Volar sin tener alas

di syontai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Salvataggio in aereo ***
Capitolo 2: *** Un'uscita non prevista ***
Capitolo 3: *** Magnetismo ***
Capitolo 4: *** Errori e Canzoni ***
Capitolo 5: *** Un'alleanza improbabile ***
Capitolo 6: *** Piani sventati: l'importanza di cantare col cuore ***
Capitolo 7: *** Tutto un malinteso? ***
Capitolo 8: *** Equilibri instabili e un esercizio a coppie ***
Capitolo 9: *** Leon vs Stefan ***
Capitolo 10: *** Una promessa ***
Capitolo 11: *** Blackout ***
Capitolo 12: *** Stiamo insieme: real or not real? ***
Capitolo 13: *** La confessione di Francesca ***
Capitolo 14: *** Amori e Gelosie ***
Capitolo 15: *** Chiarimenti e Ricordi di un giorno d'estate ***
Capitolo 16: *** I hate you, but also I love you ***
Capitolo 17: *** Un appuntamento quasi perfetto ***
Capitolo 18: *** Il furto del ciondolo ***
Capitolo 19: *** Ripensamenti ***
Capitolo 20: *** Rotture e Patti ***
Capitolo 21: *** Gelosia ***
Capitolo 22: *** Leon Everywhere ***
Capitolo 23: *** Battaglia per il cuore di Francesca ***
Capitolo 24: *** Missione incastrare Jade ***
Capitolo 25: *** Un nuovo inizio: lo spartito di Leon ***
Capitolo 26: *** Io non sono Maria! ***
Capitolo 27: *** Gabriella o Ludmilla? ***
Capitolo 28: *** Cuore di ghiaccio ***
Capitolo 29: *** Cena a lume di candela ***
Capitolo 30: *** Voy por ti ***
Capitolo 31: *** Sabotaggio ***
Capitolo 32: *** Nuovi Arrivi ***
Capitolo 33: *** La stanza di Maria ***
Capitolo 34: *** Stanze chiuse a chiave e pagine strappate ***
Capitolo 35: *** Frammenti per ricostruire il passato ***
Capitolo 36: *** Appuntamento a tre: la sciarpa della discordia ***
Capitolo 37: *** Il magico potere del vischio ***
Capitolo 38: *** Love and Christmas ***
Capitolo 39: *** Festa di fidanzamento ricca di sorprese ***
Capitolo 40: *** Dal Paradiso all'Inferno ***
Capitolo 41: *** Sonno e Risveglio ***
Capitolo 42: *** Paure ***
Capitolo 43: *** Lara: la ragazza perfetta ***
Capitolo 44: *** Game Over ***
Capitolo 45: *** Delusione e Tradimento ***
Capitolo 46: *** La lettera scarlatta ***
Capitolo 47: *** Ludmilla colpisce ancora ***
Capitolo 48: *** Pegni d'amore ***
Capitolo 49: *** Ammissione di colpa ***
Capitolo 50: *** Guerra e Pace ***
Capitolo 51: *** Andrea gioca l’asso nella manica ***
Capitolo 52: *** "Andrà tutto bene" ***
Capitolo 53: *** Riconciliazioni inaspettate ***
Capitolo 54: *** True love never dies ***
Capitolo 55: *** Il principe sbagliato ***
Capitolo 56: *** Fase 2: Federico pensa a tutto (o quasi) ***
Capitolo 57: *** Sfuggire all’amore? Impossibile! ***
Capitolo 58: *** Tutti a villa Vargas! ***
Capitolo 59: *** La grotta di Cupido ***
Capitolo 60: *** Perdonare e Ricominciare ***
Capitolo 61: *** Notte d'amore e di ansia ***
Capitolo 62: *** Ludmilla regna. Punto ***
Capitolo 63: *** Fiducia ***
Capitolo 64: *** Qui tutti tramano! ***
Capitolo 65: *** La sorpresa di Leon ***
Capitolo 66: *** Un segreto per uno ***
Capitolo 67: *** Gelosia? Provocazione? O forse solo amore? ***
Capitolo 68: *** Pizza e Caviale ***
Capitolo 69: *** Mail che pongono fine ad un idillio ***
Capitolo 70: *** Foto di gruppo ***
Capitolo 71: *** Vittorie e sconfitte ***
Capitolo 72: *** Dirsi addio è per sempre? ***
Capitolo 73: *** Istinto ***
Capitolo 74: *** Una notte movimentata ***
Capitolo 75: *** Parigi ***



Capitolo 1
*** Salvataggio in aereo ***


Capitolo 1.
Salvataggio in aereo

Violetta odiava gli aerei. O meglio, odiava l’idea di dover salire su un aereo per due motivi principali: primo, salire su un aereo significava cambiare di nuovo Paese, cambiare casa, lasciare gli amici (non che ne avesse mai avuti, costretta a studiare a casa con l’istitutrice senza poter uscire) e dover ricominciare tutto; secondo, aveva paura di volare. Le turbolenze la facevano entrare nel panico più totale nonostante le rassicurazioni del padre, German: “è solo una piccola turbolenza”,”vedrai che passa tutto non c’è nulla da temere”. Ma Violetta non ci poteva fare nulla, era più forte di lei…”Si avvisa i gentili viaggiatori che è possibile imbarcarsi per il volo per Buenos Aires al Gate 22.”. Quella voce all’altoparlante riscosse Violetta, che in quel momento stava scrivendo sul suo diario, il suo inseparabile compagno e il suo unico amico. Lì scriveva tutte le sue preoccupazioni, le sue paure, i suoi sogni, le sue aspirazioni. “Violetta hai sentito quello che ti ho detto?!” chiese German con un tono severo. Odiava non essere ascoltato, soprattutto da sua figlia. “Si, si, certo…” rispose vagamente Violetta. “Insomma quello che intendevo dire con questo discorso è che non devi vedere tutto questo come una punizione bensì come un’opportunità per cambiare aria, pensa rivedrai anche Olga! E ora andiamo ad imbarcarci…”. Un’ora dopo si trovarono sull’aereo in attesa del decollo. Dopo poco tempo l’aereo decollò; “Papà vado a prendere un bicchiere d’acqua al distributore in fondo all’aereo” disse Violetta alzandosi. Proprio mentre si dirigeva al distributore ci fu un attimo di turbolenza, la ragazza perse l’equilibrio e cadde letteralmente addosso ad uno dei passeggeri, un ragazzo che stava dormendo ascoltando la musica con le cuffiette. Questo si svegliò di soprassalto e si ritrovò a due centimetri dal viso di lei. Non poté non rimanere incantato dalla sua bellezza, dai suoi capelli castani, da quello sguardo così dolce. “Scusami” disse lei con evidente imbarazzo, cominciando ad arrossire senza controllo. “Figurati può capitare e inoltre non mi è affatto dispiaciuto svegliarmi in questo modo” affermò il ragazzo sorridendo. Violetta fissò gli occhi verdi del ragazzo;  in quel momento il suo cervello si era completamente disconnesso, si sentiva come ipnotizzata, non riusciva  a fare a meno di quello sguardo, di quel sorriso. –Ma cosa vado a pensare?! Nemmeno lo conosco..- pensò in quel momento rendendosi conto di stare facendo la figura dell’imbecille. “Sono davvero un maleducato non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Leon…Leon Vargas, piacere”. Silenzio. Ah,doveva rispondergli, ma in quel momento non avrebbe saputo dire nemmeno il suo nome. “I-io mi chiamo Violetta” rispose imbarazzata; “non che mi dispiaccia ma che ne dici di alzarti dalle mie ginocchia?” “Oh, si, giusto, scusa, scusa davvero” fece lei alzandosi di scatto, “Ma no figurati Violetta, come ti ho già detto non è stato affatto un dispiacere, anzi…” ma non riuscì a finire la frase,in quel momento si sentì qualcuno che a voce alta chiamava preoccupato la figlia “Violetta! Violetta! Che fine hai fatto?”. “Ti stanno chiamando,credo” disse Leon. “Si è vero, ehm ciao allora e scusami ancora.”.Violetta corse subito da German che la stava chiamando. “Tutto bene? Ci hai messo tanto mi hai fatto preoccupare…” chiese il padre. “Si,si tutto bene” rispose lei con le guance ancora arrossate.
-Non mi sento tranquilla, il cuore mi sta per scoppiare e non riesco a spiegarmelo…insomma ma che mi prende nemmeno lo conosco!- pensò la ragazza sedendosi e senza rendersene conto cominciò a disegnare un cuore sul diario. Resasi conto di ciò che stava facendo cancellò subito quel disegno con una rapidità incredibile…ma che cosa andava a pensare…
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Era passata una settimana da quando Violetta aveva messo piede nella casa di Buenos Aires, settimana trascorsa nella noia più totale. Nonostante Olga, la domestica della casa, tentasse di tirare un po’ su l’umore della sua prediletta, preparando quasi una torta al giorno, l’aria che si respirava non ispirava affatto serenità ma lasciava intendere una tensione costante nell’aria; ovviamente il merito di questa tensione non poteva che essere Jade, la fidanzata di German, che insediatasi nella casa faceva innumerevoli pressioni per spingere il compagno a rendere il fidanzamento ufficiale. “Non potrà certo pensare di sostituire mia madre” si lasciò scappare Violetta immersa nei suoi pensieri una sera a cena. Quella venne accolta da Jade come una dichiarazione di guerra; non poteva sopportare quella ragazzina viziata, ma doveva fingere di volerle bene per non perdere l’amore di German. – E dopo la mando dritta dritta al collegio- pensò Jade con estrema soddisfazione. Si trattava solo di fingere un po’ di tempo, si certo un po’ di tempo, ma quanto?
Comunque quella mattina stava trascorrendo come le altre, ma nessuno poteva sapere che in quel momento fuori dalla casa una giovane donna era in preda ad un attacco di panico al solo pensiero di suonare il campanello di quella casa, che suscitava in lei emozioni contrastanti:nostalgia, perché era la casa dove sua sorella aveva vissuto i momenti più felici, tristezza e odio per il proprietario di quella casa per averla allontanata dalla nipote. Eh già, Angeles, o meglio Angie come preferiva farsi chiamare, era venuta fino a quella casa per rivedere la sua nipote, per poterla abbracciare e soprattutto per poter fare una scenata a quell’ipocrità del padre. Basta, aveva preso una decisione, avrebbe suonato il campanello…no, non ce la poteva fare, anzi si, dopo tutto che ci voleva?
-No, non ce la posso fare, tornerò domani…- pensò la donna. Aveva paura: paura che una volta presentatasi nella casa e svelato la sua identità German avrebbe allontanato la figlia. Se ne stava per andare ma in quel preciso momento e si ritrovò di fronte proprio German che stava uscendo; L’uomo si sorprese e cominciò subito a porre domande: “Mi  scusi signorina chi è lei e cosa ci fa di fronte a questa casa?” lei stava per rispondere ma lui non gliene lasciò il tempo: “Ah, capisco è qui per il colloquio per diventare l’istitutrice di mia figlia”. La donna decise di assecondarlo: “Ehm…certo!” disse con una certa incertezza. “Allora prego entri pure, ci sediamo al mio studio e mi mostra il suo curriculum”. Curriculum? Quale curriculum?. “Ho dimenticato il curriculum a casa ma glielo porto domani, glielo assicuro.”. “Ah come ben sa questo impiego richiede completa disponibilità 24 ore su 24 e quindi dovrebbe venire ad abitare qui”. “Ah, no questo l’agenzia non me l’aveva proprio detto…”. Ma cosa stava facendo? Si stava andando a cacciare nei guai, lei un impiego già lo aveva, insegnava canto allo Studio 21, una prestigiosa scuola delle arti dello spettacolo (canto,ballo…), come avrebbe potuto continuare il suo insegnamento senza essere scoperta? Forse doveva lasciar perdere; ma poi si trovò di fronte Violetta. Era uguale alla madre, Maria Saramego, morta in un incidente durante una tournè. D’istinto l’abbracciò ma poi si rese conto di quanto il gesto potesse sembrare strano agli occhi dei due e così si separò subito da quell’abbraccio tanto desiderato. No, non poteva perderla, non ora che aveva la possibilità di starle vicino…doveva mentire e avrebbe sopportato volentieri il peso di tutte le menzogne per poter stare al suo fianco. E tutto perché German aveva paura del passato, aveva paura che Violetta seguisse la stessa strada del padre, aveva paura che conoscesse la famiglia di Maria che sicuramente l’avrebbe spinta a seguire le orme della madre. Aveva paura, e la paura a volte fa fare cose folli.
 

 
  Nota autore: allora questa è la mia prima fanfiction...magari non è il massimo ma sono molto soddisfatto soprattutto per l'impegno che ci ho messo. Se recensite mi rendete davvero felice :D (soprattutto se volete darmi consigli, lo apprezzerei davvero)...ah,ultima cosa, sono un ragazzo (lo dico in anticipo xD)

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Capitolo 2
*** Un'uscita non prevista ***


Capitolo 3
Un’uscita non prevista

Quella mattina era cominciata come tutte le altre, German era uscito  per lavoro (si occupava della costruzione di nuove strutture nel pieno rispetto delle norme ambientali), Jade era uscita a fare shopping tanto per cambiare, e Violetta era a casa a studiare insieme alla sua nuova istitutrice, Angie, da poco trasferitasi nella casa. Quella mattina era il turno di storia. “Non ce la faccio più…che ne dici di fare una piccola pausa?”, “ma se abbiamo appena cominciato!” rispose Angie con un sorriso dolce. “Ma è tutto così noioso” disse la ragazza con un tono lamentoso; “Mhhh...hai ragione forse studiare la rivoluzione francese in questo modo non è il massimo del divertimento.”concordò l’istitutrice. Rimase un po’ in silenzio e poi disse “Ma certo! Ho avuto un’idea; da poco al centro di Buenos Aires hanno aperto un museo sulla storia del Settecento…che ne dici di andarci?”. Violetta accettò subito: sarebbe uscita di casa finalmente! Ma come avrebbero fatto ad andare al centro senza l’aiuto di Roberto (fido collaboratore di German e suo autista personale)? E suo padre avrebbe accettato? La risposta alla seconda domanda  era più che ovvia: no. Angie intuendo i pensieri della ragazza disse tranquillamente: “Beh,ma tuo padre non lo deve sapere per forza no? Inoltre sei con me, non corri alcun rischio; per quanto riguarda il mezzo basterà prendere la metro e scendere alla fermata giusta”. Fu subito il panico: “Metro?! Ma io non ho mai preso la metro, papà dice che è pericolosa e poi è piena di gente, forse conviene rimandare e aspettare che torni Roberto”. “No, mia cara non si rimanda nulla; preparati subito che andiamo” la rimproverò scherzosamente la donna. Un’ora dopo le due si trovarono alla fermata aspettando che passasse la metro. Quest’ultima passò in quel preciso istante, entrarono nel vagone ma in quel momento Angie fu colta dal terrore: in quello stesso vagone c’era un suo studente dello Studio 21; quel ragazzo si chiamava Thomas ed era entrato l’anno scorso allo Studio grazie ad una borsa di studio; era anche l’assistente personale di Beto, un professore di musica altamente imbranato e dalla memoria corta. Angie decise allora di spostarsi in fondo, dalla parte opposta alla sua confondendosi tra la folla in modo da non essere vista. Ma lo fece talmente in fretta che Violetta, che si era messa a cercare il cellulare nella borsa, quando alzò lo sguardo non la vide più e si terrorizzò. La metro partì e Violetta non fu abbastanza rapida nell’afferrare la sbarra di metallo per tenersi e finì addosso a un ragazzo: moro,alto (un po’ allampanato), con gli occhi scurissimi…quando alzò lo sguardo non poté non pensare che era molto carino. Questo dal canto suo stava pensando a sua madre ( finalmente da lì a poco sarebbe tornato a casa), quando improvvisamente si ritrovò abbracciato una ragazza, che aveva prontamente afferrato per non farla cadere. Quando si furono staccati fu lui il primo a parlare: “Tutto bene?”. Rimase incantato dalla sua bellezza, dalla dolcezza che trasmetteva il suo sguardo. Lei timidamente annuì con un gesto del capo. “Se non sono indiscreto posso chiederti come ti chiami? Io sono Thomas” disse tendendogli la mano. Lei la strinse imbarazzata e con un filo di voce disse: “Piacere, sono Violetta”. “Che faccia triste ti sei persa?”. “Ho perso una persona e per di più non so dove devo scendere, devo andare al centro”. “Allora devi scendere alla prossima” disse lui accennando un sorriso . “Ah, ok, grazie mille”. Il resto del viaggio passò in silenzio, Thomas la guardava letteralmente rapito. Quando la metro si fermò Violetta fece per scendere e in quel momento le disse: “Ti rivedrò?”, “Chissà, non saprei…” rispose lei sempre più imbarazzata. Quando scese vide Angie dietro di lei che era riuscita a non farsi vedere dal suo studente.“Angie, ma dov’eri finita?” chiese preoccupata. “Ehm…mi erano caduti gli occhiali.”; “Angie ma tu non porti gli occhiali” incalzò la ragazza sempre più curiosa. “Ma infatti erano degli occhiali di una mia amica che aveva dimenticato a casa mia quando ci siamo visti, quindi glieli sto tenendo io, è una storia lunga…”. “Se lo dici tu, ci credo” rispose Violetta. Ovviamente non aveva creduto affatto a quella storia ma non voleva insistere. Usciti dalla fermata della metro, voltarono l’angolo e si ritrovarono di fronte un edificio antico e monumentale. Violetta non aveva mai visto il centro di Buenos Aires e ne rimase affascinata; “Bene facciamo la fila qui e prendiamo i biglietti”; “Si, eccomi!” disse avvicinandosi ad Angie con lo sguardo per aria; e senza accorgersene andò a sbattere contro una persona. Abbassò lo sguardo (ultimamente era un po’ troppo sbadata, era il terzo incidente che le capitava in queste ultime settimane) e arrossì . No, non poteva essere. Eppure quegli occhi verdi non potevano che essere suoi, quello sguardo così penetrante non poteva che essere il suo. Non c’erano dubbi, quello era Leon, il ragazzo dell’aereo.
 

Non era possibile…ci era cascato di nuovo, ma non poteva certo immaginare che la madre l’avrebbe costretto ad andare a visitare un noiosissimo museo. Per fortuna Andres, il suo migliore amico (anche se non molto sveglio), si era offerto di accompagnarlo. La madre li aveva accompagnati all’ingresso ma poi avendo ricevuto una telefonata di lavoro se ne era dovuta andare in fretta e furia, lasciandoli da soli a fare la fila. In quel momento una ragazza venne addosso a Leon, che ancora non si capacitava di essere finito lì. Era Violetta. Esatto, non si era dimenticato del suo nome né del loro incontro. La guardò e inconsapevolmente le sorrise; le guance di lei si tinsero di rosso. Era così bella quando arrossiva… “Ma che bello! Ti ho rincontrato, allora a volte i desideri si avverano” disse lui con un sguardo seducente; quando voleva ci sapeva veramente fare. Lei rimase in silenzio, imbarazzata. Non voleva essere maleducata non dicendo nulla, ma non riusciva nemmeno ad aprire bocca. “Non ci posso credere…Angie??!!” disse poi spostando lo sguardo sulla sua accompagnatrice. Angie cadde nello sconforto; aveva fatto tanto per non farsi vedere da Thomas ed ecco che arriva un altro dei suoi studenti. Niente, ormai era la fine. “La conosci?” chiese incuriosita Violetta. “Certo è la mia insegnante di canto!” rispose lui con sguardo interrogativo. “Aspetta quindi tu insegni? Perché non mi avevi detto nulla?” disse rivolgendosi alla sua istitutrice. Angie non sapeva cosa dire e rimase in silenzio. Non ci poteva credere, le aveva mentito! Fece per andarsene ma la donna la seguì, chiedendo ai due ragazzi di prendere i biglietti anche per loro. “Aspetta, Vilu! Posso spiegarti tutto!”. Non era vero. Non poteva dirle la verità , era tutto così complicato. Aveva bisogno di una scusa e anche in fretta. “La verità è che devo fare due lavori per motivi familiari”; beh dai la verità in parte l’aveva detta, in fondo era la zia, più motivi familiari di così... “Non ti preoccupare, non sono arrabbiata, sicuramente avrai avuto i tuoi motivi. Prometto di non dirlo a papà ma a una sola condizione”.”Quale?”.“Domani voglio vedere la scuola in cui insegni.”. “Ok, allora affare fatto” disse Angie sorridendo. Le due si abbracciarono e tornarono all’entrata del museo. Violetta non vedeva l’ora che fosse domani; avrebbe visto una scuola di musica e avrebbe potuto rivedere Leon. Sorrise a quei pensieri felici e sorrise ancora di più quando Leon le porse il biglietto d’ingresso. Una volta entrati nel museo cominciarono a visitare le sale. Andres continuava ad assillare la povera Angie, mentre Violetta si era incantata a vedere un documento antico del Settecento. Anche Leon era incantato, non dal documento bensì da lei; era così bella, così dolce…All’improvviso la prese delicatamente per mano per accompagnarla alla sala successiva. Lei sentì un brivido a quel contatto. Il cuore sembrava esplodergli e Violetta aveva paura che tutti i visitatori se ne sarebbero accorti. Si sentiva felice. Quel ragazzo sembrava perfetto, ci doveva essere qualcosa sotto. Quando la visita terminò aveva ancora la sua mano stretta con la sua, senza dare la minima impressione di volerla lasciare andare. “Bene direi che adesso si è fatto tardi, andiamo Vilu” disse Angie con un sorrisetto complice. Lei ovviamente si era accorta di tutto e si era accollata Andres per tutta la visita per farli stare da soli. Violetta si dispiacque, non voleva andarsene, stava così bene con Leon: “A-allora ciao”. In quel momento avvenne qualcosa di inaspettato; Leon si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia. Violetta avvampò letteralmente per quel gesto, si sentiva il cuore in gola. Subito dopo Leon prese il cellulare di Violetta e le salvò il suo numero, poi prese il suo e memorizzò l’altro numero. “Se mai ti venisse voglia di sentirmi” disse col suo splendido sorriso. Quando tornarono a casa Violetta ancora emozionata scrisse sul diario tutto ciò che aveva provato in quella giornata, l’incontro con Thomas e quello con Leon.

“Non riesco ancora a capire perché mi fa questo effetto….sarà dovuto ai suoi modi di fare. D’ora in poi su questo diario lo chiamerò effetto-Leon. Spero di rivederlo domani allo Studio…”

NOTA AUTORE: ringrazio tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, e quelli che mi hanno dato qualche consiglio su come assestare un pò il mio stile. Allora...ci ho provato. Ho provato ad eliminare tutte quelle parole che rendevano il testo un pò ripetitivo e spero vivamente di esserci riuscito (almeno in parte). Ho riletto il testo tipo 7 volte xD Adesso lascio il giudizio a voi :S *entra in stato di ansia*. Per quanto riguarda la storia sembra andare tutto rose e fiori, ma dal prossimo capitolo cominceranno ad arrivare i primi ostacoli. Buona lettura a tutti e grazie ancora per le bellissime recensioni di prima, mi hanno dato la giusta dose di fiuducia per continuare!!

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Capitolo 3
*** Magnetismo ***


Capitolo 3
Magnetismo

Il giorno dopo Violetta si trovò di fronte a un edificio pieno di colori e di ragazzi che ascoltavano musica o che creavano nuovi passi. Si sentì felice: quel luogo le trasmetteva gioia e serenità. Angie era già entrata; lei stava lì fuori all'ingresso sperando di incontrare una persona in particolare. In quel momento vide il suo Leon. Subito i sintomi dell’ “effetto-Leon” cominciarono a farsi sentire; stava per avvicinarsi per salutarlo ma in quel momento una ragazza bionda dal fisico esile raggiunse il ragazzo, lo abbracciò e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Violetta si sentì come se le avessero lanciato un secchio d’acqua gelida (secchio compreso), si bloccò e rimase pietrificata. Leon era fidanzato, e per lei non poteva esserci notizia peggiore; per di più quella ragazza era bellissima: capelli dorati ondulati, un viso regolare e accattivante (anche se sembrava nascondere una vena di malvagità), con un vestitino rosa confetto e una cinta nera. Insomma la perfezione. E contro la perfezione non ci poteva essere speranza di vittoria. Stava trattenendo le lacrime a stento e in quel momento qualcuno le si avvicinò preoccupato dalla sua faccia afflitta e dai suoi occhi lucidi. “Tutto bene?” chiese questo. Era Thomas. “Si, si certo tutto a posto” rispose Violetta dopo un respiro profondo. “Non sai mentire molto bene…” disse lui abbozzando un mezzo sorriso per tirarla su di morale. Ad un certo punto si avvicinarono due ragazze e un ragazzo con un cappello da rapper. Era un trio molto estroverso e subito vollero presentarsi alla nuova amica di Thomas. “Ciao, io mi chiamo Maxi” disse il ragazzo con il cappelletto in testa “e queste qui sono Camilla e Francesca” disse indicando rispettivamente la ragazza alla sua sinistra con dei capelli mossi castani e occhi marroni, e la ragazza alla sua destra, mora con un fiocco rosso in testa e con un sorriso solare. Francesca era la migliore amica di Thomas, e non era un segreto quasi per nessuno che avrebbe voluto essere qualcosa di più per lui, ma quest’ultimo non sembrava rendersene conto. Nel vederlo accorrere verso la nuova arrivata provò subito una gelosia terribile. Doveva allontanarla da lui ma dopo che Violetta si fu presentata, nonostante tutto, a Francesca parve una persona simpatica e quasi si detestò per questo. “Sei qui per le iscrizioni al  nuovo anno?” chiese Camilla. “No, io sono qui solo per accompagnare una persona…a proposito devo proprio andare scusate.” rispose la ragazza un po’ intimorita da tutte quelle persone e si avviò verso l’entrata per raggiungere Angie. Thomas la guardò allontanarsi con lo sguardo completamente incantato. Si, era cotto e avrebbe voluto conoscerla meglio; chissà forse ci sarebbe anche riuscito. A Francesca non sfuggì tutto questo e ci rimase malissimo, quindi prese Camilla e la portò in aula per la prossima lezione in modo talmente precipitoso che per poco Camilla non inciampava per starle dietro. Nel frattempo Violetta era entrata; l’interno della scuola era ancora più acceso di colori, ma lei si sentiva stordita, aveva bisogno di un bagno subito, ma si sentì tirare il braccio; si girò e vide quegli occhi verdi, quel sorriso affascinante. Stavolta vederli le procurava solo sofferenza. “Ma che bella sorpresa Violetta! Sono davvero felice di vederti qui allo Studio”. “Anche io Leon ma ora devo andare” disse con un filo di voce; non voleva vederlo, soffriva troppo. In quel momento dietro di lui comparvero Andres, la ragazza bionda e un’altra ragazza con i capelli ricci scurissimi. “Lyon, con chi stai parlando? Non ti fidare di questa qui, prima l’ho vista chiacchierare amichevolmente con i nostri nemici , quelli dell’altro gruppo”. “Non ti preoccupare Ludmilla; è una mia amica, si chiama Violetta. Ludmilla, Violetta. Violetta, Ludmilla”. “La sua ragazza” aggiunse con un tono maligno mentre stringeva la mano per le presentazioni. Non ce la faceva più…”Devo proprio andare, scusatemi” disse mentre si precipitò in bagno. Finalmente era sola e si mise di fronte allo specchio, mentre lentamente le lacrime scendevano. Basta. Era finita. Odiava Leon per averla illusa in quel modo, non poteva crederci…che razza di persona era??!! Non voleva più vederlo e mentre pensava queste cose si rese conto di stare piangendo. Ma perché piangeva per una persona che conosceva appena?! Non aveva senso. In quel momento entrò una persona, l’ultima che avrebbe voluto vedere…


Alle parole “La sua ragazza” Leon abbassò lo sguardo per l’imbarazzo…si sentiva un verme ad aver illuso così Violetta, ma cosa ci poteva fare se era così attratto da lei. Quando era in sua compagnia perdeva il controllo delle sue azioni, sentiva un turbinio di emozioni agitarsi dentro; era una sensazione mai provata prima ma non riusciva a farne a meno, aveva bisogno di quella ragazza, lo sentiva, sentiva di provare qualcosa; amava tutto di lei. Quando vide correre Violetta in bagno rimase paralizzato: non sapeva come comportarsi. Ludmilla decise di seguirla e quando entrò la vide piangere. Odiava quella ragazza; si era resa conto di come guardava il suo Lyon e non le stava affatto bene, perché il suo ragazzo era una sua proprietà e basta. Nel vederla piangere provò una gioia selvaggia e per girare il coltello nella piaga disse “Oh, scusa Violetta, non volevo interromperti, stavo andando in bagno per rifarmi il trucco. Sai voglio sempre essere al meglio di fronte al mio ragazzo”. Questo era troppo, la ragazza fuggì via di fronte allo sguardo trionfante di Ludmilla.
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Il resto della settimana trascorse abbastanza tranquillamente fino al venerdì sera, quando a cena German annunciò a tutta la famiglia che il giorno dopo sarebbero andati in campagna nella villa di un suo amico e collega in affari con tutta la sua famiglia. “Ah, Angie ovviamente è invitata anche lei” aggiunse German alla fine. Jade si stizzì subito: perché anche l’istitutrice sarebbe dovuta venire? Sospettava che fosse piombata in questa casa per rubarle il marito e questo invito aveva rafforzato le sue convinzioni. Questa gita però poteva anche essere l’occasione per mettere in chiaro come stavano le cose: aveva un piano. Violetta dal canto suo non aveva proprio voglia di uscire; stava ancora soffrendo per Leon e l’idea di andare in campagna per stare con persone noiose non la esaltava affatto, ma rimase in silenzio e fece un cenno di assenso accettando il suo destino.
Il giorno dopo tutti si svegliarono di prima mattina e dopo una colazione fatta in fretta e furia si prepararono per partire. Il viaggio in macchina fu stranamente divertente; Angie infatti aveva portato un gioco da tavola formato viaggio davvero coinvolgente. “Papà ma da chi stiamo andando precisamente?”. “Dai Vargas” rispose il padre tranquillamente”. No! Vargas! Non poteva essere…vabbè ma in fondo ci sono tanti Vargas, non si doveva trattare per forza della famiglia di Leon; nonostante tutto la ragazza deglutì. Dopo un paio di ore di viaggio arrivarono a destinazione. La villa era enorme e bellissima. Era ben curata ma allo stesso tempo dava un’idea di semplicità che ben si adattava al paesaggio di campagna che ne faceva da sfondo. Appena varcarono il cancello, un uomo alto, prestante, dai capelli grigi con un’aria giovanile gli venne incontro e li salutò. Si presentò a Violetta e Angie; si chiamava Javier Vargas. Subito dopo li raggiunse lungo il sentiero che conduceva all’ingresso della villa una donna molto elegante, vestita con un tailler nero con motivi geometrici bianchi, e un cappellino bianco con un fiocco nero: era la moglie di Javier. Un dettaglio terrorizzò la povera Violetta: aveva dei bellissimi occhi verdi. “Perdonate l’assenza di mio figlio, è andato a fare una passeggiata con la sua ragazza, anche se la poverina odia la campagna…”. “Sarà qui tra breve comunque” aggiunse il padre. I coniugi Vargas erano molto simpatici; nonostante fossero molto ricchi non erano affatto altezzosi anzi si mostrarono ospitali e affabili; “Il pranzo sta per essere servito” avvisò la domestica. La tavola era stata apparecchiata e si trovava in mezzo a un enorme prato sul retro della villa  che più in fondo mostrava l’entrata per il boschetto lì vicino. Mentre stavano tutti per sedersi, ecco che arrivò la giovane coppia. Capelli biondi splendenti, sorriso maligno e occhi scuri accattivanti…era proprio Ludmilla. E vicino a lei mano nella mano c’era lui, Leon. Violetta quasi si sentì male: tutte le sfortune capitavano a lei. Dopo un breve saluto, le scuse da parte dei due per il ritardo il pranzo cominciò. Violetta mangiò tutto più velocemente possibile per poter fuggire da quella tavola con una scusa tenendo lo sguardo basso; non poteva certo accorgersi del fatto che Leon non le staccava gli occhi di dosso con aria afflitta, in parte felice per quella bellissima sorpresa, in parte triste per la tensione che si sarebbe creata con Ludmilla. Alla fine del pranzo tutti si alzarono per una passeggiata e Violetta chiese il permesso al padre per poter fare un giro nel boschetto da sola. Il padre dopo un po’ di resistenze grazie anche all’aiuto di Angie cedette. “Ma non ti allontanare dal sentiero!” aggiunse a voce alta, mentre la ragazza si era già avviata. Violetta fece un cenno di assenso e prese il sentiero principale. Non appena si inoltrò sentì una pace meravigliosa invaderle il corpo. Diede un’occhiata intorno e vide una bellissima distesa di campanule dal colore rosa pallido a sinistra del sentiero in fondo a una discesa ripida. La campanula era il fiore preferito di sua madre (insieme alla violetta). Con molta cautela cominciò a percorrere la discesa. Si, aveva lasciato un secondo il sentiero, ma solo per prendere qualche fiore; mentre scendeva però inciampò a causa di una radice e cadde, ruzzolando fino alla distesa di campanule. Tentò di rialzarsi ma non ci riuscì, le faceva troppo male la caviglia, forse se l’era rotta oppure slogata. Cominciò con voce flebile a chiamare soccorsi. Perché diamine si era dimenticata la borsa con il cellulare nella villa? In quel momento una figura la raggiunse velocemente percorrendo la discesa e prendendola in braccio. Era Leon. I loro visi erano vicinissimi; il ragazzo sentì il suo cuore battere a mille, voleva distogliere lo sguardo, allontanare il suo viso da quello di lei, ma non ci riusciva. Si sentiva sempre più attratto, come un pezzo di metallo viene attratto dalla calamita. Lentamente senza nemmeno pensarci cominciò ad accorciare le distanze. Ormai sentiva il suo respiro, sentiva i battiti del suo cuore accelerarsi, addirittura sentiva il calore trasmesso dal rossore delle guance di Violetta(che nel frattempo era avvampata, sempre in base al misterioso effetto-Leon), e continuò ad avvicinarsi sempre di più. Violetta si sentì paralizzata, riuscì solo a chiudere lentamente gli occhi, mentre anche lui li chiudeva. Le loro labbra erano vicinissime e si stavano quasi per toccare, per dare vita a un bacio atteso da entrambi in quell’atmosfera magica …

NOTA AUTORE: allora...come promesso ho pubblicato il terzo capitolo. Io mi odio per quello che ho scritto, ecco tutto. Però allo stesso tempo rileggendolo (soprattutto nella parte finale) mi sento morire...Francesca mostra i primi sintomi di una gelosia irrefrenabile, riuscirà a contenersi? Cosa farà Ludmilla per allontanare Violetta da suo "Lyon"? Quale sarà il piano di Jade per liberarsi di Angie (non mi aspetto un gran piano da lei, ma comunque...xD)? Ah, vi avviso tra qualche capitolo cominciano ad arrivare nuovi personaggi (uno lo adoro particolarmente come vi farò capire più in seguito ;) ). Ringrazio in anticipo chi avrà la pazienza di recensirmi (non vi libererete facilmente di me muaahhaahahahah). Se trovate errori di ripetizioni (il mio famoso punto debole), perdonatemi ma sono un pò stanco e ricontrollando potrebbe essermi sfuggito qualcosa. Buona lettura e buona serata a tutti!
 

 

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Capitolo 4
*** Errori e Canzoni ***


Capitolo 4
Errori e Canzoni

Era tutto così sbagliato. Avrebbe dovuto allontanarlo, fargli capire che non era giusto nei confronti della sua fidanzata, ma non riusciva a fare nulla. E intanto erano sempre più vicini… “Lyon tesoro, sei qui?” ; il momento fu interrotto da una voce in lontananza. Ludmilla, preoccupata per la sparizione del suo ragazzo e per la contemporanea assenza di Violetta, in preda ad un attacco di gelosia aveva girato in lungo e in largo per trovarli. “Si, siamo qui!” rispose Leon distogliendo lo sguardo da Violetta con aria tormentata. Sempre tenendo in braccio Violetta risalì la discesa e riprese il sentiero principale andando incontro alla sua ragazza.
Nel frattempo gli adulti erano rientrati nella villa dopo una lunga passeggiata…era il momento per Jade per attuare il piano. Mentre Javier aveva portato German al piano di sopra per mostrargli una delle sue tante collezioni, Jade, Angie e Marta (la madre di Leon) erano rimaste nel salotto. Angie e Marta stavano parlando allegramente e Jade approfittò della situazione per mandare un messaggio al cellulare con scritto “Ora Matias!”. Due secondi dopo arrivò una telefonata e rispose con molta naturalezza. “Si…certo…ma non che non disturba, si figuri…ah, per gli addobbi floreali per la festa di fidanzamento? Non si preoccupi domani verrò a dare un’occhiata”. Dall’altra parte del telefono Matias (il fratello di Jade) se la rideva sotto i baffi: il piano stava funzionando alla perfezione e se anche quella sciocca istitutrice prima avesse potuto pensare di mettere le mani su German, adesso si sarebbe dovuta ricredere. Ovviamente non era stata programmata alcuna festa di fidanzamento ufficiale, ma farlo credere a quella ruba-fidanzati l’avrebbe fermata sicuramente . E se questo non fosse successo, allora sarebbe passata alle maniere forti. Questo matrimonio con German era essenziale per lei e Matias; infatti il fratello aveva fatto fallire l’azienda del padre con investimenti sbagliati e quindi si erano ritrovati senza un centesimo. Lei momentaneamente viveva nella casa di German, mentre lui viveva nella sua macchina, l’unico bene che gli era rimasto. Nonostante tutto Angie si mostrò impassibile e continuò a parlare con la signora Marta.
Nella sua mente Ludmilla era furiosa. Come si permetteva quella smorfiosa a starsene così tra le braccia del suo ragazzo?! Non le interessava affatto che si fosse rotta la caviglia, si poteva rompere pure tutta la gamba ma non doveva permettersi nemmeno di sfiorare Lyon. Questa gliel’avrebbe fatta pagare, ma nel frattempo si finse preoccupata e chiese a Vilu se andasse tutto bene o avesse bisogno di qualcosa…tutta quella gentilezza era molto sospetta agli occhi di Leon. La sua fidanzata non era mai così premurosa a meno che non stesse tramando qualcosa. Nah, doveva smetterla di farsi tutti quei film…
***
Quel sabato pomeriggio Francesca doveva vedersi con Thomas per farsi un giro, poi li avrebbero raggiunti Maxi e Camilla per andare in piazza tutti insieme. Alle 15 Thomas suonò il citofono e Francesca si catapultò a rispondere. 10 secondi dopo Francesca era davanti al ragazzo con il fiatone per essersi fatta tutti i piani a piedi di corsa. Era evidente che lei provasse qualcosa per lui ma lui era completamente cieco…per di più adesso c’era questa Violetta che aveva catturato la sua attenzione 24 su 24…Qualche giorno prima avrebbe voluto dichiararsi ma adesso le sembrava assurdo poter anche solo fare un passo in avanti nel loro rapporto. Forse era destinata ad essere l’amica per sempre. Questi pensieri la rendevano tristissima; Thomas se ne accorse e le chiese se ci fosse qualcosa che non andava. “Nulla, non ti preoccupare” rispose Francesca esibendo un sorriso forzato. Non voleva che intuisse qualcosa, almeno non ancora. Quando voltarono l’angolo, videro al parco Nata nascosta dietro un albero che guardava Maxi con sguardo sognante, mentre quest’ultimo stava passeggiando a fianco di Camilla. Nata era la migliore amica, o sarebbe più giusto dire la schiava, di Ludmilla ed ovviamente faceva parte del suo gruppo. Cosa ci faceva lì? Forse li voleva spiare…Francesca e Thomas fecero finta di niente e raggiunsero i due amici. Insieme si diressero alla gelateria sempre sotto lo sguardo vigile di Nata.
***
La sera Violetta era nel suo letto ripensando a quello che era successo…quella giornata era stata piena di emozioni. Dopo l’incidente che le era accaduto, German aveva insistito per portarla subito a casa per metterla a riposo, per cui erano ripartiti in fretta e furia, salutando tutti alla svelta. Ripensò anche a quello che era successo con Leon; non poteva pensare a un ragazzo più giusto e più sbagliato di Leon per il suo primo bacio. Si sentiva divisa a metà: in parte lo detestava per come l’aveva trattata, in parte provava una forte attrazione nonostante tutto. Aveva bisogno di dormire e magari anche di dimenticare, spense la luce e si addormentò sognando la distesa di campanule, e la scena di lei e Leon nel momento prima che venissero interrotti; ma questa volta non c'era nessuna voce a riportarli alla realtà, stavolta erano solo loro due che si avvicinavano lentamente per scambiarsi un lungo bacio…
***
La mattina dopo Violetta si svegliò stranamente felice. Dopo colazione si preparò per studiare geografia con Angie, ma in quel momento la donna ricevette una telefonata: “Si, ce li ho io gli spartiti, vuoi che te li riporti proprio ora? Ok,ok…” poi rivolgendosi a Violetta: “Io devo fare un salto allo Studio per consegnare del materiale ad un mio collega. Se vuoi puoi accompagnarmi” aggiunse sorridendo. Angie aveva capito ormai da tempo quello che c’era tra lei e Leon e voleva incoraggiarla. Violetta accettò un po’ titubante, prese la borsa e uscì con Angie.
Quella mattina allo Studio stava trascorrendo come le altre; mentre aspettava l’istitutrice Violetta era rimasta nella stanza degli strumenti. Il pianoforte attrasse subito la sua attenzione; aveva imparato a suonare pianoforte perché il padre riteneva facesse parte della sua istruzione ma era da tanto che non si esercitava; si sedette sullo sgabello e cominciò a suonare. Si sentiva così bene mentre toccava i tasti del pianoforte, le davano una tranquillità magnifica; senza rendersene conto cominciò a cantare…le venne in mente il testo di una canzone composta da lei qualche tempo fa ovviamente all’insaputa di German. Non sapeva perché ma non voleva assolutamente che cantasse o ascoltasse musica ma nonostante ciò lei non riusciva a resistere e lo faceva di nascosto. In quel momento Angie che stava tornando si fermò all’entrata dell’aula per ascoltarla. Aveva una voce magnifica come quella della madre, una voce cristallina che incantava per la dolcezza che trasmetteva. Quando finì la canzone Violetta, che non aveva visto Angie per concentrarsi sul piano, alzò lo sguardo e vide la sua istitutrice che piangeva...Senza sapere il motivo di quel pianto le andò incontro per consolarla, ma Angie le fece capire che andava tutto bene e sorrise, il suo era un pianto di gioia. “Devi assolutamente fare l’esame di ammissione allo Studio 21, Violetta. Tu hai talento e questo è il posto giusto per coltivarlo”. Violetta rimase di sasso a quelle parole…desiderava davvero poter frequentare lo Studio 21 ma c’era un piccolo, piccolissimo problema…
Maxi e Camilla stavano cercando Francesca quando la videro sola soletta in preda alla tristezza. “Qualcosa non va?” chiesero preoccupati i due. “No, niente di che…”; “Se è un minimo intelligente capirà e saprà cosa fare” si limitò a dire Camilla. Si prima o poi Thomas avrebbe dovuto farle capire se era interessato quanto lei oppure no, ma questa situazione non definita la stava distruggendo.
Leon stava provando una nuova coreografia quando Ludmilla si precipitò furiosa in aula: “Lyon, adesso mi spieghi cosa è accaduto in quel maledettissimo bosco! Non è che provi qualcosa per lei, vero??!!” disse facendo la faccia di chi è prossima al pianto (una recita messa in atto molto bene). “Ma no figurati” rispose lui con lo sguardo basso; non voleva far soffrire Ludmilla, doveva mentire perché fino a prova contraria la sua fidanzata era lei e non poteva ammettere di provare qualcosa per Violetta, qualcosa che non sapeva ancora definire. “Meno male” rispose lei abbracciandolo; bene, una parte del piano era andata, Lyon era tornato da lei. Ora doveva solo distruggere quella sciocca che aveva osato provare a rubarle il ragazzo.

NOTA AUTORE: capitolo un pò interlocutorio ma significativo per la storia...Violetta si trova davanti a un bivio: frequentare lo Studio e mentire al padre oppure rinunciare al suo sogno?? Odio sempre di più Ludmilla (che cavolo ma sta ovunque a rompere la scatole) che ha interrotto una scena bellissima *odio profondo* Dal prossimo capitolo appariranno due nuovi personaggi tra cui Stefan (anticipo il nome): sarà un buono o si troverà dalla parte di Ludmilla. Lo sapremo solo nel prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Un'alleanza improbabile ***


Capitolo 5
Un’alleanza improbabile

“Non posso!” esclamò Violetta allontanandosi da Angie. Perché doveva soffrire così? Si trovava di fronte a un bivio: da una parte c’era la sua felicità, quello che sentiva essere il suo destino; dall’altra c’era una vita di rinunce ma in compenso un rapporto sincero con il padre. Perché inseguire il suo sogno significava nascondere una parte di sé a German…Aveva paura, non sapeva fare una scelta e corse via dall’aula. Thomas che si trovava nel corridoio vide Violetta uscire di fretta e rendendosi conto che qualcosa non andava la raggiunse e la fermò prendendole il braccio. “Cosa succede? Se vuoi puoi dirmi tutto”. Non seppe bene cosa le prese ma sentì il forte impulso di abbracciarlo per allontanare la sofferenza che provava. In quell’esatto momento Francesca stava parlottando con Camilla, poi alzò lo sguardo e li vide. Il suo primo pensiero fu quello di farli a pezzi entrambi…Come potevano abbracciarsi così davanti a lei?! Non lo poteva sopportare, prese un libro dall’armadietto e dopo averlo richiuso con furia andò nella biblioteca dello studio. Perché? Perché doveva stare così male per un ragazzo che non la degnava nemmeno di uno sguardo? Ripensandoci bene però la colpa era di quella Violetta. Prima le cose tra loro andavano così bene…invece adesso Thomas aveva occhi solo per quella. Cosa poteva fare per cambiare le cose? Inavvertitamente andò a sbattere contro qualcuno. “Oh, scusa, ero sovrappensiero…”. Era un bel ragazzo, biondo con degli occhi grigi glaciali. Portava una sciarpa bianca. Eppure faceva un caldo…”Non ti preoccupare” disse lui accennando un sorriso malinconico. Francesca rimase stregata da quel personaggio misterioso…non lo aveva mai visto prima d’ora quindi immaginò che dovesse sostenere l’esame di ammissione per il nuovo anno. Lui raccolse il libro che le era caduto e dopo averla salutata con un cenno se ne andò. Tutto mentre la ragazza era rimasta lì inebetita a fissarlo.
Leon stava cercando Violetta per chiarirsi riguardo quanto era successo quel finesettimana; per quanto potesse provare a far finta di nulla non ci riusciva. Era più forte di lui…sentiva che tra loro c’era qualcosa e non era una semplice attrazione. Che si stesse innamorando? Non lo sapeva ma non poteva ignorare questi sentimenti e doveva riferirglieli a costo di rovinare il suo rapporto con Ludmilla; non aveva mai provato quelle sensazioni quando aveva conosciuto Ludmilla, quando si erano messi insieme…prima stava bene con lei, ma adesso era cambiato qualcosa, forse era cambiato lui, forse quegli incontri con Violetta l’avevano cambiato. Uscì dallo Studio e vide un scena che lo paralizzò…Violetta e Thomas seduti su una panchina che si abbracciavano. Ci rimase di sasso; poi in quel momento si sentì chiamare e venne raggiunto da Ludmilla che osservando la scena divertita disse: “Non sono una coppia bellissima Lyon? Quasi quanto noi due!”. Era soddisfatta, finalmente aveva l’occasione di separare quei due.
Violetta si staccò dall’abbraccio e vide Leon che li fissava con la faccia afflitta, ma decise di fare finta di nulla. Aveva raccontato la  situazione a Thomas sulla sua difficoltà nel prendere una decisione e lui le aveva consigliato di seguire il suo sogno, perché il padre prima o poi con le buone o le cattive avrebbe dovuto capire. Aveva deciso: si sarebbe presentata per sostenere la prima prova dell’esame di ammissione (quella di piano) con i documenti necessari all’iscrizione. Doveva solo andare a segnarsi da un docente. Cominciò a cercarne uno ma nulla, non ne trovò nessuno.
In quel momento si stava tenendo una riunione in aula docenti; Antonio, fondatore della scuola, ormai anziano aveva deciso di lasciare la presidenza e la gestione della scuola. Angie e Pablo si interrogavano su chi sarebbe stato il nuovo preside. Pablo era un collega di Angie nonché suo migliore amico. In realtà lui provava qualcosa per l’amica, ma non si era ancora dichiarato, nè era certo che l'avrebbe mai fatto. “Signori, adesso è il momento della notizia importante. Il nuovo preside sarà….Cristobal Valencia!” annunciò solennemente. In quel momento entrò un uomo alto, prestante sulla trentina, con uno sguardo indagatorio. Nonostante a vedersi sembrasse un tipo molto antipatico non si poteva certo dire che non fosse un bell’uomo. Come gli stava spiegando Antonio, da giovane era stato un ballerino professionista fino ad un incidente di 10 anni fa. Quando l’uomo si voltò verso Angie per presentarsi, la donna notò che non era solo ben piazzato fisicamente ma aveva anche un viso regolare dai tratti affascinanti. L’uomo invece appena la vide impallidì. Non poteva essere, eppure era proprio lei , non stava sbagliando. Era la sorella di Maria. Angie si accorse del turbamento dell’uomo ma decise di far finta di nulla. Anche dopo le presentazioni i due si continuarono a studiare per tutto il resto della riunione. Pablo stava morendo di gelosia, pensava infatti che tra i due ci fosse qualcosa senza avvicinarsi neanche lontanamente alla verità.
La settimana dopo si tenne la prima prova, quella di piano. Violetta alla fine era riuscita ad iscriversi all’ultimo incontrando Pablo e il giorno dopo era lì nervosissima nonostante si fosse esercitata notte e giorno al piano insieme ad Angie allo Studio; avevano dovuto inventare ogni volta una scusa diversa per uscire ed andare alla scuola, German non lo doveva sapere. Era l’ultima a doversi esibire. Prima di lei si era esibito un certo Stefan, che aveva suonato il piano in modo divino. Dietro di lei Francesca stava seguendo l’esibizione di quel ragazzo  con sguardo rapito (era proprio quello che aveva incontrato!). Quando ebbe finito fu il turno di Violetta. Anche lei fece un’esibizione perfetta, mentre la guardavano Thomas e Leon inebetiti. Quando uscì tutti le fecero i complimenti; Camilla e Maxi l’abbracciarono entusiasti, Thomas le sorrise gentilmente. Poi vide Leon; lui la guardava tristemente. Voleva andare lì, abbracciarlo, baciarlo, ma non poteva. Due persone non erano affatto contente che Violetta volesse entrare allo Studio: Ludmilla ovviamente, che non aveva previsto questa mossa per i suoi progetti, e Francesca, che aveva paura di perdere Thomas; per ultima Angie venne a farle i complimenti: “Sei stata bravissima e domani lo sarai ancora di più con la canzone che hai preparato”. Sorrise e l’abbracciò; Violetta la tirò un po’ in disparte e le disse :“Ma nella prova di canto dovrò cantare solo davanti a voi della commissione,vero? Perché io mi vergogno tantissimo a cantare con un pubblico…”. “Non ti preoccupare, le prove si tengono nel teatro della scuola; purtroppo la prova è aperta a tutti, ma generalmente non viene nessuno proprio per mettere a proprio agio il candidato.”. “Meno male…”. Ma qualcuno aveva seguito l’intera conversazione di nascosto. Nata infatti passava di lì per caso e quando le aveva viste arrivare, si nascose in un aula per poterle spiare. Subito riferì tutto a Ludmilla, la quale cominciò ad architettare un modo per liberarsi di quella scocciatrice. Aveva un piano ma aveva bisogno di aiuto per poterlo portare a termine in un giorno… Non bastava Nata, aveva bisogno di un’alleata e sapeva già a chi si sarebbe potuta rivolgere. Violetta era uscita dallo Studio e si stava avviando per tornare a casa, quando qualcuno la fermò. Si girò; era Leon. “Cosa vuoi Leon? Ora devo andare” disse abbassando lo sguardo imbarazzatissima. Ogni volta che lo vedeva non riusciva a non pensare a loro due in quel bosco mentre erano così vicini. Era stata un’ingenua a lasciarsi andare in quel modo, se ne era resa conto benissimo. Leon era fidanzato, amava la sua ragazza, e questo era tutto. Doveva aprire gli occhi, era il momento di tornare alla realtà. “Ti devo parlare, ma prima dimmi una cosa…tu stai uscendo con Thomas?”. Voleva dirgli no, voleva dirgli che non poteva smettere di pensare a lui invece tutto quello che uscì fu: “Forse. Comunque sia non sono affari tuoi” e se ne andò in fretta, lasciandolo lì. Camilla e Francesca stavano chiacchierando tranquillamente quando Ludmilla si parò di fronte a loro. “Cosa vuoi Ludmilla?” chiese Camilla con un tono scocciato. “Devo parlare da sola con Francesca, sparisci tu essere inutile!”; Camilla avrebbe voluto rispondere a tono ma decise di contenersi e tolse il disturbo: ne approfittò per andare nell’aula degli strumenti dove aveva dimenticato un quaderno durante la lezione di Beto, Quando si avvicinò sentì qualcuno che suonava il piano; si avvicinò e vide Stefan al piano. Era veramente bravissimo. Smise di colpo, accennò una carezza ai tasti del piano e fece per andarsene quando vide la ragazza che lo ascoltava. Sorrise e senza dire una parola uscì dall’aula lasciando Camilla da sola senza parole. Che strano ragazzo…
Nel frattempo Ludmilla andò diritta al sodo: “So benissimo cara Francesca che non vuoi che Violetta entri allo Studio 21 e nemmeno io. Abbiamo degli interessi comuni quindi direi di stringere un’alleanza. Ho un piano per fare in modo che quella lì fallisca la prova di canto, ma ho bisogno del tuo aiuto.”. Francesca sapeva benissimo di dover rifiutare. Ludmilla voleva giocare sporco e lei non se la sentiva. Poi però pensò a Violetta e Thomas prendersi per mano ogni mattina davanti a suoi occhi... “Dimmi cosa devo fare” rispose con decisione Francesca accecata dalla gelosia. L'altra sorrise malignamente: ce l’aveva fatta, aveva un’alleata.

NOTA AUTORE: Aaaallora facciamo un breve riepilogo: Ludmilla è sempre più subdola ed ha attirato a sè anche la povera Francesca. Francesca si renderà conto in tempo dell'errore commesso? Nel frattempo ecco sbucare dal nulla due nuovi personaggi: Cristobal (Chi è? Come mai riconosce Angie?)e Stefan. E su Stefan bisogna spendere due paroline: per chi ha visto Inazuma Eleven la sua storia è la stessa (un pò modificata) di Shawn Frost...per chi non lo conosce: MEGLIO (così non vi rovinate la sorpresa). Ma adesso un mini-sondaggio: che ruolo avrà Stefan nella storia secondo voi? Sarà un cattivo, sarà uno dei tanti contendenti per il cuore di Violetta, sarà la nuova fiamma di Francesca che sostituirà Thomas? Pensate sarà incisivo per la storia? In quale dei 2 gruppi lo vedremo? Recensite e dite la vostra. Mi scuso se ci sono errori vari, ma stasera sono esausto (e sono solo all'inizio della settimana -.-). Ci vediamo con la prossima nota autore del prossimo capitolo e grazie ancora a tutti voi che leggete la mia ff :D :D
P.S: mio odio per come mi sto comportando con Leon e Vilu, mi odio davvero tanto :(

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Capitolo 6
*** Piani sventati: l'importanza di cantare col cuore ***


Capitolo 6
Piani sventati: l’importanza di cantare col cuore

Quella mattina Violetta si alzò dal letto completamente frastornata: non aveva dormito per tutta la notte in preda all’emozione e all’ansia per la prova di canto. Non poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa sarebbe successo. Il giorno prima infatti Francesca e Ludmilla avevano fatto stampare un volantino che poi avevano appeso su tutti i muri della scuola; Francesca si sentiva in colpa per il modo in cui si stava comportando, avrebbe voluto tirarsi indietro, ma sentiva che ormai era troppo tardi. Sul volantino c’erano scritte queste parole: “Appuntamento domani alle 11 al teatro della scuola per uno spettacolo imperdibile…vi aspettiamo numerosi”. La trappola era scattata e Ludmilla già si immaginava la faccia terrorizzata della povera Violetta che sicuramente con tutta la scuola nel teatro non sarebbe riuscita ad emettere nemmeno un verso…era soddisfatta, il problema Violetta si poteva dire archiviato, ora si doveva solo assicurare il silenzio di Francesca. Ma a quello avrebbe pensato in seguito…
La fatidica mattina era giunta. Violetta era arrivata al teatro alle 11 precise, proprio l’orario della sua prova; non era riuscita a venire prima perché aveva dovuto aspettare che il padre uscisse per lavoro. Angie era venuta a chiamarla all’entrata del teatro con una faccia preoccupata. “Non so come sia successo…di solito non viene mai nessuno”. Varcata la porta rimase paralizzata: l’intero ambiente era pieno di studenti dello Studio che si guardavano intorno curiosi; chissà quale sarebbe dovuto essere lo spettacolo di cui parlava il volantino. “N-no Angie io così non ce la faccio, i-io mi ritiro” disse la ragazza ripresasi dal trance. “Vilu posso capire la tua paura ma prima o poi dovrai affrontarla. Però se proprio non te la senti ti posso consigliare un trucchetto per cantare con tutta questa gente” la rincuorò Angie facendole l’occhiolino. “Quale?” chiese la ragazza ancora imbambolata mentre fissava tutte quelle persone una ad uno. “Immagina la sala vuota; anzi, ancora meglio, immagina la sala vuota e al posto della giuria degli insegnanti prova a pensare che lì seduta che ti guarda c’è la persona a cui tieni di più”. “E se non funziona?”. “Non può non funzionare, segui il mio consiglio ed andrai meravigliosamente”; quindi la donna la trascinò su palco e fece partire la musica. Fu un attimo. La sala era vuota e lì di fronte che la fissava sorridendo c’era sua madre, Maria Saramego; era identica alle foto che teneva sul comodino della sua camera. Cominciò a cantare continuando a guardare negli occhi quella donna bellissima che gli ispirava tranquillità e la spingeva a tirare fuori tutta la sua voce. Una volta aveva sentito dire da Olga che la madre sentiva la musica dentro di lei; Violetta provava la stessa identica sensazione. Stava rivivendo la canzone da lei composta in modo autentico, era una sensazione bellissima: non c’erano bugie da dover dire, persone che la facevano soffrire, erano solo lei, la sua voce e la musica che la avvolgeva e la proteggeva (la canzone è Te Creo). Quando finì sorrise a sua madre specchiandosi nei suoi occhi. Avevano gli stessi occhi pieni di passione. Quindi la figura lentamente si dissolse e riecco apparire tutto il pubblico di studenti e la giuria degli insegnanti. Un minuto di silenzio e poi fu il caos: fischi, applausi, mani che battevano…Angie dal canto suo era diventata una fontana: fin dall’inizio della canzone aveva intuito chi fosse la persona a cui stava pensando, e le lacrime avevano cominciato a scendere senza controllo. Era così felice che la nipote avrebbe intrapreso la stessa strada di sua sorella con il suo stesso ardore. Violetta per conto suo era emozionatissima, corse tra le braccia di colei che le aveva ispirato così tanta fiducia e subito dopo uscì dal teatro di corsa.
Ludmilla era furiosa. Era venuta lì per godersi lo spettacolo ma non si aspettava certo questo; il piano era fallito miseramente ma non si sarebbe arresa facilmente. Doveva assolutamente liberarsi di quella scocciatrice e l’avrebbe fatto anche a costo di rovinarsi: era diventata una questione di principio. Francesca invece era felice che il piano non avesse funzionato : quella ragazza aveva una voce magnifica e meritava di entrare allo Studio.
Leon era rimasto letteralmente senza parole: Violetta la sorprendeva sempre di più; aveva un voce bellissima e ogni momento che passava si sentiva sempre più innamorato. Aveva preso una decisione: le avrebbe detto quel che provava.
Violetta stava per tornare a casa quando vide il ragazzo del piano, Stefan, seduto su una panichina da solo con sguardo malinconico. Volendo fargli compagnia gli venne incontro e gli disse: “Ciao sono Violetta, ti spiace se mi siedo?”. Il ragazzo annuì impassibile. “Come è andata la prova di canto”. A quelle parole lui si irrigidì, poi si alzò e con una voce glaciale disse: “Scusa ora devo andare”. “Ah,allora ciao.”.  Questo non rispose ma se ne andò lentamente. Che tipo strano…
Quando tornò a casa non c’era nessuno, prese un libro e cominciò a leggere. Un’ora dopo arrivò Angie al settimo cielo che le venne incontro e la abbracciò di nuovo: “Bravissima!! Ora manca solo la prova di danza, ma andrai benissimo anche lì, ne sono sicura”. Si aprì la porta ed entrò German molto occupato al telefono: “Signorina Angie, le dispiace chiedere a Olga di farmi un tè e di portarmelo allo studio?”. “Credo che Olga non sia arrivata,  ma glielo preparo io, non si preoccupi” le rispose l’istitutrice sorridendo e avviandosi verso la cucina. Violetta era troppo emozionata per starsene tranquilla a leggere, quindi prese il diario e cominciò a scrivere descrivendo le sensazioni meravigliose provate mentre aveva cantato. Suonò il campanello. “Vado io!” disse la ragazza. Sicuramente era Jade che per la novantesima volta non era riuscita a capire quale fosse la chiave giusta per aprire casa; rimase di sasso. In quel momento davanti a lei c’era Leon con un mazzo di fiori in mano.
“Chi è tesoro?” fece German dallo studio. “Ehm…è Olga! Mi ha chiesto di darle una mano con la spesa esco un secondo”. Prese la mano di Leon e lo trascinò di fuori tirandosi la porta alle spalle.
Angie aveva visto tutta la scena e decise di coprirli; il padre uscì dallo studio in fretta dicendo: “Vengo a dare una mano anch’io”. Doveva agire in fretta. Prese la tazza di tè e si diresse verso di lui fingendo di inciampare e versando tutto addosso a German. “Oddio mi scusi, io non volevo, andiamo in cucina che le asciugo la giacca; mi dispiace davvero tanto” si scusò lei. “No, no non si deve preoccupare, ora vado ad aiutare…”. Lei lo fermò per il braccio: “Insisto! Non può uscire di casa con una macchia così grossa” e lo trascinò in cucina.
Leon non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Prima di venire lì si era preparato un discorso ma aveva già dimenticato tutto. “Come fai a sapere dove abito Leon? E che ci fai qui con questi?” chiese indicando i fiori con le guance arrossate. “Violetta devi sapere che io…io…” incominciò lui. “Tu sei fidanzato Leon e questo per me è sufficiente; grazie per i fiori, ma credo che li dovresti dare alla tua ragazza”. “Ma io…ascoltami Violetta, io provo qualcosa per te e non lo posso evitare.”. No, non era possibile; si divertiva così tanto a farla soffrire? Non poteva dirle quelle parole, non dopo tutto quello che era successo . “Leon non ne voglio parlare, ti prego vattene”. “Prima dimmi che non provi niente per me…allora me ne andrò”. Non ci riusciva, voleva dirglielo ma non ci riusciva. Lui approfittò della sua confusione per avvicinarsi sempre più accarezzandola dolcemente. “Non puoi mentirmi; so che senti quello che sento io” disse infine a bassa voce per poi chiudere gli occhi avvicinandosi ulteriormente. Erano sempre più vicini come quella volta in campagna ma ora entrambi sapevano che non c’era nessuna Ludmilla…
German intanto si stava lasciando asciugare la giacca da Angie, togliendosela e rimanendo in camicia. In quel momento si rese conto che Angie era una bella donna, non l’aveva mai vista sotto quel punto di vista. Continuò a fissarla con sguardo interrogativo, poi si ricordò che doveva uscire per aiutare la figlia e si avviò verso il portone; lo stava per aprire,quando…

 

NOTA AUTORE: allora....da dove cominciare. Violetta l'ha messa in quel posto a Ludmilla (GODO COME POCHI), Francesca comincia a sentire i sensi di colpa (e ce mancherebbe...), German comincia ad accorgersi di Angie (ma ancora ce ne passa) e poi Stefan è sempre più strano (da psicologo quasi O.o). E poi ci sono loro...il motivo per cui scrivo questa ff. Io PIANGO quando mi immagino la scena finale...sono così teneri!! ç.ç e perchè German deve rompere? fagli prendere "la spesa" da sola che caspita. Vabbè insomma ora che mi sono sfogato posso tornare alla normalità xD Si insomma questo capitolo non è un capolavoro (lo ammetto ù.ù) ma visto che sto passando tutte le mie serate a scrivere un nuovo capitolo (durante il giorno proprio non ho tempo) cercate di essere indulgenti :D E mi raccomando recensite numerosi, voglio sapere cosa ne pensate di come sta andando avanti questa storia ;) 
A presto!! 

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Capitolo 7
*** Tutto un malinteso? ***


Capitolo 7
Tutto un malinteso?

Angie si fiondò all’ingresso per mettersi davanti alla porta e non fare uscire German. “Cosa è successo Angie, è sicura di stare bene?”. “Ehm…si sto benissimo ma prima di uscire che ne dice di prendere il cappotto? Fa davvero freddo là fuori!!” rispose l’istitutrice urlando così da farsi sentire anche fuori. Violetta sentendo quelle parole si allontanò da Leon: “Devi andartene! Mio padre sta per uscire, non ti deve vedere..”; “Io non me ne vado finché non mi dici cosa provi per me” disse lui scherzosamente incrociando le braccia. “No, io…senti ti prometto che ne riparliamo domani, ma ora vattene!”. “Ai tuoi ordini!”. Le diede velocemente un bacio sulla guancia e se ne andò di corsa. Violetta non poté fare a meno di sorridere a quel piccolo gesto. In quel momento il padre aprì la porta mentre Angie cercava disperatamente di fermarlo. “Non vede che fanno quasi 30 gradi?! Che bisogno c’è di insistere per farmi coprire? E che fine ha fatto Olga con la spesa?”. “Ah…si ha ragione, è che io sono molto freddolosa, quindi per me questo è freddo. Vilu ti va di fare una passeggiata?” disse l'istitutrice cambiando subito discorso. “Si certo. Ehm...papà Olga è andata perché aveva dimenticato di comprare una cosa.” rispose Violetta ancora scossa per le emozioni che le aveva provocato Leon con quella dichiarazione: “Ma io…ascoltami Violetta, io provo qualcosa per te e non lo posso evitare”; quelle parole le rimbombavano ancora nella testa e la mandavano letteralmente in trance. Aveva detto la verità? Davvero provava qualcosa per lei? La donna la prese di forza mentre era in quelle riflessioni e la trascinò a fare una passeggiata . Nel frattempo una persona che aveva seguito di nascosto tutta la scena aveva mandato velocemente un messaggio al cellulare. “Allora com’è andata?” chiese Angie curiosa. Violetta le raccontò tutto per filo e per segno. “Ma è una cosa bellissima; Leon è stato davvero dolce…” disse felicissima per la bellissima dichiarazione del ragazzo. “Si, ma sta ancora con Ludmilla; e se mi prendesse in giro? Io non voglio soffrire” si interrogò dubbiosa la ragazza ad alta voce. “Vilu, un consiglio…in amore bisogna buttarsi, non potrai dire come sarà una cosa senza prima viverla in prima persona. Inoltre mi sembra di aver capito che Leon non ti è affatto indifferente”. “Si nota tanto?” chiese lei preoccupata cominciando ad arrossire. “No,  ma conosco alla perfezione i sintomi dell’innamoramento” rispose lei ridendo. Le due erano ora arrivate al parco e in quel momento videro in lontananza Thomas. “Ehm…io ora devo andare a scuola per una riunione con i professori, ci vediamo dopo!” disse Angie correndo dalla parte opposta per non farsi vedere. Anche se il suo segreto era stato ormai svelato, meno persone lo sapevano meglio era…”Violetta!” disse Thomas venendole incontro sorridendo “Che ne dici di prenderci un gelato? Offro io naturalmente”.  Violetta accettò con piacere: aveva proprio bisogno per un po’ di non pensare a niente. Ma ancora una volta i due non erano soli…
Ludmilla era in aula di danza quando le arrivò un messaggio da parte di Nata. Aveva fatto bene a far seguire Leon per avere informazioni. Il messaggio faceva così: “La situazione è grave. Leon si è dichiarato. Prossima mossa?”. Rispose subito: “segui Violetta, dobbiamo incastrarla in qualche modo..dimmi dove ti trovi, ti raggiungo”. Era furiosa: Lyon l’avrebbe pagata cara; se si era dichiarato a Violetta sicuramente aveva intenzione di lasciarla, ma lei non gliel’avrebbe permesso. Prese la borsa e uscì di fretta per raggiungere l'amica.
I due stavano ridendo e scherzando su una panchina mentre ognuno stava finendo il suo gelato. Una volta finito il ragazzo le prese la mano in modo un po’ impacciato e le propose di fare una passeggiata. La ragazza accettò volentieri. Ludmilla nel frattempo aveva raggiunto Nata. “Ottimo lavoro Nata, adesso guarda e impara” disse, quindi prese il cellulare e con il comando anonimo mandò un messaggio a Leon. Leon sentì squillare il cellulare e lesse il messaggio: “Sta accadendo qualcosa di interessante al parco. Ti conviene dare un’occhiata. Anonimo”. Chissà cosa voleva dire…comunque visto che era nelle vicinanze decise di fare un salto al parco per cercare di vederci più chiaro. Quando arrivò provò un dolore indicibile alla vista di quella scena: Violetta e Thomas che passeggiavano insieme e quello lì le teneva pure la mano! Voleva andare lì e spaccargli la faccia ma si controllò: sicuramente quei due stavano insieme. Ecco perché Violetta non aveva risposto alla sua domanda: semplicemente non voleva ferire i suoi sentimenti rivelandogli ciò che provava in realtà . Dopo qualche minuto se ne andò via ferito.
Il giorno dopo era il giorno della terza prova, quella finale. Violetta si era svegliata tesissima, ma aveva preso la sua decisione, voleva dare fiducia a Leon mostrandogli i suoi veri sentimenti. Dopo una colazione fatta molto in fretta e aver salutato German, lei e Angie uscirono di fretta per andare allo Studio. Per coprire le loro continue uscite, avevano inventato che Violetta seguiva lezioni di storia della musica giornalmente. Appena arrivarono allo Studio, la ragazza andò a salutare Thomas e insieme cominciarono a ridere e scherzare. Poi vide Leon, quello che presto sarebbe stato il suo Leon; era così felice, sarebbero stati insieme e stavolta neanche Ludmilla avrebbe potuto impedirlo. Francesca e Camilla la raggiunsero per augurarle buona fortuna per la prova; Francesca nonostante la sua gelosia si era pentita molto della sua azione ignobile,  e perciò aveva deciso di dare una possibilità alla nuova compagna: magari non provava nulla per Thomas, e lei avrebbe avuto comunque qualche possibilità; inoltre dopo averla sentita cantare, era rimasta talmente affascinata… aveva talento e meritava di entrare allo Studio. Nella prova di ballo nonostante la severità dell’insegnante Gregorio Violetta andò benissimo. Appena uscì si sentì più libera: tra tre giorni avrebbe saputo se ce l’aveva fatta. Adesso doveva solo parlare con Leon. Lo cercò un po’ con lo sguardo e poi lo vide: era bellissimo anche se notò che aveva un’espressione triste. “Leon ti stavo cercando per rispondere alla tua domanda di ieri…”. “Lascia stare” la interruppe subito. “La verità  è che mi sono reso conto di aver sbagliato.  Io amo Ludmilla e quindi ti chiedo di far finta che io non abbia detto nulla”. “M-ma  i-io…” balbettò Violetta. “Scusa ora devo andare” disse con voce avvilita. Quindi senza guardarla negli occhi se ne andò. Violetta voleva solo piangere ma si rese conto che in quel momento non ci riusciva: tutta la sua euforia era stata distrutta in meno di cinque minuti.
Nella stanza del direttore si stava cominciando a discutere dei candidati, delineando più o meno quelli che meritavano la promozione: “Castillo…”. A quel cognome il direttore, Cristobal, si bloccò per qualche minuto; il passato era proprio deciso a perseguitarlo. “Beh direi promossa”, disse dopo essersi ripreso. Gli altri professori annuirono in segno di assenso. “Per oggi basta così, degli altri parleremo domani; signorina Angie le spiace rimanere un attimo?”. “Si, non si preoccupi” rispose Angie. Quando tutti furono usciti il direttore disse: “ Ho letto il suo curriculum consegnato qui a scuola e ho fatto varie ricerche. Sbaglio o lei fa di cognome Saramego? Oh, scusi forse dovrei chiamarla Angela. Non si ricorda di me? è passato talmente tanto tempo…Sono Cris”. Ma certo, subito Angie si ricordò; quell’uomo era Cris (così lo chiamavano), non l’aveva davvero riconosciuto…
I tre giorni passarono in fretta. Violetta li trascorse per la maggior parte del tempo a letto piangendo. German era confuso…cos’era successo a sua figlia per farla soffrire così? Doveva assolutamente sapere e quindi chiese ad Angie, la quale sorpresa quanto lui, era andata a chiedere a Violetta cosa fosse accaduto senza ottenere alcuna risposta.
Quel giorno la ragazza avrebbe saputo se era stata ammessa allo Studio. Nel corridoio dello Studio vennero appesi i risultati; Violetta si avvicinò e controllò il suo risultato. Quando vide “AMMESSA” saltò dalla gioia; vide Thomas e d’istinto lo abbracciò, mentre Leon li guardava amareggiato e pieno d’odio. Cosa aveva quel ragazzo per farla innamorare così? No, basta non ci doveva più pensare, d’ora in poi doveva pensare alla sua fidanzata Ludmilla, che ultimamente aveva trascurato.
Quella stessa mattina nel teatro della scuola il direttore fece le presentazioni ufficiali: “Ed ecco a voi i nuovi studenti dello Studio 21, quando vi chiamo siete pregati di salire qui sul palco:
“Napoleon Ferro”. Subito salì un ragazzo molto basso e pieno di energia.
“Ricardo Gardes”. Un bel ragazzo alto, moro con gli occhi azzurri affiancò Napoleon.
“Maria Talares”. Una ragazza molto solare, castana si fece avanti.
Le presentazioni continuarono. Erano rimasti solo in tre a dover salire…
“Gabriella Parel” Una ragazza castana molto appariscente salì con arie da diva (una Ludmilla 2 insomma).
“Stefan Jelo”. Salì il ragazzo biondo con gli occhi di ghiaccio con la sua espressione imperturbabile.
“ E infine Violetta Castillo”; mentre pronunciava quel nome guardò dritto verso Angie: adesso sapeva tutto. La ragazza salì sul palco sorridendo mentre Ludmilla la guardava furiosa.

