If it's worth having it's worth fighting for.

di Doila483
(/viewuser.php?uid=172213)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just a dream. ***
Capitolo 2: *** A step towards him? ***
Capitolo 3: *** ...Never say never, right? ***
Capitolo 4: *** Is it true? ***
Capitolo 5: *** Believe. ***
Capitolo 6: *** Would you ever have said it? ***
Capitolo 7: *** Against it all. ***
Capitolo 8: *** Yes, it's worth fighting for. ***
Capitolo 9: *** He's always there. ***
Capitolo 10: *** Close to each other. ***
Capitolo 11: *** Attenzione ***
Capitolo 12: *** Let me stand by your side. ***
Capitolo 13: *** They belong to each other. ***
Capitolo 14: *** Never gonna be alone. ***
Capitolo 15: *** Something's happening. ***



Capitolo 1
*** Just a dream. ***


Alex aveva 15 anni e viveva a Los Angeles.
Era una ragazza solare, loquace, molto sensibile, ma forte e determinata.
Aveva però dei problemi in famiglia. Era orfana di padre. 
Questo era morto quando Alex aveva solo sette anni, per colpa di un tumore al cervello. 
Alex viveva, poi, in una piccola casetta un po' malridotta per via della sua orribile situazione economica.
La madre lavorava in un supermercato non molto distante da casa loro; non aveva dunque un gran stipendio e non riuscivano quasi mai ad arrivare a fine mese.
Era una situazione orribile, che viveva ormai da otto anni.
Alex si era ripromessa più volte di riuscire a trovare un lavoro che desse dei buoni profitti, per aiutare sua madre con le faccende economiche, e quelle dannate pene di morte che arrivavano ogni mese, puntuali come -neanche a farlo apposta- la morte: le bollette.
Erano già due mesi che Alex cercava lavoro. Sua madre aveva sempre storto il naso per questo argomento: non voleva che sua figlia lavorasse a soli 15 anni, per aiutarla a pagare le bollette, e quant'altro. Si sentiva in completo imbarazzo. Ma dove s'era vista una mamma che si faceva dare i soldi da una figlia di 15 anni ?
Ma Alex insisteva, e per lei non si trattava di 'prestare soldi'. Quella situazione economica coinvolgeva inevitabilmente anche lei, e non ne poteva più di vedere sua madre con le mani fra i capelli, domandandosi ancora una volta come avrebbero fatto ad andare avanti.
Inoltre Alex credeva che fosse il momento giusto per cominciare a lavorare, per crescere, e prendersi qualche responsabilità.
Avrebbe fatto di tutto per sua madre, le era debitrice per ogni cosa.
Ma avrebbe fatto comunque di tutto per sua madre.
Lei meritava più di quel che aveva, meritava di star bene e sorridere, meritava di avere qualcuno accanto. Meritava un uomo che l'amasse e la sostenesse.
Per il momento, però, erano solo loro due, e questo ad Alex, comunque, non dispiaceva poi così tanto. 
Alex era una ragazza che nonostante il dolore andava avanti, si aggrappava a tutte le cose belle, anche le più banali, pur di sorridere. E le piaceva questo lato di sé.
Ma la parte migliore di sé, per lei, era un'altra. 
Era una parte che niente e nessuno sarebbe riuscito a sostituire o eliminare del tutto. Era la parte più bella, che la rendeva completa in un certo senso. Era la parte migliore della sua vita.
Il suo idolo.
Un ragazzo dai capelli biondo scuro, corti, con gli occhi color miele e una voce così bella, bianca, rassicurante, da far accapponare la pelle. Così lo descriveva Alex.
Un nome, dodici lettere, e mille e più emozioni inspiegabili.
Justin Bieber.
Erano tre anni che seguiva quel ragazzo. Tre anni che lo sosteneva, tre anni che gli apparteneva, tre anni che la faceva sognare, tre anni che lo amava, tre anni che lo viveva.
In tre anni non l'aveva mai visto, eppure ne aveva avute di occasioni.. ma per la sua situazione economica, non poteva permettersi neanche un biglietto. Quella situazione faceva male ad Alex.
...E non solo ad Alex.
La madre, Mila, soffriva nel vedere la propria figlia in quelle condizioni. Sapeva benissimo quanto lei tenesse a quel ragazzo. Era lei che sentiva sua figlia urlare quando lui vinceva qualche premio; lei la sentiva cantare ogni giorno le canzoni del suo idolo; lei la vedeva piangere quando trasmettevano qualche live in televisione; lei la sentiva parlare ininterrottamente di lui; lei, lei soltanto.
Odiava essere così impotente. Voleva portarla a qualche suo concerto, anche una sola volta, voleva vederla felice, voleva vedere i suoi occhi brillare per davvero, ma non ci riusciva mai, le era impossibile ogni volta. Alex non faceva altro che ripetere quanto costasse un biglietto, e quanto fosse difficile comprarlo, dato che una volta dato il via alle vendite, dopo pochi minuti, c'era già il tutto esaurito.
Più volte Alex si era trovata davanti al monitor del computer ad osservare come i biglietti sparissero da un momento all'altro; a leggere commenti di ragazze eccitate al pensiero di vedere il loro idolo, che era anche l'idolo di Alex, porca vacca.
Continuava a chiedersi 'perché a me?', e si autodistruggeva continuamente. Ma poi si arrendeva all'evidenza: era l'ennesima occasione gettata al vento, era andata così -di nuovo-, inutile starci male, quelle lacrime -lo sapeva- non avrebbero cambiato la situazione. 
'Magari la prossima volta..' si diceva.
Ma la tanto nominata 'prossima volta' era uguale alla precedente.
 
« Oh mio Dio. » sfiatò Alex, portandosi entrambe le mani sulla bocca, mentre una, due, tre lacrime cominciarono a rigarle il viso.
Era lì davanti alla TV, seduta sul pavimento, con gli occhi puntati su quella biondina che riceveva un mazzo di rose rosse dal suo idolo.
Non sapeva ben dire cosa ci fosse in quelle lacrime. Felicità, tristezza, rabbia...? Forse un po' di tutto.
Felicità.. forse. Capiva perfettamente quella ragazza sul palco, era felice per lei, stava vivendo quel sogno anche per Alex, inconsapevolmente. 
Tristezza.. certamente. Dopotutto non c'era di certo lei sul palco, e non era neanche tra quella folla a urlare e cantare insieme al suo cantante preferito.
Rabbia.. ovviamente sì. Non era lì, e non poteva farci niente.
« Dio mio, mamma, guardalo. Guardalo! » diceva Alex a sua madre, che era occupata tra i fornelli.
Mila si girò, lanciando un'occhiata alla televisione, dove spiccava l'immagine di una ragazza in lacrime, su uno sgabello, che stringeva in grembo delle rose rosse, e alla sua sinistra Justin. Justin Bieber. Che alzava le braccia e cantava, coinvolgendo il pubblico.
Concentrò la sua attenzione sul viso rigato della figlia. Ormai conosceva quell'espressione, quelle lacrime, e poteva dire di conoscere perfettamente i pensieri e i sogni della propria bambina.
Sospirò e le sue labbra si incurvarono di poco verso l'alto, in un amaro sorriso, di chi purtroppo sapeva tutto e non poteva far niente.
« Perché continui a guardare questo video? » chiese Mila. Insomma, non capiva. Sapeva che quel ragazzino era il suo cantante preferito, ma sapeva anche che ad Alex tutto ciò faceva male. Forse non lo faceva apposta, anzi.. sicuramente non lo faceva apposta, ma Alex si sbatteva in faccia la realtà da sola.
« Perché è bellissimo, cavolo. » disse cercando di asciugarsi quelle lacrime. Ma come ne scacciava una, ne arrivava un'altra.
« Sì, ma ti fai del male. » continuò Mila.
« No, mamma. Cioè sì, fa male vedere come le altre riescano a realizzare il loro sogno mentre io sono qui, a casa. Però vedo anche la bellezza del Never Say Never e mi dà speranza. Magari quella ragazza, all'inizio, non poteva neanche andare al concerto. Magari aveva problemi economici, o problemi con i biglietti, problemi con l'organizzazione. Ma poi c'è andata. Ed è anche salita sul palco. E' bellissimo. » spiegò Alex. Avrebbe voluto dire tante cose, ma non era sicura che sua madre l'avrebbe capita. Inoltre era già in preda alle lacrime. Qualche frase di più e sarebbe scoppiata in un pianto assurdo, lo sentiva. Si sarebbe sfogata, avrebbe tirato fuori tutti i suoi pensieri, le sue emozioni, ed sarebbe stato inevitabile piangere. Si fermò lì, sicura che ciò bastasse come spiegazione.
A Mila dispiaceva sapere quanto Alex fosse 'sfortunata', ma sapere che ci sperava ancora e ci credeva, non poteva che farle piacere. 
Abbozzò un mezzo sorriso, un misto tra felicità e dispiacere.
Prima o poi l'avrebbe accompagnata a un suo concerto. Ce l'avrebbe portata eccome. 
Alex lo meritava.
 
Quando il film finì, Alex si commosse pensando a quanto fosse bello avere un idolo come Justin. Era così fiera di lui, ed era fiera anche di se stessa per amare un ragazzo così.
Forse oggettivamente era un pensiero stupido, ma era vero, era ciò che sentiva.
Alla fine Mila si era seduta sul divano, pregando più volte Alex di alzarsi da terra, ma furono parole che come entravano da un orecchio uscivano dall'altro. Anche se Mila aveva l'impressione che non l'avesse neanche sentita. 
Guardava anche Mila quel DVD, sorridendo di tanto in tanto nel vedere quanto fosse pazzo e dolce d'animo quel ragazzino. 
Aveva sempre pensato che Justin avesse una belle voce e fosse anche un bel ragazzo, dunque capiva perché piacesse ad Alex. Ma per Mila, ovviamente, lui era un ragazzino qualunque. Con del talento, sì, ma era un ragazzo comune, come ce ne sono miliardi in tutto il mondo. Sembrava però che la figlia ignorasse deliberatamente quel pensiero, e si fosse completamente dimenticata del mondo che la circondava. 
Alex si alzò da terra con un sorriso sincero che andava da un orecchio all'altro. Mila lo vide e sorrise inconsciamente. 
'Sarà anche un semplice ragazzino, ma fa sorridere mia figlia' pensò.
Alex, dopo aver visto quel film, si sentì come se il suo cuore avesse tirato un lungo sospiro, stava davvero bene.
Sentiva il proprio cuore correre. Dio, quando vedeva Justin, sembrava che il suo cuore si allennasse per il Triathlon. 
Si passò una mano sul viso, visibilmente stanca. Aveva pianto, le faceva male la testa, e inoltre era tardi, doveva andare a dormire. 
« Buonanotte, mamma. » disse Alex piegandosi sulla mamma per lasciarle un piccolo bacio sullo zigomo.
Mila sorrise e si sporse un po' di più, lasciando anche lei un bacio a sua figlia. Da quanto tempo non le dava il bacio della buonanotte...
« Buonanotte, Biliver. » disse lei sorridente.
« ...Mamma, è Belieber. » ridacchiò Alex. 
Quant'era bella sua mamma? Non l'avrebbe cambiata con nessun'altra mamma al mondo. Sarebbe stata scema se l'avesse fatto o anche solo pensato.
« Quello, insomma. » disse Mila sorridendo. Piccolo lapsus.
Alex attraversò il piccolo corridoio che divideva la cucina dalla sua stanza, e chiuse la porta.
La sua stanza era piccola, non molto luminosa e un po' vecchiotta, ma c'era appeso qualche poster di Justin e per lei era perfetta.
Sorrise sentendosi osservata da quei poster. Cavolo, quanto avrebbe pagato per sentirsi davvero guardata da lui. 
'Sì, aspetta e spera...' si disse mentalmente.
Si cambiò velocemente, infilandosi un pigiama leggero e correndo sotto le lenzuola.
Il pavimento era freddo, ma comunque c'era un clima abbastanza caldo, considerato che era ancora in periodo estivo.
Alex, invece, amava la pioggia, la neve e il freddo. Amava l'autunno ma ancor di più l'inverno.
Le piaceva correre sotto le coperte quando sentiva l'aria fredda sulla pelle. Si sentiva coperta, protetta. Era una bella sensazione.
Sì, amava l'inverno, decisamente.
Poco prima di addormentarsi pensò a molte cose.
Pensò a quando la mamma l'aveva chiamata 'Biliver' qualche minuto prima e inconsciamente sorrise. Pensò a quando la mamma aveva detto durante il film cose come 'Che carino che è Justin!' oppure 'Che pazzo!'
Amava quando sua madre diceva qualcosa che riguardasse Justin, sentiva che quell'argomento non interessava solo a lei, e che quindi poteva parlarne liberamente. Dopotutto, sua madre la capiva, non aveva mai detto niente contro Justin. Alex era contenta che a sua madre piacesse il suo idolo. Sentiva qualcosa di bello, come se Justin fosse ben accetto nella sua famiglia. Non sapeva spiegarlo neanche a se stessa, ma era una cosa bella e non poteva che farla sorridere.
Tra i pensieri di Alex si presentò quello della verifica di matematica del giorno seguente.
Il suo sorriso si trasformò in una smorfia di completo ribrezzo. Odiava quella materia. Aveva dei problemi, ma riusciva comunque a passare le verifiche scritte e orali.
Si disse che era meglio non pensarci, che sarebbe andato tutto bene, perché comunque era preparata, e non doveva agitarsi inutilmente. 
Mise la sveglia per le sei e quaranta e si sdraiò di nuovo sul letto, spostando un po' le lenzuola, per stare più fresca. Mise il braccio sotto il cuscino e chiuse gli occhi.
Il giorno dopo sarebbe dovuta tornare a scuola e affrontare una simpaticissima verifica di matematica.
'Metterò la maglia di Justin, così mi porterà fortuna..' pensò sorridendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A step towards him? ***


Erano le sette e quaranta quando Alex si svegliò.
Quella volta non fu svegliata da una carezza di sua madre o da qualche raggio di sole che filtrava prepotentemente tra le persiane. Fu svegliata dalla voce del suo idolo.
Alex adorò subito l'idea di potersi svegliare con la voce di Justin. Era forse la cosa più bella che potesse fare. Era letteralmente catturata da quella voce, ne rimaneva sempre ammaliata, come se fosse sempre la prima volta. Per lei, ogni momento passato ad ascoltare la voce di Justin, era sempre il primo. Sapeva quelle canzoni a memoria; quelle parole, quei testi.. erano quasi preghiere. Conosceva ogni singola sfumatura della sua voce, ma ogni volta che l'ascoltava si stupiva sempre per quanto fosse bella. Eppure avrebbe dovuto farci l'abitudine, vero? Ma no, ancora non era abituata. Per lei Justin era ogni volta una gran bella scoperta.
'Legarmi a lui è stata la cosa più bella e giusta che potessi fare' continuava a pensare.
Sapeva che non aveva scelto lei d'innamorarsi della sua voce, e di qualsiasi altra cosa potesse appartenere al suo idolo. Sapeva che era successo e basta. E l'idea che fu proprio il suo cuore a scegliere Justin, e non due orecchie, le faceva un bene incredibile all'anima.
Sentiva che non era solo piacere ascoltare la sua musica; era qualcosa di profondo, che veniva da dentro, dal profondo del suo cuore, e che non c'era niente di più vero che il suo amore per il suo cantante preferito.
Poteva dire che era tutto estremamente puro, e che ciò che la legava a lui non era musica ma molto di più.
Ma chi mai l'avrebbe capita?
La sua migliore amica, Sonny, trovava che Justin fosse talentuoso e carino. Ma non l'avrebbe mai capita per certe cose... Alex lo sapeva.
Sonny la sosteneva, cercava di tirarle su il morale quando lei era giù, cercava di spingerla ad andare avanti e credere nei suoi sogni... ma non aveva un idolo. Alex sapeva che Sonny non l'avrebbe mai capita. Sonny non aveva la benché minima idea di cosa significasse tutto ciò che provava e viveva Alex. Non lo sapeva. E per quanto Alex si fosse sforzata nel spiegarlo, Sonny non avrebbe capito comunque perché erano emozioni che non aveva mai provato.
Tra tutti questi pensieri, Alex si affrettava a lavarsi, vestirsi e raggiungere l'autobus, che l'avrebbe accompagnata all'infe- a scuola.
Già, la scuola. La scuola era qualcosa che doveva davvero chiamarsi inferno, almeno per Alex.
Nulla a che vedere con le materie o i professori. Non poteva lamentarsi dei suoi voti, affatto, e aveva una buona condotta; inoltre i suoi professori erano davvero simpatici, ma seri quando era necessario. Rendevano le lezioni più leggere e le materie più semplici. Alex non si era mai lamentata dei suoi professori.
Ciò che rendeva la scuola un inferno era la massa di studenti che la squadrava da capo a piedi, tra corridoi e aule.
Non tutti potevano ben comprendere la sua passione (ormai più di una semplice passione) per Justin Bieber.
Già, ancora una volta lui.
Chi la guardava quasi le sputava addosso. Lei non si vergognava nell'indossare qualcosa che ritraesse lui. Lei ne andava fiera, e se gli altri non apprezzavano, beh fatti loro.
Non aveva abbastanza soldi per comprarsi delle felpe con sopra l'immagine o il nome del suo idolo, ma sua madre aveva preso due-tre maglie dal suo armadio e si era fatta fare un favore da un'amica. Quando Alex ricevette quel bel pensiero fu davvero entusiasta e non ci pensò due volte a indossarle a scuola.
Ogni giorno attraversava i corridoi con gli occhi di altri studenti puntati addosso, si sentiva quasi andare a fuoco per tutte le occhiatacce. Il disagio non era svanito del tutto, ma si era detta che era meglio farci l'abitudine, perché lei di certo non avrebbe smesso di seguire il suo idolo per qualche ignorante a scuola. Anche se 'qualche' equivaleva all'intero edificio, più o meno.
Possibile che a Los Angeles, nella sua scuola, non ci fosse qualche fan? Se lo chiedeva sempre, e non trovava mai una risposta. Anzi, una risposta in realtà ce l'aveva, ma preferiva ignorarla: a quanto pare era possibile, lei era l'unica Belieber.
Arrivò a scuola, ignorando da gran professionista gli sguardi poco promettenti degli studenti attorno a lei.
Anche quel giorno indossava una felpa con sopra l'immagine di un Justin impegnato a mettere il cuore nel canto. Era davvero fiera di avere una maglia così, mai l'avrebbe scambiata o buttata, ne era sicura.
« Biberon è gay. » si sentì Alex alle spalle.
Non seppe perché, ma si girò. A lei non importava sapere da chi arrivassero certe cagate, erano due anni ormai che ignorava quelle frasette e quegli sguardi. Si girò per istinto, ecco, anche perché non aveva bisogno di girarsi per capire chi fosse stato a pronunciare quelle parole.
Quando lo vide si fermò e lo guardò.
Aaron Meyer. Il tipico bulletto che gironzolava per i corridoi guardando ogni ragazza e deridendo ogni sfigato. Anche se poi per Alex gli sfigati non esistevano e non capiva certi atteggiamenti.
« Non è chiamandolo gay che diventi intelligente. » ribattè Alex, riprendendo a camminare normalmente. 
Non aveva assolutamente bisogno di rispondere, anche perché le parole di Aaron non la toccarono minimamente. Innanzitutto era abituata. E poi non le importava della sessualità del suo idolo. Gay, etero.. restava la sua salvezza, anche se era legata a lui anche in un altro modo.
In quel momento però si sentì di dovergli sbattere in faccia la verità, e cioè che chiamare una persona gay non ti rende assolutamente intelligente. Anzi, ti rende ignorante. 
Si sentì anche un po' orgogliosa nell'aver pronunciato quelle parole.
Era il minimo per il suo angelo.
« Scusa? » chiese lui incredulo.
Davvero quella ragazzina si era permessa di rispondergli?
Alex conosceva i comportamenti di quel ragazzo, in due anni aveva capito che tipo fosse, anche se le erano bastati i primi giorni di scuola. Ma rimase comunque stupita dal suo gesto. « Hai sentito. » ribattè decisa.
« Sì, ho sentito. Nonostante il fastidioso rumore che fa quel frocio che ami tanto quando canta -se quello è cantare- le mie orecchie stanno bene. »
Temeraria, Alex lo fronteggiò e continuò « Fastidioso rumore? Ma allora hai sentito le sue canzoni. Cos'è, ascolti Justin Bieber? » disse inarcando un sopracciglio.
Aaron, visibilmente infastidito, tacque. 
Non riusciva a trovare un modo per ribattere, qualcosa che mettesse in imbarazzo lei, non lui; che la facesse scoppiare a piangere, che la facesse sentire male sotto gli sguardi derisori dei compagni. Ma non trovò nulla e tacque.
Lei lo guardò ancora negli occhi, fino a quando lui non la superò, dandole una forte spallata. A quel punto Alex si girò e notò che tutti la stavano guardando. 
Si aggiustò lo zaino in spalla, e prese a camminare verso l'aula.
Non sapeva dire come sarebbe stata quella giornata, ma sperò potesse andare tutto bene. Le cose che rendevano bella la giornata scolastica erano il pensiero di Justin e la presenza di Sonny.
 
Suonò la campanella.
Alex tirò un lungo sospiro di sollievo. Erano le quattro, e le lezioni erano finalmente finite. Il test di matematica era andato bene, almeno secondo lei era tutto okay, poiché non aveva incontrato difficoltà, almeno non tante come temeva.
Sua madre sarebbe stata ancora una volta fiera di lei. E anche lei era fiera di se stessa.
Okay, ancora non aveva la certezza di essere andata bene. Insomma il voto ancora non l'aveva visto, aveva consegnato da poco il test, ma lei aveva un buon presentimento.
Un piccolo sorriso sincerò si dipinse sul suo viso pallido.
Alex aveva una carnagione davvero chiara... e le piaceva.
In fondo in fondo, Alex si piaceva.
Non che non trovasse imperfezioni, ma cose come i suoi occhi, i suoi capelli, eccetera, le piacevano.
Il colore dei suoi occhi era lo stesso del cielo. Ma non un cielo triste, o un cielo nero della notte. Un cielo.. come lo disegnano i bambini su un foglio di carta. Celeste, limpido, senza nuvole. Così erano i suoi occhi, di un celeste acceso e incredibilmente bello.
I suoi capelli erano lunghi e mossi, color biondo scuro. Quelli le piacevano davvero, da quand'era piccola. Anche se si era chiesta più volte come sarebbe stata coi capelli neri, perché pensava che i capelli scuri con una pelle bianca e diafana come la sua, con quegli occhi color ghiaccio, dessero tutt'altro effetto. Ciò la spingeva a credere che, magari, l'avrebbero resa un'altra ragazza, una ragazza più bella.
Ma alla fine comunque non si era fatta tinte, i suoi capelli in fondo le piacevano così com'erano. Non era una di quelle ragazze che si perfezionavano sempre.
Lei era abbastanza semplice e ne andava anche fiera, si sentiva diversa dalle altre.
Mentre camminava, Alex trovò un foglio sulla porta del suo bar preferito. Si scorse leggermente, giusto per capire cosa ci fosse scritto. Sgranò di poco gli occhi.
'Cercasi ragazza per bancone'
Alex si sentì felice in un certo senso: cercava lavoro da un paio di mesi, e quella le sembrò una gran bella occasione da non perdere, insomma era anche il suo bar preferito! Conosceva il posto, il proprietario, e aveva visto più volte cosa si facesse al bancone.
Preferì non buttarsi subito, avrebbe chiesto prima a sua madre. Sapeva che lei non era del tutto propensa, ma preferiva chiedere, magari avrebbe detto sì. L'avrebbe convinta, ne era sicura.
Tra un pensiero e l'altro, Alex tornò a casa. Voleva anche parlarne con Sonny.
Quel giorno Sonny non era andata a scuola e Alex credeva fosse per il test di matematica.. comunque non aveva certezze. Scrollò le spalle. Gliel'avrebbe chiesto nel pomeriggio magari.
 
Arrivò davanti alla sua casetta e suonò il campanello -malridotto anch'esso-.
Storse il naso nel vedere che la sua casa era diversa da quella del vicinato. La sua era più piccola, più brutta. Non aveva un giardino verde, curato, come gli altri. Non aveva niente di bello né fuori né dentro. Però si disse che aveva il calore della mamma, della loro piccola famiglia, a rendere viva quella casa, e non importava il pensiero degli altri. E poi ormai c'aveva fatto l'abitudine. Dopotutto...non erano queste le cose più importanti nella vita, anche se un po' di soldi in più ci volevano.
Eccome se ci volevano...
« Com'è andata? » disse Mila appena aprì la porta, con un sorriso fiducioso.
« Bene... credo. » rispose Alex abbracciando sua madre. Poi riprese a parlare: « Cos'hai cucinato oggi? »
« Nulla di che, tesoro. Per ora non abbiamo molto a casa... Domani devono pagarmi a lavoro, appena prendo i miei soldi faccio la spesa. »
« Okay. Senti, mamma.. » cominciò Alex « Ti devo dire una cosa.. »
« Dimmi. » disse Mila finendo di apparecchiare la tavola.
« ..Al Cafe Americano cercano una ragazza che stia dietro il bancone.. » disse, mentre lesse sul volto della madre l'espressione di chi aveva già capito tutto. « So che non sei molto d'accordo perché ho solo quindici anni, però.. » continuò lasciando la frase in sospeso.
« Non lo so, Alex.. E poi non è che tu abbia molta esperienza. Non hai mai lavorato, non hai mai servito nessuno. »
« Però sono brava in matematica, saprei gestire i soldi; saprei pulire il bancone, i bicchieri, eccetera! E poi non ho mai servito nessuno, è vero, ma c'è sempre una prima volta, altrimenti non imparerò mai. E poi cosa c'è difficile nel servire qualcuno? »
Mila ci pensò su. Non era molto propensa, è vero, ma non era neanche del tutto contraria. Era confusa, non sapeva cosa dirle, ma credeva fosse presto. E se avesse combinato qualche guaio?
..D'un tratto si disse che doveva dar più fiducia a sua figlia e assentì col capo.
« Va bene, va bene. » disse, per poi continuare: « Non che io sia del tutto d'accordo, ma se vuoi provare a lavorare, cominciare a cavartela da sola, va bene, provaci. »
Alex si illuminò. Sorrise raggiante e abbracciò la mamma, quasi con fare protettivo.
« Così non avremo più tanti problemi. » disse Alex. Ci teneva ad aiutare sua madre, quella situazione faceva male a entrambe.
« Non dire sciocchezze. Non voglio che tu spenda un solo soldo di quelli che guadagnerai per aiutare me nelle faccende economiche, okay? Piuttosto.. magari potremo andare a vedere Justin questa volta.. no? Che dici? » disse Mila, sorridendo alla figlia e accarezzandole i capelli, conoscendo già la risposta.
D'un tratto il viso di Alex cambiò. Si irrigidì, il sorriso sparì e sgranò di poco gli occhi. 
« ..A vedere Justin.. » ripetè Alex incredula.
Mila sorrise e azzardò una domanda: « Certo. Vuoi vederlo, no? » ...una domanda retorica, s'intende.
Alex alzò quasi meccanicamente lo sguardo sulla madre.
'Se voglio vederlo? Se voglio vederlo?!' si chiese seriamente Alex.
Poi vide lo sguardo della madre, e capì che sapeva già la risposta, ma parlò comunque, dando voce ai suoi pensieri: « Mamma, ma ce la fai? Certo che voglio! » disse sentendo il cuore battere velocemente.
Quando si trattava di Justin tutto dentro di lei cambiava.
Se in un qualsiasi momento si parlava di una qualsiasi cosa e poi si passava subito all'argomento Justin Bieber, Alex cambiava completamente, come in quel momento.
Lei non se ne accorse, ma si era irrigidita, e il suo cuore aveva perso un battito -oh, di questo se n'era accorta eccome-.
Quel ragazzo aveva un gran bel potere su Alex, la rendeva impotente, era ingrado di sopraffarla con un solo sguardo, e lei non sapeva assolutamente spiegarselo.
All'improvvisò immagino d'avere quei tanto bramati biglietti in mano.
I biglietti che le permettevano di essere felice, di vedere il suo idolo, il suo cuore; due pezzi di carta per gli altri, oro per lei.
Immaginò di trovarsi all'arena, ma la sua mente immaginò il Madison Square Garden. Forse perché era ciò che aveva più presente; forse perché l'aveva visto tante volte. Immaginò di trovarsi all'entrata, immaginò tante file accanto a se, di ragazzi che, come lei, attendevano l'apertura dei cancelli.
Immaginò di vedere Justin ballare su quel palco, che mette il cuore in ogni singolo gesto e in ogni singola parola.
'Dio, quando balla...' pensò Alex ammaliata.
In pochi secondi si ritrovò sommersa da un mare di sogni.
« ...Devo presentarmi subito al Cafe Americano. »
 
« No dico, ti rendi conto? » disse Alex facendo avanti e indietro con il telefono in mano.
Dall'altra parte, Sonny rise. « Sì, me ne rendo conto, ma tu dovresti darti una calmata. » rispose divertita.
Alex sospirò cercando di calmarsi. Chiuso gli occhi e si tirò il ciuffo, che pendeva sugli occhi, indietro. 
Davvero doveva darsi una calmata? C'avrebbe anche provato ma non sapeva come fare.
« Okay, io potrei anche calmarmi, ma non posso se penso che ho finalmente un lavoro. Sai questo che significa? »
« Sì, Alex, me l'avrai detto minimo cinque volte! » Sonny era alquanto divertita nel sentire la sua migliore amica in quelle condizioni. Sapeva cosa significasse quella bella conquista. Finalmente l'avrebbe vista felice.
« E te lo dirò altre mille e più volte! Io non voglio illudermi, ma cavolo il problema erano solo i soldi. Tutti i soldi che avevamo servivano per pagare le bollette. Ora con questo lavoro io ho i miei soldi, avrò il mio stipendio. Posso realizzare anch'io il mio sogno, adesso. »
Alex aveva lo sguardo disperso nel vuoto, con la mano ancora sulla testa, e la bocca semiaperta. Ne parlava al telefono con la sua migliore amica, ma ancora non realizzava di avere un lavoro. Ciò non sarebbe senz'altro stato la causa del suo sorriso in altre circostanze, ma in quel momento lo era eccome: era il primo passo. Il suo primo passo verso Justin Bieber.
« Alex, non si tratta di illusione qui. Si tratta di un sogno e tanta tanta speranza. Si tratta di volerci credere. Non è illusione. Se hai paura di illuderti non sognerai mai. »
Alex sorrise. Sì, Sonny aveva ragione.
Si ricordò perché Sonny fosse la sua migliore amica: sapeva sempre cosa dire.
La faceva sorridere, la aiutava, la sosteneva, c'era sempre, la faceva ridere, erano sorelle.
Non che ci fosse bisogno di ricordare il motivo della loro grande amicizia, ma ecco, in occasioni come quelle, Alex se ne rendeva sempre più conto e sorrideva.
« Grazie, Sonny. Davvero, ti ringrazio, mi ascolti sempre, chissà che seccatura deve essere per te. » disse ridendo leggermente.
« Ma non dire eresie! Mi fa piacere sentirti felice! Te lo meriti. »
« Grazie, davvero. Ora devo chiudere.. sai, per le bollette.. » ammise in imbarazzo « ..e poi devo studiare. Ci vediamo domani a scuola, okay? »
« Okay, tranquilla. A domani, Alex. Never say never! »
Alex sfoderò un gran sorriso, uno di quelli che sfodera soltanto quando vede il suo idolo.
« Never say never.. A domani! » click.
Alex lanciò il telefono sul suo letto morbido. Stette in piedi per pochi secondi, poi si girò verso i poster del suo idolo, guardandolo, e sentendo le farfalle divorarle lo stomaco.
Nella sua testa c'era il caos. Quello vero.
'Questo è il mio momento. Lo so, me lo sento. Questa volta riesco a vederti' pensava. 'Questo lavoro mi sarà d'aiuto. Avrò i miei soldi, il mio stipendio. E stavolta non sarai irraggiungibile. Ho la costante paura di illudermi, ma Sonny ha ragione, se parto con la paura di illudermi non realizzerò i miei sogni, perché non sarò in grado di sognare e crederci. Questa volta voglio crederci, voglio farcela. E ce la farò, amore mio. Lo prometto.'
Il suo sguardo era ancora lì, su quel viso che ormai conosceva a memoria.
Lo guardava attentamente come se fosse la prima volta che lo vedeva. Gli occhi partirono dai capelli e arrivarono al collo. Lì finiva il poster.
Lo sguardò passò sui lineamenti delicati del cantante. Le sopracciglia, gli occhi color.. color.. color Justin Bieber. 
Non c'era nessun colore che potesse essere adatto al colore degli occhi del suo cantante preferito. Quello era un colore particolare, unico, e ce l'aveva solo Justin.
Le guance di Alex si colorarono leggermente di rosso. Si passò le mani sulle guance e constatò che erano bollenti: l'incredibile effetto che Justin aveva su di lei.
Più volte si era detta 'no, è una coincidenza. magari è perché ho caldo; magari è perché non sto bene.' ma da un po' di tempo a quella parte Alex si era resa conto che effettivamente il calore che si concentrava sul suo viso era dovuto al pensiero di quel ragazzo.
Com'è che faceva quella canzone...? Oh sì. 
'I'm in love with the thought of you'.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** ...Never say never, right? ***


Proprio come tutte le mattine, Alex si svegliò, si alzò per prepararsi e andò a scuola.
Dopo aver fatto colazione con una tazza -un po' malridotta- di latte, salutò la madre, si mise lo zaino in spalla, e uscì di casa.
Il tragitto da casa a scuola non era molto lungo, ma certe volte poteva essere pesante farlo considerato il fatto che lo percorreva ogni giorno. Altre volte, invece, sembrava più corto, sembrava portasse subito a destinazione.
Quel giorno era così, forse a causa dei pensieri che svolazzavano per la testa di Alex.
Stava pensando a tante cose...quella mattina aveva un'interrogazione di chim- fis- bio- ...in quel momento non se lo ricordava, perché un pensiero ben più importante s'impossessò della sua mente: quel giorno avrebbe cominciato a lavorare al Cafe Americano.
Era particolarmente ansiosa, era il suo primo lavoro. Sapeva di conoscere bene quel bar, sapeva di saperci fare con i clienti, passava lì pomeriggi interi certe volte. Ma questo non la tranquillizzava poi così tanto, dopotutto questa volta c'era lei dietro il bancone, era lei a dover servire, a dover fare attenzione ai soldi e tutto. Non era lei quella che arrivava, ordinava e si sedeva, per poi andarsene soddisfatta. 
Questa volta lei doveva pulire i tavoli, pulire a terra, pulire il bancone. Questa volta era ben diverso, e ciò la agitava.
Però continuava a dirsi che sarebbe andato tutto bene. E se così non fosse stato, non avrebbe avuto molta importanza, no? Dopotutto era il primo giorno, era normale in un certo senso. Ma comunque Alex avrebbe volentieri evitato. Sperò con tutta se stessa che sarebbe andata bene.
Pensò al Cafe Americano per tutto il tragitto. Arrivata a scuola ne avrebbe sicuramente parlato con Sonny. Magari lei era in grado di calmarla.. dopotutto era la sua migliore amica, sapeva come prenderla, come calmarla, come essere d'aiuto. Sonny era semplicemente perfetta. Alex era così contenta di avere una persona come lei al suo fianco. Non era piena di amici.. non era accettata da molte persone. 
No, non era proprio accettata e basta, e non aveva mezzo amico, mettendo da parte Sonny che era l'eccezione.
Alex pensava che la frase 'pochi amici, ma buoni' fosse vera, e lei la cambiava in 'una sola amica, ma buona'. Le dispiaceva non avere altri amici, ma di certo non ripudiava l'idea di avere appunto una sola amica ma buona. 
Arrivò davanti al cortile della scuola dove trovò, come quasi tutte le mattine, dei ragazzi che scherzavano tra di loro, altri con dei libri aperti, delle coppiette che si scambiavano effusioni, e altri che la squadravano.
Per Alex era buffo sentirsi osservata, per vari motivi. Primo: perché nessuno l'aveva mai guardata veramente, nessuno le aveva mai dato così tanta importanza, anche se in negativo. Secondo: perché per lei era da stupidi lanciare occhiate a chi sosteneva una certa idea o persona. Ovvero, lei pensava che se la gente ci tenesse a risultare superiore, anziché lanciare occhiate, poteva benissimo farsi i fatti suoi, perché alla fine i coerenti non erano di certo quelli che odiavano una cosa ma ci sprecavano il tempo dietro. I coerenti erano coloro che se non sostenevano una idea o una persona, continuavano a non sostenerla senza perderci il tempo. Justin Bieber non piaceva alla gente? Va bene, non tutti sono uguali al mondo -e per molti versi è meglio così-, ma Alex trovava piuttosto inutile che la gente continuasse a parlare di lui e di lei. Era solita dire 'Qualcosa non ti piace? Va bene, ma non starci dietro per dietro. Io non perdo il tempo con le cose che non mi piacciono' e sapeva che erano cose giuste, generalmente parlando.
Continuava a sentirsi fissata, e le era anche sembrato di sentire qualche risata e qualche insulto alle sue spalle, ma non diede importanza a niente e a nessuno, se non ai suoi pensieri e alle persone di cui essi parlavano: Sonny e Justin, come sempre.
Con gli occhi cercava Sonny, ma non le ci volle molto per trovarla: era davanti all'entrata con un libro in mano. 
Alex sorrise, sentendosi un po' più sicura. Le capitava di sentirsi sicura ogni qual volta vedeva la sua migliore amica, non si sentiva più poi così persa.
« Sonny! » la chiamò Alex a gran voce.
Sonny alzò la testa dal libro e cercò con lo sguardo Alex. Perché riconosceva benissimo la voce della sua migliore amica. La vide, infatti, che si avvicinava.
« Hey Belieber, ce l'hai fatta. Tra un po' suona la campanella. Hai studiato? » 
« Certo. Tu? » chiese Alex sorridendo per quel 'Belieber' e sapendo perfettamente che Sonny stava studiando in quel momento. 
« Sì, sto ripetendo. Credi davvero che io voglia prendermi un altro brutto voto? Insomma, è vero, non mi piace studiare, ma sto cercando di mettere la testa a posto e... Sì, sto studiando adesso. » confessò Sonny ridacchiando.
Alex si mise a ridere. Lo sapeva, la conosceva troppo bene.
« Come devo fare con te? Sei più grande di me, che esempio mi dai? » scherzò Alex.
« Perdonami, piccola Bieber, ma nessuno ti ha mai detto di seguire le mie orme » sorrise l'altra.
'Piccola Bieber' ripetè nella sua mente. Le faceva tenerezza quel nome, in un certo senso.
« Sì, ma io potrei anche copiarti, tu potresti anche essere un modello da seguire per me! » 
« ...Nah, non lo faresti mai, non con lo studio. » disse Sonny, del tutto convinta di ciò che diceva.
Effettivamente Alex non l'avrebbe mai seguita in questo. Ci teneva alla sua media e poi non avrebbe mai dato questo dispiacere a sua madre.
« Comunque. Devo dirti una cosa importante, ed è assai se non sono riuscita a dirtela appena sei arrivata e mi sono persa in chiacchiere. » disse Sonny, con un sorrisetto in viso.
Alex aggrottò di poco le sopracciglia, adesso curiosa. « Cosa? » chiese.
« Alex...non dovrei dirtelo così e adesso, ma tralasciando il fatto che muoio dalla voglia di dirtelo, mi sentirei abbastanza in colpa se aspettassi e te lo dicessi tipo a fine giornata. » disse facendo ballare di poco le gambe, come se non ce la facesse più a trattenere quel 'segreto', se così poteva chiamarsi, dato che non sapeva se era un segreto o meno.
« Ma cosa? Mi fai preoccupare. » disse Alex, cominciando a sentire il suo cuore andar veloce. « Riguarda te, me? Chi riguarda? E' una cosa bella o brutta? »
Sonny ridacchiò un poco, divertita dalla reazione della sua migliore amica. Da una parte voleva creare un po' di suspence, ma da un'altra parte le dispiaceva metterla in quella situazione e moriva dalla voglia di dirglielo. « Riguarda te, in un certo senso. Te e un'altra persona. Ed è una cosa bella. Direi abbastanza bella. » disse con un sorrisetto, senza interrompere il contatto visivo. 
« Oddio, mi vuoi dire di che si tratta? » disse Alex, assumendo l'aria di una che non sapeva cosa significasse restar calmi. Aveva una strana sensazione, legata a Justin. Mica si trattava di lui?
« E' su ...Justin? » azzardò così Alex. 
Vide Sonny far sì con la testa e si sentì mancare. Non voleva illudersi, ma una parte di lei, non seppe bene quale, forse tutta se stessa, forse qualcosa che avesse a che fare col cuore, sperò che si trattasse di qualche incontro, concerto o roba simile.
« Sì » disse infine Sonny, non limitandosi solo a un cenno con la testa « Su Facebook ho letto che sta lavorando qui a Los Angeles per il nuovo Tour. »
Alex sentì di poter ufficializzare la notizia: il suo cuore aveva ceduto.
Si sentì impazzire « Oddio, dove l'hai letto? Chi l'ha detto? Dov'è lui? E' già qui, da quanto? Ma che sta facendo? Ma dove? Oddio, Sonny, cazzo parla. » esplose Alex. Era una tipa che di parolacce non ne diceva, o comunque ne diceva veramente poche e quando ce n'era bisogno. 
Sonny la vide mettersi le mani in fronte, con il petto che faceva su e giù furiosamente e la fermò subito « Hey Alex, calmati, calmati. So poco e niente, so che sta lavorando per il nuovo Tour e che delle fan l'hanno già incontrato ieri. » disse come se non fosse niente. 
'Calmati'. Certo, per lei non era niente, per Alex era il mondo: Justin che lavorava nella sua città, chissà dove, magari vicino, magari lontano, ma Dio, era la sua città! Lui era lì, lei era lì, erano nella stessa città e ciò fece tremare le farfalle nello stomaco di Alex.
Le era già capitato di avere Justin nella sua Los Angeles, ma erano altre situazioni, erano concerti, e lei sapeva di non poterci andare, non aveva il biglietto, era una poveraccia e non lo voleva accettare, ma poco ci poteva fare. Qui le cose sembravano diverse, adesso. Lui stava lavorando, non era un concerto o roba simile. Ne era sicura perché Sonny non riusciva a dare informazioni degne di questo nome, ma comunque si era espressa bene: Justin stava lavorando per il nuovo Tour. Ciò stava a significare.. prove? Qualche prova di ballo, canto? Lei di suo non lo sapeva, ma lo avrebbe scoperto. 
Era un po' difficile per lei, considerato che non aveva più il computer da molto tempo, ma dopotutto c'era Sonny, no? Ora doveva solo scoprire come fare per raggiungerlo, doveva scoprire dove si trovava, quanto ci voleva, quando era possibile vederlo. Era la sua occasione? L'avrebbe saputo quel giorno stesso magari. Però aveva stranamente una bella sensazione. 
« Tu. Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Mi stai dicendo che il mio idolo, e mi limito solo al 'mio idolo' perché altrimenti non la smetterei di parlare, è nella mia città già da ieri e io non lo sapevo! Non solo, mi stai dicendo che ci resterà, vero? Perché se sta lavorando, non è una cosa che dura poco, rimarrà ancora per dei giorni se non settimane, no? No, Sonny, renditene conto, davvero. Cazzo, io muoio. Lui è qui, Dio Santo! E' qui! Io devo vederlo! Devo vederlo, capito? » disse sull'orlo delle lacrime. Non le importava se stava urlando o parlando a bassa voce, se gli altri l'avrebbero sentita, e vista con le lacrime in viso, non le importava un bel niente, voleva solo scappare da lì, in quel preciso momento e andare a vedere, pur senza alcuna informazione, dove diamine si trovasse il suo idolo. Ma qualcosa, non sapeva bene cosa, se non andava errata si chiamava 'coscenza' -o comunque qualcosa di simile-, le stava dicendo che doveva entrare a scuola, poi andare a lavorare e poi studiare.
Lei voleva vedere Justin, voleva sapere cosa fare, dove andare, cosa cercare, ma si rese conto solo in quel momento che era completamente bloccata da scuola e lavoro.
Sonny rise un po' perché era divertita nel vedere Alex così per la prima volta, che lotta per vedere Justin anziché piangersi addoso, e un po' perché sapeva che avrebbe reagito così.
Capiva il suo comportamento, era del tutto normale, lecito, ma comunque cercava di calmarla, anche se invano.
« Ascolta, Alex, stai calma. Lo vedrai. Io sento che lo vedrai, va bene? E sai che non te l'ho mai detto, sai che te lo dicevo parlando in generale, ti dicevo che un giorno lo avresti incontrato, ma ora è diverso, ti sto dicendo che tu lo incontrerai in questi giorni, io lo sento. Okay? E so che stai morendo, lo so benissimo, forse lo so meglio di te, ma tu cerca di calmarti. Vedi tu come distrarti, pensa che hai l'interrogazione oggi, pensa che devi cominciare a lavorare, ma non pensarci. Vedrò io dal computer di casa mia, cercherò informazioni e ti farò sapere tutto, stai tranquilla. Lo vedrai, te lo prometto. » le disse tenendola per le spalle e guardandola negli occhi, con l'ennesimo -e forse ancora vano- tentativo di calmarla.
Alex sospirò, ma quel sospiro uscì tremando, Alex tremava e cercava di darsi una regolata, ma le riusciva piuttosto difficile anche solo pensare di poterci provare.
Justin, il suo tutto, nella sua stessa città.
Non era un concerto. Stava semplicemente lavorando per il Tour che sarebbe dovuto cominciare in meno di due mesi circa.
E lei poteva vederlo. Sonny aveva detto esplicitamente che alcune fans lo avevano incontrato il giorno precedente. Quindi c'era un'opportunità anche per lei, giusto? Non doveva mica pagare. Forse, ma proprio forse, avrebbe dovuto spendere qualche dollaro per la benzina, ammesso che si sarebbe mossa con la macchina. 
Stava per svenire, se lo sentiva. 
Si mise le mani tra i capelli e continuò a respirare lentamente. 
Sonny le accarezzava il braccio sinistro, e Alex chiudeva gli occhi cercando di rilassarsi. Il fastidioso suono della campanella echeggiava nei corridoi, arrivando al cortile. Tutti lo sentirono, e infatti tutti cominciarono a entrare.
Tutti, tranne Alex ..che pensava ancora ad assimilare la notizia.
 
Prima di uscire da casa, Mila si premurò di mettere a posto la cucina, chiudere le finestre e spegnere le luci.
Si chiuse la porta alle spalle e venne colpita dai raggi del sole. Alzò il naso al cielo, notando con grande piacere che quella era davvero una bella giornata.
Si rese conto che stava facendo tardi e si affrettò a raggiungere il luogo di lavoro.
Si mise in quel catorcio che, dopo anni, aveva ancora il coraggio di chiamare 'macchina', e dopo vari tentativi riuscì a metterla in moto. Quella macchina era un regalo da parte dei suoi quando aveva preso la patente da giovane. Possibile che campasse così tanto un automobile?
Non trovò traffico come la maggior parte delle volte. All'inizio le sembrava strano trovare spesso il traffico alle otto di mattina, ma si rese subito conto del fatto che quella era Los Angeles, mica un paesino sperduto. E poi quell'orario segnava l'inizio della giornata, quindi andavano tutti a lavorare, era normale che ci fosse traffico. 
Ma per sua fortuna, Mila trovò la strada 'libera' e non faticò ad arrivare al lavoro. Meno male, perché era già in ritardo, se ci si fosse messo pure il traffico in mezzo sarebbe stato un guaio.
Quando arrivò al supermercato parcheggiò il catorcio e affrettò il passo. Salutò i colleghi e si mise al suo posto.
Mila non aveva amiche, ma aveva comunque un buon rapporto con le sue colleghe. Parlavano ogni giorno di tante cose, novità all'interno -e all'esterno- del supermercato: vite private, segreti tra colleghi. 
Mila si trovava abbastanza bene, inoltre le sue colleghe l'avevano aiutata con le maglie per la sua Alex: il favore che dovevano ricambiare.
Mila parlava dei problemi economici, di quanto fosse difficile rendere felice sua figlia e di cosa avrebbe tanto voluto fare, e tante altre cose.
« Oggi Alex comincia a lavorare. » cominciò Mila.
« Ma dai, davvero? E dove? » chiese Christine, alla cassa davanti.
« Al Cafe Americano, vicino casa nostra. » rispose Mila sorridendo.
« Ma come mai vuole lavorare a quest'età? Si rovinerà l'adolescenza! » rispose Hettie, dalla cassa di dietro, cominciando a passare i primi prodotti sul lettore di codice a barre.
« L'ho pensato anch'io, non voglio che cominci a lavorare a quest'età, rischia di perdersi un sacco di cose, anche se effettivamente se le perde già.. » ammise arrossendo leggermente dalla vergogna « Ma comunque dice di voler cominciare a guadagnare qualcosa da sola per vari motivi.. » 
« Ovvero? » chiese Hettie.
« Ovvero.. ovvero vuole andare a vedere Justin Bieber quando tornerà con qualche concerto. Esce davvero pazza per quel ragazzino.. » disse scuotendo leggermente la testa e sorridendo.
« Mi fa una tenerezza immensa tua figlia, Mila. » disse Christine « E' davvero determinata e si vede che ci tiene. Ma Mila, io ieri stavo girando su Internet alla ricerca di qualche nuova ricetta e ho letto tra le novità nella home di Internet, che questo ragazzo in questo momento è qui a Los Angeles. Quando ho visto la sua foto ho pensato subito ad Alex e ho voluto aprire. Quando ho letto la notizia ho pensato che sarebbe stata sicuramente contenta. »
Mila perse un battito. Aveva sentito bene? Justin Bieber, l'idolo di sua figlia, era nella loro città in quel momento? « Come, scusa? » chiese. Era sicura di aver sentito bene, ma voleva la conferma di averci effettivamente sentito bene.
« Sì, ho letto che è qui per lavoro e ha già incontrato delle fan. Ho dato per scontato che lo sapeste a casa, considerato che Alex ne va pazza. » disse voltandosi dietro, verso Mila, con un'aria da 'mi sembrava una cosa ovvia', proprio come aveva appena detto. « Ma quindi non lo sapevi? » chiese stranita.
« No che non lo sapevo! Alex non mi ha detto niente, ma credo che non lo sapesse neanche lei, altrimenti me ne avrebbe parlato. » disse rendendosi conto che, effettivamente, Alex non aveva motivo per cui non parlarne.
« Non è che non te ne ha parlato perché sapeva di non poterci andare? » chiese Hettie da dietro.
« Non credo, Alex mi informa sempre su tutto, anche quando sa che non possiamo permetterci di spendere soldi. Sicuramente non lo sapeva.. »
« Beh comunque non dovete spendere soldi. Ho letto che è qui per lavoro, sta lavorando al nuovo Tour, non è un concerto. Ha incontrato le fan fuori dallo Studio. »
« Quindi.. quindi c'è la possibilità che Alex questa volta possa vederlo! » disse Mila contenta. « Sai dov'è? » chiese.
« No, Mila, mi spiace.. Ma non penso farai molta fatica, basta andare su Internet e vedere. »
« Certo.. peccato che io non abbia neanche il computer. » disse con una punta di imbarazzo che la pungeva.
« Oh.. beh tua figlia non ha amiche che possono controllare per lei? »
« Sì, ha un'amica.. Comunque non importa, grazie, ce la faremo a vedere e a organizzarci! Grazie mille per l'informazione, sul serio, non so se Alex lo sa. Sarà felicissima, è la sua occasione! » disse con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Quella notizia le cambiò davvero la giornata. 
Era strano. Era una donna, abbastanza matura, aveva tanti pensieri per la testa, tanti problemi. Una donna non pensava a certe cose, all'idolo di sua figlia -neanche il suo!-. Non passava il tempo a pensare a certe notizie.
C'erano cose ben più importanti... 
...Vero?
C'era davvero qualcosa che valesse più della felicità di sua figlia?
Di una cosa era certa Mila: poteva avere tante preoccupazioni, tanti pensieri, ma nulla sarebbe mai stato più importante della felicità di Alex. E se c'era, doveva ancora scoprirne il nome. Ma lei ne era sicura: non c'era.
Pensò a tutta la mattina a come dare la notizia ad Alex; se lo sapeva, se non lo sapeva; come avrebbe reagito; sarebbe svenuta? Avrebbe pianto? 
..Che domande, certo che sì. E sarebbe stata la ragazza più felice del mondo.
Perché mancavano davvero poche informazioni, e magari avrebbe finalmente realizzato il sogno della sua bambina. L'avrebbe realizzato alla grande. 
Non solo Alex avrebbe visto il suo idolo, l'avrebbe anche guardato negli occhi, gli avrebbe sorriso, l'avrebbe abbracciato, che era la cosa più importante. Magari gli avrebbe parlato. Si sarebbero fatti una foto.
Mila non voleva illudersi, ma non poteva far altro che pensarci. Era una così bella notizia, e se davvero non si pagava niente, avrebbe buttato giù l'intero universo pur di portarcela. 
E l'avrebbe fatto, se lo sentiva. Alex l'avrebbe visto, l'avrebbe abbracciato.
 
La campanella suonò.
Quella era l'ultima ora: matematica.
Alex era stata interrogata, e quella fu l'interrogazione più lunga della sua vita, almeno per lei. Non seppe come, ma riuscì ad andar bene, nonostante avesse la testa altrove. Lei era lì, davanti alla professoressa, ma la testa era ancora nel cortile.
Quella interrogazione sembrava non volesse mai finire, lei continuava a guardare l'orologio con la coda dell'occhio, e vedeva sempre lo stesso orario che le faceva venire un'ansia assurda. 
Invece finì, fortunatamente, e si rese conto che effettivamente non era durata molto, anche se aveva provato tutt'altro.
Sonny, invece, non era stata interrogata. Aveva pregato tutti i santi -esistenti e non- e alla fine era rimasta al posto suo, tirando più sospiri di sollievo.
In quel momento erano entrati tutti in un'altra aula per la lezione di matematica. 
Il professore ancora non era entrato e tutti non poterono far altro che sperare che fosse assente o che perlomeno arrivasse davvero tardi.
Ma le loro speranze morirono in un niente quando il professore entrò in classe.
Alex tirò un sospiro da 'porcocaneoramandotuttoafanculoescappoincambogia', e Sonny fece altrettanto. Si guardarono negli occhi e si capirono.
Quel giorno avrebbero avuto i risultati del test, forse. Insomma, di norma dovevano avere il compito e controllare voti e errori (oppure 'orrori', come diceva il loro professore), ma comunque questo era abbastanza particolare, sbadato. Da una parte era un bene, dall'altra no.
« Buongiorno » disse il professore
Dopo alcuni secondi arrivò un fogliettino sul banco di Alex: 'Buongiorno?! Sono le 2 del pome -.-'
Alex sorrise: quel biglietto era chiaramente di Sonny. Si girò e si sorrisero divertite.
'Lascia perdere, è un caso patologico, non è una novità' rispose Alex. Sonny lo prese e rise lievemente.
'Che devi fare oggi?'
'Comincio a lavorare al Cafe Americano. ANSIA :('
'Ah già, è vero. Andrà tutto bene, tranqui <3'
Alex sorrise e scrisse la sua risposta 'Lo spero. Tu esci?'
'Non credo, devo badare a mio fratello -.- Mia mamma deve uscire con delle amiche... Ti sembra giusto?!'
'Ahhh, il bello di essere figlia unica... :P'
'Ti odio <3'
'Anch'io <3'
Sonny sorrise e piegò il biglietto, mettendoselo nell'agenda, quando vide il professore che cominciava a passare tra i banchi. Stava consegnando i compiti e lei non era presente il giorno del test.
Si sentì qualche 'Oh mio Dio', e si sentì anche qualcuno sbuffare.. segno che c'era chi aveva avuto un voto senz'altro ottimo, e chi aveva avuto un voto indubbiamente penoso.
Il professore si fermò al banco di Alex, congratulandosi « Ottimo, Alex » e sorrise. Era fiero di quella sua alunna, era sempre andata bene nella sua materia. Forse era l'unica che seguiva veramente ogni sua lezione, avendo problemi su problemi. La ammirava.
Alex guardò quella A+ in rosso, e cerchiata, sul suo test. Era un voto meritato, era tutto suo, era contentissima.
Alzò lo sguardo verso il professore e disse semplicemente « Grazie, professore » al che questo sorrise e continuò a passare tra i banchi.
Sonny riuscì a passare un altro fogliettino ad Alex senza farsi vedere dall'insegnante.
'Quanto hai preso, secchia?'
'Ho preso A+, ciuccia ;)'
'Fai schifo!'
Alex rise e si ricompose. Quella giornata stava andando veramente bene. La notizia di Justin, quel bel voto in matematica. Sperava solo che il suo primo giorno di lavoro andasse bene, e in fondo se lo sentiva. 
Sì, dai, sarebbe andato bene. Le cose stavano andando per il verso giusto.
Il professore, terminata la consegna dei compiti agli alunni, interrogò Sonny per via della sua assenza nel giorno del compito. Sonny soffiò un "Oh merda", e ciò fece ridacchiare Alex. Sonny non cambiava mai.
Sorrise e aspettò che la giornata finisse.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Is it true? ***


Alex si affrettò a raggiungere il bar, nonostante non ci fosse fretta, anzi. Era in anticipo.
Era arrivata subito, le era sembrato che il bar si trovasse all'angolo del suo liceo, quando invece era distante poco più di 20 isolati.
All'ingresso c'era un campanello che avvisava l'arrivo di qualche cliente, in quel caso però non era un cliente che aveva appena fatto capolino nel bar. Era Alex che, nervosa, si torturava le mani e arrossiva un po'.
« Alex! » la chiamò Ruth, la moglie del proprietario, che lavorava al bancone.
« Hey Ruth.. » rispose con un leggero imbarazzo Alex.
Non aveva alcun motivo per sentirsi in imbarazzo, e questo lo sapeva, perché conosceva quelle persone, le conosceva bene. Frequentava quel posto, ormai aveva confidenza con tutti. Però in quel momento si sentiva quasi un'estranea. Non doveva ordinare niente, doveva mettersi a lavoro. Le faceva strano.
Era tutto strano, stava prendendo in mano la sua vita, stava cominciando a costruirsi un futuro, si può dire, stava cominciando a lavorare, a prendersi le sue responsabilità, a crescere. Per lei significava tanto, e aveva vari motivi per ritenere importante una simile cose. Alex era grande, sapeva di non dover prendere alla leggera certe cose, erano veri e propri impegni, non era più una bambina, non si doveva giocare. Si doveva crescere, e lei era pronta.
« Hey, non sarai mica nervosa? » sorrise Ruth. Quant'era tenera quella ragazzina?
« Ehm.. un po' » sorrise nervosamente Alex. 
« Ma dai, sta' tranquilla, andrà tutto bene. Noi ci fidiamo di te. »
Alex sorrise e si disse che sì, sarebbe andata bene. Se l'era ripetuto mille volte, ormai era di casa lì, e anche se avesse sbagliato qualcosa non l'avrebbero mica cacciata.
...Vero?
Scosse mentalmente la testa e mandò al diavolo l'ansia, sarebbe andato tutto bene.
« Ehm.. quando comincio? » chiese Alex. 
« Beh, adesso » rispose Ruth sorridendo. « Tieni il grembiule » 
Alex prese il grembiule che Ruth recuperò da dietro il bancone. Lo allacciò dietro la schiena e si mise le mani sui fianchi. 
« Cominciamo? » disse Ruth.
« Cominciamo! » rispose Alex con un sorriso a tretandue denti stampato sul viso.
 
