fece altro per tutto il resto dei due giorni precedenti. Poi decise, gettandolo nel fuoco perennemente acceso del camino della sua stanza.
 
***
 
Il giorno di Natale Daisy Ackerley non aspettava nessuno e si apprestava a passarlo in solitudine, per questo quando sentì bussare alla porta della sua piccola bottega andò ad aprire controvoglia, pensando che fosse un cliente alla disperata ricerca di un regalo dell’ultimo minuto.
- “E’ chiuso!” – urlò dal piano superiore, ma il bussare incessante la spinse a scendere per andare ad aprire. –“Sto arrivando!”- dissè, più a sé che all’artefice di quel suono fastidioso, sbuffando mentre cercava di aprire i chiavistelli che chiudevano la porta di legno del negozio.
- “Mi dispiace il negozio è chiuso riapre dopo Nata…”- ma le parole le morirono in bocca non appena si rese conto di chi aveva davanti.
Il professor Piton la guardava stretto nel suo mantello mentre cercava di ripararsi dalla neve che scendeva fitta, senza dire una parola.
- “Pro…professor Piton che…? Io non l’asp... Cioè, è il giorno di Natale e non mi aspettavo di…”-
Severus le rivolse uno sguardo interrogativo. – “Mi perdoni. Non bado molto ai giorni, non mi ero reso conto che fosse Natale. La lascio alla sua famiglia. Mi perdoni ancora”.- Ed era vero. Da anni dall’inizio delle vacanze di Natale smetteva di guardare il calendario e non teneva il conto dei giorni. Non aveva nulla da festeggiare. Si voltò senza attendere la risposta della ragazza, contrariato dalla sua stessa sbadataggine, ma Daisy lo chiamò.
- “No professore, non intendevo quello. Entri pure, la prego. Sono sola, solo che non pensavo sarebbe venuto proprio oggi.”-
L’uomo indugiò sulla proposta e improvvisamente l’idea di essere li gli sembrò totalmente sbagliata. Poi pensò a tutta la strada che aveva fatto e sollevando lo sguardo vide che il tempo poteva solo che peggiorare, quindi tornò sui suoi passi e seguì silenziosamente la ragazza all’interno dell’abitazione.
Daisy gli prese il cappotto e Severus notò subito che l’abitazione non riportava alcun decoro natalizio, il che lo sorprese.
- “Signorina Ackerley, come mai è sola il giorno di Natale?”-
La ragazza si voltò verso il mago e malcelando un’espressione triste disse: –“ I miei genitori sono morti… E comunque, mi chiami Daisy, per favore…” –
Piton non sapeva che dire: aveva toccato un tasto delicato e non riusciva a trovare le parole per scusarsi. Rimase immobile al centro della stanza fino a quando la ragazza non lo invitò a sedersi e gli offrì una tazza di the. Era una situazione strana: per quanto i sensi gli dicessero di stare all’erta non poteva fare a meno di sentirsi a suo agio in quell’ambiente caldo e confortevole.
- “Signorina Daisy, di cosa voleva parlarmi?” –
Daisy arrossì ma Severus fece finta di non accorgersene. Improvvisamente la ragazza non era tanto sicura di ciò che aveva da dirgli, gli sembravano un mucchio di fandonie e temeva di far perdere tempo all’uomo. Conoscendone il carattere rude e spigoloso di certo non si sarebbe messo scrupoli nell’umiliarla senza pietà per poi andandarsene. Decise però di essere onesta.
-“ Beh, in tutta onestà… ecco, stanno succedendo delle cose strane a Godric’s Hollow negli ultimi mesi. Io sono una Nata Babbana, ma non sono una stupida e anche se non ho vissuto in prima persona la Prima Guerra contro Voi-Sapete-Chi, ciò non vuol dire che non sappia riconoscere certi segni. Le potrei fare un elenco dettagliato di ciò che avviene a due isolati da qui, il terzo giorno della settimana, da tre mesi a questa parte. Gruppi di persone si riuniscono e crescono sempre più, e mi creda quando le dico che non sono babbani, ne di certo maghi con buone intenzioni…” –
-“Come può esserne sicura?”- l’idea di ritrovarsi lì per delle stupide congetture di un’altrettanto stupida ragazza iniziava a prendere forma nella sua testa e sentiva la rabbia montare dentro di sé.
- “Mi faccia finire, la prego. La signora Bath due settimane fa è venuta in bottega per una Pozione Restringente e mi ha raccontato anche lei di queste strane riunioni. Ha avvertito il professor Silente che a quanto pare deve averle risposto picche, al che lei ha detto che tutto si sarebbe aspettata tranne che Silente avesse ancora delle certe affinità con la Magia Oscura. Al che mi sono insospettita. Perché tirare fuori la magia oscura? Di conseguenza la scorsa settimana ho fatto in modo di trovarmi vicino al luogo in cui si riuniscono queste persone e li ho sentiti chiaramente parlare del ritorno del Signore Oscuro e di agevolarlo". -
Daisy trassè un profondo respiro non appena ebbe finito il racconto e abbassò la testa. Perché tutto quello improvvisamente sembrava non avere un senso?
Piton dal canto suo rimuginava su quelle parole. Aveva appena avuto la conferma che qualche sostenitore di Lord Voldermort cercava di agevolarne il ritorno. Capiva il perché del bruciore del marchio sul suo braccio: era un richiamo all’Ordine, alle armi, l’obbligo a combattere? Ma se Silente era stato messo al corrente di tutto perché non aveva fatto qualcosa per ostacolarli, per porre fine a quel principio di rivolta sul nascere? Non era forse lui l’unico mago in grado di intimorire Voldemort stesso? Che paura potevano infondere in lui un branco di Mangiamorte? Mille domande lo tormentavano ma non lo diede a vedere. Al contrario, finse indifferenza. Sollevò lo sguardo sulla ragazza: -“Questo secondo lei quale senso avrebbe?” –
Le rispose con uno sguardo confuso. Cosa significava?
- “Il fatto che Silente abbia risposto picche” – disse cercando di imitare la voce di Daisy – “non le fa pensare che tutta questa faccenda non abbia poi così tanto peso? O pensa che il preside di Hogwarts stia tramando per il ritorno del Signore Oscuro?”-
-“ Beh vede io pensavo che…”-
- “Oppure ha una tale stima di me da pensare che io potrei fare qualcosa?”-
A questa frase la ragazza cambiò letteralmente colore, passando da un lieve rossore a una tonalità porpora che cercò di nascondere alzandosi per riporre le tazze nel lavello della cucina. Severus si rese conto di essere stato nuovamente scortese con la ragazza, che aveva fatto solo l’errore di dargli delle informazioni preziose, ma non sapeva trattatenere l’impulso di essere sgradevole con chiunque.
- “Signorina Daisy, credo che dovrebbe trattenere l’impulso di indagare su queste questioni…”-
-“Tranquillo, non le farò più perdere tempo!” – rispose dura dandogli le spalle.
-“Lei non… lei non mi ha fatto perdere tempo. Solo che qualcuno potrebbe scoprirla, e se quelle persone sono realmente dei Mangiamorte che tramano per il ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato lei potrebbe finire in un mare di guai”. -
Daisy si girò e gli rivolse uno sguardo interrogatorio. –“Quindi lei mi crede?” –
-“Le credo.”- ammise con un cenno della testa.
La ragazza soppesò quell’affermazione e gli rivolse un timido sorriso. Fu sollevato da quella reazione e fu costretto ad ammettere a sé stesso che quell’espressione le si addiceva di più. Per qualche strano motivo iniziò a raccontarle degli avvenimenti di Hogwarts, prima superficialmente, poi si addentrò nei dettagli, informandola dell’apertura della Camera dei Segreti e degli strani eventi che sembravano aleggiare attorno a quell’Harry Potter. La ragazza lo ascoltava attenta e senza interromperlo, il che rese il tutto stranamente piacevole.
- “E lei pensa che ci sia la mano di Lord… cioè, di Voi-Sapete-Chi, dietro tutto questo?” –
Severus annuì con espressione seria.
-“Quindi è una specie di guerra su più fronti?” –
-“Signorina Daisy, se lei considera questi piccoli e spiacevoli avvenimenti ‘guerra’, non ha la minima idea di cosa potrebbe accadere se mai un giorno il Signore Oscuro dovesse rientrare in pieno possesso delle proprie capacità.”-
Per qualche strana ragione, in quella confessione reciproca di congetture le nascose che la fonte di tutte le sue conoscenze su Voldemort era il suo passato da Mangiamorte. Aveva il sentore che potesse dirglielo senza sentirsi giudicato, ma preferì non correre il rischio. Cosa avrebbe pensato se avesse saputo che un tempo era stato il braccio destro del Mago Oscuro più potente di tutti i tempi? Da quando in qua gli importava cosa potesse pensare una sua ex alunna?
Decise si accantonare quei discorsi per timore di potersi sbilanciare troppo sul suo passato, e lievemente passarono ad argomenti più leggeri.
- “Professore si diverte sempre a terrorizzare i ragazzini del primo anno?” –
Piton strabuzzò gli occhi. Terrorizzare? No, lui non terrorizzava nessuno. Semmai imponeva disciplina. La sua reazione dovette risultare molto buffa agli occhi di Daisy, perché questa non riuscì a trattenere una risata.
- “Ma come? Davvero non se ne rende conto? Diamine, ed io che ho sempre pensato lo facesse di proposito!”-
- “No, ma non le nascondo che non mi dispiace togliere qualche punto a Grifondoro quando ne ho occasione.” – tentò un sorriso ma ebbe come l’impressione che il risultato fosse una specie di ghigno. Non ricordava neanche come si facesse a contrarre i muscoli facciali in una smorfia di divertimento.
- “Da bravo Serpeverde, ovviamente… però con me era diverso! Non mi ha mai tolto alcun punto.” – Daisy aveva appena sussurrato questa frase con un sorriso timido sulle labbra, guardandolo di sfuggita.
Severus fu colpito da quella frase, dal tono che lei aveva usato nel pronunciarla e dalla verità di quelle parole. Il motivo lo conosceva fin troppo bene. In quella bambina spaurita e solitaria si era rivisto bambino e non aveva avuto il coraggio di essere lo sprezzante professor Piton. Non le rispose dandole una motivazione, cosa che forse lei cercava, ma si limitò semplicemente a dire – “E’ vero, non l’ho mai fatto.” –
Il rintocco lontano della campana della chiesa fece posare lo sguardo dell’uomo sull’orologio: si era trattenuto più del necessario, e nonostante non avesse voglia di abbandonare quel luogo accogliente, sentiva che trattenersi ancora sarebbe stato fuori luogo. Si alzò in silenzio sentendosi lo sguado della ragazza addosso, poi di malavoglia disse: -“ Signorina, ho gia’ abusato fin troppo della sua ospitalità. Grazie delle informazioni…” –
-“ Vuole fermarsi? Intendo dire, solo per cena. E’ Natale, io sono sola e… beh, se vuole… a meno che lei non debba correre dalla sua famiglia…”-
Riflettè sull’opportunità di mentirle ma decise di non farlo.
- “No, davvero. Non ho nessuna famiglia da cui tornare, ma credo sia meglio che torni ad Hogwarts, non voglio disturbarla ulteriormente.” –
- “Ma lei non mi disturba, professore.” –
Dentro di sé sorrise, ma non poteva accettare quell’invito allettante. Doveva ancora passare in un luogo, e il senso di colpa per non esservisi recato prima iniziava ad attanagliargli lo stomaco.
- “Grazie, ma non posso…” –
La ragazza gli rese il suo cappotto e lo accompagnò all’uscita. Lo guardò un po’ delusa, ma cercò di nascondere quel sentimento.
- “Beh, allora… alla prossima professore.” –
- “Arrivederci signorina Daisy. E mi raccomando, stia fuori da questioni pericolose”.-
Piton fece per voltarsi ma lei lo richiamo. Quando si voltò si accorse che il freddo e la neve aveva iniziato a colorare di rosse la punta del naso e delle mani.
- “Buon natale professore!” –
- “Buon… Natale, signorina Daisy.” –
- “Per favore, per favore, solo Daisy, professore, va bene? Solo Daisy.” –
- “Daisy…”- disse più a sé stesso che alla ragazza – “Allora, non più professor Piton, va bene?” –
- “E come dovrei chiamarla? Signor Piton?” –
L’uomo ci pensò su. No. Suonava decisamente altezzoso e quasi ridicolo.
- “Severus. Solo Severus.” –
Daisy gli sorrise apertamente.
- “Buon Natale Severus.” –
- “Buon Natale, Daisy.” –
E fu solo quando si fu voltato che si concesse di sorridere.

***
 
Qualche minuto più tardi, attento a nascondersi da sguardi indiscreti, Severus Piton percorreva il viale del piccolo cimitero di Godric’s Hollow. Si chinò sulla sua lapide, e dopo aver evocato una candela e una rosa rossa con un breve movimento della sua bacchetta, sussurrò al suo amore il suo amore.

***
 
Ciao a tutte! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Pensavo che avrei aggiornato solo in settimana, ma complice il solitario sabato casalingo e le mille idee, mi sono ritrovata ad ultimare questo capitolo prima del previsto. Non nascondo che è venuto fuori in maniera più naturale rispetto a quello precedente, forse perché finalmente i due protagonisti stanno rompendo il ghiaccio. Però per chi si aspetta una piccola svolta devo confessare che ci sarà da aspettare un pochetto. Severus è un tipetto difficile, mica si scioglie in fretta, eh!
Per il resto vi prego di non fare caso ai miei errori di battitura (gli occhi e le forze mi abbandonano!) e ringrazio le lettrici/lettori che mi hanno messa tra i preferiti e leggono i miei aggiornamenti. Vi chiedo cortesemente di dirmi in breve, brevissimo, di darmi il vostro parere sulla storia, per sapere se vi interessa o per avere semplicemente dei pareri vostri. Mi incuriosce molto.
Per il resto, nulla. Vi ricordo che potete raggiugere la mia pagina Facebook semplicemente cliccando QUI.  
Un bacio! Xoxo 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Equivoci e Delusioni ***


Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. 
Oriana FallaciUn cappello pieno di ciliege, 2008 

Capitolo 4 - Missioni, Equivoci e Delusioni  

               
Erano passate da poco le feste e Severus Piton aveva cercato invano di trovare da solo un senso agli avvenimenti narratigli da Daisy Ackerley il giorno di Natale, ma davvero non era riuscito a venire a capo a quel mistero fino a quel pomeriggio. Albus Silente lo aveva pregato di recarsi nel suo ufficio per “importanti questioni” e sebbene avesse accettato di malavoglia, riconosceva che quella potesse essere l’occasione giusta per fare luce sui dubbi che lo assalivano. Si sarebba aspettato ogni cosa, ma mai ciò che l’anziano preside gli aveva chiesto.
- “Mi hai mandato a chiamare, Albus?” –
- “Severus! Vieni, siediti. Ho importanti notizie da darti e non credo di poter affidare a nessun altro al di fuori di te la missione importante che si è prefigurata.”-
Piton sentì il marchio bruciare sul suo braccio e cercò di mettere a tacere quella voce che gli diceva che le due cose fossero collegate. Si sedette davanti all’uomo e incrociò le mani in grembo, in attesa.
- “I tempi sono cambiati Severus. Lo scorso anno abbiamo sfiorato la tragedia, proprio qui, ad Hogwarts, e se non fosse stato per Harry Potter solo Merlino sa cosa sarebbe di tutti noi…”-
- “E’ sorprendente la fortuna sfacciata di quel Potter e di quei due ragazzini che gli scondinzolano dietro come se fosse un…”-
- “Suvvia Severus! Sii indulgente. E’ stato bravo e ha dimostrato sangue freddo e…”-
- “E una fortuna sfacciata. Adesso Albus, spero che tu non mi abbia mandato a chiamare per discutere di Harry Potter perché se è così ho cose di meglio da fare.” –
Silente lo guardò placido da dietro gli occhiali a forma di mezzaluna, abbozzando un sorriso.
- “No Severus, non ti ho mandato a chiamare per discutere del giovane Potter. Come dicevo all’inizio ho una missione importante da affidarti. Desidero che tu riprenda i contatti con gli ex Mangiamorte, anche se presumo che chiamarli “ex” non sia più opportuno.”-
Piton strabuzzò gli occhi. Aveva sentito bene?
- “Non credo di poter accettare, Albus. Ho concluso quel capitolo tanto tempo fa.”-
- “Solo tu puoi farlo. Gli narrerai che Hogwarts è una copertura e che sei riuscito a convincermi del tuo pentimento e che solo questo avrebbe potuto salvarti da una certa condanna ad Azkaban, ma che allo stesso tempo non hai mai sperato nel ritorno di Voldemort. Non dovrebbe essere difficile convincerli, in fondo molti di loro hanno fatto la stessa cosa.”-
- “Ma perché? Perché io? Cosa ti fa credere che mi crederanno?” –
- “Semplicemente perché ti offrirai di aiutarli nella loro missione e ti offrirai come spia. Riporterai i fatti di Hogwarts, ovvero i miei, e anche quelli di Harry.” –
Severus era senza parole.
- “Questo ha in qualche modo a che vedere con quello che succede a Godric’s Hollow?” – chiese.
Questa volta fu il turno di Silente di rimanere senza parole. – “Come sei a conoscenza di ciò che accade a Godric’s Hollow?” –
- “Non ha importanza, e comunque, le voci girano.” –
Albus Silente si alzò dalla sua sedia dietro la scrivania, fece qualche passo in direzione della finestra e rimase ad osservare la luna che iniziava a salire nel cielo.
- “Accetterai, Severus? E’ l’unico modo che abbiamo per tenere sotto controllo i piani di Lord Voldemort e dei suoi seguaci, e di prepararci di conseguenza per proteggere il nostro mondo e il ragazzo.” –
Il professore si guardò le mani, ancora intrecciate. Se la missione che si era prefissato, ovvero quella di proteggere il figlio di Lily Evans, lo portava a riunirsi con coloro che erano stati la rovina della sua vita allora non aveva alcuna scelta.
- “Non posso rifiutare.” – disse prima di alzarsi e lasciare l’ufficio del preside senza aggiungere una parola.

 
***

 
Nel corso del mese successivo, Severus Piton si mise al lavoro per portare avanti quella sgradevole missione. Solo l’amore che ancora provava per Lily e la promessa fattale sulla tomba anni addietro lo aveva portato ad accettare. Non appena prese quella decisione, il marchio sul suo avambraccio sinistro smise di bruciare continuamente come nei mesi precedenti.
Rientrare in contatto con i Mangiamorte non era stato semplice, ma alla fine, come predetto da Silente, credettero alle sue parole. Se non fosse stato nella fiducia che Lucius Malfoy aveva riposto in lui di sicuro avrebbe necessitato di più tempo, ma dopo quattro settimane tramite Draco aveva ricevuto l’invito, anche se sarebbe stato più esatto chiamarlo ordine, di recarsi a Godric’s Hollow per la sua prima riunione che si teneva proprio quella sera. Provava l’impulso di camminare nervosamente per le sue stanze, ma il suo autocontrollo lo faceva rimanere inchiodato al divano logoro del salotto. Era infastidito, da molte cose a dire la verità. In primo luogo, lo infastidiva il comportamento di Silente. Dopo quella sera si era comportato come se nulla fosse mentre lui si sentiva come se stesse salendo al patibolo. Inoltre il comportamento del giovane Malfoy da quando aveva ripreso i rapporti con suo padre lo irritava: era sfacciato, impertinente e Severus aveva maturato l’impressione che si stesse approfittando del ritrovato rapporto col padre per ottenere buoni voti e favoritismi nella sua materia. Il suo istinto lo avrebbe messo in punizione ogni sera fino al conseguimento dei G.U.F.O. mentre in realtà si sentiva costretto dalla situazione a comportarsi come se Draco Malfoy fosse realmente il suo protetto.  Distrattamente lo sguardo gli cadde sull’orologio e si rese conto di essere quasi in ritardo; prese il suo mantello e uscì dal suo studio.


***


Daisy era in attesa. Aspettava con ansia il momento in cui lo avrebbe visto materializzarsi davanti alla sua porta, perché lei sapeva che sarebbe venuto. Batteva nervosamente il piede per terra e ogni due minuti percorreva il tratto che separava la sedia della cucina dove era seduta dalla finestra per scostarne leggermente le tende e guardare verso la strada. Quando sentì il campanello suonare alla porta della sua bottega quasi si spaventò, ma consapevole del fatto che negarsi non avrebbe fatto altro che insospettirlo si recò ad aprire, stringendo saldamente la bacchetta tra le mani.
Severus Piton non le rivolse alcun sorriso quando Daisy gli aprì, ma fece un passo in avanti e la saluto nel modo più cordiale possibile. Si stupì quando si sentì rispondere – “Buonasera a lei, professore…”-
Il tono della ragazza era diverso dal solito, era duro e gli fece pensare che fosse tesa. Poi lo sguardo dell’uomo passò dal viso della ragazza alla sua mano.
Daisy sentiva la presa sulla bacchetta farsi sempre meno salda a causa dell’eccessiva sudorazione della sua mano. Rimasero qualche minuto immobili e in silenzio, studiando la situazione. Fu Piton a rompere il ghiaccio.
- “Signorina Daisy, che cosa fa con quella bacchetta?”-
- “E’ per proteggermi, professore.” –
Severus non capiva. – “Proteggersi da cosa?”-. Qualcuno forse la minacciava?
- “Da lei, professore!”- La ragazza alzò la bacchetta e la puntò contro l’uomo, che la guardava sbalordito.
- “E per quale motivo dovrebbe proteggersi da me?”-
- “Io so!”-
- “Che cosa sa?” – chiese allarmato.
- “Io l’ho vista!” –
- “Lei sta tirando ad indovinare signorina Daisy e sta sbagliando. Se abbassa quella bacchetta potremo far finta che non sia successo nulla e non mi vedrò costretto a prendere la mia dal mantello.” – Severus era certo che la ragazza stesse bleffando. Non poteva averlo visto, non quella sera. Aveva controllato personalmente che nessuno fosse nei paraggi quando si era racato alla riunione con i Mangiamorte, per cui era convinto che stesse tirando a caso, per carpire qualche informazione. Forse qualche voce del suo passato era arrivata alle orecchie della ragazza.
- “NON MI TRATTI COME SE FOSSI STUPIDA!”- urlò la ragazza con la voce tremante, agitando la bacchetta. – “Io l’ho vista con i miei occhi mentre entrava nella casa dove dove si riuniscono quelle persone!!!”-
Era stato scoperto.  In un certo senso quella notizia lo rinfrancò. Mentre si recava da Daisy aveva riflettuto sull’eventualità di dirle ciò che stava accadendo, spinto dalla necessità di parlare con qualcuno liberamente e sfogare la sua frustrazione, arrivando però alla conclusione che la notizia avrebbe potuto metterla in pericolo. Il sollievo durò una frazione di secondo, il tempo necessario ad accorgersi l’espressione stravolta e al contempo spaventata, forse delusa, della ragazza. Non seppe spiegare perché anche lui si sentisse deluso e amareggiato.
- “Daisy… la prego, metta giù la bacchetta e…”-
- “E cosa? Non mi interessa! Deve… ecco, deve andarsene!”-
- “Non salti troppo in fretta alle conclusioni.” – un vano tentativo di spiegarsi. Ma perché sentiva la necessità di giustificarsi?
- “Non mi interessano le sue spiegazioni. Io… io pensavo che fosse diverso! Crede che non sappia chi siano quelle persone? Crede davvero che non sappia che sono dei Mangiamorte e cosa tramate?”-
Una parte remota di Daisy voleva calmarsi, abbassare la mano e smettere di minacciare l’uomo davanti a lei con la bacchetta, ma la rabbia o forse la delusione erano troppe forti e le annebbiavano la mente annullando la capacità di ragionare. Inoltre lo sguardo vitreo e inespressivo di Severus Piton non trasmetteva alcuna emozione, né rabbia, né sorpresa, tantomeno dispiacere… Avanzava verso di lei lentamente, sollevando appena la mano sinistra come se volesse afferare la sua bacchetta, fissandola con i suoi occhi neri, profondi e inespressivi. Daisy sentì l’ansia e la paura crescere dentro di lei, iniziando a indietreggiare fino a trovarsi bloccata contro il bancone in legno scuro della sua bottega.
- “Signorina Daisy, le ripeto che credo sarebbe più opportuno se lei trattenesse l’impulso di indagare su certe questioni. Potrebbe essere…pericoloso.”-
Ormai spaventata, senza ragionare Daisy strinse la presa sulla bacchetta e con un deciso movimento del polso esclamò – “Elettro!”-
Una scintilla viola colpì Piton alla spalla destra, e contemporaneamente una scossa elettrica invase il corpo del professore, forte quel tanto per farlo crollare in ginocchio, ma non abbastanza da metterlo fuori gioco o ferirlo. In un istante Severus capì: la ragazza era a conoscenza di più cose pensasse e aveva paura di lui. Come biasimarla? Era risaputo a chiunque facesse parte del mondo magico di cosa erano stati capaci i Mangiamorte, delle loro idee sulla purezza del sangue e del loro odio per chiunque non ritenessero degno di impugnare una bacchetta. E in un secondo decise. Non avrebbe cercato di spiegarsi, giustificarsi, confidarsi. Era cosciente che anche solo una di quelle azioni avrebbe potuto avere delle conseguenze irreparbili nella vita della ragazza e non voleva più sporcarsi le mani di sangue innocente. Voleva proteggerla, e per farlo sarebbe dovuto sparire. Lentamente si alzò dal pavimento, tenendo le mani e bene in vista e cominciò ad indietreggiare tenendo lo sguardo basso. Quando sentì la porta alle sue spalle la aprì con delicatezza; prima di sparire da Godric’s Hollow, alzò lo sguardo su Daisy Ackerley, che lo fissava attonita con ancora la bacchetta sollevata. Avrebbe giurato di aver visto una lacrima scorrerle sulla guancia.
 

***


Solo quando sentì la porta chiudersi Daisy lasciò che tutta la tensione accumulata in quelle ore esplose in un pianto convulso. Si sentiva ingannata. Non poteva credere che Severus Piton fosse un Mangiamorte, ma allo stesso tempo non capiva il perché del suo turbamento, perché si sentisse così svuotata. Aveva realmente creduto di vedere un po’ di lei in quell’uomo burbero, austero e severo e sbattere con violenza contro la realtà faceva male. Si accasciò sul bancone di legno della sua bottega, lanciando la bacchetta dall’altro lato della stanza. Lo aveva colpito per paura che lui colpisse lei ed era la prima volta che utilizzava la magia con lo scopo di ferire, fare del male a qualcuno. Credeva di aver riposto determinati incantesimi in un angolo della sua mente non ricordandoli per anni, per poi spuntare fuori inconsciamente: aveva sentito un bruciore alla mano, e poi aveva udito la propria voce pronunciare la formula dell’incantesimo Elettro. Ed era stato che in quel momento la paura aveva toccato l’apice: aveva sentito la necessità di fare del male a qualcuno, seppur per proteggersi. Non poteva essere un qualcosa di casuale: un Mangiamorte nella sua casa e un simile incantesimo. Era convinta, avrebbe giurato, che qualcosa di negativo o forse malvagio avesse fatto crescere in lei quell’istinto di colpire, e quel qualcosa, o meglio qualcuno, non poteva che essere Severus Piton.
“Sei una stupida!”pensò più volte. Stupida, perché aveva ceduto all’ingenuità: aveva idealizzato un qualcuno di cui non conosceva niente, solo perché si sentiva tremendamente sola, perché aveva l’assurda presunzione di avere delle speranze, e adesso doveva fare i conti con le conseguenze delle sue illusioni. Ma poi, speranze di cosa? Si sentiva malata. Raccolse controvoglia la bacchetta e decise di riporre gli avvenimenti di quella sera nella scatola dove da sempre riponeva tutto ciò nella sua vita non prendeva la piega desiderata. “Dovrei prendere una scatola più grande!” pensò con amarezza Daisy prima di poggiare delicatamente la bacchetta sulle sue tempie ed estrarre un sottile filamento d’argento.                                                    

 
***

 
Negli stessi istanti, Severus Piton compiva gli stessi gesti, riponendo i suoi ricordi in ampolle di vetro, gelosamente custodite in una teca delle sue stanze private, nascoste da altre ampolle ricolme di pozioni e ingredienti rari. Sentiva un formicolio nel punto in cui l’incantesimo Elettro lo aveva colpito, o forse era solo il suo senso di colpa a fargli provare quella fastidiosa sensazione. Aveva da anni imparato a mettere a tacere quella voce dentro la sua testa che non faceva altro che ricordargli tutte le atrocità e tutti i crimini di cui si era macchiato, ma adesso, a distanza di anni, gli avvenimenti di quella sera lo avevano turbato al punto di sentirsi la testa scoppiare. Come aveva potuto essere così ingenuo? Era logico che prima o poi il suo legame, passato o presente, sarebbe venuto a galla e che a quel punto non avrebbe più potuto negare. Ma allora perché si era spinto nuovamente fino all’abitazione di Daisy Ackerley? Per parlare? Quella conclusione lo avrebbe fatto ridere in un’altra situazione, ma non in quel momento, perché sentiva quanto fosse maledettamente vero. Era stufo di dover fingere, odiare, negare, nascondere quello che era e anche se per un tempo misero, si era sentito bene nel credere di poter raccontare a qualcuno ciò che era. Si, perché non si trattava di ciò che aveva fatto, ma di ciò che era diventata a causa di ciò aveva fatto. Eppure avrebbe dovuto capirlo da solo che il suo comportamento avrebbe potuto mettere in pericolo la ragazza. Si sentiva in colpa perché era stato ingenuo, perché non era stato attento, e perché non era stato sincero. Ecco perché aveva deciso di mentire anche alla fine. Non avrebbe cercato di spiegarsi, sarebbe stato molto più facile farsi odiare. Però, se tutto aveva un senso, non riusciva proprio a capire come avesse fatto Daisy a scoprirlo insieme ai Mangiamorte. Aveva personalmente controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, e non era neanche stato difficile: il luogo era isolato, ma non circondato da alberi o altri luoghi dove una persona avrebbe potuto facilmente nascondersi. Inoltre sulla neve non erano presenti orme se non quelle degli animali che sfidavano coraggiosi il freddo e la neve. Mentre cercava un senso a queste sue domande, un lieve bussare lo distolse dai suoi pensieri. Senza attendere una risposta, la porta si aprì e Albus Silente entrò nei suoi alloggi. Era raro che il preside abbandonasse il suo studio per recarsi nelle stanze di un professore, e con fastidio Severus arrivò alla conclusione che ciò che aveva fatto stasera avrebbe avuto il potere di animare i gargoyle in pietra che sorvegliavano le torri di Hogwarts senza magia.
- “Severus, porti novità, immagino.”-
Il professor Piton fece un cenno di assenso con il capo e indicando a Silente una delle logore poltrone, si apprestò a fornire il suo resoconto della riunione con i Mangiamorte, tornando ad indossare la maschera del severo insegnante di Pozioni.

 
***

 
Eccomi qua! Lo so che sono stata lentissima nel postare questo capitolo ma mi ha fatto sudare: sono rimasta per giorni ferma alle prime due pagine incapace di andare avanti, e poi stasera, improvvisamente, BOOM!, è venuto fuori da solo! Spero vi sia piaciuto! Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, e nel frattempo ringrazio tutte voi che leggono/recensiscono o hanno messo questo mio pasticcio tra i preferiti! Nel frattempo, vi auguro una buona festa dell’Immacolata e vi ricordo che se volete seguirmi fuori da EFP potete mettere mi piace alla mia pagina Facebook a questo indirizzo:  https://www.facebook.com/pages/Mrs-Killjoy/209027325794057  Baci Baci, Mrs Killjoy

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Nessuna Alternativa ***


Capitolo 5 – Nessuna Alternativa
 
“L’uomo è nato libero, e dappertutto, è in catene.”
Jean Jacques Rousseau

 
 
Era una serata insolitamente fredda a Godric’s Hollow nonostante fosse quasi la metà di luglio, o forse era solo Severus Piton ad avere quell’impressione mentre prendeva posto al lungo tavolo rettangolare che occupava quasi interamente la sala principale di quella piccola e isolata dimora che ormai da quasi un anno era il quartier generale dei Mangiamorte. Si era sempre chiesto perché fosse stato scelto proprio quel villaggio come luogo in cui riunirsi e pochi mesi prima aveva scoperto la stupida convinzione sostenuta da molti dei suoi “compagni” che proprio nel luogo in cui il Signore Oscuro era stato sconfitto risiedeva la chiave per il suo ritorno, o come piaceva definirla Lucius Malfoy, la sua “resurrezione”.
Oltre al clima decisamente poco estivo, a rendere fredda la serata era lo stato di agitazione e nervosismo che impregnava l’aria, dovuto ai recenti avvenimenti: Harry Potter era riuscito a mandare a monte il piano di Lucius sconfiggendo il Basilisco nella camera dei segreti, e distruggendo anche il diario di Lord Voldemort, cimelio a cui la famiglia Malfoy era molto legata. Dodici mangiamorte presenti e nessuno parlava; più della metà dei presenti teneva lo sguardo fisso sul tavolo. I pochi temerari che tenevano il capo sollevati lanciavano occhiate furtive da Piton a Lucius e viceversa.
Lucius Malfoy sospirò, ma fu piuttosto un tentativo di attirare l’attenzione dei presenti. – “Severus, abbiamo dei problemi a Hogwarts?”-
Piton sapeva esattamente dove volesse andare a parare l’uomo ma cercò di non perdere la sua proverbiale calma. – “Nessun problema particolarmente significativo, Lucius.”-
-“Nessun.Problema.Particolarmente.Significativo. Nessun problema particolarmente significativo Severus? Quello che è successo di recente ti sembra poco significativo? Dimmi, cosa ci serve uno di noi ad Hogwarts se non riusciamo a far sì ché i nostri piani abbiano successo?”-
- “Il ragazzo è troppo protetto e non posso espormi troppo, lo sai. Silente lo protegge.”-
- “Il tuo compito è quello di fare in modo che Silente perda di vista il ragazzo.”- esclamò Thorfinn Rowle. Severus voltò lentamente il capo per osservare meglio il suo interlocutore: era come guardare una caricatura di Lucius, con qualche anno in più.
- “Io non ho compiti. Io sorveglio l’operato di Silente e faccio in modo che quel ficcanaso di Potter non intralci con i nostri piani. Non posso fare altro.”-
- “Scuse, sono tutte scuse.”- borbottò Rowle abbassando immediatamente la testa e tornando a concentrarsi sulle striature del legno, fulminato dallo sguardo del professore.
- “No, Thorfinn. Ti sbagli” – intervenne Lucius – “E’ innegabile che noi tutti ci aspettiamo di più da te Severus, sei l’unico che potrebbe uccidere il ragazzo ogni qual volta tu voglia, ma non posso darti torto. Silente lo protegge come un figlio, l’ho visto con i miei stessi occhi.” –
- “Basterebbe correggergli il pranzo con una buona dose di una tua qualche pozione, Severus!” – Amycus Carrow aveva scatenato l’ilarità generale con quella battuta che tutti, tranne Piton, trovarono divertente.
Il professore trattenne l’istinto di alzare gli occhi al cielo. – “E finire così ad Azkaban? Come potrei aiutarvi da lì dentro? Potrei contribuire allo stesso preziosissimo modo di Rockwood, Dolohov o… Bellatrix?”-
Carrow si fece scuro in volto e con voce cavernosa disse – “Rockwood, Dolohov e Bellatrix sono più coraggiosi di tutti noi messi assieme, non ti permetto di parlare di loro in quel modo.”-
- “Hai ragione Amycus. Allora permettimi di riformulare la frase: finendo ad Azkaban potrei contribuire nel tuo stesso preziosissimo modo?”-
Alecto Carrow, fratello di Amycus, si alzò di scatto sfoderando la bacchetta, puntandola dritta contro il petto di Severus, che non fece una piega.
- “Taci Piton, non sei migliore di nessun altro qui dentro!”-
Lucius Malfoy osservava la scena annoiato. – “Alecto, metti via la bacchetta. Avete ragione entrambi. Guardateci, siamo pochi superstiti. E’ innegabile che un eventuale ritorno di Bellatrix, Rockwood e Dolohov potrebbe solo che aiutarci, così come è altrettanto innegabile che dentro Azkaban non ci sono di nessun aiuto.”-
- “Cosa proponi allora?” – chiese Avery, che fino a quel momento aveva mostrato disinteresse a tutto ciò che accadeva all’interno della stanza.
Malfoy si prese il suo tempo per creare suspance. Severus odiava la sua teatralità.
- “Potremo aiutarli ad evadere da Azkaban.”- disse infine.
Si levarono diversi cori di approvazione, che si mischiarono ad altre voci che esclamavano – “E’ una pazzia!” – “E’ impossibile!”-
- “Ascoltatemi. I Dissennatori sono sempre stati dalla nostra parte e se riuscissimo a convincerli che il Signore Oscuro può tornare ci aiuterebbero sicuramente a liberare i nostri compagni imprigionati.”-
- “Lucius, mi dispiace contraddirti.”- disse con tono pacato Severus. – “I Dissennatori sono creature opportuniste e diffidenti. Non acceterebbero mai di mettersi contro il Ministero senza la certezza che il Signore Oscuro sia di nuovo tra noi e fino a quel giorno temo che non potremo contare sul loro aiuto.”-
Tutti avvertirono la verità nelle parole di Severus e i pochi entusiasmi si spensero come una candela al vento. Lucius Malfoy iniziò a camminare nervosamente in cerchio, sconfitto dalla logica di quelle parole.
- “Fate tutto ciò che è in vostro possesso per cercare i nostri ex compagni fuggiti, convinceteli a tornare da noi. Abbiamo bisogno di più persone, energia e impegno se vogliamo riuscire nel nostro intento. Nel frattempo, credo che continuare a vederci qui a Godric’s Hollow diventi sempre più pericoloso e rischiamo di attirare su di noi l’attenzione delle persone sbagliate. Le prossime riunioni si terranno a villa Malfoy, Narcissa sarà entusiasta di offrirvi ospitalità. Verrete informati sulla data del prossimo incontro. Adesso, se volete scusarmi, desidererei tornare dalla mia famiglia.”-
Con un breve cenno del capo Lucius si smaterializzò e poco dopo tutti i presenti fecero lo stesso. Severus rimase qualche minuto solo, seduto sulla scomoda seggiola in legno, prima di raccogliere le sue forze e uscire da quel luogo intriso di malvagità.
 
