Darkness.

di cljffvord
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25. ***
Capitolo 26: *** 26. ***
Capitolo 27: *** 27. ***
Capitolo 28: *** 28. ***
Capitolo 29: *** 29. ***
Capitolo 30: *** 30. ***
Capitolo 31: *** 31. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Capitolo 1
 
Debby's Point Of View.

Il vento soffiava in silenzio per le strade, come il suono della musica ad alto volume che mi fa rabbrividire sotto la mia giacca.
 
Non ho potuto fare a meno di mantenere lo sguardo dietro di me, facendo in modo che nessuno mi seguisse. Ho girato un angolo e subito la casa che avevo cercato, catturò la mia vista.
 
Sentii le farfalle nel mio stomaco quando iniziai a camminare verso la porta d'ingresso, che era spaccata già da un po’. Non appena entrai le mie orecchie furono intorpidite per un secondo. Se avessi pensato che la musica che sentivo prima era assordante, non era nulla in confronto a quando sono entrata. Ho spinto paio di persone, che sembravano troppo ubriache per prestare attenzione a me.
 
Esaminai per bene la stanza piena, ero alla disperata ricerca di una persona che conoscevo. Inciampando su  quello che sembrava la pista da ballo, colpì un torace rigido di un ragazzo prima di cadere definitivamente a terra. Sibilai sotto il mio respiro, imbarazzata di quanto era appena accaduto, ma in silenzio pregavo che nessuno mi aveva visto e per mia fortuna, tutti erano troppo ubriachi per notare il piccolo incidente che mi aveva fatto atterrare sul pavimento.
 
«Faresti meglio a stare attenta. »
 La voce era vicina, leggera e in modo giocoso, ma una miscela di tono duro e buio, come se fosse una minaccia senza offendermi. Quel ‘qualcuno’ mi tese la mano per aiutarmi a rialzarmi. L’afferrai e mi tirai su.
 
«Grazie…»
Mormorai mordendomi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo. Mi diressi verso il bancone e ordinai un bicchiere di Vodka. Dopo che il cameriere mi aveva servito la Vodka ne bevvi un sorso. Giocai con il bicchiere aspettando ancora la mia amica. Una mano calda si posò sulla mia bocca facendomi spalancare gli occhi dallo spavento. Dopo ciò mi sentii essere presa in braccio e portata fuori dal locale. Mi portò nel cortile che si trovava intorno al locale e li mi lasciò andare. Tolse la mano dalla mia bocca.
 
«Hey che cazzo fai?»
Potevo vedere che il ragazzo che mi aveva rapita era biondo, ma i suoi occhi erano coperti dagli occhiali da sole. Mi appoggiò al muro e mise le sue mani sui miei fianchi. Cominciò a strusciare le sue labbra contro il mio collo mentre le sue mani percorrevano la cerniera del mio vestito.
 
«Hey bellezza… Sei nuova?» Non si staccò nemmeno un secondo dal mio collo.
 
«Si, perché?» Lo sentii sorridere sul mio collo.
 
«Era un’informazione, sai devo sapere con chi avrò a che fare…» Fece un risolino non appena il mio corpo si irrigidì.
 
Mi ero messa nei guai. Per una volta che volevo uscire e divertirmi. Ora mi ritrovo con uno che non so neanche chi sia che mi sta toccando e che non si fa gli affari suoi. Cercai di staccarlo dal mio collo per cercare, almeno, di guardarlo in faccia, ma la sua presa era troppo forte. Strinse la presa ai miei fianchi facendomi male.
 
«Qual è il tuo nome, baby?»
Con le labbra accarezzò il mio orecchio provocandomi infiniti brividi per tutta la schiena.
 
«Debby, Debby Owens.» Balbettai ad ogni suo tocco.
 
«Debby, bel nome.» Mi aveva fatto davvero un complimento?
 
«Grazie… Tu chi sei?» Si staccò dal mio orecchio e mi guardò. Si tolse gli occhiali e mi osservò meglio dalla testa ai piedi facendo un sorriso malizioso.
 
«Sono Justin…Ma non sono una persona normale, anche se sei nuova mi dovresti conoscere, tutti mi conoscono anche se non mi hanno mai trovato e mai lo faranno.» Deglutii rumorosamente. Quel ragazzo non mi piaceva.
 
«Bhe, ma io non ti conosco come le altre persone…»
 
«Shh, lo scoprirai…» Posò un dito sulle mie labbra. Fece scivolare la mano che stringeva il mio fianco sul mio culo strizzandolo. Lo guardai male.
 
«Posso rientrare?» Volevo mettere fine a tutto. Fece ‘no’ con la testa.
 
«Perché rientrare? Ci stiamo divertendo qui fuori…» Fece un sorrisino malizioso. Sentii che qualcuno mi stava chiamando, una voce molto familiare. Oh merda, Alice!
 
«E ora che cazzo c’è?» Justin si voltò dal lato da cui stava arrivando Alice. Non potevo farmi vedere.
 
«C’è che la mia amica Alice sta venendo a cercarmi e se mi trova qui con te sono fregata!»
Si morse il labbro inferiore, si guardò intorno e cercò un posto dove nascondersi. Il suo sguardo si posò su una macchina che immagino fosse la sua. Si voltò lentamente verso di me e mi sorrise. Feci cenno di ‘no’ con la testa. Alzò le spalle e mise le sue braccia intorno alla mia vita per poi caricarmi su una spalla. Si avvicinò alla macchina e mi buttò dentro. Salì anche lui e poi chiuse la macchina. Sentimmo che Alice se n’era andata. Tirai un sospiro di sollievo mettendomi a sedere.
 
«Bene, ora puoi riaprire la macchina.» Mi avvicinai alla portiera e spinsi forte cercando di aprirla. Non si apriva.
 
«È meglio se vieni con me, sai troppe cose per i miei gusti.» Aveva un tono freddo. Si mise al posto del guidatore e infilò le chiavi nel nottolino per poi mettere in moto.
 
 «Cosa dovrei sapere? Mi hai solamente detto il tuo nome e che avrei scoperto chi sei prossimamente, quindi ora fammi scendere.» Fece ‘no’ con la testa.
 
«Smettila di chiedermi di uscire dalla macchina, tanto non uscirai da qui!» Appoggiò le mani sul volante e lo strinse.
 
«Perché non mi lasci andare?»
 
«Perché se ti lascio andare tu andrai a dire tutto alla polizia e io non ho voglia di perdermi in queste stronzate. Quindi siediti e goditi il viaggio.»
 
Cominciai a battere contro il vetro della macchina sperando che qualcuno mi sentisse e mi venisse ad aiutare. Sentii lui che sbuffò.
 
«Debby, smettila di battere contro il vetro.» Lo guardai confusa.
 
«No, io voglio andarmene da qui!» Ripresi a battere contro il vetro. Sbuffò ancora. Mi voltai per chiedergli se poteva aprire quella maledetta macchina, di nuovo. Tirò fuori qualcosa dalla tasca e me la puntò in faccia. Oh merda, una pistola. Mi azzittii subito.
 
«Adesso stai zitta e mettiti comoda.»
Deglutii rumorosamente. Aveva in mano una postola la quale era puntata contro di me. Perfetto. E pensare che volevo solamente divertirmi un po’. Obbedii a Justin. Dopo essermi sistemata, rimise la pistola nella tasca dei pantaloni e cominciò a guidare.

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Capitolo 2
 
Debby’s Point Of View
 
Non aprii bocca per tutto il viaggio. Avevo sbagliato. Lo avevo fatto arrabbiare. E anche tanto. Guidava lungo un sentiero stretto, in mezzo al bosco. Era tutto buio. “È arrivata la mia fine.” pensai. Si fermò al lato della strada sterrata. Mi irrigidì non appena vidi Justin che aprì la mia portiera. Mi prese il mento tra il pollice e l’indice e mi costrinse a guardarlo in faccia.
 
«Adesso tu vieni con me, voglio presentarti due miei amici molto simpatici.»
Mi slacciò la cintura e mi trascinò fuori dalla macchina. Chiuse la mia portiera e cominciò ad entrare in quel bosco. Si voltò verso di me con aria stanca.
 
 «Allora? Che fai? Vuoi rimanere qui?» Allargò le braccia indicando il buio e il nulla che ci circondava.
 
«Io, là dentro non ci vado.» rimasi lì ferma incrociando le braccia al mio petto «Tanto meno con te!» lo indicai. Sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
 
«Cazzo Debby, non ho tempo da perdere!» disse indicando la strada buia.
 
«Bene, allora io me ne vado così non perderai altro tempo!» alzai le braccia e mi voltai per ritornare alla macchina. Sentii dei passi dietro di me fino a quando qualcosa strinse il mio polso. Sussultai per lo spavento.
 
«Te lo dico per l’ultima volta, vieni con me.» disse con tono freddo. Scossi la testa. Justin strinse le labbra in una linea retta e ritrasse la mascella.
 
«Va bene, ma sappi che quello che stai facendo è il modo più semplice per farsi uccidere.» si voltò con le mani in alto come a dire ‘ti ho avvisato’. Deglutii rumorosamente. Cosa voleva dire?
 
«Cosa vuoi dire con questo?» dissi con voce tremolante. Mi torturai le mani dalla paura.
 
«Cosa vuoi che succeda a una ragazza, il sabato sera, in un bosco?» aggrottò le sopracciglia. Acuta osservazione. Sbuffai e mi incamminai verso di lui.
 
«Alleluja, ti sei convinta.» alzò gli occhi al cielo.
 
Perché avevo deciso di andare a quella stupida festa? Alice poteva anche essere lì ma non mi aveva dato importanza dato che si è accorta di me quando, ormai, la festa era quasi finita. Bella amica. Voglio vedere cosa mi dirà non appena questo pazzoide mi lascerà libera. Se mi lascerà viva.
 
«Stai bene?» abbassò lo sguardo verso di me. Alzai lo sguardo e lo guardai male. Sbuffò e si voltò di nuovo verso quel sentiero che sembrava infinito.
 
Arrivammo vicino ad un albero spezzato in due dove vicino c’erano due ragazzi che stavano fumando. Oh no. I due si voltarono verso di noi e sorrisero a Justin. Si avvicinarono e porsero una sigaretta a Justin che la accettò senza esitazioni. I due ragazzi posarono lo sguardo su di me.
 
«Hei Bieber, non ci dici niente del tuo nuovo giocattolino?» si avvicinò a me e mi tirò su il mento con il pollice e l’indice «Hei bellezza…» mi buttò il fumo in faccia. Tossii.
 
«Non ti eccitare, Chaz…» alzò lo sguardo verso quello che si chiamava Chaz e lo spinse vi con la mano «Voglio mostrare a Debby cosa succederà se andrà dalla polizia.»
Mi guardò con aria di sfida, mentre lo implorai con lo sguardo di lasciarmi andare.
 
«Ottimo…» disse uno biondo buttando a terra la sigaretta ormai finita «Abbiamo un conto in sospeso con Hill, dovremmo farlo ragionare e farci dare i soldi.» sorrise a Justin. Deglutii rumorosamente.
 
«Lo faremo ragionare…» Justin continuò a fissarmi con la stessa aria di sfida di prima «Ma a modo nostro.» fece un risolino. Rabbrividii.
 
Si voltò verso i due ragazzi «Incontriamoci a Kennedy Street e portate tutto il necessario.» disse con voce roca Justin. I due ragazzi sorrisero per poi voltarsi e scomparire nel buio della notte. Rimasi paralizzata. Kennedy Street?!? Io abito lì. Sono fregata. Vidi Justin allontanarsi da me.
 
«Debby?» lo sentii urlare alle mie spalle «Muoviti, non ho tempo da perdere.» disse con tono seccato. Rimasi immobile di spalle con il viso abbassato.
 
«Debby?» sentii ancora Justin chiamarmi. Non mi muovevo. Avrei voluto scappare, ma se fossi andata dritto avrei incontrato di nuovo i due amici di Justin; se avessi ascoltato Justin, probabilmente, mi avrebbe portato a casa sua e non tornerei mai più a casa mia. Cosa potevo fare?
 
Sobbalzi quando sentii due mani sui miei fianchi. Sentii un risolino da parte di Justin che si trovava attaccato a me.
 
«Debby?» chiese avvicinandosi al mio orecchio. Mi voltai verso di lui con occhi tristi.
 
«Portami a casa, ti prego…» dissi sul punto di piangere. Fece un sorriso accarezzandomi i fianchi.
 
«Ti lascerò andare se tu ora vieni con me, non ti accadrà nulla.» abbassai lo sguardo con gli occhi pieni di lacrime. Justin prese il mio mento tra il suo pollice e l’indice guardandomi negli occhi «Devo risolvere una questione con quel bastardo e non posso rimandarla.»
 
«Justin… Io non voglio assistere a un omicidio… Non posso, davvero… So cosa mi succederà se andrò a dire tutto alla polizia… Per favore lasciami andare…» la mia voce era smorzata dal pianto.
 
Sospirò «Tu vieni lo stesso con me.» disse con tono freddo, quasi seccato. Bene, la serata non poteva andare meglio di così. Lo avevo supplicato di lasciarmi andare, ma lui non vuole. Perché? Gli ho pure detto che non dirò nulla a nessuno di quello che lui mi ha detto. Evidentemente gode nel vedermi star male.
 
Mi prese la mano e cercò di trascinarmi via con lui, ma cercai di resistere puntando i piedi a terra aiutandomi con i tacchi che indossavo. Si voltò e mi guardò con la mascella contratta.
 
 «L’hai voluto tu.» alzò le spalle e buttò la sigaretta a terra calpestandola con le scarpe. Si avvicinò a me, mi prese per i fianchi e mi sollevò di peso per poi buttarmi sulla sua spalla sinistra come se fossi un sacco di patate.
 
«Justin, mettimi giù!» cominciai a tirare dei pugni sulla sua schiena implorandolo di mettermi giù. Niente. Non mi lasciava.
 
Si avviò verso la macchina e una volta che ci arrivò mi buttò letteralmente sul posto del passeggero. Lo guardai con rabbia mentre lui sorrideva divertito. Fece tutto il giro della macchina per poi andare al posto del guidatore.
 
«Non dirmi che non ti è piaciuto.» disse voltandosi verso di me.
 
«Il fatto che mi tenevi sulla tua spalla come un sacco di patate, no, non mi è piaciuto per niente.» dissi con tono freddo e incrociando le mie braccia al petto.
 
«Però sento il tuo corpo irrigidirsi quando ti tocco…» sorrise maliziosamente.
 
«Fottiti…» mormorai.
 
«Cosa hai detto?» chiese guardandomi con occhi pieni di rabbia.
 
L’avevo fatto di nuovo e questa volta, Justin, oltre ad uccidere quel Hill avrebbe ucciso anche me. Tutta colpa della mia testardaggine.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Capitolo 3
 
Debby’s Point Of View
 
Sono da più di mezzora in macchina con un pazzoide. Voglio uscire andare a casa mia e riabbracciare la mia famiglia in Italia. Perché è in Italia? Me ne sono andata per continuare gli studi visto che da dove abitavo non c’erano le scuole adatte. Abito da sola. La sfortuna mi perseguita. Justin sarebbe entrato in casa mia senza che nessuno gli dicesse niente. Solo i vicini potevano aiutarmi. Pensandoci bene, neanche loro potevano aiutarmi, insomma chi non aveva paura di uno che insegue le persone e che ti fa assistere a un omicidio contro la tua volontà? Tutti lo conoscevano, tranne me.
 
Arrivammo in Kennedy Street. Sorpassammo casa mia. La guardai attraverso il finestrino della macchina con occhi malinconici.
 
«Ci tornerai presto.» disse Justin con tono freddo.
 
«Non ho detto niente.» dissi con lo stesso tono freddo di Justin.
 
«Non sono scemo, ho visto come hai guardato la tua casa quando ci siamo passati vicino.»
 
Non risposi per il semplice fatto che avremmo iniziato una nuova discussione. E sinceramente non ne avevo voglia.
 
Dopo altri quindici minuti ci fermammo davanti alla casa di quel Hill di cui non ne avevo mai sentito parlare. Vidi Justin togliere le chiavi dalla macchina e prendere una pistola dal cofano. Deglutii rumorosamente da farlo ridere.
 
«Hai paura?» chiese Justin voltandosi verso di me sorridendo.
 
«N-No.» dissi balbettando cercando in tutti i modi di essere il più convincente possibile.
 
«Non mentirmi.» disse freddo «Hai paura?» disse cercando di convincermi a dire la verità che lui conosceva benissimo.
 
«Se sai la verità, perché continui a chiedermelo?»
 
«Voglio vedere se è vero ciò che penso.» sbuffai voltandomi per guardare fuori dal finestrino.
 
«Debby, rispondimi.»
 
«Cosa dovrei dirti?» dissi voltandomi verso di lui con aria seccata.
 
«Hai paura?» ripeté la domanda.
 
«Non si risponda a una domanda con un’altra domanda.» risposi.
 
Sbuffò e uscì dalla macchina. Per un momento pensai di essere tranquilla, perché Justin se n’era andato. E invece no. Aprì la portiera accanto a me e mi tirò fuori dalla macchina con forza.
 
«Come sei delicato.» dissi sarcastica.

«Grazie.» disse freddo.
 
Arrivarono anche i due ragazzi che avevamo incontrato nel bosco poco prima. Si salutarono con dei gesti a me sconosciuti e cominciarono a parlare del come farsi dare i soldi e altre cose che non mi interessano. Mi allontanai di poco da loro e cominciai ad osservare la casa dell’ ‘obbiettivo’ come lo avevano chiamato quei tre. Corrugai la fronte. Avevo già visto da qualche parte quelle tendine e quel portone mal ridotto e… Merda quella era la casa del mio tutore! Si occupava di me quando i miei genitori erano via per lavoro oppure erano in Italia, come al solito.
 
Mi coprii la bocca con una mano e indietreggiai lentamente fino a toccare la macchina di Justin con la mia schiena.
 
«Oh mio Dio…» dissi portando entrambe le mani sul mio viso.
 
Cominciai a tremare. Non potevo crederci. Justin stava per uccidere l’unica persona che mi era rimasta. Mi diedi un pizzicotto per vedere se era un sogno. Non era un sogno. Era tutto reale. Cominciai a piangere disperatamente tenendo le mani sul viso.
 
«Debby?»
 
Sentii Justin avvicinarsi a me. Posò una sua mano sul mio fianco destro. Sobbalzai e mi allontanai. Portai le mani sulle mie braccia sfregandole contro di esse.
 
«Debby, perché piangi?» disse Justin.
 
«Non sto piangendo, va tutto bene…» dissi tra i singhiozzi. Mi allontanai da lui e mi avvicinai alla casa.
 
«Dove vai?» chiese.
 
«A salutare per l’ultima l’unica persona che mi è rimasta.» dissi fredda e con le lacrime che rigavano il mio volto.
 
«Cosa?» disse stupito.
 
«La merda rosa.» dissi continuando a camminare verso la casa.
 
Sentii prendermi per il polso ed essere sbattuta contro un albero che si trovava nel giardino. Caddero alcune gocce di pioggia di ieri sul viso di Justin e sui miei capelli.
 
«Non rispondermi in quel modo; lo sai che devi comportarti bene con me.» disse a denti stretti.
 
«So che devo comportarmi bene, ma non lo faccio: non mi comporto bene con le persone che uccidono l’unica persona rimasta a sostenermi e ora se non ti dispiace io vado a salutarla.» dissi cercando di staccarmi dalla sua presa, ma era troppo forte. Fece ancora più pressione sui miei polsi tanto da lasciarmi i segni.
 
«La saluterai quando entriamo tutti.» disse freddo.
 
Mi staccò violentemente dall’albero e prese i miei polsi tra le sue mani, come se fossi in manette. Fece un cenno a Chaz e Ryan che raggiunsero subito me e Justin.

«Perché c’è anche lei?» chiese Ryan guardandomi schifato.
 
«Perché lei ci serve per far ragionare Hill…» disse Justin per poi voltarsi verso di me e avvicinarsi al mio orecchio «Non è vero, piccola?» sussurrò al mio orecchio prima di mordermi il lobo.
 
«No.» dissi staccandomi di poco da Justin «Io volevo salutarlo da sola, quindi se non ti dispiace lasciarmi io vado…» Justin rise.
 
«No no… tu non vai da nessuna parte senza di noi.» disse lasciando per un secondo i miei polsi e portare le sue mani sui miei fianchi e attaccarmi al suo corpo caldo «Chaz, Ryan voi andate pure, fra poco vi raggiungo.» disse Justin. I due fecero un cenno e entrarono in casa.
 
Li seguii con lo sguardo.
 
«No!» gridai prima che Justin mi coprisse la bocca con la sua mano.
 
«Non gridare! Altrimenti finirai male.» disse a denti stretti.
 
Cercai di calmarmi inutilmente. La mia agitazione si trasformò in lacrime che rigarono le mie guance e arrivarono alla mano di Justin che copriva la mia bocca.
 
«È inutile piangere, non cambio idea.» disse sussurrando al mio orecchio. Annuii.
 
In quel momento sentii Justin togliere lentamente la mano dalla mia bocca. La tolse del tutto.
 
«Adesso entriamo in casa e non provare a scappare.» disse tenendo le mani sui miei fianchi.
 
Annuii. Justin si spostò e si affiancò a me. Mise un braccio intorno al mio fianco e mi spinse a camminare con lui. Lentamente ci avviammo all’interno della casa. Sono sicura che questa notte sarà una notte da dimenticare assolutamente.

 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Capitolo 4
 
Debby’s Point Of View
 
Stavo pregando mentalmente. Voglio tornare a casa e fare finta, anche se con pochi risultati, non sia successo nulla. Voglio che i miei genitori ritornino dall’Italia. Voglio che per una volta loro siano qui con me come una famiglia unita. E invece no. Mi ritrovo nella casa del mio tutore che sta per essere ucciso da un maniaco, se così si può definire, che mi sta stringendo a sé perché ha paura che io scappi. Figo, no? No.

«Ti vedo pensierosa, cos’hai?» disse voltandosi verso di me.
 
«Sto pensando se ritornerò a casa viva, ecco cos’ho.» dissi incrociando le braccia al petto e alzando lo sguardo verso di lui. Rise.
 
«Fai bene a chiedertelo.» disse ritornando serio e guardandomi con uno sguardo freddo. Deglutii rumorosamente.
 
«Paura?» mi chiese con il suo solito sorrisino.
 
Scossi la testa facendo un ‘no’. Si avevo paura e anche molta. Ma non volevo farglielo capire.
 
«Dovresti averne, perché fra poco arriva il bello.» disse.
 
Raggiungemmo Chaz e Ryan i quali posero una pistola a Justin. Justin scosse la testa e tirò fuori dai suoi pantaloni la sua pistola. I due annuirono in segno di approvazione. Io intanto fissavo il pavimento. Meno vedevo loro che impugnavano una pistola e meno stavo male.
 
«Perché non guardi?» mi chiese Justin.
 
«Cosa devo guardare?» chiesi.
 
«Sto cazzo.» mi rispose. Tutti e tre risero.
 
«Vaff…» cominciai la frase ma fui interrotta da Justin.
 
«Ti conviene non finire la frase.» disse lui.
 
«Va bene… vaffanculo.» dissi facendo un sorrisino di vittoria «Non l’ho finita, ne ho cominciata un’altra.» aggiunsi.
 
Chaz e Ryan mi guardarono a bocca aperta come se avessi appena commesso un omicidio. Divertente da dire in queste circostanze. Vidi Justin fare cenno a Chaz e Ryan di allontanarsi e così fecero. Poi sentii la stretta di Justin sul mio fianco ed essere sbattuta al muro. Justin teneva il mio fianco con rabbia mentre i suoi occhi erano puntati sui miei.
 
«Vedi di portarmi rispetto.» disse a denti stretti.
 
«Certo.» dissi sarcastica. Accentuò la presa al mio fianco.
 
«Se la finisci di prendermi per il culo potrei anche lasciarti andare, ma se tu fai la stronza sogna pure di andartene.» disse «A te la scelta.» aggiunse.
 
«Come vuoi.» dissi.
 
Lasciò il mio fianco. Ci posai una mano sopra per il dolore. Sentii Justin ridere. Alzai lo sguardo e lo fulminai. Fece spallucce. Raggiungemmo, o meglio, Justin mi trascinò al piano superiore dove incontrammo, ancora una volta, Chaz e Ryan. Furono sorpresi nel vedermi ancora viva.
 
«Hill è qui dentro.» disse Ryan.
 
«Perfetto.» rispose Justin «Pronta?» mi chiese.
 
«Non vedo perché me lo chiedi, tanto anche se ti dico di no tu fai sempre quello che vuoi.» feci spallucce.
 
«Brava bimba.» sorrise e si allontanò da me. Mi trattenni nel mandarlo a quel paese un’altra volta.
 
Ci avvicinammo alla stanza in cui Ryan ha detto che c‘era  il signor Hill. Justin si avvicinò con l’orecchio alla porta. Tirò fuori la pistola dalla tasca del suo pantalone e la caricò tenendola puntata verso il basso. Io intanto ero in un angolino a tremare dalla paura. Vidi Justin allontanasi dalla porta e tirare un calcio contro di essa. Appena mise piede dentro la camera da letto di Hill, Justin alzò la pistola all’altezza della testa di Hill, pronto per sparare.
 
 «Dove sono i soldi?» chiese freddo Justin.
 
«Non vi devo nessun soldo.» disse l’uomo alzandosi in piedi da dietro la scrivania.
 
«Io non ne sarei così sicuro.» disse Justin.
 
Ci fu silenzio. Poi Justin parlò.
 
«Io non credo che tu voglia vedere una ragazza che conosci da molto tempo, morire. No?» disse voltandosi verso di me. Il signor Hill non poteva vedermi, perché ero nascosta dietro la porta per cercare di evitare di assistere alla scena.
 
«Portatela qui.» disse Justin a Chaz e Ryan. Io ero immersa nei miei pensieri e non mi resi conto di cosa stesse succedendo quando sentii essere presa dalle braccia e portata via da dietro la porta. Cacciai un urlo dallo spavento, ma subito Chaz mi coprì la bocca.
 
«Bene, bene, ecco chi abbiamo qui.» disse Justin mettendo un braccio attorno alla mia vita per poi puntarmi la pistola alla tempia. Vidi il signor Hill spalancare gli occhi appena vide la pistola toccare la mia tempia «Allora?» chiese Justin «Voglio i soldi e subito altrimenti…» disse per poi abbassare lo sguardo su di me «Lei muore.»
 
«Signor Hill per fav…» fui interrotta dalla mano di Justin che coprì la mia bocca facendo appoggiare la mia testa sulla sua spalla visto che io ero più bassa di lui.
 
«Non ho i soldi, Justin! Datemi dell’altro tempo.» disse Hill.
 
Justin rise «Noi non ti diamo dell’altro tempo. Dovevi consegnare i soldi entro oggi e non lo hai fatto e sai cosa succede se non abbiamo ciò che vogliamo vero?»
 
«Non vi devo nessuno soldo, non so più come ripetervelo!» disse Hill alzando le braccia in alto «E adesso andatevene altrimenti chiamo la polizia.» disse Hill avvicinandosi al telefono fisso che era a pochi metri da lui.
 
Sentii Justin irrigidirsi alla parola ‘polizia’. Mi strinse più a sé quasi togliendomi il fiato.
 
«Io non lo farei se fossi in te.» disse Justin. Justin sparò un colpo alla gamba di Hill facendolo cadere a terra. Io, a momenti, stavo male. Cercai di liberarmi dalla presa di Justin, ma non ottenni ciò che volevo. Anzi ottenni tutto il contrario.
 
Justin mi strinse più a sé e si abbassò verso il mio orecchio «Te ne vuoi andare proprio ora che arriva la parte divertente?»
 
Annuii. Il signor Hill era ancora a terra e stava cercando di rialzarsi per riavvicinarsi al telefono. Visto la grande fatica nell’alzarsi, Hill strisciò a terra arrivando al telefono e alzando la cornetta per iniziare la chiamata. A fatica cercava di schiacciare i tasti per comporre il numero.
 
Justin mi sussurrò ancora «Osserva.» disse con un tono di divertimento.
 
Guardai per l’ultima volta i signor Hill. Poi sentii uno sparo e il corpo di Hill cadde a terra privo di vita. In quel momento mi sentii un vuoto allo stomaco. Vidi il pavimento macchiarsi di rosso. In quel momento sentii le gambe tremare e la mia presa al braccio di Justin indebolirsi. Justin lentamente mi lasciava mentre io, invece di stare in piedi, caddi a terra svenuta. Tutto ciò che mi ricordo era Hill a terra e lo sguardo divertito di Justin, poi il buio. 


 

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Capitolo 5
*** 5. ***


Capitolo 5
 
Justin’s Point Of View
 

Vidi Debby scivolare lentamente dalle mie braccia per poi ritrovarsi a terra sulla moquette della camera da letto del signor Hill. Mi scappò un risolino. Mi voltai verso Chaz e Ryan, i quali stavano ridendo insieme a me.
 
«La ragazza non ha retto la scena.» disse Ryan continuando a ridere.
 
«Questa è da ricordare.» continuò Chaz.
 
«Va bene, ora basta. Portate via il corpo mentre io porto via Debby, ho intenzione di fargliela pagare per non avermi portato rispetto.» dissi facendo un sorrisino malefico verso Debby.
 
Chaz e Ryan annuirono e si misero al lavoro. Io presi Debby e la caricai su una spalla. Sapevo quanto le dava fastidio, ma non mi importava più di tanto. Arrivato alla porta d’ingresso, nascosi la pistola nella tasca, mi tirai su il cappuccio e indossai i miei Ray Ban neri per non farmi riconoscere. Aprii la porta e uscii dirigendomi verso la mia macchina. Arrivato alla macchina, aprii la porta posteriore e posai Debby sui sedili. Chiusi la portiera e mi raggiunsi quella del guidatore. Aprii la porta ed misi in moto dirigendomi verso la casa di Debby.
 
Estrassi dalla tasca dei miei pantaloni un pacchetto di sigarette e ne accesi una cominciando a buttare fuori dalla mia bocca il fumo che poco prima avevo inspirato.
 
Passarono quindici minuti e finalmente arrivai a casa di Debby. Tenendo ancora le sigaretta tra le labbra, uscii dalla macchina e mi diressi verso la portiera posteriore per tirare fuori dalla macchina Debby. La presi in braccio e chiusi la portiera sbattendola.
 
Mi incamminai verso la porta d’ingresso. Una volta raggiunta presi la chiave che si trovava sotto il vaso alla mia destra. Poteva scegliere un altro posto dove nascondere la chiave, quel nascondiglio era troppo scontato. Aprii la porta ed entrai in casa. Raggiunsi il piano superiore dove si trovava la sua camera da letto. Arrivato in camera, posai Debby sul letto e le tolsi le scarpe.
 
Non avevo di certo finito il mio lavoro.
 
Per fargliela pagare decisi di spaventarla un po’. Decisi di andare a prendere un borsone con dentro tutti i miei vestiti. Ritornai in camera e posai il borsone accanto alla porta. Probabilmente dopo quello che sto per fare mi arriverà una sberla da parte sua, ma la cosa non mi preoccupa più di tanto.
 
Mi avvicinai a lei e cominciai a cercare la cerniera del vestito che indossava. La trovai e la slacciai. Vidi che Debby cominciava a muoversi e sussurrare qualcosa.
 
«Ancora cinque minuti…» sussurrò mentre dormiva.
 
«Non aspetterò così tanto.» le sussurrai all’orecchio.
 
«Chi sei?» chiese lei.
 
«Nessuno.» dissi.
 
Debby corrugò le sopracciglia e vidi che lentamente stava aprendo i suoi occhi verdi. Lentamente si portò le mani agli occhi e cominciò a stropicciarseli facendo attenzione a non rovinare il trucco che aveva.
 
Vidi che si avvicinava a me a causa del buio che non le permetteva di vedermi in faccia. Strinse gli occhi in due fessure come per mettere a fuoco l’immagine davanti a sé che alla fine ero io. La vidi spalancare gli occhi e allontanarsi in fretta da me.
 
«Perché sei qui?» disse un po’ spaventata.
 
Decisi di farla spaventare ancora di più «Me ne stavo andando. Sei stata bravissima.» dissi.
 
«Come?» disse scioccata.
 
«Non ricordi?» chiesi.
 
«N-No.» rispose balbettando.
 
«Bhe piccola dovresti, perché è stata una notte di fuoco.» sorrisi.
 
«Noi non abbiamo fatto niente.» disse alzandosi dal letto.
 
«A no?» dissi inclinando la testa da un lato «E allora, perché hai il vestito slacciato?» chiesi incrociando le braccia al petto.
 
«Io non…» disse mentre portava una mano dietro la schiena cercando la cerniera del vestito. Appena sentii ch era slacciata sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta. Alzò lo sguardo verso di me «Come hai potuto?»
 
«Fare cosa?» dissi.
 
«Approfittarti di me?» disse alzandosi e andando verso la finestra dandomi le spalle.
 
Mi avvicinai a lei e posai le mie mani sui suoi fianchi accarezzandoli con i miei pollici. Appoggiai il mento sulla sua spalla. Mi avvicinai al suo orecchio «Devo confessarti una cosa.» le sussurrai.
 
Debby si voltò verso di me solo con il viso, incitandomi di andare avanti.
 
«Ti ho fatto uno scherzo.» dissi ridendo. La vidi spalancare la bocca e girasi del tutto verso di me.
 
«Sei uno stronzo!» disse arrabbiata ma allo stesso tempo divertita «Mi hai fatto prendere un colpo!»
 
«Dovevi vedere la tua faccia!» dissi ridendo.
 
Debby era ancora vicino alla finestra solo che ora non mi dava più le spalle, anzi mi stava fissando. Vedevo un velo di paura negli occhi. Abbassò lo sguardo portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sono serio: me la sarei scopata sul serio.
«Sei arrapante con quel vestito slacciato.» le sussurrai all’orecchio. La vidi giocare con uno dei suoi braccialetti.
 
Notando la sua paura e la sua tensione volli appesantire di più la situazione «Che ne dici se mettiamo in atto il mio scherzo?» le sussurrai sull’orecchio per poi passare a baciare il collo «Voglio dire: io ti ho detto che sei stata bravissima, ma non lo so per certo quindi che ne dici di levarmi questo dubbio?» dissi mordendole il lobo.
 
Distolse l’attenzione dal braccialetto con cui stava giocando e mi fisso con le sopracciglia corrugate.
 
«Sei in astinenza?» mi chiese.
 
«Si.» le risposi spostandole i capelli tutti da una parte. Continuai a baciarle il collo.
 
«Vai da una delle tue troiette, sono sicura che loro te la daranno.» disse posando una mano sul mio petto per poi spingermi via.
 
«Dovresti ringraziarmi.» dissi freddo.
 
«Per cosa? Per avere ucciso Hill?» chiese arrabbiata mettendo le mani sui fianchi e spostando il peso su una gamba.
 
«Per averti lasciata viva.» risposi io sempre freddo.
 
Si voltò e si avvicinò alla scrivania dove appoggiò le meni facendo peso su di esse.
 
«Vai via.» disse mormorando.
 
«Non dovresti essere arrabbiata con me…» dissi indicandomi «Dovresti essere contenta che io ti abbia lasciata viva.»
 
Si voltò verso di me tenendo lo sguardo basso e accarezzandosi il braccio sinistro con la mano destra. Si mordicchiò il labbro inferiore.
 
«Quindi?» chiesi.
 
«Resta il fatto che tu te ne devi andare e non rimetter più piede in casa mia.» disse indicando la porta di camera sua.
 
«Altrimenti?» dissi io incrociando le braccia al petto.
 
«Chiamerò la polizia.» disse lei premendo le sue labbra in una linea retta.
 
Rimasi sconvolto dal suo comportamento.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Capitolo 6
 
Justin’s Point Of View.
 
Sbaglio o ha detto che chiamerà la polizia? Credo che non le sia bastato ciò che è successo prima.
 
La vedo sbuffare e cercare di riallacciarsi il vestito. Mormorò un ‘fanculo’ e si avvicinò al suo armadio prendendo dei pantaloncini corti e una canottiera. Andò in bagno e dopo poco uscì.
 
«Perché sei ancora qui?» chiese lei facendo cadere le sue braccia lungo i suoi fianchi.
 
«Cosa hai detto prima?» chiesi io.
 
«Non si risponde a una domanda con un’altra domanda.» disse ripetendo la stessa frase di quando eravamo in casa di Hill.
 
«Non me ne fotte. Ti ho chiesto cosa hai detto prima.» dissi io avvicinandomi a lei.
 
«Niente.» rispose.
 
Cercò di scostarmi per avvicinarsi al letto, ma la presi per il polso e la portai con le spalle al muro. Le presi entrambi i polsi e le alzai le braccia al muro. Mi guardava con un po’ di terrore.
 
«Cosa hai detto?» chiesi.
 
«Niente, credimi.» disse.
 
Accentuai la presa ai suoi polsi facendola gemere di dolore. Abbassò lo sguardo.
«Non ti credo, tu hai detto qualcosa e io voglio che tu me lo ripeta.» dissi a denti stretti  «Guardami.» dissi secco. Scosse la testa. Lasciai i polsi e appoggiai una mano sul fianco e con l’altra le tirai su il viso. Con la mano afferrò il mio polso stringendolo dalla paura. Chiuse gli occhi.
 
«Avevo detto che chiamavo la polizia…» disse mordendosi il labbro inferiore appena finì la frase.
 
«Ci voleva tanto a dirlo?» le chiesi portando entrambe le mie mani sui suoi fianchi.
 
Alzò lo sguardo con aria interrogativa «Non ti arrabbi?» mi chiese.
 
Sorrisi «Sapevo benissimo cosa avevi detto, volevo solo fartelo ripetere.» dissi.
 
Mi guardò scioccata «Sei il peggiore.» disse mettendomi le mani sul petto e tentando di allontanarmi senza ottenere risultati.
 
«Lo so.» sorrisi «Ma non puoi dire che sono il peggiore in tutto.» dissi.
 
«Lo posso dire eccome.» disse.
 
«Io non credo.» dissi avvicinandomi al suo orecchio «So come farti sentire speciale, il tuo tipo ideale di ragazzo, fidati, conosco parecchie cose su di te.» le sussurrai.
 
Si morse il labbro inferiore.
 
Debby’s Point Of View
 

«Cosa vuoi dire con questo?» dissi incrociando le braccia al petto.
 
«Pensi che non sentivo come il tuo corpo freme sotto il mio? Credi che quando ti bacio il collo a te non piace? Debby non fare la bambina, oramai so tutto di te.» disse allontanandosi dal mio orecchio.
 
«Io non faccio niente di quello che tu hai detto. Ti stai inventando tutto!» dissi guardandolo scioccata «E comunque ho il ragazzo.» mentii.
 
«Non raccontare stronzate. Lo sappiamo benissimo entrambi che tu non hai un fidanzato da quando avevi sedici anni.» disse facendo spallucce alla fine della frase.
 
Rimasi sconvolta. Tutto quello che diceva era vero. Non gliel’avrei mai data per vinta.
 
«Forse è meglio se tu te ne vada: i miei genitori potrebbero salire da un momento all’altro per controllare che sia tutto a posto.»
 
Sogghignò «I tuoi genitori non sono qui; sono in Italia per lavoro e tu ti sei trasferita qui per continuare gli studi.» disse.
 
Provai ad inventarmi un’altra menzogna «Devo andare a letto presto, domani ho i corsi  e devo fare un esame.» dissi cercando di apparire il più convincente possibile.
 
Scosse la testa sorridendo «L’esame ce l’hai mercoledì e i corsi non sono di domenica.» disse lui. Si avvicinò al mio orecchio «Devi raccontare qualche altra stronzata o posso andare avanti?» mi chiese sussurrando.
 
«Cosa vuoi fare?» chiesi abbastanza terrorizzata.
 
«Ti scoperei…» disse mordendomi il collo.
 
«N-No.» dissi cercando di allontanarlo.
 
«Lo so che lo vuoi anche tu.» disse.
 
Lentamente cominciò a far scorrere la sua lingua lungo tutto il mio collo. Questo ragazzo sapeva come muoversi. Fece scivolare la sua mano sinistra verso il mio culo stringendomi a sé in modo tale da far aderire i nostri corpi. Sempre muovendo la mano sinistra, questa volta la fece scivolare lungo la mia coscia fino ad arrivare al ginocchio. Giunto al ginocchio, tirò su la mia gamba in un rapido movimento e la portò al suo bacino. Gemette a quel contatto. Tutto quel che facevo io era guardare avanti a me come se non stia succedendo niente. I miei pensieri furono interrotti quando sentii Justin mordermi il collo per poi succhiare. Posai una mano sulla sua calda guancia come per dirgli di staccarsi, ma fu tutto inutile. Anzi ottenni il contrario. Mise la sua mano destra dietro la mia schiena e mi schiacciò contro di sé.
 
«J-Justin…» mormorai.
 
Non ottenni ciò che volevo. Sentivo che Justin aveva iniziato a mordere il mio collo e continuava mordendolo sempre più forte. Posai una mia mano sul suo petto per cerare di allontanarlo, ma tutto quello che ottenni fu che Justin si attaccò più a me e mordendo sempre più forte di prima.
Perché faceva così?
 
Strinsi la sua maglietta nella mia mano. Lasciò la mia gamba, che era appoggiata al suo fianco.
 
Smise di mordere il mio collo e si allontanò di poco. Sorrise. Soffiò su dove aveva ‘lavorato’ facendomi sussultare.
 
 «Devo andare.» mi sussurrò «Ci rivedremo presto…» continuò «Quando meno te lo aspetti.» disse aggiungendo un ghigno.
 
Lasciai la sua maglia e si allontanò da me. Si avvicinò alla porta della mia camera e prese un borsone nero mai visto. Lo guardavo mentre se ne andava. In un batter d’occhio potevo vederlo salire sulla sua macchina e sfrecciare via. Rimasi attaccata al muro a fissare il pavimento per un po’ quando sentii il mio telefono squillare. Mi avvicinai per vedere chi chiamava.
 
«Pronto?» dissi accettando la chiamata.
 
«Ci rivedremo presto.» disse una voce aldilà del telefono. Sentii un ghigno e poi cadde la linea.
 
Guardai stranita il mio telefono e poi lo appoggiai di nuovo sul comodino. Mi avvicinai al letto e mi ci infilai dentro. Cercai di prendere sonno con pochi risultati.
 
Mi addormentai verso l’una di notte.
 

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Capitolo 7
*** 7. ***


Capitolo 7
 
 
Debby’s Point Of View
 
Mi svegliai di soprassalto. Mi sedetti sul letto e controllai l’orologio alla mia destra appoggiato sul comodino. Sgranai gli occhi alla vista. Le sette e trenta.
 
Mi alzai a fatica e mi diressi in bagno. Non feci nulla di particolare. Mi pettinai i capelli e li raccolsi in una coda spettinata. Poi mi vestii mettendomi su qualcosa di comodo. [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=82947987]
 
Scesi in cucina e presi dei cereali e del latte come colazione. Andai in salotto e mi sedetti sul divano accendendo la televisione. Feci zapping continuando imperterrita a mangiare i miei cereali. Sentii il mio telefono vibrare accanto a me. Lo presi e lo sbloccai. Vidi che c’era un nuovo messaggio da parte di Alice.

Da Alice: «Oggi alle tre in punto al parco, ti devo parlare.»
 
Smisi, per un momento, di masticare i cereali che avevo in bocca. Mille domande cominciarono a frullarmi per la testa. Ma quelle che mi preoccupavano di più erano: di cosa voleva parlarmi? Sarà una delle sue cavolate o sarà importante?
Ma quella che mi uccide è questa: mi ha visto con Justin?   
 
Scossi la testa e sbirciai l’orologio davanti a me. Le nove. Portai la tazza dove ho mangiato i cereali in cucina e la misi nel lavabo. Andai in camera mia feci un po’ di compiti.
 
Finiti i compiti, andai a farmi una doccia e mi preparai per uscire con Alice. Mi vestii [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=82872285] mi pettinai, mi truccai ed uscii. Mi coprii bene con la mia felpa mentre mi inoltravo nel freddo vento di Novembre.
 
Dieci minuti dopo arrivai al parco e notai Alice seduta sulla panchina che usava il telefono. Mi avvicinai a lei e mi sedetti di fianco a lei.
 
 «Oh, ma guarda te chi si rivede!» disse voltandosi verso di me.
 
«Ciao anche a te Alice.» dissi sarcastica «Di cosa volevi parlare?» chiesi poi.
 
