Tell me, how it's going?

di novalee_ack
(/viewuser.php?uid=120615)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


 

 

 

 

 

 

There will be no fade out
This is not the end
I'm down now
But I'll be standing tall again
Times are hard but
I was built tough
I'm gonna show you all what I'm made of.

***
 
Sbuffai, chiudendo il libro.
Non potevo continuare a studiare in quel modo. Non ci riuscivo, non volevo. 
Sospirai, chiudendo gli occhi.
Era un via vai continuo di uomini in quella casa, la mia casa. Era impossibile concentrarsi sulla storia dell'800 con quei fastidiosi lamenti che mi giungevano ottavi alle orecchie. 
Spostai il libro sul tavolino davanti a me, e mi rannicchiai su me stessa. 
Dimmi, come va?
Va che tutto è una merda nella mia vita. Non c'è nulla di buono in me, nelle persone che conosco, nel mondo. Va che non ho un futuro in questo posto, e il diploma è l'ultimo traguardo da raggiungere per poter andare via. Lontano da Brooklyn, lontano dall'alcol e dai continui arresti per spaccio. Volevo andare via da quella casa che era diventata uno schifoso bordello, dove mia madre invitava tutti i suoi clienti a venire a tutte le ore del giorno, non importava se lei non c'era, loro avrebbero aspettato lì.
Volevo andare via per non dover più spacciare per avere qualche dollaro in tasca. 
Ero caduta tantissime volte e avevo sempre trovato la forza di rialzarmi altrettante volte. 
Il mio corpo aveva subito le violenze di mio padre sin dall'età di quattro anni, fino a quando un anno fa la sua persona ha cessato di esistere. 
Avevo pianto, perchè ero felice che lui non avrebbe più abusato di me, che non avrebbe più toccato il mio viso ed il mio corpo. 
A scuola da bambina mi chiedevano sempre perchè avessi sempre tutti quei lividi. "Sono caduta" avevo imparato a mentire, come da copione, per proteggere il mostro che era quell'uomo. Ero riuscita a liberarmi di un enorme peso che mi opprimeva da una vita intera. Avevo ottenuto la mia rivincita, dopo tredici lunghissimi anni. Avevo vinto contro di lui anche se i tagli sulle braccia erano ancora visibili, erano i ricordi che continuavano a fare male. 
Mia madre era sempre stata una bella donna, da piccola l'ammiravo. Adoravo i suoi vestiti, le sue scarpe ed i suoi trucchi. "Voglio essere come te" , le ripetevo ma ancora non sapevo la verità.
Mi tingo i capelli di rosso. 
Ho un piercing sulla lingua.
Il mio nome è Ivy. 
 
 
Mi svegliai nel bel mezzo della notte, ritrovandomi a vagare con lo sguardo nel buio della mia stanza. Mi portai una mano sulla fronte sudaticcia e respirai profondamente. Stupidi incubi.
Scostai le lenzuola che si erano appiccicate sulle gambe lasciate scoperte dai pantaloncini del pigiama e scesi dal letto, camminando a piedi nudi verso la cucina.
Presi un bicchiere d'acqua fredda e lo buttai tutto giù, seguito subito da un altro. 
Mi soffermai per qualche istante ad ascoltare i rumori ed i lamenti che provenivano dalla camera di mia madre. Erano gli unici suoni percettibili a quell'ora della notte.
Non provai disgusto o quant'altro. Ci avevo fatto l'abitudine con gli anni, e scappare in bagno a vomitare era stata solo una delle fasi iniziali. 
Mi sedetti sull'isola della piccola cucina e lanciai uno sguardo all'orologio appeso al muro che segnava le due di notte. 
Non avevo più alcuna intenzione di ritornare nella mia camera, che in quel momento mi appariva come una fornace, e decisi di restare ancora un pò seduta sul marmo freddo del tavolo che ritenni un ottimo rimedio al caldo insopportabile. 
Man mano i rumori diminuirono, fino a cessare del tutto. Dopo pochi minuti la porta bianca della camera di mia madre si aprì velocemente, scoprendo una grande figura maschile. La luce fioca della lampada accesa illuminò il voltoo impertinente del ragazzo che riconobbi all'istante. Una smorfia apparve sul mio viso.
«Guarda un pò chi c'è qui», i suoi occhi chiari luccicarono nell'oscurità. Si avvicinò lentamente a me e il solito sorrisetto strafottente non tardò a comparire. «Abbiamo fatto troppo rumore forse? Spero non sia per questo che sei sveglia a quest'ora». Si scompigliò i capelli ricci e leggermente bagnati dal sudore. 
Mi lasciai scappare una risatina ironica. «In realtà no», risposi ritornando neautrale.
«Ti dispiacerebbe offrirmi un bicchiere d'acqua?». Poggiò la giacca sul tavolo accanto a me e mi sfiorò una gamba con la punta delle dita. 
Scostai le sue mani da me e scesi dal ripiano. «Lì vedo delle mani», dissi indicando quest'ultime. «Puoi benissimo servirti da solo». Lo guardai fredda negli occhi, mentre l'espressione compiaciuta cominciò a sparire dal suo volto. Con un movimento veloce mi bloccò tra il tavolo ed il suo corpo, che spingeva forte contro il mio. «Ti ho già detto di abbassare la cresta quando parli con me», disse in un sussurro. Alitò quelle parole al mio orecchio con estrema lentezza, facendomi rabbrividire. 
Sapevo di cosa era capace Harry Styles. Non si sarebbe fatto problemi ad uccidermi con un solo colpo di pistola. Lui era così. Tutti i suoi amici erano così. E tutti mi trattavano in quel modo, credendo di avere chissà quale potere su di me. Vent'anni ed era rispettato e temuto da tutto il quartiere.
Si rilassò quasi subito. «Mh, questo è il terzo nel giro di due mesi se non sbaglio», disse sogghignando e fissando l'odioso braccialetto elettronico legato alla mia caviglia destra. «Devi migliorare, non puoi continuare a farti beccare ogni volta», sorrise beffardo ancora una volta. 
Sentii quella scintilla di rabbia accendersi. «Fanculo», sibilai a denti stretti.
Ignorò il mio insulto e continuò nel suo intento di farmi perdere la calma. «Sai... dovresti essere grata a tua madre che si è offerta di ripagare tutti i tuoi debiti». Un altro sussurro e le sue labbra si posarono delicatamente sul mio orecchio. 
Chinai lo sguardo rabbioso sul pavimento rovinato, consapevole di ciò che era appena uscito dalla sua bocca. Mi morsi la lingua per evitare di gridargli in faccia i fiumi di parole che scorrevano nella mia testa.
Harry Styles gestiva il suo traffico di droga e molti ormai dipendevano da lui. Altri gli chiedevano dei favori di tanto in tanto. Io ero stata una di quelle persone.
«Harry, è meglio che tu vada», mia madre sbucò dalla sua camera, avvolta in una volgare vestaglia nera di pizzo.
Il ragazzo sorrise sulla mia guancia, prima di allontanarsi e lasciarmi nuovamente libera. Mi guardò prima di afferrare la sua giacca.
«Buonanotte zuccherino», fece l'occhiolino a mia madre ed uscì dall'appartamento. 
Mi lasciai cadere per terra con la schiena contro il muro.
«Va a letto Ivy, è tardi», la voce di mia madre mi arrivò alle orecchie con un filo di compassione. Quella che non ero riuscita a ricevere da nessuno in diciotto anni della mia vita.
 

Image and video hosting by TinyPic
 


-
Buonasera !
Sono contenta di essere riuscita a scrivere questo primo capitolo e sono ansiosa di ricevere dei vostri commenti.
Vi prego, non pensate che in questo modo io voglio offendere i personaggi, è solo una fanfic basata su un tema che ho trattato diverse volte :)
Mi piacerebbe davvero leggere cosa ne pensate..
Quindi non mi resta che dire, a presto.^^
xx
   Lee

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


 

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic

Ciò che hai dentro, lo sai solo tu.
Io non posso capire fino in fondo nessuno,
come nessuno può capire fino in fondo me,
anche se a volte diventa una pretesa
perché abbiamo tutti un bisogno disperato di essere capiti.
 