Camminava lentamente di ritorno dalla tomba di Lily Evans, immerso nei suoi pensieri. Il suo ritorno tra i Mangiamorte, i suoi ex compagni, era stata una decisione difficile da prendere, ma sapere che sarebbe stato vicino a Lily lo confortava. Adesso invece si sentiva perso davanti all’idea di dover rinunciare a quello che era diventato un rituale. Gli piaceva inginocchiarsi davanti alla fredda lapide grigia; aveva l’impressione di sentirla vicina, di sentire la sua voce che lo incoraggiava e gli diceva che stava facendo la cosa giusta per proteggere Harry. Lo aiutava a sentirsi meno colpevole. Distrattamente iniziò a percorrere le vie del piccolo villaggio, avvolto dall’oscurità di quella notte senza luna, e senza accorgersene si rese conto di trovarsi davanti all’abitazione di Daisy Ackerley. Vide una tenue luce provenire dal piano superiore e lo interpretò come un segno positivo: la ragazza stava bene e questo era quello che importava. Rimase per diversi minuti ad osservare il lieve bagliore di quella luce, senza rendersi conto del fatto che anche quello era divenuto per lui un rituale: tutte le sere che si recava a Godric’s Hollow, trascorreva qualche minuto davanti all’abitazione della ragazza. Quando la luce finalmente si spense decise che era ora di tornare nella solitudine della sua abitazione di Spinner’s End.
 

***

 
Diciassette giorni dopo, Severus si trovava nuovamente davanti alla lapide di Lily, più frustrato e carico d’odio che mai: Sirius Black era riuscito nella rocambolesca impresa di fuggire dal carcere di Azkaban, cosa che lui stesso riteneva impossibile fino a qualche giorno prima. Si era maledetto a lungo per le sue colpe, ma era ben cosciente del fatto che il destino giochi talvolta in maniera sconosciuta. Inoltre era profondamente convinto che se per un assurdo motivo lui non avesse mai sentito la profezia della professoressa Cooman quella sera alla Testa di Porco, ci avrebbe pensato Black a tradire ulteriormente Lily e James Potter. Nella realtà dividevano equamente le colpe, ma Severus era cosciente del fatto che in un mondo dove gli ideali e i sentimenti valgono più delle azioni, Sirius sarebbe molto più colpevole di lui. L’inseparabile amico di Potter, il suo tirapiedi, lo scapestrato rampollo di una famiglia di puro sangue, per i quali nutriva ufficialmente odio, ma che segretamente ammirava, e ne condivideva gli ideali. Falsità. Ecco la sua vera natura. Per anni aveva recitato la parte del fedele amico, ricevendone perfino l’ospitalità, per poi rivelare senza esitazione a Lord Voldemort il luogo in cui Lily, James e il piccolo Harry si nascondevano, rompendo l’incanto Fidelius e condannandoli a morte.
Le dinamiche successive alla morte di Lily fecero scoprire il tradimento a Severus solo quando Sirius fu arrestato, e in un certo senso fu un bene, poiché gli impedì di macchiarsi nuovamente le mani di sangue. Voleva cruciarlo, torturarlo, portarlo alla morte e poi salvarlo, per poterlo poi cruciare di nuovo e forse infine ucciderlo. L’idea che fosse ad Azkaban, e che stesse impazzendo dalla disperazione non era abbastanza: la disperazione non era un prezzo adeguato alla morte di Lily. Poi un pensiero lo colpì come un pugno nello stomaco. Se Sirius era scappato poteva significare solo che non provava rimorso per l’accaduto.  Severus doveva vendicarsi, doveva trovarlo, doveva proteggere Harry Potter, perché sapeva che l’uomo avrebbe cercato di portare a termine il compito lasciato in sospeso anni addietro.
Si sentiva immobile come la grigia pietra che accarezzava, ma carico di odio e di desiderio di vendetta; la sensazione gli attanagliava lo stomaco e gli annebbiava la vista. Doveva fare qualcosa. Sentì di aver bisogno di aiuto, ma chi avrebbe potuto ascoltarlo? Era sempre stato un uomo solitario, poco incline alle confidenze e ai rapporti umani, tranne che in un unico raro caso. Il suo pensiero corse a una piccola bottega poco distante da lì: forse due. Gia’, due. Cosa aveva ulteriormente da perdere?
 

***

 
Una voce dentro la sua testa gli diceva che ciò che stava per fare non era prudente. Un’altra lo esortava a alzare la mano destra e bussare contro la piccola porta in legno davanti a sé. Doveva agire, e doveva agire in fretta: non poteva rischiare che qualcuno lo vedesse lì fuori, o la sua copertura sarebbe stata messa in serio pericolo. Un istante prima che le sue nocche incontrarono il legno  sentì una voce provenire dall’altro lato della porta: - “Vada via!”-
Severus rimase per un istante immobile, cercando di capire se quelle parole fossero riferite a lui o a un interlocutore misterioso. – “Professor Piton vada via o mi vedrò costretta a schiantarla.”-
- “Signorina Ackerley non sia sciocca e apra la porta. Devo parlarle.”-
- “Non mi interessa quello che ha da dire, non voglio avere niente a che fare con lei, tantomeno con le persone che frequenta. Arrivederci.”-
- “Mi apra per cortesia”-
- “Vada via. Qualcuno potrebbe vederla”-
- “Alohomora!”-
La porta si spalancò e Severus entrò all’interno della bottega. Daisy Ackerley, colta alla sprovvista, indietreggiò verso il bancone nel disperato tentativo di prendere la bacchetta, imprudentemente lasciata incustodita, che spiccò però il volo finendo così nelle mani del professore un istante prima che la ragazza riuscisse a prenderla.
- “Per favore, se ne vada. Non mi costringa ad urlare!”- disse con voce tremante.
- “Silencio!” – L’uomo non amava particolarmente quel tipo di incantesimi, ma sapeva che avrebbe dovuto disarmarla e zittirla per avere la sua attenzione. Bloccò la porta con un breve incantesimo e si voltò a guardarla; il senso di colpa nel vedere il volto della ragazza spaventato e i suoi occhi pieni di lacrime gli fece però perdere un po’ della determinazione iniziale.
Daisy dal canto suo era immobilizzata dal terrore, non per la presenza dell’uomo nella sua casa, quanto dall’incantesimo di silenzio che la faceva sentire ancora più indifesa del non avere la bacchetta stretta tra le mani. Voleva ordinare alle sue gambe di correre e scappare lontano, ma le sentiva così pesanti da non riuscire neanche a muovere un passo e così nel panico avrebbe rischiato di spaccarsi se avesse tentato di Smaterializzarsi. Non aveva alternativa a restare dove si trovava.
Nel frattempo, Piton fece comparire due sedie all’interno della stanza e fece cenno alla ragazza di accomodarsi. Ricevette per risposta uno sguardo confuso e si accomodò da solo.
- “Mi dispiace, non intendevo spaventarla o arrivare a questo” – disse con voce pacata. – “ Avevo come l’impressione che fosse l’unico per far si ché lei mi ascoltasse. Si sieda, per favore.” –
La ragazza rimase colpita da quelle parole: per la prima volta in quell’uomo non vedeva autorità, tantomeno quell’aura di malvagità che aveva captato durate il loro ultimo incontro, diversi mesi prima. Mosse le labbra come per dire qualcosa, ma si rese stupidamente conto di essere muta. Allora mosse dei passi incerti in direzione del professore, gli tese una mano e con un cenno del capo gli fece capire di seguirla di sopra. Il buon senso le diceva di non farlo: era un errore e sarebbe finita male. Qualcosa nel suo cuore invece la convinse di dare una possibilità all’uomo che aveva davanti, che sembrava chiedesse aiuto.
Severus Piton non afferrò la mano tesa della ragazza, ma con garbo le restituì la bacchetta, e dopo aver fatto scomparire le due sedie che aveva materializzato, la seguì al piano superiore.
 
Nonostante avesse sciolto l’incantesimo di Silenzio, il professor Piton ebbe come l’impressione che la ragazza continuasse ad esserne sotto l’effetto: non lo interruppe per tutto il tempo che lui parlò.  Era strano, un po’ come parlare a sé stesso ma ad alta voce. Si rese conto che articolare i suoi pensieri e trasformarli in parole lo aiutava a vederli sotto una diversa prospettiva, a fare luce su dei punti oscuri o a gettare nuovi dubbi su solide certezze. Le rivelò una parte della verità, non perché non volesse essere sincero, ma era la prima volta che tentava di aprirsi con qualcuno, e nonostante dentro  di sé sentisse che si poteva fidare, l’abitudine a chiudersi in sé stesso prendeva il sopravvento. Corrispondeva alla verità che lui fosse un Mangiamorte e che lo fosse stato anche in passato, ma non era vero che condivideva gli ideali di quelli che erano stati i suoi compagni. Era stato costretto.
- “Mi faccia capire” – disse Daisy dopo averlo ascoltato ininterrottamente per un’ora – “Lei sta facendo il doppio gioco per Silente. Quindi non è vero che quando la signora Bath lo ha avvertito delle riunioni che avvenivano qui lui se ne sia disinteressato, giusto?”-
- “Credo di no, penso che avesse solo bisogno di tempo per mettere appunto il suo piano.”- rispose laconico l’uomo.
Daisy si mordeva le labbra, seduta sul bracciolo del divano della sua abitazione con le braccia strette al petto. Qualcosa la torturava, forse una qualche domanda a cui non sapeva dare risposta.
- “Non le sembra probabile la mia storia?” –
La ragazza non rispose subito. Si prese il suo tempo per cercare di dire quello che pensava nella maniera meno sbagliata possibile. Alla fine con un sospiro disse – “Non so se riesco a crederla, professore. Non mi è chiara questa storia.” –
- “Non pretendo la sua fiducia, signorina Ackerley!” –
- “Daisy!”-
- “Come?”-
- “Eravamo rimasti a Daisy, l’ultima volta.” – accennò un sorriso.
Per qualche ragione Severus si rilassò.
- “Severus, mettiamo caso che io sia propensa a crederle. Come potrei non pensare che lei stia facendo il doppio gioco anche con me? O che non lo stia facendo con Silente stesso? Come posso crederle? Perché Silente si fida di lei a tal punto da affidarla una missione simile?”-
Piton capì all’istante che ciò che aveva detto non era sufficiente a fugare i dubbi della ragazza. Inspirò e chiudendo gli occhi iniziò il secondo racconto, quello che narrava di un ragazzo sbandato che aveva commesso l’errore di riferire una profezia ascoltata per metà all’Oscuro Signore, e che da anni conviveva col peso di aver condannato a morte due innocenti e rovinato la vita a un bambino. Non disse nulla a proposito dei sentimenti che lo legavano a Lily, né dell’odio che provava nei confronti di James. Parlò invece di Sirius Black, del custode del segreto che tradì quelle persone che forse erano state come una famiglia per lui, della sua fuga da Azkaban e della profonda convinzione che sarebbe tornato sul luogo del delitto per unirsi ai Mangiamorte, se non avesse prima incontrato Harry Potter sulla sua strada.
- “Uhm… allora è per questo che l’ho trovata davanti alla casa dei Potter quella sera?” –
Severus annuì con un lieve cenno del capo.
- “In sostanza, mi interrompa se sbaglio, il professor Silente si serve di lei facendo leva sul suo senso di colpa per portare a termine una missione suicida.”-
- “Potrebbe essere un secondo punto di vista sulla faccenda, si.”- ammise sconsolato.
- “E’… E’ disgustoso! E’ una follia! Non può davvero pensare che questo piano assurdo possa funzionare! E’ davvero una missione suicida!”-
Piton scrollò le spalle. – “Che alternative avrei? Ho fatto un giuramento, non posso tirarmi indietro!” –
-“E’ da pazzi e lo sa anche lei! E’ da… non saprei neanche che parola utilizzare per esprimere quello che ho in mente. Fare leva su un terribile avvenimento del passato per fare si che lei accetti è…” –
- “Subdolo?” –
Daisy storse la bocca in una smorfia poco convinta. –“Non esattamente! Ma non mi piace tutto questo… e lei Severus finirà per rimetterci la pelle! Lei e soltanto lei!” –
L’atmosfera paradossalmente si sciolse: la sensazione che lei lo avesse perdonato riempì la stanza di calore.
- “Quindi mi crede?” –
Un minuto di silenzio, i sessanta secondi che separano il movimento del braccio del boia per poi incanalare tutta la sua forza nella scure che precipita minacciosa sulla tua testa.
- “Credo di si!” – ammise d’un soffio. Alzando lo sguardo Daisy non vedeva più niente che la intimorisse: solo un uomo.
- “Però, Daisy, deve dirmi come ha fatto a scoprirmi.” –
La ragazza di venne rossa in volto  e si alzò di scatto. No, no. Non avrebbe mai rivelato il suo segreto. Nessuno poteva sapere, nessuno doveva sapere.
- “Mi… mi dispiace Severus ma temo di non poterlo rivelare.” –
L’uomo alzò un sopracciglio, soppesando quella risposta. Una punta di fastidio lo invase: per la prima volta in dodici anni aveva parlato del suo passato con qualcuno, e adesso il suo interlocutore si rifiutava di rivelargli come avesse fatto a scoprire le sue frequentazioni con i Mangiamorte.
- “Potrei scoprirlo semplicemente concentrandomi penetrando così nella su amente” – il tono era piatto, lo sguardo minaccioso. Severus era scomparso lasciando il posto al professor Piton.
L’effetto fu quello desiderato: Daisy spalancò gli occhi inorridita e prese a camminare avanti e indietro, torturandosi le mani. Si fermò più volte davanti Severus, per poi riprendere la sua camminata nervosa ripetendo tra sé e sé “No! No! No! No!”. Si fermò di scattò e dando le spalle all’uomo disse: - “Deve giurarmi che qualsiasi cosa io le dica, o qualsiasi cosa lei veda, non uscirà da questa stanza.” –
- “Daisy, lei è custode di un segreto decisamente molto più pericoloso di quello che sta per svelarmi. Non credo sarebbe saggio da parte mia rivelare a terzi ciò di cui sto per venire a conoscenza.” –
- “Deve giurarlo!” –
- “Lo giuro!” – disse l’uomo.
Daisy si voltò e lo guardò incerta, prima di chiudere gli occhi. Quello a cui Severus Piton stava assistendo era uno spettacolo fuori dal comune. Ufficialmente in quell’epoca solo sette maghi avevano la facoltà di compiere quel prodigio, e una di loro Severus la conosceva molto bene: Minerva McGranitt.
Osservò il corpo di Daisy farsi più piccolo, la forma delle braccia cambiare e trasformarsi in delicate zampe, il naso sporgere e diventare nero: le orecchie si allungarono, i capelli si ritirarono sulla testa ma espandendosi contemporaneamente sul resto del corpo, passando da una tonalità oro a una fulva; una coda folta spuntò improvvisamente. Quella che Severus Piton stava osservando era una splendida volpe, che lo guardava intimorito. Adesso tutto aveva un senso: ecco perché non l’aveva notata: Severus si nascondeva dalle persone, non dagli animali.
Lentamente Daisy riprese le sue sembianze umane. Lo sguardo dell’uomo su di lei era indecifrabile.
- “Questo è tutto! E’ solo…” –
- “Una magia rara. Come ha fatto da sola?” – chiese entusiasta Severus, con una nota di ammirazione nella sua voce.
- “Beh, sa… è una storia complicata!” -
- “Saprà spiegarmela benissimo.” –
- “E lunga…” –
- “Ho tutto il tempo del mondo.” – rispose l’uomo.
- “Vuole una tazza di thè?” –
- “Volentieri!” –
Daisy sorrise e per qualche strano gioco di luci ebbe come l’impressione che Severus Piton stesse ricambiando il suo sorriso.

***

Eccomi qua! Beh pensavo che non sarei mai riuscita ad aggiornare invece ce l'ho fatta! Un guasto al computer in questi giorni mi ha fatto sudare freddo, ma grazie al poco lavoro in ufficio sono riuscita a ascrivere qualcosa (ssssh! non lo dite al mio capo!). Come sempre vi esorto a lasciare qualche commentino in merito alla storia e se vi va a mettere anche un Mi PIace alla mia pagina Facebook a questo link: https://www.facebook.com/pages/Mrs-Killjoy/209027325794057 . Mel frattempo un bacione a todossss! Xoxo Mrs Killjoy

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Insicurezze ***




“È l'insicurezza che sprona gli uomini alle grandi imprese, grazie ad essa uomini che in realtà non erano fatti per nessuna cosa, sono diventati capaci di tutto. Gli eroi sono il prodotto dell'insicurezza.

Thomas Bernhard, Gelo, 1963



Godric’s Hollow
7 Settembre 1993

Severus,
               mi dispiace non averle scritto prima. Non mi giustificherò inventando assurde scuse. Il lavoro da due mesi a questa parte non va neanche così tanto bene da poterle dire “ero impegnata” o “non riuscivo a trovare un minuto di tempo”.
La realtà è che non so proprio cosa dire e ho cercato di prendermi del tempo con la convinzione che avrei trovato le parole giuste per esprimere quello che ho in testa, però non è stato così. Dall’ultima volta che ci siamo visti ho ripensato a lungo a ciò che mi ha raccontato e anche se comprendo (o per lo meno ci provo) i motivi che l’hanno spinta ad accettare la proposta del professor Silente, non posso fare a meno di trovare il tutto insensato.
Non vedo la necessità di questa farsa. A mio parere, il professor Silente è un mago abbastanza potente da poter stroncare tutto questo sul nascere, senza la necessità di coinvolgere terzi. Non credo che i Mangiamorte, neanche tutti assieme, siano lontanamente potenti quanto il preside. Di conseguenza, perché mandare lei in pasto ai leoni? Onestamente non è l’assurdo e contorto ragionamento di Silente che mi da fastidio, quanto il fatto di sapere che lei ha accettato. Non mi interessano i motivi, ho capito il perché lo abbia fatto. Però sono costretta a dirle di ripensarci, di rinunciare o la mia coscienza non mi darà tregua per lungo tempo. So che potrebbe essere troppo tardi, ma possibile che non si renda conto che in questo modo ha messo seriamente in pericolo la sua vita? Neanche questo è abbastanza per rinunciare? So che le mie parole sono buttate al vento, ma almeno finga di pensarci.
Nel frattempo qui a Godric’s Hollow da quando non vi si vede più in giro tutti incappucciati e vestiti di nero il clima è decisamente meno teso, ma il fatto che il villaggio sia tappezzato di volantini raffiguranti Sirius Black non è per niente di aiuto, specie agli affari. Da quando poi sono state avvertite anche le autorità babbane e da quando circola la voce che Black possa nascondersi nei paraggi sembra quasi ci sia un coprifuoco e di conseguenza gli affari vanno malino. Però tengo duro.
Spero di non averla annoiata con le mie suppliche, ma ci terrei davvero ad esser tenuta in considerazione.
Mi auguro lei stia bene.
Cordialmente.
                      Daisy.

 

***

 

Severus rigirava tra le mani il sottile foglio di pergamena ricevuto quella mattina. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno si era preoccupato per lui? La ragazza aveva certamente a cuore la questione, ma non poteva fare a meno di interrogarsi sulle conseguenze che il loro rapporto avrebbe potuto avere su di se, sulla missione che aveva da compiere e su Daisy stessa. Aveva sperimentato sulla sua stessa pelle quanto fosse pericoloso per qualcuno stare al suo fianco o essere a conoscenza dei suoi oscuri segreti, e l’ultima cosa che desiderava era mettere in pericolo una vita innocente per l’ennesima volta. Allo stesso tempo era pienamente cosciente che dividere il suo peso con un’altra persona era salutare per la sua anima: il disgusto che affiorava ogni volta che vedeva la sua immagine riflessa nello specchio era diminuito nel tempo, forse perché aveva imparato ad analizzare la questione sotto più punti di vista, scoprendo che molte delle colpe di cui si ricopriva erano soltanto frutto del dolore che provava da anni e non diretta conseguenza delle sua azioni. “A volte sfogarsi fa bene!” aveva detto Daisy l’ultima volta che si erano visti e quando, colto dalla curiosità, le aveva domandato con chi lei si sfogasse, aveva candidamente risposto “Da sola! Mi metto davanti allo specchio e parlo, parlo all’infinito. Mi pongo domande e a volte riesco anche a darmi delle risposte soddisfacenti!”. Severus sorrise a quel ricordo. Al mondo non vi erano due persone più diverse e lontane di loro, ma forse era proprio quello a rendere piacevole ed equilibrata quella strana forma di amicizia che stava nascendo. Lei era solare, chiacchierona e maldestra. Lui era cupo, taciturno, ed estremamente abile. Inoltre era una strega migliore di quanto credesse: lo aveva capito tempo prima, quando era una solitaria bambina, una delle allieve più promettenti e dotate che Hogwarts avesse avuto negli ultimi dieci anni, ma per qualche strano motivo lei sembrava non esserne cosciente. L’essere riuscita a completare da sola il percorso di trasformazione da strega ad Animagus era una prova inconfutabile della sua estrema potenza. Avrebbe voluto chiederle da cosa nascesse tutta la sua insicurezza ma la sua educazione e la paura di risultare scortese e inopportuno lo avevano sempre trattenuto dal farlo. In cuor suo voleva sdebitarsi, offrire alla ragazza quel briciolo di serenità interiore che lei era riuscita a donargli in pochi fugaci incontri, ma allo stesso tempo l’onnipresente paura di poterla mettere in pericolo lo tratteneva. E continuava a trattenerlo anche in quell’istante, mentre passeggiava in circolo nel suo studio nei sotterranei, mentre stringeva tra le mani la lettera ricevuta quella mattina, mentre si sedeva alla sua scrivania e rispondeva con poche righe alla lettera di Daisy Ackerley.

 

***

Hogwarts

8 settembre 1993

 

Gentile Daisy,

                         la prego di non preoccuparsi per me. Sarò da lei la sera di Halloween.

A presto,

                  Severus.

 

***

 

Tutto qui?” pensò Daisy mentre osservava il sottile foglio di pergamena scritto con grafia ordinata ricevuto quella mattina, come se semplicemente guardandolo avesse potuto scorgervi un significato nascosto, far affiorare delle parole nascoste. Invece nulla. Severus Piton aveva usato poco più di venti parole, e non sapeva nemmeno se stesse bene. Ripose la missiva in un cassetto dietro il bancone della sua bottega mentre continuava a darsi della stupida. Nonostante conoscesse il carattere del suo ex insegnante di Pozioni non poté fare a meno di sentirsi frustrata e delusa dalla laconica risposta dell’uomo alla lettera che lei gli aveva inviato il giorno prima, lettera che tra l’altro le era costata una fatica non indifferente. Trovare le parole adatte per parlargli era sempre un’impresa ardua. Doveva domare il suo istinto e addolcire il suo carattere irruento, pensare con lucidità. La normale Daisy avrebbe inviato un gufo al giorno, inondandolo di parole strazianti e ridicole suppliche. Invece la Daisy/Piton era riflessiva e posata. I suoi genitori avrebbero stentato a riconoscerla. Diede un’occhiata al calendario e fece un rapido conto dei giorni che la separavano dal prossimo incontro con Severus: cinquantatre, un’eternità per una persona impaziente come lei. “Ma che diavolo ti prende? Non è un appuntamento!” pensò passandosi una mano tra i lunghi capelli color oro. “Stupida! Ridicola!” disse al suo riflesso nello specchio.

 

***

 

Nonostante l’impazienza, il giorno di Halloween arrivò senza che Daisy se ne accorgesse. La tensione nel villaggio provocata dalla fuga di Sirius Black si era placata e gli affari avevano ripreso il loro normale flusso, per questo motivo quando la sera sentì bussare alla porta pensò che fosse l’ennesimo cliente necessitante di una pozione-lozione all’ultimo momento. Quando aprì la porta e si trovò davanti Severus Piton rimase interdetta per qualche secondo e l’uomo,  a cui raramente sfuggiva qualcosa, se ne accorse.
-  “Buonasera. Non ha ricevuto il mio gufo?” – le chiese gentile.
-  “Co … come? No! E’ che …” –
-  “Se è impegnata non deve preoccuparsi. Posso tornare un altro giorno.” –
-  “No! No! Prego.. è solo che, ho perso la cognizione del tempo ultimamente.” – ammise la ragazza vergognandosene un po’, scostandosi dall’ingresso in modo che l’uomo potesse entrare.

Severus entrò e porse il suo mantello alla ragazza. – “Come procedono gli affari? Se non ricordo male l’ultima volta mi ha scritto che non andavano bene.” –
-  “Molto meglio, quasi come prima. E’ anche per questo che mi ero scordata del suo arrivo, sono sommersa dal lavoro. Ero convinta che Halloween fosse tra qualche giorno, non oggi.” – fece cenno all’uomo di seguirla nel retro bottega. – “Posso chiederle una cortesia, Severus?” – chiese timidamente la ragazza.
L’uomo la squadrò intensamente, come se stesse cercando di capire di cosa potesse avere bisogno da lui. Al suo ingresso nel retro bottega la situazione fu abbastanza chiara: un odore sgradevole invase le narici dell’uomo.

- ­“ E’ davvero sicura che si fosse scordata del mio arrivo?” – chiese mentre si rimboccava le maniche, ma sempre attento a non scoprire il Marchio Nero sul suo braccio sinistro, e infilava il naso nel calderone dal quale proveniva quell’odore nauseabondo. – “Cosa stava cercando di preparare?” –
Daisy avvampò per la vergogna. Davvero si era scordata dell’arrivo dell’uomo, ma il suo arrivo era stato provvidenziale: non poteva pensare che lei avesse organizzato tutto solo per ricevere aiuto.

- “Mi sto vergognando tremendamente …” – sussurrò mettendosi al fianco del professore.
Severus le rivolse uno sguardo sprezzante che la ragazza non seppe interpretare ma che peggiorò ulteriormente il suo imbarazzo.  Prese fiato e iniziò il suo racconto: - “Ecco … in sostanza c’è una ragazzina qui a Godric’s Hollow, poco più che adolescente, che soffre di una particolare malattia del sangue per la quale è costretta ogni mese ad andare fino a Londra in un centro specializzato per sottoporsi a delle trasfusioni e …” –
- “Non le ho chiesto questo. Volevo sapere cosa stava preparando, anche se posso dedurre che si tratti di una Pozione Rigenerasangue.” –

Daisy annuì.
- “Ha utilizzato l’essenza di Dittamo?”-
- “L’essenza di Di … No! In Pozioni Avanzate non si accenna al Dittamo!” –
- “Nei libri di testo non sempre si trova il modo più corretto per preparare le pozioni ed è opportuno applicare dei piccoli accorgimenti. Il Dittamo è un fungo con poteri curativi eccezionali ma ha anche la proprietà fluidificare le radici di Valeriana.” – Severus prese dal calderone una radice di Valeriana bruciata e la mostrò Daisy, per farle capire meglio cosa intendesse.

- “In sostanza mi sta dicendo che non sempre devo seguire alla lettera le istruzioni del manuale!”-
- “Esatto.” -  rispose laconico l’uomo.
- “Ma lei ha sempre predicato il contrario!!!” - 
- “Quando lo facevo ero il suo professore di Pozioni, e devo attenermi all’insegnamento, ricoprirle il mio ruolo in maniera eccellente. Purtroppo non c’è nessun libro di testo realmente  ferrato su questa materia, quindi negli anni ho sperimentato i miei metodi alternativi alle pozioni.”  -

- “Un ribelle insomma.” – esclamò Daisy.
Severus la fulminò con lo sguardo. – “Noto del sarcasmo, signorina Ackerley. Mettiamoci al lavoro” – E così facendo mise fine alla conversazione ponendosi dall’altro lato del tavolo. 

Preparare una pozione con Severus Piton era un’esperienza ben lontana dall’usuale, diversa dal prepararla sotto le sue direttive. Daisy osservava affascinata come l’uomo si muoveva a suo agio tra le varie erbe da sminuzzare, unguenti da distillare, e di come rispettasse in modo certosino i tempi di ebollizione. Era come se l’uomo si estraniasse dal mondo circostante entrando in una dimensione parallela, fondendosi con gli elementi che plasmava nel calderone. Si muoveva con inaspettata familiarità nella bottega della ragazza, mostrandole come tagliare i composti e unirli alle polveri che lentamente pestava in una ciotola di legno, dilungandosi in affascinanti spiegazioni su quali strumenti usare e di come aveva scoperto come l’uso di particolari materiali accentuasse determinate proprietà degli ingredienti che utilizzava. Daisy ogni tanto annotava qualcosa nel suo libro di Pozioni in silenzio.
Severus le porse un mestolo per girare il liquido che lentamente ribolliva nel calderone, ma subito la fermò, porgendole la mano gentilmente affinchè la ragazza le restituisse il mestolo.
- “No, Daisy. Osservi. Il verso che utilizza per mescolare è molto importante in pozioni come questa. Non si tratta solo di amalgamare gli ingredienti. Questo tipo di composti sono quasi vivi, e come tali deve trattarli. Osservi.” –
Il professore iniziò a girare delicatamente il mestolo nel calderone in senso antiorario, con delicatezza, mantenendo una velocità costante.

- “Non è importante quanto a lungo lo fa. L’importante è che per ogni singolo movimento in senso antiorario deve corrisponderne uno in senso orario. Solo così la pozione risulterà limpida ed equilibrata!” –
La ragazza prese un appunto mentale. – “Sono un caso disperato!” – esclamò amareggiata.
Severus sollevò lo sguardo dal calderone per osservare Daisy, incerto su cosa dirle. Non era mai stato una persona dai complimenti facili, in realtà non era una persona  da complimenti e basta.
- “Daisy, da dove viene questa mancanza di fiducia?” –

- “Come scusi?” –
- “Dicevo, da dove viene questa mancanza di fiducia in sé stessa?” – parlò con tono calmo, nascondendo la curiosità.
Daisy sembrava in difficoltà: muoveva la bocca come se le parole non riuscissero a trovare la strada per la voce. – “Ecco… non saprei. Io… beh credo che sia più che altro perché sono una nata babbana e quindi, non so, è come se mi sentissi costantemente indietro!” –

L’uomo sollevò un sopracciglio, non cogliendo a pieno il significato di quelle parole. Anche lui era cresciuto lontano dalla magia, a causa del comportamento poco equilibrato di suo padre e della debolezza caratteriale di sua madre, ma questo non gli aveva impedito di diventare il grande mago che era.
(*)
Continuando a mescolare la pozione come gli aveva mostrato Severus, Daisy continuò il suo racconto: - “Quando ho ricevuto la lettera per Hogwarts mi sembrava incredibile. Avevo la sensazione di aver trovato un senso a tutte le cose strane che mi succedevano. Insomma, da quando ero piccolissima attorno a me succedevano delle cose stranissime, al punto che i miei genitori hanno traslocato diverse volte perché pensavano che le varie case fossero infestate dai fantasmi…” –
- “Come scusi?” –
- “Infestate dai fantasmi! Si lo so, è assurdo!” –
- “Ma i fantasmi esistono! Lo sa bene anche lei!” – osservò con acume Piton.

- “Si lo so! Ho meglio, l’ho scoperto solo dopo. Solo che per loro sembrava incredibile. Ma dato che i problemi persistevano nonostante i vari traslochi hanno preferito ignorare tutte le stranezze del caso. Non saprei, forse avevano semplicemente paura di ammettere che fossi io la causa degli oggetti volanti per casa o del sistematico guasto delle varie apparecchiature elettriche. Per cui quando il professor Silente venne a casa e disse ai miei ciò che ero, loro furono molto sollevati. Io stessa pensavo di avere qualche problema.” – rivolse Severus uno sguardo divertito per poi riprendere il suo discorso. – “Quando fui ad Hogwarts invece mi cadde il mondo addosso. Ero lontana da casa e ricordo tra l’altro che quell’anno i nati babbani erano davvero pochi, per cui mi sentii completamente spaesata. Tutti sapevano più di me, mentre io non sapevo neanche cosa fosse una bacchetta, e per questo motivo venivo presa in giro. Ma il problema non penso sia questo. E’ che tutti avevano avuto un’educazione magica, appartenevano a quel mondo, mentre io no!” –
Serenamente, l’uomo le fece notare una cosa. – “Non penso che sia stato una svantaggio. Vede, personalmente nella mia carriera di insegnante ho notato che spesso i figli di maghi danno per scontato molte cose, finendo per risultare degli studenti mediocri e dei maghi altrettanto mediocri. Tutto questo è stato solo un incentivo che l’ha portata ad impegnarsi e eccellere.” –
Daisy guardò Severus con stupore, incerta se credere a ciò che avevano udito le sue orecchie o meno. – “Grazie.” – disse con un sussurro.