NOTA AUTORE: Rieccomi qua con la mia nota autore. Allora ho saputo che oggi è il compleanno di Martina Stoessel (auguriiii!!!)...questo capitolo ci introduce ad una nuova fase di Violetta. E mentre lo rileggo mi rendo sempre più conto che Ludmilla meriterebbe una morte cruenta...è riuscita di nuovo a separare la mia coppia preferita ç.ç Nuovi personaggi in arrivo (oltre Stefan che avevo già presentato) *-* Pooooi, Thomas è un altro che deve capire qual è il suo posto...ma dove credi di andare?? Anche stasera dopo una giornata sfiancante sono riuscito a pubblicare un nuovo capitolo (io non so quando dormirò se vado avanti così, ma lo faccio per i lettori, quindi ok), quindi vi prego recensite ç.ç (per dirmi che ne pensate). Allora visto che ci sono recensori molto affezionati a cui mi sono affezionato anch'io, comincerò a dedicare i capitoli. Questo capitolo lo dedico a DULCEVOZ (grazie mille per le tue bellissime recensioni)

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Capitolo 8
*** Equilibri instabili e un esercizio a coppie ***


Capitolo 8
Equilibri instabili e un esercizio a coppie

Il primo giorno di lezioni. Per Violetta era tutto nuovo: non era mai stata in una scuola e quindi si sentì piuttosto sbandata. Fortunatamente Camilla e Thomas la aiutavano in ogni momento, per cui il disorientamento a poco a poco si fece meno forte. Francesca aveva deciso che sarebbe stata lontana da Violetta: non riusciva nemmeno a parlarle per i sensi di colpa; ogni volta che la vedeva le tornava alla mente il momento in cui aveva accettato la proposta di Ludmilla:
“Francesca sapeva benissimo che doveva rifiutare. Ludmilla voleva giocare sporco e lei non se la sentiva. Poi però pensò a Violetta e Thomas prendersi per mano ogni mattina davanti a suoi occhi e fu accecata dalla gelosia. “Dimmi cosa devo fare” rispose con decisione Francesca. Ludmilla sorrise malignamente: ce l’aveva fatta, aveva un’alleata.” . Appena vide Ludmilla decise di parlarle: voleva assicurarsi che non avrebbe più cercato di rovinare quella povera ragazza: in fondo non aveva fatto nulla di male. “Non mi fermerò, carina” disse lei senza dare peso alle parole di Francesca. “Quella ragazza non resisterà una settimana, la farò scappare via urlando da questo Studio, parola di stella! Senti formica se vuoi interrompere la nostra collaborazione per me va bene ma a patto che tu non faccia parola del nostro vecchio piano con nessuno; in cambio io non ti screditerò con i tuoi amici rivelando tutto…e ora se permetti Ludmilla se ne va!” schioccò le dita e se ne andò voltandosi e facendo svolazzare la sua chioma bionda.
Quell’ora Angie avrebbe tenuto la lezione di canto; “Allora qualcuno ci vuole far sentire qualche brano musicale?”. Ludmilla si stava alzando per andare a cantare con le sue solite arie da diva quando qualcuno si fiondò prima di lei: “Vengo io se non le dispiace, le farò sentire in anteprima la mia unica e inimitabile voce”. Chi era quella novellina che osava rubarle il momento di gloria, che osava cercare di oscurare la luce del suo talento?! La voleva fare fuori all’istante ma si limitò a rivolgere un sorrisetto falso a quella ruba-momenti-di-gloria. “Mi presento a tutti sono Gabriella, la futura stella dello Studio”. Eh, no questo era troppo: ma chi si credeva di essere?! Gabriella iniziò a cantare. Una cosa era certa: era molto brava…Ludmilla si sentì minacciata ma avrebbe rimediato presto e avrebbe fatto capire a quella lì quale dovesse essere il suo posto. “Nata ho un piano, fa esattamente come ti dico” disse sottovoce avvicinandosi alla sua amica.
Dopo pranzo fu il turno della lezione di Pablo. “Oggi estrarremo un ragazzo e una ragazza con il sorteggio. I due si dovranno cimentare in un esercizio; avrete tempo una settimana per preparare un brano musicale o una canzone da esibire insieme. Tutto chiaro?”. I ragazzi annuirono: poi l’insegnante prese due ciotole e mise in una i bigliettini con i nomi dei ragazzi, nell’altra i nomi delle ragazze. “Bene prima coppia: Camilla e…Ricardo.” . Camilla guardò il ragazzo: era un tipo che si dava molte arie e già non le piaceva, sarebbe stato uno strazio lavorare con quello lì.“Seconda coppia: abbiamo Thomas con…”. Leon sperò vivamente che non uscisse Violetta; magari lui non avrebbe potuto stare con lei ma almeno non voleva vederla con Thomas, non l’avrebbe sopportato. “Francesca!”. Respiro di sollievo. “Leon con Ludmilla” disse Pablo. “Bene, Lyon, faremo vedere a tutti chi comanda da queste parti” sorrise soddisfatta Ludmilla. “Poi…Nata con Napo, Maria con Maxi, Gabriella con Brako e direi che sono rimasti solo Stefan e Violetta”. Violetta guardò il ragazzo: era rimasto impassibile. Poi questo con voce fredda disse: “Mi dispiace ma io lavoro da solo, non ho intenzione di stare in coppia con nessuno”, quindi tenendo stretta la sua sciarpa se ne andò mentre tutti lo guardavano stupefatti: nessuno si era mai rifiutato di eseguire un esercizio assegnato da Pablo. Violetta lo rincorse per il corridoio e gli disse : “Si può sapere che ti prende? Si tratta solo di un esercizio. Io canto e tu suoni…” ma non finì la frase. Il ragazzo le prese il braccio: era furioso; quegli occhi grigi le mettevano paura… “Non dirlo mai più…io non duetterò con te, non duetterò con nessuno. Né ora né mai” Quindi le lasciò il braccio, ormai dolorante, e se ne andò. C’era qualcosa che non andava in quel ragazzo. Era come se avesse eretto un muro insormontabile che lo teneva lontano da ogni contatto con il mondo esterno.
“NOOOOOOOOO!!!!!”. L’urlo proveniva dagli spogliatoi femminili. “Qualcuno ha aperto il mio armadietto e ha tagliuzzato tutti i miei vestiti. Chi è il responsabile? Chi è??”. Gabriella giunse sul corridoio con le lacrime agli occhi mentre teneva in mano quelli che un tempo dovevano essere i suoi vestiti, ma che ora erano ridotti a degli stracci. Ludmilla se la rideva sotto i baffi a quella scena: durante la lezione di danza era riuscita a prendere la chiave del suo armadietto, l’aveva passata a Nata la quale con un paio di forbici in mano era sgattaiolata via dalla lezione per completare il piano. Quando Gabriella vide le facce soddisfatte delle due, fece due più due e capì tutto. Ma questa non gliel’avrebbe fatta passare liscia, lei sarebbe diventata la regina dello Studio distruggendo quell’insulsa biondina.
Nella sala prove Maxi e Maria avevano cominciato a provare per l’esercizio. A Maria piaceva molto quel ragazzo: era molto dolce e con lei era un vero gentiluomo. “Allora io ho preparato una canzone, dimmi cosa ne pensi”. Cominciò a far partire la base (la canzone è “Verte de lejos”). Era davvero molto bella, Maria ne rimase impressionata. Qualcuno li stava osservando piena di gelosia. Eh, si perché Nata da molto tempo era innamorata di Maxi e non riusciva a dichiararsi in parte per la sua grande timidezza, in parte perché Maxi faceva parte del gruppo avversario.
Angie nel pomeriggio prese un appuntamento con Cristabal; adesso sapeva chi era…si trattava di una vecchia conoscenza della sorella nonché del suo primo amore. I due si incontrarono al Resto Band, si salutarono cortesemente e si presero un frullato in onore dei bei vecchi tempi. Ma per loro sfortuna in quel momento passò da quelle parti Jade. Non appena li vide prese il cellulare e scattò una foto: e così invece di badare a Violetta passava il tempo con il suo ragazzo. Questo era proprio ciò che le serviva per far cacciare definitivamente quell’istitutrice da quattro soldi.
Leon stava accompagnando la sua ragazza a casa e nel frattempo rifletteva sul da farsi: più passava il tempo più si rendeva conto di essere innamorato di Violetta e di non provare nulla per Ludmilla. Ma allo stesso tempo non riusciva a fare a meno di pensare alla scena di Violetta e Thomas mano nella mano. Probabilmente si saranno anche baciati. No, non ci doveva pensare, doveva rimuovere quei pensieri definitivamente. Ma non poteva più illudere Ludmilla, doveva troncare la loro relazione. “Ludmilla dobbiamo parlare…io credo che noi…”. “Lo so già. Credi che dovremmo esercitarci di più per l’esercizio; e per di più ti senti trascurato perché è tanto che non passiamo un po’ di tempo insieme. Rimedieremo, don't worry. Visto che siamo i migliori brilleremo di sicuro all'esercizio di Pablo soprattiutto se la canzone l'avari compsta tu. Siamo una coppia perfetta!”. Sorrise, gli diede un bacio e senza dargli la possibilità di riprendere il discorso entrò in casa.
Nel frattempo Violetta si aggirava per il quartiere alla ricerca di una via in particolare. L’aveva ottenuta di nascosto sgattaiolando nel’ufficio del direttore. Finalmente trovò il posto che cercava, una palazzina moderna, costruita da poco. Suonò il citofono, salì al terzo piano come gli venne indicato da una voce femminile. Quindi suonò il campanello; aprì la porta una donna minuta, con occhi marroni, capelli biondi tendenti già al grigio, le cui occhiaie erano accentuate; dava l’idea di una grande lavoratrice e un velo di tristezza perenne sembrava avvolgerla. La ragazza si fece coraggio e disse: “ Salve sono Violetta, una compagna di scuola di Stefan. Sono qui per parlare con lui, è in casa?”. “Mi dispiace è uscito per fare la spesa…ma prego accomodati, sono così contenta che qualcuno lo venga a trovare”. “Veramente sono venuta per parlargli, non capisco perché si comporti in modo tanto strano”. “Ah, quindi tu non sai nulla della sua storia…”.
Flashback di Stefan
In quel momento Stefan si mise al piano e cominciò a suonare; Gabriel lo accompagnava cantando. Insieme erano una coppia incredibile. “Che ne dici di fare una promessa? Nessuno dei due farà mai un duetto di nessun tipo con nessuno che non sia l’altro.” disse Gabriel tendendogli la mano. Stefan sorrise e la strinse. Poi si misero al piano e iniziarono a suonare la loro melodia (è questa 
http://www.youtube.com/watch?v=ahzvsrnQxFA )... Gabriel adorava cantare ma sapeva anche suonare il pianoforte benissimo. Alla fine entrambi scoppiarono a ridere soddisfatti per la loro esibizione. 

In quel momento Stefan aprì la porta con la spesa e vide Violetta; subito impallidì: aveva già scoperto tutta la verità sul suo conto?


NOTA AUTORE: Eccomi con un nuovo capitolo...allora  cominciano a venire fuori un pò di cose sul conto di Stefan e sulla sua storia (che si chiarirà meglio nel prossimo capitolo); per quanto riguarda Leon finalmente (anche se con un ritardo allucinante) si è reso conto che la storia con Ludmilla non va: insomma dovrebbe essere solo questione di tempo (anche se 'sta rompiscatole non si fa lasciare). Cristobal era il primo amore di Maria, ma le sorprese non finiscono qui...perchè Cristobal si era allontanato dalla famiglia di Angie ed è scomparso per così tanto tempo?...eheheheh si saprà più avanti. Non mi sembra di avere altro da aggiungere: ah,si...nello Studio tira aria di tempesta: Ludmilla vs Gabriella....chi vincerà?? Recensite e fatemi sapere che ne pensate di questo nuovo capitolo (sono riuscito ad arrivare a fine settimana senza caffè dormendo poco e niente *feel like a boss*. Adesso mi sto cominciando a sognare la ff pure di notte :O) Ah, dimenticavo; questo capitolo lo dedico a ARY_6400 (inseparabile compagna di bazooka xD). Alla prossima!!

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Capitolo 9
*** Leon vs Stefan ***


Capitolo 10
Leon vs Stefan

Perché? Perché continuava a fissarla con quei bellissimi occhi verdi? Non vedeva l’ora fosse finita l’ora di Pablo per potersi allontanare da lui. Poi girò lo sguardo e sorrise di nuovo a Stefan: quel ragazzo la capiva, entrambi avevano sofferto molto; sentiva qualcosa per Stefan, ne era sicura, ma non sapeva dire di cosa si trattasse. “Ragazzi, la lezione è finita potete andare” disse l’insegnante; mentre gli studenti uscirono lo raggiunse Angie con il fiatone: aveva fatto una corsa per evitare di incontrare German e Jade; “Pablo ti devo parlare” esordì la donna. Dopo che gli ebbe raccontato tutto, Pablo la guardò con uno sguardo da ‘te l’avevo detto, io!’: “Vedi?! Le menzogne non portano a nulla: la verità è l’unica soluzione possibile”. “Ma io non posso, non lo vuoi capire? Vuoi  forse che German porti via Violetta e io non la veda mai più?! Sta seguendo le orme di sua madre: lo vedi anche tu che è bravissima, è nata per cantare. E io voglio starle vicino in questo momento, anche a costo di mentire. Comunque se non mi vuoi aiutare mi farò dare una mano da Cristobal…” disse Angie furiosa, quindi uscì dall’aula con una rapidità incredibile. “Maledetto Cristobal…” mugugnò Pablo ormai rimasto da solo.
“Cosa ci fai qui German? Ti sapevo in Spagna” disse tranquillamente Cristobal. “Si, in effetti fino a poco fa lo ero, ma sono tornato qui a Buenos Aires” rispose lui con un tono molto pacato, anche troppo. Sembrava una conversazione normalissima tra due amici se non fosse per gli sguardi omicidi che si lanciavano in continuazione. “Beh, ora io e la mia fidanzata Jade dobbiamo andare; è stato un piacere incontrarti.”. Quando furono usciti Jade chiese a German chi fosse quell’uomo. “Si tratta del primo ragazzo di Maria, e della rovina della nostra famiglia…ma preferirei non parlarne. Ora andiamo, spero di non incontrare mai più quel tipo”. Jade cominciò a riflettere (strano ma vero): se Cristobal fino a poco tempo fa chiacchierava amichevolmente con Angie, allora sicuramente i due si conoscevano. Ma come si erano conosciuti?
Leon era andato nell’aula di danza nell’intervallo per provare una nuova coreografia e potersi sfogare. Detestava quello Stefan: perché da freddo e insensibile si era sciolto tutto d’un tratto con Violetta? Che ci fosse qualcosa tra i due? No, lei stava con Thomas…oppure no? Mentre faceva queste riflessioni entrò proprio lui, l’oggetto dei suoi problemi. “Ah, Stefan, ti devo parlare” disse Leon molto tranquillamente poi quando il ragazzo si fu avvicinato continuò: “ Un avvertimento: stai lontano da Violetta!”. “Perché? Sei il suo ragazzo?” gli chiese Stefan con molta naturalezza. Quella domanda lo confuse: “No, ma io…insomma non sono affari tuoi!” tagliò corto Leon, quindi lo guardò in modo minaccioso in modo da fargli ricordare le sue parole e se ne andò. “Interessante, molto interessante” sussurrò il ragazzo dagli occhi grigi divertito: era il momento di fare una chiacchierata con la sua nuova amica.
“Lyon, giusto te cercavo…come mai quella faccia?”. “Niente Ludmilla, lasciamo perdere. Cosa vuoi?” rispose Leon scocciato. “Mhhh, ti vedo un po’ alterato, tesoro. Vabbè non importa; volevo solo sapere se la canzone è pronta” chiese Ludmilla continuando a studiarlo per capire cosa gli prendesse. “Si, certo, qualche ritocco ed è finita.”. Quello che non aveva detto alla sua ragazza era che la canzone l’aveva composta pensando a Violetta; sullo spartito aveva scritto: ‘Per una ragazza speciale: Voy por ti’. ‘Voy por ti’ era il titolo della canzone e rappresentava alla perfezione il suo stato d’animo in quegli ultimi giorni. La melodia gli era venuta in modo quasi naturale pensando allo splendido sorriso di Violetta, il testo invece l’aveva scritto di getto pensando alla scena di Thomas con lei mentre passeggiavano. “Bene, allora più tardi la proviamo. Sarà bellissima come sempre e noi brilleremo come è giusto che succeda” concluse lei soddisfatta, quindi gli diede un bacio e raggiunse il suo armadietto; lo aprì e in quel momento un secchio di vernice si riversò dall’alto colorandola tutta di giallo. “AHHHHHHHHHH” urlò Ludmilla furiosa; tutti gli studenti cominciarono a ridere senza controllo: alcuni scattavano foto, altri erano piegati in due dal ridere, altri ancora facevano un video della reazione della ragazza. Leon andò in suo soccorso, ma c’era ben poco da fare. Ad un certo punto dalla folla emerse Gabriella con un ghigno soddisfatto: “Forse hai ragione... sei tu la stella più splendente” poi cominciò a ridere insieme a tutti gli altri. Ludmilla la fulminò con lo sguardo e poi corse a casa per togliersi la vernice e cambiarsi: quest’umiliazione gliel’avrebbe fatta pagare molto cara. Nel frattempo Cristobal era intervenuto dopo aver assistito alla scena: “Un comportamento del genere nei confronti di una vostra compagna non è assolutamente tollerabile, e finché il colpevole non verrà fuori, per punizione il saggio di quest’anno viene cancellato”. I ragazzi provarono a fargli cambiare idea: non era giusto che ci rimettesse tutta la scuola, ma il preside si mostrò irremovibile, quindi ormai arresi tornarono tutti nelle aule con un’aria depressa.
Stefan incrociò finalmente Violetta, trovandola seduta su una delle panchine vicine allo Studio mentre scriveva sul suo diario. “Giusto te cercavo. Ti sei persa una scena fantastica” disse Stefan ,senza poter fare a meno di sorridere e posando una mano sulla sciarpa: ‘ Sono contento, ho trovato un’amica. Non ti ho dimenticato fratellino, ma adesso devo pensare a vivere la mia vita al meglio della mie possibilità; è quello che vorresti anche tu, vero?’. Il ragazzo le raccontò dello scherzo fatto a Ludmilla. Violetta cominciò a lacrimare dal ridere: in parte se lo meritava anche se dovette ammettere con se stessa che lo scherzo era stato davvero crudele. “Ah, a proposito ti volevo parlare del tuo ragazzo, Leon” aggiunse poi molto tranquillamente. “Ma cosa dici? Leon non è il mio ragazzo…” lo interruppe subito lei diventando paonazza. “Ma da come sei arrossita deduco che ti piaccia molto” insistette Stefan. “Non importa cosa penso io, lui è già fidanzato; la sua ragazza è Ludmilla: bionda, bella e piena di talento” disse Violetta con lo sguardo triste. “Non ne sarei così sicuro, penso che Leon provi qualcosa di profondo per te; lo dimostra il fatto che mi ha praticamente minacciato di starti lontano. Penso che sia geloso” tentò di rassicurarla; poi cominciò a ridere. La faccia di Violetta invece si fece seria: “Cosa vuol dire minacciato? Leon ti ha minacciato?”. “Ma si, non ti preoccupare, non è niente d’importante, il punto è un altro…” cercò di dire il ragazzo. “No, invece per me è fondamentale. Adesso vado a dirgliene quattro”. Stefan cercò di fermarla ma non ci riuscì: nel tentativo di aiutare la sua amica  aveva scatenato una tempesta involontariemente.
Violetta si aggirò per i corridoi in cerca di quel bastardo; come osava minacciare un suo amico? Questa non gliel’avrebbe potuta perdonare…”Ah, eccoti, giusto te cercavo” disse fermando il braccio di Leon che le stava passando davanti volontariamente con lo sguardo basso. “Se vengo a sapere ancora una volta che cerchi di intimorire Stefan , puoi anche dire addio alla nostra amicizia”. Lui non disse niente e si avvicinò a lei poi a bassa voce disse: “Ma io non voglio essere tuo amico”. Violetta arrossì; l’aveva messa in confusione con una sola frase. Si era preparata tutto un discorso ma adesso il suo cervello era annebbiato. ‘Si può sapere cosa vuole? Non è stata colpa mia se tra noi non è successo nulla: è stato lui a rimangiarsi tutto. E ora fa di nuovo finta che io gli piaccia. Si diverte così tanto a farmi stare male?!’. Poi riprese un atteggiamento arrabbiato e disse: “Leon smettila, sappiamo entrambi come stanno le cose tra noi; le hai messe in chiaro tu stesso: vivi la tua vita, ma ti chiedo per favore di lasciar fare lo stesso a me”. Gli lasciò il braccio e se ne andò via di corsa con il cuore che le batteva a mille per le parole del ragazzo.
“Allora sei pronto per le prove, Thomas?” chiese Francesca. “Si, si tutto a posto…cominciamo”. La verità è che Thomas non poteva fare a meno di pensare all’ora di Pablo, agli sguardi che si lanciavano Violetta e Stefan; più passava il tempo, più sentiva di avere sempre meno possibilità con quella ragazza, eppure non riusciva a togliersela dalla testa. “Ok, allora proviamo” disse Francesca continuando a fissarlo con una faccia preoccupata. Ma non appena partì la base Thomas sbagliò subito l’entrata; ricominciarono, ma dopo nemmeno un minuto il ragazzo sbagliò un accordo. “Direi che è meglio fermarsi qua…oggi non ne azzecchi una. Che ne dici di rilassarci un po’ e di andarci a vedere un film?” propose Francesca sorridendo. “Ti spiace se facciamo un’altra volta? Adesso proprio non me la sento” declinò Thomas. “Va bene, ma ci conto, ci vediamo domani” disse lei, quindi lo salutò e uscì mentre Thomas continuò a rodersi dentro per i suoi problemi d’amore, senza immaginare che c’era chi moriva letteralmente per lui. Francesca uscì dallo Studio un po’ abbattuta, poi vide Stefan e decise di avvicinarsi per conoscerlo un po’ meglio. “Ciao sono Francesca, sono anch’io nella classe di Pablo”. “Piacere, sono Stefan” rispose impassibile; nonostante si fosse aperto con Violetta, non riusciva a fidarsi di nessun altro quindi non appena la ragazza si presentò, lui passò subito alla difensiva. “Ora mi dispiace, ma devo andare” disse lui e se ne andò in fretta. ‘Che tipo strano...però è così affascinante con quell’aria misteriosa.’
“Ludmilla ti devo parlare” disse Leon serio, presentandosi sotto casa della ragazza. Aveva preso una decisione, e voleva andare avanti in fondo. “Che c’è, amore? Non riesci a stare senza me?” disse lei sorridendo . “No, penso solo che tu meriti la mia sincerità. La verità è che non ti amo, non so se ti ho mai amato…quindi io credo che dovremmo finirla qui. Mi dispiace”. Quelle parole ebbero un effetto disastroso sulla ragazza: “Lo stai facendo per Violetta, vero? Leon stiamo insieme da due anni , arriva questa qui dal nulla e tu mi lasci per qualcosa, che potrebbe essere amore come potrebbe non esserlo? Non sai cosa stai facendo, ripensaci” disse lei posando la mano destra sulla sua guancia. Era passato molto tempo dall’ultima volta che l’aveva chiamato Leon, e questo faceva capire quanto fosse grave per lei quello che aveva detto. Lui si sottrasse a quel contatto: “Non sono affari tuoi, Ludmilla, ti sto solo dicendo quello che penso: credo che la nostra storia si debba interrompere qui”. “Bene se è ciò che vuoi…” terminò lei con voce tremante dalla rabbia, quindi tornò dentro casa sbattendo la porta. A scuola aveva subito una grande umiliazione, ma nulla era minimamente paragonabile a questo. “Te la farò pagare Leon…la farò pagare a te e a quella finta santarellina di Violetta, questa è una promessa”.

NOTA  AUTORE: eccomi con un nuovo capitolo. Come avevo già anticipato il titolo è "Leon vs Stefan"....ahahahahahah mi sono divertito tanto a scriverlo, soprattutto per la scena di Leon che minaccia Stefan (tipico di un Leon versione super-gelosa). La scena tra Violetta e Leon mi è piaciuta tanto (che carini *-*), spero sia piaciuta anche a voi lettori. E adesso un minuto di silenzio: LEON HA LASCIATO LUDMILLA (ovazione mentale)!!! Si prevedono nuovi risvolti nel prossimo capitolo, dal titolo "Blackout", con un Leon che finalmente si mostra un pò più sicuro :D . Tra Stefan e Violetta è nata una bella amicizia...rimarrà tale?!
Dedico questo capitolo a MARVULLISARA che mi ha fatto i complimenti per questi ultimi capitoli e che segue la mia storia (come ho potuto notare). Alla prossima, buona lettura (spero vi piaccia)!
P.S: due cose...allora prima di tutto ho visto il promo nuovo di Leon (e lì ho perso tipo 10 anni di vita), se non si mette con Violetta mi suicido. Secondo: vorrei coinvolgere di più i miei lettori indi per cui propongo una cosa; come pensate che siano fisicamente Stefan e Ricardo? Se avete voglia mandatemi un'immagine su come vi immaginate che siano (più o meno).Poi (se riuscirò a capire come si fa) pubblicherò le immagini con i capitoli successivi. Spero che interveniate in molti e grazie a chi mi segue!!! :D :D

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Capitolo 10
*** Una promessa ***


Capitolo 9
Una promessa

“Ah, Stefan, sei tornato finalmente, lei è Violetta, una tua compagna di scuola; è venuta a trovarti” disse la madre sorridendo. “Capisco. Se vuoi parlare con me usciamo di qui…”. La ragazza annuì e insieme cominciarono a camminare in silezio. “Cosa sai?” le chiese all’improvviso. “Io…tua madre mi ha detto tutto” disse timidamente lei sentendosi in colpa. “Mi dispiace…” aggiunse dopo. “Si chiamava Gabriel. Sai, è strano, non ne ho mai voluto parlare con nessuno ma tanto ormai sai tutto. Avevamo 13 anni, entrambi studiavamo musica fin da piccoli… mio padre era un musicista e penso di aver preso da lui quella passione. Suonavamo entrambi il piano, ma lui preferiva di gran lunga cantare. Eravamo inseparabili, ma poi...è successo tutto all’improvviso; i miei hanno scoperto che Gabriel soffriva di una grave malattia al cuore. Un mese dopo è morto. Avevamo fatto una promessa: saremmo stati sempre insieme e non avremmo cantato con nessun altro. O insieme o da soli: questo era il nostro motto. Quando è morto mi sono sentito morire anch’io. I medici lo chiamano shock da trauma. Di quel periodo non ricordo quasi nulla, i miei genitori mi hanno detto che rimanevo immobile sul letto senza mangiare, senza parlare. Poi mio padre un giorno mi ha preso e mi ha portato a casa dall’ospedale e ha cominciato a suonare il piano. Il piano mi ha salvato…mi è sembrato di rinascere. Questa era sua” disse infine indicando la sciarpa bianca che indossava senza mai separarsene. Violetta aveva le lacrime agli occhi, non sapeva che dire. Stefan per la prima volta si era confidato con qualcuno, aveva deciso di condividere quel dolore che si portava dietro ogni giorno. Non sapeva perché ma sentiva di potersi fidare di quella ragazza. “ Avevo 5 anni quando mia madre è morta; è stato per un incidente in una tournee . Non voglio dire che ti capisco ma a volte fa bene parlarne con qualcuno” disse Violetta tremando; poi lo abbracciò e cominciò a piangere. Gli occhi grigi del ragazzo mostrarono il suo stupore, poi lentamente le accarezzò la testa e pianse anche lui. Entrambi avevano sofferto molto e sentivano che solo l’altro avrebbe potuto comprenderlo.
“No, no, no! Senti Ricardo io non sono qui per perdere tempo quindi o lasci il tuo cellulare o te lo butto dalla finestra!” urlò ad un certo punto Camilla furiosa; quel ragazzo lo faceva apposta a farle perdere tempo: era da un’ora che si trovavano nell’aula prove ma non avevano concluso un tubo. Tutto perché Ricardo continuava a messaggiare senza dare la minima intenzione di voler smettere. “Scusa è che stasera ho un appuntamento con una ragazza e sto definendo i dettagli” rispose Ricardo continuando a tenere lo sguardo fisso sul cellulare. “Eh, no, questo è troppo”. Camilla fece per prendergli il telefono, ma lui fu più svelto; successe tutto in un attimo. Senza saperselo spiegare i due erano a un centimetro. Ricardo quindi si avvicinò e la baciò appassionatamente. La ragazza prima rimase troppo sorpresa per reagire, poi si staccò e gli diede uno schiaffo. “Ma chi ti credi di essere?! Io sono qui con te solo per l’esercizio quindi o ti impegni oppure vado a parlare a Pablo per cambiare compagno. Ora me ne vado, ci vediamo domani e fammi sapere che hai deciso di fare!” disse lei rossissima, poi prese la borsa e uscì di fretta. Ricardo si passò una mano sulla guancia dove aveva ricevuto il ceffone: quella ragazza ci sapeva davvero fare.
“Giusto te cercavo”. Gabriella si parò davanti a Ludmilla con il suo solito fare da star; “Oh, cara spero che tu abbia preso dei vestiti nuovi, perché quegli straccetti erano inutilizzabili. Ora se non ti dispiace devo andare.” disse Ludmilla senza nascondere un sorrisetto. “So benissimo che sei stata tu a giocarmi quel brutto tiro. Ma questa non te la farò passare liscia. Non ci possono essere due stelle nella stessa scuola, quindi preparati a spegnerti velocemente”. “Si vede che sei nuova, cara. Qui comando io, capito?! Quindi cara lucciola, fatti da parte e lascia risplendere le vere stelle. Ludmilla se ne va!” quindi alzò i tacchi e se ne andò lanciandole un’occhiata di superiorità assoluta. “Vedremo, cara Ludmilla, vedremo…” ringhiò Gabriella: era il momento di vendicarsi.
Jade era soddisfatta : sarebbe riuscita ad ottenere il suo scopo. Si precipitò subito a casa di German per mostrargli la foto. “Tesoro ho la prova che Angie invece di badare alla cara Vilu, approfitta della nostra fiducia per vedersi con il fidanzato” disse non appena fu entrata. German rimase molto sorpreso: quelle erano accuse gravi. “Ne sei sicura Jade? Ti rendi conto di ciò che stai dicendo?”. “Ma certo tesoro,ecco la foto”. Quindi prese il cellulare e mostrò la foto. “Ehm, ma non si vede niente amore…” disse perplesso German. In effetti la foto era tutta scura: Jade non se ne era resa conto ed aveva messo un dito nel momento della foto. Non era una donna molto sveglia…”Ma devi venire al Resto-Band, lì ti mostrerò che ho ragione”. Gli avrebbe mostrato la scena direttamente e così il suo piano sarebbe andato in porto lo stesso.
“Ahahaaha, e ti ricordi di quando Maria è inciampata mentre stava mangiando la mela caramellata?! Che spettacolo…”. I due se la stavano ridendo come matti. Angie quasi aveva le lacrime agli occhi .Era bello poter ricordare la sorella con un’altra persona rivivendo quei momenti felici e , perché no, anche comici: lo percepiva come un modo per sentirla più vicina. Cristobal, il primo amore di Maria, ricordava ogni singolo dettaglio di ogni momento passato loro tre insieme; si, perché Maria non muoveva un passo senza la sorella…Per un momento poi l’uomo si soffermò a studiare i lineamenti di Angie. Non assomigliava molto a Maria a differenza di Violetta, ma era comunque una donna molto bella. “Che succede?” chiese Angie vedendo il suo interlocutore incantato in quel momento. “Niente stavo pensando che non assomigli quasi per niente a Maria, ma devo ammettere che la bellezza è comunque una caratteristica della famiglia” disse infine sorridendo. Angie arrossì per il complimento: quell’uomo aveva un certo fascino... Poi in quel momento la sua espressione mutò dalla spensieratezza al terrore: vide entrare German, seguito da Jade; doveva fare qualcosa per evitare di incontrarli, altrimenti sicuramente avrebbero scoperto la verità. “Ehm…io devo andare in bagno, ordina tu per me!”. “Aspetta ma cosa ti ordino?”; troppo tardi: la donna si era già fiondata in bagno alla velocità della luce. Nel frattempo German girava tra i tavoli cercando l’istitutrice, e in quel momento si ritrovò davanti una delle persone che più aveva odiato in tutta la sua vita. “Cristobal” salutò freddamente. “German, un vero piacere”. Dal tono si capiva benissimo che entrambi avrebbero volentieri fatto a botte, ma quello era un luogo pubblico e non stava molto bene.
Angie intanto era uscita dalla finestra del bagno. Tirò un sospiro di sollievo:se l’era vista davvero brutta: per quanto ancora sarebbe riuscita ad andare avanti nascondendo la verità a German?
Stefan e Violetta erano rimasti abbracciati per un altro bel po’ di tempo, anche dopo che le lacrime si erano esaurite. “Sai è la prima volta che piango di fronte a qualcuno che non conosco per mio fratello” disse Stefan rompendo il silenzio. “Credo che dovremmo farlo” continuò il ragazzo. “Cosa?” chiese lei. “L’esercizio che ci è stato assegnato, intendo…”. “Ma la tua promessa?” chiese lei: non voleva che si sentisse costretto a rompere quell’accordo fraterno. “Non si può rimanere attaccati al passato per sempre; era la promessa di due ragazzini ingenui. Inoltre lui non mi ha mai abbandonato. Quando suono, lo sento sempre vicino a me” disse il ragazzo sorridendo. Ma il suo era un sorriso triste e malinconico, un sorriso che nascondeva ancora molto dolore. “allora domani se vuoi cominciamo a provare” disse Violetta, quindi gli diede un bacio sulla guancia e si avviò verso casa. Voleva lasciarlo da solo, sentiva che in quel momento la sua presenza era di troppo . Avvertiva una connessione speciale con Stefan, riusciva a capire i suoi sentimenti…di cosa si trattava?
Il giorno dopo ci fu lezione con Pablo. “Come vanno le coppie? Tutto a posto? Nessuna lamentela? Ah, Stefan, ti chiedo scusa per ieri; ho saputo che hai delle motivazioni personali per non poter fare quest’esercizio quindi sei esonerato” disse l'insegnante. “No, non si preoccupi, ho cambiato idea: farò l’esercizio” lo interruppe subito Stefan rivolgendo un sorriso prima a lui e poi a Violetta. Leon notò lo scambio di sguardi dei due. Non poteva essere…ma non stava con Thomas? Voleva andare lì e spaccargli la faccia a quello Stefan; con molta fatica riacquistò il controllo. Violetta si rese conto di essere osservata, mosse lo sguardo verso destra e vide Leon che la stava guardando. Stava ancora male per quello che era successo ma non voleva darlo a vedere, non voleva dargli quella soddisfazione. Lui amava Ludmilla, fine. E lei aveva il diritto di essere felice.
 
NOTA AUTORE: Rieccomiiii :D allora anche se sono io l'autore (quindi il mio giudizio non conta proprio niente), adoro questo capitolo *piange* ; viene fuori il passato di Stefan (un passato piuttosto doloroso aggiungerei... ç.ç) ma non solo...adesso io mi chiedo (anzi chiedo a voi lettori/recensori): ma Violetta e Stefan non si staranno mica innamorando??? E qui vi lascio esprimere liberamente il vostro giudizio. Comunque sia una cosa è certa: il legame tra i due è piuttosto profondo. Vabbè per il resto in questo capitolo non succedono grandi cose (a parte questo bacio di Ricardo, che diciamocelo non sembra avere molte speranze con Camilla xD). Tra Ludmilla e Gabriella è guerra dichiarata: come si vendicherà Gabriella?? Dedico questo capitolo a KILUA175 (che mi lascia sempre delle belle recensioni :D). Anticipazione: il titolo del prossimo capitolo è "Leon vs Stefan"...really interesting xD Buona lettura a tutti (spero vi piaccia) e se potete lasciate qualche recensioncina tanto per farmi capire come la pensate sulla storia :D!!!

 

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Capitolo 11
*** Blackout ***


Capitolo 11
Blackout

“Tesoro mi puoi spiegare come mai stasera non mi puoi accompagnare alla cena di beneficenza? Sono settimane che te lo dico!” disse Jade con tono lamentoso; “Mi dispiace Jade ma abbiamo ospiti a cena e non me la sento di mandare tutto a monte; tu non ti preoccupare va pure e divertiti”; “Va bene ma la prossima volta vieni con me…me lo prometti? Me lo prometti?” disse la donna saltellando con la sua voce stridula. “Ma si certo, te lo prometto”. “Allora io vado, ci vediamo verso le 23” disse Jade andandosene, German andò in cucina e vide sua figlia e Angie preparare un dolce insieme. “Oh no! Violetta sta cucinando qualcosa, sicuramente i nostri ospiti non sopravvivranno” disse scherzando l’uomo. “Come sei simpatico papà” rispose lei facendole una linguaccia ; poi prese un pugno di farina e glielo lanciò: lo colpì in pieno. Angie scoppiò a ridere mentre i due si facevano scherzosamente guerra a colpi di farina. Sembravano una vera famiglia senza la presenza di quell’arpia e di suo fratello. “Olga, come va la preparazione della cena?” chiese dopo aver sventolato bandiera bianca. “Tutto pronto…allora io e Roberto possiamo andare?” chiese la domestica. “Certo,certo…avete la serata libera”. “Sbrigati Roberto!!!!” urlò lei. Roberto scese di corsa: quando Olga comanda è meglio non disubbidire; insieme uscirono dopo aver augurato buona cena a tutti. “Ah, Angie, se lei volesse rimanere con noi ci farebbe un grandissimo piacere…” disse German imbarazzato. “Grazie mille per l’invito, accetto volentieri” rispose lei sempre col suo meraviglioso sorriso. Dopo che i due si furono cambiati (a causa della farina erano completamente bianchi). “Ma si può sapere chi sono gli invitati di stasera?” lo punzecchiò Violetta rientrando in cucina. “Si tratta di una sorpresa; vedrai che ti piacerà. Tra parentesi dovrebbero stare per arrivare”.  Ecco che suonò il campanello. “Vado io” disse German. “Violetta mi aiuteresti a tagliare le fragole per la torta?” chiese Angie (doveva essere una torta con panna e fragole). “Si, eccomi” rispose allegramente la ragazza, quindi prese il coltello e iniziò a tagliare canticchiando a bassa voce per non farsi sentire dal padre. “Eccoti finalmente. Ah, ma non dovevi…mi dispiace molto che non possano venire…Si, gli altri si trovano di là,in cucina... vieni così li saluti”. In quel momento Violetta alzò lo sguardo per capire chi fosse l’ospite che stava varcando la porta della cucina, e colta dall’agitazione si ferì di striscio col coltello. “Ahia!!” strillò lei. “Tutto bene?” chiese Leon, poi con molta naturalezza prese il dito di Violetta con la ferita e lo portò alla sua bocca dandogli un bacio sotto lo sguardo attento e preoccupato di German. Lei divenne dello stesso colore delle fragole che fino a poco tempo fa stava tagliando. Poi di scatto tolse la mano dalla presa di Leon e scappò in bagno con la scusa di voler disinfettare la ferita. ‘Oddio, che ci fa qui? Ma allora è proprio una persecuzione. Come faccio a dimenticarlo se lui irrompe nella mia vita ogni secondo?’ pensò lei mentre si sciacquava il dito con la ferita al lavandino. Non le importava, lei sarebbe stata fredda, non lo avrebbe guardato nemmeno per un secondo. Ma che stava dicendo?! Come poteva non incantarsi nel contemplare il verde dei suoi occhi? No, ce l’avrebbe fatta… Quella sera veniva messa a dura prova ma doveva dimostrargli che non era più interessata a lui, non gli avrebbe dato la soddisfazione di capire che stava ancora soffrendo e che era innamorata. Si, perché adesso l’aveva capito, tardi forse, ma l’aveva capito: era innamorata di Leon e per quanto cercasse di evitarlo finiva sempre per pensare a lui. Durante quelle riflessioni, la voce di Angie che bussava alla porta del bagno la riportò alla realtà. "Tutto bene?" chiese la donna preoccupata. "Si, si, vengo subito..." disse lei tutt'altro che tranuilla: il padre voleva farle una sorpresa ma non poteva immaginare nemmeno lontanamente quali emozioni le aveva scatenato dentro. Le due raggiunsero la tavola già apparecchiata per la cena mentre Leon e German stavano scambiando due parole. “Mi dispiace che  i miei genitori non siano potuti venire, ma avevano una cena d’affari. Si scusano davvero” disse Leon alzando gli occhi quando la vide entrare. Era bellissima… e più cercava di concentrarsi sulla conversazione più si ritrovava a fissarla, a scolpire nella sua mente ogni singolo dettaglio di quella ragazza che ormai , era chiaro, lo aveva conquistato totalmente. Finalmente dopo un bel po’ di tempo i due che cercavano di evitarsi incrociarono i loro sguardi per un momento; lei subito lo distolse: era decisa a non mostrare nessuna emozione, ma come poteva riuscirci se lui continuava a guardarla in quel modo? Sembrava quasi che da un momento all’altro volesse saltargli addosso, tanto erano carichi di desiderio i suoi occhi. La cena proseguì abbastanza tranquilla: Leon e German ridevano e scherzavano, mentre Violetta stava completamente zitta mantenendo gli occhi fissi sul piatto. Poi fu il momento del dessert: Angie servì a ciascuno una fetta della torta elogiando scherzosamente le doti di coloro che l’avevano preparata. “Devono essere proprio due cuoche professioniste” concluse la donna facendo l'occhiolino a Violetta. La ragazza le sorrise in risposta quindi prese la fragola sporca di panna sulla sua fetta e cominciò a gustarsela lentamente, assumendo senza volerlo un atteggiamento molto sensuale. ‘Eh, no, ma allora lo fa apposta. Come faccio a resistere? Vorrei andare lì e baciarla sentendo il sapore delle fragole attraverso la sua bocca…oddio ma cosa vado a pensare?? Qui c’è il padre. Ci vuole un po’ di contegno. Ce la posso fare, si certo come no…’. Il gesto di Violetta l’aveva completamente spiazzato e aveva delomito il suo autocontrollo…per quanto ancora avrebbe retto? Lei si fermò un secondo a guardarlo incantata tanto che le cascò la fragola sulla maglietta.“Oh, no! Mi sono sporcata la maglietta di panna. Papà ti spiace se vado un attimo in camera a cambiarla?” disse riprendendosi dal trance. “Ma certo, tesoro. Fa presto però!” la rimproverò dolcemente il padre.
Violetta entrò in camera e chiuse la porta. Sentiva il cuore battere a mille; si era resa conto di come la guardava Leon, e per quanto provasse a far finta di nulla, non ci riusciva. Come doveva comportarsi con quel ragazzo? Riusciva a confonderla in un minuto. La sua decisione di ignorarlo cominciò lentamente a crollare. All’improvviso fu tutto buio. Sentì delle voci al piano di sotto. “Deve essere un blackout” disse German nell’oscurità più totale. “Io…io ho paura del buio” gridò Angie nel panico più totale. Poi senza riflettere abbracciò German per tranquillizzarsi. L’uomo rimase profondamente colpito da quel gesto. Quella donna le faceva un effetto stranissimo; si innervosì subito, si sentì imbarazzato ma continuò ad abbracciarla tentando di rassicurarla. Intanto Violetta era uscita dalla sua stanza dopo essersi cambiata e si stava avvicinando alle scale per scendere al piano di sotto procedendo con molta cautela per paura di inciampare. Ad un certo punto sentì qualcuno dietro di lei che si stava avvicinando, sentì il suo respiro, il suo fiato sul collo che le faceva venire i brividi lungo tutto il corpo e si voltò di colpo. Era Leon. Anche al buio era perfettamente in grado di riconoscerlo: come non avrebbe potuto? “Leon che ci fai qui? Come mai sei salito?” chiese lei dopo essersi ripresa dallo spavento. “Sono venuto per parlarti. Ti volevo dire che ho lasciato Ludmilla” disse Leon. “Ah,si? E perché lo vieni a dire a me?” chiese Violetta facendo finta di non essere interessata mentre dentro stava esultando. “Perché mi sono reso conto di non amarla…e lo sai perché?”. In quel momento le prese le mani; la ragazza sentì nuovamente un brivido a quel contatto espandersi per tutto il corpo. “P-perché?” chiese con un filo di voce. “Semplice. Mi sono reso conto di essere innamorato di te, Violetta” . Poi avvicinò le sue mani alla bocca e depose un bacio. Era fatta, si era dichiarato e questa volta nessuno si sarebbe messo in mezzo alla loro storia; a meno che…e se Violetta non provasse nulla per lui? E se invece fosse fidanzata con Thomas o Stefan? Quel silenzio lo stava distruggendo e lo riempiva di dubbi; poi lei con un timido sorriso disse semplicemente: “Anch’io sento di provare qualcosa per te, Leon”. Ci fu un momento in cui nessuno dei due sapeva cosa fare o cosa dire, quindi rimasero entrambi immobili in silenzio. Poi Leon la prese per mano ed insieme entrarono in camera, lui si avvicinò lentamente, sentiva il suo respiro sempre più forte e avvertì un tremito; era così emozionata: quello era il suo primo bacio e quell’oscurità che li circondava rendeva tutto molto intimo. Il cuore di entrambi batteva senza controllo. Erano a un centimetro come quella volta in campagna. Chiusero lentamente gli occhi e poi azzerarono le distanze; la prima cosa che sentì fu il calore delle sue labbra a contatto con le sue. Lentamente portò le braccia intorno al suo collo mentre lui le teneva la vita. Quel bacio le sembrò durare un’eternità ma allo stesso avrebbe voluto che durasse ancora di pù. In quel momento il mondo esterno non esisteva: erano lei, Leon e il loro amore, non contava nient’altro.
Suonò il campanello. Non appena Thomas aprì la porta, Francesca si fiondò in casa. “Visto che oggi non stavi bene sono passata a trovarti. Ho anche portato un film da vedere insieme. Su, non fare quella faccia. Riprenditi!” disse Francesca parlando a macchinetta; era molto emozionata: avrebbe passato una serata da sola con Thomas! Il ragazzo inizialmente voleva declinare l’offerta ma visto l’entusiasmo dell’amica accettò. A casa non c’era nessuno: la madre era andata dalla sorella per la sera, mentre Thomas non era voluto andare perché non se la sentiva. Il film era del genere romantico strappalacrime: già dopo qualche minuto dall’inizio Francesca aveva gli occhi lucidi , quindi si alzò e le prese un fazzoletto. Quando glielo porse i due si trovarono molto vicini; a quel punto la ragazza si avvicinò con l’intenzione di dargli un bacio, ma lui si scostò, e si allontanò con un’espressione sbalordita. Si sentiva tradito dalla sua amica. Francesca dal canto suo si sentì umiliata e imbarazzata, quindi senza dire nulla scappò via piangendo. Thomas la seguì di corsa per un breve tratto di strada, poi la perse di vista. Doveva parlarle per mettere le cose in chiaro, non voleva perdere la sua amicizia…ma non voleva che fosse la sua ragazza e questo avrebbe dovuto accettarlo.
Il telefono squillò di nuovo. Era la tredicesima volta quella sera. Camilla guardò il display e vide che si trattava ancora una volta di un messaggio di Ricardo: ‘Lo so che mi stai pensando <3’. “Continua a sognare” disse ad alta voce Camilla. Che poi, come l’aveva avuto il suo numero? Maxi. Sicuramente gliel’aveva dato quell’imbecille. Ma domani gliene avrebbe detto quattro a tutti e due. Si stese sul letto ripensando a quel bacio: l’aveva molto sorpresa ma rimaneva il fatto che non lo sopportava. Era così superficiale, così stupido…Risuonò il telefono: ‘Adesso stai ripensando al nostro bacio, o sbaglio?’. “Ma sparati!” disse infine lei rintanando la testa sotto il cuscino.

NOTA AUTORE: Allora prima di comincare a parlare di questo capitolo(per cui finirò direttamente in ospedale, io lo so) oggi ho visto la puntata 33 di Violetta e ho sentito MIO MALGRADO Thomas cantare Voy Por Ti con Violetta. Io già odio Thomas ma questo è troppo: quella canzone è di LEON, composta per VIOLETTA, quindi perchèèèè?!!!!??? Poi onestamente cantata da Leon e Violetta è molto più figa. Ma tanto domani c'è l'episodio 34 (pensiero felice) e lì potrò esultare in tutta tranquillità (il bacio di Leon e Vilu <3). OK, torniamo al capitolo...Camilla mi fa sempre divertire un sacco, la sua storia con Ricardo è proprio simpatica...e sono tristissimo per Francesca (povera... ç.ç), ma alla fin fine chi voglio prendere in giro: non me ne frega niente di nessuna delle due, perchè questo capitolo è così.... *piange* LORO SONO BELLISSIMI. Io non so se a voi questa scena è piaciuta: nella mia mente era una scena bellissima e spero di essere riuscito a trasmettervi le emozioni che avrei voluto. Un bacio al buio più romantico di così ç.ç *muore* Insomma dopo tante attese ecco il tanto sospirato bacio. Questo capitolo (poichè è un capitolo speciale *rimuore*) lo dedico a tutti quelli che seguono o recensiscono questa storia: KILUA 175, ARY_6400, DULCEVOZ, ALLEGRA_, MILEYCYRUS, MARVULLISARA, FE_LONETTA, ICE_EYES, 92FYDE92, ILARIACERATi91, RDJUDE, CUCCIOLA SONOHRA, VALY_CHEAPPY..poi un ringraziamento speciale a BELLAFIFI1986 :D Spero che questo capitolo vi piaccia quanto piace a me (*piange*). Grazie a tutti e buona lettura!
P.S: Leon&Vilu forever <3
 

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Capitolo 12
*** Stiamo insieme: real or not real? ***


Capitolo 12
Stiamo insieme: real or not real?

Violetta si sentiva in Paradiso: dischiuse le labbra per assaporare completamente quel bacio, che si stava facendo sempre più appassionato. Poi tornò la luce, ma a nessuno dei due importava più di tanto. D’un tratto sentirono le voci di German che li chiamava preoccupato e si staccarono. Leon sorrise mentre continuava a fissarla: “Forse dovremmo scendere, tuo padre ci sta cercando”. “S-si, credo proprio che dovremmo andare” . Aveva desiderato tanto quel momento da non riuscire a credere che fosse accaduto. Adesso erano fidanzati finalmente. “Però c’è un problema” disse lui assumendo uno sguardo preoccupato. “Quale?” chiese lei preoccupatissima: che problema c’era ora? Ludmilla? German? Non sarebbero potuti stare insieme? Sarebbe dovuto partire per l’Alaska e le aveva dato quel bacio per dirle addio? Le vennero in mente tutte le possibilità più assurde. “Non riesco a smettere di guardarti: sei bellissima” poi portò la mano sulla sua guancia arrossata e la baciò di nuovo. “Mi hai fatto prendere un colpo” disse lei tirando un sospiro di sollievo. Poi si avvicinò per dargli un altro bacio, lui rispose in modo sempre più impetuoso. Come aveva potuto vivere prima senza quelle emozioni? “Questo è l’ultimo…” disse dopo essersi staccata. “Oppure no” disse lui baciandola di nuovo. “VIOLETTA! Si può sapere dove sei”. I due preoccupati si separarono e scesero di corsa.
 
Flashback
Angie e German erano rimasti abbracciati al buio. German era rimasto molto sorpreso da quell’attimo di tenera debolezza della donna, e continuò a tenerla stretta. In quel momento si rese conto dei suoi sentimenti: stava cominciando a provare qualcosa per l’istitutrice di sua figlia. Era nato tutto in modo naturale, lentamente il suo cuore era stato conquistato senza che lui inizialmente  se ne rendesse conto. Mentre era nel mezzo di quelle riflessioni tornò di botto la luce. Angie si separò da quell’abbraccio profondamente imbarazzata; lui le sorrise per farle capire che andava tutto bene. “Ma Violetta e Leon dove sono finiti?” chiese German per portare l’attenzione su qualcos’altro. “Non ne ho idea” rispose Angie con un mezzo sorrisetto. Intuiva già cosa fosse successo. “Violetta? Violetta? Leon?” cominciò a chiamare German ad alta voce
Fine Flashback
 
“Eccoci papà, ci stavi cercando? Finalmente è tornata la luce, mi sono spaventata tantissimo” disse Violetta scendendo le scale. “Come mai tu e Leon eravate insieme?” chiese sospettoso il padre. I due si guardarono per un momento profondamente imbarazzati. Dire la verità significava scrivere una condanna a morte per Leon. Violetta già si immaginava la scena: lei a piangere mentre German vestito da boia conduceva sul patibolo il suo ragazzo per tagliargli la testa. “Ehm, Leon si era preoccupato perché non scendevo e mi è venuto a cercare” rispose poi prontamente senza togliersi dalla testa l’immagine di Leon senza testa. “Ah, è stato molto gentile da parte tua” disse il padre rivolgendosi al ragazzo “Beh, si è fatto tardi è ora di andare. Violetta lo accompagni te alla porta?”. “Si!” rispose lei felicissima. Quindi lo prese per il braccio e lo portò all’ingresso. “Allora ci vediamo domani” disse timidamente arrossendo di nuovo. “Ti va di andare a scuola insieme la mattina?” le chiese cercando di resistere alla tentazione di baciarla. “Ok, alle 8 ci incontriamo all’incrocio, quello vicino al parco…”. “Stupida notte; vorrei fosse già domani” disse sorridendo. Lei si voltò, si guardò un po’ intorno, poi non vedendo nessuno si avvicinò e gli diede un bacio velocissimo, spiazzandolo completamente. “A domani! E fuori di qui” disse poi spingendolo in modo scherzoso fuori da casa. “Lei comanda, io obbedisco” rispose Leon ridendo.
Il giorno dopo Violetta si svegliò felicissima; sentiva che nulla la poteva intaccare quel giorno. Scese con il sorriso stampato sul volto, diede un bacio sulla guancia al padre e poi si sedette per fare colazione. Nemmeno la presenza di Jade riuscì a toglierle il buon umore. Angie raggiunse la tavola canticchiando, si sedette vicino a Violetta, salutò tutti, prese una fetta biscottata e cominciò a spalmargli sopra la marmellata di albicocche in modo molto naturale. Poi alzò lo sguardo e si accorse che German la guardava imbambolato; quindi sentì l’odio di Jade raggiungerla…insomma Jade era stupida, ma mica cieca. “Io ora vado, ho lezione di storia della musica; non aspettatemi a pranzo, ho una ricerca”. Vide Angie trangugiare la colazione per accompagnarla e aggiunse: “Papà che ne dici se oggi vado da sola alla scuola, senza che nessuno mi accompagni?” chiese timidamente la ragazza. Lui le sorrise e disse un sonoro: “Te lo puoi anche scordare, tesoro”. “Ma…papà!” ribattè lei offesa. Niente da fare, continuava a trattarla da bambina. “Non ti preoccupare Vilu ti accompagno io” si intromise Angie facendole l’occhiolino. Prese la borsa e seguì Violetta fuori casa. “Vai, puoi andare da Leon” disse l’istitutrice non appena misero piede sul marciapiede. “M-ma…come lo sai?” balbettò lei confusa e imbarazzata. “Cara mia, sono nata un po’ prima di te. Adesso vado a fare qualche commissione, poi ci vediamo allo Studio” disse sorridendo. “Graziegraziegrazie” continuò a ripetere Violetta abbracciandola. Un quarto d’ora dopo raggiunse il luogo dell’appuntamento; si sedette su una panchina ad aspettare: e se non fosse arrivato? Se ieri sera l’avesse illusa solo per divertirsi un po’? In quel momento qualcuno le coprì gli occhi. “Chi sono?” disse ridendo. “Scemo” disse lei togliendo le mani. Leon era lì davanti a lei. Quanto era stata sciocca a dubitare; si sedette anche lui, poi le scostò delicatamente una ciocca di capelli, quindi si avvicinò per darle un bacio. “Ecco l'Oriente e Violetta è il Sole. Alzati, dunque, o vivo sole e spegni la luna fioca, pallida di pena, che ha invidia di te perché sei bella più di lei. Oh, è lei, la mia donna, ma non lo sa ancora. Guarda come posa la guancia sulla mano!” cominciò a recitare lui. “Ahaha forse intendevi dire Giulietta. Mi spiace per te ma conosco Shakespeare”; prima che lui potesse rispondere in qualche modo lei lo zittì con un bacio; entrambi chiusero gli occhi e si lasciarono trasportare da quelle emozioni. Ma poi Violetta tornò alla realtà: “Faremo tardi, muoviamoci”. Lui annuì, la prese per mano e insieme si avviarono verso la scuola.
Quando entrarono nello Studio mano nella mano, tutte le persone cominciarono a fissarli. Leon, il re dello Studio, aveva lasciato Ludmilla ed ora stava con quella ragazza. La voce si sparse in un secondo. “Adesso vado che ho lezione, ci vediamo dopo” disse lasciandole la mano, poi le diede un bacio sulla guancia e si avviò verso l’aula di danza sotto lo sguardo avvilito di Thomas. Il ragazzo era rimasto di sasso come gli altri alla vista dei due…ormai l’aveva persa, adesso doveva però pensare a chiarire le cose con Francesca. Quindi facendosi forza cominciò ad aggirarsi per tutta la scuola alla ricerca della ragazza. Camilla e Maxi nel frattempo avevano raggiunto  Violetta e la stavano interrogando per sapere tutti i dettagli: “Dove? Quando? Come? Perché?” chiese Camilla con estrema curiosità mentre sorseggiava il frullato che aveva preso al Resto-Band. Violetta cominciò a raccontare evitando di entrare troppo nello specifico (insomma erano anche fatti suoi), quando il suono di un cellulare interruppe il racconto. “Oh, che cavolo, di nuovo…” disse la ragazza ormai arresa. “Che è successo Camilla?” chiesero in coro Maxi e Violetta. Camilla raccontò tutta la storia con Ricardo (“Ed io che ne potevo sapere?” ribattè  Maxi all’amica che lo accusava di aver dato il suo numero di cellulare a quel rompiscatole). “Vediamo che dice stavolta...”: ‘Girati’. Si voltò e si ritrovò di fronte Ricardo. “Ma come sono contenta di vederti!” disse lei con un sorriso falsissimo. “Sapevo che prima o poi avresti ceduto al mio fascino” ribatté Ricardo con un sorriso malizioso. “Certo, chiudi gli occhi che ho una sorpresa per te…”. Ricardo chiuse gli occhi e Camilla gli verso il frullato in testa: “Così magari la smetti di mandarmi messaggi. Ti è chiaro il concetto?”; poi ridendo se ne andò. Nonostante l’umiliazione pubblica Ricardo sorrise: era un osso duro quella ragazza, ma le piaceva sempre di più.
Nata fece una corsa per raggiungere l’amica: “Hai saputo? Leon si è messo con quella lì, quella Violetta. Che schifoso!!”. “Shhh, non mi distrarre, sto pensando a come fargliela pagare”. “A chi?” chiese ingenuamente Nata. “A tutti: Leon, Violetta, Gabriella. Ma a quest’ ultima penserò dopo prima devo separare la coppia felice…” rispose Ludmilla con uno sguardo misto d’odio e di rabbia. “Hanno sfidato la stella e ora se ne pentiranno”, poi cominciò a ridere assaporando la vittoria. Perché lei sarebbe uscita vittoriosa da quella battaglia, su tutti i fronti.

NOTA AUTORE: Sto sfiorando le vette del romanticismo nella mia mente (che ormai è completamente partita per la tangente). Allora Ludmilla trama qualcosa (e lasciamola tramare, non ce ne frega niente...), Camilla versa un frullato addosso a Ricardo (beh, insomma povera Camilla non ha tutti i torti xD), German sente di cominciare a provare qualcosa per Angie (che teneri... ç.ç) e poi ci sono LORO.....Che cosa devo fare??!! Mi porteranno alla morte, ne sono sicuro ç.ç Allora sono una coppia bellissima e questo già si sapeva, ma così io mi sciolgo completamente. La citazione di Shakespeare mi ha dato il colpo di grazia *immagina la scena* Vabbè, detto ciò, credo che per qualche capitolo lascerò un pò da parte Ludmilla e la sua malvagità e lascerò vivere in pace la coppia felice *-* (insomma un pò di tranquillità se la meritano pure). Nel frattempo vedremo cosa faranno gli altri e soprattutto cosa farà Francesca?? Non per niente il titolo del prossimo capitolo è "La confessione di Francesca". Spero che la storia vi stia continuando a piacere...fatemi sapere che ne pensate. Questo capitolo è dedicato a ALLEGRA (sono tornato alle dediche singole). Buona lettura!!!
P.S: in TV ho visto la scena di Leon e Violetta che cantano Te creo (o meglio Violetta canta, Leon suona la pianola). Io MUOIO: cioè che sguardi si lanciavano e...e...e... *è morto* ç.ç. Ah ogni riferimento ad HUnger Games nel titolo NON è puramente casuale xD

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Capitolo 13
*** La confessione di Francesca ***


Capitolo 13
La confessione di Francesca

Francesca si era rintanata nel teatro della scuola che a quell’ora era sempre vuoto per le lezioni. Prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo... meglio poi, però; non si sentiva pronta: che figuraccia! Se ripensava a quella sera si sentiva male per la vergogna: come le era saltato in mente di agire in quel modo?! Era forse impazzita?! Ok, si doveva riprendere. Cominciò a respirare lentamente per riacquisire un po’ il controllo.
Thomas stava continuando a cercarla: che fine aveva fatto? Voleva parlarle, chiarire tutto, ma non riusciva a trovarla… Incrociò per sua grande fortuna Camilla, la migliore amica di Francesca, ancora soddisfatta per la lezione impartita a quello scocciatore di Ricardo. “Ehi, Camilla, hai per caso visto Francesca?” chiese lui fermandola. “Non ne ho proprio idea Thomas, mi dispiace. Ultimamente però si comporta in modo strano, è come se nascondesse qualcosa” rispose lei con una faccia preoccupata al pensiero dell’amica. “Perché non provi al teatro? Magari la trovi lì” aggiunse lei dopo averci riflettuto un po’ sopra. “Grazie” disse di rimando il ragazzo. Poi si avviò di corsa al teatro. Aprì la porta e trovò Francesca che piangeva a dirotto.
“Ma dai! Non mi dire di nuovo!” esclamò esasperato Maxi. Ebbene si: un altro messaggio di Leon; le chiedeva di vedersi all’intervallo. Violetta sorrise: non vedeva l’ora di rivederlo: quella lezione sembrava non finire più. Insomma ma quanto mancava ancora? Aveva proprio la testa tra le nuvole. Stefan le si avvicinò sorridendo: aveva saputo tutto sulla nuova coppia ed era  felicissimo per la sua amica. Leon aveva carattere e non le dispiaceva che fosse lui il ragazzo di Violetta. “Congratulazioni!” esclamò per poi abbracciarla. “Grazie mille Stefan!” disse lei ricambiando l’abbraccio. Era contenta di aver trovato un amico speciale come Stefan. Lo conosceva da così poco eppure sentiva di volergli già molto bene. “Senti per le prove io avevo pensato oggi alle 16 sempre che a te vada bene: ho già prenotato l’aula. Mi dispiace non aver potuto ieri, ma ho avuto un impegno” disse lui. “Non ti preoccupare. Perfetto, allora ci vediamo alle 16”. “Chissà come mai Thomas e Francesca non sono venuti a lezione” si chiese Maxi. In quel momento suonò la campanella. Si! 15 minuti di pausa, finalmente. Uscì dall’aula in un secondo, e cominciò a scrutare tutti quelli che passavano nella speranza di vedere il suo Leon. Qualcuno le si avvicinò e le diede un bacio sul collo. Violetta sentì un brivido, si voltò e lo vide. Entrambi sorrisero senza dire nulla; non sapevano cosa dire, ma i loro occhi invece si stavano dicendo di tutto e di più. “Quest’ora sembrava non passare mai, non vedevo l’ora di vederti. Ti va di andarci a prendere un frullato?” le chiese mentre le poggiava delicatamente il braccio sulla spalla. “Certo!” disse lei entusiasta, ancora imbarazzata per il gesto di Leon; quel braccio la faceva sentire protetta, inoltre era un modo per dire: “Lei è la mia ragazza”. Era così felice. Non appena uscirono dalla Studio lui la portò in un luogo appartato e cominciarono a baciarsi con molta foga. “Il frullato lo prendiamo un’altra volta, va bene?” chiese lui dopo essersi staccato. “Direi di si” disse lei che era appoggiata a un muro della scuola riparato grazie ad alcuni alberi) con un sorriso, per poi continuare a baciarlo.
“Francesca, non ti senti bene?” chiese Thomas avvicinandosi e accarezzandole gentilmente la spalla: non sapeva come comportarsi, ma voleva farle capire che andava tutto bene. Lei si liberò di quel tocco e scappò via. Si sentiva una persona orribile: prima aveva cercato di liberarsi di Violetta e adesso tradiva la fiducia di Thomas, che la considerava la sua migliore amica. Che razza di persona era? Non meritava tutti quegli amici, tutte quelle persone che le volevano bene. Continuò a correre senza fermarsi senza sapere dove stesse andando quando andò a sbattere contro un ragazzo: occhi grigi glaciali e una sciarpa bianca furono le prime cose che notò tra le lacrime. Poi un volto dolcissimo e pieno di apprensione: era Stefan. “Qualcosa non va?” chiese educatamente sempre col suo tono impassibile. “N-no, io…” ma non riuscì a finire la frase che ricominciò a piangere. “Vieni siediti” disse lui guidandola verso una panchina lì vicino. Rimase in silenzio lasciandola piangere per un po’; niente non riusciva a farla tranquillizzare; aspettò pazientemente qualche altro minuto, poi improvvisamente  la abbracciò . Non era abituato ad essere così espansivo, forse Violetta l’aveva cambiato. Francesca smise di piangere di colpo, sorpresa per quell’abbraccio. Rimasero così per un buon quarto d’ora, poi lui le disse molto tranquillamente: “Adesso ti va di raccontarmi?”. Francesca gli disse tutto: gli parlò del piano contro Violetta, dei suoi sensi di colpa, dei suoi sentimenti per Thomas. Le usciva tutto di getto, sentiva di potersi fidare di quel ragazzo così calmo e impassibile. Stefan ascoltò in silenzio annuendo di tanto in tanto per farle capire che stava seguendo. “Allora, che dici?” chiese lei con gli occhi ancora gonfi per il pianto. “Penso che dovresti dire tutto quello che hai detto a me ai diretti interessati. Devi parlare con Violetta e Thomas” rispose lui molto semplicemente. “Ma non ce la faccio…” tentennò lei. “Smettila di fare la debole, io so che non lo sei affatto. Sei una ragazza forte e sono sicuro che troverai il coraggio per parlare a tutti e due. Ora però devo proprio andare, pensaci!” la incoraggiò Stefan, quindi si alzò e si incamminò verso lo Studio. Ah, già stavano per ricominciare le lezioni. Francesca dopo essersi asciugata le lacrime si incamminò verso lo Studio.
Maxi preoccupatissimo cercava Francesca in ogni luogo possibile: arrivò persino ad andare a vedere se si trovasse nello sgabuzzino. Dopo aver provato in ogni angolo scuola uscì fuori per continuare la sua ricerca con l’aiuto di Camilla. Voltò l’angolo e dopo essersi destreggiato tra le piante che coprivano la zona ad est della scuola , vide Leon e Violetta che si stavano baciando con passione: ‘Hai capito quei due?! Non perdono certo tempo’ pensò Maxi ridendosela sotto i baffi, quindi si allontanò attento a non far rumore per non disturbarli. I due si staccarono: Leon aveva i capelli tutti arruffati, mentre Violetta era tutta rossa in viso. Niente da fare l’effetto-Leon non era affatto venuto meno, anzi…”Dobbiamo andare, riprendono le lezioni” disse la ragazza senza molta convinzione. “Ultimo bacio” disse lui con tono scherzoso; le diede un bacio veloce poi si presero per mano e si avviarono verso lo Studio. “Ora che ci penso, noi dobbiamo ancora avere il nostro primo appuntamento!” esclamò Leon guardandola dolcemente. “Domani sera non prendere impegni, mi raccomando” aggiunse poi. “La sera sarà impossibile temo. Una sola parola: papà” disse tristemente Violetta. Già che scemo: perché non ci aveva pensato? Doveva trovare un modo per organizzarle un appuntamento perfetto e tenere a bada quel mastino del padre…
Erano arrivati allo Studio; in quel momento videro Francesca venirgli incontro: “Ciao, ragazzi. Senti Leon ti dispiace lasciarmi sola con Violetta? le devo parlare di una cosa molto importante”. “Ok, me ne vado subito. A dopo!”diede un bacio alla sua ragazza ed entrò nella scuola. “Violetta ti devo dire una cosa importante…” cominciò a parlare lei con tono incerto, ma in quel momento arrivò Ludmilla che aveva intuito tutto; non avrebbe permesso a quella insulsa ragazzina di rovinarle la reputazione per qualche scrupolo che le era venuto. “Cara Francesca, volevo parlarti di una coreografia, puoi venire con me?” disse intromettendosi e prendendole il braccio cercando di trascinarla via. La ragazza divenne il ritratto della paura, poi tirò un lungo respiro e disse tutto d’un fiato: “Non ora Ludmilla, lasciaci da sole”. Ludmilla si arrese, mollò la presa esercitando un’ultima minaccia con lo sguardo a Francesca mentre se ne andava. Ma stavolta non avrebbe funzionato. “Violetta tu sei una bella persona, davvero; quindi credo che meriti di conoscere la verità: il giorno della prova di canto io e Ludmilla abbiamo architettato un piano per non farti ammettere allo Studio. Perdonami ti prego…” . Quindi le raccontò tutto quello che avevano fatto mostrandosi molto pentita. Ogni parola che usciva la faceva stare sempre peggio, ma doveva continuare, doveva dire tutta la verità ed essere onesta. Doveva essere forte, come le aveva detto Stefan. Violetta rimase un po’ sorpresa da quella confessione, ma sentì le scuse di Francesca sincere, quindi senza dire nulla l’abbracciò e poi le sussurrò: “Non ti preoccupare”. Francesca ricominciò a piangere, ma questa volta era felice, felice di essersi tolta un peso, che la stava lentamente opprimendo.
Nell’ora di Pablo la tensione era alle stelle: Violetta e Leon si lanciavano degli sguardi carichi d’amore, Thomas li osservava profondamente avvilito, Francesca invece guardava Thomas preparandosi psicologicamente a parlargli. Maxi e Camilla ridacchiavano indicando i due innamorati, Ricardo non riusciva a smettere di fissare la sua Camilla, Gabriella fulminava Ludmilla con i suoi occhi castani. Ludmilla dal canto suo odiava tutti: Francesca aveva spifferato tutto, Leon e Violetta erano felici, e quell’imbecille di Gabriella le aveva dichiarato guerra. Troppi fronti su cui combattere…da chi doveva cominciare? Ah, già, la coppietta. Quei due li odiava più di tutti, ma non riusciva a trovare un modo per separarli...erano così uniti. All’improvviso alla fine della lezione Gabriella si avvicinò a Ricardo per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Lui annuì convinto e cominciò a parlottare con un suo amico. Alla fine della lezione Ludmilla andò a parlare con Ricardo: doveva sapere cosa aveva in mente la sua rivale. “Caro, Ricardo, come stai? Senti, mi stavo chiedendo, ti andrebbe di entrare a far parte del gruppo dei vincenti?” disse lei sorridendo. “Mi dispiace ma Gabriella mi ha proposto di far parte del suo e io ho accettato”. Quindi quella sciacquetta stava cercando di mettere su un gruppo a sua insaputa. Si rese conto che Gabriella stava facendo gli occhi dolci a Leon, il quale non la degnava nemmeno di uno sguardo troppo occupato a contemplare la bellezza della sua ragazza. Ludmilla sorrise: aveva un piano per prendere due piccioni con una fava. 

NOTA AUTORE: premetto che questo capitolo mi ha reso triste...Povera Francesca ç.ç Però, e aggiungo però, sembra che Stefan non sia indifferente alla ragazza (chissà...). E voi quale coppia preferite?! ThomasxFran o FranxStefan? Una cosa è certa: Francesca è molto confusa! Sono contento che abbia finalmente deciso di rivelare la verità a Vilu...ora le rimane da parlare con Thomas. Su Violetta e Leon non mi esprimo, rischio di essere ripetitivo (li amo troppo quei due, dico solo questo *-*). Fatemi sapere che ne pensate; a me è piaciuto molto, soprattutto perchè da questo capitolo si ha l'occasione di poter leggere sugli altri personaggi(anche se il mio capo-saldo sono loro due ç.ç). Ah, questo capitolo è dedicato a LADY MIRAI, che mi pare di aver capito adori il personaggio di Francesca ( e che mi lascia delle belle recensioni :D). Buona lettura a tutti!!

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Capitolo 14
*** Amori e Gelosie ***


Capitolo 14
Amori e Gelosie

Le lezioni quel giorno erano finite. Violetta era rimasta fuori dallo Studio aspettando il suo ragazzo. Il suo ragazzo…ogni volta che ci pensava non riusciva ancora crederci fino in fondo. La raggiunse Thomas che si accorse subito dello sguardo sognante della ragazza. “Congratulazioni, ho saputo” disse lui tutt’altro che felice. “Grazie Thomas…” rispose lei ancora mezza imbambolata. Niente, sentiva di non avere speranze con Violetta, ma non si voleva arrendere. Leon l’avrebbe fatta soffrire prima o poi, e allora sarebbe passato all’attacco. “Volevo sapere se ti andasse di aiutarmi con la canzone dell’esercizio, ho un problema col testo e volevo chiederti un parere” disse lui timidamente. “Ma certo! Mi fa piacere poterti dare una mano, soprattutto dopo tutto l’aiuto che mi hai dato” gli rispose Violetta sorridendo. “Oggi però devo provare con Stefan, quindi non posso, ma un altro giorno va benissimo” aggiunse poi dopo averci riflettuto un po’. In quel momento uscì Leon che vedendoli parlare sentì i primi sintomi di una fortissima gelosia. Voleva andare lì e allontanarlo: quella era la sua ragazza, ma si controllò. Insomma alla fine dei conti, aveva scelto lui, né Thomas né Stefan. Doveva avere fiducia nella sua Violetta. Quando i due ebbero finito di parlare, Violetta lo vide all’uscita e gli corse incontro per poi abbracciarlo e dargli un bacio intenso. “Mi sei mancato” disse lei con le guance rossissime. ‘Oddio no!! Che cosa sto facendo? Adesso penserà che sono una di quelle tipe appiccicose che controllano ogni suo movimento!’. “Volevo dire…quanto tempo!” si corresse subito liberandolo da quell’abbraccio e dandogli un pugnetto sulla spalla in tono amichevole, cercando di non apparire troppo possessiva. “Sembra sia passata un’eternità, vero? Soprattutto perché non potevo fare a meno di pensarti e le lezioni non finivano più” disse lui sorridendo per poi baciarla di nuovo. Quel ragazzo era perfetto, sapeva sempre come comportarsi per farla sentire a suo agio, per farle sparire l’imbarazzo. “Ti accompagno a casa?” chiese Leon prendendole la mano. “No, oggi rimango qui. Ho le prove con Stefan per l’esercizio di Pablo, stiamo un po’ indietro” si scusò lei. ‘Lei e Stefan da soli?! Ma stiamo scherzando?! No, Leon, contieniti, non fare la figura di uno di quelli iper-gelosi. Respira, espira. Conta fino a tre…’. “Ah, perfetto!! Allora ci vediamo domani mattina alla solita ora” disse Leon un po’ abbattuto. Violetta si rese conto del suo stato d’animo, era come un libro aperto per lei per cui tentò di rincuorarlo: “Sono solo delle prove Leon, niente di più. Lo sai bene che mi interessi solo tu”. Il ragazzo si sentì la persona più felice del mondo a quella confessione, l’abbracciò, la sollevò da terra e le diede un bacio, poi ancora di buon umore la salutò e si avviò verso casa. ‘Devo pensare al nostro appuntamento. Voglio che sia tutto perfetto così da regalarle delle emozioni uniche’ pensò allegramente durante il tragitto. C’era solo un ostacolo per il loro appuntamento:German. Già se lo immaginava appostato davanti casa con un fucile in mano pronto a farlo fuori non appena si fosse avvicinato. Doveva pensare a qualcosa…
“NATA!!!” urlò Ludmilla. “Eccomi, eccomi” rispose precipitandosi dalla sua amica. “Mi hai portato l’acqua come ti avevo chiesto?” chiese lei. “Tieni” disse Nata con il fiatone. Visto che la macchinata era rotta, aveva dovuto fare una corsa fino al Resto-Band per non far arrabbiare Ludmilla: ultimamente si sentiva sfruttata più del solito. “Allora hai capito qual è il mio piano per separare quei due?” chiese lei. “N-non è un po’ troppo? Forse è meglio lasciare perdere, insomma sono una bella coppia, no?” si azzardò a dire lei timidamente. Nata aveva commesso un grande errore parlando in quel modo, ma voleva farle capire che non se la sentiva di far parte di quella macchinazione: era troppo anche per loro! Ludmilla non prese molto bene l’atteggiamento dell’amica, anzi… “Osi ribellarti?! Senti cara mia, ricordati che sei chi sei grazie a me. Senza la mia amicizia tu non eri altro che una formichina come tante, quindi non contraddirmi! Mai!”. “Senti Ludmi pensala come ti pare, ma stavolta non contare su di me. Ah, tra parentesi, ho una tua foto piena di vernice che uso come sfondo sul desktop del mio computer…ecco, ora te l’ho detto” disse tutto d’un fiato Nata, quindi per la prima volta in vita sua si girò, dandole le spalle, e se ne andò, lasciando la sua amica a lanciarle maledizioni. Quando uscì dallo Studio, si rese conto di cosa aveva fatto e cominciò a pentirsene quasi subito. Poi le venne da piangere, ma trattenne le lacrime e si diresse verso il parco. Forse così non ci avrebbe pensato per un po’…
Maria aveva trovato una nuova amica in Camilla; insieme avevano scoperto di avere tantissimi interessi in comune. Stavano parlando dei loro gruppi musicali preferiti quando passò davanti a loro Ricardo, il quale fece un sorriso affascinante rivolto soprattutto a Maria. Poi si avvicinò e cominciò a parlarle, ignorando del tutto Camilla. ‘Ma come?! Prima mi bacia e adesso fa finta di nulla. Sicuramente ci sarà rimasto male per la figuraccia che gli ho fatto fare; che posso dire…se la meritava!’ pensò lei mostrandosi un po’ infastidita. Certo però, da qui a non rivolgerle proprio parola... “Senti Maria ti va di uscire insieme una volta?” chiese lui con un tono sfacciato. “Certo, mi farebbe davvero piacere” sorrise contenta la ragazza. Vabbé ma lo stava facendo apposta a non filarsela?! “Ehm!” tossicchiò lei per fargli accorgere della sua presenza “Ciao Ricardo”. Lui la degnò appena di uno sguardo, le disse un ‘ciao’ velocemente e tornò a parlare con Maria. I due si scambiarono il numero di cellulare con la promessa di sentirsi presto per organizzare l’uscita, poi quando Ricardo se ne fu andato Maria cominciò a saltellare felice: “Hai visto che bello?! Mi ha chiesto di uscire , sono così contenta; cosa mi metto? Lo chiamo io? E se passano due giorni e non mi chiama?” cominciò ad interrogarsi lei volendo condividere le sue preoccupazioni con la sua nuova amica. “Ma no, vedrai che andrà tutto bene!” la rincuorò senza troppo entusiasmo. “Hai visto che bello?! Quei capelli castani mossi, quegli occhi azzurri così intensi…oddio è davvero un sogno” continuò lei con la testa tra le nuvole.  ‘Si effettivamente non è niente male; e se la cava anche a baciare…ma che sto dicendo?! Quel tipo è un arrogante sbruffone!’ pensò Camilla. Si sentiva divisa in due: da una parte rimaneva della sua opinione su quel ragazzo, dall’altra però non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ gelosa. “Adesso andiamo a prenderci un frullato però, eh?” incalzò Camilla. “Si andiamo!” rispose Maria riprendendosi dall’imbambolamento.
Maxi stava passeggiando tranquillamente, ascoltando un po’ di musica hip-hop, quando vide una scena che lo sorprese molto: la tirapiedi di Ludmilla, da sola con uno sguardo triste seduta su una panchina. Senza rendersene conto si avvicinò attirato da quell’insolita situazione. “Tutto bene?” chiese lui cauto: non voleva cascare in una trappola; magari dietro c’era un piano di quella perfida per ottenere non si sa quali perfidi scopi.
“S-si” rispose lei singhiozzando e asciugandosi gli occhi ormai lucidi. “Ah, allora io vado…” disse Maxi non del tutto convinto, ma d’altronde non aveva tutte queste confidenze con Nata. Stava per allontanarsi quando lei si alzò per fermargli il braccio e dopo averlo guardato negli occhi supplicante lo abbracciò. Maxi era visibilmente confuso e imbarazzato: come si doveva comportare? Quindi con fare impacciato le accarezzò dolcemente la testa per tranquillizzarla. “Si può sapere cosa è successo adesso?” chiese dopo che si furono separati. Nata annuì e gli raccontò tutto, di come si fosse rifiutata di eseguire gli ordini di Ludmilla e di come ora si sentisse sola e spaventata. “So io cosa ci vuole in questi casi: la cioccolata. Aspettami qui vado a comprarti una barretta; e smettila di affliggerti, tu vali cento volte Ludmilla!” disse lui cercando di incoraggiarla. Lei sorrise un po’ rincuorata ed annuì. Non sapeva però che Ludmilla aveva visto tutta la scena e stava già meditando vendetta; non voleva ammetterlo ma aveva bisogno di Nata, la sua fida alleata, e avrebbe fatto di tutto per riaverla al suo fianco. Ma quel rapper da strapazzo stava rovinando tutto. Chiamò la madre di Nata a casa: “Pronto sono Ludmilla, potrei parlare con Nata…ah, è fuori? Non riesco a trovarla da nessuna parte, sono molto preoccupata; al telefono è irraggiungibile, forse dovrebbe provare lei…non vorrei che si stesse vedendo con qualche ragazzo di nascosto. Certo, grazie mille, mi faccia sapere” quindi riattaccò soddisfatta; e anche questa era risolta. Nata stava aspettando Maxi quando ricevette una telefonata dalla madre furiosa che le ordinava categoricamente di tornare a casa subito. Provò a spiegarle che non stava facendo nulla di male, ma non ci furono ragioni; quindi, arresasi, si avviò verso casa. Quando il ragazzo tornò con la tavoletta di cioccolato non trovò nessuno ad aspettarlo; quindi un po’ deluso scartò la tavoletta e cominciò a mangiarsela da solo: “Mi sembrava troppo strano…” si disse fissando il cioccolato con aria insoddisfatta. Però non riusciva a togliersi dalla testa quel lato nuovo di Nata, un lato fragile e dolce che lo faceva letteralmente impazzire. Che fosse quella la vera Nata?
Le prove di Stefan e Violetta procedettero alla grande: tra i due c’era una sintonia incredibile, erano perfetti. “Faremo un figurone” esclamò estasiata Violetta. Stefan al piano era incredibile, lo suonava così bene…come il suo Leon. Una volta aveva visto Leon suonare il piano ed era rimasta letteralmente incantata. “ Si, stiamo andando alla grande. Come vanno le cose con Leon?” chiese lui a metà tra l’incuriosito e il divertito. “Direi benissimo” rispose Violetta con lo sguardo innamorato. Eccola là, l’aveva persa, ora avrebbe pensato al suo ragazzo per tutte le prove. Però era felice che la sua nuova amica avesse trovato l’amore. Gli stava simpatico Leon, anche se non sentiva di essere ricambiato; quel ragazzo era veramente geloso. Ogni volta che li vedeva insieme lo fulminava letteralmente con lo sguardo. Suonò il cellulare. “Leon!” rispose Violetta felice “Ti stavo giusto pensando. Si anch’io non vedo l’ora di poterti vedere domani”. Stefan le fece capire che avrebbe fatto una passeggiata per lasciarli un po’ da soli. Non appena fu uscito incontrò Gabriella. “Giusto te cercavo, Stefan” lo salutò la ragazza tutta sorridente “Visto che ancora non hai scelto nessuno dei gruppi volevo darti l’esclusiva opportunità di entrare a far parte del mio. Soprattutto perché sicuramente abbiamo degli obiettivi in comune. Io voglio Leon, tu Violetta, quindi ti conviene avermi come amica”. “Piuttosto preferisco morire morso da un serpente velenoso in preda a spasmi di dolore. Grazie comunque per la proposta” disse Stefan col suo solito atteggiamento impassibile. Gabriella rimase senza parole, non sapeva neanche come rispondere a quell’insulto, non se l’aspettava proprio. “Ora scusami, devo andare” disse lui per allontanarsi da quella tipa insopportabile. Non sapeva cosa fare: doveva dire tutto a Violetta sui piani di Gabriella? Era così felice, non voleva turbarla. ‘Penserò io a difendere Leon e Violetta. A Violetta devo molto e vederla felice è il mio unico obiettivo’. Non sapeva cosa sentisse  per Violetta: era difficile capire cosa provasse; in quel momento aveva solo una certezza: Violetta era la sua unica amica e le voleva bene più che a chiunque altro , ma di qui all’amore il passo era così breve? Facendosi queste domande tornò dentro per continuare a provare. 

