Il destino di un amore

di Alys93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scontro ***
Capitolo 2: *** La nuova classe ***
Capitolo 3: *** Amicizia e scherzi ***
Capitolo 4: *** Verità amara ***
Capitolo 5: *** Avvertimenti e scommesse ***
Capitolo 6: *** Un Natale da dimenticare... forse ***
Capitolo 7: *** Incubi e teatro ***
Capitolo 8: *** Rabbia, scherzi ed incontri inaspettati ***
Capitolo 9: *** Commenti e vendette ***
Capitolo 10: *** Infermeria... ***
Capitolo 11: *** ...e gelosia ***
Capitolo 12: *** Sorpresa ***
Capitolo 13: *** Il volo ***
Capitolo 14: *** Pegni e passeggiate ***
Capitolo 15: *** Discoteca ***
Capitolo 16: *** Il viaggio continua ***
Capitolo 17: *** Meta imprevista ***
Capitolo 18: *** Gardaland ***
Capitolo 19: *** Attrazione a sorpresa ***
Capitolo 20: *** Visite ***
Capitolo 21: *** Auguri Megan! ***
Capitolo 22: *** Lo spettacolo teatrale ***
Capitolo 23: *** Scissione ***
Capitolo 24: *** Emozioni tra i flutti ***
Capitolo 25: *** Caccia al tesoro ***
Capitolo 26: *** Gita in montagna ***
Capitolo 27: *** Alba sulle montagne ***
Capitolo 28: *** Confessioni sotto il temporale ***
Capitolo 29: *** I cuccioli ***
Capitolo 30: *** Minacce all'orizzonte ***
Capitolo 31: *** Imprevisto ***
Capitolo 32: *** Ferite dal passato ***
Capitolo 33: *** Il piano ***
Capitolo 34: *** Dolore ***
Capitolo 35: *** La verità ***



Capitolo 1
*** Scontro ***


Salve a tutte, questa è una nuova storia ke ho scritto un po' di tempo fa e ke ho deciso di postare. Spero vi piaccia, ci ho messo più di un anno a finirla... Sono pazza eh? Vi prego solo di essere clementi nei giudizi, ve l'ho detto. è la prima storia "decente" che ho scritto e l'ho iniziata ke avevo 15 anni. vi auguro buona lettura
 

Il destino di un amore
 

Noi pensiamo di poter decidere la nostra vita, ma infondo è una semplice illusione; siamo tutti condizionati dal destino. C’è chi lo chiama fato, chi volontà divina, chi ancora lo chiama segni del cielo e spesso osserva le stelle per poterlo prevedere, ma è impossibile. Il destino di ognuno di noi è già scritto da molto tempo, ma non si fa leggere dai chiromanti, dagli indovini o dagli astrologi. Nessuno può mai sapere cosa gli accadrà domani, ogni giorno è una nuova scoperta… Solo ieri puoi aver deciso di non rivedere mai più una persona, ed oggi? Puoi sentire che qualcosa cambia, tu non lo sai, non capisci, ma è il tuo destino che fa il suo percorso e tu non puoi fare niente per fermarlo o cambiarlo. Il destino, magari, decide che sarà proprio quella la persona con la quale dividerai la tua vita… E tu? Tu puoi solo accettare quello che ti succede. La cosa migliore è vivere giorno per giorno, senza pensare al domani, perché la cosa peggiore che il futuro può farci è quella di rovinarci il presente con mille ansie ed interrogativi. Vivere la vita giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, questa è l’unica cosa che possiamo fare per vivere tranquilli… Apprezzare ogni singolo istante ed accettare quello che la vita ci riserva. Perché, nonostante gli alti ed i bassi, la vita è un cosa meravigliosa e bisogna cercare di trovare sempre qualcosa di buono in tutto quello che ci succede. Vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.

La nostra storia inizia in un giorno qualunque di una cittadina qualunque, che presto diventerà teatro di qualcosa di davvero inaspettato e stupefacente…

*
 
 
 

1-Scontro
 

Quel giorno d’inizio settembre, una moto sfrecciò veloce per le strade di Lain City, quasi a sfidare il vento salmastro che veniva dalla costa. Un bolide blu chiaro guidato da un ragazzo, ansioso di crescere e capire il mondo, di vivere e scherzare con gli amici. È un ragazzo come tanti, ma che ancora non sa quello che sta per accadergli.
*
Richard guardò furioso il proprio orologio da polso: le 7.50! Se non era a scuola entro quindici minuti, l’avrebbero lasciato fuori fino all’inizio della seconda ora e non era proprio il caso di arrivare in ritardo già dal primo giorno di scuola. Si sarebbe dovuto sorbire una predica lunga almeno due anni da parte degli insegnanti, per non parlare di quella ancora più noiosa del preside. Gli sarebbe venuta un’emicrania pazzesca… Mosse la mano sulla leva dell’acceleratore, sentendo il motore rombare sotto di lui, mentre la moto scivolava veloce sulla strada. Fortuna che a quell’ora non passava quasi nessuno e la via era totalmente sgombra, quindi poteva procedere spedito e senza intoppi. Doveva assolutamente sbrigarsi a raggiungere l’istituto, o non avrebbe fatto in tempo. Ma perché accidenti non aveva sentito la sveglia?
Improvvisamente, vide un pedone che attraversava la strada, quando il semaforo era ormai rosso. Era evidente che andava di fretta e probabilmente non si era accorto del cambio di segnale. Ci mancava solo che causasse un incidente stradale! Il ragazzo, capendo che non ce l’avrebbe fatta a fermarsi, strinse forte il freno d’acciaio e gridò con tutto il fiato che aveva in corpo “Levati di mezzo!”. Il pedone si voltò di colpo e spalancò gli occhi dal terrore alla vista della moto che gli arrivava contro. Indietreggiò velocemente verso il marciapiede, ma inciampò nei suoi stessi piedi, finendo a terra. Con uno sforzo enorme, il giovane motociclista riuscì a girare il manubrio della moto, facendola arrivare di lato. Per un lungo, terribile istante temette di non essere riuscito a fermarsi in tempo e sentì il sangue gelarsi al solo pensiero. Quando il fumo, proveniente dai pistoni fumanti, si dissipò, riuscì a scorgere una figura sull’asfalto. Fortunatamente, la moto si era fermata a poco meno di dieci centimetri dalla persona che era riversa a terra, con le braccia messe a difesa del viso. Richard si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, si sfilò il casco e mise il cavalletto alla moto. Aguzzando l’udito alla ricerca di un qualche rumore, si avvicinò a quello sconsiderato che aveva attraversato la strada con il semaforo rosso. Quando gli fu accanto, notò con sorpresa che si trattava di una ragazza. Lo si poteva constatare dai lineamenti, certamente più aggraziati, che appartenevano al gentil sesso, oltre che dai lunghi capelli, sfuggiti ad un berretto caduto poco distante. Dopo qualche secondo, la giovane scostò le braccia dal viso e, vedendo la moto così vicina, saltò in piedi con un grido. Il ragazzo la guardò sconcertato; non era statunitense, questo era poco, ma sicuro. Non aveva mai visto un viso come quello, eppure conosceva molta gente di provenienza straniera. La città era piena di ogni tipo di etnie, ma quella ragazza aveva dei lineamenti che non aveva mai visto. Era davvero un bel volto, almeno per i suoi gusti, di una delicata sfumatura bronzo-dorata, che enfatizzava le labbra appena più chiare. Osservandola meglio, notò altri particolari in quella sconosciuta, soprattutto i capelli. Erano lunghi, quasi fino alla vita, e le incorniciarono il volto come una cascata di morbide onde color ebano. Si avvicinò per assicurarsi che stesse bene, ma rimase ancora più stupito da quella ragazza quando la sentì esclamare con voce strozzata, ma certamente straniera, “Santa madre de Dios!”. Le si avvicinò, porgendole il berretto, e le chiese “Va tutto bene? Sei ferita?”. A prima vista sembrava ancora intera, ma non era del tutto sicuro che fosse illesa. La giovane si voltò di scatto nella sua direzione, con gli occhi ancora spalancati per la paura. Erano di un colore decisamente particolare: un verde-acqua come quello non lo aveva mai visto, incredibilmente chiaro e limpido. Lei guardò quel ragazzo dai folti capelli neri che la stava osservando, riprese il berretto e lo ripose nello zaino che aveva sulle spalle. Poi rispose scuotendo il capo e mormorò, con un accento lievemente straniero, “Sto bene, grazie”. Rabbrividì appena ed aggiunse “Mi dispiace davvero, non volevo… ma sto cercando di arrivare all’Heavenly High School e non ho la più pallida idea di come arrivarci”. Un timido sorriso le spuntò sulle labbra, mentre si sistemava una ciocca di capelli “Mi sono appena trasferita e non conosco ancora la zona”. Richard la fissò stupito e ripeté “L’Heavenly High School?”, “Esattamente”. Lui rise e disse “Allora sali, anch’io sto andando lì!”. Vedendola esitante, aggiunse “Ho un casco di riserva, prendilo pure… Ma dobbiamo sbrigarci, o ci chiudono fuori per tutta la prima ora. E credo che neanche tu voglia arrivare tardi il primo giorno”. La ragazza prese il casco che le porgeva con un sorriso di gratitudine, lo infilò e salì un po’ goffamente sulla moto. Il mezzo partì di scatto con un potente rombo, dandole appena il tempo di aggrapparsi al giovane. “A proposito, non mi hai ancora detto come ti chiami” disse improvvisamente il ragazzo, gridando per farsi sentire oltre il rombo della moto. “Megan. Megan Marley” rispose lei, stringendosi forte, un po’ spaventata da quella situazione imprevista. “Io invece sono Richard McKallister. Piacere di conoscerti!” lo sentì risponderle oltre il rombo della moto, che continuava a scivolare veloce sull’asfalto. La ragazza si rannicchiò dietro la schiena del giovane e si lasciò trasportare dal lieve rumore del motore della moto, mentre i suoi capelli, sfuggiti al casco, volavano trasportati dal vento.
 
Dopo pochi minuti, arrivarono davanti ad un grande edificio bianco, sulla cui facciata si trovavano, per ben quattro piani, numerose ed ampie finestre. Molti ragazzi erano nel vasto cortile antecedente la scuola, chi solo, chi a gruppi. C’era un forte chiacchiericcio tra gli studenti, mentre gli amici si raccontavano le vacanza appena trascorse e le aspettative in campo scolastico, ma soprattutto sentimentale. Richard si sfilò il casco, scuotendo con forza la testa per ridare forma ai capelli, e disse con un sorriso “Siamo arrivati, ora puoi allentare la presa”. Megan lo lasciò andare e, sfilandosi il casco, mormorò “Scusami, ma non sono mai andata in moto prima d’ora”. “C’è sempre una prima volta per tutto, non credi?” ridacchiò il giovane; lei gli porse il casco ed il suo sorriso si allargò. Ora che era arrivata a destinazione, si sentiva decisamente più rilassata. Scese dalla moto e rimase ad osservare la scuola, cercando di farsi un’idea di come si sarebbe trovata. Intanto, un gruppetto di ragazzi si era avvicinato ed uno di loro esclamò “Ehi, Richard! Iniziavamo a pensare che non arrivassi più!”. “E vedo che non sei solo, chi è la tua amica?” aggiunse un altro, notando Megan accanto alla moto. “Ci siamo incontrati, o per meglio dire scontrati, all’incrocio di St. Sebastian” disse lui, con un mezzo sorriso “Non conosceva la strada ed allora…”. “Allora l’hai accompagnata tu. È inutile, sei sempre il solito tenerone. Con le ragazze non riesci proprio a dire di no” esclamò un ragazzo, scuotendo la massa di ricci scuri e sorridendo malizioso. L’amico rise e fece una voce da duro, che lasciava però trasparire la sua allegria, “Cosa? Ora ti insegno io a tenere a freno la lingua. Preparati alla tua punizione, Karl!”. Gli circondò il collo con un braccio e gli frizionò la testa ricciuta con le nocche della mano libera. Karl gridò ed iniziò a divincolarsi, urlando e ridendo allo stesso tempo, “No! Basta! Va bene, non dico più niente!”. Richard rise e lo lasciò andare, dicendo “Muoviamoci, non vorrei rimanere fuori il primo giorno di scuola. Non ho intenzione di sorbirmi una strigliata dal preside Parrish”. Due di loro si diedero il cinque ridendo e si avviarono con il resto del gruppo verso l’entrata, già ghermita di studenti. Richard si girò e fece un cenno a Megan, dicendo “Ehi, che fai? Non vieni?”. Lei sorrise appena e lo seguì incerta, sentendosi lievemente spaesata in quel posto così nuovo. Era tutto così enorme… Dove viveva prima le scuole non erano così grandi, né così affollate. Per un attimo si sentì invadere dal panico, ma cercò di farsi forza ed entrò nel grande atrio. Tutti i ragazzi erano ammassati davanti ad un immenso cartellone su cui erano scritte le classi ed i nomi degli studenti in otto ordinate colonne. Megan vide il proprio nome sotto la colonna della IV D al secondo piano, notando che sotto il suo c’era il nome di Richard McKallister. Erano nella stessa classe. Ed era l’unico con quel cognome in tutto l’istituto, quindi era impossibile confondersi. Che buffa coincidenza pensò Ci siamo incontrati solo stamattina e ci ritroviamo nella stessa classe. Mi chiedo come mai. Improvvisamente, sentì una mano sulla spalla, si girò di scatto e si trovò faccia a faccia con un uomo robusto e dal volto severo, ingentilito da un lieve sorriso. La guardò per un lungo istante, per poi chiederle con voce ferma “Sei tu Megan Marley?”. Lei si limitò ad annuire, incapace di spiccicar parola. Il sorriso dell’uomo si allargò e le disse sollevato “Sono felice di conoscervi, signorina. Vostro padre è passato quasi mezz’ora fa con i documenti. Avete avuto difficoltà a trovare la strada?”. Megan annuì di nuovo e mormorò “Mi ha accompagnato un ragazzo che studia qui. Ci siamo incontrati per strada”. Sentì molti ragazzi bisbigliare in modo concitato ed udì il ragazzo di nome Karl sussurrare “Cosa è venuto a fare qui il preside Parrish? Di solito non esce mai dal suo ufficio!”. Il preside disse “Signorina Marley, la prego di seguirmi. Devo consegnarle alcuni documenti necessari perché lei studi qui”. La ragazza annuì nuovamente e seguì il preside nel suo ufficio al terzo piano, cercando di tenere a bada la tensione. Entrò in una grande stanza, sulle cui pareti immacolate spiccavano numerosi attestati con il nome di Clark Parrish, arredata con semplice buon gusto. Una scrivania in noce ed alcuni scaffali contenenti pile di cartelle e documenti vari facevano bella mostra di sé, abbinandosi perfettamente alle tonalità chiare della stanza. Il preside la fece accomodare sulla poltrona davanti alla scrivania e disse “Cosa ne pensa della nostra scuola, signorina Marley? Le piace?”. La giovane annuì sorridendo e disse “Da dove vengo io, le scuole non sono così grandi. Al massimo hanno due piani, non di più”. Una risata nervosa le sfuggì dalle labbra “Spero proprio di non perdermi, in tutti questi corridoi”. Il preside Parrish sorrise a sua volta e, aprendo un cassetto della scrivania, disse “Questi documenti che sto per darle sono importanti per qualunque studente prenda sul serio la scuola e ciò che questa può insegnare”. Poggiò tre fogli colorati sulla scrivania e spiegò a cosa servissero. “Questo” disse, indicando il foglio color verde menta “è il permesso per accedere alla biblioteca scolastica”. “Avete una biblioteca?” lo interruppe Megan entusiasta, mentre pensava a tutti i libri che avrebbe potuto consultare. Erano sempre stati la sua passione ed era felice che anche il nuovo istituto ne fosse provvisto. Purché non fosse ricolma di quei vecchi volumi pesanti e tremendamente noiosi sulla vita dei vari filosofi ed artisti… “Ma certo!” annuì il preside, sorridendo soddisfatto, “Ogni studente, quando vi accede per la prima volta, deve presentare questo documento, a cui avrà ovviamente aggiunto il proprio nome”. “Mentre questo” continuò, indicando il foglio color crema “è il permesso che i suoi genitori devono firmare per accordarle eventuali gite fuori città”. “L’ultimo” disse, sfiorando il foglio con sopra disegnata una piantina “è la mappa della scuola. Penso che vi sarà utile per raggiungere la mensa scolastica, che verrà attivata tra due settimane”. La ragazza guardò il preside e prese i tre fogli, riponendoli in un quaderno per non spiegazzarli. Poi l’uomo le porse un altro foglietto su cui erano scritte delle cifre “Questa è la combinazione del suo armadietto che si trova nel corridoio della sua classe”. La guardò di sottecchi ed aggiunse “È il numero 18. La impari a memoria, sarà meglio”. Lei accettò il biglietto con un sorriso e chiese “Può indicarmi la mia classe, per favore? Ho visto che sono nella IV D, ma non so dov’è”. L’uomo annuì e disse allegramente “Ma certamente! E comunque devo presentarvi ai nuovi compagni. Non capita certo tutti gli anni una studentessa straniera!”. La giovane sorrise, lievemente nervosa, e seguì il preside lungo le scale, chiedendosi cosa le riservasse il destino in quella nuova città. 

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Capitolo 2
*** La nuova classe ***


Vabbé, ecco il secondo capitolo. Spero sia di vostro gradimento. adesso verranno introdotti gli altri personaggi, fate attenzione ad alcuni in particolare! grazie a tutti coloro che leggono questa FF. 
 

2-La nuova classe
 

Quando arrivarono davanti alla IV D, Megan si sentì invadere dall’emozione della scoperta, unita alla tensione ed al nervosismo. Entrava in una nuova classe, una scuola in cui non si parlava spagnolo, ma inglese, lingua che suo padre non aveva mancato di insegnarle, essendo di origine statunitense. Come sarà la mia vita in questa scuola? si domandò la ragazza, mentre il preside apriva la porta e chiamava l’insegnante, dicendole qualcosa in poco più di un sussurro. Quest’ultima annuì ed invitò la giovane ad entrare insieme al preside. La classe scattò in piedi quando il preside fece la sua comparsa nell’aula, seguito da una nuova arrivata. Lei si guardò intorno e notò con sollievo che Richard era lì che la guardava con un’espressione curiosa sul viso, come molti altri studenti. Almeno c’era un volto conosciuto! Sorrise, trattenendo a stento una smorfia di preoccupazione, e seguì l’insegnante accanto alla cattedra. La professoressa si schiarì la gola e disse “Ragazzi, da oggi avete una nuova compagna di classe che, come potete vedere, non viene da questo paese, ma lascio le spiegazioni alla nuova arrivata, Megan Marley”. Megan deglutì a fatica, sentendo il nervosismo crescere a dismisura dentro di lei. Non era brava nei discorsi, ma doveva assolutamente fare buona impressione, non doveva mostrarsi timida! Aveva imparato che la prima impressione è quella che conta e, se non si fosse dimostrata meritevole agli occhi degli altri, sarebbe rimasta sola. Si fece coraggio e riuscì a sorridere, mentre diceva “Piacere di conoscervi, mi chiamo Megan Marley. Sono nata nel sud del Messico, diciassette anni fa”. “Da dove vieni esattamente?” chiese una ragazza dai capelli ricci e scuri “Il Messico non è esattamente uno degli stati più piccoli del pianeta”. “Vengo da un piccolo villaggio sul grande Golfo, nei pressi di Mérida, nella penisola dello Yucatan” mormorò la giovane. “E come mai ti trovi negli Stati Uniti?” chiese un ragazzo dalla folta zazzera castana “Hai qualche parente qui?”. La ragazza sorrise di nuovo e disse “Mio padre è di Lain City, mentre mia madre è messicana”. Arrotolò una ciocca di capelli intorno al dito ed aggiunse “Ci siamo trasferiti qui da appena una settimana, dopo che mio padre ha ricevuto un’offerta di lavoro e non poteva più restare in Messico”. “Allora per questo parli bene l’inglese, tuo padre è di qui. Sai parlare anche altre lingue oltre a questa?” chiese una ragazza dai corti capelli castani. “Sì, oltre l’inglese parlo lo spagnolo e fino a due anni fa frequentavo un corso d’italiano” rispose la nuova arrivata. Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore, sperando che nessuno notasse la nota di tensione che le aveva incrinato la voce. La professoressa si congratulò con lei “Bene, conoscere le lingue è certamente una cosa molto utile. Sono le lingue che ci permettono di comunicare con genti diverse in tutto il pianeta”. Poi rivolse un sorriso ai propri studenti “Voi siete fortunati, dato che la vostra lingua madre è parlata in tutto il mondo, ma anche le altre lingue hanno la loro importanza”. “Ci dici qualcosa in spagnolo?” chiese Karl, guardandola incuriosito dal suo banco in ultima fila. Il sorriso di Megan si allargò e, facendo risaltare il suo tipico accento messicano, disse “Me llamo Megan Marley, encantada de cononcerte”. Quasi tutti i ragazzi si guardarono in faccia, chiaramente in cerca di spiegazioni per capire cosa avesse detto la nuova compagna. Fu Richard a toglierli dall’imbarazzo, chiedendo “Ehm… scusa, potresti tradurlo? Io non so una parola di spagnolo, l’unica cosa che ho capito è il tuo nome”. Lui conosceva l’italiano, grazie ai suoi nonni materni, e quindi avrebbe potuto tradurre quello che aveva detto senza troppi problemi. Peccato che l’accento della sua nuova compagna lo avesse totalmente confuso, impedendogli di capire il senso della frase. La ragazza respirò a fondo, per trattenere la risata che rischiava di sfuggirle, e tradusse “Mi chiamo Megan Marley, piacere di conoscervi”. Il giovane la osservò per qualche istante, poi si sbatté una mano sulla fronte e rise “Accidenti, se avessi saputo che era così semplice non ti avrei chiesto di tradurla!”. Tutta la classe scoppiò a ridere e la giovane si unì volentieri alle risate, così come l’insegnante ed il preside. Quando tutti si furono calmati, il preside disse “Mi raccomando, ragazzi. Trattate questa compagna come una di voi. Accettatela per quello che è ed apprezzate l’amicizia che vuole offrirvi”. Rivolse uno sguardo serio a tutti i presenti ed aggiunse “Vi avverto: non voglio alcuna forma di razzismo in questa scuola. Ricordatevi che non è importante il colore della pelle, ma quello che una persona ha dentro”. Detto questo, augurò loro buona lezione e se ne andò, scomparendo oltre la porta. La professoressa annuì con forza e disse “Il preside ha ragione, ragazzi. Non dimenticate mai queste parole, perché molta, troppa gente è morta per combattere il razzismo”. Sospirò appena e concluse “Il loro sacrificio sarebbe vano, se voi non rispettaste un compagno solo perché ha la pelle di un altro colore o professa una religione diversa dalla vostra”. Poi si rivolse alla studentessa che stava ancora accanto a lei, in attesa che le assegnasse un banco, e sorrise “Ora ti troviamo un posto”. Lasciò vagare lo sguardo sulla classe, i cui banchi ospitavano due studenti ciascuno, e i suoi occhi furono attirati da uno spazio vuoto. “Ecco!” esclamò indicandolo “Puoi sederti lì, accanto a Crystal. Spero che ti troverai bene”. Lei sorrise appena e si diresse verso il posto assegnatole. La ragazza subito le fece spazio liberando il banco da tutti i libri in eccesso e, non appena si fu seduta, le tese la mano, sorridendo “Piacere, mi chiamo Crystal Summers. Benvenuta all’Heavenly High School”. La nuova arrivata sorrise più rilassata e mormorò un flebile “Grazie”. Richard, che era seduto nella fila accanto la loro, richiamò la loro attenzione con delle palline di carta. Quando si voltarono a guardarlo, sorrise e disse “Allora vieni dal Messico. Deve essere un posto davvero interessante. Faceva molto caldo laggiù?”. “Non troppo” ridacchiò Megan “Perché? Ci vorresti andare?”, “Magari un giorno. Adoro viaggiare” ammise lui con un sorriso, prima di aprire il libro di grammatica e seguire la lezione.
 
Due ore dopo, durante l’intervallo, la nuova compagna fu letteralmente bombardata di domande sul luogo in cui era nata e sulla cultura del Messico, ma anche sulla sua vita privata. “Sei figlia unica o hai dei fratelli?” chiese la sua compagna di banco, sistemandosi i capelli ricci e biondi. “Ho un fratello più grande che si chiama Miguel” disse la diretta interessata “È nato tre anni prima di me, ha vent’anni”. “Dicci, è carino?” chiese Dalia, scuotendo i suoi lunghi ricci biondo cenere, e Crystal rivolse un mezzo sorriso alla sua gemella. Megan rise e disse “In Messico era molto ambito, ma qui non saprei. Ho anche una sorellina più piccola che ha appena tre anni. Si chiama Ines”. “Come ti senti a vivere tra case e grattacieli, piuttosto che tra capanne e mare?” chiese un ragazzo di nome Jonathan. “Ma se il mare è a meno di dieci minuti a piedi da qui!” ribatté Richard. La ragazza sospirò sollevata, pensando che non aveva perso del tutto il suo mondo. Aveva sempre amato l’odore di salsedine trasportato dal vento e si congratulò con se stessa per l’ottima impressione che aveva fatto. “C’è parecchia giungla nella penisola dello… insomma da dove vieni?” chiese un altro ragazzo, di nome Philiph. “Sì, anche vicino al mio villaggio” rispose lei “Spesso ci addentravamo all’interno per raccogliere frutta e qualche orchidea da vendere ai turisti di passaggio, dato che vicino al villaggio c’è una strada abbastanza trafficata”. “E non potevi rimanertene nella giungla, insieme alle scimmie ed i tucani? Magari in compagnia di Tarzan?” borbottò una ragazza, guardandola in cagnesco. Megan si voltò a guardarla, stupefatta dal rancore che sentiva nella sua voce. A parlare era stata una delle pochissime ragazze che non si erano unite al gruppo per conoscerla meglio. Era piuttosto -anzi, decisamente- carina, dato che somigliava ad una star della Tv con quei lunghi capelli biondi e gli occhi di un bel blu vivace. Si chiese il motivo di tanta antipatia, se non si conoscevano neanche, ma fu uno dei suoi compagni a farle capire quale fosse il problema. “Ma sta’ zitta, Jennifer! Sei solo invidiosa perchè hai capito di avere una degna rivale nella scuola!” esclamò Karl, attirando l’assenso di molti ragazzi. “Un po’ di concorrenza non ha mai fatto male a nessuno” aggiunse Richard, osservandola sinceramente divertito. Il compagno lo guardò accigliato e disse “Amico, non incitarla a fare gare. Lo sai benissimo che Jennifer non sopporta la concorrenza”. Jack annuì con forza ed aggiunse “A meno che tu non voglia vedere la povera Megan in un letto al pronto soccorso, è meglio che ritiri quello che hai detto”. “Non per spaventarti” aggiunse, guardando la nuova compagna, che se ne stava con gli occhi sgranati verso di lui “Ma è meglio conoscere il pericolo, che sbatterci contro”. Jennifer fece uno sbuffo di scherno, poggiandosi le mani sui fianchi, e disse “Concorrenza lei? Ma siete matti?!?”. Li fissò con disprezzo e commentò “Io non temo alcuna concorrenza, meno che mai quella di questa selvaggia, arrivata or ora nel mondo civile!”. Poi si avvicinò alla nuova compagna e disse “Comunque ti avverto. Tieni giù le zampe dal mio Richard se non vuoi passare dei guai!”. Dopodiche, si allontanò nel corridoio, seguita dal suo gruppo di amiche, che guardarono tutte la povera malcapitata come se fosse qualcosa di disgustoso. Quando se ne furono andate, Philiph le guardò con rancore e disse, facendole il verso “Tieni giù le zampe dal mio Richard se non vuoi passare dei guai!”. “Che razza di strega!” commentò Jonathan “Dico sul serio, fa paura! Ma come si fa a sopportarla?”. “Richard! Richard! Richard! Quando ci sposiamo, Richard?” urlò Karl, gesticolando come un matto e facendo una voce acuta e stridula, ottima imitazione di un falsetto. Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere, compreso lo stesso Richard. Il senso dell’umorismo non gli mancava di certo.
Improvvisamente, la porta si aprì ed apparve un uomo in tenuta sportiva, che si portò un fischietto alle labbra e fece sobbalzare tutti con quel rumore spaccatimpani. “Allora, ragazzi. Siete pronti per l’ora di ginnastica?” ruggì il professore e la classe si alzò in piedi di scatto, seguendolo fino al pianterreno, dove si trovava la palestra. Quando entrarono, Megan trattenne il fiato per lo stupore: era enorme, tutta rivestita di lucido parquet e due porte si affacciavano sul lato opposto al loro. C’erano tutti gli attrezzi ginnici utili per una buona preparazione fisica: spalliere, assi di equilibrio, materassi, sbarre per il salto in alto… Un quadro svedese faceva bella mostra di sé infondo alla parete e molti attrezzi per la ginnastica artistica e ritmica erano riposti nei magazzini. Inoltre, c’erano diversi bilancieri e due canestri da basket, posizionati sui due lati opposti della palestra. Il professore la guardò e disse “Tu sei la nuova studentessa che è arrivata questa mattina, giusto?”. Lei annuì “Mi chiamo Megan Marley, signore”. L’insegnante fece un cenno di assenso e disse alla classe “Bene, quest’anno inizieremo con l’arrampicata sulle corde. Andate a cambiarvi negli spogliatoi e tornate qui”. “Che cosa? Ci dovremo arrampicare sulla corda?” strillò Jennifer con voce isterica “Noo! Non se ne parla proprio! Io non mi arrampico su quella cosa! Mi si rovineranno le mani!”. Il professore la guardò accigliato e disse “Temo che dovrai farlo, mia cara Jennifer. A meno che tu non voglia avere una nota per negligenza il primo giorno di scuola”. Quest’ultima stinse gli occhi, fino a ridurli a due fessure, e disse “Lei se ne approfitta perché è un insegnante”. L’uomo non la degnò di uno sguardo e tornò a fissare la cartellina che aveva in mano, controllando i vari esercizi compresi nel programma di quell’anno. Evidentemente, era abituato a scenate del genere e non gli dava peso. Poi, guardando la nuova arrivata, aggiunse rivolto alle ragazze “Qualcuna di voi indichi alla vostra compagna dove può riporre le sue cose”. Vedendo che la classe si muoveva con lentezza, chiacchierando animatamente, ruggì “Agli spogliatoi, forza! Non vi ho fatto scendere con dieci minuti di anticipo per chiacchierare!”. I ragazzi e le ragazze si divisero per entrare nei propri spogliatoi e prepararsi alla lezione. Crystal indicò a Megan un armadietto e disse “Puoi mettere qui le tue cose, devi solo ricordarti il numero che ci è scritto sopra”. Poi Dalia aggiunse “Mettiti la divisa che trovi all’interno: è una maglia elastica ed un pantalone adatto alla ginnastica. Il nostro è rosa, quello dei ragazzi invece è blu”. Il suo volto si fece pensieroso, mentre aggiungeva “Chissà perché assegnano sempre gli stessi colori!”. “Non badare a Jennifer” le sussurrò poi “Lei vuole Richard tutto per sé, ma è lui che deve decidere se starci insieme o no. Purtroppo sono due anni che la tiene sulla corda”. “Richard è il classico playboy. Ha avuto almeno una ventina di ragazze: una ne prende, una ne lascia e nessuna è mai durata più di due mesi” disse Crystal “Ma infondo non è cattivo”. “È solo che è diventato un pallone gonfiato come tutti i ragazzi che vedono noi femmine gettarci letteralmente ai loro piedi, perché sono tremendamente carini” aggiunse la sorella con un sorriso. Susan, una ragazza dai folti capelli neri e lisci, disse “Per ora fa così, non le prende sul serio, ma vedrete. Un giorno incontrerà una ragazza molto diversa da quelle a cui è abituato, una ragazza fragile che cercherà in lui affetto e protezione ed allora abbasserà la cresta e rimetterà la testa apposto”. Megan si cambiò in silenzio, pensando a quello che le sue amiche le avevano detto, poi disse “Questa mattina ci siamo letteralmente scontrati… mi ha quasi investito. Io… non so, forse stavo passando con il rosso e non l’ho visto”. Un vago rossore le tinse le guance “Quando si è assicurato che stessi bene, mi ha accompagnato qui. È stato molto gentile con me”. Il suo volto si storse in una lieve smorfia, mentre diceva “Non sembra il tipico ragazzo che vanta un alto numero di conquiste”. Sentendo che le sue compagne non rispondevano o commentavano, alzò lo sguardo dalle proprie scarpe e rimase immobile quando le vide fissarla stupite. Crystal sbarrò gli occhi per la sorpresa e chiese “Ti ha accompagnato in moto?”, “Sì, perché?”. “Accidenti! Sai che sei proprio fortunata? Non dirlo a nessuno a scuola! Se Jennifer lo viene a sapere, sei morta!” sussurrò Susan “Lui non l’ha mai fatto neanche accostare alla sua moto!”. “Come mai porta i capelli così?” chiese Megan, nel tentativo di cambiare discorso; non le piaceva parlare di quello che avrebbe potuto farle la pop star della classe. Fortuna che era già uscita e non poteva sentire quello che stavano dicendo… Non voleva neanche pensare a come avrebbe reagito. “Lunghi fino al collo? Bah! Devi chiederlo a lui, però gli stanno bene. Gli danno un’aria più… esotica!” disse Dalia con una risatina sommessa. “Bel gioco di parole, non c’è che dire!” commentò Crystal, rivolta a Megan. Nonostante tutto quel trambusto, la ragazza si ritrovò a sorridere sollevata. Dopotutto, non era così male la nuova scuola.
Quando tutti furono pronti, l’insegnante li condusse verso tre corde che pendevano dal soffitto e disse “Salirete tre per volta. Io vi osserverò e chi di voi salirà in cima nel minor tempo possibile, si guadagnerà un bell’otto tondo tondo”. Megan notò che i suoi compagni di classe si guardavano in faccia eccitati. Miriam, una ragazza dai morbidi capelli color mogano, le spiegò il motivo di tutta quell’eccitazione, sussurrandole “Il professor Jackson non ha mai messo un otto! Dobbiamo dare il massimo!”. I ragazzi si alternarono a gruppi di tre alle corde arrampicandosi, chi a fatica, chi con più destrezza. Quando venne il suo turno, Jennifer riuscì a tenersi solo per qualche istante alla corda e cadde sui materassi come un sacco di patate. Nonostante i numerosi tentativi, non riuscì ad arrampicarsi a più di una spanna da terra, tra le risate generali dei compagni. “A ginnastica è una vera frana” ridacchiò Nicky “È sempre uno spasso vederla fare figuracce clamorose come questa!”. Megan si ritrovò a salire insieme a Crystal e Susan, che le sorrisero incoraggianti. Raccolse velocemente i capelli in uno chignon per evitare che le andassero davanti alla faccia e, al fischio del professore, balzò. Si afferrò saldamente alla corda con le gambe e le mani e cominciò ad issarsi velocemente verso l’alto. La corda le faceva male, segandole la pelle, ma cercò di non pensarci e di salire il più velocemente possibile. Per un attimo, rischiò di scivolare e perdere la presa, ma riuscì a afferrarsi appena in tempo ed evitare di cadere, perdendo secondi preziosi. Vide le sue compagne arrampicarsi abilmente ed erano poco più in basso rispetto a lei. Ansimando per la fatica, si arrampicò con maggiore forza ed arrivò in cima, toccando il soffitto con una mano. “E questo dove hai imparato a farlo? Insieme a Cita, forse?” la prese in giro Jennifer dalla base della corda, mentre lei si arrampicava. La ragazza non distolse la concentrazione e non le rispose, giacché fu Philiph a parlare al suo posto “E tu dove hai imparato a cadere in quel modo? Da un sacco di patate?”. Tutta la classe rispose con una sonora risata, che mandò Jennifer fuori di testa. Il professore bloccò il cronometro quando vide Megan toccare il soffitto e così fecero Richard e Dalia, quando le altre arrivarono in cima. L’insegnante guardò il tempo sul cronometro e mormorò “Accidenti, non ho mai visto un tempo migliore!”. Sentendolo parlare così, molti ragazzi si avvicinarono e spalancarono gli occhi sorpresi nel vedere le cifre. Nessuno di loro era mai salito così velocemente sulla corda! E pensare che era anche scivolata, perdendo alcuni secondi per riprendersi!
Dalia si avvicinò all’amica, che nel frattempo era scesa con una destrezza per lei stupefacente, e le chiese “Ma come hai fatto a salire così in fretta?”. “Non è stato molto difficile. Quando io e mio fratello ci arrampicavamo nella foresta, facevamo fatica ad abbracciare il tronco, tanto era grosso e viscido” si schernì Megan. Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe ed aggiunse “Queste corde sono molto più facili da afferrare per me”. Jonathan guardò il compagno ed esclamò “Richard! Guarda che è meglio se t’impegni a scalare la corda più in fretta di lei, o le ragazze non ci daranno più tregua!”. L’amico sorrise e disse “Vedrai che la batterò. Non so come, ma farò del mio meglio”. “Ovvio che la batterai, nessuno è più bravo di te!” disse Jennifer con voce mielosa “Tu puoi battere chiunque e non sarà certo una come lei a portarti via il titolo!”. Tutta la classe la fissò inferocita, facendola arretrare d’istinto, mentre qualcuno esclamava “Ma certo che sei forte!”, “Lasciala in pace!”, “Guarda che hai una bella faccia tosta!”. Anche Richard si unì al coro di proteste, dicendo con voce severa “Smettila di trattarla così! Non ti ha fatto niente. È appena al primo giorno, la vuoi lasciare stare?”. Lei tentò di difendersi, ma non riuscì a far altro che borbottare frasi sconnesse e senza senso. Megan disse “Non importa, davvero ragazzi… Non fa niente”. Il professore s’intromise e disse “Richard, siete rimasti solo tu e Jonathan. Datevi una mossa; l’ora sta per finire!”. I due ragazzi annuirono e, al fischio del professore, iniziarono a salire velocemente sulle corde. Megan dovette riconoscere che erano molto bravi, non se l’aspettava…
Richard toccò per primo il soffitto e Susan bloccò il cronometro, lo guardò qualche stante e lo porse all’insegnante. Quest’ultimo guardò il tempo stupefatto, poi esclamò “Accidenti, oggi dovrò mettere ben due otto! Complimenti, ragazzi. Non ho mai visto tempi migliori! Oggi siete stati davvero bravi”. Le ultime parole furono quasi coperte dal trillo della campana che segnava la fine dell’ora. Tutti si diressero verso gli spogliatoi per cambiarsi e Crystal si congratulò con l’amica. “Sei andata alla grande!” esclamò “Hai fatto un tempo straordinario! Richard ha fatto davvero fatica a batterti! Se non fossi scivolata, lo avresti battuto senza problemi”. Susan annuì “Avete fatto quasi lo stesso tempo! Sei straordinaria!”. La ragazza si schernì, dicendo “Non ho fatto niente di straordinario, mi sono solo arrampicata sulla corda”. Ma le amiche non l’ascoltavano e continuarono a parlarle tutte eccitate fino a quando non rientrarono in classe. Il professore li riportò all’ordine e annotò i voti, per poi cedere la cattedra alla professoressa di storia. Quest’ultima fece l’appello, per assicurarsi che tutti fossero risaliti dalla palestra, poi, leggendo il nome di Megan, la guardò a lungo. La giovane si sentì arrossire, mentre la donna le chiedeva “Tu sei la studentessa messicana, dico bene?”. Lei annuì e la professoressa si sedette, aprendo il registro con un sospiro “Oggi dovevo interrogare sulle prime pagine del nuovo libro”. I ragazzi si guardarono sconcertati, poi Allison esclamò “Scusi, signorina Cattermole, ma oggi è il primo giorno di scuola e voi non ci avete assegnato niente per le vacanze estive!”. L’insegnate la guardò, poi disse “Avete ragione. Scusatemi, ragazzi, ma sono un po’ stanca. Essere insegnanti non è facile e la IV C mi ha fatto saltare i nervi…”. La classe tirò un sospiro di sollievo e prese i libri, per vedere da dove avrebbero dovuto riprendere il programma. Susan fece un cenno per attirare l’attenzione di Crystal e le indicò una pagina del libro. L’amica sorrise e la mostrò alla sua compagna di banco, che sorrise quando vide il terzo capitolo dedicato alle culture precolombiane. La professoressa li guardò prima di aprire a sua volta il libro e dire “Jennifer, inizia a leggere il capitolo uno: La fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna. Coraggio”. La ragazza si alzò in piedi, con il libro tra le mani, e cominciò a leggere, lanciando di tanto in tanto delle occhiate velenose alla sua nuova compagna di classe. Era meglio per lei che capisse fin da subito con chi aveva a che fare. L’altra non reagì, concentrandosi sul libro che aveva davanti, ma Crystal ne approfittò per farle qualche boccaccia, attenta a non farsi scorgere dalla professoressa. Jennifer fremeva dal rancore, ma non poteva rispondere agli insulti e così non poté fare altro che rodersi il fegato dalla rabbia. La campana che annunciava la fine delle lezioni, fu accolta con un boato dalla classe. Tutti si prepararono in fretta e si fiondarono nel corridoio per tornarsene a casa. Megan rimase un po’ indietro per sistemare le sue cose, sentendo finalmente il nervosismo svanire. Il primo giorno era passato piuttosto bene e si concesse un sospiro di sollievo. Quando finì, trovò Richard ancora alla porta; sembrava che la stesse aspettando. Quando la vide guardarlo incuriosita, il ragazzo le chiese “Vuoi che ti riaccompagno io a casa o torni a piedi?”. Lei sorrise e disse “Io vivo in Zaffire Street, al numero 10. Se mi accompagnassi, mi faresti un favore. A piedi non so quanto ci potrei mettere”. Il giovane sorrise e la guidò alla moto, dicendo “Io vivo nello stesso quartiere, ma al numero 23, infondo alla strada”. “Fantastico, così posso chiederti aiuto per i compiti!” scherzò la compagna, “Penso che sarò io a venire da te per chiedere aiuto” rispose lui, accendendo la moto e porgendole il casco. Vedendola titubante, le chiese “Che cosa ti succede? C’è qualcosa che non va?”. La ragazza scosse il capo e disse “Mi stavo chiedendo una cosa. Questa mattina mi hai accompagnato qui in moto anche e non mi conosci bene”. Si mordicchiò il labbro, nervosa ed aggiunse “In classe ho sentito che Jennifer è la tua ragazza, ma tu non l’hai mai fatta neanche accostare alla tua moto. Perché? Che cosa ho io di diverso?”. Richard la guardò per qualche secondo, prima di rispondere “Niente, a parte il carattere. Tu non sapevi dove si trovasse la scuola, per questo ti ho accompagnato. E poi…”. Fece una smorfia e disse “Jennifer non è la mia ragazza. È lei che si è messa in testa questa storia”. Scosse la testa ed aggiunse “Quando fa la mielosa, non la sopporto. Mi fa venire il voltastomaco”. Poi, dopo un lampo di comprensione, chiese “Hai paura per quello che ti ha detto in classe? Per questo non vuoi salire?”. Megan dovette annuire, suo malgrado; non voleva fare la figura della vigliacca, ma aveva paura di essere isolata e questa era l’ultima cosa che voleva. Il ragazzo la guardò serio, prima di dire “Non la pensare. Lei parla, ma se prova a mettere in atto le sue minacce, ci penso io”. Una strana scintilla gli illuminò gli occhi “Odio che faccia la prepotente in questo modo solo perché crede che stiamo insieme. È insopportabile!”. Socchiuse gli occhi e concluse “Non stiamo insieme, ma mi chiama talmente tante volte al giorno che sono costretto a staccare il cellulare per stare tranquillo!”. La giovane lo guardò riconoscente e salì dietro di lui, sentendosi decisamente più sollevata. Richard mise velocemente in moto e l’accompagnò fino a casa. Era una bella dimora: semplice, ma molto graziosa. Era una comune casa a due piani, con le pareti esterne rivestite di legno bianco ed una veranda, coperta da rampicanti in fiore. Questa si affacciava sulla strada ed un ampio giardino, abbellito da qualche albero, circondava l’abitazione. Il tutto era circondato da un piccolo steccato, che s’interrompeva in un arco di ferro, anch’esso bianco, ricoperto di rose carniche. Lei scese e gli restituì il casco con un sorriso, “Grazie di tutto, Richard. Senza di te, avrei girovagato per tutta la città prima di trovare la scuola!”. “Ma figurarti!” disse lui “Mi ha fatto piacere aiutarti. Ci vediamo domani a scuola”. La vide aprire il piccolo cancello sotto l’arco ed entrare nel giardino, mentre gli sorrideva di nuovo. Improvvisamente, due cani aski arrivarono di corsa dal giardino posteriore, abbaiando furiosamente e gettarono a terra la ragazza. Richard corse ad aiutarla a togliersi quei due animali di dosso, ma rimase sconcertato quando si accorse che Megan rideva. Cercava di divincolarsi, mentre quelle due grosse palle di pelo la leccavano da capo a piedi, evidentemente felici di rivederla. Lei rise più forte quando uno dei cani le annusò il collo, facendole il solletico. “Shiver! Thunder! Giù! A cuccia! A cuccia!” gridò la ragazza tra le risate. Il giovane li guardò stupito, quando obbedirono agli ordini della loro padrona e si avvicinò cautamente alla compagna, che non riusciva a rimettersi in piedi, tanto rideva. Una donna, molto somigliante a Megan, si affacciò ad una delle finestre e, vedendola, esclamò “Megan, tesoro! Va tutto bene?”. La giovane si calmò dall’attacco di risa e disse “Sì, sto bene. Tranquilla, mamma. Non preoccuparti”. Il ragazzo rimase fermo quando l’aski più grosso, dagli occhi verde-menta, gli annusò l’orlo dei pantaloni e si mise a scodinzolare, visibilmente contento. Lei smise di accarezzare l’altro cane, color grigio perla e bianco e dagli occhi azzurro-ghiaccio, e lo guardò stupita “Gli sei simpatico. È la prima volta che Thunder fa le feste ad un estraneo!”. “Davvero?” chiese lui, visibilmente sollevato. “Allora, ti piaccio?” domandò al cane, che si era accovacciato in attesa di carezze. Richard non si fece pregare ed iniziò a dare dei piccoli buffetti a Thunder sulla testa. Il cane gli leccò la mano, visibilmente soddisfatto, poi corse verso la compagna ed entrambi si diressero verso il giardino posteriore, scodinzolando. Il ragazzo sorrise alla compagna di classe e disse “Simpatici i tuoi cani”, “Quella più chiara è Shiver, mentre l’altro è Thunder” spiegò lei. “Mi dispiace che ti abbiano riempito di peli in quel modo” si scusò poi “Il pelo lungo fa brutti scherzi”. “Non importa, davvero” sorrise il compagno “Ma mi hanno fatto prendere un colpo quando ti hanno atterrata. Ho temuto il peggio”. Entrambi risero, poi il giovane la salutò e si diresse verso la propria casa.
Megan rimase ancora qualche istante in giardino, poi raccolse lo zaino da terra ed entrò in casa. La madre la accolse con un caloroso abbraccio e la figlia notò che aveva usato un profumo. Le gocce erano ben visibili; brillavano alla luce del sole sul collo color caffellatte. Inoltre, l’odore era inconfondibile e si concesse un attimo per inspirare quella fragranza che le piaceva tanto. Accompagnandola in cucina, la donna chiese “Allora, com’è stato il primo giorno di scuola?”. La ragazza s’infilò velocemente in bocca una fetta di pane, poi, dopo aver deglutito, rispose “Bene, ma questa mattina mi sono persa. Mi ha dovuto accompagnare un ragazzo che sta in classe con me, altrimenti non ci sarei mai arrivata per tempo”. “Era quel bel giovanotto che ti ha aiutato prima con i cani?” chiese la mamma con un sorriso malizioso, che mostrò i denti candidi tra le labbra più scure. Lei sbuffò, mormorando in tono di rimprovero “Mamma! Possibile che ti mi faccia sempre le stesse domande?”. Poi sorrise ed aggiunse “Comunque sì. Si chiama Richard”. Una vocina squillante attirò la sua attenzione e la giovane si affrettò ad abbracciare la sorellina, che la fissava dal box. “Ciao, fiorellino” disse sorridendo “Hai fatto la brava con mamma, mentre non c’ero?”. La piccola rise “Sì, io fatto nanna tutto il tempo. mamma dice che sono tanto bava”. La madre le guardò sorridendo, poi chiese alla più grande “Hai per caso visto Miguel, mentre entravi?”, “No, perché? È uscito?”. “No, è tornato prima di te dal college, ma non lo sento da un po’. Puoi andare di sopra a controllare per favore?”, “Ok, vado subito” rispose la figlia. Oltrepassò il piccolo corridoio e salì le scale che, dal corridoio d’ingresso, portavano al piano superiore. Megan si diresse verso la camera del fratello e bussò alla porta, dicendo “Miguel, sei qui? Guarda che la mamma si sta preoccupando. Miguel..? Stai dormendo?”. Non ottenendo alcuna risposta, decise di aprire la porta per controllare se il fratello stesse dormendo o se non ci fosse. Quando fu dentro la camera, qualcosa di grosso l’afferrò improvvisamente da dietro, gettandola sul pavimento. Lei gridò e, quando si trovò a terra, iniziò a lottare per liberarsi dalla presa che la bloccava. “Miguel!” gridò innervosita “Lasciami andare, pezzo d’idiota! Mollami subito!”. Un ragazzo dalla pelle bronzina ed i capelli ricci e castani scoppiò a ridere e la liberò, dicendo “Ci caschi tutte le volte! Ma perché gridi sempre?”. “Forse perché non me lo aspetto! Forse perché spero che tu ti comporti da persona matura!” gridò la sorella furibonda, scuotendo la testa, “Sei un cretino! Neanche i bambini fanno queste idiozie!”. La voce della madre giunse alle loro orecchie dal piano di sotto “Megan, che cosa è successo? Perché hai gridato?”, “Perché quell’idiota di mio fratello mi ha fatto di nuovo prendere un colpo!”. Per tutta risposta, Miguel scoppiò di nuovo a ridere, mentre afferrava il cuscino che mirava alla sua testa. “Deficiente” gli disse la ragazza, prima di scendere le scale ed aiutare la madre a preparare il pranzo. Mentre apparecchiavano la tavola, il giovane si rivolse alla madre “Mamma, hai fatto qualche amicizia, oggi?”. “Sì” rispose Grecia “Ho conosciuto due signore molto simpatiche e mi hanno promesso che mi faranno conoscere altre donne del quartiere”. Rimase alcuni minuti sovrappensiero, poi disse “Si chiamano Julia Summers ed Helen McKallister. Ovviamente, i loro cognomi sono quelli da sposate”. La figlia la guardò stupita, poi scoppiò improvvisamente a ridere, decisamente divertita. Quando si calmò, si accorse che la guardavano come se fosse una matta. “Summers e McKallister, sono i cognomi di tre miei compagni di classe: Crystal e Dalia Summers e Richard McKallister. Perciò sono scoppiata a ridere!” spiegò con un sorriso. La piccola Ines diede un piccolo grido di gioia, sentendo una macchina salire il vialetto fino al garage. Aveva imparato da tempo ad associare quel rumore al padre che tornava a casa dal lavoro. Tutti si girarono, quando una chiave aprì la porta principale e un uomo bruno, sulla quarantina, entrava in cucina per salutare la sua famiglia. “Ciao, tesoro. Com’è andata?” chiese Grecia, dando un bacio al marito, “Oh, alla grande, Grecia” disse l’uomo, poggiando una ventiquattrore sul mobile. “È andato tutto a meraviglia, per fortuna” aggiunse raggiante “La fabbrica funziona bene, le stoffe sono di ottima qualità, gli operai amano il loro lavoro ed abbiamo ottimi clienti”. “Allora, come sta il mio giovanotto?” chiese poi, scompigliando i capelli ricci e scuri del figlio. “Tutto bene. Il college mi ha accettato senza problemi, ma scommetto che il programma sarà molto più difficile. Spero di farcela a superare gli esami” rispose Miguel. “A volte ti comporti come un bambino, ma questo non vuol dire che non hai cervello. Devi solo impegnarti come hai sempre fatto” disse la sorella, mentre prendeva la pentola con la pasta e la poggiava sul tagliere. La bambina diede un altro strillo per attirare l’attenzione su di sé, tentando di uscire dal box chiaro. “Papà, tono qui! Papà!” esclamò contrariata ed il padre corse a prenderla in braccio, come faceva sempre ogni volta che rientrava a casa. “Come sta il mio fiorellino, eh? Come sta la mia piccolina?” cantinellò Alan Marley, facendo delle boccacce alla figlia più piccola, che iniziò a ridere forte. Lei sapeva che il padre non andava da nessuna parte, se non l’aveva fatta ridere con le sue frasi buffe e spiritose. Si sporse per toccargli il volto e ridacchiò allegra, mentre gli tirava una ciocca di capelli. La moglie si avvicinò e prese la bambina, che aveva iniziato improvvisamente a sbadigliare, per portarla a dormire nella sua culla. Alan sorrise divertito e si rivolse a Megan, accarezzandole la testa. “A te com’è andata, Meg? Tutto bene nella tua nuova scuola?” le chiese sorridendo. La ragazza annuì “Sì, è bellissima, anche se stamattina non riuscivo a trovarla e mi sono persa. Questa città è enorme”. Sorrise ed aggiunse “Per fortuna un ragazzo, che si è rivelato un mio compagno di classe, mi ha accompagnato fino alla scuola. Ho fatto una buona impressione alla maggior parte della classe”. “Come la maggior parte? Spiegati meglio” disse la madre, che nel frattempo era tornata da loro. “Sono simpatica a molti miei compagni, ma una ragazza ed il suo gruppo, beh, non è andata nello stesso modo” spiegò la figlia. Si lasciò sfuggire una smorfia e disse “Non mi vuole nella classe e mi ha già avvertito di stare lontana dal suo ragazzo o mi farà passare dei grossi guai”. “Le solite snob” commentò il fratello “Scommetto che è la più carina della classe, se non dell’istituto, e allora si crede Miss Universo, pensa di poter fare quello che vuole”. La sorella lo guardò seria ed annuì, dicendo “Per essere carina, lo è decisamente. Non m’importa che m’ignori, però quando mi ha chiamato selvaggia mi ha dato un’enorme fastidio. L’avrei presa a pugni”. Fissando i genitori, capì di aver parlato troppo: sua madre aveva stretto le labbra in una linea così sottile che c’era da chiedersi se le avesse davvero. “Però quando mi ha chiamata così, tutta la classe le si è rivoltata contro, mi hanno difeso” si affrettò ad aggiungere “Anche il suo ragazzo mi ha difeso. Non sapeva più che dire”. Alan abbracciò la moglie, che per fortuna si era calmata, sentendo che la figlia non era sola contro quelle ragazze. Poi disse a Megan “Anche quando ho iniziato a frequentare tua madre, durante un viaggio istruttivo in Messico, i miei amici dicevano che non era adatta a me, che era troppo diversa”. “Quanto si sbagliavano…” aggiunse con un sorriso, mentre si perdeva nei ricordi. “Eravamo giovani, andavamo al college, ma tua madre mi ha subito colpito, proprio per la sua diversità ed è rimasta così com’era allora. Dolce, ma molto decisa” disse con tranquillità “Nessuna ragazza che conoscevo era così”. “Ognuno di noi è diverso, Meg; chi in un modo, chi in un altro, ma questo non vuol dire che da qualche parte, nel mondo, non ci sia una persona adatta a noi” aggiunse Grecia “Bisogna saperla cercare e un giorno potresti trovarla nei posti più impensabili”. “Non è importante il colore della pelle o la religione in cui si crede o il pensiero, il modo di ragionare” continuò “Ricordati, tesoro, per capire una persona fino infondo, devi guardarle dentro. Devi guardarne il cuore, perché è quella la cosa più importante”. Miguel sorrise e disse “Se ho capito cosa vogliono dire, anche se quella persona ti sembra un mostro, o comunque uno con cui non vorresti avere niente a che fare, guardale dentro. Potresti scoprire cose che non avresti mai immaginato”. “D’accordo” rispose la ragazza, sovrappensiero “Guarderò nel cuore delle persone, in modo da capirle davvero”. 

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Capitolo 3
*** Amicizia e scherzi ***



Eccomi a voi cn un nuovo cappy! speo di nno aver fatto aspettare troppo... allora, voglio ringraziare caldamente Pandora e Visbs88 (ke continua a seguirmi anke qui! grazie!) x le bellissime recensioni. vi prometto ke farò del mio meglio. allora, inh qeusto cappy ci verrà rivelata una notizia, poi vedrete il tutto. uan cosa, fate attenzione ad ogni eprsonaggio. ognugno di loro ha un ruolo ben preciso!

3-Amicizia e scherzi

Quel pomeriggio, Megan era in giardino a prendere il sole con i due aski, quando si sentì chiamare. Shiver e Thunder si slanciarono contro il cancello, abbaiando, e lei vide Crystal e sua sorella Dalia dall’altra parte del cancello, che fissavano i due cani con uno sguardo a metà tra il terrorizzato e il sorpreso. Erano così identiche che sarebbe riuscita a distinguerle con molta fatica se si fossero preparate allo stesso modo. Avevano la stessa tonalità chiara degli occhi, color verde prato, le stesse guance, le stesse identiche fossette, la stessa forma del viso… Perfino lo stesso sguardo stupito! L’unica differenza erano i capelli: entrambe erano ricce, ma quelli di Dalia erano molto chiari, mentre quelli di Crystal avevano una tonalità un po’ più scura e lievemente più corti. “Crystal! Dalia! Che ci fate voi qui?” chiese la ragazza alle sue amiche, che stavano ancora fissando i cani. “Noi abitiamo proprio qui di fronte. Quando nostra madre ci ha detto di aver conosciuto una certa signora Marley, abbiamo capito che dovevi essere nelle vicinanze” fu la risposta. La giovane si affrettò a richiamare i cani ed aprì il cancello per far entrare le sue compagne nel giardino. Le ragazze si avvicinarono all’amica e Dalia disse “Accidenti, mi sono sempre chiesta chi sarebbe venuto a vivere qui”. “Questa casa l’avete abbellita” sorrise “Prima era una specie di catapecchia, rispetto alle altre del quartiere!”. “Davvero?” chiese l’amica, “Sì, il padrone non c’era mai e quindi non si preoccupava di niente” aggiunse Crystal. Puntò lo sguardo sui due aski e disse “Non avevi detto che avevi anche dei cani”, “Sì, quello con la striscia nera sulla schiena è Thunder, mentre quella grigio-perla è Shiver” spiegò. Poi sorrise e aggiunse “Venite, andiamo a sederci sul dondolo. Staremo più comode che qui sull’erba”, “Ottima idea”. Quando arrivarono vicino al dondolo, Crystal si lasciò sfuggire una piccola esclamazione di sorpresa, vedendo una bambina piccola che camminava sulla veranda. Megan la guardò stupita, ma non ottenendo alcuna risposta dalla compagna, rivolse lo sguardo verso il punto da lei indicato. “Ines!” gridò, quando vide la sorellina avanzare lentamente, con le manine premute contro il muro. Corse verso di lei e la prese in braccio, cercando di capire come fosse riuscita ad arrivare sulla veranda. Poi, dalla porta sul retro che dava sul salotto, vide il box rovesciato e Miguel che cercava qualcosa sotto le poltrone della camera. “Miguel, ma che stai cercando?” chiese stupita al fratello. Lui si voltò e, vedendo Ines tra le sue braccia, esclamò “Ecco dove ti eri cacciata, piccola canaglia!”. La piccina rise e si coprì il volto con le mani, per poi toglierle di scatto e rimetterle come prima. “Vuole giocare” disse la ragazza alle sue amiche, mentre rivolgeva uno sguardo colmo di tenerezza alla sorellina. Era così piccola e dolce, ma aveva praticamente l’argento vivo addosso; non stava mai ferma! Gli occhi di Miguel erano però puntati su Dalia e Crystal. Si alzò in piedi e, tendendole la mano, chiese “Salve. Io sono Miguel, e voi?”. “Crystal e Dalia Summers, siamo compagne di classe di Megan” risposero le due ragazze. “Piacere, io invece sono il fratello”, “L’avevo intuito” disse Crystal ridendo e Dalia le diede una gomitata. La giovane interruppe quella buffa conversazione, dicendo “Ma questa non è l’ora del sonnellino per Ines?”. “Infatti. Stava dormendo, ma quando ho alzato gli occhi dal libro ed ho guardato il box, lei non c’era. Per questo stavo cercando sotto le poltrone” spiegò il ragazzo, riprendendo la piccola. “Ma scusa, com’è possibile che non abbia fatto rumore?” chiese la sorella, ancora più stupita. “Già, avrebbe dovuto fare un bel fracasso, cadendo in quel modo” aggiunse Crystal. “A mio parere non è caduta come un sasso, perché un bordo del box è fin troppo vicino al divano” rifletté Miguel. “Io credo che sia scivolato molto lentamente. Questo spiegherebbe perché non ha fatto rumore” mormorò poi, salutando le ragazze per riportare la sorellina a dormire. Megan le guardò e chiese “Vi andrebbe di vedere la mia camera?”, “Magari!” esclamarono le due sorelle. Lei sorrise “Allora venite con me” e le guidò al piano di sopra, fino ad una porta bianca. Attaccata al legno c’era un pezzo di legno color rosa scuro, su cui era intagliato il suo nome in lettere corsive. Aprì la porta e mostrò la camera alle sue amiche: era semplice, ma per lei era una sorta di rifugio. La luce del giorno entrava da quattro ampie finestre poste su due dei quattro muri, rischiarando l’ambiente. Le pareti intonacate erano di una delicata sfumatura lilla, mentre le piccole tende poste ai lati delle finestre erano di una morbida colorazione bianca. Il pavimento era di legno lucido, diviso in rettangoli che s’incastravano tra di loro in diagonale. Non era molto ampia, ma abbastanza da contenere tranquillamente il letto, dalla struttura in legno bianco, ricoperto da un lenzuolo bianco a fiori lilla, e un armadio di legno chiaro a due ante. Inoltre, c’erano una scrivania in noce, sulla quale troneggiava un computer portatile, ed una piccola televisione attaccata alla parete. Appena sopra la scrivania c’erano molti scaffali pieni di libri e diversi Cd, segno evidente che Megan amava molto la lettura, oltre che la musica. “Accidenti, che bella camera!” esclamò Crystal entrando, “Vi piace?” chiese la ragazza. “Se mi piace? È stupenda! E vedo che ti piace molto il lilla” disse Dalia, “Sì” rispose la compagna con un sorriso “È il mio colore preferito”. Si sedettero sul letto ed una delle amiche passò una mano sulla federa del cuscino, lilla anche quella, dicendo “Mi sembra una reggia”. “Ma dai! Non esagerare!”disse Megan guardandola divertita, felice nel potere condividere qualcosa con le sue nuove amiche. “Tipo interessante tuo fratello” commentò poi Crystal, guardando la nuova compagna con un sorriso mentre si guardava intorno. “Tu dici?” chiese lei “Per me è un po’ scemo. Quasi ogni giorno, quando lo vado a chiamare, appena sono nella sua stanza, mi butta a terra e mi blocca finché non riesco ad assestargli un calcio o interviene mia madre a separarci”. “Davvero?” chiese Dalia incredula, “Davvero” rispose lei semplicemente.
 
Il mattino seguente, Megan si alzò prima, fece velocemente colazione e, dopo aver salutato la madre, prese la sua mountain bike dal garage ed iniziò a pedalare verso la scuola. Quando Richard l’aveva accompagnata in moto, aveva osservato bene le strade, per individuare dei punti di rifermento che le sarebbero stati utili per arrivare da sola all’edificio scolastico. Non poteva certo dipendere da lui per raggiungere la scuola ogni giorno! Mentre sistemava la bici in uno degli appositi spazi e l’agganciava con la catena, sentì un rombo familiare. Si girò e vide la moto di Richard a pochi centimetri da lei. Con un movimento riflesso, si alzò di scatto e provò ad arretrare, ma il piede scivolò sulla piattaforma curva del parcheggio per le bici e cadde a terra, dall’altra parte. Fu solo per miracolo che evitò di sbattere la testa contro il muro alle sue spalle… Una mano l’aiutò ad alzarsi e quando vide il suo compagno che la guardava sorridendo, esclamò “Com’è che ogni volta che ci incontriamo, io rischio di essere investita?”. “Non lo so, ma vedo che oggi sei venuta in bici. Complimenti, impari in fretta le strade” rise il ragazzo, sistemando il casco nel bauletto. “Ho una buona memoria” disse lei, sbattendo le mani sul jeans per togliere la polvere ed il terriccio. “Perché sei venuta in bici?” le chiese il giovane “Non hai il mezzo?”, “No, non ancora almeno. Prima vogliamo sistemarci come si deve” spiegò la compagna. Quando entrarono in classe, Megan si diresse subito verso Susan, Dalia e Crystal che stavano chiacchierando animatamente, mentre Richard andò dai suoi amici. Non appena lo videro, gli saltarono quasi addosso, urlando come matti. La ragazza si voltò a guardarli e qualcosa le disse che quella giornata sarebbe stata tutt’altro che tranquilla. Ed il suo intuito difficilmente sbagliava.
Le lezioni si susseguirono normalmente fino all’intervallo, durante il quale, i ragazzi si riunirono tutti al banco diviso da Philiph e Jonathan, bisbigliando e ridendo continuamente. Dalia, attirata dal trambusto, si girò verso di loro e mormorò “Oh, no! Non di nuovo!”, “Cosa c’è, Dalia?” chiese Megan, guardandola un po’ preoccupata. Susan e Crystal si voltarono verso i ragazzi, che si stavano organizzando dall’altra parte della classe e le guardavano di tanto in tanto, dicendo contemporaneamente “Accidenti!”. “Ma cosa succede?” chiese di nuovo Megan, confusa da quello strano comportamento “Ragazze, che vi prende?”. Nicky la prese per mano e la trascinò verso la porta, dicendo “Quando i ragazzi iniziano a bisbigliare così, vuol dire che sono pronti per il prendi e corri e noi siamo costrette a rifugiarci nei bagni per evitarlo!”. “Ma cos’è ilprendi e corri?” chiese Megan, mentre l’amica scuoteva la testa e la tirava con più forza verso la porta. “È un gioco. I ragazzi si divertono, ma noi no. Per niente!” esclamò Dalia, uscendo nel corridoio. “Come un gioco? Io non ci sto capendo niente!” disse la ragazza, correndo per tenere il passo delle altre. Nicky scivolò e perse la presa sul braccio della compagna, ma, rialzandosi, vide che alcuni maschi erano usciti dalla classe e le stavano inseguendo. “Corri, Megan! Corri! Fa’ presto!” urlò, precipitandosi nel bagno delle femmine per sfuggire ai ragazzi. La giovane cercò di entrare con lei, ma delle mani l’afferrarono per le braccia ed alla vita, sollevandola di colpo. “Ehi, ma che state facendo?” gridò lei, mentre i ragazzi la portavano sollevata per aria come un materassino della palestra, “Mettetemi giù!”. Megan cercò di divincolarsi, ma loro spostarono le mani anche sulle gambe, in modo da avere un migliore equilibrio e la tennero ferma. Sentendo un altro grido, si voltò e vide che anche Susan era stata sollevata come lei. “Lasciatemi! Mettetemi giù!” gridò, mentre i ragazzi si dirigevano verso le scale “Quante volte ve lo devo dire che non mi piace questo gioco?!”. Entrambe lanciarono uno strillo acuto, quando i maschi iniziarono a percorrere le scale a tutta velocità. Mentre scendevano in quel modo, Megan sentiva di cadere ad ogni gradino. Si accorse di avere la nausea e, girandosi verso la sua compagna, capì che provava le stesse cose; la sua espressione era piuttosto eloquente. Arrivati al pian terreno, i ragazzi corsero più velocemente ed entrarono nella palestra. Finalmente, Susan riuscì a sollevare la testa e vide una piscina di gomma piena d’acqua e molti materassini a terra per attutire eventuali cadute fuori bordo. Anche l’amica alzò il capo e, vedendo la piscina (che era almeno una 140×100×60), capì che cosa avevano in mente e ricominciò a divincolarsi con più forza, facendo quasi perdere l’equilibrio a quelli che la reggevano. Senza alcun preavviso, il gruppo di ragazzi che tenevano Susan frenò di botto e la gettarono nella piscina. Lei gridò quando finì in acqua e Megan capì che lei avrebbe fatto la stessa fine, ma decise che non ci sarebbe finita da sola! Afferrò il primo paio di mani che trovò sotto di sé e lo mantenne forte. Quando la lanciarono, gridò spaventata, ma il suo non fu il solo; anche il ragazzo che aveva afferrato lanciò un urlo, soprattutto per la sorpresa. Il contraccolpo l’aveva fatto inciampare, facendolo cadere nell’acqua assieme a lei. Altri tonfi accompagnarono il loro breve volo, mentre altri ragazzi cadevano a terra. Quando finì nella piscina, bagnandosi fino alle ossa, si accorse che non poteva muoversi, poiché il corpo del compagno la schiacciava sotto il livello dell’acqua, impedendole la maggior parte dei movimenti, oltre che il respiro. Iniziò a lottare per levarselo di dosso e lui si spostò di lato, tossendo. Evidentemente ha bevuto anche lui pensò la ragazza, mentre rialzava la testa, scossa da colpi di tosse, Fortuna che Susan è già uscita dalla piscina, altrimenti si sarebbe potuta far male sul serio. Si drizzò a sedere, appoggiandosi con i palmi delle mani sul fondo liscio della piscina, e rimase letteralmente di stucco quando vide Richard alzarsi dalla piscina, bagnato fradicio. Non sapeva chi avesse afferrato mentre la lanciavano nella piscina, ma certo non si aspettava proprio lui, tra tutti quei maschi che la tenevano! Il ragazzo si riavviò i capelli bagnati dalla fronte, lottando qualche istante con le ciocche che gli coprivano gli occhi. Poi la guardò con uno sguardo che le causò improvvisi brividi in tutto il corpo: quegli occhi verdi come smeraldi l’avevano come paralizzata… Con sua enorme sorpresa, le sorrise e, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi, disse “Complimenti! Tu sei la prima che trascina uno di noi nella piscina durante il volo”. Megan, ignorando volutamente la mano tesa davanti a lei, si rialzò da sola e lo guardò in cagnesco. Non riusciva a credere che potessero essere così stupidi. Lo fissò negli occhi ed esclamò “Ma che razza di gioco è mai questo?!? Siete totalmente matti? Avete mai pensato che una di noi si potrebbe far male sul serio con questo gioco cretino?”. Karl intervenne per difendere sé ed i compagni “Lo abbiamo fatto tutti gli anni e così i ragazzi prima di noi!”. Eric annuì “È una specie di tradizione scolastica, ma non lo facciamo spesso come le altre classi. Noi lo facciamo solo una volta al mese. E poi prendiamo tutte le precauzioni”. Gli altri annuirono, ma la ragazza non gliela diede vinta “Non è un buon motivo! Qualcuno potrebbe farsi male sul serio!”. Improvvisamente, il professor Jackson entrò nella palestra, probabilmente attirato da tutto quel trambusto. Li squadrò uno per uno e disse “Che succede, ragazzi? Qualche problema?”. Poi il suo sguardo si posò sulla piscina e parve capire. Susan si diresse verso la compagna e disse “Andiamocene nello spogliatoio, almeno ci possiamo asciugare”. Il professore le guardò e disse “Buona idea, ragazze. E conviene anche a lei, signor McKallister. Vedo che anche tu hai scoperto che cos’è il prendi e corri, vero signorina Marley?”. La ragazza si girò, stupefatta “Lei…lei approva? Intendo, lei lo sa e non fa niente per fermarli?”. “Fa parte delle tradizioni di questa scuola. È sempre stato così” rispose semplicemente l’insegnante, stringendosi nelle spalle. “Non ci credo. È assurdo. Qui siete tutti matti” borbottò la giovane, dirigendosi verso lo spogliatoio insieme all’amica.
C’erano giusto due phon negli spogliatoi e, mentre i loro vestiti si asciugavano su un termosifone, le due ragazze avevano deciso di indossare le tenute sportive per non prendere freddo. “Li odio quando fanno così” borbottò Susan, frizionandosi i capelli con un asciugamano. “Quante volte ti è capitato?” chiese Megan, sciogliendo la treccia che aveva fatto quella mattina, ormai totalmente fradicia. “Questa è la terza volta da quando ho iniziato le superiori” mormorò la compagna “Invece per te è la prima, giusto?”. “In Messico non facevano scherzi così idioti” mormorò l’altra “Forse perché i professori ci tenevano costantemente d’occhio”. Per un attimo, si perse nei ricordi e aggiunse “I gavettoni li facevamo nel cortile nelle giornate più calde, ma non avevamo neanche il tempo di tornare a casa che eravamo già asciutti”. “Beati voi” esclamò Susan, andando a recuperare la gonna e la maglietta, ormai asciutte. Megan la imitò, recuperando la sua maglietta dal termosifone e si rivestì in fretta. Purtroppo i suoi jeans si erano bagnati troppo e fu costretta a indossare i pantaloni della divisa. Borbottando contro quelli scemi della sua classe, si rassegnò a recuperarli alla fine delle lezioni. Quando entrambe furono pronte, risalirono in classe, giusto in tempo per la lezione di matematica.
 
Nei giorni successivi, la ragazza non ci mise molto a capire dove si trovasse la mensa e ben presto non ebbe più bisogno della mappa, soprattutto grazie alle sue nuove compagne di classe. Si sedeva sempre con le sue amiche, tutte riunite allo stesso tavolo, chiacchierando allegramente. A volte, però, le capitava di guardare con la coda dell’occhio il tavolo dove Richard ed i suoi amici si riunivano. Non riusciva a trattenersi dall’osservare quel luogo così nuovo e stupefacente. Notò più volte Jennifer che tentava, inutilmente, di convincere Richard a sedersi con lei allo stesso tavolino. Con sua grande sorpresa, la cosa la divertiva più di quanto fosse lecito. Cercò di non badarci, ma non poteva trattenere una risata soffocata con le sue amiche, quando Jennifer tornava scornata allo stesso tavolo da dove era partita, dove l’aspettavano le sue compagne. Un giorno, parlando con Nicky e le altre, capì molto meglio il carattere di Jennifer e questo non fece che aumentare l’antipatia per quella ragazza che si atteggiava da diva del cinema. “Dio, come la odio quando fa così!” sussurrò Miriam, mentre Jennifer implorava Richard con paroline dolci, “Quando fa la mielosa con Richard, mi fa venire la nausea!”. “Il bello è che lei non prova niente nei suoi confronti” disse Crystal. “Cosa vuoi dire?” chiese Megan, “Semplice. Lei, nella sua mente bacata, pensa che i belli devono stare con i belli ed i mostri devono stare con i mostri” rispose Dalia. “Credo di non aver capito molto bene” ammise la compagna, confusa da quello strano discorso. “Dato che si ritiene la più bella dell’universo, pensa che deve stare con Richard, che è il ragazzo più carino della scuola” spiegò Miriam. “Che idiozia!” commentò Susan, “Ma lui lo sa?” chiese la ragazza, sempre più incuriosita. “Boh. Se lo sa già, si vede che non gliene importa niente” disse Nicky. “Io resto convinta del fatto che stia semplicemente aspettando quella giusta” replicò Wendy, mettendo fine alla questione.  

Ok, anke questa cappy è andato. ke ne dite? scusate se è un po' corto, ma il prox sarà piuttsto... acceso. ammetto ke un minimo di ispirazione l'ho preso da "cinderalla story" cn Hilary Duff, almenmo x il personaggio di Jennifer ed il suo modo di pensare. spero ke continuerete a seguirmi, un bacione a tutte!
by Alys93 

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Capitolo 4
*** Verità amara ***


Oplà, sn di nuovo venuta a scocciarvi! scusatemi, ma ero impaziente di postare il nuovo cappy. tanto per mostrare kiaramente i caratteri dei nostri protagonisti. eh, Meg avrà una brutta sorpresa, ma poi si ricrederà. non tutto è come sembra...

ringrazio tantissimo visbs88 e Pandora x le recensioni, siete fantastiche!
 


 4-Verità amara

 Nelle settimane che seguirono, Megan imparò a conoscere meglio la sua classe. Oltre a lei, c’erano le sue amiche Crystal, Susan, Nicky, Dalia, Miriam e Wendy. Philiph, Jonathan, Karl, Martin, Alex, Robert, Walter, Jack, Eric, Peter, Oliver e William formavano un gruppo di scatenati. Poi c’erano Jennifer, Allison, Lucy, Rose,Mary e Calì che formavano il gruppo delle streghe ed ovviamente Richard, leader del gruppo maschile. Ventisei ragazzi che si godevano la vita da adolescenti e cercavano un posto tutto per loro in quel vasto mondo. Si trovava bene con loro ed imparò ad apprezzare tutto delle sue amiche, così come imparò ad ignorare Jennifer ed il suo gruppo di “oche chiacchierine”, come le definiva Wendy. Anche se la prendevano continuamente in giro con varie frecciatine, la ragazza si limitava ad ignorarle e iniziava sempre un discorso con le sue amiche, per far capire che non dava minimante conto alle loro parole. Aveva già avuto a che fare con ragazze popolari e vanitose, ma mai come Jennifer. Lei le batteva tutte! Spesso si chiedeva come facessero le sue amiche a sopportarla tutti i santi giorni… Per lei era una vera impresa.
Nonostante non ne capisse il motivo, Megan non riusciva ad andare d’accordo con Walter ed altri maschi, eppure facevano tutti parte dello stesso gruppo… Sentiva come qualcosa di strano in lui, qualcosa che le diceva di stargli lontano; glielo leggeva in quei torbidi occhi scuri che la fissavano sempre con maggiore intensità e ne ebbe la prova alcuni giorni più tardi.
 
Durante l’intervallo, voleva approfittarne per anticiparsi alcuni dei compiti assegnati e così si diresse verso il suo armadietto, ma si bloccò improvvisamente, vedendo Walter ed altri ragazzi della sua classe in cerchio. Erano tutti intorno un ragazzo di colore, che era evidentemente terrorizzato da quell’accerchiamento. Riconobbe quasi subito Dennis Carson, che aveva incontrato alcune settimane prima davanti alla pasticceria del suo isolato. Dalla sua espressione era evidente che, se avesse potuto, sarebbe fuggito sicuramente… Eppure non era un tipo che si spaventava facilmente.
Mentre cercava di capire cosa stesse succedendo, sentì la voce di Walter “Allora, mi sa che non ci siamo capiti, cioccolatino. Tu qui non puoi starci”. “Perché? Non ho fatto niente, lasciami stare!” ribatté lui, cercando disperatamente una via di fuga. “Ah” sospirò il ragazzo “Devo spiegarti bene il concetto: immagina che la scuola sia una scatola di cioccolatini. Qui sono tutti cioccolatini al latte, tu un cioccolatino fondente. Questo stona tutto, comprendi adesso?”. La voce del suo compagno di classe era diventata più meliflua, come se dovesse spiegare un concetto elementare ad un ritardato. “Sì, certo. Ho capito che non ti vado a genio solo perché sono di colore diverso!” rispose Dennis, guardandolo con odio “Questo si chiama razzismo!”. Gli altri ragazzi risero e Walter disse “Ti avverto, o mi porti 70 dollari per domani, o passerai dei grossi guai. Se vuoi stare qui, devi pagare”. “Io non ho intenzione di pagarti!” esclamò il ragazzo “Il razzismo è stato abolito negli anni ‘80. Tu non puoi costringermi!”. Oliver gli si parò davanti, ergendosi in tutta la sua possente mole, mettendo in risalto i muscoli delle braccia. Lo guardò fisso e, facendo schioccare pericolosamente le nocche, sibilò tranquillo “Ne sei sicuro?”. A Megan si accapponò la pelle quando sentì il tono con cui aveva pronunciato quelle parole. Era ingiusto: la scuola era aperta a tutti! Bianchi o neri non faceva differenza! “Forse hai mancato di studiare la storia di questo paese, cioccolatino” sussurrò Walter con voce ancora più meliflua “Tu discendi da schiavi!”. Un sorriso poco incoraggiante gli apparve sul volto, mentre aggiungeva “Schiavi portati qui dall’Africa per lavorare per noi! Noi, che invece discendiamo dagli inglesi che arrivarono qui. Loro comandavano i negri come te. Quindi, o domani mi porti i soldi, o ci saranno spiacevoli conseguenze”. Sghignazzò divertito e aggiunse “Però voglio essere generoso con te. Non portarmi tutti i soldi in una volta sola”. Gli poggiò una mano sulla spalla e continuò “Facciamo 10 dollari al giorno a partire da oggi, così, per la fine della settimana non mi dovrai più niente. Almeno per adesso…”. Megan non ne poteva più; non sopportava quello che Walter aveva detto, né come agisse. Ma chi diamine si credeva di essere per trattare gli altri come se fossero spazzatura? Cercò qualcosa per sembrare più determinata ma, in un angolo buio, vide Richard. Pensò di avvicinarsi e chiedergli aiuto, ma un pensiero le balenò in mente, mentre lo guardava in volto. Lui era lì dall’inizio! capì sconcertata Il suo sguardo parla chiaro. Lui era lì e non ha fatto niente per fermarli!. Respirò a fondo, per infondersi coraggio, e si diresse verso il suo armadietto. I maschi della sua classe erano proprio lì davanti e il povero Dennis era a terra, incapace di reagire. Anche il più coraggioso sarebbe arretrato di fronte ad un così massiccio fronte di aguzzini. Quando i suoi compagni la videro, le cedettero il passo con sguardi sorpresi e sorrisi stranamente freddi. Era evidente che non erano abituati ad essere interrotti. Lei si fermò accanto a Walter che, vedendola, si scostò e disse “Oh. Ciao, Megan. Cosa ci fai qui?”. “Dovrei prendere dei libri dall’armadietto” disse la ragazza, cercando di mantenere la voce ferma, “Allora accomodati pure”. “Non posso. Ci siete voi in mezzo, l’anta non si aprirebbe” replicò la compagna ed i ragazzi si guardarono in faccia ridendo, prima di spostarsi. La giovane però guardò il ragazzo di colore seduto a terra e gli chiese “Ehi, va tutto bene?”. Lui alzò lo sguardo e ringhiò “Vuoi dei soldi anche tu o sei venuta solo per ridermi in faccia?”. “Non sono venuta per fare niente di tutto ciò, Dennis. Dai, ti aiuto ad alzarti” disse Megan, porgendogli la mano. Il ragazzo l’afferrò con forza e si alzò in piedi, rivolgendole un mesto sorriso, “Grazie, Megan”. Peter scoppiò a ridere e disse “Ora dovrai lavarti le mani! Chissà quanti germi ti ha trasmesso, il cioccolatino…”. “Voi siete delle bestie!” urlò la ragazza, voltandosi verso di loro “Prima vi ho sentito, parola per parola! Non avete un briciolo di tolleranza e di rispetto verso gli altri!”. “Che v’importa se ha la pelle di un altro colore? E poi perché trattate male solo lui?” gridò, rivolgendosi a Walter. Tirò su la manica della maglia fino al gomito e gli mostrò il braccio, dicendo “Anch’io ho la pelle diversa dalla vostra, ma a me non avete mai fatto minacce”. “Perché? Cos’ho io di diverso da lui?” esclamò con rabbia, indicando Dennis che la guardava allibito. Walter fece per rispondere, ma lei lo anticipò “Non provare a dire che non lo fai perché sono una ragazza!”. Poi lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure e disse, con il tono di chi sa già la risposta “Forse ho capito, a lui si nota di più, non è vero? Lui ha la pelle più scura, per questo? Oppure hai paura di affrontare una ragazza, perché la ritieni più debole e piagnucolona e questo non ti dà soddisfazione?”. Incrociò le braccia sul petto e sibilò “Beh, fatti una chiacchierata con Jennifer. Lei crede che io sia una selvaggia, perché vengo da un altro paese. Pensate allo stesso modo: chi non ha il vostro stesso colore di pelle, non può stare in questa scuola, vero? Siete dei mostri! Mi fate schifo!”. Fece per andarsene con il compagno, quando Alex la trattenne “Il cioccolatino ci deve qualcosa”. La giovane li guardò con una faccia disgustata e, frugandosi in tasca, prese una banconota da venti e gliela sbatté in mano con un gesto di disprezzo. Li fissò con rabbia e disse “Sono 20 dollari, prendeteli ed andate al diavolo!”. Walter intascò i soldi senza batter ciglio e disse “Ci vediamo dopodomani, cioccolatino. Ci devi ancora 50 dollari”. La compagna si voltò di scatto e disse “Lui non vi deve niente! Chiedeteglielo ancora e tutta questa bella conversazione verrà ascoltata dal preside!”. A quel punto, Richard uscì dall’ombra in cui era rimasto tutto quel tempo e disse “Adesso stai esagerando. Non credere di poter fare la coraggiosa, perché non ti conviene”. Le lanciò uno sguardo gelido ed aggiunse “Il preside non saprà nulla di tutta questa faccenda e, se ci tieni al tuo bel faccino, non ti conviene metterti in mezzo”. Il suo tono serio e minaccioso fu come un fulmine a ciel sereno, ma lei riuscì a controllarsi in tempo. Quando parlò, il suo tono era pieno di rabbia e disgusto. Lo fissò per un lungo istante e disse “Tu sei d’accordo con loro. Ma se credi di spaventarmi in questo modo ti sbagli di grosso! Io non sono il tipo che si spaventa così facilmente, Richard McKallister”. Sollevò la testa e lo guardò dritto negli occhi, per dimostrargli che non aveva affatto paura di lui, che anzi lo sfidava a ribattere, a reagire contro il suo atteggiamento. In quel momento, si rese conto che, nonostante il proprio metro e settantatre d’altezza, il compagno la superava almeno di una spanna. Era evidente che arrivava tranquillamente al metro e ottanta, se non oltre. Cercò di non farsi impressionare dalla sua altezza e continuò a fissarlo con rabbia, mostrandogli che non aveva paura. Per un attimo, il ragazzo si bloccò sotto quello sguardo furente; sembrava lo stesse trafiggendo da parte a parte con i suoi occhi color dell’acquamarina. Erano così particolari: profondi e limpidi, e riflettevano tutte le emozioni che stava provando. In quel momento gli stavano mostrando tutto il disprezzo e la rabbia che provava verso di lui…
Megan sostenne il suo sguardo e, colpendolo con un dito sul petto, disse con voce tranquilla, ma decisa “Se il preside verrà a sapere tutto questo, dipende da voi”. Ridusse gli occhi a due fessure ed aggiunse “Se scopro che minacciate ancora delle persone per estorcergli denaro, o se lo sento solo dire da qualcuno, il preside sarà solo il primo di una lunga lista, ad essere avvisato”. Richard le afferrò il braccio con una mossa fulminea e lo strinse con forza “Tu devi imparare a non ficcare il naso nelle faccende che non ti riguardano. È la prima regola qui”. Ricambiò il suo sguardo furente, mentre diceva “Ti avverto, non ti conviene avermi come nemico”. Aveva una stretta pazzesca ed in pochi secondi la ragazza sentì un dolore lancinante che, dal braccio, si diffuse in tutto il corpo. Sentiva le lacrime bruciarle il retro degli occhi, ma non permise a neanche una di esse di scenderle sul viso. Si fece forza e, guardandolo in faccia, disse “Credevo fossi una persona migliore, ma evidentemente mi sono sbagliata e di molto anche”. Sollevò orgogliosamente il mento e sussurrò “Tu sei peggiore di tutti loro. Te ne stai in un angolo, mentre gli altri fanno quello che vogliono”. Fissò tutto il gruppo ed aggiunse “Anche se fanno qualcosa che non dovrebbero, tu te ne stai lì, senza muovere un dito, e li incoraggi a continuare”. Tornò a fissarlo negli occhi e sibilò “Ma io non mi faccio intimidire da quelli come te, perché tu non sei nessuno! E adesso lasciami!”. Con uno strattone, si liberò dalla sua presa e si voltò per andarsene, ma il giovane l’afferrò per le spalle, così forte da farle male. La costrinse a voltarsi e disse “Te l’ho detto, non ti conviene avermi per nemico. Potresti anche essere costretta a cambiare scuola”. Lei sentì la rabbia travolgerla come un’onda impetuosa, non riusciva più a controllarsi. La cosa non succedeva che molto di rado, quando Miguel la faceva davvero infuriare, ma ora era anche peggio perché si sentiva anche delusa ed amareggiata dal profondo. Gli diede uno schiaffo in faccia ed esclamò furibonda “E cosa vorresti fare, violentarmi, forse? O picchiarmi fino a mandarmi all’ospedale?”. Cercò di trattenere le lacrime di rabbia e disse “Tu non mi fai affatto paura, Richard McKallister, e non ti sarà facile mettermi al tappeto. Io non sono il tipo che si arrende senza combattere!”. Il ragazzo scosse la testa stordito, poi si massaggiò la guancia dolorante e ringhiò “Ringrazia il cielo che sei una ragazza, perché altrimenti te ne avrei già fatto pentire!”. La compagna si girò di scatto, facendo muovere la treccia come una frusta, e disse con voce alterata “Allora perché non lo fai? Perché sono una femmina? Io detesto le discriminazioni e non ho certo paura di te”. “Avanti che aspetti?” lo incitò, poggiandosi le mani sui fianchi, “Ci hai ripensato forse? O ti manca il coraggio di colpirmi?”. “Non mi sfidare!” ringhiò lui, sempre più infuriato, “Perché, altrimenti che mi fai? Mi mordi, per caso?” lo sfidò l’altra. Improvvisamente, apparve il professore di educazione fisica. Sembrava arrivare sempre quando c’era puzza di guai, neanche avesse una specie di radar…
Li squadrò tutti e, vedendo Richard e Megan guardarsi come due animali pronti a scannarsi a vicenda, chiese “Che succede, ragazzi?”. I due si voltarono e il professore notò il segno lasciato dalla mano della giovane sulla faccia del compagno. La ragazza fu la prima a rispondere “Niente, professore. Un semplice diverbio”. “Alla faccia del diverbio! Voi due sembrate pronti a sbranarvi! E vedo che la ragazza ci va giù pesante, eh McKallister?” ridacchiò l’insegnante. “Le dispiace se non rispondo, professore?” chiese lui, continuando a guardare in cagnesco la compagna davanti a lui. Nessuna ragazza era mai arrivata a sfidarlo in quel modo -a dire il vero, nessuna l’aveva mai sfidato per qualche motivo- e questo era un duro colpo per la sua autostima. Farsi prendere a schiaffi da una compagna… Era assurdo! Ma le avrebbe dimostrato che con lui era meglio non scherzare. I suoi amici lo guardarono sbalorditi, senza sapere bene cosa fare. Richard non era certo il tipo che la faceva passare liscia per un tale gesto. Era troppo orgoglioso e testardo. Walter si era beccato parecchi pugni per averlo colpito a tradimento anche quando lui non voleva litigare e cercava di calmarlo. Karl scosse la testa e pensò Qui le cose stano per degenerare. Richard è a dir poco furente, ma neanche Megan scherza. Sono due tigri, pronti a farsi a pezzi in qualunque momento. Mi chiedo come andrà a finire. La voce del professore lo riportò alla realtà, mentre si rivolgeva all’amico. “Come preferisci, ma vi consiglio di ritornare in classe. L’intervallo è quasi finito” disse Jackson, iniziando ad allontanarsi nel corridoio, diretto probabilmente verso la palestra. Quando l’insegnante svoltò in un altro corridoio, il ragazzo guardò Megan e chiese “Perché non glielo hai detto? Hai sprecato un’opportunità d’oro”. “Perché questa è una guerra che riguarda me e te” disse lei con atteggiamento deciso “E sta’ pur certo che intendo vincerla a tutti i costi!”.
 
Nei giorni che seguirono i due ragazzi non si parlarono, ma le prime azioni di questa guerra, come nubi che preannunciano un temporale particolarmente violento, si facevano già vedere. Alcuni giorni dopo il loro scontro, la ragazza si accorse dell’espressione fredda del suo compagno ed intuì che stava macchinando qualcosa. Ma qualunque fosse il suo piano, non avrebbe funzionato con lei. Non sarebbe riuscito a spaventarla in nessun modo, gli avrebbe dimostrato che con lei non si scherzava! Uscendo da scuola, Megan trovò la catena della sua bici in pezzi e sul sellino c’era un biglietto, fissato con del nastro adesivo.
Ti avverto.Questo è solo l’inizio. La prossima volta sarà la tua bici a subire la stessa sorte!.
Lei non si lasciò affatto impressionare e, preso un foglio da uno dei quaderni, scrisse un biglietto, che poi infilò sotto la striscia di pelle posta sul sellino della moto del suo compagno di classe. Se credeva di spaventarla, si sbagliava, e di grosso! Dopodiche se ne tornò a casa, cercando di pensare a qualcos’altro, nel tentativo di tenere a freno l’amarezza che provava. Quel ragazzo l’avrebbe fatta ammattire, ma non aveva la minima intenzione di dargliela vinta. Quando Richard trovò il biglietto, restò interdetto, poi lesse le parole che lei gli aveva lasciato.
 Anche se hai distrutto la catena, non m’importa. Puoi fare ciò che ti pare, ma alla fine sarò io a spuntarla!.
Quel messaggio lo lasciò senza parole. Non era servito a niente tentare di spaventarla, doveva passare a qualcos’altro, ma non voleva esagerare. Infondo, lei era una ragazza, anche se aveva la grinta di una tigre. Metteva quasi soggezione.
Quello stesso giorno, tornando a casa, vide Megan con un giovane che aveva la stessa identica tonalità della pelle, e si chiese se fosse un parente, oppure il suo ragazzo. Stavano parlando animatamente di qualcosa, ma non riuscì a cogliere le parole, anche perché la ragazza entrò in casa, sbattendo la porta dietro di sé, segno evidente che era furibonda. La cosa lo fece sghignazzare senza un apparente motivo. I caratteri decisi gli erano sempre piaciuti e la sua nuova compagna aveva un gran bel caratterino. Vide che lo sconosciuto si avviava nella sua stessa direzione e, notando che aveva perso un mazzo di chiavi dalla tasca, si avvicinò. Quando gli fu accanto, lo fermò e disse “Ehi, amico! Hai perso queste. Scusa se te lo chiedo, ma posso sapere chi sei? Non ti ho mai visto nel quartiere”. “Oh, grazie. Mi devono essere cadute” disse l’altro, prendendo le chiavi. Poi sorrise e aggiunse “Io invece so chi sei. Tu sei il ragazzo che ha accompagnato mia sorella a casa, all’inizio di settembre…”. Rimase per un attimo sovrappensiero e continuò “Richard McKallister, giusto? Comunque io sono Miguel”. Poi sorrise, porgendogli la mano, “Megan è tua sorella?” esclamò incredulo Richard, rispondendo con una vigorosa stretta. “Sì, ti pare così strano?” chiese Miguel, “No, ma non credevo che viveste nella stessa casa. Posso sapere come fai?”. “A sopportarla?” chiese lui “Ci ho fatto l’abitudine. Perché me lo chiedi?”. Sorrise e, lanciando un cenno alla casa dietro di sé, aggiunse “Scommetto che non andate molto d’accordo in questo periodo. È tornata semplicemente furiosa e non ha voluto parlare con nessuno. Poco fa, stavano discutendo di questo”. Il ragazzo si portò istintivamente la mano sulla guancia, colpita appena alcuni giorni prima, ed annuì in risposta “In effetti, ha un gran bel caratterino”. L’altro lo guardò per qualche istante e poi chiese “Ti ha dato uno schiaffo?”, “Una volta” ammise il giovane. “Complimenti! Sei riuscito a farla arrabbiare sul serio! Io spesso le faccio degli scherzi, ma in questo periodo è meglio che perdo l’abitudine” ridacchiò l’altro “Se ci provo, corro il rischio di finire all’ospedale entro trenta secondi!”. Richard fece un fischio “Bella sorellina, non c’è che dire!”. Entrambi risero, poi Miguel si avviò verso la fine del quartiere e Richard notò che aveva una borsa piena di libri a tracolla. In quel momento, ricordò che Megan aveva detto l’età del fratello, più grande di lei di tre anni. Erano quasi coetanei; la cosa buffa era che lo trovava davvero simpatico, nonostante lo avesse appena conosciuto. “Dove vai?”, “Al college, ho un esame domani” disse l’altro, “Allora sali, ti accompagno. Tanto abito proprio lì accanto”. Miguel gli sorrise e disse “Mi farebbe comodo un passaggio, grazie”, “Non c’è bisogno che mi ringrazi, mi basta solo che tu non mi prenda a schiaffi!” rispose il ragazzo. Entrambi scoppiarono a ridere, mentre si dirigevano verso il college.

 

Ecco qui, anke questa è andata. Ke ne dite? Tra Richard e Megan ce ne sono di scintille, eh? quei due si faranno una guerra senza esclusione di colpi! vedrete, vedrete! nn vedo l'ora di sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 5
*** Avvertimenti e scommesse ***


Eccomi di nuovo qui, ragazze. Sono felice di vedere che la storia sta piacendo e ringrazio moltissimo Pandora, ke ha scritto uan belissima recensione, e Visbs88, che ha inserito questa storia tra le preferite. ragazze, grazie d cuore. adesso vi lascio al nuovo capitolo. bacionia  tutte! 
 


5-Avvertimenti e scommesse

Quella sera, quando tornò a casa, Miguel andò in camera della sorella e la trovò sdraiata sul letto, intenta a leggere un libro di racconti. Si sedette accanto a lei e le chiese “Va tutto bene?”. La ragazza non alzò lo sguardo e disse “Non si dovrebbe bussare prima di entrare nella camera di qualcun altro?”. Lui sbuffò e, togliendole il libro di mano, lo poggiò sulla scrivania e si sedette di nuovo sul bordo del letto. “Vuoi ridarmi il libro, per favore?” borbottò la giovane scocciata, “Voglio prima sapere se va tutto bene” replicò il fratello. “Sei strana negli ultimi giorni e ci stai facendo preoccupare” mormorò ansioso, “Non voglio parlarne, Miguel. Lasciami in pace” borbottò l’altra. “No, non ti lascerò in pace finché non mi dirai cosa ti preoccupa!” ribatté il ragazzo, “Niente. Ho solo avuto solo dei diverbi con alcuni miei compagni, nient’altro”. “E qualcuno si è beccato uno schiaffo, vero? Chi è che ti ha fatto arrabbiare fino a tal punto, posso saperlo?” chiese lui, inarcando un sopracciglio. Megan lo guardò incredula “Chi te l’ha detto, scusa?”, “Nessuno che conosci” disse il giovane. “Le notizie circolano al college, soprattutto tra quelli che hanno fratelli o sorelle nella tua classe” aggiunse tranquillo. “Richard non ha fratelli o sorelle, me l’ha detto lui” disse la ragazza senza riflettere, “Allora è Richard che hai colpito”. Non era una domanda, ma una conferma, e la sorella lo capì benissimo. “E allora?” scattò esasperata, alzandosi in piedi “Che te ne importa? Non è mica tuo fratello!”. Miguel la fece sedere e riuscì a calmarla “È vero. Non è mio fratello, ma ho paura che ti faccia del male. Che te la faccia pagare per quello schiaffo”. Le poggiò le mani sulle spalle e disse “Mi capisci, Meg? Tu lo sai che hai un gran caratteraccio, ma lui potrebbe reagire in modo pesante”. La guardò dritta negli occhi e aggiunse “Ho paura per te. Mi devi promettere che starai attenta”. “Tranquillo, so come difendermi” lo rassicurò lei, con una strana scintilla negli occhi, “Dai, andiamo giù, prima che la cena si raffreddi”.
 
Il giorno dopo, Megan capì cosa volesse dire Miguel. Le lezioni continuarono normali fino a quella di educazione fisica, quando scesero nella palestra. Per fortuna, era riscaldata da diversi termosifoni; la temperatura stava scendendo velocemente e più di una volta si era ritrovata a rabbrividire. Quando tutti si furono disposti in fila, il professore annunciò “Oggi iniziamo il torneo di pallavolo. Ragazzi contro ragazze. Mi raccomando, mettetecela tutta!”. La classe si divise in due squadre da sei e due da sette, due formate dai ragazzi, due dalle ragazze e Megan ringraziò il cielo per non essere finita nella stessa squadra di Jennifer. Il capitano della sua squadra era Nicky, affiancata da tutte le altre amiche. La squadra che dovevano affrontare era invece capeggiata da Karl e, ovviamente, Richard era con lui. Le prime furono solo battute di riscaldamento, ma, quando il professore fischiò dando il via, la partita si fece accanita da entrambe le parti. Le schiacciate erano forti e precise, ma difficilmente andavano a segno. Era più facile cogliere di sorpresa l’avversario lanciando la palla appena oltre la rete, dove era più difficile rispondere adeguatamente. Dopo due set, le squadre erano pari con una vittoria a testa e si preparavano per il terzo set, quello decisivo. Le ragazze si stupirono nel vedere i ragazzi parlare tra loro: solitamente agivano e basta, senza strategie. Al fischio del professore, Jonathan batté la palla con forza in direzione di Dalia, lei la ricevette e la passò a Nicky, che fece una stupenda alzata per Crystal. Quest’ultima schiacciò con forza, ma la palla fu respinta senza problemi ed una schiacciata di Philiph colpì Megan ad una spalla. La partita andò avanti lentamente, poiché le due squadre erano entrambe molto forti, ma sembrava che i ragazzi avessero preso di mira proprio Megan. Lei reagiva come poteva, ma ormai aveva le braccia e le spalle indolenzite dai colpi ricevuti. Per prendere una palla, cadde rovinosamente a terra, mancandola clamorosamente. Si rialzò dolorante e cercò di ignorare il dolore pulsante al ginocchio. Guardando i ragazzi dalla sua posizione sotto la rete, vide Richard ridere in segno di scherno e fu colpita da un’ondata di rabbia cieca. Lo stavano facendo apposta per fargliela pagare, ma lei non gliela avrebbe data vinta così facilmente! Guardò Dalia e le fece capire che doveva alzarle la palla appena fosse stato possibile. L’amica annuì e lo riferì alle compagne. Non appena Karl tirò la palla, questa fu subito ricevuta da Wendy, che la passò a Miriam. Lei fece un’alzata spettacolare e sembrava che la palla dovesse essere schiacciata da Nicky, ma lei saltò prima, ingannandoli. Megan approfittò della loro confusione e colpì la palla con tutte le sue forze in direzione di Richard. Lo mancò di pochi centimetri, ma il ragazzo capì che il bersaglio era lui. Se n’è accorta! pensò. Stranamente però la cosa non lo spaventò, anzi, lo divertì molto. Lei non voleva fargli del male, ma solo spaventarlo e fargli capire che non si sarebbe arresa. Ancora una volta si ritrovò ad apprezzare il carattere deciso di quella giovane, ma scosse la testa, concentrandosi sulla partita. Mancavano ormai pochi minuti al suono dell’ultima campana e le due squadre erano ferme 24 per le ragazze e 23 per i ragazzi. Toccava a Megan battere e lei sapeva che questo punto era fondamentale per la vittoria, non poteva permettere a Richard di averla vinta! Lanciò la palla, saltò e la colpì con forza, dirigendola verso il fondo del campo avversario, dove era difficile rispedirla indietro. Martin si buttò a terra pur di prenderla e la palla fu ricevuta da Alex, che riuscì a lanciarla dall’altra parte della rete. Qui fu ricevuta da Miriam, che la passò a Dalia per un’alzata a favore di Crystal. La palla arrivò troppo forte, e fu solo per miracolo che Wendy riuscì a rispedirla dall’altra parte del campo. Qui fu rilanciata da Karl e Miriam la ricevette in baker verso le compagne. Megan face un’alzata perfetta e Crystal schiacciò con forza, colpendo il suolo ai piedi di Jonathan. La campana suonò, annunciando la fine delle lezioni, ma il suono fu coperto dalle grida di gioia delle ragazze, che si abbracciarono entusiaste. Erano felicissime di aver battuto i ragazzi in uno sport in cui si ritenevano bravi giocatori. Non era mai successo prima di allora, era davvero un’occasione speciale. “Sì, ce l’abbiamo fatta!” urlò Wendy, “Li abbiamo battuti!” gridò Crystal, abbracciando la sorella così forte da mozzarle il respiro. Megan sorrise alle amiche, dicendo “Complimenti, ragazze. Siete state fantastiche”. Nicky la corresse “Siamo state fantastiche, Megan! Sei riuscita a fare delle schiacciate tremende!”. La compagna sorrise e si diresse verso i compagni che le guardavano esterrefatti. Per quanto li odiasse per quello che le avevano fatto passare, voleva dimostrarsi sportiva. Richard la vide avvicinarsi e chiese “Che vuoi?”, ma rimase stupito quando lei gli tese la mano e rispose “Volevo farvi i complimenti, siete stati davvero bravi. Avversari così tenaci sono difficili da trovare”. Il ragazzo la guardò per un lungo istante, poi si passò una mano tra i capelli, visibilmente stupefatto, e rispose sportivamente, dicendo “Anche voi siete state brave, non ho mai visto delle ragazze più agguerrite di voi! Fate paura, lasciatelo dire”. La compagna rise divertita e li salutò con un cenno della mano, prima di correre verso casa.
 
Diversi giorni dopo, con il Natale ormai vicino, i ragazzi della IV D si divertirono ad arredare la classe con agrifogli e pungitopi. Altre piccole decorazioni andarono ad abbellire le finestre, oltre che il tradizionale vischio appeso al lampadario centrale, sotto il quale Jennifer non aveva mancato di trascinare Richard. Il ragazzo però era riuscito a sfuggirle in corner, tra le risate degli amici e la rabbia della compagna. Megan aveva appena finito di sistemare l’ultimo ramo di pungitopo alla parete, quando udì dei bisbigli provenienti dal corridoio. Incuriosita, uscì per capire chi fosse a parlare e vide i ragazzi della sua classe che discutevano animatamente di qualcosa. Indecisa sul da farsi, rimase accanto allo stipite della porta, dove era al sicuro dai loro occhi, ma abbastanza vicina per capire cosa stessero dicendo. Era strano che si riunissero in quel modo, a meno che non avessero qualcosa in mente. Forse non era così sbagliato ascoltare quello che dicevano, se questo poteva aiutare lei e le sue amiche. Udì distintamente la voce di Walter che diceva “Te le ha suonate di santa ragione in palestra. Ma come accidenti fa ad essere così agguerrita?”, “Non lo so. L’unica cosa certa è che è una delle ragazza più belle che abbia mai visto!”. Questa era la voce di Richard! Ma di chi stavano parlando? “Avete ragione. Ce ne sono poche belle e piene di carattere come Megan. Schianti del genere sono rari” sentì esclamare William. La ragazza trattenne il respiro e si appoggiò allo stipite della porta, poggiandosi una mano sul petto. Richard mi ha considerato una delle ragazze più belle?! Ma sta bene, oppure gli è venuto un improvviso attacco di febbre? si chiese stupefatta. Con il freddo che era arrivato, era più che probabile… “Già, curve giuste al posto giusto, non c’è che dire! Una bonazza unica nel suo genere. A me è venuta un’idea!” esclamò Alex. Il volto gli s’illuminò di colpo, mentre diceva “Vediamo se il nostro rubacuori riesce a strappare un bacio alla bella messicana!”. “Questa sì che è un’idea grandiosa! È forte!” disse Oliver “E poi io adoro le scommesse”. “Però dobbiamo decidere bene i termini di questa interessantissima proposta” disse Walter, guardando l’amico di sottecchi. Dalla scintilla che gli era apparsa negli occhi, era facile capire che era curioso di vedere come sarebbe andata a finire. “Ok. Se riesci a baciarla almeno due volte dall’inizio delle vacanze di Natale alla fine dell’anno scolastico, ti offriamo una cena” propose Alex “In caso contrario, dovrai offrircela tu!”. “Scusa, ma trovo che i termini siano troppo lunghi” esordì Martin, “Ma tu devi considerare che stiamo parlando di Megan, non di Jennifer!” spiegò William. Ridacchiò divertito e aggiunse “Quella è una tipa tosta, dubito che ci riuscirai, Richard. Una bambola come quella ti darà parecchio filo da torcere!”. Eric annuì, prima di aggiungere “Quella fica spaziale non ti renderà facile la vita, ne sono certo”. Lei strinse i pugni e sperò con tutta se stessa che non accettasse quella stupida scommessa. Odiava essere trattata in quel modo senza che la sua opinione valesse niente. Era capitato solo una volta, ma per giorni era stata così intrattabile che era stata costretta a fare lunghissime passeggiate per calmarsi. Era stato a quel punto che suo padre aveva ricevuto la proposta di lavoro e si erano trasferiti a Lain City. Con suo grande sollievo. Non era certo il tipo che si faceva trattare come un trofeo da esibire e non avrebbe permesso ai suoi compagni di divertirsi alle sue spalle. “D’accordo. Accetto la scommessa, ragazzi!” disse Richard, con un ghigno sulle labbra “Iniziate a preparare i soldi, perché ne avrete bisogno!”. A quel punto, Megan non riuscì più a trattenersi. Come potevano parlare di lei come se fosse un trofeo da vincere, senza tener conto dei suoi sentimenti?! Uscì dalla classe e si diresse a passo deciso verso Richard e lo fissò diritto negli occhi. Quando il compagno si accorse del suo sguardo, fece un passo indietro, sorpreso dalla sua comparsa improvvisa. La giovane strinse i pugni e gli sibilò furiosa “E tu credi che sia così facile riuscire a baciarmi? Ma chi ti credi di essere, razza di pallone gonfiato?! Io non mi farò mai sfiorare da uno come te, figuriamoci essere baciata!”. Gli lanciò un’occhiata piena di rabbia e disse “Non ci riuscirai mai! Quindi ti consiglio vivamente di ritirati finché sei in tempo, perché ci rimetteresti un mucchio di soldi, oltre che la faccia”. Il ragazzo si ritrasse d’istinto da quello sguardo furioso e glaciale, che sembrava trapassarlo da parte a parte. La guardò per qualche istante, ma il suo volto, da stupito, si fece serio improvvisamente serio. Contrariato, inarcò un sopracciglio e disse “Sai che è da maleducati origliare le conversazioni degli altri?”. Lei lo fulminò con lo sguardo e rispose “E tu sai che è da cafoni e da villani accettare scommesse di questo tipo, senza tener conto dei sentimenti degli altri?”. “Cosa vorresti dire con questo?” chiese il giovane, con uno sguardo strafottente sul viso. Che faccia di bronzo! Possibile che non si fosse reso conto di quello aveva appena detto?
Megan cercò di trattenersi, ma la rabbia che stava provando era troppo forte. Chi accidenti si credeva di essere quello sbruffone arrogante? Gli diede uno schiaffo, colpendolo in pieno viso, e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni “Io non sono un trofeo da vincere!”. Strinse i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi, ma non ci fece caso. La rabbia che sentiva in corpo cancellava tutte le altre sensazioni. “Non sono un oggetto che puoi vendere o comprare a tuo piacimento, ma una persona che prova emozioni!” sibilò inferocita “Ho i miei sentimenti e certo non permetterò né a te né a nessun altro di fare di me quello che vuole!”. Era così furiosa che non si fermò neanche a prendere fiato “Non ho mai disprezzato tanto una persona in tutta la mia vita! Tu sei l’essere più odioso che esista su questo pianeta! Sappi che ti disprezzo con tutta me stessa e continuerò a odiarti anche quando scenderò nella tomba!”. Detto questo si allontanò a passo pesante nel corridoio, lasciandolo totalmente stupito. Accidenti! pensò Richard, massaggiandosi la guancia dolorante, Non scherza affatto, la bella messicana!
 
Le lezioni proseguirono normalmente fino al 22 dicembre, dopodiche ognuno avrebbe trascorso le vacanze a casa, godendosi un meritato riposo. Tutti erano eccitati per le imminenti vacanze di Natale; si sentivano bisbigli dappertutto su quello che avrebbero fatto durante le vacanze o che regali avrebbero fatto o ricevuto. Megan e le sue amiche si erano riunite allo stesso banco per gli ultimi preparativi. “Beate voi che andate sulla neve!” esclamò Megan, guardando con invidia Crystal, Nicky e Dalia. “Quando partite?” chieseWendy, curiosadi saperecomeavrebbero passatolevacanze invernali.“Domani, ma arriveremo solo in tarda serata” disse Dalia “E voi, invece? Come trascorrerete le vacanze?”. “Io, Wendy e Miriam andremo con i nostri genitori alle isole Maldive” disse Susan, con lo sguardo perso nel vuoto. “Fortuna che siamo riusciti a convincerli ad andare nello stesso posto!” esclamò Miriam, aggiustandosi una ciocca di capelli, che era sfuggita dalla coda scura. Poi si voltò verso l’amica e chiese “E tu, Megan? Che cosa farai in queste due settimane?”. “Credo che rimarrò a casa. Ci siamo appena trasferiti ed il trasloco non è stato una passeggiata. Temo che dovremo aspettare l’estate per fare una vacanza tutte insieme” rispose lei. “Che peccato!” mormorò Crystal “Però dovremo organizzarci bene. Non ho intenzione di non sentirvi per due settimane!”. “Ragazze, noi dobbiamo assolutamente tenerci in contatto! Ce l’avete MSN?” chiese Wendy. Le voci delle amiche si sovrapposero eccitate. “Sì”, “Io l’ho fatto installare da poco”, “Ma certo!”, “Che domande fai!”, “Ovvio!”. “Bene, allora scambiamoci i contatti, così possiamo parlare anche se ci separano miglia e miglia” esclamò Miriam. Ci fu una piccola parapiglia per prendere carta e penna e, dopo pochi minuti, le ragazze si scambiarono i biglietti con i propri contatti di posta elettronica. “L’ho dato a tutte?” chiese Megan, scrivendo il settimo biglietto. “No, Dalia non l’ha ancora avuto” rispose Nicky “Però staremo insieme, quindi non è necessario. E poi, l’hai dato anche a Crystal”. “Che strano, pensavo di averne scritti sei. Vabbé” disse la ragazza, consegnando l’ultimo biglietto all’amica. Quando la campana suonò, le sette amiche si abbracciarono, augurandosi buone vacanze, poi uscirono velocemente, dirette alle proprie case per prepararsi alle imminenti feste natalizie. L’eccitazione era tangibile nell’aria fredda, mentre uno sciame di studenti si riversava nel cortile e nelle strade. Richard le vide allontanarsi ed osservò divertito il contatto di Megan che aveva in mano.
<<Mexican-Meg@hotmail.it>>. Il solo nome gli faceva pensare a grandi spiagge assolate, con palme che si protendevano sull’acqua cristallina. Il biglietto con il contatto le era caduto per terra e non se ne era accorta. Rise tra sé e sé, sinceramente divertito. Poi, colto da uno strano presentimento, pensò Questo sarà certamente un Natale più interessante di tutti quelli che ho già trascorso

E siamo a quota 5. ke ne pensate, ragazze? Megan è davvero un tipo tutto pepe, che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno. ne vedremo delle belle. vi prego solo di non odiare Richard, non è superficiale cm sembra

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Capitolo 6
*** Un Natale da dimenticare... forse ***


Ragazze, eccomi di nuovo qui, con un nuovo Cappy. scusate se vi ho fatto aspettare così tanto...
Allora, innanzitutto voglio ringraziare Pandora e Visbs88, che seguono e recensiscono i capitoli di questa FF. ragazze, non so come ringraziarvi! siete incredibili! un enorme grazie va anche a tutteb coloro che hanno inserito la FF tra le preferite, le seguite o tra quelle da ricordare. vi adoro! adesso vi lascio al cappy! bacioni!

6-Un Natale da dimenticare… forse

Megan osservò stupita i candidi fiocchi di neve, che cadevano coprendo ogni cosa con un sottile manto bianco. Non aveva mai visto la neve e la trovava meravigliosa, anche se tremendamente fredda. Aveva già parlato tramite computer con le sue amiche ed avevano tutta l’aria di divertirsi molto, sia in montagna che al mare. Come le invidio! si ritrovò a pensare, mentre guardava la neve posarsi sul davanzale della sua finestra Almeno loro sono in gruppo, io invece sono qui da sola. Si raggomitolò sotto le coperte, pensando al suo villaggio, al mare ed alla foresta che si estendeva a perdita d’occhio fin sulle montagne… Il tepore donatole dal piumone l’aiutava a ricreare il caldo abbraccio dei raggi del sole, sotto sui amava passeggiare. Cullata da tutti quei meravigliosi ricordi, quasi senza rendersene conto, scivolò pian piano tra le braccia del sonno. Non seppe dire quanto dormì esattamente, ma alla fine riuscì ad intravedere uno spiraglio di luce che entrava dal corridoio. Si cullò nello stato di dormiveglia in cui si trovava ma, improvvisamente, sentì sua madre che parlava con qualcuno. Era molto agitata, ma non riusciva a cogliere le parole, tanto parlava in fretta. Poi, sentendo la porta della sua camera aprirsi, alzò la testa dal cuscino e si strofinò gli occhi. Vide sua madre che veniva verso di lei, con un’espressione stravolta sul volto. “Mamma, che è successo?” domandò, con la voce ancora impastata di sonno, “Tuo nonno sta male, Meg. L’hanno ricoverato d’urgenza in ospedale”. La ragazza si alzò a sedere, improvvisamente sveglia, “Nonno Diego o nonno Joe?” chiese spaventata. “Nonno Joe. Per fortuna mio padre ha una salute di ferro e non mi preoccupo” mormorò Grecia. “Cos’ha il nonno?”, “Tuo nonno è stato colpito da un infarto. Io e tuo padre andiamo da lui e portiamo anche Ines, ma non c’è abbastanza spazio anche per te e Miguel” disse lei, visibilmente scossa. “E che cosa dovremmo fare?” esclamò la figlia “Stare qui a domandarci che accidenti sta succedendo, fino a diventare matti?”. “Noi dobbiamo andare ad Dallas ad assistere nonno Joe, non a farci una passeggiata!” la sgridò la madre. Poi aggiunse con più dolcezza “Non potete rimanere qui da soli. Miguel ha già domandato ad un suo compagno se può rimanere da lui una settimana, però è fuori città. Tu non hai nessuna amica che potrebbe ospitarti per qualche giorno?”. “Sono tutte partite con le famiglie” disse Megan, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. Non poteva credere che suo nonno fosse stato ricoverato così di colpo; aveva sempre goduto di ottima salute! Dentro di sé, mormorò una preghiera affinché l’uomo si riprendesse in fretta; non sopportava l’idea di perderlo. “Forse potrei chiedere ad Helen, se può ospitarti” mormorò la madre, sovrappensiero. “Chiama pure chi vuoi” mormorò la ragazza, senza chiedersi di chi accidenti stesse parlando, “Ma io vorrei venire con te”. Grecia le accarezzò la testa e disse “Grazie, tesoro. Ma è molto meglio che tu rimanga qui”. Lei annuì e, quando la madre uscì, chiudendosi la porta alle spalle, si rifugiò sotto le coperte per dare libero sfogo a tutto il suo dolore.
 
Quando riemerse da sotto il piumone, era sera inoltrata; l’unica luce che riusciva a vedere era quella proveniente dal corridoio. Sentì le voci dei suoi genitori al piano di sotto, ma non se ne curò e si diresse verso la camera di suo fratello. Bussò, dando un lieve colpo con le nocche, e, quando lo sentì dire “Avanti”, entrò nella stanza. La camera era più sgombra: niente più pile di libri sugli scaffali o per terra e l’armadio era quasi vuoto. “Allora vai via anche tu?” chiese con voce spenta, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Miguel si girò e le disse con voce calma “Non possiamo rimanere qui da soli anche se io sono maggiorenne e a te mancano solo alcuni mesi. Dobbiamo adeguarci”. Vedendo lo sguardo che gli rivolgeva, continuò “Non credere che a me faccia piacere”. Prese alcune maglie e le sistemò nello zaino “Anch’io vorrei andare dal nonno a Dallas, ma papà è stato chiaro. Dobbiamo stare qui o la casa di nonna Sarah finirebbe sotto sopra”. Le rivolse uno sguardo stanco ed aggiunse “Dobbiamo essere forti, anche per il nonno. Fatti forza, Meg. Andrà tutto bene, vedrai”. Lei annuì e lo abbracciò “Vorrei essere forte come te, Miguel”; non voleva che la vedesse piangere, ma non poteva fermare l’angoscia che sentiva. La invadeva totalmente, serrandole la gola in una morsa che le impediva quasi di parlare. Il fratello le restituì l’abbraccio, e, stringendola forte, disse “Ed io vorrei avere la tua grinta”. Le poggiò le mani sulle spalle ed aggiunse “Mi raccomando, non litigare con Richard a casa sua. Non fare disastri, ok?”. La ragazza esclamò stupita “Richard? Ma che cosa…?”. Le parole le morirono in bocca, quando capì di chi stava parlando la madre quando aveva pronunciato il nome Helen. “No, chiunque, ma non lui!” esclamò “Non voglio andare a casa sua!”. Miguel si accorse che era diventata improvvisamente pallida come un lenzuolo; la pelle dorata del viso sembrava un budino al caramello mal mescolato. “Ehi! Che ti prende, Meg?” le chiese stupefatto, “Non voglio andare a casa sua!” ripeté la sorella, terrorizzata. “I McKallister sono gli unici che conosciamo nel quartiere. Tutti gli altri sono in vacanza chissà dove” replicò lui, fissandola negli occhi “Non puoi fare la schizzinosa”. Megan capì che Miguel aveva ragione e doveva farsi forza. Avrebbe dovuto affrontare Richard con le sue sole forze, ma non era proprio il caso di raccontare al fratello perché non volesse andare a trascorrere il Natale da lui. Miguel avrebbe sicuramente fatto qualche sciocchezza, come andare a casa sua per affrontarlo e non era proprio il caso che si mettesse in mezzo in quella situazione. Era un suo problema e lo avrebbe affrontato da sola; non voleva che lui sapesse della scommessa. “Shiver e Thunder che fine faranno?” chiese, sedendosi sul bordo del letto; era sicura che le gambe non le avrebbero retto ancora a lungo. “Verranno con te dai McKallister. Sembrano entusiasti di ospitarti a casa loro” commentò il fratello, pensieroso.
 
A Megan servirono solo pochi minuti per mettere in valigia alcuni vestiti, i libri per svolgere i compiti assegnati per le vacanze ed il portatile. Poi, dopo aver salutato Miguel alla fine del loro quartiere, si diresse verso la casa che l’avrebbe ospitata per alcuni giorni, seguita a ruota da Thunder e Shiver. Non sapeva in che tipo di abitazione vivesse Richard, ma certo non si aspettava quella gigantesca casa a tre piani con quell’enorme parco intorno! Rimase qualche minuto a bocca aperta, poi il rumore di una serratura elettrica che si apriva la fece tornare con i piedi per terra e lei si sbrigò ad puntare lo sguardo sul cancello in ferro battuto. La signora McKallister, una donna slanciata dalla corta chioma nera e gli occhi color nocciola, l’accolse con un caloroso abbraccio. Sorrise e le disse “Ci fa piacere che tu sia venuta, cara. Richard non vedeva l’ora di vederti!”. Quella frase la lasciò senza parole, ma si fece coraggio e disse “Grazie della vostra ospitalità. Dove posso portare i cani, signora McKallister?”. “Chiamami pure Helen, cara” disse Helen “C’è una bella cuccia spaziosa dietro l’angolo. Penso staranno bene. Ti aspetto dentro”. La ragazza la ringraziò e si diresse verso una piccola struttura; aveva proprio l’aria di essere una cuccia in piena regola, comoda e abbastanza grande da ospitare i due cani. Thunder l’annusò da cima a fondo, poi tornò scodinzolando da Megan e, approfittando del fatto che si era accovacciata sui talloni, le leccò la faccia, tutto contento. Lei rise e lo accarezzò sulla testa, dicendo “Mi raccomando, comportatevi bene. Non fate guai e non bisticciate. Siamo ospiti qui e dobbiamo comportarci al meglio”. Il cane abbaiò un paio di volte, scodinzolando. Improvvisamente, Shiver si allontanò verso il parco, scodinzolando a qualcuno alle sue spalle. La ragazza girò la testa e vide Richard che la guardava, con il suo solito sorriso strafottente sulle labbra. Con una mano stava accarezzando Shiver, ma il suo sguardo era puntato su di lei. La giovane non lo salutò nemmeno e tornò ad accarezzare il suo aski come se il compagno non ci fosse. Voleva semplicemente ignorarlo e certo non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla delusa o impaurita dal fatto che era proprio lui ad ospitarla. Il ragazzo non se la prese e, raccolta la valigia della sua compagna, le disse “Ci conviene entrare, tra poco ricomincerà a nevicare”. Megan si alzò, scuotendo via la neve dai jeans, poi si guardò intorno e, quando vide la sua valigia tra le mani di Richard, disse “Ridammi la valigia, per favore”. “Te la porto dentro io. Non preoccuparti, che non ti rubo niente” rispose lui, guidandola verso la casa. Poi aggiunse “Ho sempre pensato che le ragazze avessero solo valigie extralarge, ma tu devi essere l’eccezione che conferma la regola. Questa è una valigia piuttosto piccola”. “Non dovevo portarmi dietro la casa” rispose lei acida e il ragazzo rise divertito. Era inutile, riusciva sempre a sorprenderlo con le sue risposte pronte! Aveva una bella lingua tagliente, non c’era che dire.
Megan lo seguì fino al primo piano, dove lui aprì una porta, dicendo “Questa sarà la tua camera, mettiti pure a tuo agio”. Le indicò due porte e continuò “La stanza accanto a destra è la mia camera, mentre quella a sinistra è il bagno. Se hai bisogno di qualcosa, basta chiedere”. La ragazza si limitò ad annuire e, quando il compagno se ne fu andato, sistemò le sue cose nel grande armadio. Alla fine, si gettò sul letto a baldacchino, cercando un po’ di pace e tranquillità nel silenzio che la circondava. Osservò il colore e le venature del legno scuro che si avvolgeva a mo’ di spirale, formando le colonne del letto. Rimase così a lungo, ripensando a quello che era successo nell’ultima ora. Sua madre stava preparando la valigia per sé, il marito e la piccola Ines quando lei era entrata, l’aveva abbracciata forte ed aveva pianto. Non c’era stato bisogno di parlare perché si capivano sempre al volo. Quando si era calmata sotto le morbide carezze della madre, era andata ad abbracciare suo padre. “Fai la brava, scricciolo” le aveva detto, chiamandola con il suo nomignolo di quando era bambina “Ti chiameremo non appena arrivati a Dallas e vi chiameremo tutti i giorni per darvi notizie del nonno, ma tu devi essere forte”. Lei aveva annuito dicendo “Di’ alla nonna che le siamo vicini e dalle coraggio. Fate attenzione, papà”. Aveva sentito sua madre parlare con la signora McKallister e ringraziarla di cuore per quello che stava facendo per loro, poi era andata a salutare suo fratello e si era chiusa in camera per evitare che i suoi familiari la vedessero piangere, mentre preparava le sue cose. Si riscosse da quei pensieri e si disse “Devo essere forte, non devo permettere alla paura di prendere il soppravvento! Il nonno è un tipo tosto e ce la farà!”. Dopo un po’, decise di uscire dalla stanza e scese nel salotto, addobbato con tutto il necessario per festeggiare il Natale. Non riuscì a trattenere un sorriso quando vi trovò tutta la famiglia, seduta su dei morbidi divani beige. I signori McKallister stavano parlando davanti al camino, dove scoppiettavano allegre delle fiamme rosse ed arancioni. Se lei si aspettava uno stuolo di domestici in quell’enorme casa, si sbagliava di grosso. C’erano solo un cuoco, che faceva anche da maggiordomo, e due cameriere, poiché la signora McKallister era sempre disponibile ad aiutare in casa. Era totalmente diversa da tutte le altre donne benestanti, amava fare le pulizie insieme alle altre due donne, Anna Beth e Clara, e sembravano sorelle, tanto erano legate. Quando entrò, Josh McKallister la accolse con un caloroso sorriso. Era un uomo molto cordiale, proprietario di una grossa catena d’industrie produttrici di automobili ed aveva guadagnato il suo capitale dopo molti anni di sacrifici e di duro lavoro. Era un grande amico di suo padre ed era stato proprio lui a consigliare ai suoi genitori di acquistare la casa in cui ora abitavano. La fecero accomodare su una poltrona di fronte a loro ed Helen chiese “Allora, Megan, ti piace la stanza che ho scelto per te?”. La giovane annuì e disse “Volevo ringraziarvi per avermi accolto in casa vostra con così poco preavviso. Siete molto gentili ad ospitarmi insieme a Thunder e Shiver”. “Non c’è bisogno che ci ringrazi, cara. L’abbiamo fatto con piacere” disse la donna “E poi conosciamo la tua famiglia da anni, quindi non fare complimenti”. Megan sorrise grata e chiese “Come avete conosciuto mio padre, signor McKallister?”. “Frequentavamo lo stesso college ed abbiamo subito stretto amicizia, un’amicizia che dura ancora oggi” spiegò orgoglioso il padre di Richard, passandosi un dito sui sottili baffi castani. “Mi dispiace che tu e la tua famiglia stiate passando un così brutto momento, per di più a Natale!” mormorò poi. “Faremo il possibile per non farti star male, finché sarai nostra ospite” aggiunse Helen, guardandola con dolcezza. “Questo sarà un bel Natale, te lo assicuro” disse Richard, sistemando un angelo di Natale in cima all’abete posto lì vicino. Le rivolse un sorriso divertito e disse “Se vuoi, ti insegno pattinare sul ghiaccio”. “Io so già andare sui pattini a linea da un paio d’anni” disse la ragazza, “Fantastico!” esclamò lui ridendo “Così sarà più semplice per te evitare di cadere”.
 
I suoi genitori chiamarono poco dopo, dicendo che erano arrivati e che il nonno era in condizioni stabili. I medici erano fiduciosi e loro si erano già sistemati a casa dei nonni. Il padre la rassicurò, dicendo che stavano tutti bene e le chiese di ringraziare i McKallister da parte sua. Quando la chiamata terminò, Megan si accorse di stare meglio, tanto da seguire il suo compagno di classe in giardino. Era più rilassata e riuscì anche a ridere quando Richard fu atterrato da un’esuberante Shiver, felice di poter girovagare per quel giardino enorme in tutta libertà. Thunder non faceva altro che coprirsi di neve, urtando i tronchi ed i rami più bassi degli alberi, causando ogni volta una piccola valanga. Quando poi si scuoteva, per liberarsi da quella fredda coperta bianca, inondava di neve i due ragazzi a tal punto da farli sembrare pupazzi di neve viventi. Dopo la terza volta, la padrona capì che era meglio allontanarsi di corsa, o sarebbe stata seppellita viva. Improvvisamente, Richard la prese per mano e la guidò fino ad un lago ghiacciato sul retro, dove le spiegò come allacciarsi i pattini. Quando fu pronta, l’aiutò ad alzarsi, mostrandole come doveva fare. “Vedi?” le disse “È proprio come andate sui pattini a linea. Un, due, tre. Un, due, tre. Dai che è facile!”. Accidenti, se era bravo! Riusciva a pattinare anche all’indietro senza problemi, ma qualcosa le disse che aveva imparato solo dopo un bel po’ di scivoloni. La ragazza lo guardò dalla piccola panchina di legno, posta sotto un salice piangente, ora candido come la neve che lo circondava, e, muovendosi lentamente, lo raggiunse in pochi istanti. “Hai ragione! È meraviglioso!” disse, provando a fare qualche piroetta sul ghiaccio. Non era semplice come sui pattini a rotelle, ma lo trovava assolutamente fantastico. Anche i cani sembravano entusiasti e provarono a seguirla, ma le loro zampe non erano adatte al ghiaccio e scivolarono. Thunder cadde sul ventre e urtò la sua padrona, facendole perdere l’equilibrio. Megan cercò un appiglio a cui reggersi, ma non ne trovò. Il giovane cercò di aiutarla, ma, urtando il piede contro una sporgenza della crosta gelata, perse l’equilibrio e cadde di schiena sul ghiaccio. Era riuscito a sorreggere la sua compagna per qualche istante, spingendola all’indietro, ma la ragazza non riuscì a riacquistare l’equilibrio e gli cadde addosso. Lui lasciò andare uno strano verso soffocato, mentre il fiato gli si mozzava in petto. Poi, guardandola in volto, le chiese “Va tutto bene, Meg? Niente di rotto, spero”. Megan scosse il capo e si accorse improvvisamente di trovarsi proprio sopra di lui, petto contro petto. I volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, ed aveva le mani poggiate sulle sue spalle. Richard la guardò per qualche istante e le disse “Non per sembrare scortese, ma questa lastra di ghiaccio non è che sia molto comoda. Ti dispiace spostarti, così posso alzarmi?”. La ragazza non se lo fece ripetere due volte, si rialzò in fretta, sforzandosi di non cadere di nuovo, e le guance le si chiazzarono di rosso. Non era mai stata così vicina a qualcuno che non fosse della sua famiglia e sentiva il cuore batterle all’impazzata. Per di più, gli aveva fornito un’ottima occasione per provare a baciarla, anche se lui non sembrava intenzionato a farlo. Il giovane si rialzò, facendo leva sulle braccia e le chiese “Come mai hai le guance così rosse? Hai freddo?”. Lei scosse la testa, cercando di non mostrare le guance in fiamme per l’imbarazzo, e disse “Mi dispiace, io… non volevo farti cadere”. “Non importa, ma penso che dovremo aiutare i tuoi aski a tornare sulla riva, prima che si facciano male”. La compagna annuì e si diresse verso Shiver, che cercava in tutti i modi di rimanere in piedi. La sorresse e la portò fin sulla riva nevosa, dove la cagna prese a scodinzolare riconoscente. Thunder arrivò pochi minuti dopo, si girò verso Richard e gli poggiò le grosse zampe sul petto, scodinzolando. “No. Buono, bello! Giù! Sta’ giù, da bravo!” implorò il ragazzo, ma il peso del cane lo spinse all’indietro. Lui cercò di fermarsi senza riuscirci e finì dall’altra parte del lago, atterrando con un morbido tonfo sulla neve. La giovane gli gridò “Richard! Va tutto bene?” e sospirò di sollievo nel vederlo alzare i pollici in senso affermativo. Il ragazzo provò a rialzarsi, senza risultato, e le chiese “Per favore, puoi venire a darmi una mano? Non riesco ad alzarmi da solo…”. Megan si affrettò a raggiungerlo e gli tese la mano per aiutarlo. Il giovane l’afferrò, ma lei era troppo concentrata ad aiutarlo per ricordarsi che doveva allargare l’angolo formato dai piedi per evitare di cadere e gli finì di nuovo addosso. Furono entrambi sommersi dalla neve caduta dai rami più bassi dell’abete che li sovrastava, ma Richard riuscì ad aprire un varco e Megan rotolò di lato, poggiando le guance in fiamme sulla neve più fresca. Accidenti! si disse nervosa, mentre cercava di rendere il respiro più normale Ma perché sono così imbranata, oggi?. Lui si alzò a sedere e le disse “Sai che ti dico? Hai bisogno di molta pratica, altrimenti finiremo seppelliti sotto una montagna di neve”. Si stesero sulla neve e il giovane iniziò a muovere le braccia e le gambe in modo strano. “Che cosa stai facendo?” chiese la ragazza, guardandolo stupita. Il compagno si alzò in piedi e le mostrò quello che aveva fatto. “È un angelo di neve” le spiegò “Basta muovere le braccia e le gambe ritmicamente. Che ne dici?”. Lei sorrise, ma Richard si accorse che stava tremando “Su, entriamo in casa. Tu non sei abituata a tutto questo freddo”. “Non devi preoccuparti, sto bene” replicò la compagna “Possiamo rimanere ancora un po’, se ti va”. “Tu hai bisogno di una buona cioccolata calda e di una coperta” le disse il ragazzo, spingendola verso la porta sul retro, “Non voglio che ti ammali proprio la vigilia di Natale”.
 
Il giorno dopo, Megan fu svegliata da un delizioso profumo di arrosto, pudding di Natale, patate arrosto e molti altri odori che non riuscì ad identificare. Evidentemente, il cuoco stava mettendo tutta la sua abilità culinaria in quel pranzo! Si vestì in fretta, scegliendo con cura gli abiti ed andò nel salotto, intenzionata a chiamare i suoi genitori per dargli gli auguri. Quando arrivò davanti alla porta, si trovò di fronte Richard. Indossava un maglione fatto ai ferri rosso sgargiante, con sopra scritto il suo nome in lettere dorate. Non sembrava molto soddisfatto e lanciava continue occhiate al maglione. “Feliz Navidad, Richard. Che bel maglione” gli disse lei con un sorriso. Chissà perchè, ma in quel periodo le veniva spontaneo, nonostante ricordasse bene la scommessa fatta dal giovane appena una settimana prima. Forse perché lui si stava dimostrando più gentile di quanto fosse normalmente a scuola… Il ragazzo fece un’espressione tra lo stupore e l’incredulità al suo ultimo commento. “Buon Natale anche a te, Megan. Davvero ti piace?” chiese, indicando il lavoro della madre. La compagna annuì e rise, mentre gli chiedeva “Da quando tempo hai imparato lo spagnolo?”. “Non l’ho imparato, ho solo tirato ad indovinare. Dato che oggi è Natale, che altro potevi dire?” disse lui. Risero insieme a quella battuta, mentre entravano nel salotto. A sorpresa, il compagno disse “Vieni, ci sono anche i tuoi regali qui”, ma si stupì quando la vide sorridere e gli porse un pacchetto colorato. Le rivolse uno sguardo interrogativo, inarcando un sopracciglio, ma lei gli pose il pacchetto tra le mani e gli disse “Dai, aprilo!”. Richard si strinse nelle spalle ed aprì il suo regalo: era una targa di legno chiaro sul quale c’era inciso il suo nome in lettere corsive ed eleganti. “Grazie, è molto bella! Ma quando sei andata a prenderla?” le chiese, sfiorando le lettere dipinte di azzurro. Megan lo guardò sorridendo e spiegò “Sono uscita con tua madre ieri pomeriggio ed ho pensato di prenderti un pensierino”. “È il minimo che potessi fare” aggiunse, arrossendo appena davanti al suo sguardo, “Molto gentile da parte tua”. Il ragazzo sorrise a sua volta e le porse due pacchi, avvolti nelle stesse carte colorate. Il primo, un bellissimo fermaglio per capelli, decorato con dei brillantini, ed un piccolo set per il trucco completo di tutto, era da parte dell’intera famiglia McKallister. L’altro, un portafoto ornato con delle conchiglie bianche, rosa ed azzurre, era stato spedito dai suoi genitori da Dallas. “Grazie, sono bellissimi!” sorrise la giovane, riconoscente “Non vi sareste dovuti disturbare”. Avvolse una ciocca attorno al dito e chiese “Ti dispiace se chiamo mia madre, per darle gli auguri?”, “Fa’ pure”. La ragazza andò verso il telefono, ma non fece in tempo a sollevare la cornetta, che l’apparecchio iniziò a squillare. Si affrettò a rispondere e fu felice di sentire la voce di suo padre, “Pronto, casa McKallister?”. “Feliz Navidad, papà” rise lei, “Megan! Buon Natale anche a te. Come stai, tesoro?” chiese Alan. “Benissimo, grazie. Stavo giusto per chiamarti” disse la figlia “Come state? E il nonno? Come sta?”. “Si è ripreso benissimo! Domani o dopodomani al massimo lo dimetteranno!” le annunciò il padre. “Ma è fantastico! Oh, papà, non potevi farmi un regalo più bello! Fammi sapere quando tornate, non vedo l’ora di riabbracciarvi!” esclamò Megan, felice come non si sentiva da giorni. “D’accordo, tesoro. Ora però devo andare, altrimenti non posso andare a trovare il nonno. Le visite sono limitate a Natale” l’avvisò Alan. “Dagli gli auguri anche da parte mia” gli raccomandò la figlia, “Va bene. Buon Natale, piccola”, “Ciao, papà”. Richard la vide riagganciare e le chiese “Allora, hai ricevute buone notizie? Come sta tuo nonno?”. Lei sorrise, sentendosi al settimo cielo, “Mio nonno sta bene ed i miei torneranno al massimo tra un paio di giorni”. “Sono felice per te” disse il ragazzo, “Grazie” sorrise la compagna “Mi sento davvero sollevata, adesso che mio nonno sta meglio”. Non l’aveva mai vista con un sorriso più radioso e ci mise un po’ a mettere insieme le parole. “Ti…ti va di fare…qualche pupazzo di neve in giardino?” le chiese, domandandosi perché si sentisse così impacciato, “Volentieri”.
Restarono fuori tutta la mattina a lanciarsi palle di neve, per poi rientrare sorridenti e bianchi di neve. Anna Beth sorrise divertita e disse che erano tornati appena in tempo per il pranzo. La ragazza rimase senza fiato vedendo tutte le squisite pietanze che coprivano la tavola addobbata. Un grosso tacchino arrosto troneggiava sulla tovaglia scarlatta, insieme a vassoi ricolmi di patate arrosto, salcicce, zuppiere di piselli al burro, dolci flambé e pudding. “Accidenti, quanta roba!” esclamò stupefatta, sedendosi a tavola, accanto a Clara. “Spero che ti piaccia. Il cuoco ha lavorato tutta la mattina ed ogni volta i suoi piatti sono davvero eccellenti” disse il signor McKallister. “Oh, non ne dubito!” rise lei, certa che quello sarebbe stato un pranzo da ricordare. Ogni piatto era stato preparato con la massima cura e Matthew fu elogiato a più riprese, mentre si godevano la calda atmosfera natalizia. Quando arrivò il momento di mangiare uno dei dolci flambé, Richard rischiò di rompersi un dente quando trovò nella sua fetta una moneta da un cent. Megan guardò incuriosita la moneta e chiese “Ma per voi è normale infilare delle monete nei dolci di Natale?”. La signora McKallister rise e spiegò “È una tradizione che ci siamo portati dietro dall’Inghilterra. Si usa mettere alcuni oggetti in questo dolce”. Rimase per un attimo sovrappensiero e disse “Puoi trovare un ditale, un bottone, un anello oppure una moneta ed ogni oggetto ha il suo significato”. “Se trovi un ditale oppure un bottone, vuol dire che rimarrai zitella o scapolo. Se trovi una moneta vuol dire che diventerai ricco, e se invece nella tua fetta c’è un anello, vuol dire che sarai il primo o la prima della famiglia a sposarti” continuò il marito con una lieve risata. “Che buffa tradizione. Mio padre non me l’aveva mai spiegata” commentò lei, ma mangiò con maggior cautela la fetta di dolce che le era toccata.
 