Il professore non era certo di aver scelto le parole esatte, ma il sorriso che si dipinse sul volto della ragazza lo rincuorò. Aveva capito da cosa scaturissero le sue insicurezze. 
- “D’altronde” – continuò l’uomo – “come le ho gia’ detto essere capaci di trasformarsi in un Animagus è una facoltà rara.” –

Un silenzio irreale pervase la piccola bottega di Godric’s Hollow, mentre Severus Piton e Daisy Ackerley ripresero in  la preparazione della pozione Rigenerasangue senza dire più una parola, il primo con la piacevole sensazione di aver donato alla ragazza un po’ di sicurezza, la seconda con più consapevolezza delle sue capacità. Continuarono in silenzio per un tempo indefinito, che parve scorrere con magica rapidità, fino a quando un bussare concitato e febbrile non spezzò bruscamente la serenità e la pace di quel momento.
Daisy sussultò per lo spavento e corse alla porta.
Un’agitata e trafelata Bathilda Bath irruppe nella bottega. – “Daisy… Daisy, piccola… il professor Piton, dov’è? Dov’è il professor Piton?” –

L’anziana donna aveva il respiro affannato e il volto paonazzo e stravolto di chi ha ricevuto una cattiva notizia.
- “Signora Bath, signora Bath, si calmi! Io non so di cosa…” –
Non appena sentì pronunciare il suo nome Severus Piton si avvicinò alla tenda che divideva il laboratorio dalla parte del negozio aperta al pubblico, incerto se uscire allo scoperto o meno, ma qualcosa nella voce della donna lo portò a palesarsi.
Con la sua proverbiale calma si manifestò alle due donne: - “Signora Bath, mi cercava?” –
L’espressione della donna si fece paradossalmente più sollevata sebbene il tono della voce rimase allarmato. – “Professore! Professore! Mi manda il professor Silente! Deve tornare subito ad Hogwarts! E’ successa una cosa terribile… Sirius Black è riuscito a penetrare nel castello!” –

 

***

 

Molte ore più tardi Severus Piton ripensava agli ultimi avvenimenti: Sirius Black, il ricercato più temuto di tutti i tempi, era riuscito a penetrare ad Hogwarts e nel tentativo di entrare nella sala comune di Grifondoro aveva lacerato il quadro della Signora Grassa, custode dell’ingresso ai dormitori della casa.
Non capiva come quell’uomo fosse riuscito a spingersi fin dentro le mura del castello, eludendo la sorveglianza dei Dissennatori e sfuggendo agli incantesimi di protezione. L’odio nei suoi confronti cresceva dentro il suo petto quasi in proporzione alla distanza che li separava. Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere due soli minuti con quell’uomo, affinchè potesse punirlo per il peccato di cui si era macchiato anni addietro. Incapace di porre rimedio all’odio e al desiderio di vendetta che sentiva ribollire nelle sue vene si lasciò andare quasi esanime sul letto, con lo sguardo rivolto all’unica finestra delle sue stanze, troppo piccola affinchè potesse illuminarle, ma grande abbastanza per permettergli di guardare il cielo notturno, stranamente terso e sereno per quell’ultima notte di ottobre. La sua attenzione fu catturata da una stella che risplendeva solitaria e il suo pensiero volò tristemente alla sua Lily. Si rese conto con sgomento che per la prima volta in dodici anni aveva mancato l’appuntamento con il triste anniversario della tragedia che l’aveva strappata alla vita e si sentì pervadere da un profondo senso di colpa e solitudine. Come era potuto accadere? Perché una cosa così importante era sfuggita alla sua attenzione? Perso nei suoi pensieri non potè fare a meno di accusare Sirius Black di questa mancanza: una seconda volta era riuscito a portare la sua Lily lontano da lui. Non sprecò altri pensieri per quel farabutto, quell’uomo non meritava nemmeno il suo rancore, così sembrava sussurrargli Lily dall’alto di quella luminosa stella danzante nel cielo. Ma non era facile, non era semplice vivere con il peso delle sue consapevolezze sulle spalle. Spossato, infelice e stravolto si lasciò andare al più tormentato dei sonni, ma prima di cadere totalmente rapito tra le braccia di Morfeo un pensiero si insinuò nella sua testa, corrosivo come un acido, amaro come il veleno: come poteva sapere Albus Silente dove si trovasse quella sera?

 

***

 

(*) piccolo riferimento ad Irish Rain di Blankette Girl, per ciò che concerne l’infanzia difficile di Severus.

 

N.d.A.: Tadaaaaaaaan! Eccomi qua! Vorrei scusarmi con tutti voi per il ritardo immenso con cui posto questo nuovo capitolo ma sono stata indaffaratissima (bugia!) e bla bla bla, ma come si dice? “Meglio tardi che mai”!
Devo ammettere che questa volta sono proprio soddisfatta del capitolo, anche se mi è costata una certa fatica scriverlo, spero che sia lo stesso anche per voi!

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DESTINO - One Shot su Draco Malfoy - Fandom Harry Potter
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Giuro solennemente di aggiornare con più costanza! Un bacione a tutti!!! MrsKilljoy XoXo

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Presentimenti ***


Capitolo 7 - Presentimenti


"Se il cielo sopra di te dovesse diventare scuro e pieno di nuvole, e se quel vecchio vento del nord iniziasse a soffiare, mantieni salda la tua testa e urla il mio nome e subito busserò alla tua porta".
James Taylor, You've got a friend




Erano passate solo tre notti da quando Sirius Black aveva cercato di penetrare all'interno del dormitorio di Grifondoro e per Severus Piton ognuna di quelle notti era stata tormentata da incubi. Non che fosse riuscito realmente a dormire o riposare, ma le poche volte che il sonno era riuscito a impossessarsi del suo corpo lo aveva prepotentemente catapultato nel vortice delle sue paure e dei suoi sensi di colpa, facendo riaffiorare timori assopiti da tempo. Lo specchio rifletteva l'immagine di un uomo stanco, che dimostrava più dei suoi 33 anni: le occhiaie segnavano profondi solchi scuri sotto i suoi occhi e insieme ai capelli corvini accentuavano il pallore della sua carnagione. Detestava guardarsi, lo considerava un vezzo da sciocchi superficiali, ma quella mattina si perse nello seguire con lo sguardo le piccole righe che solcavano il suo volto, riscoprendosi improvvisamente stanco e invecchiato. Pensò che ogni segno marcato sul suo viso corrispondesse ad ognuno dei peccati commessi in passato, e che quelli piccoli, appena percettibili, fossero il presagio dei reati, dei tradimenti e delle cattive azioni che avrebbe intrapreso da quel momento in poi.
Si perse nei meandri della sua mente, cercando di distogliere il suo pensiero dal senso di colpa che provava per non essere riuscito a vendicare la sua Lily a causa della sua assenza e per aver spezzato la tradizione che da dodici anni lo portava a Godric's Hollow per posare un giglio sulla lapide della donna che amava, ma era difficile mettere a tacere il suo cuore che urlava e si contorceva dal dolore. Inconsciamente posò una mano sul petto, sbottonando il lungo mantello nero, fino ad arrivare a contatto con la sua pelle, raschiando con le unghie, intento a procurarsi un dolore fisico che potesse alleviare quello della sua anima, ma ogni suo gesto era inutile; avrebbe voluto stringere il suo cuore nelle sue stesse male per stritolarlo, solo così avrebbe potuto trovare sollievo.
Si ricompose silenziosamente, uscendo dai sotterranei, dirigendosi nella Sala Grande per la colazione.
Quel giorno non aveva lezione e si sentì quasi sollevato: l'unica cosa che desiderava in quel momento era avere a che fare con un ammasso di scolari ignoranti e indisciplinati, che vanificavano i suoi sforzi di plasmarmi in eccellenti preparatori di pozioni.
Prese posto al lungo tavolo degli insegnanti, isolando dalla sua mente dal pigro chiacchiericcio che regnava nella Sala, quando il suo sguardo cadde su Remus Lupin. Anche lui aveva il volto segnato, e come Severus dimostrava di più della sua età. Non provava simpatia per quell'uomo, fedele Malandrino al fianco di Potter, Black e Minus, ma per qualche verso i loro destini erano segnati in egual modo da solitudine e sofferenze. Certo, nel caso del professore di Difesa contro le Arti Oscure si trattava di un destino avverso e del quale non ne era stato artefice, ma la loro condizione li accumunava più di quanto Severus gradisse ammettere. Forse proprio per questo motivo da qualche settimana si era offerto di preparare per lui una pozione speciale e particolare con il potere di permettere ai lupi mannari di poter mantenere il controllo mentale e la sanità durante la trasformazione.
In  quell'istante lo sguardo dei due uomini si incrociò: Remus accennò un sorriso al quale Severus rispose con un cenno del capo. Si ricordò che la luna piena era vicina e decise di approfittare di quella giornata libera da impegni per potersi dedicare alla pozione, in quanto in tutta Hogwarts era la sola persona in grado di poterla preparare, quando nella sala fece il suo ingresso Albus Silente, il preside.
Alla vista dell'uomo Severus provò uno strano senso di inquietudine e un pensiero riaffiorò nella sua mente: la notte in cui Sirius Black aveva tentato di penetrare nel dormitorio di Grifondoro, Severus si trovava a Godric' Hollow nella bottega di Daisy Ackerley e Silente aveva mandato l'anziana Bathilda Bath a chiamarlo. Come faceva a sapere dove si trovasse in quel momento?
Era stato attento che nessuno lo seguisse, a non lasciare indizi, bruciando le lettere che la ragazza gli aveva inviato, intercettando i gufi per paura che qualche curioso potesse prenderle prima di lui, ma tuttavia le missive erano sempre protette da un Incantesimo di Segretezza inventato dallo stesso Severus, e che aveva insegnato alla giovane qualche tempo prima durante una delle sue visite a Godric' Hollow.
Dubitava fortemente che proprio Daisy avesse accennato dei loro incontri a qualcuno, in quanto era la prima ad essere a conoscenza delle terribili conseguenze che si sarebbero potute scatenare se la faccenda fosse diventata di dominio pubblico, quindi escluse questa ipotesi non appena si affacciò ai suoi pensieri. La fedeltà e la sincerità di Daisy nei suoi confronti erano i soli punti fermi per i quali avrebbe messo la mano sul fuoco.
E allora come era potuto accadere?
L'inquietudine crebbe e Severus decise di tornare nelle sue stanze. Si alzò senza proferire parola ed uscì dalla Sala Grande, ma a metà del lungo corridoio che conduceva nei sotterranei una voce familiare lo chiamò per nome e lo costrinse a fermarsi.
- "Severus, vai di fretta?" - Albus Silente si trovava a pochi metri dietro di lui e lo chiamava con il tono pacato che lo contraddistingueva. Piton provò una punta di fastidio.
- "Tornavo nei sotterranei per preparare la pozione Antilupo. Hai bisogni di me, Albus?" -
Il volto del preside non trasmetteva alcun tipo di emozione, ma i suoi occhi erano concentrati su quelli di Severus, scrutandoli attentamente, pronti a cogliere qualsiasi segnale.
- "Non credo sia il posto adatto per discutere di certe cose, a Hogwarts anche i muri hanno le orecchie, ma di certo saprai cosa voglio chiederti". -
La sua missione con i Mangiamorte, che altro poteva volere?
- "Nessuna novità, Albus. Dopo gli ultimi avvenimenti aspetto di essere chiamato per una riunione al più presto, ma al momento non c'è alcuna novità. Può stare tranquillo. L'unico pericolo al momento è Sirius Black. Tenga d'occhio il ragazzo" .-
- "Confido in te Severus, E tu, per favore, confida in me. Il ragazzo è protetto e al sicuro, è ben controllato e so sempre dove va"- pronunciò le ultime parole rimarcandole con attenzione, aggiustandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso.
Piton si sentì colpito, come se il preside avesse voluto mandargli un messaggio. Gli voltò le spalle senza degnarlo di una risposta, affrettando il passo. Sentiva l'esigenza di mettere quanta più distanza possibile tra lui e quell'uomo che faticava a guadagnarsi le sue simpatie. Aveva voluto comunicargli qualcosa con quelle parole?
Nelle sue stanze faticò a trovare la concentrazione necessaria alla preparazione della pozione per Lupin: aveva una strana sensazione che gli attanagliava la gola e privava i suoi polmoni dell'aria, come se quella che inspirava non fosse abbastanza. Dopo qualche inutile tentativo di polverizzare le radici di agrifoglio decise di mollare.
Camminò a lungo per i corridoi della scuola e per i suoi prati, al confine con la Foresta Proibita, fino a quando il freddo pungente non lo spinse a tornare all'interno delle mura di Hogwarts alla ricerca di un po' di calore: nonostante fosse quasi mezzogiorno il pallido sole di novembre faticava a riscaldare l'aria. Vagò ancora in lungo e in largo, mentre in suo cervello non smetteva di elaborare teorie, dalle più assurde alle più plausibili, quando si rese conto di essere in cima alla torre di Astronomia. Si sorprese di trovarla vuota, ma si rese stupidamente conto che tutti gli alunni e gli insegnanti dovevano trovarsi nella Sala Grande per il pranzo, allora decise di fermarcisi un pochino.
Osservava senza attenzione il panorama, quando il suo sguardo venne catturato da uno stormo di corvi neri che levò gracchiante dal centro della foresta. La forma che lo stormo assunse lo incuriosì. Un ragno. Solo i babbani avrebbero potuto associare quel simbolo a fortuna, ricchezza e prosperità: nei mondo dei maghi il ragno era simbolo di cattive notizie, solitamente associate alle streghe. Non fu necessario rimanere per altro tempo ad osservarlo: Severus capì subito che Daisy si trovava in pericolo.

***

Si era precipitato fuori dai confini di Hogwarts di corsa e quando si materializzò a Godric's Hollow Severus aveva ancora il fiatone: incurante che qualcuno potesse vederlo, attraversò le strade del piccolo villaggio con passo spedito, ignorando i pericoli che un tale gesto avrebbe potuto procurargli. Quando fu davanti alla piccola bottega di Daisy Ackerley la tensione crebbe e la sua apprensione raggiunse livelli stupefacenti per lo stesso Severus; si accorse che la pesante porta in legno era leggermente accostata, non chiusa, e di certo non era un buon segno. Per un attimo un pensiero attraversò la sua mente: e se stesse sbagliando? E se avesse tratto le conclusioni troppo in fretta, interpretando male i segni a causa delle emozioni contrastanti che provava da quando l'Oscuro Signore era tornato?
Scosse la testa e si disse che il suo istinto non lo aveva mai tradito nella sua vita.
Poggiò la mano sul legno della porta e la aprì quel tanto che gli permettesse di entrare, e lo spettacolo che si aprì ai suoi occhi fu tale da fugare le domande che si era posto poco prima: gli scaffali che correvano lungo le pareti erano stati distrutti e sul pavimento della bottega erano sparse boccette rotte. Il contenuto si trovava sparso per tutta la superficie della stanza e ad ogni passo di Severus scheggie di vetro e legno si rompevano sotto il peso del suo piede.
- "Daisy?" - chiamò, ma non ottenne alcuna risposta. Si spostò dietro il grande bancone di legno e con rammarico si accorse che presentava un grande foro al centro: si dispiacque particolarmente poichè sapeva la cura e la dedizione che la ragazza aveva dedicato a quell'oggetto, intagliandone le illustrazione personalmente. Notò anche che il registratore di cassa era aperto, ma all'interno poteva ancora scorgervi il denaro. Di sicuro non si trattava di una rapina, ma per qualche motivo aveva escluso quell'ipotesi dal primo momento. Continuò a chiamare la ragazza invano e decise di entrare nel retro bottega, dove si trovava il laboratorio in cui Daisy preparava le sue pozioni. La stanza era ancora più devastata della parte aperta al pubblico: tutto era stato distrutto, ampolle, scaffali, calderoni, giaceva tutto sul pavimento ridotto in frantumi.
- "Daisy?" - disse ancora a gran voce. Stava per pronunciare una seconda volta il nome della ragazza quando udì un singhiozzo provenire dalla sua sinistra. Si sporse leggermente e vide Daisy seduta sul pavimento con il busto appoggiato alla parete e piangeva con la testa appoggiata alle ginocchia, e le mani stringevano convulsamente la bacchetta. Le si avvicinò cercando di non spaventarla. - "Daisy..." -
Fu come se la giovane si fosse svegliata di soprassalto: indietreggiò puntando la bacchetta contro l'uomo ma non appena si accorse che si trattava di Severus, scoppiò in un pianto disperato.
- "Sev... Severus..." - disse tra le lacrime e gli si gettò tra le braccia.
Quel gesto sorprese e imbarazzò l'uomo. Capiva che ciò di cui la ragazza aveva bisogno in quel momento era un amico, qualcuno che potesse consolarla, ma di certo si reputava la persona meno adatta per farlo. Non sapeva neanche come si facesse, e si sentì quasi inutile, fermo e impassibile con le braccia lungo i fianchi mentre Daisy dava libero sfogo alle sue lacrime stretto a lui. Sollevò le braccia e poggiò le mani sulle spalle della giovane, deciso a darle tutto il tempo di cui necessitava per calmarsi. Piano piano i singhiozzi della ragazza diminuirono. Forse non era così difficile, dopotutto.
Daisy si staccò dal corpo dell'uomo, borbottando qualcosa tra il respiro affannato di chi ha appena pianto, con la testa bassa, nel vano tentativo di nascondere il rossore in volto provocato dalla vergogna del gesto impulsivo di stringersi all'uomo.
- "Mi... mi scusi" - disse con un soffio.
Severus non disse nulla in proposito, ma preferì concentrarsi sull'accaduto. - "Che cosa è accaduto? Ha visto qualcosa?" -
La ragazza scosse energicamente la testa. - "No, ero fuori. Sono tornata e ho trovato la porta spalancata, non ci ho badato molto quando l'ho vista perchè sono sempre distratta e a volte mi capita ma quando sono entrata e ho visto tutto questo io... Poi ho sentito un forte crack! , come quando qualcuno si smaterializza, provenire da qui e ho trovato tutto in queste condizioni e... " - stava per scoppiare nuovamente in lacrime. L'uomo poggiò una mano sulla spalla della ragazza nel vano tentativo di fermarle.
- "L'importante è che non le sia successo niente e che lei stia bene". -
- "Si ma... adesso cosa farò? Cosa farò Severus? Tutta la mia vita, o miei risparmi, il mio tempo... Ho impiegato tutte le mie energie in questo progetto ed era l'unica cosa che mi permetteva di convivere con il fatto di essere una strega nata babbana! Ho venduto la casa dei miei genitori a Stanford-Le-Hope, ho venduto i miei ricordi per tutto questo. E adesso cosa mi rimane? Cosa mi rimane?" - Era visibilmente provata e sconvolta.
- "Può ricominciare". -
- "Ma come? Io... Io non credo di averne la voglia". - disse tristemente.
Severus non potè fare a meno di sentirsi in colpa. - "Mi dispiace" - le disse.
- "Lo so" - sussurrò Daisy.
- "No, mi dispiace perchè temo di esserne la causa". -
Daisy lo guardò incuriosita. - "In che senso?" -
- "Io l'ho esposta ad un grave pericolo Daisy, e temo che qualcuno possa essersi reso conto di questo. E' un tentativo per costringermi a interrompermi la nostra ..." - come definirla? - "frequentazione" -
- "Non può pensarlo davvero Severus!" -
- "Ho paura di aver ragione". -
- "Si ma... anche se fosse, non funzionerà! Vero? Non funzionerà". - Daisy lo stava supplicando.
Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo e non immischiarla nella sua vita, ma una seconda volta era stato egoista. Sarebbe stato molto più saggio dirle che quel tentativo di intimidirli aveva funzionato alla grande, ma non poteva lasciarla sola, in  balia di se stessa e di colui o coloro che le avevano fatto questo. Doveva proteggerla. Dovevaaiutarla. Le era debitore, in un certo senso.
- "No, non funzionerà" - disse con il suo tono pacato.
Notò con sollievo che era riuscito a strappare alla ragazza il primo vero sorriso della giornata, e si sentì utile. Era bello poter aiutare qualcuno, lo faceva sentire stranamente bene e aveva il potere di fargli scordare per qualche momento i pensieri e turbamenti che lo tormentavano.
- "La aiuterò io, Daisy." - le disse accennando un sorriso. Prese la bacchetta tra le mani e con un semplice incantesimo iniziò a liberare la bottega delle macerie e dai cocci.



***


Eccomi qua! Mi sono fatta attendere un po' lo so! Prometto di aggiornare prima la prossima volta, giuro!
Vi ricordo come sempre la mia pagina Facebook, che potete raggiungere semplicemente cliccando QUI e ringrazio tutte voi che avete messo la storia tra i preferite e che mi lasciate sempre qualche bella parolina.
Un bacione, Mrs Killjoy

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Ricordi ***


Capitolo 8 – Ricordi


I ricordi veramente belli continuano a vivere e a splendere per sempre, pulsando dolorosamente insieme al tempo che passa.” Banana Yoshimoto - Kitchen



La bottega di Daisy Ackerley stava lentamente tornando alla normalità, grazie anche al prezioso aiuto che Severus Piton le stava offrendo: non lasciava mai Hogwarts a mani vuote, talvolta le portava in dono un particolare calderone il lega di rame e zinco adatto alla preparazione di pozioni Rinvigorenti, altre ne approfittava per donarle ingredienti o piante rare che erano andate distrutte nell’intrusione al negozio, altre volte ancora semplicemente portava ampolle o bollitori in vetro.
Daisy faticava a nascondere l’imbarazzo che quei doni le provocavano, specie poiché sospettava che Severus lo facesse a causa della convinzione di essere l’artefice dell’accaduto, ma dopo le prime proteste si arrese davanti all’ostinazione dell’uomo e prese l’abitudine di ringraziarlo senza sollevare inutili questioni. Piton apprezzava questo comportamento e continuava a portarle piccoli doni ad ogni sua visita.
Ma quel giorno era diverso. Ciò che stringeva in mano non era un semplice utensile da laboratorio, anzi, era un qualcosa che con le pozioni aveva molto poco a che vedere: era un Pensatoio. Il giorno in cui si era recato da Daisy colto dai suoi strani presagi e trovò la bottega distrutta, nell’aiutarla a ripulire il locale aveva notato un piccolo Pensato io frantumi sul pavimento, adiacente alla parete attrezzata dove la ragazza soleva riporre le erbe. I Pensatoi erano oggetti estremamente delicati e ripararli era pressoché impossibile, poiché le imperfezioni della loro superficie potevano alterare o compromettere in maniera irreversibile i ricordi. Aveva notato lo sguardo triste della ragazza mentre raccoglieva le schegge dell’oggetto e per lungo tempo durante le sue fugaci visite ad Hogsmeade ne aveva cercato uno simile, ma non era stato molto fortunato. Non lo era stato fino a quella mattina.
Bussò alla porta della ragazza mentre alla sua mente si affacciavano nuovi interrogativi: non aveva mai fatto dei doni ad una donna. Quando era un ragazzo aveva fatto dei piccoli doni a Lily, per lui simbolo di amore. Si ricordò di un piccolo anello in argento che voleva donarle per San Valentino e dell’imbarazzo che provava ogni volta che sentiva il piccolo pacchetto nella sua tasca: colto dall’imbarazzo era riuscito a darle il suo dono solo il primo giorno di primavera, più di un mese dopo. Immaginò di dover provare quello stesso sentimento e si stupì di trovarsi insolitamente calmo.
Daisy aprì cordiale e sorrise all’uomo: stava lentamente ritrovando il sorriso e la fiducia che aveva tristemente perso nel periodo immediatamente successivo all’intrusione nel suo negozio.
- “Severus, buon giorno. Non pensavo venisse anche oggi!” –
- “La disturbo?” –
- “Niente affatto, semplicemente non la aspettavo, ma lei non mi disturba affatto. Mi dia pure il mantello”. –  tese la mano all’uomo che però titubò un istante.
- “Si, un secondo solo. Le ho portato una cosa.” – disse mettendo tra le mani della ragazza il piccolo pacco avvolto in semplice carta marrone.
Daisy gli rivolse uno sguardo curioso, tutte le cose che Severus le aveva portato non erano mai avvolte in nessun tipo di carta e la cosa la fece insospettire.
- “E’ impacchettato”. – constatò.
- “E lei è sempre molto acuta. Lo apra.” –
La ragazza gli restituì uno sguardo torvo a causa della risposta secca dell’uomo, ma raramente se la prendeva. Spacchettò l’oggetto come una bambina la notte di Natale e trattenne il fiato alla vista del Pensatoio. Non disse nulla e rimase ad osservarlo con sguardo triste, al punto che Severus pensò di aver commesso un errore.
- “Non… non è di suo gradimento?” –
- “Cosa? No… è bellissimo, davvero! Non me lo aspettavo. Sono commossa”. – ed era vero, perché i suoi occhi stentavano a trattenere le lacrime.
- “Perché piange allora?” – chiese con apprensione Severus.
- “Perché non andiamo di sopra, così glielo mostro?” – dissè Daisy.
Piton annuì e seguì la ragazza al piano superiore, dove si trovava la sua abitazione. La vide dirigersi verso un piccolo mobile di legno scuro nel salotto, di fianco al divano, e sganciare una collanina d’oro dal suo collo e prendere la chiave che fungeva da pendente. Severus non aveva mai notato quel particolare.
Daisy armeggiò con la chiave nella serratura del mobile, e quando riuscì ad aprirlo estrasse una piccola teca contenente delle ampolle in vetro: i suoi ricordi. Le appoggiò con cura sul tavolo e invitò Severus ad avvicinarsi.
- “Voglio mostrarle alcune cose”.- gli disse mentre rovesciata il contenuto delle ampolle nel Pensatoio.
L’uomo non sapeva cosa aspettarsi ma le andò vicino colto dalla curiosità. Si affacciarono entrambi sul Pensatoio e in pochi secondo vennero trascinati in un vortice luminoso, ritrovandosi in una piccola casa babbana arredata con cura. Un albero di Natale illuminato e ricoperto da festoni colorati faceva bella mostra di se nel salotto, e ai suoi piedi una bambina di all’incirca sette anni era intenta a spacchettare dei doni circondata da due adulti. Severus riconobbe subito Daisy  ipotizzò che le altre persone fossero i suoi genitori. Un uomo giovane e di bell’aspetto scattava fotografie alla bambina mentre la donna osservava la scena divertita comodamente seduta su una poltrona in pelle.
La piccola Daisy emise un grido di gioia alla vista del regalo: era una piccola chitarra classica a misura di bambino.
- “Papà è davvero mia?” – esclamò con entusiasmo.
- “Si, per me è troppo piccola!” –
- “E… e mi insegnerai a suonarla?” –
- “Si, però dovrai promettermi che ti impegnerai!” – disse l’uomo con un sorriso.
- “E diventerò brava come te, papà?” –
- “Anche di più!” –
- “Non ci credo! Tu sei il più bravo di tutti!” –
L’uomo rise di gusto, poggiando la macchina fotografica al suo fianco e recandosi vicino alla bambina. – “Certo” – disse – “Tu riesci sempre bene in ogni cosa!” – e le scoccò un bacio sulla fronte.
La scena cambiò. Si trovavano catapultati nella stazione di King’s Cross e il padre di Daisy trascinava il carrello con sopra il baule e gli oggetti personali della bambina. Era la prima volta che Daisy partiva per Hogwarts.
La bambina era stretta al braccio della madre e si guardava attorno con sguardo impaurito, e Severus notò in quell’istante la straordinaria somiglianza della ragazza con la madre che aveva in volto la stessa espressione.
- “Che c’è piccola?” – chiese la donna alla bambina con voce amorevole.
Daisy scosse la testa in cenno di diniego.
- “Sicura che va tutto bene?” –
Ma la piccola non rispose.
- “Hai paura?” -  
- “Si!” – sussurrò con voce flebile.
- “Senti, è una cosa straordinaria, ma se mai tu dovessi sentirti sola o impaurita ricordati che io e il tuo papà siamo tanto orgogliosi di te. Però se cambiassi idea puoi tornare a casa quando vuoi. Noi saremo sempre qui per te. Non dimenticarlo mai, va bene?” –
La Daisy del passato sorrise a sua madre, mentre il capotreno invitava i passeggeri dell’Espresso diretto ad Hogwarts a salire sulle carrozze. Il momento era arrivato. La bambina salì sul treno quando la voce dei genitori la invitò a voltarsi.
- “Daisy, tesoro…” –
- “Che c’è mamma?” –
La donna sorrise con sguardo commosso mentre il marito si poneva al suo fianco, stringendola amorevolmente in vita con il suo braccio.
- “Mamma e papà ti amano tanto. Non dimenticarlo mai”. –
E la scena mutò per la terza volta.
Erano all’interno di una abitazione diversa da quella vista nel precedente ricordo e regnava un’atmosfera densa di tristezza. Severus non riuscì a comprendere il perché, all’inizio era solo una sensazione probabilmente causata dagli abiti scuri indossati dalle persone che affollavano il piccolo salotto e dall’odore pungente di fiori, poi al centro della sala scorse un bara, con metà coperchio sollevato, e al suo fianco Daisy di all’incirca diciassette anni che osservava il panorama fuori dalla finestra, con sguardo assente. Udì i commenti delle persone che li circondavano come se fossero bisbigli lontani, ma riuscì a carpire ugualmente il senso di alcune frasi. “Povera ragazza… anche la madre… adesso è sola. So che studia fuori. Poverina, deve essere un duro colpo perdere entrambi in così poco tempo… so che non ha nessun altro… adesso cosa farà? Cosa sarà di lei?”. Poi un rumore sordo fece sobbalzare tutti i presenti e si voltarono in direzione del rumore. Una minuscola chitarra classica che fino a poco tempo prima si trovava appesa alla parete ovest della stanza era caduta per terra, atterrando sopra un cestino di margherite bianche poggiato sotto di essa. La posizione dello strumento coprì un nastro che adornava il cesto, sopra il quale vi era scritta una dedica con grafia elegante. Adesso vi si poteva leggere solamente “Noi ti amiamo”. La Daisy di diciassette anni sorrise mentre le lacrime le rigavano il volto. Contemporaneamente Severus si sentì vorticare in un turbine luminoso e si accorse improvvisamente di essere di nuovo nel presente. Alzò lo sguardo su Daisy, che sorrideva con sguardo colmo di nostalgia, mentre cercava con la bacchetta di introdurre i ricordi nelle ampolle di vetro.
- “E’ per questo che mi sono commossa quando ho visto il Pensatoio” – gli disse serena – “Quando ho conseguito i M.A.G.O. sono tornata a Stanford-Le-Hope per vendere la casa dei miei genitori, ma qualcuno aveva fatto prima di me. Dei ladri hanno portato via tutto quello che c’era all’interno, bruciando anche gli album di fotografie. Alcune foto sono riuscita a salvarle, ma per il resto mi rimangono solo i ricordi. Quando ho voglia di vederli mi tuffo nel Pensatoio. So che non ha senso, ma mi piace poter riascoltare la loro voce.” –
Piton non sapeva cosa dirle, ma capiva benissimo cosa provava. Quante volte pur di risentire la voce di Lily si era perso nei suoi ricordi, passando le sue serate solitarie a vederla rivivere nella sua memoria? Troppe.
- “Capita anche a me, a volte”. – ammise l’uomo candidamente.
- “Anche lei ha perso qualcuno di importante, Severus?” – chiese senza malizia la ragazza.
- “Tanto tempo fa”. – disse con una nota di malinconia della sua voce.
Daisy non indagò oltre e Severus lo apprezzò. Era un lato della ragazza che ammirava il fatto che lei non lo costringesse mai a dire nulla di più rispetto a quanto lui non volesse dire e forse era anche uno dei motivi che lo spingeva ad aprirsi con lei più che con chiunque altro.
Silenziosamente si recarono nel retro bottega dove riprese ad aiutarla nell’allestimento del negozio e lentamente intrapresero discorsi più leggeri. Daisy voleva sapere come era cambiata Hogwarts negli anni, quali professori mantenevano il loro posto e quali erano nuovi e Severus ammise che da anni avrebbe voluto cambiare il suo posto di insegnante di Pozioni con quello di insegnante in Difesa Contro le Arti Oscure.
- “E come mai? Lei è così ferrato in Pozioni!” –
- “Ho una certa esperienza anche con le Arti Oscure”. – disse l’uomo con voce tetra e fu con divertimento che notò l’espressione di disapprovazione della giovane.
- “Si diverte a spaventarmi? Non funziona, sono solo contraria a tutto questo. E perché Silente non le ha mai assegnato la cattedra?” –
- “Presumo non mi ritenga idoneo”. –
- “Ah certo, invece la ritiene idoneo a rischiare la vita!” –
- “Daisy, per favore…” –
- “Si, si la smetto. Tanto se insisto lei non cambia idea, io mi innervosisco, e rimaniamo fermi sullo stesso punto per ore e quindi bla bla bla. Lo so. E chi è il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure?” –
- “Remus Lupin” –
- “Non lo conosco”. – disse Daisy aggrottando le sopracciglia come se stesse cercando in qualche andito della sua memoria un qualcosa che potesse farle capire chi fosse Lupin.
- “Era un mio compagno ad Hogwarts, siamo coetanei.” –
- “Anche lui era un Serpeverde?” –
- “No, Grifondoro”- rispose con tono infastidito Severus.
- “Deve esserle insopportabile.” –
Insopportabile? L’uomo non capiva a cosa si stesse riferendo la ragazza.
- “Si, intendo dire, deve essere insopportabile per un Serpeverde come lei vedersi usurpare il ruolo a cui aspira da un Grifondoro”. – disse Daisy trattenendo a stento le risate.
Severus le scoccò un’occhiata torva e ignorò quel commento.
- “Remus Lupin è un uomo difficile, ma senza ombra di dubbio può vantare una grande esperienza con le Arti Oscure”.-
- “Anche lui è un Mangiamorte?” –
- “No. E’ un lupo mannaro”.- rispose serafico.
Daisy fece cadere il barattolo di legno che aveva in mano. Non poteva aver capito bene.
- “Un lupo mannaro? E Silente gli ha dato il permesso di insegnare ad Hogwarts?”-
- “Mi sembrava di aver capito che da un po’ di tempo a questa parte le decisioni di Silente non le risultassero poi tanto bizzarre”. –
La ragazza soppesò le parole di Severus e non potè non trovarsi d’accordo.
- “Eravate amici quando eravate ancora studenti?” –
- “Se per amico si intende esser stato ad un passo dalla morte, correre il rischio di venir sbranato da un lupo mannaro alla Stamberga Strillante allora si, credo che potrei definirlo un amico”. – disse Piton con tagliente ironia.
La sua frase aveva scatenato la curiosità in Daisy, che a stento tratteneva le mille domande che avrebbe voluto rivolgere all’uomo. Rischiato la morte? Esser sbranato? Gia’ quando erano alunni? Non capiva.
Fu così che Severus si dilungò in un racconto che lo riportò indietro di diversi anni, a quando era solo un ragazzino solitario troppo magro con la passione per lo studio. Le disse raccontò dei Malandrini, dell’amicizia che legava Sirius Black, Remus Lupin, James Potter e Peter Minus, di come sovente si prendessero gioco di lui, e di quello sfortunato scherzo che i Malandrini gli giocarono. Le narrò la sfortunata vita di Lupin ed i tentativi di Silente di nascondere a tutta la scuola la maledizione che lo colpiva ad ogni luna piena, e del fatto che adesso, a distanza di molto tempo, lo stava aiutando grazie alla pozione Antilupo.
- “E’ incredibile Severus! Quindi grazie a questa pozione cosa succede? Non si trasforma?” –
- “Purtroppo non funziona così, il processo è irreversibile, ma assumendo questa pozione Lupin è capace di mantenere il controllo e non abbandonarsi all’istinto”.-
Attese una risposta da parte di Daisy che però non arrivò: incuriosito dal silenzio si voltò e vide che la ragazza teneva il libro di pozioni a poca distanza dal naso.
- “Che sta facendo?”- le chiese incuriosito.
- “Non c’è!” –
- “Cosa non c’è?” –
- “La pozione antilupo, non c’è nel libro!” –
- “E’ una vecchia edizione, la pozione è stata inventata pochi anni fa e ancora non è presente in nessun ricettario. Sono tra i pochi in grado di saperla preparare”.-
- “Può insegnarmela?” – chiese Daisy con entusiasmo.
- “Per quale motivo? Per correre il rischio di saltare in aria in questo laboratorio? No, non credo, sarebbe un peccato dopo tutto l’impegno e la fatica che stiamo impegnando nel rimettere in sesto la bottega”. – le rispose l’uomo con tono fintamente scortese.
- “Signor Piton”- disse Daisy con tono solenne parandosi davanti a Severus – “le ricordo che lei è un insegnante e come tale ha il dovere, anzi no, l’obbligo, di insegnarmi tutto ciò che sa!”-
- “Signorina Ackerley, le ricordo che non sono più il suo insegnante e le ripeto che non ho nessuna intenzione di rischiare la vita per il suo poco talento in questo campo!”-
- “Questa è una bugia, e lei è insopportabile!” – la ragazza ormai faticava a trattenere le risate.
- “Lei lo è sicuramente più di me, Daisy”.-
- “Allora, mi insegnerà a preparare la pozione?”-
- “Forse. Se mi promette che si guarderà le spalle e che farà più attenzione”. –
- “A cosa?” –
- “A tutto, me compreso”.-
Daisy gli rivolse uno sguardo confuso e riprese a riordinare i  barattoli scuotendo la testa sorridendo. Severus si rese conto dell’ora tarda: doveva rientrare ad Hogwarts in tempi brevi poiché entro poche ore Lucius Malfoy lo avrebbe contattato in merito alla prossima riunione con i Mangiamorte e doveva fare in modo che le sue assenze prolungate dal castello passassero inosservate. Si congedò con cortesia, cercando di non lasciar trapelare la fretta alla ragazza e nuovamente le raccomandò di fare attenzione.
- “Potrei chiederle la stessa cosa!” – gli disse Daisy con una nota di apprensione nella voce.
- “Le prometto che userò la massima attenzione”. –
- “Ultimamente mi promette troppe cose, Severus”. – osservò la ragazza.
Per un attimo l’uomo rimase interdetto da quelle parole, e alla fine decise di non rispondere. Semplicemente non sapeva cosa rispondere e nel tempo aveva imparato che nell’incertezza era sempre meglio tenere la bocca chiusa, senza temere di passare come scortese. Le rivolse un piccolo cenno del capo, un muto saluto, ma prima che potesse smaterializzarsi la voce della ragazza lo fermò.
- “Severus, grazie”.-
- “Grazie a lei, Daisy”. – e con un sonoro crack! si ritrovò fuori dai cancelli di Hogwarts.

