Le Foglie di Questo Autunno di The Black Dahlia (/viewuser.php?uid=128027)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Godric's Hollow ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Daisy Ackerley ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Un Incontro Inaspettato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Natale ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Equivoci e Delusioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Nessuna Alternativa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Insicurezze ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Presentimenti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Ricordi ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - La Repressione dei Nati Babbani ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Spinner's End ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Eileen Prince ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Un Nuovo Inizio ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Frammenti di Memoria ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Faccia a Faccia ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Il Ritorno del Signore Oscuro ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Cenere di Pergamena ***
Capitolo 1 *** Prologo - Godric's Hollow ***
Le
Foglie di Questo Autunno - Prologo
Godric’s
Hollow, 30 giugno 1992
C’era qualcosa che gli aveva sempre impedito di tornare in
quel posto dopo tutto quel tempo, ma questa volta era diverso: aveva
davvero creduto che fosse morto per sempre, eppure quel pizzicore al
braccio che aveva iniziato ad avvertire qualche mese prima avrebbe
dovuto fargli comprendere la verità. Come era possibile che
fosse così cieco? Sorrise amaramente, più a
sé stesso che alla lapide che osservava. Non era la prima
volta che aveva chiuso gli occhi davanti all’evidenza, e ne
pagava ancora le conseguenze.
Si inginocchiò e scostò la polvere e il muschio
che cresceva sulla fredda pietra grigia in modo da poter leggere il
nome che celava: stupidamente, in fondo a quel poco di
umanità rimastagli, sperava che non ci fosse il suo nome impresso
nella pietra. Quando lo lesse fu come tornare indietro nel tempo di
quasi undici anni, a quella sera di Halloween in cui aveva stretto il
suo corpo esanime tra le braccia per l'ultima volta. Un nodo alla bocca
dello stomaco gli impediva di respirare, parlare, pensare. Era colpa
sua. Era l’artefice di quella sciagura, colui che aveva dato
iniziò a quella maledizione. Il dolore faceva bene: lo
aiutava a ricordargli il suo peccato.
Rimase per ore, o forse giorni, piegato su quella lapide, al punto che
non sentì più le gambe e più le
braccia. Estrasse la bacchetta dalla tasca e fece apparire delle margherite bianche,
in ricordo di quel lontano giorno in cui si erano conosciuti. Quando si
alzò mentalmente rinnovò la promessa che si fece
anni addietro: avrebbe risanato le ferite del suo cuore
ricucendole di orgoglio.
Ripercorse la strada solitaria che dal cimitero portava al centro di
quella piccola cittadina, talmente preso dai suoi pensieri che neanche
si accorse di essere davanti al teatro di quegli orrori che lo
tormentavano. Quando alzando lo sguardo vide, le forze lo
abbandonarono. Poggiò le mani sul cancello di legno
deteriorato dal tempo accanto alle incisioni lasciate dalla gente, e
con uno strano verso il dolore esplose in singhiozzi e lacrime da tempo
celate. In lontananza udì dei passi proseguire nella sua
direzione, ma poco gli importava. I babbani non potevano vedere
l’abitazione, e anche se avessero potuto nella peggiore delle
ipotesi sarebbe passato per uno sbandato. Rimosse velocemente quel
pensiero e sprofondò nuovamente nella disperazione. Non si
accorse che il rumore dei passi era improvvisamente cessato alle sue
spalle, fino a quando una mano gentile non si posò sulla sua
spalla e una voce familiare lo riportò alla
realtà.
- “Professor Piton… professore è lei?
Sta bene?” -
Spaventato cadde a terra, tentato di Smaterializzarsi: non poteva
permettere che qualcuno lo riconoscesse. Poi, tra la foschia delle
lacrime, mise a fuoco un viso che aveva pensato non avrebbe rivisto mai
più. Tese una mano alla giovane strega davanti a lui e si
lasciò andare.
La ragazza gli prese la mano e cingendo un braccio attorno alle spalle
dell’uomo si Smaterializzò con lui mentre le prime
luci dell’alba illuminavano le rovine di casa Potter.
***
Ciao a tutte/i. Io sono The Black Dahlia e questra
è la mia prima FF su Harry Potter. Questa storie nasce dalle
strambe idee che inondano la mia testolina prima di addormentarmi. Il
protagonista come avrete capito è il mio personaggio
preferito dell’intera saga che come avrete capito
è Severus! Dato che la sua morte è
forse una delle cose che mi ha turbato in assoluto, in questa FF
stravolgo quest’avvenimento facendo sopravvivere Piton e
ipotizzo una Hogwarts dopo la sconfitta di Voldemort.
Cercherò di non distaccarmi troppo dal personaggio di Piton
dipinto da JKR, ma allo stesso tempo cercherò di fargli
superare il dolore per la perdita di Lily. Ovviamente non
sarà facile, dovrà fronteggiare la diffidenza e i
pregiudizi di chi non crede che alla fine è sempre stato con
Silente, ma avrà occasione di provarlo, e anche
l’aiuto di una persona accanto. Non vi svelo
altro… Vi dico solo che se vorrete continuare a leggere la
storia dovrete abituarvi ai vari flash back che inserirò nei
capitoli. Per il resto lascio tutto a voi, e se vorrete potrete
raggiungermi anche sulla mia pagina Facebook semplicemente
cliccando QUI
.
Un bacio a tutte/i,
Dahlia
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Daisy Ackerley ***
Capitolo 1 - Daisy Ackerley
Stanford-Le-Hope, 13 agosto
1983
Daisy Ackerley aveva
compiuto undici anni solo un mese prima della visita
dell’anziano signore con una folta e lunga barba bianca, ma
non aveva pensato che le due cose fossero collegate. Certo, era strano
vedere qualcuno fare visita alla loro casa nei sobborghi di Stanford-Le
Hope, non perché la sua fosse una famiglia emarginata o
chissà ché, ma si erano appena trasferiti da un
villaggio piccolissimo del nord dell’Inghilterra e ancora non
conoscevo nessuno. I vicini conducevano vite alquanto riservate e il
massimo della vita sociale e delle interazione con la popolazione di
Stanford che avevano avuto erano stati nell’ordine un cenno
del capo al vicino e un asettico “Buongiorno”-“Buonasera”-“Arrivederci”
dall’impiegata del negozio di generi alimentari dove erano
ormai soliti fare spese. Per questo motivo quella visita inaspettata
l’aveva incuriosita e, nonostante fosse stata invitata dai
suoi genitori ad aspettare fuori dalla sala, era rimasta con
l’orecchio attaccato alla porta per origliare quella
conversazione. Per poco non aveva perso l’equilibrio,
rischiando di ruzzolare dentro la stanza, quando aveva sentito che
l’anziano signore dal nome strambo era lì non per
i suoi genitori ma bensì per lei, e che era stata iscritta
in una scuola che si trovava molto lontano da lì, persino
più lontano del paese dove abitata prima, dove avrebbe
imparato a usare la magia.
La magia! Ma allora
esisteva davvero? Allora le cose che sapeva fare, come far muovere gli
oggetti semplicemente ordinandoglielo, o farsi spuntare un
naso da animale, erano cose normali? Aveva sempre tenuto nascoste
quelle cose a sua madre per non spaventarla, perché pensava
che l’avrebbe vista come un mostro e che l’avrebbe
amata di meno. Anche lei
pensava di essere uno scherzo della natura fino a pochi minuti prima.
Per la prima volta nella sua vita provò l’impulso
irrefrenabile di decidere della sua vita, di dire ai suoi genitori
scettici che voleva davvero andare in quella scuola lontana con il nome
strano. Entrò piano piano nella sala dove i suoi genitori e
l’anziano signore si guardavano, i primi imbarazzati, il
secondo come se si sentisse a casa sua, perfettamente a suo agio.
L’uomo con
la barba disse; “Tu devi essere
Daisy”.
La bambina
annuì intimorita.
“Sai,
io so che tu sei capace di fare tante cose, ma purtroppo i tuoi
genitori credono che mi stia inventando tutto. Te la senti di mostrare
loro quello che sai fare?”
Daisy
guardò prima suo padre e sua madre, poi il
signore. “Anche lei è un mago
signore?” chiese.
“Uno dei
più vecchi, come potrai ben vedere dalla lunga barba
bianca!” le rispose sorridendo.
Non sapeva come, ma
quell’uomo aveva conquistato la sua fiducia.
Guardò in direzione della mensola sopra il camino e
cercò di chiamare a sé la sua foto preferita,
quella dove lei e i suoi genitori posavano sorridenti accanto ad un
pupazzo di neve storto ma dall’aria simpatica. Dopo pochi
secondi la fotografia iniziò a tremare e a muoversi, e
volò con velocità verso la sua mano, che la
afferrò al volo. Sua madre si portò una mano alla
bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre sorpresa, stupore
e ammirazione spuntarono sul volto di suo padre.
Il mago dalla barba
lunga rise e battendo le mani in un applauso ammirato disse
“Bene, credo che non siano dubbi, sarò felice di
averti tra i miei studenti di Hogwarts a settembre!”.
“Signore” disse
Daisy trattenendolo per la lunga veste argentata, “Mi fa
vedere una magia anche lei?”.
L’anziano
signore sorrise ed estrasse una bacchetta dal mantello: la fece roteare
per aria e subito apparve un mazzo di margherite bianche candide.
“Sai
perché ho scelto le margherite?” le
chiese.
La bambina scosse la
testa con energia.
“Perché,
oltre ad essere il significato del tuo nome, sono semplici. E mi auguro
che questa non sia una semplice coincidenza!”. E strizzandole
l’occhio, con educazione, si congedò.
***
Non era affatto come
aveva immaginato. Quella scuola, quella Hogwarts, era troppo diversa
dal suo mondo e troppo lontana dalla sua casa reale. Non le importava
un fico secco della magia, di tutti quei prodigi e delle cose
fantastiche che accadevano nelle aule che frequentava: semplicemente
non era il suo mondo. Credeva che una volta arrivata lì
avrebbe brillato, e invece aveva scoperto di essere una dei pochissimi
studenti figli di “babbani”, e di conseguenza era
l’ultima in tutte le materie. Non sapeva nulla sulle
abitudini dei maghi e delle streghe e nonostante avesse scoperto che i
due mondi quasi vivessero l’uno dentro l’altro non
potevano essere più diversi. Non aveva più
rivisto il signore dalla lunga barba grigia che aveva incontrato nella
sua casa, se non la prima sera durante il banchetto di benvenuto ai
nuovi arrivati: non l’aveva degnata neanche di uno sguardo e
si era sentita più sola che mai. Ad essere onesti, quel
luogo le faceva un po’ paura, con tutti quei dipinti animati
e i fantasmi che si aggiravano nei corridoi del castello.
Aveva conosciuto
pochissime persone, anche perché a detta di tutti
quell’anno si erano viste meno ragazze che in tutta la storia
di Hogwarts, e i maschi della sua casa sembravano tutti felici,
emozionati e così indipendenti da non accorgersi di quanto
fosse spaesata e di quanto lei avesse bisogno di una mano amica.
L’unico che ogni tanto si mostrava gentile verso di lei era
un ragazzo che frequentava il secondo anno, con l’espressione
curiosa, il naso pieno di lentiggini e una cascata di capelli rossi
sempre spettinati: Bill Weasley aveva il carisma del leader e il buon
cuore delle persone nate nelle famiglie semplici, ma il primo molto
spesso gli impediva di accorgersi di chi aveva bisogno del secondo.
Dopo un’iniziale pacca sulle spalle e un
“Complimenti!” urlatole quando la prima sera il
Cappello Parlante aveva destinato Daisy nei Grifondoro,
c’erano stati pochi episodi per scambiare qualche parola di
più. D’altronde Daisy occupava tutto il suo tempo
a recuperare le lacune che si portava dietro dalla nascita e neanche
lei creava molte occasioni per socializzare.
Ma quella sera era
diverso, quella sera Daisy aveva deciso che avrebbe lasciato Hogwarts e
che sarebbe tornata a casa dai suoi genitori, frequentato una scuola
babbana e che avrebbe dimenticato per sempre l’esistenza
della magia e tutti gli annessi e connessi. La goccia che aveva fatto
traboccare il vaso era stato un gufo ricevuto quella mattina, dove i
suoi genitori le comunicavano che sua nonna era caduta e si era
fratturata una gamba, di conseguenza stavano partendo per
l’Irlanda, dove viveva la donna, e sarebbe
stato meglio per Daisy se avesse passato il Natale nella nuova scuola,
dove erano sicuri si trovava benissimo e si era già fatta un
sacco di amici.
Ma lei amici non ne
aveva, non si trovava bene e sentiva la mancanza dei suoi genitori. Per
questo dopo aver meditato a lungo sul da farsi per tutta la giornata,
dopo cena era uscita di nascosto dalla sala comune dei Grifondoro per
andare alla ricerca del preside Silente per chiederle di rimandarla a
casa.
Vagare di notte per il
castello, con i fantasmi che sbucavano dagli angoli meno probabili, non
fece che aumentare l’ansia che Daisy provava:
l’enormità dell’edificio, il labirinto
di corridoi e le luci soffuse la mandarono in confusione e dopo aver
avuto l’impressione di esser ripassata per lo stesso identico
punto per almeno tre volte si arrese davanti una grande porta di legno,
in cima a quella che presumibilmente era la torre ovest del castello.
Aprì la porta e tutta la sua frustrazione esplose non appena
si rese conto di essere nella Guferia, ovvero il luogo che ospitava i
gufi degli studenti e quelli del castello. Non capì come, ma
la sensazione di essere sola al mondo la investì come un
treno in corsa, e in panico scoppiò in lacrime, riuscendo
solo a farfugliare le parole “mamma” e
“casa” indistintamente tra un singhiozzo e
l’altro. Non le importava di sembrare ridicola, nessuno
l’avrebbe vista in quel momento di debolezza, e anche se
l’avessero vista entro pochi giorni lei sarebbe tornata a
casa e dopo qualche settimana si sarebbero dimenticati di lei. Mentre
dava sfogo alle sue lacrime e alla sua disperazione, qualcosa nella
luce soffusa della Guferia si mosse, unito al frusciare di una veste:
per un attimo Daisy sperò che si trattasse del professor
Silente, ma quando vide chi si celava dietro quell’ombra
scusa quasi non raggelò. Avrebbe riconosciuto quel vestito
nero con tanto di mantello ovunque, per non parlare di quello sguardo
severo e di quei capelli neri come la pece che ornavano il viso duro
come se fossero due macabre tende: il professor Piton, insegnate di
Pozioni, una delle materie in cui Daisy riusciva a dare il peggio di
sé, era davanti a lei, con un piccolo foglio di pergamena in
mano, e la guardava come se fosse il più raccapricciante
spettacolo sul mondo.
“Signorina
Ackerley” disse con voce
piatta “Sarebbe così gentile da spiegarmi
cosa ci fa in giro a quest’ora di notte per il castello
nonostante sia ben consapevole del fatto che sia proibito per tutti gli
studenti uscire dalle proprie sale comuni dopo la
cena’?”. Aveva parlato senza respirare, il che
contribuì a renderlo per certi verso ancora più
sgradevole, se mai fosse stato possibile.
Daisy era
letteralmente paralizzata del terrore, nonostante tutto
riuscì a reprimere un singhiozzo e tirando su col naso
rispose: “Mi sono persa,
signore!”
“Lo vedo, il
mio acume è decisamente più brillante del suo! Mi
vedo costretto a comunicarle che la prossima infrazione
verrà severamente punita con l’espulsione dalla
scuola, mentre per il momento dieci punti in meno a Grifondoro
potrebbero essere sufficienti per farle capire la lezione. Mi
sbaglio?”
La bambina scosse la
testa con energia ma non riuscì a fermare le lacrime che le
scorrevano sul viso. Piton storse la bocca in una smorfia di disprezzo.
“Lei
può farlo davvero, signore?” chiese Daisy
d’un soffio.
“Che
cosa?”
“Espellermi.
Mandarmi a casa, signore!”
Quella risposta doveva
aver scatenato la curiosità dell’insegnante che
improvvisamente si chinò per guardare la bambina negli
occhi, che però erano sfuggenti e sembravano trovare il
fazzoletto che stringeva tra le mani estremamente interessante.
“Mette forse
in dubbio la mia autorità, signorina Ackerley?”
“No
signore!” si sbrigò a ripondere.
“Allora che
significa?”
Daisy
sollevò lo sguardo e con gli occhi colmi di lacrime rispose:
“Vorrei lasciare Hogwarts, signore”,
Quelle parole appena
sussurrate dovevano averlo turbato, ma l'insegnate sgranò
gli occhi come se stesse chiedendo al suo cervello conferma di quanto
avesse appena udito. “Ho sentito bene? Vorrebbe
abbandonare la scuola? E per quale motivo vorrebbe gettare alle ortiche
l’opportunità migliore che forse
l’è mai capitata nella vita?”
Daisy sentì
nuovamente le lacrime uscire prepotentemente dagli occhi, ma
cercò di ricacciarle per darsi un minimo di contegno, una
parvenza di dignità.
“Perché
non sono capace signore. Non mi trovo bene e credo di non piacere a
nessuno. Non sono come tutti gli altri. E’ difficile, non
sono portata…” e diventando rossa
dall’imbarazzo con un sussurro
aggiunse “… e mi manca la mia
casa!”
Il professor Piton si
portò in posizione eretta e diede le spalle alla piccola
Daisy, iniziando a camminare in silenzio avanti e indietro, come se
stesse pensando al da farsi. Poi, improvvisamente parlò con
duro e aspro, e furono delle parole che Daisy non avrebbe mai pensato
di poter udire proprio dal professor Piton.
“Signorina
Ackerley, potrei rimandarla a casa in questo preciso istante se solo
fossi convinto che sarebbe la soluzione migliore per lei. Sono
però spiacente di informarla che non sempre nella vita si
è padroni di scegliere ciò che si vuole, per
tanto è necessario adattarsi agli eventi. Buttare
l’opportunità coltivare il dono che ha
è decisamente l’idea più stupida che
potesse venirle in mente. So che è troppo giovane per
rendersene conto, ma dovrebbe ringraziare il fato che ha fatto si che
lei avesse i suoi poteri e che le ha dato
l’opportunità di conoscere un mondo che la maggior
parte dei babbani neanche sospetta. D’altro canto, se lei
pensa di non essere forte abbastanza perché ‘non
piace a nessuno’ o perché vuole ‘tornare
a casa’, non penso che tornare alla
‘normalità’, alla sua vita precedente,
potrebbe essere utile: potrebbe ritrovarsi nella stessa situazione
anche in una comunità priva di poteri magici. A questo
punto, dato che sempre nella vita dovrà lottare per ottenere
qualcosa, mi permetta di porgerle un quesito: preferisce lottare fuori,
per le cose comuni, semplici e banali, o preferisce lottare dimostrando
a sé stessa che può migliorare e incrementare le
sue doti fuori dal comune?”.
Daisy non rispose:
guardava a bocca aperta il suo insegnante di pozioni, che in quel
momento le dava le spalle, mentre imprimeva nella sua mente ogni
singola parola. In fondo aveva ragione, e se una volta tornata a casa
si fosse ritrovata nella stessa situazione? O peggio, e se un giorno si
fosse pentita di quella stupida idea? Mentalemente decise che se il suo
destino era quello di diventare una strega era quello che avrebbe fatto.
Severus Piton si
voltò a guardarla e senza attendere una risposta alla sua
domanda chiese: “Sa come tornare al suo dormitorio, signorina
Ackerley?”
“No
signore!” rispose Daisy con decisione.
“Allora le
farò strada, sperando che questa le rimanga bene impressa
nella mente. Anche se mi auguro di non vederla mai più
vagare per il castello di notte, siamo bene intesi?”
“Si
signore!”
“E
un’ultima cosa…” aggiunse “Non
creda che le motivazione che mi ha dato o il fatto che lei stesse
piangendo mi tratterranno dal togliere dieci punti alla sua casa. La
vita può essere molto ingiusta a volte, ed è ora
che lei lo capisca.”
Daisy annuì
con decisione, ma non le importava. Mentre usciva dalla guferia al
fianco del professor Piton, giurò di averlo visto sorridere
mentre chiudeva alle sue spalle la pesante porta di legno. ‘Devi essertelo proprio
sognato…!’ pensò fra
sé.
***
Col passare dei mesi e
degli anni, Daisy ripensò spesso a quella notte nella
guferia. Chissà se avesse incontrato Silente le cose
sarebbero andate diversamente? L’incontro con Piton aveva
decisamente cambiato il suo atteggiamento nei confronti della sua
permanenza a scuola e dell’impegno nello studio. Era
migliorata tanto fino ad essere la migliore del suo corso, e se prima i
suoi compagni la ignoravano, adesso la evitavano perché la
trovavano saccente e ‘secchiona’, ma poco le
importava.
Era rimasta un animale
solitario, con poche e superficiali conoscenze. Le piaceva passare il
poco tempo libero che si ritagliava tra una lezione e una seduta in
biblioteca, ad esercitarsi. Fin da piccola era capace di farsi spuntare
strane orecchie pelose, dei lunghi e sottili baffi neri, e una volta
addirittura una coda, ma non era mai riuscita a trasformarsi in un
animale completo. Sapeva cosa fosse un Animagus e dentro di
sé sperava avesse le capacità per trasformarsi
completamente, ma non ci era mai riuscita. Era faticoso, e a volte
molto doloroso, ma nonostante su tutti i libri sull’argomento
che era riuscita a trovare in biblioteca era riportato che la
trasformazione per un principiante poteva essere molto pericolosa,
Daisy era sempre riuscita a far sparire eventuali baffi, orecchie o
code con estrema facilità. Rimaneva davanti allo specchio
del dormitorio femminile studiando il suo corpo, cercando
anche il più minimo cambiamento, ma oltre alle piccole
trasformazioni di cui era gia’ capace, a parte il cambiamento
dei suoi capelli e dei peli delle braccia da biondo intenso a
rossiccio, non era riuscita a fare altro. Era tentata di chiedere
consiglio alla professoressa McGranitt, ma d’altra parte
sapeva che se davvero fosse diventata un Animagus si sarebbe dovuta
registrare presso il Ministero della Magia, e per un motivo che neanche
Daisy era in grado di spiegare, questa idea non le piaceva affatto.
Anche se non lo
avrebbe mai ammesso, aveva iniziato ad ammirare
l’atteggiamento del professor Piton e fece di lui il suo
mentore segreto. Ne imitava l’atteggiamento e la
serietà, l’attaccamento al dovere, ma questo non
le permetteva comunque di eccellere in Pozioni. Era più
forte di lei: il miscuglio di erbe, interiora, polveri ed estratti non
era il suo forte, ma ogni tanto notava dietro l’aspetto
burbero e disinteressato del suo maestro un aiuto, un consiglio velato
che la portava per lo meno a non creare miscele esplosive, nonostante
appartenesse ad una casa che non ricadeva propriamente nelle grazie
dell’insegnante. Oppure era frutto della sua immaginazione?
Dentro di sé nutriva la speranza che non fosse
così, che anche lui dopo quella notte alla Guferia avesse
capito che lei aveva solo bisogno di incoraggiamento e
perché no, un qualche suggerimento, per riuscire nella sua
strada. Che poi, quale fosse la sua strada ancora non lo sapeva.
Cercava di fare il suo meglio per eccellere, ma si sentiva sempre
fortemente legata al mondo babbano, alle sue origini, e di conseguenza
più passava il tempo e mentre i suoi compagni decidevano il
loro corso di studi per intraprendere una chissà quale
carriera all’interno del Ministero della Magia, lei
organizzava il suo piano di studi in modo da non abbandonare le lezioni
di Pozioni. Quello che ne sarebbe stato della sua vita
l’avrebbe deciso la vita stessa; nel frattempo sperava che il
momento di lasciare Hogwarts tardasse ad arrivare il più
possibile.
***
Ciao a
tutte! Eccomi qui col secondo capitolo. Sono stata veloce eh? Vi
dirò, sono talmente presa da questa storia che scriverei in
continuazione! Voglio ringraziare tutte colore che hanno letto, hanno
lasciato una recensione, e hanno inserito la storia tra le seguite e le
preferite… vi giuro che non mi aspettavo così
tanto seguito!!! Grazie, grazie, grazie a tutte, specie a TheGhostOfYou
che mi incoraggia così tanto!!!
In questo capitolo
torniamo un po’ indietro nel tempo e iniziamo a scoprire
questo misterioso personaggio femminile: la regressione era
d’obbligo per presentarvi la misteriosa ragazza e il legame
che in seguito si instaurerà con Voi-Avete-Capito-Chi (no,
non parlo di Lord Voldy, mhuahuah!!!). Spero vi piaccia.
Per chiudere vi
informo che ho una pagina Facebook e se vi va potete seguirmi
semplicemente cliccando QUI.
Nel
frattempo vi saluto con un abbraccio!
Xoxo Dahlia
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Un Incontro Inaspettato ***
Capitolo 2 - Un Incontro
Inaspettato
Il giorno in cui Daisy
Ackerley lasciò la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
pioveva a dirotto, e con una punta di romanticismo la ragazza
ipotizzò che quel tempo fosse un riflesso del suo stato
d’animo. Non aveva più un posto dove andare,
né famiglia a cui tornare: nel corso degli anni era
venuto a mancare preima suo padre per un disastroso incidente
sul lavoro, e solo un anno dopo sua madre lo aveva raggiunto, lacerata
dalla perdita del suo grande amore. La casa a Stanford-Le-Hope era
stata venduta il Natale precedente, in modo che Daisy potesse
assicurarsi qualche risparmio per il futuro: in poche parole
poteva considerarsi una senza tetto dato che non aveva parenti prossimi
da cui tornare. Quando varcò per l’ultima volta il
grande cancello della scuola si voltò per
imprimere nella mente i dettagli di quella struttura che inizialmente
le era sembrata un’antica prigione, ma che fino a pochi
minuti prima considerava casa. Rischiò di essere
scaraventata per terra una dozzina di volte da orde di ragazzi
esultanti per la fine dell’anno scolastico: ormai era ben
abituata a risultare invisibile. Per la prima volta si
maledì per esser stata così così
chiusa, scontrosa e solitaria; non aveva neanche un amico e stranamente
ne sentì la mancanza. Forse se ne avesse avuto uno
quell’addio sarebbe stato meno triste e complicato. Quando
stava per voltare le spalle al castello vide sul grande portone
intagliato il professor Piton, circondato da tutto il corpo docenti al
completo. Tutti ridevano e parlavano tra loro, tranne lui. Ancora
sentì quello strano senso di appartenenza verso
quell’uomo. Combatté l’istinto di
andargli incontro per chiedergli un consiglio, cosa avrebbe dovuto fare
adesso che non aveva nessuno al mondo. I loro sguardi si incrociarono
per l’ultima volta e lei gli rivolse un timido sorriso, prima
di voltare per sempre le spalle ad Hogwarts e partire verso
l’ignoto.
***
Lasciata Hogwarts,
Daisy aveva lasciato anche il Regno Unito. Ormai non aveva
più nulla che la trattenesse nella sua terra
d’origine e decise di intraprendere un viaggio alla ricerca
del suo vero io. Si, perché se c’era una cosa che
aveva capito in quegli anni è che non sapeva chi o cosa
fosse: era in bilico tra due mondi ma era consapevole del fatto che
dovesse fare una scelta, decidere a quale mondo appartenere. Lei era
una strega, ma era anche una giovane babbana e sentiva la
necessità di vivere come tale. Vagò per due anni
per l’Europa, spostandosi di paese in paese, di villaggio in
villaggio, ma ben presto acapì che non era solo il suo paese
ad avere una così rigida regolamentazione sull’uso
della magia: era opinione diffusa, e difesa anche dalla Confederazione
Internazionale dei Maghi, che mondo magico e mondo babbano non
potessero coesistere, quindi a livello internazionale vigevano delle
regole che Daisy trovava molto difficile seguire, le stesse che trovava
assurde nel Regno Unito. Perché non poteva praticare la
medicina e apporre della magia laddove gli intrugli babbani fallivano?
Perché non poteva semplificare la sua vita da strega con la
tecnologia? La risposta a quest’ultimo quesito la ebbe sulla
propria pelle mentre cercava di far funzionare un semplice telefono con
la magia: le interferenze create dagli incantesimi aveva fatto quasi
saltare l’apparecchio, provocandole un’ustione
all’orecchio che le aveva impedito di dormire per diverse
notti. Sembrava non ci fosse rimedio alla sua inquietudine in nessun
luogo. Dopo 730 giorni passati a vagare tra un posto e
l’altro, aveva deciso di tornare in Inghilterra, dove almeno
non avrebbe avuto lo scoglio invalicabile della lingua. Si, ma che
fare? Cercare un impiego presso il Ministero? No di certo, avrebbe
dovuto trasferirsi a Londra, ed era troppo cara, troppo caotica e
troppo tutto. Avrebbe potuto viaggiare usando la Metropolvere o
Smaterializzandosi, ma non amava particolarmente questi due sistemi di
trasporto: soffriva di claustrofobia ed entrambi i metodi la mettevano
in agitazione. Per non parlare del fatto che il ministero si trovava
sotto Londra stessa. Non avrebbe mai potuto passare una vita dentro i
cunicoli incantati del sottosuolo. Era fuori discussione. Decise allora
di aprire una piccola attività babbana nel villaggio magico
di Godric’sHollowche le permettesse di coniugare i due
aspetti della sua vita pacificamente, fornendo di nascosto ai babbani i
benefici della magia, trasformando così la sua battaglia
nella sua vocazione. Aprì una piccola bottega, un’
erboristeria, che chiamò "Alchemilla- Erbe Mediche e
Unguenti". Col tempo , nel corso dei suoi lunghi viaggi aveva affinato
la sua passione e il suo talento nell'arte delle pozioni, complice
anche il fatto di non sentirsi costantemente sotto esame dal suo
burbero professore, e la sua preparazione in Erbologia era un
qualcosa di cui andava fiera.
In brevissimo tempo
gli affari iniziarono a decollare, al punto che solo al quarto mese di
attività fu in grado di restituire alla banca babbana il
piccolo prestito di cui aveva fatto richiesta per l’apertura
del locale, e la popolarità nel piccolo paese cresceva a
dismisura: anziani, babbani e non, ma anche giovani, ormai si
rivolgevano a lei per quell’estratto di bacche di elicriso
che tanto faceva bene al sonno, o per quella pomata tanto amata dai
giovani che faceva miracolosamente sparire i brufoli. Se solo avessero
immaginato che il misterioso composto era formato da zanne di serpente,
lumache cornute e aculei di porcospino sarebbero stati sicuramente meno
felici. Ma il segreto del suo successo stava anche nel raccontare delle
piccole bugie a maghi e babbani, diluendo le pozioni in modo
da passare per una brava erborista. Offriva anche i suoi servigi a
maghi e streghe troppo anziane per poter preparare da soli le loro
pozioni. Finalmente la sua vita iniziava a prendere una piega
decisamente piacevole. Oltretutto in quel villaggio erano successe
delle cose eccezionali in passato. Oltre alla triste e immane tragedia
dei Potter, quello era il posto dove era nato GodricGrifondoro,
fondatore della casa a cui apparteneva a Hogwarts, ed anche la famiglia
del preside della sua scuola era originaria di lì. Non
avrebbe mai ammesso con nessuno di essere diventata una sciocca
sentimentale, ma quelle due cose la facevano sentire ancora
più vicina all’unico posto che avesse mai
considerato casa sua.
A quasi venti anni
poteva ritenersi realizzata. Non aveva lasciato posto ai sentimenti
nella sua vita, ritenendo che fossero solo un ostacolo alle sue
aspirazioni, ma dentro di sé aveva la certezza innata che le
mancasse qualcosa. Non aveva mai sperimentato l’amore, e
forse non lo avrebbe sperimentato mai. Da poco tempo aveva liberato la
sua mente dall’ossessione segreta di un uomo impossibile, e
ripensando alla sua infantile infatuazione, non poteva fare a meno di
darsi della stupida sorridendo, chiedendosi come fosse lontanamente
possibile aver sperato per un solo istante di avere una
possibilità con lui.
***
Per quello stesso
motivo, la notte in cui lo incontrò a Godric’s
Hollow Daisy pensò che fosse un’allucinazione: tra
tutte le persone che aveva immaginato di poter reincontrare una volta
tornata in Inghilterra, il professor Piton era decisamente
l’ultimo della lista. In cuor suo sperò di essersi
sbagliata quando lo vide accasciato davanti alle rovine di casa Potter
disperato e all’apparenza indifeso. Gli aveva teso una mano,
certa che lui l’avrebbe rifiutata non appena si sarebbe reso
conto di non essere più solo, ma non fu così: un
fremito negli occhi dell’uomo le fece capire che
l’aveva riconosciuta, prese la sua mano e la ragazza dopo
avergli cinto le spalle con un braccio si smaterializzò.
Riapparvero a qualche
isolato di distanza, nel salotto della casa sopra la bottega di Daisy.
Severus non dava neanche l’impressione di essersi reso conto
di trovarsi in un posto diverso rispetto a quello dove era qualche
istante prima e confuso si accasciò sul pavimento. Daisy lo
guidò su una poltrona, lo fece accomodare e
sparì, diretta alla bottega. Qui prese una piccola boccetta
trasparente, ne diluì il composto in un bicchiere
d’acqua: lo diede all’uomo, che dopo pochi istanti
cadde in un sonno profondo e senza sogni.
***
Severus si
risvegliò diverse ore dopo, confuso, con una coperta
adagiata sul corpo. Aveva male al collo, a causa della posizione in cui
si era addormentato su quella poltrona. Cercò di fare mente
locale ma non riusciva a riconoscere il posto in cui si trovava. Aveva
pochi ricordi della sera prima. Ricordava di essere corso sulla tomba
di Lily, spaventato dagli avvenimenti delle ultime settimane e dal
bruciore che sentiva crescere di giorno in giorno sul suo braccio
sinistro. E poi…? Ricordava di essersi incamminato per le
vie di quella città, nel buio della notte e di essersi
ritrovato davanti alla casa in cui aveva visto il corpo esanime della
sua Lily, e poi, la visione. Sicuramente doveva essere stata una
visione. Aveva visto la sua Lily venirgli incontro e tendergli una
mano. Accecato dal dolore l’aveva presa, convinto che lei
fosse li per portarlo via da quella vita che era diventata arida e
insignificante da quando aveva lasciato quel mondo. Poi il vuoto.
Si guardò
intorno e cominciò a percorrere quella stanza in tutta la
sua grandezza, alla ricerca di un indizio che gli facesse capire chi
l’aveva salvato la notte precedente. La grande poltrona
moderna sulla quale aveva riposato si trovava vicino a una finestra ,
dalle cui tende spesse filtrava il sole: la scostò appena,
quel tanto che gli bastò per capire che si trovava al primo
piano di un edificio indipendente, sopra quello che all'apparenza
sembrava essere un negozio o una bottega, dato il frequente andirivieni
della gente. Si voltò e a grandi passi si
avvicinò al camino: sopra una mensola vi erano appoggiate
diverse fotografie, ma nessuna di queste fu di grande aiuto. Ritraevano
una giovane coppia di babbani, che sorridevano
all’obbiettivo, con alle spalle una villetta bianca e immense
quantità di fiori colorati alle finestre. La mano che aveva
scattato quella foto doveva essere giovane o inesperta:
l’inquadratura era storta e i soggetti non erano messi
perfettamente a fuoco. Deluso riprese a guardare altri ritratti di
quella coppia, che da giovane diventava sempre più adulta,
ma nulla gli diede l’idea di chi fossero. Era tentato di
scappare come un ladro, non c’era cosa che più
odiava al mondo del ritrovarsi in una situazione a lui sconosciuta, ma
la sua buona educazione gli intimava di ringraziare per
l’aiuto e l’ospitalità concessagli per
quella notte.
Tese
l’orecchio alla ricerca di qualche rumore che potesse fargli
percepire la presenza dei proprietari di casa, e udì un
lieve rumore provenire dal piano di sotto. Seguì il suono,
uscendo così dal salotto. Si ritrovò in un
corridoio luminoso, con poche porte che presumibilmente conducevano
alle camere, ed in fondo vide la scala. Facendo attenzione a non fare
troppo rumore, scese la rampa di scale che lo separava dal piano terra.
Una volta poggiato il piede sull’ultimo gradino,
alzò lo sguardo e trattenne il respiro per la sorpresa: si
trovava in un vero e proprio laboratorio, con pozioni in ebollizione ed
erbe a macerare. Alcune piante erano appese dalle radici,
presumibilmente per far spargere l’essenza in tutte le sue
parti verdi, altre ribollivano in calderoni. Due bilance in ottone
occupavano un piano da lavoro in marmo sulla parete orientale del
laboratorio, mentre provette in cristallo e pile di calderoni erano
sparse ovunque. Una parete in legno con una piccola porta separava
quell’ambiente dalla bottega.Severus sorrise tra
sé: quel laboratorio sarebbe stato il sogno del giovane
Piton. Lui, una volta finita Hogwarts svolgeva i suoi piccoli
esperimenti con le erbe nei luoghi più disparati, costretto
a traslocare di volta in volta a seconda dei piani del Signore Oscuro.
Gia’, il Signore Oscuro… per un attimo,
affascinato dal luogo in cui si trovava, aveva quasi scordato il motivo
del suo viaggio fino a Godric’sHollow. Lord Voldemort era
tornato. Alcuni dei suoi più “fedeli”
seguaci, quelli che erano riusciti ad evitare Azkaban incantando i
presenti con favole del tipo “Voi-Sapete-Chi mi ha costretto!
Era sotto incantesimo!”, smaniavano dalla voglia di tornare
sotto il Lato Oscuro, e avrebbe scommesso tutto l’oro che
possedeva alla Gringott che non avrebbero tardato a cercarlo.
Un rumore improvviso
lo destò dai suoi pensieri. La porta divisoria si
aprì e una ragazza dai lunghi capelli biondi
entrò nel laboratorio, con le braccia cariche di pacchetti e
tra le mani un pesante mazzo di chiavi. Severus si
immobilizzò. La ragazza alzò lo sguardo e quando
lo vide fu sorpresa. Gli sorrise. C’era qualcosa di familiare
in quello sguardo, inutile negarlo, doveva averlo gia’ visto
da qualche altra parte… ma dove?
-
“Professore! Buongiorno… non pensavo di trovarla
in piedi!” – gli si avvicinò per
poggiare i suoi pacchetti sul piano da lavoro di fianco Severus, che la
guardò meglio sotto la luce fioca della lampadine e
all’improvviso capì.
Daisy Ackerley lo
guardava con lo stesso sguardo di riverenza e curiosità che
gli aveva rivolto per sette lunghi anni ad Hogwarts. Ricordava come se
fosse ieri la notte in cui lei tra le lacrime gli chiese di espellerla
dalla scuola, credendo di non avere il talento necessario per diventare
una strega. L’aveva osservata per tutta la durata dei suoi
studi, incapace di ammettere a sé stesso che quella bambina
solitaria e spaurita gli ricordava il Severus bambino, e che forse era
per quello stesso istante che non era mai stato capace di non aiutarla
velatamente.
- “Signorina
Ackerley…” –
-
“Daisy!” – lo interruppe lei,
rivolgendogli un grande sorriso.
Severus le rivolse uno
sguardo contrariato; - “Signorina Ackerley… la
…ringrazio. Sono compiaciuto di vedere che sta bene ma credo
sia il momento di togliere il disturbo”.-
La
“Signorina Ackerley” lo guardò come se
Piton stesse parlando in una lingua incomprensibile, non riuscendo a
nascondere affatto la delusione provocata dalla asettica frase.
L’uomo si accorse dell’indelicatezza e
cercò di rimediare.
-
“Ha… messo su un discreto laboratorio di pozioni,
signorina Ackerley.”-
-
“Grazie” – o per lo meno quello fu il
senso che Severus attribuì al grugnito scontroso che lei gli
rivolse.
- “Di cosa
si occupa? Rivende pozioni?” –
- “Rivendo
pozioni diluite ai babbani, sa… problemi di insonnia,
brufoli, depressione. Qualcosa anche per la memoria. E per qualche mago
non più in forze preparo le pozioni. Loro mi portano
l’occorrente e io faccio tutto il lavoro.”
–
Daisy alzò
lo sguardo sopra l’uomo, che osservava con discreto interesse
un fungo Orclumpo ma aveva assunto un’espressione contrariata
alle parole della giovane. Rimase in silenzio qualche minuto e poi
sentenziò: - “La nobile arte delle pozioni
mercificata alle banali esigenze dei babbani. Non trova anche lei che
rischioso che il tutto risulti di conseguenza…
banale?” –
- “Oh, mi
scusi, non era mia intenzione ridicolizzare il nobile scopo della
pozione per Foruncoli, professore!” –
I lor sguardi si
scontrarono per un attimo, poi quello della ragazza si
addolcì. Prese a frugare dentro i pacchetti e a scartare
piccoli funghi e pietre.
- “Cosa lo
porta a Godric’s Hollow professore?”
– chiese con lo sguardo basso su dei germogli di
coriandolo.
- “Una
semplice passeggiata.” –
- “Nel cuore
della notte, in stato confusionale, davanti a casa Potter?”
–
- “Non credo
che l’argomento la riguardi.” –
La ragazza
incassò il colpo e rimase in silenzio per qualche minuto.
Poi, mentre Severus Piton indugiava sul contenuto che ribolliva
all’interno di un calderone incalzò.
- “Non ha
niente a che vedere con quello che si sussurra in
città?” –
Il professore
alzò di scatto la testa dall’intruglio
magico per farsi vicino alla ragazza, scrutandola con occhi severi.
- “Cosa si
sussurra in città?” –
-
“Beh… la signora Bath, dice che il professor
Silente si è fatto sfuggire qualcosa a proposito di
Voi-Sapete-Chi, di un suo presunto ritorno.” –
- “E cosa le
fa pensare che io c’entri qualcosa con questa
storia?” –
Daisy era in
difficoltà. Prese un profondo respiro e disse d’un
fiato: - “Beh, non è successo che proprio a casa
Potter Voi-Sapete-Chi è stato sconfitto? Lei era
lì stanotte quando l’ho trovata, e fino a prova
contraria lei lavora ad Hogwarts, e visto che a quanto pare
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è riuscito ad entrare
dentro la scuola, ho pensato che la sua presenza qui a
Godric’sHollow non fosse una coincidenza. Tutto
qui!” -
L’ultima
frase l’aveva pronunciata un’ottava sopra il suo
normale tono di voce e non appena se ne rese conto le sue guance si
colorarono di porpora.
Piton la osservava con
curiosità. – “Non la ricordavo
così permalosa.” –
- “Devo
esserlo diventata.” –
- “Signorina
Ackerley…” –
-
“Daisy!” –
L’uomo
storse il naso ma si arrese. – “ Signorina Daisy,
solitamente lei da ascolto alla signora Bath?” –
Daisy ci
pensò un po’ su prima di rispondere. Bathilda Bath
era una donna colta, e di certo non si poteva negare che avesse
conoscenze influenti, ma in realtà Daisy aveva come
l’impressione che la ragione stesse inziando ad abbandonarla.
In effetti non era tanto sicura che quello che andava dicendo per tutta
Godric’s Hollow fosse la realtà, e ad essere
onesti non godeva più della credibilità di quella
piccola comunità.