NOTA AUTORE: Allora innanzitutto auguri di buona Pasqua a tutti (in gran ritardo) e auguri di buona Pasquetta!!! Allora questo capitolo oltre a parlare di Leon e Violetta (preparatevi, loro sono un tema ricorrente) nel loro momento di felicità (che sembra non essere destinato a durare a lungo, visto che li vogliono separare tutti O.o) abbiamo altre scene simpatiche. Devo dire che mi è piaciuta particolarmente quella di Nata (Nata ha una suo foto con la vernice sul computer?! ma LOL): Maxi e Nata sono carinissimi :D perchè Ludmilla deve rompere?! Pooooi, Camilla sta cominciando a rosicare (che cucciola :3)...io la vedo troppo bene con Ricardo (a differenza di Maria...ma chi seeeei???!!) :D Poi tanta stima per Stefan (ma veramente tanta....) anche se sente dei sentimenti contrastanti per Violetta :O Questo capitolo lo dedico a VALY_CHEAPPY principalmente per due motivi: 1) l'ultima recensione mi ha fatto quasi piangere dal ridere xD 2) le sue storie fanno morire dal ridere ç.ç (vi consiglio di leggere Wolfes,Vampires and...her se non l'avete già fatto :D). Il titolo del prossimo capitolo è: "Chiarimenti: ricordi di un giorno d'estate". Alla prossima e buona lettura!

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Capitolo 15
*** Chiarimenti e Ricordi di un giorno d'estate ***


Capitolo 15
Chiarimenti e Ricordi di un giorno d’estate

Angie stava riordinando gli spartiti con gli esercizi dei suoi alunni, quando qualcun altro entrò nella sala insegnanti: “Ancora qui?” chiese Cristobal. “Si, devo finire di controllare alcune cose e poi vado” rispose la donna assorta nel suo lavoro. “Senti, dopo che hai finito che ne dici di fare una passeggiata?” le chiese gentilmente il preside. “Mhh…perché no?! Mi farà bene prendere un po’ d’aria” disse dopo averci pensato un po’ su. “Allora ti aspetto fuori” la avvisò mentre usciva. Angie si fermò a riflettere sorridendo: quell’uomo era rimasto tale e quale a quando l’aveva conosciuto; era solare, simpatico, anche se nel lavoro si mostrava inflessibile e severo. Ma come mai per tutto quel tempo si era allontanato dalla famiglia di Maria? Anche dopo che sua sorella si fu sposata con German, i due avevano mantenuto buoni rapporti…ma allora perché era scomparso subito dopo la sua morte? Mise il materiale in borsa: non voleva pensarci più. Uscì per raggiungere Cristobal. “Hai fatto presto” disse lui vedendola arrivare. “Vieni ti porto in un posto speciale” continuò con fare misterioso. Iniziarono a camminare chiacchierando allegramente. Ad un certo punto entrarono in un giardino pubblico che risultò subito familiare alla donna. “Ti piace?” chiese improvvisamente Cristobal con un sorriso nostalgico. Angie si irrigidì subito: si trovavano sotto un pesco, un pesco che le riportò alla mente un mare di ricordi
Flashback
Angeles  correva ai giardini preoccupata e accaldata: quell’estate era la più calda da anni. Non riusciva a trovare Maria…dov’era finita? Improvvisamente si ritrovò in un meraviglioso parco con una piazzola e una fontana al centro che rendeva il luogo fresco nonostante il clima.  Lì vicino vide un bellissimo pesco mosso da un leggero vento caldo. E sotto di esso, prendendosi per mano, due persone si stavano scambiando promesse d’amore. La ragazza era Maria, ma il ragazzo chi era? Quando videro la bambina correre verso di loro, Maria bisbigliò qualcosa all’orecchio del ragazzo, poi i due si avvicinarono sorridendo. “Ti presento il mio fidanzato…Lui è Cristobal. Noi ci amiamo” disse con uno sguardo solare.
Fine Flashback
In quel momento le sembrò di risvegliarsi all’improvviso da un sonno profondo e si rese conto che Cristobal si stava avvicinando pericolosamente. No, non era possibile…non lui. Si sentiva come se stesse prendendo il posto di sua sorella Maria, come se si stesse appropriando della sua vita.  Angie si allontanò spaventata e corse via lasciandolo lì.
“Allora, mi accompagni a fare shopping?” chiese Maria a Camilla mentre stavano passeggiando. “Mi dispiace ho le prove con Ricardo…” rispose Camilla scusandosi. “Senti già che ci sei che ne diresti di indagare un po’ per mio conto sui suoi gusti e su ciò che preferisce? Ci tengo davvero a fare colpo al primo appuntamento. Puoi farmi questo favore?” chiese la ragazza supplicandola in tutti i modi. “Va bene, va bene!” tagliò corto Camilla, salutandola e avviandosi verso lo Studio 21. Appena arrivò all’entrata vide Stefan che parlava tranquillamente con Violetta: probabilmente avevano finito le prove. “Eccoti, imbecille” disse la ragazza andando incontro a Ricardo che stava ascoltando la musica ignorando le parole arrabbiate della sua partner. Camilla infuriata gli tolse le cuffiette e gli urlò nell’orecchio: “Sei in ritardo! Andiamo a provare, svelto”. Ricardo senza nemmeno salutarla si alzò per seguirla nella scuola. I due cominciarono a provare: Ricardo stava andando alla grande; una vera e propria trasformazione dall’ultima volta: che fine aveva fatto il ragazzo superficiale e sfaticato che l’aveva baciata? Quell’espressione così concentrata, quello sguardo così serio lo rendevano particolarmente attraente. Camilla si riprese da quella riflessione maledicendosi per gli apprezzamenti che stava facendo nella sua mente. Quello era sempre lo stesso Ricardo di sempre, solo che ora stava fingendo molto abilmente. Quando le prove finirono il ragazzo le fece un cenno per salutarla e se ne andò. Quell’atteggiamento la infastidì parecchio e la rese leggermente gelosa: come mai all’improvviso era diventata invisibile agli occhi del suo partner?
Violetta stava tornando a casa insieme a Francesca: si erano incontrate per caso e avevano deciso di fare un tratto di strada insieme. Francesca ne approfittò per farsi raccontare come era nata la sua storia con Leon. “Si è trattato di un colpo di fulmine” disse lei con gli occhi che le brillavano. Cominciò a raccontarle tutta la storia senza fermarsi nemmeno per respirare, e più la raccontava più voleva avere il suo Leon di fronte a lei per abbracciarlo, baciarlo, sentire il suo profumo. L’amica ascoltò in silenzio col sorriso stampato: vederla così appassionata la rendeva felice ma allo stesso tempo non poteva far a meno di sentire una fitta al cuore, poiché i suoi pensieri si rivolgevano a Thomas. “Mi sembra quasi di sentirlo qui, mi sembra quasi di vedere i suoi bellissimi occhi verdi…” continuò Violetta sognante. “Beh, non dovrai fare molta fatica, perché è qui” la interruppe Francesca riportandola alla realtà. Eh, si, infatti di fronte a loro c’era proprio Leon, che le venne incontro abbracciandola e baciandola dolcemente. “Non ce la facevo ad aspettare fino a domani quindi avevo pensato di passarti a prendere allo Studio” disse lui sorridendole. Violetta si perse di nuovo in quel verde che l’aveva catturata la prima volta. Sentiva la felicità avvolgerla completamente, non poteva certo immaginare che nel frattempo c’era chi tramava alle sue spalle. Francesca decise di lasciarli da soli ed andò al Resto-Band per rilassarsi un po’. La ferita al cuore le faceva ancora molto male, aveva bisogno di tempo per dimenticare. Si sedette da sola ad un tavolino del bar, quando un ragazzo si avvicinò  per farle compagnia. Era Stefan. “Ti vedo triste” le fece notare il ragazzo preoccupato. “No, non è nulla…” mentì Francesca. “Beh , se è così, che ne dici di fare un duetto insieme, qui e adesso?” le propose lui molto gentilmente. “Non me la sento proprio. Grazie lo stesso, Stefan” disse lei con il morale a terra. Ma Stefan non si arrese, le prese la mano e la guidò verso il palco. Lei inizialmente provò ad opporre resistenza ma quando alzò lo sguardo, che fino a prima aveva tenuto basso, rimase incantata da quegli occhi grigi così freddi, così glaciali, e si lasciò condurre dimenticandosi di tutto. Quando salirono sul palco Stefan cominciò a suonare la pianola elettrica, e fece partire la base. Francesca quindi cominciò a cantare Te Creo, liberandosi di tutto la sofferenza che fino a poco tempo fa la stava opprimendo. Quindi guardò Stefan: stava sorridendo. Era la prima volta che lo vedeva sorridere; quando lo faceva era ancora più affascinante. Si avvicinò ancora di più a lui e lasciandosi trasportare dalla musica poggiò dolcemente la mano sulla sua spalla. Non appena la musica finì però i due abbassarono lo sguardo imbarazzati e si separarono. Il cuore di Francesca aveva fatto una capriola: era da tanto tempo che non si sentiva in quel modo; l’ultima volta era successo quando aveva incontrato Thomas…non avrebbe mai dimenticato quel giorno, per lei era stato veramente speciale. Ma il passato la faceva solo soffrire, invece quel presente le regalava delle emozioni uniche e voleva coglierle al volo. Voleva vivere la vita fino in fondo e sentiva che Stefan l’avrebbe aiutata in questo.
Nata era tornata a casa e dopo aver subito la sfuriata da parte della madre si rintanò nella sua camera e si buttò sul letto esausta. Tutti quegli avvenimenti le avevano dato molto da pensare: Ludmilla l’aveva sempre sfruttata dando per scontato la sua amicizia, ma doveva farle capire che non era così, che se voleva la sua fiducia doveva guadagnarsela. Non aveva intenzione di continuare a giocare sporco e la sua amica avrebbe dovuto accettarlo. Poi i suoi pensieri furono tutti rivolti a Maxi: quel ragazzo era stato così gentile con lei, nonostante tutte le cattiverie da lei commesse. Le era dispiaciuto seriamente abbandonarlo lì ma d’altronde non poteva fare altrimenti. Poi si girò sul comodino e prese una foto di Maxi (l’aveva fatta tempo fa di nascosto) e cominciò a fissarla languidamente. Era tanto che le piaceva e quel giorno finalmente aveva avuto l’occasione di parlarci. E poi chissà, da cosa nasce cosa…

NOTA AUTORE: Rieccomi!! (della serie non vi libererete mai di me xD). Allora questo capitolo non è che mi faccia esaltare, però lo trovo particolare, un pò diverso dagli altri. Mi piace molto il fatto che Angie pensi quasi di stare vivendo la vita di sua sorella...Poi, il momento FranxStefan non è affatto male, nonostante Francesca si senta molto confusa e indecisa. Il fatto che Stefan ha deciso di duettare anche con lei è veramente significativo (che il nostro Stefan provi qualcosa per quella ragazza?!). Tra Ricardo e Camilla niente di nuovo, anche se la ragazza si sta rendendo conto che forse non bisogna giudicare subito una persona, ma che prima va conosciuta meglio (anche se prima Ricardo era seriamente insopportabile...). E poi c'è Nata...riuscirà a uscire dalle grinfie di Ludmilla? Lo scoprirete (forse) nel prossimo capitolo. Ah, questo capitolo è dedicato a PUMBA93 per le sue recensioni piene di complimenti :D :D. Buona lettura!
P.S: in questo capitolo Leon e Violetta non sono molto presenti (vabbè ci sono anche altri personaggi). In futuro rimedierò ;)

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Capitolo 16
*** I hate you, but also I love you ***


Capitolo16
I hate you, but also I love you

Francesca e Stefan si rimisero seduti senza togliersi gli occhi di dosso mentre i presenti applaudivano per l’esibizione a cui avevano appena assistito. Fu Stefan a parlare per primo: “Sei stata bravissima”. Francesca lo vide sorridere e si sentì mancare il respiro: quel ragazzo le piaceva, ora ne era sicura…ma Thomas? Anche quel ragazzo non le era indifferente, nonostante tutto quello che era successo. Come doveva comportarsi ora? La prima cosa da fare era parlare con lo spagnolo: non poteva più evitarlo, era il momento di affrontarlo. Proprio allora entrò nel Resto-Band Thomas accompagnato da Maxi: stavano parlando di un compito che gli aveva assegnato Beto. “No, secondo me dovremmo arrangiare in quest’altro modo, così la canzone acquista molto più ritmo…” diceva Maxi quando entrambi videro Francesca con il ragazzo nuovo seduti da soli al tavolo. La ragazza non appena li vide, si alzò scusandosi con Stefan e gli venne incontro. “Ciao, ragazzi. Maxi ci puoi lasciare soli un secondo? Io e lui dobbiamo parlare” disse seriamente lei. Maxi capì la situazione e si mise seduto vicino a Stefan per osservare la scena da lontano. “Thomas…ti volevo chiedere scusa. Non sono riuscita a controllarmi e non è giusto. Tu non mi hai mai fatto credere che…” continuò ma venne interrotta; “Francesca non ti devi scusare, non c’è bisogno di nascondere quello che provi. Ti voglio bene sul serio, sei la mia migliore amica, ma non sento quello che senti tu” disse il ragazzo molto lentamente. “E a me sta bene così, davvero. Mi è sufficiente starti vicino e che tu stia vicino a me” disse Francesca abbracciandolo. Doveva chiudere quel capitolo, che per lei era stato molto doloroso. Era pronta a ricominciare. Eppure sentiva come se non potesse più essere felice; con una scusa Francesca uscì dal locale per correre a casa. Una lacrima scese durante il tragitto, ma la ragazza si era ripromessa di non piangere, voleva mostrarsi forte agli occhi degli altri.
Violetta e Leon, finalmente rimasti da soli, avevano deciso di andare al parco; stavano camminando mano nella mano quando squillò il telefono della ragazza. “Pronto?” rispose lei. “Si, se ne hai bisogno vengo subito. Ma no! Non ti devi preoccupare, dammi un secondo e sarò da te” quindi attaccò e guardo con sguardo triste il suo ragazzo. “Francesca mi ha chiamato…mi ha chiesto di andarla a trovare, dice che deve parlarmi” disse abbracciandolo. “Vai, non ti preoccupare per me, ci vediamo domani” disse Leon per non farla sentire in colpa. Quindi le prese il viso tra le mani e le diede un bacio dolcissimo. Quando si furono separati, Violetta si avviò verso casa di Francesca: aveva avuto l’indirizzo grazie a un messaggio. Mentre camminava le arrivò un’altra chiamata: “Mi manchi…Credo di essere innamorato di te, ti volevo dire solo questo” disse Leon al telefono con una voce irresistibile. “Anch’io sento di essere innamorata di te, Leon” disse Violetta arrossendo. Dopo qualche minuto arrivò alla casa di Francesca: una bella villetta con un giardino tutto intorno ben curato. Suonò il citofono e le venne incontro la sua nuova amica con una faccia distrutta. “Violetta! Grazie per essere venuta. Avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma volevo parlare solo con te” disse Francesca correndo per abbracciarla. Dopo essersi salutate la condusse subito nella sua camera da letto: una bella stanza di un rosso acceso, con numerosi poster di cantanti, e foto con gli amici sparse sulle pareti. Una foto in particolare era stata messa sul comodino vicino al letto: lei e Thomas che sorridevano abbracciati. Violetta prese quella foto in mano: sembravano tutti e due felici; stavano così bene insieme… “L’abbiamo fatta quest’estate” disse Francesca prendendole dalle mani la fotografia e guardandola in modo nostalgico. “Non è colpa tua” aggiunse poi come se stesse leggendo i pensieri dell’amica. Violetta rimase in silenzio; da un pò di tempo aveva capito che Thomas provava qualcosa per lei: come aveva fatto a comprendere i suoi sensi di colpa? “Cosa volevi dirmi?” chiese poi per cambiare discorso. “Ho parlato con Thomas: è finito tutto” disse Francesca con voce tremante. Poi sedendosi tutte e due sul letto, le raccontò tutto: da quella fatidica sera, alle parole che si erano detti poco fa. Violetta rimase in silenzio, guardandola con degli occhi emozionati: era la prima volta che una ragazza le faceva delle confidenze così intime; si sentiva così onorata, ma allo stesso tempo soffriva per quello che le veniva raccontato. Quando ebbe terminato la storia rimasero tutte e due zitte, poi Violetta la abbracciò rassicurandola con parole dolci. Sentiva che il legame tra loro due stava diventando sempre più forte: sentiva che Francesca sarebbe diventata la sua migliore amica. “Poi ho incontrato Stefan…Vilu, mi sembra di sentire qualcosa per lui. Cosa devo fare?” chiese lei sull’orlo delle lacrime. Stefan? Adesso le piaceva Stefan? Quella rivelazione infastidì un po’ Violetta. Che fosse gelosia? No, lei amava Leon. Punto. E allora perché si sentiva così?
Maria era prontissima per il suo appuntamento. Alle 19 Ricardo avrebbe dovuto presentarsi sotto casa sua e poi insieme sarebbero andati al Resto-Band. Aveva deciso di indossare un bel vestito di colore verde smeraldo con una discreta scollatura. Arrivarono le 19 ma ancora nessuna chiamata…19 e 30…20…20 e 30. Niente… passò tutta la serata ma non si presentò. Si buttò sul letto con lo sguardo fisso sul soffitto; si sentiva tradita ed abbattuta, ma questa non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Il giorno dopo Camilla andò incontro alla sua nuova amica per sapere come era andata l’appuntamento ma si ritrovò di fronte una  Maria con le occhiaie, gli occhi gonfi e completamente struccata; qualcosa le diede l’impressione che l’appuntamento non era andato come doveva andare. “Non c’è stato proprio” urlò Maria disperata rispondendo alla domanda di Camilla. Quindi le raccontò l’umiliazione subita. Camilla divenne una furia: come aveva potuto quel bastardo, insensibile, maledetto, imbecille col cervello di un criceto comportarsi in quel modo? Decise che gliene avrebbe dette quattro. Ormai senza più alcun controllo si mise alla sua ricerca: lo trovò dopo qualche minuto nell’aula di musica mentre si preparava per la lezione di Angie. “Tu maledetto, figlio di…” cominciò a dire lei, ma lui fu più rapido e le prese il braccio facendola tacere con uno sguardo intenso e penetrante. Camilla si ritrovò completamente spiazzata: era un’idiota superficiale, ma allora perché lo attirava in quel modo? “Ti odio” disse lei ancora incantata. “Anch’io” disse tranquillamente il ragazzo poi si avvicinò come se avesse intenzione di baciarla. Camilla rimase paralizzata a quel gesto, ma chiuse gli occhi. Ricardo però le diede un bacio sul naso e poi con un sorriso sprezzante uscì dall’aula. Perché si comportava in quel modo? Camilla nel frattempo che era rimasta col fiato sospeso fece un respiro profondo riprendendosi da quello shock.
Ludmilla stava camminando per i corridoi con la sua solita aria da diva, poi d’un trattò sgattaiolò fino all’armadietto di Nata e mise lì dentro una lettera. ‘Così quel Maxi impara a cercare di rubarmi Nata’ pensò la ragazza. Poi con molta naturalezza si allontanò e si diresse verso l’aula di danza  per la lezione di Gregorio. Nata si avvicinò all’armadietto per prendere un libro e quando lo aprì trovò una lettera viola con su scritto ‘da Maxi’. Incuriosita e d emozionata lesse il contenuto:
‘Sei ridicola…pensi davvero di potermi piacere? Ieri volevo solo essere gentile perché mi hai fatto pietà, in realtà me ne sono andato subito per non doverti stare vicino. Non voglio che mi parli più, stammi lontano!  Maxi’. Nata lesse e rilesse quella lettera più volte; non riusciva a crederci: eppure le era sembrato così sincero il giorno prima. In quel momento la raggiunse Maxi fischiettando. “Ah, Nata ieri ti ho cercato dappertutto…come mai te ne sei andata così? Guarda che ti ho preso” disse il ragazzo con la faccia compiaciuta tirando fuori la tavoletta di cioccolato che gli aveva promesso. “Quella di ieri l’ho mangiata io, mi dispiace. Ma sono andato a comprarne un’altra. E poi…ti volevo chiedere se ti andava di farci un giro insieme uno di questi giorni” continuò molto timidamente Maxi. Nata lo guardò con odio, prese la tavoletta, la buttò per terra e gli urlò: “Sei uno schifoso! Non voglio vederti mai più!”; poi corse via allontanandosi per raggiungere la sua unica amica, colei che la proteggeva e non la faceva soffrire. “Ti chiedo perdono, Ludmilla. Non mi dovevo comportare così nei tuoi confronti o dirti quelle cose; tu sei l’unica che mi vuole bene” si scusò Nata abbracciando Ludmilla, la quale sorrise malignamente: il piano aveva funzionato alla perfezione. “Ben fatto, Honey. E ora è il momento di riappropriarsi dello Studio. Comincerò togliendo di mezzo quell’insulsa di Violetta” disse lei cominciando a riflettere sul da farsi.
Violetta era in ritardo per la lezione di Angie, ma si era attardata fuori per… insomma aveva fatto tardi. Leon l’aveva portata a fare colazione fuori: era stato tutto molto romantico. Si era fatto trovare sotto casa sua con una rosa bianca in mano e, dopo averle dato il bacio del buongiorno, l’aveva portata in un bar per passare un po’ di tempo insieme prima delle lezioni. Si sentiva protetta con lui, provava delle forti emozioni e la loro storia stava procedendo alla perfezione. Mentre stava facendo quei pensieri felici le si parò di fronte Gabriella: “Cara Vilu! Volevo chiederti se avevi voglia di entrare nel nostro gruppo, sai siamo i migliori” disse con arie da star. Quella ragazza le ricordava molto Ludmilla; “No, mi dispiace sono nel gruppo di Francesca” rispose Violetta con un tono molto educato, rifiutando la sua proposta. Gabriella sorrise e le disse che non importava, non si doveva sentire in imbarazzo a dirle di no. In realtà odiava quella Violetta; faceva tutta la carina per non avere nemici, ma voleva fortemente liberarsi di lei per potersi prendere Leon. Le piaceva molto quel ragazzo, aveva stile e insieme sarebbero stati una coppia fantastica. Ma per il momento non poteva fare ancora nulla. ‘Leon sarà mio, cara Vilu. E tu finirai tra gli scarti dello Studio!’ pensò Gabriella continuando a sorridere in modo falsissimo. Doveva solo trovare un piano…

NOTA AUTORE: Il titolo, apparentemente non-sense, si riferisce ai tre personaggi principali di questo capitolo: sto parlando di Nata, Camilla e Francesca. Nata è stat ingannata dalla sua presunta amica...povero Maxi :( Camilla sente sempre di più un'attrazione per quello sfacciato di Ricard, che ha dato buca alla povera Maria, facendola soffrire (povera anche lei :( ), ma lo detesta anche. Francesca c'è rimasta molto male per le parole di Thomas, che devo dire essere stato di una delicatezza unica -.- Però ha trovato un'amica molto stretta, Violetta, la quale ha dovuto rinunciare a quei pochi momenti di intimità con Leon per lei (Francesca ti odio, non è vero ti amo però dai, lasciali un pò in pace...). TA-DA-TAH Uno dei momenti più attesi (almeno da me) sta per arrivare: infatti il prossimo capitolo si intitolerà: "Un appuntamento quasi perfetto". Indovinate a chi si riferirà (ok non c'è molto da indovinare xD). Questo capitolo è dedicato a SHINEBRIGHT che oltre a seguire la mia storia (e ad avermi rimempito di complimenti) sta scrivendo una ff (bellissima tra l'altro) su Leon e Violetta (già ti voglio bene xD)

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Capitolo 17
*** Un appuntamento quasi perfetto ***


Capitolo 17
Un appuntamento quasi perfetto

Dal pomeriggio in cui Violetta era dovuta andare da Francesca, Leon aveva cominciato a pensare a come organizzare il loro primo appuntamento. Improvvisamente mentre era steso sul letto a riflettere gli venne un’idea, ma aveva bisogno della collaborazione di Angie per poter far andare tutto nel verso giusto. Si diresse verso la scuola in fretta e furia, sperando di trovarla lì; e infatti l’insegnante di canto era ancora dentro l'aula insegnanti, dove stava finendo di sistemare le sue cose. “Angie…che fortuna trovarti ancora qui!” disse Leon con il fiatone per la corsa che aveva fatto. “Leon! Che ci fai qui?” chiese la donna incuriosita. “Mi dovresti aiutare… Domani puoi tenere impegnato German?” chiese facendo una faccia da cucciolo per intenerirla. “Guarda che non funziona con me! No! Mai e poi mai, non lo farò mai!” ribattè Angie convinta. 
“Allora, German, è pronto? Mi aveva promesso che mi avrebbe accompagnato al convegno di aggiornamento sul metodo di insegnamento…”. Come aveva potuto farsi incastrare in quel modo? Ovviamente non c’era nessun convegno del genere, ma era l’unica bugia che le era venuta in mente per allontanare il padre di Violetta quel giorno. Poi avrebbe dovuto improvvisare qualcosa; cosa non era disposta a fare per la felicità della nipote? “Si, eccomi, arrivo subito” rispose German venendole incontro. Angie si era rivolta a lui per accompagnarla e questo lo rendeva stranamente felice. Jade era andata alla Spa per un trattamento completo, quindi non sarebbe tornata prima di stasera: era un’ottima occasione per stare da soli un po’ insieme. Ma cosa stava pensando? Lui era fidanzato con Jade, non doveva fare certi ragionamenti; eppure non riusciva a togliersi dalla faccia quel sorriso. I due uscirono ed entrarono in macchina. “Allora qual è la via?” chiese lui pronto ad impostare il navigatore. “Non si preoccupi, ci penso io!” disse Angie prendendo il navigatore prima che lo facesse lui; impostò una via che stesse dall’altra parte della città ( la prima che le capitò sotto tiro) e aggiunse sorridendo: “Si prepari che è un po’ lontano”. Passarono un’ora in macchina in completo silenzio, entrambi imbarazzati. Quando furono arrivati alla via segnalata German chiese dove fosse il convegno; cosa si poteva inventare ora? “Ah! Che sbadata non era Via del Caballo Blanco” esclamò lei preoccupata. Quindi gli diede il nome di un’altra via dall’altra parte ancora della città. “Ma lo sa che è davvero incredibile?!” esclamò German scoppiando a ridere. Quella donna era veramente sbadata, però questa sua qualità (se così si poteva chiamare) la rendeva molto più attraente. Dopo aver impostato la nuova via, ripartirono.
Suonò il campanello. Violetta, che era rimasta sola a casa, aprì la porta e si trovò di fronte Leon con un mazzo di tulipani rossi. Non ebbe neanche il tempo di dire 'ciao', che lui le prese la mano si avvicinò e le diede un bacio pieno di passione. “Wow” disse a bassa voce Violetta, diventata paonazza. Leon era stato talmente impetuoso da averla lasciata completamente senza parole. “Oggi sei mia” disse sorridendo il ragazzo, porgendole i fiori. “Ma che dici?! Se torna mio padre e non mi trova…” sussurrò lei riprendendosi di colpo. “Non succederà, te lo posso assicurare” la interruppe Leon con un sorrisetto complice. “E come fai a saperlo?” chiese lei curiosa. “Ho i miei informatori, adesso vieni però…”. Violetta non riusciva a dire di no al suo Leon... come avrebbe potuto? Senza aggiungere nulla si lasciò guidare fino a che non giunsero ai giardinetti. Poi arrivò una limousine che li venne a prendere. “Ti fidi?” le disse baciandola sulla guancia. “S-si Leon, io mi fiderò sempre di te” rispose timidamente Violetta. Salì sulla limousine insieme al suo ragazzo. Leon diede l’ok all’autista e si prepararono a partire; alzò il vetro oscurante per non essere visto e cominciò a baciare Violetta, sempre cercando di mantenere un certo controllo. Più la baciava, più sentiva di non poter fare nient’altro; le labbra morbide di Violetta erano la sua fonte di vita, grazie a lei si sentiva più autentico; le passò delicatamente la mano tra i capelli per poi accarezzarla dolcemente. Violetta aveva appoggiato la mano sul suo petto, per sentirne i battiti accelerati. Leon era in grado di donarle emozioni uniche, e i suoi baci erano una scarica elettrica che la riscuotevano dal torpore della monotonia della sua vita. Dopo quella che parve una manciata di secondi l’automobile si fermò per lasciarli scendere. Leon scese dall’auto e da cavaliere quale era le prese la mano per aiutarla a uscire. Poi aprì la portiera anteriore e prese un cestino da pic-nic. Violetta si guardò intorno per capire dove fosse e notò che si trovavano vicini al centro. La prima volta che ci era stata aveva incontrato Leon: era un luogo che le portava alla mente dei ricordi felici. Il ragazzo la raggiunse e le indicò un parco con un laghetto. Violetta si fece raggiante: aveva organizzato un pic-nic solo per loro due. Nessuno aveva mai fatto qualcosa del genere per lei; le veniva quasi da piangere per la gioia. Trovarono un posto molto tranquillo e appartato e stesero il telo. Poi si sedettero: Leon tirò fuori dal cestino dei tramezzini preparati da lui e un dolce al limone. Dopo un pò di tempo cominciarono a mangiare, senza mai staccarsi gli occhi di dosso. Dopo il pranzo Leon si stese chiudendo gli occhi per non essere accecato dal sole. ‘O ora o mai più’ pensò Violetta, quindi senza alcun preavviso si mise sopra di lui e e gli diede un bacio leggero. Leon a quel contatto aprì di scatto gli occhi; non si aspettava una mossa del genere da Violetta, una cosa però era certa: lo stava facendo impazzire. Il bacio si fece sempre più intenso, Violetta assaporò appieno l’aroma di limone che proveniva dalla bocca del suo ragazzo. Poi sentì una goccia: si staccò di malavoglia e alzò lo sguardo; in meno di cinque minuti il cielo si era fatto nuvoloso, e cominciò a piovere; corsero a ripararsi sotto un albero. “Ma non è possibile! Il meteo prevedeva il sole per tutto il giorno. Maledizione!” imprecò lui furioso. Poi rendendosi conto che Violetta stava tremando infrddolita, si tolse la felpa rimanendo in canottiera e gliela passò intorno alle spalle per coprirla. Violetta sentì l’indumento caldo e alzò lo sguardo verso Leon, poi lo abbracciò per trasmettergli tutto il suo calore. “Mi dispiace che l’appuntamento non sia stato perfetto. Ci tenevo tanto…” disse lui con aria afflitta. Lei in tutta risposta lo baciò tenendo sempre la mano sul suo petto, poi si rifugiò tra le sue braccia: “Nessuno aveva mai fatto tanto per me. Questo è stato l’appuntamento più bello che potrò avere in tutta la mia vita” gli sussurrò all’orecchio facendogli venire i brividi, dandogli poi un piccolo morso. “Credo di amarti, Violetta” disse lui rompendo il silenzio. Quella pioggia non era stata un ostacolo per il loro appuntamento, anzi aveva creato un’atmosfera musicale che faceva da sfondo alle loro dichiarazioni, rendendo il momento magico.
“Sta cominciando a piovere” disse German con una certa impazienza. Angie gli aveva fatto fare il giro di tutto l’isolato, perché non si ricordava dove si dovesse svolgere questo benedetto corso di aggiornamento. “Ehm…forse più avanti” disse lei continuando a camminare senza meta: quanto ancora doveva reggere il gioco di Leon e Violetta? In fondo però si stava divertendo ad aiutare i due innamorati. German la supplicò di fermarsi, quindi rimasero per un po’ di tempo riparandosi sotto la tettoia di un bar. Angie era completamente fradicia; German per essere galante si tolse la giacca e la porse gentilmente ad Angie, la quale la accettò con evidente imbarazzo. Era così bella con i capelli bagnati, sentiva il folle impulso di prendere il suo viso tra le mani e baciarla; ma lui era un uomo sempre molto controllato, avrebbe resistito…oppure no? Si fece sempre più vicino a lei, ammirando i suoi occhi e perdendosi in essi. In quel momento notò un ombrello fucsia dirigersi verso di loro con una velocità inaspettata. Jade, appena uscita dalla Spa, maledì il tempo pessimo: si era appena fatta la permanente! Quindi prese il suo ombrello e si avviò dove la doveva venire a prendere il fratello, quando notò due persone familiari; il suo cervello ci mise un po’ a carburare ma poi vedendo meglio capì: German e Angie che sotto ai suoi occhi si stavano per baciare! Non seppe come ma in un secondo si trovò di fronte a loro con una faccia irata. Non avrebbe permesso a quell’istitutrice da strapazzo di farle le scarpe. Lei era Jade La Fontaine e nessuno la poteva mettere da parte in quel modo.
Stefan stava passeggiando tranquillamente quando in lontananza notò Francesca sola soletta; subito prese un’altra strada per evitare di incontrarla; quella ragazza le faceva uno strano effetto, non voleva che distruggesse il muro che lui ci aveva messo anni per costruire. Solo Violetta, che aveva provato il suo stesso dolore, poteva capirlo fino in fondo, ma non sapeva come né perché quando stava con Francesca si sentiva privo di difese; era come se riuscisse a leggergli dentro e lui non lo poteva accettare. Per sua sfortuna la ragazza lo vide da lontano prima che potesse voltare l’angolo, e gli venne incontro salutandolo. “Stefan! Ehi,Stefan!” continuò a ripetere lei ad alta voce per farsi sentire. Ma Stefan fece finta di nulla e camminò sempre più velocemente. Francesca fece una corsa e lo prese per il braccio; lui si voltò di scatto e si trovò a pochi centimetri da lei; Francesca sentì un brivido: il suo sguardo era così freddo, si sentiva del tutto impotente di fronte a lui. Erano molto vicini e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Stefan non voleva baciarla: oppure si? In quel momento cominciò a piovere. ‘Salvato dalla pioggia’ pensò il ragazzo combattuto dentro. Quindi liberandosi dalla presa fece una corsa per tornare a casa. Francesca rimase sotto la pioggia, guardandolo andare via…che cosa aveva che non andava? Perché i ragazzi la evitavano? Senza rendersene conto venne riparata da un ombrello nero. Alzò lo sguardo e vide Thomas con un sguardo pieno di apprensione. Aveva visto tutta la scena e senza volere aveva sentito una fitta di gelosia attraversarlo da parte a parte. Cosa poteva fare? Le piaceva Violetta, questo senza dubbio, ma non poteva fare a meno di sentirsi tradito da Francesca: ma come, prima si dichiarava  e poi provava a baciare un altro? Si sentiva molto egoista a provare quei sentimenti…Doveva dare una svolta alla sua vita e capire i suoi sentimenti in tempo.

NOTA AUTORE: questo capitolo è fghghgghghgahgahga. Magari non è uno dei miei più riusciti (anche se a me piace *-*) però i contenuti non sono affatto male ;) Allora Violetta e Leon hanno avuto il loro primo appuntamento. Per chi se lo stesse chiedendo: Leon si è presentato con dei tulipani rossi perchè nel linguaggio dei fiori significa "dichiarazione d'amore" (tenero lui :D), dichiarazione portata a termine durante il loro appuntamento apparentemente finito male perchè ha piovuto, ma che in realtà è andato a sfociare in un momento di dolcezza assoluta (io ho avuto i brividi, manco ci stessi io là al posto loro...). Pooooi, Angie è stata in gamba, è riuscita ad allontanare German (ecco German fatti un giretto :D), ma Jade li ha beccati in una situazione poco chiara (comunemente detta quasi bacio); Stefan e Francesca mi fanno morire....sono BELLISSIMI!!! ç.ç Ora che mi sono sfogato ( in questo capitolo un sacco di baci mancati), mi faccio gli auto-complimenti (?!) perchè trovo molto suggestivo il fatto che queste tre scene siano accomunate dalla pioggia, la quale per ciascuno è stata significativa (o comunque ha influito). Dopo questa riflessione profonda (?!), lascio la parola a voi lettori...fatemi sapere che ne pensate!!! E alla prossima :D

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Capitolo 18
*** Il furto del ciondolo ***


Capitolo 18
Il furto del ciondolo

“German, tesoro” urlò Jade sotto la pioggia per farsi sentire da quei due. German, sentendosi trascinato a forza nella realtà, distolse lo sguardo da Angie e andò incontro a Jade per spiegarle che non era successo niente. “Posso spiegarti tutto…” cominciò a dire German. Non era vero, non sapeva proprio cosa inventarsi per uscire fuori da quella situazione imbarazzante. “Ma caro, è tutto chiarissimo! La povera Angie si era bagnata e tu le hai offerto la giacca” disse molto tranquillamente Jade. ‘Maledetta schifosa!! Togliti quella giacca subito prima che ti stacchi la testa…piuttosto che ti venga una broncopolmonite! Ma non ti preoccupare, te la farò pagare ’ pensò la donna nascondendo il suo odio all’esterno. “Jade, tu che ci fai qui” chiese German curioso. “Amore, qui c’è la Spa e oggi ti avevo detto che ci avrei fatto un salto” rispose la donna stringendo i pugni ripensando al modo in cui aveva trovato quei due. In quel momento giunse Matias con la macchina (o meglio la sua abitazione) per venire a prendere la sorellina. “Ci vediamo a casa, allora” sorrise Jade, salutandoli ed entrando in macchina. Quando fu all’interno raccontò tutto al fratello, il quale ascoltò in silenzio con la massima attenzione. “Jade, ti avevo avvertito sulla pericolosità di quella donna. Per fortuna ho un piano” disse Matias dopo averci riflettuto un po’ su. “Ma Matias, ti sembra adesso il caso di suonare?! Ah, ho capito, vuoi far fuori Angie facendo cadere sopra di lei un pianoforte. Fratellino, è un’idea geniale!” disse Jade con estrema soddisfazione mentre nella sua mente immaginava la scena. “Certo, Jade, certo…Poi ti spiego meglio” disse Matias sospirando pazientemente. Il viaggio di ritorno di German e Angie passò in completo silenzio: nessuno dei due sapeva cosa dire per alleviare la tensione nell’aria. Angie sperava solo che Violetta e Leon avessero fatto in tempo…
Leon riaccompagnò Violetta fino a casa dopo quella bellissima giornata: erano completamente zuppi. La guardava mentre camminavano e le stringeva la mano, senza poter fare a meno di sorridere. “Cosa c’è da ridere?” chiese la ragazza un po’ perplessa e imbarazzata per l’audacia che aveva dimostrato in quell’appuntamento. “Niente di che…penso solo di essere stato davvero fortunato ad aver fatto il viaggio a Madrid quest’estate” disse Leon con fare enigmatico. “E perché?” continuò ad insistere lei pur intuendo la risposta. “Così ti ho potuto incontrare” rispose Leon con molta semplicità. “Sei il regalo più bello che il destino potesse farmi” sussurrò poi nell’orecchio della ragazza, che rabbrividì. Quindi la fece appoggiare su un muretto lì vicino e cominciò a baciarla con passione. La mano di Leon delicatamente le accarezzava la schiena sotto la maglietta. Violetta dal canto suo cominciò ad arrossire ancora di più ma gli fece capire che non voleva che smettesse di regalarle quelle sensazioni meravigliose. Poi però il pensiero di German, che sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro, la riportò alla realtà. “Leon, qui no, non è proprio il caso” disse lei staccandosi di colpo. “Hai ragione, ti chiedo perdono, è solo che non ho saputo resistere” si scusò lui facendo una delle sue migliori facce da cucciolo. Violetta si intenerì e cominciò a ridere accarezzandogli la guancia. Poi si avviò verso casa, aprì la porta e si ritrovò di fronte Jade. “Ciao Vilu! Dove sei stata? Sei tutta bagnata…Non credo che German sarà felice di sapere che sei uscita senza il suo permesso” sorrise malignamente la fidanzata del padre. “Cosa vuoi da me, Jade?” chiese Violetta spaventata: non aveva idea che quella strega sarebbe tornata così presto. “Per ora nulla, tesorino, ma quando sarà il momento ti farò sapere…mi basta sapere di avere il tuo appoggio in ogni cosa” concluse soddisfatta la donna. Violetta, dopo essersi asciugata i capelli ed essersi cambiata, corse in camera sua e si buttò sul letto tristissima. Jade l’aveva in pugno e l’avrebbe potuta ricattare in ogni momento. La sua unica fortuna era che non sapeva che fosse uscita con Leon. Forse se la sarebbe potuta cavare con una punizione minima, ma poteva rischiare in questo modo? E se German fosse riuscito a far parlare lei e Angie? No lei non avrebbe parlato e nemmeno Angie: si fidava della sua amica. Si, perché ormai la considerava allo stesso modo di un’amica, era una confidente eccezionale, sentiva un legame tra di loro, un legame che non si sarebbe potuto spezzare facilmente. Quindi tirò fuori dal cassetto il ciondolo di sua madre: lo stringeva sempre al petto nei momenti di difficoltà, lo aiutava a calmarsi. Per quanto ne sapeva era uno dei pochi oggetti rimasti appartenuti a sua madre; ovviamente non poteva nemmeno lontanamente immaginare che in quella casa nella stanza sempre tenuta a chiave vi era una stanza dove si trovavano tutto ciò che era appartenuto a Maria. Un giorno Violetta incuriosita aveva chiesto al padre cosa ci fosse in quella stanza sempre chiusa: “Niente d’importante, solo dei documenti di lavoro” aveva risposto German frettolosamente cercando subito dopo di cambiare discorso; non voleva che la figlia sapesse che le aveva nascosto una parte di quel passato doloroso, anche se lo aveva fatto solo per il suo bene. Violetta stava ancora pensando a come comportarsi con Jade quando Olga la avvisò che la cena era pronta. La ragazza annuì e si preparò per scendere, lasciando il ciondolo sul letto; Matias, che si era intrufolato in casa con l’aiuto della sorella senza essere visto, entrò di nascosto nella camera di Violetta e cominciò a cercare qualcosa di valore…uno scintillio dorato attirò la sua attenzione. Si avvicinò alle coperte e trovò quel prezioso cimelio; con una faccia soddisfatta lo prese e sgattaiolò senza fare il minimo rumore.
La cena stava procedendo tranquillamente e in silenzio: ciascuno era perso nei propri pensieri. Violetta stava ancora cercando un modo per contrastare i piani di Jade. Angie si sentiva in imbarazzo per come la scrutava la fidanzata del suo datore di lavoro, mentre German ripensava alla scena sotto la pioggia: non si era mai sentito così emozionato dopo la morte di Maria e questo lo turbava profondamente. Jade dal canto suo era contenta: in quel momento esatto era partita l’operazione ‘Cacciamo Angie’; Matias aveva sicuramente fatto il suo dovere.
La mattina dopo Violetta mise a soqquadro tutta la stanza: perché non riusciva a trovare il ciondolo? Le veniva da piangere. Eppure era sicura di averlo lasciato sul letto; ora che ci pensava però ieri sera non se l’era ricordato; forse per andare a dormire, alzando le coperte, l’aveva fatto cadere. Controllò in ogni angolo possibile e immaginabile nelle vicinanze del luogo in cui l’aveva lasciato, ma niente di niente. Preoccupatissima uscì dalla sua camera e chiamò il padre per rivelargli l’accaduto. “Sono sicura che è stato rubato” si intromise Jade fingendosi apprensiva “e potrei mettere la mano sul fuoco che la ladra in questione è l’istitutrice!”. “Angie non farebbe mai una cosa simile, papà” disse con decisione Violetta: non poteva accettare che Angie venisse screditata in quel modo davanti al padre. “Io propongo di cercare in tutte le stanze a partire da quella dei dipendenti” continuò Jade facendo finta che Violetta non avesse detto nulla. “Se Olga, Roberto e Angie sono d’accordo, allora lo faremo” concluse German. I tre diedero il loro consenso, quindi German si recò prima nella stanza di Roberto, poi in quella di Olga; in nessuna delle due trovò nulla. Infine entrò nella stanza di Angie;  per prima cosa alzò il materasso e la sue espressione da tranquilla si fece furiosa, addolorata e tradita; lì, sulle toghe, con il suo scintillio dorato si trovava il ciondolo di Maria.
“Stefan ti devo parlare!” urlò Francesca dietro al ragazzo, che aveva deciso di evitarla tutto il giorno. Stefan non rispose e continuò a camminare. “Stefan! Perché?! Perché mi fai questo? Perché non mi parli?” continuò a gridare lei per farsi sentire. Quelle parole lo passarono da parte a parte; quindi si voltò e le andò incontro. Poi senza alcun preavviso si avvicinò a lei, le accarezzò la guancia che nel frattempo era diventata rossa al contatto. Non ci capiva niente: si sentiva così confuso, ma in quel momento era interessato solo agli occhi di Francesca, al contorno della sua bocca. Un calore indescrivibile lo avvolse; per la prima volta dopo tanto tempo i suoi occhi non trasmettevano più impassibilità, solo dolore. Un dolore fortissimo che cercava di tenere nascosto a tutti, che aveva rivelato solo a Violetta. Ma Francesca sembrava essere in grado di leggere ciò che sentiva dentro. Non riuscì più a rispondere delle sue azioni ; lui, che era sempre posato e freddo. Si avvicinò ancora e la baciò lentamente. In quel momento sembrava essergli tutto chiaro: era riuscito a capire cose fosse realmente l’amore? 

NOTA AUTORE: alora, rieccomi!!! Della serie potete cercare di liberarmi di me con tutte quell ff su Leon e Violetta, potete cercare di farmi prendere un infarto con le loro scene bellissime (Ary_6400 sai bene a cosa mi riferisco xD), ma io ritornerò sempre più forte e Leonetta-dipendente di prima! Ok ora basta parlare dei miei stati mentali folli e parliamo del capitolo: Leon e Violetta sono BELLISSIMI *piange* Io non so come mai faccio dire a Leon quelle frasi ad effetto smielate/dolcissime (che comunque sono da Leon) ma mi amo per questo. Ora non commento la stupidità di Jade (mi sembra inutile farlo, parla da sola) e po bla bla bla...si il furto del ciondolo...piano malvagio. Eccomi: la scena finale! Allora anche se breve è una scena intensa :D Stefan è in confusione e da bravo ragazzo confuso decide di baciare Francesca (ha una sua logica....). Detto ciò tutti i fan di Stefan e Francesca esulteranno, ma preparatevi perchè il titolo del prossimo capitolo ("Ripensamenti") non lascia ben sperare...comunque sia godiamoci la scena e bà. Ah, una cosa importante: questo capitolo lo dedico a una persona molto speciale ç.ç Si chiama Silvia (nickname:Nymphodora_Rainbow), è la mia migliore amica e ha cominciato a recensire i miei capitoli (nonostante odi le serie tv tipo Violetta), tra parentesi con delle recensioni bellissime e divertentissime. Sta scrivendo una storia fantasy molto particolare dal titolo "Il paese dellì'arcobaleno", e trovo che abbia uno stile davvero interessante; se vi ho icuriositi andate a darle un'occhiata :D Detto ciò buona lettura *ripensa alla scena Leonetta di questo capitolo e piange* e recensite in molti :D  P.S:domani non potrò pubblicare niente causa Romics (non sarò a casa tutto il giorno), quindi ci sentiremo con il nuovo capitolo o domani sera o direttamente lunedì ;)

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Capitolo 19
*** Ripensamenti ***


Capitolo 19
Ripensamenti

German uscì dalla stanza di fretta e guardò l’istitutrice con aria afflitta, poi, facendo penzolare dalla sua mano il ciondolo davanti ad una Angie terrorizzata, con una voce glaciale disse: “Ci può spiegare come mai abbiamo trovato questo nella sua camera da letto?”; Angie non sapeva che rispondere…non aveva la più pallida idea di come fosse potuto accadere. Che qualcuno stesse cercando di incastrarla? Si voltò verso Violetta come per giustificarsi ma sul suo volto lesse solo uno stato d’animo: delusione. “Violetta, io…” tentò di giustificarsi l’istitutrice; “Perché Angie? Perché? Io mi fidavo di te” disse la ragazza tremando, quasi sull’orlo delle lacrime. Non ci poteva credere: si sentiva tradita; aveva sempre nutrito ammirazione e affetto nei confronti di quella donna, aveva riposto in lei la massima fiducia. Ed ora invece aveva scoperto che quello di Angie non era amore incondizionato ma solo freddo interesse: era solo una ladra. Senza aggiungere nulla, Violetta fuggì in camera di corsa. “Non sporgerò denuncia, ma penso sia del tutto inutile dirle che deve lasciare questa casa stasera stessa” continuò German, poi dopo averle lanciato un’ultima occhiata di disprezzo si ritirò nella sua stanza da letto. “Non ti disturbare a venirci a salutare” aggiunse Jade con un sorriso sprezzante. Ma certo! Doveva essere stata quell’arpia a fare in modo che lei venisse cacciata dalla casa. “Jade, so benissimo che è stata lei a farmi questo, ma non finisce qui” disse piano l’istitutrice. Ed era vero: non si sarebbe arresa facilmente; il primo passo era convincere Violetta della sua innocenza. Frettolosamente andò in camera, prese le valige mettendoci dentro tutti i suoi indumenti ed effetti personali, poi senza dire niente a nessuno uscì dalla casa. Mentre stava camminando di notte si fermò e si voltò un’ultima volta verso l’edificio che le aveva regalato la gioia di poter stare vicino a sua nipote; poi abbassò lo sguardo con aria rassegnata e  continuò a procedere sul marciapiede fino a quando il buio non la inghiottì del tutto.
Stefan si separò da Francesca e con un timido sorriso le accarezzò i capelli. Poi, come riscuotendosi da uno strano sogno, si scostò di lato. Aveva agito impulsivamente: come le era venuto in mente di baciarla? Si sentiva come se avesse tradito Violetta; si sentiva confuso, non riusciva a fare chiarezza dentro di sé. “Io…mi dispiace, non dovevo” disse lentamente Stefan leggermente imbarazzato. “Ti prego, non dire nulla” lo supplicò Francesca; aveva capito il tormento che provava il ragazzo, anche se non riusciva a comprenderne il perché. Poi senza aggiungere altro, lo abbracciò. Rimasero in quella posizione a lungo; la ragazza cercava conforto tra le sue braccia e finalmente sentiva una pace mai provata prima avvolgerla completamente. Ispirò a fondo il suo profumo, poi si separò, gli accarezzò la guancia e disse quasi implorandolo: “Non dire nulla, ti scongiuro. Ho già sofferto molto e non voglio continuare. Se non provi niente per me, farò finta che quel bacio non sia mai esistito. Immaginerò di averlo sognato”. Stefan non voleva illuderla fino a quando non avesse compreso i suoi sentimenti, rimase in silenzio, poi si voltò e con una faccia combattuta si allontanò. La ragazza rimase ferma a guardarlo andare via.
“Cosa devo fare, Leon?” chiese Violetta il giorno dopo al suo ragazzo dopo avergli raccontato l’accaduto. “Io penso che tu debba parlare con Angie e risolvere la questione. Inoltre non credo che sia lei la colpevole del furto” rispose Leon pensieroso. “Grazie: ci sei sempre quando ne ho bisogno” disse la ragazza giocando un po’ con il suo ciuffo. Leon la lasciò fare, poi la abbracciò con fare protettivo. Violetta sentì un brivido lungo la schiena diffondersi per tutto il corpo: amava il suo ragazzo ed ogni volta che stava con lui si sentiva bene; i problemi svanivano del tutto quando l'abbracciava. Angie nel frattempo era in aula professori da sola con Cristobal; nessuno dei due sapeva cosa dire: non si erano parlati da quando Angie era fuggita di fronte al gesto dell’uomo. “Angie ti devo parlare” esclamò infine Cristobal prendendo coraggio. “Se è per quello che è successo tra noi, ti devo chiedere scusa. I-io ho avuto paura…mi dispiace” disse Angie titubando con lo sguardo abbassato. “Sono io a dovermi far perdonare” continuò Cristobal quindi allungò la mano per stringergliela: “Amici?”. “Amici!” rispose la donna accennando un sorriso. E anche questa era risolta, adesso doveva solo parlare con Violetta per farle capire come erano andate davvero le cose. Neanche a farlo apposta Violetta bussò alla porta dell’aula professori: “Scusate il disturbo, potrei parlare in privato con Angie?” chiese la ragazza a voce bassa. “Si, non vi preoccupate, io esco subito” disse il preside andandosene di fretta per lasciarle da sole. “Vilu, ti posso spiegare tutto! Io non ho rubato nulla!” cominciò subito Angie senza lasciarle il tempo di dire nulla. “Angie, aspetta, io…” cercò poi di dire Violetta, ma niente, venne interrotta da Angie che ormai era stata colta da un attacco di parlantina dovuta al desiderio di dimostrarsi innocente: “Perché io non ti farei mai una cosa del genere, lo capisci? Non lo farei mai perché ti voglio bene davvero , più di quanto immagini e…”. Stava per dirglielo: quello era il momento giusto per dirle la verità, per poterle rivelare la sua vera identità. “Io ti credo” la interruppe la ragazza sorridendole; “Io ti credo, Angie” ripeté poi per apparire più sicura. La donna si fermò: Violetta era incredibile; nonostante tutte le prove fossero contro di lei, quella ragazza continuava a fidarsi. “Grazie” disse semplicemente Angie con le lacrime agli occhi. Poi le due si abbracciarono felici: rimaneva da capire chi fosse stato a causare la cacciata dell’istitutrice dalla casa Castillo.
“Ti puoi fermare, per favore?” chiese Maxi, inseguendo Nata. Voleva chiarirsi con lei: perché se l’era presa così tanto da trattarlo in quel modo? Oltretutto era stato un’ora ad aspettarla al parco. Nata voleva continuare a fare finta di non sentirlo: la sua voce le ricordava quel biglietto che le aveva spezzato il cuore in modo così crudele. Adesso che era tornata ad essere amica di Ludmilla non doveva più parlare con quelli dell’altro gruppo ed aveva intenzione di mantenere la parola data alla sua amica. Quindi si voltò per dire a Maxi di starle lontano una volta per tutte ma si bloccò alla vista della faccia abbattuta che aveva il ragazzo. Doveva smettere di venirle dietro, soprattutto visto che a quanto pare si divertiva a fare il finto bravo ragazzo, quando in realtà era un dei peggiori dentro lo Studio. “Io ora vado e tu non mi venire dietro, capito?” gli urlò Nata con tutta l’aria nei polmoni. Quell’urlo era stato per lei quasi una liberazione: non voleva più vederlo. Maxi, spaventato da quella reazione, rimase fermo a guardarla andare via, con il cuore spezzato. Si era innamorato e pensava anche di essere ricambiato, ma non si aspettava certo di essere trattato così. Forse si era sbagliato: forse Nata non era la persona che aveva consolato quel pomeriggio. Nata era amica di Ludmilla, e questo doveva bastare per capire che razza di persona doveva essere; eppure, anche se cercava di convincersi di queste cose sentiva che c’era qualcosa sotto…
Gabriella era pronta per entrare in azione non appena vide Violetta allontanarsi da Leon per raggiungere l’aula professori. “Leon, ciao! Di certo ti ricordi di me, sono Gabriella” disse al ragazzo avvicinandosi per attirarne l’attenzione. Leon rispose educatamente al saluto senza badare troppo ai tentativi di Gabriella di mettersi in mostra. Ma la ragazza non si arrese: “Che ne dici di aiutarmi a provare una nuova coreografia? Purtroppo non riesco ad aggiustarla come vorrei…Ma sicuramente con la tua bravura potrò migliorarla” chiese lei assumendo un tono indifeso. “Va bene, se vuoi ti posso dare una mano ora visto che dopo ho lezione” rispose Leon dopo averci pensato un po’. Non le piaceva quella ragazza: era troppo vanitosa, troppo simile a Ludmilla; e poi gli dava una strana impressione, ma d’altronde gli dispiaceva non rispondere a una richiesta d’aiuto. Da quando stava con Violetta aveva imparato ad essere più altruista con i suoi compagni; quella ragazza era davvero incredibile: era riuscita a cambiarlo in modo così radicale. Già Violetta, la sua ragazza…Leon si incantò, pensando a lei, alla sua dolcezza; si sentiva davvero un ragazzo fortunato a poter stare con lei. Fu Gabriella a ricondurlo alla realtà: “Ma certo, andiamo subito!”; poi gli prese il braccio e lo trascinò nell’aula di danza. Cominciarono a provare, Leon le fece vedere come migliorare alcuni passi che la ragazza aveva appositamente eseguito in modo poco preciso. Fu un attimo: approfittando del momento in cui Leon le teneva le braccia in alto per farle vedere una posa, si avvicinò pericolosamente a Leon cercando di baciarlo. Ludmilla che era rimasta all’entrata, fece un sorrisetto soddisfatto. Senza volerlo, quella stupida ragazza le aveva offerto l’occasione di liberarsi di lei e Violetta in un colpo solo. Prese velocemente il telefono e fece una foto mentre i due erano vicinissimi. Aveva preso la giusta angolazione in modo tale che sembrava si stessero baciando; adesso doveva solo diffonderla per tutta la scuola e il gioco era fatto…

Violetta aveva deciso di provare con Stefan la canzone da presentare per l’esercizio, prima delle lezioni, quando irruppe nella stanza Francesca. Lo scambio di sguardi tra i due fu evidente; “Violetta, ti devo parlare” disse con un certo sorriso forzato all’amica. Non riusciva a reggere quella situazione: da una parte c’era Stefan, per cui provava dei sentimenti forti, dall’altra Thomas, che ormai sentiva di aver perso ma per il quale continuava a soffrire. In più Stefan l’aveva baciata, per poi non dire nulla ed andarsene così; aveva  un forte desiderio di piangere, ma non voleva mostrarsi debole di fronte a lui…però quegli occhi... Come poteva fare a meno di staccare lo sguardo da quegli occhi meravigliosi, così espressivi? Avvertiva che dietro quel grigio che rendeva la sua espressione così impassibile, si nascondeva un ragazzo dolce e gentile. Ma non se la sentiva di aspettare che quel suo lato venisse fuori, non voleva passare una vita ad attendere qualcosa che sarebbe potuto non accadere mai. Si riscosse da quei pensieri; tirò in disparte Violetta per raccontarle del bacio e delle sensazioni da lei provate. Violetta rimase con una faccia un po’ perplessa cercando di trattenere a stento una gelosia che la stava divorando: un bacio? Perché Stefan aveva baciato Francesca? No, lei amava Leon. Ma allora perché si sentiva in quel modo? Sentì uno squillo: sicuramente era Leon che le aveva mandato un messaggio. Prese il cellulare scusandosi con Francesca ma rimase di sasso. Il messaggio era parte di Maxi: le aveva mandato una foto che girava in tutta la scuola, una foto che avrebbe voluto con tutto il cuore poter cancellare dalla memoria, ma che invece era lì davanti a lei a procurarle un dolore indicibile…


NOTA AUTORE: Il triste momento è giunto...Ludmilla è entrata in azione dopo un relativo periodo di tranquillità, e ha approfittato di Gabriella per attuare il suo piano....Francesca è stata rifiutata, di nuovo (poverina io la adoro ç.ç), non si merita di soffrire così tanto, ma d'altronde Stefan è in un perfetto stato confusionale. Violetta ha visto la foto scattata: cosa succederà? Angie è stata cacciata da casa Castillo: riuscirà a riabilitarsi agli occhi di German? Anticipazione del prossimo capitolo (dal titolo "Rotture e patti"):
“Ma cosa ho fatto?” chiese lui intimorito. “Cosa hai fatto?! Hai anche il coraggio di chiederlo? Tu non la meriti ed io farò di tutto perché non le faccia più del male, sono stata chiara?” continuò a urlare Francesca mollandogli alla fine uno schiaffo 
Detto ciò, buona lettura a tutti e grazie a tutti quelli che mi recensiscono :D Alla prossima


 

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Capitolo 20
*** Rotture e Patti ***


Capitolo 20
Rotture e Patti

Doveva spengere il cellulare, e cercare di trattenere le lacrime, ma non ci riusciva. Si sentiva a pezzi, non poteva fare a meno di osservare ogni minimo dettaglio di quella foto che provava il tradimento di Leon; quei due erano così vicini, forse si stavano baciando in questo esatto momento…E pensare che aveva creduto a tutte quelle parole piene d’amore; come aveva potuto essere così ingenua? Francesca notò la sua espressione distrutta e le strappò il cellulare dalle mani per vedere cosa le avesse causato quella reazione. Quando vide l’immagine di Gabriella che stava per baciare il ragazzo di Violetta divenne nera per la rabbia: quella…quella…non riusciva neanche a definirla per quanto la riteneva spregevole. “Ci deve essere una spiegazione!” esclamò Francesca cercando di trattenere la sua furia, poi abbracciò Violetta, la quale cominciò a piangere singhiozzando. “Vado a cercare quella vipera e gliene dico quattro” disse Francesca liberandosi dall’abbraccio e dirigendosi verso l’aula di danza. Adesso doveva smetterla di pensare a Stefan o a Thomas, voleva solo poter difendere la sua amica. Leon…da Leon non si sarebbe mai aspettata un comportamento simile; le sembrava sinceramente innamorato di Violetta, ma a quanto pare si era sbagliata: era lo stesso Leon che era stato con Ludmilla, cinico e insensibile.
“Ma cosa stai facendo?” esclamò Leon mettendo avanti le mani per tenerla lontana. “Dai, Leon non lo verrà a sapere nessuno…” disse con un tono malizioso Gabriella. “Ma io sono fidanzato! Senti, Gabriella, patti chiari, amicizia lunga. Farò finta che tu non abbia provato baciarmi, ma stammi lontano. Io amo solo Violetta, quindi addio” disse il ragazzo infuriato, dirigendosi verso l’uscita. Ma non fece in tempo: il tornado-Francesca era già arrivato pronto a scatenare la sua furia. “Leon! Leon! Come hai potuto farle questo? Sei uno schifoso verme, sei un traditore, sei….” gridò Francesca, bloccandosi perché non le venivano insulti migliori, tanto era accecata dalla rabbia; o meglio ne aveva parecchi di insulti nella mente, ma non voleva essere volgare. “Ma cosa ho fatto?” chiese lui intimorito. “Cosa hai fatto?! Hai anche il coraggio di chiederlo? Tu non la meriti ed io farò di tutto perché tu non le possa più fare del male, sono stata chiara?” continuò a urlare Francesca mollandogli alla fine uno schiaffo. Leon si tastò lentamente la guancia arrossata con un’espressione deformata dal dolore. E adesso perché quello schiaffo? Cosa aveva combinato per meritarselo? Decise che quella ragazza stava esagerando: forse si era dimenticato qualcosa di importante, ma non gliene importava nulla perché di lì a poco si sarebbe incontrato con la sua ragazza, Violetta, la più bella e dolce dello Studio. Con quei pensieri felici si diresse nel corridoio, poi la vide da lontano e non poté fare a meno di sorriderle. Violetta con gli occhi ancora lucidi lo guardò con un misto di stupore, rabbia e dolore. Era in grado di far finta di nulla nonostante tutto…che faccia tosta. Leon notò la sua espressione tormentata, forse aveva discusso con Angie, quindi si avvicinò con l’intenzione di consolarla: non riusciva a vederla triste. “Ehi, Violetta cosa è successo?” le disse con una voce tenera. Quella frase la ferì ancora più nel profondo: continuava a mentirle; ogni sua parola non era altro che un bugia che la infilzava rendendo la ferita che già aveva sempre più profonda. “Leon, non fingere con me. Cos’è, ti faccio pietà? Basta mentire, ti prego” disse lei cominciando a sfogare tutta la sua frustrazione. “Ma di che stai parlando?” chiese Leon confuso. “Di questo” rispose Violetta tirando fuori il cellulare e mostrandogli la foto. Quando la vide il ragazzo non seppe cosa dire: tutte le prove andavano contro di lui; quel bacio non lo aveva mai dato; erano molto vicini (troppo vicini), questo è vero, ma… “Lasciami spiegare” riuscì alla fine a dire con un groppo in gola. “Non c’è nulla da spiegare. Leon, tra noi finisce qui” disse lei con le lacrime agli occhi, poi senza aggiungere altro si voltò per andarsene. Il tempo passava, eppure Leon non riusciva a muovere un passo da dove stava, rimase per un buon quarto d'ora in mezzo al corridoio ripensando alle parole della sua ragazza; anzi, ormai non era più sua. L’aveva persa…strinse i pugni e rimase con lo sguardo fisso nel vuoto. Lui amava davvero Violetta e nulla poteva fargli più male. Maxi, notando la sua espressione ed intuendo l'accaduto, si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla, cercando di consolarlo. Anche se aveva visto la foto prima degli altri, lui credeva più di tutti nel cambiamento di Leon, ed era sicuro che non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Dovevano solo dimostrarlo al resto della scuola e soprattutto a Violetta.
Ricardo stava parlando con Brako, Napo e gli altri di ragazze, quando Napo se ne uscì con la novità della rottura di Leon e Violetta: “Tutta colpa di quella foto…” concluse il ragazzo con un tono pensieroso. "Magari Gabriella l'ha fatta scattare da una del suo gruppo per farli lasciare" aggiunse poi dopo un pò. “Da stamattina, un sacco di ragazzi hanno abbandonato il gruppo di Gabriella, ritenendola una subdola manipolatrice, e non hanno tutti i torti a quanto pare” disse Ricardo molto tranquillamente. Gli dispiaceva molto per la povera Violetta; non la conosceva molto bene, ci aveva parlato solo qualche volta, però le era sembrata subito molto simpatica e la vedeva bene con Leon; erano davvero una bella coppia. “A proposito Ricardo, tu non puoi proprio parlare, visto come hai trattato Maria. Ma si può sapere perché le hai dato buca all’appuntamento?” chiese Napo molto interessato. “La verità è che non mi interessa affatto Maria, l’ho fatto solo per farmi notare dalla ragazza che mi piace; e penso che stia proprio funzionando” esclamò lui soddisfatto. I ragazzi cominciarono a discutere: alcuni non approvavano affatto quel tipo di comportamento, altri erano solo interessati a scoprire l’identità di questa ragazza che aveva fatto breccia nel cuore di uno dei ragazzi più belli del nuovo anno. “Non saprete nulla da me. Ora andiamo, che c’è lezione” concluse Ricardo sorridendo. Non sapevano certo che due persone avevano seguito la conversazione; Maria rimase per un secondo con lo sguardo vuoto, poi si riscosse e cominciò a pensare a come fargliela pagare: se sperava di poterla sfruttare a suo piacimento, aveva commesso un grosso errore. Ludmilla invece era al settimo cielo: era riuscita a far separare la coppia inseparabile e a mettere in cattiva luce Gabriella, tutto in una volta sola. Il suo piano aveva funzionato alla perfezione, ora doveva pensare a stare sulla difensiva: nessuno doveva capire che dietro tutto ciò c'era il suo zampino.
Era passata una settimana in cui Violetta aveva versato tutte le lacrime possibili e immaginabili; era solo questione di tempo prima che cominciasse il secondo round: Francesca vs Gabriella. Successe proprio quella mattina mentre gli alunni attendevano l'inizio della lezione di Pablo. Francesca infatti, non contenta della scenata fatta a Leon, aveva deciso di dare una strigliata anche a quella lì. “Senti sciacquetta, io non so cosa pensavi di fare e nemmeno mi interessa sapere cosa può aver pensato il tuo cervello, o meglio la nocciolina che hai al posto del cervello, ma prova a fare di nuovo del male alla mia amica e ti faccio finire dritta alla discarica della città. Ti è chiaro il concetto o vuoi che te lo ripeta?” esclamò Francesca furiosa. Gabriella non sapeva che rispondere; le avevano giocato un brutto tiro: non voleva certo che tutti venissero a saperlo in quel modo, ma non poteva nemmeno permettere che le si parlasse in quel modo. “Beh, non è stata mica colpa mia se il ragazzo di Violetta ci prova con le altre. Oh, scusa, l’ex-ragazzo” disse poi molto freddamente Gabriella. “Tu brutta figlia di…” urlò Francesca per poi tirarle i capelli. Le due vennero rapidamente alle mani, ma per fortuna arrivò Pablo appena in tempo per separarle. “Ma vi sembrano dei comportamenti accettabili? Mi avete molto deluso entrambe, ricordate che siamo in una scuola. Per questa volta non vi mando dal preside ma state attente, la prossima non sarò così buono” disse Pablo deluso. Le due si guardarono in cagnesco un’ultima volta e poi se ne andarono ognuna dalla parte opposta dell’altra. La lezione cominciò ma c’era parecchia tensione tra i gruppi; Leon dal canto suo continuava a tenere lo sguardo fisso su Violetta. Non riusciva ancora ad abituarsi al fatto che non l’avrebbe più potuta abbracciare né baciare; gli sembrava talmente assurda quella situazione. “Allora, oggi ci fanno vedere i loro progressi…Thomas e Francesca. Su, ragazzi, venite e fatemi sentire come sta andando il vostro lavoro. Anche se vi ho concesso un’altra settimana per l’esercizio non voglio che battiate la fiacca”. I due salirono e cominciarono a cantare la canzone “Entre tu y yo”. Francesca fece un’esecuzione quasi perfetta e non staccò gli occhi da Stefan…Il ragazzo cercò di far finta di nulla, ma non ci riusciva: era bellissima e aveva una voce così dolce da scaldargli il cuore. Quando i due terminarono, Thomas si avvicinò a Francesca per parlarle. Non tollerava che avesse dedicato la loro canzone a Stefan; “Francesca, ti volevo parlare…non è che ti piace Stefan? No, perché ho notato che non hai smesso di guardarlo per tutta l’ora”. Francesca diventò rossissima: “No, ma cosa vai a pensare! E poi…e poi…e poi non sono affari tuoi, ecco”. Ricardo invece si avvicinò a Violetta anticipando i movimenti di Leon. “Ciao Violetta, non so se ti ricordi di me, sono Ricardo. Ti volevo proporre un accordo” disse a bassa voce. “Certo che mi ricordo di te; dimmi tutto” rispose Violetta facendo un sorriso tiratissimo. Non le sembrava più possibile sorridere dopo aver terminato la sua relazione con Leon. “Non qui…troppe persone, vieni” fece Ricardo conducendola fuori dallo Studio. “Allora qui dovrebbe andare bene. Comincio col dire che mi dispiace per come è andata tra te e Leon e mi sembra terribile doverti fare una proposta in questo momento, ma visto che sei amica di Camilla, te lo devo chiedere. Sei l’unica di cui mi fidi…potresti fare finta di stare con me? Prima di rispondere pensaci un attimo…io farò ingelosire Camilla, e tu ti potrai vendicare su Leon. Ti prometto che non ci saranno baci o cose del genere, ma mi puoi aiutare? Davvero, sono disperato” le disse tutto d’un fiato Ricardo. Violetta ci rimase un po’ a quella proposta, ma quel ragazzo le faceva anche molta pena; era innamorato di Camilla, ma lei sembrava detestarlo. D’altronde non c’era niente di male: avrebbe aiutato un amico; e poi…Leon avrebbe sofferto, ed era l’unica cosa che voleva in quel momento. Voleva vederlo soffrire come aveva fatto lei. “Accetto” disse Violetta sicura. “Grazie, grazie davvero” esclamò Ricardo sorridendo. Poi i due si abbracciarono e con un leggero imbarazzo si presero per mano. Camilla stava prendendo dei libri dal suo armadietto: non aveva visto Ricardo per tutto il giorno e questo la rendeva stranamente triste. Eccolo comparire per il corridoio: davvero un’apparizione divina. Ma…ma…Violetta lo teneva per mano! Fu subito il silenzio tra gli studenti: “Io e Violetta ci siamo messi insieme, e ora smettetela di fissarci in quel modo” disse poi Ricardo con tono solenne. A Camilla cominciò a uscire il fumo dalle orecchie; poco tempo fa stava con Leon e ora si metteva con Ricardo: era forse impazzita?


NOTA AUTORE: Allora siamo a un punto di svolta...Leon e Violetta si sono lasciati e io sto soffrendo come pochi ç.ç Comunque sia parliamo del capitolo; oltre a questa rottura *ripiange* Ricardo ha fatto una proposta a Violetta, la quale non ci ha pensato due volte prima di accettare. Francesca nel frattempo per difendere la sua amica è arrivata anche alle mani con Gabriella (ok, si stavo tifando per Francesca mentre scrivevo il pezzo xD). Insomma da questo capitolo cominciano un bel pò di intrighi. Leon ama Violetta, la quale fa finta di stare con Ricardo per far ingelosire Camilla e Leon, e nel frattempo Maria si vuole vendicare/vuole conquistare Ricardo. In tutto questo Ludmilla se la ride felice, quando rientrerà in azione? Lo sapremo (forse) nel prossimo capitolo dal titolo "Gelosia". Buona lettura e ditemi che ne pensate!!!!
P.S: Eccovi una piccola anticipazione del prossimo capitolo:
-“Calmiamoci un corno” ribatté Leon; poi senza pensarci, lasciandosi completamente andare e senza più controllo, gli tirò un pugno prendendolo in pieno
-
“Ma sei arrivata tardi, perché Ricardo si è messo con Violetta” continuò quindi Camilla preparandosi alla reazione. “Come????!!!! Violetta??!! Sta con Violetta?! Ma non è possibile!!” cominciò a urlare Maria battendo i piedi per terra e mettendosi a piangere.

 

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Capitolo 21
*** Gelosia ***


Capitolo 21
Gelosia

Camilla continuò a scrutarli per tutto il tempo sperando vivamente che si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto. Eppure continuavano a tenersi per mano; provava il forte bisogno di andare lì a fare una scenata, ma la sua reazione non fu niente in confronto a quella di Leon…per tutta la settimana aveva cercato di spiegarle che non era successo nulla con Gabriella, ma Violetta non aveva voluto ascoltarlo, aveva addirittura cominciato a ignorarlo. Allora aveva deciso di appostarsi sotto casa sua finché non si fosse convinta a parlargli per chiarire tutto…niente anche lì. Non si era ancora arreso, ma vederla con Ricardo mano nella mano lo stava facendo impazzire; era pallido e quasi stava affondando le unghie nella carne per quanto stretti teneva i pugni. Stava addirittura tremando per la gelosia e la rabbia. Non appena Violetta si diresse in aula per la lezione di Angie, Leon si precipitò di fronte all’entrata, impedendole l’accesso. “Cosa vuoi, Leon?” chiese Violetta scocciata. “Voglio che mi ascolti” ribatté Leon sempre più geloso. “Mi hai già dimenticato?” continuò poi, cercando di controllarsi. “Si, Leon. E adesso torna dalla tua nuova fidanzata e lasciami in pace” disse lei acida. Poi fece per spostarlo ma si ritrovò invece tra le sue braccia, che fino a poco tempo fa la avevano protetto, ma che adesso la intrappolavano per costringerla a guardarlo negli occhi. “Tra me e Gabriella non è successo nulla. Non ti avrei mai tradito, io ti amavo; anzi, non è vero. Io ti amo” ringhiò Leon, ormai accecato  dall'ira. Violetta si stava mostrando fredda e determinata, ma dentro era distrutta. Non riusciva più a fidarsi di Leon e questo fatto non sarebbe potuto cambiare; “Sai qual è la cosa peggiore?” cominciò a parlare Violetta ormai con gli occhi lucidi “Che tutte le parole d’amore che mi hai detto io pensavo fossero sincere. Ma sono stata un’ingenua”. Leon rimase di sasso, voleva dirle che i suoi sentimenti erano più che veri, ma arrivò Angie per dare inizio alla lezione, interrompendoli. “Leon, non hai lezione con Beto? Muoviti che sta per cominciare” disse pacatamente l'insegnante; Violetta le aveva raccontato tutto e anche se ancora non riusciva a crederci, non avrebbe permesso a Leon di avvicinarsi a sua nipote facendola soffrire: l’avrebbe protetta fino alla fine. Il ragazzo si allontanò ma non si diresse verso l’aula strumenti, bensì andò alla ricerca di Ricardo. Lo trovò mentre prendeva dei libri nel suo armadietto, quindi scaraventandosi lì glielo chiuse di botto e lo prese per il collo della camicia che indossava. “Adesso te lo ripeterò una volta sola: lascia stare Violetta; lei è mia” ringhiò Leon con gli occhi che scintillavano. “Ehi, ehi, calmiamoci” rispose Ricardo dopo essersi liberato dalla presa, mentre si aggiustava la camicia. “Calmiamoci un corno” ribatté Leon; poi senza pensarci, lasciandosi completamente andare e senza più controllo, gli tirò un pugno prendendolo in pieno. Ricardo cadde a terra con il naso sanguinante; accorsero tutti gli insegnanti e il preside per controllare cosa stesse accadendo. “Signor Vargas, mi segua in presidenza” disse freddamente il Cristobal trascinando via il ragazzo, che ancora tremava di rabbia. Violetta accorse ad aiutare Ricardo, il quale le sorrise e disse: “Qui si comincia a giocare pesante”. Violetta si sentiva in colpa: come aveva potuto accettare il patto con Ricardo? Adesso Leon se l’era presa con lui. Ludmilla nel frattempo era in disparte che confabulava con Nata: “Ho avuto un’idea per liberarci di Violetta una volta per tutte. Aiutami”. “Dimmi che devo fare” disse Nata un po’ rassegnata: erano di nuovo ricaduti nei soliti tranelli crudeli. Un po’ si era stufata di essere cattiva, ma al momento le sembrava l’unica alternativa plausibile. Maxi continuava a fissarla: non si era ancora dimenticato di lei, di quel poco tempo passato insieme; e continuava a soffrire per come lo trattava adesso.
Nel frattempo Leon era nella stanza del preside e si stava beccando una bella ramanzina vecchio stile, ma tanto non stava ascoltando una parola. Era come se tutti i suoni risultassero ovattati; i suoi unici pensieri erano Violetta che teneva la mano di Ricardo, e il pugno che aveva tirato; l’avrebbe di fatto un’altra volta se ne avesse avuto la possibilità, ma a cosa sarebbe servito? Ormai l’aveva persa. Non riusciva ancora a crederci, ma doveva accettarlo. “Per questa volta prenderà solo un richiamo da parte della scuola e una punizione, ma se fa un altro passo falso le dico subito che rischia l’espulsione” ripeté per la quarta volta Cristobal notando lo sguardo assente del ragazzo. “Abbiamo finito?” ebbe la sola forza di chiedere Leon. “Si, può andare” disse il preside ormai arresosi alla testardaggine del ragazzo. Leon si alzò e uscì dall’ufficio ancora non pienamente consapevole di quel che aveva fatto, quando vide confabulare Ludmilla e Nata. Si appostò in modo da non essere visto e riuscì ad ascoltare la conversazione. “Allora hai messo il bigliettino nel suo armadietto?” chiese Ludmilla ansiosa. “Si, quello in cui Leon le dava appuntamento tra 10 minuti alla stanza dei costumi. Ma non è  permesso l’ingresso in quella stanza perché ultimamente c’erano stati dei furti di costumi, o mi sbaglio?” disse Nata ingenuamente. “No, non sbagli. Infatti ora andiamo a parlare con Cristobal e gli diciamo che…”. Leon non ebbe bisogno di ascoltare altro: stavano cercando di incastrare la sua Violetta e lui non lo avrebbe permesso. Forse si trovava già lì: si precipitò di corsa allo stanzino dei costumi, che era completamente al buio e quando entrò la vide. Era così bella, che per un momento rimase incantato ad osservarla in penombra. Violetta era rimasta al buio, poi all’improvviso vide uno spiraglio di luce dovuto alla porta che si apriva, si voltò e vide Leon che la guardava con amore. Per un attimo arrossì, ma poi si riscosse; era lì per dirgli che era stato orribile il suo gesto nei confronti di Ricardo. Ma Leon non gliene diede il tempo, le tappò la bocca e la trascinò dentro uno degli armadi. L’interno dell’armadio era un po’ stretto quindi i due dovettero stare praticamente attaccati. Violetta stava per chiedergli il perché quando sentì delle voci. “Le assicuro che l’ho vista entrare qui” disse Ludmilla al preside ancora incredula. Come aveva fatto? Come aveva fatto a scamparla in quel modo? Era furiosa; per di più aveva fatto anche una pessima figura di fronte al preside. “Qui non c’è nessuno. Comunque perché si senta più tranquilla, chiamerò un fabbro per far mettere un lucchetto, così non ci sarà possibilità di entrare" rispose Cristobal leggermente irritato. Poi sentì le voci svanire sempre di più e il rumore di una porta che si chiudeva. “Se ne sono andati” sussurrò Violetta ancora mentre era a due centimetri dal viso di Leon. Abbassò lo sguardo: non voleva assolutamente ricascarci… “Si, lo so” ribatté con molta semplicità Leon. “B-bene, allora possiamo anche uscire da questo posto, è un po’ stretto” balbettò Violetta con le guance arrossate. “Non prima che io possa fare una cosa” continuò il ragazzo tenendola sulle spine. “Cosa?” chiese timidamente Violetta. “Ho una folle voglia di baciarti” concluse Leon facendosi sempre più vicino.
“Senti Ricardo, ti ho accompagnato in infermeria solo perché gli altri non si sono fatti avanti. In effetti non so perché non ti sei fatto portare dalla tua ragazza” disse Camilla scocciata. “Gelosa?” chiese semplicemente Ricardo. “Gelosa io?! Stai scherzando spero” disse Camilla scoppiando a ridere. Ma la sua era una risata isterica, che nascondeva una punta di acidità. In quel preciso istante fece il suo ingresso in infermeria Maria. Ma non era la solita Maria perfettina e un po’ infantile, era una ragazza vestita in modo provocante (‘un po’ troppo visto che siamo in una scuola’ pensò Camilla) e con un’aria maliziosa. “Ricardo, ho saputo tutto. Come stai?” chiese preoccupata Maria avvicinandosi a lui e abbracciandolo in modo espansivo. “Ehm…si sto bene, Maria. Ma a cosa devo questo cambiamento?” chiese il ragazzo a metà tra il curioso e lo spaventato. “No, così mi andava di essere un po’ diversa” rispose ingenuamente la ragazza. In realtà stava facendo tutto questo perché nonostante l’odio provato per Ricardo, non riusciva a fare a meno di pensare a lui e voleva provare a conquistarlo. “Puoi venire con me un secondo fuori dall’infermeria, che ti devo parlare?” disse Camilla prendendo il braccio dell’amica e trascinandola fuori. “Allora non pensi che sono un genio? Così cascherà ai miei piedi” sorrise soddisfatta Maria. “Si un’idea geniale” disse con poca convinzione Camilla; quella ragazza era pazza, completamente suonata. “Ma sei arrivata tardi, perché Ricardo si è messo con Violetta” continuò quindi l'amica preparandosi alla reazione. “Come????!!!! Violetta??!! Sta con Violetta?! Ma non è possibile!!” cominciò a urlare Maria battendo i piedi per terra e mettendosi a piangere. Tutta quella fatica per trovare il look giusto non era servita a nulla. Non si sarebbe arresa, questo era certo, ma la notizia del fidanzamento l’aveva buttata parecchio giù.
Olga stava preparando una torta al cioccolato, per allontanare il cattivo umore da quella casa; da quando Angie se ne era andata, tra Jade e Violetta era guerra; la donna la minacciava in continuazione di rivelare la storia dell’uscita senza permesso e Violetta faceva di tutto per non dargliene la possibilità. “Oh, ho lasciato lo zucchero nella sacca della spesa fuori, vado subito a prenderlo” esclamò Olga portandosi una mano sulla fronte; poi si diresseverso il cortile. Non appena fu uscita, Jade e Matias entrarono in cucina confabulando: “La tua idea è stata geniale, fratellino; adesso finalmente ci siamo sbarazzati di quell’istitutrice da strapazzo. Dobbiamo festeggiare con un po’ di champagne” strillò Jade allegra. “Shhhhh! Vuoi farci scoprire forse? Si il furto del ciondolo è stato geniale” sussurrò Matias, anche lui con una certa soddisfazione. Poi i due si spostarono in sala ancora esultando; non potevano certo immaginare che c’era chi aveva sentito tutto. Olga fece capolino dal cortile con una faccia pensierosa. Doveva subito avvertire Angie e Violetta.