***

Ciao a tutti! questa volta sono stata brava e ho aggiornato in tempi record, quindi Hurrà! per me!
Solo una piccola precisazione per quel che riguarda questo capitolo: è un capitolo di transizione, infatti dal prossimo gli avvenimenti attorno alla povera Daisy inizieranno a farsi inquietanti, anche a causa di Severus, quindi che dire, non perdetevi il prossimo aggiornamento!
Nel frattempo vi ricordo la mia pagina Facebook che potete raggiungere semplicemente cliccando QUI e le mie storie:
- Storie in Riproduzione Causale - Raccolta di Drabble - Fandom Harry Potter
- Kiss The Rain - One Shot Severus/Lily
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Vi abbraccio tutte, un bacione Mrs Killjoy.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - La Repressione dei Nati Babbani ***


Capitolo 9 – La Repressione dei Nati Babbani



10 luglio 1994


Severus camminava lentamente lungo il viale di Villa Malfoy: sapeva benissimo di essere in ritardo ma non poteva fare a meno di prendersi il suo tempo per combattere l’ansia e il disgusto che come sempre lo assalivano ogni volta che si recava ad una riunione con i Mangiamorte. Si detestava in quei momenti, ma continuava a ripetersi che lo faceva per uno scopo nobile. Quel pensiero lo spronava ad andare avanti.
Osservava il giardino fiorito illuminato dalla tenue luce della luna, tenuto con estrema cura dalla folta schiera di elfi domestici che lavoravano per Lucius Malfoy. La scelta di quel luogo era stata la più ovvia dal momento che avevano abbandonato la dimora diroccata nei pressi di Godric’s Hollow, in quanto erano al riparo da sguardi indiscreti e nessuno al Ministero della Magia osava sospettare o mettersi contro Lucius: la sua autorità, ma ancora di più la sua fama di uomo temibile e scortese avrebbero fatto desistere gli intenti degli Auror più impavidi da qualsiasi visita e controllo, nonostante le voci sempre più insistenti sulle strane frequentazioni del capostipite dei Malfoy che andavano diffondendosi all’interno della comunità magica.
Il professore bussò alla maestosa porta di legno massiccio e venne accolto da un piccolo elfo domestico che lo fece accomodare in una poltrona rivestita di velluto rosso in attesa che annunciasse il suo arrivo al padrone di casa. Tornò quasi subito e gli fece strada lungo gli sconfinati corridoi della villa, fino a giungere ad un’ampia sala al cui centro faceva bella mostra di sé un camino in granito decorato e, attorno ad esso, vi erano sistemate diverse poltrone in ognuna delle quali vi era seduto un Mangiamorte. Severus notò che quella alla destra di Lucius era libera e di conseguenza vi si accomodò. Quella posizione incuteva in lui un certo timore: era la dimostrazione dell’importanza che i suoi compagni davano al suo ruolo e non potè fare a meno di sentire sopra le sue spalle un fardello pesantissimo.
- “Severus, temevo non arrivassi più”.- disse Lucius con voce melliflua mentre sorseggiava del buon vino elfico dal calice di cristallo che teneva nella mano destra.
- “Scusami per il ritardo Lucius, ma come ben sai devo mantenere un profilo alquanto basso per non destare sospetti.” –
- “Si, ti capisco. Temo sia un problema comune a tutti noi, ma considerato che sei anche il fedele braccio destro di Albus Silente hai senza dubbio più problemi di noi a prendere parte a queste riunioni”.-
Il braccio destro di Albus Silente”. Al solo pensare di esserlo davvero rabbrividì: non sapeva se lo infastidiva di più esser considerato in quel modo o trovarsi in quella stanza con quel branco di  uomini senza scrupoli. Soppesò quelle parole e decise di non rispondervi, cambiando argomento e puntando dritto al nocciolo della questione.
- “Dicci Lucius, perché ci hai riunito?” – chiese con curiosità.
- “Abbiamo grandi novità e grandi progetti, caro Severus!” – intervenì Avery – “Saprai anche tu cosa accade tra poco più di un mese…” –
- “La Coppa del Mondo di Quidditch. Questo evento cosa ha a che fare con tutti noi?” –
- “E’ molto semplice: sono dell’opinione che i tempi siano maturi abbastanza per poterci finalmente rivelare e intraprendere la nostra missione alla luce del sole, per smuovere le acque e richiamare a noi coloro che ancora temono le ripercussioni dei funzionari del Ministero. Dobbiamo scatenare nuovamente il timore che il nome dei Mangiamorte incuteva nelle menti dei Mezzosangue, dimostrare che il Signore Oscuro può tornare e che presto tornerà”.- spiegò Lucius -  “Sarai dei nostri, Severus?” –
- “ La mia presenza non passerebbe di certo inosservata ad un simile evento, lo sai!” –
I fratelli Carrow, Alecto e Amycus, iniziarono ad agitarsi sopra le loro sedute.
- “Andiamo Lucius, ancora non lo hai capito? Il professore non ha il fegato necessario per azioni simili”. – sibilarono.
Raramente Severus sentiva l’istinto di cruciare una persona, ma anche solo sentire la voce dei due fratelli Carrow gli dava sui nervi. Sentiva la bacchetta premergli contro il petto nel fodero interno del suo mantello, come se anche lei fosse dotata di personalità e provasse lo stesso impulso del suo padrone. Sospirò pesantemente, come per sottolineare il fastidio che provava e per reclamare l’attenzione e il silenzio dei presenti come solo lui sapeva fare.
- “Se le mie informazioni non sono errate la finale della Coppa del Mondo di Quidditch dovrebbe tenersi il venticinque agosto e, correggetemi se vado errato, presumo che vogliate scatenare la vostra rappresaglia proprio quella sera quando sarà presente il maggior numero di persone. Adesso non credo che voi dobbiate essere informati sulle modalità e sugli impegni della mia professione, ma il mio rientro ad Hogwarts è programmato per il venti di agosto, così come quello di tutti gli altri professori, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico. Mi permetto di farvi una domanda, cari Alecto e Amycus: come pensate che una mia eventuale assenza dal castello possa essere interpretata, in corrispondenza di un ritorno dei Mangiamorte? State sottovalutando Albus Silente se pensate che non si accorga della coincidenza”. –
Amycus sbuffò, sconfitto dalla logica del professore, e riprese a bere a grandi sorsi dal calice di cristallo che stringeva in pugno.
Lucius intervenne nella conversazione. – “Severus, sono d’accordo con te. Non ho mai pensato di chiederti di unirti a noi per l’occasione”.-
- “Perché sono stato convocato allora?”- chiese l’uomo con una punta di fastidio.
- “Abbiamo un'altra missione per te”. – disse cercando di mantenere alta la suspance, ma purtroppo Lucius non era affatto un buon oratore e di conseguenza le sue pause risultavano più noiose che d’effetto.
- “Riguarda gli indegni, i Nati Babbani. Coloro che non sono degni di farsi chiamare maghi o streghe, che insudiciano il nostro sangue, il sangue delle poche famiglie pure che sono rimaste nella nostra comunità. Sono loro il vero male, più dei babbani stessi che purtroppo almeno vivono all’oscuro del nostro mondo.” –
- “Quali sarebbero le vostre intenzioni?” –
- “Eliminarli”.-
Severus sentì un dolore in un punto imprecisato del petto. Aveva dimenticato la crudeltà di quel mondo: per un secondo aveva sperato che il tutto si limitasse ad una lotta tra il Signore Oscuro e il giovane Potter, invece si era sbagliato. Loro, le famiglie Purosangue non avrebbero mai smesso di odiare i Nati Babbani o i Mezzosangue. Non avrebbero smesso di uccidere. Si sforzò di mantenere un’espressione impassibile o di improvvisare un sorriso entusiasta, ma non ci riuscì.
- “Qualcosa ti turba?”-  chiese beffardo Thorfinn Rowle, che fino a quel momento aveva seguito la conversazione in disparte e in silenzio. – “Non sei anche tu un Mezzosangue, Severus?” –
Piton si sforzò di attenersi il più possibile al ruolo e sfoderò la bacchetta puntandola dritta al petto del Mangiamorte. –“Non osare, Rowle! Non osare. Non ti permetto di infangare la memoria di mia madre e la nobile casata dei Prince facendo riferimenti a quello sporco babbano di mio padre. E’ morto, e l’avrei ucciso con le mie stesse mani se avessi potuto”.-
- “Calmatevi, calmatevi. Non ho alcuna intenzione di vedere lotte tra compagni all’interno della mia dimora. Rowle, dovresti scusarti. La casata dei Prince è una delle più antiche del mondo magico: gli errori di Eileen Prince li ha pagati lei stessa nel giorno in cui la sua anima ha lasciato il suo corpo.” –
Era davvero troppo e la pazienza stava abbandonando Severus. Voleva mettere quanta più distanza tra sé e quel branco di uomini senza scrupoli assetati di morte e vendetta, ma non avrebbe potuto muovere un passo fino alla fine della riunione.
- “Lucius, sono stanco delle chiacchiere e delle continue allusioni riguardo la mia fedeltà o famiglia. Ti prego di arrivare al sodo o potrei non trattenermi al prossimo insulto”. – sottolineò con tono aspro le ultime parole in modo che il messaggio venisse compreso anche da quegli stolti di Carrow e Rowle.
- “Abbiamo un elenco di presunti maghi e presunte streghe che disonorano il nostro nome e le nostre conoscenze e di conseguenza dobbiamo eliminarli. Sono venuto a conoscenza di queste pratiche indegne grazie ad alcune ricerche svolte da Walden McNair: adesso che abbiamo qualche nome possiamo agire. Dovrai occuparti di queste persone con Walden stesso. Non mi interessa come. Uccideteli, mutilateli, privateli della memoria e delle loro conoscenze, fate ciò che preferite, ma dovrete renderli privi di poter esercitare la magia e di reggere una bacchetta in mano.” –
Un pensiero attraversò la mente di Severus: “Ti prego, fa che non sia…
- “Potrei vedere l’elenco, Lucius?” – chiese con finto disinteresse.
L’uomo gli porse una pergamena ingiallita e il professore scorse rapidamente il breve elenco scritto con grafia disordinata. Quando i suoi sospetti furono confermati il respiro gli si mozzò in gola: Daisy Ackerley era al settimo posto della lista delle streghe e dei maghi disonorevoli. Sarebbe accaduto prima o poi, disse una voce dentro di sé, ma allo stesso tempo la sua mente si mise al lavoro per impedire che qualcosa di terribile le potesse accadere.
- “Sono Mezzosangue o Nati Babbani?” –
- “Per lo più sono Mezzosangue, luridi e sporchi Mezzosangue. Altri sono Nati Babbani, la razza peggiore”. –
- “Chi è questo?” – chiese il professore indicando un nome a caso.
- “Marlon Anslea, un Mezzosangue in odore di matrimonio con una babbana del Merseyside. Ha un lavoro babbano ma si aiuta con la magia e inizia a destare diversi sospetti nel mondo babbano e fastidi in quello magico.” – gli disse Walden, che nel frattempo aveva lasciato il suo posto vicino al camino e si era messo alle spalle di Severus per dargli delucidazioni sui nomi presenti nel suo breve elenco.
Severus chiese di altri due maghi a caso prima di arrivare al nome di Daisy. Per non destare sospettifFu sincero e ammise che quel nome gli ricordava qualcosa.
- “Con molta probabilità è stata mia alunna ad Hogwarts, ma non posso dire che sia la stessa persona. Di cosa si occupa?” –
- “Se potessi me ne occuperei di persona”.- affermò Lucius con disprezzo, osservando il liquido rosso che sorseggiava pacatamente –“Piccola, lurida Nata Babbana”.-
La preoccupazione di Piton raggiunse livelli allarmanti e dovette fare appello a tutte le sue forze per non scappare da quella casa. Da bravo attore quale era, continuò a fingere.
Walden spiegò: – “Come ha detto Lucius è una Nata Babbana. Se solo l’avessi scoperto prima me ne sarei occupato a tempo debito quando ci riunivamo a Godric’s Hollow. Ha una bottega nel villaggio, i babbani la chiamano Erboristeria, ma in realtà non lavora le erbe, o meglio, non in modo babbano: ha un laboratorio, credo all’interno della bottega stessa, nel quale prepara pozioni che poi diluisce e rivende ai babbani spacciandole come creme o unguenti di sua invenzione per guarirli di questo o di quello.” –
Un coro di sdegno si levò nella sala di villa Malfoy e Severus fu costretto a fare altrettanto. Come si permetteva una piccola strega di infangare una delle conoscenze più sacre ai maghi diluendole per poi venderle ai babbani? Avrebbero fatto meglio a sistemarla il prima possibile, a darle una lezione che si sarebbe ricordata per tutta la vita, anzi no, ad eliminarla definitivamente.
Non erano così che sarebbero dovute andare le cose: Severus era cosciente che il mondo magico stava diventando un posto pericoloso per chiunque, ma mai avrebbe pensato a simili risvolti. Sapeva che prima o poi Daisy sarebbe stata in pericolo e che avrebbe potuto rischiare la vita, ma se ne dava sempre le colpe, pensava che sarebbe stato lui la causa dei suoi guai. Neanche nelle sue più catastrofiche previsioni avrebbe immaginato un elenco di maghi e streghe indegne da eliminare o castigare.
Doveva fare qualcosa, doveva prendere tempo.
Come se gli stesse leggendo nel pensiero Lucius gli chiese: -“Severus, te ne occuperai vero?”-
- “Quando vuoi agire?” –
- “Il prima possibile. Domani, al massimo il giorno dopo ancora”.-
- “Rowle?” –
- “Sempre disponibile, Severus. Domani sarebbe perfetto.” –
Pensa Severus. Pensa.
- “No, non domani. Sono stato convocato da Silente per la scelta dei libri di testo per il nuovo anno. Credo che dopodomani potremo agire indisturbati. Per te va bene Walden?” –
Rowle annuì. –“Perfetto. Tienimi aggiornato tramite gufo, aspetto tue notizie entro domani sera per i dettagli”.-
Piton annuì. Doveva andare via da villa Malfoy. Doveva agire subito.
- “Se non c’è altro e se siamo tutti d’accordo io toglierei il disturbo”.-
Il padrone di casa disse che era tutto e che poteva andare; raccomandò l’uomo la massima discrezione e gli rinnovò la sua fiducia.
Severus si alzò con calma, nonostante i suoi gesti gli costassero uno sforzo colossale, e con passo lento di diresse verso l’uscita di villa Malfoy, preceduto dallo stesso elfo domestico che lo aveva accolto al suo arrivo. Camminò lentamente fino ai cancelli della tenuta, per poi smaterializzarsi con un lieve crack! non appena li superò.

***

Raramente Severus ignorava le buone maniere, ma quello era un caso particolare in cui le buone maniere avrebbero potuto mettere a repentaglio la sua vita. Si materializzò all’interno del laboratorio di Daisy Ackerley, precisamente alle sue spalle, spaventandola a morte. Purtroppo quello spavento sarebbe stato un innocente scherzo paragonato a cosa sarebbe potuto accaderle di li a poco tempo se non l’avesse portata via da Godric’s Hollow.
- “Severus! Dannazione! Cosa le è saltato in mente? Mi ha fatto prendere un colpo!” – esclamò la giovane portandosi una mano al cuore. Lo sguardo era accusatorio, ma qualcosa nel volto dell’uomo la allarmò.  - “Va tutto bene? Come mai è qui? E’ successo qualcosa?” –
- “Daisy, io non posso spiegarle, non adesso. Ma devo chiederle una cosa che so le costerà molto.” – Piton non riusciva neanche a trovare le parole per chiedere alla ragazza ciò che stava per chiederle, non dopo tutti i sacrifici fatti per ricostruire la sua vita dopo i brutti avvenimenti dei mesi precedenti. Anche se non ne era la causa non potè fare a meno di sentirsi colpevole.
- “Mi dica…” – gli disse titubante.
- “Prenda le sue cose, qualche cambio e i suoi oggetti più cari… ma si sbrighi! E’ in grave pericolo e deve seguirmi immediatamente”.- Severus cercava di mantenere un tono di voce il più pacato possibile ma c’era un qualcosa che invece che calmare Daisy la gettò nel panico assoluto.
- “Co… cosa? No! No Severus io.. no! Non posso, non adesso che le cose stanno andando bene e…”-
Ma Severus non l’ascoltava. Aveva fatto materializzare una piccola borsa e con un braccio teso incitava la giovane a riempirla dei suoi effetti personali.
- “Non è il momento di prendere assurde posizioni, signorina. Mi dia ascolto una buona volta e faccia quello che le dico”.-
- “Ma io…” –
- “Niente ma, andiamo”. –
Daisy prese la borsa e iniziò a buttarci dentro oggetti alla rinfusa in preda all’ansia. –“Almeno mi vuole dire dove stiamo andando?” –
- “No, le spiegherò tutto quando saremo arrivati in un luogo sicuro. La prego non faccia storie”.-
Ma la ragazza era testarda e gettando la borsa per terra si parò davanti all’uomo che la osservava con rabbia. –“Va bene, va bene, ho capito. Ma non muoverò un solo passo se prima non mi dice dove stiamo andando e perché sto scappando in questo modo!” –
- “Per favore Daisy, ogni minuto è prezioso”.-
- “Ho detto no!”-
- “Non voglio che tu faccia la stessa fine di Lily Evans!” -  sbraitò Severus, esausto di tutte quelle domande e insistenze.
Daisy rimase qualche secondo a bocca aperta, poi silenziosamente riprese a riempire la borsa dei suoi effetti personali recandosi al piano di sopra dove era collocato il suo appartamento. Doveva essere successo qualcosa di molto grave. Mai in due anni di presunta amicizia il suo ex professore si era mai permesso di rivolgersi a lei in quel modo, dandole apertamente del tu. Prese i suoi ricordi, qualche abito e tornò al piano di sotto.
Severus era immobile al centro della stanza con gli occhi chiusi, ma si rese subito conto della presenza della ragazza.
- “Sono pronta”.- mormorò con voce flebile, appena udibile.
L’uomo le si avvicinò e le porse il braccio: quando sentì le mani della giovane strette attorno sé, si concentro e insieme si smaterializzarono.

***

Eccomi qua! Ho aggiornato abbastanza in fretta questa volta, nonostante il Carnevale mi abbia portato via tantissimo tempo ed energia. Che dire? Le cose si mettono decisamente male per la piccola e una domanda sorge spontanea (cit.): dove la starà portando Severus? Si accettano scommesse.
Vi saluto, ricordandovi come sempre la mia pagina Facebook, che potete raggiungere semplicemente cliccando QUI
Un bacio, Mrs Killjoy.


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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Spinner's End ***


Capitolo 10 – Spinner’s End


Daisy riaprì gli occhi quando sentì di avere nuovamente il terreno sotto i piedi. Lasciò controvoglia il braccio di Severus per osservare il luogo nel quale il suo ex professore l’aveva portata: era una piccola abitazione, ma le tende tirate alle finestre non le permettevano di avere una visuale sull’esterno, di conseguenza non aveva la benché minima idea di dove si trovasse.
La luce era fioca e dovette attendere qualche secondo affinché i suoi occhi si abituassero all’oscurità. Si trovava immobile al centro di un piccolo salotto spoglio, arredato con pochi mobili dall’apparenza antica e trascurata: le pareti erano ricoperte fino al soffitto da ordinate scaffalature ricolme di libri e il peso dei tomi ne aveva curvate alcune. Nella parete centrale questa scaffalature si aprivano e facevano da cornice ad un semplice focolare in pietra.
Severus le mise una mano sulla schiena, spingendola gentilmente in direzione di una poltrona collocata proprio davanti al camino. Accese alcune candele e alla luce Daisy ebbe modo di notare alcuni particolari che erano rimasti celati dall’oscurità: un semplice scrittoio ricoperto di pergamene faceva mostra di sé sotto una finestra alla sua destra e, alla sua sinistra, il salotto si affacciava in una semplice cucina che aveva l’aria non venisse utilizzata da anni. Niente all’interno di quell’abitazione aveva l’impressione di essere inutile, solo funzionale.
- “Dove siamo?” – chiese sottovoce la ragazza. Aveva quasi paura a porre delle domande a Severus in considerazione della reazione che aveva avuto poco prima nella sua bottega, quando lei gli aveva chiesto insistentemente il motivo di quella fuga improvvisa.
- “Questa è la mia casa, Daisy”.- rispose l’uomo con tono freddo – “E’ solo una sistemazione provvisoria. Domani la porterò al suo nuovo nascondiglio. Purtroppo per lei, non è sicuro starmi accanto.” –
La casa di Severus Piton. Neanche per un singolo istante quella ipotesi si era affacciata alla mente della ragazza: aveva dato per scontato che Severus trascorresse tutto l’anno nei suoi appartamenti ad Hogwarts. Invece era quasi ovvio che l’uomo avesse una propria dimora. Elaborò quell’informazione e improvvisamente si scoprì in imbarazzo a trovarsi a casa dell’uomo, ma cercò di accantonare quel pensiero e di concentrarsi sul motivo che l’aveva trascinata via dal suo mondo.
- “Potrei sapere perché sono qui?” –
- “Non sa fare altro che porre questioni, signorina Daisy? Mi segua, le mostro dove dormirà stanotte!” –
Daisy si alzò come una furia e corse incontro l’uomo fermandosi ad un palmo dal suo naso adunco, pronta a rovesciargli addosso tutta la sua frustrazione.
- “No, non funziona così Severus Piton. Adesso mi ascolti: è entrato a casa mia, spaventandomi, costringendomi a lasciare la mia casa senza darmi neanche una spiegazione. Io devo sapere perché sto scappando. E se lei non ha alcuna intenzione di dirmelo può stare certo che prenderò la borsa e me ne tornerò a Godric’s Hollow. Quindi o mi da un valido motivo per rimanere qui, o può anche evitare di mostrarmi l’uscita… la troverò da sola!”-
- “Stupida incosciente, sto cercando di salvarle la vita”.-
- “Beh tante grazie, professore. Fatica sprecata. Arrivederci!” –
Daisy girò sui tacchi e con uno strattone si impadronì della borsa che si trovava ancora nelle mani di Severus, pronta a Smaterializzarsi. Ma Piton fu più veloce di lei, bloccando con un incantesimo di Proteziona la possibilità si smaterializzarsi e tutte le vie d’uscita dell’abitazione, facendo scattare tutte le serrature.
La ragazza gemette nervosamente. – “Lei è insopportabile!” – urlò contro l’uomo esasperata.
- “E lei è testarda e incosciente. Crede che se l’ho portata via da Godric’s Hollow sia per un mio capriccio personale? Si sbaglia di grosso: non è per niente piacevole dover dividere la mia casa con una ragazza capricciosa come lei.” – disse con cattiveria l’uomo. Forse anche troppa. Gli occhi di Daisy divennero lucidi, e benché la giovane stesse cercando di mascherare le lacrime era evidente che quelle parole l’avevano ferita. Severus la vide alzare la testa e prendere un grosso respiro, per poi rigettare la borsa sul pavimento e tornare a sedersi alla logora poltrona davanti al camino.
- “Vuole ammanettarmi?” – gli chiese spavalda, arrendendosi all’evidenza di non poter lasciare quel luogo.
Nonostante la sua testardaggine, Severus non potè nascondere un sorriso.
- “Non mi costringa a farlo”. – rispose andandosi ad accomodare nella poltrona davanti a quella della ragazza, cercando di riprendere il controllo della situazione. Il problema era uno solo: come poteva dirle del grave pericolo in cui si trovava senza spaventarla ulteriormente? Come spiegarle che non sarebbe più potuta tornare alla sua vita di sempre senza spezzarle il cuore?
Il suo tormento era dipinto nel volto dell’uomo, e Daisy se ne accorse.
- “Credo di aver capito, sa? Si sta dando la colpa per qualcosa, è così?” -  gli chiese con voce dolce.
Severus sbuffò: c’era qualcosa nel modo in cui Daisy riusciva a capire i suoi pensieri che lo infastidiva. Aveva come l’impressione di trovarsi sempre disarmato, incapace di rifugiarsi dietro la maschera di uomo burbero che ormai gli si era incollata all’anima. In qualche modo, sapeva guardargli dentro.
- “Si, ma anche no. Ascolti, molte volte le ho detto che la nostra frequentazione è pericolosa, ma deve sapere che quello che sta succedendo è causato dalla volontà delle persone a cui sono legato da un crudele destino. Io sto cercando di agire per il meglio, per il suo bene, ma allo stesso tempo da questo momento in poi sarò costretto a fare delle cose terribili. Non posso cambiare i fatti, e non posso rifiutare di fare ciò che mi è stato chiesto, ma posso salvare lei.” –
- “Quando parla delle persone a cui è legato da un crudele destino intende i …”-
- “I Mangiamorte”.- ammise Severus desolato, continuando però ad osservare il volto della ragazza per captare le sue reazioni.
- “Sono confusa. In che modo i Mangiamorte hanno a che fare con me? Hanno scoperto tutto? Cosa vuol dire che lei può salvarmi?” – Daisy non riusciva a capire, e il professore si trovò costretto a rivelarle la verità crudamente, senza troppi giri di parole.
- “Vogliono ucciderla. Vogliono uccidere lei e altri maghi e streghe come lei. Perché? Perché non è una Purosangue, è una Nata Babbana, e oltretutto la sua attività agli occhi di queste persone appare come un insulto alla Magia. Ed io sono stato incaricato di ucciderla, domani all’alba”.-
Daisy guardava Severus con l’aria di una persona che non aveva compreso il significato di quelle parole, per poi scuotere nervosamente la testa e alzarsi di scatto alla ricerca di una via di fuga.
- “Lei… lei non mi avrà fatto venire qui per…” – balbettò la giovane mentre il panico la assaliva.
- “No, mi ascolti. Le ho detto che posso salvarla. Voglio salvarla.” –
- “E come? Come potrebbe? Ucciderà qualcuno al mio posto? Se sono venuti a sapere di me e di quello che faccio è anche probabile che sappiano come sono fatta, che mi riconoscano. E chi poi? Una povera innocente?” –
- “Nessuno morirà al suo posto, Daisy. Domani sembrerà che lei sia partita per chissà quale meta e convincerò gli altri Mangiamorte a proseguire con il lavoro. Però presumo che qualcuno controllerà la sua casa in attesa di un suo eventuale ritorno”.-
Quelle parole sembrarono ferire la ragazza più di una coltellata in pieno petto, e per la seconda volta quella sera i suoi occhi tornarono a riempirsi di lacrime. – “Vuol dire che non potrò tornare nella mia casa? Che sarò costretta a fuggire per sempre?” –
- “Temo di si” – rispose sconsolato Severus – “Per lo meno fino a quando tutto questo non sarà finito”.-
Daisy non disse più nulla per un tempo che sembrò infinito: si lasciò andare sulla poltrona, stringendosi nel suo leggero giacchetto nero fissando il vuoto mentre la sua mente vagava in un mare di pensieri disordinati.
Severus avrebbe voluto fare qualcosa, consolarla, ma non seppe fare altro che rimanere a osservarla con apprensione, consapevole che nessuna parola in quel momento sarebbe servita ad alleviare il dolore della ragazza. Si alzò e dopo un breve sguardo all’orologio mise una mano sulla spalla di Daisy, chiedendole se avesse fame e volesse mangiare qualcosa.
- “Vorrei riposare. Ho… credo di aver bisogno di rimanere un po’ da sola, Severus. Non le dispiace? Ho un gran mal di testa.”-
- “La accompagno nella sua stanza, mi segua.” –
Le fece strada, accompagnandola al piano di sopra attraverso una piccola porta situata in cucina che nascondeva una scala in legno. Il piano superiore era semplice quanto quello inferiore: al minuscolo pianerottolo si affacciavano tre porte scardinate e Severus aprì quella alla loro destra, facendo entrare la giovane in una piccola camera, la stessa che anni addietro gli era appartenuta e lo aveva visto crescere.
- “Non è molto…” – accennò appena l’uomo indicando un piccolo letto al centro della stanza.
- “E’ perfetta, davvero”. – rispose Daisy. Era raro che non sorridesse, anche quando sbraitava poteva vedersi sempre l’ombra di un sorriso che le increspava le labbra, ma non quella sera, e inspiegabilmente questo piccolo particolare turbò Severus, che non potè fare altro che richiudere la porta alle spalle della ragazza e lasciarla sola, come gli aveva chiesto.
Ridiscese al pian terreno, e come era sua abitudine iniziò a camminare in circolo perdendosi nei suoi pensieri. Nascondere Daisy, proteggerla, portarla via dalla sua casa era una mossa rischiosa, ma che altro poteva fare? Non avrebbe potuto lasciarla al suo destino, tradendo la sua fiducia ma allo stesso tempo non poteva fare altro che chiedersi quali conseguenze avrebbero causato le sue azioni in merito alla sua missione. Prese un libro dalla sua immensa collezione e provò a distrarsi, ma senza successo. C’era qualcos’altro che quella sera lo turbava e nonostante odiasse ammetterlo quel qualcosa era proprio la presenza di Daisy: non era abituato a dividere i suoi spazi con nessuno, tantomeno con una donna, e non sapeva come districarsi in quella assurda situazione. La ragione gli diceva di non badarci, cosa avrebbe mai potuto cambiare una presenza femminile a Spinner’s End per una sola notte?, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di sentirsi a disagio. Doveva fare qualcosa? Avrebbe dovuto insistere e chiederle di parlare? Preparare comunque qualcosa da mangiare nonostante lei gli avesse detto di non avere fame? Severus scosse la testa energicamente, dandosi dello sciocco per le domande che inondavano la sua mente, e diede la colpa di quelle sue sensazioni al suo carattere chiuso e all’esistenza solitaria alla quale si era costretto dalla giovinezza.
Un rumore dietro di sé lo costrinse a voltarsi, e vide Daisy, con i capelli spettinati e gli occhi rossi e gonfi di pianto, in piedi sulla soglia della porta che portava al piano di sopra. Non potè fare a meno di provare pena per la giovane, la cui vita era stata stravolta dall’assurdo odio tra maghi.
- “Disturbo?”- gli chiese la ragazza imbarazzata.
- “Niente affatto, si accomodi. Ha fame?” –
- “No, ma gradirei una tazza di thè se non le dispiace.” –
L’uomo le sorrise  e richiudendo il pesante libro che aveva tentato invano di leggere si alzò dalla poltrona, raggiungendola in cucina e iniziò a preparare del thè per entrambi. Anche quel gesto semplice gli risultava complicato, e mentre prendeva due tazze da una mensola sopra il lavello gettò qualche sguardo verso Daisy, per cercare di comprendere se anche lei fosse in imbarazzo quanto lui. Daisy non lo guardava, ma osservava con sguardo perso il semplice camino situato nel salotto.
Alla tenue luce delle candele Severus notò un qualcosa a cui non aveva mai fatto caso prima di quel momento, i grigi occhi della ragazza, dello stesso colore di un cielo in tempesta, rigonfi anch’essi di pioggia e lacrime, tormentati da pensieri come fulmini. Per certi versi ne rimase affascinato.
Le porse la tazza di thè  si sedette anche lui al logoro tavolo della sua cucina, continuando a scrutarla in silenzio.
- “Sa, pensavo che lei vivesse ad Hogwarts tutto l’anno…” – disse Daisy spazzando così via l’imbarazzo che si era creato tra di loro.
- “A volte lo preferirei”.- ammise Severus.
- “Perché? Non è così male qui… è solo un po’ buio. Se aprisse le tende e lasciasse filtrare la luce del sole lo vedrebbe anche lei”.-
- “Cosa le fa pensare che io non lo faccia?” – chiese sospettoso l’uomo.
- “Diciamo che la conosco abbastanza da sapere che lei non è quel genere di persona” – rispose Daisy abbozzando un sorriso – “Perché non lo fa’?” –
Severus sospirò. Quanto gli sarebbe costato essere sincero? Per una volta decise di mettere da parte l’orgoglio e di parlare con qualcuno del motivo per cui faceva ciò che faceva, senza preoccuparsi delle conseguenze che le sue parole avrebbero potuto avere.
- “Perché aprire le tende mi spingerebbe a guardare fuori dalla finestra, e quello che vedrei rovinerebbe il ricordo che ne conservo”.-
- “In che modo?” – chiese Daisy giocherellando con il bordo della tazza.
- “Sono cresciuto in questa casa, Daisy, con una madre succube del suo marito babbano che trascorreva le sue giornate ignorandoci, salvo quando beveva. In quei momenti disprezzava la magia, e mia madre col tempo iniziò a comportarsi come se non fosse una strega. Io evitavo ogni contatto con loro, leggevo testi magici, e sognavo il giorno in cui avrei compiuti undici anni per poter frequentare Hogwarts. Pensavo che questo posto non avrebbe potuto offrirmi niente, fino all’agosto precedente la mia partenza per Hogwarts quando conobbi Lily Evans”. – Severus si alzò dalla sua sedia e andò alla finestra della cucina scostando appena le tende, e fece segno a Daisy si avvicinarsi. La ragazza lo raggiunse e osservò il paesaggio fuori l’abitazione del professore, che con un dito gli indicò una casa in rovina dall’altro lato della strada. Che altro avrebbe potuto dirle adesso? Una volta addentratosi nel discorso non era più sicuro di voler andare avanti; cercare le parole per dare senso agli avvenimenti della sua giovinezza facevano apparire i fatti, le persone e i sentimenti frivoli, e per un uomo come lui da sempre abituato a mantenere lontani quest’ultimi dalla sua esistenza era una prospettiva terribile. Mandò giù il groppo amaro che sentiva in gola e continuò il suo racconto: - “Lei viveva lì. E io non sono stato in grado di salvarla”.- Non disse nulla di più, ma non ce ne fu bisogno. Il nome di Lily Evans aveva precedentemente colpito Daisy quando quella stessa sera nella sua bottega Severus le aveva urlato disperatamente che non voleva che lei facesse la sua stessa fine, ma non solo: un ricordo si affacciò nella sua mente, quello della sera in cui rivide l’uomo dopo molti anni, accasciato disperato davanti alle rovine di casa Potter in una fredda notte di fine ottobre di due anni prima.
E improvvisamente comprese. Comprese perché Severus si trovava in quel luogo, disperato, perché fosse così chiuso, scostante, scontroso e a tratti aggressivo. Perché aveva sofferto, e ancora soffriva per l’amore che provava per quella donna.
Un dolore profondo le lacerò lo stomaco al punto che fu costretta a portarsi le mani al ventre, ma quando si rese conto che nessuna ferita era presente capì che era la sua anima che in qualche modo urlava e si dibatteva dentro di se. Perché? Perché Severus amava, ma non lei. In quel momento la verità la colpì con forza come uno schiaffo. Possibile che si fosse innamorata di quell’uomo? Non aveva mai sperimentato quel sentimento di conseguenza non poteva esserne certa, ma proprio perché non l’aveva mai provato prima sapeva che era reale. Spostò lo sguardo su di lui, e si rese conto che il tormento che leggeva nei suoi occhi era dolore per quell’amore perduto e che mai avrebbe potuto competere con il fantasma di Lily Evans: se gli anni non avevano potuto alleviare il suo tormento o spegnere quel sentimento, come avrebbe potuto farlo lei?
Allungò la mano sulla tenda che Severus aveva aperto poco prima, e la richiuse: in un certo qual modo fu come riporre i suoi sentimenti appena scoperti a chiave con un lucchetto, e poggiandogli una mano sulla spalla provò a comunicargli che aveva compreso il suo dolore e che non ci sarebbe stato bisogno di aggiungere altro.
Nuovamente Severus ebbe la sensazione che Daisy potesse leggergli dentro e comprendere i suoi pensieri, ma questa volta non ne fu infastidito: il calore della mano della ragazza sembrava penetrare tra i tessuti dei suoi abiti e fu più terapeutico di ogni parola. Poggiò la mano sulla sua, e si stupì di come quel contatto non lo mise a disagio. Si sentì leggero e sollevato come non gli capitava ormai da tempo e la sensazione di non essere più solo riuscì a quasi a rallegrarlo e a scacciare per qualche momento tutti i tormenti e le preoccupazioni dal suo animo. Dentro si se Severus sorrideva.
- “Daisy, ha mai pensato di studiare Legilmanzia?” – le chiese ispirato dall’empatia della ragazza.
- “No, avrei dovuto?” –
- “Forse. Se non è troppo stanca potrei spiegarle qualcosa in merito”. – le propose.
Vide gli occhi grigi di Daisy illuminarsi di curiosità ed entusiasmo per la prima volta in quella serata.
- “Non sono mai troppo stanca”. – gli rispose la giovane sorridendo.
Severus le illustrò brevemente la storia di quella disciplina magica, per poi addentrarsi in esempi più articolati fino ad arrivare alle dimostrazioni pratiche: per tutta la durata di quella breve conversazione le loro mani non si separarono, rimasero l’una sull’altra, ma nessuno dei due sembrò accorgersene.