I due giorni che seguirono trascorsero tranquilli e Megan non stava più nella pelle al pensiero che, tra poco tempo, avrebbe rivisto i suoi genitori. Era pomeriggio ed aveva cominciato a piovere forte. Lei era nella sua camera, intenta a chattare con le sue amiche e le dita scorrevano veloci sui tasti del portatile. Rise di gusto, vedendo un video inviatele da Dalia, che immortalava Crystal mentre sciava. La compagna, impegnata in una discesa per esperti, inciampò in un sasso e fece qualche capriola in aria, prima di finire a terra, sollevando una nuvola di neve. Nicky rise di gusto appoggiata ad un abete e venne improvvisamente sommersa da una piccola valanga di neve, caduta dai rami più bassi dell’albero, causata dalla caduta di Crystal. Un secondo, questo da parte di Miriam, filmava lei, Susan e Wendy che si tuffavano da una meravigliosa scogliera bianca e la salutavano dalla videocamera, alzando alti schizzi d’acqua cristallina. Richard entrò nella camera e si fermò a guardarla scrivere velocemente i propri commenti sui video, notando anche la sua valigia aperta sul letto. Si stava preparando a tornare a casa sua, ormai doveva solo metterci il portatile e sarebbe stata pronta per andarsene. Non aveva dimenticato la scommessa fatta con gli amici appena due settimane prima. Negli ultimi giorni aveva sprecato diverse, troppe occasioni di baciarla per non farle perdere quel sorriso così dolce che le appariva sul viso quando era allegra. Gli piaceva molto vederla ridere, mentre i suoi cani la inseguivano nel giardino o quando pattinava sul lago dietro la casa. Non avrebbe mai pensato che scherzare con lei e passare del tempo insieme potesse essere così bello, ma adesso doveva darsi da fare. Non poteva fare la figura dello scemo davanti a tutti i suoi amici, doveva almeno provarci. La vide spegnere il portatile e voltarsi, come se avesse sempre saputo dove fosse. “Non ti hanno insegnato che si bussa prima di entrare in camera degli altri?” chiese la ragazza, “Veramente, questa è casa mia” ribatté lui, accigliato. “Lo so, ma le buone maniere valgono ugualmente” disse Megan, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Con chi stavi chattando?” chiese il giovane, avvicinandosi al tavolo, “Non credo che ti riguardi” ribatté lei acida. Negli ultimi giorni aveva scoperto una parte della personalità di Richard che non avrebbe mai immaginato. Sapeva essere dolce, divertente, gentile e molto comprensivo. Aveva fatto di tutto per distrarla quando suo nonno stava male e per non farla chiudere in se stessa. Da quella mattina, però, aveva ricominciato con il solito atteggiamento freddo e distaccato che usava a scuola ed il loro astio stava ricominciando ad emergere. “Hai ragione, non mi riguarda, ma voglio saperlo lo stesso” disse il ragazzo, continuando ad avvicinarsi. “Io non sono tenuta a dirtelo. Ora avrei da fare, quindi, se non ti dispiace, ti prego di uscire da questa camera” disse la compagna, alzandosi in piedi e dirigendosi verso il letto. “Vai già a dormire?” chiese Richard, tra l’incredulo ed il canzonatorio “Non credevo che ti stancassi così in fretta”. “Ma certo che no!” rispose la ragazza “Comunque quello che faccio non ti deve interessare. Ora, se non ti dispiace, va’ a farti un giro in giardino, almeno così calmi i tuoi bollenti spiriti sotto la pioggia”. “Fammi indovinare, tu vuoi che me ne vada così puoi parlare tranquillamente con il tuo fidanzato. Ho ragione?” chiese il giovane, con una smorfia di disgusto. “Non essere stupido!” esclamò lei, appoggiandosi con la schiena ad una delle colonne del letto. “Non ho mai avuto un ragazzo in vita mia” aggiunse poi, con voce flebile e venata di tristezza “Nessuno si è mai interessato a me, se non come ad un’amica”. O meglio, nessuno si era mai interessato davvero a lei, nessuno l’aveva mai amata in quel modo. Un lampo improvviso, seguito da un fragoroso tuono che fece tremare tutta la casa, le strappò un grido di paura e si aggrappò con forza alla colonna del letto. Il ragazzo le andò vicino e la vide tremare “Che cosa c’è? Non mi dire che hai paura di qualche tuono?!”. La vide deglutire a fatica prima di rispondere con voce flebile “Ho il terrore dei temporali! Se ci sono i lampi e i tuoni… mi viene la pelle d’oca”. Lui la guardò incredulo, poi esclamò stupito “Non posso crederci! Neanche i bambini hanno paura dei temporali! Ma come fai ad essere così fifona?!”. La ragazza perse il lume della ragione e, dimenticandosi totalmente del temporale che infuriava all’esterno, gli si avvicinò, gridando “Fifona? Tu mi hai dato della fifona?”, “Sì”. Possibile che quel ragazzo potesse mettere più canzonatura in quell’unico monosillabo di chiunque altro? Lei lo afferrò per il bavero della camicia che sporgeva dal pullover chiaro, e gli disse infuriata “In Messico i temporali erano rari, ma molto più forti di questi. Spesso erano veri e propri tifoni!”. Cercò di fermare il tremito alle mani, ma senza risultato; quei ricordi le facevano ancora male. “Un fulmine colpì una delle case del mio villaggio, quando avevo solo sei anni, e l’ha bruciata con tutte le persone che si trovavano all’interno!” sibilò, cercando di mascherare quello che provava. “Uno dei bambini che ci viveva era un mio caro amico ed io l’ho visto bruciare con tutta la sua famiglia!” aggiunse a stento “Scusa tanto se la paura non mi è mai passata!”. Lo fissò dritto negli occhi e sibilò “E poi chi sei tu per criticarmi? Chi sei tu per dire quello che posso o non posso fare? Tu non sai niente di me! Niente!”. Richard la guardò negli occhi per un lungo instante, perdendosi nelle profondità così limpide del suo animo. Poi le afferrò i polsi, staccandoli con dolcezza dalla camicia e glieli tenne fermi all’altezza del petto. Megan trasalì, sorpresa e spaventata allo stesso tempo quando sentì la forza della sua presa. “Ma che stai facendo? Lasciami, mi stai facendo male!” disse “Mollami ti ho detto!”. “Guarda che, se non mi lasci subito, mi metto a gridare!” esclamò divincolandosi, con la voce strozzata dalla paura. Lui sembrò non sentirla, ma la spinse verso la parete, fino a farle poggiare la schiena contro il muro. “Ma che cavolo stai facendo? Ti ho detto di lasciarmi!” esclamò lei spaventata. Il suo istinto le urlava di scappare, ma, anche mettendoci tutta la forza di cui disponeva, non riuscì a liberarsi. Iniziò a divincolarsi più forte, ma il giovane le prese i polsi con una mano sola, serrandoli in una morsa d’acciaio, e glieli sollevò sulla testa. La mano libera andò invece ad afferrarle i capelli, in modo da tenerle ferma la testa. La ragazza sentì brividi gelidi scorrerle lungo la schiena, mentre lo guardava con gli occhi spalancati dal terrore. Aveva lo sguardo teso e i suoi occhi, verdi e profondi, brillavano in modo strano, ma, prima che potesse dire o fare qualunque cosa, Richard abbassò il capo e la baciò con forza sulle labbra. Megan spalancò gli occhi, sconvolta, ed iniziò subito a lottare per liberarsi, ma lui la teneva troppo forte. Il suo peso la schiacciava contro il muro, impedendole ogni via di fuga. Il giovane rise tra sé e sé, sentendo che aveva serrato le labbra, ma era totalmente inutile. Eppure quella resistenza da parte sua lo divertiva. Non era una che si arrendeva così facilmente. Le aprì con decisione ed assaporò la sua dolcezza. Le sue labbra erano morbide, calde e sapevano vagamente di miele, un sapore così dolce da scaldarlo dentro. La ragazza cercò di liberarsi in tutti i modi, scuotendo la testa, ma il compagno aumentò la presa, bloccandola. Aveva il cuore che batteva all’impazzata, a tal punto che sembrava dovesse farle scoppiare il petto. Si sentì violata, sopraffatta, dominata senza alcuna pietà. Provò a divincolarsi in ogni modo, nel tentativo di sfuggirgli e, finalmente, riuscì a colpirlo con un piede sulla caviglia. Ci mise tutta la sua forza e Richard si staccò con un gemito. Non appena riuscì a liberare una mano, lei lo colpì in faccia con uno schiaffo ed il colpo rieccheggiò nella stanza. “Come hai potuto farmi una cosa del genere?” urlò, mentre le lacrime iniziavano a scorrerle sul viso, senza che potesse fermarle. “Credevo che tu fossi cambiato! Pensavo di aver trovato la tua vera personalità! Credevo che avessi anche tu dei sentimenti” sussurrò sconvolta “Perché mi hai fatto questo?”. Senza aspettare neanche la risposta, corse fuori, senza prendere né il cappotto né nessuna delle sue cose, e corse sotto la pioggia battente fino a casa. Si fermò solo sotto la veranda di casa, bagnata fino alle ossa e singhiozzante. Si appoggiò contro la parete e si lasciò scivolare a terra, scossa da violenti singhiozzi e da brividi di freddo, piangendo forte. Non poteva essere successo davvero, non di nuovo. Senza riuscire a calmarsi, si passò un dito tremante sulle labbra: erano gonfie ed illividite… Non riusciva a credere a quello che le aveva fatto. Non poteva averlo fatto solo per quella stupida scommessa…
Shiver e Thunder, che l’avevano seguita sotto la pioggia gelida, le andarono accanto e si stesero lì vicino, donandole un po’ di calore e conforto. Lei li accarezzò riconoscente e rimase immobile, a guardare le nuvole plumbee ed il cielo che andava lentamente rischiarandosi.
 
Con un gesto furioso, Richard scaraventò tutte le sue cose per terra, lasciando la scrivania totalmente vuota, mentre sul pavimento si andava formando un caos di abiti e libri. Infuriato, riprese a camminare nervosamente su e giù per la sua camera, passandosi una mano tra i capelli. Era riuscito a baciarla, era a metà della scommessa. Avrebbe dimostrato agli altri quello che era in grado di fare, perché questo non gli dava alcuna soddisfazione? Si sentiva male come non mai in vita sua, ma per quale motivo? Si sedette sul letto con un sospiro e si prese la testa tra le mani, cercando di mettere in ordine tra i suoi pensieri. La voce di Megan continuava a rimbombargli nella mente, in modo quasi ossessivo “Pensavo di aver trovato la tua vera personalità. Credevo che avessi anche tu dei sentimenti!. Scosse il capo con forza per scacciare quella voce ed iniziò a prendere a pugni il cuscino, deformandolo sempre più. Possibile che quelle parole gli facessero più male dello schiaffo che ancora gli bruciava sulla guancia, la stessa già colpita le volte precedenti? Ogni volta che litigavano, lui si beccava puntualmente uno schiaffo in faccia…
Si costrinse a fermarsi, cercando di riprendere il controllo sulla propria mente, ma i suoi pensieri continuavano a mostrargli lo sguardo sofferente di Megan, prima che fuggisse. Ma perché quell’espressione ferita lo faceva sentire così male? Non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo; stava impazzendo. Colpì duramente il materasso, che si deformò sotto il suo pugno, facendo cigolare le molle al suo interno. Sentendo quel rumore, capì fino a che punto fosse furioso con lei e con se stesso e si fermò di colpo. Cercò di calmarsi, respirando a fondo, o sarebbe stato capace di demolire la camera. Poi, quando si fu rilassato a sufficienza, si alzò ed uscì a grandi passi dalla stanza. Andò nella camera prima occupata dalla ragazza, poggiò il portatile sugli abiti ben ripiegati e chiuse la valigia. Alla fine, preso il suo cappotto sotto braccio, si diresse a passo svelto verso il numero 10, fermamente deciso a non rivederla per il resto delle vacanze. Magari, anche per il resto della sua vita. 


Ok, anche questa è andata. non linciatemi, please!  Siùo ke, in questi cappy, Richard è tutt'altro che simpatico, ma vedrete! ne succederanno davvero di tutti i colori! novità in agguato x i nostri protagonisti, alcune anche piuttosto...interessanti! ringrazio ancora tutte coloro che seguono la FF, spreando che sia di vostro gradimento.

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Capitolo 7
*** Incubi e teatro ***


Salve a tutte! scusate se aggiorno a quest'ora, ma solo adesso trovo il tempo per farlo. ringrazio tantissimo tutte le persone che seguono questa FF,e , in particolare, ringrazio Pandora e Visbs88 per le bellissime recensioni. Allora, dopo il bacio, che cosa succederà tra quelle due teste dure? ;-) vedrete, vedrete! adesso vi lascio al nuovo cappy, buona lettura!

7-Incubi e teatro

Miguel tornò a casa dopo la chiamata dei suoi genitori; stavano tornando e gli consigliavano di andare a casa insieme a Megan. Quando arrivò al cancello, si fermò di colpo, vedendolo spalancato. Eppure era sicuro di averlo chiuso, prima di andarsene! Entrò nel giardino e, sotto la veranda, vide la sorella addormentata insieme a Shiver e Thunder. “Megan!” gridò, precipitandosi verso di lei, la prese per le spalle e la scosse, accorgendosi che era totalmente bagnata, “Meg! Svegliati, avanti! Svegliati! Apri gli occhi!”. Finalmente, lei aprì gli occhi e mormorò con un filo di voce “Miguel, sei tu?”. Sbatteva continuamente le palpebre e sembrava che non riuscisse a mettere a fuoco il volto del fratello. “E chi dovrebbe mai essere?” esclamò l’altro “Ma che ci fai qui? Sei bagnata fradicia, ma che cos’è successo?”. Per tutta risposta, la ragazza scoppiò in lacrime e disse “Ti prego, non chiedermi niente. Non voglio parlarne. Lasciami stare”. Lui capì che era inutile insistere al momento e l’accompagnò dentro. “Ti conviene farti una doccia calda ed andare a dormire. Qui ci penso io” le mormorò. La ragazza si limitò ad annuire, poi disse “Miguel, ti prego non dire niente a mamma e papà. Non voglio farli preoccupare”, “D’accordo”. La vide salire le scale e sparire al piano di sopra, ma che accidenti le era successo? Non aveva mai visto sua sorella così sconvolta prima d’ora! Non era certo un tipo che si lasciava spaventare tanto facilmente; doveva esserle successo qualcosa di pesante. Passeggiò nervosamente per la cucina per un buon quarto d’ora, in cerca di una risposta, ma non venne a capo di niente. Lo squillo improvviso del campanello lo fece sobbalzare, aprì la porta e vide Richard, con la valigia ed il giubbino di Megan tra le mani. “Megan ha dimenticato queste da me” disse l’amico, porgendogliele “Ho pensato che fosse il caso di passare”. “Grazie, Richard, ma… Mi sai dire che cosa l’è preso?” chiese il giovane “L’ho trovata bagnata fradicia sotto la veranda e mi sembra sconvolta. Che cos’è successo?”. Il ragazzo si strinse nelle spalle, dicendo “Non lo so. Scusami, ma ora devo andare”. Lo salutò e si avviò velocemente verso casa, sparendo alla vista. Miguel chiuse la porta e trasportò la valigia ed il cappotto in camera della sorella, rimuginando su quello che stava accadendo. Ma che cosa le sarà successo? mormorò tra sé e sé Scommetto tutto quello che ho che Richard non è stato del tutto sincero. Aveva una faccia troppo strana…. Mentre usciva dalla stanza, vide Megan nel corridoio; si era cambiata ed ora indossava la sua vestaglia rossa sopra il pigiama. Evidentemente aveva freddo, perché era la più pesante che aveva nell’armadio. La ragazza gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui rispose “Richard ha riportato le tue cose. Ha detto che le hai dimenticate a casa sua”. La giovane si precipitò verso la valigia, l’aprì e la controllò da cima a fondo, poi la chiuse con un sospiro di sollievo e la trascinò accanto al letto. “Posso sapere cosa accidenti è successo?” chiese ancora il fratello, poggiando il cappotto sulla sedia accanto alla scrivania “Vuoi dirmelo o no?”. Lei scosse il capo, dicendo “Non capiresti”, “Se non me lo spieghi è ovvio che non lo capirò mai!”. “Miguel, lasciami in pace! Non voglio parlarne!” sbottò la sorella. Lo cacciò dalla stanza senza tanti complimenti e sbatté la porta, poi si nascose sotto le coperte, cercando un po’ di calore in quel rifugio improvvisato. I brividi la scossero ancora per qualche minuto, poi il calore le sciolse i muscoli irrigiditi e si addormentò, sprofondando in uno stato di dormiveglia.
Nel frattempo, i suoi genitori tornarono da Dallas. Miguel sentì lo stridere delle ruote sul vialetto e si affrettò ad aprire la porta per farli entrare, sospirando di sollievo. Avevano tutti le facce di chi non ha dormito per diverse notti, ma sorridevano, perché alla fine era andato tutto bene. La madre lo abbracciò forte e gli chiese “È andato tutto bene, caro? Come stai? Megan è tornata a casa?”. “Vacci piano, mamma! Mi stai strozzando…” mugugnò lui con voce soffocata. Grecia lo liberò dall’abbraccio ed il ragazzo continuò “Comunque sì, è andato tutto bene ed ho superato gli esami con buoni voti”. Rimase per un attimo in silenzio, poi aggiunse “Megan è di sopra, sta dormendo. Credo che non si senta molto bene”. “Cos’ha?” chiese il padre, entrando con Ines tra le braccia. “Non me l’ha detto” rispose il figlio “Sono stato io a capire che non sta affatto bene, né mentalmente né fisicamente, ma mi ha pregato di non mettervi in allarme”. Poi li guardò e si affrettò ad aggiungere “Non è niente di grave, secondo me ha solo un po’ di febbre”. Sapeva che i suoi genitori se ne sarebbero comunque accorti quando sarebbero saliti da lei. E poi, era inutile mentire a sua madre, lo conosceva troppo bene…
Grecia salì al piano di sopra ed entrò nella camera della figlia, preoccupata da quello che le aveva detto Miguel. Era addormentata su un fianco, con le coperte tirate fin sotto il mento per proteggersi dal freddo. Si sedette sul bordo del letto e le poggiò una mano sulla fronte per controllarle la temperatura. Era bollente, come se fosse accanto ad una stufa, e di tanto in tanto gemeva nel sonno. La donna scese di nuovo al piano inferiore ed iniziò a cercare il termometro in uno dei mobili accanto all’ingresso. “Che cosa stai cercando?” le chiese il marito, “Il termometro. Megan ha la fronte che scotta”. “Ma come si sarà ammalata?” chiese Alan, guardando il figlio in cerca di risposte. Miguel alzò le spalle poi disse “Quando sono tornato, l’ho trovata addormentata sotto la veranda. Era bagnata fino alle ossa”. Si passò una mano tra i capelli e mormorò “Le ho consigliato di farsi un bagno caldo e di andare a dormire”. Il padre andò a cercare il termometro in un altro mobile e, quando lo trovò, lo porse alla moglie, seguendola di sopra. Trovarono la figlia sveglia, che li accolse con un sorriso “Bentornati! Com’è andato il viaggio?”. “Bene. Grazie, tesoro. I nonni vi mandano i loro saluti” disse il padre, poi chiese “Posso sapere come accidenti hai fatto ad ammalarti, piccola?”. Lei non rispose e loro non insistettero, capendo che non ne voleva parlare. A volte, sapeva diventare tremendamente taciturna. Quando il termometro suonò, segnava 39.4°. “Accidenti” mormorò Alan sorpreso “È bella alta!”, “Già. Questo vuol dire che, per qualche giorno, rimarrai qui al caldo” disse la madre. Le sorrise con dolcezza ed aggiunse “Ti vado a preparare una minestrina calda, tesoro. Ti farà bene”. “Vuoi che ti porti un’altra coperta?” le chiese suo padre, “No, ti ringrazio. Sto bene così”. Megan aspettò che i genitori fossero scesi nel salotto, prima di richiamare Thunder e Shiver con un fischio. I due cani si precipitarono nella sua camera e si sistemarono sui suoi piedi, riscaldandola. “Bella famiglia, eh Shiver?” chiese la ragazza, guardando i due aski. La cagna abbaiò a confermare la frase e lei rise, divertita.
 
Nei giorni che seguirono, Megan si alzò dal letto il meno possibile; sentiva continui brividi gelidi lungo la schiena e la testa le pesava come un macigno. Le sue amiche avevano chiamato più volte da quando le aveva avvisate che non stava troppo bene. Sembravano davvero preoccupate per lei e la tenevano al telefono per parecchio, cercando di distrarla. Questo l’aiutava a far trascorrere il tempo più in fretta, ma c’era una cosa che non riusciva a smettere di pensare: il motivo per cui Richard l’aveva baciata. Era sicura al cento per cento che l’avesse fatto per quella maledetta scommessa decisa con gli amici alcune settimane prima, e lo odiava per questo. Come poteva ritenerla così priva di sentimenti, da trattarla come un oggetto qualunque? Non gli avrebbe permesso di farlo di nuovo, a costo di cambiare scuola! Quel ricordo la tormentava senza tregua; spesso si svegliava di soprassalto e faceva molta fatica a riaddormentarsi. Era come se ogni notte tornasse a vivere quel momento, in un modo tremendamente realistico. Continuava a sentire la forza della sua presa sui polsi e sui capelli, il peso del suo corpo che la schiacciava contro la parete, ma soprattutto la violenza con cui l’aveva baciata. Ogni volta che si svegliava da quell’incubo, sentiva le labbra bruciare come se fosse appena successo e malediva Richard con tutte le parolacce che conosceva, finché non riusciva a riaddormentarsi. È vero, era stato solo un bacio, ma il modo in cui l’aveva bloccata… Nessun ragazzo le era mai andato così vicino, o le aveva mai fatto qualcosa di simile. No, era inutile mentire anche a se stessa; era già accaduto. Quella situazione la faceva stare così male perché le aveva ricordato un episodio che avrebbe preferito dimenticare e l’aveva fatta sentire inerme come allora. E quel bacio così violento per lei era una ferita nell’orgoglio, perché sentiva di non essere riuscita a difendersi adeguatamente. Non era riuscita ad impedirgli di fare ciò che voleva e l’aveva fatta sentire debole e vulnerabile. Di nuovo, esattamente come quella volta. Capì ben presto che non ce l’avrebbe fatta a tornare a scuola per tempo e si rassegnò a sentire le sue compagne solo per telefono. Non sapeva che, al suo ritorno, avrebbe dovuto affrontare Richard in un modo che non avrebbe mai immaginato.
 
Il primo giorno di scuola, il ragazzo si stupì di non vedere una Megan infuriata, pronta a fargliela pagare. Così chiese a Nicky come mai non fosse venuta e restò sbalordito dalla risposta. “Megan non sta molto bene” rispose la compagna “Ha la febbre abbastanza alta e credo non sia ancora in grado di tornare in classe. Ma perché t’interessa tanto saperlo?”. Lui si strinse nelle spalle e non rispose, spostando rapidamente lo sguardo in un’altra direzione. Capì che si era ammalata per tutta l’acqua che aveva preso quando era scappata, ma non ebbe il tempo di rimuginarci oltre perché Walter, Alex, Martin e tutti gli altri gli andarono subito incontro. Volevano sapere come avesse passato le vacanze, ma soprattutto per sapere se fosse riuscito a baciare almeno una volta Megan. Walter era il più insistente del gruppo ed alla fine il giovane dovette ammettere di essere a metà strada nella scommessa. I ragazzi si guardarono negli occhi, colpiti. “Non credevo che tu potessi riuscirci!” ammise Oliver “Ero sicuro che non ci saresti riuscito!”. “Ma come accidenti hai fatto?” chiese Eric sbalordito “Le hai dato qualcosa di strano da bere?”. “No” mormorò lui, passandosi istintivamente una mano sulla guancia colpita. Era assurdo, ma sentiva ancora il dolore di quel colpo come se lo avesse appena ricevuto. In cuor suo, sperò di non riceverne altri in futuro. “Ehi, diamoci una calmata” esordì Walter con voce dura, riportandolo alla realtà “Sei solo a metà strada, quindi non montarti troppo la testa. Dubito fortemente che riuscirai a baciarla di nuovo”. Il compagno si strinse nelle spalle ed andò al suo posto; meno pensava a quello che era successo, meglio era. La professoressa non si fece attendere a lungo, arrivando in classe pochi minuti dopo con due scatole provviste di una fenditura in cima e diverse buste da lettere. I ragazzi la guardarono stupefatti e la signorina Winkest soddisfò la loro curiosità “Ragazzi, quest’anno faremo uno spettacolo teatrale su un autore di origini italiane: Luigi Capuana”. Quando fu sicura che la classe la stesse ascoltando, continuò “Ha scritto molte fiabe, soprattutto nell’ambito del sovrannaturale: streghe, fate, maghi, draghi ed incantesimi. Ho pensato che non avreste sopportato grandi classici come Shakespeare”. “Spesso parlano di storie d’amore e spero che tutti voi non facciate storie per questo spettacolo” aggiunse con uno sguardo severo. Molte ragazze accolsero entusiaste la notizia e Miriam chiese “Scusi, professoressa. Quale storia interpreteremo? Capuana ne ha scritte sicuramente molte”. “La storia che metteremo in scena si chiama <<Milda>> ed è proprio un testo teatrale. Gli spettacoli erano già molto diffusi all’epoca” spiegò l’insegnante. “Qual è la trama della storia?” chiese Wendy, che si era incuriosita e voleva saperne di più. “È una storia d’amore tra un giovane cacciatore, Wolff, ed una fanciulla, Milda per l’appunto” disse la professoressa. “Il loro amore è ostacolato dal perfido mago Rospus che vuole farsi amare da Milda per vivere in eterno insieme agli spiriti. Ma il coraggioso ragazzo ha un’amica preziosa, la potente fata Vampa, che gli indica il modo per salvare la ragazza che ama” aggiunse, mostrando loro alcune immagini. “Nella storia compaiono anche molte persone trasformate dal mago in rospi e rane poiché si erano opposti al suo volere” concluse sorridendo “Ritorneranno alla loro forma originale quando Wolff sconfiggerà Rospus in un duello”. Parecchi maschi si portarono le dita in gola, fingendo di vomitare e l’insegnante li fulminò con lo sguardo. “Oggi dobbiamo decidere chi avrà i diversi ruoli. Quindi scrivete i vostri nomi sui biglietti che troverete nelle buste, poi richiudetele ed infilatele in queste scatole. Sarete divisi tra maschi e femmine. Io ne prenderò due a caso da ciascuna scatola e vi scriverò sopra i nomi dei personaggi principali” disse, preparando l’occorrente. Il suo sguardo si fece improvvisamente duro “Non voglio polemiche se qualcuno non viene scelto per il ruolo che voleva. Ognuno si tiene quello che gli è capitato, chiaro? Non ammetto cambi di personaggi o rinunce da parte di nessuno”. Lasciando vagare lo sguardo sulla classe, mormorò “Per favore qualcuno di voi scriva anche il nome di Megan, dato che oggi è assente”. “Però vi avverto” aggiunse, mentre li osservava “Non ci sono abbastanza personaggi per tutti e quindi coloro che resteranno fuori dallo spettacolo potranno organizzare qualcosa di loro gradimento”. Walter appoggiò la testa sulle braccia incrociate e mugugnò “Almeno non è <<Romeo e Giulietta>> di Shakespeare. Quello sì che avrebbe fatto schifo”. “Oh, Romeo, Romeo. Perché sei tu, Romeo?” intonò Martin, recitando una delle frasi più celebri dell’opera. “Piantala” borbottò Eric “Io odio quelle scene smielate che fanno tanto impazzire le ragazze. Per me sono tutte cavolate”. Intanto, Allison ed Alex fecero il giro dei banchi, distribuendo le buste ai compagni, poi si sedettero e scrissero i loro nomi sui foglietti. Jennifer fece sentire la propria voce in tutta la classe, dicendo “Sicuramente sarò io ad avere il ruolo di protagonista. Nessuno è più brava di me a recitare!”. “Già, nessuno è più brava di te a fingere di star male quando c’è un’interrogazione, Jennifer” sibilò Nicky, facendo scoppiare a ridere tutta la classe. Lei le rivolse uno sguardo furente, ma non poté replicare alla frecciatina e si ripromise di fargliela pagare alla prima occasione. Nicky e la sua combricola di amichette avrebbero fatto bene a stare in guardia. Susan attirò l’attenzione dell’insegnante, dicendo “Professoressa, che ne pensa se quelli che non possono partecipare allo spettacolo creassero una coreografia su una canzone?”. “Ottima idea. Complimenti, Susan, ma badate a scegliere una canzone moderna e più consona ai vostri gusti. Non vorrei che il pubblico si addormentasse nel teatro!” ridacchiò la professoressa. Pochi minuti dopo, tutti gli studenti consegnarono le buste ed aspettarono che la professoressa mescolasse bene all’interno delle scatole. La tensione era tangibile, ogni ragazza sperava di ottenere il ruolo di protagonista, magari per far colpo sui ragazzi che popolavano i loro pensieri o per il semplice gusto di farsi invidiare dalle amiche. Quando l’insegnante prese quattro buste a caso e vi scrisse i nomi dei personaggi, non si sentiva nessuno. Molti ragazzi non osavano neanche respirare. La signorina Winkest prese la prima busta e aprendola, disse “Il ruolo di Wolff è di Richard! Sei fortunato, ragazzo. Mi raccomando, impegnati a fondo!”. Lui sorrise e prese i fogli su cui era scritta la trama con le battute di tutti i personaggi. Le sue erano evidenziate da un pennarello rosso, in modo che risaltassero al meglio. “Il solito fortunato!” borbottò Karl burbero “Il più gettonato della classe nei ruoli migliori!”. L’amico fece una smorfia divertita, anche se non si sentiva particolarmente entusiasta di partecipare come protagonista. Le solite cose mormorò tra sé Sempre la solita rottura. Chissà a chi capiterà il ruolo di Milda… Diede un’occhiata alla trama e, lasciando vagare lo sguardo sulla classe, si ritrovò a fissare lo sguardo sorridente e speranzoso di Jennifer. Distolse velocemente lo sguardo e rabbrividì Speriamo solo che non tocchi a Jennifer!. “Il ruolo del mago Rospus va a… Walter! Cerca d’impegnarti anche tu” continuò la professoressa, consegnando un altro fascio di fogli al ragazzo. Il giovane non aprì bocca e tornò al suo posto come se niente fosse; era evidente che non gli importava granché del ruolo che avrebbe avuto nello spettacolo. “Wow! Richard e Walter che si contendono una ragazza!” ridacchiò Philiph “Ne vedremo delle belle, ragazzi!”. Gli amici risero ed annuirono, mentre i diretti interessati facevano smorfie indifferenti. Walter osservò le proprie battute e gli sfuggì un’esclamazione sorpresa “Signorina Winkest, ma dobbiamo anche cantare?!?”. Richard lo fissò sconcertato ed osservò il suo copione, “Oh, no. Non se ne parla! Questo è troppo!”. Eric gli fece una smorfia divertita “Questo è il prezzo da pagare per la celebrità, amico mio!”. “La fata Vampa viene invece rappresentata da… Crystal! Fatti onore, mi raccomando” disse la signorina Winkest, continuando ad assegnare le varie parti. La ragazza sorrise radiosa e prese i fogli con le sue battute; non erano molte, ma il suo personaggio era fondamentale per l’esito della storia. Sua sorella le diede una pacca sulle spalle e disse “Fantastico! Così posso truccarti per lo spettacolo!”. Crystal lanciò un verso di disappunto e cercò di non pensare alle manie di beauty case di Dalia. Le venivano i brividi solo all’idea! Quando l’insegnante prese l’ultima busta, la classe era sprofondata nel silenzio più assoluto. Rose stringeva il bordo del banco così forte che le nocche le erano totalmente sbiancate. “Il ruolo di Milda” disse la professoressa, aprendo la busta con una lentezza che a molte ragazze sembrò esagerata, “è assegnato a… Megan”. Megan? si chiese Richard Cavoli, questa proprio non ci voleva. Certo, è sempre meglio di Jennifer, ma non è che le cose siano poi andate tanto meglio…. Lo strillo acuto di Jennifer bucò la bolla di silenzio che si era formata nella classe. “Che cosa? Megan interpreterà Milda nello spettacolo?!?” urlò sconvolta. “Sì, Jennifer. Sarà Megan ad interpretare la parte” rispose l’insegnante, senza batter ciglio. “NO! Mi rifiuto! Lei non può farlo!” urlò la ragazza, ancora più infuriata “Io devo interpretare Milda! Sono IO l’unica che può fare questa parte!”. “Mi dispiace, ma è andata così e non sei tu a dover decidere” replicò duramente la professoressa, mettendo fine alla questione. “Scommetto che Meg non ne sarà affatto entusiasta” sussurrò Nicky a Wendy, mentre la professoressa assegnava le parti delle persone tramutate in rospi dal mago Rospus. “E perché mai? Ha il ruolo di protagonista!” ribatté Wendy “Tutte vorrebbero quella parte. Ha avuto una fortuna a dir poco sfacciata!”. “Sì, ma ti stai dimenticando chi interpreterà il cacciatore Wolff?” chiese l’amica, facendole capire il problema. Dalia, dietro di loro, fece una smorfia e disse “Ma chi glielo dirà? Io e Crystal viviamo nel suo stesso quartiere, ma oggi dobbiamo andare dai nostri nonni e staremo via tutto il giorno!”. “Accidenti al temporale di ieri sera” brontolò Nicky “Se quello stupido ramo non avesse toccato i fili dell’alta tensione, potremmo avvisarla per telefono”. “Chi altro vive a Zaffire Street che potrebbe avvisarla? Ci dovrà esser qualcun altro…” chiese Miriam in tono concitato. “C’è solo una persona” replicò Crystal, con una smorfia preoccupata che non prometteva niente di buono. “Oh, no! Non dirlo!” implorò Miriam, capendo a chi si riferiva. “Richard McKallister” sussurrò Dalia con aria cupa.
Alla fine delle lezioni, Nicky si avvicinò a Richard e disse “Ehi, Richard. Posso chiederti un favore?”. “Certo, tutto quello che vuoi!” rispose lui, con il suo ghigno strafottente sul volto. “Potresti avvisare tu Megan che le è stata assegnata la parte nello spettacolo?” chiese l’amica. Il sorriso del compagno sparì improvvisamente, sostituito da uno sguardo poco rassicurante, “No, oggi ho da fare”. “Ti prego!” lo implorò la ragazza “Dalia e Crystal non ci saranno per tutta la giornata e tu sei l’unico che vive nel suo stesso quartiere!”. “Noi viviamo un po’ troppo distanti, altrimenti la avviseremmo noi!” aggiunse “E lo sai anche tu che la linea telefonica sarà di nuovo funzionante solo tra due giorni!”. Il giovane alzò gli occhi al cielo, prima di rispondere “D’accordo, ma solo per stavolta”, “Grazie. Ti devo un favore!” mormorò Nicky, salutandolo.
 
Pochi minuti dopo, Richard si chiese come avesse potuto farsi abbindolare in quel modo, quando si era chiaramente ripromesso di non rivolgere più la parola a quella ragazza. A pensarci bene, non sarebbe stato affatto facile dato che dovevano recitare insieme. Si fermò sul ciglio della strada e varcò il cancello, proprio mentre Shiver e Thunder gli correvano subito, abbaiando giocosi. Il giovane li accarezzò per farli tacere e bussò al campanello. La voce della compagna arrivò da una finestra del piano superiore, seminascosta dalle robuste fronde di una quercia che s’innalzava più alta della casa, “È aperto”. Lui aprì la porta con l’espressione di un condannato a morte ed entrò nel piccolo ingresso. Se da fuori era una bella casa, non era niente rispetto all’interno; semplice, ma arredata con buon gusto. La cucina, che serviva anche da sala da pranzo, era dipinta con un bel giallo solare, che metteva allegria solo guardando il muro. Il salotto invece era di un bianco immacolato, fatta eccezione per la credenza, di un bel colore castano chiaro. In un vano di quest’ultima si trovava la televisione, mentre un camino di pietra bianca faceva bella mostra di sé su una parete della camera. Sopra c’erano un sacco di fotografie della famiglia, ma non perse tempo a guardarle. Seguendo la voce della giovane, il ragazzo salì le scale fino al piano superiore e si fermò davanti alla porta con sopra una targa con il suo nome. Aprì lentamente la porta e vide Megan di spalle, notando che indossava un paio di auricolari, uno dei quali le penzolava sulla maglietta. “Cos’hai dimenticato stavolta, Miguel?” disse la ragazza, senza voltarsi. Non ottenendo risposta, girò la sedia su se stessa. Aveva gli un’espressione annoiata sul volto; evidentemente Miguel era un gran smemorato… La giovane si bloccò di colpo quando, al posto del fratello, si ritrovò di fronte Richard. Lui sorrise e chiese divertito “Allora, ti è passata la febbre?”. Lei si sfilò gli auricolari e si alzò di colpo, con un’espressione sorpresa “Tu che diavolo ci fai qui?”. “Non sembri molto felice di vedermi, eh?” mormorò Richard, squadrandola. “Che stavi ascoltando?” le chiese improvvisamente, notando che la musica sul computer continuava. “Una canzone italiana” replicò la ragazza “Qualcosa che dovresti ascoltare anche tu. Parla della donne e di come non dovrebbero essere viste”. “E cioè?”, “Noi non siamo degli oggetti” spiegò lei, lanciandogli uno sguardo eloquente. “Guarda che sono solo venuto a darti le ultime novità dalla scuola, dato che le tua amiche non potevano farlo. La professoressa di lettere ha organizzato uno spettacolo teatrale” spiegò il ragazzo, accigliato. Battagliera come sempre, se non peggio; chissà come avrebbe preso al notizia dello spettacolo teatrale… Preferiva non pensarci. La guardò per un attimo, poi si voltò, girovagando per la stanza, gli occhi fissi su tutto quello lo circondava. “Non credevo che ti piacesse tanto il lilla. Credevo che il tuo colore preferito fosse il verde acqua, come i tuoi occhi” disse, guardandola in volto. “E vedo che ti piace molto la musica italiana, che buffo…” aggiunse, osservando i titoli dei Cd impilati su di uno scaffale. “Comunque lo spettacolo è basato su una storia di Luigi Capuana: <<Milda>>” disse tranquillo. “<<Milda>>? Ma è una delle storie che preferisco!” esclamò la ragazza incredula, prendendo il libro dallo scaffale e cercando la pagina con la storia. “Chi interpreta i vari personaggi?” chiese, colta da un improvviso fremito. “Tu sei la protagonista, Milda. Crystal è la fata Vampa e il mago Rospus è interpretato da Walter. Io invece sono Wolff, il cacciatore” rispose il ragazzo. Lei lo guardò incredula e il libro le cadde con un tonfo, poi, di colpo, gridò “MAI!”. Il compagno la guardò sconcertato, ma che diamine le era preso adesso? “Non farò mai quella parte, men che mai con te che interpreti Wolff!” esclamò la giovane. “Mi spiace, ma sei in ballo e non puoi ritirarti. L’insegnate ha deciso così” disse Richard, con uno sguardo severo. “No! Non ti darò l’opportunità di provarci di nuovo!” urlò la compagna “E adesso fuori di qui!”. “Cos’è che dovrei provare di nuovo?” chiese l’altro serio, poi capì ed un sorriso gli apparve sul volto. “Mi stai buttando fuori?” rise, decisamente divertito da quella reazione. “Sì, e se non te ne vai immediatamente, ti sbatto fuori a calci!” lo minacciò Megan. “Ma fammi il piacere!” la canzonò l’amico “Senti, ti chiedo scusa. Mi dispiace che tu l’abbia presa così male, ma non puoi ritirarti adesso”. La guardò serio e disse “Nessuno può abbandonare la parte. La signorina Winkest è stata chiara su questo punto”. “E tu credi che questo risolva tutto? Credi che basti chiedere scusa per ripagare tutto quello che ho provato e le notti in bianco che ho trascorso per colpa tua?” urlò la ragazza infuriata. Gli si avventò contro, colpendolo in tutti i punti che riusciva a raggiungere, a tal punto da costringerlo ad usare le braccia come scudo. Era davvero infuriata! “Per colpa tua!” gridò con forza “Tu, maledetto, lurido bastardo! Verme schifoso! Porco approfittatore! Razza di stronzo! Stupido, odioso, arrogante, pallone gonfiato! Non sai quello che ho passato per colpa tua!”. “Meg! Datti una calmata!” imprecò il giovane, cercando di fermarla. Lei continuò a colpirlo con più forza ed urlò “Non osare prenderti certe confidenze con me! Io per te sono solo Megan, hai capito?!?”. Il ragazzo capì che se non l’avesse fermata subito, ne sarebbe uscito male; era davvero furiosa con lui e la rabbia non le sarebbe sbollita tanto facilmente. Improvvisamente, l’afferrò per le braccia, appena sopra il gomito, e gliele serrò ai lati del corpo in una morsa ferrea. La giovane trattenne rumorosamente il fiato, quando sentì la forza della sua presa e strinse d’istinto le labbra per impedirgli di baciarla ancora. Non gliel’avrebbe permesso di nuovo, a qualunque costo. “D’accordo, Megan. Hai chiarito il concetto” esclamò lui furibondo “Ma se ti fossi fermata anche solo un attimo ad ascoltare, ti saresti accorta che c’è un neonato che piange in questa casa!”. La compagna rimase in silenzio, incapace anche solo di provare a reagire sotto quello sguardo, improvvisamente così cupo e furioso. Sembrava che sprizzasse scintille da quegli occhi verdi, così magnetici e incredibilmente belli…
Improvvisamente, sentì un pianto, che ben conosceva, arrivare dalla camera di fronte alla sua. “Ines” mormorò, prima di iniziare a divincolarsi, ma non ce ne fu bisogno. Richard la lasciò andare e la seguì in una camera dalle pareti color crema, dove si trovava una culla in mogano con dentro una bambina di all’incirca due anni, che non smetteva di piangere. Megan la prese in braccio, dicendo “Cosa c’è, piccola? Dai, non piangere così. Fa’ la brava. Cosa c’è?”. Iniziò a cullarla dolcemente e la piccola si calmò, anzi, dopo pochi istanti sorrise, rivolta allo sconosciuto che la guardava con stupore. La ragazza si girò verso di lui e chiese “Scusa, che hai da guardare in quel modo? Non hai mai visto una bambina piccola?”. “No, ma mi stavo chiedendo se è tua sorella. Siete praticamente identiche! Sembrate quasi gemelle” rispose il giovane, avvicinandosi. “Tranne per gli occhi, i suoi sono color nocciola” aggiunse sorridendo “Proprio come quelli di Miguel”. “Certo che ne dici di stupidaggini” borbottò lei acida “Comunque, dato che ci tieni tanto a saperlo e non ci arrivi da solo, è mia sorella. Lo dissi il primo giorno a scuola”. La bambina tese le braccia verso di lui, con evidente sorpresa della sorella, ma il suo stupore aumentò quando il compagno le chiese “Ti dispiace se la prendo in braccio?”. Gliel’affidò con una certa riluttanza, ma non poté trattenere un sorriso quando Ines gli tirò una ciocca di capelli, ridendo come una matta. “Ehi! No! Per favore, molla i capelli! Mi fai male!” esclamò il ragazzo, tentando di liberarsi. La piccina lo lasciò andare e rise di nuovo, battendo le mani come davanti ad un nuovo giocattolo. “Accidenti! Non credevo che un bambino così piccolo potesse avere tanta forza!” disse sorpreso. “Se non fosse perché tu sorridi di più, saresti identica a tua sorella” aggiunse poi con un ghigno, guardando prima la piccola e poi la sua compagna di classe. La giovane, per tutta risposta, commentò sarcastica “Gran bella battuta, sto crepando dalle risate!”. Richard depositò delicatamente la piccola nella culla ed uscì dalla camera, seguito da Megan. “Non credevo che te la cavassi così bene con i bambini, sono davvero sorpreso!” ammise colpito. La ragazza sbuffò “Cosa c’è di tanto sorprendente? Comunque, che stavi dicendo prima?”. Prima lo dici, prima te ne vai da qui! pensò poi tra sé e sé Se rimani anche un minuto di troppo, finisce che ti spacco la faccia. “Allora, questi sono i fogli con le battute” disse il giovane, prendendoli dalla cartella che portava a tracolla. “Ti consiglio di imparare bene le tue battute. Non ho mai visto la professoressa così determinata a fare uno spettacolo!” aggiunse con una smorfia. Lei li prese con riluttanza e disse “Appena torno a scuola, chiedo alla professoressa di assegnare la parte a qualcun altro”. “Magari a Jennifer” commentò poi con un ghigno perfido “Scommetto che ne sarebbe entusiasta”. “Ha, ha! Davvero divertente, Megan” rispose lui sarcastico, alzando gli occhi al cielo “Ma temo che non potrai farlo. La prof ci ha proibito di fare a cambio con chiunque”. “Perché hai definito buffo il fatto che mi piacciono gli artisti italiani?” chiese improvvisamente la compagna, cercando di mascherare il disappunto che l’aveva invasa alla sua ultima frase. “Perché piacciono molto anche a me. Li capisco bene, dato che i miei nonni materni vengono dall’Italia” rispose il ragazzo. La sua risposta la lasciò stupefatta, non si aspettava certo che condividessero i gusti musicali. Si sistemò una ciocca che le era finita davanti agli occhi e disse “Bene, poiché conosci bene l’italiano, capirai sicuramente questa canzone”. Gli porse il Cd che stava ascoltando prima che lui arrivasse ed aggiunse “Spero che tu capisca bene il messaggio”. Richard prese con stupore il disco che gli porgeva, chiedendosi cosa avesse in mente. “Ti consiglio di ascoltarlo bene, magari ti aiuterà a schiarirti le idee” borbottò lei. Detto questo chiuse la porta, mettendo fine alla discussione.
Pochi minuti dopo, il ragazzo si stese sul proprio letto, con gli auricolari del lettore Cd nelle orecchie. Sorrise appena e si rilassò tra quelle note, chiedendosi cosa potesse aspettarsi ancora da quella ragazza così particolare. 


Ecco fatto, anche questo cappy è andato. spero vi piaccia. Megan è uan davvero tosta, che non lascia impuniti certi comportamenti, ma sa anche essere molto dolce. ke ne pensate dello spettacolo? ci sarà da divertirsi, ve l'assicuro! bacioni a tutte, cercherò di aggiornare presto!

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Capitolo 8
*** Rabbia, scherzi ed incontri inaspettati ***


ciao Ragazze! sono di nuovo qui, cn un nuovo cappy... Ke ne dite, cm va la FF? noto cn piacere ke è piuttosto seguita e nn posso fare a meno di ringraziarvi caldamente. grazie mille, davvero! Visbs88, Pandora, a voi va un ringraziamento speciale. non immaginate qnt le vostre parole mi facciano sentire bene! grazie di cuore!

8-Rabbia, scherzi e incontri inaspettati

Come aveva promesso, non appena la professoressa accennò allo spettacolo di fine anno, Megan chiese “Scusi, professoressa. È possibile passare la parte a qualcun altro?”. Davanti allo sguardo dell’insegnante, si affrettò ad aggiungere “Io non mi sento in grado di recitare e inoltre ho il terrore del palcoscenico. Finirei per rovinare tutto e vorrei evitare disastri”. “Mi dispiace, Megan, ma non è possibile. La sorte ti ha scelto per recitare questa parte e non ti puoi tirare indietro. Dovrai vincere la tua paura” disse l’insegnate. La ragazza si accasciò sulla sedia, demoralizzata. Come accidenti avrebbe potuto recitare con la paura costante che Richard la baciasse? Per di più, nel ruolo che la professoressa le aveva assegnato, loro erano innamorati! Lo stomaco le si rivoltò al solo pensiero, non ce l’avrebbe mai fatta e lo sapeva. Sarebbe stata davvero dura, forse anche troppo. Un sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre si augurava di essere in grado di reggere Richard ben oltre l’orario scolastico.
Le prime prove dello spettacolo furono quel pomeriggio. Megan ce la mise tutta per non farsi prendere dal panico, ma era molto più facile recitare da sola, che con i ragazzi che commentavano ogni singolo errore, finendo per farle saltare i nervi. La professoressa li congedò un paio d’ore dopo, dicendo che non erano andati male e che li aspettava dopo le lezioni, il martedì successivo. La ragazza sospirò di sollievo quando uscì dal teatro e si diresse verso casa, pedalando velocemente. Non appena arrivata, salì frettolosamente le scale e si buttò di peso sul letto, sforzandosi di non pensare allo spettacolo a cui era costretta a partecipare. Sentiva la testa pesante come un macigno e voleva solo rilassarsi. Ma soprattutto non voleva pensare a Richard ed alla parte che interpretava, per nessun motivo.
Nei giorni che seguirono, si accorse che l’ostilità di Jennifer era, se possibile, aumentata ulteriormente e credeva di conoscere il motivo. Lei voleva la parte di Milda nello spettacolo. Se avesse potuto, la giovane le avrebbe ceduto la parte sedutastante, senza pensarci un attimo. Non ci teneva affatto a stare con Richard in una situazione totalmente opposta alla realtà!
 
Diverse settimane dopo il ritorno dalle vacanze invernali, Megan non avrebbe mai potuto immaginare che non era solo Jennifer a causarle problemi, ma anche altri ragazzi della classe. Quella mattina aveva deciso, per la prima volta, d’indossare la gonna di cotone blu notte, la sua preferita. Sorrise mentre la indossava, entusiasta com’era delle belle giornate di sole che annunciavano il ritorno imminente della primavera. Ascoltò con uno strano entusiasmo tutte le spiegazioni degli insegnanti, probabilmente a causa dell’aria frizzante che la metteva così di buon umore. La primavera era sempre stata la sua stagione preferita; adorava osservare gli alberi in fiore, specialmente i ciliegi. Quando la professoressa di storia la interrogò sulla lezione del giorno, rispose a tutte le domande, senza riuscire trattenere un sorriso sulle labbra. Probabilmente l’avrebbero presa per matta, ma sembrava che niente sarebbe potuto andare sorto quel giorno. Durante l’intervallo, Nicky la chiamò accanto a sé, ma quando la ragazza si alzò in piedi, sentì uno strappo. Rimase immobile, terrorizzata dalla causa di quel rumore e sentì le guance imporporarsi di colpo. Crystal la guardò e sussurrò “Megan, che è successo alla tua gonna? Ti sei seduta sulla colla?”. Lei non rispose e cercò di risedersi, ma le risate sguaiate dei ragazzi la bloccarono. Walter si esibì in un ululato degno di un lupo e Martin urlò divertito “Hey, Meg! Dovresti stare più attenta a dove ti siedi!”, poi riprese a ridere più forte e diede il cinque ad Oliver. Karl aveva le mani premute sulla pancia, mentre Eric cadde dalla sedia, sganasciandosi dalle risate. “Idioti!” li apostrofò Miriam infuriata “Siete dei grossi, stupidi imbecilli di quattro anni! Ma si può sapere che vi ha fatto?”. Dalia si avvicinò alla compagna e mormorò “Sta’ calma. Si è solo strappato un po’ del bordo, ma niente di grave”. Le mise un braccio sulle spalle, cercando di rassicurarla “Vieni, ti accompagno nel laboratorio di cucito, così te la posso sistemare”. Megan la seguì nel corridoio, senza proferir parola. Non si era mai sentita così in imbarazzo in tutta la sua vita! Ma che accidenti volevano da lei? Una volta nella stanza, la ragazza mormorò sconfortata “Fantastico! Ora non posso proprio stare tranquilla! Devo guardare anche dove mi siedo!”. “Giuro che se c’entra Richard, io lo ammazzo con le mie mani!” sibilò, stringendo i pugni. “Calmati, così non risolvi niente” disse Dalia, armeggiando con le forbici lungo il bordo strappato della gonna. Poi rivolse uno sguardo incuriosito all’amica “Ma si può sapere perché tu e Richard vi odiate tanto?”. “Lascia perdere, è una lunga storia” mormorò lei cupa, “Il tempo non ci manca, ma se non ne vuoi parlare, figurati. Io non mi faccio problemi”. Per qualche minuto non si sentì altro che il rumore delle forbici sulla stoffa della gonna, poi Dalia annunciò soddisfatta “Fatto! Ho dovuto togliere almeno tre dita di stoffa, perché lo strappo era abbastanza ampio, ma ti assicuro che la gonna ora è perfetta anche per le nostre uscite serali!”. Megan tirò un sospiro di sollievo e si guardò allo specchio, posto sulla parete di fronte. La gonna, che già prima non le arrivava al ginocchio, si era ulteriormente accorciata, ma non in modo drastico. Anzi, la trovava migliorata. L’amica la osservò con occhio critico e disse “Dovresti indossare le minigonne, così valorizzeresti di più le gambe! Stai d’incanto!”. L’altra sorrise e disse “Io odio le gonne troppo corte. Non mi trovo a mio agio, per questo le compro sempre lunghe”. “Perché non indossi i fuseaux sotto? Così staresti più a tuo agio” le propose Dalia. “Bella idea, non ci avevo pensato. Dovrò comprarli al più presto” rispose la compagna, pensando di farlo subito dopo le lezioni.
Quando tornò in classe, i maschi stavano ancora ridendo come matti per la riuscita del loro scherzo. Lei li squadrò uno per uno con una smorfia di disgusto e chiese “Che cosa credete di ottenere, facendo questi scherzi idioti? Credete che io sia il tipo che si mette a piangere per queste bambinate?”. Richard smise di ridere solo quando se la trovò di fronte, faccia a faccia. Aveva uno sguardo così duro e feroce che sembrava quasi sul punto di attaccarlo! Megan parlò con voce calma e vellutata, e forse fu per questo che le sue parole sembrarono ancora più minacciose. “Se scopro che ci sei tu dietro tutto questo, puoi considerarti già morto, Richard” sibilò. Lo fissò dritto negli occhi ed aggiunse “Non ti permetto ti trattarmi come la scema della situazione, perché anch’io ho una dignità e sono pronta a combattere per difenderla. Sono stata chiara?”. Il ragazzo sostenne il suo sguardo con fermezza e rispose anche lui con un sussurro minaccioso “Credi di spaventarmi, Megan? Voglio proprio vedere cosa sei in grado di fare”. “Bene. Allora ti consiglio di preparare la bara, perché ne avrai bisogno molto presto” detto questo, la compagna tornò al suo posto. Il giovane non poté fare a meno di notare che la gonna più corta faceva risaltare le gambe, lunghe e ben tornite, ma proporzionate al suo fisico slanciato. Davvero niente male come spettacolo pensò, osservandola tornare al proprio posto e controllare attentamente la sedia prima di sedersi. Da quel momento, sarebbe stata molto più attenta, lo sapeva bene, ma la cosa lo divertiva più del lecito. Ghignò tra sé e sé e si preparò a seguire la lezione di biologia.
 
Nei giorni seguenti, Megan drizzò al massimo le orecchie, per capire se, come e quando i ragazzi avrebbero colpito di nuovo. Rimase stupita della gran quantità di scherzi che avevano in mente e la cosa la fece infuriare oltre ogni dire. Quel martedì dovevano nuovamente provare lo spettacolo teatrale e la sua dose di pazienza era già limitata, dato che avrebbe dovuto sopportare Walter e Richard ancora per tre ore di fila. Quando andò a riporre le sue cose nell’armadietto, l’anta si aprì di scatto e, dallo scompartimento superiore, un secchio pieno di vernice arancione le si riversò sulla maglia e le scarpe. La ragazza lanciò un imprecazione, mentre quella poltiglia scivolava a chiazze sulla maglietta, inzuppandole anche i jeans. Calciò il secchio il più lontano possibile e ripose i libri, sbattendo con forza l’anta di metallo. Questo era troppo. Non gli avrebbe permesso di passarla liscia! Improvvisamente, si accorse che il secchio aveva terminato la sua corsa, perché non lo sentiva più sbattere contro le mattonelle del pavimento. Quando alzò lo sguardo, vide il suo compagno di classe guardarla stupefatto, con il secchio bloccato sotto un piede. “Congratulazioni, Richard” ringhiò furibonda “Non ti bastava avermi accorciato la gonna, ora mi hai anche rovinato una maglia!”. Si piantò le mani sui fianchi ed esclamò “Ti devo proprio ringraziare! Mi stai rinnovando il guardaroba. Che cosa farai la prossima volta? Mi ruberai le scarpe?”. Ricordava, che appena un paio di settimane prima stava lottando con l’anta dell’armadietto. Infatti, nonostante avesse girato la manopola seguendo la giusta combinazione, l’anta non si voleva aprire. Richard, mentre riponeva le proprie cose nell’armadietto accanto, vi aveva dato un colpo secco con il palmo della mano e quella si era aperta cigolando. “Avevo io quest’armadietto, lo scorso anno. A volte fa un po’ di storie, ma basta dargli un colpo con la mano perché si apra” le aveva detto, rispondendo al suo sguardo incuriosito. Conoscendo la combinazione, non sarebbe stato difficile per lui nascondere quel secchio nell’armadietto, aspettando solo il momento giusto. La rabbia le ribollì nelle vene, si sentiva pronta ad esplodere, come un vulcano assopito da troppo tempo. Non avrebbe sopportato altri scherzi da parte sua! Il giovane guardò esterrefatto la sua compagna “Io stavolta non c’entro. Sarebbe stato fin troppo facile per te capire che ero stato io, dato che sono uno dei pochissimi a conoscere la combinazione di quell’armadietto, ma stavolta non ho fatto niente”. “Sai bene che non ti credo” ribatté lei acida, “Te lo si legge in faccia, ma io lo ammetto quando ho colpa. Sei libera di pensare quello che vuoi”. Megan non si prese nemmeno la briga di rispondergli, e si diresse verso il bagno per darsi una ripulita da quella schifezza. Mentre si allontanava, gli passò accanto e sussurrò “Te la farò pagare cara. Non mi conosci ancora bene, ma ti assicuro che da me ti puoi aspettare il peggio, ora. Volevo darti una possibilità per dimostrarmi la tua vera indole, ma te la sei giocata. Non avrò alcuna pietà per te!”. Detto questo, si allontanò a passo svelto verso il bagno delle ragazze.
Richard la guardò sottecchi per tutta la durata delle prove, ma lei non diede alcun segno di ostilità; era semplicemente fredda nei suoi riguardi, come sempre d’altronde. Lo spettacolo procedeva al meglio e lui sospettava che avesse mentito sul terrore da palcoscenico. L’unica cosa che ormai andava male durante le prove era che Megan si rifiutava categoricamente di stargli accanto durante alcune parti. Quando lei si risvegliava da un incantesimo e lo riconosceva, si confessavano il loro reciproco amore ed alla fine, quando si sarebbero dovuti abbracciare; quelli erano i punti critici dello spettacolo. Personalmente, ne capiva il motivo -neanche lui ci teneva ad interpretare certe scene sdolcinate-, ma fu davvero difficile far capire all’insegnante che quelle scene era meglio evitarle. Walter rideva sotto i baffi alle loro espressioni disgustate, mentre Crystal guardava preoccupata la sua amica, nel timore che potesse esplodere da un momento all’altro. Quando finalmente la signorina Winkest li congedò, Crystal si accorse dell’alone color arancio sulla maglietta gialla della sua amica e le chiese “Ma che cosa ti è successo? Qualcuno ti ha rovesciato del sugo addosso?”. La ragazza lanciò uno sguardo furibondo a Richard senza proferir parola, ma alla sua amica bastò quello sguardo per capire tutto. Walter si avvicinò ridendo e disse “Jennifer stavolta l’ha combinata davvero grossa! Se non metti subito quella maglia in lavatrice, la macchia non se ne andrà più”. “Jennifer?” ripeté incredula la giovane, chiedendosi se aveva capito male. “Sì, ti ha spiata per capire la combinazione e l’ho vista infilare personalmente quel secchio pieno di vernice nel tuo armadietto” replicò divertito il ragazzo. Al suo sguardo incredulo, la risata di Walter si fece più fragorosa “Non dirmi che non te ne sei accorta! Eri tanto preoccupata di quello che potevamo farti noi, che non hai badato a Jennifer. Eppure lo sai che ti odia a morte, soprattutto da quando le hai soffiato la parte di Milda!”. “Se la cosa dipendesse da me, potrebbe prendersela benissimo. Non ci tengo affatto a questa parte” sospirò la compagna. Doveva delle scuse a Richard, l’aveva trattato ingiustamente, accusandolo di qualcosa che non aveva fatto. Anche se non le piaceva ammetterlo, doveva chiedergli scusa e cercare di farsi perdonare. Sentì lo stomaco rivoltarsi al solo pensiero di dovergli parlare, per di più per fargli le sue scuse! Prese dei lunghi respiri per calmarsi, poi gli si avvicinò. Ringraziò mentalmente Miguel per averla costretta a seguire quel corso di yoga per mitigare la sua rabbia. Gli insegnamenti stavano avendo successo. “Richard, hai un minuto?” gli chiese titubante, cercando di mantenere la calma. Il ragazzo si girò, stupito dal tono preoccupato ed incerto di lei “Parla pure, ti ascolto”. “Volevo…volevo chiederti… se..se tu…” iniziò a balbettare la compagna. Non l’aveva mai vista così impacciata e la cosa lo stupì non poco, poi la vide prendere fiato e continuare con più decisione. Megan incrociò le braccia sul petto e disse “Volevo chiederti scusa per prima. Avevi ragione, non sei stato tu a mettere quella vernice nel mio armadietto”. Si fermò un attimo, voltata verso la parete accanto a lei, e concluse “Walter mi ha detto la verità. Ha visto Jennifer armeggiare con il mio armadietto. Ti ho accusato ingiustamente. Mi dispiace, davvero”. “Tranquilla” disse lui “Scuse accettate. È normale che tu abbia sospettato di me, dopo tutto quello che ti ho fatto”. Sorrise per farle capire che non ce l’aveva con lei, per poi sussurrarle “Se permetti, vorrei dirti una cosa”, “Spara”. “Le gonne corte ti stano benissimo! Dovresti indossarle più spesso” ridacchiò il giovane, poi si allontanò con un ghigno, lasciandola letteralmente esterrefatta.
 
Quando Megan tornò a casa, si cambiò in fretta, gettando la maglia sporca tra i panni da lavare e si diede una mossa per terminare i compiti. Cercò di toglierli di mezzo il prima possibile, desiderosa com’era di un po’ di sano relax. Ne sentiva davvero il bisogno, dopo tutto lo stress accumulato a scuola e durante le prove. Alla fine, accese il portatile ed avviò velocemente la procedura per connettersi su MSN. Trovò ovviamente diversi messaggi da parte di Nicky, Miriam e Susan, che le chiedevano delle prove a scuola e si affrettò a rispondere con frasi vaghe; non aveva voglia di entrare nei particolari. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. C’era la richiesta di accesso al suo contatto, ma si accorse di non conoscere affatto da chi provenisse!
Viaggiatore solitario@hotmail.it?” si domandò la ragazza stupita, “Chi sarà mai?”. Accettò il contatto ed immediatamente l’altro, chiunque fosse, scrisse un messaggio.
Salve, con chi ho il piacere di parlare?
Megan rimase per un attimo interdetta, poi scrisse a sua volta.
Mi chiamo Megan, tu invece chi sei? E come fai ad avere il mio contatto?
Il tuo contatto l’ho trovato per caso. Credevo che il mio ti dicesse qualcosa.
No, mi dispiace, non ho la più pallida idea di chi sei.
Anche se non aveva idea di chi ci fosse dall’altra parte del contatto, intuì che stava ridendo, ma il personaggio misterioso non si fece attendere a lungo.
Sono un viaggiatore che vaga per il mondo.
Sì, come no. Sei un ragazzo?
Se non lo fossi, avrei scritto viaggiatrice, non ti pare?
Scusa, domanda idiota. Puoi dirmi come ti chiami?
No, mi dispiace. Dovrai scoprirlo da sola. Vado matto per il mistero. Potrei essere qualcuno di cui non sospetteresti mai.
Dammi un indizio.
La ragazza si scervellònel tentativo di capire con chi stesse parlando e lasciò andare uno sbuffo di esasperazione, poi chiese ancora.
Mi puoi dire qualcosa di te?
Frequento la tua stessa scuola.
Dici sul serio?
Sì, tu sei in IV D, vero?
Esatto. Come lo sai?
È lì che ho trovato il biglietto con il contatto. Era a terra, vicino alla porta.
Capisco. Puoi dirmi in che sezione ti trovi? Oppure, anche questo lo devo scoprire da sola?
La risposta la conosci già.
Dimmi qualcosa di te. Ti sei definito un “viaggiatore”, ma dove viaggi di preciso?
D’accordo, ti darò qualche indizio. Più che altro viaggio su Internet, mi piace vedere posti nuovi e spiagge assolate; il freddo non mi piace un gran che… In classe sono ritenuto il leader del mio gruppo, ma cosa non m’interessa affatto. A scuola me la cavo discretamente, ma la mia passione sono le moto e le corse. Quali sono le tue?
Io amo i libri e la musica italiana, oltre che quella del mio paese d’origine e mi piace molto camminare sulla spiaggia, soprattutto quando il mare è agitato.
Da come parli ne deduco che non sei Statunitense. Da dove vieni di preciso?
Dal Messico, ma mio padre è di questa zona.
In effetti, il tuo contatto avrebbe dovuto farmelo pensare. Allora tuo padre è di Lain City? Vivi anche tu in questa stessa città?
Sì, perché? Anche tu vivi in zona?
La risposta si fece attendere, come lui avesse rivelato troppo, ma dopo alcuni minuti tornò a scrivere.
Sì, vivo a Lain City. Non ci sono altre scuole nei dintorni, sai? Quindi hai detto di venire dal Messico… Cavoli! Faceva più caldo laggiù? Ti manca la tua terra dalle origini misteriose?
Sì, ma non mi lamento. La cosa che mi piace di più di questa città è che il mare non è troppo distante. In quanto al mio paese, sì, un po’ mi manca. Ma sono felice di essere venuta qui. Non ce l’avrei fatta a separarmi da mio padre per chissà quanti mesi all’anno. E poi, il mare non è forse lo stesso?  
Ti piace il mare?
Moltissimo! Adoro l’odore salmastro delle onde che s’infrangono sugli scogli…
Penso che io e te abbiamo più cose in comune di quello che crediamo…
Megan rise divertita, poi, guardando l’ora, sospirò. Doveva andare al cinema con le altre. Nicky e Susan l’aspettavano alle 18.00 per vedere un film tutte insieme e le altre le avrebbero raggiunte poco dopo. Erano già le 17.45! Doveva muoversi, se non voleva arrivare tardi all’appuntamento.
Scusami, ma ora devo andare. Le mie amiche mi aspettano…
Dove vai di bello? Passeggiata tra ragazze?
Al cinema. Vogliono vedere un film ambientato nel Medioevo…
Ma dai! E vuoi andare a vederlo?
Ti pare così strano?
No, al contrario! Ti piace il Medioevo?
Abbastanza, ma preferisco la mia epoca, a parte per alcuni versi.
Quali?
Beh… i ragazzi nel Medioevo erano più galanti.
E si mangiava con le mani…! Comunque, che cosa vuoi dire?
Che i ragazzi della mia classe, per come si comportano, potrebbero benissimo vivere nella preistoria…
Dici sul serio? Tutti ? Nessuno escluso?
Beh, non proprio tutti… Alcuni sono più gentili, ma altri…
Credo di capire. Ora ti lascio andare, ma spero di risentirti presto.
D’accordo. Ci vediamo, ciao.
A presto.
La ragazza si preparò in fretta e raggiunse le amiche in Times Square, poi ridendo e scherzando, si diressero verso il cinema. “Sei lievemente in ritardo, oggi” notò Nicky, guardando l’amica che si riprendeva dalla corsa. “Cosa stavi facendo di bello?” chiese curiosa a Megan, che alzò il capo e mormorò “Ero su MSN”. “Ma se quando ti abbiamo contattato, dicevi che avevi da fare? Con chi hai parlato?” chiese incuriosita Miriam, che intanto era arrivata. “Francamente, non lo so. Non conosco il tizio che mi ha contattato” ammise lei con un sorriso teso. “Un bel mistero, non c’è che dire” sghignazzò Susan “Ma noi ti aiuteremo a risolverlo. Come detective sono infallibile”. Pochi minuti dopo, tutte le ragazze s’incontrarono nella sala cinematografica, chiacchierando animatamente sulle ultime novità. Passarono i minuti che precedevano l’inizio del film facendo congetture su chi potesse essere il misterioso <<Viaggiatore solitario>> con cui aveva parlato la loro amica. Tutte le loro ipotesi finirono però per essere scartate e le luci si spensero prima che potessero arrivare a capo di quel curioso mistero.
 
Dopo il film, si ritrovarono tutte nel giardino di Megan, sotto il gazebo bianco che il padre aveva montato appena due giorni prima. “Allora, non hai proprio idea di chi sia questo tipo?” chiese Miriam, sorseggiando la sua limonata. “No, neanche una” ribatté l’amica sconsolata “Vorrei tanto sapere chi è, ma l’unica cosa che ho scoperto è che vive in città e frequenta la nostra stessa scuola”. “Beh, meglio di niente…” disse Dalia, appoggiando i gomiti sul tavolino bianco. “Volete ancora limonata?” chiese Grecia, spuntando dalla cucina con un’altra caraffa piena di succo appena spremuto. “Grazie, è davvero molto gentile da parte sua” mormorò Crystal, lievemente imbarazzata. “Non c’è di che, tesoro. Salutatemi vostra madre quando tornate a casa” disse la donna, con un ampio sorriso. “Lo faremo sicuramente” rispose la ragazza, sorridendo a sua volta. La piccola Ines si fece sentire dal giardino posteriore e la sua voce fu seguita dai latrati di Shiver e Thunder, che si precipitarono verso le ragazze. Megan rimase esterrefatta quando vide la sorellina in groppa a Thunder, ben stretta al pelo ed al collare in cuoio del cane e sorvegliata a vista da Miguel. “Miguel, ma che stai facendo con Ines?” chiese la giovane, guardandolo sbigottita. “La faccio divertire, no?” ridacchiò il fratello, “Attento a non farla cadere, piuttosto!” disse lei. “Sta’ tranquilla, non sono così distratto” replicò il ragazzo, rivolgendole una smorfia contrariata. “Come va al college?” gli chiese Wendy, “Alla grande, non potrebbe andare meglio” rispose lui con un sorriso smagliante “Va così bene, che quasi non devo studiare”. “Mmm, dovresti farlo invece. Rischi di precipitare di colpo” mugugnò la sorella, fissandola seria. “Qui l’unica che rischia di precipitare sei tu!” esclamò Miguel, sollevandola di colpo dalla sedia e caricandosela su di una spalla. Lei urlò per la sorpresa, quando si ritrovò a testa in giù contro la schiena del fratello. “Miguel!” esclamò, scalciando “Mettimi subito a terra! Mollami, razza di scemo! Lasciami andare!”. Il giovane rise ed iniziò a correre per il giardino, tra le risate delle altre ragazze ed i latrati dei due cani, che inseguivano i due fratelli tra i ciuffi d’erba.  


Bene, e siamo finalmente a quota 8! ke ne dite? Secondo voi, ki sarà mai il misterioso personaggio ke ha contattato Megan? sperando ke la differenza tra le due scrutture sia visibile, sn curiosa di sapere ke cosa ne pensate! bacioni a tutte!

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Capitolo 9
*** Commenti e vendette ***


Ciao, ragazze! scusate se ci ho messo 1 vita ad aggiornare, ma, nonostante io sia in vacanza, nn ho quasi un attimo x mettermi al computer! ceh, nn vogliostare qui ad anoiarvi cn i miei guai quotidiani, vi lascio subito al cappy! però, una cosa la devo fare. Visbs88, Pandora, siete unike! un bacione va anke a tutte coloro ke leggono la FF, ragazze siete mitike!

  9-Commenti e vendette

  Nei giorni che seguirono, Megan passò molto più tempo del solito sul portatile, chiacchierando del più e del meno con quel misterioso personaggio. Ormai era diventata un’abitudine. Trascorreva almeno un’ora al giorno a chiacchierare con lui e si scervellava su tutte le persone possibili che avrebbero potuto avere il suo contatto, mentre cercava di capire con chi stesse parlando. Ben presto si accorse di riuscire a parlare di tutto con quel ragazzo misterioso. Lui l’ascoltava paziente, buttando giù qualche commento di tanto in tanto.
Allora, com’è andata oggi per te?
Uno schifo! Mi sono quasi addormentato durante biologia… Fortuna che l’insegnante non si è accorta di niente! Altrimenti sarebbero stati cavoli amari!
Anche a noi la lezione è stata un mortorio, ma in compenso domani avremo Jefferson a sostituirla!
Bella fortuna! Scusa se te lo chiedo, ma l’ultima volta mi hai fatto incuriosire sul comportamento di alcuni tuoi compagni…
Megan sbuffò al pensiero di Richard e la sua banda, ma come mai riusciva a parlare di tutto con quel ragazzo di cui non sapeva quasi niente?
Puoi dirmi qualcosa di loro o preferisci non parlarne?
Non sono tutti antipatici, ma si divertono a fare degli scherzi così… fastidiosi ed infantili che a volte mi verrebbe voglia di ucciderli!
Accidenti! Che tipo di scherzi? Ti hanno nascosto una rana sezionata nella cartella?
No, per fortuna, altrimenti avrei vomitato. Le rane morte mi fanno ribrezzo. Mi hanno “solo” cosparso la sedia di colla, accorciandomi la mia gonna preferita. Nel torneo di pallavolo si sono divertiti ad usarmi come tiro al bersaglio e la “ragazza” di uno di loro mi ha nascosto un barattolo di vernice nell’armadietto, rovinandomi una maglia. E tutto questo perché si sente minacciata da me. Niente di che…
Bleah! Accidenti! Ci vanno giù pesante, eh?
Puoi dirlo forte! Non li sopporto, ma sfido chiunque a dare un parere diverso. Alcuni sono anche razzisti… ma ovviamente ci sono le eccezioni… C’è chi è più simpatico e chi meno. Come in tutte le classi.
La frase successiva del ragazzo era un chiaro tentativo di cambiare discorso; chissà se si era accorto che l’argomento la irritava…
Oggi ti ho visto nel corridoio, trovo che l’azzurro ti doni moltissimo!! Ma anche il rosso ti sta davvero bene… mette in risalto i tuoi capelli scuri. Hai intenzione di fare la modella? Faresti carriera!
Megan si sentì arrossire, pensando alla camicia azzurra che ancora indossava ed al completo rosso di alcuni giorni prima, ma rispose subito.
Vorrei sapere chi sei, o almeno che aspetto hai. Così potrei farti anch’ io dei complimenti, non trovi? Non è giusto che debba farli solo tu…
Rimase sovrappensiero per qualche istante, poi scrisse
Vorrei capire come hai fatto a capire chi sono… Hai forse poteri sovrannaturali?
Lui le inviò un’emoticon che rideva come una matta e sbatteva i piedi per terra. Era evidente che aveva apprezzato il commento…
Ho sentito parlare alcune ragazze della tua classe, così mi sono avvicinato e ti ho visto. Sei carina.
Megan arrossì ancora di più.
Grazie, sei molto gentile.
Di nulla. A scuola ho sentito spesso parlare di un certo Richard McKallister. Tu lo conosci?
Sì, purtroppo. È in classe con me.
Che tipo è? Non riesco a capire bene; chi dice che è un mostro, chi un angelo… Tu me lo potresti spiegare?
Penso sia entrambi, ma ancora non ho capito bene la sua personalità…Infondo sono arrivata qui solo a settembre e non lo conosco chissà quanto. Pare che sia una sorta di playboy in piena regola, il “rubacuori” della scuola.
Dici sul serio? Quindi cambia continuamente ragazza?
Non saprei. Ultimamente non l’ho visto con nessuna della scuola, a parte Jennifer…
Chi è Jennifer? La sua ragazza?
No, non credo proprio.
Quando lui le inviò un punto interrogativo, si affrettò a rispondere
Ne dubito perché, quando ci siamo conosciuti, lui mi ha detto che è Jennifer a stargli addosso come una zecca, ma non me ne importa francamente. Cerco di starle il più lontano possibile.
Da come parli, non sembra che ti stia troppo simpatica.
Hai fatto centro! Non la digerisco proprio. Continua a chiamarmi “selvaggia” fin dal primo giorno di scuola. A quanto pare, non sopporta la gente straniera e fin dal nostro primo incontro mi ha detto di stare lontana dal “ suo” Richard.  Come se a me importasse qualcosa…
Ancora ti chiama in quel modo?! Non ha capito che la deve smettere? Mi sa che dovrò farci una bella chiacchierata! Al più presto!
Posso sapere cosa stai dicendo? Conosci Jennifer, per caso? Io non te ne avevo mai parlato prima…
La risposta si fece attendere a lungo, come il ragazzo avesse rivelato troppo in una sola volta, rischiando così di far saltare tutto il mistero che lo avvolgeva… Quando tornò a scrivere, cambiò discorso.
Questo Richard non ti piace proprio, eh?
È uno spaccone, che scommette su tutto e tutti. Eppure…
Eppure?
Io credo che nasconda la sua vera personalità, molto infondo, come se avesse paura di mostrare quello che è realmente.
Come fai a dirlo?
Ho passato le vacanze di Natale a casa sua e si è mostrato molto diverso da com’è a scuola. Capirlo è una vera impresa.
Allora immagino che per te sia un bel mistero, eh?
In questo momento, il mistero su cui mi sto concentrando è il modo di capire chi sei in realtà .E sta’ pur certo, che ci riuscirò. Non mi arrendo facilmente.
Di questo non ne dubito, ma te l’ho detto: lo dovrai capire da sola. Spero solo che tu non ci metta troppo.
Sei uno sbruffone. Su questo gli somigli, sai? Beh, comunque qualcosa mi verrà in mente. Ci sentiamo… Viaggiatore solitario.
Arrivederci, Megan. Spero proprio che questo mistero non ti tolga il sonno.
 
Pochi giorni dopo, la ragazza trovò sul suo banco una busta da lettere piuttosto spessa e stranamente leggera. La fissò curiosa e chiese a Miriam “Ehi, Miriam, me l’hai messa tu sul banco questa?”. “No. Se ti devo dire qualcosa, non devo certo spedirti una lettera” ribatté l’amica. Lei annuì e chiese “Hai visto qualcuno avvicinarsi al mio banco?”, “No, mi dispiace”. Fece le stesse domande alle sue compagne, ottenendo sempre le stesse risposte. Ma chi accidenti me l’ha mandata? si chiese la ragazza guardando incuriosita quella busta bianca e spessa. Dalia le si avvicinò e disse “Falla aprire a me. Dato che non è stata nessuna di noi a spedirtela, non possono essere stati altri che i ragazzi. Per me è un altro dei loro scherzi!”. La giovane annuì cupamente “Non ci avevo pensato, ma penso che tu abbia ragione”. Crystal mormorò “Dalia, quella busta non mi dice niente di buono. È meglio che non la apri”. La sorella scosse il capo e aprì la busta. Le tre ragazze furono inondate da una polverina giallo-oro, che si depositò sui vestiti, sui capelli e sui banchi. Dalia iniziò starnutire di colpo e gli occhi le si gonfiarono in modo impressionante, mentre iniziava ad annaspare, come in cerca d’aria. Crystal urlò “No! Dalia!”, “Ma questo è polline!” esclamò Megan, poi lanciò un’occhiata di puro terrore all’amica “Non dirmi che Dalia è allergica!”. Nicky e Susan le aiutarono a trascinare la loro compagna fuori dalla classe e la fecero affacciare ad una delle finestre. Crystal corse a prendere l’inalatore artificiale dal suo armadietto e Miriam andò ad avvisare uno degli insegnanti. Dopo alcuni minuti, Dalia ricominciò a respirare regolarmente, ma si riprese solo quando la sorella le portò l’inalatore. Susan le chiese subito “Come ti senti? Va un po’ meglio, adesso?”. La ragazza si limitò a muovere il capo, poi sussurrò “Sì, grazie. Ora va meglio”. “Ti conviene andare a casa, non hai una gran bella cera” mormorò Megan, “Credo che seguirò il tuo consiglio” sussurrò lei con un filo di voce. Quando Dalia fu tornata a casa dopo alcuni accertamenti in infermeria, le ragazze tornarono in classe. Tra lo stupore generale delle sue amiche, Megan si diresse verso i ragazzi, che stavano discutendo animatamente tra loro. “Questa volta è andata male. Ragazzi, non proviamoci più. Dalia ha rischiato grosso”; Karl sembrava davvero preoccupato da quello che sarebbe potuto succedere. “Non è colpa nostra se è stata lei ad aprire la busta! Doveva farlo Megan!” esclamò Walter, innervosito. “Avremmo dovuto saperlo. Ormai in classe lo sanno tutti che siamo noi gli artefici degli scherzi” mormorò Alex. La ragazza sentì la rabbia ribollirle nelle vene. Ancora non aveva capito che la dovevano smettere?! Se loro non avessero avuto quella prontezza di spirito, chissà cosa sarebbe successo a Dalia! Non voleva neanche pensarci, ma quelli si meritavano una lavata di capo che avrebbero ricordato a vita.
Si avvicinò a passo deciso ai ragazzi e si schiarì rumorosamente la gola. Tutto il gruppo si voltò di colpo e rimasero di sasso quando se la trovarono di fronte. “Bene, spero siate soddisfatti!” esclamò lei con rabbia “Avete quasi ammazzato una compagna, ve ne rendere conto?!”. Appoggiò le mani sul banco di Robert ed Eric e continuò furibonda “Cosa credevate di fare con quel polline? Non ci arrivate da soli che se fossi stata allergica, in Messico non sarei sopravvissuta un giorno, con tutte quelle orchidee in giro?!”. “Non volevamo farti avere un attacco allergico, ma solo cospargerti di polline” mormorò Jonathan “Non sapevamo che Dalia fosse allergica”. Megan lo fissò per un istante, poi puntò lo sguardo verso Richard “Immagino che ricordi quello che ti dissi la settimana scorsa, vero?”. Il ragazzo annuì e ripeté “Te la farò pagare cara. Non mi conosci ancora bene, ma ti assicuro che da me ti puoi aspettare il peggio, ora. Volevo darti una possibilità per dimostrarmi la tua vera indole, ma te la sei giocata. Non avrò alcuna pietà per te!”. “Ricordo bene?” chiese, terminando la frase guardandola in modo cupo. “Alla perfezione. Mi fa piacere che ricordi il nostro discorso, almeno sai quello che ti aspetta” sussurrò minacciosa la compagna, prima di andarsene. Si voltò verso di lui e disse “Scoprirai presto di cosa sono capace di fare. Ti conviene stare attento. Molto attento”.
Nei giorni seguenti, Karl aiutò l’amico a tenere d’occhio Megan, preoccupati di quello che avrebbe potuto fare. Conoscendola, Richard si aspettava davvero di tutto.
 
Un giorno, Megan s’intrufolò nello spogliatoio maschile, prima che qualcuno potesse vederla. Aprì il borsone di Richard e poggiò un flacone di shampoo su uno degli asciugamani, prendendo quello che già c’era. Riportò poi il borsone accanto alle docce ed uscì in fretta dalla stanza, entrando fulmineamente nel proprio spogliatoio. Ogni ragazzo riceveva in dotazione dalla scuola un borsone da ginnastica, degli asciugamani ed un flacone di shampoo, che poteva però portarsi da casa se aveva qualche problema. Ad esempio, i capelli grassi o sfibrati, che avevano bisogno di un prodotto specifico. Sorrise maligna mentre si chiudeva la porta alle spalle; il suo piano era perfetto e nessuno l’aveva vista. Fin da bambina aveva avuto un ottimo intuito ed aveva capito che la lezione di quel giorno sarebbe stata decisamente faticosa. Con molte probabilità, il professor Jackson li avrebbe mandati alle docce per darsi una pulita e Richard avrebbe finalmente avuto quello che si meritava! Non gli avrebbe permesso di farle altri scherzi! Durante la lezione di ginnastica, il ragazzo la vide chiacchierare animatamente con Dalia, che fortunatamente si era ripresa presto. Le aveva già fatto le proprie scuse per l’ultimo scherzo e lei lo aveva perdonato assieme ai suoi amici, capendo che non aveva intenzioni cattive. Anche se gli aveva rivolto uno sguardo severo quando lo aveva avvisato di lasciare in pace Megan, o se la sarebbe vista con tutte loro. Era più che evidente che non gli conveniva fare altri scherzi alla sua compagna, o avrebbe passato un brutto quarto d’ora. Dopo la lezione, che fu particolarmente faticosa, il professore li mandò tutti alle docce e lui si accorse del ghigno sulle labbra della compagna, prima che sparisse nel suo spogliatoio. Si strinse nelle spalle e, preso un asciugamano ed il flacone di shampoo, si tolse la tuta sporca e la mise nel cesto della lavanderia, dirigendosi poi verso uno dei dieci vani doccia. Dovette aspettare che Alex finisse, prima di potersi rilassare sotto il getto d’acqua calda. “Ehi, Robert!” esclamò improvvisamente, “Che c’è, Ric?” chiese l’amico dal vano alla sua destra. “Domani sera hai impegni?” chiese il ragazzo, “No, vuoi che ti faccia compagnia in palestra? Oppure hai qualcosa in mente?”. “No, volevo sapere se ti andava di fare un giro in moto, domani” disse il compagno, “Ci sto! Devo fare il passaparola?” esclamò Robert entusiasta. “Se ti va” rispose l’amico, ridendo complice; l’entusiasmo di Rob era sempre un toccasana per lui.
Poco dopo, il giovane uscì dalla doccia, strofinandosi vigorosamente i capelli, e si vestì in fretta, dato che era rimasto l’unico nello spogliatoio. Prese il phon e, quando fu davanti allo specchio, tolse l’asciugamano che aveva sulla testa.
Nello spogliatoio della scuola eccheggiò un urlo pazzesco, che attirò l’attenzione di numerosi studenti del piano terra.
La IV D non udì nulla e continuò le solite abitudini come se nulla fosse, ma dopo alcuni minuti Richard irruppe nella classe, con il cappello da baseball ben calcato sulla testa. “Ehi, Ric! Perché hai quella faccia così scura?” chiese Walter, ma vedendo il suo sguardo furibondo, preferì tacere “Ok, come non detto”. La professoressa di biologia entrò in quel momento e la classe sprofondò nel silenzio più assoluto. L’insegnate li squadrò tutti e disse “Ragazzi, vi ho portato i compiti della settimana scorsa. Siete andati tutti piuttosto bene e ne sono orgogliosa. Il voto più basso è stata la sufficienza piena”. Poi iniziò a chiamare i ragazzi in ordine alfabetico, consegnando loro il compito corretto. Megan e le sue amiche si scambiarono occhiate felici quando la professoressa chiamò Susan Begins -la prima del loro gruppo in ordine alfabetico- dicendole che aveva preso 8, così come Miriam (Carmor) e Wendy (Finnigan). Nicky (Glacie) tornò raggiante al suo posto con un 8 e 1|2. Megan andò a prendere il suo compito (8 +) e squadrò incuriosita Richard, che avanzava trovo verso la cattedra per ritirare il proprio. Le sue labbra s’incurvarono appena quando lesse il suo voto (8 + anche lui), ma squadrò con rabbia la sua compagna prima di tornare al suo posto per cedere il turno a Rose e Lucy Nickson (7). La professoressa terminò di consegnare i compiti a Crystal e Dalia (Summers) (8+) ed a Walter Wuober (7-). Lasciò vagare lo sguardo sui suoi ragazzi e disse “Richard, togliti il cappello. Sai bene che non si può tenere in classe”. “Vi prego, professoressa, questa è l’ultima ora. Ve lo chiedo per favore, lasciatemelo tenere” supplicò lui. La voce del ragazzo era calma, ma estremamente fredda, così come l’occhiata che lanciò alla sua compagna. “Mi dispiace, Richard, ma le regole sono regole” disse l’insegnate “Rimetti quel cappello nel tuo zaino”. Il giovane sbuffò furibondo e si tolse il berretto con un gesto secco, rivelando la sua chioma, diventata improvvisamente di uno sconvolgente color biondo-oro. Un secondo, tremendo urlo si propagò nella scuola, ma stavolta la IV D l’aveva sentito benissimo. Martin e Rose, i più vicini alla fonte del suono, dovettero tapparsi le orecchie con le mani per evitare di restare sordi. “Richie! Che cosa hai fatto ai tuoi bellissimi capelli neri?” urlò Jennifer, correndo verso di lui e tirandogli i capelli, come per vedere se fosse una parrucca. “Jennifer! Ahia!” esclamò Richard “Mollami i capelli. Mi fai male, dannazione! AHIA!”. La classe scoppiò a ridere, ma Megan non si unì alle risate. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, neanche volendo. Possibile che fosse così tremendamente bello anche con i capelli biondi? “Ehi, Ric!” urlò Oliver al di sopra del baccano “Ora sembri la versione maschile di Riccioli d’Oro!”. Poi diede il cinque a Peter e si abbandonò ad una risata fragorosa, che rieccheggiò tra le pareti intonacate di bianco. Il compagno lo fulminò con un’occhiata, mentre la professoressa si affannava a riportare la calma tra gli studenti “Basta ora! Ragazzi, silenzio! Silenzio!”. Nicky, dal banco di dietro, si sporse verso Crystal e Megan “Ehi, vorrei tanto sapere chi ha avuto questa stupenda idea! Voglio mandargli dei fiori!”. Crystal rise più forte e diede un pugno giocoso alla spalla della compagna di banco. Vedendo che non reagiva, le sventolò preoccupata la mano davanti al volto, ma senza successo. “Meg? Che ti sta succedendo?” chiese, ma non ottenne risposta e si voltò nella direzione della compagna. Stava guardando Richard con lo sguardo perso; ma che accidenti le stava prendendo? Improvvisamente, anche il ragazzo si girò verso di loro e rimase sbigottito davanti all’espressione di lei. Non era normale. Non stava ridendo e lo fissava in modo strano; sembrava… incantata? Lottò per togliersi Jennifer di dosso e si avvicinò al banco della ragazza; la osservò per qualche istante con occhio critico e mormorò “Mi sa che ha bisogno di uno schiaffo per riprendersi”. “Tu provaci e ti ritroverai all’ospedale!” ringhiò la compagna, uscendo da quello strano torpore. “Vedo che ti sei ripresa, non stai bene o cosa? Sembravi come ipnotizzata” chiese Crystal, mentre il giovane tornava al suo posto, non senza averle rivolto l’ennesima occhiata furente. “Non lo so proprio” rispose lei, poi pensò tra sé e sé Mi sono sentita strana, come se avessi i brividi e non è la prima volta. Ma che accidenti mi è preso?. Il suono della campana fu un vero sollievo per lei e si concesse un lungo sospiro. Sistemò velocemente tutti i libri nello zaino, ma, quando alzò lo sguardo verso la classe, vide che era l’unica nella stanza oltre Richard. Sembrava proprio che la stesse aspettando, appoggiato allo stipite della porta. Si mise lo zaino in spalla e si diresse verso la porta, ma lui non le permise di passare. “Posso sapere perché non mi fai uscire?” gli chiese, ma la smorfia di rabbia sul suo volto la indusse a tacere. Aveva uno sguardo così furente che sembrava sul punto d’incenerirla da un momento all’altro. “Spero tu sia soddisfatta. Mi hai appena fatto diventare lo zimbello della classe, con la tua geniale trovata” ringhiò stizzito. “Non so di cosa stai parlando, Richard” replicò lei fredda. “Ah, no?” ribatté il ragazzo “Credi che io sia uno stupido? Pensi davvero che non mi fossi accorta del ghigno che hai fatto prima di entrare nello spogliatoio?”. Megan strinse le labbra, Dannazione, l’ha capito! Mi sono tradita da sola come una stupida pensò furibonda. “Comunque” continuò il giovane, un po’ meno accigliato “Direi che ora siamo pari. Personalmente, mi sono stancato di fare scherzi, quindi che ne dici di una tregua?”. “Ci sto. Mi sono stancata di dovermi sempre guardare le spalle” concluse la compagna, tendendogli la mano. Richard la strinse, suggellando la tregua, poi chiese “Adesso puoi dirmi come si leva questa roba? Serve qualche prodotto chimico?”. Megan scoppiò a ridere e disse “Scoprilo tu, ma comunque non ti servirà niente di particolare”. Poi corse via, lasciandolo senza parole.
 
Dopo pochi minuti, Richard era a casa e, prima di entrare nel cancello, vide Miguel che, da casa sua, si dirigeva verso il college. Alzò la visiera del casco e gridò “Ciao, Miguel! Come va la vita, amico?”. Il ragazzo si girò e rispose con un sorriso “Io sto bene, ma secondo me, tu non tanto. Mia sorella aveva uno strano sorriso quando l’ho incrociata davanti la porta di casa”. Lui ringhiò, innervosito “È peggio di una volpe. Oggi me ne ha fatta una pesante”, poi si sfilò il casco e si preparò alla risata di Miguel, che però non arrivò. Lo fissava con gli occhi fuori dalle orbite, poi si ricompose e mormorò “Ahi, ahi, ahi… Questa sì che è grossa”. Scosse la testa ed aggiunse “Devi averla fatta arrabbiare parecchio. Di solito, non si vendica mai!”. “Puoi dirmi come si leva questa roba?” lo implorò il ragazzo, temendo di dover restare biondo per il resto della sua vita. Sua madre sarebbe andata fuori di testa se avesse saputo perché i suoi capelli avessero improvvisamente cambiato colore. E non avrebbe avuto tutti i torti… “Basteranno un paio di shampoo e tornerai come prima” lo rassicurò l’altro con un mezzo sorriso. “Scusami” mormorò poi “Sono stato io a darle l’idea. Un paio di mesi fa ho sostituito il suo shampoo con una tintura. I capelli le sono diventati fuxia. Non ti dico che strilli!”. “Grazie dell’informazione” lo ringraziò l’amico, sospirando di sollievo. Poi lo sguardo gli s’illuminò e chiese “Posso chiederti solo un piccolo favore, Miguel?”. “Spara” disse il giovane incuriosito dal sorriso malizioso che gli incurvava le labbra e Richard gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Miguel rise e disse con aria complice “Sei diabolico, amico, ma l’idea mi piace da matti!”.
 
Poche ore dopo, era a casa e trovò la sorella intenta a chattare, come suo solito, con il <<Viaggiatore solitario>>. “Con chi parli?” chiese lui, “Il solito ragazzo, quello dell’altra volta” replicò la ragazza “Non hai niente di meglio da fare che ficcare il naso qui?”. Miguel rise e senza farsene accorgere, sfiorò la webcam sopra il portatile, accendendola. “Buona chiacchierata. A proposito, ho incontrato Richard poco fa. Perché gli hai tinto i capelli?”. Megan rise e disse “Se lo meritava. È uno spaccone arrogante ed aveva bisogno di una lezione. Con tutti gli scherzi che ha fatto a me, avevo pur il diritto di farne uno io, non ti pare?”. “Sarà” mormorò il fratello, con lo sguardo rivolto al soffitto intonacato ed un sorriso non del tutto represso sul volto. “Tu hai qualcosa in mente, non è vero?” chiese lei, “Io no, ma il tuo amico sì” disse il ragazzo, cercando di non scoppiare a ridere. “Abbiamo appena stipulato una tregua, che cosa vuole fare ancora?” sbuffò la giovane infastidita, poi il suo sguardo fu attirato da un messaggio apparso sul computer.
Non ho intenzione di fare niente, lo sto già facendo!
Improvvisamente, in uno spazio di tempo pari ad un battito di ciglia, Megan collegò tutto. Il <<Viaggiatore solitario>> non era altri che Richard in persona! Guardò furente il fratello ed urlò “Gli hai dato il mio contatto, in modo che potesse parlarmi senza che io sapessi niente?!”. “Il contatto non glielo ho dato io, su questo puoi stare tranquilla” rise Miguel, prima di uscire dalla stanza “Divertiti, sorellina”. “Pezzo d’idiota!” esclamò la ragazza furibonda, fulminandolo con lo sguardo.
Ehi! Datti una calmata, Meg!
Con te faccio i conti domani a scuola, razza di lurida canaglia!
Uh, che paura! Hai una faccia davvero spaventosa!
Lei alzò improvvisamente lo sguardo e vide la lucina rossa lampeggiare accanto alla webcam, segno che era accesa. Lanciò un’imprecazione rabbiosa, e si accorse di essere anche arrossita violentemente. Gli aveva parlato di tante cose, anche commenti su di lui. Tutto quello che pensava di lui! Che razza di verme!
Allora, vuoi cha accendo anch’io la webcam?
Lurido verme! Che razza di giochetti sei disposto a fare pur di raggiungere i tuoi scopi?
La ragazza scrisse il messaggio sbattendo le dita sui tasti e lanciando uno sguardo furente contro la webcam. Avrebbe voluto incenerirlo con lo sguardo! Improvvisamente, sullo schermo apparve un riquadro. Richard aveva acceso la webcam e la fissava sorridendo. Con una punta di orgoglio e compiacimento, notò che il colore biondo-oro non se ne era ancora andato dai suoi capelli.
Hai una faccia terribile. Non so se domani avrò il coraggio di affrontarti.
Sono pronta a venire fino a casa tua, pur di fartela pagare! Razza di schifoso doppiogiochista! Sei un essere disgustoso!
Accidenti! Sei sempre così furibonda, o è solo oggi? Sembri sul punto di esplodere! Lo sai che, quando ti arrabbi, sei ancora più carina?
Smettila di prendermi in giro, razza di viscido serpente! Ti odio!  
Lo vide ridere divertito nel riquadro; sembrava davvero soddisfatto della riuscita dello scherzo…
Ci vediamo domani. Spero che tu riesca a dormire, Meg!
Va’ al diavolo! Spero che il colore non se ne vada più via dai tuo capelli!
Richard rise di gusto, prima di chiudere il contatto; quella ragazza lo faceva morire! Era così particolare, nei gesti, nelle espressioni del viso, nel carattere… anche se doveva ammettere che era un po’ troppo irascibile. Si stiracchiò sul letto e rimase a pensare per un bel po’ di tempo. Fu la voce di suo padre a riportarlo alla realtà, quando il sole era ormai calato oltre le colline. Sbadigliando, si calcò nuovamente il berretto da baseball in testa -i suoi genitori non sapevano e non dovevano sapere dello scherzo giocatogli da Megan- e scese a vedere l’ennesimo progetto di auto ideato dai meccanici della ditta. Aveva già fatto una doccia, ma la tintura non se n’era andata via del tutto ed aveva dovuto ricorrere ancora al cappello per evitare domande a cui avrebbe preferito non rispondere. Ascoltò pazientemente suo padre descrivere tutte le potenzialità che avrebbe avuto la nuova macchina, sinceramente interessato, ma continuava a vedere il volto della ragazza dappertutto.
Verso le 18.30 prese la moto e si diresse verso il centro, parcheggiando davanti al negozio di ferramenta. Si sfilò il casco ed entrò, “Ciao, John. Scusa il ritardo” disse, chiudendosi la porta alle spalle. “Ma quale ritardo? Tu sei sempre preciso come un orologio svizzero!” esclamò un uomo sulla quarantina, sbucando dal retrobottega “Di’ un po’, hai un orologio incorporato?”. Il ragazzo rise ed indossò una tuta verde sopra i jeans e la maglia. Da qualche mese a quella parte, andava ad aiutare il vecchio amico di suo zio nel suo negozio di ferramenta in centro. John era un tipo apposto, ma aveva costantemente bisogno di aiuto per tenere il negozio. Da solo non ce la faceva ad esaudire tutte le richieste di catene per pneumatici, catenacci, lucchetti ed altre cose del genere e quindi Richard si era offerto di aiutarlo tutte le sere per almeno un paio d’ore. Lo faceva con piacere, ma John era stato inflessibile: avrebbe avuto uno stipendio ed il week-end libero ogni settimana, come un vero lavoratore. Il giovane non era riuscito a convincerlo diversamente e si era rassegnato ai desideri dell’uomo. Così, ogni venerdì e sabato sera usciva con gli amici per fare qualche gara in moto nella pista cittadina ed aveva iniziato a risparmiare i soldi della paga per comprarsi un auto propria. Suo padre aveva insistito per regalagliela lui stesso, ma il ragazzo aveva rifiutato, dicendo che voleva guadagnarsela con le proprie forze. Quel giorno, il lavoro lo aiutò a sgomberare la mente dalla maggior parte dei pensieri. Doveva stare attento a dove metteva le mani ed agli attrezzi che usava per evitare di farsi male come un idiota.
 
Una volta tornato a casa, si rilassò sotto il getto caldo della doccia. Usò parecchio shampoo e strofinò vigorosamente i capelli, mandando via anche gli ultimi residui del colorante biondo che aveva usato la sua amica. Sospirò sollevato, mentre osservava il proprio riflesso nello specchio, vedendo che i capelli erano tornati totalmente neri. Dato che c’era, decise di dargli anche una lieve spuntata; i capelli stavano diventando troppo lunghi per i suoi gusti. Quando ebbe finito, si diresse nella sua camera e si buttò di peso sul letto, avvolgendosi nelle coperte. Sperava di addormentarsi subito, in modo da recuperare le forze, ma, quando finalmente il sonno lo accolse tra le sue braccia, per la prima volta Megan popolò i suoi sogni.
Era ai margini di uno schermo nero e camminava lentamente verso un’uscita che lui non poteva vedere. Quando provò a chiamarla, la ragazza si voltò e gli disse qualcosa che non riuscì a comprendere. Le urlò più volte di ripetere ciò che aveva detto, ma la giovane scuoteva il capo e finalmente la sentì sussurrare “Tu sei diverso da quello che vuoi far credere”. 


Ok, e siamo a 9. ke dite? la storia è di vostro gradimento? Megan è praticamente furiosa, ma vedrete cosa succederà nel prox cappy! ha ha! ci sarà da ridere, su qualke personaggio! Visbs, scommetto ke mi kiederai xké ho sempre 'sta fissa dei sogni, ma ke ti posso dire. io credo ke i sogni ci rispekkino un po', i nostri desideri e le nostre speranze.... vabbè, fatemi sapere se il cappy vi piace, bacioni a tutte!

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Capitolo 10
*** Infermeria... ***


Eccomi qui, ragazze. scusate la fretta, ma nn ho resistito. dovevo postare un altro cappy! innanzitutto, ringrazio tantissimo Pandora e Visbs88 (tornata tra noi, evvai!) x le meravigliose recensioni. ragazze, siete super! scusate se mi ripeto spesso, ma siete davvero grandiose! ringrazio caldamente anke mau07 x aver messo la storia tra le seguite. grazie a tutte!

10-Infermeria…

Il giorno seguente, Megan si ritrovò di fronte al compagno nell’ampio parcheggio della scuola. I capelli erano tornati neri, esattamente come erano prima che lei ideasse quello scherzo, ma erano più corti e gli lasciavano il collo scoperto. Era ancora più carino di prima! Ma perché il cuore le iniziava a battere forte ogni volta che lo vedeva? Che cavolo le stava succedendo? Si chiese se non stesse letteralmente impazzendo, ma scosse la testa e cercò di oltrepassarlo. “Vedo che sei venuta. Mi fa piacere. Temevo che saresti rimasta a casa per sbollire la rabbia” sghignazzò il ragazzo divertito. “Sei un lurido doppiogiochista! Ora che hai anche trovato la collaborazione di mio fratello, hai il tuo asso nella manica, non è vero?” sibilò lei furiosa. “Non tieni fede ai patti. La tua parola non vale niente!” aggiunse con foga “Sei una persona orribile”. “La nostra tregua è ancora valida, Megan. Non ti ho presa in giro” ribatté il giovane tranquillo. “Sì, certo! Come no!” ringhiò la ragazza “Tu mi hai estorto le informazioni con l’inganno! Mi fai venire la nausea, tanto sei disgustoso!”. Non gli rivolse più la parola per tutta la mattinata, e così fece per un’intera settimana. Era uno schifoso doppiogiochista! Cosa non era in grado di fare pur di ottenere i suoi scopi!
 
Il lunedì successivo, all’ora di pranzo, trovò un biglietto sull’anta dell’armadietto, scritto con stessa calligrafia che conosceva ormai da tempo e che odiava con tutta se stessa. Che diavolo voleva adesso?
La professoressa Winkest ha spostato le prove ad oggi. Ti consiglio di mangiare qualcosa di sostanzioso a pranzo, non so per quanto ne avremo. Ti suggerisco anche di bere una buona camomilla prima di venire qui…
                 Richard

La ragazza sbuffò contrariata a quella notizia. Ormai mancavano solo due mesi al saggio di fine anno e le prove si susseguivano ad un ritmo frenetico. La professoressa li voleva a disposizione tre volte a settimana e li tratteneva così a lungo per provare e riprovare le scene che i ragazzi tornavano a casa solo a sera. L’unica nota positiva era che il carico di compiti veniva ridotto di parecchio. Anche il resto della classe -che non partecipava allo spettacolo teatrale- era molto impegnato, ma non così tanto! Susan aveva programmato una coreografia sulle note di “Wake up America” di Miley Cyrus e “Tu diras estoy loco” di Miguel Angel Munoz, provando e riprovando con il gruppo. Loro però si vedevano due volte a settimana per un paio d’ore e non per tre ore e mezza piene! “Dannazione!” mormorò la giovane, infilandosi il biglietto in tasca “Oggi dovevo preparare i churrosa papà e Miguel, ma dove lo trovo il tempo, se torno dopo di loro?”. Ritornò in classe ed avvisò Crystal dello spostamento delle prove e si unì a lei, lamentandosi che l’insegnante stava esagerando. Scesero in palestra con il professore che, a sorpresa, annunciò “Oggi vi lascio liberi di utilizzare gli attrezzi che preferite. Io devo fare alcuni test con le altre classi in vista della maratona del primo anno”. Li squadrò uno per uno ed aggiunse “Mi raccomando, non rompete niente e soprattutto non sbizzaritevi troppo”. I ragazzi esultarono e si divisero in due gruppi; uno andò verso i canestri e si cimentarono in una gara di pallacanestro, mentre l’altro si diresse verso i bilancieri. Il gruppo di Jennifer diede il via ad una sfida di pallavolo nell’altra parte del campo. Nicky, invece, guidò le amiche verso l’asse di equilibrio, dicendo “Voglio farvi vedere una cosa”. Il suo tono misterioso le incuriosì, mentre la vedevano salire sull’asse e fare una ruota su di essa, senza cadere. Senza scendere dall’asse, spostò i piedi uno dietro all’altro e si lasciò scivolare, eseguendo una spaccata perfetta. “Accidenti, Nicky! Ma come hai fatto?” chiese Wendy, guardandola a bocca aperta. “Io frequento un corso di ginnastica artistica, ma non sono molto brava. Volevo sapere cosa ne pensavate” si schernì lei. “Non sei molto brava? Tu sei fantastica!” esclamò Susan, “Io non ci riuscirei mai, non ho tutto questo equilibrio” mormorò Megan, sinceramente colpita. “Stai scherzando?” esclamò Crystal “Tu hai più equilibrio di tutte noi messe insieme!”. “Non esagerare” si lamentò l’amica “Nicky è insuperabile ed io sono contenta di esservi amica. Sono pronta a fare il tifo per tutte voi, quando ne avrete bisogno!”. Si strinsero tutte in un abbraccio e risero. Poi Susan, Wendy e Dalia si sedettero sull’asse, mentre Nicky si arrampicava sul quadro svizzero. Crystal e Miriam invece preferirono parlare con Megan di quello che stava succedendo nella scuola negli ultimi giorni. Da uno dei canestri, arrivarono le urla e gli sfottò di Philiph, Robert ed Eric contro la squadra avversaria e le risposte dei compagni. Erano talmente forti che le ragazze non riuscivano quasi a parlarsi…
Jennifer si voltò scocciata e Rose urlò “Ehi, la volete piantare di fare tutto questo casino?”. William rise ed esibì una perfetta faccia da schiaffi, dicendo “D’accordo, ma dopo mi offri un gelato nel bar della piazza!”. “Te lo puoi scordare!” esclamò la ragazza, voltando sdegnosamente la testa. Le risate aumentarono di volume, prima che la gara di tiri a canestro ricominciasse. Megan spostò lo sguardo sul resto della classe e vide Richard, Karl, Walter e Jonathan armeggiare con i bilancieri. “Ehi, Ric! Quanto hai staccato?” chiese improvvisamente Karl, poggiando il proprio bilanciere sui cavalletti di ferro “Io ho staccato ottanta chili”. “Ho staccato un bel cento tondo tondo, ma penso che posso fare di meglio” rispose l’amico tranquillo. Quella risposta da parte sua, la colse del tutto di sorpresa. Lo vide alzarsi a sedere e stiracchiarsi, notando che la cannottiera della tuta era diventata aderente, risaltando il suo fisico perfetto. I muscoli erano ben definiti e le sembrava di vederli guizzare ad ogni movimento sotto il sottile tessuto. “Oggi in palestra vi faccio vedere io. Ho intenzione di staccare centoventi! Vi farò mangiare la polvere!” esclamò Walter, sogghignando mentre armeggiava con due pesi da dieci chili l’uno. “Vedremo se riuscirai a sollevare novanta chili scarsi” ridacchiò Karl, tornando a sollevare il bilanciere. Jonathan rise mesto e, continuando a fare sollevamenti alla sbarra, mormorò “Intanto sono sempre io quello più scarso del gruppo”, “Guarda che sollevare settanta chili non è cosa da niente!” gli rammentò Richard. Solo in quel momento, la giovane si accorse che tutti i ragazzi della sua classe avevano un fisico robusto e scolpito. Da come parlavano, era evidente che frequentavano la stessa palestra…
Mentre rifletteva su quello che aveva visto, le tornarono alla mente i ricordi del suo primo incontro con Richard. Quando l’aveva fatta salire dietro di sé per accompagnarla, a scuola e poi a casa, lei gli si era aggrappata con forza, mentre la moto scattava in avanti. In quel momento, non ci aveva fatto molto caso, a causa dell’emozione del suo primo giro in moto e dell’attenzione che aveva prestato alle strade per poterle ripercorrere da sola, ma aveva notato i suoi muscoli ben definiti sotto la maglia, mentre si muovevano perfetti e scattanti ad ogni suo movimento. Chissà perché, al ricordo si sentiva arrossire… Improvvisamente, Wendy attirò la loro attenzione, urlando “Ragazze, state attente!”. Le tre si girarono di colpo e Megan vide un pallone schizzare verso di loro ad una velocità pazzesca. La colpì in pieno stomaco con una forza incredibile, mozzandole il respiro, e lei cadde all’indietro. Lasciò andare un gemito di dolore quando sbatté dolorosamente la testa contro l’asse di equilibrio, e scivolò a terra. Si rannicchiò faticosamente su se stessa, gemendo, e vide tanti puntini rossi e gialli danzarle davanti agli occhi. Poi, come se qualcuno avesse improvvisamente alzato il volume di una radio, sentì le grida assordanti delle sue amiche che la chiamavano. “Meg! Megan riesci a sentirci?”, “Megan rispondi!”, “Avanti parla. Di’ qualcosa!”, “Dannazione. Megan, rispondi!”. Qualcuno la scuoteva per le spalle e cercava di farla alzare, mentre un paio di mani le tastavano il polso. Una voce che ben conosceva interrupe improvvisamente le grida di panico delle ragazze “Che cos’è successo? Perché Megan si è accasciata a terra?”. Poi due mani forti le circondarono le spalle, facendola alzare a sedere “Megan? Va tutto bene? Che ti è successo?”. La ragazza aprì lentamente gli occhi e si trovò faccia a faccia con Richard. Aveva un’espressione così spaventata… Voleva dirgli qualcosa, ma il dolore era troppo forte, non riusciva ad aprir bocca. Non riuscì a rispondere, ma lasciò andare un gemito quando il dolore, dalla testa e dallo stomaco, si propagò in tutto il corpo. Provò a chiudersi a riccio, ma il giovane non glielo permise. La tenne stretta, continuando a chiederle con voce preoccupata “Che cosa ti è successo? Avanti parla!”. La compagna strinse i denti, cercando di combattere il dolore e restare lucida, per quel che poteva. Possibile che il dolore potesse essere così intenso da annebbiarle la vista? “Qualcuno ha lanciato il pallone in questa direzione e l’ha colpita nello stomaco…”. Questa era la voce spaventata di Miriam! “Poi è caduta all’indietro e… ha… sbattuto la testa contro…contro l’asse” mormorò Crystal a fatica.
Dalia le circondò le spalle con un braccio, tentando di tranquillizzarla. Sapeva che la sorella aveva difficoltà a spiegare le cose in situazioni del genere; era molto impressionabile. “Chi ha lanciato il pallone?” chiese il ragazzo, spostando lo sguardo su Susan e Wendy, “Sapete dirmelo?”. “Non era un tiro normale, era fin troppo preciso” disse Susan, rabbrividendo. Wendy scosse il capo e sospirò “Non abbiamo visto chi ha tirato. Io ho solo visto il pallone arrivare come una scheggia ed ho gridato per avvisarle. Ero dietro di loro”. Intanto, gli altri ragazzi si stavano avvicinando per capire la situazione. “Che cosa è successo? Cos’è tutta questa confusione?”, la voce di Jennifer si fece largo come un trapano nel silenzio che si stava formando. Quando vide Megan accasciata a terra, sul suo volto apparve un sorriso maligno e poco amichevole. Questo però si tramutò in una smorfia di rabbia quando si accorse che Richard cercava di farla riprendere, scuotendola per le spalle. Jonathan raccolse il pallone, che intanto era rotolato sotto l’asse d’equilibrio, e disse “Allison, questo non è il pallone che stavate usando voi?”, “Sì, perché?”. La voce di Allison non era calma come sarebbe dovuta essere: tremava. “Chi di voi ha tentato di ammazzarla?” ringhiò Karl, rivolto al gruppo che prima stava giocando a pallavolo. Calì fece coraggiosamente un passo avanti e disse “Io, perché? Hai forse qualche problema?”. Eric la guardò sbigottito “Non sei stata tu Calì; eri dalla parteopposta del campo. Non dire sciocchezze”. “Piuttosto, dicci chi stai cercando di coprire” aggiunse Karl e il suo tono non ammetteva repliche. Rose si spostò nervosamente di lato e disse “Non stiamo coprendo nessuno”, “Ah, certo! Allora perché siete tutte così nervose?” chiese Richard. Poi, scrutandole con rabbia, si soffermò su Jennifer, che tentava di uscire dalla sua visuale. “Jennifer? Dove credi di andare?” le chiese tranquillo. La ragazza si bloccò di colpo “Da nessuna parte, Richie caro” mormorò con voce tremula. Lui si alzò in piedi, lasciando Megan alle cure delle sue amiche, e le si avvicinò. “Ascoltami bene, Jennifer” le disse gelido “Primo: non provare a fare la sdolcinata con me perché non funziona e l’unico risultato che potresti ottenere è quello di farmi avere un attacco di nausea. Secondo: smetti di trattare Megan come se fosse il fango delle tue scarpe”. Si assicurò che il messaggio fosse arrivato a destinazione ed aggiunse “È una compagna di classe, non il tuo zerbino! Se provi ad alzare un altro dito su lei, in qualunque modo, passerai dei brutti momenti. Sono stato chiaro?”. Il suo tono minaccioso spaventò la giovane, che impallidì di colpo e si appoggiò al muro, mentre lo guardava scioccata. Le sue compagne la circondarono e Lucy disse “Certo che sei proprio un idiota. Fai tanto il galletto con le ragazze e poi non ti accorgi nemmeno di quello che provano”. Poi aiutò Jennifer reggersi in piedi e la portò nello spogliatoio femminile, assieme alle altre. Philiph si avvicinò e disse “Ecco, ora ti fanno passare per l’orco cattivo. Ma certo che sono forti! Prima Jennifer tenta di ammazzare Megan e poi nega tutto?!”. Scosse il capo e continuò “Si è davvero infuriata da quando Megan le ha soffiato la parte”. “Lei però, non ne è affatto entusiasta” mormorò Richard, tornando verso Dalia e le altre compagne, che si stavano occupando della loro amica. La ragazza si era avvolta a riccio e non si muoveva; l’unico suono che le usciva dalle labbra erano dei gemiti di dolore, che la scuotevano di tanto in tanto. Il giovane la guardò sconcertato, poi, con un movimento fluido, la prese tra le braccia e si diresse verso l’infermeria. Megan aprì gli occhi per la sorpresa; non avvertiva più il pavimento sotto di sé e non sentiva più il gelido parquet contro la guancia. Anzi, stava a contatto contro qualcosa di decisamente caldo ed accogliente…
Si accorse di essere uscita dalla palestra, perché vedeva le file degli armadietti del piano terra, ma le sue supposizioni furono improvvisamente interrotte dalla voce del suo compagno, che la teneva stretta a sé. “Allora, come ti senti? Va tutto bene, Meg?” le chiese il ragazzo, osservandola preoccupato. “Che cosa stai facendo? Mollami! Mettimi giù subito!” urlò lei, presa dal panico “Accidenti! Non voglio cadere a terra e trascinare anche te! Mollami!”. “Sta’ calma. Sono abituato a pesi decisamente più voluminosi e pesanti di te” sghignazzò Richard “Se non te ne sei accorta, io vado in palestra. Quindi non hai motivo di preoccuparti”. “Oh, mio Dio!” mugugnò la giovane all’improvviso, “Che c’è?” le chiese lui, allarmato. “Temo che sto per avere un attacco di nausea. Mettimi giù, per favore” lo supplicò la compagna. Il ragazzo sospirò, mentre la poggiava delicatamente a terra, e la vide poggiare la guancia sul pavimento freddo, nell’evidente tentativo di non vomitare. “Hai una pessima cera. Sei quasi verde! Sarà meglio sbrigarsi ad andare in infermeria” mormorò preoccupato. La ragazza si alzò lentamente in piedi, appoggiando la schiena alla parete, ma le tremavano le gambe e rischiò di cadere a terra. Richard l’afferrò al volo e la strinse contro di sé, aiutandola a rimettersi in piedi. Aveva bisogno di aiuto, era evidente, anche se cercava in tutti i modi di farcela da sola. Era un tipo orgoglioso sotto quel punto di vista e la cosa lo fece sorridere. “Dai, non fare storie. Non voglio che ti senta male qui in corridoio!” esclamò, sollevandola di nuovo, come se fosse una piuma. Megan non poté far altro che annuire e, d’istinto, si rannicchiò contro il suo petto scolpito. Si concentrò sul battito regolare del suo cuore e sul suo respiro tranquillo per combattere la nausea crescente. “Certo che Jennifer deve avere una forza nascosta, se ti ha conciato in questo modo” disse il giovane, continuando a camminare. “Che cosa c’entra Jennifer, adesso?” chiese la ragazza, sollevando lo sguardo. “Beh, è stata lei a colpirti” mormorò lui, poi aggiunse arrabbiato “Proprio non vuole capire che la deve smettere di trattarti in questo modo!”. “Non dite niente all’insegnante” sussurrò l’amica “Non voglio farvi passare dei guai a causa mia”. Il compagno la guardò stupito “Non vuoi dire niente a Jackson?”, “Esatto”. Il ragazzo scosse il capo, incredulo “Megan, sei uno straccio! Ti rendi conto che potevi finire all’ospedale? Mi sa che la botta che hai preso in testa ti ha fatto ammattire!”. “Smettila di prendermi in giro!” esclamò lei arrabbiata, dandogli un debole pugno sulla spalla “Sto bene, accidenti!”. Poteva dirlo quanto voleva, ma in realtà si sentiva davvero uno straccio. Non si accorse che erano entrati in infermeria, finché Richard non la fece stendere su uno dei tre lettini rigidi presenti nella stanza. Poi lo vide sedersi su una sedia di plastica bianca, mentre la guardava fisso negli occhi. Perché quello sguardo, così intenso e magnetico, le scatenava brividi in tutto il corpo? Che diavolo le stava chiedendo? Si voltò dall’altra parte, per non incontrare ancora quegli occhi verdi, e cercò d’ignorare il dolore pulsante allo stomaco e dietro la testa. Una voce materna si fece largo tra il silenzio formatosi tra i due ragazzi, “Cos’è successo?”. Megan alzò lo sguardo e vide l’infermiera, una donna dal viso dolce, incorniciato da capelli color argento, che la guardava preoccupata. “Ha preso una pallonata nello stomaco, giù in palestra, e poi ha sbattuto la testa contro uno degli attrezzi” mormorò il compagno. La ragazza lo ringraziò con lo sguardo; non stava accusando Jennifer, proprio come lei gli aveva chiesto. Sapeva che era stupido, ma voleva almeno provare a non farsi odiare ancora di più dalla compagna di classe. “Oh, povera cara! Come ti senti ora?” chiese l’infermiera, “Ho un po’ di nausea” ammise lei. “Per me, la nausea ti è venuta perché hai sbattuto la testa” mormorò il ragazzo, con una smorfia. “Vado a prenderti un impacco di ghiaccio, cara. Ti farà bene” disse la donna, allontanandosi verso uno degli armadietti, e la giovane chiuse gli occhi. Aveva solo bisogno di stare tranquilla per un po’, nient’altro. Sobbalzò ed aprì gli occhi di colpo, quando una mano calda si poggiò sulla sua fronte. “Posso sapere che accidenti stai facendo?” chiese preoccupata al suo compagno. Richard spostò la mano e disse “Stavo solo controllando la temperatura, non ti agitare”. La osservò per un lungo istante, concentrandosi su quel volto dorato che lo guardava stupito. Poi spostò lo sguardo sui suoi capelli, affascinato da come formassero un’aureola color ebano intorno alla testa. Pensò che gli sarebbe piaciuto accarezzarle il viso, tentando di rassicurarla e per sentire la sua pelle morbida, ma si trattenne. Non sapeva come avrebbe reagito e voleva assolutamente evitare altri schiaffi. Ne aveva già avuti fin troppi per i suoi gusti. “Non ho la febbre. Ho sbattuto la testa, non ho mica corso sotto la pioggia battente” borbottò Megan. Lo vide irrigidirsi a quelle parole, ma non ne capì il motivo e lasciò perdere. Se si concentrava troppo, il mal di testa sarebbe peggiorato notevolmente. Sospirò di sollievo quando l’infermiera le poggiò un impacco freddo sulla fronte e chiuse di nuovo gli occhi, poi la sentì rivolgersi a Richard. “Ora puoi andare in classe. La farò tornare da voi non appena si sentirà meglio” gli disse la donna. Evidentemente, stava cercando di rassicurarlo e convincerlo a tornare dagli altri compagni . “Se non le dispiace, preferirei rimanere” disse il ragazzo, “Ma non hai lezione?” chiese l’infermiera. “Sì, ma sono un po’ preoccupato” spiegò lui “A volte Megan ha delle strane reazioni”. La compagna aprì gli occhi e lo fulminò con un’occhiataccia “Sto bene. In che lingua devo dirtelo, in arabo?” disse acida. Il giovane rise “No, evita. Già non ti capisco bene quando parli spagnolo, figuriamoci in un’altra lingua!”. “Vattene! Fuori di qui!” ringhiò lei furibonda, “Non mi arrabbio con te, solo perché hai battuto la testa e probabilmente il tuo cervello non funziona ancora come dovrebbe” sghignazzò il compagno, guardandola di sottecchi. Poi si rivolse alla donna, che li osservava preoccupata, “Ecco, intendevo proprio questo per strane reazioni”. L’infermiera annuì appena e si allontanò verso il proprio ufficio, cercando alcuni documenti che doveva portare al preside. Richard sospirò e nella memoria affiorò il ricordo della sua prima visita all’infermeria. Aveva litigato furiosamente con Walter a causa della sua nomina di leader del gruppo, durante il secondo anno. Lui non si era certo candidato e avrebbe preferito affidare quel compito a qualcun altro, ma Walter non gli aveva creduto e si era infuriato di brutto. Aveva cercato di farlo ragionare, senza alcun risultato; era quasi impossibile farlo calmare quando era furioso. Così erano arrivati alle mani, ma, mentre il compagno se l’era cavata solo con qualche livido, lui era finito in infermeria con un occhio nero e diversi graffi sulle braccia. La ragazza ringhiò di nuovo, strappandolo alle sue dolorose fantasticherie. Riportando lo sguardo su di lei, si accorse della sua espressione minacciosa e capì che era meglio alzarsi per tornare in palestra. L’infermiera uscì dall’ufficio e poggiò le carte su un tavolino, dicendogli “Non preoccuparti per lei. Adesso ha solo bisogno di riposare”. Il giovane annuì, sentendosi però un po’ in colpa nel lasciarla lì da sola. “Ci si vede, Meg. Vedi di non rimanerci troppo a lungo, oggi abbiamo le prove” la prese in giro, “Va’ via! Sparisci!”. Il ragazzo sorrise e fece per andarsene, ma si scontrò con un uomo robusto in camice bianco, e cadde all’indietro. Lanciò un’imprecazione quando un tubo di metallo, caduto da chissà dove, gli piovve sulla testa. “Ehi, vedi di non sbattere la testa anche tu!” esclamò l’infermiera, avvicinandosi subito per soccorrerlo. Anche Megan fece per scendere dal lettino, ma si bloccò quando l’uomo, rimasto immobile, afferrò il ragazzo per un braccio e lo aiutò a rimettersi in piedi.
“Ehi, Ric! Da quanto tempo non si ci vede! Come va la testa, ragazzo mio? Sei ancora ok?” esclamò l’uomo, stringendolo in un abbraccio stritola-costole. “Ciao, zio James. Cosa ci fai qui? Non dovresti essere all’ospedale?” mormorò Richard boccheggiando. Poi l’uomo lo lasciò andare e lui si appoggiò alla parete massaggiandosi la testa. “Controllo sanitario degli studenti. E mi pare che ne abbiate bisogno” rise suo zio, osservando la ragazza, che, ancora seduta sul lettino, guardava il giovane con un’espressione preoccupata. Lei arrossì, ma non aprì bocca. L’infermiera sospirò sollevata e si allontanò, dicendo “Lascio la signorina Marley alle sue cure, dottor McKallister. Devo assolutamente portare alcune pratiche importanti al preside”. Quando lo vide annuire, uscì dalla stanza, reggendo una pila di documenti piuttosto precaria. “Cosa ti è successo, signorina?” le chiese il medico, guardandole il volto, “Sono caduta in palestra e… ed ho sbattuto la testa” mormorò la giovane. Si chiese perché, al suono del suo cognome, il medico avesse sorriso in un modo che le ricordava tanto il nipote. Lo divertiva il fatto che fosse la figlia del migliore amico di suo fratello? “Per non parlare del pallone che ti ha colpito in pieno stomaco” concluse il suo compagno di classe, spostandosi sulla parete di fronte a lei. Megan lo fulminò con lo sguardo, ma disse tranquilla “Perché non ti dai una calmata, per favore? Sto bene”. Scosse la testa ed aggiunse “Piuttosto, ti conviene tornare dagli altri a rassicurarli, altrimenti Jackson lo verrà a sapere”. “Megan, dovresti dirglielo. Potevi finire male! Perché ti ostini tanto a fare la persona gentile?” esclamò Richard. “Te l’ho detto, non voglio farvi passare dei guai” replicò lei “E poi, goffa come sono, il professore non s’insospettirà”. Il dottor McKallister li guardò entrambi e chiese “Potrei saper cos’è successo, esattamente?”. “Una delle nostre compagne l’ha colpita con un pallone nello stomaco. Lei è caduta ed ha battuto la testa” spiegò il nipote con una nota di rabbia nella voce. “Calmati, accidenti. Sono ancora tutta intera, se è questo che ti preoccupa” esclamò la ragazza. “Va’ a calmare gli altri, piuttosto. A Miriam sarà venuto un infarto” sussurrò, improvvisamente preoccupata per le sue amiche. Il medico la guardò serio “Sei molto coraggiosa a non voler dire la verità, o molto ingenua. Non credi che questa ragazza non ci penserà due volte, prima di rifarlo?”. “Non m’importa. Non voglio che mi odi più di così. È già abbastanza per me” sussurrò la giovane, chinando il capo. “Non t’importa?! Ma ti sei bevuta il cervello, per caso?” esplose Richard infuriato “Jennifer non ci metterà molto a riprendersi dalla nostra strigliata”. “E se la prossima volta ti buttasse sotto un’auto? Oppure un camion? Se tu ti ritrovassi all’ospedale, con una gamba rotta? O peggio?!” sbraitò. “Adesso calmati, Richard. Così non ottieni nulla” lo redarguì lo zio, poggiandogli una mano sulla spalla. “Ti stai comportando come una stupida” mormorò il ragazzo, con la voce spezzata. “Mio nonno dice sempre che troppa gentilezza può diventare sinonimo di stupidità” aggiunse, stringendo i pugni. Stava facendo del suo meglio per rimettersi ad urlare, ma li occhi gli scintillavano per la rabbia. La compagna si ritrasse appena sotto quello sguardo furioso, ma non riuscì a capire perché le sembrasse così bello nella sua rabbia. “Vedo che voi due andate proprio d’amore e d’accordo. Ho sentito le vostre soavi lodi fin dal corridoio!” sghignazzò il dottor McKallister. Poi, cercando di alleggerire la tensione, disse al nipote “Tuo padre mi ha detto che state organizzando uno spettacolo teatrale, è vero?”. “Sì, oggi avevamo le prove, ma se manca la protagonista, credo che si dovranno annullare” replicò il giovane. “Io. Sto. Bene. Quante volte te lo devo dire?” scandì Megan, alzandosi dal lettino in vinile “Se posso dirti la verità, non vedo l’ora che questo spettacolo finisca. Almeno metteremo fine a tutta questa pagliacciata!”. La sua reazione seccata riuscì a strappargli un sorriso, sciogliendo momentaneamente la rabbia. “Si vede che ti sei ripresa. Stai sfoderando quel gran bel caratterino che ti ritrovi” disse, appena più rassicurato “Il cervello allora funziona a dovere!”. Era quella la Megan che conosceva, determinata ed orgogliosa.
Il medico puntò una piccola pila negli occhi della ragazza e la visitò velocemente, accertandosi che stesse davvero bene. “Allora siete voi i due protagonisti! Ma che buffa coincidenza!” sghignazzò, osservando il viso della giovane, che guardava cupamente il suo compagno di classe. “Mi pare che tu stia decisamente meglio, puoi tornare in classe” le disse “Ma se ti ritorna il mal di testa o la nausea, torna qui”. Lei si limitò ad annuire e si avviò verso la porta, dirigendosi verso la palestra. “Quella ragazza è piuttosto decisa, non trovi? Su questo assomiglia al padre. Alan è sempre stato un tipo tosto” disse James al nipote. “Puoi dirlo forte, zio. Ha un caratterino davvero niente male” ridacchiò Richard. “Vacci piano, Ric! Non vorrei visitare te, la prossima volta” commentò suo zio, con un sorriso malizioso sulle labbra.
 
Non appena tornò in palestra, Megan fu quasi presa d’assalto dalle sue compagne, ansiose di sapere come stesse. “Come ti senti?” le chiese Wendy, “Va tutto bene?” aggiunse Dalia “Cosa ti ha detto l’infermiera?”. “Sto bene, ragazzi. Calmatevi! Ho solo un po’ di mal di testa” disse per tranquillizzarle. “Allora dovresti tornare in infermeria” disse Richard, comparendo improvvisamente alle sue spalle. “Sono appena uscita e non ho intenzione di ritornarci per un bel pezzo” replicò la ragazza decisa. Lui scosse il capo, dicendo “Non voglio riportarti lì, ma se ti senti male, sarò costretto a farlo”. “Sempre che tu ci riesca” mormorò la giovane con tono di sfida. La risposta della compagna lo lasciò interdetto, ma si limitò a scuotere la testa e si rivolse agli altri. “Ragazzi, non dite niente a Jackson” borbottò “La nostra Megan non vuole farci passare dei guai ed ha deciso di non dire niente”. Dal suo tono di voce, si capiva che non era per niente d’accordo; la disapprovazione era evidente. “Ne sei sicura, Megan? Davvero non vuoi dire niente al professore?” esclamò Karl incredulo. “Sì, non è stata colpa vostra, quindi preferirei non parlare più dell’argomento, se voi siete d’accordo” rispose la compagna. La classe la guardò sconcertata, poi Oliver mormorò “Va bene. Allora non diremo niente al prof”. 


E siamo a quota 10. ke ne dite? le canzoni ke hgoscelto vi piacciono? le ho scelte x il ritmo + allegro, pensando ke fosse adatto, ma di musica nn ne so molto, quindi, spero sarete clementi. Megan se l'è vista brutta, stavolta, ma è anke un po' ingenua. tosta, ma troppo di buon cuore, di Jennifer nn si ci può fidare, mai! beh, ke dirvi? grazie a tutte coloro ke leggeranno questa FF e a presto cn il prox cappy, in cui arriverà un nuovo personaggio ke sconbussolerà un po' la situazione...

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Capitolo 11
*** ...e gelosia ***


Et voilà! un nuovo capitolo x voi, mie care lettrici! scommetto ke molte di voi si saranno kieste quando i due ragazzi avrebbero iniziato a sentre qualcosa... Beh, la risposta è in questo cappy! vi avevo avvertito ke sarebbe arrivato 1 nuovo personaggio, adesso lo conoscerete. mando un caloroso grazie a tutte coloro ke leggono questa FF e un grazie mooolto speciale a VBisbs, x il suo fantastico monologo. adesso vi lascio al cappy, bacioni!

11-…e gelosia

Dopo le prove, Richard la vide tornare a casa come se nulla fosse, ma decise di seguirla silenziosamente lungo la strada. Temeva di vederla accasciarsi a terra da un momento all’altro e, per un attimo, si chiese perché fosse tanto preoccupato per lei. Forse si sentiva in qualche modo responsabile, dato che Jennifer aveva attaccato quella che per lei era una potenziale rivale. Vedendola entrare nel cortile ed accarezzare i suoi cani, si fermò e sospirò sollevato; era arrivata a casa sana e salva. La ragazza si fermò di colpo davanti ad una moto da cross rosso fiammante, parcheggiata accanto alla piccola staccionata bianca, con un’espressione confusa sul volto. Neanche il giovane la riconobbe, ma era sicuro che non fosse di Miguel; lo avrebbe saputo se l’amico avesse acquistato una moto. Scese dalla propria e si appoggiò al lampione alle sue spalle, restando fuori dal cono di luce. Voleva vederla entrare in casa sua, finalmente al sicuro, senza che si accorgesse della sua presenza. La porta del numero 10 si aprì improvvisamente e ne uscì un ragazzo alto e robusto, all’incirca sui vent’anni, che abbracciò con forza Megan, sollevandola da terra. “Hola, piccola Meggie! Come sono contento di rivederti! Mi sei mancata tantissimo!”. Urlava, come se non si vedessero da anni, mentre la faceva girare come una trottola. “José!” esclamò la giovane, non appena toccò di nuovo terra, con una nota gioiosa nella voce. “Ma tu che cosa ci fai qui? Non avevi da fare all’officina con tuo padre?” chiese “Dalla tua ultima telefonata, tre settimane fa, avevo capito che la stavate ristrutturando!”. “Sì, ma abbiamo finito ieri. Così ho pensato di venire a trovarti” spiegò lui. Poi sorrise, rivelando due file di denti bianchissimi, che risaltavano in quel viso color bronzo scuro. “È stato un lungo viaggio da Mérida! Ma sono la prima a vederti o gli altri già lo sanno?” chiese lei. Il ragazzo rise più forte “Miguel è venuto a prendermi all’aeroporto, oggi pomeriggio. Però la sorpresa era per te”. “Una bellissima sorpresa!” disse Megan, abbracciandolo “Sono mesi che non ci vediamo. Mi sei mancato tantissimo!”. “Entriamo ora, qui fa più freddo che a casa. Non voglio che ti ammali proprio quando vengo a trovarti, Meggie” disse il giovane. “Smettila di chiamarmi così, non ho più sei anni!” lo sgridò lei, senza troppa convinzione “E comunque non ho freddo”. Richard li vide sedersi sul dondolo sotto la veranda e provò una sensazione che non aveva mai sentito prima di allora: una rabbia forte e cieca, che lo consumava dentro, come se dentro di lui fosse scoppiato un incendio. Ma chi accidenti era quel ragazzo, che aveva tanta confidenza con la sua compagna di classe? Da una delle sue ultime frasi, capì che si conoscevano da molto, dieci anni almeno, ma questo non fece che aumentare la sua rabbia. Ma cosa l’aveva scatenata? Perché si sentiva così frustrato e furibondo allo stesso tempo, solo guardandoli parlare in fitto spagnolo? Non capiva quasi niente, parlavano troppo velocemente perché riuscisse a seguire il discorso, ma evidentemente Megan era affascinata da quello che quel tizio le stava dicendo, perché lo guardava stupefatta. La sua furia crebbe di colpo quando lo vide poggiare un braccio sulle spalle della ragazza, prima che l’abbracciasse con forza. Improvvisamente, la sentì esclamare nuovamente in americano “José, mi stai soffocando! Lasciami, per favore!”. 
Richard fu colto dall’improvviso dal desiderio di sciogliere quell’abbraccio, anche con la forza, se necessario. Strinse furiosamente i pugni nelle tasche della giacca, nel tentativo di controllarsi, ma i suoi pensieri furono interrotti proprio dalla voce di José, che chiese “Meg, hai una moto per caso? Oppure è di Miguel?”. “Quale moto, scusa?” domandò lei, “Quella sotto il lampione, proprio qui di fronte”. Il ragazzo capì che si stavano rivolgendo a lui e si affrettò a far ruggire il motore, per far capire che la moto aveva già un proprietario. Vide la sua compagna alzarsi dal dondolo e muoversi nella sua direzione, seguita dal nuovo arrivato. “Richard?” chiese la ragazza sorpresa “Posso sapere che cosa ci fai qui? Non dovresti essere a casa tua già da un pezzo?”. “Volevo solo controllare che tu fossi arrivata a casa ancora intera. Credevo che ti avrei trovata accasciata sul marciapiede, da qualche parte” spiegò lui, sforzandosi di sorridere. La vide sbuffare contrariata; era evidente che non le andava di ricordare l’accaduto, ma quell’espressione lo fece sorridere. “Beh, come vedi sono in piena forma” la sentì replicare “Grazie dell’interessamento”. “Chi è, Meg? Un tuo amico?” chiese José, squadrandolo con un sorriso. “Sì, è un mio compagno di classe” rispose lei, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio. “Piacere, io sono José” rise il ragazzo, tendendo la mano oltre la staccionata. “Io sono Richard. Gran bella moto, complimenti. Fai moto cross?” rispose quest’ultimo, stringendogliela con più forza di quanto avrebbe dovuto. Gli costava davvero moltissimo far finta di niente, quando voleva vedere quel ragazzo allontanarsi il più possibile da Megan. Si sforzò al massimo per sembrare tranquillo e rilassato, anche se dentro ribolliva di rabbia e di un’altra sensazione che non riusciva a spiegarsi. “Sì, è la mia passione. Anche la tua è una bella moto, più adatta alla città però” disse José. Poi si rivolse alla giovane che gli stava accanto e chiese “Ti è forse successo qualcosa durante le lezioni?”. “Sto benissimo, sono solo caduta in palestra. Ne state facendo una tragedia” sospirò Megan, puntando lo sguardo al cielo. Il suo compagno di classe scosse il capo e disse “Beh, ci vediamo domani a scuola. Vedi di non cadere di nuovo”. Si sforzò nuovamente di sorridere e si avviò verso casa, ma li sentì chiaramente dire “Accidenti! Mi sembra davvero premuroso! Non è che ti sta ronzando intorno?”. Preso dalla rabbia, si sforzò di non voltarsi, per evitare un incidente, o peggio. Sentiva il bruciante desiderio di tornare indietro e fargli capire che con lui non si doveva scherzare. E soprattutto, non voleva che stesse accanto a Megan. Prese un lungo respiro e s’impose di andare a casa, lontano da quel tipo. Se fosse tornato indietro, non sarebbe riuscito a trattenersi. Mentre si allontanava, sentì la ragazza sospirare “Sì, è un tipo apposto, ma dubito che capirò mai com’è veramente. È talmente criptico”, dopodiche tutto fu avvolto dal silenzio.
 
Quella notte, Richard non riuscì a dormire e continuava a girarsi e rigirasi nel letto, incapace di prendere sonno. Ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva quel ragazzo, quel José, che abbracciava Megan e, ogni volta, la rabbia gli ribolliva violenta nelle vene. Prese a pugni il cuscino, per dargli una forma più comoda, poi si accasciò con la faccia sprofondata nel morbido cotone della federa. Fissò la parete chiara, senza vederla realmente, e sospirò “Ma che diamine mi sta succedendo? Perché mi dà così fastidio vederla con un altro? Sto diventando matto?”. Sentendo uno strano peso sul petto, si girò ancora ed osservò il soffitto, prima di chiudere gli occhi. Si accorse improvvisamente di essere in uno stato di dormiveglia, perché vedeva la ragazza sul solito schermo nero. Stavolta era più vicina e gli sorrideva radiosa, ma al tempo stesso sentiva il respiro profondo di suo padre, nella stanza accanto. Lei sembrò avvicinarsi ancora di più e gli sussurrò “Sogni d’oro, Richard. E grazie di tutto”. “Sai che cosa mi sta succedendo?” le chiese “Perché mi sto comportando così?”. Il suo viso sembrò illuminarsi di colpo ed il ragazzo capì che il sogno stava per finire; la luce che vedeva era quella del sole! La figura di lei fu avvolta in un alone di luce abbagliante e gli disse “Ascolta il tuo cuore. Lì troverai tutte le risposte che cerchi”.
 
