Nel ventre della Bestia

di TheBoss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unicum ***
Capitolo 2: *** Prigioniero della luce ***



Capitolo 1
*** Unicum ***


gjdj


Ok, questa è la prima storia nella quale mi cimento dopo due anni di completa assenza. Le mie doti (qualora ne abbia :P) sono un po’ arrugginite e quindi vi prego di perdonare lo stile superficiale e la mancanza di idee della trama. Inoltre è anche la mia prima FF, perciò se mi dovete crocifiggere…non usate chiodi troppo profondi ok? :D




Fredde gocce di pioggia gli colpivano il visore lasciando piccole impronte di umidità. Quell’acquazzone proprio non ci voleva, era il punto esclamativo a conclusione di una pessima storia. Dall’anfratto nel quale si era riparato non riusciva a vedere bene i suoi nemici, ma li sentiva avvicinarsi, furtivi come il vento. Silenziosi passi che cercano riparo, piccoli sguardi alla ricerca di un obiettivo. Se fosse rimasto li ancora a lungo, sarebbe stato sicuramente accerchiato. Master Chief si appoggiò nuovamente alla roccia pensieroso. Estrasse il caricatore del fucile mitragliatore Ma5B che aveva in dotazione e controllò i colpi rimasti: contò 36 pallottole, e non aveva caricatori di riserva. Maledizione!
Si era lasciato dietro una lunga scia di bossoli dalla spiaggia dove era sbarcato, fino alla stretta gola nella quale, in quel preciso istante, le forze Covenant tentavano di catturarlo.

Il trasporto Pellican li aveva scaricati nel punto prestabilito. Sembrava un luogo sicuro, o almeno lo sperava. I sette soldati scesi dal velivolo si erano disposti in formazione per inviare il segnale di posizione, ma visto quello che era successo dopo, le speranze di riuscita erano pari a zero. Erano bastati pochi minuti perché tutta la sua squadra venisse completamente spazzata via dal gruppetto di Elite di guardia all’ingresso del canyon. Erano bastati pochi minuti perché lui si trovasse completamente solo; solo e nei guai fino al collo.

Si sporse quel tanto che bastava per esaminare il paesaggio. La gola si allungava ancora per un paio di chilometri, con molti alberi e diverse rocce a far da contorno al continuo passo ondulato del terreno. A circa 150 metri da lui c’era il suo bersaglio: un ascensore gravitazionale in funzione, sorvegliato attentamente da una decina di sciacalli e da qualche Grunt di vedetta. Enorme, illuminato da mille luci multicolore, lo Starlight si estendeva nel cielo, proprio al di sopra dell’ascensore. Era l’incrociatore più grande della 5° divisione Covenant, davvero immenso pensò Master Chief, e ad un tratto si sentì infinitamente piccolo. La missione non sembrava più così semplice come gli era stata prospettata. Penetrare nello Starlight, piazzare le cariche di esplosivo nei punti strategici, uscire facendosi strada tra orde di alieni inferociti ed attivare il detonatore da una distanza di sicurezza. Una passeggiata. Forse….

<< Hai un piano? >> domandò puntuale la voce di Cortana.
Cortana era un’intelligenza artificiale di ultima generazione, classe A5T20000. La simbiosi tra l’AI dell’ormai distrutta Pillar OF Autumn ed il soldato di poche parole era andata via via aumentando nel corso del tempo. Erano giunti ad un punto tale che nessuno dei due poteva fare a meno dell’altro.
<< Non ancora >> rispose secco Master Chief, ultimo superstite della serie Spartan 117.
Gli Spartan erano un gruppo di combattenti addestrati e preparati agli scontri più difficili. Sfortunatamente per la Terra, con la distruzione del pianeta Reach, Master Chief era rimasto il solo del suo genere.
Era il fiore all’occhiello dell’UNSC, nonché il loro kamikaze prediletto.
<< Non ancora?? Pensi di riuscire a tirarci fuori da questa situazione prima di venire fatti a pezzi, o preferisci un tè con i biscotti?? >>
<< Sto pensando >>
Si sporse un po’ di più cercando di individuare qualche elemento che potesse tornargli utile. Non c’erano poi molte soluzioni. Rimanere lì significava finire con l’essere accerchiati, e con le poche munizioni a disposizione non avrebbe resistito più di 30 secondi. Doveva andarsene, e alla svelta.
Rimaneva il problema di trovare il modo per fuggire.
Si sporse ancora di più per guardare, rischiando di essere colpito anche dal cecchino più inesperto.
Un riparo…un riparo… un riparo…Bingo!
I suoi occhi, nascosti dall’elmetto dell’armatura MIJONIR, si fermarono su una roccia squadrata. Era un ottimo punto per ripararsi, e sicuramente da quella posizione avrebbe avuto le spalle più coperte. Doveva solo correre per una novantina di metri tra proiettili e granate con la sola copertura della vegetazione. Una passeggiata. Andava sempre peggio….
<< Hai pensato abbastanza?? Rilevo forme di vita in avvicinamento e non credo siano amichevoli! >>
<< Correre >>
Sapeva come far arrabbiare Cortana e provava un certo gusto nel farla adirare. Se continuava a dargli risposte come questa, il caratteraccio della compagna non avrebbe esitato a manifestarsi. Controllò che la fondina della pistola fosse ben fissata al fianco, imbracciò il fucile e partì, pronto tutto.
<< Correre??!!! >>

