Nel ventre della Bestia di TheBoss (/viewuser.php?uid=32042)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unicum ***
Capitolo 2: *** Prigioniero della luce ***
Capitolo 1 *** Unicum ***
gjdj
Ok,
questa è la prima storia nella quale mi cimento dopo due anni di completa
assenza. Le mie doti (qualora ne abbia :P) sono un po’ arrugginite e quindi vi
prego di perdonare lo stile superficiale e la mancanza di idee della trama.
Inoltre è anche la mia prima FF, perciò se mi dovete crocifiggere…non usate
chiodi troppo profondi ok? :D
Fredde gocce di pioggia gli
colpivano il visore lasciando piccole impronte di umidità. Quell’acquazzone
proprio non ci voleva, era il punto esclamativo a conclusione di una pessima
storia. Dall’anfratto nel quale si era riparato non riusciva a vedere bene i
suoi nemici, ma li sentiva avvicinarsi, furtivi come il vento. Silenziosi passi
che cercano riparo, piccoli sguardi alla ricerca di un obiettivo. Se fosse
rimasto li ancora a lungo, sarebbe stato sicuramente accerchiato. Master Chief
si appoggiò nuovamente alla roccia pensieroso. Estrasse il caricatore del fucile
mitragliatore Ma5B che aveva in dotazione e controllò i colpi rimasti: contò 36
pallottole, e non aveva caricatori di riserva. Maledizione!
Si era lasciato
dietro una lunga scia di bossoli dalla spiaggia dove era sbarcato, fino alla
stretta gola nella quale, in quel preciso istante, le forze Covenant tentavano
di catturarlo.
Il trasporto Pellican li aveva scaricati nel punto
prestabilito. Sembrava un luogo sicuro, o almeno lo sperava. I sette soldati
scesi dal velivolo si erano disposti in formazione per inviare il segnale di
posizione, ma visto quello che era successo dopo, le speranze di riuscita erano
pari a zero. Erano bastati pochi minuti perché tutta la sua squadra venisse
completamente spazzata via dal gruppetto di Elite di guardia all’ingresso del
canyon. Erano bastati pochi minuti perché lui si trovasse completamente solo;
solo e nei guai fino al collo.
Si sporse quel tanto che bastava per
esaminare il paesaggio. La gola si allungava ancora per un paio di chilometri,
con molti alberi e diverse rocce a far da contorno al continuo passo ondulato
del terreno. A circa 150 metri da lui c’era il suo bersaglio: un ascensore
gravitazionale in funzione, sorvegliato attentamente da una decina di sciacalli
e da qualche Grunt di vedetta. Enorme, illuminato da mille luci multicolore, lo
Starlight si estendeva nel cielo, proprio al di sopra dell’ascensore. Era
l’incrociatore più grande della 5° divisione Covenant, davvero immenso pensò
Master Chief, e ad un tratto si sentì infinitamente piccolo. La missione non
sembrava più così semplice come gli era stata prospettata. Penetrare nello
Starlight, piazzare le cariche di esplosivo nei punti strategici, uscire
facendosi strada tra orde di alieni inferociti ed attivare il detonatore da una
distanza di sicurezza. Una passeggiata. Forse….
<< Hai un piano?
>> domandò puntuale la voce di Cortana.
Cortana era un’intelligenza
artificiale di ultima generazione, classe A5T20000. La simbiosi tra l’AI
dell’ormai distrutta Pillar OF Autumn ed il soldato di poche parole era andata
via via aumentando nel corso del tempo. Erano giunti ad un punto tale che
nessuno dei due poteva fare a meno dell’altro.
<< Non ancora >>
rispose secco Master Chief, ultimo superstite della serie Spartan 117.
Gli
Spartan erano un gruppo di combattenti addestrati e preparati agli scontri più
difficili. Sfortunatamente per la Terra, con la distruzione del pianeta Reach,
Master Chief era rimasto il solo del suo genere.
Era il fiore all’occhiello
dell’UNSC, nonché il loro kamikaze prediletto.
<< Non ancora?? Pensi
di riuscire a tirarci fuori da questa situazione prima di venire fatti a pezzi,
o preferisci un tè con i biscotti?? >>
<< Sto pensando
>>
Si sporse un po’ di più cercando di individuare qualche elemento che
potesse tornargli utile. Non c’erano poi molte soluzioni. Rimanere lì
significava finire con l’essere accerchiati, e con le poche munizioni a
disposizione non avrebbe resistito più di 30 secondi. Doveva andarsene, e alla
svelta.