«Volevo chiederti: dove eri finita ieri sera?» mi chiese diventando improvvisamente seria.
 
«Ehm… io…» pensai a una scusa «I miei genitori… ehm… mi hanno chiamata per… perché dovevo controllare una cosa a casa.» sorrisi.
 
Lei sembrò sollevarsi «Oh, va bene, potevi avvisarmi.» mi disse.
 
«Scusa, è che sono dovuta andare via subito.» le dissi.
 
«Va bene. Ti va un gelato?» mi chiese.
 
Scoppiai a ridere «Siamo i pieno Novembre e tu mi chiedi se voglio un gelato?» le chiesi continuando a ridere. Lei si limitò ad annuire.
 
Dopo che ebbi finito di ridere ci alzammo e ci dirigemmo nella gelateria che c’era nel parco. Mentre Alice ordinava il gelato il mio telefono vibrò. Lo tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni, lo sbloccai e lessi il messaggio.
 
Da Sconosciuto:«Carina la tua amica, come si chiama?»

Corrugai le sopracciglia. Alzai lo sguardo e mi guardai intorno per capire chi mi aveva scritta.
 
Arrivò un altro messaggio:

Da sconosciuto:«Inutile che mi cerchi, non mi troverai mai.»
 
Deglutii rumorosamente e mi guardai per l’ultima volta in giro. Sentii Alice ringraziare la commessa e avvicinarsi a me. Appena arrivò bloccai subito il telefono e lo rimisi in tasca. Lei mi guardò stranita.
 
«Cos’hai? Ti vedo strana.» mi disse leccando un po’ del suo gelato al cioccolato.
 
«N-Niente, sto bene.» dissi facendo un sorriso falso. Lei annuì.
 
Uscimmo dalla gelateria e mi arrivò un altro messaggio:
Da Sconosciuto:«Porca puttana! Lecca bene quel gelato!»
 
Ora ho capito. Justin.
 
Mi voltai verso Alice che continuava a mangiare tranquillamente il suo gelato mentre guardava fisso a terra. Mi inventai una scusa e chiamai il numero che mi ha riempita di messaggio fino ad ora, ovvero Justin.
 
«Cosa vuoi, Justin?» dissi seccata.
 
«La tua amichetta. Cazzo, lecca da far paura!»
 
«Smettila immediatamente di spiarci ovunque tu sia.» dissi abbastanza arrabbiata.
 
«Perché? Sono così interessanti i vostri discorsi da ragazze. E comunque ottima scusa per non dire che eri con me ieri sera.» disse aggiungendo una piccola risatina alla fine. Deglutii rumorosamente «Paura?» mi chiese lui.
 
«No. Ora vado.» dissi fredda e chiudendo la chiamata.
 
Ritornai da Alice che ormai aveva quasi finito il suo gelato. Mi sedetti sul muretto accanto a lei.
 
«Allora che fai stasera?» mi chiese.
 
«Niente di particolare, domani ho scuola.» dissi sospirando. Passai una mano tra i capelli in modo tale da farli portare tutti dietro le mie spalle.
 
«Che ne dici di-» si interruppe guardandomi a bocca aperta e gli occhi sgranati «Debby, cos’hai sul collo?» disse posandoci un dito sopra.
 
Sobbalzai. Mi toccai di nuovo il punto sul mio collo e tutto mi ritornò in mente. Justin.
 
«Io, non lo so. Sono caduta da qualche parte e mi sono fatta male, ma non ricordo niente.» dissi facendo spallucce.
 
Mi arrivò un messaggio:
Da Sconosciuto:«Ottima scusa.»
 
Alzai gli occhi al cielo. Non lo sopportavo più.
 
«Oh, va bene.» rispose Alice. Il suo telefono squillò. Lei mormorò un ‘scusa’ e si allontanò a me di qualche metro. Durante l’attesa guardai a terra perdendomi, come al solito, nei miei pensieri. Sentii una grande mano posarsi sulla mia bocca. Sgranai gli occhi per lo spavento. Sentii qualcuno ridere alle mie spalle.
 
«Datti una calmata.» disse quella voce alle mie spalle. Justin. Tolse la mano dalla mia bocca e si sedette a fianco a me.
 
«Che ci fai qui?» chiesi piuttosto seccata.
 
«Volevo parlare e devo controllare una cosa.» disse avvicinandosi a me.

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Capitolo 8
*** 8. ***


Capitolo 8
 
Debby’s Point Of View
 

Vidi il viso di Justin avvicinarsi sempre di più a me. Ero a dir poco terrorizzata. Ad un certo punto non sentii più il suo respiro sulle labbra, ma sul collo esattamente sul punto che poco prima aveva toccato Alice facendomi trasalire.
 
«N-No…» dissi spostandomi più indietro sul muretto.
 
«Non ti farò niente se tu mi farai controllare.» disse avvicinandosi al mio collo.
 
Arrivai al punto di essere oramai sdraiata sul muretto e di avere Justin tra le mie gambe.
 
«Mi piace questa posizione.» disse lui sorridendo maliziosamente. Sentii una leggera pressione sul punto dolente del mio collo. Strizzai gli occhi mano a mano che la pressione delle labbra di Justin sul mio collo aumentava. Posai una mano sulla sua guancia per staccarlo. Dopo molto che andava avanti così sentii che Justin si era bloccato. In lontananza potevo vedere Alice che stava trafficando son il suo cellulare mentre si dirigeva verso di me. Mi irrigidii mentre Justin era ormai scomparso e io ero rimasta da sola sul muretto.
 
Alice si avvicinò a me. Si bloccò vedendomi sdraiata sul muretto gelido. Alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
 
«Debby, stai bene?» chiese.
 
«S-Si, perché?» dissi inclinando la testa di lato.
 
«Sei sdraiata sul muretto e mi dici che stai bene?» disse alzando entrambe le sopracciglia «Io non credo.» disse lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
 
«Sono solo un po’ stanca.» dissi alzandomi e mettendomi seduta su quel muretto.
 
«Cambiando discorso, mi ha chiamato tu sai chi…» la interruppi alzando una mano.
 
«Chi ti ha chiamato?» dissi corrugando le sopracciglia.
 
«Diamine Debby, Justin!» disse sul punto di urlare.
 
Quando sentii il suo nome mi voltavi verso di lei con gli occhi sgranati «Justin?!?» chiesi io.
 
«Certo! Quello della 5°B!» disse sorridendo. I miei occhi tornarono alla taglia normale lasciando fuoriuscire dalle mie labbra un sospiro di sollievo mentre posavo la mano sul cuore.
 
Mi arrivò un messaggio:
Da Sconosciuto:«Avrei voluto chiamarla solo per portarmela a
letto e vedere come se la cavava. Non le avrei di certo chiesto un appuntamento.»

Bloccai il telefono e lo riposi nella mia tasca.
 
«Che ti ha detto?» chiesi fingendomi interessata all’argomento.
 
«Mi ha chiesto di uscire stasera. Mi porterà a cena fuori e poi andremo a fare una passeggiata sulla spiaggia.» disse battendo le mani dalla gioia.
 
«Quindi ci conviene andare, non vorrai andare in ritardo al tuo appuntamento, vero?» dissi sarcasticamente. Lei scosse velocemente la testa.
 
Ci alzammo dal muretto e ci avviammo verso le nostre case. Per tutto il tempo Alice non fece altro che parlare di Justin, di quanto gli piacesse, di quanto sia carino e continuava a domandarsi cosa poteva mettersi e cosa avrebbero fatto oltre che cenare e passeggiare sulla spiaggia. Io feci finta di ascoltare.
 
Arrivammo all’incrocio e ognuna prese la propria direzione. Camminavo a testa bassa con le mani nelle tasche e ogni tanto tiravo un calcio al sassolino davanti a me. Arrivata davanti a casa mia alzai la testa e estrassi dai miei pantaloni le chiavi di casa. Le infilai nella porta ed entrai in casa chiudendomi alle spalle la porta. Sbuffai e mi diressi verso la mia camera. Tutto era come prima: il mio letto disfatto, la mia scrivania in disordine e i miei vestiti per terra. Sbuffai di nuovo. Avrei rimesso a posto la mia camera non so quando, ma lo avrei fatto. Mi diressi verso il bagno e decisi di farmi una doccia. Chiusi la porta a chiave e cominciai a spogliarmi partendo dal togliermi la felpa, la maglia, i pantaloni, le scarpe e le calze per poi finire con l’intimo. Feci partire l’acqua. Entrai nella doccia appena l’acqua divenne calda. Mi lavai i capelli e tutto il corpo. Uscii dalla doccia e avvolsi il mio corpo nel mio accappatoio. Presi i vestiti che indosso sempre per stare in casa e mi vestii. Prima che afferrassi la mia maglia due mani calde i posarono sui miei fianchi. Rimasi immobile con la maglia in mano. Potevo riconoscere il suo odore di fumo e profumo da uomo ovunque. Justin. Mi tolse dalle mani la maglia. Mi schioccò un bacio sulla guancia. Portai le mani sulle mie braccia sfregandomele. Justin portò le sue braccia sopra le mie e mi strinse. Sentii il suo corpo caldo aderirsi al mio.   
 
«Stai meglio senza maglia, credimi.» mi sussurrò all’orecchio facendomi arrossire «Mi stai facendo impazzire.» disse portando una sua mano sull’orlo del mio pantalone.
 
«Ehm… credo sia meglio che io mi metta la maglia.» dissi staccandomelo di dosso.
 
Mentre infilavo la maglia colpii accidentalmente il mio punto sul collo. Ansimai un ‘ahi’ che fece voltare Justin verso di me.
 
«Tutto bene piccola?» disse.
 
«Si… il tuo fottuto succhiotto fa male.» dissi sbuffando.
 
«Ecco cosa devo fare.» disse facendomi voltare verso di lui cosi che avessi la schiena appoggiata al lavandino. Justin mi teneva per i polsi mentre leccava quel succhiotto-se così si può definire-facendomi gemere.
 
«Ti prego Justin smettila.» dissi sul punto di piangere dal dolore.
 
Sentii che si staccò per un secondo «Ho quasi finito piccola.» disse per poi ricominciare. Poco dopo mi prese in braccio facendo circondare il suo bacino con le mie gambe. Mi fece sedere sul lavandino sul quale, poco prima, era appoggiata la mia schiena.
 
«Ti prego, basta.» dissi stringendo i pugni. Justin andava avanti come se non gli avessi detto niente. Portai le mani sul suo costato. Strinsi la presa facendolo gemere di dolore.
 
Sentimmo il campanello suonare. Justin si irrigidì e si bloccò sul mio collo. Il suo respiro colpiva il punto sul mio collo il che faceva ancora più male.
 
«Chi stai aspettando?» chiese alzando lo sguardo verso di me.
 
«N-Nessuno…» dissi.
 
Poco dopo si udì un rumore e poi qualcuno parlò.
«Debby, sono Alice vieni ad aprirmi.» disse.
 
Sgranai gli occhi «Alice…» sussurrai.
 
Guardai Justin che si leccò le labbra. Mi fece scendere e mi lasciò andare al piano inferiore dove c’era Alice che continuava a bussare. Aprii la porta e mi ritrovai lei a braccia conserte.
 
«Ehm… ciao.» dissi grattandomi la nuca.
 
«Debby, perché non mi hai aperto prima?» disse facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
 
Sospirai «Scusa.» e feci cadere il mio braccio, che poco prima avevo portato alla nuca, lungo il mio fianco.
 
Scosse la testa «In questi giorni sei strana, cos’hai?» mi chiese mentre entrava in casa. Alzai gli occhi al cielo.
 
Ovviamente lei non doveva sapere cosa stava succedendo «Niente, sono solo un po’ sotto pressione per colpa degli esami che dovrò fare.» risposi chiudendo la porta dirigendomi in salotto dove trovai Alice seduta sul divano  «E tu come mai sei qui?» dissi sedendomi accanto a lei.
 
«Sono agitatissima per l’appuntamento di questa sera, devi aiutarmi a calmarmi.» disse passandosi una mano nei capelli.
 
Risi «Sei sempre così. Andrà tutto bene.» sorrisi cercando di incoraggiarla.
 
Mi ricambiò il sorriso, ma dopo alzò lo sguardo e il suo sorriso scomparve dal suo volto. Deglutì come se avesse paura.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Capitolo 9
 
 
Debby’s Point Of View
 
Alice non riusciva a distogliere lo sguardo da qualcosa dietro di me. Si allontanò e raggiunse la fine del divano.
 
«D-Debby, c-chi è lui?» mi chiese indicando qualcosa, o meglio, qualcuno alle mie spalle.
 
«Non c’è ness-» dissi voltandomi. Mi interruppi quando vidi Justin in piedi dietro di me con le braccia conserte.
 
«Ciao Alice.» disse Justin.
 
«D-Debby, come fa a conoscere il mio nome?» disse guardandomi.
 
Mi morsi il labbro inferiore e abbassai lo sguardo «Non lo so.» risposi.
 
«So molte cose su tutti.» rispose Justin in tono freddo.
 
«Quindi tu esci con lui?!» mi chiese Alice corrugando le sopracciglia.
 
«Che? No assolutamente no!» risposi alzando lo sguardo verso Alice.
 
«Sono cose che non ti riguardano quindi per favore esci da questa casa e vai a quel fottuto appuntamento con il tuo “Justin della 5°B.”» disse Justin freddo e enfatizzando le ultime tre parole tra le virgolette.
 
Alice si alzò a bocca aperta e mi fissò dall’alto «Gli hai anche detto il mio appuntamento!» disse puntandomi il dito contro.
 
«Ho le mie fonti, ma non ti interessa.» disse Justin. Alice spalancò di nuovo la bocca «Non tenerla sempre aperta.» disse avvicinandosi a lei a chiudendole la bocca «Potrebbe servire al tuo Justin, sai, riferimenti futuri.» disse Justin aggiungendo un ghigno alla fine.
 
Alice alzò la mano pronta per colpire Justin solo che Justin la schivò bloccando Alice per il polso.
 
«Non metterti contro di me, potresti farti male.» sussurrò al suo orecchio. Alice mollò la presa e si avviò verso la porta.
 
«Grazie mille Debby. Credevo che potevo fidarmi di te invece mi hai delusa. Non venire neanche a cercarmi. Io per te non esisto più.» disse Alice tenendo la mano sulla maniglia.
 
«Alice aspetta-» non ebbi il tempo di rispondere che Alice era già uscita da casa mia.
 
Mi appoggiai alla porta e cominciai a piangere. Avevo perso un’altra persona. Una persona fondamentale nella mia vita. Ora se n’è andata. Tutta colpa mia. Se le avessi detto che frequentavo Justin lei probabilmente non si sarebbe arrabbiata. Scivolai lungo la porta fino a quando mi ritrovai in ginocchio davanti alla porta.
 
Mi alzai e mi diressi in camera mia. Dopo averla raggiunta, mi buttai a peso morto su letto.
 
Sentii la parte destra del letto abbassarsi e qualche molla del materasso scricchiolare, segno che qualcuno si era sdraiato affianco a me. Mi voltai un attimo per vedere chi era. Justin. Posò una mano sul mio fianco destro e mi tirò a sé, ritrovandomi con la schiena attaccata al petto di Justin.
 
«Debby?» chiese appoggiando la sua testa sulla mia spalla.
 
«Mh?» chiesi voltandomi verso lui.
 
«Stai bene?» mi chiese.
 
«Si.» risposi voltandomi di nuovo.
 
Si spostò e me lo ritrovai faccia a faccia. Mi prese per i fianchi e mi attirò a sé. Appoggiai la testa sul suo petto. Sempre con le mani sui miei fianchi, Justin mi portò su di se, facendomi sdraiare sul suo petto.
 
«Continuo perdere persone a cui tengo molto, perché?» chiesi alzando lo sguardo verso Justin.
 
«Non lo so piccola.» rispose.
 
 
Justin’s Point Of View.
 
«Non lo so piccola.» le risposi. In verità lo sapevo perfettamente. Era solo colpa mia, ma faceva parte del compito che mi era stato assegnato.
 
Debby abbassò lo sguardo e si sistemò meglio. Affondò il suo viso nell’incavo del mio collo mentre io le posai una mano sulla schiena. Dopo poco Debby si addormentò. Il suo respiro caldo sul mio collo mi faceva a dir poco eccitare. Posai l’altra mia mano sulla sua coscia che era piegata e si trovava vicino al mio bacino.
 
Il suo viso affondato nel mio collo, le sue mani sul mio petto, il suo bacino attaccato al mio, lei sopra di me. Insomma, il paradiso. Come lo chiamo io. Non capita tutto i giorni di ritrovarti una ragazza sopra di te che dorme. Almeno, per me non è normale. È la prima ragazza con cui sto a letto senza farci sesso. Sorrisi a me stesso.
 
Il mio telefono cominciò a suonare nella mia tasca dei jeans. Tolsi la mano dalla coscia di Debby e lo tirai fuori il più in fretta possibile per non svegliarla. Ma chi voglio prendere in giro? Non voglio che cambi posizione. Accettai la chiamata e portai il telefono all’orecchio.
 
«Ehi Ryan.» risposi parlando a bassa voce.
 
«Ehi Justin, perché parli cosi?» mi chiese.
 
«Ti spiegherò tutto se avrò voglia. Perché mi hai chiamato?» chiesi piuttosto infastidito.

«Pensavamo fossi morto.» rispose ridendo «Come va con la ragazza?» mi chiese.
 
«Debby?» feci una pausa e sogghignai «Una meraviglia. Mi sto ancora chiedendo come ho fatto a non portarmela ancora a letto.» dissi.
 
«Amico, se non ti dai una mossa qualcuno potrebbe approfittarsene.» rispose ridendo.
 
Risi anche io «Troppo tardi amico; oramai è di mia proprietà.» risposi.
 
«Ma cazzo Justin! Ti prendi sempre quelle più fighe e lasci a me gli scarti! Non vale!» rispose facendo il finto offeso.
 
«Spero che non ti abbia sentito.» risposi ridendo.
 
«Perché dov’è?» rispose diventando subito serio.
 
«Sdraiata sopra di me che dorme.» risposi sorridendo da ebete. Non sentì una risposta.

«Cazzo, amico è il tuo momento approfittane!» rispose ridendo.
 
«No, preferisco quando è sveglia. Fidati, gode di più.» risposi. Ridemmo entrambe.
 
Sentii Debby muoversi sopra di me. Rimasi in silenzio e mi voltai per vedere Debby. Si sistemò meglio. La sua intimità si strusciò contro la mia il che mi fece eccitare più di prima. Lasciò un lungo sospiro fuoriuscire dalle sue labbra che si scontrò contro il mio collo. Si leccò le labbra e per poco la sua lingua non toccò il mio collo. Sarebbe stato il massimo. Gemetti.
 
«Ryan, mi sta facendo impazzire, non credo che io sia mai stato più eccitato di così.» risposi strizzando gli occhi.
 
«Lo sento dalla voce che sei eccitato. Se fossi stato al tuo posto me la sarei già portata a letto. Mi chiedo, perché ancora non lo hai fatto!»
 
«Me lo chiedo anche io…» risposi sospirando.

«Dio, sei così eccitato che stai facendo eccitare pure me!» rispose alzando la voce.
 
«Se tu fossi qui, mi capiresti, credimi.»
 
«Va bene basta. Ci vediamo appena ritorni.» rispose chiudendo la chiamata.
 
Tolsi i telefono dall’orecchio e lo appoggiai sul comodino affianco al letto. Spensi la luce e mi addormentai.
 
 
Debby’s Point Of View
 

Quella fastidiosissima luce del giorno mi svegliò. Alzai la testa per dare un’occhiata all’orologio sul comodino: le sette e trenta. In ritardo come al solito. Cercai di alzarmi, ma una mano sulla mia schiena mi bloccò. Alzai lo sguardo e lo posai sul viso di colui che teneva la mano sulla mia schiena. Justin. Sobbalzai. Che cosa ci facevo su Justin? Cercai di alzarmi da quella posizione piuttosto imbarazzante, ma la sua mano mi bloccò facendomi ritornare alla posizione di prima.
 
«Dove credi di andare?» mi chiese Justin sorridendo.
 
«A prepararmi, devo andare a scuola.» gli risposi.
 
«Che brava ragazza.» rispose. Sorrise.
 
«Per favore Justin, lasciami andare. Non sono tua!» risposi cercando di alzarmi da lui. Justin prese il mio braccio e mi fece sedere sul suo bacino. Ero ad dir poco in imbarazzo.
 
«Non lo sei? Ohw, e allora perché hai questo sul collo?» disse toccandomi quel ‘succhiotto’. Ansimai un ‘ahi’ e mi allontanai dal suo tocco «L’ho fatto io quindi ora sei mia.» rispose alzando le spalle.
 
Sospirai «Sei impossibile.» dissi alzandomi, finalmente, da quella posizione.
 
«Perché ti sei spostata? Ero così comodo e la posizione era estremamente eccitante.» disse facendo il finto offeso.
 
Alzai gli occhi al cielo e mi diressi in bagno. Chiusi la porta a chiave e mi cambiai. [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=85593169] mi truccai, mi pettinai ed uscii. Quando uscii dal bagno notai che Justin non c’era più. Esultai mentalmente. Presi il mio zaino e scesi al piano di sotto. Non feci neanche colazione e uscii da casa chiudendola a chiave. Riposi le chiavi nello zaino e poi uscii dal cancello. Notai qualcosa di diverso nel mio vialetto. Si, c’era qualcosa che non tornava. Parcheggiata davanti a casa mia c’era una moto. Per la precisione era una Ducati nera. Aveva il motore acceso e dava l’impressione che il motociclista stesse aspettando qualcuno. Ecco che il motociclista si voltò verso di me. Alzò il vetro del casco e la mia visione non era una delle migliori.

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Capitolo 10
*** 10. ***


Capitolo 10
 
 
Debby’s Point Of View
 
La peggiore di sempre. Bieber. Stava sorridendo come un ebete. Alzai gli occhi al cielo e estrassi dalla tasca dei miei pantaloni il cellulare. Andai dalla parte opposta da quella di Justin.
 
«Che fai? Non volevi andare a scuola?» mi chiese fermandomi per una braccio. Come mai adesso è così gentile?
 
«Ci stavo andando prima che ti mi fermassi.» risposi alzando le spalle.
 
«Faresti prima se venissi con me.» disse trascinandomi per il braccio verso la sua moto.
 
«Hey, hey fermati un attimo.» dissi puntando i piedi a terra. Justin si voltò seccato «Chi ti ha detto che io voglio un passaggio da te?» chiesi indicando la sua moto parcheggiata proprio dietro di lui.
 
«Debby non è il momento di litigare. Ti sto facendo un favore e tu non lo accetti, possibile che sei così pesante?» mi chiese.
 
Feci una risatina «Io pesante?» chiesi puntandomi l’indice contro il mio petto.
 
Justin annuì. Strattonai il mio braccio dalla sua presa e cominciai a camminare dalla parte opposta alla sua.
 
«Debby?» mi chiamò. Lo ignorai. Come poteva dire che io ero pesante? Insomma, lui era pesante. Lo ritrovavo ovunque andavo e mi inviava messaggi anche se io non gli avevo mai dato il mio numero. Comincio a dubitare sulla sua identità. Pensandoci bene, come può un ragazzo sapere tutte quelle cose su di me? Posso capire il numero di telefono e l’indirizzo di casa mia, ma il fatto dei miei genitori in Italia e il mio ultimo ragazzo non riuscivo proprio a capirlo. È da molto poco che abito in questo paesino, ma solo Alice è a conoscenza di queste cose. O meglio, era visto che adesso mi odierà.
 
Vidi la moto di Justin passarmi affianco e fermarsi a un metro lontano da me. Lo raggiunsi per poi sorpassarlo. Mi bloccò per il braccio e mi fece salire sulla moto. Mi infilò il casco e si voltò per cominciare a guidare.
 
«Justin ti prego fammi scendere da questa maledetta moto.» dissi.
 
Rise «Non avere paura, tieniti forte a me.» disse per poi partire velocemente.
 
Mi aggrappai al suo fianco per la paura causata dalla troppa velocità. Prometto che non salirò più su una moto per almeno un mese. Strinsi la presa al suo fianco e appoggiai la testa contro la schiena di Justin. Dopo quindici minuti arrivammo davanti al cancello della scuola, ma io non me ne accorsi.
 
«Debby siamo arrivati.» disse Justin ridendo. Alzai lo sguardo e mi guardai in giro. Tolsi le mani dai fianchi di Justin e alzai la testa togliendomi il casco. Scesi dalla moto.
 
«Sai Justin.» dissi alzando lo sguardo verso di lui. Si voltò e mi guardò dall’alto verso il basso «Non credo che questo sia un buon modo per non essere notati. Insomma tu fai tutto quasi se fosse un segreto ed è molto strano.» dissi. Sogghignò e posò il suo braccio sulle mie spalle.
 
«Non mi conosci bene.» disse entrando a scuola.
 
«Cosa non dovrei conoscere di te?» chiesi alzando un sopracciglio.
 
«Il mio lavoro.» disse togliendo il braccio dalle mie spalle. Mi diede una sonora pacca sul sedere. Mi bloccai in mezzo al corridoio mentre lo osservai camminare verso la sua classe.
 
«Il mio lavoro.» sussurrai ripetendo le stesse parole sue. Scossi la testa e mi diressi verso la classe di Chimica.
L’accoglienza non era stata come me l’aspettavo. Credevo di ritrovarmi addosso mille sguardi con qualche sorriso e qualcuno che bisbigliava dicendo ‘ecco, lei è quella nuova’, ma non fu così. Mi ritrovai degli sguardi pieni di terrore e qualcuno deglutiva continuamente come se avessero paura di me. Ma io non avevo fatto niente. Anche la professoressa quando alzò lo sguardo dal registro mi fissò con un po’ di timore. Tese un braccio verso di me facendomi segno di avvicinarmi.
 
«Ecco… ragazzi, lei è una ragazza nuova… si chiama D-Debby Owens…» parlò alla classe con voce tremolante «Vai pure a sederti lì in fondo.» disse con più calma di prima. Credo che non volesse avermi accanto, ma perché? Mi diressi verso il banco vuoto e appoggiai lo zaino a terra prima di sedermi sulla sedia. Il ragazzo accanto a me si spostò dal mio banco creando una distanza tra me e lui. Come se fosse una distanza di sicurezza.
 
«Perché ti allontani?» gli chiesi con dolcezza. Non volevo spaventarlo.
 
«Tu conosci lui…» rispose giocando con una biro «Lui è pericoloso stargli alla larga.» mi disse voltandosi verso di me e annuendo.
 
«Io non ho idea di chi stai parlando.»
 
«Lo sai perfettamente…» disse voltandosi e cominciando a seguire la lezione.
 
I minuti passarono e io ricevevo più attenzione della professoressa che stava spiegando. Infatti tutta la classe è stata richiamata più volte, perché continuavano a fissarmi. La ragazza davanti a me si voltò.
 
«È vero che tu conosci lui?» mi chiese guardandomi con occhi speranzosi. Si, nella speranza che le rispondessi di no.
 
«Lui chi?» chiesi piuttosto confusa.
 
«Ti ho vista prima in moto con lui, credimi non è una persona molto affidabile.» disse guardandomi con terrore. Ora avevo capito tutto. Stavano parlando di Justin. Che novità.
 
«Io non credo sia così terribile.» risposi alzando le spalle. Si portò una mano alla bocca.
 
«Lui ha ucciso persone per i soldi. Lui usa le ragazze per sfogo. Lui non ha un cuore. Lui è pericoloso, devi stargli lontano.» mi rispose lei. Si voltò e continuò a seguire la lezione.
 
 
Se la prima ora fu terribile e sembrò un interrogatorio, immaginatevi le altre. Avevano sempre gli occhi puntati su me in qualsiasi classe io andavo. Non avevo mai ricevute così tante attenzioni prima d’ora e riceverle tutte in un colpo solo per le mie compagnie mi sembrava esagerato. Quella ragazza mi ha scombussolata e mandata in confusione più di quanto ne ero prima di parlarle. Se Justin era davvero come lo aveva descritto quella ragazza, perché con me si comportava in tutt’altro modo? Uscii dai cancelli della scuola e cominciai a camminare verso casa mia. Il rumore di un motore mi fece sobbalzare e mi voltai verso la strada dove mi ritrovai Justin sorridente a cavallo sulla sua moto. Sorrisi e poi posai lo sguardo a terra.
 
«Che fai, non sali?» mi chiese interrogativo. Non risposi «Debby?»  mi chiamò. Sentii il motore della moto spegnersi e dei passi dietro di me. Un braccio mi fermò e mi sbatté al muro di una casa situata nella via in cui stavo camminando.
 
«Hey cos’hai?» mi chiese tenendomi per le spalle.
 
«N-Niente.» risposi titubante con lo sguardo a terra.
 
Prese il mio mento tra il suo pollice e indice e lo tirò su fino a ritrovarmi i suoi occhi caramello fissarmi «Non mentire, sai che ti conosco bene.» affermò «Cos’hai?» mi chiese di nuovo.
 
Non bisogna mai fargli perdere la pazienza quindi sputai tutto «Le persone hanno paura di me.» dissi tutto ad un fiato. Rise.
 
«Perché dovrebbero avere paura di te?» disse per poi ridere di nuovo «Sei una delle persone che non farebbe mai del male a nessuno.» disse ridendo.
 
Mi stava dando sui nervi, non capiva mai quando era il momento di essere serio e questo mi innervosiva «Mi hanno vista in moto con te! Pensano che io c’entri qualcosa con te!» risposi alzando il tono di voce.
 
Sospirò «Sali.» mi disse freddo. Obbedii per non peggiorare la situazione. Mi sedetti dietro lui e mi infilai il casco. Mi attaccai ai suoi fianchi e partì a tutta velocità. Percorse delle strade che non conoscevo. Ci fermammo davanti a una villetta più grande della mia. Tolsi le mani dai suoi fianchi e mi tolsi il casco. Scesi dalla moto e diedi il casco a Justin che lo ripose sulla moto. Continuai a fissare quella villetta fino a quando Justin mi prese per mano e mi portò dentro. Chiuse la porta e lasciò la mia mano. Mi portò in salotto dove trovai due ragazzi che guardavano la televisione con i piedi appoggiati sul tavolino davanti a loro. Quando sentirono dei passi entrambi si girarono e fissarono prima Justin poi me.
 
«Hey Justin lei è la ragazza dell’altra notte?» chiese quello che si chiamava Chaz, credo.
 
«Si Chaz, è lei.» disse.
 
Ryan, se non ricordo male, si alzò dal divano e si avvicinò a me. Mi sorrise. Deglutii rumorosamente e sorrisi un po’ titubante. Allungò la sua mano verso la mia e la prese baciandola «Ciao Debby.» disse per poi rivolgermi un sorriso.
 
«C-Ciao.» dissi un po’ impaurita. Non è una cosa normale ritrovarsi in una casa con delle persone strane.
 
«Non avere paura, noi non ti faremo niente.» disse sorridendo. Poi si rivolse a Justin «Ora posso capire perché eri così l’altra sera.»
 
Justin annuì semplicemente «Vieni su con me.» mi disse Justin trascinandomi al piano di sopra. Arrivammo in camera sua e mi fece sedere sul suo letto mentre lui chiudeva la porta. Si avvicinò alla sedia davanti alla scrivania. Si sedette in modo tale da avere le braccia appoggiate allo schienale della sedia.
 
«Cosa ti hanno detto esattamente di me?» mi chiese appoggiando il mento sulle sue braccia davanti a sé.
 
«Mi hanno detto di starti alla larga, uccidi per i soldi e usi le ragazze per sfogo, non hai un cuore e sei pericoloso. Ecco.» dissi abbassando lo sguardo sulle mie mani.
 
«Non hanno tutti i torti. Non uso le ragazze per sfogo. Le uso solo per farci sesso, non mi sembra una osa orribile.» disse facendo spallucce.
 
«Non puoi usare le ragazze solo per farci sesso. Anche loro hanno dei sentimenti e loro ci rimangono male.» risposi alzando lo sguardo verso di lui.
 
«Pensi che io sia l’unico puttaniere di questa città? Andiamo Debby, la scuola è piena di puttanieri come me, solo che loro non uccidono per soldi. Loro fanno sesso e basta.» disse con tono come se fosse una cosa normale.
 
«Io non vi capisco…» dissi scuotendo la testa.
 
«Ci sono molte cose che non capirai, ma non sarò io a spiegartele. Dovrai fare tutto da sola.» disse alzandosi e dirigendosi verso la porta.
 
«Come?» chiesi alzandomi dal letto e raggiungendolo «Cosa doveri scoprire da sola?»
 
«Non posso dirti niente. Neanche Ryan e Chaz posso dirti niente. Dovrai essere tu a scoprirlo. Ora devo andare non ho tempo da perdere. Ti accompagno a casa.» disse freddo prima di riportarmi al piano di sotto dove ritrovammo Chaz e Ryan parlare di qualcosa a me sconosciuto. Appena ci videro scendere le scale, smisero subito di parlare.
 
«È tutto pronto?» chiese Justin. Entrambi annuirono all’unisono «Bene, ci troviamo la tra dieci minuti.» disse per poi portarmi fuori dalla casa. Mi fece salire sulla moto, indossai il casco e schizzò per la strada a tutta velocità. Arrivò a casa mia e mi lasciò davanti al cancello.

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Capitolo 11
*** 11. ***


Capitolo 11
 
 
Debby’s Point Of View.
 

Rimasi ancora sulla strada fuori casa per vederlo scomparire tra le villette a bordo della sua Ducati. È strano. Stamattina era molto gentile e tranquillo cosa che da lui non mi sarei mai aspettata, ma adesso no. È più freddo. Scossi la testa e entrai in casa chiudendomi la porta alle spalle. Salii al piano superiore e posai la cartella affianco alla scrivania. Andai in bagno e mi cambiai. Andai in cucina e cominciai a prepararmi la cena. Mi sedetti a tavola con il piatto pieno di roba da mangiare. Accesi la televisione e mentre facevo zapping mi imbattei nel telegiornale. Alzi il volume per sentire la notizia.
 
«Notizia dell’ultima ora: il magazzino che si trovava sulla ventiquattresima è stato bruciato. Non si conoscono ancora le cause precise di questo attacco, ma si pensa sia un attacco terrorista.»
 
Ascoltai come al solito con poca attenzione fino a quando non mi venne in mente un flashback.
 
“«È tutto pronto?» chiese Justin. Entrambi annuirono all’unisono «Bene, ci troviamo la tra dieci minuti.» disse per poi portarmi fuori dalla casa.”
 
No, non poteva essere stato Justin. C’era qualcosa che mi diceva che lui era innocente, ma non so quale sia. Posai il piatto nel lavabo e mi diressi in camera mia. Mi sedetti sul letto con la schiena appoggiata alla spalliera, presi il mio computer e lo accesi. Andai su internet e cercai Justin.
 
«Justin Bieber, nato il 1° marzo 1994 a Stratford, Ontario, Canada. Non si hanno molte notizie sulla sua vita, si conosce solo il suo nome, del resto rimane un segreto.»
 

Cambiai sito internet e ne provai un altro.
 
«Justin Bieber, figlio di Jeremy Bieber e Patricia Mallette. I genitori si sono trasferiti a Stratford, ma quando Justin compì 10 mesi i due si separarono e Patricia tenne Justin fino ai quattordici anni.»
 

Corrugai le sopracciglia. Quattordici anni? Cosa sarà successo? Continuai a farmi queste domande cercando di darmi una risposta, ma tutto fu inutile fino a quando non trovai una pagina sulla sua biografia.
 
«Justin Drew Bieber (1°marzo 1994) Stratford, Ontario, Canada. I genitori si separarono quando lui ebbe 10 mesi. Quando compì 14 anni, la madre Pattie Mallette decise di mandarlo dal padre a causa del suo lavoro che le occupava tutta la giornata e non le permetteva di prendersi cura del figlio. Il padre, Jeremy Bieber lavorava e lavora ancora adesso per una per una società segreta e ha trasmesso questo lavoro anche al figlio. Per il momento si conosce solo questo sulla sua famiglia. Né il luogo né le attività sono a nostra conoscenza.» lessi ad alta voce.
 
Mi coprii la bocca con la mano. Justin una spia? No, non è possibile. Lui non è una spia. Per poco non mi venne da ridere. Spensi il computer e quando alzai lo sguardo mi ritrovai Justin in piedi davanti a me. Aveva lo sguardo triste e arrabbiato e gli occhi erano freddi. Trasalii.
 
«Hai letto, vero?» mi chiese. Sembrava triste.
 
«S-Si.» risposi abbassando lo sguardo verso le maniche della mia felpa.
 
Sospirò e si grattò la nuca nervosamente. Notai che aveva la mano sinistra fasciata.
 
«Cosa ti è successo alla mano?» chiesi alzandomi e andando verso di lui. La presi in mano delicatamente come se fosse di cristallo.
 
«Credo che tu abbia sentito la notizia dell’ultima ora al telegiornale.» rispose mordendosi il labbro inferiore.
 
«Si.» alzai lo sguardo e lo guardai del tipo ‘ti prego dimmi che non sei stato te.’
 
«Siamo stati noi. Io, Chaz e Ryan.» disse abbassando lo sguardo. Deglutii rumorosamente.
 
«P-Posso vedere la ferita?»  gli chiesi come se avessi paura della sua risposta. Lui annuii semplicemente. Sorrisi «Siediti pure sul letto.» gli dissi indicando il letto dietro di me. Mi spostai e mi diressi in bagno dove presi dell’acqua ossigenata, del cotone e delle bende. Quando ritornai in camera lo vidi sdraiato sul letto con i piedi appoggiati a terra. Decisi di non dirgli niente. Lo superai e mi sedetti alla sua sinistra. Lui si tirò su con il busto e si sedette. Io portai un piede sotto il sedere mentre l’altro appoggiato a terra. In quel momento desideravo conoscere di più sulla sua vita.
 
«Ti va di raccontarmi di più sulla tua vita?» gli chiesi mentre gli toglievo la benda.
 
«Ricordo solo che mio padre un giorno mi disse che sarei diventato come lui, che tutti avrebbero avuto paura di me, che tutti mi avrebbero rispettato. Aveva ragione. Adesso tutti hanno paura di me e tutti mi rispettano.» sospirò «Posso dire che ora io non ho più una vita normale come la tua.» alzai lo sguardo e notai che mi stava guardando. Continuò «Anche a scuola, persino i professori hanno paura di me. Certo, può essere una cosa positiva, ma non lo è. Si ha difficoltà anche in amore. È per questo che da noi ci sono matrimoni, ma non sono matrimoni normali.» disse.
 
Lo bloccai e lo guardai «Se non sono matrimoni normali, allora come sono?» chiesi prendendo la benda pulita e cominciano ad arrotolagliela al polso.
 
Sogghignò «Da noi non è come nelle favole. Non esistono matrimoni normali. Da noi non si fa niente per amore. Si fa tutto per soldi e potere. Da noi l’amore non esiste.»
 
Finii di bendargli il polso. Mi sistemai meglio mettendomi a gambe incrociate sul letto verso di lui. Mi passai una mano tra i capelli cercando di capire cosa voleva dire. Era così strano. Fin da piccoli ci fanno credere che l’amore è una cosa che sarà presente nella tua vita, ma da come lui racconta sembra che non sa neanche cosa si l’amore.
 
«Deve essere terribile.» dissi dando voce ai miei pensieri.
 
«Non per un ragazzo che è abituato da quando aveva quattordici anni.» sospirò. In quel momento lo vedevo così solo. Sembrava avesse bisogno di qualcuno in quel momento. Qualcuno con cui parlare. Di certo non sono io. Non sono la persona adatta a questo genere di cose. Io sono la ragazza che vede tutto in modo fiabesco. È una cosa che detesto di me.
 
«Mia madre non mi ha mai amato.» disse freddo alzandosi dal letto. Alzai lo sguardo per vederlo meglio. Potevo vedere nei suoi occhi il vuoto.
 
«Non è vero. Lo ha fatto per il tuo bene.» risposi alzandomi andando verso di lui.
 
«Cazzate.» disse tirando fuori un pacchetto di sigarette. Estrasse una sigaretta, se la portò alle labbra e l’accese. Fece uscire il fumo dalla sua bocca.
 
«Tu pensi che con il fumo risolverai qualcosa?» chiesi strappandogli la sigaretta dalla mano destra, quella non fasciata.
 
«No.» disse voltandosi verso di me «Ora dammi la sigaretta.» disse allungando la mano verso la mia. Alzai la sigaretta in aria tenendola sempre tra le mani. Appoggiai una mano sul suo petto per tenerlo lontano da me e alla sua sigaretta.
 
«Porca puttana, dammi subito quella fottuta sigaretta.» disse spingendosi verso di me.
 
«Se ti scolli da dosso te la riprendi la tua adorata sigaretta. Se invece mi stai appiccicato allora volerà fuori dalla finestra.» dissi guardandolo negli occhi. Lui fece un sorrisino.
 
«Da quando mi dici cosa devo fare?» chiese staccandosi la mia mano dal suo petto e incrociando le braccia.
 
Sbuffai «Stavo cercando di aiutarti, ma se tu non vuoi allora tieni…» gli risposi passandogli la sigaretta. Sbuffai e mi diressi verso il bagno.
 
«Dove stai andando?» chiese aspirando il fumo per poi buttarlo fuori.
 
«In bagno?» chiesi. Era ovvio che fosse una domanda retorica.
 
«Non te la sarai presa, vero?» chiese avvicinandosi a me. Buttò la sigaretta nel cestino affianco a lui. Indietreggiai.
 
«No, volevo solo aiutarti, ma tu sei troppo orgoglioso di te stesso.» risposi facendo spallucce. La mia schiena toccò il muro del bagno e Justin portò le sue mani ai lati della mia testa. Affianco a me avevo… il lavandino!
 
«Mi dispiace. Adoro come sono fatto.» disse facendo spallucce anche lui.
 
Nel frattempo che lui mi fissava io avvicinavo la mano destra al rubinetto senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi color nocciola «Dispiace anche a me.» dissi riuscendo a raggiungere il rubinetto.
 
«Di cosa?» chiese. Non risposi. Sorrisi. Con la mano sinistra lo spostai da me e con la destra aprii il rubinetto. Cominciai a schizzargli tutta l’acqua che riuscivo a tenere nelle mie piccole mani. Justin arretrò e si coprì il viso con le mani. Uscì dal bagno pensando di essere in salvo, ma io afferrai il doccione della doccia e aprii l’acqua cominciano a spruzzargliela in faccia. Io ridevo mentre lui cercava a tutti i costi di coprirsi per non essere bagnato.  Si avvicinò al letto, ma per sfortuna il doccione non era abbastanza lungo per arrivare fino al letto così mi fermai e continuai a spruzzargli l’acqua. Lui, oramai, era fradicio mentre io era ancora asciutta. Ritornai in bagno appena lo vidi alzarsi dal letto. Tenevo sempre il doccione tra le mani. Gli spruzzai l’acqua sul viso, ma lui si abbassò e mi prese per i fianchi caricandomi su una spalla. Per sbaglio mi scivolò dalle mani il doccione e Justin lo prese. Mi mise a terra.
 
«Credo che tu sia un po’ troppo asciutta per i miei gusti.» disse spruzzandomi l’acqua in faccia. Indietreggiai, ma scivolai e caddi a terra di schiena. Justin si posizionò su di me e continuò a bagnarmi. Non so dove trovai la forza, ma riuscii a capovolgere la situazione ritrovandomi seduta sul bacino di Justin. Ripresi il doccione e glielo spruzzai in faccia, di nuovo.
 
«Non questa volta!» disse prima di alzarsi con il busto e attaccarsi a me. Sprofondò il viso nel mio seno, solo che questa volta non mi dava fastidio. Insomma, stavamo giocando e ci stavamo divertendo. Gli buttai l’acqua sui capelli, cosa che lui non sopporta. Posò le mani sul mio culo e lo strinse. Continuai a bagnarlo.
 
«Va bene, va bene. Mi arrendo.» disse. Spensi l’acqua mentre Justin continuava ad essere attaccato a me.
 
«Justin, ho spento l’acqua. Puoi staccarti.» dissi ridendo.
 
Alzò la testa «Non importa, mi piace stare in questa posizione.» mi disse sorridendo.
 
Risi. Mi voltai per vedere l’orologio. L’una e un quarto. Sgranai gli occhi «Justin è tardissimo! Domani devo andare a scuola.» dissi guardandolo dall’alto.
 
