Scarlett_Il bacio Infinito

di Scarlett_00_98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Scarlett ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: La mia famiglia. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Ti presento tuo marito ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: il Vicolo ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Rapporti difficili ***



Capitolo 1
*** Prologo: Scarlett ***



 PROLOGO: SCARLETT
S
alve a tutti, io sono Scarlett Pywenn.
Lo so, è un nome molto stravagante, specialmente di una che di scarlatto, oltre che al sangue, non ha nulla. A differenza di mia madre, dai fluenti capelli rossi e dai vivaci occhi blu.
Scarlett, scarlatto, qualcosa che fa accapponare la pelle.
Non so come mai i miei genitori mi diedero questo nome.
 Forse per colpevolizzarmi di non avere il loro sangue blu?
Forse per condannarmi a vivere nel rosso, nel fuoco, nella condanna, nella distruzione?
Chiedetelo a loro. 
Già il sangue, può definire ogni cosa, la parentela e un patto. Un patto di sangue, indissolubile, un patto fatto con Lucifero in persona.
 È buffo come l’essere umano cerchi sempre le cose più macabre, quelle meno scontate, quelle che ti fanno apparire diverso.
La diversità, loro credono sia un dono. Io credo sia una condanna.
Sapete perché? Perché io possiedo il Bacio. L’entità che, se congiunta con L’Infinito, crea il portale per il Paradiso.
Io sono destinata a sposarmi e a “unirmi” con Rafael, un demone così accattivante e affascinante che fa accapponare la pelle. E che possiede L’Infinito.
È l’unico scopo per cui i nostri matrimoni sono combinati, altrimenti “ognuno per la sua strada”.
I miei genitori, una famiglia di Demoni molto influenti, e la famiglia di Rafael, vogliono il nostro matrimonio per aprire il portale verso il Paradiso.
Ma cosa succederebbe se io mi rifiutassi di sposarlo e non aprire il portale per il Paradiso?
E se il mio vero amore fosse un angelo?
Il nemico mortale della mia famiglia?
Be’, questa è la mia storia, ed è cominciata alla mia nascita.
La nascita di Scarlett Pywenn e del Bacio Infinito.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: La mia famiglia. ***


UNO: LA MIA FAMIGLIA
 

Guardai fuori dalla finestra, mentre Margaret mi pettinava i capelli castani. Il cielo limpido di quella mattina mi metteva uno strano buon umore. Al contrario dei miei genitori, che odiavano l’azzurro del firmamento e la luce del sole, come ogni Demone che si rispetti. Ma, sfortunatamente, io non ero un Demone vero e proprio, e non avevo i bisogni dei Demoni normali.
Tipo agire solo con il buio e bere sangue umano… solo pensarlo, ancora oggi, mi mette la pelle d’oca.
Preferivo di gran lunga una bella giornata soleggiata a una di pioggia o di neve. Ero fatta così, che ci potevo fare?
«Ahi! » squittii, mentre Margaret si accorgeva di avermi tirato i capelli.
«Scusi, Signorina» mi rispose frustrata, mentre le davo il permesso di continuare.
Margaret, la mia vecchia governante, era molto goffa e sbadata, cosa che non era molto apprezzata, specialmente da una famiglia di Demoni di alto rango come la mia. Odiavo essere una nobile, non sopportavo il fatto di dover rispettare una certa etichetta e di dovermi sposare con chi volevano i miei genitori.
«Quando l’amore lo vorrà mi sposerò, non prima! » gli avevo detto quella mattina, quando mi avevano riferito la peggior notizia della mia vita. 
Avrei dovuto sposarmi con Rafael Von Demonis. Cognome molto adatto alla natura delle nostre due famiglie.
Non volevo sposarmi, per di più con una persona di cui conoscevo a malapena il nome! Ma si sapeva, in Gran Bretagna nel milleottocento non si poteva opporsi al volere dei genitori.
 «Signorina Scarlett, ho…ho finito. » mi comunicò Margaret timorosa.
Aveva sempre paura che potessimo dissanguarla, ma io non l’avrei mai fatto. I miei genitori sì. non si sarebbero fatti il minimo rimorso, loro godevano a farlo. Assaporavano fino all’ultima goccia del sangue della loro vittima.