Rimaneva il problema di trovare il modo per fuggire.
Si sporse
ancora di più per guardare, rischiando di essere colpito anche dal cecchino più
inesperto.
Un riparo…un riparo… un riparo…Bingo!
I suoi occhi, nascosti
dall’elmetto dell’armatura MIJONIR, si fermarono su una roccia squadrata. Era un
ottimo punto per ripararsi, e sicuramente da quella posizione avrebbe avuto le
spalle più coperte. Doveva solo correre per una novantina di metri tra
proiettili e granate con la sola copertura della vegetazione. Una passeggiata.
Andava sempre peggio….
<< Hai pensato abbastanza?? Rilevo forme di vita
in avvicinamento e non credo siano amichevoli! >>
<< Correre
>>
Sapeva come far arrabbiare Cortana e provava un certo gusto nel
farla adirare. Se continuava a dargli risposte come questa, il caratteraccio
della compagna non avrebbe esitato a manifestarsi. Controllò che la fondina
della pistola fosse ben fissata al fianco, imbracciò il fucile e partì, pronto
tutto.
<< Correre??!!! >>
Il primo passo provocò una
scarica di colpi che scheggiarono la parete che fino a poco prima lo proteggeva.
Frammenti di pietra e schizzi di plasma gli colpirono la schiena invitandolo
dolcemente (si fa per dire) ad affrettarsi verso la meta. Ogni passo era
accompagnato dagli insulti degli Elite, dai proiettili dei Grunt, dagli spari
degli sciacalli. Ogni passo era una nuova conquista, una speranza che si
rinnovava ad ogni boccata d’aria umida di pioggia. Correva, si fermava e
ripartiva. Uno schema semplice, non privo di imprevisti. Mezzo passo in anticipo
o in ritardo, e la sua corsa si sarebbe fermata prima del tempo.
Svuotò
l’intero caricatore del fucile su tutto quello che gli pareva si muovesse,
finché non senti il grilletto scattare a vuoto e l’amichevole rombo dei
proiettili esplosi cessare di colpo, lasciando spazio ad un sordo Click e
rendendolo un bersaglio apparentemente inerme.
Click Click Click
Click......Click
L’elite più vicino si lanciò all’assalto, scostando le
fronde degli alberi con i potenti avambracci, puntandogli contro il fucile al
plasma. Master Chief sentì il suo respiro avvicinarsi, percepì l’odio che
trasudava dal suo corpo, la potenza che ogni singola parte di quell’essere
sprigionava. Poi lo vide: spuntò da dietro l’albero alla sua destra; una
macchina da guerra, il fisico robusto e possente al quale l’armatura Covenant si
adattava perfettamente, scattante ed allenato all’unico scopo di uccidere.
Master Chief lasciò cadere il fucile repentinamente e si concesse un solo
istante per ammirare i lucenti bagliori delle otturazioni in metallo prima di
lanciare la granata. Il sonoro fragore coprì tutto il resto, i Grunt che
gridavano, la pistola dell’Elite che volava lontano, gli schizzi di sangue blu
che colpivano gli alberi come macabre ghirlande natalizie. Rifiatò, estrasse la
pistola e ripartì. Un passo…due passi…tre…quattro….
Mancavano meno di 10
metri al suo obiettivo, poi si sarebbe girato e avrebbe sparato a tutto ciò che
lo stava inseguendo in modo da guadagnare tempo. Magari avrebbe lanciato
un’altra granata, tanto per dimostrare chi era a comandare.
<< Ci siamo
quasi! >> gli gridò Cortana nelle orecchie, ed aveva ragione, mancava
davvero poco...il piano stava funzionando…stava andando tutto bene. Era il piano
più stupido della lunga storia dei piani stupidi eppure si stava rivelando
migliore del previsto. Ormai c’era qua….