'Andrà tutto bene, lo so' pensò Alex. 
Si bloccò qualche secondo e..
'Chissà cosa sta facendo Justin, in questo momento..' si chiese, dicendosi poi che non erano così distanti, lui era lì vicino a lei, e presto avrebbe visto coi suoi stessi occhi i movimenti di Justin, avrebbe sentito con le sue orecchie tutto ciò che Justin avrebbe detto.
Sorrise a quei pensieri e si rimboccò le maniche.
 
« Justin, non forzare troppo la voce » gli disse Mama Jan.
« Ma dai, sta' tranquilla » rispose Justin, accennando qualche passo di danza, con la palla da basket tra le mani.
« No Justin, io lo dico per te, non devi fare così, te l'ho detto mille volte. Tra poco comincia il tour, che vuoi fare? Vuoi stupire i tuoi fan o vuoi deluderli? »
« Voglio stupirli. » rispose lui.
« Allora non forzare troppo la voce. Hai diciotto anni, e ormai è un po' che ti trovi in questo mondo, sai cosa devi fare, non ti distrarre e non pensare troppo al gioco. Va bene che tu ti diverta, ma devi considerare anche i lati negativi, e pensare alle conseguenze. Non urlare, non fare versi strani e sta' attento »
« Va bene, sei tu il capo » disse Justin, dandole una pacca sulla spalla.
« Non sei più un ragazzino » gli ricordò Mama Jan, sorridendogli.
« Lo so » rispose lui, ricambiando il sorriso.
« Devi impegnarti e fare il serio quando c'è bisogno »
« Lo so » replicò lui.
« Devi stare attento a come usi la tua voce »
« Lo so » rispose, dandole tanti piccoli baci sulla guancia.
« ..E devi smetterla di prendermi in giro, io sono seria »
« Lo so » continuò lui.
Lei rise lievemente e gli diede uno schiaffetto in testa.
Justin rise e si allontanò, riprendendo in mano la palla, e continuò a giocare a basket.
Mama Jan aveva ragione, lo sapeva. Presto sarebbe cominciato il suo tour, e questo richiedeva molto impegno da parte sua. Era un tour diverso dal precedente, sapeva anche questo. Tutto era più grande, diverso, anche le tappe erano di più. C'erano più città da vedere, stadi da riempire, hotel dove alloggiare, ma soprattutto fan da stupire.
C'erano più effetti ai concerti, c'erano più luci, più canzoni, più coreografie.
Era tutto diverso, e tutto sarebbe cambiato. Ogni cosa sarebbe diventata sempre più grande, lui era solo all'inizio. Da una parte Justin aveva paura di ciò che stava vivendo, aveva avuto un successo enorme in tutto il mondo a soli sedici anni. Ma dall'altra parte si sentiva pronto ad affrontare ogni cosa, si sentiva carico e voleva provare tutto. E in quel 'tutto' era compresa anche la vita di un normale diciottenne, in fondo. Perché sì, cantare era il suo sogno, voleva riempire gli stadi, voleva far sognare milioni di persone, voleva cantare, ballare, voleva fare musica, ma voleva anche avere i suoi amici, la sua privacy, voleva divertirsi e stare senza pensieri anche solo per un giorno. E per dirla tutta, voleva anche una ragazza.
Ma aveva voluto il successo, e aveva dovuto rinunciare a molte cose, ne era consapevole e lo accettava, non se ne pentiva. 
« Justin » lo chiamò Ryan, il suo 'Swagger Coach' « Hey, campione » 
« Hey, amico » lo salutò Justin con una pacca sulla spalla.
« Prima ti ho sentito urlare, che stavi facendo? Ti sei visto allo specchio? » disse sorridendo divertito, mentre si grattava il collo senza motivo.
« Nulla, stavo giocando » disse ridendo « Mama Jan mi ha bloccato subito, dice che non devo forzare la voce » spiegò palleggiando un po', passando poi la palla all'altro.
Lui la prese al volo e parlò « Beh, ha ragione, lo sai. Va bene che tu ti diverta, ma non esagerare »
« Cos'è, uno scherzo? Tu che mi dici che devo divertirmi ma non devo esgarare? Andiamo, ma se sei un pazzo. Oserei dire che lo sei più di me! » commentò ridendo.
Ryan gli passò la palla ridendo. Justin aveva ragione. « E' vero, ma io non devo cantare per mezzo mondo, Justin. Io voglio che tu ti diverta, sul serio, mi conosci benissimo, non c'è neanche bisogno che te lo dica.. » disse « E' solo che lo dico per te, Mama Jan ha ragione. »
« Ma io so che ha ragione, è per questo che non sto urlando adesso. Però mi piacerebbe divertirmi davvero. Anche se con te mi diverto sempre e comunque » disse sorridendo. Gli voleva tanto bene, era il fratello maggiore che non aveva mai avuto. Ogni volta che Justin stava male, lui era lì che lo faceva ridere. 
Era un pazzo, e lo adorava, era ufficiale già da un pezzo.
« Anch'io mi diverto con te, campione, sei un fratellino per me. E ora fammi vedere se te la cavi ancora col basket » lo sfidò ridendo.
« Sono un campione, idiota » disse prendendo la palla e cominciando a palleggiare.
« 'Sono un campione, idiota' » lo scimmiottò Ryan « Dimostramelo, Bieber » disse ridendo. 
Justin cominciò a scartarlo continuando a palleggiare, Ryan gli si parava davanti e non voleva farlo passare.
Justin rise di gusto « Sei un rompipalle » disse ridendo.
« Pensa a fare canestro, tu. » rispose l'altro tra le risa.
« Oh vedrai » disse Justin. Prese tutta la forza e cominciò a giocare veramente, come solo lui sapeva fare. Fece due-tre mosse per confonderlo e lo superò, lanciando subito la palla al tabellone. Canestro.
« Ah! » disse Justin ad alta voce, indicando un Ryan divertito « Sono nato per essere qualcuno, ricordatelo! »
« Stai zitto, non ti montare la testa » disse l'altro, scompigliandogli i capelli « Magari ho semplicemente voluto farti passare »
« Cosa?! Ma stai zitto » rispose Justin ridendo.
Pattie, appoggiata allo stipite della porta, stava assistendo a tutta la scena. Sorrise intenerita. Guardava Justin e le scoppiava il cuore di gioia, soprattutto quando lo vedeva ridere. Ryan era davvero importante per lui, e lei non l'avrebbe mai ringraziato abbastanza per tutto ciò che aveva fatto per suo figlio e per tutto ciò che, lo sapeva, avrebbe continuato a fare sempre per il suo bene.
« Allora, sei nervoso? » gli chiese Ryan all'improvviso.
Justin passò in pochi secondi dal sorriso a un'espressione seria « Per il tour, dici? »
Ryan annuì.
« Molto. Ma è normale, lo sono sempre. E' un altro tour, io credevo che una volta uscita la mia prima canzone mi avrebbero preso a pomodori in faccia » disse ridendo lievemente.
« No che non lo pensavi, lo so » disse Ryan sorridendo « Gli altri hanno sempre creduto in te, e io con loro »
Justin sorrise. « Grazie. Beh, magari non lo pensavo seriamente, ma la paura che potesse andare veramente così c'era. Comunque so che andrà tutto bene. Ci stiamo impegnando moltissimo, abbiamo fatto tante prove di tutti i generi, ho cantato, ho ballato, ma sarà sul palco che darò il meglio di me stesso »
« Lo so, ci stupisci sempre. Ottimo, campione » disse dandogli una pacca sulla spalla « Oh, immagina se mi fossi messo a cantare anch'io. Sai come ti avrei stracciato nelle classifiche e tutto il resto.. » disse mettendosi una mano sul petto, con fare teatrale.
Justin rise « Oh, ti ringrazio, sei la mia salvezza. E' stato molto carino da parte tua » disse ridendo sempre di più. 
« Non l'ho mica fatto per te, sai » disse lui « L'ho fatto perché.. oh beh, la mia voce era sprecata per tutto il mondo » 
Justin scoppiò in una fragorosa risata. « Saggia decisione, allora »
« Lo so, non c'è bisogno che tu me lo dica. Se fossi diventato un cantante, e avessi fatto il tuo nome per una qualsiasi cosa, in giro avrebbero detto 'Justin chi?' » disse ridendo. Ricevette un pugno sul braccio da Justin che lo guardava divertito « Ripeto, ti ringrazio. Mi hai inconsapevolmente salvato il culo » cercò di mantenere una posizione seria per qualche secondo, ma alla fine una fragorosa risata lo tradì: « Dio, ma ti ricordi quando ci siamo messi a cantare Omaha Mall? » gli ricordò Justin.
L'altro, contagiato dalla limpida risata di Justin, rise di conseguenza, inoltre il ricordo di lui che cantava Omaha Mall con Justin gli balenò in testa « Eccome se me lo ricordo, è stato bellissimo » rispose.
Sì, quello era uno di quei piccoli ricordi che comunque hanno il loro peso. Avrebbero riso sempre per quel ricordo, si erano divertiti.
Justin ancora scosso da qualche risata, si girò verso Ryan e riprese la palla, ma la mollò subito per tapparsi le orecchie ed esalare un 'Ahh' infastidito.
« Hey, che succede? » chiese Ryan osservandolo con un po' di preoccupazione. 
« Mi fischiano le orecchie » rispose Justin. Ryan si tranquillizzò subito.
« Oh beh, magari qualcuno ti sta pensando » disse l'altro sbattendo velocemente le ciglia.
Justin lo guardò divertito « Idiota. Ho milioni di ragazze che si strappano i capelli per me, mi sembra più che probabile che qualcuno mi stia pensando » disse ridendo « Ma comunque non credo a queste cose »
« Beh, io sapevo che se ti fischiano le orecchie è perché la tua anima gemella si sta chiedendo di te » si intromise Pattie.
« Non ci credo comunque » rispose Justin.
« Come sei brutto e antipatico » gli disse Ryan, divertito « Effettivamente io ti sto pensando » gli disse scherzando.
Justin rise « Oh beh, se sei tu allora le cose cambiano »
Pattie rise « Voi due non state bene » disse girando i tacchi e andandosi a sedere.
« Sei tu che sei troppo seria » gli urlò Ryan da dietro. Pattie si girò, lo fulminò con lo sguardo, tentando di nascondere un sorriso che la tradì e andò a sedersi.
Justin si girò guardando Ryan « Non dirmi che tu credi a queste cose »
« No, io sto scherzando. Però beh.. 'mai dire mai', magari la tua 'anima gemella' ti sta pensando veramente »
Justin abbassò lo sguardo e staccò le mani dalle sue orecchie « Sì, certo.. » rispose, per niente convinto.
 
 
Alex poggiò il panno sul bancone e si sfilò il grembiule.
« Ruth, io ho finito » disse Alex 
« Va bene, Alex, puoi andare. Hai visto che è andato tutto bene? » rispose Ruth.
« Sì.. » sorrise Alex, seriamente contenta. Erano soddisfazioni.
« Dai, vai. Ci vediamo domani alla stessa ora »
Ruth uscì dal bancone e si diresse verso la porta, salutando Alex.
« A domani, Ruth. Buonanotte » rispose Alex, facendo suonare il campanello sopra la porta, segno che stava uscendo.
« Buonanotte. » rispose Ruth, sorridendo e chiudendo la porta.
Il sorriso sul viso di Alex non sparì. Sorrise per tutto il tragitto, era davvero contenta. Poi non aveva fatto altro che pensare a Justin per tutto il tempo. Pensava al fatto che lui si trovava nella sua città.
Accese l'mp3 che le aveva regalato Sonny, qualche anno prima, a Natale. Conosceva l'ordine di quelle canzoni, non si stancava mai. La prima era Up, la sua preferita.
Schiacciò il tasto 'play'.
 
"It's a big big world, it's easy to get lost in it."
 
Oh, Justin. 
Per tutta la strada del ritorno, il cuore di Alex perse circa tremila battiti: la voce del suo idolo, il pensiero di lui, il sogno di trovarsi tra le sue braccia.. era davvero troppo per il suo povero cuore.
Immaginava di trovarsi davanti al suo idolo. Eccolo, bello come Dio solo sa cosa, con un sorriso sincero che vale più di miliardi di dollari, il sorriso per il quale Alex moriva ogni volta.
Il sorriso che le stravolgeva tutto, che le cambiava l'umore, che le dava forza, speranza, vita. Il sorriso più bello che avesse mai visto.
A volte, però, le era capitato di vedere un sorriso falso, che non le piaceva, e che le causava dolore. Vedeva Justin lì, davanti ai fotografi, che aveva il compito di sorridere anche se magari dentro stava morendo silenziosamente e nessuno poteva saperlo. 'Justin, guarda qui; Justin sorridi; Justin, girati di qui' e lui doveva farlo, lui si girava e sorrideva, erano sorrisi falsi e ad Alex dispiaceva.
I sorrisi veri quali erano, però? Erano quelli che regalava ai suoi fan durante una canzone, o quando loro urlavano per lui. Erano quei sorrisi che nascevano spontanei sulle sue labbra quando una fan piangeva per lui e gli diceva dal profondo del suo cuore che lo amava sinceramente, e lui rispondeva con un altrettanto sincero 'Ti amo anch'io'.
Quei sorrisi erano solo per loro, per i suoi fan, e questo scaldava il cuore ad Alex.
Immaginava di avercelo davanti, sorridente, con i capelli alzati, morbidi, lisci, semplicemente perfetti. I suoi occhi che avevano una scintilla particolare, che pochi avevano, o che forse aveva solo lui.
Era sicura di una cosa, però, quel colore di quelle iridi particolari, erano unicamente di Justin. Potevano esserci persone con occhi simili ai suoi, senz'altro, c'erano sette miliardi di persone sulla Terra. Ma Justin era Justin, quegli occhi così dolci, attraverso i quali vedevi chiaramente la sua anima, le sue emozioni, li aveva solo lui. Quel colore era unicamente suo, non poteva essere paragonato a nessun altro colore, non si poteva banalizzare la cosa, non si poteva neanche minimamente provare a paragonare i suoi occhi a qualcos'altro. Era come paragonare il sacro al profano, per Alex, e lei ormai c'aveva perso le speranze, non sapeva descrivere il suo idolo, era qualcosa di indescrivibile, e il bello è che dopo quattro anni non c'aveva fatto ancora l'abitudine. Oh, Justin...
Immaginava di sentire il suo profumo. Più volte Alex si era detta di respirare profondamente nel caso avesse dovuto incontrare Justin: doveva sentire il suo profumo, di cosa sapeva, doveva memorizzarlo e non dimenticarlo mai, e farne il suo ossigeno, suo e di nessun altro. Egoismo? Forse. O forse era semplicemente amore, desiderio? Alex non vedeva la differenza tra queste tre cose.
Immaginava di sprofondare tra le sue braccia, di tenerlo stretto a sé, di dargli tutto ciò che meritava d'avere, anche se Alex non era sicura di riuscire a darglielo, perché Justin meritava qualcosa che forse nessun essere umano poteva dargli, Justin meritava davvero il mondo per tutto ciò che faceva, per come faceva sentire Alex. Justin era troppo, Justin era la sua vita, lei le era debitrice e non credeva di essere capace di trasmettergli cose che Justin le trasmetteva quotidianamente. 
Oh, però, erano davvero dei bei pensieri. Meravigliosi, anzi. Perfetti. Ma potevano mutarsi in situazioni reali? Poteva abbracciare Justin e ringraziarlo per ogni cosa? Poteva riuscirci? Voleva certezze.
"Devo chiamare Sonny e chiederle se ci sono novità."
Alex si accorse d'aver fatto molta strada quando alle sue orecchie arrivarono Stuck In The Moment e One Time. La voce di Justin, qualche tempo fa, era così tenera, e ancora si emozionava per questo. Forse si sarebbe emozionata sempre, anzi sicuramente. Sì, ne era sicura. Erano passati quattro anni e lei era ancora così legata a quella voce bianca che Justin aveva un tempo, non le dispiaceva, però, la voce che aveva Justin adesso. Una voce che un normale diciottenne ha; Justin cresceva, e ciò lo si notava soprattutto dai cambiamenti che la sua voce subiva.
Alex aprì la porta di casa, era arrivata e aveva il suo solito sorriso da 'Sto pensando a Justin'. 
« Mamma? » disse Alex ad alta voce.
« Alex! » rispose sua madre, da lontano « Tesoro, sono in cucina! »
Alex raggiunse la cucina, nell'aria si sentiva odore di minestrone.
« Come stai? » chiese Mila cominciando a sentire il suo cuore battere forte.
« Benissimo! Devo dirti tante cose, mamma, mi sta andando tutto bene finalmente! Per cominciare, ho avuto A+ in matematica! » disse sfoggiando un sorriso enorme.
« Davvero una A+? Amore, sei il mio unico orgoglio » disse Mila, abbracciandola « Sapevo che il compito sarebbe andato bene » 
Alex l'abbracciò entusiasta, sentendosi dire un "Non mi deludi mai". Sorrise a quelle parole. Mila sciolse l'abbraccio.
La guardò ansiosa, non sapendo come dirglielo.
« Amore, ti devo dire una cosa bellissima. » disse unendo le sue mani, cercando di trattenersi.
« Oddio, mamma, anch'io! Di che si tratta? » chiese lei emozionata.
Si guardarono, capendo che l'argomento era lo stesso. Sulle loro labbra nacque un sorriso enorme e sincero.
« Justin Bieber! » dissero insieme. Alex lanciò un urletto e la sua felicità incontrollata contagiò anche sua madre, che l'abbracciò contenta.
« Dio, non ci credo! » disse Alex tenendosi stretta sua madre.
« Neanche io, insomma, amore, è qui! » disse Mila, come se fosse lei la Belieber tra le due. In effetti a Mila non dispiaceva Justin. Le piaceva la sua musica, i testi erano belli, lui era un bel ragazzo anche se, purtroppo, aveva parecchi anni in meno di lei! Non era una fan, non era ai livelli di sua figlia, ma certo non le dispiaceva l'idea di vedere dal vivo quel ragazzino, magari parlarle di sua figlia.. certo, se Justin Bieber avesse avuto il tempo di ascoltarla.. quanti impegni poteva avere una celebrità? Era grande, eppure non lo sapeva. Dava solo per scontato che le celebrità erano indaffarate, figurarsi una celebrità come Justin Bieber. Certe volte Mila si sentiva un'adolescente.
« Dio, sì, non ci posso credere! Non so dove sia, questa cosa mi spaventa, devo cercare molto, non ho informazioni, potrebbe essere ovunque. Ma, oddio, è qui, voglio credere che riuscirò a incontrarlo. Io, insomma, ci credo, ce la posso fare. » disse lei sciogliendo l'abbraccio e guardando sua madre negli occhi.
« Amore, certo che puoi incontrarlo! Crollasse il mondo, ti ci porto, amore, stai tranquilla. Lo meriti così tanto. Specialmente dopo questa A+ in matematica! » disse ridendo.
Alex sentì gli occhi bruciare, stava per piangere.
« Dio, mamma, sono così contenta.. Non mi voglio illudere, davvero, però non ho neanche una cattiva sensazione, anzi, ho delle sensazioni bellissime, il cuore a mille, un sorriso che non mi abbandona mai, e tremo, tremo dalla testa ai piedi. Ce la voglio fare, lo voglio incontrare, oddio » disse passandosi una mano in fronte.
« Alex, ascoltami, ti ci porto, okay? Stai tranquilla, anch'io ho una bellissima sensazione. Stai tranquilla, calmati. » disse accarezzandole le braccia e regalandole il suo solito sorriso da 'Io sono tua mamma, ti voglio bene, farò di tutto per renderti felice'. Dio, quanto la amava sua madre?
Alex annuì, cercando di calmarsi « Oddio.. Ma tu come facevi a saperlo? » chiese sinceramente curiosa.
Mila sorrise « Oggi a lavoro le mie colleghe mi hanno avvisato, hanno detto che avevano letto su Internet che Justin era a Los Angeles, ma non sapevano dove fosse. Mi sono detta che dovevo dirtelo subito e insieme l'avremmo cercato. Mi spiace solo che non possiamo permetterci tanta benzina e questa maledetta macchina faccia brutti scherzi.. ma faremo il possibile, okay? Tu come l'hai saputo? Sonny? »
Alex annuì « Sì, me l'ha detto Sonny. Speriamo bene, mamma, Sonny ha detto che si sarebbe messa d'impegno nel ricavare qualche informazione. Ho un'ansia tremenda, anche a lavoro ci pensavo, non riuscivo a lavorare come si deve anche se alla fine è andato tutto bene. »
« Oh già, il lavoro! Beh, è andata bene? Eri nervosa, vero? »
« Sì, ero nervosa, ma Ruth mi ha messo a mio agio. Il tempo sembrava non scorrere mai con quell'ansia che mi portavo appresso. Ma è andato tutto bene, mi è piaciuto molto » disse sorridendo.
Mila rispose al suo sorriso e le sistemò il ciuffo che le cadeva davanti agli occhi. 
« Mi fa piacere, amore, sta andando tutto per il verso giusto. Ora.. fai una cosa: vai in camera, chiama Sonny, chiedile se ha delle novità e poi fai i compiti, mh? »
Alex annuì e, ancora tremante, abbracciò sua madre.
Si girò e si diresse nella sua stanza; aveva un bel poster di Justin appeso alla porta, anche il topo di casa sua avrebbe capito che quella era la stanza di Alex. 
Si chiuse la porta alle spalle, buttò lo zaino sul letto, prese il telefono e compose il numero di Sonny. 
Aspettò non più di 5 secondi e la voce della sua migliore amica le riscaldò il cuore.
« Hey Belieber » la chiamò affettuosamente Sonny.
Alex sorrise « Hey, pazza. Hai scoperto qualcosa? » chiese senza troppi giri di parole.
« Uhm, se te lo dico non è che ti metti a urlare, vero? »
« Sonny, se dici così mi fai pensare che c'è bisogno di urlare.. » le fece notare Alex « Non mettermi ansia! Che cosa hai scoperto? » 
Sonny fece uno strano verso « Io.. Alex, però stai calma. »
« Sì, cazzo, sto calma, dimmelo » le tremavano le mani e la voce.
« Hai detto una parolaccia, non sei calma » rispose Sonny.
Dio, certe volte Alex odiava questo comportamento di Sonny, forse non si rendeva conto che così facendo la faceva stare peggio.. e se se ne rendeva conto, beh, lo odiava anche di più. 
« Smettila di fare così, per favore, parla, mi sto sentendo male » tagliò corto Alex.
« Va bene » sospirò Sonny « Cavolo, io mi diverto a sentirti così però » disse facendo sentire la sua risata.
« Non è affatto divertente! Hai un modo piuttosto strano di divertirti, Sonny. Ora parla, per favore » era quasi una supplica. Anzi, togliamo pure quel 'quasi': era chiaramente una supplica.
« Okay, sì, va bene! » si decise. Si prese giusto due secondi per 'organizzare' il discorso, per sapere quali parole usare, e pensare alla possibile -se non proprio sicura- reazione della sua amica « Io.. Sto parlando con una delle ragazze che ieri hanno incontrato Justin, ci sto parlando su Facebook » disse « So dove l'ha incontrato, mi ha detto il posto e ha detto che domani mattina ci torna. » Fece una smorfia: strizzò un occhio, come per prepararsi all'urlo di Alex.
Dall'altra parte, Alex sussultò e si mise una mano sul petto per cercare di calmare il suo cuore. Sentiva a stento la sua amica, nelle sue orecchie rimbombavano i battiti del suo cuore. Aveva un respiro irregolare e tremava dalla testa ai piedi.
« Io.. Tu.. Sei sicura? Chi è questa ragazza, come l'hai conosciuta, come sai che l'ha incontrato? » disse Alex con una voce dalla quale traspariva tutta la sua agitazione. Povera Alex. 
Sonny sorrise teneramente: « Ha caricato come immagine del profilo la foto che si è fatta con Justin e ha scritto un testamento su quanto lo ama, eccetera, che te lo dico a fare! » scherzò « L'ho contattata e le ho detto che la mia migliore amica è una Belieber, non ha mai visto Justin dal vivo neanche in concerto, anche se è di una città abbastanza sputtanata, e le ho detto che avevo un enorme bisogno di sapere dove l'avesse incontrato per fare una sorpresa alla mia amica » sorrise, anche se Alex non poteva vederla. Continuò « Inizialmente non voleva dirmelo, dice che la notizia non si deve diffondere altrimenti ci andrà molta gente, si creerà il caos, eccetera, ma le ho giurato che sarebbe rimasto tra me e lei, che poteva star tranquilla, e che se la notizia si fosse sparsa avrebbe potuto rapire mia madre e ammazzarla, se voleva, quiiindi, ha ceduto e mi ha detto tutto, raccomandandomi circa tremila volte di tenere la bocca chiusa » L'ultima frase l'aveva detta tutta d'un fiato, senza mai interrompersi. « Vuoi sapere qualcos'altro? » chiese sorridente.
« Io.. quando posso andarci? » chiese piccola piccola. Che tenerezza le faceva?
Sonny rispose molto semplicemente « Anche domani, se tua madre ti lascia andare » 
...Ci furono secondi di silenzio, Sonny credeva che Alex volesse chiedere qualcosa pur non trovando le parole. Dopo qualche altro secondo sentì dei singhiozzi.
« A-Alex...? Stai piangendo? » chiese Sonny, inclinando le sopracciglia. Mica stava piangendo veramente?
Si sentirono altri singhiozzi, e Sonny capì che, sì, Alex stava piangendo. Sapeva, però, che erano lacrime di gioia e questo non potè che farla sorridere teneramente. Ma quanto era tenera la sua amica? Ci teneva così tanto a quel ragazzo... era una cosa incredibilmente bella, e Sonny era così felice per Alex. 
« Alex.. Scema, non piangere! Fai piangere anche me! » disse, sentendo i propri occhi inumidirsi. 
« S-Scusa.. » disse tra un singhiozzo e l'altro. Poi venne colta da una piccola risata « Sonny, non posso crederci. Mi stai dicendo che domani potrò vedere Justin.. T-Ti rendi conto? T-Tu.. non hai idea di cosa sia lui p-per me. Io te ne p-parlo sempre, ma devi ess-sere me per capire dav-vero. Non ce la posso fare, non ce la posso fare » disse crollando sulle sue ginocchia e scoppiando veramente a piangere. Il pianto giunse facilmente alle orecchie di Sonny, che parlò: « Oh, Alex.. Ti credo, so che ci tieni moltissimo, lo so benissimo. E io so che domani lo saprà anche lui, va bene? So anche che tua madre ti ci farà andare, ammesso che non voglia venire anche lei » disse ridendo lievemente « Sì, ti sto dicendo che domani puoi vederlo.. Non ti chiedo veramente di non piangere, perché so che ci tieni tantissimo, e chiederti di non piangere sarebbe come chiederti di non respirare, lo so che ne hai bisogno.. Piangi se vuoi, l'importante è che siano lacrime di felicità e- »
« Certo che sono lacrime di felicità » la interruppe Alex « D-Dopo tanto tempo finalmente realizzo il mio sogno » disse continuando a piangere.
« Ecco, appunto. Questa è la cosa più importante: tu sei felice, sei stata tanto forte. Sono stati anni difficili, non posso dire di non saperlo. Tu sei sempre stata forte, determinata, io ti ho sempre ammirata, Alex. Hai avuto tanto coraggio, hai avuto tanta forza, non credo di aver mai visto qualcuno comportarsi come fai tu, nonostante i problemi, i disagi, eccetera. Alex, te lo sei meritato. Domani lo abbraccerai, riesci a crederci? Domani abbraccerai Justin. » disse sorridendo. Si commosse anche Sonny, era inevitabile. 
« Oddio, non dirmelo, n-non riesco a c-crederci.. Oddio, mi sto sentendo male, oddio.. D-Domani lo vedo, domani lo abbraccio, no-on ci posso credere, oddio mio santo, aiuto. » disse soffocando un urlo. Lo avrebbe visto. Quella era davvero la sua occasione. Era incredibile, non riusciva a crederci: solo quella mattina, appena si era svegliata, le era sembrato un giorno come tanti. Era ancora della stessa convinzione dei giorni precedenti: sarebbe stato impossibile vedere Justin, avrebbe dovuto aspettare tantissimo. Invece? Solo un'ora dopo aveva incontrato Sonny che le aveva dato quella meravigliosa notizia, e in quel momento le aveva detto che il giorno dopo si sarebbe ritrovata tra le braccia del suo.. idolo. Come poteva Alex sopportare tanto? Il suo cuore non ce la faceva, era tutto incredibilmente bello, finalmente aveva avuto ciò che meritava. Dopo quattro anni poteva afferare il suo sogno, tenerlo stretto stretto a sé e realizzarlo, realizzarlo davvero. Non sarebbe stato un sogno, una fantasia, sarebbe stata la sua realtà. La sua magica realtà. Doveva cominciare a crederci, a farci l'abitudine, perché l'indomani sarebbe andata a trovarlo.
Oh, era un pensiero così surreale.. Le sembrava una delle sue solite fantasie. 
'Domani vai a vedere Justin'. Era una frase che quasi non aveva senso per una ragazza che in quattro anni si era sentita dire sempre il contrario. Dio, come cambiavano velocemente le cose: un giorno ti svegli, con un enorme peso sul cuore perché ti ritrovi tutti quei poster che ti fissano e realizzi che lui è lontano, non è con te, non lo è mai stato, non l'hai mai visto; e il giorno dopo sei inaspettatamente tra le sue braccia. 
Eh sì, le cose cambiano in fretta.
Il Never Say Never valeva davvero per tutti, nessuno escluso.. O forse sì: chi non ci credeva.
 
 
 
 
 
P.S. I personaggi li scelgo io, a seconda di come immagino che vadano le cose. Non importa se 'tizio' non c'è più, e 'caio' non lavora con Justin, è la mia storia, la mia fantasia. Alla fine il mio scopo è quello di farti credere nei tuoi sogni, sempre. Spero di essere riuscita a darti un po' di speranza.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Believe. ***


Il suo braccio destro circondava alla perfezione il suo busto. La mano di Justin era perfettamente appoggiata sul fianco destro di Alex. Le sue dita, che lei amava profondamente, che lei aveva sempre desiderato toccare, erano lì, sul suo fianco. Stava impazzendo. 
Era Justin, la cingeva per il fianco, era dannatamente bello, accanto a lei.
Alex sentiva il cuore a mille, non riusciva neanche a dirgli 'Ehi, sei la mia vita', oppure 'Grazie per tutto'. Non gli aveva detto neanche 'Ciao' quando si era avvicinata a lui, era bloccata, non riusciva a dire niente, a malapena respirava. Justin l'aveva notato, aveva cercato di farla parlare, le aveva fatto due o tre domande, lei non aveva risposto, non riusciva neanche a sostenere il suo sguardo, abbassava la testa, Justin sorrideva. 
L'aveva abbracciata, e le aveva accarezzato la schiena più volte per farla calmare, perché sapeva che stava impazzendo dentro di sé. L'aveva stretta a sé per una foto, poi sarebbe dovuto entrare.
Sembrava che quel momento non volesse mai finire, e Alex ringraziò il cielo per questo. 
Sonny era lì a fare quella benedetta foto che Alex avrebbe portato sempre con sé; la foto che si sarebbe appesa al muro, che avrebbe messo ovunque: nel suo diario, nei suoi quaderni, ma soprattutto era l'immagine che avrebbe avuto sempre nel suo cuore: lei abbracciata al suo idolo.
Quanto lo amava? Voleva dirglielo, doveva saperlo.
Il flash li aveva colpiti appena, e il loro abbraccio si sciolse. Alex si girò verso Justin, Justin la guardò pensando dovesse dirgli qualcosa, e non si sbagliava.
« I-io.. » 
All'improvviso non sentì più la sua voce. Aveva detto qualcosa, ne era sicura, ma non sentiva la sua voce. Provò a ripeterla, Justin la guardava come per dire 'Ma cosa c'è?'. 
Alex provò a dire 'Mi senti?' ma non sentì la sua stessa voce e cominciò a preoccuparsi. 
Non si sentiva più la terra sotto i suoi piedi. Un battito di ciglia e Justin non era più lì. 
Dov'era? Se n'era andato? Dov'era andato? No, un attimo, Alex doveva urlare a Justin quanto diamine lo amasse.
Alex sentì le lacrime agli occhi che premevano per uscire fuori, ma alle sue orecchie giunsero delle note che conosceva bene: Justin stava cantando Common Denominator?
All'improvviso le sembrò di essere nella sua camera. Le sembrò di vedere i suoi poster, la sua porta, il suo letto.
Un attimo... quella era la sua stanza. Dov'era Justin?
Sbattè le palpebre e venne colpita dai raggi del Sole, e le note di Common Denominator e la voce dolce di Justin c'erano ancora.
Diamine... era solo un sogno. Un altro sogno. E quella era la sua sveglia.
Mise 'stop' e sbattè ancora le palpebre, cercando di abituarsi alla presenza di quella luce che a momenti le toglieva la vista.
Sentì tre colpetti alla porta. Non si chiese neanche chi fosse, chi poteva essere se non sua madre?
« Avanti.. » disse Alex, con la voce impastata dal sonno.
La porta si aprì e Mila fece capolino « Siamo sveglie? » disse sorridendo. Entrò chiudendosi la porta alle spalle e si sedette sul letto della figlia.
« Mmh.. » mugulò in risposta Alex.
« Dormito bene? » chiese Mila, sistemandole il ciuffo.
« Sì. Ho fatto un sogno strano. Bello, ma strano » accennò, per poi continuare « Ho sognato che ero abbracciata a Justin, ci stavamo facendo una foto.. non gli avevo rivolto la parola perché non avevo neanche il coraggio di guardarlo negli occhi, e la cosa lo divertiva » disse sorridendo « ...poi, ho pensato saggiamente di ringraziarlo, e la mia voce non usciva più. Non la sentivo più, non la sentiva neanche lui, mi guardava con una faccia... »
« Tesoro, il ragazzo solo una faccia ha.. » disse Mila scherzando.
Alex la fulminò con lo sguardo, trattenendo una risata « Guarda che non mi sei simpatica » disse per niente convinta.
Mila rise di gusto, accarezzandole le gambe da sopra il lenzuolo.
« Beh.. questo sogno oggi lo realizziamo, okay? »
Ecco che Alex perse un battito. Quella mattina avrebbe visto Justin. Lo sapeva, era così.. dannatamente certo. Sapeva dove Justin provava, sapeva a che ora andare, e il bello è che poteva farlo senza problemi. Poteva farlo, non aveva niente che le ostacolasse il cammino. Oh, quello era il suo giorno, dannazione. 
« Dio, muoio » rispose semplicemente Alex. Era solo un pensiero, solo un pensiero, e il suo cuore cominciava a correre, veloce, velocissimo. Aveva gli orsi nel suo stomaco che si scannavano a vicenda. Povera lei.
Mila sorrise intenerita e parlò « Ascolta, Alex, adesso ti preparo la colazione.. Poi ti lavi, ti vesti, e andiamo a prendere Sonny, okay? »
« Ah, no, stai tranquilla, Sonny viene qui a piedi tra poco. Ne abbiamo parlato ieri, dovrebbe essere qui a momenti »
« Ah, va bene. Meglio così » disse sorridente. Uscì dalla stanza della figlia, per poi scendere al piano di sotto.
Alex rimase immobile nel letto, lo sguardo perso nel vuoto. Stava pensando. Pensava che, diamine, quella mattina sarebbe cambiato tutto. Justin in quel momento molto probabilmente era in qualche hotel. Non lo sapeva, ma sapeva che Justin era nella sua città, e lei era lì in quel letto e in poche ore lo avrebbe visto. Non poteva crederci, sembrava tutto così.. surreale. 
Finalmente era arrivato il suo momento. Se lo sarebbe goduto fino alla fine, non si sarebbe fatta sfuggire niente, avrebbe badato a tutto, fatto caso a ogni particolare, l'avrebbe conservato nel proprio cuore e nella propria mente, sempre, non si sarebbe dimenticata di nulla, ne era sicura.
Guardò il poster che aveva appeso sulla porta: Justin stava cantando, si vedevano le vene sul collo, aveva il viso rosso. 
Le si inumidirono gli occhi in un istante.
« Ti amo » disse sottovoce. Non aveva bisogno di dirlo ad alta voce, aveva solo bisogno di dirlo.
« Ti amo in un modo incredibile » disse ancora, come se Justin potesse sentirla. Oh, presto l'avrebbe sentita. Un paio d'ore e Justin l'avrebbe sentita quella frase, forte e chiara.
Aveva aspettato anni, due-tre ore non erano nulla.
Le scivolò una lacrima, che caddè sul lenzuolo. Si asciugò gli occhi e si riavviò i capelli.
"Beh... alziamoci" si disse. Dio, non stava nella pelle, era emozionatissima. Andò in bagno con una certa fretta, anche se non ne aveva motivo. Si tirò indietro i capelli con una fascia e si lavò il viso con del detergente che usava più sua madre. Sapeva che Justin non l'avrebbe guardata minimamente, ma ci teneva ad avere un aspetto almeno 
decente, anche perché comunque non aveva chissà quali vestiti, quindi la sua 'ottima figura' poteva benissimo scordarsela, non aveva nulla di che, questo lo sapeva.
Non aveva intenzione di truccarsi, voleva solo delle scarpe decenti, che non fossero bucate o sporche, anche se sicuramente Justin non si fermava a fissare le scarpe degli altri. Comunque era per sicurezza, lei non si sentiva mai sicura, e per una volta voleva esserlo; almeno quella volta che doveva incontrare il suo idolo!
Si pulì il viso e si lavò i denti. Nel frattempo le parve di sentire la porta di casa chiudersi. Forse era arrivata Sonny. Si fermò e sentì sua madre parlare, per poi sentire anche la voce della sua migliore amica. Sorrise e continuò a lavarsi.
Uscì dal bagno e vide Sonny davanti a sé. Non si dissero niente, si guardarono per pochi istanti e si abbracciarono come se non si vedessero da anni.
« Mi sento male » disse Alex sorridendo e cacciando indietro quelle dannate lacrime.
« Tesoro.. » disse semplicemente Sonny.
Alex si godette ancora un po' il caloroso abbraccio della sua amica, poi si staccò e la portò in camera.
« Cosa hai deciso di metterti? » chiese Sonny radiosa.
« Io.. non lo so ancora, veramente. Non ho nulla di che » ammise in imbarazzo. Doveva per forza dirle certe cose? Si sapeva che era una pezzente.
Sonny la guardò e si avvicinò al suo piccolo armadio. Diede un'occhiata.
« Beh, perché non metti la maglia che ti ha portato tua madre? Quella di Justin che canta, 
è molto bella, e inoltre è perfetta per l'occasione » disse facendole l'occhiolino « Ti metti dei normalissimi shorts e le Converse rosse che hai avuto l'anno scorso al compleanno »
« Ma quelle sono rovinate! » si lamentò Alex. All'improvviso si vergognò di ciò che possedeva. Insomma, non che se ne fosse sempre vantata, si vergognava comunque dei suoi vestiti, ma mai come allora c'aveva dato tanta importanza. Le cose, in quel momento, erano ben diverse.
« Justin non si metterà mica a guardarti le scarpe! E poi non sono così rovinate. Ci scrivi sopra qualcosa su Justin. Magari ci scrivi 'Never Say Never', non so, sarebbero più belle così. Che dici? » disse Sonny sorridente.
Alex sorrise, si lasciò convincere « Va bene, dai. Hai fatto colazione? » 
Sonny, nel frattempo, tirava fuori gli indumenti di Alex « Sì, tranquilla »
Alex si girò e andò a prendere un pennarello nero che aveva sulla sua scrivania. Prese le Converse e ci scrisse sopra 'Never Say Never'.
Sonny la guardava mentre si cambiava, e si dava anche un'occhiata attorno: non aveva molti poster appesi in camera, ma dava comunque l'idea di una vera Belieber, e sorrise all'idea che in poche ore Alex si sarebbe trovata tra le braccia del suo idolo. Ne era così contenta, e lei avrebbe assistito alla scena.
Alex corse in bagno per pettinarsi i capelli e uscì fuori. Lei non riusciva a vederlo, non si piaceva molto, non amava i suoi vestiti, ma era così bella nella sua semplicità e Sonny si ritrovò a pensare che magari a Justin sarebbe anche piaciuta. Era una ragazza così carina, intelligente, semplice, e forte. Soprattutto forte: non aveva mai mollato, e se Justin teneva davvero al Never Say Never allora avrebbe saputo apprezzare la sua amica Alex.
« Andiamo? » disse Alex sorridente.
Sonny si destò da quei pensieri e si alzò dal letto, dirigendosi in cucina con Alex che, in pochi secondi, finì la sua colazione.
« Alex, calma » disse Sonny godendosi una Alex del tutto priva di controllo. Tremava, era agitata, non vedeva l'ora di muoversi.
« Calma. Io. Tu vuoi scherzare. Andiamo, adesso, per favore » supplicò sua madre e la sua amica, che risero e si diressero verso la porta di casa.
Okay, Alex cominciava a credere che da un momento all'altro il cuore avrebbe ceduto, e gli orsi nella sua pancia sarebbero morti dissanguati a furia di scannarsi.
'Justin... sto arrivando.'
 
Erano in macchina. Prima di uscire, Alex aveva preso il suo mp3 e una foto di Justin alla quale teneva particolarmente. Perché? Non sapeva dirlo di preciso. C'erano molte foto di Justin, alcune erano davvero meravigliose. E oggettivamente, forse, c'erano foto più belle di quella che aveva lei in quel momento tra le mani. Eppure a lei piaceva davvero tanto, forse perché vedeva qualcosa di diverso in Justin, nei suoi occhi, anche se era semplicemente una foto. Forse perché aveva un sorriso sincero, quello per il quale Alex stravedeva. Non lo sapeva, le piaceva terribilmente e basta. Voleva un autografo su quel pezzetto di carta che ritraeva il suo idolo.
Accanto a lei c'era Sonny, condividevano gli auricolari per sentire le canzoni di Justin. 
Sonny non era una fan, ma comunque aveva sempre pensato che Justin fosse un bravo cantante e, perché no, anche un bel ragazzo. L'unica che impazziva veramente, lì, per quel Justin, era Alex. Ed era brutto, perché per quanto sua mamma e Sonny dicessero di capirla, per quanto si sforzassero di aiutarla, comunque non potevano capirla veramente, come l'avrebbe capita una fan come lei. No, non una fan. Una Belieber. Per Alex la differenza tra 'fan' e 'Belieber' era abissale.
Durante il tragitto, Sonny dava indicazioni per raggiungere la meta. Alex era concentrata sulla musica di Justin, ma anche su ciò che vedeva fuori dal finestrino: voleva ricordare ogni negozio, ogni angolo, ogni albero, ogni cosa. Voleva ricordare tutto di quel meraviglioso giorno, così se un giorno fosse ripassata da quelle parti -cosa molto probabile- avrebbe riprovato tutte quelle emozioni. Al sol pensiero sorrise. Si stava avvicinando, il cuore le batteva furiosamente nel petto, e lei cominciava a tremare. Non poteva davvero crederci. Desiderò immensamente che non fosse uno dei suoi soliti sogni, anche se tutto sembrava così reale. Era strano, ma doveva essere per forza reale.
Quella doveva essere veramente la sua occasione.. Non osò tirarsi dei pizzicotti perché vedeva chiaramente quanto la cosa fosse vera, e ci credeva. Ci credeva veramente.
In quel momento stavano ascoltando 'Beauty And A Beat', Alex accennava qualche passo della coreografia e cantava. Sonny canticchiava, non conosceva le parole, e sorrideva. 
Era davvero una bella canzone, e anche Mila, alla guida, canticchiava. Alex la sentì appena, ma sorrise comunque. Forse lei era davvero malata, ma la "Bieber Fever" ce l'avevano un po' tutte e tre, lì dentro.
Il tempo passò, tra una canzone e l'altra: Beauty And A Beat, Fall, Baby, Runaway Love. 
Che bella playlist, Alex l'adorava tremendamente, c'erano tutte le canzoni di Justin, tutte.
Passarono circa quindici minuti, e Alex sentì qualcosa che la fece tremare immediatamente dalla testa ai piedi:
« Ecco, è qui, siamo arrivate »
Guardò attentamente avanti e vide un gruppetto di ragazze. No, non aveva sentito male, neanche un po'. Erano arrivate veramente. Ogni ragazza lì era una Belieber, Belieber come lei. 
Mila, fortunatamente, trovò un parcheggio non molto lontano da lì, e quando parcheggiò sospirò, forse come per dire 'Ce l'abbiamo fatta'.
Scesero tutte e tre dalla macchina, era una mattinata davvero bella, e faceva caldo. 
Alex voleva sorridere, perché il suo cuore sorrideva, ma non ci riuscì. Riusciva solo a sentire il battito del suo cuore che le rimbombava nelle orecchie e le tremavano molto le mani. Aveva un'aria da 'No, sono passata di qui per caso, non sono fan di Justin Bieber. Un attimo, chi è Justin Bieber?' perché non riusciva davvero a mostrare le sue emozioni. Eppure in questo, Alex, era bravissima: sapeva esternare i propri sentimenti, le proprie emozioni, ma non in quel momento, proprio no. Sembrava paralizzata. Doveva assimilare tutto, doveva rendersene ancora conto, doveva realizzare il tutto.
« Hey, Alex, vuoi che andiamo a chiedere se stanno aspettando Justin? » le chiese Sonny, toccandole il braccio.
Alex sembrava davvero paralizzata.
« Uhm.. vai tu » rispose. Improvvisamente si sentiva in imbarazzo.
Sonny annuì e si avvicinò a quel gruppetto di ragazze. Catturò la loro attenzione, tutte si girarono verso di lei, e vide Sonny parlare. Dopo neanche un secondo vide tutte le ragazze fare 'sì' con la testa, e Alex si sentì morire. Sonny sorrise a tutte e tornò indietro.
« Okay, è sicuro, è qui, e lo stanno aspettando tutte » disse sorridendo radiosa. 
Alex si mise entrambe le mani sul petto, come per voler calmare il proprio cuore che, poveretto, stava davvero impazzendo. Ebbe paura di svenire da un momento all'altro. Doveva calmarsi e godersi il momento. E soprattutto, anche se le sembrava impossibile, non doveva assolutamente piangere. 
Tirò fuori tutto l'ossigeno che aveva in corpo, e respirò ancora, lentamente. Mila l'abbracciò.
« Amore, come sono contenta. Mi sembra di essere al tuo posto, non mi sembra vero » ammise ridacchiando. Alex non sorrise, non ci riusciva proprio, ma dentro si stava sciogliendo.
« Non è possibile. Non è possibile che lui sia qui, che arriverà tra poco, che lo vedrò, che lo abbraccerò. Insomma, sentirò la sua voce a pochi centimetri di distanza, vedrò chiaramente i suoi movimenti, vedrò i suoi occhi. Non ce la posso fare » disse cominciando a piangere silenziosamente. Sonny l'abbracciò subito.
« Oh, Alex.. » cominciò « Non piangere. E se Justin dovesse vederti in lacrime? Sei più bella quando sorridi » disse per farla sorridere.
Alex si passò una mano sulle guance per asciugarsele, erano già incredibilmente bagnate. 
« Sai quante ragazze ha visto piangere.. » le fece notare Alex.
« Ne avrà viste tante, senz'altro. Ma tu quando sorridi splendi, devi farti vedere » disse sorridendo. Mila sorrise con lei.
« Ma non mi calcolerà minimamente, sono una delle tante, non farà caso alle mie lacrime o al mio sorriso, non farà caso a niente, sii realista.. »
« Tu sei speciale. Dici che Justin è bravo e bello, eccetera, ma se è anche intelligente si accorgerà di quanto tu sia speciale. Non ti sto dicendo che si inginocchierà e ti chiederà immediatamente di sposarlo, sto solo dicendo che nei tuoi occhi può vedere tutto quello che hai provato, tutto quello che lui è per te. Ci vuoi credere un pochetto, Alex? L'hai fatto fino a ora, e adesso sei qui, e tra poco lo sarà anche lui » disse, accarezzandole la schiena e abbracciandola, per poi continuare « Oddio, ma ci pensi? Lui sarà qui tra poco! » disse lanciando quasi un urlo. Un momento, chi era la fan lì, Alex o Sonny?
Alex si fece contagiare da quella risata e rise anche lei. Le tremava la mandibola.
« Non mi far piangere! » disse Alex, ridendo e trattenendo le lacrime « Oddio, finalmente sono qui.. » 
Si guardò intorno e cercò di memorizzare tutto.
« Hai la macchina fotografica, Sonny? » le chiese Alex, e la vide annuire « Ti dispiacerebbe fare qualche foto, per favore? Vorrei memorizzare ogni cosa »
« Sì, okay » disse, prendendo la macchina fotografica dalla sua borsa. Alex la vide fare foto un po' a tutto, anche al gruppetto di Beliebers lì, anche a Mila e anche a lei. Non doveva essere un bel vedere, però, aveva le lacrime agli occhi, era sconvolta. E Justin ancora non s'era fatto vedere. 
Non passò molto tempo, anche se ad Alex quei minuti sembrarono anni, secoli. Fece attenzione a tutto, anche a quella macchina nera che, da lontano, riusciva comunque a vedere. Il suo cuore perse un battito. Justin?
« Mica quello è Justin? » disse ad alta voce.
Di colpo Mila e Sonny si girarono verso il punto in cui Alex guardava. 
« Non ne so molto, ma secondo me sì » disse Sonny.
Si vide un po' di movimento nel gruppetto lì vicino e capirono che quello era Justin.
« Okay, è lui » disse Sonny, molto semplicemente. 
Alex tremò come una foglia. D'un tratto non si sentì più le gambe.
« Alex! » disse Mila allarmata, quando vide sua figlia crollata sulle sue ginocchia. Si piegò e la vide mettersi una mano in fronte, con lo sguardo perso nel vuoto.
« Alex, hey! » la chiamò ancora la madre, con Sonny al suo fianco.
Alex vide quel gruppetto che si avvicinava di poco alla macchina ormai ferma, e le sembrò di vedere qualche omone. Non capiva più niente, probabilmente se Justin fosse uscito neanche se ne sarebbe accorta, non riconosceva niente e nessuno.
Sonny si piegò su Alex « Alex, dai, alzati, è uscito, è lì! »
Alex quasi si rifiutò di alzarsi, non si sentiva pronta, non era pronta, non lo era proprio per niente, non poteva vederlo. Non ce la faceva. E pur volendo, non riusciva ad alzarsi. Una lacrima cominciò a dar via a un pianto che racchiudeva quattro anni d'emozioni pure, malori, problemi e sogni.
Alex guardò. Sì, osò guardare da quella parte, e vide Justin. Si mise una mano sulla bocca, divenne rossa e scoppiò a piangere. No, lui era lì. Non poteva essere vero. Sembrava finto.
« Non è lui, non è lui » disse tra una lacrima e un'altra.
« Scema, alzati, sì che è lui! Andiamo, dai! »
Alex pianse ancora di più. Justin si stava facendo le foto con quel gruppetto di ragazze, stava facendo gli autografi, regalava un sorriso a ognuna di loro, parlava. Quasi sentiva la sua voce. Non ne era sicura, sentiva solo il suo cuore che batteva forte, ancora. Ma quando voleva starsi fermo e zitto quel dannato cuore?!
« Te lo vuoi perdere o cosa?! Alex, dai alzati! » continuò Sonny. 
« Dai, amore, alzati » le disse Mila, cercando di farla alzare. Alex tremava come una dannata foglia, non riusciva a tenersi in piedi.
« Non voglio svenire » disse all'improvviso Alex, non riuscendo a controllarsi. 
Diamine, non le sembrava vero. Justin, Justin Bieber. Era lì. Era lui, cavolo, era il suo idolo. Era lì davanti a lei. Lui non la vedeva, ma lei lo vedeva.. Eccome se lo vedeva. Era così bello, ed era il suo sogno. Sembrava davvero finto. Dopo anni di poster, video, mp3 e sogni.. come poteva non sembrarle finto, quell'angelo?
A Sonny sembrò di vedere Justin allontanarsi per entrare.
« Justin! » urlò Sonny. Alex spalancò gli occhi. Mila alzò lo sguardo su Justin, e questo si girò. Si girarono anche le altre ragazze. 
Sonny alzò la mano per farsi vedere, e vide chiaramente che Justin spostò lo sguardo da lei ad Alex, per terra, inginocchiata, con la testa abbassata e una mano sulla bocca. 
Justin si avvicinò, e il cuore prese a battere persino a Sonny.
« Eccolo, Alex, sta venendo qui. Alzati, dai » disse Sonny, incoraggiando Alex. Non aveva pensato che così dicendo, la sua amica si sarebbe sentita anche peggio.
Alex trovò il coraggio per alzare di poco la testa, quanto bastava per guardare Justin che avanzava verso di lei. Si sentì quasi la febbre, per l'ansia. Era lui.. quelle gambe lo stavano conducendo a lei. Com'era possibile?
« Che succede qui? » disse Justin sorridendo, cercando di catturare l'attenzione di Alex. Il bello era che lui aveva completamente la sua attenzione, ce l'aveva da sempre. Alex sentì chiaramente la sua voce. La sentì così vicina alle sue orecchie, sentiva la sua presenza, lui era lì, lo vedeva con la coda dell'occhio e sentiva i suoi movimenti, persino il rumore che facevano i pantaloni mentre lui si inginocchiava.
« Hey, hey » disse, cercando di alzarle il viso.
Alex vide quelle mani, quelle dannate mani per le quali lei andava letteralmente pazza. Le vide avvicinarsi al suo viso. Quel movimento richiedeva a malapena un secondo, ma ad Alex sembrava che le mani si stessero avvicinando alle sue guance in un modo terribilmente lento. Si sentì morire. 
Ed eccole. Le mani di Justin. Erano le sue, erano di Justin, erano bellissime, calde, ed erano sul suo viso bagnato.
Justin alzò il viso di Alex dolcemente e la vide rossa, che strizzava gli occhi e liberava tante lacrime.
Il suo sorriso assunse un'aria sempre più tenera « Oh, non piangere » le disse, accarezzandole il viso « Non piangere » continuò. Alex, però, non riusciva davvero a fermarsi. Quelle mani, quella voce, era troppo per lei. Esplose.
Sonny e Mila cercarono di alzarla « Dai, Alex, alzati » disse Mila.
Justin le aiutò, e Alex, anche se non si sentiva del tutto le gambe, fu in piedi. Alzò lentamente lo sguardo e si ritrovò quegli occhi che la facevano morire, nei suoi occhi. Justin le sorrise.
« Ce l'abbiamo fatta, sei in piedi » disse scherzando. Alex, presa dal panico, non rise e pianse. Justin rise intenerito e l'abbracciò, cercando di tranquillizzarla.
« Non piangere, Alex » disse, per poi staccarsi un attimo, guardarla negli occhi e chiederle « Ti chiami Alex, vero? » 
Sapeva che era quello il suo nome, nemmeno un secondo prima l'aveva detto quella ragazza bionda che l'aveva chiamato e fatto avvicinare. Ma voleva far sbloccare quella povera ragazza che aveva davanti, voleva farla parlare, farla sorridere.
« S-Sì.. » disse Alex, annuendo, e abbracciando Justin.
La sua vita. La sua unica ragione di vita, ce l'aveva tra le braccia. Che sensazione incredibile, avrebbe voluto provarla per sempre. Il suo petto, le sue braccia, il suo calore, il suo profumo.
'Cuore, non cedere' si disse mentalmente.
« Ma tu parli! » disse Justin scherzando, col tentativo di strapparle un sorriso, o magari una risata.
« Me lo fai un sorriso, Alex? » le chiese prendendole di nuovo il viso tra le mani. Alex aveva la pelle liscia e, anche se le guance erano bagnate, Justin se ne accorse. Le accarezzò una guancia col pollice e le sorrise.
Alex lo guardò negli occhi.
'I suoi occhi...' pensò incantata. Da dove veniva quel ragazzo? No, non dal Canada. Non poteva essere reale, non poteva essere ammessa tanta perfezione, forse non era legale per un umano. Un umano non era perfetto, Justin sì, lo era, eccome se lo era. Era dannatamente bello, aveva degli occhi che, in quel momento, le regalarono emozioni uniche, nel vero senso della parola, e mai e poi mai avrebbe saputo spiegare cosa stesse provando, non lo sapeva spiegare neanche a sé stessa in quel momento.
Pensò che Justin era lì, che il suo sogno lo aveva realizzato, e anche alla perfezione. 
Justin la stava abbracciando, le stava sorridendo, era lì, era tornato indietro per lei, voleva vederla sorridere.
'Amore mio. Sei qui.' pensò.
Le nacque in un modo del tutto spontaneo un sorriso, un sorriso che forse nessuno aveva mai visto, neanche sua madre. Non era uno di quei sorrisi alla 'Sono pazza di Justin'. Era un sorriso unico, era il sorriso che avrebbe dedicato solamente a Justin, era di sua proprietà, gli apparteneva. Era bello, e sincero. Justin doveva notarlo, per forza.. lei ci sperava così tanto.
« Oh, che bel sorriso » le disse, contento di averla fatta sorridere. La abbracciò e le accarezzò la schiena « Non piangere, Alex. Vuoi che ci facciamo una foto? »
Sonny si preparò con la macchina fotografica, mentre Mila era lì, con quel sorriso da ragazzina, da adolescente. Le sembrava di vedere sua figlia con il suo fidanzato. Justin era un così bravo ragazzo, le sembrò di volergli bene, in un certo senso. Era possibile?
« Dai dai, facciamoci una foto » le disse. Alex ancora non aveva fiatato, a parte quel 'Sì' di non pochi secondi prima, a malapena sussurrato.
Alex, rossa in viso e con le lacrime agli occhi, si mise accanto a Justin, che le cinse il fianco.
'Come nel mio sogno..' si ritrovò a pensare. Era vero che i sogni potevano diventare realtà. Lei, il suo, ce l'aveva stretto a sé.
Justin e Alex guardarono nell'obbiettivo. Alex, al momento, non lo poteva vedere, ma Sonny vide il sorriso da infarto di Justin che ad Alex piaceva tanto. Sorrise. Quei due erano la sua migliore amica e il suo idolo. Era la realtà, era un momento che avrebbe, avrebbero, ricordato per sempre. Non poté fare a meno di pensare che era davvero orgogliosa della sua migliore amica, ed era incredibilmente felice per lei. Justin la abbracciava, le cingeva il fianco, e sapeva che Alex stava morendo.
Scattò la foto, e sorrise a entrambi. Justin sciolse appena l'abbraccio e guardò Alex.
« Stai bene, Alex? » le chiese premuroso. 
'Justin.. mi stai facendo vivere, certo che sto bene. Quando te ne andrai starò male' rispose Alex nella sua testa.
« S-Sì.. grazie.. » rispose « E-E tu? »
Justin sorrise intenerito « Io sto bene, ti ringrazio. Hai qualcosa da farti autografare? » le chiese abbassando appena la testa ma senza distogliere lo sguardo. Si riferiva alla foto che Alex stringeva tra le mani, c'era lui che sorrideva. L'aveva notata.
Alex sembrò non capire, poi si ricordò della foto.
'Sei una stupida, te le deve dire lui le cose?' si rimproverò. 
« Ah, s-sì, per favore.. » disse appena, e gli passò la foto.
« Mi presti la tua spalla per due secondi? » disse lui senza smettere di sorridere. Quella Alex sembrava così fragile. Non riusciva a parlare, era tenera.
Lei si girò e Justin appoggiò la foto sulla sua spalla. Alex si sentì toccare dal pennarello, e sentì la mano di Justin chiaramente appoggiata su di sé. Che magnifica sensazione. C'era un modo per sentirla su di sé ancora per molto? Anzi, no, per sempre?
« Fatto » disse Justin. Alex si girò, e trovarselo davanti le fece di nuovo una strana impressione. Era un angelo, le veniva da piangere. Lo amava tremendamente. 
« Grazie.. » disse lei, distogliendo lo sguardo. Non riusciva a reggere.
« Grazie a te » rispose Justin, regalandole l'ennesimo sorriso. Alex credette di esserne veramente innamorata.
« U-uhm.. Tu.. » cominciò Alex imbarazzata « Tu.. q-quanto resti qui? »
« Ancora qualche giorno. Lunedì vado via » le rispose tranquillo.
Lunedì. Bene, quindi poteva vederlo anche Sabato e Domenica? 
Si sentì in imbarazzo, ma doveva saperlo, così parlò:
« E io.. Domani posso tornare a trovarti? »
Justin sorrise teneramente. In quel momento si ritrovò a pensare che forse nessun'altra fan gliel'aveva mai chiesto prima d'allora. O almeno non in quel modo. 
« Certo, come no! » le rispose, abbracciandola « Ora devo andare, Alex. Allora che faccio, mi aspetto una tua visita domani? » le disse sorridendole. Alex si sentì morire. 
« Io.. » si girò verso la madre « Possiamo tornare? »
Mila aveva una faccia come per dire 'Mi prendi in giro? Hai aspettato questo momento per tanto tempo, è il minimo' e infatti disse qualcosa di simile.
« Amore, non lo hai mai visto, adesso hai la possibilità, è il minimo che io possa fare » le disse sorridendole e accarezzandole la schiena.
Justin guardò Alex « Non mi avevi mai visto prima d'ora? »
« Io.. no, mai » ammise con un tono triste. 
« Ma come? Non sei di Los Angeles? Non sei mai riuscita a prendere i biglietti in tempo? »
Alex si sentiva in imbarazzo. Doveva per forza dire al suo idolo che non aveva un solo fottuto soldo e a soli quindici anni si era messa a lavorare per aiutare sua madre nelle faccende economiche e conservare qualcosa per andare a vederlo appena possibile? 
« Io.. N-no.. Non ho mai potuto vederti perché.. non posso permettermelo.. » ammise completamente paonazza in viso e guardandolo negli occhi, facendogli capire che erano i soldi a mancare in famiglia. 
'Bella figura di merda, Alex. Bella figura di merda. Hai appena detto al tuo idolo che sei una pezzente. Ti farei un applauso, ma sono solo la tua vocina.'
Justin fece una piccola 'o' con la bocca, spiazzato da quella risposta. Non si aspettava una simile frase, credeva fosse altro. Ma d'altronde poteva capirla benissimo. Era famoso, aveva i soldi, ma c'era passato anche lui e ricordava ancora quei periodi neri come se li stesse vivendo proprio in quel momento.
« Oh.. io.. capisco » disse, a corto di parole « Beh, non ti preoccupare Alex, ci saranno tante occasioni. Io domani mi aspetto di vederti qui va bene? » disse porgendole il suo mignolo. Cosa? Justin voleva che Alex gli facesse una promessa? Ma la voleva morta o cosa?
Alex fece incastrare i loro mignoli e notò che si incastrarono in un modo perfetto. 
« Va bene » gli disse « A domani, allora. Ti ringrazio, Justin » disse lei sentendo ancora gli occhi umidi. Trovò il coraggio di abbracciarlo. Non so dove lo trovò, forse sotto le scarpe, forse le arrivò dal cielo, o semplicemente ascoltò il suo cuore, sconnettendo il cervello. Lo abbracciò e basta. Si sentì stringere a lui e amò profondamente quella sensazione, che la riempì fino a farla star male.
« A domani, Alex, e non piangere! » le disse ridacchiando. Il sorriso di Alex si allargò a dismisura. Quel sorriso voleva dire 'Io ti amo fottutamente, Justin Bieber'.
« N-no.. non piango » promise sorridendo timidamente.
Justin le regalò un ultimo sorriso, e un ultimo saluto. 'Ultimo' almeno per quel giorno, e andò via, salutando di nuovo le altre ragazze ed entrando nel palazzetto.
Alex si girò meccanicamente verso la sua migliore amica e sua madre. 
Successe tutto in due secondi, scoppiò a piangere.
« E' bellissimo » disse « Non è possibile, non può essere successo. N-non può essere successo a me. E-e lui.. non può essere reale! E' la perfezione, mio Dio, la p-perfezione » continuò, tenendosi il petto, come se il cuore dovesse uscire da un momento all'altro e un pensierò le balenò in mente.
« O-oddio. Non gli ho detto quanto lo amo. Non gliel'ho detto! » disse dandosi degli schiaffi mentalmente. Era la prima cosa da fare!
Mila e Sonny sorrisero intenerite, Sonny l'abbracciò e disse:
« Glielo dirai domani. Perché domani torneremo qui, lo riabbraccerai, ti farai un'altra foto e gli dirai ogni cosa, va bene? O glielo puoi dire anche Domenica, ma ti prometto che glielo dirai, Alex. Ora non ci pensare, goditi il momento » 
La sua voce tremava. Alex la guardò curiosa, stava per mettersi a piangere? No, lei doveva darle forza.
« Stai per piangere? » le chiese Alex.
Sonny negò con la testa, ma una lacrima la tradì. Maledette lacrime che ti tradiscono, maledette loro. Sonny chiuse gli occhi.
« E' che sono così contenta per te, Alex, lo meritavi così tanto. Te lo sei meritato, e meriti di vederlo anche domani e Domenica. Te lo sei meritato, c'hai sempre creduto e sono così fiera di te » disse abbracciandola tanto da farle male. Era un dolore piacevole, però, e Alex amò subito quell'abbraccio e la forza che Sonny stava inconsapevolmente usando per stringerla a sé.
« Non ci posso credere » continuò Alex « Non ci posso credere » disse piangendo.
Guardò sua madre che le accarezzava i capelli e le sorrise. Sciolse l'abbraccio con Sonny e si dedicò a sua madre. Sonny aveva gli occhi leggermente rossi. Era davvero la sua migliore amica, condividevano tutto: gioia, tristezza, rabbia, ogni cosa. Le voleva un bene incredibile, era unica. Come avrebbe fatto senza di lei?
Doveva ringraziarla, ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscita.
E doveva ringraziare anche sua madre, l'aveva accompagnata, l'aveva aiutata e in quel momento era lì che l'abbracciava.
Si sentiva così felice.
D'un tratto pensò a una cosa, forse la cosa più giusta che potesse pensare: non aveva i soldi, non aveva una casa di lusso o una macchina potente. Ma aveva una madre che voleva solo la sua felicità e che le dimostrava ogni giorno quanto l'amasse. Aveva una migliore amica perfetta, alla quale era davvero legata, e alla quale era debitrice per ogni cosa. E aveva un idolo fottutamente dolce, gentile, bello. Perfetto. Anche se neanche il termine 'perfezione' era degno di descrivere Justin Bieber. Justin era unico. E non lui come cantante. Beh, sì, anche. Aveva una voce incredibile, e la sua musica era stata l'unica che avesse colpito veramente Alex.
Ma lei si riferiva, più che altro, a Justin, quel ragazzo canadese con un sogno che ha realizzato lui da solo, credendoci e senza mollare. Quel ragazzo che cantava sulle scale di un teatro, prendendosi dei soldi per vivere. Quello era il suo idolo, non solo Justin Bieber la star, ma Justin Bieber il ragazzo che le aveva insegnato molte cose e che aveva lottato per sé e per la sua famiglia. Era davvero un idolo a prescindere. Un modello da seguire. E lei lo amava terribilmente.
E poteva dire di avere, finalmente, quel 'Never Say Never' di cui tutti parlavano. Quello che bussava alla porta di ogni fan e che, quel giorno, aveva bussato anche alla sua porta
Aveva visto con i suoi occhi la bellezza del Never Say Never, aveva colto il suo vero valore, l'aveva fatto suo. 
Lo sapeva.
Lei aveva tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Would you ever have said it? ***