Loro erano crudeli, spietati, e molto, ma molto, assetati di potere.
 «Grazie, Margaret» le sorrisi, mentre lei si sbrigava a mettere via la spazzola di rubini nel mobile in ebano vicino al caminetto.
Guardai un’ultima volta il cielo splendente di quella mattina.
Sarebbe stato l’ultimo che avrei visto, prima che iniziasse l’autunno. La stagione preferita dai Demoni.
 La mia famiglia si era trasferita in Gran Bretagna, dall’Inferno, circa due secoli prima, ampliando le conquiste del nostro Regno Demoniaco. Ma i Demoni non sono mai sazi, e lo testimonia il fatto che volevano invadere persino il Paradiso.
Già, il Paradiso, un meta così alta e divina che solo pochi sono riusciti a sfiorare.
Ed io era una delle persone predestinate a farlo. Io possedevo il Bacio, l’entità fondamentale che, assieme all’Infinito, avrebbero aperto il portale verso il Paradiso.
 E sarei stata solo un’arma, un’oggetto che quando si ha finito di sfruttare al massimo si getta via.
E, indovinate, chi poteva possedere l’Infinito? Rafael, ovviamente, altrimenti non ci sarebbero stati motivi per il nostro matrimonio.
 Mi incamminai per le scale, appoggiando la mano pallida sul corrimano in marmo bianco.
Percorsi la rampa e mi ritrovai in un enorme salotto, dove non mancavano gli elementi ottocenteschi.
 Mia madre era seduta comodamente sul divano, sorseggiando una tisana gusto sang…tralasciamo. I capelli scarlatti sembravano zampilli di sangue, e gli occhi blu intenso guardavano divertiti lo spettacolo terrificante che avevano davanti.
 Tom, il nostro maggiordomo, stava venendo dissanguato dal mio fratellino Eduard.
«Guardalo, che amore! Il suo primo dissanguamento›› diceva divertita mia madre, mentre sorseggiava la sua tisana.
Il povero Tom aveva i canini di mio fratello piantati nel cuore, che stava via via affievolendo il suo battito. Io ritrassi lo sguardo, disgustata, Tom era solo un gioco. Un giocattolo. Ma cavolo, dico io, un giocattolo con un anima!
 Anche mio padre sembra essere divertito, mentre finisce di controllare alcune carte sulla scrivania in ebano.
 «Oh, Scarlett, che piacere» mi accolse mia madre, posando la tazzina in porcellana sul pianoforte.
‹‹Salve, madre» risposi, sprofondando in un inchino galante, stando anche ben attenta a non stropicciare l’enorme gonna del vestito. Rischiavo anch’io di essere dissanguata se lo rovino.
Tutto in quella casa aveva un prezzo, e Lucifero la faceva pagare cara a chi non lo rispettava.
Eh, purtroppo, questa era la mia famiglia.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Ti presento tuo marito ***


DUE: "TI PRESENTO TUO MARITO"
 

 
Il mio blocco da disegno era completamente bianco, aspettando, per la prima volta, che il pennello vi si posasse sopra.
Odiavo quel persistente colore bianco, che mi provoca ancora oggi, invitandoti a fargli vedere che so fare.
“Be’, ecco cosa so fare!” Pensai, mentre disegnavo, con un colore argentato, la luna.
Con una pennellata fluida feci la sua circonferenza, mentre pensavo già a cosa avrei dovuto disegnare dopo.
Le ispirazioni mi arrivavano così, all’improvviso, come se fosse il pennello a suggerirmele.
Fin da piccola avevo questa passione, reputata inutile dai miei genitori.
«Oh, Scarlett, non perderti in queste futili cose… pensa al potere. L’unica cosa che conta realmente» mi aveva detto mio padre, quando ancora non avevo compiuto cinquant’anni.
Allora ero solo un bambina indifesa che giocava con i suoi ricci castani, e non pensava ancora alla vita. Quella vera, intendo.
Non sapevo ancora cosa aspettarmi, non sapevo cosa Lucifero avesse progettato su di me.
E lo scoprii quando avevo appena compiuto cento anni, quado ricevetti il Demon-captur.
 Il dispositivo che rileva l’indice di potere di ogni Demone.