KA_BOOM
Perse la cognizione
dello spazio, la cognizione del tempo. Era solo tutto buio, come se qualcuno
avesse spento improvvisamente la luce. Atterrò su qualcosa di duro ed avvertì un
dolore lancinante al fianco sinistro. Il fiato gli si strozzò in gola, ogni
energia gli abbandonò le membra. Un lieve ticchettio d’acqua gli giunse alle
orecchie ricordandogli che stava piovendo. Per un istante pregò che la sostanza
calda che sentiva colargli dall’anca fosse fango e non sangue, il suo sangue,
ardente e confortevole, così..sicuro, così familiare. Così bello. Si avvolse in
quella soffice coperta di impressioni e si lasciò andare. Spiccò il salto nel
buio; sentiva la voce di Cortana chiamarlo in lontananza, ma la ignorò. Un
vortice di colori lo invase. Nero, rosso, blu….un tornado di energie e
sensazioni diverse. La pistola gli sfuggi di mano (o forse gli venne portata
via) e perse il suo unico appiglio alla realtà, l’unico baluardo di vita. Stava
volando via. Era tutto buio….
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Capitolo 2 *** Prigioniero della luce ***
"
Finalmente sono
riuscito a completare il secondo capitolo di questa FF! Certo le idee
sulla trama non erano delle migliori, ma spero di averlo reso leggibile.
L’oscurità non accennava a diradarsi. Da un bel pezzo si
inoltrava lungo il tunnel senza intravederne ancora l’uscita.
Percepì una presenza accanto a lui, qualcuno di diffidente e
guardingo, con occhi attenti che lo fissavano dall’alto.
Cercò di concentrarsi per capire dove fosse, ma presto
rinunciò, senza forze. Non aveva ne voglia ne energia per
lottare; era molto più bello fluttuare tra i pensieri, tra le
paure, tra le preoccupazioni. Tutto gli appariva tranquillo e calmo.
Niente sofferenza, niente dolore. Nulla, solo la tenebra. Si sentiva
libero di volare tra spazi immensi in lungo e in largo, perché
era tutto infinitamente
Normale.
Alzò lo sguardo a fatica e qualcosa lo colpì
improvvisamente. Una luce, potente ed abbagliante, così
accecante che fu costretto a coprirsi il volto con il dorso della mano.
Non sapeva cosa fosse ma, per qualche assurdo motivo ardeva dalla
voglia di scoprirlo.
Camminò, un passo dietro l’altro, finché non
sentì di colpo il dolore penetrarlo come una scarica elettrica.
Intuì che la realtà stava per divorarlo di nuovo e
lottò perché non accadesse; tentò di fermarsi, di
aggrapparsi a qualcosa. Poi si arrese. Era giusto così. Il sogno
doveva…
…finire. Master Chief riaprì gli occhi in una piccola
stanza. Ci volle qualche minuto prima che si riabituassero alla luce,
poi l’offuscamento svanì e ci vide nuovamente. Provava un
dolore lancinante al fianco destro e la testa gli faceva un male cane.
Ogni volta che cercava di alzarsi, le gambe gli cedevano e ricadeva a
terra.
Meglio aspettare per capire il da farsi; la cosa più importante,
in quel momento, era scoprire in che razza di guaio si era cacciato.
La sala era strana. Per tre lati era normalmente cinta da pareti
secondo un preciso stile architettonico alieno che - e Master Chief non
riusciva a capire come - tendeva a mettere in risalto il viola.
Il quarto lato però si differenziava dagli altri. Era diverso. Molto diverso.
C’era una grande barriera a far da muro, come se si volesse impedire a qualcosa di entrare.
o di uscire
“Una cella!”
Si alzò a fatica, ignorando le fitte che lo tormentavano. Si
passò una mano sul fianco per individuare eventuali gravi danni.
Non ce n’erano; l’armatura funzionava più che bene.
Certo forse aveva un paio di costole fratturate, ma sarebbe
sopravvissuto. Ciò che davvero lo preoccupava era invece la
testa.
Da quando era riuscito a rimettersi in piedi non aveva mai smesso di
girargli. Sembrava che non rispondesse ai comandi, come se
improvvisamente avesse deciso che quella che si accingeva a combattere,
non fosse la sua guerra. Fece un respiro profondo e controllò
l’equipaggiamento: niente armi, scudi dell’armatura
abbassati.
<< Cortana? >>
Niente.
<< Cortana mi senti? >> ripeté con tono preoccupato.
Ancora nessuna risposta. Diavolo! Che fine poteva aver fatto? Non ricordava nulla…
Forse si era temporaneamente disattivata per non far rilevare la sua
presenza o, peggio ancora, era stata catturata. Passò
velocemente una mano sulla fessura dell’elmetto dove avrebbe
dovuto trovarsi il chip dell’AI, ma le dita trovarono solamente
la piccola fenditura vuota. Cortana era sparita.