***

Spinner's End! Yes! Ci avreste mai scommesso? Il nostro Piton ha portato la povera Daisy nientepopòdimenochè a casa sua!!
Non avete la benchè minima idea di quanta fatica mi sia costato questo capitolo: come ho gia' detto a qualcuno, Severus è un uomo troppo complicato e riuscire a fargli aprire il suo cuore a Daisy è un'impresa quasi epica. Spero di non essere uscita troppo fuori dai canoni del personaggio, ma se così fosse chiedo umilmente perdono. Ad ogni modo, mi piace come si stanno avvicinando, anche se la strada è molto in salita... in fondo Severus è ancora follemente innamorato di Lily (pace all'anima di questa benedetta ragazza!) e Daisy inizia a capire di non avere alcuna possibilità! Ma forse chissà, col tempo...
Beh basta, la smetto di perdermi in chiacchiere inutili e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
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Un abbraccio,
Mrs Killjoy

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Eileen Prince ***


Capitolo 11 - Eileen Prince


La bottega di Daisy era stata distrutta e del suo laboratorio non rimaneva nient’altro che il ricordo: i lunghi banchi in legno, sopra i quali fino a qualche ora prima troneggiavano i calderoni con i quali la ragazza preparava le sue pozioni, erano stati ridotti in piccoli frammenti dalla rabbia di Rowle quando il Mangiamorte si era reso conto che della giovane non c’era alcuna traccia. Severus aveva dovuto collaborare e fingere la sua stessa frustrazione mentre con la morte nel cuore scagliava Incantesimi di Distruzione in ogni angolo. Le ampolle, i bollitori, le bilance, ogni cosa era stata polverizzata, così come ogni mobile, pensile ed oggetto dell’ abitazione al piano di sopra.
Prima di abbandonare quella piccola costruzione in legno e mattoncini rossi nel cuore di Godric’s Hollow, Rowle tramite un Incantesimo di Incisione tracciò il Marchio Nero nel pavimento della bottega come monito per un eventuale ritorno di Daisy: era frustrato per quell’occasione sprecata, ma grazie anche al grande potere di persuasione di Severus si era convinto che la loro vittima avesse percepito il pericolo e si fosse allontanata per sempre dal Regno Unito, e che difficilmente sarebbe tornata indietro. Nonostante questa convinzione il Mangiamorte decise di mettere qualcuno a guardia del posto, un fedele sostenitore della causa Purosangue, come previsto dal professore, più per timore della reazione di Lucius Malfoy che per scrupolo personale.
Severus trasse un sospiro di sollievo solo quando fu di nuovo nella sua casa di Spinner’s End e vide Daisy, salva e in buona salute, appisolata su una delle due poltrone del suo salotto con un pesante libro di Pozioni sulle gambe. Non la svegliò e cercando di fare meno rumore possibile si diresse in cucina per preparare un thè. Era stanco e provato, tormentato dall’angoscia della sua missione e dalla notte insonne che aveva trascorso: aveva visto la notte diventare giorno mentre spiegava l’arte dell’Occlumanzia a Daisy, e come pensava, la ragazza era dotata di una particolare predisposizione per quella disciplina. Dopo averle spiegato come isolare la mente e intrappolare i suoi ricordi e pensieri in un angolo remoto, provò più e più volte a penetrare all’interno di essa, con scarsissimi risultati. Riuscì a intravedere poche immagini, per lo più riguardanti i ricordi che lei stessa gli aveva mostrato tempo addietro e alcuni momenti passati assieme, ma nulla di più. Era ovvio e normale che fosse riuscito a carpire solo quelle informazioni, poiché le condivideva con Daisy, e quando il Legilmens aveva un rapporto con l’oggetto delle sue indagini, stretto o superficiale che fosse, era altamente probabile che si verificasse un simile evento. Estasiato da questi risultati aveva ribaltato i ruoli, offrendosi come cavia alla ragazza affinché lei penetrasse la sua mente, ma il frutto di quelle ore di allenamento non era stato altrettanto soddisfacente: Daisy non era stata capace di vedere nulla, nonostante Severus avesse lasciato la sua mente scoperta per facilitarle il compito. Aveva provato e riprovato fino alle prime luci dell’alba, per poi crollare in un sonno profondo sulla stessa poltrona dove adesso riposava.
Dopodiché il professore era uscito per la sua missione a Godric’s Hollow. Evidentemente Daisy si era svegliata per prendere un libro dalla sua immensa collezione, per poi farsi battere una seconda volta dalla stanchezza.
Severus ripensava ancora alla notte appena trascorse che quasi trasalì al suono della voce della ragazza dietro le sue spalle.
- “Sono morta?” – chiese con la voce impastata dal sonno.
L’uomo sorrise. – “Questo posto alla luce del sole è così infernale da farle pensare di esser passata a miglior vita?” –
- “Se fosse un luogo infernale l’espressione ‘miglior vita’ non sarebbe delle più azzeccate”. – constatò, e Severus non poté fare altro che trovarsi d’accordo con quell’osservazione. – “Volevo solo sapere com’è andata. Non doveva accadere stamattina?” – chiese.
- “La sua fuga inaspettata da Godric’s Hollow ha scatenato le ire di uno dei più temibili Mangiamorte in circolazione, ma tutto sommato sta bene, non è così?” – e voltandosi le porse una tazza di thè che Daisy accettò di buon grado.
Il suo aspetto non era dei migliori, i lunghi capelli le incorniciavano disordinatamente il volto e delle occhiaie violacee contornavano i suoi occhi.
- “Perché non ha dormito nella stanza al piano di sopra?” – le domandò.
- “Ero in pensiero”.- ammise candidamente la ragazza.
- “Non deve preoccuparsi per me, so badare a me stesso”. – rispose Severus, che si stupì del suo stesso tono duro.
Daisy scrollò le spalle. – “Lo so bene, ma credo sia inevitabile oramai. Lei rischia la sua vita a causa mia e non potrei mai perdonarmi se le accadesse qualcosa mentre cerca di proteggermi”. –
- “Non merito la sua preoccupazione, Daisy. E’ solo per colpa mia che lei è costretta a fuggire”. –
- “Ma sarebbe accaduto comunque, quindi la smetta di darsi colpe che non ha. Anzi, se non fosse per lei a quest’ora sarei sicuramente morta e non mi troverei qui a discutere delle colpe o dei meriti che abbiamo, quindi…” –
- “Quindi?” – le fece eco Severus.
- “Quindi grazie, perché mi ha salvato la vita!” – concluse la ragazza, rivolgendo uno sguardo divertito al suo interlocutore.
Severus scosse la testa in segno di disapprovazione: niente al mondo avrebbe potuto fargli cambiare idea, neanche la logica disarmante di quella ragazza cocciuta che si trovava a pochi passi da lui, nella sua cucina. Prese un respiro profondo, pronto a portare a termine il suo compito con Daisy, portandola nell’unico posto al mondo dove nessuno l’avrebbe mai cercata e forse neanche trovata: sarebbe stato difficile per entrambi, ne era cosciente, ma era realmente l’unica possibilità di salvezza che poteva offrirle.
- “Daisy, si ricorda che le ho detto che questa sarebbe stata solo una sistemazione provvisoria?” –
La vide annuire, con sguardo improvvisamente triste.
- “Credo sia ora di andare, le spiegherò tutto quando saremo arrivati a destinazione.” –
Poggiò la sua tazza ormai vuota nel tinello e osservò la ragazza prendere le sue poche cose e mettersi la borsa in spalla. Ancora una volta, improvvisamente, era diventata taciturna ed ebbe come l’impressione che i pochi progressi fatti per risollevarle il morale si fossero dissolti nella leggera brezza estiva che tormentava le strade di Spinner’s End.
Silenziosamente Daisy si avvicinò all’uomo e poggiandogli una mano sul braccio sussurrò – “Sono pronta”. -.
Severus chiuse gli occhi e prefissò la sua mente sulla destinazione, per poi mettere a fuoco la determinazione di occupare lo spazio desiderato: in un lampo di luce si smaterializzarono.

Quando entrambi riaprirono gli occhi, Severus attese la reazione della ragazza con un briciolo di trepidazione: sapeva che avrebbe riconosciuto quel luogo al primo sguardo, anche se erano passati molti anni dall’ultima volta che lo aveva visitato.
- “Hogsmeade!” – disse Daisy con voce entusiasta.
Le lasciò ammirare il panorama per qualche minuto, conscio delle emozioni che quel luogo le suscitava: dalla collina sulla quale erano apparsi si poteva godere di una discreta visuale del villaggio magico, e in lontananza, le torri della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts spuntavano timide nella nebbia mattutina.
- “Starò ad Hogsmeade, Severus?” –
- “Non ancora”. – le rispose, sentendosi improvvisamente in colpa per aver spazzato via la gioia della ragazza.
- “E allora dove? Non capisco, dove mi sta portando?” –
- “Da questa parte!” – le disse, indicandole un piccolo sentiero che si addentrava fino ai margini della Foresta Proibita, in direzione opposta al villaggio.
Daisy lo seguì senza porre alcuna obiezione, ma sul suo volto Severus poteva chiaramente leggere apprensione e delusione.
- “Siamo arrivati”. – disse poco dopo, indicando una semplice abitazione composta dallo stesso legno degli alberi che la nascondevano perfettamente alla vista di occhi non attenti.
Severus bussò delicatamente alla piccola porta che si aprì dopo qualche istante: si trovarono davanti ad una donna non più giovane, con profondi occhi neri e sguardo fiero e penetrante, un naso adunco e pronunciato e labbra sottili piegate in una smorfia di disappunto, che subito si sciolse in un sorriso commosso alla vista dell’uomo.
- “Severus…” – sussurrò. La donna tratteneva l’istinto di abbracciarlo con palese imbarazzo e cominciò a torturarsi le mani, per poi farsi da parte e invitarlo ad entrare. – “Entra… caro, entra…” –
L’uomo fece cenno a Daisy di seguirlo all’interno della abitazione e lei subito obbedì. Per qualche strano motivo la ragazza aveva la sensazione di essere di troppo.
- “Non ti attendevo così, così presto. Non ti attendevo proprio affatto a dire la verità: pensavo non saresti rientrato ad Hogwarts prima di qualche settimana e … oh!” – il discorso della donna si interruppe alla vista della bionda ragazza dietro le spalle di Severus. – “Severus, chi c’è con te?” –
Per la prima volta dopo diversi minuti, Severus si decise a parlare – “Eileen, lei è Daisy Ackerley. Daisy, lei è Eileen Prince, mia madre”. –
Le espressioni delle due donne erano come un riflesso nello specchio: entrambe guardavano l’uomo immobile al centro della stanza a bocca aperta, incredule e stupite. Eileen non capiva perché Severus avesse portato un’estranea nella sua abitazione, svelandole la sua reale identità e infrangendo così il patto di segretezza stretto diversi anni addietro, l’unico e solo legame tangibile che ancora li univa: Daisy era semplicemente incredula di trovarsi davanti alla madre di Severus Piton, in quanto era fortemente convinta che fosse morta molti anni addietro.
- “Eileen, Daisy, posso spiegarvi?” – chiese, cercando dentro di sé di risultare il più gentile e accondiscendente possibile.
- “Spero tu abbia un motivo valido per tutto questo, Severus. Avevi giurato!” – disse Eileen con un tono duro che a Daisy ricordò tanto il professore.
- “Più che valido, Eileen. Daisy è in fuga dai Mangiamorte, mi hanno ordinato di ucciderla e… semplicemente non posso farlo. Ha bisogno di un posto sicuro dove nascondersi e ti chiedo cortesemente di proteggerla fino a quando non avrò sistemato la questione”. –
- “Aspetta, non ho capito. Cosa c’entrano i Mangiamorte in tutto questo? Non ti sarai fatto soggiogare nuovamente dal Lato Oscuro, mi auguro. Lo sai cosa hai rischiato in passato!” –
- “Sono in missione per conto di Silente, è diverso questa volta”. –
Eileen Prince scosse energicamente la testa in segno di disapprovazione, scrutando con severità la giovane Daisy, che rimaneva immobile alle spalle di Severus con gli occhi ben puntati sul pavimento.
- “Se sei in missione per conto di Silente, perché non l’hai portata ad Hogwarts? Lui saprebbe proteggerla meglio di come farei io!” – L’uomo si prese qualche minuto prima di rispondere alla madre, alla ricerca delle parole più adatte per spiegarle il perché di quella decisione, che all’apparenza poteva sembrare assurda ma che in realtà era davvero la sua unica speranza di poter salvare la vita di Daisy.
- “Silente è all’oscuro di tutto, almeno credo, e anche se sapesse non approverebbe. Preferirei mantenere il segreto più assoluto in merito alla questione, perché non posso rischiare che qualcuno scopra che la sto proteggendo. Metterei a repentaglio la vita di troppe persone se si venisse a sapere, e Hogwarts non è il posto adatto per lei: nel castello anche i muri hanno occhi e orecchie”. – Severus prese un profondo sospiro prima di pronunciare le ultime parole: - “Sei l’unica che possa aiutarmi, Eileen, e anche l’unica di cui io possa fidarmi”. –
L’ultima frase sembrò toccare nel profondo la donna, il cui sguardo si addolcì per un istante.
- “Perché ti danno la caccia, ragazza?” – domandò rivolta a Daisy, mal celando una punta di fastidio nella sua voce.
- “Sono una Nata Babbana, signora”.- rispose la giovane con un sussurro.
- “Severus, questo è troppo! Sai perché sono fuggita qui ad Hogsmeade, vero? Sulla tomba di tuo padre ho giurato che non avrei mai avuto più nulla a che fare con niente e nessuno che avesse a che fare con i Babbani, e questo riguarda anche streghe e maghi Nati Babbani. Portano solo sventure, e tu dovresti ricordartelo bene!” – sbottò.
- “Vuoi lasciarla morire?” – domandò duramente Severus, indicando con un dito Daisy.
Eileen si morse le labbra. No, non desiderava di certo la morte di quella ragazza, che a quanto pare doveva avere un legame profondo con suo figlio o non si sarebbe mai trovata nella sua casa, ma allo stesso tempo non poteva dirsi entusiasta di quella situazione. Aveva sofferto a causa di un Babbano, e suo figlio aveva sofferto a causa di una giovane strega Nata Babbana; non poteva dimenticare cosa entrambi avevano passato nella loro travagliata vita.
- “Solo per poco tempo tempo, Severus. Lo faccio per te, e per nessun altro”.- La madre alla fine capitolò.
Il volto dell’uomo si rilassò e ringraziò la madre di quella concessione, promettendole che Daisy non gli avrebbe recato nessun tipo di disturbo e che si sarebbe adoperato in fretta per trovarle una soluzione alternativa. Si congedò, non prima di aver chiesto Daisy di seguirlo all’esterno della abitazione.
La ragazza aveva uno sguardo indecifrabile, come se neanche lei sapesse quale stato d’animo provare a proposito di quanto aveva appena assistito.
- “Daisy, sta bene?” – le domandò Severus, sinceramente preoccupato per le sue condizioni.
- “Non so cosa pensare, tutto qui!” – ammise tristemente Daisy.
- “Mi dispiace per tutto quello che deve affontare a causa mia”. –
- “Le ho gia’ detto che dovrebbe smettere di scusarsi in continuazione”. –
Sembrava quasi che non volesse parlare, e forse era proprio questo che turbava maggiormente Severus: era difficile che Daisy non dicesse una parola o che non esprimesse le sue impressioni o pareri su quanto accadeva e vederla improvvisamente taciturna era un’esperienza nuova che non sapeva gestire. Ma quasi a smentire i suoi pensieri, la giovane interruppe quel pesante silenzio che si era creato tra di loro.
- “Crede che un giorno potrei mai tornare ad Hogwarts?” –
- “Non è un po’ cresciuta per tornare a scuola, signorina?” – le chiese duro, con l’intento di stuzzicarla: Daisy detestava essere chiamata “signorina”. Più volte aveva cercato di convincerlo a chiamarla semplicemente “Daisy”, ma senza ottenere alcun risultato. In realtà Severus utilizzava quell’appellativo solo perché si divertiva a vederla alzare gli occhi al cielo esasperata mentre tratteneva la voglia di schiantarlo.
- “Intendevo dire visitarla. Tornare al castello come se fossi una turista in vacanza!” –
- “Con Silente ad Hogwarts credo sia un po’ improbabile…
Improvvisamente Daisy si illuminò. – “Si ma nessuno sa che sono un Animagus. Sarebbe possibile entrare ad Hogwarts sottoforma di una volpa? Che ne dice?” –
Severus non aveva pensato a quella opzione, a volte addirittura scordava che Daisy fosse capace di trasformarsi in un animale.
- “Credo sarebbe fattibile, ma ha abbastanza fegato?” –
- “Cosa intende dire?” – domandò perplessa la ragazza.
- “Una volpe nel castello susciterebbe le ire di Gazza e sarebbe in grado di rincorrerla per tutti i corridoi fino a quando non l’ha messa nel sacco!” – sentenziò Piton.
- “Gazza non mi spaventa. Potrei schiantarlo, o pietrificarlo, oppure potrei…” –
- “Credo che fare attenzione sarà più che sufficiente, qualora decidesse di entrare nel castello. A volte mi spaventa la facilità con cui vorrebbe schiantare o immobilizzare le persone”. –
Daisy alzò le spalle, non curante del velato rimprovero che l’uomo le aveva rivolto.
- “Così, in questo modo, potrei magari venirla a trovare senza essere notata da nessuno. Per una volta sarebbe lei a ricevere una mia visita, e non il contrario”. –
Severus non rispose: non aveva pensato che la sorprendente vicinanza che li avrebbe separati avrebbe agevolato i loro incontri.
- “Sempre se non la disturbo…” – aggiunse in fretta Daisy, improvvisamente delusa dal silenzio dell’uomo.
- “Solo se mi promette che farà attenzione. Lei non mi disturba affatto”. –
La vide sorridere felice per la prima volta dopo un periodo che gli parve infinito, e in qualche modo anche lui venne contagiato dall’improvviso buonumore della ragazza.
- “Sa, credo di non andare particolarmente a genio a sua madre!” – gli disse poco dopo cercando di mantenere un tono scherzoso.
- “E’ difficile andarle a genio, non è una cosa personale, mi creda. Ma potrebbe avere molto da imparare da mia madre, se le darà una possibilità”. –
Daisy gli rivolse uno sguardo interrogativo.
- “Mia madre” – continuò Severus – “E’ un’eccellente pozionista, sicuramente molto più paziente di me. Molte delle cose che so me le ha insegnate lei”. –
- “Non credo che sarebbe così entusiasta di insegnarmele se fosse a conoscenza dell’uso che ne faccio. O che ne facevo…” –
- “Daisy, a volte per raggiungere i propri scopi si è costretti a mentire, o occultare delle innocenti verità”.-
- “Mi sta dicendo che dovrei mentire a sua madre?” – gli domandò divertita la ragazza.
- “Le lascio il compito di interpretare le mie parole. Adesso credo di doverla lasciare.” – disse l’uomo scrutando il sole nel cielo, mentre delle nuvole passeggere lo oscuravano gradualmente.
- “Tornerà?” – chiese speranzosa Daisy.
- “L’aspetto ad Hogwarts all’inizio dell’anno scolastico, signorina Ackerley”. –
E così come era giunto in quel luogo, Severus si Smeterializzò: l’ultima cosa che vide prima di ritrovarsi a Spinner’s End fu il sorriso di Daisy, e il suo ricordo bastò ad illuminare la sua buia casa.

***

Dopo un periodo che sembrava interminabile ci sono riuscita! Ho aggiornato!
Per prima cosa vorrei chiedervi di non spaventarvi, sono sempre MrsKilljoy, solo che ho deciso di cambiare nick perchè ritenevo non mi rispecchiasse più come un tempo. Quindi date il benvenuto a The Black Dahlia!!!
Come seconda cosa invece vi comunico che siamo ad una svolta importante nella storia, anche se siamo lontanissimissimi da una conclusione.
Per aggiornamenti, curiosità, chiacchierate e deliri vari vi lascio la mia pagina Facebook QUI.
Un bacio a tutti e a presto (promesso!!!)
The Black Dahlia (ex MrsKilljoy)
xoxo

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Un Nuovo Inizio ***


Capitolo 12 - Un Nuovo Inizio


Un nuovo anno scolastico era iniziato ad Hogwarts, ma a dispetto della calma  che regnava nel castello Severus si sentiva sempre più inquieto e tormentato: gli episodi avvenuti al termine della finale di Coppa del Mondo di Quidditch erano un chiaro segnale del ritorno dei Mangiamorte e del loro piano per riportare in vita il Signore Oscuro, ma nonostante le importanti informazioni che Severus riportava ad Albus Silente, sembrava che non ci fosse motivo alcuno per cui allarmarsi. La proverbiale calma del preside era un qualcosa che aveva il potere di mandare Severus su tutte le furie: se solo si fosse mostrato preoccupato, o anche solo leggermente allarmato per  l’andamento degli eventi, allora di sicuro anche lui avrebbe potuto affrontare il nuovo anno scolastico con serenità. Ma come avrebbe potuto? Sentiva fin dentro le ossa che per l’ennesima volta sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe messo in serio pericolo Harry Potter, e il Torneo Tremaghi sarebbe stata l’occasione perfetta. Aveva sbraitato, quasi urlato, colto dall’esasperazione per la decisione assurda di tenere il torneo ad Hogwarts, consapevole del fatto che qualcosa sarebbe di certo avventuo, ma le sue proteste erano rimaste inascoltate. Nulla poteva contro le decisioni dei potenti. Decise che non avrebbe fatto nulla di diverso dal solito: avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo di silenzioso protettore nell’oscurità e in perfetta solitudine. O quasi.
Raramente tornava presso l’abitazione di sua madre, temeva che qualche occhio indiscreto avrebbe potuto notarlo ed insospettirsi, ma quel giorno era diverso: aveva finalmente trovato una sistemazione definitiva per Daisy Ackerley e per certi versi poteva dirsi impaziente di comunicarle quale sarebbe stata. Le sarebbe costato sacrificio, avrebbe dovuto rinunciare a diverse cose, ma Severus sapeva che Daisy avrebbe fatto qualsiasi cosa pur terminare la convivenza forzata con Eileen Prince. Si materializzò proprio sulla soglia della piccola abitazione in legno al limitare della Foresta Proibita, e bussò.
Sua madre, Eileen, si sciolse in un sorriso commosso alla vista del figlio, il quale entrò per accomodarsi su sedia pericolante. L’uomo si guardò attorno per qualche istante e saltando i convenevoli chiese: - “Dov’è Daisy?” –
- “Non saluti neanche tua madre, Severus?” – lo rimproverò bonariamente la donna, che ignorando lo sguardo pungente dell’uomo rispose immediatamente alla sua domanda. – “E’ uscita, come sempre!” –
- “Uscita? Lo sai che non le è concesso uscire!” – rispose rabbioso mentre uno strano senso di inquietudine fioriva nel suo petto.
- “Credi che non lo sappia? Credi che non gliel’abbia detto? Quella ragazza ha un serio problema con le regole. E’ cocciuta e testarda. Nel primo pomeriggio esce, si inoltra nella foresta e rientra più o meno verso quest’ora!” –
- “Non dovresti permetterglielo!” – disse Severus amareggiato da quella scoperta.
- “Se vuole cacciarsi nei guai che lo faccia pure, l’importante è che non ne procuri a me. Non ho la voglia e neanche l’età per impedire ad una ragazzina viziata di uscire di casa. Ha dei seri problemi, fidati di me, e ti procurerà solo guai!” –
L’uomo non rispose alla dura affermazione di sua madre: Eileen era una donna che difficilmente cambiava idea su qualcuno o qualcosa, di conseguenza sapeva che il suo sarebbe stato solo fiato sprecato. Riteneva che nonostante il mese di forzata convivenza le due donne non avessero fatto alcuno sforzo per conoscersi, troppo prese una dal risentimento dell’avere un’estranea nella propria casa, l’altra troppo occupata a pensare alle sue sventure per offrire un barlume di cordialità. Certamente Daisy a volte sapeva essere talmente testarda da portare all’esasperazione anche un uomo dotato di pazienza infinita come Severus stesso, ma di certo non la si poteva definire una ragazzina viziata: la sua colpa era stata quella di accogliere Severus nella sua vita, e come ricompensa si era ritrovata a doverla stravolgere per non rischiare di morire. No, non sarebbe stata Daisy a portare guai nella vita del professor Piton, ma bensì lui era stata la causa della sua sfortuna.
- “Perché sei qui, Severus?” – le chiese Eileen distraendolo così dai suoi pensieri.
L’uomo aveva iniziato a camminare in circolo per la casa della madre nel vano tentativo di reprimere l’istinto che gli diceva di precipitarsi fuori dall’abitazione e cercare la ragazza per la Foresta Proibita a costo di doverla scandagliare minuziosamente.
- “Ho trovato per lei una sistemazione migliore, sono qui per comunicarglielo”.- rispose atono.
La donna alzò le spalle. – “Sarà felice, per lo meno la smetterà di piangere tutte le notti”.-
Piangere? Da quando Daisy piangeva tutte le notti? Perché le rare volte che l’aveva incontrata da quando era iniziato quel maledetto calvario non si era accorto di nulla?
- “Beh, non che io la veda o la senta. Se c’è un’unica cosa che ha di buono quella ragazza forse è proprio la discrezione, ma di certo non può nascondere gli occhi gonfi e rossi che ha ogni mattina al suo risveglio”.-
Severus stava soppesando quelle parole alla ricerca di qualcosa da dire, quando la porta di entrata si aprì improvvisamente e Daisy fece il suo ingresso nell’abitazione: i suoi occhi, dapprima puntati sul pavimento e con un espressione vacua, si illuminarono non appena vide il professore.
- “Severus!” – esclamò con tono sorpreso.
- “Sa che non può uscire, Daisy? Lo sa?” – le chiese furioso l’uomo avvicinandosi a grandi passi verso la giovane, al punto che lei si ritrovò costretta a indietreggiare. Gli restituì lo stesso sguardo furioso e con un filo di voce intriso di rancore gli disse: - “Mio padre è morto molti anni fa’, Severus” –
- “Che sfacciataggine!” – commentò sottovoce Eileen mentre usciva dalla stanza, ma non abbastanza poiché entrambi la udirono e le scoccarono un’occhiata furente.
- “Mi segua”.- disse l’uomo duramente, e senza aspettare che Daisy lo seguisse uscì dall’abitazione, addentrandosi di pochi passi nella Foresta Proibita, fermandosi in prossimità di un vecchio albero dal tronco ricurvo.
- “Qual è il suo problema?” – domandò la ragazza quando lo raggiunse trattenendo a stento l’ira che le ribolliva nel sangue.
- “Il mio problema? Qual è il suo problema, Daisy? Si rende conto di ciò che ha fatto? E se qualcuno l’avesse vista? E se le fosse successo qualcosa mentre se ne andava felicemente a spasso nella foresta? Dopo tutti i salti mortali e i problemi che sto affrontando per metterla in salvo lei se ne va a fare una passeggiata come se nulla fosse?!” – la aggredì.
Daisy per tutta risposta prese un respiro profondo e davanti ai suoi occhi assunse le sembianze di una volpe, per poi riprendere la sua forma umana dopo pochi secondi. – “Come vede non sono così stupida come crede! E lo dica anche a sua madre, che non fa altro che guardarmi male dalla mattina alla sera!” –
Severus rimase per qualche istante ad osservarla: non pensava fosse una stupida, non l’aveva mai pensato, ma nel corso di quei minuti non aveva valutato l’ipotesi che Daisy si aggirasse per la foresta sotto le sembianze di una volpe. Avrebbe voluto dirle che le dispiaceva ma le parole che uscirono dalla sua bocca furono ben altre: - “Non conta che lei sia una volpe o una donna. E’ comunque pericoloso. La foresta è piena di creature magiche, predatori…” –
- “Non sarebbe più semplice dire ‘mi dispiace’ invece che continuare ad arrampicarsi sugli specchi?” – gli domandò.
Lo aveva fatto di nuovo, aveva nuovamente percepito i suoi pensieri come se fossero parole scritte su pergamena; rimase a scrutarla in silenzio in attesa che lo sguardo della ragazza si addolcisse alla ricerca di un qualcosa da dire che deviasse l’argomento dalle sue paure, ma non accadde nessuna delle due cose. Daisy continuava a guardarlo in attesa delle sue scuse e Severus alla fine dovette arrendersi.
- “Mi… mi dispiace”. – disse come se stesse pronunciando una Maledizione senza Perdono.
- “Se lei non fosse così orgoglioso e ottuso non troverebbe difficoltà nel chiedere scusa!” – rispose piccata la ragazza incrociando le braccia al petto.
- “Io sarei orgoglioso e ottuso?” –
- “Di certo non la si può definire cordiale”.-
- “Non ha minimamente idea di quanto io sia cordiale nei suoi confronti, Daisy”.-
La giovane sollevò le spalle come se le parole di Severus non la interessassero minimamente.
- “Perché è qui?” –
Severus le fece cenno di avvicinarsi e di mettersi al suo fianco e con riluttanza Daisy obbedì: scostò leggermente il suo mantello e tirò fuori un plico di pelle scura chiuso a malapena da un elastico nero. Lo passò cortesemente alla ragazza che lo aprì svelandone così il contenuto.
- “Di chi sono questi documenti? Chi è Violet Blackthorn?” –
- “E’ lei, la sua nuova identità”.-
La giovane strabuzzò gli occhi. Una nuova identità?
- “Le spiego, qui c’è il suo nuovo documento di identità e uno stato familiare. Da questo momento in poi lei si chiamerà Violet Blackthorn e discende da una famiglia di maghi purosangue. Questo dovrebbe essere più che sufficiente ad allontanare i Mangiamorte da lei. Inoltre questo è un contratto di lavoro”.- disse indicando un foglio di pergamena.
- “Potrò tornare a lavorare?” – chiese con voce commossa.
- “Si, ma purtroppo non potrà tornare ad occuparsi di pozioni. E’ un lavoro molto semplice, qui ad Hogsmeade: si tratta di dare una mano all’anziano Randolph Fleet, il proprietario del Ghirigoro. Ormai non riesce a gestire da solo la mole di lavoro del negozio e ho pensato di inviargli una lettera a nome suo, o meglio, a nome di Violet Blackthorn, nella quale si propone come aiutante. Non ci sono molti giovani qui, se non durante l’anno scolastico ad Hogwarts, di conseguenza trovare persone desiderose di lavorare in questo villaggio è molto difficile e il signor Fleet ha accettato di buon grado”.-
Daisy rimase per qualche istante in silenzio entusiasmata dalle parole di Severus. – “Mi scusi, non capisco una cosa… come può una persona come Violet Blackthorn spuntare qui ad Hogsmeade dal nulla? Devo pur conoscere qualcuno, aver frequentato qualche scuola…”-
- “Ottima osservazione”.- constatò il professore – “Troverà un piccolo riassunto della sua vita dalla nascita fino ai nostri giorni, anche se ho cercato di renderla il più possibile simile a quella reale: nella finzione mia madre sarà sua zia, e questo servirà ad entrambe per rendere più credibile la vostra copertura. Lei sarà figlia del signor Wayne Blackthorn e della strega francese Agathe Dubois. E’ nata in Francia il 21 settembre 1972 e ha studiato a Beauxbaton. I suoi genitori allevavano draghi, e sono morti in un incidente con un Dorsorugoso di Norvegia quando lei aveva tredici anni e dopo essersi diplomata e aver viaggiato per l’Europa ha deciso di trasferirsi qui ad Hogmeade per stare vicino all’unica parente che le è rimasta. Tutto chiaro?” –
La ragazza annuì convinta: come accennato da Severus, la vita di Violet Blackthorn e la sua erano molto simili e memorizzare quelle semplici nozioni non sarebbe stato un problema. Fortunatamente Daisy era dotata di buona memoria.
- “Come posso sdebitarmi?” – chiese all’uomo desiderosa di ricambiare.
- “Semplicemente promettendomi di fare molta attenzione. Me lo promette, Daisy?” –
- “Certamente, non potrei fare altrimenti!” –
- “E… un’altra cosa: il signor Fleet le mette a disposizione un piccolo appartamento proprio sopra il Ghirigoro, quindi se vorrà lasciare la casa di mia madre potrà farlo tranquillamente”.-
- “Sul serio?” – domandò la giovane incredula: la prospettiva di poter lasciare la casa di Eileen Prince era decisamente il lato che preferiva dell’intera questione.
- “Se preferisce…” –
- “Certo che lo preferisco! Che domande!” –
Severus trattenne a stento un sorriso. – “E’ così terribile stare con mia madre?” –
- “Diciamo molto semplicemente che io non piaccio e lei e lei non piace a me”. –
- “Non pensavo che lei fosse così categorica con le persone. Tutti meritano una seconda possibilità”. –
- “Non è questione di essere categorici o meno, Severus” – spiegò Daisy – “E’ che ci sono alcune persone con le quali non si va d’accordo a pelle, e sua madre è una di queste. Magari sto sbagliando, anzi, non lo metto in dubbio. Anche io ho i miei difetti!” –
- “Di questo può esserne certa”.-
Daisy gli scoccò un’occhiata torva ma decise di ignorare l’affermazione del suo ex insegnante di pozioni.
- “Piuttosto” – gli chiese – “come mai ha scelto il nome Violet Blackthorn?” –
- “Blackthorn lo scelse mia madre quando decise di ritirarsi ad Hogsmeade ed inscenare la sua morte. Il blackthorn è il fiore di pruno e simboleggia la difficoltà. Credo lo trovasse particolarmente indicato, data la sua situazione e la vita difficile che ha vissuto a causa di mio padre”.-
- “E Violet? Cosa significa?” –
- “Non conosce il significato dei fiori? E’ una grave pecca, specie per chi ha l’ambizione di diventare pozionista: molto spesso il loro significato si ricollega direttamente alle proprietà magiche che possiedono”. – sentenziò Severus.
- “Non ho un’adorazione particolare per i fiori ad essere sincera. Comunque,cosa simboleggia la violetta?” – domandò con crescente curiosità.
L’uomo aveva cercato di deviare quella domanda ma davanti all'insistenza della giovane non poteva fare altro che darke una risposta sincera: aveva scelto quel nome con cura, ricercando con zelo un fiore che possedesse le qualità che lui aveva sempre rivisto nella ragazza.
- “Umiltà e candore”. – disse semplicemente senza aggiungere null’altro. Guardò fugacemente la giovane alla ricerca di una reazione, e per qualche motivo quando la vide sorridere non poté fare altro che imitarla.
- “Credo che potrebbe piacermi la violetta” – la sentì mormorare, più a se stessa che a Severus.
- “Perché non le piacciono i fiori?” –
Daisy arrossì. – “E’ un’idea stupida…” –
- “Potrebbe non esserlo”. – la incoraggiò l’uomo.
- “Beh… è per l’uso che le persone comuni ne fanno. Gli uomini regalano fiori alla donna che amano o che vogliono conquistare, e non credo che il modo migliore per coronare un amore sia portare in dono un qualcosa che dopo qualche giorno inevitabilmente morrà. Lo vedo di cattivo auspicio. Poi se capitasse a me non so come potrei reagire, magari cambierei idea”. –
- “Non le hanno mai regalato fiori?” -  domandò stupito Severus. Assurdamente non aveva mai pensato a Daisy con qualcuno, anche se non si era mai posto quella questione prima d’ora: gli sembrava normale che una giovane donna come lei avesse avuto delle storie, degli amori, anche se lei non aveva mai detto nulla in proposito.
- “Mi piace pensare che non ci sia mai stata occasione piuttosto che chiedermi ‘perché’! Ho come l’impressione che finirò come una lontana zia di cui parlava sempre mio padre, che morì signorina alla veneranda età di centodue anni. Lei ha mai regalato fiori, Severus?” –
Un ricordo colpì violentemente Severus allo stomaco e lo riportò con la mente indietro nel tempo, a quando con indosso l’uniforme della scuola trascorreva i suoi pomeriggi sulle rive del Lago Nero in compagnia di Lily, la sua Lily, e materializzava dal nulla dei gigli candidi che la ragazza amava riporre tra i suoi lunghi capelli rossi.
- “E’ passato tanto tempo”. – disse con nostalgia e improvvisa tristezza.
Daisy capì di aver toccato un tasto dolente e non indagò oltre, ma fece del suo meglio per riportare l’argomento su toni più leggeri. Vedere lo sguardo di Severus che si perdeva dolorosamente nel vuoto le faceva male: le ricordava che non avrebbe mai potuto competere con quella donna che aveva avuto la fortuna di occupare un posto importante nel cuore dell’uomo che amava.
- “Quando… quando potrò andare dal signor Fleet?” –
- “Anche questo pomeriggio, se vuole. Prima però dovremo apportare delle piccole modifiche al suo aspetto: i Mangiamorte conoscono il suo aspetto e non possiamo rischiare che una loro visita mandi all’aria la copertura.” –
- “Cosa dovrei cambiare?” – domandò Daisy allarmata.
- “Credo che sarebbe sufficiente accorciare i capelli e cambiarne il colore”. –
Erano esattamente le parole che la ragazza non avrebbe mai voluto udire: non era particolarmente avvezza alle vanità ma se c’era qualcosa che non avrebbe mai cambiato del suo aspetto fisico erano proprio i suoi lunghi capelli biondi, che ricadevano in morbidi boccoli all’altezza delle spalle.
- “Non credo di volerlo fare!” – disse con tono allarmato.
- “E’ per la sua protezione”. – le ricordò pazientemente Severus.
- “Si ma… mi trasformi in un mostro piuttosto!” –
- “Non sia sciocca, sono solo capelli. Sarà sufficiente un Incantesimo di Restringimento e uno Camuffante. E pronta?” – chiese sfoderanto la bacchetta dal suo lungo mantello nero.
- “No!” –
L’uomo scosse la testa e si mise davanti alla ragazza: la mano che stringeva la bacchetta era solennemente puntata sulla sommità del capo di Daisy, mentre l’altra, la sinistra, stringeva dolcemente una lunga ciocca dei suoi capelli color oro. Doleva anche a lui dover compiere quell’incantesimo: la viva tonalità dei capelli della ragazza erano l’unica nota di colore della sua vita. Con un rapido movimento del polso la magia si consumò e i capelli di Daisy iniziarono a ritirarsi nel suo cranio facendosi sempre più corti; quando furono all’altezza delle orecchie Severus interruppe l’incantesimo di Restringimento e pronunciò la formula dell’incantesimo Camuffante. Al termine dell’opera rimase qualche istante ad osservarla: era diversa, solo un occhio attento avrebbe rivisto nella ragazza dai corti capelli neri davanti a lui Daisy Ackerley, e dovette ammettere che quel nuovo aspetto per certi versi le donava. Il grigio dei suoi occhi sembrava brillare più lucente di prima.
- “Signorina Blackthorn, ben arrivata ad Hogmeade”. –
- “Sarò orribile…” – mormorò per nulla entusiasta Daisy incamminandosi verso l’abitazione di Eileen Prince.
Vedendo che Severus era rimasto immobile al suo posto si voltò e gli domandò: - “Non entra?” –
- “Devo tornare ad Hogwarts. Sono sicuro che si troverà bene al Ghirigoro, Daisy. Le raccomando la massima discrezione e se mai dovessimo incontrarci per le vie di Hogsmeade ricordi che non ci conosciamo. Arrivederci”. –
Fece per voltarsi, ma la voce della giovane che lo chiamava per nome lo trattenne: non fece in tempo a girarsi che Daisy gli corse incontro, e come un fulmine si ritrovò tra le sue braccia.
- “Grazie”. – la sentì mormorare stretta al suo petto.
Rimase per qualche istante esterrefatto dal gesto impulsivo della ragazza e senza neanche accorgersene le sue braccia circondarono le spalle della giovane strega e si lasciò andare a quell’abbraccio: avrebbe respinto chiunque avesse anche solo osato ipotizzare di potersi avvicinare così tanto a lui, ma non lei.
- “Buona fortuna”. – fu tutto ciò che riuscì a dirle.