NOTA AUTORE: questo capitolo è incentrato sulla reazione di Leon alla vista di Violetta con Ricardo, reazione tutt'altro che pacifica come si poteva già notare dall'anticpiazione...In questo capitolo troviamo completamente assente la storia di Francesca...no problem recupererò nel prossimo capitolo ;) tra parentesi, non nel prossimo capitolo, ma in quello dopo ancora, troveremo gran parte della narrazione incentrata su Francesca. Annuncio anche che sta per fare il suo ingresso un nuovo personaggio, il suo nome è Ferdinando; che ruolo avrà in questa storia? (lo scopriremo più o meno nel prossimo capitolo). Detto ciò tra Vilu e Leon il rapporto è leggermente pessimo (poveri... :(), e Ricardo si becca un simpatico pugno, ecco cosa succede a prendere alla leggerezza i sentimenti delle persone. Il prossimo capitolo si intitola "Leon everywhere". Insomma questo capitolo non mi è dispiciuto affatto :D Fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura.... :D
P.S: Maria si è bevuta il cervello

Anticipazioni del capitolo "Leon everywhere":
-Aprì un po’ gli occhi che aveva tenuto chiusi e di fronte a lei vide l’immagine di Leon che baciava Gabriella, con la stesso amore con cui baciava lei

-Poi un ragazzo la invitò al bancone per offrirle un succo di frutta. “Ciao! Complimenti sei stata davvero eccezionale. Mi chiamo Ferdinando, piacere” disse lui stringendole la mano con un fare piuttosto euforico
-“Potete andare in camera, se volete, la cena ancora non è pronta” disse German  un po’ accigliato: non riusciva a capire come mai la figlia si comportasse in quel modo strano.  

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Capitolo 22
*** Leon Everywhere ***


Capitolo 22
Leon everywhere

“Ho una folle voglia di baciarti” concluse Leon facendosi sempre più vicino. Poi, prendendola dolcemente per la vita, le diede un bacio. Violetta rimase paralizzata da quel gesto; inizialmente nella sua mente aveva previsto di staccarsi e tirargli uno schiaffo, ma non ci riuscì; il suo corpo non rispondeva ai comandi impartitogli dal cervello. Si sciolse sempre di più di fronte a quel bacio che ormai stava diventando pura passione. Aprì un po’ gli occhi che aveva tenuto chiusi e di fronte a lei vide l’immagine di Leon che baciava Gabriella, con la stesso amore con cui baciava lei. Come aveva potuto lasciarsi andare in questo modo? “No!” esclamò Violetta separandosi di colpo. Leon la guardò confuso: perché all’improvviso si era separata? Eppure sentiva che provava i suoi stessi sentimenti. Sicuramente era ancora colpa di quella foto, ma doveva spiegarle… “Sarà meglio andare. Leon, non farlo mai più, ti prego; finirai per ferirci entrambi. Io sto con Ricardo” disse lei. Ah, già, si era dimenticato dell’idiota; non riusciva ancora a credere che potesse stare con quello lì. Violetta rimase in silenzio: aveva ceduto a quell’attimo di debolezza ed ora se ne pentiva, perché quel bacio era stato meraviglioso, ed aveva scombussolato tutto ciò che pensava di provare; non odiava Leon, nel profondo lo amava sempre di più, ma non voleva crederci. Era troppo duro arrendersi a questo fatto, la faceva sentire debole e impotente. Doveva aiutare Ricardo e allo stesso tempo doveva allontanare Leon, per il suo bene. Senza dire nient’altro e con questa consapevolezza, Violetta uscì dall’armadio lasciando il ragazzo lì, ancora incredulo. Quindi riprendendosi Leon, sentendosi sconfitto, se ne andò a farsi consolare da Andres…La stava perdendo, e non poteva farci più nulla.
“Ricardo, ti ho trovato finalmente!” esclamò Violetta ancora in preda a forti emozioni. Si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia ed ecco apparire davanti a lei Leon che la fissava e sorrideva. Terrorizzata, arretrò cascando per terra, lasciando  l'amico con un’espressione stranita. Perché il suo cervello le giocava questi brutti scherzi? “E’ successo qualcosa?” chiese Ricardo preoccupato tendendogli la mano. “N-no nulla” rispose la ragazza con poca convinzione. Ed ecco succedere di nuovo: ai suoi occhi il ragazzo che la stava aiutando a rialzarsi era Leon. “Basta!” strillò in preda alla disperazione. Più cercava di non pensarci e di rimuoverlo dalla sua testa, più rippariva l'immagine del ragazzo. “Violetta, come mai stai urlando?” chiese Maxi, intervenuto dopo aver sentito quelle urla. “Niente, Maxi…” cominciò a parlare Violetta girandosi, ma si ritrovò ancora una volta di fronte quegli occhi verdi che la guardavano con amore. “N-non ce la faccio più! Io devo andare a casa, non mi sento affatto bene” disse lei con un filo di voce. “In effetti ti vedo un po’ pallida” aggiunse Maxi apprensivo. Violetta salutò i due e mentre usciva dallo Studio andò a sbattere contro qualcuno. Alzò lo sguardo: stavolta era il vero Leon. “La vuoi smettere di perseguitarmi?!” sbottò lei ad alta voce, poi senza lasciargli il tempo di dire nulla corse verso l’uscita; doveva andarsene da quel posto, e subito.
Non appena tornata a casa, non trovò certo una situazione accogliente, ma un clima di tensione che si tagliava a fette; Jade era furiosa con Olga che, inspiegabilmente aveva deciso di non servirla più…anzi la ignorava completamente. Si sentivano le sue urla ovunque; Violetta, cercando un po’ di pace e tranquillità, si fiondò in camera sua e si buttò sul letto. Dopo un po’ le grida cessarono, ma non le interessava capire il perché: forse la fidanzata di suo padre si era arresa di fronte alla testardaggine di Olga. Ripensò ancora a quel bacio, non riusciva a toglierselo dalla testa, come non riusciva a rimuovere il ragazzo che gliel’aveva dato. Qualcuno bussò alla porta della sua stanza. “Se non sei Jade, puoi entrare” disse ad alta voce per farsi sentire. La porta si aprì ed entrò Olga con una padella in mano. “Non so che cosa gli farei a quella lì” esordì la domestica facendo roteare l'arma che teneva in mano minacciosamente. “Jade è un’approfittatrice che vuole sposare papà solo per i soldi, lo sappiamo già” disse la ragazza cercando di calmarla. “Ma se poi fa licenziare per reati non commessi…” aggiunse Olga ancora in escandescenza. “Che intendi dire?” chiese la ragazza, perplessa per la frase appena detta. La domestica non resse più e le raccontò tutto della conversazione ascoltata. “Ma…allora è stata opera di Jade? Dobbiamo dirlo a papà! No, non ci crederebbe mai, sa quanto teniamo a Angie e potrebbe pensare che abbiamo inventato tutto; dobbiamo valutare con molta cautela la prossima mossa. Olga, mi raccomando non raccontare a nessuno quello che hai detto a me. Finalmente abbiamo un’opportunità da giocarci e non possiamo assolutamente sprecarla” disse Violetta cominciando a camminare su e giù per la stanza e riflettendo sul da farsi. Doveva assolutamente chiamare Angie per poterle rivelare la verità e farsi aiutare ad incastrare quella strega, ma non voleva disturbarla, gliel'avrebbe detto il giorno dopo. La sera la cena venne servita come sempre alle 20; quando Violetta scese vide Leon che stava tranquillamente seduto sul divano della sala mentre parlava con German. Ecco un’altra illusione. Ma adesso basta, non poteva più andare avanti così…Fece finta di ignorarlo con molta fatica perché adesso le sembrava anche di sentire la sua voce, la sua incantevole voce. Si riscosse: non si stava inventando nulla; Leon era davvero in casa sua nel salone! “Papà cosa ci fa lui qui?” chiese Violetta andando dritta al sodo. “Violetta, ma ti sembra questo il modo di trattare gli ospiti? Saluta Leon” le disse German con un tono rigido. “Ciao, Leon” ribatté Violetta freddamente. “Ciao” rispose educatamente il ragazzo. “Comunque Leon stasera rimane a cena da noi…è venuto a portarmi dei documenti da parte del padre e l’ho invitato. C’è qualche problema?” chiese tranquillamente German. “Ma…figurati, papà” rispose la figlia con un sorriso forzato. Eccome, se c’erano problemi. “Potete andare in camera, se volete, la cena ancora non è pronta” disse German  un po’ accigliato: non riusciva a capire come mai la figlia si comportasse in quel modo strano.  “Veramente…” cominciò a parlare Violetta. Che scusa si poteva inventare per non rimanere da sola con Leon? Per di più nel luogo in cui aveva ricevuto il suo primo bacio. No, doveva assolutamente pensare a qualcosa. Ma non ne ebbe il tempo, il ragazzo le prese dolcemente la mano e la condusse di sopra. Quando furono soli Leon pensò che fosse l’occasione giusta per spiegarle come stavano davvero le cose. “Non lo voglio sapere…davvero, non ce n’è bisogno, non mi devi spiegare nulla. Non stiamo più insieme” disse Violetta, quasi potesse leggere i suoi pensieri. “Mi stai facendo del male, Violetta. Io ti amo e ti devo dire la verità. Io non ho mai baciato Gabriella, non avrei mai potuto compiere un gesto tanto assurdo” spiegò lui, “non stando con te” concluse poi accarezzandole la guancia. Al contatto Violetta sentì un fuoco ardere dentro, ma non poteva cedere. “Il passato è passato. E’ finito tutto tra di noi, e prima te ne farai una ragione meglio sarà” ribatté secca lei. Da quando era diventata così crudele? Vide Leon rimanerci malissimo. Poi sentirono Olga che li chiamava e scesero per la cena.
Francesca stava suonando un brano al Resto-Band, anche se con la mente era da tutt’altra parte. Pensava a tutto quello che era successo con Thomas e Stefan, soprattutto al bacio che si era scambiato con quest’ultimo. Era tutto così confuso, non riusciva proprio a capire Stefan, sicuramente le nascondeva qualcosa. Mentre era ancora assorta in quei pensieri, finì il brano tra gli applausi generali. Poi un ragazzo la invitò al bancone per offrirle un succo di frutta. “Ciao! Complimenti sei stata davvero eccezionale. Mi chiamo Ferdinando, piacere” disse lui stringendole la mano con un fare piuttosto euforico. “Grazie, Ferdinando, non mi merito tutti questi complimenti” rispose Francesca leggermente imbarazzata. “Comunque io sono Francesca, piacere” aggiunse poi dopo aver realizzato di non essersi ancora presentata. “Frequenti lo Studio 21, vero?” chiese incuriosito Ferdinando. “Esatto” rispose lei un po’ sorpresa. “Allora conoscerai di sicuro mia sorella. Si chiama Gabriella Parel” continuò con un sorriso smagliante. A Francesca venne da sputare il frullato che stava bevendo, ma riuscì a controllarsi appena. Quel ragazzo era il fratello di Gabriella, con cui era venuta alle mani di recente. Oh, maledizione, ma tutte le sfortune proprio a lei? Quasi venendola a salvare intervenne Thomas, proponendo a Francesca di fare due passi. “Si, ho proprio bisogno di un po’ d’aria” rispose lei cogliendo l’occasione al volo e lasciando al bancone da solo il povero Ferdinando. I due cominciarono a camminare in silenzio, poi Thomas timidamente provò a prenderle la mano. Ora che Violetta stava con Ricardo aveva capito di non avere proprio speranze ed aveva deciso di fare un tentativo con Francesca. D’altronde sentiva qualcosa per lei e anche se non sapeva bene di cosa si trattasse, aveva fatto appello nella sua mente al detto: “Tentar non nuoce”. Francesca si rese conto dei movimenti e si spaventò: perché adesso ci stava provando con lei? Qualche giorno avrebbe fatto di tutto perché succedesse, ma adesso non sapeva davvero come comportarsi; decise di lasciarsi guidare dall’istinto e si lasciò tenere la mano. Nel frattempo a pochi metri di distanza Stefan guardò la scena addolorato; forse doveva lasciare che si mettesse con Thomas; d’altronde lei stessa le aveva detto di esserne innamorata. Si, doveva mettersi da parte, le sue insicurezze l’avevano fatta soffrire ed ora meritava un po’ di serenità. Ma allora perché dentro sentiva quell’inspiegabile desiderio di essere al posto di Thomas?

NOTA AUTORE: Eccomi di nuovo....allora come commentare questo capitolo?! Sono senza parole per il mio povero Leon ç.ç Allora Stefan si deve svegliare, è un dato di fatto e bà....il prossimo capitolo si intotola "Battaglia per il cuore di Francesca", cosa succederà??? Il nuovo personaggio, Ferdinando, è il fratello di Gabriella e sembra molto interessato a Francesca. Avrà qualche possibilità con l'italiana? Buona lettura e fatemi sapere che ne pensate (scusate la nota breve ma vado di fretta :S)!!!!

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Capitolo 23
*** Battaglia per il cuore di Francesca ***


Capitolo 23
Battaglia per il cuore di Francesca

Il giorno dopo Francesca entrò allo Studio 21 e subito Thomas le venne incontro per andare a lezione insieme. Stefan rimase in disparte amareggiato, ma d’altronde se lo meritava…non doveva baciarla mentre era così confuso, l’aveva ferita e doveva farsi da parte per permettergli di essere felice. Mentre pensava queste cose, Violetta si catapultò da lui abbracciandolo. Lo teneva stretto a sé perché tra le sue braccia il dolore sembrava sparire, Stefan aveva l’incredibile capacità di calmarla, come Leon d’altronde. Questo fatto la preoccupò: provava qualcosa per Stefan? No, non era possibile. Eppure il dubbio cominciò a insinuarsi e non le permetteva di stare tranquilla, quindi si staccò da quell’abbraccio un po’ intimidita: non voleva che Stefan fraintendesse la loro amicizia e per di più ufficialmente lei stava con Ricardo. “Allora come vanno le cose?” chiese Stefan sorridendole; “Malissimo, non sai che è successo ieri sera…” esordì Violetta per poi cominciare a raccontare di Leon, che era rimasto a cena da loro. “E’ stato veramente imbarazzante!” concluse con una faccia distrutta. Stefan fece un cenno per assecondarla: soffriva per quello che stava capitando alla sua amica, ma Leon non era il ragazzo ideale per lei. Ci voleva qualcuno che la proteggesse e non la ferisse, che le fosse fedele fino alla fine, un pò come lui. No, aspetta…ma che diamine stava dicendo? A lui non piaceva Violetta. Però sentiva quel forte bisogno di proteggerla. Non era anche quella una forma d’amore?
“Francesca, possiamo parlare?” disse Gabriella intromettendosi tra lei e Thomas. “Ma certo, cara!” rispose Francesca, cercando di mantenere la calma ed esibendo un sorriso falsissimo. “Me ne vado” disse Thomas capendo di non essere desiderato. Diede un bacio sulla guancia a Francesca, la quale rimase molto sorpresa, e se ne andò. “Allora cosa vuoi?” chiese Francesca scocciata. Gabriella stava per parlare, quando arrivò il fratello Ferdinando con una custodia in mano. “Gab, hai dimenticato questa a casa” disse lui venendole incontro. “Il discorso non finisce qui…” sussurrò Gabriella, quindi cambiò di colpo espressione passando da crudele ad allegra e innocente; poi salutò il fratello. “Ciao Fer! Grazie mille sei il fratello migliore del mondo!” strillò lei euforica. “Figurati…e non mi presenti la tua amica?” chiese Ferdinando, anche se la conosceva già. Non era riuscito a togliersi dalla testa quella ragazza, l’aveva colpito molto, anche se a quanto pareva stava con quel carciofo che li aveva interrotti al Resto-Band. Pazienza, l’aveva rincontrata e stavolta non se la sarebbe fatta sfuggire. “Questa è Francesca, quella con cui ho avuto quella piccola discussione di cui ti ho parlato” disse Gabriella assumendo un’aria indifesa. A Francesca veniva da ridere: si, certo, era indifesa come può esserlo un serpente velenoso…Poi si incantò a guardare Ferdinando; doveva avere qualche anno in più di loro, capelli castani leggermente ondulati, due meravigliosi occhi espressivi di un verde scuro tendente al marrone. Ferdinando le sorrise e poi le chiese qualcosa…che gli aveva chiesto? “Come scusa?” disse Francesca riprendendosi dal trance. “Volevo invitarti a prendere un frullato al Resto-Band, che ne dici?” chiese lui sfoderando un sorriso smagliante. Come faceva a dirgli di no? Però si sentì osservata e in un certo senso a disagio. Si voltò e vide Stefan dall’altra parte del corridoio appoggiato al muro, con la sua immancabile sciarpa bianca; la stava fissando, lasciando intravedere un pizzico di gelosia. Due secondi dopo Thomas si mise vicino all’altro lanciandole un’occhiata di rimprovero. Ma perché tutti ce l’avevano con lei? Non c’era niente di male a intrattenere relazioni pubbliche e ad accettare l’invito da parte di un bellissimo ragazzo, anche se si trattava del fratello di Gabriella. Alla richiesta di Ferdinando la sorella arricciò il naso disgustata, ma non disse nulla: non voleva far brutta figura davanti a lui. “Ma certo, accetto volentieri” esclamò entusiasta Francesca. Il ragazzo quindi le porse il braccio in modo cavalleresco per accompagnarla, facendola diventare completamente scarlatta, colore che si abbinava molto bene con il fiocco che portava quel giorno tra i capelli. I due presero un frullato e chiacchierarono un po’. A differenza della sorella, Ferdinando si rivelò molto affabile e divertente; “Adesso però devo andare, tra un po’ ho lezione” disse lei dopo aver controllato l’orologio. “Aspetta!” disse lui; prese un tovagliolo e con una penna ci scrisse sopra il suo numero di telefono, poi glielo diede aggiungendo: “Se ti va qualche volta possiamo uscire…”. Francesca sorrise e annuì convinta, poi si diresse verso lo Studio, ma proprio all’entrata venne bloccata da Thomas che le porse un mazzo di fiori. “Ehm…per te” disse lui impacciato. “Grazie” esclamò Francesca seriamente sorpresa: non si aspettava un gesto simile da parte di Thomas; che i suoi sentimenti stessero cambiando?  “Ora, però devo proprio andare, altrimenti farò tardi a lezione, a dopo!” aggiunse poi prendendo il regalo e stampandogli un bacio sulla guancia. Non appena mise piede nel corridoio della scuola si ritrovò di fronte uno Stefan evidentemente combattuto. “Io…ecco…mi hanno dato una scatola di cioccolatini, ma non mi piacciono. Te…li…regalo” disse lui con una fatica incredibile. Non appena aveva visto uscire quei due non aveva retto più, aveva fatto una corsa fino alla pasticceria più vicina per farle una sorpresa. Notò che aveva già un mazzo di fiori in mano, e si disse che era stato un vero imbecille...sicuramente quello era da parte di Thomas. Si sentiva ridicolo a comportarsi in quel modo, ma lei lo confondeva e lo faceva agire in modo impulsivo; non riusciva a spiegarselo. Francesca sorrise timidamente e prese la scatola di cioccolatini che gli stava porgendo con una mano, mentre con l’altra si stava toccando i capelli per l’imbarazzo. “Lo apprezzo molto” disse lei, carezzandogli la guancia. Entrambi sentirono un brivido, quindi si staccarono con lo sguardo abbassato. “Io ora devo andare...sai a Beto non piacciono i ritardi, e nemmeno a me” disse Francesca agitata con una ristaina isterica; ma che cosa gli era uscito? Adesso Stefan avrebbe pensato che stava cercando un modo carino per liberarsi di lui... era stata una completa frana, ma ormai il danno era fatto, quindi senza quasi salutarlo corse verso l’aula di Beto, lasciando Stefan a pensare a quelle meravigliose sensazioni provate. Francesca non riuscì a seguire nemmeno un secondo della lezione: non si aspettava tutti quei regali, ma soprattutto non si aspettava che venissero da tre ragazzi diversi. Stefan, Thomas, Ferdinando. Ferdinando le aveva offerto il frullato, ed era stato così dolce e gentile; Thomas come al solito si era dimostrato impacciato, al solo pensiero le veniva da sorridere. E poi c’era Stefan…Stefan le aveva provocato come una scossa di pura elettricità. Cosa doveva fare?
Angie accorse non appena ricevette un messaggio da parte di Violetta che le dava  appuntamento vicino casa sua. La trovò lungo il marciapiede e le venne incontro salutandola allegramente. Violetta ripose al saluto e poi le raccontò tutto ciò che aveva scoperto grazie a Olga. “Dobbiamo ideare un piano per far venire fuori la verità; papà si deve rendere conto con che razza di persona sta per sposarsi” esclamò la ragazza in modo accorato. “Hai ragione, Vilu. Ma non saprei proprio cosa fare” ribatté Angie pensierosa. In quell’esatto momento li vide German, che non potendo tollerare che la donna si incontrasse sua figlia, si avvicinò minaccioso. “Vilu, vattene subito, sta arrivando tuo padre” esclamò Angie spingendo la ragazza a fuggire. “Sono stanca di scappare, Angie. Io rimango con te” disse con tono deciso Violetta. In realtà aveva paura, molta paura…non aveva mai affrontato il padre in quel modo, ma era decisa ad aiutare Angie e l’avrebbe fatto fino alla fine. “Che cosa ci fai qui? Non voglio che ti veda con questa donna” disse German severo. “Questa donna ha un nome, papà. Si chiama Angie ed è mia amica. Non puoi impedirmi di vederla!” rispose a tono la figlia. “Torna subito a casa, con Angie ci parlo io” ribatté il padre ormai glaciale. “Non è giusto!” urlò Violetta dirigendosi verso casa ormai in lacrime. “Non voglio che veda più Violetta. Le è chiaro? Altrimenti la denuncerò per il furto” continuò lui. Angie sentì la rabbia crescere sempre di più dentro di lei. Come poteva impedirle di vedere sua nipote. Non gliel’avrebbe permesso. “Non può ordinarmi una cosa del genere…e sa perché? Perché io sono…” cominciò a dire lei. Ecco, stava per rivelargli la sua vera identità, stava per dirle che era la sorella di Maria e di conseguenza la zia di Violetta.
“Bene, adesso vorrei sentire Camilla e Ricardo” disse Pablo. Camilla si alzò seguita dal suo partner. Quanto lo detestava! E ora ci doveva pure cantare insieme! I due salirono sul palco e partì la base. Lo guardò negli occhi per dare il via, ma niente... non ce la faceva, in quel momento voleva solo dargli uno schiaffo; e baciarlo. Ok, voleva fare entrambi; una cosa sola era certa: non riusciva ad emettere nemmeno un suono. Ricardo si rese conto della sua difficoltà e si diresse verso lo stereo per bloccare la musica. “Non ti senti bene?” chiese Ricardo preoccupato. “Scusate, devo andare in bagno!” esclamò Camilla, nascondendo il viso tra le mani e uscendo di corsa dal teatro. Ricardo rimase sul palco da solo senza sapere cosa dire…Francesca si alzò e raggiunse l’amica in bagno. Camilla si era rintanata in un angoletto con il morale a terra. “Non mi era mai successo” ebbe il coraggio di dire dopo qualche secondo. “Cosa?” chiese Francesca. “Non ce l’ho fatta, non sono riuscita a cantare” disse poi Camilla in preda alla disperazione e poggiando la testa sulla spalla dell’amica. Le scese una lacrima…Camilla si stupì del suo comportamento: da quando era entrata alla Studio non aveva mai pianto. Ma adesso le sembrava tutto diverso. Voleva piangere fino a quando ne avesse avuto la possibilità e non sapeva neanche perché. O meglio voleva ignorarlo perché ormai era chiaro. Non era a causa di qualcosa, ma a causa di qualcuno; una persona che inizialmente non sopportava, ma per cui adesso sentiva di provare qualcosa di profondo. 


NOTA AUTORE: Nonostante questo duro periodo che mi sta portando ad una morte certa, sono riuscito a pubblicare il nuovo capitolo: yehhhhh!!! Ok, se non ricordo male ieri era il compleanno di Lodovica Comello: AUGURI!!! :D Guarda caso questo capitolo tratta soprattutto di lei, io questo lo chiamo destino xD Comunque la mia tristezza nel vedere tutti questi promo su Diego e Violetta viene rimpiazzata di gran lunga nel vedere la scena di Leon e Violetta sulla panchina...non so quante volte ho visto quel video di 23 secondi a malapena, penso di aver agonizzato sul tappeto per non so quanto tempo. Ma va bene, torniamo alla ff....Francesca è leggermente in crisi, visto che mezzo mondo ha deciso di provarci con lei: adesso ci si è messo pure Ferdinando, giusto per movimentare un pò le cose...Stefan è tenerissimo *-* Gli vuole fare un regalo con la scusa che non gli piacciono quei cioccolatini :D Insomma Stefan,Thomas e Ferdinando (nuovo arrivato): chi dei tre avrà la meglio? Boh, lo scopriremo immagino xD  Poi Camilla si è resa conto do provare qualcosa per Ricardo, il quale invece sembra non aver capito nulla; stiamo messi bene...E poi abbiamo lo scontro Angie vs German....come andrà a finire tra i due? Lo scopriremo nel prossimo capitolo dal titolo: "Incastrare Jade". Buona lettura e fatemi sapere che ne pensate :D

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Capitolo 24
*** Missione incastrare Jade ***


Capitolo 24
Missione incastrare Jade

Angie stava per dire tutta la verità. Non era arrabbiata, solo stanca, stanca di dover mentire ogni giorno e di non poter stare vicino alla sua nipote come avrebbe voluto. Ce l’aveva sulla punta della lingua, stava finalmente per dire ‘Sono la zia’ ma venne interrotta dal suono del cellulare. “Scusi, devo rispondere, è importante”. Ma allora era proprio sfortunata! Per una volta che aveva deciso di dire tutto… Poi vide Stefan dirigersi verso la casa di Violetta, probabilmente su sua richiesta. Se German si fosse voltato l’avrebbe visto e si sarebbe sicuramente infuriato: non voleva che Violetta vedesse dei ragazzi di nascosto. Stava per girarsi: doveva agire in fretta. Senza rifletterci, gli saltò addosso abbracciandolo (o meglio stritolandolo). “Ahia! Cosa…” esclamò German sorpreso. Doveva comunque ammettere che non gli dispiaceva affatto quel contatto con l’istitutrice. Sentire il profumo dei suoi capelli gli recava una sensazione di vitalità che non aveva mai provato con Jade; però l'istitutrice aveva tradito la sua fiducia quindi non avrebbe ceduto a quelle emozioni, per quanto potessero essere piacevoli. “La prego, un po’ di contegno” disse German allontanandosi di colpo. Angie non avrebbe mai voluto, eppure stava cominciando a provare qualcosa per lui; sotto quell’espressione severa si nascondeva un uomo dall'animo buono e dolce. Stefan nel frattempo era entrato in casa: ce l’aveva fatta.
“Violetta, dove sei? Sono io, Stefan” bisbigliò il ragazzo entrando in casa, la porta era aperta. Sentì una voce provenire dal piano di sopra: “Sono qui Stefan, vieni su”. Era la prima volta che entrava in camera di Violetta e la prima impressione fu: quella stanza rispecchiava perfettamente la personalità della sua amica. Le pareti erano di un colore lilla, con dei motivi floreali viola scuro. L’armadio di un colore bianco candido era a sinistra dell’entrata mentre il letto si trovava sulla destra, affiancato da un comodino di legno con sopra il suo inseparabile diario. “Come mai mi hai chiamato?” chiese Stefan confuso. “Mi devi aiutare ad incastrare Jade” disse Violetta esasperata, quindi cominciò a raccontare tutta la storia, rivelando il segreto di Angie. Avrebbe voluto non doverlo fare, ma aveva bisogno di una mano e non se la sentiva di chiederla a Leon, non dopo tutto quello che era successo tra loro. Qualcuno bussò alla camera: “Permesso?”. Era German. La ragazza terrorizzata spinse Stefan nell’armadio sperando vivamente che non venisse scoperto. “Certo papà, puoi entrare” ripose lei cercando di apparire tranquilla. “Volevo solo dirti che non voglio che tu  frequenti più Angie…non è più la tua istitutrice. Ci siamo chiariti?” esclamò il padre severo. “Si, papà, ti chiedo scusa” disse lei. Se lo poteva anche scordare…nessuno le avrebbe impedito di vedere una delle poche persone che le erano rimaste vicino, a costo di beccarsi una punizione eterna; ma adesso avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco, fino a quando non avesse avuto le prove per far cacciare quella strega di Jade di casa. German rimase molto soddisfatto della risposta obbediente della figlia e uscì dalla stanza. Non appena fu fuori, Violetta si catapultò alla porta mettendo la serratura, poi aprì l’armadio per far uscire l’amico. Stefan cominciò finalmente a respirare, con addosso tutti vestiti sfusi. “Ma…quanti…vestiti…hai?” disse lui ansimando. “Scusa davvero” ribattè Violetta facendosi scappare una risata. “Molto…divertente. Non si respirava là dentro” continuò lui mentre ormai Violetta era stesa sul letto a ridere come una matta. Stefan fece per avvicinarsi, ma inciampò ancora stordito e finì sul letto sopra di lei. Violetta smise di ridere e la sua espressione si fece d’un tratto più seria; in quel momento sentì il cuore impazzire, e le guance si tinsero di rosso, mentre erano così vicini…”Scusa” disse Stefan alzandosi subito imbarazzatissimo e indirizzando la sguardo a terra. Ma che cosa stava combinando? Violetta era solo un’amica, la sua migliore amica, ma di lì ad essere innamorato ce ne passava; eppure in quel momento aveva sentito che tutto potesse succedere tra loro due: insomma non era così strano se loro due avessero deciso di mettersi insieme. No, basta non voleva pensarci. “Vuoi qualcosa da bere?” disse all’improvviso Violetta rompendo il silenzio. “Un bicchiere d’acqua, grazie” rispose Stefan ancora con lo sguardo abbassato. La ragazza uscì per dirigersi in cucina, quando sentì le voci di Jade e del fratello; tornò di fretta in camera per prendere il cellulare e si portò dietro l’amico. Rimasero nascosti vicino alle scale per registrare tutto. “Hai visto? A quanto pare non si vuole arrendere; prima l’ho vista abbracciare il mio German…ti avevo detto che dovevamo eliminarla facendole cadere un pianoforte in testa!” esclamò Jade infuriata. “Calmati sorellina, ricordati che comunque sia l’idea del furto ha funzionato alla perfezione. Finché German non si fida di Angie non potrà succederci nulla di male” disse Matias cercando di essere il più chiaro possibile per facilitare la comprensione alla sorella. “Perfetto!” sussurrò Violetta “Sono proprio le prove che ci servono”. “Allora stanno così le cose” esclamò quindi venendo fuori dal suo nascondiglio. “Ho registrato tutto, siete nei guai, direi…” continuò poi soddisfatta della sua opera. “Tu, stupida mocciosa…” cominciò a ribattere Jade, ma venne bloccata dal fratello. “D’accordo, cosa vuoi?” chiese arrendendosi: li aveva in pugno momentaneamente. Violetta cominciò a riflettere: cosa doveva fare? Se avesse fatto sentire quella registrazione al padre, avrebbe sicuramente ottenuto la cacciata di quei due, ma avrebbe assicurato il ritorno di Angie? Probabilmente si, ma non aveva la certezza. Aveva bisogno di tempo per pensare meglio alla prossima mossa. “Innanzitutto voglio che convinciate German a far tornare Angie. Non mi interessa come, ma voglio che entro una settimana sia di nuovo in questa casa. Ricordate, avete tempo una settimana, altrimenti mostrerò ciò che ho scoperto a mio padre” concluse lei soddisfatta. Ce l’aveva fatta! Li aveva incastrati finalmente! Stefan nel frattempo era tornato in camera per non farsi vedere da quei due. Involontariamente diede una leggera botta al comodino, facendo cadere il diario; subito lo raccolse per rimetterlo a posto, ma poi si mise a fissare la copertina. Era una cosa sbagliata da fare, lo sapeva; insomma lì dentro c’erano tutti i pensieri più intimi della ragazza. Però non riusciva a resistere, doveva capire se anche lei aveva i suoi stessi dubbi. Aprì il diario alle ultime pagine e sfortunatamente lesse proprio la conversazione con Francesca, quando le aveva raccontato del bacio:
‘Quando Francesca mi ha raccontato di quel bacio ho sentito una fitta. Non riesco a capire cosa mi stia succedendo, sono contenta per la mia amica ma allo stesso mi sento triste…perchè ci tengo molto a Stefan, ma io amo solo Leon, oppure no? Non ci sto capendo più nulla. Anzi adesso odio Leon per come mi ha usata, e nonostante tutto non riesco a far a meno di pensare a quel bacio nella stanza dei costumi: è stato bellssimo. Però non sono un oggetto, e lo deve capire. E poi c’è Stefan, che mi presta mille attenzioni, che mi è sempre accanto, gli voglio tanto bene, ma può essere qualcosa di più? A volte ci penso: sarebbe così strano innammorarsi di lui?’. Non finì il racconto, chiuse di botto il diario. Non riusciva a proseguire, quelle parole lo stavano tormentando. Provavano le stesse emozioni e questo lo spaventava. Posò il diario dove si trovava prima e si sedette su letto, finchè Violetta non entrò tutta trionfante. “Vittoria!” esclamò lei al settimo cielo. “Sono contento” disse Stefan piano cercando di fingere che tutto andasse bene. “Ora devo andare, però. Ciao” disse l’amico alzandosi di colpo comportandosi in modo strano. Avrebbe voluto non aver mai aperto quel diario,  ma ormai era troppo tardi. Quando uscì il cellulare di Violetta squillò; la ragazza lesse sul display il messaggio: ‘Parliamo. Leon’ . Doveva smettere di tormentarla, di farle credere che non riuscisse a dimenticarsi di lei; non ci sarebbe cascata. ‘Non abbiamo niente da dirci’ rispose Violetta infuriata. Il cellulare squillò nuovamente, lei lo prese in un lampo per leggere la risposta: ‘Forse tu non hai niente da dirmi, ma io si. Mi manchi. Ti amo. Leon’ . Perché? Perché doveva essere così perfetto? Violetta si buttò sul letto e cominciò a piangere. Poi sentì di nuovo il suono che preannunciava un nuovo messaggio; continuando a singhiozzare lesse: ‘Sono Ricardo. Ti va di venire al Resto-Band per farci vedere insieme? Se non vuoi oppure preferisci interrompere tutto, basta dirmelo, non voglio costringerti’. Povero Ricardo! Era così innamorato di Camilla da montare una storia del genere; l’avrebbe aiutato fino in fondo, tutto per non pensare a Leon. ‘Ok, ci vediamo lì tra un quarto d’ora. Non ti preoccupare, continuiamo così’ scrisse Violetta ancora in lacrime, quindi prese la sua borsa e si preparò per uscire.

NOTA AUTORE: Allora questo capitolo è su Stefan e Violetta, ma c'è da dire che German si sta rendendo conto di provare qualcosa per Angie muahahahah Poi un avviso: forse questa stroia per un pò andrà a rilento (insomma se riesco pubblico un giorno si e uno no...), non perchè non c'ho voglia o roba del genere, bensì perchè sto lavorando per voi lettori. Infatti mi è venuta in mente una One-Shot (o mini ff dipende da quanto viene lunga) molto particolare: si tratta di una storia che attua un crossover tra Violetta e Card Captor Sakura (per chi non lo conoscesse lo consiglio vivamente, è un anime un pò vecchiotto, manco troppo, ma fantastico *-*). Non vi voglio anticpiare troppo vi faccio leggere in anteprima solo un piccolo pezzettino:
'Sakura si sedette su una roccia a riflettere: lei amava  Li e se quello era l’unico modo per stare insieme a lui, avrebbe fatto di tutto, anche rinunciare alle Carte e al suo potere magico. Prese in mano The Wind, la sua prima carta e la guardò in modo malinconico; perché le dovevano fare tutto questo? Sentì una scarica d’odio e frustrazione fluire dentro di sé: il rancore che le avrebbero portato le Carte sarebbe stato forte e sarebbe durato in eterno. '

Sarà molto particolare...ci sarà una trama fantasy intrecciata ad una storia d'amore (vabbè tanto lo sapete tutti di chi sto parlando xD). Se ne volete sapere qualcosa di più o semplicemente per chiedermi qualcosa/darmi qualche consiglio su come sviluppare la storia fatevi sentire :D Buona lettura a tutti e recensite numerosi :D :D

 

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Capitolo 25
*** Un nuovo inizio: lo spartito di Leon ***


Capitolo 25
Un nuovo inizio: lo spartito di Leon

Violetta raggiunse il suo finto fidanzato al Resto-Band per farsi vedere un po’ insieme, stava diventando una sorta di routine, e ormai stava imparando ad abituarsi alla cosa. Non appena entrò sentì lo sguardo ostile di Camilla posarsi addosso a lei; aveva paura di perdere la sua amicizia, ma aveva promesso a Ricardo di reggergli il gioco, e in fondo lo faceva anche per l’amica, per spronarla a comprendere i suoi sentimenti. Aveva fatto male i suoi calcoli, perché Camilla cominciò a provare un forte risentimento nei suoi confronti e si sfogava con Maxi di questa situazione: “Che poi dico…come mai di punto in bianco hanno deciso di mettersi insieme? Devo ammettere che lui è un bel ragazzo, ma Leon gli da un pista, Violetta è caduta proprio in basso! E pure lei, ma ti pare che si fidanza con quel pallone gonfiato?! Maxi, ma mi stai ascoltando?”. “Si…anzi no! Tanto dici sempre le stesse cose. Stanno insieme, mettiti l’anima in pace, te lo dico da amico” disse Maxi che aveva ormai raggiunto il limite di sopportazione. “Se vuoi un consiglio, parla con Violetta o Ricardo e chiarisciti una buona volta” continuò il ragazzo, poi si alzò e uscì dal bar. Maxi aveva ragione: doveva parlare con uno dei due; Ricardo nemmeno morta, avrebbe preferito fare il giro del quartiere nuda piuttosto che parlare con lui; rimaneva Violetta per esclusione. Sempre con molta reticenza si avvicinò a loro con una finta disinvoltura. “Violetta possiamo parlare in privato?” disse infine Camilla dopo aver fatto un respiro profondo; “Ciao anche a te” esclamò Ricardo ammiccando, per farle notare che non l’aveva salutato. “Si, ciao Ricardo” ribatté Camilla facendo finta di non vederlo; “Certo Camilla, se vuoi andiamo fuori e parliamo” disse tranquilla Violetta. Leon che era rimasto appostato ad uno dei tavoli per osservare il comportamento della coppia, approfittò del fatto che le due ragazze erano uscite per andare a dire due paroline a Ricardo. “Ti avevo avvertito” disse piano Leon sedendosi di fronte al suo rivale. “Smettila per favore, sono stanco delle tue minacce. Non ti è mai passato per la mente che magari non ne vuole più sapere di te? L’hai delusa, vi siete lasciati, capitolo chiuso. Non pensi sia ora di voltare pagina?” spiegò freddamente l’altro. Leon non seppe che rispondere: aveva ragione; non aveva mai considerato quest’eventualità: aveva dato per scontato l’amore incondizionato di Violetta nonostante tutto; forse semplicemente non l’amava più e per quanto doloroso avrebbe dovuto accettarlo. Senza dire nulla si alzò di scatto per dirigersi allo Studio: aveva bisogno di suonare il piano per sfogare le sue frustrazioni.
“Allora cosa succede?” chiese Violetta curiosa di sapere cosa avesse da dire l’amica. “Violetta, devi essere sincera con me. Tu stai davvero con Ricardo?” chiese Camilla dopo aver preso un po’ di tempo. Che brutta domanda: avrebbe voluto non dover mai arrivare a quel punto, ma una promessa rimaneva una promessa. “S-si” rispose Violetta cercando di apparire più sicura possibile. “Come hai potuto? Ti consideravo mia amica! E poi a te non piaceva Leon? Che fai, ci provi con tutti? Da te non me l’aspettavo proprio!” strepitò l’amica ormai in preda alla disperazione. “Camilla, io…” cercò di spiegare Violetta, ma niente da fare, non riusciva a dire nulla. Francesca vide da lontano la scena e decise di intervenire; non potevano mettersi a litigare per un ragazzo. Ok, l’aveva fatto anche lei per Thomas, ma adesso aveva imparato la lezione. “Ragazze, smettetela. Siete amiche, e rimarrete tali succeda quel che succeda” disse intromettendosi tra le due. E poi si mise a cantare la prima strofa della canzone ‘Veo veo’: “
Veo, veo que ves
Todo depende de
que quieras ver
Piensalo bien
antes de actuar
Si te enamoras
te puedes lastimar”
Le due amiche smisero di discutere e si unirono a Francesca sorridendo; Camilla si sentì una sciocca: come aveva fatto a prendersela con la sua amica? Non era mica colpa sua se i suoi sentimenti per Ricardo non era contraccambiati. Si, perché adesso ne era certa: provava qualcosa per quel ragazzo.
Leon non riusciva a concentrarsi, le parole di Ricardo gli rimbombavano nella testa: ‘L’hai delusa, vi siete lasciati, capitolo chiuso. Non pensi sia ora di voltare pagina?’. Aveva perfettamente ragione, ma come poteva dimenticarla dopo tutto quello che avevano passato insieme? Prese lo spartito che aveva composto per lei quando stava ancora con Ludmilla: era la canzone che avrebbero dovuto presentare all’esercizio di Pablo…Non riuscì a staccare lo sguardo dalla dedica sulla prima pagina: ‘Per una ragazza speciale: Voy por ti’. Quella ragazza speciale era Violetta ovviamente, chi altri sarebbe potuto essere? Gabriella vide dal corridoio la sua espressione afflitta: era il momento giusto per entrare in azione. “Leon, è successo qualcosa? Non mi piace vederti così. Se è per quello che è accaduto mi dispiace tanto, non era mia intenzione crearti tanti problemi” disse lei cautamente. “Però l’hai fatto” rispose in modo secco Leon. Sapeva che non era del tutto colpa di Gabriella, ma se non avesse provato a baciarlo tutto questo non sarebbe successo. “Hai ragione, mi devo prendere le mie responsabilità; ti chiedo solo di darmi un’altra possibilità per farti capire che tipo di persona sono. Allora mi puoi perdonare?” continuò lei imperterrita senza dare la minima intenzione di volersi arrendere. “D’accordo” disse Leon; non gli andava proprio di avercela con qualcuno visto il periodaccio che stava passando. “Grazie, grazie!” esclamò Gabriella per la felicità abbracciandolo di slancio. Poi guardò lo spartito: sicuramente la canzone era dedicata a Violetta, ma non le interessava; c’era ancora molto tempo per conquistarlo. Ludmilla irruppe nella stanza come una furia per ricordare a Leon le prove. “Dobbiamo provare, quindi carina vattene!” sbottò la ragazza cercando di intimidirla. “Oh, scusa, Ludmilla, vi lascio subito provare” rispose Gabriella con molta naturalezza, poi stampò un bacio sulla guancia di Leon lasciandogli l’impronta del rossetto e uscì dall’aula. Ludmilla era diventata nera: il piano le si era ritorto contro e non lo poteva accettare. “Allora vogliamo cominciare?” chiese lui triste. Doveva agire subito: “Prima Leon volevo parlare un po’ di noi due…Ora che hai rotto con Violetta, pensi che ci siano possibilità di tornare insieme?”chiese lei avvicinandosi al ragazzo e provando a baciarlo. Leon si scostò e rimase in silenzio: non si aspettava proprio quella domanda e non sapeva neanche cosa rispondere. Non provava nulla per quella ragazza, ma allo stesso tempo si era detto che avrebbe voltato pagina seguendo il consiglio di Ricardo. “Non so” disse lui dopo qualche minuto di silenzio. Per Ludmilla quella era già una vittoria: finalmente aveva l’occasione di riprendersi il suo Lyon.
Maxi era uscito dal Resto-Band stufo di ascoltare la solita solfa di Camilla… Si voltò di colpo e notò che Nata era nascosta dietro un albero; lo stava fissando melanconicamente. Basta, questa volta avrebbe risolto una volta per tutte. Si diresse dalla parte opposta e le venne incontro. Nata cercò di scappare, ma Maxi face uno scatto, e l’afferrò per la vita. La ragazza ruzzolò sul prato e si ritrovò lui sopra con uno sguardo innamorato. Eh, no, cosa credeva di fare adesso? “Nata, tu mi fai impazzire” disse semplicemente Maxi, poi si avvicinò per darle un bacio. I due congiunsero le labbra per dare vita al loro primo bacio, un bacio che sarebbe rimasto scolpito nei loro cuori per tutta la vita. Quando si furono separati Nata le sorrise, poi ritornando alla realtà fece per alzarsi. “Scusa,io…” disse Maxi impacciato cercando di alzarsi il più in fretta possibile. Ma non ebbe il tempo di dire altro, perché la ragazza si fiondò sulla sue labbra zittendolo con un altro bacio. Nonostante la storia del bigliettino, aveva capito di amare Maxi, e non poteva farci niente, avvertiva una forza irrazionale che la trascinava tra le sue braccia. Il ragazzo dal canto suo non riusciva veramente a capire: prima gli tirava uno schiaffo e poi lo baciava in modo appassionato. Bah, capire le ragazze era un vero mistero per lui. Ma alla fine non gliene importava niente: aveva la sua Nata.

NOTA AUTORE: perdonate in anticipo se questo capitolo non è molto lungo....nel prossimo mi farò perdonare! Anche perchè succederà una cosa bellissima e bruttissima....ok basta non vi devo anticipare nulla!! Il prossimo capitolo si intitolerà: "Io non sono Maria!". Allora Leon ci è rimasto malissimo e sta per mollare la presa; manco il tempo di rifiatare o di  riflettere un secondo che Ludmilla e Gabriella si sono fiondate come dua avvoltoi. Terribili...soprattutto Gabriella, che sto per odiare più di Ludmilla (ok, no, ancora non lo so...). Detto ciò Francesca pone fine al litigio creatosi tra Violetta e Camilla (meno male che ci sei te Fran), e poi penso non ci sia altro da dire a parte che adoro Camilla con i suoi commentini acidi  e che Maxi e Nata sono bellissimi (the true love wins) xD Buona lettura e ditemi che ne pensate :D
 

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Capitolo 26
*** Io non sono Maria! ***


Capitolo 26
Io non sono Maria!

Il giorno dopo Gabriella si aggirava per il corridoio con aria trionfante…cercava qualcuno in particolare per poter finalmente mettere in atto il suo piano per conquistare Leon. Eccola lì Violetta, con quello sguardo innocente; beh tra un po’ l’avrebbe tolta di mezzo definitivamente e non se ne sarebbe più dovuta preoccupare. “Carissima Vilu, come va?” urlò Gabriella per farsi notare come al solito. “Ciao, Gabriella” rispose freddamente Violetta facendo finta di nulla; odiava quella ragazza: per colpa sua aveva rotto con Leon. O meglio, anche per colpa sua. “Ti volevo dire che ho scoperto una cosa bellissima…hai presente la canzone che ha composto Leon per l’esercizio di Pablo? L’ha dedicata a me! Questo per dirti che il tuo ragazzo non doveva esserti stato molto fedele mentre stava con te”. Eh no, questo era troppo. Si era stufata di subire da tutti: e prima Ludmilla e ora quest’altra. Basta! “Smettila con queste storielle. Te le puoi anche tenere per te, tanto io e Leon non stiamo né mai staremo insieme; quindi se ci vuoi provare, fai come ti pare, non c’è bisogno che mi fai gli aggiornamenti su come stanno andando le cose tra di voi” ribatté Violetta aggressiva. Gabriella non seppe che cosa rispondere: non si aspettava certo quella reazione. Con un gesto plateale si voltò per andarsene, seguita dalle sue sostenitrici. “Va tutto bene?” chiese Ricardo avvicinandosi. “No, va tutto malissimo” rispose la ragazza con gli occhi lucidi; poi senza pensarci due volte lo abbracciò per cercare un po’ di conforto. Ricardo la tenne stretta a sé un po’ imbarazzato. Non sapeva come comportarsi, ma da bravo amico la avrebbe aiutata a tenere Leon lontano da lei. All’improvviso sbucò da dietro Leon, che passò davanti a loro con lo sguardo abbassato. Vederli abbracciati gli procurava una fitta allo stomaco tremenda, soprattutto perché aveva capito che ormai non c’era nessuna possibilità di rimettere le cose a posto; per sbaglio andò a sbattere contro qualcuno e si ritrovò di fronte Stefan. “Ciao” disse secco facendo per proseguire. “Tu…fermati, ti devo parlare” disse l’altro prendendolo per un braccio. “Cosa vuoi?” chiese Leon sull’orlo della disperazione per la scena appena vista. Ci mancava anche l’amichetto che difendeva Violetta; sicuramente le avrebbe detto di starle lontano…beh, l’avrebbe fatto. “Mi dispiace molto per quello che è successo…lei ti amava” disse semplicemente Stefan. “Grazie” rispose Leon con una punta d'ironia, scostandosi e continuando a camminare; doveva dimenticare Violetta, stava diventando una fissazione. Eppure ogni momento in cui si fermava a riflettere le tornava alla mente il suo sorriso, il sapore dei loro baci. Sembrava tutto così lontano, così irreale.
Angie era in aula professori, preparando la lezione che avrebbe tenuto di lì a poco, quando entrò Cristobal che senza farsi sentire da dietro portò le mani davanti ai suoi occhi per coprirle la visuale. “Chi sono?” disse poi cercando di modificare la voce. “Cristobal sei un imbecille!” rispose lei mettendosi a ridere; allontanò le mani per voltarsi e i due si trovarono vicinissimi. Il preside le scostò delicatamente una ciocca di capelli per guardarla negli occhi. In quel momento Angie sentì di non essere più lei, in quel momento stava vivendo la vita di qualcun altro, quella di Maria. “Sei così bella, Maria” sussurrò lui avvicinandosi. Maria? Le sembrò di risvegliarsi con un secchio di acqua gelida. Certo…per lui era come rivivere i momenti con sua sorella. Ma per lei non era così; cosa sentiva lei? Chi era? “Non sono Maria, Cris” disse piano allontanandosi. “Sono Angie, non Maria” continuò poi più per auto-convincersene che per sottolineare il concetto. “Ora devo andare, scusa, ho una lezione” concluse Angie uscendo dalla sala insegnanti con gli spartiti in mano e una faccia sconvolta. Cosa stava accadendo? Si stava innamorando di due uomini, German e Cristobal, ma non due uomini qualsiasi; loro erano i due amori di Maria. Le sembrava che la sua identità stesse lentamente svanendo ed aveva paura. Aveva il terrore di non essere vista per chi era davvero. Entrò in aula ancora con questi pensieri, poi dopo aver ristabilito l’ordine cominciò a fare lezione. “Allora, oggi vorrei sentire Violetta” esclamò, cercando di sembrare allegra verso la fine. “Ma non da sola…Leon vieni, mi manchi anche te da sentire” disse Angie titubante. Voleva impedire che loro due facessero coppia per cantare, ma tanto prima o poi sarebbe successo; meglio prima. “Allora che mi cantate?” chiese l’insegnante curiosa. “Se per Violetta va bene, io canterei questa” disse piano Leon porgendo uno spartito a Angie e uno a Violetta. “Mhhh… ‘Voy por ti’! Interessante, vediamo un pò” continuò curiosa. Leon si mise alla pianola e fece partire la base, poi alzò lo sguardo e fissando Violetta negli occhi cominciò a cantare; era felice: finalmente poteva cantarle la canzone che aveva composto solo per lei. Violetta si unì dopo la prima strofa. Era la prima volta che cantavano insieme, fino ad ora non ce ne era mai stata occasione; non aveva parole per descrivere le emozioni che stava provando in quel momento: le loro voci si erano unite alla perfezione ed insieme creavano un’armonia unica nel suo genere che sfiorava la perfezione. Quella che aveva ascoltato fino ad allora non era musica paragonata a quello che stavano creando allora. Rimasero a fissarsi per tutta la durata della canzone, come se il resto del mondo non esistesse. Quando la canzone finì ci fu un attimo di silenzio, poi il resto della classe cominciò ad applaudire, Angie inclusa. “Bravissimi! Che connessione, che sincronismo…ho avvertito una scarica di energia quando vi ho ascoltati. Complimenti, sono seriamente impressionata” disse l’insegnante continuando a elogiarli fino alla fine dell’ora.  Violetta era tornata a posto, con i brividi che ancora la scuotevano tutta. Non aveva mai sentito niente del genere prima d’ora mentre cantava. Che fosse stato Leon a lasciarle quelle sensazioni? O forse la canzone? Percepiva che quel testo fosse stato scritto per lei, ma le parole di Gabriella la riportarono alla realtà. Che cosa era arrivata a pensare? Che la canzone era stata composta per lei? Che sciocca anche solo aver immaginato una cosa del genere. Forse aveva immaginato queste cose per tutto quello che c’era stato con Leon. O forse per tutto quello che ancora c’era tra di loro. Si, perché era chiaro che tra i due c’era ancora una forte attrazione. Suonò la campanella. Ancora presa da quei pensieri Violetta fece per uscire dall’aula ma venne bloccata da Leon, che le sorrideva amorevolmente. “Hai provato quello che ho provato io?” le disse prendendole la mano. “Io non ho sentito niente” rispose Violetta abbassando lo sguardo. Niente?! Stava mentendo sicuro, fino a qualche minuto fa nei suoi occhi aveva letto delle emozioni profonde… Leon rimase di sasso, senza sapere cosa dire. “Inoltre non capisco perché tu abbia scelto proprio quella canzone” borbottò lei cercando di mostrarsi indifferente. “Quella canzone ha un significato speciale per me… l’ho composta pensando a te quando stavo ancora con Ludmilla” ribatté lui allargando il suo sorriso. Violetta rimase in silenzio: un parte di lei voleva abbracciarlo e baciarlo, un’altra ancora non si fidava. “Bugiardo! So benissimo che l’hai scritta per un’altra persona…Leon, perché continui a farmi questo?” urlò lei. Le sue parole rimbombarono per l’aula vuota. Il ragazzo non sapeva che dire: era ovvio che non stava mentendo, però lei continuava a non credergli. “Fare cosa?” chiese poi spazientito. “Farmi soffrire”. Quella risposta lo distrusse completamente, poi vide i suoi occhi lucidi e si sentì sconfitto. Non aveva più speranze, quelle poche che gli erano rimaste ormai non significano più nulla di fronte al dolore che continuava a provocargli… e questo lo faceva stare male. “Scusa, non volevo” sussurrò infine lasciandole la mano e dirigendosi verso l’uscita. Si scontrò con Stefan che stava cercando Violetta;  l'amico entrò e vide l’amica in lacrime seduta su una sedia. Corse vicino a lei per domandargli cosa fosse successo; Violetta gli raccontò tutto senza omettere alcun dettaglio, sentiva di potersi fidare. Stefan non disse nulla finchè non ebbe terminato il racconto, poi sussurrandole parole di conforto la abbracciò. Che bello! Finalmente si sentiva protetta, né Leon né Gabriella né nessun altro avrebbero potuto ferirla in quel momento.
Jade doveva parlare con German assolutamente…aveva ceduto al ricatto di quella mocciosa ed ora doveva convincere il fidanzato a far tornare Angie in quella casa. “Eccoti! Giusto te cercavo” esclamò con la sua solita vocetta stridula. “Che c’è amore?” chiese German con una pila di documenti tra le mani. “Ho bisogno di chiederti un favore. Come posso dirtelo…Angie deve tornare a lavorare qui” disse lei cercando di sembrare il più naturale possibile. Jade le chiedeva di far tornare l’istitutrice? Lei che non la sopportava? Molto strano. “Impossibile. Sai benissimo perché l’abbiamo cacciata” ribatté German con una faccia incuriosita. “Ma, tesoro, pensaci bene…potrebbe essersi trattato di un incidente. Non pensi che abbiamo agito un po’ troppo frettolosamente? Non avevamo prove sufficienti per cacciarla e non abbiamo nemmeno sentito che cosa avesse da dire” continuò Jade tentando di convincerlo. German riflettè un secondo: effettivamente potevano esserci tante spiegazioni al fatto che avesse trovato il ciondolo in camera sua. Insomma alla fine chissà quante volte Violetta era entrata in camera sua…potrebbe averlo dimenticato lì una volta e magari Olga rifacendo il letto senza essersene accorta l’aveva fatto finire sulle doghe. Perché no? Poteva anche essere una spiegazione plausibile. Ah, ma chi voleva prendere in giro! La verità era che voleva di nuovo stare vicino ad Angie, avere la possibilità di perdersi in quei meravigliosi occhi o di sorridere di fronte alla sua solarità. “Ci penserò” concluse German senza aggiungere altro per poi ritirarsi nel suo studio. Si, ci avrebbe riflettuto molto bene…prese il telefono e compose il numero di cellulare di Angie. Angie stava sistemando le ultime cose per andarsene a casa quando sentì il cellulare squillare. “Pronto?” disse lei dopo aver accettato la chiamata. “Salve, sono German Castillo, il suo ex-datore di lavoro” disse lui con tono professionale. “Ah! German, che piacere sentire chi mi ha dato della sporca ladruncola. Cosa posso fare per lei?” ribatté la donna in tono acido. “Ha ragione, l’ho accusata ingiustamente senza ascoltare cosa avesse da dire…quindi le propongo di parlare in privato e chiarirci, perché noi tutti della famiglia vorremmo che lei torni” disse un po’ a fatica. “Tutti, tutti?” chiese Angie con un mezzo sorriso. “Si, Jade mi ha fatto capire di aver sbagliato, Olga e Roberto sentono la sua mancanza, ma soprattutto Violetta si è molto affezionata a lei” continuò per convincerla. “E lei, signor German? Lei vuole che torni?” chiese nuovamente per essere più chiara. Minuto di silenzio. “Si, anch’io lo vorrei” sentì poi alla fine. Alla fine aveva ceduto. “E perché dovrei farlo? Perché dovrei tornare? Soprattutto dopo come mi ha trattata” ribatté lei cominciando ad alterarsi. “Ho bisogno di lei”. Quella parole la lasciarono pietrificata. Che intendeva dire? Rimase col telefono attaccato all'orecchio senza rispondere…

NOTA AUTORE: Eccomi!! Allora oggi sono malato, yuppieeee (sono ironico ovviamente sullo yuppie xD). Comunque siccome stamattina non sapevo che fare mi sono buttato a scrivere senza pause per sviluppare le idee che mi ero opportunatamente scritto su un quadernino....eh, niente questo capitolo mi piace molto *-* Non solo perché c'è un momento Leonetta not bad,  ma anche per il finale GermanxAngie e la scena CristobalXAngie...tutte e due scene che mi hanno colpito per motivi tra loro diversi. Povero Leon ç.ç Gabriella muori...ti prego fallo per me :( Il prossimo capitolo si intitolerà: "Gabriella o Ludmilla?", ne vedremo delle belle, inoltra ci sarà una bella sorpresa (e un'altra notizia terribile come potete capire dal titolo ç.ç).  Buona lettura!! ( e perdonatemi se non è scritto benissimo, non ho molto la testa...l'ho ricontrollato, ma boh...).Buona lettura a tutti e recensite per farmi sapere la vostra opinione :D :D *si soffia il naso per la 999 volta*
P.S: forse oggi pubblico il primo capitolo del cross-over. La storia sta prendendo forma e quindi volevo pubblicare il primo capitolo per sapere che ne pensavate (anche se la priorità andrà sempre a questa ff, quindi penso procederà lentamente credo il crossoover ù.ù)! 

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Capitolo 27
*** Gabriella o Ludmilla? ***


Capitolo 27
Gabriella o Ludmilla?

“Pronto? Pronto? Mi sente?” continuò a dire German pensando che fosse caduta la linea. Angie si riscosse all’improvviso: “Si, la sento. Scusi c’era stato un disturbo”. “Perfetto! Allora ci vediamo tra mezz’ora a casa mia per definire i dettagli”. Mezz’ora dopo Angie suonò il campanello ed aprì la porta Olga tutta sorridente. “Finalmente è tornata” esclamò la domestica stritolandola del tutto. “Si, però vorrei rimanere viva Olga; e per farlo devo respirare” scherzò Angie ridendo felice. Gli erano tanto mancati tutti quanti… “Dove posso trovare German?” chiese poi ancora paonazza per l’abbraccio. “Si trova nel suo studio” disse Roberto facendo capolino in cucina e stringendo la mano dell’istitutrice per felicitarsi del suo ritorno. Olga per la gioia abbracciò anche Roberto, il quale non sembrò apprezzare molto la cosa. “Spazio vitale, ti prego!” esclamò lui mettendo avanti le mani per staccarla. “La verità è che non meriti nulla; ti servo solo quando hai voglia di un caffè” strillò Olga offesa. Angie sgattaloiò via da quella che sembrava essere una scenata coniugale e si introdusse nello studio di German. L’uomo era assorto nel suo lavoro e stava leggendo alcuni documenti per la realizzazione di un nuovo progetto, poi si accorse che qualcuno era entrato alzò lo sguardo e la vide. Istintivamente gli venne da sorridere, poi cercò di riprendere un po’ di contegno e la invitò ad accomodarsi. Era così bella, come non poteva incantarsi a guardare i suoi capelli, i suoi occhi? No, basta! Insomma presto si sarebbe sposato con Jade, non era il caso di fare quei pensieri poco consoni. “L’ho fatta venire, come ben sa, per proporle nuovamente il lavoro di istitutrice di mia figlia, Violetta. Conferma di voler accettare?” chiese lui tentando di sembrare il più professionale possibile. “Ma certo! Sono davvero felice di poter tornare in questa casa!” disse Angie alzandosi e abbracciando di slancio German, che era rimasto seduto dall’altra parte della scrivania. Jade aveva ascoltato tutta la conversazione: non pensava che German si sarebbe convinto così in fretta a riassumerla ma d’altronde meglio per lei: almeno adesso quella ragazzina impertinente avrebbe smesso di ricattarla. Ora doveva solo fare in modo di affrettare la festa di fidanzamento e di conseguenza la data del matrimonio. Doveva agire prima che fosse troppo tardi…
Leon pensò che dopo la storia con Violetta, nulla avrebbe potuto avere più senso, nulla l’avrebbe potuto rendere felice come prima. Passò più e più volte al centro dove avevano avuto il loro primo appuntamento, forse con l’assurda speranza di trovarla lì dicendogli che l’amava ancora, che provava ancora dei forti sentimenti nei suoi confronti. Era ora di voltare pagina, ma l’immagine di Violetta continuava a perseguitarla. Era arrivato persino a sognarla di notte; nel sogno si baciavano appassionatamente, chiudeva gli occhi per vivere intensamente quel momento, ma quando li riapriva si ritrovava davanti Gabriella che gli sorrideva contenta, poi arrivava Ludmilla che spingendo via la rivale, lo abbracciava e gli diceva che lo amava ancora nonostante tutto. Leon si svegliò sudato: un vero incubo; ma almeno adesso sapeva cosa fare.
Il giorno dopo c’era agitazione tra gli studenti; nonostante il divieto imposto dal preside in seguito all’episodio della vernice, grazie ad una petizione firmata da tutti, insegnanti inclusi, lo spettacolo di fine anno venne reintegrato nel programma scolastico. Di lì a qualche giorno ci sarebbero sicuramente state le audizioni per i ruoli dei protagonisti. “La storia parla di una ragazza rinchiusa in una torre che non ha mai avuto la possibilità di vivere la vita al di fuori di quelle quattro mura. Un giorno un giovane comincia a cantare ai piedi di quella torre, la ragazza lo sente e si innamora di quella voce; decide di affacciarsi e di cantare con lui. Tra i due nasce l’amore, ostacolato però dalla famiglia di lei, che intende proteggerla dalla crudeltà del mondo esterno. Si mettono d’accordo per fuggire insieme di notte, ma vengono scoperti. Alla fine però la giovane coppia riesce a coronare il suo sogno d’amore. Vi piace la trama?” disse Pablo nel teatro dove aveva indetto una riunione speciale per tutti gli alunni. I ragazzi ne furono subito entusiasti, ma c’era davvero tanto lavoro da fare e poco tempo a disposizione. Violetta fece un sorriso triste: un pò la protagonista le ricordava  lei, rinchiusa dentro casa. “Allora, tra due giorni si terranno i provini per selezionare i ruoli dei due protagonisti. Poi, Maxi tu ti puoi occupare delle colonne sonore e degli arrangiamenti per la canzone della fuga di notte. Andres, Brako, Nata, a voi affido la preparazione delle scenografie, Ludmilla e Grabriella, insieme agli altri penserete alle coreografie. Francesca, Camilla e Ricardo voi curerete la canzone della famiglia della ragazza che la vuole desistere dal suo intento di lasciare la torre. Stefan vorrei che tu componessi un pezzo al piano insieme a Maria per il finale; una volta che avrete scritto la melodia penseremo al testo. E poi…Leon e Violetta vi potete occupare della canzone dei due innamorati?” disse Pablo assegnando a ciascuno degli studenti un ruolo per rendere tutti partecipi in prima persona. Violetta arrossì; doveva comporre una canzone con Leon? Questo voleva dire passare molto tempo insieme da soli, troppo tempo. Fu Leon a rispondere per primo: “Se la mia compagna è d’accordo per me va bene…”. “V-va bene!” esclamò Violetta diventando, completamente scarlatta. L’assemblea fu sciolta, ognuno tornò alle proprie lezioni, rimasero solo lei e Leon, continuando a fissarsi di sottecchi facendo finta di essere impegnati a fare altro. Poi lui si avvicinò e le disse tranquillamente: “Non ti preoccupare, non ti importunerò più. Te lo prometto”, quindi le diede un bacio sulla guancia e uscì seguito da Ludmilla. La ragazza bionda, approfittando di quel momento di debolezza da parte del ragazzo decise di ripartire alla carica. “Allora che hai deciso Leon?” chiese lei parandosi davanti a lui con unno sguardo interrogativo. “ Voglio provare a tornare con te. Ma non ti assicuro niente, io amo ancora Violetta” rispose Leon; voleva essere completamente sincero con lei, non meritava che le mentisse di nuovo, come prima che si lasciassero. “Non importa, sono sicura che riuscirai a dimenticarla” disse lei sorridendo, felice per la bella notizia che le aveva dato; quindi si avvicinò e chiuse gli occhi per baciarlo. Leon ci provò, ma non riuscì a fare un passo verso di lei. Davanti a lui c’era solo Violetta, non riusciva proprio a togliersela dalla testa. “No! Ho bisogno di tempo per abituarmi, perdonami” esclamò fermando il suo gesto. Ludmilla inizialmente rimase spiazzata, poi però cercò di controllare la sua rabbia e disse semplicemente: “Non importa, prenditi tutto il tempo che ti serve, io posso aspettare”.
Il giorno delle audizioni era finalmente giunto: la notizia di Leon e Ludmilla ormai era diventata di dominio pubblico, e anche Violetta lo venne a sapere. Doveva esserne felice, no? Finalmente non la avrebbe più cercata, implorandole di tornare insieme, ma allora perché si era sentita morire dentro non appena lo era venuta a sapere? “Violetta Castillo” strillò Gregorio per invitarla a entrare per cantare. “Si, eccomi” rispose lei ancora un po’ frastornata. Non appena entrò le venne chiesto di cantare ‘Te creo’, la canzone scelta per il momento in cui la ragazza sente di essersi innamorata. Ovviamente Violetta cantò in modo divino, tutti i suoi compagni rimasero incantati ad ascoltarla, Leon incluso. Finite le audizioni per il protagonista femminile iniziarono le audizioni per quello maschile. Infine tutti uscirono per dare la possibilità agli insegnanti di fare la loro scelta. Non appena furono usciti Ferdinando era fuori ad aspettarli, o meglio ad aspettare Francesca. Non appena la vide, senza degnare di uno sguardo la sorella, le andò incontro sorridente. “Sbaglio o qui di fronte a me c’è la ragazza più bella dello Studio?” chiese lui ironicamente. “Ma che dici?!” esclamò lei avvampando. “Ti volevo regalare questo” continuò lui tirando fuori dalla tasca un biscotto della fortuna. Francesca lo prese curiosa e lo aprì: dentro c’era un bigliettino arrotolato. Mangiando il biscotto cominciò a srotolarlo, dentro c’era scritto: ‘Stasera vorresti uscire con me? Passo alle 20’. Che carino! Era stato davvero un modo molto romantico per chiederle di uscire, soprattutto inaspettato. “Si” disse lei all’improvviso “Ma dove andiamo?”. “E’ una sorpresa, non te lo posso dire” esclamò Ferdinando, cercando di fare il misterioso. “Dai, almeno un indizio!” continuò lei comportandosi come una bambina. “D’accordo, ti dico solo che è un posto dove potrai essere doppiamente splendida” sussurrò il ragazzo al suo orecchio, facendole venire i brividi lungo il collo; poi le diede un bacio sulla guancia e se ne andò, voltandosi di tanto in tanto  per contemplarla: era bellissima e si sentiva davvero innamorato, le avrebbe fatto una sorpresa fantastica. Violetta si avvicinò a Leon per chiedergli quando si sarebbero dovuti vedere per comporre la canzone. “Scusa Leon, non vorrei disturbarti, ti volevo solo chiedere quando sei disponibile per la canzone che ci ha dato Pablo da scrivere” disse lei timidamente. “Quando vuoi te, per me va bene, basta che non coincidano con gli orari per le prove per l’esercizio di Pablo; mancano pochi giorni e io e Ludmilla dobbiamo provare…” cominciò lui ma poi vide che aveva gli occhi lucidi. “Stai bene?” chiese lui premuroso. “Si, va tutto bene…grazie di tutto, ci vediamo!” disse Violetta frettolosamente per poi correre da Stefan; certo, provare, come no. Come lei ci potesse cascare. Tutto d'un tratto si immaginò la scena: Leon e Ludmilla da soli nell'aula di Beto a lanciarsi sguardi pieni d'amore e a baciarsi ogni minuto. “Stefan, ho bisogno di te” esclamò lei abbracciandolo in mezzo al corridoio mentre una Francesca leggermente sorpresa li fulminava con lo sguardo. “Non ti preoccupare, andrà  tutto bene, vedrai…ti va di parlarne?” disse Stefan portandola fuori lo Studio per evitare di dare spettacolo. “Leon si è messo con Ludmilla. Lo so che ne dovrei essere felice, ma allora perché sto così male?” cominciò a dire lei sempre più disperata. Poi appoggiò la testa sulla sua spalla e cominciò a piangere. Le lacrime le scendevano lente, ma sembravano non finire mai. Stefan, rimanendo in silenzio, cominciò ad accarezzarle la testa; quando vide che si era un po’ tranquillizzata le disse piano: “Forse dovresti pensare a chi può farti stare davvero bene”. Violetta alzò il capo con gli occhi arrossati per fissarlo: aveva capito? Aveva intuito i dubbi che l’avevano accompagnata fin da quando lo aveva conosciuto? No, non poteva essere. Eppure aveva dissimulato così bene, nessuno se ne era accorto, neanche Leon. Leon…in quel momento come mai prima avvertiva il bisogno di averlo affianco, di abbracciarlo, di sentirlo suo. “Forse hai ragione, Stefan” si limitò a rispondere Violetta abbassando repentinamente lo sguardo. “Ma non lo posso ancora dimenticare!” ribattè infine. Maxi uscì per avvertirli che i professori avevano scelto i protagonisti. “Sbrigatevi, lo stanno per annunciare pubblicamente!” esclamò eccitatissimo. Rientrarono nel teatro...tutti gli studenti erano visibilmente tesi, a parte Ludmilla e Gabriella; entrambe erano certe del fatto che avrebbero avuto la parte. Cristobal entrò seguito da tutti gli altri docenti. Fu proprio il preside a parlare: “Nonostante fossi contrario, ho dovuto cedere alle pressioni di tutti voi, e ho appoggiato l’idea come tutti gli anni di mettere in piedi uno spettacolo per far conoscere quelli che sono gli obiettivi formativi di questa scuola, il prestigioso Studio 21. Premettendo che tutti voi avete mostrato un talento invidiabile, abbiamo comunque dovuto prendere una decisione. E i protagonisti sono…”. 