“Maledizione!”
Doveva trovarla, ed anche alla svelta! Non poteva permettere ai
Covenant di mettere le mani sull’enorme quantità di dati
ai quali solo lei aveva accesso, e poi …beh… era sua
amica.
Scosse leggermente la testa ed appoggiò una mano alla barriera.
Il contraccolpo lo fece ricadere a terra più dolorante di prima.
A quanto pareva la superficie era elettrificata, il che voleva dire un
nuovo problema da affrontare. Come fuggire da una cella aliena, dotata
di recinzione elettrificata, senza armi e senza forze? Mistero…
O forse no. Un’idea gli balenò di colpo nella mente.
Un’idea rischiosa certo, ma non sembrava esserci altro sistema. E
poi, visti i precedenti, stava diventando abbastanza esperto in fatto
di piani stupidi. Tutto quello che doveva fare era appoggiarsi alla
barriera quel tanto che bastava perché gli scudi della sua
armatura si ricaricassero per poi infrangerla. Si stupì della
semplicità che ci voleva ad elaborare un piano; peccato che poi
metterlo in pratica non fosse così facile.
Si alzò nuovamente in piedi, e per la seconda volta sentì
la testa dolere. Questa volta fu diverso però, come se la
realtà intorno a mutasse. Per un attimo tutto sembrò
surreale, ogni cosa divenne chiara, poi scura, poi di nuovo chiara.
Macchie di luce gli comparvero dinnanzi, le pareti cambiarono;
divennero rosso sangue, e l’aria puzzò di morte. Poi tutto
finì com’era cominciato, improvvisamente.
Master Chief rimase in silenzio, pensieroso. Chiuse gli occhi, scosse
la testa e cercò di non pensare più all’accaduto,
anche se sapeva che ciò era impossibile. Era tutto così
inspiegabile, la testa gli pulsava e non riusciva a concentrarsi.
L’unica che poteva dargli risposte era Cortana, e questo rendeva
il suo recupero ancora più prioritario, per la missione, e per
la sua stessa vita.
Si avvicinò alla barriera con decisione, inspirando
profondamente in modo da raccogliere quanta più energia
possibile. Poi, senza batter ciglio, appoggio con forza
contemporaneamente entrambe le mani sullo scudo.
Il dolore cominciò, improvviso seppur atteso. Mille aghi gli
trapassasseavano il corpo, lacerandogli la carne, penetrandogli nelle
ossa. Sentiva ogni vena, ogni arteria, ogni capillare esplodere, tutti
i muscoli che urlavano per lo strazio. Sofferenza, atroce, perfida,
maledetta. Il cuore stava per scoppiargli nel petto. Si contraeva in
spasmi sempre più prepotenti, sempre più forti.
L’energia che la barriera riversava su di lui stava
ricaricando la sua armatura, passando per i microchip, violando le sue
difese. Stava diventando un tutt’uno con quella forza,
assimilandone la consistenza. Il dolore cominciò a svanire,
lasciando spazio al senso di potenza degli scudi che si ricaricavano.
Gli indicatori della corazza indicavano il livello di energia raggiunto.
75%…77%…
Faceva male, così male che chiunque avrebbe rinunciato. Master Chief però continuò ostinato nel suo piano.
84%…88%….92%….
Non pensava, non doveva pensare. Tutto quello che doveva fare era
resistere, punto e basta. Niente strategie complesse o azioni eroiche.
Doveva solo ignorare il dolore ed andare avanti.
95%..96%…
MANCA POCO!!
98%…100%!!!
Sentì gli scudi dell’armatura e della prigione cedere di
schianto. La attraversò, con l’elettricità che lo
accarezzava con vigore. Faceva caldo, stava letteralmente andando a
fuoco.
Cadde a terra con un sonoro tonfo. Il dolore non accennava a placarsi.
Non sentiva più il braccio sinistro; non si muoveva.
L’idea di rimanere senza un braccio non gli faceva per niente
piacere. Cercò di muoversi, ma tutto quello che riuscì a
fare fu girare la testa da un lato, appena in tempo per vedere un Grunt
correre, con quei suoi piccoli arti, fuori dalla porta, sbracciandosi
alla ricerca di aiuto. Poi la porta si richiuse, e Master Chief rimase
solo ancora una volta, anche se non sapeva per quanto tempo lo sarebbe
rimasto.