 
«Io vado!», urlai, anche se molto probabilmente mia madre non mi avrebbe sentita.
Scesi le due rampe di scale che mi dividevano dall'uscita del portone. Mi sistemai meglio il cappello nero sulla testa e lisciai le pieghe che si erano formate sul pantalone nero. 
Inizia a camminare lungo il marciapiede che portava direttamente a scuola. Lo schifo di scuola pubblica che frequentavo. Avevano tutti problemi in quell'istituto, me compresa, e la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze spacciavano e facevano parte di qualche gang. Avevo anche il presentimento che alcune ragazze di notte battessero i marciapiedi o che si facevano pagare per qualche servizietto nei bagni della scuola. Non mi sarei stupita più di tanto se ciò fosse accaduto davvero. 
Finì la sigaretta che avevo iniziato a fumare a metà strada, gettandola sull'asfalto. Mi incamminai verso l'entrata della scuola, stringendomi di più nel mio giubbino di jeans. Iniziava a fare freddo. 
Salutai un paio di persone che mi passarono davanti senza andare troppo oltre ad un "Come butta?", e raggiunsi il mio gruppo di amici. Avevo imparato a fidarmi solo di me stessa in quel posto, ma avevo stretto amicizia con loro cinque anni fa, appena misi piede in quella scuola. Ora le mie giornate si coloravano solo se c'erano loro. 
«Ciao ragazzi», salutai mettendo su un sorriso. «Ciao Poison Ivy», mi salutarono in coro Zayn e Liam, scambiandosi qualche occhiata divertita. Odiavo quello stupido nomignolo che mi avevano dato. I miei capelli ed il mio nome andavano a braccetto con quel soprannome, ne ero consapevole, ma non avrei mai cambiato nessuno dei due. 
«Idioti! Quando la smetterete di chiamarmi così?». Incrociai le braccia al petto e li guardai in cagnesco. I due ragazzi si guardarono e continuarono a ridere, mentre si battevano il cinque sguaiatamente. «Andate a fanculo», mi accesi un altra sigaretta, stizzita dal loro comportamento. Odiavo quando facevano così. 
«Eddai rosellina». Zayn mi tirò per un braccio e mi sfilò la sigaretta dalle dita. Mi fece voltare verso la folla di ragazzi e mi strinse da dietro, lasciandomi un sonoro bacio sulla guancia. Mi addolcì all'istante. Stupidi migliori amici. 
Il ragazzo dai capelli neri finì la mia sigaretta in due tiri e la gettò per terra, mentre Liam iniziava ad armeggiare con una cartina e dell'erba. 
«Quelle sigarette che ti fumi fanno schifo», disse Zayn, mentre anche lui imitava Liam. «Questa è roba buona», annunciò con un sorriso soddisfatto mentre accendeva la sua canna. «Lo sapete che è proibito», sussurrai a bassa voce con l'intento di intimorirli, ma fu per me l'ennesimo buco nell'acqua. 
«Da quando ti importa cosa si può e non si può fare nella scuola?», questa volta parlò Liam. Capelli corti, sopracciglia folte e due grandi occhi marroni. Un cucciolo di ragazzo all'apparenza. «Da quando due settimane fa me ne hanno attaccato un altro», dissi indicando verso i miei piedi, dove, in bella mostra, c'era il mio nuovo migliore amico "braccialetto elettronico". 
I due guardarono accigliati verso le mie converse bianche. Zayn s'irrigidì all'istante.
«Ti avevo detto che se avevi bisogno di qualcosa potevi tranquillamente venire da me», disse freddo. Stupido super protezionismo da migliore amico.
«Ed io ti avevo detto di no», risposi a tono. La campanella suonò in quell'istante e come ogni volta il gregge di pecore si catapultò all'interno della struttura. 
Liam finì la sua canna e con una pacca sulla spalla a Zayn e un bacio sulla fronte a me, si avviò in classe, lasciandomi da sola con il pakistano. 
«Ti prego Zayn, non voglio litigare», ammisi sedendomi accanto a lui, dove poco prima c'era Liam. Avremmo saltato la prima ora, passandola a litigare come accadeva spesso. Lui troppo testardo, io super testarda. Due muli.
«Perchè non ti fidi di me?», disse scavando nelle tasche dei suoi jeans alla ricerca del pacchetto di sigarette che, sfortunatamente, trovò vuoto. Gli diedi il mio, senza che me lo chiedesse. Zayn fumava come un dannato quando era nervoso. Meglio lasciarlo sfogare con le sigarette. «Non è che non mi fido di te, è che ho già troppi debiti per accollarmene altri», dissi sfilandomi il cappello e passandomi una mano tra i capelli lisci.
«Non devi restituirmeli subito, e se proprio non ci riesci non devi restituirmeli per niente. Tra amici si fanno cose del genere». Riflettei per un attimo alle sue parole. Lui mi voleva bene davvero, ed io ero sempre troppo impegnata a pensare ai miei debiti per non accorgermene veramente. I miei debiti...
Feci spallucce, richiudendomi in me stessa, come accadeva sempre. Non riuscivo a sopportare il fatto che avesse ragione e le parole mi morivano in gola. Stupido difetto del cazzo. 
«Io vado», si alzò e mi lasciò anche lui un bacio sulla fronte, prima di allontanarsi. 
Sbuffai, passandomi le mani tra i capelli. I troppi problemi mi soffocavano e mi sentivo scoppiare. 
Corsi verso l'entrata della scuola e raggiunsi il bagno delle ragazze a passo spedito. Entrai, chiudendomi a chiave in uno dei tanti bagni. Mi accasciai sul pavimento, e sospirai. Chiusi gli occhi e poggiai la testa contro il muro freddo. 
Lo stavo per rifare e l'avrei sempre rifatto. Non avrei smesso, era troppo tardi e lo sapevo. Non c'era una via d'uscita a tutto quel dolore ed io mi sentivo sprofondare sempre più giù, dove tutto era buio e la luce era solo un triste ricordo.
Strinsi più forte tra le mani la piccola lametta luccicante, mentre il cuore batteva forte nel petto. Premetti l'oggetto tagliente sulla pelle candida e mi bastò aspettare qualche istante, e tutto cominciò a tingersi di rosso.




Buona domenica a tutti ^^
piccolo aggiornamento tutto per voi.
spero vi sia piaciuto, e non esistate a lasciare una recensione uù a me piace leggere cosa ne pensate
spero di poter postare al più presto il nuovo capitolo. <3
baci,
   Lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


 

 

Image and video hosting by TinyPic


Close eyes and hope for a better life.
 
 
Guardai la mia immagine riflessa allo specchio ancora una volta prima di afferrare la borsa e uscire. Mi chiusi la porta alle spalle e velocemente scesi le scale.
Raggiunsi il solito pub al centro dove eravamo soliti riunirci tutti i venerdì sera.
Zayn e Liam erano all'entrata che parlavano tra loro ed entrambi avevano una sigaretta tra le dita. Li raggiunsi, saltellando nei miei anfibi neri. «Ciao ragazzi», rivolsi un sorriso a tutti e due. «Ciao Ivy», Zayn si limitò ad un cenno del capo. Era ancora arrabbiato con me, ed era ben visibile. Si sarebbe calmato presto, aveva solo bisogno del suo tempo. 
Liam appicciò le sue labbra alla mia guancia e mi avvolse con il suo braccio destro. «Entriamo?», mi incoraggiò il ragazzo dai capelli corti. «Sono già tutti dentro», annuì ed entrammo insieme. 
L'aria accogliente del pub mi avvolse da capo a piedi, e mi fece sorridere. Era da tanto tempo che non organizzavamo più quel tipo di serate, dove tutti rimanevano in quel posto fino a tardi a ridere e scherzare.
Ci accomodammo ad un grande tavolo rotondo dove tutti gli altri erano già seduti. Li salutai uno ad uno. «Chi non muore si rivede!», abbracciai la ragazza dai capelli biondi che alzò la bottiglia di birra verso di me in segno di brindisi. «Mi dispiace di essere sparita per un pò. Mi farò perdonare». Mi sfilai la giacca nera, lasciando scoperte le mie spalle minute. Mi portai i capelli su una spalla, lasciando scoperto il mio tatuaggio in numeri romani che rappresentava la mia data di nascita.
«Che mi racconti di bello?», sussurrò la ragazza alla mia destra, mentre si voltava verso di me. Amber aveva bellissimi capelli biondi che le contornavano il viso paffuto, tanti piercing sparsi qua e là su tutta la faccia e folte sopracciglia nere che facevano contrasto con il colore dei capelli. 
L'avevo conosciuta il primo giorno di scuola. Eravamo state in classe insieme per il primo anno, dopodichè ci dividemmo. 
Era un grande amica, forsa la più stretta che avevo, ma nell'ultimo periodo non avevo quasi sentito nessuno dei miei amici, e questa non era stata una bella cosa. 
«Niente di che, sono stata un pò impegnata. Problemi a casa», accennai un sorriso sforzato. 
Non amavo parlare della mia situazione familiare. Non amavo parlarne affatto. 
Non sapevo se gli altri erano a conoscenza di ciò che faceva mia madre, ma ero sempre più convinta che ormai tutti lo sapessero. Solo che evitavano di dirlo per non essere scortesi, ecco.
«Ti voglio bene, e mi sei mancata», mi passò un braccio attorno alle spalle, abbracciandomi teneramente. Ricambiai allo stesso modo, spostando poi l'attenzione sul tavolo accanto al nostro. 
Harry Styles rideva sguaiatamente, seguito a ruota dai suoi amici. Tutti stringevano tra le mani una bottiglia di birra e stranamente non si erano ancora accorti di noi. 
Ritornai a fissarmi le mani poggiate sul tavolo in modo quasi maniacale, mentre la cameriera iniziava a prendere le ordinazioni. Mi persi per qualche istante nei miei pensieri, dai quali fui risvegliata bruscamente dalla voce di Zayn. 
«Ivy, che prendi tu?», mi chiese ancora una volta, evidentemente scocciato. Scossi la testa e ci pensai un attimo su, boccheggiando qualche "ehm, non saprei"
«Prende quello che ho preso io», disse infine il moro chiudendo il menù. 
Lo guardai con gli occhi pieni di tristezza. Non era bello litigare con lui, ed ogni volta ci stavo sempre più male.
Lui era un pezzo fondamentale della mia vita, mi fidavo di lui ormai ed era un pò come quel fratello più grande che non avevo mai avuto. 
Si passò una mano tra il ciuffo nero e biondo, che aveva deciso di tingersi qualche mese fa e che si ostinava a voler portare così per qualche stupido motivo.  Sbuffò, e notai quanto fosse a disagio in quel momento. 
Attirai la sua attenzione tossendo e gli mimai "Scusa" con le labbra. Lui annuì e con un sorriso appena accennato, ritornò a guardare Liam che non la smetteva più di parlare. Non avevamo fatto pace in quel modo, questo era chiaro, ma era un primo passo avanti. Adesso toccava a lui fare il secondo.
Passarono interminabili minuti, e finalmente le ordinazioni iniziarono ad arrivare. 
Lo sguardo di Liam si illuminò all'istante, quando davanti ai suoi occhi furono posati due piatti stracolmi di pollo e patatine fritte. Amber si accontentò della sua insalata mista, mi aveva accennato quanto fosse rigida la sua dieta. Aveva bisogno di perdere qualche chilo, anche se a parer mio era perfetta con le sue curve morbide.
Sotto al mio naso arrivò un delizioso panino con hamburger e patatine e sorrisi a Zayn, che nel suo piatto aveva lo stesso. 
Finimmo di mangiare dopo un interminabile tempo, a causa di Zayn e Liam che non la smettevano più di ridere per le loro stesse cazzate. 
Afferrai la giacca e mi assentai per andare al bagno. Ne approfittai anche per uscire fuori a fumare una sigaretta, mentre gli altri erano ancora seduti attorno al tavolo.
«Cosa ci fa una gattina tutto sola qui fuori?», riconobbi la sua voce e trattenni uno sbuffo. Socchiusi gli occhi ed inspirai dalla sigaretta che avevo sporcato di rosso con il rossetto. 
Lo sentì avvicinarsi e alzai gli occhi verso di lui, notando gli occhi lucidi e la faccia da ebete che mi dicevano chiaramente quanto fosse ubriaco. 
«Puzzi di birra peggio di un barbone», lo guardai disgustata, gettando la cicca sull'asfalto. Feci per ritornare nel pub ma la sua mano afferrò prontamente il mio braccio. Mi strattonò facendomi finire contro il muro. 
«Ho bisogno di parlarti, in privato», non ebbi modo di replicare. I suoi piedi avanzarono verso il vicolo cieco sul retro del locale, trascinando anche me. 
Mi ritrovai nuovamente con la schiena contro il muro, e sentivo il respiro aumentare a dismisura. 
Affondò il suo corpo contro il muro, schiacciandomi sempre di più. Sentivo il suo alito sulla mia faccia, e la voglia di scappare dalla sua presa lottava contro la forza delle sue braccia che mi tenevano saldamente ferma.
 «Sono passato a casa tua prima, ma tua madre non c'era», iniziò a parlare e sul suo viso comparve un sorrisetto beffardo. 
«Allora, mettiamola in questo modo», bevve un sorso dalla bottiglia di birra che aveva tenuto nella mano sinistra fino a quel momento. «Io ho voglia di scopare». Iniziò a scaldarsi e lanciò la bottiglia per terra che si ruppe in tanti pezzi. «Quindi, visto che non posso farlo con tua madre, lo farò con te». Ghignò divertito. 
Ero rimasta in silenzio fino a quel momento. La sua presenza iniziava a mettermi paura, e non si sarebbe limitato a dirmi quelle cose.  
Cercai di divincolarmi dalle sue braccia, ma fui ripetutamente sbattuta con la testa contro il muro. 
«Se stai ferma faccio presto, rosellina». Trattenni il respiro quando pronunciò quell'ultima parola. Come faceva a sapere il soprannome che solo Zayn usava con me? 
Mi leccò una guancia e sentivo la rabbia crescere sempre di più. 
«Fottiti», sbraitai spingendolo via. Il suo sguardo si accese improvvisamente.
Iniziai a correre lontano da lui, via da quel vicolo stretto e buio. Mi ritrovai nuovamente davanti all'entrata del locale, ma esitai prima di entrare. Una mano mi bloccò nuovamente. A che gioco stava giocando?
Ebbi il temo di voltarmi verso di lui, ma la sua grande mano colpì prontamente il mio viso. Barcollai all'indietro, tenendomi la guancia. E come quando un bambino viene punito dalla madre, sentì gli occhi pizzicare. Ma io non ero una bambina, non lo ero più da troppo tempo. 
«Troia!», sibilò il ragazzo. Era il diavolo in persona, e del diavolo non ci si liberava facilmente. Harry sarebbe stata la mia condanna a morte, e lo avevo sempre saputo, dal primo momento in cui i miei occhi si imbatterono nei suoi.
«Ehy, che succede?». Non avevo fatto caso ai ragazzi che erano appena usciti dal pub. Troppo impegnata a dare le spalle a tutti. Avrei tanto voluto sparire in quel momento.
Zayn si avvicinò a me e mi fece voltare con non poca grazia. «Che cazzo succede?», disse fissandomi negli occhi. Mi passai una mano tra i capelli e tirai sul col naso. Lanciai un occhiata fugace a Harry. «Nulla, non succede nulla», dissi sorpassando il moro e avviandomi verso il marciapiede che mi avrebbe riportata a casa. Lasciai tutti lì impalati, senza dare una sensata spiegazione. Inutile provare a dire la verità. Nessuno avrebbe capito, nessuno avrebbe provato a porre fine a quell'inferno. Ero sola in un mondo pieno di cattiveria e orrori. 
 