Non sapeva come fosse stato possibile, ma la giornata era volata. Non era passata lentamente, né era stata normale: era volata davvero. Un secondo prima Alex si trovava tra le braccia del suo idolo, il secondo dopo era a casa sua, nel letto, per andare a dormire e aspettare con grande ansia il giorno seguente. 
Non ricordava bene cosa avesse fatto nel corso della giornata. Ricordava le lacrime, i sorrisi, i suoi "Oddio, non ci posso credere, non è possibile".. elementi, frasi, che l'hanno accompagnata per tutto il giorno. Quelli li ricordava eccome, ma il resto del mondo non aveva avuto più importanza.
In quel momento non riusciva a chiudere occhio.. tremava, muoveva nervosamente la gamba. E quando si diceva 'Alex, Dio, calmati' e si decideva a bloccare la gamba, qualche altra parte del suo corpo si muoveva ansiosamente. O la mano, o il piede.. Alex respirava velocemente e aveva una stranissima sensazione allo stomaco che aveva già provato quella mattina e la sera prima.
Stava ripensando a ciò che le era capitato. Non riusciva ancora a realizzare. Le sembrava di averlo solo sognato. Non ricordava davvero di essere stata con Justin. Insomma, ricordava il tutto come se non l'avesse vissuto lei quel momento, o come se fosse stato un sogno. Ma doveva aspettarselo: non capita tutti i giorni di incontrare il proprio idolo, anzi, quella era stata la prima volta per Alex. Per ciò un vero e proprio ricordo, che le desse la sensazione di essere davvero stata in compagnia di Justin, non ce l'aveva. Aveva un ricordo che somigliava più a un sogno fatto di notte. 
Però le immagini le gironzolavano in testa, le frasi, i "Non piangere" di Justin, che cercava di guardarla in viso, mentre lei piangeva. Mentre ricordava queste cose si spiattellava una mano in fronte, ancora completamente incredula.
Basta, si era ripromessa più volte che l'indomani avrebbe detto a Justin quanto lei lo amasse.
Quella mattina non c'era riuscita, ma l'avrebbe fatto il giorno dopo. Magari con qualche aiuto da parte di Sonny, chissà, ma lo avrebbe fatto. 
Lui doveva sapere.
 
Quella notte, a differenza della precedente, non riusciva a dormire. Aveva dormito a stento un'ora, dalle 02:00 alle 03:00 circa.. lo sapeva perché aveva visto l'orologio. Era stata sempre con l'ansia, a pensare a lui, solamente a lui. Immaginava delle possibili frasi da dirgli, ma tutte le sembravano così scontate, così diffuse.. e lo erano. Justin si era sentito dire così tante volte "ti amo" oppure "sei la mia vita" e tante altre frasi così.. Lei non sapeva cosa dire. Non aveva fantasia. 
Che poi, non si trattava tanto di fantasia. Si trattava del fatto che Alex non aveva abbastanza tempo per dire ogni cosa a Justin, e che non poteva usare una piccola frase, striminzita, che racchiudesse quegli anni ricchi di tutto. Non esisteva. Non poteva banalizzare così tanto la cosa, non poteva nel modo più assoluto! Quel 'ti amo' che avrebbe voluto dirgli era vero, e ci teneva a dirglielo, ma sapeva che per lui non avrebbe avuto senso, non avrebbe avuto l'importanza che invece aveva per Alex. Sarebbe stato un 'ti amo' uguale a quello di qualsiasi altra fan, non avrebbe cambiato la giornata a Justin, non lo avrebbe minimamente toccato. E la cosa feriva profondamente Alex, non sapeva cosa fare.
Si disse, però, che non poteva farsi sfuggire quest'occasione. Certo, magari a Justin non importava un fico secco dei sentimenti di Alex, ma lei non poteva starsene zitta e ferma. Doveva dirglielo, lui doveva sapere. Era sicura che se non gliel'avesse detto se ne sarebbe pentita amaramente. Quale Belieber lucida di mente, avendo l'occasione, non direbbe a Justin cosa prova per lui? Doveva farlo.
Si mise a sedere e fissò il buio davanti a sé.
'Devo scrivergli una lettera' pensò.
Certo, una lettera.. da scrivere alle quattro del mattino. 
Okay.
Si alzò dal letto e recuperò la risma di carta che conservava in un cassetto malridotto della sua scrivania. Prese un figlio e una penna mordicchiata. Un vizio di Alex era mordicchiare qualsiasi cosa avesse in mano, persino le sue stesse dita.
'Bene' si disse 'Alex, questa non è una lettera qualsiasi. E' la lettera. Quella che consegnerai a Justin. Quindi vedi di non scrivere cavolate, scrivila bene, scrivi tutto, non tralasciare niente, ma senza annoiare il ragazzo'.
Lisciò il foglio, si aggiustò i capelli senza apparente motivo e cominciò.
'Justin, è la mia storia. Ora è tutta tua.'
 
Alla fine Alex era rimasta sveglia, non c'aveva più messo piede nel letto.
Aveva scritto e riscritto la lettera tante volte, non sapeva neanche lei quante volte. Non dovevano esserci errori, ma doveva esserci tutto.
Finalmente aveva la sua lettera. Lì c'era la sua grafia, Justin magari l'avrebbe vista. Lei sperava così tanto che Justin le dedicasse un po' del suo prezioso tempo. Pensava sempre e solo una cosa: "Buono quanto vuoi, Alex, ma lui è pieno di impegni, e certo non penserà proprio a te!"
...Aveva la capacità di buttarsi giù da sola, proprio sul più bello, proprio quando era il suo momento.
Che ragionamento era? Si dava forza quando non aveva speranze, quando tutto era impossibile.. e poi arrivava davanti a Justin e trovava la capacità di rovinare tutto con delle stupidissime seghe mentali?
Diamine. 
Quella ragazza il giorno precedente aveva stretto tra le sue braccia -per quanto potesse esserle possibile- la sua intera vita. Justin l'aveva guardata. Justin le aveva parlato. Justin le aveva accarezzato le guance, l'aveva fatta sorridere, l'aveva abbracciata. Justin le aveva chiesto di promettere di tornare. E anche quando Alex si rendeva conto di tutte queste cose, a dir poco magiche, lei pensava a frasi tipo "Anche se non dovessi tornare non se ne accorgerebbe". Non andava bene, si rovinava i momenti più belli. Ma era più forte di lei. Ci teneva a essere qualcuno per Justin, ci teneva a fargli capire quanto lei lo amasse, ci teneva a far colpo. Non in quanto ragazza, ma semplicemente in quanto.. persona. Una persona che si dedica completamente a lui, una persona che lo ama così com'è, pur non conoscendolo davvero. Una persona che lo supporta, una persona che è sempre al suo fianco anche se lui non lo sa, anche se lui ha saputo della sua esistenza il giorno prima.
Voleva seriamente che Justin ne rimanesse colpito.. poteva succedere? Lei era convinta che qualsiasi cosa bella Justin le avrebbe detto, sarebbe stato solo per cortesia, solo perché lui è buono, e non vorrebbe ferirla. Per il resto, Alex non aveva preso in considerazione l'idea che magari Justin avesse un cuore, dei sentimenti, e che potesse realmente rimanere colpito dalle sue parole, dal suo affetto.
..Aveva scritto una pagina e mezza. Davvero poco per lei, ma non voleva spaventare Justin, non voleva che lui pensasse "Oddio ma quanto ha scritto questa ragazzina? Ma lo sa che ho i miei impegni?" ..solo il pensiero le faceva male. Ma anche se era "solo" una pagina e mezza, si disse che andava bene, aveva scritto ogni cosa che andava scritta.
Erano le 11:00 e Alex aveva già fatto colazione. Tra le sue mani stringeva quel foglio che sperava potesse contare per il suo idolo. 
Al suo fianco, mentre raggiungeva il posto, c'era Sonny. 
Provava le stesse cose del giorno prima, stava rivivendo il suo sogno. Avrebbe rivisto Justin, stavolta magari un po' più lucida, o almeno così sperava. Non poteva sapere come sarebbe andata.
Il cuore le martellava in petto, le mani le tremavano prepontentemente, anche quando cercava di tranquillizzarsi. Vani tentativi ai quali lei rinunciò subito, era inutile. Ormai doveva saperlo, Justin aveva quel potere su di lei.
Non tardarono neanche un po', arrivarono sul posto verso le 11:15 e Alex si sentì terribilmente bene. Il giorno prima Justin era arrivato intorno alle 11:30, forse 12:00, non ricordava con esattezza, ma più o meno l'orario era quello. Sperò solamente che non avesse cambiato i suoi orari, ma si tranquillizzò quando vide lo stesso gruppetto di Beliebers del giorno prima. Le nacque spontaneamente un sorriso.
 
 
*
 
 
« Moshe, possiamo andare » disse Justin mentre si aggiustava il cappello.
Moshe annuì appena e prese tra le mani il volante, avviando i motori del van, mentre Justin tirava fuori dalla tasca del pantolone il suo iPhone per controllare la situazione su Twitter.
Nickname, password, e boom. Gli si presenterano davanti infiniti messaggi da parte dei suoi fan. 
Era famoso da un po', ormai, si era quasi abituato a tutto quello: le mille e più attenzioni da parte dei suoi fan e, a suo malgrado, anche da parte dei Media, dei paparazzi, che non gli lasciavano un minimo di privacy. 
La sua situazione era terribilmente simile a quella del suo idolo, Michael Jackson: era rimasto incastrato in un mondo totalmente diverso da quello reale, da quello di un normale ragazzo della sua età. Ogni cosa detta o fatta poteva benissimo essere fraintesa. Non importava cosa facesse: ogni sua azione, al suo stesso compimento, era già automaticamente compromessa. Ogni frase poteva avere diversi significati per chiunque, ma per Justin il senso era unico. Si riteneva sempre responsabile di ciò che diceva, non del messaggio che arrivava alla gente, ma comunque era una celebrità e molte cose non se le poteva permettere.
Tutti credevano che lui avesse una vita bellissima, che fosse circondato dall'eterno lusso, da persone che contavano, artisti d'un certo valore come lui, artisti che avevano fatto la storia della musica.
Tutti credevano che lui partecipasse a grandi feste ben organizzate, tra una celebrità e un'altra, tra una ragazza e un'altra, tra un drink e un altro. Tutti credevano che lui potesse divertirsi liberamente, credevano che lui non avesse poi così tanti obblighi, che lui non avesse l'obbligo di studiare, di andare a scuola, di obbedire ai suoi genitori. Credevano che la sua vita fosse perfetta.
Tutti credevano a tutto, ma nessuno sapeva niente. Se solo la gente avesse saputo...
Nessuno sa che genere di mondo sia quello dello spettacolo, fino a che non si trova a farne parte. Ma Justin non ne faceva solo parte, Justin ne era quasi il centro.
Non aveva tutto: molte cose gli erano state tolte, e lui ne sentiva profondamente la mancanza. Non aveva le serate libere da dedicare agli amici, per uscire, per andare in pizzeria magari, o al bowling; non poteva fare una qualsiasi cosa in modo del tutto tranquillo senza mai essere visto e fotografato.
Ma cosa ben più importante: non aveva mai voce in capitolo. Eppure quello era il suo libro, era la storia della sua vita, il protagonista era lui, com'era possibile? ..Strana cosa, insensata, orribile, ma vera. Justin gestiva ben poche cose nella sua vita. Cercava di fare tutto il possibile, ma anche quando le sue intenzioni erano del tutto buone, come sempre del resto, non aveva la possibilità di agire.
Era contento di essere riuscito a realizzare i suoi sogni, non si pentiva di niente. Lui sapeva di essere nato per diventare qualcuno, per arrivare davvero in alto, l'aveva sempre saputo, nonostante i momenti di sconforto che ogni tanto facevano capolino nella sua vita. Ma nonostante il fatto che stesse vivendo a pieno il suo sogno, lui desiderava essere invisibile, a volte. Desiderava essere un ragazzo ordinario, con la sua fidanzata, i suoi amici, la sua famiglia. Ma questo, ovviamente, non era possibile.
In quel momento quei brutti pensieri vennero scacciati dall'amore che i suoi fan gli trasmettevano anche solo con un messaggio di 140 caratteri.
 
"@justinbieber non mi noterai mai, ma sento di dirti che ti amo, che non ti lascerò mai. #belieber è una promessa."
 
Justin sorrise. Era vero: quelle frasi se le sentiva dire in continuazione, e forse avrebbe dovuto provare quasi un senso di nausea, ma ogni volta era sempre più felice di sapere di essere importante per i suoi fan, di essere qualcuno; di essere in grado di trasmettere messaggi positivi; di insegnare a sognare e a credere nei propri sogni; di dar la possibilità a tutti di crescere insieme a lui. Erano cose che gli scaldavano il cuore, ogni volta. Loro sì che c'erano sempre.
Cliccò sul tasto 'Risposta' e digitò alcune lettere:
 
"ti ho notata. mai dire mai.", Tweet.
 
La sua Timeline si aggiornava di migliaia di Tweet ogni 5-10 secondi, e lui cercava di leggerli tutti e di rispondere.
Durante l'intero tragitto gli era nato qualche sorriso in viso, o gli era scappata qualche risata. I suoi fan -mi correggo, Beliebers- erano davvero fantastici. E non a caso tutti invidiavano Justin per il calore che gli veniva trasmesso costantemente, e per il rapporto che aveva con ognuno di loro. 
Quel pensiero riempì Justin d'orgoglio. Sorrise completamente felice. Non era solo, proprio no.
E parlando di Beliebers che lo supportavano in ogni momento, che gli dimostravano costantemente il loro affetto, e che gli regalavano qualsiasi cosa -anche l'impossibile-, il pensiero di Justin si fermò per un istante su una Belieber che aveva conosciuto solo il giorno prima. Una Belieber che non aveva avuto il coraggio, la forza, di guardarlo negli occhi, e che lui aveva reso felice con poco e niente. 
Alex.
Justin quel giorno aveva una cosa per lei. Qualcosa che lui era solito fare, regalare, qualcosa di bello, che le avrebbe cambiato la giornata, o almeno sperava. Come già detto, le sue intenzioni erano sempre buone.
« Comincia a prepararti, Justin, siamo arrivati »
Nel sentire quelle parole, Justin si destò da quell'ultimo pensiero, bloccò la tastiera del telefono e lo conservò in tasca. Si aggiustò i capelli e si avvicinò allo sportello. C'erano alcune Beliebers fuori, le sentiva mentre ridevano nervose, mentre si emozionavano, e sentì qualche "Oh mio Dio" che lo fece sorridere divertito. 
Moshe scese e Justin sentì chiaramente i gridolini eccitati delle sue Beliebers. Sentì anche la sua guarda del corpo parlare, freddo, distaccato:
« Ragazze, state indietro »
Moshe aprì lo sportello e Justin venne immediatamente investito da voci che lo chiamavano.
Si affacciò e, sorridente, scese dal van, mentre Moshe dietro di lui chiudeva lo sportello.
Justin si avvicinò alle Beliebers per dei saluti. E la lieve confusione di qualche attimo prima sparì: si misero tutti in ordine, aspettando ognuno il proprio momento, il proprio saluto, e la propria foto.
« Hey, come stai? »
Si era rivolto così a una fan. E cosa mai avrebbe potuto rispondere una fan davanti al proprio idolo? "Benissimo, che domande!"
Una cosa che lui adorava era quella spontanea confidenza che già si creava tra lui e le sue Beliebers, solo con uno sguardo. Era una cosa naturale. Più volte gli era capitato di trovarsi a scherzare e ridere con un fan, senza neanche saperne il nome. Era strano, ma bello.
Tra una foto e l'altra, un autografo di qui e un autografo di lì, Justin era quasi giunto all'entrata. 
Non l'aveva ancora vista. Che non fosse venuta? Non lo credeva del tutto possibile, e in quel momento non seppe neanche spiegarsi il perché.
Ma gli era bastato un secondo, un passo, doveva entrare, e Alex era lì, con le guance arrossate e la carnagione chiara. I capelli che le ricadevano sulle spalle e il ciuffo che le copriva una piccola parte del viso. Due iridi celesti che, insieme a quel sorriso da bambina, le illuminavano il viso e la rendevano semplicemente bella e solare.
Al suo fianco c'era la stessa biondina del giorno prima e c'era anche la mamma, che sembrava quasi più emozionata di Alex stessa.
Justin sorrise in modo sincero.
« Hey, sei venuta! » disse ad Alex, abbracciandola. E in quell'istante sentì perfettamente il corpicino esile della ragazza che, tra le sue possenti braccia, tremava come una foglia. Per qualche frazione di secondo pensò inconsciamente che probabilmente da un momento all'altro Alex sarebbe quasi crollata. Le dava quell'impressione, ma era davvero dolce. Quel pensiero lo fece sorridere intenerito.
« C-certo » rispose Alex balbettando, con la mandibola che le tremava. Justin vide chiaramente che le mani di Alex non ne volevano sapere di stare ferme al loro posto e i denti sbattevano come se quello fosse stato un freddo giorno di Dicembre. Eppure era una giornata così calda. Lui non lo sapeva, ma Alex sentiva che il calore aumentava al fianco di Justin; tremava, sì, ma non per il freddo.
« Come stai? » le chiese Justin rivolgendole un sorriso gentile. Con la mano sinistra le accarezzava la spalla, nel -forse vano- tentativo di tranquillizzarla, vendendola chiaramente agitata.
« I-io bene. Non sto piangendo! » gli fece notare abbozzando un sorriso. Justin rise intenerito: « Ecco, non devi piangere! Vuoi che ci facciamo una foto? »
Alex non se lo fece ripetere due volte: rispose prontamente di sì e si mise al fianco di Justin. Lui le cinse la vita con la mano sinistra e Alex trovò il coraggio di poggiare la mano destra sulla schiena del suo idolo. Entrambi fissarono i loro occhi nell'obbiettivo della macchina fotografica e sorrisero. Il flash li colpì entrambi.
In quel lasso di tempo Justin si rese conto che quel sorriso non era finto: non sempre sorrideva nelle foto con i fan; a volte capitava anche che sorridesse senza sentire di volerlo fare veramente. In quel momento, invece, stava sorridendo in modo sincero. Quelle piccole pieghe ai lati della bocca si erano formate non molti secondi prima e ancora non si stendevano, ancora gli decoravano il viso. Non seppe dirsi il perché, forse gli faceva piacere che Alex, non avendolo mai visto, fosse riuscita a realizzare il suo sogno. Forse gli faceva piacere sapere che di lì a pochi secondi avrebbe fatto la sua felicità con un pezzo di carta.
Quel piccolo contatto che si era creato in quell'istante per la foto sparì. Justin e Alex si allontanarono e proprio quando Justin stava per aprire bocca, Alex parlò: 
« Ho u-una cosa per te. » disse, con la mandibola che ancora le tremava. 
« Una cosa per me? » chiese. Non che fosse davvero sorpreso, ormai era abituato a ricevere pensierini da parte dei suoi fan: lettere, peluche, qualsiasi oggetto. Ogni tanto persino i dolci!
La sentì pronunciare un flebile 'sì', mentre si girava verso la biondina accanto a sé, che le passò un pezzo di carta.
Era buffo: anche lui aveva qualcosa per lei. A quel pensiero Justin sorrise e attese che gli venisse consegnato il foglio.
Alex glielo porse e parlò: 
« I-io.. so che hai molti impegni, non hai tempo, e probabilmente neanche te la dovrei dare questa lettera, perché non ho intenzione di scocciarti. Ma ci tengo davvero tanto, e vorrei che tu la leggessi.. Per favore? » chiese lei, stringendosi nelle spalle, probabilmente dalla timidezza, dalla vergogna. Justin la prese senza esitare, rivolgendole un piccolo sorriso.
« Va bene, non ti preoccupare. La leggerò. » 
« Lo prometti? E' davvero importante. » chiese lei, cercando certezze. Justin le porse automaticamente il suo mignolo. Lui voleva dargliele quelle certezze.
« Te lo prometto » disse, quando Alex fece incastrare i loro mignoli, regalandogli il suo più grande e bel sorriso.
Justin si guardò l'altra mano e disse: « Sai, è buffo. Anch'io ho qualcosa per te. »
...Ma che ne poteva sapere lui, che ne poteva sapere del fatto che il cuore di Alex si fosse fermato? Che ne sapeva lui di cosa avesse creato in Alex quella frase? Che cosa diamine poteva saperne lui? Aveva parlato, aveva detto una frase come quella con tanta innata naturalezza.. perché pensandoci era una semplice frase! Ma Alex era dello stesso pensiero?
« Cosa? » chiese incredula Alex. Justin sorrise davanti alla sua espressione. Sembrava volesse dire 'Ho capito male?'. Ma no, Alex ci aveva sentito benissimo, era questo il bello.
« Tu.. tu hai qualcosa per me? » continuò lei.
Justin le sorrise, e quel sorriso era la risposta. Le allungò la mano destra e le porse una piccola busta.
Con le mani che le tremavano in modo ben visibile, Alex gliela sfilò lentamente dalle mani, quasi non volesse che in un modo o nell'altro si strappasse.
« O-oddio.. oddio.. » sfiatò agitata Alex. Justin credeva di sapere cos'avesse appena fatto. L'aveva fatto altre volte e poteva dire di andarne davvero fiero. 
Si era fatto un'idea della possibile reazione di Alex, per quante ne aveva passate... ma dopotutto lui che ne sapeva del gran caos presente nel cuore di Alex, in quel preciso istante? Non sapeva un accidenti, diamine, e la cosa un po' lo irritava, anche se non sapeva il perché.
« Io.. che devo fare? La d-devo aprire? » gli chiese Alex, mentre faceva saettare il suo sguardo dalla busta a Justin. Probabilmente l'avrebbe conservata per sempre. La guardava come se fosse d'oro.
Justin le sorrise ancora: « Beh, non regalo buste vuote per hobby » rispose scherzando. Alex chiuse appena gli occhi realizzando, forse, quanto fosse stata stupida la sua domanda. Justin rise lievemente, per poi dire: « Adesso devo entrare, Alex. Ci sarai anche domani? »
La vide sbattere gli occhi incredula, la bocca semiaperta.
« S-sì, sì.. » gli rispose lei, mostrandogli subito dopo un sorriso che subito gli piacque.
« Bene! A domani allora » disse Justin, azzerando quella minima distanza tra i due, per regalarle un abbraccio, l'ultimo di quella giornata. Sapeva che aveva fatto contenta Alex. Magari l'indomani l'avrebbe vista in lacrime, l'avrebbe sentita dire mille volte 'grazie'. Sorrise a quel pensiero e le accarezzò la schiena. Gli sembrò di sentire le mani di Alex stringere appena la sua maglia, così la strinse ancora di più fra le sue braccia.
Per quanto quel momento potesse sembrare infinito a entrambi, durò davvero pochi secondi.
« ..A domani » rispose Alex, mentre l'abbraccio si scioglieva. La vide stringere tra le mani la busta che lui le aveva dato. Sorrise e, poco prima di entrare, si girò verso l'intero gruppetto, alzando due dita in segno di pace e dicendo « Ciao ragazzi, grazie mille », sentendosi poi salutare da tutti, nessuno escluso. Tutti quei "Ciao Justin, grazie mille" lo fecero sorridere. 
Pochi secondi, e Justin sparì, lasciandosi alle spalle Beliebers in lacrime.
 
 
 
*
 
 
Eccola lì Alex. 
Justin era entrato da pochi secondi, e lei si sentì subito sola. Erano le 11:45, eppure per Alex la giornata era finita. Ora doveva aspettare altre 24 ore per ritrovarsi di nuovo fra quelle braccia. Mai come allora le erano sembrate lunghe 24 semplici ore. Ma perché doveva aspettare? Non poteva ritrovarsi in quel preciso momento tra le braccia di Justin? Perché doveva aspettare? Non che avesse così tanti problemi a farlo, aspettare era forse la cosa che Alex sapeva fare meglio, oltre che amare Justin. Ma diamine, si sentiva tremendamente vuota senza lui. Sola, triste. E ancora non realizzava il fatto che fino a pochi secondi prima era con lui, i loro corpi così vicini. Una lacrima le scappò, dando il via a un pianto liberatorio. Non aveva pianto per tutto il tempo, si era trattenuta, l'aveva fatto per Justin, lui le aveva chiesto di non piangere. Le era sembrato impossibile, ma hey, ci era riuscita. Ora che Justin era andato via poteva liberarsi. Aveva un motivo in più per piangere: Justin l'aveva lasciata sola, alle sue spalle. Non con l'intenzione di farla star male, certo, ma l'aveva fatto, era andato via. 
Alex portò una mano sulla sua pancia, chinò il capo strizzando gli occhi, e crollò sulle sue gambe.
« Hey no, Alex.. » le disse la madre, che si piegò per accarezzarle le braccia.
Cavolo, che immensa tenerezza le faceva sua figlia. Le ricordava se stessa quando impazziva per Michael Jackson.
Si piegò anche Sonny sui talloni e prese ad accarezze la schiena di Alex.
« Alex, non piangere, dai.. » le disse sorridendo intenerita. Ebbe una sensazione di deja-vù. Tutto era uguale al giorno prima.
Alex venne ancora scossa da alcuni singhiozzi e tentò di asciugarsi le lacrime.. rendendosi poi conto di cosa stesse stringendo in una mano.
« Oddio » disse, realizzando che doveva scoprire cosa contenesse la busta. In quel momento stava pensando a un sacco di cose: "Che cacchio c'è in questa busta? Perché me l'ha data? Perché l'ha data proprio a me? Perché mi ha pensata? Cosa c'è dentro? Perché io? Oddio l'ha data a me! Lui ha roiklcmajfacs a me! Oddio."
« Ti ha dato una busta, Alex! » le disse incredula Sonny!
Alex, presa ancora da qualche singhiozzo, si asciugò nuovamente le guance e disse: « Davvero? Non lo sapevo »
Il sarcasmo di Alex fece ridere sia Sonny che Mila. Le loro risate colpirono subito dopo anche Alex, che si affrettò ad aprire la busta con mani tremanti.
Sonny fece giungere le sue mani quasi in segno di preghiera e le poggiò sulle labbra, con ansia. Mila guardava incuriosita la busta.
Alex fece un bel repiro e diede un'occhiata al suo interno. Vide dei foglietti.
Li tirò fuori, cercando di tenere ferme quelle dannate mani. Diede un'occhiata vaga ai foglietti davanti a sé.
Il suo cuore si bloccò.
 
       " BELIEVE TOUR
      JUSTIN BIEBER
         STAPLES CENTER
         LOS ANGELES, CA
           WED OCT 03 2012 7:00 PM 
        Section: 2
         Row: 2
           Seat: 12 "
 
Alex si spiattellò una mano in viso. Non poteva essere, non poteva. Justin le aveva regalato i biglietti per il suo concerto a Los Angeles. Si sentì mancare l'aria, sentiva che da un momento all'altro sarebbe svenuta. Quello era troppo.
« Oddio! Sono biglietti per un concerto? » chiese incredula Sonny. Vide Alex coprirsi la bocca con la mano sinistra, e annuire.
« Oddio! Oddio! Alex, Justin ti ha regalato dei biglietti, oh mio Dio! Alex! » urlò Sonny abbracciando Alex, stritolandola come mai aveva fatto. Alex poteva giurarlo: non l'aveva mai vista così. Ma la capiva perfettamente.
Insomma.. Justin si era davvero procurato dei biglietti, si era davvero preoccupato di conservarli fino a quel giorno e consegnarglieli. Justin aveva preso una busta, c'aveva infilato i biglietti dentro, l'aveva chiusa, e se l'era portata con sé, sapendo che avrebbe trovato Alex quel giorno. E se Alex non ci fosse più tornata? Che ne avrebbe fatto Justin dei biglietti che spettavano a lei? Li avrebbe dati a qualche altra fan? Li avrebbe conservati? Cosa ne avrebbe fatto? Justin li aveva portati lì, non avendo la certezza che Alex sarebbe tornata. Certo, lei gli aveva detto di sì, anzi, era stata lei stessa a chiedere se potesse tornare a fargli visita e lui era rimasto piacevolmente sorpreso. Ma poteva anche accaderle qualcosa, poteva non presentarsi per un motivo o per un altro!
Lui l'aveva fatto comunque, si era procurato i biglietti e se li era portati con sé per darli a lei.
Ma perché così tanto? Perché a lei? Perché? Forse perché gli aveva detto che non l'aveva mai visto? Che non poteva permettersi un suo biglietto?
D'un tratto si fece una domanda che le trafisse il cuore come un coltello ben affilato: ...che gli avesse fatto pena?
Che sciocca, certo che gli aveva fatto pena. Altrimenti perché si era scomodato tanto Justin? Che vergogna.
« Gli ho fatto pena.. » pianse Alex.
Sonny si stacco e la fulminò con lo sguardo.
« Ma quale pena! » disse alzando la voce. Possibile che Alex trovasse del brutto ovunque? Eppure quando le cose andavano male si dava una forza incredibile. Perché quando le cose andavano divinamente si preoccupava solamente di rovinare il momento, anziché goderselo? 
« Adesso ti uccido! » continuò Sonny « L'ha fatto con il cuore! Ti pare che un cantante di successo come lui si mette a regalare biglietti! Quelli vogliono i soldi! Se ti ha regalato i biglietti l'ha fatto con piacere! Diavolo, Alex, lo conosci meglio di me, perché devi farmi parlare quando conosci la verità? Dimmi una cosa, se fosse successo a qualche altra ragazza cosa avresti detto? Che lei gli ha fatto pena o che semplicemente Justin ha un cuore d'oro e ci tiene? »
...Eh.
Alex pensò alle parole di Sonny. 
Aveva ragione lei, se fosse capitato a un'altra ragazza avrebbe solo desiderato ardentemente di trovarsi al suo posto per poter vivere una simile esperienza, e realizzare quanto Justin fosse buono d'animo.
« Amore, Sonny ha ragione. Sono sicura che non gli hai fatto pena. Non so in quanti avrebbero fatto una simile cosa al suo posto, lui l'ha fatto! Se l'ha fatto è perché per lui è stato un piacere. Non pensare certe cose, goditi il momento! Ti ha regalato dei biglietti, perché non riesci a vedere il lato bello della cosa? » disse Mila, accarezzandole il braccio e sorridendo felice.
Alex basò i suoi pensieri su quelle parole e si rese conto che non avevano torto. Justin era davvero bravo, e doveva solo ringraziarlo per ciò che aveva fatto. Nessun altro lo avrebbe fatto, ne era sicura, Justin invece sì.
"Questo perché è semplicemente e naturalmente fantastico. E io sono innamorata di lui. Dio, se lo sono."
Le nacque spontaneamente un sorriso che difficilmente sarebbe potuto sparire quel giorno. 
« Mi ha regalato i biglietti » disse « Non ci posso credere. Mio Dio.. l-lui.. mi ha regalato i biglietti. Non è vero, non è possibile.. » disse scoppiando a piangere e abbracciando Sonny. Questa la strinse subito, senza pensarci due volte, e la sentì tremare tra le sue braccia. Un sorriso nacque sul suo viso, e su quello di Mila.
 
Se quello non era il Never Say Never, cosa cazzo era?

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Against it all. ***


« A domani, Justin! » si sentì dire questi alle spalle.
La voce era chiaramente quella di Dan: il suo amico chitarrista. 
« Ciao, Dan. A domani! » rispose Justin girandosi appena, mentre entrava nella sua stanza.
Aspettò di sentire il rumore della porta che si chiudeva alle spalle e si diresse verso il letto.
In quel momento non pensò a togliersi le scarpe, a cambiarsi o ad andare a lavarsi. Non pensò a niente e si buttò di peso morto sul letto. 
Sfoggiò spontaneamente un sorriso beato ed esalò un sospiro di puro relax.
Beato chi ha inventato il letto!
In quel momento Justin pensò inconsciamente al fatto che volesse semplicemente chiudere gli occhi e non aprirli mai più. No, non vi erano tracce di tristezza in questo pensiero: voleva soltanto farsi una lunga dormita, dimenticarsi dei suoi impegni, e dimenticarsi addirittura di chi fosse e di dove si trovasse.
Chiuse gli occhi e si godette quel momento idilliaco che voleva non avesse alcuna fine. 
Il silenzio lo indusse a riflettere, perché -come ben sappiamo- il silenzio ha lo strano potere di spingerci a pensare. 
E' così: il silenzio e il buio hanno la capacità di farci sentire soli, di farci ripensare a molte cose. Nel corso della giornata siamo presi da una miriade di cose: abbiamo conversazioni di qualunque tipo con chiunque; abbiamo la luce del Sole che illumina ogni cosa; ci sono i rumori della televisione, della radio in macchina, dei clacson in mezzo alla strada, dei lavori in città. Di mattina le strade diventano un via vai di ambulanze, polizia e quant'altro. La mattina si vive, la mattina è piena. Specialmente per Justin, che era pieno di impegni di qualsiasi genere: le prove per il Tour, le interviste, i viaggi, i nuovi pezzi su cui lavorare... 
Justin aveva il mondo sulle sue spalle e ogni giorno doveva sostenerne il peso. 
La notte, invece, era vuota. La notte portava malinconia. La notte, teoricamente, era fatta per staccare la spina fino al sorgere del Sole. Ma praticamente, la notte, era fatta per parlare alla Luna, era fatta per pensare. Mica per niente, si dice che la notte porti consiglio. Un motivo ci sarà.
Ma la notte, forse, era l'unico momento di una giornata-tipo di Justin in cui questo poteva tenere gli occhi chiusi per più di cinque secondi.
L'intento di Justin, in quel momento, era semplicemente di riposarsi. 
Peccato, però, che venne infastidio dal pensiero che si dovesse fare per forza una doccia.
Corrugò le sopracciglia contrariato e sbuffò stizzito. Si alzò a sedere e si rese conto solo in quel momento di cosa stesse stringendo in una mano.
La lettera di Alex.
Si era detto di tenerla in mano così che l'avrebbe senz'altro letta. Durante le prove era stato praticamente impossibile.
In quel momento fu pervaso da una strana e improvvisa emozione. Doveva leggerla, voleva leggerla. Era abituato a ricevere lettere d'ogni tipo, ma -non seppe spiegarsi il perché- in quel momento era davvero curioso di conoscerne il contenuto. 
Spiegò il foglio e puntò gli occhi sulla grafia ordinata di Alex. 
 
"Caro Justin (è così che si inizia una lettera, giusto?),
tu hai la minima idea di cosa si provi a stare chiusi in casa, con la consapevolezza di non essere accettati al di fuori di quelle mura, e passare diverse ore a piangere per qualcuno che sai di non poter raggiungere?
Hai idea di cosa significhi passare interi pomeriggi su un capitolo di storia o di biologia, senza capire niente, perché pensi continuamente a quel qualcuno?
Hai idea di cosa significhi passare giornate in camera, senza mettere il naso fuori di casa, perché impegnati a star male nel letto?
Gli altri mi riterrebbero una persona malata, ma io no.
Sono circa quattro anni che vivo di te, ormai. Quattro anni che non mi sento sola, quattro anni che le mie giornate hanno un senso.
Forse ti farò pena con la mia lettera, ma tanto non ti rivedrò mai più, lo so, dunque non devo preoccuparmi dell'impressione che posso farti. Perché sì, sei il mio idolo, ma domani già ti sarai dimenticato di me, quindi parlo senza problemi. Se ora stai leggendo questa lettera, allora devi sapere.
Sono orfana di padre da otto anni. Mio padre è morto per un tumore al cervello, lasciando me e mia madre -anche se non per sua volontà- in una situazione economica precaria, che mia madre solamente non può aggiustare.
E io per quattro lunghi anni mi sono sentita malissimo. Mi sono sempre sentita sola senza mio padre. Io andavo d'accordo con lui, era un amico. Mi faceva ridere, per me era davvero fantastico. Sai quando un figlio considera il proprio padre un eroe? Ecco, solo che io non lo consideravo tale, per me lui era molto di più, non banalizzavo così tanto la cosa.
Sono stati quattro anni davvero difficili. All'età di sette anni ho visto già mia madre disperarsi per la morte di mio padre e per la sua incapacità nel mandare avanti quello che era rimasto della famiglia. Lei si crede incapace per ogni cosa, ma la verità è che è fantastica, mi è sempre stata accanto e ha sempre voluto il meglio per me. Non può darmi granché, non posso avere la paghetta, non può farmi regali, ma è fantastica così com'è, mi dà tanto amore, e questa è la cosa più bella per me. Se la conoscessi ti piacerebbe.
Sono stata per otto anni senza fare niente che potesse aiutare entrambe, ma da pochi giorni lavoro anch'io, presso un bar vicino casa mia, si chiama 'Cafe Americano'. Era un po' che cercavo un lavoro e finalmente l'ho trovato. Sai, con i soldi che guadagnerò, verrò a vederti sempre. Mia madre me l'ha promesso: i soldi che avrò, li useremo solamente per te (almeno così dice lei, io voglio anche aiutarla nelle faccende economiche).
Te ne parlo perché so che tu, come me, hai avuto -e hai ancora- un idolo, al quale tieni molto. Te ne parlo perché so che tu, come me, hai vissuto una situazione familiare difficile.
Perché sei un ragazzo canadese che è cresciuto con disagi familiari, economici, e andavi avanti cantando sugli scalini di un teatro con la tua chitarra, chiedendo soldi per le tue già incredibili, seppur povere, 'performance'. Ciò ti ha arricchito più di qualunque altra cosa, e mi hai trasmesso tutto, neanch'io so come.
Ecco, Justin, specialmente per questo sei il mio idolo: perché mi insegni cose che nessuna scuola saprà mai insegnarmi, neanche la più importante, famosa, colta scuola del mondo.
Sei un esempio per i giovani, un modello da seguire. 
Io sono davvero fiera di chiamarti 'idolo'. Sei una persona dal cuore d'oro. E magari tu starai pensando 'Non mi conosci, che ne sai di come sono fatto?' e hai ragione, io non ti conosco, ma anche solo con una foto, riesco a vedere nei tuoi occhi la bontà che è in te. L'ho vista anche oggi.
Avrai i tuoi difetti, sei umano, è normale, e come tutti puoi commettere degli sbagli, e io mi aspetto che tu ne faccia e che possa solamente imparare da essi. Ma io ti adoro così come sei, ti adoro così come ti fai vedere, così come io riesco a vederti.
Se sto scrivendo questa lettera è perché voglio che tu sappia che io sono fiera di te, per ogni singola cosa. Sei il mio unico orgoglio, mi fai sempre sorridere. E da quattro anni non mi sento più sola grazie a te, alla tua voce, alla tua musica, alla tua persona. Io ti ringrazio veramente di cuore. 
Non m'importa, in questo momento, di quante volte tu abbia sentito o letto certe parole. M'importa che tu lo sappia, che tu mi stia ascoltando.
Io c'ho sempre creduto in questi anni, non ho mai mollato, e se adesso hai la mia lettera, vuol dire che il Never Say Never esiste davvero, e vale per tutti, me compresa.
Grazie per tutto quello che mi hai dato e che -lo so- continuerai a darmi. Grazie per essere stato così disponibile con me, grazie per essere disponibile con tutti, anche quando non sei del giusto umore, anche quando sei a pezzi. Grazie perché ti fai in quattro per tutti noi, nessuno escluso. Grazie perché ci dai la forza e ci fai sorridere anche quando neanche sei in grado di aiutare te stesso. Grazie, sei.. singolare.
Tu mi completi. La mia vita sarebbe terribilmente vuota senza te, lo giuro. 
..E sai cosa? Mi rendo conto di quanto essa, seppur povera, sia bella. Mi mancano molte cose, cose che i miei coetanei hanno e io no, ma per me è completa anche così, mi basta sentire la tua presenza ogni giorno per stare bene con me stessa. Ma ti rendi conto del perché sono così legata a te? Sei una persona che scoppia di importanza, davvero, e il fatto che io non abbia qualcuno al mio fianco, mi spinge ancora di più a dipendere dalla tua musica. Tu mi aiuti, tu non mi fai sentire sola, e sei l'unico che ci riesce.
Tu mi salvi, Justin. Sei l'unica cosa alla quale io possa aggrapparmi.
Forse sto esagerando, per te. Ma non importa. Come ho già detto, domani ti sarai già dimenticato di me.
Io volevo solo cogliere l'occasione e dirti tutto.
Se hai letto questa lettera, ci sono riuscita. Ho aspettato quattro lunghi anni ricchi di qualsiasi tipo di emozione, dall'emozione più brutta a quella più bella, e ne è valsa la pena. 
Grazie per avermi dedicato il tuo tempo. E' anche per questo che ti amo.
Grazie e.. grazie.
Se non è troppo, fammi un piccolo regalo: sorridi.
Magari se l'hai fatto non lo saprò mai, ma m'importa che tu sappia che anche solo sorridendo tu mi fai un regalo.
Sorridi, sorridi sempre. Ci sono io con te, come tu sei con me, sempre.
Ciao Kidrauhl. 
A presto... spero."
 
Justin lesse fino all'ultimo rigo quasi fosse in trance. Era rimasto piacevolmente sorpreso da tutto quello. 
Dio, se è vero: di lettere ne riceveva un'infinità ogni giorno, eppure quella lettera lo aveva toccato. Forse perché lui poteva davvero capirla, forse perché lui c'era passato e condividevano una grande sofferenza. Forse perché Alex era davvero così fragile come sembrava. Forse perché Alex era completamente dedicata a lui. Non che fosse la prima e l'unica, anzi, ma ognuno -si sa- ha il proprio modo di percepire e manifestare le cose. Lei sorbiva tutto come fosse una spugna e il mondo fosse l'acqua.
Justin si sentì ancora una volta incredibilmente importante. 
Era arrivato alla fine del foglio e si rese conto che stava sorridendo teneramente e seriamente colpito. Gli ci erano voluti alcuni secondi per tornare alla realtà e rendersi conto che sul suo viso allogiava un bel sorriso, quello che Alex voleva. Alla fine le aveva seriamente fatto un regalo. 
Quella ragazza l'aveva fatto sorridere.
A quel pensiero Justin sorrise ancora. Era davvero contento di averle regalato quei biglietti, se li meritava davvero. Una cosa più giusta, forse, non poteva proprio farla.
I suoi fan erano incredibili, provavano davvero un incommensurabile senso di gratutidine. 
Ma.. lui era davvero così.. fantastico, come tutti lo dipingevano? Era davvero così magica la sua voce? Aveva davvero quel potere su ognuno di loro? Come ci riuscisse, neanche lui lo sapeva!
Lui si guardava allo specchio e vedeva.. cosa vedeva? Se stesso. 
Vedeva un ragazzo come un altro. Non vedeva un dio, non vedeva un angelo, come dicevano i suoi fan. Vedeva un semplice ragazzo canadese, solo che era conosciuto.
Agli occhi delle Beliebers era lui che si sottovalutava, che era troppo modesto. Agli occhi di Justin erano gli altri a sopravvalutarlo.
Quindi.. cosa credere? Che Justin fosse fantastico come l'intero mondo lo dipingeva.. o un ordinario ragazzo canadese come lui si vedeva?
Lui optava per la seconda, ma, detto fra noi, era entrambe le cose. 
Justin era semplicemente un ragazzo con un dono: il dono di saper dare voce ai pensieri della gente, dei giovani. Il dono di trasmettere messaggi di fratellanza e amore, come ha fatto Michael Jackson per quattro decenni -e non a caso Michael Jackson era ritenuto l'uomo più dolce del mondo, passato alla storia per la sua bontà e le sue opere di bene, oltre che per la sua musica-.
Justin aveva un cuore, non era un robot. Justin era un ragazzo a cui piaceva la pizza, a cui piaceva il calcio, a cui piaceva il bowling, a cui sarebbe piaciuto frequentare una ragazza, uscire con lei tenendola per mano, vedersi con gli amici, riunirsi con la famiglia il giorno di Natale e aprire i regali. 
E quale ragazzo d'oro e semplice, sapeva dare cose che, evidentemente, nessun altro era in grado di dare. Aveva semplicemente un dono, ed era famoso in tutto il mondo per questo.
Doveva cominciare a farsene davvero una ragione. Doveva cominciare davvero a farci l'abitudine e a crederci: lui era qualcuno, lo era per tutti.
L'indomani avrebbe guardato Alex con occhi diversi, lo sapeva. Adesso conosceva la sua storia. 
Sapeva che lei non si era dilungata troppo e non si era persa nei dettagli perché credeva potesse fargli pena, e perché voleva lasciare spazio a cose ben più importanti -secondo lei- come i suoi sentimenti nei confronti di Justin. L'aveva capito, e quello che gli aveva raccontato gli era bastato per capire quale tipo di vita le fosse capitato. 
L'indomani l'avrebbe abbracciata forte.
L'indomani le avrebbe trasmesso il suo calore, il suo affetto.
L'indomani avrebbe riempito nuovamente la sua giornata, le avrebbe dato ancora un senso.
Sorrise e scosse la testa, realizzando quanto fosse fortunato ad avere fan così.
 
 
*
 
 
“Guardami negli occhi e vedrai cosa significhi per me.”
 
Quella mattina Alex si era svegliata con quella frase in testa, che mai più l'aveva abbandonata quel giorno.
Bryan Adams era davvero bravo a colpirti dritto al cuore con le sue canzoni. E quella mattina Alex si sentiva morire. Forse per chiunque altro non avrebbe avuto motivo per sentirsi in quel determinato modo, ma quella frase le dava i brividi.
Se Justin aveva letto la lettera, allora negli occhi di Alex poteva trovare solo la conferma a tutte quelle parole.
Se Justin aveva davvero letto ogni cosa, se Justin davvero si era fermato a dedicare del tempo ad Alex, allora non poteva che vederci un mondo negli occhi di Alex.
Continuava a pensare a quella frase, che diavolo.
 
“Guardami negli occhi e vedrai cosa significhi per me.”
 
'Dannazione, Justin, guardami negli occhi, ti prego. Non vedi quanto ti amo?' pensava Alex.
 
“Non dirmi che non vale la pena lottare per questo.
Non posso evitarlo, non c'è niente che io voglia di più.
Lo sai che è vero: ogni cosa che faccio, la faccio per te.”
 