Per un qualche motivo,
Severus non se la sentì di mentire e raccontò
alla ragazza gli avvenimenti dell’ultimo anno ad Hogwarts: le
disse come l’arrivo dei figli di Potter fosse coinciso con la
ricomparsa di Lord Voldemort, del professor Raptor e dei suoi tentativi
di appropriarsi della pietra filosofale, di come tre ragazzini
undicenni avessero mandato all’aria i piani del Signore
Oscuro.
- “E il
professor Silente che ne pensa di tutto questo?” –
chiese la ragazza.
- “Silente
ha un piano ben preciso, presumo. Ma non è ancora degno di
essere svelato.” –
- “Ed
è per questo che lei è qui? Intendo
dire… E’ qui su indicazione di Silente?”-
-
“Perché tante domande sul professor
Silente?” –
Daisy si morse il
labbro inferiore. Piton riconobbe quel gesto: lo faceva sempre quando
si trovava in difficoltà, quando aveva paura di dire un
qualcosa. Lo aveva fatto per anni, ogni volta che lui la metteva alla
prova chiedendole gli ingredienti delle varie pozioni studiate.
- “Beh vede,
non saprei. Ho sempre stimato Silente ma… Da quando sono qui
ho iniziato a sentire delle cose strane sul suo conto. Sa, la signora
Bath conosceva Silente e la sua famiglia e a volte si è
lasciata scappare delle cose, anche a proposito di Gellert Grindelwald.
Non che io creda a tutto ciò che la signora Bath dica, ma
ecco, sono cose che ti fanno vedere gli avvenimenti da
un’altra prospettiva, non so se mi spiego.”
–
- “Quali
cose?” –
- “Beh, dice
che non è sempre stato così a favore della causa
babbana e della loro integrazione nel mondo magico e cose simili. E che
lui e Grindelwald fossero più vicino di quanto lo stesso
Silente ammetterebbe mai.” –
Piton
metabolizzò la notizia e dopo essersi allontanato dal
bancone disse: - “Non sempre le cose sono così
chiare e comprensibili come ci appaiono.” –
- “Lei
ritiene che siano fesserie?” – chiese con un filo
di voce la ragazza.
- “Questo
sta a lei decidere. Se ritiene questi argomenti degni di essere
approfonditi, lo faccia. Ma non si faccia influenzare. Le cose, i
fatti, così come le persone, spesso possono avere un lato
oscuro che una volta scoperto, preferiremo solo dimenticare.”
–
Ma in un certo senso
stava parlando anche di se stesso.
- “Per quel
che mi riguarda il mio tempo qui è finito. Grazie ancora per
quello che ha fatto per me, signorina Acker…
Daisy.” –
La ragazza si
scostò una ciocca di capelli ribelli dalla fronte e gli
sorrise. – “Sa, è stato bello
incontrarla di nuovo professore.” –
Severus la
guardò. Era raro che non sapesse cose dire, e quella era una
di quelle volte.
- “Se
dovesse tornare a Godric’s Hollow… beh ecco,
magari… Potrei…” –
- “Mi
accontenterei di vederla diluire le pozioni con infuso di ginepro.
Nasconde i composti magici alle più attente analisi. Adesso,
se non le dispiace…” – fece un
cenno col capo e dopo pochi secondi riapparve nella sua dimora di
Spinner's End. Solo. Per qualche minuto aveva scordato
l’incessante bruciore al braccio. Cercò di
scacciare via quel fastidioso dolore concentrandosi sulle poche cose
piacevoli che ricordava. In tutto quel che faceva c’era una
traccia di Lily, ma per un breve istante un fremito di eccitazione lo
pervase, come quando sperimentava una nuova pozione e poi ne verificava
gli effetti. Stranamente le parole della ragazza lo colpirono
più di quanto avesse immaginato, e dentro di sé
si ripromise che avrebbe tenuto gli occhi più aperti del
solito.
***
Tadaaaaan!
Dopo tanto ci sono riuscita! Scusate il ritardo ma a lavoro
è periodi di terremoti e uragani e quindi il tempo
è davvero poco, però faccio del mio tempo per
aggiornare almeno una volta la settimana. Okay, è uscito un
capitolo un po’ più lungo del previsto ma spero di
avervi dato un quadro abbastanza preciso di che personaggio sia Daisy.
Ed ecco che “Chi non muore si rivede!” (lo so,
sarebbe il titolo perfetto per il capitolo ma ho dovuto inventarmi
qualcosa di più serio!!!). Daisy e Severus si incontrano, in
maniera alquanto insolita, e vediamo anche spuntare il pretesto per
alcuni loro incontri futuri, che dove ci porteranno solo Merlino lo sa!
Ringrazio tutte quelle che hanno messo la storia tra i preferiti e che
hanno lasciato una recensione: siete più di quanto mi
aspettassi!!! *____*
Se volete tenervi aggiornate sui miei deliri quotidiani vi
ricordo la mia pagina Facebook, semplicemente cliccando QUI.
Xoxo Dahlia
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Natale ***
Capitolo 3 - Natale
Il
nuovo anno scolastico ad Hogwarts era iniziato da tre mesi e il vento e
la neve imperversavano senza pietà. Le stanze private di
Severus Piton nei sottettanei sembravano costruite nel ghiaccio;
neanche il grande camino riusciva a riscaldare interamente quel piccolo
ambiente, ma poco gli importava. Si era abituato a vivere nel gelo e
quasi non ci faceva più caso se non in quel particolare
periodo dell’anno. Mancavano pochi giorni a Natale e
l’assenza delle lezioni corrispondeva ad un aumento del tempo
libero, cosa che l’uomo non era capace di gestire:
più tempo significava più giornate vuote senza
niente che occupasse i pensieri. Questi, i soliti, si insunuavano nella
sua mente e faticavano ad uscirne. Le sue notti erano scandite dal
solito incubo ricorrente, quello che ormai faceva da più di
dieci anni: si trovava imprigionato in una stanza le
cui pareti erano fatte di vetro e assisteva impotente alla morte di
Lily, solo che negli ultimi mesi gli occhi della donna che amava si
sostituivano con quelli del figlio Harry. Severus si sentiva
solo. Inoltre la certezza che il Signore Oscuro stesse tornando gli
dava l’impressione di avere un cappio al collo che si
stringeva sempre più; si sentiva soffocare e le rare volte
in cui non era tormentato dagli incubi si svegliava nel cuore della
notte dal bruciore che sentiva provenire dal suo avambraccio
sinistro. Sapeva bene che girarsi dall’altro lato del letto
non funzionava, di conseguenza si alzava, preparava le lezioni per il
giorno seguente e cercava di occupare la mente per isolare il dolore.
Ma in quei giorni, senza lezioni da preparare e senza un posto dove
andare, nulla gli recava sollievo.
Poi una mattina,
mentre osservava pigramente il ribollire di una pozione nel calderone,
udì bussare alla sua porta.
-
“Avanti” – disse in tono
piattò, gia’ scocciato da
quell’intrusione.
Minerva
McGranitt, vicepreside di Hogwarts, entrò trafelata nel suo
studio.
-
“Severus, scusa il disturbo. Hai ricevuto un gufo. Ha quasi
staccato un dito a Gazza mentre cercava di recuperare la posta per te.
Credo sia meglio tu venga a prenderlo di persona prima che distrugga
tutta la guferia.” –
Un gufo? Severus
Piton non riceveva posta da anni. Mascherando la sua
curiosità agli occhi di Minerva, che tratteneva a stento la
sua, si incamminò verso la guferia. Al primo piano si
separò dalla donna, che voltò in direzione della
Sala Grande e lo salutò, non prima di avergli
detto -“E’ lo svantaggio del vivere nei
sotterranei Severus. Senza una finestra questi inconvenienti potrebbero
diventare normale routine in poche tempo. Perché non prende
in considerazione la proposta del professor Silente di trasferirsi
negli alloggi del terzo piano della seconda Torre Nord?”- .
L’uomo rispose con durezza alla domanda della donna,
considerata da lui come uno sconfinare in territorio privato,
esclamando duramente: –“Troppi professori curiosi
infestano il terzo piano!” -. L’idea che
quell’idiota di Gilderoy Allock potesse diventare suo vicino
gli faceva accapponare la pelle e di certo Piton non avrebbe retto una
settimana senza la tentazione di Schiantarlo.
Salite le ripide
scale a chiocciola della torre della guferia, aprì la porta
trovandosi davanti Gazza che cercava di colpire il gufo con un manico
di scopa. Tossì per avvertire l’uomo della sua
presenza, il quale, accortosi del professore, quasi sbiancò
in viso e con maldestra furbizia mascherò il suo attacco in
un tentativo di ripulire il pavimento della stanza. Non che potesse
dargli torto però. Il gufo in questione era un gufo comune
che si sarebbe potuto perdere tra la cinquatina di gufi identici della
scuola, ma riusciva a fare più confusione di qualunque altro
animale.
-
“Gazza, non penso che il proprietario dell’animale
sarebbe felice di vederlo ritornare integro per
metà” –
- “Eh?
No beh professore no… io facevo solo il mio…
lavoro, ecco! Facevo solo il mio lavoro!”-
Gli
scoccò un’occhiata torva e attese che
l’uomo uscisse prima di avvicinarsi all’animale:
prese delicatamente il sottile rotolo di pergamena e ne lesse il
contenuto.
“Novità”. Non era
firmato, o meglio, lo era da un semplice disegno di una margherita.
Rigirò il foglio tra le mani pensieroso, e non fece altro
per tutto il resto dei due giorni precedenti. Poi decise, gettandolo
nel fuoco perennemente acceso del camino della sua stanza.
***
Il giorno di
Natale Daisy Ackerley non aspettava nessuno e si apprestava a passarlo
in solitudine, per questo quando sentì bussare alla porta
della sua piccola bottega andò ad aprire controvoglia,
pensando che fosse un cliente alla disperata ricerca di un
regalo dell’ultimo minuto.
-
“E’ chiuso!” – urlò
dal piano superiore, ma il bussare incessante la spinse a scendere per
andare ad aprire. –“Sto arrivando!”-
dissè, più a sé che
all’artefice di quel suono fastidioso, sbuffando mentre
cercava di aprire i chiavistelli che chiudevano la porta di legno del
negozio.
- “Mi
dispiace il negozio è chiuso riapre dopo
Nata…”- ma le parole le morirono in bocca non
appena si rese conto di chi aveva davanti.
Il professor
Piton la guardava stretto nel suo mantello mentre cercava di ripararsi
dalla neve che scendeva fitta, senza dire una parola.
-
“Pro…professor Piton che…? Io non
l’asp... Cioè, è il giorno di Natale e
non mi aspettavo di…”-
Severus le
rivolse uno sguardo interrogativo. – “Mi perdoni.
Non bado molto ai giorni, non mi ero reso conto che fosse Natale. La
lascio alla sua famiglia. Mi perdoni ancora”.- Ed era vero.
Da anni dall’inizio delle vacanze di Natale smetteva di
guardare il calendario e non teneva il conto dei giorni. Non aveva
nulla da festeggiare. Si voltò senza attendere la risposta
della ragazza, contrariato dalla sua stessa sbadataggine, ma Daisy lo
chiamò.
- “No
professore, non intendevo quello. Entri pure, la prego. Sono sola, solo
che non pensavo sarebbe venuto proprio oggi.”-
L’uomo
indugiò sulla proposta e improvvisamente l’idea di
essere li gli sembrò totalmente sbagliata. Poi
pensò a tutta la strada che aveva fatto e sollevando lo
sguardo vide che il tempo poteva solo che peggiorare, quindi
tornò sui suoi passi e seguì silenziosamente la
ragazza all’interno dell’abitazione.
Daisy gli prese
il cappotto e Severus notò subito che l’abitazione
non riportava alcun decoro natalizio, il che lo sorprese.
-
“Signorina Ackerley, come mai è sola il giorno di
Natale?”-
La ragazza si
voltò verso il mago e malcelando un’espressione
triste disse: –“ I miei genitori sono
morti… E comunque, mi chiami Daisy, per
favore…” –
Piton non sapeva
che dire: aveva toccato un tasto delicato e non riusciva a trovare le
parole per scusarsi. Rimase immobile al centro della stanza fino a
quando la ragazza non lo invitò a sedersi e gli
offrì una tazza di the. Era una situazione strana: per
quanto i sensi gli dicessero di stare all’erta non poteva
fare a meno di sentirsi a suo agio in quell’ambiente caldo e
confortevole.
-
“Signorina Daisy, di cosa voleva parlarmi?”
–
Daisy
arrossì ma Severus fece finta di non accorgersene.
Improvvisamente la ragazza non era tanto sicura di ciò che
aveva da dirgli, gli sembravano un mucchio di fandonie e temeva di far
perdere tempo all’uomo. Conoscendone il carattere rude e
spigoloso di certo non si sarebbe messo scrupoli
nell’umiliarla senza pietà per poi andandarsene.
Decise però di essere onesta.
-“ Beh,
in tutta onestà… ecco, stanno succedendo delle
cose strane a Godric’s Hollow negli ultimi mesi. Io sono una
Nata Babbana, ma non sono una stupida e anche se non ho vissuto in
prima persona la Prima Guerra contro Voi-Sapete-Chi, ciò non
vuol dire che non sappia riconoscere certi segni. Le potrei fare un
elenco dettagliato di ciò che avviene a due isolati da qui,
il terzo giorno della settimana, da tre mesi a questa parte. Gruppi di
persone si riuniscono e crescono sempre più, e mi creda
quando le dico che non sono babbani, ne di certo maghi con buone
intenzioni…” –
-“Come
può esserne sicura?”- l’idea di
ritrovarsi lì per delle stupide congetture di
un’altrettanto stupida ragazza iniziava a prendere forma
nella sua testa e sentiva la rabbia montare dentro di sé.
- “Mi
faccia finire, la prego. La signora Bath due settimane fa è
venuta in bottega per una Pozione Restringente e mi ha raccontato anche
lei di queste strane riunioni. Ha avvertito il professor Silente che a
quanto pare deve averle risposto picche, al che lei ha detto che tutto
si sarebbe aspettata tranne che Silente avesse ancora delle certe
affinità con la Magia Oscura. Al che mi sono insospettita.
Perché tirare fuori la magia oscura? Di conseguenza la
scorsa settimana ho fatto in modo di trovarmi vicino al luogo in cui si
riuniscono queste persone e li ho sentiti chiaramente parlare del
ritorno del Signore Oscuro e di agevolarlo". -
Daisy
trassè un profondo respiro non appena ebbe finito il
racconto e abbassò la testa. Perché tutto quello
improvvisamente sembrava non avere un senso?
Piton dal canto
suo rimuginava su quelle parole. Aveva appena avuto la conferma che
qualche sostenitore di Lord Voldermort cercava di agevolarne il
ritorno. Capiva il perché del bruciore del marchio sul suo
braccio: era un richiamo all’Ordine, alle armi,
l’obbligo a combattere? Ma se Silente era stato messo al
corrente di tutto perché non aveva fatto qualcosa per
ostacolarli, per porre fine a quel principio di rivolta sul nascere?
Non era forse lui l’unico mago in grado di intimorire
Voldemort stesso? Che paura potevano infondere in lui un branco di
Mangiamorte? Mille domande lo tormentavano ma non lo diede a vedere. Al
contrario, finse indifferenza. Sollevò lo sguardo sulla
ragazza: -“Questo secondo lei quale senso avrebbe?”
–
Le rispose con
uno sguardo confuso. Cosa significava?
- “Il
fatto che Silente abbia risposto picche” – disse
cercando di imitare la voce di Daisy – “non le fa
pensare che tutta questa faccenda non abbia poi così tanto
peso? O pensa che il preside di Hogwarts stia tramando per il ritorno
del Signore Oscuro?”-
-“ Beh
vede io pensavo che…”-
-
“Oppure ha una tale stima di me da pensare che io potrei fare
qualcosa?”-
A questa frase la
ragazza cambiò letteralmente colore, passando da un lieve
rossore a una tonalità porpora che cercò di
nascondere alzandosi per riporre le tazze nel lavello della cucina.
Severus si rese conto di essere stato nuovamente scortese con la
ragazza, che aveva fatto solo l’errore di dargli delle
informazioni preziose, ma non sapeva trattatenere l’impulso
di essere sgradevole con chiunque.
-
“Signorina Daisy, credo che dovrebbe trattenere
l’impulso di indagare su queste
questioni…”-
-“Tranquillo,
non le farò più perdere tempo!”
– rispose dura dandogli le spalle.
-“Lei
non… lei non mi ha fatto perdere tempo. Solo che qualcuno
potrebbe scoprirla, e se quelle persone sono realmente dei Mangiamorte
che tramano per il ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato lei
potrebbe finire in un mare di guai”. -
Daisy si
girò e gli rivolse uno sguardo interrogatorio.
–“Quindi lei mi crede?” –
-“Le
credo.”- ammise con un cenno della testa.
La ragazza
soppesò quell’affermazione e gli rivolse un timido
sorriso. Fu sollevato da quella reazione e fu costretto ad ammettere a
sé stesso che quell’espressione le si addiceva di
più. Per qualche strano motivo iniziò a
raccontarle degli avvenimenti di Hogwarts, prima superficialmente, poi
si addentrò nei dettagli, informandola
dell’apertura della Camera dei Segreti e degli strani eventi
che sembravano aleggiare attorno a quell’Harry Potter. La
ragazza lo ascoltava attenta e senza interromperlo, il che rese il
tutto stranamente piacevole.
- “E
lei pensa che ci sia la mano di Lord… cioè, di
Voi-Sapete-Chi, dietro tutto questo?” –
Severus
annuì con espressione seria.
-“Quindi
è una specie di guerra su più fronti?”
–
-“Signorina
Daisy, se lei considera questi piccoli e spiacevoli avvenimenti
‘guerra’, non ha la minima idea di cosa potrebbe
accadere se mai un giorno il Signore Oscuro dovesse rientrare in pieno
possesso delle proprie capacità.”-
Per qualche
strana ragione, in quella confessione reciproca di congetture le
nascose che la fonte di tutte le sue conoscenze su Voldemort era il suo
passato da Mangiamorte. Aveva il sentore che potesse dirglielo senza
sentirsi giudicato, ma preferì non correre il rischio. Cosa
avrebbe pensato se avesse saputo che un tempo era stato il braccio
destro del Mago Oscuro più potente di tutti i tempi? Da
quando in qua gli importava cosa potesse pensare una sua ex alunna?
Decise si
accantonare quei discorsi per timore di potersi sbilanciare troppo sul
suo passato, e lievemente passarono ad argomenti
più leggeri.
-
“Professore si diverte sempre a terrorizzare i ragazzini del
primo anno?” –
Piton
strabuzzò gli occhi. Terrorizzare? No, lui non terrorizzava
nessuno. Semmai imponeva disciplina. La sua reazione dovette risultare
molto buffa agli occhi di Daisy, perché questa non
riuscì a trattenere una risata.
- “Ma
come? Davvero non se ne rende conto? Diamine, ed io che ho sempre
pensato lo facesse di proposito!”-
- “No,
ma non le nascondo che non mi dispiace togliere qualche punto a
Grifondoro quando ne ho occasione.” –
tentò un sorriso ma ebbe come l’impressione che il
risultato fosse una specie di ghigno. Non ricordava neanche come si
facesse a contrarre i muscoli facciali in una smorfia di divertimento.
- “Da
bravo Serpeverde, ovviamente… però con me era
diverso! Non mi ha mai tolto alcun punto.” – Daisy
aveva appena sussurrato questa frase con un sorriso timido sulle
labbra, guardandolo di sfuggita.
Severus fu
colpito da quella frase, dal tono che lei aveva usato nel pronunciarla
e dalla verità di quelle parole. Il motivo lo conosceva fin
troppo bene. In quella bambina spaurita e solitaria si era rivisto
bambino e non aveva avuto il coraggio di essere lo sprezzante professor
Piton. Non le rispose dandole una motivazione, cosa che forse lei
cercava, ma si limitò semplicemente a dire –
“E’ vero, non l’ho mai fatto.”
–
Il rintocco
lontano della campana della chiesa fece posare lo sguardo
dell’uomo sull’orologio: si era trattenuto
più del necessario, e nonostante non avesse voglia di
abbandonare quel luogo accogliente, sentiva che trattenersi ancora
sarebbe stato fuori luogo. Si alzò in silenzio sentendosi lo
sguado della ragazza addosso, poi di malavoglia disse: -“
Signorina, ho gia’ abusato fin troppo della sua
ospitalità. Grazie delle informazioni…”
–
-“
Vuole fermarsi? Intendo dire, solo per cena. E’ Natale, io
sono sola e… beh, se vuole… a meno che lei non
debba correre dalla sua famiglia…”-
Riflettè
sull’opportunità di mentirle ma decise di non
farlo.
- “No,
davvero. Non ho nessuna famiglia da cui tornare, ma credo sia meglio
che torni ad Hogwarts, non voglio disturbarla ulteriormente.”
–
- “Ma
lei non mi disturba, professore.” –
Dentro di
sé sorrise, ma non poteva accettare quell’invito
allettante. Doveva ancora passare in un luogo, e il senso di colpa per
non esservisi recato prima iniziava ad attanagliargli lo stomaco.
-
“Grazie, ma non posso…” –
La ragazza gli
rese il suo cappotto e lo accompagnò all’uscita.
Lo guardò un po’ delusa, ma cercò di
nascondere quel sentimento.
- “Beh,
allora… alla prossima professore.” –
-
“Arrivederci signorina Daisy. E mi raccomando, stia fuori da
questioni pericolose”.-
Piton fece per
voltarsi ma lei lo richiamo. Quando si voltò si accorse che
il freddo e la neve aveva iniziato a colorare di rosse la punta del
naso e delle mani.
- “Buon
natale professore!” –
-
“Buon… Natale, signorina Daisy.”
–
- “Per
favore, per favore, solo Daisy, professore, va bene? Solo
Daisy.” –
-
“Daisy…”- disse più a
sé stesso che alla ragazza – “Allora,
non più professor Piton, va bene?” –
- “E
come dovrei chiamarla? Signor Piton?” –
L’uomo
ci pensò su. No. Suonava decisamente altezzoso e quasi
ridicolo.
-
“Severus. Solo Severus.” –
Daisy gli sorrise
apertamente.
- “Buon
Natale Severus.” –
- “Buon
Natale, Daisy.” –
E fu solo quando
si fu voltato che si concesse di sorridere.
***
Qualche minuto
più tardi, attento a nascondersi da sguardi indiscreti,
Severus Piton percorreva il viale del piccolo cimitero di
Godric’s Hollow. Si chinò sulla sua lapide, e dopo
aver evocato una candela e una rosa rossa con un breve movimento della
sua bacchetta, sussurrò al suo amore il suo amore.
***
Ciao a
tutte! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Pensavo che avrei aggiornato
solo in settimana, ma complice il solitario sabato casalingo e le mille
idee, mi sono ritrovata ad ultimare questo capitolo prima del previsto.
Non nascondo che è venuto fuori in maniera più
naturale rispetto a quello precedente, forse perché
finalmente i due protagonisti stanno rompendo il ghiaccio.
Però per chi si aspetta una piccola svolta devo confessare
che ci sarà da aspettare un pochetto. Severus è
un tipetto difficile, mica si scioglie in fretta, eh!
Per il resto vi
prego di non fare caso ai miei errori di battitura (gli occhi e le
forze mi abbandonano!) e ringrazio le lettrici/lettori che mi hanno
messa tra i preferiti e leggono i miei aggiornamenti. Vi chiedo
cortesemente di dirmi in breve, brevissimo, di darmi il vostro parere
sulla storia, per sapere se vi interessa o per avere semplicemente dei
pareri vostri. Mi incuriosce molto.
Per il resto,
nulla. Vi ricordo che potete raggiugere la mia pagina Facebook
semplicemente cliccando QUI.
Un bacio! Xoxo
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Equivoci e Delusioni ***
Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.
Oriana Fallaci, Un cappello pieno di ciliege, 2008
Capitolo 4 - Missioni, Equivoci e Delusioni
Erano passate da poco le feste e Severus Piton aveva cercato invano di trovare da solo un senso agli avvenimenti narratigli da Daisy Ackerley il giorno di Natale, ma davvero non era riuscito a venire a capo a quel mistero fino a quel pomeriggio. Albus Silente lo aveva pregato di recarsi nel suo ufficio per “importanti questioni” e sebbene avesse accettato di malavoglia, riconosceva che quella potesse essere l’occasione giusta per fare luce sui dubbi che lo assalivano. Si sarebba aspettato ogni cosa, ma mai ciò che l’anziano preside gli aveva chiesto.
- “Mi hai mandato a chiamare, Albus?” –
- “Severus! Vieni, siediti. Ho importanti notizie da darti e non credo di poter affidare a nessun altro al di fuori di te la missione importante che si è prefigurata.”-
Piton sentì il marchio bruciare sul suo braccio e cercò di mettere a tacere quella voce che gli diceva che le due cose fossero collegate. Si sedette davanti all’uomo e incrociò le mani in grembo, in attesa.
- “I tempi sono cambiati Severus. Lo scorso anno abbiamo sfiorato la tragedia, proprio qui, ad Hogwarts, e se non fosse stato per Harry Potter solo Merlino sa cosa sarebbe di tutti noi…”-
- “E’ sorprendente la fortuna sfacciata di quel Potter e di quei due ragazzini che gli scondinzolano dietro come se fosse un…”-
- “Suvvia Severus! Sii indulgente. E’ stato bravo e ha dimostrato sangue freddo e…”-
- “E una fortuna sfacciata. Adesso Albus, spero che tu non mi abbia mandato a chiamare per discutere di Harry Potter perché se è così ho cose di meglio da fare.” –
Silente lo guardò placido da dietro gli occhiali a forma di mezzaluna, abbozzando un sorriso.
- “No Severus, non ti ho mandato a chiamare per discutere del giovane Potter. Come dicevo all’inizio ho una missione importante da affidarti. Desidero che tu riprenda i contatti con gli ex Mangiamorte, anche se presumo che chiamarli “ex” non sia più opportuno.”-
Piton strabuzzò gli occhi. Aveva sentito bene?
- “Non credo di poter accettare, Albus. Ho concluso quel capitolo tanto tempo fa.”-
- “Solo tu puoi farlo. Gli narrerai che Hogwarts è una copertura e che sei riuscito a convincermi del tuo pentimento e che solo questo avrebbe potuto salvarti da una certa condanna ad Azkaban, ma che allo stesso tempo non hai mai sperato nel ritorno di Voldemort. Non dovrebbe essere difficile convincerli, in fondo molti di loro hanno fatto la stessa cosa.”-
- “Ma perché? Perché io? Cosa ti fa credere che mi crederanno?” –
- “Semplicemente perché ti offrirai di aiutarli nella loro missione e ti offrirai come spia. Riporterai i fatti di Hogwarts, ovvero i miei, e anche quelli di Harry.” –
Severus era senza parole.
- “Questo ha in qualche modo a che vedere con quello che succede a Godric’s Hollow?” – chiese.
Questa volta fu il turno di Silente di rimanere senza parole. – “Come sei a conoscenza di ciò che accade a Godric’s Hollow?” –
- “Non ha importanza, e comunque, le voci girano.” –
Albus Silente si alzò dalla sua sedia dietro la scrivania, fece qualche passo in direzione della finestra e rimase ad osservare la luna che iniziava a salire nel cielo.
- “Accetterai, Severus? E’ l’unico modo che abbiamo per tenere sotto controllo i piani di Lord Voldemort e dei suoi seguaci, e di prepararci di conseguenza per proteggere il nostro mondo e il ragazzo.” –
Il professore si guardò le mani, ancora intrecciate. Se la missione che si era prefissato, ovvero quella di proteggere il figlio di Lily Evans, lo portava a riunirsi con coloro che erano stati la rovina della sua vita allora non aveva alcuna scelta.
- “Non posso rifiutare.” – disse prima di alzarsi e lasciare l’ufficio del preside senza aggiungere una parola.
***
Nel corso del mese successivo, Severus Piton si mise al lavoro per portare avanti quella sgradevole missione. Solo l’amore che ancora provava per Lily e la promessa fattale sulla tomba anni addietro lo aveva portato ad accettare. Non appena prese quella decisione, il marchio sul suo avambraccio sinistro smise di bruciare continuamente come nei mesi precedenti.
Rientrare in contatto con i Mangiamorte non era stato semplice, ma alla fine, come predetto da Silente, credettero alle sue parole. Se non fosse stato nella fiducia che Lucius Malfoy aveva riposto in lui di sicuro avrebbe necessitato di più tempo, ma dopo quattro settimane tramite Draco aveva ricevuto l’invito, anche se sarebbe stato più esatto chiamarlo ordine, di recarsi a Godric’s Hollow per la sua prima riunione che si teneva proprio quella sera. Provava l’impulso di camminare nervosamente per le sue stanze, ma il suo autocontrollo lo faceva rimanere inchiodato al divano logoro del salotto. Era infastidito, da molte cose a dire la verità. In primo luogo, lo infastidiva il comportamento di Silente. Dopo quella sera si era comportato come se nulla fosse mentre lui si sentiva come se stesse salendo al patibolo. Inoltre il comportamento del giovane Malfoy da quando aveva ripreso i rapporti con suo padre lo irritava: era sfacciato, impertinente e Severus aveva maturato l’impressione che si stesse approfittando del ritrovato rapporto col padre per ottenere buoni voti e favoritismi nella sua materia. Il suo istinto lo avrebbe messo in punizione ogni sera fino al conseguimento dei G.U.F.O. mentre in realtà si sentiva costretto dalla situazione a comportarsi come se Draco Malfoy fosse realmente il suo protetto. Distrattamente lo sguardo gli cadde sull’orologio e si rese conto di essere quasi in ritardo; prese il suo mantello e uscì dal suo studio.
***
Daisy era in attesa. Aspettava con ansia il momento in cui lo avrebbe visto materializzarsi davanti alla sua porta, perché lei sapeva che sarebbe venuto. Batteva nervosamente il piede per terra e ogni due minuti percorreva il tratto che separava la sedia della cucina dove era seduta dalla finestra per scostarne leggermente le tende e guardare verso la strada. Quando sentì il campanello suonare alla porta della sua bottega quasi si spaventò, ma consapevole del fatto che negarsi non avrebbe fatto altro che insospettirlo si recò ad aprire, stringendo saldamente la bacchetta tra le mani.
Severus Piton non le rivolse alcun sorriso quando Daisy gli aprì, ma fece un passo in avanti e la saluto nel modo più cordiale possibile. Si stupì quando si sentì rispondere – “Buonasera a lei, professore…”-
Il tono della ragazza era diverso dal solito, era duro e gli fece pensare che fosse tesa. Poi lo sguardo dell’uomo passò dal viso della ragazza alla sua mano.
Daisy sentiva la presa sulla bacchetta farsi sempre meno salda a causa dell’eccessiva sudorazione della sua mano. Rimasero qualche minuto immobili e in silenzio, studiando la situazione. Fu Piton a rompere il ghiaccio.
- “Signorina Daisy, che cosa fa con quella bacchetta?”-
- “E’ per proteggermi, professore.” –
Severus non capiva. – “Proteggersi da cosa?”-. Qualcuno forse la minacciava?
- “Da lei, professore!”- La ragazza alzò la bacchetta e la puntò contro l’uomo, che la guardava sbalordito.
- “E per quale motivo dovrebbe proteggersi da me?”-
- “Io so!”-
- “Che cosa sa?” – chiese allarmato.
- “Io l’ho vista!” –
- “Lei sta tirando ad indovinare signorina Daisy e sta sbagliando. Se abbassa quella bacchetta potremo far finta che non sia successo nulla e non mi vedrò costretto a prendere la mia dal mantello.” – Severus era certo che la ragazza stesse bleffando. Non poteva averlo visto, non quella sera. Aveva controllato personalmente che nessuno fosse nei paraggi quando si era racato alla riunione con i Mangiamorte, per cui era convinto che stesse tirando a caso, per carpire qualche informazione. Forse qualche voce del suo passato era arrivata alle orecchie della ragazza.
- “NON MI TRATTI COME SE FOSSI STUPIDA!”- urlò la ragazza con la voce tremante, agitando la bacchetta. – “Io l’ho vista con i miei occhi mentre entrava nella casa dove dove si riuniscono quelle persone!!!”-
Era stato scoperto. In un certo senso quella notizia lo rinfrancò. Mentre si recava da Daisy aveva riflettuto sull’eventualità di dirle ciò che stava accadendo, spinto dalla necessità di parlare con qualcuno liberamente e sfogare la sua frustrazione, arrivando però alla conclusione che la notizia avrebbe potuto metterla in pericolo. Il sollievo durò una frazione di secondo, il tempo necessario ad accorgersi l’espressione stravolta e al contempo spaventata, forse delusa, della ragazza. Non seppe spiegare perché anche lui si sentisse deluso e amareggiato.
- “Daisy… la prego, metta giù la bacchetta e…”-
- “E cosa? Non mi interessa! Deve… ecco, deve andarsene!”-
- “Non salti troppo in fretta alle conclusioni.” – un vano tentativo di spiegarsi. Ma perché sentiva la necessità di giustificarsi?
- “Non mi interessano le sue spiegazioni. Io… io pensavo che fosse diverso! Crede che non sappia chi siano quelle persone? Crede davvero che non sappia che sono dei Mangiamorte e cosa tramate?”-
Una parte remota di Daisy voleva calmarsi, abbassare la mano e smettere di minacciare l’uomo davanti a lei con la bacchetta, ma la rabbia o forse la delusione erano troppe forti e le annebbiavano la mente annullando la capacità di ragionare. Inoltre lo sguardo vitreo e inespressivo di Severus Piton non trasmetteva alcuna emozione, né rabbia, né sorpresa, tantomeno dispiacere… Avanzava verso di lei lentamente, sollevando appena la mano sinistra come se volesse afferare la sua bacchetta, fissandola con i suoi occhi neri, profondi e inespressivi. Daisy sentì l’ansia e la paura crescere dentro di lei, iniziando a indietreggiare fino a trovarsi bloccata contro il bancone in legno scuro della sua bottega.
- “Signorina Daisy, le ripeto che credo sarebbe più opportuno se lei trattenesse l’impulso di indagare su certe questioni. Potrebbe essere…pericoloso.”-
Ormai spaventata, senza ragionare Daisy strinse la presa sulla bacchetta e con un deciso movimento del polso esclamò – “Elettro!”-
Una scintilla viola colpì Piton alla spalla destra, e contemporaneamente una scossa elettrica invase il corpo del professore, forte quel tanto per farlo crollare in ginocchio, ma non abbastanza da metterlo fuori gioco o ferirlo. In un istante Severus capì: la ragazza era a conoscenza di più cose pensasse e aveva paura di lui. Come biasimarla? Era risaputo a chiunque facesse parte del mondo magico di cosa erano stati capaci i Mangiamorte, delle loro idee sulla purezza del sangue e del loro odio per chiunque non ritenessero degno di impugnare una bacchetta. E in un secondo decise. Non avrebbe cercato di spiegarsi, giustificarsi, confidarsi. Era cosciente che anche solo una di quelle azioni avrebbe potuto avere delle conseguenze irreparbili nella vita della ragazza e non voleva più sporcarsi le mani di sangue innocente. Voleva proteggerla, e per farlo sarebbe dovuto sparire. Lentamente si alzò dal pavimento, tenendo le mani e bene in vista e cominciò ad indietreggiare tenendo lo sguardo basso. Quando sentì la porta alle sue spalle la aprì con delicatezza; prima di sparire da Godric’s Hollow, alzò lo sguardo su Daisy Ackerley, che lo fissava attonita con ancora la bacchetta sollevata. Avrebbe giurato di aver visto una lacrima scorrerle sulla guancia.
***
Solo quando sentì la porta chiudersi Daisy lasciò che tutta la tensione accumulata in quelle ore esplose in un pianto convulso. Si sentiva ingannata. Non poteva credere che Severus Piton fosse un Mangiamorte, ma allo stesso tempo non capiva il perché del suo turbamento, perché si sentisse così svuotata. Aveva realmente creduto di vedere un po’ di lei in quell’uomo burbero, austero e severo e sbattere con violenza contro la realtà faceva male. Si accasciò sul bancone di legno della sua bottega, lanciando la bacchetta dall’altro lato della stanza. Lo aveva colpito per paura che lui colpisse lei ed era la prima volta che utilizzava la magia con lo scopo di ferire, fare del male a qualcuno. Credeva di aver riposto determinati incantesimi in un angolo della sua mente non ricordandoli per anni, per poi spuntare fuori inconsciamente: aveva sentito un bruciore alla mano, e poi aveva udito la propria voce pronunciare la formula dell’incantesimo Elettro. Ed era stato che in quel momento la paura aveva toccato l’apice: aveva sentito la necessità di fare del male a qualcuno, seppur per proteggersi. Non poteva essere un qualcosa di casuale: un Mangiamorte nella sua casa e un simile incantesimo. Era convinta, avrebbe giurato, che qualcosa di negativo o forse malvagio avesse fatto crescere in lei quell’istinto di colpire, e quel qualcosa, o meglio qualcuno, non poteva che essere Severus Piton.
“Sei una stupida!”pensò più volte. Stupida, perché aveva ceduto all’ingenuità: aveva idealizzato un qualcuno di cui non conosceva niente, solo perché si sentiva tremendamente sola, perché aveva l’assurda presunzione di avere delle speranze, e adesso doveva fare i conti con le conseguenze delle sue illusioni. Ma poi, speranze di cosa? Si sentiva malata. Raccolse controvoglia la bacchetta e decise di riporre gli avvenimenti di quella sera nella scatola dove da sempre riponeva tutto ciò nella sua vita non prendeva la piega desiderata. “Dovrei prendere una scatola più grande!” pensò con amarezza Daisy prima di poggiare delicatamente la bacchetta sulle sue tempie ed estrarre un sottile filamento d’argento.
***
Negli stessi istanti, Severus Piton compiva gli stessi gesti, riponendo i suoi ricordi in ampolle di vetro, gelosamente custodite in una teca delle sue stanze private, nascoste da altre ampolle ricolme di pozioni e ingredienti rari. Sentiva un formicolio nel punto in cui l’incantesimo Elettro lo aveva colpito, o forse era solo il suo senso di colpa a fargli provare quella fastidiosa sensazione. Aveva da anni imparato a mettere a tacere quella voce dentro la sua testa che non faceva altro che ricordargli tutte le atrocità e tutti i crimini di cui si era macchiato, ma adesso, a distanza di anni, gli avvenimenti di quella sera lo avevano turbato al punto di sentirsi la testa scoppiare. Come aveva potuto essere così ingenuo? Era logico che prima o poi il suo legame, passato o presente, sarebbe venuto a galla e che a quel punto non avrebbe più potuto negare. Ma allora perché si era spinto nuovamente fino all’abitazione di Daisy Ackerley? Per parlare? Quella conclusione lo avrebbe fatto ridere in un’altra situazione, ma non in quel momento, perché sentiva quanto fosse maledettamente vero. Era stufo di dover fingere, odiare, negare, nascondere quello che era e anche se per un tempo misero, si era sentito bene nel credere di poter raccontare a qualcuno ciò che era. Si, perché non si trattava di ciò che aveva fatto, ma di ciò che era diventata a causa di ciò aveva fatto. Eppure avrebbe dovuto capirlo da solo che il suo comportamento avrebbe potuto mettere in pericolo la ragazza. Si sentiva in colpa perché era stato ingenuo, perché non era stato attento, e perché non era stato sincero. Ecco perché aveva deciso di mentire anche alla fine. Non avrebbe cercato di spiegarsi, sarebbe stato molto più facile farsi odiare. Però, se tutto aveva un senso, non riusciva proprio a capire come avesse fatto Daisy a scoprirlo insieme ai Mangiamorte. Aveva personalmente controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, e non era neanche stato difficile: il luogo era isolato, ma non circondato da alberi o altri luoghi dove una persona avrebbe potuto facilmente nascondersi. Inoltre sulla neve non erano presenti orme se non quelle degli animali che sfidavano coraggiosi il freddo e la neve. Mentre cercava un senso a queste sue domande, un lieve bussare lo distolse dai suoi pensieri. Senza attendere una risposta, la porta si aprì e Albus Silente entrò nei suoi alloggi. Era raro che il preside abbandonasse il suo studio per recarsi nelle stanze di un professore, e con fastidio Severus arrivò alla conclusione che ciò che aveva fatto stasera avrebbe avuto il potere di animare i gargoyle in pietra che sorvegliavano le torri di Hogwarts senza magia.
- “Severus, porti novità, immagino.”-
Il professor Piton fece un cenno di assenso con il capo e indicando a Silente una delle logore poltrone, si apprestò a fornire il suo resoconto della riunione con i Mangiamorte, tornando ad indossare la maschera del severo insegnante di Pozioni.
***
Eccomi qua! Lo so che sono stata lentissima nel postare questo capitolo ma mi ha fatto sudare: sono rimasta per giorni ferma alle prime due pagine incapace di andare avanti, e poi stasera, improvvisamente, BOOM!, è venuto fuori da solo! Spero vi sia piaciuto! Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, e nel frattempo ringrazio tutte voi che leggono/recensiscono o hanno messo questo mio pasticcio tra i preferiti! Nel frattempo, vi auguro una buona festa dell’Immacolata e vi ricordo che se volete seguirmi fuori da EFP potete mettere mi piace alla mia pagina Facebook a questo indirizzo: https://www.facebook.com/pages/Mrs-Killjoy/209027325794057 Baci Baci, Mrs Killjoy |
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Nessuna Alternativa ***
Capitolo 5 – Nessuna Alternativa
“L’uomo è nato libero, e dappertutto, è in catene.”
Jean Jacques Rousseau
Era una serata insolitamente fredda a Godric’s Hollow nonostante fosse quasi la metà di luglio, o forse era solo Severus Piton ad avere quell’impressione mentre prendeva posto al lungo tavolo rettangolare che occupava quasi interamente la sala principale di quella piccola e isolata dimora che ormai da quasi un anno era il quartier generale dei Mangiamorte. Si era sempre chiesto perché fosse stato scelto proprio quel villaggio come luogo in cui riunirsi e pochi mesi prima aveva scoperto la stupida convinzione sostenuta da molti dei suoi “compagni” che proprio nel luogo in cui il Signore Oscuro era stato sconfitto risiedeva la chiave per il suo ritorno, o come piaceva definirla Lucius Malfoy, la sua “resurrezione”.
Oltre al clima decisamente poco estivo, a rendere fredda la serata era lo stato di agitazione e nervosismo che impregnava l’aria, dovuto ai recenti avvenimenti: Harry Potter era riuscito a mandare a monte il piano di Lucius sconfiggendo il Basilisco nella camera dei segreti, e distruggendo anche il diario di Lord Voldemort, cimelio a cui la famiglia Malfoy era molto legata. Dodici mangiamorte presenti e nessuno parlava; più della metà dei presenti teneva lo sguardo fisso sul tavolo. I pochi temerari che tenevano il capo sollevati lanciavano occhiate furtive da Piton a Lucius e viceversa.