Era una tradizione; a cent’anni ogni Demone di famiglia nobile doveva sapere quanto era alto il suo potere demoniaco.
Scossi la testa, quanto avrei voluto manomettere quell’aggeggio.
Eppure non riuscii, dannazione, non riuscii.
Ricordai lo sguardo assetato di potere dei miei genitori, mentre il Demone addetto alla stima del mio potere scriveva la percentuale del mio potere.
200%.
Ed è li che scoprii di possedere il Bacio.
Quando quel Demone grassoccio mi rivolse un sorriso fiero avrei voluto saltargli addosso e dissanguarlo, ma non ero capace. Non sentivo dentro l’odio dei miei genitori, come non sentivo quella percentuale di potere.
Ero come un estranea a me stessa, uno spettatore invisibile, un’anima che cerca pace nella morte.
Ma, anche per quella, avrei dovuto aspettare ancora mille anni.
 Rimisi via il blocco da disegno, notando che la campana del pranzo risuonava per tutta la villa.
Percorsi le scale, mentre sollevavo la gonna, casualmente, scarlatta.
Odiavo quel colore, il colore del sangue, dell’ira, e di tutto ciò che va oltre la normalità. Lo so, detto da me poteva sembrare strano.
Ma, nonostante odiassi quel colore, lo sentivo stranamente vicino. Come quando hai talmente paura di morire, che ne diventi immune.
 Entrai nell’enorme sala da pranzo, e presi posto al fianco di mia madre.
I suoi capelli scarlatti le accarezzavano le spalle, sfiorando il tessuto pregiato del suo vestito.
Mio padre mi rivolse uno sguardo freddo; segno che stava aspettando solo me per cominciare la preghiera.
«Bene, è ora di consumare il nostro umile pasto, ricordando che ce lo offre Lucifero. E che di Lui, non bisogna mai dimenticarsi» disse mio padre, mentre aspettava che Margaret portasse in tavola il mangiare. Mio fratello giocherellava con le posate in argento, mentre i suoi capelli castani venivano riflessi nel piatto di porcellana.
 Il solo pensiero di quello che aveva fatto il giorno prima mi disgustava. Potevo sentire ancora riecheggiare le urla di Tom per la casa, mentre i suoi occhi vitrei perdevano a poco a poco vitalità.
 «Scarlett, io e tuo padre dobbiamo dirti una cosa. » cominciò mi madre, mentre consumava con avidità la sua razione di coccodrillo. Sì, lo so… ma per noi Demoni è molto nutriente.
«Sì, madre» risposi prontamente, mentre tentavo di capire cosa dovessero dirmi.
«Fra pochi minuti arriverà Rafael. » sputai l’acqua che stavo bevendo.
«Ma…perché ora? » chiesi, mentre cercavo di respirare.
«Perché il matrimonio avverrà fra soli due mesi! Scarlett, dovete conoscervi prima o poi» la voce di mia madre era calma, mentre rivolgeva sguardi di conferma  a mio padre.
 «Sì, avete ragione…» li accontentai, tanto qualsiasi cosa avessi detto sarebbe stata vana. Avevo una paura mortale di incontrarlo, un ansia terribile. Non per amore, si intenda, ma perché non sapevo come comportarmi.
Cosa avrei dovuto dirgli?
“Salve, marito mio, io sono tua moglie?”
Contavo i minuti, mentre l’ansia saliva, assieme alla mia temperatura corporea. Noi Demoni potevamo arrivare a circa 140 gradi, e non avevamo mai freddo. Il vestiti erano solo per ragioni di pudore.
Sentimmo un rombo provenire dalla strada, e sul viso di mia madre comparve un sorriso irreale.
«Eccolo, è qui. Margaret, vai ad aprire. E tu, Scarlett, va in camera tua a prepararti. » mio padre era più agitato del solito. Be’, lo capivo, quell’incontro avrebbe dovuto segnare la prima mossa per la conquista del paradiso.
Ed io e Rafael eravamo solo due pedine impotenti, succubi del fato.
Mentre salivo verso la mia camera, pensai al suo nome, Rafael. Che assurdità dare ad un Demone il nome di un  Arcangelo. Ma nella mente sapevo il perché. Da sempre la mia stirpe cerca di schernire gli Angeli indirettamente.