Il primo passo provocò una scarica di colpi che scheggiarono la parete che fino a poco prima lo proteggeva. Frammenti di pietra e schizzi di plasma gli colpirono la schiena invitandolo dolcemente (si fa per dire) ad affrettarsi verso la meta. Ogni passo era accompagnato dagli insulti degli Elite, dai proiettili dei Grunt, dagli spari degli sciacalli. Ogni passo era una nuova conquista, una speranza che si rinnovava ad ogni boccata d’aria umida di pioggia. Correva, si fermava e ripartiva. Uno schema semplice, non privo di imprevisti. Mezzo passo in anticipo o in ritardo, e la sua corsa si sarebbe fermata prima del tempo.
Svuotò l’intero caricatore del fucile su tutto quello che gli pareva si muovesse, finché non senti il grilletto scattare a vuoto e l’amichevole rombo dei proiettili esplosi cessare di colpo, lasciando spazio ad un sordo Click e rendendolo un bersaglio apparentemente inerme.
Click Click Click Click......Click
L’elite più vicino si lanciò all’assalto, scostando le fronde degli alberi con i potenti avambracci, puntandogli contro il fucile al plasma. Master Chief sentì il suo respiro avvicinarsi, percepì l’odio che trasudava dal suo corpo, la potenza che ogni singola parte di quell’essere sprigionava. Poi lo vide: spuntò da dietro l’albero alla sua destra; una macchina da guerra, il fisico robusto e possente al quale l’armatura Covenant si adattava perfettamente, scattante ed allenato all’unico scopo di uccidere.
Master Chief lasciò cadere il fucile repentinamente e si concesse un solo istante per ammirare i lucenti bagliori delle otturazioni in metallo prima di lanciare la granata. Il sonoro fragore coprì tutto il resto, i Grunt che gridavano, la pistola dell’Elite che volava lontano, gli schizzi di sangue blu che colpivano gli alberi come macabre ghirlande natalizie. Rifiatò, estrasse la pistola e ripartì. Un passo…due passi…tre…quattro….
Mancavano meno di 10 metri al suo obiettivo, poi si sarebbe girato e avrebbe sparato a tutto ciò che lo stava inseguendo in modo da guadagnare tempo. Magari avrebbe lanciato un’altra granata, tanto per dimostrare chi era a comandare.
<< Ci siamo quasi! >> gli gridò Cortana nelle orecchie, ed aveva ragione, mancava davvero poco...il piano stava funzionando…stava andando tutto bene. Era il piano più stupido della lunga storia dei piani stupidi eppure si stava rivelando migliore del previsto. Ormai c’era qua….
KA_BOOM

Perse la cognizione dello spazio, la cognizione del tempo. Era solo tutto buio, come se qualcuno avesse spento improvvisamente la luce. Atterrò su qualcosa di duro ed avvertì un dolore lancinante al fianco sinistro. Il fiato gli si strozzò in gola, ogni energia gli abbandonò le membra. Un lieve ticchettio d’acqua gli giunse alle orecchie ricordandogli che stava piovendo. Per un istante pregò che la sostanza calda che sentiva colargli dall’anca fosse fango e non sangue, il suo sangue, ardente e confortevole, così..sicuro, così familiare. Così bello. Si avvolse in quella soffice coperta di impressioni e si lasciò andare. Spiccò il salto nel buio; sentiva la voce di Cortana chiamarlo in lontananza, ma la ignorò. Un vortice di colori lo invase. Nero, rosso, blu….un tornado di energie e sensazioni diverse. La pistola gli sfuggi di mano (o forse gli venne portata via) e perse il suo unico appiglio alla realtà, l’unico baluardo di vita. Stava volando via. Era tutto buio….