***

Eccomi qua! Ci ho messo davvero un’eternità ma alla fine ho aggiornato! Vi comunico che per vari motivi potrò aggiornare solo una volta a settimana, ma proverò a dedicarmi a questa storia non appena mi sarà possibile: sono davvero felice di come sta venendo su, e devo dire che il vostro calore e il vostro supporto mi rende davvero orgogliosa. Vorrei ringraziare ognuno di voi, uno ad uno, ma temo che verrebbe fuori un papiro immenso, perciò, come Daisy, mi limito a dirvi “Grazie!”.
Non avete idea di quanti stimoli mi date. Come sempre, vi ricordo la mia pagina Facebool, raggiungibile cliccando --> QUI <--
Un bacio grandissimo,
la vostra Dahlia.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Frammenti di Memoria ***


Capitolo 13 – Frammenti di Memoria


Questo capitolo è dedicato a
TheGhostOfYou:
senza i tuoi consigli sarei persa!



A chiunque capitava di avere una giornata "no" ma sebbene gli studenti di Hogwarts pensassero che le giornate “no” del professor Piton capitassero trecentosessantacinque giorni all’anno, quella mattina dovettero ricredersi: sembrava che al severo insegnante di Pozioni fosse accaduto qualcosa di decisamente sgradevole, in quanto durante le lezioni mattutine con gli alunni del quarto anno non fece altro che assegnare compiti, punizioni e togliere punti ai Grifondoro. Severus vedeva i volti contrariati dei suoi alunni e questo aveva il potere di indispettirlo e esasperarlo ancora di più. A fine lezione contò i punti tolti a Grifondoro, ben sessantacinque, e si rese conto di essersi lasciato troppo condizionare dal suo umore, ma udire Ron Weasley sussurrare all’orecchio di Harry Potter “Deve essere sceso dal letto con il piede sbagliato!” era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: il suo malumore spesso interferiva con il suo lavoro di insegnante, e quella mattina aveva dato il meglio di sé. O il peggio, a seconda dei punti di vista.
Non sapeva spiegare il perché di quello stato d’animo, anche se molto semplicemente non volevesse ammetterlo nemmeno a se stesso: da quando Daisy, o meglio Violet Backthorn, aveva iniziato a lavorare al Ghirigoro all’interno del castello era diventata l’argomento preferito di gran parte degli alunni di sesso maschile. Li vedeva pettinarsi e vestirsi con cura nei pomeriggi in cui era concessa la visita ad Hogsmeade nella speranza di strappare un sorriso alla giovane o magari qualcosa di più, li sentiva parlare di quanto fosse bella quando sorridesse o di come i suoi occhi fossero luminosi, come se fossero sotto l’effetto di un Filtro d’Amore. Era rimasto profondamente colpito dalle parole che i giovani usavano per descriverla, e si domandò se lui fosse così cieco da non accorgersene o se semplicemente Daisy fosse divenuta popolare in quanto novità all’interno della piccola comunità magica poco distante da Hogwarts. Non era uno di quei uomini incapaci di cogliere la bellezza di un sorriso, ma per quanto si sforzasse di ricordare non riusciva a trovare in Daisy un elemento particolarmente degno di nota, a parte il colore dei suoi occhi. L’aveva vista allegra, solare, arrabbiata, spaventata e disperata, ma quando il suo pensiero si soffermava su di lei non vedeva nient’altro che un’amica. Sorrise a quella considerazione: lui non aveva mai avuto amici al di fuori della sua Lily, quando era ancora uno studente e prima che le cose precipitassero inesorabilmente e ognuno prendesse la propria strada, e realizzare di averne uno era un pensiero rassicurante. Daisy sapeva di lui più di chiunque altro, perfino di Silente che aveva l’assurda presunzione di conoscere i pensieri più oscuri e le vicende più torbide della vita di Severus. E adesso che la sua presenza aleggiava in incognito tra i corridoi di Hogwarts, appena sussurrata dalle bocche dei giovani, non poteva fare a meno di provare una punta di fastidio, come se stessero entrando in un campo personale, riservato, nel quale solo lui poteva accedere.

Severus rientrava dal pranzo nella Sala Grande del castello diretto alla sua aula, in attesa dell’inizio della lezione del pomeriggio, quando si imbatté in Fred e George Weasley e un nutrito gruppo di altri studenti appartenenti a Grifondoro, che discutevano animatamente. Si appostò dietro un angolo, pronto a cogliere una qualsiasi preziosissima informazione riguardo ai progetti delle prossima malefatte dei gemelli Weasley, ma l’argomento di discussione dei ragazzi era tutt’altro: era Daisy. Avrebbe potuto continuare imperterrito per la sua strada interrompendo quel patetico teatrino, ma rimase inchiodato alla sua postazione con l’orecchio teso.
- “Beh, carina è carina, e se ti dice di no?” – disse una voce che Severus riconobbe immediatamente: apparteneva  a Lee Jordan, il commentatore ufficiale delle partite di Quidditch.
- “Pazienza! Ma c’è qualcosa che mi dice che non mi dirà di no. Non so esattamente dirti cosa, ma con me è diversa!” – A parlare era stato Wilbur Keynes, uno studente dell’ultimo anno appartenente a Grifondoro: era un ragazzo diligente e studioso, rispettoso nei confronti degli insegnanti e delle materie che insegnavano, senza quell’aria di saccenza o superiorità tipica delle persone come lui. Severus lo aveva sempre ignorato, e nel suo complicato modo di relazionarsi con gli studenti era sintomo di stima per quel giovane mago nato Babbano di umili origini che tramite la dedizione e un’attenta osservanza delle regole era divenuto in poco tempo uno degli studenti più promettenti dell’intera scuola. Ma in quel momento per la prima volta in sette anni provò nei suoi confronti una forte antipatia.
- “Non ha tutti i torti!” – disse uno dei due gemelli Weasley – “Ogni volta che andiamo al Ghirigoro lei è tutta sorrisi e moine per Wilbur, lo saluta con una vocina squillante…” –
- “Gli fa gli occhi dolci!” – terminò il secondo gemello.
- “Ah smettetela!” – disse Wilbur, e Piton notò dell’imbarazzo nel tono della sua voce – “Voi che dite? Mi butto?” –
- “Nella peggiore delle ipotesi ti becchi un no! Perché non tentare? Vai e sii un vero Grifondoro!” –
- “Ma ti immagini la faccia di quel cretino di una Serpe di Kain Montague quando farai il tuo ingresso trionfale al Ballo del Ceppo con Violet? So che anche lui le muore dietro!” – esclamò entusiasta Jordan.
- “Ah, venderei il brevetto delle Pasticche Vomitose per vederlo schiattare di invidia! Quando le farai la proposta?” – chiese Fred.
- “Questa domenica, è l’unico momento a disposizione… Spero solo che non ci sia la solita fila al Ghirigoro o potrei non trovare il coraggio per chiederglielo”. –
- “Ci pensiamo io e Fred a tenere lontani tutti, conta pure su di noi amico!” -
Severus aveva udito abbastanza. Il Ballo del Ceppo, il chiodo fisso degli studenti da un mese a questa parte. Che idiozie, come potevano anche solo immaginare che Daisy avrebbe accettato un invito da un ragazzino di appena diciotto anni? Oltretutto non era neanche sicuro che un alunno potesse invitare al ballo un esterno alla scuola, e prese l’appunto mentale di cercare conferma nella sua copia di “Regolamentazione degli Statuti Magici in Ambito Scolastico”. Decise di mettere fine a quell'insulsa conversazione uscendo allo scoperto.
- “Sparite dai corridoi prima che trovi un qualsiasi pretesto per togliere dei punti alla vostra casa, e potete stare ben certi che lo troverei in men che non si dica” – tuonò con il suo solito tono aspro.
Alla vista del professore i ragazzi sbiancarono e si dispersero in varie direzioni, rimandando così la conversazione a quella sera.
L’uomo proseguì in direzione della sua aula mentre il malumore cresceva ad ogni passo. Si ricordò improvvisamente che di li ad una mezz’ora avrebbe avuto lezione proprio con gli alunni di Grifondoro del settimo anno, e l’idea di vedere la faccia speranzosa di Wilbur Keynes gli fece venire il voltastomaco. Si accomodò alla sua cattedra, leggermente rialzata rispetto ai banchi degli studenti sui quali si ergevano i calderoni e tutto l’occorrente per la preparazione delle pozioni in programma per quel pomeriggio, e continuò a rimuginare su quanto aveva appena appreso.
Nonostante conoscesse Daisy da più di due anni non avrebbe saputo dire se la ragazza avrebbe accettato o meno l’invito del giovane al Ballo del Ceppo. Non considerava la differenza di età tra i due ragazzi come un elemento a sfavore per Wilbur Keynes, Daisy in fondo era di soli quattro anni più anziana rispetto al ragazzo, e quattro anni non erano considerevoli come i dodici che separavano Severus dalla giovane. Per una frazione di secondo desiderò poter riavere indietro la sua giovinezza, nonostante fosse ben cosciente che il suo ostacolo maggiore non era l’età anagrafica, bensì il peso delle colpe che sentiva di avere sulle spalle. La cosa che però sembrava dargli maggiormente fastidio di tutta la questione erano state le parole dei gemelli Weasley, che confermavano un fantomatico interesse di Daisy nei confronti di Keynes: era reale o solo una loro supposizione? Conoscendo Daisy, Severus era cosciente del fatto che molto probabilmente si trattava di una semplice simpatia nei confronti un mago nato Babbano come lei, che oltretutto portava lo stesso nome del padre defunto, ma non averne la certezza lo rendeva ansioso: temeva che le sue fossero solo ipotesi campate per aria, mentre una piccola ma fastidiosa voce nella sua testa continuava a domandargli come mai stesse reagendo in quel modo alla luce di quegli eventi.
I suoi pensieri vennero improvvisamente interrotti dai primi studenti in perfetto orario per l’inizio della lezione e il professore dovette rimandare le sue elucubrazioni ad un altro momento. Anche Wilbur Keynes fece il suo ingresso nell’aula e Severus avrebbe scommesso qualsiasi cosa in suo possesso che i suoi pensieri fossero rivolti verso Daisy. Provò ancora una volta a scacciare quei pensieri dalla sua mente, ma con scarso successo: ogni volta che incrociava lo sguardo del ragazzo tornavano prepotenti e si riscopriva impotente e poco propenso a continuare a svolgere il suo lavoro. Tutto quel pensare gli fece venire una dolorosa emicrania e cominciò a contare con ansia i minuti che lo separavano dalla fine della lezione. Riuscì a rilassarsi  solo quando terminò la spiegazione e gli alunni iniziarono la preparazione della Pozione Restringente, un argomento per lo più indirizzato al ripasso delle pozioni elementari che avevano studiato i primi anni e che qualsiasi persona frequentante il settimo sarebbe stata in grado di preparare ad occhi chiusi, ma contrariamente alle sua aspettative così non fu: un odore pungente, di metallo fuso, si insinuò nelle sue narici. Esasperato da tanta incompetenza, Severus alzò lo sguardo alla ricerca del colpevole e quando scoprì che si trattava proprio di Wilbur Keynes non riuscì più a trattenersi.
- “Keynes, si può sapere cosa passa per la tua testa vuota?” – domandò aspramente.
- “Mi dispiace professore, temo di aver scordato di aggiungere il succo di fagiolo Soporoso. Ricomincio daccapo!” –
- “Non possiamo rimanere qui fino a notte fonde a causa della tua incompetenza. Ripulisci tutto e sparisci dall’aula. Per questo errore mi vedo costretto a togliere cinque punti a Grifondoro.” –
- “No professore la prego! Ripulisco e ricomincio daccapo, davvero!” – disse rammaricato il giovane.
- “Altri cinque punti in meno per la tua insolenza. Se invece che confabulare con i tuoi amici per i corridoi di Hogwarts sui tuoi sogni senza speranza di conquistare la bella del villaggio tu ti fossi concentrato sul tuo compito, adesso non saresti colpevole di aver fatto perdere dieci punti alla tua casa!” –
Wilbur rimase fortemente colpito e deluso dalle parole del professore, ma da vero Grifondoro non si arrese: - “Dieci? Prima ha detto cinque!” –
- “Cinque per la tua incompetenza, più altri cinque punti per la tua insolenza. Più altri cinque punti per la tua insistenza. Vuoi che arrivi a venti, Keynes?” – domandò velenoso, incapace di trattenere la sua ira nei confronti del ragazzo.
- “No, professore”. – disse tristemente.
- “Bene. Ripulisci il disastro che hai combinato. E per domenica esigo un trattato sull’uso del succo di fagiolo Soporoso di venti fogli di pergamena, e quando sarai qui per consegnarlo ti fermerai per riordinare l’armadio degli ingredienti!” –
- “Ma…” –
- “Niente ma, Keynes. Venti punti in meno a Grifondoro!” – sentenziò, chiudendo definitivamente il discorso.

Quella sera, dopo aver saltato la cena sempre a causa del suo inarrestabile malumore, Severus rimuginò a lungo su quanto accaduto durante la lezione con gli alunni del settimo anno. Erano rare le volte in cui perdeva il controllo, dopo anni aveva imparato a gestire quel lato del suo carattere, ma a seconda delle situazioni quella parte di sé che cercava di tenere assopita si svegliava affamata come un animale appena uscito dal letargo. In una frazione di secondo aveva visto davanti a sé la possibilità di impedire al giovane Keynes di formulare a Daisy il suo invito ad accompagnarlo al Ballo del Ceppo, e lo aveva colto al volo. Solo in quel momento, a mente fredda, si rese conto del grave errore commesso. Non poteva conoscere il futuro, sapere cosa avrebbe risposto Daisy, ma se la risposta fosse stata positiva chi era lui per impedirle di prendervi parte? Un egoista, ecco chi. Lo era sempre stato.
La copertura della ragazza era forte e da quel momento in poi avrebbe potuto continuare la sua vita senza che lui la mettesse ulteriormente in pericolo: Severus stesso era la causa delle sue sventure e forse solo allontanandosi da lei avrebbe potuto garantirle il futuro sereno e radioso che si meritava.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, per tornare sui suoi passi. Non lo aveva mai fatto e non lo avrebbe fatto mai, ma da quel momento in poi si ripromise di mettersi da parte, di non interferire più con le scelte e con la vita di Daisy, anche se ciò significava perdere la sua unica amica, la sua unica confidente, il solo barlume di luce e speranza nella sua esistenza.
Stanco e allo stesso tempo distrutto e sollevato dalla sua decisione, cadde in un sonno profondo.

Severus si sentiva debole, stanco e provato, ma allo stesso tempo la mano che stringeva gli infondeva forza, energia e coraggio. Vedeva i corridoi di Hogwarts addobbati a festa scorrergli davanti agli occhi, e nonostante non sapesse dove stesse andando si sentiva al sicuro. Guardò la mano intrecciata alla sua, la presa salda attorno le dita, e si lasciava trasportare assaporando l’aria frizzantina sul suo viso: in qualche modo sentiva che quella leggera brezza, così tipica dei corridoi del castello, era quasi un toccasana, come un sorso di Pozione Rinvigorente. Una strana sensazione, un forte bruciore proveniente da un punto non precisato del suo corpo, lo attanagliava e rendeva incerto il suo passo, ma era cosciente che quella mano lo avrebbe guarito. Non sapeva come o perché, ma solo sentirla premere contro il suo palmo lo rendeva sicuro e lo faceva sentire protetto. Osservò il braccio che lo trascinava e si stupì quando si rese conto che apparteneva a Daisy: i suoi capelli erano di nuovo lunghi e biondi leggermente ondulati all’altezza delle spalle, e un vestito nero lungo appena sotto il ginocchio la fasciava elegantemente e oscillava attorno le sue gambe. Avrebbe dovuto stupirsi di quel gesto così confidenziale, ma per qualche oscuro motivo lo trovò naturale e allo stesso tempo tanto desiderato. Si lasciò guidare all’interno di una piccola aula in disuso al cui interno alcuni banchi erano stati accatastati contro le mura quando inaspettatamente Daisy lasciò la sua mano. Severus se ne dispiacque, ma non si sentiva coraggioso abbastanza per ristabilire il contatto.
- “Severus, stai sanguinando”. – la udì dire con voce preoccupata. Il tono con il quale lei gli si rivolse non lo stupì affatto, lo trovò quasi ovvio. Gli si mise davanti vicina, così vicina che sarebbe bastato un alito di vento a gettarli l’uno tra le braccia dell’altro, ma tra quelle mura non era presente neanche un soffio d’aria, a parte i loro respiri affannati. La osservò nei suoi grandi occhi grigi e li trovò in tempesta e cupi come il cielo d’autunno e avvertì di essere la causa di quelle nuvole che le offuscavano lo sguardo. Nuovamente provò dispiacere. Inaspettatamente sentì il tocco delle dita di Daisy sul suo collo, ma non abbassò lo sguardo per controllare cosa stesse facendo: si fidava. Rimase invece concentrato sui particolari del volto della ragazza, le poche lentiggini che cospargevano la punta del suo naso leggermente all’insù, la ruga che le si formava tra le sopracciglia quando era concentrata e tentava di fare un qualcosa che richiedeva molta cura e attenzione, la piega del labbro perennemente imbronciato. Se ne sentì attratto.
- “Stai fermo. Ho quasi finito”. – disse con tono dolce, poggiando una mano sulla sua guancia destra per piegargli leggermente il capo lateralmente. – “Ecco, tutto sistemato”. – La vide sorridere soddisfatta e imbarazzata allo stesso tempo quando alzò lo sguardo, mentre con fare esitante fece scivolare la mano dal volto al collo di Severus, come se volesse prolungare ulteriormente quel contatto. E poi fu un attimo. Daisy si alzò sulle punte dei piedi e poggiò le sue labbra di quelle di Severus: erano morbide e calde, e profumavano come un prato fiorito dopo un improvviso temporale. Severus avrebbe voluto stringerla a sé, prolungare quel bacio che solo in quel momento si rese conto di aver desiderato per lungo tempo, ma non fece in tempo: Daisy si scostò dal suo volto e l’uomo vide quello della ragazza colorarsi di una deliziosa tonalità porpora, per poi sentirla mormorare “Mi dispiace” mentre a piccoli passi cercava di mettere distanza tra i loro corpi. Avrebbe voluto fermarla, attirarla a sé e restituirle quel bacio per farle comprendere che non era stato un errore, per rimediare alla grave mancanza di non esser stato lui a compiere quel gesto per primo come un uomo avrebbe dovuto fare, ma non fece in tempo: allungò una mano per fermarla, ma mancò la presa e tutto divenne offuscato, come avvolto da una spessa cortina di fumo.

Quando aprì gli occhi Severus si ritrovò solo nel suo letto, ancora scosso  da quello che reputava il sogno più vivido e reale che avesse mai fatto. Nella sua mente continuavano ad affacciarsi quelle immagini così reali e si sentì in colpa come se quell’episodio fosse accaduto realmente: lui amava Lily, la sua anima era legata a quella della donna morta tragicamente poco più di un decennio prima, come poteva anche solo aver sognato di baciare Daisy Ackerley?  Trovò quasi immediatamente la risposta: erano stati gli avvenimenti di quella giornata e  le chiacchiere senza senso degli studenti a condizionarlo. Scosse energicamente la testa in segno di disapprovazione nei confronti dei suoi stessi pensieri: stentava quasi a riconoscersi.  
Convulsamente aprì il cassetto del comodino di fianco al suo letto e ne tirò fuori una fotografia sbiadita dal tempo: Lily gli sorrideva felice e un turbinio di foglie agitate dal vento le ruotava attorno. Si perse nei dettagli del suo viso, in quel sorriso che aveva imparato ad amare quando era solo un bambino e che ancora aveva il potere di far perdere un battito al suo cuore.
- “Per un istante ho temuto di averti dimenticata” . – le sussurrò dolcemente.
Ma non ricevette alcuna risposta: Lily continuava a sorridergli felice dalla sottile pellicola che stringeva in mano, nel frammento di una memoria immobile nel tempo.
- “Perdonami” – disse.
E nuovamente si sentì solo.

***

So di essermi fatta attendere, ma alla fine sono riuscita a postare questo capitolo, la cui stesura mi ha richiesto tempo è fatica.
Come accennato in precendenza, è dedicato a TheGhostOfYou, che mi ha dato consigli preziosissimi! Grazie Pata!
Tutto sommato sono molto soddisfatta del risultato e aspetto le vostre impressioni in merito.
In mancanza di altro da aggiungere, vi ricordo la mia pagina Facebook, che potete raggiungere cliccando QUI.
Un bacio,
Dahlia.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Il Ballo del Ceppo ***