-
salve a tutti :))
spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Vorrei tanto sapere cosa ne pensate e non esitate a lasciare un commento.
Grazie a chi segue la mia storia! <3
a presto,
   Lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 ***


 

 

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic


 A volte il vincitore è semplicemente chi non ha mai mollato.

 


Anche quella mattina la sveglia suonò presto. La scuola non mi dava tregua, e in quel momento desideravo ardentemente stringere tra le mani il mio diploma, invano di ciò che sarebbe accaduto una volta terminata la scuola. Era a quel punto che cominciavano i problemi seri. 
Sbuffai scendendo dal letto. Mi diedi una veloce rinfrescata sotto la doccia, dopodichè indossai un semplice jeans ed una felpa grigia. Afferrai la borsa della scuola, gli occhiali da sole e, con il cappuccio alzato sulla mia testa, uscii di casa.
Arrivai davanti al cancello della struttura, più comunemente nota come "Scuola", in orario, se non anche in anticipo.
Allungai subito di più il collo per cercare i miei amici che, seduti al solito posto, parlavano allegramente tra loro. Mi avvicinai a loro salutandoli con un "buongiorno" forzato. Zayn, che fino al mio arrivo stava seduto sul muretto a fumare la sua solita sigaretta mattutina, si alzò e, senza degnarmi di uno sguardo, se ne andò. 
Lo seguii, anche se facevo fatica a tenere il suo passo lungo. Lo fermai, spingedolo contro il muro del retro della scuola.
«Si può sapere che cazzo ti prende?», urlai togliendomi il cappuccio dalla testa e sfilandomi gli occhiali. «Sono due giorni che mi eviti come sei fossi un'appestata».
«Scusami tanto se mi girano in una maniera incredibile quando ti vedo quel coso attaccato al piede», rispose ironico e con un sorriso amaro sulle labbra. Guardai verso i miei piedi, dove alla caviglia destra c'era ancora attaccato l'ingombrante braccialetto. 
Chiusi gli occhi sospirando. Odiavo litigare con lui, lui che si avvicinava molto a tutto ciò che era la mia "famiglia". 
«Ok, senti Zayn, ti promett-», mi interruppe in modo brusco. «Non fare promesse che poi non manterrai». Aveva gli occhi più scuri del solito. «Allora, cercherò di fare del mio meglio la prossima volta e starò più attenta», conclusi fissandolo negli occhi. Lui faceva lo stesso con me. «Ed io ti ripeto che se hai qualsiasi tipo di problema, soldi, cibo, sesso-», sgranai gli occhi e scoppiai a ridere. «Che vuol dire anche per il sesso? Che se avrò voglia di scopare posso anche venire da te? Sei diventato un gigolò per caso?». Ridevo sempre più forte, mentre il suo sguardo malizioso si posò su di me. «Perchè no?», frenai la mia risata, per poterlo fissare meglio. Faceva sul serio? 
«Lo farei solo per te!». Si avvicinò al mio viso e, con il suo solito sorriso sghembo, mi lasciò un bacio all'angolo della bocca. «Non cacciarti più nei pasticci rosellina». L'ultima parola della sua frase mi riportò alla mente l'episodio di qualche sera fa. 
Come faceva Harry Styles a sapere come mi chiamasse Zayn? 
Non dovetti aspettare molto che il ragazzo moro prese subito la parola. «Che voleva Harry Styles da te?», domandò. Il suo sguardo duro fece ritorno. Assurdo come riuscisse a cambiare umore ed espressione da un momento all'altro.
Abbassai la testa, ma la rialzai poco dopo. «Niente, rompeva solo le palle», feci spallucce. Lui non doveva sapere.
«Sicura?». Annuì energicamente, sorridendo. «Vabbene, cerca di stare attenta però. Ora andiamo in classe, è tardi», mi circondò le spalle con un braccio e mi guidò fino all'interno dell'edificio. Mi lasciò davanti all'aula di matematica e a grandi falcate si allontanò da me, uscendo fuori al cortile, probabilmente avrebbe saltato la prima ora come era suo solito fare. Quel ragazzo non sarebbe mai cambiato!
 
 
«Sono a casa!», urlai scocciata. Posai le chiavi sul tavolo in cucina e la borsa sulla sedia. Mi avvicinai al frigo, presi dell' acqua e bevvi direttamente dalla bottiglia. 
Non avrei dovuto farlo, ma ripensandoci mai nessuno mi aveva detto che non si beveva dalla bottiglia. Mia madre era sempre troppo impegnata anche per rimproverarmi, anche se, pensandoci bene, non lo aveva mai fatto. 
Dopo qualche minuto dalla porta della camera di mia madre fece la sua solita uscita trionfante Harry Styles e i suoi odiosi ricci. Alla sua vista riaffiorò nella mia mente l'episodio dello schiaffo e con esso ritornò anche la fastidiosa sensazione di dolore sulla guancia. 
Il suono del campanello mi destò dai miei pensieri e senza pensarci due volte andai ad aprire la porta di casa, ritrovandomi davanti un uomo abbastanza grande d'età, date le sue numerose rughe sul volto. Lo feci entrare, mentre Harry si era accomodato su uno sgabello dell'isola. Socchiusi gli occhi per scacciare via dalla mia testa l'immagine di mia madre che scopava con un uomo così anziano. Agli inizio ci pensavo anche per giorni interi, poi ho imparato presto a non pensarci per più di due minuti anche se il mio obiettivo era quello di non pensarci per niente. Dovevo lavorarci ancora un pò.
Ritornai in cucina, e afferrai il libro di matematica dalla borsa. Mi accomodai sul mio solito sbagello e, sotto gli occhi divertiti di Harry Styles, iniziai a sfogliare il libro, soffermandomi poi sull'argomento che mi interessava.
«Cosa studi?», chiese dopo svariati minuti di silenzio. «Perchè sei ancora qui?», risposi a tono, maledicendomi poco dopo. Maledettissima insolenza.
«Non ho niente di meglio da fare», rispose calmo. Mi meravigliai, ma lo ignorai ugualmente e cercai di concentrarmi sulle mie funzioni. Sentivo il suo sguardo premere incessantemente su di me, e questo mi dava non poco fastidio. Chiusi il libro scocciata e sbuffai. «Per quanto tempo dovrò ancora vederti in giro per casa mia?». Incollai i miei occhi nei suoi e serrai la mascella. Lui sorrise divertito. 
Perchè sorrideva sempre? Cosa cazzo c'era di divertente in tutto quello?
Si sporse in avanti, avvicinandosi al mio orecchio. «Finchè lo vorrò», sussurrò, dopodichè ritornò a sedersi al suo posto.
Frenai l'istinto di mandarlo a fanculo, solo perchè le conseguenze non sarebbero state bene accette, e per il momento avevo già troppi problemi frullarmi per la testa.
Mi alzai dallo sgabello e mi allontanai dalla cucina, chiudendomi in camera mia. 
Chiusi gli occhi e poggiai la testa contro il muro. I lamenti provenienti dalla stanza accanto erano meno rumorosi del solito e questo mi aiutò a rilassarmi per un istante. 
La porta si aprì ed il ragazzo che era in cucina fino a poco fa ora sorrideva sotto l'arco della mia porta mostrando due fossette ai lati delle guance. 
Teneva nella mano destra un cellulare nero che riconobbi all'istante. Sbarrai gli occhi e rossa dalla rabbia mi alzai frettolosamente dal letto. «Hai dimenticato questo in cucina», me lo porse e lo afferrai stizzita. Fece per andarsene ma si voltò nuovamente verso di me. «Oh, Zayn dice che ti bacerebbe tutta», ghignò. «Lascialo stare quello, è un fallito», mi fece l'occhiolino e se ne andò. 
Aveva letto i miei messaggi...
Iniziai a tremare come una foglia. Non accettavo di essere trattata così, non lo tolleravo. Lui mi stava distruggendo, fuori e dentro. Perchè gli permettevo di trattarmi così ? Perchè poteva fare lo spaccone anche in casa mia? Perchè lui è Harry Styles.
Mi accasciai sul pavimento piangendo. 
Perchè piangi? Piange chi è debole.
Non è vero. Io non piango perchè sono debole, ma perchè sto resistendo troppo, e lo sai com'è, la coda prima o poi si spezza.
 