Richard si svegliò di soprassalto e scattò a sedere, accorgendosi di avere il fiato corto, come dopo una lunga corsa. Neanche avesse fatto lui la maratona indetta da Jackson per quelli del primo anno… Sentì lo scatto della sveglia sul comodino e la fermò appena prima che iniziasse a suonare. Si passò una mano sul volto, nel tentativo di riordinare le idee, ma la sveglia di suo padre lo fece sobbalzare. Si lasciò sfuggire un grugnito e si diresse verso il bagno, prima che se appropriasse qualcun altro, e si sciacquò il viso con l’acqua fredda, per svegliarsi del tutto. Rabbrividì quando sentì alcune gocce fredde scivolagli sulla pelle tesa degli addominali. Strofinò con forza il viso in uno degli asciugamani e aprì la porta per permettere anche a suo padre di prepararsi. Josh si trascinò quasi nella stanza e si sciacquò il viso, mandando via le ultime tracce di sonno. “Hai dormito male, stanotte? Hai una faccia spaventosa” disse, afferrando l’asciugamano che il figlio gli porgeva. “In effetti, non ho dormito granché” ammise lui “Ho fatto un sogno… davvero strano”. “Si vede” commentò il genitore “Sarà meglio che ti riprendi prima che ti veda tua madre, altrimenti andrà nel panico”. Il ragazzo sbuffò; sua madre era sempre stata piuttosto apprensiva e non era proprio il caso di farla preoccupare solo per una notte insonne. Dopo colazione, il giovane si sbrigò ad arrivare a scuola per tempo, ma non trovò nessuno in classe. Rimase stupefatto da quella strana situazione, poi lo squillo del cellulare lo fece trasalire. Senza neanche guardare il numero sul display, si affrettò a rispondere per capire cosa diamine stesse succedendo. “Pronto?”, “Richard, ma dove accidenti ti sei cacciato? Ti stiamo tutti aspettando!” urlò Karl all’altro capo della linea. “Sono a scuola. Voi, piuttosto, dove siete?” chiese l’amico, “Al giardino botanico! Non dirmi che te ne eri dimenticato?!”. Richard si lasciò sfuggire un gemito; la gita alla giardino botanico della città per le classi dell’ultimo anno era programmata per quel giorno! “Karl, sto arrivando. Di’ al professore che sono sulla strada”. Rimase sbigottito quando non udì la voce di Karl nel ricevitore “Per favore, sbrigati. Smith ha già iniziato l’appello delle classi”. “Posso sapere che ci fai con il cellulare di Karl, Megan?” chiese il giovane, “Veramente è Karl che ti sta chiamando dal mio cellulare” rispose lei. “Sbrigati a raggiungerci, o il professore non ti farà entrare” aggiunse, interrompendo la chiamata. Il ragazzo rimase esterrefatto, ma si sbrigò ad arrivare al giardino botanico. Il professor Smith era famoso per la sua puntualità a scuola, come nella vita privata, e non ammetteva il minimo ritardo. Megan aveva ragione; se non si sbrigava, sarebbe rimasto fuori al parco per tutto il tempo del giro. Scese le scale con la velocità di un fulmine, rischiando seriamente d’inciampare e rompersi l’osso del collo, e corse fuori. Una volta nel cortile, si slanciò a tutta velocità verso il grande giardino costruito su di una delle colline che circondavano la città. Il vento gli frustava la faccia e gli gonfiava il giubbino, aprendolo, ma non si fermò. Si fece forza, pensando che altrimenti si sarebbe perso una gran bella gita, ma, soprattutto, non avrebbe visto Megan per tutto il resto della giornata. Per lui, quel pensiero era intollerabile, specialmente adesso che era arrivato quel José. Voleva starle accanto il più possibile, anche se non riusciva a spiegarsi quella sensazione così assurda. Quando finalmente arrivò all’interno del giardino, il professor Smith era arrivato alla sua classe. “Marley Megan?” chiese, leggendo i nomi sulla sua lista, mentre passeggiava su e giù, “Presente”. “McKallister Richard?”, “Presente” mormorò Richard affannato, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. L’insegnante sembrò non accorgersi dell’arrivo improvviso del giovane e continuò l’appello. “Per un pelo” commentò Megan, guardando il suo amico che cercava di respirare normalmente. “Già, appena in tempo” borbottò lui, rialzandosi “Grazie di avermi chiamato”, “Figurati. E comunque devi ringraziare Karl, non me. È stato il primo ad accorgersi che non c’eri”. Il ragazzo fece un cenno di ringraziamento al suo compagno di banco, che ricambiò con un sorriso complice. Mentre si guardava intorno, notò improvvisamente che il viso della compagna era diventato rosso. “Che ti è preso?” le chiese incuriosito “Hai le guance rosse come papaveri!”, “Niente” mormorò la giovane, sistemando i capelli come per creare un sipario tra loro. Gli aveva detto una bugia e questo la faceva sentire in imbarazzo. Era stata lei ad accorgersi della sua assenza e, preoccupata, l’aveva fatto notare a Karl. Quest’ultimo aveva lanciato una serie di imprecazioni quando si era reso conto di avere il credito pari a zero e lei gli aveva passato il proprio cellulare per avvisare il compagno. Aveva anche salvato il suo numero nella rubrica, senza sapere neanche il perché. Ogni volta che sentiva o leggeva il suo nome, il cuore le faceva un balzo nel petto, senza che riuscisse a spiegarsi il motivo. In quel momento, Smith richiamò l’attenzione dei ragazzi “Ora vi dividerete per classe e vi sistemerete in fila, in ordine alfabetico”. “No, in ordine no!” mugugnò Jennifer, guardando Richard come se le avessero detto che il Natale era stato soppresso. Parecchi ragazzi si lamentarono, ma il professore li mise tutti a tacere “Questa è una visita istruttiva, non una passeggiata. Quindi obbedite senza discutere!”. Megan sospirò sollevata e si sistemò accanto a Nicky, mentre Jennifer si diresse, estremamente delusa, verso Allison. Richard invece si sistemò accanto a Jonathan, che gli diede una pacca sulle spalle “Hai rischiato di perderti una bella gita, amico”. “Non me lo dire” replicò lui, lanciando una fugace occhiata alla ragazza che lo precedeva. Quando si furono sistemati tutti, i vari docenti accompagnarono le classi a loro affidate per l’immenso parco. C’erano alberi strani e contorti ovunque; alcuni si arrampicavano gli uni sugli altri, altri invece erano riversi al suolo, ma erano ancora verdi. I colori vivaci dei fiori comparivano a tratti, in quel mondo altrimenti totalmente verde, e diffondevano le loro fragranze per tutto il parco. Megan ascoltò pazientemente la guida, che li faceva soffermare ad ogni singolo albero dalle forme un po’ più bizzarre; in pratica, ogni due metri. Qualche suo compagno, armato di macchina fotografica, si divertiva a scattare foto agli alberi più particolari. Si fermarono, per l’ennesima volta, davanti a due alberi dalle forme decisamente particolari. Uno era semi-divelto dal terreno e poggiava sull’erba come una panchina naturale e le fronde formavano una specie di baldacchino su di esso. L’altro era molto simile ad un salice, ma le foglie avevano una forma totalmente diversa. Erano più rotonde e grandi e formavano un sipario a cupola, che rivelava solo in alcuni punti il tronco marrone scuro. “Wow!” esclamò Miriam sorpresa, alcune file avanti “Accidenti, che meraviglia!”. Crystal mormorò alla sorella “Non trovi che quei due alberi siano uno sfondo molto romantico?”, “Sì, sono bellissimi!”. Nicky diede una gomitata a Megan “Tu che cosa ne dici, Meg? Non sono stupendi?”. Lei si limitò ad annuire, sorridendo. I suoi genitori si erano lasciati fotografare proprio sotto un albero simile dopo il matrimonio; la foto spiccava sulla parete bianca nella loro camera. “Come molte ragazze avranno sicuramente notato, questi alberi sono tra i più gettonati dalle coppie di sposi, proprio per la loro forma così particolare” esclamò la guida, cercando di sovrastare il cicaleccio della classe. “Ora, se volete, potete scattarvi qualche foto accanto agli alberi. Poi proseguiremo il giro nelle serre dei fiori tropicali” aggiunse con un sorriso. I ragazzi non si fecero pregare e corsero verso le due piante, che sarebbero state immortalate almeno un centinaio di volte solo in quella giornata. I flash ed il rumore degli scatti dominarono per alcuni minuti la scena, mentre gli amici si divertivano a scattare le fotografie più buffe. Wendy trascinò le amiche sull’albero panchina e chiese a Philiph di scattare loro una foto. Il ragazzo sorrise e si affrettò ad ubbidire, immortalandole tutte in un sorriso contagioso. Quando si sentì il rumore dello scatto, Jennifer si girò verso di loro e commentò “Bleah! Ora non mi potrò sedere più su quell’albero così delizioso. Lo avete infettato con la vostra presenza!”. Dalia le fece una linguaccia e condusse le amiche sotto le fronde maestose dell’altro albero. Certo che era proprio insopportabile! La professoressa, a cui Susan aveva passato la macchina fotografica, era pronta a scattare la foto, quando alcuni dei ragazzi si avvicinarono. “Vi dispiace se ci uniamo a voi?” chiese Robert, “Dovrebbe?” disse Nicky “Non fate gli scemi e venite qua!”. Si disposero in tre file ordinate e l’insegnate scattò la foto. “Spero che nessuno di voi abbia fatto qualche gestaccio da dietro, perché se è così vi uccido” disse Dalia con voce risoluta. “Puoi stare calma, Dalia. Non hanno fatto niente, se non sorridere” la rassicurò la professoressa.
Dopo altri numerosi scatti, la classe si diresse nella grande serra che ospitava numerosi fiori tropicali. “Faremo un sacco di foto e te le mostreremo” mormorò Nicky, guardando l’amica che era costretta a rimanere fuori a causa dell’allergia al polline. “Non preoccuparti, voi pensate a divertirvi. Io leggerò qualcosa” le rassicurò Dalia sorridendo, poi le altre entrarono nella serra. Megan sorrise quando rivide i fiori che crescevano a frotte nei pressi del suo villaggio, e, per un attimo, credette di essere tornata a casa. La guida iniziò ad indicare diversi boccioli color rosa pesca, che spuntavano da un vaso sospeso sulle loro teste, spiegando ai ragazzi il nome e le proprietà dei fiori. “Ma sono bellissimi!” esclamò Calì, sfiorandone uno, “Per una volta siamo d’accordo” mormorò Wendy “Sono davvero stupendi”. Susan si spinse un po’ più avanti per poter ascoltare anche lei, “Fortuna che ho il registratore!” mormorò sollevata. “Altrimenti chi si ricorderebbe tutte queste cose?” le fece eco Crystal, avanzando tra i fiori colorati. “Sembra di essere in una giungla tropicale, non trovate?” sussurrò Miriam alle sue amiche, “Una foresta davvero incantevole” aggiunse Nicky. “Soprattutto per la compagnia” aggiunse poi, guardando con un sorriso i compagni davanti a lei. L’uomo, che continuava a spiegare, li guidò verso un gruppo di fiori dai colori più svariati. Avevano una corolla più ampia rispetto agli altri che avevano già visto e dal centro spuntava un pistillo arancione sgargiante. “Ma questi… questi sono fiori d’ibisco!” esclamò Megan stupefatta “Non credevo di trovarne anche qui!”. La guida la osservò, decisamente colpito “Hai già visto questi fiori prima d’ora?”. “Sì, crescevano vicino al mio villaggio. Io… sono nata in Messico” spiegò la ragazza imbarazzata. “Accidenti!” commentò l’uomo con un sorriso “Allora immagino che tu abbia riconosciuto la maggior parte di queste piante”. “No, non tutte. Solo alcune” mormorò lei, arrossendo vistosamente. Chi la conosceva avrebbe intuito che stava cercando di schernirsi per non sembrare una secchiona. Richard si ritrovò a sorridere compiaciuto, mentre la giovane si nascondeva dietro i capelli scuri. Aveva la grinta di una tigre, ma in certe occasioni somigliava più ad un micetto indifeso. “Oh certo, i fiori della giungla! Ora capisco perché li conosci…” borbottò Jennifer seccata. “Dato che sei cresciuta lì, tra liane, felci e scimmie, è normale che tu li riconosca” aggiunse acida, ma si bloccò di colpo sotto lo sguardo furibondo che le lanciò il ragazzo. “Sono dei fiori stupendi!” esclamò Allison, provando a sfiorarne uno, bianco con i contorni rosa, ma la guida li trascinò via per mostrare loro altre piante dalle forme pazzesche. “Questi rossi sono i più belli di tutti, non trovi?” chiese Richard alla sua compagna, che fissava ancora emozionata quelle piante giunte dal suo paese d’origine. “Sì, hai ragione. Sono davvero meravigliosi” sussurrò lei “Da bambina ne raccoglievo sempre un mazzo per la festa della mamma”. “Starebbero d’incanto tra i tuoi capelli. Nero e rosso si abbinano benissimo” disse il ragazzo, cogliendola di sorpresa. Megan si girò di colpo verso di lui, guardandolo stupita. Il compagno arrossì improvvisamente e chiese impacciato “Che c’è? Non ti si può fare un complimento, ora?”. “No, non è questo, anzi ti ringrazio. È solo che…beh, non me l’aspettavo da te” ammise la ragazza con un sussurro. Le guance le s’imporporarono all’improvviso, ma sorrise e disse “Sarà meglio che ci sbrighiamo a tornare dagli altri”. Il giovane annuì, mentre la seguiva attraverso quel labirinto di piante tropicali. “Allora, come ti trovi ora che hai un nuovo inquilino per casa? Dorme nel salotto?” chiese all’improvviso. “Chi? José?” mormorò la compagna “Non dire sciocchezze! Dorme in camera con mio fratello”. “Ah” fu tutto quello che riuscì a rispondere l’altro, prima di seguirla tra l’intrico di piante e fiori. Quando raggiunsero gli altri, la guida stava mostrando alcune confezioni di profumo, dicendo che quelle boccette erano piene di essenze diverse, che avevano già annusato nella serra. “Questa è essenza di magnolia, questa di orchidea rosa e questa d’ibisco” spiegò l’uomo, indicando alcune delle varie boccette, piene di liquido colorato. “Si possono acquistare nelle profumerie della zona e sono molto ricercate, ve l’assicuro!” aggiunse orgoglioso. Jennifer alzò la mano e chiese “Se volessi comprarne una, potrei farlo anche qui?”, “Sì, c’è un centro proprio qui accanto alle serre. Se vuoi qualcuna di queste essenze, basta andare lì”. “Non c’è pericolo per chi è allergico al polline? Può usarlo tranquillamente?” chiese Wendy. “Non c’è alcun problema, purché vengano usate in quantità ridotte” la rassicurò la guida. La ragazza sorrise alle amiche, che colsero al volo il motivo di quella domanda. “Grazie” disse la professoressa, guidando la sua classe fuori dalle serre. “Ragazzi, voglio una relazione scritta su tutto quello che abbiamo visto in questo famoso giardino, compresa la storia del parco e del suo fondatore” li avvertì “E la voglio sulla mia cattedra entro giovedì prossimo”. Molti ragazzi si lasciarono sfuggire lamenti sonori, ma la professoressa fu irremovibile “Chi mi farà attendere più a lungo, si prenderà un due!”. “Fortuna che ho portato la videocamera” sussurrò Miriam alle amiche “Se volete, potete venire a casa mia e la facciamo insieme”. “Ottima idea”, “Ci sto!”, “Dicci solo quando ed a che ora” risposero loro entusiaste.
L’insegnante li guidò verso alcuni capannoni accanto alle serre, dicendo “Ragazzi, qui potete comprare deisouvenirs daportarea casa. Viaspetto tra dieci minuti per andare a visitare il museo del parco”. La classe si riversò nel negozio e molte ragazze iniziarono a mettere mano ai portafogli, pronte a comprare profumi ed essenze varie. I maschi invece si diressero verso la parte finale della struttura, dove c’erano caschi e skateboard di ogni genere, decorati con motivi floreali, oltre che portafoto e adesivi per decorare i mezzi. “Susan, pensi che a Dalia piaccia di più la rosa, oppure la magnolia?” chiese Miriam a bassa voce. Per fortuna, Megan e Wendy la tenevano impegnata tra varie candele profumate, dall’altra parte del negozio. “La magnolia, ne va matta!” sussurrò Crystal e Nicky corse a prendere la confezione giusta da uno degli scaffali di legno. Grazie al suo metro e settantacinque, che la rendeva la più alta del gruppo, riuscì ad afferrare facilmente la scatola, nonostante fosse piuttosto in alto. La portò alle amiche, che si sbrigarono a pagare il profumo e Crystal lo portò fuori, in modo da tenerlo al sicuro da eventuali cadute. Intanto, Megan si era fermata davanti a varie confezioni di essenza d’ibisco. Era sempre stato il suo profumo preferito, fin da quando era bambina. Un sorriso le incurvò le labbra mentre ricordava sua nonna che le infilava uno di quei fiori tra i capelli e nonno Diego era sempre pronto a scattare una foto ricordo. Capitava ad ogni visita che gli aveva fatto e aveva riempito un intero album solo con quelle foto. Richard, che non le staccava un attimo gli occhi di dosso, seguì il suo sguardo e le chiese “Che c’è? Ti piace questo profumo?”. “È sempre stato il mio preferito, ma penso che tornerò un altro giorno per comprarlo” disse la ragazza .“Perché non oggi, scusa?”, “Non ho abbastanza soldi con me” ammise lei arrossendo. “Guarda che se è solo questo il problema, te li posso prestare io” disse il giovane, “Ti ringrazio, ma no. Non voglio darti noie” mormorò la compagna. “Sei una tipa strana, Megan Marley. Nonostante stia facendo del mio meglio per capirti, rimani un totale enigma per me” borbottò il ragazzo, poi sorrise e si allontanò. “Qui il vero enigma sei tu, Richard” sussurrò la giovane, mentre tornava dalle sue amiche. Quando le ragazze si riunirono tutte fuori dal negozio, Susan trascinò Dalia nel centro del cerchio che avevano formato. Nicky le sorrise e disse “Dato che non sei potuta entrare nella serra a causa dell’allergia, abbiamo pensato di portare la serra da te”. Le porse il pacchetto contenente il profumo e rimase ad osservare la faccia commossa e stupita dell’amica. “Ragazze, non dovevate! Ma come sapevate che adoro il profumo alla magnolia?” esclamò la compagna. Poi guardò la sorella ed il suo sorrise si allargò, capendo che ci aveva messo il suo zampino. “Siete davvero delle amiche straordinarie! Non so come sarebbe la mia vita senza di voi” esclamò felice. “Ma figurati!” rise Miriam, contagiando le amiche “Se fai tutte queste smancerie solo per una boccetta di profumo, se ti regaliamo un’auto che fai? Ci proclami sante?”.
Pochi minuti dopo la professoressa li condusse nel museo del giardino botanico, dove un’altra guida spiegò loro tutta la storia del parco e la vita del suo fondatore. Albert Franks, un botanico di origine inglese, aveva costruito quell’immenso giardino nel 1815 assieme ai suoi due compagni d’avventura. “Il progetto originario di Franks era di costruire un giardino botanico di 5.000 ettari” spiegò la guida “Ma per problemi finanziari dovette ridurre di molto le sue ambizioni”. “Infatti questo parco è grande esattamente la metà rispetto al progetto originale” continuò, mostrando le mappe originali conservate in una teca. “E meno male!” mugugnò Oliver “Altrimenti saremmo ancora nel giardino esterno a vedere chissà quante altre piante!”. “A me fanno già male i piedi” borbottò Walter “Non ce la faccio più a camminare”. “Allora in palestra dovresti dedicarti di più al tapin roulant, piuttosto che hai pesi” disse Eric, dandogli un pugno giocoso sulla spalla. “Eric ha ragione, ma ti consiglio di mangiare più pesce, così te lo ricordi” rise Karl, dando il cinque a Jonathan. La professoressa li richiamò all’ordine e la classe si rassegnò ad ascoltare le origini di quel parco e tutte le difficoltà che il fondatore aveva dovuto superare prima di riuscire nel suo intento.
 
Dopo almeno un’ora e mezzo, l’insegnante disse “Bene, ragazzi. Spero per voi che siate stati tutti attenti. Ora potete consumare la colazione al sacco che avete con voi”. I ragazzi si precipitarono sugli zaini, afferrando panini di tutti i tipi, bibite e pacchi di patatine. Karl vide il suo migliore amico stare in disparte, a guardarli un po’ scocciato, “Ric, dov’è il tuo pranzo?”. “Me ne sono totalmente dimenticato, altrimenti mi sarei ricordato anche della gita” rispose lui. Karl fece una smorfia di comprensione e gli chiese “Vuoi qualcosa?”, “No, grazie. Sto bene anche così”. La professoressa sorrise, vedendo i suoi alunni allegri e soddisfatti. Poi attirò la loro attenzione e disse “Quando avrete finito, andremo avanti con la visita d’istruzione, o gita come la chiamate voi”. “Ci dirigeremo verso il pendio opposto della collina per visitare l’industria tessile che si trova qui in zona, la C. & M. Company” aggiunse, rileggendo il depliant che aveva in mano. A Megan, che aveva appena dato un morso al suo panino, andò il boccone di traverso ed iniziò a tossire convulsamente. Crystal le diede qualche pacca sulla schiena e la ragazza riuscì a respirare di nuovo normalmente. “La C. & M. Company? Sta dicendo sul serio?” chiese all’insegnante, “Sì, Megan. Era scritto nell’avviso”. La giovane si prese la testa tra le mani e mormorò “Oddio, sono morta! Sono morta!”. Wendy le si avvicinò e chiese a bassa voce “Cosa c’è, Meg? Non ti senti bene, per caso?”. “È l’azienda di mio padre e del suo socio Gary Complex. Ecco perché era così entusiasta questa mattina!” mugugnò lei, scuotendo il capo al ricordo. “Non avevi letto l’avviso?” chiese l’amica, “Sì, ma non ci avevo fatto caso! Ho solo guardato la prima parte… sono morta! Non riuscirò a sopportare l’imbarazzo!”. “Hai paura che tuo padre faccia qualche sciocchezza, davanti a tutti? Magari salutandoti?” mormorò Dalia. “Sì, Jennifer morirà dal ridere, lo so! Ma perché non ho letto l’avviso da cima a fondo?!? Sono un’idiota!” sussurrò la compagna. Non si accorse che Richard si era avvicinato, finché non sentì la sua voce a poche decine di centimetri dall’orecchio destro, “Va tutto bene?”. Megan scosse il capo, ma non rispose; la voce le si era come bloccata in gola. “Dobbiamo andare alla fabbrica di suo padre e teme un’enorme figuraccia. Non aveva letto tutto l’avviso” spiegò Susan. Strinse il braccio attorno alle spalle dell’amica per darle conforto e cercò di rassicurarla. Il ragazzo sghignazzò divertito “Tsè, dovresti stare più attenta, Meg, ma puoi stare tranquilla. Se conosco abbastanza tuo padre, posso assicurarti che non farà sciocchezze”. “Lo spero proprio” sussurrò lei, seppellendo il viso tra le mani. “Richie, ma che fai qui? In mezzo a queste bifolche? Dai, vieni a sederti accanto a me!” esclamò Jennifer, tirandolo per un braccio. “Jennifer, vuoi smettere di offendere le altre?” la riprese il giovane “Ma proprio non capisci che così fai solo la figura dell’antipatica?”. Lei sbuffò “E dai! Tu meriti una compagnia molto migliore di quella che può offrirti questa selvaggia e la sua combriccola!”. Le altre ragazze la guardarono come se volessero incenerirla e Wendy si trattenne a stento dal darle la risposta che si meritava. Lui la fulminò con lo sguardo “Adesso basta, mi hai davvero stancato! Vattene dalle tue amiche. Non ce la faccio più a sopportarti!”. Le rivolse uno sguardo gelido ed aggiunse “Quante volte te lo devo dire che non devi chiamare Megan selvaggia?!? Impara a tenere a freno la lingua, una buona volta!”. La ragazza lasciò la presa, scioccata, e si allontanò, tornando delusa e scornata dalle sue compagne. “Grazie, ma non c’è bisogno che la tratti in quel modo” mormorò Megan, a occhi bassi. Quel comportamento imprevisto da parte del compagno l’aveva totalmente colta di sorpresa. “Si merita una lezione. Non può trattarti sempre in questo modo!” ringhiò Richard, poi si rilassò e rimase addirittura stupito, quando la compagna gli porse un panino. “Prima ti ho sentito che parlavi con Karl. Prendi questo, altrimenti non riuscirai a proseguire tra tutti i macchinari” spiegò “Dobbiamo ancora camminare parecchio”. “E tu?” chiese il giovane, “Ho questo” rispose lei, mostrando il panino che aveva in mano. “E comunque mi è quasi passata la fame, quindi non fare complimenti” aggiunse, sospirando appena. Vedendolo titubante, si affrettò a concludere “Sta’ tranquillo, dentro c’è solo del prosciutto. Non è avvelenato”. “Beh, allora grazie” mormorò il ragazzo impacciato, cercando di dissimulare l’imbarazzo. Quelle era proprio l’ultima cosa a cui aveva pensato. “Abbiamo stipulato una tregua, ricordi?” gli rammentò la giovane, sorridendo appena. “Già, me ne ero dimenticato” ridacchiò il compagno, rivolgendole uno sguardo pieno di gratitudine.
 
Dopo il pranzo, la professoressa li fece disporre in fila e si diressero verso la fabbrica di tessuti, che si trovava dall’altra parte della collina. Molti ragazzi mormorarono eccitati, quando le prime strutture della fabbrica si profilarono all’orizzonte. “Tu ci sei già stata?” chiese Susan alla sua compagna, curiosa di sapere cos’avrebbero visto. “Sì, una volta” mormorò l’altra “Mio padre insistette così tanto che lo seguii qui dentro. Non è male, ma a mio parere ci sono troppe macchine, il rumore è insopportabile!”. “Wow! Io non sono mai stata in una fabbrica!” esclamò Wendy, “Guarda che non stiamo andando al parco divertimenti” mugugnò cupa Megan, varcando il grande portone. “Ah, Meg?” la chiamò improvvisamente Dalia, trattenendola per un attimo, “Cosa c’è, Dalia? Qualcosa non va?” chiese lei. “No, volevo solo chiederti se hai impegni questo pomeriggio, dopo la gita…” mormorò l’amica un po’ imbarazzata. “Vorrei andare dal parrucchiere in centro, ma Crystal ha altro da fare e da sola non saprei mai scegliere quale acconciatura farmi” aggiunse, strusciando il piede a terra. La ragazza sorrise e disse “Mi farebbe molto piacere accompagnarti. E comunque anch’io ho bisogno di un taglio nuovo”. Si prese una ciocca scura tra le dita e rise “I capelli sono diventati un po’ troppo lunghi per i miei gusti”. La compagna sorrise riconoscente e la giovane sospirò, lieta di avere qualcosa che l’aiutasse a distrarsi dalla clamorosa figuraccia che rischiava. Fu bruscamente riportata alla realtà da due uomini in giacca e cravatta che si avvicinarono in fretta alla scolaresca. Lei riconobbe immediatamente il padre, nel suo miglior completo grigio chiaro. Accanto a lui c’era il suo socio Gary Complex, che indossava invece un completo nero. Probabilmente, l’aveva messo nel tentativo di nascondere un po’ della pancia e sembrare più magro. Gli insegnanti divisero le proprie classi, che si sistemarono ordinatamente in due gruppi. Uno sarebbe stato guidato dal signor Complex, l’altro dal signor Marley. “Benvenuti! Benvenuti alla C. & M. Company!” esclamò Gary, sorridendo radioso. “Siamo davvero felici che voi siate potuti venire. Prego, entrate!” gli fece eco Alan, cercando divertito la figlia, a cui rivolse un sorriso allegro. Megan rispose con una smorfia, mentre cercava di non farsi notare dai suoi compagni. Alcuni operai, che stavano lavorando attorno ad una macchina piena di rocchetti dai fili colorati, li salutarono allegramente ed uno di loro esclamò “Signor Marley, ha visto che alla fine sono arrivati in massa? La fabbrica attira molta gente”. “Marley, ho sentito bene?” chiese la professoressa, “Sì, Gary Complex e Alan Marley, per servirvi!” esclamò Gary soddisfatto. “Alan Marley? Ma allora…” mormorò divertita la professoressa, poi si voltò verso la classe e disse “Megan, vieni qui per favore!”. La ragazza sarebbe voluta sprofondare nel terreno in quello stesso istante, ma una spinta di Robert la fece uscire dalla fila e lei si ritrovò davanti a tutti i suoi compagni di classe. “Che buffa coincidenza! Avete lo stesso identico cognome, che mi pare di aver già letto sulla tua scheda…” sorrise l’insegnante. “Io credevo che fosse solo una coincidenza, e invece… Non è che non ci hai detto qualcosa, Megan?” aggiunse divertita. La voce della professoressa trapelava di allegria, per nulla condivisa dalla studentessa. “Avevo detto che mio padre era socio di una fabbrica di tessuti, semplicemente non ho detto il nome. Non pensavo che saremmo venuti qui in gita” mormorò la giovane imbarazzata. Si sentì avvampare quando la classe scoppiò in una sonora risata e suo padre borbottò burbero “Sei sempre la solita distratta”. Non appena la signorina Winkest la lasciò andare, Megan si affrettò a tornare in mezzo alle sue amiche, che la circondarono per non farla vedere dalle altre classi più del dovuto. “Voglio morire!” mormorò tra sé e sé la giovane, nascondendo il viso tra le mani. “Dai, non fare così. Infondo qual è il problema?” le sussurrò Richard, avvicinandosi per consolarla. “Non sei tu quello che è stato umiliato davanti a tutti” borbottò lei cupa. Il ragazzo scosse il capo sogghignando, ma s’irrigidì quando sentì Jennifer che mormorava divertita “Allora siamo nella fabbrica di papà! Ma che cosa tenera! Perché non l’hai detto subito, Meg?”. “Jennifer! Tappati quella boccaccia!” ringhiò lui, mettendola velocemente a tacere. La compagna era visibilmente imbarazzata; le sue guance erano così rosse che riusciva quasi a sentirne il calore. “Allora, ragazzi. Siete pronti a scoprire tutti i segreti dei tessuti?” chiese Gary, guidando il proprio gruppo attraverso un corridoio, “Ci vediamo qui tra un paio d’ore, Alan!”. “D’accordo! Forza, ragazzi. Andiamo. Ci sono molte cose da vedere e poco tempo per farlo” sorrise l’altro. Li guidò per un’infinità di corridoi, tra il frastuono dei macchinari ed i colori sgargianti delle diverse stoffe. “Quello che vedete adesso è un telaio meccanico” spiegò alla classe “Lo usiamo per tenere in ordine i fili ed intrecciarli nel modo che più ci piace o piuttosto, seguendo determinati schemi”. “Da questi schemi dipendono tutte le fantasie e trame che conoscete” aggiunse, indicando i vari fili che entravano nella macchina. “Però! Non mi aspettavo che qui avrei imparato un sacco di cose sui tessuti” rise Richard, “Piantala! Io non vedo l’ora di uscire di qui” borbottò Megan. “E dai! Prova a divertirti ogni tanto, Meg! Altrimenti ti verranno le rughe prima del tempo” la prese in giro lui. “Quando avrai finito di fare battute sceme, avvisami” replicò cupamente la compagna. Passando accanto ad un immenso complesso di cilindri, pistoni, ingranaggi, bielle e altre parti meccaniche non meglio identificate, il gruppo si fermò. Alan Marley lo indicò e disse “Grazie a questo marchingegno, riusciamo a produrre anche i damascati. Spero che qualcuno di voi sappia cosa vuol dire”. “I damascati sono dei tessuti particolarmente costosi per la loro lucentezza. Prendono il nome dalla città di Damasco dove sono stati prodotti per la prima volta” spiegò Susan. “Molto bene!” si congratulò l’uomo “E sapete anche che sono stati molto richiesti nell’antichità anche dai vescovi cristiani?”. Molti ragazzi annuirono e Peter disse “Questo nonostante i tessuti fossero prodotti dai mussulmani”. Si fermò un attimo a riflettere ed aggiunse “Sono molto particolari ed i simboli tessuti sopra sono brani del Corano, se non sbaglio, ma i cristiani non riuscivano a leggerli”. “Sì, in questo abbiamo avuto davvero una grande fortuna” disse Alan, sorridendo allegramente. “Con noi c’è un operaio di origine araba, Semir, che ci aiuta moltissimo con questi segni, perché per noi è arabo. Scusate il gioco di parole” sghignazzò divertito. Megan alzò gli occhi al cielo, sperando che i suoi compagni non giudicassero suo padre un pazzo evaso da manicomio. Certe volte sapeva essere davvero insopportabile, con quel suo repertorio di battutine. Uno degli operai, dall’alto di un’impalcatura, disse “Signor Marley, qui sta colando dell’olio dai macchinari. Faccia attenzione a dove mette i piedi”. “Grazie, Terry!” rispose l’altro “Allora, ragazzi, occhio a dove camminate. Evitate le macchie, altrimenti rischiate di…”. In quello stesso momento uno sdeng metallico si propagò nel corridoio, seguito da un gemito di dolore. “…scivolare” borbottò il signor Marley, avvicinandosi al gruppo di ragazzi per vedere chi si fosse fatto male. “Megan, e che diamine! Possibile che tu non riesca a camminare su certe superfici senza cadere?” brontolò William, mentre Richard aiutava la ragazza a rialzarsi. Megan si massaggiò la testa dolorante e mormorò cupa “Scusa tanto se sono scivolata. Richard, ora puoi anche lasciarmi il braccio, grazie”. Il ragazzo sospirò e disse “Se continui a cadere così, dovremo portarti all’ospedale con la testa fasciata”. Intanto, suo padre si era avvicinato “È tutto ok?”, “Sì, papà. Sto bene, grazie” mugugnò la compagna e lo vide allontanarsi scuotendo il capo, decisamente divertito. “Devi stare attenta, altrimenti dovrai metterti quotidianamente un casco per evitare di farti male. Sai che troppi colpi danneggiano il cervello?” le sussurrò il compagno, soffocando una risata. “Smettila! Sto bene! Ho la testa più dura dell’amianto, quindi sta calmo” ribatté la giovane. “E me ne sono accorto” sghignazzò lui divertito, ripensando a tutti i litigi dove aveva dimostrato la sua determinazione. Altro che amianto! Aveva la testa più dura del diamante! Megan si allontanò dal ragazzo, in preda ai brividi. Possibile che ogni volta che lui la sfiorava, il cuore iniziasse a batterle come se stesse correndo da ore? Perché ogni volta che lo guardava negli occhi, si sentiva come se le stesse leggendo l’anima? Non sapeva che, da lì a qualche settimana, avrebbe avuto tutte le risposte che cercava.  


Ok, ci siamo. anke questa è andata. ke ne pensate di quest cappy? il caro José sbloccherà leggermente la situazione, poi vedrete come. ci sarà da divertirsi! bye bye!

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Capitolo 12
*** Sorpresa ***


Salve a tutte! ultimamente voglio approfittare degli ultimi giorni di vacanza x postare + cappy possibile. nn mi va di lascirvi cn trecento cappy da leggere...  Allora, José ha fatto la sua comparsa in scena, ma altre sorprese sono all'orizzonte. Si prepara una bella sorpresa x nostri amici! grazie a tutte coloro ke seguono la FF e soprattutto a Visbs e tutte coloro che mi recensiscono! v adoro!

12-Sorpresa

Il giorno dopo, Megan ebbe una piacevole sorpresa. Quando aprì l’armadietto, alla fine delle lezioni, trovò una boccetta di profumo d’ibisco. Sopra vi era attaccato un biglietto “Spero ti piaccia”. Non riconobbe la scrittura, perché era scritta al computer, ma cercò comunque di capire chi potesse essere stato così gentile da fare quel gesto.  Nell’armadietto non c’erano altri biglietti o indizi e lei si scervellò inutilmente nel tentativo di capire chi fosse la persona che le aveva fatto quel regalo. Erano pochi quelli che conoscevano la combinazione del suo armadietto, ma questo restringeva troppo poco il campo da analizzare. Sospirando, richiuse l’anta dell’armadietto e tornò in classe, senza sapere che un paio di occhi la stavano osservando compiaciuti.
 
Durante le prove dello spettacolo, Megan si guardò intorno, cercando di scovare il misterioso ammiratore, ma non ottenne nulla. Lo spettacolo andava bene e la professoressa sembrava davvero fiduciosa dei loro progressi. Da come sorrideva, i ragazzi capirono che era davvero orgogliosa degli sforzi che stavano facendo. Alla fine delle prove, si lanciò una veloce occhiata intorno e raccolse lo zaino, chiedendosi ancora una volta chi avesse potuto lasciarle quella boccetta di profumo. Prima che se ne andasse, Richard la fermò “Megan, hai un minuto?”, “Certo”. Il ragazzo le diede una piccola busta di carta colorata “Aprilo a casa. Ora devo andare, ciao” e si dileguò prima che lei avesse il modo di chiedere qualunque cosa.
Non appena ebbe varcato la soglia di casa, José l’abbracciò così forte da mozzarle il respiro e la trasportò nel salotto, ridendo. La giovane, non appena fu libera dalla sua presa, cadde di peso sul divano, accanto al fratello. “José, se non ti dai una calmata, mi manderai in ospedale con qualche costola rotta” mormorò senza fiato. Il ragazzo, che si era appoggiato dietro di lei, rise divertito “Va bene, Meg. Non preoccuparti, la smetto”. “Cos’hai in mano?” chiese Miguel, guardando la busta che la sorella teneva ancora in mano. “Non lo so. Me l’ha data Richard a scuola” spiegò Megan, “Allora aprila, no?”. Lei sbuffò all’impazienza del fratello ed aprì delicatamente la busta. La capovolse e scivolarono fuori due biglietti, seguiti da un foglio ripiegato. “Ma questi sono inviti!” esclamò Miguel, afferrandone uno “Inviti in piena regola!”. “Ci ha invitato alla sua festa di compleanno. È tra tre giorni, al molo della città. Su questo biglietto c’è una piccola cartina” mormorò la ragazza scossa. L’invito le tremava tra le mani e dovette respirare profondamente ed a lungo prima di riuscire a calmarsi e riuscire a tenere il sottile foglio tra le dita, senza che queste tremassero troppo.
Siete tutti invitati al mio diciottesimo compleanno, che si terrà al molo di Lain City, sabato 26 marzo alle 21.30. Vi aspetto tutti per un fantastico party in barca. Tra musica e buffet farò in modo che non vi annoierete. Obbligatorio l’abito da cerimonia, sia per i ragazzi che per le ragazze (o almeno cercate di vestirvi eleganti, non fatemi fare brutta figura!). Potete portare con voi anche un altro amico o amica che vi faccia da cavaliere o da dama per aumentare il divertimento! Non mancate!
                            Richard

Dietro c’era il nome del destinatario e la giovane provò una strana sensazione nel leggere il proprio nome scritto a mano da Richard. “Possiamo portare un amico oppure un’amica? A quanto pare si balla!” esclamò Miguel allegro “Forte! E chi se la perde questa festa!”. “Tu come farai, Meg? Non sai ballare!” disse, rivolgendosi alla sorella, “Smettila di dire scemenze! Io so ballare, solo che non sono molto brava”. “Ehi, José! Perché non accompagni Megan? Almeno ci sarà qualcuno capace di reggerla, se cade!” ridacchiò il ragazzo. Megan gli lanciò un cuscino in faccia ed esclamò “Piantala di fare l’idiota!”. “D’accordo” acconsentì il giovane “Credo proprio che ci sarà da divertirsi!”. “Dobbiamo pensare al regalo” esclamò la ragazza, mettendoli a tacere “Abbiamo solo tre giorni per prepararci, quindi facciamoci venire un’idea”. Parlarono per un bel po’, finché Miguel ebbe un’intuizione “Facciamo due regali: io penserò ad una cosa assieme a José, sai roba da maschi”. La sorella sbuffò, incrociando le braccia sul petto; lo odiava quando parlava in quel modo. “Mentre tu pensi a qualcos’altro” aggiunse José con un ghigno, “Ok” accettò infine la giovane “Ho già un’idea”. Si chiuse nella sua stanza e tirò fuori alcuni gomitoli di cotone dai cassetti. Da quanto tempo non lavorava al ricamo… ma doveva mettersi d’impegno! Aprì tutti i cassetti e si mise a cercare l’ago ed alcuni libri sul punto a croce. Voleva che il suo regalo fosse utile a Richard e decise di fare tutto quello che poteva per stupirlo. Voleva vederlo sorridere, anche se ogni volta che lo faceva il suo cuore impazziva, come se lo avessero collegato alla presa della corrente ad alto voltaggio.
 
Il giorno dopo, a scuola non si parlava d’altro che della festa per i diciotto anni di Richard. Chi parlava del probabile regalo che avrebbe fatto, chi cercava di capire che tipo di musica ci sarebbe stata… “Megan, tu hai già deciso con chi venire?” chiese Wendy, “Sì, anche se è stato mio fratello a decidere per me” mormorò lei “Ci vado con José”. “Wow!” esclamò Miriam “Che fortuna sfacciata. Io non ho ancora trovato il mio cavaliere…”. “Che regalo hai pensato di fargli?” chiese Dalia, attirando la sua attenzione su un altro punto caldo. L’amica la guardò e, con un sorriso malizioso, disse “Non posso dirvelo. È un segreto”. “Quel sorriso non mi piace” mormorò Susan “Che intenzioni hai? Non vorrai mica rovinagli la festa?”. “Non dire sciocchezze! Dico solo che non vi svelerò il regalo che ho in mente” ribatté lei offesa. “Ok, scusami” disse la ragazza, “Scuse accettate, non c’è bisogno di chiedere” replicò Megan con un sorriso. Jennifer si alzò dal suo posto e disse “Farò morire tutte d’invidia con il mio vestito nuovo!”. “Pensa!” mormorò a Rose, ma in modo che tutta la classe potesse sentirla, “Me lo sta confezionando un famoso stilista francese!”. “Wow! Dici sul serio?” esclamò Allison, “Certamente!” replicò l’amica, sfiorandosi i capelli color platino con un sorriso. “Mi chiedo piuttosto che cosa farà la nostra Megan. Che io sappia, non hai ricevuto l’invito…” disse maligna, rivolta alla sua compagna di classe. Sarebbe stato davvero il massimo farla stare male per non essere stata invitata al party dell’anno! “È qui che ti sbagli” disse Richard alle sue spalle “Ci sarà anche lei. Vedi di comportanti bene, altrimenti sarò costretto a prendere provvedimenti”. “Oh” esclamò la ragazza sorpresa, mentre il giovane veniva trascinato via dai suoi amici, entusiasti dall’idea della festa. Crystal la guardò ed esclamò compiaciuta “Touché!”.
Nel gruppo dei ragazzi, intanto, si parlava d’altro, anche se l’argomento era sempre la festa. “Ric, hai già scelto la tua dama?” chiese William, “Tu sei il festeggiato, devi avere una dama con cui danzare” disse Eric. “No” mentì il ragazzo “Non mi è ancora venuta in mente nessuna, a dire la verità”. In realtà, aveva già pensato a chi invitare come dama per le danze, ma dubitava fortemente che lei avrebbe accettato. Gli sfuggì un sospiro quando si girò a guardare le ragazze intorno al banco di Dalia e Wendy. Il nuovo taglio di capelli le donava molto, ora che le arrivavano appena alle scapole. L’intero viso sembrava più luminoso e le ciocche lo avvolgevano come onde delicate, migliorandolo. Scosse la testa e si concentrò sui discorsi degli amici, a proposito dell’ultima gara di moto che stavano organizzando.
Jennifer guardò Richard allontanarsi, poi si rivolse nuovamente a Megan “E con quale abito verrai alla festa?”. La guardò disgustata e domandò “Con la pelle indossata da Tarzan, per caso? Con un abito fatto con i peli di Cita?”. Si poggiò le mani sui fianchi e sussurrò “O forse ci stupirai con un vestito fatto di pelle di leopardo?”. “Veramente, non ho ancora pensato al vestito. In questo momento, sono più concentrata sul regalo” disse la ragazza, senza guardarla in faccia “Comunque, tu goditi il tuo vestito francese”. Non aveva voglia di litigare con lei, voleva solo concentrarsi sui colori e i disegni da utilizzare per il regalo cha aveva in mente. O meglio, per la confezione. Il regalo l’aveva preso proprio il pomeriggio precedente in un negozio del centro. Per un attimo, si perse nei propri pensieri, cercando d’immaginare l’espressione di Richard quando gli avrebbe dato il regalo. “Perché non vai a rompere le scatole a qualcun altro, Jennifer?” disse bruscamente Nicky, voltandole le spalle e mettendo fine alla questione.
 
Quello stesso giorno, la professoressaWinkestannunciòairagazzi che tra poco più di due mesi ci sarebbe stata la gita di fine anno. “E dove andremo?” chiese Susan, “Il viaggio sarà in Italia” rispose l’insegnante. “In Italia?” esclamarono parecchi ragazzi, scambiandosi sguardi eccitati. Il viaggio più lontano che la scuola avesse mai organizzato aveva come meta l’Inghilterra! “Wow!” esclamò Richard, senza riuscire a trattenere l’entusiasmo “È fantastico! Non vedo l’ora di partire…”. I sui nonni materni infatti vivevano lì, tra le campagne che circondavano il Golfo di Napoli. Chissà se sarebbero passati anche per la città, e magari anche nei dintorni…
“Visiteremo alcune tra le più belle città d’arte italiane: Venezia, Roma e Napoli. Dovete portare le autorizzazioni entro la prossima settimana, assieme alla quota per la gita. La partenza è fissata per il 20 maggio” disse la professoressa al di sopra del cicaleccio. Karl diede il cinque al suo migliore amico “Ehi, Ric! Potresti avvisare quel simpaticone di tuo nonno, non trovi?”. “Buona idea, lo farò al più presto” rispose il ragazzo con un sorriso, mentre s’immaginava la conversazione. Suo nonno sarebbe stato entusiasta di fare da guida alla sua classe; non era difficile immaginarsi il suo sorriso soddisfatto. Megan sorrise alle amiche e Miriam disse con una punta d’invidia “Tu sei avvantaggiata, Meg. Sbaglio, o hai frequentato un corso d’italiano, a casa tua?”. “Sì, ma non ricordo un granché” ammise lei “È passato un po’ di tempo dall’ultima lezione”. “Beh, ora cerchiamo di concentrarci sul regalo da fare a Richard” borbottò Nicky “Io non ho la più pallida idea di cosa fargli”. La compagna messicana rise e lasciò che la sua mente vagasse sul regalo che lei gli aveva preso, sperando con tutta se stessa che gli potesse essere utile, ma soprattutto che gli piacesse. Però doveva mettersi d’impegno per finire la confezione che aveva in mente prima della festa e mancavano solo due giorni. Non aveva più molto tempo a disposizione per finire il lavoro che si era prefissata.
 
Il 26 marzo arrivò in un lampo e, in men che non si dica, arrivò l’ora di presentarsi alla festa. Il molo della città era pieno di ragazzi in abiti eleganti che avevano tra le mani pacchi di ogni forma e dimensione. Grazie al suo metro e ottantasette di altezza, José sovrastava la maggior parte degli invitati e fece segno a Miguel di sbrigarsi “C’è già un sacco di gente! Muovetevi!”. Il ragazzo sbuffò e strattonò la sorella per un braccio, “Avanti, Megan! Datti una mossa!”. Megan sospirò ed aumentò l’andatura, cercando di stargli dietro. Il mantello che indossava si apriva ad ogni passo, facendola rabbrividire a causa del vento freddo che si stava alzando. Con una smorfia seccata, si chiese perché sua madre avesse tanto insistito perché lo indossasse sul vestito nuovo. Non sarebbe stato meglio un normale cappotto? L’ennesimo colpo di vento gonfiò il tessuto scuro, rivelando le gambe snelle che sparivano in un paio di sandali dorati. Ne aveva scelto un paio con un tacco di circa otto centimetri, ma non era per questo che si sentiva le gambe molli come ricotta. Non erano certo i tacchi il suo problema. Miguel le diede un altro strattone, facendola quasi cadere e la ragazza rispose dandogli una gomitata nel fianco “Mi stai facendo cadere! Vuoi andare un po’ più piano?”. I tre arrivarono sul molo e si bloccarono davanti ad uno yacht lungo almeno dodici metri. “Accidenti!” esclamò José sorpreso “Non sapevo avesse tanti soldi!”. Sentendo l’ennesimo sbuffo del giovane dietro di lui, disse “Miguel, lasciala a me. Altrimenti Megan dovrà andare in ospedale con una gamba rotta”. Il ragazzo accettò, felice di staccarsi da quel peso morto che era diventato sua sorella e la giovane si strinse al suo braccio “Scusa, ma mi sento le gambe di gelatina!”. “Non è che questo Richard ti piace?” indagò José “Non sei certo un tipo timido”. Lei lo guardò sconcertata “Ma ti va di scherzare? Lui? Ma per piacere!”. “Allora perché ti senti così?” chiese il ragazzo, “Non lo so. Sono nervosa e basta” replicò l’altra. Si sistemò una ciocca dietro l’orecchio, chiedendosi perché sentisse tutta quella tensione, ma non riuscì a darsi una risposta. Salirono sulla barca e si diressero verso l’altra parte del ponte, cercando il festeggiato, ma si fermarono di colpo quando sentirono un urlo acuto provenire da un punto indefinito alla loro destra. “Oh, mio Dio! Chi ha fatto salire questo branco di selvaggi sulla nave?!” esclamò una ragazza. Megan lasciò andare un sospiro seccato e si voltò accigliata verso la provenienza del grido. Avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille…
Jennifer li guardava come se avesse appena visto degli alieni e le sue amiche erano sconvolte almeno quanto lei. “Questa è una festa per gente importante, non un ballo di orrori viventi!” esclamò la ragazza, scuotendo i capelli biondo platino, raccolti in una sofisticata treccia avvolta a mo’ di chignon. Era davvero molto elegante e non scherzava quando diceva che il vestito era di una prestigiosa marca francese. Il lungo abito rosa pesca le scendeva oltre le ginocchia, aderendo come un guanto al suo corpo da top-model ed aveva una scollatura vertiginosa, sia davanti che dietro. Il volto era coperto da un sottile strato di brillantini, mentre le palpebre erano abbellite da ciglia super-curate e allungate. Il nero del mascara contrastava contro il rosa pallido con cui aveva truccato gli occhi chiari, in quel momento gelidi come il ghiaccio. Era davvero bella, ma di un fascino crudele. Miguel e José la guardarono sbalorditi, poi osservarono le proprie camice colorate ed i pantaloni scuri che indossavano, chiedendosi cosa non andasse nel loro abbigliamento. Megan li strattonò verso il ponte principale “Lasciatela perdere! Andiamo a cercare il festeggiato”. Poi si rivolse alla sua compagna di classe “Senti, non ho voglia di rovinare la festa a Richard, quindi, per cortesia, non rompere le scatole”. “Se davvero non vuoi rovinare la festa al mio Richie, ti conviene andartene e portare con te i due scimmioni. Ti servono da guardia del corpo?” rispose Jennifer con tono sprezzante. La voce di Richard le fece trasalire, soprattutto perche si trovava a poca distanza dalla ragazza messicana. “Jennifer, si può sapere che cosa stai gridando?” chiese accigliato “Sento la tua voce dall’altra parte del ponte!”. Poi il ragazzo vide l’amico e disse “Miguel! Che bello vederti! Mi fa piacere che tu sia potuto venire”. Gli diede una pacca sulle spalle e si rivolse alla giovane che gli stava accanto “Benvenuta anche a te, Megan! Sono contento che tu sia qui”. Lei arrossì e disse “Tanti auguri, Richard. Grazie dell’invito”, “Già, auguri! Benvenuto tra i maggiorenni!” sghignazzarono José e Miguel, presentandogli il regalo che avevano preparato. “Cosa?! Li hai invitati tu, Richie? Ma sei ammattito?” esclamò Jennifer sconvolta. “Sì, li ho invitati io” ribatté il giovane “Jennifer, non fare la guastafeste e smettila di urlare, per favore”. Poi tornò ad osservare gli ultimi arrivati, curvando le labbra in un timido sorriso di scuse. I tre sorrisero e José disse “Non preoccuparti ed apri il regalo, dai!”. Lui li ringraziò, ma fu solo per miracolo che riuscì a nascondere la sorpresa e la rabbia di vedere José assieme a Megan. Possibile che la seguisse ovunque? “Allora, vi piace la festa?” chiese, tentando di essere il più conciliante possibile. “Veramente siamo appena arrivati, ma per ora sì. Magari ci diamo prima un’occhiata intorno” disse Miguel. Poi sorrise allegro ed esclamò “Dai apri il regalo! Vogliamo vedere se ti piace!”. Richard rise e prese a scartarlo, sorpreso dall’entusiasmo dell’amico. Rimase stupito quando ne uscirono un giubbotto in pelle nera da motociclista ed un paio di guanti, sempre in pelle nera. Notò che, sia nel colletto del giubbino che sui guanti, c’erano ricamate le sue iniziali in lettere corsive ed eleganti. Prendendo i guanti tra le mani, scoprì che dentro ad uno di essi c’era un braccialetto d’argento con motivi marinari. Li guardò per un lungo istante, prima di riuscire a dire “Wow! Ragazzi, non so che dire! Grazie!”. “Te l’avevo detto che gli sarebbe piaciuto” sussurrò Miguel a José con aria complice. Poi si rivolse al festeggiato “Se non sai cosa dire, non dire nulla! Ci fa piacere che ti piaccia”. Rise della propria battuta e gli altri si unirono a lui, contagiati dalla sua allegria. Megan si fece timidamente avanti, porgendogli un pacco un po’ più piccolo, ma altrettanto colorato “Tieni, spero ti sia utile”. Arrossì vistosamente, quando il compagno la ringraziò “Non dovevi disturbarti, Meg. Già il fatto che sei qui mi dà un enorme piacere”. Rimase senza parole quando vide una coperta totalmente ricamata con motivi dai colori sgargianti, vivace richiamo della sua terra d’origine. Notò anche un rigonfiamento al centro della coperta e, aprendola appena, vide la custodia di un orologio. L’aprì per osservarlo e si accorse che si trattava di un Sector dal cinturino d’acciaio, identico a quello che aveva adocchiato lui in una vetrina del centro. Che curiosa coincidenza! “Ma voi avete l’abitudine di nascondere un regalo in un altro regalo?” chiese il ragazzo, ringraziandoli con un gran sorriso. “Diciamo di sì” disse José, “Noi abbiamo quest’abitudine. Sorpresa nella sorpresa” spiegò poi l’altro amico. Richard sorrise e rimase ad osservare l’orologio per un po’, poi chiese alla ragazza “Ti dispiace se lo metto subito?”. “Ma figurati!” rispose lei, felice che il suo regalo gli fosse piaciuto. Il giovane non poté evitare di sorridere con dolcezza quando la vide arrossire; sembrava così indifesa in quei momenti…. Gli altri regali che aveva ricevuto gli erano piaciuti molto, ma questo li batteva tutti. Forse perché era stata Megan a farglielo, e perché l’aveva fatto con le proprie mani. Eppure c’era qualcosa che non riusciva a capire: cosa gli avessero regalato i suoi genitori rimaneva una mistero. Suo padre non aveva voluto dirgli cosa gli avesse preparato, dicendo che gli avrebbe dato il regalo al momento opportuno.
Osservandolo, José notò che stava guardando la coperta con un’espressione particolare in volto. Sembrava davvero sorpreso, ma contento. Non se ne chiese il motivo; glielo leggeva negli occhi che per lui rappresentava più di un semplice regalo. Richard osservò la coperta che Megan gli aveva regalato ancora per qualche attimo, prima di ripiegarla con cura. I simboli erano così particolari e sgargianti che gli mettevano subito allegria. “Megan ci ha lavorato per tre giorni di fila” disse Miguel sorridendo “Direi che hai fatto un ottimo lavoro, sorellina”. “Tre giorni?” chiese incredulo il ragazzo “Accidenti! Grazie, non so che altro dire…”. In effetti, la voce gli si era un po’ incrinata per l’emozione. È vero, il regalo era una semplice coperta -anche se il vero regalo era l’orologio-, ma il fatto che lei l’avesse lavorata con le sue mani, lo faceva sentire speciale. Lei arrossì ancora di più e mormorò “Sono felice che ti piaccia”. Una voce improvvisa si fece largo tra loro, mentre un ragazzo compariva tra la folla stipata sul ponte. “Richard!” disse “Cavoli, trovarti qui in mezzo è come cercare un ago in un pagliaio!”. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, ma sorrise divertito “Beh, mi hai trovato. Cosa c’è, Mark?”. “Volevo solo darti gli auguri. Non sono riuscito a trovarti per tutta la giornata e mi sembrava antipatico lasciarteli sul cellulare” rispose l’altro. Poi vide i tre ospiti e disse “Scusate. Tolgo subito il disturbo”, “Ma quale disturbo?” ridacchiò Miguel. Richard scosse la testa e disse “Mark, ti presento Miguel, Megan e José. Ragazzi, mio cugino Mark”. I quattro sorrisero allegri e Mark disse “Piacere di conoscervi, ragazzi. Adesso scusatemi, vi lascio il festeggiato. Io devo andare a sistemare un paio di cose”. Detto questo, sparì velocemente tra gli invitati, diretto dall’altra parte del ponte. “Tipo forte, tuo cugino” ridacchiò José, “È un po’ esuberante, ma è a posto” sorrise Richard. “Se è come te, allora possiamo stare tranquilli” mormorò Megan ridendo “Sarà uno tutto scintille!”. Il piccolo gruppo scoppiò a ridere, poi José e Miguel si congratularono ancora con l’amico per il suo compleanno e sparirono in mezzo alla folla, scherzando tra loro. Il giovane sorrise e disse alla sua compagna “Vieni, ti faccio vedere dove puoi posare il cappotto”. Le rivolse un’occhiata più attenta e sorrise, mentre diceva “Pardon, volevo dire il mantello”. La vide sistemarsi il mantello con un sorriso imbarazzato “Grazie, Richard. Sei davvero gentile”. “Non pensavo possedessi anche uno yacht…” aggiunse, rivolgendo uno sguardo entusiasta a tutto ciò che la circondava. “In realtà è di mio padre” mormorò lui “Non volevo tutto questo sfarzo per la mia festa, ma ha insistito così tanto che alla fine ho dovuto cedere”. O la macchina o la festa aveva detto suo padre e, dato che l’auto voleva comprarsela da solo, aveva finito per cedere sul suo diciottesimo compleanno. Scosse la testa al pensiero, ma poi sorrise, pensando che la ragazza che popolava i suoi pensieri era accanto a lui. La portò dall’altra parte del ponte, dove erano appesi i vari cappotti e giacche degli altri invitati a ganci ordinati e numerati, in modo che tutti ritrovassero il proprio. Vedendo che armeggiava con il bottone posto sotto la gola, le spostò gentilmente le mani e l’aprì al posto suo. Il mantello scivolò sulle sue spalle e si afflosciò improvvisamente a terra, rivelando l’abito dorato che indossava. La giovane rimase immobile, con il cuore a duemila, mentre Richard la guardava sbalordito. Poi il ragazzo si riscosse e mormorò “Scusa, l’ho fatto cadere”, “Non fa niente. Mi ha sempre fatto questo scherzo” rispose lei con lo stesso tono di voce. Si chinarono insieme per raccoglierlo e lo spacco sulla gamba destra dell’abito di lei si aprì lievemente, mostrando il ginocchio e parte della coscia. A quella vista, lui dovette distogliere velocemente lo sguardo, sentendo le guance surriscaldarsi. Era una sensazione strana, non gli era mai successo prima di allora. Non con una tale intensità. Quando afferrarono il soprabito, le loro mani si sfiorarono e furono percorse da una scarica elettrica. Rimasero a guardarsi per un attimo, poi Megan chiese “Hai… hai toccato un filo scoperto o cosa?”, “Non lo so”. Rimase stupito quando gli fece quella domanda; allora non era stato l’unico ad avvertire quella scossa improvvisa! Si rialzarono in piedi e lui appese il mantello sul primo gancio libero. “Dovrai ricordarti il numero” l’avvertì, “Non è un problema. Per fortuna, ho una buona memoria”. Il giovane rise, prima di dirle “Complimenti, sei davvero splendida stasera!”. Lei arrossì nuovamente “Anche tu sei davvero elegante, la giacca ti sta davvero bene”. Il ragazzo sorrise imbarazzato e si sistemò il papillon, allentandolo con un dito. Lo sentiva come se si fosse stretto all’improvviso, soffocandolo, ma probabilmente era solo la sua immaginazione. Si accorse di essere arrossito e sentiva il pomo d’Adamo sussultare impazzito su e giù per la gola. Ringraziò vivamente il cielo che la compagna non lo stesse guardando; non si era mai sentito così in tutta la sua vita…
Rimasero entrambi a guardare le stelle dal parapetto dello yacht, poi si diressero verso il centro del ponte, dove la giovane vide tutte le sue amiche, “Ehi, ragazze!” esclamò felice. Le sue compagne si voltarono verso di lei e rimasero meravigliate nel vederla accanto a Richard, anche se lui si stava allontanando. “Ehi, Meg! Allora sei venuta!” disse Wendy, “Meno male che ci sei! Non sarebbe stata la stessa cosa senza di te!” disse Crystal, “Ve l’avevo detto, no?”. La ragazza sorrise osservandole; indossavano abiti meravigliosi dai colori morbidi e vivaci. “State benissimo! Dove avete preso questi vestiti così belli?” esclamò entusiasta. Susan la squadrò da capo a piedi, prima di dire “Nel negozio qui in centro, ma di certo tu non l’hai preso lì. Non ho visto niente di simile in vetrina”. Megan sorrise ed arricciò una ciocca attorno al dito “Beh, in effetti l’ha cucito mia madre. A volte, si diverte a fare la sarta”. “Beh, di certo ha del talento” disse Miriam in un soffio, per non farsi sentire da Allison che stava passando accanto a loro. “E scommetto che la stoffa viene dalla fabbrica di tuo padre” aggiunse Susan, “Hai indovinato” rispose lei sorridendo. “Cos’hai regalato a Richard?” chiese Dalia incuriosita, “Una meravigliosa coperta ricamata con le sue mani, con dentro un bellissimo orologio” spiegò lui, comparendo alle loro spalle. Tutte le ragazze trasalirono alla sua comparsa e Megan si portò una mano sul petto, cercando di fermare il cuore che le batteva all’impazzata. Possibile che apparisse sempre silenzioso come un fantasma? “Wow! Perché non ce l’hai detto subito, Meg?” esclamò Susan, “Allora era questo il regalo misterioso!” le fece eco Dalia. “Hai avuto un’idea strepitosa!” mormorò Crystal, “Devi essere davvero brava per aver fatto tanto lavoro in così poco tempo!” aggiunse Nicky. “Macché” si schernì la ragazza arrossendo “Adesso non esagerate”. Richard sorrise, sentendola parlare in quel modo, ma fu trascinato via dai suoi amici, che continuavano a fargli le congratulazioni per il suo ingresso tra i maggiorenni. “Avete visto come sono carine le ragazze, stasera?” disse Oliver, “Già! Soprattutto Megan! Avete visto che abito fantastico che indossa?” esordì Walter. “Sono d’accordo. È meravigliosa” sussurrò il giovane, osservandola mentre parlava con le sue amiche. Si riscosse di colpo e disse “Comunque, adesso cercate le vostre dame, le danze stanno per avere inizio”. Li vide allontanarsi lungo il ponte, trattenendosi a stento nel lanciare un’occhiataccia a Walter. Non gli andava che si mettesse in testa strane idee su Megan. Gli dava un fastidio che non aveva mai provato prima, ma si sbrigò a scacciarlo dalla propria mente. A un suo cenno, Mark fece partire la musica e tutti si divisero in coppie. José afferrò la ragazza per un braccio e disse “Sei pronta, Meg? Si dà il via allo spettacolo”. “Tienimi forte!” sussurrò Megan nervosa, aggrappandosi alla sua camicia rossa “Non farmi cadere!”. “Tranquilla, Meggie. Non ti mollerò un solo istante” le promise lui sorridendo, stringendola a sé. Quando la musica partì, tutti si mossero seguendo il ritmo ed il ponte fu totalmente invaso da abiti da sera e smoking eleganti che si muovevano allo stesso tempo. Richard iniziò a muoversi con grazia, trasportando con sé Jennifer. Per quanto la cosa non gli facesse piacere, era sempre meglio che sentirla strillare per tutta la durata della festa. Non avrebbe avuto un attimo di pace… Passarono accanto a Karl e Susan, che volteggiavano insieme, neanche danzassero ad una spanna da terra. L’abito azzurro pallido di lei si muoveva allo stesso ritmo, gonfiandosi o aderendo al corpo della ragazza, a seconda di come si muovesse. Il giovane li osservò per qualche istante e rivolse un sorriso complice al suo migliore amico. Sapeva che Karl aveva sempre avuto un debole per Susan, ma non era mai riuscito a dirglielo. Quel ballo era un ottimo modo per rompere il ghiaccio…
Le canzoni si susseguirono una dopo l’altra e Richard adocchiava spesso Megan e José che ballavano ai margini del ponte. Lei sembrava un po’ impacciata, evidentemente non era un granché come ballerina. Quello che però lo fece irritare oltre misura era che José la teneva stretta, per evitare che cadesse. Lo invidiava tantissimo e non sapeva cosa avrebbe dato per essere al suo posto. Dopo la fine dell’ennesima canzone, lasciò Jennifer davanti al buffet ed andò verso i due ragazzi, che intanto si erano seduti accanto al parapetto della barca. José gli sorrise e disse “Complimenti! Davvero fantastica questa musica. Non mi sono mai divertito tanto in vita mia!”. “Mi fa piacere che ti stia divertendo” sorrise il ragazzo, poi chiese “Ehi, Megan, tu che ne pensi?”. “È semplicemente bellissima. Non avresti potuto organizzare niente di meglio” esclamò la compagna “Complimenti”. Lui sorrise e disse “Mi fa davvero piacere che vi stiate sentendo a vostro agio”. Poi sentì le note di una nuova canzone, e, prendendo coraggio, guardò la giovane negli occhi. “Megan, mi concedi questo ballo?” chiese con un sorriso, porgendole la mano. La ragazza lo guardò per qualche istante a bocca aperta, poi poggiò la proprio mano su quella di lui e rispose “Con piacere”. José non fece una grinza a quella richiesta, anzi, sorrise dicendo “Divertitevi!”. Richard strinse delicatamente la mano di Megan nella propria e la condusse in mezzo alla pista. La nuova musica era un lento, perfetto per quel momento così speciale. Il ragazzo le cinse delicatamente la vita con un braccio, mentre lei appoggiava la mano libera sulla sua spalla, ed insieme iniziarono a danzare, guidati dalla musica. Wendy diede una gomitata a Crystal e, indicandoli con lo sguardo, sussurrò “Per me, Megan e Richard formano una coppia perfetta, non trovi?”. “Ci puoi scommettere. Secondo me, la nostra Meg ha un debole per lui e non vuole ammetterlo” sussurrò l’altra. “Hai ragione” ridacchiò Wendy, con un sorrisetto malizioso sulle labbra. Poi entrambe bevvero dai propri bicchieri, brindando alla felicità della loro amica e augurandole buona fortuna.
Megan sentiva il proprio cuore battere all’impazzata, mentre Richard la guidava al ritmo del valzer. Si sentiva così emozionata da non riuscire a proferir parola. Sentiva la sua presa, dolce ma sicura, attorno alla vita ed il calore della sua mano intrecciata alla propria. La paura di cadere che aveva provato mentre ballava con José era come sparita; Richard la faceva sentire così al sicuro… Lui, dal suo canto, si sentiva così felice da poter toccare il cielo con un dito. Non si era mai sentito così felice ed emozionato in tutta la sua vita. La musica sembrava dolcissima e sentirla così vicino a sé gli dava l’impressione di essere entrato in paradiso prima del tempo. Continuava a guardarla negli occhi e la ragazza abbassava continuamente lo sguardo, imbarazzata. Sulle palpebre notò una lieve scia di ombretto, dorato come il vestito, e sorrise, pensando che quel colore le donava molto. Infondo, anche la sua pelle sembrava seta color miele. Con gli occhi, seguì la forma dello chignon, in cui aveva raccolto i suoi meravigliosi capelli neri. Quella pettinatura le donava davvero molto, mostrando il viso dai lineamenti delicati. La chioma, trattenuta da un nastro dello stesso colore del vestito, non riusciva a nascondere le guance ed il morbido profilo della mascella. Osservò il delicato arco della nuca, coperta solo in parte da una striscia di tessuto dorato che reggeva tutto l’abito. Sorrise nel notare come quest’ultimo avvolgesse il suo corpo in un morbido abbraccio color oro, lasciandole parte della schiena scoperta. Riusciva a sentire il calore della sua pelle dorata attraverso il sottile tessuto e sentì il cuore accelerare di colpo quando i loro sguardo s’incrociarono. Durante il ballo, sentì un profumo dolce e delicato che gli solleticava le narici e la guardò incuriosito. Megan si accorse del suo sguardo e chiese “Che c’è? Qualcosa non va?”. “No, ma questo profumo…” mormorò il ragazzo “Lo senti anche tu?”. La giovane arrossì e disse “È essenza di ibisco… Se non ti piace, dimmelo pure..Io..”. Richard scosse il capo e disse “Adesso capisco perché ti piace tanto. È davvero delizioso”. La vide abbassare il capo lusingata e sorrise, pensando che era stato proprio lui a regalarle quella boccetta di profumo. Mentre la guardava, si accorse appena che la canzone stava finendo. Il tempo, assieme a lei, era sembrato volare. Quando udì le note conclusive del pezzo, chiese “Vuoi sederti o preferisci ballare ancora?”. “Come vuoi tu” sussurrò la compagna “Mi dispiace solo che io sia una tale frana nei lenti”. “Tu una frana? Non dire stupidaggini, per favore! Stai danzando benissimo” ribatté il giovane. “Tutto merito del cavaliere!” sghignazzò Miguel, apparendo all’improvviso in mezzo alla folla. “Ti stai divertendo?” gli chiese Richard sorridendo, “Oh, sì! Amico, una festa come questa non l’ho mai vista in vita mia!” sorrise l’altro, sistemandosi il colletto della camicia verde scuro. Gli rivolse un sorriso complice ed aggiunse “L’organizzazione è assolutamente perfetta, ma la cosa che mi piace di più è l’atmosfera generale”. José, apparso dietro di lui, continuò “È così tranquilla e rilassante, ma con una piccola dose di euforia e puro divertimento! Assolutamente fantastico!”. “Mi fa piacere che la pensiate così” disse il giovane, sorridendo allegro. “Ci terrei ad aggiungere che questa festa è la più sensazionale a cui io abbia mai partecipato. Sei un ottimo organizzatore, complimenti!” concluse Megan con un dolce sorriso. Quelle parole lo colpirono nuovamente e con più forza di quanto gli fosse mai capitato prima. Perché quella ragazza riusciva a fargli provare delle sensazioni familiari ed al tempo stesso così sconosciute? Era incredibile come riuscisse a scombussolarlo con una sola frase o un semplice gesto. Miguel rise e disse “Spero che mia sorella non ti abbia già fatto perdere la pazienza con la sua incapacità nei lenti”. La giovane, per tutta risposta, gli lanciò un’occhiataccia e disse “Sparisci, prima che mi arrabbi sul serio. Va’ a divertirti da qualche altra parte e lasciami in pace!”. “Come nei lenti? Anche lei me l’ha accennato, poco fa. Cosa vuoi dire?” chiese il ragazzo, decisamente incuriosito. “Che se la vedi scatenarsi in qualche ritmo latino-americano, ti prendi un colpo di quelli seri, amico mio!” rise José. Provò a sciogliere il nodo elegante del nastro, nel quale Megan aveva raccolto la chioma scura, ma lei lo bloccò, afferrandolo per un polso. Lo fissò con uno sguardo deciso e disse “Non provarci. Ci ho messo un’ora per sistemare i capelli, quindi non ti azzardare!”. “Ok, ok! Calmati, Meggie!” disse lui, scostandosi appena. Poi scoppiarono a ridere tutti e quattro, incoraggiati dalla comicità della situazione. “Megan, sei più unica che rara, te l’assicuro!” ululò Miguel tra le risate, “Su questo hai perfettamente ragione!” concordarono José e Richard. Il ragazzo pensò che se José fosse stato solo un amico per Megan, avrebbero potuto tranquillamente fare amicizia. Avevano perfino gli stessi gusti in fatto di moto! Quando si calmarono, Megan si accorse che la musica era finita e rivolse uno sguardo interrogativo al compagno, che ancora le teneva la mano. Lui sorrise e rispose “Una breve pausa per far riposare tutti”, “Oh, capisco”. Seguì con lo sguardo José e suo fratello dileguarsi tra la folla, poi la giovane si sentì chiamare “Megan?”. Si voltò e vide che Richard le aveva fatto un cenno verso una zona più libera dal gruppo d’invitati, accanto alla poppa dello yacht. Lo seguì e poi chiese “Cosa c’è, Richard? Devi dirmi qualcosa?”. Si bloccò davanti al suo sorriso e sentì il cuore mancare un battito, prima d’iniziare a correre più velocemente. “Volevo solo chiederti se dopo mi concederesti un altro ballo” rispose il giovane, con uno sguardo un po’ imbarazzato “Ma se preferisci ballare con José, ti capisco benissimo”. Lei gli poggiò una mano sulla fronte, facendo tintinnare i braccialetti dorati attorno al polso, poi mormorò “No, non hai la febbre. Ne sono sicura”. Scosse il capo e rispose “Comunque, sì. Mi farebbe davvero piacere. José non ha fatto altro che prendermi in giro per tutto il tempo per la mia scarsa abilità in questi balli”. Al suo sguardo incuriosito, rispose “Ti ho controllato la temperatura perché sto iniziando a preoccuparmi seriamente per te”. Si lasciò sfuggire un sorriso ed aggiunse “Non mi hai mai dato tanta confidenza e non mi hai mai fatto così tanti complimenti, prima di adesso. Volevo essere sicura che stessi bene”. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, borbottando “Solo perché ogni tanto ti ho fatto degli scherzi o ti ho trattata male, questo non vuol dire che adesso non voglia essere tuo amico”. La giovane sorrise e disse “Infatti scherzavo. So benissimo che non hai problemi di salute o qualcosa del genere”. Risero entrambi, poi quando iniziò una nuova canzone, Richard le prese le mani e le guidò attorno al proprio collo, mentre le cingeva la vita con le braccia. Si mosse con la massima delicatezza, come se lei fosse fatta di cristallo e temesse di romperla con un gesto troppo brusco. La sentì deglutire a fatica e sorrise nel vedere il suo volto stupito, eppure dietro quell’espressione così colpita gli sembrò di scorgere qualcos’altro, un’emozione diversa. Qualcosa di più profondo, che gli causò una potente scossa in tutto il corpo. Megan ringraziò il cielo per il fatto che tra lei e Richard non ci fosse chissà quale differenza di altezza, così poteva evitare di arrampicarsi come aveva dovuto fare prima con José, nonostante i tacchi delle scarpe. Sorrise, pensando che in quel modo, poteva guardarlo meglio in viso, senza dover alzare del tutto la testa. Riusciva a fissarlo in quegli occhi così profondi, e per un attimo si sentì quasi annegare in essi. I due giovani si mossero con grazia, al ritmo della musica che aleggiava morbidamente nell’aria intorno a loro, senza accorgersi degli occhi felici e soddisfatti che li stavano osservando tra gli altri invitati.
 
“Accidenti!” sussurrò Karl a Susan “Mi sa che questa volta il nostro amico fa sul serio!”. “Tu dici? Spero proprio che tu abbia ragione, Karl. Sono una coppia magnifica” ribadì lei, sorridendo. “Ti assicuro che non l’ho mai visto con quello sguardo rapito, prima d’ora” disse il giovane “E meno male che lo conosco da parecchio tempo!”. “Da quanto, esattamente?” chiese la ragazza, “Siamo letteralmente cresciuti insieme”. “Accidenti!” ripeté Susan, ridendo “Non si era mai innamorato, prima d’ora?”. Si bloccò di colpo, quando vide lo sguardo cupo di Karl. “Una sola volta” rispose lui “ma quella l’ha fatto soffrire a morte quando lo ha mollato su due piedi”, “Poveretto”. La voce della giovane si era ridotta ad un sussurro, mentre diceva “Doveva essere davvero una strega”. “Sì, ma lui non la vedeva così” mormorò il ragazzo “Era felice con lei”. “Beh, ormai il passato è passato, e non possiamo farci niente. Concentriamoci piuttosto sul momento, non trovi?” disse la compagna. “Sì, sono perfettamente d’accordo” replicò lui con un sorriso, mentre la guidava nella danza.
 
Richard guardò Megan negli occhi per tutta la durata della canzone. Non si stancava mai di guardarla in volto, di osservare i suoi occhi così chiari e limpidi, che lo fissavano stupiti. Si maledisse per tutto il male che le aveva fatto in precedenza, dato che ora la ragazza non riusciva a fidarsi di lui. Voleva starle vicino e scordarsi di tutto il resto, rimanere solo con lei, sospeso nel tempo. Averla così vicina, stretta tra le sue braccia, era come vivere un sogno meraviglioso, a cui non avrebbe mai voluto mettere fine. Fu riportato bruscamente alla realtà dalla voce squillante di Jennifer, “Richie! Richie, dove sei?”. La giovane lo guardò comprensiva e disse “Sarà meglio che mi allontani, prima che mi veda”. Fece per andarsene, ma lui la trattenne, afferrandola delicatamente per un polso “Non andartene, per favore! Resta qui”. Lei rimase colpita dall’intensità di quelle parole, sembrava che non volesse lasciarla più andar via. Chi sei veramente, Richard McKallister? Qual è la tua vera personalità? Sei dolce e gentile, oppure rude e scontroso? si chiese. Lo guardò in volto e disse “Sai che non può vedermi. Non voglio rovinarti la festa”. Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro amareggiato “Hai ragione, ma giuro che non riesco a sopportarla più”. “Lo immagino” mormorò la ragazza, incerta se ridere o no. “Resti fino alla fine, non è vero?” le chiese Richard, “Sì” lo rassicurò la compagna sorridendo. “Allora penso che ti chiederò un altro ballo” lo sentì mormorare “Sempre se me lo concedi”. Megan sorrise e rispose “Ne sarei felice. Ma, ti prego, non litigare con Jennifer a causa mia”, “Farò del mio meglio” promise il giovane.
 
La festa fu un successone e tutti si divertirono un mondo; la musica era coinvolgente ed allegra, perfetta per una festa tra ragazzi. Quando anche l’ultima fetta di torta sparì e il tutto fu coronato dall’ennesimo Tanti auguri a te, gli invitati si ritirarono ciascuna a casa propria, parlando della meravigliosa serata trascorsa. Karl rimase con Richard e, armatosi di scopa, lo aiutò a sistemare un po’ le cose sul ponte, ormai più simile ad un campo di battaglia. A lavoro compiuto, si riposarono su uno dei divanetti in pelle chiara accanto ai comandi, con l’unica luce delle stelle ad illuminare il paesaggio. L’unica nota positiva di tutto questo pensò Richard è che sono riuscito a ballare con Megan. Era davvero stupenda!. Mosse le spalle indolenzite e si lasciò sfuggire una smorfia Grazie al cielo, papà mi ha permesso di dormire sullo yacht e Karl rimarrà con me. Una gran bella fortuna. “Festa magnifica, eh Ric?” mormorò Karl, sghignazzando verso l’amico, “Ti sei divertito con Susan?” chiese lui. “Oh, sì! Ero al settimo cielo! Figurati che sono riuscito a darle un bacio prima che se ne andasse!” mormorò l’altro, perdendosi nei suoi pensieri. Richard fece un fischio “Accidenti! E lei? Come ha reagito la cara Susan?”. “Meglio di quanto osassi sperare!” lo sentì dire con aria sognante “Non mi ha respinto, anzi! Mi ha stretto come se non aspettasse altro…”. Il ragazzo scosse i ricci e poggiò la testa sulla morbida spalliera del divano, ricordando l’emozione che l’aveva invaso in quel momento. “Tu e Megan formate proprio una bella coppia” disse all’improvviso, fissando il suo amico. “Lo sai che non mi può vedere” mormorò Richard sconsolato, “Dalla faccia che aveva stasera, non si direbbe proprio!”. “Non voleva rovinare la festa. È molto sospettosa, me ne sono accorto” disse il compagno. “Sarà, ma stasera era radiosa” commentò Karl “Non l’ho mai vista sorridere in quel modo, prima d’ora”. Il giovane lasciò andare un lungo sospiro; doveva parlare con il suo migliore amico, oppure era meglio tenersi tutto dentro? Scosse il capo con forza; di Karl poteva fidarsi, lo conosceva meglio di chiunque altro… Fissò il cielo stellato per farsi forza, poi disse “Karl, ho bisogno del tuo aiuto”, “Dimmi pure, amico. Cosa posso fare per te?”. “Temo di non stare affatto bene. Non capisco più niente!” ammise il ragazzo, prendendosi la testa fra le mani. “Allora parla. Sai che di me ti puoi fidare” lo rassicurò lui, osservandolo attentamente. Quando l’amico non rispose, chiese incuriosito “C’entra per caso Megan?”. A quelle parole, lo sentì sospirare nuovamente, ma non ottenne alcuna risposta. “Amico, come cavolo posso aiutarti se tu non mi dici qual è il problema?” chiese, guardandolo dritto negli occhi.
Richard si rassegnò a parlare e, alzandosi dal divano, disse “Quando la guardo, mi sento strano…”. Alzò gli occhi verso il cielo stellato, cercando le parole giuste per spiegarsi, ma non era affatto facile. “Sto malissimo e… e poi benissimo!” esclamò “Poi mi sento meravigliosamente male… e subito dopo… tremendamente bene!”. Karl lo vide poggiarsi al parapetto dell’imbarcazione, mentre accompagnava le sue parole con ampi gesti. “La pensi sempre?” gli chiese tranquillo, sentendosi quasi uno psichiatra in quella strana situazione. “Sì, ogni istante. La notte non dormo più, perché lei è sempre lì, nei miei pensieri” mormorò il ragazzo. “Accidenti” sussurrò l’amico a bassa voce “La situazione è più grave del previsto!”. Poi gli si affiancò e chiese ancora “E senti una scarica elettrica ogni volta che vi sfiorate? Ogni volta che le sei accanto?”. “Sì, tutte le volte” rispose lui, alzandosi di scatto “Non riesco quasi a pensare ad altro! Che cosa posso fare? Sto ammattendo, per caso?”. Gli lanciò uno sguardo implorante e sussurrò “Karl, tu mi conosci bene. Cosa mi sta succedendo?”.
Karl scosse di nuovo i fitti ricci scuri “Richard, il problema è uno solo: ti sei innamorato… L’unica cosa che puoi fare è dirle tutto quello che provi”. Il suo compagno si prese la testa fra le mani e mormorò sconsolato “Lei mi odia!”. “Ne sei sicuro? Fossi in te, cercherei di capirla davvero” gli disse il compagno, poggiandogli una mano sulla spalla. “Lo sai bene che avevo una cotta per Susan fin dal primo anno, ma ho trovato il coraggio di dirglielo solo ora” gli rammentò “Non perdere l’occasione, Ric!”. “Devi essere sincero con te stesso e con lei” aggiunse “Dove la trovi un’altra ragazza così?”. Richard scosse il capo e, fissando un punto indefinito nell’oscurità, sussurrò “Innamorato…”. Gli sfuggì una risata amara “E pensare che mi ero ripromesso che non mi sarebbe accaduto mai più, dopo Ashley…”. Karl lo guardò a lungo prima di dire “Guarda che a cuor non si comanda! Non è una cosa che si può controllare”. Poi mormorò “Dovrai anche trovare il modo di liberarti di Jennifer. Con lei tra i piedi, non riuscirai mai nel tuo intento”. “Lo so ed anche Megan se n’è accorta” mormorò il ragazzo, “Di cosa?” chiese Karl stupito. “Del fatto che Jennifer non sopporta di vederla con me” spiegò lui con una smorfia. “Vi ho visto ballare insieme” ridacchiò il compagno, “Già, non l’avrei più lasciata andare. Insieme a lei, il tempo è passato così in fretta…”. Il giovane sospirò “Ma quando ha sentito la voce di quella strega, si è allontanata, dicendo che non voleva farmi litigare con lei per colpa sua”. “È premurosa” mormorò l’amico, ammiccando complice “Forse è proprio il tipo giusto per te. Eviterebbe che tu avessi qualche colpo di testa”. Richard rise appena “Dovresti vederla con la sorellina piccola. Si vede lontano un miglio che farebbe di tutto per lei”. Di colpo, il suo sguardo si rabbuiò “Vorrei trovare il modo di liberarmi di quel José…”. Quella frase lasciò Karl senza parole, non gli era sembrato che tra lui e l’amico non ci fossero buoni rapporti. “E perché? Che male ti ha fatto?” chiese incredulo, cercando di capire cos’avesse contro quel ragazzo dall’altezza incredibile. “Sta con Megan. Per quello che ho capito, è il suo ragazzo” mormorò il giovane. “Ne dubito! Ho sentito Miguel chiamarlo cugino!” esclamò l’amico “Credo che dovresti accertarti del loro rapporto, prima di partire come un treno”. Richard sollevò la testa verso di lui e disse “Spero che tu abbia ragione, Karl. Lo spero davvero”. All’improvviso, si diede un colpo in fronte con la mano e disse “Devo chiamare mio nonno! Cavoli, me l’ero totalmente scordato. Dovevo avvisarlo della gita!”. Karl rise “E allora che aspetti, scusa? Andiamo a chiamarlo, no?”, ma davanti alle scale che scendevano nello yacht si fermò e chiese “Ma siamo sicuri che il fuso orario sia dalla nostra?”. “Karl, in questo momento in Italia è mattina inoltrata” rispose il ragazzo “Anzi, devo sperare che mio nonno non sia andato a pesca con i suoi amici o rischio di non trovarlo”. Risero entrambi di gusto e Richard si sbrigò a chiamare suo nonno per avvertirlo dell’imminente gita in Italia. 


Ecco qui. il caro Richard ha finalmente capito cosa prova, e Meg? beh, armatevi di santa pazienza. lei ci metterà un po' di +... Ke ne pensate della festa? avrò esagerato? la cosa ke mi preoccupa di + sn i regali... mi sembrano così cretini, adesso...
vabbè, pazienza... Una fantastica gita si prospetta all'orizzonte. cosa pensate ke succederà? eh eh! ne vedremo delle belle!

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Capitolo 13
*** Il volo ***


Ok, eccomi di nuovo qui, a rompere le scatole a tutti! XD beh, ragazze, sn felicissima di vedere ke al FF vi sta piacendo, siete tantissime a leggere tutti cappy! grazie! grazie! *.* grazie! Visbs, cerca di nn cercare di battere ulteriormente il tuo record, o il pc rischia di andare in tilt! ^_^ dai skerzo! la tua recensione mi ha commossa, davvero! sei davvero insuperabile! adesso vi lascio al cappy e ancora grazie!

13-Il volo

Il 20 maggio arrivò in un lampo e la IV D era in pieno fermento. Il giorno prima della partenza, il preside andò nella loro classe e raccomandò loro per tenere alto l’onore della loro nazione in campo straniero. Poi si rivolse Richard, ringraziandolo per la disponibilità di suo nonno nel fare da guida nei meandri pieni di storia e d’arte di Napoli. Il ragazzo arrossì lusingato e chiese qualche informazione in più sull’itinerario della gita. Preferiva non avere tutta l’attenzione addosso, in modo da riuscire ad osservare Megan di nascosto. Era meraviglioso vederla sorridere con le amiche, mentre discutevano sulle cose che avrebbero fatto durante il viaggio. Gli occhi le brillavano per l’eccitazione, facendoli sembrare due gemme lucenti, incastonate in quel volto meraviglioso. Tutti i ragazzi ricevettero una cartina delle città che avrebbero visitato, più le foto degli alberghi di Napoli e Venezia dove avrebbero alloggiato. Avrebbero soggiornato per tre giorni a Venezia e per quattro a Napoli, visitando tutte le zone più caratteristiche. Sarebbero atterrati a Roma, trascorrendo lì la prima giornata, per poi arrivare in tarda serata a Verona e quindi Venezia, nell’albergo prenotato. “Un bel viaggio, non c’è che dire” commentò Nicky alle amiche “Le scarpe da ginnastica sono d’obbligo, se dobbiamo camminare così tanto”. “Già, ma spero di poter indossare anche qualcosa di più elegante” mormorò Wendy “Almeno la sera”. “Però c’è un giorno che non abbiamo visite da nessuna parte. Anzi, non c’è scritto niente” disse Miriam “Chissà che faremo…”. Ormai, nella classe c’era un continuo cicaleccio, che fu spento solo dalla voce dell’insegnante. “Ragazzi, datemi le vostre preferenze” disse la professoressa, passando tra loro con un blocnotes tra le mani “Dobbiamo organizzare le stanze”. Ci fu un piccolo trambusto prima che la signorina Winkest riuscisse a scrivere l’elenco delle camere, pieno di cancellature e correzioni. Megan ringraziò la sua buona stella poiché Jennifer si trovava dalla parte opposta del corridoio che avrebbero occupato. Più lontano le stava, meglio era per lei. Almeno sarò più tranquilla, lontano da quell’arpia si disse con un sospiro di sollievo. Susan rivolse un sorriso triste alle amiche “Purtroppo non possiamo stare tutte insieme! Ci siamo dovute dividere”. Crystal, Dalia, Miriam e Wendy avrebbero occupato la stanza 221, mentre Megan, Nicky e Susan quella successiva. Il numero massimo di studenti per camera era appunto quattro e non c’era stato modo di restare tutte insieme. “Pazienza, tanto la sera ci riuniremo tutte in una stanza e chiacchiereremo fino all’alba!” disse Miriam, attirando il consenso di tutte le compagne. “Ci puoi scommettere!” ridacchiò Susan, “È ovvio, no?” mormorò Crystal “Direi che non c’è bisogno di dirlo”. Anche i ragazzi erano divisi in camere da due, tre e quattro persone e Richard era capitato con Karl, William e suo fratello Jack. Meglio di così non poteva andare! pensò il ragazzo, poggiando la nuca sulle braccia incrociate. La sua stanza era la più lontana da quella di Walter e, dalla parte opposta, da quella di Jennifer. Questo voleva dire che poteva stare tranquillo almeno la serata e la compagnia era la migliore che potesse desiderare. Per uno strano caso poi, era anche piuttosto vicino alla stanza di Megan ed il solo pensiero gli faceva nascere un grosso sorriso sulle labbra.
Intanto, Walter ed altri ragazzi continuavano a tormentarlo affinché portasse a termine la scommessa, ma lui non voleva vedere Megan soffrire ancora ed inventava scuse per rimandare il più possibile. Ora che sapeva quale sentimento gli si agitava dentro quando erano vicini, il suo unico scopo era quello di starle accanto. Voleva vederla sorridere come solo lei sapeva fare e nessuna scommessa valeva la metà di quel sorriso così dolce e meraviglioso. Niente era più importante di quella ragazza. Niente. “Richard, guarda che la fine dell’anno si avvicina!” lo redarguì Oliver “Se vuoi vincere la scommessa, devi darti da fare!”. “Avanti, Ric! Ma cos’hai per la testa?” chiese Eric, cercando di comprendere lo strano comportamento dell’amico. Il ragazzo li lasciava parlare senza ascoltarli e di tanto in tanto lanciava delle strizzate d’occhio a Karl, l’unico che conoscesse il motivo di tanta riluttanza.
 
La notte prima della partenza, Megan non riuscì quasi a chiudere occhio per l’emozione ed il nervosismo. Il suo trolley lilla era pronto accanto al letto, il cellulare totalmente carico. Le pastiglie contro eventuali malesseri erano nel suo zaino, come tutte le altre cose di prima necessità, come l’acqua. Inoltre, aveva comprato un paio di rullini da cinquanta foto l’uno, per poter conservare più ricordi possibili di quella gita strepitosa. Aveva con sé anche due libri tascabili, per non annoiarsi durante i vari viaggi, nel caso le sue amiche si fossero tutte addormentate. Nel marsupio aveva anche un bel gruzzoletto di risparmi: voleva portare a tutti un ricordo di quel fantastico viaggio che stava per iniziare. Quella che aveva davanti si preannunciava la gita più emozionante di tutta la sua vita. Sette giorni di divertimento assoluto mixato a cultura e sapere, che avrebbe trascorso con tutti i suoi amici. Ma lei non poteva sapere che il vero viaggio, quello che il destino aveva deciso per la sua vita e di chi le stava intorno, era già cominciato.
Quando la sveglia lanciò il suo trillo insistente, la ragazza era completamente sveglia. Si sentiva anche riposata, nonostante avesse avuto l’impressione di non aver chiuso occhio per tutto il tempo. Si alzò subito e corse in bagno per prepararsi ed avere un aspetto più presentabile. La sera prima, era rimasta ore davanti all’armadio per scegliere gli abiti da indossare per quel giorno. In Italia avrebbe fatto decisamente più caldo e quindi aveva preso con sé degli abiti leggeri. S’infilò gli immancabili jeans ed una maglietta rosa chiaro a maniche corte, che coprì con una felpa dello stesso colore. Guardandosi nello specchio, raccolse i capelli nel suo berretto preferito, in modo che non le dessero impiccio e corse di sotto. Suo padre era già pronto quando uscì, pronto ad accompagnarla all’aereoporto, anche se aveva l’aria un po’ stanca. Forse non era stata l’unica a non dormire…  La giovane diede un bacio alla madre ed a Miguel, che le augurarono buon viaggio e schioccò un altro bacio sulla fronte della sorellina. Ines piagnucolava triste tra le braccia del fratello, rivolgendole uno sguardo da cucciolo abbandonato. Era la prima volta che separava dalla sorella mentre era ancora sveglia. Quando i suoi genitori erano partiti per Dallas, lei era profondamente addormentata e non si era resa conto di nulla. “Non fare così, fiorellino!” sussurrò Megan, tenendola in braccio ed accarezzandole la testolina ricciuta “Ti chiamerò tutti i giorni e ti porterò un bel regalino, te lo prometto! Ma tu non devi piangere, hai capito?”. La piccola la guardò seria e disse “Tonnerai presto? Me lo pometti, Meg?”, “Sì, piccolina mia” la rassicurò lei. Le rivolse un sorriso ed aggiunse “Tu occupati di Miguel e non fargli fare scemenze, ok? Conto su di te!”. Ines rise e le poggiò la mano sulla guancia “Te lo pommetto. Miguel farà il bavo!”. Il fratello le abbracciò entrambe e disse “Sta’ attenta, Meggie. Vedi di non perderti! Ti rivoglio qui presto”. “Tranquillo, so badare a ma stessa” sussurrò la ragazza. La madre l’abbracciò con forza e le diede un grosso bacio, senza riuscire a dire niente.
Dopo altre frasi di commiato ed un forte abbraccio a tutti, Megan salì sull’auto del padre e si diressero verso l’aereoporto cittadino. Il viaggio fu relativamente silenzioso, anche se intervallato di tanto in tanto da piccoli consigli paterni. La ragazza arrivò all’entrata del grande complesso, dove vide le sue amiche, che si sbracciavano nel tentativo di farsi notare, ed alcuni ragazzi. Fece un cenno alle amiche, facendo capire loro che stava arrivando e si volse un po’ intorno ad osservare il grande aereoporto. Era davvero enorme, anche se sapeva che rispetto a Dallas ed ad altre grandi città, quello era niente. Notò che Richard era già lì, con un borsone da ginnastica sulla spalla ed un trolley rosso di medie dimensioni accanto ai piedi. Stava discutendo qualcosa con Karl e William, ma aveva un’espressione serena. La cosa la tranquillizzò, anche se non riuscì a spiegarsi il motivo. Forse le piaceva vederlo allegro, tutto qui. La giovane abbracciò di nuovo il padre e disse “Ti chiamo appena arrivo a Roma”, “Sta’ attenta, scricciolo. Non allontanarti mai dalla tua classe, per nessun motivo”. “Tranquillo, papà. Starò attenta” lo rassicurò lei “Non farò cavolate di nessun tipo, promesso”. Fece per andarsene, ma Alan la trattene “Meg, dimmi una cosa. Hai avuto problemi con dei ragazzi, ultimamente?”. “No” rispose la figlia, guardandolo sbalordita “Perché?”. Il padre si strinse nelle spalle “Ho avuto quest’impressione”, poi le fece un sorriso complice e le sfilò il berretto, sorridendo scherzoso. Improvvisamente, tornò serio e disse “Se devi dare un pugno ad un ragazzo, chiudi bene la mano e tieni il pollice dentro, ok?”. Le mostrò come doveva fare ed aggiunse “Mira alla mascella. È lì che fa più male. E punta preferibilmente dal basso”. “Non so cosa ti stia passando per la testa, ma me lo ricorderò” disse Megan, ancora sbalordita. “Bene” mormorò il padre, abbracciandola “Divertiti, piccola. E non scordarti quello che ti ho detto. Ho la strana impressione che ti servirà presto”. La ragazza rise e gli mostrò la mano, perfettamente chiusa a pugno e pronta a colpire un nemico immaginario. Alan rise orgoglioso e le arruffò i capelli “Perfetto. Hai capito al volo. Ci sentiamo tra qualche ora”. “Non scordarti del fuso orario, papà. Ci sono cinque ore di differenza tra qui e l’Italia” gli ricordò la figlia ammiccando “Finiresti per svegliare l’intera camerata”.
Era ancora buio pesto, ma la giovane sapeva che da lì a poco avrebbe visto il sole spuntare dietro l’orizzonte, prima di arrivare in Italia. Rise al pensiero che lì sarebbero state le 9.00 del mattino! Salutò il padre ancora un’ultima volta e si avvicinò alle sue amiche, che l’abbracciarono emozionate, cosa anche piuttosto difficile a causa degli zaini che portavano sulla schiena. “Ancora non ci credo! Andiamo in Italia!” esultò Miriam, “A chi lo dici!” le fece eco Wendy. “Allora svegliatevi, perché è tutto vero” disse Nicky, dando un pizzicotto a Susan. Erano così contente che non si accorsero di Jennifer, arrivata in quel momento alle loro spalle. “Megan, ma che scenetta commovente… Prima con tuo padre e adesso con le tue amichette! Sei davvero patetica!” disse con voce meliflua e canzonatoria. Lei si girò e disse con voce tagliente e velata di disprezzo “Ciò che faccio non ti riguarda minimamente, Jennifer”. Il suo sguardo s’incupì, mentre aggiungeva “Ora, se non ti dispiace, vorrei parlare con le mie amiche, quindi prendi le tue valigie e sparisci!”. Jennifer la guardò come se fosse una gomma da masticare attaccata alla suola delle sue scarpe. “Vorrei tanto, ma ho così tante cose che non vorrei spezzarmi un’unghia, mentre le sposto” disse sarcastica “Ma che parlo a fare con te?! Tanto non capisci niente di moda”. La ragazza non si degnò nemmeno di rispondere alla sua provocazione, ma si girò quando Dalia esclamò “Ma quanta roba ti sei portata?! Dobbiamo stare via una settimana, non un anno intero!!”. Jennifer si era portata dietro non una, ma ben tre valigie extra-large rosa shocking, più un bauletto per il trucco (grande come lo zaino da viaggio di Miriam). “Questa roba non entrerà mai e poi mai sull’aereo!” esclamò Wendy “Men che mai sul pullman, oppure in una stanza!”. “Ma se questo è il minimo indispensabile per una gita!” ribatté la proprietaria, piccata. Poi fece un gesto di disprezzo “Ah! Parlare con voi non ha senso! Non conoscete neanche la differenza tra un cappotto di velluto o di pelliccia di visone! Specialmente la selvaggia”. Megan s’irrigidì e si voltò verso la ragazza bionda, pronta a mettere in pratica i recenti insegnamenti del padre. Sentiva la rabbia ribollirle nelle vene e sapeva che stavolta non sarebbe riuscita a trattenersi. Tutto aveva un limite, ma la situazione fu salvata dall’arrivo della professoressa “Ragazze iniziate a portare le vostre valigie al controllo bagagli”. Poi vide tutte le poche cose di Jennifer e disse “Ragazza mia! Dove vuoi andare con tutta questa roba? Prendi una valigia e vai con le tue compagne!”. “Ma professoressa! Questo è il minimo indispensabile per me!” esclamò la ragazza, terrorizzata all’idea di lasciare lì i suoi preziosi vestiti. “Una valigia! Chiama i tuoi e fa venire a prendere le altre” ribatté la professoressa, prima di sparire tra gli altri ragazzi. Crystal trascinò le sue amiche lontano da Jennifer e disse “Quella è tutta matta! La prossima volta che osa insultarci, la prendo a pugni!”. “Se non arrivava l’insegnante, ci avrei pensato io a farla tacere!” ringhiò Megan furibonda. “Pace, ragazze!” ribatté Dalia, posando una mano sulla spalla della sorella “Così non risolviamo niente!”. “Non m’importa!” esclamò Crystal, scuotendo la testa con forza “Io l’ammazzo!”. Susan sospirò. Dalia era sempre stata più riflessiva e calma della sorella, ma era sicura che anche lei volesse far tacere Jennifer una volta per tutte. Chi di loro non lo voleva, infondo? Nicky poggiò una mano sul proprio trolley e le disse “Dalia ha ragione, ma anch’io sarei felice di vedere quella smorfiosa nei guai”, “O con qualche livido!” borbottò Megan. Wendy diede un pizzicotto a Susan, che era rimasta piuttosto sorpresa dalla reazione dell’amica. Era sempre stata così pacifica! Doveva odiarla sul serio se riusciva a dire certe cose! La ragazza si riprese e ritrasse il braccio, arrossendo senza un motivo apparente. Forse voleva cambiare argomento. Miriam la guardò per un attimo e disse “Sai, Sue? È da un po’ di tempo che mi sembri strana. È forse successo qualcosa?”. Lei annuì, arrossendo ancora di più, mentre cercava di non incrociare lo sguardo delle sue compagne. “Vuoi dircelo?” chiese ancora Miriam e Susan annuì “Sì, credo sia ora di dirvelo…”. Le amiche si calmarono all’istante e, dimenticandosi di Jennifer, si fecero più vicine per ascoltarla meglio. Alcune si liberarono degli zaini per potersi avvicinare e sentire meglio quello che Susan voleva dire. “Spara, dai!” disse impaziente Crystal “Cosa c’è? Avanti, non tenerci sulle spine!”. Al cambiamento di espressione della loro compagna, chiesero emozionate “Che c’è? Ti sei innamorata, per caso?”. “Giuratemi che non urlerete!” le implorò Susan, arrossendo visibilmente. “Oh! Ma… Allora è una cosa seria!” mormorò Dalia eccitata, “Giuratelo!” ripeté Susan. “Tranquilla, lo giuriamo” la rassicurò Crystal, “Avanti dicci di che cosa si tratta” la incitò Wendy. “Beh, ricordate la festa di Richard a marzo?”, “Ovvio!” rispose Megan, guardandola incuriosita. “La nostra Megan poi, la ricorda particolarmente bene, non è vero?” la stuzzicò Nicky, dandole una gomitata giocosa e lei si ritrasse ridendo. “Io ho ballato tutta la serata con Karl” sorrise Susan, diventando rossa come un peperone “E lui, mi ha… confessato che aveva una cotta per me. Fin dal primo anno”. “Esattamente come me…” aggiunse in un sussurro, mentre si sistemava una ciocca che le era finita davanti agli occhi. Guardò le sue amiche e per poco non scoppiò a ridere alla vista delle loro facce incredule. Erano così stupite che avevano tutte gli occhi spalancati e la bocca aperta. “Stai dicendo sul serio?” chiese Wendy in un sussurro, “Sì. Mai stata più seria di così”. “Oh, cavolo!” disse Dalia con gli occhi sgranati, mentre la sorella si limitava ad annuire. “Abbiamo parlato tutta la sera ed è stato dolcissimo” continuò poi Susan, diventando sempre più rossa in volto. Crystal non ebbe bisogno d’altro per capire cosa volesse spiegare la loro compagna. “Ti ha baciata o ti ha chiesto di uscire con lui?”, “Entrambe le cose…” ammise la compagna. Megan fu la prima a riprendere l’uso della parola dopo che Susan tacque, “Wow! Accidenti, Susan! Che colpo!”. Le altre si limitarono ad annuire, incapaci di parlare. “Quindi ora state insieme ufficialmente?” chiese Wendy con un filo di voce, “Sì” rispose l’amica. Le ragazze si coprirono la bocca con le mani per non lanciare gridolini di gioia e sorpresa e lanciarono una fugace occhiata a Karl. Il ragazzo si voltò improvvisamente verso di loro e sorrise a Susan, facendola arrossire ancora di più. “Ok, è vero. Questa è una notizia bomba. Ma adesso dobbiamo andare al controllo bagagli” disse la ragazza, trascinando il suo trolley. Se continuavano a ridere in quel modo, avrebbero finito per farla assomigliare ad un gambero al vapore. Le altre si sbrigarono a seguirla verso i metal detector, ridendo eccitate per la sua conquista. Mentre stavano per passare sotto l’arco d’acciaio, Megan si bloccò ad osservare il tabellone luminoso sopra di loro. Se lo stava osservando bene, voleva dire che avevano solo altri venti minuti per salire sull’aereo delle 4.00, in partenza per l’Italia. Si riscosse e accelerò il passo per seguire le sue amiche, ma si scontrò in pieno con qualcuno più alto di lei. Rimbalzò all’indietro ed inciampò nel trolley, cadendo di schiena sul pavimento freddo dell’aereoporto. Scosse la testa per riprendersi e si alzò a sedere, poggiandosi una mano sulla fronte. “Va tutto bene, Megan?” chiese Richard, aiutandola ad alzarsi e porgendole il berretto che le era caduto. “Sì. Tutto ok, grazie” borbottò lei, riprendendo il suo bagaglio e scuotendo i capelli per sistemare il cappello. Quell’episodio fu un flashback per entrambi, un ricordo del loro primo incontro. Al ragazzo venne da ridere, mentre i ricordi gli balenavano nella mente.
Pochi minuti dopo, erano tutti sul volo Lain City - Roma, i bagagli erano stati riposti nella stiva dell’aereo e molti ragazzi approfittarono dei morbidi schienali per riposarsi e riprendere le forze dopo l’alzataccia di quella mattina. Megan si sedette accanto a Nicky, mentre Susan si era accomodata al fianco di Karl. La ragazza messicana sorrise, felice per l’amica. Si rilassò contro lo schienale, avvolta nei propri pensieri mentre la sua vicina sprofondava dolcemente nel sonno. Lei rise e cercò di non disturbarla, limitandosi a sporgersi appena per guardare fuori dall’oblò. Quando si era trasferita negli Stati Uniti, avevano varcato il confine in macchina. Era la prima volta che saliva su di un aereo e la cosa la riempiva di euforia. Nella fila dietro la sua, Richard si era infilato gli auricolari dell’hypod nelle orecchie ed ascoltava beatamente della musica hip-hop. Robert si era addormentato accanto a lui ed il suo lieve russare non gli dava fastidio, anzi lo aiutava a rilassarsi. Quando la signorina Winkest passò accanto a loro, gli disse “Richard, per favore, togliti gli auricolari, altrimenti non sentirai quando dovrai allacciarti la cintura”. Il ragazzo annuì e spense l’hypod; l’avrebbe ascoltato più tardi. Davanti a sé scorse la chioma scura di Megan e si chiese cosa stesse facendo. Si alzò appena per capire se stesse dormendo come la sua amica e la vide osservare entusiasta fuori dall’oblò. Le diede un colpetto sulla spalla e la vide trasalire, prima che si voltasse di scatto. Fissò i suoi occhi stupefatti e, incrociando le braccia sul sedile di Nicky, chiese “Mai salita in aereo prima d’ora?”. “Si nota così tanto?” chiese lei imbarazzata, “Abbastanza” ammise il ragazzo, sorridendo. Poi osservò Nicky, ormai profondamente addormentata, e le domandò “Dato che anche Robert dorme come un sasso e non possiamo parlare così, ti dispiace venire al suo posto?”. “Io dubito di riuscire a spostarlo. È un colosso!” replicò la ragazza, osservando il compagno addormentato. Il giovane sghignazzò divertito e la rassicurò “Ci penso io, non preoccuparti”. Uscì dalla fila e passò la testa sotto il braccio dell’amico, sollevandolo senza apparente fatica. Robert continuò a dormire beatamente anche quando Megan si alzò dal proprio posto, lasciando che Richard lo facesse sedere al fianco di Nicky. La ragazza rise nel vederlo dormire a bocca aperta, poi il compagno la fece accomodare sul sedile accanto all’oblò. “Grazie” sussurrò con un filo di voce, per non disturbare i ragazzi davanti e dietro di loro, “Figurati, è un piacere” sorrise lui. “Sono contenta che tu sia sveglio, così posso parlare con qualcuno” ammise la compagna divertita “Altrimenti mi sarebbe toccato prendere uno dei miei libri per passare il tempo”. “Hai portato dei libri?” chiese il giovane, inarcando un sopracciglio, “Sì, lo trovi così strano?” domandò lei, “No! Al contrario! Non credevo che avessimo tanto in comune”. Un sorriso gli incurvò le labbra “Anch’io ho un paio di libri con me. È il modo migliore per combattere la noia, quando non si può parlare con nessuno”. Quella frase le riportò la mente alle sue conversazioni con il <<Viaggiatore solitario>>, che poi altri non era che Richard.
“Non ti ho più trovato su MSN, Viaggiatore. Ti sei per caso dato alla macchia?” chiese la giovane pungente. Lui scoppiò a ridere e tentò di soffocare il rumore, coprendosi la bocca con un pugno. Quando riuscì a calmarsi, chiese divertito “Ancora te lo ricordi?”, “Io ho una buona memoria, te ne sei scordato?” ribatté l’amica. “Hai ragione. Devo ammettere che mi sono divertito un sacco in quel periodo” mormorò il ragazzo. Lei storse la bocca in una smorfia seccata, “Già, me ne se sono accorta anch’io” borbottò ironica. “Mi ha fatto piacere scoprire cosa pensavi di me e sarei curioso di sapere se hai cambiato idea” disse il giovane. Megan inclinò la testa in un lato e lo squadrò a lungo prima di dire “No, temo di no”. Per parlare aveva dovuto evitare accuratamente di incontrare i suoi occhi; ogni volta che incrociava il suo sguardo, si sentiva come ipnotizzata e finiva con il dire quello che pensava davvero. E non era proprio il caso di dirgli che ultimamente si sentiva strana accanto a lui, che sentiva migliaia di emozioni attraversarla se solo si sfioravano. Di sicuro, l’avrebbe presa per scema… “Né in bene, né in male?” chiese lui incuriosito, “Né in bene, né in male” ripeté la ragazza arrossendo. Richard trattenne a stento un altro attacco di risate “Neanche io ho cambiato idea sul tuo conto. Quando ti parlavo, ero sincero”. Nonostante i suoi sforzi, non riuscì a reprimere un sorriso quando la vide arrossire vistosamente a quelle parole. La giovane si sentì il cuore in gola nel sentirlo parlare in quel modo. Più di una volta, da quando le aveva detto di averla vista, le aveva fatto numerosi complimenti. L’aveva definita carina
“Beh” replicò, cercando di mantenere un tono di voce normale e distaccato “Anch’io ero sincera”, “Non ne dubito” ridacchiò il compagno, vedendola così imbarazzata. In quel momento, un’assistente di volo prese il microfono e disse “Allacciatevi le cinture, l’aereo sta per partire”. I due ragazzi si guardarono in faccia e fecero un cenno d’intesa. Si alzarono ed allacciarono le cinture a Robert e Nicky, ormai profondamente addormentati. Per Megan fu più difficile, perché dovette passare oltre il ragazzo per raggiungere l’amica. Poi tornarono ai propri posti e fecero quanto richiesto dall’hostess. La giovane si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo quando sentì il click della sicura e appoggiò la testa sullo schienale. “Ti avverto, quando l’aereo parte o atterra, si balla un po’. Quindi non spaventarti” le disse Richard, “Grazie di avermelo detto” mormorò lei. La voce le si era spezzata alla fine della frase, facendogli intuire il suo nervosismo. Il ragazzo le strinse la mano e disse “Vuoi sentire un po’ di musica? Così puoi calmarti”. La vide annuire appena e prendere l’auricolare che le porgeva. Quando sentì la canzone, chiese “Ti piace ascoltare anche Robbie Williams?”, “Sì, perché?” chiese il compagno. “Mi piace molto come canta. Non credevo che avessimo in comune anche la passione per la musica” ammise la ragazza. Inarcò un sopracciglio quando il compagno le porse una gomma da masticare, dicendo “Mentre saliamo, potresti sentire un po’ di fastidio alle orecchie. Con questa, risolvi il problema”. La giovane lo ringraziò con un sorriso “Non lo sapevo. Devi aver preso l’aereo piuttosto spesso, per sapere tutte queste cose”. Lui sorrise “In effetti”, poi chiuse gli occhi, rilassandosi tra quelle note dolci e lente, per ignorare gli scossoni della partenza, ma, non appena la compagna lo scosse dolcemente, aprì gli occhi e si voltò verso di lei. “Guarda!” gli sussurrò Megan, indicando l’oblò, “Siamo in mezzo alle nuvole!”. In effetti, erano in mezzo ad un banco di nuvole soffici e bianche, attraverso le quali si riusciva ancora a vedere la città, nonostante il buio. “Da qui non si vede quasi niente. Tendo sempre a dimenticarmi quanto saliamo in alto” mormorò Richard. Poi indicò la distesa di case minuscole e microscopici giardini che si estendeva sotto di loro, illuminata appena dai lampioni. Sembrava una città delle bambole. “Già! Peccato, speravo tanto di riuscire a vedere casa mia” esclamò lei, un po’ delusa. “Speravi di vedere i tuoi familiari?” chiese il ragazzo, “No, però almeno la casa” spiegò la giovane con una smorfia. Il suo compagno scoppiò a ridere alla sua espressione, coinvolgendola nella sua improvvisa allegria. Risero entrambi, poi la ragazza si appoggiò nuovamente allo schienale del sedile e chiuse docilmente gli occhi, ascoltando le canzoni di Robbie Williams. Il giovane si soffermò a guardarla, restando incantato da quello che vedeva; era semplicemente bellissima. La fronte liscia non era coperta che da qualche ciocca ribelle, sfuggita alla coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli. Seguì il profilo delicato del naso e delle labbra, così morbide ed invitanti, fino alla dolce curva della gola, che spariva nella felpa rosa che indossava. Di tanto in tanto, la vedeva aprire gli occhi ed osservare fuori. Sorrise, vedendo il suo volto sprizzare gioia pura quando avvistarono l’oceano Atlantico e la costa statunitense, che spariva all’orizzonte e si fondeva con il mare, mentre il sole iniziava ad illuminare l’oceano, tingendolo di mille colori. Si divertirono ad osservare le varie forme delle nubi che apparivano davanti a loro, in tutte le tonalità di bianco possibile, cercando di dare un nome alle figure che formavano. Quando lei richiudeva gli occhi, Richard la guardava con più attenzione, approfittando di quei piccoli, dolci momenti. Una decina di minuti dopo, sentì il suo respiro farsi più regolare e si accorse che Megan si era addormentata a metà del viaggio. Rise piano, per non svegliarla, e le sfiorò delicatamente una guancia: era morbida e calda e, al suo contatto, lei si mosse. Il ragazzo la osservò stupito, mentre la giovane appoggiava la testa sulla sua spalla e sorrideva. Chissà cosa stava sognando in quel momento…
La guardò con dolcezza e le cinse le spalle con un braccio, assaporando quel momento così dolce e meraviglioso. Osservando il suo viso così delicato e magnetico, il suo sorriso si allargò quando la ragazza si mosse di nuovo e la sua piccola mano color miele s’intrecciò alla sua. Sarebbe potuto rimanere così per sempre, senza desiderare che il tempo continuasse il suo corso…
Quando avvistò le coste dell’Italia oltre le nubi candide, ritirò a malincuore il braccio e la scosse appena. La vide aprire gli occhi e sbattere più volte le palpebre per schiarirsi la vista. Megan si risollevò sul sedile e chiese “Siamo arrivati?”, poi borbottò “Mi sono addormentata come una scema e non ho visto l’Italia dall’alto!”. “Veramente le coste italiane sono ora in vista” la informò Richard con un sorriso. Aveva fatto bene a svegliarla in quel momento, lo capì dal sorriso che le fiorì sulle labbra. “Grazie di avermi svegliato. Non volevo perdermi lo spettacolo” disse lei sorridendogli, per poi osservare la costa delinearsi sempre meglio all’orizzonte. Lo guardò entusiasta ed aggiunse “È meraviglioso, non trovi?”, “Puoi giurarci” rispose lui, chiedendosi per un attimo se si stesse riferendo al paesaggio oppure al suo volto.
 
L’aereo atterrò dieci minuti dopo all’aereoporto di Fiumicino, a Roma, e tutti i ragazzi, che durante il viaggio si erano addormentati, furono svegliati dai piccoli, ma onnipresenti sobbalzi del carrello sulla pista d’atterraggio. Nicky e Robert rimasero stupiti nel trovarsi l’uno accanto all’altra, per di più con le cinture allacciate. Rimasero ancora più sconcertati quando videro Richard e Megan, dietro di loro, ridere delle loro facce stupite. Tutti presero velocemente le loro cose e scesero dal camion-scala, che intanto si era avvicinato all’aereo. Gli insegnanti li fecero radunare intorno all’uscita e si assicurarono che tutti fossero scesi. L’eccitazione dei ragazzi era tangibile nell’aria e non fu facile raggrupparli. Alla fine, li condussero verso il deposito-bagagli, dove ognuno prese le proprie valigie dal nastro trasportatore, e li condussero fuori dalla struttura dell’aereoporto. I ragazzi rimasero momentaneamente abbagliati dalla luce del sole e rimasero stupiti nel vedere il fermento delle strade intorno a loro. Erano finalmente arrivati in Italia. 


Fatto, e anke questa è andato. vi kiederete xké ho impiegato un intero cappy sl per un volo in aereo, ma nn saprei cosa dire. la parole mi sn venute così... Adesso ke sn arrivati, si prennuncia una gita cn i fiocchi! ne succederanno delle belle! bacioni a tutte! bye bye!

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Capitolo 14
*** Pegni e passeggiate ***


Buh! la rompiscatole x eccellenza è tornata dall'Oltretomba x tormentarvi! no, dai,.. Sto skerzando! ^_^ Sn qui sl per postare un nuovo cappy, dato ke nn so quando potrò postarne altri... impegni vari, scusatemi. allora nn so cm ringraziare tt coloro che leggono e recensiscono questa FF, ragazze riskio di morire di gioia! grazie, grazie!
vi divertirete cn il cappy! Allora, i nostri amici sn ormai in Italia e qui iniziano parecchie avventure!  vi divertiretre   

14-Pegni e passeggiate
 

Tutte le classi dell’ultimo anno si riunirono attorno ad un uomo in divisa azzurra, che li osservava sorridendo. Quando fu sicuro che ci fossero tutti, esclamò in inglese “Benvenuti a Roma, la città più famosa d’Italia. Io sono Giovanni e sarò la vostra giuda in questa città vecchia di duemila anni”. Tutti i ragazzi sorrisero e Megan approfittò della situazione per fotografare la zona circostante. Era così piena di vita che la lasciò senza fiato. La guida li condusse su un pullman, che partì alla volta del centro di Roma. Megan si appoggiò al finestrino, osservando affascinata le strade che le sfrecciavano davanti e lanciò un piccolo grido di sorpresa quando avvistò il simbolo della città stessa: il Colosseo. Il pullman si fermò in un parcheggio poco distante e Giovanni li fece scendere per far ammirare alla scolaresca la più famosa costruzione dei Romani. Ci fu una serie infinita di flash e scatti di macchine fotografiche, che immortalavano il grande complesso architettonico da varie angolazioni. Un viale di cipressi fiancheggiava i lati di un lungo viale che conduceva ad una grande struttura seminascosta tra gli alberi. “Da qui si va alla Domus Aurea” spiegò la guida “Era l’antica casa dell’imperatore Nerone e si diceva che dovesse arrivare fino ad un piccolo paese campano: Pontepersica”. “Fin laggiù?!?” chiese incredulo Richard, “Perché? Conosci la zona?” chiese la guida, incuriosita. “Mio nonno abita vicino Napoli e spesso mi ha portato in giro per i vari paesi della zona” spiegò il ragazzo. “Accidenti, è bello vedere che l’Italia è un po’ ovunque” commentò Giovanni con un sorriso. Precedendoli lungo il viale, disse “Ora entreremo a gruppi nella Domus Aurea, ma vi avverto: dovrete indossare degli elmetti protettivi perchè è in fase di ristrutturazione”. Jennifer mugugnò “Ma così mi rovinerò i capelli!”, “Sai che tragedia!” disse Nicky, alzando gli occhi al cielo. “Per una volta non ti accadrà niente, Jennifer. Sta’ tranquilla!” le sussurrò Allison, cercando di tranquillizzare l’amica. I ragazzi seguirono il viale per un centinaio di metri, poi davanti a loro apparve l’antica dimora di Nerone. L’ingresso non era molto ampio, ma piuttosto alto e tutt’intorno si scorgevano tracce di mattoni, nascosti tra le rose rampicanti. “Wow!” esclamarono Dalia e Crystal, scattando foto alla struttura, “Avete visto che bello?”. “Quelle rose sono stupende!” disse Miriam, avvicinandosi per sfiorarne una. “Ragazzi, vi devo avvisare che le foto ed i video non sono permessi all’interno della Domus Aurea, perché rischiereste di rovinare i reperti” disse Giovanni e dai ragazzi si levarono diversi lamenti. “Vi dividerete in gruppi-classe ed entrerete tutti entro le 14.30. Non temete c’è tempo per tutti” li rassicurò la professoressa con un sorriso. Megan si sedette su un masso che sporgeva dalla strada “Allora dovremo aspettare un po’, non vi pare? Fortuna che non siamo nella H…”. Le altre la raggiunsero all’ombra degli alberi che costeggiavano il viale, per sfuggire al sole cocente. “Accidenti, fa davvero caldo!” disse Wendy, sfilandosi la felpa, “Già, scommetto che l’unica che non soffre il caldo è la nostra Meg. Lei viene dal Messico!” borbottò Susan. “In realtà, anch’io sento caldo, non mi aspettavo queste temperature” rispose la loro amica. “Che posto, eh?” mormorò Crystal, “Semplicemente fantastico” fu il commento della sorella. “Allora, Susan. Il viaggio è stato piacevole?” la stuzzicò Wendy, “Molto. Ma non sono l’unica a cui dovresti chiederlo…” rispose l’amica, guardando Megan con un sorrisetto malizioso. “Susan ha ragione. Sbaglio o la nostra Meg ha viaggiato accanto a Richard?” rise Nicky “Io ero accanto a lei e mi sono ritrovata con Robert, mentre lei e Richard ridevano dietro di noi”. “Ti eri addormentata” spiegò la giovane “e dato che anche Robert era nel mondo dei sogni, io e Richard abbiamo pensato di spostarlo per parlare un po’. Ti sembra così strano?”. “No” spiegò la compagna con un sorriso “È il fatto che tu ti sia seduta accanto a Richard che m’incuriosisce”. Lei arrossì e borbottò “Ora non posso neanche parlargli, scusa?”. “Non è questo” rispose l’amica “Prima avete ballato insieme alla sua festa, ora passate tutto il viaggio chiacchierando…”. “La cosa è un po’ strana, non trovi?” aggiunse Susan, “Hai un debole per lui, ammettilo!” esclamò Miriam con un risolino. “Siete totalmente fuori strada” rispose Megan “Navigate in alto mare. Anzi, acque abissali, direi”. Le sue amiche risero e Dalia sussurrò alla sorella “Io non credo proprio! Anzi siamo molto vicine alla verità!”, “Ne sono certa” confermò Crystal.
 
Passarono due ore, prima che fosse il loro turno di entrare nel famoso edificio. Tutti i ragazzi entrarono in silenzio ed indossarono gli elmetti protettivi senza fiatare; quel posto metteva addosso una certa soggezione. Jennifer si strinse al braccio di Richard, dicendo “Richie! Non lasciarmi da sola. Ho paura del buio!”. Lui sospirò contrariato e Karl fece una smorfia comprensiva Poveretto, adesso quella piovra non lo mollerà più. Scosse la testa e si affiancò a Susan, che gli strinse la mano con un sorriso allegro sulle labbra. “Oh, mio Dio! Ha paura del buio a diciassette anni?” borbottò Crystal “Ma quando si deciderà a crescere?!”. “Lasciala perdere” brontolò Megan, sistemandosi l’elmetto protettivo. Quando Jennifer si era stretta al braccio di Richard, aveva provato una strana e fastidiosa fitta, ma non sapeva spiegare neanche a se stessa cosa fosse. Si strinse nella spalle, limitandosi a distogliere lo sguardo ed ad ignorarli. La guida mostrò loro tutti meandri della Domus Aurea che erano riusciti a liberare e tutte le bellezze e gli affreschi tornati alla luce, come il ninfeo dell’imperatore. Il complesso era piuttosto buio, ma la ragazza non ne fu affatto intimorita, anche se avrebbe voluto stringere la mano a qualcuno per sentirsi più sicura. Provò di nuovo quella strana fitta, quando sentì Jennifer parlare con Richard e si ricordò che lei si teneva stretta al suo braccio. Rimase sbigottita quando si accorse di cosa si trattava: era gelosa! Possibile? Lei gelosa di Jennifer?! Si rassicurò, pensando che quella sensazione irrazionale fosse causata dal buio e dalla situazione. Più che l’oscurità, infatti, la spaventavano i pipistrelli che vi si potevano nascondere… Odiava quegli animali, anche più di Jennifer. Non poté trattenere una smorfia di comprensione nei confronti del ragazzo, quando lo sentì borbottare “Jennifer, ti dispiace lasciarmi il braccio? Non mi circola più il sangue!”.
 
Quando i ragazzi della IV D tornarono alla luce del sole, rimasero abbagliati per qualche minuto, mentre gli occhi si riabituavano alla forte luce solare. Nicky e le altre tornarono all’ombra degli alberi accanto al viale, ma questa volta furono raggiunte anche da alcuni ragazzi. “Dannazione!” brontolò Walter “Ora chi si ricorderà tutte queste cose, senza foto né video?”. “Noi te l’avevamo detto di mangiare più pesce” gli rammentarono Karl ed Eric, ridendo. “Bah! Meglio un pranzo intero a base di pesce marcio, piuttosto che avere Jennifer attaccata addosso come una vongola!” si lamentò Richard, arrotolando la manica della T-shirt per esaminare il braccio a cui si era attaccata la ragazza. “Mamma mia!” esclamò Jonathan “È peggio di un polipo!”, “Non lo dire a me. Non mi sentivo più il braccio già a metà percorso!” brontolò l’amico. I ragazzi aspettarono pazientemente che anche tutte le altre classi avessero visitato la Domus Aurea e poi si diressero verso la zona più alta del viale per consumare la loro colazione al sacco. Nel pomeriggio, attraversarono la grande città di Roma in lungo ed in largo, ammirandone tutte le meraviglie. Visitarono alcune chiese famose, osservarono tutte le numerose statue degli imperatori che costeggiavano la strada principale per il Colosseo ed entrarono nel grande anfiteatro, simbolo di Roma. All’interno, era a dir poco enorme e le grandi scalinate salivano fino a un’altezza vertiginosa. Enormi resti di statue occupavano le nicchie delle grandi mura, una volta bianche come la spuma. La sabbia sul fondo dell’arena, su cui stavano camminando, sembrava ricordare loro che, in quello stesso luogo, erano avvenuti cruenti combattimenti tra gladiatori e belve, per divertire il pubblico. Megan sentì brividi gelidi scuoterle la schiena, quando pensò a tutto il sangue che quella sabbia aveva assorbito nel corso dei secoli e ne sentiva quasi l’odore. Si rassicurò, pensando che era tutta suggestione causata dalla maestosità del monumento. Scosse il capo e si sforzò di continuare ad ascoltare Giovanni, mentre spiegava come i Romani si difendessero dai raggi del sole con enormi tendoni quando assistevano agli spettacoli. Poco dopo, andarono verso un altro simbolo di Roma: la fontana di Trevi. Molte ragazze lanciarono gridolini stupiti quando ammirarono tutte le statue ed i bellissimi giochi d’acqua e si diressero subito verso il bordo della fontana. Wendy rise quando colpì Miriam con uno spruzzo d’acqua e Nicky iniziò a nascondersi tra le amiche per evitare la stessa sorte. Alla fine, tutte si rinfrescarono il volto e le braccia, prima di sedersi sul bordo della grande vasca. “Qui ci vuole una bella foto di gruppo!” esclamò Susan, attirando i consensi di tutte le altre. Karl si offrì volontario e scattò due foto al gruppo di ragazze sorridenti, poi Dalia ne fece una a lui e Susan e quasi costrinse Jonathan ed altri ragazzi a sedersi per farsene una accanto all’amico. “Così non ti sentirai solo” lo prese in giro Miriam, “Grazie” sorrise il giovane “Molto gentile da parte vostra”. Mentre le ragazze ridevano, Richard osservava Megan con la coda dell’occhio. Non poteva andare verso di loro perché Jennifer gli si era di nuovo attaccata al braccio e lo seguiva ovunque. Per fortuna, dopo pochi minuti riuscì a liberarsi di lei con una scusa e si diresse verso Crystal e le altre. “Sapete che se lanciate una moneta nella fontana, potrete esprimere un desiderio?” disse con aria misteriosa. “Davvero?” chiese Susan, “Sì, ma la devi lanciare dando le spalle alla fontana” spiegò il compagno. Si appoggiò al muretto dietro di sé ed aggiunse “Se ci riesci, potrai esprimere il tuo desiderio. Si dice anche che tornerai presto a Roma, se riesci a fare centro”. “La fontana è piuttosto grande” mormorò Dalia “Non dev’essere poi così difficile”. Wendy lo fece subito e, mentre lanciava la moneta, chiuse gli occhi e sul volto apparve un sorriso beato, tipico di chi sogna. Poi toccò a Miriam e anche Megan volle provare. Si voltò verso Richard e lanciò la moneta, sorridendo. Il suo viso s’illuminò, quando sentì il rumore della moneta contro l’acqua e capì di esserci riuscita. “Cos’hai desiderato?” chiese Susan curiosa, “Non posso dirtelo, altrimenti non si avvera più” mormorò l’amica, scusandosi con lo sguardo. “Vabbé, me lo dirai quando si avvererà” disse lei con un sorriso, “Puoi scommetterci!” le assicurò l’altra. La professoressa guidò poi la classe al Phanteon, una grande costruzione nella quale si trovavano le tombe di grandi poeti e re italiani. I ragazzi rimasero a bocca aperta quando videro che, in cima all’immensa cupola, si apriva un foro circolare, da cui entrava la luce del sole. Giovanni spiegò loro anche la storia di quell’edificio così particolare, che risaliva addirittura alla Roma imperiale, e raccontò le storie di tutti i grandi personaggi, le cui tombe si trovavano nell’immensa cupola. Al termine della visita al Pantheon, le classi si diressero verso il Quirinale, il palazzo in cui viveva la massima autorità della repubblica italiana, ed assistettero estasiati davanti alla cerimonia del cambio della guardia. “Siete stati molto fortunati” commentò il professor Smith “Questo cambio avviene solo una volta al giorno ed è difficile essere presenti al momento giusto”.
Erano circa le 17.45, quando la signorina Winkest diede loro il permesso di un quarto d’ora di shopping per le strade di Roma. Nicky trascinò le sue amiche in tutti i negozi che in quel momento promettevano sconti interessanti su tutta la merce. Megan rimase indecisa davanti ad una maglia azzurra, con la scritta “I LOVE ROME” e si decise a provarla solo dopo diverse insistenze da parte delle sue amiche. “Ti sta benissimo! Non sapevo che l’azzurro ti donasse tanto” disse Crystal, squadrandola da capo a piedi. “Davvero! Non ti sto prendendo in giro!” replicò allo sguardo dell’amica, che sorrise di colpo. I giri sembravano non avere fine, ma la ragazza si stava divertendo come mai in vita sua. Quando mancavano solo cinque minuti allo scadere del permesso, la giovane scorse un negozio totalmente dedicato alla Disney. Qui potrei trovare anche un regalo per Ines! pensò felice e si addentrò tra gli scaffali, pieni di pupazzi e bambole colorati. Rimase indecisa per un lungo istante tra una bambola di Trilly, la fatina, e una di Ariel, la sirenetta. Erano i personaggi preferiti della sorellina e proprio non sapeva quale scegliere. Alla fine, optò per Ariel, pagò il regalo e si catapultò fuori, consapevole di dover fare in fretta. Iniziò a correre verso il punto stabilito per il rientro e poco ci mancava che inciampasse, finendo contro un palo della luce. Due braccia, forti e sicure, le impedirono di sbattere la testa contro il lampione, trattenendola per la vita. “Dovresti stare più attenta a dove cammini. Rischi di farti un bel bernoccolo!” le disse Richard, ridendo. “Grazie dell’aiuto” rispose Megan arrossendo “Andavo un po’ troppo di fretta”. “Me ne sono accorto” rise lui, guidandola verso il gruppo di ragazzi che già si era formato nella piazza. I pullman si sarebbero diretti sull’autostrada e da lì sarebbero partiti alla volta di Padova. I ragazzi della IV D salirono a bordo e il mezzo partì verso l’autostrada, in direzione nord. Avrebbero poi preso un traghetto che li avrebbe condotti a Venezia, una delle città più magiche d’Italia.
 
Fortunatamente, il viaggio fu di breve durata, date le distanze, e ben presto la città di Padova fu all’orizzonte. I ragazzi si sbrigarono a scendere dai pullman per poter raggiungere un piccolo molo, da dove avrebbero raggiunto finalmente Venezia. I professori avevano scelto un viaggio un po’ più movimentato, per permettere agli studenti di ammirare le bellezze che avevano davanti. Erano ormai le 22.25 quando la scolaresca arrivò a Padova e da lì presero un traghetto che li avrebbe condotti a Venezia attraverso il  pittoresco canale di Branno.
Dopo una decina di minuti di viaggio, i ragazzi avvistarono la città sulla laguna: Venezia era all’orizzonte! Parecchi ragazzi provarono a fotografare la meravigliosa città, ma non c’era abbastanza luce e così dovettero rinunciare. Una volta attraccati, scesero velocemente dal traghetto e si diressero verso il centro storico di Venezia, la strada più breve per raggiungere l’albergo. Un improvviso stormire di ali attirò la loro attenzione e Jennifer si abbassò di colpo quando un piccione le sfiorò la testa, durante una planata. La classe scoppiò in una risata generale e Nicky si rammaricò che quel piccione non avesse lasciato un bel ricordino a Jennifer. “Sarebbe stato il massimo” sussurrò, “Non si può avere tutto dalla vita” sorrise Dalia “Ma sarebbe stato bello”. “Forse no” disse Wendy “Avremmo rischiato di rimanere sorde!”, “O di svegliare i veneziani che dormono” commentò Miriam, fissando alcune finestre buie.
L’albergo, in cui avrebbero trascorso i seguenti tre giorni, era carino e confortevole e le stanze erano abbastanza ampie da poter tranquillamente ospitare quattro persone. All’entrata, furono calorosamente accolti dal direttore dell’albergo, che rimase a parlare con gli insegnanti, informandoli sui vari orari dell’hotel. Dopo che il direttore ebbe augurato loro un felice soggiorno, i ragazzi si diressero verso le stanze assegnate ed iniziarono a sistemare i bagagli, prima di scendere nella sala ristorante per cenare. Megan approfittò di quel breve lasso di tempo per telefonare ai genitori e rassicurarli sul viaggio. Fortuna che avevano attivato una tariffa di risparmio per le telefonate internazionali! Fu suo padre a rispondere e la ragazza si tuffò in un breve, ma entusiasmante racconto della loro prima giornata in Italia. Si fermava solo per riprendere fiato e sentiva Miguel ridere, dato che suo padre aveva attivato il vivavoce. Li salutò con affetto e disse che si sarebbe fatta risentire la sera dopo, appena avrebbe avuto tempo. Suo padre ridacchiò e le chiese solo di non telefonare prima delle 13.30 americane, perché sarebbe stato a lavoro. Lei rise quando interruppe la chiamata, che aveva rassicurato non poco la sorellina, e si diresse verso la sala ristorante con le amiche. La cena fu semplicemente deliziosa e fu all’insegna dell’allegria e del buonumore. All’improvviso, Susan diede una lieve gomitata a Dalia “Qui c’è anche una discoteca! Che ne dici se ci andiamo tutte insieme?”. “Ottima idea, ma non stasera. Sono troppo stanca per il viaggio” rispose l’amica, trattenendo uno sbadiglio. “Magari domani! Così saremo più fresche e riposate” disse Wendy, passandosi una mano sugli occhi “Mi sento davvero a pezzi…”. “Fortuna che mi sono portata dietro qualcosa di elegante!” aggiunse Crystal, “Altrimenti che figura avremmo fatto?” disse Miriam con foga. “Ok, ma ora calmiamoci e andiamo a riposarci. Domani la sveglia è alle 6.00” disse Nicky, trattenendo a sua volta uno sbadiglio. Chissà perché la prima sera è sempre la più pesante si chiese Megan, mentre tornavano nella stanza 222, dove avrebbe dormito con Susan e Nicky. Si sentiva davvero a pezzi, ma, prima di andare a dormire, si concesse una doccia calda per rilassarsi. Poi le ragazze si spartirono i tre letti singoli e la giovane messicana si sistemò in quello accanto alla grande porta-finestra che dava sul cortile interno dell’hotel e sulla piscina che si trovava al centro di esso. Rimase a guardare come la luna si specchiasse sull’acqua azzurra e come donasse tonalità argentate a tutto ciò che incontravano i suoi raggi. Alla fine, si rannicchiò sotto le morbide coperte e scivolò dolcemente nel sonno, senza sapere che Richard la stava pensando.
Il ragazzo si era steso sul letto più distante dalla porta e stava osservando il paesaggio circostante, mentre la sua mente vagava sulla compagna di classe che tanto l’aveva colpito. Chissà se si è accorta di quello che penso di lei si chiese pensieroso. Si ricordò improvvisamente che, quello stesso giorno, lei gli aveva appoggiato il capo sulla spalla mentre dormiva e gli aveva stretto la mano e che, solo poche ore prima, lui l’aveva stretta tra le braccia, per evitare che si facesse male. Sospirò e sorrise, pensando che gli sarebbe piaciuto poterla stringere così, senza un motivo, solo per averla accanto, ma sapeva che al momento era impossibile. Karl si accorse del suo stato d’animo e lo aiutò a rilassarsi, dicendogli di avere pazienza e continuare a tener duro. Poi entrambi risero al pensiero del direttore, così impacciato e nervoso da non riuscire ad azzeccare le parole giuste. Richard si avvolse nelle coperte e si addormentò serenamente, pensando alla ragazza che, dopo tutto quel tempo passato a soffrire, gli aveva toccato il cuore.
 
Il giorno seguente, la classe si riunì per dirigersi a Sirmione, una piccola penisola sulla sponda meridionale del lago di Garda, il più grande d’Italia. La cittadina era molto pittoresca e piena di graziosi negozietti, che furono letteralmente presi d’assalto dalle ragazze, in cerca di souvenir da riportare a casa. Un grande castello troneggiava sul lago e la IV D seguì l’insegnante all’interno per scoprirne la storia. Susan si fece immortalare davanti ad un quadro particolarmente grande, che raffigurava la dama che aveva abitato in quel castello secoli prima. Le amiche risero, mentre Karl scattava la foto e Crystal disse “Sue, perché non ti fai prestare uno di quei vestiti? Magari ti prenderebbero a palazzo come dama di corte!”. Nel pomeriggio, le classi affittarono delle barche, che li portarono sulle placide acque del lago. Megan si guardò intorno, ma per quanto aguzzasse la vista, non riusciva a scorgere la riva opposta alla loro. “Il lago è troppo grande, perché si possa vedere l’altra parte” spiegò la guida “ma le sorprese non mancano di certo”. Pochi istanti dopo, i ragazzi lanciarono esclamazioni di sorpresa: un piccolo stormo di cigni era apparso all’orizzonte, volteggiando sull’acqua. Nicky riuscì ad inquadrarne alcuni, sorridendo raggiante alla amiche, “Questa foto la incornicerò nella mia camera!”. “Sono meravigliosi!” esclamò Wendy, sporgendosi appena per osservarli meglio. “Non dimentichiamoci la loro eleganza!” aggiunse Miriam, “E in più sono fedeli” mormorò Dalia con un sorriso. Agli sguardi incuriositi delle amiche, spiegò “Sono tra i pochi animali, che quando formano una coppia, rimangono insieme per sempre”. “Wow!” sussurrò Miriam “È una cosa romanticissima!”, “Già” aggiunse Megan, osservandoli sognante. Alla fine del giro in barca, i ragazzi si diressero verso i pullman che li avrebbero riportati all’albergo e tutti si rilassarono, parlando delle bellezze che avevano visto quel giorno. 
Il viaggio fu breve e, dopo cena, le ragazze si riunirono tutte nella stanza di Dalia, Crystal, Miriam e Wendy per chiacchierare tra loro. “Che giornata, eh ragazze?” mugugnò Dalia, massaggiandosi la pianta di un piede. “Abbiamo camminato tantissimo!” aggiunse Wendy “Non credevo che in Italia ci fossero tutte queste stradine così pittoresche!”. “La cittadina era bellissima” annuì Crystal “Anzi, era davvero meravigliosa!”. “Ammetto che non immaginavo che avesse così tanti negozi!” borbottò Nicky “Però è stato davvero bello poter camminare per quei viali pieni di posti alla moda”. “Allora, cosa vogliamo fare stasera?” chiese Susan, riportando le compagne al presente. Tra lo stupore generale, Miriam tirò fuori una bottiglia piena di sassolini e disse “Che ne dite del gioco della bottiglia?”. “Che idea grandiosa!” esclamò Crystal entusiasta “Adoro questo gioco!”. “Sbaglio o è quel gioco a cui devi dire sempre la verità?” chiese Megan, osservando la bottiglia. “Esatto” bisbigliò la sua amica, con un’aria per nulla rassicurante “Non è permesso mentire in questo gioco”. La ragazza deglutì a fatica e, sotto il tenue colorito dorato del suo volto, impallidì. La luna piena, fuori la stanza, la faceva sembrare ancora più bianca di quanto non fosse diventata. Che cosa avevano intenzione di chiederle, nel caso la bottiglia avesse puntato verso di lei? Sicuramente le avrebbero chiesto di Richard e di quello che provava nei suoi confronti, ma neanche lei sapeva quali sentimenti le scatenasse dentro quel ragazzo! “Ok” riuscì a mormorare con un filo di voce “Andiamo”, “Così ti voglio!” esclamò Wendy “Incurante dei pericoli e dei trabocchetti che potranno profilarsi all’orizzonte!”. “Vai così, sorella!” disse Nicky, dandole un’amichevole pacca sulle spalle. Susan fece girare la bottiglia, che, dopo diversi giri, puntò Dalia. “Ok. Giudizio, verità o pegno?” le chiese, “Giudizio” rispose la ragazza, scuotendo i ricci biondo cenere. L’amica ci rifletté per un attimo e chiese “Che voto dai ad Oliver e quale a Jack?”, “Direi un 6- ed un 8 e 1/2”. Tra le ragazze scoppiarono dei risolini acuti e Crystal diede una pacca alla sorella “Sei incredibile!”. Poi fu la volta di Crystal far ruotare la bottiglia, che stavolta puntò Susan. Senza aspettare la domanda, disse “Verità”. Miriam sorrise e chiese “Da quando ti piace Karl e come ti sei sentita quando ti ha chiesto di uscire con lui”. “Mi è sempre piaciuto, fin dal primo anno” ammise la giovane “Quando mi ha chiesto di uscire con lui mi sono sentita…”. Scosse le spalle, cercando le parole giuste, ma non era facile “Così felice che non potete immaginarvelo!”.
William appoggiò ancora di più l’orecchio al bicchiere, posto contro la parete, per ascoltare meglio, e dovette trattenere una risata per impedire alle ragazze di sentirlo. Fece un cenno agli altri compagni di stanza e bisbigliò “Ragazzi! Venite a sentire! Le nostre vicine stanno facendo il gioco della bottiglia!”, “Davvero?” chiese il fratello. Will si portò un dito alle labbra, facendogli cenno di tacere, e Jack, Karl e Richard, armatisi di bicchieri, si misero in ascolto. Karl trattenne a stento un sorriso imbarazzato quando sentì la voce di Susan ed i suoi commenti su di lui. “Ci scommetto!” ridacchiò Megan, nella stanza accanto “L’ho capito da come vi guardavate alla festa di Richard! Siete praticamente fatti l’uno per l’altra!”. “E poi tu la ricordi bene quella festa, non è vero?” la stuzzicò Nicky. Quando la compagna arrossì di colpo, tutte le altre si misero a ridere. “Mamma mia!” esclamò Wendy tra le risate “Megan! Sei diventata rossa come un pomodoro!”. “Se voi la smettesse di ridere in quel modo, forse eviterei di arrossire!” le rispose lei con una smorfia. Richard avrebbe dato chissà che cosa per poter saper che cosa aveva scatenato l’imbarazzo di Megan, ma si rassegnò a sperare di poterlo scoprire in seguito, magari con altre domande. Quando le ragazze si furono calmate, Nicky fece girare la bottiglia e questa puntò sulla compagna al suo fianco. “Verità, pegno o giudizio?” le chiese, con uno sguardo malizioso che non prometteva niente di buono. Megan deglutì rumorosamente e mormorò “P… pe… pegno”. Non aveva alcuna voglia di dire qualcosa su Richard, con la verità o il giudizio, e quella le era sembrata l’unica via d’uscita… Ma si accorse troppo tardi di aver fatto un madornale errore!
Le sue amiche si guardarono eccitate e Crystal disse “Vai alla porta di Richard e chiedigli se vuole fare una piccola passeggiata con te al chiaro di luna, accanto alla piscina!”. “Che cosa!?!” urlò l’amica sconvolta “Ma sei diventata matta!?! Io dovrei chiedergli se vuole fare una passeggiata con me?! Qui fuori?”. “Esatto!” esclamarono le compagne con un sorriso smagliante e Miriam ammiccò divertita. “Voi state scherzando! Non posso chiedergli una cosa del genere! E poi, non… non so  nemmeno qual è la… la sua stanza!” mormorò la ragazza. Le sue guance diventarono tizzoni ardenti al pensiero di stare sola con lui e sentì il cuore batterle con più forza. “Qualcos’altro, vi… vi prego. Qualunque… qualunque altra cosa!”, “Niente da fare!” disse Susan decisa “Non si può cambiare il pegno”. Lei sospirò rassegnata e si alzò a malincuore. Se almeno non avesse balbettato o non fosse stata così rossa in viso, forse sarebbe riuscita a convincere le amiche a cambiare idea! Ma perché dovevano cacciarla in situazioni così imbarazzanti? I ragazzi nella stanza accanto ridacchiarono, guardando il loro compagno ascoltare sbigottito il pegno toccato alla giovane, e cercarono di soffocare il rumore coprendosi la bocca con una mano. Karl rise ammirato e, dando una pacca all’amico, gli sussurrò “Vai, Ric! Questa è la tua occasione! Non lasciartela scappare!”. Anche William e Jack lo incoraggiarono, consapevoli dei sentimenti del loro compagno. Era stato davvero difficile capire il suo recente comportamento e la sua riottosità nel portare avanti la scommessa ed erano arrivati alla conclusione che si fosse innamorato sul serio. Era pazzesco pensare che era passata solo una mezzoretta da quando Richard aveva rinunciato alla scommessa davanti ai suoi compagni, lasciandoli senza parole e, mentalmente, Jack ripercorse gli eventi, senza riuscire a trattenersi dal sorridere.
 
Erano andati nella stanza condivisa da Walter, Oliver e Peter assieme a tutti gli altri e Richard aveva annunciato che doveva parlare di una cosa importante a tutti loro. Dopo aver fatto una fatica immane a sollevare Oliver dal letto e svegliarlo, il ragazzo disse “Ragazzi, io rinuncio alla scommessa che abbiamo fatto prima di Natale. Ho capito di non riuscire a farcela e quindi mi ritiro. Avete vinto voi”. Nella stanza calò un silenzio di tomba, poi Oliver, ormai totalmente sveglio, esclamò “Richard! Ma ti sei bevuto il cervello?”. “Non è da te ritirarti da una scommessa!” disse Eric sconvolto “Non ti sei mai ritirato da una scommessa!”. “Nessuna ragazza ti ha mai resistito! Nessuna! Non dirmi che Megan è diversa?!” urlò Alex. “Quella è in grado di resisterti?” mormorò sbigottito Martin, “Non è possibile!” disse Jonathan “Non credo alle mie orecchie!”. Il ragazzo si passò le dita tra i capelli, sospirando; era andata anche peggio di quello che si sarebbe aspettato… All’improvviso, Walter si alzò dal pavimento e disse “Richard, dato che ci hai lasciato così senza parole, perché non fai una magia e trasformi qualcosa di minuscolo in gigantesco?”. Incrociò le braccia sul petto e continuò “Ad esempio il tuo cervello o quel che ne è rimasto. Così potremmo vederlo”. Il diretto interessato sorrise malignamente e decise di metterlo a tacere con una buona risposta. Ultimamente gli dava decisamente sui nervi, forse perché anche lui stava mostrando un certo interessamento per Megan. Il solo pensiero gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Lo fissò negli occhi e rispose “Sì. Potrei anche farlo, ma… perché non ci provi tu a fare la stessa cosa?”. Il suo sorriso si allargò di colpo, mentre lanciava la frecciatina “Solo che nel tuo caso dovresti… beh… Diciamo che dovresti puntare decisamente più in basso!”. Dopodiche, uscì dalla stanza, tra le risate generali degli amici.
 
Jack si sbrigò a ritornare al presente e spinse l’amico verso la porta, dato che lui non riusciva a muovere i piedi, neanche gli fossero diventati di piombo. “Avanti, Ric! Muoviti!” disse Karl spingendolo, “Forza!” ansimò William “Dai! Muovi quei piedi!”. Ma il loro compagno non dava segno di riprendersi e guardava la parete con occhi vacui. In quel momento, la ragazza era davanti alla stanza 220, la stanza di Richard. Guardò Crystal con occhi imploranti e chiese “Devo proprio?”, “Sì! Devi farlo, è la regola!”. Lei sospirò e nella stanza dei ragazzi si udì un picchiare sommesso alla porta. Solo allora Richard si riscosse ed andò ad aprire. Con una mano sulla maniglia, guardò i suoi amici, che gli fecero segni d’incoraggiamento. Karl gli disse “Puoi farcela! Devi solo crederci!”, “Avanti, amico. Falle vedere chi sei!” esclamarono William e Jack. Lui respirò profondamente ed abbassò la maniglia, aprendo la porta. Vide Megan, rossa come non mai, che lo guardava con occhi imbarazzati e notò con la coda dell’occhio Crystal e le altre che sbirciavano dalla loro stanza. “Ciao, Megan” disse il ragazzo con voce un po’ tremula, si schiarì la gola e le chiese “Posso fare qualcosa per te?”. Lei abbassò lo sguardo, ancora più imbarazzata, e gli chiese “Posso parlarti un attimo?”. Anche la sua voce era flebile ed il giovane si dovette sforzare per riuscire a sentirla. Non l’aveva mai vista così e non poté fare a meno di sorridere: era così dolce e tenera… Nessuna ragazza era come lei. Annuì in risposta e la seguì fuori, nel cortile interno dell’hotel, ma, mentre camminavano, chiese “Come mai le tua amiche ridevano tanto prima? Stavate facendo un gioco?”. La vide serrare le labbra per evitare di rispondere e disse “Vabbé, non fa niente. Non sei costretta a dirmelo”. Quando furono nel cortile, Megan prese coraggio e gli chiese “Ti andrebbe di… di fare… una passe… una passeggiata con… m… me?”. Ma perché doveva balbettare in quel modo, accidenti! Richard sorrise e disse “Mi farebbe piacere”. La vide spalancare gli occhi ed arrossire ulteriormente. “Grazie” sussurrò la ragazza, ma trasalì quando lui le prese delicatamente la mano nella propria ed iniziò a camminare tra le aiuole in fiore. “Wow!” sussurrarono insieme Susan e Karl dai rispettivi balconi, poi sembrarono accorgersi l’uno dell’altra e risero. “Avete sentito tutto?” chiese la ragazza, “Sì” ammise il giovane “Siete delle grandi. Richard da solo non sarebbe mai riuscito a prendere l’iniziativa!”. “Neanche Megan, se per questo! Qualche volta non guasta gettare un po’ di legna nel fuoco, non ti pare?” ridacchiò lei, “Hai ragione, come sempre d’altronde”. Anche William e Jack si affacciarono al balcone, troppo incuriositi per restare in camera. “Ormai è andato. È partito” disse Will, “A me sembra un rimbambito” ridacchiò il fratello. Karl gli diede un lieve pugno e disse “Non dire sciocchezze. È semplicemente innamorato”.
Intanto, Megan sentiva il proprio cuore battere all’impazzata, come se fosse sul punto di uscirle dalla cassa toracica, e si portò istintivamente una mano sul petto. Richard la guardò preoccupato e chiese “Va tutto bene?”, “Sì, sta’ tranquillo”. Sorrisero alla luna piena, che li guardava dall’immensità del cielo stellato, e la ragazza lasciò andare un sospiro “A Mérida osservavo sempre le stelle con mio fratello o con José. Mi tranquillizzava”. Lui sentì la rabbia montargli in corpo non appena sentì il nome del ragazzo, ma riuscì a controllarsi abbastanza da non farsi notare da lei. L’ultima cosa che voleva era fare la figura del cretino geloso. Ma perché doveva nominarlo proprio in quel momento, mentre cercava di farle capire quanto fosse diventata importante per lui? “Peccato che tra poco riparta. Un mese al massimo” sospirò di nuovo la giovane “Era così tanto tempo che non lo vedevo”. Il ragazzo strinse la mano libera in un pugno e, controllando a stento il tono di voce, le disse “Mi dispiace che tu stia così male. Dovresti accettare meglio quella che ti riserva la vita e tanto poi lo rivedrai, no?”. Respirò a fondo, prima di guardarla di nuovo in volto “Sei contenta che il tuo ragazzo sia venuto a trovarti, dopo tutto questo tempo?”. Rimase immobile mentre la guardava, cercando di tenere a freno la rabbia che gli stava di nuovo ribollendo nelle vene. Restò di stucco quando la compagna si fermò di colpo e scoppiò a ridere fragorosamente, tenendosi le mani sulla pancia. “Richard… Richard McKallister” mormorò tra le risate “Davvero… davvero credevi che… che José… fosse il mio ragazzo?!?”. Il giovane le rivolse uno sguardo sbalordito “Scusa, non avevo capito che fosse qualcos’altro”. “José è mio cugino!” esclamò Megan “È il figlio maggiore di mio zio Alejandro, il fratello di mia madre!”. Oh, cavolo! pensò Richard Karl aveva ragione! Sono cugini!, poi si lasciò andare anche lui ad una risata liberatoria e mormorò “Questa è la peggior figura che ho mai fatto in tutta la mia vita!”. Si passò una mano nei capelli, imbarazzato, ma dentro si sentiva leggero come una piuma. Adesso che sapeva la verità, si sentiva davvero meglio. “Hai… hai davvero pensato che… che fosse il mio ragazzo?” chiese Megan, ancora scossa dalle risate. “Beh… il fatto che fosse un tuo parente non mi ha proprio sfiorato, a dire la verità” ammise il compagno “Sembravi così entusiasta di vederlo…”. “Mi sembra logico. È dal giorno del trasloco che non l’ho più visto!” spiegò lei con un sorriso. “Già a Mérida non ci vedevamo spesso, dato che lavora con il padre in un’officina. Per questo ero così contenta!” aggiunse, cercando di trattenere un’altra risata. “Beh, ti chiedo scusa se ho frainteso” disse il giovane, poi tacque di colpo, conscio di aver parlato troppo. “Ha anche lui la passione per le moto, non è vero?” chiese, nel tentativo di cambiare discorso. “Sì, fa moto cross da quando aveva tredici anni” disse la ragazza “Ma, di questo, te ne sarai accorto un po’ di tempo fa”. “In effetti, l’avevo sospettato” ammise Richard, sciogliendosi in un sorriso sollevato. Ora che sapeva la verità, José gli era decisamente più simpatico. Passeggiarono ancora un po’ accanto al bordo della piscina, per poi accomodarsi su di uno dei tanti lettini di plastica che costeggiavano la massa d’acqua, azzurro pallido sotto i raggi della luna. Il ragazzo la osservò parecchio mentre parlavano del più e del meno. La luna le donava delle tonalità meravigliose, la sua pelle aveva assunto il colore di una perla ed i suoi capelli, così morbidi e scuri, sembravano risplendere di luce propria. Gli sembrava di essere in una magia, tanto gli sembrava irreale, eppure così vera. Strinse i pugni, mentre si chiedeva come sarebbe stato stringerla a sé con la scusa di ripararla dal vento freddo che si stava alzando. Respirò lentamente, cercando di riprendere il controllo di sé. La fissò in volto e la ragazza sorrise, anche se il cuore le aveva dato una scossa quando i loro sguardi si erano incrociati. Le sue labbra sembravano attirarlo come una calamita e lui sentì il respiro accelerare al solo pensiero di baciarla. Si alzarono di colpo, quando sentirono i professori passare per i corridoi per assicurarsi che tutti ragazzi fossero nelle proprie stanze. “Muoviti, Richard! La professoressa è quasi arrivata qui!” esclamò Karl, richiamandolo alla realtà. “Accidenti” disse Megan, guardando l’orologio, “Sono le 23.56! Il coprifuoco scatta tra poco!”. Corsero verso la porta che dava sul corridoio, ma il giovane si bloccò di colpo e l’afferrò per un braccio. “No! Da questa parte! Altrimenti possono vederci!” disse, trascinandola verso i balconi. “Ma come pensi di salire?” chiese lei “È vero che siamo al piano terra, ma come pensi di fare?”. Richard non rispose e, quando furono sotto il balcone della compagna e vide le sue amiche affacciarsi, disse “Tornate dentro, presto!”. Poi sollevò la ragazza senza alcuno sforzo e l’aiutò a passare dall’altra parte. La giovane trattenne rumorosamente il fiato mentre l’aiutava a scalare il balcone, sentendo una scarica elettrica attraversarla. Quando poggiò i piedi sul pavimento del balcone, lasciò andare un sospiro di sollievo e si affacciò dalla piccola balaustra. “Grazie” iniziò a dire, ma poi si accorse che lui non arrivava facilmente al davanzale. “Richard, ma ora tu come farai?” chiese preoccupata, osservando la differenza tra lui e la ringhiera. “Non stare in ansia per me, me la caverò in qualche modo” disse il ragazzo con un sorriso. “Ci siamo noi, Ric! Sbrigati!” esclamarono Karl e William dal loro balcone, protendendosi verso l’amico, e l’aiutarono a salire nella stanza. Quando fu al sicuro, Richard si sporse verso il balcone della ragazza e disse “Ci vediamo domani. Sogni d’oro!”. Poi sparì all’interno, non appena l’insegnante bussò alla loro porta. Megan sorrise, mentre il cuore continuava a batterle forte, e sussurrò “Buona notte anche a te, Richard”.  


bene, è andata. ke ne dite? quei due cstanno procedendoa  passo di formica e, se nn fosse x gli amici, nn si muoverebbero mai! x la gita, mi sn rifatta ad una ke ho fatto io un paio di anni fa... Sn stata x 5 gorni in Veneto e mi sn dovertita cm una matta. vedrete cs succederà in seguito! Richard le ha cantate a Walter! ne vedrete delle belle, vi avverto fin da ora! bacioni a tutte!