Chiuse gli occhi per riprendere forza.
***
Cortana non riusciva a capire dove era finita. Il suo chip era stato
inserito in una sorta di torre elettronica, che
dall’estremità superiore emanava un enorme cono di luce.
Sicuramente era a bordo dello Starlight, ma non poteva far nulla nella
situazione in cui si trovava. Appena inserita nel computer, era stata
proiettata olograficamente all’interno del cono, e si era
ritrovata intrappolata. Aveva insultato tutti quegli schifosissimi
Covenant che tentavano di carpirle informazioni. Non avrebbero mai
ricevuto niente da lei. Però non avrebbe resistito a lungo,
bastava che penetrassero nei suoi sistemi operativi e migliaia di
megabyte di dati sarebbero giunti in loro possesso. Il dispiego delle
forze umane sulla Terra, ogni avamposto difensivo, ogni segreto. Non
poteva permetterlo.
Però ancora non erano riusciti a bypassare i suoi sistemi.
<< EHI MI SENTITE STUPIDI COVENANT???!!!! TIRATEMI FUORI DI QUI
ORA!! NON COSTRINGETEMI A SPACCARVI IL C**O CHIARO??!! >>
La rabbia la faceva sentire come un prigioniero che batte invano i
pugno nudi contro le pareti.. C’era solo una persona che poteva
aiutarla: Master Chief. Ma non sapeva che diavolo di fine avesse fatto.
“ Starà sicuramente perdendo tempo in giro! Ah, se non ci
fossi io quell’uomo sarebbe perduto! Mai che ci sia quando
c’è bisogno di lui! ”
Se lo immaginava impegnato in qualche ridicola battaglia tra i corridoi
dello Starlight. Per un momento l’immagine dell’amico che
sparava a destra e a manca evitando le pallottole la fece sorridere.
Però forse era davvero in pericolo. Forse in quel momento si
trovava nei guai fino al collo e non poteva venirla a salvare.
Naaa, impossibile, non Master Chief.
Però se…no no, non poteva essere. Non si sarebbe fatto
uccidere nemmeno da un esercito di Elite armati fino ai denti. Master
Chief sarebbe arrivato, l’avrebbe salvata, avrebbe distrutto
l’incrociatore e sarebbero fuggiti giusto in tempo, proprio come
al solito.
<< Dove diavolo sei? >> sospirò improvvisamente Cortana senza mascherare la propria preoccupazione.
***
Sfocato, ondulato, mosso,
chiuso, rosso. Pilastri alti e immensi, pareti strette e liquefatte. Le
fiamme aggredivano e rigonfiavano il pavimento ed il rivestimento
organico si scoglieva in putride ustioni. Corpi, cadaveri, morti,
sangue. Sangue sui muri, sangue per terra, sangue sulle…
sue… mani…
Master Chief non riusciva più ad alzarsi. Era costretto a terra
da una potenza invisibile, così forte da impedirgli ogni
movimento. Non aveva percezione delle cose, anzi, a dirla tutta non
riusciva a capire un bel niente.
Era tutto così irreale, così anormale. La stanza si era
allargata notevolmente rispetto a prima e non c’era più
quel fastidioso viola. Ora era tutto rosso, cupo e cangiante; tra le
venature di quel colore sfilavano e restavano impigliate ombre ed
oscurità. Non c’era luce e sembrava non ci fosse nemmeno
mai stata.
Al centro della stanza giacevano i corpi senza vita di una squadra al
completo di Covenant,. Sembrava che qualcosa di terribile li avesse
uccisi e poi dissanguati. Qualcosa che forse non esisteva.
Puntò lo sguardo sulla parete opposta, oltre quei cadaveri, cercando di non svenire.
Era come se tutto il muro rientrasse, tutto lo scarlatto ed il nero
circostante era risucchiato da una macchia oscura, senza eco, senza
vita, che lo attirava violentemente.
Si trascinò verso di essa, strisciando sul ventre; oltre si
affacciava l’interno di una gola, stretto, tortuoso e viscido. Si
trascinò là dentro, rabbrividendo dal contatto umido con
il pavimento. Il fetore era terribile e a tratti il budello sobbalzava,
contorcendosi in uno spasmo. Aveva bisogno di vomitare ma resistette.
Doveva farsi forza. Era obbligato a farlo.
Tutto dipendeva da lui.
Come sempre…..
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