Il nome del mio futuro marito ne era la prova. Quando avrebbe aperto il portale per il Paradiso, e lo avrebbe invaso, nei libri di storia sarebbe risultato il nome:
Rafael, il Demone che pur avendo un nome d’Angelo non esitò a sterminarli.
Appena riscesi la scalinata trovai ad accogliermi un Demone alto, con capelli neri e occhi di ghiaccio, che guardava boccheggiante le mie curve, mentre scendevo la scala.
Appena mi ritrovai davanti a lui gli porsi la mano, mentre lui s’inchinava e la baciava. Era un bacio opprimente, possessivo, che non si limitava a sfiorarmi il palmo, ma a baciarlo freneticamente.
Come qualcosa che gli appartenesse già.
La voce di mia madre interruppe la mia riflessione:
«Scarlett, ti presento Rafael Von Demonis, tuo marito» dovetti trattenere a fatica le risate.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: il Vicolo ***


 TRE: IL VICOLO
 

La carrozza procedeva lenta, mentre il cupe grigiore delle ciminiere riempiva il cielo di Londra. La rivoluzione industriale era ormai avanzata, e in strada si poteva scorgere il dolore dei proletariati diffondersi nell’aria come il fumo delle ciminiere.
 La carrozza in cui stavo viaggiando era piccola e angusta, con pareti opprimenti e un piccolo finestrino grande solo per vederci con un solo occhio.
 Mi misi i capelli castani sulle spalle, mentre pensavo all’ossessivo bacio di Rafael.
Blah! Il solo ripensare a quella bocca grondante di possessione e superiorità mi mise i brividi. Come poteva la mia famiglia permettermi di sposare quella sottospecie di troglodita?
 Ma prima che potessi darmi una risposta la carrozza si fermò, mentre Matt, il cocchiere, mi apriva la portiera per aiutarmi a scendere. Le sue mani umane sulle mie mi fecero sobbalzare. Da quanto non toccavo carne umana? Probabilmente da quando avevo deciso di non dissanguare nessuno. Era come un voto di castità che mi ero imposta, una proibizione piuttosto difficile da rispettare, per un Demone come me.
Le mie scarpe toccarono la terra scura, provocando uno spostarsi di polveri cineree.
Matt mi scortò verso il marciapiede, dove la puzza di  fogna impregnava l’aria. Mi sedetti su una panchina verde marcio, piuttosto colorata in confronto al grigio cielo della città.
A volte pensavo che fosse come una barriera progettata per tenere la felicità fuori, lontano dalla mia vita.
Quasi il destino volesse tenermi all’oscuro delle sensazioni tipicamente umane; come la gioia e l’amore.
Che strano, non l’avevo mai provato. Nelle famiglie di Demoni l’amore non conta; il potere sembra assoggettare ogni cosa nelle sue bramosità oscure.
Sentii dei passi alle mie spalle; erano affrettati ed agitati. Girai appena il capo, quel che bastava per vedere un uomo sulla sessantina percorrere sudato la strada. Aveva la mascella contratta in una smorfia e la bombetta sembrava grondare di sudore nonostante l’estate fosse ormai un lontano ricordo.
I suoi occhi erano sbarrati, fissi davanti a sé, quasi cercassero un appiglio per scappare. Si fermò un attimo, appoggiando una mano sulla panchina dove ero seduta. Sentii la sua aura umana colma di terrore. Storsi il naso, voleva dire una sola cosa.
Volati il capo nella direzione opposta a quella dell’uomo, cercando tracce dell’Esecutore. Non lo visi, l’uomo poteva ancora salvarsi.
Mi alzai di scatto dalla panchina; poggiando una mano su quella dell’uomo. Lui mi guardò; gli occhi azzurri oppressi dal tempo.
«L’Esecutore non è ancora arrivato, fa ancora in tempo a scappare. »bisbigliai.
«G-grazie, signorina.» la sua voce era colma di terrore.
«Deve percorrere questa strada fino all’angolo, lì giri a destra e troverà un vicolo cieco. Se sale la scaletta dietro i cassonetti potrà accedere al tetto. E, sa bene come me che gli esecutori non si avventurano là sopra» dissi, vedendo una speranza farsi largo fra le rughe del viso. «Lei è un angelo, milady.» sorrisi; ero tutto pur che quello. Lui corse affannato verso il vicolo; notai un orologio dorato spuntargli dalla giacca scura.