NOTA AUTORE: Allora questo capitolo dà inizio ad una nuova fase per la nostra storia. Infatti Leon ha deciso di provare a dimenticare Violetta, ma ci riuiscirà davvero? (da come è partita la cosa sembrerebbe proprio di no). Si parla dello spettacolo di metà anno che vede un protagonista maschile e una protagonista femminile (chi saranno i due fortunati?). Poi, Ferdindando non perde tempo e anticipa tutta la concorrenza invitando una Francesca lusingata ad uscire fuori con destinazione ignota (interesting...); come la prenderanno Stefan e Thomas??? E poi cìè questo finale enigmatico in cui non si capisce cosa vuole Violetta: Leon, Stefan, Stefan, Leon...poi Stefan se ne esce con quella frase alquanto ambigua che fa riflettere. Angie è tornata a casa...YUPPIEE! Adoro  la scena di Olga e Roberto xD Comunque Jade non intende fermarsi di fronte a nulla, cosa succederà? Ci vediamo al prossimo capitolo che si intitola "Cuore di ghiaccio" (chissà perché...voi avete qualche idea?). Buona lettura :D Ah, vorrei dedicare questo capitolo a DOLCELUNA83 che ha cominciato a seguire la mia storia rendendomi molto contento. Buona lettura a tutti e grazie mille a tutti voi che mi seguite/recensite!!! :D :D

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Capitolo 28
*** Cuore di ghiaccio ***


Capitolo 28
Cuore di ghiaccio

 “E i protagonisti sono…” continuò a ripetere il preside per aumentare la tensione “Stefan e Violetta! Complimenti!”. Violetta e Stefan, che erano rimasti vicini, si guardarono profondamente stupiti e in un impeto di gioia si abbracciarono. Tutti applaudirono, tutti tranne Gabriella e Ludmilla: sembrava le fosse stata data la notizia che avrebbero passato un Natale senza regali. Leon li guardò con un certo nervosismo: ma non stava con Ricardo? Non ci stava capendo più nulla. Bah…che doveva pensare? Maxi fu il primo a fargli le congratulazioni. “Bravissimi! Ve lo meritate proprio. Stavo pensando…che ne dite se per festeggiare stasera andiamo a pattinare su ghiaccio? C’è un circolo sportivo qui vicino”. Violetta abbassò lo sguardo; quell’idea era carina, e le sarebbe piaciuto andare, ma aveva due problemi: uno come al solito era suo padre e l’altro… “Io non so pattinare” esclamò scarlatta arretrando di qualche passo. “Nemmeno io” disse Nata, introducendosi nel discorso e accarezzando dolcemente la spalla di Violetta. Da quando stava con Maxi aveva cominciato a frequentare quelli che prima erano suoi acerrimi nemici; per di più aveva scoperto di stare davvero bene con loro, finendo col litigare con Ludmilla per difenderli. Non si era affatto pentita della sua scelta, e anzi si sentì sollevata quando venne a sapere dal suo ragazzo che non aveva scritto nessun biglietto in cui la insultava. “Per te ci sono io” disse Maxi sorridendo. Perfetto! Avrebbe avuto l’occasione di passare dei momenti romantici con la sua Nata. “E per te, Violetta, ti può dare una mano Francesca” continuò dopo averci pensato un po’ su. “No, ragazzi, mi sono ricordata che non posso proprio” esclamò Francesca, che si era completamente dimenticata del suo appuntamento. “Ci penso io ad insegnarti” parlò dunque Ricardo; Camilla e Leon si irrigidirono. “Vengo anch’io!!!” urlò Gabriella. Che splendida occasione per stare con Leon senza interruzioni da parte di Ludmilla, la quale aveva declinato l’invito perché aveva un appuntamento per la manicure. “Come mai non puoi?” chiese Stefan a Francesca facendo finta di non essere interessato alla risposta. “Ecco, io…ho un appuntamento!” strillò infine, seguita subito dalle sue due amiche, che non persero tempo a congratularsi per la bellissima notizia. Stefan e Thomas non la presero molto bene, anzi si irrigidirono e rimasero taciturni per tutto il tempo.“Bene, se la smettete di spaccarmi i timpani, direi di vederci all’entrata alle 18 e 30. Chi saremmo?”. Camilla, Ricardo, Leon, Andres, Maria (che si era inserita a metà della conversazione), Maxi, Nata e Thomas confermarono la loro partecipazione. Anche Stefan disse di non avere impegni. Mancava solo lei, Violetta. Ci pensò un po’: ma si, con l’aiuto di Angie (che aveva saputo essere tornata) ce l’avrebbe fatta. “Non posso certo mancare” disse infine sorridendo. Tornata a casa le sembrò di aver commesso una vera e propria follia. Perché aveva detto che sarebbe venuta? No, doveva chiamare Maxi e dirgli di non considerarla più. Però le dispiaceva non poter imparare a pattinare sul ghiaccio. Ci avrebbe provato, in fin dei conti non le costava nulla. Bussò con incertezza alla porta dello studio del padre finchè non sentì un “Avanti” provenire dall’interno. “Papà, che bello rivederti!”  esordì lei con un sorriso a trentadue denti. “Ho pensato che magari non stessi molto comodo su quella sedia così ti ho portato un cuscino.  Se vuoi ti preparo anche un tè; anzi sicuramente lo vorrai, qui dentro fa un freddo. Vado subito!” continuò mostrandosi premurosa più del normale. “Cosa mi devi chiedere?” disse lui guardandola con una scherzosa occhiata di rimprovero. “Come l’hai capito?” disse Violetta sentendosi completamente scoperta. “Violetta, ti ho cresciuto; e in più ho qualche annetto in più di te, conosco benissimo la strategia ‘ammorbidire papà’. E ora ti ripeto la domanda: cosa vuoi?” esclamò lui divertito. “Ecco, io…ti ricordi che seguo il corso di storia della musica e prendo lezioni di piano?” cominciò lei; il padre annuì incitandola a proseguire: “Beh, lì ho conosciuto delle persone molto simpatiche, e mi hanno invitato stasera ad andare a pattinare sul ghiaccio. Ti prego, posso andarci?”. “Ovviamente…” disse lui. Si! Ce l’aveva fatta! Che bello, non vedeva l’ora di dirlo a Camilla. “Ovviamente no” concluse German. Eccola là: tutti quei castelli in aria che si era fatta svaniti in meno di cinque minuti. “Ma perché?” chiese Violetta scandalizzata. “Perché è troppo pericoloso andare in giro di sera, poi con persone che non conosco” tentò di spiegarle il padre ma con scarso successo. Infatti Violetta senza voler sentire altro, scappò di corsa in camera sua. Sarebbe andata a quell’incontro, anche a costo di farlo di nascosto. German sospirò: era da un po’ di tempo che non riusciva a capire sua figlia. Stava crescendo troppo in fretta senza una figura materna che la potesse consigliare; lui faceva quel che poteva, e anche se sapeva che non era abbastanza, sperava che un giorno Violetta l’avrebbe apprezzato lo stesso. Sentì di nuovo qualcuno bussare e pensò fosse nuovamente la figlia tornata per cercare di convincerlo un’ultra volta. Invece si trattava di Angie. “Mi faccia indovinare…per caso ha sentito tutto il discorso?” esclamò scoppiando a ridere. Quella donna era davvero impossibile, però aveva davvero a cuore Violetta, e questo bastava per rispettarla e volerle bene. “Ovvio che ho ascoltato casualmente! Non mi starà mica dando dell’impicciona?! Comunque volevo dirle che dovrebbe lasciare che Vilu esca e si veda con i suoi amici. Che male ci può essere?” attaccò lei per continuare l’opera iniziata dalla nipote. “Due contro uno, non è molto valido! Va bene, lascerò che Violetta vada, ma a patto che sia Roberto a portarla” disse German sentendosi con le spalle al muro. “Davvero??!!” urlò Violetta irrompendo nello Studio; invece di andare in camera sua si era messa a origliare la discussione con Angie. “Grazie! Grazie! Grazie!” ripetè lei almeno un centinaio di volte, buttandosi al collo del padre. Poi abbraciò Angie, ringraziandola per l'appoggio e dandole ufficialmente nuovamente il benvenuto nella casa.German sorrise soddisfatto di aver reso felice sua figlia, forse Angie aveva ragione; non ci poteva essere nulla di male. Violetta si presentò puntuale al luogo dell’appuntamento: era emozionatissima, la sua prima uscita con i suoi nuovi amici! Cercò in tutti i modi di evitare con lo sguardo Leon appena arrivò insieme ad Andres. Quando finalmente furono tutti, entrarono chiacchierando allegramente. Il luogo era molto carino: al centro un’enorme pista di ghiaccio che rendeva l’ambiente freddissimo. A sinistra della pista c’era un bar con tavolini da due persone: lì erano sedute varie coppiette intente a bere cioccolate calde o tè di tutti i tipi. “Bene, adesso prendiamo i pattini” disse Maxi facendo da capo. Ognuno pagò la sua quota e prese i suoi pattini. I primi a scendere sulla pista furono Maxi e Nata; Nata aveva le gambe che tremavano perché non riusciva a trovare stabilità, quindi il ragazzo la condusse sul bordo per permetterle di avere un appoggio. Erano davvero una coppia tenerissima: Violetta si incantò a guardarli; avrebbe voluto che Leon si fosse comportato allo stesso modo. Fu un attimo: al centro della pista vide l’immagine di loro due che pattinavano insieme felici, senza lasciarsi la mano. Si riscosse da quel pensiero sentendosi una stupida.  Dopo che si furono buttati tutti, fu il suo momento. La prima sensazione quando appoggiò il pattino sul ghiaccio, fu quella di volare. Non sapeva perché ma si sentiva libera e fragile allo stesso tempo. Poggiò anche l’altro piede attenta a non scivolare. Ricardo le venne incontro per mostrarle la tecnica di base. Violetta se la cavò benissimo: Leon stette per tutto il tempo a fissarla, sorridendo di tanto in tanto quando cadeva; tutto questo accadeva sotto lo sguardo di una Gabriella alquanto contrariata. Violetta finalmente cominciò a staccarsi dal bordo riuscendo a mantenere l’equilibrio. Gabriella invece era bravissima: cinque anni di pattinaggio su ghiaccio avevano dato i suoi frutti; all’improvviso le venne un’idea: se ‘molto casualmente’ Violetta avesse avuto un incidente, non avrebbe potuto fare lo spettacolo, quindi con molta probabilità l’avrebbe rimpiazzata lei. Quando nessuno se ne accorse si appostò dietro Violetta e le diede una spinta. La ragazza sentì una forza spingerla in avanti; stava perdendo l’equilibrio e manteneva anche una certa velocità. Per sua fortuna Leon si trovò in mezzo al tragitto che ormai aveva preso senza più controllo; le finì letteralmente addosso. Inizialmente riuscì a fermarla, ma poi perse anche lui l’equilibrio e i due caddero sul ghiaccio. Violetta gli era finita sopra; stava per rialzarsi ma era rimasta completamente imbambolata: quegli occhi verdi che la fissavano, quel sorriso così naturale che risplendeva messo in risalto dal bianco del ghiaccio. Come poteva fare? Erano praticamente a due centimetri. La nuvoletta del respiro di Leon le finì addosso avvolgendola con un calore piacevole. Il ragazzo pensò che quello era stato forse uno degli incidenti più belli della sua vita. Aveva i capelli bagnati a causa del ghiaccio che si era sciolto e questo fatto la rendeva ancora più attraente; poi quelle labbra lo spingevano a baciarla: erano di un rosso così acceso e sensuale, lo stesso colore delle sue guance. “S-scusa!” balbettò lei senza riuscire ad alzarsi. “Mi sembra di aver già vissuto una scena simile” scherzò lui, poi d’un tratto si fece serio: “Sei bellissima”. Come se ne era uscito? Avrebbe voluto ritirare tutto e ricominciare da capo, ma ormai il danno era fatto. Quelle ultime due parole ebbero un effetto devastante su Violetta. Improvvisamente sentiva molto caldo, troppo caldo; sentiva il viso che scottava. Fece per tirarsi su ma non ci riuscì proprio, anzi più ci provava più finiva tra le sue braccia. “Io…non riesco ad alzarmi” disse infine del tutto imbarazzata. Leon le cinse la vita dolcemente per spostarla, poi si alzò e le porse la mano per aiutarla. “Grazie, davvero!” esclamò lei mostrandosi piuttosto interessata al ghiaccio sotto di lei. “Figurati, devi stare attenta però, avresti potuto farti davvero male a quella velocità. Se vuoi ti posso aiutare, Camilla e Ricardo adesso mi sembrano impegnati” disse Leon accennando alla scena di una Camilla che rideva come una matta, mentre Ricardo la rincorreva. Violetta accettò dopo un po’ di riserve. Il ragazzo si mostrò un maestro eccezionale, ogni tanto la afferrava per non farla cadere, ed ogni volta che si ritrovava tra la sue braccia le sembrò di avere un infarto. Non sarebbe uscita viva da quella giornata, ne era sicura. Alla fine della lezione, Violetta riuscì a mantenere l’equilibrio, ma Leon per essere più sicuro le prese la mano per infonderle coraggio. La ragazza rabbrividì, ma non per il freddo. Era come se l’era immaginato quando era entrata: era come se non fosse successo nulla, come se non si fossero mai lasciati. Gabriella osservò la scena con un misto di disgusto e di rabbia: il suo piano non era riuscito come avrebbe voluto, ma almeno poteva approfittare della situazione. Prese il cellulare e scattò una foto di loro due. Povera Ludmilla, sarebbe uscita fuori di testa; la sua storia con Leon era destinata a durare poco. “Ti va di prendere qualcosa di caldo da bere?” chiese Leon a Violetta, che cominciava ad accusare i primi segni di stanchezza. “Certo! Basta che ci sediamo perché tra un po’ non riesco più a reggermi in piedi” esclamò lei con il fiatone. Il ragazzo scoppiò a ridere e poi l’accompagnò sempre per mano fuori dalla pista. Si tolsero i pattini e si sedettero in uno di quei tavolini per due al bar. La scena era piuttosto imbarazzante: dovunque si voltassero, c’era sempre una coppietta che si teneva la mano, o si scambiava parole dolci, o si baciava senza dare impressione di volersi staccare nemmeno tra un secolo. C’erano anche Maxi e Nata, che si guardavano come se il resto del mondo non avesse importanza. “Sono molto dolci” si lasciò scappare Violetta, mentre era rimasta incantata a guardarli. “Si” rispose lui cominciando a tormentarsi le mani. Poi la ragazza prese coraggio e cominciò a parlare:”Senti Leon, per quanto riguarda noi…ecco in questi ultimi giorni…”. Voleva dirgli di essersi resa conto di essere stata una sciocca. Più il tempo passava più si rendeva conto di non poter stare senza di lui, ma non riusciva a trovare le parole. Perché doveva essere tutto così difficile?

NOTA AUTORE: Violetta si è svegliata!!! *tira fuori gli striscioni* Che cuccioli che sono :3 *si incanta*. Lo so che quella scena l'ho scritta e magari non l'ho descritta benissimo, ma nella mia mente era una cosa così.... *muore* scusate per questa nota in completa fase sclero, ma sto vedendo degli episodi di Violetta in cui lei e Leon stanno mettendo a dura prova il mio auto-controllo. Comunque nel prossimo episodio dal titolo "Cena a lume di candela" vedremo come vanno le cose a Francesca ;) e non solo...nel prossimo capitolo ci sarà una svolta vera e propria...Che ne pensate dei protagonisti? Il povero Stefan sarà messo a dura prova xD Riuscirà Violetta a dire quello che prova in questo momento (lo ama ancora!!!! *esulta*) a Leon, oppure no? Fatemi sapere cosa pensate succederà nel prossimo capitolo ;) Buona lettura a tutti e al prossimo capitolo. Mi raccomando lasciate una recensione (così mi rendete felice xD) :D 

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Capitolo 29
*** Cena a lume di candela ***


Capitolo 29
Cena a lume di candela

“Non ti preoccupare! Ho capito tutto, vuoi avermi vicino come amico. Non è così?” disse Leon tranquillamente. Ma quale amico? Non aveva capito niente, lei voleva saltargli letteralmente addosso, ma non riusciva a trovare le parole. Insomma avrebbe pensato che era un tantino volubile, visto che fino a qualche ora fa non faceva altro che evitarlo. Nonostante ciò non seppe cosa dire quindi annuì senza molta convinzione. “Siete pronti te e Stefan per l’esercizio di Pablo?” chiese lui cercando di cambiare discorso, visto che il cenno d’assenso di Violetta gli fece più male di mille parole. “Si, abbiamo provato molto…” cominciò a dire lei prima di essere interrotta dal cameriere venuto a prendere le ordinazioni. “Due cioccolate calde, per favore” parlò Leon per entrambi. “Arrivano subito” annuì il cameriere segnando l’ordinazione sul taccuino. Passarono cinque minuti e al loro tavolo venne servito un bicchiere gigante con dentro una fumante cioccolata calda molto invitante dall’odore; sul piattino vennero messe due cannucce. Cosa? Non ci poteva credere, avevano pensato che fossero fidanzati. “Ehm…se vuoi vado a dirgli che…beh…ecco...” cominciò a farfugliare Leon passandosi una mano tra i capelli: lo faceva sempre quando era agitato e in quel momento era nel bel mezzo di un attacco di panico di livello massimo. Violetta lo fermò, facendogli capire tra un sussurro e un altro che non importava. Quindi i due tenendo lo sguardo abbassato presero le cannucce e  le immersero nel bicchiere; alzarono gli occhi per bere. Violetta arrossì all’istante quando sentì quegli occhi verdi posarsi su di lei. Nella sua mente immaginò la scena: lei che buttava all’aria la cioccolata e avvicinandosi sempre di più lo baciava appassionatamente. No, doveva controllarsi, per il bene di entrambi; loro due non facevano che farsi del male a vicenda, quindi doveva smetterla di pensare a lui in quel modo. Leon dal canto suo aveva preso ad afferrare i bordi del tavolo per trattenersi; era bellissima e quelle labbra che succhiavano sensualmente la cannuccia lo mandavano in tilt: erano tutti piccoli gesti che lo facevano impazzire. Ad un certo punto, senza saperselo spiegare, i due erano vicinissimi.
“Allora dove andiamo?” chiese Francesca curiosissima. Ferdinando pensò che non ci potesse essere ragazza più bella di lei: indossava un vestito di un rosso acceso semplice ma elegante abbastanza lungo con uno spacco laterale e delle scarpe con i tacchi non troppo alti dello stesso colore. “Come ti ho già detto è una sorpresa” rispose Ferdinando sorridendo. La prese per mano e la portò nella sua macchina, poi accese il motore e, meravigliandosi ancora una volta per la sua fortuna di poter passare una serata con lei, fece partire la macchina. Dopo un’ora circa si trovarono su un molo; Francesca non riusciva ancora a capire quale fosse questa benedetta sorpresa, finché lui non le indicò una piccola barca, da cui proveniva una luce tremolante. Ferdinando la aiutò a salire, anche sa la povera ragazza dovette togliersi i tacchi perché altrimenti l’impresa sarebbe risultata impossibile. Quando salì la prima cosa che vide fu una tavola apparecchiata per due con una candela al centro che dava un’idea di intimità e illuminava flebilmente l’ambiente circostante. Vicino c'era un carrello (quello che si trova nei ristoranti di lusso), con un secchio dove c'era una bottiglia di champagne tenuta al fresco dal ghiaccio. “Ma tu sei pazzo!” esclamò Francesca portando le mani alla bocca per l’emozione. “Eh, già forse sono davvero impazzito…ma se ti rende felice posso fare questo e altro” disse lui facendosi vicino. Poi la condusse sul bordo della barca per affacciarsi e godersi il panorama del mare di notte. “Che meraviglia…” si lascò scappare la ragazza incantata, mentre poggiava la testa sulla spalla di Ferdinando; abbassò lo sguardo e vide il suo riflesso tremolante sorridergli dall’acqua scura. “E questo è il mio indizio. Adesso ci sono due Francesca, una più bella dell’altra. Ovviamente io preferisco l’originale” sussurrò Ferdinando avvicinandosi lentamente. Francesca chiuse gli occhi e i due si baciarono; quando poi si separarono la ragazza avvertì una strana sensazione: quel bacio era stato molto diverso da quello di Stefan. Le era piaciuto molto, questo era vero, ma non le aveva lasciato le stesse sensazioni. Decise di non pensarci più e si diresse col suo nuovo fidanzato al tavolo per la loro cena romantica. La serata trascorse perfettamente, ma non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che qualcosa non andava in tutto questo. Bah, era solo un’impressione, e finalmente aveva la possibilità di essere felice.
Stefan starnutì di botto mentre era vicino a Ricardo. “Beh, che è successo amico? Non è che qualcuno ti sta pensando?” disse Ricardo ridacchiando. “Ahah, che simpatico” ribatté Stefan ironico. Niente. Non riusciva a divertirsi: pensava all’appuntamento di Francesca e ci stava male. Si, non aveva alcun diritto di dirle di non uscire con Ferdinando, ma d’altronde era quello che avrebbe voluto fare. Vide Thomas avvicinarsi a lui con la stessa faccia afflitta: “Anche tu stai così per Francesca?” chiese il ragazzo. Stefan annuì tristemente; poi sorrise: per quanto potesse sembrare strano, sentiva nascere una certa simpatia nei confronti di Thomas, anche se in un certo senso era un rivale in amore. “Guarda Leon e Violetta lì al bar, si vede che sono fatti l’uno per l’altra” continuò Thomas indicandoli, “Sapevo di aver già perso in partenza, basta osservare come si guardano; l’unica cosa che mi fa stare male è che per seguire un amore impossibile ho ferito l’ultima persona a cui avrei voluto fare del male”. Il ragazzo con la sua immancabile sciarpa bianca rimase in silenzio: si stava sicuramente riferendo a Francesca e lo capiva benissimo; anche lui si sentiva così: a causa dei suoi dubbi e delle sue incertezze l’aveva ferita involontariamente. Ricardo e Maria avevano iniziato a pattinare insieme mentre Camilla li guardava male e si lamentava con il povero Andres: “Mi sembra poco carino nei confronti di Violetta visto che ci sta insieme; insomma io non sarei così indulgente al suo posto e gli farei capire che non deve stare così attaccato alle altre ragazze. Ma poi dov’è Violetta?”. "E allora vaglielo a dire. Non capisco perchè lo stai dicendo a me!" ribatté Andres, stufo di tutte quella chiacchiere. Prima Maxi e ora anche Andres: perché nessuno la voleva ascoltare? Diede un’occhiata intorno e si rese conto che l’amica stava leggermente facendo gli occhi dolci a Leon, seduti a un tavolino del bar. Ma insomma Ricardo e Violetta stavano insieme, si o no? Perché a vedersi non sembrava proprio. Decise di entrare in azione per sapere qualcosa di più. Maria sorrideva felice al pensiero di stare pattinando con Ricardo quando Camilla le diede una spallata che la spedì dall’altra parte della pista. “Caro Ricardo, che coincidenza!” esclamò Camilla. “Non direi proprio visto che siamo venuti insieme a pattinare” disse lui sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori. Camilla che lo cercava? Quello doveva essere un sogno! Qualcuno gli doveva dare un pizzicotto, anzi no…voleva continuare a sognare finché fosse possibile e non svegliarsi mai. “Si, certo…sempre a badare ai dettagli, eh? Comunque stavo cercando di capire: come mai tu e Violetta non state un po’ insieme voi due da soli? Insomma, si, è bello uscire con gli amici ma a volte ci vuole anche un po’ d’intimità. Vi siete già baciati, no?” lo interrogò lei facendosi pressante. “Io…beh…non saprei…insomma non sono affari tuoi, mi sembra” rispose lui insicuro diventando paonazzo. Allora ci aveva visto giusto: c’era qualcosa di strano in quella coppia. Maria si mise in mezzo a loro guardando male l’amica: perché si era intromessa in quel momento romantico? Non gliel’avrebbe perdonata tanto facilmente. “Allora, cosa possiamo fare di bello, ora?” chiese lei con un tono che intendeva dire ‘noi due da soli. Capito, Camilla?’. “Potremmo andarci a prendere qualcosa da bere tutti e tre insieme” propose Ricardo ingenuamente. Le due ragazze acconsentirono anche se al tavolo ci fu una sorta di gara tra le due per chi stesse più vicina alla sua sedia di fronte a un Ricardo estremamente confuso.
“Lyon!!!” urlò Ludmilla entrando e trovandosi di fronte quella scena raccapricciante. Non stavano insieme da nemmeno un mese, e già correva dietro (di nuovo) a Violetta. Non le era bastata la lezione? Voleva proprio che la disintegrasse? Bene, lo avrebbe fatto. Leon si scostò da Violetta profondamente imbarazzato e scosso dalla voce della sua ragazza. Sapeva benissimo che se Ludmilla fosse arrivata un solo minuto più tardi, lui l’avrebbe baciata. Non riusciva a stargli lontano per quanto ci provasse; in più Violetta gli aveva fatto più volte capire di non essere più innamorata di lui. La ragazza bionda si mise subito tra i due sedendosi sulle gambe di Leon e lanciando uno sguardo omicida a Violetta che voleva dire: ‘Ci devi soltanto provare e ti spezzo tutte le ossa!’. “Scusate, ora devo andare” disse Violetta alzandosi e allontanandosi per andare da Maxi e Nata. “Vi dispiace se mi unisco a voi?” chiese Violetta sentendosi in colpa per aver interrotto un lungo e appassionato bacio dei due. “Ma certo!” disse Nata facendole posto e prendendo una sedia. “Allora, cos’è successo? Abbiamo visto che tra te e leon le cose vanno b…” cominciò Maxi guardando nella direzione di Leon. Stava per dire ‘benissimo’, ma non si era ancora accorto della presenza di Ludmilla. Altro che benissimo, si stava preparando una tempesta. “B...b…baldanzosamente”. Violetta e Nata lo guardarono interrogative. “Ok…stavo per dire benissimo, ma non avevo visto che c’era anche la serpe” confessò il ragazzo. Le due scoppiarono a ridere: era talmente buffo! E forse era uno dei tanti motivi per cui Nata si era innamorata di lui. “Scusate” disse Violetta sentendo il cellulare squillare. “Roberto stai arrivando? Perfetto, non potevi scegliere momento migliore” esclamò lei ad alta voce, sollevata per quella bella notizia. Non sapeva quanto ancora avrebbe sopportato la vista di Leon e Ludmilla che si tenevano la mano in quel modo. “Io devo andare, ragazzi. Grazie di tutto e a domani” disse poi a Nata e Maxi; prima di uscire rivolse un saluto a tutti gli altri: Leon, Ludmilla, Ricardo, Maria e Camilla che stavano al bar e Stefan e Thomas che continuavano a pattinare e a parlare da grandi amici. Leon la vide andare via e si alzò di scatto facendo quasi cascare la povera Ludmilla. “Devo fare una chiamata, torno subito” disse inventandosi la prima scusa che gli fosse venuta in mente. Corse fuori sperando che non fosse troppo tardi; era stato fortunato: era ancora lì ad aspettare Roberto. “Violetta, devo parlarti” disse lui sfiorandole la spalla affinché si voltasse. Violetta quando sentì quella voce sentì un groppo in gola. Si voltò con gli occhi lucidi che imploravano pietà. “Torna dalla tua ragazza, Leon” disse lei fredda. “Non voglio” le rispose secco. “Perché? Perché le cose tra di noi devono essere così difficili? La verità è che non riesco a smettere di pensare a te e mi odio per questo” ribatté sull’orlo del pianto, piantando i pugni sul petto di Leon. Fatto, l’aveva detto, e non le importava nulla ormai. L’avrebbe potuta prendere in giro, l’avrebbe potuta considerare una matta che cambiava continuamente idea, non le interessava. Leon si sentì la persona più felice del mondo: l’amava ancora! Allora non era vero che era senza speranze. Era Ricardo a non avere speranze, perché c’era solo lui nel suo cuore. “Ti amo anch’io” disse Leon prendendole il volto tra le mani e guardandola dritta negli occhi. Ci fu un attimo di confusione tra i due, in cui Leon non sapeva cosa fare. Ma per una volta era Violetta che aveva intenzione di agire e di smetterla di starci a pensare su. Senza che lui se l’aspettasse, si avvicinò e lo baciò dolcemente. Era come rinascere; non poteva esserci sensazione più bella, nulla poteva nemmeno lontanamente sostituire la gioia provata in quel momento da parte di entrambi. Le loro lingue si cercavano senza sosta, come volessero dirsi tutto quello che avevano taciuto prima. 


NOTA AUTORE: dite la verità all'inizio già eravate pronti a uccidermi: di nuovo Violetta si blocca, ecchecavolo,  ma nel finale finalmente si mostra decisa, e niente io pensao che loro due siano bellissimi (anzi ne sono convinto al 100%) *piange* e ora che sono tornati insieme io ricomincerò a sclerare su queste Note Autore, beeeeene. Allora per chi se lo stesse chiedendo: si baldanzosamente come parola dovrebbe esistere, l'ho trovata sul dizionario. Viva l'italiano che contiene parole così comiche xD Poi, Francesca e Ferdinando sono dolcissimi, anche se boh.....Comunque che ne pensate di questa nuova coppia??? Fatemi sapere :D Il titolo del prossimo episodio è "Voy por ti". Cosa pensate succederà? Buona lettura a tutti, spero vi piaccia questo nuovo capitolo. Alla prossima e fatemi sapere che ne pensate della storia: vi aspettavate Leon e Violetta insieme senza quasi alcun preavviso? :D *si rintana in un angolino e piange di gioia*

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Capitolo 30
*** Voy por ti ***


Capitolo 30
Voy por ti

Leon la stringeva forte durante quel lungo bacio. Voleva sentirla sua, voleva che tutto quello che stava succedendo non fosse solo un sogno, aveva bisogno di sapere che lo amasse. Dopo che si furono separati i due sorrisero senza sapere cosa dirsi. Violetta lo abbracciò: gli mancavano tanto quegli abbracci che le davano la sensazione di essere unica, speciale, protetta. “Vuoi che parli io con Ricardo?” chiese Leon senza riuscire a trattenere un sorriso: adesso Violetta era di nuovo la sua ragazza ed era giusto che tutti lo sapessero, Ricardo per primo. “Ma io e Ricardo siamo solo amici; noi non stiamo insieme” rispose timidamente lei ancora tra le sua braccia, aspirando a fondo il suo profumo: non lo voleva dimenticare più, voleva le rimanesse impresso per tutta la vita. “Cosa?” si lasciò uscire il ragazzo sempre più confuso. Non stavano insieme? Ma allora tutte le voci che giravano? Violetta sentì il suono del clacson: Roberto era venuto a prenderla. “Ora devo andare, ma ne parliamo stasera. Una cosa sola: promettimi che non dirai agli altri quello che è accaduto tra noi” si raccomandò dandogli velocemente un bacio sulla guancia. Quando aprì la portiera ed entrò in macchina si rese conto che Roberto le stava lanciando un’occhiata a metà tra il complice e lo scandalizzato. “T-tu non hai visto niente, vero?” balbettò lei, sperando di ricevere una risposta affermativa. “Se intendi chiedermi se ho visto la mia bambina, potrei dire la mia figlioccia, baciare un ragazzo per strada, no, non ho visto niente” concluse l’autista facendole un occhiolino per farle capire che era dalla sua parte. La macchina partì lasciando un Leon letteralmente KO. Che dire…era la persona più felice di questo mondo e niente avrebbe potuto intaccare quella splendida giornata. Quando rientrò dentro si sedette vicino ai suoi amici, che avevano unito più tavoli per formare un’unica grande tavolata, ma non ascoltava una sola parola di quello che dicevano. Prese il cellulare e mandò un messaggio: ‘Non sto sognando, vero? Ci siamo davvero baciati?’. Passarono solo alcuni minuti quando arrivò la risposta: ‘Forse avresti bisogno di un altro bacio per sapere se sei sveglio’. Leon sorrise: quella ragazza era meravigliosa e lo faceva stare bene. “E quindi tu che dici Leon?” chiese Maxi rendendosi conto che il ragazzo era sulle nuvole. “Cosa dico io?! Credo che dobbiate farlo, sul serio, sono d’accordo. Scusate, ragazzi io devo andare, ne parliamo un’altra volta. Ci vediamo domani per l’esercizio di Pablo” rispose Leon alzandosi di botto e andandosene. “Io veramente volevo sapere cosa volesse da bere, ma vabbé…” disse piano Maxi pensando che il suo povero amico fosse uscito fuori di testa, per colpa del dolore che gli stava procurando Violetta, senza sapere quanto fosse lontano dalla verità.
“German, tesoro!” strillò Jade per attirare l’attenzione del suo fidanzato che sembrava troppo preso dal lavoro per prestarle attenzione in quegli ultimi giorni. Jade si maledì per aver fatto tornare quell’istitutrice ma d’altronde non aveva avuto scelta. “Stavo pensando agli addobbi floreali per la nostra festa di fidanzamento” continuò lei dopo essere riuscita finalmente a farsi ascoltare. German la guardò accigliato: “Quale festa di fidanzamento?”. “Quella che ho deciso di organizzare. Non pensi sia ora di rendere la cosa ufficiale?” incalzò Jade. L’uomo rimase in silenzio: non si aspettava proprio una richiesta del genere, ma d’altronde era più che legittima. “E quando intenderesti farla?” chiese timoroso della risposta. “Tra una settimana” rispose tranquillamente Jade. Una settimana? Era un po’ presto…ma decise di assecondarla per renderla felice. “Oggi pomeriggio ho una sfilata di moda, mi accompagni?” chiese la sua fidanzata tutta contenta per essere riuscita a fissare la data. “Adesso ho degli impegni, facciamo un’altra volta” rispose German. Entrò Violetta: non sembrava la stessa ragazza che qualche ora fa era uscita di casa con un velo di tristezza; era solare, rideva in continuazione e aveva anche abbracciato Olga per l’euforia. “Ora vado in camera!” esclamò lei sorridendo e fiondandosi di sopra in camera sua. Digitò il numero di Leon con trepidazione: voleva poter sentire la sua voce, ne aveva bisogno. “Pronto?” rispose Leon un po’ assonnato. “Sono io, Violetta. Mi mancavi e poi ti devo delle spiegazioni.” Cominciò a dire lei cominciando ad arrossire per aver detto che gli mancava, però era vero, non aveva inventato nulla. Gli raccontò del patto con Ricardo e della storia di Camilla, mentre il ragazzo la ascoltava in silenzio. “Ma io lo uccido!” esclamò Leon che ancora non sapeva se essere infuriato o rincuorato: scoprire che in realtà tra lei e Ricardo non c’era stato nulla era la cosa più bella che potesse accadergli, dopo essersi riappacificato con Violetta ovviamente. “No, Leon, anzi ho fatto una promessa, quindi la devo rispettare. Nessuno deve sapere che stiamo insieme, quindi è meglio se tu rimani con Ludmilla per sviare i sospetti. Ma prova anche solo a baciarla e non rispondo più di me” disse Violetta fermandosi poi di botto; quell’ultima parte le era uscita così senza riflettere. Leon fu molto soddisfatto di quelle parole: “Allora sei gelosa? Vorrei vederti ora, da gelosa sarai sicuramente ancora più bella. Comunque, non ti preoccupare, io voglio stare solo con te. La nostra sarà una relazione clandestina”. La ragazza arrossì ancora di più: quando Leon le faceva quei complimenti la mandava completamente in tilt, le fondeva il cervello. “Ora devo, andare, buonanotte” sussurrò per non farsi sentire da quelli di casa. “Buonanotte, Violetta. Ti amo” disse lui piano cullandola con la sua voce. Violetta attaccò il cellulare, poi si stese sul letto sognando ad occhi aperti. Domani c’era l’esercizio di Pablo , ma non le interessava affatto; domani avrebbe rivisto Leon, quella era la cosa più importante.
Il giorno dopo allo Studio 21 gli studenti dell’esercizio di Pablo si riunirono nel teatro aspettando l’insegnante. Violetta stava parlando con Ricardo e Maria, ma ogni tanto lanciava degli sguardi a Leon che era circondato da Gabriella e Ludmilla, la quale non aveva aperto bocca da tutta la mattinata e aveva una faccia abbastanza infuriata. 
Aveva fatto un’improvvisata perché aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere tra il suo ragazzo e Violetta: ed aveva ragione. Infatti non appena fu tornata a casa ed ebbe acceso il computer si ritrovò una mail anonima con Leon e Violetta vicinissimi che si guardavano in un modo. Quella notte strillò come una pazza. Francesca si unì al trio insieme a Camilla; "Come è andata?" chiese Violetta all'amica curiosa. "Bene! Io e Ferdinando ora stiamo insieme!" esclamò Francesca con un gridolino. Thomas e Stefan ascoltarono quella dichiarazione: il primo sgranò gli occhi, il secondo rimase impassibile, ma dentro di sè avrebbe voluto spaccare la prima cosa che fosse a portata di mano, meglio ancora se si trattasse di Ferdinando.Pablo entrò allegro e chiamò ad una ad una le coppie per farle esibire: i primi furono Maxi e Maria che cantarono appunto “Verte de lejos”, li seguirono Gabriella e Brako e Camilla e Ricardo. “E ora…Francesca e Thomas tocca a voi” continuò Pablo. I due cantarono molto bene anche se si notava una certa ostilità da parte di Thomas. Fu poi il turno di Violetta e Stefan; il ragazzo suonava il piano mentre lei cantava “Te Creo”. Leon la guardava innamorato: quella voce aveva la capacità di creare dentro di lui delle emozioni uniche. Ludmilla e Gabriella se ne accorsero ma fecero finta di nulla. Quando la coppia terminò tra gli applausi generali, Pablo chiamò sul palco gli ultimi che si dovevano esibire: Leon si mise alla pianola pronto a far partire la musica ma si rese conto che la sua partner era rimasta lì. “Cosa ti prende ora, Ludmilla?” chiese Leon spazientito. Ludmilla provò ad aprire bocca, ma poi si portò le mani alla gola: non riusciva a parlare; la notte precedente aveva urlato talmente tanto da perdere la voce. “Hai perso la voce, non è così?” chiese l’insegnante premuroso. La ragazza bionda annuì; “Bene allora qualcuno ti sostituirà: chi conosce il testo della canzone?”. I ragazzi si guardarono intorno aspettando che qualcuno si facesse avanti: nessuno di loro conosceva la canzone, l’avevano ascoltata una volta sola durante la lezione di Angie, tutti tranne…”Vengo io!” esclamò Violetta facendosi avanti. Quella canzone le era rimasta impressa, forse per le emozioni che le aveva scatenato la prima volta, tanto da ricordarsela a memoria. Leon non poté evitare di fare un sorriso sincero: ci sperava in fondo al cuore, voleva cantare quella canzone solo con lei e nessun altro. La musica partì: per Violetta il resto della sala scomparve, esistevano solo il verde degli occhi di Leon e le loro voci che si univano, che creavano un’armonia come se stessero danzando. Gabriella li guardava pietrificata, Ludmilla invece aveva uno dei suoi soliti tic all’occhio e batteva nervosamente il piede. Quella maledetta: come farle capire che Leon era solo suo? Un modo l’avrebbe trovato. Suonò la campanella che metteva fine alla lezione e tutti gli studenti uscirono soddisfatto per come si erano esibiti. “Violetta, devo parlarti” disse Ricardo. “Certo!” esclamò lei ancora tutta allegra: cantare con Leon le faceva quest’effetto. Il ragazzo la portò dentro un’aula vuota: “Ho notato che tra te e Leon le cose stanno andando particolarmente bene. Ma state di nuovo insieme?” domandò lui senza convenevoli. Violetta voleva dirgli di no, ma era stanca di mentire, quindi gli disse tutta la verità. “Ma tranquillo, mi ha promesso che non lo dirà a nessuno e che ci reggerà il gioco” aggiunse poi mordendosi il labbro, un po’ preoccupata. “No! Non posso farvi questo; adesso è diventata una questione che devo risolvere da solo, grazie lo stesso per tutto l’aiuto che mi hai dato. Il patto è sciolto” disse lui deciso. Violetta non sapeva che dire, ma non voleva spingerlo a continuare: aveva notato che si stava solo facendo del male. “Trova il coraggio e diglielo” concluse Violetta guardandolo con occhi sognanti: non si voleva sbagliare ma Camilla aveva fatto capire di essere veramente gelosa; chissà, forse provava qualcosa per Ricardo e non lo voleva ammettere. In quel momento entrò Leon, che cercando di fare meno rumore possibile, si appostò dietro Violetta lanciando uno sguardo complice a Ricardo. Il ragazzo sorrise: “Ora devo proprio andare, ci vediamo”. Quando uscì, Leon con uno scatto felino strinse le sua braccia intorno alla vita e le diede una serie di leggeri baci sul collo. Violetta inizialmente fece un balzo per la sorpresa ma poi si lascò andare a quelle attenzioni che le provocavano dei brividi di piacere. “Leon…cosa fai?” chiese lei riprendendosi da quello stato di trance e voltandosi di scatto. “Scusa, non ho resistito; mi piace sentire la tua pelle” disse lui ridendo. La ragazza sorrise e poi facendosi vicino, gli diede un bacio sulla guancia, per poi mordergli l’orecchio sinistro in modo affettuoso. “E a me piace che tu mi susciti queste emozioni fantastiche” sussurrò lei facendosi più intraprendente. Leon credette di stare impazzendo; quella voce calda, quel gesto così semplice ma sensuale. “Credo di stare diventando matto, ed è tutta colpa tua” disse lui in tutta risposta,  poi si avvicinò per darle un bacio lento. Cominciò a massaggiarle la schiena con un tocco delicato che le regalava sempre più brividi. Stefan si rese conto di aver dimenticato uno spartito nell’aula di musica, quindi approfittò dell’intervallo per tornare indietro; aprì la porta e si ritrovò davanti una scena incredibile: mai avrebbe creduto che sarebbe potuto accadere. Francesca uscì dallo Studio completamente soddisfatta, quando vide che Ferdinando la stava aspettando fuori con una rosa in mano. Si diresse verso di lui per salutarlo, ma non fece in tempo, perché Thomas anticipò i suoi movimenti; il ragazzo andò dritto verso Ferdinando e si fermò a pochi metri da lui guardandolo in cagnesco. Tra i due non c’erano semplici scintille: si preannunciava una vera e propria tempesta.

NOTA AUTORE: Scusate davvero, ma io non ce la faccio!! Cavolo, tutti questi momenti Leonetta finiranno per uccidermi *piange in un angoletto* Niente, sono bellissimi, e io devo suicidarmi il prima possibile. Si, questo capitolo è un pò interlocutorio, ma solo perché volevo dare un pò di spazio a loro due (e per far fare questo benedetto esercizio di Pablo che va avnti dai primi capitoli xD), e niente,,,già dal prossimo capitolo, dal titolo "Sabotaggio", ci saranno novità. A che si riferirà il titolo?? Lo scopriremo più avanti. Stefan avrà scoperto Leon e Violetta insieme? Quale sarà la sua reazione? Le risposte a queste domande le voglio sentire da voi, cari lettori. E ora mentre io vado a sclerare (e a mangiare cioccolata. E' bellissimo leggere pezzi Leonetta mangiando cioccolata xD), vi lascio la parola. Buona lettura a tutti!!! :D

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Capitolo 31
*** Sabotaggio ***


Capitolo 31
Sabotaggio

“Scusate, io non volevo disturbare” esclamò Stefan abbassando lo sguardo e diventando rosso. “Non ti preoccupare…ecco io e la professoressa Marta stavamo parlando…del metodo migliore per scaldare la voce” disse Pablo balbettando: erano stati colti in flagrante da uno studente dello Studio mentre si stavano baciando con un po’ troppo trasporto. La professoressa annuì sistemandosi meglio gli occhiali, con le labbra ancora gonfie. “Ehm…infatti non voglio interrompere questo dibattito musicale e strettamente professionale. Me ne vado subito!” disse Stefan cercando di mostrarsi convinto di quello che aveva appena detto. Pablo lo ringraziò con lo sguardo poi con la scusa di avere una lezione a breve, si catapultò fuori dall’aula seguito da Marta, che faceva finta di nulla e fischiettava tranquillamente.
“Basta Leon, qualcuno potrebbe vederci” esclamò lei con poca convinzione. “Mi piace il rischio” disse il ragazzo ridendo. “Si, ma non dobbiamo esagerare, qualcuno potrebbe scoprirci e tu ufficialmente stai con Ludmilla” continuò mordendosi un po’ il labbro per la preoccupazione. Leon le prese la mano e gli depose sopra un bacio che la fece sentire una principessa. “La lascerò oggi stesso” disse lui guardandola negli occhi. Violetta lo abbracciò senza aggiungere altro: aveva imparato a fidarsi del suo ragazzo. Quell’abbraccio valse molto più di mille parole, di mille spiegazioni, era un gesto d’affetto di due innamorati. “Leon, sei l’unico ragazzo che io abbia amato, ma aspetta un po’ a lasciare Ludmilla. Prima voglio vedere come vanno le cose con Ricardo” confessò lei dopo un lungo sospiro. Leon ascoltò quelle parole che suscitavano in lui affetto e orgoglio: l’amava con tutto se stesso ed era contento che finalmente le cose tra loro si fossero chiarite. Ma qualcuno osservò la scena non troppo soddisfatto: la faccia di Ludmilla da fuori era diventata nera per la rabbia che stava provando in quel momento.
“Cosa ci fai qui?” chiese Thomas leggermente infastidito. “Non sono certo qui per te” rispose Ferdinando canzonatorio. Ma allora voleva proprio fare a botte: come si permetteva quel damerino a prendersi gioco di lui. Thomas strinse i pugni per controllarsi, ma continuò a guardarlo in cagnesco finché non arrivò Francesca a calmare le acque. “Fermi tutti! Che sta succedendo qua?” esclamò lei mettendosi in mezzo e lanciando prima a uno e poi all’altro un’occhiata di rimprovero. Thomas borbottò qualcosa di incomprensibile che doveva essere un ‘niente’, e poi se ne andò per sedersi su una panchina ad osservare quella scena che gli faceva così male. Maria si sedette vicino a lui con la stessa faccia afflitta. “Problemi di cuore, eh?” chiese lei mentre Ricardo stava chiacchierando allegramente con Camilla sul lavoro da svolgere per lo spettacolo. “Si capisce così tanto?” ribatté il ragazzo senza distogliere lo sguardo. “Beh, stai messo più o meno come me. Chiamalo intuito” disse lei ironicamente. Non voleva crederci: tutto quel tempo passato per stare dietro a Ricardo non era servito a nulla, e ora addirittura sembrava esserci qualcosa tra lui e Camilla; la riteneva un’amica, con lei si era confidata senza nasconderle nulla, e veniva ripagata in quel modo. Era amareggiata e cercava un po’ di conforto, ma non sapeva a chi chiederlo. “Thomas, ti posso chiedere una cosa?” continuò lei spezzando il silenzio. “Certo” rispose il ragazzo guardandola finalmente negli occhi. “Puoi abbracciarmi? Ma non mi chiedere nulla, ti prego”  chiese Maria con gli occhi lucidi. Thomas annuì e la tenne stretta tra le sue braccia cercando di consolarla. Stefan si diresse verso di loro ancora un po’ scombussolato per quanto aveva visto; salutò il suo nuovo amico e si sedette vicino a lui mentre Francesca si scambiava qualche tenerezza col suo ragazzo. “Non ti sembra un po’ troppo alto per lei?” disse facendo l’indifferente. Maria lo guardò stranita: “Che razza di osservazione è? Comunque sono davvero carini”. I due la fulminarono con lo sguardo come se avesse detto una fesseria di proporzioni epiche. “Beh, che ne dici ora di andare a provare, Maria?” chiese Stefan, alzandosi. Dovevano comporre il pezzo al piano per lo spettacolo. La ragazza annuì e insieme si alzarono per entrare allo Studio, lasciando Thomas a pensare alla nuova coppia che era nata.
Passarono alcuni giorni e alla fine delle lezioni Violetta aveva a malincuore salutato Leon per provare le coreografie per lo spettacolo. Quando entrò nell’aula di danza, andò verso lo stereo e fece partire la musica, iniziando a provare senza sosta. Era passata più di un’ora ed era stanca morta, ma lo spettacolo dipendeva da lei, e voleva dare il massimo perché fosse un successo. Una figura misteriosa si appostò vicino alla porta senza essere vista: era il momento di attuare il piano prefissato. Prese delle biglie trasparenti e le fece rotolare lentamente; Violetta, troppo presa, non se ne accorse, scivolò appoggiando male la caviglia, e cadde. Sentì un dolore lancinante e si rese conto di non riuscire ad alzarsi, quindi chiamò soccorsi ad alta voce; intervennero Leon, Maria e Stefan che erano nelle vicinanze. Leon la prese in braccio con un faccia preoccupata, poi notò le biglie per terra. Chi aveva fatto quello scherzo di pessimo gusto? Gliel’avrebbe fatta pagare di brutto: nessuno poteva sfiorare la sua Violetta e rimanere impunito, non finché ci fosse lui a proteggerla. “Come stai?” le chiese premuroso. La ragazza mostrò uno smorfia di dolore mentre cercava di muovere la caviglia. “Non fare sforzi, adesso ti porto in infermeria. Stefan, Maria cercate Angie, Pablo o Cristobal e ditegli di venire. Qualcuno ha cercato di mettere fuori gioco la protagonista” esclamò Leon, uscendo dall’aula sempre con Violetta in braccio. “Leon, forse ce la faccio, dai lasciami scendere…” cercò di dire Violetta, ma venne subito zittita da un bacio del suo salvatore. “Nemmeno morto, non voglio rischiare che ti faccia ancora più male” esclamò lui sorridendo. Violetta non potè fare a meno di rispondere dandogli un bacio sulla guancia: nonostante l’incidente era felice di stare tra le braccia del suo Leon. Non appena arrivarono in infermeria, la dottoressa di ruolo la fece stendere su un lettino e diagnosticò una slogatura alla caviglia, con possibile frattura; per essere più sicuri avrebbe dovuto fare una lastra. Subito li raggiunse Cristobal estremamente contrariato: non poteva sopportare un sabotaggio attuato da uno dei suoi studenti. “Cercheremo di capire chi è il colpevole, nel frattempo direi che è il caso di sospendere lo spettacolo, non mi sembra corretto continuare quando ci sono dei comportamenti tanto meschini”. Violetta tentò di fargli cambiare idea anche se lui si mostrò irremovibile. Quindi cercò di giocare la sua ultima carta: “Facciamo un patto: se non potrò partecipare allo spettacolo lei lo annulla, ma se non è nulla di grave lo spettacolo continua, magari nominando una sostituta”. Cristobal rimase un secondo in silenzio valutando la situazione, poi si arrese alle richieste della ragazza.
“Chissà come ci hanno riuniti tutti qua…” disse Maxi leggermente preoccupato. Leon, che sapeva il motivo di tutta quell’urgenza, rimase in silenzio: sarebbe stato il preside a parlare e spiegare tutto l’accaduto. Cristobal entrò e dopo essersi schiarito un po’ la voce cominciò a parlare: “Ho indetto quest’assemblea speciale con voi alunni per mettervi al corrente di un fatto grave. Una vostra collega ha avuto un incidente, provocato da qualcuno in questa scuola. Adesso chiedo al colpevole di farsi avanti”. Tutti rimasero in silenzio sorpresi e confusi: chi aveva avuto l’incidente. Il preside continuò: “Ovviamente non pensavo che succedesse davvero. Comunque visto che la studentessa Violetta Castillo è impossibilitata a continuare le prove, sarà nominata una sostituta, anzi la ragazza ha espresso il desidero esplicito che venga scelta Francesca per il ruolo di protagonista. Noi professori ne abbiamo parlato e siamo del tutto d’accordo con questa decisione. Ci manca solo il consenso da parte della studentessa in questione”. Lo sguardo degli studenti e dei professori si spostò dal preside a Francesca, turbata per la notizia dell’amica e allo stesso tempo sbalordita: non pensava che l’avrebbero scelta. “C-certo! Ma se Violetta si riprende, voglio che sia lei la protagonista” esclamò un po’ incerta. “Bene, allora presentatevi domani per cominciare le prove alle 9 e 30, ma ricordatevi che in seguito a questo episodio lo spettacolo corre il serio rischio di essere annullato. Buon proseguimento di lezioni a tutti ” concluse Cristobal uscendo dalla sala serio. “Non ci posso credere…” esclamò Stefan accompagnato dall’amico Thomas. Nata aveva il sospetto che fosse Ludmilla la colpevole ma rimase in silenzio: poteva davvero spingersi a così tanto? “Già, è terribile, Leon mi accompagni a trovarla?” chiese Francesca. “Certo” disse Leon. “Vengo anch’io!” esclamò Stefan correndogli dietro. Non appena il gruppetto entrò in infermeria, Violetta, stesa ancora sul lettino con la caviglia fasciata sorrise, felice che i suoi amici più stretti fossero venuti a trovarla. Francesca si buttò tra le sue braccia non appena mise piede lì dentro. “Va tutto bene…non sono ridotta così male. E poi sono sicura che sarai una sostituta più che valida” esclamò cercando di tranquillizzarla. “Ma non doveva andare così! Tu meritavi quella parte” continuò lei con gli occhi lucidi. Stefan e Leon rimasero all’entrata non sapendo se rimanere lì o andarsene e lasciare loro un po’ d’intimità. Violetta chiese di essere lasciata sola con Leon, così i due uscirono un pò perplessi per quella strana richiesta e rimasero fuori ad aspettare. “Grazie mille, di tutto” disse piano prendendo la mano al suo ragazzo. Era così forte e grande; la portò alla guancia a chiuse gli occhi per assaporare le sensazioni che le dava quella pelle a contatto. Leon la guardò perdutamente innamorato: era la ragazza più dolce e bella di tutte e, cosa più importante, era sua. Se solo avesse potuto scoprire chi fosse il colpevole, gli avrebbe dato una lezione che non avrebbe scordato tanto facilmente. Dentro ribolliva di rabbia: non poteva permettere che qualcuno facesse del male alla sua Violetta. La ragazza sembrò leggergli dentro perché disse: “So che mi vuoi proteggere, ma non è nulla di grave, davvero. Finchè ci sei tu con me, non mi succederà nulla”. Leon si commosse profondamente: nessuno gli aveva mai detto delle parole così belle. Si sedette sul lettino vicino e si avvicinò per baciarla dolcemente.
 Stefan e Francesca stavano ancora aspettando con lo sguardo basso: da quando Francesca si era messa con Ferdinando i due non si erano rivolti la parola. La ragazza decise di rompere quel silenzio insopportabile: “Allora pare proprio che saremo noi due i protagonisti…”. “Già” rispose seccamente lui. Fine conversazione. Di nuovo silenzio. Stefan non poté fare a meno di pensare che avrebbe dovuto passare molto tempo con Francesca per via delle prove, e la cosa non andava affatto bene. Ferdinando li raggiunse fuori e si rese conto di quel momento imbarazzante tra i due; quello Stefan lo infastidiva leggermente, ma non importava: Francesca era la sua ragazza e si fidava di lei. “Come va ragazzi?” chiese non appena li ebbe salutati. “Tutto a posto. Ora devo andare” rispose l’altro completamente inespressivo, poi senza aggiungere altro e, continuando a fissare per terra, rientrò nella scuola. Francesca abbracciò il suo nuovo ragazzo e gli raccontò tutte le novità in quel giorno. “Ma è fantastico!” esclamò lui contento per il fatto che la sua ragazza fosse la protagonista. “Che dici?! Non voglio che la mia fortuna sia dovuta alle disgrazie altrui” disse lei amareggiata: non si aspettava che il suo ragazzo si comportasse in quel modo. Più passava il tempo, più si rendeva conto che era stata molto frettolosa: non conosceva quasi affatto Ferdinando, come poteva sapere che fosse quello giusto? In quell’istante ebbe una serie di flash:
Inavvertitamente andò a sbattere contro qualcuno. “Oh, scusa, ero sovrappensiero…”. Era un bel ragazzo, biondo con degli occhi grigi glaciali. Portava una sciarpa bianca. Eppure faceva un caldo…”Non ti preoccupare” disse lui accennando un sorriso malinconico. Francesca rimase stregata da quel personaggio misterioso…non lo aveva mai visto prima d’ora quindi immaginò che dovesse sostenere l’esame di ammissione per il nuovo anno. Lui raccolse il libro che le era caduto e dopo averla salutata con un cenno se ne andò. Tutto mentre la ragazza era rimasta lì inebetita a fissarlo.’
Stefan! Ehi,Stefan!” continuò a ripetere lei ad alta voce per farsi sentire. Ma Stefan fece finta di nulla e camminò sempre più velocemente. Francesca fece una corsa e lo prese per il braccio; lui si voltò di scatto e si trovò a pochi centimetri da lei; Francesca sentì un brivido: il suo sguardo era così freddo, si sentiva del tutto impotente di fronte a lui. Erano molto vicini e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Stefan non voleva baciarla: oppure si? In quel momento cominciò a piovere.’
‘“Stefan ti devo parlare!” urlò Francesca dietro al ragazzo, che aveva deciso di evitarla tutto il giorno. Stefan non rispose e continuò a camminare. “Stefan! Perché?! Perché mi fai questo? Perché non mi parli?” continuò a gridare lei per farsi sentire. Quelle parole lo passarono da parte a parte; quindi si voltò e le andò incontro. Poi senza alcun preavviso si avvicinò a lei, le accarezzò la guancia che nel frattempo era diventata rossa al contatto. Non ci capiva niente: si sentiva così confuso, ma in quel momento era interessato solo agli occhi di Francesca, al contorno della sua bocca. Un calore indescrivibile lo avvolse; per la prima volta dopo tanto tempo i suoi occhi non trasmettevano più impassibilità, solo dolore. Un dolore fortissimo che cercava di tenere nascosto a tutti, che aveva rivelato solo a Violetta. Ma Francesca sembrava essere in grado di leggere ciò che sentiva dentro. Non riuscì più a rispondere delle sue azioni ; lui, che era sempre posato e freddo. Si avvicinò ancora e la baciò lentamente.’
Le sembrava di stare sbagliando tutto con Stefan e Ferdinando. Ma non aveva il coraggio di essere sincera con se stessa, quindi rimase in silenzio con quel peso.
Angie era terrorizzata per quello che era successo; cosa si poteva inventare ora per giustificare l’incidente accaduto a Violetta? Non sapeva che fare: aveva bisogno di una scusa credibile, ma non le veniva in mente nulla. Si diresse in aula professori per prendere la borsa e chiamare German, quando sentì una voce: “No, non sanno nulla, ed io non ho intenzione di dire la verità. Nessuno deve sapere…Potrebbe trattarsi di un errore e non voglio far scoppiare un putiferio per niente. Si, le assomiglia tanto, dovresti vederla…Ora devo andare, ci sentiamo dopo”. Quando entrò trovò il preside che attaccava. Quando si girò e la vide divenne il ritratto del terrore: “Che cosa hai sentito?”. Angie rimase ferma sulla soglia: era molto confusa; cosa le nascondeva Cristobal?

NOTA AUTORE: questo capitolo è un pò più denso dell'altro.....io soffro; a parte che la mia povera Violetta è stata messa fuori gioco (chi sarà il colpevole?), i momenti Leonetta mi hanno ucciso *sbava* e niente non so che dire, adesso che Leon e Violetta stanno insieme, la mia attenzione è catturata dai problemi che sta passando Francesca: riuscirà a sopportare tutto quel tempo con Stefan per le prove, o cederà??? E Ferdinando? Anche se romantico, con quell'uscita non ha fatto una grande figura. Vabbè, perdonate questi flash finali, ma li trovo troppo belli, e ci stanno tutti (il bacio di Francesca e Stefan :3). A quanto pare Cristobal nasconde qualcosa....chissà di che si tratta. Avrà a che fare con la sua misteriosa scomparsa dopo l'incidente di Maria. Voi che ne dite? Di che si tratta? ahahahah Maria si consola con Thomas, lo so che non se la fila nessuno, ma quella scena mi ha fatto tanta tenerezza :D Bene, credo di aver detto tutto, buona lettura e alla prossima :D (mi raccomando recensite, voglio sapere che ne pensate :D :D)

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Capitolo 32
*** Nuovi Arrivi ***


Capitolo 32
Nuovi arrivi

“Cosa hai sentito, Angie?” ripeté Cristobal terrorizzato. Non poteva crederci: il suo segreto era stato svelato? Aveva fatto tanto perché quella vecchia storia non tornasse a galla, e non voleva che proprio Angie ne venisse a conoscenza. “No, non ti preoccupare” rispose Angie, allarmata da quella strana reazione; in realtà aveva sentito la fine della conversazione, ma nulla di tutto ciò poteva essere ricondotto a qualcosa di concreto. ‘Si, le assomiglia tanto, dovresti vederla…’:quella frase le rimase impressa; si riferiva sicuramente a Violetta, ma cosa c’era sotto? Doveva parlare con sua madre per saperne di più sul conto di Cristobal. “Angie…mi scusi per questa mia reazione, e mi scusi per quello che è successo tra noi…insomma, non era mia intenzione farla soffrire in quel modo” disse lui evidentemente imbarazzato. Ah, si era accorto del fatto che aveva deciso di evitarlo e di non rivolgergli parola… “Non capisco di cosa stia parlando” ribatté l’insegnante, assumendo un tono serio. “E penso che dovresti smetterla di darmi del lei. Mi fai sentire vecchia” aggiunse poi sciogliendosi in un sorriso. Quel sorriso…Cristobal non poté fare altro che incantarsi di fronte a quella bellezza così spontanea. Ma aveva deciso di tagliare i ponti con la famiglia di Maria per un motivo e non sarebbe venuto meno ai suoi propositi. “Adesso vado a trovare Vilu in infermeria; voglio sentire come sta” disse lei preoccupata portando una mano alla fronte: si era completamente dimenticata del guaio in cui si trovava. Si scaraventò in infermeria e vide Leon e Violetta che si baciavano teneramente. Diede un finto colpo di tosse per fargli rendere conto della sua presenza; i due si staccarono e videro Angie sulla soglia che li guardava con un sorriso e un’occhiata di rimprovero. “Leon, ci puoi lasciare da sole?” continuò poi di fronte a un Leon paonazzo e confuso. Il ragazzo annuì, diede un bacio sulla guancia a Violetta e poi uscì con lo sguardo abbassato. “C’è qualcosa che vorresti dirmi?” disse poi rivolgendosi alla nipote. “S-si…ecco, io e Leon…stiamo di nuovo insieme” balbettò lei, cominciando ad arrossire. “Sono felice! Ero sicura che la storia si sarebbe risolta prima o poi. Non potevo credere che Leon fosse davvero interessato a Gabriella. Ma adesso abbiamo un problema più grave. Cosa raccontiamo a tuo padre?” disse l’istitutrice in ansia. A Violetta sembrò di riscuotersi all’improvviso da un bellissimo sogno: se ne era scordata. Quell’incidente metteva a dura prova il castello di bugie che aveva dovuto costruire per poter frequentare lo Studio 21. “Inventeremo un’altra menzogna” se ne uscì la ragazza che già aveva attivato i neuroni per trovare una scusa convincente: caduta da una scala, scivolata per strada…”Un’altra? Violetta, non ti rendi conto che stiamo andando avanti nascondendo sempre più a fatica la verità. Forse è giunto il momento di dire la verità” esclamò Angie. “La verità? Papà non mi permetterebbe mai di frequentare la scuola; qui ho Leon, i miei amici, la musica. E non posso immaginarmi un solo giorno senza queste cose. Non ti è mai capitato di mentire per poter inseguire i tuoi sogni?” disse Violetta quasi con le lacrime agli occhi. Cosa c’era di male nel voler essere felici? Angie rimase in silenzio: non sapeva che rispondere. La capiva più di chiunque altro. Era esattamente lo stesso che stava facendo lei. Eppure più i giorni passavano più sentiva il peso di quel segreto, tanto da sentire il bisogno di urlarlo al mondo intero; ma reprimeva quest’istinto facendosi sempre più male. Non voleva quello stesso dolore per la sua nipote; rimase in silenzio e poi l’abbracciò, carezzandole dolcemente i capelli. Dopo essersi fatta fasciare la caviglia e aver ottenuto delle stampelle, Angie accompagnò Violetta a casa: aveva trovato il modo per non far insospettire German. Non appena misero piede all’ingresso accorsero Olga e Roberto: volevano aiutare la loro prediletta; la fecero sedere sul divano sommergendola di cuscini, con la gamba appoggiata su una sedia, anch’essa con un cuscino enorme e soffice. Olga faceva avanti e indietro portando vassoi pieni di biscotti e spremute di ogni tipo. “Olga, basta  o diventerò una palla!” esclamò Violetta rifiutando l’ennesimo pezzo di torta. “Forse hai ragione, e poi ti devi mantenere per il tuo fidanzato…” sussurrò Olga con un sorrisetto complice. Alla ragazza andò di traverso l’aranciata che stava bevendo e cominciò a tossire a più non posso. “Aspetta…tu…come…Roberto!” disse tra un colpo di tosse un altro. Roberto fece capolino dalla cucina con aria pentita: la verità gli era stata estorta senza volerlo. Ma forse Violetta avrebbe dovuto aspettarselo: quei due erano dei pettegoli. “Olga, non lo dire a papà, mi raccomando. Mi richiuderebbe a vita qui dentro casa” supplicò lei facendo una faccia irresistibilmente tenera nel tentativo di convincere la domestica. “Va bene, io non dirò nulla!” disse Olga, voltandosi ridacchiando e canticchiando. “Permesso?” chiese Angie bussando allo studio del suo datore di lavoro. German, quando sentì la voce di Angie, colto alla sprovvista, prese un pettine che teneva in uno dei cassetti della sua scrivania, per assestarsi i capelli, si sbottonò il primo bottone della camicia e si spruzzò il profumo che stava sulla scrivania. Poi assumendo una posa del tutto naturale con voce misteriosa disse: “Prego Angie, entri pure”. L’istitutrice entrò timorosa e, senza badare minimamente a quel mare di profumo che si era diffuso per tutta la stanza, cercò di trovare il coraggio per parlare. “Mi dispiace disturbarla…ecco, volevo solo dirle che Violetta ha avuto un piccolo incidente” spiegò minimizzando la cosa il più possibile. ‘Piccolo incidente’ per German significava una sola cosa: pericolo di morte. “Cosa?! Dove?! Quando?!” esclamò lui spazientito. Si fiondò in salotto senza lasciare il tempo delle spiegazioni. Quando vide Violetta con quella fasciatura, si sentì svenire. Si avvicinò e la abbracciò forte dandole coraggio. “Non sto morendo, per fortuna” disse Violetta scoppiando a ridere. “E cos’è questo profumo fortissimo. Ma…ma…hai la camicia sbottonata! Papà, non hai più vent’anni!” esclamò poi divertita. A quelle parole German si imbarazzò moltissimo e farfugliò qualche scusa ovviamente poco credibile; Angie sorrise: l’aveva presa meglio del previsto. “Si può sapere cos’è successo?” chiese German cercando di riacquisire la sua autorità. Violetta lanciò uno sguardo terrorizzato alla sua istitutrice: che cosa si potevano inventare? “E’ stata davvero sfortunata. La stavo accompagnando a lezione di piano e stavamo correndo perché eravamo in ritardo. E’ scivolata su una pozzanghera venutasi a creare per la pioggia di stanotte, e si è slogata la caviglia, ma non sappiamo se si può trattare di una frattura: quando l’ho portata al pronto soccorso mi hanno detto di farle fare una lastra” spiegò Angie tranquilla. German in preda all’agitazione, insistette per andare subito a far fare la lastra: non poteva resistere un secondo di più con quel dubbio; già si immaginava al capezzale della figlia a versare lacrime amare.
 “Siamo pronti per le prove?” chiese Beto, richiamando Stefan e Francesca per farli salire sul palco. “Allora oggi proviamo la scena del loro primo incontro: la ragazza scende dalla sua torre di nascosto dai genitori e incontra il famoso musicista. I due si guardano per un secondo: poi dopo che lui si è reso conto che è colei che con la sua bellissima voce aveva accompagnato la sua musica, la invita a ballare un lento” continuò Beto leggendo le indicazioni sul copione. Prese il braccio di Stefan e lo portò alla vita di Francesca, poi prese la mano di lei e la assestò sulla sua spalla. Le mani libere dei due protagonisti si andavano a intrecciare. Francesca aveva paura: sapeva che avrebbe fatto di tutto per poter ammirare il suo sguardo, il suo viso così dolce, e questo la spaventava. Non voleva dipendere da nessuno: aveva già avuto quell’esperienza con Thomas e non aveva alcuna intenzione di ripeterla. Aveva sofferto tanto, ma Ferdinando le donava quella tranquillità di cui lei aveva bisogno. Stefan continuava a guardarla, ma non riusciva a sopportare il peso di quella bellezza e diventò lentamente rosso con il cuore che batteva troppo veloce per i suoi gusti e le mani che stavano diventando sudate. Che gli stava prendendo? Francesca era fidanzata e dopo come si era comportato con lei, non meritava di essere trattata in quel modo. Eppure erano così vicini, e quel dolce profumo stava cancellando ogni traccia razionale che il cervello gli stava mandando. “Bene, adesso avvicinatevi lentamente. State per baciarvi, ma poi la ragazza dovrà fuggire, perché ha paura di essere scoperta” si intromise Beto, sempre più preso dalla storia, con un crescendo di emozione nella voce. “Che?!” esclamarono i due all’unisono profondamente sconvolti.  “Ma si, dai, si tratta di recitare; mica vi dovete baciare poi” spiegò l’insegnante tranquillamente. I due annuirono poco convinti, poi si avvicinarono come per baciarsi, senza interrompere il contatto visivo. Francesca socchiuse gli occhi, tremante. Una scarica si era impadronita di lei, accelerando i battiti del cuore. Rimasero in quella posizione qualche minuto. Stefan chiuse completamente gli occhi, appoggiando una mano sulla sua guancia e scostandole una ciocca di capelli. “Bene, perfetto, ora basta così!” strillò Beto entusiasta. Niente, sembrava non avessero sentito: entrambi erano troppo occupati ad ascoltare le emozioni che stavano avvertendo in quel momento. “Ho detto bene!” continuò Beto. Cos’era quella voce che proveniva da lontano? Non le interessava, voleva solo azzerare le distanze e sentire di nuovo le labbra di Stefan, voleva assaporare quel bacio che già si stava figurando nella sua mente. Poi la voce si fece sempre più insistente, portandola ad aprire gli occhi e a tornare alla realtà. Era tutto sbagliato, paradossale: lei stava con Ferdinando. Continuò a ripetersi quella frase, quasi come se volesse essere certa della cosa. Stefan era scosso: non sapeva davvero cosa pensare, il suo cervello non era in grado di formulare un pensiero che non riguardasse Francesca…e si, alcuni pensieri non erano affatto casti e puri. Entrambi scesero dal palco per dare la possibilità a Ludmilla e a Gabriella di salire sul palco e provare le coreografie. Quest’ultima aveva osservato con estremo interesse l’ultima scena: non le stava affatto bene che quella Francesca rubasse in quel modo le attenzioni di suo fratello, che non la trattava più da principessa come faceva prima. Doveva fare leva su ciò che aveva visto per separarli… Ma adesso aveva altro a cui pensare: Ludmilla. Non riuscivano a mettersi d’accordo su nulla: se per una era bianco per l’altra era nero; e nessuna delle due accettava di mostrarsi accondiscendente su nulla. “Non hai capito nulla, come al solito” strillò Ludmilla in preda ad uno dei suoi soliti attacchi isterici. Leon l’aveva lasciata il giorno prima, di nuovo: non si era mai sentita umiliata così tanto in vita sua, soprattutto perché lui stava con Violetta quando ancora erano fidanzati. “Senti, quei passi vanno benissimo, quindi smettila di strillare” disse Gabriella alzando il tono di voce. Come al solito le due cominciarono a litigare concludendo con un nulla di fatto. “La verità è che sei finita! Sei una stella ai suoi ultimi giorni…nemmeno riesci a tenerti un ragazzo per più di una settimana” continuò Gabriella con un’aria di soddisfazione. Questo non doveva dirlo: aveva scritto la sua condanna a morte. Ludmilla si avventò su di lei come una furia afferrandole i capelli. Dovette intervenire Gregorio a separare le due, mandandole subito dopo in presidenza.
Il giorno dopo venne indetta un’altra riunione per gli studenti. Violetta aveva ricevuto i risultati delle lastre. Per fortuna non era niente di grave: una settimana e si sarebbe rimessa del tutto. Non appena ne vennero a conoscenza si rallegrarono tutti, tranne, come al solito, Ludmilla e Gabriella che speravano in un danno permanente. Leon, felicissimo per quella notizia, si avvicinò a Violetta e le diede un bacio. Momento di silenzio. Maxi rimase a bocca aperta, a Francesca cadde il succo di frutta che aveva in mano, Stefan strizzò gli occhi non credendo a quello che stava vedendo, Camilla ebbe un attacco di tosse improvviso, Ricardo si preparò psicologicamente a spiegare tutto a Camilla: era il momento di dire la verità e di affrontarne le conseguenze. I due si staccarono e si guardarono intorno imbarazzati, osservando le reazioni che quel gesto aveva suscitato. Per fortuna interruppe il silenzio l’entrata del preside, seguito da tre ragazzi e una ragazza. “Un pò di attenzione, prego. Vi informo con piacere che avrete quattro nuovi studenti in seguito al programma di scambio culturale a cui abbiamo aderito insieme a molte scuole europee. Vi presento: Andrea che viene da Berlino, ma di nazionalità italiana”. Si fece avanti un ragazzo biondo con due occhi azzurro chiaro, che rivolse un saluto a tutti molto tranquillamente. “Poi ci sono: Federico e Diego, rispettivamente dall’Italia e dalla Spagna”. Ecco gli altri due ragazzi: il primo era solare, con un meraviglioso ciuffo sparato verso l’alto e un sorriso magnetico; l’altro invece era più misterioso, con uno sguardo sprezzante che si posò subito su Violetta. “Bene e ultima ma non ultima vi presento Arianna, che viene da Londra” continuò indicando una ragazza molto allegra, castana con due meravigliosi occhi verdi. "Ovviamente gli studenti nuovi non interferiranno con la preparazione dello spettacolo, e anzi vi aiuteranno qualora lo riterremo necessario. La riunione è finita” concluse il preside. I nuovi studenti fecero le presentazioni in modo più informale quando i professori furono usciti. Violetta aveva notato che Arianna e Leon non si staccavano gli occhi di dosso. Doveva fare una bella ramanzina al suo ragazzo; senza nessun preavviso la ragazza si catapultò tra le braccia di Leon ridendo felice. ‘ehi, ehi, ehi, cosa sono tutte quelle confidenze?’ pensò Violetta gelosissima; aveva dovuto lottare molto per quel ragazzo e non avrebbe permesso a un’altra di mettersi in mezzo. Si fece strada con le stampelle fulminando con gli occhi quella nuova, poi prese Leon per dargli un bacio intenso e passionale. Leon rimase folgorato da quel gesto, e andò completamente in tilt: quando si separarono gli era parso aver fatto un lungo viaggio in un luogo meraviglioso. “Non mi presenti la tua amica?” chiese Violetta con uno sguardo acido. Il ragazzo capì al volo: allora era gelosa! Ne era davvero felice, anche se in quel caso non correva alcun rischio. “Beh, in effetti lei è più di un’amica…” cominciò a dire il ragazzo. Più di un’amica? A Violetta sembrò che il mondo smettesse di girare: era una sua ex-fidanzata? Si rese conto che era una rivale bellissima: avrebbe potuto perdere il suo Leon, ed aveva seriamente paura. “Ma facciamo le presentazioni ufficiali. Arianna, ti presento la mia ragazza, Violetta. Violetta, questa è Arianna, mia sorella” disse Leon tranquillamente ridendosela sotto i baffi.

NOTA AUTORE: Nuovi personaggi....yeahhhh!!!! Sono personaggi secondari (a parte forse Diego...che odio -.-). Comunque....in questo capitolo adoro parecchie scene, dal momento in cui Angie entra in infermeria e becca quei due, alla scena di German che si vuola fare il figo, insieme a Olga che sa già tutto (che donna...xD). Poi c'è la scena StefanxFrancesca che mi ha reso particolarmente fragile psicologicamente ç.ç Poi il finale....ahahahha, Violetta gelosa, la voglio vedere così nella seconda stagione :D Vabbè detto ciò, vi lascio qui miei lettori, sperando che la storia continui a piacervi....ho ancora tante idee, e non vedo l'ora di condividerle con voi (a meno che non comincerete ad odiarmi, per quanto sta diventando lunga questa ff xD)....Beh, buona lettura a tutti!!! Ringrazio tutti quelli che recensiscono e hanno la storia tra preferite/seguite ecc...e ringrazio anche tutti quelli che leggono e sopportano i miei scleri :D Dedico questo capitolo a CUCCIOLINA1210 che si è dimostrata molto dolce con le sue recensioni, e mi ha fatto capire di apprezzare la storia :D ;)
 
 
 
 

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Capitolo 33
*** La stanza di Maria ***


Capitolo 33
La stanza di Maria

“Ah, è…tua sorella?!” esclamò Violetta sentendosi un’idiota. Aveva fatto una figuraccia per uno stupidissimo attacco di gelosia. Arianna la guardò sorpresa dopo le presentazioni: “Aspetta…Ma allora hai lasciato la bionda tinta? Ma è una notizia fantastica! Perché non me l’hai detto prima? Posso andare lì a sfotterla? Ci metto solo un secondo…”. Poi fece per raggiungere Ludmilla ma venne fermata per il braccio dal fratello. “No, trattieniti, ho già parecchi problemi senza che ti metti in mezzo” disse Leon serio. Arianna non fu del tutto convinta, ma lo assecondò per farlo felice; poi saltellando felice abbracciò Violetta. “Già mi stai simpatica” sentenziò dopo averla fissata per qualche secondo. La ragazza arrossì e sorrise: era contenta di piacere ad uno dei membri della famiglia Vargas. “Ora vado, ci vediamo dopo, Leo!” strillò lei uscendo di corsa dall’aula. “Uffà lo sai che detesto essere chiamato così!” ribatté il fratello ad alta voce per farsi sentire. Violetta fece un sorrisetto avvicinandosi a lui:"Non mi avevi detto di avere una sorella". "Io...non ne è capitata l'occasione. Studia in Inghilterra dopo aver vinto una borsa di studio per una scuola prestigiosa. Beh, come mai mi guardi così?" si interruppe lui, visto che lo stava fissando divertita. “Leo, eh?!” disse lei scoppiando in una sonora risata. “Non ti ci mettere anche te, odio quel soprannome” disse Leon sbuffando. Lei fece uno sguardo tenero e Leon si sciolse. “Ma tu puoi chiamarmi come vuoi…in cambio chiedo solo un bacio” sussurrò poi al suo orecchio e lasciandole un bacio sulla guancia. “Mi sembra uno scambio equo, Leo” continuò Violetta, ridendo e avvicinandosi per baciarlo: le loro labbra si sfiorarono per qualche istante, poi Leon la attirò a sé con il braccio destro avvolgendola con il suo calore. “Che bella coppia!” esclamò Andrea vicino ad Andres: i due già avevano fatto amicizia. “Si, ma non ci vorrai mica provare con Violetta, vero?” disse Andres preoccupato: Leon era famoso per la sua gelosia. “Ma figurati!” esclamò l’altro colto di sorpresa. “Allora ci vuoi provare con Leon?” chiese il ragazzo pensando di aver indovinato. “Certo, come no…Amico, ma ci fai o ci sei?” ribatté esasperato Andrea. “Ci sono! Perché non mi vedi?” continuò lui sempre più confuso. Andrea gli diede una pacca sulla spalla: quell’Andres era davvero uno spasso. “Quindi vieni dall’Italia? Che bello…” disse Francesca a Federico, presentandosi. Federico le rivolse un largo sorriso e cominciò a parlare in italiano con lei. “Anch’io conosco qualche parola in italiano” borbottò Stefan un po’ geloso mentre stava vicino a Maria. La ragazza rimase a bocca aperta: ma allora Stefan era innamorato di Francesca! Questo spiegava i suoi strani comportamenti o alcune sue uscite apparentemente alogiche, come quella. “Non è che ti piace l’italiana?” disse Maria a bassa voce, senza riuscire a trattenere un sorrisetto. “M-ma che dici…” tergiversò Stefan, spostando la sua attenzione su Leon e Violetta che erano troppo presi a baciarsi e a scambiarsi tenerezze per notare la presenza del mondo esterno. Di nuovo quella sensazione, quel forte desiderio di cancellare dalla faccia della Terra Leon; insomma, l’aveva fatta soffrire ed eccolo di nuovo lì ad essere l’oggetto immeritato di un amore sincero. Bah…non riusciva a comprendere nemmeno Violetta: avrebbe voluto proteggerla, ma lei sembrava non desiderare il suo aiuto, e questo lo faceva stare molto male. Come poteva essere sicuro dei suoi sentimenti per Francesca, se poi spuntavano fuori in modo inaspettato alla vista di Violetta quei dubbi che tanto lo assillavano? Thomas sembrava non volersi dare per vinto con Francesca, avrebbe sconfitto Ferdinando alla fine, ne era sicuro; nulla l’avrebbe fermato. Maria si avvicinò a lui e si mise ad osservare Ricardo che si era messo ad inseguire una Camilla piuttosto furiosa. Era proprio sfortunata: si era resa conto di non avere nessuna possibilità con quel ragazzo.
“Si può sapere perché scappi così?” chiese Ricardo mettendosi davanti a Camilla fuori dallo Studio. “Sono fatti miei!” rispose lei scocciata. Si sentiva confusa e presa in giro…Ricardo stava con Violetta oppure no? “Senti, se è per quello che hai visto…” cominciò a dire Ricardo. La ragazza fece finta di non essere interessata ma ascoltò tutto quello che aveva da dirgli. Quando ebbe finito, non ci vedeva più dalla rabbia: si era preso gioco di lei. Aveva scherzato con i suoi sentimenti, portandola ad umiliarsi. “Solo una cosa: perché lo hai fatto?” disse lei, mentre stava per esplodere. “Ecco…io…tu…tu mi piaci davvero molto Camilla, e non mi è mai successo con nessuna ragazza; non sapevo come comportarmi. Stai piangendo?” disse lui, interrompendosi quando vide che stava tremando e aveva gli occhi lucidi. “Sei un maledettissimo stronzo!” concluse lei singhiozzando. Ricardo non riuscì a resistere e si avvicinò a lei passando un dito sotto i suoi occhi per asciugarle le lacrime: “Sono innamorato di te”. Poi la baciò carezzandole dolcemente la guancia. Un bacio inaspettato e così diverso dal primo: questa volta Camilla lo sentiva come un gesto d’amore ed era felice, felice di aver trovato il suo principe azzurro.
“Basta, Leon, mi sembra di averti dato un bacio più che sufficiente” disse Violetta staccandosi senza smettere di sorridere. “Ma sono passati solo cinque secondi” rispose Leon mettendo su un finto broncio. “Veramente sono passati quindici minuti, siamo anche in ritardo…” disse lei dandogli un pizzicotto sulla guancia. Leon la aiutò con le stampelle e la accompagnò a lezione. “Non ti preoccupare quest’ultimo pezzo di corridoio posso farlo benissimo da sola, vai alla tua lezione, non voglio che tu faccia tardi per colpa mia…” disse Violetta in mezzo al corridoio. “D’accordo, allora ci vediamo dopo” concluse Leon un po’ preoccupato dandole un bacio sulla guancia: non voleva lasciarla andare da sola, ma stava facendo seriamente tardi. Violetta si avviò per il corridoio deserto verso l’aula in cui teneva la lezione di canto Angie. In quel momento si parò davanti a lei uno dei ragazzi nuovi, Diego. “Ciao, bellissima” esclamò facendole l’occhiolino. E adesso che voleva questo qui? Le stava già antipatico a pelle, non lo poteva proprio vedere… “Sto andando a lezione, se me lo permetti” disse lei marcando bene le ultime parole. “Non c’è bisogno di trattarmi così…sei davvero molto bella” continuò il ragazzo avvicinandosi, probabilmente per baciarla. Violetta con la stampella gli diede una botta sulla gamba per allontanarlo. “Penso tu sia stato male informato. Io sono felicemente fidanzata…quindi, che dire…ciao” esclamò lei sconvolta. Poi si girò indietro per aggiungere: "E la prossima volta mirerò un pò più in alto delle gambe". Potevano esistere ragazzi tanto insopportabili? A quanto pare si. Non appena entrò alla lezione di Angie si sedette vicino a Francesca e le raccontò tutto l’accaduto. L’amica rimase esterrefatta: non poteva essere vero; se l’avesse scoperto Leon avrebbe scatenato un putiferio. “Infatti non ho alcuna intenzione di dirglielo…come pensi la prenderebbe? No, andrebbe lì e lo farebbe a fettine, come stava per fare con Ricardo. Il mio Leon…” disse Violetta, incantandosi al pensiero del suo ragazzo, vestito come un cavaliere medievale, che sfidava quell’idiota di Diego per la sua mano. “Bene, ora vorrei sentire Stefan e Francesca” disse Angie, senza smettere di guardare la nipote con la faccia imbambolata. “Sentiamo un po’ Tienes Todo, la canzone che ha composto Thomas, che dovrete cantare allo spettacolo” continuò poi sorridendo ai suoi due studenti, facendo poi partire la musica al suo via. Stavano andando benissimo, ognuno aveva cantato la sua strofa ed era il momento del ritornello:
Para todo, para nada 
Por si aciertas, por si fallas 
Tienes todo lo que hay que tener 
para ser quien quieras 
Contra todo, contra nada 
Cuando sobra, cuando falta 
Tienes todo lo que hay que tener 
para ser quien quieras en verdad.