«Ma io non voglio cambiare posizione. Sono comodissimo.» rispose facendo la faccia da cucciolo. Io non riuscivo a capire i suoi cambiamenti d’umore. Poco prima era nervoso e se avesse potuto avrebbe ucciso qualcuno in camera mia. Prima ci siamo messi a giocare e non sembravamo neanche due persone che non si sopportano. Ora invece è diventato così dolce. Justin appoggiò la fronte contro la mia. Mi sorrise poi passò a guardare le mie labbra. Si morse le labbra. Si avvicinò alle mie addentò il mio labbro inferiore. Cinsi, con le mie mani, il suo collo e gli accarezzai le guance con i pollici. Strinse la presa sul mio sedere e mi fece avvicinare più a sé. La mia intimità strusciò contro la sua cintura. Gemette lasciando il mio labbro inferiore. Posò di nuovo la sua fronte contro la mia. Sembravamo dei perfetti… fidanzati. Era strano pensarlo, ma io non lo avrei mai fatto.

 

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Capitolo 12
*** 12. ***


Capitolo 12
 
 
Debby’s Point Of View
 
Voglio dire, è una ragazzo carino e tutto, ma non credo che tra noi ci potrebbe essere qualcosa. Siamo troppo diversi. Abbassò lo sguardo sul mio seno ancora coperto dalla maglietta bianca, perché la felpa era allacciata fino a sotto il seno. Si morse il labbro inferiore. Osservai ogni suo movimento. Tolse una mano dal mio sedere a la portò sulla cerniera che mi copriva la pancia. La slacciò. Portò la sua mano sotto la mia maglietta e cominciò ad accarezzarmi la pancia. Feci una risatina. Lo osservai. Alzò lo sguardo e mi sorrise.
 
«Che fai, non mi tocchi?» chiese. Si avvicinò al mio orecchio «Lo so che ti piacerebbe.» sussurrò.
 
«Se lo faccio non me lo rinfaccerai tutte le volte che litigheremo?» dissi mordendomi il labbro inferiore.
 
Sogghignò «Prometto di non rinfacciartelo tutte le volte che litigheremo.» rispose sorridendo.
 
Mormorai un ‘ok’ e spostai una mia mano dal suo collo. Abbassai la mia mano e per sbaglio mi imbattei nella sua cintura. Abbassai lo sguardo.
 
Lo rialzai con aria interrogativa «Dove la tieni la cintura?» chiesi ridendo. Alzò le spalle.
 
Passai una mano sotto la sua maglietta. Gemette. Si morse il labbro inferiore, poi guardò me e si mise a ridere. Lo guardai con aria interrogativa.
 
«Sei tesissima. Lasciati andare, non ti mangio.» mi disse sorridendomi.
 
Sorrisi in modo timido «Lo so. Ma non sono la ragazza che fa queste cose. Non ne sono capace.» sospirai tirando la pelle del mio labbro «Credo sia meglio che io vada a letto.» dissi abbassando lo sguardo leggermente imbarazzata. Cercai di alzarmi, ma Justin mi bloccò per la mano. Mi fece risedere come prima. I nostri sguardi si incontrarono. Ci fissammo negli occhi a lungo. Adoravo quegli occhi color nocciola, mi ci perdevo sempre. Non riuscii a sostenere il suo sguardo e lentamente lo abbassai fino ad arrivare alla mia mano nella mano di Justin. Mi portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio per l’imbarazzo.
 
«Ohw, che carina.» disse ridendo. Mi nascosi appoggiando il viso nell’incavo del suo collo. Rise «Non te la sei presa, vero?» mi chiese.
 
«No, credo di aver fatto una brutta figura.» risposi. Lo sentii muoversi sotto di me. Si avvicinò ad un muro e, una volta arrivato, si appoggiò con la schiena «Voglio dire, sei abituato a ragazze che lo sanno fare, ma io non sono così.» rise di nuovo. Alzai il viso e incontrai di nuovo i suoi occhi color nocciola «Credo sia meglio se ci asciughiamo.» dissi allontanandomi dal suo viso. Mi alzai e così fece anche lui. Presi il phon e lo diedi a Justin «Io dovrei cambiarmi…» dissi mordicchiandomi il labbro inferiore. Rise.

«Non ti preoccupare, ti ho già vista in reggiseno e anche in mutande.» disse accendendo il phon e cominciano ad asciugare i suoi capelli.
 
«Tu cosa?» chiesi.
 
«Ti ho vista solo in intimo. Devo dire che il reggiseno nero in pizzo è il mio preferito. E anche le mutande in pizzo nero mi piacciono molto.» rispose facendomi l’occhiolino.
 
«Per tua sfortuna non indosso quell’intimo quindi esci.» dissi indicandogli la porta. Spense il phon. I suoi capelli erano oramai asciutti. Si tolse la giacca di pelle nera e la maglietta che gli aderiva perfettamente del medesimo colore.
 
Si voltò verso di me «Che peccato, ma non mi dispiacerebbe vederne un altro.» sorrise malizioso. Alzai gli occhi al cielo. Justin avanzò verso di me lentamente. Indietreggiai fino a quando la mia schiena toccò il muro. Si avvicinò al mio orecchio «Non me lo mostri?» sussurrò. Scossi la testa «Farò da solo.» rispose alzando le spalle. Ero terrorizzata.
 
Justin’s Point Of View.
 

«Farò da solo.» risposi incastrandola al muro. Appoggiò le mani sul mio petto per spingermi via, ma per sua sfortuna non ci riuscì. Presi i suoi polsi nella mia mano destra e li portai sopra la sua testa. Con la mano sinistra cominciai ad accarezzarle la guancia. Passai alle labbra. Scesi fino alla maglietta che lasciava intravedere la pancia. Portai la mia mano sinistra sotto la maglia. Arrivai fino alla coppa del reggiseno. Mi morsi il labbro inferiore. Accarezzai il suo seno. Quando passai sulla sua tetta sinistra e potei sentire il suo cuore che batteva all’impazzata.
 
«Reggiseno di pizzo bianco.» affermai «Ti piacciono le cose in pizzo?» chiesi. Annuì «Ottimo, ora controlliamo le mutande.» dissi togliendo la mano da sotto la maglietta. Prima che potessi toccare i suo pantaloni lei parlò.
                                                                
«Sto indossando un perizoma di pizzo bianco.» alzai lo sguardo notai che aveva gli occhi chiusi e respirava affannosamente.
 
 «Molto bene.» risposi lasciando i suoi polsi. Lei tirò un sospiro di sollievo «Adesso puoi spogliarti anche qui, tanto so già cosa stai indossando e non sarai l’ultima ragazza che vedrò in intimo.» risposi con tono freddo. Debby non mi ascoltò come al solito. Uscì dalla stanza e rientrò poco dopo con in mano una canottiera e delle culottes. Si tolse la felpa, la maglia e rimase in reggiseno. Era rivolta verso lo specchio. Si tolse i pantaloni i quali mi permisero di mostrare il suo culo e il suo perizoma. Porca puttana quanto era perfetta. Infilò subito le culottes. Andai dietro di lei e le appoggiai le mani sui fianchi. Appoggiai la testa sulla sua spalla. Osservai tutto quello che facevo grazie al riflesso dello specchio davanti a noi. Cominciai a dondolare facendo dondolare anche lei.
 
«Ho voglia di te.» dissi facendo scorrere le mie mani fino alla sua pancia dove le intrecciai tra di loro. Cominciai a darle dei baci sulla guancia per poi salire verso la fronte.
 
Debby si voltò verso di me «Justin…» disse seguito da un sospiro di sollievo. La feci voltare verso di me e la feci sedere sul lavandino. Mi posizionai tra le sue gambe. Appoggiai le mani sulle sue ginocchia. Feci toccare le nostre fronti. Osservai le sue labbra. Erano così perfette. Avevo voglia di farle combaciare con le mie. Ma io non potevo. Non dovevo fare assolutamente niente con lei. Questo mi distruggeva. Appoggiai il viso al suo petto. Lei circondò il mio collo con lei sue braccia e mi avvicinò a sé. Fece scorrere una mano tra i miei capelli. Trattenni un gemito.
 
«Devo andare.» dissi togliendomi dalla sua presa. Presi la mia maglietta e la mia giacca e le indossai. Debby fece lo stesso indossando la canottiera. Uscii dal bagno e mi diressi verso la finestra seguito da Debby. Una volta arrivato alla finestra mi voltai verso Debby.
 
«Ci vediamo domani.» lei dissi prima di scavalcare «Dimentica tutto quello che abbiamo fatto stasera. Era tutto sbagliato.» dissi scendendo dalla finestra. Mi avviai verso l’auto e cominciai a guidare verso casa.
 
Quando arrivai la casa era vuota. Completamente buia. Sentii dei rumori al piano superiore.
 
«Chi è?» chiesi.
 
«Sono io.» disse la voce di Chaz al piano superiore. Lo vidi scendere «Come è andata?» chiese lui.
 
«Male. Cazzo.» dissi arrabbiato andando in salotto e sedendomi sul divano.
 
«Perché?» mi chiese sedendosi anche lui sul divano.
 
«Ci siamo avvicinati troppo. E tu sai che tra noi non deve succedere assolutamente niente.» risposi indicandolo.
 
«Ho capito, ma almeno una scopata ci sta.» rispose Chaz.
 
«Non ci deve essere assolutamente niente.» risposi scandendo bene le parole.
 
Chaz alzò le mani in segno di arresa «Fai come vuoi.» rispose alzandosi e andando in camera sua.
 
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e tenni la testa tra le mani. Mi tiravo leggermente i capelli che oramai erano tutti scompigliati. Sbuffai e mi alzai anche io andando al piano superiore, pronto per andare a letto.
 
Debby’s Point Of View.
 
Mi svegliai a causa del sole che entrava dalla mia finestra aperta. Mi sedetti sul letto e mi stropicciai gli occhi. Mi alzai e mi vestii. [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=87066496] andai in bagno, mi pettinai e mi truccai. Scesi al piano inferiore e uscii di casa chiudendo la porta alle mie spalle. Trovai Justin fuori da casa mia, come previsto. Mi avvicinai alla moto, indossai il casco e salii su di essa. Il viaggio fu piuttosto normale ed arrivammo a scuola in quindici minuti. Justin parcheggiò la moto. Dopo esserci sistemati entrammo a scuola. Camminando per i corridoi notai che Justin era piuttosto silenzioso e teneva sempre lo sguardo fisso a terra.
 
Lo fermai per il braccio «Posso sapere cos’hai?» chiesi.
 
«Niente.» rispose senza neanche voltarsi.
 
«Non mentirmi. C’è qualcosa che non va.» risposi.
 
Si voltò. Sospirò «Vieni, ti spiego tutto in classe.» rispose prendendomi per mano e trascinarmi velocemente in classe. Arrivati in classe ci sedemmo agli ultimi banchi sulla destra. Posai a terrai il mio zaino. Lo stesso fece Justin. Ci sedemmo e io mi voltai verso di lui per farlo parlare.
 
«L’altra sera ci siamo avvicinati troppo, devi dimenticarti tutto. È assolutamente sbagliato quello che stavamo facendo.» disse.
 
«Ma noi non abbiamo fatto niente di-»
 
«Avevo gli ormoni a mille ok? In quel momento volevo solo fare sesso e andarmene.» rispose. Dopo poco entrò il professore e cominciò la lezione.
 
 
Le ore passarono in fretta ed arrivammo alla quinta. Sono sempre stata in classe con Justin perché avevamo le stesse materie. Ancora nessuno dei due aveva spiccicato parola dopo la breve discussione che abbiamo avuto alla prima ora. Durante la lezioni chiesi al professore se potevo andare in bagno e lui gentilmente acconsentì. Uscii dalla classe e mi diressi verso il bagno delle ragazze. Entrai in uno dei bagni. Dopo poco uscii e andai al lavandino per lavarmi le mani. In quel momento, due braccia forti mi cinsero la vita. Un respiro caldo mi scaldò il collo.
 
«Non ti sei arrabbiata per quello che ti ho detto, vero?» mi chiese Justin.
 
«No.» risposi voltandomi verso di lui. Appoggiai la testa sul suo petto e circondai i suoi fianchi con le braccia. Lo portai più vicino a me. Sogghignò e cinse le mie spalle con le sue possenti braccia. Mi diede vari baci sulla testa.
 
«Per essere una ragazza a cui non piacciono le attenzioni, ti piace farti coccolare da me.» affermò ridendo.
 
Mi strinsi più a lui «Si, mi piacciono le tue attenzioni.» risposi. Sorrisi e lo stesso fece anche lui. Da lontano udimmo una voce maschile e piuttosto profonda.
 
«Bieber e Owens tornate subito in classe!» urlò il professore dalla classe. Io e Justin ci guardammo per un minuto negli occhi con faccia sorpresa e poi scoppiammo in una fragorosa risata. Uscimmo entrambi di corsa dal bagno ridendo come dei bambini. Raggiungemmo la porta della classe e cercammo di smettere di ridere. Dopo poco entrammo come se non fosse successo niente. Quando aprimmo la porta tutta la classe trasalii vedendoci entrare insieme. Tutti tranne un ragazzo che se ne stava dalla parte opposta alla nostra. Stava ascoltando musica e indossava un cappuccio, ma quando mi vide entrare si tolse le cuffiette  e mi guardò con un sorriso sghembo. Ricambiai timidamente.
 
«Alla buon ora! Dove eravate finiti?» chiese mentre io e Justin raggiungemmo i nostri posti.
 
«A scopare.» rispose il ragazzo dalla parte opposta della classe. Tutta la classe scoppiò a ridere. Non un risata normale, ma una risata con tono insicuro.
 
«Molto simpatico, non è vero Crox?» disse Justin piuttosto infastidito.
 
Anche la quinta ora passò in fretta. Justin mi riaccompagnò a casa a bordo della sua Ducati. Entrai in casa e mi preparai subito qualcosa da mangiare.

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Capitolo 13
*** 13. ***


Capitolo 13
 
 

Justin’s Point Of View.
 
Riaccompagnai a casa Debby. Dopo essere passato da lei tornai a casa mia sempre a bordo della mia Ducati. Parcheggiai la moto nell’enorme cortile di fianco a casa mia. Scesi dalla moto e mi avviai verso casa. Raggiunsi la porta, la aprii e la sbattei forte alle mie spalle. Ero nervoso. Quel figlio di puttana di Crox riusciva a farmi saltare i nervi solo aprendo la bocca. Se ora pensa che di mettere le sue mani addosso a Debby, si sbaglia di grosso. Niente e nessuno può toccare quello che è mio. E Debby lo è. Mi diressi in una delle tre stanze che si trovavano al piano inferiore dietro le scale. È lì che tengo le ragazze che mi porto a casa la sera quando esco dalla discoteca. Posso stare lì quanto vogliono, almeno che io non le sbatta fuori come è di solito fare. Entrai nella stanza dove c’era l’ultima ragazza che avevo portato a casa. Se non mi sbaglio si chiamava Brittany o una cosa del genere. Feci irruzione nella sua camera. La trovai seduta sul letto matrimoniale che mi dava le spalle. Sobbalzò quando entrai in camera. La guardai malizioso e mi avvicinai a lei. La spinsi sul letto e cominciai a baciarla intrufolando la mia lingua nella sua bocca. Cominciammo a toglierci i vestiti a vicenda. Tutti e due non riuscivamo più ad aspettare l’ora di arrivare al sodo. Fu semplice spogliarla dato che indossava solo un vestito che le arrivava a malapena sotto il suo culo. Mi svestì molto rapidamente. Le nostre labbra non si erano mai staccate. Se questo era il miglior modo per scaricare la tensione e il nervosismo che avevo, non ci avrei rinunciato.
 
Uscii dalla camera di Brittany e andai in cucina a mangiare qualcosa prima di andare a controllare Debby. Si, controllarla. Ora che quello sfigato di Crox è in giro non posso rischiare che lui le faccia qualcosa. Entrai in cucina dove trovai Chaz e Ryan guardare la televisione. Stavano ascoltando il notiziario. Tipico.
 
«Ti consiglio di andare a vedere la ragazza. In fretta.» disse Chaz voltandosi verso di me. Lo guardai con sguardo interrogativo del tipo ‘che cazzo stai dicendo?’. Chaz indicò lo schermo della televisione dove trasmetteva un notizia.
 
“Notizia dell’ultima ora: è stato ritrovato un cadavere nel bosco a quattro miglia da Jefferson Street. Consigliamo alle famiglie di rimanere in casa fino a quando le indagini non saranno terminate.”
 

Ci guardammo per un momento negli occhi. Lasciai tutto nel lavandino e corsi fuori raggiungendo la mia moto per arrivare prima da Debby. Arrivato a casa sua salii lungo la parete che conduceva alla sua stanza ed entrai dalla finestra. La trovai seduta sul letto con la schiena appoggiata allo schienale del letto che mangiava mentre guardava la televisione. Si voltò verso di me e mi sorrise. Posò quello che stava mangiando sul comodino e mi venne ad aprire la finestra per farmi entrare. Sbirciai cosa stava mangiando: fragole con la panna. Risi. Lei mi guardò male.
 
«Che c’è da ridere?» chiese sedendosi di nuovo sul letto che solo ora mi accorgo che fosse un letto matrimoniale.
 
Le indicai le fragole sul comodino «Fragole con la panna? Davvero?» dissi ridendo e stendendomi affianco a lei.
 
«Si.» rispose facendo la finta offesa. Con il dito raccolse un po’ di panna e me la spalmò sulle labbra. Ci rimasi un po’ di merda, ma era divertente. Poi si alzò e se ne andò fuori dalla stanza per poi ritornarsene poco dopo con il barattolo della panna in mano. Mi guardò con aria di sfida mentre io scuotevo la testa. Mi guardò interrogativa.
 
«Cosa hai capito? Ne voglio altra e ne aggiungo sulle fragole.» disse scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo. Mi leccai le labbra per pulirmi dalla panna. Si voltò verso di me triste «Perché ti sei tolto la panna? Stavi bene.» rispose mettendomela di nuovo però questa volta di più.
 
«Bene, ora pulisci.» dissi serio. Alzò le spalle e si voltò verso il comodino per prendere un fazzoletto. Quando si girò di nuovo la bloccai per il polso «No, niente fazzoletto.» le dissi sorridendole. Posò il fazzoletto e avvicinò il dito indice alla mia guancia per pulirla, ma la bloccai di nuovo «No, neanche quello.» risposi ridendo.
 
«Con cosa vuoi che ti pulisca?» chiese leggermente irritata.
 
«Con la bocca.» dissi sorridendole malizioso.
 
«Scordatelo.» disse.
 
«Dai piccola, almeno sulla bocca.» dissi facendo la faccia da cucciolo. Lei alzò gli occhi la cielo «Fifona.» le dissi. Sapevo che se l’avrei stuzzicata a lungo prima o poi avrei ottenuto quello che volevo e infatti non ci volle molto prima di vedere lei che si voltò verso di me con aria di sfida.
 
«Io fifona? Adesso te lo faccio vedere io la fifona.» disse posando le fragole sul comodino e avvicinarsi a me. Cominciò a leccarmi la guancia sinistra. Passò sotto il naso ed arrivò fino alla guancia destra, lasciando indietro le labbra. Risi.
 
«Fifona non hai il coraggio di andare sulle mie labbra.» le dissi stuzzicandola ancora. Mi fissò con sguardo di sfida e lo stesso feci io. Si avvicinò alle mie labbra. Le leccò con l’intento di togliere la panna. La tenevo ferma cosi che non potesse andarsene. Sentivo che voleva allontanarsi da me, ma io continuavo a trattenerla. Mi morse il labbro inferiore violentemente facendomi gemere di dolore. Mi alzai di colpo con il busto e Debby riuscì ad allontanarsi.
 
«Ecco cosa succede se continui a stuzzicarmi. Ti consiglio di non farlo più.» disse facendo un sorriso falso che mi ha dato altamente sui nervi.
 
«Perché te ne vai?» le chiesi prendendola per un braccio e facendola stendere sotto di me «Ci stavamo divertendo.» aggiunsi guardandola con malizia.
 
«Precisiamo, tu ti stai divertendo, non io.» rispose incrociando le braccia al petto.
 
«Precisiamo.» dissi imitandola «Ti stai divertendo anche tu.» le risposi.
 
«Sei insopportabile quando ti comporti in questo modo. Perché non vai a scoparti qualche puttanella a casa tua?» rispose irritata.
 
«L’ho già fatto e non solo una.» risposi sorridendole in segno di vittoria. Aprì la bocca scioccata.
 
«Levati di dosso.» dissi cominciando a spingere contro il mio petto.
 
Risi «Sei debole.» le dissi «Sono più forte io stronzetta.» continuai. Lei si bloccò.
 
«Come mi hai chiamata?» chiese bloccandosi improvvisamente.
 
«Hai sentito bene.» risposi. Mi avvicinai al suo orecchio «Ti ho chiamato stronzetta.» prima che potesse rispondere il suo cellulare vibrò nella tasca dei suoi pantaloni che aveva indosso anche stamattina a scuola. Si staccò da me e accettò la chiamata. Si portò il telefono all’orecchio.
 
«Pronto?» chiese alzandosi con il busto e spingendomi via con la mano.
 
«Ciao tesorino mio, sono papà.» disse una voce aldilà del telefono.
 
«Ciao papà, come va con il lavoro?» chiese lei andando verso la porta del bagno senza entrarci. Un attimo. Suo padre è Antony Owens, quel tipo è pericoloso per me e per gli altri. Dovevamo chiedergli i soldi come è nostra abitudine fare, ma poi quando si è trasferito in Italia non abbiamo più avuto modo di vederci. Lei non doveva sapere che io avevo a che fare con suo padre. E tanto meno che io fossi il suo nemico. Debby continuava a parlare mentre io ero immerso nei miei pensieri. Afferrai il mio cellulare e chiamai Ryan.
 
«Hei Justin, perché questa chiamata?» mi chiese perplesso.
 
«Antony Owens.» risposi di fretta.
 
«Che cosa?» chiese come se non avesse capito bene.
 
«Debby è la figlia di Antony Owens.» spiegai.
 
«Cazzo…» mormorò «Che facciamo?» chiese.
 
«Aspetta.» risposi. Stetti in silenzio per ascoltare la conversazione tra Debby e suo padre. Lui avrebbe detto che sarebbe venuto a trovarla tra due settimane e sarebbe venuto a casa sua «Verrà qui tra due settimane.» dissi.
 
«Bene. Che ne dici di usare la ragazzina come ostaggio un’altra volta?» chiese Ryan. L’idea non mi dispiaceva, così accettai subito. Sono sicuro che se avesse avuto come ostaggio sua figlia, non credo che avrebbe avuto da ridire. Almeno che non voglia vedere morire sua figlia a causa sua. Si è rovinato da solo. Se avesse dato i soldi prima adesso non avremmo tutti questi problemi. Chiusi la chiamata e mi sdraiai sul suo letto. La sentii salutare suo padre.
 
«Sei ancora qui?» mi chiese seccata.
 
«Si. Il tuo letto matrimoniale è molto comodo. Ci puoi fare di tutto e con tutto intendo tutto, tutto.» dissi guardandola malizioso.
 
Mormorò un ‘che schifo’ e si diresse verso il bagno. Sogghignai.
 
«Come se tu non volessi farlo con me.» dissi sdraiandomi a pancia all’aria e con le mani dietro la testa. Si voltò e vidi la sua espressione schifata. Risi di gusto.

«Non pensare di essere sempre l’unica persona che tutti desiderano, perché la maggior parte delle volte le persone ti odiano.» rispose facendo un sorriso falso.
 
«Che peccato…» risposi facendo il finto dispiaciuto «Me ne vado, magari trovo qualche ragazza disposta a scopare invece di ascoltare le tue solite lamentele sul fatto di quanto io sia puttaniere o robe del genere.» dissi andando verso la finestra e sedendomi sul davanzale «E non venire da me quando ti succederà qualcosa di  inaspettato.» dissi facendole un sorriso falso per poi saltare giù dalla finestra.
 
Raggiunsi la moto e sfrecciai a bordo di essa. Se c’era una cosa che odiavo era quando le persone mi giudicavano in baso a come mi comportavo. La vita è mia e posso fare quello che mi sembra giusto o sbagliato. Prima che entrassi a far parte della società di mio padre tutti mi giudicavano dicendo che ero un povero sfigato e che nella vita non avrei avuto successo. Peccato che ora quelle persone non si rendono conto che sono arrivato fino a qui grazie a loro. Adesso ho imparato a fregarmene delle critiche. Non servono a niente.
 
Arrivai a casa, parcheggiai la moto ed entrai in casa. Chaz e Ryan videro subito che c’era qualcosa che non andava.
 
«Hei Justin, qualcosa non va?» chiese Chaz.
 
«Si, Debby. Crede che io debba eseguire i suoi ordini quando in realtà la sto solo proteggendo.» risposi cercando di calmarmi.
 
«Sono tutte così. Ma quando si accorgerà di Crox, vedrai che verrà da te.» rispose Ryan.
 
«L’ho sempre detto che le ragazze vanno bene solo per scopare. Nient’altro.» risposi sbuffando irritato. Ci avviammo in salotto e ci sedemmo sui divani per parlare.
 
«Allora…» dissi sospirando per cercare di calmarmi «Come facciamo quando Antony verrà qui?» chiesi appoggiano la schiena allo schienale del divano.
 
«Dovremmo tenere in ostaggio la ragazza. Non dovremo dirle niente altrimenti farà di tutto per scappare.» rispose Ryan.
 
«Debby cercherà comunque una via d’uscita. Io credo che sia meglio se andiamo a casa sua quando prima che arrivi Antony. Così Debby non sospetterà di niente e penserà che sia una delle tue solite visite.» propose Chaz.
 
L’idea non era male «Sono d’accordo con Chaz.» risposi guardando Ryan. Annuì.
 
«Non pensavo che ti venisse in mente un’idea del genere, non me lo sarei mai aspettato da te.» disse Ryan ridendo. Scoppiai in una fragorosa risata. Mentre Chaz faceva il finto offeso.
 
«Vaffanculo.» mormorò Chaz. Ci fermammo un secondo. Ci guardammo negli occhi, ma poi scoppiammo di nuovo in una risata contagiando anche Chaz. Siamo dei criminali, è vero, ma questo non vuol dire che non abbiamo senso dell’umorismo.
 
Credo che certe volte delle risate in compagnia dei propri amici non faccia mai male.  
 

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Capitolo 14
*** 14. ***


Capitolo 14
 
 
Debby’s Point Of View.
 
Stasera Justin era davvero strano. Di solito non si comportava in quel modo quando veniva a casa mia. Anzi cambiava del tutto personalità. Diventava più dolce, come un ragazzo normale. Ma stasera sembrava nervoso o addirittura stressato. Strano.
 
Seguii Justin fino al davanzale con l’intento di fermarlo, ma quando lo vidi a bordo della sua moto era ormai troppo tardi. Sospirai delusa di me stessa e abbassai lo sguardo per poi chiudere la finestra. Mi cambiai e mi coricai a letto cercando di dimenticare questa serata. Mi sdraiai sul fianco mentre fissavo il pavimento della mia camera e intanto accarezzavo con il pollice il cuscino. Non lo avevo fatto sentire come se fossi una sua amica, perché era quello che avevo in mente. D’altronde anche lui ha dei sentimenti. Almeno credo. E anche lui, come aveva detto, cercava solamente di proteggermi da non so chi o che cosa. Sentii qualcosa sbattere ripetutamente contro i vetri della finestra. Le prime volte non ci diedi molto peso e cercai di addormentarmi, ma quando il rumore diventava insistente spostai le coperte dalle mie gambe seminude e mi avvicinai alla finestra. Appoggiai la mia fronte contro il vetro della finestra e guadai giù per vedere chi continuava a produrre quel rumore fastidioso. Nel buio della notte notai una figura in piedi nel mio cortile. Aveva in testa il cappuccio e portava gli occhiali da sole. Accigliata, aprii la finestra sporgendomi con il busto per mettere a fuoco la figura.
 
«Fammi salire.» disse quella figura nel mio cortile.
 
«Ma che-» dissi, ma per poi essere bloccata da lui.
 
«Fammi salire e basta.» sibilò. Sobbalzai per come lo aveva detto. Annuii
 
«Attaccati al palo qui di fronte.» dissi. Il ragazzo di avvicinò al palo e cominciò ad arrampicarsi su di esso. Quando arrivò vicino alla mia finestra gli tesi la mano per aiutarlo ad entrare in camera mia. Entrò in camera e si sedette sul davanzale della finestra tirandomi per i fianchi verso di se. Mi ritrovai tra le sue gambe e le mani sulle sue spalle. Solo ora riuscii a riconoscere gli occhi che adoravo tanto attraverso le lenti scure degli occhiali. Avvicinai le mie mani gli occhiali. Glieli tolsi rivelando i suoi occhi. Appena tolti abbassò lo sguardo verso il basso e si leccò le labbra. Posai un dito sotto il mento e lo rialzai in modo da potermi guardare negli occhi. Mi persi di nuovo nei suoi occhi. Passai ad accarezzargli la guancia destra con la mano che avevo usato per tirargli su il viso. Si avvicinò lentamente alle mie labbra. Potevo sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra. La sua lingua passò di nuovo tra le sue labbra rendendole, a prima vista, morbide. Oramai i nostri nasi si erano sfiorati più e più volte. Chiusi gli occhi e lo stesso fece lui. Alla fine eliminò le distanze tra le nostre labbra e le fece combaciare con le mie. Cominciò a muoverle contro le mie. Strinse la presa ai miei fianchi e mie avvicinò più a se, facendo combaciare i nostri bacini. Ci staccammo per riprendere fiato. Eravamo fronte contro fronte e nessuno dei due osava aprire gli occhi. Gli sfiorai il naso di nuovo, ma lui si tirò indietro.
 
Si morse il labbro inferiore «Noi non possiamo.» disse per poi staccarsi dalla mia fronte. Annuii debolmente e tolsi le mie mani avvicinandomi al letto e stendendomi su di esso. Anche lui si stese sul letto.
 
«Posso chiederti una cosa?» gli domandai incerta della mia domanda e della sua risposta.
 
«Si.» rispose fissando il soffitto.
 
«Da chi mi stai proteggendo?» chiesi giocando con le mie dita.
 
Sospirò poi si voltò verso di me «Ti ricordi quel ragazzo della nostra classe che quando siamo rientrati dal bagno ti ha squadrata?» disse.
 
Mi voltai verso di lui. Mi bloccai un attimo per cercare di ricordare il viso del ragazzo: alto, capelli tirati in una cresta, capelli bruni, occhi marroni, bocca piccola e naso dritto. Ora mi ricordavo. Feci cenno a Justin di andare avanti.
 
«Quel ragazzo si chiama Crox, James Crox. È una delle spie più cattive che possano esistere. Io e lui siamo grandi nemici. Lui sa che tutto quello che è mio non si tocca e allora lui fa apposta a fare quello che non deve fare per farmi innervosire. E una delle mie cose sei tu.» disse ritornando a guardare il soffitto.
 
«Io?» chiesi mettendomi una mano sul petto.
 
«Si, tu. Lui sa che io tengo molto a te-anche se a volte non lo dimostro-e quindi vuole portarti lontano e chissà, magari ucciderti.» disse voltandosi verso di me di nuovo.
 
Mi alzai di scatto con il busto «U-Uccidermi?» chiesi per aver conferma di cosa avevo sentito. Justin annuì. Mi voltai verso l’armadio davanti a me e mi lasciai cadere a peso morto con il busto e le mani sul viso.
 
«Per questo vengo a casa tua tutte le sere, perché lui agisce solo di notte. Di giorno è un ragazzo normale, di notte si trasforma in una spia che detesto pronto a farti del male.» continuò Justin.
 
Si avvicinò a me e mi attrasse a se facendomi appoggiare la mia testa al suo petto. Mi accarezzò la schiena per tranquillizzarmi mentre mi lasciava piccoli baci sulla testa.
 
«Non c’è una soluzione per evitare tutto questo?» chiesi alzando il viso verso di lui.
 
«Dovresti venire da noi almeno fino a quando non lo avremo sistemato.» rispose «Ma ora è meglio se prendi sonno. Domattina ne riparleremo.» rispose. Annuii appoggiando di nuovo la testa contro il suo petto.
 
 
La mattina dopo mi svegliai e mi ritrovai da sola nel letto. Sentii dei rumori provenienti dal bagno, segno che c’era qualcuno. Mi alzai e mi vestii [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=88782005&.locale=it] chiusi le ante dell’armadio, me prima di girarmi sentii una pressione sui miei fianchi. Mi voltai e mi ritrovai Justin che guardava in basso verso il mio seno. I suoi capelli erano bagnati ed aveva solo un asciugamano che gli cadeva perfettamente sui fianchi.
 
«Come va?» mi chiese visibilmente preoccupato per ieri sera.
 
«Bene.» risposi anche se non era del tutto vero. Mi sentivo non protetta e avevo paura che James avrebbe potuto approfittarsi di me.
 
«Vedrai che risolveremo tutto.» disse lasciando un bacio umido sulla mia guancia. Sospirai annuendo.
 
Si staccò da me e andò a prepararsi. Dopo poco ci ritrovammo fuori da casa e montammo entrambi sulla sua moto. Arrivammo a scuola, parcheggiò la moto e ci avviammo all’interno dell’edificio. Justin aveva un braccio attorno alle mie spalle. Per il corridoio, sentii essere presa per il polso e portata via dalle braccia di Justin che subito si voltò verso di me allarmato. Colui che mi aveva strappata dalle braccia di Justin mi fece aderire al suo corpo guardandomi dall’alto. Alzai lo sguardo e solo ora capii che si trattava di una persona che era meglio evitare. James.
 
«Ciao Debby.» disse guardandomi, mi voltai verso Justin sperando che potesse fare qualcosa. Era in piedi di fronte a noi che osservava ogni suo minimo movimento.
 
Si avvicinò lentamente e mi tirò per una mano facendomi togliere dalla sua presa «Se vuoi scoparti qualcuno gira a largo. La scuola è piena di troie e fidati, sono anche brave.» disse sorridendogli e nascondendomi dietro di lui.
 
James rise «Non voglio loro, voglio la stronzetta.» rispose sorridendogli. Odio quel sorriso falso. Vorrei tanto prenderlo a pugni.
 
Justin mi prese per mano e mi trascinò con sé in classe.
 
«Ci rivedremo stasera Debby.» gridò dall’altra parte del corridoio. Mi bloccai e mi voltai verso la fine del corridoio per vedere James, ma era sparito dalla mia visuale. Deglutii rumorosamente.
 
«Non ci riuscirai.» ribatté Justin. Sbuffò ed entrambi entrammo in classe. Ci sedemmo ai soliti posti in fondo alla classe. Ero molto silenziosa dopo quello che è successo poco prima con James. “«Ci rivedremo stasera Debby.»”. Queste parole continuavano a rimbombare nella mia testa e mille domande a cui non sapevo dare una risposta continuavano a scorrazzarmi per la mente.
 
Le ore di scuola passarono molto in fretta. Non era di certo quello che volevo. Non potevo stare a casa da sola, altrimenti James mi avrebbe fatto chi sa cosa.
 
Uscimmo dai cancelli della scuola. Io e Justin andammo verso la moto. Intanto che lui sistemava la moto parlai.
 
«Cosa facciamo?» chiesi guadando quello che faceva.
 
«Che cosa intendi?» chiese continuando a guardare verso la moto e sistemare le ultime cose.
 
«Intendo dire, come facciamo con James? Ha detto che sarebbe venuto a casa mia questa sera.» risposi passandomi una mano tra i capelli.
 
«Se te la senti potresti venire a casa mia.» rispose alzando lo sguardo verso di me e porgendomi il casco.
 
«Per quanto tempo?» chiesi un po’ impaurita dall’idea di andare a casa sua.
 
«Ti consiglierei di stare anche la notte.» rispose indossando il casco. Lo guardai impaurita e mi morsi il labbro inferiore «Tranquilla, non ti toccheremo.» rispose ridendo. Annuii, indossai il casco e saltai sulla moto.
 
Dopo mezz’ora arrivammo a casa sua. Parcheggiò la moto ed entrammo in casa.
 
«Fai come se fossi a casa tua.» mi disse prima di sparire al piano superiore. Annuii e lasciai lo zaino all’entrata. Mi avviai verso il salotto e notai che c’erano Chaz e Ryan seduti sul divano che parlavano animatamente. Chaz si accorse subito di me e mi sorrise. Ryan si voltò con sguardo stranito, ma quando mi vide si addolcì in un sorriso.
 
«Hey Debby, come mai questa visita?» chiese indicandomi il posto a sedere. Mi sedetti alla destra di Ryan e alla mia sinistra su un altro divano c’era Chaz.
 
«A dire la verità questa non è una visita.» dissi giocando con le mie mani. Mi guardarono interrogativi «James mi sta cercando. Questa notte sarebbe venuto da me e mi avrebbe fatto chi sa cosa così ho chiesto a Justin cosa avrei potuto fare e ora eccomi qui.» dissi allargando di poco le braccia.
 
Ryan sogghignò «Patetico.» disse. Chaz annuì d’accordo.
 
«E starei qui anche questa notte. Sempre se per voi non è un problema.» dissi visibilmente intimidita.
 
«Nessun problema. Abbiamo una camera libera al piano di sopra. Non l’abbiamo mai usata. Almeno credo.» disse grattandosi la nuca.
 
«Grazie mille.» dissi alzandomi. Si alzarono entrambi ed andai ad abbracciarli. Abbracciai prima Chaz e poi Ryan mormorando ad entrambe un ‘grazie’. Stavo per piangere. Poche persone si erano preoccupate di me. Tranne loro. Mi hanno subito capita e mi hanno accettata. Una lacrima rigò il mio volto. Chaz se ne accorse e venne dietro Ryan per potermi vedere. Mi toccò il gomito per consolarmi. In cambio io gli mostrai un mio sorriso. Ryan lentamente mi accarezzava la schiena.
 
Udimmo una voce «Mi sono perso qualcosa?» alzai lo sguardo cercando di capire che fosse stato a parlare.

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Capitolo 15
*** 15. ***


Capitolo 15

 
Debby's Point Of View.

«Mi sono perso qualcosa?» chiese una voce alle spalle di Chaz. Mi staccai da Ryan e mi misi a ridere. Lo stesso fecero anche Chaz e Ryan voltandosi verso di lui.
 
«No amico, è tutta tua.» disse Ryan ridendo.
 
Justin alzò gli occhi al cielo. Si fece tardi e io preparai qualcosa per la cena. Finita la cena andai a letto nella stanza che mi aveva indicato Chaz.
 
 
Passarono due settimane ciò voleva dire che mio padre sarebbe venuto a trovarmi tra pochi giorni. Era sabato ed ero sicura che lui sarebbe venuto in giornata. Stavo raggiungendo le scale mentre mi sistemavo il cappello [http://www.polyvore.com/cgi/set?id=89729026] quando sentii le voci di Justin, Chaz e Ryan al piano inferiore. Mi sporsi leggermente per non farmi vedere e ascoltai la conversazione.
 
«Allora? Come siamo d’accordo?» chiese Chaz.
 
«Dobbiamo portarla a casa sua dicendole che James è partito e quindi lei è fuori pericolo. La lasceremo entrare in casa da sola mentre noi aspetteremo fuori. Quando vedremo la macchina di Antony avvicinarsi noi entreremo dalla porta sul retro. Quando Antony entrerà in casa troverà sua figli tra le mie braccia con una pistola puntata alla tempia. Non avrà scuse.» rispose Justin.
 
«Che cosa?» urlai involontariamente da dove ero. Appena realizzai quello che avevo fatto mi coprii la bocca con la mano. Tutti e tre si voltarono verso di me. Dovevo andarmene e subito. Justin si voltò verso Chaz e Ryan e fece un cenno del significato a me sconosciuto. Tutti e tre si alzarono. Justin salì velocemente gli scalini mentre gli altri due andarono in cucina a prendere non so cosa. Cercai di scappare da Justin, ma fu tutto inutile perché prima di raggiungere la porta della camera da letto Justin mi prese da dietro prendendomi in braccio.
 
«Lasciami Justin!» gridai mentre mi dimenavo in braccio a lui.
 
«Chaz, Ryan.» gridò Justin sulla mia schiena. Sentii da parte loro un ‘arriviamo’ e come non detto dopo qualche secondo erano saliti al piano superiore e ci erano venuti incontro. Chaz teneva tra le mani un fazzoletto bianco mentre Ryan cercava di tenere ferme le mie gambe.
 
«Chaz, ora!» gridò Ryan attaccato alle mie gambe. Sentii una pressione sulla mia bocca. Guardai oltre quel fazzoletto e trovai Chaz. A un certo punto mi sentii debole. Le mie gambe cominciarono a rallentare il ritmo dei calci mentre il mio petto cominciava a riprendere lentamente a muoversi su e giù. Adagiai la mia testa sulla spalla di Justin e lentamente mi addormentai. La pressione sulla mia bocca sparì. Caddi in un sonno profondo.
 
Justin’s Point Of View.
 
Quella ragazza non doveva impicciarsi nei nostri affari. La credevo più furba. Voglio dire, nessuno si sarebbe messo a gridare dopo aver sentito qualcosa di orribile che lo riguardava. Invece lei no. Ma che cazzo ha nella testa? Se proprio devi gridare vai in un posto dove non possiamo sentirti.
 
La tenni in braccio ed insieme a Chaz e Ryan andai nella camera da letto. La appoggiai sul letto. Ryan prese dello scotch e cominciammo a legarle i polsi. Ovviamente era uno scotch resistente di colore grigio argento, piuttosto spesso e duro persino da tagliare. Tagliai a fatica una striscia e glielo appiccicai sulla bocca.   
 
«Bene e ora?» chiese Ryan.
 
«Facciamo in modo che Antony venga qui.» risposi alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia.
 
«Certo, così magari sa dove abitiamo e va a denunciarci alla polizia dandole il nostro indirizzo.» rispose Chaz ironico. Alzò gli occhi al cielo.
 
«E se cambiassimo i nomi delle vie?» rispose Ryan schioccando le dita.
 
Io e Chaz ci guardammo per un istante poi riposammo lo sguardo su Ryan annuendo.
 
«Conviene muoversi prima che la ragazza si svegli.» disse Chaz si alzarono ed uscirono dalla camera.
 
Li bloccai proprio sulla porta «Andate voi, io preparo tutto. Vi consiglio di scrivervi le vie altrimenti non ve le ricorderete.» annuirono entrambi prima di scendere al piano inferiore e uscire di casa.
 
 
Sono passate tre ore e non c’era traccia ne di Chaz e ne di Ryan. Come non detto. Entrarono di corsa e Chaz mi diede il foglietto con tutti i nomi delle vie.
 
«Perfetto, ottimo lavoro.» dissi dando il cinque ad entrambi «Andiamo a controllare Debby.» dissi indicando con un cenno all’indietro con la testa. Annuirono e salimmo le scale dirigendoci nella camera da letto. Trovammo Debby seduta sul letto che cercava di togliersi il nastro adesivo dai polsi. Non si era ancora accorta della nostra presenza.
 
«Finalmente ti sei svegliata.» affermai con voce alta per farmi sentire. Infatti, Debby si voltò di scatto impaurita. Amavo vedere le persone impaurite a causa mia.
 
Debby’s Point Of View.
 
Mi svegliai in una camera da letto. Mi faceva male la testa. Mi alzai con il busto e mi sedetti sul letto. Volevo sbadigliare, ma qualcosa bloccava la mia bocca per permettere di aprirsi. Avvicinai le mie mani alla mia bocca e notai che appiccicato su di essa c’era del nastro adesivo e lo stesso sui polsi. Tentai di togliere il nastro dai miei polsi soffocando i miei gemiti a causa del nastro che mi copriva la bocca.
 
«Finalmente ti sei svegliata.» disse una voce alle mie spalle facendomi voltare. Trovai i tre ragazzi che non avrei mai voluto vedere. Alla vista, trasalii cercando di allontanarmi il più possibile, ma a fatica.
 
Justin si voltò verso di loro e sussurrò qualcosa che non riuscii a comprendere. Justin si avvicinò a me e si sedette sul bordo del letto.
 
«Dormito bene?» chiese con quel sorriso provocatorio. Non risposi anche perché non potevo a causa dello scotch sulla mia bocca. Mi limitai ad allontanarmi da lui, ma sfortunatamente mi bloccò prendendomi per la gamba.
 
«Dove credi di andare?» chiese tirandomi verso di sé per il piede. Con una mossa agile, mi ritrovai sulla sua spalla a modi sacco di patate. Cominciai a tirare dei pugni sulla sua schiena. Scese al piano inferiore e una volta arrivato in salotto mi buttò letteralmente sul divano.
 