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Capitolo 2
*** Prigioniero della luce ***


"
Finalmente sono riuscito a completare il secondo capitolo di questa FF! Certo le idee sulla trama non erano delle migliori, ma spero di averlo reso leggibile.


L’oscurità non accennava a diradarsi. Da un bel pezzo si inoltrava lungo il tunnel senza intravederne ancora l’uscita. Percepì una presenza accanto a lui, qualcuno di diffidente e guardingo, con occhi attenti che lo fissavano dall’alto. Cercò di concentrarsi per capire dove fosse, ma presto rinunciò, senza forze. Non aveva ne voglia ne energia per lottare; era molto più bello fluttuare tra i pensieri, tra le paure, tra le preoccupazioni. Tutto gli appariva tranquillo e calmo. Niente sofferenza, niente dolore. Nulla, solo la tenebra. Si sentiva libero di volare tra spazi immensi in lungo e in largo, perché era tutto infinitamente
Normale.
Alzò lo sguardo a fatica e qualcosa lo colpì improvvisamente. Una luce, potente ed abbagliante, così accecante che fu costretto a coprirsi il volto con il dorso della mano. Non sapeva cosa fosse ma, per qualche assurdo motivo ardeva dalla voglia di scoprirlo.
Camminò, un passo dietro l’altro, finché non sentì di colpo il dolore penetrarlo come una scarica elettrica. Intuì che la realtà stava per divorarlo di nuovo e lottò perché non accadesse; tentò di fermarsi, di aggrapparsi a qualcosa. Poi si arrese. Era giusto così. Il sogno doveva…