Non ebbi il tempo di notare altro; un’ombra scura si fece largo sul marciapiede. La gente scappava terrorizzata, e solo i Demoni restavano a vedere l’Esecutore compiere il suo lavoro.
L’ombra si allargò sempre più, estendendosi fino agli estremi della strada. Era più nera del catrame; più oscure del Male stesso.
Mi ritrassi appena sfiorò la mia gonna.
«Che piacere rivederti, Scarlett.» la sua voce tetra, maligna.
Mi inchinai, porgendogli la mano. dio quanto odiavo quello stupido bacio! Soprattutto dopo quello di Rafael. Guardai il Demone che avevo davanti, la sua immagine stava pian piano uscendo dall’ombra che lo avvolgeva. Occhi rossi come braci ardenti e labbra sottili. Capelli ramati e lunghi, il simbolo degli esecutori impresso sulla fronte.
«Ben trovato, David» riemersi dall’inchino.
«Ho visto con piacere che avete dato una mano a quel povero vecchio» il sangue mi si raggelò nelle vene.
Si avvicinò al mio orecchio, i suoi occhi rossi puntati sulla mia schiena.
«Ma nessuno scappa ai suoi peccati…» sussurrò. Molteplici brividi mi percorsero veloci la spina dorsale. Il tempo di voltarmi e David era ritornato l’ombra scura. Saltò selvaggio in avanti, divorando tutto sotto il suo manto oscuro.
Conoscevo David dai tempi dell’Accademia dei Demoni; prima che diventasse un Esecutore, colui prescelto per eliminare dalla circolazione chi ostacola il regime dei Demoni. E, a quanto pareva, quell’uomo era la sua vittima.
Odiavo vedere le spregevoli torture che gli Esecutori facevano alle loro vittime.
Da piccola i miei genitori mi portarono a vederne una; per noi era come andare a messa la domenica. Mio fratello era molto eccitato, ma io non capivo come potesse essere una forma di intrattenimento le urla di dolore di un uomo.
Mi riscossi a quei pensieri maligni, osservando David scomparire dietro l’angolo dove l’uomo era prima andato.
Chiusi gli occhi, in attesa delle urla. Dopotutto era impossibile che l’uomo fosse riuscito a scappare; io avevo solo voluto regalare un po’ di speranaza negli ultimi istanti della vita di quell’uomo. Chiamatemi come volete, opportunista e illusionista; ma la verità era una sola. Nessuno, da quando l’Esecutore partiva dalla Corte Infernale, provava un briciolo di speranza. Ed è per questo che quel giorno volevo essere magnanima, volevo dare a quell’uomo un’ultima bella sensazione prima di…
Un urlò squarciò il cielo, innalzandosi per le strade.
“Ecco” pensai “è giunta la sua ora”.
Mi incamminai per la via, seguendo con gli occhi neri i riflessi opachi del sole.
A breve mi ritrovai nel quartiere dei proletari e degli operai, dove aleggiava uno strano vento innaturale. Mi muoveva i capelli castani, facendoli sfuggire alla meticolosa acconciatura da nobile. Assorta nei miei pensieri non mi resi conti di essere entrata nella parte malfamata di Londra, ma non mi dovevo preoccupare. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di aggredire una nobile come me.
Guardai il cielo plumbeo, una leggera pioggerellina stava per venire a far respirare la città.
Non mi ricordavo il motivo per cui ero andata in città, forse volevo distrarmi, chissà…
Una mano fredda mi afferrò il braccio destro, tirandomi in un vicolo buio.
Mi premette contro il muro, la mia schiena incontrò i mattoni duri. I miei occhi non vedevano nulla, solo ombra. Respiravo affannosamente, una mano premuta sulla mia bocca.
«Ehi, bellezza, cosa ci fa una nobile come te da queste parti…» la sua voce era un misto fra sinistro e melodioso. Sentivo il suo alito caldo sul collo, le sue labbra a pochi centimetri dal mio orecchio.
«Mi lasci!» gridai. Ma la mia voce era placata dalla sua mano sulle mie labbra.