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Capitolo 15
*** Discoteca ***


Salve a tutte! Alys93 è tornata da voi, cn un cappy nuovo nuovo! dato ke ne avevo la possibilità, volevo postarlo, xké nn so quando potrò continuare cn gli altri... X la gita, mi sn ispirata ad una ke ho fatto io, tempo fa e mi divertii moltissimo. Sn felice ke la FF sia molto seguita e ringrazio in modo particolare Pandora_ e Visbs88 x le bellissime recensioni. grazie a tutte, dal profondo del cuore!

15-Discoteca

Quando Megan si voltò per entrare nella camera, si bloccò sotto lo sguardo eccitato di Nicky e Susan, che le chiesero “Allora?”. “Beh, la prossima volta penso che sceglierò giudizio al gioco della bottiglia” disse lei con un filo di voce. Davanti alle loro domande insistenti, la giovane rivolse un sorriso seccato alle amiche e disse “Con questi giochi finirete per farmi impazzire!”. Non facevano altro che chiederle della passeggiata fatta con Richard, facendole rischiare un’emicrania tremenda. “Però ti sei divertita, non è vero?” chiese Wendy curiosa, “Raccontaci cosa vi siete detti! Dai, non farti pregare!” aggiunse Dalia. “Ho scelto il pegno perfetto ed ora non mi vuoi dare la soddisfazione di ascoltare com’è andata?” disse Crystal. La ragazza sospirò e ringraziò il cielo che Wendy e le altre non fossero state presenti quando Richard l’aveva sollevata per farla salire sul balcone, altrimenti chissà che avrebbero detto! Scosse la testa al pensiero e si rilassò sotto il getto caldo della doccia, poi si rannicchiò sotto le coperte, scivolando rapidamente tra le braccia del sonno.
La mattina successiva, la classe ritornò a Padova per visitare la città e la famosa cappella che la rappresentava, dopodiche sarebbero tornati a Venezia con lo stesso traghetto usato due sere prima. Verso le 8.45 la scolaresca arrivò a Padova e visitarono a gruppi la Cappella degli Scrovegni, abbellita da uno dei più famosi quadri di Giotto, un pittore del 1200. L’oro era il colore predominante in quei dipinti e Jennifer rimase entusiasta nel vedere che i suoi capelli erano quasi della stessa tonalità. “Imbecille” mormorò Wendy, mentre uscivano “Dai, come si fa ad essere così contente per una scemenza simile?”. “Lasciala perdere” le suggerì Susan “Eviterai una gran bella emicrania, te l’assicuro”. Le varie classi raggiunsero di nuovo il molo e da lì presero un traghetto che li avrebbe condotti a Venezia attraverso il canale di Branno. La guida, una donna molto gentile e paziente, spiegò loro la storia di quel canale, costruito nel XI secolo, che collegava le due città dal periodo delle repubbliche marinare. Durante il viaggio attraverso il canale, i ragazzi videro molte anatre e germani reali nuotare nella scia della barca. Non sembravano affatto disturbati dalla presenza del traghetto, e gli studenti si divertirono a vederli mangiare le briciole di pane che gli lanciavano. Arrivati a metà strada, la IV D si disperse sul molo e la professoressa li dovette richiamare all’ordine più volte, prima di poterli guidare in una grande villa sul canale. Apparteneva ad una nobile famiglia di mercanti veneziani, che controllavano così le merci trasportate attraverso il canale di Branno e dirette in tutta l’Europa, soprattutto le Fiandre e la Germania. La villa era enorme e solo le stalle sembravano una reggia, nascosta in mezzo agli alberi che popolavano il gigantesco parco! La guida spiegò loro il significato di alcune statue del leone di San Marco, poste sui lati del canale. “Quando il vangelo posto sotto la zampa è aperto, vuol dire che la statua è stata costruita in tempo di pace. Se è chiuso, vuol dire che appartiene ad un periodo di guerra” disse, indicando le rispettive statue in marmo che costeggiavano il canale. Di statue come quelle ce n’erano molte, ma l’arrivo dei francesi di Napoleone ne aveva distrutto la gran parte e poi Venezia era stata ceduta agli austriaci con il trattato di Campoformio. Dopo tanto camminare, la fame iniziò a farsi sentire e la classe si radunò nuovamente intorno al molo per consumare il pranzo al sacco, offerto loro dall’albergo. Tra un boccone e l’altro, Megan si accorse che le sue amiche stavano facendo di tutto per farla avvicinare a Richard, ma non avrebbe permesso a nessuno di decidere per lei. Non sapeva spiegarsi che cosa provava per il suo compagno. Sapeva solo che ogni volta che lo vedeva, il suo cuore partiva in quarta e, se si sfioravano anche solo per un istante, sentiva come una scarica elettrica che l’attraversava da capo a piedi. Sospirò e cercò di rilassarsi, leggendo uno dei libri che si era portata dietro, poiché, una volta risaliti a bordo, le sue compagne non la finivano più di tormentarla su quello che si erano detti lei e Richard la sera prima.
 
Dopo una decina di minuti, i ragazzi avvistarono la città sulla laguna: Venezia era ormai vicinissima! Mormorii eccitati si diffusero tra le classi e molti si spostarono sul ponte di prua per fotografare meglio la meravigliosa città, piena di canali e stradine, ma soprattutto di storia e divertimento. Quando erano arrivati la prima volta, era troppo buio perché le fotografie venissero bene e loro erano troppo stanchi per il lungo viaggio, così ne approfittarono tutti. Scesero velocemente dal traghetto e si diressero verso il centro storico di Venezia: piazza San Marco, dove si trovava anche l’omonimo duomo. Centinaia di piccioni volteggiavano sulla piazza ed atterravano di tanto in tanto per mangiare quello che i vari turisti offrivano loro, per poi ritornare a spiccare il volo nel cielo limpido. C’erano tantissime bancarelle che vendevano souvenir di ogni genere e neanche i negozi nei vicoli cittadini non scherzavano! Collane, bracciali ed orecchini in vetro di Murano, cappelli alla moda dei gondolieri, fazzoletti e magneti con la scritta “Venezia” spuntavano ovunque. Dopo aver visitato il duomo ed aver ammirato una statua in porfido rosso di epoca romana, risalente all’impero di Diocleziano, la signorina Winkest diede loro il permesso di girovagare per la città. Si sarebbero rivisti esattamente due ore dopo nella piazza, accanto al duomo. Megan e Miriam si gettarono a capofitto nelle prime bancarelle che trovarono e si divertirono a scegliere qualcosa per i rispettivi fratelli. “Secondo te, questo può piacere a Daniel?” chiese Megan all’amica, mostrandole un portachiavi con l’immagine della città, “Sì! È perfetta! Grazie, Meg!”. Poi l’amica le porse un cappello da gondoliere e disse “Questo sarebbe perfetto per tuo fratello!”. La ragazza rise mentre s’immaginava Miguel con quel cappello in testa e disse “Va benissimo! Però lo vedrei meglio a mio cugino José”. Risero di nuovo e cercarono le cose più strane e buffe per portarle ai familiari. Si girarono improvvisamente quando Allison disse “Per chi state prendendo quelle schifezze? Per i vostri fidanzati?”. Poi sembrò ricordarsi qualcosa ed aggiunse maligna “Che stupida! Dimenticavo che voi il ragazzo non ce l’avete!”. Scoppiò a ridere e si allontanò in uno dei tanti vicoli con un sorriso sprezzante sulle labbra. Le due ragazze strinsero i pugni e Miriam ringhiò “Ma se è stata lei a soffiarmi il ragazzo che mi piaceva, neanche un anno fa!”. “Lasciala perdere” disse la compagna, alzando la voce per farsi sentire anche da Allison, “Tanto, neanche lei ha il ragazzo e poi, chi mai si metterebbe con lei? Noi almeno ci divertiamo!”. Miriam annuì e lanciò la frecciatina finale “Hai ragione. Non sprechiamo fiato con quell’oca”. Si affrettarono a riunirsi al gruppo e si avviarono verso il Canal Grande, il canale più famoso di tutta Venezia. Era semplicemente stupendo e le imbarcazioni, piccoli yacht e gondole, lo percorrevano senza sosta. Dalia fece una foto alla sorella e poi chiese ad un uomo di passaggio di scattarne una a tutto il gruppo. Il passante, un uomo inglese di mezz’età, sorrise e scattò una foto a quelle ragazze così affiatate ed unite. Il gruppo continuò a ridere e scherzare, mentre visitavano i negozietti nascosti nei vicoli della città. Mentre si dirigevano verso il Ponte dei Sospiri, rifugio preferito dei fidanzati veneziani, si trovarono di fronte Richard e Jennifer. La ragazza era saldamente attaccata al suo braccio, come se la sua vita dipendesse da quanta forza si tenesse a lui. Il giovane non era per niente contento e faceva di tutto per scrollarsela di dosso, ma senza risultato. Megan volse lo sguardo dalla parte opposta e si costrinse a guardare la facciata di un palazzo, cercando il modo di sfuggire alle fitte di gelosia che la colpivano sempre più spesso. Ma perché? Stavolta erano all’aperto, in pieno giorno! Non era normale quello che stava provando, ma che diavolo le stava succedendo? Miriam, Nicky e Susan la guardarono preoccupate, ma non dissero niente, mentre Dalia squadrava Jennifer con aria seccata. “Ma quando ti deciderai a lasciare in pace Richard?” le disse “Non vedi che sta cercando in tutti i modi di prendere un po’ d’aria?”. “Fatti gli affari tuoi!” la rimbeccò la compagna, stringendosi ancora di più al braccio del ragazzo. Lui, per tutta risposta, scosse nuovamente il braccio per liberarsi dalla presa, ma Jennifer era saldamente attaccata e non ne voleva sapere di mollare la presa. “Jennifer! Ti vuoi staccare dal mio braccio? Mi stai facendo male!” esclamò improvvisamente, cercando di liberarsi. “Ma, Richie! Io e te dobbiamo stare vicini!” ribatté la ragazza, stupita dalla sua reazione. “Un conto è stare vicino a qualcuno, un altro è stargli attaccata come una piovra! Non capisci che sei soffocante?” disse Megan con accento duro. “Fatti gli affari tuoi, selvaggia!” le gridò Jennifer, guardandola con odio. Richard sentì la rabbia crescergli dentro quando la sentì ripetere ancora quelle parole, ma controllò la voce, rendendola fredda e decisa. “La vuoi smettere di chiamarla così?!?” esclamò “Quante volte ti devo dire che la devi smettere? Mi hai davvero stufato! Lasciami il braccio!”. Se la scrollò di dosso con violenza e si allontanò “Basta! Non voglio più sentirti parlare con lei in questo modo! Mi dai un fastidio che non te lo immagini!”. “La devi smettere, mi hai capito bene?” aggiunse glaciale “Piantala di essere così sgarbata!”. Jennifer lo guardò stupefatta e lanciò diverse occhiate prima a lui, poi alla ragazza che lo guardava allibita. Megan sentì un calore nascerle dentro e riempirla fino alle dita dei piedi quando lo sentì parlare in quel modo per difenderla. Non se lo sarebbe mai aspettato da lui! Richard la sorprendeva ogni giorno di più e si rendeva conto, ogni minuto che passava, che un sentimento del tutto nuovo si stava facendo largo dentro di lei, ma non aveva la più pallida idea di che cosa si trattasse. Sapeva che lui non riusciva più a sopportare Jennifer, ma trattarla in quel modo era del tutto inaspettato! La ragazza si avvicinò al bordo del canale che stavano costeggiando e si affacciò nell’acqua chiara per controllare di essere ancora la stessa persona che era uscita dall’hotel quella mattina. La sua immagine riflessa le restituì lo stesso sguardo vacuo e stupito. Quando si voltò nuovamente verso le amiche, sentì l’istinto suggerirle di girarsi altrove. Jennifer la guardava con odio e gli occhi erano ridotti a due fessure sul viso chiaro. Le si avvicinò pericolosamente e le sussurrò con tono minaccioso “Che cosa hai fatto al mio Richie?”. “Cosa gli hai fatto?!? Un incantesimo, per caso? Perché ti sta difendendo in questo modo?” chiese furiosa “COSA GLI HAI FATTO?!?”. La sua voce era ormai diventata un urlo penetrante e la giovane resistette a stento all’impulso di tapparsi le orecchie con le mani. Davanti a quell’espressione furiosa, sentì un brivido gelido scivolarle sulla schiena; sembrava volesse ucciderla con la sola potenza dello sguardo! “Assolutamente niente! Che cavolo ti passa per la testa, si può sapere?” disse, sconvolta da quelle accuse insensate. “Senti, solo perché Richard vuole essere un tantino gentile con gli altri, non è detto che Megan c’entri qualcosa!” disse Crystal, a difesa dell’amica. Anche Dalia e le altre si pararono davanti alla compagna per difenderla, mentre Jennifer si avvicinava pericolosamente. Il giovane la trattenne per un braccio “Che hai intenzione di fare, Jennifer?”. “Dato che tu preferisci quella… quella selvaggia a me, ti posso assicurare che ne pagherà tutte le conseguenze, fino all’ultima! Con tanto d’interessi!” urlò la ragazza, liberandosi dalla sua presa. Buttò quasi a gambe all’aria Nicky e Wendy e si parò davanti a Megan, con uno sguardo omicida negli occhi. “Te la farò pagare cara, Megan. Pagherai per aver allontanato Richard da me” disse in un sussurro glaciale. Poi, senza alcun preavviso, le diede una forte spinta, facendola cadere all’indietro, e dietro di lei c’era l’acqua del canale! La ragazza mulinò le braccia per recuperare l’equilibrio, ma senza alcun risultato. Sentì i propri piedi staccarsi da terra e capì che stava per cadere nel canale. Sapeva di essere una discreta nuotatrice, ma questo non voleva dire che non si sarebbe fatta male cadendo! Non sapeva nemmeno quanto fosse profondo il canale, né se ci fosse una forte corrente. Improvvisamente, una mano le si serrò attorno al polso e la tirò indietro, mentre un paio di braccia si serrarono attorno alle sue spalle, impedendole di perdere nuovamente l’equilibrio. “Va tutto bene?” le chiese Richard, con la voce affannata dallo scatto, mentre la faceva allontanare dal bordo del canale. La giovane si limitò ad annuire e si liberò della sua stretta; “Grazie” gli disse, sforzandosi di sorridere. Il cuore le batteva forte e la testa aveva preso a girarle di colpo, come se si fosse alzata troppo in fretta. Jennifer, rialzandosi in piedi dopo l’involontaria spinta del ragazzo, li guardò entrambi con gli occhi fuori dalle orbite. “Io non ci tengo a farti avere guai con lei!” sussurrò Megan “Perché non eviti i problemi, piuttosto di andargli incontro?”. “Perché è lei che non capisce. Non posso sopportare che ti tratti in questo modo” rispose Richard, girandosi verso Jennifer. “Ma si può sapere che ti è saltato in testa?” esclamò “Ti avviso Jennifer, devi lasciare in pace Megan! Prova di nuovo a farle quello che hai fatto e te la vedrai con me!”. La sua voce era così dura e fredda che la ragazza si appoggiò alla facciata del palazzo più vicino, tremando. “Ma, Richie! Non puoi davvero preferire lei a me! Non è possibile!” disse, con appena un filo di voce. Improvvisamente, scoppiò in una risata isterica che spaventò Dalia, facendola arretrare istintivamente. “Quando ti sarai ripreso da questa malattia, tornerai da me, lo so. Ti aspetterò, tesoruccio” disse Jennifer, allontanandosi con un sorriso mesto in un espressione quasi folle sul volto. “Ma è matta?” chiese Wendy allibita, “Probabile” rispose Miriam, fissando la strada in cui era sparita. “Quando ti sarai ripreso da questa malattia, tornerai da me, lo so. Quella è totalmente uscita di testa!” disse Susan. “Rinchiudetela in un manicomio! Per favore!” implorò Nicky “Mi terrorizza”. “Basta che me la leviate dai piedi, poi potete mandarla dove volete” borbottò Richard, massaggiandosi il braccio. Si voltò verso il gruppo e mormorò “Beh… io ritorno dai miei amici. Se avete bisogno di qualcosa, fatemi un fischio. Ci si vede, Megan”. Le sette ragazze si guardarono stupefatte, poi Crystal sussurrò “Ma non è che…?”, “Che Richard si sia… innamorato della nostra Meg?” concluse Nicky. “È probabile. Non è mai stato così gentile con nessuna” aggiunse Dalia “Almeno da quando lo conosco”. “Non dite scemenze!” esclamò Megan “Lui innamorato di me? È una cosa totalmente assurda!”. Un sorriso sconcertato le apparve sul volto “Uno come lui non può interessarsi ad una come me… Non con tutte le altre ragazze intorno. Non potrei mai essere attraente ai suoi occhi”. “Io non direi” disse Susan “Lui non è mai stato così… dolce con nessuna, prima d’ora”.  “E tu sei una ragazza speciale, Meg” aggiunse con fermezza “E scommetto che anche Richard se n’è accorto”. La ragazza messicana scosse la testa e si allontanò a passo svelto, attraversando ponti e vicoli, mentre i piedi la portavano chissà dove. Doveva riflettere su quello che le stava succedendo. Perché ogni volta che Richard le si avvicinava, sentiva il cuore partirle in quarta, neanche avesse avuto una scossa da defibrillatore? Cosa le stava succedendo? Prima lo odiava, lo disprezzava per il suo modo di fare così superficiale e l’aveva maledetto per quello che le aveva fatto a Natale. Cosa stava cambiando in lei? Non riusciva a capirlo. Susan la raggiunse poco dopo, con aria preoccupata “Megan, che ti succede? Non è da te allontanarti in questo modo!”. “Lascia perdere, Susan. Mi sento così strana… che penso sia meglio stare da sola per un po’. Non voglio allarmare le altre” disse la giovane. “Dimmi cosa ti preoccupa. Forse posso aiutarti” disse l’amica e la sentì sospirare. Si fermarono davanti ad un negozio e Megan disse “Ogni volta che vedo Richard, mi sento… come se il cuore avesse avuto una scossa…”. Osservò il proprio riflesso nella vetrina ed aggiunse “Non ho mai provato niente del genere in tutta la mia vita… Non è normale che mi tremino le gambe ogni volta che mi sorride o che mi sfiora!”. Susan sorrise, ricordandosi le parole di Karl alla festa di Richard. Lui l’amava, ma non poteva sapere se anche la sua amica provasse lo stesso nei suoi confronti, dato che non riusciva a capirlo nemmeno lei. Eppure quella frase che aveva pronunciato poco prima… era convinta di non poter essere attraente per Richard. Forse Meg non se ne rendeva ancora conto, ma era attratta da lui; glielo si leggeva in faccia. Stava per parlare, ma, prima che potesse proferir parola, la ragazza la fermò “Non sono innamorata, l’avrei capito. Però…”. La sua espressione si fece turbata “Però non riesco a darmi una spiegazione logica. Non riesco a capire perché mi sento così”. “Amica mia, l’amore non è una cosa che si può capire facilmente” le disse Susan, sorridendo tranquilla, “Io lo so bene”. “Spesso non ce ne accorgiamo subito, perché è una cosa che cresce pian piano, ma in modo incontrollabile” aggiunse. Vedendo lo sguardo della compagna, capì che quelle parole la stavano facendo riflettere. Non aveva sbagliato, era davvero attrazione quello che serpeggiava tra Richard e Megan. Attrazione che si sarebbe potuta trasformare in qualcosa di più profondo, con il giusto aiuto. “A te serve una buona serata per scaricare la tensione!” le disse, battendole dolcemente una mano sulla spalla “Stasera si va in discoteca!”.
 
Quella sera, Megan rimase a lungo indecisa davanti alla valigia. Aveva portato con sé alcuni abiti adatti alla discoteca, ma non era sicura di volerci andare. Sentiva il bisogno di pensare a quello che le stava accadendo e cercare la spiegazione più logica. Se da una parte, l’idea di rimanere in camera in santa pace l’attirava, il consiglio di Susan era davvero utile. Le serviva una serata particolare per scaricare tutto lo stress che aveva accumulato quel giorno, altrimenti sarebbe esplosa! Alla fine, scosse la testa e si disse “Avanti, non devi mica andare in guerra! Devi solo ballare un po’ e ti farà sicuramente bene. Quindi non fare la fifona e fatti forza!”. Per un attimo, immaginò cosa le avrebbe detto Miguel se fosse stato lì in quel momento e le sue probabili parole le diedero forza. “Non devo avere paura!” mormorò “Una serata di ballo non mi ucciderà mica!”. Sospirò ed iniziò a vestirsi, cercando di non pensare a niente che non fosse l’imminente serata con le amiche che stava per trascorrere. Doveva assolutamente scaricare la tensione, altrimenti non sarebbe riuscita a dormire e avrebbe finito per rovinarsi l’umore per il resto della gita.
Dopo pochi minuti, erano tutte pronte e, dopo una veloce occhiata allo specchio per aggiustare il mascara o il lucidalabbra, scesero nella sala sotto la reception, che era stata allestita a discoteca. Molti ragazzi erano già lì, a sorseggiare un drink o chiacchierare con gli amici della magnifica gita che stavano vivendo. Alcuni gruppi ridevano e si divertivano progettando battute o scherzi da fare ad altri compagni. Richard era assieme a Karl e stava ridendo di una battuta che aveva fatto William sul fratello, quando le vide scendere lungo la stretta rampa. Si girò verso di loro per cercarla in mezzo al gruppo, ma il fiato gli si bloccò rumorosamente in gola, quando la vide scendere la rampa per andare verso la pista. Tutte le ragazze indossavano abiti mini e tacchi alti, per muoversi in modo più aggraziato sulla pista da ballo, ma il ragazzo non aveva occhi che per lei… Era stupenda!
Indossava un corsetto nero senza spalline, allacciato da stringhe sul davanti e sulla schiena, che lasciava intravedere a tratti la sua pelle dorata. Una minigonna nera le copriva i fianchi e la prima parte delle gambe lunghe e snelle. Ai piedi, invece, calzava delle eleganti ballerine nere, abbellite da un piccolo fiocco di raso. I capelli scuri le cadevano sulle spalle scoperte, come una cascata di morbide onde color ebano. Rimase semplicemente incantato davanti a tanta bellezza, incapace di formulare un solo pensiero coerente. Non l’aveva vista molto spesso con i capelli sciolti, perché spesso li raccoglieva in trecce, code di cavallo o acconciature più elaborate. Quella sera, però, rilucevano sotto la luce delle varie lampade, scivolando leggeri sulle sue spalle. In più, quei vestiti così particolari lasciavano scoperto buona parte del suo corpo snello, ora non più nascosto da felpe e jeans lunghi, mostrandolo in tutto il suo splendore. Il giovane si chiese se li avesse indossati apposta, ma scartò immediatamente l’idea. Megan non era il tipo che architettava certe malizie. Karl seguì il suo sguardo e lasciò andare un fischio “Accidenti! Chi ha aperto le porte del Paradiso? Qui stanno scendendo gli angeli!”. Susan si voltò verso di lui e sorrise, invitandolo sulla pista con un cenno del capo. I ragazzi accanto a loro risero. William e Jack si scambiarono un cenno d’intesa e si diressero verso il tavolo dei drink per lasciare i propri amici in lieta compagnia. Ma altri occhi stavano fissando le ragazze con bramosia. Walter si appoggiò al braccio di Oliver, per osservare meglio la situazione e lanciò un fischio acuto quando vide le ragazze. “Accidenti, che bambole!” borbottò al compagno, “Puoi giurarci! Hai visto come si sono vestite? Cavoli, quanto mi piacerebbe…”. “Quanto ti piacerebbe cosa?” chiese Alex, arrivando dietro di lui. “Passare la serata con Nicky o Miriam, hai capito no?” spiegò Oliver. Walter gli fece un ghigno complice e disse “Però Megan è mia”, “E chi te la tocca!”. I tre osservarono le ragazze dirigersi verso la parte opposta della pista e Walter osservò compiaciuto la figura della ragazza mora che seguiva le sue amiche. Mentre la osservava, vide Karl sussurrare qualcosa a Richard e si chiese perché lui avesse una faccia da ebete, ma si strinse nelle spalle e lo ignorò. Qualunque fosse il motivo, presto la ragazza sarebbe stata sua. A qualunque costo.
Anche il DJ, infondo alla sala, osservò con un sorriso compiaciuto il gruppo di ragazze che si stavano dirigendo verso di lui. “Scusi, potrebbe dirci i titoli delle canzoni che ci farà ascoltare stasera?” chiese Wendy con voce allegra. “Quelle che preferite, mie care signorine. Ho di tutto: dal jazz ai balli latino-americani” rispose l’uomo, aggiustandosi gli occhiali scuri. L’accento italiano risaltava molto nella sua pronuncia, ma parlava un’inglese perfetto. Nicky rivolse uno sguardo complice alle amiche e, guardando Megan disse “Meg, che dici di mostrarci quello che sai fare sulla pista?”. Sul volto della compagna si dipinse un sorriso da gatta e rispose “D’accordo. State pronte, perché vi lascerò a bocca aperta!”. “Allora andranno benissimo dei balli latino-americani, grazie” disse Miriam, rivolgendosi di nuovo al DJ, “Sa, la nostra amica viene dall’America latina”. Il DJ le guardò per qualche attimo ed esclamò “Aggiudicato! Inserirò anche qualche canzone altrettanto ritmica”. Poi si rivolse all’intera sala parlando da un microfono “Stasera si ci scatena, ragazzi! Tenetevi forte!”, dopodiche fece partire la musica. Dalia si affiancò alle compagne e si spostarono verso uno dei bordi della pista per dare campo libero a Megan, che iniziò a muoversi al ritmo di “Estoy candela” e di “Move la colita”. Era davvero brava e non scherzava quando aveva detto che le avrebbe lasciate a bocca aperta. Crystal si voltò verso il tavolo del buffet, diede un colpetto alla sorella ed a Susan, attirando la loro attenzione. Quando le due si voltarono, indicò con un risolino Richard, che guardava la loro amica come se avesse appena visto un angelo sceso dal cielo. Risero, sinceramente divertite, e gli fecero cenno di avvicinarsi. Il ragazzo ci mise un po’ a metterle a fuoco e Karl gli diede una piccola spinta per farlo avanzare. “Richard, perché non la raggiungi?” gli sussurrò l’amico, “Non so se le gambe ce la faranno. Le sento molli come ricotta!” sussurrò lui, con un filo di voce. “Lascia perdere le gambe e datti una mossa! È lì, davanti a te! Non farti prendere dall’emozione” lo incitò William “Siamo tutti con te”. Il giovane si avvicinò al bordo della pista e sentì il cuore battere coma mai prima di allora, mentre guardava Megan muoversi sulle note di quella musica così forte e vivace. I movimenti dei fianchi, della testa, delle braccia, del bacino, dei capelli che ondeggiavano sulla sua schiena, tutto lo colpiva e faceva crescere sempre più l’infatuazione che provava per lei. Gli tornarono alla mente quello che gli aveva detto José, al suo diciottesimo compleanno “Che se la vedi scatenarsi in qualche ritmo latino-americano, ti prendi un colpo di quelli seri, amico mio!”. Accidenti, se aveva ragione! Senza rendersene conto, si avvicinò alla ragazza, osservando rapito come la luce multicolore delle lampade rotanti donasse alla sua pelle tonalità irreali e magiche. Era meraviglioso il modo in cui il suo corpo longilineo si muovesse a tempo di musica e quel sorriso che le era spuntato sulle labbra era tremendamente bello. Lei si sentiva inebriata da quella musica così familiare e piena di vita, oltre che di ricordi, e non si accorse di Richard finché la canzone non finì. “Bella musica, non trovi?” le chiese il compagno, “Sì, avevo bisogno di scaricare un po’ la tensione. A mio parere, non c’è modo migliore per farlo”. “Sono d’accordo” sorrise il giovane, mentre la osservava seguire la musica con un piede. In quel momento, gli tornò in mente una canzone che aveva ascoltato assieme a suo nonno, alcuni mesi prima. Era italiana e parlava di una spagnola incontrata dal cantante in una notte d’estate. Ripensando alle parole, sorrise e disse “Sai, conosco una canzone che sembra scritta apposta per te”. “Davvero?” chiese la compagna sorridendo “E di cosa parla, esattamente?”. Il ragazzo le si avvicinò fino ad incrociare il suo sguardo “Parla di una donna, che attira le persone con il suo viso d’angelo, ma dentro…”. “Dentro?” chiese la giovane, sentendo il cuore batterle con forza nel petto “Cosa c’entra la canzone con me?”. “Anche tu sembri un angelo” mormorò lui “ma chissà cosa si nasconde sotto quel sorrisetto…”. Megan si sentì arrossire a quelle parole, chiedendosi cosa volesse dirle tra le righe. Ma non era solo la sua frase ad imbarazzarla; Richard indossava una camicia azzurra semi-sbottonata che aderiva perfettamente al petto, mettendo in risalto i muscoli ben definiti. Non capiva perché, ma il viso del ragazzo e tutta la sua figura attiravano il suo sguardo come una calamita. Aveva visto centinaia di volte Miguel a torso nudo; perché Richard le faceva quell’effetto così assurdo? Abbassò lo sguardo e decise di voltarsi dall’altra parte, per non mostragli le guance infuocate. Le avrebbe sicuramente chiesto cos’era che non andava e lei non voleva certo dirgli perché si sentisse tanto imbarazzata. Così, si diresse verso il centro della pista e continuò a ballare, muovendo le braccia, la testa ed il resto del corpo in movimenti fluidi e sensuali. Le amiche la raggiunsero poco dopo e si unirono a lei, dicendo “Megan, fai paura!”. “Perché non ci hai detto che eri così brava?” le chiese Wendy “Dovresti vedere con che sguardo ti osservano parecchi ragazzi! Hai fatto colpo, stasera!”. “Smettetela di dire sciocchezze!” sbottò la ragazza, arrossendo ancora di più. “Per non parlare di come ti guarda Richard! Sembra che ti stia mangiando con gli occhi” la stuzzicò Nicky, mentre partiva la canzone “Macarena”. Si mossero tutte insieme a ritmo della musica, e parecchie ragazze le guardavano con invidia dai bordi della pista. Intanto, Karl e William si avvicinarono al loro compagno, che le fissava ancora mezzo imbambolato. “Avanti, ragazzi! Che stiamo aspettando? Scateniamoci anche noi!” esclamò Jack, buttandosi nella mischia. “Attento a dove vai, Jackie! Vedi di non combinare casini!” lo redarguì il fratello, seguendolo di corsa. “Jack è mezzo matto, ma senza di lui, che divertimento ci sarebbe? Non sei d’accordo?” chiese Richard a Karl. “Sì, hai ragione. Dai, andiamo anche noi a divertirci! Non ho voglia di rimanere a fare la bella statuina per tutta la serata!” replicò l’amico. Risero insieme e si lasciarono trasportare dalle note calde e vivaci di “El pampa”. Il giovane si rilassò tra quelle note, ma non perse mai di vista Megan e le altre per tutto il tempo. Un sorriso complice gli passò sulle labbra quando la canzone li unì nel suo ritmo caldo e vivace. La vide arrossire, ma il suo sorriso era tranquillo; non aveva mai visto niente di così bello in tutta la sua vita… Rimase incantato quando la vide muoversi a ritmo di “Bomba” e si chiese come facesse ad essere così bella, oltre che brava. Più di una volta, fu su punto di prenderla in disparte, per portarla a fare un giro fuori. Voleva restare solo con lei e dimenticarsi di tutto il resto; voleva dirle tutto quello che provava, ma si trattenne. No si dissePrima devo sapere cosa prova lei per me
 


Ecco fatto! siamo a quota 15! ke ne pensate, ragazze? la FF è di vostro gradimento? Adesso Richard sa bene cosa prova x la cara Meg, ma lei... ci metterà ancora un po' a sbogliare la matassa di sentimenti ke prova. abbiate pazienza... Spero ke il cappy vi sia piaciuto e ke non vorrete linciarmi x qualcosa... Spero di non tralasciare troppo gli altri personaggi, xké n altrettanto importanti. Ah, attenzione a Walter e company! colpi di scena all'orizzone, mie care! alla prossima! 

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Capitolo 16
*** Il viaggio continua ***


Yeahhh! x la vostra immensa gioia (sì, cm no. questa è andata fuori Nd delle lettrici) Beh, ecco.... Oh, uffa! Alys93 è tornata a tormentarvi cn un nuovo cappy di questa sua FF. Sperando ke nn vi stia annoiando, la storia va avanti e la gita dei nostri amici sarà ancora un po' lunghetta.... fino al ccpy 20, + o -. spero ke la cosa nn vi dispiaccia. Adesso, la nostra scolaresca si è spostata al Sud, a Napoli (la mia città, ke vi giuro, è bellissima, nnstante tt quello ke dicono. io abito a poki kilometri da Napoli, nella penisola Sorrentina. un vero paradiso, ve l'assicuro!) e le avvenure nn mancheranno! x la nostra cara Meg si prepara un risveglio... un po' "particolare", e non solo x lei... Eh eh! buona lettura!!!

16-Il viaggio continua

Il giorno dopo, la sveglia suonò impaziente per alcuni minuti, prima che William la trovasse e facesse scattare il fermo per farla tacere. Il ragazzo diede un sonoro sbadiglio e scosse il fratello “Jackie! Svegliati, dobbiamo alzarci”. Lui si mosse sotto le coperte e mormorò “No, mamma. Ancora dieci minuti, per favore!”. Will sbuffò esasperato. Bene! Ora l’aveva persino scambiato per la madre… andava proprio alla grande! “Jack! Svegliati!” esclamò, dandogli una spinta; il ragazzo scosse la zazzera scura e si avvolse più stretto nelle lenzuola. “Cosa succede?” chiese Richard, alzandosi, “Mio fratello mi ha appena scambiato per nostra madre! Non si decide a svegliarsi…” mugugnò William, poi borbottò “Come al solito, ovviamente”. Karl si stiracchiò come un gatto e rise “Allora dobbiamo trovare il modo di farlo alzare”. Fece un cenno ai compagni e si diresse verso il piccolo bagno compreso nella stanza, con un sorriso che non prometteva niente di buono. “No, non dobbiamo bagnare le lenzuola!” disse William, capendo le sue intenzioni, “Sono dell’albergo! I professori ci cazzieranno di brutto!”. “Allora, ho io la soluzione” disse Richard, passandosi una mano sulla nuca. Si avvicinò al compagno che ancora dormiva e, con un gesto fulmineo, gli tolse le coperte, facendolo cadere dal letto. Jack si lamentò, quando urtò il pavimento freddo con la schiena e, alzandosi a sedere, borbottò “Porca miseria, che risveglio! Non conoscevate un modo meno brusco per farmi alzare?”. “Tu non ti svegliavi!” esclamò il fratello “Mi hai chiamato mamma! Ti rendi conto di quanto sei fuori di testa?”. “Oddio! Ero certo di essere a casa, sotto il piumone!” mormorò il ragazzo, strabuzzando gli occhi. “Beh, siamo in gita, in pieno maggio, e tu pensi al piumone. Sei davvero fuori” rise Karl, iniziando a preparasi.
A colazione, Richard si accorse che mancavano Susan e Nicky, ma soprattutto Megan. Ma dov’erano? Lo fece notare al suo amico e Karl disse “Probabilmente stanno ancora dormendo. E chi può biasimarle, dopo tutti i balli di ieri sera!”. William sbadigliò, come a confermare la stanchezza che anche loro si portavano addosso. “Sì, ma Dalia, Crystal, Wendy e Miriam sono qui” replicò Richard “Anche loro hanno ballato parecchio, ma sono qui”. Anche l’insegnante si accorse dell’assenza delle ragazze ed il giovane si offrì di andare a chiamarle. Si diresse velocemente verso la camera 222 e bussò alla porta, dicendo “Ragazze, siete sveglie? Guardate che tra dieci minuti partiamo per Napoli!”. Non ottenne nessuna risposta e continuò a bussare, ma senza esito. Sbuffò esasperato, ma, proprio quando aveva deciso di chiamare l’insegnante, la porta si aprì e Megan si affacciò da dietro lo stipite, spalancandolo quasi del tutto. Era ancora insonnolita, dato che si strofinava gli occhi ancora gonfi di sonno, mentre cercava convulsamente di allacciare la cintura della vestaglia chiara che indossava. I capelli neri erano piuttosto arruffati attorno al capo ed addosso aveva solo una camicia da notte lilla, lievemente stretta in vita, come per far risaltare ulteriormente il suo corpo sinuoso. Le sottili spalline, che reggevano il delicato indumento, erano color crema, così come le piccole frange a mo’ dei cowboy sulla scollatura del decolté. “Mi scusi, professoressa. Non abbiamo sentito la sveglia” sussurrò la ragazza, mentre si strofinava gli occhi, per riuscire a mettere a fuoco la persona davanti a sé. Richard la guardò per qualche istante, senza riuscire a parlare. Il fiato gli si era come bloccato in gola, mentre il cuore prendeva a battergli all’impazzata. Sembrava che dovesse sbriciolargli le costole. Era bellissima anche così, appena sveglia, e la sottile camicia da notte non riusciva a nascondere le morbide curve del suo corpo. Sentì una strana e potente frenesia crescergli dentro, violenta come un incendio, e si dovette trattenere per non avvicinarsi a lei, stringendo i pugni per impedirsi di toccarla. Diamine, come gli sarebbe piaciuto poterla stringere tra le braccia e non lasciarla più andare! Sentire il suo corpo caldo contro di sé, la sua pelle morbida e vellutata sulla propria, le sue labbra così dolci ed invitanti… Gli sarebbe piaciuto poterle scostare i capelli dal viso e avvolgere la sua guancia nel proprio palmo. Voleva accarezzarle il volto e lasciar scivolare la mano sulle sue spalle, per poter sentire quella pelle dorata così morbida…
Si riscosse da quelle improvvise fantasie e si affrettò a girarsi, dandole le spalle. Respirò a fondo, nel tentativo di controllarsi, e disse “Vi conviene sbrigarvi, tra poco partiamo. A dire la verità, mi dispiacerebbe molto se tu ti perdessi la visita a Napoli”. Megan sembrò svegliarsi di colpo e le sue guance si tinsero di un intenso color porpora. “Oh, santa madre de Dios!” sussurrò con un filo di voce “Ci sbrighiamo subito!” poi si chiuse la porta alle spalle, ma il ragazzo riuscì a notare la sua espressione imbarazzata prima che sparisse nella stanza. Scosse il capo e strinse nuovamente i pugni, nel tentativo di calmarsi. Ma che cavolo gli stava accadendo? Nessuna ragazza gli aveva mai scatenato certi pensieri come lei. Nessuna era stata nei suoi pensieri per più di qualche minuto, mentre Megan era come un chiodo fisso, non riusciva quasi a pensare ad altro. Sospirò e tornò dagli altri, per avvisare la signorina Winkest che le ragazze erano quasi pronte. Poi si appoggiò allo stipite della porta d’ingresso, per lasciarsi accarezzare il viso dal vento fresco. Karl si accorse immediatamente che c’era qualcosa di diverso nel suo amico, ma decise di non avvicinarsi e chiedergli cosa gli fosse accaduto. Se Richard si sarebbe voluto confidare, gliel’avrebbe detto. Intanto, Megan stava freneticamente cercando una maglia all’interno della valigia, ma era così sconvolta da quello che gli era accaduto appena pochi minuti prima, che continuava a pescare gli abiti sbagliati. Alla fine, sospirò e indossò gli immancabili jeans ed una maglia color lavanda, mentre le frullavano mille pensieri per la testa. Richard davanti alla sua porta e lei che cercava di allacciarsi la vestaglia… Mio Dio, che imbarazzo che aveva provato, quando se ne era accorta! Decise di non pensarci più e si affrettò a spazzolarsi i capelli, per domare i ciuffi ribelli che le circondavano la testa. Fortuna che i trolley li avevano preparati la sera prima, o non sarebbero mai riuscite a sistemarli. Nel frattempo, Susan e Nicky erano quasi pronte e stavano bisbigliando tra loro. “Chi credi che fosse, prima alla porta?” sussurrò Nicky, infilandosi una scarpa da ginnastica. “Non lo so, ma chiunque fosse, Megan era rossa come un papavero quando ha richiuso la porta!” le rispose l’amica, sistemandosi un berretto sulla chioma scura. Dopo pochi secondi, le ragazze si catapultarono fuori dalla stanza, trascinandosi dietro i trolley, e corsero all’ingresso dell’albergo, dove si era riunita tutta la classe. “Finalmente!” esclamò Miriam “Pensavamo che vi svegliaste più!”. “È dovuto venire Richard a chiamarvi! Vi rendete conto di quanto avete dormito?” sussurrò Wendy, agitando i ricci color mogano che le incorniciavano il volto. “Richard?” chiesero stupefatte Nicky e Susan, adocchiando il ragazzo appoggiato alla porta dell’albergo. “Scusate, ma chi aperto la porta?” chiese Dalia, “Megan!” le sussurrò Susan. “Ecco perché era così rossa in volto quando ha chiuso la porta!” bisbigliò Nicky “Richard deve averla vista in camicia da notte!”. “Poverina! Chissà che imbarazzo!” aggiunse Crystal, ma tacque di colpo quando la vide avvicinarsi a loro. “Ehi, Megan! Certo che sei proprio una gran pigrona! Hai dormito parecchio, lo sai?” la prese in giro. “Già, lo so bene. Te l’assicuro” borbottò lei, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Le amiche decisero di non insistere ulteriormente e la lasciarono in pace per tutta la durata del viaggio fino a Napoli.
 
Una delle città più antiche d’Italia si parò innanzi a loro e parecchi ragazzi iniziarono a scattare foto ai palazzi più appariscenti, che si profilavano all’orizzonte. Il Vesuvio spiccava nel vasto paesaggio che si presentava ai loro occhi, apparentemente placido e tranquillo. All’improvviso, un uomo sui sessant’anni li raggiunse e chiese in perfetto americano “Siete voi la scolaresca di Lain City?”. Richard si fece largo tra i compagni e, sorridendo, disse “Certo che siamo noi!”. Il viso dell’uomo s’illuminò di colpo e scoppiò in un’allegra risata “Mi fa un gran piacere rivederti, nipote! E mi fa ancora più piacere poter fare da guida a questa stupenda scuola che è venuta a farci visita!”. Strinse calorosamente la mano agli insegnanti e disse “Benvenuti a Napoli, ragazzi. È una delle città più belle di tutt’Italia. Patria della pizza e dei presepi, siamo famosi in tutto il mondo”. Poi, accompagnandoli verso la piazza principale della città, disse “Non mi piace doverlo dire, ma state attenti agli zaini, ragazzi. I malintenzionati si aggirano un po’ ovunque, in questo mondo”. Scosse la testa e sorrise di nuovo “Venite, vi mostrerò le più belle particolarità di Napoli e, se avremo tempo, vi accompagnerò anche a visitare il museo di Capodimonte ed il Maschio Angioino”. Li guidò per i vari meandri della città, mostrando loro statue, palazzi e vicoli, nascosti nelle parti più antiche della città. I ragazzi ascoltavano tutto con entusiasmo e non la smettevano di prendere appunti e scattare foto. L’escursione durò per tutta la mattina e Megan rimase assolutamente incantata da tutto ciò che la circondava. Dato che si trovava dietro Richard e suo nonno, a volte li sentiva parlare in italiano. Si accorse però che non era proprio italiano, ma si trattava più che altro di un dialetto, di cui non riusciva a cogliere tutte le parole. Evidentemente, il suo compagno sapeva esattamente cosa gli stesse dicendo suo nonno, perché lo vedeva annuire o scuotere la testa a seconda delle domande. “Bella giornata, eh Ric?” disse l’anziano signore, “Puoi dirlo forte, nonno. Non potevamo avere un tempo migliore”. “Stai in una scolaresca molto attenta ed istruita, mi fa piacere” mormorò l’uomo “È difficile trovare tipi così attenti”. “Lo so e sono soddisfatto di dove stiamo. Anche la mamma è contenta” rispose il nipote. “Ma a me pare che non t’interessi tanto questo, quanto la compagnia. O sbaglio?” chiese suo nonno, guardandolo di sottecchi. Il ragazzo non poté evitare di arrossire e si tradì, lanciando una fugace occhiata alla compagna dietro di loro. “Perché mi fai parlare il dialetto, quando a volte non mi capisci? Non è meglio parlare italiano, che è più semplice per te?” chiese l’altro. “Megan parla bene l’italiano e lo capisce. Preferisco fare più fatica a comprenderti, piuttosto che farle capire cosa stiamo dicendo” rispose il ragazzo. “Megan? È così che si chiama la ragazza dietro di noi?” chiese l’uomo. Lui annuì imbarazzato e suo nonno le lanciò una veloce occhiata. “Bella ragazza, non c’è che dire!” ridacchiò divertito “Hai buon gusto, figliolo! Proprio tale e quale a me, eh?”. Gli prese il collo tra le braccia e gli frizionò la testa “Ah, ragazzo mio! Identico in tutto e per tutto a tuo nonno, eh?”. “Buon sangue non mente, e poi non porto forse il tuo nome?” rise Richard, liberandosi dalla sua stretta. “Americanizzato, ma sì. Mi ha fatto davvero piacere quando tuo padre ha deciso di darti questo nome” replicò l’uomo, sorridendo. Risero e, a quel punto Megan si rivolse alla loro guida. “Mi scusi, ma quanto è grande Napoli?” chiese sorridendo “La stiamo visitando da ore, ma sembra che sia sempre qualcosa di nuovo da scoprire!”. Riccardo Esposito rise al tono della giovane; era evidente che voleva scoprire il più possibile su quella città così meravigliosa e questo lo riempiva d’orgoglio. “Eh, è parecchio grande sì, ma è composta soprattutto da vicoli e non è consigliabile per una scolaresca così numerosa. Vi perdereste” replicò, mostrando uno dei tanti vicoli che si aprivano ai lati della strada. “Oh” mormorò la ragazza delusa “Che peccato! Mi sarebbe piaciuto saperne di più su questa città”. “Se un giorno verrai di nuovo, ti porterò nei posti più incantevoli di Napoli” le promise lui, sorridendo allegro. Ridacchiò, dando una lieve gomitata al nipote, che si ritrasse con una smorfia imbarazzata. Megan sorrise a quelle parole e lo ringraziò calorosamente, mentre la loro guida mostrava a tutti la statua di Giuseppe Garibaldi, a cui era stata dedicata anche una delle piazze più importanti della città.
Dopo mezzogiorno, li guidò in una trattoria fuori città e fece portare loro le famose pizze tipiche del luogo. Tutti gradirono molto quel piatto tradizionale, tanto da chiedere la ricetta al pizzaiolo, che si era affacciato dalle cucine. “È decisamente meglio di quella che ci propina la pizzeria vicino casa” disse Jack, addentando una fetta fumante. “Ma dai!” esclamò sarcastico il fratello “Questa è una vera pizza, non quelle cose surgelate che trovi al supermarket!”. Quando tutti ebbero finito, le classi continuarono nel loro giro per la città, osservando ammirati i presepi costruiti nel famoso vicolo di San Gregorio Armeno. Rose non si mosse di lì finché non comprò almeno dieci pastori da portare a casa, con grande gioia dei negozianti, orgogliosi di mostrare la propria arte in tutto il mondo. Camminarono nei vicoli della città fino alle 15.30, poi presero il pullman e si recarono verso il Maschio Angioino. Dieci minuti dopo il pullman partì alla volta del monumentale castello e Megan rimase piacevolmente sorpresa, quando scorse anche il porto, brulicante di persone in attesa di prendere una nave, diretta chissà dove. Il castello era davvero grande e risaliva alla dominazione francese, che aveva profondamente influenzato la lingua locale, così come lo spagnolo pochi decenni dopo. Quando il signor Esposito parlò della reggenza dei Borboni, non riuscì a trattenere un sorriso nei confronti della ragazza, che rise a sua volta. Evidentemente, Richard doveva avergli detto che lei era per metà messicana… Poco dopo, andarono a visitare il museo di Capodimonte, ammirando i reperti contenuti nelle teche e i quadri che abbellivano le pareti, proveniente da ogni angolo della Campania. Alla fine, i ragazzi avevano i piedi a pezzi, ma sorridevano estasiati da tutte le bellezze che avevano davanti agli occhi. Una volta che si furono lasciati il museo alle spalle, risalirono sui pullman per tornare all’albergo e riposarsi in vista dei giorni seguenti. Prima di ripartire, Richard salutò calorosamente suo nonno, dicendogli che sarebbe tornato presto a trovarlo assieme ai suoi genitori, e l’anziano signore gli rivolse un caldo sorriso. Poi colse di sorpresa il nipote, dicendogli “Ragazzo mio, non farti sfuggire l’occasione di una vita felice. Quella ragazza ha un cuore d’oro, non perderla. Te ne pentiresti per tutta la vita”.
 
L’albergo di Napoli era molto accogliente e i ragazzi non ci misero molto a risistemare tutte le loro cose nelle nuove camere. Quella notte, Megan dormì profondamente, stanca per quanto avevano camminato per tutte le strade di Napoli. Eppure, non si sarebbe mai stancata di quella gita così emozionante e ricca di sorprese… Sarebbe potuta rimanere lì per sempre.
Il giorno dopo, la IV D prese nuovamente i pullman, diretti stavolta a Sorrento, piccola città sulla punta dell’omonima penisola, affacciata dalla parte opposta del Golfo di Napoli. Era assolutamente incantevole e molte ragazze rimasero affascinate dalla vita che c’era sulle strade. Parecchie si affacciarono dalla terrazza che dava sul porto e rimasero affascinate dalla meravigliosa villa che dominava il paesaggio sottostante poco più in là. C’erano molte vie strette e larghi viali, ma le classi non si lasciarono scoraggiare e si lanciarono nell’esplorazione della città, come avevano fatto il giorno prima a Napoli. I negozi furono praticamente presi d’assalto dalla scolaresca, ed i ragazzi si divertirono a scegliere i simboli più caratteristici del luogo. Visitarono la grande cattedrale e un’altra chiesa decisamente più antica, per poi sparpagliarsi ovunque, e alcuni si spinsero fino all’antico porto, posto proprio sotto la villa di Sorrento. Megan e le sue amiche sorrisero quando Karl lasciò che Susan gli facesse indossare un foulard con i simboli della città. “Ti sta bene” commentò William ridendo, “Già” aggiunse Jack “Ti fa sembrare più figo”. Quando la professoressa li richiamò ai pullman, parecchi ragazzi si lamentarono del poco tempo disponibile per visitare quella cittadina.
Alla fine della giornata, ritornarono nell’albergo, stanchi morti per il lungo tragitto, ma estremamente soddisfatti di tutte le cose nuove che avevano visto in quella piccola città così allegra. Una volta nella stanza, Karl si buttò direttamente sul proprio letto e disse “Accidenti, che camminata! Mi fanno male i piedi, ma ne è valsa la pena”. “Sì, davvero stupenda Sorrento” commentò William, togliendosi le scarpe e poggiandole vicino alla porta-finestra. “Ehi, le scarpe mettile fuori!” brontolò Jack, guardandole come se fossero una bomba sul punto di esplodere. “Cosa c’è?” chiese il fratello stupito, “Mettile fuori, se non vuoi che moriamo tutti asfissiati!” replicò lui, sparendo nel bagno. Will guardò incredulo prima la porta del bagno, poi i suoi amici, che gli rivolsero lo stesso sguardo vacuo. “È ammattito, per caso?” chiese Richard, “Non lo so. Di certo, non ha tutte le rotelle che girano nel verso giusto” disse William. “Quelle non le ha mai avute” ridacchiò Karl “Di sicuro non le olia da un bel po’, per questo è così strano”. Poi bussò alla porta del bagno e disse “Vedi di non metterci troppo sotto la doccia!”. La voce di Jack giunse attutita a causa dello scroscio d’acqua della doccia, ma chiara “Tranquilli, che l’acqua non ve la consumo!”. “Lo spero per te! Qui abbiamo tutti bisogno di una doccia” replicò il fratello, osservando con una smorfia la maglietta fradicia. Poco dopo cena, i ragazzi sentirono bussare alla porta e Jack andò ad aprire “Walter! Che cosa c’è?”. L’amico entrò nella stanza e disse “Stasera ci divertiamo da morire! C’è una discoteca qui vicino, dove si balla fino alle 4.00 del mattino! Io, Oliver, Eric e gli altri ci andiamo”. “Ma siete scemi?” sbottò Karl “Il coprifuoco è a mezzanotte! Non potete uscire dall’albergo!”. “Ma per favore! Non rovinare tutto!” rispose Walter “Ve l’ho detto, perché dopo ci servirà un aiuto per rientrare. E comunque, volevo essere corretto. Non vale che ci divertiamo solo noi”. Richard smise di frizionarsi i capelli e poggiò l’asciugamano sulle spalle nude, dicendo “Ragazzi, rischiate parecchio! Potrebbero sospendervi”. “Ma fammi il piacere, Richard! Dov’è finito tutto il tuo coraggio e la tua sfrontatezza?” borbottò Walter. “Che fine ha fatto il ragazzo che ho conosciuto un paio d’anni fa? Mi sa che ti sei rammollito” aggiunse con una smorfia. Al ragazzo quel commento non andò giù e, senza riflettere, disse “La metti in questi termini, Water? D’accordo, come vuoi. Ci vediamo nel cortile tra mezz’ora. Il tempo che i professori controllino le stanze ed andiamo!”. “Così è il vero Richard! Finalmente ti riconosco!” esclamò Walter soddisfatto. Jack e William lo guardarono preoccupati, sentendo che quella serata non sarebbe stata esattamente tranquilla. Richard non sopportava di essere chiamato codardo, era orgoglioso e Walter lo sapeva fin troppo bene. Più di una volta era ricorso a quello stratagemma per non farlo tirare indietro davanti ad una sfida. “Ma sei sicuro di quello che fai, amico?” gli chiese Karl, “Al cento per cento” rispose lui, poi tornò a rivolgersi a Walter “Ci vediamo qui tra mezz’ora. Siate puntuali!”, “Contaci!”.
 
All’ora prestabilita, i ragazzi si radunarono nel cortile dell’albergo e, ridendosene delle regole e degli insegnanti, si diressero verso la discoteca indicata da Walter. Era davvero una discoteca in piena regola, con luci stroboscopiche e musica house a livelli spaccatimpani. Tra i tavoli giravano cocktail e drink analcolici e non di ogni tipo e sulla pista c’era già una gran folla di persone, soprattutto ragazze. Oliver, Robert e Martin si gettarono nella mischia, sparendo alla visuale dei compagni per alcuni minuti, per tornare con quattro bottiglie di birra da due litri e diverse ciotole piene di noccioline e patatine. “Fantastico!” si congratulò Alex “Ragazzi, che cuccagna!”, “E che posto!” aggiunse Eric. “Il massimo dei massimi!” disse Peter, aggiudicandosi l’approvazione di Robert e tutti gli altri. La festa non era proprio niente male ed i ragazzi brindarono più volte alla loro scappatella, alla geniale idea avuta da Walter ed al coraggio di aver sfidato le regole imposte dagli insegnanti. Dal piccolo soppalco dove si erano sistemati, si vedeva tutta la pista da ballo, appena sotto di loro, e lanciarono parecchie occhiate alla gente là sotto, probabilmente in cerca di compagnia. Alternarono più volte il ballo scatenato ad un sorso di birra, finché Oliver non iniziò a fare il giocoliere con tre delle quattro bottiglie, ormai vuote. “Vai così!” gridò Robert, ormai totalmente ubriaco, “Continua! Falle girare!”. Poi si alzò in piedi e provò a raggiungerlo, ma fu lui a girare su se stesso e si accasciò sul divano scuro, con un singhiozzo che lo scosse da capo a piedi. Eric iniziò a ridere forte, seguito da tutti gli altri compagni. Richard diede l’ultimo sorso alla sua birra e guardò i suoi amici. Aveva offerto lui la serata e quindi aveva rispettato la scommessa fatta con loro prima di Natale. Non aveva più niente da dimostrare. Si portò inconsciamente la mano sulla guancia che Megan gli aveva colpito quando li aveva sentiti parlare della scommessa e gli sfuggì un sorriso quando ripensò a lei. Si era incavolata davvero di brutto quando lui aveva accettato, ma riusciva a capire le sue motivazioni. Il suo non era certo stato un comportamento rispettoso. In quel momento, si chiese come avesse potuto vederla solo come un oggetto, una nuova conquista da fare per sentirsi ammirato dagli amici. Si era comportato da vero stupido, ma adesso voleva rimediare e riconquistare la sua fiducia. Con un sospiro, si chiese cosa stesse facendo in quel momento. Probabilmente, stava dormendo con le amiche nella sua stanza, senza un pensiero per la testa, e per un attimo si chiese che cosa stesse sognando. Chissà se popolava i suoi sogni come lei faceva con i propri…
All’improvviso, anche Martin diede un forte rutto, che scatenò le risate generali del gruppo, ed i ragazzi capirono che dovevano tornare all’albergo, prima che i professori si accorgessero della loro assenza. Sollevarono di peso Robert, ormai profondamente addormentato, e si diressero verso l’hotel. Per tutto il tragitto, non fecero altro che sbandare da una parte e dall’altra, cantando a squarciagola delle canzoni senza senso. Richard, Karl e Jonathan, gli unici quasi totalmente lucidi, li guardavano preoccupati. Se non la smettevano, avrebbero svegliato tutta Napoli! Inoltre, le strade non erano esattamente rassicuranti, soprattutto alcuni vicoli, illuminati da fuochi accesi in vecchi bidoni che svelavano l’altra faccia della città, quella celata ai turisti. Arrivarono all’albergo solo un quarto d’ora più tardi, perché Oliver e Peter continuavano a prendere la direzione sbagliata e furono costretti a fare una via più lunga per non perderli di vista. Riuscirono a svegliare Robert e scavalcarono velocemente la recinzione, atterrando silenziosi nel cortile interno. Quando arrivarono sotto i vari balconi, Jonathan chiese “E adesso? Come facciamo ad entrare?”. “Io l’avevo detto che qualcuno doveva rimanere qui, ma nessuno mi ha ascoltato!” brontolò Walter, trattenendo un singhiozzo. “Adesso troviamo un balcone con la finestra aperta e cerchiamo di entrare senza far rumore” propose Karl. Per tutta risposta, Alex diede un poderoso rutto, seguito da quello ancor più sonoro di Oliver. Will trattenne a stento una smorfia di disgusto; “Ecco appunto” borbottò “Era proprio questo che s’intendeva per silenzio”. “È meglio che vada io” disse Richard “Almeno sono abbastanza lucido. Voi fareste un casino del diavolo!”. Con l’aiuto di Karl e di Jonathan, ispezionò tutte le finestre e, finalmente, ne scorse uno con la finestra socchiusa. Fece segno a Karl di aiutarlo a salire e atterrò dall’altra parte con l’agilità di un gatto. “Aspettami sotto il nostro balcone, vi farò salire da lì!” sussurrò ai suoi compagni, prima di sparire all’interno della camera. “È inutile, è un vero leader. Preferisce mettersi lui nei guai, piuttosto di farli correre a noi” disse Jonathan. “Sì, è fantastico” ammise Philiph “E poi ha proprio ragione. È l’unico davvero lucido tra tutti noi!”. Tra i ragazzi scoppiò un’ondata di risate, ma, per fortuna, riuscirono a trattenersi in tempo. Walter non gradì affatto tutti quegli elogi sul ragazzo appena scomparso oltre il vetro, ma decise di ignorarli. Tanto, prima o poi, sarò ioil leader del gruppo e non quello sbruffone! pensò, attendendo che il compagno li chiamasse.
Intanto, Richard aveva aperto la porta-finestra il più silenziosamente possibile ed era entrato nell’oscurità più assoluta della camera. Non aveva idea di quale balcone fosse o di come fossero disposti i vari letti ed i comodini. Perciò decise di attendere che i suoi occhi si abituassero al buio, prima di avventurarsi nella stanza per cercare la porta. Nonostante tutte le sue precauzioni, inciampò in una valigia, lasciata aperta sul pavimento, e per poco non cadde sul letto vicino. Gli venne quasi un colpo, quando atterrò sul morbido cuscino, battendo un ginocchio sul pavimento freddo. Per fortuna, il rumore della sua caduta fu attutito dal tappeto ai piedi del letto. Trattenne a stento un’imprecazione e rimase immobile, pietrificato dalla paura di aver svegliato chiunque dormisse lì. Aspettò per qualche interminabile secondo, per assicurarsi che stessero ancora tutti dormendo, poi si sollevò lentamente sui gomiti e, trattenendo il respiro, si puntellò sulle ginocchia per alzarsi in piedi ed allontanarsi. Improvvisamente, il proprietario del letto mosse la testa verso di lui. Al ragazzo venne quasi un infarto quando la fioca luce della luna illuminò il suo volto: era Megan! Dannazione! Tra tutte le stanze che potevano trovare, proprio lei doveva lasciare il balcone aperto?! La giovane si mosse nel sonno e sorrise, rivelando i suoi denti candidi come perle, mentre il pugno in cui aveva chiuso la sua piccola mano afferrava con più decisione le coperte. Lui provò ad allontanarsi, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Era come una calamita potentissima e, al tempo stesso, delicata, che attirava il suo sguardo con una potenza inaudita. Lentamente, si avvicinò a lei e le sistemò le coperte meglio che poté. Non voleva che prendesse freddo a causa del refolo di vento che penetrava nella camera dal balcone, ancora aperto. La vide muoversi di nuovo e girarsi su di un fianco, voltata verso di lui. Nel movimento, una delle spalline della camicia da notte scivolò dalla sua spalla, adagiandosi sul braccio con un movimento fluido e delicato. Richard deglutì a fatica a quella vista e, senza quasi rendersene conto, le si avvicinò ancora di più per sentire il suo profumo, così seducente e inebriante. Ormai i loro visi si sfioravano quasi… Sapeva bene che non avrebbe dovuto farlo, che non si sarebbe dovuto avvicinare, ma in quel momento il desiderio che provava per lei fu più forte della razionalità e lasciò che l’istinto prevalesse. Si chinò appena e sfiorò le sue labbra semiaperte con le proprie. Lasciò che si sfiorassero per qualche istante, giusto il tempo di assaporare appieno quel momento così unico e di sentire nuovamente il dolce sapore delle sue labbra, così morbide e delicate. La giovane, nella semplice incoscienza del sonno, schiuse appena le labbra, come per rendere quel bacio, così dolce e tenero, ancora più profondo. Forse lo stava sognando… Lo sperò con tutto se stesso e si concesse ancora qualche istante, accanto alla ragazza che gli aveva preso il cuore con quel suo sorriso così magnetico. Poi sorrise, e risollevandosi, le scostò delicatamente una ciocca di capelli dal viso, sussurrando “Sogni d’oro, amore mio. Dormi bene, mia dolcissima Megan”. Prese le chiavi della stanza dal comodino della compagna ed aprì la porta il più silenziosamente possibile. Si fermò appena un attimo a guardarla di nuovo, dopodiché corse nella propria stanza. Aprì la porta e spalancò il balcone, dicendo “Venite, presto!”. Poi corse verso la stanza della ragazza, richiudendo la porta a doppia mandata e lanciò le chiavi da sotto la fenditura del pannello. Il pesante portachiavi le trascinò verso il centro della stanza, facendole finire appena sotto il comodino dove si trovavano in precedenza. Richard si affacciò velocemente dal balcone e si sporse per afferrare il braccio di Eric. Lo aiutò a salire e disse “Aspetta qui. Aiuto gli altri e vi accompagno tutti nelle vostre stanze”. Il ragazzo annuì e si lasciò cadere sul primo letto disponibile; era troppo stanco e confuso per parlare. Poco a poco, tutti i ragazzi salirono sul balcone ed il giovane si premurò di accompagnarli nelle rispettive camere. Doveva assolutamente evitare che sbagliassero strada e combinassero un macello. Alla fine, quando si chiuse l’ultima porta alle spalle e tornò nella propria camera, lasciò andare un sospiro di sollievo e si stese sul proprio letto, lasciando che i pensieri fluissero liberamente nella testa. William si sedette accanto a lui e chiese “Sei stato un po’ lento, come mai? Hai fatto fatica a districarti tra le varie valigie?”. “Sì, le ragazze non sanno proprio tenerle in ordine” mormorò l’altro “Le lasciano aperte ovunque nella camera. Mi chiedo come facciano a trovarle, poi”. Si pentì immediatamente di quella confessione parziale, che però aveva fatto intuire al suo compagno dove fosse capitato. “Oh! Capisco”, “Sta’ zitto! Non una parola sull’argomento, chiaro?” sussurrò lui nervoso. “Tranquillo, non aprirò bocca con nessuno” lo rassicurò l’amico, sorridendo. “Scommetto che la trovi bellissima, anche quando dorme” sghignazzò poi, guardandolo di sottecchi. “Sì” ammise il compagno, arrossendo lievemente “Soprattutto quando sorride, ma anche quando dorme è davvero affascinante”. “Di cosa state confabulando, voi due?” brontolò Karl, con gli occhi impastati di sonno “Perché non vi decidete a dormire?”. “Scusa, Karl. Spegniamo immediatamente la luce” lo rassicurò William, stendendosi sul proprio letto. Richard si stese sul letto e si lasciò andare tra le braccia del sonno, ma non riusciva in nessun modo a togliersi dalla mente il sorriso di Megan e di come aveva risposto al suo bacio, anche se era profondamente addormentata. Era così fragile e delicata, ma sapeva tirar fuori una grinta che aveva dell’incredibile. Si chiese se sarebbe mai riuscito a farsi apprezzare da lei in qualche modo; lo sperava con tutto se stesso. Poco a poco, riuscì a calmarsi e a far tacere la mente, mentre la tanto desiderata incoscienza lo avvolgeva come una coperta calda e rassicurante.
 
La mattina dopo, il sole illuminò il volto della ragazza con i suoi raggi caldi e dorati, svegliandola, e lei sbatté più volte le palpebre, prima di riuscire a mettere a fuoco la stanza. Era un po’ stordita, non ricordava esattamente ciò che aveva fatto la sera precedente ed aveva una stranissima sensazione, come se avesse fatto qualcosa che doveva essere ricordato. Si passò una mano sul volto, cercando di svegliarsi del tutto, ed improvvisamente tutto le tornò alla mente. Aveva sognato di baciare una persona, ma non riusciva a ricordarsi chi. Sapeva solo che quel bacio era stato dolcissimo e le aveva trasmesso un calore che le aveva riscaldato il cuore, come la voce che aveva sentito poco dopo. Peccato che non riuscisse a ricordarsi a chi apparteneva; le era sembrata così dolce… Si alzò in piedi e si fece una doccia veloce, decisa a non fare tardi come la mattina precedente. Si rese conto di essersi svegliata decisamente prima della sveglia, solo quando si asciugò i capelli e diede un’occhiata all’orologio sulla parete della camera. In quel momento, il trillo insistente della sveglia si propagò nella stanza, svegliando Susan e Nicky, che si stiracchiarono, brontolando qualcosa a proposito della colazione. “Buongiorno” le salutò l’amica, “E tu che ci fai già in piedi?” chiese Nicky. La vide stringersi nelle spalle e rispondere “Non lo so, mi sono svegliata e basta. Non credo di aver dormito troppo bene”. “Come mai?” chiese Susan, sbattendo le palpebre per svegliarsi, mentre si trascinava verso il bagno. “Ricordo quasi alla perfezione quello che ho sognato. Di solito, mi capita solo quando non dormo bene la notte” spiegò la ragazza e l’altra sussurrò “Davvero? Io non ricordo mai niente di quello che sogno”. Megan annuì e si scervellò ancora, nel tentativo di ricordarsi chi era l’altra persona nel sogno, ma l’immagine continuava a sfuggirle come acqua tra le mani. “Io ho portato con me un libro per l’interpretazione dei sogni” ammise Nicky “Di solito, i sogni che si fanno fuori casa sono i più importanti”. “Tu dici?” le chiese la compagna, incuriosita da quella vicenda inaspettata. Susan scosse il capo, mentre si pettinava i capelli, e disse “Avremo tutto il tempo per interpretare il sogno di Megan durante il viaggio per Napoli. Ora dobbiamo andare a fare colazione”. Quando dovettero uscire dalla camera, Megan si accorse che le chiavi della stanza non erano dove le aveva lasciate la sera prima. Le cercò per tutta la camera, ma solo quando scivolò, finendo ad un centimetro dal comodino dove le aveva appoggiate, le vide davanti a sé. Scosse la testa incredula e disse “Accidenti, ero sicura di averle messe sopra il comodino! Mi sa che sono cadute mentre dormivo…”. “È probabile” disse Susan “Ma adesso è meglio che ci sbrighiamo. Non voglio fare tardi anche oggi”. Si affrettarono a scendere nella sala ristorante, ma Nicky inciampò nelle scale e fu solo grazie a Robert che non si fece male, cadendo a terra. La ragazza aveva lanciato un grido, quando i piedi si erano staccati da terra e sembrava che il pavimento le stesse venendo incontro, ma il compagno l’aveva afferrata al volo. La strinse a sé per impedirle di perdere ancora l’equilibrio e le chiese “Va tutto bene?”. Lei si limitò ad annuire, non si fidava troppo della propria voce e si rimise in piedi. Riuscì a sussurrare un “Grazie” sommesso e si allontanò rossa in viso, assieme alle sue amiche. Robert continuò a scrutarla, come se stesse per cadere di nuovo, poi rise e disse “Attenta a dove cammini, Nicky”. Dopo averle fatto un cenno, si affrettò per raggiungere i suoi amici. “Va tutto bene, Nicky? Ti sei fatta male?” le chiese Miriam spaventata, mentre la raggiungeva. “No, sto bene, grazie. Robert mi ha salvato da una brutta caduta!” mormorò la giovane, ancora un po’ scossa. “Hai le guance rosse come braci” le disse Wendy “Sei sicura di stare bene?”. La domanda dell’amica la colse in contropiede e borbottò “Sì, vi ho detto che sto bene”. Si affrettò a raggiungere il tavolo ed a servirsi un paio di fette biscottate con marmellata di arance, in modo da avere la bocca occupata.
Dopo la colazione, le ragazze ritornarono velocemente in camera per prendere le borse e Megan fu l’ultima ad uscire. Chiuse la porta dietro di sé e si avviò verso il pullman, che li avrebbe portati nel centro di Napoli. 


Ecco qua! ke ne dite? giornate parekkio interessanti x i nostri amici, nn trovate? Napoli li ha attirati molto ed anke Sorrento (la cittadina dove vivo), spero di non avvervi annoiato cn tutte queste ripetizioni.... Vabbé, cmq, x quello ke riguarda la discussione tra Richard e suo nonno, x motivi di comprensione nn l'ho scritta nel mio dialetto, apparte xkè nn ne sono capace (è dannatamente difficile, ve l'assicuro!!!), e poi proprio x renderla + comprensivile a tutte, dato ke, molto probabilmente, veniamo da tantissime parti diverse di questo magnifico paese ke è l'Italia. beh, adesso smetto di importunarvi. spero ke il cappy vi sia piaciuto. bacioni a tutte! 

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Capitolo 17
*** Meta imprevista ***


Eccomi qui, ragazze, cn un cappy fresco fresco! cm avrete letto, la cara  Megan ha avuto un sogno parekkio partcolare e, vi assicuro, continuerà a pensarci x un bel po'! ^_^ La gita continua ed una bella sorpresa si profila all'orizzonte x i nostri amici. Visbs88, voglio sapere come CAVOLO FAI ad indovinare sempre tutto!!!!! a volte mi spaventi!!!! vabbé, adesso vi lascio al nuovo capitolo, ringraziandovi di cuore x la pazienza ke avete nel seguirmi in questa FF. grazie a tutte!

17-Meta imprevista

Il viaggio fu lungo e decisamente noioso, tanto che Megan finì quasi per addormentarsi. Il paesaggio era sempre uguale e non le dava il ben che minimo stimolo per rimanere sveglia. Il traffico che intasava le strade principali aveva rallentato non poco il viaggio dei pullman e molti ragazzi si erano rassegnati a dormire un po’, almeno per non annoiarsi. La giovane si accorse appena che stava per entrare in quel gruppo, ma all’improvviso Nicky le batté una mano sulla spalla, svegliandola dal torpore in cui era caduta. “Ho preso Il Libro dei Sogni. Vuoi o no che ti aiuti a capire che vuol dire quello che hai sognato stanotte?” le chiese con aria entusiasta. Sembrava davvero impaziente di sapere cos’aveva popolato i sogni della sua amica. Gli occhi color cannella le scintillavano per la curiosità, mentre le sue mani si stringevano attorno al libro che aveva preso dallo zaino. “Hai ragione, scusami. Ma il paesaggio è talmente monotono, che non sono riuscita a tenere gli occhi aperti” mormorò lei, strofinandosi le palpebre. Si sentiva ancora un po’ stordita, ma scosse la testa per schiarirsi le idee e si appoggiò al sedile. “Allora, che hai sognato?” le chiese l’amica, poggiandosi il libro sulle gambe. Non era molto grande, ma la copertina azzurra e dorata gli dava un’aria antica, che metteva quasi soggezione. La ragazza non rispose subito, mentre cercava di riordinare i pensieri, poi disse “Ho sognato di…”. “Di?” insistette Nicky, cercando di capire cosa volesse dirle. La vide guardarsi in giro e sussurrarle con un filo di voce “Ho sognato di baciare qualcuno, ma non riesco a ricordarmi chi”. Richard, dietro di lei, trattenne un’esclamazione stupita quando la sentì parlare con Nicky del suo presunto sogno. Accidenti! Allora non era del tutto addormentata! Aveva corso un rischio enorme! Non osava pensare a quello che sarebbe successo se si fosse svegliata e lo avesse trovato nella camera. Sarebbe scoppiato il finimondo… Però, era stato anche uno dei momenti più belli della sua vita e non riuscì a trattenere un sorriso al ricordo. Era stato qualcosa di intenso, che lo aveva scosso nel profondo con una dolcezza infinita. Sentì Nicky trattenere il fiato e mormorare “Accidenti! Dici sul serio?”. Non udendo nessuna risposta, immaginò che l’altra avesse annuito. Riusciva quasi ad immaginarsi la sua faccia imbarazzata a quell’affermazione, poi sentì il rumore delle pagine sfogliate in fretta e furia, mentre cercavano la spiegazione di un sogno di quel tipo. Tese le orecchie, nel tentativo di cogliere quanto più possibile di quella conversazione, poi sentì una bassa esclamazione trionfante e riuscì a sentire la didascalia del sogno. “Ascolta” disse Nicky emozionata “Qui c’è proprio il sogno che hai fatto tu!”, poi iniziò a leggere a voce bassa, in modo da far sentire alla sua compagna ciò che era riportato su quei fogli stampati. Certo non potevano immaginare che il ragazzo dietro di loro le stava ascoltando interessato.
Tra i sogni d’amore più comuni, soprattutto tra le ragazze, c’è quello del bacio. Dolce e tenero, il bacio è il simbolo per eccellenza dell’amore e del romanticismo in generale. Chi sogna di ricevere o dare un bacio è un tipo molto romantico, ma che nasconde in sé una forte personalità ed una mente attenta ai dettagli. Sognare di dare o ricevere un bacio è sinonimo di amore. È il desiderio di ricevere e dare amore e fiducia, e questo accade soprattutto se si è molto insicuri dei propri sentimenti... Probabilmente sognate già la persona con cui condividere la vostra vita, oppure avete già trovato il\la candidato\a giusto\a. Ci sono diversi tipi di bacio nei sogni delle persone: quello delicato e tenero, o quello forte e rude. Nel primo caso, è di buon auspicio, perché indica che la persona che vi ama è di animo dolce e generoso. Nel secondo, non c’è motivo di preoccuparsi, poiché colui o colei che popola i vostri pensieri ha un carattere deciso, ma non per questo prepotente. Se non ricordate a chi avete dato e\o da chi avete ricevuto un bacio, vuol dire che c’è qualcuno che tiene davvero molto a voi, ma non ha ancora avuto il coraggio di dichiararsi. Se sapete di chi si tratta, perché aspettare? Fate voi il primo passo!”. Quando lesse il primo tipo di bacio, la ragazza si ricordò che era esattamente quello che aveva sognato, tenero e delicato… Chissà chi era che teneva a lei, senza avere il coraggio di dirglielo in faccia. Megan rise di gusto e disse “Interessante! Mi piacerebbe davvero sapere chi è il ragazzo misterioso che prova qualcosa per me!”. “Io non ci scherzerei sopra” disse Nicky “Magari è qualcuno di cui non hai mai sospettato”. La compagna la guardò divertita, poi ritornò seria e disse “Ok, ma tu e le altre mi dovete aiutare a scoprire di chi si tratta”. “Contaci!” esclamò la sua amica, entusiasta dell’idea di svelare un mistero. A quel punto, Richard si sporse sul sedile della ragazza seduta davanti a lui e chiese “Scoprire chi è chi?”. Le vide voltarsi di scatto e Megan gli chiese “Ma tu non puoi fare a meno di origliare le conversazioni degli altri?”. “Io non sto origliando!” ribatté lui offeso “Non so nemmeno di cosa state parlando! Ho solo sentito la tua ultima frase e mi sono incuriosito. È forse un reato?”. “No, ma devi capire che ci sono cose da ragazze e cose da maschi. A te piacciono le moto a noi piace interpretare i sogni” gli spiegò Nicky. “Perché? Che hai sognato, Megan?” chiese il ragazzo, sporgendosi verso di lei. La giovane arrossì violentemente e disse “Niente che possa interessarti”. Si girò bruscamente ed iniziò a leggere Il Libro dei Sogni per distrarsi e non guardarlo in faccia. Temeva che, se lo avesse fatto, quegli occhi color smeraldo, così persuasivi e profondi, l’avrebbero convinta a parlare e non voleva fare la figura della stupida davanti a lui. Certo non poteva sapere che era proprio Richard il protagonista di quel sogno che tanto l’aveva colpita.
 
Arrivarono al porto solo a mattina inoltrata ed i ragazzi scesero dal pullman, sgranchendosi le gambe e le braccia indolenzite, tra mugolii di protesta per la durata del viaggio. La professoressa li fece sistemare in fila e li condusse verso il porto della città, uno dei più grandi e trafficati d’Italia. Lì, un pescatore spiegò loro tutti i tipi d’imbarcazione che giungevano da diversi stati del Mediterraneo, soprattutto dall’Africa. I ragazzi osservarono ammirati un’enorme nave da crociera ancorata alla banchina, da dove stavano scendendo parecchi turisti, provvisti di macchine fotografiche e cartine della zona. “Voglio salire su una di quelle navi” mormorò Jennifer con voce sognante “Io e Richie ci divertiremo un sacco a giocare a tennis sul ponte principale, o a rilassarci nella piscina idromassaggio…”. “Sì, aspetta e spera” esclamò Jonathan, “Sogna, sogna” le disse William “Tanto resterà solo questo: una bella illusione!”. “Continua pure ad illuderti, se ti fa piacere. Io non salirò mai su una di quelle navi in tua sola compagnia!” aggiunse Richard con una smorfia. Sarebbe stato un incubo ad occhi aperti e rabbrividì al solo pensiero. Ma, immaginare Megan al posto di Jennifer, rendeva tutto decisamente più bello. “Certo, Richie. Come vuoi tu” borbottò lei senza ascoltarlo e cercò di sistemarsi il cappellino di paglia sulla testa bionda. Il vento, che entrava nel porto, sembrava deciso a portarglielo via, facendo sventolare il nastro che lo adornava. “Non l’ha nemmeno ascoltato. È la prima volta che succede! Quella è totalmente andata!” disse Wendy a Miriam. La compagna si limitò ad annuire e Susan disse “Quando si sveglierà dal suo sogno ad occhi aperti, sarà troppo tardi per tornare indietro”. “Sarà, ma Richard deve sbrigarsi a liberarsi di lei…” mugugnò Karl, cingendole la vita con un braccio. “Perché? Ha un ultimatum, per caso?” chiese lei incuriosita, “No, ma prima lo fa, meglio è per entrambi”. Trascorsero tutto il resto della mattinata nel porto, poi pranzarono e si diressero verso il piccolo, ma caratteristico Acquario di Napoli, dove si trovavano la maggior parte delle specie presenti nel Mar Mediterraneo, ma non solo. Da poco tempo, erano state inserite anche diverse specie del vicino oceano Atlantico. Certo, le sue dimensioni non erano paragonabili a quello di Genova, ma i custodi ce la mettevano tutta per dare lustro al loro Acquario. L’ingresso era avvolto in una bellissima luce azzurra ed un lungo corridoio, fiancheggiato da vasche di varia grandezza, portava alle sale più importanti ed alle vasche più grandi. Wendy osservò ammirata alcune tartarughe marine giganti, che si spostavano con grazia nella loro vasca grazie alle sviluppate pinne anteriori. Nicky sorrise, ammirando dei piccoli cavallucci marini che si nascondevano tra gli anemoni. “Guarda, Megan!” esclamò Miriam, richiamando l’attenzione delle amiche “Hai visto com’è bello quel pesce a strisce bianche e blu?”. “Sì, hai ragione” rispose lei, raggiungendola di corsa per ammirare la sua scoperta. “È un pesce angelo! Viene dall’Atlantico” spiegò Susan, leggendo il cartello accanto alla vasca. “Beh, nome piuttosto azzeccato!” ridacchiò Crystal, appoggiandosi alla vetrata per vederlo meglio. “E lì? Cosa c’è nella vasca accanto?” chiese Nicky, eccitata. “Squali” commentò Dalia, facendo una smorfia, poi abbassò la voce e disse “Non trovate che assomigli vagamente a Walter?”. La sorella scrutò lo squalo davanti a sé e disse “Sì, trovo che tu abbia ragione”. Megan rimase a lungo davanti ad una delle vasche, affascinata da alcuni cavallucci marini, color oro e blu. Vivevano anche nella baia su cui si affacciava il suo villaggio e tante volte, quand’era bambina, si era divertita ad inseguirli nei fondali bassi. Richard le andò accanto per vedere cosa stesse guardando e le chiese “Ti piacciono i cavallucci marini?”. Lei annuì e gli spiegò che li aveva visti molto spesso nella baia dove andava a nuotare da bambina. Il ragazzo sorrise e per un attimo provò ad immaginarsi la piccola Megan che sguazzava in una baia cristallina, tra scogli e sabbia bianchissima, mentre sullo sfondo si profilava il suo villaggio. Scosse il capo e tornò ad osservare le vasche ed i loro abitanti, poi uno dei custodi condusse le classi verso la zona più interna dell’Acquario, dove si trovavano le specie più particolari. Susan rise forte, quando trovarono una specie di polpo rosso fiammante. Si coprì la bocca con una mano e sussurrò “Ragazze, chi vi ricorda quel polpo?”. Wendy e Miriam stettero un po’ a pensare, poi tutto il gruppo mormorò divertito “Jennifer quando si arrabbia!”. Le vasche e le sale che le contenevano erano stupende e le classi impiegarono tutto il pomeriggio a visitarle, perché si fermavano in continuazione per ammirarle. Infine, si divertirono a farsi delle foto accanto alla mascotte dell’Acquario, un grosso delfino color argento e vestito alla marinara, con il tipico cappello dell’equipaggio di una nave. Nicky convinse tutte le amiche a farsi una foto insieme e poi Susan ne fece una con Karl, da bravi fidanzati. Provarono anche a scattare una foto a Megan e Richard insieme, cogliendoli di sorpresa ed entrambi i ragazzi arrossirono. La foto li ritraeva rossi come due pomodori, a contrasto con le strisce azzurre che adornavano gli abiti della mascotte. Quando risalirono tutti sul pullman, la giovane chiese “Ma siete ammattite? Perché avete fatto scattare una foto a me ed a Richard?”. “Amica mia, quando c’è la scintilla, a volte non guasta alimentarla un pochino!” le rispose Dalia con saggezza. “E poi l’abbiamo fatta anche a Karl ed a Susan!” ribatté Crystal divertita. “Ma Susan e Karl stanno insieme! E poi, di che scintilla state parlando?” esclamò la ragazza, scuotendo la testa. La sua treccia scura iniziò a dondolare, seguendo i movimenti della testa, minacciando di colpire la mano di Crystal, seduta accanto a lei. “Che presto, anche voi due starete insieme!” rise Miriam, mentre le altre facevano smorfie di approvazione e Megan capì che era inutile insistere. Con un sospiro, si afflosciò sul proprio sedile e chiuse gli occhi, ascoltando un po’ di musica dall’hypod di Nicky e scivolando lentamente tra le braccia del sonno.
Dalia la scosse dolcemente dopo quello che a lei sembrò un attimo, e le disse “Meg! Il tuo cellulare sta squillando!”. Lei spalancò gli occhi e, sentendo la suoneria, aprì velocemente lo zaino e lo prese. Non guardò il numero che la stava chiamando, ma non fu affatto sorpresa di sentire suo padre dall’altra parte della linea. “Ciao, tesoro. Come vanno le cose in gita?” le chiese Alan, “Bene. Stiamo appena tornando dal porto di Napoli. Oggi abbiamo visitato l’Acquario”. “Veramente, siamo quasi arrivati all’hotel” le sussurrò Wendy ed il padre rise, prima di dire “Ti sei addormentata durante il viaggio?”. La ragazza sbadigliò e rispose “Probabile, mi sento a pezzi per quanto abbiamo camminato”. L’uomo rise di nuovo, per poi dire “Allora, scricciolo. Domani compi diciotto anni. Ormai stai diventando grande! Come pensi di festeggiare?”. Megan si sbatté una mano sulla fronte ed esclamò “È domani?!? Oh, mio Dio! Me ne ero totalmente dimenticata!”. Poi sentì suo fratello esclamare “E che cavolo! Ti vai a dimenticare proprio del tuo diciottesimo compleanno?!”. “Qui ho davvero perso la cognizione del tempo” ammise lei, imbarazzata. “Non ci posso credere!” borbottò Miguel, prima di passare il telefono alla madre “Sei la ragazza più assurda di questo mondo!”. “Ciao, Megan. Va tutto bene?” chiese Grecia, “Sì, mamma. Qui va tutto a meraviglia! Ci stiamo davvero divertendo!”. “Mi fa piacere. Senti, dato che tornate giovedì mattina, perché non organizziamo una festicciola per sabato con tutta la tua classe?” propose la madre “Magari in giardino? Così avrete il tempo di riprendervi dalla gita”. “Trovo che sia una buona idea. Grazie, mamma. Non so che cosa avrei fatto senza di te e papà. Grazie di avermelo ricordato” mormorò la ragazza. “Di niente, tesoro” disse Grecia, poi rise “Scusami, ma credo proprio che Ines voglia parlarti un attimo”, “D’accordo passamela” rise lei. Sentiva la sorellina iniziava a chiamarla e cercava di prendere il telefonino dalla mano della madre. “Ciao, Meg!” esclamò nella cornetta, appena Miguel gliela porse, “Come tai?”. “Io bene, fiorellino. E tu?” chiese la sorella ridendo, “Qui va tuto bene! Miguel fa il bavo, come ti avevo pomesso!” rise la piccola. “Oh, non ne dubito! Dato che ci sei tu a controllarlo, posso stare tranquilla” mormorò Megan. “Lui tanto bavo con me!” cinguettò Ines allegra “Tu ti divetti in gita? È bella?”. “Molto, abbiamo visto tante cose!” rispose la giovane “E ti ho già preso un bel regalo”. La sorellina rise contenta e disse “Ti chiamo domani per il tuo compleanno. Ti voglio bene, Meg”, “Anch’io, piccola. Ci sentiamo domani”. Chiuse la chiamata e si accorse che le sue amiche la stavano guardando con la stessa espressione incredula. Rimase per un attimo senza parole, poi chiese “Va tutto bene? Avete certe facce!”. “Megan, ma perché non ce l’hai detto?” esclamò Nicky “Tu domani compi diciotto anni e non dici niente!?”. “Me ne sono dimenticata!” si difese la ragazza, stringendosi nelle spalle “Scusate se avevo altro per la testa!”. Le amiche scossero il capo “Megan, Megan, Megan. Sei un caso disperato! Nessuno si dimentica del proprio compleanno, specie se è il diciottesimo!”. “Scusate” ripeté lei, rossa di vergogna “Ma ho tutt’altro per la testa, in questo momento”. “Nah, tu sei più unica che rara, fattelo dire!” esclamò Richard dalla fila dietro, facendola arrossire ancora di più. “Comunque, quando festeggi? Se è domani, come cavolo facciamo? Siamo in gita!” ribatté Susan. “Sabato” fu la risposta sommessa. “Bene” disse Dalia “Così abbiamo il tempo di pensare a qualcosa…”, “E di riprenderci dalla gita” concluse Crystal con un sorriso. “Hai già pensato a chi invitare?” domandò Dalia, “Tutta la classe” rispose l’amica. “Anche Jennifer?” le chiese Wendy allarmata, “Un minimo di cortesia non guasta, ma neanche io sono entusiasta all’idea” rispose la giovane con una smorfia. “Hai ragione, sarebbe poco consigliabile” ribatté Miriam. L’affermazione della compagna non faceva una grinza e la sua amica si rassegnò psicologicamente all’idea di invitare anche quell’arpia alla festa più importante della sua adolescenza. Rise al pensiero di quello che avrebbe preparato suo padre per l’occasione. Sicuramente, si sarebbe dato al barbecue in giardino e le avrebbe propinato qualche salsa extra-piccante, che le avrebbe bruciato la lingua. Suo padre e Miguel non riuscivano a gustare la carne senza una buona dose di peperoncino. Anche sua madre lo gradiva in dosi non eccessive, ma lei non riusciva proprio a sopportarlo! Le bruciava la lingua e le infiammava la gola, facendola tossire finché non beveva un bicchiere d’acqua fredda… Non si sarebbe mai detto che lei era messicana per come reagiva al peperoncino! Era più messicano suo padre di lei, sotto quell’aspetto. Si rilassò sul sedile e lasciò che i suoi pensieri dilagassero senza freni per alcuni minuti, senza però addormentarsi. Venne bruscamente riportata alla realtà dalla voce dell’insegnante che, preso il microfono accanto al conducente, chiese silenzio in tutto il pullman. Poi sorrise ed annunciò alla classe “Ragazzi, ho un’importante notizia. Domani voi non sapete dove andremo. Ecco, è giunto il momento di dirvelo. Domani non ci saranno visite in musei o in case antiche. Niente del genere”. Quando fu sicura che tutta la classe pendeva dalle sue labbra, continuò “Domani si va in uno dei parchi divertimenti più famosi d’Italia. Andremo a Gardaland, a pochi kilometri da Verona”. I ragazzi esplosero in grida di festa e fischi acuti, a simboleggiare tutto l’entusiasmo delle classi. La professoressa sovrastò il chiasso che si era formato e disse “So che ora alloggiamo nell’albergo di Napoli, ma non siamo riusciti ad organizzarci altrimenti, quindi stasera tutti a letto presto. Ci aspetta un viaggio piuttosto lungo, perciò la sveglia suonerà con un’ora e mezza di anticipo. È tutto chiaro?”. Richard diede il cinque a Megan e disse “Il modo migliore per festeggiare il tuo diciottesimo compleanno! Non poteva andarci meglio!”. “Puoi scommetterci! Che fortuna sfacciata che abbiamo avuto!” esultò la ragazza, al settimo cielo. Le ragazze esultarono alla notizia e Wendy sussurrò alle amiche “Ho visto su una rivista che c’è una nuova attrazione in quel parco divertimenti!”. “Quale?” chiese Susan, incuriosita dal tono misterioso dell’amica, “Il Tunnel dell’Amore” spiegò lei, con un sorriso malizioso. Dalia osservò di sottecchi l’amica che stava ancora parlando con Richard, assolutamente entusiasta di come avrebbe trascorso il giorno seguente. “Accidenti! State pensando quello che penso io?” chiese, sorridendo allegra come non mai. Il sorriso di Crystal contagiò tutte e altre e Susan si avvicinò a Karl, avvisandolo del piano che avevano in mente per far rimanere soli i loro due amici nel Tunnel dell’Amore.
 
Quella notte, nessuno dei ragazzi dormì bene per l’eccitazione; Megan meno di tutti, presa com’era dagli ultimi eventi. Come aveva fatto a dimenticarsi del proprio diciottesimo compleanno? Ora doveva organizzare tutto ed in fretta, ma soprattutto doveva trovare il modo di riuscire a sopportare Jennifer per un’intera serata, in cui avrebbe dovuto sorridere per tutto il tempo. Sperò intensamente che Richard venisse; aveva una voglia incredibile di ballare con lui come avevano fatto alla sua festa. Voleva tanto vederlo sorridere e, in quel momento, si chiese come avesse fatto non notare che possedeva delle labbra così meravigliose. Un brivido caldo e sconosciuto le percorse la schiena a quel pensiero, mentre si chiedeva perché avesse iniziato a fantasticare su di lui in quel modo. Ogni volta che pensava al suo compagno, sentiva le farfalle nello stomaco ed un brivido le scorreva lungo tutto il corpo. Ripensò a quello che le era successo dall’inizio della gita e si sentì arrossire, mentre pensava a tutte le volte che si erano ritrovati insieme. Un altro brivido la scosse, pensando che sarebbe stato davvero bello se il protagonista del sogno che aveva fatto la sera prima fosse stato Richard. Cullata da quell’inspiegabile desiderio, scivolò velocemente nel mondo dei sogni, mentre i pensieri continuavano ad affollarle la mente. Parole ed immagini si sovrapponevano a vicenda, trasportandola in luoghi magici e meravigliosi, in cui poteva fare ciò che voleva senza che nessuno la disturbasse. 


Ecco fatto. spero ke vi piaccia. la nostra classetta non vede l'ora di arrivare a Gardaland e, vi prometto, ke lì ne accadranno di tutti i colori! ò_ò state pronte!!! prima di lasciarvi, ci sn 2 precisazioni ke devo fare.
1) "il tunnel dell'amore" nn c'è x davvero nel parco didivertimenti, l'ho inventato io x l'occasione. tutte le altre attazioni ci sn davvero, ci sn stata personalmente quando ero in 3° media... Ke ricordi!!!
2)L'Acquario di Napoli, in realtà, è molto piccolo, anke se contiene molte specie davvero singolari. vi kiederete allora xké ho scritto tt quelle cose... è presto detto, La prima volta ke ho scritto il cappy, avevo descritto l'Acquario di GEnova cn la relativa mascotte, ma mi è stato fatto notare ke, da Napoli a Genova il viaggio sarebbe stato troooppo lungo e così, x nn dover cancellare tt, ho modificato la situazione in questo modo.
spero possiate capire la mia situazione... Vi mando un forte abbraccio e grazie mille a tutte! alla prossima!

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Capitolo 18
*** Gardaland ***


Eccomi di nuovo tra voi!!! Alys è tornata cn un nuovo cappy, pronta a tormentarvi fino alla morte!!!! No, dai.., Sto skerzando! Spero ke la FF vi stia piacendo. Abbiamo lasciato i nostri amici cn una notizia sensazionale.... Si va a Gardaland!!! personalmente, ci sn stata diversi anni fa, quindi perdonatemi se nn ci sn attrazioni nuove.... Qulle descritte le ho fatte tute, tranne "Mammutt" (ke infatti, descrivo) ed il "Tunel dellAmore", di mia invenzione. adesso vi lascio al cappy. ci sarà da divertirsi, promesso!

18-Gardaland

La mattina dopo, tutti si svegliarono carichi d’energia, come se avessero dormito perfettamente. Finirono la colazione in un attimo e si diressero verso il pullman, impazienti di partire, mentre gli insegnanti ancora bevevano il loro caffè. “Accidenti!” commentò la signorina Winkest “Fortuna che non gliel’abbiamo detto prima, altrimenti non oso immaginare cosa sarebbe successo!”. “I ragazzi sono imprevedibili” aggiunse il professor Smith, aggiustandosi gli occhiali. “E la cosa pazzesca è che non li ho sentiti minimamente lamentarsi per l’orario” ridacchiò il professor Jackson “Non vedono l’ora di partire!”. Quando finalmente partirono, l’euforia dei ragazzi era ormai alle stelle e per tutto il viaggio nel pullman riecheggiarono canti e risate. Nessuno osava chiudere gli occhi, nel timore di prendere sonno durante il viaggio, ma era impossibile addormentarsi mentre la IV D festeggiava la giornata che stava per trascorrere. Erano tutti così su di giri, che lanciarono esclamazioni festanti persino quando il sole fece capolino oltre le nuvole, annunciando il nuovo giorno. Un giorno che prometteva un mucchio di divertimento, su giostre spettacolari, famose in tutto il mondo. Il grande parco si profilò all’orizzonte dopo diverse ore di viaggio e sembrò che nei pullman fosse scoppiata una bombola di allegria super-concentrata tra i ragazzi. L’autobus si fermò in uno degli spiazzi appositi, poi la signorina Winkest li fece scendere uno alla volta e li fece raccogliere attorno alla porta, ma non fu facile farli rimanere fermi. L’euforia era così intensa da poterla tagliare con un coltello. Li avvisò che avrebbero pranzato in uno dei ristoranti all’interno del parco, alle 12.30 in punto e che si sarebbero ritrovati all’orario di chiusura, davanti all’entrata. Distribuì i biglietti ai suoi alunni e li spedì a divertirsi nel grande parco divertimenti, raccomandando loro di essere puntuali. I ragazzi non si fecero pregare e corsero verso le attrazioni più vicine o si misero alla ricerca di quelle più emozionanti. Megan e le sue amiche iniziarono a percorrere un lungo viale che portava all’Albero di Prezzemolo -la mascotte del parco- ed osservarono rapite le due file di elefanti dorati che affiancavano il viale. Wendy ebbe un sussulto quando si accorse che gli alberi che fiancheggiavano il sentiero erano animati. Quegli strani tronchi li salutavano agitando le fronde e muovendo gli occhi, augurando loro buon divertimento. Le amiche la presero in giro per essersi spaventata per una cosa così stupida, ma tutte si bloccarono di colpo, quando uno schizzo d’acqua le oltrepassò all’improvviso. Susan fu la prima a rendersi conto che erano gli elefanti dorati a spruzzare acqua dalle proboscidi. Avvicinandosi, notò che questi schizzi finivano nelle tazze dorate dell’elefante successivo, in un gioco di spruzzi davvero buffi. Risero di gusto e corsero verso la prima attrazione che si ritrovarono davanti. “JungleRapids?” chiese Nicky, fermandosi davanti all’ingresso di pietra bianca. “Sì! Il nome promette bene” disse Dalia, avviandosi verso le scale dalle tinte chiare. Crystal si guardò intorno e disse “Ma ci sono due entrate!”, “Quale sarà quella giusta?” chiese Wendy. “L’unico modo per scoprirlo è andare a vedere” propose Megan, entrando nell’ingresso alla sua destra. Le altre la seguirono su per le scale bianche e beige e si accorsero di essere salite su una torre panoramica della giostra. C’era una lieve brezza, calda e tranquilla, che le scompigliò i capelli sciolti sulle spalle. Si rimproverò di non aver portato con sé un elastico per legarli, ma ormai era troppo tardi. “Bene” disse Nicky “Così almeno abbiamo un’idea più chiara di quello che ci aspetta”. Un fischio improvviso le fece trasalire e le ragazze si accorsero che Richard e Karl (seguiti da Jonathan, William, Jack e Robert), erano dietro di loro. “Bell’attrazione, non c’è che dire!” esclamò William, poi si rivolse alle ragazze e chiese “Possiamo unirci a voi?”. “In gruppo è sempre meglio” sghignazzò Crystal, “Certo” disse Miriam “Ci farebbe piacere”. I maschi iniziarono a scendere, ma Richard e Karl si bloccarono e, voltandosi verso Megan. “Scusa se non abbiamo potuto dirtelo prima, ma nel pullman sarebbe stata un’impresa” dissero “Quindi, buon compleanno!”. Poi risero e scesero di corsa gli ultimi gradini, dileguandosi tra le fronde. “Grazie” ricambiò lei arrossendo, mentre li seguiva assieme alle amiche. Anche le altre le avevano fatto gli auguri appena sveglie e la ragazza si chiese come avesse potuto dimenticarsi proprio del suo diciottesimo compleanno. Non aveva senso. Doveva essere proprio uscita di testa. La fila per l’attrazione non era molta, probabilmente perché non era ancora alta stagione, e quindi i ragazzi non dovettero aspettare molto per salire sui grandi gommoni gialli e godersi il giro. Jack notò che erano massimo di sei e disse “Dovremo dividerci in più gruppi. Non più di sei persone per gommone. I sedili sono contati”. “Peccato” disse Jonathan, sistemandosi il berretto “Dobbiamo sempre separarci”. Si organizzarono velocemente e si divisero in gruppi: Nicky, Robert, Dalia e Jonathan avrebbero preso il primo gommone; Miriam, Crystal, Philiph, William e Jack il secondo, mentre Karl, Susan, Megan e Richard l’ultimo. La ragazza sospettò che volessero farla restare accanto a Richard il più possibile e ne ebbe la conferma quando Karl la fece inciampare e lei cadde proprio accanto al compagno di classe. Decise di non farci caso e, non appena il gommone iniziò a muoversi, ringraziò il cielo di essersi portata dietro solo il marsupio con il minimo indispensabile. Si era accorta che l’acqua entrava anche oltre i bordi del canotto, a giudicare dal fondo scivoloso e dalle piccole pozze sui sedili. Si strinse forte alle sbarre che aveva accanto e lanciò un piccolo grido quando il gommone precipitò per un piccolo tratto, rimbalzando sull’acqua e schizzandoli tutti da capo a piedi. Sentì gli strilli di Susan e rise quando la vide stringersi a Karl, mentre il canotto girava su se stesso come una trottola. Si coprirono tutti la testa quando avvistarono delle statue gigantesche di elefanti che spruzzavano acqua dalla proboscide ed evitarono così una doccia. Passando accanto ad una fragorosa cascata, però non riuscirono ad evitare il bagno. Risero allegri quando videro Philiph, sul gommone avanti a loro, togliersi la maglia e strizzarla. Sui bordi della gola dov’erano entrati, si affacciavano vari manichini. Erano davvero i più svariati ed andavano dai selvaggi agli sciamani, dalle tigri agli elefanti, fino ad enormi sculture di Buddha, intagliate sulle facciate di giganteschi palazzi di pietra. Improvvisamente, entrarono in una grotta bassa e piena di canne di bambù tagliate trasversalmente, in modo da donarle una punta accuminata, mentre il gommone rimbalzava su rulli nascosti sott’acqua. C’era un buio pesto e Megan strinse la mano di Richard, al suo fianco, per farsi un po’ di coraggio. Quando sentì il verso dei pipistrelli, lanciò un grido e si chinò di lato, cercando di evitare quelle bestiacce. Il ragazzo la guardò sorpreso e chiese “Megan, ma che ti prende?”, “Ho il terrore dei pipistrelli!” ammise lei con voce flebile “Mi fanno venire la pelle d’oca!”. Lo sentì ridere e le venne l’impulso di prenderlo a schiaffi, ma si controllò. Respirò a fondo per calmarsi e chiese sprezzante “Tu invece non hai paura di niente, vero Mr. Coraggio?”. “Al contrario, ci sono cose che mi fanno paura” ribatté lui e Karl disse “Richard ha paura dei serpenti e degli spazi troppo piccoli, come i buchi”. Ridacchiò divertito dalla propria battuta, reclinando la testa all’indietro. “Buchi?” chiese Susan “Intendi spazi angusti in cui rischi di rimanere incastrato?”. “Esatto” disse il diretto interessato, lanciando un’occhiataccia all’amico, “Questa grotta certo non è minuscola, è solo un po’ bassa. Altrimenti credo che mi sarebbe venuto un attacco di panico”. Rabbrividì all’idea e strinse a sé la ragazza, dicendole “Sta’ tranquilla. Siamo quasi fuori”. Poi lasciò che il gommone continuasse la sua corsa e le accarezzò i capelli, nel tentativo di tranquillizzarla. Megan sentì il proprio cuore partire in quarta e battere violentemente contro le costole. Sentiva le sue braccia avvolgerla in modo protettivo e rassicurante mentre le accarezzava i capelli con una mano. Rimase assolutamente immobile ed ascoltò il respiro regolare di lui, adattando il proprio allo stesso ritmo. Cercò in tutti i modi di non pensare ai pipistrelli che volavano sopra le loro teste e si lasciò custodire dall’abbraccio di Richard. La luce del sole li abbagliò per qualche attimo, mentre uscivano dalla grotta e la giovane si rimise di scatto a sedere, raddrizzandosi sul sedile. Si passò lentamente una mano sui capelli, cercando di capire perché si fosse sentita così al sicuro tra le sue braccia. Non era normale, perché avvertito quella sensazione così forte? I canotti si avvicinarono lentamente alla banchina di partenza ed i quattro ragazzi scesero, dirigendosi verso i compagni che li aspettavano oltre un piccolo recinto di legno. “Allora?” chiese William emozionato “Che forza questo giro! Non trovate anche voi?”. “Sì” concordò Susan, stringendo la mano a Karl “È stato forte”, “Bellissimo” aggiunse Crystal, mentre strizzava il bordo della maglia. Anche gli altri fecero lo stesso e dalle loro T-shirt uscì un’impressionante quantità d’acqua. “Mamma mia!” esclamò Miriam, “Avete visto quanta acqua avevamo addosso?” chiese Robert, mentre infilava la maglietta. “Robert, ma per voi maschi è così difficile strizzare la maglia tenendola addosso?” borbottò Dalia rossa in viso, mentre anche gli altri ragazzi infilavano le proprie T-shirt. Megan rimase pietrificata dall’imbarazzo quando anche Richard si tolse la maglia per strizzarla. La luce del sole illuminava i suoi muscoli scolpiti e ben delineati, donandogli tonalità luminose, a causa delle gocce d’acqua che li ricoprivano. A quella vista, si era sentita mozzare il fiato in gola e aveva dovuto fare uno sforzo per nascondere le guancie in fiamme. Era semplicemente stupendo… “Perché?” chiese Philiph “Ti dà fastidio?”, “Beh, certo non ci sentiamo a nostro agio, con voi a torso nudo” mormorò Wendy, anche lei rossa in viso. “Ok, allora cercheremo di evitarlo” rispose Jonathan con una buffa smorfia sul volto. Le ragazze risero ed entrarono nel negozio che dovevano attraversare per uscire di nuovo nel parco e si fermarono ad osservare i vari souvenir. Tra gli scaffali spiccava Prezzemolo in tenuta da Indiana Jones, con tanto di cappello da esploratore. Megan rise quando Jack comprò uno di quei pupazzi e lo porse al fratello, dicendo “Ecco, così potrai dormire tranquillo la notte!”. “Cosa?!? E da quando in quando io dormo con un pupazzo?” chiese Will infuriato. “Da oggi” disse Jack, con un sorriso strafottente sul volto, “Ti faccio vedere io chi dorme con il pupazzo!” gridò il fratello, iniziando ad inseguirlo fuori dal negozio, tra le risate degli amici. “Allora? Adesso dove andiamo di bello?” chiese Robert, ancora scosso dalle risate. “Tunga” disse decisa Nicky, avviandosi verso l’attrazione, “Mi ci vuole qualcosa di tranquillo, dopo quella scarrozzata sui gommoni”. Wendy osservò il simbolo dell’attrazione e disse “Tarzan, secondo te, è tranquillo?”. “Bah, non facciamo le difficili e seguiamola, prima che entri da sola” disse Miriam, seguendo la compagna. Il gruppo entrò in un grande recinto, fiancheggiato da alti pali in legno e punteggiato da abitazioni tipiche dei maori africani, adornate da piume e scudi tipici del luogo. Passarono sotto una specie di gazebo in legno di tek e videro alcune canoe adagiate accanto alla banchina. “Canoe?” chiese Dalia, osservandole con occhio critico, “Non ti bastavano i gommoni, Nicky?”. “Non fare la fifona!” ribatté la sorella, salendo sulla prima imbarcazione, seguita a ruota da Megan e Wendy. Gli altri si sistemarono nelle canoe successive e queste partirono lentamente attraverso il canale che si profilava davanti a loro. “Prendete le macchine fotografiche!” gridò Crystal, avvistando degli animatronics di zebre che si abbeveravano nel canale. “Questa giostra è un percorso fotografico!” esclamò Jonathan, “Almeno è tranquillo” disse Susan. Il gruppo si affrettò a prendere le macchine digitali e le foto scattarono davanti a parecchi animatronics di vari animali della savana e di maori, impegnati in danze di guerra. Ogni singolo abitante della savana aveva il suo animatronics a rappresentarlo ed i commenti fioccarono come neve. “Bleah!” commentò Wendy, passando davanti ai robot di un branco di leoni che divoravano una carcassa di zebra. Anche le altre fecero versi di disgusto, quando una delle leonesse alzò il muso dalla preda, rosso di sangue. “Certo che non si sono fatti mancare proprio niente, qui dentro” borbottò Robert “Anche i predatori che mangiano”. Il viaggio fu parecchio tranquillo ed i ragazzi si divertirono a scattare foto a tutta forza. Karl e Susan si fecero immortalare davanti ad un gruppo di antilopi, appostate su delle rocce che costeggiavano il canale. Quando passarono davanti ad un branco di bufali, Jonathan rise di gusto e disse “Quello più grosso sembra Oliver!”, “Ringrazia il cielo che non ti può sentire” disse William. Un urlo improvviso li fece trasalire tutti, ma scoppiarono a ridere quando riconobbero il famoso urlo di Tarzan e videro il robot comparire dalla foresta attaccato ad un liana. Quando scesero dalle canoe e rimisero i piedi per terra, stavano ancora ridendo per tutte le battute che avevano fatto sui loro compagni. Alla fine, si calmarono e si diressero verso qualche altra attrazione che catturasse la loro attenzione. Miriam li guidò verso la struttura di alcune montagne russe, altissime e color blu scuro. “Che ne dite di questo?” chiese alle amiche, “Ma sei matta?!?” chiese Dalia “Io lì non ci salgo neanche morta!”. “Neanch’io!” ribadì Megan decisa “Non voglio sentirmi male”. “Beh, l’attrazione si chiama Blue Tornado, direi che vanno parecchio veloci” commentò Jack, guardando l’imponente struttura. Il simbolo dell’attrazione era un jet ad alta velocità, altro indizio di quanto andassero veloci quelle montagne russe. “Un po’ di adrenalina non ci farà male” disse Robert, spingendo Dalia e Megan verso l’entrata. Le ragazze si divincolarono, ma la presa del compagno era troppo forte per loro; così cercarono di persuaderlo con le parole, ma avrebbero avuto lo stesso effetto, se avessero cercato di convincere un elefante! “Robert, no! Non vogliamo salire là su!” gridò Dalia, cercando di dargli una gomitata per liberarsi. Lui la schivò e disse “Proprio per questo dovete salire!”, “Ma sei diventato scemo? Lasciami” ripeté la ragazza. Jonathan rise nel vederle tanto riottose ed aiutò l’amico, trascinandole a viva forza verso l’entrata. “Lasciami andare!” urlò Megan “Ti ho detto di mollarmi il braccio! Subito!”. “Megan, calmati o ti lego al sedile!” la minacciò Jonathan, mentre un sorriso furbesco gli curvava le labbra. “Lasciami!” urlarono entrambe le ragazze, scuotendo la testa e cercando di liberarsi dalla loro morsa, ma senza esito. Robert e Jonathan le bloccarono contro la parete, mentre una fila di sedili si avvicinava e faceva scendere i passeggeri. Avevano tutti l’aria di essere stati dentro una centrifuga, con i capelli scarmigliati ed i volti pallidi e tirati. Quando misero nuovamente i piedi per terra, alcuni barcollarono e si dovettero appoggiare alla parete per non cadere a terra. Le due ragazze rabbrividirono a quella vista e Megan deglutì rumorosamente. L’istinto le diceva che era meglio non avvicinarsi a quella giostra o si sarebbe sentita male…
Cercò in tutti i modi di fuggire, ma senza risultato. Quando i sedili si furono tutti liberati, Robert la fece sedere sulla prima fila ed abbassò subito le bande di sicurezza per bloccarla e lo stesso fece con Dalia, ma lei riuscì a divincolarsi. Peccato che Jonathan la riacchiappò subito e la fece sedere nella terza fila, bloccandola allo stesso modo. Richard osservò la scena divertito e si sedette accanto a Megan, nella prima fila; ogni occasione era buona per starle accanto. “Allora, non ti piacciono le montagne russe?” chiese incuriosito, mentre la guardava in volto. “Neanche un po’. Almeno non queste…” sussurrò la ragazza, avvinghiandosi al sedile. “Hai paura dell’altezza?” chiese il compagno, “No, ho paura di avere la nausea e vomitare, appena scendo da qui”. Il ragazzo annuì comprensivo e disse “Ti capisco. Non pensare alla giostra, perché sarebbe peggio”. “Grazie del consiglio” borbottò lei sarcastica “E secondo te, a cosa dovrei pensare?”. “Non lo so, ma di certo non a quello che ci aspetta su quest’attrazione” rispose il giovane, guardandosi intorno per capire come sarebbe stato il giro. Qualcosa gli diceva che sarebbe stato piuttosto movimentato. “Fantastico! Ci sono sopra, scemo! E stiamo per partire! Cosa dovrei fare, secondo te?!?” esclamò la giovane. “Calmati, o ti sentirai peggio” le ripeté Richard, mentre anche gli altri salivano e si accomodavano sui sedili. “Se hai paura, stringimi la mano” sussurrò Karl a Susan, tre file dietro di loro, “Ti sentirai meglio”. Lei annuì e intrecciò immediatamente la mano alla sua in una morsa ferrea.
Quando anche l’ultimo sedile fu occupato e le bande di sicurezza allacciate, il giro iniziò e la fila di sedili iniziò a muoversi. Era attaccata a delle rotaie che portavano verso l’alto, fino ad un’altezza vertiginosa. Megan deglutì e disse “Robert, se quando scendo non mi sentirò bene, giuro che, appena mi riprendo, ti uccido!”. Lo sentì ridere dietro di sé e dire “Goditi il giro! Ho sentito dire che queste sono le montagne russe più alte d’Italia!”. “Robert! Chiudi quella boccaccia!” lo rimbrottò Richard “Potevi anche evitarla, l’ultima notizia!”. Poi guardò la ragazza accanto a sé e vide che era impallidita di colpo, sembrava un lenzuolo! Le rotaie guidarono la fila di sedili fino in cima e Wendy ebbe appena il tempo di dire “Ehi! Da qui si vede tutto il parco!”, che iniziò la discesa, ad una velocità spaventosa, e le sue parole si trasformarono in un grido acuto. Tutte le ragazze urlarono di terrore, mentre facevano un giro della morte, prima di svoltare bruscamente a destra e fare un altro giro su se stessi, ma anche i maschi non riuscirono a rimanere impassibili a quella velocità. Urlarono tutti, mentre le rotaie ruotavano su se stesse, giravano a sinistra e poi a destra, per compiere un altro giro della morte e schizzare verso l’alto, solo per ridiscendere bruscamente e ruotare ancora a sinistra. Megan cercò Richard accanto a sé e gli afferrò la mano, stringendola con tutta la forza che aveva. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e sperare che il giro finisse al più presto, ma era anche peggio, si sentiva svenire. Si costrinse a tenere gli occhi aperti, mentre il fiato le usciva dal petto in un grido acuto. Per quanto si sforzasse, non riusciva a smettere di gridare. Se lo faceva, sentiva i polmoni esploderle nel petto. Sentì il giovane stringerle la mano per farle forza, ma sapeva che anche lui era terrorizzato. Non c’era un singolo passeggero che non urlasse per il terrore su quella giostra terrificante. Poi, il giro finì all’improvviso, così com’era iniziato e la ragazza si accasciò sul sedile con un sospiro di sollievo, mentre la testa le girava come una trottola impazzita. Dovettero passare alcuni lunghi secondi, prima che qualcuno riuscisse ad aprir nuovamente bocca. Jonathan si alzò barcollando dal proprio sedile, appoggiandosi alla parete per riprendersi. Poi andò a liberare Dalia, pallida come un cencio, e l’aiutò a sedersi con la schiena poggiata al muro. Miriam si sedette accanto a lei e sussurrò “Mai più! Non farò mai più niente del genere!”. “Fortuna che l’idea è venuta a te” borbottò Nicky, appoggiandosi a Robert per non cadere. “Già, che razza di attrazione!” mugugnò William, poggiandosi una mano sullo stomaco. “Ci credo che è vietata ai deboli di cuore… Io sono sanissimo, eppure ho rischiato l’infarto!” sussurrò il fratello, accasciandosi a terra. “Su questo avrei qualche dubbio” commentò Karl, passandosi una mano sul volto. “Qualcuno vada a liberare Megan da quella cosa” disse Crystal, mentre Jack la faceva sedere accanto alle amiche. “Scommetto che sta malissimo, povera Meg” sussurrò Wendy con un filo di voce. “In effetti, non è che abbia una bella cera” ribatté Richard, tenendo la giovane tra le braccia. Si avvicinò agli altri e Philiph disse “Accidenti! È pallida come un fantasma! Sei sicuro che non sia svenuta?”. Il ragazzo scosse il capo e fece sedere la compagna sul pavimento freddo “Non lo so. Sembra di sì”. “Cavolo! Non credevo che non sopportasse le montagne russe” disse William. L’altro gli rivolse uno sguardo teso, che mostrava tutta la sua preoccupazione, per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione alla ragazza. Quando l’aveva liberata dall’imbracatura, non aveva detto una parola. L’aveva chiamata più volte, scuotendola appena, ma non si era mossa. Non aveva reagito neanche quando l’aveva presa tra le braccia e l’aveva sollevata per portarla dagli altri. Sembrava svenuta, per quanto era pallida; aveva la fronte imperlata di sudore freddo e non riapriva gli occhi. I capelli erano totalmente arruffati attorno alla testa, mentre il respiro era corto ed irregolare, probabilmente per la paura appena provata in quella pazza corsa sulle montagne russe. Il giovane le si avvicinò per guardarla meglio in volto, chiedendosi cosa potesse fare per rianimarla, ma trasalì quando la sentì sussurrare “Robert! Inizia a scavarti la fossa, perché adesso ti ammazzo!”. Tirò un sospiro di sollievo nel sentirla parlare di nuovo e chiese “Come ti senti, Meg?”. Lei aprì gli occhi e sussurrò “Sono stata meglio, te lo posso assicurare”. Cercò di alzarsi in piedi, ma le gambe non la ressero e Richard l’afferrò appena in tempo, prima che sbattesse la testa a terra. “È meglio che ti siedi” le consigliò Nicky, “Quella non era una giostra, era una centrifuga!” esclamò Crystal. “Mi dispiace, ragazze. Sono stata io a proporre quest’attrazione” disse Miriam sconsolata. “Non importa, Miriam. Ormai siamo fuori” la rassicurò Karl. Ci vollero altri dieci minuti buoni, perché tutti fossero di nuovo in grado di camminare in linea retta senza barcollare. Quando si furono ripresi, si diressero verso l’albero di Prezzemolo ed entrarono nella casa ricavata nell’albero. Si sedettero su delle poltrone ed allacciarono le cinture, mentre il giro cominciava e le pareti iniziavano a muoversi davanti a loro, ma sapevano che era solo un’illusione. Rimasero tranquillamente seduti, senza muoversi di un centimetro, anche quando sembrò che fossero finiti a testa in giù, mentre alcune luci colorate illuminavano la scena. Quello non era niente, rispetto all’attrazione di poco prima. Quando uscirono di nuovo alla luce del sole, decisero di salire sulla rampa di scale a chiocciola che circondava l’albero fino ad una grande terrazza, posta tra le enormi fronde colorate. Ci vollero almeno dieci minuti prima che arrivassero a destinazione e Miriam si lasciò sfuggire un lamento quando si toccò i muscoli, insolitamente tesi, del polpaccio. Ma la loro fatica fu presto premiata ed il gruppo sorrise allegro quando intravide la cima. “Wow!” esclamò Wendy, appoggiandosi al parapetto in legno “Da qui si vede tutto il parco!”. “E soprattutto, qui abbiamo i piedi ben piantati per terra” disse Karl e Robert confermò le sue parole con un sospiro di sollievo. Rimasero ad ammirare il paesaggio ancora per un po’, poi si diressero verso un’altra attrazione. “Cosa c’è scritto, Richard?” chiese William, osservando l’insegna color verde mare. “Fuga da Atlantide” risposero insieme Richard e Megan. “Allora, che stiamo aspettando?” chiese Philiph ridendo “Scappiamo, no?”. La sua battuta fu accolta con una sonora risata ed i ragazzi si diressero verso l’entrata dell’attrazione.
Quando arrivarono all’interno, si ritrovarono in un vasto colonnato, con le pareti decorate da immagini di uomini-pesce, ambienti marini e cose simili. A prima vista, non si ci accorgeva che le rotaie, nascoste sotto il pelo dell’acqua, salivano verso l’alto. Crystal le osservò e disse “Ragazzi, dopo la scarrozzata sul Blue Tornado, non sono tanto sicura di voler provare altre montagne russe”. “Tranquilla, queste vanno piano” la rassicurò Jonathan, mentre salivano su una delle due barche dell’attrazione, in cui erano sistemati i sedili. “Sei sicuro?” chiese Wendy, “Al cento per cento. Ci sono solo due discese e non sono certo paragonabili alla giostra di prima” disse il compagno. Quando tutti i sedili furono occupati, le barche iniziarono a muoversi lentamente. Erano trainate da un cavo d’acciaio su per una salita piuttosto alta, poi proseguivano per un lungo canale, costeggiato da sculture marine. Le ragazze si presero per mano, improvvisamente tese, quando videro un improvviso vuoto davanti a loro. Decisero di sistemare meglio le cinture di sicurezza e si strinsero forte alle maniglie davanti a loro. Richard si sporse verso Megan con un sorriso e sussurrò “Si scende”. In quel preciso istante, la barca s’inclinò verso il basso ed iniziarono a precipitare lungo lo scivolo ad alta velocità, mentre ai loro lati si alzavano alte creste d’acqua che li inzupparono da capo a piedi. Le loro grida si mescolarono a quelle degli altri passeggeri ed al rombo della barca, mentre questa frenava la sua corsa in un rettilineo, sollevando una massa gigantesca d’acqua. Megan si coprì istintivamente la testa con le braccia, mentre terminavano la loro folle corsa. L’acqua, sollevata appena qualche attimo prima, ricadde su di loro come una cascata, bagnandoli tutti. Affrontarono anche un’altra discesa, ma il giro fu molto più tranquillo rispetto al Blue Tornado. Quando i ragazzi scesero, iniziarono a ridere come matti, mentre scuotevano la testa o strizzavano i capelli per far uscire l’acqua. “Wow!” esultò Jonathan, dando il cinque a Dalia, “Assolutamente fantastico!” confermò lei, ridendo. “Lo rifacciamo?” chiese Wendy con aria entusiasta, “Una volta sola va bene” disse Miriam, strizzando i capelli. Megan strizzò di nuovo il bordo della maglia e sistemò meglio il marsupio sugli shorts di jeans, assicurandosi che fosse ancora asciutto. “Per fortuna oggi fa anche caldo” disse Philiph “Di questo passo, ci asciugheremo per strada”. “Una bella comodità” ridacchiò Susan “Non avremo neanche bisogno del phon per asciugarci!”. Si avviarono verso qualche altra attrazione, ma Crystal si accorse che accanto all’uscita c’era un piccolo chiosco che vendeva foto. Si avvicinò e rise quando vide la foto che li raffigurava sulle discese. Fece un cenno alla sorella e ne prese una copia, mostrandola agli altri. “William! Mamma mia, che faccia che hai fatto!” ululò Jack tra le risate, mentre osservava l’espressione del fratello nella foto. Risero insieme, ma Nicky li riportò alla realtà, facendo notare che dovevano andare a mangiare al ristorante. “In effetti, sto iniziando ad avere fame” ammise Karl e Susan fece un sorriso divertito, mentre Robert gli dava una gomitata giocosa. Si diressero verso il ristorante indicato dall’insegnante, ma, passando in un villaggio western, Richard non resistette alla tentazione di farsi fare una foto da ricercato. Quando la mostrò agli amici, Dalia disse “Non c’è che dire. Il ricercato più affascinante del West, non trovate?”. Appoggiato ad un palo di legno, con le braccia incrociate sul petto ed un sorriso tremendamente affascinante sul volto. Era un vero schianto! Sembrava davvero un cowboy del vecchio West. Megan annuì e chiese, più a se stessa che agli altri, “E se ne facessi una anch’io?”. “Che aspetti, scusa?” chiese Wendy “Dobbiamo trascinarti noi lì dentro, o ci vai da sola?”. “La bandita più graziosa dell’intero West, che non ha un volantino di riconoscimento?” rise Richard “Non si può accettare una cosa simile!”. La ragazza arrossì vistosamente, ma si avviò comunque verso il botteghino che stampava foto e tornò dai suoi amici in pochi minuti. I ragazzi gliela presero dalle mani e Karl osservò di sottecchi l’amico, che fissava la foto con un sorriso compiaciuto. Con quel cappello da cow boy ed un gilè in pelle sembrava davvero una bandita del West. Aveva gli occhi lievemente socchiusi, come a dimostrare che non era un tipo con cui scherzare, e con una mano teneva la tesa del cappello. Il ragazzo rise dell’espressione del suo compagno e gli disse “Ric! Dobbiamo andare. Sveglia!”. Lo vide riscuotersi e, insieme, si diressero verso il ristorante, dove li attendeva la signorina Winkest. Chiacchierarono animatamente durante tutto il pranzo, poi si diressero verso qualche altra attrazione dal nome interessante. La giornata era ancora lunga e intendevano godersela il più possibile. “Che ne dite de La valle dei Re?” chiese Miriam, gli altri accettarono subito ed entrarono in una grossa piramide, che ricordava un po’ quelle di Giza. Quando furono dentro, la luce sparì alle loro spalle, costringendoli ad avanzare lentamente per non inciampare. Seguendo una piccola luce in fondo al tunnel, salirono su dei vagoncini color sabbia, che li portarono in giro per tutta la piramide. Karl e Susan si presero per mano, mentre ai loro lati diversi animatronics di mummie ed esploratori si muovevano, mostrando scene di scoperte e di terribili maledizioni attuate dal re delle mummie. Verso la fine del giro, un potente fascio di luce verde smeraldo li avvolse, come una magia. Sbatterono tutti gli occhi, tentando di mettere a fuoco la situazione e Megan sorrise quando si accorse che era dello stesso colore degli occhi di Richard. Il ragazzo era seduto davanti a lei e sorrideva ogni volta che una mummia si sollevava da un sarcofago. La giovane non riuscì trattenere un lieve sobbalzo, quando il faraone mummificato si alzò dal suo trono e lanciò la sua maledizione contro i profanatori di tombe. Crystal rise della sua reazione e disse “A me le mummie fanno schifo, ma queste mi fanno solo ridere. Non capisco perché ti sei spaventata”. “Più che altro è stata la sorpresa” ammise la compagna, ridendo a sua volta per la sua reazione esagerata. Richard sorrise, mentre ascoltava la ragazza ridere con l’amica. Era una risata assolutamente normale, forse un po’ roca, ma a lui sembrava meravigliosa. Tutto di lei lo affascinava e lo attirava come un potentissimo magnete, ormai non sarebbe più potuto restare senza di lei…
Di una cosa era sicuro: ormai Megan era tutto il suo mondo e nessuna ragazza avrebbe mai prendere il suo posto.  


Ecco fatto, siamo a quota 18. ke ne dite? ho descritto bene le attrazioni, Vi-chan? spero tanto di sì, in fondo, sn anni ke manco da Gardaland.... Nel descrivere la scarrozzata sul Tornado Blu ho reso Megan molto simile a me. ho odiato quell'attrazione! metteva i brividi!!! quando sn scesa, nn riuscivo a camminare x la paura provata.... il ke è tt dire... >.< Brrrr.... Anke il prox cappy sarà ambietanto a Gardalnd e ne vedremo delle belle!!! tenetvi pronte!!! Bacioni a tutte!!!

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Capitolo 19
*** Attrazione a sorpresa ***


Salve a tutti! lo so, vi starete chiedendo perché aggiorni questa storia dopo un secolo di silenzio... Beh, anche se in ritardo, ho capito che quando inizio una cosa devo continuare fino in fondo. inoltre, ci sono persone che hanno iniziato a leggere questa FF e non è giusto lasciarle senza un continuo. per questo, ho deciso di continuare a dispetto di tutto. ringrazio caldamente fiore di Loto92 per avermelo ricordato ^.^ questo capitolo è per te, mia cara. grazie di cuore!


19-Attrazione a sorpresa (*)

Quando uscirono di nuovo alla luce del sole, rimase a sbattere le palpebre per qualche minuto, cercando di abituarsi dopo l'oscurità profonda della piramide.
Si diressero velocemente verso un'altra attrazione, Colorado Canyon, e si accomodarono su alcuni tronchi, che potevano ospitare massimo tre persone.
Dalia si sedette subito sul primo, subito seguita da William e Philiph.
Crystal rise, osservando che i tronchi si spostavano su delle rotaie per un tratto, per poi essere spinti dalla forza dell'acqua in un grosso scivolo.
Mentre salivano verso l'altro, Dalia si strinse a Will, che si trovava davanti a lei, all'inizio della strana imbarcazione.
Lanciò un grido, quando il tronco scivolò verso il basso, ma per il resto del giro non fece che ridere, assolutamente entusiasta.
Quando scesero, sorrideva ancora come una bambina che ha appena ricevuto il suo regalo di Natale.
William, invece, si massaggiò le costole, borbottando qualcosa sulle prese asfissianti.
Il fratello rise e gli diede una pacca sulle spalle, così forte che gli fece incurvare le spalle.
"Jack!" ansimò lui "Modera la forza, accidenti! Mi stavi spezzando la schiena!".
Risero tutti e Miriam, Megan e Crystal salirono sul primo tronco libero, pronte a godersi il proprio giro.
"Perché non sei salita insieme a Richard, Meg? Non ti saresti sentita più protetta?" chiese maliziosamente Crystal all'amica, sedendosi dietro di lei.
Miriam annuì "Dietro di lui, non avresti corso alcun rischio di bagnarti. Invece, così…".
"Per il semplice motivo che mi sono stancata dei vostri giochetti per farmi rimanere con lui" rispose la ragazza "Giuro che non vi capisco".
Mentre osservava i compagni salire sul tronco dietro il loro, si accorse che Jonathan stava dicendo qualcosa a Richard, ma non riuscì a cogliere neanche una parola.
In compenso, rimase esterrefatta nel vederlo arrossire dopo la frase dell'amico; accidenti com'era carino quando era imbarazzato!
Probabilmente di trattava di una battuta, dato che Robert scoppiò a ridere fragorosamente e Karl scosse il capo, sorridendo.
Il tronco si mosse all'improvviso, facendola urtare contro il bordo anteriore.
Lo scontro le fece ricordare dov'era, mettendo fine alle sue congetture sullo strano comportamento di Richard negli ultimi tempi, soprattutto nei suoi confronti.
Quando, durante la prima discesa, l'acqua le schizzò sulla faccia, alla giovane venne una voglia matta di ridere e si voltò indietro, per vedere le espressioni delle sue amiche, che invece strillavano spaventate.
Crystal la stava stringendo a tal punto da soffocarla e lei urlò, cercando di farsi sentire oltre il rombo dell'acqua.
"Crys! Mi stai strozzando! Allenta la presa!" gemette, cercando di sciogliere la morsa in cui l'altra l'aveva imprigionata.
Per fortuna, l'amica la sentì ed allentò la presa, permettendole di respirare normalmente.
Megan si accorse che qualcuno la stava osservano solo quando vide una folta chioma bionda sporgersi da uno dei tanti ponti in legno al di sopra dello scivolo.
Alzò lo sguardo e riconobbe Jennifer, che la guardava con odio.
Sembrava non volesse altro che far saltare in aria il tronco e vederla urlare di paura, soprattutto durante le discese.
La ragazza, invece, raccolse il suo sguardo come una sfida e, durante l'ultima discesa rimasta, sollevò le braccia sulla testa, per far sì che l'acqua fresca le lambisse i polsi.
Quando tutti terminarono il giro sui tronchi, si diressero velocemente verso qualche altra attrazione.
"Che ne dite di Mammut? È nuova come attrazione" propose Jack, "Ne ho abbastanza di montagne russe e cose del genere, grazie" disse Megan, allontanandosi.
Dalia si unì immediatamente a lei e così fece anche Richard, insieme a Jonathan.
Gli altri salirono su dei vagoni ricoperti di ghiaccio e si lanciarono in una corsa spericolata tra ghiacciai secolari e mammut giganteschi.
Karl e Susan approfittarono dell'assenza dei due amici per elaborare nei dettagli il loro piano.
Gli altri sorrisero compiaciuti, mentre pensavano al modo migliore per farli rimanere da soli insieme, e senza che potessero opporre la minima resistenza.
Dovevano organizzare tutto nei minimi particolari.

Intanto, Megan si era avvicinata ad un bancarella dove, se si centrava una pila di lattine disposte a piramide, si vinceva un pupazzo o un qualunque altro premio.
Pagò il negoziante e lanciò la prima pallina, ma mancò il bersaglio di pochi centimetri.
Lanciò subito la seconda, ma anche questa andò a vuoto, colpendo la parete in tela della bancarella.
Stava per lanciare la terza ed ultima palla, quando Richard le prese la mano e disse "Se non prendi la mira, non centrerai mai il bersaglio".
A quel contatto, la ragazza si sentì attraversare da una scarica elettrica e liberò la mano, dicendo "Guarda che io sto già prendendo la mira".
"Allora hai una mira pessima" la prese in giro Jonathan; lei gli mostrò la lingua e si voltò per colpire il bersaglio.
Il ragazzo le bloccò di nuovo il braccio e disse "Lascia che ti aiuti", poi le guidò il polso in un movimento fluido.
La palla schizzò come un proiettile e colpì la base della piramide, facendola crollare su se stessa.
La giovane lo guardò stupita ed esclamò "Accidenti! Ma come hai fatto?", lui si strinse nelle spalle e disse "Fortuna".
Jonathan gli diede una pacca sulle spalle e disse "Sei sempre il solito modesto. Non cambierai mai, Ric".
Il negoziante porse a Megan un elmetto da esploratore provvisto di torcia sulla sommità e lei ringraziò Richard con un sorriso, dicendo "Questo lo darò a Miguel, penso gli serva".
Entrambi risero e non si accorsero che Dalia e Jonathan si erano allontanati per parlare con Karl e gli altri, intanto scesi dalla giostra, per discutere sul suo piano di bloccare su un'attrazione a sorpresa i due amici.
Susan li raggiunse prima che si accorgessero di qualcosa ed attirò Megan con la scusa di vedere cos'avesse vinto alla bancarella.
Parlando, le impediva di vedere dove la stesse portando, e la guidò su una sponda di un canale, che spariva in un tunnel color pesca.
Le amiche le raggiunsero subito e, parlando del più e del meno, Wendy le chiese di farle vedere il premio che aveva vinto.
Ad un segnale convenuto, anche i ragazzi apparvero dalla parte opposta della banchina, collegata all'altra da un grazioso ponte bianco.
Due piccole rampe di scale portavano ad un'imbarcazione rossa fiammante, con lo schienale a forma di cuore, che galleggiava sull'acqua placida del canale.
Karl fece un fischio e gli altri sollevarono Richard di scatto, scesero le scale e lo caricarono sull'imbarcazione, tutto alla massima velocità.
Il ragazzo lanciò un'esclamazione sorpresa, quando i suoi compagni lo sollevarono di botto, bloccandogli polsi e caviglie, e rimase stupefatto quando quasi lo lanciarono nel piccolo traghetto.
Nello stesso istante, Dalia e Nicky, le più veloci del gruppo, prendevano Megan per i polsi e la trascinavano dolcemente verso le scalette, continuando a parlare come se niente fosse.
Non doveva accorgersi che i ragazzi stavano già trascinando Richard sulla barca e così si posizionarono davanti a lei, coprendole la visuale.
Poi la mollarono di colpo e la ragazza inciampò, cadendo sulla barchetta a forma di cuore.
Sbatté le ginocchia, mentre le mani affondavano nel morbido sedile, dove era atterrato anche Richard.
Impensierito, il giovane le prese una mano per farla alzare e chiese "Va tutto bene, Meg?".
La giovane annuì appena ed il compagno lasciò andare un sospiro di sollievo.
Almeno non si era fatta niente.
Poi si voltò verso gli amici, urlando "Che storia è questa? Che cosa vi passa per la testa, si può sapere?!".
Loro risero e William disse "Goditi il viaggio, Ric!", "Vi aspettiamo alla fine del giro!" ululò Robert, ridendo come un matto.
Quando capì le intenzioni del gruppo, Megan arrossì violentemente "Perché non la smettete di comportarvi come delle bambine?".
Miriam le mostrò i pollici alzati per incoraggiarla "Vai, Meg! Siamo tutte con te!", "Divertitevi!" aggiunse Nicky.
Wendy prese l'elmetto che l'amica aveva appena vinto e prese a sventolarlo a mo' di saluto "Ciao, Meg! Ci vediamo dopo!".
Crystal diede una lieve spinta alla barca, facendola ondeggiare, per impedire alla compagna di alzarsi in piedi.
Non poteva provare a scappare proprio adesso!
Anche Richard provò ad alzarsi per scendere, ma la barca avanzò di botto, facendolo cadere sul sedile e la ragazza gli finì addosso, tra le risate generali degli amici.
Prima che sparissero nel tunnel, Philiph disse "Mi raccomando! Divertitevi, ma senza esagerare!".
Solo in quel momento, i due ragazzi si resero conto del piano che avevano architettato i loro amici ed entrambi arrossirono vistosamente.
"Questa me la lego al dito!" urlò lui verso Karl, che ancora si sganasciava dalle risate sulla banchina alle loro spalle.
"Dopo faremo i conti!" lo avvisò, poi tirò un sospiro rassegnato e si accasciò sul morbido sedile della barca.
Megan non disse niente; non riusciva ad aprire bocca, così intrecciò le dita e si guardò i piedi, imbarazzata. Erano da soli nell'attrazione chiamata Tunnel dell'Amore!
Accidenti a Susan ed alle altre, in che casino l'avevano cacciata!
La barca avanza lentamente lungo il canale, ma era tutto così buio che non riuscivano a vedere ad un palmo dal naso.
Un'improvvisa fiammata illuminò un volto mostruoso e lei lanciò un grido terrorizzato.
Istintivamente, si rifugiò tra le braccia del suo compagno, che non si chiese affatto il motivo del suo gesto così improvviso.
L'abbracciò stretta e disse "Tranquilla, è passato", poi appoggiò il viso tra i suoi capelli scuri ed inspirò il suo profumo, come se volesse conservarlo per sempre.
La giovane s'irrigidì quando sentì le sue braccia forti attorno a sé, avvertendo una scarica fortissima attraversarla.
Si rialzò lentamente a sedere, mormorando "Scusami, non so perché mi sono spaventata in quel modo".
Lo vide sorridere dolcemente ed il suo cuore partì in quarta, tingendole le guance di un vago rossore.
"Non importa. Capita a tutti di avere paura, è più che naturale" rispose Richard, guardandola negli occhi.
Erano così chiari e limpidi... assolutamente meravigliosi.
Sembravano quasi uno specchio del suo stato d'animo e sorrise nel comprendere che riusciva a leggere le emozioni che stava provando in quel momento.
Lei dovette accorgersene, perché abbassò lo sguardo, rossa in viso.
Un altro sorriso gli incurvò le labbra e, per un attimo, provò il desiderio bruciante di baciarla, di accarezzarle il viso, di stringerla a sé e non lasciarla andare mai più.
Sentiva uno strano calore serpeggiargli nelle vene al solo pensiero e rimase sorpreso di quanto fosse forte quella sensazione.
Era un desiderio così intenso, che solo a fatica sciolse la propria stretta attorno alle sue spalle.
Afferrò il bordo dell'imbarcazione ed inspirò profondamente per riprendere il controllo di se stesso.
Quella ragazza riusciva a scatenargli dentro delle vere e proprie tempeste emotive.
Troppe volte era stato sul punto di perdere la ragione alla vista del suo sorriso o delle sue espressioni imbarazzate.
Era così dolce, ma al tempo stesso così forte e decisa…
Sensibile ai problemi degli altri, ma irremovibile sulle sue ragioni.
Assolutamente indipendente, non permetteva a nessuno di decidere per lei.
Quando poi si arrabbiava, era un vera forza della natura; non risparmiava commenti pungenti a chi la prendeva in giro e non perdonava chi tradiva la sua fiducia.
In una parola, era speciale.
Era soprattutto la sua testardaggine a farlo sorridere, ad attirarlo, così come il suo sorriso e le sue premure per le persone a cui voleva bene.
Con un sospiro, sperò intensamente di poter far parte di quelle persone.