Capitolo 14 – Il Ballo del Ceppo


Severus osservava annoiato le coppie di studenti delle scuole di Magia di Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons  che affollavano la Sala Grande vestiti di tutto punto, mentre volteggiavano sorridenti accompagnati dalle note delle Sorelle Stravagarie: era strano vedere il castello affollato da giovani con vesti e abiti colorati, così diversi dal nero lugubre delle divise che erano costretti a portare per tutto il resto dell’anno scolastico, ma tutto sommato piacevole. Non riusciva tuttavia a trovare un attimo di pace e con piglio nervoso incrociò lo sguardo di Igor Karkaroff: il preside di Durmstrang era sempre più preoccupato a causa del Marchio Nero sul suo braccio sinistro, che diventava via via più evidente con il passare dei mesi. Nelle ultime sere Karkaroff era divenuta l’ombra di Piton, e nonostante il loro passato da Mangiamorte li accumunasse Severus si trovava nella scomoda situazione di non sapere come comportarsi. Come lui, Karkaroff aveva rinnegato il suo passato per sfuggire alla condanna ad Azkaban ma la sua presenza all’interno del castello rischiava di mettere in pericolo la copertura come spia per conto di Silente. Avrebbe dovuto fingere di non accorgersi dei segnali del ritorno del Signore Oscuro, ma allo stesso tempo doveva continuare la sua missione senza sollevare sospetti nei confronti del polacco* e dei suoi colleghi Mangiamorte. In poche parole era una situazione spinosa e difficoltosa, che avrebbe richiesto ancora più discrezione e attenzione da parte dell’insegnante di Pozioni. Proprio a causa di questi pensieri e di questa sua volontà di sfuggire al preside di Durmstrang Severus non prestò particolare attenzione alla festa e ai suoi partecipanti, e se non fosse stato per un lieve brusio che destò i suoi sensi avrebbe passato l’intera serata in compagnia a rimuginare sulle sue questioni. Una frase particolare catturò la sua attenzione, pronunciata da uno studente Tassorosso del quale non ricordava il nome: “Scommetto venti galeoni che è la ragazza che lavora al Ghirigoro, insomma… lo sanno tutti che Wilbur Keynes le faceva il filo!”.
Il  fastidio colpì Severus come un’onda anomala in seguito ad un maremoto: Daisy era alla festa?
La cercò con lo sguardo tra i partecipanti al Ballo del Ceppo spostandosi furtivo lungo il perimetro della Sala Grande nella speranza di vederla, per accertarsi che la ragazza di cui parlava il ragazzo appartenente a Tassorosso fosse realmente Daisy, ma individuare qualcuno in quel mare di studenti risultava difficile: non c’era nessuna traccia della giovane, tantomeno di Wilbur Keynes, e dovette ricorrere al suo proverbiale autocontrollo per  non schiantare  chiunque intralciasse la sua vista. Poi improvvisamente la vide.
Daisy beveva del liquido ambrato al fianco del giovane Keynes, rideva alle battute di uno dei due gemelli Weasley che sembrava si stesse impegnando particolarmente nel tentativo di divertirla, e una mascherina argentata le copriva parzialmente il viso. Severus la osservò per qualche secondo come se fosse incantato: non l’aveva mai vista ridere di gusto, con quella luce particolare nello sguardo che le illuminava il volto, e per una frazione di secondo sentì l’esigenza di cruciare gli artefici di cotanta allegria. Dentro di sé sentì nascere una furia che credeva assopita da tempo: l’ultima volta che aveva provato qualcosa di simile era stato molti anni addietro, quando aveva visto Lily Evans stretta al braccio di James Potter durante il suo ultimo anno ad Hogwarts. Non riusciva a staccare gli occhi da quel patetico palcoscenico, come catturato da uno spettacolo senza dubbio interessante ma che nonostante il dolore che gli provocava non poteva smettere di guardare. Sperava che lei sollevasse gli occhi e incrociasse il suo sguardo, ma non accadde. Dovette inevitabilmente spostarsi, smettere di studiare incantato la scena e scelse un angolo buio della sala dove poter continuare a osservare la giovane senza esser notato. Tuttavia era uno spettacolo senza dubbio interessante: non aveva mai visto Daisy relazionarsi con altre persone ed ebbe modo di studiare i suoi comportamenti. Al di fuori delle sue previsioni, non era il tipo di ragazza che si rendeva protagonista degli eventi. Rideva cortese, ma rimaneva defilata, azzardando di tanto in tanto qualche frase senza monopolizzare l’attenzione dei presenti. Sembrava studiasse chi la circondava  incerta se dargli fiducia o meno. La memoria gli riportò alla mente la sera del loro primo incontro, quando lei senza esitazione alcuna lo aveva avvolto nel suo mantello e ospitato nella sua casa sopra la bottega di Godric’s Hollow, e si sentì rincuorato: quella Daisy non era la sua Daisy, o meglio, non prestava agli altri le stesse attenzioni e cure che gli aveva riservato quella lontana sera di due anni prima. Si sentì rincuorato a quel pensiero, ma non appena giunse a questa considerazione provò nuovamente la sensazione di fastidio provata qualche notte prima al risveglio dal suo assurdo sogno. Doveva smettere di pensare a quelle fesserie adatte solo a uomini deboli e con grande fatica si costrinse a chiudere gli occhi e girare le spalle a Daisy e alle persone che la circondavano. Ma non poté scappare a lungo: Igor Karkaroff si trovava esattamente dietro le sue spalle e lo osservava con sguardo ansioso.
- “Severus, devo parlarti!” – gli disse affannato.
- “Igor non credo sia il momento tantomeno il luogo adatto per sfoderare le tue ansie su di me. Oltretutto sono un pessimo ascoltatore” - . Il professore sfoderò il classico tono disinteressato e pungente che riservava ai suoi allievi.
- “ Ti prego. Dedicami cinque minuti del tuo tempo”. –
Severus sbuffò. Per giorni aveva cercato di sfuggire al preside di Durmstrang e maledì se stesso per quell’attimo di disattenzione che fece si che trovasse il momento propizio per metterlo alle strette. Si voltò un’ultima volta in direzione di Daisy, speranzoso di trovare una scusa per divincolarsi da Karkaroff e con delusione constatò che di lei non v’era più traccia. Deluso, si arrese al suo destino.
- “Non qui, seguimi!” – disse duramente al polacco.
Costeggiando la pista da ballo, uscirono dal castello dal portone principale. L’oscurità della notte era lievemente illuminata dalla presenza di minuscole fatine che scintillavano nel giardino delle rose, e i due uomini si diressero verso un angolo apparentemente deserto lungo dei viottoli tortuosi. Quando Severus fu certo che nessun ragazzo o ragazza appartenente ad una delle tre scuole di magia fosse nei paraggi senza smettere di camminare chiese a Karkaroff: - “Di cosa vuoi parlarmi?” –
- “Di questo!” – rispose agitato il preside straniero arrotolando la manica sinistra della sua tunica per mostrare il Marchio Nero al professore di Pozioni. – “Ce l’hai anche tu, non puoi non  essertene accorto. Lui sta tornando!” – esclamò spaventato.
- “Non vedo cosa c’è da agitarsi tanto, Igor” -.
- “Severus, non puoi fingere che non stia succedendo niente. E’ diventato sempre più evidente negli ultimi mesi, sono davvero preoccupato, non posso negarlo…” -.
- “Allora scappa” – rispose bruscamente – “Vattene, farò io le tue scuse. Io, comunque, rimango a Hogwarts” -.
Un rumore sorprese i due uomini, al che Severus sfoderò la sua bacchetta e iniziò a far saltare via i cespugli di rose, da molti dei quali spuntarono sagome scure seguite da acuti strilli. Severus riconobbe alcuni dei suoi studenti.
- “Dieci punti in meno per Tassorosso, Fawcett. E dieci punti in meno anche per Corvonero, Stebbins” – poi notò altre due sagome, appartenenti a due degli studenti che meno desiderava vedere in quel momento: Harry Potter e Ron Weasley. - “E voi due cosa state facendo?” – domandò.
- “Stiamo camminando” – rispose Ron asciutto – “Non è contro la legge, vero?” –
- “Continuate a camminare, allora!” – sibilò, e tornò all’interno del castello seguito a ruota da Karkaroff.
- “Mi auguro che quei due non abbiano sentito nulla” -  bisbigliò preoccupato il preside di Durmstrang.
- “Conoscendo Potter non ne sarei così sicuro. Adesso, se vuoi scusarmi, credo che abbiamo attirato l’attenzione su di noi abbastanza per questa notte. Buona serata, Igor” – e lo lasciò solo in preda alle sue paure sul portone di ingresso della Sala Grande.
Sentiva l’esigenza di bere qualcosa di forte, del Whiskey Incendiario, alla ricerca di un lieve stordimento capace di placare il nervosismo procuratogli dalla breve conversazione con Karkaroff, e si recò verso una grande tavola sopra la quale vi erano diverse bottiglie per berne un goccio. Sentì il liquido scorrergli lungo la gola, e il bruciore fu quasi terapeutico. Si voltò in direzione della pista da ballo, dove ebbe la sfortuna di intravedere Daisy sempre con la mascherina sul volto che veniva trascinata per mano dal giovane Wilbur Keynes che evidentemente le chiedeva un ballo. La vide scuotere la testa in cenno di diniego mentre il ragazzo insisteva cortesemente, e fu sul punto di esplodere. Senza pensarci due volte si avvicinò alla coppia, facendo in modo di trovarsi per caso sulla traiettoria del giovane Grifondoro che non potè far altro che andare a sbattere contro il suo insegnante.
- “Non ti hanno mai insegnto le buone maniere Keynes? Quando una giovane si nega è cortesia non insistere, ma dubito che tu sappia granché di come ci si comporti. E attento a dove metti i piedi, non mi stupirei se le pestassi i piedi per tutta la sera” -.
Vide il giovane diventare paonazzo e lasciare la mano di Daisy, e senza dargli tempo di replicare se ne andò in direzione opposta, nascondendosi all’ombra di una colonna. Gli parve di udire un sommesso “Mi scusi professore”, e provò rigetto per la tanta gentilezza e cortesia di Keynes. Riprese ad osservare l’improbabile coppia e si stupì nel constare che Daisy si era allontanata dal ragazzo fino ad arrivare al margine estremo della stanza mentre si guardava attorno come se fosse alla ricerca di qualcosa… o qualcuno. Per un momento sperò che stesse cercando lui e fu sul punto di farle cenno, ma solo in quell’istante ebbe modo di vederla interamente e ammirarla nella sua semplice ma allo stesso tempo straordinaria eleganza: i capelli corti  e scuriti dal suo incantesimo erano raccolti dietro le orecchie e il suo corpo era fasciato da un vestito lungo e senza spalline di color argento,lo stesso colore della mascherina che portava sul volto, che metteva in risalto la sua carnagione diafana. Si accorse di quanto fosse bella solo in quell’istante, e stupidamente si chiese se lo fosse sempre stata o se la sua era solo una considerazione dettata dall’assurdo fastidio che provava nel saperla accompagnata da un ragazzo più giovane, decisamente più aitante e affascinante di lui. La vide avanzare nella sua direzione, sebbene fosse impossibile che l’avesse visto dato l’anfratto in cui si era nascosto, fermandosi talmente tanto vicino all’uomo che a Severus sarebbe bastato allungare un braccio per sfiorarla mentre continuava a girare la testa a destra e sinistra senza interrompere la sua ricerca. Poi fu un attimo: vide Wilbur Keynes avanzare in direzione di Daisy e senza pensarci due volte l’afferrò per un braccio trascinandola con sé  all’ombra della colonna. Non ebbe modo di dire nulla al di fuori di un asettico “Mi segua” e ignorando lo sguardo stupito della giovane si dileguò a grandi passi verso l’uscita della Sala Grande, stando ben attento a non scatenare l’attenzione di nessuno. Si infilò all’interno di un aula in disuso poco distante e illuminata dalla fioca luce di alcune candele seguito dal lieve rumore dei passi di Daisy, che entrò nella stanza dopo pochi secondi.
- “Severus!” – esclamò la giovane quando fu davanti all’uomo, sollevando dagli occhi la mascherina che ne celava il volto.
Piton si era sbagliato: il vestito che Daisy indossava non aveva solo il potere di risaltare la sua carnagione chiara, ma anche il grigio dei suoi occhi appena velati da un elegante accenno di trucco sembrava brillare di luce nuova. Rimase sbigottito davanti alla sua fresca bellezza e sentì l’esigenza di dirglielo, ma quando aprì la bocca per parlare le parole che pronunciò furono ben altre.
- “Cosa ci fa qui, Daisy? Ha intenzione di mettere a repentaglio la sua copertura?” –
La ragazza rimase palesemente delusa dalle parole di Severus, e una smorfia contrariata si dipinse sul suo volto.
- “Credo di esser stata sufficientemente prudente!” – rispose stizzita.
- “No!” – disse il professore all’assurda ricerca di un pretesto per continuare il litigio, l’ennesimo tra di loro, che non avrebbe neanche voluto iniziare - “Non si rende conto che nella sua copertura risulta che lei ha studiato a Beauxbatons? E se qualcuno dovesse dire qualcosa in merito? Solleverebbe l’attenzione di troppe persone. E’ stata una sciocca!” –
- “Certo! A parte il fatto che nessuno è a conoscenza di questo piccolo dettaglio il suo discorso fila. Ha altro da rimproverarmi?” –
- “Non faccia l’offesa. Avrebbe dovuto pensarci! Oltretutto… qualche studente di Hogwarts potrebbe riconoscerla… sono passati solo quattro anni da quando ha conseguito i M.A.G.O.!” –
- “Allora mi permetta di dirle che non ha scelto il posto adatto per nascondermi”. –
- “Non discuta le mie scelte! Non si rende minimamente conto dei pericoli che ho corso per salvarle la vita” - .
Daisy incrociò le braccia al petto. – “Certo che me ne rendo conto! Lei è sempre pronto a rinfacciare ogni cosa alla prima occasione, non è un particolare che ignoro” - .
- “Discute i miei metodi signorina Ackerley?” – chiese furioso. Quello scambio di battute lo stava portando all’esasperazione, ma più dentro di sé cercava di calmarsi più sentiva l’esigenza di dare libero sfogo alla sua frustrazione.
- “Non discuto nulla, ma mi sembra assurdo questo suo comportamento. Ogni volta ha qualcosa da dire, un qualcosa di cui rimproverarmi e mi tratta come se fossi una ragazzina incosciente che ha la cattiva abitudine di cacciarsi nei guai. Beh caro Severus, io sono stanca di sentirmi perennemente sono esame. Mio padre è morto diversi anni fa’, credo di averglielo detto tempo addietro. Non ho bisogno di una balia!” –
- “Se lei si comportasse come una persona coscienziosa forse non dovrei perdere tempo a farle da balia, non crede?” –
- “Ah, quindi io sarei una perdita di tempo?” –
Severus di ritrovò senza parole e sapeva di essersi inoltrato in un territorio minato. – “Non ho detto questo” -  si affrettò a precisare.
- “A me non sembra” – rispose duramente Daisy – “Sono stanca, e sa perché? Perché non fa altro che comparire e scomparire all’improvviso. Alterna momenti in cui è sempre presente ad altri in cui sparisce per mesi, al punto che mi ritrovo costretta a spulciare ogni colonna della Gazzetta del Profeta con la paura che le sia successo qualcosa, alla ricerca di una qualsiasi notizia sul suo conto. Poi ogni volta che compare non fa altro che portare sconvolgimenti nella mia vita, ai quali mi sembra io mi sia adattata senza fare troppe storie, salvo poi dopo qualche mese attaccarmi duramente e accusarmi di essere una sciocca ragazzina senza cervello. Quindi, se le procuro tanti fastidi, se sono solo una perdita di tempo, perché continua a preoccuparsi per me?” – gli domandò trattenendo a stento le lacrime.
- “Perché sono fortemente convinto che lei non si renda conto dei pericoli che la circondano!” –
- “Questa è bella. Ascoltami una volta per tutte, Severus Piton: non accetto morali da una persona come te! Sei il primo che non si rende conto degli immensi pericoli in cui si trova: ti ho sentito mentre parlavi con quell’uomo poco fa’, con quel… come si chiama? Con il preside di Durmstrang! Parlavate di Tu-Sai-Chi, e gli hai mentito, fingendo di non accorgerti dei segnali del ritorno di Lord Voldemort per sostenere questa assurda missione per conto di Silente. Per piacere, pensa ai tuoi di problemi che ai miei ci penso io!!” –
Severus rimase a bocca aperta per tutta la durata della scenata di Daisy: era passata improvvisamente dall’ essere infastidita ad una furia, passando ad un tono confidenziale che non le aveva mai sentito utilizzare nei suoi confronti in anni di frequentazione.
- “Devo ricordarle le buone maniere?” –le domandò duro.
- “Buone maniere un corno! Adesso se vuoi scusarmi, me ne torno a casa” -.
- “Dove crede di andare da sola a quest’ora?” –
- “Non ti preoccupare. So arrivare a Hogmeade senza rischiare di venire uccisa da qualche strana creatura o esser cruciata da qualche tuo compagno Mangiamorte. Addio Severus!” – e rimettendosi la mascherina argentata sul viso Daisy uscì dalla stanza lasciando Severus più nervoso e frustrato di prima. L’uomo rimase impassibile per qualche secondo, incapace di credere all’assurda conversazione che si era appena conclusa: non sapeva perché si fosse fatto prendere la mano in quel modo, non pensava realmente le cose che le aveva detto ma sentì che qualcosa dentro di sé era scattato, un meccanismo di autodifesa che gli impediva di mostrarsi per ciò che era realmente. Corse fuori dall’aula deciso, con l’intenzione di raggiungere Daisy e di chiederle scusa per il suo comportamento, ma nel corridoio non c’era nessuna traccia della ragazza, così come nella Sala Grande: la cercò con lo sguardo ma tra la moltitudine di studenti riuscì ad intravedere solo Wilbur Keynes che stringeva deluso tra le mani la mascherina della giovane e guardava in direzione dell’uscita. Intuì che la ragazza se ne fosse andata e senza pensarci ulteriormente si diresse verso l’uscita del castello. I suoi occhi impiegarono qualche secondo ad adattarsi all’oscurità, ma riuscì ugualmente a scorgere una sagoma argentata che a passo deciso si incamminava verso i cancelli di Hogwarts. Trattenne l’istinto di chiamarla per nome, e corse a perdifiato per raggiungerla. Quando fu a pochi passi da lei, con il fiato che gli mozzava le parole in gola, disse: - “Daisy… Daisy ti prego fermati!” -.
Daisy si bloccò. - “Fammi andare!” – sussurrò dandogli le spalle, e Severus capì che stava piangendo.
- “Perché piangi?” – le domandò incerto: non era sicuro di voler conoscerne il motivo.
- “Sono allergica ai fiori!” – rispose la giovane imbronciata.
- “Daisy, non ci sono fiori in questa stagione!” –
- “Che c’è?” – gli chiese voltandosi, ferendolo con i suoi occhi chiari tremanti e colmi di lacrime.
Severus le tese una mano e chiuse gli occhi: non riusciva a guardarla  in viso con la consapevolezza di essere l’artefice di quel dolore, e non voleva vederla mentre gli voltava le spalle una seconda volta lasciandolo solo davanti ai cancelli del castello con la mano tesa verso il nulla. – “Vieni con me” – disse solamente.
Attese un tempo che gli parve infinito, ma poi sentì la mano di Daisy sulla sua. Fu come sentirsi al sicuro tra le mura di casa, davanti al tepore del focolare mentre fuori infuria la tempesta. Aprì gli occhi e vide Daisy che lo osservava titubante, ma con l’immancabile scintilla di speranza e fiducia che la caratterizzava. L’attirò a sé, e stringendo la mano della ragazza nella sua Severus si diresse verso il portone di ingresso di Hogwarts senza dire una parola.

***

*Per me Karkaroff è polacco, non so perché ma credo che sia una nazionalità  che gli si addice. Non è di origine inglesi, dato il suo cognome, e la sua mancanza di accento (contrariamente a Krum!) fa pensare che abbia trascorso molti anni nel Regno Unito, ma siccome JKR non è stata molto chiara riguardo alle sue origini, ho sfoderato un po’ di fantasia dandogli dei natali stranieri. Se qualcuna di voi è a conoscenza di qualcosa di più riguardo a questo personaggio la prego di farmelo presente… se è un errore è solo a causa di mia manchevolezza, anche se in buona fede! :-)

Parti di questo capitolo sono tratte dal capitolo 23 di Harry Potter e il Calice di Fuoco, da me modificate per esigenze di trama.

Ragazze e ragazzi, eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero che vi sia piaciuto come quello precedente, perché a me son venuti gli occhi a cuoricino anche solo nel programmarne la stesura!
Che dire? Come sempre voglio e devo ringraziarvi per le vostre belle parole e i complimenti e spero di essere all’altezza delle vostre aspettative. Mi dispiace non essere in grado di aggiornare quanto vorrei, ma fino al 6 maggio ho ospiti a casa (io li chiamo “affettuosamente” i Dissennatori) e non posso dedicare tutto il tempo che vorrei a questa storia. Dopodichè, chi lo sa, ma smetto di fare progetti perché come al solito non riesco mai a tenervi fede.
Mi scuso per eventuali errori di battitura, se avete qualcosa da segnalare fate pure! :-P
Come sempre vi ricordo la mia pagina Facebook QUI e vi abbraccio!
Alla prossima!
Dahlia
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Faccia a Faccia ***


Capitolo 15 – Faccia a Faccia


Non era da lui camminare per i corridoi di Hogwarts come un ladro, ma dentro di sé Severus sentiva un brivido di eccitazione che non avvertiva da tempi immemori, quando da ragazzo iniziò ad avvicinarsi alla Magia Oscura. Sapeva che a provocargli quella sensazione era la morbida mano di Daisy stretta nella sua, e la consapevolezza che ciò che stava facendo era proibito, di dubbia morale, discutibile e decisamente pericoloso lo portava a guardare dietro ogni angolo alla ricerca del momento migliore per attraversare i corridoi al riparo da sguardi indiscreti, mentre si dirigeva verso i sotterranei del castello. Dietro le sue spalle Daisy manteneva il suo passo in silenzio, e il suo respiro era appena percettibile. Nonostante ciò, Severus poteva percepire che la ragazza provava le sue stesse sensazione, ma non avrebbe saputo spiegare come facesse a saperlo: semplicemente sentiva che era così.  La sentì emettere un breve sibilo quando raggiunsero i sotterranei, e Severus pensò che fosse a causa del clima freddo e umido che regnava in quell’ambiente del castello durante ogni periodo dell’anno, o forse a causa degli innumerevoli fantasmi che da secoli infestavano  i luoghi più antichi di Hogwarts. Gli parve di ricordare che una volta Daisy gli confessò di non provare particolare simpatia per i fantasmi, e per questo motivo affrettò il passo, stringendola a sé e nascondendola dentro al suo mantello nero, sia per proteggerla e riscaldarla, ma anche per nasconderla dagli sguardi di eventuali studenti Serpeverde al rientro nella loro Sala Comune. Fortunatamente non incontrarono nessuno, e quando furono davanti alla porta dell’aula di Pozioni Severus l’aprì con un veloce movimento della bacchetta e si rifugiarono al loro interno. In quello stesso istante le loro mani si separarono e l’uomo non riuscì a non dispiacersi per l’interruzione di quel contatto. Si voltò verso la giovane e la vide appoggiarsi contro la pesante porta di legno dell’aula, e una scintilla di eccitazione risplendeva nei suoi grandi occhi grigi, più lumonosi delle torce infuocate che illuminavano la stanza.
- “Credi che ci abbia visto qualcuno?” – sussurrò senza nascondere un sorriso.
- “Non credo, ma non possiamo rimanere qui. E’ troppo pericoloso. Seguimi!” – rispose Severus dirigendosi verso l’estremità est dell’aula dove una piccola porta conduceva al suo studio privato, ma non sentendo i passi della ragazza dietro di sé si arrestò e si voltò: Daisy era al centro dell’aula, immobile, e con lo sguardo percorreva i banchi sui quali aveva imparato i fondamenti di quello che da adulta sarebbe diventato il suo mestiere e la sua passione, gli armadi e le teche che celavano al loro interno ingredienti rari e pozioni.
- “Non è cambiato nulla dall’ultima volta che sono stata qui… ho solo l’impressione che tutto sia più piccolo. Nei miei ricordi l’aula è più grande!” – disse emozionata.
Severus sorrise. – “Le immagini dei ricordi sono sempre alterate, specie se parliamo di memorie risalenti a quando eravamo dei ragazzini. Ho avuto la tua stessa impressione quando ho iniziato ad insegnare ad Hogwarts.” –
Daisy gli rivolse uno sguardo divertito: - “Hai parlato come Silente! Adesso ti farai crescere la barba, Severus?” –
Il professore scosse la testa divertito e con un lieve cenno del capo le fece intendere di seguirlo, e questa volta la giovane obbedì. Contrariamente alle aspettative della ragazza non si fermarono nello studio privato dell’uomo, bensì Severus si diresse verso una seconda porta di legno, per assurdo ancora più piccola e insignificante rispetto a quella che avevano appena varcato. Rimase sulla soglia per qualche istante, come per incoraggiarla ad entrare e fu solo quando l’uomo richiuse alle sue spalle la porta che Daisy si rese conto di essere nelle stanze private di Severus Piton. La consapevolezza di essere nel luogo in cui l’uomo viveva realmente la colpì: quando qualche mese prima venne trascinata dal professore nella sua casa di Spinner’s End non aveva avuto l’impressione di entrare nella vita privata di Severus, poiché sapeva che quel luogo era l’abitazione in cui l’uomo trascorreva appena due mesi l’anno, ma trovarsi nei suoi appartamenti privati all’interno di Hogwarts era un qualcosa che la scosse nel profondo. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa in suo possesso di essere la prima estranea a varcare quella soglia, e non poté fare a meno di sentirsi onorata, ma allo stesso tempo intimorita, da quella situazione.
La stanza era piccola e circolare, i soffitti alti, e l’unica finestra dai spessi vetri scuri si trovava ad una altezza approssimativa di tre metri dal suolo: da quella posizione difficilmente la luce del sole riusciva a penetrare per illuminare o riscaldare l’ambiente, ma un semplice focolare in muratura all’esatto centro del piccolo soggiorno forniva alla stanza tutta la luce e il calore di cui necessitava. Davanti ad esso due poltrone dai braccioli in legno pregiato e rivestite di prezioso tessuto verde con ricami d’argento rappresentavano l’unico elemento di arredo degno di nota e donavano all’ambiente un tono sfarzoso che stonava con le pesanti librerie e la scrivania in legno scuro e dall’aspetto malandato che corrispondevano alla perfezione con il carattere di Piton. Due porte al lato destro portavano presumibilmente al bagno e alla stanza da letto.
Nonostante l’apparenza gelida, Daisy si sentì a suo agio tra quelle mura.
Severus accese subito il camino e senza dire una parola si accomodò su una delle due poltrone davanti ad esso, voltandosi verso Daisy e facendole cenno di accomodarsi con un gesto della mano. La ragazza si sedette e per un tempo che sembrò infinito i due non fecero altro che guardarsi senza dire nulla: Severus avrebbe voluto parlare, avrebbe voluto dire qualcosa, ma come era accaduto solo un’ora prima all’interno della Sala Grande, le parole gli morirono in gola. Ma quali parole, dopotutto? Cosa avrebbe dovuto dirle adesso che si trovavano soli, l’uno davanti all’altro?
- “Stai… stai bene” - . disse asciutto.
- “Si, sto bene, perché?” – domandò la giovane.
- “No, non volevo dire quello. Intendevo dire che stai bene stasera, Daisy” – . Darle del tu gli veniva difficile.
La ragazza avvampò in volto, colorandosi di una graziosa tonalità porpora, imbarazzata sia dall’affermazione di Severus e sia per non aver capito subito che cosa intendesse dire l’uomo. Si strinse nelle spalle mormorando un flebile “Grazie”, ancora incredula per il fatto di aver appena ricevuto un complimento dall’uomo più sostenuto e imperturbabile che avesse mai conosciuto. Piton interpretò erroneamente il gesto della giovane e turbato dal fatto che potesse sentire freddo le offrì il suo mantello.
- “No Severus sto bene così, non ti disturbare” - .
- “Metto dell’altra legna sul fuoco?” –
- “No no, non ho freddo” – disse senza capire il perché di tanta insistenza – “Va tutto bene? C’è qualcosa che devi dirmi?” –
L’uomo si passò nervosamente la mano sul volto. No. Si. No, non andava tutto bene. Si, c’era qualcosa che voleva dirle. Iniziò pian piano a pentirsi di quel suo gesto impulsivo, di averla presa per mano e averla condotta nelle sue stanze private, non avrebbe mai dovuto farlo, ma non sarebbe riuscito a perdonarsi se l’avesse fatta scappare via senza fermarla, consapevole di averla ferita ancora una volta. Già, perché lui continuava a considerarsi la causa della sventura e della sofferenza di Daisy.
- “Devi perdonarmi, Daisy. Devi perdonarmi per averti trascinato in questo orrore e averti costretta a sopportare tutto questo, tutte queste menzogne e questi sotterfugi, solo per colpa della mia debolezza” – esclamò con voce tormentata.
- “Non ho nulla da perdonarti Severus!” –
- “Ma hai molto da rimproverarmi! Non mentire, te ne prego” –
- “Non farti condizionare da quello che dico quando sono arrabbiata. Molto spesso esagero con le parole” - .
- “ Spesso si dicono cose reali quando si perde il controllo” - .
- “Anche tu dici cose reali quando perdi il controllo?” – domandò acuta.
Severus comprese cosa intendesse dire la giovane. Si riferiva a tutte le volte in cui le aveva dato dell’incosciente, accusandola di essere una solo una sciocca ragazzina incurante delle regole.
- “Sai a cosa mi riferisco” – rispose amareggiato.
Daisy gli rivolse un dolce sorriso. – “Ti ho detto altre volte che se non fosse stato per te io non sarei qui. Se non ci fossimo incontrati quel giorno a Godric’s Hollow forse ci saremo rivisti solo in occasione della mia uccisione e tu mi avresti semplicemente uccisa. Quindi no, non devo perdonarti o rimproverarti niente di tutto questo. Al tempo stesso a volte mi sento un peso poiché è come se ti costringessi a correre dei rischi inutili, ho come la sensazione di essere una preoccupazione in più in questa assurda missione che hai deciso di intraprendere” - .
- “Non sei un peso” – le disse sinceramente Severus – “E’ vero, sei una preoccupazione, ma solo perché temo per la tua incolumità e non voglio che tu perda la vita per questo stupido odio tra maghi” - .
- “E’ la stessa preoccupazione che ho per te” – .
Severus alzò lo sguardo su Daisy, stupito da quella rivelazione. La giovane aveva espresso più volte il suo disappunto in merito alle scelte di Severus, ma l’uomo non pensava che fosse per lei motivo di tale preoccupazione. Si sporse verso di lei e con dolore sussurrò: - “Non ho alternative” –
- “Lo so” – disse la ragazza addolorata, mentre le mani dell’uomo ripresero quelle della giovane tra le sue. Non ci fu bisogno di aggiungere null’altro, e tormentati dalla dolorosa consapevolezza della loro condizione rimasero per qualche istante in silenzio, guardandosi intensamente negli occhi.
Poi un rumore li colse di sorpresa. Un lieve bussare alla porta delle stanze  private di Severus li fece sussultare. Il professore impallidì e per un breve istante la paura si impossessò di lui. Chi poteva essere a quell’ora? Subito il suo pensiero e il suo sguardo si spostarono su Daisy, che impallidita e impaurita quanto lui era scattata in piedi come un soldato richiamato all’attenti, sfoderando la sua bacchetta.
- “Severus, sei nelle tue stanze?” – la voce pacata e cortese di Albus Silente  proveniva ovattata dall’altra stanza. Cosa diamine poteva mai volere il preside di Hogwarts da Severus Piton a quell’ora?
- “Nasconditi” – sussurrò Severus a Daisy, portandosi un dito sulle labbra come per intimarle di non fare il minimo rumore – “Arrivo Albus” – disse con voce tonante mentre osservava Daisy prendere le sembianze di una volpe e correre in direzione della scrivania, per nascondervisi sotto.
Solo quando fu certo che Daisy fosse ben nascosta andò ad aprire la porta.
- “Albus, qual buon vento?” - . Il tono che usò fu volutamente scortese, per sottolineare come la visita di Silente fosse per lui un’intrusione.
- “Volevo accertarmi che tu stessi bene. Ti ho visto correre via dalla Sala Grande dopo che Karkaroff ti è stato con il fiato sul collo per tutta la sera e mi sono domandato se non fosse successo qualcosa. Ci sono novità?” – l’anziano preside lo osservava con i suoi imperturbabili occhi chiari da dietro le lenti dei suoi occhiali a forma di mezzaluna.
- “Nessuna novità. Karkaroff non fa che ronzarmi attorno ammorbandomi con le sue stupide ansie e paure. Adesso, se non hai altro da domandarmi, vorrei riposare” –
- “E’ davvero un peccato Severus che tu ti stia ritirando così in fretta e che la tua serata sia finita prima del tempo. Di sicuro avresti preferito trascorrere un po’ di tempo in più in compagnia della signorina Ackerley” –
Severus raggelò all’affermazione di Silente. Come faceva a sapere di Daisy?
- “Non so di cosa tu stia parlando” –
- “Non fingere Severus. L’arrivo della signorina Blackthorn non è di certo passato inosservato ad Hogsmeade, specie alla maggior parte della popolazione maschile di Hogwarts, e nonostante la mia età a volte mi porti a scordare o a confondere i volti, quello della signorina Ackerley l’ho riconosciuto subito, anche se camuffato da capelli diversi e una mascherina sugli occhi. Ma credo che per te non si tratti di un fortuito incontro avvenuto in tempi recenti. Mi sbaglio?” –
Piton  non rispose. Era stato scoperto e non poteva negare l’evidenza. Si sentiva vulnerabile e in pericolo, scoperto, e l’unica cosa che desiderava in quel momento era  allontanarsi il più possibile da Albus Silente e riportare Daisy al sicuro ad Hogsmeade.
- “Oppure potrebbe rispondermi direttamente la giovane Daisy. Signorina Ackerley, so che è qui. Non vuole salutare il suo anziano preside?” – chiese serafico Silente mentre con lo sguardo sondava l’alloggio di Severus.
Daisy comparve alle spalle di Albus, il quale si sorprese di vederla comparire dal nulla, ma non fece trasparire alcuno stupore.
- “Signorina Ackerley, se non conoscessi personalmente le misure di sicurezza di questo castello giurerei che lei si sia appena Materializzata” - .
- “Ho le mie riserve, preside Silente. Dopotutto, sono una strega” – esclamò la giovane.
 - “Ed anche una delle più promettenti degli ultimi tempi, se me lo concede. Mi rincresce che lei stia attraversando avversità tali da costringerla a nascondersi, ma sono tempi bui, e comprendo le sue scelte e quelle del professor Piton. Si troverà bene ad Hogsmeade, le chiedo solo di fare molta attenzione. Severus deve compiere una missione delicata a pericolosa che potrebbe metterla in serio pericolo” - .
- “O forse sono io che potrei mettere in pericolo la missione di Severus, preside?” – domandò con una punta di malizia Daisy. Severus la guardò, stupito dal fatto che ancora una volta sembrava avergli strappato le parole di bocca: non sapeva come Albus Silente fosse venuto a conoscenza del rapporto tra lui e la ragazza, ma era certo che non si trattava di una visita di cortesia, bensì di un avvertimento, un monito.
- “Come ho detto in precedenza, la missione che Severus deve portare a termine è delicata e pericolosa, e di questi tempi non possiamo di sbagliare, non possiamo permetterci distrazioni” - .
- “Severus ‘deve’? Da come parla sembra che sia costretto!” – osservò acuta Daisy.
- “Il professor Piton ha scelto liberamente di intraprendere questa missione” -.
- “E’ facile parlare di libere scelte facendo leva sui rimorsi e i sensi di colpa delle persone, signor preside” – il tono della ragazza diventava sempre più polemico ad ogni parola.
- “Signorina Ackerley, lei è troppo giovane e ha la fortuna di provenire da una famiglia babbana, di conseguenza non conosce le atrocità che la comunità magica ha dovuto subire negli anni passati a causa di Lord Voldemort. Ogni mezzo a nostra disposizione è necessario per impedire che gli eventi passati si ripropongano nel futuro, e ahimè, questo futuro è sempre più prossimo” - .
- “Ci sono altri modi per combattere! Così manda Severus al patibolo, non se ne rende conto?” – domandò infervorata.
- “Daisy, ti prego. Ne abbiamo discusso a lungo in precedenza” – le disse Severus poggiandole una mano sulla spalla.
- “Un animo combattivo e coraggioso il suo, signorina Ackerley” – esclamò Silente trattenendo a stento un sorriso – “Una vera Grifondoro. Bene, il mio orologio mi segnala che mi sono trattenuto fin troppo. Sono felice di vedere che lei stia bene e adesso, se volete scusarmi, mi ritiro nelle mie stanze. Credo di essere diventato troppo anziano per certi orari. Vi auguro la buonanotte. A presto Daisy. Severus, ci vediamo domani” – e altrettanto silenziosamente com’era venuto, Albus Silente se ne andò.
Daisy e Severus rimasero in piedi ad osservare per qualche minuto la porta dalla quale il preside era uscito, incapaci di dire una parola su quanto era appena accaduto.
- “Severus, io… non ci credo! Sono senza parole! Com’è possibile che…?” – .
- “Devi stare calma. Non puoi aggredire così Silente e pensare di poterla spuntare. Quante volte ne abbiamo discusso in precedenza? E’ la mia missione, ho scelto di compierla, e per quanto io detesti i motivi che mi hanno spinto ad accettare questa assurda proposta riconosco che è il metodo migliore per contrastare i Maghi Oscuri che tramano per il ritorno del Signore Oscuro” - .
- “Non mi piace quando lo chiami Signore Oscuro!” – disse preoccupata la giovane.
- “Ci sono altre cose che mi preoccupano in questo momento Daisy, come il fatto che Silente sembri essere a conoscenza di molte cose che ci riguardano nonostante tutte le precauzione che abbiamo preso nel corso di questi anni.” – sentenziò Severus con tono grave.
- “Cosa temi?” –
- “Ho paura che anche qualcun altro possa essersi accorto delle stesse cose di cui si è accorto Silente. Non possiamo stare tranquilli Daisy. Dobbiamo stare ancora più attenti da questo momento in avanti” –
La ragazza annuì in cenno d’assenso, mentre un’ombra di inquietudine calava sul suo volto. Severus si rese conto di averla spaventata e si sentì in dovere di rincuorarla. – “Non devi temere, ci sarò io al tuo fianco. Metti il mio mantello, ti riporto a casa” - .
Ripercorsero il percorso precedente al contrario, ma con passo meno concitato rispetto all’andata. Era come se nessuno dei due volesse anticipare il momento in cui si sarebbero ritrovati da soli nella solitudine dei loro appartamenti: non dissero nulla fino a quando furono al di fuori dei cancelli di Hogwarts.
- “Fai attenzione” – disse Severus quando arrivò il momento di congedarsi.
- “Tranquillo, mi Materializzerò sulla soglia di casa” – lo rassicurò la ragazza.
Piton la osservò un ultimo istante: aveva come l’impressione che Daisy fosse turbata.
- “Devi stare tranquilla” – la rassicurò – “Ho sempre un occhio vigile su di te” –
- “Faresti meglio a vigilare su te stesso. Rischi più di me.” –
- “Non potrei comunque fare altrimenti” –
Daisy sorrise. – “Non è questo. Solo che… ti prego, non abbandonarmi per troppo tempo” - .
L’uomo le si mise davanti e con una mano le sistemò risistemò il mantello sulle spalle, per coprirla ulteriormente in modo che non prendesse freddo. – “Non sparirò più” – le promise.
La ragazza fece un passo verso Severus e appoggiò la testa al suo petto. –“Non mi piace sentirmi sola” – confidò con un filo di voce.
- “Non sei sola” – sussurrò l’uomo passando le dita tra i corti capelli scuri della giovane. Gli mancavano i suoi lunghi capelli chiari, e per qualche strana ragione non riuscì a dirglielo. Ma avrebbe voluto. La vide fare qualche passo indietro e salutarlo con un cenno della mano, per poi sparire all’improvviso nel lieve rumore della Smaterializzazione. Prima di rientrare all’interno del castello rimase ad osservare il punto nel quale Daisy era scomparsa per un tempo interminabile.