Lucius Malfoy sospirò, ma fu piuttosto un tentativo di attirare l’attenzione dei presenti. – “Severus, abbiamo dei problemi a Hogwarts?”-
Piton sapeva esattamente dove volesse andare a parare l’uomo ma cercò di non perdere la sua proverbiale calma. – “Nessun problema particolarmente significativo, Lucius.”-
-“Nessun.Problema.Particolarmente.Significativo. Nessun problema particolarmente significativo Severus? Quello che è successo di recente ti sembra poco significativo? Dimmi, cosa ci serve uno di noi ad Hogwarts se non riusciamo a far sì ché i nostri piani abbiano successo?”-
- “Il ragazzo è troppo protetto e non posso espormi troppo, lo sai. Silente lo protegge.”-
- “Il tuo compito è quello di fare in modo che Silente perda di vista il ragazzo.”- esclamò Thorfinn Rowle. Severus voltò lentamente il capo per osservare meglio il suo interlocutore: era come guardare una caricatura di Lucius, con qualche anno in più.
- “Io non ho compiti. Io sorveglio l’operato di Silente e faccio in modo che quel ficcanaso di Potter non intralci con i nostri piani. Non posso fare altro.”-
- “Scuse, sono tutte scuse.”- borbottò Rowle abbassando immediatamente la testa e tornando a concentrarsi sulle striature del legno, fulminato dallo sguardo del professore.
- “No, Thorfinn. Ti sbagli” – intervenne Lucius – “E’ innegabile che noi tutti ci aspettiamo di più da te Severus, sei l’unico che potrebbe uccidere il ragazzo ogni qual volta tu voglia, ma non posso darti torto. Silente lo protegge come un figlio, l’ho visto con i miei stessi occhi.” –
- “Basterebbe correggergli il pranzo con una buona dose di una tua qualche pozione, Severus!” – Amycus Carrow aveva scatenato l’ilarità generale con quella battuta che tutti, tranne Piton, trovarono divertente.
Il professore trattenne l’istinto di alzare gli occhi al cielo. – “E finire così ad Azkaban? Come potrei aiutarvi da lì dentro? Potrei contribuire allo stesso preziosissimo modo di Rockwood, Dolohov o… Bellatrix?”-
Carrow si fece scuro in volto e con voce cavernosa disse – “Rockwood, Dolohov e Bellatrix sono più coraggiosi di tutti noi messi assieme, non ti permetto di parlare di loro in quel modo.”-
- “Hai ragione Amycus. Allora permettimi di riformulare la frase: finendo ad Azkaban potrei contribuire nel tuo stesso preziosissimo modo?”-
Alecto Carrow, fratello di Amycus, si alzò di scatto sfoderando la bacchetta, puntandola dritta contro il petto di Severus, che non fece una piega.
- “Taci Piton, non sei migliore di nessun altro qui dentro!”-
Lucius Malfoy osservava la scena annoiato. – “Alecto, metti via la bacchetta. Avete ragione entrambi. Guardateci, siamo pochi superstiti. E’ innegabile che un eventuale ritorno di Bellatrix, Rockwood e Dolohov potrebbe solo che aiutarci, così come è altrettanto innegabile che dentro Azkaban non ci sono di nessun aiuto.”-
- “Cosa proponi allora?” – chiese Avery, che fino a quel momento aveva mostrato disinteresse a tutto ciò che accadeva all’interno della stanza.
Malfoy si prese il suo tempo per creare suspance. Severus odiava la sua teatralità.
- “Potremo aiutarli ad evadere da Azkaban.”- disse infine.
Si levarono diversi cori di approvazione, che si mischiarono ad altre voci che esclamavano – “E’ una pazzia!” – “E’ impossibile!”-
- “Ascoltatemi. I Dissennatori sono sempre stati dalla nostra parte e se riuscissimo a convincerli che il Signore Oscuro può tornare ci aiuterebbero sicuramente a liberare i nostri compagni imprigionati.”-
- “Lucius, mi dispiace contraddirti.”- disse con tono pacato Severus. – “I Dissennatori sono creature opportuniste e diffidenti. Non acceterebbero mai di mettersi contro il Ministero senza la certezza che il Signore Oscuro sia di nuovo tra noi e fino a quel giorno temo che non potremo contare sul loro aiuto.”-
Tutti avvertirono la verità nelle parole di Severus e i pochi entusiasmi si spensero come una candela al vento. Lucius Malfoy iniziò a camminare nervosamente in cerchio, sconfitto dalla logica di quelle parole.
- “Fate tutto ciò che è in vostro possesso per cercare i nostri ex compagni fuggiti, convinceteli a tornare da noi. Abbiamo bisogno di più persone, energia e impegno se vogliamo riuscire nel nostro intento. Nel frattempo, credo che continuare a vederci qui a Godric’s Hollow diventi sempre più pericoloso e rischiamo di attirare su di noi l’attenzione delle persone sbagliate. Le prossime riunioni si terranno a villa Malfoy, Narcissa sarà entusiasta di offrirvi ospitalità. Verrete informati sulla data del prossimo incontro. Adesso, se volete scusarmi, desidererei tornare dalla mia famiglia.”-
Con un breve cenno del capo Lucius si smaterializzò e poco dopo tutti i presenti fecero lo stesso. Severus rimase qualche minuto solo, seduto sulla scomoda seggiola in legno, prima di raccogliere le sue forze e uscire da quel luogo intriso di malvagità.
Camminava lentamente di ritorno dalla tomba di Lily Evans, immerso nei suoi pensieri. Il suo ritorno tra i Mangiamorte, i suoi ex compagni, era stata una decisione difficile da prendere, ma sapere che sarebbe stato vicino a Lily lo confortava. Adesso invece si sentiva perso davanti all’idea di dover rinunciare a quello che era diventato un rituale. Gli piaceva inginocchiarsi davanti alla fredda lapide grigia; aveva l’impressione di sentirla vicina, di sentire la sua voce che lo incoraggiava e gli diceva che stava facendo la cosa giusta per proteggere Harry. Lo aiutava a sentirsi meno colpevole. Distrattamente iniziò a percorrere le vie del piccolo villaggio, avvolto dall’oscurità di quella notte senza luna, e senza accorgersene si rese conto di trovarsi davanti all’abitazione di Daisy Ackerley. Vide una tenue luce provenire dal piano superiore e lo interpretò come un segno positivo: la ragazza stava bene e questo era quello che importava. Rimase per diversi minuti ad osservare il lieve bagliore di quella luce, senza rendersi conto del fatto che anche quello era divenuto per lui un rituale: tutte le sere che si recava a Godric’s Hollow, trascorreva qualche minuto davanti all’abitazione della ragazza. Quando la luce finalmente si spense decise che era ora di tornare nella solitudine della sua abitazione di Spinner’s End.
***
Diciassette giorni dopo, Severus si trovava nuovamente davanti alla lapide di Lily, più frustrato e carico d’odio che mai: Sirius Black era riuscito nella rocambolesca impresa di fuggire dal carcere di Azkaban, cosa che lui stesso riteneva impossibile fino a qualche giorno prima. Si era maledetto a lungo per le sue colpe, ma era ben cosciente del fatto che il destino giochi talvolta in maniera sconosciuta. Inoltre era profondamente convinto che se per un assurdo motivo lui non avesse mai sentito la profezia della professoressa Cooman quella sera alla Testa di Porco, ci avrebbe pensato Black a tradire ulteriormente Lily e James Potter. Nella realtà dividevano equamente le colpe, ma Severus era cosciente del fatto che in un mondo dove gli ideali e i sentimenti valgono più delle azioni, Sirius sarebbe molto più colpevole di lui. L’inseparabile amico di Potter, il suo tirapiedi, lo scapestrato rampollo di una famiglia di puro sangue, per i quali nutriva ufficialmente odio, ma che segretamente ammirava, e ne condivideva gli ideali. Falsità. Ecco la sua vera natura. Per anni aveva recitato la parte del fedele amico, ricevendone perfino l’ospitalità, per poi rivelare senza esitazione a Lord Voldemort il luogo in cui Lily, James e il piccolo Harry si nascondevano, rompendo l’incanto Fidelius e condannandoli a morte.
Le dinamiche successive alla morte di Lily fecero scoprire il tradimento a Severus solo quando Sirius fu arrestato, e in un certo senso fu un bene, poiché gli impedì di macchiarsi nuovamente le mani di sangue. Voleva cruciarlo, torturarlo, portarlo alla morte e poi salvarlo, per poterlo poi cruciare di nuovo e forse infine ucciderlo. L’idea che fosse ad Azkaban, e che stesse impazzendo dalla disperazione non era abbastanza: la disperazione non era un prezzo adeguato alla morte di Lily. Poi un pensiero lo colpì come un pugno nello stomaco. Se Sirius era scappato poteva significare solo che non provava rimorso per l’accaduto. Severus doveva vendicarsi, doveva trovarlo, doveva proteggere Harry Potter, perché sapeva che l’uomo avrebbe cercato di portare a termine il compito lasciato in sospeso anni addietro.
Si sentiva immobile come la grigia pietra che accarezzava, ma carico di odio e di desiderio di vendetta; la sensazione gli attanagliava lo stomaco e gli annebbiava la vista. Doveva fare qualcosa. Sentì di aver bisogno di aiuto, ma chi avrebbe potuto ascoltarlo? Era sempre stato un uomo solitario, poco incline alle confidenze e ai rapporti umani, tranne che in un unico raro caso. Il suo pensiero corse a una piccola bottega poco distante da lì: forse due. Gia’, due. Cosa aveva ulteriormente da perdere?
***
Una voce dentro la sua testa gli diceva che ciò che stava per fare non era prudente. Un’altra lo esortava a alzare la mano destra e bussare contro la piccola porta in legno davanti a sé. Doveva agire, e doveva agire in fretta: non poteva rischiare che qualcuno lo vedesse lì fuori, o la sua copertura sarebbe stata messa in serio pericolo. Un istante prima che le sue nocche incontrarono il legno sentì una voce provenire dall’altro lato della porta: - “Vada via!”-
Severus rimase per un istante immobile, cercando di capire se quelle parole fossero riferite a lui o a un interlocutore misterioso. – “Professor Piton vada via o mi vedrò costretta a schiantarla.”-
- “Signorina Ackerley non sia sciocca e apra la porta. Devo parlarle.”-
- “Non mi interessa quello che ha da dire, non voglio avere niente a che fare con lei, tantomeno con le persone che frequenta. Arrivederci.”-
- “Mi apra per cortesia”-
- “Vada via. Qualcuno potrebbe vederla”-
- “Alohomora!”-
La porta si spalancò e Severus entrò all’interno della bottega. Daisy Ackerley, colta alla sprovvista, indietreggiò verso il bancone nel disperato tentativo di prendere la bacchetta, imprudentemente lasciata incustodita, che spiccò però il volo finendo così nelle mani del professore un istante prima che la ragazza riuscisse a prenderla.
- “Per favore, se ne vada. Non mi costringa ad urlare!”- disse con voce tremante.
- “Silencio!” – L’uomo non amava particolarmente quel tipo di incantesimi, ma sapeva che avrebbe dovuto disarmarla e zittirla per avere la sua attenzione. Bloccò la porta con un breve incantesimo e si voltò a guardarla; il senso di colpa nel vedere il volto della ragazza spaventato e i suoi occhi pieni di lacrime gli fece però perdere un po’ della determinazione iniziale.
Daisy dal canto suo era immobilizzata dal terrore, non per la presenza dell’uomo nella sua casa, quanto dall’incantesimo di silenzio che la faceva sentire ancora più indifesa del non avere la bacchetta stretta tra le mani. Voleva ordinare alle sue gambe di correre e scappare lontano, ma le sentiva così pesanti da non riuscire neanche a muovere un passo e così nel panico avrebbe rischiato di spaccarsi se avesse tentato di Smaterializzarsi. Non aveva alternativa a restare dove si trovava.
Nel frattempo, Piton fece comparire due sedie all’interno della stanza e fece cenno alla ragazza di accomodarsi. Ricevette per risposta uno sguardo confuso e si accomodò da solo.
- “Mi dispiace, non intendevo spaventarla o arrivare a questo” – disse con voce pacata. – “ Avevo come l’impressione che fosse l’unico per far si ché lei mi ascoltasse. Si sieda, per favore.” –
La ragazza rimase colpita da quelle parole: per la prima volta in quell’uomo non vedeva autorità, tantomeno quell’aura di malvagità che aveva captato durate il loro ultimo incontro, diversi mesi prima. Mosse le labbra come per dire qualcosa, ma si rese stupidamente conto di essere muta. Allora mosse dei passi incerti in direzione del professore, gli tese una mano e con un cenno del capo gli fece capire di seguirla di sopra. Il buon senso le diceva di non farlo: era un errore e sarebbe finita male. Qualcosa nel suo cuore invece la convinse di dare una possibilità all’uomo che aveva davanti, che sembrava chiedesse aiuto.
Severus Piton non afferrò la mano tesa della ragazza, ma con garbo le restituì la bacchetta, e dopo aver fatto scomparire le due sedie che aveva materializzato, la seguì al piano superiore.
Nonostante avesse sciolto l’incantesimo di Silenzio, il professor Piton ebbe come l’impressione che la ragazza continuasse ad esserne sotto l’effetto: non lo interruppe per tutto il tempo che lui parlò. Era strano, un po’ come parlare a sé stesso ma ad alta voce. Si rese conto che articolare i suoi pensieri e trasformarli in parole lo aiutava a vederli sotto una diversa prospettiva, a fare luce su dei punti oscuri o a gettare nuovi dubbi su solide certezze. Le rivelò una parte della verità, non perché non volesse essere sincero, ma era la prima volta che tentava di aprirsi con qualcuno, e nonostante dentro di sé sentisse che si poteva fidare, l’abitudine a chiudersi in sé stesso prendeva il sopravvento. Corrispondeva alla verità che lui fosse un Mangiamorte e che lo fosse stato anche in passato, ma non era vero che condivideva gli ideali di quelli che erano stati i suoi compagni. Era stato costretto.
- “Mi faccia capire” – disse Daisy dopo averlo ascoltato ininterrottamente per un’ora – “Lei sta facendo il doppio gioco per Silente. Quindi non è vero che quando la signora Bath lo ha avvertito delle riunioni che avvenivano qui lui se ne sia disinteressato, giusto?”-
- “Credo di no, penso che avesse solo bisogno di tempo per mettere appunto il suo piano.”- rispose laconico l’uomo.
Daisy si mordeva le labbra, seduta sul bracciolo del divano della sua abitazione con le braccia strette al petto. Qualcosa la torturava, forse una qualche domanda a cui non sapeva dare risposta.
- “Non le sembra probabile la mia storia?” –
La ragazza non rispose subito. Si prese il suo tempo per cercare di dire quello che pensava nella maniera meno sbagliata possibile. Alla fine con un sospiro disse – “Non so se riesco a crederla, professore. Non mi è chiara questa storia.” –
- “Non pretendo la sua fiducia, signorina Ackerley!” –
- “Daisy!”-
- “Come?”-
- “Eravamo rimasti a Daisy, l’ultima volta.” – accennò un sorriso.
Per qualche ragione Severus si rilassò.
- “Severus, mettiamo caso che io sia propensa a crederle. Come potrei non pensare che lei stia facendo il doppio gioco anche con me? O che non lo stia facendo con Silente stesso? Come posso crederle? Perché Silente si fida di lei a tal punto da affidarla una missione simile?”-
Piton capì all’istante che ciò che aveva detto non era sufficiente a fugare i dubbi della ragazza. Inspirò e chiudendo gli occhi iniziò il secondo racconto, quello che narrava di un ragazzo sbandato che aveva commesso l’errore di riferire una profezia ascoltata per metà all’Oscuro Signore, e che da anni conviveva col peso di aver condannato a morte due innocenti e rovinato la vita a un bambino. Non disse nulla a proposito dei sentimenti che lo legavano a Lily, né dell’odio che provava nei confronti di James. Parlò invece di Sirius Black, del custode del segreto che tradì quelle persone che forse erano state come una famiglia per lui, della sua fuga da Azkaban e della profonda convinzione che sarebbe tornato sul luogo del delitto per unirsi ai Mangiamorte, se non avesse prima incontrato Harry Potter sulla sua strada.
- “Uhm… allora è per questo che l’ho trovata davanti alla casa dei Potter quella sera?” –
Severus annuì con un lieve cenno del capo.
- “In sostanza, mi interrompa se sbaglio, il professor Silente si serve di lei facendo leva sul suo senso di colpa per portare a termine una missione suicida.”-
- “Potrebbe essere un secondo punto di vista sulla faccenda, si.”- ammise sconsolato.
- “E’… E’ disgustoso! E’ una follia! Non può davvero pensare che questo piano assurdo possa funzionare! E’ davvero una missione suicida!”-
Piton scrollò le spalle. – “Che alternative avrei? Ho fatto un giuramento, non posso tirarmi indietro!” –
-“E’ da pazzi e lo sa anche lei! E’ da… non saprei neanche che parola utilizzare per esprimere quello che ho in mente. Fare leva su un terribile avvenimento del passato per fare si che lei accetti è…” –
- “Subdolo?” –
Daisy storse la bocca in una smorfia poco convinta. –“Non esattamente! Ma non mi piace tutto questo… e lei Severus finirà per rimetterci la pelle! Lei e soltanto lei!” –
L’atmosfera paradossalmente si sciolse: la sensazione che lei lo avesse perdonato riempì la stanza di calore.
- “Quindi mi crede?” –
Un minuto di silenzio, i sessanta secondi che separano il movimento del braccio del boia per poi incanalare tutta la sua forza nella scure che precipita minacciosa sulla tua testa.
- “Credo di si!” – ammise d’un soffio. Alzando lo sguardo Daisy non vedeva più niente che la intimorisse: solo un uomo.
- “Però, Daisy, deve dirmi come ha fatto a scoprirmi.” –
La ragazza di venne rossa in volto e si alzò di scatto. No, no. Non avrebbe mai rivelato il suo segreto. Nessuno poteva sapere, nessuno doveva sapere.
- “Mi… mi dispiace Severus ma temo di non poterlo rivelare.” –
L’uomo alzò un sopracciglio, soppesando quella risposta. Una punta di fastidio lo invase: per la prima volta in dodici anni aveva parlato del suo passato con qualcuno, e adesso il suo interlocutore si rifiutava di rivelargli come avesse fatto a scoprire le sue frequentazioni con i Mangiamorte.
- “Potrei scoprirlo semplicemente concentrandomi penetrando così nella su amente” – il tono era piatto, lo sguardo minaccioso. Severus era scomparso lasciando il posto al professor Piton.
L’effetto fu quello desiderato: Daisy spalancò gli occhi inorridita e prese a camminare avanti e indietro, torturandosi le mani. Si fermò più volte davanti Severus, per poi riprendere la sua camminata nervosa ripetendo tra sé e sé “No! No! No! No!”. Si fermò di scattò e dando le spalle all’uomo disse: - “Deve giurarmi che qualsiasi cosa io le dica, o qualsiasi cosa lei veda, non uscirà da questa stanza.” –
- “Daisy, lei è custode di un segreto decisamente molto più pericoloso di quello che sta per svelarmi. Non credo sarebbe saggio da parte mia rivelare a terzi ciò di cui sto per venire a conoscenza.” –
- “Deve giurarlo!” –
- “Lo giuro!” – disse l’uomo.
Daisy si voltò e lo guardò incerta, prima di chiudere gli occhi. Quello a cui Severus Piton stava assistendo era uno spettacolo fuori dal comune. Ufficialmente in quell’epoca solo sette maghi avevano la facoltà di compiere quel prodigio, e una di loro Severus la conosceva molto bene: Minerva McGranitt.
Osservò il corpo di Daisy farsi più piccolo, la forma delle braccia cambiare e trasformarsi in delicate zampe, il naso sporgere e diventare nero: le orecchie si allungarono, i capelli si ritirarono sulla testa ma espandendosi contemporaneamente sul resto del corpo, passando da una tonalità oro a una fulva; una coda folta spuntò improvvisamente. Quella che Severus Piton stava osservando era una splendida volpe, che lo guardava intimorito. Adesso tutto aveva un senso: ecco perché non l’aveva notata: Severus si nascondeva dalle persone, non dagli animali.
Lentamente Daisy riprese le sue sembianze umane. Lo sguardo dell’uomo su di lei era indecifrabile.
- “Questo è tutto! E’ solo…” –
- “Una magia rara. Come ha fatto da sola?” – chiese entusiasta Severus, con una nota di ammirazione nella sua voce.
- “Beh, sa… è una storia complicata!” -
- “Saprà spiegarmela benissimo.” –
- “E lunga…” –
- “Ho tutto il tempo del mondo.” – rispose l’uomo.
- “Vuole una tazza di thè?” –
- “Volentieri!” –
Daisy sorrise e per qualche strano gioco di luci ebbe come l’impressione che Severus Piton stesse ricambiando il suo sorriso.
***
Eccomi qua! Beh pensavo che non sarei mai riuscita ad aggiornare invece ce l'ho fatta! Un guasto al computer in questi giorni mi ha fatto sudare freddo, ma grazie al poco lavoro in ufficio sono riuscita a ascrivere qualcosa (ssssh! non lo dite al mio capo!). Come sempre vi esorto a lasciare qualche commentino in merito alla storia e se vi va a mettere anche un Mi PIace alla mia pagina Facebook a questo link: https://www.facebook.com/pages/Mrs-Killjoy/209027325794057 . Mel frattempo un bacione a todossss! Xoxo Mrs Killjoy
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Insicurezze ***
“È
l'insicurezza che sprona gli uomini alle grandi imprese, grazie ad essa
uomini
che in realtà non erano fatti per nessuna cosa, sono
diventati capaci di tutto.
Gli eroi sono il prodotto dell'insicurezza.”
Thomas
Bernhard, Gelo,
1963
Godric’s
Hollow
7 Settembre 1993
Severus,
mi dispiace non averle scritto prima. Non mi giustificherò
inventando assurde
scuse. Il lavoro da due mesi a questa parte non va neanche
così tanto bene da
poterle dire “ero impegnata” o “non
riuscivo a trovare un minuto di tempo”.
La
realtà è che non so proprio cosa dire
e ho cercato di prendermi del tempo con la convinzione che avrei
trovato le
parole giuste per esprimere quello che ho in testa, però non
è stato così.
Dall’ultima volta che ci siamo visti ho ripensato a lungo a
ciò che mi ha
raccontato e anche se comprendo (o per lo meno ci provo) i motivi che
l’hanno
spinta ad accettare la proposta del professor Silente, non posso fare a
meno di
trovare il tutto insensato.
Non vedo la
necessità di questa farsa. A
mio parere, il professor Silente è un mago abbastanza
potente da poter
stroncare tutto questo sul nascere, senza la necessità di
coinvolgere terzi.
Non credo che i Mangiamorte, neanche tutti assieme, siano lontanamente
potenti quanto
il preside. Di conseguenza, perché mandare lei in pasto ai
leoni? Onestamente
non è l’assurdo e contorto ragionamento di Silente
che mi da fastidio, quanto
il fatto di sapere che lei ha accettato. Non mi interessano i motivi,
ho capito
il perché lo abbia fatto. Però sono costretta a
dirle di ripensarci, di
rinunciare o la mia coscienza non mi darà tregua per lungo
tempo. So che
potrebbe essere troppo tardi, ma possibile che non si renda conto che
in questo
modo ha messo seriamente in pericolo la sua vita? Neanche questo
è abbastanza
per rinunciare? So che le mie parole sono buttate al vento, ma almeno
finga di
pensarci.
Nel frattempo qui
a Godric’s Hollow da
quando non vi si vede più in giro tutti incappucciati e
vestiti di nero il
clima è decisamente meno teso, ma il fatto che il villaggio
sia tappezzato di
volantini raffiguranti Sirius Black non è per niente di
aiuto, specie agli
affari. Da quando poi sono state avvertite anche le autorità
babbane e da
quando circola la voce che Black possa nascondersi nei paraggi sembra
quasi ci
sia un coprifuoco e di conseguenza gli affari vanno malino.
Però tengo duro.
Spero di non
averla annoiata con le mie
suppliche, ma ci terrei davvero ad esser tenuta in considerazione.
Mi auguro lei
stia bene.
Cordialmente.
Daisy.
***
Severus
rigirava tra le mani il sottile foglio di pergamena ricevuto quella
mattina.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno si
era preoccupato per
lui? La ragazza aveva certamente a cuore la questione, ma non poteva
fare a
meno di interrogarsi sulle conseguenze che il loro rapporto avrebbe
potuto
avere su di se, sulla missione che aveva da compiere e su Daisy stessa.
Aveva
sperimentato sulla sua stessa pelle quanto fosse pericoloso per
qualcuno stare
al suo fianco o essere a conoscenza dei suoi oscuri segreti, e
l’ultima cosa
che desiderava era mettere in pericolo una vita innocente per
l’ennesima volta.
Allo stesso tempo era pienamente cosciente che dividere il suo peso con
un’altra
persona era salutare per la sua anima: il disgusto che affiorava ogni
volta che
vedeva la sua immagine riflessa nello specchio era diminuito nel tempo,
forse perché
aveva imparato ad analizzare la questione sotto più punti di
vista, scoprendo
che molte delle colpe di cui si ricopriva erano soltanto frutto del
dolore che
provava da anni e non diretta conseguenza delle sua azioni. “A volte sfogarsi fa bene!” aveva detto
Daisy l’ultima volta che si erano visti e quando, colto dalla
curiosità, le
aveva domandato con chi lei si sfogasse, aveva candidamente risposto
“Da
sola! Mi metto davanti allo specchio e
parlo, parlo all’infinito. Mi pongo domande e a volte riesco
anche a darmi
delle risposte soddisfacenti!”. Severus
sorrise a quel ricordo. Al mondo
non vi erano due persone più diverse e lontane di loro, ma
forse era proprio
quello a rendere piacevole ed equilibrata quella strana forma di
amicizia che stava
nascendo. Lei era solare, chiacchierona e maldestra. Lui era cupo,
taciturno,
ed estremamente abile. Inoltre era una strega migliore di quanto
credesse: lo
aveva capito tempo prima, quando era una solitaria bambina, una delle
allieve
più promettenti e dotate che Hogwarts avesse avuto negli
ultimi dieci anni, ma
per qualche strano motivo lei sembrava non esserne cosciente.
L’essere riuscita
a completare da sola il percorso di trasformazione da strega ad
Animagus era
una prova inconfutabile della sua estrema potenza. Avrebbe voluto
chiederle da
cosa nascesse tutta la sua insicurezza ma la sua educazione e la paura
di
risultare scortese e inopportuno lo avevano sempre trattenuto dal
farlo. In
cuor suo voleva sdebitarsi, offrire alla ragazza quel briciolo di
serenità
interiore che lei era riuscita a donargli in pochi fugaci incontri, ma
allo
stesso tempo l’onnipresente paura di poterla mettere in
pericolo lo tratteneva.
E continuava a trattenerlo anche in quell’istante, mentre
passeggiava in
circolo nel suo studio nei sotterranei, mentre stringeva tra le mani la
lettera
ricevuta quella mattina, mentre si sedeva alla sua scrivania e
rispondeva con
poche righe alla lettera di Daisy Ackerley.
***
Hogwarts
8 settembre 1993
Gentile
Daisy,
la prego di non
preoccuparsi per me. Sarò da lei la sera di Halloween.
A
presto,
Severus.
***
“Tutto
qui?” pensò Daisy mentre osservava
il sottile foglio di pergamena scritto con grafia ordinata ricevuto
quella
mattina, come se semplicemente guardandolo avesse potuto scorgervi un
significato nascosto, far affiorare delle parole nascoste. Invece
nulla.
Severus Piton aveva usato poco più di venti parole, e non
sapeva nemmeno se
stesse bene. Ripose la missiva in un cassetto dietro il bancone della
sua
bottega mentre continuava a darsi della stupida. Nonostante conoscesse
il
carattere del suo ex insegnante di Pozioni non poté fare a
meno di sentirsi
frustrata e delusa dalla laconica risposta dell’uomo alla
lettera che lei gli
aveva inviato il giorno prima, lettera che tra l’altro le era
costata una
fatica non indifferente. Trovare le parole adatte per parlargli era
sempre
un’impresa ardua. Doveva domare il suo istinto e addolcire il
suo carattere
irruento, pensare con lucidità. La normale Daisy avrebbe
inviato un gufo al
giorno, inondandolo di parole strazianti e ridicole suppliche. Invece
la
Daisy/Piton era riflessiva e posata. I suoi genitori avrebbero stentato
a
riconoscerla. Diede un’occhiata al calendario e fece un
rapido conto dei giorni
che la separavano dal prossimo incontro con Severus: cinquantatre,
un’eternità
per una persona impaziente come lei. “Ma
che diavolo ti prende? Non è un appuntamento!”
pensò passandosi una mano
tra i lunghi capelli color oro. “Stupida!
Ridicola!” disse al suo riflesso nello specchio.
***
Nonostante
l’impazienza, il giorno di Halloween arrivò senza
che Daisy se ne accorgesse.
La tensione nel villaggio provocata dalla fuga di Sirius Black si era
placata e
gli affari avevano ripreso il loro normale flusso, per questo motivo
quando la
sera sentì bussare alla porta pensò che fosse
l’ennesimo cliente necessitante
di una pozione-lozione all’ultimo momento. Quando
aprì la porta e si trovò
davanti Severus Piton rimase interdetta per qualche secondo e
l’uomo, a
cui raramente sfuggiva qualcosa, se ne
accorse.
- “Buonasera.
Non ha ricevuto il mio gufo?” –
le chiese gentile.
- “Co
… come? No! E’ che …”
–
- “Se
è impegnata non deve preoccuparsi. Posso
tornare un altro giorno.” –
- “No!
No! Prego.. è solo che, ho perso la
cognizione del tempo ultimamente.” – ammise la
ragazza vergognandosene un po’,
scostandosi dall’ingresso in modo che l’uomo
potesse entrare.
Severus
entrò e porse il suo mantello alla ragazza. –
“Come procedono gli affari? Se
non ricordo male l’ultima volta mi ha scritto che non
andavano bene.” –
- “Molto
meglio, quasi come prima. E’ anche per
questo che mi ero scordata del suo arrivo, sono sommersa dal lavoro.
Ero
convinta che Halloween fosse tra qualche giorno, non oggi.”
– fece cenno
all’uomo di seguirla nel retro bottega. –
“Posso chiederle una cortesia,
Severus?” – chiese timidamente la ragazza.
L’uomo
la squadrò intensamente, come se stesse cercando di capire
di cosa potesse
avere bisogno da lui. Al suo ingresso nel retro bottega la situazione
fu
abbastanza chiara: un odore sgradevole invase le narici
dell’uomo.
-
“ E’ davvero sicura che si fosse scordata
del mio arrivo?” – chiese mentre si
rimboccava le maniche, ma sempre attento a non scoprire il Marchio Nero
sul suo
braccio sinistro, e infilava il naso nel calderone dal quale proveniva
quell’odore nauseabondo. – “Cosa stava
cercando di preparare?” –
Daisy
avvampò per la vergogna. Davvero si era scordata
dell’arrivo dell’uomo, ma il
suo arrivo era stato provvidenziale: non poteva pensare che lei avesse
organizzato tutto solo per ricevere aiuto.
-
“Mi sto vergognando tremendamente …”
– sussurrò mettendosi al fianco del
professore.
Severus
le rivolse uno sguardo sprezzante che la ragazza non seppe interpretare
ma che
peggiorò ulteriormente il suo imbarazzo. Prese
fiato e iniziò il suo racconto: - “Ecco
…
in sostanza c’è una ragazzina qui a
Godric’s Hollow, poco più che adolescente,
che soffre di una particolare malattia del sangue per la quale
è costretta ogni
mese ad andare fino a Londra in un centro specializzato per sottoporsi
a delle
trasfusioni e …” –
-
“Non le ho chiesto questo. Volevo sapere cosa
stava preparando, anche se posso dedurre che si tratti di una
Pozione Rigenerasangue.”
–
Daisy
annuì.
-
“Ha utilizzato l’essenza di Dittamo?”-
-
“L’essenza di Di … No! In Pozioni
Avanzate non si accenna al Dittamo!” –
-
“Nei libri di testo non sempre si trova il modo
più corretto per preparare le
pozioni ed è opportuno applicare dei piccoli accorgimenti.
Il Dittamo è un
fungo con poteri curativi eccezionali ma ha anche la
proprietà fluidificare le
radici di Valeriana.” – Severus prese dal calderone
una radice di Valeriana
bruciata e la mostrò Daisy, per farle capire meglio cosa
intendesse.
-
“In sostanza mi sta dicendo che non sempre devo seguire alla
lettera le
istruzioni del manuale!”-
-
“Esatto.” - rispose
laconico l’uomo.
-
“Ma lei ha sempre predicato il contrario!!!” -
-
“Quando lo facevo ero il suo professore di Pozioni, e devo
attenermi
all’insegnamento, ricoprirle il mio ruolo in maniera
eccellente. Purtroppo non
c’è nessun libro di testo realmente ferrato su questa materia,
quindi negli anni
ho sperimentato i miei metodi alternativi alle pozioni.” -
-
“Un ribelle insomma.” –
esclamò Daisy.
Severus
la fulminò con lo sguardo. – “Noto del
sarcasmo, signorina Ackerley. Mettiamoci
al lavoro” – E così facendo mise fine
alla conversazione ponendosi dall’altro
lato del tavolo.
Preparare
una pozione con Severus Piton era un’esperienza ben lontana
dall’usuale,
diversa dal prepararla sotto le sue direttive. Daisy osservava
affascinata come
l’uomo si muoveva a suo agio tra le varie erbe da sminuzzare,
unguenti da
distillare, e di come rispettasse in modo certosino i tempi di
ebollizione. Era
come se l’uomo si estraniasse dal mondo circostante entrando
in una dimensione
parallela, fondendosi con gli elementi che plasmava nel calderone. Si
muoveva
con inaspettata familiarità nella bottega della ragazza,
mostrandole come
tagliare i composti e unirli alle polveri che lentamente pestava in una
ciotola
di legno, dilungandosi in affascinanti spiegazioni su quali strumenti
usare e
di come aveva scoperto come l’uso di particolari materiali
accentuasse
determinate proprietà degli ingredienti che utilizzava.
Daisy ogni tanto
annotava qualcosa nel suo libro di Pozioni in silenzio.
Severus
le porse un mestolo per girare il liquido che lentamente ribolliva nel
calderone, ma subito la fermò, porgendole la mano
gentilmente affinchè la
ragazza le restituisse il mestolo.
-
“No, Daisy. Osservi. Il verso che utilizza per mescolare
è molto importante in
pozioni come questa. Non si tratta solo di amalgamare gli ingredienti.
Questo
tipo di composti sono quasi vivi, e come tali deve trattarli.
Osservi.” –
Il
professore iniziò a girare delicatamente il mestolo nel
calderone in senso
antiorario, con delicatezza, mantenendo una velocità
costante.
-
“Non è importante quanto a lungo lo fa.
L’importante è che per ogni singolo
movimento in senso antiorario deve corrisponderne uno in senso orario.
Solo
così la pozione risulterà limpida ed
equilibrata!” –
La
ragazza prese un appunto mentale. – “Sono un caso
disperato!” – esclamò amareggiata.
Severus
sollevò lo sguardo dal calderone per osservare Daisy,
incerto su cosa dirle.
Non era mai stato una persona dai complimenti facili, in
realtà non era una
persona da
complimenti e basta.
-
“Daisy, da dove viene questa mancanza di fiducia?”
–
-
“Come scusi?” –
-
“Dicevo, da dove viene questa mancanza di fiducia in
sé stessa?” – parlò con
tono calmo, nascondendo la curiosità.
Daisy
sembrava in difficoltà: muoveva la bocca come se le parole
non riuscissero a
trovare la strada per la voce. – “Ecco…
non saprei. Io… beh credo che sia più
che altro perché sono una nata babbana e quindi, non so,
è come se mi sentissi costantemente
indietro!” –
L’uomo
sollevò un sopracciglio, non cogliendo a pieno il
significato di quelle parole.
Anche lui era cresciuto lontano dalla magia, a causa del comportamento
poco
equilibrato di suo padre e della debolezza caratteriale di sua madre,
ma questo
non gli aveva impedito di diventare il grande mago che era. (*)
Continuando
a mescolare la pozione come gli aveva mostrato Severus, Daisy
continuò il suo
racconto: - “Quando ho ricevuto la lettera per Hogwarts mi
sembrava
incredibile. Avevo la sensazione di aver trovato un senso a tutte le
cose
strane che mi succedevano. Insomma, da quando ero piccolissima attorno
a me
succedevano delle cose stranissime, al punto che i miei genitori hanno
traslocato diverse volte perché pensavano che le varie case
fossero infestate
dai fantasmi…” –
-
“Come scusi?” –
-
“Infestate dai fantasmi! Si lo so, è
assurdo!” –
-
“Ma i fantasmi esistono! Lo sa bene anche lei!”
– osservò con acume Piton.
-
“Si lo so! Ho meglio, l’ho scoperto solo dopo. Solo
che per loro sembrava
incredibile. Ma dato che i problemi persistevano nonostante i vari
traslochi
hanno preferito ignorare tutte le stranezze del caso. Non saprei, forse
avevano
semplicemente paura di ammettere che fossi io la causa degli oggetti
volanti
per casa o del sistematico guasto delle varie apparecchiature
elettriche. Per
cui quando il professor Silente venne a casa e disse ai miei
ciò che ero, loro
furono molto sollevati. Io stessa pensavo di avere qualche
problema.” – rivolse
Severus uno sguardo divertito per poi riprendere il suo discorso.
– “Quando fui
ad Hogwarts invece mi cadde il mondo addosso. Ero lontana da casa e
ricordo tra
l’altro che quell’anno i nati babbani erano davvero
pochi, per cui mi sentii
completamente spaesata. Tutti sapevano più di me, mentre io
non sapevo neanche
cosa fosse una bacchetta, e per questo motivo venivo presa in giro.
Ma
il
problema non penso sia questo. E’ che tutti avevano avuto
un’educazione magica,
appartenevano a quel mondo, mentre io no!” –
Serenamente,
l’uomo le fece notare una cosa. – “Non
penso che sia stato una svantaggio.
Vede, personalmente nella mia carriera di insegnante ho notato che
spesso i
figli di maghi danno per scontato molte cose, finendo per risultare
degli
studenti mediocri e dei maghi altrettanto mediocri. Tutto questo
è stato solo
un incentivo che l’ha portata ad impegnarsi e
eccellere.” –
Daisy
guardò Severus con stupore, incerta se credere a
ciò che avevano udito le sue
orecchie o meno. – “Grazie.” –
disse con un sussurro.
Il
professore non era certo di aver scelto le parole esatte, ma il sorriso
che si
dipinse sul volto della ragazza lo rincuorò. Aveva capito da
cosa scaturissero
le sue insicurezze.
-
“D’altronde” –
continuò l’uomo – “come le ho
gia’ detto essere capaci di
trasformarsi in un Animagus è una facoltà
rara.” –
Un
silenzio irreale pervase la piccola bottega di Godric’s
Hollow, mentre Severus
Piton e Daisy Ackerley ripresero in la
preparazione della pozione Rigenerasangue
senza dire più una parola, il primo con la
piacevole sensazione di aver
donato alla ragazza un po’ di sicurezza, la seconda con
più consapevolezza
delle sue capacità. Continuarono in silenzio per un tempo
indefinito, che parve
scorrere con magica rapidità, fino a quando un bussare
concitato e febbrile non
spezzò bruscamente la serenità e la pace di quel
momento.
Daisy
sussultò per lo spavento e corse alla porta.
Un’agitata
e trafelata Bathilda Bath irruppe nella bottega. –
“Daisy… Daisy, piccola… il
professor Piton, dov’è? Dov’è
il professor Piton?” –
L’anziana
donna aveva il respiro affannato e il volto paonazzo e stravolto di chi
ha
ricevuto una cattiva notizia.
-
“Signora Bath, signora Bath, si calmi! Io non so di
cosa…” –
Non
appena sentì pronunciare il suo nome Severus Piton si
avvicinò alla tenda che
divideva il laboratorio dalla parte del negozio aperta al pubblico,
incerto se
uscire allo scoperto o meno, ma qualcosa nella voce della donna lo
portò a
palesarsi.
Con
la sua proverbiale calma si manifestò alle due donne: -
“Signora Bath, mi
cercava?” –
L’espressione
della donna si fece paradossalmente più sollevata sebbene il
tono della voce
rimase allarmato. – “Professore! Professore! Mi
manda il professor Silente!
Deve tornare subito ad Hogwarts! E’ successa una cosa
terribile… Sirius Black è
riuscito a penetrare nel castello!” –
***
Molte
ore più tardi Severus Piton ripensava agli ultimi
avvenimenti: Sirius Black, il
ricercato più temuto di tutti i tempi, era riuscito a
penetrare ad Hogwarts e
nel tentativo di entrare nella sala comune di Grifondoro aveva lacerato
il
quadro della Signora Grassa, custode dell’ingresso ai
dormitori della casa.
Non
capiva come quell’uomo fosse riuscito a spingersi fin dentro
le mura del
castello, eludendo la sorveglianza dei Dissennatori e sfuggendo agli
incantesimi di protezione. L’odio nei suoi confronti cresceva
dentro il suo
petto quasi in proporzione alla distanza che li separava. Avrebbe dato
qualsiasi cosa per avere due soli minuti con quell’uomo,
affinchè potesse
punirlo per il peccato di cui si era macchiato anni addietro. Incapace
di porre
rimedio all’odio e al desiderio di vendetta che sentiva
ribollire nelle sue vene
si lasciò andare quasi esanime sul letto, con lo sguardo
rivolto all’unica
finestra delle sue stanze, troppo piccola affinchè potesse
illuminarle, ma
grande abbastanza per permettergli di guardare il cielo notturno,
stranamente
terso e sereno per quell’ultima notte di ottobre. La sua
attenzione fu
catturata da una stella che risplendeva solitaria e il suo pensiero
volò
tristemente alla sua Lily. Si rese conto con sgomento che per la prima
volta in
dodici anni aveva mancato l’appuntamento con il triste
anniversario della
tragedia che l’aveva strappata alla vita e si
sentì pervadere da un profondo
senso di colpa e solitudine. Come era
potuto accadere?
Perché una cosa così importante
era sfuggita alla sua attenzione? Perso nei suoi pensieri non
potè fare a meno
di accusare Sirius Black di questa mancanza: una seconda volta era
riuscito a
portare la sua Lily lontano da lui. Non sprecò altri
pensieri per quel
farabutto, quell’uomo non meritava nemmeno il suo rancore,
così sembrava sussurrargli
Lily dall’alto di quella luminosa stella danzante nel cielo.
Ma non era facile,
non era semplice vivere con il peso delle sue consapevolezze sulle
spalle.
Spossato, infelice e stravolto si lasciò andare
al
più tormentato dei sonni, ma
prima di cadere totalmente rapito tra le braccia di Morfeo un pensiero
si
insinuò nella sua testa, corrosivo come un acido, amaro come
il veleno: come
poteva sapere Albus Silente dove si trovasse quella sera?
***
(*)
piccolo riferimento ad Irish Rain di Blankette Girl, per ciò
che concerne l’infanzia
difficile di Severus.
N.d.A.:
Tadaaaaaaaan! Eccomi qua! Vorrei scusarmi con tutti voi per il ritardo
immenso
con cui posto questo nuovo capitolo ma sono stata indaffaratissima
(bugia!) e
bla bla bla, ma come si dice? “Meglio tardi che
mai”!