Dal suo canto, Megan si sentiva bene quando era con lui, protetta.
Nonostante quello che le aveva fatto passare nei primi mesi di scuola, nonostante quel bacio violento che le aveva dato poco dopo Natale…
Con lui accanto, si sentiva al sicuro da ogni pericolo e sentiva che Richard era molto più di quanto non dimostrasse davvero.
Aveva come la sensazione che si nascondesse dietro una maschera, per non far capire come fosse davvero.
E lei aveva tutta l'intenzione di capire come fosse realmente, di conoscere il vero Richard.
Quando l'aveva stretta tra le braccia, si era sentita, sì imbarazzata, ma anche protetta, come se niente potesse anche solo sfiorarla fintanto che era con lui.
Finché avesse avuto il suo sorriso a sostenerla, si sentiva capace di scalare una montagna!
Si chiese cosa le stesse succedendo, perché Richard le scatenasse dentro tutte quelle sensazioni, così potenti da farle temere che il cuore non avrebbe retto a lungo.
Si ricordò, non senza imbarazzo, che una volta il giovane l'aveva ritenuta una delle ragazze più carine che avesse mai visto.
E gliel'aveva ripetuto più volte, quando si era finto uno sconosciuto su MSN.
Doveva ammettere che neanche lui era male, anzi
Era davvero molto, molto carino.
Ed era gentile e premuroso, anche se spesso faceva il duro, per non mostrare come fosse in realtà.
L'unica cosa che le dispiaceva era che non erano riusciti a fare amicizia fin da subito, con tutti gli scherzi che le aveva giocato.
Non che lei fosse rimasta a subire…

Altre maschere grottesche si affacciavano dalle pareti scure, illuminate solo da qualche torcia, mostrando ghigni spaventosi o raccapriccianti e lei rabbrividì di paura.
Il ragazzo se ne accorse ed una smorfia gli increspò il volto "Accidenti, ma questa mi sembra la casa degli orrori!".
"Sì, anche a me" mormorò la giovane con voce flebile "Ma si può sapere in che razza di attrazione ci hanno cacciato?".
"Non ne ho idea. Mi auguro che dopo la finiscano con questi scherzi!" borbottò lui accigliato.
"Lo spero anch'io. Vorrei capire cos'hanno in testa!" ammise la compagna, un po' arrabbiata con le sue amiche.
"Io temo di saperlo. Mi sa che non la smetteranno tanto presto" sospirò Richard.
Appoggiò il capo contro lo schienale e sorrise quando Megan poggiò appena la testa sulla sua spalla, rannicchiandosi contro di lui.
La sentì respirare profondamente per evitare di farsi prendere dal panico, e istintivamente le cinse le spalle con un braccio, cercando di tranquillizzarla.
Non voleva ammetterlo, ma era evidente che quei ghigni minacciosi che li scrutavano nell'oscurità la intimorivano.
Forse, temeva che sarebbero sbucati anche dei pipistrelli… Conoscendola, era piuttosto probabile.
Perché fanno di tutto per farci rimanere soli? si chiese la giovane, rannicchiandosi contro l'amico Che cosa vogliono da noi?.
Non riuscendo a venire a capo della situazione, lasciò perdere.
Non voleva pensarci più di tanto e decise di lasciarsi cullare dal lieve dondolio della barca e dall'abbraccio del suo compagno.
Si sentiva al sicuro, protetta dalle sue braccia forti, e si accorse appena del sospiro che le era sfuggito dalle labbra.
All'improvviso, il ragazzo si mosse di scatto, facendola sobbalzare.
"Che c'è?" gli chiese sorpresa, "Mi sa che la parte degli orrori è finita" borbottò il giovane, osservando la grotta che cambiava colore.
Le pareti sfumavano dal nero cupo fino ad un rosa confetto e le maschere di poco prima vennero sostituite da amorini alati, armati di arco e frecce.
Alla ragazza sfuggì un lamento, quando dei coriandoli rosa e oro a forma di cuore, spruzzati da un paio di amorini provvisti di cornucopia, le piovvero sulla testa.
"Non ci posso credere! Ma dove diamine siamo finiti? E che cos'è questa roba?", "Coriandoli" le rispose lui, aiutandola a toglierli.
Continuò a sfilarli rapidamente, mentre cercava di non scoppiare a ridere alla vista della sua espressione.
Era troppo buffa quando s'imbronciava!
Notarono che la luce, però, era sempre piuttosto fioca e sembrava voler creare un'atmosfera particolare, romantica…
Richard le fece un cenno con il capo e le indicò una telecamera che spuntava dalla roccia, poco più avanti.
"Ci mancavano solo le foto!" borbottò lei "Sono dei bambini!", "Quando esco, gliela faccio pagare" promise il giovane a se stesso.
Come ad un segnale convenuto, si raddrizzarono sul sedile e si volsero dalle parti opposte.
Poi, non appena passarono sotto la telecamera, fecero delle smorfie contrariate.
Sapevano che gli altri sarebbero subito corsi a prendere la foto e non avevano la minima intenzione di dar loro soddisfazione per la riuscita del loro scherzo.
Quando si furono lasciati la telecamera alle spalle, Megan tirò un sospiro di sollievo.
Appoggiò la testa contro lo schienale e, senza quasi rendersene conto, si voltò a guardare il suo compagno di classe.
Aveva ancora un'espressione imbronciata, ma, sotto sotto, sembrava felice di quello che stava succedendo.
Nonostante i suoi sforzi, non riusciva ad impedire che nei suoi occhi brillasse una scintilla di soddisfazione e questo li rendeva ancora più belli.
Gli dava un'aria davvero stupefacente, da dio, come se fosse il padrone del mondo e fosse soddisfatto di quello che aveva e che stava vivendo.
Richard si accorse del suo sguardo indagatore e si voltò verso di lei, incuriosito.

Si erano guardati tante volte in faccia, ma, forse, era l'atmosfera che aleggiava nel tunnel a far provare loro quelle sensazioni.
Fu come se una potente scossa elettrica li avesse attraversati entrambi, irrigidendo i muscoli.
I loro sguardi erano come bloccati l'uno in quello dell'altro ed entrambi sentirono il cuore battere improvvisamente più forte.
Richard deglutì a fatica e lei riuscì a vedere il suo pomo d'Adamo sobbalzare vistosamente.
Cercò di abbassare lo sguardo e si portò una mano al viso, per sistemarsi i capelli scompigliati, ma il giovane fu più veloce e le sistemò una ciocca ribelle.
Quel lieve contatto sembrò creare una nuova scossa, e lui non riuscì ad impedirsi si sfiorarle la morbida pelle dietro l'orecchio.
Sembrava quasi seta sotto le sue dita…
Questa volta, fu Megan a deglutire a fatica e trattenne rumorosamente il fiato quando la mano del ragazzo avvolse con delicatezza la sua guancia, scendendo verso il mento.
Lo guardò spaventata, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
Sentiva un nodo bloccarle totalmente la gola.
Provò a deglutire per liberarsene, ma senza successo; la voce non le usciva.
Era come paralizzata sotto il suo sguardo, non riusciva a reagire.
Cosa voleva fare? Perché si sentiva attraversata da una scarica elettrica, mentre lui la guardava?
Come in un flashback, si ricordò improvvisamente della scommessa fatta con gli amici prima di Natale e del bacio che le aveva dato solo un paio di settimane dopo…
Stava per baciarla di nuovo!
Gli occhi gli brillavano esattamente nello stesso modo, ma questa volta si sentì avvolgere da una sensazione di calore e protezione che non aveva mai provato prima.
Sembrava che le volesse trasmettere fiducia e sicurezza con lo sguardo.
I suoi bellissimi occhi verdi la fissavano con una dolcezza che non aveva mai visto.
Vi colse anche un altro sentimento, a lei totalmente sconosciuto, che sembrò dare la scossa al suo cuore, già iperattivo.
Vide il volto di lui avvicinarsi lentamente, mentre la sua mano era scesa morbidamente sulla nuca, attirandola con dolcezza verso di sé.
Istintivamente, si ritrasse e riuscì a spezzare quella specie d'incantesimo che li aveva immobilizzati per qualche interminabile istante.
Richard sembrò riprendersi e scosse la testa per schiarirsi le idee.
La fissò per un istante, poi ritirò di scatto la mano e si voltò dall'altra parte, mentre il cuore gli batteva all'impazzata.
Teneva gli occhi bassi, come se avesse paura di incrociare nuovamente il suo sguardo e rimanere ancora prigioniero di quella tempesta di emozioni, così contrastanti tra loro.
Per un pezzo, nessuno dei due riuscì a parlare, poi Megan ruppe quella pesante e fastidiosa bolla di silenzio "Mi sembra che il giro sia quasi finito. Vedo una luce in lontananza".
Si accorse di quanto le tremasse la voce e tacque di nuovo.
Non voleva fargli capire che avrebbe accettato quel bacio senza protestare, che anzi avrebbe risposto con forza, incantata com'era dal suo sguardo.
Ma perché? Cosa le stava succedendo? Non sapeva spiegarselo; le sembrava d'impazzire.
Il giovane alzò lo sguardo in quella direzione e si limitò ad annuire; non si fidava della propria voce…
Era stato di nuovo sul punto di perdere il controllo di se stesso, ma si era accorto di come la ragazza non avesse reagito per qualche attimo, nonostante l'avesse sfiorata in quel modo.
Nei suoi occhi chiari era brillata una scintilla diversa, che non aveva mai visto prima, e il suo volto si era come illuminato.
Poi si era ripresa e si era allontanata quel tanto cha bastava da liberarlo dal suo sguardo, caldo ed ipnotico.
Non sapeva dire se era stata una fortuna o meno...
Quando uscirono dal tunnel, la luce del sole li abbagliò per qualche attimo e si schermarono lo sguardo con una mano, finché i loro occhi non si riabituarono alla luce intensa del giorno.
Trovarono tutti gli altri ad aspettarli sulle due banchine e lessero le espressioni più varie sui loro volti.
Li guardavano un po' contrariati, un po' felici, ma soprattutto tremendamente curiosi di sapere come fosse andata la loro gita privata nel tunnel.
I due non aspettarono neanche che la barca si fermasse e saltarono dalle due parti opposte, senza guardarsi.
Wendy porse l'elmetto da esploratore all'amica, chiedendo "Allora? Com'è andata?".
Lei le fulminò tutte con lo sguardo e si allontanò a grandi passi, senza dire una parola.
Il cappello, complice innocente di quel romantico piano, rimase a terra, puntando la torcia verso il cielo sovrastante.
Richard, invece, guardò solamente Karl e, dalla sua espressione, l'amico capì che si era davvero arrabbiato con loro.
"Oh, cavolo!" sussurrò, prima di darsi alla fuga verso il centro del parco, mentre l'altro lo inseguiva di corsa.
Susan osservò preoccupata il proprio ragazzo correre a gambe levate per i viali, mentre Richard lo inseguiva, imprecando contro di lui e gli altri ragazzi che avevano preso a corrergli dietro.
 
Megan si diresse verso il viale principale del parco, in cerca di un posto tranquillo per pensare.
Aveva bisogno di stare da sola e riprendersi dallo shock che aveva provato in quella stupida attrazione.
Il cuore le batteva ancora forte e si poggiò un mano sul petto, nell'inutile tentativo di provare a rallentarlo.
Salì sull'albero di Prezzemolo, arrampicandosi su quella lunghissima scala a chiocciola, e si affacciò al grande balcone che lo circondava.
Restò ad osservare a lungo il panorama, nel tentativo di liberare la mente da tutti i pensieri.
Perché le stava succedendo tutto questo?
Cos'era che provava per Richard?
Non riusciva a capire perché fosse diventato così importante per lei, così all'improvviso.
Non aveva mai provato sensazioni così forti per nessuno e la cosa la lasciava sconcertata.
Appoggiò i gomiti sulla ringhiera in legno e guardò in basso, attirata da alcune voci che urlavano.
Karl e gli altri ragazzi si stavano avvicinando, correndo come se avessero il diavolo alle calcagna.
Poco dietro di loro, c'era Richard e sembrava stesse urlando qualcosa, ma la ragazza non riuscì a capire le parole esatte.
Robert si fiondò sulle scale, seguito a ruota dagli altri amici e la giovane capì che era meglio togliersi di mezzo per evitare di essere travolta da loro.
Si rannicchiò in una fenditura della costruzione e rimase immobile, cercando di non farsi notare.
Jonathan le sfrecciò davanti, dicendo "E dai, Ric! Non c'è bisogno di arrabbiarsi tanto!", "Volevamo solo farti un favore" aggiunse William, seguendolo.
"Farmi un favore? Io vi strozzo!" urlò lui, riuscendo quasi ad afferrare la maglia di Philiph.
"E che cavolo! Noi ti vogliamo aiutare e tu ci ringrazi così?" ribatté Jack offeso, "Non voglio che mi aiutiate in questo modo!" rispose l'amico, fermandosi a riprendere fiato.
Erano a soli pochi metri dalla giovane, che però riuscì a sgusciare dietro una porta senza che si accorgessero della sua presenza.
Si appoggiò dietro lo stipite e rimase immobile, cercando di rallentare il cuore che le batteva furiosamente nel petto.
Si chiese se non fosse il caso di scendere le scale interne e andarsene, ma la curiosità la trattenne.
Voleva capire cosa avessero in mente.
Richard si appoggiò alla ringhiera e disse "Scusate, mi sa che sto esagerando. E solo che…".
Si lasciò sfuggire un sospiro di sconforto e mormorò "E che non ce la faccio più a sopportare tutto questo".
Karl fu il primo ad avere il coraggio per avvicinarsi e gli chiese "Ma allora perché non glielo dici? Ti toglieresti un peso dal cuore, no? E Megan non morde mica!".
"Non posso, Karl. Vorrei tanto… ma non posso" sussurrò il ragazzo con un filo di voce, osservando il parco che si estendeva sotto di loro.
"Richard, devi pensare o la va, o la spacca! Non puoi tenerti tutto dentro!" lo ammonì William "Rischi di esplodere".
Il giovane scosse la testa "Lasciamo perdere, ok?", "Come vuoi tu. Adesso la smettiamo e diremo anche alle ragazze di finirla, va bene?" disse Jonathan.
Lui annuì riconoscente, mormorando "Scendiamo, sono quasi le 18.30. Dobbiamo partire".
Megan aspettò che se ne fossero andati, prima di scendere anche lei.
Iniziò a correre verso l'uscita e, in pochi minuti, si riunì ai suoi compagni, pronta a risalire per tornare all'albergo.
Per tutta la durata del viaggio, si chiese che cosa intendesse dire Richard con quelle parole.
Cosa le doveva dire di così importante da indurlo a tacere, per paura di una sua reazione spropositata?
Nonostante si ci fosse messa d'impegno, non riuscì a cavare un ragno dal buco e ci rinunciò, appena sentì i primi sintomi del mal di testa.
Quella giornata si era già rivelata più pesante del previsto; non le andava di aggiungerci anche un'emicrania come contorno.

Dopo una breve cena, i ragazzi rientrarono nelle proprie camere, iniziando a preparare le valigie.
Il giorno dopo sarebbero tornati a casa e non sapevano se avrebbero avuto il tempo di preparare i bagagli.
La ragazza ricevette con sollievo la telefonata dei suoi genitori, che le auguravano buon compleanno e rise quando Ines afferrò la cornetta e le disse "Buon compleanno, Meg! Tanti tanti auguri!".
La sorellina riusciva sempre a rassicurarla nel profondo.
Per quanto fosse piccola, riusciva sempre a farle tornare il sorriso, con le sue smorfie e le sue paroline dolci, e fu così anche stavolta.
Quando anche Miguel e José le ebbero augurato buon compleanno, lasciò andare un profondo sospiro di sollievo e di nostalgia.
Sul telefonino trovò anche i messaggi di auguri dei nonni e dei cugini e quelle piccole frasi la fecero sorridere.
Chiuse gli occhi e continuò a concentrarsi su quello che stava facendo, cercando di controllare i pensieri che le affollavano la mente.
Mentre preparavano i bagagli, Nicky si stancò di tutto quel silenzio, che iniziava a diventare piuttosto fastidioso.
Si avvicinò alla sua compagna di stanza e le bisbigliò "Meg, va tutto bene?".
La giovane non rispose e continuò a infilare i propri abiti nel trolley, troppo occupata a decifrare le strane sensazioni che l'avvolgevano quando era con Richard.
Susan sospirò, dicendo "Megan, capisco che sei arrabbiata per lo scherzo che vi abbiamo fatto, ma non parli da quando siamo tornati!".
"Avanti, di' qualcosa. Sono ore che non dici niente" la implorò Nicky, bloccandole le mani nelle proprie.
Megan si sedette sul pavimento freddo, sospirando "Non sono arrabbiata con voi…", "Allora perché non ci parli?" chiese Nicky.
"Mi sento… confusa" ammise la ragazza "Non so cosa mi sta succedendo".
"In che senso, scusa?" chiese Susan, preoccupata dal suo comportamento.
"Non lo so! So solo che non riesco più a capire cosa provo" esclamò lei, "Non capisco" ammise Nicky.
Di colpo, la giovane scoppiò in una risata isterica "È questo il punto! Neanch'io capisco più niente!".
"A mio parere, ti serve solo una buona dormita. Vedrai che domattina andrà tutto bene" la rincuorò Susan, mettendole un braccio intorno alle spalle.
"Su, va' a riposarti. Vedrai che domani starai meglio" aggiunse Nicky, sorridendole serenamente.
 
Il giorno dopo, il sole penetrò tra le tendine della finestra, svegliando Megan.
Lei cercò di riaddormentarsi, girandosi sull'altro fianco, ma senza risultato.
Il riverbero sulla parete opposta le dava troppo fastidio...
Provò a mettersi il cuscino sulla faccia, in modo che neanche un raggio luminoso le sfiorasse gli occhi, ma niente, non riusciva più a dormire!
Maledicendo la giornata, si alzò ed iniziò a vestirsi in silenzio, per non svegliare anche le sue compagne.
Si preparò in fretta e frugò nella propria valigia per assicurarsi che ci fosse tutto.
Soddisfatta, la richiuse ed uscì silenziosamente fuori al balcone per respirare un po' d'aria fresca.
Si avvicinò alla ringhiera, poggiando il mento sulle mani, e rimase sconvolta nel vedere che era appena passata l'alba.
Il sole era ancora piuttosto basso e le ombre erano molto marcate, soprattutto verso la parte ovest dell'albergo.
"Accidenti! E ancora accidenti!" borbottò la giovane infuriata; ma perché si era svegliata tanto presto?
L'aereo che li avrebbe portati a casa sarebbe partito solo alle 14.00 di quel pomeriggio ed erano appena le 5.56 del mattino!
Imprecando sottovoce, la ragazza uscì dalla stanza, lasciando un biglietto alle amiche per non farle preoccupare, se al loro risveglio non l'avessero vista.
Decise di andare a passeggiare nel cortile, nel tentativo di sfogare il nervosismo con una buona camminata.
Passeggiò a lungo il bordo della piscina, che risplendeva sotto i primi raggi del sole, e rimase ad osservare il paesaggio circostante, ripensando a quello che le era successo solo il giorno prima.
Com'era possibile che il suo cuore avesse reagito in quel modo quando Richard le aveva accarezzato la guancia?
O che lei fosse rimasta in balia del suo sguardo, senza riuscire a reagire?
Perché il suo tocco delicato le aveva causato una scossa in tutto il corpo, facendole accelerare il battito cardiaco?
Troppe domande e troppe poche risposte commentò tra sé, giocherellando con una fronda di palma Ci capirò mai qualcosa?.
Improvvisamente, una voce la fece trasalire "Che ci fai in piedi a quest'ora, Megan?".
Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con William, "Potrei farti la stessa domanda" ribatté tranquilla.
Per un attimo, aveva temuto che fosse Richard.
O, forse, lo aveva sperato.
Nell'ultimo periodo, i sentimenti che le agitavano dentro erano i più contrastanti e capirli era tutt'altro che semplice.
Will si passò una mano tra i capelli castani e mormorò "Ok, te lo concedo. Personalmente, non riesco a dormire con Richard che continua a borbottare nel sonno senza sosta".
Lasciò andare un sospiro, aggiungendo "Non capisco come facciano Karl e Jack a continuare a dormire così placidamente".
La vide inarcare un sopracciglio e le chiese "Non mi credi? Vieni a sentire tu stessa, non sta zitto un attimo!".
Megan scosse il capo "Lascialo dormire. Ne ha bisogno, dopo tutte quelle scarrozzate a Gardaland".
"Tu, invece? Sei caduta dal letto, per caso?" chiese il compagno, "No, mi hanno svegliato i raggi del sole" sbuffò lei contrariata.
"Immagino" commentò il giovane "Questa mattina è davvero abbagliante. Penso che, tra poco, si sveglieranno anche gli altri".
William la guardò per un attimo e provò a vederla come la vedeva Richard, ma, nonostante i suoi sforzi, non riuscì a niente.
Era carina, punto e basta.
Non riusciva a capire come il suo amico potesse rimanere incantato da quella ragazza.
Scosse la testa e sospirò, pensando al compagno che stava ancora dormendo.
La giovane si stiracchiò, inarcando la schiena come un gatto, e chiese "Dove andiamo oggi? La prof l'ha detto?".
"No, penso che rimarremo nei dintorni, prima di andare a prendere l'aereo" disse il ragazzo, "Capito".
Dopo una decina di minuti, William la salutò, dicendole che si sarebbero rivisti a colazione, e ritornò nella sua stanza, trovando ancora tutti addormentati.
Jack, addirittura, russava come un treno, steso in diagonale sul letto. Karl stava stringendo il cuscino e Richard continuava a sussurrare qualcosa d'incomprensibile, mentre, nell'incoscienza del sonno, si girava a pancia sotto, sfiorando il pavimento con le dita.
Il ragazzo si passò le mani nei capelli, chiedendosi come diamine facessero a dormire in quei modi così strambi.
Si sedette sul bordo del proprio letto e rimase ad osservare gli amici, chiedendosi cos'avrebbe potuto fare nell'attesa.
Che si augurava non durasse troppo.
Karl iniziò improvvisamente a stiracchiarsi e sbatté più volte le palpebre per svegliarsi.
Vedendo che Will era già in piedi, disse "Buongiorno. Jack ti ha fatto cadere dal letto?".
Cosa piuttosto probabile, dato che i loro letti erano a meno di dieci centimetri di distanza.
Lui scosse la testa e disse "Richard non smetteva di parlare un attimo e così mi ha svegliato".
"Ma cos'ha da blaterare tanto?" chiese l'altro, avvicinandosi all'amico ancora addormentato.
Il ragazzo si voltò ancora, stavolta verso di loro, e sussurrò "No, non andartene. Rimani qui, per favore!".
William guardò Karl e chiese "Ma con chi ce l'ha?", "Non lo so" mormorò l'altro "È la prima volta che lo sento parlare nel sonno".
Si strinsero nelle spalle e si sbrigarono a controllare la stanza per assicurarsi di non essersi dimenticati niente, ma Karl inciampò in un mucchio di vestiti di Jack e cadde sul letto del compagno.
Jack balzò come una molla ed imprecò "Ma che cazzo…?!".
Il fratello gli fece segno di tacere, ma era troppo tardi.
Anche Richard si rizzò a sedere di scatto e chiese "Cos'è successo?", "Niente, Ric. Sono solo inciampato" mugugnò Karl.
"Mi avete fatto venire un infarto!" protestò Jack, alzandosi dal letto "Volete farmi morire qui, per caso?".
"Tu impara a mettere le tue cose a posto, dopo che le hai usate" ribatté William "E forse eviterai che gli altri ci inciampino dentro".
 
La prima parte della mattina passò in un lampo, mentre tutti ragazzi facevano qualche giro nelle vicinanze dell'albergo.
Poi caricarono tutte le valigie sull'autobus, salutarono il direttore e partirono alla volta dell'aeroporto di Roma.
Il viaggio durò pochissimo, date le distanze, ma i ragazzi si affrettarono comunque a passare sotto il controllo bagagli ed a salire sull'aereo che li avrebbe riportati a casa.
Megan decise di rilassarsi ascoltando un po' di musica e, in poco tempo, si addormentò, recuperando le ore di sonno perse quella mattina.
Non voleva pensare a niente che non fosse l'imminente ritorno a casa e quel pensiero l'aiutò a scivolare nella tanto desiderata incoscienza.
Richard, invece, rimase tutto il tempo ad ascoltare le canzoni sul suo hypod, cercando di non pensare a niente.
Nonostante avesse alzato molto il volume, nel tentativo di rilassarsi, non riusciva a togliersi dalla mente il volto di Megan.
Riusciva a cogliere tutti gli attimi della loro traversata nel tunnel, appena il giorno prima.
Rivedeva i suoi occhi, così puliti e profondi, che lo guardavano un po' impauriti, un po' emozionati.
Quando poi i loro visi si erano pericolosamente avvicinati l'uno all'altro, si erano come illuminati.
Benché ricordasse quegli istanti alla perfezione, non era sicuro di quello che aveva visto nello sguardo della ragazza: paura, sorpresa, ma che altro?
Non era possibile che anche lei fosse minimamente attratta da lui?
Aveva colto una scintilla nuova nei suoi occhi limpidi, un sentimento che non aveva mai visto e che gli aveva fatto battere il cuore con più forza…
Fu riportato alla realtà da Wendy, che gli sussurrò "Richard, scusa se te lo chiedo, ma cos'è successo tra voi nel Tunnel dell'Amore?".
Lanciò un'occhiata all'amica, decisamente in ansia "Megan non ha più aperto bocca da quando siete usciti. Solo ieri sera, Susan è riuscita a strapparle qualche parola sconnessa".
Il ragazzo sospirò, prima di replicare acidamente "Non è successo niente, grazie dell'interessamento".
Il suo tono si fece più teso, quando le domandò "Cos'ha detto a Susan?".
"Ha detto che si sente confusa, che non sa più che cosa le sta succedendo" mormorò la ragazza, evidentemente preoccupata per l'amica.
Il giovane rimase piuttosto perplesso da quelle parole; cosa poteva turbare tanto Megan da farla dubitare di se stessa? Non era da lei comportarsi così.
Scosse il capo per dare un filo logico ai propri pensieri, ma senza risultati apprezzabili.
Un'idea gli balenò nella mente, una luce fioca come la speranza che sentiva: che Megan si fosse innamorata di lui?

ecco fatto. anche il cpaitolo 19 è andato. spero vi sia piaciuto. Richard avrà fatto centro con la sua supposizione? e Megab capirà mai cosa prova nei suoi confronti? ma, soprattutto, quali sorepse aspettano i due ragazzi ora che sono nuovamente a casa? beh, a tutte queste domende potrò rispondere solo con i prossimi capitoli. ci si vede, gente! ^.^

(*) Ricordo a tutti i lettori che l'attrazione che andrò a descrivere, il Tunnel dell'Amore, è di mia invenzone. da quando sono stata a Gardaland, ne hanno agigunte di nuove, ma questa è pura fantasia. però, ammetto che non mi dispiacerebbe andarci davvero ^.^

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Capitolo 20
*** Visite ***


Ed eccomi di nuovo qui, ragazzi! Sono felice di vedere che la storia piace e vi prometto che farò semrpe del mio meglio per non deludervi. Un grazie enorme va a blu cherry98, che, con la sua allegra recensione, mi ha dato la carica giusta per continuare a scrivere. Mi auguro che anche questo capitolo possa piacervi, anche se il bello verrà nei prossimi. Questo è un po'.. un capitolo di transizione per qualcosa che capirete verso la fine. ^.^ spero che vi piaccia, vi auguro buona lettura!


20- Visite

L'aereo atterrò verso le 10.30 del mattino e Megan si svegliò a causa degli scossoni dell'atterraggio.
Quando si accorse di essere tornata a casa, si sentì risollevare il morale.
Nonostante tutto il divertimento della gita, non ce la faceva più a stare lontana dalla sua famiglia.
Voleva riabbracciare tutti e, inoltre, aveva bisogno di parlare con sua madre.
Solo lei poteva aiutarla a capire cosa le stesse succedendo.
Soprattutto nell'ultimo periodo, non si sentiva più la stessa; era cambiata, ma non sapeva come e quanto.
Scese velocemente dall'aereo e si affrettò a recuperare i bagagli dal nastro trasportatore.
Voleva raggiungere al più presto l'uscita; voleva rivedere tutti, compreso quello scemo di Miguel.
Non avrebbe mai immaginato che il fratello le sarebbe potuto mancare tanto!
Salutò frettolosamente le amiche, dicendo loro che si sarebbero sentite nel pomeriggio, e corse verso la sala d'attesa.
Richard la vide allontanarsi in fretta e la seguì con lo sguardo finché non sparì alla sua vista.
L'avrebbe rivista quel sabato alla sua festa, forse anche quel pomeriggio, ma quelle poche ore gli sembrarono interminabili.
 
Megan si fiondò fuori dall'aereoporto, avvolta dalla luce del sole, e sorrise quando vide tutti i suoi familiari seduti su un panchina, mentre parlavano del suo imminente ritorno.
Ines fu la prima ad accorgersi di lei ed iniziò a correre nella sua direzione, gridando "Meg! Meg! È qui! È tonnata!".
La sorella mollò la valigia e la prese al volo, abbracciandola forte "Fiorellino, mi sei mancata tantissimo!".
Anche gli altri si sbrigarono a raggiungerle e, per alcuni minuti, la ragazza non fece che abbracciare tutti, felice di essere di nuovo a casa.
"Com'è andata la gita, scricciolo?" le chiese il padre, caricando la valigia in macchina.
"Alla grande, ma vi racconterò tutto a casa. Voglio farvi vedere cosa vi ho portato" rispose la figlia.
Miguel la strinse così forte da mozzarle il fiato ed esclamò "Casa. Che bella parola!".
Salirono tutti in macchina, tra risate e sorrisi, ma la giovane si accorse che c'era qualcosa di diverso; sembrava le stessero tenendo nascosto qualcosa.
Anche stavolta, il suo intuito aveva ragione e ne ebbe la prova quando arrivarono davanti casa.
Non appena scese dall'auto, la porta si spalancò e ne uscirono Thunder e Shiver, seguiti da sette persone, alcune con ancora i sombreri in testa ed i tipici ponch messicani.
Megan li riconobbe subito e corse verso di loro, chiamandoli forte.
"Zio Alejandro! Zia Carmencita! Marica! Zio Jordan! Zia Lisa! Tony! Jasmine! Ma voi cosa ci fate qui?" esclamò, buttando le braccia al collo dello zio messicano.
"Hola, mea nin˜a!" sbottò allegro Alejandro, stringendola "Come sta la mia nipotina?".
"Siamo venuti per il tuo compleanno, no?" rise Marica, stringendo la mano della cugina "Ormai sei diventata maggiorenne!".
Anche Carmencita abbracciò la nipote, ridendo allegramente, e le arruffò i capelli "Sei cresciuta tantissimo in questo periodo. Auguri, piccola".
Il fratello di suo padre non si fece attendere e la strinse con forza, così come la zia ed i due cugini.
Quando Tony la strinse, sollevandola da terra, sentì il respiro mozzarsi in gola.
Aveva dimenticato quanto potesse essere forte la sua presa!
La ragazza si staccò, sorridendo felice "Meno male che siete venuti, altrimenti José si sarebbe dovuto sobbarcare tutte le cose che vi ho preso! Oppure avrei dovuto usare la posta...".
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo al pensiero ed un sorriso gli incurvò le labbra "Guarda che non siamo gli unici, venuti a farti visita".
La giovane spalancò gli occhi, quando vide anche i suoi nonni sbucare dalla porta e corse ad abbracciarli.
"Questo è il regalo più bello che potevate farmi!" disse tra le lacrime "Sono felicissima di vedervi!".
Anche i suoi cani reclamarono la loro dose di attenzioni e Megan non si fece pregare.
Li abbracciò e scosse loro il pelo attorno al collo, facendogli capire come fosse felice di rivederli.
Thunder le leccò tutta la faccia, facendola cadere a terra, mentre Shiver si strusciava contro la sua mano, scodinzolando felice che la padrona fosse tornata finalmente a casa.
Quando si accomodarono tutti nel salotto, Megan sorrise e prese la valigia.
L'aprì, cavandone un grosso involucro pieno di pacchetti colorati, che poi iniziò a distribuire a turno, sorridendo come non faceva da tempo.
"Non chiedetemi come ho fatto ad infilarli tutti in valigia" mormorò con una smorfia "È stata un'impresa".
"Allora, iniziamo dalla più piccola, ma più vivace della famiglia" disse sorridendo.
Prese un pacchetto e lo porse alla sorellina, che lo prese con un gridolino di gioia "Gazie, Meg!".
Quando dalla carta uscì il pupazzo di Ariel, la piccola iniziò a saltare dalla contentezza e se lo strinse forte al petto "Stupendo! Gazie!", "Meno male che ti piace" sussurrò la sorella.
"Adesso tocca a Marica" continuò, porgendole un pacchetto.
La cugina sorrise e prese il braccialetto dalla scatola "Ma è bellissimo!" disse, ammirando le grosse sfere rosate che lo formavano "Grazie, Megan!".
"Questo è per Jasmine" continuò lei, porgendole un berretto chiaro con scritto "I love Ravenna".
"Ravenna?" chiese la cugina stupita "Wow! Ci sono stata qualche mese fa, ma non presi niente, perché non ebbi tempo! Grazie, Meg!".
"Ho pensato che ti potesse fare comodo, dato che sei sempre in giro" disse l'altra, sorridendo davanti al suo sguardo allegro.
"Si abbina perfettamente ai tuoi occhi" la prese in giro il fratello "Chissà che dirà…", ma lei lo interruppe con una gomitata nel fianco.
Megan rise e continuò il giro "Per Tony" disse, dando al cugino un modellino del David di Michelangelo.
"Accidenti! Grazie! Lo sai che sto preparando la mia tesi di laurea giusto sull'arte italiana?" ammise lui, stupito.
"Bene, allora ti potrà essere utile" sorrise sua madre, "Puoi dirlo forte! Ancora grazie, Megan".
"Di nulla, non c'è bisogno che ringrazi!" si schernì la ragazza.
"Sempre la solita modesta" la prese in giro zio Jordan "Mi raccomando, non cambiare mai!".
"Questo invece è per Miguel!" rise la giovane, prendendo un pacchetto più colorato degli altri.
"Cosa? Ti sei ricordata anche di me?!" borbottò il fratello, fingendosi stupito.
Quando lo aprì e ne uscì l'elmetto da esploratore, rimase a bocca aperta.
Poi si coprì gli occhi e sbottò "No. Non ci posso credere!", "Dai, che è carino!" disse José.
"Devo ammettere che ti dona non poco!" scherzò Tony "Un po' di trucco, un filo di barba e diventi indiana Jones!".
"Tony!" lo riprese la madre, "Non preoccuparti, zia. Infondo, che male può dare una battuta?" disse Megan.
"Solo a te poteva venire un'idea del genere!" rise il fratello, guardandola divertito.
"Comunque, grazie. Mi piace e poi è ottimo per quando devo studiare di sera" commentò, osservando la torica sulla sommità del cappello.
La sorella rise e porse un altro pacco al cugino messicano.
Lui l'aprì e subito indossò un cappello in paglia da gondoliere, con tanto di nastro colorato intorno alla tesa, ed una maglia a righe rosse e bianche.
"Beh, come sto?" chiese, facendo una piroetta su se stesso; "Uno schianto!" rise la sorella, dandogli una pacca sul braccio.
"Molto elegante" approvò Carmencita, sorridendo mentre la nipote le porgeva un pacchetto colorato.
Prese la collana che conteneva, sussurrando "Grazie, tesoro. È davvero molto bella".
Poi sorrise, mentre sfiorava il pendente a forma di "C"  ed ammirò entusiasta i colori forti e vivaci che lo abbellivano, con dei bellissimi motivi floreali.
"A mamma, ne ho presa una simile" continuò la ragazza, porgendo a Grecia una collana con un pendente a forma di cuore, color ambra.
"Ma è stupenda! Grazie, tesoro!" mormorò lei, con gli occhi lucidi.
"E non mi sono mica dimenticata dello zio!" aggiunse la ragazza, porgendogli un grosso portachiavi a forma di Colosseo, con dentro lo stemma di Roma.
"Questo lo potresti usare per le chiavi dell'officina. Così non le perdi" disse divertita.
"Carramba, hai ragione! Muchas gracias, mea chicas" rispose suo zio, ridendo divertito.
"Questo è per papà" disse Megan, dando a suo padre una bottiglia, decorata con disegni sgargianti e piena di vino rosso della Campania.
Alan la guardò stupito, poi sorrise e disse "Grazie, scricciolo. Proprio un bel regalo".
"Vedi di non alzare troppo il gomito, però" lo prese in giro il figlio, con un sorriso malizioso.
"A zio Jordan" continuò la sorella, porgendo allo zio un libro per gli appassionati di fotografia, che riportava tutti i paesaggi più belli d'Italia.
"Che dici, ti può essere utile per il tuo negozio di fotografia?" mormorò, un po' nervosa.
"Altroché! Grazie, piccola" esclamò allegro l'uomo "Mi hai fatto un regalo davvero molto utile! Oltre che assolutamente stupendo".
"Meno male" sospirò lei, per poi porgere alla zia il suo regalo.
La donna lo aprì e ne uscì una boccetta di profumo a forma di bocciolo di rosa, che trovò deliziosamente aromatico.
Sul vetro della boccetta era inciso il simbolo di Verona, con una frase legata alla storia di Romeo e Giulietta.
"Megan, come facevi a sapere che mi piace molto la rosa?" esclamò, piacevolmente sorpresa, "Questione di memoria" rise la nipote.
"A nonno Diego, ho preso questi" continuò, porgendo a suo nonno un pacco di sigari, che sulla scatola recava il simbolo della città di Roma.
"Con la promessa che non li userà troppo spesso" aggiunse con sguardo severo che non ammetteva repliche.
"Tranquilla, Meg. Li userò solo nelle occasioni speciali, te lo prometto" promise suo nonno.
Tutti risero e Megan prese uno specchietto dal manico intarsiato con pezzetti di corallo rosso e lo porse alla nonna materna.
L'anziana signora si asciugò gli occhi lucidi e sussurrò "Grazie, piccola. È stupendo".
Poi fu nonno Joe a dover ringraziare, quando la nipote gli passò una grossa bottiglia di limoncello, decorata a colori sgargianti.
"So che ti fai portare i limoni direttamente dall'Italia" disse, stringendosi nella spalle "Quindi ho pensato che era il caso di prenderti una bottiglia di liquore del posto, dato che ero già lì".
"Grazie, piccola. I limoni fanno bene alla salute, lo sapevi? Soprattutto al cuore" disse l'uomo.
La battuta fu accolta con una fragorosa risata e la nipote lo abbracciò forte, sussurrando "Vacci piano con il cuore. Noi ti vogliamo ancora qui, quindi cerca di stare attento alla salute".
Poi passò l'ultimo pacchetto colorato alla nonna paterna, che la guardava sorridendo.
Il volto della donna s'illuminò, mentre prendeva una statuetta di porcellana dalla scatola.
Era una ballerina di danza classica, che sembrava stesse provando Il lago dei cigni di Wagner.
"Grazie mille, tesoro. Ti sei forse ricordata che, alla tua età, facevo la ballerina, eh?" sussurrò allegra.
Megan rise "Sì, di tante statuette mi ha colpito questa", poi annunciò "E non abbiamo ancora finito. Ci sono delle foto che vi devo mostrare".
Prese le foto scattate durante tutta la gita, stupendo tutti con i racconti che accompagnavano ogni immagine.
Continuò finché sullo schermo della macchina digitale non rimasero solo le foto scattate a Gardaland e le mostrò ai parenti.
Spiegò le varie attrazioni che avevano visitato, indicando i vari compagni che l'avevano accompagnata, dicendone il nome.
I cugini risero divertiti davanti alla foto da ricercata fatta nel villaggio Western e Tony esclamò "Farsi sparare da te sarebbe quasi un piacere, Meg".
La ragazza fece una smorfia, ma non riuscì a trattenere una lieve risata, mentre diceva "Attento, potrei anche prenderti in parola!".
Sua madre sorrise quando la vide accanto a Richard, mentre Susan e Karl si tenevano per mano nelle Jungle Rapids.
"Stanno insieme, adesso?" chiese alla figlia, "Sì, si sono messi insieme alla festa di Richard" spiegò lei.
"Chi è Richard?" le chiese Marica incuriosita, cercando di individuare un ragazzo che non fosse stato ancora nominato.
Rimase stupita nel vedere un lieve rossore tingere le guance della cugina, mentre indicava il ragazzo dai capelli neri accanto a sé nella foto.
"Accidenti!" bisbigliò "Che schianto!", "Devo darti ragione! Hai fatto colpo, eh Meg? Dove li trovi ragazzi così belli, si può sapere?" aggiunse Jasmine, con un sorriso malizioso sulle labbra.
"Ehi! E noi cosa siamo? Dei mostri?" ribatté il fratello, fingendosi offeso.
"Assolutamente no! Ma cosa vai a pensare?" rise Marica "Solo che non andate bene per Meg".
"Ovvio! Siamo parenti, te lo sei scordato?" rise José. "Ma la volete smettere? Certo che ne state dicendo di sciocchezze!" ribatté Megan.
 
Nel frattempo, Richard stava guidando in direzione del numero 10.
Voleva parlare con Miguel per capire un po' meglio i gusti di Megan, deciso farle un bel regalo, ma non sapeva proprio da dove iniziare.
In più, sperava di vederla, almeno di sfuggita…
Era assurdo, ma, anche se erano passate solo due ore dall'arrivo all'aereoporto, gli mancava come se non la vedesse da mesi.
Finirò davvero con l'ammattire si disse, sorridendo appena Megan mi ha davvero sconvolto la vita.
Quando arrivò davanti all'arco di ferro bianco, notò tre auto in più del normale accanto all'abitazione.
Non sapeva a chi appartenessero; forse avevano ospiti in casa.
Per un attimo, si chiese se non fosse il caso di rimandare, ma non sapeva se avrebbe avuto ancora il coraggio.
Spense il motore della moto e l'accostò alla staccionata, chiedendosi chi fosse in casa; Speriamo che almeno Miguel non sia uscito mormorò tra sé.
Prese un profondo respiro per calmarsi e, poggiata una mano sulla piccola recinzione, la superò con un agile balzo.
Atterrò sull'erba dall'altra parte, facendo pochissimo rumore, ma tanto bastò ad attirare l'attenzione di Thunder e Shiver.
I due aski corsero verso l'ingresso e si catapultarono contro all'intruso.
"Accidenti!" imprecò il ragazzo, sentendoli abbaiare dal giardino posteriore "Mi ero dimenticato dei cani!".
Cercò di correre verso la porta, nel tentativo di evitarli, ma loro furono più veloci e gli balzarono addosso, abbaiando, e lo fecero cadere a terra.
Lo riconobbero subito dall'odore ed iniziarono a leccarlo da capo a piedi, scodinzolando allegri.
"No, basta! Per piacere, smettetela! Basta! Avanti, giù! Da bravi, lasciatemi alzare" implorò lui, cercando di coprirsi la faccia.
Le sue risate attirarono l'attenzione di tutti e Miguel e Megan si precipitarono alla finestra, cercando di capire chi fosse a fare tutto quel casino.
"Richard?" dissero ad una sola voce, prima di uscire fuori per liberalo dai cani, che ancora scodinzolavano.
Il giovane trattenne un altro attacco di risa e si alzò in piedi, "Accidenti, non me li ricordavo così esuberanti!".
La ragazza rimase allibita, cosa ci faceva lui a casa sua? Sentì il proprio cuore iniziare a battere più forte e Marica, che le aveva poggiato la mano sulla spalla, se ne accorse.
Le rivolse uno sguardo interrogativo, ma l'altra non rispose; non riusciva più a capire cosa le stesse accadendo…
Solo perché Richard era venuto a casa sua, non era una valida scusa perché il suo cuore battesse così forte! Stava diventando pazza; questo era poco, ma sicuro.
Richard si rivolse alla compagna, mormorando "Scusa se vi ho spaventato, ero solo venuto a cercare tuo fratello".
"Beh, mi hai trovato" rise Miguel, dandogli una pacca sulle spalle "Sono a tua completa disposizione".
Grecia e tutti gli altri si affacciarono dalla veranda e lei sorrise "Oh. Ciao, Richard. È un piacere vederti. Cosa posso fare per te?", "Buongiorno a voi. Scusate il disturbo. Volevo solo parlare un attimo con Miguel".
José sorrise divertito "Accomodati pure. Dai, che oggi è un'occasione speciale".
Solo in quel momento, Richard si accorse di quanta gente fosse stipata nella casa e salutò tutti con un gesto timido.
Era capitato nel bel mezzo di una riunione di famiglia!
"No, vi ringrazio. Non vorrei disturbare. Passerò più tardi" mormorò, arretrando appena.
Fece per andarsene, ma non aveva fatto un passo, che la piccola Ines l'aveva preso per una manica e lo stava tirando in casa "Dai, Ichad! Resta, resta!".
Si stava sforzando di pronunciare bene il suo nome, per lei ancora complicato, e gli chiedeva di rimanere.
Sentì un sorriso curvargli le labbra davanti a quella piccola e si abbassò sui talloni per guardarla in viso "Chiamami Ric e non sforzarti troppo", poi chiese "Sicura che non do' fastidio?".
La piccola rise allegra "Sì, tu sei amico di Miguel e di Meg. Quindi sei anche amico mio. Dai, vieni!".
"E poi, hai l'occasione più unica che rara di conoscere la famiglia al completo!" aggiunse Miguel.
"Siamo sparsi un po' per tutto il continente americano e non riusciamo a vederci molto spesso" spiegò Megan con un filo di voce, mentre il suo cuore accelerava sempre più.
"Ovviamente, José già lo conosci da un paio di mesi" iniziò Miguel, poi si rivolse ai parenti "Lui è un mio carissimo amico, Richard McKallister".
"Tu forse ti ricordi il cognome, eh nonno?" chiese a Joe, sorridendo allegramente.
L'uomo annuì "Ho già sentito questo cognome, devo solo ricordarmi quando e non ci metterò molto. Io ricordo bene tutte le facce che vedo".
"Certo, nonno. Fa' con comodo" disse Miguel con una risata, poi presentò i parenti all'amico.
"Lei è Marica, la sorella di José" disse, presentando la cugina. La ragazza fece un passo avanti e gli strinse la mano "Molto lieta".
Poi scosse i capelli scuri e sorrise maliziosa alla cugina, che se ne stava in silenzio, senza riuscire a parlare.
"I miei zii materni, Alejandro e Carmencita…" continuò Miguel, presentandoli.
"Molto piacere. Sei un compagno di classe di Megan, vero?" chiese Alejandro, "Sì. Comunque,… il piacere è tutto mio".
"Poi, mio zio Jordan, zia Lisa ed i miei cugini Tony e Jasmine" continuò Miguel.
"È un piacere conoscerti, Richard" disse Jordan, guardandolo negli occhi; "Molto lieto" rispose lui, un po' imbarazzato.
"Sai, mi ricordi molto un amico, che conobbi anni fa. Ma, purtroppo, non ho la memoria di mio padre" scherzò l'uomo, prima di cedere il posto alla moglie.
Tony gli porse la mano e la strinse con vigore "Molto piacere di conoscerti ".
"Tony, per favore. Non stritolargli la mano!" lo rimproverò la sorella, liberando Richard dalla sua morsa.
"Devi scusarlo, non sempre riesce a controllarsi" disse con una lieve smorfia, poi sorrise "Io sono Jasmine", "Lieto di conoscerti" rispose il ragazzo.
"Comunque, non preoccuparti. Ci sono abituato. Anche un mio amico ha una gran bella stretta" aggiunse, ripensando ad Oliver.
"E loro sono i nostri nonni: Joe, Sarah, Diego ed Milli, diminutivo di Milagros…" concluse Miguel, "Molto piacere" ripeté Richard, sorridendo.
In che razza di situazione era finito! Non avrebbe mai pensato di capitare in una situazione di quel genere.
Però, era davvero contento e sorpreso di poter conoscere una gran bella famiglia come quella di Megan.
Tutti tipi allegri pensò con un sorriso.
Osservando i loro sguardi, si chiese da chi di loro avesse preso la ragazza.
Nessuno della sua famiglia aveva gli occhi di quel colore così particolare…
Notò che Joe, il nonno paterno di Megan, lo stava osservando incuriosito, cercando di ricordarsi dove aveva già visto quel viso.
Di colpo, il suo volto s'illuminò ed un sorriso gli incurvò il viso "Ora ricordo!".
"Tu sei il figlio di Josh McKallister! Non può essere altrimenti. Sei identico a lui…" esclamò sorpreso "È un tuo amico, Alan".
Si batté il pugno sulla mano nell'aggiungere "Ricordo che lo portavi sempre a casa e stavate tutti i pomeriggi a studiare insieme sotto l'olmo".
"Esatto, papà" rise Alan, "Il nonno a volte ci mette un po', ma si ricorda sempre dove e quando ha visto delle persone" spiegò Megan al suo compagno.
Si toccò la testa con l'indice ed aggiunse ridendo "È da lui che ho ereditato una memoria ferrea".
"Inoltre, ti ha chiamato quando io ero all'ospedale. Nonostante siamo passati degli anni da quando l'ho visto l'ultima volta, potrei riconoscerlo anche per strada!" continuò Joe.
"Ci credo, papà. Josh è il miglior amico di Alan!" ribatté Jordan, ridendo all'espressione di suo padre.
L'anziano signore osservò ancora il volto di Richard "Ne hai ereditato lo sguardo: fiero, ma onesto. Quando l'ho visto l'ultima volta, si era appena sposato ed ora mi ritrovo davanti il figlio!".
Scoppiarono tutti a ridere e Miguel ridacchiò "Bene, ora che ci siamo presentati tutti, penso che possiamo alzare i tacchi".
Uscì dal cancello, dicendo alla madre "Ci vediamo più tardi. Andiamo a fare un giro e torniamo".
"Vi dispiace se vengo anch'io?" chiese José, poggiandosi un casco nero sottobraccio.
"È da un po' che non faccio muovere questa moto" aggiunse, alzando il cavalletto della sua moto da cross.
"Wow!" esclamò Tony "Una moto da cross! Che forza!", "Vuoi unirti a noi, Tony?" domandò Miguel con un sorriso.
"Davvero posso?" chiese il ragazzo, "C'è bisogno di chiederlo?" disse Richard, sorridendo a sua volta.
"Conosco una pista, proprio qui vicino. Ci vado tutte le settimane. Volete che ve la mostri?" chiese poi.
"Ovvio!" sbottò scherzosamente Miguel, prendendo il casco che l'amico gli porgeva.
Partirono con un potente rombo e, in pochi istanti, scomparvero alla vista, mentre Alejandro li osservava divertito dalla veranda.
"Mi ricordano quando avevo la loro età. Sempre in giro a scatenarsi" disse sorridendo alla moglie, poi si chiuse la porta alle spalle e ritornò in salotto.
 
Jasmine portò le due ragazze fuori in giardino e si accovacciò nell'erba, accarezzando Shiver e Thunder, che erano in vena di coccole.
Avevano annusato entusiasti i collari colorati che Megan aveva portato dall'Italia ed avevano permesso alle ragazze di metterli al posto di quelli vecchi.
Marica si sedette sul dondolo e disse alla cugina "Accidenti, che schianto! È ancora meglio dal vivo!".
"Hai ragione! Ed hai visto com'è simpatico?" aggiunse Jasmine ridacchiando "Non ho mai visto un tipo così cordiale".
"Lascia perdere, Marica. Non è il tuo tipo" ribatté la cugina, stendendosi a pancia in giù sull'erba e strappandone alcuni ciuffi.
"Non è che ci hai fatto tu un pensierino?" chiese lei, facendo ondeggiare i boccoli castano chiaro.
"Assolutamente no!" esclamò Megan, arrossendo di colpo "Ma come ti viene in mente una cosa del genere?!".
Si riscosse dall'improvviso imbarazzo e sospirò, prima di mormorare "Che razza d'idea ti è saltata in testa...".
"Beh, quando l'hai visto, il cuore ti batteva più forte e sei arrossita quando ti ha salutata" replicò la cugina.
"Non dire sciocchezze!" esclamò la ragazza, voltandosi dall'altra parte per non incrociare il suo sguardo.
In cuor suo, sapeva che Marica non aveva tutti i torti, ma si rifiutava di ammettere una cosa del genere.
Lei, che faceva certi pensieri su Richard? Assurdo.
"Io il tuo cuore l'ho sentito, avevo la mano poggiata sulla tua spalla" rise l'altra "Non mentire alla tua cuginetta. Sono stata sempre la tua confidente, no?".
Marica ormai sorrideva come una bambina il giorno di Natale, sicura di aver centrato in pieno.
"Sì, ma stavolta hai preso un granchio! E uno di quelli grossi" ribatté la giovane, scuotendo la testa.
"Certo, come no" la prese in giro Jasmine "Avresti dovuto vedere la tua faccia quando ti ha sorriso. Poco ci mancava che cadessi a terra, svenuta!".
Marica annuì allegra "Io non direi, mia cara Meg. Ma comunque sono già felicemente fidanzata. Non preoccuparti".
"Davvero? E da quando? Con chi?" chiese la cugina, strabiliata "Dai, non tenermi sulle spine!".
"Da tre mesi a questa parte. Strano che tu non lo sappia… Pensavo che José l'avesse detto a tutti, ormai" la sentì rispondere allegra.
Megan la guardò un po' accigliata, mentre dalla voce trapelava tutta la sua curiosità "Posso sapere chi è il fortunato?".
"A dire la verità, anch'io sono piuttosto incuriosita" ammise Jasmine, cercando di tenere buono Thunder, deciso a lavarle la faccia ad ogni costo.
Megan andò ad aiutarla e guardò ancora la cugina seduta sul dondolo.
Sapeva che Marica, nonostante i suoi diciotto anni compiuti da quasi sei mesi, aveva avuto solo un storia nella sua vita e non era finita bene.
Proprio com'era successo a lei con Quan… Anche se, nel caso della cugina, le cose si erano risolte molto più facilmente.
Dopo la rottura con il fidanzato, Marica era diventata piuttosto diffidente e non si lasciava avvicinare tanto facilmente.
Che si fosse nuovamente fidanzata, voleva dire che un ragazzo era riuscito ad abbattere il suo muro di paura.
"Ti ricordi di Pedro, il figlio del macellaio? È lui, il ragazzo che amo" sussurrò sognante.
"Sì, mi ricordo di lui" disse la cugina "Finalmente, si è deciso a fare la sua mossa! Ti sbavava dietro da un anno, quando me ne sono andata. Quando ti ha fatto la proposta?".
"Il giorno dopo la vostra partenza" spiegò Marica, sorridendo al ricordo di quella giornata.
"Mi ha vista un po' giù e mi ha chiesto se volevo accompagnarlo a prendere la sua macchina, dato che papà non c'era e José stava male" aggiunse "L'ho accompagnato e lui mi ha invitata a fare un giro".
"Che tu hai accettato" rise Jasmine, "Ovvio. È sempre stato molto gentile con me e volevo capire quanto gli interessassi…".
"Risultato: vi siete fidanzati!" esclamò Megan trionfante, sorridendo allegra "Sono davvero felice per te".
"È un vero tesoro" mormorò Marica "Pensa che si è offerto di accompagnarci qui, ma suo padre gli ha detto che doveva aspettare almeno un paio di giorni per aiutarlo con le consegne, ma poi avrebbe potuto raggiungerci".
Fece una piccola smorfia nel l'aggiungere "È stata un'impresa convincerlo a restare altre quarantotto ore. Dovrebbe arrivare domattina, se va tutto bene. Voglio farvelo conoscere a tutti i costi".
"Dici sul serio? Ma dai! Hai dovuto convincerlo a restare solo altri due giorni?!" chiese Jasmine strabiliata, "Già, e non è stato affatto facile!".
Il suo sguardo si perse nel vuoto, al pensiero del ragazzo che non vedeva l'ora di riabbracciare, e Megan preferì non disturbarla.
"E tu, Jasmine? Stai ancora con Mike?" chiese alla cugina, "Sì, ci amiamo davvero tanto" sospirò lei, sorridendo con aria sognante.
"Vorrei solo che Tony la smettesse di fare il cretino quando viene a casa!" mormorò accigliata.
"Forse dovresti parlagli" suggerì l'altra, "È totalmente inutile" borbottò la ragazza "Quando uno è scemo, è scemo!".
 
Intanto, Miguel stava parlando con Tony, Richard e José sul progetto che aveva in merito alla festa della sorella.
"Sarà una festa a sorpresa. Scommetto che rimarrà di stucco" mormorò, immaginandosi l'espressione di Megan.
"Ma se sa già che sabato festeggeremo il suo diciottesimo compleanno!" protestò Richard "Come vorresti organizzare una festa a sorpresa?".
"È questo il punto! La faremo scendere, pensando che dovrà aspettare l'arrivo di tutti, e invece saremo già lì!" spiegò l'amico.
José li guardò tutti e due, per poi voltarsi a guardare Tony.
Poi scoppiarono a ridere ed il ragazzo disse "Questa è l'idea più pazzesca che abbia ma sentito, ma mi piace! Miguel, sei un genio!".
"Modestamente" si atteggiò lui, per scherzare "Finalmente, qualcuno si è accorto del mio talento!".
"Non montarti troppo la testa!" lo prese in giro Tony "Altrimenti , finisce che esplode!".
Risero tutti insieme, poi Richard fece la domanda che più gli premeva "Devo ammettere che non ho la più pallida idea di cosa regalarle. Non è che potete darmi una mano? Sono proprio a corto d'idee".
"No problem, amigo" rise Miguel "Ti do' subito una dritta: Meg è una ragazza semplice. Odia i regali costosi, perché la mettono in imbarazzo".
Il ragazzo sorrise, pensando che l'amico aveva ragione da vendere.
Peccato che questo lo confondesse ancora di più su che cosa regalarle...
Il guaio peggiore era che Jack e William avevano deciso di affidarsi a lui per decidere il regalo.
"Due: per lei basta il pensiero, non fa capire facilmente i propri gusti" continuò José, strappandolo ai suoi pensieri.
"L'importante è che tu lo faccia con intenzione" aggiunse, sorridendo conciliante "Lei lo capirà sicuramente".
"A meno che non la si guardi negli occhi" mormorò Richard, senza pensarci.
"Come?" chiese Miguel, "Se la guardi dritta negli occhi, puoi capirla meglio" spiegò l'amico.
Arrossì lievemente e ringraziò il cielo che fosse abbastanza buio da non farlo notare.
Almeno erano abbastanza lontani dai lampioni, o gli avrebbero chiesto perché avesse le guance in fiamme.
"Me ne sono accorto al parco dei divertimenti, in gita" disse in un soffio, "Capisco. In effetti, hai ragione" concordò l'altro.
"Tre: adora i colori vivaci ed allegri, soprattutto quelli primaverili. Non so che altro dirti, amico" concluse Tony "Ti abbiamo detto tutto quello che potevamo".
"Grazie, mi avete aiutato molto. Ora credo di sapere cosa regalarle" li ringraziò Richard.
Accese il motore della moto, facendolo rombare, e disse "José, ti va una gara?", "Ci puoi scommettere!" ribatté l'altro, salendo sulla propria.
"Allora, al tre!" gridò Miguel, posizionandosi tra i due corridori. Tony si sistemò sul bordo e prese il cellulare, per immortalare la gara con un video.
Li vide mettersi in posizione, dietro la linea bianca, e sistemarsi per bene i caschi, mentre Miguel prendeva la sua bandana dalla tasca e la usava come bandiera per la partenza.
I due contendenti fecero rombare le moto, riscaldando bene i motori, poi, al via di Miguel, partirono sgommando sulla pista, cercando di prendere più vantaggio possibile sull'altro.
Tony fece partire il video nell'esatto istante della partenza, seguendo ogni loro mossa e girando su se stesso per non perdersi neanche un istante.
Fortuna che la pista era ben illuminata!
I due ragazzi affrontarono le curve con maestria, piegandosi quel tanto che bastava nell'uno o nell'altro lato, scattando nei rettilinei, mentre le marce si susseguivano a seconda della velocità desiderata.
Nessuno dei due sembrava riuscire a prendere vantaggio sull'altro e si contendevano il primo posto con feroce sportività.
Ora José era in testa, un attimo dopo era Richard ad avere il comando della gara.
Tagliarono il traguardo insieme e frenarono, fino a fermarsi del tutto qualche metro più in là.
Miguel li raggiunse ansante e si congratulò con i due "Accidenti! Mi dovete insegnare come si guidano questi mezzi! Siete grandi!".
"Grandi è dire poco!" esclamò Tony, mettendo fine al video "Siete fantastici! Ma come diavolo fate ad essere così bravi?".
Richard si sfilò il casco e sorrise in direzione di Miguel "Quest'estate verrò più spesso, insieme ai miei amici".
Sorrise nell'aggiungere "Se vuoi, puoi raggiungerci. Così ti insegneremo tutto quello che ti serve", "Ci sto! Grazie, amico".
José rise, prima di rivolgere al ragazzo uno sguardo di sfida "Intanto, la gara l'abbiamo vinta entrambi. Che ne dici di farne un'altra?".
"Secondo te, c'è bisogno di chiederlo?" sogghignò l'altro, infilandosi nuovamente il casco "Preparati, perché quello era solo il riscaldamento".
 
Nel frattempo, a casa, Megan stava finendo di sistemare il secondo dei tre letti nella sua stanza, che avrebbe condiviso con le cugine per un paio di giorni.
Fortuna che Ines stava guardando la televisione in camera dei suoi genitori, dove avevano momentaneamente spostato il box.
Altrimenti, quella piccoletta non le avrebbe dato un attimo di pace.
Nell'ultima ora, c'erano state parecchie discussioni sulla sistemazione degli ospiti, ma alla fine si era giunti ad un accordo.
José, Tony e Miguel avrebbero dormito nella camera del ragazzo, su delle brandine.
Gli zii ed i nonni, invece, dopo una lunga discussione, avevano deciso di andare nel piccolo residence alla fine del quartiere.
"Non ci entreremo mai tutti in casa tua, Al" aveva detto Jordan al fratello "Non preoccuparti. Lascia che i ragazzi restino insieme".
Alla fine, Alan aveva dovuto cedere di fronte alla sua logica inoppugnabile. Megan scosse la testa, pensando a chi fosse il più testardo tra i due.
Improvvisamente, Ines iniziò a chiamarla dall'altra stanza "Meg! Meg!", "Arrivo, fiorellino" sospirò la ragazza, entrando nella stanza.
Era riuscita a tenere buona la sorellina solo mettendole una delle sue cassette preferite ed era quello che stava vedendo in quel momento.
"Cosa c'è, Ines?" chiese avvicinandosi, cercando di non inciampare nei vari pupazzi sparpagliati a terra.
La piccola ridacchiò indicandole lo schermo e, sorridendo, ripeté "Meg!".
Lei osservò nella direzione indicata e vide la protagonista femminile di <<Hercules>>, Megàra, che cantava il suo amore per l'eroe.
La piccola non riusciva ancora a pronunciare correttamente alcuni nomi e quindi si aggrappava ai diminutivi.
Probabilmente, stava solo esultando alla vista della protagonista, che era tra le sue preferite.
Infatti, anche Megàra si faceva chiamare Meg, proprio come lei.
Ascoltando le sue parole, Megan ebbe un tuffo al cuore.
Si accorse improvvisamente quali fossero i suoi sentimenti per Richard; ormai era tutto chiaro, l'aveva capito.
Guardando la videocassetta, rifletté sui propri pensieri e su ciò che il cuore aveva tentato più volte di dirle, ma lei era stata troppo sorda per capire cosa le si stesse agitando dentro.
Non cederò, ma io l'amo e lo so…
Le parole della ragazza sullo schermo le fecero capire a pieno tutto ciò che provava. Non glielo avrebbe mai detto, ma…
Ormai non poteva più negarlo: si era innamorata di Richard.   

Ok, è fatta. spero di non avervi annoiato troppo con questo capitolo... Dal prossimo, la situazione si accenderà un po' e spero che possa piacervi più di questo. anche eprché non sono pienamente convinta di com'è venuto... Una cosa però, si è sbloccata. FINALMENTE, anche Megan si è resa conto di provare qualcosa per Richard. E tutto per merito di Ines! Tenete d'occhio la piccoletta, perché ne combinerà delle belle nei prossimi capitoli!
che dite? cosa succederà dopo? ^.^ non vedo l'ora di sapere che cosa ne pensate. a prestissimo!! vostra Alys-chan

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Capitolo 21
*** Auguri Megan! ***


Salve a tutti, ragazzi!! ^.^ eh, sì.. sono di nuovo qui, con un nuovo capitolo di questa storia ancora bella lunga. avrete la pazienza di arrivare fino all'ultimo capitolo? mi auguro di sì... Comunque, volevo ringrazirvi di cuore per la grande pazienza che avete dimostrato fin'ora e sopratutto, grazie a te Blue Cherry98. questo capitolo è tutto per te! ^-^ 



21-Auguri Megan!   

Quel sabato pomeriggio, Grecia ebbe il suo bel da fare per tenere la figlia al piano di sopra ed impedirle di scendere nel salotto.
Doveva seguire il piano di Miguel: Megan non doveva scendere prima delle 21.00!
"Avanti, tesoro! Devo sistemarti il vestito! Dovresti rimanere un po' più ferma" la rimproverò, cercando di sistemare l'orlo della gonna.
"Mamma, dovrei aiutare José e Marica a sistemare le ghirlande fuori la veranda" borbottò la ragazza "Infondo, la festa è la mia".
"Se il tuo vestito non è pronto, non vai da nessuna parte, cara" ribatté decisa Grecia.
Lei sbuffò e la sua immagine riflessa nello specchio le rimandò un viso un po' scocciato, ma al tempo stesso felice per l'imminente festa che l'attendeva.
La ragazza nello specchio indossava un abito bianco come la spuma, con sottili strisce di stoffa verdemare sull'orlo della scollatura, delle maniche lievemente a sbuffo, e della gonna, che si allargava come la corolla di un fiore attorno alla vita.
L'ampio scollo a "V" metteva in risalto la sua pelle dorata, mentre il resto dell'abito le cingeva il corpo come un velo.
Inoltre, era lievemente stretto in vita da un'altra striscia verdemare, che faceva risaltare le sue forme aggraziate.
Da lì, scendeva in un'ampia gonna che non le sfiorava le ginocchia, abbellita da un piccolo orlo decorato.
Ed era quello il punto che sua madre le stava sistemando.
Da almeno un'ora!
Guardandosi allo specchio, però, Megan dovette riconoscere che sarebbe valsa la pena di aspettare un po', quando poi il risultato era così strabiliante!
Inoltre, sua madre le aveva fatto indossare un bellissimo fermaglio color acquamarina.
"Per abbinarlo ai tuoi occhi" le aveva spiegato con un sorriso "Così risalteranno ancora di più e sarai assolutamente perfetta".
In più, prima di occuparsi del giardino, Marica e Jasmine si erano divertite a truccarla.
Sotto la sua insistenza, si erano limitate al minimo indispensabile, ma il risultato era davvero stupefacente e la giovane ne era rimasta meravigliata.
La lieve scia di ombretto le illuminava lo sguardo, reso più profondo da una sottile linea di eye-liner.
Il lucidalabbra invece brillava alla luce del lampadario e la ragazza si ritrovò a sognare ad occhi aperti.
Chissà se Richard l'avrebbe trovata carina…
Il cuore iniziò a batterle più forte al solo pensiero e ringraziò il cielo del fatto che sua madre era troppo impegnata con l'orlo del vestito per guardarla in faccia.
La festa si sarebbe tenuta in giardino e suo padre, aiutato dagli zii e dai nonni, stava montando non solo il gazebo, ma anche i tavoli e le sedie che avrebbero ospitato gli invitati.
Marica e Carmencita stavano sistemando lo stereo e gli amplificatori, per diffondere la musica in ogni angolo del giardino, ma non facevano che discutere, dato che Carmencita non s'intendeva certo di tecnologia.
"Mamma, il filo bianco va qui!" ripeté la figlia sconsolata "Accanto al pulsante verde".
Lasciò andare un sospiro di sollievo, quando sua madre capì il punto esatto e si preparava con un altro spinotto.
Nel sentirle, José mollò la sistemazione delle ghirlande "Mamma, puoi aiutare tu Miguel? Ci penso io qui".
"Penso sia meglio che ti ceda il posto" rise la donna, avviandosi verso il nipote.
"Grazie!" sussurrò la sorella "Mamma è una vera frana con gli impianti tecnologici".
"Dalle invece ago e filo e ti farà meraviglie di stoffa!" ridacchiò lui, guardando la finestra di Megan.
La cugina non doveva neanche affacciarsi dalla propria camera, altrimenti sarebbe andato tutto a monte!
Rise al pensiero di Megan bloccata sotto il controllo inflessibile di Grecia, mentre quest'ultima le sistemava il vestito per la festa.
Il modello l'avevano scelto la zia e sua madre il pomeriggio precedente, ma era stata Megan a decidere il colore della stoffa.
Il lilla era sempre stato il suo colore preferito, fin da bambina, ma, per l'occasione, aveva puntato sul verdemare…

"Allora?" chiese Alan, montando l'ultimo tavolo "Come va, laggiù?", "Alla grande, figliolo!" gli rispose Joe.
"Questa sera ci divertiremo davvero" aggiunse Alejandro, sistemando l'ultima sedia accanto al tavolo montato dal cognato.
"Stasera Megan sarà una vera stella" sospirò Milli, mentre portava le tovaglie e le sistemava sui tavoli, "Com'è cresciuta la nostra nipotina!".
La piccola Ines si era messa in testa di aiutarla,  così afferrò i due lembi volanti della tovaglia, tirandoli verso l'altra parte del tavolo.
Si era ostinata a dare una mano tutti per la festa della sorella ed iniziò aiutando la nonna a stendere per bene le tovaglie candide sui tavoli.
"Ma che brava, Ines" si congratulò la nonna, guardandola con affetto "Diventerai una brava donna di casa. Chi inizia da piccolo, è sempre più bravo!".
"Gazie!" rise la bambina compiaciuta, poi corse a prendere un'altra tovaglia.
Una volta sistemate tutte le ghirlande, Carmencita si voltò verso i ragazzi "Miguel, vai ad aiutare José con l'impianto acustico".
"E, per favore, di' a Marica di venire ad aiutarci in cucina. Abbiamo bisogno anche di lei" aggiunse, dirigendosi verso la porta sul retro.
Il ragazzo riferì immediatamente il messaggio ai cugini e Marica entrò in cucina, sistemandosi accanto al grande tavolo, mentre indossava un grembiule sui jeans e si lavava le mani.
La madre la raggiunse un attimo dopo ed aiutò Sarah a sistemare diverse padelle e vassoi sul piano cottura.
"Fortuna che la cucina è grande!" sospirò Lisa, mentre prendeva la farina da un armadietto.
"Altrimenti non ci potremmo stare in sei o più" le fece eco la figlia. Iniziarono ad impastare diverse pietanze, aiutandosi l'una con l'altra ed unendo specialità culinarie messicane ad altre tipicamente statunitensi.
Quando la porta che dava sul giardino si aprì, Milli ed Ines entrarono, attirando tutte con le loro risate.
"Ines, sei ancora troppo piccola per cucinare!" rise la nonna, guardando la nipotina più giovane.
"Io voglio aiutare!" ribatté decisa la piccola "Voglio aiutare tutti!", "D'accordo" rispose Marica.
Sapeva che la cuginetta sapeva essere tremendamente testarda ed era meglio accontentarla.
Prese uno sgabello ed aiutò la bambina a salire, per poi passarle un po' di pasta frolla "Puoi aiutarmi ad impastare questa. Quando sentirai le mani troppo appiccicose, dimmelo, che ti verso un po' di farina, ok?".
"Sì!" esultò Ines, ridendo forte ed affondando le mani nell'impasto "Aiuto tutti!".
Marica scosse la testa ridendo, e continuò ad impastare il suo pezzo di pasta frolla.
Intanto, Alejandro stava sistemando alcune luci accanto al viale che portava alla casa, in modo che i sassolini di ghiaia rilucessero come perle alla luce delle lampade.
Il vialetto brillava in modo stupefacente, donando al tutto un aspetto quasi magico.
Tony controllò che tutte le lucine intermittenti, sistemate attorno alla veranda, funzionassero a dovere.
Poi aiutò il padre a montare un grosso ombrellone bianco, sotto il quale avrebbero sistemato i regali di Megan.
Fatto questo, aiutò la sorella a sistemare i vasi, pieni di fresie e rose di un delicato rosa chiaro, accanto all'entrata e attorno all'arco del cancello.
Improvvisamente, scorse la testa della cugina provare ad affacciarsi dalla finestra e trattenne il fiato, ma lo liberò con un sospiro di sollievo quando sparì nuovamente dentro.
Ringraziò il cielo quando sua zia la tirò indietro, dicendo "Megan! L'orlo è ancora mezzo sfilacciato! Non muoverti".
Jasmine rise appena "Chissà per quanto riuscirà a trattenerla", "Speriamo abbastanza a lungo da non rovinare la sorpresa che le stiamo preparando".
Lisa si affacciò improvvisamente dalla cucina, dicendo "Ragazzi, perché non andate a comprare un po' di quelle schifezze che mangiate sempre alle feste?".
"Mamma, non sono schifezze. Si chiamano patatine e pop corn!" ribatté la figlia con un'espressione seccata.
"Comunque si chiamino, andate a prenderne un po' e, per favore, portate Ines con voi" disse la madre.
"Sta ancora cucinando?" chiese Miguel, spuntando dal giardino posteriore con l'ultimo vaso.
"Sì, ed è anche piuttosto brava ad impastare, ma adesso abbiamo bisogno di spazio" spiegò Marica.
"D'accordo. La portiamo con noi" disse Tony, poi la chiamò "Ines! Vieni ad aiutarci a fare la spesa?".
Ecco le parole magiche!
La piccola si fiondò fuori dalla cucina, ridendo "Sì. Io aiuto tutti!".
Aveva ancora le dita bianche di farina e la cugina dovette fermarla per pulirgliele nel grembiule.
"Bene, allora andiamo" disse Jasmine, prendendola per mano e guidandola fuori dal giardino.
I tre si diressero verso il vicino supermercato e andarono direttamente verso il bancone degli sfizi.
Tony, essendo il più alto, afferrò un grosso pacco di patatine da uno degli scaffali in alto.
La sorella si occupò dei pop corn, mentre Ines prendeva altri stuzzichini vari dai ripiani più bassi.
Quando si ritennero soddisfatti del bottino, andarono alla cassa e pagarono, poi Ines iniziò a correre, impaziente di tornare a lavoro in cucina.
"Ines! Fermati, non abbiamo fretta" disse Tony, prendendola per mano.
"Devo aiutare tutti!" ripeté la bambina con decisione, facendo ondeggiare i riccioli scuri.
"Allora perché non vai ad aiutare la tua mamma a tenere Megan di sopra?" suggerì Jasmine, mentre attraversavano il cancello.
"Ricordati: Megan non deve scendere prima che noi abbiamo finito" le spiegò il cugino, "Ok" rispose la piccola, correndo verso le scale.
Le salì il più velocemente possibile date le sue piccole gambe, e si fiondò nella camera della sorella, passando sotto uno dei letti.
Passare sopra per lei sarebbe stato come scalare una montagna.
Si rialzò in piedi e chiese allegramente "Mamma, posso aiutarti?".
"Oh sì, tesoro! Prova a raccontare qualcosa a tua sorella, mentre le sistemo il vestito" rispose la madre, che ancora cercava di sistemare l'abito della figlia.
La piccola non se lo fece ripetere due volte e, sedutasi sul tappeto, si mise a raccontare una delle sue fiabe preferite, mentre la sorella l'ascoltava ridendo.
 
Alle 20.00 arrivarono i primi invitati e Miguel si precipitò ad accoglierli "Mi raccomando, non fate rumore. Megan non sa niente della sorpresa!".
"Tranquillo" rispose Susan, tenendo la mano a Karl "Saremo silenziosi come topolini!".
"I regali dove dobbiamo metterli?" chiese Crystal, "Date pure a me. Li porto sotto l'ombrellone, in giardino" rispose Miguel, facendoli accomodare nel salotto.
Richard arrivò pochi minuti dopo, mormorando "Bene, vedo che c'è già qualcuno", "Ehi, Ric! Come sei elegante, stasera!" esclamò Jonathan sorpreso.
"Ma se ho indossato un semplice smoking!" ribatté l'amico, chiedendosi cos'avesse di diverso dal solito.
"Sì, ma il fiore all'occhiello non l'avevi mai messo" precisò Robert, osservando il piccolo bocciolo rosa che spuntava dalla giacca.
Il ragazzo non rispose e si voltò verso la porta, per non far vedere agli amici di essere arrossito.
Era stato parecchio tempo davanti allo specchio, nel tentativo di sistemare quel bocciolo, ma alla fine era dovuta intervenire sua madre.
Gli aveva rivolto uno sguardo indagatore, ma lui l'aveva evitato a tutti i costi; sua madre era bravissima nel capire cosa provava, semplicemente guardandolo in faccia.
E lui non si sentiva ancora pronto a condividere quello che sentiva dentro.
Dopo neanche un'ora, tutti gli invitati erano stipati nel salotto, pronti per la grande sorpresa.
Mancava solo Jennifer, che aveva inventato una scusa banalissima pur di non venire.
"Beh, Megan sarà più tranquilla senza quella strega in giro" sussurrò Nicky a Dalia.
"Per fortuna! Anche se la scusa dello zio che è venuto dalla California e che rimane solo oggi è una cavolata bella e buona!" ribatté l'amica.
"Lasciamola perdere e concentriamoci sulla sorpresa" disse Wendy, sistemando le pieghe dell'abito color malva.
"Dobbiamo uscire in giardino. Qui non ci entriamo tutti" aggiunse Miriam, aprendo la porta "Ma facciamo piano!".
I ragazzi si radunarono tutti davanti alla porta d'ingresso, seguiti dai cugini di Megan e da suo fratello, che già sfoggiavano i loro abiti scuri.
Anche gli adulti erano già tutti pronti; mancavano solo Megan e sua madre, oltre le cugine che tentavano di tenere buona Ines.
"Avanti, fiorellino! Sta' un po' ferma" le disse Jasmine, tenendola per un braccio; "Ma io voglio Meg!" piagnucolò la piccola.
"Adesso arriva, ma tu devi stare zitta. Altrimenti le roviniamo la sorpresa" le spiegò Marica, accarezzandole la testa.
La portò in giardino, insieme agli altri invitati e le indicò la finestra della ragazza, dicendole di stare calma, perché la sorella sarebbe scesa presto.
Tra le compagne di Megan si levarono mormorii deliziati, quando Ines alzò lo sguardo verso la camera della sorella.
"Ma hai visto com'è carina?" sussurrò Susan, mentre guardava la bambina.
"Assolutamente splendida. Quel vestitino le sta d'incanto" le rispose Crystal, osservando l'abito color panna della piccola.
"Neanche i cugini e Miguel sono poi così male!" sussurrò Nicky maliziosa.
"Hai ragione! Secondo te, mi concederanno un ballo?" le chiese Dalia, "Speriamo di sì".
Le loro congetture furono interrotte da Richard, che, vedendo Grecia affacciarsi alla finestra e fare loro il segnale convenuto, bisbigliò "Sta per scendere!".
Si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore e fissò la finestra, impaziente di vederla arrivare.
Non vedeva l'ora di poter ballare con lei, anche per un solo istante, e sentì il cuore battergli con forza al pensiero di tenerla tra le braccia.

"Tesoro, mi sembra che stiano iniziando ad arrivare i tuoi amici" disse la madre, guardando la figlia, ormai impaziente di scendere.
"Bene" disse Megan con un sospiro di sollievo "Allora scendo ad accoglierli".
Grecia la precedette e si mosse velocemente per le scale, uscendo e richiudendosi la porta alle spalle senza far rumore.
Sorrise compiaciuta ed andò verso il marito, mentre la figlia scendeva le scale che portavano all'ingresso.
Megan si fermò per un attimo, emozionata come una qualunque altra adolescente nel giorno del suo diciottesimo compleanno.
Deglutì, per mandar via la tensione, ed aprì la porta.
 
Alcuni riflettori l'abbagliarono per un attimo e ci fu una vera e propria pioggia di coriandoli che le caddero sulla testa.
"Sorpresa! Buon compleanno, Megan!" gridarono tutti, lanciando stelle filanti multicolori e battendo le mani per la festeggiata.
La ragazza rimase come pietrificata sulla soglia di casa, colta di sorpresa.
Non riusciva a muovere le gambe, ma il volto mostrava tutta la sorpresa e la gioia che quell'accoglienza inaspettata le aveva procurato.
Dopo qualche secondo, recuperò l'uso della parola e riuscì a sussurrare un "Grazie" commosso a tutti, amici o parenti che fossero.
Poi fu sommersa da una valanga di "Auguri" e di strette di mano, mentre il fratello le faceva l'occhiolino da un lato della porta.
Abbracciò tutti, senza riuscire a parlare per la gioia che provava in quel momento, ma gli amici capirono quello che voleva dire dal suo sguardo scintillante.
Ci furono altri abbracci e strette di mano, mentre Megan cercava di recuperare nuovamente la parola.
"Ma… Come avete fatto ad organizzare tutto questo?" chiese, non appena ebbe un attimo di respiro.
"Semplice, ti abbiamo tenuta impegnata" rise Miguel, dandole una lieve pacca sulle spalle.
La ragazza rimase a bocca aperta quando vide come era stato decorato il giardino.
"Ma è meraviglioso!" sussurrò alla cugina "Jasmine, dovreste mettere su un'impresa per organizzare feste a sorpresa!".
Osservò estasiata tutte le ghirlande appese sotto la veranda e i vasi pieni di fiori che adornavano il vialetto.
"E non hai ancora visto niente" rise Tony, giudandola verso la tavola imbandita con ogni ben di Dio.
"Oddio!" sussurrò lei "Ma è… Cielo, non trovo le parole!", "Allora non dire niente" ribadì Miguel, portandola verso l'ombrellone dove avevano posto i regali "Goditi solo la festa!".
Megan rimase incredula alla vista di tutti quei pacchi e pacchetti di ogni dimensione, ammucchiati ordinatamente sotto l'ombrellone, non riuscì a trattenere un sorriso e ringraziò tutti calorosamente.
Sollecitata dagli amici, iniziò ad aprire uno dei pacchetti e sorrise, quando ne uscì una borsa della Gucci.
"Questo è da parte nostra" rise Tony, abbracciando la sorella da dietro "E anche Mike si unisce a noi per farti gli auguri".
"È bellissima, grazie" sussurrò la cugina, mentre ringraziava anche gli zii per il bellissimo regalo.
La poggiò delicatamente su una sedia vuota e prese un altro pacco.
Sopra c'erano le firme di Nicky, Wendy e Miriam con un dolcissimo biglietto colorato.
Lo aprì e prese dall'involucro un portafoglio color crema della Sweet Years.
"Grazie, ragazze. Non dovevate!" mormorò commossa, "Ma dai! Piantala di fare la timida ed apri gli altri regali" disse Nicky arrossendo, mentre l'amica le sorrideva.
Poi toccò al regalo di Dalia, Crystal e Susan e risero tutti quando Megan prese una borsa, sempre della Sweet Years, dalla scatola.
"Hai visto? Ti hanno fatto anche un bell'abbinamento!" rise Miguel, poggiando la borsa accanto agli altri regali.
"È vero. Grazie mille, ragazze!" sorrise la sorella, rivolgendosi alle amiche.
Poi toccò a Jonathan, Karl e Philiph, che le porsero una scatolina contenente un bellissimo ciondolo con la sua iniziale, che luccicava ad ogni minimo movimento.
Walter, Oliver, Alex e Martin le regalarono una macchina fotografica digitale, mentre Eric, Robert e Peter le porsero una scatolina bianca, che conteneva un MP3 decorato con adesivi multicolore.
Calì e le sua amiche sorrisero appena, porgendole una scatola con dentro un braccialetto.
Era evidente che avevano accettato l'invito solo per cortesia, ma non ci diede peso; aveva altro a cui pensare.
José, Marica e gli zii messicani si fecero avanti, porgendole una videocamera.
"Così potrai immortalare tutti i momenti più belli della tua vita" sorrise Marica "È anche da parte di Pedro".
Quando William, Jack e Richard si avvicinarono con il loro regalo, la ragazza sentì il cuore balzarle in gola.
Era la prima volta che vedeva Richard dopo aver finalmente capito cosa provasse nei suoi confronti.
Un sorriso spontaneo le fiorì sulle labbra, quando i tre ragazzi le porsero una scatola colorata.
Sussurrò un "Grazie" gioioso e alzò il coperchio, lanciando un'occhiata sfuggente al fratello, che sogghignava divertito.
Dentro c'era una collana d'argento con un ciondolo turchese con un paio di orecchini coordinati.
"Sono meravigliosi!" sussurrò emozionata "Ragazzi, grazie!".
Will diede una pacca al fratello, dicendo "Meno male che Ric ci ha azzeccato con il regalo!".
"Richard?" chiese la giovane stupita, "Sì. Il regalo l'ha scelto lui" rispose il compagno.
"Per fortuna!" sospirò Jack "Altrimenti non avremmo mai saputo deciderci sul regalo giusto da farti".
Megan sorrise imbarazzata "Grazie. È davvero bellissimo".
Il suo sguardo si fermò su Richard, che se ne stava in silenzio in un angolo e sussurrò "Grazie mille, Richard".
Il ragazzo diventò rosso come un papavero e si sciolse anche lui in un sorriso.
Quando la guardò, non riuscì a trattenere un sorriso ammirato; quell'abito valorizzava il suo fisico sinuoso ed il trucco leggero le illuminava lo sguardo.
Era davvero bellissima, da togliere il fiato.
"Adesso viene il pezzo forte" disse Miguel, interrompendo il chiacchiericcio che si era formato "Vieni, Meg!".
Incuriosita, la sorella si avvicinò all'ombrellone, seguita dagli amici.
Miguel afferrò il lembo di un telone, mentre Tony si portò dalla parte opposta, prendendo un altro lembo.
Al tre, entrambi lo sollevarono di scatto, rivelando un motorino azzurro con un casco dello stesso colore.
Megan rimase senza parole quando suo padre le disse "Ecco. Questo è il nostro regalo".
"Ormai sei diventata grande e poi te l'avevamo promesso" continuò Grecia, sorridendo.
Susan scosse lievemente l'amica "Accidenti, Meg! È una bomba!".
"Sì" riuscì a sussurrare lei "È semplicemente stupendo!", poi sorrise ai genitori ed a Miguel "Non smetterò mai di ringraziarvi!".
"Il modello l'ha scelto tuo fratello, ma per il colore devi ringraziare Ines" rise Alan, abbracciandola "Noi, di motorini, non ne capiamo un granché".
La ragazza strinse con forza la sua famiglia ed esclamò "D'accordo, ragazzi. Diamo il via alle danze!", "Agli ordini!" esclamò Marica, dando il via alla musica.
Tutti scelsero un compagno ed il giardino si colorò di abiti multicolore che sfilavano sul'erba.
Megan danzò prima con il fratello e poi con il padre, ma tutti sorrisero ammirati, quando la videro volteggiare sul prato assieme a Joe.
"Chi l'avrebbe mai detto che tu fossi un ballerino provetto!" esclamò Josh McKallister, dopo aver salutato il padre del suo migliore amico.
I genitori di Richard e di tutti i suoi compagni di classe erano arrivati poco dopo i figli e si erano ritirati nel giardino anteriore, in modo da concedere più libertà ai ragazzi.
Chiacchieravano allegramente tra loro e Joe Marley riconobbe immediatamente Josh, anche se erano passati anni dal loro ultimo incontro.
"Ho conosciuto tuo figlio, oggi pomeriggio" disse l'anziano signore, "Davvero?".
"Non mi aspettavo che tu avessi un figlio così grande" mormorò l'anziano signore "L'ultima volta che ti ho visto, ti eri appena sposato!".
Josh rise di cuore "Sì, è arrivato giusto un anno dopo il nostro matrimonio", "Ti somiglia molto. Avete lo stesso sguardo" disse Joe.
Entrambi risero e si volsero a guardare i ragazzi che danzavano sul prato, cercando la festeggiata e Richard.

Megan si sentiva piacevolmente stordita, mentre danzava assieme a José.
Tutto sembrava una trottola impazzita, ma lei non l'avrebbe mai fermata.
Concesse un ballo a tutti i suoi amici e parenti, ma continuava ad adocchiare Richard, con chiunque fosse.
Rise intenerita, quando vide Ines volteggiare tra le sue braccia; la sorellina rideva come una matta in quell'abbraccio sicuro e delicato.
Poi la piccola la guardò e chiese al suo cavaliere di metterla a terra.
Lui ubbidì subito e si lasciò trascinare dalla bambina verso il centro del prato, con un sorriso sulle labbra.
Ines si avvicinò a José e gli fece cenno di abbassarsi, facendolo ridere quando gli bisbigliò qualcosa nell'orecchio.
Il ragazzo annuì un paio di volte e, complice, le fece l'occhiolino.
La prese tra le braccia, dicendo "Ovvio che ti concedo un ballo, Ines. Potrei mai rifiutare quest'offerta?".
Si rivolse alla festeggiata, mormorando "Non ti dispiace, vero?".
"Assolutamente no. Perché mai dovrebbe dispiacermi?" disse Megan, accarezzando la testa della sorellina "Divertitevi".
Ines rise e, presa la sua mano e quella di Richard, le mise l'una nell'altra, sorridendo compiaciuta.
I due ragazzi rimasero in quella posizione per qualche lungo secondo, arrossendo vistosamente.
Poi lui alzò lo sguardo dalle loro mani e chiese con un sorriso timido, eppure stupendo "Mi concederesti l'onore di questo ballo?".
La giovane sentì il proprio cuore partire in quarta davanti quel sorriso, che le aveva causato una potente scossa elettrica in tutto il corpo.
Si concesse un sorriso imbarazzato, sussurrando "Mi piacerebbe molto", poi poggiò l'altra mano sulla sua spalla e lasciò che quella di lui le avvolgesse la vita.
Lo guardò negli occhi e, insieme, iniziarono a volteggiare assieme a tutti gli altri, ma in un mondo totalmente diverso.
I loro sguardi erano come incatenati e sembravano non accorgersi che i loro amici li guardavano con un sorriso sulle labbra.

"Sono davvero perfetti" sospirò Nicky, tra le braccia di Robert, "Hai perfettamente ragione" sussurrò lui, ridendo.
"Si vede a un miglio di distanza che si piacciono. Proprio non capisco perché non riescano a dichiararsi" si chiese il giovane.
La ragazza scosse la testa e sorrise "Hai ragione, ma noi abbiamo fatto il possibile. E, comunque sia, preferisco il mio cavaliere", "Oh, grazie mille, Nicky".

Megan e Richard continuarono a ballare insieme, senza mai fermarsi. La ragazza non riusciva a stancarsi di tutto quello che provava in quel momento.
Avrebbe potuto ballare con lui per tutta la vita! Si sentiva così al sicuro tra le sue braccia, avvolta dal suo sguardo dolce e protettivo.
Continuarono a ballare a lungo, poi Richard la guidò verso la veranda, lontano da occhi indiscreti.
"Serata magnifica, non trovi?" le chiese, "Assolutamente perfetta" sussurrò lei, mentre osservava il cielo stellato.
"Quell'abito ti sta benissimo. Sei assolutamente splendida" le disse improvvisamente il ragazzo, facendola arrossire.
Poi respirò a fondo, mormorando "Questa è davvero una serata magnifica. Perfino le stelle sembrano brillare più del solito".
"Anche il giorno della tua festa brillavano così" ricordò Megan, "Davvero? Che strano, non me ne sono accorto".
"Forse eri un po' distratto" suggerì la giovane ridendo, "Probabile" ammise lui.
Ovvio che fosse distratto quella sera, soprattutto quando avevano ballato insieme.
Megan occupava totalmente i suoi pensieri, ogni giorno.
Difficile pensare a qualcos'altro.
Sorrisero al cielo punteggiato d'argento e ritornarono assieme agli altri nel prato, continuando a ballare come se non si fossero mai allontanati.
Le loro mani s'intrecciarono nuovamente in una danza lenta e romantica, mentre volteggiavano leggeri sul prato.
Più volte, Miguel fu sul punto di chiedere un secondo ballo alla sorella, ma, vedendo il suo sorriso mentre guardava Richard, si trattenne.
Non aveva mai visto Megan con un'aria così serena e felice.
Sorrise quando sua madre gli andò vicino e gli poggiò una mano sulla spalla "Posso chiederti un ballo, tesoro?", "Certo, mamma. Volentieri".
Seguendo la musica, iniziarono a danzare, mescolandosi agli altri ragazzi che ballavano allegri nel giardino.
A Grecia non sfuggì l'espressione beata della figlia mentre ballava con Richard.
Questo la fece sorridere, pensando che finalmente Megan aveva trovato qualcuno che provava per lei ben più di una semplice amicizia.
Il volto del ragazzo trasmetteva un'emozione profonda, che uno sguardo esperto poteva ben capire, ed i suoi occhi brillavano come due smeraldi.
Dopo altre due canzoni, Miguel andò a reclamare la sorella almeno per un ballo; "Tranquillo, tra poco la riporto indietro" sussurrò a Richard con aria complice.
Quando Jasmine e Marica staccarono momentaneamente la musica, per permettere a tutti di riposarsi un po', Megan fece cenno di sedersi a tavola e si diede inizio ad una meravigliosa cena.
Tutti fecero i complimenti alle cuoche che avevano preparato tutto quel ben di Dio e ben presto i piatti furono vuoti, mentre i loro proprietari avevano ormai la pancia piena di tutte quelle delizie.
Le danze ripresero presto e Megan si ritrovò davanti ad una fila di compagni che le chiedevano un ballo.
Nonostante avesse ballato volentieri con Richard per tutta la serata, concesse un ballo a ciascuno dei suoi amici, sorridendo e chiacchierando allegramente.
L'ultimo ballo l'avrebbe concesso a lui; voleva concludere quella serata perdendosi nei suoi occhi.
 
La festa finì verso le 2.00 e tutti si ritirarono, felici della bella serata passata insieme.
Il diciottesimo compleanno di Megan era stato davvero fantastico e sicuramente anche lei l'avrebbe ricordato per parecchio tempo.
La ragazza aiutò a rimettere tutto in ordine, poi salì in camera sua per cambiarsi.
Il vestito che aveva indossato quella sera era ancora in ordine, l'orlo perfetto.
Lasciò andare una piccola risata e lo ripose nell'armadio, per quello che le permetteva l'angusto spazio tra questo e il letto di Marica.
Quando si spostò verso il proprio, notò che c'era qualcosa sulla sua scrivania.
Per raggiungerla fu costretta a passare sopra il letto, e scendendo rischiò di cadere, ma riuscì ad afferrarsi appena in tempo al bordo della sedia.
Si rialzò in piedi e si lasciò sfuggire un'esclamazione sorpresa.
Sulla scrivania, c'era un mazzo di fiori d'ibisco; il rosso sgargiante dei fiori risaltava contro il marrone chiaro del legno.
Megan rimase incantata a guardarli, chiedendosi chi mai glieli avesse mandati, poi prese il bigliettino che spuntava tra i fiori e lo lesse.
Spero che questi fiori ti facciano pensare a me, ogni volta che i tuoi bellissimi occhi si poseranno su di loro.
Il biglietto era scritto al computer e questo le impediva di capire chi avesse mandato quei magnifici fiori che riempivano la stanza con il loro profumo, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
A terra, accanto alla sedia, c'era un piccolo bocciolo rosa.

beh, che ne pensate? una bella festa, non c'è che dire... E la piccola Ines ha fatto nuovamentre la parte di Cupido! ^.^ quella piccoletta è terribile, quando si ci mette. vedrete cosa farà nei prossimi capitoli! nel prossimo incontro, assisteremo allo spettacolo teatrale, preparato con tanta cura dai nostri amici. chissà se ci saranno anche delle sorprese... ^-^ a presto, ragazzi!! bacioni a tutti!
vostra Alys93

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Capitolo 22
*** Lo spettacolo teatrale ***


Ciao a tutti!! come state, ragazzi? Eh, sì.. sono di nuovo qui, a rompere con un nuovo capitolo di questa storia. ^-^ Spero tanto che possa piacervi. sarà.. beh, un po' po' più lungo del solito, ma non mi andava di dividere lo spettacolo teatrale in più pezzi... E, in più, forse ci sarà qualche sorpresina ^-^ ma non dico altro. Spero che sia di vostro gradimento. Buona lettura! 


22-Lo spettacolo teatrale

Il lunedì seguente, a scuola non si parlava d'altro che della magnifica serata trascorsa a casa di Megan.
"Jennifer, saresti dovuta venire" disse Allison "Sarà anche una selvaggia, ma le feste le sa organizzare davvero bene!".
La ragazza alzò sdegnosamente il mento "Neanche per idea! Non voglio avere niente a che fare con lei".
Rose lasciò sfuggire un sospiro; con Jennifer era inutile discutere, specialmente se l'argomento era Megan.
Forse era meglio non dirle che Richard aveva ballato con lei per quasi tutta la sera… Si sarebbe imbestialita di brutto.
Wendy non la smetteva più di congratularsi con l'amica per la magnifica serata, mentre la ragazza cercava di minimizzare i commenti.
"Richard era più carino del solito, te ne sei accorta?" le chiese Dalia con un sorriso.
"Sì, era davvero molto elegante" sussurrò la giovane, senza riuscire a bloccare il rossore che le invase le guance.
"Già" aggiunse Crystal "Si era anche sistemato il fiore all'occhiello per l'occasione!", "Un piccolo bocciolo rosa" ridacchiò Susan.
A quelle parole, l'amica sentì il cuore balzarle in gola; "Un piccolo bocciolo rosa?" ripeté incredula.
"Sì! Era davvero carino!" sorrise Nicky "Non l'ho mai visto così raggiante, da quando lo conosco".
Megan si passò una mano tra i capelli, imbarazzata e sorpresa allo stesso tempo.
Quindi era stato Richard a mandarle quel mazzo di fiori e quel bellissimo biglietto!
Ma quando era salito in camera sua?
E come aveva fatto a non farsi notare dagli altri, mentre portava i fiori al piano di sopra?
Non riuscì a trattenere un sorriso a quel pensiero; Richard era davvero cambiato, da quando l'aveva conosciuto.
Sentiva che i suoi sentimenti per lui erano sempre più forti, ogni attimo che passava, e capì che difficilmente si sarebbero spenti.
Il solo pensare a lui ed al suo sorriso così dolce, le scatenava dentro una tempesta di sensazioni ancora sconosciute.
I ragazzi furono velocemente richiamati all'ordine dalla professoressa Winkest, che disse "Ragazzi, domani è uno degli ultimi giorni per le prove dello spettacolo.
Il 5 giugno si avvicina velocemente e vorrei che tutto andasse per il meglio".
La classe annuì decisa e l'insegnante proseguì "Spero che ognuno di voi s'impegni a fondo per questa esibizione, dato che per voi, purtroppo, è anche l'ultima".
Un sorriso le illuminò il volto, mentre aggiungeva "Mettiamoci d'impegno e stupiamo il pubblico con la nostra bravura! E non dimenticate che dopo lo spettacolo, inizieranno i test per l'ammissione ai college. Quindi, non battete la fiacca!".
 
In quei giorni, Megan si accorse che per lei era diventato più facile rimanere accanto a Richard nelle prove.
Si rese conto che il sentimento che provava nei suoi confronti la stava aiutando a combattere tutte quelle paure che prima l'avvolgevano.
Quando eseguirono la prova generale, la professoressa si congratulò, dicendo che finalmente lei e Richard avevano trovato l'intesa perfetta.
I due ragazzi arrossirono, rendendosi conto che i loro sentimenti personali stavano avendo un effetto particolare nelle prove, aiutandoli a inserirsi meglio nei personaggi.
Proprio come prima avevano reso difficile recitare al meglio, ma ormai le cose erano cambiate.
Richard si chiese se i suoi amici, oltre Karl, William e Jack, si fossero accorti dei sentimenti che provava nei confronti di Megan.
È vero, li avevano aiutati a progettare quello scherzo nel Tunnel dell'Amore, ma aveva capito che gli altri non erano a conoscenza di quello che provava.
Almeno non allora. L'avevano fatto solo per prenderlo in giro.
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti da Oliver, che gli batté una mano sulla spalla "Beato te. Almeno non indosserai uno stupido costume da rana".
"Già, dovrò solo indossare un paio di pantaloni in tela e degli stivali tremendamente stretti" ribatté Richard, buttandola sullo scherzo.
"Certo, Ric. Fai pure l'idiota. Quegli stivali vanno perfino a me!" borbottò l'amico sorridendo.
"Comunque non capirò mai perché hai rinunciato alla scommessa" aggiunse pensieroso "A mio parere hai fatto la più grande sciocchezza della tua vita".
"Io non direi" ribatté Richard con un sorriso smagliante sulle labbra.

§ 

Il 5 giugno arrivò fin troppo velocemente e la IV D si ritrovò improvvisamente a dover affrontare la sua ultima esibizione.
Il loro spettacolo sarebbe iniziato alle 18.00, a concludere tutta la manifestazione, ma i ragazzi si riunirono già dal primo pomeriggio, per prepararsi al meglio.
Dalia si divertì un mondo a preparare la sorella e Megan, prima dello spettacolo.
"Dalia, non devo andare ad una sfilata di moda" borbottò Crystal, mentre la sorella le passava una tintura colorata sui capelli.
"Ma come diavolo mi stai conciando, si può sapere?" chiese, spaventata da tutti quei preparativi.
La sua gemella aveva dato fondo a tutto il suo beauty case per prepararla e questo la terrorizzava non poco.
Dalia rise, continuando imperterrita "Ti sto passando una speciale miscela che darà ai tuoi capelli i riflessi delle fiamme. Altrimenti, che Fata Vampa saresti?".
"Beh, Crys sarà la tua unica vittima" disse Nicky, sistemandosi un cerchietto argentato nei capelli "Megan dovrà rimanere acqua e sapone. Le ragazze del tempo di Capuana non avevano certo il beauty case".
La ragazza sospirò sollevata a quelle parole.
Non sapeva se ce l'avrebbe fatta a farsi truccare da Dalia, così coma stava facendo Crystal.
La sua tensione aumentava in maniera esponenziale man mano che il loro turno si avvicinava.
Sentiva le mani sudate e il cuore le batteva stranamente forte contro le costole.
Non riusciva neanche a restare ferma sulla sedia, tanto era agitata!
Dalia donò un ultimo tocco di colore al volto della sorella, passandole sulle palpebre un ombretto rosso-arancio, poi si pulì le mani e commentò "Cavoli! La mamma non ti riconoscerà!".
La ragazza aprì gli occhi e si guardò nello specchio, cercando di trattenere una smorfia "Beh, dopo ci presenteranno, quindi dovrebbe capirlo".
Risero tutte insieme e Megan si passò nuovamente la spazzola nei capelli, cercando di renderli il più morbidi possibile.
Si sentiva stranamente tesa all'idea di recitare assieme a Richard in quella parte.
Non era mai stata così nervosa, prima di allora.

Gli spettacoli delle altre classi riscossero molto successo tra il pubblico, arrivato numerosissimo.
Si erano tutti sistemati nel teatro della scuola, ma diversi spettatori erano dovuti salire nella piccola terrazza superiore per potersi sedere.
Quando arrivò il loro turno, la signorina Winkest salì sul palco, dicendo "Ora, sperando che non siate troppo stanchi, vi annunciamo la classe IV D che si esibirà in un paio di balletti sulle note di "Wake up America" di Miley Cyrus e "Tu diras estoy loco" di Miguel Angel Munoz".
Sorrise alle persone sistemate nel teatro ed aggiunse "Infine, ci sarà uno spettacolo teatrale di Luigi Capuana. Vi auguro buon divertimento".
Dalia si sistemò nervosamente le sottili cuffie da DJ, sussurrando "Andrà tutto bene, vero?".
Crystal ammiccò e, agitando la bacchetta di legno, disse "Se qualcosa va storto, faccio una magia".
Il gruppo che si doveva esibire nei due balletti ridacchiò nervoso, poi si diresse sul palco, pronto a cominciare.
"Buona fortuna" sussurrarono gli altri, salutandoli da dietro le quinte.
Tutti i ragazzi si sistemarono velocemente sul palco e s'inchinarono al pubblico, che iniziò a battere le mani entusiasta.
Non appena sentì le prime note dalla canzone di Miley Cyrus, Susan fece un lieve cenno con la testa e tutti iniziarono a muoversi in modo ritmico e sincronizzato.
Si riunirono in coppie ed ogni ragazzo sollevò la propria compagna, facendola volteggiare in circolo, prima di poggiarla delicatamente a terra.
Altre ragazze, guidate da Nicky, rimasero sui bordi del palco, destreggiandosi con nastri da ginnastica ritmica con i colori della bandiera statunitense.
Una coreografia davvero meravigliosa!
I ballerini si scambiavano continuamente posizione, seguendo la coreografia ideata da Susan e Dalia.
Karl non riuscì a trattenere un sorriso, quando la danza riportò Susan tra le sue braccia.
La ragazza sorrise a sua volta, mentre il viso si tingeva di un lieve rossore, ma si concentrò sulla musica per seguire le note.
La fine dalla canzone fu accolta con uno scroscio di applausi da parte del pubblico, che tacque di colpo, quando partì la seconda.
Il ritmo era più incalzante e veloce, ma anche stavolta se la cavarono egregiamente, causando una nuova valanga di applausi.
Le note finali furono quasi coperte dalle grida, i fischi e gli applausi del pubblico.
Susan riprese fiato, commentando "Beh, direi che abbiamo avuto un certo successo", "Sì" confermò Karl "Siamo stati davvero bravi".
I ragazzi s'inchinarono e scesero dal palco, uscendo dietro le quinte, mentre il sipario calava su di loro.
Megan e gli altri corsero a congratularsi con loro "Siete stati assolutamente fantastici! Complimenti, ragazzi!".
Anche la professoressa fece loro molti complimenti, prima di dire "Ragazzi, si va in scena!".
Richard deglutì rumorosamente, mentre una nuova ondata di tensione li avvolgeva tutti.
Toccava a loro esibirsi, dovevano mettersi d'impegno. Guardò la sua compagna e le chiese "Ti senti pronta?".
Lei prese un profondo respiro, prima di rispondere "Neanche un po'. Andiamo".
Assieme ai ragazzi che interpretavano il Coro di persone trasformate in rane, si diresse verso il palco, cercando di concentrarsi su ciò che avrebbe dovuto dire.
Si sedette su una roccia in plastica, accanto alla parete della grotta e si prese il viso tra le mani, assumendo un'espressione afflitta e sofferente.
Doveva essere forte e fare del suo meglio per la riuscita dello spettacolo.
Nicky, da brava presentatrice, salì sul palco e, prima che il sipario dietro di lei si alzasse, presentò lo spettacolo.
La ragazza si schiarì la voce e disse "Luigi Capuana è stato un grande scrittore di origini italiane. Nacque nel 1839 a Mineo, in Sicilia, dove visse a lungo. Fu anche a Firenze, a Milano e a Roma, ma tornò poi definitivamente in Sicilia per insegnare all'Università di Catania. Fu narratore, giornalista, critico letterario e teatrale, teorico convinto e appassionato del verismo. Morì a Catania nel 1915".
Si fermò per un breve istante ed aggiunse "Nel corso della sua vita scrisse molti racconti e noi siamo qui per rappresentare una delle sue opere più belle. Uno spettacolo teatrale intitolato <<Milda>>. Vi auguriamo buon divertimento".
Il pubblico reagì con uno scroscio di applausi, mentre Nicky proseguiva "Questa storia parla di una giovane fanciulla, Milda, tenuta prigioniera dal perfido Mago Rospus, che l'ha rapita al suo grande amore, il cacciatore Wolff. Il giovane intrepido può però contare sul prezioso aiuto della potente Fata Vampa, che saprà indicargli il modo di liberare la ragazza che ama. La scena rappresenta la grotta del mago Rospus, orrida e ingombra dei suoi strumenti. Uomini e donne tramutati in rospi e ranocchi riempiono la scena. Milda siede sola in disparte. Rospus non l'ha trasformata, perché l'ama. Questo è l'ultimo giorno in sembianze umane concessole dal Mago". *
Nicky sparì dietro le quinte mentre il sipario si alzava, rivelando lo scenario del palco.
I ragazzi del Coro iniziarono ballare una danza sfrenata, ma assolutamente priva di allegria, mentre alcuni di loro cantavano ed altri imitavano il gracidio delle rane.
"Creh-creh! Saltiamo allegri. Il nostro tiranno è lontano! Creh-creh! Salta e balla anche tu, fanciulla gentile. A che serve struggerti in pianto? Salta e balla!".
Pian piano rallentarono fino a fermarsi del tutto, mentre sui volti apparivano sguardi tristi e sconsolati.
Megan alzò appena la testa, mormorando "O giorni deliziosi della mia casa natia, sotto l'ombra dei mandorli, presso la fontana ricoperta di muschio!".
Il Coro ripeté gracidii tristi.
"Oh canzoni che salivate per il cielo azzurro e puro, destando l'eco delle alte rocce tutt'intorno!" continuò la ragazza, alzandosi in piedi, mentre la voce diveniva più intensa.
"Dalla cima della montagna selvosa mi rispondeva il lieto suono del suo corno!" aggiunse flebile "Era il forte cacciatore che mi salutava! E sembrava ripetermi: Milda, t'amo, t'amo!".
Il Coro riprese a cantare e ballare, mentre la danza diventava più folle e veloce "Creh-creh! Salta e balla anche tu, fanciulla gentile! A che serve struggerti in pianto? Il passato non ritorna!".
Poi le coppie che avevano formato si sciolsero e la danza finì definitivamente.
Improvvisamente, un rumore sinistro si fece largo nel silenzio, mentre le luci calavano, oscurando quasi del tutto il palco.
Il Coro diede gemiti e gridi terrorizzati "Ahimè! La terra trema e si oscura il sole! È lui! È Rospus!".
Walter, con una lunga tunica nera e viola e una folta barba argentata, apparve da un angolo nascosto, sopra un cocchio in legno trainato da quattro ragazzi vestiti da topi.
Tutto il Coro si riunì accanto al cocchio e Walter, rendendo la voce roca e cavernosa, gridò "Zitti, zitti… Levatevi di torno! Oggi sono capace di schiacciarvi tutti come fetide pulci! Via, via!".
Il Coro uscì precipitosamente, mentre Megan rimase lì, con le spalle rivolte a Walter.
Doveva ammettere che se la cavava benissimo con la parte del cattivo; le metteva quasi i brividi.
Dietro le quinte, Oliver si sfilò la testa di rana e mormorò "Cavoli, quanto fa caldo in questo costume!".
"Meglio prendere un po' di fiato prima di ritornare in scena" brontolò Alex, sfilandosi anche lui la testa di rospo.
Intanto, Walter riprese a parlare "Sorge il giorno nefasto sulla mia grotta! La mia potenza è vicina ad essere distrutta!".
Poi si rivolse a Megan, che ancora gli dava le spalle "Tu vuoi dunque la mia morte? Rispondi! L'ora fatale si avvicina!".
Lei, ancora assorta nei suoi pensieri, non lo sentì neppure e disse "Era il forte cacciatore che mi salutava! E sembrava ripetermi: Milda, t'amo, t'amo!".
Il giovane alzò la voce e gridò minaccioso "Rispondi, rispondi! O ti trasformo in ranocchia!".
La ragazza si ritrasse in un angolo, sfuggendogli, mentre Walter continuava con voce insinuante "Trasformerò per te quest'orrida grotta in un palazzo tutto d'oro e diamanti e avrai le creature più nobili umili serve ai tuoi ordini. Ciò che l'uomo non sogna neppure, per te sarà realtà, o fanciulla, se, come desidera il Fato, mi dirai con intenzione: Rospus, sei tu il diletto del mio cuore!".
Megan lo fissò con disprezzo "Fossi tu più splendido del Sole che rallegra tutta la natura! Fossi tu più benefico della pioggia che ravviva i fiori morenti!".
Poi si rifugiò nell'angolo opposto del palco, mentre Walter cercava di attirarla e continuò "Fossi tu più dolce dei gorgheggi dell'usignolo nelle notti di maggio, non mi uscirebbero mai queste parole dalle mie labbra. No! Mai!".
Il ragazzo si finse profondamente addolorato e sussurrò, rivolto al pubblico "Inganniamola".
Voltandosi nuovamente verso la compagna, disse "Hai vinto! Rospus cede".
Guardandola, rese la sua voce insinuante "Pure, se tu mi avessi amato, se almeno la pietà fosse penetrato nel tuo duro cuore, io ben potrei, domani, sedermi al banchetto dove felici si nutrono gli Spiriti. E tu siederesti accanto a me, bella tra le più belle creature che beano il mondo. Ora, invece, entrambi declineremo presto e diventeremo vermi e polvere. E poi…".
E qui fece una pausa d'esitazione "Nulla!".
Megan si girò di scatto, esclamando "Che me n'importa?".
Walter la fissò per un lungo istante, poi esclamò "Sia, sia! Lascerai questa soglia. Bevi. Rospus cede".
Prese una bottiglia ed un calice da un angolo, ma la ragazza fece un passo indietro "No. Non voglio bere!".
Lui si finse sorpreso "Cosa? Ti decidi forse a restare?".
La giovane esitò per un attimo, poi disse "D'accordo. Berrò" ed il ragazzo le riempì il calice, mentre il Coro rientrava in scena.
Tutti si riunirono attorno a lui, mentre i suoi occhi sembravano sprizzare scintille rosse.
A Megan vennero i brividi lungo la schiena quando vide il suo sguardo; quell'espressione la metteva in soggezione.
Walter si rivolse al coro, dicendo "Bevete tutti! Oggi è giorno di grazia!", poi mescolò al liquido una sostanza trasparente contenuta in una boccetta che aveva tenuta nascosta.
Il suo sussurrò fu glaciale quando versò il liquido nel calice destinato a Megan "Questo per te sola".
"Qui dentro è racchiusa una potenza sovrana" esclamò, alzando la bottiglia "Quella che crea tutte le forme della Natura. Bevete! Con questo liquore gli esseri visibile e quelli invisibili si rinnovelleranno".
Il Coro osservò sospettoso il liquore nei calici e sussurrò "Attenzione alle labbra di Milda. Se lei beve, berremo anche noi!".
Megan osservò il liquore rosso nel proprio calice.
Sapeva che era stupido persino pensarlo, ma non poté fare a meno di sospettare che Walter avesse messo chissà che cosa nella bevanda.
Scosse impercettibilmente la testa a quel pensiero; la boccetta l'aveva tenuta la professoressa fino a quel momento!
Era stupido farsi venire in mente certe idee!
Per sicurezza, annusò lievemente il liquore e si rassicurò, sentendo solo l'odore dei ribes rossi.
Alzò il calice, dicendo "Se l'inganno si cela in questo liquore, disperdilo, o alto Signore degli Spiriti. Bevo! Fa che ogni goccia si trasformi per Rospus in rapido ministro di morte. Bevo!" e prese il liquore a piccoli sorsi, fino a vuotarlo.
Anche il Coro bevve dai propri calici, dicendo "Torneremo alle dolci sembianze umane, rivedremo i parenti ai quali fummo rapiti! Beviamo! Se l'inganno si cela in questo liquore, disperdilo, o alto Signore degli Spiriti. Beviamo!".
Mentre tutti bevevano il liquore, Walter cambiò espressione. Il suo volto si trasformò in una maschera di ferocia e sussurrò "Ora fa' la tua opera, o filtro!".
Megan assunse un'espressione sopraffatta e confusa, mentre il calice le cadeva dalle mani "Cosa accade dentro di me?".
Anche il Coro lasciò andare i calici, che rumoreggiarono per terra, mentre gocce di liquido rosso si sparpagliavano sul palco "Cosa succede dentro di noi?".
La ragazza socchiuse gli occhi, sussurrando "Una soave lassezza di sonno", "Un languore invincibile!" aggiunse il Coro.
Walter li schernì, dicendo "Andate via, sonnambuli svegli! Ebbri d'oblio, andate via!".
Megan ed il Coro si diressero verso uno dei lati del palco, sparendo alla vista.
Quando fu sicura di essere fuori portata, la ragazza prese un grosso respiro e sussurrò "Cavoli! Un altro po' e svenivo!".
"Femminuccia!" brontolò Martin, mentre si toglieva la testa del costume, beccandosi un'occhiata ammonitrice dall'insegnante.
Dalia corse verso l'amica e l'aiutò a sistemare la gonna, spianando le piccole grinze attorno il bordo; "State andando alla grande!" le disse entusiasta.
L'amica sorrise e rivolse uno sguardo d'intesa a Richard e Crystal; ora toccava a loro entrare in scena.
Quando il giovane le sorrise complice e si portò il candido corno alle labbra per suonarlo, alla ragazza mancò il respiro.
Accidenti quant'era bello con quel costume! Non aveva mai visto niente di più affascinante in tutta la sua vita.
Doveva ammettere che i pantaloni in tela, gli stivali e il gilè in pelle nera gli davano un'aria particolare.
Sembrava davvero un cacciatore del Medioevo, armato di spada e corno, ma molto, molto più affascinante.
Intanto, Walter si era fatto pensieroso e spaventato: aveva sentito il suono del corno.
"Già comincia la lotta. I miei nemici sono già alla soglia" disse "Ah, non posso vietargli l'entrata! Starò in ascolto, qui dietro: loro saranno anche più forti, ma io sono più astuto!".
Detto questo, si rifugiò dietro un pannello scuro e rimase in attesa degli eventi.
Intanto, Crystal e Richard apparvero dietro una piccola porta e il pubblico rimase colpito dall'abito confezionato dalla madre della ragazza appositamente per lo spettacolo.
Sembrava davvero che una lieve fiamma l'avvolgesse, mentre il trucco di Dalia rendeva l'effetto ancora più irreale e straordinario.
Julia Summers rimase a bocca aperta e sussurrò "Ma quella è davvero Crystal?", "Sì, tesoro" ridacchiò il marito "È proprio lei!".
Crystal si rivolse a Richard, dicendo "Lei è qui, la vedrai presto. Dovrai combattere da solo contro le arti del Mago. Rammenta i miei consigli. Premio della vittoria è il possesso di colei che è regina del tuo cuore".
Sul volto del ragazzo apparve un'espressione forte e determinata "Se l'amore non vincesse quale altra forza, in cielo o in terra, potrebbe mai rompere l'incanto?".
Riappese il corno alla cintura e guardò Crystal con intensità, aspettando la battuta successiva.
"Passerai per tre prove, una più ardua dell'altra. Se ti scoraggi un solo istante, la tua impresa è perduta. Cadrai in potere del Mago, diventando suo schiavo in eterno; e Milda sarà sua, e, immortali, si ameranno lassù tra noi" proseguì la ragazza.
Richard strinse una mano sull'elsa della spada che portava al fianco e ripeté "Se l'amore non vincesse, quale altra forza, in cielo o in terra, potrebbe mai spezzare l'incanto?".
Crystal annuì e si portò una mano attorno alla bocca, esclamando "Rospus! Rospus!".
Walter apparve dal suo nascondiglio e li accolse con un falso sorriso sulle labbra.
"Benvenuti, amici!" esclamò suadente "Per voi questa mia grotta fu sempre ospitale. Riposatevi e ristoratevi, anche se io non son degno della potente Fata Vampa".
Si girò appena, porgendo loro un calice nero "Posso offrirvi succhi d'erbe benefiche, liquori distillati con arte meschina…".
Crystal lo interruppe con cenno della mano "Tu sai perché noi siamo qui" e il ragazzo riprese "Pietà, pietà di un povero vecchio. Insuperbito dei miei trionfi sulle forze dalla Natura, chiesi agli Spiriti il Cibo che li rende giovani ed immortali".
Crystal avanzò appena, facendo brillare il piccolo diadema sulla testa "E il Fato ti rispose: Fatti amare dalla prima fanciulla che incontrerai, giacché è l'amore il divino cibo che rende sempre giovani ed immortali".
Richard si fece avanti, esclamando "Ma Milda, che per prima tu incontrasti sul tuo sentiero, Milda era mia! Te la contendo e sono qui per la gran prova!".

Tra il pubblico, José diede una gomitata a Miguel "Cavoli! Richard mi sembra davvero agguerrito!".
Pedro, il ragazzo di Marica, annuì vigorosamente, sporgendosi dal suo sedile per ascoltare meglio la conversazione.
"Conosco quello sguardo" disse serio "Era lo stesso che avevo io quando ho iniziato a correre dietro a Marica".
"Ci tiene parecchio alla tua sorellina" ridacchiò Tony "Fossi in te, mi preoccuperei, cugino".
Miguel sghignazzò divertito "Io invece non mi preoccupo affatto. Conosco Megan e so che può benissimo difendersi anche da sola".
Una scintilla di determinazione gli apparve negli occhi scuri, mentre aggiungeva sottovoce "Anche se tengo gli occhi aperti da un po' di tempo. Non si sa mai".

Walter, da sopra il palco, esclamò "Per te, il mondo ne ha altre mille!", ma Crystal ribatté "Gliel'ho cercata io tra mille!".
"Amano tutte allo stesso modo!" replicò lui, "Nessuno potrà mai amare come lei!" gridò Richard.
Walter piegò il capo, mormorando "Pietà, pietà di un povero vecchio". "Hai tu avuto pietà di lei?" domandò Crystal, "Hai avuto tu pietà di me?" aggiunse Richard.
Poi il ragazzo disse "Io sento qui, l'infallibile voce del cuore, che mi dice: Vincerai!".
Il suo sguardo si fece più deciso "Vincerò! Non è possibile che due cuori che si amano debbano essere divisi così crudelmente!".
Indicò il Mago con la spada "Mentirebbe il Sole che assisteva ai nostri baci! Mentirebbero le stelle che assistevano ai nostri abbracci! Mentisca Rospus!".
"Bada, non sei certo di vincermi!" esclamò Walter, "Tu ne sei certo?" domandò Crystal a Richard "Io ti lascio"; poi sparì dalla porta da cui era entrata.
Le luci si abbassarono di nuovo, lasciando il palco nella quasi totale oscurità.
Da dietro le quinte, Nicky ridacchiò "Richard si è calato bene nella parte, eh Meg?".
L'amica si limitò ad annuire, incapace di spiccicare parola.
L'intensità che sentiva nella sua voce le causava una lunga scia di brividi lungo la schiena.
Wendy le diede un buffetto sulla spalla, prima di sistemarle meglio la cipria sulle guance "Megan, prepararti. Devi tornare in scena".
La vide sorridere nervosamente e Crystal sussurrò "Forza, Megan. Siamo tutte con te".
Walter chiuse la porta da dove era sparita Crystal, esclamando"Ora a noi!".
Improvvisamente, dal retro del palco si sentì il Coro che gridava "Ahimè! Ahimè!" e Richard sussurrò "Il cuore mi si è turbato".
Walter esultò e sussurrò a sua volta "L'opera del filtro si è compiuta!".
Afferrò un componente del Coro che stava uscendo disordinatamente dalle quinte e chiese "Cosa sono questi lamenti? Cos'è successo? Parlate!".
Oliver, Alex, Martin e Robert portarono una barella dove giaceva Megan e la deposero sul fondo della grotta.
La ragazza aveva gli occhi chiusi, mentre un delicato pallore le spiccava sulle guance.
Richard rimase immobile mentre la guardava: era bellissima con quell'abito, pescato da chissà dove dalla professoressa.
Non si aspettava che una gonna sul blu scuro e quel corsetto nero, contrastante con la camicia bianca, potessero donarle tanto.
Megan sbirciò appena dalla palpebre socchiuse e rivolse un impercettibile sorriso al suo compagno.
Il momento più importante e difficile dello spettacolo stava arrivando e loro dovevano dare il massimo.
Il Coro rispose alla domanda di Walter con grida di angoscia "È morto il fiore gentile! Morto il sorriso di bellezza! Milda è morta, ahimè! È morta, è morta, ahimè!".
Walter finse un'espressione di dolore "Morta?", poi si rivolse a Richard "La tua voce l'ha uccisa!".
Il ragazzo sussurrò appena la sua battuta "Morta? Morta quando si avvicinava l'ora della liberazione? Lasciatemi vedere! Lasciatemi toccare!", poi sfiorò il volto della giovane.
Megan ebbe un lieve brivido, mentre Richard continuava a parlare "Quest'è un'infernale illusione! Fredda! Fredda!".
La sua voce si ridusse quasi ad un sussurro, quasi temesse davvero che lei fosse morta; aveva preso quello spettacolo molto sul serio.
"Ti scalderò con i mie baci, con le mie grida ti sveglierò" continuò il giovane "Ah, se tu mi amassi davvero, udiresti questo suono anche dall'inferno!".
Così dicendo, prese il corno dalla cintura e lo suonò per tre volte.
La nota, limpida e profonda, si diffuse per tutto il teatro e la piccola Ines, che aveva osservato tremante la sorella stesa immobile sulla barella, chiese "Meg sta bene, vero?".
Marica l'abbracciò più forte e le sussurrò "Sì, sta solo facendo finta. Ora Richard la sveglia con il suono del corno".
Alla prima nota, non accadde niente e Walter schernì Richard per il suo tentativo vano.
Alla seconda, però, Megan diede un lieve segno di vita, muovendo appena la mano.
Il viso di Walter divenne una maschera d'orrore e cercò d'impedire l'ultima e magica suonata del corno, ma Richard fu più veloce e Megan si alzò in piedi, trasognata.
Walter imprecò "Maledizione!", mentre la ragazza sussurrava "Era il forte cacciatore che mi salutava e sembrava ripetermi: Milda, t'amo, t'amo!".
Il Coro esplose in esaltazioni "Non era morta, dormiva! Il fiore gentile si è destato!".
"L'ha destata il ricordo dei nostri ricordi felici!" sussurrò Richard, mentre un sorriso dolcissimo gli illuminava il volto.
Walter continuò ad imprecare "Non lo previdi, che stolto che fui! Che stolto che fui, non lo previdi!".
Si rivolse al compagno ed aggiunse "Hai vinto la prova più facile. Strappa ora alla fanciulla un giuramento d'amore!".
Richard lo guardò quasi con rabbia "Lasciami solo con lei"; l'altro fece un ghigno di scherno e disse ironico "Lasciamoli soli".
Poi si rivolse al Coro "E voi, che vi siete rallegrati della mia sconfitta, portate via tormenti nelle ossa!".
Il Coro corse via rapidamente, seguito da Walter, urlando e zoppicando "Ahi! Quali cani arrabbiati ci divorano dentro! Cessa un momento! Perché straziarci così? Ahi! Ahi!".
Richard rimase in silenzio qualche istante, poi chiese a Megan "Non mi riconosci?".
Lei lo guardò confusa, prima di chiedere "Chi siete? Vi ho forse già incontrato?".
Il ragazzo le prese una mano tra le proprie "Non udisti quel suono di corno?", "Sì, era il suo corno. L'ho sentito".
Il giovane la guardò sconvolto, poi esclamò "Non mi riconosce! Le ha offuscato la mente, il triste Mago. Milda!".
La ragazza rimase sorpresa e si portò un pugno sul cuore "Chi vi disse il mio nome?".
Il compagno le strinse la mano con più forza "Son io, Wolff, il tuo Wolff!", ma la giovane si allontanò, con gli occhi pieni di tristezza.
"Lo attendo da un anno, un mese ed un giorno!" sussurrò affranta "Mi ha dimenticata! Vorrei..vorrei non poterlo amare più".
Richard si sentì stranamente rincuorato da quelle parole e dovette fare un grosso sforzo per ricordarsi che quella era solo una recita.
"Dunque, mi ami sempre? Ripeti questa parola possente. Son io Wolff, il tuo Wolff!" disse il ragazzo, cercando di fermarla.
Megan lo guardò e ripeté flebile "Andate. Vorrei non poterlo amare più…".
Dopo qualche passo, si fermò sussurrando "Eppure c'è un fascino irresistibile nella voce di costui! Come di ricordi dolcissimi rifiorenti nel cuore…".
Il suo sguardo si fece improvvisamente duro "Ma egli crede di trarmi in inganno con le finte verità… No, all'infuori di lui, a nessuno io dirò: t'amo. No!".
Il giovane la fissò per un attimo, chiedendo "Chi? Il Mago, forse? Qual lampo! Attendi un istante" ed uscì precipitosamente dal palco.
La ragazza rimase di nuovo sola, mormorando "Eppure c'è un fascino irresistibile nella voce di costui! Ma perché, giunte alle labbra, mentono le parole del cuore?".
Strinse con più forza i pugni, come colta da un'ondata di rabbia "Ah, egli crede di trarmi in inganno con le finte verità! No, all'infuori di lui, a nessuno dirò: t'amo. No!".
Walter si affacciò dal suo nascondiglio, chiedendo "È andato via? Si è perduto d'animo?".
Ma prima che potesse aggiungere una sola parola, Richard sbucò dalla quinte, indossando la sua stessa veste e la sua stessa barba.
Il giovane cercò di nascondersi di nuovo dietro il pannello, ma l'altro lo afferrò per un braccio e lo spinse in disparte.
"Che travestimento è questo? Che intendi fare?" chiese il Mago, "Non nasconderti; assisti alla tua disfatta" ribatté Richard.
"Che intendi fare?" ripeté Walter, "Vedrai" disse il giovane con freddezza, poi chiamò la ragazza "Milda! Milda!".
Megan si girò di scatto e mormorò a se stessa "Non ho trasalito! Non provo più ripugnanza all'aspetto del Mago".
Poi vide Walter e si nascose il viso tra le mani, ma, sentendo la voce di Richard, si fermò "Ahimè, sono due!".
Richard la guardò a lungo, prima di dire "Ti canterò la più soave canzone, quella che tu cantavi filando. I buoi alzavano la testa lunata e gli usignoli tacevano per ascoltarti".
Walter si fece avanti e mormorò "Voglio ripeterla anch'io".
Poi Richard iniziò a cantare, cercando di imitare la voce della giovane.
Megan rimase affascinata dalla voce del ragazzo; non avrebbe mai immaginato che potesse avere una voce tanto melodiosa, almeno per lei.
La voce del giovane riempì l'intero teatro e perfino i suoi genitori rimasero colpiti dall'intensità del suo canto.
"Ora capisco cosa fossero quegli strani versi che cantava davanti allo specchio" commentò Josh, sorridendo incredulo. "Chi l'avrebbe detto che avesse preso questo spettacolo così seriamente" aggiunse sua moglie, sorridendo.
"Per me, c'è lo zampino di una ragazza" mormorò poi, osservando il figlio "E credo anche di sapere di chi si tratta".
"Le mie dita inumidite traggon fili dorati
Così fili il Destino giorni d'oro al mio amore!
Il mio pensiero è confuso con il pensiero di lui.
Da lontano o da vicino, io vivo per il mio amore!"
Intanto, Walter faceva del suo meglio per imitare le parole del canto ed il tono di Richard, ma in modo più goffo e roco.
Megan si avvicinò appena ai suoi compagni, sussurrando "Che tormento d'incertezza".
I due ragazzi continuarono a cantare la seconda parte della melodia, riempiendo il teatro con le loro voci.
Il compito di Walter era però quello di impedire l'annullamento dell'incantesimo fatto sulla ragazza, imitando la canzone meglio che poteva.
Peccato che non ci fosse proprio competizione tra i due. Neanche nella realtà…
"La rugiada non l'offenda, questa è la mia canzone
Quella che io cantavo filando!
Quando lui va mattiniero, nel più folto del bosco,
cacciatore il più ardito.
Il mio pensiero è confuso con il pensiero di lui.
Da lontano o da vicino io vivo per il mio amore!"
Megan si avvicinò ancora, seguendo il canto, poi, all'improvviso, si gettò tra le braccia di Richard, dicendo "Wolff! Amor mio, sei tu!".
Il ragazzo la strinse a sé con impeto, sussurrando "Milda, amor mio, sono io!".
A quella scena, Walter gridò "Maledizione! Maledizione! Non lo previdi neppure!".
La giovane rimase immobile tra le braccia del compagno, sorridendo beata.
Si sentiva così al sicuro quando lui la stringeva a sé…
Sentì il cuore battere più forte e le sembrò che anche il cuore di Richard battesse allo stesso ritmo del suo.
La ragazza arrossì un po', confusa da tutte quelle sensazioni che le si agitavano dentro, e cercò di riprendere il controllo.
Avevano uno spettacolo da mandare avanti.
Affondò il viso in fiamme nella tunica del giovane, dicendo "Mi desto da un sogno, un sogno orribile!".
Walter intanto corse verso un angolo della caverna ed afferrò una spada "No, non hai ancora vinto, rimane un'altra prova. Una prova di morte!".
Fece ruotare l'arma tra le mani con fare minaccioso, poi si avventò contro il compagno.
Richard si sciolse a malincuore, ma con destrezza, dall'abbraccio di Megan e si liberò del travestimento da Mago.
Sguainò a sua volta la spada, esclamando "Ed eccomi a te! Difenditi. Questa mia spada saprà ben trovare l'unico punto vulnerabile del tuo corpo fatato. Difenditi!".
"Prima che tu giunga a cavarmi una sola goccia di sangue, verserai fin l'ultima goccia del tuo sangue superbo!" esclamò il compagno, "Difenditi!" ripeté Richard.
Megan si rannicchiò in un angolo del palco e s'inginocchiò, pregando "Se nel cielo c'è uno spirito più pietoso di tutti gli altri per i cuori che si amano, dia baldanza al suo petto e diriga egli stesso il colpo che segnerà l'ultima ora del Mago!".
I due ragazzi continuarono a battersi, incrociando le spade ad un ritmo pazzesco, evitando attacchi e lanciando affondi.
Avevano iniziato con spade di legno, ma per ottenere alcuni effetti speciali erano stati costretti ad usare due lame vere.
A sorpresa, si erano dimostrate più pesanti del previsto; maneggiarle abilmente era stata una vera e propria sfida.
All'inizio, non era stato per niente facile…
Si erano esercitati parecchio per raggiungere quella maestria con le spade e la professoressa era rimasta molto soddisfatta di loro.
Alla fine, però, la loro fatica ed i loro sforzi erano stati premiati.
Di colpo, Walter lanciò un affondo che colpì Richard alla spalla, squarciando un sacchetto di tintura nascosto sotto la camicia e questo creò una chiazza di sangue finto sul braccio del ragazzo.

Ines lanciò un grido terrorizzato, nascondendo il viso tra le mani e Jasmine ebbe il suo bel da fare per calmarla e convincerla che era tutto finto.
La bambina era convinta che il suo amico si fosse ferito sul serio e poco mancava che scoppiasse in lacrime.
José lasciò andare un piccolo fischio di ammirazione "Accidenti! Che effetti speciali per uno spettacolo teatrale!".
"Ce la stanno mettendo proprio tutta" si congratulò Tony e suo padre annuì "Davvero fantastico. Bisogna ammettere che hanno stile".

"Ferito!" esultò Walter, osservando come la tintura si diffondesse sul braccio del compagno, che finse una smorfia di dolore, per poi ribattere "Non è nulla!".
I colpi continuarono con più ferocia e Walter lo colpì di nuovo, stavolta sull'altro braccio, più in basso del gomito.
"Ferito!" esclamò ancora, con un sorriso trionfante sulle labbra; "Scalfiture!" ribatté Richard, avanzando con rabbia.
Megan si portò le mani sulla bocca, soffocando un gemito di terrore, ma dovette controllarsi per non accorrere nel finto duello.
Sapeva che il rosso che vedeva era una tintura, ma provò un misto di angoscia e dolore, quando lo vide sulle braccia di Richard.
Sembrava così vera!
Walter eluse ancora una volta le difese del compagno, ferendolo al fianco "Ferito! Tu impallidisci e vacilli!".
Il ragazzo contrasse il volto in una smorfia di dolore, mentre i suoi passi diventavano più insicuri.
E non era tutta finzione…
Walter ci stava andando giù pesante con quella spada!
Più di una volta, lo aveva colpito con la parte piatta della lama, e neanche tanto dolcemente.
Aveva preso fin troppo sul serio quella recita!
Barcollò appena, ma si rimise in piedi con determinazione "No, ho ancora tanto sangue da poter fare rosso l'oceano! Prendi!", poi lanciò un fendente verso la spalla di Walter.
Lui impallidì, il volto bloccato in una maschera di sorpresa "Son morto!", poi cadde a terra, accanto all'uscita per le quinte.

§

Megan si gettò tra le braccia di Richard, fingendo di aiutarlo a rimanere in piedi e gli rivolse un'occhiata piena di preoccupazione.
Da come lo vedeva muoversi, non era del tutto sicura che quel duello fosse stato solo una finzione.
Improvvisamente, apparve Crystal, che toccò le ferite di Richard con la sua bacchetta ed una luce intensa accecò tutto il pubblico, mentre lo scenario cambiava.
Walter si nascose dietro le quinte, mentre Richard si tolse la camicia bianca, sporca di tintura, sostituendola con una pulita.
Le dita del ragazzo continuavano a impigliarsi nei lacci del gilè in pelle e Megan si prodigò per aiutarlo a sciogliere i nodi.
Vedendolo cambiarsi la camicia con tale naturalezza, la giovane arrossì, ma lo aiutò a liberarsene, gettandola dietro le quinte, e passandogli quella pulita.
I componenti del Coro si liberarono dei costumi da rana e riapparvero con abiti tipici del Medioevo, sospirando di sollievo.
Finalmente potevano respirare un po' d'aria fresca!
Si disposero infondo al palco, mentre Richard rimase con Megan e Crystal più avanti, verso il pubblico.
Quando la luce accecante fu spenta, le persone nella sala lanciarono esclamazioni sorprese, stupite di non ritrovarsi davanti la grotta, ma uno splendido giardino.
I ragazzi del Coro esultarono, gridando "Evviva! Invincibile in cielo e in terra è Amore!".
Richard strinse Megan tra le braccia, mentre Crystal diceva "Vivrete felici, vivrete per amarvi! E vivrete con una lunga progenie di figlioli!".
La ragazza chiuse gli occhi, poggiando la testa contro il petto del compagno "Oh, felicità insperata! Ora son tua per sempre!".
Lui sorrise nel sussurrare "Oh, gioia senza confine! Ora sei mia per sempre!".
Sentirla così vicino, poterla stringere così dolcemente tra le braccia, gli scatenò dentro una tempesta di emozioni.
Richard sentì il proprio cuore battere con forza contro le costole, come non gli accadeva da molto tempo.
No, era ancora di più. Non aveva mai provato un amore così forte per qualcuno.
Prese delicatamente il volto della giovane tra le mani, perdendosi nelle profondità del suo sguardo.
Le scostò i capelli dalla guancia e si lasciò andare a quella miriade di sensazioni, contro cui non riusciva a combattere.
Megan lo guardò lievemente turbata, mentre la sua mano si spostava delicatamente sulla nuca, stando ben attenta a mantenere un'espressione normale per non allarmare il pubblico.
Non capiva cosa avesse Richard, ma certo non poteva permettere ad uno stupido errore di mandare all'aria tutto il loro lavoro.
Sentì un brivido caldo attraversarle la spina dorsale, quando l'altra mano si spostò lungo la sua schiena, fino a cingerle delicatamente la vita.
Rimase immobile, paralizzata per la sorpresa, quando il volto del ragazzo si avvicinò al suo e scorse nei suoi occhi una scintilla che ben conosceva.
Cercò di sussurrare un "No!", ma fu troppo tardi.
Le labbra di Richard furono sulle sue, delicate, ma al tempo stesso decise.
La ragazza fu percorsa da una potente scarica elettrica, che l'attraversò da capo a piedi.
La prima volta che l'aveva baciata, era stato così rude e violento, mentre questa volta era totalmente diverso, delicato e così… così dolce.
Le labbra le si ammorbidirono senza offrirsi, schiudendosi senza però arrendersi.
Sentì i propri occhi chiudersi lentamente, mentre un calore sconosciuto la invadeva.
Era qualcosa di meraviglioso, che non aveva mai provato in tutta la sua vita.
Poi, di colpo, li riaprì, rendendosi conto di quello che stava succedendo.
Lanciò una fugace occhiata al pubblico, che sorrideva e batteva le mani, fischiando a più non posso.
Riconobbe anche i fischi acuti e penetranti di Miguel e Tony, mentre José gridava a pieni polmoni "Vai così! Yu-uh! Vai, Meg!".
"José!" lo rimproverò la madre, tirandolo a sedere "Che razza di versi sono questi?".
Megan sentì le guance surriscaldarsi per la vergogna.
Sapeva che doveva rimanere ferma, senza destare il sospetto che quello non fosse previsto nel copione, ma era tremendamente difficile.
Per fortuna, Miriam ebbe la prontezza di far calare il sipario il più velocemente possibile, anche se aveva un'espressione assolutamente shoccata.
Quando il sipario ebbe toccato terra, Megan si staccò velocemente da Richard e si poggiò una mano sulle labbra, sconvolta da quello che aveva fatto.
Come aveva potuto lasciarsi baciare in quel modo? Davanti a tutta la scuola?!
La professoressa fece rientrare Walter e gli altri che erano usciti e si sistemò gli occhiali sottili, mormorando "Ragazzi, mettetevi in fila. C'è la presentazione finale".
Era sorpresa e si vedeva, ma non fece domande e lasciò il palco, sedendosi accanto al preside.
Forse preferiva non sapere.
Quando il sipario si rialzò, i ragazzi si presero per mano e s'inchinarono uno alla volta al pubblico ogni volta che Nicky pronunciava un nome.
Il pubblico applaudì fragorosamente, poi gli attori si ritirarono rapidamente dietro le quinte.
La gente sorrise, commentando la bravura dei ragazzi delle varie classi, poi uscirono velocemente, diretti alle proprie case.
Miguel e José si scambiarono un'occhiata d'intesa e sfrecciarono verso le quinte.
"Meglio bloccare Megan, prima che uccida Richard" esclamò José, "Ma, secondo te, quel bacio era previsto dal copione?" chiese il cugino.
Il ragazzo ghignò divertito "Secondo me, no. Megan aveva una faccia un po' sconvolta".
Pedro scosse la testa ed abbracciò Marica, che osservava il sipario con un'espressione sorpresa ed incredula.
"A mio parere, quel ragazzo è proprio cotto di Megan" sussurrò divertito "E non posso negare che ha anche una bella faccia tosta!".
Tony raggiunse in un attimo i due cugini, ridendo come un matto "Cielo, avete visto la faccia di zio Alan? Sembrava un lenzuolo!".
Miguel scosse il capo senza dire niente Secondo me, Richard nasconde qualcosa. Perché avrà baciato Megan in quel modo? Non riesco a spiegarmelo.
 
Intanto, i ragazzi che si erano esibiti erano ancora sul palco, liberi dai costumi di scena, e guardavano in silenzio i due compagni.
Megan aveva il volto più rosso di un papavero e non riusciva quasi a parlare, ma, quando la vergogna fece spazio alla rabbia, si sentì esplodere.
Come aveva potuto farlo di nuovo? Per di più allo spettacolo finale! Davanti a tutti!
Aveva vinto quella maledetta scommessa, era riuscito a baciarla due volte prima della fine dell'anno…
Strinse i pugni dalla rabbia, mentre cercava di tranquillizzarsi.
E lei che pensava che fosse cambiato!
La delusione era pari solo alla rabbia che sentiva dentro e dovette mordersi un labbro per impedirsi di piangere.
Cercò di inspirare ed espirare lentamente, ma l'irritazione che provava era così forte da impedirle di concentrasi su qualunque cosa.
Crystal le andò vicino, domandandole "Meg? Va tutto bene?", ma si spaventò quando l'amica scoppiò in una risata isterica.
"Oh, certo! Sto benissimo!" esclamò lei "Sono stata appena baciata da un… un idiota che mi ha fatto fare la peggior figura di tutta la mia vita. Certo che sto bene, è ovvio!".
Poi si rivolse a Richard e, avvicinandosi a grandi passi, lo guardò furibonda "Spero che ora tu sia soddisfatto. Hai vinto la tua stupida scommessa. Complimenti".
Gli altri la guardarono confusi, dato che non avevano sentito quello che aveva detto.
Non capivano perché anche il volto di Richard fosse diventato improvvisamente scarlatto.
Come può pensare una cosa simile? si chiese il ragazzo, sospirando amareggiato Alla scommessa ho rinunciato da un sacco di tempo.
Ormai, i due giovani erano a neanche dieci centimetri di distanza e Wendy si chiese se fosse il caso d'intervenire.
Megan sembrava davvero infuriata.
Di colpo, Oliver si avvicinò all'amico e sussurrò "Certo che sei un vero idiota, Richard. Avevi la vittoria in tasca, se solo non avessi rinunciato alla scommessa, settimane fa".
Megan venne colta di sorpresa e faticò a tirar fuori la voce "Hai… rinunciato alla scommessa?".
Non poteva crederci!
E da quello che aveva detto Oliver, l'aveva fatto già da tempo.
Era pazzesco, incredibile!
Ma allora… La speranza tornò ad accendersi dentro di lei e dovette fare un grosso sforzo per non far trasparire quello che provava.
"Non prenderla così, Megan" mormorò il giovane "Cercavo solo di dare più enfasi allo spettacolo".
Serrò le labbra quando la compagna lo guardò allibita e furiosa, ma come altro avrebbe potuto giustificare in maniera credibile quello che aveva appena fatto?
Lui stesso se lo spiegava a stento.
Sapeva solo che non era più riuscito a controllarsi, che il desiderio che provava per lei era stato troppo forte.
"L'hai fatto… per dare..più enfasi… allo spettacolo?" ripeté la ragazza con voce strozzata.
Il suo volto, da bianco per lo shock, tornò rosso e gridò furiosa "Ma chi cavolo ti credi di essere?! Come hai potuto… farmi questo?!?".
Il silenzio che seguì, sottolineava pesantemente le parole di nuovo.
Il suo sguardo era carico di rancore e Richard si spaventò non poco; non l'aveva mai vista così arrabbiata da quando la conosceva.
La sua rabbia era così palpabile che sembrava creare un alone rosso tutt'intorno a lei.
Schiaffeggiami pure, me lo merito pensò, abbassando lo sguardo Sono un vero idiota, ma cosa diamine mi è preso?.
Megan sembrava davvero sul punto di prenderlo a schiaffi, ma due mani le bloccarono i polsi, impedendole di avanzare.
"Megan, calmati!" disse Miguel, ma lei si divincolò, gridando "Lasciami andare, Miguel! Lasciami subito!".
José aiutò il cugino a tenerla ferma e sghignazzò "Beh, un finale a dir poco perfetto. Che dici, posso avere una copia del filmato?".
Tony scosse il capo "José, ma ti rendi conto di quello che dici? Certe volte mi sembri un neonato".
Megan si divincolò più forte "Questa me la paghi cara, Richard! Non credere di poterla fare franca! Non te la darò vinta!".
Poi il volto diventò scarlatto come mai prima di allora ed aggiunse "Te odio! Tu eres un gosaro!".
Il ragazzo la guardò stupito, aveva parlato spagnolo e non aveva capito assolutamente nulla della seconda frase, ma José e Miguel sì.
Entrambi avevano fatto una smorfia poco rassicurante.
"Ehm... che cosa ha detto? Non ho capito niente" chiese, cercando di farsi un'idea della situazione.
Cosa gli stava dicendo Megan? Cosa avrebbe dovuto fare lui?
Josè lo guardò, commentando "Per come è arrabbiata, ti è anche andata bene. Ha detto che ti odia e che sei un verme".
Ridacchiò appena nell'aggiungere "Vedrai che quando si calma, le passa tutto", ma tacque di colpo sotto lo sguardo della cugina.
Non sembrava proprio che avesse intenzione di calmarsi tanto presto.
Miguel guardò Richard di sottecchi, come nel tentativo di leggergli nella mente, poi scosse la testa.
"Non so cosa ti sia venuto in mente prima, ma ti consiglio di non farlo più, se ci tieni alla pelle" lo avvertì "Non so se la prossima volta riuscirei a calmarla".
E, soprattutto, a calmarsi.
In confronto alla sua, l'irritazione della sorella era niente.
Per quanto Richard fosse suo amico, non aveva certo intenzione di lasciargli fare quello voleva.
L'unica volta che aveva abbassato la guardia, per poco sua sorella non aveva subito un'esperienza che l'avrebbe segnata a vita.
E non intendeva ripetere lo stesso errore.
Al contrario di quanto si auspicava José, Megan non sembrava intenzionata a calmarsi e riprese ad insultare il compagno, stavolta in italiano e solo loro due sapevano cosa stava dicendo.
Nel sentirla inveire in quel modo, Miguel aggrottò la fronte "Che cavolo ha detto? Quando parla italiano, non la capisco".
Richard fece una smorfia e replicò "Meglio così, te lo assicuro", poi girò i tacchi e sparì dietro le quinte.
In quel momento, Jennifer salì sul palco come una furia, facendo scintillare il suo costume argentato da ballerina sotto la luce dei riflettori.
Si piantò davanti alla ragazza e gridò inferocita "Come hai osato baciare il mio Richie? Come hai…?".
L'altra non la fece neanche finire, che ribatté "Non sono stata io a baciarlo, ma lui che ha baciato me! Non gliel'ho certo chiesto io di farlo!".
Le lanciò un'occhiata furiosa, dicendo "Non puoi prendertela sempre con me, solo perché non riesci a tenerti stretta il tuo ragazzo!".
Poi si divincolò, riuscendo a liberarsi dalla presa di Miguel, e se andò in fretta, cercando di non far vedere le lacrime che avevano iniziato a rigarle il volto, mentre correva fuori alla massima velocità consentitale dalle gambe.
Tony e Pedro dovettero calmare Marica e Jasmine per un buon quarto d'ora, prima che la smettessero di chiedere di Megan.
"Sta bene" disse Tony "ma è parecchio nervosa, quindi è meglio non avvicinarsi per ora".
 