Le loro voci si erano unite alla perfezione, e avevano creato un’unica armonia che si diffondeva nella stanza, mentre i due si lanciavano degli sguardi ricchi di passione e di amore. Gabriella non poteva immaginare scena migliore: prese il cellulare per fare un video da poter mandare al suo fratellino. Quando la canzone terminò a Francesca parve di essere uscita da un cinema dopo aver visto un film d’avventura che tiene sospeso il fiato fino alla fine: aveva bisogno di aria. E soprattutto doveva uscire da quella stanza che stava diventando troppo piccola; per di più sentiva un caldo…”Io devo andare in bagno!” esclamò subito dopo ancora tutta rossa in faccia e dopo aver ottenuto il permesso uscì in fretta dall’aula e si diresse verso l’uscita per prendere un po’ d’aria. Stefan pensò che non poteva lasciarla andare così, non dopo quello che era successo in quella lezione. “Devo andare anch’io, e anche urgentemente” disse ad Angie. “A quanto pare questa canzone stimola le vostre vie urinarie…va bene, vai anche te, ma torna subito, mi raccomando” sottolineò l'insegnante con il suo immancabile sorriso. Stefan annuì e uscì di corsa, poi la vide dirigersi fuori, e le venne incontro: “Francesca!”. La ragazza si voltò riconoscendo quella voce che fino a poco tempo fa le aveva donato delle emozioni uniche: quando aveva cantato con Thomas non aveva provato tutto ciò. E questa cosa la spaventava: che quello per Thomas non fosse stato amore? Forse si era solo illusa di essere innamorata di Thomas e Ferdinando per cercare di nascondere quel sentimento che sentiva crescere ogni giorno e che la travolgeva con sempre più forza. Si sentiva fragile e avvertiva il bisogno di sentirsi protetta. Non le era mai successa una cosa simile: lei era Francesca, la ragazza sempre allegra, sicura di sé, pronta a risollevare il morale dei suoi amici quando erano depressi. Ed ora era così vulnerabile…quasi non si riconosceva. “Che vuoi, Stefan?” chiese lei voltandosi e tenendo nascosto quel turbamento interiore che si stava impadronendo di lei. “Dobbiamo parlare di quello che è successo” osservò lui, sicuro che anche lei avesse provato le sue stesse sensazioni. Stefan si era avvicinato: era pericolosamente vicino, troppo per rimanere indifferente. In quel momento suonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni, e il corridoio si affollò in un attimo. Non era più il luogo adatto per parlare di quelle cose. “Forse sarà meglio rimandare il discorso” esclamò Francesca, tirando un sospiro di sollievo. Stefan annuì, poi i due si separarono prendendo direzioni diverse, entrambi con lo stesso pensiero ricorrente.
Violetta e Angie erano finalmente tornati a casa; l’atmosfera era abbastanza tranquilla tranne per la presenza di Jade, che non risultava alquanto gradita. Dopo quel brutto scherzo del furto del ciondolo, Angie aveva preferito non rivolgere parola alla padrona di casa, perché altrimenti l’avrebbe presa a schiaffi dandogli un motivo per farla di nuovo cacciare. “Tesorino! Come sono andate le lezioni di piano? Come stai con la cavigliera?” chiese lei con la sua solita voce stridula. “Forse volevi dire la caviglia, Jade. E non fare finta che te ne importi, papà è nello studio, non c’è bisogno che fai tutte queste storie” tagliò corto la ragazza. Jade stava per rispondere, ma si trattenne: quella ragazza la aveva in pugno, ma tra qualche giorno lei si sarebbe fidanzata con German, quindi le conveniva tenersela buona, accontentandola. Il campanello suonò: “Vado io!” esclamò Olga avvicinandosi alla porta. “Ma…ma…che bel ragazzo! Sei qui per Violetta, vero?” chiese la domestica con gli occhi che le brillavano. “Si, infatti. E’ permesso?” le rispose una voce fin troppo familiare. Il cuore di Violetta fece una doppia capriola: perché Leon era venuto a casa sua? “Leon, che ci fai qua” chiese lei diretta senza nemmeno salutarlo. “Ero solo passato a vedere come stavi. Ho fatto male?” ribatté lui tranquillo. “Che dolce, no…anzi si, c’è mio padre e non voglio che…” cominciò a dire Violetta, ma fu troppo tardi. German e Jade stavano scendendo le scale quando videro l’inatteso ospite. “Leon, che bello vederti! Tutto bene a casa?” esclamò il padre entusiasta. “Si, grazie” rispose il ragazzo andando a stringergli la mano. “A cosa dobbiamo questa piacevole visita?” chiese interessato. “Ero venuto a trovare Violetta per sapere qualcosa di più sulle sue condizioni” rispose Leon, cominciando a sentire la pressione che gli metteva lo sguardo ansioso della sua ragazza fisso su di lui. “Ah…E come fai a sapere dell’incidente? Non mi sembra di averlo accennato ai tuoi” indagò German sospettoso. “Gliel’ho detto io!” si intromise la figlia. “Ehm…perché ci sentiamo ogni tanto al telefono” continuò cominciando ad arrossire. German rimase di sasso e cominciò a guardare in cagnesco il ragazzo con cui fino a poco tempo fa stava gentilmente chiacchierando, squadrandolo in tutti i modi. “Vorrei che ti fermassi a cena, Leon. Così, per fare due chiacchiere” aggiunse poi sempre sospettoso. “Certo…” disse intimidito Leon, prima di essere portato da Violetta di sopra con una scusa. German li voleva seguire per sapere cosa stesse succedendo ma Roberto, che stava scendendo le scale, lo rimproverò intimandolo a rimanere dove stava e a lasciare un po’ di privacy ai due ragazzi.
Angie aveva dormito male tutta la notte: aveva sognato Cristobal e Maria che gli nascondevano qualcosa; lei faceva domande, li interrogava, ma quei due rimanevano in silenzio. Era terrorizzata: quel’era quel misterioso segreto? Si svegliò di colpo tutta sudata. Quel giorno aveva deciso di indagare un po’ in giro dentro casa per cercare qualche ricordo di Maria, ma non aveva trovato assolutamente nulla. Sentì un rumore di passi venire verso il piano di sopra, ma poi si rese conto che erano solo Leon e Violetta. Le era venuto un colpo. In quel preciso istante Olga era salita e stava aprendo con una chiave la misteriosa stanza che era rimasta sempre chiusa fin da quando era in quella casa. Approfittando della situazione entrò dopo qualche minuto e trovò una mansarda con numerosi vestiti di scena e locandine di vari spettacoli appesi alle pareti con la scritta ricorrente “Maria Saramego”. Era come fare un tuffo nel passato, come tornare indietro nel tempo in un minuto. Si sentiva così piccola e fragile in quel momento, come una bambina. Si era persa a contemplare un bellissimo vestito bianco da sposa: era il vestito di Maria il giorno del matrimonio. “E lei che ci fa qui?” esclamò Olga sorpresa e spaventata allo stesso tempo…era stata scoperta. 

NOTA AUTORE: Scusate il ritardo, periodo molto faticoso...allora comunque mi sono fatto perdonare: capitolo bello intenso :D Leon e Violetta...non li commento....non li commento...li commento! Da oggi lo chiamerò Leo e basta xD (che teneri.....*-*)....ahahah stimo profondamente Arianna, e adoro la coppia Andres-Andrea, mi fanno morire xD Francesca e Stefan sono due imbeccilli (non è vero vi amo....ç.ç), cavolo ma che state aspettando....avete paura entrambi ma smettetela di angustiarvi in questo modo  *sclera*....*si riprende*....ok, rieccomi (?). Camilla e Ricardo: che carini *-* (dolcissimi *-*). La scena finale Leonetta mi piace, e il finale della stanza di Maria, dà inizio alla sottotrama della storia di Cristobal e del passato di Maria: riuscirà Angie a capire di che si tratta??? Bene credo di aver finito. Allora se tutto va bene domenica (?!) caricherò il nuovo capitolo; nel frattempo se tutto va molto bene e stasera mi sento ispirato, caricherò il nuovo capitolo di Amore Impossibile, l'altra fanfiction. Per chi non lo sapesse infatti sto curando un'altra ff, un crossover. A chi ama la coppia Leonetta quanto me (insomma tanto, troppo....*-*) e non gli dispiace un tocco di fantasy, consiglio di dare un'occhiata, anche perchè nel prossimo capitolo (fgfgfhgfhfghfgfh)...ok niente, perdono per questo inciso: buona lettura a tutti!!!!!! E grazie a tutti voi che mi seguite/recensite e leggete le mie storie spendendo parte del vostro tempo....grazie mille *-*

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Capitolo 34
*** Stanze chiuse a chiave e pagine strappate ***


Capitolo 34
Stanze chiuse a chiave e pagine strappate

 “Io…la stavo cercando e l’ho vista entrare” disse Angie con tono di scusa. Olga era spaventata: la stanza che German voleva tenere nascosta alla figlia era sotto gli occhi dell'istitutrice e tutto per una sua mancanza. L’avrebbero licenziata, lo sapeva: come poteva convincere quella donna a non dire nulla di quanto aveva scoperto? Nemmeno lei era d’accordo con la decisione del padrone di casa, ma aveva mantenuto il silenzio perchè regnasse la pace in quella casa. “La prego, signorina Angie, non dica nulla di quello che ha visto a Violetta” esclamò la domestica. Angie non disse nulla e chiuse piano la porta. “Le posso spiegare tutto” sussurrò Olga, confidandosi con l’istitutrice. Gli raccontò che quella era la stanza preferita della madre di Violetta, Maria.  Angie fece finta di non sapere nulla su sua sorella e ascoltò attentamente la storia; poi assicurò alla domestica che non avrebbe detto nulla a nessuno: non voleva metterla nei guai. “Adesso sarà meglio andare però…non vorrei che il signor German ci trovasse qui” esclamò Olga convinta. “La raggiungo subito…mi dia solo un minuto” sussurrò lei mentre l'altra era appena uscita. Stava cercando un oggetto in particolare…aprì i cassetti di una scrivania sormontata da un meraviglioso specchio con una cornice in legno lavorata finemente. Quando aprì l’ultimo cassetto si sentì emozionata come una bambina: un diario con una copertina in cuoio spiccava in mezzo a pettini e spille sparse disordinatamente. Quella era il diario di Maria, su cui la sorella confidava tutte le sue aspirazioni e le sue preoccupazioni, e forse anche quel misterioso segreto di Cristobal. Lo mise in borsa e si diresse verso l’uscita della stanza, girandosi all’ultimo per poter dare un’ultima occhiata al meraviglioso vestito bianco con quel velo trasparente. L’immagine del matrimonio di sua sorella scorreva libera nella sua mente dandole una sensazione di felicità, al pensiero che quello doveva essere stato il giorno più bello per Maria.
Leon e Violetta erano stesi sul letto guardandosi negli occhi. Più passava il tempo più era sicura che il sentimento che provava per Leon era amore, ed era diverso, troppo diverso da quella sensazione di sicurezza che le dava Stefan. Le sembrava tutto chiaro: voleva stare con Leon e basta, nessun altro. “Sei stato un pazzo a venire qui con il rischio di essere fatto fuori da mio padre” disse Violetta rompendo il silenzio con uno dei suoi meravigliosi sorrisi. “Forse… La porta è chiusa a chiave, vero?” chiese lui facendo finta di niente, mentre dentro era agitatissimo. “Si, Leon, certo. Ma perché me lo chiedi?” esclamò lei arrossendo. Leon non rispose ma si avvicinò sempre di più fino a baciarla appassionatamente. Senza saperselo spiegare il ragazzo si ritrovò sopra di lei sempre continuando a baciarla, per poi passare lentamente al suo collo. Stava attento a non colpire la caviglia per non farle male. Violetta pensò che quello doveva essere il momento più bello e passionale da quando stava con Leon, o ,meglio ancora, da quando era nata. Lentamente gli sbottonò la camicia, finendo col massaggiargli dolcemente il petto. Sentiva il suo cuore battere fortissimo e il calore della sua pelle che la avvolgeva completamente. Leon sapeva di doversi fermare là, per il bene di entrambi, ma il tocco di Violetta gli faceva perdere completamente la testa. Si tolse completamente la camicia sbottonata e ritornò a baciarla intensamente e a passare le punta delle dita lungo i contorni del suo fisico esile e sensuale, provocandole mille brividi. “Ti amo, Leon” gli sussurrò lei all’orecchio provocandogli una scossa di adrenalina pura. “Anch’io ti amo, Violetta” disse lui appoggiandosi sul gomito destro e accarezzandole delicatamente una ciocca di capelli. Quanto tempo era passato? Forse quindici minuti, forse un’ora: entrambi avevano perso completamente la cognizione del tempo. Violetta approfittò dell’occasione per studiare il fisico del suo ragazzo: era proprio perfetto, come se l’era immaginato più volte. Fece scendere lentamente le dita dai suoi pettorali fino ai suoi addominali non troppo evidenti, provocandogli una piacevole sensazione di solletico. Leon le sorrise: aveva sempre sognato di passare un momento d’intimità del genere con lei, e finalmente era successo. Le diede un bacio sulla spalla per poi scendere lungo tutto il braccio. Violetta rispose deponendo una scia di baci lungo il petto. Leon rabbrividì chiudendo gli occhi e assaporando quel lungo, intenso momento di piacere. Una voce li riportò alla realtà: “Siete pronti per la cena?”. Era Angie che bussava un po’ preoccupata per il fatto che la camera fosse chiusa a chiave. “S-si” esclamò Violetta alzandosi di scatto, mentre Leon si era fiondato a raccogliere la camicia finita per terra, e a indossarla in fretta e furia. “Aspetta hai messo un bottone sfalsato, ti aiuto io” disse Violetta, facendolo avvicinare. Mentre gli abbottonava la camicia, non poteva fare a meno di sentire il cuore di Leon battere fortissimo: avrebbe voluto spogliarlo per ristendersi sul letto e continuare a dare libero sfogo alla loro passione, ma non era proprio quello il momento. “Andiamo?” la fece riscuotere Leon sorridendole, poi si avvicinò lentamente al suo orecchio e gli lasciò un bacio per sussurrare: “So a cosa stai pensando…Ma la prossima volta farò in modo che nessuno ci disturbi, te lo prometto”. Violetta sorrise con il volto rossissimo: come faceva a farla sentire in quel modo, ancora non se lo sapeva spiegare. Con l’aiuto del suo ragazzo si alzò e prese le stampelle, poi dopo aver tolto la serratura aprì la porta e si ritrovò di fronte Angie, che stava letteralmente per scoppiare a ridere. “Non abbiamo fatto niente” dissero i due all’unisono imbarazzati. “Certo, certo…vi vorrei dire solo che sono stata giovane anch’io, quindi capisco molto bene che dopo un po’ l’innocenza viene meno e…” iniziò a dire lei, ma venne bloccata da Violetta, che le diede una piccola botta al piede con la stampella: dietro di lei c’era German. “E’ pronta la cena” disse secco. Che cosa aveva ascoltato? A quanto pare niente perché sembrava tranquillissimo, ma avevano rischiato molto. La cena proseguì abbastanza tranquillamente: Olga aveva preso in simpatia Leon e lo riempiva di cibo finché non fosse sicura che stesse per scoppiare, facendogli in continuazione complimenti e apprezzamenti sul colore dei suoi occhi. “Olga, sembra quasi che ci vuoi provare…” sbottò irritata Violetta, mentre German la guardava male. “Piccola mia, sai benissimo che il mio cuore è solo di Roberto!” esclamò la domestica con tono di scusa. “Ecco, te lo restituisco quando vuoi” disse Roberto. La cena degnerò in fretta: Jade aveva cominciato a cercare di intavolare una conversazione con Leon sui trucchi e sulla moda, mentre il ragazzo annuiva imbarazzato senza sapere cosa dire. German continuava a guardare Violetta, finché non ricevette uno sguardo severo da parte di Angie. Olga invece dal canto suo, profondamente offesa per le parole del suo amato, cominciò a fare una scenata davanti a tutti. “Bene, cena fantastica, ora Leon deve andare, però” esclamò Violetta, alzandosi con difficoltà, prendendo le stampelle e facendo cenno a Leon di accompagnarla fuori da quell’inferno. “Io mi ritiro in camera” disse Angie, alzandosi e correndo di sopra. Non appena fu dentro e sicura che nessuno l'avrebbe interrotta, cercò una spilla e tentò di scassinare il lucchetto cheteneva chiuso il diario e che la teneva all’oscuro dai segreti di sua sorella. Quando finalmente riuscì nel suo intento cominciò a sfogliarne le pagine. Ad un tratto si trovò a leggere una pagina di circa diciassette anni fa: ‘Oggi German mi ha chiesto di sposarlo. E’ un uomo buono e non merita che io lo tenga all’oscuro di quel segreto, non è giusto nei confronti di entrambi. Si, perché non l’ho mai scritto qui per la vergogna, ma io…’. Si rese conto che le lettere risultavano sfocate: qualcuno aveva pianto leggendo quelle parole, forse la stessa Maria. Quando girò la pagina trepidante, un senso di delusione si impadronì di lei: la fatidica pagina, contenente il segreto di sua sorella era stata strappata! Si vedeva il segno dello strappo, era evidente. Quella pista l’aveva condotta a un vicolo cieco. Il giorno dopo però iniziava così: ‘Non ce l’ho fatta, non gliel’ho detto. Quando mi guarda con quei suoi occhi pieni d’amore non posso fare a meno di pensare che mi odierebbe, mi disprezzerebbe per quello che ho fatto. Una  piccola parte di me spera un giorno di trovare il coraggio, di rivelargli la verità e di ottenere il suo perdono, ma il mio cuore spera quasi totalmente che non venga mai a galla quella storia. German si merita una donna migliore di me.’. Cosa voleva dire? Non riusciva a capirci nulla…non aveva mai nemmeno lontanamente pensato che sua sorella potesse nascondergli una cosa che l’angosciava così tanto. Il giorno dopo avrebbe parlato con sua madre per saperne di più…
“Allora…ti sei divertito?” chiese Violetta ironica, mentre erano fuori all’entrata. “Devo dire che è stata una cena molto particolare. Ma tu sai bene che la parte migliore della giornata è stata un’altra” disse lui avvicinandosi a lei e cominciando a baciarle il collo. La ragazza lo strinse a sé, poi i due si guardarono negli occhi. Non le sembrava possibile: finalmente erano finiti i problemi. Non c’erano né Ludmilla, né Gabriella a cercare di separarli, e i dubbi che le erano venuti nei confronti di Stefan erano spariti del tutto, come volatilizzati. Sentiva ancora un sentimento profondo nei confronti del suo amico, ma non era nemmeno lontanamente paragonabile all’amore che provava per il ragazzo che in quel momento era lì di fronte a lei, e le stava donando una felicità e una serenità mai provate prima. “Ci vediamo domani, pervertito” disse lei, dandogli un ultimo bacio e allontanandolo scherzosamente. Leon si diresse verso il marciapiede, voltandosi ogni tanto per sorriderle, rischiando di andare a finire addosso al muretto che cingeva il giardino. Violetta scoppiò a ridere a quella scena comica, fino a che non le vennero le lacrime agli occhi. Lo salutò ancora una volta sussurrando il suo nome e poi chiuse la porta. La serata era finita, ma il suo cuore non aveva intenzione di tranquillizzarsi un istante. Si ritrovò dopo qualche minuto in camera stesa sul letto a pensare a lei e a Leon, fino a quando non si addormentò, cullata dal profumo del suo ragazzo che ancora era presente.
Il giorno dopo allo Studio 21 c’era parecchio fermento: le prove per lo spettacolo proseguivano come sempre, fino a quando non irruppe nel teatro Ferdinando con gli occhi assetati di sangue. Si fece avanti verso Stefan e lo spintonò fino a farlo cascare per terra: “Come osi provarci con la mia ragazza?”. Era davvero infuriato. Francesca si mise in mezzo ai due: “Ferdinando, ma come ti permetti? Siamo nel bel mezzo delle prove!”. Il ragazzo non l’ascoltò le prese la mano e la trascinò fuori sbattendo la porta mentre Maxi e Ricardo stavano aiutando l’amico a rialzarsi nel silenzio generale che si era venuto a creare. “Si può sapere che ti è preso?” chiese Francesca una volta fuori. “Guarda” rispose lui freddo con in mano il cellulare in cui si vedeva la scena di lei che cantava con Stefan, che lanciava degli sguardi magnetici. “Erano delle prove…non ci vedo nulla di strano” balbettò Francesca. Sapeva benissimo che quello che era successo tra loro andava al di là dell’esecuzione di una canzone, ma non voleva ammetterlo; non voleva perdere Ferdinando, perché nonostante tutto gli voleva bene e forse l’amava. “Tu non ci vedi nulla di strano? Guarda meglio…guarda come ti fissa!” esclamò lui sempre più infuriato. “A me non sembra…” sussurrò lei, cercando di mostrarsi sicura di quello che stava vedendo. “E comunque non puoi essere così geloso!” continuò incrociando le braccia e battendo il piede destro irritata. “Forse hai ragione, scusa, ho perso la testa” disse Ferdinando sorridendo: perché si faceva tutti quei film mentali? Lei aveva dimostrato di aver scelto lui, e nessun altro, doveva imparare a fidarsi. Si avvicinò per baciarla dolcemente e dopo averla salutata se ne andò. Francesca rimase a guardarlo: voleva urlare al mondo le sue incertezze, ma ancora di più voleva sapere chi avesse mandato quel video al suo fidanzato. Quest’ultima domanda non tardò ad avere una risposta: Gabriella si avvicinò a lei con una faccetta soddisfatta, prendendole il fiocco che portava tra i capelli da dietro: “Francesca cara, come vanno le cose col mio fratellino”. “Allora sei stata te!” esclamò la ragazza incredula, strappandole il fiocco di mano e riaggiustandoselo. “Avevi forse qualche dubbio? Non ti scomodare a dirlo al mio fratellino, non ti crederà mai. Sappi solo che non mi fermerò finché non vi avrò separati. Bye!” disse lei per girarsi di scatto e rientrare in classe, lasciando Francesca senza parole: non solo aveva già problemi per conto suo, ci si doveva mettere anche quella lì!
La campanella annunciò una breve pausa per gli studenti: Ludmilla era alle prese con la macchinetta per avere una bottiglietta d’acqua; da quando non c’era più Nata al suo fianco aveva dovuto imparare ad arrangiarsi. Andrea si avvicinò a lei con fare galante per presentarsi: “Ciao, io sono Andrea; serve aiuto?”. Erano più di cinque minuti che la ragazza stava dando le botte perché non riusciva a capire il funzionamento di quell’aggeggio infernale. Le chiese di spostarsi e dopo qualche secondo le porse la bottiglietta d’acqua. “Era ora” rispose Ludmilla senza degnarlo di uno sguardo. “Senti, visto che sono nuovo, che ne diresti di farmi vedere Buenos Aires?” chiese lui piano. Le piaceva molto quella ragazza e avrebbe voluto conoscerla meglio. “Se vuoi ti accompagno io, amico!” strillò Andres raggiungendoli felice. “Ehm…si…cioè no…io…” cominciò a farfugliare lui, mentre Ludmilla si mise le cuffiette e se ne andò senza nemmeno salutarli. “Quindi non mi vuoi?” chiese Andres con uno sguardo triste e gli occhi lucidi pronti a scoppiare a piangere. “D’accordo hai vinto te…” disse lui mettendosi una mano sulla fronte in preda a un attacco di depressione: la sua tattica di approccio era fallita; in compenso aveva rimediato un appuntamento con Andres. “Dove vai, carina?” disse Arianna fermando Ludmilla, mettendogli una mano davanti. La ragazza si tolse le cuffiette e la guardò un po’ male: nessuno doveva osare disturbarla senza il suo permesso. “Arianna, come stai? Ogni giorno sei sempre più bella” esclamò con un sorriso falsissimo. “E tu ogni giorno sei sempre più insopportabile” rispose Arianna beffarda. Quella ragazzina era insopportabile: ricordava ancora molto bene il pessimo scherzo che le aveva fatto: un giorno era andata a casa di Leon quando stavano ancora insieme ed era venuta Arianna per il finesettimana; le due non si sopportavano già dal loro primo incontro. La sorella però quel giorno aveva gentilmente offerto dei tramezzini a entrambi, ma in quelli di Ludmilla aveva messo dei simpatici vermi.  “Cosa vuoi da me?” sibilò Ludmilla con la mente rivolta a quel ricordo disgustoso. “Niente…Ovviamente sai benissimo quanto non mi sia dispiaciuto che vi siete lasciati, e penso tu abbia capito che adoro Violetta fin da quando l’ho vista la prima volta. E mio fratello sembra felice, come non l’ho mai visto. Quindi prova anche solo a far sentire il tuo alito pesante vicino a loro o prova solo a sfiorarli, e te la vedrai con me; e non sarò così generosa, come le altre volte” sentenziò la ragazza facendole una linguaccia e toccandogli la punta del naso con un dito, cosa che Ludmilla vide come un gesto oltraggioso. Quando osservò dirigersi via, riversò tutto il suo odio sulla bottiglietta d’acqua, stritolandola a dovere. Non avrebbe permesso a quella mocciosa di intromettersi nei suoi piani per riprendersi Leon. 

NOTA AUTORE: Per chi mi vuole uccidere dopo questo capitolo, sappiate che non ce ne è bisogno, ho già fatto da me *agonizza per terra con un coltello conficcato*. Dopo la scena di questo capitolo sto pensando se è il caso di mettere rating arancione (partendo dal presupposto che non voglio fargli fare chissà cosa), ma in realtà non riesco mai a capire questa faccenda dei rating, comunque per ora lascio giallo, perchè finora pure questa scena non mi è sembrata particolarmente hot, o roba del genere...però io ci ho pianto su, rimane questo piccolo dettaglio....OK, basta non ne parlo più *rilegge e piange* Le frasi dolcissime di Leon mi uccidono, ma dettagli xD  Il mistero di Maria si infittisce...cosa avrà nascosto a German? E chi avrà strappato la pagina mancante? MI piace questo tocco di giallo, prima o poi lo sapremo :D Ferdinando geloso mi spaventa seriamente, tra un pò mi spaventa più di Leon quando ha assestato il pugno a Ricardo....ma Francesca l'ha tranquillizzato, in più sembra che nonostante tutto provi qualcosa di forte per lui. ahahahahahah scusate ma Andrea che ci prova con Ludmilla e finisce con l'avere un appuntamento con Andres mi fa morire *si immagina Andres con la faccia da cucciolo e Andrea che lo guarda male*. E poi: come si fa a non stimare Arianna?? Come si fa, mi chiedo io....difende strenuamente Leon e Violetta cosa vogliamo di più... Detto ciò buona lettura a tutti, spero che il capitolo vi piaccia! Fatemi sapere che ve ne pare :D
P.S: Violetta gelosa di Olga??!!! Parliamone xD

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Capitolo 35
*** Frammenti per ricostruire il passato ***


Capitolo 35
Frammenti per ricostruire il passato

Erano passati alcuni giorni dalla famosa cena a Casa Castillo; Violetta finalmente si era tolta il tutore e riusciva a camminare senza stampelle, anche se ancora non poteva ballare. Angie stava passeggiando, scossa ancora dal messaggio ricevuto. Aveva pensato di parlarle ed eccola ricomparire a Buenos Aires. Mille domande affollavano la sua testa: come mai quella pagina era stata strappata? Cosa conteneva? Aveva a che fare con il segreto di Cristobal? Senza quasi rendersene conto si ritrovò di fronte a una villetta ben curata: delle aiuole profumate, circondavano il giardino. Quando entrò una piccola stradina conduceva all’entrata; quanto tempo era passato…Suonò il campanello e rimase di fronte a quel portone blu come la notte; aprì una signora anziana castana e dagli occhi stanchi: erano occhi di chi aveva versato mille lacrime e di chi aveva passato molte notti, troppe, sveglio a ripercorrere con la memoria gli incubi che lo tormentavano senza dargli un attimo di tregua. La donna non ebbe il tempo di dire nulla perché Angie si catapultò tra le sue braccia e cominciò a piangere per la gioia: “Mamma, che bello rivederti a Buenos Aires! Se mi avessi avvertita prima, ti avrei fatto stare a casa mia, senza che tu…”. Ma non riuscì a finire la frase. “Senza che io viva del passato… Non mi è rimasto altro figlia mia” disse tristemente la padrona della villa. Era sua madre, andata via da Buenos Aires nel disperato tentativo di ritrovare German e Violetta:
‘Angelica si fermò di fronte a quella casa che suscitò in lei numerosi ricordi, per lei fonte unicamente di dolore. Erano passati pochi giorni dalla morte di Maria, e lei voleva far sentire il suo appoggio a German e a tutta la famiglia, ma soprattutto voleva essere vicina alla sua nipotina. German uscì da casa e si diresse verso di lei infuriato: “Non voglio che lei venga più qui. Ci deve stare lontano. Violetta non è Maria, vederla non le restituirà sua figlia”. Angelica rimase in silenzio: sapeva che suo cognato era solamente accecato dal dolore, proprio come lei, e voleva lasciare che si sfogasse. Si ripresentò il giorno dopo, e quello dopo ancora ma ottenne sempre la stessa risposta, finché venne il giorno in cui vide che la casa era stata chiusa: erano fuggiti,  fuggiti da lei’.
Quando furono dentro casa Angelica fece accomodare la figlia e andò in cucina a preparare un tè. La casa, era stata mantenuta pulita da un addetto alle pulizie che passava ogni settimana con le chiavi; sul camino vi erano numerose cornici con delle foto: c’erano Angie e Maria da piccola, una foto del diploma di Maria, e una foto del suo matrimonio. Angie si alzò e si avvicinò, prendendo in mano quella cornice argentata con dei motivi floreali: vicino German e la sua futura moglie che sorridevano, in secondo piano, c’era Cristobal che li guardava in modo strano. Non sembrava geloso, solo rassegnato e pentito. “Erano bellissimi e Maria era così felice. Mi chiedo ancora oggi se sia stata la scelta giusta la sua” disse Angelica portando il vassoio con le tazzine di tè e qualche biscotto alle nocciole e guardando la foto insieme alla figlia. “Mamma, ti devo far vedere una cosa” cominciò a dire Angie: tirò fuori dalla borsa il diario con la copertina di cuoio e le raccontò tutto. Angelica si sedette su una poltroncina nel salotto vicino al camino e cominciò a leggere le pagine, desiderosa com’era di poter rivivere i ricordi della figlia venuta a mancare prematuramente. Nel frattempo Angie sorseggiava il suo tè tranquillamente in apparenza, ma dentro curiosissima: forse avrebbe potuto saperne qualcosa di più. Quando arrivò alla pagina strappata rimase in silenzio: la tensione nell’aria era alle stelle. Poi la madre si alzò e si diresse al piano di sopra, probabilmente in camera sua. Quando ritornò aveva in mano una busta giallognola aperta: “Questa è l’ultima lettera che ho ricevuto da Maria. Lei adorava scrivermi delle lettere”. Angie la prese in mano tremante: che lì dentro fosse racchiusa la verità che tanto stava cercando? In un certo senso aveva paura, paura che quella lettere rovinasse il bel ricordo che aveva di sua sorella. La aprì lentamente e cominciò a leggere:
‘Cara mamma, qui a casa Castillo le cose vanno finalmente bene. Era tanto tempo che non si avvertiva quella serenità di cui avevo bisogno, di cui Violetta ha bisogno. Dovresti sentirla: ha una voce bellissima; confido che tu ci venga a trovare al più presto, nonostante i rapporti che hai con German non siano dei migliori’
Angie sorrise a quell’ultima frase poi continuò a leggere; parlava di come andavano le cose a casa, di come Olga la viziasse non facendole fare nulla, di come avesse instaurato un rapporto di complicità con Roberto. Dopo qualche minuto arrivò alla fine:
‘Io e German in questi ultimi giorni abbiamo litigato seriamente: lui ha scoperto una cosa, una cosa di cui non doveva venire a conoscenza. Come avrà fatto? Non lo so, ma non mi voleva perdonare. Lui mi ama, mamma, lo sento, ma non riesce a dimenticare. Io invece ho bisogno di dimenticare e ho bisogno di lui. Tra qualche giorno partirò per una tournee, la mia ultima finalmente. Devo partire insieme a Cristobal, è il momento giusto per chiedergli se è stato lui a dire tutto a German. Mi vergogno così tanto di ciò che ho fatto, forse quando tornerò a Buenos Aires avrò il coraggio per dirti tutto, per ora mi basta sapere che mi sei vicina e che mi vuoi bene con tutto il cuore. Saluti affettuosi, Maria’
Allora German sapeva… era venuto a conoscenza di quel segreto che tanto opprimeva Maria. Ma l’aveva tenuto al sicuro dentro di lui, perché né Olga né Roberto sembravano essere a conoscenza di qualcosa di così terribile. Guardò Angelica, che stava per scoppiare a piangere, e la abbracciò cercando di dirle qualcosa di rassicurante. Ma la madre era stanca, stanca di non poter vedere la sua nipote, per timore che le venisse portata via.
“Bene…” si disse Leon nell’aula strumenti, mentre faceva una correzione allo spartito appoggiato sul leggio. Riprovò la musica e gli suonò molto meglio: quella canzone doveva esser perfetta, non ci doveva essere nemmeno la minima traccia di un errore o di una nota fuori posto. Si mise la matita dietro l’orecchio destro e la riprovò nuovamente. Si, ci stava molto bene quel cambio. Era talmente concentrato da non essersi reso conto che Francesca era entrata e lo stava ascoltando. Quando finì il pezzo, applaudì sorridendo facendogli prendere un colpo: “Questa canzone è bellissima! E’ per lo spettacolo?”. “Si e no. Vorrei proporla per lo spettacolo, ma principalmente l’ho composta per Violetta. Fa parte del mio regalo di Natale per lei” disse lui un po’ imbarazzato. “Sono molto contenta che le cose tra voi due stiano procedendo così bene” esclamò Francesca. Leon recuperò il suo aspetto da duro e le rivolse un sorriso. “Leon!” strillò Violetta entrando. Il ragazzo fece una corsa: prese i fogli sparpagliati e li mise tutti nella sua borsa a tracolla; la canzone doveva essere una sorpresa. “Beh…che succede?” chiese incuriosita da quegli strani atteggiamenti dei due: Francesca fischiettava e Leon aveva preso il primo libro che gli era capitato sotto mano e aveva cominciato a far finta di leggerlo. “Niente, io ora vado” disse l’amica facendole l’occhiolino. “Si può sapere che diamine mi state nascondendo?” esclamò lei avvicinandosi. “Io…niente, sto solo leggendo” disse tranquillamente Leon. “Certo, stai leggendo” sottolineò lei scoppiando a ridere e indicando la pagina aperta al contrario.  “Allora, cosa c’è che non posso sapere” gli sussurrò all’orecchio maliziosa. Leon non ci capì più nulla: cinque minuti dopo erano presi a baciarsi con foga. La matita cadde in quel silenzio, mentre Violetta affondò la mani tra i suoi capelli, scompigliandoglieli proprio come amava fare. Aveva la schiena appoggiata al muro e lo teneva stretto a sé: le piaceva sentire che i loro corpi fossero a contatto. Il ragazzo continuava a ripetersi che quella era una scuola e che non era molto decoroso quel comportamento, ma il suo istinto stava prevalendo sulla parte razionale che comunque si faceva strada nella sua mente. Quando si separarono rimasero qualche secondo a guardarsi negli occhi, poi lui appoggiò la fronte contro la sua e le sorrise senza interrompere quel magnifico contatto visivo. Violetta gli accarezzò la guancia, prese la mano destra e gli depose un bacio che per lei voleva dire più di mille parole: voleva dire ‘Ti amo’ e ‘Voglio essere tua per sempre’ e molto altro. In quel momento qualcuno aprì la porta e i due si allontanarono: non volevano essere visti in quel modo dai professori dello Studio.
Angie continuava a camminare, ma non aveva una meta ben precisa: camminava e pensava. Doveva parlare con German? Non le sembrava il caso… E nemmeno con Cristobal. Ma come poteva fare a saperne qualcosa di più? Si avvicinò alla villa Castillo ed ebbe come una visione: Maria le stava correndo incontro, inseguendo una bambina, probabilmente Violetta. Sorrideva tranquilla… “Che sta facendo?”. La voce stridula di Jade la riportò alla realtà; “Come ben sa tra pochi giorni ci sarà la festa di fidanzamento, e German ha voluto farle avere l’invito” continuò lei senza attendere una risposta dall’istitutrice. Aveva deciso di ignorare quella donna sgradevole, completamente priva di raffinatezza. Se non fosse stato per German, lei l’avrebbe cacciata a calci, ma non voleva sconvolgere gli equilibri. Angie non aveva pensato minimamente alla festa di fidanzamento: Violetta quando ne era venuta a conoscenza c’era rimasta molto male, ma poi lei l’aveva convinta ad accettare la cosa. Ora doveva andare allo Studio per sostituire Cristobal visto che aveva una riunione importante fuori dalla scuola. Le venne subito un’idea: perché non ci aveva pensato prima? Senza prendere l’invito e lasciando lì Jade, si precipitò allo Studio e si avvicinò alla porta della stanza del preside; c’erano poche possibilità di trovare qualcosa di concreto, però poteva sempre tentare. La porta non era chiusa a chiave: diede un’occhiata per essere sicura di non essere osservata ed entrò. Si diresse subito verso la scrivania e cominciò ad aprire tutti i cassetti… Niente, non c’era nulla di interessante. Poi all’improvviso vide spuntare una locandina: era quella dell’ultimo spettacolo di Maria. Dietro il foglio era stata scarabocchiata una data: 22 maggio 1994. Tra cinque mesi e qualche giorno sarebbe stato il 22 maggio ma del 2013 e la tournee era stata fatta nel 2000, quando Violetta aveva 5 anni. Cosa voleva significare allora quella data? Qualcuno diede un colpo di tosse per far notare la sua presenza ed Angie alzò lo sguardo: di fronte a lei c’era Cristobal. “Stavi cercando qualcosa?” chiese lui tranquillo, poi osservò la locandina che teneva in mano e divenne pallidissimo:
‘Cristobal fissò la locandina: il giorno dopo sarebbe partito per l’ultima tournee con Maria e poi si sarebbe allontanato dalla sua vita proprio come le aveva promesso. Alzò lo sguardo e la vide: era bellissima, come sempre, ma sul suo viso c’era solo preoccupazione. “Dobbiamo parlare” sussurrò lei, sedendosi sulla panchina, nello stesso parco dove si erano scambiati le loro promesse d’amore. “So cosa stai per dirmi… Nonostante tutto non dirò nulla” la anticipò l’uomo prendendole le mani. “Sa tutto. Ha scoperto tutto, ma per fortuna mi ha perdonata. Dalle tue parole deduco che non sei stato te a dirgli la verità…come avrà fatto a capire?”. Dopo essersi messi d’accordo sull’orario della partenza, Maria se ne andò via, mentre Cristobal prese una penna dalla sua borsa a tracolla e segnò una data: quella data lo stava perseguitando. Si alzò e se ne andò, senza sapere che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista’.
‘Delle lacrime scesero lentamente…Non riusciva a crederci, non voleva crederci. Lui non era potuto partire quel giorno perché aveva avuto un filo di febbre, e aveva deciso di rimandare il viaggio per il giorno dopo. Il funerale si svolse in un giorno di pioggia, c’erano German e Violetta, ancora molto piccola. Una sfilza di ombrelli neri si era radunata intorno alla tomba, sotto un ciliegio. Maria aveva sempre amato i ciliegi, era il suo albero preferito. Nello sguardo di German si leggeva solo odio e disperazione; dopo la cerimonia, si avvicinò a Cristobal: “Non farti più vedere:  è colpa tua se Maria ha intrapreso quell’ultima tournee. E poi…Sai che so tutto. Non dovevi presentarti nemmeno qui”. Cristobal si limitò ad annuire, poi si allontanò con le lacrime che si mischiavano alla pioggia, con la morte nel cuore’.
Si precipitò a strapparle quel foglio di mano, mentre lei lo guardava confusa. Cristobal era a metà tra il furioso e lo spaventato: “Cosa ci fai nel mio studio? Vattene!”. Angie rabbrividì: quella parole erano state pronunciate con freddezza e rimprovero. Si mosse lentamente verso l’uscita voltandosi un’ultima volta per vedere Cristobal che si sedeva sulla sedia, senza riuscire a staccare lo sguardo da quella scritta, da quella data misteriosa.
“Cosa state facendo?” chiese entrando Andrea, seguito da Diego e Arianna. Leon e Violetta tirarono un sospiro di sollievo; dal fatto che il ragazzo era sporco di rossetto e aveva i capelli scompigliati fu subito chiaro a tutti cosa era successo. Andrea ebbe un attacco di ridarella, Arianna invece stava per svenire dalla gioia: adorava quella coppia; da come gliene aveva parlato il fratello, Violetta doveva essere una ragazza davvero fantastica. “Oddio che belli…qualcuno mi prenda” esclamò lei al settimo cielo facendo finta di svenire, pensando che qualcuno l’avrebbe presa, ma niente; cadde rovinosamente per terra. Si alzò di botto, guardando male i due ragazzi con cui era entrata: “Si era detto di prendermi! Ma mi sentite quando parlo?”. Niente, nessuno dei due l’ascoltava: Andrea si era dovuto sedere con le lacrime agli occhi, cercando di trattenere le risate, Diego invece stava guardando con aria di sfida Leon. “Io…vado…perché…lezione…” balbettò Violetta scarlatta; diede un bacio sulla guancia al suo fidanzato e uscì, seguita con lo sguardo da Diego. Andrea e Arianna uscirono subito dopo. “Bella la tua ragazza” disse piano Diego. Leon non disse niente e annuì. “Sarebbe un peccato se qualcuno te la rubasse…” continuò l’altro spavaldo. “Non credo che succederà, ma grazie per l’avvertimento” esclamò Leon un po’ innervosito da quelle parole, poi senza aggiungere altro se ne andò prendendo la sua borsa a tracolla e rivolgendo un saluto freddo. Quel tipo gli stava antipatico a pelle: provava il forte desiderio di tirargli un bel pugno in faccia, ma aveva deciso che avrebbe trattenuto la sua gelosia dalla storia con Ricardo; adesso voleva solo pensare alla canzone e al regalo che avrebbe fatto per Natale alla sua ragazza.
Dopo le lezioni Nata e Maxi decisero di fare una passeggiata al parco; stavano pensando a quando avere il loro primo appuntamento. Maxi le propose di andare a prendere una pizza insieme e Nata accettò volentieri, anche se con un po’ di timore: quello era il suo primo appuntamento in assoluto. Stare con Ludmilla non le aveva dato occasione di avere ragazzi, doveva essere sempre al suo servizio. “Ah…qui va bene” disse Maxi indicando la prima panchina che capitò sotto i suoi occhi. I due si sedettero. Maxi era imbarazzato, troppo imbarazzato. “Succede qualcosa?” chiese Nata un po’ preoccupata. Il ragazzo cominciò a trafficare qualcosa nello zaino, poi tirò fuori un piccolo cofanetto di tessuto bordeaux, lo stesso colore che stava assumendo la sua faccia. “Io…questo è per te!” esclamò Maxi chiudendo gli occhi, tirando un grande respiro, e porgendole di scatto quella scatolina. Nata lo prese e lo aprì: dentro c’era un anello fatto con un filo intrecciato di metallo e in cima una perla bianca che si rifletteva nei suoi occhi stupiti. “Lo so non è un granché…però l’ho fatto io e volevo che lo tenessi tu” disse il ragazzo ansioso di vedere la reazione. Scese una lacrima sul viso di Nata: nessuno le aveva mai fatto un dono del genere. Lo mise al dito per poi continuare  a guardarlo e a ridere come una bambina. Non aveva parole per esprimere la gioia provata per quel piccolo pegno d’amore. “E’ il regalo più bello che potessi farmi” sorrise Nata felice continuando a piangere di felicità.

NOTA AUTORE: Rieccomi!!! Sempre più carico (mazza...) :D Allora questo capitolo mi piace molto...a parte che si comincia un pò a delineare la storia di Maria...cosa vorrà dire quella data che tormenta così tanto il povero Cristobal?? Avrà a che fare con quel misterioso segreto?? Domande, domande e zero risposte (almeno per ora...). Scusate se metto un momento Leonetta a capitolo (non ne voglio parlare perché probabilmente ce ne sarà uno pure nel prossimo ç.ç), ma a parte che li adoro, poi stavo pensando: sono stati 10 capitoli separati, diamogli un pò di gioia (o meglio diamo a me un pò di gioia xD). Aggiungo che mi piace molto il personaggio di Angelica, che sembra vivere esclusivamente per il passato, quindi non è che ha fatto una comparsa e ciao, penso la rivedremo più in là :D Arianna è unica, è un magnifico genio :D E Diego...niente, lo odio xD Grazie a tutti voi che mi sopportate (lo so è dura sopportarmi xD), buona lettura e alla prossima.
P.S: Leon che compone una canzone per Violetta per il regalo di Natale...sono troppo dolci, lo so. Uccidetemi xD
P.P.S: ah, non è che mi sono dimenticato degli altri personaggi, li rivedremo già dal prossimo capitolo ;)

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Capitolo 36
*** Appuntamento a tre: la sciarpa della discordia ***


Capitolo 36
Appuntamento a tre: la sciarpa della discordia

Violetta si avvicinò di soppiatto a Olga per non farsi sentire da nessuno: “Olga”. L’aveva solo sussurrato, ma questo bastò a far sobbalzare la povera domestica. “Shhhh” continuò Violetta: non voleva che il padre sapesse di quella sua decisione. “Senti... Volevo chiederti: mi potresti insegnare a lavorare a maglia?” chiese un po’ nervosa. La domestica sorrise, un po’ sorpresa per quella strana richiesta: “Ma certo che ti insegno! Si può sapere almeno per cosa ti serve?”. “Ecco, Natale si sta avvicinando e io avevo pensato di fare un regalo a Leon, però vorrei che avesse qualcosa fatto da me, con le mie mani. Ti sembra un pensiero carino?” disse Violetta, avvampando a quelle parole. Olga annuì sorridendo, e la portò di sopra nella sua camera da letto per insegnarli tutto ciò che sapeva sul lavoro a maglia. Violetta all’inizio era una vera frana , ma poi cominciò a prenderci la mano abbastanza rapidamente. “Allora cosa vuoi confezionargli?” chiese gentilmente Olga. “Una sciarpa” rispose timidamente lei, con lo sguardo abbassato: voleva qualcosa di semplice ma che potesse mettere, pensando a lei. “Bene allora ti servirà della lana, oppure un tessuto più leggero. La vendono qua vicino, ci vai te?” chiese la sua insegnante. “Si, ci vado subito” esclamò Violetta scattando in piedi e andando in camera per prendere i soldi. Uscì di casa con indosso un piumino bianco e si diresse verso la merceria vicino alla loro via. Non appena entrò cominciò a dare un’occhiata in giro in cerca di un colore che la affascinasse particolarmente; venne fin da subito attratta da una stoffa di colore verde scuro. Era perfetta e si intonava con gli occhi di Leon; si diresse alla cassa per comprarla e se la fece mettere in una bustina per poi uscire e portarla a casa. Solitamente a dicembre faceva molto caldo ma quella mattina era davvero fredda: non appena fu uscita una folata di vento la fece rabbrividire. All’improvviso fu tutto buio: qualcuno le aveva messo le mani davanti gli occhi. “Chi sono?” sussurrò una voce calda al suo orecchio facendole venire i brividi. Violetta sorrise e si voltò perdendosi nel verde dei suoi occhi, per poi dargli un bacio leggero. Leon le prese la mano e la condusse in un vicolo stretto e isolato, per cominciare a baciarla con passione. La ragazza si ritrovò contro il muro con le braccia avvolte al suo collo, mentre le mani di Leon si trovavano sui suoi fianchi. Tutto d’un tratto faceva caldo, davvero troppo caldo. Entrambi si tolsero i giubbotti frettolosamente, come se non avessero tempo da perdere; Leon la guardò un po’ negli occhi con un sorriso malizioso, quindi gli scostò i capelli di lato e gli lasciò una scia di baci sul collo, abbassando delicatamente la manica della maglietta per proseguire sulla spalla. Violetta chiuse gli occhi in preda ad una piacevole sensazione di solletico, alzando la gamba destra e sfregandola contro la sua. Quel gesto lo fece impazzire ancora di più. Mentre intrecciava la sua mano sinistra con quella di Violetta e accorgendosi che stava tenendo una busta. “E qua dentro cosa c’è?” chiese lui staccandosi all’improvviso. “Niente, niente” disse Violetta abbassando lo sguardo e portando la mano con la busta dietro la schiena. “Dai, fammi vedere” continuò lui curioso. La ragazza non cedette molto facilmente, allora cominciò a farle il solletico. Violetta scoppiò a ridere, quindi per farlo smettere riprese a baciarlo facendolo finire contro il muro. Leon fu sorpreso da quell’impeto e fortunatamente la sua curiosità era stata sostituita da una passione sempre crescente. Sentiva talmente caldo che si sarebbe tolto anche la maglietta che stava portando se non fosse per il fatto che stavano per strada. Uno squillo persistente li fece separare. Violetta con le guance rossissime prese il cellulare e rispose: “Ah… Olga. Si, sto per tornare, certo, vengo subito”. Leon la guardò con una faccia da cucciolo per farla rimanere ancora un altro po’, ma la ragazza riuscì a resistere alla tentazione e uscì da quel vicolo rimettendosi il cappotto. Quando fu vicina a casa ricevette un messaggio: ‘La prossima volta non mi scapperai tanto facilmente. Leon’. Sorrise ed entrò dentro per cominciare il suo duro lavoro.
Erano le quattro di pomeriggio passate, eppure era quello il luogo dell’appuntamento. Francesca ricontrollò nuovamente l’ora sul cellulare sbuffando. Quanto ci metteva Ferdinando? Dovevano andare al cinema insieme e si erano dati appuntamenti ai giardinetti vicino allo Studio 21. Si stava cominciando leggermente a spazientire quando vide qualcuno venirle incontro, ma non era Ferdinando. “Stefan, ciao” esclamò lei allegra. Il ragazzo che non appena l’ebbe vista aveva cercato di cambiare strada, non appena si sentì chiamato, non poté far altro che avvicinarsi e salutarla. “Ciao, stai andando a un appuntamento, vero?” chiese tranquillo. In effetti indossava un vestito da sera abbastanza elegante, di un colore viola scuro. Pensò che era molto bella vestita in quel modo, ma non riusciva a sopportare l’idea che tutto quello fosse stato fatto per Ferdinando. “In realtà si, stiamo andando al cinema…non appena quel ritardatario si degna di presentarsi. Che ne dici di venire con noi? Oppure hai altri impegni?” chiese Francesca, arrossendo leggermente per come la stava guardando.  “Non vorrei disturbare, ma grazie per l’invito” disse Stefan distogliendo lo sguardo da quella visione celestiale e avviandosi facendole un cenno con la mano. Francesca però gli afferrò il braccio e guardandolo dritto negli occhi disse: “Ci terrei davvero tanto”. Quelle parole lo mandarono in tilt, quindi si avvicinò piano, con l’intento di baciarla. “Eccomi!” esclamò Ferdinando, raggiungendoli di corsa con il fiatone. Stefan fece qualche passo indietro, interrompendo la sua azione. “E lui che ci fa qui?” chiese acido dopo averlo squadrato. “Lui ha un nome ed è Stefan, Ferdinando. E verrà con noi al cinema, così potrete conoscervi meglio e fare amicizia” disse Francesca, mettendosi in mezzo ai due diplomaticamente. Ferdinando sgranò gli occhi a quelle parole, ma rimase in silenzio per non creare discussioni. Ecco che quella che doveva essere una serata romanica si era trasformata in un appuntamento amichevole a tre. E nemmeno tanto amichevole, visto che non sopportava quello Stefan. Tutti e tre insieme si diressero al cinema per vedere una commedia romantica; la storia era quella di una ragazza, di nome Chiara, innamorata di due ragazzi: Samuel, molto romantico e protettivo, e Gabriel, misterioso e affascinante. Quando si accomodarono in sala, Francesca si mise in mezzo per tenerli lontani e non scatenare liti. Le luci lentamente si spensero e partì il film...
Nella scena finale Chiara si trovava in mezzo ai due costretta a prendere una decisione. “Io voglio bene a entrambi, davvero. Ma amo solo Gabriel” disse la ragazza, che lentamente stava prendendo agli occhi di Francesca le sue sembianze. Ai lati Gabriel era diventato Stefan e Samuel era Ferdinando. Samuel/Ferdinando rimase ferito da quelle parole e si allontanò con lo sguardo basso, mentre Chiara/Francesca si avvicinava sorridendo a Gabriel/Stefan. I due si guardarono innamorati per poi baciarsi appassionatamente. Francesca chiuse gli occhi, ammaliata da quella scena che si era fatta strada nella sua mente, ma subito li riaprì di botto rendendosi conto che era tutto un sogno, una fantasia momentanea che non si sarebbe ripetuta. Sentì qualcuno stringerle la mano destra, e si voltò pensando che fosse Ferdinando, ma proprio in quel momento si ricordò che il suo fidanzato sedeva alla sua sinistra. E infatti a tenerle delicatamente la mano era Stefan, con lo sguardo rivolto verso lo schermo e una lacrima che scendeva. Gabriel… Gabriel…Quel nome per lui significava tutto. Non appena si riaccesero le luci, Francesca si sottrasse a quella stretta per fare in modo che Ferdinando non se ne accorgesse. Quando uscirono ognuno raccontò le proprie impressioni, poi decisero di fare una passeggiata. Ferdinando era nero per la presenza di Stefan, e ad un certo punto non riuscì a trattenersi. Gli sfilò la sciarpa bianca con un commento sarcastico: “Non fa un pò caldo per indossare la sciarpa?”. Effettivamente anche se si stava avvicinando Natale quella giornata era molto calda. Stefan rimase immobile, stringendo i pugni pallido. Francesca ebbe quasi paura di quel ragazzo: nei suoi occhi non leggeva nessuna emozione all’infuori di una rabbia incontrollabile. “Restituiscimela” disse lui freddo con lo sguardo abbassato. Ferdinando scoppiò in una risata idiota, e in quel momento Francesca sentì di odiarlo con tutta se stessa. “Ferdinando non far lo scemo e rendigli la sciarpa” disse piano lei con uno sguardo deluso portando avanti la mano per avere la sciarpa. “Tu lo difendi sempre” borbottò il ragazzo arrabbiato. Ma improvvisamente Stefan gli fu addosso, prendendolo per il colletto della camicia con uno sguardo omicida. “Ma come ti permetti?” ribatté Ferdinando, liberandosi dalla presa e mollandogli un pugno in tutta risposta. “No!” strillò Francesca chinandosi verso l’amico steso a terra con il naso che sanguinava; poi lanciò un’occhiata intensa al suo fidanzato: in quello sguardo c’era delusione, odio e disprezzo. Si rialzò per strappargli la sciarpa di mano ed andando ad aiutare Stefan a rialzarsi. “Tra noi è finita” disse freddamente di spalle, mentre le lacrime le scendevano piano. Senza voltarsi e facendo passare il braccio del ragazzo intorno alle spalle cominciò  camminare; Ferdinando rimase fermo guardandoli andare via: odiava Stefan, ma più di ogni altra cosa odiava il fatto che si fosse lasciato trascinare dalla gelosia, e in questo modo aveva perso, forse per sempre, la persona che amava.
Francesca si fece dare da Stefan le indicazioni per portarlo a casa; arrivati alla palazzina dove si trovava l'appartamento dei genitori del ragazzo, suonò il citofono e rispose una voce di donna dolcissima. Quando furono in ascensore, il ragazzo si appiattì contro una parete accarezzando la sciarpa che gli aveva restituito, con lo sguardo ancora perso nel nulla. “Tutto bene? Alla fine era solo una sciarpa, no?” disse lei inconsapevole della reazione che quelle parole avrebbero potuto scatenare. “E’ tutto ciò che mi rimane di lui” esclamò secco Stefan. Francesca rimase in silenzio imbarazzata, poi tirò fuori un fazzoletto e cominciò a tamponargli il sangue che continuava a uscirgli dal naso incessantemente. Stefan inizialmente provò a scostarsi, ma poi si arrese e la lasciò fare, mentre la osservava con quegli occhi grigi, ricchi di dolore. Finalmente l’ascensore si fermò e i due bussarono alla porta. Aprì quella che doveva essere la madre del ragazzo, che non appena vide il rosso del sangue macchiare il viso del figlio, si preoccupò immediatamente, portandolo piano piano in bagno per medicarlo, senza chiedere spiegazioni. Nel frattempo Francesca rimase nel salone: era una stanza modesta con due divani di un blu elettrico e un tappeto dello stesso colore. Ma ciò che attirò fin da subito la sua attenzione fu un grande pianoforte nero addossato a una parete della stanza; si sedette sullo sgabello e osservò che sul leggio era appoggiata una foto che ritraeva due bambini sorridenti che eseguivano un duetto. Una voce proveniente da dietro la fece alzare e voltare di scatto: “Erano i migliori”. Quello sicuramente era il padre di Stefan, un uomo sulla cinquantina, ma dall’aria molto giovanile, biondo e dagli occhi grigi, proprio come il figlio. “Chi è l’altro vicino a lui?” chiese Francesca un po’ timorosa. “Non conosci la storia di Gabriel?” chiese il signore. Poi prese una sigaretta, l’accese e cominciò a raccontare. Ogni parola si conficcava nell’animo di Francesca come una spada affilata: ad un certo punto si sentì addirittura mancare l’aria. Era troppo per lei venire a conoscenza di quel passato doloroso. Le parole della promessa dei due fratelli rimbombavano nella sua testa: “Che ne dici di fare una promessa? Nessuno dei due farà mai un duetto di nessun tipo con nessuno che non sia l’altro”. E lui l’aveva infranta nel momento in cui aveva cantato con Violetta e aveva cantato con lei. Si sentiva onorata di quel gesto… E adesso era anche chiaro il perché della sciarpa; tutti quei comportamenti che prima le sembravano così strani acquisivano una logica ferrea. Dopo che il ragazzo ancora scosso venne accompagnato dalla madre a letto e si fu addormentato, Francesca chiese di poter rimanere lì e stargli accanto. Gli venne dato il consenso, quindi chiamò i genitori per avvisarli che sarebbe rimasta a dormire da un’amica e si mise seduta su una sedia accanto al letto di Stefan, rimanendo a vegliare su di lui.
Gabriel era davanti a lui voltato di spalle. “La verità è che mi hai tradito! Mi avevi fatto una promessa, e non l’hai rispettata. Mi avevi detto che avresti portato la mia sciarpa senza che nessun altro ne entrasse in possesso; ma ancora una volta mi hai deluso. Tu per me, fratellino, sei una delusione” disse con voce fredda e glaciale. Stefan lo guardò supplicante e si avvicinò a lui per chiedergli perdono, ma finì in una buca, che sembrava non avere un fondo. Quando cadde in quell’oscurità rivolse lo sguardo verso l’alto ma, improvvisamente cominciò a piovere terra mista a fango che lo stava lentamente seppellendo vivo. Gli mancava l’aria, aveva bisogno di respirare… E voleva piangere, ma non ci riusciva, le lacrime non avevano intenzioni di uscirgli.
Francesca si rese conto che il ragazzo stava avendo un incubo poiché cominciava ad agitarsi e a sudare; gli prese la mano guardandolo con dolcezza e rimase qualche minuto finché non si tranquillizzò. “Ci sarò sempre per te, Stefan” sussurrò Francesca, poggiando la testa sul suo petto e cadendo in un sonno profondo.
Il giorno dopo i raggi del sole filtrarono dalle serrande abbassate, facendo svegliare il ragazzo. Si accorse della presenza di Francesca: era rimasta tutta la notte a vegliarlo; nessuno aveva mai fatto una cosa del genere e si sentiva molto a disagio. Si mosse leggermente e Francesca aprì gli occhi assonnata. “Grazie” disse Stefan dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante per entrambi. La ragazza lo guardò con una dolcezza tale da metterlo a disagio, poi si alzò dirigendosi verso l’uscita, non prima di essersi voltata per osservarlo ancora: “Vatti a cambiare, così dopo andiamo insieme allo Studio”. Dopo una colazione breve, preparata dalla madre con tanta gratitudine nei confronti di Francesca, i due uscirono per andare a scuola. Stefan facendo finta di nulla, con lo sguardo fisso in avanti, le prese la mano, per poi scostarsi pensando di aver fatto una cosa eccessivamente stupida: insomma solo perché era rimasta con lui tutta la notte, non era affatto detto che provasse qualcosa nei suoi confronti. Era stato un’imbecille: adesso lei si sarebbe fermata per chiedergli spiegazioni, e lui sarebbe rimasto in silenzio come sempre, non sapendo che dire. Mentre pensava alle reazioni che avrebbe scatenato quel gesto impulsivo, sentì una mano calda stringersi con una certa forza intorno alla sua. Alzò lo sguardo che aveva tenuto basso e vide Francesca fermarsi e sorridergli, per poi far finta di nulla e continuare a camminare. Francesca per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva in pace, ed era tutto merito del ragazzo che adesso era accanto a lei e che aveva capito di amare. Conoscere il suo passato le aveva permesso finalmente di sfondare le ultime barriere che li separavano. Il suo non era un gesto di pietà, era solo amore incondizionato, che si era rafforzato sempre di più sin dal loro primo incontro, sin dalla prima volta in cui aveva avuto la fortuna di potersi perdere anche solo per un istante nel grigio così profondo dei suoi occhi. Sperava solo di poter lenire un po’ la ferita che quel ragazzo aveva, una ferita invisibile dell’anima, che gli procurava un dolore disumano. Forse con il tempo ce l’avrebbe fatta, ma adesso voleva solo godersi quegli attimi insieme al ragazzo che amava.
“Senti che ne dici di andare un po’ nello sgabuzzino?” chiese Maxi con tono provocante all’orecchio di Nata. Lei annuì tutta felice: lo sgabuzzino era il loro luogo di ritrovo preferito, anzi lo era in generale di tutte le coppie dello Studio. Ultimamente era stato monopolizzato da Leon e Violetta, ma finalmente quel giorno era tutto per loro. Sgattaiolarono nell’aula degli strumenti ed aprirono la porta dello sgabuzzino fiondandosi dentro. “Ahi!” strillò una voce, visto che Nata aveva pestato il piede di qualcuno. “Camilla?” chiese la ragazza, sorpresa. “Ricardo?” disse all’unisono Maxi. “Beh, questo è il nostro turno, quindi andatevene!” esclamò Camilla rossissima, spingendo fuori l’altra coppia. “Qua allo Studio siamo troppe coppie… Ci vorrebbe un tabellone con gli orari. Comunque io e Nata ci prenotiamo per domani” esclamò Maxi ad alta voce per farsi sentire da Camilla e Ricardo, per poi uscire ridacchiando. “Dove eravamo rimasti?” disse Camilla allacciando le braccia al collo del ragazzo. “Io un’idea ce l’avrei” sussurrò l’altro ricominciando a baciarla con trasporto. Prese una busta che aveva lasciato là dentro proprio per quel momento. “Per te” disse lui, dandole il regalo. Camilla tirò fuori dal sacchetto un paio di manette, con la faccia color porpora. “Lo so, non sono il ragazzo perfetto che fa regali perfetti, ma mi sembrava un’idea divertente” disse lui immaginandosi la reazione furibonda della ragazza e cominciano a scusarsi sin da subito per la sciocchezza commessa. “Si, è vero non sei il ragazzo perfetto…ma sei perfetto per me” disse Camilla sorridendo, avvicinandosi e dandogli un bacio sulla guancia, poi gli sussurrò all’orecchio: “E ti prometto che le useremo, soprattutto se non farai il bravo”. Dopo un minuto in silenzio, i due scoppiarono a ridere. Anche se era un tipo un po’ particolare, Camilla sentiva di essere sempre più innamorata di Ricardo, il suo principe azzurro. 

NOTA AUTORE: Rieccomi!! ù.ù Allora sorvoliamo la scena iniziale *fischietta facendo finta di nulla*, perché altrimenti faccio una brutta fine. Vi è piaciuta la scena FranxStefan...a me si, sono dolcissimi e formano una coppia meravigliosa (non si fila Ferdinando...); Gabriella sarà sicuramente contenta....basta che ora non decida di provare a separare la mia coppia ç.ç ahahhahaahahah scusate per il finale del capitolo, ma mi è venuto in mente e mi sono detto: non posso non metterlo...non posso...xD Lo sgabuzzino è molto gettonato, e devo dire che il fatto che è stato monopolizzato da Leon e Violetta mi rende felice (e curioso, molto curioso...). Insomma che ve ne pare di questo capitolo? Tra parentesi stanotte ho fatto un sogno su quei due che hanno deciso di non farmi nemmeno dormire, ci devo scrivere una flash, ho deciso *non sa dove trovare il tempo*, e quando avrò il coraggio di pubblicarla, vi farò sapere xD Buona lettura a tutti e alla prossima :D :D

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Capitolo 37
*** Il magico potere del vischio ***


Capitolo 37
Il magico potere del vischio

Natale ormai era alle porte, e quello era l’ultimo giorno di lezioni allo Studio 21. Francesca si aggirava per i corridoi felice: si sentiva odore di vacanze nell’aria e tutto ciò la metteva di buon umore. Incontrò Violetta che aveva appena messo un pacchetto nel suo armadietto. “Cosa mi nascondi?” chiese facendo capolino da dietro e facendo prendere un colpo all’amica. “Ah, sei te!” esclamò Violetta, voltandosi e tirando un sospiro di sollievo. “E’ il mio regalo per Leon” disse lei, arrossendo leggermente. Francesca si sentì sciogliere: erano davvero una coppia bellissima. Chissà se Stefan avrebbe fatto qualcosa per lei; da quella famosa sera, l’aveva evitata ogni giorno, chissà perché poi… Poi un ragazzo si avvicinò sorridendo beffardamente; “Diego” disse Violetta, emettendo un lungo respiro esasperato. “Ciao bella” disse lui poggiando il gomito sul suo armadietto. La ragazza lo ignorò, chiuse di botto l’armadietto facendolo sobbalzare e se ne andò, seguita da una Francesca divertita. Diego la guardò sempre più interessato: prima o poi sarebbe stata sua.
“Allora come vanno le cose con Violetta?” chiese Gabriella avvicinandosi pericolosamente a Leon. “Bene, grazie” rispose lui freddo. “Mi fa piacere…” continuò lei, mostrando un sorriso a trentadue denti. In quel momento squillò il cellulare del ragazzo: ‘Leon allora per il nostro appuntamento di oggi? Violetta’. Leon lesse il messaggio sorridendo per poi inviare la risposta: ‘Ci vediamo alla piazza di fronte al centro commerciale. Ti porterò in un posto speciale. Leon’. Fece un grosso respiro e premette il pulsante ‘invio’: ecco, era andata, ora doveva solo finire i preparativi. “Leon!” esclamò Andrea entrando col fiatone. “Ti prego aiutami. Andres si è chiuso nello sgabuzzino solo perché ho detto che in giro non c’era anima viva; adesso pensa di vedere le persone morte” continuò il ragazzo, supplicandolo di aiutarlo. Leon annuì comprensivo: non era facile avere a che fare con Andrea, lui aveva una certa esperienza in quel senso. Non appena i due furono usciti dall’aula di danza, Gabriella afferrò il cellulare per mandare un secondo messaggio e rovinare il loro appuntamento: ‘Cambio di programma. Ci vediamo al Museo di Scienze Naturali. Leon’. Adesso aveva solo bisogno di distrarre Violetta, mentre lei molto casualmente si sarebbe trovata alla stessa piazza di Leon. Adocchiò Diego e si avvicinò di corsa dicendogli qualcosa all’orecchio. Lui la ascoltò attento, poi annuì con un certo sorrisetto malefico. Perfetto, il piano era pronto per essere messo in atto. Da dietro un angolo, Arianna aveva prestato attenzione ad ogni movimento dei due. Sapeva che oggi Leon avrebbe dovuto avere un appuntamento con Violetta, e non voleva che rovinassero tutto…decise che sarebbe stata attenta ad ogni loro minimo movimento.
Francesca era molto nervosa e non vedeva l’ora che le lezioni fossero finite perché aveva ricevuto un biglietto di Stefan che le dava un appuntamento al palazzetto sportivo con la pista per pattinare sul ghiaccio, quella dove erano andati l’ultima volta, o meglio dove erano andati gli altri, visto che lei quello stesso pomeriggio aveva avuto il suo appuntamento con Ferdinando: non poteva ancora credere di essere stata innamorata di quel ragazzo; al solo pensiero le passava il buon umore di quei giorni. Non appena la campanella annunciò la fine di quella mattinata interminabile, prese le sue cose e fece una corsa, ma fuori dallo Studio incontrò l’ultima persona che avrebbe voluto trovarsi di fronte. “Ferdinando, che ci fai qui?” chiese lei, fermandosi di botto. “Ti volevo chiedere perdono per il mio comportamento di quella sera. Ti prego, non riesco a dimenticarti, torniamo insieme” esclamò lui avvicinandosi per baciarla, ma Francesca si scostò. “Non posso Ferdinando, io non ti amo” disse secca, per poi riprendere a correre, lasciandolo lì con il cuore infranto. Correva, ripensando al momento terribile passato. Riuscì a prendere l’autobus appena in tempo, tirò fuori le cuffiette e ascoltò una delle sue canzoni preferite: Tienes Todo. Si, quella canzone l’aveva scritta Thomas, ma per lei era importante perché rappresentava il fortissimo legame che si era venuto a creare con Stefan. Si incantò a tal punto da rischiare di perdere la fermata; per fortuna se ne accorse in tempo e scese, rischiando di inciampare e andando a finire addosso a un ragazzo. “Ti stavo aspettando” sussurrò con un filo di voce Stefan. Francesca alzò lo sguardo e sorrise, poi gli prese la mano e si lasciò guidare fino all’ingresso del palazzetto. “Stefan, mi spiace deluderti, ma questo è il giorno di chiusura” disse la ragazza, mordendosi il labbro, preoccupata che Stefan avesse fatto male i calcoli. “Lo so” disse sorridendo. Bussò piano e venne un addetto ad aprirgli, poi voltandosi verso di lei e notando la confusione sul suo volto le disse: “Un amico di mio padre lavora qui, e sono riuscito a convincerlo a farci avere la pista di ghiaccio a nostra disposizione, pronta per l’utilizzo. Volevo farti questa sorpresa visto che l’altra volta non eri potuta venire”. Francesca sorrise, mentre nella sua testa un pensiero persistente si faceva largo: cosa aspettava a darle un bacio? Forse non era innamorato quanto le era lei, eppure quella sorpresa sembrava dimostrare tutto il contrario. I due entrarono, si misero i pattini ed entrarono nella pista. Si divertirono come matti fino a quando Francesca non scivolò e fece finta di perdere i sensi. Stefan, non vedendola rialzare, si preoccupò e si avvicinò inginocchiandosi, urlando più volte il suo nome. Francesca riaprì gli occhi di scatto, scoppiando in una sonora risata. “Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò il ragazzo, ancora molto vicino al suo viso, guardandola incantato. “Ah, ho un regalo per te. Forse non è molto, però…” cominciò a dire lui, un po’ emozionato, cominciando a trafficare nelle tasche dei jeans. Tirò fuori un ramoscello di vischio, e lo mise sopra le loro teste, poi si avvicinò sempre di più fino ad azzerare le distanze. Francesca, presa da quel bacio tanto desiderato, portò le braccia intorno al suo collo, rispondendo con sempre più passione fino a quando i due non si trovarono stesi sul ghiaccio, Stefan sopra e lei sotto. La ragazza pensò che si dovesse trattare di un sogno, perché non poteva essere tutto così bello, tutto così perfetto.
Violetta rientrò dentro casa per prepararsi per l’appuntamento: era elettrizzata. German non appena sentì la porta chiudersi, prese un cappello da Babbo Natale, se lo mise e si precipitò a fare una sorpresa alla figlia. Si acquattò ad una parete e non appena la vide passare, si catapultò a farle il solletico. “Basta, papà, basta!” strillò Violetta con le lacrime agli occhi: soffriva tantissimo di solletico. Angie non appena arrivò cominciò a sorridere, e si avvicinò con l’intenzione di aiutare  la nipote, ma venne coinvolta inconsapevolmente in quella battaglia all’ultimo solletico. “Ora basta, però! Devo andarmi a preparare!” disse Violetta continuando a ridere. “Per cosa?” chiese German con ancora indosso il buffo berretto rosso. “Ecco...ho un appuntamento con delle amiche per andare al centro commerciale” balbettò lei, tirando fuori la prima scusa che le venisse in mente. “Vuoi che Roberto ti accompagni?” chiese German, premuroso. “Mi accompagna Angie, non ti preoccupare” disse piano Violetta, prendendo la mano di Angie e trascinandola fuori. La donna entrò in macchina seguita da Violetta. “Dove dobbiamo andare?” chiese lei sorridente, mentre era assorta nei suoi pensieri. Ancora pensava alla famosa pagina scomparsa del diario di Maria, ormai era il suo chiodo fisso. “Dove vuoi Angie, tanto non mi stai ascoltando!” esclamò Violetta dopo aver ripetuto tre volte la destinazione indicata. “Si… scusa, che stavi dicendo?” disse l’istitutrice ritornando con i piedi per terra. “Museo di Scienze Naturali” ripetè la ragazza con aria sognante. “Qualcuno ha un appuntamento?” disse Angie con un sorrisetto complice. “Già… Angie, ti posso fare una domanda delicata?” sussurrò Violetta diventando rossissima. La donna annuì: era contenta che la nipote si confidasse in quel modo con lei. “Quando capisci che è il momento giusto?” chiese imbarazzatissima con le orecchie che quasi fumavano. Angie strabuzzò gli occhi e quasi non andò a addosso a una macchina. “Momento giusto per fare cosa?” chiese poi, cercando di riprendersi. “Dai, non hai mica bisogno che te lo spieghi io, hai capito benissimo!” ribatté Violetta, ancora scossa per l’inchiodata improvvisa. “Beh… Non saprei che dire. Non c’è un momento giusto. Quando senti che c’è un’attrazione fisica davvero troppo forte, quando senti il bisogno di sentirti completamente del tuo compagno, allora penso che sia quello il momento adatto” continuò l'istitutrice, molto imbarazzata. Le due rimasero in silenzio, e poi scoppiarono a ridere contemporaneamente. “Sai, vorrei tanto avere mia madre con me per poter parlare di queste cose” disse la ragazza, rabbuiandosi per un secondo. Subito dopo però tornò a sorridere: “Ma ci sei tu, Angie. E io ti sento come una di famiglia. So di poterti confidarti tutto”. L’istitutrice sorrise: forse era quello il momento giusto per dirle la verità, per farle sapere che aveva una zia che le voleva un bene dell’anima. Prese un respiro profondo e si preparò a parlare, ma venne interrotta dalla voce emozionata di Violetta che la avvertiva del fatto che erano arrivati a destinazione. Dopo aver ringraziato Angie e dopo che la macchina si fu accostata, scese tutta felice con nella borsa il pacchetto regalo per Leon. Rimase all’entrata del Museo ad aspettare. Passò un bel po’ di tempo, quando qualcuno da dietro le mise le mani davanti gli occhi. Sicuramente era il suo Leon. Si girò in preda all’emozione, ma il sorriso che l’aveva accompagnata per tutto il tragitto morì in quel preciso istante.
Arianna doveva raggiungere Violetta prima che fosse troppo tardi: prese la sua roba allo Studio e si avviò per andare a prendere la metro: aveva sentito parlare i due del Museo di Scienze Naturali, e voleva vederci chiaro, quindi si sarebbe recata lì. Nel preciso istante in cui mise piede fuori dallo Studio alzò gli occhi e vide che qualcuno le aveva messo un rametto di vischio sopra la testa: era Andres che aveva deciso per scherzo di far baciare Andrea e Arianna. Arianna guardò i due con una certa impazienza: “State scherzando, spero”. Andrea era infuriato con Andres: come si era permesso di fargli quello scherzo? L’avesse fatto con Ludmilla ci sarebbe anche potuto stare, ma Arianna proprio no. Non che non fosse carina, anzi…ma mancava completamente dello stile che contraddistingueva le ragazze di classe, come Ludmilla appunto. “Mi dispiace, ma nessuno scherzo. Sotto il vischio bisogna baciarsi” disse serio Andres. La ragazza sbuffò: non aveva tempo da perdere. Prese Andrea per il collo della maglia e lo avvicinò in un lampo per dargli un bacio, poi si staccò in fretta e fece una corsa per raggiungere il prima possibile la fermata della metro. Andrea rimase con lo sguardo perso nel vuoto e poi cadde per terra semi svenuto per le troppe emozioni. “Bacia così male?” chiese l’amico, sorreggendolo preoccupato.
“Che ci fai qui?” chiese Violetta, vedendosi comparire davanti Diego. “Passavo di qui per caso. Stai aspettando qualcuno?” chiese il ragazzo con un sorrisetto. Sapeva benissimo che stava aspettando Leon, ma non doveva darlo a vedere. Tanto avrebbe aspettato invano, perché in quell’esatto momento Leon la stava aspettando alla piazza di fronte al centro commerciale. Violetta annuì in silenzio, voltandosi dall’altra parte con l’intenzione di ignorarlo. “Gli hai detto già che ci stavamo per baciare?” chiese Diego, facendosi un po’ troppo insistente. “Tu hai provato a baciarmi e io ti ho dato una botta con la stampella sulla gamba. Non mi sembra ci sia molto da dire o spiegare” ribatté lei sempre più arrabbiata; non voleva scatenare la gelosia di Leon, raccontandogli quella scena che aveva deciso di rivelare solo a Francesca. Prese il cellulare con l’intenzione di chiamare il suo ragazzo, ma Diego, intuendo cosa stesse per fare, le afferrò il braccio, facendolo cadere, e la attirò a sé. Erano vicinissimi e, senza sapere perché, Violetta si sentì a disagio e in imbarazzo. “Mi lasci?” chiese lei incantandosi per un secondo a guardare i suoi occhi, che sembravano volerla sfidare. “Solo se lo vuoi davvero…” disse lui piano, facendosi più vicino. Non sapeva che fare, ma in quel momento non riusciva a muoversi. Era sbagliato, non voleva tradire Leon, però le distanze tra loro si stavano accorciando...
Angie tornò a casa in fretta, ancora con il rimpianto di non aver detto tutto alla sua nipotina; infilò le chiavi nella toppa e le girò con forza. Era davvero nervosa per quella situazione… E in più non era riuscita a scoprire niente di nuovo sul segreto di Maria. “Tutto bene, Angie?” chiese German entrando in salotto, resosi conto del suo umore pessimo. “No, tutto male” rispose l’istitutrice esasperata. “Se vuole può raccontarmi tutto” disse lui sedendosi vicino a lei sul divano e guardandola con apprensione. Da qualche tempo sentiva di provare qualcosa per Angie, e vederla soffrire lo faceva stare molto male. Se solo domani non si fosse dovuto fidanzare, se solo Jade non fosse mai esistita, non fosse mai entrata nella sua vita, forse avrebbe potuto stare con lei, perché dal suo sguardo capiva quanto anche lei sentisse qualcosa di profondo nei suo confronti, ma lo reprimeva un po’ forse per paura, visto che si trattava del suo datore di lavoro e per di più era già impegnato, un po’ per ragioni a lui ignote che non riusciva a comprendere. “Non è nulla di importante, non si preoccupi” disse lei d’un tratto. Decise di cogliere l’occasione: finalmente erano da soli e a casa non c’era nessuno. “Non le è mai capitato di sentirsi tradito da una persona per cui nutriva la massima fiducia?” chiese lei, sperando in questo modo di saperne qualcosa di più sulla storia di Maria in modo indiretto. Quelle parole toccarono German in modo inaspettato; da felice si fece subito cupo e i suoi occhi erano ridotti a fessure. Angie ebbe quasi paura della reazione di quell’uomo tanto controllato, non sapeva che fare, si pentì quasi immediatamente di quelle parole che le erano uscite tanto ingenuamente. “Si…sfortunatamente si. E non è un’esperienza piacevole: il mondo smette di girare, meglio il tuo mondo. Già perché tutto il resto scorre normalmente, come se non fosse successo niente. Ma a volte bisogna trovare il coraggio e la forza di perdonare. Bisogna farlo se si ama davvero una persona, o no?” disse lui quasi in un sussurro, con le immagini di quel momento doloroso che ancora scorrevano davanti ai suoi occhi:
‘German fece avanti e indietro per la stanza da letto, senza sapere cosa fare. Erano giorni ormai che lui e la moglie non si parlavano più, o meglio era lui che non le rivolgeva proprio parola. Non poteva farcela: ogni volta che la vedeva si sentiva male, sentiva un dolore fortissimo che dal petto raggiungeva anche la sua testa. Non ci vedeva dalla rabbia in quei giorni. La porta si aprì lentamente ed entrò Maria, con lo sguardo basso e le braccia lungo i fianchi, inerti, senza vita. “Possiamo parlare?” chiese con una voce tremante. German finalmente riuscì a guardarla negli occhi e notò che nonostante fossero arrossati dal pianto, erano ancora gli stessi occhi che l’avevano fatto innamorare tanto. Non riusciva ad essere arrabbiato con lei, era arrabbiato più con se stesso. Non poteva fare a meno di pensare che tutto quello che era successo dovesse essere tutta colpa sua. Non poteva esserci altra spiegazione. Si sedette ai piedi del letto, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il viso tra le mani; delle lacrime cominciarono a scendere piano. Maria si sedette vicino a lui e gli rimase vicino appoggiando la mano sulla sua spalla, cominciando a piangere anche lei. Non si dissero nulla, piansero e basta. Ma l’amore non aveva bisogno di parole e loro due avrebbero superato anche quell’ostacolo che si era presentato davanti a loro; per quanto potesse sembrare insormontabile, lo avrebbero superato.’
“German! German! Non si sente bene?” chiese Angie. L’uomo aveva gli occhi lucidi, e delle lacrime stavano cominciando a scendere. Si odiò per quello che aveva detto: che diritto aveva lei di intromettersi in quel modo nella vita delle persone? Che diritto aveva di riportare alla mente ricordi dolorosi in quel modo tanto inaspettato? Era stata una sciocca, una bambina egoista che con la sua curiosità aveva deciso di ottenere ciò che più desiderava, senza preoccuparsi di ferire la sensibilità degli altri. Senza dire nulla fece per alzarsi e andarsi a ritirare in camera, ma si sentì tenere la mano. German la guardava con un misto di tristezza e malinconia: “La prego non se ne vada”. Angie rimase sorpresa da quel gesto così disperato, che non si addiceva alla personalità dell’uomo. Annuì piano e poi si risedette, tenendogli la mano e lasciandolo sfogare. Quando si staccarono German non riuscì a resistere e, lasciandosi trasportare dal momento, la baciò dolcemente. 