Era vero, era incredibilmente vero! Alex sorrideva per Justin, perché lui diceva sempre 'Quando tu sorridi, io sorrido'. Alex credeva nei suoi sogni per Justin, perché il cognome stesso di Justin stava a significare 'Credi in tutto perché tutto è raggiungibile'. Alex respirava per Justin, perché il minimo che lei potesse fare per lui era dedicargli i suoi respiri. Lei gli dedicava la sua vita.
Ogni singola cosa che faceva era profondamente legata a Justin. Il lavoro, i bei voti a scuola.. tutto. Ed era vero: non lo poteva evitare. Mai avrebbe voluto rinunciare a tutto quello, ma sapeva che anche se avesse voluto provarci non ci sarebbe riuscita.
E sapeva che valeva la pena lottare per lui. L'aveva fatto per quattro anni, e si era ritrovata in quella situazione. L'aveva incontrato due volte -con quella sarebbero state tre!-, l'aveva abbracciato, lui le aveva regalato i biglietti per un concerto del Believe Tour a Los Angeles. Ma chi l'avrebbe mai detto?
Valeva la pena lottare per Justin, decisamente.
Bryan Adams deve aver scritto questa canzone apposta per Alex, evidentemente!
« Alex! Sei pronta? » si sentì chiamare questa da lontano. In quel momento si stava specchiando nel bagno, e Mila era in cucina ad aspettarla, insieme a Sonny.
« Sì arrivo! » urlò lei in risposta.
Ed ecco che l'impulso di gridare si fece vivo in Alex. Stava per andare da Justin, di nuovo.
Era tutto troppo strano. L'aveva sognato per quattro anni e ora, da tre giorni, era lì che faceva avanti e indietro per Justin, per vederlo anche solo per un minuto, abbracciarlo e guardarlo negli occhi. Arrivava lì con l'ansia alle stelle e tornava a casa col cuore a pezzi. Contenta come non mai, certo, ma il vuoto chi glielo colmava? Justin le lasciava un senso di vuoto appena girava i tacchi e se ne andava.
Forse era un pensiero egoista, ma voleva che Justin non facesse quelle dannate prove e restasse con lei per parlare. O anche solo per stare zitti: lei voleva semplicemente godere della presenza di lui. Lo desiderava così tanto. Perché era impossibile, perché?
Alex spense la luce nel bagno e si diresse in cucina, con il corpo che tremava visibilmente, il cervello in tilt.
« Andiamo? » disse. 
Quella mattina aveva una canottiera bianca e degli shorts di normale stoffa di jeans e delle scarpe bianche -almeno per così dire-, dove aveva scritto qualcosa -certo, perché un paio di scarpe imbrattate non bastavano!-: 
 
Believe In Everything Because Everything's Reachable” 
 
Già, tutto era raggiungibile.
« Andiamo! » rispose Mila, alzandosi dalla sedia insieme a Sonny.
Alex sentì il suo cuore batterle furiosamente nel petto. Ci voleva un miracolo perché rallentasse!
Si mise una mano in fronte socchiudendo gli occhi e cercò di regolare il respiro. Doveva darsi una calmata. Il giorno prima era andata alla grande!
Sentì la porta di casa aprirsi e, prendendo la mano di Sonny, si avviò alla macchina. Mila chiuse la porta a chiave e raggiunse le ragazze.
Che avventura era quella. Mila non aveva mai mostrato indifferenza in quei tre giorni, aveva adorato ogni singolo momento, aveva accettato ogni sfida. L'aveva fatto per sua figlia. Non poteva darle granché, anzi. E se il suo contributo nel farla sorridere consisteva in quello, al diavolo tutto, l'avrebbe fatto senza pensarci due volte. Ma se fosse stato per lei avrebbe sempre fatto di tutto per Alex. L'ostacolo, però, era sempre stato uno solo: i soldi. Quei fottuti soldi che servono a tutto, e senza i quali non puoi andare avanti. Ormai tutto è legato ai soldi: per salvaguardare la tua salute devi pagare; per studiare devi pagare; per mangiare devi pagare; per avere un tetto sopra la testa devi pagare. C'era qualcosa di gratuito in quel mondo? Forse era un miracolo che non ci fosse una tassa sui respiri.
Mila chiuse lo sportello della macchina e accese il motore.
...O almeno ci provò.
Tentò più volte, ma con scarsissimi risultati che non sapeva spiegarsi.
Inizialmente Alex non ci diede tanto peso, stava sgrovigliando gli auricolari da condividere insieme a Sonny, ma quando Mila perse un battito temendo il peggio, Alex sembrò quasi avvertire la sua preoccupazione.
« ..Mamma? » 
Mila tentò un'altra volta, forse era la terza, o forse la quarta -non c'aveva fatto caso-, senza darsi per vinta. La macchina sembrava stesse per partire ma si bloccava sempre, e Mila riprovava, girando la chiave. 
« Andiamo.. andiamo! » disse Mila, tra un tentativo e l'altro, senza lasciar trasparire la preoccupazione nella sua voce.
Alex sentì i battiti del suo cuore che acclerevano spaventosamente. Che cazzo stava succedendo? Non poteva essere, non a lei, non ora che era il suo momento.
« Mamma, che c'è? » chiese Alex, questa volta allarmata. Sentiva perfettamente il rimbombo, nelle orecchie, del suo cuore che impazziva.
« La.. la macchina non parte » rispose Mila, sperando di sbagliarsi, sperando di riuscire a risolvere tutto, sperando si trattasse di una cosa del momento, e che presto -prestissimo- la macchina sarebbe partita.
Ma quelle erano proprio le parole che Alex non voleva sentirsi dire. Era palese che la macchina non partisse, ma sentirselo dire era un vero e proprio coltello in pieno petto. 
Aveva la bocca schiusa e guardava la mano di sua madre che impugnava un mazzetto di chiavi che scattava in avanti senza dare risultati, senza far partire la macchina.
Lei non lo vedeva, ma Sonny, al suo fianco, aveva la sua stessa espressione e provava la stessa paura di Alex. Sonny stava semplicemente pensando "No, non questo, non ad Alex" e, cosa davvero buffa, era lo stesso pensiero di Mila, che stava ormai perdendo la pazienza. 
Non le sembrava vero, e non poteva esserlo. Poteva essere tutto, fuorché reale. Un sogno -un incubo-, un qualcosa di immaginario che stava durando più del dovuto.
Cazzo, ma certe cose non esistevano solo nei film? O se davvero facevano parte della vita reale, non accadevano in situazioni ben più normali, di comune quotidianità? 
Perché doveva accadere proprio ad Alex, quando era arrivata sul più bello, al punto di realizzare il suo sogno? Perché doveva accadere proprio quando lei si era finalmente convinta che i sogni diventano realtà? Perché? Perché doveva accadere a una ragazza che dalla vita aveva avuto ben poche cose? ..Che aveva sofferto per anni? ..Che era sempre stata a guardare? Non aveva senso, e pregarono tutte e tre, disperatamente, che non fosse vero, o che perlomeno si aggiustasse tutto.
Un altro tentativo.
...Niente.
Mila aveva la mano sinistra sul volante, la destra che impugnava le chiavi. Chinò di poco il capo, sentendosi tremendamente in colpa.
« Alex.. » disse piano « Mi dispiace.. »
In quel momento Alex chiuse lentamente gli occhi, cercando di controllarsi e di non scoppiare a piangere, cercando di autoconvincersi che potevano riprovare e che magari la macchina sarebbe partita. 
Ma sapeva che non sarebbe andata così. 
I suoi occhi si inumidirono velocemente, non aveva avuto neanche modo di realizzare il tutto, il corpo reagiva già.
 
'Perché a me?' pensò Alex disperatamente.
 
Sonny si girò meccanicamente verso Alex, avendo paura persino di dire 'A'. Non voleva che Alex esplodesse, sapeva che in quel momento le ci voleva davvero poco per sbroccare. E sapeva anche che, se mai Alex le avesse dato addosso, non era Sonny il motivo della sua rabbia, ma quel tanto fottuto e nominato destino che l'aveva previta del suo attesissimo Never Say Never.
Vaffanculo il mondo.
Alex aprì lo sportello accanto a sé e scese.
 
Perché, perché?
 
Mise le mani tra i capelli, aveva il cuore a mille e le lacrime che già premevano per uscire. Stava tremando, non poteva vedere Justin. Ma per quale fottuto motivo? Non le sembrò di meritarlo.
Guardò un attimo in cielo e si avvicinò al finestrino della madre, che non si stava ancora arrendendo del tutto, e lanciò anche un'occhiata a Sonny, supplicando entrambe.
« E se andassimo a piedi? » propose disperatamente. Le tramava la voce, era chiaramente agitata.
Mila storse un po' la bocca, non tanto propensa.
« Alex.. non credo sia possibile.. » cominciò la madre « E' lontano da qui e non arriveremmo in tempo.. inoltre ci stancheremmo. »
« Non è lontano, mamma, ti prego, ce la possiamo fare! Alziamo il passo! Per favore! »
« Alex.. Sai che voglio aiutarti, voglio accompagnarti a vedere Justin, ma sai anche che non ce la faremmo. E' impossibile, non possiamo farci tutta quella strada a piedi. Ragiona un attimo. »
Alex si stava disperando. No no, non poteva andare così. Justin sarebbe andato via quel giorno, doveva vederlo ancora, doveva vederlo un'ultima volta e salutarlo.
« Mamma, tu non capisci. Io devo vederlo. Devo sapere se ha letto la mia lettera, devo ringraziarlo per i biglietti, devo chiedergli perché proprio io, devo salutarlo, devo- devo.. »
« Alex! » la chiamò Mila « Non agitarti, per favore. Mi dispiace molto, davvero, sai che mi dispiace, ma non possiamo fare niente. E' lontano e.. »
« Mamma- »
« Lo vedrai direttamente al concerto, d'accordo? »
Alex non poteva crederci. Se fosse stato un cartone animato la sua bocca si sarebbe spalancata così tanto da toccare terra.
« No! No, non sono d'accordo! Tu mi hai vista piangere per quattro anni! E anche tu, Sonny! » disse rivolgendosi alla sua migliore amica, che era ancora in macchina e osservava la scena in silenzio. « Mi avete vista disperarmi, sono sempre stata male, non ho mai avuto la mia occasione, non l'ho mai visto! E ora non posso non vederlo solo perché questa stupida macchina non parte! Non ci sto! »
Aveva il cuore a mille, voleva urlare fino a graffiarsi la gola, sfondare qualsiasi cosa. Ma più di tutto, voleva prendere a calci quel rottame.
E Mila si sentiva terribilmente in colpa: quella "stupida macchina" non partiva, sentiva di averne la colpa, lei non aveva soldi per aggiustarla o per comprarne una nuova. Lei non riusciva a farla partire, lei non sapeva aggiustarla, lei non sapeva cosa fare. 
Sospirò.
« Alex, ti capirei come tu desideri qualora tu non avessi mai e dico mai visto Justin. Ti capirei se questo fosse il tuo primo incontro, il primo giorno, e andasse tutto male. Allora ti capirei. Ma per quanto questo possa infastidirti e farti del male, l'hai già incontrato due volte. Io capisco che stai male, sto male anch'io, credimi, non voglio questo per te. Volerei e ti porterei con me, se potessi farlo. Ma non devi reagire così, consolati col pensiero che l'hai già incontrato e lui ti ha regalato i biglietti del suo concerto. Lo andrai a vedere, lo sentirai cantare. Non è mica poco, o sbaglio? »
Il viso di Alex si contrasse in una smorfia da 'nonpuòsuccedereproprioame'.
Era davvero sua madre a parlare? Lei non lo credeva possibile. Mila le aveva sempre detto che l'avrebbe accompagnata da lui, perché non meritava di star male e voleva fare la sua felicità. E Sonny diceva sempre di crederci e di lottare. Come potevano, adesso, parlare in quel modo? Come potevano mollare e pensare che Alex facesse altrettanto? Non esisteva nel modo più assoluto.
« Tu non capisci. » insistette Alex. Era vero, sua madre non capiva. Voleva farla contenta, okay, ma non l'aveva mai capita veramente e questo Alex l'aveva sempre saputo. « Okay. Va bene. Non importa. » 
Spezzettò quella frase con tanta rabbia e, senza degnare Mila e Sonny di uno sguardo, girò i tacchi ed entrò furiosamente in casa. 
Non voleva reagire così, non voleva far pesare niente a sua madre, non voleva comportarsi da bambina; non si trattava di un capriccio, e lei non era viziata. Poteva essere tutto fuorché viziata: lei non aveva avuto un cazzo dalla vita.
Non voleva mostrarsi ingrata nei confronti di Mila e Sonny, ma cosa ben più imprtante: non voleva starsene lì con le mani in mano, doveva fare qualcosa, con o senza l'aiuto di qualcuno.
 
'Io lo devo vedere.' continuava a pensare. 
 
Aveva gli occhi lucidi e un peso enorme sul suo cuore. Voleva strapparsi i capelli dalla rabbia, voleva tirare calci e urlare. Non aveva mai reagito -o creduto di poter reagire- in quel modo, ma in quel momento era tutto spontaneo. Aveva davvero un incredibile senso di ingratutidine verso la vita. 
Okay, aveva abbracciato Justin due volte, ed era stato a dir poco perfetto, non credeva di meritarsi tanta fortuna -anche se, detto fra noi, la meritava eccome-. Ma non credeva neanche di meritare una simile fregatura. Perché non vivere il sogno fino alla fine? Ormai c'era dentro, perché non doveva incontrarlo? Lei doveva sapere, doveva parlargli, doveva abbracciarlo. Doveva semplicemente guardarlo, stare davanti a lui, stare accanto a lui.
Il senso di colpa la invase lentamente: aveva fatto star male sua mamma senza alcun'ombra di dubbio, e non aveva rivolto la parola a Sonny, se non per arrabbiarsi.
Lo riconosceva, aveva esagerato, ma cavolo aveva tutte le ragioni del mondo per esagerare.
In quel momento sentì la porta d'ingresso chiudersi.
« Alex? » sentì chiamarsi questa da sua madre, che si dirigeva nella sua stanza.
« Cosa? » rispose semplicemente. Non voleva sentire cose tipo 'Non starci male', altrimenti non sapeva come avrebbe reagito.
Mila entrò nella sua stanza lentamente, come se qualche movimento brusco avesse potuto far esplore Alex.
Si sedette sul suo letto: « Mi dispiace.. »
« Non importa. Dalla vita, dalla mia vita, non devo aspettarmi niente. » rispose acidamente Alex. E si pentì anche di avere usato quel tono, lei non era solita rispondere così. Non era mai successo.
« Giuro che se potessi fare qualcosa la farei. » disse mestamente la madre.
Alex le stava dando le spalle, guardava fuori dalla finestra. Vedeva Sonny che se ne stava andando, era arrivata alla fine della strada.
« Lo so. » rispose lei. 
In realtà stava pensando "Non è vero, avresti potuto accompagnarmi anche senza macchina", ma non voleva farla stare male, non aveva il diritto per risponderle in quel modo. Sua madre le voleva bene, aveva sempre fatto di tutto per lei. Non meritava un simile trattamento.
« Però.. per favore.. non stare così.. »
Alex chiuse gli occhi e sospirò.
« Mi passerà. » rispose « Posso stare un po' da sola? »
Alex non poté vederla, ma Mila chinò leggermente il capo, ferita da quella visione: sua figlia stava male, ancora. Quella doveva essere una giornata perfetta, e invece..
« Va bene » rispose Mila alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta. 
In quell'istante Alex venne colpita da una strana e spaventosa idea. 
Voleva andarci si o no? Sì. E allora ci sarebbe andata.
Non era sicura al 100% di ciò che aveva pensato, aveva paura. Ma le paure andavano affrontate, giusto?
« Mamma » la chiamò. Mila si girò e la guardò. « Preferirei stare sola per tutto il giorno. Non.. non mi chiamare, e non prepararmi niente da mangiare, non mangerei niente. »
Mila stava per risponderle, ma dopo aver riflettuto per pochi istanti sulla 'richiesta' di Alex si trovò ad annuire. L'aveva già vista in quelle condizioni, e non aveva mai potuto fare niente. C'aveva sempre provato, con scarsi risultati.
« Come vuoi, tesoro.. »
Alex la vide chinare leggermente il capo e uscire dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
 
..Non poteva restare tra quelle quattro mura, che -per quanto potessero darle calore e protezione, specialmente con i poster di Justin- la soffocavano.
Non poteva restare in camera sua e guardare delle foto di Justin, sentirsi guardata da un poster. Lei doveva guardare Justin, non una foto. Doveva farsi guardare da quegli occhi color miele, lo stesso dei capelli, non da un poster.
Doveva andare.
Si morse l'interno della guancia, sentendosi invadere da un 5% di indecisione. Che fare? Non pensare a niente e lasciarsi andare per la propria felicità, o rispettare le regole e morire dentro? 
Quella era proprio una di quelle situazioni del cazzo, dove non si sapeva bene da che parte stare: quella della pazzia o quella della normalità.
Quello che voleva fare Alex non era propriamente normale, ma era tentata. Aveva paura, ma le paure si affrontavano. Doveva farlo. Dentro di sé aveva una gran carica, sentiva di voler fare qualcosa che -per una volta- non rientrava nei progetti da brava ragazza.
...Fanculo!
 
'Scusa, mamma.' pensò Alex sentendosi male.
 
Aprì la finestra della sua camera e, senza far rumore, cercò di sgattaiolare fuori di casa. Diede un'ultima occhiata alla stanza, si morse le labbra, e socchiuse la finestra, ormai fuori di casa.
Sentiva che sarebbe arrivata troppo tardi, ma almeno sarebbe arrivata.
Non sapeva come avrebbe fatto a incontrare Justin, ma ci sarebbe riuscita, ne era sicura. A costo di aspettarlo tutto il giorno. Sperando che la madre non si accorgesse della sua assenza.
Si mise la strada sotto i piedi e andò il più veloce possibile. 
Non stava facendo proprio una pazzia, tutto quello aveva una spiegazione, e la spiegazione aveva pure un nome: 
Justin Bieber.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO RAGAZZE :)
PURTROPPO NON E' GRANCHE' QUESTO CAPITOLO, MA PENSO CHE IL PROSSIMO VI PIACERA', SE DECIDETE DI RESTARE E DI VEDERE COME CONTINUA LA STORIA.
SE NON E' TROPPO, POTETE RECENSIRE LA STORIA? A VOI COMUNQUE NON COSTA NIENTE, ANZI, SE RECENSITE IL SITO VI DA' PURE DEI PUNTI A SECONDA DI QUANTO SCRIVETE, ECCETERA. E A ME CONVIENE SAPERE QUELLO CHE LA STORIA VI TRASMETTE, PERCHE' SE NON VI PIACE NON SO SE HA SENSO CONTINUARLA :) DITEMI QUALSIASI COSA, DAVVERO, PURE CHE FA SCHIFO. NON MI OFFENDO NE' NIENTE, MA HO BISOGNO DI SAPERE SE QUESTA STORIA TRASMETTE QUALCOSA, BELLA O BRUTTA CHE SIA.
 
PER FAVORE MI FATE SAPERE? SPERO DI SI.
UN BACIONE A TUTTE :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Yes, it's worth fighting for. ***


Ma che cacchio le era venuto in mente?
Sgattaiolare fuori di casa in quel modo, con tutti i rischi che poteva correre, a partire da quello forse più banale in confronto ad altri: sua madre poteva entrare in camera sua per qualsiasi motivo proprio mentre lei stava uscendo fuori dalla finestra. 
Ormai era a un buon punto ed erano passati quindici minuti, forse. 
Ancora non poteva crederci: era scappata di casa per Justin. Non aveva detto niente a sua madre, non aveva neanche avvisato Sonny, non aveva fatto niente di niente, se non aprire la finestra e scavalcarla senza troppi problemi. Più ci pensava e più non poteva crederci: lei. era. scappata. di. casa.
Con sé aveva solo l'mp3, ce l'aveva da quando era entrata in macchina.
Aveva il cuore a mille per la pazzia che stava facendo, per la paura che sua madre potesse accorgersi della sua assenza, per la paura che potesse accaderle qualcosa lungo la strada, per paura di incontrare ancora gli occhi di Justin.
Paura di guardare Justin negli occhi? Ebbene sì. Perché? Perché non era pronta. L'aveva incontrato due volte, e per lei era surreale che lo sguardo di Justin potesse veramente incontrare il suo. Le venne da pensare che quasi non aveva senso, perché, insomma, perché mai una persona come Justin dovrebbe guardare una come lei? Lei non era degna neanche di un suo sguardo.
Aveva paura di guardarlo negli occhi e di crollare, aveva paura di sentire il proprio cuore cedere, aveva paura di risentirsi perdutamente innamorata, aveva paura di realizzare ancora una volta che lei non era nessuno, lui era qualcuno, ed entrambi avevano la propria vita da vivere: lui avrebbe iniziato il Tour, avrebbe fatto il giro del mondo, l'avrebbe dimenticata in pochi secondi. Lei invece sarebbe stata a casa a sognarlo come sempre e non l'avrebbe dimenticato, mai.
Aveva paura di un sacco di cose, persino di essere felice. Nessuno l'aveva mai resa felice, non come faceva Justin. Era incredibilmente strano! Justin non conosceva Alex, e Alex effettivamente non conosceva Justin; eppure lei dipendeva dall'esistenza di lui, e lui era in grado di renderla felice con così poco. Quello era un dono. Justin rendeva felici le persone.
Grazie a quei pensieri, il senso di colpa che alloggiava in Alex quasi si affievolì: l'immagine di quel ragazzo si fece sempre più nitida nella sua mente, il suo cuore si alleggerì, e una gran carica si impossessò di lei e delle sue gambe, che cominciarono a guidarla velocemente verso la ragione dei suoi sorrisi.
 
 
 
*
 
 
 
Un trillo. 
Due trilli. 
Tre trilli. 
Quattr-
« Pronto? » 
Justin rispose così, senza neanche controllare il nome sul display.
Una voce maschile non tardò ad arrivare.
« Justin, sto venendo a prenderti »
Ed eccolo lì: il tono quasi autoritario e distaccato di Moshe che non peccava mai nel suo lavoro. Era senz'altro una gran guardia del corpo, ma al momento sembrava davvero troppo ..rigido. Era l'esatto opposto di Kenny, quell'omone caratterizzato per lo più da sorrisi contagiosi.
Moshe forse era fin troppo bravo nel suo lavoro e, per quanto la cosa potesse tranquillizzare Justin per il senso di protezione che gli dava, un po' gli dispiaceva: non era come Kenny.
Moshe non era Kenny.
In quel momento Justin era in un fastfood a mangiare prima di dirigersi alla sala prove. Moshe era già sul posto, aveva controllato la situazione e ora doveva tornare indietro.
« Inutile dirti che qui ci sono delle ragazze che ti aspettano, perciò preparati » continuò la guardia del corpo.
Justin annuì come se Moshe potesse vederlo e parlò: « Non preoccuparti »
La chiamata terminò e lo sguardo di Justin venne catturato dall'immagine che aveva come sfondo del telefono: c'era Selena.
Già, Selena.
Lui non ne era innamorato. Non la amava, come lei non amava lui. La loro non era una vera relazione, ma questo non lo sapeva nessuno. Si trattava di semplice attenzione mediatica -non tanto per Justin, quanto per Selena- e basta.
Il mondo di Justin non era formato solo da concerti, studi di registrazione, premiazioni, eccetera. Il suo mondo era formato anche da paparazzi, notizie, scoop, bugie. Non importava cosa ne pensasse Justin, era il suo lavoro, non dirigeva lui la sua vita, ci pensava qualcun altro, e quel qualcuno non soddisfava mai i desideri del cantante.
Justin provava stima nei confronti di Selena: passavano insieme molto tempo, parlavano, scherzavano, era normale provare simpatia nei suoi confronti. Ma l'amore... quello non aveva nulla a che fare con il loro rapporto. 
Justin sospirò appena, pensando che -per quanto potesse aiutare Selena nel successo- quella situazione non gli piaceva. Lei era una bella ragazza, ma non era la sua ragazza. Eppure doveva avere la sua foto come sfondo del telefono, perché serviva: più volte era riuscito a farsi fotografare con il telefono in mano, e si vedeva chiaramente Selena. Quella era una cosa che faceva parlare molto anche i fans.
Ma probabilmente presto sarebbe finito tutto quanto. Probabilmente presto avrebbe trovato davvero una persona da amare e avrebbe smesso di fingere.
L'amore non era il pensiero che gli caratterizzava le giornate, questo no, ma ogni tanto desiderava delle vere attenzioni, sia da dare che da ricevere.
Era un ragazzo di diociotto anni, aveva commesso degli sbagli anche con le ragazze, ma si chiedeva se sarebbe stato possibile riprovare ciò che aveva provato con Caitlin. O magari anche qualcosa di più forte e duraturo, dopotutto era ancora un ragazzino quando si fidanzò con Caitlin.
Sorrise. 
Caitlin.
Era davvero una brava ragazza e le mancava molto.
Non avevano proprio smesso di sentirsi, è solo che per lui era molto difficile farsi vivo, con quella vita che si ritrovava. 
Ciononostante, però, lui teneva all'amicizia, e per Caitlin -e i suoi più cari amici- c'era e ci sarebbe stato sempre.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla presenza di Moshe, che lo portò sul van.
D'un tratto -ed era una cosa che capitava spesso- Justin venne investito dalla realtà: stava andando nella sala prove del Believe Tour. La sua vita era piena: non era più un ragazzino di Stratford, non si confondeva più tra la gente, non era più 'uno qualunque'. Era Justin Bieber, la star di fama mondiale. Non poteva farsi una normale passeggiata senza essere continuamente fermato dalla gente per una foto o un autografo. La sua vita era completamente cambiata, e per quanto fosse contento di essere riuscito a realizzare i suoi sogni, era una vita che lo soffocava: voleva tutto quello, ma voleva anche una vita privata, che purtroppo gli era stata tolta. Era senz'altro quello il prezzo da pagare per essere.. Justin Bieber.
In quel momento era in strada e, dal finestrino, scorse una Los Angeles tranquilla, bella, che a lui piaceva da morire. 
Segno che era arrivato, vide anche delle Beliebers che lo attendevano pazientemente; probabilmente erano le stesse del giorno prima. 
Un pensiero piuttosto... -non sapeva come definirlo: bizzarro? Insolito? ...Bello?- gli attraversò la mente: sicuramente, tra quelle ragazze, c'era anche Alex.
Anche solo il suo nome lo fece sorridere. Sicuramente l'avrebbe trovata agitata, non tanto abile nel tirar fuori delle frasi di senso compiuto. L'avrebbe trovata sorridente, chissà magari con gli occhi lucidi. Si sarebbe sentito dire "Grazie Justin, grazie per i biglietti" o qualcosa del genere. Qualcosa che gli facesse capire quanto lei fosse al settimo cielo. Justin era sicuro di aver fatto una bella cosa, e -per quanto sarebbe potuto sembrare strano alle persone- fu invaso da una strana emozione: voleva vedere la reazione di Alex.
Scese dal van dopo che Moshe gli si parò davanti e una serie di "Ciao Justin!", "Hey Justin!" lo riportarono alla realtà.
« Ciao Justin, come stai? »
Justin alzò lo sguardo e due iridi verdi lo catturarono. Ricordava di aver visto quella ragazza il giorno prima ma non sapeva il suo nome.
« Bene, tu come stai? » rispose Justin mentre le autografava una foto.
« Benissimo! » disse la ragazza ridendo nervosamente « Ci facciamo una foto? »
« Certo! » rispose lui, piazzandosi al suo fianco e guardando nell'obiettivo.
« Grazie Justin! » il sorriso di quella ragazza s'era piazzato sul suo viso e probabilmente niente l'avrebbe tolto da lì.
Justin passò avanti. La seconda, la terza, la quarta Belieber, e così via, sempre la stessa scena, fino a quando non si ritrovò a pochi passi dall'entrata.
Aveva soddisfatto i desideri di ogni ragazza: le aveva guardate bene in viso, aveva parlato con tutte, ma... lei non c'era.
Perché? Forse stava facendo tardi?
Le sue sopracciglia erano leggermente aggrottate, il suo sguardo vagava nella piccola folla creatasi davanti all'entrata. Ne era sicuro: Alex non era lì.
Probabilmente se fosse stato possibile sarebbe rimasto lì fuori ancora un po', parlando con le sue Beliebers, giusto per accettarsi del fatto che Alex era davvero in ritardo, ma la mano di Moshe saldamente poggiata alla sua schiena lo spinse all'entrata.
Le sue Beliebers, visibilmente contente, lo ringraziarono sinceramente e lo salutarono con le lacrime agli occhi e dei sorrisi che partivano da un orecchio e arrivavano all'altro. Justin sorrise per poi salutarle, mentre ormai la porta alle sue spalle si chiudeva.
Forse non aveva motivo per porsi quella domanda, ma... perché Alex non si era presentata?
 
 
 
*
 
 
Aveva il fiatone. 
Sarà stata l'ora di pranzo -non lo sapeva perché non poteva vedere l'orario da nessuna parte-, il Sole era proprio su di lei, aveva corso, c'aveva messo un po' di tempo e sentiva che da un momento all'altro sarebbe crollata. Ma, diamine, era lì.
Alex era arrivata.
Non c'era più nessuno, però, il che la fece star male un po'. Era arrivata tardi.
C'erano solo due ragazze lì davanti, e una di loro aveva una maglia di Justin. Quando Alex lo notò, mise l'imbarazzo da parte per due fottutissimi secondi e parlò: « Scusate? »
Le ragazze, che avranno avuto suppergiù la stessa età di Alex, si girarono e la guardarono. 
« Justin è già- è già arrivato? E' dentro? » aveva ancora il fiatone.
« Sì, è arrivato venti minuti fa » risposero entrambe. 
Il cuore di Alex si bloccò per pochi istanti. Era davvero arrivata tardi, Justin era già dentro e lei... se l'era perso. 
Si sforzò di sorridere ed educatamente rispose: « Oh, d'accordo, grazie mille.. »
Le ragazze le sorrisero appena e poi, sistemandosi la tracolla in spalla, si allontanarono. Il sorriso sul volto di Alex sparì non appena le ragazze si voltarono, e il suo viso si contrasse in una smorfia di puro dolore.
Porca miseria... perché? Perché era arrivata tardi? Si maledisse mentalmente: doveva correre più velocemente, non doveva fermarsi per prendere aria, aveva sprecato molto tempo! E poi... quella macchina! Se non fosse stato per la macchina Alex non si sarebbe permessa di allontanarsi di casa in quel modo.
E ora Justin era dentro... lei non l'aveva visto.
Il pensiero che comunque fosse a pochi passi da lei, nello stesso posto, sotto lo stesso Sole, la rincuorò un po'.
Ormai era lì, ormai era arrivata... doveva andare via? E a cosa sarebbe servito tutto quello? No, non poteva andar via per due motivi: prima cosa, era lì per Justin e doveva vedere Justin, a costo di mettersi contro tutto il mondo; seconda cosa, era troppo stanca, aveva percorso una lunga strada per circa tre quarti d'ora e non se la sentiva di tornare subito a casa, non ce la faceva, era stanca. Le tremavano le gambe, un po' per l'emozione che provava al pensiero di vedere Justin, e un po' per la stanchezza.
Si sedette vicino l'entrata, nell'attesa che le sue gambe smettessero di tremare e che il suo cuore riprendesse a battere regolarmente. 
Chissà, magari durante l'attesa sarebbe uscito qualcuno dalla sala, e lei avrebbe potuto rivedere Justin.
 
'Justin sono qui... esci, ti prego.'
 
 
 
*
 
 
 
Erano passate forse tre ore dall'ora di pranzo, Mila stava finendo di sistemare la cucina.
La TV era accesa, sintonizzata sul canale... sul canale... pff, non sapeva nemmeno lei quale, stava pensando ad altro.
Non era lei la ragazzina che era stata delusa, ma cacchio era triste. C'era rimasta seriamente male. La sua Alex era ancora nella sua camera, forse a piangere disperatamente nel letto. 
No, disperatamente forse no, non sentiva niente provenire dalla sua stanza; ma sapeva solo che era distrutta, forse così tanto dal non saper reagire.
Mila si sentiva tremendamente in colpa: era tutta colpa sua. Non era riuscita a mettere in moto la macchina! C'aveva provato e riprovato tante volte, non aveva tenuto il conto, ma era sicura di non essersi arresa facilmente.
Un suo stesso pensiero le trafisse il cuore: non era la mamma che avrebbe voluto essere per Alex. 
Sì, le aveva insegnato cosa fosse l'amore, le aveva insegnato il rispetto, le buone maniere e tanto tanto altro. Ma una casa sicura chi gliela dava? Quella in cui si trovavano poteva cadere sulle loro teste da un momento all'altro: da quando suo marito era morto, Mila non s'era più presa cura della casa perché non aveva abbastanza soldi per curarla piano piano.
Voleva bene a sua figlia, Alex era davvero una ragazza adorabile e si accontentava del nulla, ma il punto era proprio quello: Alex non meritava il nulla, non meritava quella vita. Mila voleva comprarle un cellulare, magari uno di quel telefonini moderni che hanno tutti i ragazzi; voleva comprarle dei bei vestiti, voleva comprarle tutto quello che Alex desiderava, specialmente quei dannati biglietti. Mila voleva accompagnarla ai concerti di quel Justin, voleva vivere quelle avventure per il gusto di veder sorridere veramente sua figlia, e sapere di averne il merito. Voleva dare tutto ad Alex, eppure non poteva darle niente.
Non poteva neanche assicurarle un viaggio in macchina che la portasse dal suo idolo, nella loro città, perché quel rottame non andava!
Sì, Mila si sentiva in colpa, decisamente.
Fortunatamente in quella casa almeno il telefono funzionava perfettamente: in quel momento stava squillando. Mila lo prese in mano e rispose: « Pronto? »
« Pronto, ehm, parlo con la signora Thompson? » rispose una voce femminile dall'altra parte.
« Sì, chi è? » 
« Oh buon pomeriggio signora Thompson, scusi il disturbo, mi chiamo Ruth. Lavoro al Cafe Americano, ho assunto sua figlia pochi giorni fa »
Mila si sentì persa per pochi istanti, poi rispose: « Oh sì, sì, mi dica »
« E' successo qualcosa ad Alex? Doveva venire a lavorare un'ora fa ma ancora non c'è, sono preoccupata »
Cavolo, è vero! Il Cafe Americano! Alex non c'era andata, se n'erano dimenticate entrambe. Certo, con la depressione che albergava lì dentro...
« Accidenti, è vero. Scusi, è che Alex oggi non sta molto bene... sicuramente se n'è dimenticata. Ci spiace molto, avrebbe dovuto essere avvisata. La prego, ci scusi. Adesso l'avverto » rispose Mila, mentre si incamminava verso la stanza della figlia.
« Oh, non si preoccupi signora Thompson, se Alex sta male non è un problema. Mi sono solo preoccupata non vedendola arrivare, ma l'importante è che almeno è lì con lei »
Mila si disse che avrebbe tentato, avrebbe chiesto ad Alex se se la sentisse o meno di andare a lavorare. Dopotutto aveva preso un impegno. La vita privata, i sentimenti, andavano messi da parte quando si trattava del lavoro. Ecco un disagio dell'affrontare questo periodo della vita durante l'adolescenza: il lavoro era per gli adulti.
« Oh no, il lavoro è lavoro. Adesso l'avviso, non si preoccupi, e la ringrazio per il suo interesse » sorrise Mila.
« Si figuri. A risentirla! »
Appena la chiamata terminò Mila bussò lievemente alla porta della camera di Alex. Non sentiva niente, pensò che stesse dormendo. 
« Alex? » la chiamò piano, ancora dietro la porta. Non ricevette alcuna risposta e bussò ancora: « Alex? »
Sì, sicuramente stava dormendo. Mila aprì piano la porta, facendo attenzione a non fare troppo rumore. Fece capolino nella stanza di sua figlia e le ci vollero pochi secondi per realizzare il tutto: non c'era nessuno.
La stanza era vuota, il letto era disfatto come lo era non molte ore prima, quando Alex si era svegliata.
Mila perse un battito. No, rettifico, non perse un battito, il suo cuore aveva semplicemente ceduto.
Dov'era Alex? 
Portò instintivamente una mano sul petto, mentre la mandibola cominciò a tremarle spaventosamente.
« Alex.. » sussurò senza fiato « Alex.. » ripetè, come se ripetendo ancora una volta il suo nome avrebbe fatto comprarire sua figlia da un momento all'altro.
« Alex! » urlò Mila, sentendosi inumidire velocemente gli occhi. Stava per svenire, se lo sentiva. Non le arrivò nessuna risposta, da nessuna parte della casa.
« Oh mio Dio.. » disse, passando la mano dal petto alla fronte. 
 
 
 
*
 
 
 
Alex era lì da ore ormai. Non sapeva dire quante, ma sentiva di non aver aspettato pochi minuti. Vi basti sapere che quand'era arrivata, il Sole era proprio sulla sua testa, mentre in quel momento c'era una fascia rossa all'orizzonte e il Sole che piano piano scompariva.
Alex si ritrovò a pensare che forse erano 18:30, magari anche le 19:00, non lo sapeva proprio. Era ancora lì seduta, con la schiena appoggiata al muro.
Aveva la sensazione che sua madre avesse già scoperto tutto, che si fosse accorta della sua assenza, perché com'era possibile che l'avesse lasciata sola in camera per tutto il giorno senza mai tentare di consolarla? Sua madre era fatta così, la pensava anche quando Alex le diceva di lasciarla in pace. Le voleva bene, non poteva metterla da parte in quel modo, non c'era mai riuscita. Ma solo una domanda si stava facendo Alex in quel momento: perché non era ancora andata a prenderla? Va bene, la macchina non partiva, ma l'amore di un genitore va oltre uno stupido rottame.
Si rifiutò di credere che sua madre non sapeva dove potesse trovarsi Alex, era ovvio che fosse da Justin, dove altro sarebbe potuta andare? Ma lei era ancora lì, sola, ad aspettare.
Il suo mp3 era quasi scarico, ormai. Aveva sentito tutte le canzoni, dalla prima all'ultima, per tipo un milione di volte. Lei non si era stancata, anzi, era bellissimo sapere che mentre lei ascoltava il suo idolo, lui era alle sue spalle, nell'edificio al quale lei era appoggiata. 
E poi più volte era uscito qualcuno dall'edificio, ma mai nessuno l'aveva aiutata. Ogni qual volta usciva qualcuno, Alex riusciva a essere così sfacciata da dire 'C'è Justin dentro? Non può uscire un attimo fuori?', e subito qualcuno la prendeva in giro dicendo 'Sì sì, certo, ora te lo chiamo' oppure 'E' occupato, ti pare che esce fuori per te?' o ancora 'Justin? Chi è Justin? Qui non c'è nessun Justin'. Ad Alex veniva semplicemente da piangere. Voleva solo... abbracciare il suo idolo, perché la gente doveva essere così stronza? Cosa costava a loro entrare dentro e dire 'Hey, Justin, fuori c'è una ragazzina che vuole salutarti'? Quanto poteva essere brutto e complicato un simile gesto? Quanto poteva essere difficile ricordare una simile frase? Lei non lo capiva. Se fosse stata lei una di quelle persone lì dentro, e qualcuno le si fosse rivolto dicendo 'Sono qui per Justin, puoi farlo uscire?' Alex non se lo sarebbe fatto ripetere due volte, avrebbe cercato di realizzare quel sogno. E male che doveva andare, sarebbe tornata fuori e avrebbe dento 'In questo momento non è possibile, aspetta ancora un po' ed esce'.
Ma no, gli altri si divertivano. Nessuno la capiva.
In quel momento si stava torturando le mani, non sapeva più cosa guardare, aveva consumato ogni cosa di quella zona: edifici, cespugli, alberi, tutto. La strada, il pavimento, il van, tutto, aveva visto tutto, probabilmente li avrebbe anche sognati la notte.
Sentiva di dover tornare a casa, ma lei non voleva farlo. Sentiva che se avesse aspettato ancora un po' sarebbe riuscita ad abbracciare Justin.
L'unica cosa è che aveva una simile sensazione da quando era arrivata, e Justin non usciva mai. Aveva paura, paura di aver fatto tutto quello per niente, paura di aver fatto soffrire sua madre -magari vanamente-, paura di aver fallito. Aveva una paura fottuta, e non potè far a meno di sentirsi un completo disastro.
Cos'aveva fatto? 
Gli occhi cominciarono a pizzicarle, e la bocca le tremava. Stava per piangere, e in quel momento desiderò solamente che la frase "Everything's gonna be alright" non fosse solo la frase di una canzone, non fosse solo nel suo mp3. Desiderò che fosse reale. Desiderò che Justin le asciugasse le lacrime e l'aiutasse.
Buffo. Lei piangeva, ma un motivo per non piangere ce l'aveva: era lo stesso motivo per il quale continuava a vivere, ed era a pochi metri da lei. Solo che lui neanche sapeva di cosa stesse accadendo fuori dall'edificio.
Alex si mise le mani nei capelli, abbassò la testa e cominciò a piangere.
Si sentiva una scema, una povera scema che s'era solamente illusa e che -come se non bastasse- aveva fatto star male sua madre. Perché ne era sicura, sua madre sapeva tutto e stava a dir poco morendo.
Una, due, tre, sei, dieci, venti, mille lacrime le rigarono il viso e lei non riuscì a controllarsi, tanto che venne scossa dai singhiozzi. Quel pianto la stava scombussolando così tanto che Alex non si accorse neanche che dalla porta accanto a sé uscì qualcuno.
 
« Alex? » 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO RAGAZZE :) PERDONATEMI, SO CHE QUESTO CAPITOLO FA SCHIFO ED E' CORTO, MA NON POTEVO ALLUNGARE IL BRODO E ANNOIARVI. INOLTRE STO AVENDO DEI PROBLEMI E HO PENSATO CHE SAREBBE STATO MEGLIO FINIRLO ADESSO E POSTARLO ADESSO E NON TRA MAGARI TRE-QUATTRO MESI QUANDO MAGARI QUALCUNA DI VOI HA GIA' PERSO L'ENTUSIASMO.
COMUNQUE SPERO CHE SIATE RIUSCITE A TROVARE DEL BELLO ANCHE IN QUESTA MER*A DI CAPITOLO, LOL.
SE LASCITE UNA RECENSIONE E MI DITE IN COSA SBAGLIO, O COSA NON VI E' PIACIUTO DI QUESTO CAPITOLO, O MAGARI COSA PENSATE CHE SUCCEDERA' NEL PROSSIMO (VEDETE VOI COSA DIRE, QUALSIASI COSA VA BENE) MI FATE ANCHE UN PIACERE. SPERO CHE MI DIRETE LA VOSTRA..
UN BACIONE E GRAZIE :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** He's always there. ***


« Alex? » 
 
La ragazza in lacrime seduta lì alzò automaticamente la testa.
Era troppo presa dalle lacrime, dai suoi cattivi pensieri che purtroppo rispecchiavano la realtà, era ancora scossa dai singhiozzi, con le mani tra i capelli. Aveva solo sentito il suo nome, e in un momento come quello non si era chiesta "Chi mi chiama?", aveva alzato lo sguardo e basta. 
Non si era neanche presa qualche secondo per registrare quella voce e riconoscerla, non si era presa neanche una frazione di secondo per realizzare che era lui a chiamarla. Aveva guardato e basta. E nel preciso istante in cui i suoi occhi annacquati avevano incontrato i suoi, il resto del mondo aveva cessato d'esistere per lei.
Non seppe neanche se sperare che quello non fosse reale -perché era troppo per lei-, o ringraziare Dio perché aveva ascoltato le sue preghiere.
Le sembrò quasi di vedere nero attorno a lei, non vedeva più neanche gli alberi sullo sfondo, non vedeva più neanche i cespugli, non vedeva più neanche la porta che era ancora aperta lì davanti a lei. Vedeva solo lui.
Non appena Justin vide il naso arrossato di Alex, e gli occhi umidi e gonfi, si piegò su di lei.
« Alex, che ci fai qui? Sei sola? Perché stai piangendo, cos'è successo? » La preoccupazione nella sua voce era palpabile, e Alex esplose. 
Lui era lì, davanti a lei, era uscito proprio quando lei stava male, proprio quando lei sperava di ricevere un po' di conforto da lui, proprio quando lei immaginava di sentirsi dire 'Non preoccuparti, andrà tutto bene'. Proprio quando lei ne aveva tremendamente bisogno.
Nei giorni precedenti lei guardava Justin e pensava 'E' qui, è il mio idolo, l'ho sognato per quattro anni e ora è davanti a me', ma in quel momento, in quel nano secondo, non lo vide per niente come il suo idolo. Non pensò 'Cavolo, guarda in che situazione mi trovo con il mio idolo', come molti potevano pensare. In quel momento lo guardava con gli occhi dell'amore, lo vedeva come il ragazzo di cui lei era innamorata, il ragazzo che amava, anche se non lo conosceva veramente. 
...Anche se non lo conosceva per niente.
Il pensiero che non fosse più sola, il pensiero di avere Justin davanti a sé -con la preoccupazione stampata in viso-, che le stava toccando il braccio, la fecero piangere ancora di più. 
Alex aveva gli occhi colmi di lacrime, ma vedeva comunque la bellezza di Justin. Era davvero davvero bello. E lei non si riferiva solo alla bellezza esteriore, ma a quella che Justin conservava dentro di sé e che in quel momento le stava mostrando solo fissando il suo sguardo nel suo. La ragazza, non potè fare a meno di amare ancora più intensamente il ragazzo davanti a sé, buono come pochi.
Nel realizzare quanto fosse incredibile Justin, Alex strizzò gli occhi e abbassò il viso, liberando altre lacrime.
« Alex, parlami » disse Justin, portando la mano destra sul mento della ragazza per alzarle il viso.
Alex veniva scossa ancora da dei singhiozzi e in quel momento non ragionò per niente, ascoltò il suo cuore: abbracciò Justin.
Lui sussultò appena ma non si tirò indietro: cinse Alex con le sue braccia e inspirò sui suoi capelli.
Non conosceva quella ragazza che aveva affondato il viso nel suo petto, conosceva solo il suo nome e i suoi occhi che l'avevano colpito sin da subito; conosceva la sua storia solo per una lettera ma non aveva mai veramente vissuto Alex, non la conosceva per niente, ma gli piacque subito quel momento.
Mentre Justin poggiava una mano sui capelli mossi di Alex, questa stringeva la maglia del cantante in un pugno. Era una sensazione bellissima, lui era la sua salvezza. 
« Calmati.. » disse Justin sottovoce. 
Non sapeva da dove gli uscisse tutta quella dolcezza. Insomma, non che fosse una cattiva persona, anzi, ma non si comportava mai così con una persona a lui sconosciuta.
Quei due non si conoscevano ma quel momento era così intimo che, nonostante le lacrime di Alex, piacque a entrambi.
Lui non conosceva lei, vero, ma non la vedeva neanche come una completa sconosciuta, e non sapeva spiegarsi il perché. Forse perché l'aveva vista ormai tre volte e c'aveva già parlato; forse perché era una Belieber e quindi non gli era del tutto indifferente; forse perché.. 
Niente. Non lo sapeva. Era una cosa inspiegabile che però non ripiudiava, affatto.
« S-Scusami, Justin.. » disse Alex tra i singhiozzi.
« Di cosa ti scusi? » chiese Justin, sciogliendo appena l'abbraccio per guardarla negli occhi, attendendo la sua risposta.
Alex non resse il suo sguardo, ma parlò lo stesso: « D-Di averti abbracciato in un modo così disperato, di essere scoppiata a pian-gere come una bambina. Scusa perché s-sarai pieno di impegni e io ti sto fa-cendo perdere temp-o.. Io- »
Justin non volle sentire altre scuse e la interruppe: « Non ti scusare, Alex. Sono io che mi sono avvicinato per aiutarti, e vorrei tanto capire perché stai piangendo. Cos'è successo? »
 
'Sei un angelo, Justin.' si ritrovò a pensare Alex, mentre gli dedicava uno sguardo pieno d'amore e lacrime.
 
« N-Nulla.. Effettivamente sto piangendo per uno stupido motivo » disse, mentre si asciugava una delle sue guance arrossate « E' solo che s-sono venuta qui per vederti, stamattina.. E tu-tu non c'eri, eri già dentro, e.. sono rimasta qua fuori da sola p-per tutto il giorno senza aver bevuto o mangiato, c-con il pensiero che probabilmente mia madre si è accorta della mia assenza e- »
« Aspetta, cosa stai dicendo? Tua madre non lo sa che sei qui? » chiese lui seriamente stupito. Era scappata di casa o cosa?
Lei scosse la testa.
« Ti sembrerò una stupida.. » disse lei « M-Ma io volevo solo vederti. La macchina non partiva e non sapevo cosa fare.. Justin, non potevo restare a casa. D-Dovevo vederti » L'ultima frase l'aveva detta abbassando lo sguardo, imbarazzata.
Justin era senza parole. Alex era scappata di casa per vederlo. Magari l'aveva raggiunto a piedi, magari volando, magari s'era fidata d'uno sconosciuto, magari si era teletrasportata, ma cacchio, era scappata di casa per vedere lui. Ed era rimasta là fuori tutto il giorno e-
Santo Dio.
« Alex.. » aveva detto lui, a corto di parole.
Lo sguardo della ragazza che Justin aveva davanti cambiò ai suoi occhi: sembrava spaventata. 
« T-Ti prego, Justin, non vedermi come una bambina.. Volevo solo vederti. Dovevo ringraziarti pe-per i biglietti.. Non avevo altra scelta.. »
Justin chiuse la bocca che fino a pochi secondi prima era dischiusa dallo stupore, e abbracciò il corpicino fragile che aveva davanti.
« Non piangere, Alex » disse lui, accarezzandole i capelli -ancora quel gesto dolcissimo che non sapeva spiegarsi- « Dimmi una cosa, casa tua è lontana? » aveva chiesto, guardandola negli occhi.
Alex rimase leggermente spiazzata da quella frase. Casa sua? Lontana? Perché?
« U-un po'.. perché? » chiese lei.
« Ti riporto a casa » rispose lui, molto semplicemente.
In quel momento una frase lampeggiava nella mente di Alex: 'Ciao, chi sono?'
Justin le aveva appena detto che... oppure se l'era immaginato?
Il cantante si alzò portando con sé Alex, mentre la teneva per le braccia. 
« Mi riporti a casa? Tu? » chiese lei incredula, una volta che furono entrambi in piedi.
« Sì, perché? Non mi vuoi? » disse lui, con un sorriso. Sentiva che quella frase avrebbe cominciato a tranquillizzare Alex.
Infatti non venne deluso: Alex, con le guance ancora un po' bagnate, sfoderò un sorriso timido ma divertito.
« S-Sì.. » rispose imbarazzata « E' solo che non voglio disturbarti più di quanto non abbia già fatto, Justin. Non- non sei obbligato. Sono arrivata a piedi e posso tornare a piedi.. »
« Non è un disturbo, Alex. Non posso lasciarti qui e così. Sto più tranquillo se ti riporto io a casa. Non ti preoccupare » disse lui, sorridendole. 
Quel sorriso significava 'Stai tranquilla', e per Alex assunse anche un altro significato: 'Puoi fidarti di me'. Chiunque nel vedere quel sorriso si sarebbe lasciato andare, si sarebbe fidato ciecamente, perché da esso traspariva tutta la bontà di Justin, e perché era uno di quei sorrisi che ti facevano sciogliere come fossi ghiaccio al Sole. Era uno di quei sorrisi che ti trasmettevano tranquillità, serenità, ...amore.
Alex sorrise, ma a quel sorriso si unirono delle lacrime. Era stanca di piangere, sicura che Justin si fosse scocciato di quella visione. Ma per un istante, quel pensiero andò a farsi benedire perché Justin cinse immediatamente il corpo di Alex.
« Non piangere.. »
'Non piangere'? Lui la stava salvando. Lei stava male e lui era lì per lei. 'Non piangere'? Un momento simile l'aveva sognato, bramato, per quattro lunghi anni. Come poteva non piangere? Per quattro anni lui era stato presente con la sua voce, la sua musica. Ma in quel momento era tutto diverso, lui c'era, c'era veramente.
Alex sentì il cuore quasi schizzare fuori dal petto per quanto stava andando veloce. Si aggrappò al busto di Justin. Le sue braccia erano la sua vera casa, e in quel momento le sembrò di essere stata una vagabonda per quindici anni.
« Ho paura. Chissà mia madre come sta. Sono sicura che si è accorta della mia assenza, io.. me lo sento. Ho paura. N-Non dovevo farle una cosa simile, lo s-so, e un po' me ne pento, ma.. d-dovevo farlo. D-Dio, non oso immaginare in che c-condizioni sta. Sarà a pezzi.. E s-se non vorrà più parlarmi? Le avrò fatto perdere dieci anni di vita, sarà furiosa e starà malissimo. Non oso immaginare.. » 
Finì la frase tremando. Aveva davvero esagerato. Certo, a giudicare da com'era andata a finire con Justin, sentì d'aver fatto la cosa migliore, ma.. il cuore di sua madre, adesso, chi lo riparava? L'aveva combinata grossa. Si sentì terribilmente egoista, ma non poteva davvero evitarlo.
« Alex » disse Justin, con le braccia legate al collo della ragazza, che aveva affondato ancora una volta il suo viso nel petto del cantante « Non ti preoccupare. Andrà tutto bene. »
Justin non lo vide, ma Alex a quelle parole sorrise.
 
Don't you worry, cause everything's gonna be alright.
 
Il cantante, in quel momento, riempì il cuore di quella fragile ragazza più di quanto non avesse già fatto in quattro anni.
Una semplice frase. Quella che Alex voleva sentirsi dire, e non da una persona qualunque, ma da lui, da Justin.
Una semplice frase, e aveva fatto sorridere Alex. Non ci voleva niente, dopotutto. Lei non voleva una foto con lui, non voleva un suo autografo. Lei voleva lui, voleva che ci fosse. E in quel momento realizzò veramente il suo sogno. Justin era lì, per lei.
Alex inspirò il suo profumo.
« Grazie » disse, serena.
Non era niente in confronto a quel che Justin meritava di ricevere, di sentirsi dire. Non era niente, ma era l'unica cosa che Alex fu in grado di dire, l'unica che in quel momento aveva senso.
Grazie.
 
'Sì, grazie, Justin'.
 
 
 
*
 
 
 
« Mila ti prego, calmati »
Mila era lì, nella sua cucina, che faceva avanti e indietro nervosamente, con le lacrime agli occhi e il naso rosso. Respirava in modo irregolare, aveva una mano sul petto e ora una sulla fronte. 
Sua figlia era sparita, come poteva calmarsi? Non aveva neanche un cellulare a cui poterla chiamare, la loro condizione economica non glielo permetteva, che diavolo.
Gira e rigira la colpa era sempre di Mila.
In cucina c'erano anche Ruth e George, proprietari del Cafe Americano. Avevano tutti un'aria a dir poco sconvolta in viso, anche i vicini sapevano cos'era successo. 
« Non posso calmarmi! » quasi urlò Mila con voce tremante, sull'orlo della disperazione.
C'era Sonny lì al suo fianco, che aveva una strana smorfia in viso. Una smorfia di dolore, preoccupazione, e una serie di cose che messe insieme la consumavano.
Alex era una ragazzina incosciente. Ma come le era venuto in mente di fare una simile cosa? Lasciare sua madre in quel modo, da sola, ad affrontare quel dolore e la paura che ad Alex potesse accadere qualcosa. Non avrebbe neanche dormito la notte, si sarebbe annullata lentamente e completamente. 
Vedere Mila in quelle condizioni agitava parecchio Sonny, come se non fosse già abbastanza scossa di suo.
« Perché l'ha fatto? » disse Mila piangendo « Se n'è andata, se n'è andata... »
Scoppiò di nuovo a piangere, in un modo così disperato che quelle urla soffocate le graffiarono la gola.
« Signora Thompson, sono sicura che tornerà presto » intervenne Ruth, che si mise al suo fianco tentando di calmarla. Anche lei era a dir poco preoccupata, anche se nessuno lì dentro, neanche Sonny, poteva mai arrivare al livello di preoccupazione di Mila. In quel momento c'era più ansia che sangue, in lei.
« Sì, Mila, vedrai che tornerà presto. Stai calma, per favore » disse Sonny abbracciandola.
Mila si aggrappò alla ragazza, pensando per pochi secondi che tra le sue braccia ci fosse sua figlia, non la sua migliore amica. Pianse disperatamente, venendo continuamente scossa dai singhiozzi.
Un suono la fece sobbalzare: il campanello.
Alzò velocemente la testa dalla spalla di Sonny e si precipitò alla porta di casa.
« Alex! » disse quasi urlando.
Impugnò la maniglia in un modo così forte e disperato che a momenti se la sarebbe ritrovata in mano.
Quando la aprì, però, un'inondazione di delusione la colpì: non era Alex. Erano i vicini, Susan e William.
« L'avete trovata?! » chiese subito Mila.
« No, Mila.. » disse Susan, con un'aria profondamente triste « Siamo andati lì, dove ci avevi detto tu e non c'era nessuno, era deserto.. »
« Lo studio dove lavora Justin? » chiese Sonny.
Susan annuì.
« No! » urlò Mila « No, Alex! Ma dov'è... dov'è!»
Dove diavolo era quella ragazzina? Cosa le era venuto in mente? Era una ragazzina troppo timida, fragile, aveva paura di tantissime cose e non era violenta neanche un po', neanche con le mosche. Come poteva affrontare Los Angeles così? Non aveva niente con sé, non aveva soldi, non aveva lo zaino, non aveva vestiti, non aveva acqua né cibo. Perché l'aveva fatto? Si era trovata un lavoro, andava bene a scuola, aveva una mamma che l'amava, una migliore amica che si sarebbe strappata il cuore dal petto per lei, 'aveva' Justin e-
Cazzo. Justin.
Era scappata perché non aveva visto Justin? No, non poteva essere così.. disperata. Erano quattro anni che viveva quella situazione, non l'aveva mai visto Justin, perché scappare proprio adesso? Specialmente ora che l'aveva incontrato e aveva i biglietti per il concerto? No, non aveva senso. Alex non era così. Alex non era impulsiva, non era stupida. Non era così menefreghista, lei ha sempre messo sua madre e Justin al primo posto, non poteva essere scappata solo perché non aveva visto Justin. Poteva soffrire, poteva piangere, poteva disperarsi, va bene, ci stava, ma non.. non fino a quel punto.
Mila scosse la testa, ancora visibilmente agitata. Era una cosa del tutto priva di senso, era incomprensibile, e non sapeva cosa fare e come farlo. Era impotente.
E c'era una cosa -di cui si era accorta in quel momento- che la faceva riflettere: quella mattina, Alex le aveva detto di non chiamarla per tutto il giorno e di non invitarla a mangiare perché non si sarebbe fatta viva. 
Che avesse già programmato tutto? 
Non sapeva più cosa pensare, aveva preso in considerazione ogni singola cosa, a partire dalla più seria per poi arrivare a quella più banale, ma non sapeva a cosa credere. Era solo distrutta, e voleva riaverla a casa. Era troppo?
« Alex.. » sussurò piangendo.
 