Devo
ammettere che questa volta sono proprio soddisfatta del capitolo, anche
se mi è
costata una certa fatica scriverlo, spero che sia lo stesso anche per
voi!
A
tutte voi inoltre ricordo che potete seguirmi anche sulla mia pagina
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Se
vi va, vi ricordo anche le mie storie:
DESTINO
- One Shot su Draco Malfoy - Fandom Harry Potter
SONGS
OF MY LIFE - Raccolta di Drabble - Sezione Originali
Giuro
solennemente di aggiornare con più costanza! Un bacione a
tutti!!! MrsKilljoy XoXo
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Presentimenti ***
Capitolo 7 - Presentimenti
"Se il cielo sopra di te dovesse
diventare scuro e pieno di nuvole, e se quel vecchio vento del nord
iniziasse a soffiare, mantieni salda la tua testa e urla il mio nome e
subito busserò alla tua porta".
James Taylor,
You've got a friend
Erano passate solo tre
notti da quando Sirius Black aveva cercato di penetrare all'interno del
dormitorio di Grifondoro e per Severus Piton ognuna di quelle notti era
stata tormentata da incubi. Non che fosse riuscito realmente a dormire
o riposare, ma le poche volte che il sonno era riuscito a impossessarsi
del suo corpo lo aveva prepotentemente catapultato nel vortice delle
sue paure e dei suoi sensi di colpa, facendo riaffiorare timori
assopiti da tempo. Lo specchio rifletteva l'immagine di un uomo stanco,
che dimostrava più dei suoi 33 anni: le occhiaie segnavano
profondi solchi scuri sotto i suoi occhi e insieme ai capelli corvini
accentuavano il pallore della sua carnagione. Detestava guardarsi, lo
considerava un vezzo da sciocchi superficiali, ma quella mattina si
perse nello seguire con lo sguardo le piccole righe che solcavano il
suo volto, riscoprendosi improvvisamente stanco e invecchiato.
Pensò che ogni segno marcato sul suo viso corrispondesse ad
ognuno dei peccati commessi in passato, e che quelli piccoli, appena
percettibili, fossero il presagio dei reati, dei tradimenti e delle
cattive azioni che avrebbe intrapreso da quel momento in poi.
Si perse nei
meandri della sua mente, cercando di distogliere il suo pensiero dal
senso di colpa che provava per non essere riuscito a vendicare la sua
Lily a causa della sua assenza e per aver spezzato la tradizione che da
dodici anni lo portava a Godric's Hollow per posare un giglio sulla
lapide della donna che amava, ma era difficile mettere a tacere il suo
cuore che urlava e si contorceva dal dolore. Inconsciamente
posò una mano sul petto, sbottonando il lungo mantello nero,
fino ad arrivare a contatto con la sua pelle, raschiando con le unghie,
intento a procurarsi un dolore fisico che potesse alleviare quello
della sua anima, ma ogni suo gesto era inutile; avrebbe voluto
stringere il suo cuore nelle sue stesse male per stritolarlo, solo
così avrebbe potuto trovare sollievo.
Si ricompose
silenziosamente, uscendo dai sotterranei, dirigendosi nella Sala Grande
per la colazione.
Quel giorno non
aveva lezione e si sentì quasi sollevato: l'unica cosa che
desiderava in quel momento era avere a che fare con un ammasso di
scolari ignoranti e indisciplinati, che vanificavano i suoi sforzi di
plasmarmi in eccellenti preparatori di pozioni.
Prese posto al
lungo tavolo degli insegnanti, isolando dalla sua mente dal pigro
chiacchiericcio che regnava nella Sala, quando il suo sguardo cadde su
Remus Lupin. Anche lui aveva il volto segnato, e come Severus
dimostrava di più della sua età. Non provava
simpatia per quell'uomo, fedele Malandrino al fianco di Potter, Black e
Minus, ma per qualche verso i loro destini erano segnati in egual modo
da solitudine e sofferenze. Certo, nel caso del professore di Difesa
contro le Arti Oscure si trattava di un destino avverso e del quale non
ne era stato artefice, ma la loro condizione li accumunava
più di quanto Severus gradisse ammettere. Forse proprio per
questo motivo da qualche settimana si era offerto di preparare per lui
una pozione speciale e particolare con il potere di permettere ai lupi
mannari di poter mantenere il controllo mentale e la sanità
durante la trasformazione.
In
quell'istante lo sguardo dei due uomini si incrociò: Remus
accennò un sorriso al quale Severus rispose con un cenno del
capo. Si ricordò che la luna piena era vicina e decise di
approfittare di quella giornata libera da impegni per potersi dedicare
alla pozione, in quanto in tutta Hogwarts era la sola persona in grado
di poterla preparare, quando nella sala fece il suo ingresso Albus
Silente, il preside.
Alla vista
dell'uomo Severus provò uno strano senso di inquietudine e
un pensiero riaffiorò nella sua mente: la notte in cui
Sirius Black aveva tentato di penetrare nel dormitorio di Grifondoro,
Severus si trovava a Godric' Hollow nella bottega di Daisy Ackerley e
Silente aveva mandato l'anziana Bathilda Bath a chiamarlo. Come faceva
a sapere dove si trovasse in quel momento?
Era stato attento
che nessuno lo seguisse, a non lasciare indizi, bruciando le lettere
che la ragazza gli aveva inviato, intercettando i gufi per paura che
qualche curioso potesse prenderle prima di lui, ma tuttavia le missive
erano sempre protette da un Incantesimo di Segretezza inventato dallo
stesso Severus, e che aveva insegnato alla giovane qualche tempo prima
durante una delle sue visite a Godric' Hollow.
Dubitava
fortemente che proprio Daisy avesse accennato dei loro incontri a
qualcuno, in quanto era la prima ad essere a conoscenza delle terribili
conseguenze che si sarebbero potute scatenare se la faccenda fosse
diventata di dominio pubblico, quindi escluse questa ipotesi non appena
si affacciò ai suoi pensieri. La fedeltà e la
sincerità di Daisy nei suoi confronti erano i soli punti
fermi per i quali avrebbe messo la mano sul fuoco.
E allora come era
potuto accadere?
L'inquietudine
crebbe e Severus decise di tornare nelle sue stanze. Si alzò
senza proferire parola ed uscì dalla Sala Grande, ma a
metà del lungo corridoio che conduceva nei sotterranei una
voce familiare lo chiamò per nome e lo costrinse a fermarsi.
- "Severus, vai
di fretta?" - Albus Silente si trovava a pochi metri dietro di lui e lo
chiamava con il tono pacato che lo contraddistingueva. Piton
provò una punta di fastidio.
- "Tornavo nei
sotterranei per preparare la pozione Antilupo. Hai bisogni di me,
Albus?" -
Il volto del
preside non trasmetteva alcun tipo di emozione, ma i suoi occhi erano
concentrati su quelli di Severus, scrutandoli attentamente, pronti a
cogliere qualsiasi segnale.
- "Non credo sia
il posto adatto per discutere di certe cose, a Hogwarts anche i muri
hanno le orecchie, ma di certo saprai cosa voglio chiederti". -
La sua missione
con i Mangiamorte, che altro poteva volere?
- "Nessuna
novità, Albus. Dopo gli ultimi avvenimenti aspetto di essere
chiamato per una riunione al più presto, ma al momento non
c'è alcuna novità. Può stare
tranquillo. L'unico pericolo al momento è Sirius Black.
Tenga d'occhio il ragazzo" .-
- "Confido in te
Severus, E tu, per favore, confida in me. Il ragazzo è
protetto e al sicuro, è ben controllato e so sempre dove
va"- pronunciò le ultime parole rimarcandole con attenzione,
aggiustandosi gli occhiali a mezzaluna sul naso.
Piton si
sentì colpito, come se il preside avesse voluto mandargli un
messaggio. Gli voltò le spalle senza degnarlo di una
risposta, affrettando il passo. Sentiva l'esigenza di mettere quanta
più distanza possibile tra lui e quell'uomo che faticava a
guadagnarsi le sue simpatie. Aveva voluto comunicargli qualcosa con
quelle parole?
Nelle sue stanze
faticò a trovare la concentrazione necessaria alla
preparazione della pozione per Lupin: aveva una strana sensazione che
gli attanagliava la gola e privava i suoi polmoni dell'aria, come se
quella che inspirava non fosse abbastanza. Dopo qualche inutile
tentativo di polverizzare le radici di agrifoglio decise di mollare.
Camminò
a lungo per i corridoi della scuola e per i suoi prati, al confine con
la Foresta Proibita, fino a quando il freddo pungente non lo spinse a
tornare all'interno delle mura di Hogwarts alla ricerca di un po' di
calore: nonostante fosse quasi mezzogiorno il pallido sole di novembre
faticava a riscaldare l'aria. Vagò ancora in lungo e in
largo, mentre in suo cervello non smetteva di elaborare teorie, dalle
più assurde alle più plausibili, quando si rese
conto di essere in cima alla torre di Astronomia. Si sorprese di
trovarla vuota, ma si rese stupidamente conto che tutti gli alunni e
gli insegnanti dovevano trovarsi nella Sala Grande per il pranzo,
allora decise di fermarcisi un pochino.
Osservava senza
attenzione il panorama, quando il suo sguardo venne catturato da uno
stormo di corvi neri che levò gracchiante dal centro della
foresta. La forma che lo stormo assunse lo incuriosì. Un
ragno. Solo i babbani avrebbero potuto associare quel simbolo a
fortuna, ricchezza e prosperità: nei mondo dei maghi il
ragno era simbolo di cattive notizie, solitamente associate alle
streghe. Non fu necessario rimanere per altro tempo ad osservarlo:
Severus capì subito che Daisy si trovava in pericolo.
***
Si era
precipitato fuori dai confini di Hogwarts di corsa e quando si
materializzò a Godric's Hollow Severus aveva ancora il
fiatone: incurante che qualcuno potesse vederlo, attraversò
le strade del piccolo villaggio con passo spedito, ignorando i pericoli
che un tale gesto avrebbe potuto procurargli. Quando fu davanti alla
piccola bottega di Daisy Ackerley la tensione crebbe e la sua
apprensione raggiunse livelli stupefacenti per lo stesso Severus; si
accorse che la pesante porta in legno era leggermente accostata, non
chiusa, e di certo non era un buon segno. Per un attimo un pensiero
attraversò la sua mente: e se stesse sbagliando? E se avesse
tratto le conclusioni troppo in fretta, interpretando male i segni a
causa delle emozioni contrastanti che provava da quando l'Oscuro
Signore era tornato?
Scosse la testa e
si disse che il suo istinto non lo aveva mai tradito nella sua vita.
Poggiò
la mano sul legno della porta e la aprì quel tanto che gli
permettesse di entrare, e lo spettacolo che si aprì ai suoi
occhi fu tale da fugare le domande che si era posto poco prima: gli
scaffali che correvano lungo le pareti erano stati distrutti e sul
pavimento della bottega erano sparse boccette rotte. Il contenuto si
trovava sparso per tutta la superficie della stanza e ad ogni passo di
Severus scheggie di vetro e legno si rompevano sotto il peso del suo
piede.
- "Daisy?" -
chiamò, ma non ottenne alcuna risposta. Si spostò
dietro il grande bancone di legno e con rammarico si accorse che
presentava un grande foro al centro: si dispiacque particolarmente
poichè sapeva la cura e la dedizione che la ragazza aveva
dedicato a quell'oggetto, intagliandone le illustrazione personalmente.
Notò anche che il registratore di cassa era aperto, ma
all'interno poteva ancora scorgervi il denaro. Di sicuro non si
trattava di una rapina, ma per qualche motivo aveva escluso
quell'ipotesi dal primo momento. Continuò a chiamare la
ragazza invano e decise di entrare nel retro bottega, dove si trovava
il laboratorio in cui Daisy preparava le sue pozioni. La stanza era
ancora più devastata della parte aperta al pubblico: tutto
era stato distrutto, ampolle, scaffali, calderoni, giaceva tutto sul
pavimento ridotto in frantumi.
- "Daisy?" -
disse ancora a gran voce. Stava per pronunciare una seconda volta il
nome della ragazza quando udì un singhiozzo provenire dalla
sua sinistra. Si sporse leggermente e vide Daisy seduta sul pavimento
con il busto appoggiato alla parete e piangeva con la testa appoggiata
alle ginocchia, e le mani stringevano convulsamente la bacchetta. Le si
avvicinò cercando di non spaventarla. - "Daisy..." -
Fu come se la
giovane si fosse svegliata di soprassalto: indietreggiò
puntando la bacchetta contro l'uomo ma non appena si accorse che si
trattava di Severus, scoppiò in un pianto disperato.
- "Sev...
Severus..." - disse tra le lacrime e gli si gettò tra le
braccia.
Quel gesto
sorprese e imbarazzò l'uomo. Capiva che ciò di
cui la ragazza aveva bisogno in quel momento era un amico, qualcuno che
potesse consolarla, ma di certo si reputava la persona meno adatta per
farlo. Non sapeva neanche come si facesse, e si sentì quasi
inutile, fermo e impassibile con le braccia lungo i fianchi mentre
Daisy dava libero sfogo alle sue lacrime stretto a lui.
Sollevò le braccia e poggiò le mani sulle spalle
della giovane, deciso a darle tutto il tempo di cui necessitava per
calmarsi. Piano piano i singhiozzi della ragazza diminuirono. Forse non
era così difficile, dopotutto.
Daisy si
staccò dal corpo dell'uomo, borbottando qualcosa tra il
respiro affannato di chi ha appena pianto, con la testa bassa, nel vano
tentativo di nascondere il rossore in volto provocato dalla vergogna
del gesto impulsivo di stringersi all'uomo.
- "Mi... mi
scusi" - disse con un soffio.
Severus non disse
nulla in proposito, ma preferì concentrarsi sull'accaduto. -
"Che cosa è accaduto? Ha visto qualcosa?" -
La ragazza scosse
energicamente la testa. - "No, ero fuori. Sono tornata e ho trovato la
porta spalancata, non ci ho badato molto quando l'ho vista
perchè sono sempre distratta e a volte mi capita ma quando
sono entrata e ho visto tutto questo io... Poi ho sentito un forte
crack! , come quando qualcuno si smaterializza, provenire da qui e ho
trovato tutto in queste condizioni e... " - stava per scoppiare
nuovamente in lacrime. L'uomo poggiò una mano sulla spalla
della ragazza nel vano tentativo di fermarle.
- "L'importante
è che non le sia successo niente e che lei stia bene". -
- "Si ma...
adesso cosa farò? Cosa farò Severus? Tutta la mia
vita, o miei risparmi, il mio tempo... Ho impiegato tutte le mie
energie in questo progetto ed era l'unica cosa che mi permetteva di
convivere con il fatto di essere una strega nata babbana! Ho venduto la
casa dei miei genitori a Stanford-Le-Hope, ho venduto i miei ricordi
per tutto questo. E adesso cosa mi rimane? Cosa mi rimane?" - Era
visibilmente provata e sconvolta.
- "Può
ricominciare". -
- "Ma come? Io...
Io non credo di averne la voglia". - disse tristemente.
Severus non
potè fare a meno di sentirsi in colpa. - "Mi dispiace" - le
disse.
- "Lo so" -
sussurrò Daisy.
- "No, mi
dispiace perchè temo di esserne la causa". -
Daisy lo
guardò incuriosita. - "In che senso?" -
- "Io l'ho
esposta ad un grave pericolo Daisy, e temo che qualcuno possa essersi
reso conto di questo. E' un tentativo per costringermi a interrompermi
la nostra ..." - come definirla? - "frequentazione" -
- "Non
può pensarlo davvero Severus!" -
- "Ho paura di
aver ragione". -
- "Si ma... anche
se fosse, non funzionerà! Vero? Non funzionerà".
- Daisy lo stava supplicando.
Avrebbe voluto
tornare indietro nel tempo e non immischiarla nella sua vita, ma una
seconda volta era stato egoista. Sarebbe stato molto più
saggio dirle che quel tentativo di intimidirli aveva funzionato alla
grande, ma non poteva lasciarla sola, in balia di se stessa e
di colui o coloro che le avevano fatto questo. Doveva proteggerla.
Dovevaaiutarla. Le era debitore, in un certo senso.
- "No, non
funzionerà" - disse con il suo tono pacato.
Notò
con sollievo che era riuscito a strappare alla ragazza il primo vero
sorriso della giornata, e si sentì utile. Era bello poter
aiutare qualcuno, lo faceva sentire stranamente bene e aveva il potere
di fargli scordare per qualche momento i pensieri e turbamenti che lo
tormentavano.
- "La
aiuterò io, Daisy." - le disse accennando un sorriso. Prese
la bacchetta tra le mani e con un semplice incantesimo
iniziò a liberare la bottega delle macerie e dai cocci.
***
Eccomi
qua! Mi sono fatta attendere un po' lo so! Prometto di aggiornare prima
la prossima volta, giuro!
Vi ricordo come
sempre la mia pagina Facebook, che potete raggiungere semplicemente
cliccando QUI
e ringrazio tutte voi che avete messo la storia tra i preferite e che
mi lasciate sempre qualche bella parolina.
Un bacione, Mrs
Killjoy
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Ricordi ***
Capitolo 8 –
Ricordi
“I ricordi veramente belli
continuano a vivere e a splendere per sempre, pulsando dolorosamente
insieme al tempo che passa.” Banana Yoshimoto -
Kitchen
La
bottega di Daisy Ackerley stava lentamente tornando alla
normalità, grazie anche al prezioso aiuto che Severus Piton
le stava offrendo: non lasciava mai Hogwarts a mani vuote, talvolta le
portava in dono un particolare calderone il lega di rame e zinco adatto
alla preparazione di pozioni Rinvigorenti, altre ne approfittava per
donarle ingredienti o piante rare che erano andate distrutte
nell’intrusione al negozio, altre volte ancora semplicemente
portava ampolle o bollitori in vetro.
Daisy faticava a
nascondere l’imbarazzo che quei doni le provocavano, specie
poiché sospettava che Severus lo facesse a causa della
convinzione di essere l’artefice dell’accaduto, ma
dopo le prime proteste si arrese davanti all’ostinazione
dell’uomo e prese l’abitudine di ringraziarlo senza
sollevare inutili questioni. Piton apprezzava questo comportamento e
continuava a portarle piccoli doni ad ogni sua visita.
Ma quel giorno
era diverso. Ciò che stringeva in mano non era un semplice
utensile da laboratorio, anzi, era un qualcosa che con le pozioni aveva
molto poco a che vedere: era un Pensatoio. Il giorno in cui si era
recato da Daisy colto dai suoi strani presagi e trovò la
bottega distrutta, nell’aiutarla a ripulire il locale aveva
notato un piccolo Pensato io frantumi sul pavimento, adiacente alla
parete attrezzata dove la ragazza soleva riporre le erbe. I Pensatoi
erano oggetti estremamente delicati e ripararli era
pressoché impossibile, poiché le imperfezioni
della loro superficie potevano alterare o compromettere in maniera
irreversibile i ricordi. Aveva notato lo sguardo triste della ragazza
mentre raccoglieva le schegge dell’oggetto e per lungo tempo
durante le sue fugaci visite ad Hogsmeade ne aveva cercato uno simile,
ma non era stato molto fortunato. Non lo era stato fino a quella
mattina.
Bussò
alla porta della ragazza mentre alla sua mente si affacciavano nuovi
interrogativi: non aveva mai fatto dei doni ad una donna. Quando era un
ragazzo aveva fatto dei piccoli doni a Lily, per lui simbolo di amore.
Si ricordò di un piccolo anello in argento che voleva
donarle per San Valentino e dell’imbarazzo che provava ogni
volta che sentiva il piccolo pacchetto nella sua tasca: colto
dall’imbarazzo era riuscito a darle il suo dono solo il primo
giorno di primavera, più di un mese dopo.
Immaginò di dover provare quello stesso sentimento e si
stupì di trovarsi insolitamente calmo.
Daisy
aprì cordiale e sorrise all’uomo: stava lentamente
ritrovando il sorriso e la fiducia che aveva tristemente perso nel
periodo immediatamente successivo all’intrusione nel suo
negozio.
-
“Severus, buon giorno. Non pensavo venisse anche
oggi!” –
- “La
disturbo?” –
-
“Niente affatto, semplicemente non la aspettavo, ma lei non
mi disturba affatto. Mi dia pure il mantello”.
– tese la mano all’uomo che
però titubò un istante.
- “Si,
un secondo solo. Le ho portato una cosa.” – disse
mettendo tra le mani della ragazza il piccolo pacco avvolto in semplice
carta marrone.
Daisy gli rivolse
uno sguardo curioso, tutte le cose che Severus le aveva portato non
erano mai avvolte in nessun tipo di carta e la cosa la fece
insospettire.
-
“E’ impacchettato”. –
constatò.
- “E
lei è sempre molto acuta. Lo apra.” –
La ragazza gli
restituì uno sguardo torvo a causa della risposta secca
dell’uomo, ma raramente se la prendeva. Spacchettò
l’oggetto come una bambina la notte di Natale e trattenne il
fiato alla vista del Pensatoio. Non disse nulla e rimase ad osservarlo
con sguardo triste, al punto che Severus pensò di aver
commesso un errore.
-
“Non… non è di suo
gradimento?” –
-
“Cosa? No… è bellissimo, davvero! Non
me lo aspettavo. Sono commossa”. – ed era vero,
perché i suoi occhi stentavano a trattenere le lacrime.
-
“Perché piange allora?” –
chiese con apprensione Severus.
-
“Perché non andiamo di sopra, così
glielo mostro?” – dissè Daisy.
Piton
annuì e seguì la ragazza al piano superiore, dove
si trovava la sua abitazione. La vide dirigersi verso un piccolo mobile
di legno scuro nel salotto, di fianco al divano, e sganciare una
collanina d’oro dal suo collo e prendere la chiave che
fungeva da pendente. Severus non aveva mai notato quel particolare.
Daisy
armeggiò con la chiave nella serratura del mobile, e quando
riuscì ad aprirlo estrasse una piccola teca contenente delle
ampolle in vetro: i suoi ricordi. Le appoggiò con cura sul
tavolo e invitò Severus ad avvicinarsi.
-
“Voglio mostrarle alcune cose”.- gli disse mentre
rovesciata il contenuto delle ampolle nel Pensatoio.
L’uomo
non sapeva cosa aspettarsi ma le andò vicino colto dalla
curiosità. Si affacciarono entrambi sul Pensatoio e in pochi
secondo vennero trascinati in un vortice luminoso, ritrovandosi in una
piccola casa babbana arredata con cura. Un albero di Natale illuminato
e ricoperto da festoni colorati faceva bella mostra di se nel salotto,
e ai suoi piedi una bambina di all’incirca sette anni era
intenta a spacchettare dei doni circondata da due adulti. Severus
riconobbe subito Daisy ipotizzò che le altre
persone fossero i suoi genitori. Un uomo giovane e di
bell’aspetto scattava fotografie alla bambina mentre la donna
osservava la scena divertita comodamente seduta su una poltrona in
pelle.
La piccola Daisy
emise un grido di gioia alla vista del regalo: era una piccola chitarra
classica a misura di bambino.
-
“Papà è davvero mia?”
– esclamò con entusiasmo.
- “Si,
per me è troppo piccola!” –
-
“E… e mi insegnerai a suonarla?”
–
- “Si,
però dovrai promettermi che ti impegnerai!”
– disse l’uomo con un sorriso.
- “E
diventerò brava come te, papà?”
–
-
“Anche di più!” –
- “Non
ci credo! Tu sei il più bravo di tutti!”
–
L’uomo
rise di gusto, poggiando la macchina fotografica al suo fianco e
recandosi vicino alla bambina. – “Certo”
– disse – “Tu riesci sempre bene in ogni
cosa!” – e le scoccò un bacio sulla
fronte.
La scena
cambiò. Si trovavano catapultati nella stazione di
King’s Cross e il padre di Daisy trascinava il carrello con
sopra il baule e gli oggetti personali della bambina. Era la prima
volta che Daisy partiva per Hogwarts.
La bambina era
stretta al braccio della madre e si guardava attorno con sguardo
impaurito, e Severus notò in quell’istante la
straordinaria somiglianza della ragazza con la madre che aveva in volto
la stessa espressione.
- “Che
c’è piccola?” – chiese la
donna alla bambina con voce amorevole.
Daisy scosse la
testa in cenno di diniego.
-
“Sicura che va tutto bene?” –
Ma la piccola non
rispose.
- “Hai
paura?” -
-
“Si!” – sussurrò con voce
flebile.
-
“Senti, è una cosa straordinaria, ma se mai tu
dovessi sentirti sola o impaurita ricordati che io e il tuo
papà siamo tanto orgogliosi di te. Però se
cambiassi idea puoi tornare a casa quando vuoi. Noi saremo sempre qui
per te. Non dimenticarlo mai, va bene?” –
La Daisy del
passato sorrise a sua madre, mentre il capotreno invitava i passeggeri
dell’Espresso diretto ad Hogwarts a salire sulle carrozze. Il
momento era arrivato. La bambina salì sul treno quando la
voce dei genitori la invitò a voltarsi.
-
“Daisy, tesoro…” –
- “Che
c’è mamma?” –
La donna sorrise
con sguardo commosso mentre il marito si poneva al suo fianco,
stringendola amorevolmente in vita con il suo braccio.
-
“Mamma e papà ti amano tanto. Non dimenticarlo
mai”. –
E la scena
mutò per la terza volta.
Erano
all’interno di una abitazione diversa da quella vista nel
precedente ricordo e regnava un’atmosfera densa di tristezza.
Severus non riuscì a comprendere il perché,
all’inizio era solo una sensazione probabilmente causata
dagli abiti scuri indossati dalle persone che affollavano il piccolo
salotto e dall’odore pungente di fiori, poi al centro della
sala scorse un bara, con metà coperchio sollevato, e al suo
fianco Daisy di all’incirca diciassette anni che osservava il
panorama fuori dalla finestra, con sguardo assente. Udì i
commenti delle persone che li circondavano come se fossero bisbigli
lontani, ma riuscì a carpire ugualmente il senso di alcune
frasi. “Povera
ragazza… anche la madre… adesso è
sola. So che studia fuori. Poverina, deve essere un duro colpo perdere
entrambi in così poco tempo… so che non ha nessun
altro… adesso cosa farà? Cosa sarà di
lei?”. Poi un rumore sordo fece sobbalzare tutti
i presenti e si voltarono in direzione del rumore. Una minuscola
chitarra classica che fino a poco tempo prima si trovava appesa alla
parete ovest della stanza era caduta per terra, atterrando sopra un
cestino di margherite bianche poggiato sotto di essa. La posizione
dello strumento coprì un nastro che adornava il cesto, sopra
il quale vi era scritta una dedica con grafia elegante. Adesso vi si
poteva leggere solamente “Noi ti amiamo”. La Daisy
di diciassette anni sorrise mentre le lacrime le rigavano il volto.
Contemporaneamente Severus si sentì vorticare in un turbine
luminoso e si accorse improvvisamente di essere di nuovo nel presente.
Alzò lo sguardo su Daisy, che sorrideva con sguardo colmo di
nostalgia, mentre cercava con la bacchetta di introdurre i ricordi
nelle ampolle di vetro.
-
“E’ per questo che mi sono commossa quando ho visto
il Pensatoio” – gli disse serena –
“Quando ho conseguito i M.A.G.O. sono tornata a
Stanford-Le-Hope per vendere la casa dei miei genitori, ma qualcuno
aveva fatto prima di me. Dei ladri hanno portato via tutto quello che
c’era all’interno, bruciando anche gli album di
fotografie. Alcune foto sono riuscita a salvarle, ma per il resto mi
rimangono solo i ricordi. Quando ho voglia di vederli mi tuffo nel
Pensatoio. So che non ha senso, ma mi piace poter riascoltare la loro
voce.” –
Piton non sapeva
cosa dirle, ma capiva benissimo cosa provava. Quante volte pur di
risentire la voce di Lily si era perso nei suoi ricordi, passando le
sue serate solitarie a vederla rivivere nella sua memoria? Troppe.
-
“Capita anche a me, a volte”. – ammise
l’uomo candidamente.
-
“Anche lei ha perso qualcuno di importante,
Severus?” – chiese senza malizia la ragazza.
-
“Tanto tempo fa”. – disse con una nota di
malinconia della sua voce.
Daisy non
indagò oltre e Severus lo apprezzò. Era un lato
della ragazza che ammirava il fatto che lei non lo costringesse mai a
dire nulla di più rispetto a quanto lui non volesse dire e
forse era anche uno dei motivi che lo spingeva ad aprirsi con lei
più che con chiunque altro.
Silenziosamente
si recarono nel retro bottega dove riprese ad aiutarla
nell’allestimento del negozio e lentamente intrapresero
discorsi più leggeri. Daisy voleva sapere come era cambiata
Hogwarts negli anni, quali professori mantenevano il loro posto e quali
erano nuovi e Severus ammise che da anni avrebbe voluto cambiare il suo
posto di insegnante di Pozioni con quello di insegnante in Difesa
Contro le Arti Oscure.
- “E
come mai? Lei è così ferrato in
Pozioni!” –
- “Ho
una certa esperienza anche con le Arti Oscure”. –
disse l’uomo con voce tetra e fu con divertimento che
notò l’espressione di disapprovazione della
giovane.
- “Si
diverte a spaventarmi? Non funziona, sono solo contraria a tutto
questo. E perché Silente non le ha mai assegnato la
cattedra?” –
-
“Presumo non mi ritenga idoneo”. –
- “Ah
certo, invece la ritiene idoneo a rischiare la vita!”
–
-
“Daisy, per favore…” –
- “Si,
si la smetto. Tanto se insisto lei non cambia idea, io mi innervosisco,
e rimaniamo fermi sullo stesso punto per ore e quindi bla bla bla. Lo
so. E chi è il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti
Oscure?” –
-
“Remus Lupin” –
- “Non
lo conosco”. – disse Daisy aggrottando le
sopracciglia come se stesse cercando in qualche andito della sua
memoria un qualcosa che potesse farle capire chi fosse Lupin.
- “Era
un mio compagno ad Hogwarts, siamo coetanei.” –
-
“Anche lui era un Serpeverde?” –
- “No,
Grifondoro”- rispose con tono infastidito Severus.
- “Deve
esserle insopportabile.” –
Insopportabile?
L’uomo non capiva a cosa si stesse riferendo la ragazza.
- “Si,
intendo dire, deve essere insopportabile per un Serpeverde come lei
vedersi usurpare il ruolo a cui aspira da un Grifondoro”.
– disse Daisy trattenendo a stento le risate.
Severus le
scoccò un’occhiata torva e ignorò quel
commento.
-
“Remus Lupin è un uomo difficile, ma senza ombra
di dubbio può vantare una grande esperienza con le Arti
Oscure”.-
-
“Anche lui è un Mangiamorte?”
–
- “No.
E’ un lupo mannaro”.- rispose serafico.
Daisy fece cadere
il barattolo di legno che aveva in mano. Non poteva aver capito bene.
- “Un
lupo mannaro? E Silente gli ha dato il permesso di insegnare ad
Hogwarts?”-
- “Mi
sembrava di aver capito che da un po’ di tempo a questa parte
le decisioni di Silente non le risultassero poi tanto
bizzarre”. –
La ragazza
soppesò le parole di Severus e non potè non
trovarsi d’accordo.
-
“Eravate amici quando eravate ancora studenti?”
–
- “Se
per amico si intende esser stato ad un passo dalla morte, correre il
rischio di venir sbranato da un lupo mannaro alla Stamberga Strillante
allora si, credo che potrei definirlo un amico”. –
disse Piton con tagliente ironia.
La sua frase
aveva scatenato la curiosità in Daisy, che a stento
tratteneva le mille domande che avrebbe voluto rivolgere
all’uomo. Rischiato la morte? Esser sbranato? Gia’
quando erano alunni? Non capiva.
Fu
così che Severus si dilungò in un racconto che lo
riportò indietro di diversi anni, a quando era solo un
ragazzino solitario troppo magro con la passione per lo studio. Le
disse raccontò dei Malandrini, dell’amicizia che
legava Sirius Black, Remus Lupin, James Potter e Peter Minus, di come
sovente si prendessero gioco di lui, e di quello sfortunato scherzo che
i Malandrini gli giocarono. Le narrò la sfortunata vita di
Lupin ed i tentativi di Silente di nascondere a tutta la scuola la
maledizione che lo colpiva ad ogni luna piena, e del fatto che adesso,
a distanza di molto tempo, lo stava aiutando grazie alla pozione
Antilupo.
-
“E’ incredibile Severus! Quindi grazie a questa
pozione cosa succede? Non si trasforma?” –
-
“Purtroppo non funziona così, il processo
è irreversibile, ma assumendo questa pozione Lupin
è capace di mantenere il controllo e non abbandonarsi
all’istinto”.-
Attese una
risposta da parte di Daisy che però non arrivò:
incuriosito dal silenzio si voltò e vide che la ragazza
teneva il libro di pozioni a poca distanza dal naso.
- “Che
sta facendo?”- le chiese incuriosito.
- “Non
c’è!” –
- “Cosa
non c’è?” –
- “La
pozione antilupo, non c’è nel libro!”
–
-
“E’ una vecchia edizione, la pozione è
stata inventata pochi anni fa e ancora non è presente in
nessun ricettario. Sono tra i pochi in grado di saperla
preparare”.-
-
“Può insegnarmela?” – chiese
Daisy con entusiasmo.
- “Per
quale motivo? Per correre il rischio di saltare in aria in questo
laboratorio? No, non credo, sarebbe un peccato dopo tutto
l’impegno e la fatica che stiamo impegnando nel rimettere in
sesto la bottega”. – le rispose l’uomo
con tono fintamente scortese.
-
“Signor Piton”- disse Daisy con tono solenne
parandosi davanti a Severus – “le ricordo che lei
è un insegnante e come tale ha il dovere, anzi no,
l’obbligo, di insegnarmi tutto ciò che
sa!”-
-
“Signorina Ackerley, le ricordo che non sono più
il suo insegnante e le ripeto che non ho nessuna intenzione di
rischiare la vita per il suo poco talento in questo campo!”-
-
“Questa è una bugia, e lei è
insopportabile!” – la ragazza ormai faticava a
trattenere le risate.
- “Lei
lo è sicuramente più di me, Daisy”.-
-
“Allora, mi insegnerà a preparare la
pozione?”-
-
“Forse. Se mi promette che si guarderà le spalle e
che farà più attenzione”. –
- “A
cosa?” –
- “A
tutto, me compreso”.-
Daisy gli rivolse
uno sguardo confuso e riprese a riordinare i barattoli
scuotendo la testa sorridendo. Severus si rese conto dell’ora
tarda: doveva rientrare ad Hogwarts in tempi brevi poiché
entro poche ore Lucius Malfoy lo avrebbe contattato in merito alla
prossima riunione con i Mangiamorte e doveva fare in modo che le sue
assenze prolungate dal castello passassero inosservate. Si
congedò con cortesia, cercando di non lasciar trapelare la
fretta alla ragazza e nuovamente le raccomandò di fare
attenzione.
-
“Potrei chiederle la stessa cosa!” – gli
disse Daisy con una nota di apprensione nella voce.
- “Le
prometto che userò la massima attenzione”.
–
-
“Ultimamente mi promette troppe cose, Severus”.
– osservò la ragazza.
Per un attimo
l’uomo rimase interdetto da quelle parole, e alla fine decise
di non rispondere. Semplicemente non sapeva cosa rispondere e nel tempo
aveva imparato che nell’incertezza era sempre meglio tenere
la bocca chiusa, senza temere di passare come scortese. Le rivolse un
piccolo cenno del capo, un muto saluto, ma prima che potesse
smaterializzarsi la voce della ragazza lo fermò.
-
“Severus, grazie”.-
-
“Grazie a lei, Daisy”. – e con un sonoro crack! si
ritrovò fuori dai cancelli di Hogwarts.
***
Ciao a tutti! questa volta sono stata brava e ho aggiornato in tempi
record, quindi Hurrà! per me!
Solo una piccola precisazione per quel che riguarda questo capitolo:
è un capitolo di transizione, infatti dal prossimo gli
avvenimenti attorno alla povera Daisy inizieranno a farsi inquietanti,
anche a causa di Severus, quindi che dire, non perdetevi il prossimo
aggiornamento!
Nel frattempo vi ricordo la mia pagina Facebook che potete raggiungere
semplicemente cliccando QUI
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - La Repressione dei Nati Babbani ***
Capitolo
9 – La Repressione dei Nati Babbani
10
luglio 1994
Severus camminava lentamente lungo il viale di Villa Malfoy: sapeva
benissimo di essere in ritardo ma non poteva fare a meno di prendersi
il suo tempo per combattere l’ansia e il disgusto che come
sempre lo assalivano ogni volta che si recava ad una riunione con i
Mangiamorte. Si detestava in quei momenti, ma continuava a ripetersi
che lo faceva per uno scopo nobile. Quel pensiero lo spronava ad andare
avanti.
Osservava il giardino fiorito illuminato dalla tenue luce della luna,
tenuto con estrema cura dalla folta schiera di elfi domestici che
lavoravano per Lucius Malfoy. La scelta di quel luogo era stata la
più ovvia dal momento che avevano abbandonato la dimora
diroccata nei pressi di Godric’s Hollow, in quanto erano al
riparo da sguardi indiscreti e nessuno al Ministero della Magia osava
sospettare o mettersi contro Lucius: la sua autorità, ma
ancora di più la sua fama di uomo temibile e scortese
avrebbero fatto desistere gli intenti degli Auror più
impavidi da qualsiasi visita e controllo, nonostante le voci sempre
più insistenti sulle strane frequentazioni del capostipite
dei Malfoy che andavano diffondendosi all’interno della
comunità magica.
Il professore bussò alla maestosa porta di legno massiccio e
venne accolto da un piccolo elfo domestico che lo fece accomodare in
una poltrona rivestita di velluto rosso in attesa che annunciasse il
suo arrivo al padrone di casa. Tornò quasi subito e gli fece
strada lungo gli sconfinati corridoi della villa, fino a giungere ad
un’ampia sala al cui centro faceva bella mostra di
sé un camino in granito decorato e, attorno ad esso, vi
erano sistemate diverse poltrone in ognuna delle quali vi era seduto un
Mangiamorte. Severus notò che quella alla destra di Lucius
era libera e di conseguenza vi si accomodò. Quella posizione
incuteva in lui un certo timore: era la dimostrazione
dell’importanza che i suoi compagni davano al suo ruolo e non
potè fare a meno di sentire sopra le sue spalle un fardello
pesantissimo.
- “Severus, temevo non arrivassi più”.-
disse Lucius con voce melliflua mentre sorseggiava del buon vino elfico
dal calice di cristallo che teneva nella mano destra.
- “Scusami per il ritardo Lucius, ma come ben sai devo
mantenere un profilo alquanto basso per non destare
sospetti.” –
- “Si, ti capisco. Temo sia un problema comune a tutti noi,
ma considerato che sei anche il fedele braccio destro di Albus Silente
hai senza dubbio più problemi di noi a prendere parte a
queste riunioni”.-
“Il braccio
destro di Albus Silente”. Al solo pensare di
esserlo davvero rabbrividì: non sapeva se lo infastidiva di
più esser considerato in quel modo o trovarsi in quella
stanza con quel branco di uomini senza scrupoli.
Soppesò quelle parole e decise di non rispondervi, cambiando
argomento e puntando dritto al nocciolo della questione.
- “Dicci Lucius, perché ci hai riunito?”
– chiese con curiosità.
- “Abbiamo grandi novità e grandi progetti, caro
Severus!” – intervenì Avery –
“Saprai anche tu cosa accade tra poco più di un
mese…” –
- “La Coppa del Mondo di Quidditch. Questo evento cosa ha a
che fare con tutti noi?” –
- “E’ molto semplice: sono dell’opinione
che i tempi siano maturi abbastanza per poterci finalmente rivelare e
intraprendere la nostra missione alla luce del sole, per smuovere le
acque e richiamare a noi coloro che ancora temono le ripercussioni dei
funzionari del Ministero. Dobbiamo scatenare nuovamente il timore che
il nome dei Mangiamorte incuteva nelle menti dei Mezzosangue,
dimostrare che il Signore Oscuro può tornare e che presto
tornerà”.- spiegò Lucius -
“Sarai dei nostri, Severus?” –
- “ La mia presenza non passerebbe di certo inosservata ad un
simile evento, lo sai!” –
I fratelli Carrow, Alecto e Amycus, iniziarono ad agitarsi sopra le
loro sedute.
- “Andiamo Lucius, ancora non lo hai capito? Il professore
non ha il fegato necessario per azioni simili”. –
sibilarono.
Raramente Severus sentiva l’istinto di cruciare una persona,
ma anche solo sentire la voce dei due fratelli Carrow gli dava sui
nervi. Sentiva la bacchetta premergli contro il petto nel fodero
interno del suo mantello, come se anche lei fosse dotata di
personalità e provasse lo stesso impulso del suo padrone.
Sospirò pesantemente, come per sottolineare il fastidio che
provava e per reclamare l’attenzione e il silenzio dei
presenti come solo lui sapeva fare.
- “Se le mie informazioni non sono errate la finale della
Coppa del Mondo di Quidditch dovrebbe tenersi il venticinque agosto e,
correggetemi se vado errato, presumo che vogliate scatenare la vostra
rappresaglia proprio quella sera quando sarà presente il
maggior numero di persone. Adesso non credo che voi dobbiate essere
informati sulle modalità e sugli impegni della mia
professione, ma il mio rientro ad Hogwarts è programmato per
il venti di agosto, così come quello di tutti gli altri
professori, in vista dell’inizio del nuovo anno scolastico.
Mi permetto di farvi una domanda, cari Alecto e Amycus: come pensate
che una mia eventuale assenza dal castello possa essere interpretata,
in corrispondenza di un ritorno dei Mangiamorte? State sottovalutando
Albus Silente se pensate che non si accorga della
coincidenza”. –
Amycus sbuffò, sconfitto dalla logica del professore, e
riprese a bere a grandi sorsi dal calice di cristallo che stringeva in
pugno.
Lucius intervenne nella conversazione. – “Severus,
sono d’accordo con te. Non ho mai pensato di chiederti di
unirti a noi per l’occasione”.-
- “Perché sono stato convocato allora?”-
chiese l’uomo con una punta di fastidio.
- “Abbiamo un'altra missione per te”. –
disse cercando di mantenere alta la suspance, ma purtroppo Lucius non
era affatto un buon oratore e di conseguenza le sue pause risultavano
più noiose che d’effetto.
- “Riguarda gli indegni, i Nati Babbani. Coloro che non sono
degni di farsi chiamare maghi o streghe, che insudiciano il nostro
sangue, il sangue delle poche famiglie pure che sono rimaste nella
nostra comunità. Sono loro il vero male, più dei
babbani stessi che purtroppo almeno vivono all’oscuro del
nostro mondo.” –
- “Quali sarebbero le vostre intenzioni?”
–
- “Eliminarli”.-
Severus sentì un dolore in un punto imprecisato del petto.
Aveva dimenticato la crudeltà di quel mondo: per un secondo
aveva sperato che il tutto si limitasse ad una lotta tra il Signore
Oscuro e il giovane Potter, invece si era sbagliato. Loro, le famiglie
Purosangue non avrebbero mai smesso di odiare i Nati Babbani o i
Mezzosangue. Non avrebbero smesso di uccidere. Si sforzò di
mantenere un’espressione impassibile o di improvvisare un
sorriso entusiasta, ma non ci riuscì.