NOTA AUTORE: Ok, questo capitolo fa schifo(?)...ok, non lo so, in realtà in parte mi piace, ma sono confuso xD Alloooora ripercorriamo....nooo, stanno rovinando l'appuntamento di Leon e Violetta *piange*. La scena FranxStefan è dolcissima *-* *si scioglie*. E poi il finale mi piace molto, davvero molto. A parte tutto, a parte la storia di Maria, che si fa sempre più misteriosa e che porterà un sacco di sconvolgimenti nella storia (siamo ancora un pò lontani dalla fine ma ci avviciniamo *piange*), mi è sembrato giusto sottolineare l'importanza del sentimento d'amore tra German e Maria (e che cavolo comunque si sono amati, e nel telefilm l'avessero accennato mezza volta, giusto alla festa di Violetta ne hanno parlato...). Poi il finale GermanxAngie è stato così....non commento sennò mi sento male, sul serio. Sono frustrato in questo periodo: ho troppe idee per questo fandom; ho un'idea per due/tre ff (di cui una crossover), per una OS crossover con Kingdom Hearts, più varie flash che mi vengono in mente su alcune pairing... e mi odio perchè non ho tempo per scrivere...penso che quest'estate mi chiuderò al computer. Perdonate questo piccolo sfogo nella nota autore. Buona lettura a tutti (e grazie a chi mi segue con tutto il cuore *-*) e alla prossima!!!
P.S: sto rotolando per il bacio di Andrea e Arianna e per il suo conseguente svenimento (lo so, non fa ridere, ma nella mia mente è una cosa esilarante LOL)

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Capitolo 38
*** Love and Christmas ***


Capitolo 38
Love and Christmas

PREMESSA: ho cambiato il rating, non tanto per questo capitolo, quanto perchè più avanti insomma...credo che...vabbè sono sempre in tempo a ricambiarlo xD Comunque...avviso ai lettori: se siete deboli di cuore e non riuscite a reggere troppa Leonettosità, rinunciate a questo capitolo, ve lo dice l'autore che è crepato quando ha riletto il capitolo xD

Angie si separò un po’ a malincuore, mentre dentro di lei si agitava un vero e proprio tormento interiore. Le sembrava di tradire Maria e non voleva; era tutto sbagliato ed era nato dal fatto che non aveva voluto dire la verità. “Domani si fidanzerà ufficialmente, signor German” gli fece notare, per evidenziare la sciocchezza e la follia di quel gesto. German annuì in silenzio; si era lasciato andare…lui amava Jade. E domani si sarebbe fidanzato. E l’avrebbe sposata. Si trascinò in camera, completamente distrutto per il dolore provocato da quel passato che riemergeva quando meno se l’aspettava. Aprì il cassetto del suo comodino e tirò fuori una vecchia pagina ingiallita; si sedette sul letto rileggendo quelle parole e delle lacrime scesero giù di nuovo…ma voleva farsi del male e rilesse tutto più volte, fino a quando non si mise stremato sul letto e chiuse gli occhi.
Si stava avvicinando all’altare. Vide lo strascico bianco del vestito della sua futura sposa; a sinistra si voltò e notò la felicità sul viso di sua figlia, Violetta. Roberto e Olga erano in lacrime e si abbracciavano felici. German si chiese che fine avesse fatto la regola dello spazio vitale del suo amico, ma poi si rese conto di essere quasi arrivato; era così contento ed emozionato: si fermò al suo lato e cominciò la cerimonia. Con la coda nell’occhio diede un fugace sguardo per ammirare la donna che di lì a breve sarebbe diventata sua moglie: occhi azzurri profondi e pieni di gioia, sorriso fantastico e un viso perfetta. Era Angie, la sua Angie…
German si svegliò di colpo sudatissimo. Questo sogno era la prova del fatto che stava mentendo a se stesso perché non amava Jade, ma provava un forte sentimento per Angie e non riusciva a ignorarlo. Angie rimase nel salotto camminando avanti e indietro con il cellulare in mano; voleva confidarsi con qualcuno per quello che era successo. Cristobal non le sembrava il tipo adatto, poi di colpo le venne in mente: Pablo, il suo migliore amico. Compose il numero e aspettò che l’amico rispondesse. “Pronto?” disse una voce dall’altra parte. “Pablo, sono Angie, ho bisogno di parlarti. E’ successa una cosa terribile. Dove ci possiamo incontrare?” disse lei ancora mezza sconvolta. Pablo le propose di vedersi al Resto Band tra qualche minuto, quindi uscì di corsa da casa.
Una voce interruppe il momento: “Che sta succedendo qui?”. Violetta allontanò di colpo Diego, mentre Arianna la guardava con un misto di sorpresa e delusione. “Mio fratello ti invita ad un appuntamento romantico e tu ne approfitti per baciare un altro?” chiese la ragazza esterrefatta. “Non è come sembra…” spiegò Violetta, ma Arianna le prese il braccio e l’allontanò, poi guardando male Diego disse: “E non credere di essertela scampata…ho solo molta fretta, ma sappi che non andrà a finire come vuoi te”. Diego sostenne il suo sguardo di sfida: era quasi fatta, stava per baciarla. Allo stesso tempo pensò che comunque Violetta non si era ritratta e questo doveva pur voler dire qualcosa; le salutò allegramente con una punta di presunzione mentre le vedeva allontanarsi alla fermata della metro. “Comunque io stavo aspettando Leon. Mi aveva dato appuntamento qui, ma ancora non si è presentato” esclamò Violetta dentro la metro, ritirando fuori il discorso e cercando di giustificarsi. “Leon ti sta aspettando alla piazza di fronte al centro commerciale, il vero luogo dell’appuntamento. Diciamo che qualcuno ti ha voluto fare uno scherzo. Ma con me non se la passerà liscia” disse Arianna, continuando però a guardarla male. “Ti posso assicurare che amo solo Leon, e quello che hai visto…Insomma non l’avrei mai baciato!”  esclamò Violetta. Quindi Leon la stava aspettando; arrossì al pensiero: era così dolce e non si meritava una ragazza come lei, così presa dalle sue insicurezze. Arianna, che sembrò intuire i suoi pensieri, le passò una mano sulla spalla, sostenendola con lo sguardo: “Mi fido di te, Violetta, e finalmente dopo tanto tempo vedo mio fratello felice come non l’avevo mai visto. Voglio che tutto funzioni tra di voi, e vi proteggerò per quanto mi sarà possibile”. Violetta stava per scoppiare a piangere: quella ragazza era dolcissima e amava suo fratello più di chiunque altro; inoltre aveva qualcosa che mancava a tutti in quel periodo. Aveva fiducia; semplicemente credeva nell’amore che li legava, più di quanto potessero farlo loro. Finalmente arrivarono alla fermata, poi fecero una corsa per arrivare alla piazza, ma quando giunsero…
Angie si sedette a un tavolo del Resto Band e ordinò un frullato ai frutti di bosco. Ripensò a tutto quello che era successo quel giorno e al bacio con German. Era stato un evento così inaspettato. “Eccomi” disse Pablo, sedendosi di fronte a lei e accorgendosi che l’amica era completamente su un altro pianeta. “Angie…Angie!” ripeté più volte per farla ritornare alla realtà. “Scusa, Pablo, hai ragione, stavo pensando a tutto quello che mi sta succedendo” si scusò Angie. Senza tanti convenevoli raccontò tutto all’amico: dalla misteriosa pagina del diario di Maria, al bacio di German, che diede parecchio fastidio a Pablo. “Ti ho già detto come la penso. Dovresti deciderti a dire tutta la verità definitivamente” disse l’amico sospirando. “Hai ragione. Devo dirglielo…insomma che ci vuole a dire: Violetta sono tua zia?” sussurrò lei agitatissima, sfregandosi le mani. Un vassoio cadde, mandando in frantumi tutti i bicchieri che c’erano sopra. La faccia di Maria sconvolta a due passi da loro gli fece intuire che aveva ascoltato proprio l’ultima frase. “Io…volevo dare una mano a Luca” spiegò Maria chinandosi a raccogliere il vassoio con i frammenti di vetro sparsi in giro. Angie si alzò terrorizzata e la trascinò in disparte per supplicarla: “Ti prego, non dirlo a nessuno”. Maria la guardò un po’ stranita e poi annuì piano: “Perché? Perché farle del male in quel modo? Violetta ha diritto di sapere la verità. Chiunque merita di sapere che ha una zia che le vuole bene”. “E’ più complicato del previsto” sussurrò Angie, abbassando lo sguardo. Forse meritava delle spiegazioni; si, era il minimo, visto che aveva promesso di mantenere il segreto. Pablo ricevette un messaggio da parte di Marta, quindi si alzò e andò incontro all'amica per salutarla. “Ora devo andare, Angie. Ci vediamo domani allo Studio. Marta mi sta aspettando” disse lui allegro, dandole un bacio sulla guancia. Un sorrisetto complice apparve sul volto dell’insegnante di canto: “Ah, beh, certo…se ti chiama Marta”. I due scoppiarono a ridere; “Che ci posso fare…faccio quest’effetto alle donne” disse Pablo, scherzando.
“Cosa ci fa quella lì?” chiese Violetta furibonda, con uno sguardo assassino, indicando Gabriella che civettava apertamente con Leon. Il ragazzo, che indossava un jeans e una camicia elegante, e con un mazzo di fiori in mano, annuiva alle parole di Gabriella senza interesse, controllando ogni cinque minuti l’ora. Violetta fece per andare lì con l’intenzione di eliminare fisicamente quella rovina-appuntamenti, ma Arianna la fermò un po’ sorpresa. “Nonostante in questo momento provi un certo timore e rispetto nei tuoi confronti, direi che non è il caso di rovinarsi così l’appuntamento; ci penso io. E poi non è carino dare spettacolo davanti a tutti con spargimenti di sangue non necessari” esclamò l’amica facendole l’occhiolino. Le due spuntarono fuori da un cespuglio lì vicino e con molta tranquillità si diressero da Leon. Il ragazzo non appena vide Violetta si sciolse in un sorriso meraviglioso: aveva temuto che non si sarebbe presentata. Gabriella rimase di sasso: come aveva fatto quella lì ad arrivare? A quest’ora doveva trovarsi al Museo di Scienze Naturali tra le braccia di Diego; lanciò uno sguardo carico di odio ad Arianna, che aveva sul viso un’espressione trionfante. “Non sarà il caso di lasciarli da soli? Buon appuntamento” esclamò poi la sorella di Leon, prendendo il braccio di Gabriella e trascinandola via. “La prossima volta che provi a metterti in mezzo, ti spezzo le ossa una ad una. Ho già avuto a che fare con Ludmilla e tu sei solo una brutta copia” sussurrò poi con un tono di minaccia a Gabriella, la quale si scostò furibonda e se ne andò meditando vendetta. Arianna si mise seduta su una panchina osservando la coppia che si teneva dolcemente per mano e si guardava con uno scintillio negli occhi che solo l’amore poteva dare. “Farò di tutto per fare in modo che sia felice, fratellone” disse lei per poi ammirare il cielo che stava diventando di un rosso intenso per il tramonto.
Senza anticiparle nulla, la condusse all’interno di un palazzo là vicino. All’interno dell’ascensore Violetta non poté fare a meno di esternare la sua profonda curiosità. “E’ una sorpresa” disse Leon, incrociando gli indici davanti alle labbra per farle capire che non le avrebbe rivelato nulla. La ragazza sorrise e lo fece arretrare fino alla parete con uno sguardo malizioso, quindi si avvicinò all’orecchio per morderglielo con una certa lussuria: “Ne sei proprio sicuro?”. L’aveva solo sussurrato al suo orecchio, facendolo rabbrividire. Si avvicinò alle sue labbra, sfiorandole leggermente. “Sei scorretta” disse lui, ancora tremante; l’ascensore si fermò lentamente, e le porte si aprirono mostrando una signora anziana che teneva al guinzaglio un piccolo cagnolino. La signora li guardò sorridente: “Che bella coppia giovane! Anche io ai miei tempi non riuscivo a trattenermi…”.“Siamo arrivati” disse Leon, diventando rosso come un peperone e accompagnando Violetta fuori. Quando furono nel pianerottolo, il ragazzo le chiese di aspettarlo mentre finiva gli ultimi preparativi. Tirò fuori dalle tasche una piccola chiave di bronzo, ed entrò nell’appartamento 9, impedendolae di sbirciare. Passarono dieci minuti e Violetta si stava stancando a forza di fissare la porta, aspettando che si aprisse. Perdendo completamente la pazienza si accinse a bussare, ma proprio quando stava col pugno alzato, finalmente Leon aprì e la condusse all’interno con un sorriso un po’ imbarazzato. L’appartamento era al buio, ma lungo l’ingresso una scia di candele illuminava debolmente l’ambiente creando un gioco di luci e ombre. “Questo appartamento è della mia famiglia, e gli ho chiesto di cedermelo solo per stasera” spiegò lui, passandosi una mano tra i capelli. Facendola avanzare la portò in un piccolo salottino, dove al centro si trovava una tavola apparecchiata per due; anche il salotto era cosparso di candele accese. Leon posò i fiori con cui si era presentato all'appuntamento nel vaso, come se fosse un centrotavola, poi si voltò per osservare la sua reazione. Il suo primo pensiero fu quello di averla delusa: sicuramente l’avrebbe ritenuta una cosa squallida e priva di romanticismo; la guardò ancora in cerca di un qualsiasi segno di approvazione. Violetta era rimasta senza parole: era la cosa più bella che potesse fare per lei. “Leon…è bellissimo, sono senza parole” sussurrò Violetta, con le lacrime agli occhi e la voce che tradiva una fortissima emozione. Leon fu al settimo cielo: vide nelle sue pupille riflessi i bagliori delle candele, poi poggiò le labbra sulle sue per dare inizio a un bacio ricco di amore. Dopo qualche minuto si allontanò al tavolo dove prese un piccolo pacchetto. “Questo è per te” disse sorridendo. Violetta scartò la carta che avvolgeva una scatolina nera, curiosa come una bambina, poi portò una mano alla bocca, meravigliata. “Non ti piace?” chiese Leon agitatissimo. La ragazza portò in alto il regalo per poterlo ammirare meglio: era una collana con un meraviglioso cerchio argentato al cui interno era incastonata una nota musicale. Ai lati del cerchio c’erano una L e una V. “Forse lo trovi stupido? O magari non ti piacciono le iniziali?” ipotizzò lui, non ottenendo alcuna risposta. Violetta lo abbracciò di scatto, rischiando di farlo cadere. “E’ un regalo bellissimo e io…io…” cercò di dire, ma si bloccò; Leon le aveva fatto un regalo fantastico e lei invece aveva pensato a una stupida sciarpa. Che figura ci avrebbe fatto? Cercò di nascondere il più possibile la borsa, ma il ragazzo notò la sua agitazione. “Qualcosa non va?” chiese, tenendole la mano teneramente. “No, figurati…” sussurrò lei, abbassando lo sguardo. Leon le prese il mento con due dita e lo sollevò per far incrociare i loro sguardi. Il verde dei suoi occhi la tranquillizzò subito, quindi tirò fuori un pacchetto bianco dalla borsa con mano tremante e glielo porse. Il ragazzo la guardò sorridendo e piacevolmente sorpreso: “Per me?”. Violetta annuì, arrossendo, perdendosi nei suoi occhi meravigliati. Leon scartò piano il regalo e si ritrovò tra le mani una sciarpa verde piegata con cura. “Lo so che non è al livello del tuo regalo, però l’ho fatta con le mie mani, grazie agli insegnamenti di Olga. Volevo solo che avessi qualcosa fatto da me” si affrettò a dire lei subito, implorando perdono con lo sguardo. “E’ il regalo più bello che qualcuno mi potesse fare. Lo terrò come un tesoro” disse Leon, appoggiando la sciarpa sulla sedia e baciandola teneramente. Poi guidandola alla sua sedia, le fece prendere posto per andare a prendere la cena riscaldata. Dopo che i due ebbero gustato le pietanze senza smettere di guardarsi e sorridendo, Leon si alzò per dirigersi allo stereo, facendo partire una musica. “Le va di ballare?” chiese Leon facendo un profondo inchino e porgendole la mano. Violetta scoppiò in una risata: “Ma certo, mio principe”. Iniziarono a ballare lentamente, stringendosi l’uno all’altro, mentre partì una voce fin troppo familiare:

por tu amor yo renaci eres todo para mi
hace frio y no te tengo y el cielo se ha vuelto gris
puedo passar mil años soñando que vienes a mi
porque esta vida no es vida sin ti

Te esperare por que a vivir tu me ensenaste
Te seguire por que mi mundo quiero darte
Hasta que vuelvas Te esperare
Y hare lo que ser por volverte a ver

quiero entrar en tu silencio y el tiempo detener
navegar entre tus besos y junto a ti crecer
puedo pasar mil años soñando que vienes a mi
porque seta vida es vida sin ti

Te esperare por que a vivir tu me ensenaste
Te seguire por que mi mundo quiero darte
Hasta que vuelvas Te esperare
Y hare lo que ser por volverte a ver
te esperare anque la espera sea un invierno
te seguire anque el camino sea eterno
mi corazon no te piede olvidar
y hare lo que sea por volverte a amar

y hare lo que sea por volverte a amar

“Questa musica è bellissima, non mi dire che…” cominciò a dire Violetta, ma venne zittita da un altro bacio. “Si l’ho composta per te” sussurrò Leon, staccandosi per poi cominciare a baciarle la guancia sinistra, scendendo sempre più giù fino al collo. “Leon…” gemette lei: il collo era il suo punto debole e il ragazzo lo sapeva bene. Continuando a baciarsi finirono nella camera da letto, dove si trovava un letto matrimoniale con delle belle coperte bianche candide. Violetta però si riscosse subito, diede un’occhiata e le si gelò il sangue: “Ma è tardissimo, mio padre mi ucciderà”. Era nel panico più totale e Leon…rideva?! “Giusto, mi sono dimenticato di dirtelo. Angie ci regge il gioco: stasera stai dormendo da Francesca” disse Leon accarezzandole la guancia. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, aveva avuto un vero e proprio infarto; gliel’avrebbe fatta pagare. Non appena Leon chiuse gli occhi per baciarla, prese un cuscino su una poltroncina addossata vicino a loro, e lo colpì in pieno. Il ragazzo aprì gli occhi di scatto con tutti i capelli arruffati: “Questa me la paghi”. Cominciarono a rincorrersi per la stanza come due bambini, quando finirono per rotolare sul letto. Violetta si ritrovò sopra di lui, bloccandogli con le mani le braccia. “E ora che vuoi fare?” chiese Leon con un sorrisetto avvicinandosi alle sue labbra. Si baciarono con passione, mentre lei liberò la presa e le mani di Leon furono libere di percorrere il suo corpo, portando su i lembi della sua maglietta e sfiorando la sua pelle creandole mille brividi. Violetta perse il controllo: frettolosamente gli sbottonò la camicia, poggiando le mani sul suo petto caldo. Leon si alzò lentamente continuando ad assaporare la bocca della sua Violetta, per sfilarsi la camicia e rimanere completamente a torso nudo. Poi le tolse la maglietta e le baciò le spalle, lasciando intuire un fortissimo desiderio. I due continuarono ad esplorare ciascuno il corpo dell’altro, facendo aumentare ogni minuto che passava il desiderio di fare l’amore. Violetta si separò per slacciargli i pantaloni e se ne sbarazzò in fretta, fino a sfiorare con la mano i suoi boxeur, avvertendo così l’eccitazione del ragazzo. Si sentiva audace, libera e cosa strana per niente imbarazzata: con Leon sembrava tutto naturale. Le posizioni si invertirono e Leon passò sopra per baciarla ovunque fosse possibile; passò le labbra sul suo reggiseno insistendo un po’ con la lingua in quel punto e facendola impazzire. Le tolse la gonna ed entrambi rimasero in intimo; poggiò la mano sui suoi slip, provocandole un calore inimmaginabile al solo tocco. In quell’istante però sentì che qualcosa non andava: amava Leon e voleva fare l’amore con lui, ma sentiva di non essere pronta, e cominciò a cercare di nascondere la sua agitazione. Il ragazzo alzò lo sguardo e capì che c'era qualcosa che non andava: “Non dobbiamo farlo per forza, se non vuoi”. Quelle parole la sollevarono; “Mi dispiace, Leon non so che mi sia preso. Io voglio sentirmi tua, ma non mi sento pronta”. Il ragazzo le sorrise poi si stese accanto a lei e insieme si misero sotto le coperte. Violetta rimase abbracciata a lui tutta la notte, emozionata al solo pensiero di poter dormire con lui. Si addormentarono poco dopo con i loro corpi quasi completamente nudi a contatto, stretti in un abbraccio pieno d’amore. 

NOTA AUTORE:.............non so cosa dire.....ok, forse la scena non è stata resa molto bene, ma diciamo che ci ho provato, visto che non sono molto bravo a descrivere scene di quel genere... comunque, parliamo un pò del capitolo; forse non lo dovrei fare, perchè come ho detto nella premessa, mi sono semi-sentito male. Comunqueeee, Maria ha scoperto il segreto di Angie: manterrà il segreto?  E nel frattempo se non l'aveste capito, abbiamo scoperto chi ha strappato la pagina dal diario di Maria: si tratta poprio di German! Che ci sarà scritto in quella pagina? Boh xD Ok, no, io lo so, ma mi immedesimo in voi lettori ;) Detto ciò non li commento, non li commento, non li commento... *dondola sulla sedia fissando il vuoto* Beh, ditemi che ne pensate del capitolo: buona lettura!!!
P.S: lo so che Te esperarè l'ha composta Thomas nella serie tv, ma io la preferisco cantata da Leon *-* quindi ecco perchè in questa ff l'ha composta lui
P.P.S: se ci sono errori, chiedo perdono. Ero stanco (anzi lo sono xD) e ho ricontrollato a fatica... non esitate a farmi notare errori e/o frasi scritte malissimo ;)

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Capitolo 39
*** Festa di fidanzamento ricca di sorprese ***


Capitolo 39
Festa di fidanzamento ricca di sorprese

Violetta con gli occhi ancora semi chiusi tastò il materasso alla ricerca di Leon; quando si rese conto di essere sola aprì subito gli occhi di scatto e si mise seduta: come mai il suo ragazzo non era a letto insieme a lei? Forse era rimasto deluso dal fatto che…insomma dal fatto che lei non avesse voluto fare nulla dal punto di vista sessuale. Ora che era in intimo e la luce del giorno illuminava la stanza, tutta l’audacia della sera prima era scomparsa; si vergognava ad essere guardata in quel modo da Leon, quindi si rituffò sotto le coperte. La porta si aprì all’improvviso e un ragazzo con un paio di jeans e una camicia grigia piuttosto elegante entrò con in mano un vassoio. Alla sua vista si rizzò di nuovo in piedi e gli sorrise rincuorata. “Ti ho portato la colazione” disse lui allegramente, avvicinandosi col vassoio; le aveva portato un cappuccino, un succo d’arancia e un cornetto alla crema. Si sedette vicino a lei e le baciò delicatamente la spalla, per poi porgergli la colazione. Ancora un po’ imbarazzata diede un morso al cornetto, ma uno schizzo di crema le cadde sul piattino della tazza. Leon la raccolse con un dito e con un sorrisetto malizioso, la portò alla sua bocca. Violetta a quel gesto divenne scarlatta, ma succhiò con gusto il suo dito. Si guardarono per un po’ con delle occhiate di fuoco e di passione per poi scoppiare entrambi a ridere. Leon era felice: non era mai stato così bene con una ragazza; con Violetta sentiva di poter fare di tutto e di più, anche ciò che gli sembrava impossibile. Lei d’altronde poggiò il vassoio su un comodino e si avvicinò per baciarlo. Passarono cinque minuti e si ritrovarono di nuovo stesi sul letto a baciarsi con passione. Violetta, che stava sopra, prese di nuovo a sbottonargli la camicia e sfiorare con le dita il suo petto, facendo dei piccoli cerchi con l’indice sui suoi capezzoli e regalandogli una forte sensazione di piacere. Ancora una volta Leon stava perdendo quell’autocontrollo che solitamente lo contraddistingueva: solo lei ci riusciva, e questo cosa lo faceva impazzire e gli faceva desiderare ancora di più di fare l’amore con lei, ma avrebbe mantenuto la parola e avrebbe aspettato che lei si fosse sentita pronta. Con una torsione del busto fu lui ad essere sopra di lei; cominciò a lasciarle una scia di baci lungo il braccio fino ad arrivare al collo, dove insistette con dei piccoli morsi leggeri, mentre la mano sfiorava il suo corpo, fino ad arrivare a poggiarsi sul suo seno destro. Violetta chiuse gli occhi, assaporando fino alla fine quelle meravigliose sensazioni che il ragazzo le stava donando, quando d’un tratto sentì il calore del suo corpo svanire d’un tratto. Riaprì di scatto gli occhi e lo vide sorridere seduto sul bordo del letto: “Potrei andare avanti per ore, Violetta. Ma non pensi di stare dimenticando qualcosa?”. Rimase in silenzio: non le sembrava di aver dimenticato nulla; tutto ciò che voleva o di cui aveva bisogno era lì in quella stanza e aveva un meraviglioso paio di occhi verdi. “Non saprei…” si azzardò a dire lei, mordendosi il labbro inferiore per la preoccupazione. “Oggi non devi fare nulla?” chiese lui, cercando di farcela arrivare. Il fidanzamento! Oggi c’era la festa di fidanzamento di Jade e German, e doveva essere a casa per le dieci per poi andare con il padre al luogo del ricevimento, un lussureggiante giardino che si affacciava su un laghetto artificiale con decine di gazebo bianchi e tavoli pieni zeppi di leccornie di ogni tipo. “Ma certo, il fidanzamento di papà! Farò tardi! Che ore sono?” chiese lei in ansia, cominciando a raccattare i suoi vestiti sparsi per la stanza. “Sono le nove e mezza” rispose il ragazzo tranquillo. “No…nove e mezza?! Mi ucciderà, ne sono sicura. Mi chiuderà dentro la mia camera da letto, lasciandomi solo il necessario per sopravvivere. E tu non ridere! Se mi mura viva in casa, non potremo vederci e non penso che la cosa ti faccia piacere” esclamò Violetta infilandosi la gonna, saltellando per la stanza agitata, mentre lanciava un’occhiataccia a Leon notando che stava trattenendo le risate a forza. “Non ti preoccupare, non faremo tardi” disse lui, tirando fuori dalla tasca un mazzo di chiavi scintillanti. “Aspetta, tu hai la macchina e non mi hai detto nulla?” sbottò lei, sorpresa e sollevata allo stesso tempo. “Si, ma non so se mi va di accompagnarti” disse Leon, fingendosi offeso per come era stato trattato. Violetta prima lo guardò accigliata, poi con un sorrisetto si mise sul letto in ginocchio, intrappolando le gambe del ragazzo con le sue. Poi prese il suo viso tra le mani e portò le loro labbra a toccarsi, per dare vita a un bacio lungo e sensuale. Si spostò sulla sua guancia e infine sull’orecchio sinistro, giocandoci un po’ con la lingua e con qualche morsetto. “Ok, questa volta hai vinto” sussurrò lui con il fiato corto. Violetta si scostò con aria trionfante e finì di prepararsi. “Manca qualcosa” disse Leon, facendo passare intorno al suo collo il ciondolo che le aveva regalato e allacciandolo, per poi lasciarle un bacio che la fece rabbrividire. Quando furono in macchina si scambiarono un altro bacio appassionato per poi dirigersi a villa Castillo. La ragazza si fece lasciare all’inizio della strada per non far venire sospetti al padre; “Allora io vado” sussurrò lei aprendo la portiera. “Io…ti volevo solo dire che ieri è stata la serata più bella di tutta la mia vita” disse Leon prendendole la mano. “E’ stato lo stesso per me” ribatté lei, stampandogli un bacio sulla guancia, per poi uscire e spiccare una corsa nel disperato tentativo di arrivare in tempo. Il ragazzo la guardò entrare nel cancello della casa con lo sguardo innamorato, poi ci rifletté bene: era stanco di dover nascondere quella relazione. Improvvisamente gli venne un’idea; doveva solo raggiungere il luogo dove si sarebbe tenuto il fidanzamento di Jade e German, che conosceva grazie a quello che gli aveva raccontato la sua ragazza.
“Che fine ha fatto?” esclamò nervosamente German, facendo avanti e indietro per il salone, con uno smoking molto elegante. “Non ti preoccupare, amore, arriverà sicuramente a momenti” strillò Jade con la sua voce acuta, facendo avanti e indietro insieme a lui, saltellando nel suo abito lungo color pervinca con un ricamo argentato lungo la vita. Non poteva…non poteva quella mocciosa rovinare uno dei giorni più belli della sua vita. Gliel’avrebbe fatta sicuramente pagare se non fosse per la registrazione con cui l’aveva incastrata, in cui ammetteva di aver simulato il furto del ciondolo per far incriminare Angie. Neanche a farlo apposta in quel preciso istante l’istitutrice scese con un semplice abito indaco che arrivava fino alle ginocchia e stringeva un po’ sulla vita, cosa che metteva in risalto il suo fisico esile e aggraziato. German si incantò a contemplare la donna, sotto lo sguardo geloso di Jade, a cui non sfuggì nulla. Si sentì un rumore di chiavi  e tutti si voltarono verso la porta. “Eccomi!” esclamò Violetta col fiatone, irrompendo in fretta e furia con tutti i capelli scompigliati. “Svelta, va a cambiarti, siamo in ritardo. Spero che almeno ti sia divertita dalla tua amica Francesca” la rimproverò lui. “Francesca?” chiese lei un po’ stupita, poi ricordandosi della scusa aggiunse: “Ah, certo, Francesca. Si, è stato molto divertente”. Angie la accompagnò di sopra per farsi raccontare tutti i dettagli dell’appuntamento con Leon. “E’ stato tutto perfetto, lui è stato perfetto, il momento era perfetto, e io sono la solita imbecille” concluse Violetta, dopo avergli confidato il suo momento di insicurezza. “E’ normale, Vilu. Le incertezze fanno parte del nostro essere umani... Ma che abbiamo qui?” disse sorridendo, indicando il ciondolo che portava. “Me l’ha regalato Leon. Non è fantastico?” esclamò la ragazza con gli occhi che brillavano. “Si, è davvero un pensiero molto dolce” sussurrò Angie, al settimo cielo per la felicità della nipote. Violetta indossò un vestitino bianco molto semplice con un fiocco di un colore rosa pallido che le cingeva la vita come se fosse una cinta. Si mise delle ballerine bianche e scese di corsa, subendosi ancora una volta il rimprovero del padre, spalleggiato da Jade. Dopo un’oretta di viaggio in macchina con alla guida Roberto e vicino Olga, passata in assoluto silenzio, finalmente arrivarono alla destinazione. Violetta si mise seduta su una sedia bevendo un bicchiere d’acqua, aspettando che l'orda di ospiti, persone a lei sconosciute, arrivasse; nulla però poteva rovinarle il buon umore: strinse forte la nota musicale del ciondolo e i suoi pensieri subito furono indirizzati a Leon e alla nottata passata insieme. I rumori di macchine sullo sterrato le fece capire che i primi ospiti erano arrivati. Si stampò un sorriso forzato per andare a salutarli quando davanti a lei si ritrovò…
“Bene” sussurrò Ludmilla entrando nello Studio di nascosto con un passamontagna nero: era il momento di attuare il suo piano e vendicarsi di Arianna. Non poteva certo immaginare che qualcuno aveva avuto la sua stessa idea; si aggirò furtiva per il corridoio quando andò a sbattere con le spalle addosso a qualcuno. “Ahia!” sibilò una voce familiare. “Gabriella?!” esclamò Ludmilla voltandosi verso di lei e notando una figura, il cui volto era coperto anche’esso da un passamontagna, però di colore fucsia. “Che ci fai tu qui?” chiese lei sconvolta. “Potrei farti la stessa domanda” rispose l’altra. Entrambe avevano in mano una bomboletta spray; “A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea…” sussurrò Ludmilla, guardandola con una certa soddisfazione. Gabriella annuì leggermente per poi aggiungere: “Anche tu cerchi vendetta contro Arianna?”. “Già…non la sopporto proprio!” esclamò la biondina, stringendo il pugno destro, mentre nella sinistra teneva la bomboletta nera. “Bene, direi allora che potremmo fare una piccola alleanza” esclamò Gabriella togliendosi il passamontagna e porgendole la mano, che venne subito stretta con una certa malignità. “Allora io scriverò sul mio armadietto: ‘Ludmilla, bionda finta dei miei stivali’; e poi faremo incriminare quella rompiscatole. Anche se ora che ci penso…” parlò Ludmilla bloccandosi di colpo, rendendosi conto che mancava una parte importante del suo piano. “Forse ti interessano queste” esclamò Gabriella, facendo sventolare un mazzo di chiavi. La sua nuova alleata sorrise soddisfatta: con quella sorta di passepartout, che probabilmente era riuscita a rubare al bidello, avrebbero potuto aprire l’armadietto della giovane Vargas per metterci dentro le prove contro di lei. Le due si diressero nella stanza degli armadietti, cominciando ad attuare il loro piano, non sapendo che qualcuno stava osservando tutta la scena nell’ombra.
“Maria!” esclamò Violetta, andando incontro alla ragazza, che indossava un vestito di un colore viola pallido. “Violetta” rispose Maria confusa dall’aver trovato una compagna di scuola in quella festa. “Che ci fai qui?” chiese l’amica sbalordita. “I miei sono stati invitati alla festa di fidanzamento di German Castillo e Jade La Fontaine. E tu invece?” chiese Maria, sfoggiando un sorriso dolce. “Io sono la figlia di German” rispose Violetta allegra: almeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare in quel noiosissimo giorno. Ma le sorprese erano destinate a non finire: “Federico! Non mi dire che anche te…”. Infatti un elegantissimo ragazzo italiano fece il suo ingresso nel giardino accompagnato dai genitori: “Anche voi qui?”. “Lei è la figlia di German, il festeggiato” spiegò Maria, contenta di poter passare un po’ di tempo con loro due. Allo Studio non aveva stretto molto amicizia in giro, a causa della sua timidezza passava sempre inosservata. “Insomma come stanno andando le prove?” chiese Federico, avvicinandosi a loro due sotto uno dei gazebo. “Prove di cosa? Violetta tu li conosci già?” chiese German sbucando da dietro all’improvviso. Ecco…ora che si sarebbe inventata? Non ne aveva la più pallida idea. “Ehm…si, li ho già incontrati alla scuola dove prendo lezioni di piano, papà. E per quanto riguarda le prove, stavano parlando del saggio di musica classica, ma non ti preoccupare, io non sono alunna regolare quindi non partecipo” disse Violetta tutto d’un fiato, cercando di essere il più convincente possibile. “Ah, d’accordo. Sono felice che conosci già qualcuno alla festa, così ti divertirai di più. Ora devo andare, la festa di fidanzamento con Angie non può proseguire senza di me” disse lui ridacchiando, accorgendosi solo dopo dell’errore commesso. I tre ragazzi sgranarono gli occhi; “Angie?!” ripeterono all’unisono. “Ho detto Angie? Volevo dire Jade” rispose lui imbarazzato, scappando subito via con la scusa che si era sentito chiamato. Gli ospiti continuarono ad arrivare finché la festa non ebbe ufficialmente inizio. “Violetta, ti devo parlare in privato” esclamò d’un tratto Maria con le mani che tremavano. Era terribile ciò che stava per fare, ma non riusciva a sopportare quel peso. Mantenere un segreto di quella portata non le era affatto possibile; insomma in fondo non stava facendo nulla di male? Chi poteva danneggiare in quel modo? Voleva solo aiutare Violetta a ritrovare sua zia, era così sbagliato? “Cosa succede, Maria?” chiese Violetta preoccupata, dopo che le due si erano allontanate dal resto degli ospiti. “Ecco…io ti devo dire una cosa importante. Riguarda te e tua zia” esclamò Maria, abbassando lo sguardo. Sentiva di stare tradendo la fiducia dell’insegnante di canto, ma voleva andare fino in fondo. “Mia zia? Penso ti stia sbagliando, Maria. Né mia madre né mio padre avevano sorelle” disse Violetta confusa. E certo, perché German non aveva detto niente alla figlia. Era ancora in tempo a rimangiarsi tutto, si forse ce l’avrebbe potuta fare. “Perdonami, mi sono sbagliata” disse velocemente la ragazza per poi scappare via. Violetta era rimasta perplessa: che le era preso? Si era comportata in modo così strano. Con quei pensieri che le martellavano la testa tornò alla festa, ma rischiò di inciampare a causa della sua distrazione. Per fortuna qualcuno la prese al volo: i loro volti furono a un centimetro di distanza e chiunque avrebbe potuto equivocare la situazione; sembrava proprio che lei e Federico si stessero per baciare. “Tutto bene?” chiese l’italiano cingendola con le sue braccia. “Si…grazie, tutto a posto” rispose lei, arrossendo leggermente per quella vicinanza. “Non volevo interrompere nulla, vi chiedo scusa, ora me ne vado”. Una voce la fece riscuotere, una voce fin troppo nota. “Leon, che ci fai qui?” chiese Violetta, staccandosi di colpo e correndo verso di lui. “Aspetta, Leon. Fermati!” strillò la ragazza, correndogli dietro mentre lui si dirigeva  a passo svelto verso l’uscita, al parcheggio. “Ti fermi?” esclamò poi prendendogli il braccio e costringendolo a voltarsi. Leon aveva lo sguardo basso, mentre lei lo guardava con tutto l’amore possibile. “Pensi davvero che potrei farti una cosa del genere?” chiese Violetta, rompendo quel piccolo attimo di silenzio che si era creato. Leon alzò lo sguardo e sentì de essere stato uno sciocco: la gelosia l’aveva accecato facendogli vedere le cose per il verso sbagliato; sicuramente c’era una spiegazione dietro quella scena e non voleva nemmeno conoscerla, perché si fidava della sua ragazza. “Hai ragione, scusa” sussurrò lui, avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia. Violetta sorrise e lo abbracciò forte, poi prendendolo per mano lo portò in un posto appartato nascosto dagli alberi e cominciò a baciarlo con passione. “Dovremmo smettere” disse Leon riprendendo fiato. “Effettivamente hai ragione. Non è prudente, qualcuno ci potrebbe vedere” lo assecondò Violetta con i capelli scompigliati. “Veramente non intendevo per quello. Dicevo di smettere perché altrimenti potrei perdere il controllo” precisò lui per poi scoppiare a ridere. Violetta rimase in silenzio e arrossì; Leon riusciva sempre a metterla in confusione e farla imbarazzare. Si avvicinò al suo orecchio per sussurrargli: “La prossima volta non ci sarà bisogni che cerchi di esercitare il tuo autocontrollo, te lo prometto”. Quelle parole sussurrate in modo così sensuale lo eccitarono parecchio, quindi le diede un baciò sulla guancia e le disse a voce bassa: “Perfetto, non vedo l’ora”. I due si fissarono per qualche minuti sorridendo, poi assestandosi i vestiti, un po’ sgualciti per l’eccessiva passione messa in quei baci, si avviarono alla festa tenendosi per mano . German stava facendo il giro per salutare tutti gli invitati, ripensando a quello che gli era scappato di fronte a Violetta. Per quanto cercasse di nasconderlo il suo subconscio gridava ad alta voce il suo amore per Angie, e non poteva farci nulla, non era in grado di non ascoltarlo. Stava parlando con un suo socio in affari, ma non ascoltava quasi nulla della conversazione, con lo sguardo cercava Angie, e la trovò mentre parlava tranquillamente con i genitori di Federico, come se li conoscesse già. Come faceva a conoscerli? Non ne aveva idea, ma in quel momento non gli interessava. Una cosa però attirò la sua attenzione: Leon. Si chiese come mai il ragazzo fosse venuto alla festa nonostante l’assenza dei genitori. E poi…e poi…stava tenendo la mano di sua figlia! “Mi scusi un secondo…” esclamò German, facendo crescere l’ira dentro di sé, pronto per fare una sfuriata di fronte a tutti. Già si pregustava l’immagine: una combattimento con due spade come nell’antica Roma, lui che afferrava il ragazzo per i capelli e lo trafiggeva di fronte agli occhi esterrefatti della figlia sugli spalti. “Leon, che piacere! Non sapevo saresti venuto, mi hai reso molto felice” esclamò German dissimulando la sua furia paterna con un sorriso accogliente. “Piacere, German. Si, alla fine ho deciso di venire lo stesso, perché io sono…” cominciò a dire lui, bloccato però da Violetta: “Perché è un appassionato di feste di fidanzamento”. “Ma davvero? Una passione davvero molto strana. Di certo con la tua ragazza sarai molto romantico allora. Perché sei fidanzato, vero?” disse il padre, continuando a fissare il giovane. “Si…è appunto per questo che sono qui. Forse è il caso che mi presenti in vesti ufficiali. Piacere, io sono Leon, il ragazzo di…”. Violetta sgranò gli occhi: non poteva fargli questo, l’avrebbe condannata all’eterna infelicità; il padre l’avrebbe sicuramente mandata in collegio. E il bello è che non riusciva a odiare Leon per questo, perché era stato davvero coraggioso a venire fin lì e ad affrontare il padre, lo stava affrontando in nome dell’amore che sentiva per lei e questo la lusingava. Ma…non poteva permettergli di dire la verità in quel modo e in quel momento. 

NOTA AUTORE: alloooora eccomi dopo un secolo *si presenta con la barba bianca*, ma diciamo che ho avuto numerosi impegni (di studio, tanto per cambiare...). Allora parliamo di questo capitolo: non parlo dell'inizio perchè non mi voglio male...ma sti cavoli, tanto è un secolo che non sclero per loro, mi devo riprendere xD Oddio che belli *-* sono così...così... *sviene* e poi cioè sono fantastici e muoio felice xD La colazione a letto e il passaggio in macchina (contrattato giustamente xD) mi hanno ucciso, quindi boh niente, volevo dire solo questo. ahahahahah Violetta che dice: il momento era perfetto e io sono un imbecille. In quel momento l'avrei quasi abbracciata. Sante parole, ragazza mia xD Ludmilla e Gabriella: tanto odio profondo; non mi dovete toccare Arianna, mai e dico mai. Chi sarà la figura misteriosa che ha visto tutto? Speriamo sia qualcuno a favore di Arianna ç.ç Allora lo so che in questa ff non mi sono filato molto Maria (diciamo pure per niente), ma in questa seconda parte come  potete notare sta avendo un ruolo più incisivo. E niente...ha cominciato a mettere i primi dubbi a Violetta, ma non è riuscita a dirgli tutto... e quindi niente!! La gelosia di Leon ogni volta mi fa sciogliere, per fortuna si sono chiariti subito ed è andato tutto bene (molto bene xD) *spinge via Federico* Cosa succederà nel prossimo capitolo?? Eh, lo scopriremo solo vivendo xD Buona lettura e ringrazio tutti voi che leggete questa storia e che mi sopportate!! 
P.S: allora sicuramente qualcuno di voi mi starà odiando con pensieri del tipo: "Ma quando finisce questa ff?". Eh, lo so avete ragione, ma non voglio affrettare la narrazione, non mi sembra giusto, perchè renderebbe innaturale la storia, mentre invece voglio che i personaggi abbiano evoluzioni graduali (come ad esempio è stata graduale l'evoluzione del rapporto tra Leon e Violetta: solo ora cominciano a desiderarsi di più in quel senso), almeno questo è il mio obiettivo (se ci riesco bene, altrimenti pazienza, almeno ci provo xD...). Nel prossimo capitolo ci dovrebbe essere però una svolta (positiva o negativa?!). Per rassicurarvi vi dico che questa ff prima o poi finirà xD
P.P.S: il mio ritardo è dovuto anche al fatto che ho cominciato una OS (Leonetta tanto per cambiare), crossover con Kingdom Hearts, quindi mi farò perdonare xD :D

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Capitolo 40
*** Dal Paradiso all'Inferno ***


Capitolo 40
Dal Paradiso all'Inferno

“E’ il ragazzo di Maria!” esclamò Violetta, indicando l’amica che li stava raggiungendo. “Che?!” esclamarono tutti in coro a quell’affermazione. La ragazza annuì, implorando con lo sguardo i due per reggergli il gioco. “Veramente, io…” provò a dire Leon, ma lei gli prese la mano e la congiunse con quella di Maria. “Non sono una bellissima coppia, papà? Leon è venuto a farle una sorpresa” continuò poi, notando la faccia perplessa di German, non del tutto convinto. “Se le cose stanno così…ora devo andare. Divertitevi” disse l’uomo con un sorriso, per poi allontanarsi e salutare gli altri ospiti. “Sei impazzita?!” esclamò Leon, sgranando gli occhi, non appena fu sicuro di non essere sentito. “Che dovevo fare?! Tu stavi per dire tutto a mio padre…senza consultarmi per di più. Non ho avuto altre alternative” si giustificò lei con lo sguardo basso. “Non importa, io potrò aver sbagliato, ma non dovevi mettere in mezzo la povera Maria. E comunque la verità era l’alternativa da seguire…non sei stanca di nascondere parte della tua vita a German?” la sgridò il ragazzo severo. "Io…” provò a dire Violetta, ma poi non seppe più andare avanti; aveva ragione: era l’occasione per dire tutta la verità, di sentirsi libera e l’aveva buttata via per delle stupide preoccupazioni e paure. Si sentiva una sciocca. Leon per di più era arrabbiatissimo: probabilmente aveva preso male il fatto che non avesse voluto far sapere al padre della loro relazione. “Ma niente! Maria, andiamo” sbottò il ragazzo, prendendo la mano di Maria e trascinandola via, lasciandola a bocca aperta. “Che ne dici di darle una lezione?” propose Leon, con un sorrisetto alla sua complice. “Facciamo finta di stare davvero insieme, come voleva lei, e vediamo che dice” continuò poi, invitandola a ballare. “Ci sto! Sarà divertente; devo dire che questa festa di fidanzamento sta diventando più movimentata del previsto” esclamò Maria divertita. I due si misero a ballare un lento, dove già si stavano riunendo le altre coppie al centro del giardino. Violetta li guardò e si infuriò all’istante: non dovevano prendere alla lettera le sue parole in quel modo! Si avvicinò come una belva e picchiettò la spalla del suo ragazzo con fare nervoso: “Si può sapere che state facendo?”. “Stiamo solo eseguendo i tuoi desideri. Per oggi io sto con Maria” spiegò lui tranquillamente, per poi rivoltarsi verso Maria e sorriderle. “Ma…non potete! Io non intendevo…” balbettò Violetta, diventando rossissima, per un misto di rabbia, gelosia e imbarazzo. I due fecero finta di ignorarla, continuando a ballare lentamente, abbracciati. Sbuffò ancora una volta, incrociando le braccia al petto e poi si diresse verso Federico. “Tutto bene?” chiese l’italiano, preoccupato per il suo umore nero. “Benissimo!” ringhiò lei, continuando a osservare quella scena patetica e sdolcinata: questa a Leon l’avrebbe fatta pagare. La tentazione di prendere la grande ciotola con il punch e versargliela addosso era forte, me cercò di trattenersi. Fu il momento in cui Jade e German avrebbero fatto il discorso ufficiale, ma il cielo cominciò a rannuvolarsi. “Era previsto sole per tutto il giorno! Questa è proprio sfortuna” strillò Jade con la sua solita voce acuta. Neanche finì di parlare che le prima gocce cominciarono a scendere. “Questa è bella” disse ironicamente Federico, tendendo la mano fuori dal gazebo, avvertendo le prima gocce. Dopo qualche minuto si scatenò un vero e proprio temporale. Tutti gli ospiti si erano ritirati al coperto, guardando il cielo nella speranza che smettesse di piovere. “Jade…con questo tempo non possiamo concludere i festeggiamenti. Non pensi sia meglio rimandare?” chiese German alla donna al suo fianco, mentre dentro di sé quasi ringraziava quell’evento miracoloso: avrebbe potuto prendersi ancora del tempo e capire fino in fondo i suoi sentimenti. “Hai ragione, caro, sarà meglio rimandare…” si arrese Jade, con uno sguardo afflitto; ce l’aveva quasi fatta, stava per fidanzarsi con German, ma non poteva portare a termina il suo piano in quelle condizioni; aspirava ad una cerimonia perfetta e quella pioggia aveva rovinato tutto.
Dopo essersi scusati con gli ospiti, la cerimonia venne annullata. Tutti si stavano per dirigere a casa, ma German fermò i ragazzi: “Che ne dite di rimanere a cena da noi? Ci terrei a conoscere meglio gli amici di Violetta”. Federico accettò subito riconoscente, Maria guardò Leon e al suo segnale accettò anche lei. “Io ovviamente non posso lasciare la mia ragazza da sola” disse Leon, rivolgendo uno sguardo compiaciuto a Violetta, che arrossì e abbassò gli occhi verso terra. La comitiva si diresse a casa con due macchine, quella di Roberto e quella di German. La cena venne preparata da Olga in fretta e furia, non aspettandosi tutti quegli ospiti, poi la domestica si andò a ritirare con Roberto nello studio di German, con la scusa di non voler disturbare, ma in realtà per spettegolare sugli avvenimenti di quel giorno. Angie era rimasta in silenzio per tutto il tempo: in parte era felice che il fidanzamento fosse stato annullato, ma i sensi di colpa nei confronti della sorella persistevano, impedendole di sorridere. Alla fine della cena, Violetta si offrì di sparecchiare per non andare a disturbare Olga, quindi prese qualche piatto, dirigendosi in cucina. “Aiuto anch’io” esclamò Leon, alzandosi e prendendo il vassoio per metterci i bicchieri. Non appena ebbe poggiato il vassoio sul tavolo, si avvicinò a Violetta, che ancora non si era accorta della sue presenza per afferrarla da dietro per i fianchi e baciarle il collo con una certa irruenza. La ragazza chiuse gli occhi, rabbrividendo, poi ricordandosi di essere ancora arrabbiata, si scostò di scatto guardandolo male. Leon sorrise: vederla gelosa lo riempiva di gioia, significava essere importante ai suoi occhi. Si avvicinò facendola indietreggiare finché con i gomiti non incontrò la parete. “Non ti ho ancora perdonato per come mi hai trattata” sussurrò lei per non farsi sentire nell’altra stanza, con aria offesa. “Quando sei gelosa mi fai impazzire” rispose lui, bloccandola e baciandola con passione. Violetta a quel bacio si sciolse definitivamente, affondando le mani tra i suoi capelli, e sentendo il calore propagarsi a contatto con il suo corpo. “Leon…” bisbigliò, mentre lui era passato a baciarle il collo, e poi più giù fino ad andare lungo le spalle, abbassando la manica della maglietta, e sfiorandogli delicatamente il seno. Quelle sensazioni fantastiche le fecero perdere il controllo: si era dimenticata di essere a casa, in cucina, mentre dall’altra parte il padre avrebbe potuto scoprirli in qualsiasi momento. Era spaventata ma eccitata allo stesso tempo per quel momento così intimo e in un certo senso proibito. Gli sbottonò piano la camicia, cominciando a massaggiare il suo petto caldo e sentendo i battiti del cuore accelerati. Più andava avanti con quei baci e quelle carezze, più sentiva il bisogno di essere una cosa sola con Leon. Quella sera aveva avuto paura, ma ora si sentiva sicura, perché con Leon stava bene e aveva bisogno di sentirlo suo, quasi quanto desiderava che lui la facesse sua.
“Ci stanno mettendo un po’…” disse German dubbioso. Federico e Maria avevano intuito cosa stessero facendo quei due, ma non sapevano cosa fare. Mentre Angie si ritirò in camera con la scusa di essere molto stanca, l’uomo si alzò per andare a controllare, e in quell’istante Maria fece finta di svenire. “Maria!” esclamò Federico, intuendo il suo piano e chiamando German. “Tu sorreggila, io le vado a prendere un bicchiere d’acqua” disse l’italiano per poi allontanarsi. “Leon…” sussurrò ancora Violetta con un piccolo gemito che cercò di sopprimere. Il ragazzo si staccò e la guardò negli occhi: non si era mai innamorato a tal punto di una persona da desiderarla ogni momento, non solo fisicamente. “Sei bellissima con le guance arrossate” disse Leon, baciandogli la guancia destra e poi la punta del naso. La camicia era ormai per terra e Violetta aveva le mani strette alla sua schiena. Federico irruppe in cucina, con la faccia terrorizzata. “Che cosa state combinando, voi?!” sibilò a bassa voce, interrompendoli. “Ringraziate Maria che vi ha coperto! Leon rivestiti in fretta, Violetta alzati quella manica. Svelti, svelti!” continuò, poi osservando il rossetto sulla guancia e sulle labbra di Leon, lo trascinò via in bagno uscendo dall’altra parte. Violetta cercò di allisciarsi un po’ i capelli, che si erano scompigliati per la troppa foga messa in quei baci. German entrò in cucina spaventato: “Ma che fine ha fatto Federico con l’acqua?”. Maria saltò in piedi, correndo per fermarlo: “No!”. Poi si bloccò quando tutti e due la guardarono sorpresi. “Wow…sto già molto meglio. E’ un miracolo” disse Maria abbozzando un sorriso. “E Leon?” chiese il padre a Violetta. “Lui…si è sentito male ed è andato in bagno” inventò la figlia in un battibaleno. La serata trascorse per il resto tranquillamente, finchè non venne il momento dei saluti. German salì di sopra per prepararsi per andare a letto, mentre Violetta finì di salutare. “Grazie per quello che avete fatto. Ve ne sarò riconoscente a vita!” esclamò Violetta abbracciando Federico e Maria. “Figurati!” disse l’italiano. “Mi sono divertita tantissimo oggi! Siete delle persone fantastiche” esclamò lei tutta contenta. “E tu sei una vera amica” rispose Violetta, ringraziandola nuovamente. Quelle parole toccarono profondamente Maria: da quando si era allontanata da Camilla per la storia di Ricardo, si era sentita molto sola. E invece adesso aveva trovato qualcuno che le volesse bene, che le fosse amico. Quando i due se ne andarono, passò a salutare Leon, accompagnandolo all’ingresso e dandogli un rapidissimo bacio della buonanotte: “E non farmi più scherzi come quelli di oggi. Potrei arrivare a tutto per fare in modo che le altre ragazze non ti sfiorino nemmeno con un dito”. “Ai tuoi ordini!” disse Leon, sorridendo e dandole un altro dolce bacio. “Bene, bene. Che carini!” esclamò Olga, facendo capolino dallo Studio, con un pacchetto di popcorn che si era preparata. Violetta diventò paonazza, salutò nuovamente Leon, poi chiuse la porta e si rintanò in camera, evitando le domande di un’Olga estremamente curiosa.
Le vacanze di Natale trascorsero molto tranquillamente, ogni tanto Violetta riusciva a vedere Leon di nascosto, ma ebbe davvero poche occasioni per stare con lui. Il pensiero dell’inizio delle lezioni dello Studio le metteva allegria, così quella mattina del 9 gennaio si sveglio di buon umore. Si vestì in fretta perché era già in ritardo, quindi uscì di corsa con una fetta pane tostato tra i denti, mentre cercava di infilarsi il giubbotto. Leon la stava aspettando con la schiena appoggiata al muretto della villa. “Muoviti, muoviti che siamo in ritardo!” le disse il ragazzo, divertito. “Gfazie Feon, fon lo fapeo” rispose lei, con il pane tostato in bocca. “Che?” chiese lui scoppiano a ridere. Violetta prese la fetta nella mano destra: “Dicevo: Grazie Leon, non lo sapevo”. “Ah, ecco” disse, prendendole la mano e iniziando a camminare per andare insieme allo Studio, dove avrebbero rivisto tutti i loro compagni.
“Questo secondo semestre andrà benissimo!” cercò di ripetersi Francesca, mentre passeggiava con Stefan. Quest’ultimo per le vacanze era dovuto partire con i genitori, quindi non si erano potuti vedere, ma si erano sentiti tutti i giorni. “Mancano solo due giorni allo spettacolo. Non ti senti un po’ agitata?” le chiese il ragazzo, con il braccio intorno alle sue spalle. “Beh, certo che si, sarò la protagonista e la cosa mi angoscia terribilmente, ma almeno ci sarai te a supportarmi” disse Francesca, scoccandogli un rapido bacio sulla guancia. Stefan arrossì, poi rimase in silenzio. Quella ragazza aveva un qualcosa di speciale, ed si sentiva la persona più felice del mondo. Aveva parlato con Thomas, e si era tutto risolto per il meglio; i due infatti erano rimasti buoni amici, e tutto stava andando per il meglio. Eppure aveva un brutto presentimento, la sensazione che tutto sarebbe cambiato di lì a poco tempo. Scacciò quei pensieri dalla testa, e non appena vide la scritta dello Studio 21, si precipitò insieme a Francesca a salutare gli altri. Violetta e Leon arrivarono quasi contemporaneamente e le due amiche si abbracciarono contentissime, mentre i due ragazzi si salutarono un po’ freddamente. Non si stavano molto simpatici, e questo era ormai risaputo da tutti, ma si sopportavano soprattutto per la profonda amicizia che legava le loro fidanzate. “Ragazzi, avete letto del nuovo concorso di ballo a coppie?” disse Maxi, precipitandosi dopo aver letto la notizia sulla bacheca della scuola. “Dai, davvero dovremmo iscriverci!” disse Francesca, guardando Stefan. “Mi spiace per voi, ma Maxi è il miglior ballerino dello Studio e insieme a me faremo faville” si intromise Nata, abbracciando teneramente Maxi. “Vinceremo noi, invece! Io e Ricardo ci alleneremo giorno e notte, 48 ore su 24. Non ci fermeremo né per dormire né per mangiare” esclamò Camilla sbucando dal nulla con una luce scintillante negli occhi: il suo carattere competitivo l’aveva mandata completamente in tilt alla parola ‘gara’. “Tesoro, calmati” provò a fermarla Ricardo, prendendola per il braccio, mentre lei continuava a parlare di tutti i mirabolanti sacrifici che avrebbero fatto per allenarsi in continuazione. “Ma nessuno potrà battere noi, vero Leo?” disse Violetta scherzosamente, baciando dolcemente il ragazzo ,che aveva fatto il finto offeso non appena si era sentito chiamare ‘Leo’. “Ah ah ah! Illusi. Credete davvero di poter battere una stella come me?” ridacchiò Ludmilla, passandogli vicino con la chioma bionda e fluente. “Davvero, una stella? Io vedo solo una montagna di spazzatura!” disse Arianna, che nel frattempo li aveva raggiunti. Tutti scoppiarono a ridere con estremo disappunto di Ludmilla. “Beh, lo vedremo quando io solleverò la coppa della vittoria alla faccia di voi perdenti” ribatté lei acida. “Ma hai letto? E’ una gara a coppie. Dove troverai il mollusco invertebrato, senza cervello, che ti farà da partner?” chiese la Vargas con un sorriso smagliante. Ludmilla si morse il labbro: era vero, non aveva alcun compagno, ma poi vide passare Andrea, e gli afferrò il braccio dicendo: “Lui sarà il mio partner!”. “Si, tutto quello che vuoi” la assecondò Andrea innamorato. “Appunto…” si lasciò scappare come a conferma delle sue tesi. In quel momento Cristobal arrivò infuriato: “E’ stata indetta una riunione speciale degli studenti a causa di atti vandalistici nei confronti dell’edificio. Tutti si guardarono preoccupati: chi poteva essere stato?
Cinque minuti dopo erano tutti nella sala del Teatro, aspettando con una certa impazienza gli insegnanti. “Ci deve essere una spiegazione…” provò a dire Angie, entrando seguita da Pablo, Beto, Gregorio e Cristobal. “Non ci sono dubbi” rispose secco il preside per poi rivolgersi ai suoi studenti: “Mi dispiace dovervi informare di un evento spiacevole. Ci siamo ritrovati a dover fronteggiare un atto di vandalismo nei confronti della scuola e di una vostra compagna di classe, la povera Ludmilla Ferro. Qualcuno ha fatto delle scritte a dir poco incivili sul suo armadietto. Abbiamo controllato tutti gli armadietti e abbiamo trovato delle bombolette spray”. “Dove?” lo interruppe Camilla preoccupata. “L’armadietto in questione è quello della signorina Arianna Vargas, che per tal motivo sarà sospesa per un tempo indefinito fino a quando non avremo deciso se espellerla oppure no” spiegò Cristobal. Arianna sgranò gli occhi per la sorpresa: ovviamente sapeva benissimo di non essere stata lei, ma la sua parola non l’avrebbe salvata. Era stata incastrata e non faceva molta fatica ad immaginare chi potesse essere stato: Ludmilla, oppure Gabriella, o anche entrambe. Non riusciva a credere che fossero capaci di tanto, anzi pensandoci bene forse non era poi tanto difficile da credere. Leon scattò davanti alla sorella per difenderla, ma la ragazza lo guardò dolcemente per poi lasciargli un bacio sulla guancia e dirigersi verso l’uscita. Mentre passava notò il sorrisetto che si era dipinto sul volto di quelle due arpie. “Anche se mi avete fatto cacciare, non pensate di aver vita facile; finché sarò viva, difenderò mio fratello e la sua felicità con le unghie e con i denti” sibilò lei con aria soddisfatta per poi allontanarsi dalla scuola. “Allora, ragazzi siete pronti per lo spettacolo?” chiese Angie, cercando di sciogliere la tensione creatasi. Gli studenti annuirono senza molto entusiasmo, mentre il preside e gli altri professori uscivano parlando con molta serietà. “Non dovete abbattervi, vedrete che la vostra amica tornerà presto. Adesso però vi voglio carichi per lo spettacolo!” esclamò l’insegnante, mettendosi al piano e cominciando a suonare. Tutti cantarono sulle note di Ven y Canta, la canzone che avrebbe chiuso lo spettacolo, abbracciandosi in gruppo per farsi forza. Leon era rimasto con lo sguardo basso senza dire nulla. “Leon…” sussurrò Violetta cercando un contatto visivo. “Lei…ha sempre fatto tanto per me. E io non ho potuto far nulla” disse Leon, abbracciandola. “Andrà tutto bene. Si risolverà…” cercò di consolarlo con le lacrime agli occhi…
Erano passati tre giorni dall’espulsione di Arianna, e Violetta non era potuta andare allo spettacolo a causa di una sfilata di moda con cui l’avevano incastrata Jade e German. Stava per iniziare quel tormento quando ricevette una telefonata: “Pronto?”. “Sono Leon. Sono agitatissimo per lo spettacolo e volevo sentirti. Mi manca non poterti abbracciare qui dietro le quinte” disse il ragazzo, mentre stavano finendo i preparativi. “Anche tu mi manchi, Leon. Ma questo finesettimana mi farò perdonare” sussurrò Violetta, con un tono malizioso. “Allora non vedo l’ora di finire!” esclamò il ragazzo, scoppiando a ridere. Non appena attaccò ebbe una sensazione di nausea, come se qualcosa non funzionasse, improvvisamente ebbe paura senza motivo, e aveva tanta voglia di piangere. Sentiva brividi di freddo e un forte senso di oppressione, ma cercò di non darlo a vedere per non far preoccupare il padre. Finalmente la sfilata finì: era stata noiosissima e non vedeva l’ora di raggiungere i suoi amici per sapere come fosse andato lo spettacolo, ma non fece in tempo e prendere il cellulare che le arrivò un messaggio di Angie. Lesse il contenuto del messaggio e la sua espressione mutò di colpo: da spensierata era diventata spaventata, terrorizzata. Intorno le voci degli ospiti della sfilata che commentavano l’evento apparivano lontane, quasi inesistenti. E invece le lettere di quel messaggio le perforavano gli occhi fino a rimbombarle nel cervello: incidente, teatro, feriti, situazioni gravi, ospedale…non riusciva ancora bene a elaborare, ma lentamente cominciò a piangere. Fu un pianto di dolore e di tristezza che proveniva dal cuore. Lei…aveva dato il suo ruolo a Francesca: e se le fosse successo qualcosa? Non se lo sarebbe perdonato. E gli altri? Stavano bene? Ma la domanda che più l’assillava era: Leon? Come stava Leon? Con questi dubbi angoscianti, senza dare spiegazioni al padre, corse fuori per strada e prese il primo taxi che passava. Dal finestrino vide il padre rincorrerla, cercando di fermarla. Ma in quel momento non voleva dare spiegazioni, l’avrebbe fatto solo quando il suo cuore sarebbe stato rassicurato. 