 
 
*
 
 
 
Forse era un pensiero egoista, ma in quel momento Alex desiderò di non tornare più a casa, desiderò di vivere quel momento all'infinito. Perché non era possibile?
Justin era accanto a lei, la stava accompagnando a casa. Erano entrambi nel van, stavano parlando dei sentimenti di Alex, della sua storia.. di ciò che aveva passato e di ciò che continuava a passare.
Il cantante la guardava realmente interessato, non si perdeva una sola parola di ciò che Alex gli stava raccontando, e la ragazza parve accorgersene. 
Era bello avere l'attenzione di Justin.. la sua completa attenzione. Quante volte aveva sognato di dire tutto a Justin? Quante volte aveva sognato di guardarlo veramente negli occhi e di sentire ciò che lui aveva da dire? Quante volte? Non le sembrava vero tutto quello, e allo stesso tempo le sembrava tutto così familiare. Le sembrava di conoscere Justin da sempre, le sembrava un amico di infanzia che lei vedeva tutti i giorni. Un amico per il quale lei nutriva un sentimento grande e puro come l'amore. Quel migliore amico di cui tu ti innamori..
Alex stava andando a fuoco: il profumo di Justin le riempiva a pieno i polmoni, e i suoi occhi la rassicuravano. La sua voce era troppo bella per non ascoltarla; si sarebbe addormentata volentieri ogni notte col suono della voce di un Justin che le sussurrava parole dolci.
« ..Mia madre ha sempre fatto tutto per me. Davvero, nonostante i nostri problemi ha sempre cercato di accontentarmi. Pensa che io non posso permettermi le tue magliette.. quelle che si vendono ai tuoi concerti, o in specifici negozi; e mia madre ha preso delle magliette dal mio armadio e si è fatta fare un favore da un'amica che ha le stampe per le maglie. Non so se ricordi, due giorni fa quando ti ho incontrato per la prima volta avevo una maglia con la tua immagine sopra.. quella me l'ha fatta fare mamma. E' davvero una mamma perfetta. Mi ha insegnato tante cose, c'è sempre stata per me. Mi sopporta quando sto male, cerca sempre di tirarmi su di morale. E ha sempre voluto fare qualcosa per potermi accompagnare a un tuo concerto, ma.. non.. non è mai stato possibile.. » disse Alex, con le guance arrossate per l'ultima frase.
Justin la guardava e sorrideva intenerito. Gli ricordava tantissimo lui, la situazione che aveva vissuto per molti anni, i problemi che sua madre aveva dovuto affrontare, i sacrifici che avevano fatto, i suoi tentativi nel portare a casa dei soldi che potessero aiutare entrambi. 
Capiva perfettamente quella ragazza.
« Beh, adesso però hai quei biglietti per il concerto del 3 Ottobre » disse lui sorridendo « Ci sarai, vero? »
Alex venne contagiata da quel sorriso per il quale moriva, e rispose quasi raggiante: « Mi prendi in giro? Non mi perderei il tuo concerto per nulla al mondo. Dovesse bloccarsi ancora la macchina, io vengo a piedi. Hai visto cosa sono pronta a fare. Non mi ferma niente e nessuno! » disse lei ridendo appena, un po' per l'imbarazzo e il nervosismo, un po' per la situazione.
Justin le sorrise.
Ne aveva conosciute di Beliebers pazze, che erano pronte persino ad ammazzarsi per Justin. Beliebers che si nascondevano nella spazzatura pur di vederlo; Beliebers che si intrufolavano agli incontri, e tante, tantissime altre situazioni diverse. Le sue fans erano a dir poco incredibili.
Ma si disse che quasi nessuna era come Alex. Non aveva tanti motivi per credere che quella ragazza fosse unica, ma lo pensava. 
...Forse le faceva solo tenerezza. Forse lo pensava perché avevano molte cose in comune. Forse si stava solo fottendo il cervello in quel momento, perché stava avendo una normale conversazione con una ragazza normale. Forse perché nessuno dei due stava fingendo, specialmente Justin, e la cosa gli piacque moltissimo.
Lui sapeva solo che quando la guardava ..gli veniva da sorridere. Era così tenera, fragile pensò. Sembrava potesse spezzarsi da un momento all'altro. Gli dava come l'impressione che lei si sentisse inferiore a tantissime cose e persone, come se il mondo la respingesse, e lui non ne capiva il motivo. Alex era carina, in tutti i sensi.
Poi il ricordo di una particolare frase che Alex gli scrisse nella lettera gli balenò in mente.
« ..Alex » la chiamò « Nella lettera tu hai scritto che nessuno ti accetta »
A quelle parole, la ragazzina si rabbuiò un poco, ma ebbe il coraggio di non distogliere gli occhi dal viso di Justin.
« Sì.. » confermò lei. Justin annuì.
« Me ne vuoi parlare? Perché nessuno ti accetta? »
Alex lo guardò cercando di nascondere il suo stupore. Justin, il suo Justin, si stava interessando alla sua vita, la vita di una sfigatella. Justin che aveva mille cose per la testa, che avrà avuto mille conversazioni simili con tutte le fan che aveva incontrato e conosciuto; Justin che aveva una vita piena, e il giorno seguente già avrebbe rimosso il ricordo di Alex e della sua storia; Justin che non aveva motivo per addossarsi i problemi stupidi di Alex, in quel momento, le stava chiedendo di parlargliene.
« ..Sono- sono delle cose stupide, Justin, non ti interesserebbero, credimi » rispose allora Alex, chinando di poco la testa.
« Mi interessano, invece. Altrimenti non ti farei queste domande » rispose il cantante, chinandosi anche lui, per cercare gli occhi della ragazza. Lei alzò la testa e incontrò lo sguardo di lui, che le dava sicurezza. In quel momento sembrava volesse dirle 'Alex, fidati di me. Non ti giudicherò. Parlami.' ed era sicura che era proprio quello il messaggio che Justin cercava di trasmetterle.
Alex si schiarì un po' la voce e aprì la bocca per parlare.
« Uhm.. non è per scaricarti ogni colpa, anzi » cominciò leggermente imbarazzata « Ma.. gli altri non mi accettano perché sanno che io ascolto la tua musica »
'Oh mio Dio, cos'ho detto?' pensò Alex. Era la verità, ma era giusto essere così sinceri?
Justin, infatti, rimase spiazzato. Gli era capitato già di sentirsi dire una cosa simile, ma sentire ancora quelle parole lo smossero un pochetto. Lui rovinava la vita alle persone?
« Mi.. dispiace » ammise lui, seriamente dispiaciuto. Non che se ne fece davvero una colpa, ma non gli piaceva il pensiero che quella ragazza fosse sola solamente perché lui era il suo idolo.
« Ti dispiace? Scherzi? A me non interessa! » disse lei sorridendogli, come per rassicurarlo « Insomma sì, è brutto sapere che la gente non prova simpatia per me, ma Justin, almeno mi rendo conto di chi ho attorno. Sono circondata da ragazzini che basano il tutto sui gusti musicali di una persona, quando dovrebbero andare ben oltre. Credimi, quando ascolto le tue canzoni sto veramente bene, mi fai sorridere. Tu non.. non ti rendi davvero conto di ciò che fai alle persone, credi di cantare e basta, perché ti piace farlo, perché è il tuo sogno. Ma Justin, quando noi ti diciamo che ci salvi, lo diciamo perché ci salvi davvero. La scuola per me è un vero strazio, i miei coetanei sono solo dei cretini che vogliono attenzioni che non meritano; torno a casa ogni giorno distrutta. Ma poi ci sei tu.. che mi fai dimenticare tutto, mi fai star bene, e mi fai venir voglia di spalancare la finestra per urlare al mondo intero quanto sia bello seguire una persona piena di valori come te. Non m'importa se i miei compagni mi sfottono o ti insultano, non m'importa un bel niente, sopporterei quelle scenate ogni giorno per tutta la vita, pur di continuare a sentirmi piena quando tu canti »
Alex non credette di riuscire a spiegarsi così.. bene, specialmente davanti a Justin, anche se credette che quelle parole non erano ancora abbastanza.
Ma era una delle cose più belle che Justin si era sentito dire. E non riusciva a credere alle sue orecchie, gli sembrava impossibile tutto quello. Impossibile e bello.
Non aveva parole che reggessero un simile discorso, così l'abbraccio.
Alex si sentì morire. Le sue braccia. Le sue braccia attorno al suo corpo. Era una cosa meravigliosa: lei era piccolina e si sentiva protetta quando Justin la stringeva a sé. 
« Grazie, Alex » disse Justin, non trovando altre parole che potessero esprimere tutta la sua gratitudine. Forse era quella la situazione in cui si trovavano le sue Beliebers: provavano cose che non sapevano descrivere a parole, e volevano ringraziarlo andando oltre un semplice 'grazie', così vuoto per loro.
Alex rimase immobile, senza parole, con gli occhi sgranati. Non sapeva cosa rispondere, lei era solo stata sincera e non voleva che Justin si sentisse male per i suoi problemi da sfigata.
Le braccia di Justin circondavano ancora le spalle di Alex, ma lei era rimasta immobile e col cuore a mille. Riuscì a stento a toccargli la spalla con mani tremanti, e -lei non lo sapeva- Justin aveva capito che era rimasta spiazzata, e gli venne da ridere quando s'immaginò la faccia di Alex. Come poterla biasimare, aveva il mondo tra le sue braccia.. si era sempre chiesta cosa si provasse nell'abbracciare Justin, adesso finalmente lo sapeva.
Justin si staccò e le regalò un sorriso che ogni ragazza vorrebbe farsi dedicare. Alex arrossì appena e abbassò la testa, scatenando la lieve risata del cantante.
Quel momento -idilliaco per Alex- ebbe una brusca fine quando Moshe avvisò loro che erano arrivati.
Ad Alex prese a battere fortissimo il cuore: doveva affrontare sua madre. E inoltre doveva dire addio a Justin. Perfetto.
Moshe aprì lo sportello e il cantante intimò ad Alex di scendere per prima. Lei lo fece, e quando si ritrovò davanti alla sua casa si picchiò mentalmente: adesso Justin poteva vedere in che catapecchia viveva quella povera sfigata. Abbassò un po' la testa evitando lo sguardo di Justin, che era sceso dal van e ora faceva saettare lo sguardo da Alex alla casa.
« Uhm.. Non c'è bisogno che mi accompagni » disse la ragazza un po' impacciata.
« Ti ho accompagnata fino a qui, mi sembra giusto fare le cose per bene. Inoltre vorrei rassicurare tua madre » disse lui, mentre entrambi si avvicinavano alla porta. 
Non voleva respingerlo più di tanto, nonostante la vergogna, perché era stato fin troppo carino con lei e aveva fatto cose che nessuna celebrità farebbe. Così Alex si arrese e sospirò un 'Okay'. 
Si vedevano le luci accese della cucina e c'era più di una persona lì dentro. Alex si sentì male nel capire che sua madre s'era preoccupata così tanto.
Sospirò e suonò.
Alex e Justin non aspettarono tanto, anzi, volarono a malapena tre secondi, perché Mila si era precipitata subito ad aprire la porta.
Alex se la ritrovò davanti e le si sgonfiò il cuore quando la vide stremata, con il naso rosso e gli occhi gonfi, i capelli biondi raccolti in una coda arrangiata e le guance bagnate. 
« Alex! » disse Mila disperatamente senza preoccuparsi di quanto avesse urlato.
Si buttò sul corpo della figlia, stringendolo forte a sé, come se non la vedesse da anni. Scoppiò a piangere e disse cose incomprensibili perché scossa dai singhiozzi « Ma dove sei stata!? Perché mi hai fatto questo!? » 
Ad Alex venne da piangere. L'aveva fatta stare malissimo, ma non c'aveva neanche pensato due volte a scappare, non aveva pensato alle conseguenze. O comunque sì, l'aveva fatto, ma in un modo abbastanza superficiale, e quello era stato il risultato.
« Perdonami, mamma, perdonami, ti prego » rispose lei abbracciandola e accarezzandole la schiena, come per calmarla e per farle sentire che era lì, era tornata, era vero ed era dispiaciuta.
Mila che stava strizzando gli occhi e stava cacciando un sacco di lacrime, catturata da una figura davanti a sé, alzò lo sguardo e incrociò quello di Justin.
Sgranò gli occhi, e non seppe cosa pensare. Era come se si fosse dimenticata che Alex l'aveva già incontrato due volte, era come se non l'avesse mai visto e in quel momento pensava 'Sono impazzita? Ho le allucinazioni?', ma quel sorrisino di Justin le disse che no, non era impazzita. Lui era lì, con Alex.
Mila si staccò dalla figlia, senza però lasciarla andare e si asciugò le lacrime.
« L-Lui.. cosa.. » disse Mila.
Alex si girò verso Justin che sembrò essere leggermente in imbarazzo.
« Sono andata da Justin oggi.. Lo- lo volevo vedere, mamma, e so che sono stata egoista, ma non c'ho pensato, sono stata impulsiva, e mi dispiace da morire, devi credermi. Quando ho realizzato quel che ti avevo fatto era troppo tardi e l-lui mi ha vista piangere, così.. mi ha riaccompagnata. Mamma, ti prego, perdonami » l'ultima frase l'aveva detta velocemente, come se avesse un disperato bisogno del perdono di sua madre. Ed era così, in effetti. Alex si stava odiando per quel che aveva fatto, doveva sapere che sua madre era disposta a perdonarla. Non l'aveva fatto con l'intento di spezzarle il cuore, ma con l'intento di riparare il suo.
« Signora, può stare tranquilla, Alex è stata con me e mi sono assicurato che non le fosse successo niente. Mi dispiace molto per quello che ha passato, ma sono sicuro che Alex non lo rifarà mai più »
Mila lo guardò attentamente e -non seppe spiegarsi il perché- in quel momento non vide Justin Bieber la star. Le sembrò di vedere sua figlia con il suo fidanzato. Lui era vestito in un modo piuttosto informale e comodo, con una maglietta nera e un pantalone da tuta grigio, e si stava mostrando come un ragazzo comune di diciotto anni. In quel momento si stava rivolgendo a Mila come se avesse portato fuori sua figlia per un appuntamento e si stesse scusando per il ritardo nel riportarla a casa.
Il suo cuore stava riprendendo a battere normalmente e quelle parole, il modo in cui quel ragazzo le aveva dette, il tono che aveva usato, la luce che aveva negli occhi, tranquillizzarono la donna.
« Ne sono più che sicura » disse abbozzando un sorriso, immensamente grata a quel ragazzo per essersi preso cura di sua figlia « Ti ringrazio, Justin. Grazie per averla riportata a casa. Sei un bravo ragazzo, non me lo sarei mai aspettata. Sono una povera donna che sarà sempre in debito con te » 
Quelle parole fecero sorridere Justin come ben poche cose erano in grado di fare. 
Si sentì come appagato, contento di essersi fatto accettare da quella donna. Eppure che ruolo aveva quella donna nella sua vita? Nessuno, era una donna qualunque.
O forse era semplicemente la mamma di Alex, ed era questo a fare la differenza.
Alex non era una sconosciuta, non come lo era fino a due giorni prima. Alex era una ragazza che aveva un'anima incredibile e forse neanche se ne rendeva conto; Alex era una ragazza che assomigliava molto a Justin in diverse cose; era una ragazza con la quale potersi confrontare -e lui lo sapeva-; era una ragazza con la quale si poteva stare, una ragazza che ti metteva serenità e ti trasmetteva amore quando la guardavi negli occhi. Alex era una ragazza piena di ogni singolo valore esistente e non esistente, e adesso Justin era curioso di conoscere i suoi difetti.
Justin rivolse un sorriso anche a quella ragazza che, in quel momento, stava prendendo posto nei suoi pensieri, e lei ricambiò il sorriso, contenta per come si era rivolto a sua madre.
« Non l'avrei mai lasciata da sola, è stato un gesto abbastanza naturale, non mi è pesato per niente e non mi deve ringraziare. Adesso vorrei solo che voi passaste una notte tranquilla »
Mila sorrise e lo abbracciò. Quel ragazzo era un angelo. In quel momento più che mai capì a pieno i sentimenti di sua figlia.
Justin accarezzò la schiena di Mila come aveva fatto Alex non molti secondi prima, e servì ancora di più per trasmettere quel senso di tranquillità di cui la donna aveva un disperato bisogno.
« Non posso non ringraziarti. Sei un ragazzo d'oro, non sei come molte altre celebrità. E adesso capisco perfettamente perché mia figlia tiene a te »
Quelle parole entrarono in Justin in un modo incredibile e non uscirono più. Era come se il cuore di Justin avesse fatto una capriola. E ancora una volta, non sapeva spiegarsi il perché. Molte reazioni lo avevano spiazzato, ed erano proprio quelle che lo lasciavano senza parole perché prive di un motivo. O meglio, il motivo c'era, ma era Justin che doveva scoprirlo. E lo avrebbe fatto.
« La ringrazio » disse Justin sorridendo.
Mila si staccò velocemente, realizzando una cosa.
« Oh perdonami, è sera e sarai pieno di impegni. Almeno credo, non so come funzioni la vita di un cantante! » disse « Non voglio trattenerti. Ti ringrazio ancora, Justin »
Justin capì che quella donna gli sarebbe stata davvero debitrice a vita e non volle dire niente se non un « Si figuri, l'ho fatto con piacere. Mi aspetto di vedervi al concerto »
« Certamente » aveva risposto Mila.
Justin rivolse il suo sguardo ad Alex, che sembrò essersi innamorata di quella visione: Justin e Mila. Il ragazzo che amava e sua madre. 
La ragazzina si avvicinò a Justin e lo abbracciò.
« Grazie di tutto, Justin, davvero. Non mancherò al tuo concerto »
Justin sorrise e le accarezzò la schiena.
« Ti aspetto lì, allora. Non scappare più di casa, intesi? » rispose lui, sciogliendo di poco l'abbraccio per guardarla negli occhi.
Alex si sentì sopraffare dall'imbarazzo, ma annuì.
« Intesi.. »
« D'accordo » rispose Justin sciogliendo del tutto l'abbraccio « Adesso devo andare. Ci vediamo il 3 Ottobre, allora » 
« Certo.. Uhm.. Buonanotte, Justin. Grazie per tutto » disse Alex, con una punta di tristezza e un sacco d'amore allo stesso tempo.
« Buonanotte » rispose lui, spostando lo sguardo da Alex a Mila, che gli sorrise e sventolò la mano.
Justin si girò e ritornò da Moshe, che lo aspettava lì fuori e che lo fece salire sul van.
Era stata una serata strana: uscire dallo studio e ritrovarsi lì Alex che piangeva.. non se lo aspettava. E benché fosse abituato a vedere una fan piangere, quella visione l'aveva scosso un po', perché aveva la netta sensazione che Alex stesse piangendo per il dolore, non per la gioia.
Ma era stato davvero contento di aiutarla. Non gli era pesato per davvero, non l'aveva detto solo per far contenta quella donna. Era davvero contento di essersi preso cura di Alex in quel momento, anche se poi -secondo il suo parere- non aveva fatto nulla di che.
Mentre Moshe riaccese il motore del van, Justin ripensava al momento in cui Alex l'aveva abbracciato disperatamente e si era messa a piangere. Era così tenera quella ragazza, e si era seriamente pentita di ciò che aveva fatto a sua madre. Lui personalmente non l'avrebbe mai fatto, ma credeva di capirla ugualmente. 
Ripensò anche a tutte le cose che lei gli aveva detto una volta saliti nel van. Si era sfogata anche se non come voleva, e questo era stato evidente sin dall'inizio. C'era qualcosa che bloccava Alex e Justin doveva scoprire cosa. Per Alex era finito tutto lì, lui lo sapeva. Per Alex c'era ancora il concerto e basta. Ma per Justin no.
Lui voleva aiutarla, voleva aiutare lei e sua madre. Voleva rivederla e farla sorridere. 
Si disse che ci sarebbe riuscito. Dopotutto lui era nato per far star bene la gente.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Close to each other. ***


Le giornate passarono, e tutte allo stesso modo: l'assenza di Justin si sentiva pesantemente e Alex si chiedeva come fosse possibile. L'aveva visto solo tre volte, eppure le sembrava di averlo visto ogni giorno per quindici anni. Le sembrava di essere stata privata del suo più grande amico, della persona più importante della sua vita, e in un certo senso era così.
Le giornate passavano, ma nonostante il Sole di fine Settembre, per Alex le giornate erano tristi, buie, lei era spenta. Molti sicuramente avrebbero fatto i salti di gioia al suo posto perché, cavolo, veder- incontrare tre volte il proprio idolo -e soprattutto in quel modo- non era roba da tutti i giorni e non erano cose che tutti potevano vivere. Ma Alex non riusciva a farli.. quei salti di gioia. 
Dentro di sé era felice, cacchio se lo era, ma purtroppo il dolore si faceva spazio nel suo corpo ogni giorno di più: Justin le mancava costantemente, lei voleva viverlo, voleva vederlo sorridere, voleva farlo sorridere.
Voleva esserci davvero, voleva far parte della sua vita, anche come una semplice amica. Lei voleva solo avere un ruolo, un posticino, nella vita di quel ragazzo.. perché lui caratterizzava la sua di vita.
Lui era presente in ogni cosa, e non così per dire, lo era davvero. Alex doveva ancora scoprire come fosse possibile tutto ciò, ma suppose che quello fosse semplicemente l'amore e ne comprendeva l'importanza e la bellezza, nonostante i dolori. 
Ma ecco, forse è proprio il dolore a rendere vivo un amore. Non ci devono solo essere frasi romantiche, non ci deve solo essere la voglia di sorridere e di urlare al mondo quanto si è felici. Ci devono essere anche le lacrime, ci deve essere il dolore. Sono le cose brutte a rendere forte e bello qualcosa. Un po' contorto come pensiero, ma incredibilmente vero.
Alex si chiedeva sempre dove lui fosse e perché lei non fosse con lui. Si chiedeva se lui le dedicasse qualche pensiero, ma poi il suo essere pessimista -realista, diceva lei- la costringeva a scacciare anche il più piccolo bel pensiero.
Era stata ottimista per quattro anni, non lo capiva quel suo cambiamento. Sapeva solo che poteva vedere Justin anche ogni giorno, ma non sarebbe mai riuscita a diventare qualcuno per lui quando invece lei lo desiderava tremendamente.
Quando invece lui era tutto per lei.
E Sonny le continuava a ripetere che non era impossibile, che era sicura che un posticino nella vita di Justin ce l'aveva, perché lui si era preoccupato nel vederla in lacrime davanti allo studio e l'aveva accompagnata a casa, quando molti non l'avrebbero fatto. Lui si era procurato dei biglietti per lei, non glieli aveva fatti pagare, glieli aveva regalati. Ma Sonny aveva gli occhi coperti dal prosciutto, secondo Alex, perché non riusciva a vedere come stavano realmente le cose: Alex era una ragazza comune di Los Angeles -rettifico, una povera ragazza comune di Los Angeles-, aveva quindici anni, andava ancora a scuola e per giunta non piaceva a nessuno. Come poteva una così diventare qualcuno per.. Justin Bieber? Lui era troppo persino per il mondo stesso, figurarsi per Alex.
Ma no, Sonny continuava a fantasticare, mentre Alex dentro di sé moriva ogni giorno perché doveva vivere con la consapevolezza che il suo amore non contava niente al di fuori di sé, e che un giorno -chissà quanto lontano- tutto quello sarebbe finito perché Justin aveva la sua vita, e anche Alex.
Per adesso, solo una cosa le salvava le giornate; solo un raggio di luce le illuminava: aveva la certezza che il 3 Ottobre avrebbe visto Justin.
Sì, nonostante il dolore, andava avanti con questo pensiero. Un pensiero che però non durava granché perché la consapevolezza che anche quel giorno sarebbe passato tagliava in due Alex. E poi cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe venuto dopo? Alex aveva solo quella certezza -che comunque la salvava-, ma il dopo la spaventava.
 
Quella mattina Alex si era alzata presto. Era Domenica e doveva recarsi al Cafe Americano già alle 07:00 -anche se il bar apriva due ore prima per i dipendenti-. 
In quei giorni Ruth aveva sempre chiamato a casa per assicurarsi che Alex ci fosse. Era un gesto davvero carino, anche se dopo un po' pesava. Ma era comprensibile, Alex aveva fatto prendere un bel colpo a tutti, qualche giorno prima, quando era 'scappata' di casa. Da allora si preoccupavano tutti, anche i vicini.
In quel momento Alex era in bagno ad asciugarsi il viso e aggiustarsi e, senza apparente motivo, decise di osservarsi meglio.
Scrutava il suo viso come se non fosse il suo.
Due occhi grandi e azzurri, contornati da lunghe ciglia nere. I suoi occhi erano davvero belli, piacevano a tutti, e anche le ciglia facevano colpo: quand'era piccola tutti chiedevano a sua madre "Alex già usa il mascara?", ed era per questo che lei non si truccava molto, ed era raro che lo facesse. A volte quando passava un pomeriggio con Sonny, questa faceva alcuni 'esperimenti' su Alex per il trucco. La sua amica voleva tanto diventare una make up artist, e Alex era sicura che un giorno ce l'avrebbe fatta, perché era davvero brava. Con lei, Sonny si limitava a un po' di matita nera sulle palpebre; a volte usava sia il nero che il celeste, per far risaltare i suoi occhi. Infatti, dopo, Alex notava sempre come i suoi occhi sembrassero più grandi. Non era abituata a vedersi truccata in quel modo, il nero su di lei sapeva quasi di sporco, ma Sonny era davvero brava ed era in grado di farle piacere anche un colore pesante come il nero.
I suoi occhi non erano belli solo per il loro colore, ma anche per la loro profondità. Tutti le dicevano che quegli occhi parlavano, da essi traspariva tutta la bontà di Alex, era possibile leggerle l'anima. 
Il suo sguardo scivolò più giù, scrutando il suo corpo: non poteva lamentarsi del suo fisico, era bello, e i suoi lineamenti erano delicati. 
Si fermò su quel dettaglio: non poté fare a meno di pensare che le mani grandi e mascoline di Justin sarebbero state perfette sul suo corpo, e le sue carezze sarebbero state uniche. Le dita di Justin sembravano ruvide in confronto a quelle di Alex -e forse lo erano davvero- ed erano decisamente più grandi.
Lei non lo faceva apposta, era Justin che si intrufolava prepotentemente nei suoi pensieri, ma doveva ammettere che l'idea di trovarsi veramente tra le sue mani le piaceva, la faceva tremare. 
Voleva far intrecciare le loro dita, chissà se un giorno ci sarebbe riuscita.
I suoi occhi passarano dal suo corpo ai suoi capelli castani che a lei piacevano tanto, ma la sua contemplazione venne interrotta da Mila che la chiamava dalla cucina.
Alex lanciò un'ultima occhiata allo specchio aggiustandosi i capelli, e uscì dal bagno dirigendosi in cucina.
« Sbrigati a fare colazione, altrimenti arrivi tardi » le disse Mila, mentre finiva di pulire il piano della cucina. 
Alex lanciò un'occhiata all'orologio sulla sua sinistra e non se lo fece ripetere due volte: impugnò la sua forchetta e mangiò la sua colazione. Nel mentre, c'era silenzio, si sentiva solo il rumore del panno che sfregava sul ripiano della cucina.
« Mamma.. » parlò Alex.
« Dimmi » rispose Mila senza rivolgerle lo sguardo, intenta a eliminare una macchia che sembrava non volersene andare.
« ..A bollette come stiamo messe? » chiese la ragazzina, mentre finiva la sua colazione. Il suo lavoro -faceva ancora strano dirlo!- la faceva pensare automaticamente alle bollette, alla sua casa.
« Ho pagato tutto! La cassetta della posta è vuota da quasi tre settimane! Da quanto non ci capitava! Perché? » all'ultima parola si era voltata per guardare sua figlia, curiosa. 
« Non lo so, pensando al lavoro mi sono ricordata delle bollette e ho notato che non ti sei disperata in questi giorni » spiegò Alex abbozzando un sorriso.
« E' andato tutto bene » disse Mila sorridente. Quel mese non si era disperata neanche un po', la cosa le piaceva e voleva tanto cominciare a farci l'abitudine, ma sapeva di non poterselo permettere.
« Meglio così » finì la ragazzina, bevendo il succo di frutta davanti a sè. Bevve fino all'ultima goccia, lanciò un'occhiata all'orologio e si alzò dalla sedia.
« Io vado! »
« Okay amore, buona giornata » disse Mila avvicinandosi alla figlia e dandole un bacio sulla guancia « Torna a casa, eh! »
Ad Alex venne da ridere. Le venne da pensare che quella storia sarebbe andata avanti per ancora molto tempo, sicuramente.
« Sì, tranquilla » rispose ridacchiando « A più tardi! »
« A dopo, amore » disse Mila sorridendole.
La ragazza si diresse verso l'ingresso e uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Era una bella giornata e faceva caldo. Ma dopotutto era il 30 Settembre e Alex amava credere che fosse ancora estate.
Dopo essersi guardata intorno si mise la strada sotto i piedi. E non seppe perché, ma lanciò un'occhiata alla cassetta della posta. 
Forse perché le era capitato ogni tanto di lanciarle un'occhiata. Forse perché poco prima aveva chiesto delle bollette a sua madre e lei aveva risposto che la cassetta era vuota da settimane. E se invece qualcuno avesse scritto loro che non avevano pagato qualcosa e magari avrebbero tolto la luce? O avrebbero staccato il telefono? L'attenzione ci stava tutta e lei teneva molto alla sua casa.
Si avvicinò alla cassetta e si sentì leggermente strana -quello era compito della madre, era lei che ogni mattina andava a controllare, non Alex-.
Vide qualcosa, qualcosa di bianco, come se ci fosse una lettera che non era stata infilata del tutto dentro e la cassetta fosse stata chiusa male. 
Aprì la cassetta e trovò dentro una busta, con un angolino un po' piegato. Aggrottò le sopracciglia e prese ad agitarsi un po'.
Ecco, doveva aspettarselo -e sotto sotto se l'aspettava, forse per quello aveva dato un'occhiata alla cassetta-: non avevano pagato qualcosa. Oppure il pagamento era andato male, oppure era saltato fuori qualche altra cosa, oppure.. oppure niente, cosa ne sapeva Alex?
Prese la busta e se la rigirò tra le mani, cercando di capire di cosa si trattasse.
I suoi pensieri cambiarono quando su quella busta non lesse il nome di sua madre, ma il suo.
Alex.
Chi poteva scrivere ad Alex? Chi, se lei non conosceva nessuno? Chi aveva il suo indirizzo? Chi la cercava? 
Guardò bene la busta che aveva tra le sue mani ma c'era solo il destinatario. Nessuna traccia del mittente. Com'era possibile?
Aprì la busta e guardò al suo interno. Ma le sue aspettative -se così potevano chiamarsi- vennero deluse: non vi trovò una lettera ma un'altra cosa, al momento non sapeva neanche lei di cosa si trattasse. Non era di carta, ma di plastica. Tirò fuori il contenuto e non studiò per molto l'oggetto che aveva tra le mani, poiché il tempo si era fermato nell'istante in cui i suoi occhi avevano incontrato la figura di Justin.
Cos'era quella busta? Perché all'interno c'erano delle cose su Justin?
....Perché sull'immagine di Justin c'era scritto "MEET AND GREET"?
Gli occhi di Alex si spalancarono in un modo incredibile, e sembravano correre da una parte all'altra. 
Alex non sapeva cosa guardare, cosa pensare. Pensò subito che fosse uno scherzo, fu più forte di lei. Quando lesse quelle parole, quando lesse "JUSTIN BIEBER", quando vide l'immagine di un Justin che portava la mano sulla nuca, qualcosa dentro di lei scattò facendole credere che fosse uno scherzo. Ma se era ciò che credeva.. perché il suo cuore andava a mille? Aveva represso l'istinto di urlare, doveva prima capire.
Si guardò intorno, pensando che qualcuno fosse lì, nascosto, per vedere la sua reazione. Magari qualche idiota della sua scuola che per qualche strano motivo conosceva l'indirizzo di casa di Alex e ora voleva farle venire un infarto.
Stava prendendo in considerazione tutto, tranne la cosa più bella, più grande, forse più ovvia: era vero e magari era stato Justin a darglieli.
Questo pensiero le attraversò la mente giusto per qualche frazione di secondo, e sparì automaticamente perché Alex si rifiutava di credere che fosse possibile.
Non.. non poteva essere vero.
..Giusto?
Non poteva succedere! Justin.. non faceva queste cose!
....O sì?
Sì, Justin le faceva, Justin ne era capace. E' solo che non poteva farlo con lei. Non.. semplicemente non poteva! Chi era lei per avere tutto ciò? Chi era lei per avere questi privilegi? C'erano milioni di Beliebers che piangevano nei propri letti ogni giorno, e quei pass li doveva ricevere.. lei, Alex? Perché? Era ovvio che fosse uno scherzo, perché avrebbe dovuto essere vero?
Lei però voleva sperarci. Anche se i pensieri più brutti le stavano attraversando la mente e struggendo ogni speranza, lei non voleva arrendersi, non voleva credere sul serio che quello non fosse vero, lei desiderava tremendamente che fossero veri pass e che fossero i suoi pass. Suoi e di nessun altro.
Con le mani che le tremavano, gli occhi leggermente umidi, il cervello in tilt, Alex ritornò alla porta di casa, suonando.
I passi di Mila che si avvicinava all'ingresso si sentivano da fuori, e Alex non sapeva cosa avrebbe dovuto dirle. Non riusciva a formare una frase di senso logico, non riusciva a pensare.
Mila aprì la porta e quando vide ancora sua figlia davanti a sé aggrottò le sopracciglia.
« Alex, che fai ancora qui? Hai dimenticato qualcosa? » chiese guardandola e sentendosi un punto interrogativo.
La vide con gli occhi lucidi e nell'istante in cui Mila stava per aprire bocca e chiederle cosa avesse e perché stesse sul punto di piangere, sua figlia le porse qualcosa. Abbassò lo sguardo e i suoi occhi vennero catturati inizialmente dall'immagine di Justin.
« Cosa sono? » chiese un atttimo prima di leggere 'MEET AND GREET'
I suoi occhi si spalancarono com'era successo ad Alex non molti secondi prima e il suo cervello sembrava avesse scioperato all'improvviso.
« Oh mio Dio, dove li hai trovati? » chiese subito, alzando velocemente la testa per incontrare nuovamente gli occhi annacquati di sua figlia, visibilmente scossa.
« Nella cassetta della posta » rispose lei, tranquilla. No, non tranquilla, perché lei era tutto fuorché tranquilla. Più che altro.. sconvolta.
« Cosa? Nella nostra cassetta della posta? »
Alex annuì, ma non stava guardando sua madre negli occhi, il suo sguardo era bloccato su quei pass.
« Oh mio Dio! » sfiatò Mila, rivolgendo un altro sguardo incredulo ai pass che aveva tra le sue mani « Oh mio Dio! Alex! Ma ti rendi conto? »
Alex scosse la testa meccanicamente, come se non fosse lì, come se non fosse presente. Come se ci fosse il suo corpo, ma non la sua testa. Ed effettivamente era così, anche il suo cervello aveva scioperato all'improvviso. 
« E se fosse uno scherzo? » disse subito Alex, rivolgendo uno sguardo a sua madre.
« Ma quale scherzo! Ma non capisci?! » disse Mila cominciando ad alzare la voce, cominciando a farsi prendere dall'entusiasmo.
« Cosa? » chiese Alex, con il cuore a mille. Cosa doveva capire?
« E' stato Justin! » disse Mila non riuscendo a trattenersi. Sembrava un'adolescente, un'amica di Alex. Una ragazzina che, in preda all'allegria, faceva notare alla sua migliore amica che il ragazzo con il quale usciva era visibilmente innamorato di lei. Sembrava una liceale.
« No » disse Alex, senza aggiungere altro.
No. No, non era stato Justin. Non era stato lui, e quei pass non erano veri, non erano suoi.
No. Molto semplice. Una parolina monosillabica, composta da due lettere, una negazione chiarissima: no.
No, perché Justin non poteva avere un cuore così grande; no, perché Justin non poteva essere così buono, dolce, così maledettamente perfetto; no, perché lei non poteva essere stata ancora una volta tra i suoi pensieri; no, perché lei non era niente e non poteva ricevere tanto; no, perché quello era un sogno, non poteva essere reale; no, perché.. perché no, cavolo.
« Come no? Alex, svegliati! Dammi la busta » disse, sfilandole la busta dalle mani e guardandola, rigirandosela tra le mani.
I suoi occhi si fermarono sulla grafia ordinata che spiccava sulla parte anteriore della busta. C'era scritto sempliemente 'Alex'. 
Un sorriso le sfuggì, era tutto troppo bello e lei ne era sicura: era stato Justin; sua figlia non lo capiva -o meglio, non voleva capirlo-, ma lei ne era più che sicura.
Quel Justin era una meraviglia di persona.
Mila, abituata a ricevere tante lettere, notò subito che sulla busta non c'era né il loro indirizzo, né il cognome di Alex, e tantomeno il nome o l'indirizzo del mittente.
« Non c'è niente, c'è scritto solo Alex » disse, infatti « Questa cosa non ti fa pensare? » chiese sorridendole, sperando che sua figlia si decidesse a crederci.
« Sì, penso che questo scherzo non sia stato fatto bene, il cretino che ha messo la busta lì dentro non ha messo il nome di Justin, e ciò non rende la cosa credibile »
A sentire quelle parole Mila alzò di poco gli occhi al cielo. Sua figlia era veramente così testarda o stava solo scappando in ogni modo possibile dalla realtà? Non c'arrivava davvero o voleva solamente e disperatamente non crederci? Perché era così impossibile per lei? Dopotutto Justin era stato a casa loro giorni prima -cavolo, era stranissimo anche solo pensarlo-, quindi conosceva la via, la casa. Alex era una scema a credere che fosse uno scherzo. Mila da fuori vedeva perfettamente la realtà.
« Amore, proprio non ti viene da pensare al fatto che Justin non potesse mettere il suo nome e il suo indirizzo? Proprio non ti viene da pensare che Justin abbia scritto solo il tuo nome perché non conosce il tuo cognome? Non ti viene da pensare che non l'abbia spedita, ma l'abbia messa lui stesso nella cassetta, o che qualcuno l'abbia fatto per lui? Davvero non c'arrivi? »
Quelle parole colpirono Alex. 
..Non c'aveva pensato
Justin non conosceva il suo cognome, ma conosceva la sua casa, la sua via! Solo che non credeva possibile che Justin ricordasse il nome della sua via, il numero civico. Non.. poteva essere vero. Come poteva ricordarsi anche di una cosa così stupida, di una cosa che riguardava Alex e non lui? Come poteva ricordarsene con tutti i pensieri, le preoccupazioni, il lavoro, eccetera? Come, come?
« Tu.. credi? » chiese Alex, necessitando una risposta positiva, che non la facesse sentire l'unica scema, che potesse darle speranza, che potesse tranquillizzarla e darle la certezza che sì, era tutto vero, era stato di nuovo Justin.
« Non è ovvio? » disse Mila, sorridendo dolcemente alla figlia.
In quel momento Alex aveva uno sguardo quasi terrorizzato che non sapeva dove poggiarsi: un po' guardava i pass, un po' Mila, un po' la cucina, un po' il corridoio. Alex non sapeva cosa guardare, si sentiva tremendamente confusa, Mila riusciva a vederlo e provò una tenerezza assurda.
Lo sguardo di Alex si fermò in quello di Mila e la fissò per pochi secondi, trovando la risposta in sua madre.
Era stato Justin.
All'improvviso le sembrava così chiaro, quasi si chiese come avesse potuto credere il contrario, credere che fosse uno scherzo.
« Oddio » disse Alex, facendo notare a sua madre che aveva finalmente realizzato « Oddio! Ho i pass per incontrare Justin! Oddio! » 
Il suo respiro si fece più veloce, così come accadde al suo cuore che non voleva saperne di star calmo e battere normalmente.
Mila si lasciò prendere dall'entusiasmo della figlia e, lanciando un gridolino, abbracciò la figlia.
« Amore, ma questo Justin è un ragazzo tanto caro! Ti ha regalato biglietti per vederlo in concerto e nel backstage! Non avrei mai pensato che fosse capace di ciò! »
Alex invece lo sapeva. Non credeva potesse succedere a lei, okay, ma sapeva che Justin aveva un cuore d'oro e che per le sue Beliebers faceva di tutto, e ogni volta riusciva a farle sorridere. Justin era quel ragazzo che non vuole vedere lacrime sul viso di una ragazza, vuole vedere un sorriso bello, grande e sincero; era quel ragazzo che pur di avere la certezza che una persona stesse bene, se ne prendeva cura in diversi modi; era quel ragazzo che per rendere felice una persona -una ragazza- faceva di tutto. Era quel tipo di ragazzo che si pensava non esistesse, e invece no, c'era, ed era proprio lui, Justin.
« Mamma, Justin è la perfezione, lo vuoi capire? Sono quattro anni che te lo dico. Oddio. » disse lei, staccandosi.
Mila sorrise a quelle parole. Sua figlia era pazza di quel Justin, addirittura da vederlo perfetto, ma per quanto potesse essere dolce, intelligente e buono, non era perfetto, perché nessun lo era. Alex era solo accecata dall'amore.
..Quello era il pensiero di Mila.
Alex invece avrebbe pensato il contrario: non era lei a essere accecata dall'amore, ma era sua mamma a non conoscerlo. Alex si sentiva legata a Justin ogni senso, Alex dentro di sé sentiva di conoscerlo, sentiva di conoscere veramente tutte le opere di bene che Justin aveva fatto per molte scuole, molti bambini sfortunati, molte Beliebers, e per la sua famiglia. Sentiva di aver parlato per anni con Justin, di aver avuto più volte l'occasione di scoprire cosa ci fosse nel suo cuore, e sentiva di conoscere la risposta: tanta tanta bontà, che lei vedeva in un suo sguardo, in suo sorriso.
Justin era tanto buono. Faceva i suoi sbagli, certo, ma era una persona con dei valori, dei princìpi, e questo lo rendeva perfetto.
« Amore, so che chiedo troppo, ma cerca di darti una calmata adesso » cominciò ridendo lievemente, mentre vedeva davanti a sé un Alex felicissima che non la smetteva di muoversi « Devi andare a lavorare, stai facendo tardi! Li conservo io questi, stai tranquilla! »
Ah già, il lavoro. In quei minuti aveva sconnesso del tutto il cervello e se ne era completamente dimenticata.
Non le pesava andare a lavorare, dopotutto l'aveva voluto lei quel posto al bar, li voleva lei i soldi, ma in quel momento desiderava semplicemente restare a casa, buttarsi sul letto e consumare con gli occhi quei pass, e fantasticare su ciò che sarebbe accaduto quel giorno.
Mancavano pochi giorni, ormai. Erano quattro, a essere precisi, e lei era emozionata e contenta di rivedere Justin, soprattutto da così vicino; ma non si sarebbe aspettata di certo dei pass per incontrarlo. Neanche ci sperava più, dentro di sé pensava 'Chissà se lo rivedrò un giorno, se ci parlerò ancora, se potrò ancora sentire le sue braccia attorno a me, se potrò ancora ritrovarmi i suoi occhi nei miei. Chissà se e quando accadrà.', e invece in quel momento sapeva che sarebbe accaduto e sapeva quando: quattro giorni la speravano dal suo più grande sogno.
« Mh, va bene, vado » disse Alex, con ancora la voce tremante e le gambe che ballavano. 
A Mila venne da ridere nel vedere la propria figlia in quelle condizioni. Non l'aveva mai vista così. L'aveva vista contenta, sì, in quindici anni era capitato tantissime volte, capitava soprattutto quando Alex era con suo padre... ma in quel modo non l'aveva mai vista, poteva giurarlo, era una cosa nuova.
In quei giorni, poi, l'aveva vista quasi triste, strana. Da quando era tornata a casa dopo quel.. giorno in cui si era allontanata non dicendo niente a nessuno, Alex era diversa, e Mila sentiva che il suo star male era in qualche modo legato a Justin. Lo sapeva perché Alex in vita sua, oltre che per la perdita di suo padre, aveva sofferto solamente per Justin. 
E invece, in quel momento, era contenta, quasi poteva scoppiare e liberare tantissimi coriandoli.
Justin la cambiava, Justin la faceva stare bene. Era l'unica persona che fosse mai riuscita ad avere un simile potere su Alex. Justin era la felicità di Alex, glielo si leggeva negli occhi.
Mila ridacchiò ancora: « Vai. Ciao, amore » disse abbracciandola e dandole un bacio in testa.
Alex si girò, aprì la porta e con un sorriso a trentadue denti stampato in viso, si diresse verso il Cafe Americano. Quella mattina era uscita da casa due volte: la prima volta sembrava afflitta, la seconda volta sembrava la felicità personificata. 
...Era così chiaro, lo era da quattro anni, ma in quel momento lo era più che mai:
Justin era l'unica vera forma di felicità che potesse mai seriamente pervaderla.
Justin era il suo sorriso più grande, bello e sincero.
Justin era la sua felicità.
 
 
 
*
 
 
 
Quei giorni erano passati molto velocemente per Justin.
Si svegliava quando il Sole faceva capolino a Est, un battito di ciglia, e già era ora di andare a dormire perché la giornata era finita.
Justin era stato molto preso dal suo lavoro, dalle prove del Tour, i nuovi ballerini, le nuove coreografie, era stato tutto molto veloce. Un attimo prima che entrasse nella sala prove aveva il Sole proprio sulla testa, e quando usciva ormai era tramontato.
Quello era un ritmo così frenetico che Justin ancora sopportava, dopotutto era pronto per tutto quello, era ciò che aveva sempre sognato. Ma il pensiero che avrebbe dovuto vivere quella situazione per un anno un po' lo spaventò.
Era un bel pensiero, questo sì, un anno di musica, concerti, viaggi. Avrebbe visto il mondo intero, conosciuto le città più belle e importanti, avrebbe conosciuto tantissime tradizioni diverse dalle sue, avrebbe imparato tante cose nel poco tempo che aveva per impararle. Ma il fatto che fosse un anno pieno un po' lo spaventava, perché era umano e sfortunatamente non era immune allo stress.
Per non parlare poi, del fatto che solo il giorno prima c'era stato il primo concerto del Believe Tour.
Era andato tutto a gonfie vele, era stato tutto molto bello, soprattutto perché quel concerto era per una sola persona, nel suo cuore.
Avalanna.
Avalanna, quella bambina a cui Justin teneva in modo sincero; quella bambina che già era stata privata della cosa più bella che si possa desiderare: la vita. Quella bambina tremendamente bella, che Justin aveva ormai sotto la sua ala protettiva.
Il cantante aveva sofferto quando gli era giunta la notizia che quell'angioletto era tornato al suo posto: in Paradiso. Aveva sofferto, perché non riteneva fosse giusto che una bambina così piccola potesse già provare tanto dolore, e dovesse dire addio alla sua famiglia.
Non aveva avuto il tempo di fare le sue esperienze, ma ne aveva vissuta una grande con Justin, e lui si sentiva onorato per questo.
La sera precedente, il cantante non aveva fatto salire una ragazza sul palco come era solito fare. Aveva lasciato che il mondo vedesse quanto lui tenesse a quella bambina che, anche se non gli apparteneva, gli era stata portata via ingiustamente. Avalanna era la sua ragazza. La ragazza che Justin aveva fatto sentire speciale ogni volta che poteva, ma quella sera più che mai. La ragazza che Justin voleva amare, la ragazza alla quale Justin chiedeva di conoscere il suo mondo, farne parte.
Lui guardava lo schermo posizionato sopra il palco, la guardava mentre il cuore gli si stringeva in petto, e le dedicava One Less Lonely Girl. La indicava, come se l'avesse avuta davvero davanti a sé. 
Ma lei c'era, lui ne era sicuro. Quella sera Avalanna era lì presente e stava ricevendo ancora una volta l'amore di Justin, l'amore che lei meritava.
Probabilmente anche per questo era andato tutto bene quella sera: Avalanna era con lui, e niente poteva andar male.
 
Quella mattina Justin era a Las Vegas per il concerto che si sarebbe tenuto quella stessa sera.
Era una star, aveva già fatto tantissimi concerti, e la sera prima aveva finalmente iniziato il Believe Tour, ma ancora si sentiva agitato. Era normale, e molto probabilmente quella cosa non sarebbe mai cambiata.
Si era sempre chiesto come si sentisse Michael Jackson quando saliva sul palco, davanti a tutta quella gente. Come faceva a reggere la tensione? Come faceva a salire sul palco sapendo che una città intera lo guardava? Come poteva fare tutto perfettamente, non sbagliare mai? Come si sentiva nel preciso istante in cui i suoi piedi toccavano il palco per la prima volta in una serata?
Se l'era sempre chiesto, e ora aveva la risposta. Era una risposta che non andava detta, ma sentita, perché non c'erano parole per spiegare come ci si sentisse nell'affrontare quella vita, nel vivere quel sogno.
In quel momento Justin era al MGM Gran Garden Arena. Fuori c'erano le sue fan in fila che cantavano le sue canzoni, urlavano e lo chiamavano.
Era bello essere amati.
Il Gran Garden Arena era enorme, a Justin piacque subito. Ci sarebbero entrate tantissime persone, il che gli metteva un'ansia incredibile. Ma anche se gli sembrava impossibile, si disse che doveva cominciare a farci l'abitudine perché non solo avrebbe avuto un altro concerto a distanza di due giorni, ma ne avrebbe avuti all'incirca altri 130. 
Il solo pensiero gli fece tremare le gambe. Centotrenta concerti, mica poco. In tutto il mondo.
Non conosceva le date, l'ordine delle città che doveva visitare, ma tanto per cominciare sapeva che quella sera toccava a Las Vegas -ma davvero?- e che il concerto successivo sarebbe stato a Los Angeles il 2 Ottobre e un altro il giorno dopo.
Stranamente, quando il suo pensiero passò a Los Angeles, non gli vennero in mente gli alberi che caratterizzavano la California, il clima caldo, eccetera, come succedeva qualvolta pensasse alla sua adorata città, bensì gli balenò in mente tutt'altra immagine.
Non era l'immagine di un paesaggio, un posto che aveva visto e che gli era piaciuto, o l'immagine dello Staples Center; era l'immagine di una persona.
Era l'immagine di Alex.
Alex e i suoi occhioni azzuri che lo avevano colpito.
Alex e i suoi sorrisi nascosti, Alex e la sua timidezza, Alex e la sua fragilità.
Alex e.. Alex.
Da quando in qua pensava alle sue fan in quel senso? Cosa gli era capitato? Si era perso qualcosa? Un pezzo della sua vita che non conosceva? Perché associava quella bellissima città a quella ragazza? Non aveva senso. Lui neanche sapeva chi fosse.
...Non sapeva chi fosse, però i biglietti per il concerto e i pass per il backstage glieli aveva regalati come fossero state figurine.
Justin scosse la testa, convincendosi del fatto che non pensava ad Alex in quel senso. Era solamente una ragazza, una fan, e di fan ne aveva viste parecchie.
...Sì? Ne aveva viste così tante da ricordare solo il viso di Alex? Perché era così, era vero: in quel momento non riusciva a ricordarsi i volti di chi aveva incontrato, ricordava solo quello di Alex. Eppure lui aveva incontrato più volte le stesse fan. In quel momento non sapeva fare degli esempi, ma sapeva che era capitato.
Forse perché Alex l'aveva vista da poco? Forse perché Alex era stata l'unica fan che Justin avesse accompagnato a casa? Forse perché era l'unica che lui sapeva fosse scappata di casa per raggiungerlo e vederlo anche solo per pochi istanti?
Di domande ce n'erano fin troppe. Il problema era che non aveva risposte, neanche una. 
Per quanto potesse essere strano, si ritrovò a pensare che fosse qualcosa stava accadendo nella sua testa bacata. Qualcosa che lui desiderava accadesse, ma che in quel momento lo terrorizzava.
Alex aveva un viso così dolce, sembrava aver paura di qualsiasi cosa, glielo si leggeva negli occhi.
Quando lui aveva fissato il suo sguardo nel cielo che Alex racchiudeva nei suoi occhi, gli era sembrato di leggerle l'anima, di vedere tutte le sue paure, tutto il dolore che aveva provato, tutto l'amore che cercava.
Il corpo esile di Alex sembrava fosse stato creato apposta per essere circondato dalle braccia possenti del cantante. 
Le sue mani erano lisce, morbide. Lo sapeva perché il giorno in cui l'aveva vista in lacrime fuori dalla sala prove, Alex aveva poggiato le mani sulle sue braccia per un attimo.
Alex aveva fatto la sua figura e neanche lo sapeva. Justin se ne stava accorgendo proprio in quell'attimo, e rimase spiazzato da tutti quei pensieri.
Rimase spiazzato dal fatto che ricordasse moltissime cose di Alex, e forse il primo segno era proprio che ricordasse persino la via e la casa, con tutti i posti che aveva visitato, lui ricordava la casa di Alex.
Cosa gli stava succedendo? Sentiva di doverle stare accanto, di farla sorridere. Sentiva di non poter sopportare il fatto che Alex avesse sofferto in passato, sentiva di dover fare qualcosa per far sì che il futuro fosse diverso.
Era strano, perché molti suoi fan avevano tantissimi problemi, forse anche cento volte più gravi di quelli di Alex, e la cosa gli dispiaceva molto, se avesse potuto avrebbe fatto qualcosa per tutti, ma in quel momento era di Alex che gli importava. Doveva cominciare a farla star bene, a entrare pian piano nel suo mondo -anche se lui ne era il centro-.
A quei pensieri, avvertì una strana sensazione dentro di sé, non sapeva di preciso dove. Era nello stomaco, o forse un po' più su. Forse vicino al cuore, forse al centro del petto. Forse un po' ovunque.
Colpa di quegli occhioni azzurri che l'avevano catturato. Colpa di quella dolcezza che la caratterizzava dalla punta dei capelli alla punta dei piedi.
Colpa dell'amore che Alex racchiudeva in sé e che attirava Justin come calamita.
Forse stava esagerando. Forse pensare faceva male.
Quando pensi ti fotti. Non devi mai pensare, perché la tua mente comincia a fare lunghi giri, comincia a pensare cose che non credevi di poter pensare; i pensieri piano piano portano alla confusione.
E Justin in quel momento si sentiva confuso. Aveva pensato troppo, e ora sentiva i battiti del suo cuore andare un po' più veloce.
 
Cosa gli stava succedendo?



 
CIAO RAGAZZE :)
ALLORA VISTO CHE TIPO DUE, TRE RAGAZZE MI HANNO CHIESTO SE MI SONO ISPIRATA A QUALCUNO PER I PERSONAGGI, VI MOSTRO SUBITO I LORO VISI :)

ALEX (destra) E SONNY (sinistra):

https://fbcdn-sphotos-c-a.akamaihd.net/hphotos-ak-frc1/944189_358487587606824_280941308_n.jpg

MILA:
https://fbcdn-sphotos-g-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/580420_358487657606817_1025758405_n.jpg

E OVVIAMENTE JUSTIN, LOL:
https://fbcdn-sphotos-a-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/6578_358487844273465_184433128_n.jpg

 
VI CHIEDO SCUSA SE QUESTO CAPITOLO E' CORTO E NON HA NULLA DI SPECIALE, MA AVEVO DECISO DI FARE QUESTE DUE PARTI DOPO LA 'SCOMPARSA' (?) DI ALEX, E PRIMA DEL CONCERTO (CHE SARA' FORSE IL MOMENTO PIU' BELLO DEI PRIMI UNDICI CAPITOLI).
NON VOLEVO CHE L'UNDICESIMO CAPITOLO VENISSE CHILOMETRICO PERCHE' NON VOGLIO ANNOIARE NESSUNO, E NELLO STESSO TEMPO VOLEVO METTERE UN PO' DI SUSPANCE HAHAHA.
MI RENDO CONTO CHE POTREI AVERVI DELUSE, INFATTI MI SPIACE UN SACCO, MA SPERO COMUNQUE CHE CONTINUIATE A LEGGERE LA STORIA :) MI SPIACE SOPRATTUTTO CHE CI SONO UN SACCO DI ERRORI, L'HO RILETTA E ME NE SONO ACCORTA, APPENA POSSO L'AGGIUSTO.
SE RECENSITE MI FATE UN GROSSO FAVORE, PERCHE' RIPETO CHE HO BISOGNO DI SAPERE COSA NE PENSATE, SE VI PIACE, SE NON VI PIACE, COSA PENSATE CHE POSSA SUCCEDERE NEL PROSSIMO CAPITOLO, ECCETERA.
 
SPERO COMUNQUE CHE VI PIACCIA, MAGARI SIETE BRAVE A TROVARE IL LATO BELLO DELLE COSE BRUTTE HAHA CIAO :)

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Attenzione ***


Ciao ragazze :) Volevo dirvi che per il momento no posso postare l'undicesimo capitolo perché efp dice di vermi cancellato la storia (?), non posso fare niente dal computer, e dal telefono mi è praticamente impossibile. Spero possiate pazientare ancora un po' (non avete idea di come mi girano i coglioni) A presto (spero) ❤

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Let me stand by your side. ***


Settembre era un mese particolare.
Settembre era il mese in cui le giornate si facevano sempre più corte, era il mese in cui riaprivano i carceri minorili -sì, insomma, le scuole!-, era il mese in cui il mare cominciava a diventare sempre più un ricordo -anche se non è che Alex vedesse così tanto il mare-.
Era un mese particolare, e molti avrebbero detto che i mesi più belli erano Giugno, Luglio e Agosto, il tempo dell'estate, del divertimento.
Eppure ad Alex piaceva molto Settembre, anche se ricominciava la scuola, anche se il Sole tramontava prima, era il mese che lei preferiva. Inoltre, se ci mettiamo il fatto che a Settembre aveva incontrato il suo idolo per la prima volta -e anche per ben tre volte- tutti gli undici mesi potevano anche andare a farsi benedire. 
Ma in quel momento sentiva che anche Ottobre non sarebbe stato male. Era già iniziato nel migliore dei modi: il giorno del concerto di Justin era ormai arrivato.
Non riusciva a capire come fosse accaduto il tutto, insomma, era stato tutto così veloce: un giorno piangeva davanti ai suoi poster pensando a quanto fosse distante la ragione dei suoi sorrisi, e il giorno dopo era tra le sue braccia; un giorno si sentiva morire, il giorno dopo era più viva che mai sotto il suo sguardo. Le cose erano cambiate quasi drasticamente: come poteva passare dal nulla al tutto? Come poteva passare dai momenti di disperazione ai momenti di euforia? Come poteva passare dal letto zuppo di lacrime dal sapore d'una amara tristezza, ai cancelli dello Staples Center con quei biglietti in mano, quei pass nella borsa e tanta gioia nel cuore che quasi la privava del suo stesso fiato? 
Se pensava che queste cose potessero esistere solo nei propri sogni, beh, si sbagliava di grosso, perché quello che stava vivendo sapeva di sogno, ma era la sua realtà, e nessuno poteva portargliela via.
Si disse che doveva godersi ogni cosa, dal primo all'ultimo secondo di quella giornata. Sarebbe andato tutto bene, sarebbe stata una giornata memorabile, se lo sentiva. 
Il pensiero di sentire le canzoni di Justin, dal vivo, la faceva tremare. L'aveva incontrato tre volte -e quel giorno avrebbe avuto pure la sua quarta bramata volta!-, ma non l'aveva mai sentito cantare dal vivo. Aveva visto i suoi sorrisi, l'aveva guardato negli occhi, aveva provato la sensazione delle sue braccia attorno al suo corpo, l'aveva sentito parlare, l'aveva sentito ridere, e non l'aveva sentito cantare. 
Il modo di cantare di Justin, la sua voce, la sua passione, tutto ciò che la mandava avanti... la parte più bella ancora non l'aveva vissuta, e Justin aveva ben pensato di fargliela vivere gratuitamente.
In quel momento Alex stava uscendo da scuola insieme a Sonny, con un sorriso dolcissimo in grado di esprimere tutta la felicità che si era impossessata di lei.
Quando mai era uscita da scuola così contenta da poter scoppiare? Era una sensazione così bella, e ovviamente la stava provando solo grazie a Justin. 
Gli sarebbe stata debitrice a vita, lui non c'era fisicamente, ma in un modo o nell'altro riusciva sempre a salvare Alex ogni qualvolta ne aveva bisogno.
Era a braccetto con Sonny e nessuna delle due era mai stata più di contenta di uscire da scuola, e il suono di quella campanella non era mai stato così dolce. La giornata era finita, ora potevano finalmente raggiungere Justin. 
Sì, quello era il giorno tanto atteso, il momento che Alex aveva sognato per quattro lunghi anni: quella sera avrebbe sentito cantare Justin. E no, non dal suo solito mp3, ma dal vivo. Le tremava il cuore a quel pensiero, e sentiva una strana sensazione pervaderla dalla testa ai piedi.
Desiderò con tutta se stessa saltare quelle ore che la dividevano dall'incontro e dal concerto, desiderò saltare quei chilometri che la dividevano da lui. Ancora pochissime ore e avrebbe vissuto per davvero.
Sonny rideva al suo fianco contagiando Alex, ma lei in quel momento non sapeva neanche di cosa stessero ridendo, e non le importava minimamente. Ridevano di gusto, erano felici
Mila era lì davanti scuola, con la macchina parcheggiata -l'aveva fatta riparare da William, il vicino; aveva una certa età ma se la cavava ancora con qualsiasi motore-.
Quando Alex e Sonny videro Mila che attendeva, corsero verso la macchina e si tuffarono dentro come se fossero già tremendamente in ritardo. Il fatto, però, era che Alex si sentiva davvero in ritardo: c'aveva messo quattro anni per farsi conoscere da Justin.
Però, pensava, meglio tardi che mai, no? Lei c'aveva sempre creduto, e questa cosa non le aveva mai fatto del male. Erano quelli i suoi risultati, e ne andava così fiera.
Mila venne contagiata dai loro sorrisi, mise subito in moto la macchina e le portò allo Staples Center.
Il giorno prima Justin aveva fatto un concerto in quell'arena, e Alex si era chiesta come mai lui non le avesse dato i biglietti di quella serata. Forse chiedeva troppo, in effetti non era obbligato a darle i biglietti dello show precendete -anzi, se vogliamo dirla tutta, non avrebbe dovuto neanche darle i biglietti di quella serata-, ma comunque la domanda se la poneva lo stesso. 
La verità, molto probabilmente, era che Justin voleva solo fare un favore a una fan e darle un biglietto. Un concerto, forse, gli sembrava più che sufficiente, quindi perché regalare due biglietti?
Alex non li chiedeva, anche se li desiderava -in realtà lei desiderava essere a ogni suo singolo concerto, ma dettagli!-, solo che... insomma, non lo capiva.
Scosse la testa e si godette il momento: stava andando da Justin, ancora. Quelle settimane erano così piene di Justin, più di tutte quelle che aveva alle spalle. Quelle settimane se le sarebbe ricordate fino alla morte, erano le più belle che Alex avesse mai vissuto. 
Aveva passato quattro anni a piangere, e adesso invece... era lì che si diregeva allo Staples Center con due pass e due biglietti tra l'altro non pagati, anzi, le erano stati regalati da Justin in persona.
Se quello non era il Never Say Never...
Il tragitto era tutt'altro che breve. Sonny stava scattando qualche foto a Mila che guidava, ad Alex che andava in fiamme al sol pensiero di dover vedere ancora Justin e sentirlo cantare, e fece anche delle foto a sé stessa mentre il suo viso si contraeva in buffe smorfie. 
Quello era tutto ciò che Alex aveva sognato in quel lasso di tempo, aveva immaginato tutto in quel modo, si stava avverando tutto, e non poté fare a meno di pensare che Dio era grande e buono. Sonny le aveva sempre detto "Alex, penso che se stai aspettando così tanto vuol dire che tu avrai più di quanto pensi." e Alex ricordava ancora il suo discorso alla perfezione: 
"Ciò che otterrai sarà mille volte più bello di quel che sogni. Tu desideri anche l'ultimo posto dell'ultima fila dell'ultimo settore, a te basterebbe vederlo anche da metri e metri di distanza, ma io sono del parere che stai aspettando così tanto perché ciò che otterrai sarà cento volte meglio di quel che desideri. Stai tranquilla, le cose belle arrivano a chi merita e chi aspetta." 
...Come aveva ragione Sonny. Aveva dannatamente ragione, Alex non si sarebbe mai e poi mai immaginata tutto quello. Stava ottenendo cose che tante altre Beliebers si sognavano e non poté fare a meno di sentirsi onorata.
 