***

Dopo secoli, ci sono riuscita, ho aggiornato! Mi dispiace per essermi assentata così a lungo ma ho avuto millemila cose da fare, ma da oggi sarò più presente e riprenderò gli aggiornamenti con frequenza, promesso! Scusate l'uso di un font diverso dal solito, con calma cambierò anche quello dei capitoli precedenti e anche la presenza di errori di battitura... ero impaziente di aggiornare!!! :)
Vi voglio bene, e mi siete mancati!
A prestissimo e come sempre vi ricordo la mia pagina Facebook QUI .
Dahlia

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Il Ritorno del Signore Oscuro ***


Capitolo 16 – Il Ritorno del Signore Oscuro


Qualcosa era cambiato tra di loro, ma dire esattamente “cosa” era troppo complicato per entrambi. Severus sentiva Daisy più vicina che mai, e anche se era difficile ammetterlo perfino a se stesso non era solo la sua incolumità a preoccuparlo: c’era un misto di ansia, tormento e angoscia nel pensarla sola nel piccolo appartamento sopra il Ghirigoro, ma quei sentimenti e quegli stati d’animo improvvisamente sparivano nel momento stesso in cui si Materializzava alla sua porta e lei lo accoglieva col suo caldo sorriso. In quegli istanti si sentiva leggero. Ma la vita gli aveva insegnato che quei momenti non durano mai a lungo, e Severus intravedeva le ombre oscure che si protendevano su di loro nel cielo grigio di quell’alba tanto attesa da tutta Hogwarts: quel giorno si sarebbe tenuta la finale del Torneo Tre Maghi e qualcosa di terribile sarebbe accaduto, ne era certo. Era un mago eccellente e sapeva interpretare i segnali della natura attorno a lui, che da sempre era la prima a cogliere le vibrazioni negative nell’animo degli uomini e a reagire contro di esse. Chiuse gli occhi un istante sperando con tutto il suo cuore di sbagliarsi, ma quando li riaprì vide che le nubi all’orizzonte non accennavano a diminuire, ma diventavano sempre più scure e minacciose. Con un gesto lento della sua mano chiuse le tende, come se potesse allontanare quelle sventure semplicemente ignorandole e voltando loro le spalle, mentre anche sul suo cuore sentiva scendere un velo gelido e malvagio.

La voce di Albus Silente risuonava lontana e ovattata dal fondo dei suoi pensieri, e riuscì a destarlo solo nel momento in cui sentì pronunciare il suo nome con forza. – “Severus, hai compreso?” –
L’uomo alzò gli occhi sull’anziano preside e ad un tratto lo riscoprì vecchio, come se i recenti avvenimenti avessero segnato il suo volto più degli anni vissuti. – “Perdonami Albus, ma credo di non aver ascoltato una singola parola” – ammise con voce atona.
-  “Il momento è arrivato. Ciò a cui ci siamo preparati a lungo è giunto. Sai cosa comporta tutto questo Severus?” –
- “So che in questo momento è stata firmata la mia condanna. Ne sono consapevole, Albus” –
- “Non essere sciocco. Sai perché devi fare tutto questo, ricordati perché” –
In quel momento Severus sentì dentro la sua testa la voce di Daisy, in un vago ricordo di una frase detta non molto tempo prima… “E’ facile parlare di libere scelte facendo leva sui rimorsi e i sensi di colpa delle persone, signor preside”. Perché gli era tornato in mente proprio in quell’istante? Anche lui credeva e riponeva la massima fiducia nella missione che gli era stata affidata, aveva scelto con coraggio e accettato con risolutezza la sua sorte… ma allora perché?
- “Hai paura, Severus?” – gli chiese Silente da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
Piton non aveva mai pensato al concetto di paura. E se dietro ai suoi malesseri, le sue incertezze e le sue ansie si nascondeva la paura? Non disprezzava quel particolare sentimento, anzi, sapeva perfettamente che gli uomini timorosi spesso avevano il pregio di poter vivere una vita tranquilla al riparo dai pericoli. Si domandò se non fosse stanco di tutto quell’oscurità, del mistero e della segretezza, e per la prima volta pensò di non essere abbastanza forte o coraggioso per poter affrontare quel compito.
- “Non è semplice, tutto qui. In questi anni ho quasi creduto fosse impossibile … ma mi sbagliavo” –
- “Ma non puoi tirarti indietro. Devi farlo per il nostro mondo, per te, per Harry. E per Lily Evans” –
Lily. Come aveva potuto scordare Lily? Era il suo ricordo a dargli forza e coraggio. E come più spesso accadeva il suo volto era avvolto nella nebbia, nel fumo, dagli anni, ma non il dolore: il dolore riecheggiava nel petto di Severus più vivo e più forte che mai, come se fosse accaduto ieri. Era pronto, e si chiese come avesse fatto a dubitarne anche per un solo istante.
- “Per nulla al mondo mi tirerei indietro Albus” – disse deciso Severus.
- “Sapevo non mi avresti deluso” – esclamò il preside senza nascondere la soddisfazione nella sua voce – “Non rimane che aspettare il momento propizio” –
- “Il piano è pronto. Ho gia’ ignorato la prima chiamata del Signore Oscuro, ma non credo si farà attendere. Spero solo che riponga in me la stessa fiducia che tu nutri nei mie confronti” –
- “Non ne dubito, hai lavorato bene con gli altri Mangiamorte in questi anni. Se loro ti credono, ti crederà anche lui” –
- “Alcuni di loro mi vedono come una minaccia, non essere troppo ottimista. Smaniano per prendere quello che un tempo era il mio posto accanto a Lord Voldemort” –
- “Per questo motivo dovrai essere più convincente che mai… Severus?” –
Il volto di Piton si era contorto in una smorfia di dolore. Il suo braccio sinistro bruciava e pulsava come se non appartenesse a lui: quello era il segnale che il Signore Oscuro lo stava chiamando a sé, furioso e desideroso di riavere Severus al suo fianco, come suo fedele seguace o per poterlo punire per il suo tradimento. Si disse che anche volendo non sarebbe mai stato in grado di ignorare la chiamata di Voldemort, il dolore e il male che sapeva trasmettere tramite il Marchio Nero non gli avrebbe mai permesso di vivere un’esistenza lontana dal suo passato.
- “Devo… devo andare” – disse a denti stretti, cercando di nascondere l’agitazione che sentiva crescere dentro di sé.
Albus Silente fece un debole cenno col capo, mentre voltava le spalle intento anche lui nel non mostrare ciò che provava in quel momento: tutto dipendeva da Severus, il lavoro di anni di controllo e spionaggio, il futuro del mondo magico, della scuola, del giovane Harry e in qualche modo anche del suo. – “Buona fortuna” – fu tutto quello che riuscì a dire, e solo quando sentì i passi del professore scendere per le scale del suo ufficio si permise di emettere un sospiro angosciato.

***

Non era la prima volta in cui Severus tornava a Villa Malfoy, negli ultimi anni era stato costretto a recarvisi per le innumerevoli riunioni dei Mangiamorte nelle quali escogitavano qualsiasi piano per agevolare il ritorno di Voldemort, ma quella sera c’era qualcosa di diverso nell’aria: una strana nuvola grigia, densa e carica di pioggia, aleggiava tutt’attorno la proprietà dei Malfoy, e la brezza gelida che si incanalava lungo il vialetto principale circondato da alti siepi era come mille spilli che si conficcavano con violenza nel volto di Severus. L’uomo fece qualche respiro intenso per concentrarsi: avrebbe dovuto nascondere i suoi pensieri e i suoi ricordi a Voldemort, il quale era un abile Occlumante e sarebbe stato in grado di vincere le barriere e le false immagini che Severus aveva creato  appositamente per rendere il suo racconto credibile. Aveva bisogno di calma e concentrazione, e nonostante il suo proverbiale autocontrollo impiegò svariati minuti a conquistare quel senso di pace interiore di cui aveva bisogno. Salì con passo lento i gradini di marmo che portavano al maestoso portone in legno finemente decorato, strinse con decisione il battente in ottone e dopo un istante di esitazione bussò. In pochi secondi la porta si aprì e un piccolo elfo domestico con voce tremula e fare ossequioso lo invitò ad entrare ed accomodarsi in attesa che il padrone di casa, ma soprattutto il loro illustrissimo ospite, lo potessero ricevere. Severus rimase immobile nel maestoso atrio di quella grande villa che raramente vedeva la luce del sole. Era un grande peccato, osservò tra sé e sé, poiché i marmi che decoravano la magione avrebbero brillato alla luce del sole, ma era risaputo che i Malfoy non erano avvezzi a questo genere di cose: le grandi finestre del piano terra erano oscurate da pesanti tende di taffettà, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi stagione.
- “Professor Piton, signore, il Signore Oscuro può riceverla” – la voce incerta dell’elfo domestico lo ridestò dai suoi pensieri, e Severus si accinse a seguirlo negli intricati corridoi della casa di Lucius, che ormai avrebbe potuto percorrere a occhi chiusi per quanto gli erano familiari. Giunti davanti alla pesante porta in quercia che portava alla sala principale della villa, Severus si voltò di scatto: aveva udito dei leggeri passi alle sue spalle e il suo sesto senso si era improvvisamente destato costringendolo a mettersi sulla difensiva. Si rilassò solo nel momento in cui incontrò lo sguardo di Narcissa Malfoy, il cui volto alla luce delle candela sembrava ancor più pallido e severo rispetto alle ultime volte che l’aveva incontrata. Riconobbe sorpresa e rimprovero nei suoi occhi, ma non ebbe tempo di porgerle i suoi saluti in quanto la donna aveva abbassato immediatamente il capo, scuotendolo duramente, per poi sparire dietro una porta. Tristemente pensò al destino di quella che ricordava come una donna solare ma dalla bellezza algida, condannata ad amare follemente un uomo che più di lei amava il potere e impegnata a proteggere un figlio il cui unico desiderio era quello di compiacere il padre. Cosa sarebbe stata capace di fare amore? si chiese…
La porta della sala si aprì portandolo via dai suoi pensieri, e sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Il momento era arrivato ed era consapevole che Lord Voldemort non gli avrebbe permesso di uscire da quella stanza sulle proprie gambe nel caso avesse fallito. Per un breve istante il pensiero di non averle detto un’ultima parola di saluto gli attraversò la mente, ma con decisione lo scacciò via.
Il lieve chiacchiericcio cessò non appena fece il primo passo all’interno della sala: Lucius Malfoy era in piedi davanti al camino, e al suo fianco una poltrona era girata verso il focolare spento, dalla quale si intravedeva solo la lunga coda di un gigantesco serpente spuntare dal lato sinistro. Gli alti Mangiamorte facevano da contorno a quel patetico quadro di malvagità e riverenza, tra sospiri sdegnati e nervose risate mal trattenute.
- “Signore, Piton è qui” – sussurrò Lucius chinandosi appena sulla poltrona.
- “Lo sento Lucius” -. La voce di Voldemort era cambiata nel corso degli anni e per Severus fu come ascoltarla per la prima volta; aveva assunto un tono spettrale, decisamente innaturale, come il sibilo di un serpente. Si alzò, e quando si voltò per andare incontro a Severus, Piton rimase immobile, paralizzato dall’orrore: i tratti di Tom Riddle avevano abbandonato quelli dell’Oscuro Signore da tempi immemori, ma in quel momento Severus si rese conto di quanto poco fosse rimasto di umano in Voldemort. Il volto era la cosa più spaventosa che avesse mai visto nella sua vita, talmente bianco da sembrare una superficie riflettente, gli occhi rossi circondati da spaventose occhiaie viola profondi come solchi nella terra, e due fessure verticali al posto del naso.
- “Severus, potrei dire che ti aspettavo, ma mentirei.” – disse guardando il professore negli occhi.
- “Mi ha chiamato mio Signore, sono venuto non appena ho potuto” – rispose cercando di mantenere la calma ma senza abbassare lo sguardo. Non poteva sbagliare. Un lieve borbottio si levò tra i Mangiamorte, ma Voldemort lo interruppe semplicemente con un gesto della mano.
- “Ne siamo davvero sicuri, Severus? Dopo tutto questo tempo so che hai trovato rifugio tra le braccia di Silente” –.
Decise che era il momento di attaccare: avrebbe potuto accettare diffidenza del Signore Oscuro in persona, ma non quella di quel gruppo di smidollati leccapiedi degli altri Mangiamorte. che sembravano prendersi gioco di lui da dietro le spalle di Voldemort. – “Non ho fatto niente di diverso rispetto a chi oggi è in questa stanza. Per sopravvivere ho dovuto fingere di pentirmi e conquistando la fiducia di Silente sono diventato intoccabile per il Ministero” -.
- “Se solo avessi un cuore proverei compassione per questi anni terribili che hai dovuto affrontare al fianco di Albus” – disse con ironia Voldemort – “Ma permettimi di nutrire un po’ di diffidenza nei tuoi confronti. Me lo concedi?” –
- “Si mio Signore, io stesso dubiterei di me stesso se fossi in lei” -. Quella frase era un azzardo, ma avrebbe dovuto mostrarsi il più sincero possibile per esser creduto. Doveva tornare a sembrare malvagio, spregevole, senza scrupoli.
- “Perché non sei alla prima chiamata?” – domandò.
- “Perché non sarebbe stato saggio allontanarmi da Hogwarts in quel preciso istante. Harry Potter sie è Materializzato annunciando a tutti che lei era tornato e di certo avrebbero sospettato di un mio coinvolgimento nella vicenda se fossi sparito su due piedi. Ho preferito aspettare che le acque si calmassero appena, considerando anche il fatto che, se mi permette, io potrei esserle estremamente utile all’interno della scuola, mio Signore” –
- “Tu credi, Severus?” – Lord Voldemort aveva iniziato a camminare tutto attorno a Severus con passo lento e calmo, ma senza staccare gli occhi dal viso del professore.
- “Potrei. Se solo lei mi permetterà di dimostrarle la mia lealtà” –
- “Vedi, caro Severus, io sono estremamente felice che tu sia qui con me, ma non posso non dubitare di te. Cosa succederebbe se tu facessi il doppio gioco? E se io ti permettessi di tornare da me e allo stesso tempo tu riportassi ogni mia singola mossa, ogni mia singola intenzione, al quel vecchio mago senza futuro? Non posso permettermi un simile rischio” – sentenziò.
Severus prese un grande respiro. Per un momento aveva riposto fiducia nel fatto che i Mangiamorte avrebbero potuto giocare a suo favore, ma era evidente che la smania di arrivare al potere, di compiacere il Signore Oscuro, era più forte di qualsiasi altra cosa. Anche se lui fosse stato sincero loro avrebbero cercato di escluderlo. – “Mi metta alla prova” – supplicò.
Voldemort si fermò a pochi centimentri dal volto di Piton, al punto che Severus poteva sentirne il fiato nauseante che emetteva ad ogni respiro, e con un gesto teatrale poggiò prima un dito sulla propria tempia sinistra, poi un altro su quella dell’insegnate, e iniziò a sondargli la mente.

La prima visione fu quella di Severus spaventato che scappava da delle ombre scure. E ancora mentre si rifugiava al buio della sua casa nella puzzolente Spinner’s End. Lo vide vagare in molti posti sconosciuti, con fare sospetto, teso e disperato. Lo vide spiare Albus Silente nella notte e architettare un piano per sfuggire agli Auror, pregare e piangere alle porte di Hogwarts implorando il perdono e giurando fedeltà eterna all’Ordine, per poi vederlo nelle segrete del castello ammirando compiaciuto il Marchio Nero impresso sul suo braccio sinistro. Lo vide correre e raggiungere i suoi ex compagni Mangiamorte, tramare alle spalle di Albus e cercando di sabotare la vita del giovane Potter, trattandolo con odio e disprezzo durante le lezioni.

Lord Voldemort cercò di andare ancora più a fondo nella mente di Piton, ma non vide altro che momenti simili ai primi esaminati. Voltò le spalle all’uomo, valutando sul da farsi: non poteva dargli subito carta bianca, riporre piena fiducia in lui, ma d’altro canto si era sempre dimostrato un uomo fedele. Era stato lui a riportare la profezia che gli aveva permesso di scoprire l’identità di chi lo avrebbe sfidato e forse annientato, seppure a metà. Quel ricordo gli diede improvvisamente un’idea che lo riempì di entusiasmo, e di un sentimento che ricordava vagamente la gioia. Avrebbe funzionato, lo sentiva.
- “Severus, sei sotto esame, sappilo. Controllerò ogni tua mossa fino a quando non avrò la certezza che tu mi sei fedele” – disse infine. Un mormorio contrariato si levò nella Sala, ma Voldemort lo ignorò. Severus dovette ripensare più volte alle parole appena udite per coglierne appieno il significato. Ci era riuscito. Non aveva fallito.
- “La ringrazio mio Signore” – disse in tono fintamente commosso – “Come posso aiutarla?” –
- “Non saprai nulla di ciò che voglio fare fino al momento in cui non lo riterrò opportuno. Nel frattempo, puoi aiutarmi con il piccolo Potter” -. L’espressione malvagia e quasi felice sul volto di Voldemort era ancora più ripugnante di ciò che gli avrebbe detto di lì a breve.

***

Avrebbe voluto correre, fuggire lontano, allontanarsi da Villa Malfoy più veloce che poteva, ma aveva dovuto mostrare calma, camminando lentamente fino ai cancelli della magione. Si sentiva sporco, tormentato. Aveva voglia di urlare. Gridare. Dare voce alla sua rabbia fino ad esplodere, scomparire nel nulla, addormentarsi esausto e non riprendere mai più i sensi. Ma ancora una volta aveva dovuto fingere. Per qualche ora non fece altro che Smaterializzarsi e Materializzarsi in posti lontani, sfogando la sua rabbia schiantando qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, salvo poi crollare spaventato e quasi in lacrime al suolo. La rabbia non aveva aiutato a placare l’orrore che sentiva rinascere dentro il suo petto. Vagare non aveva placato il suo dolore. Poi, senza accorgersene, si ritrovò davanti ad una piccola porta in legno fragile, sopra un piccolo negozio di Hogsmeade. Bussò freneticamente, e quando la porta si aprì entro nell’appartamento richiudendosela velocemente alle spalle con un gesto secco.
- “Severus… ma…” – Daisy era davanti a lui, con i capelli arruffati, un grembiule in vita, e lo sguardo allarmato. – “Hai un aspetto terribile. Stai bene? E’ successo qualcosa?” – gli domandò in apprensione. Incrociò i suoi occhi grigi e per un attimo pensò che quel colore non era tremendo come gli era sembrato per tutta la giornata: c’era qualcosa di positivo in quel cielo cupo nel volto della ragazza, la calma di una giornata autunnale nella quale rifugiarsi dopo la calura estiva.
- “Lui… lui è tornato!” – fu tutto quello che riuscì a dire, prima di crollare al pavimento stretto tra le braccia di Daisy.
Li si sentì al sicuro. Lì nessuno avrebbe potuto fargli del male. Nessuno avrebbe potuto trovarlo. Decise di abbandonarsi a quella calma fino a quando ne avrebbe avuto bisogno. Con lei. Nel suo abbraccio.

***

Sono tornata! E posso solo dire che mi dispiace non aver aggiornato per così tanto tempo ma questa estate è stata decisamente piena di eventi, cose da fare, mare e amici che non ho avuto tempo per scrivere una riga, ma adesso sono tornata! (:
Scusatemi per eventuali errori di battitura nel testo ma ero emozionatissima all'idea di pubblicare un nuovo capitolo che ho fatto tutto di fretta! Per il resto posso solo dirvi che mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto (le cose iniziano a farsi interessanti!!!) e come sempre vi ricordo la mia pagina Facebook, raggiungibile cliccando semplicemente --> QUI <--
Un bacio,
Dahlia

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Cenere di Pergamena ***


Capitolo 17 – Cenere di Pergamena


Domenica 17 Settembre 1995


Daisy,

mi dispiace non poter mantenere fede alla mia parola, ma l'arrivo dell'Inquisitore Supremo di Hogwarts mi mette in una posizione difficile e non mi sarà possibile farti visita fino a chissà quando: Dolores Umbridge controlla i movimenti di ogni alunno e professore, e chissà per quale motivo ho come l'impressione di essere uno dei sorvegliati speciali insieme a Harry Potter e Albus Silente. Capirai sicuramente che da questo momento in poi devo mantenere un comportamento ancora più defilato: non posso rischiare di tradirmi destando inutili sospetti, ma presumo che la Umbridge non sia qui solo in veste ufficiale, ovvero per controllare l'operato di Silente e l'intera scuola. Ti prego però di non allarmarti. Più che altro mi preoccupa sempre più la tua incolumità: i tempi stanno cambiando, ahimè non in positivo, e la sola cosa di cui devi occuparti è quella di mantenere la tua copertura senza destare sospetti, quindi cerca di limitare le tue avventure nella Foresta Proibita il più possibile, anche se non in forma umana. Non posso mandarti gufi o Smaterializzarmi, per questo motivo i nostri mezzi di comunicazione si limiteranno a una pergamena al mese. Come oggi, ogni terza domenica del mese mi recherò ad Hogsmeade al Ghirigoro, e con la scusa dell'acquisto di nuove pergamene ti passerò le mie missive. Ti consiglio di adottare lo stesso metodo,  per la sicurezza di entrambi.
Spero tu stia bene, e ti prego ancora di perdonarmi per non essere in grado di mantenere la mia promessa.

Severus

PS: Brucia la pergamena!


Daisy non fece altro che rileggere ogni singola riga della lettera di Severus per ore, cercando in essa un significato nascosto, un qualcosa in più, ma non servì a nulla. Riluttante ammise a se stessa che rispetto alle missive a cui era abituata quello era un notevole passo avanti da parte del professore di Pozioni, che solitamente si limitava a due parole sterili, ma questo non la fece sentire meglio. Quando quel pomeriggio lo vide entrare al Ghirigoro dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non uscire dal bancone e corrergli incontro, ma quella visita inaspettata in un giorno festivo alla presenza di gran parte degli alunni di Hogwarts la mise in guardia: mai in un anno di permanenza nella cittadina magica Severus le aveva fatto visita nel suo luogo di lavoro. Presto scoprì il motivo di quella visita quando a casa ebbe modo di leggere la pergamena che le aveva passato nascosta in un elenco di materiale da acquistare.
Sorrise tra sé e sé: la promessa a cui si riferiva Severus era quella fattale quasi un anno prima durante il Ballo del Ceppo, ovvero di non lasciarla mai più sola e di non sparire per lunghi periodi come aveva sempre fatto, ma dalla notte in cui l'uomo irruppe nell'abitazione della giovane in seguito al ritorno del Signore Oscuro le cose erano cambiate. Daisy non gliene faceva una colpa. Col tempo aveva imparato a non discutere con il professore a proposito dell'assurda missione che doveva portare a termine per conto di Silente e per proteggere il giovane Potter, e sapeva che se i loro incontri si erano fatti più radi era solo per proteggerla. L'ossessione maniacale con la quale Severus si prodigava per la sua incolumità le faceva piacere, e ogni tanto si crogiolava nel pensiero che forse tale dedizione potesse essere sintomo di qualcosa in più, ma subito cercava si togliersi quell'idea dalla mente: aveva avuto modo di conoscere Severus Piton come pochi ed era cosciente del fatto che non era un uomo freddo e senza sentimenti come appariva, ma da li a pensare che lui potesse in qualche modo ricambiare i suoi sentimenti era pressoché impossibile anche per una persona con una fervida immaginazione come Daisy, la quale però non riusciva più a negare a se stessa la natura di quella strana sensazione di malessere che improvvisamente svaniva quando lui era con lei.
Con riluttanza gettò la pergamena di Severus nel fuoco del suo appartamento sopra il Ghirigoro, e raccogliendosi i capelli in una acconciatura improvvisata gettò uno sguardo fuori dalla finestra: non riusciva a intravedere le guglie del castello, ma poteva coglierne il bagliore nel cielo notturno. Contò quante domeniche la separavano dal loro prossimo incontro e sedendosi alla sua scrivania iniziò a scrivere la sua pergamena con largo anticipo.

Un mese dopo il copione fu pressappoco lo stesso: Severus entrò al Ghirigoro nel primo pomeriggio, imponendo il silenzio degli schiamazzi dei giovani alunni di Hogwarts in libera uscita quella domenica. Incrociò appena lo sguardo di Daisy, che trattenne un sorriso abbassando la testa e rituffandosi sul lavoro, e la sua reazione lo rincuorò. Per qualche motivo pensava che l'avrebbe trovata arrabbiata e delusa, nel tipico atteggiamento che assumeva quando i loro incontri diradavano a causa della sua missione, ma questa volta era diverso. Era possibile che avesse avuto modo di sbollire la sua ira nel mese appena trascorso, o cosa meno probabile, che avesse cambiato idea riguardo al suo operato. Con fare tranquillo attese il suo turno, cercando di schivare Rudolph Fleet che arrancava a causa della sua età sotto le richieste dei giovani clienti della bottega, e con disinvoltura osservava Daisy nel suo lavoro. Approfittando di un momento di esitazione di due ragazze Corvonero del quinto anno, fece un passo avanti e si rivolse alla ragazza.
- “Buonasera, avrei bisogno di questo elenco di libri” - e le porse una piccola pergamena arrotolata.
“Due minuti e sono da lei” - Daisy sparì come una saetta nel retro bottega e una volta al
riparo da occhi indiscreti srotolò il foglio e lesse. I  fogli in realtà erano due: in uno c'era un elenco i libri di testo, nell'altro una piccola lettera di poche righe a lei indirizzata.

Domenica 15 Ottobre 1995

Sto bene. Sono sempre sotto stretta sorveglianza, ma non ti preoccupare.

Severus.


Era tornato il Severus che lei conosceva: breve, conciso, dritto al sodo. La mise in tasca, e dopo aver recuperato i volumi che servivano al professore recuperò dal grembiule la sua lettera e la mise tra le prime pagine del primo libro. Con disinvoltura tornò al bancone e poggiò i pesanti tomi davanti al professor Piton con un grande sorriso-
- “Ecco a lei, Pozioni in Nozioni e la raccolta completa di Maledizioni e Contro Maledizioni. In totale sono 28 Galeoni e tre Falci” -
Severus borbottò un grazie a denti stretti e nonostante gli costasse un'enorme fatica uscì dal negozio senza voltarsi.




Lunedì 18 Settembre 1995


Caro Severus,

di sicuro ti aspetti una pergamena piena delle mie solite lamentele riguardo a “Tu-Sai-Cosa”, ma per una volta le terrò per me. L'unica lamentela di questa pergamena riguarda il metodo per recapitarci la corrispondenza: è possibile che non esista nessun modo per fare in modo che sia più celere? Voglio dire, non c'è nessun passaggio segreto che possiamo utilizzare? Se è un test per mettere a prova la mia pazienza sappi che con molta probabilità fallirò miseramente, però stai tranquillo, non irromperò ad Hogwarts. Se Dolores Umbridge è chi penso che io sia non rischierei per nulla al mondo. Oltre al suo dubbio gusto nel vestire ho come l'impressione che sia il Male fatto a persona.
A parte le ovvietà, ho letto sulla Gazzetta del Profeta che le è stata assegnata la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure... e non aggiungo altro, altrimenti saresti capace di inviarmi chissà quale fattura con la prossima pergamena.
Non devi preoccuparti per me. Non ho nessuna intenzione di andarmene a spasso da sola, anche perchè da quando sono ricominciate le lezioni non ho più tempo nemmeno per dormire: il signor Fleet sta male e la sua presenza in bottega è ridotta all'osso e solo nel fine settimana, quando ci sono le uscite degli studenti da Hogwarts. Mi ha anche proposto di acquistare la bottega per poter tornare  nella casa dei suoi genitori nel Sussex, e onestamente se non avessi perso tutto quello che avevo nella bottega di Godric's Hollow ci avrei fatto un pensierino. Mi sto abituando a Hogsmeade, e in un certo senso sono riuscita a farmi più amici qui in un anno sotto il nome di Violet Blackthorn che con il mio vero nome in cinque anni a Godric's Hollow. Ma pazienza...
Mi dispiace davvero che tu non possa  mantenere la tua promessa, ma almeno questa volta so che se non ho tue notizie e non ti vedo non dipende dalla tua volontà, o almeno lo so in anticipo.
Tu guardati le spalle, non costringermi a varcare i cancelli di Hogwarts.
Con affetto,

Daisy.

PS: Brucia la pergamena!



Mercoledì 4 Ottobre 1995

Severus,

ho bisogno di te e dei tuoi consigli. Il signor Fleet peggiora e io vorrei aiutarlo in qualche modo ma si rifiuta di vedere qualsiasi medico. Ho provato a parlare con il medico di Hogsmeade, il quale sospetta che si tratti di una forma di Glucosina (chissà perchè ma preferisco il termine Babbano “diabete”!) ma Rudolph si è praticamente barricato nella sua casa non appena ha capito che voleva visitarlo e quasi mi schiantava. Devo ringraziare Merlino per la sua scarsa vista. Non so dove andare a parare, le mie conoscenze in campo medico magico e Babbano sono pari allo zero e i volumi di medicina che abbiamo qui sono troppo voluminosi e troppo complicati per sperare di caverne ragno dal buco. Puoi consigliarmi qualcosa? C'è un modo per scoprire di che cosa si tratta a sua insaputa? Non so a chi rivolgermi.

Daisy.

PS: Brucia anche questa!



Venerdì 6 Ottobre 1995


Ignora la pergamena precedente!




Venerdì 13 Ottobre 1995 - Giorno funesto!


Caro Severus,

tutto sistemato con il signor Fleet. Ho dovuto pietrificarlo affinchè si lasciasse visitare, ma alla fine il medico aveva ragione: si tratta di Glucosina, ma il fatto è che Rudolph adesso non vuole farsi curare. Eppure basterebbe una semplice pozione Rigenera Sangue una volta la settimana per farlo stare bene. Stavo pensando di adottare il metodo che utilizzavo a Godric's Hollow, ovvero quello di diluirla in un'altra soluzione visto e considerato che Fleet controlla con un incantesimo che non ci sia niente di strano nel suo vino. Però come posso camuffarla? Inoltre ho comprato tutto il necessario ma mi mancano le radici di Valeriana... in questa stagione è difficile reperirle. Pensi di potermi aiutare? Credo di riuscire a tenere la situazione sotto controllo per un altro mese, un mese e mezzo al massimo, ma se Rudolph dovesse peggiorare io potrei ritrovarmi senza un posto dove andare, e in tutta franchezza l'idea di tornare da tua madre non mi entusiasma nemmeno un po'.
Io sto bene, ma non avere tue notizie per così tanto tempo mi demoralizza.
Ti abbraccio   Con affetto,

Daisy.



Severus lesse quei quattro fogli di pergamena fino a quando non ne imparò a memoria il contenuto: socchiuse gli occhi e gli parve quasi di vedere Daisy curva alla sua scrivania mentre scriveva concitata le parole sui sottili foglie che adesso stringeva in mano. Ogni parola, ogni frase era l'esatta trasposizione del suo carattere, della sua impazienza e della sua impulsività. Si soffermò a lungo su quel “ti abbraccio” cancellato da una decisa riga orizzontale: diverse volte lei gli si era tuffata tra le braccia con la stessa spontaneità con cui l'aveva scrittp, e si ritrovò a desiderare quel gesto. Era difficile da ammettere, ma lei gli mancava, e solo la paura di metterla in pericolo lo faceva desistere dal correre via dai freddi sotterranei che abitava per correre da lei.
Ma proprio per quel motivo non bruciò le sue lettere.



Domenica 12 Novembre 1995

Cara Daisy,

quattro pergamene! Se la memoria non mi inganna non penso di aver mai ricevuto così tanti fogli di pergamena da parte tua nemmeno quando eri una mia studentessa.
Ma andiamo con ordine. Si, sono sorpreso di non leggere le tue solite raccomandazioni di prudenza e di non vedere alcuna traccia dei tuoi saggi sui motivi per cui dovrei abbandonare la mia missione, e te ne sono grato. Purtroppo non esiste nessun modo per poter accelerare la nostra corrispondenza: i passaggi segreti sono pattugliati, e se sei a conoscenza di qualche passaggio particolare ti prego di farmelo sapere, mi renderesti estremamente felice. I gufi sono controllati e intercettati, così come ogni altro mezzo di comunicazione. Presumo che questo sia il massimo che possiamo concederci, ma fossi in te cercherei di vederne il lato positivo: meglio poco che niente e se tu non fossi sempre così impaziente potresti perfino goderti il momento dell'attesa.
Dolores Umbridge è proprio la donna che ultimamente sta in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta, e sono d'accordo con te riguardo al suo cattivo gusto. Non mi intendo di abiti femminili, ma solo il colore rosa dei suoi abiti è necessario a darmi il voltastomaco. Spero davvero che tu non abbia mai a che fare con quella donna: non ti sbagli quando dici che è il Male incarnato. Credo che in fondo provi soddisfazione nell'infliggere sofferenza agli studenti di Hogwarts. Appena dieci giorni fa ha emesso il Decreto Didattico Numero Venticinque, che le conferisce l'autorità sulle punizioni, sanzioni e soppressioni di privilegi riguardanti tutti gli studenti. Sai bene che niente mi rende più felice di togliere qualche punto a Grifondoro, ma il suo gusto per le punizioni rasenta il sadico, e nemmeno io arriverei a tanto.
Cercherò di non fare caso al velato riferimento alla cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, o potrei rimangiarmi l'ultima riga.
Il fatto che tu non abbia tempo per andare in giro da sola non mi conforta, so bene che se ne avessi l'occasione riprenderesti le tue scorribande in solitario nella Foresta, ma permettimi di insistere sull'importanza che tu rimanga al sicuro ad Hogsmeade. I tempi che si avvicinano si preannunciano funesti, ma posso garantirti che un giorno non dovrai più nasconderti e non dovrai più scappare: ti chiedo solo di pazientare.
Posso recapitarti qualsiasi cosa tu abbia bisogno, in allegato alla pergamena trovi delle radici di Valeriana sminuzzate (sarebbe sto impossibile recapitartele intere) che mi avevi chiesto, e ti consiglio di diluire la pozione in una buona dose di Whiskey Incendiario, però se mi permetti non escluderei del tutto la possibilità di acquistare Il Ghirigoro. Posso aiutarti, e sai bene che mi sento responsabile per la sorte toccata alla tua bottega. E' il minimo che potrei fare per rimediare e sarei felice di poterti aiutare.
Non voglio e non posso prometterti niente, ma considerato che al momento la mia missione si trova ad un punto morto e che Dolores Umbridge non trascorrerà il Natale ad Hogwarts, se vuoi potrei trovare il modo per trascorrere del tempo insieme. Ti prego, non avermene se per qualche motivo tutto questo non fosse possibile: in ogni caso sarai avvertita per tempo, ma sentiti libera di trascorrere le tue vacanze nel modo che ritieni migliore e non precluderti niente a causa mia.
Ancora una volta, per favore, fai attenzione.
A presto,

Severus.



***

Dopo mesi e mesi di imperdonabile assenza, sono tornata!
Scusatemi infinitamente,
anche per gli errori di battitura che troverete qua e la' nel capitolo...
la voglia di aggiornare era troppo forte!!!
In questo periodo sono stata incasinata tra progetti e sfighe varie, ma la voglia di scrivere non mi è mai passata!
Ringrazio chi ha continuato a dimostrare sostegno e affetto nei confronti della mia storia,
alla fine non sono andata via!
Vi voglio bene!
Un bacione...
The Black Dahlia

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