«Sennò? Cosa mi fai, Demone?» chiese beffardo.
«Vedrai…» non mi piaceva combattere, ma in quel momento ce n’era la necessità. Risvegliai la mia essenza demoniaca, mentre sentivo il Bacio pulsare sotto pelle.
Chiusi gli occhi, il sangue cominciò a scorrere più velocemente.
Un esplosione di energia sbalzò l’uomo contro il muro di mattoni alle mie spalle. mi voltai si scatto, per vedere il volto del mio assalitore.
Il suo viso era avvolto dalla fuliggine, ed un cappello verde scuro gli copriva i capelli che dovevano essere sul biondo chiarissimo.
«Ma bene, la ragazzina sa difendersi. 
«Ma non ti illudere, la tua feccia da Demone non uscirà da questo vicolo.» gridò, gli occhi sbarrati. Solo allora riuscii a scorgere il loro colore. Erano di un intenso blu; riflessi ambrati scalfivano la superfice cobalto delle iridi, quasi a voler lasciar tregua dall’intenso colore degli occhi.
Un brivido mi percorse la schiena; quegli occhi erano i più belli che avessi mai visto.
Di sicuro non erano umani. Mi riscossi, cercando di distogliere le mie iride dalle sue, troppo profonde e magnetiche.
Lui protese le braccia verso di me, un’onda di energia mi sbalzò sul muro.
Sentivo i mattoni premere duri sulla scapole, la sua forza era davvero potente.
Ora ne ero sicura, non poteva essere umano.
«Sembri stupita, Demone. » la sua voce mi giunse come un miraggio lontano.
«Non sei l’unica a poter fare questo! » contrasse le dita della mano destra in un pugno inferocito.
Sentii un macigno sullo stomaco, più opprimente dei mattoni sulla schiena.
«V-vi prego! Lasciatemi! » gridai, non appena ebbi recuperato fiato. In tutta risposta lui mi sorrise, beffardo.
Richiamai a me tutte le mei forze, il potere del Bacio pronto a venir fuori.
Ma c’era qualcosa che mi impediva di usarlo, qualcosa che era racchiuso nei suoi occhi. Ma non ebbi il tempo di pensare altro che un’ombra scura avvolse il vicolo, le sue brame troppo familiari. David.
Cercai di mantenere un’espressione impaurita, in modo da non allarmare il mio assalitore. Ma ero troppo debole, oppressa dalla sua forza.
Vidi la sagoma di David frapporsi fra me e lui, la sua schiena a dividerci.
«Penso che abbiate aggredito la persona sbagliata» disse David, mentre una forte ombra calava sino al cielo plumbeo.  
Il ragazzo sconosciuto guardava David in segno di sfida, un odio profondo nei suoi occhi.
Poi mi guardò, inaspettatamente. Mi colse alla sprovvista, sentii la mia temperatura da Demone salire all’improvviso.
«Credo anch’io…» disse infine l’aggressore in tono pacato.
Poi una luce intensa avvolse il mio campo visivo.
Di lì a poco persi i sensi.



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Scusatemi per l'enorme ritardo! ma, con l'università ed il resto non riesco a far molto.
APOtrete mai perdonare una povera ragazza??
PAssiamo al capitolo, che ve ne pare? finalmente Lo conosce, so che eravate molto impazienti anche voi!
Okay, fatemi sapere le vostre opinioni, bye
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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Rapporti difficili ***





 
CAPITOLO QUATTRO: RAPPORTI DIFFICILI

 
Fissai intensamente il soffitto color crema, come se quel colore potesse rapirmi e eliminare gli assillanti pensieri che avevo in testa. Ce n’erano troppi; e non mi lasciavano tregua nemmeno per un secondo. Da quando i miei occhi avevano incontrato i suoi niente era più come prima. Come se portassi ancora sulla schiena il peso di quelle iridi troppo profonde, nelle quali avevo veramente rischiato di annegare.
Mi girai sul fianco destro, il morbido materasso che sprofondava sotto il mio peso. Le coperte creavano un bozzolo impenetrabile attorno al mio corpo, come se niente e nessuno avesse il diritto di toccarmi.
Come quel ragazzo aveva potuto attaccarmi? Come mai la sua forza era molto più forte della mia?