 




'giorno a tutti :)
vorrei ringraziare chi ha recensito i capitoli precedenti e chi segue la mia storia in silenzio.
Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, quindi, lasciate un recensione se vi va, 
ne sarei molto felice, davvero. :)
al prossimo capitolo,
   Lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 ***


 


Image and video hosting by TinyPic



 

Uscii dalla doccia, avvolgendo un grande asciugamano bianco attorno al mio corpo. Pettinai i capelli bagnati e li lasciai asciugare senza asciugacapelli. Indossai la biancheria e feci su e giù per la stanza alla ricerca del cellulare, senza preoccuparmi di indossare qualcosa. Lo trovai avvolto nelle coperte azzurrine del mio letto, dove poche ore prima avevo dormito. Guardai l'ora sul display del telefono che segnava le 23:42. Sbuffai. 
Il mio sguardo cadde sulle braccia nude, dove i segni freschi delle settimane precedenti erano ancora ben visibili. Quelli rosei, più vecchi, erano ormai del tutto rimarginati. 
Mi sedetti all'estremità del letto, con il cellulare tra le mani. 
La prima volta che le mie dita piccole afferarono una lametta avevo otto anni. Mio padre era vivo, e mi faceva del male, tutti i giorni, a tutte le ore, ogni volta che ne aveva l'occasione. Non aveva mai avuto pietà per tutte le mie grida, per i miei pianti, per il mio piccolo corpo consumato dall'odio verso di lui. Mi chiudevo in bagno ogni volta dopo che aveva abusato di me. Ci rimanevo chiusa per ore a volte, e mi facevo del male fisico per liberarmi dal dolore che mi riempiva. Lo facevo costantemente, anche venti, trenta volte al giorno. Non mi importava che sarebbe potuto succedere il peggio, non avevo paura di lasciare questo mondo. Non avevo mai avuto nulla per cui andarne fiera, una vita da schifo era tutto ciò che mi restava. 
Continuavano a fare male quelle cicatrici. I ricordi bruciavano maledettamente e quella lametta era il mio unico appiglio. 
Non ero sicura di volerne uscire realmente, in quel modo riuscivo a liberarmi dal dolore ma sapevo anche che era una cosa da matti e che nessuno avrebbe mai capito cosa provavo. Ero malata, ne ero consapevole, ma non volevo guarire.
Fui risvegliata dai miei pensieri dalla suoneria del mio cellulare. «Pronto?», mi affrettai a rispondere, iniziando a rovistare nel mio armadio. «Tesoro, sei pronta?», la voce di Amber mi arrivò come il suono di una fastidiosa tromba. Fui costretta ad allontanare il telefono dall'orecchio. «In realtà no, ma cercherò di sbrigarmi», afferrai un pantalone nero, un top bianco e delle semplici scarpe nere con il tacco. «Muovi il culo Ivy, siamo da te tra dieci minuti», mi lasciò un bacio e attaccai. 
Mi truccai in fretta, ed aggiustai i capelli rossi in uno chignon disordinato. Lasciai che alcune ciocche ricadessero ai lati del viso e colorai le mie labbra di rosa. Afferrai la giacca di pelle e la borsa, ed uscii di casa. 
Amber aveva accostato l'auto accanto al marciapiede e non esitai ad entrare, salutando tutte le altre ragazze. La bionda ingranò la marcia e ripartì velocemente, diretta al The Candy C. 
 
 
L'aria era asfissiante in quel locale. Eravamo entrate dopo dieci minuti di fila ed avevamo consegnato i nostri giubbini nelle mani della ragazza che si occupava del guardaroba. 
Quella era una delle discoteche più rinomate di Brooklyn, ed era una delle nostre tante abitudini andarci almeno una volta al mese.
Amber mi afferrò per il polso, che stranamente non bruciò al contatto con la sua presa molto stretta. La seguii tra tutta quella gente, facendo fatica a non inciampare nei miei stessi piedi. 
Arrivammo al bancone del bar e ordinammo subito due drink. Il barman mi sorrise malizoso e dopo averci dato i rispettivi alcolici, mi fece l'occhiolino. Non trattenni un sorrisetto, seguito subito dopo da una risata. Ci allontanammo dal bancone, e dopo avermi sussurrato all'orecchio "Carino il barman", Amber sparì nella folla. 
Mi sentii subito disorientata, ma due grandi mani si posarono sui miei fianchi, riportandomi sulla giusta rotta. Mi voltai curiosa, e il viso di Zayn si impossessò di tutta la mia visuale. Sorrisi, avvicinando le labbra alla cannuccia del mio bicchiere. Zayn aveva già finito il suo, dato il bicchiere ormai vuoto. 
«Cosa ci fai qui?», urlò avvicinandosi al mio orecchio. «Sono venuta con Amber», risposi urlando al suo stesso modo. «Balli con me?». Le sue labbra si aprirono in un grande sorriso, lasciando scoperta una lunga fila di denti bianchi. Annuì ed afferrai la sua mano, trascinandolo al centro della pista. 
Zayn incastrò il suo corpo al mio, tenendomi per un fianco, mentre con l'altra mano reggeva ancora il bicchiere. Passai una mano dietro al suo collo e lo tirai verso di me. Lui afferrò il mio bicchiere e in un solo sorso finì anche il mio drink. 
«Quello era mio», gli diedi un buffetto dietro alla nuca e lui di tutta risposta mi strinse ancora di più a se. «Dopo te ne offro quanti ne vuoi», sorrise malizioso e si passò la lingua sulle labbra. 
Andammo avanti così per molto tempo. Non mi stancavo di ballare con lui, perchè sapevo che dopo non mi avrebbe afferrata per un braccio e portata nel bagno del locale. Mi fidavo di Zayn. 
La musica mi prendeva sempre di più e non avevo intenzione di smettere. Sentivo la testa libera e il mio corpo si muoveva a ritmo di musica. Il corpo di Zayn finì dietro la mia schiena e la sua mano attorno al mio bacino. Sembravamo due pezzi di un puzzle che si muovevano all'unisono rispetto agli altri. Chiusi gli occhi, godendomi a fondo quel momento.
Non mi ero accorta di quanto i miei movimenti erano diventati seducenti e sexy agli occhi di Zayn che aumentò la presa sul mio bacino e mi strinse ancora di più a se, tanto da diventare una sola cosa con il suo petto. 
«Harry Styles ti sta mangiando con gli occhi». Riaprii di scatto gli occhi. Il mio sguardo saettò sulla figura del ragazzo dai capelli ricci che era seduto ad uno dei tanti tavolini e teneva in mano un bicchiere. I miei occhi incontrarono i suoi, fissi su di me. «Molto probabilmente anche lui ti trova sexy quanto me in questo momento». Zayn soffiò sulla mia nuca leggermente imperlata di sudore, mentre continuava a muoversi dietro di me. I miei movimenti erano invece rallentati e adesso desideravo scappare via da quel posto, ma le braccia di Zayn me lo impedivano. 
In una frazione di secondo mi ritrovai faccia a faccia con il moro dal ciuffo biondo. I miei occhi si fondevano alla perfezione con i suoi. Le sue labbra erano aperte in un sorriso che contagiò anche me. Mi dimenticai di Harry e del suo sguardo su di me. Mi dimenticai di tutta la gente che c'era attorno a noi. C'eravamo solo io e Zayn.


-
hola ^^
sono contenta che le visualizzazioni stiano aumentando e anche le recensioni!
Continuate a lasciare qualche commento se vi va :))
al prossimo capitolo, e spero che questo vi sia piaciuto! <3
xx,
Lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 ***


Image and video hosting by TinyPic
 


 

 