«Dammi il tuo telefono.» disse allungando una mano verso le tasche dei miei pantaloni. Mi spostai e quando lui posò il suo sguardo sul mio io scossi la testa. Sogghignò «Dammi il tuo telefono.» ripeté. Scossi di nuovo la testa. Si avvicinò al mio orecchio «Ti conviene darmelo altrimenti puoi dire addio a tuo padre.» sussurrò. Avvicinò una mano alla mia tasca sul davanti alla mia destra. Infilò una mano dentro di essa e dopo poco tirò fuori il mio telefono. Lo sbloccò e cercò nella rubrica il numero di mio padre. Lo trovò e fece partire la chiamata mettendo in vivavoce davanti a sé. Sentii che mio padre accettò la chiamata e parlò.
 
«Ciao tesoro, come va?» chiese mio padre tutto pimpante dall’altra parte del telefono.
 
«Ciao Antony.» rispose Justin.
 
«Tu chi sei? Dov’è mia figlia?» chiese mio padre diventando immediatamente serio.
 
«Come? Non ti ricordi di me? Ci siamo incontrati cinque anni fa, non ti viene in mente niente?» chiese Justin con quel tono provocatorio.
 
«Dov’è mia figlia?» chiese mio padre.
 
«Non ti viene in mente niente? ‘Non vi darò mai i soldi, perché nessun membro della mia famiglia metterà di nuovo piede in questo Paese’ non ti dice niente questa frase?» chiese Justin sempre con lo stesso tono.
 
«Bieber.» disse mio padre sorpreso «Che cosa vuoi da mia figlia?» chiese mio padre con voce roca.
 
«Da tua figlia, niente.» rispose. Mi sentii sollevata «Per ora.» continuò. Mi irrigidii e Justin rise «Sei in debito con noi, non ricordi?»
 
«Io non sono in debito con nessuno. E ora dimmi dove si trova mia figlia.» sbottò mio padre.
 
«Per Debby non c’è nessuna fretta.» rispose Justin voltandosi verso di me «C’è fretta per i tuoi soldi.» continuò.
 
«Non vi darò niente, mettitelo in quella cazzo di testa.» sbottò arrabbiatissimo mio padre.
 
«Va bene. Niente soldi vuol dire che non riavrai tu figlia.» rispose Justin incazzato.
 
«Voglio mia figlia.» continuò mio padre.
 
«E io voglio i miei soldi, ma non si può avere tutto dalla vita, non credi?» rispose spostando lo sguardo dal telefono a me che ero oramai in lacrime con tutti i capelli in disordine e davanti al mio viso, le mie mani legate e la mia bocca chiusa.
 
«Aw piccola mia.» disse Justin mettendomi un braccio intorno alle spalle. Alzai le mie braccia e con i polsi legati gli tolsi il braccio. Justin mi guardò in cagnesco poi si voltò verso il telefono «Adesso devo andare, magari Debby riesce a farmi divertire.» disse Justin staccando la chiamata. Sentii da parte di mio padre un ‘non osare tocc-’ e poi la chiamata è stata chiusa. Justin appoggiò il mio cellulare sul tavolino davanti a se e mi guardò malizioso. Io respiravo a fatica e piangevo disperatamente. Si avvicinò a me, ma io mi spostai alla fine del divano scuotendo la testa. Mi guardò con un sorriso sghembo. Si avvicinò a me e chinandosi mi prese per i fianchi caricandomi su una spalla. Mi trascinò al piano di sopra nella camera dove stavo prima. Chiuse la porta e mi buttò sul letto. Mi allontanai aiutandomi con i piedi.
 
«Tuo padre ti vuole molto bene vedo.» disse accendendosi una sigaretta. Mi limitai a guardarlo mentre respiravo affannosamente «Sarebbe un peccato se venisse a mancare.» continuò. Mi alzai di scatto e cercai di colpirlo, ma il mio tentativo fallì quando Justin mi sbatté con la schiena contro la porta.
 
«Come ti sei permessa, stronza?» disse Justin a due centimetri dal mio viso. Lo guardavo con odio e disprezzo mentre respiravo affannosamente facendo muovere i miei capelli che avevo sul viso. Sogghignò e si allontanò da me voltandomi le spalle.
 
«Non vorrei farti del male, perché tuo padre ti vedrebbe conciata malissimo.» disse portandosi la sigaretta alla bocca ed inspirare del fumo. Si avvicinò al letto e si buttò a peso morto su di esso «Ma d’altronde è quello che fanno i criminali, non credi?» chiese retorico facendo uscire il fumo che poco prima aveva ispirato. Si alzò verso di me e mi strappò lo scotch dalla bocca «Illuminami con le tue preghiere e le tue suppliche.» disse ironico.
 
«Vaffanculo.» mormorai spingendolo via da me. Prese il mio viso tra la sua mano sinistra.
 
«Prova a ripeterlo se ne hai il coraggio.» disse a denti stretti.
 
«Vaffanculo.» ripetei. Justin sorrise sorpreso.
 
«Sono meravigliato piccola. Non credevo che avessi così tanto coraggio. Peccato, perché io avevo intenzione di farti vedere tuo padre quando sarebbe venuto qui, ma ora che ci penso non meriti di vederlo.» disse. Alzò le spalle con uno sguardo di falso dispiacere.
 
«Stronzo, a te interessano solamente i soldi non ti interessa se qualcuno perde delle persone a loro care, vero?» dissi scivolando con la schiena lungo la porta sotto lo sguardo divertito di Justin.
 
«Tu sai benissimo che servono i soldi per il nostro lavoro.» disse abbassandosi e mettendosi in ginocchio davanti a me. Mi prese il mento tra l’indice e il pollice «Già, hai ragione a me non interessa delle persone e allora perché ti ho tenuta fuori dalla trappola di James? Perché sono uno stronzo?» chiese guardandomi con ira.
 
«Si, lo sei. Mi hai tenuta lontana da James in modo tale che io sarei stata attaccata tutto il tempo a te e così avresti avuto una scusa per prendere più soldi per farci non so cosa. Questo dimostra che a te non interessa niente né della gente e né tantomeno di proteggermi da James.» dissi liberandomi dalla sua presa.
 
«Va bene, resterai qui dentro fino a quando tuo padre non verrà a portarci tutti i soldi.» disse allontanandomi dalla porta in modo che potesse uscire «Anzi, rendiamo la cosa più interessante: rimarrai qui e se tuo padre non verrà entro stasera tu starai per sempre qui e farai tutto quello che ti diremo di fare.» disse aprendo la porta e rivolgendomi l’ultimo sorrisino provocatore prima di sparire dalla mia vista. Era giunta la mia fine.

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Capitolo 16
*** 16. ***


Capitolo 16


Debby’s Point Of View.

 
Era giunta la mia fine. Non ci potevo credere. Io mi fidavo di lui, mi fidavo di quello che mi diceva. Invece mi sbagliavo. Non riesco ancora credere che io mi sono fidata di una spia. Se non mi fossi fidata di nessuno di loro a quest’ora sarei a casa mia con mio padre e non a casa di Justin con i polsi legati. E di certo non starei piangendo se fossi a casa mia. Mi alzai a fatica e cercai qualcosa che potesse tagliare lo scotch appiccicato sui miei polsi. Mi diressi verso la scrivania e trovai un coltellino sotto delle carte. Lo presi e lo posai sullo scotch muovendolo avanti e indietro. Dopo poco tempo e qualche taglio sui polsi riuscii a liberarmi. Riposai il coltello sotto le carte e mi diressi in bagno. Andai al lavandino. Ero orribile. Abbassai lo sguardo dallo specchio e, inconsapevolmente, mi accasciai sulle ginocchia con ancora le mani sul lavandino. Scoppiai a piangere di nuovo. Il pensiero che mio padre non sarebbe mai venuto mi distruggeva. Pregavo mentalmente nella speranza che qualcuno potesse aiutarmi. E infatti sembrava che qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere, perché sentii dei rumori provenire dalla camera da letto. Aprii la porta del bagno e mi diressi verso la finestra dove aprii anch’essa. Trovai una figura piuttosto grossa e alta che guardava verso di me.

«Debby.» disse cercando di non farsi sentire. Riconobbi subito la voce del mio salvatore.
 
«Papà.» risposi sorridendo e asciugandomi le lacrime.
 
«Bambina mia, per fortuna stai bene. Devo chiederti di fare una cosa che non hai mai fatto prima.» chiese mio padre visibilmente preoccupato. Stetti in silenzio per mandarlo avanti «Devi saltare giù dalla finestra, ti prendo io. È l’unico modo per salvarti.» continuò. Mi bloccai. Dovevo saltare giù dalla finestra. Cominciai a tremare, ma avrei fatto di tutto pur di uscire da questa casa e ritornare tra le braccia di mio padre. Annuii lentamente mentre mi allontanai per chiudere la porta a chiave.

«Eccomi, adesso mi butto.» dissi scavalcando la finestra e ritrovarmi in piedi sul davanzale. Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. Feci un passo avanti. La punta del mio piede penzolava nel vuoto mentre il resto era sul davanzale. Avevo tanta paura di saltare, ma non avrei mai voluto rimanere in questo posto per il resto della mia vita. Presi un altro respiro profondo per calmarmi. Feci un altro passo, ma il mio piede calpestò il vuoto. Guardai in basso terrorizzata e i coprii gli occhi con le mani. Sentii essere presa in braccio da due braccia forti. Riaprii gli occhi e con mia sorpresa ritrovai mio padre che mi teneva in braccio. Lo abbracciai e lui mi lasciò.

«Non c’è tempo, dobbiamo lasciare questa casa il più in fretta possibile.» disse sciogliendo l’abbraccio. Annuii velocemente e ci dirigemmo verso il cancelletto che scavalcammo molto rapidamente. Entrai in macchina e adagiai la mia testa sul sedile sospirando. Non ci potevo credere. Era finita. Non avrei più rivisto Justin e neanche i suoi amici e neanche James o qualche altra spia che mi osservava. Avrei lasciato anche Alice. La cosa mi dispiaceva molto, ma negli ultimi tempi è diventata amica di Rosalie, una enorme puttana. Credo che anche Justin se la sia scopata. Stronzo. Mio padre partì e ci dirigemmo verso casa mia.


Justin’s Point Of View.
 
Stupida ragazzina. Credeva davvero che lei potesse giudicarmi? Nessuno giudica Justin Bieber, nessuno. Tantomeno un’insulsa ragazzina piagnucolona figlia di papà. La rabbia mi ribolliva nel sangue. Scesi in salotto a denti stretti e mi buttai sul divano a peso morto accendendo la televisione. 

«Hei Justin, come è andata? Sentivamo delle grida.» chiese Chaz indicando con il pollice la stanza al secondo piano.
 
«È in camera mia, sta piangendo come una bambina viziata.» dissi passandomi una mano nei capelli nervosamente.
 
«Quanto mi dispiace.» disse Ryan sbucando in salotto e sedendosi sul divano alla mia sinistra. Si sdraio ed incrociò i piedi. Risi. 

«Justin?» udii una voce femminile e una chioma bionda entrare nel corridoio che precedeva il salotto. Mi sporsi e intravidi una ragazza magra. Indossava un vestito corto che le copriva a malapena il sedere di colore azzurro, tacchi dodici dello stesso colore del vestito. Brittany.
 
«Che vuoi Brit?» chiesi alzando gli occhi al cielo.
 
«Ohw niente, è solo che sentivo delle grida dalla tua camera e ho pensato che stessi facendo qualcosa che non avresti dovuto con quella sciacquetta della Owens.» disse guardandosi le unghie mentre masticava una gomma rosa.
 
Mi alzai e mi diressi verso di lei prendendola per un fianco. Chaz prese il mio posto e, con Ryan, cominciarono a parlare. Sapevano bene che quando c’era di mezzo Brittany la cosa migliore era lasciarmi solo con lei «Come puoi pensarlo, con lei non farei niente.» dissi facendo il finto sorpreso. Mi avvicinai al suo orecchio «Lo faccio solo con te.» le sussurrai al suo orecchio. Lei sogghignò e prese la mia mano libera.

«Allora andiamo.» disse lei completando la mia frase. Sorrisi e la trascinai al piano inferiore. Secondo me questo era il miglior modo per scaricare tutta la tensione che Debby mi aveva fatto venire. Non c’è nessun’altra che sia più troia di Brittany. O forse. Alice, la ex migliore amica di Debby, è diventata molto sexy. E anche Rosalie non scherza. La prossima volta libererò la stanza di Brittany e farò entrare una delle due ragazze. Sarebbe bello scoparsi Alice. Mi piacerebbe vedere la reazione di Debby. Risi a quel pensiero.


Dopo aver finito con Brit e dopo aver lascito la sua camera mi diressi verso la mia dove si trovava Debby. Posai una mano sulla maniglia e feci forza per entrare. Ma sfortunatamente la porta davanti a me rimase chiusa. Cercai di fare più forza sulla porta, ma niente. Dopo vari tentativi la mia pazienza si era esaurita. Tirai un calcio alla porta facendola aprire. Quando entrai non trovai niente. Debby era sparita. Mi voltai verso la scrivania e trovai il coltello leggermente sporco di sangue e lo scotch tutto tagliuzzato. Mi voltai verso l’altro lato della stanza e trovai la finestra aperta. Corsi verso di essa e notai che c’era una scheggiatura alla destra del vetro. Tirai fuori la testa e notai che sul davanzale c’erano dei segni di scarpe e un sassolino, probabilmente aveva scheggiato il vetro. Guardai verso il cortile, ma non trovai niente. Era scappata. Me la pagherà. Scesi al piano di sotto dove trovai Chaz e Ryan che guardavano una partita di football in salotto, ma che quando mi videro scendere si voltarono verso di me.

«Che è successo?» mi chiese Chaz notando la mia espressione.
 
«Debby è scappata.» dissi velocemente. I due sgranarono gli occhi e si guardarono in faccia per un momento per poi riportare tutta l’attenzione di nuovo su di me.

«Dove pensi che sia andata?» mi chiese Ryan «I nomi delle vie sono tutti scombussolati.» chiese alzando le spalle.

«Debby non è stupida, sa perfettamente dove abita senza guardare le vie.» risposi sospirando.
 
«Come farai?» mi chiese Chaz.

Presi le chiavi della macchina «Andrò a farle una visitina.» risposi facendo un sorriso falso. Anche gli altri due sorrisero. Uscii di casa e mi diressi verso la mia macchina. Entrai e cominciai a guidar verso la casa di Debby. Sapevo benissimo che c’era suo padre, così parcheggiai la mia macchina un paio di case più avanti. Dal cancello che dava al cortile potevo vedere la camera di Debby, visto che aveva le tende aperte. Vidi che cominciò a spogliarsi. Rimase in intimo. Cazzo. Aspettai che entrasse in bagno dopodiché salii velocemente fino a scavalcare la finestra e stendendomi sul letto con le mani dietro la nuca. Dopo poco uscì dal bagno con indosso l’intimo pulito. Non si era ancora accorta della mia presenza.

«Che bella accoglienza.» dissi leccandomi le labbra mentre la squadravo. Lei alzò lo sguardo impaurita e si portò una mano alla bocca nascondendosi dietro l’asciugamano che teneva in mano.
 
«C-Cosa ci fai qui?» chiese indietreggiando.
 
Mi alzai e andai verso di lei sogghignando «Io niente.» risposi la sua schiena toccò la parete della sua camera mi abbassai leggermente e mi avvicinai al suo orecchio «Tu piuttosto, che ci fai qui?» chiesi retorico.

«È casa mia.» rispose con fare ovvio.
 
«Appunto non dovresti essere qui.» continuai mettendo le mani ai lati della sua testa.
 
«Non dovrei neanche essere a casa tua.» chiese alzando le spalle.
 
«Si che dovresti esserci.» risposi facendo un sorrisino provocatorio.
 
«Smettila Justin. Io non sono un ostaggio che potete usare tutte le volte che vi devono dei soldi. Magari non lo hai capito, ma mio padre non ha mai lavorato con voi e non è in debito.» rispose incrociando le braccia sotto il seno.
 
«Tu non sai niente, non dovresti parlare. Io e tuo padre ci conosciamo benissimo. Abbiamo avuto un’incontro cinque anni fa. Magari tuo padre ti ha lasciata a casa con la scusa ‘vado a fare la spesa’ non è così?» chiesi sorridendo. Spalancò la bocca e io risi «Non hai più segreti.» risposi soffiando sulle sue labbra.
 
«Stammi lontano.» mormorò appoggiando la mano destra sul mio petto e tenendo lo sguardo basso.
 
Risi di gusto di fronte alla sua ingenuità «Davvero credi che così ti starò alla larga? Piccola non ti lascerò mai in pace fino a quando non avrò quello che voglio.» risposi.
 
«Perché mi hai messo in mezzo a questa storia? Io non so niente e non puoi venire da me a chiedermi cose che non mi riguardano.» rispose abbassando lo sguardo e portando la mano che poco prima era attaccata al mio petto sulla fronte sbuffando sonoramente.

«Bene allora andiamo da tuo padre.» risposi alzando le braccia per poi farle ricadere pesantemente lungo i fianchi.

«Non ti avvicinare a mio padre.» disse scandendo bene le parole. Risi a causa del suo umore che era cambiato in pochi secondi.

«Non sarai di certo tu ad impedirmelo.» risposi con un sorrisino provocatore. Mi allontanai ed uscii dal bagno «Ci rivedremo, questo è poco ma sicuro.» dissi avvicinandomi alla finestra la presi per i fianchi mentre lei appoggiò le mani sui miei pettorali «Saluta tuo padre da parte mia.» le sussurrai al suo orecchio per poi lasciare un soffice bacio su di esso. Mi allontanai e scavalcai la finestra ritrovandomi seduto sul davanzale. Sentii una leggera pressione sul mio polso sinistro che non mi permetteva di uscire da quella finestra. Mi voltai e mi ritrovai Debby a testa bassa che si mordicchiava il labbro nervosamente. Non era più in intimo, ma indossava una canottiera aderente che le arrivava appena sopra agli slip entrambi di colore grigio.

«Non voglio che tu te ne vada.» disse lasciando il mio polso. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu interrotta dalla suoneria del mio cellulare così richiuse la bocca e si voltò sedendosi sul letto e guardando verso di me. Estrassi il telefono dalla tasca e accettai la chiamata portando il telefono all’orecchio.
 
«Pronto?» dissi guardando un punto impreciso davanti a me.
 
«Hey Justin, sono Ryan. Ho una notizia incredibile.» disse emozionato. Mi alzai dal davanzale e cominciai a camminare per la camera.

«Ci hanno fatto un’offerta, ma per accettarla dobbiamo partire per la Germania entro una settimana. Io e Ryan abbiamo parlato con quelli dell’offerta e vogliono che ci presentiamo lì. Solo noi due, non vogliono altre persone, perché temono che potrebbe esserci qualche intruso. Sarai a casa da solo per non so quanto tempo. Le chiavi le hai tu.» rispose tutto ad un fiato. Ascoltai attentamente.

«Va bene e mi raccomando, controllate che non facciano i furbi. Non ci metterò molto ad andare da loro ed ucciderli. Lo sapete.» risposi freddo e distaccato.
 
«Partiamo domani, ci si rivede.» rispose per poi riattaccare. Riposi il telefono in tasca e mi voltai verso Debby che aveva assistito a tutta la conversazione.

«A quanto pare resterò da solo per non so quanto tempo.» dissi sedendomi accanto a lei sul letto.
 
«Potresti andare dai tuoi genitori, sono sicura che gli farebbe molto piacere.» rispose lei sorridendomi.
 
Scossi la testa «Non mi va di andare da loro. Non gradirebbero la mia presenza.» dissi portando lo sguardo sul pavimento in parquet.
 
La sentii sospirare «Se non vuoi andare da loro, p-puoi sempre restare da me.» rispose lei balbettando un po’ e abbassando lo sguardo.

I miei occhi si illuminarono e sorrisi vendendola giocare con le sue dita dal nervosismo. Le presi il mento tra il mio indie e pollice e le alzai il viso guardandola negli occhi «Mi farebbe molto piacere.» le risposi sorridendole. Mi sorrise anche lei.
 
«Come facciamo con tuo padre?» chiesi inarcando entrambe le mie sopracciglia. Si morse il labbro.

«Vieni, andiamo a parlargli.» disse alzandosi e prendendomi per mano trascinandomi al piano inferiore. Trovammo il padre seduto al tavolo della cucina intento a mangiare mentre ascoltava le notizie al telegiornale.
 
Debby parlò «Ehm, papà posso chiederti un favore?» chiese voltandosi verso di me. Le feci un sorriso per rassicurarla.
 
«Dimmi tutto.» rispose Antony alzando lo sguardo dal piatto. Come mi vide cambiò totalmente espressione diventando duro e freddo «Che ci fa lui qui?» chiese alzandosi dal tavolo.

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si, ok, vi ho lascite in sospeso un'altra volta, ma mi dispiace scrivere tutto in un capitolo, si rovinerebbe la sorpresa.
ok coomunque, spero che il capitolo vi piaccia e come avete potuto vedere ho cambiato la scrittura per comodità.
nell'ultimo capitolo ho ricevuto 5 recensioni! aaaaaah muoro!
ok siete magnifiche e presto nella storia arriverà una sorpresa... secondo voi quale sarà?
ci vediamo al prossimo capitolo
ciao
-xjustinssmile.

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Capitolo 17
*** 17. ***


Capitolo 17

 
Debby’s Point Of View.
 

Ancora non  riesco a spiegare il mio comportamento. Perché lo avevo fermato? Io non volevo che si sentisse solo. Ha già sofferto abbastanza a causa del suo passato e quindi volevo stargli accanto in un certo modo comportandomi come amica. Credo che lo apprezzi molto. Fatto sta che ora devo trovare un motivo per farlo stare da noi. Ho in mente un piano che scommetto non fallirà.
 
«Ecco, volevo parlarti di lui…» dissi avvicinando Justin a me «Potrebbe restare con noi per un po’? ti prego papà.» chiesi facendo la faccia da cucciolo.
 
«Perché mai dovrebbe restare.» chiese muovendo una mano verso Justin per indicarlo.
 
Aprii bocca per rispondere, ma Justin mi precedette «Non voglio farle niente, non la toccherò neanche, se sei ancora arrabbiato per il fatto del debito puoi anche evitare visto che ora i tuoi soldi non ci interessano più.» disse Justin. Stava perdendo la pazienza.
 
«Justin, ci penso io, vai pure di sopra.» gli dissi. Lui per un momento rivolse lo sguardo a me e poi annuì salendo le scale. Lo osservai fino a quando arrivò all’ultimo scalino, poi mi votai verso mio padre e mi sedetti al tavolo. La stessa cosa fece lui.
 
«Perché ti comporti così? Gli ho chiesto io di rimanere e adesso faccio finta che non sia successo niente, non puoi odiarlo a vita. È un ragazzo normale, lascia che stia da noi.» gli dissi sporgendomi in avanti.
 
«Dopo tutto quello che ti ha fatto, tu lo accetti in casa nostra? Debby ragiona, quel ragazzo è un pericolo per tutti.» disse mio padre mettendo in bocca un po’ della sua pasta dopo che ebbe finito di parlare.
 
«Ti prego, lo ha anche promesso. Non mi farà niente, voglio solo che passi questo periodo felicemente. È il periodo più bello dell’anno e tu lo sai perfettamente. Sembra che vuoi privarlo di essere felice.» dissi.
 
«Non voglio privarlo di niente, dico solo che quel ragazzo non è affidabile.» disse semplicemente alzando le spalle. Sospirai. Non volevo che se ne andasse, non volevo lasciarlo solo. Gli volevo bene da amica anche se credo che non lo sappia perché non lo dimostro da come mi comporto certe volte con lui. Ma io gli voglio bene. E non voglio lasciarlo solo.
 
«A te interessano i suoi affari, bene buona notizia: a lui non importano più i nostri soldi e ne che io venga usata come ostaggio. Lo ha detto lui di persona, hanno altre cose a cui pensare non ci sono solo i tuoi soldi. Oramai non li vogliono più. Io sono al sicuro se mi lasciassi con lui. Sa cosa deve fare.» dissi alzandomi in piedi e tendendo le mie mani attaccate al tavolo.
 
Sospirò frustrato «Ascolta: io gli permetto di rimanere, ma sappi che se ti farà del male non esiterò a buttarlo fuori di casa.» disse sospirando e cedendo a quella conversazione che sapeva perfettamente che avevo vinto io.
 
Andai da lui e lo abbracciai stampandogli un bacio sulla guancia «Grazie papà.» esclamai.
 
Corsi al piano superiore e andai in camera dove trovai Justin sdraiato sul letto a smanettare con il cellulare. Come mi sentì si voltò verso di me sorridendomi. Si alzò e venne verso di me.
 
«Allora, che ha deciso?» chiese mordicchiandosi il labbro.
 
Sorrisi «Starai qui da noi. Ha anche specificato che se mi farai del male ti butterà fuori di casa.» sorrisi alzando le spalle quando pronunciai l’ultima frase.
 
Scoppiò a ridere «Prometto che non farò nulla.» disse alzando le mani.
 
«Andiamo a dormire.» dissi ma poi mi fermai «Ma tu non hai niente da vestire
 
«Non ti preoccupare, domani andrò a prendere qualcosa.» disse sorridendomi.
 
Annuii lentamente e mi andai a sdraiare sul letto facendo un po’ di spazio a Justin. Si stese vicino a me e appoggiò la testa sul mio seno con la scusa del ‘sei morbida’. Cominciai a giocare con i suoi capelli mentre guardavo il soffitto.
 
«Tra poco sarà Natale. Cosa farai?» chiesi. Glielo chiesi tanto per dire, perché in verità lui sarebbe rimasto da me anche a Natale.
 
«Non ho mai fatto niente di speciale a Natale. Era come un giorno normale per me.» chiese disegnando dei cerchi immaginari sul mio fianco sinistro.
 
Rimasi un po’ perplessa «Un giorno normale? Vuoi dire che non vi riunivate in famiglia, non facevate il cenone e non scartavate i regali?» chiesi abbassando leggermente su di lui che però non poteva vedermi.
 
«Si, un giorno normale e i regali? Mai ricevuto uno.» disse.
 
Il mio piano stava lentamente funzionando «Ti va se domani andiamo a fare un giro in centro? Devo andare a comprare dei regali per i miei parenti.» gli chiesi mordendomi il labbro. Una parte del mio piano era di fare un giro in centro così avrei visto cosa sarebbe piaciuto a Justin. Non volevo che fosse un regalo insulso-che magari non gli sarebbe piaciuto-volevo che fosse qualcosa di speciale visto che questa sarebbe stata la prima volta che avrebbe festeggiato il Natale.
 
«Va bene, ma non vedo come posso esserti di aiuto.» chiese mordicchiandosi il labbro.
 
Sorrisi «Fra quasi tre settimane verranno qui dei miei parenti e ho bisogno di un parere maschile su cosa regalare a mio cugino.» risposi semplicemente «L’importante è che non mi consigli un’arma, ha solo cinque anni e non voglio sapere cosa combinerebbe con quella in mano.» risposi ridendo. Justin stette al gioco e alzò il viso verso di me con il labbro inferiore sporto verso l’sterno facendomi la faccia da cucciolo.
 
«Sei cattiva.» disse con voce infantile. Si alzò e si sedette con le braccia incrociate al petto e la stessa espressione di prima «Mi sono offeso, chiedi scusa.» disse con lo stesso tono infantile.
 
Mi sedetti anche io mentre ridevo davanti alla sua tenerezza «Va bene, scusa.» dissi continuando a ridere. Rimase nella stessa posizione solo che si voltò verso di me.
 
«Sono serio, non ridere.» disse sorridendo e tentando di trattenere le risate. Ma come previsto scoppiò a ridere quando calò il silenzio tra noi.
 
«Scusa, sei troppo tenero quando fai così.» dissi continuando a ridere.
 
Mi guardò con sguardo di sfida prima di buttarsi addosso a me e cominciando a muovere le sue dita sui miei fianchi facendomi il solletico «Sono tenero anche così?» mi chiese alzando un po’ la voce per superare le mie risate. Gli portai le mani sulle spalle per allontanarlo, ma fu tutto vano perché lui non aveva intenzione di staccarsi da me.
 
«Va bene, va bene, mi dispiace di averti chiamato ‘tenero’.» dissi alzando la voce per farmi sentire visto che continuavo a ridere. Justin si fermò.
 
«Ti perdono, ma non chiamarmi più così.» disse sistemandosi sotto le coperte.
 
«Wow, Justin Bieber che perdona? Questa mi è nuova.» lo stuzzicai sdraiandomi anche io sotto le coperte.
 
«Come siamo simpatiche questa sera.» disse alzando gli occhi al cielo. Gli feci un sorriso che stava a significare un ‘si’.
 
Dopo un’ultima risata mi sporsi fino a spegnere la lampada situata su comodino alla mia sinistra. Mi voltai di nuovo «Buonanotte Justin.» sussurrai prima di lasciargli una bacio sulla guancia. Sentii in un sussurro il suo ‘buonanotte’ il che mi fece sorridere. Non mi accorsi neanche che Justin aveva circondato il mio bacino con il suo braccio destro. Mi attaccò a sé e mi lasciò anche lui un bacio sulla guancia. Sentii le mie guance andare a fuoco mentre lui sorrideva. Si sdraiò dietro di me e cominciò a prendere sonno.
 
 
Mi svegliai a causa della fioca luce che entrava dalla mia finestra. Mi alzai con il busto e nel girarmi notai che non c’era nessuno alla mia sinistra. Mi stropicciai gli occhi e posai il mio sguardo sulla porta del bagno. Nessun rumore proveniva da lì. Mi alzai e andai subito a scegliere dei vestiti da poter indossar oggi quando io e Justin saremmo usciti per andare in centro. Cercai qualcosa che mi tenesse abbastanza al caldo visto che eravamo a Dicembre. Dopo aver deciso i vestiti da indossare, li sistemai sul letto e andai in bagno a farmi una doccia[http://www.polyvore.com/cgi/set?id=92161079&.locale=it]. Finita la doccia uscii con un asciugamano attorno al corpo e mi diressi subito verso i miei vestiti. Mi vestii in fretta per cercare di stare al caldo. Dopo essermi sistemata i capelli e essermi truccata scesi al piano di sotto andando in cucina.  Con mia grande sorpresa trovai Justin ai fornelli intento a preparare qualcosa, ma con gran fatica. Mi scappò una risatina e cercai di tapparmi la bocca con la mano per non farmi scoprire, ma purtroppo lui mi sentì e voltandosi mi regalò un sorriso a trentadue denti.
 
«Buongiorno dormigliona.» mi salutò non smettendo di sorridere. Non che la cosa mi dispiacesse.
 
Entrai in cucina e mi sedetti al tavolo con le braccia incrociate su di esso. Gli sorrisi e lo salutai anche io «Buongiorno Bieber.» dissi «Cosa stai combinando?» gli chiesi sporgendomi un po’ per vedere cosa mi nascondeva dietro la sua schiena.
 
«Diciamo che ho tentato di preparare una colazione di Natale, ma il tentativo è fallito.» disse spostandosi di poco mettendo in mostra un pancake bruciacchiato. Feci un piccolo ghigno. Gli uomini e i fornelli.
«Faccio io.» dissi prendendo un altro pancake mettendolo nella padella e facendolo saltare un paio di volte. Presi un piatto e lo adagiai su di esso dandoglielo a Justin che mi guardava sorpreso.
 
«Credo che da ora in poi aspetterò te per fare colazione.» disse sedendosi al tavolo. Sistemai un po’ la cucina e aspettai che Justin finisse per sistemare il suo piatto nel lavabo.
 
«Andiamo?» chiesi indicando la porta. Lui mi guardò e mi annuì. Justin prese le chiavi della macchina e indossò il cappotto. Uscimmo di casa e la chiusi a chiave mettendo le ultime nella mia tasca del cappotto. Salimmo sulla macchina di Justin e cominciò a guidare fino al centro. Non era molto distante da casa mia. Era più o meno a tre quarti d’ora da casa mia. Dopo che Justin parcheggiò la macchina vicino al marciapiede cominciammo a camminare per le strade pulite mentre la neve cadeva. Vidi Justin tirare fuori un pacchetto di sigarette ed, estraendone una, l’accese portandola alla sua bocca. Camminammo a lungo soffermandoci su delle vetrine e cercare qualcosa che andasse bene a mio cugino e anche a Justin. Si, a Justin. Volevo fargli un regalo che non si sarebbe mai aspettato.
 
Passammo davanti a una vetrina che in esposizione aveva tutta roba sportiva. Notai che Justin continuava a fissare il manichino che indossava una divisa di basket con la canottiera nera, una fascia rossa sul costato che partiva dalle spalle fino al bacino e delle scritte in argento. I pantaloni erano come la maglietta solo che non aveva nessuna scritta. Abbinato al completo c’era un cappellino della NY rosso e al completare il tutto un paio di scarpe da basket nere.
 
Cercai di parlare così magari sarei riuscita a capire se gli interessava veramente o no «Mi piace quel completo.» dissi voltandomi verso di lui. Sorrise e mi degnò di un piccolo sguardo.
 
«Già. È il mio completo da basket preferito, ma non ho mai avuto la possibilità di comprarlo.» disse buttando a terra la sigaretta e calpestandola con la suola della scarpa. Ci allontanammo dalla vetrina e cercai qualcosa per il mio cuginetto di cinque anni.
 
Ci fermammo davanti ad un’altra vetrina che vendeva vestiti da bambina. Mi fermai e li osservai «Ho sempre desiderato avere una sorellina.» dissi osservando gli abitini da principessa esposti.
 
Justin mi guardò per un secondo e mi sorrise poi riportò lo sguardo alla vetrina «Io ne ho una. Si chiama Jazzy ha cinque anni.» disse sorridendo. Portai lo sguardo su di lui «E questo Natale le ho comprato un vestito come quello.» disse indicando un completino con una gonna di tutù «Non festeggio il Natale, ma i miei fratellini si. Non voglio che passino la loro infanzia come l’ho passata io
Disse abbassando lo sguardo.
 
Gli presi il braccio e lo incrociai con il mio «Sono sicura che le piacerà tantissimo.» dissi guardandolo e mostrandogli un sorriso «Hai anche un fratellino?» chiesi mantenendo il sorriso.
 
Sorrise anche lui «Si, si chiama Jaxon e ha tre anni.» rispose sorridendo. Sembrava che i suoi fratellini lo rendessero felice, come se per lui esistessero solo loro. Avrei desiderato anche io una sorellina o un fratellino, ma non credo che i miei genitori sarebbero d’accordo con me. Avere un bambino è una grande responsabilità.
 
Dopo aver visto anche qualche altro negozio e dopo che Justin comprò il regalo per Jaxon ci dirigemmo alla macchina e sfrecciammo verso casa mia.
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ecco a voi il 17 capitolo, spero vi piaccia.
spero che abbiate intuito il perchè Debby ha fatto restare Justin a casa sua.
nel capitolo 16 ho ricevuto solo 3 recensioni e ho deciso di postare solo perchè tra pochi giorni parto.
per le ragazze che non hanno recensito il cap. 16: prima di recensire questo recensite il 16!
grazie e spero che non i siano errori, se non fosse coì me li potreste segnalare nelle recensioni.
le domande riguardo alla storia scrivetemele nei messaggi e non nelle recensioni, grazie
ci vediamo al prossimo capitolo! :)
ciaoo
-xjustinssmile xx

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Capitolo 18
*** 18. ***


Capitolo 18

 

Debby's Point Of View.

Sono passate già due settimane e il Natale è agli sgoccioli. Ma non è la stessa cosa per il mio piano. Non vedo l’ora di vedere l’espressione di Justin quando saprà la mia sorpresa. Voglio che sia tutto perfetto. 

«Debby se mi cerchi sono in bagno a farmi una doccia.» mi disse Justin prima di scomparire nel bagno di camera mia. Cominciai a guardarmi in giro nella ricerca del suo cellulare. Lo trovai sul mio comodino alla mia destra visto che il mio letto aveva due comodini: uno a destra e uno a sinistra. Presi il suo telefono e andai nella rubrica. Cercai il numero della persona che mi interessava e dopo averlo trovato portai il telefono all’orecchio facendo partire la chiamata.

«Pronto?» rispose una donna.
 
«Pronto, lei è la signora Pattie?» chiesi mordicchiandomi il labbro.
 
«Si sono io, dammi pure del tu.» rispose pimpante dall’altro capo della linea.

«Perfetto, io mi chiamo Debby e sono un’amica di Justin.» dissi.
 
«Piacere mio Debby. Come mai mi hai chiamata?» chiese lei interrogativa.
 
«Ecco, volevo chiederle: visto che Justin rimarrà da me anche il giorno di Natale, mi chiedevo se voi potreste venire a casa mia per fargli una sorpresa, visto che è molto che non vi vedete.» chiesi mangiucchiandomi un unghia. Ero nervosa e non poco.

«Si tesoro, per noi andrebbe bene, ma il guaio è che non abbiamo comprato nulla da potergli regalare.» disse un po’ dispiaciuta.
 
«Non ti preoccupare, ho già comprato quello che desiderava da tempo, se vuole possiamo dividere. » le chiesi alzando le spalle consapevole del fatto che lei non mi avrebbe vista.
 
«Grazie mille, sei un tesoro.» disse lei sorridente. Lo potevo sentire benissimo.

«Grazie mille, ti do il mio indirizzo così possiamo trovarci a casa mia.» dissi. Lei rispose con un ‘ok’ e io le dettai l’indirizzo e l’ora della nostra cena in famiglia. Sentii l’acqua della doccia spegnersi. Salutai velocemente Pattie e chiusi la chiamata riponendo il telefono di Justin esattamente dove l’avevo trovato. 

«Va tutto bene? Sembrava stessi parlando con qualcuno.» mi chiese lui asciugandosi i capelli con un secondo asciugamano visto che ne aveva già un altro attorno ai suoi fianchi.
 
Pensai velocemente a qualcosa da dirgli «Mi ha chiamata una mia amica dall’Italia, mi ha fatto gli auguri di Natale.» dissi annuendo velocemente. Justin mi guardò un po’ stranito e annuì anche lui un po’ titubante.
 
«Va tutto bene?» chiese togliendosi l’asciugamano dove sotto indossava un paio di boxer azzurri.

«Si, sono solo un po’ stanca.» dissi stendendomi e coprendomi con le coperte. Lui annuì e si buttò sul letto affianco a me. Risi.

«Domani vengono i miei parenti, sono emozionata, non li vedo da molto.» dissi sorridendogli mentre lui si stendeva accanto a me coprendosi fino al bacino e lasciando scoperto il suo petto nudo.
 
«Io non starò qui.» disse «Andrò a farmi un giro per il paese, non voglio disturbare.» continuò osservando il soffitto.
 
Mi alzai sedendomi e lo guardai facendo la finta arrabbiata «Tu starai qui con noi, che ti vada bene o no.» dissi come se fosse un ordine. O forse lo era?

Si voltò verso di me di scatto con entrambe le sopracciglia incurvate verso l’alto «Davvero? Voglio dire, no non faccio parte della famiglia. Non mi sembra giusto.» disse sorridendo e guardandomi del tipo ‘che stai dicendo?’.
 
«Tu starai da noi, non mi importa se non fai parte della mia famiglia, voglio che tu sia presente.» gli dissi tirandogli un cuscino in faccia. Mi ripresi il cuscino e mi sistemai.
 
«Tu sei pazza, piccola.» disse.
 
Mi voltai verso la finestra dando la schiena a Justin. Il braccio di Justin mi avvolse la vita e mi attaccò a se sistemando la sue testa sulla mia spalla e addormentandosi. 

Mi svegliai per la solita luce che entrava dalla finestra. Volevo alzarmi, ma qualcosa mi bloccò. Un peso sulla mia pancia. Abbassai lo sguardo e notai Justin con la testa appoggiata sulla mia pancia. Era bellissimo anche quando dormiva. Mi alzai facendo scivolare la sua testa sul materasso mentre io mi andai a preparare vestendomi [http://www.polyvore.com/cgi/set?id=92563001]. Mi truccai e mi pettinai. Ritornai in camera mia e trovai Justin che dormiva a pancia in giù con la testa sul materasso anziché sul cuscino, le coperte gli coprivano il bacino e non aveva una maglietta. Ma era bellissimo anche quando dormiva. Mi avvicinai al letto e mi inginocchiai vicino ad esso. Accarezzai i capelli a Justin e ogni tanto passavo ad accarezzare la sua guancia. Mi fermai su quest’ultima e con il pollice facevo su e giù.

«Justin.» sussurrai per farlo svegliare. Ripetei il suo nome, ma non ottenni nulla «Justin svegliati, devi prepararti.» dissi avvicinandomi al suo orecchio.
 
«Ancora cinque minuti, ti prego.» chiese mentre dormiva beatamente. Annuii anche se lui non poteva vedermi così mi avvicinai alla sua fronte e gli lasciai un soffice bacio per poi uscire dalla camera ed andare al piano inferiore dove c’era mio padre che cominciava a cucinare qualcosa per oggi.

«Ciao papà.» lo salutai stampandogli un bacio sulla guancia.
 
«Ciao tesoro, Justin?» mi chiese non vedendolo con me. Di solito era sempre con me, ma non questa volta e lui sembrava rimasto colpito.
 
«Sta ancora dormendo, gli ho lasciato altri cinque minuti.» gli risposi sorridendo. D’un tratto udimmo un rumore provenire dalla porta. Per un momento io e mio padre spostammo lo sguardo sulla porta e poco dopo ci guardammo negli occhi interrogativi.
 
«Saranno gli zii con la mamma e i cugini, prova ad aprire.» disse lavandosi le mani. Annuii e mi avvicinai alla porta. La aprii e mi ritrovai davanti le persone che non vedevo da molto tempo.

«Mamma!» dissi andandole incontro e abbracciandola forte.
 
«Mi sei mancata tantissimo Debby.» disse ricambiando l’abbraccio. Feci entrare tutti e abbracciai le mie zie Katy e Louise e i miei zii Albert e Mason. Mi accovacciai e accolsi tra le mie braccia la piccola Madison figlia di Katy e Albert. Abbracciai anche Jake figlio di Louise e Mason. Erano piccoli ma sono bellissimi.
 
«Allora, dov’è questo Justin?» chiese mia madre guardandomi con una faccia da ‘pensavi che non ne sapessi niente?’ ovviamente papà ne avrà parlato con lei.

«È di sopra, ora vado a chiamarlo.» dissi indicando le scale con il pollice. Presi per mano Madison e Jake e insieme salimmo al piano superiore. Lasciai le loro mani e portai il mio dito indice davanti alla bocca segno che dovevano stare in silenzio. Entrambi annuirono e lentamente aprii la porta rivelando Justin che dormiva nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato prima. Mi avvicinai a lui e così fecero anche i due bambini.

«Adesso al mio tre dobbiamo muoverlo per le spalle e continuare a gridare ‘Justin, Justin’, ok?» chiesi rivolgendomi ai bambini. Entrambi annuirono. Cominciai il conto alla rovescia. Quando arrivai al tre cominciai ad urlare il suo nome mentre i bambini saltavano sul letto o lo muovevano per le spalle. Justin si svegliò e si sedette appoggiandosi alla spalliera del letto. Si stropicciò gli occhi. Quanto era tenero.

«Madison, Jake andate giù, fra poco vi raggiungo.» dissi entrambi si allungarono per arrivare alla maniglia e, una volta arrivati, uscirono di corsa dalla camera accompagnati dai loro stessi schiamazzi.
 
«Dai Justin. Preparati che sono già arrivati i miei parenti.» dissi battendo le mani per farlo svegliare meglio. Alzò gli occhi al cielo e si andò a preparare. Poco dopo usci vestito molto elegantemente. 

«Certo, vieni, mia madre vuole conoscerti.» dissi prendendolo per mano e uscendo dalla mia camera e scendendo velocemente le scale fino a ritrovarci in salotto. Madison e Jake ci vennero incontro. Jake strattonò il pantalone di Justin e quando Justin abbassò lo sguardo verso di lui, Jake aprì le braccia per essere preso in braccio. Justin annuì e si accovacciò prendendo Jake per poi ritirarsi in piedi con Jake in braccio.
 
«Quindi tu dovresti essere Justin, giusto?» chiese mia madre avvicinandosi e porgendogli la mano «Piacere, io sono Anne, la madre di Debby.» continuò mostrandogli un sorriso.