- “Qualcosa ti turba?”- chiese beffardo
Thorfinn Rowle, che fino a quel momento aveva seguito la conversazione
in disparte e in silenzio. – “Non sei anche tu un Mezzosangue,
Severus?” –
Piton si sforzò di attenersi il più possibile al
ruolo e sfoderò la bacchetta puntandola dritta al petto del
Mangiamorte. –“Non osare, Rowle! Non osare. Non ti
permetto di infangare la memoria di mia madre e la nobile casata dei
Prince facendo riferimenti a quello sporco babbano di mio padre.
E’ morto, e l’avrei ucciso con le mie stesse mani
se avessi potuto”.-
- “Calmatevi, calmatevi. Non ho alcuna intenzione di vedere
lotte tra compagni all’interno della mia dimora. Rowle,
dovresti scusarti. La casata dei Prince è una delle
più antiche del mondo magico: gli errori di Eileen Prince li
ha pagati lei stessa nel giorno in cui la sua anima ha lasciato il suo
corpo.” –
Era davvero troppo e la pazienza stava abbandonando Severus. Voleva
mettere quanta più distanza tra sé e quel branco
di uomini senza scrupoli assetati di morte e vendetta, ma non avrebbe
potuto muovere un passo fino alla fine della riunione.
- “Lucius, sono stanco delle chiacchiere e delle continue
allusioni riguardo la mia fedeltà o famiglia. Ti prego di
arrivare al sodo o potrei non trattenermi al prossimo
insulto”. – sottolineò con tono aspro le
ultime parole in modo che il messaggio venisse compreso anche da quegli
stolti di Carrow e Rowle.
- “Abbiamo un elenco di presunti maghi e presunte streghe che
disonorano il nostro nome e le nostre conoscenze e di conseguenza
dobbiamo eliminarli. Sono venuto a conoscenza di queste pratiche
indegne grazie ad alcune ricerche svolte da Walden McNair: adesso che
abbiamo qualche nome possiamo agire. Dovrai occuparti di queste persone
con Walden stesso. Non mi interessa come. Uccideteli, mutilateli,
privateli della memoria e delle loro conoscenze, fate ciò
che preferite, ma dovrete renderli privi di poter esercitare la magia e
di reggere una bacchetta in mano.” –
Un pensiero attraversò la mente di Severus: “Ti prego, fa che non
sia…”
- “Potrei vedere l’elenco, Lucius?”
– chiese con finto disinteresse.
L’uomo gli porse una pergamena ingiallita e il professore
scorse rapidamente il breve elenco scritto con grafia disordinata.
Quando i suoi sospetti furono confermati il respiro gli si
mozzò in gola: Daisy Ackerley era al settimo posto della
lista delle streghe e dei maghi disonorevoli. Sarebbe accaduto prima o
poi, disse una voce dentro di sé, ma allo stesso tempo la
sua mente si mise al lavoro per impedire che qualcosa di terribile le
potesse accadere.
- “Sono Mezzosangue o Nati Babbani?” –
- “Per lo più sono Mezzosangue, luridi e sporchi
Mezzosangue. Altri sono Nati Babbani, la razza peggiore”.
–
- “Chi è questo?” – chiese il
professore indicando un nome a caso.
- “Marlon Anslea, un Mezzosangue in odore di matrimonio con
una babbana del Merseyside. Ha un lavoro babbano ma si aiuta con la
magia e inizia a destare diversi sospetti nel mondo babbano e fastidi
in quello magico.” – gli disse Walden, che nel
frattempo aveva lasciato il suo posto vicino al camino e si era messo
alle spalle di Severus per dargli delucidazioni sui nomi presenti nel
suo breve elenco.
Severus chiese di altri due maghi a caso prima di arrivare al nome di
Daisy. Per non destare sospettifFu sincero e ammise che quel nome gli
ricordava qualcosa.
- “Con molta probabilità è stata mia
alunna ad Hogwarts, ma non posso dire che sia la stessa persona. Di
cosa si occupa?” –
- “Se potessi me ne occuperei di persona”.-
affermò Lucius con disprezzo, osservando il liquido rosso
che sorseggiava pacatamente –“Piccola, lurida Nata
Babbana”.-
La preoccupazione di Piton raggiunse livelli allarmanti e dovette fare
appello a tutte le sue forze per non scappare da quella casa. Da bravo
attore quale era, continuò a fingere.
Walden spiegò: – “Come ha detto Lucius
è una Nata Babbana. Se solo l’avessi scoperto
prima me ne sarei occupato a tempo debito quando ci riunivamo a
Godric’s Hollow. Ha una bottega nel villaggio, i babbani la
chiamano Erboristeria, ma in realtà non lavora le erbe, o
meglio, non in modo babbano: ha un laboratorio, credo
all’interno della bottega stessa, nel quale prepara pozioni
che poi diluisce e rivende ai babbani spacciandole come creme o
unguenti di sua invenzione per guarirli di questo o di
quello.” –
Un coro di sdegno si levò nella sala di villa Malfoy e
Severus fu costretto a fare altrettanto. Come si permetteva una piccola
strega di infangare una delle conoscenze più sacre ai maghi
diluendole per poi venderle ai babbani? Avrebbero fatto meglio a
sistemarla il prima possibile, a darle una lezione che si sarebbe
ricordata per tutta la vita, anzi no, ad eliminarla definitivamente.
Non erano così che sarebbero dovute andare le cose: Severus
era cosciente che il mondo magico stava diventando un posto pericoloso
per chiunque, ma mai avrebbe pensato a simili risvolti. Sapeva che
prima o poi Daisy sarebbe stata in pericolo e che avrebbe potuto
rischiare la vita, ma se ne dava sempre le colpe, pensava che sarebbe
stato lui la causa dei suoi guai. Neanche nelle sue più
catastrofiche previsioni avrebbe immaginato un elenco di maghi e
streghe indegne da eliminare o castigare.
Doveva fare qualcosa, doveva prendere tempo.
Come se gli stesse leggendo nel pensiero Lucius gli chiese:
-“Severus, te ne occuperai vero?”-
- “Quando vuoi agire?” –
- “Il prima possibile. Domani, al massimo il giorno dopo
ancora”.-
- “Rowle?” –
- “Sempre disponibile, Severus. Domani sarebbe
perfetto.” –
Pensa Severus.
Pensa.
- “No, non domani. Sono stato convocato da Silente per la
scelta dei libri di testo per il nuovo anno. Credo che dopodomani
potremo agire indisturbati. Per te va bene Walden?”
–
Rowle annuì. –“Perfetto. Tienimi
aggiornato tramite gufo, aspetto tue notizie entro domani sera per i
dettagli”.-
Piton annuì. Doveva andare via da villa Malfoy. Doveva agire
subito.
- “Se non c’è altro e se siamo tutti
d’accordo io toglierei il disturbo”.-
Il padrone di casa disse che era tutto e che poteva andare;
raccomandò l’uomo la massima discrezione e gli
rinnovò la sua fiducia.
Severus si alzò con calma, nonostante i suoi gesti gli
costassero uno sforzo colossale, e con passo lento di diresse verso
l’uscita di villa Malfoy, preceduto dallo stesso elfo
domestico che lo aveva accolto al suo arrivo. Camminò
lentamente fino ai cancelli della tenuta, per poi smaterializzarsi con
un lieve crack!
non appena li superò.
***
Raramente Severus ignorava le buone maniere, ma quello era un caso
particolare in cui le buone maniere avrebbero potuto mettere a
repentaglio la sua vita. Si materializzò
all’interno del laboratorio di Daisy Ackerley, precisamente
alle sue spalle, spaventandola a morte. Purtroppo quello spavento
sarebbe stato un innocente scherzo paragonato a cosa sarebbe potuto
accaderle di li a poco tempo se non l’avesse portata via da
Godric’s Hollow.
- “Severus! Dannazione! Cosa le è saltato in
mente? Mi ha fatto prendere un colpo!” –
esclamò la giovane portandosi una mano al cuore. Lo sguardo
era accusatorio, ma qualcosa nel volto dell’uomo la
allarmò. - “Va tutto bene? Come mai
è qui? E’ successo qualcosa?”
–
- “Daisy, io non posso spiegarle, non adesso. Ma devo
chiederle una cosa che so le costerà molto.”
– Piton non riusciva neanche a trovare le parole per chiedere
alla ragazza ciò che stava per chiederle, non dopo tutti i
sacrifici fatti per ricostruire la sua vita dopo i brutti avvenimenti
dei mesi precedenti. Anche se non ne era la causa non potè
fare a meno di sentirsi colpevole.
- “Mi dica…” – gli disse
titubante.
- “Prenda le sue cose, qualche cambio e i suoi oggetti
più cari… ma si sbrighi! E’ in grave
pericolo e deve seguirmi immediatamente”.- Severus cercava di
mantenere un tono di voce il più pacato possibile ma
c’era un qualcosa che invece che calmare Daisy la
gettò nel panico assoluto.
- “Co… cosa? No! No Severus io.. no! Non posso,
non adesso che le cose stanno andando bene e…”-
Ma Severus non l’ascoltava. Aveva fatto materializzare una
piccola borsa e con un braccio teso incitava la giovane a riempirla dei
suoi effetti personali.
- “Non è il momento di prendere assurde posizioni,
signorina. Mi dia ascolto una buona volta e faccia quello che le
dico”.-
- “Ma io…” –
- “Niente ma, andiamo”. –
Daisy prese la borsa e iniziò a buttarci dentro oggetti alla
rinfusa in preda all’ansia. –“Almeno mi
vuole dire dove stiamo andando?” –
- “No, le spiegherò tutto quando saremo arrivati
in un luogo sicuro. La prego non faccia storie”.-
Ma la ragazza era testarda e gettando la borsa per terra si
parò davanti all’uomo che la osservava con rabbia.
–“Va bene, va bene, ho capito. Ma non
muoverò un solo passo se prima non mi dice dove stiamo
andando e perché sto scappando in questo modo!”
–
- “Per favore Daisy, ogni minuto è
prezioso”.-
- “Ho detto no!”-
- “Non voglio
che tu faccia la stessa fine di Lily Evans!”
- sbraitò Severus, esausto di tutte quelle domande
e insistenze.
Daisy rimase qualche secondo a bocca aperta, poi silenziosamente
riprese a riempire la borsa dei suoi effetti personali recandosi al
piano di sopra dove era collocato il suo appartamento. Doveva essere
successo qualcosa di molto grave. Mai in due anni di presunta amicizia
il suo ex professore si era mai permesso di rivolgersi a lei in quel
modo, dandole apertamente del tu. Prese i suoi ricordi, qualche abito e
tornò al piano di sotto.
Severus era immobile al centro della stanza con gli occhi chiusi, ma si
rese subito conto della presenza della ragazza.
- “Sono pronta”.- mormorò con voce
flebile, appena udibile.
L’uomo le si avvicinò e le porse il braccio:
quando sentì le mani della giovane strette attorno
sé, si concentro e insieme si smaterializzarono.
***
Eccomi qua! Ho aggiornato abbastanza in fretta questa
volta, nonostante il Carnevale mi abbia portato via tantissimo tempo ed
energia. Che dire? Le cose si mettono decisamente male per la piccola e
una domanda sorge spontanea (cit.): dove la starà portando
Severus? Si accettano scommesse.
Vi saluto, ricordandovi come sempre la mia pagina Facebook, che potete
raggiungere semplicemente cliccando QUI
Un bacio, Mrs Killjoy.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 - Spinner's End ***
Capitolo 10 –
Spinner’s End
Daisy
riaprì gli occhi quando sentì di avere nuovamente
il terreno sotto i piedi. Lasciò controvoglia il braccio di
Severus per osservare il luogo nel quale il suo ex professore
l’aveva portata: era una piccola abitazione, ma le tende
tirate alle finestre non le permettevano di avere una visuale
sull’esterno, di conseguenza non aveva la benché
minima idea di dove si trovasse.
La luce era fioca
e dovette attendere qualche secondo affinché i suoi occhi si
abituassero all’oscurità. Si trovava immobile al
centro di un piccolo salotto spoglio, arredato con pochi mobili
dall’apparenza antica e trascurata: le pareti erano ricoperte
fino al soffitto da ordinate scaffalature ricolme di libri e il peso
dei tomi ne aveva curvate alcune. Nella parete centrale questa
scaffalature si aprivano e facevano da cornice ad un semplice focolare
in pietra.
Severus le mise
una mano sulla schiena, spingendola gentilmente in direzione di una
poltrona collocata proprio davanti al camino. Accese alcune candele e
alla luce Daisy ebbe modo di notare alcuni particolari che erano
rimasti celati dall’oscurità: un semplice
scrittoio ricoperto di pergamene faceva mostra di sé sotto
una finestra alla sua destra e, alla sua sinistra, il salotto si
affacciava in una semplice cucina che aveva l’aria non
venisse utilizzata da anni. Niente all’interno di
quell’abitazione aveva l’impressione di essere
inutile, solo funzionale.
- “Dove
siamo?” – chiese sottovoce la ragazza. Aveva quasi
paura a porre delle domande a Severus in considerazione della reazione
che aveva avuto poco prima nella sua bottega, quando lei gli aveva
chiesto insistentemente il motivo di quella fuga improvvisa.
-
“Questa è la mia casa, Daisy”.- rispose
l’uomo con tono freddo – “E’
solo una sistemazione provvisoria. Domani la porterò al suo
nuovo nascondiglio. Purtroppo per lei, non è sicuro starmi
accanto.” –
La casa di
Severus Piton. Neanche per un singolo istante quella ipotesi si era
affacciata alla mente della ragazza: aveva dato per scontato che
Severus trascorresse tutto l’anno nei suoi appartamenti ad
Hogwarts. Invece era quasi ovvio che l’uomo avesse una
propria dimora. Elaborò quell’informazione e
improvvisamente si scoprì in imbarazzo a trovarsi a casa
dell’uomo, ma cercò di accantonare quel pensiero e
di concentrarsi sul motivo che l’aveva trascinata via dal suo
mondo.
-
“Potrei sapere perché sono qui?”
–
- “Non
sa fare altro che porre questioni, signorina Daisy? Mi segua, le mostro
dove dormirà stanotte!” –
Daisy si
alzò come una furia e corse incontro l’uomo
fermandosi ad un palmo dal suo naso adunco, pronta a rovesciargli
addosso tutta la sua frustrazione.
- “No,
non funziona così Severus Piton. Adesso mi ascolti:
è entrato a casa mia, spaventandomi, costringendomi a
lasciare la mia casa senza darmi neanche una spiegazione. Io devo
sapere perché sto scappando. E se lei non ha alcuna
intenzione di dirmelo può stare certo che
prenderò la borsa e me ne tornerò a
Godric’s Hollow. Quindi o mi da un valido motivo per rimanere
qui, o può anche evitare di mostrarmi
l’uscita… la troverò da
sola!”-
-
“Stupida incosciente, sto cercando di salvarle la
vita”.-
- “Beh
tante grazie, professore. Fatica sprecata. Arrivederci!”
–
Daisy
girò sui tacchi e con uno strattone si impadronì
della borsa che si trovava ancora nelle mani di Severus, pronta a
Smaterializzarsi. Ma Piton fu più veloce di lei, bloccando
con un incantesimo di Proteziona la possibilità si
smaterializzarsi e tutte le vie d’uscita
dell’abitazione, facendo scattare tutte le serrature.
La ragazza
gemette nervosamente. – “Lei è
insopportabile!” – urlò contro
l’uomo esasperata.
- “E
lei è testarda e incosciente. Crede che se l’ho
portata via da Godric’s Hollow sia per un mio capriccio
personale? Si sbaglia di grosso: non è per niente piacevole
dover dividere la mia casa con una ragazza capricciosa come
lei.” – disse con cattiveria l’uomo.
Forse anche troppa.
Gli occhi di Daisy divennero lucidi, e benché la giovane
stesse cercando di mascherare le lacrime era evidente che quelle parole
l’avevano ferita. Severus la vide alzare la testa e prendere
un grosso respiro, per poi rigettare la borsa sul pavimento e tornare a
sedersi alla logora poltrona davanti al camino.
-
“Vuole ammanettarmi?” – gli chiese
spavalda, arrendendosi all’evidenza di non poter lasciare
quel luogo.
Nonostante la sua
testardaggine, Severus non potè nascondere un sorriso.
- “Non
mi costringa a farlo”. – rispose andandosi ad
accomodare nella poltrona davanti a quella della ragazza, cercando di
riprendere il controllo della situazione. Il problema era uno solo:
come poteva dirle del grave pericolo in cui si trovava senza
spaventarla ulteriormente? Come spiegarle che non sarebbe
più potuta tornare alla sua vita di sempre senza spezzarle
il cuore?
Il suo tormento
era dipinto nel volto dell’uomo, e Daisy se ne accorse.
-
“Credo di aver capito, sa? Si sta dando la colpa per
qualcosa, è così?” - gli
chiese con voce dolce.
Severus
sbuffò: c’era qualcosa nel modo in cui Daisy
riusciva a capire i suoi pensieri che lo infastidiva. Aveva come
l’impressione di trovarsi sempre disarmato, incapace di
rifugiarsi dietro la maschera di uomo burbero che ormai gli si era
incollata all’anima. In qualche modo, sapeva guardargli
dentro.
- “Si,
ma anche no. Ascolti, molte volte le ho detto che la nostra
frequentazione è pericolosa, ma deve sapere che quello che
sta succedendo è causato dalla volontà delle
persone a cui sono legato da un crudele destino. Io sto cercando di
agire per il meglio, per il suo bene, ma allo stesso tempo da questo
momento in poi sarò costretto a fare delle cose terribili.
Non posso cambiare i fatti, e non posso rifiutare di fare
ciò che mi è stato chiesto, ma posso salvare
lei.” –
-
“Quando parla delle persone a cui è legato da un
crudele destino intende i …”-
- “I
Mangiamorte”.- ammise Severus desolato, continuando
però ad osservare il volto della ragazza per captare le sue
reazioni.
- “Sono
confusa. In che modo i Mangiamorte hanno a che fare con me? Hanno
scoperto tutto? Cosa vuol dire che lei può
salvarmi?” – Daisy non riusciva a capire, e il
professore si trovò costretto a rivelarle la
verità crudamente, senza troppi giri di parole.
-
“Vogliono ucciderla. Vogliono uccidere lei e altri maghi e
streghe come lei. Perché? Perché non è
una Purosangue, è una Nata Babbana, e oltretutto la sua
attività agli occhi di queste persone appare come un insulto
alla Magia. Ed io sono stato incaricato di ucciderla, domani
all’alba”.-
Daisy guardava
Severus con l’aria di una persona che non aveva compreso il
significato di quelle parole, per poi scuotere nervosamente la testa e
alzarsi di scatto alla ricerca di una via di fuga.
-
“Lei… lei non mi avrà fatto venire qui
per…” – balbettò la giovane
mentre il panico la assaliva.
- “No,
mi ascolti. Le ho detto che posso salvarla. Voglio salvarla.”
–
- “E
come? Come potrebbe? Ucciderà qualcuno al mio posto? Se sono
venuti a sapere di me e di quello che faccio è anche
probabile che sappiano come sono fatta, che mi riconoscano. E chi poi?
Una povera innocente?” –
-
“Nessuno morirà al suo posto, Daisy. Domani
sembrerà che lei sia partita per chissà quale
meta e convincerò gli altri Mangiamorte a proseguire con il
lavoro. Però presumo che qualcuno controllerà la
sua casa in attesa di un suo eventuale ritorno”.-
Quelle parole
sembrarono ferire la ragazza più di una coltellata in pieno
petto, e per la seconda volta quella sera i suoi occhi tornarono a
riempirsi di lacrime. – “Vuol dire che non
potrò tornare nella mia casa? Che sarò costretta
a fuggire per sempre?” –
- “Temo
di si” – rispose sconsolato Severus –
“Per lo meno fino a quando tutto questo non sarà
finito”.-
Daisy non disse
più nulla per un tempo che sembrò infinito: si
lasciò andare sulla poltrona, stringendosi nel suo leggero
giacchetto nero fissando il vuoto mentre la sua mente vagava in un mare
di pensieri disordinati.
Severus avrebbe
voluto fare qualcosa, consolarla, ma non seppe fare altro che rimanere
a osservarla con apprensione, consapevole che nessuna parola in quel
momento sarebbe servita ad alleviare il dolore della ragazza. Si
alzò e dopo un breve sguardo all’orologio mise una
mano sulla spalla di Daisy, chiedendole se avesse fame e volesse
mangiare qualcosa.
-
“Vorrei riposare. Ho… credo di aver bisogno di
rimanere un po’ da sola, Severus. Non le dispiace? Ho un gran
mal di testa.”-
- “La
accompagno nella sua stanza, mi segua.” –
Le fece strada,
accompagnandola al piano di sopra attraverso una piccola porta situata
in cucina che nascondeva una scala in legno. Il piano superiore era
semplice quanto quello inferiore: al minuscolo pianerottolo si
affacciavano tre porte scardinate e Severus aprì quella alla
loro destra, facendo entrare la giovane in una piccola camera, la
stessa che anni addietro gli era appartenuta e lo aveva visto crescere.
- “Non
è molto…” –
accennò appena l’uomo indicando un piccolo letto
al centro della stanza.
-
“E’ perfetta, davvero”. –
rispose Daisy. Era raro che non sorridesse, anche quando sbraitava
poteva vedersi sempre l’ombra di un sorriso che le increspava
le labbra, ma non quella sera, e inspiegabilmente questo piccolo
particolare turbò Severus, che non potè fare
altro che richiudere la porta alle spalle della ragazza e lasciarla
sola, come gli aveva chiesto.
Ridiscese al pian
terreno, e come era sua abitudine iniziò a camminare in
circolo perdendosi nei suoi pensieri. Nascondere Daisy, proteggerla,
portarla via dalla sua casa era una mossa rischiosa, ma che altro
poteva fare? Non avrebbe potuto lasciarla al suo destino, tradendo la
sua fiducia ma allo stesso tempo non poteva fare altro che chiedersi
quali conseguenze avrebbero causato le sue azioni in merito alla sua
missione. Prese un libro dalla sua immensa collezione e
provò a distrarsi, ma senza successo. C’era
qualcos’altro che quella sera lo turbava e nonostante odiasse
ammetterlo quel qualcosa era proprio la presenza di Daisy: non era
abituato a dividere i suoi spazi con nessuno, tantomeno con una donna,
e non sapeva come districarsi in quella assurda situazione. La ragione
gli diceva di non badarci, cosa avrebbe mai potuto cambiare una
presenza femminile a Spinner’s End per una sola notte?, ma
allo stesso tempo non poteva fare a meno di sentirsi a disagio. Doveva
fare qualcosa? Avrebbe dovuto insistere e chiederle di parlare?
Preparare comunque qualcosa da mangiare nonostante lei gli avesse detto
di non avere fame? Severus scosse la testa energicamente, dandosi dello
sciocco per le domande che inondavano la sua mente, e diede la colpa di
quelle sue sensazioni al suo carattere chiuso e all’esistenza
solitaria alla quale si era costretto dalla giovinezza.
Un rumore dietro
di sé lo costrinse a voltarsi, e vide Daisy, con i capelli
spettinati e gli occhi rossi e gonfi di pianto, in piedi sulla soglia
della porta che portava al piano di sopra. Non potè fare a
meno di provare pena per la giovane, la cui vita era stata stravolta
dall’assurdo odio tra maghi.
-
“Disturbo?”- gli chiese la ragazza imbarazzata.
-
“Niente affatto, si accomodi. Ha fame?” –
- “No,
ma gradirei una tazza di thè se non le dispiace.”
–
L’uomo
le sorrise e richiudendo il pesante libro che aveva tentato
invano di leggere si alzò dalla poltrona, raggiungendola in
cucina e iniziò a preparare del thè per entrambi.
Anche quel gesto semplice gli risultava complicato, e mentre prendeva
due tazze da una mensola sopra il lavello gettò qualche
sguardo verso Daisy, per cercare di comprendere se anche lei fosse in
imbarazzo quanto lui. Daisy non lo guardava, ma osservava con sguardo
perso il semplice camino situato nel salotto.
Alla tenue luce
delle candele Severus notò un qualcosa a cui non aveva mai
fatto caso prima di quel momento, i grigi occhi della ragazza, dello
stesso colore di un cielo in tempesta, rigonfi anch’essi di
pioggia e lacrime, tormentati da pensieri come fulmini. Per certi versi
ne rimase affascinato.
Le porse la tazza
di thè si sedette anche lui al logoro tavolo della
sua cucina, continuando a scrutarla in silenzio.
- “Sa,
pensavo che lei vivesse ad Hogwarts tutto
l’anno…” – disse Daisy
spazzando così via l’imbarazzo che si era creato
tra di loro.
- “A
volte lo preferirei”.- ammise Severus.
-
“Perché? Non è così male
qui… è solo un po’ buio. Se aprisse le
tende e lasciasse filtrare la luce del sole lo vedrebbe anche
lei”.-
- “Cosa
le fa pensare che io non lo faccia?” – chiese
sospettoso l’uomo.
-
“Diciamo che la conosco abbastanza da sapere che lei non
è quel genere di persona” – rispose
Daisy abbozzando un sorriso – “Perché
non lo fa’?” –
Severus
sospirò. Quanto gli sarebbe costato essere sincero? Per una
volta decise di mettere da parte l’orgoglio e di parlare con
qualcuno del motivo per cui faceva ciò che faceva, senza
preoccuparsi delle conseguenze che le sue parole avrebbero potuto avere.
-
“Perché aprire le tende mi spingerebbe a guardare
fuori dalla finestra, e quello che vedrei rovinerebbe il ricordo che ne
conservo”.-
- “In
che modo?” – chiese Daisy giocherellando con il
bordo della tazza.
- “Sono
cresciuto in questa casa, Daisy, con una madre succube del suo marito
babbano che trascorreva le sue giornate ignorandoci, salvo quando
beveva. In quei momenti disprezzava la magia, e mia madre col tempo
iniziò a comportarsi come se non fosse una strega. Io
evitavo ogni contatto con loro, leggevo testi magici, e sognavo il
giorno in cui avrei compiuti undici anni per poter frequentare
Hogwarts. Pensavo che questo posto non avrebbe potuto offrirmi niente,
fino all’agosto precedente la mia partenza per Hogwarts
quando conobbi Lily Evans”. – Severus si
alzò dalla sua sedia e andò alla finestra della
cucina scostando appena le tende, e fece segno a Daisy si avvicinarsi.
La ragazza lo raggiunse e osservò il paesaggio fuori
l’abitazione del professore, che con un dito gli
indicò una casa in rovina dall’altro lato della
strada. Che altro avrebbe potuto dirle adesso? Una volta addentratosi
nel discorso non era più sicuro di voler andare avanti;
cercare le parole per dare senso agli avvenimenti della sua giovinezza
facevano apparire i fatti, le persone e i sentimenti frivoli, e per un
uomo come lui da sempre abituato a mantenere lontani
quest’ultimi dalla sua esistenza era una prospettiva
terribile. Mandò giù il groppo amaro che sentiva
in gola e continuò il suo racconto: - “Lei viveva
lì. E io non sono stato in grado di salvarla”.-
Non disse nulla di più, ma non ce ne fu bisogno. Il nome di
Lily Evans aveva precedentemente colpito Daisy quando quella stessa
sera nella sua bottega Severus le aveva urlato disperatamente che non
voleva che lei facesse la sua stessa fine, ma non solo: un ricordo si
affacciò nella sua mente, quello della sera in cui rivide
l’uomo dopo molti anni, accasciato disperato davanti alle
rovine di casa Potter in una fredda notte di fine ottobre di due anni
prima.
E improvvisamente
comprese. Comprese perché Severus si trovava in quel luogo,
disperato, perché fosse così chiuso, scostante,
scontroso e a tratti aggressivo. Perché aveva sofferto, e
ancora soffriva per l’amore che provava per quella donna.
Un dolore
profondo le lacerò lo stomaco al punto che fu costretta a
portarsi le mani al ventre, ma quando si rese conto che nessuna ferita
era presente capì che era la sua anima che in qualche modo
urlava e si dibatteva dentro di se. Perché?
Perché Severus amava, ma non lei. In quel momento la
verità la colpì con forza come uno schiaffo.
Possibile che si fosse innamorata di quell’uomo? Non aveva
mai sperimentato quel sentimento di conseguenza non poteva esserne
certa, ma proprio perché non l’aveva mai provato
prima sapeva che era reale. Spostò lo sguardo su di lui, e
si rese conto che il tormento che leggeva nei suoi occhi era dolore per
quell’amore perduto e che mai avrebbe potuto competere con il
fantasma di Lily Evans: se gli anni non avevano potuto alleviare il suo
tormento o spegnere quel sentimento, come avrebbe potuto farlo lei?
Allungò
la mano sulla tenda che Severus aveva aperto poco prima, e la richiuse:
in un certo qual modo fu come riporre i suoi sentimenti appena scoperti
a chiave con un lucchetto, e poggiandogli una mano sulla spalla
provò a comunicargli che aveva compreso il suo dolore e che
non ci sarebbe stato bisogno di aggiungere altro.
Nuovamente
Severus ebbe la sensazione che Daisy potesse leggergli dentro e
comprendere i suoi pensieri, ma questa volta non ne fu infastidito: il
calore della mano della ragazza sembrava penetrare tra i tessuti dei
suoi abiti e fu più terapeutico di ogni parola.
Poggiò la mano sulla sua, e si stupì di come quel
contatto non lo mise a disagio. Si sentì leggero e sollevato
come non gli capitava ormai da tempo e la sensazione di non essere
più solo riuscì a quasi a rallegrarlo e a
scacciare per qualche momento tutti i tormenti e le preoccupazioni dal
suo animo. Dentro si se Severus sorrideva.
-
“Daisy, ha mai pensato di studiare Legilmanzia?”
– le chiese ispirato dall’empatia della ragazza.
- “No,
avrei dovuto?” –
-
“Forse. Se non è troppo stanca potrei spiegarle
qualcosa in merito”. – le propose.
Vide gli occhi
grigi di Daisy illuminarsi di curiosità ed entusiasmo per la
prima volta in quella serata.
- “Non
sono mai troppo stanca”. – gli rispose la giovane
sorridendo.
Severus le
illustrò brevemente la storia di quella disciplina magica,
per poi addentrarsi in esempi più articolati fino ad
arrivare alle dimostrazioni pratiche: per tutta la durata di quella
breve conversazione le loro mani non si separarono, rimasero
l’una sull’altra, ma nessuno dei due
sembrò accorgersene.
***
Spinner's
End! Yes! Ci avreste mai scommesso? Il nostro Piton ha portato la
povera Daisy nientepopòdimenochè
a casa sua!!
Non avete la
benchè minima idea di quanta fatica mi sia costato questo
capitolo: come ho gia' detto a qualcuno, Severus è un uomo
troppo complicato e riuscire a fargli aprire il suo cuore a Daisy
è un'impresa quasi epica. Spero di non essere uscita troppo
fuori dai canoni del personaggio, ma se così fosse chiedo
umilmente perdono. Ad ogni modo, mi piace come si stanno avvicinando,
anche se la strada è molto in salita... in fondo Severus
è ancora follemente innamorato di Lily (pace all'anima di
questa benedetta ragazza!) e Daisy inizia a capire di non avere alcuna
possibilità! Ma forse chissà, col tempo...
Beh basta, la
smetto di perdermi in chiacchiere inutili e vi do appuntamento al
prossimo capitolo.
Se vi piace la
mia storia e avete voglia di seguirmi potete aggiungere la mia pagina
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Un abbraccio,
Mrs
Killjoy
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 - Eileen Prince ***
Capitolo 11 - Eileen
Prince
La
bottega di Daisy era stata distrutta e del suo laboratorio non rimaneva
nient’altro che il ricordo: i lunghi banchi in legno, sopra i
quali fino a qualche ora prima troneggiavano i calderoni con i quali la
ragazza preparava le sue pozioni, erano stati ridotti in piccoli
frammenti dalla rabbia di Rowle quando il Mangiamorte si era reso conto
che della giovane non c’era alcuna traccia. Severus aveva
dovuto collaborare e fingere la sua stessa frustrazione mentre con la
morte nel cuore scagliava Incantesimi di Distruzione in ogni angolo. Le
ampolle, i bollitori, le bilance, ogni cosa era stata polverizzata,
così come ogni mobile, pensile ed oggetto dell’
abitazione al piano di sopra.
Prima di
abbandonare quella piccola costruzione in legno e mattoncini rossi nel
cuore di Godric’s Hollow, Rowle tramite un Incantesimo di
Incisione tracciò il Marchio Nero nel pavimento della
bottega come monito per un eventuale ritorno di Daisy: era frustrato
per quell’occasione sprecata, ma grazie anche al grande
potere di persuasione di Severus si era convinto che la loro vittima
avesse percepito il pericolo e si fosse allontanata per sempre dal
Regno Unito, e che difficilmente sarebbe tornata indietro. Nonostante
questa convinzione il Mangiamorte decise di mettere qualcuno a guardia
del posto, un fedele sostenitore della causa Purosangue, come previsto
dal professore, più per timore della reazione di Lucius
Malfoy che per scrupolo personale.
Severus trasse un
sospiro di sollievo solo quando fu di nuovo nella sua casa di
Spinner’s End e vide Daisy, salva e in buona salute,
appisolata su una delle due poltrone del suo salotto con un pesante
libro di Pozioni sulle gambe. Non la svegliò e cercando di
fare meno rumore possibile si diresse in cucina per preparare un
thè. Era stanco e provato, tormentato
dall’angoscia della sua missione e dalla notte insonne che
aveva trascorso: aveva visto la notte diventare giorno mentre spiegava
l’arte dell’Occlumanzia a Daisy, e come pensava, la
ragazza era dotata di una particolare predisposizione per quella
disciplina. Dopo averle spiegato come isolare la mente e intrappolare i
suoi ricordi e pensieri in un angolo remoto, provò
più e più volte a penetrare all’interno
di essa, con scarsissimi risultati. Riuscì a intravedere
poche immagini, per lo più riguardanti i ricordi che lei
stessa gli aveva mostrato tempo addietro e alcuni momenti passati
assieme, ma nulla di più. Era ovvio e normale che fosse
riuscito a carpire solo quelle informazioni, poiché le
condivideva con Daisy, e quando il Legilmens aveva un rapporto con
l’oggetto delle sue indagini, stretto o superficiale che
fosse, era altamente probabile che si verificasse un simile evento.
Estasiato da questi risultati aveva ribaltato i ruoli, offrendosi come
cavia alla ragazza affinché lei penetrasse la sua mente, ma
il frutto di quelle ore di allenamento non era stato altrettanto
soddisfacente: Daisy non era stata capace di vedere nulla, nonostante
Severus avesse lasciato la sua mente scoperta per facilitarle il
compito. Aveva provato e riprovato fino alle prime luci
dell’alba, per poi crollare in un sonno profondo sulla stessa
poltrona dove adesso riposava.
Dopodiché
il professore era uscito per la sua missione a Godric’s
Hollow. Evidentemente Daisy si era svegliata per prendere un libro
dalla sua immensa collezione, per poi farsi battere una seconda volta
dalla stanchezza.
Severus ripensava
ancora alla notte appena trascorse che quasi trasalì al
suono della voce della ragazza dietro le sue spalle.
- “Sono
morta?” – chiese con la voce impastata dal sonno.
L’uomo
sorrise. – “Questo posto alla luce del sole
è così infernale da farle pensare di esser
passata a miglior vita?” –
- “Se
fosse un luogo infernale l’espressione ‘miglior
vita’ non sarebbe delle più azzeccate”.
– constatò, e Severus non poté fare
altro che trovarsi d’accordo con
quell’osservazione. – “Volevo solo sapere
com’è andata. Non doveva accadere
stamattina?” – chiese.
- “La
sua fuga inaspettata da Godric’s Hollow ha scatenato le ire
di uno dei più temibili Mangiamorte in circolazione, ma
tutto sommato sta bene, non è così?”
– e voltandosi le porse una tazza di thè che Daisy
accettò di buon grado.
Il suo aspetto
non era dei migliori, i lunghi capelli le incorniciavano
disordinatamente il volto e delle occhiaie violacee contornavano i suoi
occhi.
-
“Perché non ha dormito nella stanza al piano di
sopra?” – le domandò.
- “Ero
in pensiero”.- ammise candidamente la ragazza.
- “Non
deve preoccuparsi per me, so badare a me stesso”. –
rispose Severus, che si stupì del suo stesso tono duro.
Daisy
scrollò le spalle. – “Lo so bene, ma
credo sia inevitabile oramai. Lei rischia la sua vita a causa mia e non
potrei mai perdonarmi se le accadesse qualcosa mentre cerca di
proteggermi”. –
- “Non
merito la sua preoccupazione, Daisy. E’ solo per colpa mia
che lei è costretta a fuggire”. –
- “Ma
sarebbe accaduto comunque, quindi la smetta di darsi colpe che non ha.
Anzi, se non fosse per lei a quest’ora sarei sicuramente
morta e non mi troverei qui a discutere delle colpe o dei meriti che
abbiamo, quindi…” –
-
“Quindi?” – le fece eco Severus.
-
“Quindi grazie, perché mi ha salvato la
vita!” – concluse la ragazza, rivolgendo uno
sguardo divertito al suo interlocutore.
Severus scosse la
testa in segno di disapprovazione: niente al mondo avrebbe potuto
fargli cambiare idea, neanche la logica disarmante di quella ragazza
cocciuta che si trovava a pochi passi da lui, nella sua cucina. Prese
un respiro profondo, pronto a portare a termine il suo compito con
Daisy, portandola nell’unico posto al mondo dove nessuno
l’avrebbe mai cercata e forse neanche trovata: sarebbe stato
difficile per entrambi, ne era cosciente, ma era realmente
l’unica possibilità di salvezza che poteva
offrirle.
-
“Daisy, si ricorda che le ho detto che questa sarebbe stata
solo una sistemazione provvisoria?” –
La vide annuire,
con sguardo improvvisamente triste.
-
“Credo sia ora di andare, le spiegherò tutto
quando saremo arrivati a destinazione.” –
Poggiò
la sua tazza ormai vuota nel tinello e osservò la ragazza
prendere le sue poche cose e mettersi la borsa in spalla. Ancora una
volta, improvvisamente, era diventata taciturna ed ebbe come
l’impressione che i pochi progressi fatti per risollevarle il
morale si fossero dissolti nella leggera brezza estiva che tormentava
le strade di Spinner’s End.
Silenziosamente
Daisy si avvicinò all’uomo e poggiandogli una mano
sul braccio sussurrò – “Sono
pronta”. -.
Severus chiuse
gli occhi e prefissò la sua mente sulla destinazione, per
poi mettere a fuoco la determinazione di occupare lo spazio desiderato:
in un lampo di luce si smaterializzarono.
Quando entrambi
riaprirono gli occhi, Severus attese la reazione della ragazza con un
briciolo di trepidazione: sapeva che avrebbe riconosciuto quel luogo al
primo sguardo, anche se erano passati molti anni dall’ultima
volta che lo aveva visitato.
-
“Hogsmeade!” – disse Daisy con voce
entusiasta.
Le
lasciò ammirare il panorama per qualche minuto, conscio
delle emozioni che quel luogo le suscitava: dalla collina sulla quale
erano apparsi si poteva godere di una discreta visuale del villaggio
magico, e in lontananza, le torri della scuola di Magia e Stregoneria
di Hogwarts spuntavano timide nella nebbia mattutina.
-
“Starò ad Hogsmeade, Severus?”
–
- “Non
ancora”. – le rispose, sentendosi improvvisamente
in colpa per aver spazzato via la gioia della ragazza.
- “E
allora dove? Non capisco, dove mi sta portando?” –
- “Da
questa parte!” – le disse, indicandole un piccolo
sentiero che si addentrava fino ai margini della Foresta Proibita, in
direzione opposta al villaggio.
Daisy lo
seguì senza porre alcuna obiezione, ma sul suo volto Severus
poteva chiaramente leggere apprensione e delusione.
-
“Siamo arrivati”. – disse poco dopo,
indicando una semplice abitazione composta dallo stesso legno degli
alberi che la nascondevano perfettamente alla vista di occhi non
attenti.
Severus
bussò delicatamente alla piccola porta che si
aprì dopo qualche istante: si trovarono davanti ad una donna
non più giovane, con profondi occhi neri e sguardo fiero e
penetrante, un naso adunco e pronunciato e labbra sottili piegate in
una smorfia di disappunto, che subito si sciolse in un sorriso commosso
alla vista dell’uomo.
-
“Severus…” –
sussurrò. La donna tratteneva l’istinto di
abbracciarlo con palese imbarazzo e cominciò a torturarsi le
mani, per poi farsi da parte e invitarlo ad entrare. –
“Entra… caro, entra…”
–
L’uomo
fece cenno a Daisy di seguirlo all’interno della abitazione e
lei subito obbedì. Per qualche strano motivo la ragazza
aveva la sensazione di essere di troppo.
- “Non
ti attendevo così, così presto. Non ti attendevo
proprio affatto a dire la verità: pensavo non saresti
rientrato ad Hogwarts prima di qualche settimana e …
oh!” – il discorso della donna si interruppe alla
vista della bionda ragazza dietro le spalle di Severus. –
“Severus, chi c’è con te?”
–
Per la prima
volta dopo diversi minuti, Severus si decise a parlare –
“Eileen, lei è Daisy Ackerley. Daisy, lei
è Eileen Prince, mia madre”. –
Le espressioni
delle due donne erano come un riflesso nello specchio: entrambe
guardavano l’uomo immobile al centro della stanza a bocca
aperta, incredule e stupite. Eileen non capiva perché
Severus avesse portato un’estranea nella sua abitazione,
svelandole la sua reale identità e infrangendo
così il patto di segretezza stretto diversi anni addietro,
l’unico e solo legame tangibile che ancora li univa: Daisy
era semplicemente incredula di trovarsi davanti alla madre di Severus
Piton, in quanto era fortemente convinta che fosse morta molti anni
addietro.
-
“Eileen, Daisy, posso spiegarvi?” –
chiese, cercando dentro di sé di risultare il più
gentile e accondiscendente possibile.
-
“Spero tu abbia un motivo valido per tutto questo, Severus.
Avevi giurato!” – disse Eileen con un tono duro che
a Daisy ricordò tanto il professore.
-
“Più che valido, Eileen. Daisy è in
fuga dai Mangiamorte, mi hanno ordinato di ucciderla e…
semplicemente non posso farlo. Ha bisogno di un posto sicuro dove
nascondersi e ti chiedo cortesemente di proteggerla fino a quando non
avrò sistemato la questione”. –
-
“Aspetta, non ho capito. Cosa c’entrano i
Mangiamorte in tutto questo? Non ti sarai fatto soggiogare nuovamente
dal Lato Oscuro, mi auguro. Lo sai cosa hai rischiato in
passato!” –
- “Sono
in missione per conto di Silente, è diverso questa
volta”. –
Eileen Prince
scosse energicamente la testa in segno di disapprovazione, scrutando
con severità la giovane Daisy, che rimaneva immobile alle
spalle di Severus con gli occhi ben puntati sul pavimento.