Mi ritrovai a stringere tra le dita i capelli corti alla base della nuca del ragazzo davanti a me. I suoi occhi brillavano sotto gli effetti di luce e le sue labbra erano ancora aperte in un enorme sorriso. Ricambiai il sorriso, meno entusiata, e molto confusa più che altro. 
Non avevo ben capito perchè si stesse comportando così. La presenza di Harry forse aveva fatto scattare qualcosa in lui che lo spingeva a comportarsi in quel modo. Volevo sapere il perchè.
«Che succede?», urlai avvicinandomi di più al suo orecchio. «Nulla, perchè?», ribettè lui. 
Ripensai alle parole di Harry Styles, "Lascialo stare quello, è un fallito" e qualcosa nella mia testa mi diceva di non arrendermi e di andare fino in fondo. 
«Usciamo un pò fuori?», chiesi al ragazzo moro che ancora mi teneva stretta e continuava a muoversi a ritmo. Lui annuì, e mi lasciò, afferrandomi però per mano.
«Vado a prendere qualcosa prima, cosa vuoi?», chiese voltandosi verso di me, mentre camminavamo tra la folla. «Quello che prendi tu?».
Arrivamo al bancone del bar e Zayn ordinò due drink che arrivarono in un batter baleno sotto ai nostri nasi. Afferrammo i bicchieri e uscimmo dal locale, imbattendoci nell'aria fredda di ottobre. In quel preciso istante mi maledissi per non aver preso il mio giubbino prima. Aprì la bocca per avvicinare la cannuccia alle mie labbra e presi un sorso di quella che era vodka mischiata a redbull. Storsi il naso. 
«Vai davvero così leggero?», chiesi a Zayn riferendomi alla bevanda che stringeva anche lui tra le mani. «In realtà no, il mio è un quattro bianchi». Scoppiai a ridere, quando notai la sua faccia buffa. «Sapevo che non ti sarebbe piaciuto», bevve tutto d'un sorso e gettò il bicchiere di plastica in un cestino vicino. Sfilò un pacchetto di sigarette dalla tasca dei jeans e me ne offrì una che accettai volentieri. 
«Non ho più visto Amber dopo dieci minuti che siamo entrate in questo posto». Inspirai dalla sigaretta, massaggiandomi un braccio con l'altra mano, cercando calore. Zayn mi imitò, inspirando dalla sua sigaretta, tenendo però una mano nella tasca dei jeans. «Starà scopando con qualcuno nel bagno», fece spallucce. Non mi servirono parole, lo rimproverai con lo sguardo, inchiodandolo sul posto. «Eddai Ivy, scherzo! A volte mi chiedo se tu scopi di tanto in tanto», sul suo volto comparve un ghigno divertito. «Ed io mi chiedo quand'è che imparerai a tenere fuori dagli affari altrui quell'orribile naso che ti ritrovi», sorrisi beffarda. «Touché», affermò lui, finendo la sigaretta e spegnendola sull'asfalto con la suola delle sue scarpe nere. Lo imitai poco dopo e in quell'esatto momento la porta del locale si aprì.
Harry Styles uscì starnazzando al chiaro di luna e battendo il cinque ad un suo amico. Lo guardai stranita, e giurai quasi di aver assunto un espressione disgustata. Possibile che me lo ritrovassi sempre davanti ovunque andassi? 
«Io torno dentro», sussurrai flebile a Zayn. Feci per rientrare nel locale, ma la mano di Harry si posò prontamente sulla mia che stringeva ancora la maniglia della porta. 
Alzai gli occhi al cielo, sospirando. «Ti spiace?», dissi indicando con un cenno della testa la sua mano. «Perchè tutta questa fretta?», disse sorridendo. Le tenere fossette, che gli davano un aria innocente, comparvero sul suo viso. Indietreggiai, ritornando nella mia precedente posizione ed incorciai le braccia al petto. Stavo iniziando davvero ad avere freddo e le piccole nuvolette di fumo che fuoriuscivano dalla mia bocca non erano d'aiuto. «Allora...», inizio il riccio infilando una mano nella tasca posteriore dei jeans. «Tu e Malik, eh?», chiese sorridendo ed accendendosi una sigaretta. 
Non ebbi tempo di rispondere alla sua provocazione che i miei fianchi furono circondati da un grande braccio tatuato. «E anche se fosse Styles?». Zayn sorrideva in segno di sfida al suo rivale. Lo guardai confusa, ma lui non accennava a volermi lasciare andare. 
Cosa stava facendo?
«Bhe, sei stato fortunato amico». Harry iniziò a ridere, tenendosi la pancia in modo teatrale. «Tale madre, tale figlia», rivolse un occhiolino a Zayn. 
Schiusi la bocca, rimanendo di stucco davanti a quell'affermazione, così vera quanto umiliante. 
Le mani di Zayn mi lasciarono andare e non mi voltai per guardarlo, in quel momento i miei occhi erano solo per Harry Styles, che continuava a ridere di gusto della sua cattiveria e insensibilità. 
I fremiti s'impossessarono del mio corpo, e la rabbia repressa in una vita intera esplose dentro di me come una bomba ad orologeria. Scattai, come una molla.
Feci qualche passo in avanti, ed allungai le braccia verso di lui. Poggiai le mani sul suo petto e lo spinsi all'indietro, barcollando sui tacchi a causa della troppa forza. 
«Qual è il tuo cazzo di problema?», urlai con quanto più fiato avessi in corpo.
Gli occhi di coloro che erano vicini si posarono su di noi. Alcuni rientrarono nel locale, spaventati dalla situazione. Zayn rimase immobile e zitto alla mia sinistra. 
Occhi verdi mi guardavano ora rabbiosi e furibondi. Le sue risate cessarono.
La sua reazione si avvicinava molto alle mie aspettative, ma sapevo che il peggio doveva ancora arrivare. 
Non avevo più bisogno di reprimere tutto l'odio che provavo per lui, non ne avevo più motivo. La mia vita era un continuo sottomettersi agli altri, ad Harry Styles. Non volevo più vivere in quel modo, forse sarebbe stato tutto più complicato il giorno dopo, ma preferivo trascorrere il resto dei miei giorni lottando per la mia indipendenza piuttosto che obbedendo come una troietta. 
«Lasciami in pace!», urlai ancora, spingendolo ancora. La sua bocca non proferì parola. «Ti ho ripagato tutto, ora sparisci dalla mia schifosa vita!». Esalai un sospiro di sollievo quando quelle ultime parole uscirono fuori dalle mie labbra. 
Avevo finalmente avuto quel pizzico di coraggio che mi era sempre mancato per affrontare il ragazzo più temuto in un testa a testa. 
Avevo paura di ciò che sarebbe accaduto dopo, ma si sa, "ad ogni azione corrisponde una conseguenza" non è di certo una stronzata.
Sentivo l'adrenalina scorrermi come sangue nelle vene e pulsare in tutto il corpo. 
Sentivo di avere più potere e controllo sul mio corpo per la prima volta in diciotto anni. Non avrei lasciato che nessuno facesse di me uno straccio per scarpe. Avrei ottenuto lo stesso rispetto dalle persone che me l'avevano portato via.



-
buonasera ^^
non so davvero se continuare o meno. 
adoro questa storia, e mi piace scriverla, ma vorrei vedere anche qualcuno apprezzarla.
non pretendo nulla, questo è ovvio, ma se mai vorreste lasciare un commento, lo apprezzerò tantissimo.
La storia ovviamente inizierà a svolgersi in modo sempre più intrigante, siamo solo all'inizio. ùù
detto ciò, ci vediamo al prossimo capitolo.
xx, 
lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

 
 
«Perchè cazzo non ha reagito?». Tirai un calcio ad un bidone vicino, finendo col graffiare le scarpe. Poco me ne importava in quel momento. 
Zayn camminava silenzioso al mio fianco con le mani in tasca.
Ci eravamo allontanati dal locale da poco più di mezz'ora, dopo che Harry mi aveva fissata per un interminabile minuto dopo che gli avevo urlato contro tutta la mia rabbia. La sua bocca era rimasta chiusa, sigillata. Il suo corpo non aveva accennato a scatti improvvisi. Semplicemente non aveva reagito. Sembrava essere come caduto in uno stato di trance. E quello che mi faceva imbestialire ancora di più era il fatto che non me lo aspettavo, per niente. Avevo pensato di tutto, mi erano passate per la testa le immagini di Harry che mi picchiava a sangue, che mi uccideva, strangolandomi magari. Ma lui di tutto ciò non aveva fatto nulla.
«Cos'è tutta questa situazione Ivy?». Zayn arrestò la sua camminata nel bel mezzo della strada. Sperai tanto che non me lo avrebbe mai chiesto. Ma Zayn era cosi, voleva essere a conoscenza di tutto e subito. Odiava le bugie, anche la più piccola delle bugie. Lui le detestava con tutto se stesso. 
«E' una storia complicata», affermai chinando la testa. Mi passai una mano sulla fronte, massaggiandomi le tempie.
Era esplosa la più disastrosa delle guerra nella mia testa, e in quel momento ciò di cui avevo bisogno era un letto su cui poter riposare. 
«Voglio ascoltarla. Ho tutta la notte». La sua mascella era tesa e i muscoli del viso contratti. Era arrabbiato, e glielo si poteva leggere in quei due occhi castani. 
Poggiò la schiena al muro e le sue mani rimasero nelle tasche del giubbotto di pelle.  
«Saranno le tre di notte Zayn, fa freddo e sono stanca...». Spostai più volte il peso del mio corpo da un piede all'altro. Quelle odiose scarpe iniziavano a far male. Mi strinsi di più nel giubbino e soffiai tra le mani per riscaldarle. Sapevo che Zayn non mi avrebbe lasciata andare fino a quando non avrebbe ottenuto ciò che voleva. 
«Ok, facciamo così», si avvicino e mi posò la sua giacca di pelle sulle spalle, rimanendo a mezza manica. «Devi tornare obbligatoriamente a dormire a casa?», chiese accendendosi quella che mi parve essere l'ultima sigaretta, dopodichè gettò il pacchetto vuoto per terra. Storsi il naso. Aveva quel brutto vizio da sempre.
Ripensai a quanto mia madre si era sempre preoccupata di me negli ultimi anni e di quante volte ero ritornata a casa a dormire la notte. La verità era che lei neanche si accorgeva di quando rientravo, sia di giorno che di notte. Non dovetti pensarci due volte per riuscire a trovare la risposta.
«No». Notai che il gel che teneva il suo bel ciuffo sparato all'insù stava iniziando a cedere, e qualcosa di nuovo, che somigliava molto ad un tatuaggio, proprio sulle sue clavicole, si intravedeva dallo scollo della maglietta. Non lo avevo notato prima.
«Bene». Mi spaventava quasi il suo tono di voce freddo e distaccato. Zayn era un'altra persona quando si arrabbiava. 
Riprese a camminare, più velocemente mentre io rimasi con i piedi incollati all'asfalto, fissandolo confusa. «Dove vai?», chiesi muovendo i primi passi. Ed era in quel momento che odiavo indossare i tacchi, si, proprio quel momento in cui inizi a camminare con le ginocchia piegate perchè i tuoi piedi gridano pietà.
Sfilai le scarpe con un gesto secco e le tenni entrambe in una mano. 
«Dove stiamo andando Zayn?», chiesi scocciata da quel suo comportamento.
«A casa mia», disse senza guardarmi. Sbattei più volte le palpebre. «Come a casa tua?». Mi accorsi solo in quel momento che mi ero fermata ancora una volta. Iniziai a correre per tenere il suo passo. «Ho casa libera e voglio ascoltare la tua storia complicata». Non riuscivo a credere che facesse sul serio. Non opposi resistenza, sapevo che era una battaglia persa in partenza quando si trattava di Zayn.
Arrivamo sotto ad un palazzo simile al mio dopo dieci minuti. Zayn tirò fuori dalla tasca un paio di chiavi ed aprì il portone. Iniziammo a salire le scale e dopo due piani arrivammo davanti ad una porta in legno scuro. Lui aprì anche quella e il tepore caldo di 'casa' mi fece sentire più sollevata, protetta. 
Non ero mai stata a casa di Zayn prima d'ora. Da quello che i miei occhi stanchi riuscirono a catturare la cucina era di un bianco molto acceso, in stile moderno. Era buio, ed inciampai più volte nei miei piedi. 
«Perchè non accendi la luce?», borbottai dopo aver urtato con le dita dei piedi contro una sedia. «Conosco casa mia, non ne ho bisogno». La sua voce mi arrivò in lontananza, segno che ormai ero sola in cucina. Mi affrettai a raggiungerlo, cercando di far rimanere attacate ai miei piedi tutte e dieci le dita. «Dove sei?», chiesi una volta essermi fermata nel corridoio. Purtroppo la mia vista al buio non era delle migliori. «Eccomi», spuntò dalla camera alla mia destra e me lo ritrovai davanti in maglietta bianca e pantaloncini grigi. «Tieni». Allungò la mano verso di me, porgendomi una maglietta nera. «Come pigiama». La afferrai e me la rigirai tra le mani. «Non sarà troppo corta?», chiesi alzando un sopracciglio.«Provala, se ti serve un pantaloncino me lo dici. Il bagno è quello, -indicò con l'indice la fine del corridoio- le asciugamani pulite le ho messe sul mobile. Fai con calma», dettò ciò ritornò in quella che ne dedussi fosse la sua stanza.
Lasciai i miei vestiti sulla sedia accanto alla scrivania di Zayn e senza far rumore mi avvicinai al suo letto. 
La sua guancia destra era schiacciata contro il cuscino e le labbra leggermente dischiuse formavano una tenera 'o'. Sorrisi, spostandogli i capelli dal volto.
Era crollato in quel sonno tranquillo mentre mi aspettava.
Tirai ancora di più verso il basso la maglietta che indossavo con l'intento di coprire di più le mie gambe. Era troppo corta e per di più stavo congelando!
Frugai silenziosamente tra i cassetti e l'armadio di Zayn alla ricerca di un pantaloncino. Mi ritrovai tra le mani dei pantaloni lunghi di una vecchia tuta consumata e li indossai. Erano molto 'hip hop' ma potevano andare.
Ritornai al letto e come un serpente scivolai accanto a Zayn, stringendolo da dietro. Mi lasciai cullare dal suo quasi impercettibile russare e caddi in un sonno profondo. 
Avrei avuto tutto il tempo necessario per potergli raccontare la mia vita.