«Piacere, Justin.» rispose Justin stringendo la mano che aveva libera a mia madre.
 
«Madison, Jake presentatevi, avanti.» intervenne mia zia Louise guardando i due bambini in braccio a noi. Ci andammo a sedere sul divano e entrambi posammo i bambini sulle nostre gambe.
 
«Io sono Madison.» disse la bambina in braccio a me mentre giocava con i suoi capelli lisci e biondi che le arrivavano alle spalle.
 
«Ciao Madison.» le rispose sorridendole.

Jake saltò sulle gambe di Justin «E io sono Jake.» disse il bambino continuando a saltare. Justin lo salutò come aveva fatto con Madison e poi sfiorò la sua cresta castana tirata perfettamente in alto con del gel per capelli.
 
«Cosa vi ha portato Babbo Natale?» chiese Justin guardando i due bambini.
 
«La mia mamma vuole che io apra i regali oggi quando abbiamo finito di mangiare.» rispose Madison alzando le spalle.
 
«Io invece voglio aprirli ora.» rispose Jake smettendo di saltare sulle gambe di Justin e mettendosi a braccia conserte con il broncio. Justin rise.
 
«È giusto come ha detto Madison, è più divertente se ci sono tutti.» disse Justin abbassandosi per vedere Jake. Il bambino annuì rassegnato, ma sapevo che prima o poi avrebbe fatto cedere qualcuno con le sue lamentele.

«Andiamo un po’ fuori a giocare con la neve?» chiesi guardando fuori dalla finestra. I bambini annuirono e batterono le mani per la felicità. Io e Justin ci alzammo e preparammo i due bambini per andare fuori senza prendere freddo. Dopo che i due bambini furono pronti io e Justin prendemmo i nostri cappotti ed uscimmo seguiti da Madison e Jake. Andammo nel nostro giardino e io e Justin ci sedemmo su una panchina che si trovava nel mio giardino, mentre i bambini giocavano tranquillamente. Justin tirò fuori un pacchetto di sigarette e ne accese una portandola alla bocca e facendo uscire il fumo che poco prima aveva inspirato.

«Allora, come ti sembra fino ad ora?» gli chiesi guardandomi i piedi.
 
Sorrise «È tutto fantastico e molto carino. Ritrovarsi con i parenti e giocare con i cugini più piccoli è bellissimo. Peccato che non l’ho mai festeggiato prima.»rispose sospirando e portando nuovamente la sigaretta alla bocca «Quanto vorrei che la mia famiglia fosse qui o che non mi avesse mai abbandonato per uno stupido lavoro.» continuò buttando fuori il fumo dalla bocca dopo che schiacciò la sigaretta a terra con la suola della sua scarpa. Mi avvicinai a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla mentre gli accarezzavo il braccio.

«Sono sicura che sentiranno la tua mancanza.» dissi sorridendogli. Si voltò verso di me e mi sorrise. Ci fissammo a lungo negli occhi tanto da non accorgermi che aveva sfiorato il mio naso parecchie volte. Prese le mie gambe e le portò sulle sue. Con la mano destra mi accarezzò la guancia mentre si avvicinava ancora di più. Portò il mio viso vicino al mio e in un batter d’occhio le sue labbra premevano contro le mie. Cominciammo a muovere le nostre labbra le une contro le altre. Le sue labbra erano morbidissime e anche molto calde. Portai le mie braccia intorno al suo collo per non farlo allontanare. Con la mano destra gli accarezzavo i capelli mentre con la sinistra gli accarezzavo la nuca. Sentivo che cercava di soffocare i suoi gemiti. Fece scivolare le sue braccia attorno ai miei fianchi avvicinandomi a sé. Eravamo attaccati l’uno all’altra e tra i nostri corpi non c’era neanche un po’ di spazio. Si staccò per riprendere un po’ di fiato prima di lasciarmi un lungo bacio a stampo.

«Debby, Debby!» mi chiamò Madison seguita da Jake mentre si avvicinavano correndo «Andiamo, c’è quasi pronto da mangiare!» gridò entusiasta Jake. Io e Justin sorridemmo e li riaccompagnammo in casa aspettando l’abbondante pranzo.
 
Spero solo che Pattie venga e che non si sia dimenticata della nostra sorpresa per Justin.

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ecco a voi il 18 capitolo, spero vi piaccia.
non ho niente da dirvi se non da ricordavi una cosa:

le ragazze che non hanno recensito il 16 e il 17, prima di recensire il 18 recensiscano i primi due (16 e 17)
ecco, spero di riuscire a postarvi un altro capitolo prima di partire.
ciaoo
-xjustinssmile xx

 

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Capitolo 19
*** 19. ***


Capitolo 19

 

Debby’s Point Of View.
 
Rientrammo tutti e quattro in casa togliendoci i cappotti all’entrata. I due bambini corsero in sala da pranzo mentre io e Justin sistemammo i loro giubbotti appendendoli sull’appendiabiti
Poi ci dirigemmo in sala da pranzo e ci sedemmo nei posti in fondo siccome la tavola era per il lungo. Davanti a me e a Justin c’erano due posti vuoti i quali erano riservati a Jazzy e Jaxon. Davanti a mio padre e mia madre c’erano sempre due posti vuoti, ma riservati a Pattie e Jeremy. Eravamo tutti seduti a tavola mentre aspettavamo che venisse servito il primo piatto i miei parenti scambiavano discorsi tra di loro e qualche domanda a Justin era presente. Io fissavo la porta, ma cercavo di non darlo a vedere. Ero molto nervosa. Non sapevo come avrebbe potuto reagire Justin e i suoi genitori. Sentii una pressione sulla mia gamba destra. Justin.

«Va tutto bene?» mi chiese leccandosi le labbra mentre mi guardava intensamente. Risposi annuendo e facendo uscire un flebile ‘si’ dalle mie labbra.

Udii un rumore di un campanello che suonava. Il nostro campanello. A quanto pare non ero stata l’unica a sentirlo, perché tutti i presenti nella sala si voltarono verso la porta o si scambiavano sguardi interrogativi.

Posai una mano sulla gamba di Justin e mi avvicinai al suo orecchio «Va ad aprire la porta.» dissi. Lui mi guardò leggermente stranito, ma senza obbiettare si alzò e andò alla porta aprendola. Quando vidi Pattie e Jeremy sorrisi felice. Erano venuti e non se ne importavano se gli altri miei parenti li stavano squadrando. Justin si bloccò un momento, ma potei benissimo sentire dei flebili ‘mamma e papà’ uscire dalla sua bocca. Non esitò più di tanto e li abbracciò tutti e due insieme. 

«Bibo, Bibo!» urlarono due bambini che comparirono da dietro le gambe di Jeremy. Justin si abbassò e accolse tutti e due tra le sue braccia. Decisi di alzarmi e andare da loro anche se non volevo rovinare questo momento, ma era giusto che Pattie sapesse con chi aveva parlato. Mi avvicinai a loro e porsi la mano a Pattie.

«Io sono Debby.» dissi sorridendole. Lei rifiutò la mia mano e mi abbracciò come se non avesse mai abbracciato qualcuno.

«Grazie per quello che hai fatto, te ne sono debitrice.» disse continuando a stringermi tra le sue braccia. Sciolsi l’abbraccio e mi presentai a Jeremy che reagì allo stesso modo di Pattie. Li feci entrare e li mostrai i loro posti e in men che non si dica avevano già stretto amicizia con i miei zii. Andai in cucina e trovai Justin che guardava fuori dalla finestra. Mi avvicinai a lui e gli portai una mano sulla schiena.

«S-Sei stata tu?» chiese. Potevo vedere un leggero luccichio nei suoi occhi. Annuii semplicemente prima di essere avvolta in un abbraccio da parte di Justin che mi fece alzare facendomi girare un paio di volte su me stessa «Sei fantastica.» disse mettendomi giù. Tentava a stento di trattenere le lacrime, ma potevo benissimo affermare che almeno una aveva rigato la sua guancia. Sciolsi l’abbraccio e presi il suo viso tra le mie mani asciugandogli l’unica lacrima che era uscita dai suoi meravigliosi occhi color nocciola. Gli sorrisi. Mi attrasse a sé prendendomi per i fianchi. Premette le sue labbra sulle mie. Mi spinse contro uno dei banconi che componevano la cucina e mi fece sedere sopra. Ero leggermente più in alto di lui quindi dovetti chinarmi per non far staccare le mie labbra dalle sue. Fece scivolare le sue mani verso il mio sedere spingendomi e facendomi cadere in braccio a lui. Mi teneva per il sedere mentre io gli accarezzavo le guance calde e morbide. Ero più sopra del suo bacino quindi lui aveva la testa alzata verso la mia per non interrompere quella sensazione che, a quanto pare piaceva anche a lui. Si appoggiò con la schiena al muro le sue labbra mugugnarono un ‘non fermarti ti prego’. Sorrisi sulle sue labbra approfondendo il bacio. Finalmente sentii la sua lingua picchiettare contro le mie labbra. Non esitai a concedergli l’accesso alla mia bocca dove poco dopo incontrò la mia lingua dando inizio ad un bacio molto passionale. Con le mani salii verso i suoi capelli stringendoli in piccole ciocche. Sapevo che era un suo punto debole e infatti quando un gemito fuoriuscì dalla sua bocca non mi meravigliai. Mi staccai di malavoglia per riprendere fiato. Sapevo che lui non voleva. Si avvicinò di nuovo e mi leccò le labbra come per incitarmi ad andare avanti. Appoggiò la sua fronte contro la mia mentre entrambi respiravamo a fatica.

«Credo sia meglio se andiamo di la.» dissi. Lui annuì e mi fece scendere. Quando mi voltai per uscire dalla cucina trovai due testoline bionde che facevano capolino nella cucina. Erano Jazzy e Jaxon.

«Jazzy, Jaxon che-che ci fate qui?» chiese Justin grattandosi la nuca. Potevo benissimo vedere che era imbarazzato, d’altronde lo ero anche io.

«Mamma e papà si erano chiesti dove fossi andato così noi siamo venuti a cercarti.» rispose Jazzy alzando le spalle «Sapevamo che eri in cucina con Debby.» continuò Jazzy sorridendo. Credo che quella bambina avesse capito cosa fosse successo poco fa tra me e Justin. Neanche mia cugina ci sarebbe arrivata e ha la stessa età di Jazzy.

«Comincio ad avere fame, che ne dite se andiamo in sala a mangiare?» chiesi inventandomi la prima scusa che mi passò per la testa. Presi Jaxon per mano e lo trascinai in sala da pranzo dove lo feci sedere davanti a Justin mentre Jazzy si sedette davanti a me. Cominciammo a mangiare accompagnati da alcuni commenti positivi riguardo a quel che stavamo mangiando. Non potevano mancare le occhiatine di Jazzy. Ripeto, quella bambina aveva capito tutto.

«Hei Jazzy, cosa ti piacerebbe ricevere per Natale?» chiesi tentando di interrompere le sue occhiatine che sembravano delle frecce infuocate. La bambina mi sorrise e cominciò a giocare con la forchetta.

«Non lo so. Mi piacciono tutte le cose che riguardano il rosa i tutù. Mi piacciono gli abiti fiabeschi.» rispose «E a te cosa ti piacerebbe ricevere?» mi chiese sorridendo.

«Non lo so neanche io. Diciamo che sono una ragazza che si accontenta di tutto.» risposi alzando le spalle «E tu Jaxon?» chiesi rivolgendomi al fratellino.

«Vorrei una tuta da supereroe. Quella di Spiderman!» disse buttando le braccia in aria e ridendo. La sua risata mi contagiò facendo ridere anche me.

Mi voltai verso Justin «Sono adorabili i tuoi fratellini.» gli dissi. Lui rispose con un sorriso prima di posare la forchetta nel piatto.
                                                    
«Certe volte sono delle pesti.» continuò guardandoli mentre ridevano tra di loro.



Finimmo il pranzo e ci dirigemmo in salotto. Quando i bambini trovarono i regali sotto l’albero impazzirono. Si avventarono su i regali più grossi cominciando piccole discussioni su chi doveva avere il più grande e chi il più piccolo. Risi e presi Jake e Madison e li sistemai tra le mie gambe sedendomi a terra su un tappeto del salotto. Justin fece lo stesso con Jazzy e Jaxon. Feci aprire i regali prima a Jazzy e poi a Jaxon. La reazione di Jazzy a quel vestitino di tutù rosa fu bellissima. Appena lo vide cominciò a urlare e corse ad abbracciare Justin e i genitori. Quella di Jaxon fu particolare. Appena scartò il regalo trovando la tuta si alzò in piedi e cominciò a saltare sul divano con indosso la maschera di Spiderman. E poi fece quello che fece Jazzy. Arrivò il turno dei miei cugini. Passai il regalo a Madison. Era più o meno lo stesso regalo solo che il suo tutù era azzurro. E il regalo di Jake era più o meno lo stesso solo che il vestito era di Batman. Non sono regali molto originali, ma d’altronde hanno dai tre ai cinque anni e non si possono regalare oggetti di valore. 

Madison e Jazzy chiesero subito un aiuto per essere vestite e io accettai volentieri e la stessa domanda me la fece Jake, mentre Jaxon venne vestito da Justin. Rimasi seduta con le gambe incrociate a vedere i bambini che giocavano e ridevano tra loro. Stavo per alzarmi ma fui fermata da Justin che si sedette dietro di me così da essere tra le sue gambe mentre le sue braccia mi circondavano appena sotto il mio seno.

«Ho una sorpresa per te.» mi sussurrò all’orecchio. Si spostò leggermente ma abbastanza da riuscire ad estrarre qualcosa dalla sua tasca. Presi la scatolina e la osservai bene.

«Aprila.» mi sussurrò. Annuii e aprii la scatoletta blu di velluto. I miei occhi brillarono alla vista della collana che era contenuta nella scatoletta. Spalancai la bocca. Ero senza parole. 

«Ti piace?» mi chiese. Era una collanina che come ciondolo aveva un cuore e una chiave vicino ad esso. Era una di quelle collanine che desideravo sin da bambina.

«La adoro.» risposi. La tirai fuori dalla scatoletta. Justin la prese dalle mie mani e mi spostò i capelli su un lato per riuscire ad allacciare la collanina «Grazie mille.» risposi voltandomi solo con il viso. Presi il mento di Justin tra le mie dita e gli stampai un bacio sulla guancia. Abbassò lo sguardo mentre le sue guance si colorarono di rosso. Sorrisi sapendo che quel rossore era stato causato da me.

«Ragazzi c’è il dolce!» urlò mia madre dal corridoio che collegava il salotto alla sala da pranzo. Justin si alzò prima di me, così riuscì a tendermi la mano per aiutarmi ad alzarmi. Mormorai un ‘grazie’ e mi portai i capelli dietro l’orecchio per l’imbarazzo.Andammo in sala e dopo esserci accomodati cominciammo a mangiare il dolce. Ogni tanto mi fissavo la collanina al collo e sorridevo come un’ebete. Decisi che era ora che anche lui dovesse aprire il mio regalo, mi sembrava più che giusto. Feci cenno di prendere tutto a Pattie e dopodiché presi la mano di Justin e lo trascinai in salotto dove poco prima avevo aperto il mio regalo. Justin si accomodò sul divano affianco a me mentre Pattie e Jeremy su un altro divano davanti a noi.

«Posso sapere che cosa sta succedendo?» chiese Justin guardandoci interrogativi. Rivolsi un cenno a Pattie dicendole di andare avanti. Pattie estrasse un pacco dalla sua borsa e lo porse a Justin. Lo prese un po’ titubante e lo scartò. E quando si trovò davanti agli occhi il completo da basket spalancò la bocca. Tirò fuori la canottiera e la alzò per vedere meglio come era fatta.

«Grazie mille, mamma e papà.» disse con gli occhi lucidi «Lo desideravo da tanto, grazie.» continuò sorridendo.
 
Mi voltai per prendere un altro pacco e glielo porsi «Quasi dimenticavo.» dissi. Lui mi sorrise e aprì anche questo pacco. Dentro trovò le scarpe e il cappellino.

«Non ci posso credere.» rispose mordendosi il labbro mentre sorrideva. Mi abbracciò forte e poi si alzò ed andò dai suoi genitori abbracciandoli entrambe.
 
«Infondo tu mi hai fatto un regalo e io ricambio.» risposi alzandomi e andando verso di lui che nel frattempo aveva sciolto l’abbraccio con i genitori.

«Aw Justin, le hai fatto un regalo?» chiese Pattie guardando Justin sorpresa.
 
«Si.» rispose grattandosi la nuca visibilmente imbarazzato. Mi avvicinai a lei e mi sedetti sul divano facendole vedere la collanina.
 
«Justin è stupenda.» affermò Pattie. Si voltò verso Justin e si alzò. Lo abbracciò e Justin ne rimase sorpreso.

Jeremy si avvicinò a Justin «Il mio uomo.» sussurrò prima di avvolgerlo in un abbraccio. Pattie aveva gli occhi lucidi come gli altri due che la abbracciavano. Sinceramente era un momento molto toccante e non potevo negare che anche io avevo gli occhi lucidi. 

Mi sentivo di troppo «Io vado, vi lascio soli.» dissi in imbarazzo mentre mi alzavo e sistemando il vestito. Mi avviai verso la porta ed uscì lasciandoli in quel momento che non sapevo quando sarebbe potuto succedere di nuovo. Ritornai nella sala da pranzo e mi sedetti al mio posto con Jazzy che mi guardava interrogativa. Sorrisi. Dopo poco vidi tornare Justin Jeremy e Pattie tutti sorridenti. Justin si sedette di fianco a me.

«Ti è piaciuto il mio secondo regalo?» chiesi sorridendogli. Lui si voltò verso di me e mi sorrise.
 
«Molto.» rispose continuando a sorridermi. Notai che cominciava ad avvicinarsi un po’ troppo, non che la cosa mi dispiaceva, ma c’era mio padre e non credo che apprezzasse il fatto che ci fosse qualcosa tra me e Justin. Sempre se c’è qualcosa. Posai l’indice sulle sue labbra morbide e calde.

«Non ora, non qui.» sussurrai abbassando lo sguardo. Lo sentii annuire e si voltò per ritornare fra gli altri presenti nella sala.
 
«Buon Natale a tutti!» sbottò mio padre seguito da grida di felicità, applausi e risate dei bambini. Tutti si alzarono in piedi e io fui coperta dal corpo di mio zio Mason. Justin si voltò verso di me e mi abbracciò come non aveva mai fatto. Sentivo che era felice e la cosa mi faceva molto piacere, sono riuscita a renderlo per una volta felice sul serio. Mi piaceva questo nuovo Justin e non volevo per niente al mondo che tornasse il vecchio, arrogante e stronzo. Mi piaceva così, ma so fin troppo bene che non rimarrà così per molto. Il suo lavoro non lo permette.

«Buon Natale piccola.» mi sussurrò continuando ad abbracciarmi.
 
«Buon Natale Justin.» risposi. Lui mi sorrise e si staccò alzandosi anche lui in piedi. Da una parte ero contenta che si fosse staccato, perché di sicuro mio padre non voleva che tra di noi ci fosse qualcosa, ma rimpiangevo il fatto che si fosse staccato perché adoro i suoi abbracci.

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okk, come avrete ben notato sono tornata dalle vacanze lol.
spero che il capitolo sia di vostro gradimento.
volevo solo chiedervi una cosa:
qualcuna di voi può spiegarmi dettegliatamente come postare le foto e gif (soprattutto gif) nei capitoli?
grazie mille!
voglio taaante recensioni per questo capitolo
-xjustinssmile

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Capitolo 20
*** 20. ***


Capitolo 20

 
Debby’s Point Of View.
 
Pattie mi si avvicinò e venne ad abbracciarmi.
 
«Grazie per tutto quello che stai facendo.» mi disse abbracciandomi.
 
«Ti va se andiamo fuori a parlarne?» chiesi sciogliendo l’abbraccio. Lei annuì ed insieme prendemmo i nostri cappotti ed uscimmo nel mio giardino. Volevo sapere ancora di più sulla vita di Justin, perché credo che lui non mi ha raccontato abbastanza. 

«Sono contenta che tu sia riuscita a venire.» le dissi sedendomi sulla stessa panchina dove c’eravamo seduti io e Justin «Ci tenevo molto.» continuai mettendo le mani nel mio cappotto per tenerle al caldo.

«Avrei fatto di tutto per mio figlio.» disse sedendosi accanto a me «Peccato che non l’ho fatto prima che se ne andasse.» disse con gli occhi lucidi «Sono una pessima madre.» continuò. Notai le sue guance rigate dalle lacrime che stavano scorrendo senza sosta.

La abbracciai «Non credo che sia così.» dissi sciogliendo l’abbraccio ed accarezzandole la spalla «Non penso che tu sia una pessima madre. Purtroppo hai dovuto lasciarlo perché lavoravi molto per portare avanti la famiglia. Non credo che ci fosse altra scelta.» continuai.

Pattie alzò il viso verso di me «Avrei potuto mandarlo dai miei genitori, ma avevano dei problemi e non potevano così l’ho mandato da Jeremy e avevo promesso a Justin che non avrebbe fatto niente di quello che faceva Jeremy, ma evidentemente suo padre non lo ha ascoltato ed ora fa parte della società.» disse riportando lo sguardo atterra.


«L’importante è che stia bene.» dissi. Non sapevo più cosa potevo risponderle e cercavo di mettere fine a quel discorso che non stava distruggendo solo Pattie, ma anche me.

«Non smetterò mai di ringraziarti per quello che hai fatto oggi. Avrei sempre voluto passare il Natale così, ma era praticamente impossibile. Sono contenta che Justin ti abbia incontrata.» disse asciugandosi le lacrime quando pronunciò le ultime parole. Le sorrisi e l’abbracciai di nuovo. Non sapevo cosa rispondere, mi aveva spiazzata con l’ultima affermazione.

«Torniamo dentro, comincio ad avere freddo.» disse lei sciogliendo l’abbraccio. Si diresse verso la porta, ma quando si accorse che io non la stavo seguendo si girò e mi guardò.

«Sto ancora un po’ fuori, fra poco vi raggiungo.» le risposi alzando le spalle. Le mi sorrise per poi sparire in casa mia. Mi appoggiai allo schienale della panchina. Riportai le mani in tasca e sentii che c’era il mio cellulare. Lo tirai fuori. Nessun messaggio nessuna chiamata. Decisi di mandare un messaggio ad Alice anche se erano mesi che non ci parliamo e mi ha già buttata nel dimenticatoio.

A:Alice

Buon Natale.


Se non mi avesse risposto poco mi importava: io sono educata e le invio gli auguri se lei non vuole, non importa.

Da:Alice.
Si, si Buon Natale, ci rivediamo a scuola con il tuo Justin.

Mi rispose. Credeva davvero che io e Justin fossimo una coppia?

A:Alice
Mi dispiace, ma non stiamo insieme.

Le risposi. Davvero non me la sentivo di mettermi con lui. Avrei messo a rischio la mia vita e in un certo modo anche la sua.


Da:Alice.
Ci mancherebbe! Non durerà molto con te.

Non le risposi solo perché avremmo cominciato una litigata e non mi sembra il caso dato che è Natale. Non penso che a Justin interessasse davvero Alice se non solo per il sesso. Sono del tutto convinta che cercherà di portarselo a letto. Poco mi importa, non siamo una coppia, quindi non c’è nessun motivo di essere gelose. Io non mi capacito: l’unica volta che ha incontrato Justin è stata a casa mia e lui non le ha fatto niente e lei lo ha usato come scusa per rimpiazzarmi con la troia di Rosalie. E pensare che da piccole avevamo giurato che saremmo rimaste amiche, ma evidentemente non era molto convinta della promessa. 


«Hey Debby.» mi chiamò una vocina stridula alla mia destra.
 
«Hey Jazzy.» dissi aiutandola a sedersi sulla panchina «Come mai sei qui?» le chiesi mettendo di nuovo in tasca il cellulare.
 
«Bibo, mi ha mandato a cercarti.» rispose sorridendomi.

«Certo, stavo giusto per rientrare.» dissi alzandomi e prendendo in braccio Jazzy prima di rientrare in casa. Lasciai Jazzy e mi tolsi il cappotto appendendolo su uno degli appendi abiti.
 
«Debby, ma dove eri finita?» mi chiese mia madre ancora a tavola.


Stavo per rispondere, ma Pattie mi precedette «Era venuta un attimo fuori con me.» disse Pattie per poi rivolgermi un sorriso. Sorrisi e mi andai a sedere ancora a tavola. Ero un po’ preoccupata per quello che mi aveva scritto Alice. Io tenevo a Justin, lo consideravo un mio ‘amico’ e non voglio che gli succeda qualcosa anche se è un po’ improbabile dato che lui sa cosa fa.


«Tutto bene?» mi chiese mettendo una mano sulla gamba.
 
«Si.» mentii. Sembrò crederci, ma sapevo che presto avrebbe voluto tutta la verità.
 
 
La cena è finita, spero solo che capitino ancora delle occasioni del genere anche se non ci conto molto. Sono tutti impegnati molto sul loro lavoro ed è già tanto se riescono a venire a Natale. Infatti i miei genitori se ne andranno la mattina dopo. Mi cambiai, mi struccai e mi feci una doccia. Indossai il mio pigiama che consisteva in una canottiera aderente e un paio di slip.

Mi buttai sul letto andando sotto le coperte al caldo. Mi voltai sul lato destro così da riuscire a guardare fuori dalla finestra. Notai il mio telefono sul comodino. Lo presi e dopo averlo sbloccato cominciai a guardare le foto di me ed Alice. Ammetto che un po’ sento la sua mancanza. Niente ci aveva mai separate e adesso per un ragazzo tutto cambia. Una lacrima rigò il mio volto. Sentii la parte sinistra del letto abbassarsi segno che qualcuno era salito sul mio letto. Mi voltai per vedere chi era. Justin. Mi rivoltai e mi asciugai in fretta la lacrima sperando che lui non l’avesse notata.

«Devi dirmi qualcosa?» chiese conoscendo già la mia risposta «Dimmi tutto.» mi disse stendendosi dietro di me.
 
Mi alzai con il busto e mi sedetti appoggiando la schiena alla spalliera del letto. Portai le ginocchia al petto tenendole sempre sotto le coperte «Mi manca Alice.» risposi tutto ad un fiato «Pensa che noi stiamo insieme e vuole allontanarmi da te. Vuole solo il sesso nient’altro.» risposi asciugando un’altra lacrima che poco prima aveva rigato la mia guancia «Adesso che ricomincerà la scuola, farà di tutto pur di tenerti lontano da me. Vuole rendere la mia vita invivibile e non so il perché.» continuai. Guardavo dritto davanti a me, ma sapevo perfettamente che Justin mi stava guardando.

Sogghignò «Dimenticala è l’unico modo.» disse portando le braccia dietro la nuca. Si stiracchiò «Lei mi vuole solo per farti del male quando sappiamo entrambi che vogliamo solo il sesso.» rispose alzando le sue possenti spalle scoperte «È una troia, come la sua amica Rosalie.» continuò facendo una faccia disgustata alla sua affermazione. Annuii come risposta e ritornai sotto le coperte voltando la testa fuori dalla finestra. Un peso schiacciò il mio corpo contro il materasso. Mi voltai e mi ritrovai il viso di Justin a poca distanza dal mio. Era sopra di me e si sorreggeva con i gomiti mentre i nostri bacini si toccavano.

«Voglio vedere un sorriso.» disse come se fosse offeso dalla mia tristezza. Abbassai lo sguardo portandolo sulla mia canottiera che indossavo «Debby, se non mi mostri un sorriso ti farò il solletico.» disse minacciandomi in modo divertente. Riportai lo sguardo sui suoi occhi e mi persi in quelle pozze color miele. Appoggiò la sua fronte contro la mia e i nostri nasi si toccavano solo con la punta «Me lo fai vedere un sorriso?» mi chiese alzando entrambi le sue sopracciglia. Adoravo quando si preoccupava per me. Mi faceva sentire come se esistessi solo io in questo mondo. Non resistetti e gli sorrisi. Sorrise anche lui «Così mi piaci piccola.» disse per poi baciarmi la guancia.

Gli sorrisi di nuovo «Buonanotte.» dissi pensando che fossi riuscita a togliermelo. Rimase su di me, ma sistemò la sua testa sul mio seno, oramai era diventato un vizio. Sentendomi scomoda in questa posizione. L’unico modo era quello di sistemare Justin tra le mie gambe. Ero piuttosto imbarazzata nel farlo, ma non potevo dormire tutta la notte nella scomodità più assoluta. Cominciai a muovermi e la cosa non passò inosservato visto che Justin alzò la testa guardandomi interrogativo.

«Tutto bene?» mi chiese stando sempre sdraiato su di me.
 
«Si, è solo che sono un po’ scomoda.» risposi. Lui si alzò quel poco che mi permise di aprire le gambe farlo sdraiare di nuovo. Sogghignò appoggiando il mento tra il mio seno.
 
«Facciamo progressi?» mi chiese sorridendo maliziosamente. Alzai gli occhi al cielo giocosamente mentre gli pizzicai il naso. Ansimò un finto ‘ahi’ massaggiandosi il naso. Risi e scossi la testa come per dire ‘è un caso perso’. Si sistemò e cominciò a prendere sonno. Mi voltai verso la finestra cominciando a guardare il poco paesaggio che riuscivo ad intravedere. La luce della luna illuminava tutta la stanza compresi me e Justin. Mi accorsi solo che era a petto nudo. 


Un altro suo vizio. Giocai con i suoi capelli aspettando di addormentarmi. Non mi sembrava facile, continuavo a pensare ad Alice e a quello che mi disse poco fa Justin.
 
“«Dimenticala è l’unico modo.» «Lei mi vuole solo per farti del male quando sappiamo entrambi che vogliamo solo il sesso.» «È una troia, come la sua amica Rosalie.»”


Non aveva per niente torto, ma io volevo che le cose si sistemassero tra di noi e magari ritornare amiche così che Alice lasciasse il suo lato da poco di buono e la sua amica Rosalie. Ma questa è gelosia, invidia. Io non sono né invidiosa e tantomeno gelosa, voglio solo che Alice ritorni da me. Forse ha ragione Justin. Forse dovrei dimenticarla, anzi devo dimenticarla. Sarà più dura di quanto pensassi.

Cercai di distogliere la mente da tutti questi pensieri. Ero quasi riuscita ad addormentarmi quando bussarono alla porta.
 
«Avanti.» sussurrai per fare aprire la porta. Entrò mio padre. Si sedette sul bordo del letto, ma prima di cominciare a parlare mi guardò un po’ male siccome Justin era su di me accoccolato sul mio seno.
 
«Debby, volevo dirti che apprezzo molto quello che stai facendo per Justin e per la sua famiglia, ma non avere troppa fiducia in loro. Ti ho già detto di fare attenzione a Justin, ma ora dovrai essere molto più attenta.» mi disse. Annuii semplicemente «Bene, buonanotte.» disse stampandomi un bacio sulla fronte e scompigliandomi un po’ i capelli. Gli sorrisi e lui uscì dalla porta.

Abbassai lo sguardo verso Justin che dormiva tranquillamente. Sembrava così innocente, ma non lo era. Della pelle d’oca ricopriva la sua schiena e le sue braccia. Tirai su le coperte e lo coprii fino alle spalle. Si mosse e voltò la testa verso la finestra. La luce della luna gli illuminava il volto rendendolo in un certo modo angelico.

Passai ad accarezzargli la nuca coperta dai suoi corti capelli biondi fino a raggiungere quelli più lunghi. Erano morbidissimi. Avrei passato le giornate intere ad accarezzare ogni sua singola forma, ogni suo singolo pregio e difetto. Passai un dito sulle sue labbra. Erano perfette, a forma di cuore e rosee, morbide e calde come la prima volte che ero riuscita a sentirle sulle mie.

“Si avvicinò lentamente alle mie labbra. Potevo sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra. La sua lingua passò di nuovo tra le sue labbra rendendole, a prima vista, morbide. Oramai i nostri nasi si erano sfiorati più e più volte. Chiusi gli occhi e lo stesso fece lui. Alla fine eliminò le distanze tra le nostre labbra e le fece combaciare con le mie. Cominciò a muoverle contro le mie. Strinse la presa ai miei fianchi e mie avvicinò più a se, facendo combaciare i nostri bacini. Ci staccammo per riprendere fiato.”

Le ultime due volte mi aveva sorpreso. Non potevo negare che era un bravo baciatore, anzi non avevo mai visto un ragazzo che baciasse così bene. Justin riusciva sempre a portare tutto ad un livello superiore. Uno dei suoi pregi che amo.
 
Mi addormentai dopo aver lasciato un piccolo bacio sulla sua fronte.


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eccomi con il 20 capitolo della storia, spero vi piaccia.
avrei voluto aggiornare prima, ma non avevo il prossimo capitolo finito quindi avreste dovuto aspettare di più per il capitolo.
comunque spero vi piaccia lo stesso.
sono contentissima per le
28 recensioni.
ok basta.
volevo presentarvi Debby. se avete dei consigli per gli altri personaggi scrivetemele nella recensioni o nei messaggi privati.
ci vediamo al prossimo capitolo.

 









 

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Capitolo 21
*** 21. ***


Capitolo 21

 
Debby’s Point Of View.
 
Dicembre è oramai passato e con lui anche il Natale. Ma a quanto pare non sono solo passati questi ultimi, ma anche il Justin che adoro, quello dolce e romantico. In questo periodo è diventato più freddo e distaccato e talvolta anche nervoso per un motivo a me sconosciuto. Ho provato in tutti i modi a parlargli e a capire cosa non andava, ma lui cambiava discorso oppure si inventava qualche scusa.

Stavo dormendo beatamente nel mio letto rivolta, come al solito, verso la finestra. Justin era sdraiato di fianco a me e mi dava le spalle. Ad un certo punto lo sentii muoversi nel letto. Pensai che stesse solamente cambiando posizione per essere più comodo, ma quando sentii il letto alleggerirsi e dei passi dirigersi verso il bagno capii che non voleva solamente cambiare posizione.

Mi svegliai e cercai qualcosa che mi aiutasse a capire il motivo per cui Justin era sveglio. Per mia sfortuna non c’era nulla che potesse aiutarmi. L’acqua della doccia partì. Cercai di sfruttare questo tempo per alzarmi e guardarmi in giro. Mi alzai da letto e cominciai a guardare sulla scrivania, tra i libri di scuola, negli astucci, negli zaini, sotto il letto, dappertutto. Ma non trovai niente esattamente come prima. La fortuna non è mai stata dalla mia parte e lo avevo capito bene in questo caso. 

L’acqua della doccia si fermò il che mi fece capire che Justin aveva finito e sarebbe tornato in camera per vestirsi, forse. Il più velocemente possibile mi buttai nel letto e tentai di rimettermi nella stessa posizione di prima, in modo che Justin non si accorgesse di nulla. E infatti poco dopo uscì completamente vestito di nero, se non per le scarpe che presentavano una fascia bianca sulla base. Io fortunatamente avevo socchiuso gli occhi così che sembrasse stessi dormendo. Potei sentire i suoi passi avvicinarsi sempre di più a me e cominciavo a dubitare della mia ‘recita’.

Si avvicinò a me e si inginocchiò cominciando ad accarezzarmi capelli. Non avevo idea di quello che volesse fare, ma qualcosa mi diceva che sarebbe stata un cosa un po’ spiacevole. Passò ad accarezzarmi la guancia e potei sentirlo sorridere. Dopodiché  si avvicinò lentamente a me e le sue labbra premettero dolcemente contro la mia fronte. In quel momento dovetti resistere all’impulso di mordermi il labbro inferiore, non vorrei che lui scoprisse che fossi sveglia. Potrebbe non essere di suo gradimento. Si allontanò e in quel preciso istante mi sentii vuota, persa. Si diresse verso la finestra e, cercando di fare meno rumore possibile, la aprì. Decisi che avrei dovuto fermarlo quindi feci finta di svegliarmi e mi alzai con il busto stropicciandomi gli occhi.


«Justin?» mormorai cercando di attirare la sua attenzione. Ci riuscii perché potei notare che si era bloccato nel momento in cui stava per scavalcare con la gamba destra la finestra.

«Cazzo. » imprecò a bassa voce. Ritirò il piede e lo appoggiò a terra dirigendosi verso il letto e sedendosi sul bordo di quest’ultimo. 

Mi alzai con il busto e mi sedetti con le gambe ancora sotto le coperte mantenute al caldo «Va tutto bene?» gli chiesi facendogli notare la finestra aperta.

«Ehm, si.» rispose decisamente scombussolato dalle mie parole. Forse non si aspettava che i mi sarei svegliata nel bel mezzo della notte per chiedergli se andasse tutto bene.


«Perché hai aperto la finestra?» chiesi incrociando le gambe sotto le coperte.

Justin sospirò e fece segno di avvicinarmi a lui. Senza farmelo ripetere due volte feci quello che lui mi chiese e dopo aver appoggiato una mano sotto entrambe le mie ginocchia e una sulla schiena mi fece sedere sulle sue gambe.

Prese un profondo respiro e poi spezzò il silenzio «Ecco Debby, io non posso più stare qui.» rispose tutto ad un fiato. Non ebbi nemmeno il tempo di chiedergli il motivo perché lui mi precedette «Non chiedermi perché, io non posso dirti niente.» continuò posando una mano nel mio interno coscia.

Deglutii rumorosamente prima di avvolgere le mie braccia attorno al suo collo stringendolo in un forte abbraccio «Non voglio che tu te ne vada.» sussurrai al suo orecchio mentre i miei occhi lentamente cominciavano a riempirsi di lacrime.


Ricambiò l’abbraccio stringendomi maggiormente con il braccio attorno alla mia schiena «Devo.» rispose semplicemente prima di sciogliere l’abbraccio. Si allontanò da me e prese il mio viso tra le mani accarezzandomi con i pollici le mie guance «Non rendere tutto più difficile di quanto lo sia già.» mi sussurrò appoggiando la sua fronte contro la mia.

Presi un respiro profondo prima di passare il dorso della mia mano sulla mia guancia per asciugare la lacrima che pian piano avrebbe raggiunto la mano di Justin. Si avvicinò lentamente a me e strusciò il suo naso e le sue labbra fino alla mia fronte per poi lasciarmi un leggero bacio su di essa. Appoggiai la mia testa sul suo petto stringendo la sua maglietta tra le mie mani. Cominciai a singhiozzare, ma cercavo di non farlo capire a Justin. Ma credo che l’avesse capito visto che mi strinse più a sé e cominciò ad accarezzarmi i capelli molto delicatamente.

«Shh.» mi intimò lasciandomi un bacio sulla testa «Piccola ti prego, non piangere.» continuò prima di appoggiare la sua guancia sempre sulla testa. Sospirò prima di cominciare a dondolare insieme a me come se volesse tranquillizzarmi.

Tirai su con il naso prima di staccarmi «Ritornerai, vero?» chiesi giocando con il lembo della mia canottiera che stavo indossando. Solo ora mi accorsi di essere seduta a cavalcioni sulle sue gambe.

Sospirò alla mia domanda «Non lo so.» rispose abbassando lo sguardo. Era diventato tutto ad un tratto freddo e distaccato, proprio come durante le ultime settimane che ha trascorso qui a casa mia. 

Singhiozzai di nuovo «Come faremo con James?» gli chiesi cercando di coglierlo di sorpresa e magari pregandolo ancora una volta in quella notte di rimanere.


Rialzò lo sguardo e fissò i miei occhi  «Ci sarà un altro ragazzo che ti starà vicino, non preoccuparti, ho tutto sotto controllo.» rispose sorridendomi premurosamente. Annuii debolmente perché non mi sarei mai aspettata una risposta così di getto «Torna a letto.» continuò prendendomi di nuovo in braccio prima che lo fermai.

«Dimmi almeno dove vai.» risposi fermandogli le braccia che presto avrebbero avvolto il mio corpo.

«Non posso, è tutto segreto. Neanche io so di cosa si tratta.» rispose di nuovo con il suo tono freddo che aveva usato per tutta la serata. Sospirai. A questo punto non c’era più niente da fare. Lui non mi avrebbe mai detto dove sarebbe andato e nemmeno quando sarebbe tornato. Non potevo non ammettere che mi dispiaceva che lui partisse. In qualsiasi caso sarebbe stato meglio non continuare questa conversazione. Mi stava distruggendo internamente. Justin si avvicinò di nuovo a me dopo che riuscì ad alzarsi dal letto. Si chinò su di me e mi lasciò l’ennesimo e forse l’ultimo bacio sulla fronte.

«Buonanotte piccola.» mi sussurrò ad un soffio dalle mie labbra. Si allontanò senza neanche aspettare una risposta da parte mia. Si avvicinò alla finestra e la scavalcò prima con la gamba sinistra e poi con la destra per poi lasciarsi cadere. Mi alzai dal letto e di corsa raggiunsi anche io la finestra. Ma tutto quello che vidi fu Justin che salì sulla sua auto e sfrecciò via per il vialetto silenzioso, rompendo quel silenzio che regnava con il rombo del motore.


Sospirai cercando di dimenticare tutta questa serata, ma sapevo che non lo avrei fatto davvero. Mi risulterà molto difficile dimenticare tutto quanto. Ritornai a letto e tentai di riaddormentarmi senza successo. Continuavo a cambiare posizione, ma invano. Finalmente però riuscii ad addormentarmi-anche se molto tardi-.


Mi svegliai a causa della solita sveglia di tutte le mattine. Mi allungai per premere il tasto della sveglia cosicché si spegnesse. Una volta fatto mi sedetti sul letto e mi stropicciai gli occhi. Gli attimi della notte appena passata ritornarono nella mia testa senza lasciarla più. Ero solo alla mattina seguente e già la sua mancanza mi stava divorando. Devo cercare di non dare troppo peso a questi pensieri altrimenti finirò con il fare male a me stessa.

Mi alzai dal letto e mi diressi nel bagno dove mi vestii [ 
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=96223295 ] mi pettinai e mi truccai. Uscii dal bagno, presi il mio zaino e ci infilai tutti i libri che mi sarebbero serviti durante la giornata di scuola che avrei affrontato. Chiusi la cerniera dello zaino e lo presi su una spalla. Afferrai il mio cellulare da sopra il mio comodino e uscii dalla mia camera dirigendomi in cucina. Non mi fermai a fare colazione semplicemente perché non avevo fame, probabilmente avrei preso un cappuccino alla caffetteria della scuola che aveva appena aperto. 

Uscii di casa e presi salii sula mia macchina che non avevo mai usato perché Justin preferiva che venissi con lui anche in macchina. Infilai le chiavi nel nottolino e cominciai a partire diretta verso la scuola. Il viaggio fu tranquillo solamente accompagnato dalla radio che trasmetteva le notizie, ma ovviamente non interessavano. Arrivata a scuola parcheggiai la macchina e scesi dopo aver ripreso il mio zaino appoggiato sul sedile del passeggero. Stavo raggiungendo il cancello della scuola quando una udii una voce alle mie spalle.

«Bella macchina dolcezza.» disse. Capii subito che si trattò di James dal tono e dalla parola provocante che aveva usato per me. Scossi velocemente la testa cercando di scacciare quelle sue parole. Mi diressi all’interno dell’edificio scolastico dirigendomi a passo svelto verso il mio armadietto. Inserii la combinazione e riposi i libri che stringevo al mio petto con entrambi le braccia. Chiusi il mio armadietto e dietro l’anta che avevo appena sbattuto comparì Alice in divisa da cheerleader.

«Dov’è Justin?» mi chiese masticando vivacemente il suo chewinggum da cui potevo benissimo dedurre fosse rosa.
 
«Non lo so.» risposi secca e superandola per raggiungere la mia classe. La sua domanda mi fece di poco arrabbiare. Justin mi aveva lasciata senza dirmi nulla, neanche dove stava andando.


Raggiunsi la mia aula di storia e appena entrai non prestai attenzione a nessuno e mi andai a sedere infondo alla classe. Accanto a me il banco vuoto di Justin. Sospirai e mi voltai a guardare fuori dalla finestra. Non c’era molto da vedere se non il triste e grigio paesaggio che circondava la scuola. Eravamo a Gennaio e faceva freddo, non potevo aspettarmi niente di particolare.

La professoressa di storia entrò e dopo averci dato il buongiorno cominciò a spiegare. Estrassi dal mio zaino un quaderno con dei piccoli anelli al lato sinistro. Presi una biro dall’astuccio che avevo appoggiato sul banco poco prima e cominciai a prendere appunti sull’argomento.