- “Se
sei in missione per conto di Silente, perché non
l’hai portata ad Hogwarts? Lui saprebbe proteggerla meglio di
come farei io!” – L’uomo si prese
qualche minuto prima di rispondere alla madre, alla ricerca delle
parole più adatte per spiegarle il perché di
quella decisione, che all’apparenza poteva sembrare assurda
ma che in realtà era davvero la sua unica speranza di poter
salvare la vita di Daisy.
-
“Silente è all’oscuro di tutto, almeno
credo, e anche se sapesse non approverebbe. Preferirei mantenere il
segreto più assoluto in merito alla questione,
perché non posso rischiare che qualcuno scopra che la sto
proteggendo. Metterei a repentaglio la vita di troppe persone se si
venisse a sapere, e Hogwarts non è il posto adatto per lei:
nel castello anche i muri hanno occhi e orecchie”.
– Severus prese un profondo sospiro prima di pronunciare le
ultime parole: - “Sei l’unica che possa aiutarmi,
Eileen, e anche l’unica di cui io possa fidarmi”.
–
L’ultima
frase sembrò toccare nel profondo la donna, il cui sguardo
si addolcì per un istante.
-
“Perché ti danno la caccia, ragazza?”
– domandò rivolta a Daisy, mal celando una punta
di fastidio nella sua voce.
- “Sono
una Nata Babbana, signora”.- rispose la giovane con un
sussurro.
-
“Severus, questo è troppo! Sai perché
sono fuggita qui ad Hogsmeade, vero? Sulla tomba di tuo padre ho
giurato che non avrei mai avuto più nulla a che fare con
niente e nessuno che avesse a che fare con i Babbani, e questo riguarda
anche streghe e maghi Nati Babbani. Portano solo sventure, e tu
dovresti ricordartelo bene!” – sbottò.
- “Vuoi
lasciarla morire?” – domandò duramente
Severus, indicando con un dito Daisy.
Eileen si morse
le labbra. No, non desiderava di certo la morte di quella ragazza, che
a quanto pare doveva avere un legame profondo con suo figlio o non si
sarebbe mai trovata nella sua casa, ma allo stesso tempo non poteva
dirsi entusiasta di quella situazione. Aveva sofferto a causa di un
Babbano, e suo figlio aveva sofferto a causa di una giovane strega Nata
Babbana; non poteva dimenticare cosa entrambi avevano passato nella
loro travagliata vita.
- “Solo
per poco tempo tempo, Severus. Lo faccio per te, e per nessun
altro”.- La madre alla fine capitolò.
Il volto
dell’uomo si rilassò e ringraziò la
madre di quella concessione, promettendole che Daisy non gli avrebbe
recato nessun tipo di disturbo e che si sarebbe adoperato in fretta per
trovarle una soluzione alternativa. Si congedò, non prima di
aver chiesto Daisy di seguirlo all’esterno della abitazione.
La ragazza aveva
uno sguardo indecifrabile, come se neanche lei sapesse quale stato
d’animo provare a proposito di quanto aveva appena assistito.
-
“Daisy, sta bene?” – le
domandò Severus, sinceramente preoccupato per le sue
condizioni.
- “Non
so cosa pensare, tutto qui!” – ammise tristemente
Daisy.
- “Mi
dispiace per tutto quello che deve affontare a causa mia”.
–
- “Le
ho gia’ detto che dovrebbe smettere di scusarsi in
continuazione”. –
Sembrava quasi
che non volesse parlare, e forse era proprio questo che turbava
maggiormente Severus: era difficile che Daisy non dicesse una parola o
che non esprimesse le sue impressioni o pareri su quanto accadeva e
vederla improvvisamente taciturna era un’esperienza nuova che
non sapeva gestire. Ma quasi a smentire i suoi pensieri, la giovane
interruppe quel pesante silenzio che si era creato tra di loro.
-
“Crede che un giorno potrei mai tornare ad
Hogwarts?” –
- “Non
è un po’ cresciuta per tornare a scuola,
signorina?” – le chiese duro, con
l’intento di stuzzicarla: Daisy detestava essere chiamata
“signorina”. Più volte aveva cercato di
convincerlo a chiamarla semplicemente “Daisy”, ma
senza ottenere alcun risultato. In realtà Severus utilizzava
quell’appellativo solo perché si divertiva a
vederla alzare gli occhi al cielo esasperata mentre tratteneva la
voglia di schiantarlo.
-
“Intendevo dire visitarla. Tornare al castello come se fossi
una turista in vacanza!” –
- “Con
Silente ad Hogwarts credo sia un po’ improbabile…
Improvvisamente
Daisy si illuminò. – “Si ma nessuno sa
che sono un Animagus. Sarebbe possibile entrare ad Hogwarts sottoforma
di una volpa? Che ne dice?” –
Severus non aveva
pensato a quella opzione, a volte addirittura scordava che Daisy fosse
capace di trasformarsi in un animale.
-
“Credo sarebbe fattibile, ma ha abbastanza fegato?”
–
- “Cosa
intende dire?” – domandò perplessa la
ragazza.
- “Una
volpe nel castello susciterebbe le ire di Gazza e sarebbe in grado di
rincorrerla per tutti i corridoi fino a quando non l’ha messa
nel sacco!” – sentenziò Piton.
-
“Gazza non mi spaventa. Potrei schiantarlo, o pietrificarlo,
oppure potrei…” –
-
“Credo che fare attenzione sarà più che
sufficiente, qualora decidesse di entrare nel castello. A volte mi
spaventa la facilità con cui vorrebbe schiantare o
immobilizzare le persone”. –
Daisy
alzò le spalle, non curante del velato rimprovero che
l’uomo le aveva rivolto.
-
“Così, in questo modo, potrei magari venirla a
trovare senza essere notata da nessuno. Per una volta sarebbe lei a
ricevere una mia visita, e non il contrario”. –
Severus non
rispose: non aveva pensato che la sorprendente vicinanza che li avrebbe
separati avrebbe agevolato i loro incontri.
-
“Sempre se non la disturbo…” –
aggiunse in fretta Daisy, improvvisamente delusa dal silenzio
dell’uomo.
- “Solo
se mi promette che farà attenzione. Lei non mi disturba
affatto”. –
La vide sorridere
felice per la prima volta dopo un periodo che gli parve infinito, e in
qualche modo anche lui venne contagiato dall’improvviso
buonumore della ragazza.
- “Sa,
credo di non andare particolarmente a genio a sua madre!”
– gli disse poco dopo cercando di mantenere un tono scherzoso.
-
“E’ difficile andarle a genio, non è una
cosa personale, mi creda. Ma potrebbe avere molto da imparare da mia
madre, se le darà una possibilità”.
–
Daisy gli rivolse
uno sguardo interrogativo.
- “Mia
madre” – continuò Severus –
“E’ un’eccellente pozionista, sicuramente
molto più paziente di me. Molte delle cose che so me le ha
insegnate lei”. –
- “Non
credo che sarebbe così entusiasta di insegnarmele se fosse a
conoscenza dell’uso che ne faccio. O che ne
facevo…” –
-
“Daisy, a volte per raggiungere i propri scopi si
è costretti a mentire, o occultare delle innocenti
verità”.-
- “Mi
sta dicendo che dovrei mentire a sua madre?” – gli
domandò divertita la ragazza.
- “Le
lascio il compito di interpretare le mie parole. Adesso credo di
doverla lasciare.” – disse l’uomo
scrutando il sole nel cielo, mentre delle nuvole passeggere lo
oscuravano gradualmente.
-
“Tornerà?” – chiese speranzosa
Daisy.
-
“L’aspetto ad Hogwarts all’inizio
dell’anno scolastico, signorina Ackerley”.
–
E così
come era giunto in quel luogo, Severus si Smeterializzò:
l’ultima cosa che vide prima di ritrovarsi a
Spinner’s End fu il sorriso di Daisy, e il suo ricordo
bastò ad illuminare la sua buia casa.
***
Dopo un periodo che
sembrava interminabile ci sono riuscita! Ho aggiornato!
Per prima cosa
vorrei chiedervi di non spaventarvi, sono sempre MrsKilljoy, solo che
ho deciso di cambiare nick perchè ritenevo non mi
rispecchiasse più come un tempo. Quindi date il benvenuto a
The Black Dahlia!!!
Come seconda cosa
invece vi comunico che siamo ad una svolta importante nella storia,
anche se siamo lontanissimissimi da una conclusione.
Per
aggiornamenti, curiosità, chiacchierate e deliri vari vi
lascio la mia pagina Facebook QUI.
Un bacio a tutti
e a presto (promesso!!!)
The Black Dahlia
(ex MrsKilljoy)
xoxo
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 - Un Nuovo Inizio ***
Capitolo 12 - Un Nuovo
Inizio
Un
nuovo anno scolastico era iniziato ad Hogwarts, ma a dispetto della
calma che regnava nel castello Severus si sentiva sempre
più inquieto e tormentato: gli episodi avvenuti al termine
della finale di Coppa del Mondo di Quidditch erano un chiaro segnale
del ritorno dei Mangiamorte e del loro piano per riportare in
vita il Signore Oscuro, ma nonostante le importanti informazioni che
Severus riportava ad Albus Silente, sembrava che non ci fosse motivo
alcuno per cui allarmarsi. La proverbiale calma del preside era un
qualcosa che aveva il potere di mandare Severus su tutte le furie: se
solo si fosse mostrato preoccupato, o anche solo leggermente allarmato
per l’andamento degli eventi, allora di sicuro
anche lui avrebbe potuto affrontare il nuovo anno scolastico con
serenità. Ma come avrebbe potuto? Sentiva fin dentro le ossa
che per l’ennesima volta sarebbe accaduto qualcosa che
avrebbe messo in serio pericolo Harry Potter, e il Torneo Tremaghi
sarebbe stata l’occasione perfetta. Aveva sbraitato, quasi
urlato, colto dall’esasperazione per la decisione assurda di
tenere il torneo ad Hogwarts, consapevole del fatto che qualcosa
sarebbe di certo avventuo, ma le sue proteste erano rimaste
inascoltate. Nulla poteva contro le decisioni dei potenti. Decise che
non avrebbe fatto nulla di diverso dal solito: avrebbe continuato a
svolgere il suo ruolo di silenzioso protettore
nell’oscurità e in perfetta solitudine. O quasi.
Raramente tornava
presso l’abitazione di sua madre, temeva che qualche occhio
indiscreto avrebbe potuto notarlo ed insospettirsi, ma quel giorno era
diverso: aveva finalmente trovato una sistemazione definitiva per Daisy
Ackerley e per certi versi poteva dirsi impaziente di comunicarle quale
sarebbe stata. Le sarebbe costato sacrificio, avrebbe dovuto rinunciare
a diverse cose, ma Severus sapeva che Daisy avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur terminare la convivenza forzata con Eileen Prince.
Si materializzò proprio sulla soglia della piccola
abitazione in legno al limitare della Foresta Proibita, e
bussò.
Sua madre,
Eileen, si sciolse in un sorriso commosso alla vista del
figlio, il quale entrò per accomodarsi su sedia pericolante.
L’uomo si guardò attorno per qualche istante e
saltando i convenevoli chiese: - “Dov’è
Daisy?” –
- “Non
saluti neanche tua madre, Severus?” – lo
rimproverò bonariamente la donna, che ignorando lo sguardo
pungente dell’uomo rispose immediatamente alla sua domanda.
– “E’ uscita, come sempre!”
–
-
“Uscita? Lo sai che non le è concesso
uscire!” – rispose rabbioso mentre uno strano
senso di inquietudine fioriva nel suo petto.
-
“Credi che non lo sappia? Credi che non gliel’abbia
detto? Quella ragazza ha un serio problema con le regole. E’
cocciuta e testarda. Nel primo pomeriggio esce, si inoltra nella
foresta e rientra più o meno verso quest’ora!” –
- “Non
dovresti permetterglielo!” – disse Severus
amareggiato da quella scoperta.
- “Se
vuole cacciarsi nei guai che lo faccia pure, l’importante
è che non ne procuri a me. Non ho la voglia e neanche
l’età per impedire ad una ragazzina viziata di
uscire di casa. Ha dei seri problemi, fidati di me, e ti
procurerà solo guai!” –
L’uomo
non rispose alla dura affermazione di sua madre: Eileen era una donna
che difficilmente cambiava idea su qualcuno o qualcosa, di conseguenza
sapeva che il suo sarebbe stato solo fiato sprecato. Riteneva che
nonostante il mese di forzata convivenza le due donne non avessero
fatto alcuno sforzo per conoscersi, troppo prese una dal risentimento
dell’avere un’estranea nella propria casa,
l’altra troppo occupata a pensare alle sue sventure per
offrire un barlume di cordialità. Certamente Daisy a volte
sapeva essere talmente testarda da portare all’esasperazione
anche un uomo dotato di pazienza infinita come Severus stesso, ma di
certo non la si poteva definire una ragazzina viziata: la sua colpa era
stata quella di accogliere Severus nella sua vita, e come ricompensa si
era ritrovata a doverla stravolgere per non rischiare di morire. No,
non sarebbe stata Daisy a portare guai nella vita del professor Piton,
ma bensì lui era stata la causa della sua sfortuna.
-
“Perché sei qui, Severus?” –
le chiese Eileen distraendolo così dai suoi pensieri.
L’uomo
aveva iniziato a camminare in circolo per la casa della madre nel vano
tentativo di reprimere l’istinto che gli diceva di
precipitarsi fuori dall’abitazione e cercare la ragazza per
la Foresta Proibita a costo di doverla scandagliare minuziosamente.
- “Ho
trovato per lei una sistemazione migliore, sono qui per
comunicarglielo”.- rispose atono.
La donna
alzò le spalle. – “Sarà
felice, per lo meno la smetterà di piangere tutte le
notti”.-
Piangere? Da quando Daisy
piangeva tutte le notti? Perché le rare volte che
l’aveva incontrata da quando era iniziato quel maledetto
calvario non si era accorto di nulla?
- “Beh,
non che io la veda o la senta. Se c’è
un’unica cosa che ha di buono quella ragazza forse
è proprio la discrezione, ma di certo non può
nascondere gli occhi gonfi e rossi che ha ogni mattina al suo
risveglio”.-
Severus stava
soppesando quelle parole alla ricerca di qualcosa da dire, quando la
porta di entrata si aprì improvvisamente e Daisy fece il suo
ingresso nell’abitazione: i suoi occhi, dapprima puntati sul
pavimento e con un espressione vacua, si illuminarono non appena vide
il professore.
-
“Severus!” – esclamò con tono
sorpreso.
- “Sa
che non può uscire, Daisy? Lo sa?” – le
chiese furioso l’uomo avvicinandosi a grandi passi verso la
giovane, al punto che lei si ritrovò costretta a indietreggiare. Gli restituì lo stesso sguardo furioso e con
un filo di voce intriso di rancore gli disse: - “Mio padre
è morto molti anni fa’, Severus”
–
- “Che
sfacciataggine!” – commentò sottovoce
Eileen mentre usciva dalla stanza, ma non abbastanza poiché
entrambi la udirono e le scoccarono un’occhiata furente.
- “Mi
segua”.- disse l’uomo duramente, e senza aspettare
che Daisy lo seguisse uscì dall’abitazione,
addentrandosi di pochi passi nella Foresta Proibita, fermandosi in
prossimità di un vecchio albero dal tronco ricurvo.
- “Qual
è il suo problema?” – domandò
la ragazza quando lo raggiunse trattenendo a stento l’ira
che le ribolliva nel sangue.
- “Il
mio problema? Qual è il suo problema, Daisy? Si rende conto
di ciò che ha fatto? E se qualcuno l’avesse vista?
E se le fosse successo qualcosa mentre se ne andava felicemente a
spasso nella foresta? Dopo tutti i salti mortali e i problemi che sto
affrontando per metterla in salvo lei se ne va a fare una passeggiata
come se nulla fosse?!” – la aggredì.
Daisy per tutta
risposta prese un respiro profondo e davanti ai suoi occhi assunse le
sembianze di una volpe, per poi riprendere la sua forma umana dopo
pochi secondi. – “Come vede non sono
così stupida come crede! E lo dica anche a sua madre, che
non fa altro che guardarmi male dalla mattina alla sera!”
–
Severus rimase
per qualche istante ad osservarla: non pensava fosse una stupida, non
l’aveva mai pensato, ma nel corso di quei minuti non aveva
valutato l’ipotesi che Daisy si aggirasse per la foresta
sotto le sembianze di una volpe. Avrebbe voluto dirle che le
dispiaceva ma le parole che uscirono dalla sua bocca furono ben altre:
- “Non conta che lei sia una volpe o una donna. E’
comunque pericoloso. La foresta è piena di creature magiche,
predatori…” –
- “Non
sarebbe più semplice dire ‘mi dispiace’
invece che continuare ad arrampicarsi sugli specchi?”
– gli domandò.
Lo aveva fatto di
nuovo, aveva nuovamente percepito i suoi pensieri come se fossero
parole scritte su pergamena; rimase a scrutarla in silenzio in attesa
che lo sguardo della ragazza si addolcisse alla ricerca di un qualcosa
da dire che deviasse l’argomento dalle sue paure, ma non
accadde nessuna delle due cose. Daisy continuava a guardarlo in attesa
delle sue scuse e Severus alla fine dovette arrendersi.
-
“Mi… mi dispiace”. – disse
come se stesse pronunciando una Maledizione senza Perdono.
- “Se
lei non fosse così orgoglioso e ottuso non troverebbe
difficoltà nel chiedere scusa!” –
rispose piccata la ragazza incrociando le braccia al petto.
- “Io
sarei orgoglioso e ottuso?” –
- “Di
certo non la si può definire cordiale”.-
- “Non
ha minimamente idea di quanto io sia cordiale nei suoi confronti,
Daisy”.-
La giovane
sollevò le spalle come se le parole di Severus non la
interessassero minimamente.
-
“Perché è qui?” –
Severus le fece
cenno di avvicinarsi e di mettersi al suo fianco e con riluttanza Daisy
obbedì: scostò leggermente il suo mantello e
tirò fuori un plico di pelle scura chiuso a malapena da un
elastico nero. Lo passò cortesemente alla ragazza che lo
aprì svelandone così il contenuto.
- “Di
chi sono questi documenti? Chi è Violet
Blackthorn?” –
-
“E’ lei, la sua nuova
identità”.-
La giovane
strabuzzò gli occhi. Una nuova identità?
- “Le
spiego, qui c’è il suo nuovo documento di
identità e uno stato familiare. Da questo momento in poi
lei si chiamerà Violet Blackthorn e discende da una famiglia
di maghi purosangue. Questo dovrebbe essere più che
sufficiente ad allontanare i Mangiamorte da lei. Inoltre questo
è un contratto di lavoro”.- disse indicando un
foglio di pergamena.
-
“Potrò tornare a lavorare?” –
chiese con voce commossa.
- “Si,
ma purtroppo non potrà tornare ad occuparsi di pozioni.
E’ un lavoro molto semplice, qui ad Hogsmeade: si tratta di
dare una mano all’anziano Randolph Fleet, il proprietario del
Ghirigoro. Ormai non riesce a gestire da solo la mole di lavoro del
negozio e ho pensato di inviargli una lettera a nome suo, o meglio, a
nome di Violet Blackthorn, nella quale si propone come aiutante. Non ci
sono molti giovani qui, se non durante l’anno scolastico ad
Hogwarts, di conseguenza trovare persone desiderose di lavorare in
questo villaggio è molto difficile e il signor Fleet ha
accettato di buon grado”.-
Daisy rimase per
qualche istante in silenzio entusiasmata dalle parole di Severus.
– “Mi scusi, non capisco una cosa… come
può una persona come Violet Blackthorn spuntare qui ad
Hogsmeade dal nulla? Devo pur conoscere qualcuno, aver frequentato
qualche scuola…”-
-
“Ottima osservazione”.- constatò il
professore – “Troverà un piccolo
riassunto della sua vita dalla nascita fino ai nostri giorni, anche se
ho cercato di renderla il più possibile simile a quella
reale: nella finzione mia madre sarà sua zia, e questo
servirà ad entrambe per rendere più credibile la
vostra copertura. Lei sarà figlia del signor Wayne
Blackthorn e della strega francese Agathe Dubois. E’ nata in
Francia il 21 settembre 1972 e ha studiato a Beauxbaton. I suoi
genitori allevavano draghi, e sono morti in un incidente con un
Dorsorugoso di Norvegia quando lei aveva tredici anni e dopo essersi
diplomata e aver viaggiato per l’Europa ha deciso di
trasferirsi qui ad Hogmeade per stare vicino all’unica
parente che le è rimasta. Tutto chiaro?”
–
La ragazza
annuì convinta: come accennato da Severus, la vita di Violet
Blackthorn e la sua erano molto simili e memorizzare quelle semplici
nozioni non sarebbe stato un problema. Fortunatamente Daisy era dotata
di buona memoria.
- “Come
posso sdebitarmi?” – chiese all’uomo
desiderosa di ricambiare.
-
“Semplicemente promettendomi di fare molta attenzione. Me lo
promette, Daisy?” –
-
“Certamente, non potrei fare altrimenti!”
–
-
“E… un’altra cosa: il signor Fleet le
mette a disposizione un piccolo appartamento proprio sopra il
Ghirigoro, quindi se vorrà lasciare la casa di mia madre
potrà farlo tranquillamente”.-
- “Sul
serio?” – domandò la giovane incredula:
la prospettiva di poter lasciare la casa di Eileen Prince era
decisamente il lato che preferiva dell’intera questione.
- “Se
preferisce…” –
-
“Certo che lo preferisco! Che domande!” –
Severus trattenne
a stento un sorriso. – “E’
così terribile stare con mia madre?” –
-
“Diciamo molto semplicemente che io non piaccio e lei e lei
non piace a me”. –
- “Non
pensavo che lei fosse così categorica con le persone. Tutti
meritano una seconda possibilità”. –
- “Non
è questione di essere categorici o meno, Severus”
– spiegò Daisy – “E’
che ci sono alcune persone con le quali non si va d’accordo a
pelle, e sua madre è una di queste. Magari sto sbagliando,
anzi, non lo metto in dubbio. Anche io ho i miei difetti!”
–
- “Di questo può esserne certa”.-
Daisy gli
scoccò un’occhiata torva ma decise di ignorare
l’affermazione del suo ex insegnante di pozioni.
-
“Piuttosto” – gli chiese –
“come mai ha scelto il nome Violet Blackthorn?”
–
-
“Blackthorn lo scelse mia madre quando decise di ritirarsi ad
Hogsmeade ed inscenare la sua morte. Il blackthorn è il
fiore di pruno e simboleggia la difficoltà. Credo lo
trovasse particolarmente indicato, data la sua situazione e la vita
difficile che ha vissuto a causa di mio padre”.-
- “E
Violet? Cosa significa?” –
- “Non
conosce il significato dei fiori? E’ una grave pecca, specie per chi ha l’ambizione di diventare pozionista: molto spesso
il loro significato si ricollega direttamente alle proprietà
magiche che possiedono”. – sentenziò
Severus.
- “Non
ho un’adorazione particolare per i fiori ad essere sincera.
Comunque,cosa simboleggia la violetta?” –
domandò con crescente curiosità.
L’uomo
aveva cercato di deviare quella domanda ma davanti all'insistenza della giovane non poteva
fare altro che darke una risposta sincera: aveva scelto quel
nome con cura, ricercando con zelo un fiore che possedesse le
qualità che lui aveva sempre rivisto nella ragazza.
-
“Umiltà e candore”. – disse
semplicemente senza aggiungere null’altro. Guardò
fugacemente la giovane alla ricerca di una reazione, e per qualche
motivo quando la vide sorridere non poté fare altro che
imitarla.
-
“Credo che potrebbe piacermi la violetta”
– la sentì mormorare, più a se stessa
che a Severus.
-
“Perché non le piacciono i fiori?”
–
Daisy
arrossì. – “E’
un’idea stupida…” –
-
“Potrebbe non esserlo”. – la
incoraggiò l’uomo.
-
“Beh… è per l’uso che le
persone comuni ne fanno. Gli uomini regalano fiori alla donna che amano
o che vogliono conquistare, e non credo che il modo migliore per
coronare un amore sia portare in dono un qualcosa che dopo qualche
giorno inevitabilmente morrà. Lo vedo di cattivo auspicio.
Poi se capitasse a me non so come potrei reagire, magari cambierei
idea”. –
- “Non
le hanno mai regalato fiori?” - domandò
stupito Severus. Assurdamente non aveva mai pensato a Daisy con
qualcuno, anche se non si era mai posto quella questione prima
d’ora: gli sembrava normale che una giovane donna come lei
avesse avuto delle storie, degli amori, anche se lei non aveva mai
detto nulla in proposito.
- “Mi
piace pensare che non ci sia mai stata occasione piuttosto che
chiedermi ‘perché’! Ho come
l’impressione che finirò come una lontana zia di
cui parlava sempre mio padre, che morì signorina alla
veneranda età di centodue anni. Lei ha mai regalato fiori,
Severus?” –
Un ricordo
colpì violentemente Severus allo stomaco e lo
riportò con la mente indietro nel tempo, a quando con
indosso l’uniforme della scuola trascorreva i suoi pomeriggi
sulle rive del Lago Nero in compagnia di Lily, la
sua Lily,
e materializzava dal nulla dei gigli candidi che la ragazza amava
riporre tra i suoi lunghi capelli rossi.
-
“E’ passato tanto tempo”. –
disse con nostalgia e improvvisa tristezza.
Daisy
capì di aver toccato un tasto dolente e non
indagò oltre, ma fece del suo meglio per riportare
l’argomento su toni più leggeri. Vedere lo sguardo
di Severus che si perdeva dolorosamente nel vuoto le faceva male: le
ricordava che non avrebbe mai potuto competere con quella donna che
aveva avuto la fortuna di occupare un posto importante nel cuore
dell’uomo che amava.
-
“Quando… quando potrò andare dal signor
Fleet?” –
-
“Anche questo pomeriggio, se vuole. Prima però
dovremo apportare delle piccole modifiche al suo aspetto: i Mangiamorte
conoscono il suo aspetto e non possiamo rischiare che una loro visita mandi
all’aria la copertura.” –
- “Cosa
dovrei cambiare?” – domandò Daisy
allarmata.
-
“Credo che sarebbe sufficiente accorciare i capelli e
cambiarne il colore”. –
Erano esattamente
le parole che la ragazza non avrebbe mai voluto udire: non era
particolarmente avvezza alle vanità ma se c’era
qualcosa che non avrebbe mai cambiato del suo aspetto fisico erano
proprio i suoi lunghi capelli biondi, che ricadevano in morbidi boccoli
all’altezza delle spalle.
- “Non
credo di volerlo fare!” – disse con tono allarmato.
-
“E’ per la sua protezione”. –
le ricordò pazientemente Severus.
- “Si
ma… mi trasformi in un mostro piuttosto!”
–
- “Non
sia sciocca, sono solo capelli. Sarà sufficiente un
Incantesimo di Restringimento e uno Camuffante. E pronta?”
– chiese sfoderanto la bacchetta dal suo lungo mantello nero.
-
“No!” –
L’uomo
scosse la testa e si mise davanti alla ragazza: la mano che stringeva
la bacchetta era solennemente puntata sulla sommità del capo
di Daisy, mentre l’altra, la sinistra, stringeva dolcemente
una lunga ciocca dei suoi capelli color oro. Doleva anche a lui dover
compiere quell’incantesimo: la viva tonalità dei capelli della ragazza erano l’unica nota di colore della sua vita. Con
un rapido movimento del polso la magia si consumò e i
capelli di Daisy iniziarono a ritirarsi nel suo cranio facendosi sempre
più corti; quando furono all’altezza delle
orecchie Severus interruppe l’incantesimo di Restringimento
e pronunciò la formula dell’incantesimo
Camuffante. Al termine dell’opera rimase qualche istante ad
osservarla: era diversa, solo un occhio attento avrebbe rivisto nella
ragazza dai corti capelli neri davanti a lui Daisy Ackerley, e dovette
ammettere che quel nuovo aspetto per certi versi le donava. Il grigio
dei suoi occhi sembrava brillare più lucente di prima.
-
“Signorina Blackthorn, ben arrivata ad Hogmeade”.
–
-
“Sarò orribile…” –
mormorò per nulla entusiasta Daisy incamminandosi verso
l’abitazione di Eileen Prince.
Vedendo che
Severus era rimasto immobile al suo posto si voltò e gli
domandò: - “Non entra?” –
- “Devo
tornare ad Hogwarts. Sono sicuro che si troverà bene al
Ghirigoro, Daisy. Le raccomando la massima discrezione e se mai
dovessimo incontrarci per le vie di Hogsmeade ricordi che non ci
conosciamo. Arrivederci”. –
Fece per voltarsi,
ma la voce della giovane che lo chiamava per nome lo trattenne: non
fece in tempo a girarsi che Daisy gli corse incontro, e come un
fulmine si ritrovò tra le sue braccia.
-
“Grazie”. – la sentì mormorare
stretta al suo petto.
Rimase per
qualche istante esterrefatto dal gesto impulsivo della ragazza e senza
neanche accorgersene le sue braccia circondarono le spalle della
giovane strega e si lasciò andare a
quell’abbraccio: avrebbe respinto chiunque avesse anche solo
osato ipotizzare di potersi avvicinare così tanto a lui, ma
non lei.
-
“Buona fortuna”. – fu tutto
ciò che riuscì a dirle.
***
Eccomi
qua! Ci ho messo davvero un’eternità ma alla fine
ho aggiornato! Vi comunico che per vari motivi potrò
aggiornare solo una volta a settimana, ma proverò a
dedicarmi a questa storia non appena mi sarà possibile: sono
davvero felice di come sta venendo su, e devo dire che il vostro calore
e il vostro supporto mi rende davvero orgogliosa. Vorrei ringraziare
ognuno di voi, uno ad uno, ma temo che verrebbe fuori un papiro
immenso, perciò, come Daisy, mi limito a dirvi
“Grazie!”.
Non avete idea di
quanti stimoli mi date. Come sempre, vi ricordo la mia pagina Facebool,
raggiungibile cliccando --> QUI <--
Un bacio
grandissimo,
la vostra Dahlia.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 - Frammenti di Memoria ***
Capitolo 13 –
Frammenti di Memoria
Questo capitolo
è dedicato a
TheGhostOfYou:
senza i tuoi
consigli sarei persa!
A
chiunque capitava di avere una giornata "no" ma sebbene gli studenti di
Hogwarts pensassero che le giornate “no” del
professor Piton capitassero trecentosessantacinque giorni
all’anno, quella mattina dovettero ricredersi: sembrava che
al severo insegnante di Pozioni fosse accaduto qualcosa di decisamente
sgradevole, in quanto durante le lezioni mattutine con gli alunni del
quarto anno non fece altro che assegnare compiti, punizioni e togliere
punti ai Grifondoro. Severus vedeva i volti contrariati dei suoi alunni
e questo aveva il potere di indispettirlo e esasperarlo ancora di
più. A fine lezione contò i punti tolti a
Grifondoro, ben sessantacinque, e si rese conto di essersi lasciato
troppo condizionare dal suo umore, ma udire Ron Weasley sussurrare
all’orecchio di Harry Potter “Deve
essere sceso dal letto con il piede sbagliato!” era stata la
goccia che aveva fatto traboccare il vaso: il suo malumore spesso
interferiva con il suo lavoro di insegnante, e quella mattina aveva
dato il meglio di sé. O il peggio, a seconda dei punti di
vista.
Non sapeva
spiegare il perché di quello stato d’animo, anche
se molto semplicemente non volevesse ammetterlo nemmeno a se stesso: da
quando Daisy, o meglio Violet Backthorn, aveva iniziato a lavorare al
Ghirigoro all’interno del castello era diventata
l’argomento preferito di gran parte degli alunni di sesso
maschile. Li vedeva pettinarsi e vestirsi con cura nei pomeriggi in cui
era concessa la visita ad Hogsmeade nella speranza di strappare un
sorriso alla giovane o magari qualcosa di più, li sentiva
parlare di quanto fosse bella quando sorridesse o di come i suoi occhi
fossero luminosi, come se fossero sotto l’effetto di un
Filtro d’Amore. Era rimasto profondamente colpito dalle
parole che i giovani usavano per descriverla, e si domandò
se lui fosse così cieco da non accorgersene o se
semplicemente Daisy fosse divenuta popolare in quanto novità
all’interno della piccola comunità magica poco
distante da Hogwarts. Non era uno di quei uomini incapaci di cogliere
la bellezza di un sorriso, ma per quanto si sforzasse di ricordare non
riusciva a trovare in Daisy un elemento particolarmente degno
di nota, a parte il colore dei suoi occhi. L’aveva vista
allegra, solare, arrabbiata, spaventata e disperata, ma quando il suo
pensiero si soffermava su di lei non vedeva nient’altro che
un’amica. Sorrise a quella considerazione: lui non aveva mai
avuto amici al di fuori della sua Lily, quando era ancora uno studente
e prima che le cose precipitassero inesorabilmente e ognuno prendesse
la propria strada, e realizzare di averne uno era un pensiero
rassicurante. Daisy sapeva di lui più di chiunque altro,
perfino di Silente che aveva l’assurda presunzione di
conoscere i pensieri più oscuri e le vicende più
torbide della vita di Severus. E adesso che la sua presenza aleggiava
in incognito tra i corridoi di Hogwarts, appena sussurrata dalle bocche
dei giovani, non poteva fare a meno di provare una punta di fastidio,
come se stessero entrando in un campo personale, riservato, nel quale
solo lui poteva accedere.
Severus rientrava
dal pranzo nella Sala Grande del castello diretto alla sua aula, in
attesa dell’inizio della lezione del pomeriggio, quando si
imbatté in Fred e George Weasley e un nutrito gruppo di
altri studenti appartenenti a Grifondoro, che discutevano animatamente.
Si appostò dietro un angolo, pronto a cogliere una qualsiasi
preziosissima informazione riguardo ai progetti delle prossima
malefatte dei gemelli Weasley, ma l’argomento di discussione
dei ragazzi era tutt’altro: era Daisy. Avrebbe potuto
continuare imperterrito per la sua strada interrompendo quel patetico
teatrino, ma rimase inchiodato alla sua postazione con
l’orecchio teso.
- “Beh,
carina è carina, e se ti dice di no?” –
disse una voce che Severus riconobbe immediatamente:
apparteneva a Lee Jordan, il commentatore ufficiale delle
partite di Quidditch.
-
“Pazienza! Ma c’è qualcosa che mi dice
che non mi dirà di no. Non so esattamente dirti cosa, ma con
me è diversa!” – A parlare era stato
Wilbur Keynes, uno studente dell’ultimo anno appartenente a
Grifondoro: era un ragazzo diligente e studioso, rispettoso nei
confronti degli insegnanti e delle materie che insegnavano, senza
quell’aria di saccenza o superiorità tipica delle
persone come lui. Severus lo aveva sempre ignorato, e nel suo
complicato modo di relazionarsi con gli studenti era sintomo di stima
per quel giovane mago nato Babbano di umili origini che tramite la
dedizione e un’attenta osservanza delle regole era divenuto
in poco tempo uno degli studenti più promettenti
dell’intera scuola. Ma in quel momento per la prima volta in
sette anni provò nei suoi confronti una forte
antipatia.
- “Non
ha tutti i torti!” – disse uno dei due gemelli
Weasley – “Ogni volta che andiamo al Ghirigoro lei
è tutta sorrisi e moine per Wilbur, lo saluta con una vocina
squillante…” –
- “Gli
fa gli occhi dolci!” – terminò il
secondo gemello.
- “Ah
smettetela!” – disse Wilbur, e Piton
notò dell’imbarazzo nel tono della sua voce
– “Voi che dite? Mi butto?” –
-
“Nella peggiore delle ipotesi ti becchi un no!
Perché non tentare? Vai e sii un vero Grifondoro!”
–
- “Ma
ti immagini la faccia di quel cretino di una Serpe di Kain Montague
quando farai il tuo ingresso trionfale al Ballo del Ceppo con Violet?
So che anche lui le muore dietro!” –
esclamò entusiasta Jordan.
- “Ah,
venderei il brevetto delle Pasticche Vomitose per vederlo schiattare di
invidia! Quando le farai la proposta?” – chiese
Fred.
-
“Questa domenica, è l’unico momento a
disposizione… Spero solo che non ci sia la solita fila al
Ghirigoro o potrei non trovare il coraggio per
chiederglielo”. –
- “Ci
pensiamo io e Fred a tenere lontani tutti, conta pure su di noi
amico!” -
Severus aveva
udito abbastanza. Il Ballo del Ceppo, il chiodo fisso degli studenti da
un mese a questa parte. Che idiozie, come potevano anche solo
immaginare che Daisy avrebbe accettato un invito da un ragazzino di
appena diciotto anni? Oltretutto non era neanche sicuro che un alunno
potesse invitare al ballo un esterno alla scuola, e prese
l’appunto mentale di cercare conferma nella sua copia di
“Regolamentazione degli Statuti Magici in Ambito
Scolastico”. Decise di mettere fine a quell'insulsa
conversazione uscendo allo scoperto.
-
“Sparite dai corridoi prima che trovi un qualsiasi pretesto
per togliere dei punti alla vostra casa, e potete stare ben certi che
lo troverei in men che non si dica” –
tuonò con il suo solito tono aspro.
Alla vista del
professore i ragazzi sbiancarono e si dispersero in varie direzioni,
rimandando così la conversazione a quella sera.
L’uomo
proseguì in direzione della sua aula mentre il malumore
cresceva ad ogni passo. Si ricordò improvvisamente che di li
ad una mezz’ora avrebbe avuto lezione proprio con gli alunni
di Grifondoro del settimo anno, e l’idea di vedere la faccia
speranzosa di Wilbur Keynes gli fece venire il voltastomaco. Si
accomodò alla sua cattedra, leggermente rialzata rispetto ai
banchi degli studenti sui quali si ergevano i calderoni e tutto
l’occorrente per la preparazione delle pozioni in programma
per quel pomeriggio, e continuò a rimuginare su quanto aveva
appena appreso.
Nonostante
conoscesse Daisy da più di due anni non avrebbe saputo dire
se la ragazza avrebbe accettato o meno l’invito del giovane
al Ballo del Ceppo. Non considerava la differenza di età tra
i due ragazzi come un elemento a sfavore per Wilbur Keynes, Daisy in
fondo era di soli quattro anni più anziana rispetto al
ragazzo, e quattro anni non erano considerevoli come i dodici che
separavano Severus dalla giovane. Per una frazione di secondo
desiderò poter riavere indietro la sua giovinezza,
nonostante fosse ben cosciente che il suo ostacolo maggiore non era
l’età anagrafica, bensì il peso delle
colpe che sentiva di avere sulle spalle. La cosa che però
sembrava dargli maggiormente fastidio di tutta la questione erano state
le parole dei gemelli Weasley, che confermavano un fantomatico
interesse di Daisy nei confronti di Keynes: era reale o solo una loro
supposizione? Conoscendo Daisy, Severus era cosciente del fatto che
molto probabilmente si trattava di una semplice simpatia nei confronti
un mago nato Babbano come lei, che oltretutto portava lo stesso nome
del padre defunto, ma non averne la certezza lo rendeva
ansioso: temeva che le sue fossero solo ipotesi campate per aria,
mentre una piccola ma fastidiosa voce nella sua testa continuava a
domandargli come mai stesse reagendo in quel modo alla luce di quegli
eventi.
I suoi pensieri
vennero improvvisamente interrotti dai primi studenti in perfetto
orario per l’inizio della lezione e il professore dovette
rimandare le sue elucubrazioni ad un altro momento. Anche Wilbur Keynes
fece il suo ingresso nell’aula e Severus avrebbe scommesso
qualsiasi cosa in suo possesso che i suoi pensieri fossero rivolti
verso Daisy. Provò ancora una volta a scacciare quei
pensieri dalla sua mente, ma con scarso successo: ogni volta che
incrociava lo sguardo del ragazzo tornavano prepotenti e si riscopriva
impotente e poco propenso a continuare a svolgere il suo lavoro. Tutto
quel pensare gli fece venire una dolorosa emicrania e
cominciò a contare con ansia i minuti che lo separavano
dalla fine della lezione. Riuscì a rilassarsi solo
quando terminò la spiegazione e gli alunni iniziarono la
preparazione della Pozione Restringente, un argomento per lo
più indirizzato al ripasso delle pozioni elementari che
avevano studiato i primi anni e che qualsiasi persona frequentante il
settimo sarebbe stata in grado di preparare ad occhi chiusi, ma
contrariamente alle sua aspettative così non fu: un odore
pungente, di metallo fuso, si insinuò nelle sue narici.
Esasperato da tanta incompetenza, Severus alzò lo sguardo
alla ricerca del colpevole e quando scoprì che si trattava
proprio di Wilbur Keynes non riuscì più a
trattenersi.
-
“Keynes, si può sapere cosa passa per la tua testa
vuota?” – domandò aspramente.
- “Mi
dispiace professore, temo di aver scordato di aggiungere il succo di
fagiolo Soporoso. Ricomincio daccapo!” –
- “Non
possiamo rimanere qui fino a notte fonde a causa della tua
incompetenza. Ripulisci tutto e sparisci dall’aula. Per
questo errore mi vedo costretto a togliere cinque punti a
Grifondoro.” –
- “No
professore la prego! Ripulisco e ricomincio daccapo,
davvero!” – disse rammaricato il giovane.
-
“Altri cinque punti in meno per la tua insolenza. Se invece
che confabulare con i tuoi amici per i corridoi di Hogwarts sui tuoi
sogni senza speranza di conquistare la bella del villaggio tu ti fossi
concentrato sul tuo compito, adesso non saresti colpevole di aver fatto
perdere dieci punti alla tua casa!” –
Wilbur rimase
fortemente colpito e deluso dalle parole del professore, ma da vero
Grifondoro non si arrese: - “Dieci? Prima ha detto
cinque!” –
-
“Cinque per la tua incompetenza, più altri cinque
punti per la tua insolenza. Più altri cinque punti per la
tua insistenza. Vuoi che arrivi a venti, Keynes?” –
domandò velenoso, incapace di trattenere la sua ira nei
confronti del ragazzo.
- “No,
professore”. – disse tristemente.
-
“Bene. Ripulisci il disastro che hai combinato. E per
domenica esigo un trattato sull’uso del succo di fagiolo
Soporoso di venti fogli di pergamena, e quando sarai qui per
consegnarlo ti fermerai per riordinare l’armadio degli
ingredienti!” –
-
“Ma…” –
-
“Niente ma, Keynes. Venti punti in meno a
Grifondoro!” – sentenziò, chiudendo
definitivamente il discorso.
Quella sera, dopo
aver saltato la cena sempre a causa del suo inarrestabile malumore,
Severus rimuginò a lungo su quanto accaduto durante la
lezione con gli alunni del settimo anno. Erano rare le volte in cui
perdeva il controllo, dopo anni aveva imparato a gestire quel lato del
suo carattere, ma a seconda delle situazioni quella parte di
sé che cercava di tenere assopita si svegliava affamata come
un animale appena uscito dal letargo. In una frazione di secondo aveva
visto davanti a sé la possibilità di impedire al
giovane Keynes di formulare a Daisy il suo invito ad accompagnarlo al
Ballo del Ceppo, e lo aveva colto al volo. Solo in quel momento, a
mente fredda, si rese conto del grave errore commesso. Non poteva
conoscere il futuro, sapere cosa avrebbe risposto Daisy, ma se la
risposta fosse stata positiva chi era lui per impedirle di prendervi
parte? Un egoista, ecco chi. Lo era sempre stato.