-
hola ^^
non è molto come capitolo, ma ci tenevo ad aggiornare.
so che harry non è molto presente, ma lo è di più zayn, ma per me la storia si evolverà più avanti.
spero vi sia piaciuto, e perchè non lasciare una recensione? :D
grazie a chi segue la mia storia e a chi recensisce. 
love y'all.
xx

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 ***


Image and video hosting by TinyPic
 

 

 
«Zayn», scossi leggermente il corpo del ragazzo ancora addormentato. «Zayn, c'è la colazione pronta!». Il moro si girò lentamente su se stesso, finendo con la schiena contro il materasso. Aprì piano gli occhi e, dopo essersi passato la lingua sulle labbra secche e una mano tra i capelli, gracchiò un'impastato "Che ore sono?".
«Le dieci», risposi sorridendo. Mi sedetti all'estremità del letto.
«Ieri sera mi sono addormentato poi, scusa», richiuse gli occhi ancora assonnato e sbadigliò. 
«Non preoccuparti», mi alzai ed andai ad aprire le finestre per far entrare un po di aria fresca. Non c'era molto sole quella mattina. Le nuvole incombevano su Brooklyn e questo non era un buon segno. 
«Ho preparato la colazione, vieni?», lo invitai con un gesto della mano e sparì dietro la porta.
Misi due piatti a tavola e li riempì di cose buone. Bacon, uova, pane tostato e un bicchiere pieno d'aranciata per Zayn e uno d'acqua per me.
«Che profumino». 
«Ho voluto ringraziarti per l'ospitalità», mi sedetti e lui fece lo stesso. Si grattò la nuca e sorrise. 
«Non c'è n'era bisogno. Tu puoi venire qui tutte le volte che vuoi», afferrò la forchetta e per i successivi dieci minuti Zayn presto attenzione solo alla sua colazione.
«Zayn, ma i tuoi non ci sono mai?», chiesi dopo aver sparecchiato.
Lui di tutta risposta scosse la testa, e si andò a sedere sul divano in pelle e accese il televisore al plasma.
Avevo avuto modo di ammirare per bene la casa di Zayn, e quella di certo non era frutto di due genitori che lavorano in un impresa di pulizie. C'era qualcosa che non andava.
«Non ho intenzione di raccontarti cosa c'entra Harry Styles nella mia vita se tu non mi racconti un po della tua». 
Non avevo mai dato peso al fatto che sapessi poco e niente della vita privata di Zayn. Non che pretendessi di sapere tutti i suoi problemi e cose varie, ma volevo semplicemente conoscere meglio il vero Zayn. Ero sua amica da quattro anni, ma avevo appena realizzato di non sapere veramente chi fosse.
«Mi sembra giusto», avvicinò la tazza con il caffè alla bocca e bevve tutto in un solo sorso. 
Mi sedetti accanto a lui sul divano, pronta ad aprirmi con qualcuno che speravo mi avesse aiutata in un modo o in un altro. Avrei provato ad uscire da quell'abisso nel quale ero sprofondata e speravo che Zayn sarebbe stato la lucina che mi avrebbe indicato la via d'uscita.
Presi un bel respiro.
«Mio padre ha iniziato ad abusare di me quando avevo quattro anni». Decisi di cominciare così. 
Faceva un male cane ricordare quegli episodi. Non c'era giorno in cui non pensavo a tutto il dolore che avevo provato. La gente poteva soltanto provare ad immaginare quanto avessi sofferto in tutta la mia vita.
«Mia madre invece è una prostituta». Mi lasciai scappare un sorriso amaro. «I clienti se li porta a casa, oppure vengono loro direttamente».
«Anche quando ci sei tu a casa?». Alzai la testa per guardarlo negli occhi. 
Aveva le mani strette a pugno sotto il mento ed il suo sguardo mi penetrava in profondità, uno sguardo accesso dalla rabbia e non da compassione.
«Io sono sempre a casa, Zayn. Loro bussano, io apro la porta e li faccio entrare».
«Ti hanno mai... insomma»
«No. Nessuno mai dei suoi clienti mi ha toccata»
«Cosa c'entra Styles in tutto questo? Non capisco»
«Harry è un grandissimo figlio di puttana». Presi un altro respiro.
«Avevo dei debiti in sospeso con lui. Gli ho chiesto soldi più volte, quando mi servivano, e non glieli ho più ridati. Mia madre ha ripagato per me, accogliendo Harry Styles tra le sue "braccia" ogni volta che lui ne aveva voglia». La voce mi morì in gola. Mi ero promessa che non avrei più versato lacrime a causa degli altri. Lo avevo promesso a me stessa.
«Dio, quanto fa male tu non lo immagini neanche!». Chiusi gli occhi ed iniziai a respirare a fatica. Il battito del mio cuore accellerò. «Ho passato diciotto anni della mia vita a soffrire come una martire perchè a gli altri andava così! Sottomessa e usata a piacimento da tutti. Non c'è stata una sola persona che mi abbia dato amore in tutto questo tempo. Per me erano solo schiaffi e pugni, niente di più!».
«Ora sei grande, e forte Ivy!». Zayn mi afferrò le mani. «Puoi decidere tu cosa farne della tua vita, e non lasciare che gli altri ti calpestino. Non lasciare che accada».
Mi accolse tra le sue braccia e mi diede calore con un semplice abbraccio. Quello che avevo sempre aspettato e che finalmente era arrivato.
«Io sarò qui quando ne avrai bisogno. Sono tuo amico»
Non mi aveva giudicata per la mia vita, per le mie scelte sbagliate e per le conseguenze. Mi aveva ascoltato, come solo pochi avrebbero saputo fare. Non aveva avuto compassione per me, ma aveva provato rabbia perchè sapeva che non lo meritavo e perchè avrei dovuto porre la parola 'fine' a tutto quello.
 
Il cellulare di Zayn squillò inaspettatamente mentre io e il moro eravamo sul divano a guardare la tv. Gli avevo detto che poteva prendersi tutto il tempo che voleva per potermi raccontare di lui, non volevo costringerlo. Sarebbe venuto lui a confidarsi con me se ne avesse avuto voglia.
«Pronto?»
«Zayn, c'è Ivy li con te?», sentì la voce di Liam, un pò troppo alta, provenire dall'iphone di Zayn.
«Si, è qui, perchè?»
«...»
Non riuscì a comprendere ciò che Liam diceva, anche se parlava praticament urlando. Notai Zayn corrucciare le sopracciglia e mugugnare qualche 'mh' ad intervalli regolare.
«D'accordo, a dopo». Riattaccò il telefono e mi guardò. Esitò per qualche istante. «Harry stamattina è arrivato a scuola e ha iniziato ad urlare il tuo nome nel cortile...»
«E?»
«...Insultandoti. Ti cercava».
Mi irrigidì, ma non lo diedi a vedere. Zayn sbuffò e si alzò dal divano. Si accese una sigaretta e si andò a sedere sul davanzale della finestra.
«Forse è meglio se resti qui»
«Non posso scappare come una latitante», mi distesi sul divano, poggiando i piedi sul tavolino. «Harry mi troverebbe comunque».
Il campanello di casa Malik suonò tre volte consecutive, facendo sobbalzare me e lo stesso Zayn. Guardai la porta, poi rivolsi lo sguardo a Zayn che di rimando iniziò a fissare la porta. Silenzio. Troppo silenzio.
«Aspetti qualcuno?», chiesi al ragazzo. Lui scosse la testa.
Mi alzai dal divano, avviandomi lentamente verso la porta a piedi nudi. Sapevo già che era per me, non avevo bisogno di altre certezze.
Tolsi la catena di sicurezza ed inspirai a pieni polmoni. Poggiai la mano sulla maniglia in ottone e la spinsi verso il basso. Rimasi spiazzata, pietrificata sul posto davanti a ciò che i miei occhi cristallini stavano fissando.
«Louis?», riuscì solo a chiedere. 
«Ciao piccola. E' bello rivederti». Si avvicinò e mi lasciò un bacio umido sulla guancia. «Sono "in servizio", quindi evitiamo di perdere tempo», tossì e si infilò le mani nelle tasche dei jeans strappati. «Harry ti cerca».