Non era umano, e di questo ne ero sicura. Mi girai sull’altro fianco, premendomi il cuscino sopra la testa. Volevo scacciare i suoi occhi dalla mia mente, ma il loro colore opalescente era sempre lì, pronto ad assillarmi e a togliermi il respiro. I ricordi del nostro incontro bruciavano come spilli sotto pelle, e sentivo che se non ne parlavo con qualcuno avrei potuto impazzire. Così decisi che il giorno seguente avrei parlato con Caroline, la mia migliore amica, nonché promessa sposa di David. Lei c’era sempre per me, e la sua personalità riflessiva e saggia mi aveva sempre aiutato in quei duecento anni. Lei era un Demone bellissimo. Folti capelli biondo cenere, occhi di un rosso penetrante e una pelle candida come poche.
Dei passi fuori dalla mia porta mi fecero sobbalzare. Chi poteva essere a quell’ora della notte?
«Margaret…?» chiesi in un sussurro. La porta si spalancò e comparve mia madre, gli occhi pieni di preoccupazione. Era la prima volta che entrava in camera mia; e la cosa non piacque per niente. Fra noi c’era sempre stato un muro, qualcosa che ci impediva di avere un rapporto madre-figlia come quelli che avevano le normali famiglie di Demoni. Il potere. Esso era la rovina della mia vita, il continuo ostacolo alla cosiddetta “normalità”.
Si avvicinò al mio letto, la camicia da notte in seta nera che ondeggiava come catrame ad ogni suo passo.  Si sedette sul bordo del letto, i capelli rossi raccolti in un’acconciatura sofisticata anche per la notte.
«Madre, che ci fate qui?» chiesi mentre mi tiravo a sedere. La luna ci illuminava con i suoi raggi, rischiarando il fitto buio della notte.
Mia madre assunse un’espressione grave.
«Per Lucifero! Scarlett! Come hai potuto avventurarti in quei quartieri senza una guardia del corpo?» sbottò.
Il suo rimprovero mi colpì alla sprovvista. Cosa avrei dovuto risponderle? “Okay, madre, non lo farò più.” Oppure “ Mi dispiace moltissimo.” Era la prima volta che mi sgridava; quando ero piccola lo lasciava fare alle governanti. Lei era troppo occupata con le sue questioni demoniache, troppo presa a partecipare ai balli di gala per degnarsi anche solo di dare un bacio affettuoso a sua figlia. così rimasi spiazzata; per la prima volta si ere preoccupata per me come una vera madre. Una sensazione di tenerezza avvolse il mio cuore per la prima volta, ma l’incanto finì quando aprì bocca di nuovo.
«Tu non puoi lasciarti aggredire, non puoi mettere a rischio il tuo potere!» gridò, gli occhi blu che si coloravano di sfumature rosse come i capelli.
«Certo, madre. Ora capisco il suo interesse nei miei confronti. » risposi con rammarico. «Vi interessa soltanto il mio potere! Non è così?» esplosi. Era la prima volta che le rispondevo così, la prima che osassi esternare veramente i miei sentimenti nei suoi confronti. Perché io non potevo, non dovevo ribellarmi o dire la mia opinione. Io ero meno di zero, contavo soltanto quando c’era da parlare di potere, allora sì che ero la prima a cui dessero importanza.
«Scarlett! Non urlare così!» puntò il suo indice affusolato verso dio me. quante vite aveva tolto quel dito? Quante volte si era trasformato in un artiglio affilato con cui aveva estirpato l’anima di un umano?
«No, madre! Io voglio urlare così! Lo capite che per voi conto solo perché ho il Bacio?! Lo capite che sono solo un oggetto nelle vostre mani che manovrate come vi pare, senza rendervi conto dei miei sentimenti?!» il mio grido riecheggiò per i corridoio del palazzo, estinguendosi nel buio fitto della notte.
Mia madre mi squadrò infuriata, i capelli scarlatti che prendevano a volteggiare e a trasformarsi in serpi sanguinose.
«Come osi parlare così a tua madre!?» mi gridò in faccia. Io indietreggiai, sentendo la spalliera del letto sulle mia schiena. Il metallo freddo mi fece assalire da brividi dolorosi, che abbassarono di molto la mia temperatura elevatissima.