Megan corse a casa, fiondandosi direttamente nella propria stanza.
Non voleva vedere né parlare con nessuno.
Si chiuse la porta alle spalle e si stese a pancia in giù sul letto, con la testa invasa da mille pensieri.
Ma perché l'ha fatto? si chiese sconvolta Perché avrà rinunciato alla scommessa? Che diavolo gli passa per la testa?.
Un sospiro di sconforto le invase la gola Cos'è successo a Richard? Non lo riconosco più.
Sentì appena sua madre aprire la porta e sedersi accanto a lei, sul bordo del letto "Tesoro, c'è qualcosa che non va?".
"Non lo so, mamma. Mi sento totalmente confusa e non capisco più niente" ammise lei.
Grecia fece un lieve sorriso, dicendo "Tuo padre è un tantino nervoso. Ho dovuto dargli del the per farlo calmare, ma credo che presto vorrà parlarti".
Le accarezzò la testa, convincendola a guardarla in volto, ed aggiunse "Quel bacio non era previsto, eh?".
La figlia arrossì violentemente e nascose il volto nel cuscino, mormorando qualcosa d'incomprensibile.
"Come pensavo" rise la madre, accarezzandole la testa per rassicurarla.
"Penso che Richard provi qualcosa per te, sai? Altrimenti, non credo che ti avrebbe baciata in quel modo" continuò, sorridendo complice.
A quelle parole, Megan sollevò la testa di scatto "Ma ti va di scherzare? Lui… che..? No, è impossibile!".
"Ne sei sicura? Io ho visto come ti guardava alla tua festa e sono sicura che lui non ti è del tutto indifferente" ridacchiò Grecia "Anzi… Lo hai praticamente stregato".
La ragazza arrossì ancora di più, sussurrando a stento "Io..io credo di… essermi innamorata di lui, ma non..riesco a spiegarmi più niente. Quando mi sorride è come..".
"È come qualcuno ti avesse collegato il cuore alla corrente elettrica?" suggerì la madre, "Sì, mi tremano le gambe ed il cuore mi batte fortissimo" mormorò la giovane.
"Allora non ci sono dubbi. Sei innamorata, piccola mia" sorrise la donna "E credo che tu abbia trovato una persona davvero speciale, qualcuno che prova per te molto più della semplice amicizia".
Poi uscì, lasciandola sola a riflettere sulle sue parole.

(*) Ho cercato di restare il più fedele possibile al testo teatrale originale, in modo da ricreare un po' l'effetto che deve aver suscitato Capuana a suo tempo. spero di esserci riuscita ^-^

Allora, che ne dite? le sorprese non sono mancate, come promesso. Vi è piaciuto lo spettacolo? ^-^ come c'è da aspettarsi, ora ci saranno le conseguenze di quello che è successo e vi consiglio di tenere d'occhio Rospus... Ops, scusate.. volevo dire Walter. e Miguel... chissà come reagirà, il fratellone di Meg. si accettano ipotesi di ogni tipo! XD
sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento e che non vi abbia annoiato troppo, vi mando un grosso bacio, Ci rivediamo presto!!
bacioni enormi, vostra
Alys-chan

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Capitolo 23
*** Scissione ***


ciao a tutti!! eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo di questa storia. sono felice che questa FF stia piacendo. *w* Dopo il finale a sorpresa dello spettacolo teatrale, adesso Richard dovrà affrontare le conseguenze del suo gesto. come? Beh, per scoprirlo vi basterà leggere! ^-^


23-Scissione

Il giorno dopo lo spettacolo, i ragazzi si riunirono a scuola per l'inizio degli esami, che durarono fino alla fine della settimana.
Erano tutti molto nervosi, Megan soprattutto, perché il pensiero di quello che era successo il giorno prima non la lasciava in pace neanche per un attimo.
Non riusciva a togliersi dalla testa le meravigliose sensazioni che aveva provato in quel momento e temeva che non sarebbe riuscita a passare gli esami, dato che non riusciva a concentrarsi sui libri.
Piuttosto che parlare di storia e chissà che altra materia, avrebbe finito con lo stilare un testo psicologico su quanto fosse confusa e turbata in quel momento.
Rabbrividì a quel pensiero e cercò di darsi una calmata, ma era tutt'altro che facile.
Eppure, la settimana dei test sembrò volare e, in men che non si dica, uscirono i risultati tanto attesi e temuti.
I pannelli con i voti furono praticamente presi d'assalto da tutti gli studenti dell'ultimo anno, ansiosi da conoscere il risultato delle loro fatiche scolastiche.
La ragazza esultò con le amiche quando vide i loro voti segnati in rosso, a segnale che erano passate con più del 75%.
Erano al settimo cielo! Anche Richard era andato molto bene e lei lasciò andare un sospiro, vedendolo sorridere con Karl e gli altri amici.
Avrebbe voluto parlargli, ma non sapeva proprio cosa dirgli, dopo che il giorno prima l'aveva insultato in quel modo.
Il lunedì seguente, i ragazzi si riunirono per l'ultima volta nella stessa classe, prima di prendere ognuno la propria strada.
Il preside avrebbe consegnato i diplomi tra un paio d'ore e tutti cercavano di non pensare all'imminente addio ai compagni, dato che non tutti sarebbero andati nello stesso college.
Megan non guardò nemmeno il suo compagno di classe, era ancora troppo confusa da quello che era successo.
Appena lo aveva visto nel parcheggio, si era voltata prima che anche lui la notasse, ma era stato tremendamente difficile; il primo impulso era stato quello di sorridergli.
All'improvviso, la professoressa li richiamò e li fece sistemare in fila, in ordine alfabetico.
Megan si sentì stranamente tesa nel sentire Richard alle sue spalle e faticò a rimanere impassibile.
Sentiva il suo respiro caldo solleticarle una ciocca dietro l'orecchio, ma s'impose di restare indifferente.
Prese un grosso respiro, mentre il cuore iniziava a batterle con più forza nel petto, ma si sforzò di seguire il ritmo con cui il preside consegnava i diplomi.
Quando toccò a lei, il preside le rivolse un caloroso sorriso "Congratulazioni, signorina Marley", "Grazie mille, signore".
Megan sorrise, vedendo i suoi genitori e tutti gli altri battere le mani entusiasti, poi scese e cedette il posto a Richard.
Aspettò che tutti gli altri avessero preso il proprio diploma, poi si voltò verso la sua insegnante e salì nuovamente sul palco, per il discorso finale degli studenti.
Ad un cenno del preside, avanzò verso il microfono, aspettando che il dirigente scolastico finisse di ringraziare tutti i presenti.
"Ed ora vi lascio nelle mani di una studentessa arrivata giusto lo scorso settembre, che vuole dire qualche parola" disse l'uomo, poi sorrise e si sedette.
Megan deglutì e, preso il microfono, disse "Innanzitutto, volevo ringraziare calorosamente il preside per il meraviglioso discorso che ha fatto".
Si voltò appena verso i compagni, continuando "Oggi rappresento tutti i ragazzi che si sono diplomati quest'anno e parlo anche in loro vece nel dire che quest'esperienza sarà fondamentale per il nostro futuro".
Si sciolse in un sorriso, mentre aggiungeva "Mi sono trasferita in questa città solo da alcuni mesi, ma non ho avuto la minima difficoltà ad ambientarmi. Ovunque mi girassi, vedevo sempre volti che m'incoraggiavano ad andare avanti ed a non arrendermi per nessun motivo".
"A partire da un mio compagno, che mi accompagnò in questa scuola all'inizio di settembre, perché non sapevo la strada" mormorò sorridendo, imitata da diverse persone.
Lanciò una fugace occhiata a Richard, che la guardava dal fondo della folla, e continuò "Un altro importante ringraziamento va al preside, che mi ha accolto così calorosamente, ed agli insegnati, che mi hanno aiutata ad arrivare fin qui oggi".
Il suo volto sembrò illuminarsi, quando concluse "Ma un enorme grazie va soprattutto ai miei compagni di classe, che non mi hanno mai fatto sentire sola, accogliendomi nonostante la mia diversità".
La sua mano si strinse attorno al microfono, segno di quanto fosse tesa "Se vi dico questo, è per far capire che l'ambiente scolastico è fondamentale per noi ragazzi; è il trampolino di lancio per prepararsi alla vita".
Un caldo sorriso le incurvò le labbra "Io ringrazio calorosamente tutti presenti, per la loro partecipazione, e voglio augurare ad ognuno di voi buona fortuna, per qualunque cosa che vogliate realizzare nella vostra vita".
Sorrise di nuovo e scese velocemente dal palco, tra gli applausi generali del pubblico.
Susan e tutte le altre le andarono incontro, abbracciandola forte e piangendo come fontane.
"Noi non ci perderemo di vista, vero?" chiese Miriam tra i singhiozzi, "Andremo nello stesso college, quindi direi di no" la rassicurò Wendy.
"Dividere noi sette, questa sì che è un'impresa!" ridacchiò Nicky, "Non ci riuscirà mai nessuno!" aggiunse Dalia.
Crystal rise un po' nervosa "Accidenti, Meg. Mi hai fatto commuovere con il tuo discorso. È stata la cosa più bella che abbia mai sentito".
Susan le diede un buffetto sulle spalle "Quando ridi così, vuol dire che stai per piangere dalla commozione. Sfogati pure, Crystal, non preoccuparti".
Megan si asciugò gli occhi umidi ed annuì "Se lo senti, lasciati andare. Non tenerti tutto dentro. Sai che noi ti vogliamo bene".
A quel punto, Crystal scoppiò in lacrime ed abbracciò una per una tutte le sue amiche, mentre la toga blu e argento frusciava ad ogni passo.
Il preside attirò l'attenzione generale e, sorridendo dal palco, disse "Congratulazioni, neo-diplomati!".
A quelle parole, tutti i ragazzi esultarono, lanciando in aria i tocchi da diplomati.
I cappelli blu contrastavano contro il cielo turchino, mentre il ciuffo argentato svolazzava allegro nella brezza.
Molti ragazzi li ripresero al volo, mentre altri li mancarono clamorosamente; Megan fu tra questi ultimi.
Quando il suo tocco scivolò a terra, ai piedi del grande acero che abbelliva il cortile, venne raccolto da Richard.
Il ragazzo lo spolverò un po' e glielo tese "Tieni, Megan… E congratulazioni".
"Grazie. Congratulazioni anche a te, Richard" sorrise lei, prima di ritornare dalle sue compagne.
Karl andò verso il suo amico e gli appoggiò un braccio sulle spalle "Ogni volta che ti guarda, le brilla una scintilla negli occhi. Chissà perché…".
L'altro si strinse nelle spalle, lasciandosi sfuggire un sospiro "Non lo so, ma è semplicemente stupenda".
 
Alla fine della cerimonia, ogni ragazzo se ne andò con i propri genitori, ma i ragazzi della IV D si diedero appuntamento un'ora dopo alla pista delle moto.
Quando si ritrovarono tutti lì, Richard si accorse che Walter non si era unito al gruppo, ma era rimasto in disparte, appoggiato alla sua moto.
Stava quasi per chiedergli quale fosse il suo problema, ma l'altro gli risparmiò la domanda.
Si alzò in piedi e disse "Ok, Richard. Non ho avuto occasione di chiedertelo prima, ma ora voglio che tu mi chiarisca un po' le idee".
Gli rivolse uno sguardo cupo "Prima delle vacanze di Natale scommettemmo che tu non saresti riuscito a baciare due volte Megan durante tutto l'anno scolastico, ma a maggio, tu hai rinunciato. Poi, allo spettacolo, la baci".
Strinse i pugni contro il giubbotto di pelle, sibilando "Non ho ancora ben capito se sei un'idiota fatto e finito, o semplicemente ti diverti a farmi saltare i nervi".
Richard sostenne il suo sguardo carico di rabbia, ma dentro di sé si preparava allo scontro.
Sapeva che Walter era pronto per venire alla mani, ormai lo conosceva bene.
E forse capiva anche la causa di tanta rabbia; aveva notato che anche Walter guardava Megan con interesse e la cosa lo preoccupava…
I personaggi che avevano interpretato nello spettacolo potevano rappresentare perfettamente la loro situazione.
Quella trama non era poi tanto lontana dalla realtà.
"Cosa dovrei spiegarti?" chiese freddo, "Voglio sapere perché, nonostante avessi già rinunciato alla scommessa, hai baciato Megan allo spettacolo" ringhiò Walter.
"Prova ad indovinare, se ci arrivi" suggerì lui, fissandolo negli occhi "Dovresti riuscirci, non è difficile".
"Non farmi perdere le staffe, Richard. Non ti conviene. Piantala di fare l'idiota e parla chiaro" esclamò l'altro.
L'orgoglio gli urlava di reagire a quelle offese, ma il giovane usò ogni minima dose della propria energia per rimanere calmo. Alex li guardò entrambi, poi, dopo un lungo attimo di riflessione, sussurrò "Richard, non può essere!".
Tutti si voltarono verso di lui ed Oliver lo incitò a parlare "Non può essere cosa? Che stai dicendo, si può sapere?", "Ric, ti sei…".
Alex sembrava incapace di pronunciare l'ultima parola e concludere la frase, tanto era sconvolto alla sola idea che potesse essere vero.
"…innamorato?! Dimmi che non è vero!" sibilò infine il ragazzo "Ti sei rammollito per quella ragazza!".

Nel campo scese un silenzio di tomba, mentre tutti, tranne William, Jack e Karl, guardavano Richard come se avesse appena confessato di essere un marziano.
Poi Walter urlò "Cosa?!? Innamorato? Richard? Di Megan? Non ti è bastata l'esperienza con Ashley?".
Richard sospirò e stinse gli occhi al ricordo "Al cuor non si comanda, l'hai mai sentita questa frase? Non l'ho scelto io di innamorarmi".
Martin lo guardò come se lo vedesse sotto una luce nuova "Ma perché proprio Megan? Con tutte le ragazze che ti corrono dietro?!".
Lui si strinse nelle spalle "Non lo so, non l'ho certo deciso io. È… È successo e basta".
Ma è una delle cose più belle che mi siano mai successe aggiunse tra sé Non mi importa cosa succederà con Walter, purché possa restarle vicino.
"Già, così come non hai deciso di diventare il leader del gruppo, vero?" ringhiò Walter, avvicinandosi con i pugni chiusi.
Possibile che anche lui avesse messo gli occhi su quella ragazza?
Possibile che dovesse sempre mettersi in mezzo e rovinargli i piani?
Si avvicinò con aria minacciosa e gli diede una forte spinta sulle spalle, facendolo arretrare di un passo.
Ormai aveva raggiunto un punto critico e tutti ne erano consapevoli.
Karl si parò davanti all'amico "Siamo stati noi ad eleggerlo, lo sai bene. Non puoi affibbiargli delle colpe che non ha!", ma l'altro lo spinse via, facendolo quasi cadere.
"Levati di mezzo, tu. Questa è una faccenda tra me e Richard" ringhiò, prima di osservare il ragazzo negli occhi.
Il giovane sostenne il suo sguardo infuriato, replicando con calma "Se vuoi diventare tu il leader, fa' pure".
"Io non ci ho mai tenuto davvero, non mi piace comandare. L'ho fatto solo per non deludere le vostre aspettative" aggiunse serio.
Strinse i pugni e mormorò "Prenditela pure con me… Fa' quello che vuoi. Ma lascia in pace gli altri".
Vedendo che il compagno non si tranquillizzava, continuò "Se vuoi che me ne vada, dillo pure. Io non ho intenzione di oppormi, se questo vuol dire una lite tra amici".
Irrigidì i muscoli, pronto a ricevere il colpo che Walter meditava di assestargli, ma l'altro tremava di rabbia e non sembrava capace di muoversi.
Le sue labbra scandivano silenziosamente la parola amici come se avesse appena sentito una battuta molto sciocca.
"Tu non sei mai stato un vero leader, Richard. E non lo sarai mai, per me" disse sprezzante.
"Hai detto bene. Per te, Walter" ribadì William e suo fratello gli diede man forte "Per noi, Richard è il più adatto a ricoprire quel ruolo. Per questo l'abbiamo eletto".
"Ha sempre cercato di evitarci guai, anche a costo di finirci lui" disse Jonathan "È così che si comportano gli amici".
"Richard è un leader eccezionale. Non puoi fargliene una colpa" concluse Karl e Philiph annuì con decisione.
Robert percepì lo scontro imminente nell'aria e cercò di mediare la situazione, ma tutto quello che ottenne furono le parole dure di Walter "Scegli, Robert. O me, o Richard".
"Come puoi chiedermi di scegliere tra i miei migliori amici?" esclamò il ragazzo inorridito, "Fa' la tua scelta" ringhiò Oliver.
Richard guardò il suo amico e sembrava gli stesse comunicando qualcosa con lo sguardo.
Va' pure con loro, Robert. Tuo padre rischia troppo, se tu rimani con me.
Non sapeva se quella che sentiva era davvero il sussurro di Richard o la voce della sua coscienza.
Il ragazzo chinò il capo, sconvolto dalle prospettive. Suo padre lavorava nella fabbrica che apparteneva alla famiglia Wuober e, non unirsi a lui…
Voleva dire un licenziamento sicuro per il genitore, dato che Walter aveva voce in capitolo anche nell'azienda.
Sapeva diventare molto vendicativo, se voleva.
Scosse il capo frustrato, mentre cercava una soluzione a quel problema.
Cosa devo fare? si chiese Richard è un mio carissimo amico, ma se vado con lui, mio padre sarà licenziato. E dove lo troverà mai un altro lavoro, alla sua età? Non è più un ragazzino.
La sua mente lo portò ad un'unica soluzione, che lui rifiutava con forza, ma non c'erano altre vie d'uscita.
Rivolse uno sguardo implorante a Walter "Perché dobbiamo dividerci? Formiamo un così bel gruppo! Perché dobbiamo comportarci come bambini?".
Alex, Oliver, Martin, Eric e Peter lo guardarono con durezza e Walter ripeté "O me, o lui. A te la scelta".
"Non possono esserci due capi, nello stesso gruppo" aggiunse in un sibilo "E non è nella mia natura farmi comandare".
Robert alzò lo sguardo dall'asfalto e vide Richard e gli altri che lo guardavano comprensivi.
Sapevano cosa stava provando, il dolore che lo invadeva, e gli fecero un impercettibile segno di andare con Walter.
Sulla pista calò un silenzio pieno di tensione, mentre il ragazzo rimaneva immobile, scosso e spaventato.
Il giovane si sentì dilaniato, disgustato di se stesso, ma si diresse verso il gruppo di Walter, affiancandosi ad Alex.
Strinse i pugni, odiandosi dal profondo, e rivolse uno sguardo disperato ai suoi amici, dall'altra parte della pista.
"Bene" commentò Walter "Hai fatto la scelta più intelligente, credimi". I suoi occhi si ridussero a due fessure, quando sibilò "Richard, sappi che non ti perdonerò mai quello che hai fatto. Presto o tardi, avrò la mia vendetta".
"Quale vendetta?" chiese Richard sorpreso "Sei leader del tuo gruppo, ora. Che altro vuoi da me?".
Walter lo guardò con profondo rancore "Fai anche finta di non saperlo? Tu mi hai sempre oscurato, con la tua presenza".
Strinse i pugni, facendo sbiancare le nocche, ed aggiunse furioso "Tutte le ragazze che sbavano sempre dietro di te. Nessuna che mi abbia rivolto lo sguardo se tu eri nei paraggi o, se non c'eri, mi parlavano solo per sapere dov'eri".
La sua voce era ormai un basso ringhio "Per colpa tua, nessuna ragazza mi ha mai considerato. Ma presto saprò vendicarmi di tutto quello che mi hai fatto patire".
Gli si avvicinò a grandi passi, con gli occhi che sembravano mandare lampi di odio profondo.
Non ti prenderai anche Megan sibilò dentro di sé Lei sarà mia. Presto o tardi, sarà mia!.
"E questo è solo un assaggio!" ringhiò, prima di colpire la faccia di Richard con tutta la sua forza.
Oliver e gli altri si mossero a bloccare il passaggio di William e Jack, già pronti ad intervenire, formando come un muro.
Robert rimase immobile, sconvolto dal gesto violento di Walter.
Avrebbe voluto intervenire, ma le probabili conseguenze lo bloccarono dov'era.
Poté solo osservare il suo amico portarsi una mano al volto, mentre una smorfia di dolore lo deformava.
Il ragazzo cadde a terra, mentre il labbro e il naso cominciavano a sanguinare, ma il pugno di Walter non si fermò, colpendolo di nuovo.
Stavolta fu il sopracciglio ad aprirsi dolorosamente, strappandogli un gemito soffocato.
Walter osservò il risultato per un attimo, ghignando soddisfatto, poi girò i tacchi e se andò, seguito dal suo nuovo gruppo.
"Spero che tu abbia recepito il messaggio, Richard" sghignazzò, mentre si allontanava sulla moto.
Robert rivolse uno sguardo sconvolto e pieno di rammarico ai suoi amici, sussurrando un "Mi dispiace" sommesso.
Poi si sbrigò a seguire Martin e Eric, gli ultimi della fila, prima che Walter lo richiamasse.
Richard lasciò andare un altro gemito, mentre cercava di fermare il fiotto di sangue che gli colava dalla faccia.
Si premette la maglietta contro il volto, cercando di arginare il flusso di sangue, macchiandola in più punti.
Karl si accovacciò accanto a lui, preoccupato come non mai "Richard! Come stai?".
"Secondo te, come può stare?!" ribatté Jonathan, prendendo un impacco di ghiaccio e dell'ovatta dal bauletto della sua moto.
Allo sguardo interrogativo di Jack, replicò "Sai bene che mio padre è medico ed io ho sempre con me il bauletto del pronto soccorso".
"Chiamatemi matto, ma tante volte è servito quando cadevamo dalle moto, le prime volte" aggiunse cupo E servirà anche adesso.
Poggiò l'impacco sul naso di Richard, mentre Philiph lo aiutava a pulire il mento e la fronte dell'amico dal sangue.
Il ragazzo sospirò nel sentire il freddo lenire il dolore al naso "Non volevo che si arrivasse a tanto".
William lo aiutò a sedersi con la schiena poggiata contro il muro, rassicurandolo "Non è colpa tua, Ric. Tu hai cercato di evitare lo scontro in tutti i modi".
Karl annuì "Tu sì che sei un vero leader. Eri pronto a sacrificarti, per evitare di far dividere il gruppo".
"Peccato che non sia servito a molto" mugugnò Richard, con la voce attutita dall'impacco freddo.
"Non sei l'unico a star male, temo" mormorò William, "Già, povero Robert" sussurrò Philiph "Avete visto in che stato era?".
"È meglio per suo padre, se è andato con Walter. Altrimenti, rischiava il licenziamento" disse Jack, dando una lieve pacca sulle spalle di Richard.
"Cazzo, certo che Walter picchia davvero duro!" esclamò poi "Fattelo dire. Fai paura, amico".
Il fratello li lanciò un'occhiataccia, prima di guardare l'amico "Per qualunque cosa, sappi che noi ci siamo sempre, Ric. Basta che ci chiami".
Il giovane lasciò andare un altro sospiro, mormorando "Ragazzi... grazie. Sono davvero commosso dalla vostra amicizia. Non so come..".
"Non dire niente, Richard" lo interruppe Jonathan, sorridendo conciliante "Tu sei il nostro migliore amico. È il minimo che possiamo fare".
Vedendo che Richard cercava di rialzarsi, Jack lo aiutò a rimettersi in piedi "Richard, sei sicuro di stare bene?".
"Sì, voglio solo tornare a casa. Ce la posso fare, non preoccupatevi" li rassicurò lui, aggrappandosi alla rete.
Gli altri lo guardarono preoccupati "Sicuro di voler tonare a casa da solo?", "Sì. Tranquilli, ragazzi. Sto bene".
Si avvicinò alla moto e salì tranquillo, come se non fosse successo niente.
Gli amici si scambiarono degli sguardi preoccupati, mentre indossavano i caschi.
Salirono tutti sulle proprie moto e si avviarono verso casa, troppo scossi da quello che era appena successo per riuscire a parlare.
 
Richard si fermò per strada, senza sapere bene il perché.
Non era ancora arrivato a casa, ma sentiva che non ce l'avrebbe fatta a muovere un singolo muscolo.
Si sentiva a pezzi, mentre la faccia gli faceva un male terribile e certo il casco non lo aiutava a lenire il dolore.
Il naso ed il labbro superiore pulsavano all'unisono, mentre il sopraciglio sembrava completare il doloroso ritmo.
Inoltre, cadendo a terra, si era graffiato la mano.
Non gli faceva male, ma prudeva fastidiosamente.
Si sentiva totalmente svuotato e smarrito in qualcosa più grande di lui.
Com'era potuto succedere? Perché erano arrivati a tanto?
Che colpa ne aveva lui, se le ragazze non avevano mai rivolto la parola a Walter?
Non aveva chiesto lui di essere ammirato così tanto dal gentil sesso.
Non era una cosa di cui andava orgoglioso, anche se si era sempre sforzato di mostrare il contrario…
Spesso, gli aveva procurato più guai che altro.
Parcheggiò la moto sul ciglio della strada e si appoggiò ad una staccionata, privo di forze.
Sfilandosi a fatica il casco, lo lasciò cadere sul duro selciato del marciapiede e si accasciò contro la staccionata.
Non riusciva a muoversi, sentiva la testa pesante come un macigno, mentre il naso gli faceva vedere le stelle.
Sapeva che non era rotto, ma faceva male lo stesso.
Inoltre, sentiva che altro sangue aveva preso a scorrergli sul volto, ma non riusciva ad alzare la mano per cercare di arginarlo.
Improvvisamente, si sentì chiamare, ma non aveva la forza di sollevare la testa; a malapena riuscì ad aprire gli occhi.
Si sforzò di mettere a fuoco la persona che lo stava chiamando, ma fu la voce a suggergli chi fosse.
"Richard!" esclamò Miguel "Ma cosa diamine ti è successo? Sei caduto dalla moto?".
Lui scosse appena la testa e fece una smorfia, quando il dolore lo trafisse di nuovo.
Miguel lo guardò per un attimo, poi si passò il suo braccio attorno alle spalle e lo sollevò di peso, trascinandolo verso casa sua.
Quando arrivò davanti al cancello, gli chiese "Richard, ci sono i tuoi in casa?".
"No" sussurrò il ragazzo, prima di passargli le chiavi "Ma è meglio così, te l'assicuro".
Quando furono dentro, Miguel chiese "Chi ti ha conciato in questo modo? Fai paura!", "Lascia perdere"  borbottò Richard.
Miguel scosse il capo "Come vuoi, ma è meglio che ti dia una ripulita alla faccia, prima che ritornino i tuoi genitori, o gli farai venire un colpo".
Gli lanciò un'occhiata critica ed aggiunse "E ti conviene anche cambiarti la maglia. Sembri uscito da un incontro di boxe".
L'altro imprecò qualcosa in napoletano, lasciando l'amico strabiliato.
"Cos'hai detto?" chiese Miguel stupito, "Niente. Ho solo mandato al diavolo una persona" mormorò il giovane, arrancando verso il bagno.
"Sicuro di non volere una mano?" chiese l'amico, "No, ce la faccio grazie" mormorò lui, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando si vide allo specchio, per poco non vomitò.
Walter l'aveva davvero conciato male, stavolta.
Aveva un aspetto spaventoso!
Si sciacquò il viso con l'acqua fredda, per mandar via i residui di sangue, e si mise un cerotto sul sopracciglio.
Per il naso ed il labbro non poteva fare molto; poteva solo aspettare che guarissero da soli.
Fortuna che il naso non era rotto!
Quando ebbe finito, sul volto gli passò una smorfia.
Nonostante tutto, continuava ad avere un aspetto tremendo.
Sua madre sarebbe andata sicuramente nel panico.
Miguel si appoggiò alla porta, mormorando "Adesso hai un aspetto migliore. Posso aiutarti in qualche maniera, amico?".
"No, ma ti ringrazio" mormorò l'altro "Senza di te, non so come avrei fatto a tornare a casa".
Il ragazzo rise, facendo risaltare i denti bianchi contro le labbra bronzine "Non dirlo nemmeno, amico".
Di colpo, alzò gli occhi al cielo ed uscì velocemente, dicendo "Sarà meglio che vada a recuperare la tua moto".
Richard andò in camera sua per cambiarsi la maglia sporca di sangue, poi tornò nel salotto e si accasciò sulla poltrona più vicina, appoggiando la testa contro il morbido schienale. Era davvero sfinito, voleva solo chiudere gli occhi e riposarsi un po', nient'altro.
Si accorse di essersi addormentato solo quando sentì bussare il campanello; si rialzò a fatica e corse a rispondere al citofono.
"Sono Megan. Ti ho riportato la moto" rispose la voce; lui premette il pulsante ed aprì la porta, aspettando la ragazza.
Sentiva lo strano ed intenso bisogno di vederla, di sentirsi rassicurato dal suo sorriso così dolce.
"Miguel è dovuto correre al college per un esame. L'hanno chiamato all'improvviso" spiegò la compagna, trascinando la moto verso il compagno di classe.
Riuscì a spingere faticosamente il mezzo nel garage e, recuperati il casco e la sua borsa a tracolla da sopra il sellino, andò da lui.
Quando vide in che stato era ridotto, per poco non le cadde la borsa sui piedi, che sparpagliò il suo contenuto con diversi tonfi sull'ingresso della casa, mentre il casco rotolava oltre la porta.
"Cosa ti è successo?" chiese angosciata, mentre gli prendeva il volto tra le mani, sfiorando il naso gonfio "Richard! Mio Dio, ma cosa ti hanno fatto?".
Il giovane arretrò appena oltre la porta, sorpreso dalla sua reazione, ma la ragazza si mosse con lui, sfiorandogli il labbro spaccato ed il sopracciglio coperto dal cerotto.
Aveva un'aria davvero preoccupata. Richard si accorse che il suo tocco delicato era come un balsamo per i colpi infertigli da Walter.
Era una sensazione meravigliosa farsi sfiorare da quelle piccole mani così morbide.
Scosse appena la testa, mormorando "Niente di preoccupante. Ho solo fatto a cazzotti con un amico".
Definire Walter un amico era sempre stata un'esagerazione, soprattutto in quel momento, ma non voleva pensarci.
L'unica cosa che gli importava davvero era che Megan fosse lì, accanto a lui.
L'amica sembrò ricordarsi qualcosa ed il suo volto s'incupì improvvisamente, "Walter".
Pronunciò quel nome con tanto disprezzo che sembrò lo avesse sputato.
"Solo per fare il gradasso, non aveva alcun diritto di conciarti così! Che razza di stronzo!" esclamò, iniziando ad inveire contro Walter in tutte le lingue che conosceva.
Il ragazzo la guardò sorpreso "Come fai a sapere..?".
"Karl ha chiamato Susan e lei era casa mia" spiegò la giovane "Secondo me ha la segatura al posto del cervello. Sempre che ce l'abbia…".
"Perciò ti sei offerta di riportarmi la moto? Volevi sapere cos'è successo?" chiese lui, un po' deluso.
Sinceramente, aveva sperato che fosse lì per un altro motivo...
"No, io ero… preoccupata per te. Miguel è dovuto andare via, ma mi ha detto che ti aveva trovato lungo al strada e che non eri in gran forma" confessò la ragazza, arrossendo.
"Ed io mi sono ricordata di quello che aveva detto Karl. Che Walter aveva preso a cazzotti qualcuno, ma io non ho capito il nome" aggiunse flebile.
"Susan invece sì, perché aveva una faccia sconvolta quando si è voltata verso di me" mormorò, passandosi una mano tra i capelli "Devo ammettere che ero un po' in ansia…".
Il giovane si sentì sollevato da quelle parole; allora qualcosa di lui le importava!
"Ti ringrazio, Megan. Mi fa davvero piacere che tu sia qui" sorrise riconoscente, e vide la compagna guardarlo lusingata.
"Figurati" sussurrò con un filo di voce "Sono contenta che tu stia meglio… di quello che temevo".
Imbarazzata, avvolse una ciocca attorno al dito, poi sorrise a sua volta "Scusami, ma devo andare. Susan deve andarsene e Ines non può rimanere sola a casa".
Arrossì nell'aggiungere "Però se hai..bisogno di una mano... Sai dove trovarmi. Per qualunque cosa".
A sorpresa, Richard le sfiorò le labbra con un dito ed allargò la mano per accarezzarle la guancia, scendendo lentamente lungo la gola e le spalle.
Megan trattenne il fiato, sorpresa, ma lui sorrise di nuovo e sentì il cuore batterle all'impazzata.
Ma com'era umanamente possibile che quel sorriso la mandasse in iperventilazione così velocemente?
"Grazie ancora, Megan" disse il giovane, accarezzandole il volto, prima di chiudere piano la porta.
L'ultima cosa che lei vide furono i suoi occhi verdi, che la guardavano con una dolcezza infinita.
La ragazza rimase immobile per una frazione di secondo, poi riprese in fretta la borsa ed i libri e si fiondò verso casa, mentre il cuore le batteva furiosamente nel petto.
 
Quando si richiuse la porta alle spalle, prese un grosso respiro e si lasciò scivolare contro il legno, ancora con il fiato corto.
Ines le corse incontro e l'abbracciò "Meg, sei tonnata!", "Sì, piccola. Sono tornata" mormorò la sorella, accarezzandole la testa e cercando di respirare normalmente.
Susan sorrise, seguendo la piccola "Ti ha voluto aspettare per andare a dormire. Allora? Come sta Richard? Karl mi ha detto che era conciato piuttosto male".
Megan si rialzò in piedi, appoggiandosi alla porta "Sta bene, ma ha la faccia un po' gonfia", "Spiegati meglio, per favore".
La ragazza si sedette sulla prima poltrona libera, poggiando la sorellina sul divano.
Non era sicura che le gambe avrebbero retto, si sentiva fatta di gelatina.
"Ha un labbro spaccato, il naso gonfio e un sopracciglio aperto" spiegò, rabbrividendo al ricordo.
Se non avesse dovuto badare ad Ines, sarebbe rimasta con lui, almeno per fargli compagnia…
Non le andava che restasse solo in quel momento, si sentiva in ansia.
"Accidenti! Walter gliele ha date proprio di santa ragione!" mormorò Susan.
Poi vide l'amica passarsi la mano sulla guancia con un'aria decisamente strana.
"Megan, che cos'hai?" le chiese un po' preoccupata, inclinando lievemente la testa in un lato.
Lei sembrò rendersi conto di quello che stava facendo e disse "No, niente. Non ti preoccupare".
"Sicura di star bene?" le domandò l'altra, "Sì, sto una favola" mormorò la giovane, scuotendo la testa.
Susan si strinse nelle spalle "Mia madre è arrivata, ci vediamo presto. Ciao, Megan", "Ciao, Sue".
Quando la porta si fu richiusa, Megan mise la sorellina a letto e si chiuse nella sua camera.
Si sfiorò nuovamente il volto, dove la mano di Richard l'aveva toccata con la leggerezza di una piuma.
Era come se le avesse tracciato una scia calda sulla pelle, che non bruciava, ma che le aveva lasciato una sensazione così forte che per un attimo si credette pazza.
Perché Richard l'aveva sfiorata in quel modo, con quel sorriso così dolce sulle labbra?
La ragazza scosse il capo, frustrata.
Era innamorata di lui, sì, ma certo non aveva intenzione di permettergli tutta quella confidenza!
Almeno non in quel momento, in cui era ancora confusa da tutta quella miriade di sensazioni che la travolgevano ogni volta che lo vedeva.
Adesso stava proprio esagerando!
Già l'aveva baciata davanti a tutta la scuola e lei aveva dovuto sorbirsi tutti gli schiamazzi delle altre classi, quando era passata nel cortile nei giorni successivi.
Non che le avesse dato fastidio che l'avesse baciata, ma che l'avesse fatto davanti a tutta la scuola per dare più enfasi allo spettacolo!
Eppure, era sembrato davvero offeso ed imbarazzato quando lei lo aveva accusato di averlo fatto per la scommessa.
Quando poi le aveva dato quella spiegazione, non sembrava molto sicuro di quello che stava raccontando, come se neanche lui sapesse spiegarsi perché l'avesse fatto.
Sembrava confuso e, ripensandoci, la giovane aveva la strana sensazione che avesse mentito.
Ripensò alla morbidezza di quel bacio, di come lei si fosse arresa a quella dolcezza ed alla meravigliosa sensazione che aveva provato, prima di rendersi conto di quello che stava facendo.
Si passò un dito sulle labbra, sognante, mentre ricordava con quale delicatezza l'avesse sfiorata.
L'idea che potesse piacere a Richard era pazzesca, eppure così bella e allettante…
Possibile che anche lui provasse qualcosa nei suoi confronti, come le aveva detto sua madre pochi giorni prima?
Lo sperava con tutta se stessa. Sognare, infondo, non costava nulla e lei voleva crogiolarsi in quel sogno ad occhi aperti.

Nell'ora successiva, si ritrovò a rispondere a tutte le telefonate, nella speranza che fosse lui, ma, più di una volta, si trovò costretta ad annotare il nome di un'amica di sua madre o un collega di suo padre.
Quando il campanello suonò, Megan sentì il cuore partire in quarta, ma qualcosa le disse che non era lui.
Infatti, quando aprì la porta, si ritrovò davanti il fratello.
Aveva i capelli totalmente arruffati, come se avesse corso fin lì, e un sorriso smagliante sulle labbra.
Quando la sorella lo guardò, lui non le diede neanche il tempo di pronunciare una parola, che la sollevò da terra, gridando "Ho passato l'esame!".
La ragazza cercò di riprendere fiato, congratulandosi "Complimenti, Miguel! Ora te ne manca solo uno per finire e prendere la laurea!".
Il fratello la lasciò andare, sospirando "Sì! Ancora non posso crederci! Non vedevo l'ora di dirvelo".
Lei rise e gli fece segno di fare silenzio, "Ines sta dormendo" gli spiegò.
Miguel annuì ed andò in cucina a prepararsi un panino; la tensione per l'esame e la corsa gli avevano messo una gran fame.
Megan ritornò a sedersi sul divano e tentò di rilassarsi con un libro, ma continuava a correre ad ogni squillo del telefono.
Miguel la guardò sconcertato, mentre correva verso il telefono per l'ennesima volta.
"Ma che cavolo hai, oggi?" le chiese, quando posò la cornetta.
La giovane inarcò un sopracciglio, senza capire a cosa si riferisse.
"Corri sempre verso il telefono, neanche dovesse chiamarti il presidente degli Stati Uniti!" spiegò lui, guardandola allibito.
La ragazza si strinse nelle spalle e non rispose, rifugiandosi in cucina a preparare i nachos per Miguel e suo padre.
Almeno avrebbe avuto qualcosa da fare.
Ines si svegliò pochi minuti dopo e, gattonando spedita, arrivò accanto alle scale; si alzò in piedi e le scese una alla volta.
Quando arrivò nel salotto, il fratello la prese in braccio, dicendo "Sai Ines, credo che oggi Megan non stia tanto bene".
"Perché?" gli chiese la piccola, inclinando la testolina ricciuta e guardandolo stupita.
"Perché corre sempre verso il telefono, neanche aspettasse una chiamata importante" borbottò il giovane.
Come a confermare quello che aveva appena detto, allo squillo del telefono, Megan lasciò andare i peperoni, che rotolarono sotto il mobile, e corse a rispondere.
"Ecco, cosa ti avevo detto? È ammattita" mugugnò Miguel, rivolto a Ines.
La bambina sorrise e scese dal divano, mentre la sorella riattaccava, dicendo "Mamma e papà stasera faranno tardi. La festa organizzata da Gary Complex sta durando più del previsto. Volevano sapere se eri tornato, Miguel, e ti fanno i complimenti per la riuscita dell'esame".
Si lasciò sfuggire un lieve sospiro e ritornò in cucina, raccogliendo i peperoni da sotto il mobile e ricominciando a preparare i nachos.
Ines la seguì ridendo e si aggrappò alla sua gamba, chiedendo "Chi deve chiamare?".
La ragazza arrossì "Nessuno, Ines. Torna da Miguel, da brava", ma la piccola non mollò la presa.
"Perché sei tutta rossa?" chiese curiosa, mentre la scrutava con i suoi grandi occhi scuri.
La sorella lasciò perdere gli ortaggi e la guardò sorpresa, replicando "Non sono rossa".
"Sì, certo, come no. Ma se sei rossa come il peperone che hai in mano!" ribatté Miguel, entrando in cucina.
"Fatevi una visita agli occhi" mormorò lei, abbassando lo sguardo in modo che i capelli sciolti impedissero la vista delle sue guance in fiamme.
Il ragazzo scosse la testa e, presa Ines in braccio, la riportò sul divano, accendendo la televisione per distrarsi un po'.
Improvvisamente, il telefono squillò di nuovo, ma Ines si sporse verso il mobile ed afferrò la cornetta "Qui casa Malley. Chi è?".
Dall'altra parte si sentì una risata soffocata, "Ciao, Ines. Sono Richard, l'amico di Megan..".
"Oh, ciao! Appetta un attimo" disse la bambina interrompendolo, poi chiamò la sorella "Meg, è per te. È Ric!".
La giovane sentì il cuore iniziare a battere fortissimo, tanto che sembrava volesse sbriciolarle le costole.
Si costrinse a fare l'indifferente, almeno per non insospettire Miguel, e prese la cornetta.
Nonostante i suoi sforzi, la voce le uscì in poco più di un sussurro e dovette schiarirla perché fosse comprensibile, "Pronto?".
"Ciao, Megan. Sono Richard" disse lui "Scusa se chiamo a quest'ora, ma volevo parlare con Miguel e Ines non mi ha fatto finire di parlare".
Il ragazzo si lasciò sfuggire una piccola risata, poi aggiunse "Però sono contento che abbia chiamato prima te. Come stai?".
"Questa domanda dovrei farla io a te" ribatté Megan, mentre sentiva una grossa bolla d'aria sollevarle il cuore.
Sospirò sollevata, sentendo che provava piacere nel parlare con lei.
Non avrebbe mai creduto che una frase come quella potesse farla sentire così bene...
"Diciamo che sono stato meglio, ma non mi lamento" ridacchiò il giovane "Tu, piuttosto? Sembravi piuttosto strana quando ti ho salutata".
La ragazza arrossì al ricordo, borbottando "Sto alla grande, grazie".
Lo sentì ridere di nuovo e si accigliò "Perché? Avevo una faccia strana?".
"Sì, sembravi incantata da qualcosa" disse Richard con voce maliziosa.
Lei si sentì mancare l'aria per l'imbarazzo, ma ribatté "Forse ero ancora sconvolta per come ti aveva conciato Walter. Facevi paura e non penso proprio che tu sia migliorato così, di botto".
"Io non credo, comunque ora lasciamo perdere" rispose il ragazzo con una voce decisamente divertita.
"Prima di passarmi Miguel, posso dirti una cosa?" le chiese all'improvviso, "Certo" mormorò la compagna, mentre il cuore le balzava in gola.
Cosa voleva chiederle? Aveva bisogno di lei per qualcosa?
"Peccato che oggi non sia riuscito a baciarti" mormorò il giovane "Sai, le tue labbra sono le più morbide e le più dolci che io abbia mai sfiorato".
Fece una leggera pausa, come per trovare la parole giuste "Forse è per questo che non riesco ad evitare di baciarti… Mi tenti troppo".
La sua voce era morbida e vellutata, a tal punto da farle venire i brividi lungo la spina dorsale, ma Megan vi colse anche una nota di divertimento.
Arrossì fino alla punta dei capelli e ringhiò "Cretino!", poi lasciò la cornetta nelle mani del fratello, che la guardava esterrefatto, con un freddo "È per te".
Miguel la guardò sparire in cucina e si portò la cornetta all'orecchio, incuriosito "Pronto?", "Ciao, Miguel. Sono Richard".
"Me ne sono accorto che eri tu" ridacchiò lui, lanciando un'occhiata alla cucina.
"Come stai, amico? La faccia va meglio?", "Sì, non c'è male. Ti ho chiamato per dirti che, stasera, facciamo una corsa e volevo sapere se eri dei nostri".
"Certo, più che volentieri" rispose Miguel "Però posso sapere cos'hai detto a Megan? Prima è diventata un peperone!".
Si tappò la bocca di scatto quando la sorella apparve alla porta della cucina, armata di spugna e padella.
Rise divertito alla vista della sua espressione imbarazzata e furibonda, ma si dovette chinare di colpo per evitare il colpo della spugna insaponata, che atterrò accanto al telefono.
Doveva ritenersi fortunato che non avesse lanciato la padella…
Richard ridacchiò appena, per non mostrare il suo nervosismo, e gli ripeté più o meno quello che aveva detto a Megan.
Miguel lo ascoltò attentamente, prima di mormorare "Dopo mi dovrai spiegare un paio di cose".
Il ragazzo trattenne a stento un sospiro, ma si costrinse a rispondere "Sì, d'accordo. Passo a prenderti tra dieci minuti", "Ok, allora a tra poco".
Miguel posò la cornetta e disse "Meg, io esco", "Dove vai?" gli chiese la sorella, mentre tagliava i peperoni a fette sottili e li metteva nel frullatore assieme al formaggio.
"Vado a fare un giro con Richard e i suoi amici. Torno presto", "Non fare cretinate, mi raccomando" borbottò la ragazza, prima di chiedergli "Devo lasciarti le chiavi sotto la grondaia?".
"No, non preoccuparti" la rassicurò il fratello, arruffandole i capelli, prima di infilarsi il giubbino ed uscire fuori la veranda.
Richard arrivò due minuti dopo e gli porse il casco "Mi fa davvero piacere che tu sia potuto venire", "Non stavo nella pelle" ammise Miguel, sedendosi dietro di lui.
 
Quando arrivarono alla pista, il ragazzo si accorse che il gruppo era sceso parecchio di numero, almeno la metà.
Rivolse uno sguardo interrogativo a Richard per chiedere spiegazioni, ma il ragazzo scosse la testa.
Evidentemente non ne voleva parlare, ma qualcosa gli disse che, probabilmente, aveva a che fare con i pugni che aveva preso poche ore prima.
"Ehi, Richard!" lo salutò Karl "Sei arrivato, e non da solo, vedo. Ciao, Miguel", "Ciao, Karl. È bello rivederti".
Anche gli altri ragazzi li salutarono, scambiandosi pacche sulle spalle e battute scherzose.
"Vedo che la faccia è più normale, Richard" disse Jack "Già, ma mia madre -ovviamente- è andata nel panico quando mi ha visto" borbottò lui.
Gli era occorso tutto l'aiuto del padre per calmarla e convincerla che non era niente di che.
Non aveva detto che Walter lo aveva conciato nero, così si era limitato a mormorare di una caduta.
I genitori non gli erano sembrati molto convinti, ma non avevano insistito sull'argomento.
William interruppe la conversazione, dicendo "Siamo venuti a fare una corsa, o a chiacchierare come un branco di comari petulanti?".
"Siamo qui per correre" ribatté Jonathan, infilandosi il casco e salendo sulla sua moto "Allora chi è il primo?".
William non se lo fece ripetere una seconda volta e salì in sella, poi entrambi fecero rombare i motori per scaldarli bene.
Miguel si posizionò al centro della pista e fece sventolare la sua bandana come bandiera, dando il via alla gara.
I due ragazzi scattarono insieme, affrontando le varie curve a velocità costante, ma cercando sempre di ottenere un vantaggio sull'altro.
Alla fine, fu Jonathan a spuntarla e lanciò un grido di trionfo quando tagliò il traguardo per primo "Ti ho battuto, Will! E tu che facevi tanto il gradasso!".
"Piantala di fare l'idiota! Hai avuto solo fortuna, tutto qui" ribatté l'amico seccato.
Jack portò una lattina di birra agli amici, ridendo "Il bello di queste gare è che sono sempre combattute fino all'ultimo".
Miguel li guardò ammirato "Accidenti, siete davvero bravi", "Con un po' d'impegno ci riuscirai anche tu" rispose Richard "Vieni, che t'insegno qualcosa".
Lo fece sedere sulla moto, indicando i vari elementi e spiegandogli le loro funzioni, poi gli fece accendere il motore e gli disse di provare a partire.
Miguel si mosse con la massima cautela, ma, a sorpresa, riuscì a manovrare la moto di Richard meglio del previsto, arrivando fino all'inizio della pista.
Philiph fece un fischio "Accidenti! Certo che hai talento da vendere, Miguel".
"Grazie. Devo ammettere che è la prima volta che manovro qualcosa di diverso dal mio vecchio motorino" ridacchiò il ragazzo.
"Adesso mi spiego perché ti sei mosso con tanta naturalezza" sorrise Karl "Hai già fatto esperienza con qualche mezzo".
Dopo un paio d'ore, Miguel riusciva a manovrare la moto con naturalezza, anche se non si spinse mai a velocità elevate.
Era già una bella vittoria, per lui.
Mentre Karl e Jack si cimentavano in una gara, Miguel lanciò uno sguardo eloquente a Richard, invitandolo a parlare.
Il ragazzo sospirò, ma l'amico aveva ragione; infondo aveva baciato la sorella davanti a lui. Meritava una spiegazione.
Si chiese se sarebbe riuscito a trovare le parole giuste, ma in quel momento non gli venivano.
"Sbaglio, o dovevi parlarmi di qualcosa?" disse Miguel, appoggiandosi al muro alle proprie spalle.
"Ti devo una spiegazione" mormorò Richard "Peccato che la faccenda sia un po' più complicata del previsto".
A quella risposta, il ragazzo inarcò un sopracciglio scuro "Tu baci mia sorella e non sai neanche perché lo fai?".
Lo vide scuotere il capo, mentre arrossiva violentemente "Il fatto è che… Megan mi ha molto colpito, fin da quando l'ho conosciuta".
"All'inizio litigavamo spesso, immagino che ti ricordi lo scherzo della tintura" aggiunse flebile "ma poi ho.. iniziato a sentire qualcosa di... di totalmente diverso nei suoi confronti. È come se la situazione si fosse… completamente ribaltata".
Ormai Richard incespicava nelle parole, cosa che non gli accadeva facilmente; che fosse davvero imbarazzato era più che evidente.
Alla fine, Miguel si lasciò sfuggire un fischio "Non me lo dire… Ti sei innamorato di Megan".
Il giovane fece un sorriso, che sembrava più una smorfia imbarazzata "A quanto pare, sì".
L'amico iniziò a ridere, sorpreso dalle sue parole "Beh, credo che anche Meg non sia del tutto indifferente al tuo fascino. Oggi correva ad ogni squillo del telefono, neanche aspettasse una tua chiamata".
"Dici davvero?" chiese Richard incredulo, "Sì, puoi chiederlo anche ad Ines, se non mi credi".
L'amico scosse la testa, piacevolmente sorpreso da quella notizia inaspetatta "Ti credo eccome, invece!".
Miguel gli rivolse un sorriso complice "Amico, ho il sospetto che tu sia sincero. Vedrò di darti una mano per capire meglio la nostra Megan".
Voleva fidarsi dell'amico, anche se aveva tutta l'intenzione di tenerlo sotto stretto controllo.
"Grazie, Miguel. Ti devo un favore. Però, ti prego, non dirle niente" lo implorò Richard, "Tranquillo, sarò muto come un pesce".
 
Dopo l'ennesima gara vinta da Philiph, i ragazzi decisero di festeggiare e si diressero al vicino chiosco, brindando con un grosso boccale di birra.
Miguel non aveva mai bevuto molta birra in vita sua e quel boccale da un litro e mezzo era un po' troppo per iniziare ad esagerare.
Gli diede quasi subito alla testa, mentre la mente iniziava a formulare frasi senza senso.
Ne pagò un secondo boccale e se lo scolò quasi tutto d'un fiato, sotto lo sguardo esterrefatto di Richard e Jonathan.
Gli altri, invece, ridevano come matti, osservando le varie smorfie sul volto dell'amico.
"Miguel, sei sicuro di riuscire a sopportare tutta quella birra?" gli chiese Richard, "Ma sicuro" urlò l'altro "Sto una favola!".
Poi, però, rischiò di abbattersi di lato e Jack lo afferrò appena in tempo.
"Io non credo" borbottò il ragazzo, aiutandolo a rimettersi in piedi "Sembri ubriaco".
"Nooo, non sono ubriaco" ribatté Miguel ridendo "Sono ancora lucidissimo!".
La schiuma bianca della birra gli imbrattava le labbra ed il mento, rendendolo quasi un buffo personaggio dei cartoni agli occhi degli amici.
Lui parve accorgersene, perché si passò la manica del giubbotto sulla faccia e ricominciò a ridere.
Sembrava che non riuscisse a mettere bene a fuoco quello che aveva davanti e si muoveva incerto sulle gambe.
Proprio il miglior esempio di lucidità esistente…
Karl lo guardò con gli occhi sbarrati "No, tu hai bevuto troppo. Tre litri di birra, in una sola serata, sono troppi per chiunque".
"Non per me" esclamò il giovane, arrancando verso il bancone "Posso prenderne anche un altro... e non sentire niente".
"Tu stai delirando" disse Jonathan "È meglio che ti riportiamo a casa", "Nooo, voglio divertirmi -hic- ancora un po' -hic- in questa pista".
Il ragazzo provò ad andare verso la pista, ma rischiò di cadere a terra e si afferrò al ramo di un albero.
Richard scosse la testa "Meglio che lo riaccompagno. Si è fatto anche piuttosto tardi".
William e Philiph aiutarono l'amico a sollevare Miguel, scosso da improvvisi singhiozzi, e trasportarlo verso il parcheggio dove avevano lasciato le moto.
Un paio di fari illuminarono la strada, bloccati poi da una figura longilinea che avanzava a passo deciso verso di loro.
Quando i fari si spensero e la macchina passò, la luce più soffusa del lampione illuminò Megan, con ancora il casco del motorino in testa ed un'espressione minacciosa sul viso.
La ragazza guardò il fratello, sorretto da Richard e Philiph, e si piantò i pugni sui fianchi, come una mamma pronta a fare una bella ramanzina.
"Miguel!" sbraitò "Ti rendi conto di che ore sono? È quasi mezzanotte! Mamma e papà saranno a casa tra poco!".
Solo in quel momento si accorse che il fratello rideva e singhiozzava al tempo stesso ed inarcò un sopracciglio "Ma che cavolo ti prende? Sei diventato scemo di colpo?".
William le andò vicino, iniziando a spiegare "Eravamo andati al chiosco qui vicino, e mi sa che tuo fratello ha alzato un po' troppo il gomito…".
"Cosa?!" chiese lei incredula "Credo di non aver sentito bene. Dico, ma fate sul serio?".
Miguel che alzava troppo il gomito? Ma che diamine avevano combinato quegli scemi?!
"Non regge bene la birra, ma ne ha bevuto parecchia" aggiunse Jack "Lo stavamo portando a casa, quando sei arrivata".
Davanti a quella spiegazione, la compagna rimase a bocca aperta "State scherzando? Miguel che beve birra? Quanta esattamente? Mezzo bicchiere?".
"No, due boccali da un litro e mezzo" disse il negoziante "Se non fa una bella doccia e si riposa, domani si sentirà davvero male".
La giovane si avvicinò al fratello e sentì l'inconfondibile odore di birra.
"Cielo! Miguel, hai un alito che fa paura!" esclamò, tappandosi il naso con una smorfia di disgusto.
"E ora come lo riporto a casa, in queste condizioni?" sussurrò allarmata "Non si reggerà in sella!".
Richard mollò il braccio di Miguel e le si avvicinò "Ti aiuto io a riportalo indietro. È il minimo che possa fare".
Megan lo fulminò con lo sguardo "Si può sapere perché non gli hai impedito di bere, quando hai capito che non è abituato?".
"Ci ho provato, ma lui si è scolato il secondo boccale prima che riuscissi a fermarlo" spiegò il ragazzo.
"Oh, scusa" mormorò lei, impacciata; accidenti, ma perchè non rifletteva, prima di parlare?
Con un sospiro, cercò di sollevare il fratello e portarlo verso il motorino, ma lui faceva il peso morto.
"Avanti, Miguel!" esclamò strattonandolo "Datti una mossa. Se mamma torna a casa e non ci vede, siamo nei guai fino al collo! Ines è a casa da sola!".
Lui si mise a ridere "Già, -hic- nei guai. Bella serata per -hic- finire nei guai".
Karl si passò una mano sul volto e scosse il capo "Ormai è andato. Totalmente ubriaco".
"Ubriaco marcio" gli fece eco Jonathan, accendendo la moto e dirigendo il fascio dei fari sulla strada per aiutare i suoi amici a vedere meglio dove mettevano i piedi.
Richard si avvicinò alla compagna e, sfiorandole le spalle, gli prese Miguel, passandosi un braccio del ragazzo attorno al collo "Ci penso io, non preoccuparti".
La giovane s'irrigidì al contatto e non riuscì a dire niente, ma si limitò ad annuire e seguì il suo compagno verso la sua moto.
Il ragazzo aiutò Miguel a salire sulla moto, dicendo "Miguel, tieniti a me. Ti riporto a casa".
"Casa" mormorò l'altro, scosso dall'ennesimo singhiozzo "Che bella -hic- parola".
Megan scosse il capo sconsolata "Come faccio a fargli passare la sbornia? Domattina sarà una tragedia! Mamma ci ucciderà!".
Il proprietario del chiosco le passò un foglietto "Qui c'è la ricetta per una bevanda particolare che preparo io. Fagliela bere prima che si addormenti, altrimenti domani si sveglierà con l'impressione di avere un martello pneumatico sulla testa".
La ragazza lo ringraziò di cuore e si precipitò verso i due giovani, dicendo "Richard, non so davvero come ringraziarti".
"Non preoccuparti di questo. Ora pensiamo ad arrivare a casa tua, prima che tornino i tuoi genitori" rispose il suo compagno.
Lei salì sul motorino e rimase dietro alla moto di Richard fino a casa, seguendolo nella notte per le strade ormai deserte di Lain City.
Per tutto il viaggio, fissò ansiosamente il fratello, che però si resse tranquillamente all'amico.
Almeno, quell'idiota patentato aveva il buonsenso di restare fermo.

Quando arrivarono, parcheggiò il motorino in garage, in modo che i suoi genitori non s'insospettissero, poi aiutò il giovane a portare Miguel dentro casa.
Il ragazzo alzò la testa e si lasciò sfuggire l'ennesimo singhiozzo "Siamo -hic- arrivati?".
"Sì, scemo che non sei altro" lo rimbrottò la sorella "Grazie al cielo, siamo a casa".
"Megan, io ho -hic- già vent'anni" mormorò il fratello "So quello -hic- che posso o non -hic- posso fare. Non farmi -hic- la predica -hic- anche tu".
"E invece ti rimprovero, eccome! Hai bevuto non uno, ma tre litri di birra!" replicò lei, irritata.
"Sei ubriaco fradicio e, se non fosse stato per Richard, non so come avrei fatto a riportarti a casa. Guarda, perfino Ines è più matura di te" aggiunse cupa.
Miguel si girò verso l'amico e sorrise "Richard, -hic- grazie di tutto. Mi sono -hic- divertito un sacco -hic- stasera".
"Non devi ringraziarmi" ribatté lui, facendolo sedere sul divano "Mi sono divertito molto anch'io. Però la birra dovevi evitarla".
All'improvviso, il ragazzo si voltò verso la sorella e disse "Sai, Meg… Abbiamo -hic- abbiamo parlato -hic- di tante cose… insieme. Molte, moolte cose!".
Richard impallidì; che la sbronza che aveva preso lo inducesse a parlare di quello che si erano detti?
Se Megan l'avesse scoperto così, sarebbe stato davvero tremendo.
Miguel rise divertito, ma nei suoi occhi scuri apparve una scintilla di lucidità.
Guardò il suo amico fisso negli occhi e disse tranquillo "Però -hic- ti avverto, -hic- Richard. Se farai soffrire -hic- Megan, in qualunque modo, -hic- te la vedrai con me. Chiaro?".
Richard annuì senza dire niente, mentre Megan li guardava entrambi, confusa e imbarazzata.
Che Miguel si fosse accorto di quello che provava per Richard?
O quei due avevano parlato di lei, mentre erano alla corsa?
Non sapeva dirlo, ma si sentiva nervosa.
In ogni caso, sarebbe stato imbarazzante per lei.
Richard li salutò e si avviò verso casa, impaziente di rilassarsi tra le morbide lenzuola del suo letto.
Mentre lo seguiva per aprirgli il cancello, Megan inciampò nel gradino e lui l'afferrò al volo, stringendola contro di sé.
La ragazza trasalì, spaventata ed emozionata al tempo stesso, mentre il giovane le prendeva il mento tra le dita e le sollevava il volto.
"Va tutto bene?" le chiese preoccupato, ma lei si limitò ad annuire; non si fidava abbastanza della propria voce.
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso e le accarezzò i capelli morbidi e setosi.
A quel gesto, Megan s'irrigidì di colpo e fece per allontanarsi, ma lui strinse la presa sulla sua vita, impedendole di muoversi.
"Devi stare più attenta quando cammini. Non voglio che ti faccia male, in alcun modo" le disse tranquillo, mentre i suoi occhi brillavano come stelle nel buio che li avvolgeva.
Poi la lasciò andare e la giovane si allontanò di un passo, per non fargli sentire il cuore che le batteva all'impazzata nel petto.
Se continuava così, la gabbia toracica le sarebbe finita in pezzi prima del previsto.
Ma perché il suo cuore reagiva sempre in quel modo spropositato?
"Seriamente, Richard" mormorò, mentre un piccolo brivido la scuoteva "Cosa c'è? È da un po' di tempo che mi sembri diverso…".
A quelle parole, Richard rimase colpito; si sentiva meravigliosamente bene nel sentire il proprio nome sulle sue labbra.
Gli piaceva tantissimo come suonava; era come se lo trasformasse in un suono dolce e morbido…
Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Sorrise dolcemente, sussurrando "Forse tu mi stai facendo ritornare il ragazzo che ero una volta, Megan", poi la salutò con un cenno e se ne andò.
Lei sospirò, confusa, eppure felice di quelle parole. Non ne capiva il significato, ma la confortavano.
Forse… forse lo stava aiutando a liberarsi di quella maschera che aveva sempre indossato.
Rimase sotto la veranda per qualche minuto, pensando a quello che le stava succedendo, ma si riprese e tornò in casa.
Chiuse la porta a chiave e corse in cucina a preparare quella strana bevanda che avrebbe dovuto far riprendere Miguel.
La ricetta non era certo delle più invitanti, ma sapeva che, senza quella poltiglia, il giorno dopo sarebbe stato malissimo.
Una volta pronta, provò a fargliela bere, ma il fratello sembrava restio a prenderla, come un bambino davanti ad una medicina particolarmente amara.
"Miguel!" imprecò la ragazza "Bevi questa roba, o giuro che te la ficco in gola con tutto il bicchiere!".
Solo allora il giovane si decise a bere il contenuto del bicchiere.
Quando lo ebbe svuotato con una smorfia, la sorella lo aiutò a salire in camera e, dopo averlo aiutato a mettersi il pigiama, andò nella propria camera.
Con un sospiro, si chiuse la porta alle spalle, abbandonandosi tra le coltri morbide del letto.
La sua mente, però, non si decideva a tacere.
Perché Miguel ha detto quella frase? Cosa voleva dire? Di cosa hanno parlato lui e Richard? si chiese, mentre si avvolgeva nelle coperte Saprò mai cosa si sono detti?.
Non sapeva che, presto, il destino le avrebbe svelato ogni cosa.

beh, ecco qui anche questo capitolo. che ne pensate? cosa s'inventerà Walter, pur di ottenere la sua vendetta? e quanto impiegherà Megan a capire cosa sta succedendo non solo a Richard, ma anche a se stessa? per scoprirlo, nno vi resta che attendere il prossimo cpaitolo. bacioni a tutti!!!
vostra
Alys-chan

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Capitolo 24
*** Emozioni tra i flutti ***


Salve a tuti, ragazzi1 come va? eh, sì.. sono di nuovo qui, a rompervi le scatole con questa storia ^_^  spero davvero che vi stia piacendo e vi assicuro che farò sempre dle mio meglio per non deludervi. in questo capitolo, inconretremo tutto il gruppo di amici, intenti a divertirsi come qualsiasi banda di teenagers. Ma le sorprese non mancheranno! se ne volete sapere di più, non vi serve altro che leggere!! un bacione a tutti!! ^_^



24-Emozioni tra i flutti

Richard stava riposando sotto il grande salice nel suo giardino.
Un libro rovesciato gli copriva gli occhi, proteggendoli dai raggi del sole, che batteva imperioso nella calura di quel pomeriggio di giugno.
L'estate era ormai iniziata ed i ragazzi si stavano godendo le loro meritate vacanze, prima di entrare nel college e, ufficialmente, nel mondo degli adulti.
Il ragazzo soffocò uno sbadiglio, coprendosi la bocca con una mano, e si girò su un fianco.
Il libro cadde sull'erba e si chiuse con un lieve tonfo.
Quella giornata era davvero perfetta per sonnecchiare all'ombra, c'era una pace infinita.
Sembrava che nulla potesse disturbare quella quiete assoluta…
Il rombo di una moto lo fece sobbalzare e lui si rizzò a sedere, guardandosi intorno per capire chi facesse tutto quel rumore.
"Ehi, Richard!" lo salutò Karl, dall'altra parte della cancellata in ferro "Come stai, amico?".
"Bene, prima che tu mi svegliassi" mormorò il giovane, passandosi una mano sugli occhi.
L'amico ridacchiò "Eddai! Non dirmi che riesci a dormire in una giornata così bella! Così, ti perdi tutto il divertimento".
Lui borbottò qualcosa e si alzò in piedi "Dovevi dirmi qualcosa?", "Sì, stiamo organizzando una piccola festa sulla spiaggia e volevo sapere se eri dei nostri".
"Direi di sì. Quand'è la festa?" chiese Richard, "Domani sera" spiegò Karl "Ma partiamo già la mattina. Abbiamo deciso che trascorreremo tutta la giornata a cuocerci sotto il sole".
"Così diventeremo tutti come pannocchie abbrustolite" rise il ragazzo, "Sì, belle e pronte per la griglia" aggiunse l'altro tra le risate.
"Ho visto le ragazze, poco fa. In centro" disse all'improvviso, strappando l'amico a tutti gli altri pensieri.
"E cosa stavano facendo?" chiese il giovane incuriosito, "Penso shopping. Avevano tutte diverse buste dei vari negozi in mano".
Poi scosse il capo "Non capirò mai cos'è che attira tanto le ragazze nel comprare vestiti".
"Forse quello che attira noi maschi nello scherzare anche con i pugni" suggerì l'altro con un ghigno, "Forse" concordò Karl.
"Megan ci sarà?" chiese Richard, sperando vivamente in un sì; era la cosa che gli premeva di più in assoluto.
Senza di lei, la festa non gli sarebbe sembrata la stessa cosa.
"Ho incaricato Susan di convincerla" lo rassicurò Karl, sorridendo bonario "A quest'ora, la starà già informando di tutto. Vedrai che ci sarà".
Poi entrambi risero e Richard rivolse uno sguardo di speranza al cielo terso.
 
Quella sera, Megan rimase per almeno un'ora al telefono con Dalia e Susan, per organizzare al meglio la gita alla spiaggia prevista per il giorno seguente.
Le avevano già accennato il piano a grandi linee durante il pomeriggio di shopping, ma adesso dovevano organizzarsi per bene.
Doveva benedire il suo intuito se era riuscita a prepararsi già in parte per quella gita preparata in tutta fretta.
Almeno era sicura che, dopo quelle maledette strisce depilatorie, mostrarsi in costume non sarebbe stato un problema...
"Che vuol dire che dobbiamo portarci i sacchi a pelo?" chiese la ragazza a Dalia, giocherellando con il filo del telefono.
"Dormiremo in tenda, sulla spiaggia" spiegò l'amica con voce allegra "Non è un'idea grandiosa?".
"In tenda? Ma sei sicura che sia una buona idea?" chiese la giovane, incerta sul da farsi.
Non sapeva chi fosse stato invitato e aveva una paura tremenda che ci fosse anche Richard; anzi aveva una paura tremenda che non ci fosse.
Quel pensiero la fece arrossire e ringraziò il cielo che le amiche non potessero vederla in quel momento.
In fondo, era stato soprattutto quel pensiero a spronarla a rendersi il più carina possibile.
"Io trovo che sia un'idea stupenda" esclamò Susan "Passeremo tutta la giornata sulla spiaggia, tutti insieme a farci il bagno o ad organizzare qualche gioco. Poi, la sera davanti al falò, con dei buoni marshmallows e, probabilmente, Karl o Jonathan porteranno la chitarra..".
"Mmm… Adoro i marshmallows!" mormorò Dalia, per poi sospirare "Sai che romantico tutti davanti al fuoco, sotto le stelle?".
"Ma quindi verranno anche i ragazzi con noi?" esclamò Megan, a metà tra lo stupore e la gioia.
"Ma certo!" ribatté Susan "Altrimenti che gita sarebbe? Senza di loro, non si ci diverte molto!".
Poi ridacchiò nella cornetta "Tranquilla, ci sarà anche Richard. Karl lo avvisava proprio oggi", "Oh" fu tutto quello che l'amica riuscì a dire.
Sorrise tra sé e sé, pensando a tutti i costumi che aveva nell'armadio e facendo nota di prendere quello più carino.
Voleva attirarlo, o almeno strappargli un sorriso, anche se quando lo faceva, il respiro le si bloccava in gola.
Forse era anche il caso di prepararsi ancora un po', tanto per stare tranquilli sul campo fisico...
Si perse nei suoi pensieri per un po', finché Dalia la richiamò alla realtà "Ehi, Meg? Megan, ci sei ancora?".
"Eh?" chiese lei, sobbalzando sorpresa "Cosa stavi dicendo?".
"Mi sa proprio che era nel mondo dei sogni" disse Susan, con il tono di chi la sa lunga.
Poi ridacchiò complice "Ti lasciamo alle tue fantasticherie, Meg. Ricordati, appuntamento con tutto l'occorrente alle 8.30 in Times Square. Ci vediamo lì".
Poi riattaccò e lo stesso fece Dalia, dopo aver salutato l'amica con una risatina "Ci si vede, Megan. Mi raccomando, cerca di dormire questa notte".
La ragazza rimase immobile per qualche attimo, poi riagganciò ed iniziò a preparare la sacca per il giorno dopo.
Sentiva che quella sarebbe stata una giornata memorabile.
Riempì il borsone con un sacco a pelo, una torcia provvista di gancio ed un piccolo cuscino, a cui aggiunse due teli da mare, il suo pareo preferito, la crema solare (meglio esserne sempre provvisti) e due costumi di ricambio.
Fortuna che alle tende ci avrebbero pensato i ragazzi; lei non sapeva davvero dove andare a pescarne una.
Sorrise di nuovo ed impostò la sveglia alle 7.00, in modo da potersi preparare in tutta calma, anche perché doveva preparare il pranzo al sacco.
A cena, sua madre si era dimostrata assolutamente entusiasta dell'idea di Susan ed anche suo padre non aveva avuto niente da ridire.
Solo Miguel l'aveva guardata con uno sguardo strano.
Non era riuscita a capire cosa diamine gli avesse preso ed il fratello non aveva fatto o detto niente per aiutarla, così aveva deciso di lasciar perdere.
Nell'ultimo periodo, si comportava in maniera strana e non riusciva a capire cosa gli frullasse nella testa.
Quando finalmente andò a dormire, la giovane si girò e rigirò nel letto, incapace di prendere sonno.
Continuava a pensare al giorno dopo ed a quando avrebbe visto Richard; il cuore iniziava a batterle più forte al solo pensiero di lui che avanzava sulla strada.
Il suo sorriso, il suo sguardo fiero e luminoso ed i capelli scuri agitati dal vento; un'immagine assolutamente stupenda…
Non aveva parole per descrivere i sentimenti che provava nei suoi confronti; erano troppo ingarbugliati e lei ancora troppo confusa per comprenderli appieno.
 
La mattina dopo, Richard si svegliò presto, accecato dai raggi del sole.
Sembrava che in quei giorni non lo volesse lasciar riposare un granché, come se la presenza continua di Megan nei suoi pensieri non fosse già sufficiente a togliergli il sonno.
Il volto della ragazza gli invadeva continuamente la testa, simile ad una deliziosa tortura, a cui non avrebbe mai rinunciato.
Scosse la testa e si fece una rapida doccia, pronto a godersi una fantastica giornata assieme ai suoi amici.
E, soprattutto, assieme a Megan.
Si vestì velocemente, restando per almeno dieci minuti davanti allo specchio, cercando di sistemare i ciuffi ribelli.
Poi prese il borsone che aveva preparato la sera prima e scese in cucina, salutando tutti.
Afferrò al volo il sacchetto con il pranzo che sua madre gli porgeva e corse fuori, mentre i raggi di un sole caldo e brillante lo avvolgevano in un alone dorato.
Erano ancora le 8.10 e lui si trovava già nella piazza, aspettando impaziente l'arrivo degli amici.
Rimase a scrutare a lungo l'imbocco del suo quartiere, sperando di scorgere la figura della giovane, e la sua pazienza fu presto premiata.
Megan arrivò correndo e trascinandosi dietro un borsone che sembrava troppo grande per le sue spalle esili.
Si fermò all'ombra dei grandi platani che ornavano la piazza e si poggiò le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato.
"Scusate il ritardo" sussurrò affannata "Ho fatto prima che potevo", "Guarda che siamo in anticipo, Megan" la rassicurò Richard "Sono appena le 8.15. Gli altri arriveranno tra un quarto d'ora".
La ragazza si rialzò in piedi, mormorando "Per fortuna. Temevo di aver fatto tardi", poi gli rivolse un'occhiata ironica "Tu invece sei piuttosto mattiniero, eh?".
Lui si strinse nelle spalle "Non ho dormito un granché, stanotte". "Troppo emozionato?" suggerì la compagna, "Può darsi".
L'amica gli rivolse uno sguardo incuriosito "Come può darsi? Posso sapere perché parli sempre per enigmi? Mi sembra di partecipare ad un programma televisivo!".
Entrambi risero e, ben presto, furono raggiunti da tutto il resto del gruppo, che arrivò prima delle 8.25.
"Ero troppo emozionata per rimanere a casa" confessò Miriam, "Non vedo l'ora di essere sulla spiaggia" aggiunse Wendy sognante.
"E allora, che stiamo aspettando? Forza, in marcia!" chiese William, facendo strada.
"La spiaggia è stupenda" dissero Susan e Dalia a Megan "La sabbia è soffice come neve!".
"Forza, ragazzi. Sbrighiamoci!" esultò Nicky, iniziando a correre, seguita a ruota da Crystal e Jonathan.
Gli altri ragazzi non si fecero pregare e si catapultarono all'inseguimento dei tre compagni che correvano verso il mare.
I borsoni pesavano parecchio, riempiti com'erano fino all'estremo, e rimbalzavano fastidiosamente sulle schiene dei loro proprietari.
La loro fatica però fu ben presto premiata; la spiaggia non era troppo distante dal centro città e il panorama valeva tutta la fatica fatta per arrivarci.
Davanti ai loro occhi si apriva una lunga distesa di sabbia fine e dorata, dall'aria soffice e invitante.
La striscia di sabbia continuava fino al bagnasciuga, dove il colore diventava più scuro e si gettava tra i flutti azzurri e blu, orlati di spuma bianca.
Le ragazze rimasero senza parole, poi lanciarono gridolini festanti e si rincorsero sulla sabbia, lasciando impronte sulla superficie dorata.
Risero allegre, mentre le onde cercavano di lambirgli i piedi e si rincorsero fino ad una piccola conca, dove l'acqua assumeva sfumature cristalline.
Si fermarono estasiate, poi sorrisero ai ragazzi e dissero in coro "Questo posto è perfetto".
Jonathan si lasciò sfuggire una risata "Forza, ragazzi. Montiamo le tende, così possiamo andare a divertirci".
"E perché non ora?" chiese Jack, "Prima il dovere e poi il piacere" lo prese in giro il fratello.
Armatati di pale e rastrelli, i ragazzi si diedero da fare per spianare un tratto di sabbia, in modo da dormire più comodi nelle tende, senza le fastidiose ondulazioni della sabbia.
Anche le ragazze si diedero da fare, dividendosi in due gruppi.
Nicky e Megan aiutarono a sistemare lo spiazzo, mentre Dalia, Crystal, Susan, Wendy e Miriam si divisero per cercare legna da ardere per il falò di quella sera.
Nello spiazzo centrale tra le sette tende, formarono un cerchio con delle grosse pietre, in modo da contenere al meglio le fiamme del falò.
Quando tutto fu pronto, Karl si portò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore "Direi che è tutto perfetto. Dobbiamo solo sistemare i bagagli nelle tende".
Susan fece una smorfia imbronciata, mormorando "Perché non ci siamo portati una piccola tenda solo per noi due? Sarebbe stato più romantico…".
Il ragazzo la guardò sbalordito e Jonathan iniziò a ridere come un matto; la sua voce era l'unica a risuonare in mezzo a quel silenzio sorpreso.
"Karl, mi sa che ti sta facendo una proposta seria!" ululò tra le risate, poi anche tutti gli altri scoppiarono a ridere.
Susan schioccò un bacio al suo ragazzo, sussurrando "Tranquillo, stavo scherzando. Per stavolta, non fa niente".
Lui rise e la fece volteggiare sulla sabbia fine, strappandole un sorriso.
"Magari un'altra volta" le promise, prima di zittirla con un bacio.
Crystal cadde quasi a terra dalle risate e Philiph commentò "Allora dovremmo prepararne una anche per Richard e Megan! Non trovate, ragazzi? Coppia per coppia…".
Dalia gli diede una gomitata nello stomaco "Smettila di fare lo scemo", ma poi non riuscì a trattenersi dal ridere a sua volta.
I due diretti interessati arrossirono vistosamente, ma cercarono di prenderla a ridere e buttarla sullo scherzo.
I loro sguardi s'incrociarono per un attimo, ma si voltarono velocemente dalla parte opposta, mentre le guance diventavano tizzoni ardenti.
Quell'elettricità, che li attraversava ogni volta che si guardavano, sembrava aumentare sempre più e questo li metteva a disagio di fronte agli amici.
Nascondere quell'attrazione reciproca diventava sempre più difficile.
Wendy scosse il capo ed entrò nella tenda che avrebbe condiviso con Miriam, trascinandosi dietro il suo borsone, e l'amica la imitò.
Dopo pochi minuti, tutti i ragazzi aveva sistemato le proprie cose nelle tende e si erano cambiati.
Le ragazze si divertirono molto a sfoggiare i loro bikini colorati, sotto lo sguardo allegro dei maschi.
Richard sorrise sorpreso e compiaciuto al tempo stesso, quando Megan apparve con un bikini rosso e un pareo coordinato allacciato ai fianchi.
Era magnifica! Il rosso le donava davvero molto.
Ripensò con un sorriso ai fiori rossi d'ibisco che avevano adocchiato in un negozio e che le aveva regalato alla sua festa.
Il suo sorriso si allargò, pensando che quello sarebbe stato il tocco finale del piccolo, meraviglioso capolavoro che aveva davanti.
La ragazza si accorse della sua occhiata ed arrossì imbarazzata, anche se, infondo, le dava una bella soddisfazione.
Era riuscita a strappargli un sorriso e questo la faceva sentire davvero bene.
Una nube grigia oscurò per un attimo il cielo e Dalia sospirò "Spero solo che il bel tempo duri almeno fino a domani".
"Sta' tranquilla" la rassicurò Jonathan "Le previsioni promettono bene", lei rise e gli lanciò addosso un po' d'acqua.
Il ragazzo scosse la testa per togliersi dalla visuale le ciocche bagnate ed esclamò "Ti va di giocare?".
Senza alcun preavviso, la prese tra le braccia e la buttò tra le onde cristalline.
Dalia riemerse dall'acqua tossendo e ridendo allo stesso tempo, poi si rivolse alle amiche e gridò "Venite! L'acqua è stupenda!".
Miriam, Wendy e Crystal non si fecero pregare e si lanciarono tra le onde con gridolini e risate.
Karl si tuffò immediatamente, schizzando gli amici da capo a piedi, e scoppiò a ridere "Forza, ragazzi! Divertiamoci un po'!".
Jack e William afferrarono di scatto Philiph e lo lanciarono tra i flutti, prima di seguirlo con esclamazioni festanti.
Megan si passò la crema solare sulle spalle e la prestò a Susan perché facesse lo stesso.
Anche se aveva la carnagione più scura delle sue amiche, non le andava di rischiare una scottatura, solo perché non era stata previdente.
Lanciò uno sguardo agli unici ragazzi che non si erano ancora tuffati e rimase spiazzata quando vide Richard sfilarsi la canottiera e lanciarla nella tenda.
I suoi muscoli perfetti apparvero in tutto il loro splendore, muovendosi in sincronia ad ogni suo minimo movimento.
I pettorali squadrati, gli addominali scolpiti, le braccia forti e sicure…
Non riusciva a trovare parole abbastanza adatte per descriverlo.
Era troppo, semplicemente troppo.
Si chiese se potesse esistere qualcosa di più bello al mondo.
Arrossì di colpo, quando si rese conto che avrebbe voluto sentire le sue braccia attorno a sé, mentre la stringevano in un dolce abbraccio.
Si scosse in fretta da quei pensieri, chiedendosi se non stesse ammattendo.
Il ragazzo notò il suo sguardo e le fece l'occhiolino, ridendo divertito quando lei abbassò gli occhi imbarazzata.
Le si avvicinò appena, sussurrando "L'acqua è troppo fredda per te?", "No" ribatté la ragazza "Solo che ho appena messo la crema solare e devo aspettare qualche minuto prima di tuffarmi".
Vedendo il suo sguardo interrogativo, spiegò "Se non aspetto un po', se ne va appena metto piede in acqua e non mi va di assomigliare ad un'aragosta".
Lui rise e le poggiò le mani sulle spalle, spingendola appena verso l'acqua.
La fece avanzare sul bagnasciuga, finché le onde non le lambirono le caviglie, orlandole di spuma bianca come candide cavigliere.
Lei gli rivolse uno sguardo allarmato, ma il compagno sorrise, cercando di tranquillizzarla.
Il cuore però reagì nella maniera opposta e prese a batterle più forte.
Jonathan fece un impercettibile occhiolino all'amico e si tuffò anche lui, raggiungendo gli altri con rapide bracciate.
Susan si sedette sul proprio asciugamano, mormorando "Io entro tra due minuti. Voglio prendere un po' di sole".
Si stese e sistemò gli occhiali scuri, in modo che i raggi imperiosi non le dessero fastidio.
Poi sorrise "Vai, Meg. Adesso puoi entrare in acqua", ma l'amica scosse il capo "Non ancora".
Richard sbuffò appena e la sollevò tra le braccia, dirigendosi verso l'acqua alta.
"Ma che cavolo fai?" esclamò la ragazza sorpresa "Mettimi giù, razza di scemo!".
"Prima devi farti un bagno" disse lui con tono scherzoso, continuando a camminare.
Quando le onde gli lambirono i bordi del costume, la guardò con uno sguardo che non prometteva niente di buono "Pronta per il tuffo?".
La giovane sgranò gli occhi "Non farlo! Richard, giuro che se mi butti in acqua, non ti rivolgerò mai più la parola!".
"Richard! Non lanciarla!" gridò Dalia "Le si rovinerà il pareo!", "A questo non c'è problema" sghignazzò il ragazzo.
"Non provarci" ripeté Megan, cercando di liberarsi dalla sua presa "Te ne pentiresti amaramente".
"Oh, credo che sopravvivrò" rise Richard, stringendola appena più forte per non farla cadere.
Lei lo fulminò con lo sguardo, ma fu davvero difficile non sorridergli.
Si sentiva in imbarazzo per la situazione, ma non avrebbe mai ammesso che si sentiva protetta tra le sue braccia.
Il cuore le batteva a duemila e non sapeva se le avrebbe retto.
Accidenti, ma perché dovevano capitare tutte a lei?
Quando il ghigno di lui si allargò, Megan strinse i denti "Non osare!", ma il compagno non le diede retta.
Con un movimento fulmineo, sciolse il nodo del pareo e lanciò la ragazza tra le onde azzurre.
Il pezzo di stoffa gli rimase in mano, svolazzando nella calda brezza che soffiava nella baia, mentre lei volava per un attimo nel cielo azzurro, prima di cadere tra i flutti.
Mentre finiva in acqua, la sentì chiaramente lanciare un'imprecazione furiosa.
Richard rise e lasciò il pareo a Susan, poi si tuffò e raggiunse Megan, che riemerse tra le creste di spuma, tossendo e sputacchiando.
"Pezzo d'idiota! Se ti prendo, giuro che…" la sentì sibilare, mentre si strofinava gli occhi dal sale.
"Sono qui, Megan" sghignazzò il ragazzo, fermandosi a poca distanza dal punto in cui si trovava.
Lei trattenne il respiro, mentre lo vedeva avvicinarsi lentamente, con i capelli bagnati e gli occhi che mostravano tutto il suo divertimento.
Era bellissimo!
E gli piaceva moltissimo sentirsi chiamare per nome da lui.
Era come se trasformasse il suo nome in una melodia dolcissima.
Sentì il cuore fermarsi per un attimo, prima di ripartire più forte e sbatterle furiosamente contro le costole.
"Cretino" ringhiò allontanandosi, ma il compagno scoppiò a ridere e s'immerse prima che lei potesse colpirlo.
I loro volti si erano pericolosamente avvicinati in quel brevissimo eppure meraviglioso istante.
La ragazza aveva colto quella scintilla che illuminava sempre il suo volto, ogni volta che si trovavano ad un palmo di distanza l'uno dall'altra.
Il fiato le si era mozzato in gola, nello stesso instante in cui il cuore sembrò farle una piroetta nel petto.
Improvvisamente, lui le sfiorò le gambe e sorrise nel sentirla trasalire con un piccolo grido di sorpresa.
Megan si guardò intorno, cercando di vederlo risalire, ma l'acqua attorno a lei era piatta come una tavola.
Dove diavolo era finito?
Sentì un improvviso sbuffo dietro di sé, ma quando si girò non vide altro che larghi cerchi concentrici.
Era stato rapido a riprendere fiato, quel furbastro.
Un improvviso grido di sorpresa le sfuggì dalle labbra, quando Richard l'afferrò per una caviglia e la trascinò giù.
Il ragazzo sorrideva, ma trasalì quando la vide aprire gli occhi e guardarlo sconvolta.
Sembrava una sirena dai lunghi capelli neri, che si agitavano attorno a lei come alghe scure.
I suoi grandi occhi color acquamarina lo fissavano stupefatti, mentre le guance si riempivano d'aria in modo quasi comico.
La giovane risalì velocemente in superficie per respirare e lo guardò di traverso, "Fallo di nuovo" lo minacciò "e giuro che ti ammazzo".
"Ok. Allora ti consiglio di tenere gli occhi aperti" acconsentì lui, sorridendo malizioso, poi fendette l'acqua con veloci bracciate, raggiungendo i suoi amici.
"Ric" sussurrò William "Posso sapere che ti salta in testa? Ultimamente mi sembri… ecco, diverso", "Non lo so. Però mi sto divertendo un sacco" ridacchiò il compagno.
Diverso… Sì, stava davvero cambiando e quel pensiero lo fece sorridere. Finalmente, stava tornando quello che era una volta.

Megan nuotò verso le sue amiche e Susan le raggiunse in pochi secondi, "Accidenti, certo che Richard non scherza" sussurrò divertita.
"Meglio parlar d'altro" ringhiò l'amica, guardando truce il ragazzo che rideva nella sua direzione.
Ancora non riusciva a capacitarsi di come quel sorriso riuscisse a scatenarle dentro emozioni così forti e contrastanti.
"Meg, perché non ammetti che Richard ti piace almeno un po'?" chiese Wendy, "Perché vi sbagliate" rispose lei.
"No che non ci sbagliamo" ribatté Miriam "Guarda che abbiamo notato come lo fissi. Ammettilo, sei cotta di lui!".
La ragazza arrossì fino alla punta dei capelli e s'immerse per non farsi vedere dalle amiche, ma le bollicine che le uscirono dalla bocca furono una conferma più che sufficiente alle loro supposizioni.
Dalia ridacchiò e ripescò la compagna per un braccio "Smettila di fare la timida. Con noi non attacca".
Megan si liberò della sua presa e cercò di arrivare agli scogli che costeggiavano la baia, lontano dai loro occhi.
Aveva bisogno di pensare in tranquillità, senza risatine e commenti da parte loro.
Un improvviso urlo fece trasalire tutti i ragazzi ed il gruppo si voltò verso la scogliera.
"Jack!" esclamò William "Che cavolo stai facendo lassù?".
Il fratello sorrise dall'alto dello scoglio dove era riuscito ad arrampicarsi e gridò "Sono il re della roccia! Nessuno può battermi!".
"Bambino" mormorò Nicky, "Sei proprio uno scemo, Jack!" urlò Miriam "Scendi da lì, o ti farai male!".
"Io sono il re e nessuno può comandarmi" ribatté il ragazzo, ridendo come un matto "Voi dovrete eseguire i miei ordini, qualunque essi siano".
Poi puntò lo sguardo sulle ragazze, sussurrando imperioso "Per prima cosa, voglio che voi diventiate le mie serve e che mi laviate la schiena tutti i giorni".
Sul suo volto apparve un ghigno divertito, mentre aggiungeva malizioso "E dovrete farlo nude".
Dalia scoppiò a ridere, mentre Crystal sbarrava gli occhi, stupita da quell'esempio di demenza concentrata.
"Ok" disse, scuotendo la testa "È andato. Ha preso un'insolazione, e di quelle pesanti".
Wendy soffocò una risata, poi si arrampicò dietro di lui senza farsi vedere e lo spinse giù dal masso.
"Vediamo se il re della roccia sa anche nuotare, senza andare a fondo" lo prese in giro, mentre Jack riemergeva sputacchiando.
Jonathan gli circondò il collo con un braccio e scosse il capo "Farsi battere da una ragazza! Stai davvero incasinato, amico".
Lui si tolse i capelli dagli occhi e sorrise "Beh, se parli di Wendy allora il discorso cambia".
"Perché?" chiese Philiph, "Perché è più agguerrita di tutti voi messi insieme" disse Susan, schizzandoli divertita.
Karl scosse la testa per evitare le goccioline che gli scivolavano dai capelli ed afferrò Susan per la vita, trascinandola sott'acqua.
La bloccò nella sua stretta e sorrise, prima di riportala in superficie per baciarla.
"Idiota" lo apostrofò lei con un sorriso "Non farlo mai più, mi hai spaventata", "D'accordo, tesoro" rispose il ragazzo.
Richard rise dell'espressione disgustata di Jack "Mio Dio! Potete evitare di farlo davanti a noi? Mi sto sentendo male".
"Allora voltati dall'altra parte" ridacchiò il fratello, stringendogli le spalle "Gelosone che non sei altro".
"Geloso? Io?" ribatté Jack "Tu stai prendendo un granchio, Will. Un granchio enorme, te l'assicuro".
"Certo, come no. Sei geloso fino al midollo, ammettilo" lo prese in giro Philiph, spingendolo sott'acqua.
Lui agitò le braccia, cercando di risalire, ma riuscì solo a sollevare un sacco di spruzzi, poi l'amico lo liberò dalla propria presa.
Le ragazze risero a quella scena e Megan si avvicinò allo scoglio, tentando di scalarlo.
Voleva provare un tuffo ad angelo, per vedere se le veniva bene, almeno per una volta.
Suo fratello l'aveva sempre presa in giro, ogni volta che provava a tuffarsi da una piccola altura.
Sorrise al ricordo e si issò sulla prima sporgenza che trovò davanti a sé.
Le mani ed i piedi umidi certo non l'aiutavano e scivolò di nuovo in acqua, ma Richard fu lesto a prenderla tra le braccia, aiutandola a riemergere.
"È tutto ok?" le chiese, "Sì. Tutto apposto, grazie" rispose lei, sciogliendosi dalla sua presa.
Il giovane scosse la testa ed ammiccò, poi si arrampicò sulla roccia vicina e le porse la mano, dicendo "Dai, ti aiuto a salire".
La ragazza sembrò esitare un attimo, poi si afferrò a lui e si lasciò aiutare, cercando altri appigli a cui reggersi.
Non voleva affaticarlo, anche se sapeva benissimo che era in grado di sollevare oggetti ben più pesanti di lei.
In pochi minuti, fu in cima e sorrise al suo compagno per ringraziarlo, ma cambiò immediatamente espressione quando il volto di lui si trasformò.
Il ragazzo era rigido come una statua, la mascella serrata ed i muscoli contratti.
Richard strinse i pugni e sul viso gli apparve tutto il desiderio che provava per lei, ma rimase fermo dov'era, nonostante il cuore gli battesse furiosamente contro le costole.
Sentiva come un fuoco liquido scorrergli nelle vene, che sembrava guidarlo verso la ragazza senza che potesse opporre resistenza.
Megan si portò una mano sulla bocca, spaventata dal suo inspiegabile comportamento.
Che cosa gli stava succedendo?
Fissandolo in volto, il suo sguardo fu catturato da quello di lui, rimanendone imprigionato.
Sentì il cuore battere più forte ed i piedi muoversi verso Richard, senza un ordine preciso.
Si sentiva come ipnotizzata da quello sguardo così intenso, capace di liberarle la mente da qualunque pensiero che non fosse legato a lui.
Quando furono a pochi centimetri di distanza, la giovane alzò timidamente la mano e gli sfiorò la guancia, ricoperta da una barba appena rasata.
Era morbida e calda, e sfiorargli il viso era la cosa che aveva desiderato di più da quando si era resa conto dei propri sentimenti nei suoi confronti.
Il ragazzo chiuse gli occhi sotto quella morbida carezza, cercando di trattenersi dal stringerla tra le braccia con impeto.
Si appoggiò delicatamente alla sua mano, coprendola con la propria.
Doveva riuscire a controllarsi, calmare il fuoco che sentiva dentro di sé e rimanere calmo.
Anche se non era affatto facile.
Scosse la testa e riuscì a sorridere, cercando di tranquillizzarla sul suo strambo comportamento.
"Credo che tornerò a riva. Meglio evitare un'insolazione. Non vorrei fare la fine di Jack" sussurrò, prima di tuffarsi in acqua e raggiungere la riva in pochi attimi.
Lei rimase per un attimo bloccata dov'era, scossa da quelle sensazioni che la pervadevano, poi si tuffò e raggiunse le amiche.
Erano tutte tranquille, nessuno aveva visto quello che era successo tra lei e Richard su quella roccia.
Cercò di rimanere tranquilla, ma un pensiero continuava ad assillarla.
Aveva sentito il cuore di Richard battere più forte quando lei gli aveva sfiorato il volto ed aveva letto un'emozione tremendamente intensa nel suo sguardo, sensazione che le aveva acceso una fiamma dentro.
Ma che cavolo le stava prendendo? Non si riconosceva più, non era più la stessa Megan che era partita quasi un anno prima dal Messico.
Era cambiata, e molto anche. Sorrise alla sua immagine riflessa nell'acqua cristallina, pensando che l'amore può davvero cambiarti nel profondo.
Poco dopo, tutti i ragazzi tornarono a riva, presero le borse con il pranzo ed iniziarono a mangiare, chiacchierando allegramente su quella mattinata fantastica.
Passarono le ore del pomeriggio leggendo, giocando a frisbee o con i racchettoni, per poi tornare a tuffarsi tra le onde fresche.
Quando il sole iniziò a calare dietro l'orizzonte, Miriam lasciò andare un sospiro "Potremmo organizzare un bagno di mezzanotte, non credete?".
Jonathan rise "È una bella idea, ma un'altra volta, magari. Sono davvero sfinito".
"L'acqua calda è assolutamente stupenda" concordò Nicky "Ma stasera sono davvero distrutta. Non ce la faccio a muovere un singolo muscolo".
Jack prese l'accendino e diede vita al fuoco che avevano preparato quella mattina, ma i ragazzi dovettero aspettare ancora una decina di minuti prima che fosse caldo a sufficienza per riscaldarli.
William distribuì i bastoncini appuntiti preparati appositamente ed infilò alcuni marshmallows sul proprio.
Lo infilò nella sabbia, in modo che non cadesse tra le fiamme, e lasciò che le grosse gomme bianche diventassero più morbide.
Quando furono pronti, tutti i compagni si servirono, ridendo e scherzando, poi Jonathan prese la chitarra ed iniziò a suonare una melodia lenta e dolce.
Megan chiuse gli occhi, lasciandosi andare a quelle dolci note che andavano a rasserenare la serata.
Sorrise e non si accorse che Dalia aveva ceduto il proprio posto a Richard, non senza un sorrisetto malizioso.
La ragazza affondò le dita nella sabbia sempre più fredda, dondolando la testa a tempo degli accordi, bloccandosi quando sentì qualcosa di caldo sfiorarle la mano.
Aprì gli occhi e si accorse che Richard era seduto accanto a lei, con lo sguardo perso tra le fiamme rosse e gialle.
Arrossì e cercò di non pensare alla loro vicinanza, mentre sentiva il sangue correrle più veloce nella vene.
Era stata la sua mano a sfiorarle involontariamente le dita, ma quel lieve contatto era bastato a scatenarle dentro una vera e propria tempesta.
Senza riuscire a trattenersi, avvicinò le dita a quelle di lui, intrecciandole e sentì il cuore batterle con più forza nel petto.
Fortuna volle che William decidesse di raccontare storie del terrore per tutta la serata, fornendole una scusa perfetta per giustificare quel comportamento.
Facevano davvero paura e Wendy si ritrovò più volte a trattenere il fiato o a rabbrividire, a seconda della situazione.
Inoltre, Will sapeva interpretare benissimo le voci più rauche e spaventose e più di una volta il gruppo fu percorso da un brivido.
"E quando l'assassino aprì la porta, la ragazza trattenne il fiato per il terrore" sussurrò il ragazzo con aria minacciosa "L'uomo prese l'accetta e…".
"Basta!" esclamò Miriam con voce stridula "Mi hai fatto venire la pelle d'oca!", "Le storie di paura servono a questo" ridacchiò Nicky.
"Sì, ma io vorrei dormire un po' stanotte" ribatté l'amica, rabbrividendo di nuovo "Se domattina vogliamo organizzare una caccia al tesoro come si deve, dovremo essere tutti freschi e riposati".

ecco qui. che ne dite? spero tanto che questo capitolo possa piacervi. la giornata al mare ha già rivelato qualche piccolo colpo di scena e (mi auguro) qualche sorriso. Secondo voi, cosa succederà durante la caccia al tesoro? non anticipo nulla, se non che ne vedremo delle belle! al prossimo capitolo, ragazzi. bacioni a tutti!! 
besos, vostra Alys-chan

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Capitolo 25
*** Caccia al tesoro ***


Salve a tutti, ragazzi! come va la vita? scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma adesso sono tornata. spero tanto che questo capitolo possa piacervi, magari più del precedente. Non voglio sembrare antipatica o chissà che altro, ma un commentino mi farebbe piacere riceverlo. Chi scrive penso possa capirmi. non c'è nulla di più frustrante che non spaere se la storia piace o meno... comunque, per ora lasciamo stare. Vi avevo lasciati ad una giornata in spiaggia, ricca di sorprese, e vi assicuro che queste ultime non sono finte! poi vedrete. Grazie a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere questo nuovo capitolo. spero che gradirete. buona lettura!


25-Caccia al tesoro

La serata della paura durò per un bel pezzo. La luna era ormai alta nel cielo e le stelle brillavano come tantissimi gioielli.
Quando Susan lasciò andare uno sbadiglio, la comitiva decise finalmente di andare a dormire.
"Lascio il fuoco acceso, così non avremo problemi di luce" disse Jonathan, mentre Dalia e Crystal si dirigevano verso la loro tenda, seguite a ruota da Nicky.
"Ok, ma sta attento che non si avvicini alle tende" lo avvisò Philiph, "Sì, starò attento" lo rassicurò l'altro e controllò che le pietre che circondavano il falò fossero disposte nel modo giusto.
Aggiunse un paio di rami e sbatté una mano contro l'altro, sorridendo soddisfatto della propria idea.
Richard lanciò un lungo sguardo a Megan, prima di entrare nella sua tenda con Karl e Jonathan.
Sapeva che ci sarebbe voluto un miracolo per addormentarsi, ma non gli importava.
Voleva solo pensare a lei e cercare di spiegarsi l'assurda e potente sensazione che gli aveva scatenato dentro quella mattina.
Aveva dovuto usare tutta la propria forza di volontà per non stringerla a sé e lasciare che il desiderio che provava per lei lo spingesse a fare chissà che cosa.
Eppure, non riusciva a non pensare alla morbida carezza che gli aveva donato ed alle sensazioni causategli da quel dolce contatto.
Un lieve sorriso gli incurvò le labbra, ripensando a come le loro mani si fossero intrecciate, mentre Will raccontava storie del terrore.
Che Megan avesse cercato un po' di sostegno in lui, lo faceva sentire davvero bene. Rincuorato e sereno.
La ragazza lo vide e si sbrigò a seguire Susan nell'igloo di stoffa, mentre le guance le diventavano rosse come papaveri.
Si chiese cosa fosse cambiato tra lei e Richard a tal punto da farle provare sensazioni assolutamente sconosciute prima di allora.
Era qualcosa di incredibile… e talmente intenso a lasciarla confusa ed intimorita.
Lui era così dolce e comprensivo nei suoi confronti…
Quando gli aveva stretto la mano, aveva capito che i racconti di William la stavano spaventando ed aveva sorriso.
La sua presa solida aveva cancellato ogni timore e, solo così, era riuscita a sentire la fine della storia.
Rimase quelle che le sembrarono ore a guardare il soffitto della tenda, poi sospirò "Susan? Sei ancora sveglia?".
"Sì" le rispose l'amica "Cosa c'è, Meg? Ti ho vista un po' strana, oggi. Va tutto bene?", "Non lo so proprio" ammise lei "Non capisco più niente".
Prese un grosso respiro, prima di chiedere "Susan, cosa si prova esattamente… quando si è innamorati?".
Susan sorrise nel buio "Finalmente lo stai ammettendo! Mi chiedevo se l'avresti mai fatto".
"Smettila di prendermi in giro" borbottò l'amica "Ho davvero bisogno di un consiglio. Mi sembra di ammattire!".
Susan si voltò verso di lei, sorridendo "Cosa hai bisogno di sapere? Sono pronta a fugare ogni tuo dubbio".
"Quando vedo Richard, mi sento le gambe molli e se… se mi sfiora appena, il cuore mi dà una scossa pazzesca" spiegò Megan "Vorrei capire perché il suo sguardo m'imprigiona come una magia".
Cercò le parole più adatte a descrivere quello che provava, ma non era affatto facile "L'ho conosciuto solo lo scorso settembre, ma è come se lo conoscessi da una vita. La cosa strana è che…".
Si sentiva così in imbarazzo che non riusciva quasi a parlare, ma aveva bisogno dei consigli dell'amica.
"È da poco che sento di essermi innamorata. Non capisco come possano essere cambiate le cose in modo così estremo" sussurrò flebile.
"L'ho visto un giorno… ed è stato come un colpo di fulmine" continuò a stento "Sì, un fulmine a ciel sereno. È da allora che ho iniziato a non capirci più niente…".
La ragazza cercò di trattenere un sorriso, prima di affermare "Meg, è assolutamente normale che tu ti senta confusa o turbata. L'amore dà alla testa, te l'hanno mai detto?".
"Sì, credo di capirlo. Mi sento totalmente diversa da quando sono partita dal Messico. Non mi riconosco più" mormorò l'amica.
"Ci credo!" esclamò Susan, sistemandosi nel sacco a pelo.
Scosse la testa divertita e continuò "Immagino che quando ti ha preso in braccio, ti sei sentita al settimo cielo".
"Sì, il cuore mi batteva fortissimo" confessò Megan "Quando c'è lui, mi sento… protetta. È come se niente e nessuno potesse toccarmi".
"È una sensazione stupenda" concordò Susan, pensando a quello che provava lei quando era con Karl.
Risero a bassa voce, poi Megan chiese "Susan, cosa posso fare? È che… per me queste sono tutte sensazioni nuove e non riesco a spiegarmele del tutto. Vorrei dirglielo, dirgli quello che provo nei suoi confronti, ma mi sento ancora così confusa..".
"Ti sei mai innamorata prima d'ora?" chiese l'altra, "No. Questa è la prima volta che sento sensazioni così forti e… bellissime".
Era vero, i sentimenti che aveva provato in passato non si avvicinavano neanche lontanamente alla tempesta che sentiva dentro in quel momento.
"Allora è più che normale che ti senta così confusa. La prima volta è sempre la più bella" sospirò Susan "Sai come si dice, no? Il primo amore non si scorda mai".
"Hai ragione" confermò l'altra "È la cosa più bella che mi sia mai capitata in tutta la mia vita. La più bella in assoluto".
Rimase per qualche attimo in silenzio, poi chiese "Susan, secondo te, cosa devo fare?".
"Dovresti seguire il tuo cuore. Questo è l'unico consiglio che posso darti. La strada giusta la capirai tu" disse la ragazza.
"È il cuore che spesso ci indica la giusta direzione. Bisogna solo ascoltarlo e seguire i suoi consigli" aggiunse "Anche se spesso sono enigmatici".
 
Richard si girò e rigirò più volte nel sacco a pelo, incapace di prendere sonno.
Lo sguardo di Megan, la sensazione che aveva provato quando la sua mano gli aveva sfiorato il volto gli riempivano la testa.
Il suo volto spaventato ed emozionato al tempo stesso era come scolpito nella sua memoria, così come la morbidezza della sua mano.
Non riusciva a pensare ad altro, ormai era un'ossessione.
Karl sbuffò nel sentirlo muoversi ancora "Richard, per favore smettila di agitarti così. Non riusciamo a dormire, se tu continui a sospirare come un'anima in pena".
Poi si voltò verso Jonathan, che dormiva placidamente, e si corresse "Ok, io non riesco a dormire. Jonathan non ha problemi".
"Scusami, Karl. È che proprio non riesco a prendere sonno" disse il ragazzo, "Ma perché non le dici tutto, scusa? Infondo, è quello che tiene sveglio" mormorò Karl.
"Ho paura della sua reazione" ammise lui con un sospiro "Ho paura che mi rifiuti e che il cuore mi si spezzi definitivamente".
L'amico gli diede una pacca sulle spalle "Vedrai che stavolta sarà diverso. Lei ci tiene a te".
Quando fu sicuro che l'altro lo stava ascoltando, continuò "Susan mi ha raccontato che, quando Miguel ti ha trovato per la strada, dopo che Walter te le aveva suonate, lei non riusciva a stare tranquilla".
"Sussurrava continuamente il tuo nome e poi, quando il fratello se ne è dovuto andare, è corsa a riportati la moto. Era come se avesse paura che ti fosse successo qualcosa" aggiunse con un sorriso.
Fece un lieve cenno con la testa "Beh, quello che è successo dopo lo sai meglio di me. Come ha reagito quando ti ha visto?".
"Mi è quasi piombata addosso, per controllare che stessi ancora bene" raccontò l'amico "Sembrava davvero… preoccupata".
Un sorriso gli apparve sulle labbra a quel dolce ricordo, anche se il sopracciglio gli dava ancora un po' fastidio.
"Che ti dicevo? Megan ci tiene davvero molto a te. Fattene una ragione e cerca di dormire tranquillo" lo incoraggiò il compagno.
Il ragazzo sorrise nella penombra e sussurrò "Grazie, Karl. Sei un vero amico. Sai sempre come risollevarmi il morale",
"Quando posso esserti utile" rise l'altro, tornando ad avvolgersi nel sacco a pelo e sprofondando velocemente nel sonno.
 
La mattina dopo, il sole diede il buongiorno a tutti i ragazzi, che uscirono sbadigliando dalle tende, pronti a riprendere la giornata.
Megan si stiracchiò come un gattino e lanciò uno sguardo a Richard e gli altri ragazzi; sembravano tutti riposati.
Si sentì sollevata nel capire che non si erano accorti della sua piccola visita all'interno della loro tenda.
Non riuscendo a dormire, con tutti i pensieri che non le davano tregua, si era alzata nel cuore della notte ed aveva aperto silenziosamente la tenda dove dormiva Richard, solo per vederlo riposare.
Il fatto che lui dormisse proprio davanti all'entrata della tenda l'aveva aiutata non poco.
Era rimasta almeno dieci minuti buoni a guardarlo, mentre lui dormiva tranquillamente accanto agli amici.
Un lieve sorriso gli incurvava le labbra ed alcune ciocche di capelli gli coprivano la fronte.
Glieli aveva sistemati appena e gli aveva nuovamente sfiorato il viso, ma era rimasta assolutamente immobile, quando il giovane si era mosso nel sonno, sussurrando qualcosa d'incomprensibile.
A quel punto, si era alzata, aveva richiuso la tenda ed era tornata nella propria, attenta a non svegliare Susan.
Dopo quella silenziosa visita, era riuscita ad addormentarsi, pensando al sorriso che aveva Richard nell'inconscio.
Gli era sembrato così dolce e indifeso che avrebbe voluto abbracciarlo e sussurargli qualcosa di rassicurante.
Si era sentita come quando guardava Ines dormire tranquilla, ma la sensazione che aveva provato in quel momento era stata molto più dolce.
Era stata davvero dura allontanarsi da lui e tornare indietro, ma la ragazza sentiva che presto sarebbe riuscita a dirgli tutto quello che provava nei suoi confronti.
Prima o poi, avrebbe trovato il coraggio per farlo.
William fece un enorme sbadiglio e salutò gli amici "Non vedo l'ora di dormire in un vero letto. La sabbia non era proprio comodissima".
"Questa sera saremo tutti a casa" lo tranquillizzò Wendy "Quindi non preoccuparti".
Inaugurarono la giornata con un bel bagno, in modo da svegliarsi del tutto, poi si riunirono attorno al falò e fecero colazione.
"Cosa facciamo oggi di bello?" chiese Karl, "Una caccia al tesoro" lo informò Miriam sorridendo "Una fantastica caccia al tesoro".
"Che io sappia, i pirati non venivano qui" disse Megan, "Invece sì, ma non con l'oro messicano, tranquilla" rispose Jonathan, prima di scoppiare a ridere per la sua battuta.
"Già, non credo che qui troveremo vecchi cimeli maya o di chissà qualche altra civiltà dell'America del Sud" aggiunse Jack con una risata.
"Si chiamano Aztechi e Inca, ignorantone che non sei altro" lo prese in giro Susan.
Infine, il gruppo tacque per ascoltare le indicazioni di Miriam e Wendy a proposito della caccia al tesoro che avevano organizzato. Non vedevano l'ora di cominciare.
Wendy si sedette sul proprio telo e spiegò "Ieri, mentre voi ragazzi sistemate le tende, io e Miriam abbiamo nascosto alcuni oggetti in vari punti della spiaggia. Oggi, voi dovete trovarli".
"Dovrete dividervi in coppie e trovare l'oggetto che vi è stato assegnato grazie a questa mappe" continuò Miriam, mostrando diverse finte pergamene con parecchi segni e simboli colorati.
Le distribuì ai suoi compagni, sorridendo "Il simbolo della cassa rappresenta il tesoro che dovete trovare, è inutile che ve lo dica".
"Ma non badate ai nomi, perché, ovviamente, non sono quelli originali della zona" aggiunse, indicando alcune scritte.
I ragazzi rimasero spiazzati dall'organizzazione magistrale delle loro compagne, poi Susan chiese "Come facciamo a dividerci?".
Miriam prese alcuni biscotti dalla borsa e vi incise sopra le iniziali dei suoi compagni, poi l'infilò in due contenitori, dividendoli tra maschi e femmine.
"Così le coppie saranno più equilibrate" spiegò Miriam, sorridendo divertita.
"Capisco, ma con i biscotti?" chiese incredulo William, osservando la sua amica.
"Così è più originale" si congratulò Nicky "Ragazze, siete grandi!".
"Però ci manca un componente" mormorò Miriam "Uno di voi dovrà rimanere qui", "Resto io" disse Jack "Ho voglia di poltrire un po', se non vi dispiace".
"E ti pareva" borbottò Dalia "Tu non vuoi mai divertirti, eh?", poi scoppiò a ridere e sussurrò qualcosa all'orecchio della sorella, che sorrise con aria complice.
Jack si mise il berretto con la visiera molto in basso, in modo che il sole non gli desse fastidio e si addormentò in pochi minuti.
Dalia e Crystal spiegarono agli altri amici le loro intenzioni ed iniziarono a coprire il ragazzo di sabbia.
William stava quasi per scoppiare a ridere, ma Richard lo fermò in tempo "Non mandare tutto all'aria!".
In breve tempo, il povero Jack fu ricoperto di sabbia fino al collo, ma i suoi amici avevano usato anche quella bagnata e quindi più resistente.
Sembrava quasi imbozzolato nella sabbia scura, una mummia di cui appariva solo la testa.
"Miriam, fammi un piacere" sussurrò Karl "Immortalatelo con la videocamera. Vogliamo vederlo tutti, quando si sveglia", "Contaci".
Wendy si appoggiò i vasi con i biscotti in grembo e li pescò due alla volta, scegliendo così le coppie.
Si vedeva benissimo che non poteva scegliere lei, che era tutto un caso, ma questo non impedì a Megan di arrabbiarsi un po' con lei, quando pescò insieme i biscotti con la M e la R.
In pochi minuti, le coppie selezionate si disposero in fila: Jonathan fece l'occhiolino a Dalia, mentre Crystal sorrideva a Philiph.
William scosse il capo divertito, quando gli si affiancò Nicky, mentre Susan e Karl sorridevano raggianti della loro fortuna sfacciata.
Megan arrossì quando Wendy fece il suo nome assieme a quello di Richard, ma cercò di rimanere calma e impassibile.
Era come se il destino avesse deciso che dovevano stare insieme ad ogni costo.
Prese la mappa che le veniva porta e la guardò attentamente, cercando di riconoscere i luoghi descritti con nomi davvero originali e pirateschi.
"Ogni coppia dovrà trovare un oggetto diverso" spiegò Miriam "Infatti le mappe portano in posti differenti. Sono vietati suggerimenti tra le varie coppie".
Poi Wendy alzò un foulard rosso e diede il via a quell'originale variante del gioco.
I ragazzi presero direzioni diverse, ma, prima di allontanarsi troppo, riuscirono a sentire Wendy che gridava "Attenzione all'alta marea. Non fatevi bloccare".
Richard scosse la testa e guidò la sua compagna verso un gruppo di rocce che sembravano formare una freccia, dicendo "Secondo me, dobbiamo andare da questa parte".
Poi sorrise "So che è stato un caso, ma a volte non riesco a non pensare che gli altri ci vogliano lasciare soli apposta", "Non lo dire a me".
Il giovane le rivolse uno sguardo incuriosito, chiedendole "Ti dispiace essere capitata con me?".
La ragazza scosse la testa "No, ma che vai a pensare… Mi ha fatto piacere", poi si accorse di essere arrossita e si voltò dall'altra parte.
Il compagno sorrise, dicendo "Anche a me ha fatto davvero piacere".
Megan deglutì a fatica e cercò di rimanere indifferente, ma sentiva il cuore batterle all'impazzata.
Si sistemò una ciocca che le era finita davanti al viso ed osservò attentamente la mappa, cercando di orientarsi tra tutti quegli strani simboli.
Certo che Miriam e Wendy erano state davvero brave ad inventare tutti quei nomi strani ed indizi vari.
"Allora, credo che la Rupe dell'Angelo sia quella su cui ci siamo arrampicati ieri, ma proprio non riesco a capire quale sia il Gorgo dell'Annegato… Eppure, non è lontano" mormorò sovrappensiero.
Richard si sporse appena oltre la sua spalla e guardò la mappa "Credo che si trovi dalla parte opposta, ma, per arrivarci, dobbiamo trovare e risolvere un enigma".
La ragazza annuì e si diressero verso la rupe che il giorno prima li aveva visti protagonisti di una sconvolgente tempesta di emozioni.
Quando aveva sentito il suo respiro caldo vicinissimo alla guancia era sobbalzata, ma era riuscita a non farsi scorgere.
Sentiva i brividi, nonostante il sole caldo ed opprimente, ma non era freddo o paura.
Era qualcosa di inspiegabile per lei.
Richard si fermò accanto alla roccia e, dopo averla osservata attentamente, prese un foglietto che sbucava da una piccola fenditura.
"Ho trovato l'enigma" annunciò trionfante. "Che dici, sarà difficile?" chiese Megan, cercando di leggere le parole sul foglietto.
"Beh, l'unico modo che abbiamo per scoprirlo è vedere cosa c'è scritto" rispose lui con un sorriso.
"Spesso son dimora di draghi, custodi di tesori,
ma anche di insidie e ricchezze di grandi conquistatori.
Posso trovarmi sulla terra o vicino al mare,
essere ricca di pietre o vuota, per quanto puoi cercare,
son molto simile ad una grande e buia bocca,
e non ti sbagli, in effetti io son…"
I due ragazzi si guardarono in faccia ed il giovane inarcò un sopracciglio "Simile ad una bocca? Che accidenti sarà?", "Bisogna riflettere" mormorò l'amica, iniziando a passeggiare avanti e indietro.
"Allora, sappiamo che ci vivono draghi e ci sono tesori" iniziò Richard, "E che si può trovare sia sulla terra che vicino al mare" continuò la ragazza.
Le loro voci si accavallavano, mentre cercavano la soluzione per l'enigma creato dalle amiche "Può essere piena di tesori…", "O vuota come lo stomaco di un affamato", "È buia e grande…", "E non sappiamo altro, se non che può nascondere parecchie insidie".
Rimasero alcuni secondi fermi a riflettere, poi lui alzò la testa, osservando la zona circostante.
Sobbalzò di colpo, spaventandola, e disse "Ma certo! La soluzione è nella rima! Non è troppo difficile, la soluzione è nella rima!".
Poi guardò Megan, mormorando "Guarda, le parole finali sono in rima, più o meno. La soluzione è nell'ultimo verso".
"Hai ragione, ma cosa fa rima con bocca?" chiese lei, cercando tutte le possibile parole.
"Tesori fa rima con conquistatori, mare con cercare, ma bocca?" mormorò il ragazzo "Proprio non riesco a capire. Non è poi così semplice come mi aspettavo".
"Però hai avuto l'intuizione giusta" si complimentò lei, sorridendo "Dobbiamo solo capire con che cosa fa rima bocca".
Si guardarono intorno, come se il paesaggio potesse dargli un indizio, poi i loro sguardi si posarono su un punto in cui il mare veniva risucchiato nella roccia.
"Grotta!" esclamarono insieme. "Ma certo!" esultò Megan "La rima non è perfetta, ma la soluzione è quella!".
"Direi che ci siamo" disse Richard, saltando di scoglio in scoglio per raggiungere il punto in cui l'acqua spariva in una piccola apertura nella roccia.
Non era ben visibile, ma il suono delle onde, che si perdevano all'interno, era inconfondibile.
Lei lo seguì a ruota, ma si fermò quando vide che la grotta non era facilmente accessibile.
"Da terra non possiamo entrare" constatò il ragazzo, cercando un'altra entrata più semplice da raggiungere.
"E allora come entriamo? Se ci tuffiamo, la mappa diventerà inutilizzabile" mormorò la compagna.
Poi si diede una manata in fronte "Ma certo! Wendy mi ha dato una bottiglia di vetro, poco fa".
Arrotolò con cura la finta pergamena e la infilò nel collo della bottiglia, che poi chiuse attentamente.
"Complimenti" disse Richard "Direi che adesso possiamo andare a trovare il tesoro".  
Osservò l'acqua per un lungo istante ed aggiunse "Tu aspettami qui. Vedo a quale profondità si trova l'entrata".
Senza neanche lasciarle il tempo di protestare, si tuffò e cercò di arrivare all'imboccatura della grotta.
Per loro fortuna, l'apertura non era poi così in profondità come temeva, e lui si sbrigò a tornare indietro a prendere la ragazza.
La vide passeggiare nervosa sulla sporgenza, borbottando qualcosa; incuriosito si avvicinò senza far rumore e risalì lo scoglio dalla parte opposta da cui si era tuffato.
"Stupido. Andare da solo a vedere se la grotta è accessibile" stava dicendo la sua compagna "Ma perché non è ancora riemerso? Oddio, cosa gli è successo?".
Ormai stava andando nel panico e guardava ansiosamente il tratto di mare tra lei e la grotta.
"Dove sei, Richard?" sussurrò impensierita, poi gridò "Richard! Dove sei finito?".
Non sentendo alcuna risposta, impallidì e si avvicinò al bordo della roccia, scrutando ogni singola onda.
"Richard?! Richard, mi senti? Rispondimi!" gridò di nuovo, ma lanciò un urlo sorpreso, voltandosi di scatto quando due mani bagnate le si poggiarono sulle spalle.
"Tranquilla. Sono io, Meg!" la tranquillizzò il ragazzo "La grotta non è tanto in profondità, ce la possiamo fare benissimo".
Lei si poggiò una mano sul petto, sibilando "Avevi intenzione di farmi venire un infarto?!".
"Ma perché non mi rispondevi?" chiese furiosa "Mi hai fatto preoccupare a morte!".
Poi arrossì, imbarazzata dal fatto di avergli fatto capire troppo, e si voltò dall'altra parte.
"Scusami, non ti avevo sentita" mentì il giovane, mentre un sorriso gli incurvava le labbra.
Si sentiva confortato che Megan si stesse preoccupando per lui, era una sensazione che lo faceva sentire profondamente felice.
Anche se provò una piccola punta di amarezza per averla fatta impensierire in quel modo.
Scosse la testa per concentrarsi e disse "Vogliamo andare?".
La compagna si limitò ad annuire e lo seguì sul bordo della roccia.
A sorpresa, il ragazzo la prese per mano e si tuffarono insieme tra le onde azzurre.
Megan strinse forte la bottiglia, attenta che non entrasse neanche una goccia d'acqua.
Quando riemersero, lui l'avvisò "Prendi un bel respiro, si va abbastanza giù", "Ok, ho capito".
Presero diversi respiri, lunghi e profondi, poi s'immersero sott'acqua, diretti all'entrata della grotta.
Laggiù predominavano il blu scuro, che si schiariva solo in prossimità della superficie, e il verde delle alghe che ondeggiavano nella corrente.
Un banco di pesci colorati li superò velocemente, nascondendosi tra gli scogli coperti di corallo.
Richard strinse la mano della ragazza e la guidò verso l'apertura della grotta, piuttosto piccola rispetto alla roccia che affondava nel fondale sabbioso, parecchi metri più in basso.
Alcune bollicine d'aria gli sfuggirono dalle labbra, avvolgendolo in un alone argenteo.
Megan rimase spiazzata da quanto assomigliasse a una creatura leggendaria, con quello sguardo fiero sul volto ed i capelli che ondeggiavano nella corrente.
Il cuore iniziò a batterle con forza, bruciando più velocemente l'ossigeno che aveva nei polmoni.
Improvvisamente, si sentì mancare l'aria; non riusciva più a muoversi velocemente come prima.
Il suo corpo chiedeva disperatamente aria, che lei però non poteva respirare.
Iniziò a essere sospinta solo dalla corrente, con la mano ancora stretta in quella del ragazzo.
L'altra stingeva convulsamente la bottiglia, bloccandone il tappo, in modo che l'acqua non vi penetrasse.
Lui si accorse che la sua compagna non riusciva nuotare velocemente come all'inizio, la guardò e vide che stava ormai dondolando nella corrente.
L'unica cosa che la teneva ancora lì era le loro mani,  saldamente intrecciate tra loro.
Sbiancò nel vedere che le sue guance erano paonazze per l'assenza di ossigeno ed il cuore gli mancò un battito.
Megan aveva bisogno d'aria e subito!
Le cinse la vita con un braccio e nuotò più velocemente verso l'entrata della grotta, tenendola stretta a sé.
Quando, finalmente, infranse la superficie dell'acqua, prese un grosso respiro ed aiutò la ragazza a salire sulla piccola riva rocciosa.
Lei tossì parecchie volte, cercando di respirare normalmente, poi aprì gli occhi e si sollevò sulle ginocchia e la mani.
"Cosa… Cos'è successo?" chiese, continuando a tossire "Ho la testa che mi gira…".
"Come ti senti, Meg? Sei ferita?" chiese Richard, sfiorandole la fronte.
"Solo nell'orgoglio" mormorò Megan "Non mi capitava da quando avevo otto anni, di aver bisogno d'aria così presto".
Il ragazzo sospirò sollevato "Stavolta, sei tu che mi hai fatto prendere un colpo! Cosa ti è successo?".
"Non lo so, credo di aver improvvisamente finito l'aria e… beh, non ho visto più niente" mormorò lei.
Certo non poteva dirgli che il cuore le era come impazzito, quando l'aveva presa per mano…
Strizzò i capelli bagnati e si alzò in piedi, sgranando gli occhi davanti al paesaggio che aveva davanti "È meraviglioso!".
Davanti ai loro occhi, si estendeva una grotta di pietra grigia, ma dai milioni di riflessi, causati dalla madreperla che incrostava le pareti.
L'entrata non era altro che una pozza di un metro e mezzo di diametro che la collegava al mare aperto, niente rispetto alla grotta che si estendeva davanti a loro.
Diverse stalattiti e stalagmiti si susseguivano ininterrottamente fino ad un'altra apertura, ingoiata dall'oscurità.
"Vogliamo andare?" chiese la ragazza, iniziando ad avanzare verso l'apertura "Dobbiamo ancora trovare un indizio". "Sicura di farcela?" domandò lui, ancora piuttosto impensierito.
"Sì, sto meglio, grazie" lo rassicurò la compagna, prima di prendere la mappa dalla bottiglia ed esaminarla attentamente alla poca luce che filtrava da alcune piccole aperture nel soffitto.
Era evidente che la parte superiore della grotta era all'asciutto, e non sott'acqua, come pensavano.
"Allora, siamo arrivati nella grotta. Ora dobbiamo trovare un indizio e poi il tesoro, che si trova esattamente in quella direzione" disse, indicando l'apertura di fronte a loro.
Il ragazzo la seguì, tendendola sempre d'occhio, nel timore di vederla cadere a terra priva di sensi.
Quando oltrepassarono l'arco di pietra, si trovarono in una caverna totalmente piena di stalattiti e stalagmiti, disposte in fila come soldati sull'attenti.
"Cosa dice la mappa?" chiese il giovane, osservando l'insolito spettacolo che gli si mostrava.
"Solo un altro indovinello" rispose la compagna, poi lesse le nuove strofe.
"Alla fine della caccia ormai siete,
quindi ora potete riposarvi, se volete.
Qualche indizio ora vi doniamo,
fatene tesoro, ve lo raccomandiamo.
La sala è questa delle stalagmiti,
grossi soldati dai fucili appuntiti.
La terza a destra dovete evitare,
se le mani non volete bruciare.
Il rosso corallo certo non è fuoco,
ma vi assicuriamo che il dolore non è poco.
La quinta a sinistra forse un indizio vi può dare,
ma attenzione, c'è un ostacolo da superare.
Attenzione dovrete prestare
alla grossa roccia da oltrepassare.
Un ultimo monito vi doniamo infine,
se la marea vi blocca, per voi è la fine.
Wendy e Miriam"
"Wow!" mormorò Richard "Piuttosto chiaro, non trovi?", "Sì, dobbiamo superare la roccia dietro la quinta stalagmite a sinistra" soggiunse Megan.
"Non credevo che fossero così brave con questi giochi" ammise poi, stupita dalla bravura delle amiche.
"Sono delle ottime organizzatrici" confermò il compagno "Davvero fantastico. Mi chiedo se avessero organizzato tutto fin dall'inizio".
Oltrepassarono le prime file e si avvicinarono alla quinta stalagmite sul lato sinistro della sala.
Si fermarono di colpo, quando la loro vista fu bloccata da un'imponente blocco di roccia, che però poteva essere superato con facilità.
"Ormai ci siamo" annunciò il ragazzo, iniziando a salire; poi si voltò verso la compagna "Vuoi una mano a salire?".
Lei scosse la testa e, infilatasi la mappa nella cintura che adornava il costume verde smeraldo, iniziò la scalata.
Trovare appigli su cui non scivolare non era un'impresa semplice, ma i due ragazzi riuscirono ben presto ad oltrepassare l'ostacolo.
"Attenta" l'avvertì Richard, una volta in cima "Qui rischi di sbattere la testa contro il soffitto".
"Grazie, me n'ero già accorta" mugugnò Megan, massaggiandosi la fronte dolorante.
Dovettero procedere chinati per un buon tratto, mentre il soffitto si abbassava sempre più, fino a costringerli ad avanzare a gattoni.
Quando, finalmente, poterono rialzarsi in piedi, tirarono un sospiro di sollievo e continuarono a camminare fino a quello che sembrava un piedistallo naturale al centro della sala.
La scena sembrava quasi da film, grazie alla luce che illuminava proprio il piedistallo e ciò che sorreggeva: un piccolo cofanetto in legno, dipinto di un bel rosso rubino.
I due si guardarono in faccia prima di avanzare, presero il cofanetto e lasciarono andare una piccola esclamazione di sorpresa quando lo aprirono.
All'interno, c'erano due ciondoli, uno rosso e uno blu, due metà perfette di un cuore.
"Giuro che questa non me l'aspettavo proprio" sussurrò Richard, "Sono bellissimi" aggiunse Megan meravigliata.
Sfiorò appena il freddo metallo e sollevò lo sguardo verso di lui.
Sembrò che sulla grotta fosse scesa una magia che impediva loro di distogliere lo sguardo da quello dell'altro.
Rimasero per alcuni, interminabili minuti a fissarsi negli occhi, incapaci di muoversi, mentre ascoltavano il battere aritmico dei propri cuori.
Stava succedendo di nuovo, esattamente come la mattina precedente, ma stavolta non sapevano fino a che punto sarebbero arrivati…
Un improvviso rumore di onde che si sollevavano e s'infrangevano fragorosamente contro le rocce, li riportò di colpo alla realtà, spezzando quell'atmosfera piena di emozioni.
"L'alta marea!" esclamò il ragazzo, cominciando a correre verso l'uscita "Dobbiamo sbrigarci, o rimarremo bloccati qui dentro!".
Lei si sbrigò a seguirlo lungo il corridoio in pietra che avevano attraversato poco prima.
Risalirono sulla roccia ed avanzarono il più velocemente possibile nello stretto passaggio, rischiando più volte di ferirsi con le sporgenze appuntite.
Corsero attraverso la sala delle stalagmiti e cercarono di raggiungere l'uscita il più presto possibile, ma, quando sbucarono nella prima sala, ebbero una brutta sorpresa.
L'acqua era salita parecchio, ormai arrivava quasi a lambirgli le ginocchia.
"Dannazione!" imprecò il giovane, prima di tuffarsi in acqua e tentare di riguadagnare la superficie.
Rimase qualche attimo fermo davanti all'entrata della grotta, ma si accorse che il livello della marea era salito troppo; non ce l'avrebbero mai fatta.
Ritornò velocemente indietro, sospirando "Siamo bloccati. La marea è salita troppo".
La compagna guardò accigliata l'acqua "Abbiamo perso troppo tempo. Se solo non mi fossi distratta con quei ciondoli…".
Lanciò uno sguardo rammaricato prima a Richard e poi al ciondolo rosso che aveva ancora in mano. Si era comportata come una stupida.
"È inutile piangersi addosso, ora. Pensiamo ad avvisare gli altri" disse il ragazzo, assumendo quell'aria di comando che tanto la meravigliava.
"E come?" si sforzò di chiedere lei, senza riuscire a guardarlo in faccia "Che io sappia non hanno inventato cellulari subacquei".
Ritornarono nella stanza accanto e Richard si avvicinò ad uno dei fori che portavano luce e aria nella grotta.
"Karl!" urlò con tutto il fiato che aveva in gola "Jonathan! Ragazzi! Siamo qui! Ci sentite?".
La voce di Susan arrivò alle loro orecchie, ma era ancora distante "Richard? Megan? Dove siete?".
"Siamo qui, Susan! Da questa parte!" gridò la ragazza "Siamo bloccati nella grotta!".
Finalmente, Karl si affacciò -per quel che poteva- al foro più vicino, "Come siete bloccati? Ragazzi! E meno male che vi avevamo avvisato…".
L'amico sbuffò "Quando passerà la marea?", "Tra circa due ore" lo informò Susan.
"Due ore? Ma state scherzando!" sbottò Megan incredula. Due ore bloccata lì, con Richard.
Era andata davvero alla grande quella caccia al tesoro!
Sarebbe riuscita ad evitare che le emozioni l'avvolgessero di nuovo in un vortice, impedendole di reagire?
Già una volta si erano affacciati su quel baratro, ma erano riusciti a riprendersi in tempo… Non sapeva se ci sarebbe riuscita ancora.
"Noi cercheremo di aiutarvi, ma se la marea non si abbassa, non potremo fare niente" disse Dalia "Cercate di resistere".
I due ragazzi si sedettero su alcune rocce, incapaci di trovare una soluzione per uscire da lì.
Megan si prese il volto tra le mani, mormorando "Ma perché sono sempre così scema? Perché ho perso tutto quel tempo?".
"Non hai nulla da rimproverarti" disse Richard, cingendole le spalle con un braccio "Poteva capitare a chiunque".
"Cosa facciamo adesso?" chiese lei, rivolgendogli uno sguardo preoccupato.
"Beh, non possiamo far altro che aspettare la bassa marea" sospirò Richard "Nel frattempo, credo che potremmo parlare un po' e cercare di conoscerci meglio".
"Stai scherzando? Siamo in classe insieme da un anno, cosa vuoi sapere di più?" domandò la ragazza, indecisa se ridere o arrabbiarsi.
"No, sono serissimo invece" ribatté il compagno, sorridendo tranquillo "Vorrei sapere qualcosa di più di quando vivevi in Messico. Di quel periodo, non so niente e sono piuttosto curioso".
La giovane si strinse le ginocchia al petto e sospirò "Ok, ma niente domande strane. Intesi?", "Intesi".
 
Ovviamente, non potevano calcolare il tempo che trascorreva mentre parlavano e non si accorsero che le due ore ormai erano quasi scadute.
"Un ultima domanda" disse Richard "Quando sei venuta a casa mia per le vacanze di Natale, hai detto che non avevi mai avuto un ragazzo. È vero?".
Lei arrossì vistosamente al ricordo e sussurrò "Sì, non ho mai avuto un ragazzo in vita mia. Mi hanno sempre considerato solo un'amica".
L'unico che aveva sembrato dimostrare qualcosa di più…
Beh, non le andava di ricordare quei momenti, figuriamoci a parlarne con Richard.
Rimase sorpresa quando lo vide scuotere la testa con aria incredula "Mi sembra assurdo.
Ho sempre pensato che avessi almeno una decina di ragazzi dietro, in Messico".
"Beh, non è andata così" replicò la giovane "Mi dispiace, ma io non sono come te, che hai ragazze che ti cadono ai piedi ovunque vada".
Lui iniziò ridere "Beh, ti posso assicurare che non sono stato io a volerlo. Nessuna delle ragazze che ho mai visto mi ha attirato".
Poi lasciò andare un grosso sospiro nell'aggiungere "Almeno... fino ad ora".
Doveva dirglielo? Poteva farlo, senza spaventarla o turbarla?
Poteva dirle che l'amava più di qualunque altra cosa?
Non era sicuro che fosse il momento giusto, ma non sapeva se sarebbe mai capitata un'altra occasione del genere.
A quelle parole, Megan trattenne il fiato, sconvolta.
A chi si stava riferendo? Ad una ragazza che lei non conosceva? A Jennifer?
Si voltò dall'altra parte per non mostrargli gli occhi lucidi, e sussurrò appena, cercando di sembrare indifferente "La conosco?".
Lo sentì ridere di nuovo, ma in modo più nervoso "Sì, la conosci molto bene. Più di quanto immagini".
La ragazza sentì il cuore farsi pesante come un macigno a quelle parole.
Voleva allontanarsi il più possibile e sfogare il suo dolore in santa pace, senza che lui se ne accorgesse.
Non voleva fargli capire quanto stesse soffrendo all'idea di non avere la minima chance con lui.
Si alzò e fece per andarsene, ma la voce di Miriam la fece sobbalzare "Ragazzi, la marea si sta abbassando velocemente. Penso che, tra una decina di minuti, potrete tornare in superficie".
Entrambi lasciarono andare un sospiro di sollievo e Richard la prese per mano, guidandola verso l'uscita.
Rimase sorpreso nel sentire il battito di lei accelerare di colpo a quel contatto e la guardò, inarcando un sopracciglio.
La compagna si liberò della sua presa, mormorando "Posso camminare anche da sola, grazie. La strada la conosco".
Mentre stavano superando alcune rocce ricoperte di alghe e piante marine, lui l'avvertì "Attenta, qui si scivola di brutto".
La vide annuire e la precedette su quella strada insidiosa, guardando attentamente dove metteva i piedi.
Scese con un balzo dall'ultima roccia ed aspettò che la giovane lo raggiungesse.
Megan si appoggiò alla parete per non cadere, badando a non mettere i piedi sulle alghe viscide e scivolose.
Ormai era a pochi passi dalla superficie più sicura della sabbia, ma inciampò in una sporgenza rocciosa e cadde in avanti.
Richard l'afferrò al volo e l'aiutò a rimettersi in piedi, chiedendole "Va tutto bene?".
"Sì, grazie. Sto bene" sussurrò lei, sforzandosi di mantenere la voce ferma. Rimasero così per qualche secondo, ascoltando il cuore dell'altro.
Sembrava che stessero facendo una sorta di gara a chi batteva più intensamente e quel suono riempiva l'intera grotta con un morbido eco.
Senza sapere neanche bene il perché, Richard la guardò dritta negli occhi, perdendosi in quelle profondità color acquamarina.
La strinse a sé con forza e le scostò delicatamente i capelli dal viso, cercando di farle capire quanto fosse importante per lui.
Sentì nuovamente quella inspiegabile sensazione che provava quando le era accanto, quel fuoco liquido che gli scorreva velocemente nelle vene.
Il cuore cominciò a battergli furiosamente nel petto, mentre la teneva stretta contro di sé.
Megan trattenne il respiro, mentre il suo sguardo veniva nuovamente catturato da quello di lui.
Stava succedendo di nuovo, ancora una volta non riusciva a reagire sotto quello sguardo così intenso…
Non riusciva a muoversi di un millimetro, neanche a spostare le mani dal suo petto. O a respirare normalmente.
Avvertiva chiaramente il cuore di Richard battere con forza, appena sotto la sua mano.
Sentì una fiamma accendersi dentro di sé e riscaldarla, anzi incendiarla di una forza, un sentimento così impetuoso che si credette impazzita.
Senza capire bene il motivo, spostò lentamente le mani sulle sue spalle, forti e sicure, e il respiro le diventò più corto e veloce.
Richard non riusciva più controllarsi, quel desiderio di stringerla ancora di più e sfiorare le sue labbra con le proprie era più forte della sua razionalità.
Abbassò la testa e la baciò con impeto, sollevandola quasi da terra.
Le sue labbra morbide si schiusero appena, ma lei rispose a quel bacio con una forza che non avrebbe mai ritenuto possibile.
Si strinse più forte a lui, inarcando la schiena e respirando il suo profumo.
Una mano di Richard si spostò sulla sua nuca, mentre l'altra le cingeva la vita in una presa salda e rassicurante.
Megan non riusciva a credere a quello che stava facendo: stava baciando Richard!
Lo stesso ragazzo arrogante e sensibile al tempo stesso che aveva conosciuto quasi un anno prima.
Lo stesso ragazzo che l'aveva violentemente baciata poco dopo Natale e che l'aveva baciata di nuovo pochi mesi dopo, allo spettacolo di fine anno.
Il ragazzo che sentiva di amare con tutta se stessa.
Non riusciva a capacitarsi che le sue braccia forti stessero stringendo proprio lei, quando aveva nominato un'altra ragazza, l'unica che era riuscita a colpirlo.
Non riusciva a credere che quella ragazza così speciale e fortunata fosse proprio lei.
Si staccò per un attimo da lui e gli allacciò il ciondolo che avevano trovato appena un paio d'ore prima.
Richard la guardò intensamente, prima di prendere il ciondolo che aveva preso dalle sue mani e allacciarglielo attorno al collo.
Voleva che quello fosse un simbolo di quello che provava per lei, che ogni volta che lo guardasse pensasse a lui.
Lasciò scivolare le mani sulle sue spalle e tornò a stringerla tra le braccia, prima di baciarla di nuovo.
Megan sentì una scossa elettrica attraversarla, mentre le sue labbra si univano di nuovo con quelle di Richard, e capì che quello era il suo primo vero bacio e che l'avrebbe ricordato per sempre.
La sua pelle era calda, morbida e profumata.
Richard non aveva mai provato niente del genere in tutta la sua vita.
Sentiva le sue mani cingergli il collo, lasciandogli dentro una sensazione incredibilmente forte.
Non riusciva quasi a credere che Megan stesse rispondendo al suo bacio con tanta dolcezza…
Era un'emozione a dir poco meravigliosa.
Sentì il freddo metallo dei ciondoli sfiorargli la gola e sorrise assieme a lei, vedendo che i due pezzi si erano uniti a formare il cuore originale, intrecciandosi tra loro.
Fece per baciarla ancora, ma improvvisamente la ragazza si staccò da lui con un'espressione sconvolta.
I due ciondoli caddero a terra tintinnando, ma la giovane quasi non se ne accorse. Ma cosa le era preso?
Si portò una mano sulle labbra e arrossì violentemente, mentre cercava di darsi una spiegazione per il suo comportamento.
Il ragazzo la guardò sconcertato e la prese per mano, chiedendo "Megan, va tutto bene?".
Lei non rispose, ma cercò di liberarsi e si allontanò nella direzione opposta alla sua.
Il cuore le batteva forte, troppo forte, e sulle labbra sentiva ancora il suo sapore, mescolato al sale dell'oceano.
Era intenso, ma al tempo stesso delicato, qualcosa di indescrivibile e di meravigliosamente sorprendente.
Cosa diamine aveva fatto? Che cosa le era preso così di colpo, da portarla ad agire in quel modo tanto assurdo?
Perché una parte di sé le suggeriva di rifugiarsi tra le sue braccia e non pensare a nient'altro?
Richard capì che era turbata da quella situazione, proprio come lui.
Era difficile spiegare persino a se stesso quell'intensità, quel sentimento così forte che gli scatenava dentro ogni volta che la guardava.
In quel momento, Karl emerse dalla pozza d'acqua "Ragazzi, ora potete uscire.
La marea si è abbassata", ma si accorse che l'atmosfera era strana, pesante.
Megan e Richard lo seguirono senza dire una parola, ma la ragazza si accorse che a terra erano rimasti i due ciondoli, ancora perfettamente intrecciati a formare un cuore. 


Ecco qua, spero davvero che questo capitolo possa piacervi. Scusate se gli indovinelli non sono un granché, ma sono una mezza frana con queste cose XD augurandomi di sentirvi presto, vi mando un grosos abbraccio, per favore (scusate se sono seccante) lasciate un commentino-ino-ino. anche le critiche sono ben accette, se possono aiutare a migliorarmi. grazie di cuore a tutti!
baci, vostra
Alys93

P.S.
se non vi dispiace, vorrei approfittare ancora un attimo della vostra pazienza per chiedervi un parere su di una storia che sto scrivendo a 4 mani con una mia carissima amica,
Ayame_Dragon. s'intitola Yoso no Suppiritsu - L'isola degli Elementi. fateci sapere, per poacere. un bacio a tutti!