La copertura
della ragazza era forte e da quel momento in poi avrebbe potuto
continuare la sua vita senza che lui la mettesse ulteriormente in
pericolo: Severus stesso era la causa delle sue sventure e forse solo
allontanandosi da lei avrebbe potuto garantirle il futuro sereno e
radioso che si meritava.
Ma ormai era
troppo tardi per tornare indietro, per tornare sui suoi passi. Non lo
aveva mai fatto e non lo avrebbe fatto mai, ma da quel momento in poi
si ripromise di mettersi da parte, di non interferire più
con le scelte e con la vita di Daisy, anche se ciò
significava perdere la sua unica amica, la sua unica confidente, il
solo barlume di luce e speranza nella sua esistenza.
Stanco e allo
stesso tempo distrutto e sollevato dalla sua decisione, cadde in un
sonno profondo.
Severus
si sentiva debole, stanco e provato, ma allo stesso tempo la mano che
stringeva gli infondeva forza, energia e coraggio. Vedeva i corridoi di
Hogwarts addobbati a festa scorrergli davanti agli occhi, e nonostante
non sapesse dove stesse andando si sentiva al sicuro. Guardò
la mano intrecciata alla sua, la presa salda attorno le dita, e si
lasciava trasportare assaporando l’aria frizzantina sul suo
viso: in qualche modo sentiva che quella leggera brezza,
così tipica dei corridoi del castello, era quasi un
toccasana, come un sorso di Pozione Rinvigorente. Una strana
sensazione, un forte bruciore proveniente da un punto non precisato del
suo corpo, lo attanagliava e rendeva incerto il suo passo, ma era
cosciente che quella mano lo avrebbe guarito. Non sapeva come o
perché, ma solo sentirla premere contro il suo palmo lo
rendeva sicuro e lo faceva sentire protetto. Osservò il
braccio che lo trascinava e si stupì quando si rese conto
che apparteneva a Daisy: i suoi capelli erano di nuovo lunghi e biondi
leggermente ondulati all’altezza delle spalle, e un vestito
nero lungo appena sotto il ginocchio la fasciava elegantemente e
oscillava attorno le sue gambe. Avrebbe dovuto stupirsi di quel gesto
così confidenziale, ma per qualche oscuro motivo lo
trovò naturale e allo stesso tempo tanto desiderato. Si
lasciò guidare all’interno di una piccola aula in
disuso al cui interno alcuni banchi erano stati accatastati contro le
mura quando inaspettatamente Daisy lasciò la sua mano.
Severus se ne dispiacque, ma non si sentiva coraggioso abbastanza per
ristabilire il contatto.
-
“Severus, stai sanguinando”. – la
udì dire con voce preoccupata. Il tono con il quale lei gli
si rivolse non lo stupì affatto, lo trovò quasi
ovvio. Gli si mise davanti vicina, così vicina che sarebbe
bastato un alito di vento a gettarli l’uno tra le braccia
dell’altro, ma tra quelle mura non era presente neanche un
soffio d’aria, a parte i loro respiri affannati. La
osservò nei suoi grandi occhi grigi e li trovò in
tempesta e cupi come il cielo d’autunno e avvertì
di essere la causa di quelle nuvole che le offuscavano lo sguardo.
Nuovamente provò dispiacere. Inaspettatamente
sentì il tocco delle dita di Daisy sul suo collo, ma non
abbassò lo sguardo per controllare cosa stesse facendo: si
fidava. Rimase invece concentrato sui particolari del volto della
ragazza, le poche lentiggini che cospargevano la punta del suo naso
leggermente all’insù, la ruga che le si formava
tra le sopracciglia quando era concentrata e tentava di fare un
qualcosa che richiedeva molta cura e attenzione, la piega del labbro
perennemente imbronciato. Se ne sentì attratto.
-
“Stai fermo. Ho quasi finito”. – disse
con tono dolce, poggiando una mano sulla sua guancia destra per
piegargli leggermente il capo lateralmente. –
“Ecco, tutto sistemato”. – La vide
sorridere soddisfatta e imbarazzata allo stesso tempo quando
alzò lo sguardo, mentre con fare esitante fece scivolare la
mano dal volto al collo di Severus, come se volesse prolungare
ulteriormente quel contatto. E poi fu un attimo. Daisy si
alzò sulle punte dei piedi e poggiò le sue labbra
di quelle di Severus: erano morbide e calde, e profumavano come un
prato fiorito dopo un improvviso temporale. Severus avrebbe voluto
stringerla a sé, prolungare quel bacio che solo in quel
momento si rese conto di aver desiderato per lungo tempo, ma non fece
in tempo: Daisy si scostò dal suo volto e l’uomo
vide quello della ragazza colorarsi di una deliziosa
tonalità porpora, per poi sentirla mormorare “Mi
dispiace” mentre a piccoli passi cercava di mettere distanza
tra i loro corpi. Avrebbe voluto fermarla, attirarla a sé e
restituirle quel bacio per farle comprendere che non era stato un
errore, per rimediare alla grave mancanza di non esser stato lui a
compiere quel gesto per primo come un uomo avrebbe dovuto fare, ma non
fece in tempo: allungò una mano per fermarla, ma
mancò la presa e tutto divenne offuscato, come avvolto da
una spessa cortina di fumo.
Quando
aprì gli occhi Severus si ritrovò solo nel suo
letto, ancora scosso da quello che reputava il sogno
più vivido e reale che avesse mai fatto. Nella sua mente
continuavano ad affacciarsi quelle immagini così reali e si sentì in
colpa come se quell’episodio fosse accaduto realmente: lui
amava Lily, la sua anima era legata a quella della donna morta
tragicamente poco più di un decennio prima, come poteva
anche solo aver sognato di baciare Daisy Ackerley?
Trovò quasi immediatamente la risposta: erano stati gli
avvenimenti di quella giornata e le chiacchiere senza senso
degli studenti a condizionarlo. Scosse energicamente la
testa in segno di disapprovazione nei confronti dei suoi
stessi pensieri: stentava quasi a riconoscersi.
Convulsamente
aprì il cassetto del comodino di fianco al suo letto e ne
tirò fuori una fotografia sbiadita dal tempo: Lily gli
sorrideva felice e un turbinio di foglie agitate dal vento le ruotava
attorno. Si perse nei dettagli del suo viso, in quel sorriso che aveva
imparato ad amare quando era solo un bambino e che ancora aveva il
potere di far perdere un battito al suo cuore.
- “Per
un istante ho temuto di averti dimenticata” . – le
sussurrò dolcemente.
Ma non ricevette
alcuna risposta: Lily continuava a sorridergli felice dalla sottile
pellicola che stringeva in mano, nel frammento di una memoria immobile
nel tempo.
-
“Perdonami” – disse.
E nuovamente si
sentì solo.
***
So di
essermi fatta attendere, ma alla fine sono riuscita a postare questo
capitolo, la cui stesura mi ha richiesto tempo è fatica.
Come accennato in
precendenza, è dedicato a TheGhostOfYou, che mi ha dato consigli
preziosissimi! Grazie Pata!
Tutto sommato
sono molto soddisfatta del risultato e aspetto le vostre impressioni in
merito.
In mancanza di
altro da aggiungere, vi ricordo la mia pagina Facebook, che potete
raggiungere cliccando QUI.
Un bacio,
Dahlia.
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 - Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo
14 – Il Ballo del Ceppo
Severus osservava annoiato le coppie di studenti
delle scuole di Magia di Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons
che affollavano la Sala Grande vestiti di tutto punto, mentre
volteggiavano sorridenti accompagnati dalle note delle Sorelle
Stravagarie: era strano vedere il castello affollato da giovani con
vesti e abiti colorati, così diversi dal nero lugubre delle
divise che erano costretti a portare per tutto il resto
dell’anno scolastico, ma tutto sommato piacevole. Non
riusciva tuttavia a trovare un attimo di pace e con piglio nervoso
incrociò lo sguardo di Igor Karkaroff: il preside di
Durmstrang era sempre più preoccupato a causa del Marchio
Nero sul suo braccio sinistro, che diventava via via più
evidente con il passare dei mesi. Nelle ultime sere Karkaroff era
divenuta l’ombra di Piton, e nonostante il loro passato da
Mangiamorte li accumunasse Severus si trovava nella scomoda situazione
di non sapere come comportarsi. Come lui, Karkaroff aveva rinnegato il
suo passato per sfuggire alla condanna ad Azkaban ma la sua presenza
all’interno del castello rischiava di mettere in pericolo la
copertura come spia per conto di Silente. Avrebbe dovuto fingere di non
accorgersi dei segnali del ritorno del Signore Oscuro, ma allo stesso
tempo doveva continuare la sua missione senza sollevare sospetti nei
confronti del polacco* e dei suoi colleghi Mangiamorte. In poche parole
era una situazione spinosa e difficoltosa, che avrebbe richiesto ancora
più discrezione e attenzione da parte
dell’insegnante di Pozioni. Proprio a causa di questi
pensieri e di questa sua volontà di sfuggire al preside di
Durmstrang Severus non prestò particolare attenzione alla
festa e ai suoi partecipanti, e se non fosse stato per un lieve brusio
che destò i suoi sensi avrebbe passato l’intera
serata in compagnia a rimuginare sulle sue questioni. Una frase
particolare catturò la sua attenzione, pronunciata da uno
studente Tassorosso del quale non ricordava il nome:
“Scommetto venti galeoni che è la ragazza che
lavora al Ghirigoro, insomma… lo sanno tutti che Wilbur
Keynes le faceva il filo!”.
Il fastidio colpì Severus come un’onda
anomala in seguito ad un maremoto: Daisy era alla festa?
La cercò con lo sguardo tra i partecipanti al Ballo del
Ceppo spostandosi furtivo lungo il perimetro della Sala Grande nella
speranza di vederla, per accertarsi che la ragazza di cui parlava il
ragazzo appartenente a Tassorosso fosse realmente Daisy, ma individuare
qualcuno in quel mare di studenti risultava difficile: non
c’era nessuna traccia della giovane, tantomeno di Wilbur
Keynes, e dovette ricorrere al suo proverbiale autocontrollo
per non schiantare chiunque intralciasse la sua
vista. Poi improvvisamente la vide.
Daisy beveva del liquido ambrato al fianco del giovane Keynes, rideva
alle battute di uno dei due gemelli Weasley che sembrava si stesse
impegnando particolarmente nel tentativo di divertirla, e una
mascherina argentata le copriva parzialmente il viso. Severus la
osservò per qualche secondo come se fosse incantato: non
l’aveva mai vista ridere di gusto, con quella luce
particolare nello sguardo che le illuminava il volto, e per una
frazione di secondo sentì l’esigenza di cruciare
gli artefici di cotanta allegria. Dentro di sé
sentì nascere una furia che credeva assopita da tempo:
l’ultima volta che aveva provato qualcosa di simile era stato
molti anni addietro, quando aveva visto Lily Evans stretta al braccio
di James Potter durante il suo ultimo anno ad Hogwarts. Non riusciva a
staccare gli occhi da quel patetico palcoscenico, come catturato da uno
spettacolo senza dubbio interessante ma che nonostante il dolore che
gli provocava non poteva smettere di guardare. Sperava che lei
sollevasse gli occhi e incrociasse il suo sguardo, ma non accadde.
Dovette inevitabilmente spostarsi, smettere di studiare incantato la
scena e scelse un angolo buio della sala dove poter continuare a
osservare la giovane senza esser notato. Tuttavia era uno spettacolo
senza dubbio interessante: non aveva mai visto Daisy relazionarsi con
altre persone ed ebbe modo di studiare i suoi comportamenti. Al di
fuori delle sue previsioni, non era il tipo di ragazza che si rendeva
protagonista degli eventi. Rideva cortese, ma rimaneva defilata,
azzardando di tanto in tanto qualche frase senza monopolizzare
l’attenzione dei presenti. Sembrava studiasse chi la
circondava incerta se dargli fiducia o meno. La memoria gli
riportò alla mente la sera del loro primo incontro, quando
lei senza esitazione alcuna lo aveva avvolto nel suo mantello e
ospitato nella sua casa sopra la bottega di Godric’s Hollow,
e si sentì rincuorato: quella Daisy non era la sua Daisy, o
meglio, non prestava agli altri le stesse attenzioni e cure che gli
aveva riservato quella lontana sera di due anni prima. Si
sentì rincuorato a quel pensiero, ma non appena giunse a
questa considerazione provò nuovamente la sensazione di
fastidio provata qualche notte prima al risveglio dal suo assurdo
sogno. Doveva smettere di pensare a quelle fesserie adatte solo a
uomini deboli e con grande fatica si costrinse a chiudere gli occhi e
girare le spalle a Daisy e alle persone che la circondavano. Ma non
poté scappare a lungo: Igor Karkaroff si trovava esattamente
dietro le sue spalle e lo osservava con sguardo ansioso.
- “Severus, devo parlarti!” – gli disse
affannato.
- “Igor non credo sia il momento tantomeno il luogo adatto
per sfoderare le tue ansie su di me. Oltretutto sono un pessimo
ascoltatore” - . Il professore sfoderò il classico
tono disinteressato e pungente che riservava ai suoi allievi.
- “ Ti prego. Dedicami cinque minuti del tuo
tempo”. –
Severus sbuffò. Per giorni aveva cercato di sfuggire al
preside di Durmstrang e maledì se stesso per
quell’attimo di disattenzione che fece si che trovasse il
momento propizio per metterlo alle strette. Si voltò
un’ultima volta in direzione di Daisy, speranzoso di trovare
una scusa per divincolarsi da Karkaroff e con delusione
constatò che di lei non v’era più
traccia. Deluso, si arrese al suo destino.
- “Non qui, seguimi!” – disse duramente
al polacco.
Costeggiando la pista da ballo, uscirono dal castello dal portone
principale. L’oscurità della notte era lievemente
illuminata dalla presenza di minuscole fatine che scintillavano nel
giardino delle rose, e i due uomini si diressero verso un angolo
apparentemente deserto lungo dei viottoli tortuosi. Quando Severus fu
certo che nessun ragazzo o ragazza appartenente ad una delle tre scuole
di magia fosse nei paraggi senza smettere di camminare chiese a
Karkaroff: - “Di cosa vuoi parlarmi?” –
- “Di questo!” – rispose agitato il
preside straniero arrotolando la manica sinistra della sua tunica per
mostrare il Marchio Nero al professore di Pozioni. –
“Ce l’hai anche tu, non puoi non
essertene accorto. Lui sta tornando!” –
esclamò spaventato.
- “Non vedo cosa c’è da agitarsi tanto,
Igor” -.
- “Severus, non puoi fingere che non stia succedendo niente.
E’ diventato sempre più evidente negli ultimi
mesi, sono davvero preoccupato, non posso
negarlo…” -.
- “Allora scappa” – rispose bruscamente
– “Vattene, farò io le tue scuse. Io,
comunque, rimango a Hogwarts” -.
Un rumore sorprese i due uomini, al che Severus sfoderò la
sua bacchetta e iniziò a far saltare via i cespugli di rose,
da molti dei quali spuntarono sagome scure seguite da acuti strilli.
Severus riconobbe alcuni dei suoi studenti.
- “Dieci punti in meno per Tassorosso, Fawcett. E dieci punti
in meno anche per Corvonero, Stebbins” – poi
notò altre due sagome, appartenenti a due degli studenti che
meno desiderava vedere in quel momento: Harry Potter e Ron Weasley. -
“E voi due cosa state facendo?” –
domandò.
- “Stiamo camminando” – rispose Ron
asciutto – “Non è contro la legge,
vero?” –
- “Continuate a camminare, allora!” –
sibilò, e tornò all’interno del
castello seguito a ruota da Karkaroff.
- “Mi auguro che quei due non abbiano sentito
nulla” - bisbigliò preoccupato il
preside di Durmstrang.
- “Conoscendo Potter non ne sarei così sicuro.
Adesso, se vuoi scusarmi, credo che abbiamo attirato
l’attenzione su di noi abbastanza per questa notte. Buona
serata, Igor” – e lo lasciò solo in
preda alle sue paure sul portone di ingresso della Sala Grande.
Sentiva l’esigenza di bere qualcosa di forte, del Whiskey
Incendiario, alla ricerca di un lieve stordimento capace di placare il
nervosismo procuratogli dalla breve conversazione con Karkaroff, e si
recò verso una grande tavola sopra la quale vi erano diverse
bottiglie per berne un goccio. Sentì il liquido scorrergli
lungo la gola, e il bruciore fu quasi terapeutico. Si voltò
in direzione della pista da ballo, dove ebbe la sfortuna di intravedere
Daisy sempre con la mascherina sul volto che veniva trascinata per mano
dal giovane Wilbur Keynes che evidentemente le chiedeva un ballo. La
vide scuotere la testa in cenno di diniego mentre il ragazzo insisteva
cortesemente, e fu sul punto di esplodere. Senza pensarci due volte si
avvicinò alla coppia, facendo in modo di trovarsi per caso
sulla traiettoria del giovane Grifondoro che non potè far
altro che andare a sbattere contro il suo insegnante.
- “Non ti hanno mai insegnto le buone maniere Keynes? Quando
una giovane si nega è cortesia non insistere, ma dubito che
tu sappia granché di come ci si comporti. E attento a dove
metti i piedi, non mi stupirei se le pestassi i piedi per tutta la
sera” -.
Vide il giovane diventare paonazzo e lasciare la mano di Daisy, e senza
dargli tempo di replicare se ne andò in direzione opposta,
nascondendosi all’ombra di una colonna. Gli parve di udire un
sommesso “Mi scusi professore”, e provò
rigetto per la tanta gentilezza e cortesia di Keynes. Riprese ad
osservare l’improbabile coppia e si stupì nel
constare che Daisy si era allontanata dal ragazzo fino ad arrivare al
margine estremo della stanza mentre si guardava attorno come se fosse
alla ricerca di qualcosa… o qualcuno. Per un momento
sperò che stesse cercando lui e fu sul punto di farle cenno,
ma solo in quell’istante ebbe modo di vederla interamente e
ammirarla nella sua semplice ma allo stesso tempo straordinaria
eleganza: i capelli corti e scuriti dal suo incantesimo erano
raccolti dietro le orecchie e il suo corpo era fasciato da un vestito
lungo e senza spalline di color argento,lo stesso colore della
mascherina che portava sul volto, che metteva in risalto la sua
carnagione diafana. Si accorse di quanto fosse bella solo in
quell’istante, e stupidamente si chiese se lo fosse sempre
stata o se la sua era solo una considerazione dettata
dall’assurdo fastidio che provava nel saperla accompagnata da
un ragazzo più giovane, decisamente più aitante e
affascinante di lui. La vide avanzare nella sua direzione, sebbene
fosse impossibile che l’avesse visto dato
l’anfratto in cui si era nascosto, fermandosi talmente tanto
vicino all’uomo che a Severus sarebbe bastato allungare un
braccio per sfiorarla mentre continuava a girare la testa a destra e
sinistra senza interrompere la sua ricerca. Poi fu un attimo: vide
Wilbur Keynes avanzare in direzione di Daisy e senza pensarci due volte
l’afferrò per un braccio trascinandola con
sé all’ombra della colonna. Non ebbe
modo di dire nulla al di fuori di un asettico “Mi
segua” e ignorando lo sguardo stupito della giovane si
dileguò a grandi passi verso l’uscita della Sala
Grande, stando ben attento a non scatenare l’attenzione di
nessuno. Si infilò all’interno di un aula in
disuso poco distante e illuminata dalla fioca luce di alcune candele
seguito dal lieve rumore dei passi di Daisy, che entrò nella
stanza dopo pochi secondi.
- “Severus!” – esclamò la
giovane quando fu davanti all’uomo, sollevando dagli occhi la
mascherina che ne celava il volto.
Piton si era sbagliato: il vestito che Daisy indossava non aveva solo
il potere di risaltare la sua carnagione chiara, ma anche il grigio dei
suoi occhi appena velati da un elegante accenno di trucco sembrava
brillare di luce nuova. Rimase sbigottito davanti alla sua fresca
bellezza e sentì l’esigenza di dirglielo, ma
quando aprì la bocca per parlare le parole che
pronunciò furono ben altre.
- “Cosa ci fa qui, Daisy? Ha intenzione di mettere a
repentaglio la sua copertura?” –
La ragazza rimase palesemente delusa dalle parole di Severus, e una
smorfia contrariata si dipinse sul suo volto.
- “Credo di esser stata sufficientemente prudente!”
– rispose stizzita.
- “No!” – disse il professore
all’assurda ricerca di un pretesto per continuare il litigio,
l’ennesimo tra di loro, che non avrebbe neanche voluto
iniziare - “Non si rende conto che nella sua copertura
risulta che lei ha studiato a Beauxbatons? E se qualcuno dovesse dire
qualcosa in merito? Solleverebbe l’attenzione di troppe
persone. E’ stata una sciocca!” –
- “Certo! A parte il fatto che nessuno è a
conoscenza di questo piccolo dettaglio il suo discorso fila. Ha altro
da rimproverarmi?” –
- “Non faccia l’offesa. Avrebbe dovuto pensarci!
Oltretutto… qualche studente di Hogwarts potrebbe
riconoscerla… sono passati solo quattro anni da quando ha
conseguito i M.A.G.O.!” –
- “Allora mi permetta di dirle che non ha scelto il posto
adatto per nascondermi”. –
- “Non discuta le mie scelte! Non si rende minimamente conto
dei pericoli che ho corso per salvarle la vita” - .
Daisy incrociò le braccia al petto. –
“Certo che me ne rendo conto! Lei è sempre pronto
a rinfacciare ogni cosa alla prima occasione, non è un
particolare che ignoro” - .
- “Discute i miei metodi signorina Ackerley?”
– chiese furioso. Quello scambio di battute lo stava portando
all’esasperazione, ma più dentro di sé
cercava di calmarsi più sentiva l’esigenza di dare
libero sfogo alla sua frustrazione.
- “Non discuto nulla, ma mi sembra assurdo questo suo
comportamento. Ogni volta ha qualcosa da dire, un qualcosa di cui
rimproverarmi e mi tratta come se fossi una ragazzina incosciente che
ha la cattiva abitudine di cacciarsi nei guai. Beh caro Severus, io
sono stanca di sentirmi perennemente sono esame. Mio padre è
morto diversi anni fa’, credo di averglielo detto tempo
addietro. Non ho bisogno di una balia!” –
- “Se lei si comportasse come una persona coscienziosa forse
non dovrei perdere tempo a farle da balia, non crede?”
–
- “Ah, quindi io sarei una perdita di tempo?”
–
Severus di ritrovò senza parole e sapeva di essersi
inoltrato in un territorio minato. – “Non ho detto
questo” - si affrettò a precisare.
- “A me non sembra” – rispose duramente
Daisy – “Sono stanca, e sa perché?
Perché non fa altro che comparire e scomparire
all’improvviso. Alterna momenti in cui è sempre
presente ad altri in cui sparisce per mesi, al punto che mi ritrovo
costretta a spulciare ogni colonna della Gazzetta del Profeta con la
paura che le sia successo qualcosa, alla ricerca di una qualsiasi
notizia sul suo conto. Poi ogni volta che compare non fa altro che
portare sconvolgimenti nella mia vita, ai quali mi sembra io mi sia
adattata senza fare troppe storie, salvo poi dopo qualche mese
attaccarmi duramente e accusarmi di essere una sciocca ragazzina senza
cervello. Quindi, se le procuro tanti fastidi, se sono solo una perdita
di tempo, perché continua a preoccuparsi per me?”
– gli domandò trattenendo a stento le lacrime.
- “Perché sono fortemente convinto che lei non si
renda conto dei pericoli che la circondano!” –
- “Questa è bella. Ascoltami una volta per tutte,
Severus Piton: non accetto morali da una persona come te! Sei il primo
che non si rende conto degli immensi pericoli in cui si trova: ti ho
sentito mentre parlavi con quell’uomo poco fa’, con
quel… come si chiama? Con il preside di Durmstrang!
Parlavate di Tu-Sai-Chi, e gli hai mentito, fingendo di non accorgerti
dei segnali del ritorno di Lord Voldemort per sostenere questa assurda
missione per conto di Silente. Per piacere, pensa ai tuoi di problemi
che ai miei ci penso io!!” –
Severus rimase a bocca aperta per tutta la durata della scenata di
Daisy: era passata improvvisamente dall’ essere infastidita
ad una furia, passando ad un tono confidenziale che non le aveva mai
sentito utilizzare nei suoi confronti in anni di frequentazione.
- “Devo ricordarle le buone maniere?” –le
domandò duro.
- “Buone maniere un corno! Adesso se vuoi scusarmi, me ne
torno a casa” -.
- “Dove crede di andare da sola a
quest’ora?” –
- “Non ti preoccupare. So arrivare a Hogmeade senza rischiare
di venire uccisa da qualche strana creatura o esser cruciata da qualche
tuo compagno Mangiamorte. Addio Severus!” – e
rimettendosi la mascherina argentata sul viso Daisy uscì
dalla stanza lasciando Severus più nervoso e frustrato di
prima. L’uomo rimase impassibile per qualche secondo,
incapace di credere all’assurda conversazione che si era
appena conclusa: non sapeva perché si fosse fatto prendere
la mano in quel modo, non pensava realmente le cose che le aveva detto
ma sentì che qualcosa dentro di sé era scattato,
un meccanismo di autodifesa che gli impediva di mostrarsi per
ciò che era realmente. Corse fuori dall’aula
deciso, con l’intenzione di raggiungere Daisy e di chiederle
scusa per il suo comportamento, ma nel corridoio non c’era
nessuna traccia della ragazza, così come nella Sala Grande:
la cercò con lo sguardo ma tra la moltitudine di studenti
riuscì ad intravedere solo Wilbur Keynes che stringeva
deluso tra le mani la mascherina della giovane e guardava in direzione
dell’uscita. Intuì che la ragazza se ne fosse
andata e senza pensarci ulteriormente si diresse verso
l’uscita del castello. I suoi occhi impiegarono qualche
secondo ad adattarsi all’oscurità, ma
riuscì ugualmente a scorgere una sagoma argentata che a
passo deciso si incamminava verso i cancelli di Hogwarts. Trattenne
l’istinto di chiamarla per nome, e corse a perdifiato per
raggiungerla. Quando fu a pochi passi da lei, con il fiato che gli
mozzava le parole in gola, disse: - “Daisy… Daisy
ti prego fermati!” -.
Daisy si bloccò. - “Fammi andare!”
– sussurrò dandogli le spalle, e Severus
capì che stava piangendo.
- “Perché piangi?” – le
domandò incerto: non era sicuro di voler conoscerne il
motivo.
- “Sono allergica ai fiori!” – rispose la
giovane imbronciata.
- “Daisy, non ci sono fiori in questa stagione!”
–
- “Che c’è?” – gli
chiese voltandosi, ferendolo con i suoi occhi chiari tremanti e colmi
di lacrime.
Severus le tese una mano e chiuse gli occhi: non riusciva a
guardarla in viso con la consapevolezza di essere
l’artefice di quel dolore, e non voleva vederla mentre gli
voltava le spalle una seconda volta lasciandolo solo davanti ai
cancelli del castello con la mano tesa verso il nulla. –
“Vieni con me” – disse solamente.
Attese un tempo che gli parve infinito, ma poi sentì la mano
di Daisy sulla sua. Fu come sentirsi al sicuro tra le mura di casa,
davanti al tepore del focolare mentre fuori infuria la tempesta.
Aprì gli occhi e vide Daisy che lo osservava titubante, ma
con l’immancabile scintilla di speranza e fiducia che la
caratterizzava. L’attirò a sé, e
stringendo la mano della ragazza nella sua Severus si diresse verso il
portone di ingresso di Hogwarts senza dire una parola.
***
*Per me Karkaroff è polacco, non so
perché ma credo che sia una nazionalità
che gli si addice. Non è di origine inglesi, dato il suo
cognome, e la sua mancanza di accento (contrariamente a Krum!) fa
pensare che abbia trascorso molti anni nel Regno Unito, ma siccome JKR
non è stata molto chiara riguardo alle sue origini, ho
sfoderato un po’ di fantasia dandogli dei natali stranieri.
Se qualcuna di voi è a conoscenza di qualcosa di
più riguardo a questo personaggio la prego di farmelo
presente… se è un errore è solo a
causa di mia manchevolezza, anche se in buona fede! :-)
Parti di questo
capitolo sono tratte dal capitolo 23 di Harry Potter e il Calice di
Fuoco, da me modificate per esigenze di trama.
Ragazze e ragazzi, eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero che vi sia
piaciuto come quello precedente, perché a me son venuti gli
occhi a cuoricino anche solo nel programmarne la stesura!
Che dire? Come sempre voglio e devo ringraziarvi per le vostre belle
parole e i complimenti e spero di essere all’altezza delle
vostre aspettative. Mi dispiace non essere in grado di aggiornare
quanto vorrei, ma fino al 6 maggio ho ospiti a casa (io li chiamo
“affettuosamente” i Dissennatori) e non posso
dedicare tutto il tempo che vorrei a questa storia.
Dopodichè, chi lo sa, ma smetto di fare progetti
perché come al solito non riesco mai a tenervi fede.
Mi scuso per eventuali errori di battitura, se avete qualcosa da
segnalare fate pure! :-P
Come sempre vi ricordo la mia pagina Facebook QUI e
vi abbraccio!
Alla prossima!
Dahlia
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 - Faccia a Faccia ***
Capitolo 15 – Faccia
a Faccia
Non
era da lui camminare per i corridoi di Hogwarts come un ladro, ma
dentro di sé Severus sentiva un brivido di eccitazione che
non avvertiva da tempi immemori, quando da ragazzo iniziò ad
avvicinarsi alla Magia Oscura. Sapeva che a provocargli quella
sensazione era la morbida mano di Daisy stretta nella sua, e la
consapevolezza che ciò che stava facendo era proibito, di
dubbia morale, discutibile e decisamente pericoloso lo portava a
guardare dietro ogni angolo alla ricerca del momento migliore per
attraversare i corridoi al riparo da sguardi indiscreti, mentre si
dirigeva verso i sotterranei del castello. Dietro le sue spalle Daisy
manteneva il suo passo in silenzio, e il suo respiro era appena
percettibile. Nonostante ciò, Severus poteva percepire che
la ragazza provava le sue stesse sensazione, ma non avrebbe saputo
spiegare come facesse a saperlo: semplicemente sentiva che era
così. La sentì emettere un breve sibilo
quando raggiunsero i sotterranei, e Severus pensò che fosse
a causa del clima freddo e umido che regnava in
quell’ambiente del castello durante ogni periodo
dell’anno, o forse a causa degli innumerevoli fantasmi che da
secoli infestavano i luoghi più antichi di
Hogwarts. Gli parve di ricordare che una volta Daisy gli
confessò di non provare particolare simpatia per i fantasmi,
e per questo motivo affrettò il passo, stringendola a
sé e nascondendola dentro al suo mantello nero, sia per
proteggerla e riscaldarla, ma anche per nasconderla dagli sguardi di
eventuali studenti Serpeverde al rientro nella loro Sala Comune.
Fortunatamente non incontrarono nessuno, e quando furono davanti alla
porta dell’aula di Pozioni Severus
l’aprì con un veloce movimento della bacchetta e
si rifugiarono al loro interno. In quello stesso istante le loro mani
si separarono e l’uomo non riuscì a non
dispiacersi per l’interruzione di quel contatto. Si
voltò verso la giovane e la vide appoggiarsi contro la
pesante porta di legno dell’aula, e una scintilla di
eccitazione risplendeva nei suoi grandi occhi grigi, più
lumonosi delle torce infuocate che illuminavano la stanza.
- “Credi che
ci abbia visto qualcuno?” – sussurrò
senza nascondere un sorriso.
- “Non
credo, ma non possiamo rimanere qui. E’ troppo pericoloso.
Seguimi!” – rispose Severus dirigendosi verso
l’estremità est dell’aula dove una
piccola porta conduceva al suo studio privato, ma non sentendo i passi
della ragazza dietro di sé si arrestò e si
voltò: Daisy era al centro dell’aula, immobile, e
con lo sguardo percorreva i banchi sui quali aveva imparato i
fondamenti di quello che da adulta sarebbe diventato il suo mestiere e
la sua passione, gli armadi e le teche che celavano al loro interno
ingredienti rari e pozioni.
- “Non
è cambiato nulla dall’ultima volta che sono stata
qui… ho solo l’impressione che tutto sia
più piccolo. Nei miei ricordi l’aula è
più grande!” – disse emozionata.
Severus sorrise.
– “Le immagini dei ricordi sono sempre alterate,
specie se parliamo di memorie risalenti a quando eravamo dei ragazzini.
Ho avuto la tua stessa impressione quando ho iniziato ad insegnare ad
Hogwarts.” –
Daisy gli rivolse uno
sguardo divertito: - “Hai parlato come Silente! Adesso ti
farai crescere la barba, Severus?” –
Il professore scosse
la testa divertito e con un lieve cenno del capo le fece intendere di
seguirlo, e questa volta la giovane obbedì. Contrariamente
alle aspettative della ragazza non si fermarono nello studio privato
dell’uomo, bensì Severus si diresse verso una
seconda porta di legno, per assurdo ancora più piccola e
insignificante rispetto a quella che avevano appena varcato. Rimase
sulla soglia per qualche istante, come per incoraggiarla ad entrare e
fu solo quando l’uomo richiuse alle sue spalle la porta che
Daisy si rese conto di essere nelle stanze private di Severus Piton. La
consapevolezza di essere nel luogo in cui l’uomo viveva
realmente la colpì: quando qualche mese prima venne
trascinata dal professore nella sua casa di Spinner’s End non
aveva avuto l’impressione di entrare nella vita privata di
Severus, poiché sapeva che quel luogo era
l’abitazione in cui l’uomo trascorreva appena due
mesi l’anno, ma trovarsi nei suoi appartamenti privati
all’interno di Hogwarts era un qualcosa che la scosse nel
profondo. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa in suo possesso di essere la
prima estranea a varcare quella soglia, e non poté fare a
meno di sentirsi onorata, ma allo stesso tempo intimorita, da quella
situazione.
La stanza era piccola
e circolare, i soffitti alti, e l’unica finestra dai spessi
vetri scuri si trovava ad una altezza approssimativa di tre metri dal
suolo: da quella posizione difficilmente la luce del sole riusciva a
penetrare per illuminare o riscaldare l’ambiente, ma un
semplice focolare in muratura all’esatto centro del piccolo
soggiorno forniva alla stanza tutta la luce e il calore di cui
necessitava. Davanti ad esso due poltrone dai braccioli in legno
pregiato e rivestite di prezioso tessuto verde con ricami
d’argento rappresentavano l’unico elemento di
arredo degno di nota e donavano all’ambiente un tono sfarzoso
che stonava con le pesanti librerie e la scrivania in legno scuro e
dall’aspetto malandato che corrispondevano alla perfezione
con il carattere di Piton. Due porte al lato destro portavano
presumibilmente al bagno e alla stanza da letto.
Nonostante
l’apparenza gelida, Daisy si sentì a suo agio tra
quelle mura.
Severus accese subito
il camino e senza dire una parola si accomodò su una delle
due poltrone davanti ad esso, voltandosi verso Daisy e facendole cenno
di accomodarsi con un gesto della mano. La ragazza si sedette e per un
tempo che sembrò infinito i due non fecero altro che
guardarsi senza dire nulla: Severus avrebbe voluto parlare, avrebbe
voluto dire qualcosa, ma come era accaduto solo un’ora prima
all’interno della Sala Grande, le parole gli morirono in
gola. Ma quali parole, dopotutto? Cosa avrebbe dovuto dirle adesso che
si trovavano soli, l’uno davanti all’altro?
-
“Stai… stai bene” - . disse asciutto.
- “Si, sto
bene, perché?” – domandò la
giovane.
- “No, non
volevo dire quello. Intendevo dire che stai bene stasera,
Daisy” – . Darle del tu gli veniva difficile.
La ragazza
avvampò in volto, colorandosi di una graziosa
tonalità porpora, imbarazzata sia
dall’affermazione di Severus e sia per non aver capito subito
che cosa intendesse dire l’uomo. Si strinse nelle spalle
mormorando un flebile “Grazie”, ancora incredula
per il fatto di aver appena ricevuto un complimento dall’uomo
più sostenuto e imperturbabile che avesse mai conosciuto.
Piton interpretò erroneamente il gesto della giovane e
turbato dal fatto che potesse sentire freddo le offrì il suo
mantello.
- “No
Severus sto bene così, non ti disturbare” - .
- “Metto
dell’altra legna sul fuoco?” –
- “No no,
non ho freddo” – disse senza capire il
perché di tanta insistenza – “Va tutto
bene? C’è qualcosa che devi dirmi?”
–
L’uomo si
passò nervosamente la mano sul volto. No. Si. No, non andava
tutto bene. Si, c’era qualcosa che voleva dirle.
Iniziò pian piano a pentirsi di quel suo gesto impulsivo, di
averla presa per mano e averla condotta nelle sue stanze private, non
avrebbe mai dovuto farlo, ma non sarebbe riuscito a perdonarsi se
l’avesse fatta scappare via senza fermarla, consapevole di
averla ferita ancora una volta. Già, perché lui
continuava a considerarsi la causa della sventura e della sofferenza di
Daisy.
- “Devi
perdonarmi, Daisy. Devi perdonarmi per averti trascinato in questo
orrore e averti costretta a sopportare tutto questo, tutte queste
menzogne e questi sotterfugi, solo per colpa della mia
debolezza” – esclamò con voce tormentata.
- “Non ho
nulla da perdonarti Severus!” –
- “Ma hai
molto da rimproverarmi! Non mentire, te ne prego” –
- “Non farti
condizionare da quello che dico quando sono arrabbiata. Molto spesso
esagero con le parole” - .
- “ Spesso
si dicono cose reali quando si perde il controllo” - .
- “Anche tu
dici cose reali quando perdi il controllo?” –
domandò acuta.
Severus comprese cosa
intendesse dire la giovane. Si riferiva a tutte le volte in cui le
aveva dato dell’incosciente, accusandola di essere una solo
una sciocca ragazzina incurante delle regole.
- “Sai a
cosa mi riferisco” – rispose amareggiato.
Daisy gli rivolse un
dolce sorriso. – “Ti ho detto altre volte che se
non fosse stato per te io non sarei qui. Se non ci fossimo incontrati
quel giorno a Godric’s Hollow forse ci saremo rivisti solo in
occasione della mia uccisione e tu mi avresti semplicemente uccisa.
Quindi no, non devo perdonarti o rimproverarti niente di tutto questo.
Al tempo stesso a volte mi sento un peso poiché è
come se ti costringessi a correre dei rischi inutili, ho come la
sensazione di essere una preoccupazione in più in questa
assurda missione che hai deciso di intraprendere” - .
- “Non sei
un peso” – le disse sinceramente Severus
– “E’ vero, sei una preoccupazione, ma
solo perché temo per la tua incolumità e non
voglio che tu perda la vita per questo stupido odio tra
maghi” - .
-
“E’ la stessa preoccupazione che ho per
te” – .
Severus
alzò lo sguardo su Daisy, stupito da quella rivelazione. La
giovane aveva espresso più volte il suo disappunto in merito
alle scelte di Severus, ma l’uomo non pensava che fosse per
lei motivo di tale preoccupazione. Si sporse verso di lei e con dolore
sussurrò: - “Non ho alternative”
–
- “Lo
so” – disse la ragazza addolorata, mentre le mani
dell’uomo ripresero quelle della giovane tra le sue. Non ci
fu bisogno di aggiungere null’altro, e tormentati dalla
dolorosa consapevolezza della loro condizione rimasero per qualche
istante in silenzio, guardandosi intensamente negli occhi.
Poi un rumore li colse
di sorpresa. Un lieve bussare alla porta delle stanze private
di Severus li fece sussultare. Il professore impallidì e per
un breve istante la paura si impossessò di lui. Chi poteva
essere a quell’ora? Subito il suo pensiero e il suo sguardo
si spostarono su Daisy, che impallidita e impaurita quanto lui era
scattata in piedi come un soldato richiamato all’attenti,
sfoderando la sua bacchetta.
- “Severus,
sei nelle tue stanze?” – la voce pacata e cortese
di Albus Silente proveniva ovattata dall’altra
stanza. Cosa diamine poteva mai volere il preside di Hogwarts da
Severus Piton a quell’ora?
-
“Nasconditi” – sussurrò
Severus a Daisy, portandosi un dito sulle labbra come per intimarle di
non fare il minimo rumore – “Arrivo
Albus” – disse con voce tonante mentre osservava
Daisy prendere le sembianze di una volpe e correre in direzione della
scrivania, per nascondervisi sotto.
Solo quando fu certo
che Daisy fosse ben nascosta andò ad aprire la porta.
- “Albus,
qual buon vento?” - . Il tono che usò fu
volutamente scortese, per sottolineare come la visita di Silente fosse
per lui un’intrusione.
- “Volevo
accertarmi che tu stessi bene. Ti ho visto correre via dalla Sala
Grande dopo che Karkaroff ti è stato con il fiato sul collo
per tutta la sera e mi sono domandato se non fosse successo qualcosa.
Ci sono novità?” – l’anziano
preside lo osservava con i suoi imperturbabili occhi chiari da dietro
le lenti dei suoi occhiali a forma di mezzaluna.
- “Nessuna
novità. Karkaroff non fa che ronzarmi attorno ammorbandomi
con le sue stupide ansie e paure. Adesso, se non hai altro da
domandarmi, vorrei riposare” –
-
“E’ davvero un peccato Severus che tu ti stia
ritirando così in fretta e che la tua serata sia finita
prima del tempo. Di sicuro avresti preferito trascorrere un
po’ di tempo in più in compagnia della signorina
Ackerley” –
Severus
raggelò all’affermazione di Silente. Come faceva a
sapere di Daisy?
- “Non so di
cosa tu stia parlando” –
- “Non
fingere Severus. L’arrivo della signorina Blackthorn non
è di certo passato inosservato ad Hogsmeade, specie alla
maggior parte della popolazione maschile di Hogwarts, e nonostante la
mia età a volte mi porti a scordare o a confondere i volti,
quello della signorina Ackerley l’ho riconosciuto subito,
anche se camuffato da capelli diversi e una mascherina sugli occhi. Ma
credo che per te non si tratti di un fortuito incontro avvenuto in
tempi recenti. Mi sbaglio?” –
Piton non
rispose. Era stato scoperto e non poteva negare l’evidenza.
Si sentiva vulnerabile e in pericolo, scoperto, e l’unica
cosa che desiderava in quel momento era allontanarsi il
più possibile da Albus Silente e riportare Daisy al sicuro
ad Hogsmeade.
- “Oppure
potrebbe rispondermi direttamente la giovane Daisy. Signorina Ackerley,
so che è qui. Non vuole salutare il suo anziano
preside?” – chiese serafico Silente mentre con lo
sguardo sondava l’alloggio di Severus.
Daisy comparve alle
spalle di Albus, il quale si sorprese di vederla comparire dal nulla,
ma non fece trasparire alcuno stupore.