Le ore passarono in fretta così mi diressi in mensa. Odiavo questi giorni in cui dovevo fermarmi a scuola per mangiare. Mi diressi al bancone e presi un’insalata e dell’acqua e mi sedetti ad un tavolo a caso. Tirai fuori dal mio zaino il libro di geometria e cominciai a studiare mentre mangiavo. Non mi accorsi che qualcuno si sedette davanti a me.

«Hey Debby.» mi chiamò. Alzai di scatto la testa verso il ragazzo davanti a me. Come conosceva il mio nome? 

«Ehm, ciao.» risposi un po’ titubante del fatto che volesse iniziare a parlare con me.
 
«Se ti stai chiedendo chi sono e come faccio a conoscere il tuo nome, non ti preoccupare, non voglio farti del male.» mi disse sorridendomi dolcemente capendo la mia paura.

«Va bene.» risposi con lo stesso tono che avevo usato prima. Questo ragazzo incuteva un po’ paura. Posso sembrare strana o pazza, ma ho un po’ paura «Sei nuovo? Non ti ho mai visto in questa scuola.» gli chiesi prendendo l’ultimo boccone della mia insalata.

«Si, non resterò molto perché, a causa del lavoro dei miei genitori, siamo costretti a cambiare Paese quasi sempre. Ad esempio: adesso sono in Canada, prima ero in Louisiana e prima ancora in Ohio. Cambiamo molto spesso.» rispose mantenendo il suo sorriso smagliante in mostra.

«Capisco. Io invece vengo dall’Italia, ma sono qui per continuare i miei studi. I miei genitori vengono a farmi visita durante le vacanza Natalizie e poi durante quelle estive ritorno in Italia.» risposi alzando le spalle. 

Annuì semplicemente prima di porgermi la mano «Comunque, piacere, sono Andy.» si presentò mantenendo la sua mano allungata verso di me.
 
La afferrai e la strinsi sorridendogli allo stesso tempo «Piacere mio.» gli risposi. Sciogliemmo le nostre mani e io le incrociai sul tavolo della mensa a cui ero seduta con Andy «Posso chiederti una cosa?» chiesi alzando l’indice per poi riabbassarlo quando lui annuì «Come fai a conoscere il mio nome?» chiesi sistemandomi sulla sedia su cui ero seduta.


___________________________________________________________________________
ehilà ragazze, come va?
mi dispiace per il ritardo, ma adesso purtroppo sono costretta ad aggiornare tutti i sabati,
quindi dovrete essere un po' pazienti.
mi dispiace.
comunque, secondo voi, perchè Justin è andato via da Debby? cosa ci sarà di così importante che non poteva dirle? chi è questo Andy?
eheheehehehe quante domande...
va bene, mi dileguo e vado a scrivere il 22 visto che sono quasi a metà.
ci vediamo sabato prossimo!
kiss kiss
xjustinssmile

Andy:










 

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Capitolo 22
*** 22. ***


Capitolo 22

 
Debby’s Point Of View.
 
Sembrava piuttosto scombussolato dalla domanda che gli avevo appena posto. Ero leggermente insospettita su quel ragazzo, ma qualcosa mi diceva che lui era assolutamente innocente e non faceva parte dei piani segreti di Justin o almeno credo.
 
Proprio mentre stava per aprire bocca la campanella che segnava la fine della ricreazione suonò. Andy non perse tempo e si alzò di scatto ritrovandolo pochi secondi dopo davanti alla porta della mensa. Lo guardai decisamente confusa dalla sua reazione.
 
Scossi la testa e presi il mio libro di geometria tra le braccia e lo zaino su una spalla. Raggiunsi velocemente l’aula di geometria e dopo essermi seduta la lezione cominciò.
 
 
Le ore di scuola finirono così mi diressi velocemente fuori dall’edificio superando il cancello arrivando alla mia auto. Appena arrivai, notai un foglietto sotto il tergicristalli.  Alzai quest’ultimo e presi il pezzo di carta tra le mani. In pennarello blu erano riportate le seguenti parole.
 
Ci vediamo stasera al pub Blue Rose, passo a prenderti alle 21. -andy.
 
Rimasi un po’ a rileggere le parole scritte su quel biglietto. Piegai disordinatamente il pezzo di carta e lo infilai nella tasca del mio zaino. Salii in macchina e, dopo aver infilato le chiavi nel nottolino, partii diretta a casa mia.
 
Durante il viaggio ascoltai le solite notizie che trasmettevano alla radio quando una mi colpii e decisi così di alzare il volume per ascoltare meglio.
 
Un altro cadavere è stato ritrovato a bordo di una barca attraccata nel piccolo molo situato vicino al bosco a quattro miglia da Jefferson Street. Il corpo è stato ritrovato senza vita da un pescatore che si era recato lì. L’identità della vittima è ancora sconosciuta, gli investigatori stanno ancora indagando su questo omicidio. Consigliamo di essere prudenti e di lasciare le proprie abitazioni solo in caso di emergenze.
 
Spensi la radio non volendo più ascoltare altre notizie del genere. Scossi velocemente la testa tentando di scacciare ogni singola parola della notizia appena trasmessa alla radio. Chiunque avesse commesso questo omicidio doveva essere trovato, non potevano lasciarlo in giro.
 
Parcheggiai la macchina ed entrai in casa chiudendomi la porta alle spalle. Sospirai buttando lo zaino a terra in un punto indefinito della cucina.
 
Non avevo fame perché avevo già mangiato a scuola così ripresi il mio zaino da cui estrassi i libri che mi sarebbero serviti per eseguire i compiti che ci avevano assegnato durante l’ora di scuola.
 
Terminai i compiti e, dopo aver sistemato tutti i libri, mi diressi velocemente al piano superiore a farmi una doccia prima di prepararmi. Uscii dalla doccia avvolgendo il mio corpo attorno ad uno asciugamano e la stessa cosa la feci con i capelli. Andai in camera mia e scelsi cosa indossare per la serata con Andy. Cominciai a vestirmi [
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=97282131] e dopo poco aggiunsi del trucco sul mio viso e applicando il correttore dove si intravedevano delle imperfezioni. Presi il phon da sotto il lavandino e cominciai ad asciugarmi i capelli dopo averlo attaccato alla corrente. Li lasciai leggermente mossi e umidi verso le punte. Scesi al piano inferiore e mi sedetti sul divano cominciando a fare zapping tra i canali attendendo l’arrivo di Andy. Dopo mezz’ora arrivò. Uscii di casa e salii in macchina accompagnata dal suo sorriso.
 
«Mi piace il tuo vestito.» si complimentò Andy tenendo lo sguardo sul mio vestito. Sistemai la gonna larga con le mani leggermente imbarazzata e rossa in viso.
 
«Grazie.» risposi stringendomi nelle spalle. Cominciai a giocare con il bracciale che avevo indossato al polso sinistro «Dove andiamo?» chiesi non appena Andy lasciò alle nostre spalle il vialetto di casa mia.
 
«Al Blue Rose, ricordi?» mi chiese spiandomi dallo specchietto sopra alla sua testa con un espressione confusa in volto.
 
«Oh si, giusto.» risposi portando lo sguardo fuori dal finestrino. Mi ero totalmente dimenticata dove saremo andati questa sera. Mi ero persa nei miei pensieri, o meglio, mi ero persa a pensare a Justin. Stavo cercando di immaginarmi ogni cosa più ridicola sul perché lui mi ha lasciata senza dire una parola di più se non “«Non chiedermi perché, io non posso dirti niente.»”. Non mi accorsi di essere parcheggiata davanti al pub fino a quando Andy non mi chiamo dal mio finestrino. Mi risvegliai da quella specie di trans e scesi dalla macchina seguendo Andy fino all’entrata del locale. Quando entrai venni subito accecata dalle di vari colori che illuminavano tutto il locale che, per quanto riuscivo a vedere, era un po’ piccolo.
 
Io e Andy ci avvicinammo al bancone e scegliemmo un drink a caso. Ne presi uno che aveva un colore verde  e il gusto non male: menta. Andy non aveva smesso un solo secondo di smanettare con il suo cellulare da quando eravamo entrati nel pub. Guardava lo schermo, scriveva qualcosa di incomprensibile, alzava lo sguardo e si guardava attorno in cerca di qualcosa a me sconosciuto e poi lo portava sul mio viso sorridendomi. Gli sorrisi come risposta e portai l’attenzione sul mio drink. Avvicinai la mia bocca alla cannuccia e cominciai a berne il contenuto. Ripetei tutto ciò molte volte fino ad arrivare quasi alla fine. Continuavo a fissare i ghirigori del bancone decorato accuratamente con un colore molto simile all’oro-almeno credo-.
 
Mi sentii essere trascinata dal braccio e spaventata mi voltai e seguendo il braccio che stava stringendo il mio braccio capii che si trattasse semplicemente del mio amico Andy. Mi tranquillizzai subito cercando di rimettermi in equilibrio e stare al passo del ragazzo che mi stava trascinando.
 
Si avvicinò ad un gruppo di ragazzi dove uno era appoggiato con un piede e la schiena al muro. Teneva tra le mani un pacchetto di sigarette e rideva con i suoi compagni accerchiati attorno a lui. Andy raggiunse i ragazzi e si fece spazio, la stessa cosa la feci anche io.
 
«Ehi Andy, non ci avevi detto che eri fidanzato.» disse il ragazzo appoggiato al muro. Tutti scoppiarono in una fragorosa risata, ma non Andy, lui era rimasto serio.
 
«No, è lei.» disse marcando la parola ‘lei’. Il ragazzo smise immediatamente di ridere e si staccò dal muro con una rapida spinta finendo davanti a me. Andy si schiarì la voce «Debby, lui è Austin.» mi presentò spostando una mano da me al ragazzo «Austin, beh tu sai chi è lei.» rispose aggiungendo una breve risatina alla fine.
 
Austin mi prese la mano e portandosela alla bocca baciò il dorso «Piacere di conoscerti.» rispose dopo aver staccato le sue labbra dalla mia mano e avermi lanciato un sorriso il quale esitai un po’ a ricambiare. Mi tirò per la mia mano e mi attaccò a se. Avvicinò la sua bocca al mio orecchio «Vieni fuori.» mi sussurrò prima di staccarsi dal mio corpo e uscire dal locale.
 
Rimasi per un po’ scossa da quello che è appena successo, ma decisi che avrei seguito quello che Austin mi aveva detto di fare, ovvero di seguirlo. Spinsi un po’ di gente troppo impegnata a ballare o a ubriacarsi e finalmente riuscii ad uscire dal locale. Feci il giro dell’edificio e andai nel giardino sul retro. Austin era in piedi e probabilmente mi stava aspettando. Appena mi vide mi sorrise e io gli sorrisi di rimando. Riportò lo sguardo sul pacchetto di sigarette e ne estrasse una. Dopo averla accesa se la portò alla bocca inspirando il fumo.
 
«Ehm, allora, perché mi hai chiesto di venire fuori?» chiesi un po’ titubante e allargando le braccia per indicare tutto quello attorno a noi.
 
Buttò fuori il fumo e mi sorrise «Penso che tu conosca Justin Bieber.» chiese riportandosi la sigaretta alla bocca.
 
Corrugai le sopracciglia «Si, certo.» risposi annuendo.
 
«Cosa ti ha detto quando se n’è andato?» mi chiese buttando la sigaretta e pestandola con la suola delle sue Nike.
 
Non riuscivo più a connettere nulla. Perché Austin voleva sapere cosa mi aveva detto Justin quando se n’era andato? Cosa c’entrava con lui? Guardai atterra con le sopracciglia corrugate cercando di ricordare «Mi ha detto che non poteva più stare da me perché doveva andare via e non dovevo chiedergli perché: è tutto un segreto.» dissi rialzando lo sguardo per ritrovarmi Austin che mi fissava da capo a piedi.
 
Sogghignò voltandosi verso di me e avvicinandosi lentamente «Ti ha detto altro, non è vero?» chiese continuando con quel suo sorriso da cui non riuscivo a trarre significato.
 
Scossi la testa cercando di ricordare il più possibile «Mi ha detto che ci sarà qualcuno al posto suo riguardo James Crox.» risposi tutto ad un fiato temendo di aver aperto bocca un po’ troppo.
 
«Perfetto, era quello che volevo sentirti dire.» disse arrestando i suoi passi a poca distanza da me «Io conosco benissimo Justin e mi ha anche parlato molto di te, ma non pensavo fossi così dannatamente…» si interruppe per cercare la parola adatta da attribuirmi, ma nel frattempo mi accarezzò la guancia sinistra con le sue mani calde e il tocco delicato «… tranquilla a parlare di queste cose con una spia che conosci a malapena.» continuò facendo scorrere una la mano sotto al mio mento. Io non ero stata del tutto tranquilla durante la nostra conversazione anzi, ero del tutto preoccupata.
 
«Grazie. Quindi Andy è il ragazzo che dovrebbe tenermi sotto controllo?» chiesi mordendomi il labbro inferiore mentre giocavo con un velo della gonna di cui era fatto il mio vestito. Passò ad accarezzarmi i miei capelli rossicci quasi arancioni.
 
«No.» rispose staccando la mano dai miei capelli.
 
«Allora è uno dei ragazzi che erano con te nel pub?» chiesi indicando con il pollice l’edifico alle mie spalle.
Rise di nuovo per poi mettersi le mani nelle tasche facendo fuoriuscire entrambi i pollici «No.» rispose sorridendo.
 
Alzai le mani rivolgendo i palmi al cielo e le sopracciglia corrugate «E allora chi sarebbe?» chiesi riportando le mani lungo i fianchi «Tu?» chiesi indicandolo.
 
Alzò le spalle facendo una smorfia di sufficienza «Forse si o forse no.» rispose riabbassando le spalle e portando la sua espressione a quella normale «Potrei essere io, ma cosa te lo dice?» rispose tirando fuori dalle tasche le mani.
 
Io, invece, feci il contrario: portai le mie mani all’interno delle tasche nere di pelle della mi giacca aperta «Il fatto che tu mi stia facendo questa sottospecie di interrogatorio.» risposi allargando le mie braccia con le mani sempre nelle tasche calde.
 
Storse la bocca come se stesse pensando «Può essere un’ipotesi.» rispose portando la sua bocca normale «Ma, secondo te, Justin avrebbe davvero scelto me?» chiese di nuovo indicandosi con le mani appoggiate al petto. Annuii semplicemente «E da cosa lo hai capito?» chiese incrociando le braccia al petto.
 
«Prima mi hai detto che conoscevi benissimo Justin, quindi…» risposi non terminando la frase non sapendo come andare avanti.
 
Sogghignò «Pensavo che non mi stessi ascoltando.» affermò.
 
«Se c’e di mezzo la mia vita farei di tutto.» risposi semplicemente. La mia risposta non fu di getto. Avevo esitato parecchio prima di rispondergli perché inizialmente la risposta doveva essere del tutto diversa da quello che mi è uscita dalla bocca. “Se c’è di mezzo Justin farei di tutto.” In teoria doveva essere quella, ma non volevo che Austin pensasse che tra me e Justin ci fosse qualcosa, perché non c’era assolutamente nulla se non qualche insignificante bacio privo di significato.
 
Sogghignò di nuovo «Va bene, credo che tu sappia come funziona da noi.» disse gesticolando con le mani «Uccidiamo le altre spie avversarie o quelle che ci devono qualcosa ma non ce lo danno.» continuò guardandomi negli occhi. Annuii per fargli capire che avevo afferrato il concetto «James Crox, ci deve la vita.» rispose sputando tutte le parole con schifo.
 
«Perché?» chiesi corrugando le sopracciglia per la millesima volta in quella sera.
 
«Non mi va di parlarne qui. Qualcuno potrebbe sentirci. Ti porto a casa tua e ne parliamo.» disse facendo un cenno verso la sua auto nera. Annuii e ci dirigemmo all’auto. Dopo tre quarti d’ora eravamo in camera mia. Forse era arrivato il momento si sapere di più su James.
 
Ma ancora non riuscivo a capire: chi è il ragazzo che deve starmi accanto durante l’assenza di Justin?
_____________________________________________________________
ok, me lo dico da sola, 
il capitolo non è il massimo, ma cercate di capirmi,
non mi sono connessa tutta la settimana e il capitolo l'ho finito adesso.
non so quando riuscirò a postare il 23 dato che devo iniziare ancora a scriverlo.
comunque, come va?
cosa ne pensate del capitolo?
se avete intuito qualcosa, inviatemela nei messaggi privati oppure direttamente nelle recensioni.
nello scorso capitolo ho ricevuto solo 13 recensioni :/
riusciamo ad arrivare a 17? anche se il capitolo non le merita.
ci vediamo al prossimo capitolo 
kiss kiss 
xjustinssmile.
Austin:

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Capitolo 23
*** 23. ***


Capitolo 23

 

Debby’s Point Of View.
 
Eravamo seduti sul mio letto matrimoniale e Austin mi stava parlando, ma ovviamente non ci stavo dando peso. Ma un’idea mi venne in mente. Dovevo assolutamente sapere il motivo perché Justin se n’era andato. 

«Perché Justin se n’è andato?» chiesi interrompendolo su qualcosa a cui non avevo dato ascolto.
 
Sogghignò «Se non ha voluto dirtelo lui, vuol dire che non dovrò dirtelo neanche io.» rispose alzando le spalle.

«Justin mi ha detto che non sa nulla, ma io so che non è vero.» dissi puntandogli il dito contro mentre mi infilai con le gambe sotto le coperte.
 
«Niente da fare, non te lo dico.» rispose scuotendo la testa.

Sospirai e mi portai le mani sul viso ormai completamente struccato.
 
«Voi e i vostri fottuti segreti, io non ne posso più.» risposi stendendomi sul letto e tirandomi la coperta fin sopra alla testa. Sotto le coperte serrai la mascella e digrignai i denti varie volte per cercare di contenere la mia rabbia che in quel momento mi stava assalendo. Se Justin mi avesse spiegato tutto prima, ora sarebbe molto più facile e probabilmente non me la starei prendendo con Austin.

«Ascoltami Debby.» disse Austin con tono di rassegnazione «Io ti dirò tutto, ma promettimi che non ne farai parola con Justin, va bene?» continuò. Mi tolsi le coperte dalla testa e mi sedetti per ascoltarlo ed incitarlo ad andare avanti. Annuii e prima di cominciare a parlare sospirò «Justin si sposerà.» rispose di getto mordendosi il labbro inferiore e guardando verso di me per studiare le mie mosse.


Spalancai la bocca «S-Sposarsi?» chiesi balbettando e avvicinandomi meglio ad Austin.

Lui annuì «Si. Penso che ti abbia spiegato come funzionano i matrimoni da noi.» rispose continuando a fissare il pavimento «Si fa tutto per soldi e potere.» continuò per poi spostare lo sguardo su di me.

«Perché proprio Justin?» chiesi giocando con la manica della mia felpa grigia. La notizia mi aveva spezzato il cuore. Non ero innamorata di Justin, ma almeno poteva spiegarmi tutto senza che io venissi a saperlo da qualcun altro.


«Lui è quello più grande dei figli di Jeremy e ha già diciannove anni, quindi è un suo dovere sposarsi con una ragazza sempre diciannovenne di un’altra società.» rispose continuando a guardarmi. Mi portai di nuovo le mani sul viso.

«Ti prego, dimmi che è tutto uno scherzo.» mormorai in preda alla disperazione. Quando non sentii una risposta da parte sua nascosi il mio viso più approfonditamente nelle mie mani. Mi morsi il labbro mentre le lacrime cominciavano a rigare le mie guance. Io tenevo tantissimo a Justin e questa notizia mi ha totalmente scossa. Io non avrei mai voluto perderlo, ma sapevo che prima o poi tutto questo sarebbe accaduto. Cominciai a singhiozzare come non avevo mai fatto prima. Il braccio di Austin mi avvolse per la vita e mi strinse più a sé baciandomi la testa.

«P-Perché se n’è andato? Deve già sposarsi?» chiesi togliendo le mani dal mio viso e guardando Austin.
 
«No, stanno organizzando tutto.» rispose scuotendo la testa.
 
Tirai su con il naso «Dov’è andato di preciso?» chiesi asciugandomi le guance con le maniche della mia felpa.

«Nel New Jersey.» rispose fissando il pavimento.
 
«Tra quanto ritorna?» gli chiesi di nuovo.
 
«Dovrebbe ritornare ad Aprile o forse più tardi tipo Giugno.» rispose. Cominciai di nuovo a piangere. Mi accoccolai al petto di Austin giocando con il lembo della mia maglietta «So quanto tieni a lui.» disse Austin stringendomi più a sé «E so anche cosa stai provando ora.» continuò appoggiando la guancia sulla mia testa prima che potessi rivolgergli uno sguardo interrogativo.


«Perché? È successo anche a te?» gli chiesi leggermente incuriosita dalla sua affermazione.
 
«Si. Ero innamorato perso di una ragazza che faceva parte di una società del Texas. Ci eravamo incontrati poche volte ma abbastanza per farmi capire che mi piaceva davvero. I nostri capi società ci avevano vietato di vederci così lo cominciammo ad uscire di nascosto e da quell’amicizia nasce l’amore. Siamo stati fidanzati per due anni fino a quando lei non ha dovuto sposarsi e per questo trasferirsi in un altro Paese del tutto sconosciuto a tutti. Adesso sono anni che non ci vediamo e parlare di questo mi fa ricordare tutto ciò.» rispose con un velo di tristezza negli occhi mentre continuava a fissare fuori dalla finestra. Questa volta fui io ad abbracciarlo posando la testa sulla sua spalla.

«Mi dispiace.» risposi. Non era bello vedere la persona che ami sposarsi con un’altra per poi lasciarti da solo. Mi ricordo perfettamente con il mio primo ragazzo: ero molto innamorata di lui, ma come al solito lui mi ha usata solo per avvicinarsi ad Alice la quale accettò volentieri la sua proposta di diventare la sua ragazza. Aveva fatto tutto ciò alle mie spalle, senza dirmi nulla e senza cercare di capire come avrei reagito. Sono state delle settimane tremende quelle che seguirono l’accaduto. Alice e il mio ex-ragazzo erano sempre in corridoio a baciarsi o a scambiarsi effusioni. Di tanto in tanto lui mi lanciava occhiatine che per me sembravano frecce infuocate che mi colpivano dritta al cuore. Spesso mi rinchiudevo dei bagni e piangevo in silenzio per evitare che qualcuno mi sentisse. Da quando mi sono trasferita qui mi sono promessa che lo avrei dimenticato e insieme a lui anche tutto quello che successe dopo. E ci sono riuscita. Era una grande vittoria per me.


«Non devi. È acqua passata.» rispose ricambiando l’abbraccio avvolgendo il braccio attorno alla schiena e cominciare ad accarezzare quest’ultima «So quanto tieni a Justin.» ripetè facendomi alzare il viso verso di lui.

«Si, come amica.» risposi con chiarezza marcando la parola ‘amica’.
 
Scosse la testa sorridendomi «Io credo che tra te e lui ci sia qualcosa o nascerà qualcosa.» rispose continuando a sorridermi e scrutando ogni minimo mio movimento.

«Solo amicizia, nient’altro.» risposi abbassando la testa per nascondere un leggere rossore sulle mie guance.
 
«Non ne sarei così sicuro.» rispose posando due dita sotto il mento «Non ti saresti nascosta.» rispose alzandomi il mento e guardandomi. Sorrisi e ritornai rossa, ma questa volta il colore era più evidente «Non avere vergogna di confessare i tuoi sentimenti. Sono cose normali.» mi intimò sorridendomi dolcemente.

«Lo so.» risposi prendendo la sua mano che ancora reggeva il mio mento cominciando a giocarci e di conseguenza portando l’attenzione su di essa «Temo solo che non ricambi o che qualcosa possa cambiare tra noi.» dissi sospirando e smettendo di giocare.
 
«Io credo di no. Penso che anche Justin provi qualcosa, ma lo nasconde molto bene.» rispose appoggiandosi con i gomiti sulle ginocchia.


«Io penso che a lui non importi di me. Sono la sua amica e questo gli basta.» risposi alzando le spalle con tristezza.
 
«Non è così fidati.» rispose non essendo d’accordo con la mia affermazione precedente. Sorrisi per la sua preoccupazione nei miei confronti «Sareste un bella coppia.» continuò facendomi arrossire violentemente. Questo ragazzo sembrava un sensitivo o una di quelle persone che prevedono il futuro «E anche i vostri figli saranno belli.» continuò.

Alzai lo sguardo a bocca aperta e gli mollai uno schiaffo -del tutto in dolore per lui- sul bicipite «Austin!» gridai cominciando a ridere «Non c’è niente tra di noi, figurati dei bambini!» continuai ridendo.


«Dovevo dirlo!» rispose interrompendo un attimo le risate per riprendere fiato. Mi fermai lentamente e finalmente smisi di ridere appoggiando una mano sulla mia pancia dolorante dalle troppe risate.

«Grazie.» gli dissi tutto ad un tratto sistemandomi i capelli dietro le orecchie.
 
«Di cosa?» chiese corrugando le sopracciglia e inclinando la testa.
 
«Per avermi spiegato il perché Justin se ne sia andato.» risposi sorridendogli timidamente.
 
«Di niente, anche se non era un mio compito dirtelo. Dovrebbe essere di Justin perché riguarda lui.» rispose alzando le spalle per intendere ‘non importa’.
 
«E grazie per avermi tirato su il morale.» continuai.
 
Agitò la mano dicendomi che non era una cosa importante, ma ne era comunque contento.
 
«È tardi, devo andare. Ci vediamo domani.» rispose alzandosi dal letto e andando alla finestra prima di essere bloccato per il braccio da me. Lo tirai per quest’ultimo e gli diedi un bacio sulla guancia. Quando si allontanò mi sorrise e ricambiò anche lui come avevo fatto io. Lo lasciai e poco dopo era sulla sua macchina nera diretto non so dove.

Mi addormentai con il sorriso e con due domande a cui avevo finalmente dato una risposta. La prima: Austin doveva rimanere con me e seconda ma non meno importante, adesso era ovvio e evidente: provo qualcosa per Justin, ma non è semplice amicizia. 



La mattina seguente mi svegliai con lentezza siccome era sabato. Mi alzai dal letto e ancora con indosso la felpa enorme di colore grigio che avevo rubato a Justin prima che mi dicesse della sua partenza. Mi diressi in bagno e mi feci una doccia insaponandomi e lavandomi i capelli lentamente creando, così, tanta schiuma. Dopo essermi sciacquata tutta uscii dalla doccia avvolgendomi in un asciugamano. Ritornai in camera e scelsi i vestiti da indossare [ http://www.polyvore.com/cgi/set?id=98849040&.locale=it ]. Mi truccai leggermente e poi dopo aver afferrato il mio cellulare mi diressi fuori da casa diretta verso Starbucks. Non presi neanche la macchina, avevo voglia di camminare e poi era sabatoe non avevo nessun impegno.

Arrivai e ordinai un milk-shake. Presi posto su uno dei divanetti e cominciai a sorseggiare quello che avevo appena acquistato. Una mano calda si posò sulla mia spalla facendomi sobbalzare e di conseguenza distogliere l’attenzione dal mio cellulare. Appena alzai lo sguardo scattai subito in piedi.


«Austin!» gridai abbracciandolo.
 
«Ehi Debby, dormito bene?» mi chiese staccandosi dall’abbraccio e sedendosi sul divanetto verde davanti a me.
 
«Si, abbastanza.» risposi anche se non era del tutto vero. Avevo dormito male per le mille domande che continuavano a passarmi per la mente. Tutto questo mi ha reso difficile il sonno.
 
«Andiamo a fare un giro?» mi chiese indicandomi con la testa la porta d’ingresso alle mie spalle.
 
Sorrisi «Certo, andiamo.» risposi alzandomi dal divanetto. Uscimmo dal locale e cominciammo a camminare senza una meta precisa mentre parlavamo e ridevamo come dei vecchi amici quando in realtà ci siamo incontrati solo ieri.
 
Credo di poter riuscire ad aspettare il ritorno di Justin con l’aiuto di Austin, ma nulla è sicuro. Ma soprattutto: riuscirò ad aspettarlo senza che mi accada qualcosa?

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ehi ragazze come va?
allora il capitolo precedente non era il massimo ed era solo di passaggio.
questo invece serve per farvi capire chi è Austin e che cosa succederà a Justin o meglio il matrimonio.
non so perchè questa idea, mi è venuta così e poi ho già pensato al finale della storia lol.
il traile di Darkness sarà pronto SOON.
de resto credo di non aver nient'altro da dire. 
qualsiasi domanda o nei messaggi privati o su twitter  ( 
http://twitter.com/shedreamsbieber ) oppure nelle recensioni e io vi
risponderò nei messaggi normali.
allora, secondo voi cosa succederà? nascerà qualcosa tra Debby e Austin oppure no?

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Capitolo 24
*** 24. ***


Capitolo 24

 

Debby’s Point Of View.
 
Stavamo tranquillamente passeggiando per le piccole vie della città. Austin parlava e io lo ascoltavo dedicandomi ogni tanto al mio milk-shake. Era tutto davvero calmo per essere solo Sabato, di solito c’erano molti ragazzi in giro.
 
«Andiamo al parco?» chiesi buttando la confezione della mia bevanda in un cestino poco più distante da noi.
 
«Va bene, andiamo.» rispose. Tornammo sui nostri passi e lentamente ci dirigemmo al parco.

Quando arrivammo raggiungemmo il piccolo laghetto che era presente proprio al centro. Cominciammo a passeggiare intorno ad esso mentre io guardavo fisso a terra e mi perdevo nei miei pensieri come mi era solito fare. Austin indicò una panchina e io distrattamente annuii seguendolo e sedendomi su di essa accanto a lui. 
 
Appoggiai la testa sulla sua spalla «Mi manca Justin.» dissi guardando una coppietta che si scambiava effusioni sdraiata su un telo a terra.

Austin sospirò capendo la mia nostalgia «Mi dispiace, tornerà presto, te lo prometto.» rispose accarezzandomi una spalla.
 
Annuii semplicemente «Ma tu non devi essere sposato? O devi ancora sposarti?» chiesi portando le gambe al petto.
 
Sogghignò e stese il braccio, che usò per accarezzarmi la spalla, lungo lo schienale della panchina «No, ho diciassette anni.» rispose fissandomi e sorridendomi come se mi stesse prendendo in giro.

Rimasi per un secondo a bocca aperta «Davvero?» chiesi rimanendo sempre con la bocca spalancata. Annuii cominciando a ridere «Non li dimostri affatto!» risposi cominciando a ridere.
 
Continuava a ridere «Lo so, me lo dicono in molti.» disse continuando a ridere. Gli tirai un leggero schiaffetto sulla spalla.
 
Feci la finta offesa «Non ridere! Non lo sapevo.» dissi nascondendo il mio viso tra le mie gambe ancora piegate al mio petto.

Continuava a ridere nonostante gli avessi detto di smettere «Non potevi saperlo, ti perdono.» rispose facendo terminare le risate e prendendo vari lunghi respiri per alleviare il dolore alla pancia.
 
Tornò a fissarmi e inclinò la testa verso la mia destra. Feci lo stesso anche io «Mi perdoni?» gli chiesi sporgendo all’infuori il mio labbro inferiore. Gli chiedevo perdono per l’errore commesso poco prima, insomma, gli avevo praticamente detto che non dimostrava diciassette anni ma ne dimostrava di più e che io sappia, non penso sia carino da sentire.
 
Sogghignò «Si.» rispose semplicemente. Battei le mani fingendo felicità, ma quando vidi che Austin non si mosse, riportai il mio labbro inferiore all’infuori e allungai le braccia verso di lui per dirgli che volevo un abbraccio.

Rise di nuovo e, scivolando sulla panchina, si avvicinò a me e avvolse le sue braccia intorno alla mia schiena e posizionò la sua testa sopra la mia.
 
Si staccò e mi guardò per un momento «A proposito.» disse bloccandosi per un momento come per creare suspense «Ieri mi ha chiamato Justin.» continuò ma si bloccò sempre. Al suono di quel nome i miei occhi si illuminarono e diventai, improvvisamente, interessata a quello che voleva dire. Lo stava facendo apposta.


Ero diventata leggermente impaziente «E…?» lo incitai a mandarlo avanti. Avevo il cuore che batteva a mille e i palmi delle mie mani sudati.
 
Sorrise a causa della mia impazienza «Ha detto che tornerà a giugno.» disse per poi cominciare a giocare con i suoi pollici «E che gli manchi tantissimo.» disse. Sul mio viso si allargò un sorriso e mi morsi il labbro inferiore per evitare di cominciare a gridare per tutto il parco dalla felicità. Ero così contenta, temevo che si fosse dimenticato di me. 

Continuavo a sorridere «Mi manca tanto anche lui.» risposi abbassando lo sguardo e continuando a mordicchiare il mio labbro inferiore, oramai era diventato un vizio.
 
Si voltò verso di me e sorrise «Aww.» disse prima di spostarmi i capelli del viso mettendo in mostra il rossore sulle mie guance. Prese quest’ultime tra i pollici e cominciò a strizzarmele giocosamente.
 
Gli presi i polsi facendolo fermare «Diamine Austin.» dissi riuscendo a staccare la presa dalle mie guance «Fa male.» risposi massaggiandomele per tentare di alleviare il dolore.

Rise «Scusa.» mi disse «Però ti dona il rosso.» continuò indicandomi la guancia destra. Tastai leggermente quest’ultima per sentirla calda forse per quello che aveva combinato Austin prima che riuscissi a fermarlo. Non risposi e gli sorrisi.
 
Sbirciai l’ora sullo schermo del mio telefono «Austin, è tardi, ti va di venire da me?» chiesi con un pizzico di timidezza nella mia voce.

Ci pensò per una frazione di secondo e poi mi sorrise «Va bene.» rispose annuendo contemporaneamente. Si alzò dalla panchina e mi tese la mano per aiutarmi ad alzarmi. Cominciammo a camminare uno affianco all’altro verso casa mia.
 
Arrivammo e mi chiusi la porta alle spalle dopo aver fatto entrare anche Austin. Mi diressi verso il frigo e cercai qualcosa da mettere sotto i denti che piacesse ad Austin. Nulla. Apri le credenze sopra il piano cottura. Niente.
 
«Ordiniamo della pizza?» chiesi indicando il telefono di casa che avevo precedentemente afferrato dal muretto che separava la cucina dal salotto dove si era accomodato Austin.


Alzò le spalle «Per me va bene.» rispose sorridendomi. Gli sorrisi di rimando e, dopo aver digitato il numero della pizzeria, ordinai le pizze le quali arrivarono dopo un quarto d’ora.
 
Stavamo mangiando mentre guardavamo un film di cui non conoscevo il titolo, perché è stata la prima cosa che mi è capitata davanti quando ho acceso la televisione. Mentre mettevo in bocca l’ultimo pezzo di pizza, mi persi nei miei pensieri. Mi sarebbe sempre piaciuto mangiare la pizza mentre guardavamo un film in televisione. Già mi sarebbe sempre piaciuto con Justin. Scossi la testa cercando di scacciare il pensiero, ma senza risultato perché rimaneva sempre lì fisso come se volesse mettermi alla prova, come se volesse vedere se sarei riuscita a trattenere le lacrime, come per mettere alla prova la mia fragilità, come per mettere alla prova se sarei riuscita a resistere fino a giugno senza vederlo, senza una sua chiamata, senza un suo messaggio, senza niente se non il costante pensiero riguardo a lui.


Sono passati esattamente cinque mesi da quella sera. Eravamo a giugno e continuavo a pensare a quando Justin sarebbe arrivato. Ho continuato a frequentare Austin, ma non ci siamo mai spinti oltre ad un semplice abbraccio eravamo solo migliori amici. Del resto non era cambiato nulla. Era una calda domenica di giugno, mi alzai dal letto e mi diressi subito verso l’armadio a scegliere dei vestiti da poter indossare [ 
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=99465876&.locale=it ] mi diressi in bagno, mi feci una doccia e dopo essere uscita mi vestii e asciugai i capelli lasciandoli leggermente umidi. Presi il telefono e lo portai in tasca prima di scendere al piano inferiore e uscire di casa chiudendomi la porta alle spalle. Cominciai a camminare e mi diressi da Starbucks a fare colazione e prendere il mio solito milk-shake.  


Dopo essere uscita dal bar, mi avviai verso la spiaggia desolata. Camminai sul bagnasciuga mentre sorseggiavo la mia solita bevanda. Mi squillò il cellulare così mi fermai e mi sedetti sulla sabbia. Mi sarebbe sempre piaciuto stare seduti sulla fresca sabbia insieme a Justin, dovevo ammetterlo, ma probabilmente non sarebbe mai accaduto.

Estrassi il telefono dalla tasca e lo sbloccai accettando la chiamata «Pronto?» dissi subito dopo che portai il telefono all’orecchio.
 
«Ehi Debby, sono Austin.» rispose dall’altro lato della linea.
 
Sorrisi «Ehi Austin, cosa c’è?» chiesi mettendo il mio milk-shake in mezzo alle mie gambe.
 
Dopo un secondo di silenzio sentii la sua voce «E’ giugno, il mio turno è finito.» disse. Non risposi.
 
«Riesci a venire in spiaggia?» chiesi portandomi una mano sulla mia fronte.

Scossi la testa. Presi un respiro profondo «Non devi. Lo sapevo che saresti dovuto andare via.» risposi riponendo il telefono nella mia tasca. Mi avvicinai a lui e avvolsi le braccia attorno al su collo stringendolo in un abbraccio.
 
Sospirai «Mi mancherai anche tu.» mormorai. Stringendolo più forte. Sentii le sue braccia scivolare lentamente verso la mia vita per poi stringerla. Mi tirò su fino a non riuscire più a sentire la sabbia sotto i miei piedi. Mi fece ritornare con i piedi a terra e sciolse l’abbraccio che, secondo me durò fin troppo poco. 

Si allontanò e mi tenne per le spalle «Spero di rivederti presto.» disse abbassando e lasciando riluttante la presa alle mie spalle. Si allontanò e salì su quella che pensavo fosse la sua macchina.
 
Mi sarebbe mancato tantissimo, era l’unica persona con cui riuscivo a confidarmi dopo Justin. Austin era una persona davvero gentile e non meritava di soffrire per quella ragazza. Anche se non lo dimostrava, ma io lo potevo capire bene, lo leggevo nei suoi occhi.


“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”, dicono e non è per niente sbagliato. Austin stava male, provava ancora qualcosa di forte per quella ragazza di cui non conoscevo ancora il nome. Volevo aiutarlo, ma non sapevo cosa fare. Ora che se n’era andato il mio tentativo di aiutarlo si era dissolto nell’aria, perso. Mi sentivo ancora male. Austin ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a superare quello che gli è accaduto anni fa. 


Mi sento in colpa. Se non fosse stato per me, Austin ora stava meglio, ma come al solito rovino sempre tutto.
 
Camminai fino al bagnasciuga e mi fermai, immobile a vedere le onde che bagnavano la sabbia rendendola di un colore più scuro. Buttai il contenitore del mio drink in un cestino posto poco più avanti da dove ero io.
 
Ritornai nella stessa posizione di prima. Il cielo era diventato grigio e si era alzato il vento. L’acqua non era più limpida come quando sono arrivata stamattina, ma aveva un colore scuro. Portai le mie mani sulle braccia cominciando a strofinarle su quest’ultime.
 
Sospirai, mi sentivo così sola, persa. Mi mancava tantissimo Justin. Quel ragazzo oramai era diventato la sostanza dei miei pensieri; non c’era giorno in cui non pensavo a lui. Ma era tutto sbagliato. Presto si sarebbe sposato e si sarebbe dimenticato di me proprio come è successo ad Austin.

I miei pensieri furono interrotti da due mani che si posarono delicatamente sui miei occhi e da un corpo caldo di qualcuno che aderì perfettamente contro il mio. Tolsi le mani dalle mie braccia e le portai sulle mani dello sconosciuto alle mie spalle. Ne tastai ogni singola forma per cerare qualcosa che avrebbe aiutato a riconoscere la persona misteriosa.
 
Forse avevo capito di chi si trattasse, ma mi voltai lentamente fino a ritrovarmi faccia a faccia con lo sconosciuto. La mia bocca si aprì in un sorriso e i miei occhi si illuminarono dimenticando tutta la tristezza di prima.
 
Non potevo crederci. Mi buttai tra le sue braccia con gli occhi pieni di lacrime. Lo strinsi forte a me come se avessi paura di perderlo. Le sue braccia scivolarono lungo la mia vita e mi strinse più a sé facendomi alzare e di conseguenza circondai il suo bacino con le mie lunghe e sottili gambe.

Sembrava tutto un sogno, ma forse per una volta non lo era.


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eccomi de nuevo chicasssss, 
lo so non è il massimo, prometto che il prossimo sarà il capitolo più dolce che abbiate mai letto.
mi serve un aiutino: sto facendo il trailer della storia e mi serve una canzone di sottofondo. 
io ho pensato che Decode dei Paramore vada bene, voi che ne pensate?
se avete dei suggerimenti scrivetemeli pure nelle recensioni.
io ho aggiornato, ma nel in questo capitolo vorrei almeno 10 recensioni anche se so che non le vale per niente.
pregate per me: settimana prossima non vi assiucuro che riuscirei ad aggiornare, sono piena di verifiche e interrogazioni...
ci vediamo al prossimo capitolo
kiss kiss,
shedreamsbieber.

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Capitolo 25
*** 25. ***


Capitolo 25
 
Debby’s Point Of View.
 
Cominciò a girare su se stesso tenendomi ben stretta a sé. Lentamente si abbassò fino a sedersi sulla sabbia con me a cavalcioni sul suo bacino. Era tornato, mi sembrava tutto così surreale, così finto. Non riuscivo a crederci che lo stavo stringendo tra le mie braccia di nuovo dopo cinque mesi che non lo vedevo. Ne ero certa, una lacrima aveva rigato il mio volto arrivando vicino alla spallina della canottiera rossa che indossava abbinata a dei pantaloncini neri e ai piedi delle Vans rosse da dove si potevano perfettamente notare i calzini bianchi. Portava degli occhiali e un cappellino di lana fuori stagione.
 
«Mi sei mancato tantissimo.» sussurrai senza voce per poi posare un bacio sulla sua spalla muscolosa.
 
«Anche tu piccola, anche tu.» disse. Sciolse l’abbraccio e, prima che lo potesse notare, mi asciugai la guancia dalla lacrima di prima. Mi prese il viso tra le mani guardandomi attraverso le lenti scure  degli occhiali. Fece sfiorare il mio naso con il suo e a un soffio dalle mie labbra parlò «Non ho la minima idea di come sia riuscito a non vederti per tutto questo tempo.» disse.
 
Sfiorai volutamente il mio labbro inferiore contro il suo «Neanche io lo so.» risposi. Gli tolsi il cappellino e lo indossai, aveva un odore buonissimo. Come lui. Sorrise quando lo indossai. Posai una mano sul suo petto e lo spinsi verso il basso appoggiandosi sui gomiti. Mi avvicinai al suo viso appoggiando le mani sulla sabbia vicino alle sue. Feci scontrare la mia punta del naso contro la sua, proprio come aveva fatto lui poco prima.
 
Passai a guardare le sue labbra. Così perfette, rosee, calde e morbide. Passai un dito su di esse. Avevo una voglia matta di assaporarle ancora, ma non volevo essere rifiutata.
 
Lo sentii deglutire e potei notare chiudere i suoi occhi coperti dagli occhiali scuri «Ti prego, fallo.» mormorò rimanendo immobile.
 
Mi inumidii le labbra e lo stesso fece lui. Mi avvicinai lentamente fino a quando non eliminai le distanze sentendo le sue dolci labbra combaciare perfettamente con le mie. Portai la mia mano dietro la sua testa per avvicinarlo di più mentre giocavo con i suoi capelli più corti. Intrappolai il suo labbro inferiore tra le mie e nello stesso tempo lui fece la stessa cosa, ma con il mio labbro superiore.
 
«Non riesco a starti lontano.» sussurrò.
 
Passai ad accarezzargli la guancia destra «Neanche io riesco a starti lontana.» sorrise mostrando i suoi denti perfettamente bianchi. Gli sorrisi di rimando.
 