Mia madre si alzò in piedi, lo sguardo vitreo.
«Scarlett Lizbeth Pywenn; tu mi obbedirai e non metterai mai più piede in città senza una guardia del corpo! Chi ti dice che la prossima volta ci sia ancora David pronto a proteggerti? Il tuo dono è troppo prezioso per essere sprecato dall’ingenuità di una ragazzina» alzò la mano e mi scoccò uno schiaffo in pieno viso. Cinque dita rosse mi impressero la pelle candida, e dovetti fare appello al mio autocontrollo per non scagliarle addosso il Bacio. Avrei potuto piegarla al mio volere, avrei potuto far rispettare le mie regole.
Ma non ero così determinata e crudele come gli altri Demoni, io ero diversa, e avrei fatto tutto pur di non assomigliare a quelle creature spregevoli.
Mia madre si incamminò verso la porta, la luce lunare che proiettava la sua ombra disumana sul muro crema.
Prima di uscire si girò di scatto, trafiggendomi con il suo sguardo.
«E domani preparati alla Punizione per la tua mancanza di rispetto di questa sera.» uscì dalla stanza, la porta che si richiudeva alle sue spalle mossa da un vento innaturale.
Mi alzai di corsa dal letto mossa da una forza che non era la mia e mi diressi in corridoio. Le piastrelle di marmo erano freddissime sotto i miei piedi nudi, ma avrei sopportato tutto pur di protestare.
«Siete solo degli angeli!» gridai, il mio urlo che giungeva alla sagoma di mia madre in fondo al corridoio. Si girò di scatto, sulle labbra un’espressione che andava oltre l’ira.
«Piccola, devi imparare a chiudere la bocca.» puntò il dito indice contro di me e un’ondata di energia mi sbalzò contro la finestra alla fine del corridoio. I vetri si frantumarono, conficcandosi nella mia schiena. Sentivo un dolore indescrivibile, e l’ira continuava a animare ogni mio gesto.
Mi rialzai, sentendo i vetri sotto ai miei piedi nudi. Le scagliai addosso il Bacio, ma lei fu più rapida. Evitò il mio attacco e corse verso di me con una velocità sorprendente, quella che aveva imparato dai suoi genitori, Demoni della Caccia. Mi si lanciò addosso; premendo le sue unghie affilate nel mio petto. I suoi capelli rossi ricadevano lungo il mio viso come zampilli di sangue. Mi avvicinò la sua bocca all’orecchio:
«Non ti farò nulla, solo perché hai dentro di te il Bacio. Ma prova un’altra volta a scagliarmi addosso il tuo potere che chiamerò Re Lucifero e ti farò processare.» si alzò piano, lasciandomi distesa immersa in quella coltre di vetri acuminati.
«E prega perché alla Punizione di domani non ci sia Lord Wood.» la sua voce mi giunse come il sibilo di un serpente. Sparì nel buio del corridoio, inghiottita nell’oscurità che popolava la sua anima dannata.
Lord Wood era il peggior Esecutore in circolazione. Le sue Punizioni erano le più spietate e sadiche; aveva ucciso più di centomila umani e ventimila Demoni.
La Punizione era una cerimonia mondana, a cui partecipavano tutti gli abitanti del paese per assistere al castigo impresso alla vittima per ciò che aveva commesso. Raramente la vittima sopravviveva, e gli Esecutori eseguivano la Punizione con una crudeltà impressionante. Ovviamente io sarei restata viva, ma l’idea di essere torturata davanti a tutta Londra non mi sembrava molto allettante.
Lacrime di dolore mi rigarono il volto, andando a bagnare i frammenti di vetro rotto che rappresentavano la mia vita. un pensiero balenò nella mia mente.
La prima volta che mi ero sentita viva era stato l’incontro con quegli occhi; dunque perché non avrei dovuto rincontrarli?
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Ciao! Scusate per il ritardo, ma penso di essere stat un po' più puntuale!
Questo capitolo fa capire come è veramente la vita di Scarlett e i suoi stati d'animo.
Ringrazio moltissimo i miei recensori, in particolare Fallen99 che mi ha consigliato la copertina!
Ditemi i votri pareri e ci terrei un'opinione sulla copertina.
S.



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