…finire. Master Chief riaprì gli occhi in una piccola stanza. Ci volle qualche minuto prima che si riabituassero alla luce, poi l’offuscamento svanì e ci vide nuovamente. Provava un dolore lancinante al fianco destro e la testa gli faceva un male cane. Ogni volta che cercava di alzarsi, le gambe gli cedevano e ricadeva a terra.
Meglio aspettare per capire il da farsi; la cosa più importante, in quel momento, era scoprire in che razza di guaio si era cacciato.
La sala era strana. Per tre lati era normalmente cinta da pareti secondo un preciso stile architettonico alieno che - e Master Chief non riusciva a capire come - tendeva a mettere in risalto il viola.
Il quarto lato però si differenziava dagli altri. Era diverso. Molto diverso.
C’era una grande barriera a far da muro, come se si volesse impedire a qualcosa di entrare.
o di uscire
“Una cella!”
Si alzò a fatica, ignorando le fitte che lo tormentavano. Si passò una mano sul fianco per individuare eventuali gravi danni. Non ce n’erano; l’armatura funzionava più che bene. Certo forse aveva un paio di costole fratturate, ma sarebbe sopravvissuto. Ciò che davvero lo preoccupava era invece la testa.
Da quando era riuscito a rimettersi in piedi non aveva mai smesso di girargli. Sembrava che non rispondesse ai comandi, come se improvvisamente avesse deciso che quella che si accingeva a combattere, non fosse la sua guerra. Fece un respiro profondo e controllò l’equipaggiamento: niente armi, scudi dell’armatura abbassati.
<< Cortana? >>
Niente.
<<  Cortana mi senti? >> ripeté con tono preoccupato.
Ancora nessuna risposta. Diavolo! Che fine poteva aver fatto? Non ricordava nulla…
Forse si era temporaneamente disattivata per non far rilevare la sua presenza o, peggio ancora, era stata catturata. Passò velocemente una mano sulla fessura dell’elmetto dove avrebbe dovuto trovarsi il chip dell’AI, ma le dita trovarono solamente la piccola fenditura vuota. Cortana era sparita.
“Maledizione!”
Doveva trovarla, ed anche alla svelta! Non poteva permettere ai Covenant di mettere le mani sull’enorme quantità di dati ai quali solo lei aveva accesso, e poi …beh… era sua amica.
Scosse leggermente la testa ed appoggiò una mano alla barriera. Il contraccolpo lo fece ricadere a terra più dolorante di prima. A quanto pareva la superficie era elettrificata, il che voleva dire un nuovo problema da affrontare. Come fuggire da una cella aliena, dotata di recinzione elettrificata, senza armi e senza forze? Mistero…
O forse no. Un’idea gli balenò di colpo nella mente. Un’idea rischiosa certo, ma non sembrava esserci altro sistema. E poi, visti i precedenti, stava diventando abbastanza esperto in fatto di piani stupidi. Tutto quello che doveva fare era appoggiarsi alla barriera quel tanto che bastava perché gli scudi della sua armatura si ricaricassero per poi infrangerla. Si stupì della semplicità che ci voleva ad elaborare un piano; peccato che poi metterlo in pratica non fosse così facile.  
Si alzò nuovamente in piedi, e per la seconda volta sentì la testa dolere. Questa volta fu diverso però, come se la realtà intorno a mutasse. Per un attimo tutto sembrò surreale, ogni cosa divenne chiara, poi scura, poi di nuovo chiara. Macchie di luce gli comparvero dinnanzi, le pareti cambiarono; divennero rosso sangue, e l’aria puzzò di morte. Poi tutto finì com’era cominciato, improvvisamente.
Master Chief rimase in silenzio, pensieroso. Chiuse gli occhi, scosse la testa e cercò di non pensare più all’accaduto, anche se sapeva che ciò era impossibile. Era tutto così inspiegabile, la testa gli pulsava e non riusciva a concentrarsi. L’unica che poteva dargli risposte era Cortana, e questo rendeva il suo recupero ancora più prioritario, per la missione, e per la sua stessa vita.
Si avvicinò alla barriera con decisione, inspirando profondamente in modo da raccogliere quanta più energia possibile. Poi, senza batter ciglio, appoggio con forza contemporaneamente entrambe le mani sullo scudo.

Il dolore cominciò, improvviso seppur atteso. Mille aghi gli trapassasseavano il corpo, lacerandogli la carne, penetrandogli nelle ossa. Sentiva ogni vena, ogni arteria, ogni capillare esplodere, tutti i muscoli che urlavano per lo strazio. Sofferenza, atroce, perfida, maledetta. Il cuore stava per scoppiargli nel petto. Si contraeva in spasmi sempre più prepotenti, sempre più forti.
 L’energia che la barriera riversava su di lui stava ricaricando la sua armatura, passando per i microchip, violando le sue difese. Stava diventando un tutt’uno con quella forza, assimilandone la consistenza. Il dolore cominciò a svanire, lasciando spazio al senso di potenza degli scudi che si ricaricavano. Gli indicatori della corazza indicavano il livello di energia raggiunto.
75%…77%…
Faceva male, così male che chiunque avrebbe rinunciato. Master Chief però continuò ostinato nel suo piano.
84%…88%….92%….
Non pensava, non doveva pensare. Tutto quello che doveva fare era resistere, punto e basta. Niente strategie complesse o azioni eroiche. Doveva solo ignorare il dolore ed andare avanti.
95%..96%…
MANCA POCO!!
98%…100%!!!
Sentì gli scudi dell’armatura e della prigione cedere di schianto. La attraversò, con l’elettricità che lo accarezzava con vigore. Faceva caldo, stava letteralmente andando a fuoco.
Cadde a terra con un sonoro tonfo. Il dolore non accennava a placarsi. Non sentiva più il braccio sinistro; non si muoveva. L’idea di rimanere senza un braccio non gli faceva per niente piacere. Cercò di muoversi, ma tutto quello che riuscì a fare fu girare la testa da un lato, appena in tempo per vedere un Grunt correre, con quei suoi piccoli arti, fuori dalla porta, sbracciandosi alla ricerca di aiuto. Poi la porta si richiuse, e Master Chief rimase solo ancora una volta, anche se non sapeva per quanto tempo lo sarebbe rimasto.
Chiuse gli occhi per riprendere forza.
***