Sospirò «Piccola?» mi chiamò abbassando lo sguardo. Risposi con un ‘mh’ e continuai a fissarlo mentre deglutiva ripetutamente «Tutto quello che sto per dirti è sbagliato, ma non riesco più a trattenere tutto dentro. Tu…» si bloccò sospirando di nuovo. Sembrava… nervoso? «Ecco, tu mi piaci e non poco, avrei voluto dirtelo il giorno di Natale, ma poi sarei dovuto andare via e avresti sofferto più di quanto tu non lo avessi già fatto, quindi ho aspettato.» si morse il labbro inferiore e poi aggiunse «Mi piace tutto di te: i tuoi capelli, i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo corpo da dea, il modo in cui ti sei preoccupata per me a Natale. Tutto.» aggiunse aspettando poi una mia risposta.
 
Sorrisi e feci combaciare di nuovo le mie labbra con le sue. Sorrise ne bacio. Si sedette e piegando le ginocchia fece appoggiare la mia schiena su queste ultime. Lentamente fece salire le sue mani dalle mie cosce ai miei fianchi. Rabbrividii al tocco delle sue mani calde a contatto con la mia pelle fresca.
 
Mi staccai per rispondergli «Anche tu mi piaci e non poco.» dissi ad un soffio dalle sue labbra. Stavo per riavvicinarmi, ma Justin si tirò in dietro e mi sorrise «Mi piace il modo in cui mi tratti: mi fai sentire come se esistessi solo io, mi piacciono le tue labbra e i tuoi occhi: ogni volta che li guardo mi ci perdo.» continuai fissando i suoi occhi caramello da dietro le lenti scure dei suoi occhiali.
 
Continuando a sorridere si avvicinò a me e mi lascio tanti piccoli baci a stampo sulle labbra «Avrei sempre voluto dirtelo.» sussurrò a poca distanza dalle mie labbra «Ma temevo di essere rifiutato.» finì. Prese le mie mani e intrecciò le mie dita con le sue. Sorrisi.
 
In quel momento mi sentii in dovere di dirgli tutto quello che mi aveva detto Austin, ma non potevo perché lui mi aveva pregata di non dirgli nulla. Scacciai velocemente il pensiero dalla mia testa e ritornai da Justin che si era dolcemente accoccolato sul mio petto.
 
Ero contenta di quello che mi aveva appena confessato. Mi sentivo al settimo cielo. Era come se qualcuno mi avesse ascoltata mentre spiegavo i miei sentimenti verso Justin ad Austin. Non avevo idea di come ci eravamo incontrati sulla stessa strada, ma in questo momento non mi importava più di tanto.
 
«Piccola?» mi chiamò Justin alzando lentamente la testa dal mio petto. Notai un leggero rossore sulle sue guance. Era perfetto anche così.
 
«Si?» gli risposi abbassando lo sguardo verso di lui.
 
«Ti andrebbe di uscire con me, stasera?» chiese mordendosi nervosamente il suo labbro inferiore.
 
Non esitai nemmeno un secondo di più e gli risposi «Si.» gli risposi. Mi fece il sorriso più ampio che abbia mai visto. Mi riavvicinai di nuovo alle sue labbra fino ad annullare del tutto le distanze. Mi erano mancati i suoi baci, la sensazione di avere le sue calde e morbide labbra sulle mie. Portai le mie mani attorno al suo collo mentre lui posò le sue mani sui fianchi. Picchiettai la mia lingua contro il suo labbro inferiore chiedendogli l’accesso che non tardò ad arrivare. Le nostre lingue si incontrarono cominciando a giocare tra loro. Lentamente feci scivolare le mie mani fino ad arrivare ai suoi pettorali tonici.
 
Lentamente si staccò respirando affannosamente come me. Io non essendo soddisfatta, lo avvicinai di nuovo a me e combaciammo di nuovo le nostre labbra. Mi avvicinai più a lui circondando con le mie braccia il suo collo. Justin mi attirò a sé spingendo i miei fianchi versoi suoi e, una volta abbastanza vicina, circondò la mia vita con le braccia.
 
Appoggiai una mano sul suo petto e lui lentamente si allontanò. Entrambi respiravamo a fatica e cercavamo, in qualsiasi modo possibile, di riprendere fiato.
 
Passò ad accarezzarmi la guancia sinistra «Mi sono mancati tantissimo i tuoi baci.» disse fissando le mie labbra bagnate.
 
Gli sorrisi e li lasciai un soffice bacio sulle sue «Anche a me sono mancati i tuoi.» dissi. Mi sorrise anche lui e mi lascio un bacio a stampo come avevo fatto io.
 
«Passeggiamo un po’?» chiesi guardando il bagnasciuga e le onde color grigio che scivolavano su di esso. Justin annuì così, mi alzai prima io, visto che ero sopra di lui, e poi si alzò anche lui. Mi pulii i pantaloncini dalla sabbia e notai che Justin fece lo stesso. Estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni neri e, estraendone una, la portò alla bocca accendendola. Dopo averla accesa, portò l’accendino e il pacchetto nella tasca di prima. Prese la sigaretta tra l’indice e il medio e buttò il fumo dalla bocca.
 
Mi avvicinai al bagnasciuga e, mentre lo aspettavo, disegnavo forme indefinite sulla sabbia con la mia scarpa. Justin posò un bacio sulla mia tempia e mi incitò ad avvicinarmi a lui per iniziare a passeggiare. Lo raggiunsi e notai che teneva in una mano la sigaretta che portava alla bocca ritmicamente, mentre l’altra raggiunse la mia e intrecciò le nostre dita tra loro. Gli dedicai un sorriso a trentadue denti. Mi avvicinai più a lui e mi appoggiai al suo braccio. Lo sentii sorridere e strinse la presa alla mia mano.
 
Dopo quasi un quarto d’ora, Justin mi indicò un piccolo molo in legno dove non c’era nessuna barca attraccata ad esso. Accelerammo il passo fino a raggiungerlo. Camminammo su di esso e, arrivati alla fine ci fermammo. Justin si sistemò dietro di me circondando il mio collo con le sue possenti braccia. Mi lasciò un dolce bacio sulla guancia e posizionò la sua testa sulla mia spalla data la diversa altezza.
 
«Justin?» chiesi posando la mia mano sulla sua e alzando lo sguardo per guardarlo in faccia. Incrociò il mio sguardo e mi fissò in attesa che io continui «Non ho niente da mettere per questa sera.» dissi. Probabilmente lo avevo fatto preoccupare per niente, ma era proprio questa la mia intenzione.
 
Rise «Mi hai fatto preoccupare, pensavo che avessi cambiato idea su stasera!» rispose continuando a ridere come me «Comunque, non preoccuparti, ci ho già pensato io.» rispose sorridendomi.
 
Gli sorrisi di rimando «Grazie.» risposi. Mi alzai leggermente sulle punte e feci unire le nostre labbra in un bacio e di certo non l’ultimo della giornata.
 
Si staccò e mi sorrise «Questo e altro per te.» rispose. Mi voltai e portai le mie braccia attorno al suo collo, mentre lui posò le sue mani sui miei fianchi. Si chinò verso le mie labbra e io allungai a mia testa verso le sue. Chiusi gli occhi e lo stesso fece lui. Sentii le sue dolci labbra premere dolcemente contro le mie. Siccome ero troppo bassa rispetto a lui mi alzai sulle punte per tentare di raggiungere la sua altezza, ma cosa che mi riuscì alquanto impossibile. Intrufolai senza preavviso la mia lingua nella sua bocca. Gemette per la sorpresa, ma subito dopo le nostre lingue cominciarono a giocare tra loro. Potevo sentire il sapore del fumo, cosa che non mi era mai piaciuta, ma dovevo ammettere che su Justin stava bene. Le sue mani lentamente scivolarono e si avvicinarono una all’altra intrecciando le dita sul fondo della mia schiena attirandomi più a sé.
 
Si staccò lentamente e mi sorrise abbracciandomi «La mia piccola.» disse stringendomi maggiormente e baciandomi una guancia.
 
«Il mio gigante.» risposi ridacchiando sul suo petto. Rise anche lui e mi baciò teneramente la fronte.
 
«Stasera sei tutta mia.» disse nascondendo il viso tra i miei capelli.
 
Risi debolmente «Vedi di riportarmi a casa intera.» gli risposi, scoppiò a ridere rimanendo nella stessa posizione.
 
«Farò il possibile.» disse.
 
 
Mi trovai davanti a casa mia, in macchina con Justin che fissava concentrato la strada mentre tamburellava con le dita sul volante. Oggi in spiaggia sono stata davvero bene con Justin. Non c’era stato nemmeno una briciola di nervosismo o timidezza da parte di entrambi e questo ci ha permesso di arrivare subito alla conclusione. Dovevo ammetterlo: Justin era dolcissimo, era il tipo di ragazzo che avevo sempre desiderato, ma che non ho mai avuto fino ad ora. Le sue labbra…
 
Justin si schiarii la voce «Allora, ci vediamo stasera.» disse voltandosi verso di me e appoggiando il gomito e l’intero avambraccio sullo schienale del sedile.
 
«Già.» risposi giocherellando nervosamente con le mie dita. Ero nervosa, molto. Avevo paura che l’appuntamento di stasera andasse male e magari portare me e Justin ad allontanarci di nuovo.
 
Justin sogghignò «Non essere nervosa, non ti mangerò.» disse prendendo le mie mani tra la sua.
 
Alzai lo sguardo e incontrai il suo, mi morsi il labbro inferiore «Va bene.» risposi prendendo un profondo respiro e riabbassando lo sguardo. Portai la mia mano sulla portiera se spinsi per aprirla. Mentre stavo per chiudere la portiera udii una voce proveniente dall’interno della macchina.
 
«Ehi.» disse Justin sporgendosi verso il finestrino dove c’ero io.
 
Mi affacciai e infilai di nuovo la testa nella macchina, siccome precedentemente Justin aveva tirato giù il finestrino.
 
«Che c’è?» chiesi sorridendogli.
 
Sporse il labbro inferiore all’infuori, facendomi la faccia da cucciolo «Bacino.» rispose semplicemente. Ridacchiai e mi avvicinai a lui baciandolo a stampo. Mi allontanai, ma mentre stavo per superare il cancello di casa mia mi bloccai di nuovo.
 
«Oh, Justin.» lo chiamai togliendomi il suo cappellino dalla testa «Ecco.» dissi porgendoglielo.
 
Lo afferrò e mi sorrise «Grazie piccola.» rispose sorridendomi di rimando. Justin partì ed io entrai in casa fiondandomi sin dal primo momento in camera mia dove trovai sul mio letto un pacco.


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eccomi di nuovo come sempre.
allooooora, innanzi tutto perdonatemi per il ritardo, ma ho dovuto studare molto e questa settimana è stata davvero impegnativa per me.
cooooomunque sono ritornata con un nuovo capitolo, spero vi piaccia. ♥
un'altra cosa: 
http://www.youtube.com/watch?v=mopdq-93W1Y

poi ho trovato una storia da tradurre davvero bella, che inizierò quando avrò finito questa c:
nient'altro, spero vi piaccia tutto.
kiss kiss 
shedreamsbieber

 
spoiler:
«Piccola, sei stupenda.
» mi disse.
[...]
«A cosa pensi?» mi chiese notandomi in sovrappensiero.
[...]
«Grazie.»

 

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Capitolo 26
*** 26. ***


Capitolo 26
 
 
Debby’s Point Of View.
 
Entrai in camera e trovai un pacco sul mio letto. Con aria piuttosto interrogativa, mi avvicinai ad esso aprendo quest’ultimo. Tolsi la carta velina e spalancai la bocca quando mi accorsi cosa quel pacco conteneva. [ 
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=100666135 ] accarezzai con l’indice la stoffa nera del vestito. Portai una mano alla bocca.
 
«Oh mio Dio.» farfugliai contro la mia mano senza staccare gli occhi da quello che avevo davanti. Allontanai la mano dalla mia bocca e la portai sul vestito alzandolo per vederlo del tutto. Lo portai al petto e lo strinsi forte a me e girai su me stessa continuando a sorridere. Lo allontanai ancora da me e poi lo adagiai sul letto per afferrare le scarpe. Christian Louboutin. Saranno costate una fortuna. Mi chinai e le portai ai piedi del letto proprio sotto il vestito. Poi osservai i gioielli e lo posai sul vestito, il colore oro spiccava su quello nero.
 
Eccitata ed emozionata, andai in bagno svestendomi velocemente e buttando tutti i vestiti nella cesta dei panni sporchi. Entrai in doccia e cominciai a lavarmi i capelli facendo tanta schiuma che si posò sulle mie spalle. L’odore di fragola del mio shampoo mi inebriò le narici, rendendomi quasi impossibile respirare.
 
Uscii dalla doccia e notai lo schermo del mio telefono illuminarsi. Lo sbloccai passando il pollice su di esso e l’icona di un nuovo messaggio occupò tutta la schermata. Lo aprii e osservai il mittente. Justin. Sorrisi e cominciai a leggere.
 
«Spero ti sia piaciuto il regalo. Xx »
 
Dio, era così dolce. Mi morsi il labbro inferiore mentre sorridevo.
 
«Si, lo amo. Grazie mille xx»
 
Inviai il messaggio e, mentre attendevo una risposta da parte sua cominciai a pettinarmi. Presi la piastra dal mobiletto sotto il lavandino e l’attaccai alla corrente. Mentre aspettavo che la piastra si scaldasse presi l’eyeliner e accuratamente tracciai una riga sulla palpebra mobile di entrambi i miei occhi. Allungai le mie ciglia con del mascara e applicai del correttore per coprire le eventuali imperfezioni.
 
Riposi i miei trucchi nel mio beauty case e controllai se la piastra fosse calda. Era pronta. Cominciai a passarla sui miei capelli rendendoli lisci. Mi controllai allo specchio e, soddisfatta, riposi la piastra nel mobiletto.
 
Andai in camera e, emozionata, indossai l’intimo e successivamente il vestito. Mi voltai verso lo specchio dove mostrava la mia figura intera. Era della mia taglia e mi calzava a pennello. Mi accarezzai le gambe appena coperte dal vestito. Mi voltai verso il letto e mi chinai per afferrare le mie scarpe. Le indossai dopo essermi seduta sul bordo del letto. Mi rialzai barcollante e fissai di nuovo la mia figura allo specchio. Mi voltai di schiena e notai il rosso fuoco dei tacchi spiccare tra il nero del vestito. Infine indossai i gioielli. Ritornai in bagno e mi spruzzai un po’ si profumo sul collo e sui polsi. Mi sistemai nuovamente i capelli e uscì dal bagno soddisfatta del mio look.
 
Scesi e andai in cucina accendendo la televisione cambiando i canali fino a quando non trovai un canale di musica. Camminai avanti e indietro per la cucina per fare pratica con le scarpe e anche per scaricare il nervosismo.
 
Avevo bisogno di consigli. Era una cosa non del tutto nuova, ma non avevo la minima idea di come comportarmi durante la cena. Decisi di chiamare mia mamma. Lei c’era sempre stata per me e era sempre riuscita a darmi dei consigli su tutto. Mi fidavo di lei e le avevo sempre raccontato tutto quello che mi accadeva. Afferrai il mio cellulare e composi il suo numero. Portai il telefono all’orecchio aspettando che lei accettasse la chiamata.
 
«Pronto?» chiese la voce squillante di mia mamma dall’altro capo della linea.
 
«Ehi, mamma, sono Debby.» risposi sorridendo.
 
«Oh tesoro, come stai?» rispose pimpante.
 
«Bene, grazie. Ho bisogno del tuo aiuto.» risposi mordicchiandomi il mio labbro inferiore ricoperto di lucidalabbra alla fragola.
 
«Certo tesoro, dimmi tutto.» rispose sorpresa forse del fatto che l’avessi chiamata per un consiglio.
 
Arrossi violentemente «Ecco, io stasera ho un appuntamento con Justin-» mi bloccò.
 
«Fermati subito. Hai un appuntamento con Justin?» chiese quasi interrogativa. Rimasi in silenzio che considerò come un ‘si’ «Sono così contenta, prometto che non dirò nulla a tuo padre.» si affrettò a dire l’ultima frase. Sapeva che mio padre non era d’accordo che tra me e Justin ci fosse qualcosa, ma sono sicura che non sarebbe mai venuto a saperlo.
 
«Si, solo che non saprei come comportarmi.» continuai fermandomi e sedendomi sul bancone della cucina dondolando i piedi.
 
«Non preoccuparti, lascia che i sentimenti prendano il sopravvento e digli ciò che provi. È semplice.» rispose sogghignando.
 
Sospirai «Va bene, ci proverò.» risposi sorridendo anche io. Avrei voluto stare con lei a parlare, ma il suono di una macchina mi fece capire che Justin era arrivato. Sbirciai fuori dalla finestra e potei vederlo uscire dalla sua macchina e appoggiarsi ad essa proprio davanti al cancello di casa mia. Anche lui era vestito di nero e aveva un foulard nero e rosso che fuoriusciva dalla tasca posteriore di suoi pantaloni portati sempre a vita molto bassa.
 
Salutai velocemente mia mamma chiudendo la telefonata. Scesi dal bancone con qualche difficoltà e spensi la televisione. Mi avvicinai alla porta, ma prima di aprirla presi un grosso respiro. Tirai giù la maniglia e l’aprii chiudendola alle mie spalle. Justin non si era ancora accorto di me, ma alzò lo sguardo quando sentì il cancello cigolare. Incontrò i miei occhi e spalancò la bocca facendo scorrere gli occhi più volte su e giù per il mio corpo.
 
Si allontanò dalla macchina per avvicinarsi a me afferrandomi la mano e portandola alla bocca baciandone il dorso.
 
«Sei stupenda piccola.» disse facendomi compiere un giro su me stessa mentre teneva il mio braccio alzato. Sorrisi e avvampai al complimento. Mi attirò a sé e, e per la forza impiegata in quel gesto, la schiena di Justin sbatté contro la fiancata dell’auto. Mi prese per i fianchi e, con una dolcezza mai vista, poggiò le sue labbra sulle mie. Si staccò lentamente e si leccò le labbra. Mi sorrise mentre continuavo a fissare ogni suo singolo movimento.
 
«Mh, fragola.» commentò «Mi piace.» finì osservando le mie labbra lucide per via di quella sostanza. Mi fece cenno verso l’auto dietro di lui indicandomi che volesse partire. Gli sorrisi e feci il giro dell’auto prima di sedermi al posto del passeggero. In un ora eravamo fuori città, fermi nel parcheggio del ristorante. Appena scesi potei sentire l’odore salato del mare inebriarmi le narici. Era un ristorante sul mare, il mio preferito.
 
La mano di Justin solleticò la mia per intrecciare le dita tra di loro. Mi voltai verso di lui per trovare stampato sul suo volto un sorriso indescrivibile. Ricambiai il sorriso e mi trascinò lentamente verso il locale.
 
Camminammo su una passerella di legno che portava dritta al ristorante. Entrammo e subito un cameriere si affiancò a noi chiedendo se avessimo prenotato o no un tavolo. Lasciai tutto nelle mani di Justin. Il cameriere ci portò in un angolo abbastanza appartato che dava sulla spiaggia. Le porte di vetro facevano vedere fuori, potei notare un posto dove era possibile ballare.
 
«Justin, è tutto magnifico.» affermai allibita da tanto splendore mentre mi guardavo attorno.
 
«Sono contento che ti piaccia.» rispose allungando la sua mano verso la mia. La intrecciai con la sua sopra al tavolo.
 
«Devo dire che questi cinque mesi sono stati ripagati del tutto.» ammisi continuando a fissarlo. Non fiatò, mi dedicò un sorriso molto ampio, forse il più ampio che io abbia mai visto.
 
Dopo poco arrivò il cameriere con i nostri piatti che avevamo precedentemente ordinato. Mentre mangiavamo cominciai a pensare a mia madre. Chissà cosa stara pensando in questo momento. Ridacchiai silenziosamente, ma forse non troppo perché Justin si accorse di tutto.
 
«A cosa pensi?» chiese notandomi in sovrappensiero mentre arrotolava gli spaghetti attorno alla forchetta.
 
Ripetei la sua stessa azione «Prima di uscire ho chiamato mia madre per sapere se andava tutto bene e nel frattempo le ho anche parlato della mia uscita con te. Tranquillo, mio padre non sa nulla di tutto questo.» dissi sbrigandomi a finire la frase quando lo vidi un po’ preoccupato.
 
«Cosa ha detto riguardo all’appuntamento?» chiese prendendo un sorso di acqua naturale.
 
«Ha detto che è molto contenta che io stia uscendo con te. Ti considera un bravo ragazzo.» risposi alzando le spalle. Justin ridacchiò e abbassò lo sguardo sul piatto davanti a sé. Continuai a mangiare sbirciando ogni tanto oltre le porte di vetro.
 
 
Quando terminammo tutte le portate Justin mi sorrise «Vieni fuori?» chiese alzandosi e lasciando i soldi sul tavolo. Annuii e mi alzai velocemente e lo raggiunsi intrecciando le mie dita tra le sue. Dopo poco eravamo di nuovo fuori che passeggiavamo sulla sabbia. Facevo davvero fatica a causa dei tacchi che indossavo, così decisi di toglierli.
 
«Ehi, no aspetta.» mi chiamò Justin. Mi bloccai immediatamente. Justin si chinò e mise un braccio dietro le mie ginocchia e uno dietro la schiena. In un movimento veloce mi trovai in braccio a lui a modi sposa.
 
«Justin, mettimi giù.» gli ordinai ridacchiando. Lui mi rivolse un suo sguardo e mi sorrise facendomi avvampare violentemente. Si sporse verso di me e arricciò le labbra. Ridacchiai ancora e mi avvicinai a lui fino a far combaciare le nostre labbra. Mi staccai velocemente e lui mi sorrise.
 
Da lontano cominciai a sentire una musica che giunse alle mie orecchie quasi ovattata. Mi voltai e notai che c’erano delle persone in quel posto vicino al ristorante che ballavano. Justin si voltò e capendo la situazione si avvicinò velocemente a quella specie di cortile.
 
Una volta arrivati mi mise a terra e mi spinse tra la folla arrivando proprio al centro della pista da ballo. Le canzoni erano tutte lente. Mi voltai verso Justin e, senza pensarci, circondai il suo collo con le mie braccia e lui fece lo stesso, però posando le mani sui miei fianchi e cominciammo a dondolare leggermente a destra e a sinistra.
 
Si chinò e appoggiò la sua fronte contro la mia «Grazie.» disse facendo sfiorare il suo naso con il mio.
 
Gli sorrisi «Di cosa?» chiesi mentre continuavamo a dondolare.
 
«Di tutto, per avermi dato una possibilità con te.» mi sorrise e mi lasciò un bacio a fior di labbra. Gli sorrisi e si riavvicinò di nuovo, ma questa volta non mi lasciò un bacio semplice, casto, bensì un bacio passionale. Le nostre lingue cominciarono a giocare tra loro. Il suo braccio sinistro mi circondò la vita attaccandomi al suo corpo, mentre la mano destra scivolò lentamente lungo il mio fianco per poi fermarsi sul mio sedere. Me lo strinse e gemetti di piacere.
 
Si staccò lentamente e sussurrò  «Vuoi essere la mia ragazza?» mi chiese continuando a fissarmi negli occhi, mentre le sue guance si tingevano di rosso.
 
Il mio viso si illuminò a quella domanda. Non me l’aspettavo. Non credevo che lui volesse che io diventassi la sua ragazza, o meglio, non lo credevo fino a due secondi fa quando mi ha posto la domanda. Pensai a come sarebbero cambiati i giorni scolastici, a cosa ne penserebbe mia madre se lo sapesse. Passeggiare con Justin, scambiarci baci… tutto quello che avevo sempre desiderato, stava accadendo proprio in questo momento.
 
Gli sorrisi e lo baciai a stampo «Si.» risposi annuendo velocemente «Si Justin, voglio essere la tua ragazza.» continuai prima di baciarlo di nuovo solo che questo durò di più.
 
Sorrise nel bacio e si chino fino ad avvolgere le braccia sotto il mio sedere e alzarmi. Mi ritrovai più in alto di lui mentre mi sostenevo appoggiando le mie mani sulle spalle. Sorridevo come non mai.  Mi lasciò andare e in un movimento veloce mi ritrovai con i piedi per terra e avvolta nelle braccia di Justin.
 
«Grazie, grazie.» disse stringendomi più a lui «Non hai la minima idea di quanto coraggio mi ci sia voluto per dirtelo.» disse nascondendo il viso nei miei capelli. Lo strinsi forte e sorrisi.
 
Mi riaccompagnò a casa e mi diressi subito in camera mia. Mi buttai a peso morto sul letto e osservando il soffitto, mi vennero in mente tutte le scene di questa sera. Sorrisi come un’ebete. Ancora non potevo crederci. Ero la ragazza di Justin. Mi sentivo finalmente completa. Non aspettavo altro da cinque mesi e finalmente tutto è diventato realtà.
 
Non mi cambiai neanche, perché mi addormentai subito e sognai tutta la serata appena passata.

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ho aggiornato in tempo *applausi*
no, ok, ma aaaaw come sono teneri viva Jebby haha
comunque volevo ringraziare le sei ragazze che recensiscono ogni capitolo, davvero vi adoro.
forse e dico forse oggi posto il primo capitolo della traduzione, ma moolto probabilmente (:
vi lascio un piccolo spoiler 
ci vediamo
kiss kiss
shedreamsbieber.

 
spoiler:
«Buongiorno piccola.» gli sorrisi [...]
[...]
Da Justin: «Piccola, dopo le lezioni vuoi venire da me?»
[...]
Lo guardai interrogativa «Perché?» [...]




 

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Capitolo 27
*** 27. ***


                  

 

Capitolo 27.
 

Justin’s Poin Of View.
 
Riaccompagnai Debby a casa e, dopo averle lasciato un bacio, me ne andai a casa mia. Parcheggiai la macchina nel cortile di casa mia prima di varcare la porta d’ingresso. Cercai di fare meno rumore possibile per evitare che Chaz e Ryan si svegliassero e mi sottopongano al loro solito interrogatorio riguardo alla serata appena trascorsa con Debby.
 
Mi recai in cucina e mi versai dell’acqua. Sentii dei passi dietro di me. Mi voltai e mi ritrovai Chaz e Ryan che mi osservavano. Spostai lo sguardo da i due ragazzi che avevo davanti all’orologio che segnava la mezzanotte.
 
«Non ci racconti niente?» chiese retoricamente Chaz sedendosi sulla sedia della cucina seguito da Ryan.
 
«Mh, no.» risposi prendendo un sorso d’acqua dal mio bicchiere.
 
«Dai Bieber. Accennaci qualcosa.» insisté Ryan.
 
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai «Siamo andati a cena insieme.» risposi tralasciando molti particolari e incontri ravvicinati. Non volevo che Chaz e Ryan mi prendessero come un ragazzo sdolcinato e mollaccione. Non lo sono affatto. Chaz mi guardò incitandomi ad andare avanti. Alzai le spalle «Abbiamo passeggiato sulla spiaggia.» risposi facendo il vago.
 
«E vi siete baciati.» affermò convinto Ryan.
 
«Forse.» risposi.
 
«Ne sono del tutto certo. Hai del lucidalabbra sulla bocca.» disse indicando la mia bocca. Mi leccai le labbra. Il sapore di fragola si sparse per tutta la mia bocca facendomi ricordare tutti i baci che ci siamo dati questa sera. I due risero e scomparirono di nuovo su per le scale.
 
Avevo un’espressione confusa. Certe volte si comportano proprio da idioti, ma sono i miei migliori amici e so che con loro posso scherzare su tutto senza temere il loro giudizio. Sistemai il bicchiere e l’acqua e mi dileguai al piano superiore in camera mia. Mi levai i vestiti e andai a letto solo con i boxer, come mi era di solito fare. Ripensai ancora una volta a tutto quello che è successo tra me e Debby. Mi addormentai con un sorriso sulle labbra.
 
 
La mattina seguente mi svegliai per la fastidiosa sveglia che suonava. Mi allungai per spegnerla tirandole un pungo leggero per non romperla come già mi era capitato. Mi stropicciai gli occhi e mi alzai. Mi vestii indossando dei pantaloncini di jeans fino al ginocchio portanti sempre a vita bassa, una maglietta azzurra, delle Supra rosa-fucsia e gialle, un cappellino bianco con la tesa del medesimo colore della maglietta e una catenina color oro. Presi lo zaino con dentro i libri e scesi dirigendomi in macchina. La scuola purtroppo non era ancora finita.
 
Salii in macchina e mi diressi a casa di Debby. Dalla finestra potei notare che stava ancora dormendo. Sorrisi e scavalcai il cancello prima di arrampicarmi sul palo e entrare in camera sua grazie alla finestra aperta.
Misi piede in camera sua e la trovai addormentata con ancora indosso il vestito di ieri e coperta fino al bacino sistemata a pancia in giù con le mani sotto al cuscino. Sorrisi. Dio era così perfetta anche quando dormiva. Mi inginocchiai sul letto matrimoniale e lentamente gattonai fino ad arrivare a lei per poi posarle un dolce bacio sulla fronte.
 
Lei si mosse di poco e aprì leggermente gli occhi. Si alzò sedendosi sul letto e si passò le mani sul viso come per togliere la stanchezza.
 
«Buongiorno piccola.» gli sorrisi quando lei si girò verso di me. Le lasciai un bacio sulla guancia e mi allontanai per sedermi sul bordo del letto.
 
«Buongiorno Justin.» rispose sorridendomi di rimando si alzò e andò al suo armadio scegliendo i vestiti da indossare. Quando si chinò per prendere le scarpe, il vestito leggermente corto si alzò di poco ma abbastanza da permettermi di vedere una piccola parte del suo fondoschiena fottutamente perfetto. Quando si rialzò cercai di riportare l’attenzione su di lei così che non si accorgesse cosa le stavo fissando. Andò in bagno per prepararsi.
 
 
Debby’s Point Of View.
 
Andai in bagno per prepararmi. Justin era stato così dolce a venire a casa mia e svegliarmi senza che lo facesse la sveglia. Sorrisi e mi vestii [ 
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=101668681&.locale=it ] mi truccai e mi pettinai raccogliendo i miei capelli in uno chignon disordinato. Uscii dal bagno e notai Justin ancora seduto sul letto che usava il cellulare, ma quando sentì la porta aprirsi alzo lo sguardo e, capendo che si trattasse di me, bloccò il telefono e lo mise in tasca. Mi sorrise e si alzò mentre io presi il mio zaino.

Uscimmo di casa e salimmo sulla sua macchina diretti a scuola. Quando arrivammo aprii la portiera per scendere e lui fece lo stesso. Afferrò la mia mano ed entrammo insieme. Mentre percorrevo i corridoi della scuola sentivo gli sguardi di tutti gli studenti addosso e questo mi mise un po’ in imbarazzo. Arrivammo al mio armadietto e lo aprii per prendere i libri.

«Non essere imbarazzata dagli sguardi.» mi disse appoggiando la schiena all’armadietto affianco al mio. Abbassai lo sguardo e chiusi il mio armadietto.
 
Justin aprì le braccia «Vieni qui, piccola.» mi disse. Senza pensarci due volte mi fiondai tra le sue braccia appoggiando la testa al suo petto. Quando lui mi lasciò dei baci sulla testa sorrisi. Era così maledettamente dolce e non smetterò mai di ripeterlo.


La campanella suonò segno che le lezioni sarebbero cominciate in pochissimo tempo. Mi staccai dal petto di Justin e lo salutai per dirigermi in classe, ma non mi fu possibile visto che Justin mi bloccò per il polso in mezzo al corridoio.
 
«Bacio mattutino.» disse sporgendosi verso di me. Sorrisi sapendo che lo avevo fatto apposta ad allontanarmi senza lasciargli almeno un bacio, ma volevo vedere come avrebbe reagito. Attaccai le mie labbra alle sue e lui da subito fece scivolare la sua lingua nella mia bocca. Prese il mio viso tra le sue mani e mi accarezzò le guance con i pollici, mentre io portai una mano sulla sua, siccome l’altra era occupata a tenere un libro. 


Ci staccammo lentamente mentre ci fissavamo negli occhi. I suoi color nocciola si fondevano con i miei. Gli lasciai un ultimo bacio a stampo e poi, dopo un bacio sulla fronte da parte sua, ci dileguammo entrando ognuno nelle rispettive classi.
 

Seguii poco le lezioni, continuavo a messaggiare con Justin.
 
Da Justin: «Piccola, dopo le lezioni vuoi venire da me?»
 
Mi aveva chiesto se volevo andare a casa sua. Non avrei rifiutato, ma mi sentivo in imbarazzo sapendo che in casa c’erano anche Chaz e Ryan.
 
A Justin: «Ci saranno anche Chaz e Ryan?»
 
Gli chiesi. Mi sentivo in imbarazzo non per Justin, ma perché magari loro ci avrebbero preso in giro su ogni cosa che avremmo fatto. Li consideravo miei amici e tali erano, ma c’era sempre un po’ di imbarazzo.

Da Justin: «No, saranno fuori tutto il pomeriggio e torneranno tardi.»
 
Rispose. Sperai solo che non si fosse arrabbiato.
 
A Justin: «Va bene, vengo.»
 
Gli risposi. La campanella della pausa pranzo suonò e tutti gli studenti corsero fuori dall’aula con i loro zaini in spalla. Ridacchiai e mi diressi tranquillamente verso il cortile. Presi posto ad un tavolino e tirai fuori il mio pranzo. Aspettai Justin che non tardò ad arrivare. Appena si avvicinò mi lasciò un bacio a stampo prima di sedersi di fronte a me.


«Porta il costume oggi.» mi ordinò tirando fuori il solito pacchetto di sigarette. Odiavo quel suo vizio.
 
Lo guardai interrogativa «Perché?» chiesi prendendo un morso del mio panino.
 
«Facciamo il bagno in piscina, no?» mi chiese interrogativo e confuso ma allo stesso tempo divertito. Ridacchiai per la sua espressione. Annuii in segno di comprensione. Finii il mio panino e Justin mi fece segno di sedersi sulle sue gambe.


Mi alzai e feci il giro del tavolo sedendosi sulle sue gambe come mi aveva detto lui. Mi sorrise e prima di potersi avvicinare a me. Spense la sigaretta e la gettò a terra. Si sistemò e mi sorrise avvicinandosi alle mie labbra. Delicatamente le appoggiò sulle mie, quasi temesse di farmi del male. Sorrisi sulle sue labbra mentre gli morsi quello inferiore. Gemette di piacere.

Si staccò «Mh, siamo aggressive oggi.» affermò riferendosi al morso di poco prima. Ridacchiai e mi avvicinai a lui di nuovo. Gli leccai il labbro inferiore chiedendo l’accesso e lui me lo concesse. Mi prese da sotto le ginocchia e mi avvicinò più a sé mentre circondai il suo collo con le braccia. Giocai con i suoi capelli non coperti dal cappellino che portava. Lui accarezzò tutta la mia gamba sinistra salendo fino all’inizio del pantaloncino per poi scendere e ripetere questa azione di continuo.


Ci staccammo solo quando sentimmo il respiro mancare e ci fissammo negli occhi. Gli sorrisi imbarazzata e abbassai lo sguardo nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.

Lui ridacchiò «Lo sai che sei bellissima quando sei imbarazzata?» disse abbassando anche lui lo sguardo per cercare di guardarmi in faccia, ma cosa che risultò vana.


«Ti prego Justin.» lo pregai. Il mio viso si scaldò diventando violentemente rosso. Ridacchiai.
 
«È vero piccola.» disse alzando il mio viso verso il suo e lasciandomi un casto bacio sulle labbra «Sei stupenda.» terminò fissandomi per vedere come reagivo. Arrossii di nuovo. Dio, questo ragazzo mi fa impazzire. La campanella di fine pranzo suonò. Mi alzai dalle gambe di Justin e raccolsi il mio zaino. Feci apposta a salutarlo senza baciarlo quindi mi allontanai fino a quando Justin mi prese da dietro e mi fermò. Ridacchiai.


«E il bacino non me lo dai?» chiese facendo la faccia da cucciolo. Era così tremendamente tenero, era praticamente impossibile resistergli. Alzai gli occhi al cielo scherzosamente e, voltandomi, gli lasciai una bacio a stampo sulle labbra.


«Ci vediamo oggi.» sussurrai a pochi millimetri di distanza dalle sue labbra.
 
Sorrise «Va bene.» rispose per poi schioccarmi un altro bacio a stampo. Ci dividemmo e ritornammo ognuno nelle proprie classi.


Justin’s Point Of View.
 
Mi diressi nella mia classe di Biologia. Quando entrai trovai Chaz e Ryan in classe seduti agli ultimi banchi e avevano tenuto il posto anche a me. Entrai e spostai la sedia del mio banco accanto a Chaz.
 
«Ehi amico.» mi salutò Chaz con la nostra stretta segreta «Hai intenzione di dirci qualcosa di più su ieri?» mi chiese mentre rideva.

Decisi di digli tutto, altrimenti sarebbero andati avanti per settimane affinché gli dicessi tutto «Le ho chiesto se volesse diventare la mia ragazza.» dissi saltando tutta la parte iniziale che considerai superficiale.
 
Ryan, nel frattempo, si era voltato e stava ascoltando anche lui la conversazione «E?» chiese impazientemente.
 
Ridacchiai «Ha detto di si.» dissi sorridendo mentre mi veniva in mente la scena.

“Mi staccai lentamente e le sussurrai «Vuoi essere la mia ragazza?» le chiesi continuando a fissarla negli occhi mentre le sue guance si tingevano di rosso.
 
Il suo viso si illuminò a quella domanda. Mi sorrise e mi baciò a stampo «Si.» rispose annuendo velocemente «Si Justin, voglio essere la tua ragazza.» continuò prima di baciarmi di nuovo.”

Da parte loro partì un ‘aaw’. Ryan si avvicinò con la sedia e, dopo aver preso le mie guance tra le dita, me le strizzò proprio come fanno le nonne con i loro nipoti.
 
«Cazzo Ry.» imprecai riuscendo a togliere la mani dalle mie guance «Fai male.» dissi massaggiandomi le guance per tentare di alleviare il dolore. I due sghignazzarono, ma furono subito interrotti dalla prof.


Durante la lezione, a cui non avevo minimamente prestato attenzione, mi arrivò un bigliettino da parte di Chaz.
 
«James vorrebbe parlarti.»
 
Corrugai la fronte. Perché mai James vorrebbe parlare con me? Sogghignai e risposi.
 
«Per quale fottuto motivo?»
 
Dopo neanche due secondi arrivò la risposta.
 
«Non lo so.»
 
Sospirai e appoggiai la schiena alla sedia passandomi una mano sulla fronte. Mi voltai verso Chaz e annuii in segno di permesso. La campanella suonò poco dopo e uscii dalla classe seguito dai miei amici.
 
«Di cosa dovrebbe parlarmi?» chiesi.
 
Quel ragazzo mi metteva sotto stress. Tutte le volte che doveva accadermi qualcosa di magnifico, stupendo, lui era sempre pronto a rompermi il cazzo. Lo avrei ucciso, non so quando, ma era sicuro che prima o poi lui non ci sarebbe più stato.

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hola,
sono sempre io a rompervi.
avete visto il banner, omg omg, l'ho fatto io, mi sento realizzata c':
comunque, passando al capitolo, questo è solo di passaggio e anche il prossimo, dopo arriverà un po' di azione.
ho aggiornato adesso, ma vorrei che questo capitolo arrivasse ad almeno 6 recensioni.
ci vediamo sooooon.
kiss kiss 
shedreamsbieber.
link del trailer: http://www.youtube.com/watch?v=mopdq-93W1Y













 
 

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Capitolo 28
*** 28. ***


                      
Capitolo 28
 
 
 Justin’s Point Of View.
 

«Di cosa dovrebbe parlarmi?» chiesi.
 
Quel ragazzo mi metteva sotto stress. Tutte le volte che doveva accadermi qualcosa di magnifico, stupendo, lui era sempre pronto a rompermi il cazzo. Lo avrei ucciso, non so quando, ma era sicuro che prima o poi lui non ci sarebbe più stato.

«Affari, almeno credo.» rispose Chaz alzando le spalle in modo indifferente.
 
Sospirai di nuovo. Mentre camminavamo per i corridoi notai Debby parlare con una ragazza mora. Si salutarono e la ragazza se ne andò andando nella direzione opposta alla nostra. Tirai una gomitata a Chaz e Ryan e gli feci cenno di avvicinarsi a Debby.


Arrivati alle sue spalle, le coprii gli occhi. Lei sorrise e si voltò lasciandomi un bacio a stampo. Si accorse, solo dopo, che alle mie spalle c’erano Chaz e Ryan. Gli sorrise e li salutò con un abbraccio ad entrambi.
 
«È passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti.» affermò Chaz ridendo.
 
«Già.» rispose Debby.
 
«È successo qualcosa di particolare?» chiese Ryan lanciandomi un’occhiatina fugace prima di riportare lo sguardo su di lei.

«No, niente di che.» rispose alzando le spalle. Afferrai Debby per  mano e la trascinai fuori da scuola con dietro Chaz e Ryan. Appena arrivammo nel cortile mi bloccai vedendo la figura di James in fondo al parcheggio appoggiato alla sua macchina. Mi irrigidii e mi voltai verso i miei amici.


«Ragazzi, vado a parlargli.» dissi indicando James con la testa. I due annuirono mentre l’espressione di Debby diventò preoccupata. Sospirai e le accarezzai il viso prima di lasciarle un bacio a fior di labbra. Mi allontanai e potei notare Chaz nascondere dietro di sé Debby. 

Mentre lo raggiungevo mi portai alle labbra una sigaretta e l’accesi. Lo raggiunsi e prima di poter porgli quella domanda tanto fatidica, presi la sigaretta tra l’indice e il medio espellendo il fumo.
 
«Che cosa vuoi?» gli chiesi acido volendo finire la conversazione il più presto possibile.
 
Sogghignò e alzò le spalle «Voglio solo dirti che non vedo l’ora di vederti su quell’altare mentre la tua Debby avrà il cuore infranto.» rispose facendo la faccia dispiaciuta alla fine. 

Strinsi un pugno per evitare di tirarglielo sul naso «Questo è tutto?» chiesi facendo l’indifferente alla sua affermazione precedente.
 
«Credo che dovresti spiegarle cosa dovrai fare.» rispose lanciando uno sguardo veloce alle mie spalle.
 
«Faccio quello che voglio, non sarai di certo tu a dirmelo.» risposi secco.


Alzò le mani «Era semplicemente un consiglio. Dico solo di sbrigarti prima che qualcuno glielo dica al posto tuo.» rispose alzando le spalle come per dire ‘ho ragione’.
 
Sogghignai «Tornatene da Alice, io non farò quello che tu mi dici.» dissi muovendo qualche passo indietro «E comunque, lei sa già tutto.» risposi per poi voltarmi e dirigermi velocemente verso Debby. Lo sentii sghignazzare. Dio, quanto mi dava sui nervi.


Mi riavvicinai ai ragazzi e vedendomi non in vena di scherzi decisero di rimandare le loro battutine. Salirono sulla macchina di Ryan e si diressero verso il capannone dove dovevano svolgere un compito che non avevo ben capito. Presi Debby e la portai in macchina con me. Partii diretto verso casa mia.
 
«Justin?» mi chiamò un po’ titubante. Le risposi con un semplice ‘mh’«Va tutto bene? » chiese sempre con lo stesso tono di prima.


Sospirai e mi passai una mano sul viso. Prima o poi avrei dovuto raccontarle tutto e penso che adesso sia il momento adatto, anche se ho paura della sua reazione. Non voglio che la nostra relazione, iniziata appena ieri, finisca di già. Ci starei malissimo. Sono davvero preso da lei e non posso farne a meno.
 
Annuii semplicemente e parcheggiai l’auto nel vialetto di casa mia. Uscii dalla macchina seguito da Debby ed entrammo in casa. Mi voltai verso di lei e le sorrisi.

«Allora, che vuoi fare?» le chiesi avvicinandomi a lei fino a farle toccare il muro con la schiena.
 
«Piscina?» chiese. Annuii «Non ho il costume.» disse facendo la faccia da cucciolo. Dio, quanto era perfetta. Risi e andai a prendere il costume di mia cugina. Era venuta una settimana qui con mia zia e siccome era andata in piscina aveva dimenticato qui il costume. Tornai al piano inferiore dove trovai Debby che guardava fuori dalla finestra. Appoggiai il costume sul tavolo e arrivai dietro di lei avvolgendole le braccia attorno ai fianchi. La sentii sorridere. 

Si voltò e portò le braccia attorno al mio collo e alzandosi leggermente sulle punte per cercare di raggiungermi in altezza. Mi chinai sul suo viso e inizialmente le lasciai un bacio a fior di labbra per poi cominciarne uno vero e proprio. Le nostre lingue giocavano tra di loro mentre io accarezzavo il corpo di Debby così fottutamente perfetto e privo di difetti.