-
sera girls ^^
sono tornata con un nuovo capitolo e spero vi piaccia uu
ho un sacco di colpi di scena in serbo per voi e non vedo l'ora di scrivere i prossimi capitoli.
lasciatemi una recensione se vi va :D
ringrazio tutte coloro che hanno recensito e che seguono la mia ff. <3
a presto,
xx.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 ***


Image and video hosting by TinyPic


 

 

«Quando sei uscito?».
Ero ancora immobile davanti a quel ragazzo che non vedevo da troppo tempo. 
Avevo conosciuto Louis più di un anno fa, quando i miei capelli erano ancora di quel colore biondo innocente che mi dava l'aria da ragazza fragile e stupida. 
Abitava nel mio stesso quartiere, o almeno così pensavo, visto che lo trovavo sempre a gironzolare con i suoi amici per quelle strade. Non ricordo bene cosa mi spinse ad accettare il suo invito ad uscire, fatto sta che quella sera, sui sedili posteriori della macchina di Louis, feci sesso con un ragazzo per la prima volta.
«Qualche settimana fa. Ma sono tornato a Brooklyn la settimana scorsa», rispose con il solito sorrisetto malizioso. Avevo imparato bene il suo gioco.
«Vedo che Harry non ha perso tempo per riprendere a comandarti a bacchetta».
Iniziai a ricompormi, ricordandomi subito del perchè Louis fosse lì davanti a me. Possibile che ormai la mia vita girasse solo intorno a quell'individuo? 
«Harry non mi comanda. Siamo amici e gli faccio dei favori».
«Si certo», ridacchiai. «Amici».
«Ti do cinque minuti Ivy. Vestiti e fai in fretta». Il suo tono di voce mutò incredibilmente. 
Louis si ostinava a voler negare l'evidente sottomissione che lo legava ad Harry. 
Patetico.
«Non credo proprio Louis. Dì ad Harry che se vuole parlarmi sa dove abito». Lui si irrigidì.
«Lo hai voluto tu», sorrise innervosito. «Ciao Zayn», alzò di poco il tono di voce per far si che il ragazzo alle mie spalle potesse sentirlo. Fece retro-front e prese a camminare velocemente sul piano, con il solito portamento da spaccone, per poi sparire giù per le scale.
 
Girai la chiave nella serratura e la porta si aprì con uno scatto. Posai tutte le mie cose sul tavolo della cucina e lanciai le scarpe accanto al divano.
Poco dopo mia madre uscì dal suo "studio". Poggiò la schiena contro il muro e incrociò le braccia al petto. Notai subito segni di violenza sul suo viso.
Aveva un sopracciglio spaccato, dal quale usciva ancora del sangue, ed uno zigomo leggermente colorato di viola.
«Cos'è successo?», chiesi aggrottando le sopracciglia.
«Harry è venuto a cercarti, ma non ti ha trovata», fece una pausa e sospirò. «Quindi ha-»
«Quindi ha pensato di restare finchè non fossi tornata». Alle sue spalle comparve la figura di Harry. Sorrideva appena e aveva pesanti occhiaie che gli contornavano gli occhi. Fece un cenno a mia madre, la quale se ne ritornò nella sua stanza con l'aria sconfitta e di chi ormai è stanco di combattere.
«Ciao Ivy». Harry avanzò lentamente verso di me. Deglutì, nervosa. «Dove ti sei nascosta per tutto il giorno?».
Feci qualche passo indietro, mantenendo però il contatto visivo.
«Cosa vuoi?». Serrai la mascella.
«Sono ancora arrabbiato con te per l'altra sera e credo tu te ne sia accorta». Un ghigno apparve sul suo viso. «Tua madre è messa un tantino male», con il pollice indicò la porta alle sue spalle. «Ma non credo ti dispiaccia».
«Cosa vuoi?», chiesi ancora, questa volta con tono più duro.
«Hai fretta?». Il dorso della sua mano iniziò a scorrere lentamente su e giù per la mia guancia. Rabbrividì sotto il suo tocco, temendo che da un momento all'altro avrebbe potuto tirarmi uno schiaffo o di peggio.
«Voglio proporti una cosa... Sai, per farti perdonare».
«Non voglio avere niente a che fare con te». Scostai la sua mano dal mio volto ma lui fu più veloce di me ad afferrarmi entrambi i polsi. 
«Lasciami», soffiai a denti stretti. 
Continuava a sorridere mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa. 
«Non ti servono soldi? Posso dartene un bel pò». Allentò la presa sui polsi e mi costrinse ad indietreggiare fino a che la mia schiena non incontrò il cemento freddo del muro.
«Non voglio i tuoi soldi», urlai spingendolo. «Vattene!»
Non riuscì ad impedire che alcune lacrime rotolassero giù per le mie guance. 
Quel ragazzo aveva portato già troppo dolore nella mia vita. Volevo solo essere lasciata in pace, volevo che si dimenticasse di me, ma evidentemente chiedevo troppo. 
Ero frustrata, stanca e ne avevo fin troppo di quella situazione. Avrei voluto scappare da quell'inferno, perchè era quello che mi ricordava quel posto. Un inferno bollente, dove mostri e demoni fanno del tuo corpo e della tua anima ciò che vogliono. 
Harry era il mio demone.
Mi sentivo come una marionetta, mossa a piacimento, un vaso di ceramica rotto in mille pezzi, e mentre cercavo di raccogliere i cocci per rimetterli insieme venivo nuovamente spinta al suolo. E mai mi ero sentita in quel modo
Desideravo porre fine a tutto quello e niente più. 
Volevo Harry Styles fuori dalla mia vita, per sempre.





-
buonasera :D
scusate la lunghezza del capitolo, ma ci tenevo ad aggiornare.
ringrazio come sempre tutte coloro che recensiscono sempre e tutte le persone che seguono la mia cacchetta. 
la storia inizia a pendere forma (almeno per me è cosi hahaha) e tutti i ragazzi stanno facendo la loro comparsa.
manca solo il piccolo Niall :3
Dunque spero vi sia piaciuto e perchè no? Lasciate una recensioneeeee! :D
a presto,
xx.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 ***


 

 

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

«Non voglio farlo..», sussurrai.
Continuavo ad osservare la mia figura allo specchio avvolta in un disgustoso abito succinto. Il volto bagnato dalle lacrime e gli occhi arrossati.
Mi asciugai le guance ancora una volta e lui apparve alle mie spalle.
«Sbrigati e smettila di piangere!», mi strattonò per un braccio «Non stai andando a morire».
No, non stavo andando a morire ma lo avrei preferito di gran lunga. Tutto, ma non quello.
«Prendi un pò di quella schifezza che usate per sembrare delle puttane a volte e copri queste occhiaie». Mi lasciò seduta di fronte alla scrivania e si allontanò. «Ti aspetto qui fuori, non metterci troppo».
Afferrai il mio astuccio per i trucchi e, con le lacrime che ancora cadevano giù dai miei occhi, cominciai a truccarmi.
Infilai i piedi in un paio di scarpe con il tacco ed uscì dalla mia stanza, trovando Harry Styles seduto sul divano. Si alzò anche lui e afferrò la sua giacca.
«Andiamo». Si avviò verso la porta e lo seguì, voltandomi un ultima volta in direzione di mia madre che mi guardava da sotto l'uscio della porta.
Avevo ceduto, ancora. Ero stata ai suoi patti per l'ennesima volta. Non accettare avrebbe significato condurre una vita dolorosa quanto le torture dell'inferno, se non di più. Con lui non lo potevi mai sapere.
Bello come un angelo e dannato come il diavolo.
«Non mandarmi tutto a puttane. Questo è un affare importantissimo», spiegò mentre ingranava la marcia del suo SUV nero.
«Cosa devo fare?», chiesi impassibile. 
«Sono irlandesi, hanno un traffico di droga non indifferente. Per questa sera sei una ballerina spogliarellista e dovrai farli divertire, distrarli e farli bere molto. Il resto non ti riguarda», disse con un sorrisetto sulle labbra. Cosa c'era di divertente in quello? Forse l'espressione "tale madre, tale figlia" non era poi così tanto sbagliata. Avrei cominciato la mia vita da puttana proprio quella sera. 
«I miei soldi?». Una puttana ben pagata. Almeno questo.
«Prima il lavoro e dopo la ricompensa tesoro». Mi fece l'occhiolino e la macchina si fermò davanti ad un bel locale. Di classe avrei detto.
«Mi hai rovinato la vita..». Mi limitai a bisbigliare prima di scendere dall'auto.
Non feci caso al suo "un giorno mi ringrazierai" e camminai verso l'entrata del locale.
Era pieno di gente quel posto, e iniziavo a chiedermi come avrei fatto a trovare i famigerati irlandesi. Feci un respiro profondo e mi liberai della giacca di pelle. La tenni in una mano, mentre continuavo a girovagare senza meta. Grande e gremito. Le mie speranze affondavano sempre di più ad ogni passo, fino a quando qualcosa non attirò la mia attenzione. Se ne stavano seduti in uno spazio appartato e tutti avevano almeno dieci tatuaggi sulle braccia in bella vista. Uno in particolare mi diede la conferma che erano chi stavo cercando. Occhi azzurri, capelli biondi e pelle rigorosamente candida. 
Mi avvicinai lentamente, ed iniziai a pensare a come poter spegnere il cervello. Peccato che non fosse possibile.
«Scusate», gridai sperando che mi sentissero. Tutti i loro sguardi avidi si posarono su di me, a differenza di un paio d'occhi azzurri che mi guardavano incantati.
«Mi chiamo Marlene». Accennai ad un sorrisetto e assunsi una posa che sarebbe dovuta risultare sexy. «Qualcuno qui ha pagato per uno spogliarello?».
«Io di certo no», rispose uno «Ma noi non rifiutiamo mai nulla». Mi afferrò delicatamente la mano e mi fece salire sul tavolino al centro. Chiusi gli occhi e pregai affinchè quell'incubo finisse presto.