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Capitolo 26
*** Gita in montagna ***


Eccomi qui, ragazzi. sono in un ritardo maledetto, lo so, ma ho avuto diverse cose da fare.. lasciamo pedere. l'importante è che sia di nuovo qui in modo che, chi segue questa storia (e che ringrazio davvvero dal profpondo) possa continuare a divertirsi con questi personaggi. spero che questo capitolo possa piacervi, ma vi avverto che è un po' di transizione. i prossimi due saranno fondamentali. per ora, vi slauto. vi auguro vuona lettura ^_^

26-Gita in montagna

Ormai era iniziato luglio e il caldo cominciava a farsi sentire.
A Megan sembrò di essere tornata a casa sua, in Messico, tanto il sole la scaldava con i suoi raggi luminosi.
Era in giardino, stesa sull'amaca, intenta a leggere uno dei suoi libri preferiti.
Il calore era così piacevole, che pensò di poter rimanere così per sempre.
Era meraviglioso poter stare lì, a godersi l'ombra fresca della quercia, mentre un vento caldo l'accarezzava con dolcezza…
Non si accorse di essersi addormentata, finché il fratello non la chiamò dal salotto "Megan! Vieni dentro, c'è una notizia grandiosa!".
La ragazza sbatté gli occhi per riabituarsi alla luce accecante del sole, poi sbadigliò e, raccolto il libro da terra, entrò nel salotto "Cosa c'è, Miguel?".
Il giovane la portò nel giardino posteriore, sussurrando "Mamma e papà hanno intenzione di portarci in vacanza. Non ho ancora capito dove, ma scommetto che il posto sarà fantastico!".
Lei iniziò a ridere "Miguel, a volte mi sembri davvero un bambino che non vede l'ora di entrare in un luna-park!".
Scosse il capo ed andò nella sua camera, decisa a passare un po' di tempo a parlare con le sue amiche, ma, quando si fu connessa, rimase delusa.
Non c'era nessuno in linea e Susan le aveva lasciato un messaggio in cui diceva che erano tutte tremendamente impegnate, chi con il ragazzo, chi con i lavoretti estivi.
Stava quasi per spegnere il computer, quando qualcuno la contattò; il cuore le balzò in gola quando riconobbe il contatto. Era Richard!
Stava per scrivere qualcosa, ma si bloccò di colpo e non rispose.
Era ancora troppo arrabbiata con lui per quello che era successo nella grotta, alcuni giorni prima.
Ciao, Megan. Come va la vita?
Lei non rispose, ma incrociò le braccia sul petto ed attese. Il suo silenzio era un messaggio piuttosto eloquente.
Il ragazzo capì che era ancora furibonda e che non l'avrebbe perdonato tanto facilmente.
Aveva provato a parlarle più volte, ma lei non ne voleva sapere.
Prese un grosso respiro e scrisse.
Non dirmi che sei ancora arrabbiata! E dai! Rispondimi, per favore. Meg, non puoi prendertela così!
Ah, no?
Per favore! Non fare così! Voglio solo parlare un po' con te. Ti prego!
Il suo tono sembrava implorante, ma Megan non era intenzionata a dargliela vinta.
Rimase in silenzio, anche quando lui accese la webcam e le lanciò un'occhiata supplichevole dal riquadro.
Potevi pensarci prima.
Ma dovete subito correggersi "Potevamo pensarci prima di reagire in quel modo".
Richard sospirò e scrisse un altro messaggio.
Senti, mi dispiace che tu la prenda sempre male, ma…
Ma niente! Tu mi baci in quel modo e poi io dovrei stare calma? Ma guarda che sei forte!
Lui si passò una mano tra i capelli, visibilmente imbarazzato.
Quello era il ricordo più bello di tutta la sua vita; sentirla tra le braccia era stato meraviglioso ed aveva finalmente avuto quella conferma che tanto aspettava.
Infondo, anche lei aveva risposto al suo bacio, ma capì che era più saggio non ricordaglielo.
Non ci teneva ad avere un rifiuto, che probabilmente l'avrebbe distrutto.
Ti chiedo scusa, Megan. Vorrei solo riuscire a spiegarmi il perché, ma ti assicuro che non ci riesco neanch'io…
Mi stai prendendo in giro?!
No! Te l'assicuro! Se non puoi perdonarmi, almeno una tregua me la concedi?
Forse…
La ragazza rimase qualche attimo in silenzio, poi sospirò.
Non ce la faceva ad arrabbiarsi davvero con Richard.
Era troppo importante per lei.
Infondo, non era arrabbiata con lui, ma con se stessa.
Ancora non riusciva a spiegarsi il suo irrazionale comportamento nella grotta, appena una settimana prima.
Aveva risposto al suo bacio con un'intensità che l'aveva sorpresa e spaventata, ma in quel momento non aveva avuto paura, stretta com'era tra le braccia del ragazzo.
Si era sentita amata e protetta come mai in vita sua.
Era stata la cosa più bella e meravigliosa di tutta la sua vita, non poteva negarlo.
Non era giusto prendersela con lui, solo perché non erano riusciti a controllarsi, e poi… anche lei lo aveva desiderato.
Non era colpa di Richard, se le scatenava dentro sensazioni così impetuose.
Ok, tregua, ma niente di più.
Mi va bene anche così.
Richard ora era molto più rilassato, almeno la tregua l'aveva ottenuta. Era sempre un passo avanti.
Come hai intenzione di passare le vacanze?
Ancora non lo so…
Ma come? Siamo a luglio, ormai!
Secondo Miguel, i miei genitori stanno organizzando qualcosa, ma non sappiamo cosa.
Richard le mandò un'emoticon che faceva l'occhiolino, poi scrisse di nuovo.
Beh, spero di vederti più spesso durante queste vacanze.
Tu sai qualcosa che io non so, per caso?
Può darsi, ma può anche darsi che stia prendendo un granchio enorme.
Puoi spiegarti meglio? Possibile che tu sia sempre così enigmatico?
Devo avere delle conferme dai miei, ma credo che anche loro stiano macchinando qualcosa.
Adesso capisco qualcosa di quello che stai dicendo. Mi chiedo solo cosa stia passando per la testa dei miei genitori.
Penso che lo sapremo presto. Scusami se te lo chiedo così, ma potresti farmi un favore?
Dimmi pure.
Stasera facciamo un'altra corsa e volevo sapere se tu e Miguel volevate venire con noi.
Penso che Miguel verrà di sicuro, ma mi devi giurare che non lo farete bere di nuovo. Quando si è svegliato dopo quella sbronza, ha detto che aveva un macigno sulla testa.
Nonostante la bevanda ultra-schifosa che gli ha dato Michael?
Chi è Michael? Il barista?
Sì, proprio lui.
Sì, lo ha aiutato, ma la testa gli faceva male lo stesso. Ha dormito un sacco. Pensa, quasi tredici ore! Mia madre si è davvero spaventata!
Cavoli! Tredici ore? La birra gli fa davvero male!
Non dirlo a me. Ha russato così forte, che quasi non ho chiuso occhio.
Neanch'io ho dormito molto, quella sera… Come da un po' di tempo, a questa parte.
Come? Non riesci più a dormire bene?
No, è un po' di tempo che la mia testa non si vuole decidere a riposare.
Fammi indovinare, sei talmente concentrato sulle corse da vincere che non riesci a pensare ad altro. Ho indovinato?
No, sei in alto mare, te l'assicuro.
Megan inarcò un sopracciglio, confusa. Gli mandò un punto interrogativo, per fargli sapere che non aveva capito un accidente, come al solito.
Quel ragazzo era sempre così enigmatico... ma forse era proprio questo a renderlo tremendamente affascinante.
Quel alone di mistero con cui amava giocare lo rendeva assolutamente irresistibile e si ritrovò nuovamente a sognare ad occhi aperti.
Lui ridacchiò e sorrise nello schermo della webcam, prima di farle cenno di accendere anche lei la sua.
La ragazza non si fece pregare e, in men che non si dica, sul computer di Richard si aprì il riquadro.
Megan stava sorridendo, quando lui digitò
Così è meglio. Preferisco vederti in faccia quando ti parlo.
Lei rise e gli fece una piccola smorfia.
Sì, anch'io preferisco vederti in faccia.
Per fortuna, la pensiamo allo stesso modo. E poi, perché perdersi un così bel panorama?
Che panorama?
Megan non riusciva proprio a capirlo. A volte Richard era così enigmatico…
Forse, anche troppo. Capirlo era davvero un'impresa.
Indovina.
Sai che gli indovinelli inizio ad odiarli? Soprattutto quando li fai tu. Non so mai cosa ti passa per la testa!
Allora non rispondere e continua a parlarmi.
Stava ridacchiando, ma perché? La ragazza non riusciva proprio a capirlo.
A volte sei peggio dei rompicapo. Posso sapere perché stai ridendo tanto?
Lascia stare. Preferisco l'aura di mistero.
Scemo.
Lui sghignazzò nel riquadro, lasciandosi andare contro lo schienale e poggiando le mani sulla nuca.
Era piuttosto rilassato. Megan non poteva capire perché fosse tanto divertito.
Non poteva certo vedersi…
E non poteva sapere che la sua camicetta chiara era macchiata di maionese in più punti.
Dove le macchie se erano quasi andate, il tessuto era diventato semi-trasparente.
Il suo sguardo confuso, poi, dava il tocco finale. Decisamente un bel panorama.
Il migliore che avesse mai visto, tranne quando era andata a chiamarla durante la gita e l'aveva trovata in camicia da notte.
O quando erano andati alla spiaggia e lei era in bikini.
Ma, comunque fosse vestita, era sempre meravigliosa ai suoi occhi.
Hai mangiato sandwich o qualcosa del genere?
No. Perché? Ho la faccia sporca?
No, non la faccia…
La compagna si guardò nello specchio accanto all'armadio e vide il disastro sulla sua camicia.
Arrossì violentemente e borbottò qualcosa del tipo "Se becco chi è stato, me la pagherà cara!".
Tornò per un attimo al computer e scrisse
Aspetta un attimo. Torno subito.
Poi chiuse il riquadro e si cambiò velocemente. Un top sarebbe andato benissimo con quel caldo.
Sentì le allegre risate di Ines e si affacciò alla finestra per vedere dove fosse.
La vide in giardino che rincorreva Thunder con un sandwich tra le mani.
Miguel si affacciò dalla porta, dicendole "Ines, attenta a non macchiarti con la maionese, o mamma andrà fuori di testa".
La giovane sospirò quando capì che la sorellina le aveva macchiato involontariamente la camicia con il sandwich, mentre dormiva sull'amaca.
Scosse il capo e tornò al computer.
Immagino che ti sia divertito…
Un po'.
Idiota. Direi cha la nostra tregua può finire qui.
Così presto? Le tregue di solito durano almeno qualche giorno!
Non per me. Ciao.
Megan scosse la testa e tornò in giardino, cercando di non pensare a Richard o a quello che le scatenava dentro.
Aveva bisogno di tempo per decifrare quelle emozioni così impetuose che le si agitavano dentro.
Mentre percorreva la veranda, si accorse che Shiver non giocava con la solita allegria; anzi, sembrava piuttosto affaticata.
Le andò vicino e le accarezzò il collo "Cosa c'è, Shiver? Non ti senti bene?".
La cagna scosse il pelo e tornò nella sua cuccia, senza che la ragazza avesse capito niente.
Miguel uscì in quel momento dal salotto e vide la sorella guardare preoccupata la cuccia dei due aski.
"Meg, va tutto bene?" chiese avvicinandosi, "Sono un po' preoccupata per Shiver. Mi sembra affaticata".
Il ragazzo inarcò un sopracciglio e provò ad accarezzare la cagna, ma quella mostrò i denti e ringhiò, chiaro segno che voleva essere lasciata in pace.
 
"Strano" borbottò Alan, quando i figli gli raccontarono quello che era successo "Di solito, Shiver non ringhia mai".
"Forse ha qualcosa alla pancia" suggerì Grecia "O si sente poco bene", "Sarà il caso di chiamare il veterinario" mormorò Miguel.
Quando il medico arrivò, Alan ebbe il suo bel da fare a tenere fermo Thunder, che non ne voleva assolutamente sapere di rimanere fuori, mentre la sua compagna era tra le mani di uno sconosciuto.
Il dottor Vince sorrise, mentre controllava la salute di Shiver, poi posò gli attrezzi e disse "Questa femmina è in splendida forma. Non c'è nulla di preoccupante".
"Allora perché rimane sempre nella sua cuccia e ringhia se proviamo a toccarla?" chiese Megan "Non si è mai comportata così".
"Beh, diciamo che la sua è una condizione un po' particolare" spiegò il medico.
Tutti i presenti lo guardarono confusi, poi Ines chiese "Shiver starà bene presto?", "Sì, un paio di mesi e sarà allegra e scattante come prima. E in buona compagnia, direi".
A quel punto, la ragazza esclamò "Shiver diventerà mamma?", poi corse fuori ed arruffò il pelo di Thunder.
"Razza di briccone!" lo apostrofò ridendo "Allora è per questo che Shiver non fa entrare nemmeno te nella cuccia. Diventerai papà!".
Miguel iniziò a ridere "Ora capisco tutto. Ci sono dei cuccioli in arrivo!".
"Tra quanto?" chiese Grecia, leggermente impensierita "Dovremo preparare un cesto e tutto l'occorrente".
"Tra due o tre settimane al massimo" disse il dottore, poi salutò tutti e tornò al suo ambulatorio.
"Mi scusi" lo fermò Alan fuori il cancello "Crede che un po' d'aria di montagna possa farle bene? Noi avevamo intenzione di andare in vacanza, ma se Shiver non potrà muoversi, possiamo ancora annullare tutto".
"No, l'aria pulita le farà certamente bene. Basta che non si affatichi troppo" lo rassicurò il medico.
 
I preparativi per l'arrivo dei cuccioli iniziarono subito.
Grecia ripescò un vecchio cesto in vimini, che Megan aiutò ad imbottire per bene con coperte calde e cuscini.
Dal canto loro, Alan e Miguel si diedero da fare per allargare la cuccia nel giardino posteriore, in modo che i cuccioli si potessero muovere in tranquillità, una volta cresciuti un po'.
Rimaneva però un ultimo, spinoso problema: a chi li avrebbero affidati?
Certo, non potevano tenerli tutti. Non avevano spazio a sufficienza e due aski adulti davano già il loro bel da fare.
"Credo che la cosa migliore da fare sia aspettare che nascano e affiggere manifesti per tutta la città" suggerì Alan "Così, chi vuole un cane, saprà dove prenderlo".
Ines non era per niente d'accordo, ma quando il padre le promise che avrebbero trovato i padroni più buoni che c'erano in città, si rasserenò.
Secondo lei i piccoli dovevano rimanere con la loro mamma, ma Miguel le fece capire che non era possibile, perché non sapevano dove farli dormire.
L'arrivo dei cuccioli non era l'unica cosa a cui si ci doveva preparare e Grecia decise che era ora di dirlo ai ragazzi.
"Miguel, vai a preparare una valigia con degli abiti pesanti" gli disse, mentre il figlio saliva le scale.
"Abiti pesanti?" chiese Megan "E a cosa ci servono?", "Andiamo in montagna per un paio di settimane" spiegò Alan, afferrando un grosso zaino dal ripostiglio.
Miguel rimase a bocca aperta per un lungo istante, poi esclamò "Te l'avevo detto, Megan! Lo sapevo che stavano organizzando qualcosa".
"Miguel, non fare lo ttemo" lo rimproverò Ines, poggiandosi le mani sui fianchi, con un'espressione che ricordò tantissimo nonna Milli.
Megan scoppiò a ridere e la prese in braccio "Brava fiorellino! Digliene quattro", poi la portò di sopra ed iniziò a preparare la propria valigia.
Dalla sua stanza, si continuavano a sentire le loro risate allegre, ma il fratello non se la prese.
Ormai ci era abituato; la loro era una famiglia di burloni, infondo.
Approfittando dell'assenza delle sorelle, il giovane si avvicinò al padre "Papà, verrà anche qualcun altro con noi?".
"Sì, verranno i McKallister. Così trascorreremo una bella vacanza tutti insieme" sorrise Alan "Avverti Megan, mi raccomando".
"Certo" rispose il ragazzo, facendo mente locale di non dire assolutamente niente alla sorella.
Sapeva bene che, se lo avesse saputo, si sarebbe finta malata, causando l'annullamento della vacanza.
 
I preparativi non durarono molto ed in pochi giorni la famiglia Marley fu pronta per una vacanza che si preannunciava indimenticabile.
Era il 7 luglio e Megan si sentiva stranamente irrequieta; sentiva che avrebbe avuto una sorpresa, ma non aveva la minima idea di cosa l'aspettasse.
Una cosa era certa; da una parte voleva che ci fosse anche Richard con lei, ma dall'altra aveva paura di perdere la testa come durante la caccia la tesoro.
Si sentiva ancora molto confusa, ma non riusciva a trovare il coraggio per confidarsi con la madre.
Quella situazione si faceva di giorno in giorno più intricata e lei non sapeva come uscirne.
Alan caricò tutti i bagagli in macchina e fece salire Shiver e Thunder nello spazio appositamente ricavato.
La famiglia sistemò al meglio il seggiolino di Ines e Grecia sorrise "Pronti per partire?", "Certamente!" esultarono Megan e Ines.
Intanto, Miguel continuava sghignazzare senza motivo; quando poi guardava la sorella, scoppiava letteralmente a ridere.
"Ma che cos'hai da ridere tanto?" chiese la ragazza, appoggiandosi alla macchina "Sei diventato scemo all'improvviso?".
Il fratello non rispose e continuò a ridere come un matto, poggiandosi una mano sulla bocca.
"Ma cos'hai bevuto a colazione? Birra, o qualcosa di peggio?" chiese la madre.
Megan alzò gli occhi al cielo al ricordo, ma non disse niente.
Era già un miracolo che la madre non avesse scoperto niente di quella turbolenta serata.
Fortuna che Richard l'aveva aiutata a riportarlo a casa, o non osava immaginare quello che sarebbe potuto succedere.
Ines si sporse dal finestrino posteriore e salutò la macchina scura che stava arrivando.
"Meg! Guarda che macchina! Che bella…" esclamò entusiasta, "Sì, l'ho vista, Ines" sospirò lei "Ora rimettiti seduta".
Ormai, Ines riusciva a padroneggiare piuttosto bene il suo vocabolario ed Alan aveva ammesso di essere quasi spaventato dalla velocità con cui apprendeva le cose.
"Ormai è pronta per andare all'asilo" aveva replicato la moglie, sorridendo alla figlia piccola.
Ed ora, lei doveva sforzarsi di evitare che la sorellina cadesse dal finestrino aperto, mentre si sporgeva per osservare l'auto scura che stava arrivando.
"Ma è Ric! Ciao, Ric!" esclamò allegramente la bambina, richiamando l'attenzione della ragazza.
Alan si sporse dal finestrino e salutò il suo amico Josh, "Buongiorno. Iniziavamo a pensare che non sareste più venuti".
"In effetti, abbiamo fatto un po' tardi" si scusò Helen "Non riuscivamo a trovare le valigie da nessuna parte".
"Non importa. Allora, siamo pronti per partire?" chiese Grecia, "Pronti come non mai" disse Richard, uscendo dall'auto.
Megan trattenne il fiato, poi chiese al padre "Pensavo che saremmo andati da soli. Non sapevo che venissero anche i McKallister. Perché non me l'hai detto prima?".
"Non lo sapevi? Ma come, Miguel non ti ha detto niente?" chiese sbalordito Alan.
"Perché? Miguel lo sapeva?" esclamò sorpresa la ragazza, "Certo. Gli avevo detto di avvisarti".
Lei si volse verso il fratello e lo fulminò con lo sguardo, "No, non mi aveva detto niente".
"Allora direi che questa è una bella sorpresa per entrambi. Anch'io l'ho saputo solo ieri" sorrise Richard.
"Già, lo penso anch'io" mormorò lei, cercando di non arrossire mentre il ragazzo le si avvicinava per salutare anche Ines e Miguel.
Sentì il cuore partire in quarta, quando le loro mani si sfiorarono per un breve istante, ma fece finta di niente e salì in macchina.
Diede una gomitata nelle costole al fratello e sibilò "La prossima volta che fai una cosa del genere, ti ammazzo!".
Lui evitò un secondo colpo, ridendo divertito "E perché? Trascorreremo una vacanza assolutamente fantastica, me lo sento. Infondo, ti ho fatto un gran bel favore!".
Di sicuro, lo stava facendo a Richard, dato che era praticamente cotto di sua sorella.
La ragazza si accasciò contro lo schienale, sospirando sconfitta Ha ragione. Sono certa che questa sarà una vacanza indimenticabile.
 
Dovettero passare almeno cinque ore di viaggio, prima che le montagne diventassero visibili al'orizzonte, e ne servirono altre due per raggiungere il piccolo paesino di montagna vicino al quale avrebbero alloggiato.
Ines si era addormentata dopo un'ora e questo aveva permesso a Megan di rilassarsi un po'.
La piccola non aveva fatto altro che domande su Richard, sulla vacanza e sui cuccioli che avrebbe messo al mondo Shiver.
Su questo, era come Miguel, poteva diventare tremendamente seccate quando si ci metteva!
Finalmente, la grande baita che li avrebbe ospitati apparve oltre gli abeti, mentre la strada si riduceva ad uno stretto sentiero.
Ci volle tutta l'abilità di Alan per evitare buche e scossoni che avrebbero svegliato Ines.
Un grande garage, che aveva l'aria di una grotta squadrata, era aperto per ospitare le due auto, mentre due persone erano accanto all'entrata.
Josh McKallister andò a parlargli ed i ragazzi capirono che erano i proprietari della baita che avevano preso in affitto.
Dopo pochi minuti, la coppia sorrise ed augurò un buon soggiorno nella zona, che descrissero come la più bella dello stato.
Richard lasciò andare un sospiro di sollievo quando poterono portare le valigie dentro casa.
Sentiva le gambe indolenzite per tutte quelle ore d'immobilità passate nell'auto e non vedeva l'ora di fare una lunga passeggiata.
Il posto era davvero bello e pittoresco, al punto da sembrare uscito da un dipinto.
La baita era interamente in legno ed era circondata da un boschetto ottimo per fare trekking, a detta dei proprietari.
Dentro l'abitazione aleggiava un delicato profumo di pino e abete bianco, che ben s'intonava alla zona.
"Allora, penso che Richard e Miguel dovranno dormire nella stessa camera e lo stesso vale per Megan ed Ines" mormorò Alan, osservando la struttura della baita.
"Le stanze da letto non sono molte per due famiglie, quindi dovremo arrangiarci".
I due ragazzi sorrisero ed anche Megan non ebbe niente da obbiettare; per loro, la situazione era perfetta.
Ines, ormai sveglia, corse per tutto il corridoio in legno, per poi aggrapparsi alla gamba del padre per non scivolare.
"Vedo che ti sei già ambientata" ridacchiò Josh, accarezzando la testolina riccia della bambina.
"Casa bella e grande" cinguettò la piccola, prima di ricominciare a correre.
Megan si assicurò che i suoi aski avessero una cuccia confortevole ed al riparo dal freddo, soprattutto Shiver.
Doveva assolutamente stare al caldo e sistemò meglio alcune coperte per ripararla da eventuali spifferi.
Accarezzò i due cani, sorridendo "Più tardi vi va di fare una passeggiata?".
Thunder le leccò la mano e abbaiò, come in segno affermativo.
Poi si rintanò nella cuccia in legno, stendendosi accanto alla sua compagna su morbide e calde coperte.
Richard sorrise dalla veranda rialzata e fece un fischio "Vieni dentro, Megan. Da qui, il paesaggio è semplicemente fantastico".
Lei si pulì le mani dagli aghi di pino e lo seguì fino ad un balcone del secondo piano, dal quale si vedeva tutto il villaggio sottostante.
Rimase a bocca aperta per lo stupore, per poi sorridere estasiata "È stupendo. Assolutamente splendido...".
"Non oso immaginare come sia l'alba da qui" sussurrò il ragazzo "A casa, l'ho vista diverse volte, ma scommetto che qui sarà mille volte meglio".
Poi, alzando lo sguardo sui rami sopra le loro teste, ridacchiò "Mi sveglierò al canto degli uccelli, come in quei vecchi film in bianco e nero".
Lei lo guardò in silenzio, mentre sentiva dentro di sé una nuova sensazione, forte e dolcissima al tempo stesso.
Avrebbe voluto rifugiarsi tra le sue braccia ed osservare quel panorama assieme a lui, senza vergogna o paura o confusione.
Avvertì l'improvviso affluire del sangue alle guance, mentre quei pensieri si facevano largo nella sua mente.
Accidenti, ma perché doveva essere tutto così complicato?
Abbassò lo sguardo e rientrò nella propria camera, cercando di sistemare al meglio i propri bagagli e quelli della sorellina.
Il suo letto era proprio dalla parte opposta alla finestra, per poter sistemare meglio il lettino in legno di Ines.
Però le sarebbe bastato alzarsi a sedere per vedere la grande vallata oltre le cime degli abeti ed il fiume, che l'attraversava come un lungo nastro d'argento.
Poggiò i gomiti sul ripiano della finestra e rimase a guardare come il sole si riflettesse sull'acqua del fiume, dando l'impressione di osservare una scia di diamanti.
Un fringuello fece sentire il suo richiamo tra le fronde di un abete e subito un altro rispose, scatenando un vero e proprio concerto di trilli e gorgheggi.
La ragazza si ritrovò a sorridere divertita E sì, ci sveglieremo davvero al canto degli uccelli. Proprio come nelle fiabe.
 
Grecia aveva deciso di inaugurare il loro arrivo con una cenetta con i fiocchi e si diede da fare ai fornelli, mentre le figlie le davano una mano.
Ines passava alcuni degli ingredienti più sicuri alle altre due, come ad esempio la cipolla.
Megan si mise un paio di occhialini da piscina ed iniziò ad affettarla a dadini, stando attenta a non ferirsi.
Quando Miguel si affacciò nella cucina e la vide, scoppiò a ridere per la sorpresa.
Lei gli lanciò uno sguardo inceneritore "Questi mi servono a non far lacrimare gli occhi, cosa credi?".
"L'avevo capito, ma non me l'aspettavo da te" spiegò il ragazzo tra le lacrime "Sei troppo buffa!".
La cipolla stava facendo effetto, se poi unita alle risate, il risultato erano occhi rossi e gonfi come quelli di una rana, perdipiù pieni di lacrime.
La sorella gli porse una pezza bagnata, borbottando "Vatti a sciacquare gli occhi con l'acqua fredda, o ti bruceranno per parecchie ore".
Lui annuì ed andò in bagno a rinfrescarsi la faccia, cercando di non ridere ancora della sua espressione scocciata.
Era troppo forte!
Grecia sorrise e si diede da fare per mescolare il tutto nel modo giusto; il chili era una ricetta complicata da quel punto di vista.
Quando dovette aggiungere il concentrato di peperoncino e la salsa Worcestershire, la figlia disse "Mamma, non esagerare".
Alzò lo sguardo al cielo ed aggiunse "Se papà e Miguel ne vorranno ancora, lo avranno a parte. Non voglio che Richard e i suoi genitori si brucino la lingua".
La madre ammiccò e preparò una salsa più piccante in un'altra pentola, in modo da accontentare anche il figlio ed il marito.
Quando la salsa fu pronta, le donne la portarono a tavola e cominciarono a distribuirla su larghe fette di pane o sugli hot dog che Helen aveva cotto in precedenza.
Miguel sorrise quando vide la sorella portare una seconda pentola di chili e metterla tra lui ed il padre.
"Ecco, questa è apposta per voi. È decisamente più forte" mormorò la ragazza, prima di sedersi a tavola.
"Miguel va matto per il chili stra-piccante" spiegò poi al suo compagno di classe "e, dato che piace anche a mio padre, ne prepariamo sempre un po' con una dose maggiore di peperoncino".
"Cavolo" mormorò il ragazzo, quando lo assaggiò "È... forte. Mi piace", "Anche a me piace il chili" ridacchiò Ines "Però quello di Miguel mi scotta la lingua".
Alan si servì una generosa porzione di chili sul pane e lo mangiò di gusto, poi lo passò al figlio.
Miguel si sporse verso Richard e gli versò un po' di salsa sul pane "Vedrai che sapore, amico. È il massimo!", "Non ne dubito" sorrise l'altro, dando un morso alla fetta.
"Miguel" esclamò Megan "Non gli avrai dato la salsa che abbiamo preparato per voi?", "Sì, è la migliore di tutte!" ridacchiò il fratello.
"Ma sei matto? Lui non è abituato a questi sapori così forti!" lo riprese lei, rivolgendo uno sguardo preoccupato al suo amico.
In effetti, il volto di Richard era diventato di un rosso intenso e gli occhi gli lacrimavano.
Ormai, il ragazzo stava iniziando ad annaspare per prendere l'acqua ed estinguere quell'incendio che aveva nella bocca.
La compagna gliene riempì velocemente il bicchiere e lui lo mandò giù tutto d'un fiato.
Cercò di tornare a respirare normalmente, esclamando "Accidenti! Cos'era? Lava concentrata?".
Scoppiarono tutti a ridere, mentre la ragazza lanciava uno sguardo furibondo al fratello.
Miguel diede una pacca sulle spalle all'amico, dicendo "Scusami, credevo che ti piacesse".
"Per essere buono, era buono" mormorò lui "Ma è tremendamente piccante. Non riesco a capire come tu riesca a mangiarlo come se fosse niente".
Era un miracolo che non avesse sputato fuoco; come diavolo faceva l'amico a mandarlo giù come fosse acqua?
Ines batté le mani divertita e si alzò dallo sgabello, ma la madre la riacchiappò subito, "Resta qui" le disse seria.
La bambina fece il broncio e aspettò impaziente che tutti finissero di mangiare.
Richard ridacchiò dietro il piatto a quella vista; gli ricordava troppo Megan quando si arrabbiava.
Quando, finalmente, Helen e Grecia sparirono nella cucina con i piatti da lavare ed Alan e Josh uscirono per fare una passeggiata, Ines si alzò e corse verso Richard, attaccandosi alla sua gamba.
Il ragazzo la prese in braccio, chiedendole "Cosa c'è, piccolina?", "Voglio parlarti" disse la piccola.
"Va bene, soldo di cacio. E di cosa?" ridacchiò lui, camminando verso il salotto.
La bambina gli poggiò le manine sulle guance e, guardandolo negli occhi, chiese seria "Tu vuoi bene a Meg, non è vero?".
A quelle parole, Richard rimase sconcertato; non si sarebbe mai aspettato di ricevere una domanda simile da una bambina di appena quattro anni!
Cercò le parole giuste per rispondere alla piccola, ma sia lui, che Ines furono distratti da un rumore di pentole che cadevano a terra.
Megan li stava guardando con gli occhi sgranati, mentre ai suoi piedi c'era un mucchio di pentole e tegami.
Miguel si drizzò dal divano con un'espressione assolutamente sorpresa e guardava ora la piccola, ora la sorella accanto a lui, ora Richard.
I suoi occhi scuri si muovevano così velocemente, che era difficile capire chi stesse osservando.
Ines rise di gusto, vedendo la sua espressione incredula, divertita da come il fratello avesse spalancato la bocca.
Si voltò di nuovo verso il ragazzo che la teneva in braccio e ripeté la domanda "Vuoi bene a Meg?".
"Certo che le voglio bene" rispose il giovane "È una mia carissima amica. Ci mancherebbe!".
Lanciò uno sguardo alla ragazza ed aggiunse "È speciale, la ragazza più speciale che io abbia mai conosciuto".
Poi posò la bambina a terra ed uscì sotto la veranda, lasciando Megan rossa in volto e confusa da quelle parole così misteriose, eppure così chiare.
 

Ecco fatto. mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto... come avete visto, ci sono un paio di novità: i cuccioli in arrivo e la vacanza in montagna. E galeotto fu.. eh eh! non ve lo dico, non ancora! ma presto vedrete le cose appianarsi non poco tra i due ragazzi <3 e sarebbe anche ora... Beh, sperando che il capitolo vi sia piaciuto, vi slauto. ci vediamo al prossimo aggiornamento ^_^ Ditemi cosa ne pensate, per piacere. sono curiosa di vedere quali congetture farete XD
un bacio, vostra
Alys'93

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Capitolo 27
*** Alba sulle montagne ***


Salve a tutti, ragazzi. scusate se ci ho masso tanto ad aggiornare, ma ora ho iniziato l'università e non ho più molto tempo... mi dispiace di avervi fatto aspettare tanto e spero che questo capitpolo possa aiutarmi a farmi perdonare ^_^ Orami, la fatidica ora X è quasi scoccata, manca poco... (finalmente, dopo 27 capitoli! Nd tutti) eh.. lasciamo stare. Spero che questa piccola cornice possa piacervi. Personalmente, mi sono ispirata ad un'estate passata in Trentino... Beh, spero che vada bene. buona lettura!



27- Alba sulle montagne

Quella notte, Megan non riusciva a prendere sonno in nessun modo.
Le parole pronunciate da Richard continuavano a invaderle la mente "È speciale, la ragazza più speciale che io abbia mai conosciuto".
Sembrava un ritornello tremendamente dolce, che le scaldava il cuore con una tenue fiamma di speranza.
Quelle non erano state parole casuali, lo sapeva bene.
Le aveva pronunciate con troppa intensità e lo sguardo che le aveva lanciato era troppo… troppo dolce per una frase buttata lì per caso.
Quando il ragazzo era uscito sulla veranda, Miguel si era nuovamente steso sul divano ed aveva borbottato qualcosa del tipo "Era ora!", ma lei non aveva capito a cosa si riferisse.
Sentiva il cuore fare salti mortali nel petto, come non le era mai successo prima di allora e le era difficile concentrarsi, anche sulle cose più banali.
Aveva finito di aiutare sua madre ed Helen in cucina, cercando di non guardarle in faccia; sapeva che loro si erano accorte del suo stato d'animo, ma non se la sentiva di esternare cosa sentiva.
Aveva avvertito i loro sguardi indagatori trapassarle la schiena per tutta la serata e poté tirare un sospiro di sollievo solo quando si chiuse la porta della sua camera alle spalle.
Dopo aver messo a letto Ines, era rimasta a lungo a guardare il soffitto di travi in legno, cercando una spiegazione a tutta quella situazione.
Solo di una cosa era certa: lei era ormai sicura al cento per cento dei propri sentimenti nei confronti di Richard.
Non era più confusa, sapeva quello che il cuore le stava suggerendo da tempo ed era pronta ad accettarlo appieno.
Non aveva più paura dell'ignoto. O, almeno lo sperava.
Dopo quest'ultima considerazione, la ragazza riuscì finalmente a scivolare tra le braccia del sonno.

Le sembrò di essersi appena addormentata, quando il silenzio fu improvvisamente interrotto dal pianto acuto della sorellina.
Si alzò di scatto e le corse accanto, prendendola in braccio "Cosa c'è? Ines, che cos'hai?".
La piccola si strinse a lei e continuò a singhiozzare, "Brutto sogno. Ho fatto un brutto sogno".
Megan lasciò andare un sospiro ed iniziò a cullarla, cantandole una nenia che le aveva insegnato sua madre.
Rimase a canticchiare a lungo, prima che il corpicino della sorella si rilassasse contro il suo, facendole capire che si era quasi addormentata.
Ines la guardò con i suoi grandi occhi scuri e chiese "Posso stare con te un poco?", "Certo, fiorellino" sorrise lei, portandola nel suo letto.
La poggiò nel lato interno, in modo che non cadesse durante il sonno, e le si stese accanto.
La bambina sorrise e si addormentò in pochi minuti, stringendo la mano della sorella maggiore.
Era così dolce quando dormiva, da farle pensare ad un cucciolo indifeso, ma sapeva bene che la piccola aveva l'argento vivo addosso.
La ragazza sorrise, vedendola dormire così placidamente, e si assicurò che fosse ben coperta, poi lanciò un'occhiata all'orologio luminoso dall'altra parte della stanza.
Le 3.14! Si voltò verso la finestra e questa le mostrò una notte fonda e priva di stelle.
E che cavolo! Ultimamente, finiva sempre per svegliarsi nel cuore della notte senza un valido motivo, ma stavolta una spiegazione c'era.
Questo però non l'aiutava a recupererai il sonno perduto.
Megan lasciò andare un breve sbuffo, ma si stese e cercò di riaddormentarsi accanto alla sorellina.
All'inizio, sembrava che il sonno non volesse arrivare, ma, finalmente, riuscì a rilassarsi tra le coltri morbide e calde del letto, sprofondando nella tanto desiderata incoscienza.

 
Richard fu improvvisamente scosso nel sonno da qualcuno di tremendamente fastidioso.
Lanciò un grugnito e si spostò di lato, ma quel rompiscatole continuava a scuoterlo a viva forza.
Si mosse di nuovo, infilando la testa sotto il morbido cuscino, ma niente da fare.
Quel sogno fastidioso non lo voleva lasciare in pace!
Concentrandosi meglio, riuscì a cogliere anche le parole che stava pronunciando.
"Avanti, Richard! Svegliati! Non puoi perderti questo spettacolo!" stava urlando Miguel.
Finalmente, il ragazzo riuscì a sollevare le palpebre e si strofinò gli occhi, mentre si drizzava a sedere.
"Miguel, sono appena le 5.00 del mattino. Spegni la luce e torna a dormire" mugugnò, dando un'occhiata all'orologio.
Sembrò che l'amico non l'avesse neanche sentito, "Ma che luce e luce! Avanti, Richard! Vieni a vedere l'alba. Sbrigati!".
Il giovane si alzò e, barcollando, seguì Miguel alla finestra.
Il panorama che gli si presentò davanti agli occhi lo svegliò di colpo, mentre il respiro gli si bloccava in gola.
Un tenue alone rosato stava colorando tutte le montagne e la valle davanti a lui, donando colorazioni incredibilmente affascinanti.
Si guardarono negli occhi per un breve istante e corsero a svegliare i genitori.
Non potevano perdersi quello spettacolo così unico!
Alan fu il primo a capire cosa volessero i ragazzi a quell'ora del mattino e si sbrigò a infilarsi la vestaglia sopra il pigiama, correndo verso il salotto.
In quella stanza, c'era un'enorme vetrata, che permetteva di osservare tutto il paesaggio circostante.
Rimase assolutamente incantato davanti a quello spettacolo, mentre la natura risplendeva sotto i raggi sempre più forti.
Fu seguito subito dagli altri ed anche Ines fu svegliata da tutto quel trambusto.
Senza far rumore, si mosse lentamente per non svegliare la sorella, ancora nel mondo dei sogni.
Scese dal letto, correndo verso la mamma che era appena passata davanti alla loro porta, e si diresse alla finestra con tutti gli altri.
"Che bel sole!" esclamò rapita, mentre il padre la sollevava per farle osservare meglio quel panorama assolutamente indescrivibile.
Ormai si riusciva a scorgere il primo spicchio del sole, che mandava bagliori rossi ovunque.
Richard si guardò intorno e si accorse che Megan non c'era; guardò Ines e le chiese "Dov'è Megan?".
La piccola si strofinò gli occhi "Meg dorme ancora. Lei è tanto stanca".
Miguel scosse la testa, mormorando "Vado a chiamarla. Non può perdersi questo spettacolo".
Richard lo seguì di corsa ed aprì la porta della stanza dove dormiva la ragazza.
Ines l'aveva lasciata socchiusa quando si era alzata, incuriosita da tutto il trambusto che avevano fatto.
Megan era ancora profondamente addormentata, mentre attorno a lei le coperte erano totalmente scombinate.
Evidentemente, quando Ines si era svegliata, aveva scalciato via le lenzuola.
Lui si chiese se non avesse freddo, con solo il pigiama addosso. Certo, non bastava a proteggerla dal freddo pungente che c'era fuori.
La ragazza stava dormendo stesa su di un fianco e stringeva il cuscino al petto, come se stesse abbracciando qualcuno, sorridendo beata.
Il fratello l'afferrò per un piede e la scosse "Megan! Svegliati, c'è una cosa che devi assolutamente vedere!".
Lei mormorò qualcosa e si stese sull'altro lato, ma Miguel non si diede per vinto "Avanti, apri gli occhi! Smettila di poltrire! Svegliati!".
Dalle labbra della giovane uscì uno sbuffo contrariato e, ancora nell'inconscio, lanciò il cuscino verso il fratello.
Peccato che sbagliò mira e lo mancò di poco…
Megan sbatté le palpebre per svegliarsi e si sedette, borbottando "Miguel, ho dovuto far addormentare Ines, che mi ha svegliato nel cuore della notte. Ti dispiace lasciarmi dormire un po'?".
"Ehi!" sentì lamentarsi una voce che ben conosceva "È vero che stai ancora dormendo, ma almeno guarda dove tiri le cose!".
Spalancò gli occhi di colpo e vide suo fratello guardarla scocciato, mentre Richard reggeva il cuscino che aveva lanciato.
Ci mise un po' a mettere a fuoco la situazione, ma, quando ci riuscì, sentì l'irritazione montarle dentro come un'onda.
Lei era in pigiama e quei due erano entrati nella sua stanza senza neanche bussare?!
Sentì le guance diventare bollenti, mentre il resto del viso si faceva pallido come un lenzuolo.
Faceva davvero paura con quell'espressione ed i due ragazzi capirono che stava per arrivare il peggio.
Ines e gli altri nel salotto sobbalzarono di colpo, quando sentirono un urlo furioso provenire dalla camera di Megan.
"FUORI DA QUI! SUBITO!". Miguel e Richard si fiondarono fuori dalla stanza, inseguiti da una marea di cuscini, libri e lenzuola.
I due ragazzi si catapultarono nel salotto, mentre sulla soglia apparve Megan, avvolta nella sua vestaglia e con un cuscino di piume in mano.
Josh scoppiò a ridere "Dovevate lasciarla stare. Mai svegliare una ragazza in quel modo".
"Grazie dell'avvertimento" borbottò sarcastico il figlio "Ce ne siamo accorti da soli".
Alan richiamò la figlia, facendole un cenno con la mano "Vieni, Meg. C'è uno spettacolo che non puoi assolutamente perderti".
Un sorriso divertito gli incurvò le labbra "Miguel e Richard non ti hanno svegliata per niente. Dai, vieni a vedere".
La ragazza si avvicinò lentamente e rimase a bocca aperta, quando vide il sole sorgere all'orizzonte, tingendo la terra di mille colori sgargianti.
Era uno spettacolo assolutamente indescrivibile.
Sentì le mani di Richard posarsi sulle sue spalle, ma non si mosse; anche volendo, non ci sarebbe riuscita.
Si accorse di avere gli occhi lucidi solo quando il ragazzo le chiese "Perché stai piangendo, Megan?".
Lei si strofinò gli occhi, sussurrando "È bellissimo. Non riesco a credere di essere davvero qui a vedere questo spettacolo meraviglioso".
"Sono d'accordo con te" le sussurrò il giovane, mentre un sorriso gli illuminava il volto "Ma io conosco qualcosa di ancora più bello".
Rimasero tutti immobili finché il sole non terminò la sua nascita, poi Grecia sussultò "La colazione! Meglio che vada a prepararla subito".
Helen le sorrise e la seguì in cucina per aiutarla.
Pochi minuti dopo, si sedettero al grande tavolo nella sala da pranzo e Miguel ebbe il suo bel da fare per convincere Ines a mangiare i suoi biscotti.
La piccola continuava a tentare di metterglieli in bocca, dicendo che erano buonissimi.
"Se sono così buoni, perché allora non vuoi mangiarli?" si lamentò il fratello, serrando i denti per evitare che la bambina gli facesse ingoiare l'ennesimo biscotto.
"Perché tu sei piccolo e devi mangiare" ribatté Ines, imitando gli atteggiamenti della madre.
"E tu saresti grande, allora?" esclamò Miguel, inarcando un sopracciglio scuro "Ma se sei alta come un soldo di cacio!".
Tutti i presenti scoppiarono a ridere e Megan sospirò "Non la convincerai mai. Lascia fare a me".
Si sedette al posto del fratello ed iniziò a canticchiare per distrarre la sorellina, in modo che mangiasse senza fare storie.
Helen sentì un sorriso incurvarle le labbra a quella scena; le ricordava i primi anni come mamma.
Da bambino, anche Richard aveva spesso fatto storie per mangiare, costringendola ad escogitare mille trucchi per distrarlo.
"Succede spesso?" chiese incuriosita, "No" rispose Alan "Solo quando Ines è in vena di scherzi".
"E Megan è l'unica che riesce a farla mangiare" aggiunse Grecia, ridendo di cuore "Canta e così la distrae".
"Non è l'unica a distrarsi, quando Meg canta" sghignazzò Miguel, guardando di sottecchi Richard, che seguiva la canzone della ragazza con uno sguardo sognante.
Josh ridacchiò sotto i baffi e scosse il capo, mentre il figlio continuava a guardare la compagna che si prodigava a dar da magiare alla sorellina.
Credo che si sia davvero innamorato pensò, sorridendo sollevato.
Da quanto tempo non vedeva più quel sorriso sereno sul volto del suo ragazzo, quella scintilla brillargli negli occhi ogni volta che guardava la giovane davanti a lui…
Nonostante tutti i suoi tentativi di nascondere quello che provava per Megan, Richard si era lasciato capire dei suoi genitori, che ora sorridevano felici.
Sembrava che finalmente avesse ritrovato la felicità di una volta.

Ci volle ancora qualche minuto buono perché anche l'ultimo biscotto sparisse nella bocca di Ines e la sorella lasciò andare un sospiro di sollievo.
"Bene. Adesso credo che possiamo uscire a fare un giro" mormorò, massaggiandosi i muscoli del collo, ancora indolenziti.
Andò in camera sua per pettinarsi, poi prese il giaccone ed i guinzagli ed uscì a prendere i cani.
Voleva portarli a fare un giro nei dintorni, in modo da farli divertire, e poi, anche lei sentiva il bisogno di camminare.
Thunder e Shiver non si fecero pregare ed iniziarono a correre tra gli alberi, costringendo la padrona a corrergli dietro.
A volte, prendevano direzioni diverse, attorcigliandosi attorno agli alberi, mentre seguivano le scie dei vari animali che vivevano nella foresta.
I ragazzi la seguirono ridendo e Miguel corse a riprendere Thunder, che era sparito tra gli alberi, abbaiando come un matto.
Quando lo trovarono, il cane stava scavando ai piedi di un grosso abete e sollevava un sacco di terra.
Richard e Miguel lo afferrarono per il collare e lo tirarono via a fatica, mentre l'aski continuava ad uggiolare e tirare per tornare alla fossa.
Ma che cavolo gli è preso? si chiese Megan Non l'ho mai visto comportarsi così.
Poi si avvicinò alla buca scavata dal suo cane e vide un nido che era caduto da qualche ramo più alto.
Dentro, c'erano ancora tre uccellini che pigolavano senza sosta, mentre aprivano i becchi in cerca di cibo.
Richard si avvicinò, incuriosito dall'espressione della sua amica, e vide il nido che aveva tra le mani.
"Ci penso io" le disse, poi si arrampicò sui rami più bassi e salì fino a scovare una conca nella corteccia.
Prese il nido che Miguel gli porgeva e lo sistemò in modo che non cadesse, circondandolo con alcune fronde secche.
Mentre scendeva, vide una ghiandaia avvicinarsi ai piccoli e portare loro del cibo; trattenne un sorriso e si sbrigò a tornare con i piedi per terra.
Megan gli sorrise radiosa nel dire "Ho visto una ghiandaia seguirti. Era la madre per caso?".
"Sì… penso..Penso proprio di sì" mormorò il ragazzo, mentre cercava di pronunciare una frase un po' più coerente davanti a quel sorriso così dolce.
 
I giorni seguenti passarono velocemente tra passeggiate al fiume, corse tra le rocce e trekking, per mantenersi in forma anche in vacanza.
L'acqua del fiume era limpida e cristallina, anche se freddissima, e si riuscivano a scorgere tutti i pesci che vi nuotavano dentro.
Megan non riusciva mai a stancarsi di tutte le bellezze che le si paravano davanti agli occhi.
Amava soprattutto salire sulle rocce che dominavano le alture e, da lì, osservare tutta la vallata che si estendeva davanti a lei.
A volte, scendevano tutti insieme nel piccolo paesino accanto al fiume e Richard scattava molte foto alle case antiche.
Durante una di quelle discese, si ritrovarono a visitare anche un vecchio maniero inglese del XVI secolo.
Più di una volta, Megan si stupì nel ritrovarsi nella maggior parte delle foto, sia sullo sfondo sia in primo piano.
Era davvero affascinante passeggiare per le strade lastricate da grandi pietre squadrate, che ricordavano quelle già viste a Roma, durante la loro gita in Italia.
Man mano che osservava la foresta, diventava più attenta e la cosa la divertiva.
Ormai riusciva a distinguere i vari alberi che la formavano, guardando attentamente le foglie o il tronco.
Una sera, suo padre le fece notare un grosso gufo che lanciava il suo stridulo verso nella notte, mentre la sua figura si stagliava scura contro la luna piena.
Il settimo giorno, riuscì anche a scorgere uno scoiattolo su un ramo di un sorbo rosso.
Rise a crepapelle quando l'animaletto, attirato dalle noccioline che Miguel stava mangiando, si appollaiò sulla testa di suo fratello, spaventandolo a morte.
La ragazza non riusciva a smettere di ridere ed indietreggiò, ma rischiò di inciampare e finì contro Richard, che la strinse tra le braccia.
Le risate le morirono in gola e si bloccò di colpo, mentre l'ormai familiare fiamma tornava ad accendersi dentro il suo petto.
Miguel si pulì i capelli dalle foglie e rami che vi erano rimasti impigliati, mormorando "Se volete, posso anche andarmene e lasciarvi soli".
I due arrossirono e esclamarono insieme "No! Ma cosa ti viene in mente?", poi si allontanarono appena e lui prese ad accarezzare Thunder.
Megan si sentiva turbata e al tempo stesso attratta da come Richard potesse farla sentire al sicuro, di come desiderasse ardentemente poter rimanere con lui per sempre.
Aveva bisogno di stargli lontano per almeno un paio d'ore e riflettere su quello che provava quando era accanto a lui.
Avrebbe voluto parlane con sua madre, ma non trovava mai il coraggio per farlo e continuava a tenersi tutto dentro.
Doveva capire cosa si stesse agitando dentro di lei, al più presto.
Si sentiva fin troppo bene in sua compagnia, non era una cosa razionale.
La certezza di qualche giorno prima era svanita così com'era arrivata, lasciandola più confusa che mai.
Trovò l'occasione che cercava due giorni dopo l'incidente dello scoiattolo, uscendo con la scusa di fare trekking fino a sera.
In quel momento, Miguel e Richard erano al fiume e, se lei avesse preso la strada per la foresta, non si sarebbero accorti della sua presenza.
Ultimamente, i due ragazzi si divertivano molto a pescare trote e pesci di fiume, da servire poi a cena con un contorno scelto dalle madri.
I loro risultati venivano molto apprezzati anche da Ines, che non aveva mai voluto mangiare pesce in vita sua.
La cosa buffa era che facevano sempre gare a chi ne riusciva a pescarne di più, comportandosi come due bambini.
Megan si calcò il cappuccio della giacca in testa ed iniziò a correre attraverso gli alberi, allontanandosi velocemente.

 

Quando Richard tornò a casa con un paio di trote nel cesto, si accorse immediatamente che la ragazza era uscita.
La sua giacca a vento non era appesa al gancio e mancavano anche i suoi scarponi da montagna.
Grecia si accorse del suo sguardo preoccupato e disse "È andata a fare trekking circa mezz'ora fa. Ha detto che sarebbe tornata per cena".
Il ragazzo annuì appena "Penso che anch'io andrò a fare un po' di moto. Dopo tutte quelle ore a stare immobile, ne ho davvero bisogno".
La donna annuì, sorridendo comprensiva; non era difficile capire che quella era una scusa per andare a cercarla.
"Se la trovi, dille di stare lontana dal sentiero che porta alla Rocca della Tempesta" mormorò tornando in cucina.
Al suo sguardo interrogativo, spiegò "Ieri c'è stata una frana. Potrebbe essere pericoloso per voi".
"È la strada più breve per tornare dal Picco dell'Aquila" mormorò Richard "Quindi se è andata in quella direzione, cercherà di prendere quel sentiero per tornare".
Ormai, aveva diversi motivi per trovare Megan al più presto; doveva anche avvisarla della frana.
"Sta' attento, Richard. La strada diventa scivolosa verso la cima" lo avvertì Grecia.
Lui annuì e, presa velocemente la giacca, corse fuori, cercando un qualche segno che gli indicasse la direzione presa da Megan.
Suo padre stava tagliando alcuni ciocchi di legno per il camino, ma sollevò lo sguardo dal suo lavoro quando lo vide cercare qualcosa con aria ansiosa.
"Se stai cercando Megan, è andata verso la foresta" disse, posando un attimo l'accetta "Ha preso il sentiero che porta sul Picco dell'Aquila".
Il giovane fece un cenno di ringraziamento e si precipitò in quella direzione, cercando qualche impronta che gli indicasse una via più precisa.
Come si aspettava, la ragazza era andata verso il picco più alto della zona; proprio la strada che avrebbe dovuto evitare per un ritorno tranquillo.
Man mano che avanzava senza scorgere tracce della compagna, sentiva la preoccupazione aumentare sempre più.

Finalmente, la scorse su una roccia in una radura, mentre osservava pensierosa il cielo azzurro.
Le si avvicinò tranquillo e chiese "Stai facendo una pausa?".
Megan si voltò di scatto, sibilando "Sai che la tua mania di arrivare alle spalle senza far rumore è una pessima abitudine?".
"Mi dispiace, non volevo spaventarti" si scusò il ragazzo, cercando di reprimere un sorriso.
Lei fece una smorfia, scuotendo il capo, prima di indicargli una famiglia di marmotte appostate a guardare il cielo.
"Come sono buffe" bisbigliò, stendendosi sull'erba per non farsi vedere, "Già, sembrano tante sentinelle" aggiunse Richard, chinandosi accanto a lei.
Rimasero ad osservare quei buffi animaletti finché il ragazzo non scorse un'ombra scura contro il cielo limpido.
Diede un colpetto alla sua amica e la indicò con la mano "Secondo te, è un'aquila o un falco?".
La ragazza si frugò nella tasca della giacca e lanciò un'esclamazione di disappunto.
"Accidenti!" borbottò "Per la fretta, non ho preso il binocolo! Così non posso capire se è un'aquila o un altro rapace".
Lui la guardò incuriosito "Perché? Andavi di fretta quando sei uscita?", ma la sua domanda rimase senza risposta.
Quando videro la figura dell'uccello puntare contro le marmotte, Megan si alzò in piedi e diede un forte fischio, portandosi l'indice ed il pollice alla bocca.
Il suono si propagò per tutta la radura e la famiglia di marmotte si rifugiò spaventata nella propria tana.
Richard scosse il capo e si rialzò "Non puoi sempre salvarle. La natura, infondo, è tutto un cerchio".
"Lo so, ma proprio non ce la facevo a vedere uno di quegli animaletti morire sotto i miei occhi" sussurrò la ragazza, iniziando a scendere verso valle.
Lui sorrise ed accelerò il passo per starle accanto, "Allora, come trovi questo posto?".
"Assolutamente fantastico" mormorò la sua amica "Non ho mai visto niente di più meraviglioso".
Poi lo guardò in volto e disse con voce flebile "No, c'è qualcosa di ancora più bello".
"Cosa?" domandò il ragazzo incuriosito, ma, ancora una volta, lei non rispose.
Le sue guance erano diventate improvvisamente rosse e cercava di coprirle con i capelli.
Il suo compagno si chiese il motivo di quello strano comportamento, ma preferì non insistere.
Quando Megan si chiudeva nel silenzio era impossibile capirla.
Per quanto ci provasse, la soluzione gli sfuggiva sempre.
Si fermarono per qualche minuto ad osservare il panorama sottostante, sorprendendosi di come sembrassero lontano da tutto e tutti.
Quando videro il cielo oscurarsi verso est, decisero che la pausa era finita.
Scesero in silenzio per un bel tratto, poi la strada si fece più scoscesa e Richard le prese la mano, per evitare che cadesse.
Sentì chiaramente il cuore di lei accelerare di colpo, ma stavolta non si voltò per chiederle cos'avesse.
Voleva rispettare il suo silenzio e farla sentire tranquilla, solo questo.
La ragazza lo seguì senza dire una parola, mentre rifletteva sulle sue emozioni e sulle reazioni del suo corpo ogni volta che lui la sfiorava.
Era salita da sola a fare trekking proprio per evitare di stargli accanto e poter capire meglio quello che provava.
Invece, si trovava assieme a lui a scendere verso casa, mentre le loro mani erano intrecciate l'una nell'altra.
Si sentiva divisa, lacerata dentro. Non riusciva a capire cosa doveva fare.
Se da una parte voleva pensare in solitudine, dall'altra non voleva staccarsi da lui per nessun motivo.
Rimase per parecchi minuti a riflettere sulle due possibilità, poi decise che doveva prima capire bene i propri sentimenti.
Sciolse la presa dalla sua mano e disse "Io prendo un'altra strada. Ci vediamo più tardi a casa".
Richard la guardò sconcertato, poi indicò il sentiero che stavano percorrendo "Ma da qui faremo prima. Il tempo non promette bene. In montagna può cambiare rapidamente".
Lei scosse la testa, ostinata "No, prendo la strada tra gli alberi. Ci vediamo dopo" e sparì tra le fronde dei primi alberi.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo, finché non sparì dalla sua vista, chiedendosi il motivo di tanto distacco, ma non arrivò a capo di niente.
Infilò le mani in tasca e continuò a scendere, interrogandosi sullo strano comportamento di Megan.
Fino al giorno prima, era andato tutto bene, anche se l'aveva vista molto pensierosa e taciturna.
Da quella mattina poi, non aveva detto quasi niente ed era rimasta a lungo nella sua stanza ad osservare fuori dalla finestra.
Però, aveva notato che lo guardava sempre più spesso, per rivolgere lo sguardo altrove, se i loro occhi s'incontravano.
Il suo comportamento non era normale, era diventata troppo strana ed anche Miguel se n'era accorto.
Il giorno prima, le aveva rivolto uno sguardo preoccupato, ma la ragazza non aveva risposto niente e se n'era andata nella sua stanza.
Non la riconosceva più, non era la stessa Megan allegra e testarda che aveva conosciuto fino ad allora.
Quel silenzio in cui si era rinchiusa sembrava aver formato una barriera impenetrabile.
Il giovane si morse un labbro preoccupato, poi un tuono improvviso scosse l'aria attorno a lui.
Si calcò il cappuccio sulla testa ed iniziò a correre più velocemente verso la baita, prima che scoppiasse il temporale.
Si bloccò di colpo, quando alcune frasi pronunciate dalla compagna durante le vacanze di Natale gli tornarono alla mente.
"Ho il terrore dei temporali! Se ci sono i lampi e i tuoni… mi viene la pelle d'oca. Un fulmine colpì una delle case del mio villaggioe l'ha bruciata con tutte le persone che si trovavano all'interno! Scusa tanto se la paura non mi è mai passata!".
Lanciò uno sguardo terrorizzato alla foresta dove si era addentrata Megan e si lasciò sfuggire un'imprecazione, mentre si lanciava verso gli alberi alla ricerca della ragazza.

Ecco fatto, anche questo capitolo è andato, secondo voi cosa succederà, adesso? Dopo tutto questo casino, i nostri protagonisti riusciranno finalmente a dichiararsi? ^_^ beh, se lo volete sapere dovrete attendere il prossimo capitolo (che pubbliecherò a breve, promesso) Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. un bacio ed a presto, vostra Alys93 

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Capitolo 28
*** Confessioni sotto il temporale ***


Eccomi qui, dopo molto tempo sono finalmente riuscita ad aggiornare la storia. chiedo venia per il ritardo, ma con l'università.. beh, è stata dura. Spero che questo capitolo possa piacervi. vi avverto: la fatidica ora X è arrivata!


28-Confessioni sotto il temporale

Allo scoppio del tuono, Megan rabbrividì.
Dannazione, ci mancava solo il temporale!
Non bastava essere sola, confusa e infelice in una foresta scura e senza apparenti vie d'uscita… Ora ci mancava anche la pioggia!
Affrettò il passo, cercando il sentiero che l'avrebbe condotta verso casa, ma, per quanto cercasse, non riusciva a vederlo.
La paura iniziò a penetrarle fin dentro le ossa e ormai disperava di riuscire a trovare la strada.
Ma perché diavolo non aveva seguito Richard? A quest'ora, ormai, sarebbe dovuto essere arrivato alla baita.
Si chiese come avrebbe reagito quando si fosse reso conto che lei non era ancora arrivata.
Sarebbe tornato indietro a cercarla?
Sua madre sarebbe andata sicuramente nel panico e probabilmente suo padre l'avrebbe rassicurata.
E Miguel? Cosa avrebbe fatto suo fratello?
Suo padre sarebbe venuto a cercarla? Ines avrebbe insistito per seguirlo? E i genitori di Richard?
Si strinse più forte nella giacca ed iniziò a correre, cercando disperatamente la strada per uscire dalla foresta.
Il cuore le batteva sempre più forte, mentre iniziava a sentire i crampi alle gambe.
Dopotutto, non era stata una gran bella idea quella di abbandonare il sentiero principale, solo per stare un po' lontana da Richard.
Quanto avrebbe voluto vederlo in quel momento!
Aveva bisogno di lui e lo sapeva bene.
Era diventato più essenziale dell'aria o dell'acqua o della luce.
Come avrebbe voluto potersi rifugiare tra le sue braccia calde e sicure!
Non avrebbe avuto nessuna paura, nemmeno se fosse scoppiato un temporale tremendo.
Trattenne le lacrime che minacciavano di scenderle sul viso e continuò a cercare il sentiero.
Non poteva farsi prendere dal panico, non doveva cedere!
Nonostante quei pensieri, non riusciva a calmarsi e rabbrividì impaurita, quando sentì il lontano ululato di un lupo.
La disperazione e la paura la inducevano a girarsi continuamente al minimo rumore, senza che potesse prestare la dovuta attenzione a dove metteva i piedi.
Improvvisamente, sentì il vuoto sotto di sé e cadde con un grido di terrore.
 
Richard si bloccò di colpo, quando sentì un urlo provenire dal cuore della foresta.
Megan!
Avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque.
Si appoggiò al tronco di un tasso e cercò d'individuare il punto da cui arriva il suono.
Il cuore iniziò a battergli più forte al pensiero che potesse esserle successo qualcosa.
Iniziò a correre nella direzione del grido, cercandola dietro ogni roccia, ogni albero, ma non riusciva a vederla.
"Megan!" gridò con tutto il fiato che aveva in gola "Megan, dove sei? Rispondimi! Megan!".
Non ottenne alcuna risposta e continuò a correre, gridando il suo nome "Ti prego, Megan, rispondimi! Dove sei finita? Megan!".
Inciampò in un masso che sbucava dal terreno, cadde e tornò ad alzarsi, senza smettere di chiamarla.
Doveva trovarla, a tutti i costi. Quella ragazza era troppo importante per lui, più della sua stessa vita.
Ormai aveva i crampi ai muscoli delle gambe e la gola gli bruciava, ma non smise di cercarla.
Sentì uno scricchiolio dietro di sé e vide un ramo abbattersi al suolo, a causa del forte vento che si era alzato.
I tuoni ormai si susseguivano sempre più forti e vicini, segno che il temporale si stava avvicinando velocemente.
Quando un lampo improvviso saettò nell'aria, illuminando la foresta con un bagliore accecante, il ragazzo riuscì a scorgere una grossa buca nel terreno.
Sentì diversi rumori provenire da quel punto e si sbrigò a raggiungerlo, ma un grosso masso ed un albero divelto gli bloccavano il passaggio.
Aveva visto quella fossa nell'angusto spazio tra la roccia e l'albero, ma non ci sarebbe mai passato; lo spazio era troppo piccolo.
Osservando l'altezza del masso, Richard fece alcuni passi indietro per prendere la rincorsa e cercò di aggrapparsi ad una sporgenza della roccia.
La pietra appuntita gli ferì il palmo ed il ragazzo sentì un dolore lancinante alla mano.
Strinse i denti per non urlare e cercò di issarsi sul masso, facendo del suo meglio per ignorare il dolore acuto che lo trafiggeva.
Dopo diversi sforzi, riuscì a salire e si accorse che, dall'altra parte, la roccia declinava dolcemente verso il terreno.
Si lasciò scivolare a terra e ricominciò a correre verso la fossa, aguzzando le orecchie per ascoltare eventuali invocazioni d'aiuto.
"Megan!" urlò di nuovo "Megan, dove sei? Rispondimi!".
Dall'interno buca giunsero diversi suoni, che lo fecero sperare di averla ritrovata.
Terra che si muoveva, qualcosa che invece si tendeva fino a spezzarsi ed un gemito di dolore.
Il giovane si affacciò e tirò un sospiro di sollievo, nel vedere la ragazza sul fondo, circa un paio di metri più giù.
Diverse radici spezzate giacevano ai suoi piedi, segno evidente che aveva cercato di uscire, mentre i vestiti erano completamente coperti di terra.
"Megan!" esclamò lui, sentendo il sollievo invaderlo come un'onda "Finalmente ti ho trovata!".
La vide alzare la testa di scatto ed un tenue sorriso le illuminò il volto sporco di terra.
"Richard!" mormorò "Oh, mio Dio! Come sono felice di vederti!"; provò a raggiungerlo, ma cadde all'indietro e si accasciò di nuovo sul fondo.
Richard si guardò intorno e, vedendo un ramo robusto proprio accanto all'imboccatura, disse "Sta' tranquilla, adesso ti tiro fuori da lì".
Si aggrappò con una mano al ramo e tese l'altra verso la compagna, "Forza, aggrappati a me!".
Lei si diede un'occhiata alle spalle ed arretrò fino alla parete di fondo, poi prese la rincorsa e saltò per raggiungerlo.
Riuscì ad afferrargli la mano e la strinse forte, mentre cercava d'impuntare i piedi nella terra e darsi la spinta per uscire.
Il ragazzo serrò la mascella, quando il dolore della mano si fece più intenso, ma non si diede per vinto e riuscì ad issarla su.
Megan si accorse che qualcosa di caldo e umido le stava colando sul dorso della mano e sul polso; quando vide che era sangue, le vennero i brividi.
Ma allora Richard era ferito! Sentì le lacrime scorrerle sul viso senza che potesse fermarle, pensando che era colpa sua se ora era ferito.
Sua e del suo maledetto orgoglio.
Quando avvertì nuovamente il terreno solido sotto i piedi, sentì le gambe tremare in maniera incontrollabile e si appoggiò a lui per non cadere.
Improvvisamente, iniziò a piangere, affondando il volto nella sua spalla, mentre il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi.
"Tranquilla, Meg. Va tutto bene, adesso sono qui" le sussurrò il giovane, accarezzandole i capelli "Va tutto bene, te l'assicuro".
"Mi dispiace" mormorò lei tra i singhiozzi "Mi dispiace davvero, Richard. Io non..non volevo".
Trasalirono sorpresi, quando su di loro cadde una vera e propria valanga d'acqua.
"Maledizione!" imprecò Richard, fissando il cielo con rabbia "Ora ci mancava anche la pioggia!".
La prese per mano, accorgendosi appena del suo sussulto, e mormorò "Dobbiamo cercare un riparo, corri!".
Iniziarono a correre verso il limitare della foresta, in cerca della baita o di un qualunque rifugio sotto il quale aspettare che la pioggia cessasse, ma ovunque si voltassero, non c'erano che alberi.
Infine, Megan scorse una piccola grotta in una parete rocciosa e lo tirò in quella direzione.
Quando furono al coperto, la ragazza tirò un sospiro di sollievo e si accasciò a terra, prendendosi la testa tra le mani.
Lui non se ne stette con le mani in mano, ma si tolse il giubbino e disse "Io vado a cercare un po' di legna asciutta. Temo che dovremo restare qui tutta la notte e ci servirà un fuoco. I temporali di montagna durano parecchio".
La giovane si alzò di scatto e gli prese la mano "No! Ti prego, resta qui. È troppo pericoloso!" .
"Meg, andrà tutto bene" la rassicurò il ragazzo "Tu cerca di avvisare Miguel o chiunque possa aiutarci. E se puoi, cerca di ridurre l'entrata di questa grotta, così potremo stare più tranquilli".
Lei capì che si riferiva agli animali selvatici che potevano aggirarsi nella zona e questo non fece che aumentare la sua paura, ma capì che era l'unica cosa da fare.
Si sfilò la giacca e gliela diede, sussurrando "Prendi anche questa, così potrai coprirti meglio. Ti aspetto qui".
Richard le sfiorò la guancia striata di terra e lacrime, promettendole "Tornerò il prima possibile, te lo giuro", poi sparì sotto l'acquazzone.
Megan si sentì mancare nel vederlo sparire tra gli alberi, ma si costrinse a voltare le spalle all'imboccatura della grotta e si diede da fare per ridurne le dimensioni.
All'interno dell'angusta cavità, c'erano diversi massi e lei ce la mise tutta per spingerli il più vicino all'entrata.
Vi appoggiò la schiena e spinse con tutte le sue forze, ansimando per la fatica.
Ci vollero parecchi sforzi, accompagnati da alcune imprecazioni, prima che riuscisse a ridurre l'imboccatura, rendendola abbastanza piccola da permettere l'accesso solo strisciando.
Un lupo o un puma non ce l'avrebbero mai fatta, grossi com'erano, e lo stesso valeva per gli orsi. Si assicurò che anche nel suolo ci fossero pietre pronte a impedire un'eventuale incursione da sottoterra.
Se un animale selvatico avesse deciso di scavare, fino a creare uno spazio abbastanza grande da permettergli di passare, per loro sarebbe stata la fine.
La ragazza si passò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore e si accasciò contro la parete.
Era stremata, ma si costrinse a rialzarsi ed a raccogliere qualche pietra poco più piccola della sua mano per costruire un cerchio dove contenere il fuoco.
Con un'altra pietra, dalla forma vagamente a pala, scavò una piccola fossa per accogliere meglio le fiamme.
Quando finì, si appoggiò ad una delle rocce che chiudevano la grotta e rimase ferma, finché il suo respiro tornò alla normalità.
Prese il cellulare dalla tasca ed iniziò a comporre il numero del fratello, ma qualcosa le urtò contro la caviglia, facendola sobbalzare.
Vide Richard che tentava di entrare e subito si diede da fare per liberare un passaggio più grande.
Il ragazzo entrò nella grotta e si guardò intorno, "Brava" si complimentò "Hai fatto un ottimo lavoro. Così dovremmo essere al sicuro".
Poi vide il cellulare di lei a terra e chiese "Hai già telefonato qualcuno, o ti ho spaventato di nuovo?".
Megan lo raccolse e ricominciò a comporre il numero di Miguel, augurandosi che il fratello avesse il telefonino a portata di mano.
"Non sono riuscita a chiamare ancora nessuno" mormorò, portandoselo all'orecchio.
Mentre il telefonino squillava, osservò il grosso fascio di rami e rametti che il suo compagno era riuscito a raccogliere e sorrise, appena più rassicurata.
Almeno non avrebbero patito il freddo.
Miguel rispose subito, ma il segnale era piuttosto disturbato e non riusciva a capirlo. "Megan!" esclamò "Dove accidenti… siete tu e Richard?".
"Miguel, siamo bloccati!" rispose lei "Qui è scoppiato un acquazzone tremendo! Non..Cos'hai detto? Non riesco a sentirti!".
"Siete..siete insieme?" le chiese il fratello "Meg! St... State..bene? Dannazione! Riesci.. a sentirmi?", "No, non..non sento niente!" urlò la ragazza.
La mano le tremava a tal punto che dovette reggere il cellulare con entrambe per tenerlo fermo, mentre continuava a chiamare il fratello.
"Miguel! Siamo in una grotta! Mandateci aiuto!", "Meg..state atte..attenti!" gridò lui "Fate atte..", poi il segnale cadde definitivamente.
I due ragazzi rimasero immobili, mentre la linea toccava inesorabilmente lo zero, segno che non c'era la minima frequenza in quella zona.
Megan cadde in ginocchio e rimase immobile a guardare il display del telefonino, fissandolo con un'espressione vuota.
Grosse lacrime le spuntarono dagli occhi e scivolarono sulle guance, pulendo il viso dalle tracce di terra rimaste.
Richard le cinse le spalle e cercò di farle coraggio, ma neanche lui sapeva bene cosa fare.
La loro situazione non era delle migliori...
Un refolo di vento freddo entrò nella grotta, facendoli rabbrividire, ed il ragazzo si diede da fare per accendere il fuoco.
Sistemò i rami asciutti che era riuscito a trovare nella fossa scavata da Megan e sbatté violentemente due pietre l'una contro l'altra per sprigionare qualche scintilla.
Fortuna che suo padre aveva insistito per mandarlo al campeggio estivo, quando era piccolo; almeno sapeva cosa doveva fare.
Ci vollero parecchi tentativi ed un dito ammaccato, prima che da quei ramoscelli scaturisse una fiammella, e altri dieci minuti, affinché fosse abbastanza caldo da donargli un minimo di calore.
Sospirò sollevato dalla riuscita dei suoi sforzi e tornò dalla ragazza, che ancora fissava il cellulare con lo sguardo vacuo.
La sollevò, stringendole un braccio, e la spinse verso il fuoco, in modo che potesse scaldarsi un po'.
Le pulì il viso e la fronte dalle ultime tracce di terra e le cinse le spalle con un braccio "Avanti, Meg. Vedrai che ci troveranno presto. Ora dobbiamo cercare di stare calmi, capito? Il temporale passerà presto, vedrai".
Finalmente sembrò che Megan si fosse ripresa, ma non reagì come aveva sperato.
Lo guardò sconcertata, esclamando "Stare calmi? Non vedo come possa stare calma in una situazione del genere".
Poi si strinse nella felpa, cercando di trovare un po' di calore, ma con i vestiti bagnati era davvero un'impresa.
Richard si rese conto che i loro abiti erano totalmente fradici e, controvoglia, si sfilò la felpa, sistemando due rami nel terreno perché si asciugasse.
Lo stesso fece con le giacche, ancora più impregnate di pioggia.
Un brivido di freddo gli percorse la schiena, ma si costrinse ad ignorarlo.
La maglia a maniche lunghe non bastava a proteggerlo dal freddo pungente, ma sapeva che, in poco tempo, il fuoco sarebbe stato abbastanza caldo da non fargli più sentire il vento gelido.
Guardò la ragazza e posizionò altri due rami nello stesso modo, dicendole "Ti conviene togliere la felpa. Se è bagnata come penso, rischi di prenderti un'accidenti".
Lei gli rivolse uno sguardo scandalizzato e si strinse più forte nella propria felpa.
"Stai scherzando?" sbottò "Se ho già freddo con questa addosso, figuriamoci se la tolgo".
"Megan, lo dico per te. Rischi di ammalarti seriamente" l'avvertì il ragazzo, "Tu sei matto".
"Sarò anche matto, ma sto cercando di aiutarti, se non te ne fossi accorta!" esclamò Richard.
"Io non tolgo niente, ficcatelo in testa" ribatté Megan "Non voglio morire assiderata".
"Se non ti togli quella stramaledetta felpa, rischi di prendere una polmonite e cosa potrei fare se ti ammalassi?" chiese lui irritato.
"Non preoccuparti per me. So cavarmela anche in queste situazioni" ringhiò la ragazza, allontanandosi.
"Forse, in questo momento, saremmo al caldo in casa, se tu non avessi deciso di prendere un altro sentiero" rispose il giovane sempre più nervoso.
"Non mi pare di averti chiesto di seguirmi!" ribatté lei piccata, "E dovevo lasciarti qui, sotto il temporale?" ringhiò l'altro.
Ormai stavano urlando e quello non aiutava di certo a risolvere la situazione, già abbastanza complicata.
"Io ricordo benissimo che hai il terrore dei temporali" sbottò Richard "Sei stata proprio tu a dirmelo", "Non è un problema tuo!" gridò Megan, poi guardò il terreno mortificata.
Il suo compagno aveva ragione, stava solo cercando di aiutarla e, invece, lei lo stava accusando…
Come se fosse colpa sua se si trovassero in quella situazione.
Era stata lei la causa di tutto, non Richard.
Se solo non si fosse lasciata guidare dall'orgoglio, non sarebbero finiti in quella situazione!
Si stava comportando come una bambina viziata. Una stupida, ecco cos'era.
Il ragazzo lasciò andare un grosso sospiro e prese la felpa dai rami su cui l'aveva appoggiata.
Era di nuovo asciutta e rabbrividì, confortato da quel piacevole tepore che lo stava invadendo grazie al calore assorbito dal tessuto.
Lanciò uno sguardo fiammeggiante alla giovane che si era rannicchiata nell'angolo più vicino al fuoco, nel tentativo di scaldarsi un po'.
"Se tu non ti fossi allontanata nella foresta, forse non ci troveremmo in questa situazione!" borbottò, passandosi le mani sulle braccia.
"Scusami tanto se… se starti accanto, mi scatena dentro cose incomprensibili!" sussurrò la ragazza, mentre altre lacrime le rigavano il volto.
Si coprì il volto con le mani e cominciò a singhiozzare, incapace di trattenere la paura che sentiva.
"Mi dispiace. Io… non volevo che anche tu finissi in questa situazione" sussurrò a stento "Per venirmi a cercare, ti sei anche ferito...".
Le spalle presero a tremarle per il freddo ed i singhiozzi che la scuotevano "È che mi sento così confusa… Non c'è niente di chiaro, in quello che provo. Credevo di aver capito tutto e invece..mi sento più spaesata di prima".
Richard la guardò sorpreso dall'altra parte del fuoco; che diamine le era preso, adesso?
"Cosa… Cosa stai dicendo?" chiese con voce strozzata, mentre quelle frasi gli si accavallavano nella mente, confondendolo.
Le si avvicinò lentamente e le sollevò il viso "Cosa vuoi dire, Megan?".
La compagna non riusciva a guardarlo negli occhi e continuò a fissare il terreno, finché lui non le fece alzare lo sguardo.
"Quando sto con te… mi sento bene, protetta e..al sicuro" ammise a stento "Provo sensazioni..che non avevo mai sentito..prima d'ora e mi sento… confusa e spaventata".
Dirlo le costava moltissimo, ma sentiva anche il sollievo di potergli dire tutto quello che si era tenuta dentro fino a quel momento.
Le guance le diventarono rosse, contrastando con il volto sempre più pallido, ed abbassò nuovamente gli occhi.
Lo sentì lasciarle il viso ed inginocchiarsi accanto a lei, ma non ebbe il coraggio di guardarlo per accertarsene.
"Ho paura..ma, al tempo stesso, mi sento al sicuro" sussurrò infine "Sento dentro me… emozioni così contrastanti, eppure simili. Per questo mi sento… strana".
"È per questo che hai passato tutti questi giorni in silenzio? Cercavi di capire cosa… cosa provi per me?" sussurrò lui.
Si sentiva sorpreso e rassicurato allo stesso tempo, ora che tutti pezzi del puzzle cominciavano ad incastrasi tra loro, dando un filo logico a tutta quella situazione.
La giovane si limitò ad annuire ed il ragazzo sentì il fuoco della speranza accendersi dentro di sé.
Voleva sentirle dire quello che provava nei suoi confronti ed allo stesso tempo aveva paura della risposta che avrebbe potuto ottenere.
Cosa senti per me, Megan? sussurrò titubante Cosa ti ha spinto a rinchiuderti nel silenzio?.
"Io credo… Credo di essermi innamorata di te" la sentì mormorare "Non mi era mai successo prima d'ora e non avevo idea di quello che si potesse provare".
"Non ho mai provato sentimenti così intensi in tutta la mia vita" sussurrò Megan, appoggiando il mento sulle ginocchia.
"Forse adesso riesco a capire.. molte più cose. Tutto… mi sembra più chiaro" concluse, alzando timidamente lo sguardo verso di lui.

Richard aveva un'espressione… semplicemente indescrivibile.
Gli occhi gli brillavano come non mai e, in quel momento, le sembrarono davvero due smeraldi.
Sembrava che quelle parole lo avessero colpito nel profondo, sciogliendo finalmente la maschera che aveva sempre indossato fino ad allora.
Strinse Megan a sé, sussurrando "Non immagini come mi senta nel sentirti dire queste parole. Le ho aspettate per così..così tanto tempo".
Con il cuore in gola, la guardò negli occhi e le disse quelle parole che aveva tenuto dentro di sé troppo a lungo.
"Anch'io ti amo, Megan" mormorò flebile "Perdonami se non ce l'ho fatta a dirtelo prima, ma… Ora sono qui e ti resterò accanto per sempre".
La ragazza rimase a bocca aperta, incapace di dire qualcosa, ma i suoi occhi stavano di certo esprimendo la sua gioia ed il suo stupore, perché lui sorrise e la strinse più forte.
Non sapevano per quanto tempo rimasero così, stretti l'uno all'altra, esprimendo qualcosa che le semplici parole non potevano spiegare.
A sorpresa, il ragazzo si alzò in piedi e tirò fuori dalla tasca i ciondoli che avevano trovato durante la caccia al tesoro, porgendoglieli.
"Questi li ho conservati da quel giorno, aspettando… che arrivasse il momento giusto per darteli. Spero che tu possa accettarli" disse, poggiandoli sulla sua mano.
Lei si alzò a sua volta, sorridendo imbarazzata al ricordo.
Ripensò al bacio che si erano scambiati, alla sua dolcezza ed a tutte le sensazioni che l'avevano invasa come una tempesta.
Arrossendo lievemente, prese quello che l'aveva più colpita, quel giorno nella grotta, e lo allacciò al suo collo.
"Grazie. Questi sono un simbolo per me. Li abbiamo trovati insieme e li terremo insieme. Questa è la mia unica condizione" sussurrò senza fiato.
Richard sorrise nel mormorare "Condizione che sarò felicissimo di rispettare", poi allacciò l'altro ciondolo al collo della ragazza.
Guardandolo negli occhi, Megan si rese conto che i momenti più belli sono quelli dove non c'è più niente da dire, quando le parole si trasformano in emozioni.
Si strinse più forte a lui ed appoggiò il capo sul suo petto, ascoltando il suo cuore impazzito.
Sorrise, pensando che, finalmente, era riuscita a dirgli tutto e che ora poteva stargli accanto, senza più paura o confusione.
Richard le sollevò dolcemente il viso e la baciò, lasciandola senza fiato.
La strinse forte a sé, come per non farla andare più via, e lasciò che tutto l'amore che provava per lei affluisse in quel bacio.
La ragazza lasciò andare un sospiro e rispose con impeto, facendogli capire che non l'avrebbe mai lasciato, per nessuna ragione.
Per un attimo si staccò, rossa di vergogna per la forza dell'emozione che sentiva dentro di sé, ma Richard sorrise sereno.
Non sembrava turbato dal suo impeto, anzi, ne sembrava compiaciuto.
La strinse delicatamente tra le braccia e lasciò che le loro labbra s'incontrassero ancora.
Megan sentì un brivido scorrerle lungo la schiena, mentre la fiamma dentro di lei iniziava ad ardere di vita nuova.
Le braccia di lui la tenevano stretta, stringendola delicatamente ai fianchi, poi una mano si spostò sulla sua nuca.
Inarcò la schiena e gli circondò il collo con le braccia, baciandolo con passione, mentre cercava di stargli ancora più vicina.
Sentì il sangue scorrerle più velocemente nelle vene, quando lui le baciò il profilo del mento, fino alla morbida curva del collo.
Cercò di nuovo le sue labbra e lasciò che quella marea di sensazioni la pervadesse da capo a piedi. Intrecciò le dita tra i suoi capelli, staccandosi per un attimo e guardandolo negli occhi.
"Ti amo" sussurrò, esprimendo quelle parole che desiderava dirgli da così tanto tempo.
Lui la guardò con un sorriso dolcissimo sulle labbra e rispose "Senza di te, la mia vita non ha alcun senso".
Richard le accarezzò i capelli e respirò il suo profumo, lasciando scivolare lentamente la mano lungo la sua schiena, prima di tornare a baciarla con forza sulle labbra.
Non riusciva quasi a credere che il suo più grande desiderio si fosse finalmente avverato.
Ma Megan era lì, tra le sue braccia.
La ragazza che amava era davvero accanto a lui. Riusciva a sentire il calore della sua pelle, mentre il suo profumo lo avvolgeva come una nuvola delicata.
Sentì il cuore battergli sempre più, ma non era la sua velocità ad aumentare, bensì la sua potenza.
Sì, il suo cuore batteva sempre più vigoroso, alimentato da quell'unica e grande forza chiamata amore.
Sfiorò il volto di lei con delicatezza, prima di scendere verso il mento e le spalle.
Megan si strinse con più forza alle sue spalle, sollevandosi appena per baciarlo meglio.
Le sfuggì un sorriso, pensando che era fortunata ad essere alta quasi quanto lui.
Era molto più facile raggiungere le sue labbra, riuscendo ad esprimergli tutto quello provava nei suoi confronti.
Quando Richard le sfiorò le labbra con un dito, fremette da capo a piedi e sentì il respiro farsi sempre più veloce, ma non rimase immobile sotto il suo tocco.
Gli accarezzò il volto, sfiorando delicatamente ogni tratto dei suoi occhi, seguendo il profilo del naso e delle labbra, poi lo baciò di nuovo.
Quando si staccò per riprendere fiato, lui si sedette, trascinandola accanto a sé, e la strinse tra le braccia.
Il fuoco scoppiettava allegro e, in pochi minuti, le loro giacche furono nuovamente asciutte.
Il ragazzo le prese e le sistemò in modo che non sentissero freddo.
"Temo che dovremo aspettare qui che il temporale finisca" mormorò, sistemandole meglio la giacca sulle spalle.
"Finché tu sei qui accanto a me, non ho più paura di niente" rispose lei, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Richard la strinse a sé e lasciò che il fuoco continuasse ad ardere tranquillo, poi la ragazza prese un fazzoletto dalla tasca e lo ridusse in sottili strisce.
Non appena ebbe finito, le avvolse attorno alla mano di lui, dove la pietra gli aveva tagliato la pelle.
"Almeno, così, smetterà di sanguinare" sussurrò "Mi dispiace che tu ti sia ferito per colpa mia", "Non importa" le rispose il ragazzo "Adesso sto benissimo".
I due giovani sorrisero e Megan gli strinse la mano sana, mentre un sorriso sereno le illuminava il volto.
Le fiamme aranciate riscaldavano tutto l'ambiente, aiutandoli a tranquillizzarsi.
Entrambi non si accorsero di essere sprofondati in un sonno senza pensieri e preoccupazioni; sapevano solo di avere accanto la persona amata e questo bastava a rassicurarli.
 
"Forza, Shiver. Cerca!" disse Alan, mentre la cagna annusava il terreno ancora umido di pioggia.
Le porse di nuovo il guanto della figlia, cercando di aiutarla, ma, fino a quel momento, le ricerche non avevano dato i frutti sperati.
Miguel seguiva Thunder insieme a Josh, ma il cane lo tirava talmente forte che, anche in due, avevano serie difficoltà a tenerlo buono.
Erano già passate due ore da quando avevano iniziato a cercare i due ragazzi, ma il terreno scivoloso li aveva rallentati non poco.
Più il tempo passava e più il timore di non ritrovarli si faceva intenso.
Con quel temporale che li aveva sorpresi, potevano essere finiti ovunque.
Improvvisamente, i due aski fiutarono la scia tanto cercata e iniziarono ad abbaiare furiosamente, mentre guidavano i padroni verso i due ragazzi.
Miguel fu costretto a mollare il guinzaglio per non essere trascinato di peso da Thunder ed iniziò a correre dietro il cane.
Si bloccò davanti all'imboccatura di una piccola grotta e vide che l'aski cercava di scavare sotto le rocce, ma anche nel terreno non ne mancavano.
Chiamò il padre e Josh, che accorsero subito.
"Tu credi che i ragazzi si siamo rifugiati in questa grotta, per sfuggire al temporale?" chiese il padre di Richard.
"Credo di sì" disse Miguel "Megan ha il terrore dei temporali, quindi è logico che abbiano cercato un riparo più asciutto".
Josh annuì, poi, tutti insieme, iniziarono a spostare i massi per aprire un'aperture più grande.
Non ci volle molto, ma, alla fine, erano stanchi e sudati.
Alan si affacciò nell'apertura "Megan? Richard? Ragazzi, siete qui?", poi li vide in fondo alla grotta, coperti dalle loro giacche e con i resti di un fuoco accanto.
Lasciò andare un sospiro di sollievo, sussurrando "Sono qui. Grazie al cielo, stanno bene".
Miguel si affacciò a sua volta ed esclamò "Ehi, piccioncini! Il riposino è finito".
La sua voce rimbombò tra le pareti ed i due ragazzi sobbalzarono.
Megan si strofinò gli occhi e lanciò un grido di sorpresa "Miguel? Sei proprio tu?", "E chi dovrebbe essere? La pizza a domicilio?" ribatté il fratello.
I due aski si precipitarono dalla loro padrona, scodinzolando felici.
Lei li accarezzò riconoscente e rise quando Thunder abbaiò orgoglioso.
Richard prese la ragazza per mano e l'aiutò ad uscire dalla grotta, poi abbracciò il padre, felice di rivederlo.
"Ragazzo mio, va tutto bene? Ci avete fatto prendere un colpo!" esclamò suo padre, "Scusami, papà. È che…".
"È che volevate stare da soli, ammettetelo" li canzonò Miguel "Peccato che poi sia scoppiato il temporale…".
La sorella scosse la testa "No, è stata colpa mia. Credevo che, passando per la foresta, avremmo fatto prima e, invece, mi sono persa come una stupida".
Deglutì a fatica, cercando di mandar via il groppo che le ostruiva la gola "Se Richard non fosse venuto a cercarmi, non so cos'avrei fatto".
Alan strinse a sé la figlia, sussurrando "Guai a te se ti allontani un'altra volta da sola. Siamo stati in ansia tutta la notte", "Scusami, papà".
Josh arruffò i capelli del figlio, dicendo "Sarà meglio tornare alla baita. Sono ancora tutti in pensiero per voi".
I due ragazzi non se lo fecero dire due volte ed iniziarono a scendere velocemente lungo il sentiero, con una gran voglia di abiti asciutti ed una buona tazza di cioccolata calda.

Quando Grecia ed Helen li videro arrivare, corsero loro incontro, abbracciandoli così forte che Megan credette di finire strozzata.
"Meg! Oh, tesoro, come sono contenta di rivederti!" sussurrò Grecia, "Anch'io non vedevo l'ora di tornare da te, mamma".
Ines si attaccò alla gamba della sorella, felice come una pasqua "Meg! Sei tornata!".
Un sorriso apparve sui volti dei presenti, quando abbracciò il ginocchio di Richard "Ric! Meno male, ci sei anche tu!".
Helen aveva gli occhi lucidi per la commozione ed abbracciò il figlio così forte, che il ragazzo dovette essere soccorso dal padre per non soffocare.
La donna si passò una mano sugli occhi, cercando di riprendersi "Venite dentro. Siete tutti bagnati… Quello che vi ci vuole è una buona cioccolata calda".
I due giovani si guardarono in faccia e sorrisero: proprio quello che volevano, una buona cioccolata fumante.
Miguel si accorse che tra Richard e Megan era aumentata la complicità e sorrise, quando capì che finalmente erano riusciti a confessarsi tutto.
"Allora" disse "Ce l'avete fatta, non è vero?", "A fare cosa?" chiese la sorella, alzando lo sguardo dalla sua tazza.
"A dirvi tutto, no?" spiegò lui, sorridendo "Guardate che solo un cieco non se ne sarebbe accorto".
I due ragazzi arrossirono, quando Miguel ammiccò complice "Beh, io credo proprio che ci siate riusciti".
Ines sorrise raggiante "La sapevo che Ric voleva tanto bene a Meg! Lo sapevo".
"Ce ne siamo accorti tutti, fiorellino" ridacchiò il padre "Lo sappiamo che lo sai".
I genitori sorrisero e Josh sussurrò al figlio "Sono così contento di rivederti di nuovo sereno, Richard... Non immagini come sia bello vederti finalmente felice".
 
Quella sera, Megan ammirò il tramonto tra le braccia di Richard, pensando che quello era il momento più bello di tutta la sua vita.
Sorrise, mentre la luce donava riflessi infuocati al paesaggio circostante, e si voltò verso di lui.
Il ragazzo sorrise a sua volta e le sfiorò il viso, prima di stringerla a sé con forza e dirle "Questo giorno è il più bello che abbia mai vissuto. Ho ancora paura di svegliarmi di colpo e scoprire che tutto questo è stato solo un sogno meraviglioso".
Lei sorrise e, baciandolo, sussurrò "Ora ti sembra ancora un sogno? O ti sei reso conto che è la realtà che desideravi?".
Richard rispose dolcemente a quel bacio, liberandole il viso dalle ciocche ribelli.
"Hai ragione" le disse "Questa è la realtà più meravigliosa che avessi mai potuto immaginare".
Rimasero a guardare il sole sparire dietro le colline in lontananza, finché Ines non bussò alla vetrata che divideva il corridoio dal balcone.
"Meg, mamma ti vuole in cucina!" disse dalla porta, "Ok, sto arrivando" mormorò la ragazza.
La bimba sorrise a Richard, aggrappandosi alla ringhiera in legno e guardando il panorama "È tanto bello qui, vero Ric?".
Lui la prese in braccio, mormorando "Hai ragione da vendere, piccolina. È un posto davvero fantastico".
Un sorriso gli incurvò le labbra "Adesso, però, andiamo ad aiutare la tua sorellina a preparare la cena".
"Sì, io ho tanta fame" ridacchiò la piccola, mentre attraversavano la porta a vetri.
 
Nei giorni seguenti, i due ragazzi approfittarono di ogni attimo disponibile per restare insieme, parlando di tutto quello che stava accadendo intorno a loro.
Preferivano evitare Miguel, perché non perdeva occasione per prenderli in giro per quanto fossero stati lenti nel riuscire a confessare i propri sentimenti.
Alla fine, Megan aveva mollato un pugno nelle costole del fratello, convincendolo a smettere con le sue frasi poco appropriate.
Aveva fatto piano, ma l'avvertimento era stato ricevuto chiaramente.
Nella baita sembrava scesa una nuvola di felicità, come se i sentimenti di Richard e Megan stessero influenzando tutta l'aria circostante.
"Ho notato che Shiver si muove con fatica" disse un giorno Richard, portando a spasso i due cani.
"Sì, presto avrà dei cuccioli" disse Megan, accarezzando la cagna che si riposava all'ombra di un grosso abete.
"Davvero?" mormorò lui colpito, "Si, dovrebbero nascere tra meno di una settimana" rispose la ragazza "Speriamo solo che attenda il ritorno verso casa".
Salirono lentamente il sentiero che si snodava tra gli alberi, in modo che il sole non desse fastidio.
Thunder trotterellava tranquillo accanto alla sua compagna, sorreggendola quando rischiava di inciampare.
I ragazzi sorrisero a quella vista e si sedettero all'ombra di un sorbo rosso.
"Posso farti una domanda?" chiese improvvisamente Megan, guardando il cielo attraverso le fronde.
"Cosa vuoi sapere?" domandò Richard, "Una volta mi hai detto che non riuscivi a dormire bene, ma mi hai detto che non era per le moto. Posso sapere cos'era che ti teneva sveglio?".
Lui ridacchiò e le strinse la mano, sussurrando "Prova ad indovinare. Qual è la cosa più importante per me?". Il suo sguardo le suggerì la risposta, mentre la guardava con dolcezza.
"Io?" sussurrò la ragazza senza fiato, "Mi sei apparsa in sogno parecchie volte, fin da quando abbiamo iniziamo le prove dello spettacolo".
Lei arrossì violentemente "Mi dispiace per quello che ti ho detto alla fine dello spettacolo. Adesso ho capito cos'è successo. Solo che ero…".
"Furiosa. Non devi preoccuparti per quello che mi hai detto. Infondo, avevi tutti i diritti di essere arrabbiata con me" ridacchiò il ragazzo.
"Vorrei solo non aver usato quei termini. Sono stata una vera stupida" mormorò la giovane.
"Tutti commettiamo degli errori. Io sono stato il primo a sbagliare, trattandoti in quel modo" rispose Richard, abbracciandola.
"Spero che tu possa perdonarmi per quello che ti ho fatto" mormorò poi "Sono stato un vero idiota".
Megan si lasciò custodire da quell'abbraccio così dolce, mentre il cuore le batteva con forza nel petto.
"Non hai bisogno di scusarti" gli disse "Sai bene che ti ho già perdonato da tempo".
Rimasero a guardare il tramonto per qualche minuto, poi lei ruppe il silenzio che si era formato.
"Credo che gli altri se ne siano accorti ben prima di noi" sussurrò "Altrimenti non avrebbero provato a lasciarci soli in ogni modo".
"Già" ridacchiò lui "Immagino che il pegno che ti affibbiò Crystal durante la gita, sia stato programmato apposta".
Anche la ragazza si lasciò andare, ridendo imbarazzata "Lo credo anch'io", poi gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"Ma tu come fai a sapere che è stata Crystal a scegliere quel pegno? E soprattutto che era un pegno?" gli chiese curiosa.
"Stavamo origliando" ammise Richard sorridendo "Will vi aveva sentito ridere e non abbiamo resistito alla curiosità".
Megan scosse il capo, sorridendo "Allora perché hai fatto il finto tonto, facendomi quella domanda?".
"Non potevo mica ammetterti che avevamo ascoltato tutto" disse il ragazzo "Volevo saperlo da te, ma eri troppo nervosa e così ho lasciato perdere".
"Sai? Ora capisco perché mi chiedevi di José. Eri geloso e pensavi che fosse il mio ragazzo, non è così?" ridacchiò la giovane.
Lo vide annuire appena, mentre osservava il paesaggio circostante.
Era un po' nervoso, forse temeva di averle detto qualcosa di sbagliato.
La ragazza si voltò per guardarlo in faccia e lo strinse a sé "Sta' tranquillo. Non hai fatto niente di male. Non c'è bisogno di avere quella faccia da colpevole".
Lui si rilassò, sentendola parlare così dolcemente, e gli sfuggì un sorriso mentre la guardava.
"Adesso ho io una domanda per te" disse, "Quale?", "Qualche tempo fa, mi hai fatto conoscere tutta la tua famiglia e c'è una cosa che vorrei capire".
"Cioè?" chiese lei incuriosita, "Beh, volevo sapere da chi hai preso degli occhi così belli" disse Richard.
"Tutti i tuoi parenti hanno gli occhi scuri, compresi i tuoi fratelli. Mi chiedevo…" mormorò incerto.
"Da chi li ho ereditati?" ridacchiò Megan, venendogli in aiuto; "Esatto".
La ragazza rimase per un attimo in silenzio, prima di spiegare "Una delle mie antenate da parte di mia madre era una delle sacerdotesse del popolo Maya".
Intrecciò le mani in grembo, continuando "La leggenda che la riguarda diceva che avesse gli occhi dello stesso colore del mare che bagnava le sue terre. Dicevano che fosse molto potente e che avesse una certa influenza sul popolo, perché era saggia".
"Sotto la sua guida, il villaggio prosperò e, quando si spense, i guerrieri che l'avevano assistita, riferirono le sue ultime parole" sussurrò quasi reverenziale.
"Disse che il destino avrebbe sempre fatto il suo corso e quando sarebbe nata una ragazza con gli occhi color acquamarina, come i suoi, coloro che l'avrebbero amata avrebbero trovato la vera felicità" mormorò, sospirando appena.
"Si sarebbe formata una sorta di spirale che infonde calore a tutti coloro che le sarebbero stati accanto" continuò sorridendo "Ognuno di loro avrebbe trovato la propria anima gemella, ovunque fosse…".
Un sorriso le incurvò le labbra "Non so quanto ci sia di vero in questa leggenda, ma mia nonna rimase colpita dal fatto che proprio io avessi ereditato quello sguardo".
"È stata lei a raccontarmi questa storia, quando avevo dodici anni" aggiunse, ricordando quella giornata così strana "Pochissimi nella nostra famiglia li hanno di questo colore, esattamente ogni sette generazioni".
Ci rifletté per un lungo istante, mormorando "Cioè esattamente tre volte, me compresa".
All'improvviso, le sfuggì una piccola risata "All'inizio, Miguel era geloso. Eppure, lui è più grande di me di ben tre anni; in teoria, dovrebbe essere più maturo".
Il ragazzo la guardò a lungo, prima di mormorare "Allora ho di fronte a me una potente sacerdotessa maya. Devo temerla o no?".
Megan rise, divertita da quella frase così strana.
Sembrava che avesse preso sul serio quella leggenda che lei considerava solo una bella favola.
"Devi solo amarmi, come io devo amare te" sussurrò infine, sfiorandogli il volto con dolcezza.
Richard sorrise a sua volta, stringendola tra le braccia.
"E questa sacerdotessa trovò mai l'amore nella sua vita?" le chiese poi, fissandola negli occhi.
"Sì. Fu un valoroso guerriero dagli occhi verdi come la foresta a prenderle il cuore. Esattamente come i tuoi" continuò la ragazza, sorridendo "E il loro amore durò fino alla fine di entrambi".
Un sospiro sognante le sfuggì dalle labbra "Sempre secondo la leggenda, si spensero nello stesso giorno e gli dei furono così colpiti dai loro sentimenti che li trasformarono in stelle".
"Così, potevano rimanere insieme per sempre, nello stesso cielo, come a rammentare a coloro che sono su questa terra che l'amore è il motore di tutto" mormorò flebile "Ciò che rende uniche le nostre vite".
Gli rivolse uno sguardo enigmatico e sussurrò "Richard, tu credi nel destino? Che tutto sia già stato scritto?".
Il ragazzo rimase qualche minuto a riflettere, prima di mormorare "Io non ho mai creduto fermamente in qualcosa fino ad ora, ma penso che ognuno abbia una propria strada da percorrere. Un obiettivo da raggiungere".
Le rivolse un sorriso così splendido, che lei sentì mancarle il fiato e faticò a riprendere il controllo di sé.
"Però sono felice che le nostre strade si siano incrociate e credo che quella sacerdotessa abbia detto il vero" sussurrò il giovane "Chi ti ama trova davvero la felicità, perché non c'è cosa più bella che trovare la persona con cui condividere la propria vita".

ecco qui. capitolo finito... che dite?!? ci hanno messo un bel po' a confessarsi, am alal fine ci sono riusciti.. ^_^ Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e non sia stato... beh, troppo smielato. Ah, inoltre ci tengo a dire che la leggenda raccontata da Megan è tutta di mia fantasia. non so se una cosa del genere sia mai successa per davvero, ma mi paice pensare di sì *-* sperando che la storia continui a piacervi e che io non vi annoi, vi saluto, sperando di aggiornare presto. un bacio a tutti, vostra Alys'93

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Capitolo 29
*** I cuccioli ***


Capitolo 29 - I cuccioli

Le vacanze in montagna finirono presto per i due ragazzi, che aveva perso del tutto la concezione del tempo.
Fu Miguel ad avvisarli che sarebbero partiti il giorno successivo, per tornare a casa.
"Come? Partiamo di già?" chiese Megan sorpresa, "Sì, ormai siamo qui da due settimane piene" disse Grecia sorridendo.
"E poi Shiver fa sempre più fatica a camminare" le fece notare il padre "Non vorrai far nascere i cuccioli su questa montagna, spero".
"Già, avete ragione. È che il tempo sembra essere volato, da quando siamo qui" mormorò la ragazza.
Le valigie furono pronte in poche ore e le due famiglie decisero di anticipare la partenza a quel pomeriggio, in modo da arrivare prima.
Non ci volle molto per sistemare i bagagli nelle auto, ma Miguel ed Alan dovettero letteralmente sollevare Shiver, per aiutarla a salire in macchina.
Il ventre gonfio era molto evidente e sembrava che ogni movimento le costasse una grande fatica.
"Dovremo aiutarla" mormorò Helen "Ma cosa possiamo fare?", "Non ne ho idea" ammise il marito.
"Credo che l'unica cosa che possiamo fare per ora sia assicurarci che abbia sempre acqua fresca e che non soffra il caldo" disse Grecia.
Thunder li guardava confuso, mentre li vedeva sistemare tutte le valigie in modo che loro non trovassero impaccio.
Trotterellò verso Megan e Richard, abbaiando nervoso.
La sua grossa zampa grattava continuamente contro i jeans dei due ragazzi, come per attirare la loro attenzione.
Ines lo guardò e disse "Thunder è tanto strano, Meg", "Lo so, piccola. È preoccupato per Shiver" le spiegò la sorella.
La bambina la guardò confusa e Richard mormorò "Vedi, piccola, Shiver non sta tanto bene e noi dobbiamo portarla presto a casa. Così starà meglio e potrà far nascere i suoi cuccioli".
"Dobbiamo fare presto, però" esclamò Miguel "Non so per quanto resisterà ancora. Ormai è allo stremo delle forze".
 
Il viaggio di ritorno fu più breve rispetto a quello dell'andata, ma a Megan sembrò lunghissimo.
Era preoccupata per Shiver, che riposava nel vano posteriore della macchina, ed aveva una voglia tremenda di restare accanto a Richard.
Voleva sentirgli dire di restare calma, perché sarebbe andato tutto bene, che Shiver non avrebbe avuto problemi.
Voleva sentire la sua mano nella propria ed il suo abbraccio rassicurante attorno a sé, ma doveva resistere.
Doveva restare calma a tutti i costi, almeno per non allarmare Ines, che si agitava nel suo seggiolino come un'anguilla.
"Sta' calma, fiorellino" disse improvvisamente Miguel "Andrà tutto bene. Siamo quasi a casa, ormai".
La sorellina gli strinse la mano nelle sue, come alla ricerca di conforto.
"Tranquilla, piccola. Presto dovrai aiutarci a scegliere i nomi per i cuccioli" le disse la madre, "Sì, e sono sicuro che saranno bellissimi" aggiunse Miguel.
"Come sono i cuccioli?" chiese la bambina curiosa, "Esattamente come te" ridacchiò la sorella, picchiettandole un dito sul naso "Piccoli e curiosoni".
Quando finalmente arrivarono davanti al numero 10 di Zaffire Street, Richard aiutò Alan a far scendere i cani dall'auto, seguendo Megan fino alla loro cuccia.
La strinse tra le braccia, capendo che aveva bisogno di essere rassicurata, e le accarezzò i capelli.
La ragazza gli si strinse contro, ricambiando l'abbraccio e mormorò "Grazie, Richard. Io…".
Lui le poggiò un dito sulle labbra "Tranquilla, Meg. Se ci sono novità, chiamami, ed io mi precipiterò qui immediatamente".
"D'accordo. Allora ci sentiamo presto. Però cerca di riposarti, ti vedo stravolto. Il viaggio è stato lungo" sussurrò la giovane, sfiorandogli le labbra con un bacio.
Lo guardò negli occhi ed il ragazzo capì cosa stava cercando di dirgli.
Sorrise appena nel salutarla, accarezzandole il viso, poi corse verso la macchina e tornò velocemente a casa per disfare la valigia.
Voleva essere pronto per accorrere ad una sua improvvisa chiamata, per esserle vicino il più presto possibile.
Condivideva appieno i sentimenti che provava, perché neanche lui se ne sarebbe voluto andare così in fretta, dopo tutte quelle ore passate a viaggiare da solo.
Averla vicino era la cosa che desiderava di più, sopratutto dopo che erano riusciti a confessarsi tutto quello che provavano.
Gli sembrava incredibile che fossero passati già alcuni giorni, quando il tempo passato assieme a Megan era sempre troppo breve.
Si assicurò che il cellulare avesse campo e si sedette sulla sedia accanto alla scrivania, sospirando.
Sentì la porta aprirsi e vide sua madre entrare nella camera.
Sorrideva come non ricordava da tempo, anche se la stanchezza era evidente sul suo volto.
Helen si sedette accanto al figlio e gli prese una mano tra le proprie "Tesoro, mi sembri quasi un carcerato che brama la libertà. Cosa c'è che non va?".
"Niente, mamma" la rassicurò il ragazzo "Davvero, non devi preoccuparti. È solo che il tempo passato con Megan mi sembra così poco…".
La madre sorrise "È normale, all'inizio. Vorreste rimanere insieme ventisei ore su ventiquattro, anche se impossibile".
"Sì, è così che mi sento" mormorò Richard "E poi la vedo così… preoccupata. Vorrei restarle accanto per rassicurarla".
Helen gli arruffò i capelli "Tranquillo, le cose andranno bene. Ora pensa a riposarti un po'. Tanto so che, non appena il tuo telefonino inizierà a squillare, tu sarai già fuori la porta".
Il figlio rise nel mormorare "È probabile".
 
Poche ore dopo arrivò un messaggio di Megan Situazione normale. Secondo il medico, mancano ancora un paio di giorni. Ho bisogno di vederti. Ti amo.
Richard sorrise a quelle parole ed uscì di casa, dopo aver assicurato alla madre che le cose andavano bene.
Raggiunse velocemente l'inizio del viale e trovò Megan ad aspettarlo accanto al cancello.
La ragazza gli corse incontro, abbracciandolo con forza "Il veterinario se n'è appena andato.
Ha detto che va tutto bene per ora e tornerà domani per gli accertamenti".
"Mi fa piacere" disse lui, sorridendo tranquillizzato "Tu però hai bisogno di calmarti. Sei un fascio di nervi, Meg".
La sentì ridere nervosamente e le porse il casco, invitandola a salire dietro di lui "Dai, andiamo a farci un giro".
Megan sorrise e si strinse a lui, prima che la moto partisse con un rombo, scivolando veloce sulle vie di Lain City.
"Dove vorresti andare?" le chiese Richard, "Mi va bene qualunque posto" rispose lei.
"Allora che ne dici del cinema? Hai bisogno di ridere un po' e in questi giorni danno un film comico" propose il ragazzo.
"Per me, va benissimo" approvò Megan "Le risate non hanno mai fatto male a nessuno, che io sappia".
All'entrata del cinema, i due ragazzi trovarono Karl e Susan che facevano la fila per il biglietto.
Anche loro erano venuti a vedere quel film.
Lei stava ridendo per qualcosa e la sua amica era curiosa di sapere il perché, ma preferì non attirare la sua attenzione.
Una volta nella sala, presero velocemente posto tra le file centrali e si godettero il film, ridendo insieme davanti alle scene più esilaranti.
Le loro risate si mescolarono a quelle degli altri spettatori, rimbombando nella grande sala cinematografica.
Quando le luci dell'intervallo si accesero, Richard sparì di colpo, tornando pochi minuti dopo con una grossa porzione di pop-corn.
La ragazza lo guardò per un attimo, sorridendo "Non dovevi disturbarti".
Poi fissò la scatola rossa ed esclamò "Cavoli, ma questa è una porzione gigantesca!", "Infatti è per due" ridacchiò lui, passandole il contenitore.
"Anche se spero di non fare la fine di quel signore laggiù" aggiunse, indicando la fila a destra.
La giovane seguì il suo sguardo e vide un uomo sulla cinquantina, che aveva davanti a sé una porzione di pop-corn assolutamente enorme.
L'aveva presa prima dell'inizio del film, ma, dato che mangiava in continuazione, parecchi pop-corn erano andati per terra.
Alcuni erano caduti mentre rideva per qualche scena particolarmente spassosa e non avevano un bell'aspetto.
Megan arricciò il naso, disgustata, ma poi scoppiò a ridere, nascondendo il volto nella sua spalla.
"Allora cerchiamo di capire quando è il momento di interromperci" sussurrò divertita, mentre le luci si spegnevano.
Per l'ora che seguì, i due ragazzi scoppiarono a ridere più volte, cercando di non rovesciare il contenuto della vaschetta che avevano incastrato tra i due sedili.
Megan sentì tutta la tensione accumulata in quei giorni sciogliersi sempre più ogni volta che rideva.
Si sentiva libera e tranquilla, ora che tutte le sue paure si erano dissolte come neve al sole.
Si appoggiò a Richard e sorrise, sentendosi felice come non mai.
Accanto a lui, ogni problema sembrava stupido e facile da risolvere.
Non si era mai sentita così in tutta la sua vita... Era una sensazione magnifica.
Alla fine, le luci si accesero definitivamente e loro si diressero verso l'uscita, commentando il film appena finito e progettando di tornare per un altro spettacolo.
Quando uscirono all'aria aperta, trovarono Karl e Susan vicino alla moto; evidentemente li avevano visti nella sala e li avevano aspettati, guardandoli come se avessero appena visto un fantasma.
All'improvviso, Karl scoppiò a ridere "Amico, anche tu qui?".
"A quanto pare" disse Richard "Anche voi a vedere il film? Vi è piaciuto?".
"Oh, sì. Faceva morire. La parte che ho preferito, è stata la foca che divorava la cioccolata lassativa…" ridacchiò Karl.
"E poi passava l'ora seguente sul water con quel povero bambino, che spruzzava profumo per non morire asfissiato" concluse l'amico.
"Il più bel film comico che abbia mai visto, però vedo che sei venuto in compagnia" ridacchiò l'altro.
Intanto, Susan aveva preso Megan sottobraccio, chiedendole "Da quanto tempo tu e Richard uscite insieme?", "Da oggi" sorrise lei, un po' imbarazzata.
"Colti in flagrante, allora" ridacchiò l'amica, con un sorriso compiaciuto sulle labbra, "A quanto pare".
Susan ed il suo ragazzo parlarono quasi esattamente nello stesso istante, creando una scena quasi da film.
"Ce l'hai fatta a dirgli tutto. Mi fa davvero piacere, Ric" mormorò Karl, dando una pacca al suo migliore amico.
"Finalmente ti sei dichiarata, eh Meg?" ridacchiò Susan "Era ora che ti decidessi a fare il primo passo".
Alla fine, chiesero insieme "Cos'è che vi ha aiutato a sbloccarvi, si può sapere?" e Megan e Richard sorrisero, dicendo "Un bel temporale".
"Beh, siano benedetti i temporali, allora" disse Susan, stringendosi al braccio della sua amica.
"Ci avete colto di sorpresa" ammise Megan, arrossendo "Siete i primi a vederci insieme".
"Davvero?" esultò l'amica "Ma è una cosa meravigliosa! Oh, Meg! Sono così felice per voi!".
Karl guardò Richard, sorridendo divertito "Finalmente ti vedo sorridere davvero. Fattelo dire, mi mancava questo sorriso. Adesso sei davvero tu".
Poi lo guardò di sottecchi, chiedendo "Non è che ora ci pianti in asso, vero?", "No, assolutamente no" rise l'amico.
Ammiccò divertito nel replicare "Però non sarò disponibile come prima", "Oh, vabbé. Neanch'io vengo spesso come prima sulla pista" rispose Karl.
"Ma la cosa importante è che non ci perderemo di vista" disse Susan, "Su questo puoi giurarci" rise l'amica.
Poi si arricciò una ciocca attorno al dito, mormorando "Sue, ti piacerebbe avere un cane? Oppure, conosci qualcuno che ne vorrebbe uno?".
La ragazza inclinò la testa da una parte "C'è Nicky che sta cercando un cucciolo da adottare. Perché me lo chiedi?".
"Beh, Shiver tra poco avrà dei cuccioli e noi dobbiamo trovare delle famiglie che siano disposte ad accoglierli" spiegò Megan.
Karl strabuzzò gli occhi, esclamando "Complimenti, avete dei piccoli ospiti in arrivo! A quando la data?".
"Tra un paio di giorni, secondo il veterinario" disse Richard "Ma non sappiamo ancora quanti sono".
"Oh, beh. Basterà aspettare ed affiggere qualche annuncio. Vi daremo una mano a trovare i padroni adatti" promise Susan.
Sorrise smagliante nell'aggiungere "E ora che ne dite di una bella passeggiata per il centro?". 
 
Quando Richard riaccompagnò Megan a casa, era sera inoltrata ed il sole mostrava il suo ultimo spicchio rosseggiante sul mare in lontananza.
Lei scese dalla moto, sorridendo estasiata "Grazie di tutto, Richard. Avevi ragione, un po' di risate mi hanno fatto bene".
Il ragazzo sorrise "Anche a me serviva un po' di divertimento. Che dici di uscire ancora in questi giorni?", "Direi che è un'ottima idea" rispose la giovane.
Sorrise e gli schioccò un bacio sulla guancia, prima che lui le cingesse la vita con un braccio e l'attirasse in un bacio più profondo.
La ragazza sorrise di nuovo e lo salutò, girandosi ogni due passi per guardarlo ancora e ringraziarlo con lo sguardo.
Richard sorrise a sua volta, poi accese la moto e tornò a casa, ripensando a tutto quello che gli stava succedendo.
La vita aveva finalmente preso una piega felice e sentiva che le cose sarebbero andate sempre meglio.
Sentiva ancora le braccia di Megan attorno a sé ed il suo profumo meraviglioso, così come la morbidezza delle sue labbra.
Lasciò andare un piccolo sospiro e si sbrigò a parcheggiare la moto nel garage, prima che sua madre lo vedesse e gli facesse il terzo grado su quella giornata.
Josh lo salutò allegramente nel vederlo entrare "Hai passato una bella giornata, figliolo?".
"Fantastica, papà" disse lui, prima di chiedere "Cosa stai facendo?".
Sul tavolo del salotto c'erano molti fogli e progetti vari, pieni di calcoli e disegni complessi che non riuscì a capire subito.
"Un nuovo progetto, a motore ibrido però" spiegò suo padre, "Cioè, con un doppio motore?" domandò il ragazzo.
"Precisamente. A metano ed elettricità potrebbe funzionare benissimo" mormorò pensieroso Josh.
Si passò una mano sulla nuca, borbottando "E devo anche farmi venire qualche nuova idea per la linea moto. Ormai, tutti i ragazzi comprano prima la moto e poi l'auto".
Richard sorrise "Beh, bisogna pur stare al passo con i tempi, non credi? Il mondo cambia".
Suo padre rise "Spero che tu possa darmi qualche suggerimento per il modello, Ric. Chi meglio di un ragazzo può conoscere i gusti dei propri coetanei?".
Il figlio annuì e sparì velocemente per le scale, approfittando che sua madre stesse parlando al telefono con un'amica.
Salendo, riuscì a cogliere qualche frammento della conversazione e fece una smorfia, pensando che il terzo grado lo stava subendo qualcun altro.
"Sì, Grecia. Credo che Richard sia appena tornato" ridacchiò Helen nella cornetta "Come? Ah, sono andati al cinema?".
Rise di nuovo, mormorando "No, Richard non mi ha ancora detto niente"; poi sollevò lo sguardo sulle scale, incrociando quello del figlio.
"Credo stia tentando di sfuggire anche lui ad un terzo grado" ridacchiò, mentre gli faceva l'occhiolino, complice ed allegra come non l'aveva mai vista.
Il ragazzo fece una smorfia e cercò di non scoppiare a ridere, mentre chiudeva la porta dietro di sé.
 
Il giorno dopo, Megan si alzò più tardi del solito.
Aveva fatto un sogno così bello che non avrebbe voluto svegliarsi prima della sua conclusione.
E, invece, il sole l'aveva disturbata proprio nel momento più bello…
Sorrise, pensando che quello non era stato esattamente un sogno, ma un piacevole, bellissimo ricordo.
Aveva trovato un ragazzo assolutamente meraviglioso e la cosa la riempiva di gioia.
Un ragazzo che l'amava davvero e che era sempre pronto a starle accanto, in ogni momento.
Strinse a sé il cuscino, sorridendo sognante, sperando intensamente di rivederlo quel giorno.
La voce di Miguel si fece fastidiosamente largo tra i suoi pensieri, strappandola alle sue fantasticherie "Meg! È ora di alzarsi! Sveglia, pigrona".
La ragazza sbuffò e nascose la testa sotto il cuscino, cercando d'ignorare i richiami del fratello.
Sentì la porta aprirsi e si preparò a reggere le coperte ad un'eventuale strattone da parte di Miguel.
A sorpresa, qualcosa le si catapultò addosso, piombandole sullo stomaco e mozzandole il respiro.
Lasciò andare un verso soffocato e cercò di capire cosa diavolo l'avesse colpita.
Scostò il cuscino dalla faccia e si ritrovò davanti un visetto sorridente, punteggiato da piccole lentiggini.
"Sveglia! Sveglia!" esclamò Ines ridendo "Svegliati, pigrona!", "Ines" mugugnò la sorella "Perché sei entrata?".
"Mamma dice che la colazione è sul tavolo" ridacchiò la piccola "E Miguel dice che sei una pigrona!".
"Beh, puoi dire a Miguel di andare in quel posto che conosce tanto bene" borbottò Megan sbadigliando.
"Oh, non preoccuparti" rise il fratello dalla porta "Ho capito di cosa parli, ma mamma ti sta chiamando".
Lei sbuffò contrariata "Ok, sono sveglia. Ora vi dispiace uscire, così posso vestirmi?".
Miguel rise di nuovo e, presa Ines tra le braccia, scese al piano inferiore per aiutare il padre.
Alan si era preso un giorno di ferie per assicurarsi che andasse tutto bene, ma soprattutto non voleva perdersi la nascita dei cuccioli di Shiver.
Quando la figlia scese in cucina, Grecia la salutò sorridendo "Dormito bene, tesoro?".
"Sì, finché non è venuto Miguel a svegliarmi" borbottò la ragazza "Secondo me, ha corrotto Ines con delle caramelle perché mi saltasse addosso".
"No, quello l'ha fatto per divertimento" disse il fratello dalla veranda "Io le avevo detto di farti il solletico, ma non mi ha dato retta".
Megan sospirò sollevata Meno male che non l'ha ascoltato…
Poi si servì i cereali e si sbrigò a finire la colazione.
Soffriva in un modo terribile il solletico e suo fratello lo sapeva fin troppo bene.
Una volta finito, posò la tazza sul lavandino "Posso sapere perché mi hai fatto l'interrogatorio, ieri sera?".
La madre rise "Scusami, tesoro, ma questo è il tuo primo appuntamento e volevo sapere come fosse andata…".
"No, non mi hai chiesto com'era andata. Tu mi hai chiesto di raccontarti fotogramma per fotogramma!" replicò la figlia.
Sospirò, mentre lo sguardo le si perdeva nel vuoto "Spero che almeno Richard se la sia scampata".
"Lui sì, perché si è rifugiato in camera prima che la madre potesse fargli domande" ridacchiò Grecia.
"Beato lui" mormorò la ragazza sorridendo "Deve aver approfittato che voi parlavate al telefono per svignarsela".
"Direi di sì" commentò la madre divertita "Sa il fatto suo, non c'è che dire".
"Ricordami di chiudere la porta a chiave, la prossima volta che esco" mormorò la giovane, uscendo sotto la veranda.
Si stese sul dondolo e cercò di rilassarsi, pensando a come avrebbe trascorso le seguenti giornate d'estate.
Ormai era trascorso già metà luglio e le vacanze erano entrate nel vivo.
Il caldo si faceva sentire e, per un attimo, rimpianse l'aria frizzantina delle montagne dove aveva trascorso le due settimane più belle della sua vita.
Lasciò che i ricordi le invadessero la mente, cullata dal dolce movimento del dondolo.
Immaginò come avrebbe potuto trascorrere il resto delle vacanze con Richard e la sola idea la faceva sospirare felice.
Sorrise e si accorse appena che Thunder stava correndo verso di lei a tutta velocità, abbaiando furiosamente.
Il cane le afferrò un lembo dei jeans ed iniziò a tirare, facendola quasi cadere a terra.
Megan sobbalzò ed esclamò "Thunder! Ma cosa diavolo ti prende? Ti senti poco bene, forse? Che hai, bello?".
L'aski continuò ad abbaiare, poi si diresse verso la cuccia e lei capì immediatamente quello che stava succedendo.
"Mamma!" urlò, correndo verso la cucina "Mamma! Miguel! Papà! Venite, presto!".
Alan si affacciò dal suo piccolo studio "Meg, cosa c'è?", "Papà, chiama il veterinario! Fa' presto!" gridò la figlia, salendo in camera sua.
Afferrò rapidamente il cellulare dal comodino e premette il tasto di chiamata rapida per avvisare Richard.
Aveva bisogno di lui in quel momento e lo sapeva bene.
Senza la sua presenza, si sentiva persa e spaventata e in quel momento aveva bisogno di conforto, ma, soprattutto, aveva assolutamente bisogno di sentirlo accanto.
Intanto, Miguel era corso a vedere cosa stesse succedendo e vide Shiver emettere mugolii di dolore, mentre sembrava che il ventre le si stesse gonfiando sempre più.
Corse al telefono, avvisando il veterinario che la situazione stava precipitando di colpo, poi tornò accanto alla cagna.
Assieme al padre, la trasportò nel salotto ed attese impaziente l'arrivo del medico, mentre Grecia preparava il cesto accanto al tavolo dove avevano poggiato Shiver.
Ormai stava per partorire e dovevano essere pronti per aiutare il veterinario nel suo compito.
 
Non appena il cellulare iniziò a squillare, Richard sobbalzò per la sorpresa.
Guardò il display e si accorse che era Megan a chiamarlo.
Non ebbe bisogno di rispondere per sapere il motivo della sua chiamata e subito corse fuori, diretto a casa della ragazza.
Doveva sbrigarsi e si limitò a fare un lieve cenno a sua madre, che stava innaffiando le aiuole.
Arrivò ansante proprio mentre entrava anche il medico e lo seguì nel salotto, dove Shiver era stata portata.
Era enorme e si chiese come potesse sopportare ancora il dolore che certamente stava provando.
Aveva i denti serrati, come per non lasciarsi sfuggire nessun lamento, ma la rigidezza del suo corpo tradiva la sua sofferenza.
Megan le stava accarezzando la testa per calmarla, mentre Miguel cercava di tenere a bada Thunder, che si agitava frenetico tra il divano ed il tavolo.
Improvvisamente, sentì Grecia che parlava con la figlia più piccola "No, Ines. Non puoi vedere i cuccioli ora, non sono ancora nati. Abbi pazienza. Ti chiameremo non appena nascono, ma tu devi restare qui".
Il ragazzo si avvicinò al tavolo e rabbrividì istintivamente alla vista dei ferri che il medico aveva con sé.
Non avevano un'aria molto rassicurante, specie quello che riconobbe come un bisturi.
Si portò dietro a Megan, poggiandole le mani sulle spalle per rassicurarla "Va tutto bene, Meg. Sta' tranquilla, va tutto bene. Ora sono qui".
Lei rabbrividì mentre il veterinario s'infilava i guanti di lattice, ma cercò di calmarsi e restare tranquilla.
Si strinse al giovane e rimase a guardare i cuccioli che man mano venivano alla luce e che il medico poggiava delicatamente su di un panno morbido.
Sentì le lacrime invaderle gli occhi per la gioia e la commozione, mentre l'ultimo cucciolo veniva sistemato accanto agli altri.
Erano minuscoli ed ancora bagnati, ma le suscitarono una tale tenerezza che sentì il cuore gonfiarsi di gioia.
Richard sorrise e le asciugò le lacrime con una mano, accarezzandole il volto.
"Sono bellissimi" sussurrò la ragazza commossa, "Hai ragione. Sono i cuccioli più belli che abbia mai visto".
"Bene" disse il veterinario soddisfatto "Cinque magnifici cuccioli. Tre maschi e due femmine in perfetta salute. Complimenti".
Miguel lasciò andare un sospiro, mentre Thunder lottava ancora per avvicinarsi alla sua compagna.
Alan si passò una mano tra i capelli, decisamente sollevato "Grazie, dottore. Grazie mille".
"Di nulla" disse il medico sorridendo "Ci vediamo presto in ambulatorio per i controlli di base".
Grecia e Megan iniziarono a pulire delicatamente i cuccioli, per poi sistemarli nel cesto accanto alla madre.
I piccoli si mossero istintivamente verso il calore del corpo di Shiver, che li leccò fino a pulirli del tutto.
Thunder si avvicinò lentamente e rimase a debita distanza, osservando la scena che aveva davanti.
L'istinto lo avvisava che era meglio non avvicinarsi troppo, ma quelle piccole palle di pelo lo incuriosivano non poco.
Non appena la madre la chiamò, anche Ines corse a vedere i cuccioli appena nati e sorrise, mentre li vedeva spingersi sotto il pelo caldo della mamma.
Fece per avvicinarsi, ma il padre la fermò "No, fiorellino. Shiver è un po' gelosa dei suoi piccoli e non ti permetterà di toccarli".
"Perché?" chiese la piccola, "Perché le mamme sono sempre così. Vedi? Non fa avvicinare neanche Thunder" le disse Miguel.
"Presto cresceranno e potrai giocare con loro, prima che gli troviamo dei padroni adatti" disse la madre, accarezzandole la testa.
"Va bene. Ma come si chiamano?" chiese ancora la bambina, "Questo non lo abbiamo ancora deciso" disse Grecia "Lo faremo domani, quando saremo tutti più riposati".
Megan sospirò e si appoggiò a Richard, sussurrando "Grazie, Richard. Grazie di essere venuto".
Lui sorrise, dicendo "Potevo perdermi un simile avvenimento? E poi, avevi bisogno di essere tranquillizzata. Ormai ti conosco bene, Meg".
"E poi, ogni scusa è buona per stare insieme, non è vero?" li prese in giro Miguel dalla cucina.
La ragazza scosse il capo e si diresse verso la veranda "Non ha il minimo senso del tatto. A volte, mi chiedo se troverà mai una ragazza in grado di sopportarlo".
Richard rise, nel mormorare "E chi lo sa? La vita è piena di sorprese, non trovi?", "Sì, non si può mai dire cosa ci riserva il destino" ammise lei.
Il ragazzo la fece sedere accanto a sé sul dondolo, chiedendo "Ora dovete trovare nomi e padroni, non è vero?", "Già, e non sarà per niente facile" sospirò Megan.
"Beh, sappiamo che Nicky vuole un cucciolo. Bisognerà solo chiederle se vuole un aski" disse lui con un sorriso fiducioso.
 
La ricerca delle famiglie per i piccoli li occupò per tutta la settimana seguente, ma alla fine riuscirono a trovare una casa per ciascuno di loro.
Erano riusciti a scegliere anche i nomi, anche se le discussioni non erano mancate.
Shasta, Boid, Scilla, Daisy e Raul non erano altro che minuscole palle di pelo grigie e nere, chiazzate a volte di bianco.
Non facevano che mugolare ogni volta che avevano fame, attirando immediatamente la madre, che correva a riscaldarli e nutrirli.
Ines chiedeva continuamente quando avrebbe potuto giocare con i cuccioli e, ogni volta, Grecia doveva pazientemente spiegarle che sarebbero dovute passare alcune settimane prima che i piccoli iniziassero a correre per il giardino.
Nicky era già passata a vederli, entusiasta come non mai per la gioia di poter avere un cucciolo.
"Lo desideravo da una vita" ammise all'amica, quando ebbe scelto il piccolo da portarsi a casa "Però mia madre è sempre stata contraria".
"Beh, ora l'hai convinta" ridacchiò Megan "E sono felicissima di poterti affidare uno dei cuccioli. Shasta starà benissimo con te".
"Anche Susan è venuta a vederli?" chiese l'altra, "Sì, lei prenderà la piccola Scilla" disse l'amica "Alla fine, ha deciso che un cucciolo avrebbe rallegrato la casa".
"Che nome particolare" mormorò Nicky "Però mi piace. Mi dà una sensazione..di mistero".
La ragazza scoppiò a ridere "Il nome l'ha scelto Richard e noi eravamo d'accordo. Ha detto che il mastino di suo nonno si chiamava così ed è il cane più fedele di cui abbia mai sentito parlare. È una sorta di buon augurio".
Gli occhi castani di Nicky brillarono improvvisamente, "Allora, tu e Richard state insieme adesso, eh?".
Lei arrossì di colpo, imbarazzata, e annuì in risposta, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio.
Ancora faticava a credere di quanto fosse diventata bella la sua vita.
"Bene. Era ora che il destino si compisse" disse l'amica tranquilla "Si vedeva ad un miglio di distanza che vi piacevate".
"Ci abbiamo messo un po' a capirlo, però" mormorò nervosamente Megan.
"Meglio tardi che mai, non credi?" rise Nicky, accarezzando Raul, che si stava divertendo un mondo a mordicchiarle la mano.

Richard arrivò poco dopo che Nicky era tornata a casa, dicendo che Jack avrebbe preso volentieri uno dei cuccioli.
"Almeno così sopporterà meglio William, o perlomeno queste sono le sue parole" ridacchiò infine.
"Bene" disse Alan "Ora tutti i cuccioli hanno una casa e dei padroni che li accudiranno".
"E poi li vedremo tutti i giorni nel parco" disse Miguel, per tranquillizzare la sorellina "Così non li perderemo di vista".
"Meno male" mormorò Megan "Io ormai mi sto abituando a loro e lasciarli andare non sarà facile come sembra".
"Beh, i padroni li conosciamo benissimo e possiamo sempre sapere come stanno" disse Richard, "Già, così stiamo tutti più tranquilli" rise Miguel.
"Susan, Nicky, Jack e William, Miriam e Jonathan saranno dei padroni perfetti" aggiunse Megan "E non abitano neanche troppo distanti".
Una lieve risata le sgorgò in gola "È pazzesco che i nostri amici abbiano deciso di prendere i cuccioli con sé, ma ne sono felice".
Ines sorrise nel chiedere "Ric, perché tu e Meg non mi portate al parco? Voglio vedere gli alberi e le papere nell'acqua".
Il ragazzo sorrise divertito "Agli ordini, principessa. Saremo lì in un baleno", poi prese la piccola per mano ed accompagnò lei e Megan al parco. 

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Capitolo 30
*** Minacce all'orizzonte ***


30-Minacce all'orizzonte


Le settimane successive passarono in un lampo per i due ragazzi e, in men che non si dica, si ritrovarono ad affrontare gli ultimi giorni di agosto.
Il caldo si faceva sentire, ma non era così afoso come alla fine di luglio, anche se metteva ancora voglia di andare al mare.
Megan e Richard passavano la maggior parte del tempo insieme, tanto che Miguel disse che ormai la sorella la vedeva solo la sera a cena.
Grecia rise a quel commento, ma lasciò che fosse sua figlia a far capire al fratello che doveva imparare a stare un po' zitto.
Ines invece era contenta, dicendo che ora Meg sorrideva molto di più e che Ric la faceva sempre divertire.
I cuccioli crescevano in fretta e Alan aveva dovuto costruire una piccola recinzione per impedir loro di combinare troppi disastri anche in casa.
Avevano già mangiucchiato i pali della veranda, le piante dell'ingresso ed il tappeto rosso del salotto.
Una mattina, si erano spinti chissà come fino al piano superiore, rubando le scarpe di Miguel e sotterrandole in giardino.
Il giovane era riuscito a trovare l'ultima pantofola solo dopo che Raul, il più robusto della cucciolata, vi aveva fatto un buco grande quanto il suo alluce.
Dopo quella piccola incursione, Megan aveva preso l'abitudine di sistemare tutte le sue scarpe nella piccola scarpiera dietro la porta.
Non voleva che i piccoli si divertissero a mangiucchiare le sue ballerine preferite, solo perché le aveva dimenticate sul pavimento.
A volte, Thunder giocava con i piccoli e sembrava sempre attento a non far arrabbiare Shiver.
Lasciava che i cuccioli gli salissero addosso e lo mordicchiassero senza protestare.
E loro sembravano divertirsi un mondo a tormentarlo, sotto lo sguardo vigile della madre.
"La pazienza paterna" aveva ridacchiato Alan, quando l'aveva visto giocare con quelle cinque piccole pesti.
Il più scatenato però era Shasta, che sembrava aver sviluppato un affetto innato per Richard e gli saltava addosso tutte le volte che lo vedeva.
Sembrava non stancarsi mai di giocare con lui o Ines, che era sempre pronta a farsi inseguire per il cortile erboso davanti alla casa.
Perdipiù, sembrava avere una riserva di energie illimitata e tenerlo fermo era una vera impresa, soprattutto durante le passeggiate al parco.
"Su questo assomiglia a Thunder" aveva detto Miguel "Tira come un pazzo. Fortuna che adesso è un cucciolo, ma da adulto sarà un'impresa mantenerlo".
Megan aveva riso assieme a lui "Nicky farà una faticaccia a tenerlo buono. Esuberante com'è, sarà davvero difficile, se non impossibile".
Man mano che gli occhi dei piccoli andavano a definirsi, si notavano sempre più le rassomiglianze con i genitori.
"Shasta è il perfetto mix tra Shiver e Thunder" disse Richard "Ha i colori del padre e gli occhi della madre".
"Anche Scilla assomiglia ad entrambi" disse la ragazza accanto a lui "Solo che è l'inverso. Gli occhi del padre e i colori della madre".
"Lasciarli andare non sarà per niente facile" sussurrò poi "Questi piccoli demonietti mi hanno letteralmente conquistato".
Lui sorrise e la strinse tra le braccia "Anche tu mi hai conquistato così. Pian piano. Poco alla volta. E ora, senza di te non ci riesco proprio a stare".
Megan sorrise a quella frase "Che dici di metterli nella cuccia ed andarcene un po' in giro? Direi che per oggi abbiamo fatto il nostro turno di baby-sitter".
"Sono perfettamente d'accordo" rise il ragazzo, baciandole i capelli "E poi voglio farti vedere un posto assolutamente fantastico".
 
Dopo una decina di minuti, Richard fermò la moto su uno spiazzo erboso, costeggiato da alberi.
Guardò Megan, ma, prima che lei potesse chiedergli dove fossero, prese un foulard "Chiudi gli occhi. Voglio che sia una sorpresa".
La ragazza rimase immobile, mentre lasciava che lui le bendasse gli occhi, impedendole di vedere dove la stesse portando.
Si lasciò guidare tranquilla e sorrise quando Richard le baciò le labbra.
"Vieni" le disse, prendendole le mani e guidandola verso il suo piccolo rifugio oltre gli alberi.
Sentiva le fronde ed i rami frusciare al loro passaggio, mentre un forte odore di abete e resina aleggiava attorno a loro.
"Attenta" l'avvertì il ragazzo "Abbassa la testa, o rischi di sbattere contro un ramo", "Ok" mormorò lei ridendo.
Camminarono per almeno cinque minuti, prima che il sole le facesse capire che erano usciti dalla cerchia degli alberi.
"Posso aprire gli occhi?" domandò Megan, "Non ancora. Abbi ancora un po' di pazienza" le disse Richard.
La fece avanzare ancora per qualche metro, poi la lasciò andare.
Lei trasalì quando si rese conto che l'aveva lasciata e, non vedendolo, non sapeva dove fosse.
Non riusciva nemmeno a sentire il fruscio dei suoi passi sull'erba; i suoni erano coperti da un rumore che non riuscì ad identificare.
"Richard!" esclamò "Richard, sei ancora qui?", poi sentì le sue mani sulle proprie spalle e mormorò "Non farmi più spaventare in questo modo".
Lui rise appena e le baciò la fronte "Scusami, tesoro, ma dovevo essere sicuro che niente ti impedisca di vedere questo stupendo panorama".
La fece voltare verso destra e sciolse il nodo del foulard, lasciandolo afflosciare sulla propria mano.
La ragazza rimase senza fiato a quella vista: erano su una collina erbosa che declinava dolcemente in una scogliera.
Da lì si tuffava a capofitto nel mare, sparendo tra le onde azzurre e bianche.
Era uno dei tipici posti dove terra, acqua e cielo sembravano fondersi in un'unica magica visione.
Megan rimase letteralmente senza fiato davanti a quel panorama così incredibile.
"Ma è meraviglioso!" sussurrò "Non avrei mai creduto che potesse esistere un posto così bello".
"Vengo sempre qui quando ho bisogno di pensare in santa pace" ammise il ragazzo "Mi aiuta a chiarirmi le idee, se sono confuso sul da farsi".
"È un posto bellissimo" mormorò lei, "Sì, hai ragione" sussurrò Richard "Soprattutto perché sei qui con me a vederlo".
Risero insieme, stretti l'uno nelle braccia dell'altra, godendosi il meraviglioso spettacolo che avevano davanti.
Poi Megan sfuggì al suo abbraccio e corse via, ridendo divertita, mentre lui la guardava per un attimo sorpreso.
Dopo un paio di secondi, sembrò capire quel messaggio in codice e la inseguì per il prato, cercando di riacciuffarla.
La ragazza gli sfuggiva sempre di un soffio, costringendolo a girare su se stesso per individuarla di nuovo.
Ad un certo punto, gli andò dietro e gli saltò sulla schiena, esclamando giocosa "Preso!".
Richard rise e le prese le mani, bloccandola "No, io ho preso te!", poi cercò di girarsi, ma lei gli sfuggì di nuovo, ridendo.
Non sapevano che, tra gli alberi, un paio di occhi chiari li stavano osservando pieni di odio e tristezza.
 
Jennifer guardò Richard ridere con quella selvaggia come non l'aveva mai visto fare da quando l'aveva conosciuto, tre anni prima.
Ora le sembrava così felice…
Perché lei? Cos'aveva quella Megan più di lei?
Era forse più spiritosa? O più allegra?
Perché Richard l'aveva mollata per quella selvaggia, dopo il diploma?
Guardandoli rincorrersi come bambini si disilluse, come da sola si era illusa.
Richard non aveva mai dimostrato interesse verso di lei e nell'ultimo anno era diventato sempre più freddo nei suoi confronti.
Da quando era arrivata lei.
Da allora ai suoi occhi, era come svanita.
Evaporata. Non esisteva più.
Ricordava perfettamente le parole che le aveva detto dopo la festa del diploma, dicendole che non erano fatti per stare insieme.
Che era meglio se l'avesse lasciato perdere.
La sua espressione mentre le diceva addio le era rimasta impresa nella memoria.
È vero, lei non provava niente nei suoi confronti, ma nessun ragazzo l'aveva mai scaricata per una meno carina.
Anzi, nessun ragazzo l'aveva mai scaricata, prima di allora.
Non era possibile che invece lui l'avesse fatto; le sembrava inconcepibile.
Eppure, durante la gita in Italia, aveva creduto che si trattasse solo una specie di colpo di sole, che poi si sarebbe ripreso…
Che sarebbe tornato tutto come prima.
Non poteva certo immaginare che si sarebbe innamorato di lei!
Strinse i pugni, quando Megan si lasciò prendere solo per baciarlo, prima di correre via.
Sembravano così felici insieme, come se fossero le perfette metà di un cuore, fatti per stare l'uno con l'altra.
No, non poteva essere vero. Si rifiutava di accettarlo.
Si allontanò a grandi passi, giurando a se stessa che si sarebbe ripresa Richard e che Megan avrebbe pagato a caro prezzo lo smacco che le aveva inflitto.
Presto, avrebbe avuto la sua vendetta.
 
Megan rise divertita quando vide Richard inseguirla su per la china erbosa, "Forza, lumacone! Dai, corri un po' più svelto, o non mi prenderai mai!" lo prese in giro.
A sorpresa, il ragazzo fece uno scatto degno di un atleta e l'afferrò per la vita, facendola cadere sul morbido trifoglio che cresceva sulla collina.
"Chi sarebbe il lumacone, ora?" sussurrò, guardandola divertito; "Ok, ok. Mi rimangio quello che ho detto" si arrese la ragazza.
Si strinse a lui, sorridendo "Cavoli, quello scatto finale non me l'aspettavo. Mi hai davvero colta di sorpresa".
"Beh, devo ammettere che la corsa non è proprio il mio forte, ma me la cavo" ridacchiò Richard.
"Sarà, ma sei incredibile" disse lei, rialzandosi in piedi "Esattamente come questo spettacolo che abbiamo davanti".
Il ragazzo sorrise e la imitò, osservando il riflesso del sole sulle onde che s'infrangevano contro la scogliera.
Non riusciva quasi a credere che Megan fosse davvero lì, accanto a lui, ad osservare quel panorama così meraviglioso.
Con la coda nell'occhio la vide fare un piccolo passo indietro e capì che stava provando di nuovo a correre via.
Fece finta di niente per qualche istante, poi si girò di scatto e l'afferrò di nuovo, ma persero l'equilibrio, rotolando sulla morbida china.
La collina declinava dolcemente in un piccolo avvallamento e lì s'interruppe la bizzarra corsa dei due ragazzi.
Si ritrovarono abbracciati, sorridenti e ricoperti di fili d'erba, che si erano infilati tra i capelli e i vestiti.
Risero insieme, divertiti da quella buffa corsa che li aveva portati alla base della collina.
Megan provò a sfilargli alcuni ciuffi d'erba dai capelli, ridendo per il contrasto che formavano.
"Sembri quasi un indiano che ha tentato di camuffarsi nell'erba alta" rise divertita "Ti manca solo la piuma tra i capelli e poi sei perfetto".
Le sue mani s'intrecciarono improvvisamente a quelle di lui e Richard la strinse a sé, baciandola con forza.
La ragazza sorrise e si lasciò andare a quel bacio così morbido e dolce, che non smetteva mai di conquistarla.
Lo abbracciò con forza, mentre gli cingeva il collo tra le braccia e lasciava che le proprie labbra esprimessero tutto quello che voleva dirgli.
Richard la strinse con più vigore e spostò una mano lungo il suo viso, seguendone ogni lineamento.
Sorrise quando lei lo baciò con più dolcezza, scendendo lentamente lungo il collo.
Quella ragazza sapeva davvero stupirlo, ogni giorno di più.
Un piccolo brivido gli increspò la pelle, mentre le loro labbra si rincontravano con passione e lasciò scivolare la mano lungo la sua schiena, sentendola fremere contro di sé. Un refolo di vento li avvolse, sollevando e accarezzando l'erba attorno a loro, che li circondò come un morbido ciclone.
I vestiti si gonfiarono di colpo, facendoli rabbrividire, e la mano di Richard sfiorò la sua pelle, morbida e calda.
Megan sentì un fremito scuoterla da capo a piedi a quel contatto e si strinse a lui con più forza.
Il ragazzo lasciò scorrere la mano lungo la curva della vita e risalì lentamente lungo la schiena.
Voleva memorizzare ogni singolo tratto della sua pelle morbida e dorata, conoscerla in ogni piccolo dettaglio.
La sentì rabbrividire ancora ed un sorriso gli incurvò le labbra, mentre lei gli sfiorava il volto con le dita.
Era come se il tocco gli lasciasse una scia di fuoco sulla pelle, qualcosa che non riusciva a descrivere con le semplici parole.
Megan lo baciò con più forza e fece scivolare delicatamente le mani sotto il colletto della camicia, sfiorandogli la nuca e i muscoli della schiena.
Ne seguì lentamente i tratti, come per scolpirli nella propria memoria, e sorrise quando lo sentì fremere di piacere.
Un improvviso coro di abbai interruppe quella dolce esplorazione ed i due ragazzi si rialzarono per capire cosa stesse succedendo.
A sorpresa, si ritrovarono circondati da cinque piccole palle di pelo, che abbaiavano e scodinzolavano senza sosta.
"Ma cosa…?" esclamò Richard, quando un paio di occhi azzurri lo scrutarono al di sopra di un musetto scuro.
"Shasta! Ma che accidenti ci fanno qui i cuccioli?" chiese Megan allarmata "Come hanno fatto ad arrivare fin qui?".
Sobbalzò, quando il cellulare iniziò a squillare nella sua tasca e si affrettò a rispondere.
"Megan!" esclamò Miguel dall'altro capo del telefono "I cuccioli sono scappati! Avevo appena aperto il cancello per uscire con il motorino e si sono fiondati fuori. Li ho inseguiti per un tratto, ma poi li ho persi di vista… Li sto cercando ovunque!".
"Tranquillo, Miguel" lo rassicurò lei, cercando di non scoppiare a ridere "I cuccioli sono con me e Richard. Credo ci abbiamo seguito".
"Oh, beh…" mormorò il fratello "Credete di riuscire a riportarli a casa?".
La ragazza guardò Richard e lo vide annuire "Sì, credo di sì. Va' pure tranquillo".
"Bene, allora ci vediamo stasera" la salutò Miguel, "Ok, a stasera. Ciao".
Il ragazzo le si avvicinò e rise "Ci hanno seguito fin qui. Non è pazzesco?", "No, non se a guidarli c'è Shasta" mormorò Megan, ridendo incredula.    
Tornarono alla moto e sistemarono alla meglio i cuccioli, in modo che non cadessero lungo il tragitto.
Scilla s'infilò tra le braccia della padrona, mentre Shasta si rannicchiò ai piedi di Richard.
Raul fu sistemato assieme a Boid nel bauletto dietro di loro, tenuto aperto da un piccolo ramo in modo che potessero respirare.
Daisy, invece, si sistemò accanto alla sorellina, in grembo alla ragazza.
Il giovane rise nel dire "Speriamo che non ci siano vigile lungo la strada, altrimenti non so come spiegare questa situazione".
Lei sorrise "Già, speriamo bene. Credi che i cuccioli resteranno fermi, lungo il tragitto?", "Spero di sì, ma per precauzione andremo piano".
Richard accese la moto e si diresse verso Zaffire Street, prestando particolare attenzione alle curve per evitare che i cuccioli cadessero.
Quando arrivarono a destinazione, i due lasciarono andare un sospiro di sollievo ed aiutarono i piccoli a tornare dentro il loro recinto.
"Cavolo, non credevo che ci avrebbero seguito fin lì" mormorò il ragazzo, sedendosi sulla veranda.
Megan si sedette accanto a lui e gli strinse la mano "Devo farti i miei complimenti. Non credo che qualcun altro sarebbe riuscito a guidare con cinque piccole palle di pelo sulla moto".
"Spero solo di non doverlo fare più" rise il giovane "È stato uno stress incredibile. Avevo sempre paura di farli cadere".
"Beh, è andato tutto bene" disse la ragazza con un sorriso "E questo sta a dimostrare che non c'è un pilota migliore di te a questo mondo".
"Adesso non esagerare" mormorò Richard arrossendo "Non è stato niente di eccezionale".
"Sarà come dici tu, ma sei stato grandioso. E quindi ti meriti un premio" rise lei, baciandolo.           
 