 
 
*
 
 
 
Dire che Justin era agitato e contento è poco. 
Quel pomeriggio si sentiva diverso, vedeva tutto in modo diverso. Tanto per cominciare sembravano tutti indaffarati e lui parve accorgersene solo in quel momento. Stavano finendo di aggiustare le luci, stavano controllando che fosse tutto apposto, c'erano uomini ovunque: uomini della sicurezza, uomini degli impianti elettrici, uomini che finivano di montare il palco, uomini che organizzavano gli effetti speciali e i filmati da mandare sul grande schermo. Uomini, uomini ovunque. Justin si trovò a pensare alle parole di Alfredo: "Amico, se continuiamo così diventeremo gay, te lo dico io!"
Forse il suo amico aveva ragione.
Rise lievemente a quel pensiero idiota, e cominciò prepararsi. 
In quel momento indossava un'anonima e comoda maglia bianca, dei pantaloni grigi e delle supra nere. Piuttosto comodo e informale per un soundcheck, peccato però che avrebbe avuto l'incontro con i fan da un momento all'altro.
Sentiva il vociare di quel via vai di persone che lo Staples Center ospitava, e, mentre finiva di cambiarsi, sentì qualcuno dire 'Dov'è Justin? Ha un incontro con i fan tra poco, dov'è?' e riconobbe in una frazione di secondo quella voce: Scooter, il suo manager.
Finì di cambiarsi: maglia nera, pantalone nero, supra nere, e un cappello inveranle nero della Supreme. Sembrava pronto per un funerale giovanile più che per un incontro con i suoi fan.
Uscì dal camerino e trovò Scooter davanti a sé che gli dava le spalle.
« Eccomi, sono pronto » disse semplicemente il cantante.
Scooter si girò e gli mise una mano dietro la spalla, scortandolo nella stanza dove si sarebbe tenuto l'incontro.
« Dai, andiamo » disse il manager.
Justin aveva un'aria da 'misentofigoanchesesembroinlutto' e camminava trascinando i piedi.
Al suo fianco, Scooter stava parlando in modo piuttosto tranquillo, nonostante l'ansia che pochi istanti prima l'aveva assalito. Stava dicendo qualcosa a Justin, ma quest'ultimo parve non ascoltarlo perché qualcos'altro -o meglio, qualcun altro- stava attirando la sua attenzione. In quel lieve trambusto che lo circondava, Justin riconobbe già le voci dei fans, chiaramente eccitati. Qualche fan lanciava dei gridolini dall'emozione, qualche altra fan piangeva, e le guardie dicevano di stare indietro e di mettersi in fila, e che 'a momenti il cantante sarebbe arrivato'.
Justin tendeva l'orecchio verso Scooter che ancora gli parlava, inconscio però del fatto che il cantante non lo stesse minimamente ascoltando.
Un pensiero attraversò la mente di Justin: Alex era lì?
Non che fosse realmente preoccupato di ricevere una risposta negativa (o forse sì?), ma le aveva regalato quei pass per un solo motivo: incontrarsi di nuovo, parlarsi, guardarsi. Doveva esserci, inoltre aveva detto chiaramente a Moshe di lasciare orari e quant'altro nella cassetta della posta di Alex. Ed era più che sicuro che in un modo o nell'altro Alex lo avrebbe raggiunto, con o senza macchina. Ne aveva già avuto la prova ritrovandosela in lacrime davanti, quel giorno in cui era scappata, figurarsi se non l'avrebbe fatto anche in quel momento. Sapeva che Alex non l'aveva mai visto in concerto e quella giornata era tutta sua, non se la sarebbe persa mai e poi mai.
Justin annuiva a Scooter senza aver però registrato niente di quel che gli era stato detto e il manager, una volta scortato il cantante nel punto d'incontro con le fans, si allontanò tornando a dell'altro lavoro. Le guardie lì crearono un po' di movimento, e cominciarono a dare il 'via libera' alle fan, una o due alla volta, oppure in gruppo.
La prima era una ragazza con la madre. Occhi grigi e i capelli castani, una maglia di Justin originale e il pass appeso al collo come la madre. Le salutò entrambe chiedendo come stesse procedendo loro la giornata. La ragazza, visibilmente scossa, abbracciò il cantante. Questo sorrise e la strinse a sé, portando un braccio sulle sue spalle, e l'altro sulle spalle della madre, sorridendo alla fotocamera davanti a loro. Il flash lì colpi in viso, e dopo pochi istanti arrivarono altri fans che dovevano vivere il loro momento, uguale a quello di tutti gli altri. 
Era il suo lavoro, ma a Justin faceva anche piacere conoscere i sui fans, conoscere di persona chi lo supportava, chi apprezzava la sua musica, chi c'era per lui, chi lo faceva sorridere. Per lui era bello incontrare smepre nuovi fans, sorridere con loro pur non conoscendone i nomi. Era bello entrare subito in confidenza con qualcuno che non conosceva ma che sentiva vicino a sé. I suoi fans erano bellissimi, era così fiero di essere Justin Bieber, la ragione dei loro sorrisi, l'artista invidiato per i suoi ammiratori. 
Entrò la seconda fan, sola e un po' più bassa di lui, con i capelli mossi, visibilmente trattati, della matita nera sulle palpebre e un po' di violetto, un lucidalabbra, una catenina al collo e una maglia a maniche corte bianca con una spilla di Justin sopra.
« Ciao Justin » disse lei.
« Hey dolcezza, come stai? » la salutò lui, abbracciandola con un sorriso dolcissimo. Sembravano conoscersi davvero.
« Molto bene, e tu come stai oggi? »
« Bene, ti ringrazio »
Lei si posizionò al lato sinistro di Justin e lui le cinse prontamente il fianco per una foto. Avanzò col viso per lasciarle un bacio sulla guancia, mentre lei sorrideva verso la fotocamera. Quando la foto venne scattata, lei si staccò da lui, forse a malincuore.
« Ti amo, Justin » disse lei sorridendogli e salutandolo, prima di voltare le spalle e tornare fuori da quella stanza.
« Anch'io, piccola »
"Anch'io, piccola" cioè.. "Anch'io ti amo". 
Sì, lui lo diceva quasi sempre, ma non era quel genere di 'ti amo'.
Lui amava i suoi fans perché grazie a loro aveva realizzato il suo sogno; perché loro lo supportavano, loro facevano di tutto per farlo sorridere; perché la tristezza di Justin era la tristezza di tutti quanti; perché il suo sorriso era il loro sorriso; li amava perché erano fantastici e appartenevano a lui. Ma non era quel tipo di ti amo, quello non era l'amore, quello vero, quello che si condivideva con un'altra sola persona. 
A quel pensiero Justin si rabbuiò un po' e non poté fare a meno di ripensare ad Alex.
Perché l'immagine di Alex gli era piombata in testa quando aveva pensato all'amore? Perché quando immaginava di dire seriamente 'ti amo' a una ragazza aveva nella sua testa il viso di Alex? Ma chi la conosceva quella ragazza? Cos'era quella situazione? Che diavolo gli stava prendendo? Dare così tante attenzioni a una fan, attenzioni di quel genere. 
Di fans ne aveva conosciute tante e ancora doveva vedere il mondo al completo, quindi di ragazze belle e simpatiche ne aveva conosciute, e aveva anche provato interesse per qualcuna di loro, ma mai era andato avanti in quel modo.. con Alex era tutto calmo, cercava di fare le cose per bene, cominciando dalle cose più semplici come un incontro prima del concerto con dei pass gratis.
L'aveva vista solo tre volte, quel giorno l'avrebbe vista per la quarta volta, eppure se qualcuno gli avesse chiesto 'La conosci? Da quanto?' lui di suo avrebbe inconsciamente risposto 'Sì, da una vita', perché quegli occhi erano così familiari e allo stesso tempo sconosciuti. Non li aveva mai visti, ma sentiva che quello sguardo gli apparteneva. Quelle lacrime, quei sorrisi.. era sicuro che erano diversi quando si trattava di lui. Era sicuro che Alex non avesse un solo tipo di sorriso; era sicuro che il sorriso più bello fosse sempre per lui -ed era proprio così!-.
Il Meet and Greet continuava, le fan entravano e uscivano tutte sorridenti, felici di aver realizzato il proprio sogno, ma di Alex ancora nessuna traccia. Non che si preoccupò, alla fine ce n'erano ancora un po' di fan da incontrare, però aveva anche una strana sensazione, come se lei non ci fosse. Possibile?
Quando la ragazza dall'abitino blu uscì sorridendo al cantante, quest'ultimo si prese qualche minuto per chiamare Scooter e chiedergli un favore.
« Justin? » disse Scooter, catturando l'attenzione del cantante.
« Scooter, devi fare una cosa » disse Justin, grattandosi leggermente la nuca senza alcun motivo; forse per l'imbarazzo. Imbarazzo per cosa, poi? Perché stava chiedendo un favore al suo manager? ..O forse perché doveva cercare una ragazza?
« Cosa? » chiese Scooter, con le sopracciglia aggrottate, seriamente curioso.
« Devi vedere se c'è, uhm, Alex lì fuori » sputò lui leggermente imbarazzato.
Scooter rimase sorpreso nel sentire quella frase. Sollevò le sopracciglia, fissando il cantante. Aveva sentito bene?
« Devo cercare una ragazza in mezzo a tutta quella gente? »
« Scooter, non te lo chiederei se non fosse importante. Ha i capelli un po' lunghi, mossi e sul castano. Ha due occhioni azzurri che, credimi, riconosceresti subito. Ha un'aria molto dolce, ed è più bassa di me. Non so il suo cognome però.. so solo che si chiama Alex. Cercala e se non c'è qui fuori prova a cercarla fuori dall'edificio, per favore »
Scooter quasi non poteva credere alle sue orecchie: Justin gli stava chiedendo di cercare una ragazza che tra l'altro neanche conosceva, ma glielo chiedeva addirittura con un pizzico di preoccupazione che traspariva facilmente dalla sua voce mentre cercava di risultare tranquillo e disinvolto. 
Non era molto bravo a mascherare le sue emozioni.
« Non posso crederci » disse il manager, scuotendo la testa. Justin stava cercando una ragazza. Insomma, è chiaro? Stava. cercando. una. ragazza.
« ...Vado » disse infine Scooter.
Justin sorrise subito e lo ringraziò, ritornando al suo Meet and Greet.
Alle sue spalle Scooter scosse ancora un po' la testa e uscì da quella stanza, pregando quasi di riuscire a trovare quella Alex.
 
 
 
*
 
 
 
« Guarda che meraviglia! » disse Alex coprendosi la bocca spalancata con una mano. 
Lo Staples Center era cento volte più bello dal vivo, era grande e non era vuoto, per niente. Era pieno di gente, Beliebers che facevano la fila, Beliebers con magliette di Justin, scritte in viso e sulle braccia, chi con i capelli in ordine, chi con i capelli scompigliati. Sembrava comunque tutto tranquillo, nonostante il vociare della gente.
« Che emozione! » disse Sonny, affianco ad Alex. La sua amica, agli occhi degli altri, poteva apparire molto tranquilla. Anzi, se non fosse che indossava una maglia che rappresentava Justin, nessuno l'avrebbe mai scambiata per una fan, perché era fin troppo calma. Ma Sonny sapeva che dentro di sé Alex stava morendo. 
Sembrava quasi non tenerci, ma la verità è che era morta tantissime volte dentro di sé per un momento simile; l'aveva sognato così tante volte, aveva ormai immaginato tante cose e in quel momento non se ne ricordava neanche una. Erano stati quattro anni lunghi e difficili, anche se la voce di Justin l'aveva sempre aiutata.
« A che ora comincia il concerto? » chiese Mila alle loro spalle, sorridendo emozionata forse quanto loro. Quello che aveva davanti a sé era tutto ciò che Alex aveva sempre sognato. Non sembrava vero persino a Mila! 
Il secondo biglietto era andato a Sonny, e alla donna dispiaceva non poter entrare e sentire Justin cantare dal vivo. Avrebbe voluto vedere felice sua figlia nell'attimo in cui Justin sarebbe salito sul palco, e non osava immaginare quanto andasse veloce il cuore della ragazza, in quel momento. 
« Tra un paio d'ore dovrebbero farci entrare, comincia verso le 19:00 » rispose Alex, guardando ancora l'arena davanti a sé.
Che meraviglia, pensava. 
Provava un emozione così forte che non sarebbe mai stata in grado di spiegarla a nessuno, neanche a sé stessa. Le sembrava di averla già provata, avendo immaginato tremila volte -e più- di trovarsi in quella situazione, di realizzare il suo sogno, ma in quel momento era decisamente cento volte più bello di quel che aveva sempre immaginato e creduto di provare.
Non credeva di poter davvero provare cose così, e non osava immaginare cosa avrebbe provato in poche ore, davanti a Justin, mentre questo cantava.
Sarebbe morta, se lo sentiva. Ma mai come allora le sembrò tanto bella la morte. Se avesse potuto scegliere il modo in cui morire avrebbe senz'altro scelto di farlo ascoltando la voce di Justin, o tra le sue braccia.
 
If I could just die in your arms
 
Alex percepì dei leggeri brividi lungo la schiena e si sentì piena di energia, solo per Justin.
Lanciò un gridolino e prese sua madre e Sonny per mano.
« Andiamo a farci un giro, dai! » disse ormai in estasi.
Sonny rise nel vedere la sua migliore amica così contenta e immendiatamente si sentì al settimo cielo anche lei. Mila, alla sinistra di Alex, venne contagiata dalla loro felicità e sorrise come una bambina.
Quel posto era pienissimo, c'erano ragazzine come Alex ovunque, tutte pazze di Justin. 
Mila sapeva che quel ragazzo aveva un successo mondiale, sapeva di aver fatto colpo su un sacco di adolescenti, ma non pensava di potersi mai trovare in mezzo a tanto caos. La cosa un po' la spaventava, perché aveva paura che Alex potesse perdersi nell'arena, non trovare i posti, oppure che potesse trovare il dritto della situazione che si era fregato quella bellissima seconda fila. Temeva che Alex, pur avendo i posti a sedere, potesse sentirsi schiacciata, che potesse sentirsi male. Erano pensieri ai quali non aveva mai dato tanto peso perché non si era mai trovata veramente in quella situazione, era sempre stato tutto a livello ipotetico, mai era stato reale, e in quel momento lo era. In quel momento tutte le paure si impossessarono di lei.
« Alex, mi raccomando, quando sei dentro non ti staccare mai da Sonny, per favore » disse Mila, facendo sentire la preoccupazione nella sua voce.
La figlia si girò a guardarla: « Mamma, stai tranquilla, ci terremo sempre per mano » rispose sorridendo come per tranquillizzarla.
« Ma non correte, mi raccomando. Non voglio che cadi o che ti faccia male in qualsiasi altro modo »
« Mamma » la chiamò Alex « Stai. Tranquilla. Non correremo »
Mila non poteva stare tanto tranquilla, quello era il primo concerto al quale Alex stava per assistere ed era con un'amica, non con lei, sua madre! Era senza un adulto, e aveva quindici anni.
Poteva davvero stare tranquilla?
Erano due ragazzine responsabili, sì, e di loro si fidava, ma non si fidava degli altri, di quelle persone che in quel momento la circondavano.
Pregò che andasse tutto bene.
Alex trascinava sua madre e la sua migliore amica verso la lunga fila di Beliebers che le si presentava davanti. Guardava quelle ragazze con un sorriso dolcissimo in viso, non le sembrava vero. Voleva abbracciarle tutte, pur non conoscendole, voleva parlare con ognuna di loro, cantare con loro, ridere con loro. Le dispiaceva essere così timida e chiusa, le dispiaceva non avere amici al di fuori di Sonny e di non riuscire ad aprirsi anche in quel momento, in quel momento che nessuno poteva criticarla, in quel momento che poteva essere liberamente se stessa e parlare ininterrottamente di Justin. Ma non ce la faceva.
Camminava sorridente, mentre Mila accanto a sé faceva delle foto con la macchina fotografica di Sonny. 
Sonny.. Sonny sembrava essere presa da altro, piuttosto. Era girata, guardava attentamente qualcosa dietro di sé. Alex se ne accorse perché Sonny non camminava più, si era fermata, bloccando anche lei e Mila.
« Sonny? » la chiamò infatti, senza ottenere alcuna risposta, neanche uno sguardo.
« ..Sonny? »
La bionda fece segno con la mano di aspettare. Ma che le prendeva?
Alex cercò di capire cosa o chi stesse guardando, ma non ci riuscì. Per un nano secondo pensò che Sonny avesse visto Justin e le prese il panico, perché si era fermata?
« Sonny! »
Finalmente la bionda si girò, con l'agitazione che le si leggeva in viso.
« Alex, hai sentito cos'hanno detto quelle ragazze?! »
La ragazzina si sentì persa, a dir poco. 'Quelle ragazze'? Ma chi? C'era mezzo emisfero in quel posto, chi doveva sentire? E poi, come poteva aver sentito con tutto quel vociare attorno a lei?
« Uhm, quali ragazze? »
« Quelle! » disse Sonny, voltandosi indietro e indicando due loro -senz'altro- coetanee: una con i capelli corti e neri e gli occhi verdi, con scritto JB sulle guance, e una con i capelli sul castano e gli occhi celesti, quasi come Alex.
Non le aveva certo sentite, ma neanche viste, prima che Sonny le indicasse.
« Cosa hanno detto? » 
Sonny prese entrambe le mani di Alex, ormai agitatissima.
« Hanno detto che il manager di Justin è qui da qualche parte e loro l'hanno visto! »
Alex spalancò occhi e bocca. Scooter? Dove? Dove, quando, cosa, chi, come, perché? Scooter! Voleva assolutamente vederlo, doveva vederlo!
Non lo conosceva ma sentiva di volergli bene, e voleva conoscerlo, stringergli la mano, e magari ringraziarlo per aver visitato Youtube quel tanto benedetto giorno.
« Alex, andiamo da loro! » disse frettolosamente Sonny, trascinandola dietro di sé. 
La biondina avanzò sempre di più fino ad arrivare a un passo da quelle ragazze, per poi fronteggiarle.
« Scusate, ho sentito che avete visto il manager di Justin? » disse, assicurandosi di aver sentito bene, anche se -ne era sicura- aveva sentito benissimo.
« Sì sì! » dissero loro, emozionate come Dio solo sa cosa!
« Oddio, dov'è? » si intromise Alex.
 
Alex, wow, sei appena uscita dal guscio? Stai parlando con altre Beliebers senza imbarazzo. Complimenti!
 
« L'abbiamo visto dall'altra parte dell'arena, ma sicuramente non è più lì perché sembrava andare di fretta, stava cercando una ragazza. Probabilmente qualcuno senza biglietti » disse la ragazza con gli occhi celesti. Sonny non perse tempo e fece altre domande.
« Ma quando? Poco fa? C'avete parlato? »
Alex si stava agitando, si girò per controllare la zona, magari Scooter in quel momento era alle loro spalle e loro neanche potevano saperlo, impegnate in quella conversazione. 
Guardava a destra, a sinistra, davanti a sé, ma non le sembrò di vederlo.
« Sì, gli ho parlato per pochi secondi, a dire il vero mi ha fermata lui! Mi sono sentita morire, giuro, lo avrei fermato io, ma invece è stato lui a parlarmi! Mi ha chiesto se mi chiamassi Alex, ho detto di no e se n'è andato velocemente »
Alex si girò velocemente. Cosa?! Aveva sentito bene?
Sonny si girò di scatto verso la sua amica, con l'agitazione che ormai rivestiva ogni centimetro della sua pelle.
« C-cosa? » chiese Alex, guardandola come pietrificata.
« Sì, mi ha fermata, mi ha guardata attentamente negli occhi e mi ha detto “Sei Alex?”, io gli ho detto 
“No, mi chiamo Shane” e lui ha annuito e ha gesticolato come per scusarsi, andandosene molto velocemente. Non ho avuto il tempo di chiamarlo, è scappato via. Peccato, volevo farmi una foto con lui! »
Sonny la guardò pietrificata.
La ragazza con gli occhi celesti guardò più attentamente Alex, aggrottando le sopracciglia.
« ..Hey, io ti ho già vista da qualche parte! »
La ragazzina non sapeva cosa rispondere, aveva ancora la testa tra le nuvole.
“Sei Alex?”
Lei, lei si chiamava Alex
« Ma certo, tu.. tu hai incontrato Justin, vero? Qualche settimana fa, davanti alla sala dove teneva le prove del Tour! Sei la ragazza alla quale Justin ha regalato i biglietti! »
Se possibile, Alex spalancò ancora di più gli occhi. Come lo sapeva? L'aveva vista? Era presente? Sì, sì, era lei! 
« Sì, come lo sai? »
Shane sorrise insieme alla sua amica dagli occhi verde smeraldo.
« C'eravamo anche noi, abbiamo visto tutto! »
Sonny si intromise molto velocemente: « Lei è Alex! »
A quelle parole Shane sgranò gli occhi. 
Cosa diamine stava succedendo? Possibile che Scooter la stesse cercando? Per cosa poi? I biglietti ce li aveva, anche i pass! 
La sua testa le disse che poteva benissimo trattarsi di un'altra Alex, ma qualcosa dentro di sé -qualcosa che non aveva niente a che vedere con la ragione- le disse che si trattava proprio di lei. Forse erano i ricordi, i 'momenti passati con Justin' che la spingevano a credere che quell'Alex fosse lei. Forse era il fatto che Justin le aveva regalato i biglietti e i pass, e voleva accertarsi che ci fosse. Del resto, quando era nel van con Justin il giorno in cui l'aveva riaccompagnata a casa dopo la sua 'fuga', lui le aveva confessato che non poteva credere che lei non si fosse presentata.
Quindi... conclusione? Era lei quell'Alex che Scooter cercava? Lei aveva i pass, le erano stati regalati da lui! Forse lui la stava cercando per questo?
O forse molto semplicemente si stava solo fottendo il cervello? Forse stava sognando a occhi aperti, si stava illudendo, non era lei l'Alex che Scooter stava cercando. 
« Tu sei Alex? Oh mio Dio, dobbiamo cercare Scooter! » disse Shane, prendendola per mano come se si conoscessero. Alex rimase sorpresa, ma dentro di sé era felice di quel contatto. 
« Ehm, un attimo! » disse la ragazzina fermandosi « Chi dice che sia io la ragazza che cerca? »
« Alex, stai scherzando? » parlò Sonny « Justin ti ha regalato i biglietti e quei pass, io sono sicura che sei tu l'Alex che Scooter sta cercando! »
Shane e Laragazzadagliocchiverdi -così l'aveva battezzata Alex in segreto- sgranarono gli occhi. L'ultima parlò: « Justin ti ha regalato i pass?! Ma lo sai che l'incontro con i fan è a quest'ora?! »
Ma cosa Cristo stava succedendo? Il mondo le stava cadendo addosso, si sentiva schiacciare da qualcosa, non sapeva neanche lei cosa! Si sentiva morire, aveva il cuore a mille. Prima la notizia che Scooter era da quelle parti, poi la notizia che stava cercando una ragazza di nome Alex, poi la notizia che il Meet and Greet si stava già svolgendo. Qualcos'altro? Andiamo! Tanto ormai...
« Oh mio Dio.. » disse Alex, tenendosi la fronte con una mano, come se dovesse cadere da un momento all'altro.
Sonny la prese tra le sue braccia, stringendola forte a sé, le accarezzò i capelli e parlò.
« Alex, cazzo, sei tu. Mettiti in testa che sei tu, io me lo sento, il Meet è già iniziato, non ti hanno vista e ora ti stanno cercando. Non puoi perdertelo, cazzo, dobbiamo cercare questo Scooter e dirgli che ci sei, sei tu l'Alex che cerca, hai i pass e devi abbracciare Justin, cazzo! »
Ad Alex venne da piangere, non sapeva perché. Forse perché temeva di non riuscire a trovare Scooter, forse perché temeva di essere in ritardo e di non riuscire a incontrare Justin; forse perché stava cominciando a credere seriamente che Scooter stesse cercando proprio lei ché magari l'aveva mandato Justin, e che quindi ancora una volta lui l'aveva pensata.
Per la millesima volta, non voleva illudersi, ma cazzo quelle non erano solo coincidenze, lo sapeva. Questa volta lo sapeva, si trattava di lei e non poteva non darsi una mossa. 
Tremava dalla testa ai piedi, aveva bisogno di alcuni secondi per riordinare il caos che le albergava in testa, doveva realizzare il tutto con molta calma e pensare bene a ciò che doveva fare. Ma fanculo, non pensò a niente e a nessuno e agì d'istinto: prese la mano della sua amica, si girò verso sua madre e disse: « Mamma, io vado con Sonny a cercare Scooter, se mai dovessi vederlo chiamaci immediatamente! »
Alle sue spalle, Mila annuì, e Alex, Sonny, e quelle due ragazze che avevano incontrato non molti attimi prima si incamminarono velocemente verso un punto che neanche conoscevano, ma l'avrebbero riconosciuto. Alex doveva incontrare Justin! 
Mila conosceva bene il viso di Scooter, l'aveva visto tantissime volte in quel film che Alex aveva consumato, 'Never Say Never'. E mentre Mila cominciava a confondersi in mezzo alla gente, Alex stava già dirigendosi alla parte opposta dell'arena, scrutando ogni singolo centimetro di quel posto. 
Ce l'avrebbe fatta.
 
Never say never, giusto?
 
Si potrebbe dire che la loro ricerca non durò così tanto come sembrava. Ad Alex sembrò di averci messo una buona mezz'ora, ma la verità è che erano passati forse dieci minuti scarsi.
Sarà stata un po' l'ansia, la paura, l'emozione, ad aver reso quei minuti interminabili?
Fortunatamente le Beliebers sul posto avevano urlato alla vista di Scooter. Alex aveva subito teso le orecchie, insospettendosi.
In quel momento era con Sonny, Shane e Laragazzadagliocchiverdi, e si stava avvicinando sempre di più al gruppo di ragazze urlanti.
« Scooter! » disse Sonny ad alta voce e sgranando gli occhi.
Il cuore di Alex tremava già, ma a quelle parole andò a una velocità supersonica, quasi temette di svenire. Si stava agitando. Ma, cazzo, Sonny aveva visto Scooter. Si sarebbero avvicinate, e magari.. magari avrebbero scoperto quella tanto ricercata Alex era proprio lei, la ragazzina più felice del mondo.
Alex guardò nel punto indicato da Sonny e Shane prese la mano di Alex, tirandola dietro di sé e dicendo « Cazzo, vieni, corri! »
...E c'è davvero bisogno di spiegare il modo in cui Alex si sentisse? 
Va bene, poteva non essere lei quell'Alex che Scooter sperava di trovare, ma almeno avrebbe visto l'uomo che, un giorno, navigando su Internet, aveva scoperto la ragione della sua vita.
Avrebbe visto Scooter, dal vivo! E comunque avrebbe incontrato Justin, perché lei i pass li aveva.
Era tutto troppo bello per essere vero, e Alex aveva paura che potesse essere un sogno e che potesse svegliarsi da un momento all'altro per andare a scuola. Aveva paura di aprire gli occhi e ritrovarsi nel suo misero letto, aveva paura di realizzare il tutto e scoppiare a piangere, com'era successo tante volte oramai.
Però no, diamine, sapeva troppo di realtà. La sua realtà, che nessun poteva portarle via in quel momento.
Era a un passo dal realizzare ancora una volta il suo sogno più grande, era a un passo dalla felicità, e il suo cuore stava cedendo. Cosa sarebbe successo una volta che avrebbe incontrato nuovamente gli occhi di Justin? Sarebbe crollata? Si sarebbe innamorata ancora una volta? 
...Che domande, certo che sì. Si sarebbe innamorata per la miliardesima volta, e sarebbe successo ancora tante altre volte. Perché Justin era l'amore, Justin ti catturava come fosse una calamita. Justin aveva un gran potere e forse non ne era del tutto consapevole.
Alex però era vittima di tutto ciò, era completamente legata a lui, e sapeva che una volta arrivata lì all'incontro, sarebbe morta un po' dentro e sarebbe rinata allo stesso tempo.
Com'era possibile provare quel tipo di sensazione? Quella sensazione che potevi provare solo guardandolo negli occhi, quella sensazione che ti faceva credere di dover morire da un momento all'altro e che allo stesso tempo ti salvava.
Quella sensazione che solo Justin sapeva trasmetterti.
Alex riusciva a provare tutto quello pur non avendolo ancora davanti. Riusciva a percepire il tutto anche da lontano, anche a sola, anche con un solo pensiero. Perché non era un pensiero qualsiasi, ma un pensiero che aveva Justin come protagonista, e ciò spiegava perfettamente ogni cosa.
Pochi minuti, pochi minuti e le cose sarebbero cambiati.
Justin, lei è qui.
 
Sono qui, Justin.
 
« Scooter! » urlò Shane avvicinandosi con passo svelto, se non proprio correndo, senza mai lasciare la mano di Alex. Sonny, dietro, andava alla loro stessa velocità insieme a Laragazzadagliocchiverdi, e credette di dover piangere dall'emozione. 
Eccolo, Scooter.
« Scooter! » lo chiamò ancora Shane, accompagnata da Sonny che aveva la voce un po' più stridula.
Scooter, che camminava molto velocemente e si girava da una parte all'altra, si girò dalla loro parte, vedendole arrivare a passo svelto.
Il suo sguardo vagava un po', guardava superficialmente quel piccolo gruppetto di soli quattro ragazze, ma Alex poté giurare che quasi si accese guardando lei.
Shane stava per dire qualcosa, aveva un po' di fiatone -forse per l'emozione- ma venne immediatamente bloccata da Scooter che guardava Alex intensamente negli occhi.
« Come ti chiami? » disse lui, con la bocca semiaperta, senza mai distogliere lo sguardo da quello della ragazzina davanti a sé.
Ma quella ragazza stava morendo in quel momento.
« A-Alex » rispose timidamente, ma con il cuore in gola. La timidezza era in grado di sopraffarla anche quando in realtà Alex doveva urlare.
« Lei è la ragazza che cercavi, Scooter! » disse Shane, quasi buttando Alex tra le braccia del manager.
Scooter guardava Alex negli occhi, ma in un modo strano. Perché? 
« ..Sì, sei tu Alex. Hai i pass, giusto? »
A quella ragazzina tremava da morire la mandibola, era agitatissima e aveva paura di non riuscire a parlare. Si sentiva stupida, come se non avesse capito quello che Scooter le aveva appena detto.
« Ehm, i-io.. ehm »
« Sì sì, ce li abbiamo! » disse Sonny, interrompendo il balbettio della sua amica e tirando fuori i pass e i biglietti, mostrandoli a Scooter con mani tremanti.
Scooter annuì e, velocemente, prese Alex per il braccio sinistro, scortandola dentro l'arena, affiancata da Sonny.
Alex si girò guardando Shane e Laragazzadagliocchiverdi, aveva un'aria da 'Aiuto, salvatemi', ma a momenti l'avrebbe salvata proprio Justin.
Le due ragazze sorridevano seriamente contente e la salutavano dicendo "Vai, vai! Goditelo, abbraccialo forte! Never Say Never!"
Già. Never Say Never. Quella frase fece sì che gli occhi di Alex si inumidirono in un istante. Era la frase della sua vita, quella che le aveva insegnato Justin e che l'aveva sempre mandata avanti. Era la frase che l'aveva sempre salvata, e in quel momento la stava facendo vivere.
L'arena era davvero grande e molto bella. Era emozionante essere lì dentro, specialmente se per un concerto del suo idolo. Specialmente se in compagnia, specialmente se con Justin.
Tremava, e la mano di Scooter era passata dietro la sua schiena. Alex temette di svenire da un momento all'altro. Sonny, al suo fianco, sembrò percepire tutto e l'accarezzò.
Era un sogno, un bellissimo sogno, che stava realizzando ancora.
Fanculo chi la prendeva in giro;
fanculo chi diceva che non avrebbe mai incontrato Justin;
fanculo chi la chiamava sfigata;
fanculo chi chiamava frocio il suo idolo;
fanculo chi rideva alle sue spalle;
fanculo chi aveva voglia di pestarla;
fanculo tutto e tutti, lei era lì, felice come non mai, sicura che quei 'compagni' di scuola che le davano il tormento ogni giorno sarebbero stati invidiosi. E non perché stava incontrando Justin Bieber...
...Ma perché era felice.
Così felice che non era conscia delle sue azioni. Stava camminando, stava seguendo Scooter, il suo cervello lo sapeva, ma non credeva di riuscire a controllare le sue gambe. Si stavano muovendo per conto loro, Alex si chiese come fosse possibile. Come se sapessero che la stavano portando da lui.
Si passò una mano in viso quando capì di essere arrivata. C'era una fila di Beliebers davanti a sé ormai corta. Andava scemando, le ragazze entravano un po' alla volta, chi in coppia, chi singolarmente, ma tutte emozionate perché a momenti avrebbero varcato quella soglia.
Lei era l'ultima.
Stupide tende nere che ancora la dividevano dal suo sogno. Ma c'era così vicina!
« Torno subito » disse Scooter.
'Torno subito'? Doveva anche tornare? Non aveva le sue cose da fare?
Cosa doveva rispondere Alex? 'Okay', 'Va bene', 'Ti aspetto'? Ma avrebbe dovuto rispondere? Poteva anche solo fare 'sì' con la testa, no?
Non si mosse. Non stava capendo niente. 
Quello.. quello era il tanto famoso 'Meet and Greet', e in quel momento lei c'era dentro. Era il suo incontro, il suo sogno. Era una delle ragazze più felici del mondo, non le sembrava vero. Stava vivendo ciò che aveva sognato per quattro anni, ciò che tante ragazze avevano raccontato scatenando la sua curiosità e la sua tristezza perché, purtroppo, lei non poteva permettersi tanta felicità.
Ma si sbagliava, perché aveva ottenuto anche di più. 
Si sbagliava perché era fottutamente felice, e -ovviamente- solo grazie a Justin, che c'era. Ancora una volta, lui c'era.
Dopo pochi secondi, Alex rivide Scooter davanti a sé, la fila ormai era terminata.
« Vieni, tocca a te » aveva detto il manager semplicemente.
'Tocca a te', ovvero 'tocca a te sorridere, adesso'.
 
Grazie, Scooter.
 
Le tende nere come la pece si aprirono davanti a lei e la sua amica. Le era sembrato che si fossero aperte lentamente, come a farla morire ancora un po' prima di buttarsi tra le braccia della salvezza. In realtà, però, le tende si erano aperte velocemente, la gente attorno a lei faceva solo il suo lavoro, non curanti del fatto che invece Alex stava vivendo uno degli attimo -dei giorni- più belli della sua intera esistenza.
Ma che lei ricordi, la sua vita era cominciata nell'attimo in cui aveva sentito Justin cantare per la prima volta. E ogni volta che lo sentiva cantare, le sembrava di nascere, di provare per la prima volta quella grande esperienza conosciuta come 'vita'. 
Un piccolo passo, due, e lui era lì.
Aveva la testa abbassata, ma appena scorse con la coda dell'occhio una figura davanti a sé, la alzò.
Alex, potè giurarlo, vide il viso di Justin illuminarsi. Le sue labbra perfette si stesero in un magnifico sorriso, quello che Alex aspettava di vedere. Aveva contato gli anni, i mesi, le settimane, i giorni, le ore, i minuti, i secondi, per vedere quel sorriso anche solo per un istante. Era stata ripagata e ora si sentiva piena di vita.
Il sorriso di Justin non sparì neanche per un istante, e la sua voce risvegliò il cuore di Alex.
« Alex! » l'aveva chiamata, sorridendo come un bambino.
Ad Alex non piaceva tanto il suo nome, forse perché era il suo, l'aveva sentito così tante volte dalla bocca di tutti e ora le dava fastidio. Ma in quel momento lo amò con tutta se stessa. Detto da Justin era completamente un'altra cosa, quasi non era il suo nome.
« He-ey.. » disse lei, con un piccolo sorriso che agli occhi di chiunque altro poteva sembrare finto, ma agli occhi di Justin sembrò il più bello e sincero che avesse mai visto.
Alex era tanto timida e piccola, sembrava vergognarsi di tutto, e ciò arricchì Justin d'una sconfinta tenerezza.
Il ragazzo allargò le braccia come per dirle 'Vieni, abbracciami' e Alex, lentamente, lo abbracciò. Sentì il calore del suo corpo aumentare piano piano a contatto col busto di lui. Era una sensazione bellissima, ovviamente.
Ma c'era anche solo una cosa brutta che riguardasse lui e tutto ciò che le faceva provare? Era convinta di no.
« Come stai? » si rivolse lui con un tono calmo che traboccava di dolcezza.
Justin sciolse appena quell'abbraccio, ancora vicino a lei e al suo viso, senza smettere di sorriderle.
Alex voleva piangere. Era troppo bello lui e ciò che si celava dietro il suo sguardo. Erano troppo belle quelle emozioni, e desiderò con ogni fibra del suo essere che tutto quello non finisse mai.
« B-Bene, grazie. T-Tu? » disse lei, abbassando lo sguardo, imbarazzata da tanta perfezione.
Non si sentiva all'altezza, non si sentiva degna di essergli così vicina da contargli le ciglia. E il suo cuore stava scoppiando.
« Sto bene. Ho dovuto mandare Scooter a cercarti, qui non c'eri e ho scoperto che non ti è arrivata la lettera con le informazioni sull'incontro. Temevo che non ci saremmo visti » disse lui, abbozzando un sorriso all'ultima frase.
Lui temeva che non si sarebbero visti? Lui? Alex dentro di sé andava a fuoco dalla paura! Aveva le fiamme dell'inferno, e lui temeva che non si sarebbero visti?
La ragazza perse un battito quando sentì quella frase.
Lui si era preoccupato, lui voleva vederla.
Perché, perché? Qualcuno che potesse darle una spiegazione credibile? Lei non si sapeva spiegare assolutamente nulla, e moriva dalla voglia di conoscere i pensieri che svolazzavano nella testa di Justin. 
Perché temeva che non si sarebbero visti? Lei lo temeva! Lei che era follemente innamorata. Ma lui?
« Io non.. non so niente di questi eventi, ma quando sono arrivata m-mi sono sentita persa, ho cominciato a chiedermi q-quando ti avrei visto e ho realizzato che non s-sapevo nulla, non sapevo come fare » disse lei, in imbarazzo, portandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio, mostrando ancora di più i suoi occhioni azzurri.
Justin fissò il suo sguardo nel suo. Avrebbe voluto avvicinarsi e guardarli per davvero queli occhi, avrebbe voluto vedere ogni singola sfumatura di quel colore che tanto lo rapiva. Avrebbe voluto guardarla veramente, con la consapevolezza che gli occhi di Alex erano realmente persi nei suoi. Si sentì stupido a quel pensiero, ma era vero, voleva godersi un attimo del genere.
Alex sembrò sentirsi in imbarazzo e Jusitn parlò.
« ..E-E io l'ho sospettato, per ciò ho mandato Scooter. Pronta per il concerto? »
Alex si illuminò a quella frase. Il concerto! Certo che era pronta, non aspettava altro!
« Oh sì, non sto nella pelle! Ti ringrazio pe-per tutto quanto, Justin. Io.. non ho parole, sei stato gentilissimo, non so come ringraziarti » disse lei, trovando il coraggio di buttarsi di nuovo tra le sue braccia.
Justin rise, e il suo petto, sotto la guancia di Alex, venne scosso da quella lieve risata. Agganciò le braccia dietro la schiena della ragazza e abbassò la testa, quasi poggiandola sulla spalla della ragazza. 
Era un momento stranissimo che nessuno dei due credette di poter vivere con l'altro, ma era davvero bello. I loro cuori battevano all'unisono.
Sonny, da parte, osservava rapita la scena, e se fosse stata un cartone animato avrebbe senz'altro avuto gli occhi a cuoricino.
« Non ringraziarmi, Alex, l'ho fatto con piacere. Anzi, avrei voluto darti anche i biglietti dello show di ieri, ma non sono riuscito a procurarmeli in tempo. So che è strano, dato che è il mio concerto, ma sono riuscito ad avere solo i biglietti di questo show. Meglio di niente, alla fine, no? »
Meglio di niente? Era anche troppo! Alex non conosceva i settori, ma c'era scritto 'seconda fila' e la cosa la emozionava tantissimo. Ma anche se fosse stato l'ultimo settore se ne sarebbe fregata, lei c'era e questo solo grazie a Justin.
« Justin, stai scherzando? Hai fatto anche troppo! Davvero, io non.. non ho parole. Grazie » disse lei, emozionandosi, e nascondendo il viso nel petto del cantante. 
Questo sorrise, contento di ciò che aveva fatto, e le accarezzò la schiena.
« Di niente, Alex.. » rispose dolcemente.
Alex si godette quel momento per alcuni secondi, e quelli furono i secondi più belli che avesse mai vissuto fino ad allora. Era diverso quell'incontro, non sapeva perché, ma era diverso. Era fottutamente bello.
Sciolse quell'abbraccio e scorse la figura di Sonny alla sua sinistra.
« O-oh, Justin, lei è Sonny, la mia migliore amica »
Justin guardò la biondina davanti a lei, più alta di Alex ma poco più bassa di lui, e sorridendo le strinse la mano.
« Justin » disse presentandosi, anche se lei sapeva chi fosse.
« Sonny » disse lei stringendogli educatamente la mano.
Il fotografo era lì davanti a loro, che osservava tutta la scena, in attesa di scattare l'ultima foto per poi andarsene.
« Okay, ragazze » cominciò Justin allargando le braccia, come a volerle invitare in un abbraccio « Adesso guardate nella fotocamera »
Loro si misero sotto le braccia di Justin. Alex alla sinistra del cantante, Sonny sulla destra. Sorrisero tutti e tre, Alex forse un po' meno perché, presa dall'emozione, non riusciva davvero a sorridere. Era fatta così, quando vedeva Justin si bloccava e non riusciva a fare niente.
Il fotografo scattò quella foto che Alex avrebbe conservato per sempre. Abbassò la fotocamera, quando Justin lo fermò dicendo: « Un attimo »
Il fotografo si bloccò.
Justin si girò alla sua sinistra, incontrando lo sguardo innocente e confuso di Alex. Lei lo guardava come se lui non fosse reale. Effettivamente pensava che fosse finto.
« Vuoi farti un'altra foto con me? » chiese tranquillamente, come se quella domande non avesse alcun effetto sulla ragazza davanti a sé. Era stupido se pensava che fosse così. L'aveva stesa con quella semplice frase.
Lei perse un battito e avrebbe voluto affrettarsi a urlargli di sì, ma il suo cervello era ormai in tilt. Non sapeva pensare a una semplice risposta da dargli, né sapeva come tirar fuori la voce, e annuì come un robot. 
Lei si attaccò al suo fianco e Justin si avvicinò spaventosamente al viso di Alex. Lei non aveva il coraggio per girarsi, e sapeva che se l'avesse fatto sarebbe morta nell'incontrare da così vicino i suoi occhi, e sarebbe scoppiata.
Justin ebbe la grandissima idea di lasciarle un bacio sulla guancia, ma Alex stava andando in fiamme. Non credette a quello che stava succedendo, non riusciva a muoversi. E avrebbe dovuto fare davvero qualcosa, rovinando così il momento? 
La risposta le arrivò quando il respiro caldo di Justin si infranse sulla sua guancia rosea. 
Alex credette di morire da un momento all'altro, era tutto troppo per lei. Le labbra di Justin erano morbide contro la sua guancia, avrebbe voluto però provarle su di sé, sulle sue di labbra.
Era lecito desiderare così tanto un suo bacio, vero? Era normale, lei era profondamente e sinceramente innamorata di lui.
Quel momento sembrò interminabile e Alex ringraziò mentalmente il Signore per questo. Voleva che quella foto non venisse mai scattata così che Justin potesse rimanerle così vicino. Così che le sue labbra potessero rimanere sulla sua pelle..
..Ma il flash colpì subito entrambi, lasciando che Justin si staccasse. 
Il cantante sorrise a quella ragazza semplice e bella come poche
« Tutto bene a casa? » chiese lui.
Alex rimase spiazzata da quella domanda, e a molte persone -specialmente a un adulto- sarebbe potuto risultare invadente come ragazzo, ma lei sapeva che non era così. 
Visibilmente in imbarazzo, abbassò lo sguardo. 
« Uhm.. I-I problemi ci sono, ma cerchiamo sempre di risolverli. Si va- si va avanti » rispose paonazza in viso.
Lui spostò lo sguardo dal viso di Alex -che non lo guardava più in faccia dall'imbarazzo- al pavimento, poi lo rialzò, sicuro di ciò che stava per fare.
« ..Alex » la chiamò in un sussurro « Forse ti sembrerà scortese questa mia domanda, ma credimi non lo è »
La ragazza aggrottò le sopracciglia, facendosi già mille domande, mille idee, mille fantasie e Justin continuò, cercando le parole giuste.
« ..Io ti ho regalato i biglietti e i pass, e l'ho fatto con piacere, devi credermi. Tu hai detto che non sai come ringraziarmi e, beh, io.. penso che potresti fare qualcosa per me. Vorresti..? »
'Vorresti'? Lei avrebbe fatto di tutto per lui. Qualsiasi cosa. 
Non aveva soldi, ma avrebbe sempre fatto l'impossibile per lui che c'era sempre stato, lui che non se n'era mai andato. Lui che la faceva sorridere ogni santo giorno, lui che non le aveva mai dato una sola delusione. Lui che l'aveva salvata, lui che le aveva asciugato le lacrime -letteralmente-.
Sì, sì, certo che avrebbe fatto qualcosa per lui. Qualsiasi cosa.
« I-Io.. sì, certo »
Justin sorrise quando Alex si mostrò disponibile. Era timida ed era emozionatissima, ma riusciva comunque a mostrare le sue emozioni. Nella sua voce, Justin aveva percepito la sua voglia, il suo bisogno di esserci, di fare qualcosa per lui, e non poté fare a meno di sorridere.
 
« Alex.. » disse lui, in un sussurro « Lascia che io ti stia accanto  »






Ciao, ragazze :)
Allora, è venuto lungo ahah e la parte del concerto sta nel dodicesimo capitolo, altrimenti io qui vi annoiavo e veniva fuori la Divina Commedia anziché un solo capitolo ahah 
Vi chiedo scusa se vi ho fatto aspettare un mese, ma ho cercato di farne un bel capitolo anche se non sono molto soddisfatta, ma spero che a voi possa piacere! Inoltre ho avuto dei problemi con efp che diceva che non avevo più l'account, mah. Dire che ho perso dieci anni di vita è poco, credetemi, diceva che non esisteva la mia fan fiction! M'è preso un infarto brutto come la merda in culo!
Comunque vi chiedo di lasciare delle recensioni ovviamente, per sapere se vi piace, se sì cosa vi è piaciuto di più, se no cosa non vi è piaciuto.. non so, fate voi, ditemi tutto quello che volete!
Se volete, mi trovate su Facebook: Ilaria De Rosa (Justin)
Twitter: @banulillysoysal

E pure Instagram se volete ahah: BanuSoysal483

Un bacione, al prossimo capitolo! 


Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** They belong to each other. ***


« Lascia che io ti stia accanto »
 
Il tempo si era fermato in quel preciso istante. Se ci fosse stato un orologio le lancette si sarebbero fermate, come si erano fermati il cuore e il respiro di Alex.
Quello era uno di quegli attimi che, se avesse potuto, avrebbe rivissuto per, non so, sempre?
Uno di quegli attimi in cui tu pensi "Un attimo, cosa?" e vorresti tornare indietro e schiacciare play, come fosse una registrazione. Poi rewind, ancora e ancora. 
Uno di quegli attimi che Alex non avrebbe scordato, mai.
Prima di Justin mai nessuno gliel'aveva detto. Sonny l'aveva sempre aiutata, Sonny era la sua migliore amica, e Alex non aveva nessun altro al di fuori di lei, ma.. quella frase.. era nuova per Alex.
Era un sogno?
Lui le aveva appena detto di volerle stare accanto?
« C-Cosa? » chiese Alex tremando.
Pensò di aver capito male, ma aveva sentito benissimo, era quello il guaio. 
Justin aveva davvero detto quella frase e lei non poté che sentirsi rinata. Era come se un grosso peso si fosse d'un tratto tolto dalle sue spalle. Era come se avesse preso una boccata d'ossigeno dopo interminabili minuti d'apnea.
Non era possibile, non poteva essere reale.
O sì?
Justin mise il suo braccio destro sulle spalle di Alex allontanandosi per trattare meglio, anche se brevemente, quell'argomento.
« Alex, non.. non è né il posto né il momento adatto per parlare, ma dovevo dirtelo » iniziò, lasciando che i suoi occhi incontrassero quelli dolci e annacquati di Alex.
Un moto di tenerezza prese posto in Justin. Ogni volta che la guardava negli occhi riusciva a percepire la sua fragilità e il suo bisogno di essere accettata e abbracciata. Perché nessuno voleva esserle amico? Perché nessuno sentiva quanto Alex avesse sofferto? Perché nessuno aveva un minimo di sensibilità? 
« Credimi, vorrei darti la spiegazione che cerchi, ma ora proprio non posso. E' solo che voglio starti accanto, voglio aiutarti.. okay? »
Alex lo guardava come se quello davanti a lei fosse stato un alieno. Lo guardava come se fosse un qualcosa di totalmente sconosciuto al mondo, ma la verità era che era il contrario, lo conoscevano tutti, e Alex credeva di essere stata perennemente invisibile.
Ogni volta che aveva visto Justin Alex credeva di essere il nulla, di valere meno della cenere, ma in quel momento dovette ricredersi.
Non che si sentisse il mondo per Justin, ma c'era un motivo se lui voleva starle accanto, no?
La ragazzina tremò dalla testa ai piedi e annuì meccanicamente guardando lui.
Ma sì, dai, in fondo non le dispiaceva avere Justin accanto a sé. Non faceva così schifo il ragazzo.
Sì che era okay, perché no?
...Cristo, se avesse potuto sarebbe scoppiata come i fuochi d'artificio all'arrivo del nuovo anno.
Justin voleva salvarla. L'aveva fatto così tante volte tramite un aggeggio e senza saperlo, ma ora voleva esserci davvero.
Cosa aveva fatto Alex per meritarsi tutto ciò? Era troppo, anche se mai se ne sarebbe lamentata.
Justin poté giurare di aver visto qualcosa di diverso nei suoi occhi, come se non fosse solo contenta. Dentro di sé sentiva che Alex voleva piangere e ringraziarlo, perché lei era sola e voleva qualcuno al suo fianco.
La verità era che, per quanto Justin potesse avere milioni e milioni di fans, per quanto potesse andare d'accordo con i membri della sua crew.. anche lui era solo.
Tutti credevano che lui avesse una fidanzata, una bella ragazza che lo capiva, sinceramente innamorata, e che meritava il suo amore. Ma in realtà lui era solo, non aveva nessuna accanto a sé da accarezzare con la voglia, la spontaneetà, di sorriderle dolcemente e stringerla forte a sé. Non aveva nessuna al suo fianco, che potesse abbracciarlo ogni volta lui stava male e aveva paura, paura di qualsiasi cosa.
Aveva una madre che lo amava più della sua stessa vita, sì. Aveva i suoi migliori amici anche se si potevano contare sulle dita di una sola mano. E sì, okay, aveva tanti fans che avrebbero dato via la propria esistenza per lui, ma ciò non gli impediva di sentirsi solo molte volte, di sentirsi triste.
Alex, davanti a sé, si presentava come una ragazzina con i suoi stessi bisogni, le sue stesse paure e i suoi stessi disagi.
Aveva vissuto la sua stessa vita, aveva avuto i suoi stessi problemi, ma qualcuno l'aveva salvato, la sua vita un giorno era cambiata drasticamente.
Ora voleva dare ad Alex la stessa gioia, perché lo meritava. Sapeva che lo meritava, gli era bastato guardarla negli occhi per capire di cosa avesse bisogno, e sapeva di essere in grado di darle qualsiasi cosa lei desiderasse. Si sentiva l'unico. Era normale? Forse era quello il tanto famoso 'colpo di fulmine'? Non lo sapeva, e non credeva che quello fosse amore. Per lui era impossibile, e non credeva a niente. Voleva solamente proteggerla, farla sorridere, sorprenderla, farla sentire speciale. Non voleva che stesse male.
Ora Alex era lì davanti a lui, lo guardava come se volesse la conferma di ciò che aveva appena detto, ciò che era appena successo. Erano passati pochi secondi, ma quelli sembrarono minuti sia per Alex che per Justin. Erano impegnati a guardarsi e a promettersi di esserci l'uno per l'altra.
« ...Grazie » disse Alex a corto di parole. Sperava con tutta sé stessa che Justin percepisse ogni cosa e cogliesse il vero significato di quel piccolo e apparentemente inutile 'grazie'.
La ragazza aveva ancora le lacrime agli occhi e Justin, per quanto potesse ripudiare l'idea di un Alex in lacrime, si godette quel momento perché sapeva che non erano lacrime di tristezza, bensì di felicità.
Faceva sorridere milioni di persone ogni giorno -con o senza l'intenzione- ma in quel momento si sentì incredibilmente appagato nel vedere il sorriso timido e le lacrime sincere di Alex. 
Ora ci sarebbe stato lui per lei.
« Non ringraziarmi »
'Non ringraziarmi', certo. Era facile per lui dire così. Lei non avrebbe mai smesso di ringraziarlo, esplodeva di gratitudine, non c'erano parole per descrivere le sue sensazioni. Mai, mai avrebbe smesso di ringraziarlo, ne era sicura.
Sembrava che quel momento stesse durando ore, invece erano passati pochi istanti da quando Alex e Sonny avevano fatto capolino in quella stanza. Il loro incontro stava durando giusto un po' di più rispetto a quello degli altri, ma solo perché Justin non aveva resistito alla tentazione di fermarsi a parlare con Alex e stringerla un po' di più a sé. Quelli erano gli ultimi secondi che poteva trascorrere con lei, non sapeva quando l'avrebbe rivista. Era preso dal Tour, doveva partire e.. sarebbe stato certamente difficile. Ora Alex sarebbe dovuta andare via, andare al suo posto nella platea e avrebbe dovuto assistere al concerto. Lei avrebbe avuto il vantaggio di vederlo lì sopra, sul palco, illuminato da mille e più luci, lui invece sarebbe rimasto accecato tutta la sera e chissà se sarebbe riuscito a scorgere lo sguardo intenso di Alex.
...Sinceramente lo sperava. Ma c'è bisogno di dirlo? Ormai ciò che provava Justin diventava sempre più limpido man a mano che i giorni passavano. Quel caos dentro di sé poteva già prendere il nome di 'sentimento'.
Sentimento, non amore. Lui sentiva Alex. E beh... era davvero una cosa bella, seppur complicata.
La sua vita era complicata, e proprio ora desiderava che una comune ragazza la conoscesse, magari ne facesse parte.
Chissà, magari piano piano ce l'avrebbe fatta. In una cosa Justin era fottutamente bravo se escludiamo l'argomento musica: lui vinceva sempre contro le cose che sembravano impossibili. Lui ce la faceva, sempre. Lui ci credeva. Lui trovava sempre un modo per farcela. Ce l'avrebbe fatta ancora. Il tour sarebbe dovuto finire, il tempo sarebbe passato in fretta e chissà, magari Alex ci sarebbe ancora stata, anche se ignara di tutto ciò che stava provando Justin.
Povero lui. Poveri loro.
Le guardie lì, erano rimaste ferme avendo ormai constatato la 'confidenza' tra Alex e Justin. Justin, certe volte, era libero di fare quel che voleva, e in quel momento era libero di dedicarsi a una comune persona, anche se per pochi istanti.
Infatti, l'attimo più bello per entrambi finì.
Alex non aveva fiatato dopo quel 'Non ringraziarmi'. Aveva solo pensato che Justin si sbagliava, meritava di essere ringraziato, e si era limitata a sorridere timidamente e a distogliere lo sguardo, incapace di reggerlo.
« ..Ci sentiamo presto, Alex » disse Justin, consapevole che il Meet era finito. Doveva andare a prepararsi per lo show, e Alex doveva raggiungere il suo posto.
Qualcosa nel petto della ragazza fece crack. Ecco, anche quel momento era finito. Ecco che Justin tornava a essere distante, anche se non letteralmente, almeno per quella sera, per quelle ore.
Ecco che Justin tornava a essere la star, il cantante, e lei tornava a essere la fan. Ma poi, erano mai davvero stati qualcosa di diverso da questo? Non poteva certo crederlo, lui era Justin Bieber, lei non era nessuno. E, vero, Justin le aveva chiesto di permettergli di starle accanto, forse non era capitato a tante fan, ma sapeva bene persino lei che sarebbe stato impossibile, il Believe Tour era appena iniziato, e il ragazzo aveva ancora tutto il mondo da vedere e sconvolgere con le sue incredibili performance.
Il suo cuore perse un battito anche per il verbo che Justin aveva usato: 'Ci sentiamo'. Sentiamo? Forse voleva dire 'ci vediamo'? Perché sentirsi? Com'era possibile? Non avevano nulla che permettesse ai due di restare in contatto.
Forse era solo lei che si faceva pippe mentali inutili, forse Justin aveva solo detto il verbo sbagliato senza rendersene conto, perché dopotutto non contavano certe cose.
Le guardie già si avvicinavano a lei per scortarla fuori da quella stanza. Che sensazione orribile, indescrivibile a parole.
« ..S-sì, a presto, Justin »
I due si abbracciarono quasi timidamente. Le braccia di Justin circondarono il corpo gracile della ragazza che chiuse i suoi occhi celestiali godendosi l'ultimo abbraccio. Lascio che un triste sospiro fuoriuscisse dalle sue labbra e si abbandonò a quelle sensazioni che chissà quando avrebbe riprovato. Presto, sperava.
L'abbraccio si sciolse e il ragazzo salutò calorosamente Sonny che aveva assistito alla scena con occhi increduli. Aveva sicuramente fatto caso a ogni sguardo, ogni gesto, ogni piccolo particolare e si era innamorata di quell'incontro. Si era innamorata di quella coppia che, nella sua testa, già si presentava all'altare.
Sonny sorrise a Justin, salutandolo anche con la mano e con la sua migliore amica -ormai in tutt'altro Universo- se ne andò.
Nessuno dei tre avrebbe dimenticato quel giorno, questo era poco ma sicuro.
Justin aveva il cuore più leggero in quel momento, ma le ragazze non lo sapevano, Alex non lo sapeva e non poteva neanche sospettarlo. Il ragazzo era felice, tranquillo, sereno, e avrebbe fatto un magnifico concerto, col sorriso sulle labbra.
Fuori da quella stanza, invece, quelle due ragazze che si tenevano per mano erano sotto shock. Sonny un po' meno, dopotutto Justin per lei era un ragazzo come tanti altri. Era Alex quella che stava per collassare silenziosamente. Lei aveva il cuore a mille, lei stava chiudendo gli occhi lentamente, cercando di realizzare il tutto, mentre un sospiro usciva calmo e triste dalla sua bocca. Aveva Justin alle sue spalle e non poteva girarsi e andare nuovamente da lui. Era una fottuta ingiustizia.
Le sue gambe, però, si dirigevano in un posto non meno bello: si avvicinava sempre più al palco. E quando vide la magnificenza dell'arena che brulicava di persone quasi svenne dall'emozione.
Era già piena e c'erano ragazzine in delirio a solo un'ora dall'inizio dello show. C'erano i genitori che -alla vista delle loro figlie contente come non mai- non potevano far altro che sorridere e prepararsi. C'erano ragazze con delle scritte in viso, oppure sulle braccia, con in mano già una macchinetta fotografica o una videocamera. Altre ragazze piangevano, si abbracciavano, erano rosse in viso, e quel che poteva essere un po' di mascara era ormai perduto sulle loro guance umide.
Agli occhi di Alex era tutto troppo bello per essere reale. L'aveva sognato così tanto volte che ora aveva paura di doversi svegliare da un momento all'altro. La paura che potesse essere ancora una volta un sogno giaceva in lei. Ma sentiva di essere lì, i piedi erano ben posati su quel pavimento, gli occhi erano aperti, davvero, e più sbatteva le palpebre per accertarsi che fosse tutto vero, più la scena appariva sempre più nitida. 
Che magnifica sensazione. 
Non era un sogno, era tutto vero, e le lacrime sulle guance di Alex glielo confermarono. Neanche se ne era resa conto, prima che Sonny glielo facesse notare.
Ma l'emozione ormai la stava sopraffacendo, e nessuno poteva biasimarla.
Quella sera non era in camera sua a piangere, a osservare i suoi fottuti poster che non prendevano vita. Quella sera non si chiedeva 'Perché a me?' con tanta disperazione, soffocando urla che le raschiavano la gola.
Quella sera era lontana da casa, era nel posto in cui doveva essere, e quelle lacrime finalmente non erano più tanto amare come le aveva sempre provate. Quelle lacrime le piacevano, avrebbe voluto gettarle ancora per molto perché era la prova della felicità di Alex, che nessuno avrebbe mai potuto portarle via in quel momento. Neanche quei tendoni che, poco prima, si erano chiusi alle sue spalle, allontanandola nuovamente da lui.
Oh no, ora niente poteva rovinarle la serata. Era il suo momento, finalmente avrebbe sentito Justin cantare, dal vivo questa volta. Fanculo le cuffiette del suo mp3, e fanculo l'mp3 stesso! Quella sera Alex sarebbe stata a un passo da lui, immersa in quel sogno che di sogno aveva ben poco. Sarebbe stata completamente immersa nella sua realtà. Quanto aveva aspettato? Tanto. Non quattro stupidi anni, bensì una vita intera. Quegli anni erano sembrati secoli, i giorni sembravano interminabilmente lunghi e tristi.
Ora, fanculo tutto, lei era lì. E le cose non potevano andar meglio di così.
Aveva ormai raggiunto il suo posto, aveva Sonny alla sua sinistra, e il palco era così vicino. Era uno dei primi settori posti orizzontalmente sotto il palco, e la sua fila era la seconda. Non poteva chiedere di meglio, Justin era stato troppo buono a darle dei biglietti, dei posti, come quelli. Era davvero tutto troppo perfetto. Ma se lo meritava dopotutto, vero? Se lo stra-meritava!
Meritava che, in quel momento, il tempo passasse velocemente solo per arrivare all'inizio dello show. Meritava che arrivasse subito il tanto atteso momento, forse il più importante della sua vita fino ad allora.
Le ragazze intorno a lei dissero qualcosa che scatenò forti brividi lungo la schiena di Alex:
 
“Mancano pochi minuti!”
 