- “Signorina
Ackerley, se non conoscessi personalmente le misure di sicurezza di
questo castello giurerei che lei si sia appena
Materializzata” - .
- “Ho le mie
riserve, preside Silente. Dopotutto, sono una strega”
– esclamò la giovane.
-
“Ed anche una delle più promettenti degli ultimi
tempi, se me lo concede. Mi rincresce che lei stia attraversando
avversità tali da costringerla a nascondersi, ma sono tempi
bui, e comprendo le sue scelte e quelle del professor Piton. Si
troverà bene ad Hogsmeade, le chiedo solo di fare molta
attenzione. Severus deve compiere una missione delicata a pericolosa
che potrebbe metterla in serio pericolo” - .
- “O forse
sono io che potrei mettere in pericolo la missione di Severus,
preside?” – domandò con una punta di
malizia Daisy. Severus la guardò, stupito dal fatto che
ancora una volta sembrava avergli strappato le parole di bocca: non
sapeva come Albus Silente fosse venuto a conoscenza del rapporto tra
lui e la ragazza, ma era certo che non si trattava di una visita di
cortesia, bensì di un avvertimento, un monito.
- “Come ho
detto in precedenza, la missione che Severus deve portare a termine
è delicata e pericolosa, e di questi tempi non possiamo di
sbagliare, non possiamo permetterci distrazioni” - .
- “Severus
‘deve’? Da come parla sembra che sia
costretto!” – osservò acuta Daisy.
- “Il
professor Piton ha scelto liberamente di intraprendere questa
missione” -.
-
“E’ facile parlare di libere scelte facendo leva
sui rimorsi e i sensi di colpa delle persone, signor preside”
– il tono della ragazza diventava sempre più
polemico ad ogni parola.
- “Signorina
Ackerley, lei è troppo giovane e ha la fortuna di provenire
da una famiglia babbana, di conseguenza non conosce le
atrocità che la comunità magica ha dovuto subire
negli anni passati a causa di Lord Voldemort. Ogni mezzo a nostra
disposizione è necessario per impedire che gli eventi
passati si ripropongano nel futuro, e ahimè, questo futuro
è sempre più prossimo” - .
- “Ci sono
altri modi per combattere! Così manda Severus al patibolo,
non se ne rende conto?” – domandò
infervorata.
- “Daisy, ti
prego. Ne abbiamo discusso a lungo in precedenza” –
le disse Severus poggiandole una mano sulla spalla.
- “Un animo
combattivo e coraggioso il suo, signorina Ackerley”
– esclamò Silente trattenendo a stento un sorriso
– “Una vera Grifondoro. Bene, il mio orologio mi
segnala che mi sono trattenuto fin troppo. Sono felice di vedere che
lei stia bene e adesso, se volete scusarmi, mi ritiro nelle mie stanze.
Credo di essere diventato troppo anziano per certi orari. Vi auguro la
buonanotte. A presto Daisy. Severus, ci vediamo domani”
– e altrettanto silenziosamente com’era venuto,
Albus Silente se ne andò.
Daisy e Severus
rimasero in piedi ad osservare per qualche minuto la porta dalla quale
il preside era uscito, incapaci di dire una parola su quanto era appena
accaduto.
- “Severus,
io… non ci credo! Sono senza parole!
Com’è possibile che…?”
– .
- “Devi
stare calma. Non puoi aggredire così Silente e pensare di
poterla spuntare. Quante volte ne abbiamo discusso in precedenza?
E’ la mia missione, ho scelto di compierla, e per quanto io
detesti i motivi che mi hanno spinto ad accettare questa assurda
proposta riconosco che è il metodo migliore per contrastare
i Maghi Oscuri che tramano per il ritorno del Signore Oscuro”
- .
- “Non mi
piace quando lo chiami Signore Oscuro!” – disse
preoccupata la giovane.
- “Ci sono
altre cose che mi preoccupano in questo momento Daisy, come il fatto
che Silente sembri essere a conoscenza di molte cose che ci riguardano
nonostante tutte le precauzione che abbiamo preso nel corso di questi
anni.” – sentenziò Severus con tono
grave.
- “Cosa
temi?” –
- “Ho paura
che anche qualcun altro possa essersi accorto delle stesse cose di cui
si è accorto Silente. Non possiamo stare tranquilli Daisy.
Dobbiamo stare ancora più attenti da questo momento in
avanti” –
La ragazza
annuì in cenno d’assenso, mentre
un’ombra di inquietudine calava sul suo volto. Severus si
rese conto di averla spaventata e si sentì in dovere di
rincuorarla. – “Non devi temere, ci sarò
io al tuo fianco. Metti il mio mantello, ti riporto a casa” -
.
Ripercorsero il
percorso precedente al contrario, ma con passo meno concitato rispetto
all’andata. Era come se nessuno dei due volesse anticipare il
momento in cui si sarebbero ritrovati da soli nella solitudine dei loro
appartamenti: non dissero nulla fino a quando furono al di fuori dei
cancelli di Hogwarts.
- “Fai
attenzione” – disse Severus quando
arrivò il momento di congedarsi.
-
“Tranquillo, mi Materializzerò sulla soglia di
casa” – lo rassicurò la ragazza.
Piton la
osservò un ultimo istante: aveva come
l’impressione che Daisy fosse turbata.
- “Devi
stare tranquilla” – la rassicurò
– “Ho sempre un occhio vigile su di te”
–
- “Faresti
meglio a vigilare su te stesso. Rischi più di me.”
–
- “Non
potrei comunque fare altrimenti” –
Daisy sorrise.
– “Non è questo. Solo che… ti
prego, non abbandonarmi per troppo tempo” - .
L’uomo le si
mise davanti e con una mano le sistemò risistemò
il mantello sulle spalle, per coprirla ulteriormente in modo che non
prendesse freddo. – “Non sparirò
più” – le promise.
La ragazza fece un
passo verso Severus e appoggiò la testa al suo petto.
–“Non mi piace sentirmi sola” –
confidò con un filo di voce.
- “Non sei
sola” – sussurrò l’uomo
passando le dita tra i corti capelli scuri della giovane. Gli mancavano
i suoi lunghi capelli chiari, e per qualche strana ragione non
riuscì a dirglielo. Ma avrebbe voluto. La vide fare qualche
passo indietro e salutarlo con un cenno della mano, per poi sparire
all’improvviso nel lieve rumore della Smaterializzazione.
Prima di rientrare all’interno del castello rimase ad
osservare il punto nel quale Daisy era scomparsa per un tempo
interminabile.
***
Dopo
secoli, ci sono riuscita, ho aggiornato! Mi dispiace per essermi
assentata così a lungo ma ho avuto millemila cose da fare,
ma da oggi sarò più presente e
riprenderò gli aggiornamenti con frequenza, promesso!
Scusate l'uso di un font diverso dal solito, con calma
cambierò anche quello dei capitoli precedenti e anche la
presenza di errori di battitura... ero impaziente di aggiornare!!! :)
Vi voglio bene, e mi
siete mancati!
A prestissimo e come
sempre vi ricordo la mia pagina Facebook QUI .
Dahlia
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 - Il Ritorno del Signore Oscuro ***
Capitolo 16 – Il
Ritorno del Signore Oscuro
Qualcosa
era cambiato tra di loro, ma dire esattamente
“cosa” era troppo complicato per entrambi. Severus
sentiva Daisy più vicina che mai, e anche se era difficile
ammetterlo perfino a se stesso non era solo la sua
incolumità a preoccuparlo: c’era un misto di
ansia, tormento e angoscia nel pensarla sola nel piccolo appartamento
sopra il Ghirigoro, ma quei sentimenti e quegli stati d’animo
improvvisamente sparivano nel momento stesso in cui si Materializzava
alla sua porta e lei lo accoglieva col suo caldo sorriso. In quegli
istanti si sentiva leggero. Ma la vita gli aveva insegnato che quei
momenti non durano mai a lungo, e Severus intravedeva le ombre oscure
che si protendevano su di loro nel cielo grigio di quell’alba
tanto attesa da tutta Hogwarts: quel giorno si sarebbe tenuta la finale
del Torneo Tre Maghi e qualcosa di terribile sarebbe accaduto, ne era
certo. Era un mago eccellente e sapeva interpretare i segnali della
natura attorno a lui, che da sempre era la prima a cogliere le
vibrazioni negative nell’animo degli uomini e a reagire
contro di esse. Chiuse gli occhi un istante sperando con tutto il suo
cuore di sbagliarsi, ma quando li riaprì vide che le nubi
all’orizzonte non accennavano a diminuire, ma diventavano
sempre più scure e minacciose. Con un gesto lento della sua
mano chiuse le tende, come se potesse allontanare quelle sventure
semplicemente ignorandole e voltando loro le spalle, mentre anche sul
suo cuore sentiva scendere un velo gelido e malvagio.
La voce di Albus
Silente risuonava lontana e ovattata dal fondo dei suoi pensieri, e
riuscì a destarlo solo nel momento in cui sentì
pronunciare il suo nome con forza. – “Severus, hai
compreso?” –
L’uomo
alzò gli occhi sull’anziano preside e ad un tratto
lo riscoprì vecchio, come se i recenti avvenimenti avessero
segnato il suo volto più degli anni vissuti. –
“Perdonami Albus, ma credo di non aver ascoltato una singola
parola” – ammise con voce atona.
-
“Il momento è arrivato. Ciò a cui ci
siamo preparati a lungo è giunto. Sai cosa comporta tutto
questo Severus?” –
- “So che in
questo momento è stata firmata la mia condanna. Ne sono
consapevole, Albus” –
- “Non
essere sciocco. Sai perché devi fare tutto questo, ricordati
perché” –
In quel momento
Severus sentì dentro la sua testa la voce di Daisy, in un
vago ricordo di una frase detta non molto tempo prima…
“E’
facile parlare di libere scelte facendo leva sui rimorsi e i sensi di
colpa delle persone, signor preside”.
Perché gli era tornato in mente proprio in
quell’istante? Anche lui credeva e riponeva la massima
fiducia nella missione che gli era stata affidata, aveva scelto con
coraggio e accettato con risolutezza la sua sorte… ma allora
perché?
- “Hai
paura, Severus?” – gli chiese Silente da dietro i
suoi occhiali a mezzaluna.
Piton non aveva mai
pensato al concetto di paura. E se dietro ai suoi malesseri, le sue
incertezze e le sue ansie si nascondeva la paura? Non disprezzava quel
particolare sentimento, anzi, sapeva perfettamente che gli uomini
timorosi spesso avevano il pregio di poter vivere una vita tranquilla
al riparo dai pericoli. Si domandò se non fosse stanco di
tutto quell’oscurità, del mistero e della
segretezza, e per la prima volta pensò di non essere
abbastanza forte o coraggioso per poter affrontare quel compito.
- “Non
è semplice, tutto qui. In questi anni ho quasi creduto fosse
impossibile … ma mi sbagliavo” –
- “Ma non
puoi tirarti indietro. Devi farlo per il nostro mondo, per te, per
Harry. E per Lily Evans” –
Lily. Come aveva
potuto scordare Lily? Era il suo ricordo a dargli forza e coraggio. E
come più spesso accadeva il suo volto era avvolto nella
nebbia, nel fumo, dagli anni, ma non il dolore: il dolore riecheggiava
nel petto di Severus più vivo e più forte che
mai, come se fosse accaduto ieri. Era pronto, e si chiese come avesse
fatto a dubitarne anche per un solo istante.
- “Per nulla
al mondo mi tirerei indietro Albus” – disse deciso
Severus.
- “Sapevo
non mi avresti deluso” – esclamò il
preside senza nascondere la soddisfazione nella sua voce –
“Non rimane che aspettare il momento propizio”
–
- “Il piano
è pronto. Ho gia’ ignorato la prima chiamata del
Signore Oscuro, ma non credo si farà attendere. Spero solo
che riponga in me la stessa fiducia che tu nutri nei mie
confronti” –
- “Non ne
dubito, hai lavorato bene con gli altri Mangiamorte in questi anni. Se
loro ti credono, ti crederà anche lui” –
- “Alcuni di
loro mi vedono come una minaccia, non essere troppo ottimista. Smaniano
per prendere quello che un tempo era il mio posto accanto a Lord
Voldemort” –
- “Per
questo motivo dovrai essere più convincente che
mai… Severus?” –
Il volto di Piton si
era contorto in una smorfia di dolore. Il suo braccio sinistro bruciava
e pulsava come se non appartenesse a lui: quello era il segnale che il
Signore Oscuro lo stava chiamando a sé, furioso e desideroso
di riavere Severus al suo fianco, come suo fedele seguace o per poterlo
punire per il suo tradimento. Si disse che anche volendo non sarebbe
mai stato in grado di ignorare la chiamata di Voldemort, il dolore e il
male che sapeva trasmettere tramite il Marchio Nero non gli avrebbe mai
permesso di vivere un’esistenza lontana dal suo passato.
-
“Devo… devo andare” – disse a
denti stretti, cercando di nascondere l’agitazione che
sentiva crescere dentro di sé.
Albus Silente fece un
debole cenno col capo, mentre voltava le spalle intento anche lui nel
non mostrare ciò che provava in quel momento: tutto
dipendeva da Severus, il lavoro di anni di controllo e spionaggio, il
futuro del mondo magico, della scuola, del giovane Harry e in qualche
modo anche del suo. – “Buona fortuna”
– fu tutto quello che riuscì a dire, e solo quando
sentì i passi del professore scendere per le scale del suo
ufficio si permise di emettere un sospiro angosciato.
***
Non era la prima volta
in cui Severus tornava a Villa Malfoy, negli ultimi anni era stato
costretto a recarvisi per le innumerevoli riunioni dei Mangiamorte
nelle quali escogitavano qualsiasi piano per agevolare il ritorno di
Voldemort, ma quella sera c’era qualcosa di diverso
nell’aria: una strana nuvola grigia, densa e carica di
pioggia, aleggiava tutt’attorno la proprietà dei
Malfoy, e la brezza gelida che si incanalava lungo il vialetto
principale circondato da alti siepi era come mille spilli che si
conficcavano con violenza nel volto di Severus. L’uomo fece
qualche respiro intenso per concentrarsi: avrebbe dovuto nascondere i
suoi pensieri e i suoi ricordi a Voldemort, il quale era un abile
Occlumante e sarebbe stato in grado di vincere le barriere e le false
immagini che Severus aveva creato appositamente per rendere
il suo racconto credibile. Aveva bisogno di calma e concentrazione, e
nonostante il suo proverbiale autocontrollo impiegò svariati
minuti a conquistare quel senso di pace interiore di cui aveva bisogno.
Salì con passo lento i gradini di marmo che portavano al
maestoso portone in legno finemente decorato, strinse con decisione il
battente in ottone e dopo un istante di esitazione bussò. In
pochi secondi la porta si aprì e un piccolo elfo domestico
con voce tremula e fare ossequioso lo invitò ad entrare ed
accomodarsi in attesa che il padrone di casa, ma soprattutto il loro
illustrissimo ospite, lo potessero ricevere. Severus rimase immobile
nel maestoso atrio di quella grande villa che raramente vedeva la luce
del sole. Era un grande peccato, osservò tra sé e
sé, poiché i marmi che decoravano la magione
avrebbero brillato alla luce del sole, ma era risaputo che i Malfoy non
erano avvezzi a questo genere di cose: le grandi finestre del piano
terra erano oscurate da pesanti tende di taffettà, a
qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi stagione.
- “Professor
Piton, signore, il Signore Oscuro può riceverla”
– la voce incerta dell’elfo domestico lo
ridestò dai suoi pensieri, e Severus si accinse a seguirlo
negli intricati corridoi della casa di Lucius, che ormai avrebbe potuto
percorrere a occhi chiusi per quanto gli erano familiari. Giunti
davanti alla pesante porta in quercia che portava alla sala principale
della villa, Severus si voltò di scatto: aveva udito dei
leggeri passi alle sue spalle e il suo sesto senso si era
improvvisamente destato costringendolo a mettersi sulla difensiva. Si
rilassò solo nel momento in cui incontrò lo
sguardo di Narcissa Malfoy, il cui volto alla luce delle candela
sembrava ancor più pallido e severo rispetto alle ultime
volte che l’aveva incontrata. Riconobbe sorpresa e rimprovero
nei suoi occhi, ma non ebbe tempo di porgerle i suoi saluti in quanto
la donna aveva abbassato immediatamente il capo, scuotendolo duramente,
per poi sparire dietro una porta. Tristemente pensò al
destino di quella che ricordava come una donna solare ma dalla bellezza
algida, condannata ad amare follemente un uomo che più di
lei amava il potere e impegnata a proteggere un figlio il cui unico
desiderio era quello di compiacere il padre. Cosa sarebbe stata capace
di fare amore? si chiese…
La porta della sala si
aprì portandolo via dai suoi pensieri, e sentì un
brivido freddo corrergli lungo la schiena. Il momento era arrivato ed
era consapevole che Lord Voldemort non gli avrebbe permesso di uscire
da quella stanza sulle proprie gambe nel caso avesse fallito. Per un
breve istante il pensiero di non averle detto
un’ultima parola di saluto gli attraversò la
mente, ma con decisione lo scacciò via.
Il lieve
chiacchiericcio cessò non appena fece il primo passo
all’interno della sala: Lucius Malfoy era in piedi davanti al
camino, e al suo fianco una poltrona era girata verso il focolare
spento, dalla quale si intravedeva solo la lunga coda di un gigantesco
serpente spuntare dal lato sinistro. Gli alti Mangiamorte facevano da
contorno a quel patetico quadro di malvagità e riverenza,
tra sospiri sdegnati e nervose risate mal trattenute.
- “Signore,
Piton è qui” – sussurrò
Lucius chinandosi appena sulla poltrona.
- “Lo sento
Lucius” -. La voce di Voldemort era cambiata nel corso degli
anni e per Severus fu come ascoltarla per la prima volta; aveva assunto
un tono spettrale, decisamente innaturale, come il sibilo di un
serpente. Si alzò, e quando si voltò per andare
incontro a Severus, Piton rimase immobile, paralizzato
dall’orrore: i tratti di Tom Riddle avevano abbandonato
quelli dell’Oscuro Signore da tempi immemori, ma in quel
momento Severus si rese conto di quanto poco fosse rimasto di umano in
Voldemort. Il volto era la cosa più spaventosa che avesse
mai visto nella sua vita, talmente bianco da sembrare una superficie
riflettente, gli occhi rossi circondati da spaventose occhiaie viola
profondi come solchi nella terra, e due fessure verticali al posto del
naso.
- “Severus,
potrei dire che ti aspettavo, ma mentirei.” – disse
guardando il professore negli occhi.
- “Mi ha
chiamato mio Signore, sono venuto non appena ho potuto”
– rispose cercando di mantenere la calma ma senza abbassare
lo sguardo. Non poteva sbagliare. Un lieve borbottio si levò
tra i Mangiamorte, ma Voldemort lo interruppe semplicemente con un
gesto della mano.
- “Ne siamo
davvero sicuri, Severus? Dopo tutto questo tempo so che hai trovato
rifugio tra le braccia di Silente” –.
Decise che era il
momento di attaccare: avrebbe potuto accettare diffidenza del Signore
Oscuro in persona, ma non quella di quel gruppo di smidollati
leccapiedi degli altri Mangiamorte. che sembravano prendersi gioco di
lui da dietro le spalle di Voldemort. – “Non ho
fatto niente di diverso rispetto a chi oggi è in questa
stanza. Per sopravvivere ho dovuto fingere di pentirmi e conquistando
la fiducia di Silente sono diventato intoccabile per il
Ministero” -.
- “Se solo
avessi un cuore proverei compassione per questi anni terribili che hai
dovuto affrontare al fianco di Albus” – disse con
ironia Voldemort – “Ma permettimi di nutrire un
po’ di diffidenza nei tuoi confronti. Me lo
concedi?” –
- “Si mio
Signore, io stesso dubiterei di me stesso se fossi in lei” -.
Quella frase era un azzardo, ma avrebbe dovuto mostrarsi il
più sincero possibile per esser creduto. Doveva tornare a
sembrare malvagio, spregevole, senza scrupoli.
-
“Perché non sei alla prima chiamata?”
– domandò.
-
“Perché non sarebbe stato saggio allontanarmi da
Hogwarts in quel preciso istante. Harry Potter sie è
Materializzato annunciando a tutti che lei era tornato e di certo
avrebbero sospettato di un mio coinvolgimento nella vicenda se fossi
sparito su due piedi. Ho preferito aspettare che le acque si calmassero
appena, considerando anche il fatto che, se mi permette, io potrei
esserle estremamente utile all’interno della scuola, mio
Signore” –
- “Tu credi,
Severus?” – Lord Voldemort aveva iniziato a
camminare tutto attorno a Severus con passo lento e calmo, ma senza
staccare gli occhi dal viso del professore.
- “Potrei.
Se solo lei mi permetterà di dimostrarle la mia
lealtà” –
- “Vedi,
caro Severus, io sono estremamente felice che tu sia qui con me, ma non
posso non dubitare di te. Cosa succederebbe se tu facessi il doppio
gioco? E se io ti permettessi di tornare da me e allo stesso tempo tu
riportassi ogni mia singola mossa, ogni mia singola intenzione, al quel
vecchio mago senza futuro? Non posso permettermi un simile
rischio” – sentenziò.
Severus prese un
grande respiro. Per un momento aveva riposto fiducia nel fatto che i
Mangiamorte avrebbero potuto giocare a suo favore, ma era evidente che
la smania di arrivare al potere, di compiacere il Signore Oscuro, era
più forte di qualsiasi altra cosa. Anche se lui fosse stato
sincero loro avrebbero cercato di escluderlo. – “Mi
metta alla prova” – supplicò.
Voldemort si
fermò a pochi centimentri dal volto di Piton, al punto che
Severus poteva sentirne il fiato nauseante che emetteva ad ogni
respiro, e con un gesto teatrale poggiò prima un dito sulla
propria tempia sinistra, poi un altro su quella
dell’insegnate, e iniziò a sondargli la mente.
La
prima visione fu quella di Severus spaventato che scappava da delle
ombre scure. E ancora mentre si rifugiava al buio della sua casa nella
puzzolente Spinner’s End. Lo vide vagare in molti posti
sconosciuti, con fare sospetto, teso e disperato. Lo vide spiare Albus
Silente nella notte e architettare un piano per sfuggire agli Auror,
pregare e piangere alle porte di Hogwarts implorando il perdono e
giurando fedeltà eterna all’Ordine, per poi
vederlo nelle segrete del castello ammirando compiaciuto il Marchio
Nero impresso sul suo braccio sinistro. Lo vide correre e raggiungere i
suoi ex compagni Mangiamorte, tramare alle spalle di Albus e cercando
di sabotare la vita del giovane Potter, trattandolo con odio e
disprezzo durante le lezioni.
Lord Voldemort
cercò di andare ancora più a fondo nella mente di
Piton, ma non vide altro che momenti simili ai primi esaminati.
Voltò le spalle all’uomo, valutando sul da farsi:
non poteva dargli subito carta bianca, riporre piena fiducia in lui, ma
d’altro canto si era sempre dimostrato un uomo fedele. Era
stato lui a riportare la profezia che gli aveva permesso di scoprire
l’identità di chi lo avrebbe sfidato e forse
annientato, seppure a metà. Quel ricordo gli diede
improvvisamente un’idea che lo riempì di
entusiasmo, e di un sentimento che ricordava vagamente la gioia.
Avrebbe funzionato, lo sentiva.
- “Severus,
sei sotto esame, sappilo. Controllerò ogni tua mossa fino a
quando non avrò la certezza che tu mi sei fedele”
– disse infine. Un mormorio contrariato si levò
nella Sala, ma Voldemort lo ignorò. Severus dovette
ripensare più volte alle parole appena udite per coglierne
appieno il significato. Ci era riuscito. Non aveva fallito.
- “La
ringrazio mio Signore” – disse in tono fintamente
commosso – “Come posso aiutarla?”
–
- “Non
saprai nulla di ciò che voglio fare fino al momento in cui
non lo riterrò opportuno. Nel frattempo, puoi aiutarmi con
il piccolo Potter” -. L’espressione malvagia e
quasi felice sul volto di Voldemort era ancora più
ripugnante di ciò che gli avrebbe detto di lì a
breve.
***
Avrebbe voluto
correre, fuggire lontano, allontanarsi da Villa Malfoy più
veloce che poteva, ma aveva dovuto mostrare calma, camminando
lentamente fino ai cancelli della magione. Si sentiva sporco,
tormentato. Aveva voglia di urlare. Gridare. Dare voce alla sua rabbia
fino ad esplodere, scomparire nel nulla, addormentarsi esausto e non
riprendere mai più i sensi. Ma ancora una volta aveva dovuto
fingere. Per qualche ora non fece altro che Smaterializzarsi e
Materializzarsi in posti lontani, sfogando la sua rabbia schiantando
qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, salvo poi crollare spaventato e
quasi in lacrime al suolo. La rabbia non aveva aiutato a placare
l’orrore che sentiva rinascere dentro il suo petto. Vagare
non aveva placato il suo dolore. Poi, senza accorgersene, si
ritrovò davanti ad una piccola porta in legno fragile, sopra
un piccolo negozio di Hogsmeade. Bussò freneticamente, e
quando la porta si aprì entro nell’appartamento
richiudendosela velocemente alle spalle con un gesto secco.
-
“Severus… ma…” –
Daisy era davanti a lui, con i capelli arruffati, un grembiule in vita,
e lo sguardo allarmato. – “Hai un aspetto
terribile. Stai bene? E’ successo qualcosa?”
– gli domandò in apprensione. Incrociò
i suoi occhi grigi e per un attimo pensò che quel colore non
era tremendo come gli era sembrato per tutta la giornata:
c’era qualcosa di positivo in quel cielo cupo nel volto della
ragazza, la calma di una giornata autunnale nella quale rifugiarsi dopo
la calura estiva.
-
“Lui… lui è tornato!”
– fu tutto quello che riuscì a dire, prima di
crollare al pavimento stretto tra le braccia di Daisy.
Li si sentì
al sicuro. Lì nessuno avrebbe potuto fargli del male.
Nessuno avrebbe potuto trovarlo. Decise di abbandonarsi a quella calma
fino a quando ne avrebbe avuto bisogno. Con lei. Nel suo abbraccio.
***
Sono
tornata! E posso solo dire che mi dispiace non aver aggiornato per
così tanto tempo ma questa estate è stata
decisamente piena di eventi, cose da fare, mare e amici che non ho
avuto tempo per scrivere una riga, ma adesso sono tornata! (:
Scusatemi per
eventuali errori di battitura nel testo ma ero emozionatissima all'idea
di pubblicare un nuovo capitolo che ho fatto tutto di fretta! Per il
resto posso solo dirvi che mi auguro che questo capitolo vi sia
piaciuto (le cose iniziano a farsi interessanti!!!) e come sempre vi
ricordo la mia pagina Facebook, raggiungibile cliccando semplicemente
--> QUI <--
Un bacio,
Dahlia
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 - Cenere di Pergamena ***
Capitolo
17 – Cenere di Pergamena
Domenica 17 Settembre 1995
Daisy,
mi
dispiace non poter mantenere fede alla mia parola, ma l'arrivo
dell'Inquisitore Supremo di Hogwarts mi mette in una posizione
difficile e non mi sarà possibile farti visita fino a
chissà quando: Dolores Umbridge controlla i movimenti di
ogni alunno e professore, e chissà per quale motivo ho come
l'impressione di essere uno dei sorvegliati speciali insieme a Harry
Potter e Albus Silente. Capirai sicuramente che da questo momento in
poi devo mantenere un comportamento ancora più defilato: non
posso rischiare di tradirmi destando inutili sospetti, ma presumo che
la Umbridge non sia qui solo in veste ufficiale, ovvero per controllare
l'operato di Silente e l'intera scuola. Ti prego però di non
allarmarti. Più che altro mi preoccupa sempre più
la tua incolumità: i tempi stanno cambiando,
ahimè non in positivo, e la sola cosa di cui devi occuparti
è quella di mantenere la tua copertura senza destare
sospetti, quindi cerca di limitare le tue avventure nella Foresta
Proibita il più possibile, anche se non in forma umana. Non
posso mandarti gufi o Smaterializzarmi, per questo motivo i nostri
mezzi di comunicazione si limiteranno a una pergamena al mese. Come
oggi, ogni terza domenica del mese mi recherò ad Hogsmeade
al Ghirigoro, e con la scusa dell'acquisto di nuove pergamene ti
passerò le mie missive. Ti consiglio di adottare lo stesso
metodo, per la sicurezza di entrambi.
Spero
tu stia bene, e ti prego ancora di perdonarmi per non essere in grado
di mantenere la mia promessa.
Severus
PS:
Brucia la pergamena!
Daisy
non fece altro che rileggere ogni singola riga della lettera di Severus
per ore, cercando in essa un significato nascosto, un qualcosa in
più, ma non servì a nulla. Riluttante ammise a se
stessa che rispetto alle missive a cui era abituata quello era un
notevole passo avanti da parte del professore di Pozioni, che
solitamente si limitava a due parole sterili, ma questo non la fece
sentire meglio. Quando quel pomeriggio lo vide entrare al Ghirigoro
dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non uscire dal
bancone e corrergli incontro, ma quella visita inaspettata in un giorno
festivo alla presenza di gran parte degli alunni di Hogwarts la mise in
guardia: mai in un anno di permanenza nella cittadina magica Severus le
aveva fatto visita nel suo luogo di lavoro. Presto scoprì il
motivo di quella visita quando a casa ebbe modo di leggere la pergamena
che le aveva passato nascosta in un elenco di materiale da acquistare.
Sorrise
tra sé e sé: la promessa a cui si riferiva
Severus era quella fattale quasi un anno prima durante il Ballo del
Ceppo, ovvero di non lasciarla mai più sola e di non sparire
per lunghi periodi come aveva sempre fatto, ma dalla notte in cui
l'uomo irruppe nell'abitazione della giovane in seguito al ritorno del
Signore Oscuro le cose erano cambiate. Daisy non gliene faceva una
colpa. Col tempo aveva imparato a non discutere con il professore a
proposito dell'assurda missione che doveva portare a termine per conto
di Silente e per proteggere il giovane Potter, e sapeva che se i loro
incontri si erano fatti più radi era solo per proteggerla.
L'ossessione maniacale con la quale Severus si prodigava per la sua
incolumità le faceva piacere, e ogni tanto si crogiolava nel
pensiero che forse tale dedizione potesse essere sintomo di qualcosa in
più, ma subito cercava si togliersi quell'idea dalla mente:
aveva avuto modo di conoscere Severus Piton come pochi ed era cosciente
del fatto che non era un uomo freddo e senza sentimenti come appariva,
ma da li a pensare che lui potesse in qualche modo ricambiare i suoi
sentimenti era pressoché impossibile anche per una persona
con una fervida immaginazione come Daisy, la quale però non
riusciva più a negare a se stessa la natura di quella strana
sensazione di malessere che improvvisamente svaniva quando lui era con
lei.
Con
riluttanza gettò la pergamena di Severus nel fuoco del suo
appartamento sopra il Ghirigoro, e raccogliendosi i capelli in una
acconciatura improvvisata gettò uno sguardo fuori dalla
finestra: non riusciva a intravedere le guglie del castello, ma poteva
coglierne il bagliore nel cielo notturno. Contò quante
domeniche la separavano dal loro prossimo incontro e sedendosi alla sua
scrivania iniziò a scrivere la sua pergamena con largo
anticipo.
Un
mese dopo il copione fu pressappoco lo stesso: Severus entrò
al Ghirigoro nel primo pomeriggio, imponendo il silenzio degli
schiamazzi dei giovani alunni di Hogwarts in libera uscita quella
domenica. Incrociò appena lo sguardo di Daisy, che trattenne
un sorriso abbassando la testa e rituffandosi sul lavoro, e la sua
reazione lo rincuorò. Per qualche motivo pensava che
l'avrebbe trovata arrabbiata e delusa, nel tipico atteggiamento che
assumeva quando i loro incontri diradavano a causa della sua missione,
ma questa volta era diverso. Era possibile che avesse avuto modo di
sbollire la sua ira nel mese appena trascorso, o cosa meno probabile,
che avesse cambiato idea riguardo al suo operato. Con fare tranquillo
attese il suo turno, cercando di schivare Rudolph Fleet che arrancava a
causa della sua età sotto le richieste dei giovani clienti
della bottega, e con disinvoltura osservava Daisy nel suo lavoro.
Approfittando di un momento di esitazione di due ragazze Corvonero del
quinto anno, fece un passo avanti e si rivolse alla ragazza.
-
“Buonasera, avrei bisogno di questo elenco di
libri” - e le porse una piccola pergamena arrotolata.
“Due
minuti e sono da lei” - Daisy sparì come una
saetta nel retro bottega e una volta al
riparo
da occhi indiscreti srotolò il foglio e lesse. I
fogli in realtà erano due: in uno c'era un elenco i libri di
testo, nell'altro una piccola lettera di poche righe a lei indirizzata.
Domenica 15 Ottobre 1995
Sto bene. Sono sempre sotto
stretta sorveglianza, ma non ti preoccupare.
Severus.
Era
tornato il Severus che lei conosceva: breve, conciso, dritto al sodo.
La mise in tasca, e dopo aver recuperato i volumi che servivano al
professore recuperò dal grembiule la sua lettera e la mise
tra le prime pagine del primo libro. Con disinvoltura tornò
al bancone e poggiò i pesanti tomi davanti al professor
Piton con un grande sorriso-
-
“Ecco a lei, Pozioni in Nozioni e la raccolta completa di
Maledizioni e Contro Maledizioni. In totale sono 28 Galeoni e tre
Falci” -
Severus
borbottò un grazie a denti stretti e nonostante gli costasse
un'enorme fatica uscì dal negozio senza voltarsi.
Lunedì 18 Settembre 1995
Caro Severus,
di sicuro ti aspetti una
pergamena piena delle mie solite lamentele riguardo a
“Tu-Sai-Cosa”, ma per una volta le terrò
per me. L'unica lamentela di questa pergamena riguarda il metodo per
recapitarci la corrispondenza: è possibile che non esista
nessun modo per fare in modo che sia più celere? Voglio
dire, non c'è nessun passaggio segreto che possiamo
utilizzare? Se è un test per mettere a prova la mia pazienza
sappi che con molta probabilità fallirò
miseramente, però stai tranquillo, non irromperò
ad Hogwarts. Se Dolores Umbridge è chi penso che io sia non
rischierei per nulla al mondo. Oltre al suo dubbio gusto nel vestire ho
come l'impressione che sia il Male fatto a persona.
A parte le ovvietà,
ho letto sulla Gazzetta del Profeta che le è stata assegnata
la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure... e non aggiungo altro,
altrimenti saresti capace di inviarmi chissà quale fattura
con la prossima pergamena.
Non devi preoccuparti per me.
Non ho nessuna intenzione di andarmene a spasso da sola, anche
perchè da quando sono ricominciate le lezioni non ho
più tempo nemmeno per dormire: il signor Fleet sta male e la
sua presenza in bottega è ridotta all'osso e solo nel fine
settimana, quando ci sono le uscite degli studenti da Hogwarts. Mi ha
anche proposto di acquistare la bottega per poter tornare
nella casa dei suoi genitori nel Sussex, e onestamente se non avessi
perso tutto quello che avevo nella bottega di Godric's Hollow ci avrei
fatto un pensierino. Mi sto abituando a Hogsmeade, e in un certo senso
sono riuscita a farmi più amici qui in un anno sotto il nome
di Violet Blackthorn che con il mio vero nome in cinque anni a Godric's
Hollow. Ma pazienza...
Mi dispiace davvero che tu non
possa mantenere la tua promessa, ma almeno questa volta so
che se non ho tue notizie e non ti vedo non dipende dalla tua
volontà, o almeno lo so in anticipo.
Tu guardati le spalle, non
costringermi a varcare i cancelli di Hogwarts.
Con affetto,
Daisy.
PS: Brucia la pergamena!
Mercoledì 4 Ottobre 1995
Severus,
ho bisogno di te e dei tuoi
consigli. Il signor Fleet peggiora e io vorrei aiutarlo in qualche modo
ma si rifiuta di vedere qualsiasi medico. Ho provato a parlare con il
medico di Hogsmeade, il quale sospetta che si tratti di una forma di
Glucosina (chissà perchè ma preferisco il termine
Babbano “diabete”!) ma Rudolph si è
praticamente barricato nella sua casa non appena ha capito che voleva
visitarlo e quasi mi schiantava. Devo ringraziare Merlino per la sua
scarsa vista. Non so dove andare a parare, le mie conoscenze in campo
medico magico e Babbano sono pari allo zero e i volumi di medicina che
abbiamo qui sono troppo voluminosi e troppo complicati per sperare di
caverne ragno dal buco. Puoi consigliarmi qualcosa? C'è un
modo per scoprire di che cosa si tratta a sua insaputa? Non so a chi
rivolgermi.
Daisy.
PS: Brucia anche questa!
Venerdì 6 Ottobre 1995
Ignora la pergamena
precedente!
Venerdì 13 Ottobre 1995 - Giorno funesto!
Caro Severus,
tutto sistemato con il signor
Fleet. Ho dovuto pietrificarlo affinchè si lasciasse
visitare, ma alla fine il medico aveva ragione: si tratta di Glucosina,
ma il fatto è che Rudolph adesso non vuole farsi curare.
Eppure basterebbe una semplice pozione Rigenera Sangue una volta la
settimana per farlo stare bene. Stavo pensando di adottare il metodo
che utilizzavo a Godric's Hollow, ovvero quello di diluirla in un'altra
soluzione visto e considerato che Fleet controlla con un incantesimo
che non ci sia niente di strano nel suo vino. Però come
posso camuffarla? Inoltre ho comprato tutto il necessario ma mi mancano
le radici di Valeriana... in questa stagione è difficile
reperirle. Pensi di potermi aiutare? Credo di riuscire a tenere la
situazione sotto controllo per un altro mese, un mese e mezzo al
massimo, ma se Rudolph dovesse peggiorare io potrei ritrovarmi senza un
posto dove andare, e in tutta franchezza l'idea di tornare da tua madre
non mi entusiasma nemmeno un po'.
Io sto bene, ma non avere tue
notizie per così tanto tempo mi demoralizza.
Ti abbraccio
Con affetto,
Daisy.
Severus
lesse quei quattro fogli di pergamena fino a quando non ne
imparò a memoria il contenuto: socchiuse gli occhi e gli
parve quasi di vedere Daisy curva alla sua scrivania mentre scriveva
concitata le parole sui sottili foglie che adesso stringeva in mano.
Ogni parola, ogni frase era l'esatta trasposizione del suo carattere,
della sua impazienza e della sua impulsività. Si
soffermò a lungo su quel “ti abbraccio”
cancellato da una decisa riga orizzontale: diverse volte lei gli si era
tuffata tra le braccia con la stessa spontaneità con cui
l'aveva scrittp, e si ritrovò a desiderare quel gesto. Era
difficile da ammettere, ma lei gli mancava, e solo la paura di metterla
in pericolo lo faceva desistere dal correre via dai freddi sotterranei
che abitava per correre da lei.
Ma
proprio per quel motivo non bruciò le sue lettere.
Domenica 12 Novembre 1995
Cara
Daisy,
quattro
pergamene! Se la memoria non mi inganna non penso di aver mai ricevuto
così tanti fogli di pergamena da parte tua nemmeno quando
eri una mia studentessa.
Ma
andiamo con ordine. Si, sono sorpreso di non leggere le tue solite
raccomandazioni di prudenza e di non vedere alcuna traccia dei tuoi
saggi sui motivi per cui dovrei abbandonare la mia missione, e te ne
sono grato. Purtroppo non esiste nessun modo per poter accelerare la
nostra corrispondenza: i passaggi segreti sono pattugliati, e se sei a
conoscenza di qualche passaggio particolare ti prego di farmelo sapere,
mi renderesti estremamente felice. I gufi sono controllati e
intercettati, così come ogni altro mezzo di comunicazione.
Presumo che questo sia il massimo che possiamo concederci, ma fossi in
te cercherei di vederne il lato positivo: meglio poco che niente e se
tu non fossi sempre così impaziente potresti perfino goderti
il momento dell'attesa.
Dolores
Umbridge è proprio la donna che ultimamente sta in prima
pagina sulla Gazzetta del Profeta, e sono d'accordo con te riguardo al
suo cattivo gusto. Non mi intendo di abiti femminili, ma solo il colore
rosa dei suoi abiti è necessario a darmi il voltastomaco.
Spero davvero che tu non abbia mai a che fare con quella donna: non ti
sbagli quando dici che è il Male incarnato. Credo che in
fondo provi soddisfazione nell'infliggere sofferenza agli studenti di
Hogwarts. Appena dieci giorni fa ha emesso il Decreto Didattico Numero
Venticinque, che le conferisce l'autorità sulle punizioni,
sanzioni e soppressioni di privilegi riguardanti tutti gli studenti.
Sai bene che niente mi rende più felice di togliere qualche
punto a Grifondoro, ma il suo gusto per le punizioni rasenta il sadico,
e nemmeno io arriverei a tanto.
Cercherò
di non fare caso al velato riferimento alla cattedra di Difesa Contro
le Arti Oscure, o potrei rimangiarmi l'ultima riga.
Il
fatto che tu non abbia tempo per andare in giro da sola non mi
conforta, so bene che se ne avessi l'occasione riprenderesti le tue
scorribande in solitario nella Foresta, ma permettimi di insistere
sull'importanza che tu rimanga al sicuro ad Hogsmeade. I tempi che si
avvicinano si preannunciano funesti, ma posso garantirti che un giorno
non dovrai più nasconderti e non dovrai più
scappare: ti chiedo solo di pazientare.
Posso
recapitarti qualsiasi cosa tu abbia bisogno, in allegato alla pergamena
trovi delle radici di Valeriana sminuzzate (sarebbe sto impossibile
recapitartele intere) che mi avevi chiesto, e ti consiglio di diluire
la pozione in una buona dose di Whiskey Incendiario, però se
mi permetti non escluderei del tutto la possibilità di
acquistare Il Ghirigoro. Posso aiutarti, e sai bene che mi sento
responsabile per la sorte toccata alla tua bottega. E' il minimo che
potrei fare per rimediare e sarei felice di poterti aiutare.
Non
voglio e non posso prometterti niente, ma considerato che al momento la
mia missione si trova ad un punto morto e che Dolores Umbridge non
trascorrerà il Natale ad Hogwarts, se vuoi potrei trovare il
modo per trascorrere del tempo insieme. Ti prego, non avermene se per
qualche motivo tutto questo non fosse possibile: in ogni caso sarai
avvertita per tempo, ma sentiti libera di trascorrere le tue vacanze
nel modo che ritieni migliore e non precluderti niente a causa mia.
Ancora
una volta, per favore, fai attenzione.
A
presto,
Severus.
***
Dopo mesi e mesi di imperdonabile assenza, sono tornata!
Scusatemi infinitamente,
anche per gli errori di battitura che troverete qua e la' nel
capitolo...
la voglia di aggiornare era troppo forte!!!
In questo periodo sono stata incasinata tra progetti e sfighe varie, ma
la voglia di scrivere non mi è mai passata!
Ringrazio chi ha continuato a dimostrare sostegno e affetto nei
confronti della mia storia,
alla fine non sono andata via!
Vi voglio bene!
Un bacione...
The Black
Dahlia
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