 
Stavo rannicchiata sul ciglio della strada da più di un ora. Faceva freddo ed era notte fonda ormai. Il mal di testa era accecante e potevo ancora sentire la puzza di alcol e fumo sui miei vestiti. Avevo bisogno di una doccia per scacciare via tutto quello sporco.
Una macchina si accostò lentamente al marciapiede.
Alzai di poco la testa, giusto per vedere il volto inespressivo di Harry che mi intimava a salire.
Presi le mie cose e barcollai fino allo sportello, che aprì e richiusi con poca grazia. 
Mi lasciai andare contro lo schienale del sediolino, togliendo le scarpe e portandomi le ginocchia al petto. 
«Com'è andata?», chiese improvvisamente Harry.
Silenzio.
«Tieni». Sbuffò e mi allungò una busta bianca che afferrai con indifferenza. 
«Spero che il tuo grande colpo sia riuscito!», sussurrai con disprezzo e fingendo un sorriso. Mi asciugai una lacrima sfuggita, riportando lo sguardo fuori dal finestrino. 
«Puoi starne certa». Teneva lo sguardo fisso davanti a se, ma nella sua voce non c'era alcuna malizia.
Fermò la macchina davanti casa mia e spense il motore. Si voltò leggermente verso di me e mi sfiorò una guancia con la sua grande mano.
«Che ti hanno fatto?». Le sue dita sfiorarono leggermente un punto preciso sullo zigomo sinistro, proprio dove vi era un grande livido scuro, pian piano scesero verso il basso, soffermandosi sul labbro gonfio. Quelli erano i segni della mia opposizione a volermi spogliare completamente nuda davanti a dieci sconosciuti.
«Non mi toccare». Scostai la sua mano dal mio viso ed afferrai la mia borsa. Le sue mani però mi tennero ferma al mio posto, impedendomi di aprire lo sportello.
«Cos'altro vuoi da me?», gridai guardandolo negli occhi verdi.
Per un istante credetti che volesse quasi uccidermi, ma poco dopo le sue labbra si posarono sulle mie e le sue grandi mani mi tenevano ben salda al suo corpo. 
Mi baciò per un tempo che mi parve infinito. Le sue labbra erano delicate e profumate, e la sua lingua andava in perfetta sintonia con la mia. 
Con mio grande stupore non opposi resistenza. Stavo cedendo tra le braccia del diavolo e questo mi spaventò.
Si staccò da me e ritornò a sedersi al suo posto, passandosi una mano tra i capelli.  Sorrise.
«Carino il piercing...»

 




-
Buona domenica a tutte <3
non aggiorno da una vita ormai e chiedo scusa!
Sono stata impegnata e un pò non avevo l'ispirazione.
Spero mi perdoniate, accettando questo capitolo come dono (?)
Chissà chi sarà il biondino occhi azzurri..... mlmlmlml
btw, spero vi sia piaciuto e non esitate a recensireeeeeee!!! :D
al prossimo capitolo zuccherini!
xx,
    Lee.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 ***


joleneK

ivy


Un mese dopo.




«Mi raccomando signorina, la terremo d'occhio». L'agente di polizia mi fulminò con lo sguardò e se ne ritornò nel suo bell'ufficio, sculettando come un playboy.
Scossi la testa e dopo aver salutato cordialmente la segretaria uscì dalla stazione di polizia, sentendomi finalmente libera.
Era passato un mese da quando avevo tolto il braccialetto e quello era stato l'ultimo incontro per il controllo. Ora dovevo solo evitare di finire un altra volta lì dentro. Ci sarei riuscita, lo sapevo. Ero forte, e lo sarei sempre stata.
Harry era uscito dalla mia vita come promesso dopo quella notte, lasciandomi con un bacio sotto il portone di casa. Non lo avevo più visto nè sentito. Meglio così.
Mi ero liberata di un altro enorme peso inutile, proprio come avevo fatto con mio padre qualche tempo prima. Ma qualcosa dentro di me mi diceva di restare sull'attenti, perchè la quiete non dura per sempre.
Mi avviai verso il Delight, un locale dove lavoravo da un paio di settimane, ed entrai salutando i colleghi ed il proprietario. Era un lavoretto che mi sarebbe servito per  mettere da parte qualche soldo per andare via da lì una volta finita la scuola. Sapevo bene che non avrebbe fruttato molto, ma era un inizio.
Indossai il grembiule nero e legai i capelli in una crocchia arrangiata. Presi lo straccio ed iniziai a pulire il bancone. Erano le sei di pomeriggio, ancora presto perchè il locale si riempisse. Le ballerine non erano ancora arrivate e lo stesso valeva per Melanie, la star del posto.
Io mi limitavo a servire i clienti che volevano da bere, loro invece si esibivano in complicati balletti in stile Moulin Rouge o cose del genere. Era una versione moderna di Burlesque a dirla tutta.
«Ehy rossa». Odiavo quando mi chiamava così.
«Che diavolo c'è?». Gettai lo straccio nel lavello e mi avvicinai al suo tavolino.
«Fa un paio di giri su te stessa». Mi incitò con una mano e con l'altra si portò la sigaretta alla bocca.
Feci due giri veloci, guardandolo male. «Ora mi dici che diavolo vuoi?»
«Modera i termini!». Ingoiò l'ultimo sorso di whisky dal suo bicchiere. «Stasera balli tu insieme alle altre. Miriam si è presa l'influenza». Borbottò altre parole incomprensibili, per poi alzarsi e uscire dalla porta sul retro.
Sbuffai e mi avviai verso i camerini al piano superiore. «Miriam non c'è, ballo io al posto suo», informai le altre ragazze che erano appena arrivate ed annuirono.
«Indossa questo». Mi lanciarono un completino nero in pelle, con tanto di reggiseno a punta, frusta e cappello da poliziotta.
«Perfetto!», bofonchiai tra me e me.
Quella sera il destino aveva voluto che Miriam si assentasse proprio quando c'era il numero delle "poliziotte sexy" e che il suo posto venisse preso dalla sottoscritta. Insomma, non dovevo temere nulla. Dopo tutto era solo uno stupido balletto che durava all'incirca tre minuti. I passi erano abbastanza facili. Stando sempre lì dopo un pò li impari anche senza volerlo.
Indossai il completino, che mi stava decisamente troppo stretto, e colorai le labbra di rosso, come facevano le altre.
«Dio!», esclamai aggiustandomi il seno che non voleva saperne di stare in quel reggiseno. «Io non ballo, servo birre al bancone, cavolo!». Le ragazze risero e le fulminai tutte con lo sguardo.
Mi posizionai davanti allo specchio e cercai di dare volume ai capelli rossi con le mani. Il viso era a posto, il piercing giallo spiccava sulla lingua rosa e le gambe avvolte in calze a rete nere erano dannatamente troppo volgari.
Decisi di lasciar stare lo specchio e concentrarmi sui discorsi perversi che avevano ormai preso il sopravvento tra le sei ballerine.
«Sono in astinenza da troppo, la notte sogno sempre di far sesso con qualcuno», annunciò una mentre si spalmava la terra sul viso.
Ridacchiai e lei di tutta risposta mi lanciò un occhiataccia. «Prova con un vibratore se proprio non resisti». Le altre si lasciarono andare ad una risata generale.
«Ehy rossa, c'è qualcuno che vuole parlarti.» Sbuffai.
«Smettila di chiamarmi rossa, e chiunque sia puoi farlo salire, perchè io conciata così non scendo!».
«Tanto dopo lo dovrai fare comunque.» Ignora il commento della ragazza in astinenza e spostai la mia attenzione sul ragazzo che comparve dalle scale.
«Che diavolo ci fai tu qui?» Balzai all'impiedi senza neanche un motivo preciso non appena vidi Zayn apparire in tutto il suo splendore.
«C'è una festa di carnevale?». Il suo sguardò vagò su tutto il mio corpo soffermandosi in particolare sul seno, e scoppiò in una fragorosa risata, attirando fin troppo l'attenzione delle ragazze.
«Spiritoso!», dissi ironica, prima di avvicinarmi. «Che ci fai qui?»
«Ero passato e volevo salutarti. Non ti vedo da un pò.. -sorrise- Ma non mi aspettavo di trovarti conciata così.» non riuscì a trattenere un altra risata, molto più contenuta rispetto alla precedente.
«Mi hanno costretta, perchè manca una», spiegai frettolosamente.
«Allora non sarà uno spreco se pagherò per assistere allo spettacolo di stasera.» Mi fece l'occhiolino e lo spinsi via, fuori dal camerino.
«Chi era quel figo della madonna?». Iniziarono a parlottare tra loro, emettendo suoni striduli.
«Un amico», spiegai senza fare troppe cerimonie.
«Me lo presenti dopo?». Oltre ad essere in astinenza da sesso, quella era anche in astinenza di dignità.
«Certo che no!». Raccolsi i miei vestiti e li infilai nella borsa, per poi lasciarla su una sedia.
Uscì dal camerino e quasi sfiorando il pavimento per non far rieccheggiare il picchiettio dei tacchi a spillo mi avvicinai alla finestra che dava sul retro e mi accesi una sigaretta.
Attesi lì il momento per entrare in scena, che non tardò ad arrivare.


Sia donne che uomini continuavano ad urlare "bis, bis, bis" e le loro grida erano udibili fino ai camerini. Pazzesco!
Mi liberai finalmente di quell'odioso completino e indossai nuovamente i miei jeans e la canotta bianca.
«Mi stai mandando al manicomio!». Mi voltai verso "Tommy Il Duro" aka il proprietario di quel posto, e lo guardai confusa. «C'è qualcuno che ti cerca. Dio se andiamo avanti così per molto credo che ti metterò sul palco a ballare tutte le sere.» Mi lasciai sfuggire un sorrisetto.
«Voglio l'aumento Tom!». Lui borbottò un "si si" ed uscì. «Zayn non ti avevo detto di andart-». Nell esatto momento in cui mi voltai nuovamente verso la porta le parole mi morirono in gola.
«Cosa ci fai tu qui?», chiesi incredula.
«Eri adorabile su quel palco», sussurrò con il solito tono rauco e strisciante. Mi sorrise lievemente. «E' possibile avere un bis? Solo per me».
«Perchè sei qui, Harry?». Presi la borsa e me la misi in spalla, attendendo impaziente una risposta dal ragazzo dinanzi a me.
«Ero venuto per vedere te».





-
Buon pomeriggio a tutte!

So che non aggiorno da molto, ma sono stata impegnata con la scuola. Inoltre mi scuso per la lunghezza del capitolo e del contenuto, ma questo lo definirei un capitolo di passaggio. uu
Ma ora che è tutto finito mi dedicherò di più alle mie ff.
Per chi non lo sapesse ho pubblicato una nuova ff, che potete trovare QUI per chi volesse leggerla uu
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, è molto importante per me! ed inoltre è molto diversa da questa storia.
Detto ciò vorrei ringraziare tutte le persone che continuano a recensire e seguire la mia storia, siete davvero fantastiche! <3
Al possimo capitolo girls,
love u.
   Lee.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1688406