Pochi minuti? Il tempo era terminato? Davvero Justin sarebbe salito su quel palco da un momento all'altro? Davvero l'avrebbe visto muoversi, ballare come solo lui sapeva fare? Davvero l'avrebbe sentito cantare?
Il cuore sembrava non ragionare più, batteva all'impazzata, a un ritmo irregolare, e forse Alex avrebbe dovuto preoccuparsi in altre circostanze, ma non in quella. Era normale, si trattava di Justin. Lui poteva fare questo e tanto altro al suo povero cuore, ormai se n'era fatta una ragione, e non le dispiaceva più di tanto perché sapeva di essere in buone -ottime- mani.
Le luci sopra di lei si spensero all'improvviso e l'arena cominciò a tremare dal boato che irruppe in quel preciso istante.
Gli occhi di Alex si spalancarono e il cuore smise di battere. Sonny le prese la mano stringendola forte, forse per l'emozione; forse per accertarsi che Alex non svenisse; forse per farle sentire che lei c'era e non era sola. Forse perché era semplicemente la sua migliore amica e sapeva benissimo come si stesse sentendo Alex in quel momento. 
Le urla non svanirono e non sarebbero svanite per tutta la durata del concerto. Forse l'unica immobile e zitta era Alex che non ragionava. Aveva il cuore a mille, gli occhi fuori dalle orbite, e un caos incredibile nella sua testa.
 
Dov'era Justin?
 
 
 
*
 
 
 
Dietro le quinte, nel frattempo, Justin si preparava. Non era ancora il suo momento, ma non vedeva l'ora di mettere fine a quell'attesa, a quell'ansia che un po' corrodeva anche lui. Voleva uscire e sorprendere tutti, ma ora era il momento di Carly Rae Jepsen che apriva il concerto, insieme a Cody Simpson.
Le note di This Kiss già si sentivano e Justin sorrise nel constatare che il suo momento si faceva sempre più vicino. Cody era lì dietro il palco, ancora dei minuti e sarebbe salito anche lui.
Justin era ormai pronto, era vestito di nero, con i guanti a mezze dita color oro, e i capelli erano tirati su. Tutto okay, come la sera precedente -a parte il fatto che adesso c'era Alex-.
Non sapeva perché ma sentiva che doveva dare il massimo quella sera. Era l'inizio del tour e comunque aveva tanta energia, aveva già iniziato alla grande, ma quella sera voleva dare più di quanto avesse già dato negli show precedenti, e più di quanto potesse dare negli show successivi. Quel concerto era diverso e la differenza non stava nel posto, nella città, nelle luci o cosa. Stava in una sola persona, che però valeva per mille. 
Erano strani tutti questi pensieri, quasi non si riconosceva. Era davvero nervoso perché una ragazza era lì per guardarlo. Dio, ci saranno state ventimila persone, ma lui era nervoso per una sola presenza, quella di Alex.
Perché? 
Quante volte si era fatto questa domanda negli ultimi giorni?
 
“Perché?”
 
Il perché non lo sapeva manco lui, o almeno non era sicuro di saperlo.
Il fatto è che stava imparando a conoscere i suoi sentimenti, ma non capiva perché li provasse.
Giusto due settimane prima all'incirca aveva conosciuto Alex -e neanche sapeva il suo cognome-, eppure sentiva di volerla vedere più spesso, di volerla sentire, e di sapere ogni cosa di lei. Di fare realmente parte della sua vita, non come idolo, come cantante, ma come amico, o forse qualcosa di più -chissà-. A lui bastava farne parte, esserci, aiutarla, darle consigli, abbracciarla quando ne aveva bisogno, e aveva come la sensazione che Alex avrebbe avuto perennemente bisogno di un suo abbraccio. E per lui non sarebbe stato difficile diventare la sua casa, se Alex avesse voluto.
Per quanto potesse fargli piacere, non voleva che lei lo vedesse come Justin Bieber, il suo idolo. Voleva che lei lo vedesse come... come Justin, un ragazzo poco più grande di lei, che magari ha i suoi stessi gusti musicali, chissà!
Ecco, non sapeva neanche quale musica ascoltasse oltre la sua, o chi fosse il suo attore preferito! Non sapeva quale colore le piacesse più degli altri, non sapeva quale tipo di cucina la facesse impazzire -magari quella cinese, o giapponese, o messicana, o magari quella italiana?-, non sapeva dove e quando fosse nata, ma lui voleva scoprirlo. Voleva arrivare a conoscere tutto di lei, e ce l'avrebbe fatta, perché lei aveva bisogno di lui.
Non aveva bisogno di qualcuno, così, per generalizzare. No, aveva bisogno di lui, di Justin. Lui lo sapeva, lo percepiva, e forse la cosa era reciproca.
In quel momento l'unica cosa che poteva fare era salire su quel palco, sfoderare il suo sorriso migliore e metterci tutto sé stesso in ogni cosa. Voleva che Alex fosse contenta, completamente su di giri, e che fosse fiera di lui.
Le note di Good Time, accompagnate dalle voci di Carly e Cody, erano terminate già da un pezzo e ora era il turno di Justin.
Ora doveva indossare un paio d'occhiali neri, crearsi una figura da 'imsexyandiknowit', e diventare Justin Bieber, la star.
...Sarebbe andato tutto bene, lo sapeva. Lo sentiva.
 
Pronta a sorridere, Alex?
 
 
 
*
 
 
 
Il grande schermo sopra il palco si accese e una voce maschile irruppe nell'arena. La gente nell'arena urlava a squarciagola e Alex non capì niente di quello che l'uomo nel video disse. Si vedevano le sue labbra, grandi forse come quelle di Kenny, o forse un po' meno.
Voleva assolutamente vedere Justin, aveva bisogno -in quel momento più che mai- di vederlo, di sentirlo. Doveva sentirlo cantare, basta aspettare. Perché continuava ad attendere? A che pro? Non riusciva a resistere.
Le immagini di quell'uomo continuavano ad apparire sullo schermo, e ad Alex sembrò che stesse citando l'intera Bibbia. Sembrava non finire mai.
Ma ecco, non ebbe neanche il tempo di pensarlo che dovette ricredersi: in mezzo a quel caos, solo una cosa Alex riuscì a sentire, e forse era la cosa più importante. Era destino che avesse sentito solo quella?
 
BELIEVE.
 
Già, credere. Bisogna crederci, crederci sempre. I momenti brutti ci sono, sempre. Spesso la vita decide di metterci alla prova, vuole vedere se siamo in grado di lottare per ciò di cui ci importa; vuole vedere se siamo in grado di resistere e di avere la meglio, e spesso questa sfida può durare tanto tempo.
Bisogna crederci perché anche nei momenti più bui, un raggio di Sole arriva per tutti, nessuno escluso.
Non si pentiva affatto di aver aspettato così tanto, era contenta di essere rimasta sempre e comunque, anche se sarebbe rimasta in ogni caso, lo sapeva, perché era inevitabile aspettare Justin. Era inevitabile amarlo. 
Aveva sempre lottato e aspettato, anche quando credeva di essersi arresa, inconsciamente andava avanti, perché quando si tratta dei propri sogni non ci si arrende mai per davvero. Ed è così che deve andare, non ci si deve mai arrendere per nessun motivo al mondo, perché nessuna ragione sarà mai valida per una simile cosa. I sogni sono fatti per essere realizzati. Alex il suo lo aveva realizzato e lo stava vivendo a pieno.
Le ragazze intorno a lei urlavano a squarciagola, alzavano le braccia e allungavano le mani. Forse per riprendere il tutto; forse speravano -anche le persone nelle ultime file- di arrivare a toccare la mano di Justin; forse speravano di farsi notare e di riuscire a incrociare i suoi occhi.
Alex era immobile, mentre lo schermo gigante sopra di lei veniva illuminato al centro da alcuni riflettori. Si era formato un cerchio proprio al centro, e l'immagine di Justin era apparsa. Nera, nitida, ben definita, e il cuore di Alex cedette.
Quella era la sagoma di Justin che si guardava attorno, fino a prendere il volo per le ali che, immediatamente, si erano spiegate alle sue spalle.
Non era proprio Justin, ma l'effetto era qualcosa di incredibile. Rendeva ancora di più l'idea d'angelo che Alex s'era fatta.
Lui, con delle ali. Volava per l'arena, facendo quasi esplodere i riflettori che, lungo tutta l'arena, sorprendevano gli spettatori con i loro effetti speciali.
Il cantante volava da uno schermo all'altro, e le urla dei fans riempivano ancora l'aria.
L'immagine di Justin -o dell'angelo? Sono la stessa cosa dopotutto, no?- sparì, e lo schermo si divise lentamente in due parti, rivelando così una grande sorpresa.
Alex guardava il tutto incredula, mentre Sonny le stringeva la mano e registrava tutto.
La ragazza dagli occhi azzurri -e ora spalancati- non riusciva a urlare, si godeva il tutto senza dare segni di pazzia, anche se dentro di sé era ormai morta.
Justin non sarebbe salito sul palco, Alex lo capì quando lo vide appeso a delle ali che lo portavano giù lentamente. Justin sarebbe sceso, proprio come un angelo. 
Le sue mani erano poggiate ai fianchi e il viso era privo d'espressione. Alex però sapeva che Justin era nervoso, nonostante tutto, ma sapeva anche che avrebbe dato il meglio di sé.
Una musica -Alex non sapeva se definirla eroica o angelica, gli si addicevano entrambi i termini- accompagnava il tutto, e quando Justin toccò finalmente il palco i ballerini lo aiutarono a sfilarsi dalle ali. Le urla dei fans erano la forza di Justin che, particolarmente preso, urlò al pubblico di fare casino. Questo non se lo fece ripetere due volte, e scoppiò un boato che fece tremare il pavimento. Chiunque da fuori avrebbe capito che lì dentro c'era proprio Justin Bieber, le urla dei fans erano ben riconoscibili.
Justin si girò verso il palco e 'All Around The World' cominciò. Alex non aveva parole già in quel momento, e non osava immaginare come sarebbe stato l'intero concerto. Cos'aveva Justin in serbo per i fans? Cos'avrebbe fatto, quali canzoni avrebbe cantato? Era così curiosa, tremava, e non riusciva ancora a urlare. Riusciva solo a sentire il suo cuore battere forte, sembrava quasi unirsi alla voce di Justin e andare a ritmo con la canzone. Era qualcosa di magnifico, e non sarebbe mai riuscita a descrivere quel momento a nessuno, neanche a sé stessa.
Justin ballava da dio, e aveva una voce suadente che avrebbe fatto incantare chiunque. Alex si sentiva così vittima di tutto quello, dipendeva completamente da lui e non poté che sentirsi piena in quel momento.
Alex credeva che il tempo sarebbe passato lentamente, che ci sarebbero state delle pause tra una canzone e l'altra, ma si sbagliava. Si sbagliava di grosso.
Justin sembrava avesse fretta, sembrava dovesse scappare da un momento all'altro, e Alex sapeva che non dipendeva minimamente da lui la cosa, è solo che voleva goderselo, e 'tenerlo con sé' un po' di più. Voleva che quegli attimi non avessero mai fine, che quella sera fosse infinita.
Take You, Catching Feelings.. erano canzoni che Alex conosceva bene, canzoni con le quali era stata in fissa per parecchio tempo e che le davano qualcosa, specialmente Catching Feelings, durante la quale una donna da un lungo vestito veniva tenuta in aria e si muoveva, mentre Justin si girava e si rigirava, cantando quelle parole alla perfezione. Ma poteva davvero aspettarsi qualche errore? Era giusto pensare che Justin potesse sbagliare, ma allo stesso tempo non se lo aspettava, Justin non l'aveva mai delusa.
Il DJ, Tay James, sorprese Alex dicendo qualcosa che fece scoppiare la ragazza in lacrime in men che non si dica e la fece svegliare da quel coma in cui sembrava esser caduta:
 
“When I say Justin, you say Bieber! Justin?”
 
Alex non perse l'occasione e urlò con tutta sé stessa, scatenando la risata di Sonny: « Bieber! »
 
“Justin?”
« Bieber! »
“When I say One, you say Time! One?”
« Time! »
“One?”
« Time! »
 
Le lacrime continuavano a rigarle il viso, e un Justin ancora ricco di energia, e vestito completamente in bianco, cominciò a saltellare muovendo le braccia mentre un 'Aye aye aye aye' raggiunse le orecchie di Alex che, incredula, chinò violentemente il capo, coprendosi la bocca, e piangendo disperatamente.
Sonny, al suo fianco, l'abbracciò comprendendo il significato di quel gesto e le accarezzò la spalla.
Attorno ad Alex, una folla di fans muovevano in avanti le braccia, imitando un Justin di quindici anni che, nel video di quella canzone, si divertiva mentre cantava allegramente.
 
“Aye aye aye aye aye”
 
« Aye aye aye aye aye! » cantò Alex con la voce che le tremava in gola, e le lacrime che scendevano velocemente mentre, tremando, muoveva anche lei le braccia in avanti per imitare Justin.
La canzone scorreva e lei sperava sempre di più di riuscire a incontrare lo sguardo del cantante. Nelle tre canzoni precedenti si era sentita vicina a lui ma non abbastanza da guardarlo negli occhi, e odiava quei metri che li speravano, quelle luci che impedivano al cantante di capire chi avesse difronte a sé.
Ma l'odio per queste cose, in quel momento, passava in secondo piano, o forse non contava proprio, perché lei era lì, davanti a sé aveva Justin, il vero Justin, e non poteva lamentarsi di nulla. Era tutto troppo bello per essere reale.
Era lì davanti a lei che ballava come se non ci fosse stato un domani. Come faceva?
Alex se lo chiedeva. Lui era lì e ballava divinamente, cantava, avvicinandosi alle fans e toccando loro le mani. Ed eccolo lì, il suo sorriso che rivolgeva alle Beliebers che tanto amava. Eccolo lì, a un passo da lei, che si chinava per dare attenzioni a chi lo sosteneva.
La canzone venne tagliata e il DJ fece partire 'Eenie Meenie', una delle preferite di Alex, che saltò sul posto lanciando un gridolino eccitato. Sonny al suo fianco rideva di gusto e registrava, registrava, registrava...
Durante il ritornello Justin si divertiva a saltare e coinvolgere il pubblico, facendo avanti e indietro sulla pedana, con la sua solita grinta che sembrava non volerlo abbandonare.
La canzone era durata forse un minuto, perché Justin cantò solamente la sua parte. Ma ecco che una canzone meravigliosa sorprese ancora una volta Alex: Somebody To Love.
Nessuno lo sapeva, ma Justin ci mise tutto il cuore in quella canzone. Sì, ballava come se fosse una canzone allegra, e sembrava realmente preso dalla coreografia, ma la verità è che lui era preso dal testo e dal suo significato. Lui voleva qualcuno da amare, e quel qualcuno era in mezzo al pubblico, in seconda fila, sotto il palco.
I ballerini vestiti completamente in nero lasciavano spazio a Justin che dava il meglio di sé.
Alex cantava e le lacrime scendevano libere su quelle guance che chiedevano solo di essere accarezzate da lui, da Justin.
La pedana venne ancora percorsa da un Justin seguito dai ballerini, mentre la canzone volgeva al termine.
 
“Is she out there?” 
 
Il cuore di Alex sembrò tuffarsi in uno degli abissi più profondi. No, questo no. Non poteva cantare quella parte, mentre lei era lì tra 19.999 persone, lei non poteva reggere una simile cosa...
 
“Justin, io.. sono qui” riusciva a pensare la ragazza, mentre il cantante cercava tra la folla la sua 'lei'.
 
“Is she out there?” cantò, indicando con il braccio il lato destro della platea. L'avrebbe trovata quella ragazza?
 
Justin si girò verso l'area di Alex. Questa perse un battito quando Justin posizionò la mano sinistra sulla sua fronte, come a voler scrutare quel lato in cerca di lei.
Il suo sguardo vagava sulla folla, sembrava veramente che stesse cercando qualcuno, e Alex aveva una strana sensazione. Voleva incrociare il suo sguardo, e allo stesso tempo temeva di riuscirci. E se fosse crollata?
Non ebbe il tempo di riuscire a calmare il suo povero cuore ché il cantante puntò il suo sguardo in quello di Alex, mentre continuava a cantare:
 
Is she out there?
 
Sorrise, sorrise sinceramente ed ebbe come la sensazione che sì, lei era "lì fuori", aveva trovato quella ragazza. Sì, lei era lì.
Il suo sorriso era chiaramente rivolto a lei, a lei che stava morendo e le sembrava di percepire quello che Justin cercava di dirle. O forse stava solo impazzendo? Forse era frutto della sua immaginazione?
Il sorriso di Justin non svanì, e pronunciò l'ultima frase:
 
“I just need somebody to love”
 
Oh, anche Alex aveva bisogno di qualcuno da amare. Ma non uno qualunque, non uno di quelli che incontri per caso al supermercato, o che conosci a scuola in qualche corso. Ma non si trattava neanche di un cantante. Si trattava semplicemente di Justin.
Il cuore della ragazza batteva forte mentre il cantante si girava per allontanarsi; e poco prima che le luci si spegnessero del tutto, cercò ancora il suo sguardo, trovandolo e facendolo suo ancora una volta. Le rivolse un piccolo sorriso, che forse lei non riuscì a vedere perché le luci si spensero e l'arena venne illuminata solo dagli starlight dei fans in delirio.
...Era successo davvero?
Justin le aveva sorriso? Justin l'aveva guardata, tra tutte quelle persone? O forse.. forse non l'aveva riconosciuta, con tutte quelle luci che quasi gli bruciavano la cornea?
Lei aveva la sensazione -no, era sicura- che lui l'avesse riconosciuta. Perché era stato diverso e più intenso con lei. Ma era quella frase ad averla spezzata in due: 'Is she out there?'
Aveva paura di essersi immaginata tutto, ma le gomitate che Sonny le stava tirando le dicevano che, no, non si era immaginata un bel niente. Justin aveva cantato quella canzone, quella frase, guardandola dritto negli occhi e sorridendole dolcemente.
Possibile che fosse così perfetto? E se... se fosse stato solo un gioco per lui? Per farsi amare di più dalle fans, per farle cadere ai suoi piedi? Per farle innamorare sempre di più? Per essere un rubacuori? Per fare la sua bella figura? Poteva essere? Justin non era solo un immagine, un cantante che doveva fare colpo, Justin era Justin e.. non poteva essere una finzione, anche se per certi versi sembrava finto.
Oh, Justin, se solo sapessi cosa trasmetti alle tue fans. Se solo sapessi che Alex è morta nel preciso istante in cui i tuoi occhi hanno incontrato i suoi. Se solo sapessi cosa hai combinato al suo cuore; se solo sapessi cosa sei capace di fare; se solo fossi a conoscenza del potere che hai.
Se solo non fossi così.. impossibile.
Se solo fossi un po' più vicino.
Se solo potessi essere reale.
Se solo non avessi una vita così complicata e difficile da gestire. 
Se solo fossi libero.
Se solo ti facessi amare.
Se solo ti svegliassi.
Se solo ti accorgessi che Alex non è assolutamente una ragazza da lasciar andare.
Se solo potessi mandare tutto a quel paese e prenderla con te.
Se solo non fosse così facile a parole.
Se solo non fosse un sogno... un sogno meraviglioso che deve uscire da quel dannato cassetto. Un sogno da realizzare.
Alex non capiva cosa le stesse capitando, aveva una strana morsa al cuore e questo si stringeva sempre di più. Non poteva sul serio amarlo in quel modo. Non poteva piangere così tanto, e desiderare che fosse ancora più vicino. E anche in un abbraccio lo sentiva ancora tremendamente distante. Avrebbe voluto averlo sulla sua stessa pelle per sempre.
Ma l'amore.. si dice sia più forte di qualsiasi altra cosa.
Forse è così.
Alex avrebbe fatto di tutto, per quanto la cosa potesse sembrarle impossibile, e per quanto potesse sembrare sciocca a sé stessa, lei avrebbe fatto di tutto per averlo accanto a sé.
E lei non lo sapeva, ma Justin.. Justin era dello stesso pensiero.
Lottavano l'uno per l'altra, seppur si appartenessero già.
 
Se solo non fosse così difficile..
 
 
 
 
CIAO PEOPLE :)
MI DISPIACE DI ESSERE STATA ASSENTE PIU' DI UN MESE, MA SONO STATA A ROMA DALLA MIA MIGLIORE AMICA. INOLTRE, COME POTETE BEN VEDERE E' UN CAPITOLO ABBASTANZA LUNGO, QUINDI DOVEVO LAVORARCI BENE, ANCHE PERCHE' NON CI TENGO A DELUDERVI.
HO NOTATO, PERO', CHE NON HO PIU' COSI' TANTE VISUALIZZAZIONI AI MIEI CAPITOLI ULTIMAMENTE..
AL PRIMO, PER ESEMPIO, NE HO QUASI MILLE, GLI ULTIMI NON ARRIVANO NEANCHE A CENTO. SPERO SOLO DI NON ESSERE NOIOSA, E SPERO CHE LA MIA STORIA NON VI SIA SCADUTA. LO SPERO VIVAMENTE.
SCUSATE ANCORA SE SONO STATA ASSENTE COSI' TANTO :) UN BACIONE.
RECENSITE PLEASE c: FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE!
SCIAO GENTE ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Never gonna be alone. ***


...E quella era stata l'esperienza più bella della sua vita.
Mai era stata così bene. Mai si era divertita così tanto.
Anzi, a dire la verità, non si era mai divertita. Qualche risata con Sonny, certo, ma non si trattava di quel tipo di divertimento.
Quella era stata un'ora e mezza particolare, che Alex non avrebbe mai dimenticato. Aveva vissuto per davvero.
Sapeva quanto fosse spettacolare Justin, ma quella sera era rimasta senza parole.
Aveva adorato ogni singolo istante, amato ogni suo sguardo, ogni suo sorriso. Ed era ufficiale: quello era tutto ciò per il quale avrebbe vissuto. Era la sua ragione di vita, il suo obbiettivo, il sogno che avrebbe realizzato ancora tante volte, andando contro tutto e tutti se necessario.
Ora non poteva starsene con le mani in mano, ora conosceva la potenza di Justin. Dal vivo era tutt'altra cosa, erano emozioni completamente diverse seppur simili per certi versi. Ora aveva assistito a quel concerto, ora ne dipendeva completamente.
Mai più si sarebbe persa tutto quello, non avrebbe mai più permesso a niente e nessuno di privarla di quella gioia.
Quando Alex era uscita dall'arena insieme a Sonny Mila era fuori dalla macchina ad aspettarle. Le era subito nato un sorriso quando aveva visto sua figlia con gli occhi gonfi, le guance umide, i capelli un po' disordinati, ma un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Era felice, aveva realizzato il suo sogno e Mila non poteva che essere al settimo cielo, e aveva una voglia assurda di buttarsi tra le braccia della figlia e chiederle ogni minimo particolare. Ma Alex non era riuscita a parlare. Quella era una sensazione nuova e allo stesso tempo familiare, avrebbe voluto riprovarla altre mille volte. Magari col tempo sarebbe riuscita a raccontare ogni cosa, magari sarebbe stata in grado di spiegare come si era sentita quella sera. Per il momento era più che sicura di non esserne capace.

Erano passati alcuni giorni e l'assenza di Justin quasi le toglieva il respiro.
Era rimasta a casa ogni giorno, usciva solo per andare a scuola e a lavorare. Per il resto passava le giornate chiusa in camera sua immersa nello studio, nella musica, e nel suo amore per quel ragazzo. Non era riuscita a smettere di pensare a quella serata, a quell'incontro. Gli sguardi di Justin, i suoi sorrisi, il suo tocco, erano ricordi ancora freschi, vivi, come se li avesse vissuti solo un attimo prima.
Quel “Lascia che io ti stia accanto”, oppure il suo “Ci sentiamo presto”. Forse non doveva fissarsi poi così tanto, ma quel 'ci sentiamo' aveva un peso che lei non riusciva a reggere. 
'Sentiamo'. Perché 'sentiamo' e non 'vediamo'? Justin si sarebbe fatto sentire? Lei non aveva neanche Twitter, come avrebbero fatto a tenersi in contatto? E quando si sarebbero dovuti sentire? Lui ormai era partito, stava facendo il giro del continente e ben presto avrebbe lasciato anche quella parte del mondo. Sarebbero stati più lontani che mai. Non avrebbero visto la luce del Sole nello stesso momento, non avrebbero seguito lo stesso orario, sarebbe stato tutto al contrario, e odiava quella sensazione. Sapeva che Justin era già stato dall'altra parte del mondo, ma ora era diverso perché lei l'aveva vissuto, l'aveva incontrato e si sentiva più vicina.
Si chiedeva come potesse sentirsi 'vicina', quando lui era lontano chilometri e chilometri; quando ben presto ci sarebbe stato l'oceano a dividerli; quando lui seguiva uno stile di vita completamente sconosciuto ad Alex ed era impossibile che avesse contatti con delle persone comuni come... lei. Forse si stava solo illudendo, ne era consapevole, ma amava quella sensazione, non l'aveva mai provata prima d'allora, e mai vi avrebbe rinunciato.
In quel momento Justin era ancora in California, a Oakland, e quella sera si sarebbe dovuto esibire, mentre Alex sarebbe stata a lavoro fino all'ora di cena. Si sentiva sola, era Sabato e doveva lavorare. Inoltre aveva una stranissima sensazione, che non sapeva spiegarsi. Forse erano i lavaggi del cervello che si era fatta nel pensare e ripensare a quello che Justin le aveva detto, ma quella sensazione aveva a che fare proprio con lui. Non sapeva dire di cosa si trattasse, era solo agitata, ma nulla di negativo in questo. A volte era così spaventata dalle sue sensazioni perché -belle o brutte che fossero- si avveravano sempre, aveva questo 'dono'. Cosa sarebbe successo? Sapeva che qualcosa sarebbe accaduto, e l'agitazione si faceva sempre più spazio dentro Alex.

« Alex, per favore, pulisci a terra »

I pensieri di Alex, unicamente concentrati su Justin, svanirono a quella frase. 
Si sentiva una cretina: pensava a lui, si chiedeva dove fosse, le batteva forte il cuore, sognava a occhi aperti di stare tra le sue braccia, e poi qualcuno le diceva di passare lo straccio a terra. Il distacco dalla fantasia -che era l'unica cosa che la salvava- era violento, e Alex sospirava tristemente quando tornava alla realtà. Sospirava tristemente quando si rendeva conto che quella era la sua vita, che lei era costretta a pulire tavoli, a passare lo straccio per terra, a pulire anche la cucina a volte, mentre lui era chissà dove a tenere concerti, singing session, Meet and Greet, interviste, servizi fotografici e quant'altro. 
Si rattristava quando si rendeva conto di quale stile di vita avesse Justin: uno completamente diverso dal suo, per non dire opposto. E si sentiva una vera cretina, perché lei era lì a pulire per terra, in quel momento come in tanti altri, e lui mai l'avrebbe guardata veramente per questo. Lui era diverso da lei, e non ci sarebbe mai stato niente, per questo motivo. 
Non che un rapporto tra loro fosse la cosa più importante -perché sapeva che mai ci sarebbe stato, si era messa l'anima in pace ormai-, la musica era ciò che più le importava, la salute di Justin, il suo umore, erano le cose che più le interessavano, ma lei non poteva farci niente: lo amava. Lo amava, sentiva che era così, anche se non lo conosceva, era una sensazione strana e che non aveva mai provato prima, con nessuno. Era forte, e giurava a sé stessa e a Dio che era vera e unica.
Lo amava e non poteva che desiderare di stare con lui. Sentiva di potergli dare così tanto, anche se era così piccola e inesperta. Ma il cuore gliel'avrebbe dato volentieri. Lui aveva soldi, macchine, aveva tutto, e lei non aveva niente. Eppure sentiva che avrebbe potuto dargli più di quanto già avesse.
Ma dove l'avrebbero portata quei pensieri? Che importanza avrebbero avuto quei sentimenti? In quel momento aveva uno straccio da passare a terra. Le cose non sarebbero cambiate, non così tanto, e non poté che sentirsi male al sol pensiero.
Sospirò senza farsi sentire e andò a prendere lo straccio. 



*



A Oakland, nel frattempo, le cose non andavano esattamente come Alex credeva dovessero andare.
Sì, era il 6 Ottobre e Justin sarebbe dovuto andare in scena quella sera, all'Oracle Arena, ma i suoi pensieri in quel momento non si stavano focalizzando tanto sul suo lavoro.
Quello era senz'altro uno dei periodi più strani che Justin avesse mai vissuto. Non sarebbe stato capace di spiegarlo a parole a qualcuno, a Ryan magari, o a Scooter, o a sua madre -neanche a sé stesso, a dirla tutta-, ma aveva bisogno di aiuto. Si sentiva strano, e sapeva il perché ormai. Conosceva il motivo, aveva anche un nome.
Alex.
Lei non era il suo pensiero fisso: era un cantante, aveva molte cose per la testa. Ma quando aveva un attimo per sé -no, anzi, a volte anche nel bel mezzo di un incontro con i suoi fans- il suo pensiero andava a lei. Si chiedeva se stesse bene, se continuasse ad avere problemi a scuola, a socializzare. Si chiedeva cosa facesse. Era arrivato persino a chiedersi a che ora si svegliasse. 
Lui era solo curioso, e cominciava a capire come si sentissero i fans nei suoi confronti. Cominciava a capire perché erano così interessati alla sua vita -certo, molti esageravano violando completamente la sua privacy, ma capiva-.
Era lontano da lei, lo era ogni giorno di più e non per sua volontà, ma cercava di farsi sentire. Non sapeva se potesse permettersi certe cose, non sapeva se potesse dedicarsi in questo modo a una fan, ma dopotutto non le aveva mica detto 'ti amo', giusto? Non era la prima volta che cercava di aiutare una fan. L'ultima era stata proprio Avalanna, le pagava le cure mediche e tanto altro!
Ora voleva stare accanto ad Alex.
Certo, magari non voleva esserci solo perché lei ne aveva bisogno.. magari voleva semplicemente sentirla lui accanto a sé. Magari era un piccolo pretesto per sentirla e vederla, perché lei aveva fatto la sua bella figura anche se non lo sapeva.
Ma non gli sembrava una cosa tanto sbagliata. Dopotutto stava salvando entrambi in quel modo, no?
Non era minimamente pentito di quel poco che aveva fatto per lei; non si era pentito di averle detto quella frase. Non era pentito di niente, anzi, avrebbe continuato all'infinito, avrebbe continuato a sorprenderla, a farla sorridere, a farla rimanere senza parole dalla felicità. Il fatto è che non era così facile come desiderava, non lo era per niente. Aveva dei mezzi unicamente suoi, ma aveva un tour davanti a sé, aveva il mondo da visitare, e si chiedeva quando avrebbe potuto rivedere Alex. 
Qualche idea aveva già fatto capolino nella sua mente -una persino la sera del concerto a Los Angeles quando aveva la ragazza davanti a sé, e quell'idea, infatti, l'aveva già realizzata, e si chiedeva come avrebbe reagito Alex-, ma ad ogni modo non bastava quel che faceva. Doveva fare di più, voleva fare di più. Era solo questione di tempo, avrebbe messo le cose a posto. 
Non voleva continuare a porsi delle domande senza conscerne le risposte. Voleva porle a lei quelle domande, e sentire dalla sua voce come si stavano evolvendo le cose nella sua vita -se stavano realmente evolvendosi-.
Non voleva più dubbi, non voleva più incertezze, e non voleva più sentirsi solo. In quel momento avrebbe voluto prendersi a schiaffi per quel pensiero, ma non poté che desiderare di averla al suo fianco -letteralmente- per sentire i loro due cuori battere all'unisono. 
Forse non aveva mai fatto certi pensieri in vita sua, nonostante avesse già avuto delle ragazze. Forse non aveva mai pensato così tanto a una sua fan, ma il fatto era che lui non la vedeva come una sua fan, così come -ne era convinto- lei non vedeva un cantante in lui.
Voleva godersi il tour, e se lo sarebbe goduto, questo era sicuro. Si sarebbe divertito, avrebbe visitato tante città, incontrato tante persone, conosciuto tante tradizioni, usanze diverse dalle sue -qualora ne avesse avuto il tempo-. Ma non sarebbe finito tutto là. In quei mesi avrebbe fatto qualcosa per sé e per un'altra persona, levando di mezzo per un attimo quella dannata solitudine che da un po' di tempo aveva deciso di impossessarsi di loro.
Sapeva che dipendeva tutto da lui. E questa volta non avrebbe lasciato che la sua carriera facesse da scudo alla sua vita. Stavolta avrebbe fatto da solo, avrebbe tirato fuori gli artigli.
Dopotutto, era così che faceva con le cose che desiderava davvero: lottava.
Il suo cuore, da qualche minuto, aveva preso a battere un po' più veloce, e il suo stomaco aveva cominciato a fare mille capriole, chissà per quale motivo.
Ormai, sapeva che i suoi tentativi di auto convincersi con la frase 'probabilmente ho fame' non funzionavano più -e forse non avevano mai realmente funzionato-. Ormai sapeva da cosa dipendeva tutto quello, o meglio da chi dipendeva.
Un sorriso cominciava ad allargarsi prepotentemente sul suo viso, senza che lui se ne accorgesse, mentre guardava distrattamente un punto indefinito del pavimento.

« Perché sorridi? » si sentì chiedere da una voce familiare. Si girò e scorse la figura di Scooter. 

Cercò di mascherare quel sorriso che, da un po' di tempo, riservava solo ad Alex, anche se nessuno lo sapeva.
« Hey » rispose il cantante, ignorando di proposito quella domanda.
« Perché stavi sorridendo? » chiese ancora il manager. Oh, lui sì che si interessava alla vita di Justin. Non eccessivamente come molti suoi fan, ma si interessava perché gli stava a cuore il benessere di quel ragazzo, e vederlo sorridere era qualcosa di gratificante, soprattutto se si pensava a cosa Justin stava sopportando nell'essere la star del momento -'momento' che esisteva da due anni ormai, e non dava cenno di dissolvenza-.
Justin abbassò lo sguardo, cominciando a sentirsi in imbarazzo. Non sapeva perché, gli veniva da sorridere e allo stesso tempo tentava di mascherare quella lieve forma di felicità che si impossessava di lui. Non si vergognava mai davanti a Scooter, lui era importante, era un grande amico. Ma quando si trattava di Alex.. non lo sapeva. Forse perché era una situazione particolare, che non si aspettava di poter vivere. Forse perché era quasi geloso di lei e voleva che restasse una cosa privata. 
Ma d'altro canto, si disse, aveva bisogno d'aiuto: era sulla giusta via per la pazzia.
« Pensavo » rispose evasivo.
Scooter lo guardava quasi come se volesse entrargli nella testa e osservare i suoi pensieri. In effetti sembrò riuscirci.
« Pensavi.. a chi? »
Non a cosa. A chi.
Eccolo, Scooter.
« ..Ad Alex » ammise il cantante con leggero imbarazzo, avendo anche un po' paura di cosa mai avrebbe potuto dire il suo manager. Dopotutto era una situazione scomoda la sua, non poteva permettersi di pensare così intensamente a una fan, non lo avrebbe minimamente aiutato in niente.
Scooter non si sorprese più di tanto, in fondo se lo aspettava. Lui le aveva regalato dei biglietti per il concerto, ricordava quando glieli aveva dati; lui le aveva regalato i pass, e ricordava anche questo. Ricordava lo sguardo di Justin mentre gli chiedeva di cercare Alex fuori dallo Staples Center, e ricordava il suo sguardo quando la ragazza era davanti ai suoi occhi. Ricordava il suo sorriso, soprattutto.
L'aveva già capito, non voleva solo aiutarla in quanto fan, o persona. Ma in quanto Alex. E beh, era così chiaro.
Il manager si trovò ad annuire e a restare zitto.
« Non dici niente? » chiese, infatti, Justin. Conosceva Scooter. Lui gli aveva sempre consigliato di non legare così tanto con una fan, di non dare il suo numero, di non lasciarsi trasportare.
« Non c'è bisogno che io dica niente, Justin » rispose Scooter « Sei un cantante, è vero, e anche di una certa importanza. Sono del pensiero che tu non possa permetterti certe cose. Ma d'altronde hai diciotto anni, tra poco ne compirai diciannove. Non hai più quindici anni, quando ancora dovevi capire come funzionavano le cose in questo mondo. Sai come vanno le cose, e sai a cosa vai incontro. Sei Justin Bieber, sento di dovertelo ricordare. Sei nel mirino dei Media, dei paparazzi. Sei in ogni rivista, in ogni canale televisivo. Sei sulla bocca di tutti, e questo fatto, questa.. Alex, potrebbe solo renderti la vita più impossibile di quanto già non sia. Sai già cosa succederebbe, ma nonostante questo vai avanti, le fai sorprese, la pensi, e deduco che.. la tua carriera non ti fermerà, e neanch'io »
Il cantante era rimasto piacevolmente sorpreso da quelle parole. Non pensava che Scooter sarebbe arrivato a dire qualcosa del genere. O magari sì, ma una volta compiuti i suoi trent'anni magari, quando avrebbe avuto ormai il sacrosanto diritto di formare una famiglia, tutta sua.
Sentirlo parlare in quel modo e in quel momento, quando lui aveva solo diciotto anni, ed era ancora Justin Bieber, lo lasciava sorpreso.
L'aveva capito persino Scooter quanto stesse cominciando a valere Alex per Justin.
« Io ti voglio bene, e so che tutto quello che fai e che dici è solo per me, per il mio bene, e io non posso che ringraziarti, Scooter, davvero. Ma è successo tutto velocemente. Non sono innamorato di lei, non la amo né niente del genere. Non dico neanche che mi piace, dico solo che.. mi prende. Mi prende in una maniera particolare, ed è nato tutto da uno sguardo, capisci? Credo che questo conti qualcosa » rispose Justin.
« Justin, credo che la tua sia solo una cosa del momento, ma anche se sono il tuo manager, fuori da queste vesti io non sono nessuno per dirti chi devi pensare e chi no. Sono cose che si provano con l'adolescenza, tu sei un ragazzo, e hai visto molte ragazze fino a oggi. Ne vedrai tante altre, e credo che sia piuttosto normale che tu ti trovi in una situazione simile, specie se hai solo diciotto anni. Io desidero solo che tu non perda troppo tempo dietro a tutto questo. Desidero solo che non ti ci immerga troppo, perché non so quanto ti convenga »
Justin abbassò lo sguardo e rifletté su quelle parole. Sapeva che Scooter aveva ragione, se lo ripeteva in continuazione da quando aveva cominciato a sentirsi in quel modo, da quando aveva cominciato a pensarla. Ma le cose stavano andando avanti senza che lui se ne rendesse conto.
« Hai ragione, ma non lo riesco a controllare. Cerco di tenere questi pensieri il più lontano possibile, credimi, perché so ogni cosa. So che non posso permettermelo, e non voglio neanche trascinare Alex in questo mondo. Ma mi prende, è una cosa strana. Io mi sento strano, tutto questo mi fa sentire diverso. Sono sincero, credevo che queste cose accadessero nei film. Credevo che c'avrei messo più tempo per farmi prendere da qualcuno. Ma non lo posso controllare, Scooter, mi fa uno strano effetto, e quando non è con me desidero solo guardarla negli occhi per provare ancora quella sensazione. Mi sento tanto stupido, davvero, e so che di questo passo le cose si ingigantiranno sempre di più, ma.. per quanto possa sembrarti strano, non dipende da me, e devi credermi »
« Ti credo, Justin. Sono più grande di te, io ci sono passato. C'è passata anche tua madre, ci passiamo tutti. Ed è per questo che io non ti ho detto niente quando mi hai fatto il suo nome, poco fa. Non voglio dirti niente, perché anche se non sono completamente d'accordo, io capisco. Sappi solo che se hai bisogno, io ci sono, okay? »
Justin sorrise felice a quelle parole. Era una delle cose più belle che potesse sentirsi dire. Era bello sapere di poter contare su qualcuno, anche su una sola persona, per esempio. Era bello essere accettati, ed era per questo che non voleva lasciare da sola Alex.
Il cantante abbracciò il suo manager e lo ringraziò di cuore.
« Grazie, Scooter »
L'uomo ricambiò il caloroso abbraccio e sorrise.
« Di cosa, Justin. Basta che tu stia bene. E che continui a farmi fare soldi... » concluse scherzando.
Justin rise di gusto, si staccò e gli tirò un pugno sul braccio, contagiando il manager con la sua risata.
Nel frattempo, fuori dall'arena, si sentivano le urla incessanti delle sue Beliebers che chiedevano a Justin di uscire.
« Li senti, Justin? Preparati » disse Scooter, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta « Possibilmente entro dieci minuti massimo, se devi aggiustarti i capelli »
« Va bene, tra cinque minuti sono fuori » rispose il cantante.
Scooter fece un cenno con la testa e uscì fuori dalla stanza.
I fans erano ancora presi dall'euforia e non smettevano di urlare il nome del cantante:
“Vogliamo Justin! Vogliamo Justin! Vogliamo Justin!”
Questo sorrise e si preparò per quella serata. 
La gente voleva Justin Bieber? E Justin Bieber avrebbe avuto, in tutto il suo talento.



*



« A domani, Ruth! » disse ad alta voce Alex, mentre usciva dal bar.
« A domani, Alex! » rispose la donna, sorridendo gentilmente alla ragazzina.
Questa lasciò la porta chiudersi alle sue spalle, lasciando dietro di sé anche tutto lo stress. In quel momento voleva solo mangiare e andare a dormire, sentiva il suo letto chiamarla a gran voce da casa sua.
Si infilò gli auricolari e partì una musica, una voce. L'unica che riusciva a rilassarla completamente.
Il tragitto, fortunatamente, non le sembrò tanto lungo. Forse era Justin, ancora una volta, a renderlo corto con la sua compagnia, con le sue parole. O forse era solo Alex che, presa da tanti altri pensieri, non ci badò tanto.
Le giornate cominciavano ad accorciarsi sempre di più, e Alex se ne accorgeva ogni giorno. In quel momento era quasi spaventata, perché cominciava a farsi buio ed era ora di cena. Lei era un tipo piuttosto pauroso, temeva tutto, anche quando non ne aveva motivo, quindi decise di far finta di niente e cercò di tranquillizzarsi. E ci riuscì perfettamente, perché in quel momento stava ascoltando 'Never Let You Go', e si sentiva incredibilmente piena.
 
“Cause baby when you're with me it's like an angel came by and took me to heaven”

Oh sì, ogni volta che aveva Justin con sé sentiva di trovarsi in Paradiso, o qualcosa del genere. Era una sensazione così piacevole che non pensava di poterla mai provare un giorno. Non credeva che una persona potesse arrivare a sentirsi in quel modo.
 
“Cause when I stare in your eyes it couldn't be better”

Già, i suoi occhi. Ne vogliamo parlare? Era così strano guardarlo. 
Alex non conosceva chissà quante persone, ma era abbastanza sicura di non aver mai visto occhi come quelli. Ed era la prima volta che riusciva a leggere qualcuno nell'anima. Gli occhi di Justin parlavano.
La prima volta in cui aveva incrociato il suo sguardo si era sentita strana. Le era sembrato di vederci il mondo in quelle iridi. Justin non aveva gli occhi celesti, azzurri come quelli di Alex. Non erano neanche verdi, o tendenti al grigio. Una persona superficiale avrebbe detto che il colore degli occhi di Justin era abbastanza comune, ma Alex era pronta a negarlo. Non era 'comune', era unico. Se fosse stata una cosa banale, Alex avrebbe paragonato quel colore al caramello fuso, ma non era questo, e non se la sentiva di fare un simile paragone, perché non si avvicinava minimamente a una cosa così povera. Quel colore era molto di più. 
Alex avrebbe potuto vedere tanti altri occhi ma mai ne avrebbe visti di simili.
Non si trattava solo del loro colore, si trattava -soprattutto- di ciò che essi trasmettevano.
Justin era capace di placare la rabbia e la paura, era capace di cancellare ogni singolo pensiero negativo che dava il tormento, era capace di tante cose. Ti dava una bella sensazione, la sensazione di essere a casa.
Alex semplicemente impazziva per tutto quello.
La canzone scorreva e una frase colpì la ragazza nel profondo.
 
Don't be scared, girl, I'm here

Quelle parole la convinsero che doveva stare tranquilla, che lui era davvero lì con lei. Non fisicamente, magari, ma c'era col pensiero. Dopotutto, anche se era una cosa abbastanza strana e teoricamente impossibile, era stato lui a chiederle di starle accanto, giusto? Lui c'era. Un giorno ci sarebbe stato anche fisicamente, e questo lo sapeva. Justin era un bravo ragazzo, se voleva aiutare qualcuno lo aiutava, sempre. E Alex si sentiva onorata e contava i giorni, le ore, i minuti, per rivedere il ragazzo che tanto l'aveva stregata. Si sentiva male solo al pensiero. Quando l'avrebbe dovuto rivedere? L'avrebbe sentito nel frattempo? Il suo cuore cedeva ogni giorno di più. Che ce l'aveva a fare un cuore se non doveva correre freneticamente per la presenza di Justin?
E in quel momento Alex cercava di stare al passo col proprio cuore. Cercava di contare i battiti, mettendosi una mano sul petto. Il ritmo non era del tutto regolare, perché stava pensando a lui, mentre la sua voce le drogava l'anima.
Trenta, trentuno, trentadue, trentatré battiti... trentatré battiti in pochi secondi. Mai le era sembrato così piacevole contare. Era bello contare i battiti del proprio cuore, se esso batteva per un'altra persona. Almeno così pensò Alex. 
Mentre sorrideva a quei pensieri, si avvicinava sempre più a casa sua. Solo la villa dei vicini la separava dal suo giardino.
Eh, oh, parlavamo di cuore?
Alex aveva appena perso un battito. Non dall'emozione, e non per Justin.
Chi era quello nel suo giardino?
I suoi occhi si sgranarono, si tolse gli auricolari e si avvicinò lentamente, cercando di passare inosservata e tentando di capire chi fosse quell'uomo, e cosa ci facesse davanti casa sua.
Poteva giurare di non averlo mai visto in vita sua. Forse un quarantenne, o poco più grande, con i capelli scuri, probabilmente neri. Le parve di notare dei normali pantaloni e un giubotto.
Alex aveva una paura fottuta. Ecco perché era un tipo pauroso, faceva bene. Era più che sicura di non inventarsi le cose, sapeva come funzionava il mondo, sapeva cosa erano capaci di fare le persone. E in quel momento niente e nessuno sarebbe stato capace di tranquillizzarla.
Alex si fermò quando vide che l'uomo cominciava ad allontanarsi. Il punto interrogativo però ancora non svaniva. Chi era? Cosa ci faceva lì? E non era passato di lì per caso, di questo era sicura. Lui era lì, fermo, nel suo giardino. Per quale motivo? 
In quel momento era ormai più lontano, se ne stava andando. Alex aspettò prima di avvicinarsi alla sua casa. 
Il cuore non smetteva di batterle furiosamente in petto. Temeva che di lì a poco si sarebbe fermato, causando un arresto cardiaco. La paura, specialmente ad Alex, faceva brutti scherzi.
Quando l'uomo sparì completamente dalla vista della ragazza, questa si avvicinò velocemente a casa, bussando forte alla porta.
Dopo non molti secondi, la porta si aprì e Mila sembrò notare subito lo sguardo quasi terrorizzato di Alex.
« Alex, che c'è? » chiese la donna preoccupata.
La ragazzina entrò velocemente in casa e chiuse la porta.
« Ho visto un tizio, fuori, nel nostro giardino. Non so perché, ma ho avuto una strana sensazione, mi ha spaventata. Non l'avevo mai visto in giro prima d'oggi »
Mila sgranò leggermente gli occhi a quelle parole. Aggrottò le sopracciglia e aprì nuovamente la porta, gettando un'occhiata fuori.
« L'hai visto andare via? » chiese la donna a sua figlia.
« Sì, ho aspettato che andasse via prima di avvicinarmi alla porta.. » rispose Alex, con un'aria preoccupata. Si stava spaventando sempre di più, anche se forse non ce n'era motivo, ma il lavaggio del cervello che le avevano fatto tutti quei telegiornali cominciava a farsi vivo.
« Ma chi era? Cioè, che tipo era? Com'era vestito? » chiese la donna, con una punta di preoccupazione nella sua voce che Alex colse subito.
« Non lo so.. Credo avesse dei jeans e un normale giubotto, io- non ho badato molto ai suoi vestiti. Ma credo avesse avuto quarant'anni o poco più. Aveva i capelli neri, credo.. beh, comunque d'un colore scuro »
Mentre Alex parlava, Mila cercava di far chiarezza nella sua mente. Magari era qualcuno che lei conosceva, uno del lavoro che la cercava e che Alex non aveva mai visto prima d'allora. Ma non le veniva nessuno in mente, anche perché purtroppo -o per fortuna- non conoscevano tante persone.
« E non hai visto cosa stava facendo? »
« Quando sono arrivata se ne stava già andando, era vicino alla cassetta della posta e già se ne stava andando, non so cosa stesse facendo »
« ...Alex, non è che hai visto il postino? » chiese Mila con aria da 'ma sei scema o cosa?'
« No! Mamma, lo saprei se fosse il postino! Non l'ho mai visto prima d'oggi, non aveva neanche la borsa, ed era a piedi! E poi, a quest'ora gironzolano i postini? E solo a casa nostra? »
La donna ammutolì, a corto di idee e parole. Non sapeva proprio chi potesse essere. Che fosse un ladro? Magari qualcuno che stava studiando bene la loro casa? Dio, già non avevano niente, perché qualcuno avrebbe voluto portar via quel poco che avevano? Quel poco che non soddisferebbe nessuno, perché dopotutto non era granché, quindi che senso aveva?
« Aspetta qui » disse Mila mettendo un piede fuori di casa, quando Alex la chiamò: « Mamma ma che fai? Non uscire! » le disse spaventata. 
« Voglio controllare, Alex, rilassati, e resta dentro, okay? »
No, non era okay, ma Alex non riuscì neanche a dirlo perché sua madre era già fuori, e si era socchiusa la porta alle spalle. Ma anche se Mila avesse sentito Alex, non l'avrebbe ascoltata, doveva capire di che cosa stesse parlando sua figlia. Chi c'era nel loro giardino, o meglio, chi c'era stato?
Alex aveva il cuore a mille, non voleva che sua madre uscisse fuori. Si mise davanti alla porta e spiò. Era già incredibilmente buio là fuori e non le piaceva che sua madre fosse sola nel loro giardino, dove poco prima c'era un estraneo.
Non riusciva a vedere con chiarezza i suoi movimenti, ma era abbastanza sicura che sua madre fosse ferma davanti a qualcosa, probabilmente la loro cassetta della posta, e si stava guardando intorno.
Alex aveva il cuore in gola dalla paura, non riusciva a calmarsi. Voleva uscire e stare con sua madre, ma lei le aveva ordinato di stare dentro casa. Ma dopo alcuni secondi la vide chiaramente tornare indietro. 
Mila entrò dentro casa con un piccolo sorriso, che quasi sapeva d'eccitazione. Aveva lasciato fuori di casa la sua preoccupazione che solo pochi attimi prima la pervadeva. E stringeva un pacco tra le mani.
« Mamma? » la chiamò Alex, aggrottando un po' le sopracciglia « Cos'è? Perché sorridi? Chi era quell'uomo? »
In quel momento Mila non parlò, ma continuò a sorridere. Abbassò lo sguardo sul pacco e se lo rigirò ancora tra le mani prima di dire..
« Non lo so.. » disse « Ma questo è per te » 
Alex sgranò gli occhi. In quel preciso istante non capiva granché: perché un uomo l'avrebbe cercata? Perché mai avrebbe dovuto lasciarle un pacco?
E poi.. solo una cosa le venne in mente. Solo una parola, solo una persona, solo un nome.
Justin.
Perché proprio Justin? Non lo sapeva di preciso. Forse perché Justin era il suo pensiero fisso, e lo ritrovava in ogni cosa? Forse perché ci sperava? Forse perché era la sensazione che l'aveva tormentata tutta la mattinata? 
...Forse perché era l'unico che la cercava? 
Forse perché era una scena che aveva già vissuto, quando lui le aveva mandato i pass?
Alex, con mani tremanti, prese il pacco che sua madre le stava porgendo con una felicità che a stento riusciva a contenere. 
Quando la figlia ebbe tra le sue mani quel pacco sentì il suo cuore dare un colpo piuttosto forte, più di tutti gli altri, e aveva una strana sensazione al centro dello stomaco. Quella fame che aveva le era già passata, ora non avrebbe più toccato cibo per l'emozione.
Lesse solo una cosa sulla busta, una parola composta da quattro lettere. 
Alex.
Di nuovo. Di nuovo il suo nome.
La scena si ripeteva: aveva tra le mani una cosa unicamente per lei, non c'era il suo cognome, ma solo il suo nome. Non c'era l'indirizzo, non c'era niente, c'era scritto solo Alex e con la stessa grafia della busta che aveva ricevuto appena una settimana prima.
Quella sensazione che aveva avuto per tutto il giorno, quella sensazione direttamente legata a Justin, quell'ansia che l'aveva assillata per quelle lunghe, interminabili, ore. Non poteva credere ai suoi occhi, anche se non era ancora a conoscenza di ciò che il pacco conteneva.
« Beh? Non apri? » chiese Mila mentre il sorriso le si allargava sempre di più. Le sembrava di vivere la scena in prima persona, sembrava che ci fosse lei al posto di Alex.
Questa si girò, dirigendosi in cucina, e appoggiò il pacco sul tavolo, spostando di poco i bicchieri e i piatti che sua madre aveva messo per cenare, facendo spazio. Mila, dietro di lei, si avvicinò e si mise al suo fianco.
Alex cominciò a scartare il pacco, facendo attenzione a non strappare la carta, specialmente l'angolo in cui c'era scritto il suo nome.