Cortana non riusciva a capire dove era finita. Il suo chip era stato inserito in una sorta di torre elettronica, che dall’estremità superiore emanava un enorme cono di luce. Sicuramente era a bordo dello Starlight, ma non poteva far nulla nella situazione in cui si trovava. Appena inserita nel computer, era stata proiettata olograficamente all’interno del cono, e si era ritrovata intrappolata. Aveva insultato tutti quegli schifosissimi Covenant che tentavano di carpirle informazioni. Non avrebbero mai ricevuto niente da lei. Però non avrebbe resistito a lungo, bastava che penetrassero nei suoi sistemi operativi e migliaia di megabyte di dati sarebbero giunti in loro possesso. Il dispiego delle forze umane sulla Terra, ogni avamposto difensivo, ogni segreto. Non poteva permetterlo.
Però ancora non erano riusciti a bypassare i suoi sistemi.
<< EHI MI SENTITE STUPIDI COVENANT???!!!! TIRATEMI FUORI DI QUI ORA!! NON COSTRINGETEMI A SPACCARVI IL C**O CHIARO??!! >>
La rabbia la faceva sentire come un prigioniero che batte invano i pugno nudi contro le pareti.. C’era solo una persona che poteva aiutarla: Master Chief. Ma non sapeva che diavolo di fine avesse fatto.
“ Starà sicuramente perdendo tempo in giro! Ah, se non ci fossi io quell’uomo sarebbe perduto! Mai che ci sia quando c’è bisogno di lui! ”
Se lo immaginava impegnato in qualche ridicola battaglia tra i corridoi dello Starlight. Per un momento l’immagine dell’amico che sparava a destra e a manca evitando le pallottole la fece sorridere. Però forse era davvero in pericolo. Forse in quel momento si trovava nei guai fino al collo e non poteva venirla a salvare.
Naaa, impossibile, non Master Chief.
Però se…no no, non poteva essere. Non si sarebbe fatto uccidere nemmeno da un esercito di Elite armati fino ai denti. Master Chief sarebbe arrivato, l’avrebbe salvata, avrebbe distrutto l’incrociatore e sarebbero fuggiti giusto in tempo, proprio come al solito.
<< Dove diavolo sei? >> sospirò improvvisamente Cortana senza mascherare la propria preoccupazione.
***
Sfocato, ondulato, mosso, chiuso, rosso. Pilastri alti e immensi, pareti strette e liquefatte. Le fiamme aggredivano e rigonfiavano il pavimento ed il rivestimento organico si scoglieva in putride ustioni. Corpi, cadaveri, morti, sangue. Sangue sui muri, sangue per terra, sangue sulle… sue… mani…
Master Chief non riusciva più ad alzarsi. Era costretto a terra da una potenza invisibile, così forte da impedirgli ogni movimento. Non aveva percezione delle cose, anzi, a dirla tutta non riusciva a capire un bel niente.
Era tutto così irreale, così anormale. La stanza si era allargata notevolmente rispetto a prima e non c’era più quel fastidioso viola. Ora era tutto rosso, cupo e cangiante; tra le venature di quel colore sfilavano e restavano impigliate ombre ed oscurità. Non c’era luce e sembrava non ci fosse nemmeno mai stata.
Al centro della stanza giacevano i corpi senza vita di una squadra al completo di Covenant,. Sembrava che qualcosa di terribile li avesse uccisi e poi dissanguati. Qualcosa che forse non esisteva.
Puntò lo sguardo sulla parete opposta, oltre quei cadaveri, cercando di non svenire.
Era come se tutto il muro rientrasse, tutto lo scarlatto ed il nero circostante era risucchiato da una macchia oscura, senza eco, senza vita, che lo attirava violentemente.
Si trascinò verso di essa, strisciando sul ventre; oltre si affacciava l’interno di una gola, stretto, tortuoso e viscido. Si trascinò là dentro, rabbrividendo dal contatto umido con il pavimento. Il fetore era terribile e a tratti il budello sobbalzava, contorcendosi in uno spasmo. Aveva bisogno di vomitare ma resistette. Doveva farsi forza. Era obbligato a farlo.
Tutto dipendeva da lui.
Come sempre…..   

   

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