"Allora, Megan. Com'è andata oggi?" chiese Alan, sedendosi a tavola; "Bene, i cuccioli si sono fatti un buon pezzo di strada per venirci dietro" ridacchiò la ragazza.
"Spiegati meglio" disse il padre, "Beh, io e Richard siamo usciti e, all'improvviso, che li siamo ritrovati davanti" spiegò lei.
"Erano scappati dal cancello e Miguel ci ha immediatamente avvertito. Solo che i piccoli hanno trovato noi e non viceversa" mormorò divertita.
"Avranno fatto qualcosa come un kilometro, un kilometro e mezzo" sussurrò sovrappensiero "È incredibile, vero?".
In quel momento, Miguel entrò in casa, seguito a ruota da Ines, che gli trotterellava dietro.
"A quanto pare, oggi sei stato messo nel sacco da cinque piccole palle di pelo, eh Miguel? Stai perdendo colpi, figliolo" lo prese in giro Alan.
Il ragazzo lo guardò per un attimo senza capire, "Eh? Ma di che stai parlando, papà?".
La sorella inarcò un sopracciglio "Miguel, ma dove hai la testa? Papà ti ha chiesto di oggi pomeriggio, quando i cuccioli sono scappati".
"Ah, sì. Adesso ho capito" esclamò lui sorridendo "Scusatemi, stavo pensando a tutt'altro".
"Tu hai sempre la testa fra le nuvole" scherzò il padre arruffandogli i capelli, poi lo guardò in faccia per un pezzo senza parlare.
Due sguardi castani si scrutarono a vicenda, senza che nessuno dei due battesse ciglio.
Grecia osservò il marito e il figlio con uno sguardo incuriosito, "Che cos'è successo?".
All'improvviso, Alan scoppiò a ridere "Oh, cielo!", "Papà, che hai?" chiese Ines incuriosita, mentre il fratello arrossiva vistosamente.
Megan li guardò entrambi, poi bisbigliò alla madre "Forse ora capisco da chi ha preso Miguel quando ride senza un motivo apparente".
"Appunto, senza un motivo apparente" sussurrò Grecia, poi chiese "Si può sapere cos'è successo?".
"Niente, niente" borbottò il ragazzo, rosso come un peperone, mentre saliva in camera sua.
Lo sentirono chiudere la porta a chiave e le due donne si guardarono in faccia in cerca di spiegazioni.
Non era da lui comportarsi in quel modo; non era mai stato così misterioso.
Intanto, Alan non aveva ancora smesso di ridere e sembrava l'unico che avesse capito cosa avesse il figlio.
"Alan, si può sapere cos'è successo?" chiese Grecia, "No, è un segreto tra me e il mio giovanotto" ridacchiò il marito "Ah, i figli crescono più in fretta di quello che si pensa".
Scosse la testa ed aggiunse "Mi sa tanto che tra poco dovremo piazzare addirittura le telecamere, se vorremo sapere qualcosa da loro".
Ines seguì il padre nel salotto e si attaccò alla sua gamba "Papà, perché Miguel è tanto nervoso? Tu lo sai?".
"Sì, fiorellino, ma non posso dirtelo. Deve essere tuo fratello a parlare, non posso farlo io per lui" rispose l'uomo, sorridendo alla piccola.
"Gli uomini" esclamò Megan "Sono un vero e proprio enigma. Non credi, mamma?", "Già" rispose lei "Proprio come noi donne lo siamo per loro".
"Vorrei tanto sapere cos'è successo a Miguel" mormorò la figlia, "Quando vorrà farcelo sapere, sarà lui a dircelo" disse Grecia con un sorriso.
"Chissà se Richard avrebbe capito cos'ha Miguel, magari mi sarebbe stato d'aiuto" ridacchiò la ragazza. 
 
Intanto, a qualche kilometro di distanza, veniva creata una nuova alleanza, che avrebbe messo a dura prova i sentimenti dei due giovani.
Un gruppo di ragazzi era seduto ad un tavolo di un bar del centro, intento a discutere di un piano crudele e molto ben congegnato.
Alcune ragazze, vestite all'ultima moda e con i capelli acconciati ad arte, li ascoltavano interessate.
In particolare, una di loro, dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio, ascoltava rapita le idee del robusto ragazzo seduto di fronte a lei.
"Un piano geniale" sussurrò maligna, intrecciando le dita per mettere in mostra le unghie perfettamente laccate e smaltate, "Mi piace da morire".
"E in questo modo, ognuno di noi si prenderà quello che gli spetta di diritto, non trovi?" ridacchiò il ragazzo.
"Walter, sei un genio" ridacchiò Oliver "Questo è il piano più diabolico che abbia mai sentito in vita mia".
"Ti ringrazio, Oliver, ma avrò bisogno dell'aiuto di tutti voi" disse lui "Tenetevi pronti, perché ci sarà da lavorare".
Rose sorseggiò il suo frappé di fragola e sorrise "Così quella piccola smorfiosa avrà finalmente quello che si merita".
"Esatto" ridacchiò la cugina "Si pentirà amaramente di essersi messa contro di noi. Ma la cosa più bella è che, stavolta, le sue amichette non potranno fare niente per aiutarla. Sarà sola come un cane!".
"Vacci piano, Lucy" disse Walter "Non calcate troppo la mano, infondo lei sarà la mia piccola smorfiosa".
Sul suo viso si dipinse un sorriso così perfido e mellifluo che Robert rabbrividì istintivamente.
Peter se ne accorse e rise sarcastico "Che c'è, Rob? Non ti piace il piano, per caso?".
"Complimenti. Hai centrato il punto, genio" rispose acidamente il ragazzo.
Strinse i pugni nelle tasche della giacca, ringraziando il cielo che fossero larghe abbastanza da non far scorgere agli altri quello che faceva.
Se si fossero accorti di come aveva chiuso i pugni, molto probabilmente lo avrebbero preso come un gesto di sfida e quella era l'ultima cosa che doveva accadere.
Lo avrebbero conciato davvero per le feste e gli ci sarebbero voluti giorni per riprendersi.
Non gli andava proprio di ripetere l'esperienza.
"Non trovo giusto che facciate tutto questo. Dannazione, si amano! Perché dovete rovinare tutto con questa idiozia?" esclamò, sforzandosi di trattenere la rabbia che sentiva dentro di sé.
Jennifer gli puntò contro un'unghia azzurra, perfettamente limata e dall'aria vagamente minacciosa, e ridusse gli occhi a due fessure, facendo risaltare l'ombretto chiaro che abbelliva le palpebre.
Sembrava davvero che lo stesse congelando, l'azzurro le donava un fascino a dir poco glaciale.
Le sue labbra, coperte da un rossetto rosa pallido, si mossero a formare una frase piena di odio.
"Perché nessuno -e ripeto nessuno- può permettersi di farmi uno sgarbo del genere. E credo che lo stesso valga per Walter" sibilò furiosa.
Poi si rivolse al gruppo dei ragazzi "Non mi sembra troppo convinto. Ma dove l'avete trovato un tale fifone?".
La sua voce si riempì improvvisamente di sospetto "Walter, sei sicuro che non correrà da quei due a spifferare tutto?".
Lui rise "Ma certo che no. Robert è ancora amico di quello stupido di Richard, ma non oserà mettersi contro di noi. Non è vero, Robert?".
La sua voce era divertita, ma il ragazzo avvertì chiaramente la nota di minaccia che usava sempre per convincerlo.
Se non fosse stato per la condizione di suo padre, li avrebbe mollati su due piedi; anzi, non si sarebbe mai unito a loro.
Ma la realtà era molto più difficile e dura da accettare.
Se lui si fosse ribellato a Walter, suo padre sarebbe stato licenziato in tronco e che cosa avrebbero potuto fare?
Serrò i pugni, cercando di tenere a freno la propria rabbia ed il proprio disgusto.
Stava per rendersi complice dell'infelicità del suo migliore amico e la cosa lo disgustava dal profondo.
E se…? Un lampo improvviso gli attraversò la mente, sollevandolo.
Aveva un piano per sabotarli, ma avrebbe dovuto agire con la massima cautela o sarebbe stato scoperto.
Fece una smorfia disgustata, sibilando "Certamente. Resterò muto come un pesce, Walter. Sta' pure tranquillo".
"Molto bene" approvò il ragazzo "Ora non ci resta che aspettare il momento giusto e quell'idiota di Richard avrà quello che si merita".
Jennifer curvò le labbra in un sorriso mellifluo "Andateci piano. Ricordati che lui sarà il mio idiota".
Walter rise "Ma certo, Jennifer. Tu tieniti pronta a fare la tua parte. Presto ci sarà bisogno di te".
Poi le squadrò tutte da capo a piedi, commentando "Ah, e buona festa. Vi auguro una magnifica serata".
"Oh, grazie mille, Walter" sorrise lei "Ma, prima di andarcene, vorremmo proporre un brindisi".
Le altre si affannarono a riempire i bicchieri e, quando ebbero finito, Eric chiese "A cosa brindiamo di bello?".
Sulle labbra rosate di Jennifer si formò un ghigno "Alla riuscita del nostro piano…", "E alla nostra giusta vendetta" aggiunse Walter.

Salve a tutti, scusate se ci ho messo tanto ad agigornare, ma per me è un mezzo periodaccio tra esami e feste... Spero che gradirete il capitolo che vi ho lasciato. intanto ringrazio caldamnete tutti coloro che legono questa storia e chi ha la pazienza di recensirla. vi auguro un Felice Natale ^_^
bacioni, vostra
Alys93

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Capitolo 31
*** Imprevisto ***


31-Imprevisto


"Ah, Megan?", la voce di Miguel si fece largo nella tranquillità di quella mattinata, attirando l'attenzione della sorella .
La ragazza si voltò e chiese "Cosa c'è, Miguel? Non dirmi che ti devo preparare anche il pranzo, ora…".
Il fratello scosse la testa "No, volevo augurarti buona fortuna per il tuo primo giorno al college…", "E che altro?" domandò lei, ridendo "Vuoi forse darmi qualche consiglio su come affrontare questa nuova avventura?".
Entrambi scoppiarono a ridere, quando Megan ripeté le parole usate quel mattino dal padre, prima che corresse al lavoro.
"Non ti farebbe male, se ti dessi qualche consiglio" ammise il ragazzo "Ma no. Volevo sapere verso che ora pensi di tornare a casa".
Il suo voltò si scurì all'improvviso; era imbarazzato per qualcosa, ma la sorella non ne capì il motivo.
Quando Miguel arrossiva in quel modo, c'era sicuramente qualcosa sotto. Il punto era: cosa?
"Verso le 17.30, credo. Io e Richard vogliamo andare a farci un giro, dopo le lezioni" disse.
Un sorriso malizioso le curvò le labbra "Ma perché me lo chiedi? Aspetti forse qualcuno?".
Sembrò che il volto di Miguel avesse preso fuoco e lui abbassò lo sguardo verso il tappeto.
Megan lo guardò per un attimo, poi spalancò la bocca e sussurrò "Oh, cavolo! Miguel!!".
Scoppiò a ridere e gli diede una pacca sulle spalle "Non mi dire che ti sei trovato la ragazza! Allora era questo che ci stavi nascondendo!".
Il fratello non replicò, continuando ad osservare il tappeto "Muoviti o farai tardi".
La ragazza rise "Ok, ora vado. Quando sto per tornare, ti faccio uno squillo, ok? Così stai più tranquillo".
"Ha, ha" mormorò lui sarcastico "Davvero spassoso, Meg", "Ce la farai conoscere, prima o poi?" chiese la sorella, "Vai!".
La giovane uscì ridendo e raggiunse Richard, che l'aspettava davanti al vialetto di casa.
"Come mai sei così allegra, stamattina?" chiese lui, mentre la guardava prendere il motorino.
"Sapessi" lo stuzzicò Megan con un sorriso, "Mi vuoi tenere sulle spine, per caso?" rise il ragazzo.
"Può darsi" ridacchiò lei "Te lo dirò quando saremo a debita distanza da qui", "E perché?".
La fidanzata fece una smorfia "Beh, non so te, ma io non vorrei essere bersaglio di qualche vaso".
Richard inarcò un sopracciglio, ma salì sulla moto ed accese il motore, facendole strada.
Avevano deciso di non farsi notare fin dal primo giorno e, quindi, ognuno aveva preso il proprio mezzo.
Però a entrambi mancavano le gite insieme, abbracciati sulla moto, anche se si trattava di poco tempo.
Dopo pochi minuti, arrivarono davanti al college, un enorme edificio circondato da un grande parco.
"Ha un'aria piuttosto severa" disse Megan "Perfino dall'esterno, si capisce che qui si studia sodo".
Il ragazzo sorrise e si avviarono verso l'entrata, dove li aspettavano Karl, Susan e tutti gli altri.
Avevano avuto una fortuna a dir poco sfacciata nel capitare negli stessi corsi e l'intero gruppo non smetteva di esultarne.
"Ora posso sapere perché sorridevi tanto, poco fa?" chiese Richard; la vide sorridere maliziosa e si preparò alla risposta, ma ne rimase lo stesso colpito.
"Credo che Miguel si sia trovato una ragazza" ridacchiò Megan "Mi ha chiesto a che ora intendevo tornare a casa ed ho capito che mi stava nascondendo qualcosa".
Lui fece un fischio "Accidenti! E chi se lo aspettava!", "Lo dici a me?" ridacchiò la giovane "Era un po' di tempo che era strano e credo che mio padre avesse già capito qualcosa".
Fece una lieve smorfia ed aggiunse "Io e mia madre, invece, navigavamo in alto mare. Certe volte, capire Miguel è un'impresa!".
Raggiunsero velocemente gli amici e si sbrigarono ad entrare nella nuova aula, sedendosi nei grandi banchi a gradinate.
Guardandosi intorno, Megan si sentì esattamente come l'anno precedente.
Era in una nuova scuola, con nuovi compagni e nuovi insegnanti, ma stavolta c'era Richard con lei.
Non era più sola e spaesata, ma circondata dall'affetto dei suoi amici e dall'amore del suo ragazzo.
Quel pensiero la fece sorridere e si preparò a seguire le lezioni che l'avrebbero portata, esame dopo esame, alla laurea.
Per tutta la lezione non fecero che prendere appunti e, alla fine, Richard fece una smorfia, chiudendo la mano anchilosata.
"Oh, cavolo" mormorò William, uscendo nel corridoio "Non so voi, ma mi sento la mano a pezzi!".
"Non sei l'unico" mugugnò il fratello "Mi potrebbe cadere e non mi accorgerei di niente".
"Esagerato!" esclamarono in coro gli amici, "Certo che fai delle battute incredibili" ridacchiò Wendy, aprendo l'armadietto per sistemare i libri.
"Diciamo pure che sono penose e siamo più sinceri" ridacchiò Dalia, facendo l'occhiolino alla sorella.
 
Le lezioni si susseguirono velocemente e alla fine della mattinata, Megan si sentiva la testa pesante come un macigno.
Posò velocemente tutti i libri e si avviò verso gli armadietti, per assicurarsi di non aver dimenticato nulla.
Richard le sorrise, chiedendole "Cosa ne pensi di questo posto?", "Non credi che dovremmo uscire da qui, prima di parlarne?" ridacchiò lei, "Hai ragione".
Si avviarono nel parco, salutando gli altri e si sedettero su una delle panchine che circondavano la grande fontana al centro del parco.
"Credi che ora possiamo parlare?" domandò il ragazzo con una risata, "Sì, credo di sì" rise Megan.
"Abbiamo scritto un sacco. Giuro che non mi sento più la mano" ammise poi, "Già, e pensare che dovremo farlo per chissà quanto…" aggiunse lui.
"Però i prof sono simpatici. Direi, molto alla mano" mormorò la ragazza, "Almeno questo" sussurrò Richard con un ghigno.
"Che dici, vogliamo andare?" domandò lei, "E allora che stiamo a fare ancora qui?" chiese il giovane "Andiamo, no?".
Mentre camminavano lungo il viale, vennero urtati da una ragazza che sembrava andare un po' di fretta.
"Oh, scusatemi" disse, raccogliendo i libri che le erano caduti "Non vi avevo visto", "Non c'è problema" le sorrise Megan.
L'altra sorrise, prima di chiedere "Scusate se ve lo chiedo, ma… Non è che potete indicarmi dov'è l'inizio di Zaffire Street? Da qui si diramano troppe strade e non le conosco tutte. Io… Dovrei andare a trovare una persona".
Richard e Megan si guardarono negli occhi per un attimo, poi sorrisero divertiti ed annuirono.
Chissà se la loro intuizione era giusta…
"Noi andiamo nella stessa direzione" disse la ragazza, sorridendo "Devo portare il mio motorino a casa".
Si avviarono sorridendo, poi la sconosciuta si presentò "A proposito, io sono Rachel Malloy".
"Io invece sono Richard McKallister", "E io Megan. Megan Marley" risposero i due ragazzi.
"Marley? Ho capito bene?" ripeté Rachel, con un sorriso che le illuminò i grandi occhi verde chiaro, "Sì, perché?" chiese la ragazza "Conosci qualcuno con lo stesso cognome?".
"Sì, Miguel Marley. Mi sta aiutando a superare un esame ed oggi dovevano vederci per studiare" spiegò l'altra.
"Oh, non sapevo che mio fratello si fosse messo a dare ripetizioni" mormorò Megan stupita.
Questa proprio non se l'aspettava… Miguel non era certo il tipo che dava ripetizioni.
"Se non mi sbaglio, deve ancora fare un esame per ottenere la laurea" disse Richard, "Infatti" disse la giovane.
"Sì, io sono nella sua classe e dobbiamo prepararci insieme" spiegò Rachel, un po' tesa "È l'ultimo esame per entrambi".
"Oh, ora capisco tutto" disse Megan con un sorriso "Vieni, ti accompagniamo noi".
 
"Miguel! Sono tornata" esclamò Megan dalla porta. Il fratello sobbalzò dalla poltrona "Che ci fai già qui? Non avevi detto che saresti tornata stasera?".
La ragazza rise, mentre osservava la sua espressione sbalordita.
"Scusami" disse "Ma dovevo posare il motorino e prendere la borsa. Tranquillo, me ne vado subito".
Andò in camera a prendere la sua roba, ma buttò un'occhiata alla stanza dove si trovava suo fratello.
Miguel aveva sistemato il salotto proprio bene: c'erano i libri che gli servivano sul tavolo e notò un vassoio con della limonata fresca sul ripiano della cucina.
Inoltre, sembrava che fosse passata un'impresa per le pulizie a togliere ogni singolo granello di polvere dalla stanza.
Certo che ci teneva sul serio a fare una buona impressione su Rachel!
Mentre scendeva, decise di stuzzicarlo un po', tanto per divertirsi.
"Hai visite?" gli chiese con un sorriso "C'è una ragazza che sta venendo qui. Dovete studiare insieme?".
Miguel impallidì "Rachel è già qui?", "Rachel?" domandò la sorella con aria ingenua "È così che si chiama la tua amica?".
Il ragazzo la guardò di sottecchi "Sei venuta a posare il motorino o è una scusa per rompermi le scatole?".
Lei rise divertita "Guarda che me ne sto andando. Comunque, buono studio. Non stancatevi troppo, però".
Il fratello le lanciò uno sguardo sospettoso, ma non riuscì a cogliere nessuna nota canzonatoria nella sua voce.
Stavolta, Megan non sembrava in vena di battute.
"Ok, ci vediamo" le disse, mentre la vedeva sparire oltre la porta "E divertiti con Richard", "Contaci".
La ragazza raggiunse Richard e salì sulla moto "Allora, andiamo?", "Certo" rispose lui.
"Come ha reagito Miguel quando ti ha visto?" chiese incuriosito e la sentì ridere allegra "Avresti dovuto vedere la sua faccia. Sembrava che avesse appena visto un fantasma".
"Oh, bene. Mi chiedo se sia una cosa seria" ridacchiò il ragazzo, "Direi di sì. Almeno da come ha preparato la stanza" commentò lei.
"Sai che ti dico? Spero tanto che tuo fratello le faccia superare quell'esame" mormorò Richard "Almeno così avrà una chance in più".

Intanto, Rachel era entrata in casa e Miguel l'aveva fatta sedere sulla poltrona accanto alla sua.
"Hai avuto difficoltà a trovare l'indirizzo?" le chiese, "No, mi ha accompagnato tua sorella" ammise la ragazza "Per fortuna… O non so come sarei arrivata".
"Già" ridacchiò lui, con una nota sarcastica nella voce "Una bella fortuna. Tra tutte le persone che potevi incontrare, proprio mia sorella ti doveva capitare".
"È molto simpatica" ridacchiò Rachel, sistemandosi una ciocca di capelli ramati dietro l'orecchio.
"Quando ho capito chi era, mi sono preparata a ricevere una sfilza di domande, tipo se stavamo insieme" ammise, arrossendo appena.
Il ragazzo deglutì nervosamente, tremando al pensiero di quello che avrebbe potuto chiedere Megan.
Certe volte sapeva essere davvero tremenda…
"Invece, non mi ha chiesto niente" disse lei, rassicurandolo "Niente di niente. Devo ammettere che sono rimasta sorpresa".
"Se per questo, sa che, se fa domande antipatiche, io la tormento con il suo ragazzo" mormorò Miguel divertito.
Almeno non si era comportata da idiota!
Tirò un sospiro di sollievo e si concentrò sulla compagna di classe, rimanendo spiazzato davanti a quello sguardo verde intenso.
Era davvero uno schianto. Ed il suo sorriso… Non ne aveva mai visto uno così bello in tutta la sua vita.
"Davvero?" domandò Rachel, sorridendo divertita.
"Sì, e lei non lo sopporta. Quindi evita di rompere" disse il ragazzo, trattenendo una risata.
Si schiarì la voce e disse "Però, ora concentriamoci su questi schemi. Prima li facciamo, più tempo avremo per parlare dopo, non credi?".
Speriamo che tra noi possa nascere qualcosa! si augurò speranzoso È semplicemente fantastica. E poi è così allegra… Proprio il tipo adatto ad uno come me.
Lei sorrise ed annuì "Direi che è un'ottima idea, Miguel".
 
"La spiaggia?" chiese incredula Megan, mentre la moto avanzava veloce sulla sabbia dorata.
"Se vuoi, possiamo andare in un altro posto" disse Richard, "No, mi va benissimo" ribatté lei "Mi hai semplicemente colto di sorpresa".
"Io sono pieno di sorprese" scherzò il ragazzo, sfoderando una perfetta faccia da schiaffi; "Scemo".
Risero insieme, poi lui parcheggiò il mezzo e si avviarono verso il bagnasciuga, dove le onde lambivano la sabbia, rendendola più scura.
La ragazza gli diede una spinta giocosa e corse via ridendo, "Avanti. Vediamo se riesci a prendermi!".
"Non ti stanchi mai, eh?" sorrise Richard, inseguendola "Vuoi proprio farti umiliare di nuovo".
La giovane rise ancora di più "Vediamo se stavolta riesci a bloccarmi, lumacone!", poi, approfittando del vantaggio che aveva su di lui, si sfilò i sandali e riprese a correre.
Lui la imitò, in modo da correre più velocemente, e ripartì alla carica, riuscendo a sfiorarle la schiena con le dita.
La sabbia era calda ed asciutta e questo non l'aiutava a guadagnare terreno e velocità.
Affondava facilmente e, più di una volta, fu sul punto di cadere.
Nonostante tutto, continuava a ridere, divertita da quella piccola gara.
Era una specie di rito, che facevano quasi tutte le volte.
Un modo per divertirsi insieme e sentirsi più vicini.
Alla fine, Megan si arrampicò sugli scogli che costeggiavano la baia, cercando di evitarlo, ma Richard riuscì a prenderla e la serrò tra le braccia.
"Continui a chiamarmi lumacone, ma intanto ti riprendo sempre" ridacchiò divertito, "E già" ammise la ragazza "Mi sa proprio che dovrò trovarti un altro soprannome".
Il giovane rise, prima di metterla a tacere con un morbido bacio e la sentì sorridere.
Lei gli poggiò le mani sulle spalle e si staccò "Neanche tu ti stanchi mai, non è vero?".
"Tu dici?" chiese il ragazzo con un sorriso mozzafiato sulle labbra, "Infatti" ribatté la fidanzata "Sembri instancabile".
Il ragazzo sorrise quando lei intrecciò le dita tra i suoi capelli e lo baciò, ma qualcosa gli disse che non era ancora pronta ad arrendersi.
Evidentemente, Megan non voleva ammettere la sconfitta.
Infatti, fece un mezzo passo indietro, per guadagnare spazio e riprendere la corsa, ma perse l'equilibrio e cadde in acqua.
Richard si sporse subito per vedere come stava, ma lei lo colse alla sprovvista, afferrandolo per la maglia e trascinandolo con sé.
Riemersero ridendo ed il ragazzo mormorò "Se proprio avevi voglia di farti un bagno, potevamo organizzarci prima, no?".
La giovane si riavviò i capelli e scosse la testa "Sai, a me piace improvvisare qualche volta".
Sorrise maliziosa e lo strinse tra le braccia, bloccando qualunque risposta con un bacio.
L'acqua era piacevolmente calda e stare tra le sue braccia, cullati dalle onde, era un'esperienza davvero magica.
Richard la strinse a sé, rispondendo con impeto al suo bacio, mentre le sfiorava il viso con una mano.
Riusciva a sentire ogni tratto della sua pelle attraverso il tessuto della camicia, che le aderiva al corpo come un guanto.
Era stupenda, la cosa più bella su cui avesse mai posato lo sguardo.
Le accarezzò lentamente la schiena e la sentì emettere un sospiro carico di emozioni.
Si sentiva piacevolmente stordito da quella situazione; il suo profumo, il suo sapore delicato gli facevano girare la testa.
Quando Megan gli accarezzò il volto, per poi scendere sulla nuca, sentì un fremito scuoterlo dentro.
La baciò con trasporto e sorrise quando le sue mani gli percorsero lentamente le spalle, chiudendolo in un morbido abbraccio.
Era un calore che l'avvolgeva in una spirale di sensazioni meravigliose, che la stordivano e la inebriavano.
Megan non riusciva a spiegarsi quella marea di emozioni che la stavano sommergendo, ma non voleva risalire per chiederselo; voleva lasciarsi annegare in esse e scoprire dove l'avrebbero condotta.
Sentì le mani di Richard sfiorarle la pelle ed inarcò la schiena, pervasa dal piacere che le provocava.
Il cuore le batteva furiosamente nel petto e sentiva quello di lui pulsare allo stesso ritmo.
Lasciò scorrere dolcemente le labbra lungo il suo collo e sorrise quando il ragazzo la strinse più forte a sé.
Amava il modo in cui la stringeva, facendola sentire protetta ed al sicuro da ogni pericolo, ma soprattutto adorava il modo in cui le sfiorava la bocca con la propria.
Sentiva una potente scarica elettrica attraversarla ogni volta che Richard la baciava, ogni volta che la sfiorava.
Era come se le accendesse dentro un fuoco che non riusciva a domare, che non poteva calmare e che non voleva estinguere.
Fremette quando lui le sfiorò la pelle sotto la camicia, accarezzandole delicatamente la schiena, e lasciò scivolare le dita sotto il colletto della sua maglia.
Ogni volta che si trovavano a poca distanza l'uno dall'altra, sentiva il bruciante desiderio di stargli sempre più vicina.
Di sentirlo sempre più stretto a sé, di avvertire il calore della sua pelle sulla propria.
Lo amava con tutta se stessa e cercava ogni piccola scusa per farglielo capire.
Voleva dimostrargli tutto l'amore che provava per lui e non perdeva occasione per stargli accanto.
In ogni bacio, in ogni carezza, cercava di infondere tutte le magnifiche sensazioni che provava nei suoi confronti.
Improvvisamente, Richard si staccò "Sta iniziando a fare freddo. Forse è meglio che risaliamo ed andiamo a metterci qualcosa di asciutto".
Megan però si accorse della scintilla che gli aveva illuminato gli occhi e dello sforzo che si era imposto nel dire quella frase.
La cosa non fece che aumentare il desiderio che sentiva in sé, perché sapeva che lui provava la stessa impellente sensazione.
Tuttavia, si limitò a sorridere ed annuire "Hai ragione. Mi sa che la mia improvvisata ha bisogno di essere interrotta".
Poi un sorriso da gatta le curvò le labbra "Ma prima c'è una cosa che voglio fare", "Cosa?" chiese il ragazzo.
Lei non rispose, ma si limitò a lanciargli uno sguardo enigmatico "Prendi un bel respiro. Capirai tra poco".
Lui inarcò un sopracciglio sorpreso, ma si strinse nelle spalle ed obbedì, respirando a lungo e profondamente.
La ragazza sorrise e, dopo l'ennesimo respiro, gli cinse il collo tra le braccia e lo trascinò con sé sott'acqua.
A quel punto, incollò le labbra alle sue e si lasciò andare alle sensazioni che l'avvolgevano.
Richard rimase sorpreso da quel dolce ed inaspettato giochetto, ma la strinse a sé e la baciò con impeto.
Un vortice di bollicine argentee li circondò, dandogli l'impressione di trovarsi in una magia, la più dolce esistente al mondo.
Megan era come una sirena ammaliatrice, che l'aveva stregato con la sua dolcezza e la sua forza.
Non ricordava quasi più come fosse stata la sua vita prima del suo arrivo.
In confronto a quel momento, gli sembrò tremendamente vuota e priva di calore.
Ormai, quella ragazza era tutto per lui e lo sapeva bene.
Risalirono solo quando i loro corpi chiesero aria e rimasero a lungo a guardarsi negli occhi, mentre il sole tramontava alle loro spalle.  
 
Richard starnutì all'improvviso nel corridoio della scuola e Karl ridacchiò "Salute, amico!".
Lui scosse la testa e mormorò un "Grazie" sommesso, mentre camminavano accanto agli armadietti che costeggiavano le pareti.
Si fermarono davanti ai propri e Karl aprì l'anta, riponendo i libri sul ripiano di metallo.
Rimase per qualche istante a contemplare la foto che aveva attaccato sul fondo e gli sfuggì un sorriso: lui e Susan ridevano davanti ad un lago, nel nord del paese.
Ci erano andati in vacanza quell'estate e, a quel luogo, appartenevano alcuni dei suoi ricordi più belli.
"Bella foto" commentò l'amico sorridendo "Dove siete stati durante l'estate? In Canada o nella regione dei Grandi Laghi?".
L'altro ridacchiò "Per l'esattezza, siamo stati a Buffalo, sul lago Michigan. È stato magnifico".
"E voi avete proprio l'aria di divertirvi un mondo" disse Richard divertito "Dev'essere stato davvero bello".
"Sì, abbiamo percorso una parte del lago in barca…", "Spero che almeno voi abbiate evitato un bagno" mormorò il ragazzo, starnutendo di nuovo.
"Tu invece hai proprio l'aria di averne fatto uno di recente" rise Karl "Anzi, molto di recente. Non è così, Ric?".
"Smettila di dire cavolate e sbrighiamoci a raggiungere le ragazze. Ci stanno aspettando" replicò l'amico.
Il bagno imprevisto del giorno precedente gli aveva lasciato bellissimi ricordi, più un fastidioso raffreddore.
Posò i libri e chiuse l'anta dell'armadietto, poi infilò la giacca, cercando un minimo di calore nel tessuto.
Improvvisamente, una ragazza dai capelli castano scuro lo bloccò, dicendo "Ciao, io sono Britney Harrison. Tu sei Richard McKallister, non è vero?".
Gli rivolse un sorriso smagliante che le illuminò gli occhi ambrati quando lui annuì.
Rise divertita nel dire "Ti ho visto alla lezione di matematica. Sono seduta nella fila dietro la tua".
"Oh, davvero?" mormorò il ragazzo "Strano che non ti abbia mai notata", "Già, davvero strano" disse Karl sarcastico.
Come poteva pretendere di notare le altre ragazze della scuola, quando il suo sguardo era perennemente puntato su Megan?
Era già un miracolo che riuscisse a seguire le lezioni...
Il sorriso di Britney divenne ancora più ampio, poi afferrò Richard per un polso e gli scoprì il braccio.
Prese un pennarello rosa shocking dalla tasca e gli scrisse alcune cifre sulla pelle, dal polso fino all'incavo del gomito.
"Questo è il mio numero" disse con un sorriso accattivante "Chiamami pure quando vuoi".
Poi ripose il pennarello e si allontanò, consapevole che almeno una decina di ragazzi la stavano guardando incantati.
Il giovane la guardò come inebetito, poi rivolse uno sguardo incredulo al numero che gli aveva scritto sul braccio.
"Karl, mi accompagni? È meglio che mi tolga al più presto questi numeri dal braccio" mormorò, cercando di non scoppiare a ridere.
L'amico non riuscì a trattenersi e rise fino alle lacrime, mormorando "Vieni con me".
Si avviarono nel bagno dei ragazzi e Richard stava per iniziare a strofinare il numero con del sapone, quando un ragazzo lo bloccò di colpo.
"Ehi, amico, ma sei ammattito?" esclamò incredulo "Britney Harrison si è degnata di darti il suo numero e tu lo cancelli? Cosa ti dice la testa?".
Karl lo guardò per un attimo senza parole, poi chiese "Ma cos'ha di speciale questa Britney?".
Lo sconosciuto lo guardò come se fosse un alieno "Ma hai forse qualche problema agli occhi? È la ragazza più carina e corteggiata di tutto l'istituto!".
Poi rivolse uno sguardo adorante al numero scritto sul braccio di Richard e i due amici capirono che avrebbe fatto fuoco e fiamme pur di averlo.
"Segnatelo tu, per favore" disse il giovane "Io ho già la ragazza e sono felice così. Non me ne importa niente di questa Britney".
Il ragazzo annuì riconoscente e si segnò immediatamente il numero su un pezzo di carta, poi lo ringraziò e filò via.
"Mio Dio!" esclamò Karl "Ti trovi una Miss Universo ai piedi anche qui, amico. Ma come fai, si può sapere?".
L'altro scosse il capo "Non lo so, ma ne farei volentieri a meno. La cosa inizia a darmi un certo fastidio".
Doveva ammettere che, in un altro momento, non gli avrebbe causato alcun problema che la ragazza più carina dell'istituto s'interessasse a lui, ma ora aveva conosciuto Megan e le cose erano cambiate.
E molto anche.
Ai suoi occhi, tutte le altre ragazze sparivano come nuvolette di fumo; non gliene importava più.
Quando riuscirono a raggiungere le due ragazze, erano in ritardo di una decina di minuti.
"Ma cosa avete fatto in tutto questo tempo?" chiese Susan, "Abbiamo avuto… un noioso imprevisto" spiegò Karl.
Megan rimase in silenzio e salì dietro Richard senza dire una singola parola; teneva lo sguardo basso e sembrava giù di corda.
Il ragazzo si accorse che c'era qualcosa che non andava, ma capì che lei non gliene avrebbe parlato davanti agli altri.
Così salutò Karl e mise velocemente in moto, raggiungendo il parco cittadino, dove spesso portavano Ines ed i cuccioli per fare una passeggiata.
La guardò a lungo, prima di chiedere "Meg, c'è qualcosa che non va? Sei rimasta in silenzio tutto il tempo…".
"No, non è niente" mormorò la ragazza, sedendosi su una panchina "Va tutto bene".
"Sicura? Mi sembri un po' turbata", "Sicurissima" ribatté lei decisa, ma la voce le s'incrinò alla fine della parola.
Il giovane la strinse a sé, dicendo "Non me la racconti giusta. Cosa c'è, Megan? Cos'è che ti fa star male?".
Davanti al suo silenzio, un'ombra di sospetto si fece largo nella sua mente "Tu sai perché non siamo arrivati subito alla fine delle lezioni, non è così?".
Megan si limitò ad annuire, poi prese coraggio e disse "Britney ti ha dato il suo numero. Sai quanti ragazzi della scuola farebbero follie per averlo?".
Rimase stupita quando lo sentì ridere "Oh, lo so bene. Me l'ha detto un tizio che ho incrociato nel bagno, mentre cercavo di cancellare quello stupido numero".
La ragazza sollevò lo sguardo e ripeté "Lo hai cancellato? Il numero di Britney?", "Sì, ma cosa credi?" ridacchiò lui.
Sollevò entrambe le maniche della maglia per dimostrarle che l'aveva davvero cancellato e la giovane notò che il braccio destro era lievemente arrossato, come se lo avesse sfregato.
Dei numeri non c'era la minima traccia, come se non ci fossero mai stati.
Sentì il sollievo fluirle in tutto il corpo, anche se provò un po' di amarezza nell'aver dubitato di lui.
Ma, quando aveva sentito Britney pavoneggiarsi con le amiche che sarebbe riuscita a conquistare anche Richard, non aveva saputo che pensare.
Sapeva che tipo di ragazza fosse quello e quelle parole l'avevano spaventata, perché aveva temuto di perderlo.
Non aveva pensato che anche ad altre ragazze sarebbe potuto piacere Richard e, per la prima volta, affrontò il pensiero di avere delle rivali.
Era una sensazione davvero strana, che non riusciva a spiegarsi razionalmente.
Non le era mai capitato prima. Però, non poteva certo pretendere che le altre si mettessero i paraocchi…
Infondo, Richard era davvero carino ed era logico che altre ragazze si facessero avanti.
Tutto quello che doveva fare era restargli accanto, senza però diventare soffocante.
E, soprattutto, doveva rimanere se stessa.
Se lui l'aveva scelta, un motivo c'era eccome; poteva stare tranquilla.
Richard rise appena e la strinse con dolcezza "Davvero hai pensato che sarei uscito con una come quella? Avanti, Meg! A che mi serve quella, quando ho te?".
Le arruffò lievemente i capelli, sussurrando "La mia piccola, dolce gelosona… Non devi temere che un'altra mi porti via, perché sei tu la mia ancora di salvezza".
"Scusami" mormorò lei, più sollevata "È che ho avuto paura di perderti… Ho temuto che quella strega t'incantasse".
Il ragazzo lasciò andare una breve risata "Io amo te, Megan. Solo te. Di questo non devi mai dubitarne. E ci vuole ben altro che una strega come quella per separarmi da te". 

Il peggio è solo in attesa... state pronti!! ^_^ grazie a tutti coloro che leggono questa Ff, ma in particolare a chi spende un po' del suo tempo per recensire. grazie di cuore. i vostri consigli per me sono molto preziosi  ^^! un bacione, vostra Alys93

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Capitolo 32
*** Ferite dal passato ***


32-Ferite dal passato


"Ho passato l'esame! Ho passato l'esame!".
L'urlo di Miguel fu sentito fin dal giardino posteriore, dove la sorella si era rifugiata per evitare l'ennesimo interrogatorio da parte della madre.
Si precipitò in casa e fu afferrata dal fratello, che la sollevò da terra, facendole fare un giro su se stessa.
"Miguel! Mollami, mi stai stritolando!" ansimò lei, mentre il ragazzo allentava la presa.
"Io e Rachel abbiamo superato l'esame" ripeté Miguel, al settimo cielo "Abbiamo la laurea!".
"Ma è fantastico!" esclamò Alan, sbucando dal salotto "Complimenti, figliolo! Sei stato davvero in gamba!".
Il figlio si sedette sul divano, sospirando sollevato "Non è stato facile, ma alla fine io e Rachel l'abbiamo spuntata contro quella commissione. Ancora non ci credo!".
"Bravissimo, tesoro!" si congratulò la madre, stringendolo a sé "Dobbiamo festeggiare", "Sono d'accordo" disse il marito "Si va tutti al ristorante. Ma prima dobbiamo avvisare i parenti!".
"Scommetto che saranno al settimo cielo" disse Megan, mentre aiutava Ines a sedersi accanto a sé sul divano.
Lanciò una fugace occhiata alla mano sinistra e le sfuggì un sorriso quando vide l'anello che Richard le aveva regalato appena due giorni prima.
La piccola acquamarina spiccava sulla delicata struttura dell'anello, brillando sotto la luce delle lampade.
Ricordava perfettamente il momento in cui gliel'aveva dato; avrebbe potuto descrivere quel ricordo fotogramma per fotogramma.
 
Era stato sulla spiaggia, dopo il bagno imprevisto in cui l'aveva trascinato appena due giorni prima.
Non appena si furono asciugati un po', il ragazzo si diresse verso la moto e prese qualcosa dalla tasca del giubbino.
Le tornò accanto con un sorriso assolutamente splendido sulle labbra e le chiese di chiudere gli occhi per un attimo.
Davanti al suo sguardo incuriosito, il suo sorriso si allargò e le sussurrò "È una sorpresa".
Megan decise di stare al gioco, chiedendosi cosa avesse in mente; qualcosa le disse che sarebbe stato un momento da ricordare.
Chiuse gli occhi e sentì la mano di lui chiudersi attorno alla propria, ma fu distratta da un piccolo scatto.
Non sapeva che cosa lo avesse prodotto, ma non ebbe il tempo di fare supposizioni, che Richard le disse di aprire gli occhi.
Quando vide quello che aveva fatto, le mancò il fiato: un bellissimo anello con una piccola acquamarina incastonata sopra brillava al suo anulare.
"Richard!" boccheggiò sorpresa "Ma questo… Oddio! Ma cosa ti è venuto in mente?".
Non riuscì a reprimere il sorriso che le fiorì sulle labbra e gli buttò le braccia al collo, stringendosi a lui.
"Non avresti dovuto" sussurrò commossa "Sei uno stupido. Non ho bisogno di regali come questi per capire che mi ami".
"Ci tenevo a farti questo regalo" ammise il ragazzo con un sorriso, felice di averla sorpresa.
Per lui, non c'era espressione più bella di quando sorrideva per un evento inaspettato.
Gli occhi le brillavano come stelle, a dimostrare tutta la sua felicità, che in quel momento condividevano insieme.
Non gli importava se l'auto avrebbe dovuto aspettare ancora per essere acquistata; l'unica cosa importante in quel momento era Megan.
Rimase a fissarla negli occhi per qualche istante, poi le disse "Guardalo dentro, ora".
Lei obbedì e sentì gli occhi riempirsi di lacrime per la commozione, quando lesse la piccola, ma dolcissima frase incisa all'interno dell'anello: Al mio unico amore.
"Mio Dio, Richard!" mormorò senza fiato "Sei davvero incredibile!", poi lo guardò negli occhi, incapace di parlare.
Richard sorrise "Sono contento che ti piaccia. Ti sta benissimo. Brilla quasi come i tuoi occhi".
Megan sentì il cuore farle una capriola nel petto e lo baciò con impeto, esprimendogli tutto quello che non riusciva a dire a parole.
Si staccò solo per riprendere fiato e, guardandolo negli occhi, disse "Non avresti dovuto, ma ti ringrazio. È bellissimo. Quasi quanto te, mio dolce pazzo dal cuore d'oro".
Le guance le divennero improvvisamente scarlatte e nascose il viso nella sua spalla, sussurrando "Ma è proprio per questo che ti amo. Perché sei meraviglioso e speciale, perché sei l'unico che mi abbia mai preso il cuore".
 
Pochi giorni dopo, Miguel fu al centro dell'attenzione, festeggiato da tutta la famiglia per il suo successo.
"Ed ora, cosa vuoi fare?" gli chiese lo zio paterno "Sai in che campo vuoi lavorare?", "A dire la verità, pensavo l'informatica" ammise il nipote.
"Tu sei sempre stato un asso con il computer" disse José "Direi che questa è la strada migliore per te".
"Fai quello per cui ti senti portato" aggiunse Jasmine "Se la tua passione è l'informatica, allora buttati senza pensarci due volte".
"Lasciamo perdere l'argomento, ora" disse Tony, lanciando uno sguardo curioso al giovane accanto a lui.
"Piuttosto, ti sei trovato una ragazza, Miguel?" chiese malizioso "Ora non hai più scuse per rimandare".
Il ragazzo per poco non si strozzò con un boccone e tossì più volte, prima di ricominciare a respirare normalmente.
"Ma ti sembrano domande da fare così di botto?!" esclamò, rosso come un peperone.
"Beh, direi di sì se si vuole avere una risposta" lo prese in giro il cugino "Allora, ce l'hai o no la ragazza?".
"Tony, la smetti di rompergli le scatole?" esclamò la sorella "Certe volte sai essere davvero insopportabile!".
"Caratteristica di famiglia" mormorò divertita Megan, "Non solo dei Marley" aggiunse Marica con una risata.
In quel momento, una ragazza con un lungo abito argentato entrò con la famiglia e si sedette al tavolo vicino.
I capelli ramati, raccolti in un elegante chignon, brillavano sotto le luci come una cascata lucente.
Miguel la riconobbe subito e strabuzzò gli occhi, ma riuscì a ricomporsi prima che i parenti se ne accorgessero.
Cavoli! Era assolutamente splendida… e quel vestito la rendeva ancora più bella.
Si alzò per salutarla, sentendosi impacciato come non mai "Ciao, Rachel. Anche tu qui?".
Un tenue rossore gli scurì le guance, mentre sussurrava "Ancora complimenti per l'altro ieri".
Lei lo fissò sorpresa e sorrise raggiante "Oh. Ciao, Miguel. Che bello vederti!".
Le guance si tinsero di un vago rossore, quando aggiunse "Grazie, ma senza di te non ce l'avrei mai fatta a superare l'esame. Ti sono debitrice".
José diede una gomitata alla cugina e chiese "Meg, chi è quella ragazza?", "Si chiama Rachel. Ha superato l'ultimo esame con Miguel. Hanno studiato insieme" spiegò lei.
"Capperi!" sussurrò Marica "Io credo proprio che il nostro Miguelito abbia una cotta per lei", "Su questo, ci metto la mano sul fuoco" ridacchiò Tony, fissandoli divertito.

 
"E in effetti, sia Tony che Marica avevano ragione" disse Megan, raccontando la serata a Richard "Ieri sera ce l'ha presentata e sono pronta a scommettere che anche Rachel ha un debole per lui".
Il ragazzo fece un fischio "Beh, complimenti. Spero tanto che riescano a mettersi insieme. Sembrano davvero fatti l'uno per l'altra".
Lei rise "Dove vogliamo andare, stasera?", "Non saprei. Tu hai qualche idea?" chiese Richard.
"Hanno aperto una nuova discoteca in centro. Vogliamo andare a fare un giro?" propose la ragazza con un sorriso, "Aggiudicato" approvò lui.
Pochi minuti dopo, fermarono la moto di fronte all'entrata ed attesero in fila il proprio turno per entrare.
C'era parecchia gente, ma non tutti potevano accedere alla discoteca; sembrava che il buttafuori fosse molto esigente.
Quando si ritrovò davanti i due ragazzi, li squadrò per un lungo istante, poi si spostò di lato e li fece passare.
"Cavoli, che fortuna" ridacchiò Megan, "Direi di sì" ammise lui "Sembrava davvero un tipo tosto".
Poi lasciò vagare lo sguardo sull'abbigliamento della ragazza, sorridendo compiaciuto.
Indossava un paio di jeans neri abbinato al copri spalle e un top ricco di piccoli ricami sul rosso acceso, mentre ai piedi portava un paio di eleganti sandali dello stesso colore.
I capelli sciolti le accarezzavano la schiena come una morbida onda scura, facendo risaltare il fermaglio rosso con cui li aveva raccolti.
Lanciò uno sguardo ai propri abiti e sorrise, pensando che era vestito esattamente come uno di quei ragazzi che stanno sempre sulle moto.
La maglia chiara, firmata Armani, spariva in parte sotto il giubbino scuro che gli avevano regalato Miguel e José al diciottesimo compleanno.
Un paio di jeans grigio scuro gli fasciava le gambe muscolose, mentre ai piedi indossava un paio di Puma nere, con una striscia abbinata alla maglia.
Stavano decisamente bene -lei in particolare- e sorrise, pensando che la discoteca l'avevano decisa all'ultimo momento.
Megan lo riscosse da quei pensieri, trascinandolo sulla pista dove la gente si stava scatenando a ritmo di musica.
"Dai, cosa aspettiamo? Buttiamoci nella mischia!" rise, prendendolo per mano e portandolo verso un angolo della pista un po' meno gremito.
La musica era travolgente ed in pochi minuti si ritrovarono a seguirne totalmente il ritmo.
Megan si sentiva inebriata da quei ritmi così ricchi di accordi e tonalità diverse, così coinvolgenti da convincere anche una ballerina non proprio bravissima come lei, a scatenarsi come più le andava a genio.
Le luci donavano riflessi multicolore a tutto quello che la circondava, abbagliandola.
Ma la cosa più bella su cui posò gli occhi fu Richard.
Il giovane le sorrise maliziosamente e lei si sentì mancare il fiato, ma curvò le labbra in un sorriso da gatta.
Se voleva giocare con lei, avrebbe trovato pane per i suoi denti.
Iniziò ad ondeggiare con movimenti lenti e delicati che ben conosceva, catturandone lo sguardo.
Gli girò attorno, poggiandogli una mano sulla spalla, fino a trovarsi nuovamente di fronte a lui.
Il suo sguardo non l'aveva mollata per un istante, scatenandole un lungo brivido lungo la spina dorsale.
Sembrava quasi un predatore in attesa del momento giusto per catturare la propria preda…
Lo prese per le mani, chiudendole attorno alle proprie, e si lasciò avvolgere dalle sue braccia, calde e protettive.
Gli sorrise di nuovo, liberandosi lentamente dal suo abbraccio, e gli si spostò accanto, stuzzicandolo con un leggero colpo di fianchi.
Il ragazzo sentì improvvisamente il fuoco liquido scorrergli nelle vene, accompagnato da una sensazione così forte che a stento riuscì a controllarsi.
Le lanciò uno sguardo intenso, chiedendole "Mi stai forse stuzzicando, Megan?".
La ragazza rise appena e sussurrò di rimando "Può darsi", prima di rivolgergli uno sguardo malizioso che lo colpì in modo inaspettato.
Richard deglutì a fatica, poi riprese la sua espressione divertita e la strinse tra le braccia.
"Attenta" le disse, guardandola negli occhi "Potrei anche raccogliere il tuo invito, sai?".
La giovane sentì il sangue scorrerle più velocemente a quelle parole, ma mormorò tranquilla "Io non ti fermerei di certo".
Lui sorrise appena "È questo il punto. Forse è meglio che ti vada a prendere qualcosa di fresco da bere. Aspettami qui", poi si allontanò tra la folla.
Megan sorrise, appoggiandosi alla parete tinta di colori vivaci e rimase ad aspettare il suo ritorno.
Chissà perché quella sera, la scintilla che condividevano avesse deciso di esplodere in un incendio.
Non era mai stata così sfacciata prima di allora, men che mai con un ragazzo.
Si strinse nelle spalle, pensando che era una cosa naturale volergli stare sempre più vicina, quando provava nei suoi confronti un'attrazione così intensa.
Ne aveva parlato con sua madre -non senza imbarazzo- perché all'inizio non capiva quel nuovo desiderio, ma lei l'aveva rassicurata.
Non era strana o sfacciata, era una ragazza che, come tante altre, era profondamente innamorata e decisa a dimostrarlo.
Forse stava correndo un po' troppo con la fantasia…
Stavano insieme da poco, era meglio procedere con calma.
Lasciò andare un lieve sospiro e sobbalzò quando un ragazzo le chiese "Salve, bellezza. Sei nuova di qui? Non ti avevo mai visto prima".
Lei si voltò di colpo e vide davanti a sé un ragazzo con una strana frangia sulla fronte che le sorrideva.
"Sei nuova di qui?" le ripeté quel tipo, "In effetti, è la prima volta che vengo in questa zona" mormorò la ragazza.
"Ci credo, o mi ricorderei di te" ridacchiò quel tizio, passandosi una mano sulla fronte per spianare la frangia.
Megan si sentì improvvisamente nervosa, come se ci fosse qualcosa in agguato dietro l'angolo.
Quel tipo non le piaceva, le provocava un disagio che non aveva mai sentito prima di allora.
Voleva allontanarsi da lui e raggiungere Richard, per sentirsi di nuovo al sicuro.
"Scusa" mormorò, allontanandosi di un passo "ma dovrei raggiungere…", ma quel ragazzo la prese per un polso, "Non scappare così, piccola" le disse "Dimmi almeno come ti chiami, no?".
"Megan?" la chiamò improvvisamente Richard, spuntando dalla folla con due bicchieri in mano.
La giovane lasciò andare un sospiro di sollievo e si liberò della presa di quel tipo, "Sono qui".
Lui la raggiunse velocemente, ma s'immobilizzò quando vide il robusto ragazzo appoggiato alla parete.
Lo conosceva, ne era sicuro. Gli bastò una manciata di secondi per associare un nome a quel volto.
Quando lo riconobbe, un'ondata di ricordi dolorosi lo travolse, riportandolo a quei giorni passati nella più totale solitudine.
Subito dopo, una vampata di rabbia lo colpì con la forza di uno tsunami.
Perché era così vicino a Megan? Che cosa aveva in mente di fare?
E, soprattutto, che diavolo ci faceva lì?
Megan gli andò accanto sorridendo, ma rimase sorpresa quando vide rabbia e dolore nel suo sguardo.
"Richard, va tutto bene?" chiese con un filo di voce, chiedendosi cosa gli fosse preso.
Lui si voltò verso di lei e riuscì a sorridere, mentre le porgeva il bicchiere "Sì, è tutto ok. Sta' tranquilla".
La ragazza lo prese, ma si accorse che le tremavano le mani e si sforzò di controllarsi.
Sentiva la tensione nell'aria, talmente intensa da poterla tagliare con un coltello, e la cosa non le piaceva affatto.
C'era qualcosa che non andava in quella situazione.
"Richard?" esclamò il ragazzo appoggiato al muro "Non posso crederci, sei proprio tu? Richard McKallister".
"Jeffrey Wren" mormorò Richard, serrando i denti "Non credevo fossi ancora in città. Non ti eri trasferito a Los Angeles anni fa?".
L'altro rise "Certo, ma sono qui con degli amici. Tornerò a casa, tra un paio di giorni".
Gli lanciò un'occhiata critica ed un sorriso gli incurvò le labbra "Vedo che ti sei dato da fare. Sei diverso dal moccioso mingherlino che ricordavo".
"Già" sibilò il ragazzo "Come vedi, non me ne sono stato con le mani in mano. Tu, invece, sei lo stesso che ricordavo".
"E dai, non dirmi che mi porti ancora rancore!" ridacchiò Jeffrey "Non ti facevo così vendicativo".
"Portarti rancore?" ripeté Richard "Non spreco il mio tempo a rimuginare su certe esperienze. Semplicemente, non ho dimenticato quello che mi hai fatto".
"Già, lo vedo. E vedo anche che adesso hai una ragazza davvero niente male" rispose l'altro.
Istintivamente, Megan rabbrividì, anche perché Jeffrey era più alto di Richard di almeno mezza testa, e vide il ragazzo pararsi davanti a lei, con fare protettivo.
"Non pensarci nemmeno" sibilò "Ti avverto, Jeffrey. Dalle fastidio e ti giuro che la pagherai cara. Sono stato chiaro?".
Lui rise sarcastico "Oh, il piccoletto vuole sfidarmi. Certo che ne hai di fegato!".
Gli rivolse un'occhiata significativa ed aggiunse "Adesso che ci penso, hai sempre avuto una bella faccia tosta".
"Non ti conviene provaci, o sarai tu a doverti leccare le ferite, stavolta" ribatté il ragazzo deciso.
L'altro rise di nuovo, poi fece un ghigno "Sta' tranquillo, che non te la sfioro la bambolina. Sarebbe bello per una serata, ma non è il mio tipo".
Gli batté una mano sulla spalla e Richard s'irrigidì. Il bicchiere gli si accartocciò tra le dita, mentre il contenuto si sparpagliava sul pavimento lucido.
"Alla prossima, Richard" lo salutò Jeffrey uscendo, poi si bloccò di colpo "Ah, quasi mi dimenticavo".
Si voltò verso di lui e sogghignò "Ashley ti manda i suoi più cari saluti. Tornerà qui tra un paio di giorni. Mi ha detto di riferirti che ti ricorda ancora molto bene e che le piacerebbe rivederti".
Il ragazzo serrò la mascella "Puoi anche dirle di andarsene al diavolo! Non ci tengo affatto a rivederla".
"Uh-uh. Come sei diventato irascibile" lo prese in giro l'altro, ridendo divertito.
Poi si strinse nelle spalle, commentando "Ma fa' pure come ti pare. Il messaggio te l'ho riferito. Ci si vede, Ric".
Non appena fu sparito nella folla, Megan rivolse uno sguardo preoccupato al fidanzato, che se ne stava ancora con i pugni serrati.
Non sapeva cosa fare per calmarlo, anche perché non sapeva cosa avesse scatenato tutta quella rabbia.
Di una cosa era certa: quel Jeffrey lo aveva fatto soffrire molto e sicuramente a quella situazione era legata anche Ashley, la ragazza che aveva nominato prima di andarsene.
Non aveva idea di chi fosse e, forse, non lo voleva neanche sapere, ma doveva aiutare Richard in qualche modo.
Non poteva restare immobile, mentre lui veniva tormentato da chissà quali ricordi.
Stava male e lei doveva fare qualcosa per aiutarlo.
Quando vide l'ennesima scintilla di rabbia brillargli negli occhi, si appoggiò al tavolino dietro di sé.
Stava ancora fissando il punto in cui Jeffrey era sparito tra la folla; la rabbia che aveva dentro sembrava dover esplodere da un momento all'altro.
Quello sguardo non le piaceva per niente, non apparteneva al Richard dolce e allegro che conosceva.
Gli dava un'aria così feroce e furiosa che, nonostante il caldo quasi insopportabile della sala, sentì brividi gelidi scorrerle lungo la schiena.
Qualcosa, probabilmente legato a qualche ricordo, lo stava facendo soffrire. E molto anche.
Lasciò il bicchiere sul tavolo scuro e gli si avvicinò lentamente, cercando di capire cosa avesse.
Voleva aiutarlo, ma non sapeva come.
Gli prese una mano e la serrò tra le proprie, cercando di aprire il pugno in cui l'aveva chiusa.
Non stava usando forza, ma delicatezza.
Richard se ne accorse di colpo, quando sentì la sua presa sulla mano e la sua gentilezza, mentre cercava di aprire quel pugno.
Lasciò andare un lungo sospiro, sforzandosi di rilassare ogni fibra del proprio corpo e tornare tranquillo.
Se lui aveva sofferto per colpa di quei due, non era giusto che ci dovesse finire in mezzo anche lei.
Megan non doveva soffrire per causa sua, non doveva.
Grazie a lei, la sua vita era diventata qualcosa si meraviglioso; doveva concentrarsi sul presente e lasciarsi alle spalle quei ricordi, ma non era facile.
Finalmente, riuscì a calmarsi e si voltò a guardarla, osservando il suo volto preoccupato.
"Scusami" mormorò improvvisamente, lasciandolo a bocca aperta "Mi dispiace, Richard".
"Perché ti stai scusando?" chiese sorpreso, Di cosa può scusarsi, in questo momento? Lei non c'entra niente con quello che mi è successo.
"Ho avuto io l'idea di venire qui" sussurrò la ragazza "Se fossimo andati da un'altra parte, forse tu non avresti incontrato quel tipo ed ora non staresti soffrendo così…".
Il giovane la strinse tra le braccia "Non è colpa tua, Meg! Non potevamo mica saperlo. E comunque, penso che mi avrebbe parlato lo stesso".
Poi la prese per mano "Dai, andiamo. Si è fatto piuttosto tardi. Non vorrei che tuo padre mi impedisse di farti uscire ancora, perché abbiamo violato il coprifuoco".
 
Quando arrivarono davanti alla casa, le luci erano ancora tutte accese.
"Staranno combinando qualcosa" sussurrò la ragazza "Sono pronta a scommetterci".
Poi fece una breve risata "Almeno così sarà più difficile notare l'ora, non credi? E, comunque, siamo in perfetto orario. Come sempre".
Anche Richard rise, ringraziandola nel profondo per averlo aiutato a riprendersi da quella furia cieca che l'aveva colpito quando aveva rivisto Jeffrey.
Megan era davvero una ragazza unica e speciale.
Riusciva a calmare la sua parte più dura ed iraconda, facendolo sentire protetto ed amato.
L'accompagnò nel cortile, ma lei si bloccò improvvisamente in una zona d'ombra, lontana dalle finestre.
Il ragazzo la raggiunse, chiedendole "Meg, va tutto bene?", ma ebbe risposta alla sua domanda.
Di colpo, Megan lo abbracciò con forza, baciandolo con tutta la dolcezza di cui era capace.
Le sue mani presero a sfiorargli il viso, cercando di fargli capire quanto lo amasse e fosse disposta ad aiutarlo.
Richard rimase per un attimo sorpreso, poi la serrò tra le braccia, rispondendo con forza a quella sua dimostrazione di fiducia e conforto.
Le riavviò i capelli, scoprendole il volto e lasciò scorrere le labbra sulla morbida curva della gola.
La sentì sospirare sollevata e rialzò il capo per poterla guardare in volto.
Stava sorridendo, ma non ebbe il tempo di pronunciare una sola parola che lei gli intrecciò le dita tra i capelli, baciandolo di nuovo.
C'era una dolcezza infinita nelle sue carezze e nei suoi baci, e sentì un calore meraviglioso riscaldarlo dentro.
Gli stava dimostrando tutto l'amore che provava nei suoi confronti e Richard desiderò intensamente che quel momento non finisse mai.
Quando si separarono per riprendere fiato, le accarezzò il viso "Grazie, Meg, ma non devi preoccuparti per me. Sto bene".
"Per qualunque cosa, anche la più stupida che può venirti in mente, ricordati che sono qui" rispose lei "Sono sempre pronta ad aiutarti, lo sai".
"Lo so" sorrise il ragazzo "E tu sai che ti amo più di qualunque altra cosa?".
Megan sorrise a sua volta "Sì, lo so. E so anche che ti amo con tutta me stessa e non smetterò mai di amarti".
 
Quando tornò a casa, Richard si accorse che non c'era nessuno.
Probabilmente, suo padre aveva ricevuto un qualche invito di lavoro, o cose del genere.
Sul tavolo del salotto, vide un post-it lasciatogli dalla madre, che diede conferma ai suoi sospetti.
Cena di lavoro, hanno chiamato un'ora fa. La cena è nel microonde. Torneremo verso mezzanotte. Non preoccuparti.
Anna Beth e Clara erano andate a trovare i genitori già quella mattina e quello era il giorno libero di Matthew, quindi era solo.
Lasciò andare un sospiro di sollievo, pensando che almeno poteva stare un po' in santa pace, senza che nessuno gli chiedesse perché fosse di pessimo umore.
Megan l'aveva aiutato a calmarsi, ma, ora che era da solo, la rabbia e la sofferenza stavano tornando a riemergere.
I ricordi legati a quelle sensazioni erano come stampati a fuoco nella sua mente; non era stato capace di buttarseli alle spalle e dimenticare tutto.
Da quel giorno era cambiato, diventando più freddo e scontroso di quanto fosse stato in precedenza.
Era stato solo grazie ai suoi amici, Karl in particolare, ed ai suoi genitori che non si era arreso ed aveva continuato ad andare avanti.
Ma non riusciva a dimenticare.
L'amarezza ed il dolore erano ancora intensi dentro di lui; li aveva seppelliti per anni in un angolo della propria mente, ma non era bastato a lasciarseli dietro.
Guardò l'orologio posto sul camino, ricordandosi che il giorno dopo avrebbe dovuto chiamare John.
Per un attimo, prese in considerazione di non chiamare e restare a casa, senza uscire, ma con un sospiro si rese conto che aveva bisogno di qualcosa per distrarsi.
Doveva trovare il modo per lasciarsi il passato alle spalle e concentrarsi sul presente.
Perché Megan era lì, pronta ad aiutarlo, ma lui non si sentiva pronto a dirle perché l'incontro con Jeffrey l'avesse tanto scosso.
Aveva bisogno di calma e tempo.
 

Nei giorni che seguirono, il suo umore non migliorò e fu come se avesse costruito una barriera tutt'intorno a sé.
Non rispondeva alle chiamate, né alle e-mail.
Non parlava quasi e se ne stava sempre più spesso per i fatti suoi, lasciando poche scuse borbottate agli amici, che lo guardavano preoccupato.
"Richard è diventato piuttosto scontroso negli ultimi giorni, non trovate?" mormorò Susan, mentre passeggiavano tutti insieme nel parco.
"Già, ormai non parla quasi più" le fece eco Jack, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
"E anche Megan è giù di corda" aggiunse il fratello, guardando l'amica.
"Credete che abbiano litigato?" chiese Crystal, "No, Meg è preoccupata per lui. Mi ha detto che ha rivisto un certo Jeffrey, qualche giorno fa, e da allora non parla quasi più" disse Susan.
Karl e Jonathan impallidirono di colpo, attirando l'attenzione degli amici quando si bloccarono in mezzo al viale.
"Hai detto Jeffrey?" chiese Karl con un filo di voce, "Sì, Jeffrey" confermò la ragazza, poi si rivolse a Megan "Aspetta, com'era il cognome?".
L'amica alzò lo sguardo e mormorò "Jeffrey Wren, credo. Sì, il nome è quello. Un tipo largo come un armadio, con una strana frangia sulla fronte".
"Oddio!" esclamò Jonathan "Ora mi è tutto chiaro", "Già, proprio quello doveva rivedere" brontolò Karl, sedendosi su una panchina.
"Questo nome non mi è nuovo" ammise William, facendo annuire anche il fratello e Dalia "E neanche la descrizione".
Crystal e Nicky assunsero delle espressioni corrucciate; evidentemente anche loro sapevano qualcosa su quel tipo.
Solo Susan e Megan erano all'oscuro su quella faccenda.
"Karl, cosa sapete che noi due non sappiamo?" chiese Susan "Diteci cosa sta succedendo".
Il ragazzo sospirò, mormorando "Richard si è trovato faccia a faccia con una sua brutta esperienza passata. È normale, che ora sia così taciturno".
"Cos'è successo?" chiese Megan "Hanno parlato anche di una certa Ashley. A quel punto, Richard si è davvero innervosito. Non l'ho mai visto in quello stato…".
Jonathan la fece sedere, dicendo "Forse è meglio che ci spieghi bene quello che è successo".
Lei lasciò andare un sospiro, poi iniziò a raccontare tutto quello che era avvenuto in quel locale e di come quel tipo avesse reso Richard così furibondo.
"Non so perché, ma se n'è andato, dicendo che lui il messaggio l'aveva riferito, cioè che Ashley voleva rivederlo" sussurrò cupa.
"A quel punto, lui si è arrabbiato da morire…" sospirò preoccupata "L'ha mandata al diavolo. Poi è diventato taciturno e nervoso".
Lanciò uno sguardo preoccupato ai ragazzi che la stavano ascoltando "Cos'è successo? Perché quel Jeffrey sembrava divertirsi tanto a parlargli di quella ragazza?".
William si passò una mano tra i capelli "Meg, Ashley è stata, come dire… Beh, la prima vera cotta di Richard. Lei era abituata a farsi corteggiare molto e quindi la cosa le faceva piuttosto piacere".
"Una tipo Jennifer, per intenderci meglio" disse Dalia, con una smorfia di disgusto sul volto.
"Esatto" annuì il ragazzo "L'ha tenuto sulla corda per mesi, poi è sbucato Jeffrey. Era due anni più avanti di noi ed Ashley si è subito mostrata interessata".
Karl riprese il discorso, raccontando la parte che lui conosceva meglio degli altri, perché era presente.
Era lì, accanto all'amico, mentre riceveva una cocente delusione che l'aveva segnato nel profondo.
"Ha iniziato a uscire con lui, ignorando totalmente Richard, che, nonostante tutto, le voleva ancora bene" borbottò cupo.
"Dopo un po', Jeffrey si è stufato, e, dato che Ashley non gli voleva dire che avevano chiuso, ci ha pensato lui" aggiunse nervosamente.
"Lo ha trattenuto in uno dei corridoi della scuola" continuò, scuro in volto "E l'ha pestato di santa ragione, dicendogli che doveva stare lontano da Ashley, perché era la sua ragazza".
Sul volto gli apparve un'espressione amareggiata "Io non sono riuscito ad intervenire, perché mi aveva già menato".
Infilò le mani in tasca, borbottando "Li avevo scoperti ed avevo intenzione di affrontare Ashley, per farle capire quanto Richard ci stese male".
Una smorfia gli distorse il volto "Jeffrey ci ha visti e… beh, mi ha messo in condizione di non pronunciare una sola parola".
Calciò via un sasso, aggiungendo cupo "Alla fine, è stata proprio Ashley a dirgli che tra loro non c'era mai stato niente e che avrebbe dovuto sparire dalla sua vista. Lo hanno anche preso in giro, perché non era riuscito a difendersi dai colpi di Jeffrey…".
"Oh, Dio!" esclamò Susan "Sono stati davvero così crudeli? Oltre la delusione, anche la beffa! Che razza di mostri!".
"Già" mormorò Jonathan "Da allora, Richard non è stato più lo stesso. Ha passato due giorni pieni in ospedale per tutti i colpi che aveva preso e, secondo me, si è costruito un nuovo modo di pensare".
"Quindi era Ashley la ragazza di cui mi hai parlato alla festa di Richard" aggiunse Susan, guardando Karl, che annuì mesto.
Jack annuì a sua volta "L'ha davvero ferito nel profondo. Non è più stato lo stesso d'allora. Una volta che sono andato a trovarlo, l'ho sentito mormorare qualcosa di strano sulle ragazze…".
"Cosa?" chiese Dalia, mentre Miriam si sedeva accanto a Megan per confortarla.
L'amica sembrava davvero scossa per quello che aveva sentito; gli occhi erano fissi su un mucchio di foglie, senza però vederlo realmente.
Il ragazzo scosse la testa "Non me lo ricordo, ma era strana. Comunque, dopo che l'hanno dimesso, ha iniziato a frequentare la palestra".
"Disse che era deciso a non farsi più mettere le mani addosso in quel modo da nessuno" aggiunse, colpendo una lattina vuota "Non senza che quel qualcuno ne uscisse malconcio".
Poi si morse le labbra, ripensando alla frase detta dall'amico in quei giorni: "Ho sofferto per colpa di una ragazza, ma le cose ora cambieranno. Da adesso in poi, saranno le ragazze a soffrire per me e non viceversa".
Non aveva voluto dirlo agli altri, soprattutto alle ragazze, perché temeva che altrimenti Megan si sarebbe sentita usata, o comunque ferita.
E invece sapeva bene che Richard l'amava più di se stesso.
Era grazie a lei che stava lentamente tornando il ragazzo di prima, liberandosi da quella gelida maschera che aveva indossato per più di tre anni.
"Io non ne sapevo niente" mormorò Susan, ancora sconvolta "Eppure, sono sempre stata nella stessa scuola…".
"Ma non nella stessa sezione" le spiegò Karl "E, comunque, solo noi e quei due sapevano quello che era successo".
"Gli altri studenti non ne hanno mai saputo niente" aggiunse "Tu sei venuta nella nostra classe solo l'anno successivo".   
Intanto, Megan era riuscita a fare un po' d'ordine tra i pensieri che le si agitavano confusamente nella testa.
Non riusciva a credere a quello che sentiva; era orribile!
"Quindi questo Jeffrey l'ha… l'ha picchiato perché lasciasse Ashley. E lei ne rideva… Ecco perché si è irrigidito quando l'ha visto. Gli ha fatto ricordare quei momenti" sussurrò con un filo di voce.
Oh, Richard sussurrò affranta Ora capisco perché eri sempre così scontroso all'inizio dell'anno. Il perché di quella maschera che hai sempre portato. Perché il tuo sorriso non mi convincesse.
Strinse violentemente i pugni, al pensiero di quei due che avevano inflitto quella terribile ferita a Richard.
Non era quello reale, non era il tuo vero sorriso mormorò, fissando il parco davanti a sé Dio mio, quanto hai sofferto e soffri tutt'ora. Perché ti hanno dovuto fare questo? Perché sono tornati a tormentarti?.

Salve a tutti! finalmente sono riuscita a tornare con un nuovo aggiornamento... Purtroppo, lo studio mi blocca un po', ma spero che gradirete ugualmente questo capitolo ^_^ come avete visto, sono state svelate un paio di cosette, che spiegano l'iniziale comportamento di Richard. Che dite? come andrà avanti la situazione? fatemi sapere cosa ne pensate! un bacione a tutti!  
a presto, vostra
Alys93

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Capitolo 33
*** Il piano ***


Salve a tutti! Scusate se ci ho impiegato tanto ad aggiornare, ma l'università mi rallenta -.-' abbiate pazienza. Vi avevo lasciato ad un incontro poco piacevole di Richard con il suo passato; beh, sappiate che i guai non sono finiti! capirete tutto da questo capitolo in poi e.. spero che non mi lincerete. ^_^ fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo! un bacione!


33-Il piano

Quella sera, Megan era così nervosa che non toccò niente a cena.
Non riusciva a capire con che cuore quel Jeffrey fosse potuto tornare a cercare Richard, solo per farlo soffrire ancora.
Era orribile.
Peggio; era talmente crudele da darle la nausea.
Non riusciva a capacitarsi che al mondo potessero esserci persone così prive di sentimenti da trattare gli altri come oggetti.
Come Jeffrey, come Quan…
Riflettendo, all'inizio, le era sembrato che anche Richard la trattasse come fosse un trofeo da mostrare agli amici, ma poi era cambiato.
Le aveva mostrato la sua vera personalità, dolce e sensibile, rivelando anche la sua parte più fragile e nascosta.
Quella che aveva bisogno di conforto e protezione.
Scosse il capo, cercando di venire a capo di quella situazione, ma niente; sentiva la mente stranamente vuota.
La madre le lanciò uno sguardo preoccupato, "Meg, tesoro, c'è qualcosa che non va?".
"No, sto bene" rispose lei "Non preoccuparti, mamma. Va tutto bene. Davvero, è tutto ok".
"Non hai toccato assolutamente niente. Ti senti poco bene?" le chiese Alan, dall'altra parte del tavolo; "Sì, papà" rispose la figlia "Sto benissimo".
"Sicura?" chiese il fratello "Non è che hai litigato con Richard? Non l'ho visto molto in giro negli ultimi giorni".
La ragazza si alzò di scatto, sorprendendoli.
"No" disse seccamente "Tra noi le cose vanno bene. Non c'è niente di cui preoccuparsi".
Senza aggiungere altro, si rifugiò nella propria camera, osservando il cielo stellato dalla finestra.
Voleva fare qualcosa per aiutarlo a sentirsi meglio, ma lui non rispondeva né alle chiamate, né tantomeno alle sue e-mail.
Negli ultimi giorni aveva deciso di non chiamarlo più, perché non voleva che si sentisse soffocato.
Le era costato davvero molto, ma sentiva che era la cosa giusta da fare; voleva aiutarlo a scaricare tutta la tensione che sentiva dentro.
Se ne era accorta un paio di giorni prima, quando, sedendosi accanto a lui, aveva avvertito tutta la sua rabbia e la sua sofferenza.
Neanche lei aveva voluto parlare con nessuno quando era successo tutto quel macello con Quan.
Sapeva cosa stava passando; certe ferite potevano impiegare anni a guarire.
La sua si era rimarginata in fretta solo grazie a Richard; senza il suo amore e la sua comprensione non sarebbe riuscita ad uscirne così velocemente.
Anche se il dolore non se n'era mai andato del tutto...
Infondo, lo poteva capire e sperava ardentemente che tutto si risolvesse per il meglio.
Nella stanza sentiva stranamente caldo, come se la sua preoccupazione si fosse trasformata in calore.
Aprì del tutto la finestra e, sporgendosi in avanti, si aggrappò ad uno dei rami più robusti della quercia che affiancava la casa.
Lo aveva fatto moltissime volte e, ormai, poteva quasi definirsi un'esperta ad uscire dalla finestra per raggiungere le solide fronde dell'albero.
Si arrampicò sul grosso ramo e si spinse verso il cuore delle fronde, dove lei e Miguel avevano costruito un piccolo capanno in legno.
Erano un po' cresciuti per fare giochi nella casa sull'albero, ma la ragazza lo considerava il suo rifugio personale.
Andava sempre lì se non sapeva cosa fare e, ogni volta, il solo stare tra quelle pareti l'aiutava a trovare la soluzione o semplicemente a calmarsi.
Osservò le pareti dipinte di verde e marrone, come a ricordare la foresta messicana dove erano cresciuti, e sentì il sollievo invaderla da capo a piedi.
Una piccola amaca colorata faceva bella mostra di sé in un angolo ed era lì che Ines veniva sistemata quando se la portavano dietro.
Le sfuggì un sorriso quando vide che Miguel aveva lasciato le coperte ed i sacchi a pelo nel rifugio.
Almeno avrebbe potuto dormire lì senza problemi. Si rannicchiò nel sacco a pelo più vicino e rimase a guardare il cielo stellato dalla piccola finestra, mentre una lieve brezza faceva ondeggiare la tendina chiara.
I fiori rossi d'ibisco regalategli da Richard troneggiavano in un piccolo vaso, dipinto da Miguel alcuni anni prima, posto su un ripiano ricavato nella parete.
Il loro profumo era ancora intenso in tutta la capanna e lei si sentì appena più rilassata.
Si chiese perché le cose avessero iniziato improvvisamente ad andar male tra loro, perché si fosse creato tutto quel distacco.
Richard non voleva parlare di quello che gli era successo e lei non voleva certo costringerlo, ma sentiva che si sarebbe sentita meglio, se solo avesse potuto sentire la sua voce tranquilla.
O vedere il suo splendido sorriso.
La faccenda iniziava a diventare preoccupante e Megan temeva che se le cose fossero continuate così, avrebbe rischiato di perderlo.
Il cuore le si stringeva dolorosamente al solo pensiero. No, non sarebbe successo.
Lei non lo avrebbe permesso, non finché avesse avuto un minimo di forza per impedirlo!
Si sarebbe battuta con le unghie e con i denti per evitare che accadesse.
Con quel pensiero in mente, riuscì finalmente a rilassarsi e si lasciò andare tra le braccia del sonno, senza sapere che le cose sarebbero precipitate senza che lei se ne rendesse conto.
 
Il giorno dopo, capendo che era piuttosto giù di corda, Susan la invitò a casa propria per parlare un po'.
"Meg, mi fa piacere che tu sia venuta" le disse con un sorriso, mentre le faceva strada nel giardino.
"Grazie per la tua disponibilità, Sue" la ringraziò lei "Avevo davvero bisogno di sfogarmi un po'. Non riesco più a tenermi tutto dentro".
"Figurati, Meg. Qui sei sempre la benvenuta, lo sai" sorrise Susan "E poi, cosa c'è di meglio che parlare un po' tra amiche per sfogarsi?".
La guidò nella propria camera e si assicurò che non ci fosse nessuno, prima di chiudere la porta.
"Così siamo sicure che Denise non ci darà fastidio" disse, chiudendo a chiave "Mia sorella ha il brutto vizio di origliare".
"E dai, ha solo dieci anni!" ribatté Megan, "Sì, ma la trovo tremendamente fastidiosa" spiegò l'amica.
"Non posso dire niente di particolare, quando ce l'ho tra i piedi. O puoi star certa che lo saprà tutto il quartiere prima di sera" bofonchiò, ripensando a tutti i guai in cui l'aveva cacciata quella piccola peste.
In quel momento, però Denise era da una sua amichetta e non sarebbe tornata prima delle 18.00.
Quindi avevano ancora un paio d'ore a disposizione per parlare in santa pace, senza la paura che la piccoletta origliasse.
L'abitudine, però, l'aveva convinta ad accertarsi che la bambina non ci fosse davvero.
Si sedette accanto alla compagna e disse "Cos'è che ti preoccupa? Sembri quasi uno zombie, lo sai?".
La ragazza si lasciò sfuggire una risatina nervosa, "Bene, almeno non sembro una mummia in decomposizione, come mi dice Miguel".
"A volte, tuo fratello mi sembra un imbecille. Come può dirti queste cose? Non sa proprio cosa sia il tatto!" esclamò Susan con fervore.
"È che ultimamente non parlo molto ed i miei si stanno preoccupando" spiegò l'amica, poggiando il mento sulle ginocchia.
Aveva un'espressione davvero abbattuta, nonostante i suoi sforzi per non dare a vedere quanto stesse male.
"Cielo, Meg! Sembri davvero uno straccio. Hai davvero bisogno di sfogarti" sussurrò l'altra, preoccupata per la sua situazione.
Non doveva essere facile per lei tenersi tutto dentro, eppure ce la stava mettendo tutta per non allarmarle.
Capì che l'amica aveva davvero bisogno di conforto e, improvvisamente, le venne in mente un'idea.
Le batté una mano sulla spalla, dicendo "Sai che ci vuole in situazioni come queste? Un bel P. P. T. V. A.!".
"Un che?" chiese Megan, indecisa se ridere o no "Cosa sarebbe questo… Oddio, non riesco nemmeno a dirlo!".
L'amica rise e le spiegò "P. P. T. V. A. sta per Pigiama Party Tra Vere Amiche. Io e le altre ci siamo inventate questo codice a causa di Jennifer".
"Eh?" chiese l'altra, "Ok, ora ti spiego tutto. Ogni volta che volevamo organizzare un pigiama party, Jennifer cercava di mandarlo a monte in ogni modo, perché sapeva che lo facevamo per risolvere i nostri problemi".
"Non me lo dire. Un sacco di volte erano legati a lei, giusto?" disse la ragazza, avvolgendo un dito tra i capelli.
Lo faceva tutte le volte che era nervosa o imbarazzata, e quella situazione poteva appartenere benissimo ad entrambe le categorie.
"L'ultima volta che siamo ricorse a questa riunione straordinaria è stato un paio di anni fa, per Miriam" mormorò Susan.
Afferrò un pupazzetto dal letto e lo strinse nella mano "La povera Miriam stava malissimo. Allison le aveva appena soffiato il ragazzo che le piaceva da un sacco di tempo".
Il suo sguardo s'incupì, nell'aggiungere "La cosa che mi urta è che l'ha fatto apposta, perché a lei non piaceva affatto".
"Che razza di streghe che ci sono in quel gruppo!" esclamò Megan, "E Jennifer è la peggiore di tutte, perciò le comanda" confermò la compagna.
Lasciò andare un piccolo sospiro, mormorando "Però ora sei tu ad aver bisogno di una mano e sta' pur tranquilla che noi ci saremo sempre per te, Meg".
"Non so davvero che dire, Sue" mormorò la compagna, commossa dalle sue premure "Grazie. Grazie di tutto".
Susan rise "Non mi devi ringraziare. Tu ora avverti tua madre che rimani qui a dormire. Io chiamo le altre per la nostra riunione".
 
"Ce l'ho!" esultò Allison quel pomeriggio, entrando nella stanza della compagna "Ce l'ho fatta, Jenny! L'ho preso".
La ragazza sorrise maligna "Benissimo. Non potevi riuscirci in un occasione migliore".
Le mostrò alcune foto fatte con un cellulare e un messaggio delle cugine Nickson "Rose li sta osservando e mi ha detto che sono giorni che non si parlano".
L'altra si sedette accanto a lei sul morbido pouf rosa pesca, chiedendo "Credi che abbiano litigato?".
"No, ma il motivo non ci interessa" replicò Jennifer "L'importante è che le cose tra loro non vadano bene".
Accese velocemente il computer e si girò verso l'amica "Come hai fatto ad ottenerlo? Non dev'essere stato facile".
Allison sorrise bieca "Niente è impossibile quando si hanno le doti giuste. La madre mi ha fatto subito entrare quando le ho detto la scusa dei compiti e mi sono fiondata in camera sua. La cara Nicky era davanti al computer, indovina con chi?".
Ovviamente era una domanda retorica e Jennifer non sprecò fiato per chiedere qualcosa che aveva già intuito.
Le labbra di Allison, abbellite con un sottile strato di lucidalabbra brillantinato, si curvarono in un ghigno divertito "Non si è nemmeno accorta che avevo visto tutti i suoi contatti. Dovessi vedere che salto ha fatto quando l'ho salutata!".
"Sì, ma la password?", "Ah, quella l'ha trovata Eric" spiegò l'altra "I suoi nonni vivono nella casa accanto e, dato che era lì, ne ha approfittato per fornirci questo prezioso dettaglio".
Ridacchiò nell'aggiungere "Lui è un mago dell'informatica e gli è bastato un suo programma. Sai, tipo quelli delle spie internazionali".
"Spiegati meglio" disse Jennifer, "Semplice, ha violato i sistemi di sicurezza della nostra amichetta, prendendo ciò che ci serviva" spiegò lei "Fenomenale, non trovi?".
Una risata le salì alla gola, contagiando anche l'amica "Sei una vera volpe, Allison! Ora abbiamo tutto quello che ci serve".
"Mi sono segnata anche quelli delle altre amichette" disse la ragazza, scostandosi il capelli dal volto "Vogliamo approfittarne anche con loro? Sarebbe davvero divertente!".
L'altra scosse la testa "Di quelle altre stupide non me ne importa. Ho il mio obiettivo e non ho la minima intenzione di lasciarmelo sfuggire".
Prese il cellulare dalla tasca e compose un numero, per poi portarsi il ricevitore all'orecchio, in attesa.
Una voce maschile rispose all'altro capo "Ciao, Jenny. Stavo giusto aspettando la tua chiamata. È andato tutto bene? Avete tutto quello che vi serve?".
La ragazza rise "Certo. È andato tutto a meraviglia, come previsto. Siamo pronte per entrare in azione".
Lanciò uno sguardo complice alla compagna e tese una mano davanti a sé, per controllare che lo smalto messole da Calì appena un'ora prima fosse ancora perfetto.
Annuì compiaciuta per l'effetto che vedeva; il rosso acceso le donava davvero parecchio.
"Molto bene. Sapevo di poter contare su di voi" approvò Walter, riportandola su questioni più urgenti "Ora passa alla fase due, ma, mi raccomando, sii convincente!".
"Io sono un asso in questo, cocco" lo rassicurò lei "Non appena capirò com'è andata, sarai il primo a saperlo".
"Benissimo" rispose il ragazzo "Allora ci sentiamo presto. Tutto il piano dipende da te. Fa' del tuo peggio, mi raccomando".
"Tranquillo, filerà tutto liscio come l'olio. Vedrai cosa sono in grado di fare, quando mi ci metto" ridacchiò Jennifer "Ora mi metto subito al lavoro. Ci sentiamo".
Chiuse il cellulare con uno scatto secco e disse "Bene, Allie. Ora tocca a noi. Vediamo cosa possono fare due semplici paroline, scritte al momento giusto".
 
Richard si alzò dal letto, stufo della monotonia che lo accompagnava negli ultimi giorni, dopo che aveva rivisto Jeffrey.
Non aveva più parlato con nessuno e si era rifugiato in una bolla di silenzio inaccessibile per chiunque.
Si era comportato come un vero idiota...
Accese il computer ed osservò la sua posta dei messaggi in arrivo, accorgendosi che era quasi del tutto vuota.
C'erano sì e no una decina di messaggi.
L'ultimo messaggio era di Megan, scritto il giorno precedente; gli altri erano decisamente più vecchi.
Evidentemente, i suoi amici si erano accorti del suo stato d'animo ed avevano deciso di lasciarlo un po' in pace.
Con un sospiro, si rese conto di quanto fosse stato intrattabile in quegli ultimi giorni, di come li avesse involontariamente allontanati.
Idiota si disse irritato Sei stato un vero deficiente.Ma cosa ti è saltato in mente? Non si può rovinare il presente con dei brutti ricordi!.
Nonostante tutto sorrise, quando rifletté sul comportamento degli altri: lo avevano lasciato sfogare tutto il tempo che voleva, salutandolo sempre e scherzando.
Non l'avevano lasciato mai solo, neanche una volta.
E Megan gli era rimasta accanto, anche quando era così di malumore che perfino Karl preferiva stragli un po' a distanza.
Quella ragazza aveva una forza di volontà che aveva dell'incredibile, gli metteva quasi soggezione.
Erano giorni che non si parlavano e si accorse di sentire la mancanza del suono della sua voce e della sua risata.
Gli mancava tutto di lei: i suoi piccoli scherzi, i suoi abbracci, le proposte per passare un po' di tempo insieme…
Voleva parlarle e chiederle scusa per il suo comportamento degli ultimi giorni.
Starle accanto e ringraziarla per essergli rimasta vicina in quei lunghissimi giorni passati a borbottare contro il passato.
Ora si sentiva pronto a dirle tutto, del perché l'incontro con Jeffrey l'avesse tanto scosso e tutto ciò che vi era collegato.
Controllò se fosse connessa e vide un suo messaggio, con il quale diceva di essere uscita e che non sarebbe tornata prima delle 20.00.
Probabilmente, era uscita per fare delle commissioni per la madre; o forse era andata da una delle sue amiche.
Lasciò andare un piccolo sospiro e decise di aspettare che tornasse; per distrarsi, iniziò a leggere la vecchia posta che non aveva aperto.
Aprì i messaggi di Megan, curioso di sapere cos'avesse scritto in tutto quel tempo che non avevano parlato.
Sorrise, quando lesse come lei lo incoraggiasse a prendersi tutto il tempo che voleva, che lo avrebbe aspettato.
Non gli metteva alcuna fretta, ma gli chiedeva solo di tornare lo stesso ragazzo sorridente di prima.
Alcuni messaggi erano arricchiti di piccole e simpatiche emoticons, che gli misero subito allegria.
Anche Karl e gli altri lo rassicuravano, dicendogli di stare calmo, perché lo avrebbero sopportato sempre e comunque, anche se fosse diventato più scontroso di uno Yeti.
Gli venne quasi da ridere a quel commento; sicuramente era stato scritto da Jack.
Finì rapidamente tutti i messaggi, sentendosi sollevato per il fatto che gli altri non vedevano l'ora di vederlo tornare quello di prima, ma che non gli mettevano alcuna fretta.
Poi aprì l'ultimo messaggio lasciatogli da Megan, ma, non appena la lesse, sentì il sangue gelarsi nelle vene.

 

Caro Richard,
sono giorni interi che non ci parliamo. Non rispondi mai quando ti chiamo e tutte le mie e-mail cadono nel vuoto. È come se tu non mi volessi più accanto. Ti sei forse stancato di me? Non ti piaccio più? Cosa ti è successo, Richard? Non ti riconosco. Forse… forse ti sei reso conto di qualcosa. Forse abbiamo fatto uno sbaglio e sarebbe meglio dare un taglio a tutto. Forse non siamo fatti per stare insieme… Forse tu hai bisogno di una ragazza diversa da me, migliore… che sappia darti più di quanto abbia fatto io. Temo che le cose tra noi siano irrimediabilmente guastate e credo che sarebbe meglio dimenticare tutto quello che è successo. La vita non è certo una bella fiaba, ma è piena di dolore e sofferenza. Non sai come sto male nello scriverti queste parole, ma credo sia necessario parlarci chiaro. Senza tanti preamboli. Non riesco a trovare il coraggio per dirtelo in faccia. Perdonami se sono così codarda, ma proprio non ci riesco. Non ne ho la forza. Non credere che con te non sia stata felice, anzi… Ma ora è finita, me ne rendo conto. Spero che tu possa essere felice, senza di me. Se davvero provi almeno un po' di compassione per me, non chiamarmi più. È finita. Addio.
                                                           Megan

 

Il ragazzo dovette leggerla almeno tre volte prima che si rendesse conto di quello che gli stava dicendo con quelle parole.
No, non era possibile! Non voleva crederci!
Non riusciva a capire come quello che Megan provava per lui, quello che gli aveva dimostrato così tante volte, potesse essere sfumato in appena una settimana di distacco.
Era impossibile.
Solo il giorno precedente a quell'e-mail lo incoraggiava a prendersi tutto il tempo che gli serviva... ed ora quel messaggio sembrava annullare tutto.
Si rifiutava di crederci, era assurdo!
Rimase come inebetito davanti allo schermo del computer, cercando una spiegazione coerente a quella situazione.
Fino al giorno prima sembrava tutto normale, cos'era cambiato così di colpo?
Perché aveva scritto quell'e-mail?
Aveva l'impressione che qualcosa non quadrasse, ma non sapeva dire cosa.
Possibile che lei non avesse avuto il coraggio di dirgli quelle cose faccia a faccia?
Che avesse dovuto ricorrere alla posta elettronica per dirgli qualcosa di cui avrebbero dovuto discutere insieme?
Gli sembrava assurdo.
Megan non aveva mai avuto paura di dire le cose in faccia, qualunque fosse il suo pensiero.
Non aveva certo peli sulla lingua, quando si trattava di dire le cose come stavano.
Lesse ancora quelle righe, cercando un qualcosa che gli desse un'idea, qualcosa su cui ragionare, ma nonostante i suoi tentativi, non arrivò a capo di niente.
Non riusciva a credere che quello che stava succedendo stesse capitando proprio a lui.
Gli sembrava di essere finito per sbaglio nella vita di un altro.
Era come se si sentisse staccato, distante dal proprio corpo.
Non aveva mai provato una sensazione simile…
Pian piano, la sorpresa fu sostituita da qualcos'altro e Richard si sentì travolgere da un'ondata di sofferenza, che lo schiacciò negli angoli più bui della sua mente.
Tra i ricordi peggiori. Ma perché?
Perché gli aveva dato quell'illusione, per poi ferirlo in quel modo?
Sarebbe stato meglio che non l'avesse mai accettato, che gli avesse detto un bel "No" deciso e che tutto fosse finito lì.
Il dolore che stava provando in quel momento era così intenso che sentì il cuore stringersi con forza.
La testa gli girava e, per un attimo, non riuscì a capire più niente.
Non riusciva a credere a quelle parole, erano false.
Megan non gli avrebbe mai detto quelle cose, non in quel modo.
Non era da lei!
La Meg che conosceva non gli avrebbe mai scritto una cosa del genere...
Doveva vederla.
Chiarire quella situazione.
Doveva assolutamente parlarle.
Barcollando, si alzò dalla sedia ed accese la stampante, ricopiando quelle parole così assurde che lo avevano sconvolto.
Ripiegò il foglio e spense il computer, ma quasi non si rendeva conto dei propri movimenti.
Si sentiva come una marionetta, o meglio, era come se corpo e mente fossero del tutto separati l'uno dall'altro.
Prese velocemente il giubbino e si diresse verso il garage, sollevando a fatica la serranda in metallo.
Accidenti a suo padre!
Non si decideva mai a mettere un po' d'olio su quei cardini e lui doveva sempre fare una fatica immane per aprire il garage.
Sollevò la serranda quel tanto che bastava per farlo passare in piedi e prese la moto, che si accese con un potente rombo.
Uscì fuori e lasciò che fosse Matthew a chiuderla, dopo aver sistemato l'auto all'interno dell'androne buio.
L'e-mail, che aveva ripiegato nella tasca della giacca, sembrava pesare almeno trenta chili e sentì lo strano impulso di stracciarla.
Doveva assolutamente parlare con Megan ed ottenere una spiegazione su quello che aveva scritto.
La moto scivolava veloce sulla strada, viaggiando quasi da sola, come se avesse un cervello proprio.
Ormai era a poca distanza dalla casa, doveva solo attraversare l'incrocio e sarebbe arrivato.
In lontananza, sentì il rombo di un camion, ma non ci fece caso; aveva la mente da tutt'altra parte.
Il rombo si avvicinò velocemente, fino a trasformarsi improvvisamente in una brusca frenata, che si concluse con un tonfo dal suono agghiacciante.

Ecco qui, che ne pensate? cosa sarà successo a Richard? E Megan troverà il modo di dimostrare di non essere l'autrice di quella e-mail? Saprete tutto nei prossimi capitoli! per ora un bacione a tutti! a presto!
vostra Alys'93

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Capitolo 34
*** Dolore ***


34-Dolore

"Megan, puoi prendermi i peperoni da sotto il mobile giallo?" chiese Grecia, intenta a preparare i nachos per il figlio.
"Sì. Arrivo subito, mamma" rispose la ragazza, alzandosi cautamente dal divano, dove si era addormentata la sorellina.
Andò in cucina e frugò tra le sporte di verdura che conservavano lì sotto, cercando i peperoni che aveva comprato appena un'ora prima.
Mentre cercava, sua madre le chiese "Allora, com'è andato il pigiama party di ieri sera?".
Megan sorrise, ripensando all'incredibile idea di Susan di organizzare un P. P. T. V. A. per risollevarle il morale.
"Oh, bene" disse "Abbiamo parlato parecchio del più e del meno. Così, tanto per chiacchierare".
"Lydia è stata davvero molto gentile a permettervi di fare questo pigiama party" sorrise Grecia "Avevi davvero bisogno di stare un po' con le tue amiche".
"Lo penso anch'io" disse la figlia con un sorriso "Mi ha fatto davvero bene ridere un po' con loro. Hanno fatto certe battute incredibili".
 
Susan era stata davvero grandiosa nell'organizzazione della serata, sistemando al meglio tutti i sacchi a pelo portati dalle altre.
Dalia poi era stata davvero unica, portandosi dietro della musica anni ‘70 davvero niente male.
"È patita dell'hip-hop" confidò Crystal alle amiche "Se non si porta dietro almeno uno dei suoi dischi, allora non è lei".
"E a te cosa piace?" chiese Wendy, "Il rock, è ovvio!" borbottò Dalia, stendendosi accanto alla sorella.
"Io preferisco qualcosa di più rilassante" disse Miriam, giocherellando con il portachiavi di casa.
"Non dirmi la musica classica, perché altrimenti ti mando via a calci!" esclamò Nicky inorridita.
"No, non quel mortorio" ribatté Miriam, "Però il rock mi fa venire il mal di testa. Non lo ascolto volentieri".
"Benvenuta nella band" mormorò Dalia, con un'espressione a metà tra il seccato e l'iralità.
"Ha, ha. Davvero divertente, Dalia" borbottò Crystal, lanciandole un cuscino addosso.
Quello fu il segnale.
Nicky afferrò il proprio e lo lanciò verso Susan, dando il via ad una gara di cuscinate, che si svolse tra le risate generali del gruppo.
Megan si ritrovò a parare diversi colpi, mentre il cuscino che aveva in mano perdeva le piume dell'imbottitura, ma si sentiva di nuovo allegra.
Era stato fantastico giocare come bambine, anche se ormai erano tutte maggiorenni, perché la frustrazione di quei giorni si era dissolta di colpo, come neve al sole.
Il colmo fu quando Wendy si alzò in piedi per colpirle meglio e Crystal la beccò con un colpo dietro al ginocchio, che la mandò a gambe all'aria.
Alla fine, le sette amiche si ritrovarono coperte di piume bianche e Miriam propose una tregua per godersi una bella merenda, degna di un P. P. T. V. A. in piena regola.
A quelle parole, Susan si era illuminata ed era corsa a prendere vari piatti di plastica ed alcuni coltelli.
Nicky tirò fuori dallo zaino un grosso sfilatino di pane, che Wendy si sbrigò a tagliare a fette, mentre Miriam apriva un grosso barattolo di Nutella.
"Cavoli!" esclamò Crystal, roteando gli occhi "Io adoro la Nutella! Ne vado letteralmente pazza!".
"Già" la prese in giro Dalia "Durante un campeggio estivo, ti beccarono che mangiavi un barattolo, nascosta sotto le lenzuola! Ed era uno di quelli grossi!".
"La smetti di fare battutacce?" le chiese la sorella, distribuendo le fette alle amiche.
"Ehi!" le richiamò Miriam "Ci siamo riunite qui per risollevare il morale a Meg, non per prenderci in giro a vicenda!".
"Giusto" approvò Nicky "Ora dobbiamo goderci questa delizia bigusto, in modo da addolcire tutti i problemi".
"Sbaglio o hai detto bigusto?" chiese Wendy, sgranando gli occhi "Vuoi dire che hai anche la crema di nocciola bianca?".
"Ovvio" rispose Miriam "Sappiamo bene che ti piace molto", "Piacere è dire poco" ridacchiò Susan "Sarebbe capace di divorarsi tutto il barattolo da sola!".
"E poi sai quanti bei brufoletti ti spunterebbero?" commentò Crystal "Per non parlare dei chili di troppo!".
"Con la fatica che ci vuole per smaltirli, non credo che ci convenga esagerare" ridacchiò Dalia.
Megan sorrise e riempì i bicchieri delle amiche con del succo di frutta, poi alzò il proprio, dicendo "Vorrei proporre un brindisi".
Le altre la guardarono con gli occhi sgranati, "A cosa vuoi brindare, Meg?" chiese Crystal incuriosita.
La ragazza sorrise e, alzando il proprio bicchiere, disse "Voglio brindare alle migliori amiche che si possano mai desiderare. A voi, ragazze. Ma, soprattutto, voglio ringraziarvi per il vostro sostegno e la vostra fiducia. Grazie di cuore".
Le amiche sorrisero commosse e brindarono tutte insieme "A noi! Ed al fantastico gruppo che formiamo!".
 
Megan tornò al presente con un sorriso, ringraziando le amiche per la loro allegria, che riusciva sempre a rimetterla di buon umore.
Erano davvero speciali ed era davvero grata al destino per aver fatto incrociare le loro strade.
Con un sospiro, continuò a frugare tra le verdure, domandando stizzita "Ma dove accidenti si sono infilati quei peperoni?".
"Quali peperoni?" chiese Miguel, "Quelli che ho comprato poco più di un'ora fa" rispose la sorella.
Si voltò verso di lui e, vedendo la sua espressione colpevole, chiese "Per caso, tu sai dove sono finiti?".
"Ehm… Sì" ammise il ragazzo con una smorfia "Non entravano nello scompartimento e li ho messi nel frigo".
Lei sbuffò, rialzandosi in piedi "Potevi anche dirmelo prima! Sono ore che li cerco qui sotto!".
"Scusami" mormorò Miguel, cercando di reprimere una risata "Credevo che mi avessi visto, prima".
Megan scosse la testa ed aprì il frigorifero, trovando immediatamente i peperoni che servivano a sua madre per i nachos.
Li posò sul bancone ed iniziò a tagliarli e sbucciarli, mentre Grecia grattugiava un grosso pezzo di formaggio.
"Ah, credo proprio che mio fratello sia un caso disperato" mormorò la ragazza, infilando le fette di peperoni nel mixer.
"Lascialo stare" rise la madre "Infondo, ora ha la testa da tutt'altra parte, lo sai".
"Se per questo, la testa fra le nuvole l'ha sempre avuta. Non è una novità" ridacchiò la figlia, guardando il fratello di sottecchi.
"Ha, ha. Continuate pure a prendermi in giro" disse lui dal salotto "Ormai le vostre battute sono vecchie e decrepite".
"Certo, come no" ribatté Megan "Allora perché rispondi sempre con quel tono seccato?".
Lo sentì sbuffare e rise, pensando che lo aveva messo a tacere, per una volta.
"Colpito e affondato, Miguelito!" ridacchiò, versando il formaggio nel mixer; "Sta' zitta!".
Le due donne ridacchiarono alla sua reazione, attirando l'attenzione di Alan, intento a scrivere nel suo studio.
Incuriosito, scese al piano di sotto e chiese "Cos'è tutta quest'allegria? È successo qualcosa?".
"Niente che tu non sappia già, papà" rispose la figlia, affacciandosi dalla cucina.
L'uomo inarcò un sopracciglio, confuso dall'allegria di Megan e dall'espressione corrucciata di Miguel.
Si strinse nelle spalle e tornò nello studio, decidendo di rilassarsi ascoltando un po' la radio.
Ines si era già addormentata tranquillamente, quindi non correva il rischio di essere disturbato dalla figlia più piccola che lo implorava di mettere la musica che le piaceva tanto.
Si sintonizzò sulla frequenza della musica anni ‘80 ed ascoltò tranquillamente le canzoni che aveva ascoltato più e più volte quando era un ragazzo.
Al piano inferiore, Miguel accese la televisione, cercando qualcosa che l'aiutasse ad ignorare la sorella che rideva nella stanza accanto.
Come al solito, il telegiornale trasmetteva terribili fatti di cronaca che avvenivano nel mondo, partendo dalle guerre civili africane.
Stava quasi per cambiare canale, quando il giornalista avvisò di una notizia dell'ultimo momento.
Anche la sorella tese l'orecchio, mentre andava a posare i peperoni avanzati nel mobiletto accanto alla porta.
Il giornalista, un uomo sui sessant'anni, si aggiustò gli occhiali e disse "E ora una notizia arrivata pochi minuti fa in redazione. Oggi pomeriggio, verso le 19.45, un autista ubriaco ha viaggiato contromano lungo il quartiere di Zaffire Street, nella zona est della città. L'uomo, Michael Burns, quarantacinque anni, ha investito un ragazzo in moto nei pressi dell'incrocio di S. Sebastian. Il giovane motociclista, il diciottenne Richard McKallister, è stato immediatamente trasportato all'ospedale cittadino, ma le sue condizioni non sembrano gravi. Per ora, la prognosi è riservata. Né i genitori, né il primario dell'ospedale, nonché parente della vittima, hanno voluto lasciare dichiarazioni al riguardo".
Nella casa calò un silenzio di tomba, interrotto di colpo da diversi tonfi sordi sul pavimento.
Megan si lasciò sfuggire i peperoni di mano, mentre la notizia si faceva bruscamente largo nella sua mente.
Il cuore sembrò mancarle un battito, quando le probabili immagini dell'incidente si affollarono nella sua testa.
Un gemito straziante le sfuggì dalle labbra, facendo accorrere la madre verso di lei.
"Meg" la chiamò Grecia "Meg! Che ti prende? Tesoro, rispondimi!", poi chiamò il marito "Alan! Alan, corri!".
Miguel si alzò di scatto, accorgendosi appena di aver svegliato Ines, e gridò "No! Non può essere! Non Richard!".
Improvvisamente, si accorse dello stato della sorella e seguì il padre in cucina.
La giovane era pallida come un lenzuolo e non riusciva a pronunciare una sola parola.
Gli occhi erano vacui e fissavano un punto indefinito davanti a sé, senza vederlo realmente.
Sembrava che non riuscisse a reggersi sulle gambe, perché iniziò a tremare violentemente tra le braccia del padre.
Alan l'aiutò a sedersi su una poltrona e la chiamò più volte, ma sembrava che lei non lo sentisse neppure.
Non reagiva, l'unica cosa che riusciva a muoverla era il suo respiro corto e affannato.
Era come se avesse qualcosa incastrato nella gola e non riuscisse a respirare bene.
Sembrava un fantasma, tanto che, per un attimo, Miguel si chiese se non dovesse fare qualcosa per rianimarla.
Di colpo, la ragazza si alzò, facendo sobbalzare i familiari, e si precipitò immediatamente fuori casa.
Il telefono iniziò a squillare, ma lei lo ignorò volutamente, mentre correva a perdifiato verso la zona centrale della città, dove si trovava l'ospedale.
Miguel fu l'unico ad avere la forza di muoversi per alzare la cornetta e rispondere, ma la voce non gli usciva.
Dall'altra parte era Nicky, che aveva appena sentito la notizia al telegiornale, esattamente come loro.
"Casa Marley?" chiese con voce strozzata "Sono Nicky. Devo assolutamente parlare con Megan!".
Miguel si sforzò di cacciar fuori la voce, sussurrando a stento "È appena corsa via, Nicky. Ha già saputo la notizia".
 
Megan continuò a correre, cercando di imprimere maggior velocità nelle gambe.
Non poteva credere a quello che aveva sentito! Non poteva essere successo davvero!
Non era vero! Non Richard!
Il suo nome le rimbombava nella mente, come un terribile eco che non le dava tregua.
Richard. Richard. Richard.
Doveva vederlo, a tutti i costi.
Doveva assicurarsi che stesse bene.
Le sue scarpe colpivano con forza l'asfalto, ma sembrava avere la stessa consistenza della sabbia bagnata.
Continuava ad inciampare e cadere, ma si rialzava sempre, incurante dei graffi che si procurava sulle mani e sulle ginocchia.
Doveva andare da lui, non poteva permettersi di rallentare.
Iniziò a scendere una lieve pioggerellina, che, in poco tempo, coprì tutto il paesaggio circostante.
La ragazza non sapeva dire se era la pioggia ad annebbiarle la vista, o se erano lacrime quelle che le scorrevano sul viso.
Si sforzò di non fermarsi, perché sapeva che, se lo avesse fatto, non sarebbe più riuscita a rialzarsi.
Finalmente, riuscì a intravedere la massiccia struttura dell'ospedale oltre la pioggia insistente e si sforzò di aumentare il passo.
Si fiondò nella reception e chiese affannata "Qual è la stanza? La stanza di Richard McKallister. Me lo dica, la prego!".
L'infermiera sgranò gli occhi davanti a quella ragazza, bagnata fradicia e dallo sguardo stravolto, che le chiedeva dell'ultimo paziente.
Si sforzò di riprendere il controllo di sé e disse "Stanza 168. La prego di non affaticarlo, è ancora debole per il colpo subito".
Megan la ringraziò con un cenno e si diresse verso la corsia indicata dall'infermiera, badando appena alle persone che incontrava.
Si limitava a scansarle durante la corsa, cercando disperatamente la stanza di Richard tra le due file di porte che si affacciavano sul corridoio.
Doveva vederlo, a tutti i costi.
 
"È stato davvero fortunato" disse James McKallister, parlando con il fratello "Devi ringraziare che indossasse il casco, che ha attutito la caduta".
Helen si appoggiò al marito, mentre le lacrime non smettevano di inondarle il volto.
"Dio mio, ma perché? Perché quell'autista ha bevuto? È solo per miracolo che Richard sia ancora qui" singhiozzò, terrorizzata solo all'idea di poter perdere il figlio.
"Helen, in questo momento ha solo bisogno di riposo. Sta bene, grazie al cielo" la rassicurò James "Conoscendolo, tra un paio di giorni, sarà di nuovo in piedi".
Lanciò un'altra occhiata alla cartella clinica che aveva stilato e rassicurò il fratello "Ha solo alcune lievi contusioni sulle braccia ed al torace".
"La bassa velocità gli ha evitato danni più gravi" aggiunse tranquillo "Ric è sempre stato prudente con la moto, lo sai".
Un sorriso privo di allegria gli passò sul volto, mentre diceva "È della moto che dovresti preoccuparti. Tuo figlio ha la testa dura. Si riprenderà presto".
Josh non disse niente, troppo scosso per la tragedia che avevano sfiorato, e lasciò andare un sospiro.
Aveva rischiato di perdere suo figlio e la cosa lo aveva privato di ogni tipo di energia.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Helen si raddrizzò, dicendo "Io vado da lui. Non ce la faccio a restare qui, senza fare niente".
Entrò silenziosamente nella stanza dove aveva portato il suo Richard e si sedette sul bordo del letto, osservandolo riposare.
Il ragazzo la guardò sorridendo appena "Mamma, sei ancora qui? Non dovresti riposarti un po'?".
La donna trattenne a stento un singhiozzo, sussurrando "No. L'unica cosa di cui ho bisogno è vederti guarire in fretta, tesoro".
"Ho solo fatto un volo dalla moto" ribatté lui, sforzandosi di ridere "Non devi preoccuparti così. Zio James ha detto che mi rimetterò in un paio di giorni".
Trattenne a stento una smorfia, quando una fitta di dolore lo trafisse di nuovo alla testa.
Il casco gli aveva evitato un trauma cranico, ma aveva preso lo stesso un bel colpo.
Le lamiere poste sul muso del camion non erano certo cuscini di piume.
Si sforzò di sorridere e non fare capire a sua madre che la testa gli pulsava come se ci avesse sopra un martello pneumatico.
Non voleva allarmarla più del dovuto, era già uno straccio.
Improvvisamente, sentì una voce allarmata provenire dal corridoio ed un'altra fitta, stavolta più dolorosa, gli strinse il cuore.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
Una volta lo avrebbe rassicurato, ma a quel punto a che serviva?
Helen si alzò dal letto, sussurrando "Ma questa è Megan…".
Avanzò verso le tapparelle per vedere cosa stesse succedendo, sussurrando "Cielo, ha l'aria stravolta! Dev'essere corsa qui appena ha saputo cosa ti è successo…".
Rivolse uno sguardo al figlio e chiese "Vuoi farla entrare, o le devo dire che stai dormendo?".
Richard ci rifletté per un attimo, pensando a cosa fosse più giusto fare, poi disse "Falla entrare, ma dille che sto riposando. Ho bisogno di capire una cosa".
Sua madre annuì ed uscì fuori.

Megan vide i genitori di Richard davanti alla porta della camera e corse verso di loro, cercando disperatamente di trovare ancora un po' d'energia dentro di sé.
Il padre stava parlando con un medico che lei riconobbe immediatamente, perché era lo stesso che l'aveva visitata quando Jennifer le aveva lanciato quella pallonata nello stomaco, mesi prima.
Era lo zio di Richard, nonché primario dell'ospedale.
Era l'unico a poterle dire come stava esattamente il ragazzo.
Arrancò verso i due uomini e dovette aggrapparsi allo schienale di una sedia per non cadere a terra.
Josh la riconobbe subito e le andò incontro "Megan! Quando sei arrivata qui?".
Le poggiò le mani sulle spalle ed esclamò "Dio, ma sei totalmente fradicia! Non dirmi che sei venuta da sola, senza farti accompagnare!".
La ragazza cercò di riprendere fiato, sussurrando a stento "Sono venuta.. il prima possibile… Non appena ho… ho saputo. Non potevo.. aspettare nessuno".
Gli rivolse uno sguardo implorante e carico di preoccupazione, chiedendo "Come sta?".
Il medico le si avvicinò e la fece sedere sulla prima sedia disponibile "Sta bene, per fortuna. Andava abbastanza piano e l'impatto non è stato troppo duro. Inoltre, aveva il casco, cosa che gli ha evitato danni alla testa".
Lei trattenne un sospiro e si accasciò sulla sedia "Lo indossa sempre. Non è mai uscito senza. È prudente".
"Già, e dobbiamo essere grati per la sua prudenza" sospirò Josh "Gli ha salvato la vita".
Megan lasciò andare un sospiro di sollievo e si prese la testa fra le mani "Ma perché deve capitargli tutto questo? Perché?".
All'improvviso, sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla e vide Helen sorriderle "Ciao, Megan. Sei venuta per vedere Richard?".
La giovane annuì "Sono corsa qui non appena ho saputo cos'era successo. Non mi sono fermata neanche per rispondere al telefono".
"Anche se immagino fosse una della mie amiche che voleva accompagnarmi…" mormorò poi.
"Sei venuta fin qui, correndo sotto la pioggia?" chiese il medico e la vide annuire appena.
"Dovevo sapere come sta. È stato… terribile sapere quello che gli è capitato a due passi da casa mia" sussurrò con un filo di voce.
James la guardò, notando i graffi sulle mani e sulle ginocchia, dove il duro asfalto aveva bucato i jeans.
"Sarebbe meglio che ti disinfettassi quei graffi. Sembra che tu sia inciampata ogni due passi" disse serio, ma lei scosse la testa.
Non voleva che la medicassero, voleva solo vedere Richard ed assicurarsi che stesse bene.
Dopo qualche istante, alzò lo sguardo e chiese "Posso vederlo?".
Helen annuì appena, nel dirle "Però ora sta riposando. Non credo che ti risponderà".
"Non importa" sussurrò Megan "Devo vederlo e… e assicurarmi che stia bene. Non ce la faccio a restare qui. Non ci riesco".
James le aprì la porta e lasciò che se la richiudesse alle spalle, poi sussurrò alla cognata "Perché gli hai detto che dormiva? Vi ho sentito parlare, un attimo fa".
La donna si strinse nelle spalle e rispose mesta "È stato Richard a chiedermelo. Non so il perché".
 
Megan entrò nella stanza e lo vide disteso sul letto, addormentato.
Alcuni monitor lampeggiavano accanto a lui, segnalando il battito cardiaco e la pressione.
Lei non capiva niente di medicina, ma qualcosa le disse che era tutto nella norma, che stava bene.
Si accasciò sulla sedia accanto al letto e rimase ad osservarlo, mentre le lacrime le annebbiavano la vista.
Una benda candida gli cingeva la fronte, scomparendo a tratti sotto la sua chioma scura.
Un'altra era avvolta attorno al braccio sinistro, per tutta la lunghezza, dal gomito al polso.
Non osava immaginare quante altre bende avessero usato per fasciargli le ferite e sentì un groppo chiuderle dolorosamente la gola.
Non riusciva più a trattenere l'angoscia che aveva provato in quei lunghissimi minuti passati a correre verso l'ospedale; le stava scoppiando il petto.
Gli prese la mano tra le sue e se la portò al viso, "Oh, Richard" sussurrò "Ma perché ti sta capitando tutto questo? Non bastava quello che hai già patito?".
Le lacrime le inondarono il viso, bagnandole le guance, e scivolando sulla mano di lui.
Per Richard fu davvero dura non aprire gli occhi e rassicurarla che stava bene.
Non sopportava di vederla soffrire, ma doveva capire se davvero gli avesse scritto quella dannata e-mail.
Si costrinse a restare immobile, anche quando lei iniziò a singhiozzare e gli strinse la mano appena più forte.
Possibile che stesse soffrendo tanto per lui?
O lo faceva, perché era sconvolta dall'effetto che aveva prodotto la sua e-mail?
Non sapeva dirlo.
La giovane si appoggiò a lui, continuando a piangere "Non è giusto che tu debba soffrire così… Ma perché deve andare tutto così male? Perché il destino è così crudele?".
Si rialzò a sedere e gli sfiorò la fronte con le dita, accarezzandogli il volto "Mi dispiace, Richard. Mi dispiace tanto che la vita non riesca a darti un po' di pace".
Il ragazzo non riuscì a rimanere fermo e le strinse la mano, pensando di aver avuto la conferma ai suoi peggiori incubi.
Megan sobbalzò e gli si avvicinò di più "Richard. Ti ho svegliato? Come ti senti?".
Lui sbatté un paio di volte le palpebre e la guardò in volto "Oh. Ciao, Megan. Cosa ci fai qui?".
Aveva il viso stravolto e rigato dalle lacrime, e rimase sorpreso nel notare che anche la sua felpa era totalmente bagnata.
Doveva aver corso sotto la pioggia per andare da lui.
Non sapeva più cosa pensare…
Possibile che gli avesse scritto davvero quel messaggio d'addio?
Megan lo guardò sconcertata, mormorando "Come, cosa ci faccio qui?! Sono venuta a vedere come stavi! Ho sentito la notizia in televisione e mi sono subito precipitata qui. Sapessi che angoscia ho provato…".
"Ti interessa davvero sapere come sto?" chiese il giovane incredulo, "Richard, ma sei ammattito?! Ovvio che voglio sapere come stai! Ma cosa ti salta in mente?".
"Perché?" sussurrò il ragazzo, voltandosi dall'altra parte "Cosa ti ha spinto a venire qui, se non vuoi più vedermi?".
Lei lo fissò come se fosse impazzito di colpo, "Ma che accidenti stai dicendo? Morivo dalla voglia di vederti, dopo più di una settimana che eri sempre nervoso e non volevi nessuno intorno!".
Scosse la testa, cercando di comprendere cosa volesse dire, ma non arrivò a capo di niente; non riusciva a capire quel comportamento da parte sua. Non era da lui parlare in quel modo.
Lo guardò in volto, sussurrando "Volevo vederti di nuovo sorridere come prima, ma sapevo che avevi bisogno del tuo tempo e non ti ho voluto forzare. Non hai letto le e-mail che ti ho lasciato?".
Richard riportò lo sguardo su di lei, con gli occhi che gli scintillavano per la rabbia ed il dolore "Oh, sì. Le ho lette tutte, specialmente l'ultima".
Chiuse gli occhi per un attimo, cercando di contenere la sua sofferenza "Quella in cui mi hai detto che tra noi è finita".
Megan lo guardò senza capire "Non ti ho mai mandato un'e-mail del genere! Perché mai avrei dovuto farlo? Non ha senso!".
Il ragazzo le rivolse uno sguardo furioso, poi si sporse verso la giacca e prese la lettera che aveva stampato.
Gliela mise in mano, dicendo "Allora, come la spieghi questa? Mi è arrivata ieri sera, ma l'ho letta solo qualche ora fa. Direi che il suo contenuto è piuttosto chiaro".
Lei aprì il foglio e lesse il messaggio che vi era scritto, rimanendo shoccata da quello che diceva.
Quando finì, chiuse gli occhi e scosse la testa incredula "Non ti ho mai scritto quest'e-mail. Ieri sera ero a casa di Susan con tutte le altre".
Fissò nuovamente quelle parole, chiedendosi cosa stesse succedendo "E poi… Non ha senso! Perché avrei dovuto scrivere questo messaggio così assurdo?".
Richard sospirò "Non lo so, ma è lì. Nero su bianco. Quello che vorrei capire è ilperché l'hai scritta".
La ragazza strinse i pugni "Non l'ho scritta io. Non ho una sola ragione al mondo per dirti queste cose. Nessuna".
"Sbaglio o quello è il tuo contatto, con la tua scrittura?" chiese lui, cercando di non mostrare quello che stava provando.
Non riusciva a capire più niente.
Perché si stava difendendo così accanitamente, se aveva davvero scritto quell'e-mail? Non aveva senso.
Eppure, era dal suo contatto che l'aveva ricevuta, quindi avrebbe potuto scriverlo solo lei.
"Non so chi ti abbia scritto questo messaggio, ma certo non io" mormorò Megan "Non ne avrei nessun motivo. Io ti amo, perché dovrei mettere fine alla parte più bella della mia vita?". Il ragazzo sentì il cuore lacerarsi, mentre diceva quelle parole, ma non aveva altra scelta.
Se lei non lo voleva più, non aveva alcun diritto di imporsi nella sua vita.
La cosa che però non capiva era che Megan diceva di amarlo ancora, ma allora perché gli aveva scritto quel messaggio?
"Vattene, Megan" sussurrò "Se sei così decisa a non vedermi più, allora vai. Nessuno ti costringe a restare contro la tua volontà. Va' via".
Lei sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé, dolorosamente.
Non voleva più starle accanto, non la voleva più. Le sue parole erano chiare.
"Perché non mi credi?" sussurrò, prima che un singhiozzo la scuotesse, "Non ho scritto io quella lettera!".
Richard non rispose e la ragazza capì che non voleva più parlarle, voleva solo che se ne andasse.
Un secondo singhiozzo la scosse con forza, mentre si sfilava l'anello che le aveva regalato e lo lasciava tra lenzuola candide.
Se tu non mi ami più, è inutile che io continui a tenerlo mormorò, mentre si alzava e correva via, con le lacrime che le rigavano il volto.
Scansò i genitori del ragazzo e si diresse verso l'uscita dell'ospedale, ma, alla fine della corsia, qualcuno l'afferrò bruscamente per i capelli, rischiando di farla cadere all'indietro.
Non riuscì a trattenere un gemito e si voltò per vedere chi la trattenesse con tanta forza.
Rimase sbigottita, quando si ritrovò davanti una Jennifer sogghignate e soddisfatta. "Meg?" le disse con un sorriso sarcastico "Ma cosa ci fai qui? E perché sei così sconvolta?". Lei non rispose, mentre un altro singhiozzo le mozzava dolorosamente il respiro, ma tentò di liberarsi dalla sua presa.
Voleva solo andarsene da lì, nient'altro. Ma cosa voleva da lei?
Jennifer aumentò la presa, avvicinandosi sempre più "Sai, la vendetta è dolcissima. Aspettavo solo di vederti uscire dalla sua stanza. Tu mi hai portato via Richard e ora lui ti molla così, su due piedi. È una cosa assolutamente fantastica".
"Lasciami" singhiozzò Megan, cercando di liberarsi "Lasciami andare, Jennifer".
"Oh, no" rispose l'altra, con un sorriso perfido sulle labbra "Non ti lascerò andare prima di averti visto strisciare ai miei piedi. Perché è questo quello che ti meriti!".
Le diede uno strattone così forte da farla cadere in ginocchio, e sorrise quando la sentì gemere di dolore.
Quella scena era molto meglio di come se l'era immaginata in tutti quei mesi. Stava soffrendo come un cane ed era sola. Totalmente sola.
"Ora tu passerai il resto della tua inutile vita a chiederti cos'è successo tra voi, mentre io…" le sussurrò melliflua "Io starò con il mio Richard a godermi quello che mi spetta di diritto".
La ragazza fece un ulteriore tentativo di liberarsi e riuscì a darle una spinta, che la mandò contro la parete.
Si alzò lentamente e le rivolse uno sguardo pieno di dolore "Non ti basta che io stia soffrendo così. Tu vuoi davvero vedermi morta. Ti diverti a farmi star male. Beh, complimenti, ci sei riuscita".
Con un immane sforzo di volontà pronunciò le sue ultime parole "Spero solo che Richard possa trovare una ragazza che sappia comprenderlo e farlo sentire amato come lui desidera. Anche se dubito fortemente che quella ragazza possa essere tu".
Poi si voltò e corse via, sotto la pioggia battente.

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Capitolo 35
*** La verità ***


35-La verità

Richard sentì le lacrime, che aveva trattenuto fino a quel momento, inondargli il viso e sperò che sua madre non entrasse per vedere come stava.
Aveva bisogno di stare solo con se stesso.
Si sentiva un verme per quello che aveva fatto, eppure non era logico che stesse così male.
Era Megan ad aver voluto la fine della loro storia, non lui.
Allora, perché si sentiva come se avesse fatto la più grossa idiozia della sua vita?
Sentì la porta aprirsi appena e suo padre accese il piccolo stereo che gli aveva portato, infilando un Cd all'interno.
"Te lo manda nonno Riccardo" disse avviando il Cd "Secondo lui, questa musica potrebbe piacerti".
Il ragazzo non rispose e si limitò a concentrare i suoi pensieri sulla musica, napoletana come suo nonno.
Era uno dei primi successi di Gigi D'Alessio, il cantante preferito dalla famiglia materna.
Anche a lui piacevano quelle canzoni, anche se spesso parlavano di storie d'amore infrante.
Forse erano quelle più adatte in quel momento, ma non sapeva fino a che punto sarebbe riuscito ad sopportarle.
Ascoltò le prime due senza battere ciglio, ma quando la terza iniziò, si sentì mancare il fiato.
Quel ritornello… Non era stata una buona idea ascoltare quella canzone.
Era troppo, sembrava che fosse stata scritta per lui, anche se solo per quelle parole; la storia che descriveva era appena un po' diversa.
Perché il cantante aveva usato proprio quelle parole? Perché?
Suo padre non avrebbe dovuto fargli ascoltare quel Cd; era troppo per lui…
Era come se gli stessero infilando una lama seghettata nel cuore. Una sofferenza insopportabile.
Però stu core corr semp addo' stai tu
m'braccia a te se vo' fermà
e addevent scustumat quando nun m'astring tu
si o' core mio nun foss cumanat a te
nu capricci tuoi non m'essa chiù trattenere
Comme se fa
a sapé se senza e te continuo a vivere
Pe te scurdà
dimmel tu quala strada ce sta…
Ah, ma addo' me port o' core
nun esist ca ce trovo
n'at ammore a fore e te
E mai nessciun tutt chest po' cagnà
forse pecché pur Dio
mo' è cuntent accussì…
Quella canzone gli faceva provare un dolore indescrivibile, ma sapeva il perché di quella tremenda sofferenza.
Perché lui l'amava ancora e la ferita che aveva aperto era così dolorosa che non sapeva come avrebbe potuto sopportarla.
Era un'agonia atroce… qualcosa di sconvolgente. Ignorando il dolore al braccio, si girò su un lato, in modo che qualcuno fosse entrato, non lo avrebbe visto subito in volto.
Perché? Perché gli era successo di nuovo?
Quello che aveva già sofferto non bastava?
Sentì il dolore aumentare sempre più e non riuscì a contenerlo dentro di sé.
Affondò il volto nel cuscino e diede libero sfogo a tutta la sua sofferenza.
 
Megan arrivò a casa, fradicia ed esausta, ma soprattutto sconvolta per le parole dette da Richard.
Possibile che non le avesse creduto? Quell'e-mail era stata mandata dal suo contatto, ma non era stata lei a scriverla.
Non aveva alcun motivo per fare una cosa del genere.
Quando entrò nel cortile, la pioggia era così fitta che non riusciva quasi a scorgere la veranda.
Non voleva che la sua famiglia la vedesse in quello stato e si diresse verso la grande quercia.
Rimase per un attimo sotto le sue maestose fronde, cercando di riprendere fiato, poi afferrò la corda e lasciò che la scala scendesse fino a lei.
Nonostante il legno scivoloso e l'acqua che continuava a cadere, si arrampicò sulla scaletta, aggrappandosi alle corde che la sostenevano, e si trascinò sul piccolo ballatoio.
Aprì la porta ed entrò barcollando, reggendosi alla parete, ma quasi cadde a terra, quando le energie l'abbandonarono di colpo.
Le lacrime le bagnarono il viso, mentre si trascinava verso i sacchi a pelo disposti sul pavimento.
Ringraziò mentalmente Miguel per aver rivestito l'intera struttura con una vernice impermeabile.
Almeno, l'acqua non sarebbe potuta penetrare tra le tegole del tetto.
Il calore del rifugio l'aiutò a riprendersi appena, permettendole di avvolgersi in una delle coperte.
Si sentiva male, distrutta.
Era come se le avessero fatto a pezzi il cuore.
Quella sofferenza che aveva dentro era così intensa che temette di scoppiare da un momento all'altro.
Affondò il viso nella morbida imbottitura del sacco a pelo che le faceva da materasso e lasciò che le lacrime sgorgassero senza freni.
Non riusciva più a controllarsi.
Il corpo le tremava in maniera convulsa, mentre tentava di soffocare i singhiozzi nella coperta.
Non voleva che gli altri la sentissero. Voleva soltanto rimanere sola.
Perché Richard non le aveva creduto?
Com'era possibile che la sua fiducia in lei potesse essere crollata così di colpo?
Non riusciva a spiegarselo.
Il cuore le diede una fitta così dolorosa che la ragazza temette di morire lì, sotto il rumore della pioggia battente.
Sentiva le voci di Miguel e suo padre parlare concitatamente nel salotto; sembravano preoccupati.
Nonostante la distanza, riusciva a capire tutte le parole che dicevano, ma non le importava.
Voleva solo restare lì e non muoversi più.
 
Nel salotto, Miguel guardava preoccupato la pioggia battente che bagnava il cortile.
Perché Megan non era ancora tornata? Ci stava mettendo troppo.
Perdipiù, non aveva neanche un'impermeabile per coprirsi.
Il telefono iniziò a vibrare di colpo sul tavolino ed il ragazzo si affrettò a rispondere.
Sentì la voce del padre di Richard e si sentì appena più sollevato.
"Buonasera, signor McKallister. Mi fa piacere che abbia chiamato. Volevo farlo io per avere notizie di Richard, ma Megan è corsa a vederlo e la stiamo ancora aspettando" disse nel ricevitore.
Josh rimase interdetto "Non è ancora tornata a casa?", "Perché? È andata via da molto?" chiese il ragazzo allarmato.
"Da almeno mezz'ora. È uscita di corsa dalla camera di Richard e l'ho vista andarsene verso casa" spiegò l'uomo "Volevo sapere se era arrivata. Sembrava sconvolta quando se n'è andata".
"Non è ancora tornata" bisbigliò Miguel, ormai nel panico "Eppure, l'ospedale non è troppo distante".
Dove diamine sarà finita? si chiese preoccupato, poi si sforzò di chiedere di Richard.
"Sta bene, per fortuna" sospirò Josh "Tra un paio di giorni dovrebbe essere già fuori", "Meno male. Mi fa davvero piacere. Fortuna che ha la pelle dura…".
Il giovane lasciò andare un sospiro, poi passò il telefono al padre ed uscì sotto la veranda.
Non riusciva a vedere niente a causa della pioggia, che cadeva sempre più fitta e pesante.
Ma non poteva restare lì, mentre sua sorella era chissà dove, sotto quel diluvio.
Prese un ombrello dal vaso accanto all'ingresso e si diresse verso il cancello, ma fu distratto dal forte abbaiare di Thunder, che tirava la catena a cui era attaccato.
"Che ti prende, bello?" chiese Miguel, liberandolo ed accarezzandogli la testa "C'è qualcosa che non va?".
Il cane gli afferrò un lembo dei jeans, facendogli capire che doveva seguirlo, e corse verso la quercia, abbaiando più forte.
Lui lo seguì di corsa, fermandosi sotto i maestosi rami dell'albero, e notò che la scala era stata fatta scendere.
La cosa gli parve strana e decise di salire. Si arrampicò sui piccoli pezzi di legno e salì sul ballatoio, accorgendosi che la porta del rifugio era socchiusa.
Avanzò cauto e l'aprì lentamente, ma rimase stupito, quando vide Megan singhiozzare, rannicchiata sotto una coperta.
Chissà da quanto era lì e loro non se ne erano accorti!
Le andò vicino e sollevò la coperta, vedendo che aveva il viso rigato dalle lacrime.
"Meg" sussurrò "Che diamine ci fai quassù, si può sapere? Ci stavamo preoccupando a morte, lo sai?".
La ragazza non rispose, ma lui si accorse che era totalmente bagnata.
In più, i singhiozzi la scuotevano senza sosta, facendola sussultare con forza.
"Cosa ti è successo, Meg?" chiese ancora il giovane "Sei in uno stato tremendo! Richard sta bene, perché piangi così?".
Non appena pronunciò il nome del ragazzo, lei lasciò andare un gemito di dolore e si rannicchiò su se stessa.
Si sentiva come se il cuore le si stesse lacerando e si strinse istintivamente le braccia attorno al petto.
Non riusciva a sentire altro che dolore dentro di sé ed era appena consapevole della presenza del fratello alle sue spalle.
Miguel capì che era successo qualcosa, ma non ebbe il coraggio di chiederle cosa.
Era fin troppo evidente che stava soffrendo troppo per parlare e decise di tenere per sé le domande che gli affollavano la mente.
L'aiutò ad alzarsi e la portò fuori, facendola sedere sul piccolo montacarichi che usavano per Ines.
La fece scendere lentamente, per evitare che cadesse, e la seguì usando la scala.
Quando rimise i piedi per terra, vide i suoi genitori guardarli da sotto la veranda "Megan era nel rifugio".
Si caricò la sorella sulle spalle e la portò dentro, al caldo.
Sembrava quasi un sacco di vestiti bagnati, tanto era fradicia. In più, non diceva una sola parola e tremava in maniera incontrollabile.
Grecia aiutò il figlio a portarla di sopra, ma, non appena aprì la bocca per chiederle cosa le fosse successo, Miguel la fece tacere con uno sguardo.
Megan non disse una parola, neanche quando la madre le sfilò i vestiti bagnati, facendole indossare qualcosa di asciutto.
Sembrava che non fosse lì, non mentalmente almeno.
Continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a sé e non diceva una parola, come se non fosse più capace di parlare.
Dalla sua bocca non uscì nemmeno un lieve lamento, quando la madre le disinfettò i graffi profondi che aveva sulle mani e sulle ginocchia.
Alan salì in camera della figlia e le si sedette accanto, "Meg, ma cosa ti è successo? Perché non dici niente? Tesoro, vuoi rispondermi?".
La ragazza non rispose e continuò a guardare la parete di fronte a sé, lontana da tutto e tutti, rinchiusa nella sua bolla di dolore.
Il padre l'afferrò per le spalle e la scosse, tentando di farla reagire, ma lei rimase inerme come una bambola tra le sue mani.
Grecia gli fece allentare la presa ed uscirono dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Scesero nel salotto, aspettando che Miguel spiegasse loro cosa fosse successo a Megan.
Il ragazzo diede un pugno alla parete e sussurrò "Neanch'io so cosa le sia successo. So solo che l'ho trovata nel rifugio, tremante e…".
Lasciò andare un sospiro, ma non disse quello che pensava Credo sia successo qualcosa tra lei e Richard, ma non so cosa.
Scosse la testa, mormorando "Credo che dovremmo lasciarla in pace per un po'. Nello stato in cui è adesso, non le caveremo una parola di bocca".
"Forse, dopo, sarà lei stessa a dirci cos'è successo" disse, prima di chiudersi nella propria camera.
Si stese sul letto e ripensò alle condizioni della sorella quando l'aveva trovata, cercando di capire cosa fosse successo.
Le parole di Josh McKallister gli rimbombavano nella testa come un ritornello ossessivo, "Volevo sapere se era arrivata. Sembrava sconvolta quando se n'è andata".
Sferrò un pugno al cuscino, mentre la rabbia e frustrazione si facevano bruscamente largo dentro di lui.
Se Richard l'aveva fatta soffrire, in qualunque modo, gliel'avrebbe pagata cara.
 
Richard si appoggiò al ripiano della finestra, osservando il paesaggio che gli si presentava davanti.
Erano già passati due giorni dall'incidente, eppure, il dolore che provava ogni volta che il viso di Megan gli si affacciava nella mente non tendeva a scemare.
Strinse i pugni e si voltò verso la giovane infermiera che stava cambiando le lenzuola del letto.
Lei gli sorrise, mentre raccoglieva le lenzuola "Come va la testa? Ti fa ancora male?".
Il ragazzo rise, poggiandosi una mano sulla fronte "No, sto bene. Per mia fortuna, è dura come la pietra".
"Già" disse la donna "Però non credo tu sia stato molto carino con la ragazza che è venuta a trovarti due giorni fa. È corsa via in lacrime".
Richard strinse i pugni al ricordo, mentre il dolore lo invadeva di nuovo. Con forza.
L'infermiera capì che non voleva parlarne e si sbrigò ad appallottolare le lenzuola per portarla alla lavanderia.
Forse era meglio lasciarlo solo con i suoi pensieri…
Qualcosa cadde a terra con un lieve tintinnio, attirando la sua attenzione.
"Oh" sussurrò sorpresa "È caduto un anello dalle tue lenzuola".
Si chinò per raccoglierlo e lesse la frase incisa all'interno.
"Quella ragazza era la tua fidanzata?" chiese "Perché, se è così, ti ha restituito l'anello".
Il ragazzo spalancò gli occhi sorpreso e prese l'anello dalle mani dell'infermiera, che lo guardava incuriosita.
Sentì un doloroso groppo chiudergli la gola, mentre capiva che ogni legame tra loro si era definitivamente spezzato.
Doveva aspettarselo che gliel'avrebbe ridato, dato che tra loro era finita, ma, infondo, sperava che lo conservasse come un ricordo.
Ma che razza di ricordo sarebbe potuto essere?
Lo strinse nella mano e si voltò nuovamente verso la finestra, ignorando l'infermiera che era precipitosamente uscita.
Evidentemente, si era accorta che quell'argomento lo faceva stare davvero male.
Non riusciva a pensare ad altro che al dolore che lo attanagliava.
Ormai, la sofferenza faceva parte di lui.
Non si accorse che qualcun altro era entrato, finché non sentì la voce di Walter alle proprie spalle.
"Ciao, Richard. Ho saputo del tuo incidente. Come stai, ora? Mi sembri ancora tutto intero" disse il ragazzo, appoggiandosi alla parete.
"Posso sapere che ci fai qui, Walter?" chiese l'altro, voltandosi "Non credevo di farti tanta pietà".
"Infatti non mi fai alcuna pena" ribatté Walter "Volevo solo vedere in che condizioni eri. Se eri sopravvissuto".
"Oh, ma che gentile!" commentò Richard sarcastico "Ti ringrazio per tutta questa tua premura, non ce n'era bisogno".
Il compagno ignorò tranquillamente la frecciatina, sapeva bene come vendicarsi. "Ho saputo che tu e Megan non vi parlate da giorni" disse in tono volutamente leggero.
Sorrise divertito nel vedere che aveva stretto i pugni con più forza ed aggiunse "Anzi, mi è giunta voce che vi siete lasciati".
Il ragazzo serrò la mascella, cercando di non reagire alle frecciatine di Walter, ma era tremendamente difficile.
Non bastava il dolore che già provava… doveva mettercisi anche lui, ora!
Lo sentì avvicinarsi, ma non si voltò e continuò a guardare fuori dalla finestra, cercando qualcosa su cui concentrarsi.
Purtroppo, il riflesso del suo ghigno freddo e crudele nel vetro gli rendeva tutto più difficile.
Ma come poteva essere così cinico?
Perché non se ne andava al diavolo e lo lasciava in pace, una buona volta?!
"Sai, a mio parere, sei stato un vero idiota" rise Walter con un ghigno perfido sulle labbra "Dove la troverai più una ragazza come lei? Ti sei fatti sfuggire una grande occasione!".
Gli batté una mano sulla spalla e sussurrò "Ma non temere. Non rimarrà sola a lungo. Mi occuperò io di lei".
Poi se ne andò, dicendo "Ci si vede, Ric. Vedi di non fare altre cazzate, o finirai con il metterti nei guai".
Lui si voltò di scatto, accecato dalla rabbia, e gli lanciò contro la prima cosa che si ritrovò sotto mano.
Un pacco di garza volò attraverso la stanza, colpendo la porta a pochi centimetri dalla testa di Walter.
Quello si girò appena, ghignando maligno "Oh, vedo che la cosa ti brucia ancora. Meglio così. Almeno potrò divertirmi più del previsto".
Gli fece un lieve cenno di saluto e si chiuse la porta alle spalle, ridendo della sua espressione sofferente.
Richard si accasciò sulla sedia e si prese la testa fra le mani, chiedendosi perché fosse venuto a tormentarlo.
Ma, soprattutto, che voleva dire che si sarebbe occupato lui di Megan?
Perché gli dava una tale sofferenza?
Lanciò un'imprecazione, quando sentì la porta aprirsi ancora e si voltò, pronto a fronteggiare di nuovo Walter.
Rimase allibito quando si ritrovò davanti Robert, che si chiuse la porta alle spalle con la massima cautela.
"Sei solo, non è vero?" sussurrò, "Ovvio" ribatté l'altro "Chi altro ci dovrebbe essere, qui dentro?".
L'amico lasciò andare un sospiro di sollievo "Meno male. Se Walter mi becca a parlarti, mi uccide, ma proprio non ce la facevo a restare a casa".
"Se n'è appena andato" disse Richard, "Meno male. Non ero sicuro di averlo visto uscire" mormorò il compagno.
Si sedette sul bordo del letto, dicendo "Prima di tutto, volevo sapere come stavi. La notizia ci ha lasciati tutti sconvolti".
"Sono ancora vivo" si limitò a rispondere il giovane "Grazie dell'interessamento, ma dovresti andartene. Se Walter ritorna e ti becca qui, tuo padre passerà dei brutti momenti".
"Mio padre non è più un problema" disse Robert, lasciando andare una strana risata "Ric, c'è una cosa che devo dirti. È di fondamentale importanza".
Lui lo guardò incuriosito "Come sarrebbe, tuo padre non è più un problema?", "Semplice, gli ho parlato" rispose l'amico.
"Quando gli ho spiegato quello che stava accadendo con Walter e gli ho raccontato perché fossi andato con lui, è rimasto fermo per qualche attimo" mormorò "Sembrava indeciso se abbracciarmi, o prendermi a pugni…".
Si passò una mano sulla guancia e continuò "Alla fine mi ha dato uno schiaffo e mi ha abbracciato. Era commosso che avessi sacrificato l'amicizia per evitare di fargli perdere il lavoro, ma si è incavolato di brutto perché mi sarei dovuto opporre alla decisione di Walter".
Scosse appena la testa, dicendo "Mi ha detto che dovevo correre da te e dirti tutto. Cosa che avevo già intenzione di fare da un po' di tempo, ad essere sincero".
"Peccato che mi abbiano tenuto sotto stretta sorveglianza per un sacco di tempo, altrimenti sarei venuto ad avvisarvi subito e non sarebbe scoppiato tutto questo casino" aggiunse con una smorfia.
L'altro lo guardò stranito, ma che cavolo gli stava dicendo?
"Primo: tuo padre cosa farà, quando Walter ti beccherà ad aiutarmi?" chiese con un'espressione sbalordita "Secondo: cos'è che devi dirmi di tanto urgente?".
Robert sorrise appena "Si è licenziato ieri mattina. Walter non lo sa ancora. Nella fabbrica del padre di Megan avevano bisogno di un buon meccanico e mio padre è stato assunto un paio d'ore fa".
Vide l'espressione dell'amico nel sentire quel nome e sussurrò "Il che ci porta alla seconda domanda: cosa ti devo dire".
Gli poggiò una mano sulla spalla, dicendo "Ric, tieniti forte, perché non ti piacerà affatto. Forse, per te, sarà una specie di shock".
"Mi è già successo qualcosa che non mi piace per niente, Robert. Non capisco cosa potrei aspettarmi di peggio" mormorò Richard, fissando il pavimento.
Le lucide mattonelle bianche gli rimandarono una specie di riflesso sbiadito, che però lasciava trasparire il suo dolore.
L'immagine che vedeva era quella di qualcuno che aveva perso la cosa più bella di tutta la sua vita e stava soffrendo in modo atroce.
"Lo so, ma puoi ancora rimediare" ribatté l'altro con decisione "Perciò, ascoltami bene. Non è stata Megan a scriverti quell'e-mail".

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