“Ti prego, fa' che sia lui.. ti prego

Oh, dire che sperava che fosse Justin è poco. Ci sperava in un modo più che disperato. Aveva bisogno di sentirlo accanto a sé. Lui.. lui le aveva detto che voleva starle accanto e per tre giorni si era sentita così sola, lontana da lui, senza sapere cosa avesse fatto Justin in quel piccolo lasso di tempo, senza lei. Non poteva averle chiesto di far parte della sua vita per poi sparire. Non poteva. Per questo, adesso, doveva essere lui a cercarla. Per questo doveva essere da parte sua quel pacco. Doveva essere così. Chi poteva cercarla se non lui? 
Le sembrava tutto così strano.
Poche settimane prima avrebbe pensato che chiunque avrebbe potuto cercarla, tranne lui. Ora era convinta del contrario.
La spaventava il modo in cui le cose potevano cambiare radicalmente in così poco tempo. Non bisogna mai dire mai, sul serio. Bisogna sempre crederci, e mai convincersi che qualcosa è impossibile, perché niente lo è.
Riuscì a scartare tutto senza strappare niente -o quasi-, e quello che le si presentò davanti le fece perdere mille e più battiti dall'emozione, dalla felicità.. da un misto di cose, sensazioni, che solo lui poteva darle.
I suoi occhi si erano subito inumiditi, aveva alzato lo sguardo al cielo cercando di non scoppiare a piangere, ma sentiva ormai che c'era così vicina..
Aveva dato solo un'occhiata e poi aveva cominciato a liberare una, due, tre lacrime. Aveva solo visto la foto di lei e Justin al Meet and Greet. C'era dell'altro, ma Alex non aveva fatto in tempo a vedere il resto: aveva portato una mano alla sua bocca, e si era seduta, cercando di realizzare.
Mila vide cosa ci fosse in quel pacco, a occhi sgranati, e capì a pieno la reazione di Alex, che ora si era seduta e stava cominciando a piangere silenziosamente. 
Sua madre non poteva crederci. Prese tra le sue mani la foto che ritraeva sua figlia e il suo fidanz- il suo idolo.
Un piccolo sorriso le dipinse il volto. Quel sorriso racchiudeva tutta la tenerezza che Mila sentiva di provare nei confronti di Justin. Era un ragazzo incredibile. Nella foto c'era lui che sorrideva mentre Alex era visibilmente emozionata, paralizzata dalla felicità che nascondeva come fosse un qualcosa di segreto da non poter mostrare a tutti.
Girò la foto e lesse una frase che dovette rileggere più volte prima di realizzare.
« Alex.. » la chiamò Mila « Tesoro, devi vedere »
La ragazzina, che aveva chinato il capo alcuni istanti prima, alzò il viso che si rivelò rosso e già incredibilmente bagnato. Da una parte odiava essere così fragile e sensibile, odiava il fatto che le bastasse poco per farla piangere, ma dall'altra era contenta perché almeno così poteva sfogarsi e tirar fuori tutte le sue emozioni. In quel caso, era abbastanza ovvio che le lacrime racchiudevano tanti sorrisi che a volte non riusciva a sfoderare. Quei sorrisi che desiderava venissero visti da Justin, perché erano unicamente per lui. Quei sorrisi che non si era potuta permettere per molto tempo, e che ora lui le stava regalando in un modo così semplice da sembrare surreale.
Alex tremava da capo a piedi, era più forte di lei. Voleva calmarsi, sul serio, era curiosa di sapere cosa contenesse quel pacco, ma non ci riusciva. Era troppo per lei. Quella foto era più che abbastanza, non si sarebbe aspettata qualcosa in più. Forse non era in grado di farcela, non come sperava almeno. Sentiva che se avesse visto cos'altro Justin le aveva dato sarebbe crollata per davvero.
Prese un profondo respiro, cercando di calmarsi, anche se con scarsi risultati: le sue mani, il suo cuore.. non ne volevano sapere di fermarsi. 
Alzò gli occhi verso la madre e vide che teneva in mano la foto di lei e Justin. Il viso di Alex si contrasse di nuovo in una smorfia, come se dovesse scoppiare a piangere. 
Prese la foto in mano e a quel contatto si sentì morire. Quella foto gliel'aveva mandata Justin. Non era una foto autografata o cosa, non era un'immagine di lui e basta. Erano loro due, ed era decisamente più bello così. Il loro abbraccio, la sua mano sul suo fianco, il suo sorriso, i suoi occhi che avevano una luce particolare, una luce che Alex non aveva mai visto in nessun altro. Dio, non c'erano assolutamente parole per descrivere il tutto.

« Girala » le disse la madre con uno strano tono, quasi come avesse paura che Alex scoppiasse a piangere per davvero -e aveva tutta la ragione del mondo a credere che sarebbe successo-.

Il cuore di Alex andò più veloce. Perché doveva girarla? Cosa c'era dietro? Aveva paura di scoprirlo. Ma la curiosità la divorava allo stesso tempo.
Con un lento movimento girò la foto tra le sue mani e vi lesse una frase che le fece accapponare la pelle.

Lascia che io ti stia accanto.”

Alex pianse di nuovo, lasciando che un singhiozzo le scappasse. Era più forte di lei.
Quella era la frase più bella che avesse mai sentito -e ora, anche letto-. Era una frase che non avrebbe mai dimenticato. Era la frase. Ormai era tatuata nella sua mente e, cosa ben più importante, nel suo cuore, e mai e poi mai si sarebbe sbiadita. Nessuno l'avrebbe mai cancellata, neanche lo stesso Justin. 
Era la sua frase.
Non credeva che Justin facesse sul serio e che fosse capace di ciò. Non credeva che potesse davvero starle accanto. Sapeva che era sempre sincero e che quel che diceva faceva, ma ci credeva fino a un certo punto, perché per il resto le sembrava ancora fottutamente impossibile. Probabilmente le sarebbe sembrato impossibile anche a distanza di anni. Non c'avrebbe creduto neanche se si fosse sposata con Justin e c'avesse fatto dei figli, perché Dio solo sapeva quanto diamine aveva sofferto, e quanto aveva desiderato qualcosa di simile. Dio solo sapeva per quanto tempo aveva desiderato essere qualcosa, qualcuno per Justin. E non che fosse convinta di essere importante per lui, ma riceveva comunque sue attenzioni e ciò la riempiva più di qualsiasi altra cosa. 
Justin era la sua anima.
Le lacrime continuavano a scorrere veloci sulle sue guance, rendendole lucide e ancora più lisce. I suoi occhi colmi di qualsiasi cosa ormai si posarono su ciò che il pacco ancora conteneva: un indumento.
Si alzò dalla sedia, con le gambe che le tremavano come foglie e la minacciavano di farla cadere, e si avvicinò un po' di più al tavolo per capire di cosa si trattasse.
Prese tra le mani l'indumento e lo spiegò osservandolo, notando quale bella felpa grigia stesse stringendo tra le mani. 
Era un gesto bellissimo, ma non capiva. Justin le aveva comprato una felpa?
La sua domanda venne automaticamente scacciata da un profumo che riconobbe subito. Quella felpa era da uomo e sapeva di Justin. Ne era certa, perché quello era lo stesso profumo che Justin aveva all'incontro nello Staples Center. Non credeva che sarebbe riuscita a ricordarlo, è difficile ricordare un profumo, ma quello di Justin lo riconobbe all'istante. E probabilmente, da quel momento in poi, non lo avrebbe mai dimenticato.
Non aveva ancora smesso di piangere. Le lacrime avevano continuato a rigarle il viso, specialmente quando Alex aveva avuto la brillante idea di stringere a sé la felpa, immaginando che fosse Justin e chiedendosi quante volte l'avesse indossata, e perché le avesse dato proprio quella.
Mila sfoggiava un sorriso intenerito, era emozionata tanto quanto sua figlia. Era ciò che Alex meritava di ricevere, era la felicità che per anni non aveva provato. Ora era sua, apparteneva solo a lei, ed era giusto che continuasse a provarla ancora e ancora. Ma era sicura che, con Justin al suo fianco, Alex sarebbe stata felice per tanto tempo ancora. Justin non l'avrebbe delusa, mai. Non ne era capace. Si stava rendendo così disponibile, era così dolce, che ora non era possibile ricevere una delusione da parte sua.
Alex, tra tutte quelle lacrime, trovò la forza di sorridere, mentre quel profumo le inebriava l'anima.
Aveva con sé qualcosa di Justin, che gli era appertenuto per non sapeva quanto tempo, ma era una cosa sua e che aveva dato a lei, senza volere niente in cambio, se non il suo affetto, forse.
Alex credette che mai come in quel momento aveva sentito di amare Justin. Non in quel modo, almeno. Adesso sentiva fortemente che il suo amore aveva oltrepassato l'infinito già da un bel po'. Mai nessun altro l'avrebbe fatta sentire in quel modo; mai nessun altro avrebbe avuto il suo cuore; mai nessun altro sarebbe stato capace di darle quel che Justin le dava; mai nessun altro le sarebbe entrato dentro in quel modo. Mai, mai nessuno oltre Justin. Lui era l'unico, e anche ora ne aveva la conferma.
Le sue lacrime sulle sue guance le dicevano che era tutto vero, non era un sogno, e che l'indomani si sarebbe svegliata con la consapevolezza che non era sola, e la felpa sarebbe stata ancora lì davanti ai suoi occhi, mentre quella frase che Justin le aveva dedicato avrebbe continuato a esplorarle l'anima.
Era tutto così bello, e in quel momento più che mai desiderò di avere Justin davanti a sé per guardarlo, per vivere di lui, per sfiorare la sua pelle, per sprofondare nel suo sguardo, per sentire il suo respiro, per dirgli che il suo amore era immenso e andava contro ogni singola cosa.

“Amore mio. 
Ti ringrazio. 
Mi regali tanta felicità come se fossi nato per fare questo. 
Non so se un giorno sarò in grado di ringraziarti come meriti, ma comincio col dedicarti la mia intera esistenza.”



CIAO RAGAZZE :)
SPERO CHE IL CAPITOLO VI SIA PIACIUTO. NON C'HO MESSO NULLA DI CHE PERCHE' AL MOMENTO NON HO TANTE IDEE MA VOGLIO CHE LA STORIA RIMANGA ATTIVA.
PROMETTO CHE DARO' UNA SVOLTA.
INTANTO VI SAREI ETERNAMENTE GRATA SE LASCIASTE UNA RECENSIONE.
SE LA MIA STORIA VI PIACE POTREBBE USCIRNE QUALCOSA DI BUONO. A BUON INTENDITOR POCHE PAROLE.
BACIO!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Something's happening. ***


“Ciao amore mio.
Ti scrivo come se tu potessi leggere queste parole, ma ciò non accadrà mai, e non serve che mi si dica il contrario.
Allora. Da dove comincio? C'è così tanto da dire, ma alla fine dico sempre le stesse cose.
Ero già a conoscenza delle tue doti, sapevo quanto fossi spettacolare, e sapevo bene quanto fossi bravo nel far star bene le persone. Come già sai, da quando ti conosco la mia vita è diversa, nel senso più buono che possa esserci.
Sei stato capace di riempire ogni singolo mio giorno in questi quattro intensi anni. Come tu ce l'abbia fatta non so, e penso che mai lo saprò, ma devo dedurre che sia un tuo dono, e magari Dio ti ha mandato qui proprio per questo: per portare un sorriso a chi ne ha bisogno.
Sono del parere che il mondo sia un posto troppo sporco per te, ma allo stesso tempo non posso che gioire della tua esistenza. Ringrazio Dio ogni giorno, ma tu non lo sai. Ringrazio il Signore per averti dato la vita e delle ragioni per le quali viverla a fondo. Prego Dio perché tu stia sempre bene, Gli chiedo di aiutarti qualora tu ne abbia bisogno, perché non meriti di sentirti solo.
Sai, se potessi ti starei accanto ogni singolo istante, ma per qualche assurdo motivo io non faccio parte della tua vita, mentre tu, invece, sei la mia.
Non voglio esagerare, è solo che sei l'unica cosa sulla quale io possa contare, anche se non ti vedo tutti i giorni. Anche se non ti vedo mai.
So di poter contare sulla tua musica, sulla tua voce, e su tutto ciò che porti dentro di te perché, non saprei che nome dargli, ma è qualcosa di straordinario che dà vita.
Ora, straordinariamente, posso contare sulla tua presenza fisica. Non so ogni quanto mi sarà possibile guardarti negli occhi, sfiorarti la mano, o anche solo respirare la tua stessa aria, ma non mi lamenterò. Devo solo ringraziarti per quel che stai facendo. Non credevo di poter meritare tanto. 
Mi hai chiesto di lasciarti entrare nella mia vita, di farmi aiutare da te. Justin, ma proprio non capisci che lo fai già? Da ben quattro anni? Tu mi fai stare bene senza che io te lo chieda. Quando torno a casa dopo una giornata pietosa accendo l'mp3 e tu sei lì, pronto a dare una svolta a tutto. Ma chi sei, come ci riesci?
Quando mi hai chiesto di lasciarmi aiutare da te ho quasi pensato che stessi scherzando. Non potevi essere serio. Perché, insomma, io non sono nessuno e non vedo perché tu debba sprecare il tuo tempo con me, quando sei già così pieno di impegni. La tua vita è ricca, la mia è misera, in ogni senso. Perché?
Ma non riesco a dire di no. Non riesco a non lasciarti entrare nella mia vita. Non riesco a rifiutare, dopotutto è di questo che ho bisogno. E' ciò che ho sempre sognato, e per il quale sono sempre morta un po' dentro me.
Il fatto, Justin, è che io ti amo. E' semplice. Io ti amo, e qualsiasi cosa tu dica o faccia per me conta più di quanto conterebbe se fossi una persona qualsiasi. E ho paura di soffrire. Lo sai, mi fai stare così bene, e le tue attenzioni, per me, sono cose del tutto nuove che difficilmente mi sarei aspettata da qualcuno, specialmente da te. Sei stato capace di portare un sorriso sulle mie labbra che ultimamente si stavano abituando al sapore delle mie lacrime. Ma io ho paura di tutto questo. Ti amo, e so che questo non conterebbe niente per te. Mi ero messa l'anima in pace, mi ero detta di smetterla di dare un peso ai miei sentimenti, ma poi sei arrivato tu, per davvero. Hai detto di voler entrare nella mia vita, non so perché, e hai cominciato a stravolgere ogni mio piccolo piano. Ora mi trovo disarmata, non so cosa fare.
Penso che lascerò che tu ti prenda cura di me.. come hai sempre fatto, del resto. Tu, però, lascia che io mi prenda cura di te
Ti amo e potrei darti tanto. Potrei farti sorridere e impedire che tu ti senta solo o triste. Ti lascerò entrare nel mio mondo, se tu lascerai me entrare nel tuo. Sì, penso che te lo dirò non appena mi sarà possibile.
Ci aiuteremo a vicenda. E' una buona idea, no?
Potremmo salvarci, potremmo andare avanti insieme. Potremmo contare l'uno sull'altra, telefonarci nel momento del bisogno, o qualsiasi altra cosa.
Forse sto esagerando, vero? Sto fantasticando troppo. Ma è più forte di me: se non sogno non mi sento di vivere a pieno la vita. Devo pur scappare da questa odiosa realtà, no? 
Ho scoperto, comunque, che sognare non fa affatto male: finora, ho realizzato i miei sogni più grandi. 
Sì, credo che sognare sia la miglior cosa nella mia vita.. dopo te.”

Quella lettera, molto probabilmente, sarebbe rimasta in uno dei suoi quaderni, o in qualche cassetto nella sua stanza. Da una parte avrebbe voluto consegnarla a Justin, ma dall'altra si vergognava di ciò che aveva appena scritto.
Gli aveva detto che lo amava, era stata diretta, esplicita. Non che non l'avesse già fatto, ma forse lui non aveva proprio capito quale genere di amore fosse. In quel momento era diverso. Era un ti amo che stava a significare "Io sono innamorata di te, Justin Bieber, e non so più vivere col pensiero che non sarai mai mio".
Lei sapeva che Justin non credeva nell'amore che le sue fans dicevano di provare nei suoi confronti. Sapeva che per lui era tutto sbagliato, e che confondevano quelle sensazioni con un qualcosa di nettamente più grande. Lo sapeva e odiava il fatto di esserne consapevole. Odiava quel che Justin pensava, ma da una parte, forse, aveva anche ragione: era giusto pensare che l'amore arrivi solo quando si conosce veramente una persona. Ma il punto era proprio questo: anche se Alex aveva imparato da poco a guardare Justin negli occhi e a godersi la sua presenza fisica, lei sentiva di conoscerlo da sempre. Era quello che la fregava! Sentiva di conoscerlo dall'infanzia, sentiva che era il suo più grande amico, e il suo più grande amore. Chiunque avrebbe potuto dire che lei sbagliava a credere in quei sentimenti, anche Justin stesso, ma lei non vi avrebbe mai rinunciato. Era sicura di quel che sentiva, sapeva che non avrebbe dato a nessun ragazzo il permesso di baciarla. Sapeva che certe cose spettavano solo a Justin, anche se lui -sicuramente- pensava a ben altro che alle labbra di Alex, e questo le spezzava il cuore a metà. Ma non era solo questo, no, c'era di più: il suo cuore apparteneva a un'altra ragazza. Apparteneva a Selena.
Lui.. lui la prendeva per mano. La stringeva a sé, le trasmetteva il calore che Alex per anni aveva aspettato e continuava ad aspettare. Lui la guardava e nel suo sguardo c'era l'amore. Lui aveva una -chissà quanto costante- voglia di baciarla e, chissà, magari anche di farla sua.
Questi pensieri tormentavano spesso Alex, e la spingevano a buttarsi sul letto ed esternare tutto il suo dolore.
Era così struggente l'amore non corrisposto. 
Però, si ripeteva sempre, non doveva abbattersi: aveva cose -o meglio, stava cominciando ad avere cose- che molte altre Beliebers si sognavano. Cose che, fino a poche settimane prima, lei viveva solo di notte, a occhi chiusi, nel suo letto. Doveva solo ringraziare Dio per tutto quello. E, tuttavia, era bello quel che Alex viveva perché in ogni cosa c'era Justin, e si sentiva davvero piena. Era una bella sensazione.
Alex aveva da poco realizzato cosa avesse ricevuto e da parte di chi, e appena aveva finito di cenare era corsa in camera a fare i salti di gioia e, subito dopo, a scrivere quella lettera.
La foto era proprio davanti a sé, e mentre scriveva si era trovata più volte a gettarle un'occhiata. Era così bello, era più forte di lei: quella foto gliel'aveva mandata Justin, e lui c'aveva scritto quella frase dietro. Lui l'aveva pensata, lui gliel'aveva detta, lui l'aveva sentita. Era una cosa unicamente di Justin ed era più che sicura che -almeno in cose come quelle- ci fosse unicamente l'attenzione di Justin, e non che magari scrivessero altre persone per lui. Ciò la faceva impazzire, le faceva nascere un sorriso di quelli che illuminano il mondo anche di notte. Altro che la luna. Il sorriso di Alex sprigionava felicità, una felicità così sconfinata da poter arrivare a chiunque ne avesse bisogno. Tutto merito di Justin, e ciò non la stupiva minimamente.
Posò la penna sulla scrivania e lisciò il foglio, guardando la sua scrittura ordinata e immaginando di consegnarla a Justin. Avrebbe dovuto farlo? Sentiva che lui doveva sapere, ma ciò che la imbarazzava era il modo in cui gli si era rivolta in quella lettera.. i suoi "amore mio", "ti amo", eccetera. Le sembrava di essere esagerata. Certo, non per se stessa, ma per Justin. Ai suoi occhi poteva sembrare una povera cretina che non dava il giusto peso alle sue parole e ai suoi sentimenti...
Ma era proprio il suo cuore a parlare, battendo come un pazzo. E non lo si poteva fermare! Chissà se un giorno si sarebbe abituata a tutto quello. Da una parte sperava di no, era così bello sentirsi in quel modo... ci si sentiva completi, perché era un motivo, il più valido, per vivere la vita: il cuore a mille, le farfalle nello stomaco, le gambe che improvvisamente sembrano di gelatina, e il cervello in tilt. Come si poteva rifiutare tutto quello?
Ma alle cose belle sono sempre legate le cose brutte. Sì, Justin era il mondo per lei, e da come lei si sentiva e dal modo in cui se ne parla, Justin poteva sembrare davvero un suo amico, il ragazzo della scuola che con uno sguardo l'aveva conquistata. Invece, la fregatura stava nel fatto che non era niente di tutto questo, e chissà se la situazione sarebbe mai arrivata a somigliare anche solo lontanamente a una di queste.
Alex sospirò e riguardò quella foto. La prese e la strinse delicamente tra le sue dita, scrutando il viso di Justin e il suo. Quel contatto non l'aveva immaginato, allora. Non l'aveva sognato, non era stato frutto della sua immaginazione, l'aveva vissuto per davvero.
Prese il telefono di casa e compose un numero che sapeva a memoria. Voleva sentire immediatamente la voce della sua migliore amica, voleva raccontarle tutto. In realtà voleva che le vedesse, ma avrebbe rimandato all'indomani.

« Pronto? »
«SochenoncicrederaimaimaJustinmihaspeditounasuafelpaeunanostrafoto! » disse Alex tutto d'un fiato, cercando di controllare il tono della sua voce. Ormai quella storia le piaceva da morire, la faceva emozionare come una bambina.
« ..Alex? » rispose Sonny ridacchiando « Cos'hai detto? Non ho capito niente! »
Alex sospirò e riorganizzò la frase, tentando di calmarsi il più possibile, mentre un sorriso si allargava prepotentemente sulle sue labbra.
« Justin. Mi. Ha. Spedito. Una. Sua. Felpa. E. Una. Nostra. Foto »
Per Alex non fu possibile vedere la reazione della sua migliore amica, ma poteva immaginarla eccome. Il fiato di Sonny si mozzò immediatamente e ad Alex scappava da ridere. Quanto era bello essere felici, avrebbe voluto esserlo ogni giorno, avrebbe voluto provare sempre quelle emozioni così forti.
Un grido raggiunse immediatamente le orecchie di Alex che dovette allontanare di poco il telefono per non perdere l'udito. Una risata, però, le uscì spontaneamente. Rise di gusto, era così divertente.
« COSA?! » urlò Sonny « CHE CAZZO STAI DICENDO?! ALEX, OHMIODIO, DI CHE PARLI? NON PUOI ESSERE SERIA, DIMMI CHE E' UNO SCHERZO! »
Certo, al 95% l'udito di Alex era andato a chiedere una sacrosanta benedizione al Papa, ma era bello anche così. Era bastata una frase per fare andare fuori di testa la sua migliore amica; anche se, beh, non era una frase qualsiasi. Non erano cose che si dicevano ogni giorno, come "Hey, sono andata a fare la spesa" o, nel caso di Alex, "Sai, ho preso una A"..
Quale Belieber avrebbe mai potuto avere l'onore di pronunciare una frase come quella che Alex aveva detto in quel momento? Chi mai avrebbe potuto vivere un'esperienza del genere?
Strano, ma era una cosa destinata proprio ad Alex. Lei non se ne capacitava, ma chi poteva biasimarla? Era una cosa che superava i limiti della fantasia. Alex, però, aveva chiuso ormai con la fantasia. Era stato bello sognare, ma perché sognare l'impossibile quando puoi viverlo?
« No, è vero, te lo giuro! » rispose Alex ridendo dalla felicità « Mi ha spedito una sua felpa, ha il suo odore, Sonny! Ricordi il suo odore? »
« No, Alex, certo che no! Ma tu sì, immagino! Oh mio Dio, e non sai perché te l'ha spedita? Oh Dio, non ci posso credere, ti prego, dimmi che non stai scherzando »
Le lacrime cominciarono a premere per uscire. Alex era al settimo cielo. Avrebbe voluto urlarlo al mondo intero, ma sapeva che era uno di quei segreti che andavano custoditi con gelosia e delicatezza. Non era una cosa che si poteva sbandierare ai quattro venti; un segreto così, una volta svelato, è come se si dissolvesse, come se sparisse, e il tutto si sgretolasse. No, l'avrebbe custodito gelosamente.
« Non sto scherzando, Sonny, mia madre mi ha dato il pacco sapendo dentro di sé che era da parte di Justin, i-io non potevo crederci. Non- non lo credevo possibile, e tuttora non me ne capacito. Non so perché l'abbia fatto, non so perché proprio con me, ma devo- devo ringraziarlo. Dietro la foto ha anche scritto.. lascia che io ti stia accanto.. la frase che mi sussurrò al Meet&Greet »
Un gridolino eccitato che Sonny aveva appena lanciato fece impazzire ancora di più Alex dalla gioia. Quella gioia che poteva condividere con qualcuno. 
Era bello provare simili emozioni, perché aveva dovuto aspettare quindici anni per cominciare a vivere? Ora non vi avrebbe più rinunciato.
« Oh mio Dio, non ci posso credere! E' bellissimo, Alex, devi farmi vedere tutto appena vengo a casa tua! Questo, però, tienilo per te, non come il resto che è già finito in rete » 
« F-Finito in rete? "Il resto"? Cosa? »
« Sai, Alex, su Internet già ti conoscono tutti. E se facessimo sì che Justin ci notasse, con l'aiuto delle altre fan? Non lo so, magari su Twitter, visto che lui ha Twitter; oppure- »
« No, aspetta, cosa? Che significa che mi conoscono tutti su Internet? »
« Beh, visto che Justin ti ha regalato dei biglietti per il concerto qualche settimana fa, e tutti l'hanno visto, la notizia si è sparsa. Sanno anche che l'hai incontrato con un Meet&Greet, e che Scooter ti cercava! Sta tutto su Facebook, queste Beliebers non sanno stare zitte per mezzo secondo! »
Alex aveva gli occhi che quasi uscivano fuori dalle orbite. Quindi, tutti.. già sapevano? Lei era.. famosa? O cosa?
« Aspetta, sanno il mio nome? Ma c-come, oddio, non pensavo che.. »
« Andiamo, dovevi aspettartelo. Personalmente, la cosa non mi stupisce più di tanto! E sono convinta che con la "notorietà" che hai adesso sarà più facile farti notare da Justin e ringraziarlo! »
Era vero. Era leggermente più facile, aveva qualche vantaggio in più. Ma da sola? Qualcuno l'avrebbe mai aiutata? Qualche Belieber come lei?
« B-Beh ma da sola sarebbe difficile.. Forse non mi aiuterebbe nessuno.. »
« Cosa? E perché no? »
« Beh perché ho incontrato Justin più volte, lui mi ha regalato i biglietti del concerto, del Meet&Greet e.. non penso che gli altri vorrebbero aiutarmi; piuttosto, penso che preferiscano mettermi da parte visto che ho già avuto le mie occasioni.. »
« Oh ma questa è una stronzata! Tu meriti di essere notata e- »
« Lo meritano anche loro. Ce lo meritiamo tutti! »
« Sì, certo, ma io conosco solo te e so che lo meriti. Se è una grande famiglia come ti sento sempre dire, allora dovrebbero capirti e aiutarti. Certo, non pretenderemo niente, ma se l'hanno fatto con altre persone.. perché non con te? Sei una brava ragazza, sicuramente ti daranno una mano! Magari non tutte, però.. Ascolta, noi faremo il possibile! »
« Uhm.. va bene. E come- come facciamo..? »
« Tanto per cominciare, Alex, ti crei un bel profilo di Twitter e Facebook, okay? Va bene, non hai il computer, ma puoi sempre collegarti quando vieni a casa mia, oppure in biblioteca. Dobbiamo pur cominciare con qualcosa, no? Internet, al momento, è la cosa più sicura »
Sonny aveva ragione, poteva avere qualche chance di farsi notare da Justin tramite Twitter. Oh, le batteva all'impazzata il cuore solo al pensiero. Sarebbe stato un traguardo anche quello. Poteva realizzare i suoi sogni così, all'improvviso, in un battito di ciglia? Era un gran cambiamento per lei, ma lo sarebbe stato per chiunque!
« Sì, hai ragione.. Beh, puoi creare tu i miei profili? Se hai qualche foto nostra puoi metterla, magari però quelle belle, dove sono venuta bene.. »
« Non ti preoccupare, metterò la tua foto con Justin! »
Non ci aveva pensato. Lei aveva delle foto con Justin. Il pensiero sembrava così impossibile che l'aveva rimosso dalla mente.
« Oddio, le mie foto con Justin.. »
« Siete bellissimi, Alex »
Le guance di Alex presero fuoco e un lieve rossore s'impossessò delle gote. Inutile dire che le scappò un sorriso. Loro erano ..bellissimi insieme.
« Oddio, g-grazie.. »
« So che sei arrossita. Sei un amore. E, credimi, Justin l'ha notato e.. »
« ..E..? »
« E.. beh, secondo me si è preso una cottarella per te »
Il cuore di Alex fece 'boom'. Solo il pensiero le causava un terribile infarto.
Certo, questo non sarebbe mai accaduto. Tutto, ma questo.. questo no.
« Ma dai, Sonny. Che stai dicendo? Ti sembra possibile una cosa così? Justin, una cotta.. per me! »
« Sì. Che c'è di male, Alex? Cosa ci trovi di tanto strano? »
« ..Stai scherzando? Sonny.. il tuo pensiero mi fa rabbrividire, credimi. Mi fa accapponare la pelle. Ma per quanto è utopico neanche ci spero »
« Perché "utopico"? Alex, non capisco, l'hai incontrato più volte, lui ti ha regalato quei biglietti, ti ha accompagnata a casa quando sei scappata giorni fa! Ha detto che ti vuole stare accanto, e ora ti ha mandato la sua felpa e la vostra foto con su scritto quella frase! Quale cantante l'avrebbe mai fatto? Va bene, Justin è un bravo ragazzo, ma dammi retta, nessun cantante fa gesti come questi, possono compromettere la carriera. Non è tanto normale un simile comportamento nei confronti di una fan. Perché solo con te, poi? Perché proprio tu? »
Alex sperò di aver sentito bene tutto quello che la sua migliore amica le aveva appena detto, perché i battiti del suo cuore erano così forti da impedirle di sentire altro. Le rimbombavano nelle orecchie, nella testa, nelle vene. E quella sensazione alla bocca dello stomaco? Ne vogliamo parlare? Si stava divorando da sola, dall'interno. Farfalle? Può darsi, ma erano farfalle affamate.
« Sonny.. non credere che io non mi ponga queste domande ogni santo giorno, ogni santo secondo. Ma sai a cosa dovremmo pensare? Proprio al fatto che lui è un cantante e io sono una fan. Una fan, non la fan. Non sono nessuno. Ha fatto tutto questo perché ha un cuore d'oro, stop. E certo, così facendo non fa altro che stregarmi sempre di più, e io sono sempre più convinta che non amerò mai nessuno nella vita come amo lui; ma.. la cosa non è reciproca. Mettiamocelo in testa. Tu, ma soprattutto io. Credimi, mi sono venuti i brividi nel sentirti dire queste cose. Ho sorriso come una bambina davanti alla sua prima bambola, ma vorrei evitare di illudermi. Sai che ci starei solo male. Perciò, mi godo questo momento e basta. Non voglio pensare a qualcosa di più grande, perché so che sarebbe solo un sogno »
« Dicevi qualcosa del genere anche in questi quattro anni. Che non saresti stata mai niente per Justin. Beh mi sembra di vedere che ti sbagliassi di grosso, Alex, perché il destino ha voluto che fossi proprio tu a ricevere queste attenzioni. E non dirmi che non sei l'unica, so che l'ha fatto con altre fan, mi hai sempre raccontato tutto, ma non ricordo che abbia fatto simili cose. E' sempre rimasto nel normale, non ha mai oltrepassato un certo limite. Mi sembra che con te lo stia facendo, e senza pensarci più di tanto »
« S-Sonny, ti prego.. Stiamo parlando di Justin. Justin Bieber »
« Non è solo Justin Bieber, è prima di tutto un ragazzo, e lo sai. Ha un cuore, un cervello, dei sentimenti. E un paio d'occhi per vedere quanto sei bella. Perché non vuoi darmi retta? »
« Semplicemente perché so che ti stai sbagliando. Questo.. questo è diverso. Diverso da tutto quello che ho sempre detto. Questo è seriamente impossibile »
« Dunque il 'Never Say Never' non esiste, dico bene? O esiste solo per determinate cose e persone? Sii coerente, Alex. Tutto è possibile, giusto? Io sento che Justin continuerà. Non chiedermi perché, ma me lo sento. Soprattutto se ha detto esplicitamente di volerti stare accanto. Dunque.. »
« Dunque, Sonny, chiudiamola qui. Ti ringrazio. Ti voglio tanto bene, davvero. Sei la mia migliore amica, e so che non vuoi farmi del male dicendomi queste cose, ma io mi illudo e basta, e voglio evitare.. Cerca di capirmi »
« Va bene, d'accordo. La smetto. Ma vedrai che ho ragione »
« Sonny »
« Okay, scusa, ho smesso » 
Alex ridacchiò e sospirò, finalmente col cuore leggero.



*



« Justin! »
Quella voce. L'aveva sentita poche volte ma riusciva a riconoscerla perfettamente. Dentro di sé sentiva che era tremendamente familiare, come se l'avesse sentita ogni giorno per diciotto anni, eppure.. eppure la "conosceva" solo da qualche settimana.
Si girò e la vide. Capelli castani, leggermente mossi, né troppo corti né troppo lunghi.. 
Occhi che racchiudevano il cielo, tutti gli oceani e le loro meraviglie. Occhi da ritrarre, da dipingere.. se solo fosse stato bravo col disegno. 
Un sorriso piccolo e dolce che sembrava vergognarsi di sfoggiare su quel viso diafano.
In lei non trovava un difetto. Ne aveva viste di ragazze belle, ma lei.. e in quel momento..
Le labbra di Justin erano leggermente schiuse dallo stupore. Cosa ci faceva lei lì?
« Alex? »
Questa si avvicinò con la delicatezza che la caratterizzava e che a Justin piaceva, e ogni suo passo verso il cantante scatenava una strana sensazione in lui.
« Come stai? » gli chiese dolcemente. Ormai era a un passo dal ragazzo.
« Bene.. e tu? » si interessò lui « Che ci fai qui? »
Le guance della ragazza si tinsero di un tenero rossore « Sono venuta a trovarti.. ti dispiace? »
No, no che non gli dispiaceva.. Ma non lo credeva possibile.
« Certo che non mi dispiace, Alex. Mi fa molto piacere. Come hai fatto a trovarmi? »
« Uhm, varie notizie su Internet » rispose lei « Io.. volevo ringraziarti per quel pacco »
« L'hai ricevuto? » chiese stupidamente, forse preso un po' dalla vergogna. Vergogna lui? Ebbene sì. Strano, ma vero. Lo negava a sé stesso, ma era vero.
« Sì, certo » rispose con un sorriso di quelli che ti fanno sciogliere il cuore dalla tenerezza. Justin cominciava ad abituarsi a quella visione. E cominciava a credere che avrebbe voluto vedere quel sorriso tutti i giorni. 
Quella poca distanza che li divideva venne annullata da Alex, che fece un passo avanti e abbracciò il cantante. Quest'ultimo sentì all'improvviso il profumo della ragazza e di conseguenza la strinse subito a sé delicatamente, come se avesse paura di romperla. Sembrava una bambola di porcellana.
« Justin » lo chiamò in un sussurro, con le labbra a forse pochi millimetri dal suo orecchio sinistro « Ti voglio nella mia vita.. »
Justin provò un calore improvviso all'altezza del cuore ed era sicuro di non aver mai provato nulla del genere. Spontaneo fu il gesto di stringerla un po' più forte a sé, per sentire il suo petto premere sul proprio. Girò di poco la testa per affondare il viso nel collo della ragazza, e inspirò profondamente, godendosi quel momento.
« Io.. Credo di volerti nella mia » rispose lui, pentendosi subito dopo. Quel che aveva detto era vero, e proprio per questo si era pentito: forse aveva osato troppo, forse aveva appena compromesso la sua carriera, forse l'aveva spaventata.
Infatti, Alex sciolse l'abbraccio e si allontanò dal corpo del cantante. Improvvisamente, Justin aveva sentito le proprie gambe tremare, forse dalla paura. Paura che lei potesse reagire male. Ma così non fu.
E lo capì nell'attimo in cui la mano della ragazza si posò sulla sua guancia sinistra. Ora il calore che aveva dentro di sé si concentrò tutto in quella parte del suo viso. Come poteva accadere tutto questo, così, all'improvviso? Un minuto prima stava per fatti suoi e ora Alex gli accarezzava una guancia. E quella sensazione gli piaceva non poco...
Che diamine stava succedendo?
Justin la guardava negli occhi e riusciva a vedere bene la propria figura nella loro lucentezza. Le sorrise, spostando lo sguardo dai suoi occhi alla sua bocca, ai capelli che le incorniciavano perfettamente il viso, alle sue ciglia, e a quel rossore che si accendeva pian piano sulle sue gote.
« Alex.. »
Questa non rispose, il suo sguardo intenso era perso in quello di Justin che sentiva una stranissima sensazione alla bocca dello stomaco e stava lottando contro se stesso per non cascarci. Se si fosse lasciato prendere così tanto sarebbe successo un casino. Ma ormai sentiva che non poteva far finta di niente. Era una sensazione troppo bella per ignorarla così sfacciatamente.
« Alex.. » ripetè Justin. Non sapeva perché la stesse chiamando, in un sussurro. Forse voleva che lei rispondesse, così da avere la certezza che tutto quello era reale. Ma lei non rispose neanche quella volta, non a parole almeno: gli dedicò un sorriso di cui Justin cominciava a essere geloso nel profondo.
Justin cominciava a sentirsi toccare, sentiva come se qualcuno gli stesse mettendo le mani addosso. In viso, sulla spalla. Si sentiva chiamare, ma non da Alex. E davanti ai suoi occhi, questa spariva e tutto diventava nero.

Aprì gli occhi, e solo dopo alcuni secondi realizzò di essere nella cuccetta del tour bus. Con poca fatica, mise a fuoco anche il viso che aveva davanti a sé. Era Ryan, il suo migliore amico.
« Cosa stavi sognando? » chiese lui al cantante.
Justin aveva gli occhi che faticavano ad aprirsi del tutto, e non era ancora abbastanza lucido da capire la situazione. Si passò una mano sul viso, e si strofinò piano gli occhi cercando di aprirli completamente. Aveva la voce impastata dal sonno. Per intenderci, era "più di là che di qua".
« Ryan.. che cazzo vuoi? » chiese scocciato. Non solo l'aveva svegliato per chiedergli "cosa stesse sognando", aveva anche interrotto quel sogno che Justin credeva fosse realtà. Non voleva rivolgerglisi così, non l'aveva fatto di proposito, gli era uscito senza pensarci, però se lo meritava in parte.
« Hey calma, bell'addormentato » disse l'amico « Ti ho svegliato perché qui c'è chi lavora e chi dorme, e tu stavi parlando nel sonno, sembravi un bambino rompicoglioni. Cosa stavi sognando? »
Justin sbuffò e si passò una mano in fronte « Che ti importa di cosa stavo sognando? » disse.
« Placa il tuo nervosismo. Chiedevo perché continuavi a ripetere "Alex, Alex". Avrai fatto questo nome minimo cinque volte. Ma chi è questa Alex? »
Justin, nel buio, spalancò gli occhi. Aveva chiamato più volte Alex mentre dormiva? Per un attimo si sentì preso in giro, ma si disse che Ryan non sapeva assolutamente nulla di questa storia e quindi non poteva esserselo inventato. Sentì come se la sua testa stesse girando, dalla confusione. Aveva davvero detto "Alex" nel sonno, e più di una volta? Era più grave di quanto potesse pensare. Non andava bene. E poi si chiese come diamine fosse possibile, insomma, lui non conosceva quella ragazza. Sì, si erano incontrati più volte, ma ciò non poteva bastare per scatenargli simili reazioni.
...O sì?
D'altronde al cuore non si comanda.
Cuore? Ma quale cuore? Non sei mica innamorato.
Okay, non si parla ancora di amore vero e proprio, ma insomma, una cottarella ci può stare. D'altronde, Justin aveva 18 anni, Alex era di quella fascia d'età, era più che normale essere attratti da una ragazza così.
E che ragazza...
Justin si schiaffeggiò mentalmente, sentendosi un povero cretino.
« Justin? » lo chiamò Ryan, come ad assicurarsi che il cantante non si fosse nuovamente addormentato.
« Ryan » cominciò « Sto impazzendo, credo »
« Perché? »
Nel buio, appena interrotto da una fioca luce del corridoio del bus, Justin si rigirò nel letto per trovarsi faccia a faccia con l'amico che era appoggiato a un'altra cuccetta. Il cantante mise il braccio sinistro sotto il cuscino e sbuffò.
« Alex.. Alex è una fan » iniziò. Ryan era il suo migliore amico, doveva sapere cosa stesse passando Justin. « L'ho conosciuta qualche settimana fa davanti alla sala prove, ci siamo incontrati più volte »
« ...Ookayy » disse l'amico, non tanto convinto dalla situazione stessa: aveva capito dove sarebbe andato a finire quel discorso. « E.. insomma.. l'hai sognata? »
Justin annuì, ma poi, non del tutto convinto che il biondo l'avesse visto, rispose "Sì."
« Ryan, io le ho regalato i biglietti per il concerto di Los Angeles, le ho regalato il Meet&Greet, perché lei non mi aveva mai visto dal vivo prima di allora e non aveva mai assistito a uno dei miei concerti. Mi aveva fatto molto piacere darle quei biglietti. Quando ci siamo incontrati ho avvertito qualcosa di strano, ma non ho osato pensarci troppo, né tantomeno ho provato a dargli un nome, perché la cosa mi spaventava.. Ho cominciato a dirmi che non era niente, che la trovavo solo una ragazzina carina che voleva aiuto, perché ha una vita difficile, e io volevo portarle un po' di gioia. Ma la cosa.. è degenerata, in un certo senso. All'incontro prima del concerto le ho detto che volevo far parte della sua vita.. Non ho specificato, ma si è capito il senso insomma.. Non voglio far parte della sua vita solo come il suo cantante preferito, ma come una persona normale sulla quale poter contare. Un amico, diciamo.. Anche se non siamo amici. Il mio intento era ed è quello di farla star bene finché posso. Così.. le ho spedito un pacco con dentro una mia felpa, e la nostra foto del Meet&Greet.. e dietro la foto ho scritto la frase che le dissi all'incontro, ovvero "Lascia che io ti stia accanto". Vorrei sapere se l'ha ricevuto, cosa ha provato, se è rimasta contenta o se le ha dato fastidio. Forse sto esagerando, Ryan. Io non so cosa mi stia accadendo, ma.. ultimamente mi sento impazzire. Nella mia mente è perennemente vivo il ricordo dei suoi occhi nei miei. Non sono innamorato o cose simili, devi credermi, è solo che.. Non ci sto capendo niente, amico »
« Wow, Justin.. » disse Ryan, sistemandosi sulla cuccetta e inspirando, pensando a cosa dire. « Ma tu.. insomma.. la pensi qualche volta? Voglio dire.. ti è mai capitato di immaginarla come.. la tua ragazza o- »
« Ryan » lo interruppe « Io non ne sono innamorato »
« No, certo certo » rispose lui « Non dico che tu lo sia, ma ecco non ti è neanche indifferente o sbaglio? Insomma tu.. la stavi chiamando fino a pochi minuti fa. Facevi il suo nome mentre dormivi. Io non credo che sia una cosa tanto 'normale', un minimo di interesse deve esserci per forza. Rispondi alla mia domanda, voglio solo aiutarti a capire »
Justin ci pensò un po' su.
Se c'aveva mai pensato? Se l'aveva mai immaginata come la sua ragazza? Beh, non proprio. Gli era capitato di pensarla perché alla splendida città di Los Angeles attribuiva il suo viso. E in quel momento l'aveva sognata per la prima volta. A parte questo no, non l'aveva mai pensata in quel senso.
« Non ho mai pensato a lei in quel senso.. Non ho mai immaginato di baciarla o di averla nel mio letto, Ryan, però ecco, sento che non ce la porterei neanche a letto se ne avessi l'occasione »
Ryan inarcò un sopracciglio, sperando di aver sentito male. Non poteva aver detto davvero qualcosa del genere! A Justin piaceva eccome il sesso.
« Scherzi? Se tu, Justin Bieber, non vuoi portarti a letto una ragazza significa solo che è brutta »
Justin ridacchiò. « Non lo è. Per niente. Ha i capelli mossi, castani, e gli occhi azzurri.. i suoi occhi sono.. qualcosa di incredibile. Potresti capirmi solo se ti ci immergessi un attimo anche tu. E quell'attimo ti sembrerebbe infinito »
« Ahia, Justin, queste non sono parole che direbbe uno che afferma di non essere innamorato.. »
« Ma io non la conosco, come posso esserne innamorato? No, devi credermi, non è così. Lei.. sì, è bella. Tanto. Ma non la amo, né niente di simile, va bene? Mi sembra davvero una bella persona, anzi ne ho la certezza, specie quando la guardo negli occhi. I suoi occhi parlano, amico. Lei è come un libro aperto per me, glielo leggo dentro che sta male e ha bisogno di essere salvata. E io voglio salvarla »
Justin non ne fu totalmente sicuro, ma gli sembrò di sentire una piccola risata.
« Justin » disse il suo amico « Più mi parli di lei e più mi rendo conto che quando neghi di provare qualcosa menti solamente, ma non a me. Tu menti a te stesso »
« E' la verità » rispose il cantante, adesso non con la stessa sicurezza delle volte precedenti. « Io.. non posso esserne innamorato. Insomma, capisci cosa voglio dire Ryan? L'amore è per le persone che si conoscono, magari da anni. E' per le persone che passano molto tempo insieme, che conoscono tutti i loro difetti e col tempo imparano ad apprezzarli. L'amore è per quelle persone che si dicono i segreti più intimi e si cercano ininterrottamente. Io non so chi lei sia, anche se le leggo l'anima quando la guardo negli occhi. Capisco molte cose da uno sguardo, ma ciò non basta per poter dire "Okay, la conosco da una vita", perché la verità è che l'ho incontrata per la prima volta solo poche settimane fa. Io devo scoprire com'è passare un po' di tempo con lei; e non il tempo di una foto e via. Il tempo di una passeggiata, una chiacchierata; il tempo di una pizza. Il tempo di conoscersi, amico. Solo così posso dire se ne sono innamorato o meno. Ora come ora non posso dire niente, ma ho paura, come hai detto tu, che non mi sia del tutto indifferente »
Justin non poteva vederlo, ma sul viso di Ryan nacque un piccolo sorriso. Inizialmente, seppur Justin gli avesse solo detto una frase, credeva che non gli sarebbe piaciuta questa storia. Invece era bello sentir parlare il suo migliore amico in quel modo. Era bello pensare che quelle frasi che sentiva nelle canzoni non erano più fittizie. Justin cominciava a capire, molto probabilmente, i significati delle sue stesse canzoni, perché stava cominciando a vivere, a sentire sulla propria pelle le prime gocce dell'amore. E sentiva che presto si sarebbe trovato vittima di una cascata di emozioni alle quali mai avrebbe rinunciato. 
Okay, per Justin quello non era amore, va bene. Ma Ryan aveva la possibilità di vedere da fuori come stessero le cose. Justin, al contrario, c'era troppo dentro, le viveva quelle cose e non poteva rendersi conto. Perché era cieco. Era acciecato, e da che cosa fosse acciecato non si sapeva ancora. Ryan, invece, lo vedeva bene. Justin era sinceramente e completamente interessato a quella ragazza. Sì, era bello vedere il suo amico in quelle condizioni.
« Posso chiederti cos'hai sognato? » chiese Ryan. Forse, se avesse saputo di che cosa trattava il sogno, avrebbe saputo chiarire le idee a Justin. Comunque, era già abbastanza convinto che il suo amico fosse ormai irrimediabilmente cotto.
« Beh » sospirò Justin « Non ricordo cosa stessi facendo, nel sogno, prima che comparisse lei. So solo che me ne stavo per fatti miei e mi sono sentito chiamare, e ho riconosciuto subito la sua voce. Penso che la riconoscerei anche tra tante urla in un mio concerto. Mi sono girato e lei era davanti a me, e mi chiedevo come fosse possibile. Sembrava così reale. Ero contento che fosse lì con me. Si è avvicinata, aveva sempre quel sorriso che sembra abbia paura di sfoggiare ogni volta. E' un sorriso che muoio dalla voglia di scoprire. Non l'ho mai vista ridere, né cose del genere. Ha sempre trattenuto i suoi sorrisi, e quel poco che sono riuscito a vedere mi è sempre piaciuto. Nel sogno mi sentivo strano. Non so come possa essere possibile, visto che non è reale e il tutto accade mentre dormi, ma sentivo benissimo una stranissima sensazione allo stomaco. Ha detto che era lì perché voleva ringraziarmi del pacco che le ho spedito. Io mi sentivo in imbarazzo, non mi succede mai. Lei mi ha abbracciato e nel momento in cui ho sentito il suo corpo contro il mio, un calore forte si è impossessato del mio petto. Mi chiedo come possa io provare certe cose mentre dormo, ma ti assicuro che le ho provate, e per quanto erano forti sembravano reali. Sentivo anche il suo profumo, anche se ora non lo ricordo più. E poi mi ha sussurrato una frase e quando ho sentito il suo fiato caldo contro il mio orecchio mi sono sentito strano, diverso »
« Come ti sei sentito, cos'hai provato? E cosa ti ha sussurrato? » gli chiese Ryan, seriamente interessato. Quel discorso, stranamente, lo prendeva sempre di più.
« Mi ha detto "Justin, ti voglio nella mia vita". E quando l'ha detto, ho sentito un forte impulso di stringerla forte a me, accarezzare la sua pelle e riempirmi i polmoni del suo profumo. E le ho detto che anch'io la volevo nella mia vita. Lei si è staccata e mi ha accarezzato una guancia. E io non sapevo che fare, era così vicina a me, volevo godermi quelle attenzioni e volevo guardarla negli occhi. Mi sono sentito strano, Ryan, una cosa che mai ho provato. Eppure era tutto un sogno! Solo un sogno! Io non so che scherzo mi stia facendo Dio, ma ti assicuro che.. non l'ho mai vissuta una simile cose. Me ne sono piaciute di ragazze, c'è anche stato quel flirt con Selena, ma.. mai nulla del genere. Io so di non essere innamorato di Alex, è solo che.. mi prende, amico. E ho paura che questa cosa possa diventare più grande di quanto mi sia consentito »
Il biondo sospirò. Era così chiaro già dall'inizio, ma ora beh.. era proprio evidente al 1000%. Justin non desiderava l'amicizia da quella ragazza. Aveva anche detto che se ne avesse avuto l'occasione non l'avrebbe neanche portata a letto. Ciò significava solo una cosa: lui, anche se non la conosceva, ci teneva. Non voleva ferirla, non voleva che fosse come le altre, perché non lo era mai stata, sin dal principio, dal primo incontro.
« Justin.. Tu neghi di provare qualcosa per lei. Qualcosa di serio, intendo » cominciò l'amico « Ma io penso che tu debba fidarti almeno dei tuoi stessi sogni. Non hai il coraggio di ammettere che ti piace, ti piace davvero, ma i sogni parlano chiaro. Le hai detto chiaramente che la vuoi nella tua vita. Per non parlare poi delle cose che hai provato, e che affermi siano del tutto nuove. Hai davvero bisogna che io ti dica come stanno le cose? Non pensi di saperlo già dal principio? Devi solo accettarlo, Justin. E in questo momento non riesci ad accettarlo, non so per quale motivo. Forse perché hai paura, hai paura che tutto questo ti stravolga completamente la vita. Hai paura dei Media, dei paparazzi, di tutte quelle persone che ti assalirebbero e ti riempirebbero di domande. E forse, in parte, temi anche che questa farsa con Selena venga spazzata vita in un lampo. Ma, amico, secondo me devi fregartene. Devi ascoltarmi, adesso, okay? Metti da parte Justin Bieber la star, sei un normalissimo ragazzo di diciotto anni che ha appena scoperto qualcosa di importante. Non puoi aver paura dell'amore. Va bene, non è amore vero- » disse interrompendo il cantante che alla parola "amore" già stava per ribattere « -ma sei sulla buona strana e non puoi dire di no. Devi solo pensarci bene. Non avere paura di analizzare la situazione. Fallo. Perché altrimenti non lo capirai mai, o lo capirai quando sarai troppo tardi. E' evidente cosa stai passando e provando. Devi solo svegliarti, amico. Ti piace? Prenditela. Lascia perdere queste cazzate mediatiche, puoi vivere solo una vita, Dio non te ne concederà altre. Fidati di me »
Justin ascoltò ogni singola parola del biondo. Cazzo, non faceva una piega. Non sapeva che rispondere, ormai, si sentiva disarmato. Nudo. Ryan aveva messo completamente a nudo le sue emozioni. Ecco perché era il suo migliore amico, perché come lo conosceva lui non lo conosceva nessun altro al mondo. Forse neanche sua madre.
« Amico, io.. grazie. Inizialmente mi sono sentito un cretino a parlartene, non so perché. Forse temevo che non potessi accettare questa cosa solo perché sono un cantante di fama mondiale e magari "non posso permettermi queste avventure". Ora mi sento un po' rintronato, insomma, mettendo da parte il fatto che mi hai svegliato nel cuore della notte- »
« Perché tu hai svegliato me » lo interruppe il biondo divertito.
« Sì, okay, dettagli superflui. Mi hai fatto capire alcune cose. Sì, ho paura delle conseguenze, non lo nego. Ho paura di affrontare tutto questo, ma... credo, e l'ho sempre pensato, che se questa cosa stia arrivando a simili livelli, un motivo allora c'è. No? »
« Sì, lo penso anch'io » confermò Ryan.
« Dunque vedrò. Non so cosa capiterà domani o dopodomani, o tra una settimana. Non so a che punto sarà questa storia tra un mese o due. Ma vedrò »
« Sì. E anche se sono passati un sacco di anni, mi sento ancora di dirti che se dovessi sfogarti, puoi -anzi devi- parlare con me. Intesi? »
Justin sorrise, un sorriso a trentadue denti. 
« Grazie, amico »
Risero per l'immensità e la bellezza dell'amicizia che li legava, e fecero scontrare le loro nocche.
« Torniamo a dormire » disse Ryan, infilandosi sotto le coperte della sua cuccetta, di fronte a quella del cantante. « E se ti sento fare ancora il nome di questa Alex ti sbatto un cuscino in faccia »
Justin rise di gusto « Sempre meglio di ciò che liberi di notte. Ogni volta sembra stia passando un autospurgo »
Il biondo scoppiò a ridere. E' vero, succedeva. A volte lo faceva anche di proposito « Non so di cosa tu stia parlando » disse scherzando.
« Certo, certo » rise il cantante, chiudendo gli occhi, mentre Ryan poggiò la testa sul cuscino. Erano forse le due di notte, e la stanchezza si faceva sentire man mano che passavano i minuti, specialmente per Justin. L'indomani avrebbe tenuto un altro concerto, perciò era meglio dormire.
« Buonanotte » sussurrò il cantante prima di addormentarsi nuovamente.



*



Era stato più che difficile studiare dopo aver ricevuto quel pacco, Alex doveva ammetterlo. Non aveva mai avuto problemi con lo studio, ma quel giorno era stato particolarmente pesante. L'intensità del gesto di Justin le aveva scombussolato cuore e cervello.
Alla fine, però, ce l'aveva fatta. Aveva finito di studiare a mezzanotte e, stanca come non mai, si era infilata nel letto, ripensando a ogni cosa. Ripensando a quegli occhi, alla luce di quel sorriso. Ripensando a quella voce, a quella frase. Ripensando a quelle mani, a quel tocco. Ripensando a come si era sentita nell'istante in cui aveva incrociato il suo sguardo per la prima volta, e a come si era sentita nell'istante in cui l'aveva salutato per l'ultima.
Essere innamorati di qualcuno che si credeva di conoscere, e che non si aveva mai incontrato, era una cosa; essere innamorati di qualcuno reale, che ti dava attenzioni, e ti guardava e sorrideva in quel modo.. beh.. era un'altra. Non vi era paragone che potesse reggere.
Finalmente, riusciva a sentirsi come tutte quelle ragazze di cui leggeva nei libri.. o come le sue compagne di classe. Non che vi avesse confidenza, ma più volte si era trovata a sentire i loro discorsi, considerando che il loro tono di voce superava i 140 decibel.
Era bello provare quel che ogni ragazza alla sua età provava. Era bello, si sentiva.. normale, in un certo senso.
Era innamorata. Perdutamente, sinceramente, profondamente, irrimediabilmente, incredibilmente, follemente, assolutamente innamorata.
Ma l'amore, quello vero, non ti fa dormire la notte. Ha un gran potere. Più grande della caffeina, della teina. Ti tiene sveglio e su di giri.
L'amore ti accieca, l'amore ti priva di attenzioni per altre cose. Per l'amore è inconcepibile che una persona pensi a qualcos'altro come lo studio. Oh no, tu devi pensare a quella persona.
Questo era quello che Alex provava quotidianamente e quel che provava in quel momento, mentre chiudeva il libro -mattone- di Chimica. Doveva darsi una regolata e impegnarsi. L'anno era cominciato da poco, non poteva- non doveva distrarsi, anche se la distrazione era Justin Bieber. C'era un limite a tutto, e lei doveva cercare di andarci piano, altrimenti sarebbe diventata una vera e propria ossessione.
Quella giornata era stata piena: era andata a lavoro, aveva studiato Letteratura e Chimica, aveva fatto il suo dovere. E aveva ricevuto quel pacco. Ma ora era davvero tardi, era notte, doveva andare a dormire, e quelle palpebre ormai troppo pesanti minacciavano di farla addormentare all'improvviso sulla scrivania.
Si alzò con fatica dalla sedia e trascinò i piedi fino al letto, per infilarsi poi sotto le coperte e riprendere a sognare. Sognare cose che ormai viveva; sognare persone che ormai conosceva.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1687476