Mi abbassai e la presi in braccio facendola sedere sul davanzale della finestra. Le accarezzai le gambe nude per via dei pantaloncini corti. Appoggiai le mani sul davanzale, come per ‘intrappolarla’ e non permetterle di andare altrove. Riportai le mie mani sulle sue gambe e gliele feci incrociare dietro la mia schiena. La presi in braccio e lentamente ci staccammo mentre io continuavo a camminare.

«Lo sai che sei perfetta?» le sussurrai sfiorando il suo naso con il mio. Lei sorrise prima di lasciarmi un lento bacio.
 
«Anche tu sei perfetto Justin.» rispose lei sorridendomi e baciandomi di nuovo. Mentre mi baciava, giungemmo nel giardino sul retro dove c’era la piscina. Sapevo perfettamente che l’acqua non era minimamente calda e sapevo che Debby, molto probabilmente, non avrebbe accettato questo piccolo scherzo. Mi avvicinai al bordo.

«Non pensarci nemmeno.» disse ridendo a poca distanza dalle mie labbra. Risi anche io siccome aveva appena scoperto il mio scherzo. La lasciai andare e ritornò con i piedi per terra «Dov’è il costume?» chiese.
 
Mi grattai la nuca «Sul tavolo in cucina.» risposi. Lei sorrise e ritornò dentro seguita da me. Andai in camera mia e presi il primo costume che mi capitò davanti. Lo indossai e tornai in giardino dove trovai Debby in piedi sul bordo della piscina. Mi avvicinai lentamente a lei e dopo essermi avvicinato a sufficienza la presi in braccio e la buttai in acqua. Mi buttai anche io. Quando tornai in superficie la ritrovai di nuovo di schiena che si spostava i capelli bagnati dal viso.

Si voltò verso di me con aria di sfida. Lei cominciò a schizzarmi l’acqua mentre io mi avvicinavo sempre di più coprendomi con le braccia. La intrappolai al muro mentre ridacchiavamo insieme.
 
«Ti detesto.» disse tirandomi un buffetto sul naso continuando a ridere. Risi più forte e la strinsi a me. La portai verso l’idromassaggio. Premetti il pulsante e quest’ultimo si accese. Mi sedetti e l’attirai su di me. Si sedette a cavalcioni sul mio bacino. Si avvicinò e mi lasciò un dolce bacio.


«Devo parlarti.» dissi mordendomi il labbro inferiore mentre la guardavo negli occhi. Abbassai per un momento lo sguardo, ma poi lo riportai subito sul suo. Presi un profondo respiro «Io cinque mesi fa me ne sono andato-»
 
«Justin, so cosa sei andato a fare.» rispose abbassando lo sguardo.

Deglutii rumorosamente mentre la fissavo. Si vedeva che era distrutta per quella notizia. Mi ero promesso a me stesso che non l’avrei fatta soffrire, ma non credo che riuscirò a mantenere la mia promessa visto che a breve dovrò sposarmi.
 
«Io…» dissi cercando le parole adatte da trovare in quel momento «Mi dispiace.» dissi.
 
«Non lo hai scelto tu, sei stato obbligato.» disse scuotendo la testa e incrociando di nuovo i miei occhi. Sospirò e appoggiò la testa nell’incavo del mio collo mentre tracciava il contorno di uno dei miei tatuaggio che avevo sotto la clavicola.
 
«Avrei voluto dirtelo prima di partire, ma purtroppo mi avevano nascosto tutto.» dissi prima di abbassare lo sguardo verso di lei.
 
Sorrise a labbra strette e alzò la testa «L’importante è che tu mi abbia detto tutto.» rispose baciandomi teneramente la fronte. Si chinò e mi baciò. Ricambiai il bacio leccandole il labbro inferiore chiedendole l’accesso. Sorrise sulle mie labbra mentre schiuse le sue per permettere alle nostre lingue di incontrarsi. Lei portò le sue mani nei miei capelli stringendoli e tirandoli dolcemente. Mi staccai e appoggiai la mia fronte contro la sua. Nel frattempo lei fece scivolare le sue mani dai miei capelli ami miei addominali. Sorrisi. Presi la sua mano destra e la portai alla bocca baciandone il dorso più volte senza mai staccare le mie labbra da essa. Mi voltai e presi il cellulare che avevo appoggiato sul bordo della piscina. Segnava le cinque del pomeriggio.
 
Mi voltai verso di lei «Sono le cinque. Cosa vuoi fare?» le chiesi guardandola mentre lei si mordicchiava l’unghia del dito indice.
 
Alzò le spalle «Guardiamo un film?» mi propose. Annuii e la feci scendere dalle mie gambe per poi uscire dalla piscina. Si era alzato un po’ di vento e il cielo si era coperto di uvole grigie che promettevano pioggia. Presi un asciugamano piegato accuratamente su un lettino e lo avvolsi attorno all’esile corpo di Debby. Lei mi sorrise come segno di ringraziamento e mi lasciò un bacio sulle labbra. Feci la stessa cosa prendendo anche io un asciugamano.
 
La accompagnai nel bagno di camera mia e da subito le porsi una canottiera anche se sapevo che le sarebbe andata grande. Mentre aspettai Debby, il mio telefono squillò. Lo presi e accettai la chiamata dal numero sconosciuto.
 
«Pronto?» chiesi guardando fuori dalla finestra davanti a me.
 
«Sta’ attento.» rispose una voce dall’altro capo della linea. La chiamata si interruppe a causa della linea che cadde proprio mentre stavo per rispondere. Spostai il mio telefono dall’orecchio e lo osservai confuso. Osservai meglio fuori dalla finestra e potei notare James appoggiato alla fiancata della sua auto che teneva ancora il telefono all’orecchio. Sogghignò rivolgendomi un sorrisino e scomparendo sulla sua auto.
 
Debby nel frattempo era uscita dalla doccia con indosso la mia canottiera che le arrivava poco più sopra del ginocchio e i capelli asciutti. Si avvicinò a me.
 
«Va tutto bene?» mi chiese abbastanza preoccupata.
 
«Si.» le risposi titubante lanciando un’ultima occhiatina alla finestra. Debby annuì anche se non molto convinta. Le schioccai un casto bacio sulle labbra prima di andare a fare la doccia.
 
 
Dopo che ebbi finito mi cambiai indossando una canottiera nera e dei pantaloncini da basket. Mi diressi al piano inferiore dove trovai Debby impegnata a preparare dei popcorn da mangiare durante la visione del film. Mi stesi sul divano, mentre Debby posò la ciotola piena di popcorn sul tavolino. Allargai le braccia per farla stendere su di me. Rise mentre scuoteva leggermente la testa e si stese di me. 


__________________________________________________________________________
hola,
dico subito che il capitolo non è uno dei migliori, ma era solo di passaggio.
poi, ho bisogno di un vostro consiglio:
ho cominciato una nuova fanfiction che pubblicherò, ma non so che nome dare alla protagonista, mi dareste una mano?
voglio ringraziare tutte le ragazze che hanno messo tra i preferiti la storia e chi la recensisce.
del resto basta, non so quando aggiornerò...
ci vediamo al prossimo capitolo,
kiss kiss
shedreamsbieber.

















 

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Capitolo 29
*** 29. ***


      

Capitolo 29.
 
 
 
Debby’s Point Of View.
 
La mattina seguente mi svegliai per la leggera luce che entrava dalla finestra. Mi sedetti e solo ora mi accorsi di essere su Justin. Sorrisi involontariamente e mi alzai per lasciarlo dormire. Mi diressi in camera sua dove raccolsi tutti i vestiti che indossavo ieri e, dopo essermi sfilata la maglia che Justin mi aveva prestato, mi rivestii indossando i miei shorts e la mia canottiera.

Tornai al piano inferiore cercando di fare meno rumore possibile. Presi il mi cellulare dal tavolino in salotto, ma con mia sfortuna il cellulare di Justin cominciò a suonare a causa di una chiamata in arrivo. Cercai di togliere il volume al telefono mentre Justin si muoveva lentamente. Lo vidi sedersi sul divano e stropicciarsi gli occhi.

Alzò lo sguardo e incontrò il mio. Mi sorrise «Ehi piccola.» mi sorrise ancora un po’ addormentato.
 
Lo salutai con un bacio sulla guancia «Dormito bene?» gli chiesi chinandomi solo con il busto verso di lui. Lui annuì mentre sbadigliò. Sorrisi e gli lasciai un bacio sulla fronte.

Si alzò e si stiracchiò portando le braccia in alto «Dove stavi andando?» mi chiese notandomi con indosso i vestiti di ieri.
 
Abbassai per una frazione di secondo lo sguardo sul mio corpo e poi lo rialzai incontrando di nuovo quello di Justin «Stavo andando a casa, ma non volevo svegliarti.» risposi mordendomi il labbro inferiore.

Justin sorrise «Ti accompagno io.» mi disse. Mi afferrò la mano e, dopo aver preso le chiavi dell’auto, mi trascinò fuori di casa. Entrammo in macchina e Justin mise in moto diretto verso casa mia. 


 
Dopo neanche un quarto d’ora eravamo davanti a casa mia, ma c’era qualcosa che non tornava. Davanti alla mia abitazione c’era una macchina, per la precisione un SUV nero. A bordo non c’era nessuno, ma la porta di casa mia era spalancata.

«Oh mio Dio.» risposi portandomi le mani alla bocca. Feci per aprire la portiera ma Justin mi bloccò. Voltai la testa verso la sua direzione in attesa di una spiegazione.


«No, rimani su. Quando usciranno di casa vedremo chi è.» mi ordinò. Io annuii leggermente scombussolata e ritornai composta. Mi passai una mano tra i capelli e sbuffai. La mano di Justin si posò sul mio ginocchio come per tranquillizzarmi.

«Sono preoccupata Justin.» risposi mordendomi il labbro inferiore quasi a sangue.
 
«Sta’ tranquilla.» mi disse sporgendosi verso di me e lasciandomi un bacio a stampo. Il sapore di fumo regnava sulle sue labbra. Si, stava fumando.


Dopo quasi mezzora, intravidi qualcuno uscire di casa. Per la precisione erano due ragazzi, avranno avuto più o meno la nostra età. Uno indossava un cappellino molto simile a quello di Justin, mentre l’atro potevo benissimo vedere i suoi capelli castani chiari muoversi per il leggero vento.


Il ragazzo biondo si voltò verso la nostra direzione e solo ora capimmo di chi si trattasse.
James. Per fortuna non si accorse della nostra presenza e salì in macchina con non calanche. Aspettammo che se ne fossero andati prima di avvicinarci meglio a casa mia.

Scesi dalla macchina e raggiunsi la porta socchiusa ed entrai seguita da Justin. Né la sala né la cucina erano in disordine. Salii al piano superiore e notai la porta della mia camera e quella della stanza dei miei genitori spalancate. Entrai inizialmente in camera mia trovai tutti i cassetti aperti, i miei vestiti sparsi sul pavimento, i miei libri in disordine sugli scaffali e sulla libreria, il mio armadio aperto.


Portai una mano alla bocca e pian piano entrai in camera mia. Mi guardai in giro. Andai in camera dei miei genitori e la situazione non era diversa, solo che c’era aperto un solo cassetto e delle carte erano sparse dentro di esso. Mi avvicinai al cassetto aperto.

«Doveva essere qualcosa di molto importante.» commentò Justin riferendosi al disordine che regnava in entrambe le camere da letto.
 
«E l’ha trovato.» dissi aprendo tutti i cassetti e richiudendoli subito dopo aver notato che non contenevano nulla di importante «Mio padre custodiva un foglio con scritto qualcosa di segreto che non mi ha mai dato. Mi ha sempre detto che quando sarà il momento me l’avrebbe consegnato, ma ora che è stato rubato…» risposi lasciando la frase in sospeso e alzandomi. Mi portai le mani sul viso e me lo strofinai.

«Quando avrebbe dovuto dartelo il foglio?» chiese avvicinandosi a me.
 
«La prossima volta che sarebbe venuto qua.» risposi appoggiando la testa al petto di Justin.
 
«Chiamalo.» mi ordinò.
 
«Come?» gli chiesi credendo di non aver afferrato la richiesta e alzando il viso verso il suo.
 
«Chiamalo.» mi ripeté afferrando il mio cellulare dalla tasca dei miei shorts. Esitando, lo presi dalle sue mani e composi il suo numero.


«Ehi papà, quando verrai qui?» dissi subito dopo la sua risposta.
 
«Io e la mamma volevamo farti una sorpresa. Credo che giovedì sarò da te, dobbiamo darti una notizia davvero importante.» rispose. Potevo benissimo capire dal tono che era confuso.


«Anche io devo darti una notizia importante. Ci vediamo giovedì.» lo salutai riattaccando la chiamata.
 
Riferii la nostra breve chiamata a Justin il quale mi consigliò di non preoccuparmi. Cercai di seguire ciò che mi aveva detto, ma mi risultava davvero difficile. Riordinai camera mia e poi mi preparai per andare a scuola anche se erano le nove in punto. [ 
http://www.polyvore.com/cgi/set?id=103436290 ] mi sedetti sul mio letto per allacciarmi le scarpe, dopodiché mi tirai su con il busto e sospirai. Perché tutto accadeva sempre a me? 

Justin si avvicinò e si sedette anche lui sul letto. Sospirò capendo la confusione di domande che avevo in testa «Piccola?» mi chiamò avvicinandomi a lui «Risolveremo tutto, non preoccuparti.» mi disse alzandomi il viso e facendo incontrare le nostre labbra. Un bacio povero, casto, quello che bastava per farmi credere che sarebbe riuscito a risolvere tutto.

In quel momento avevo bisogno di lui più che mai. Quando si staccò, io lo riavvicinai posando la mia mano sinistra sulla sua guancia. Le nostre labbra si ricollegarono e questa volta mi lasciai andare, appoggiando la schiena al morbido materasso del letto. Justin non si era staccato neanche un secondo. Continuava a reggersi su un gomito per evitare di sdraiarsi sopra di me.

Si staccò guardandomi come per darmi conferma che ci sarebbe stato in qualsiasi momento. Gli sorrisi come ringraziamento. Ci alzammo e ci dirigemmo in macchina. Avevamo già tardato abbastanza.
 
Arrivammo a scuola e come previsto il cortile era deserto. Entrammo cercando di non farci beccare dal preside e magari punirci per il ritardo. La campanella suonò quando io e Justin eravamo davanti al mio armadietto. Un fiume di studenti ci investì.

«Che materia hai ora?» chiese Justin prendendo il suo foglio con scritto tutti gli orari.
 
Feci la stessa cosa e con l’indice scorsi i giorni della settimana stampati sul foglio, prima di giungere a mercoledì. Lo feci scorrere verso il basso e arrivai sul terzo riquadro bianco. Biologia.
 
«Biologia e tu?» chiesi riportando il mio foglio al posto.
 
«Anche io.» rispose sorridendomi e mettendo il foglio nella tasca dello zaino senza preoccuparsi che si sarebbe stropicciato «Abbiamo ancora tre minuti…» disse lasciando in sospeso la frase apposta. Risi e lo avvicinai a me circondando con le mie braccia il suo collo.


Inclinai la testa leggermente verso sinistra e collegai le nostre labbra. Mi afferrò per i fianchi lasciando che le sue mani calde toccassero la mia pelle provocandomi brividi lungo tutta la schiena. Sorrise sulle mie labbra. Approfondì il bacio schiacciandomi con il suo corpo contro l’armadietto alle mie spalle. 

Si allontanò di pochissimo e mi sorrise «Sei bellissima piccola.» sussurrò accarezzandomi la guancia sinistra.
 
Mi morsi il labbro inferiore mentre sorridevo. Mi sporsi e feci incontrare le mie labbra con le sue «Lo pensi davvero?» gli chiesi.
 
Sogghignò «Assolutamente si piccola.» mi rispose sorridendomi di nuovo.


La campanella suonò, segno che la terza ora stava per avere inizio. Dopo esserci presi per mano, io e Justin camminammo lungo tutto il corridoio giungendo alla fine ed entrano in classe.

Mi guardai attorno e, per mia sfortuna e quella di Justin, incontrai gli occhi castani scuro di Alice in compagnia di James.
 
Prendemmo posto negli ultimi banchi. Sistemai tutti i miei quaderni sul banco e mi rivolsi a Justin «Da quanto tempo si frequentano?» chiesi ironicamente.


Justin si voltò e contrasse la mascella alla vista di James. Quel ragazzo era capace di cambiare l’umore a Justin solo con la propria presenza. Alice, invece, era capace di far cambiare il mio di umore. Non avrei mai pensato che se ne sarebbe andata anche con James. Non sapeva che stava rischiando la propria vita. Scossi la testa liberandomi da quel pensiero. La lezione iniziò e tutti si accomodarono ai propri posti. 


Durante la lezione mi arrivò un bigliettino sul banco. Lo presi e mi guardai attorno cercando di capire chi me lo avesse mandato. Alice mi fece cenno con il mento di leggerlo. Alzai le spalle e, dopo averlo aperto, lo lessi.

«Non pensare che ora che sono impegnata con James metterò fine ai miei tentativi di prendermi Justin. Ti stai sbagliando.»
 
Aggrottai le mie sopracciglia. Mi voltai di nuovo verso di lei e la vidi sorridente mentre faceva penzolare il suo piede che non toccava a terra a causa delle gambe accavallate. Alzai gli occhi al cielo e ritornai a scrivere sul quaderno. Mi arrivò un altro biglietto.
 
«James mi ha raccontato tutto quello che sta accadendo tra di voi. Credevi che non ne facessi parte? Beh, mi dispiace, ci sono anche io e sono al corrente di ogni vostro segreto.»
 
Se il primo biglietto era stato volontariamente ignorato, questo era di certo da tenere. Avrei fatto leggere a Justin tutto sperando che qualche possibilità di risolvere questa confusione ci sarebbe dovuta essere. 



Le ore di scuola terminarono e, a passo deciso, raggiunsi l’auto di Justin. Ci accomodammo sui sedili e mi portai lo zaino sulle ginocchia alla ricerca del foglietto di Alice.
 
«Come mai se così agitata?» mi chiese portandosi alla bocca una sigaretta spenta. Gli porsi il foglio leggermente mal ridotto e cominciò a leggerlo togliendosi la sigaretta.
 
«Cazzo.» imprecò restituendomi il foglio. Sia appoggiò allo schienale e si passò una mano sul viso sbuffando sonoramente. Si raddrizzò e mise in moto la macchina diretti verso casa sua.
 
Una volta arrivati scendemmo dalla vettura e, prendendo lo zaino, entrammo in casa. Per nostra fortuna trovammo Chaz e Ryan in salotto che guardavano una patita di basket, ma appena ci videro entrare tutta l’attenzione che prima era rivolta alla televisione, ora era rivolta a noi.
 
«Abbiamo novità.» affermò Justin facendo scorrere gli occhi da Ryan a Chaz.
 
Adesso avremmo dovuto lavorare sodo fino alla fine.

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hola,
ecco, questo è il vero e proprio capitolo o l'inizio di molti casini.
molte mi hanno scritto che adoravano austin, beh, credo che presto sarete di nuovo felici di vederlo.

ho aggiornato un tantino tardi, ma ho avuto problemi, ma ora eccomi qui.
vi dico subito che non so quando aggiornerò...
vi presento altri due personaggi c:

alice:
 
james:
 
 

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Capitolo 30
*** 30. ***




Capitolo 30
 
Debby’s Point Of View.
 
Io e Justin ci accomodammo sul divano parallelo a quello dove erano seduti Chaz e Ryan. Fu Justin che cominciò a parlare.
 
«James ed Alice si frequentano, ma questa è la cosa meno importante.» disse per poi passarsi una mano tra i capelli. Mi fece cenno con il mento di tirare fuori dallo zaino il bigliettino che Alice mi aveva lanciato durante la lezione. Lo porsi ai due che cominciarono a leggerlo.
 
«Come faremo?» chiese Ryan.
 
«Non è finita qui.» rispose Justin scuotendo la testa e rivolgendo lo sguardo a me, dicendomi di proseguire io la spiegazione. Gli occhi dei due ragazzi si spostarono su di me.
 
Sospirai prima di iniziare «Mio padre aveva un foglio di cui non mi aveva mai detto di cosa parlasse. Avrebbe dovuto darmelo giovedì.» spiegai ai due ragazzi «Ma è stato rubato da James. Temo che contenga qualcosa sulla società.» finii prima di abbassare lo sguardo.
 

I ragazzi si appoggiarono con la schiena al divano sbuffando «Aspetteremo fino a domani. Almeno partiremo con qualche informazione in più.» affermò Chaz posando il foglietto sul tavolino in vetro davanti a noi.
 
«Lo penso anche io. Magari mio padre potrebbe aiutarci.» risposi voltandomi verso Justin cercando di convincerlo. Si passò una mano tra i capelli e annuì. Si voltò verso di me e mi fece cenno di seguirlo al piano superiore. Cia alzammo insieme e andammo in camera sua.
 
Mi attirò con sé sul letto e caddi sopra di lui «C’è qualcuno che vorrebbe parlare con te.» mi disse sorridendomi. Mi alzai per dargli la possibilità di prendere il suo computer. Mi fece cenno di riavvicinarmi e così feci. Mi posizionai tra le sue gambe così da avere la mia schiena contro il suo petto. Mi circondò con le braccia sotto il seno. 

Sistemò il computer sulle mie gambe e aprì Skype. Accettò una chiamata e aprì la finestra della video chat.
 
«Ehi Debby!» mi salutò Austin prolungando la ‘i’.
 
Mi portai le mani alla bocca mentre sorridevo. Stavo per mettermi a piangere «Austin!» gridai io.
 
«Come va?» chiese sempre sorridente. Dio, quanto adoravo il suo sorriso. Ti trasmetteva allegria.
 
«Bene, grazie. Mi manchi tantissimo.» risposi un po’ tristemente. Justin mi baciò la tempia.
 
«Che ti avevo detto?» mi chiese facendo cenno verso Justin. Mi voltai e lo ritrovai con la bocca appoggiata alla mia spalla. Incrociò il mio guardo e alzò le sopracciglia. Ridacchiai voltandomi di nuovo verso Austin.


«Avevi ragione.» risposi abbassando lo sguardo imbarazzata.
 
Ridacchiò anche lui «Io ho sempre ragione.» rispose sorridendomi per poi scoppiare a ridere insieme a me «Adesso devo andare, ci vediamo presto Deb!» mi salutò sventolando la mano. Lo salutai anche io. Quella chat era durata fin troppo poco e la cosa mi rattristiva.
 
Justin abbassò lo schermo del computer e lo sistemò sul comodino accanto al letto. Mi voltai verso di lui e lo abbracciai circondando il suo collo con le braccia. Mi venne in mente un’idea per vivacizzare quel pomeriggio un po’ triste. Cominciai a solleticargli i fianchi vicino agli addominali.
 
Ridacchiò, «Lo so che ti piacciono.» affermò convinto cominciando a ridere. Lo feci stendere e mi sedetti a cavalcioni su di lui e cominciai a fargli il solletico. Ascoltai la sua dolce risata che sembrava una melodia e mi beai di essa. 


Mi afferrò per i polsi fermando le risate «Adesso tocca a me.» disse. Fece ribaltare le posizioni e mi ritrovai sotto di lui. Cominciò a farmi il solletico sui fianchi. Continuavo a pregarlo di fermarsi mentre ridevo, ma come al solito, non mi ascoltava.
 
Mi agitavo sotto di lui mentre inarcavo la schiena più volte. Dopo che lo pregai mi lasciò andare e si spostò di fianco a me, mentre io mi tirai a sedere per il mal di pancia. Portai una mano su quest’ultima e la massaggiai delicatamente, cercando di alleviare il dolore.
 
«Scusa piccola.» mi disse ridacchiando ancora. Mi ripresi e gli tirai uno schiaffetto sul petto. Mi spinse verso il basso e mi stese portandosi sopra di me. Attaccò le nostre labbra mentre si sorreggeva sui gomiti. Feci scivolare le mai dal suo petto ai suoi addominali, tastandone la durezza. Sorrise nel bacio prima di scendere verso il collo. 


Sorrisi malignamente e feci ribaltare le posizioni e Justin ne rimase sorpreso. Portai una mano tra i suoi capelli e ne tirai leggermente le punte. Mi riavvicinai alle sue labbra e le feci combaciare con le mie infilando la mia lingua nella sua bocca senza il permesso.
 
Mi accarezzò i fianchi fino ad avanzare lentamente verso il reggiseno, alzando la mia maglia larga. Rabbrividii sotto al suo tocco. Gli morsi il labbro inferiore. Adoravo farlo e le sue labbra erano così soffici.
 
Stavo per riavvicinarmi quando il mio cellulare appoggiato sul comodino cominciò a squillare. Mi allontanai, ma non potei fare a meno di notare la faccia dispiaciuta di Justin. 


Presi il telefono e lo portai all’orecchio «Pronto?» chiesi.
 
«Ehi Debby, vieni subito a casa, ti stiamo aspettando.» rispose. Era mio padre. Sorrisi e saltai giù dal letto riattaccando la chiamata. Justin mi guardò un po’ stranito.
 
«Justin, ci sono i miei genitori!» gli spiegai saltellando. Lo presi per mano e lo trascinai al piano inferiore dove solo ora mi accorsi che Chaz e Ryan non c’erano più.
 
Percorremmo il vialetto di casa mia ed entrai in casa con Justin dietro. Abbracciai mia madre e poi mio padre. Ci sedemmo a tavola e cominciammo a parlare. Justin accanto a me.
 
«Hanno rubato il foglio.» dissi con tono piatto verso mio padre. Sembrò congelarsi.
 
«Ne ho una copia in macchina, vado a prenderla così vi mostro di cosa parlava.» detto questo scappò fuori dalla porta lasciandoci soli con mia madre.

«Deb, devo ammettere che siete una bella coppia.» sorrise fiera, mentre Justin mi strinse la mano da sotto il tavolo. Sorrisi e la ringraziai.
 
Entrò mio padre e si sedette portando il foglio sul tavolo. Come pensavo. Riguardava la società. Lo presi in mano e cominciai a leggerlo.
 
“Bieber Society, una società di spie segrete fondata nel 1994 da Jeremy Jack Bieber. La compagna, Patricia Lynn Mallette, rimase incinta del primo figlio di Jeremy proprio in quel periodo. Molti pensano che non sia un caso, altri sì. La società fu affidata a Jeremy che si occupò di affari in nero, collaborando con gang del quartiere fino ad arrivare al mondo. Bieber Society è una delle più conosciute Società del mondo. Il primo figlio, Justin Drew Bieber è l’erede a diventare capo di una società così vasta dopo la morte del padre. Attualmente non si sa dove ha sede, ma si conoscono solo i principali componenti.”
 
Mi voltai verso Justin. Era disperato. Non c’era scritto molto, ma erano comunque informazioni che dovevano rimanere segrete. Si passò una mano sul viso e si appoggiò allo schienale della sedia.

«Come hai fatto a capire che avevano rubato il foglio?» mi chiese mio padre.
 
«Il terzo cassetto del comodino era aperto. Solo quello conteneva il foglio, gli atri nulla di importante.» risposi appoggiando di nuovo il foglio sul tavolo e spingendolo verso il centro.
 
«Vi aiuteremo a ritrovarlo.» affermò mia madre guardando prima me e poi Justin.
 
«No, è troppo pericoloso.» negò Justin scuotendo la testa.
 
«No Justin. Lo faremo, fidati di noi.» ribatté mio padre. Justin non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo. Cominciò a giocare con le chiavi della macchina mentre mormorava qualche imprecazione.
 
«Cominceremo da stasera.» ordinò mio padre «Per cominciare, voi due andrete in discoteca, quella che frequenta James e vi immischiate tra la folla. Dovete cercare di essere il più irriconoscibili possibile, altrimenti il piano salta.» continuò mio padre puntando un dito contro di noi «Noi, invece, andremo al vecchio capannone dei Crox. Forse riusciremo a trovare qualcosa.» finì. Noi annuimmo. Fece cenno con la mano di andare al piano superiore e ubbidimmo.

Arrivammo in camera mia. Dovevamo preparaci per la festa di questa sera, ma dovevamo essere irriconoscibili. Andai in bagno e dal mobiletto sotto il lavandino, presi la tinta bionda per capelli. Justin si stava preparando da solo. Andai in camera e presi un vestito nero fino alle ginocchia e dei tacchi. Mi vestii e ritornai di nuovo in bagno. dopo essermi tinta i capelli, passai al trucco. Passai l’eyeliner sui miei occhi, del mascara su entrambe le ciglia e dell’ombretto bianco. Colorai le mie labbra di un rosso acceso e lo stesso feci con le guance.
 
Uscii dal bagno e mi ritrovai Justin seduto sul letto che si allacciava delle Jordan bianche e rosse. Indossava dei jeans neri portati sempre a vita bassa, una camicia bianca sbottonata sui pettorali e i capelli non erano più tirati in una cresta, ma abbassati, che gli cadevano sulla fronte.
 
Alzò lo sguardo appena udì il rumore dei miei tacchi. Incontrai i suoi occhi… azzurri?  Mi sorrise e dopo capii che si trattavano di lenti a contatto. Scendemmo e andammo incontro ai miei genitori. Ci guardarono un po’ storto.

«Spero funzioni.» commentai abbassando lo sguardo non vedendo l’ora di levarmi tutto quel trucco e quel vestito.
 
«Andate e fate in modo da avere più informazioni possibili.» ordinò mia madre dal salotto. Annuimmo ed entrammo in macchina, diretti al club più frequentato da James e dalla sua compagnia.
 
 
Eravamo nel club da molto e non ci eravamo più avvicinati da quando avevamo messo piede nel locale. Justin era al bar e serviva i drink che le persone ordinavano, mentre io ero ferma, seduta su un divanetto.
 
«Cosa ci fa una ragazza così sexy tutta sola?» mi chiese una voce alle mie spalle, la quale mi fece alzare lo sguardo dallo schermo del cellulare, per incontrare due occhi piccoli e azzurri. James.
 
«Oh, ehm, niente.» risposi timidamente, sapendo che Justin ci stava osservando dal bancone del bar  «Tu, invece?» gli chiesi voltandomi verso di lui e mordendomi il labbro cercando di apparire almeno un po’ seducente.
 
«Aspettavo una ragazza che mi tenesse compagnia.» rispose afferrandomi per un fianco e trascinandomi sopra di lui «E a quanto pare, l’ho trovata.» aggiunse con il suo sorrisino malizioso.
 
«Andiamo a casa tua?» gli chiesi cominciando a sbottonare i primi due bottoni della sua camicia bianca. Annuii e mi fece cenno che sarebbe andato a prendere la sua roba e che sarebbe tornato presto.
 
Mi avvicinai al bancone dove Justin mi stava aspettando «Devo andare a casa sua.» affermai temendo la sua espressione.
 
«Cosa?!» sbottò sporgendosi verso di me. Sapevo che non gli sarebbe piaciuto saperlo.
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ehi ragazze,
probabilmente mi vorreste morta, perchè è da un sacco di tempo che non aggiornavo e la cosa mi dispiace moltissimo.
non avevo molte idee e poi avevo cominciato una nuova storia per questo mi sto portando avanti così da esaurire tutte le idee che ho nella testa.
ho una buona notizia...
ho deciso che molto, ma molto, ma molto, ma molto probabilmente ci sarà un seguito di questa storia per questo non piangete se finirà, in un certo senso, male.
spero che sarete ancora qui a recensire...
ci vediamo al prossimo capitolo.
kiss kiss
shedreamsbieber.








 

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Capitolo 31
*** 31. ***




Capitolo 31
 
Debby’s Point Of View.
 
«Cosa?!» sbottò sporgendosi verso di me. Sapeva che non gli sarebbe piaciuto saperlo.
 
Sospirai e mi guardai attorno per controllare che James non fosse già di ritorno «Devo andare a casa sua, prometto che non mi succederà nulla.» risposi intrecciando le mie dita con le sue appoggiate sul bancone che ci divideva.

«Vengo con voi.» affermò levandosi il grembiule da attorno ai fianchi e gettandolo sul bancone. Annuii e mi diressi all’uscita del locale fermandomi lì vicino. Justin mi raggiunse. Mi cinse la vita con il suo braccio sinistro e fece incontrare le nostre labbra per una frazione di secondo. Si allontanò, avvicinandosi alla macchina mentre mi sorrideva.
 
«Andiamo?» mi chiese James da dietro. Mi prese per il polso e mi portò fino alla sua macchina. Il SUV nero.


Arrivammo davanti a casa sua in meno di un’ora. La discoteca non era molto distante da dove abitava. Cominciai a sentire l’agitazioni pulsarmi nelle vene e la paura impossessarsi della mia mente.
E se non ce l’avessi fatta?
 
E se mi avesse scoperto?
 
Cosa ne sarebbe stato di me?
 
Deglutii cercando di non farmi sentire e tantomeno vedere da James. Entrammo in casa e subito i miei occhi presero mille direzioni in cerca di qualcosa che poteva condurmi al foglio. Nulla. 

«Devo andare in bagno.» mormorai voltandomi verso di lui e mordendomi il labbro inferiore.
 
«Ultima porta a destra.» mi indicò indicando con il mento il piano superiore e il lungo corridoio. Gli sorrisi e salii le scale. Accelerai il passo quando fui vicino alla porta. Mi chiusi dentro a chiave e appoggiai la schiena cercando di calmarmi. Chiamai Justin per avvisarlo che andava tutto bene.
 
«Justin?» risposi appena sentii gli squilli terminare.
 
«Piccola?» chiese.
 
«Sì, sono io.» lo rassicurai. Lui liberò un sospiro di sollievo.
 
«Stai bene?» chiese sempre preoccupato.
 
«Sì, benissimo.» risposi sorridendo per la sua preoccupazione. Un altro sospiro liberò le sue labbra. Ridacchiai leggermente non volendo farmi sentire da James.


«Prendi quel fottuto foglio e torniamo a casa, non riesco a non pensare che tu sei in quella casa con quel figlio di p-»
 
«Justin, sta calmo, adesso vado.» lo fermai prima che potesse proseguire. Per fortuna non bestemmiava. Chiusi la chiamata dopo un suo ‘va bene’ ed aprii leggermente la porta. Riuscii a intravedere l’interno della camera di James. Mi tolsi le scarpe e in punta di piedi uscì dal bagno.


Entrai nella camera da letto e cominciai a frugare dappertutto. Mi stesi a pancia in giù e controllai sotto il letto.
 
Niente.
 
Mi rialzai e aprii tutti i cassetti dei comodini ai lati del letto.
 
Niente se non una miriade di boxer e preservativi. Chiusi di scatto il cassetto disgustata provocando un tonfo che rimbombò per tutta la camera.
 
«Cosa è stato?» gridò James dal piano inferiore.


«Niente!» risposi frettolosamente avvicinandomi all’armadio. Niente neanche lì. Sbuffai. Avevo perso le speranze, non sapevo più dove cercarlo. Guardai l’anta dell’armadio. Mi accorsi che delle macchie scure ricoprivano la superficie. Alzai lo sguardo e lo spostai sulla lampada. Rimasi sbalordita. Il foglio era lì. Ma che nascondiglio era?
 
Mi avvicinai al letto, ma fui trascinata contro qualcuno e qualcosa di freddo toccarmi la tempia.
 
«Cosa ci fai qui dentro?» chiese James più arrabbiato che mai.
 
Cazzo.


Non risposi e deglutii rumorosamente cercando di calmarmi senza successo.
 
Sogghignò «Debby Owens in camera mia, questa sì che è una sorpresa.» disse per poi scoppiare a ridere. Non parlai di nuovo.
 
«Dov’è il tuo ragazzo?» chiese. Udii il ‘clic’ della pistola.
 
«Non ho un ragazzo.» negai agitandomi tra le sue braccia.


«E che mi dici di Justin?» chiese divertito.
 
«Non ci siamo più visti da quando se n’è andato.» mentii.
 
Rise «Davvero? Non eravate voi quei piccioncini sulla spiaggia?» rispose divertito. Ci aveva spiati.
 
«No, ti sbagli.» risposi mentendo di nuovo.
 
«Allora non si arrabbierà se ti uccido.» disse facendo scattare di nuovo la pistola. Clic. Era la fine. Non avrei mai pensato che sarei morta così. Per uno stupido foglio di una stupida società e delle sue stupide regole.
 
Addio mamma, addio papà, addio Justin. Addio a tutto e tutti.


Udii lo sparo, ma non sentii alcun dolore. Sentii solo che la presa di James si allentava. Mi voltai. James era a terra sanguinante, la pistola vicino all’armadio, davanti a me. Dietro James vidi lui. Con ancora la pistola puntata verso il corpo del ragazzo a terra. Gli tremavano leggermente le mani e lo sguardo era schifato, pieno di ira.
 
«Justin.» mormorai senza voce. Alzò i suoi occhi azzurri per incontrare i miei. Deglutii. I miei occhi cominciarono a pizzicare e tutta la paura che avevo era sparita improvvisamente. Scavalcai James che era ancora a terra e continuava a gemere di dolore. 

Uscii dalla stanza e recuperai le mie scarpe dal bagno. Uscii e trovai un’ambulanza lì vicino. Probabilmente avevano sentito lo sparo o qualcuno l’ha chiamata.
 
Un volontario si avvicinò a me «Sta bene signorina?» mi chiese preoccupato. Mi coprì con una coperta grigia e mi fece avvicinare al veicolo. Mi sedetti dove le porte erano aperte.
 
«C’è ancora qualcuno dentro?» mi chiese sempre lo stesso uomo di prima.
 
«Sì. Due ragazzi.» mormorai mentre tremavo. Ero appena scappata dalla morte.

Certi penseranno che è una cosa davvero forte, ma non è così. In queste situazioni perdi ogni speranza. Non sai mai quando ti sparerà. Lo farà quando ti sarai calmato e di sicuro hai rassicurato te stesso che non ti farà nulla e invece…
 
Per ora il mio unico pensiero era Justin.
 
 
Justin’s Point Of View.
 
«Ci si rivede.» disse James ancora a terra.
 
«Cosa le hai fatto?» chiese chinandomi e afferrandolo per la camicia sporca di sangue.


Tossì «Fidati, non le ho fatto niente.» rispose ridendo «Se avessi potuto me la sarei scopata e poi l’avrei lasciata in mezzo alla strada da brava puttana che si rispetti.» aggiunse ridendo più forte.
 
Aveva superato ogni limite. Poteva dire qualsiasi cosa gli passava per il cervello sul mio conto. Ma non doveva toccare Debby. Era una delle cose che non sopportavo.
 
Gli tirai un pugno sulla gote destra e lo lasciai cadere a terra. Gemette ancora di dolore. Era caduto proprio sulla ferita che gli avevo provocato. Non sapevo quante avrebbe resistito dato che la ferita era sulla schiena, vicino ai polmoni. 

Lo sentii ridere un’altra volta prima di tirargli un calcio nello stomaco. Doveva solo soffrire. Nascosi la pistola nella tasca del pantalone e piegai il foglio infilando, anche quest’ultimo, nella tasca dei pantaloni.
 
Mi dileguai dalla camera, sicuro di aver lasciato James a terra da solo. Recuperai le chiavi della macchina che avevo lasciato sul tavolo, poi mi avvicinai alla porta per aprirla, ma era chiusa. Diedi qualche spallata, ma rimaneva sempre bloccata. 


«Dove credi di andare?» chiese ironico James alle mie spalle.
 
Sparò e mi sfiorò la spalla. Mi voltai pronto per colpirlo, ma lui fu più veloce e mi prese per il collo schiacciandomi contro la porta. Le sue dita premevano poco sotto il mio orecchio. Gli afferrai il polso per cercare di allentare la presa.
 
Non me lo ricordavo così forte. Mi teneva su usando una sola mano. Con l’altra libera estrasse dalla tasca un coltello che portò vicino al mio fianco. Sentii la punta dell’arma entrare con una lentezza estenuante dentro la pelle. Contrassi la mascella reprimendo un grido. Non avrei mai voluto che lui capisse cosa stavo provando in quel momento.

«Se continui andrai nella merda.» affermai guardandolo mentre sul suo sguardo apparve un sorriso divertito.
 
«Non importa.» rispose alzando le spalle. Spinse il coltello più a fondo «Ci sarai anche tu.» sorrise.
 
Il mio petto si alzava e si abbassava molto velocemente. Sentii che James si era fermato. Ne approfittai per tirargli un calcio nel basso ventre. Si accasciò a terra rannicchiato su sé stesso mentre mi sfilai il coltello dal fianco. La mia camicia era ormai diventata rossa. Lasciai cadere il coltello e, barcollante uscii da quella casa.

Debby si fece strada tra la folla con la coperta grigia sulle spalle. Zoppicai, tenendomi il fianco, verso di lei. si avvicinò di corsa e mi afferrò il viso tenendolo tra le sue mani. I suoi occhi cominciarono a diventare lucidi. Mi abbracciò e gemetti silenziosamente. Ricambiai l’abbraccio avvolgendo il braccio libero attorno alla sua vita.
 
«Stai bene?» mi sussurrò. Le risposi con un flebile ‘sì’. Mi allontanò da lei e cominciai ad avere le vertigini. La testa mi faceva male e girava tantissimo. Mi aggrappai a lei prima di cadere in ginocchio davanti a lei. mi sdraiai del tutto, sulla schiena. Debby al mio fianco mi scuoteva e mi implorava di tenere gli occhi aperti e di non lasciarla. 


Contro la mia volontà i miei occhi si serrarono, lasciandomi andare in un sonno profondo dove forse non mi sarei mai svegliato mai più. Il nero accompagnava il tutto.
 
Non avrei più visto la luce, i miei genitori, Jazzy e Jaxon. Debby. Che ne sarebbe stato di lei? avrebbe mai accettato la mia morte?
 
Non avrei più rivisto il suo viso. I suoi occhi che mi guardavano come avevo sempre desiderato. I suoi capelli così morbidi con cui adoravo giocare, attorcigliandomeli tra le dita. Le sue labbra che avevo desiderato sfiorare dal primo momento che l’ho vista. E poi il suo corpo. Qualcosa di assolutamente impossibile resistere, ma che non volevo avere, almeno non per ora.
 
Mi teneva compagnia quando ero solo, triste, arrabbiato o stressato. Nessuno sa quanto lei sia davvero importante per me. Nemmeno lei. Vorrei solo che suo padre non mi odiasse.
 
Quando la notte era con me, io restavo sveglio fino a tardi ad osservarla mentre dormiva. Era una delle cose più belle che qualcuno potesse donarmi. Mi sentivo davvero una persona qualunque quando ero con lei. 

Potevo davvero dirle tutto. Era come una migliore amica, sorella e ragazza. Mi fidavo tantissimo di lei. E’ vero, non ci siamo ancora detti ‘ti amo’, ma aspettavo un’occasione molto importante. Volevo che il nostro primo ‘ti amo’  fosse qualcosa di indimenticabile, qualcosa che rimarrà per sempre.
 
Questi sono stati i due mesi più belli di tutta la mia vita. Lei è stata un dono del cielo. Il più bel regalo che qualcuno potesse farmi.
 
E ora era qui, davanti a me che mi implorava di svegliarmi, di non lasciarla sola, di non andarmene. Diceva che aveva bisogno di me, perché io ero tutto per lei.
 
Avrei voluto risponderle, ma non avevo forze né energie. Avrei voluto chiederle di sposarmi, di diventare mia moglie. Saremmo andati a vivere da soli, con i nostri figli. Avremmo trascorso tutta la nostra vita insieme, per sempre fino alla morte. Avrei voluto vedere i nostri figli crescere e imparare. Proprio come noi. Io e lei. 
 
La amo tantissimo e ora lo so per certo. Ma non riuscirò mai a dirglielo. E la cosa mi uccide. 

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here i aaaaam.
ok, mi volete di nuovo morta, lo so, lo so.
sono tremendamente dispiaciuta per questo ritardo enorme, ma oltre agli impegni e alla scuola, ci si mette pure la fantasia che comincia a scarseggiare.
questo capitolo è un po' drammatico, soprattutto la fine...
che dite, ce la farà Justin?
non vi anticipo nulla. 
chiedo solo un favore. 
come ben sapete sono poco esperta per quanto riguarda questo sito quindi vi chiedo di aiutarmi in una cosa: mi potreste spiegare come si fa a cliccare su una parola e poi ti appare una foto?
non so se mi sono spiegata...
comunque, ci si vede al prossimo capitolo!
kiss kiss

shedreamsbieber

 

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