NOTA AUTORE: Eccoci qui per un nuovo capitolo, scritto molto di getto (si trattava sol odi sviluppare idee già segnate sul mipo quadernetto :D). Non so se ci sono errori sintattici o roba del genere (ortografia non mi sembra...), in caso non esitate a segnalarmeli che li correggo subito :D Parlaimo un pò del capitolo: allora Violetta ha deciso che è giunto il momento di...giocare a scacchi con Leon xD Si sente pronta, quello della sera prima era stato solo un momento di incertezza. Mi sto innamorando del personaggio di Maria, e se non se lo prende nessuno me la prendo io :D *-* E' stata molto dolce in questo capitolo, e mi ha fatto morire dal ridere xD Poi si prospetta una simptica gara a coppie, e....la mia povera Arianna è stata sospesa (nooooooo ç.ç). Ma veniamo al finale...ecco a voi l'evento che sconvolgerà il precario equilibrio che si era venuto a creare negli ultimi capitoli. Un incidente al teatro dove i ragazzi dello Studio 21 si sarebbero dovuti esibire...chi sarà rimasto ferito? Chi si sarà salvato? Ci saranno morti? E Leon? Tante domande (penso che mi ucciderete per tutta questa suspance :O) e zero risposte in questo capitolo, sapremo tutto nel prossimo capitolo :D Grazie a tutti voi che mi seguite, mi commuovo sempre quando leggo le vostre recensioni, ma anche a tutti quelli che cliccano la mia storia e la leggono, sono fiero di questa ff (la mia prima ç.ç), e penso che quando finirà mi sapererò xD Ok, in realtà ho idee per nuove ff, ma questa rimarrà per me insostituibile. OK, basta momenti patetici/sdolcinati e buona lettura a tutti :D
P.S: sono riuscito ad aggiornare le due Long, mi sento un Dio, nulla mi potrà scalfire adesso, a parte il fatto che non mi sento le dita per il resto mi sento invicncibile yeahhhh

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Capitolo 41
*** Sonno e Risveglio ***


Capitolo 41
Sonno e Risveglio

Finalmente, dopo quella che le parve un’eternità, raggiunse un’imponente edificio bianco. Scese dal taxi, dopo aver pagato all'autista la corsa, ed entrò di corsa, senza rendersi conto bene di dove dover andare. Si sentiva senza forze, privata della vita, ma andava avanti per i corridoi, mossa dal solo desiderio di vedere tutti sani e salvi. Raggiunse una grande sala d’attesa e vide Angie e Pablo parlare con alcuni genitori dall’aria preoccupata. “Si è trattato di un incidente. Le travi con le luci non hanno stranamente retto e sono crollate. Per fortuna quasi tutti gli studenti si sono salvati, quelli che hanno rischiato di più sono stati i protagonisti. Ci sono alcuni feriti e un caso grave, per il resto…” rispose Angie, pressata dalle numerose richieste di una spiegazione. Poi incontrò gli occhi della nipote ed accorse per abbracciarla. “Angie!” esclamò Violetta singhiozzando tra le sue braccia. L’insegnante la tenne stretta a sé: non riusciva a parlare e a dirle la verità. Non riusciva a dirle che Leon…che Leon…non poteva nemmeno pensarci. “Dove sono tutti?” chiese la ragazza con gli occhi arrossati dal pianto e con le mani che tremavano. Aveva paura di sapere la verità, ma doveva, non poteva vivere un altro secondo di più con quell’angoscia. Angie indicò in silenzio una porta blu che conduceva a un corridoio. I passi di Violetta rimbombavano sul pavimento, creando una sorta di melodia funebre; ad ogni passo si sentiva più leggera: Angie aveva detto che quasi tutti si erano salvati. Già immaginava Leon prenderla in giro per quanto si fosse preoccupata inutilmente, asciugandole le lacrime a suon di baci. Finalmente arrivò in una saletta un po’ deprimente dove tutti i suoi amici si erano riuniti: c’erano Maxi, Camilla, Ricardo, Francesca…ma Stefan e Leon? Non appena fu entrata tutti si voltarono a guardarla in silenzio, poi la sua migliore amica le corse incontro abbracciandola con tutta la forza che aveva, scoppiando a piangere anche lei. “Che è successo? Stanno tutti bene?” chiese Violetta angosciata. Francesca non disse nulla, mentre i ricordi di quel giorno le scorrevano rapidi di fronte agli occhi:
‘ Leon stava parlando al cellulare, probabilmente con Violetta. “Hai finito?” disse Francesca con un sorriso, pensando a quanto fossero una bellissima coppia. Leon attaccò e le fece una linguaccia scherzosa. “Sono agitatissima! Ma che fine ha fatto Stefan?” chiese la ragazza, torturandosi le mani. “Non ti preoccupare. Starà finendo di prepararsi, e ora che ci penso mi dovrei preparare anch’io” esclamò Leon, correndo verso i camerini. Dopo circa un quarto d’ora  tutti i ragazzi si riunirono dietro le quinte formando un cerchio: lo spettacolo stava per iniziare e non vedevano l’ora di salire sul palco e di esibirsi, ma erano anche parecchio tesi. “Ragazzi, andrà tutto bene. Quando salirete sul palco pensate a tutti gli sforzi fatti, a tutta la passione che vi ha spinto fin qui, e, cosa più importante, pensate a divertirvi!” li incoraggiò Angie, emozionata quasi quanto loro. Le spiaceva solo che la nipote non potesse essere presente. “E ora in bocca al lupo a tutti!” esclamò l’insegnante,  con al fianco Pablo e Beto, alzando il braccio per caricarli. Tutti si prepararono fino a quando non fu il momento della scena iniziale: Francesca era dentro la stanza della torre, finchè non sentì una strana melodia, si affacciò e vide Stefan che cantava con una voce celestiale. In quel momento si confuse: al diavolo lo spettacolo, lei voleva andare lì ad abbracciarlo e baciarlo, ma si trattenne e seguì alla lettera il copione. Fu un secondo: un rumore assordante, una trave enorme che percorreva tutto il palcoscenico in alto, con appese le luci, cadde fragorosamente. L’ultima cosa che vide fu lo sguardo pieno di terrore di Stefan. Poi la scenografia andò distrutta e lei cadde priva di sensi’.
“E’ successo qualcosa a Stefan?” chiese Violetta staccandosi e guardandola negli occhi. A quella domanda lei scosse leggermente la testa…infatti poco dopo entrò Stefan con un braccio ingessato e un po’ malridotto, ma che nel complesso stava abbastanza bene. “Stefan!” esclamò Violetta, fiondandosi tra le sue braccia, e allontanandosi subito dopo quando sentì un gemito di dolore. “Ma dov’è Leon? Che fine ha fatto?” chiese lei, aspettandosi che il ragazzo sarebbe spuntato all’improvviso facendole prendere uno spavento. “Leon…” cominciò a dire Stefan, ma le parole gli morirono in bocca. Non ce la faceva…non dopo tutto quello che Leon aveva fatto per lui. Non dopo che gli aveva salvato la vita. Non riusciva a sopportare lo sguardo speranzoso di Violetta, e a dirle cosa era successo alla persona che amava. “Qualcuno mi vuole rispondere?” strillò lei, infuriandosi. Perché non le volevano dire dove stesse Leon? Non ci capiva niente. Stefan fece un respiro profondo e si preparò a parlare: doveva essere lui a darla la notizia, nessun altro. “Leon è in coma Violetta, è in coma per avermi salvato la vita” disse piano Stefan con gli occhi lucidi, e lo sguardo abbassato:
‘Stava andando tutto bene, come nelle prove. Stefan aveva finito di cantare la canzone, e ora Francesca sarebbe dovuta scendere dalla torre per eseguire il duetto. Era molto tranquillo: l’emozione era scomparsa, ed ora aveva solo una gran voglia di cantare con la sua ragazza. Alzò lo sguardo, e rimase paralizzato, alla vista della trave che stava scendendo inesorabile, per andarsi a schiantare proprio addosso a lui. Non riusciva a muovere un passo, mentre le urla degli spettatori martellavano la sua mente, inibendogli i riflessi. Sentì due braccia spingerlo appena in tempo. Il frastuono di vetri che si rompevano e il clangore del metallo che si schiantava sul palco risuonò nella sala del teatro. Una nuvola di polvere si sollevò, mentre Angie accorreva preoccupata per controllare che tutti stessero bene, e Pablo chiamava in fretta un’ambulanza. “Leon!” urlò l’insegnante, facendosi strada per andare incontro al ragazzo, inerme in mezzo a quel disastro: non era stato colpito in pieno, ma aveva ferite lungo tutto il corpo e un pezzo della trave gli bloccava le gambe. Si avvicinò per sentirgli il polso, bianca come un lenzuolo. E se fosse morto? Non se lo sarebbe potuta perdonare. Poi rivolse uno sguardo spaventato a Stefan…’
Violetta pensò di sprofondare nell’abisso: le mancava l’aria e non riusciva a parlare, non riusciva a muovere un muscolo, le mancava anche la forza di piangere. Si lasciò cadere su una sedia lì vicino con lo sguardo perso nel vuoto. Non aveva alcun senso: perché? Perché tutti si erano salvati e lui no? Non era giusto e per un momento odiò tutti all’interno di quella stanza: stavano bene, erano salvi. Ma soprattutto il suo odio si riversò nei confronti di Stefan…Lo odiava, anche se razionalmente sapeva che non potesse essere colpa sua, ma doveva sfogarsi con qualcuno. Si alzò di scatto come una furia e affondò un pugno sul petto di Stefan. “Perché?! Io ti odio! Sei stato tu!” strillò, mentre le lacrime ricominciarono a scendere. Il ragazzo rimase in silenzio: era sicuro che lei non pensasse davvero quelle cose, era troppo buona per arrivare a odiare qualcuno, qualunque cosa avesse commesso. In realtà era lui ad odiarsi, perché era praticamente illeso, mentre un altro aveva preso il suo posto. “Dov’è” chiese la ragazza disperata, guardando Francesca. L’amica le indicò il corridoio alla sua destra, dove si trovavano alcune sedie verdi addossate lungo una parete mentre dalla parte opposta c’erano le sale dove si trovavano i pazienti gravi. “Stanza 207” continuò Francesca, cercando però di fermarla. “Lasciami” sibilò Violetta. In quel momento era un’altra persona e Francesca ne ebbe quasi paura. “Non ti farà bene stare lì” la scongiurò. “Lasciami” ripeté freddamente Violetta, facendole liberare le presa. Cominciò a correre lungo il corridoio. Stanza 199, stanza 200, stanza 201 e mentre correva le venne in mente il primo incontro con Leon. Era stato così dolce...da quell'incontro per lei era tutto cambiato:
‘Proprio mentre si dirigeva al distributore ci fu un attimo di turbolenza, la ragazza perse l’equilibrio e cadde letteralmente addosso ad uno dei passeggeri, un ragazzo che stava dormendo ascoltando la musica con le cuffiette. Questo si svegliò di soprassalto e si ritrovò a due centimetri dal viso di lei. Non poté non rimanere incantato dalla sua bellezza, dai suoi capelli castani, da quello sguardo così dolce. “Scusami” disse lei con evidente imbarazzo, cominciando ad arrossire senza controllo. “Figurati può capitare e inoltre non mi è affatto dispiaciuto svegliarmi in questo modo” affermò il ragazzo sorridendo. Violetta fissò gli occhi verdi del ragazzo;  in quel momento il suo cervello si era completamente disconnesso, si sentiva come ipnotizzata, non riusciva  a fare a meno di quello sguardo, di quel sorriso. –Ma cosa vado a pensare?! Nemmeno lo conosco..- pensò in quel momento rendendosi conto di stare facendo la figura dell’imbecille. “Sono davvero un maleducato non mi sono nemmeno presentato. Mi chiamo Leon…Leon Vargas, piacere”.’
Stanza 202…stanza 203…stanza 204. Era stata così fortunata ad avere da lui il suo primo bacio, poteva ancora sentire il suo profumo aleggiare per il corridoio:
“Leon che ci fai qui? Come mai sei salito?” chiese lei dopo essersi ripresa dallo spavento. “Sono venuto per parlarti. Ti volevo dire che ho lasciato Ludmilla” disse Leon. “Ah,si? E perché lo vieni a dire a me?” chiese Violetta facendo finta di non essere interessata mentre dentro stava esultando. “Perché mi sono reso conto di non amarla…e lo sai perché?”. In quel momento le prese le mani; la ragazza sentì nuovamente un brivido a quel contatto espandersi per tutto il corpo. “P-perché?” chiese con un filo di voce. “Semplice. Mi sono reso conto di essere innamorato di te, Violetta” . Poi avvicinò le sue mani alla bocca e depose un bacio. Era fatta, si era dichiarato e questa volta nessuno si sarebbe messo in mezzo alla loro storia; a meno che…e se Violetta non provasse nulla per lui? E se invece fosse fidanzata con Thomas o Stefan? Quel silenzio lo stava distruggendo e lo riempiva di dubbi; poi lei con un timido sorriso disse semplicemente: “Anch’io sento di provare qualcosa per te, Leon”. Ci fu un momento in cui nessuno dei due sapeva cosa fare o cosa dire, quindi rimasero entrambi immobili in silenzio. Poi Leon la prese per mano ed insieme entrarono in camera, lui si avvicinò lentamente, sentiva il suo respiro sempre più forte e avvertì un tremito; era così emozionata: quello era il suo primo bacio e quell’oscurità che li circondava rendeva tutto molto intimo. Il cuore di entrambi batteva senza controllo. Erano a un centimetro come quella volta in campagna. Chiusero lentamente gli occhi e poi azzerarono le distanze; la prima cosa che sentì fu il calore delle sue labbra a contatto con le sue. Lentamente portò le braccia intorno al suo collo mentre lui le teneva la vita. Quel bacio le sembrò durare un’eternità ma allo stesso tempo avrebbe voluto che durasse ancora di più. In quel momento il mondo esterno non esisteva: erano lei, Leon e il loro amore, non contava nient’altro.’
Leon era diventato lentamente tutto per lei…come avrebbe potuto fare senza?
Stanza 205…Stanza 206. Stanza 207. Si ritrovò davanti quel numero e lo fissò attentamente; da uno stupido numero dipendeva la sua felicità. Sentì una mano calda sulla sua spalla, e si voltò nella folle speranza che fosse stato tutto uno scherzo, che in realtà Leon la stesse aspettando lì, in quel corridoio. Un paio di occhi verdi e un sorriso triste. Era Arianna. Già, si era dimenticata: c’era qualcuno che stava soffrendo come lei, se non di più. Lei amava suo fratello sopra ogni cosa, e quella notizia l’aveva distrutta. Rimasero sedute in silenzio mentre i genitori di Leon stavano parlando con il dottore. “Dicono che ci sono buone possibilità che si svegli presto, ma ancora non c’è nulla di sicuro… Senza contare la possibilità di imprevisti al suo risveglio” riferì Jorge, accasciandosi vicino alla figlia, la quale a sua volta aveva appoggiato la testa sulla spalla di Violetta e si era addormentata. Squillò il cellulare, che aveva tenuto spento fino a qualche minuto fa per non essere assillata dalle chiamate del padre: “Pronto, papà?”. “Si può sapere che fine hai fatto? Sei scappata di colpo, senza dirci nulla. Stavo già per chiamare la polizia” le strillò German al telefono. Violetta si scusò e spiegò tutta la situazione, evitando di raccontare i dettagli, ossia il fatto che lei frequentasse lo Studio 21, o il fatto che stesse con Leon, anche se dentro si stava ripetendo che ormai nulla poteva avere importanza. Poteva benissimo dire tutto al padre, senza Leon non le importava se l’avesse mandata in un collegio, anzi forse sarebbe stato meglio. “Sono addolorato per quello che è successo al povero Leon. Se vuoi…se vuoi ti concedo di rimanere la notte all’ospedale. I coniugi Vargas avranno bisogno di un po’ di conforto” disse German, con un tono basso. Era rimasto sconvolto dalla notizia, e voleva essergli vicino in ogni caso, in fondo quel giovane gli era molto simpatico. “Grazie, papà” sussurrò Violetta, per poi appoggiarsi allo schienale e addormentarsi…
Era passata una settimana dall’incidente e Leon ancora non si era risvegliato. Le lezioni allo Studio erano riprese tranquillamente, ma i ragazzi nel pomeriggio appena ne avevano tempo si recavano all’ospedale per avere notizie del loro amico ogni giorno. Violetta inizialmente aveva passato tre giorni all’ospedale, senza uscire nemmeno per un secondo, poi però incitata da Arianna era ritornata a casa sua e a frequentare la scuola. “Se hai una qualunque novità chiamami, mi raccomando” disse Violetta, ancora distrutta al pensiero di Leon in coma. “Non ti preoccupare, sarai la prima a saperlo se succederà qualcosa” rispose Arianna rassicurante.
“Certo, povero Leon…e per di più Arianna è ancora espulsa” si sfogò Camilla con il suo ragazzo. “Già, e tutto per colpa di Ludmilla e Gabriella” esclamò Ricardo, per poi pentirsi delle sue parole. “Aspetta, e tu come lo sai che sono state loro?” chiese la ragazza, guardandolo con un fare inquisitorio. “Beh…insomma immagino sia colpa loro, no?” tentò di sviare Ricardo, ma ormai il danno era fatto. “Sai qualcosa che io non so? Ricardo, hai visto qualcosa?” insistette lei, afferrandogli il braccio. “Ma che dici! Io non so nulla” esclamò, divincolandosi e tornando dentro la scuola. “Che succede?” si avvicinò Maxi, preoccupato dall’espressione dell’amica. “Niente…non riesco a capirlo. Ma sono sicura che mi sta nascondendo qualcosa” rispose lei tristemente. “Sai che ci vuole in questi casi?” disse Maxi, togliendosi il cappellino e allargando le braccia. “Un gelato?” rispose lei scoppiando a ridere. “Io volevo dire un abbraccio, ma vada per il gelato” scherzò l’amico. Camilla lo abbracciò e insieme si diressero alla gelateria. Maxi trovava sempre il modo per farla stare bene… era un amico speciale. Nata quando vide quella scena pensò al peggio: che Maxi si stesse avvicinando a Camilla? Forse lei non era abbastanza… Era sempre stata una ragazza molto insicura, ma grazie al suo ragazzo aveva imparato a tirare fuori la grinta di cui aveva bisogno per fronteggiare la sua ‘amica’ Ludmilla. D’un tratto però tutte le sue incertezze riemersero con prepotenza… “Tutto bene, formichina?” si sentì bisbigliare all’orecchio. Si voltò di scatto e il ghigno malvagio di Ludmilla le si parò davanti. “Cosa vuoi da me?” chiese Nata fredda. “Hai visto che carini che sono Maxi e Camilla? Sono proprio una bellissima coppia!” esclamò divertita la biondina. Sapeva sempre come far leva sulle paure e sui dubbi delle persone, si potrebbe dire che la considerasse una sua grande dote. “Lasciami in pace” disse Nata, decidendo di non ascoltarla, prendendo le sue cose per andarsene decisa. “Te ne pentirai, mia cara. Ti pentirai di avermi abbandonata per quello…quello sgorbio col cappellino” sibilò Ludmilla dura.
“Ci sono novità?” chiese Francesca entrando nella sala prove, mentre Violetta stava suonando al piano con sguardo triste la canzone Te Esperarè che Leon aveva composto per lei. Tutto le ricordava Leon e il non sapere nulla sulla sua salute le metteva un’agitazione tremenda. “Niente…Arianna mi aveva detto che mi avrebbe fatto sapere” sussurrò Violetta, correndo a controllare nella sua borsa se ci fossero state chiamate ricevute o messaggi. Niente di niente. “Francesca, mi volevo scusare per come mi sono comportata con te e Stefan il giorno dell’incidente. Solo che io…io non riuscivo a capirci nulla e il pensiero che potesse…” disse lei singhiozzando. Francesca non disse nulla e l’abbracciò: un abbraccio in cui si poteva leggere tutto l’affetto che le teneva unite, nonostante le difficoltà. “Non ti devi scusare di nulla. E’ stata dura per tutti, ma soprattutto per te. Ora ti lascio suonare, forse vorrai stare un po’ da sola” le sussurrò l’amica con un sorriso che le diede una serenità mai provata in quei giorni. Violetta annuì per poi tornare al piano. Era di nuovo sola, e di nuovo i ricordi l’assalirono con un impeto inaspettato:
Un quarto d’ora dopo raggiunse il luogo dell’appuntamento; si sedette su una panchina ad aspettare: e se non fosse arrivato? Se ieri sera l’avesse illusa solo per divertirsi un po’? In quel momento qualcuno le coprì gli occhi. “Chi sono?” disse ridendo. “Scemo” disse lei togliendo le mani. Leon era lì davanti a lei. Quanto era stata sciocca a dubitare; si sedette anche lui, poi le scostò delicatamente una ciocca di capelli, quindi si avvicinò per darle un bacio. “Ecco l'Oriente e Violetta è il Sole. Alzati, dunque, o vivo sole e spegni la luna fioca, pallida di pena, che ha invidia di te perché sei bella più di lei. Oh, è lei, la mia donna, ma non lo sa ancora. Guarda come posa la guancia sulla mano!” cominciò a recitare lui.’
‘Per sua fortuna Leon si trovò in mezzo al tragitto che ormai aveva preso senza più controllo; le finì letteralmente addosso. Inizialmente riuscì a fermarla, ma poi perse anche lui l’equilibrio e i due caddero sul ghiaccio. Violetta gli era finita sopra; stava per rialzarsi ma era rimasta completamente imbambolata: quegli occhi verdi che la fissavano, quel sorriso così naturale che risplendeva messo in risalto dal bianco del ghiaccio. Come poteva fare? Erano praticamente a due centimetri. La nuvoletta del respiro di Leon le finì addosso avvolgendola con un calore piacevole.’
‘Leon non rispose ma si avvicinò sempre di più fino a baciarla appassionatamente. Senza saperselo spiegare il ragazzo si ritrovò sopra di lei sempre continuando a baciarla, per poi passare lentamente al suo collo. Stava attento a non colpire la caviglia per non farle male. Violetta pensò che quello doveva essere il momento più bello e passionale da quando stava con Leon, o ,meglio ancora, da quando era nata. Lentamente gli sbottonò la camicia, finendo col massaggiargli dolcemente il petto. Sentiva il suo cuore battere fortissimo e il calore della sua pelle che la avvolgeva completamente. Leon sapeva di doversi fermare là, per il bene di entrambi, ma il tocco di Violetta gli faceva perdere completamente la testa. Si tolse completamente la camicia sbottonata e ritornò a baciarla intensamente e a passare le punta delle dita lungo i contorni del suo fisico esile e sensuale, provocandole mille brividi. “Ti amo, Leon” gli sussurrò lei all’orecchio provocandogli una scossa di adrenalina pura. “Anch’io ti amo, Violetta” disse lui appoggiandosi sul gomito destro e accarezzandole delicatamente una ciocca di capelli.’
Le note di Te Esperarè ricominciarono a riempire la sua testa: la musica era la sua unica ancora di salvezza in quell’oceano di paure e dolore. In quell’istante il telefono squillò: “Violetta, sono Arianna. Leon si è svegliato!”. Violetta non riusciva a credere a quelle parole, riusciva solo a ridere, così senza motivo e a piangere lacrime di gioia. “Arrivo subito!” disse lei attaccando poi di colpo e correndo. Avrebbe riavuto il suo Leon, e tutto sarebbe tornato come prima.
Arianna entrò nella sala: poiché era parente le era stato permesso di visitarlo. Era ormai passata qualche ora da quando il suo fratellone si era risvegliato. “Leon!” esclamò lei non appena entrata, per correre ad abbracciarlo. Leon era pallido e sudaticcio, ma era sveglio e questa era la cosa più importante; eppure sembrava spaventato per qualche strana ragione. “Arianna, io…” provò a dire Leon, ma le parole non gli uscivano. “Che c’è Leon?” chiese la sorella preoccupata. Il ragazzo la guardò mentre il terrore si stava lentamente facendo strada nei suoi occhi: “Arianna, io…non riesco a…io non riesco a muovere la gambe” 


NOTA AUTORE: in realtà volevo aspettare un pò a pubblicare questo capitolo, perchè mi sembrava facesse schifo/ ci fossero incongruenze, però poi mi sono detto: "Non posso fare questo a chi legge la storia, e magari si sta angosciando per sapere che è successo", quindi ho deciso di pubblicarlo lo stesso. Boh...non voglio dire che fa schifo, perchè non lo penso davvero, anzi devo dire che alcune scene e trovate mi sono piaciute, però non so...vabbè, dai lascio a voi l'ardua sentenza xD Comunque parliamo un pò di quello che è successo: Leon è finito in coma (non grave per fortuna) per salvare la vita a Stefan, che sente i sensi di colpa (povero ç.ç). Dopo un capitolo angosciante come questo qualcuno avrà pensato di uccidermi (Ary_6400 mica starai bussando te alla mia porta ora?! xD). Comunque tra Nata e Maxi le cose non stanno andando benissimo, e tutto perché Ludmilla ci mette lo zampino, nel frattempo Camilla ha capito che Ricardo le nasconde qualcosa: sarà stato lui a vedere le due arpie incastrare Arianna? E se si, perchè non vuole parlare? Leon si è risvegliato, ma con una brutta sorpresa ç.ç *piange* Come andrà avanti ora questa storia? Ci sono ancora tanti misteri e segreti da svelare (non dimentichiamoci del segreto della madre di Violetta, che tra poco verrà rivelato...). Buona lettura a tutti, sperando che questo capitolo, anche se tristissimo, sia di vostro gradimento. Come si sarà capito mi sono soffermato soprattutto sulle emozioni di Violetta, spero di esserci riuscito discretamente, ma ovviamente accetto critiche di ogni tipo, anche negative. Grazie a tutti voi che mi seguite :D Buona lettura a tutti!

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Capitolo 42
*** Paure ***


Capitolo 42
Paure

 “Non riesco a muovere le gambe!” ripeté Leon con le lacrime agli occhi. Era disperato e si era sentito il mondo crollargli addosso. Arianna gli strinse forte la mano fino all’arrivo dei medici: “Andrà tutto bene, Leon”. Erano parole, solo parole e al ragazzo non bastavano. Lui aveva bisogno di fatti, aveva bisogno di sapere che sarebbe andato tutto bene e che sarebbe tornato come prima. Provò di nuovo a muovere la gambe, ma non riusciva a sentirle, era come se parte del suo corpo non esistesse. E più ci provava, più si disperava. Entrò il medico, fatto chiamare da Arianna e dai genitori. La sorella gli lasciò un bacio sulla guancia e uscì per fare in modo che potesse essere fatta una visita completa. Cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro per quel corridoio, buttando ogni tanto l’occhio per vedere se la porta si fosse aperta. Ma niente. La porta era chiusa, e ormai era passato parecchio tempo.  Sentì un rumore di passi frettolosi e quando si voltò vide Violetta, con un sorriso raggiante. Non sapeva ancora che era successo, non poteva immaginare che niente sarebbe tornato come prima. “Leon si è svegliato?” chiese emozionata. “Si…” rispose Arianna con voce stanca. Violetta l’abbracciò felicissima, ora voleva solo poter finalmente rivedere gli occhi verdi del suo Leon. “Come mai questa faccia?” chiese lei, staccandosi. “Leon non può camminare, Violetta!” esclamò Arianna, scoppiando a piangere. Di nuovo quella sensazione di oppressione si impadronì di lei, facendole mancare il respiro. Si sedette un secondo sulla sedia, perché le gambe non reggevano. I genitori di Leon erano rimasti in silenzio a quella scena, ma non appena il medico fu uscito dalla stanza, si alzarono di scatto per avere informazioni. “Sta bene…a parte la paralisi alle gambe. Potrebbe trattarsi di un problema legato all’inibizione di alcune zone del sistema nervoso. In tal caso il tempo di guarigione è variabile, anche se non sempre è detto che il paziente risponda positivamente agli stimoli di una riabilitazione” provò a spiegare il dottore. “Ma quindi guarirà o no?” chiese Javier, spazientendosi. “Detto in parole povere…potrebbe metterci un mese come un anno. Come anche potrebbe rimanere così per tutta la vita” rispose il medico. Per tutta la vita…quelle ultime parole si impressero nella mente di Violetta. E se non fosse mai più guarito? Si disse che gli sarebbe rimasta accanto lo stesso. Perché amare significava anche quello, no? “Per le visite dovrete aspettare tre giorni circa” concluse l’uomo dal camice bianco, prima di andarsene. Javier si unì in un abbraccio con la moglie e la figlia, per farsi forza l’uno con l’altro, per dirsi che insieme avrebbero superato anche quell’ostacolo. Violetta rimase a guardarli, poi prese la borsa per lasciarli da soli, ma una mano la trattenne. Era quella di Marta, la madre di Leon. “Unisciti a noi. In fondo anche tu fai parte della nostra famiglia, adesso” disse lei con tono dolce. Violetta la guardò sorpresa e poi si unì a quell’abbraccio di gruppo: sarebbe stata accanto al suo ragazzo fino alla fine.
“Allora, ti sei decisa a iscriverti?” chiese Maxi a Violetta. Erano passati due giorni da quando Leon si era svegliato, e non vedeva l’ora che fosse domani, così sarebbe potuta andare a trovarlo. Le mancava terribilmente il suo sorriso, i suoi occhi verdi… “Violetta, ma mi stai ascoltando?”  insistette Maxi, sventolandole una mano davanti gli occhi. “Si...anzi no, perdonami” rispose lei, riscuotendosi da quei pensieri felici. “Ti stavo chiedendo se ti sei iscritta alla gara di ballo a coppie. Io e Nata ci siamo già iscritti, e penso anche Francesca e Stefan, Camilla e Ricardo e Ludmilla e Andrea. Dai, manchi praticamente solo te” disse Maxi entusiasta. “Io…non credo…e poi non ho un partner” spiegò la ragazza, mentre la sua testa lentamente stava di nuovo per essere invasa da immagini di Leon. “Se hai bisogno di qualcuno, posso aiutarti io” disse Diego, facendosi avanti. “Per sbaglio ho sentito la conversazione e…se ti serve un partner…” continuò con molta sicurezza. “Non sarebbe una cattiva idea. Che ne dici, Vilu?” chiese Maxi. “Dice di no!”. Una voce proveniente da dietro li fece voltare: erano Maria e Federico. “Lei farà coppia con me, vero Vilu?” esclamò Federico, mettendosi in mezzo. “E tu Diego, non ti preoccupare. Visto che vuoi tanto partecipare, puoi stare con me” si intromise Maria. Non poteva sopportare quel ragazzo così vanitoso e pieno di sè e lavorarci insieme sarebbe stata davvero una tortura, ma non le piaceva il modo in cui aveva puntato Violetta, e li voleva tenere separati. “D’accordo!” esclamò Violetta, con uno sguardo ricco di gratitudine rivolto ai suoi due nuovi angeli custodi. Già…perché ormai li riteneva due amici essenziali, in grado di proteggerla sempre e comunque. Si alzò e prendendo la mano di Federico si diresse nel corridoio per prendere il modulo di iscrizione. “Mi hai salvato la vita” esclamò, mentre compilava il foglio per entrambi. “Figurati” rispose il ragazzo con un sorriso. “E intanto io mi becco il peggiore” si intromise Maria scherzando, prendendo uno dei fogli messi in pila. “In effetti, mi dispiace. Non ti meriti questo. Sei un’amica sincera e stare con quello lì deve essere una vera e propria punizione” ribatté Violetta, abbassando lo sguardo tristemente. Sincera…quella parola fece venire a Maria un profondo senso di colpa. Lei sapeva la verità su Angie, sapeva che si trattava della zia di Violetta, eppure non le aveva detto nulla. Si, è vero l’aveva promesso all’insegnante, ma si sentiva con un macigno sullo stomaco. Voleva cambiare discorso, non poteva pensarci: “Quindi domani potrai andare a trovare Leon?”. “Si. Non vedo l’ora di poterlo riabbracciare anche se…” cominciò a dire Violetta, ma le parole le morirono in gola. Tutti gli studenti avevano saputo dell’incidente di Leon e della sua conseguente paralisi, rimanendone profondamente addolorati: Leon era uno dei ballerini migliori dello Studio, secondo forse solo a Maxi, e uno studente pieno di talento. Ma adesso avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno…
“Tieni” disse Federico, porgendole un CD e rompendo il silenzio. “Contiene tutte le nostre canzoni cantate da noi. E’ un regalo per Leon” continuò poi, abbracciandola forte. Violetta corse a casa, in parte perché era in ritardo, in parte perché non voleva essere vista nuovamente in lacrime. “E quindi…” sussurrò Federico: erano rimasti solo lui e Maria, cosa che lo metteva parecchio in agitazione. “Quindi adesso siamo rivali!” esclamò scherzosamente Maria, dandogli un pugnetto sulla spalla e dirigendosi in aula per prendere degli spartiti. “Direi che ora sono rimasto proprio da solo” disse il ragazzo, osservando il corridoio vuoto. “Ma ci siamo noi!” esclamarono in coro Andrea e Andres, sbucando da dietro come se niente fosse e facendo fare un salto al povero Federico. “Io e Andres volevamo fare una gara a chi beve più velocemente granite. Vince l’ultimo a cui si congela il cervello. Sei dei nostri?” disse Andrea allegramente. “Ehm…mi piacerebbe tanto, ma ho dimenticato di…preparare il testo di una nuova canzone. Devo proprio scappare!” balbettò il ragazzo, fuggendo fuori dallo Studio. “Ma la sala prove non è dall’altra parte?” chiese Andres indicando un’aula dalla porta verde. “Sveglia amico, ci ha detto una balla” lo riprese Andrea, sbuffando. “Quindi non gli piacciono le granite?” chiese l’amico confuso. “Può essere Andres, può essere…” ribatté rassegnato Andrea, portandolo al Resto-Band.
Il gran giorno era arrivato. Violetta non aveva dormito la notte al pensiero di poter rivedere Leon. Si vestì in fretta e vide che erano ancora le sette di mattina: era così emozionata. Si preparò un discorso nella mente: riguardava il suo amore per lui, e la promessa che gli sarebbe rimasta accanto sempre e comunque. Mentre le ripeteva nella mente però quelle parole le sembrarono un po’ vuote. Forse al momento avrebbe saputo esprimere meglio i suoi sentimenti. Roberto la accompagnò davanti all’ospedale. Dopo aver ottenuto il permesso di una visita dall’infermiera capo-reparto, percorse il corridoio con tutto un altro spirito; si, correva, come il giorno dell’incidente, ma solo perché non poteva più aspettare: voleva vederlo, aveva bisogno di abbracciarlo. Era arrivata: stanza 207. Di lì a qualche giorno avrebbero cambiato stanza, visto che il pericolo era passato. Bussò timidamente alla porta: “Si può?”. Quando l’aprì un raggio di luce proveniente dalle grandi finestre le fece chiudere momentaneamente gli occhi e le pareti bianche la accecarono. “Violetta?”. Quella voce…si era lui. Riaprì gli occhi piano e lo vide: “Leon!”. Gli corse incontro e lo abbracciò, quasi stritolandolo. “Piano…piano…ahi!” esclamò lui sorridendo, cercando di sopprimere le fitte di dolore che gli percorrevano il corpo. “Leon…” ripeté, con le lacrime agli occhi e la mano appoggiata sulla sua guancia, sedendosi poi su una sedia vicino al suo letto. “Mi hai fatto preoccupare tanto” disse lei chinandosi finché i loro visi non furono a un centimetro di distanza. “Mi dispiace…l’ultima cosa che avrei voluto era farti versare delle lacrime. Per me, poi…” disse in un sussurro, appoggiando delicatamente le labbra sulle sue. Si era dimenticata di quanto fosse bello baciare Leon. Il suo cuore batteva furiosamente, e con quel bacio sentì di non dover dire nulla. Tutto quel discorso che si era preparato era inutile. Era tutto rinchiuso in quel semplice gesto: amore, speranza, fiducia e promesse. Quando si separarono continuarono a fissarsi per qualche minuto in silenzio, mentre lui stringeva la sua mano forte e la teneva sul petto, per essere certo che lei fosse lì con lui, che gli fosse vicina. “Quasi dimenticavo…” disse Violetta, rovistando nella sua borsa, tirando fuori un CD. “Questo è da parte dei ragazzi dello Studio” spiegò, porgendogli il dono. Leon la ringraziò con un sorriso triste. La musica…una passione che non avrebbe più potuto inseguire. Tutti loro avrebbero fatto carriera, avrebbero inseguito il proprio sogno, mentre lui…lui aveva perso ciò che più amava nella sua vita. Violetta notò il suo sguardo triste e capì: incredibile come ormai riusciva a comprendere tutti i suoi pensieri. Gli prese la mano e poi si avvicinò per baciarlo nuovamente. “E questo per cos’era?” chiese Leon, mentre il sorriso lentamente tornò a illuminargli il volto. Lei gli diede un pizzicotto sulla guancia: “Perché sei il mio Leon!”. Quindi lo abbracciò e si lasciò cullare dal suo battito cardiaco.
Ludmilla si aggirava per lo Studio, pronta a cogliere al volo la prima opportunità che le si fosse presentata per poter finalmente riavere Nata al suo fianco. “Allora, oggi andiamo al Resto-Band? Ti prego accompagnami, non mi va di parlare con Ricardo dopo l’ultima volta, ma non ci voglio nemmeno andare da sola” disse Camilla, supplicando l’amico. Nessuno dei due si era accorto che la biondina si era appostata per origliare. “D’accordo, ma non lo diciamo a Nata. Ultimamente è un po’ gelosa di te, e non vorrei che ci rimanesse male” disse Maxi, con un sospiro. Perché la sua ragazza non si fidava di lui? Ancora non riusciva a crederci…eppure le aveva dimostrato più e più volte quanto fosse autentico il suo amore. Ludmilla uscì soddisfatta dall’aula in cui si era nascosta: aveva abbastanza materiale, ora doveva solo trovare Nata. La trovò a provare nell’aula di ballo; “Nata carissima!” esclamò lei di colpo, facendola deconcentrare e facendola cascare rovinosamente. “Ho una notizia terribile” continuò, assumendo una faccia preoccupata falsissima. “Che è successo, Ludmilla?” chiese Nata, esasperata dai tentativi della sua ex-amica di separarla da Maxi. “Maxi e Camilla hanno un appuntamento e non ti hanno detto nulla. Fossi in te cercherei di tenermi stretta il tuo ragazzo, se possibile certo” disse con un ghigno malvagio. “Ludmilla, io ti conosco e non ti credo” rispose la ragazza mora con una smorfia. “Davvero? Prova a chiamarlo, Nata. E vediamo cosa si inventerà” la istigò Ludmilla. Nata prese il cellulare e con molta tranquillità digitò il numero di Maxi: “Pronto, Maxi? Ciao, senti che ne dici di vederci adesso?”. “Io…ehm, non mi sento molto bene. Per oggi preferisco rimanere a casa” rispose Maxi. “D’accordo, non ti devi preoccupare, piuttosto rimettiti presto, amore” disse la ragazza, marcando bene l’ultima parola. “Sta male” disse poi a Ludmilla secca. “Certo…vai al Resto-Band e vediamo se sta davvero tanto male, povero cucciolo” concluse Ludmilla, per voltarsi di scatto e andarsene. Nata aveva paura: e se avesse avuto ragione? E se l’avesse trovato con Camilla? Come avrebbe reagito? Cominciò ad incamminarsi e ad ogni passo la sua insicurezza aumentava. Era arrivata di fronte al Resto-Band, ma era terrorizzata al pensiero di entrare. Però non poteva nemmeno rimanere lì all'entrata come un’ebete, aprì la porta di vetro e si addentrò nel locale. Mosse un passo in avanti e alzò lo sguardo, che fino a poco prima aveva tenuto basso. Il suo cuore andò in frantumi: ad un tavolino Maxi e Camilla stavano ridendo e scherzando del più o del meno, mentre sorseggiavano il loro frullato. Fuggì via di corsa senza che i due si accorgessero della sua presenza, mentre le lacrime scendevano. Una cosa era certa nella sua mente: non voleva più vedere Maxi. Mai più.
Violetta stava camminando tranquillamente…era finito l’orario delle visite, ma era contenta di aver visto Leon, anche se aveva paura, paura di non essere in grado di lenire la profonda ferita che in quel momento lo stava distruggendo. Quando gli aveva consegnato il CD aveva visto il vuoto farsi avanti nel verde dei suoi occhi: tristezza, dolore, rassegnazione lo stavano lentamente avvolgendo e temeva che lei non sarebbe riuscita a strapparlo da quei sentimenti così cupi. Vide Stefan e lo salutò in lontananza: il ragazzo era triste e abbattuto quanto lei. “Allora come va?” chiese Violetta cercando di sfoderare un sorriso, che risultò molto tirato. “Violetta, io…” cominciò a dire Stefan, ma lei lo interruppe: “Non è colpa tua. E a proposito, mi devo scusare per come ti ho trattato, io non volevo, solo che mi sentivo distrutta” spiegò Violetta, mettendogli una mano sulla spalla. “Non ci ho fatto nemmeno caso. Perché, mi hai trattato male?” rispose con un sorriso. “Scemo” scherzò per poi abbracciarlo. Le erano mancati quegli abbracci con Stefan, che le davano tanta sicurezza. Un tempo erano amici, grandi amici; che era successo per farli allontanare in quel modo?
Stefan si sentiva agitato: di nuovo quel turbinio di emozioni che aveva cercato di evitare, ma che irrompevano ogni volta che si avvicinava a Violetta. Ultimamente aveva cercato di evitarla: aveva paura di quello che avrebbe potuto sentire per lei. E non voleva in nessun modo tradire Francesca; lei non lo meritava, era buona, dolce e l’amava. Si, l’amava e in quel periodo ne aveva preso coscienza. E allora perché quei brividi lungo la schiena quando abbracciava Violetta? Per di più fare un qualunque pensiero su di lei, gli sembrava un tradimento non solo nei confronti di Francesca, ma anche nei confronti di Leon. E Leon gli aveva salvato la vita…che razza di ringraziamento sarebbe stato il suo?! Già...si sentiva così in colpa. Quell’abbraccio nella sua mente stava assumendo l’aspetto di qualcosa di proibito, di impossibile e di irrazionale. Quando si separarono, Stefan si sentì chiamare: Francesca era a qualche metro da loro e aveva visto tutto: la sua faccia era preoccupata. “Vai da lei. Ci vediamo domani, Stefan” rispose Violetta, allontanandosi. Di nuovo quella sensazione…la forte gelosia nei confronti dell’amica. Eppure pensava di aver fatto chiarezza: era ovvio che non era così, perché riabbracciando Stefan le erano venuti in mente tutti i momenti in cui le era stato vicino, soprattutto nel periodo in cui aveva rotto con Leon. Fece un lungo respiro: non era quello il periodo dei dubbi, e per di più amava Leon, di questo ne era certa.
“Che succede?” chiese Stefan, avvicinandosi alla sua ragazza. Davanti a lei si sentiva scoperto: era come se riuscisse a leggergli dentro, e quella cosa lo spaventava. “Stefan, dimmi la verità: a te piace Violetta?” chiese Francesca. Si pentì subito di quella domanda, non voleva avere una risposta perché non avrebbe potuto sopportare un ‘si’. Stefan per conto suo si sentì spiazzato, messo al muro. Che doveva rispondergli? La risposta ovviamente era ‘no’, ma quella stupida parola non voleva uscirgli fuori. E più il tempo passava, più credeva che Francesca avrebbe pensato ad una risposta affermativa. “Ma cosa vai a pensare?! Io amo solo te, Francesca” riuscì finalmente a dire Stefan. Prese il viso tra le sue mani e la baciò dolcemente. Francesca si sentì sollevata a quel bacio: era stata una sciocca a dubitare; tutta colpa delle sue stupide paranoie. Ludmilla aveva osservato tutta la scena da dietro un albero e aveva sentito tutto. Quello era il suo giorno fortunato: aveva la possibilità di vendicarsi di Francesca per quando l'aveva abbandonata, confessando il piano per non far ammettere Violetta. Doveva solo lavorarci su... Con un sorrisetto si allontanò: doveva ponderare bene ogni sua mossa e giocarsi le sue carte in modo oculato. Stefan tenne Francesca stretta tra le sue braccia, ma si sentiva uno schifoso traditore. Nella sua mente si stava ripetendo che il suo amore per Francesca era autentico, sentito. Ma i sensi di colpa gli stavano attorcigliando lo stomaco, sensi di colpa per non aver risposto del tutto sinceramente alla sua domanda. 


NOTA AUTORE: chi mi odia? *alza la mano* No, io mi odio per questo capitolo; qui si stanno sfasciando tutte le coppie e io mi sento male :S A parte che amo la scena dell'abbraccio di gruppo della famiglia Vargas+Violetta *-* Allora Nata, grazie a Ludmilla (grazie, eh -.-), ha scoperto Maxi e Camilla insieme, Leon e Violetta per ora sembrano aver superato anche questa difficoltà: ma sarà davvero così? Le paure di Violetta sono fondate? Riuscirà a restare accanto al povero Leon? Eh, bohhhhh (o meglio io lo so già xD). Per quanto riguarda Stefan invece, i dubbi che lo avevano preso non-so-se-vi-ricordate-quando (all'incirca nel periodo in cui Violetta aveva rotto con Leon) sono tornati...ma lui ama Francesca. Insomma tanta confusione a manetta, yeahhhh (ovviamente ques'euforia è ironica). Ringrazio tutti voi che seguite la mia storia come sempre, buona lettura :D
P.S: adoro Andrea e Andres, sanno sempre come farmi ridere LOL E che ne pensate di Maria e Fede? Oltre che essere due grandi (perchè lo sono, cavolo *-*), potrebbe nascere qualcosa tra loro?
P.P.S: sono riuscito ad aggiornare per due giorni di seguito, sono commosso. Ma siete voi che mi motivate :D

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Capitolo 43
*** Lara: la ragazza perfetta ***


Capitolo 43
Lara: la ragazza perfetta

“Svegliati che è tardi! Stamattina comincia la gara!” esclamò Angie, svegliando dolcemente Violetta, che stava beatamente dormendo, anche se i suoi sogni erano tutt’altro che tranquilli. Non sapeva perché, ma aveva paura di perdere Leon…sognava di trovarsi in una stanza dalle pareti di vetro; dall’altra parte del vetro Leon le parlava, ma lei non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Riusciva a scorgere solo la sua bocca muoversi e dire qualcosa. Lentamente delle lacrime le scendevano: non riusciva a capirlo, e la cosa la stava distruggendo. “Allora?! Dormigliona!” disse l’istitutrice con un sorriso. “Mhhhh” disse Violetta, stiracchiandosi un po’ e alzandosi. “Grazie per la meravigliosa sveglia” disse lei ancora un po’ assonnata. Erano passati solo tre giorni da quando si era lasciata convincere ad iscriversi al concorso con Federico; da allora avevano provato giorno e notte, e appena aveva un secondo libero andava a trovare il suo Leon all’ospedale. L’aveva trovato molto diverso in quei giorni: era sempre di cattivo umore, se la prendeva con tutti, con i medici e con le infermiere. Solo lei era in grado di tranquillizzarlo, e se lo vedeva agitato cantava con tutto l’amore possibile; in poco tempo lui si calmava, fissandola negli occhi e tenendole la mano. Era la sua medicina per tutto il dolore che provava in quel momento. Ma Leon stava cambiando: con il tempo era diventato molto egoista: il mondo girava intorno a lui e il resto non esisteva. E non capiva perché le persone non gli dessero le attenzioni dovute. Era molto possessivo e geloso nei  suoi confronti, più del normale. La chiamava in continuazione al cellulare per sapere dove fosse, con chi fosse, quando sarebbe andata a trovarlo. Violetta era paziente, capiva di dovergli stare vicino il più possibile, ma dentro soffriva. Quello non era il suo Leon, era un’altra persona, e sperava fosse solo questione di tempo prima che tutto tornasse alla normalità. Si vestì con quei pensieri che la tormentavano e vide che aveva ricevuto cinque messaggi da Leon, tutti che le auguravano buona fortuna. Sospirò, ma allo stesso tempo un sorriso le illuminò per qualche istante il volto. Soffriva per lui, ma l’amava. Il resto non contava, perché sarebbe stata pronta a rinunciare a tutto. Prese la borsa e scese per fare colazione…
Era tutto apparecchiato, e German era di buon umore q
uel giorno. La festa di fidanzamento era stata fissata per febbraio, c’era ancora molto tempo. E questo non poteva che renderlo felice. E poi c’era la storia di Angie: sospettava che gli nascondesse qualcosa. Come mai parlava in modo tanto confidenziale con i genitori di Federico? Quel fatto lo aveva colto di sorpresa e gli aveva fatto venire una forte curiosità. “Eccole, alla buon’ora!” esclamò, vedendo le due scendere insieme. Violetta prese un cornetto al volo: “Scusa papà, vado di fretta, ho lezione di piano. Angie, fai pure con calma, vado da sola”. L’istitutrice insistette per accompagnarla, soprattutto per non rimanere da sola con German: si sentiva molto in soggezione di fronte a lui. “Non si preoccupi, lasciamo pure mia figlia questa piccola libertà” disse German. Angie si sentì spacciata, mentre a Violetta quasi non cadde il cornetto dalle mani per la gioia; poteva andare da sola allo Studio! Forse suo padre lentamente stava cominciando a vederla per quello che era, una diciassettenne alla soglia della maggiore età. Già, perché negli ultimi di gennaio avrebbe compiuto diciotto anni. Non voleva fare una festa, forse solo una rimpatriata con gli amici, ma avrebbe voluto passare quel giorno tanto speciale solo con Leon. Sarebbe stato il regalo più grande stare con Leon per tutto il giorno e magari… decise di non pensare al suo ragazzo, anche se le risultava molto difficile, e provò a concentrarsi sulla gara. Trovò Federico che l’aspettava all’entrata, camminando avanti e indietro nervosamente. “Eccomi!” disse lei, correndo ad abbracciarlo. “Perfetto, allora stiamo a posto” esclamò Federico, sfregandosi le mani e ripassando mentalmente tutti i passi. Ma qualcuno a loro insaputa aveva fatto una foto di quell’abbraccio…Gabriella sorrise perfidamente: non si era dimenticata del suo obiettivo, conquistare Leon, e quella foto l’avrebbe aiutata.
"German come mai mi fissa in quel modo?" chiese Angie, mentre stava imburrando una fetta biscottata. "Le volevo chiedere come mai aveva tanta confidenza alla festa di fidanzamento con i genitori di Federico, se non risulto troppo indiscreto..." disse German. Per poco non le andò tutto di traverso: che si poteva inventare? "Si, risulta molto indiscreto" disse lei, alzandosi e dirigendosi in cucina. "Aspetti la prego!" esclamò German, afferrandole il braccio e facendola voltare di scatto. I loro visi erano vicinissimi: il profumo dei capelli dorati di Angie lo inebrò totalmente e mai prima di quel momento dopo la morte di Maria sentì di voler baciare una donna. Quella labbra l'attiravano sempre di più. Senza pensarci accorciò le distanze. German era sicuro di una cosa: la desiderava e non poteva più nasconderlo.
“Sei pronta?” chiese Maxi, avvicinandosi a Nata con l’intenzione di abbracciarla. “Stammi lontano, mostro traditore!” strillò la ragazza con le lacrime agli occhi. “Ma…cosa ti ho fatto?” chiese Maxi, preoccupato. “Ti ho visto con Camilla, e non provare a negarlo. Tra noi è finita. E non dire nulla…non ti voglio ascoltare” disse lei, tirandogli uno schiaffo. “Ma…ma…” provò a spiegare Maxi, con la confusione nella testa per quell’evento inaspettato. “Continueremo questa gara e le prove in modo puramente professionale, ma non mi rivolgere più la parola!” concluse Nata, scappando via per asciugarsi le lacrime e darsi una sciacquata al viso. Non appena fu entrata in bagno si guardò allo specchio: Ludmilla aveva sempre avuto ragione. E lei l’aveva ignorata come una sciocca. Non sapeva che fare: tornare amica di Ludmilla o rimanere sola? La solitudine. Il suo peggior incubo era sempre stato quello: era il motivo per cui i primi giorni aveva deciso di diventare amica di Ludmilla, il motivo per cui aveva sempre eseguito i suoi ordini. Ma adesso era stanca…stanca di tutto e di tutti. “Cara, che ti prende?” le disse una voce lì vicino. Nello specchio accanto al suo riflesso, vide quello di una ragazza bionda, la star dello Studio 21. Si voltò per un attimo: non c’era nessuno in quel bagno, quindi era solo frutto della sua immaginazione. “Rimarrai sempre sola, Nata. Ricordati queste mie parole. E quando sarò famosa riderò mentre la gente passerà senza vederti. Sei destinata ad essere invisibile e…” parlò il riflesso. Nata si portò le mani alle orecchie: non voleva più sentire nulla. Aveva tanta paura e tanta voglia di piangere, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. “Maria!” disse lei, facendo un salto per lo spavento. “Scusa, non volevo metterti paura. Ma tu non stai bene, sei pallidissima” proferì lei con calma. “Ti va di parlarne?” chiese poi. Nata annuì: aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, chiunque esso fosse. E Maria le ispirava fiducia…le raccontò della sua grande paura, di come si sentisse abbandonata, di come odiasse Maxi per quello che le aveva fatto. Maria la ascoltò in silenzio: la capiva. Quelle parole poteva benissimo dirle anche lei. Qualche settimana fa si era sentita esattamente allo stesso modo: provava odio nei confronti della sua unica amica, Camilla, perché le aveva portato via Ricardo, e si era sentita sola, non amata. Maria si lasciò cadere a terra, addosso al muro del bagno, cingendo le gambe con le braccia. “Ti capisco più di chiunque altro, ho provato lo stesso. Posso darti un consiglio?” disse dopo che ebbe terminato il racconto. Nata annuì, sedendosi accanto a lei: aveva bisogno di conforto e qualunque consiglio le sarebbe parso rincuorante. “Io penso che la solitudine non sia così male. Certo non intendo dire che sia bello rimanere da soli, senza amici, ma a volte stare da soli, a contatto unicamente con noi stessi, è un modo per capire in modo autentico chi siamo e cosa vogliamo” disse la ragazza, fissandola dritta negli occhi. Aveva ragione: aveva seguito ciecamente Ludmilla e poi si era buttata tra le braccia di Maxi, considerandolo il suo salvatore. Ma non si era mai chiesta cosa volesse davvero. E non sapeva nemmeno definire la vera Nata… La parole di Maria, così sincere e semplici, le avevano spalancato un mondo, un mondo dove Nata non era più la persona incerta e insicura di sempre, ma piuttosto era sicura di sé e delle sue aspirazioni. “Grazie mille” disse Nata, abbracciandola per la contentezza. Aveva chiuso con Maxi e la cosa la faceva stare molto male, ma di una cosa era certa: non sarebbe più caduta tra le grinfie di Ludmilla, non prima di conoscere veramente se stessa.
La gara iniziò seguendo la seguente scaletta: Diego-Maria, Ricardo-Camilla, Violetta-Federico, Maxi-Nata, Ludmilla-Andrea, Gabriella-Andres, Stefan-Francesca. Infatti erano stati gli unici a passare la preselezione e si contendevano il primo posto. “La gara consiste in una prova di tre minuti in cui dovrete esibire la coreografia da voi preparata. Verrà assegnato un punteggio. Chi totalizzerà il punteggio più basso verrà eliminato. I punteggi si sommeranno alle prossime prove. Sarete valutati da una giuria composta da tre persone, che si metteranno d’accordo sul voto finale, tenendo conto di tecnica, sintonia e interpretazione. Se siete pronti, possiamo cominciare” disse Pablo nelle vesti di presentatore. La prima coppia entrò per esibirsi…
“Siamo andati uno schifo!” disse Camilla, uscendo insoddisfatta. “Non è stata colpa tua, sono stato io a sbagliare dei passi, ti chiedo perdono” si scusò Ricardo, con la faccia afflitta. “Infatti ultimamente non ci stai proprio con la testa…ma si può sapere che ti prende?” chiese la ragazza, sbuffando. “Ma niente…” provò a dire lui, abbassando lo sguardo. “Ricardo, io non ti riconosco. Adesso mi dici che ti sta succedendo!” ribatté Camilla, iniziando ad alterarsi. “Ok, ti dirò tutto. Ma smettiamola di fare questo teatrino davanti a tutti!” esplose Ricardo, prendendole la mano e trascinandola lontano dagli altri. “E ora sul palco…Violetta e Federico” annunciò Pablo. Violetta era molto nervosa: avevano provato tanto, ma non riusciva a concentrarsi. “Andrai benissimo” le sussurrò Diego da dietro, facendole venire un brivido lungo la schiena. “Grazie, ma non credo proprio…non ci sto tanto con la testa” disse lei gentilmente. “Invece, sono sicuro che farai faville. Non potrebbe essere altrimenti, data la tua bellezza” continuò lui galantemente. Violetta fece un sorriso timido: non era abituata a ricevere quel tipo di complimenti dai ragazzi, o meglio li sentiva solo dal suo Leon. Ed ecco che il pensiero riandava a lui…niente, quella gara sarebbe andata un disastro, se lo sentiva. “Si, bravissimo…Vilu, andiamo” li interruppe Federico, trascinandola con il braccio sul palco. “Devi imparare a non essere sempre gentile con tutti” le sussurrò il partner prima di iniziare. La musica partì: era una sorta di tango reso ritmico da qualche percussione, e la coreografia presentava qualche difficoltà. Le note di ‘Te Esperarè’ invasero la sua mente. ‘No, non farlo. Basta, smettila’ si ripetè Violetta nella mente, mentre piano piano perse la coordinazione con Federico…
“Allora, adesso parliamo” disse Camilla nel corridoio deserto. “D’accordo. Ho visto tutto: sono state Ludmilla e Gabriella a incastrare Arianna. Lei è innocente” esclamò infine Ricardo, liberandosi di quel peso angosciante. “Ma è fantastico! Andiamo subito a dirlo ad Antonio” disse la ragazza entusiasta prendendogli la mano, ma lui rimase fermo come una statua con la faccia paralizzata dal terrore. “Non posso” disse Ricardo con lo sguardo basso. “Perché?” chiese lei, guardandolo di sbieco. Non riusciva a capirlo: avevano le prove per incastrare quelle due arpie e si tirava indietro in quel modo? “Io…ero lì per un motivo. Ho scambiato il mio compito che era da consegnare ad Angie prima delle vacanze di Natale, perché era venuto malissimo e non volevo un basso voto. Io non vado molto bene nella sua materia, così mi sono fatto aiutare da un amico e ho scambiato gli spartiti” spiegò Ricardo, vergognandosi a morte. “Quello per cui ti ha fatto i complimenti Angie? Ricardo ma questo è barare, è una cosa ignobile” disse Camilla scandalizzata. “Lo so, ho sbagliato, ma adesso non posso farci nulla. Non posso testimoniare a favore di Arianna, perché dovrei spiegare come mai c’ero anch’io quel pomeriggio” continuò il ragazzo. “Ma tu devi parlare! Pensa a tutto quello che Leon ha fatto per te, pensa a tutto quello che Violetta ha fatto per te, facendo finta di facendo finta di essere la tua ragazza. Non puoi tradirli così” cercò di convincerlo, ma nei suoi occhi c’era già la risposta: aveva troppa paura, non era in grado di prendersi la responsabilità per gli errori commessi. E lei non voleva una ragazzo così. “Ricardo, mi dispiace, ma se la pensi così, tra noi non può andare avanti. Ti credevo un ragazzo migliore” disse lei con un sussurro. Voleva tanto piangere, ma era una ragazza forte, lo era sempre stata. E odiava chi mentiva o nascondeva la verità. Perché per lei la verità era un qualcosa di sacro che andava sempre difeso, soprattutto quando ci andavano di mezzo degli innocenti. “Camilla, aspetta…” disse Ricardo, prendendole il braccio. Ma lei si scostò di colpo: “Come puoi fare questo alle persone che ti vogliono bene? Come puoi lasciare che un innocente paghi per una colpa non commessa? Mi hai deluso. E non c’è niente di peggio della delusione da parte di una persona che si ama” disse lei correndo per rientrare nel teatro e sapere le votazioni della gara. Non che le importasse: voleva solo stare lontana da Ricardo, non voleva vederlo, e sperava fortemente di non essere passata al turno successivo.
“La coppia Diego-Maria prende un bel…8! Compimenti! La coppia Ricardo-Camilla…5. Poteva andare certamente meglio, ma sono sicuro che ci avete messo tutta la buona volontà. Violetta e Federico prendono…6. Bravi,  ma potete fare di più! Maxi e Nata prendono…9! Davvero in gamba continuate così” disse Pablo. Maxi guardò in modo speranzoso la sua partner, che girò lo sguardo di scatto, rivolgendo un sorriso a Maria. “Proseguiamo. Ludmilla e Andrea prendono…7. Bene, ma Andrea dovresti concentrarti più sulla musica, e meno sulla tua partner. Gabriella e Andres prendono…7!”. I due compari, Andres e Andrea, si batterono il cinque soddisfatti, mentre Gabriella e Ludmilla si guardavano in cagnesco: non potevano sopportare di essere andate allo stesso modo. “Mancano Stefan e Francesca…che prendono 8! Bravissimi, i giudici hanno notato una grande intesa tra di voi”. Francesca abbracciò Stefan contenta, stampandogli un bacio sulla guancia. “Bene…quindi se non sbaglio, Ricardo e Camilla ci salutano. Per gli altri, appuntamento qui tra altri tre giorni. Dovrete preparare una nuova coreografia” continuò Pablo. Una nuova coreografia in tre giorni?! Tutti si guardarono perplessi: già era stato difficile la prima volta, ma adesso con tutta la tensione della gara era quasi impossibile. “Dovremo metterci a lavorare subito” disse Federico. “Prima devo fare un salto in ospedale per raccontare tutto a Leon. Ci vediamo dopo!” esclamò Violetta. Federico la guardò andare via…Leon, sempre Leon. Lui capiva tutto, era contento per il loro amore, ma aveva un timore che lo assillava: Violetta stava sacrificando una gara importante per il suo futuro per Leon. Lo aveva notato, aveva letto la deconcentrazione nei suoi occhi durante la gara. Era giusto che Violetta si sacrificasse in quel modo? Non sapeva come comportarsi: non voleva mostrarsi indelicato e parlarne con Leon, era un questione che riguardava solo loro due, ma in qualche modo doveva agire. “Un frullato per festeggiare?” gli chiese Maria, facendolo riscuotere da ciò che stava pensando. “Certo!” esclamò il ragazzo, contento che l’avesse chiesto proprio a lui. Maria era una ragazza così dolce, prima non l’aveva considerata nel modo che meritava. E si…forse si era preso anche una cotta per lei. “Veniamo anche noi!” esclamarono all’unisono Andres e Andrea. “Ma certo!” rispose con un sorriso Maria. Federico sbuffò: ma quelli si dovevano sempre mettere in mezzo? “Mi state cominciando a preoccupare: adesso parlate anche contemporaneamente!” esclamò poi, mettendosi a ridere. Era bellissima quando rideva, e Federico quasi si incantò a guardarla. Ma c’era un piccolo problema: lui con le ragazze era una completa frana.
Violetta arrivò in ospedale: finalmente avrebbe riabbracciato Leon, era stato il suo pensiero fisso per tutto il giorno. Ma quando entrò trovò una brutta sorpresa: il suo ragazzo, e nella sua mente sottolineò il possessivo ‘suo’, stava parlando nella stanza con una bellissima ragazza, dai capelli castani, il fisico perfetto, il viso perfetto, gli occhi perfettamente perfetti. C’era qualcosa di non perfetto in quella lì? “Ti presento Lara. Nel tempo libero fa volontariato con i pazienti dell’ospedale” disse Leon, non appena la vide all’entrata. Era anche maledettamente e perfettamente buona. In quell’istante voleva solo incenerirla a dovere, per  disintegrare quel sorrisetto perfetto. “Piacere, sono Lara” disse lei tranquillamente, tendendole la mano. Aveva anche una voce perfetta! Questo era troppo; strinse la mano con un po' troppa forza e si voltò verso il lettino; la cosa che le faceva più male era vedere Leon con un sorriso beffardo e cattivo. Perché le faceva questo? Perché voleva farla soffrire in quel modo? Più passava il tempo, più si rendeva conto che quello non poteva essere il vero Leon. 

NOTA AUTORE: Ciao a tutti!!! Sono ancora vivo e con un nuovo capitolo. Devo dire sono soddisfatto sia di come l'ho scritto (però ero mezzo rincoglionito quindi magari ho toppato alla grande xD), sia di come sta proseguendo la storia (e anche lì...manco troppo. Si stanno lasciando un pò tutti :S). Comunque parliamo del capitolo: è arrivata Lara a rompere, e anche di brutto. Ma la cosa che più addolora Violetta (e anche me ç.ç) è che Leon sta cambiando, non è lo stesso Leon di sempre, forse sarà la frustrazione di non poter camminare... (ok, si è quella). Mostra un atatccamento eccessivo nei confronti della sua ragazza e sta diventando anche un pò egoista: che fine ha fatto il nostro Leon? ç.ç Lo scopriremo più in là xD Poi Nata ha lasciato Maxi, ma non ha intenzione di tornare con Ludmilla, e tutto grazie a Maria. Oddio ma io questa qui la amo sempre di più...è buonissima, dolcissima, discretamente bella...cavolo ma me la prendo io, chi la lascia a Federico ù.ù Ok, torniamo con i piedi per terra. Camilla lascia Ricardo...giustamente, aggiungo. Ricardo l'ha delusa profondamente. Nel frattempo inizia la gara, e Ricardo e Camilla vengono sbattuti fuori, mentre Federico nota che Violetta per Leon, sta lentamente smettendo di inseguire la sua passione. Come rimediare? Il prossimo capitolo dovrebbe intitolarsi 'Game Over' (nella mia testa), ma vedremo....comunque commentate e fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo (che stranamente a me è piaicuto xD). Buona lettura e grazie a tutti :D

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Capitolo 44
*** Game Over ***


Capitolo 44
Game Over

“Ci puoi lasciare soli?” chiese Violetta, con un sorriso tiratissimo. “Ma certo…Leon ti serve altro?” chiese Lara con fare premuroso. “Se gli serve qualcosa glielo porto io…grazie!” ribatté spingendola praticamente fuori dalla stanza per poi chiudere la porta. “Si può sapere che ci trovi da ridere? Non è stato affatto divertente vederti flirtare con quella lì, miss perfettina” continuò infuriata. “Io faccio come mi pare” disse Leon con uno sguardo arrogante. “Leon, smettila di comportarti in questo modo. Mi dai sui nervi!” strillò Violetta, esasperata. Non ce la faceva più: non si era resa conto di quanto potesse essere duro stargli accanto sempre e comunque, ed erano solo all’inizio. “Beh, neanche a me fa piacere vederti con altri in atteggiamenti amorosi” sbottò il ragazzo, prendendo il cellulare e mostrandole la foto di lei che abbracciava Federico. Violetta guardò la foto e rimase in silenzio…di nuovo aveva frainteso la sua amicizia con Federico. Prima Stefan e adesso l’italiano. Cosa doveva fare per fargli capire che non l’avrebbe tradito mai? “Leon, basta con queste storie. Federico è solo un amico! Come puoi pensare che voglio stare con altri ragazzi, quando ho te, che sei l’unico a farmi battere il cuore così forte?!” rispose con gli occhi lucidi, pronta a scoppiare a piangere e portando la mano del ragazzo sul suo petto per fargli sentire i battiti del suo cuore. Leon la guardò: era rimasto stupito dalle sue parole. Un barlume di luce si fece strada nei suoi occhi, che in quei giorni erano stati spenti. “Io…hai ragione, scusa. Sono stato un’idiota, non volevo” sussurrò, seriamente pentito. Violetta si buttò tra le sue braccia, cercando di trattenere le lacrime. “Raccontami della gara” le disse dolcemente, accarezzandole piano la testa. Violetta si sedette vicino a lui e iniziò a raccontare: parlò della loro esibizione, di come lei avesse pensato per tutto il tempo a lui e alle note di Te Esperarè (e qui Leon si sciolse in un sorriso da innamorato), di come Camilla e Ricardo erano stati eliminati. Gli occhi erano pieni di emozioni mentre raccontava, e Leon non poté fare a meno di pensare che fosse bellissima quando parlava di ciò che più la appassionava, il canto e la danza. Si sentiva solo una palla al piede per lei, qualcosa che la ostacolava per raggiungere il conseguimento del suo sogno, ma si tenne quelle considerazioni dentro. Lei avrebbe negato e invece lui sapeva, sapeva che anche lei in fondo pensava lo stesso. Arrivò la sera e l’orario delle visite terminò, per cui Violetta se ne dovette andare. “Ciao, amore” disse lei, dandogli un leggero bacio sulle labbra. Leon rimase sorpreso: l’aveva chiamato amore. Si sentiva così onorato di quella piccola parola, per lui significava molto, ma un velo di tristezza l’avvolse di nuovo: che razza di persona era? Chi era lui per impedire a Violetta di seguire la sua passione? Lei gli aveva dimostrato il suo amore, ora toccava a lui.
“Cosa sta succedendo qui?” chiese Jade, scendendo le scale piano e interrompendo il momento. “Niente!” esclamarono i due all’unisono, allontanandosi con uno scatto. “German, dobbiamo andare a prenotare il ristorante per il fidanzamento e parlare con il party planner, sei pronto?” chiese Jade con una certa fretta. “Certo, certo…” esclamò German, con poca convinzione, portando il polso agli occhi e accorgendosi di non avere l’orologio. “Ho dimenticato il mio orologio in camera, vado a prenderlo” parlò l’uomo, dirigendosi verso le scale. “Non si preoccupi, posso andarci io. Tanto devo prendere un libro in camera di Violetta” esclamò allegramente Angie, salendo di corsa e andando in camera di German. Era la prima volta che entrava in quella stanza: le pareti erano di un blu scuro e vicino al letto matrimoniale c’era un comodino di legno che dall’aspetto sembrava essere piuttosto antico. Prese l’orologio, che si trovava sul piano del comodino, e notò un cassetto semi aperto con la chiave ancora inserita. La sua curiosità venne subito a galla…chissà che nascondeva German in quel cassetto; si avvicinò un po’ e si chinò per aprirlo: dentro c’erano solo documenti, pezzi di carta, e una pagina ingiallita. Quest’ultima però le fece venire una scossa: era la pagina del diario di Maria! Allora l’aveva strappata lui…ma perché? Prese con mano tremante la pagina: aveva paura di scoprire qualcosa di terribile. Lesse le prime righe attentamente…poi lesse la data scritta in alto a destra. Non era possibile eppure…eppure…Continuò a leggere con avidità, ed ogni parola si infilava come una lama sottile nel suo petto. Si portò la mano alla bocca, con un'espressione angosciata: quello che aveva fatto Maria era orribile, non la avrebbe mai creduta capace di una cosa del genere. “Angie?! Ha trovato il mio orologio?” la chiamò German dal salone. La donna si riscosse, rimise la pagina al suo posto ripiegandola con cura, mentre una lacrima solcò il suo viso, la prima di tante. Scese le scale, cercando di far finta di nulla. “Eccolo!” esclamò, porgendogli l’orologio con il cinturino in cuoio nero. “La ringrazio infinitamente, Angie” disse German con uno sguardo ricco d’amore. Lo guardò in silenzio: quell’uomo aveva sofferto davvero tanto per Maria, solo adesso poteva comprenderlo. E in più c’era quell’altra questione… “Non si preoccupi” sussurrò lei, mentre German e Jade stavano per uscire.
Un bellissimo giardino fiorito si estendeva di fronte a lui, mentre teneva la mano della sua Violetta. Nell’altra mano la ragazza aveva un volantino, c’era scritto: ‘Esibizione speciale di Violetta Castillo. Non mancate!’. Non seppe spiegarselo, ma prese quel foglio e lo appallottolò con cattiveria. “Perché Leon? Perché vuoi impedirmi di cantare?” chiese lei mentre cominciava a piangere. Non poteva vederla in quel modo, non ci riusciva, ma il Leon del sogno era divertito da quella scena, e rideva selvaggiamente. Era felice di averle portato via tutto, felice di poterla tenere legata a lui per sempre. “Che sbruffone!” lo chiamò un ragazzo con i capelli scuri e lo sguardo pieno d'odio. Era Diego. Ma che ci faceva nel suo sogno? “Dici di amarla e poi le rovini la vita…” gli disse tendendo la mano a Violetta. Lei prima guardò la mano protesa, poi lanciò un’occhiata spaventata e dispiaciuta allo stesso tempo a Leon, e la strinse, lasciando all'istante la sua. Quella stretta gli creò un’angoscia insopportabile: che razza di ragazzo era diventato?
Leon si svegliò sudatissimo: quel sogno era stato tremendo, eppure era sicuro che un giorno sarebbe potuto diventare realtà…chiuse gli occhi per riprendere sonno e si addormentò con quel peso sul cuore.
“No, no e ancora no! Violetta ma ci stai con la testa?” la rimproverò Federico severo. Era mattina, i due avevano cominciato a provare sul presto, e Violetta aveva sbagliato nuovamente i passi per la coreografia: non poteva andare avanti così, non si concentrava, faceva tutto in modo superficiale e poco professionale. “Hai ragione, ti chiedo perdono” disse Violetta, abbassando lo sguardo triste. “Scusa, non volevo arrabbiarmi. E’ solo che l’ultima volta ci siamo salvati per un pelo…dobbiamo recuperare un bel po’ di punti, se vogliamo restare in gara” la rassicurò Federico, porgendole la bottiglietta d’acqua. “Hai ragione” sussurrò lei, con la testa rivolta a Leon. “Come vanno le cose con Leon?” chiese il suo partner, quasi leggendole il pensiero. “Bene. Forse. Insomma non proprio. E’ che a volte mi dà l’impressione che voglia farmi impazzire” si sfogò Violetta, sedendosi vicino a lui. “Ieri mi ha presentato una ragazza che va lì a fare volontariato. Bellissima ovviamente. E per un momento l’ho visto felice del fatto che io stessi soffrendo di gelosia. Ma…in modo diverso, quasi cattivo. Quello non era il mio Leon” continuò, liberandosi del peso di quei giorni. Federico annuì e prese una decisione: voleva parlare con Leon, doveva fargli capire che stava facendo soffrire la sua ragazza e che doveva smetterla di comportarsi in quel modo. Non appena finirono di provare, si diresse all’ospedale con il suo motorino. Si tolse il caso e lo tenne in mano, poi cominciò a girare per i corridoi dell’ospedale cercando la stanza di Leon. Finalmente la trovò e quando entrò lo vide parlare con la ragazza di cui le aveva parlato Violetta. “Leon, ti devo parlare!” esclamò entrando. Il ragazzo si voltò verso di lui con una punta di odio: detestava il rapporto che aveva instaurato quel tipo con Violetta, e il fatto che partecipassero insieme alle competizione. “Stavo parlando con Lara” disse lui, rivolgendosi alla sua interlocutrice. “Non importa, io vado, ci vediamo dopo Leon” disse lei, lasciandogli un bacio sula guancia e andandosene. “Ma non ti vergogni a trattare così Violetta?” chiese Federico alterandosi. “Non mi sembra di stare facendo nulla di male” rispose l’altro fissando la parete con freddezza. “Tu forse no…ma quella lì è chiaro che ci sta provando e tu non dovresti starci in quel modo. Hai una ragazza che ti ama, si può sapere che altro vuoi?” lo aggredì il ragazzo. “Camminare, ma purtroppo per me non è possibile. Se era solo questo che volevi dirmi puoi anche andartene” rispose Leon, evitando di guardarlo dritto negli occhi. Il silenzio si impadronì della stanza: quella risposta aveva di molto spiazzato il povero Federico, che comunque cercò di concentrarsi sul motivo per cui era lì. “No, sono venuto a parlarti di Violetta. Ultimamente è strana, non riesce a concentrarsi e sta lentamente abbandonando la sua passione per il canto e il ballo. Sono preoccupato” spiegò Federico. Il volto di Leon assunse un’espressione impercettibilmente preoccupata: il suo incubo si stava avverando. “Non ti preoccupare, lo aveva capito. Rimedierò io, una volta per tutte. E ora vattene, voglio stare da solo” disse lui. Il ragazzo uscì e se ne andò, ma non voleva tornare a casa, quindi decise di fare una passeggiata. Si trovò nelle vicinanze di una sala giochi, e decise di farci un salto. Era un luogo molto confusionario con luci fastidiose e gente di ogni età che giocava ai videogiochi. Tra tutto quel trambusto la figura angelicata di Maria fu come un apparizione per il giovane. Era molto presa da un videogioco in cui bisognava sparare e colpire i nemici nello schermo. “No, ho perso di nuovo! Sono davvero una frana” esclamò lei, poggiando la pistola giocattolo sul ripiano, per prendere un altro gettone da inserire. “Maria?!” disse Federico, avvicinandosi. “Fede!” esclamò lei felicissima di vederlo qui. “Che ci fai qua dentro?” chiese interessato. “Non si vede? Sto giocando!” scherzò lei. “In realtà sono venuta con Andres e Andrea, mi hanno invitato loro. Ma io in questi giochi sono una frana” aggiunse poi guardando con una certa rassegnazione lo schermo con la scritta che diceva ‘Game Over’. “Ti insegno io” disse Federico al settimo cielo: era il suo modo per provare a fare colpo. Lui giocava a quei giochi da quando aveva cinque anni, aveva accumulato una certa esperienza. Si mise dietro di lei e le prese le braccia da dietro, facendole puntare la pistola nel modo giusto: “E ora, premi il grilletto!” gli disse all’improvviso. La ragazza eseguì l’ordine ed abbattè il primo nemico. “Che bello!” disse Maria entusiasta. “Prova da sola, ora” la incoraggiò Federico. Maria annuì e si mise in posizione…niente, era proprio impedita. La scritta ‘Game Over’ apparve nuovamente. “Lo sai qual è il bello di un videogioco?” disse il ragazzo mettendosi vicino a lei e prendendo un gettone. “Che c’è sempre il pulsante ‘Nuova partita’” continuò poi con un sorriso. Maria rimase in silenzio a quelle parole: le sarebbe piaciuto annullare il periodo in cui le piaceva Ricardo, per continuare ad essere amica di Camilla. Ora che si erano lasciati, avrebbe voluto consolarla, ma non ne aveva il coraggio. Invece con un bel ‘Nuova partita’ tutto era possibile. E lo stesso pensiero attraversò la mente di Federico: si era sentito uno sciocco ad essere andato a parlare con Leon, e temeva di aver peggiorato la situazione. Avrebbe voluto resettare tutto e ricominciare da capo, così ci avrebbe pensato due volte prima di commettere quell'assurdità. ‘Rimedierò io, una volta per tutte’. Cosa aveva voluto dire con quelle parole? Non lo sapeva, ma aveva un brutto presentimento. Maria fece per scendere dalla pedana e lasciare così la postazione ad altri giocatori, ma inciampò finendo addosso a Federico. I due erano vicinissimi e Federico si incantò a contemplarla: era così bella, così dolce e…basta, voleva solo baciarla. Cercò di accorciare le distanze con un certo imbarazzo, poteva sentire il suo respiro, quando… “Ragazzi, avete finito qui?” si mise in mezzo Andrea. “Ah, ma forse abbiamo interrotto qualcosa…” aggiunse poi con un sorrisetto, mentre i due si separarono di colpo, rossissimi in viso. “Non so, Andrea, non credo, io non vedo interruttori da nessuna parte. Cosa avremmo interrotto?” disse Andres confuso. “Il tuo cervello, Andres, il tuo cervello” esclamò l’amico, portandosi una mano sulla fronte rassegnato, mentre Federico e Maria scoppiarono a ridere. “Si può interrompere un cervello?” chiese Andres, cominciando a pensarci su. “Credo proprio di si, perché è appena successo” esclamò Andrea, accennando anche lui un sorriso.
Stefan stava passeggiando tranquillamente, quando si ritrovò davanti Ludmilla. “Se stai cercando Francesca, come puoi vedere non è con me” disse lui, prendendo da subito le distanze. “Veramente io stavo cercando proprio te, caro Stef” rispose Ludmilla con una certa malizia nello sguardo. “Per te sono Stefan, e vieni al sodo. Che vuoi?” disse lui impassibile. “Non fare la roccia con me, tesoro. Ho visto come guardi Violetta. Non è che per caso senti qualcosa per lei?” chiese lei con una certa malignità. Stefan rabbrividì ma cercò di non darlo a vedere: “Ovviamente no. Io amo solo Francesca”. “Per favore, sei ridicolo, puoi anche evitare di fare il finto tonto con me. Volevo solo dirti che ti appoggio in pieno, e credo che anche Violetta sia interessata a te in quel senso” esclamò la biondina avvicinandosi per non farsi sentire. Il ragazzo si sentì confuso: anche Violetta provava lo stesso? Eppure lei l’aveva allontanato, facendogli capire che lo considerava solo un amico. No…sicuramente si era inventato tutto quell’arpia. Ma se non fosse stato così? Il dubbio lo stava logorando. “Non mi credi, vero? Non mi aspettavo che lo facessi. Comunque un modo per essere sicuri ci sarebbe…” cominciò a parlare Ludmilla. “Quale?” la interruppe subito. “Forse dovresti provare a darle un bacio. O non te la senti?” chiese lei con aria di sfida. “Non dire sciocchezze, non farei mai una cosa del genere a Francesca” ribatté Stefan con uno sguardo disgustato. “Come preferisci…Io il consiglio per non rimanere con dei dubbi te l’ho dato. Bye!” lo salutò con fare imperioso, per poi dirigersi a passa svelto a casa. La fase uno del piano era completata…Il suo obiettivo era vicino: doveva solo lavorarsi Stefan a dovere.
Camilla richiuse la porta della sua camera dietro di sé e si buttò sul letto. Non voleva uscire da quella stanza, nemmeno se fossero venuti a minacciarla con una gru. Una vibrazione nella sua tasca le fece capire che le era arrivato un messaggio. Tirò fuori il cellulare: “Di nuovo quello schifoso!”. Non voleva parlargli, non voleva sentirlo, non ne voleva più sapere: aveva tradito la sua fiducia e non poteva perdonarlo a meno che non avesse aiutato Arianna con la sua testimonianza. “Camilla, vieni a pranzo?” la chiamò una voce dalla cucina. “Arrivo, mamma” ribatté lei a voce alta, rialzandosi dal letto con gli occhi lucidi. Si diresse in bagno e si sciacquò il viso, come se volesse liberarsi del dolore che si era impresso. Odiava piangere, la faceva sentire così debole…
Violetta scese dall’auto del padre e salutò Roberto. Si ritrovò ancora in ospedale, Leon aveva espresso il desiderio di parlarle e lei ne era rimasta sorpresa, ma soprattutto felice. Sicuramente si voleva scusare per come si era comportato l’ultima volta, e anche se lei l’aveva già perdonato, aveva apprezzato che ci tenesse a chiedergli perdono con tanta insistenza; le ricordava tanto il vecchio Leon di cui era innamorata. Bussò alla porta della camera e sentì la sua voce invitarla ad entrare. “Eccomi, Leon, di che mi vuoi parlare?” chiese lei allegramente. “Violetta, so che è passato del tempo…so che avrei dovuto dirtelo prima, ma non ci sono mai riuscito e adesso penso sia giusto che tu lo sappia, visto quanto stai facendo per me” disse Leon, guardando fisso lo parete bianca dietro di lei. “Dimmi tutto” lo incoraggiò Violetta con un sorriso, cercando di avvicinarsi, ma Leon le fece segno di rimanere ferma dove fosse. “Voglio finirla con te. Io non ti amo né mai ti ho amato” disse lui, scandendo bene la parole per risultare chiaro. Frantumi. Il cuore di Violetta andò in frantumi, riducendosi in tanti piccoli pezzi. Si sentì mancare l’aria e un forte senso di vertigini si impadronì di lei. Il suo mondo era venuto a mancare, e un profondo abisso la stava trascinando sempre più giù.

NOTA AUTORE: io ho già preparato la corda...chi mi vuole impiccare è benvenuto. SI SONO LASCIATI ç.ç *va in un angolino e piange* Anzi, Leon l'ha lasciata, e anche se animato da buone intenzioni, gliene direi quattro. L'ha lasciata perchè aveva paura che per lui avrebbe rinunciato al suo sogno, gesto che lui ha ritenuto nobile, ma sbagliato a prescindere per me. Eh...quanti di noi vorremmo fare un bel 'Nuova partita' qualche volta (io per primo!), ma non so se sarebbe bello: insomma se sapessimo già a prescindere di poter premere il pulsante Reset non impareremmo dai nostri errori, come invece facciamo (spero xD) *momento filosofico* OK, perdonatemi, lasciatemi sclerare in libertà xD Allora Maria e Fede sono fgfgfgfgfgf, li amo, e la povera Cami sta soffrendo tantissimo ç.ç Poi boh, come se il capitolo non fosse già triste di suo, Ludmilla rompe le scatole e io mi chiedo perchè, perchè Ludmilla ç.ç Allora qui abbiamo un problema: a parte questa ff e quell'altra 'Amore Impossibile' (che anche se è una vita che non aggiorno non l'ho abbandonata, sto lavorando a un capitolo fgfgfgfgfgfgoso e iper-Leonettoso LOL), ho idee per 4 nuove ff a tema Leonetta (quale più, quale meno). Allora visto che voglio cominciare a pensare almeno a come strutturare la storia, vorrei che mi deste una preferenza. Eccovi le 4 opzioni (tanto prima o poi le scriverò tutte xD):
1) Crossover con Pokemon (e tutto è parito immaginandomi Leon con il cappelletto da Ash): Leon esce dall'Accademia per allenatori con un passato misterioso alle spalle, Violetta è la figlia di un capopalestra. Entrambi vogliono diventare campioni della Lega, e le loro strade sono destinate a incrociarsi più volte
2) la Vendetta di Violetta: Violetta arriva allo Studio 21. Nessuno si ricorda di lei, ma lei sa...lei è fuggita da quella scuola in seguito a un giorno terribile al primo anno. Ora è tornata per vendicarsi: Leon e Ludmilla gliela devono pagare.
3)Assassinio allo Studio 21: un giallo. Viene ucciso il povero Gregorio e Pablo, investigatore con il suo assistente Leon inizia le indagini. Una ragazza misteriosa, colpi di scena e ovviamente una storia d'amore
4)Il mistero del Faro: leggero tocco soprannaturale e OOC. Violetta odia il mare poichè ad esso è legata la storia della morte della madre. In questo paesino che dà sul mare in cui arriva, incontra due amori: Thomas, come una brezza marina che la fa stare bene. E poi c'è Leon...Leon è il fuoco, l'ardente desiderio a cui non sa resistere; anche se il ragazzo è più grande e la sorella di lui, Francesca, le sconsiglia una storia d'amore cosa accadrà...aggiungiamoci il mistero di un fantasma di una giovane innamorata...
Eccole...voi datemi una preferenza così comincio a lavorarci sopra. Ok, penso di aver detto tutto, alla prossima :D

 

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Capitolo 45
*** Delusione e Tradimento ***


Capitolo 45
Delusione e tradimento 

“Stai…stai scherzando?” disse Violetta, tirando fuori a forza le parole. Non riusciva a parlare, non riusciva a pensare, era come se tutto si fosse fermato, come se tutto avesse perso un significato. Se fosse stato uno scherzo, sarebbe stato di pessimo gusto, ma almeno ci avrebbe riso su…ma qualcosa le stava suggerendo che era tutto vero, che Leon aveva detto seriamente quelle parole che la stavano logorando dentro a forza di sentirle rimbombare nella sua testa. Non si sentiva più le gambe, quindi si avvicinò per sedersi ai piedi del letto. “Non è uno scherzo, è la verità. Semplicemente la verità” disse Leon, cercando di mantenersi freddo e distante. Violetta strinse la mano intorno al ciondolo con la nota musicale che le aveva regalato Leon per Natale, e che da allora aveva portato tutti i giorni. “Io…non posso crederci, non dopo tutto quello che è successo tra di noi, non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme” sussurrò Violetta, cercando di prendergli la mano, ma il ragazzo la scostò. Quel gesto fu per lei peggio di un coltellata dritta al petto. “Ora vattene, voglio rimanere da solo” disse Leon; non avrebbe retto un altro secondo a vederla così, stava a stento trattenendo le lacrime, ma doveva essere forte, per entrambi. Doveva renderla libera, non voleva che rinunciasse a nulla per lui, si sarebbe portato il peso della colpa per il resto della vita e non voleva; desiderava unicamente vederla felice e ai suoi occhi quello era l’unico modo per riuscirci. “Leon, io…non so cosa ho fatto di male, ma parliamone, ti prego. Io non voglio perderti” lo supplicò Violetta con voce tremante, sull’orlo del pianto e della disperazione. “Violetta, basta! Non c’è nulla da aggiungere” urlò lui, facendola sobbalzare per un secondo. “Ma, io…” cercò nuovamente di dire lei, ma venne interrotta: “Possibile che tu non l’abbia ancora capito? Possibile che tu sia davvero così ingenua? Perché credi che facessi il romantico e dolce con te? Non mi dire che ci sei cascata, era ovvio che il mio unico obiettivo fosse quello di portarti a letto”. Questo era troppo, anche Leon si pentì di quelle parole, si era lasciato prendere la mano. In quel momento qualcosa si ruppe tra loro, il legame di fiducia e amore che li univa non esisteva più. Una rottura che non poteva essere vista, né toccata, né avvertita, ma che era sentita unicamente da loro due. Violetta si alzò lentamente con il viso rigato dalle lacrime, e senza aggiungere nulla uscì dalla stanza in silenzio. Leon la vide uscire e si sentì un verme; non l’aveva solo lasciata, aveva fatto molto di peggio: aveva distrutto la fiducia e la speranza di una ragazza; e non una ragazza qualsiasi, bensì la sua Violetta. Si mise sotto le coperte ed iniziò anche lui a piangere: non voleva essere visto da nessuno, mentre conviveva con quel dolore, continuando a ripetersi invano che quella era stata la scelta giusta, che non avrebbe potuto fare altrimenti, che così facendo le aveva regalato la libertà; ma quelle parole suonavano vuote e ciniche nella sua mente. Tutto ciò che vedeva era solamente l’espressione addolorata e delusa della ragazza. E chi l’aveva deluso era stato proprio lui.
Quando uscì dall’edificio bianco si sentì accecata dalla luce del sole, ma questo non la fece sentire meglio, anzi…ogni cosa le ricordava Leon e le sue parole, quelle maledette parole che non la volevano abbandonare. Muoveva i passi in modo incerto, come barcollando, sentiva la mente annebbiata e un gran mal di testa si impadronì di lei. Non credeva a nulla di quello che gli aveva detto il ragazzo, crederci avrebbe significato arrendersi, rinunciare al suo amore, e lei non voleva. Si sarebbe aggrappata a quell’unico barlume di speranza che le assicurava che era tutto falso, che Leon aveva agito così per qualche motivo a lei ignoto. Eppure una parte di lei si sentiva presa in giro e non poteva non ascoltare quella vocina dentro che le insinuava il dubbio: e se la avesse davvero presa in giro? Se davvero il Leon dolce e gentile fosse stata solo una facciata? Una cosa era certa: si sentiva ingenua e impotente in ogni caso. Mentre faceva queste riflessioni, andò a sbattere addosso a un ragazzo: non le interessava nemmeno sapere se lo conoscesse oppure no, biascicò uno ‘scusa’ poco convinto e proseguì per la sua strada. “Violetta!” esclamò quella persona, costringendola a voltarsi e a farsi vedere in quel momento di debolezza. Era così indifesa… “Ah, sei tu, Diego” disse con un tono deluso. Sperava si trattasse di Stefan o Federico, e invece aveva incontrato l’ultima persona che volesse vedere. “Come mai questa faccia triste?” chiese il ragazzo, avvicinandosi preoccupato. “Non mi va di parlarne, ma grazie comunque” rispose la ragazza cercando di andarsene, ma venne bloccata di nuovo: “Sicura, sicura?”. Voleva rispondere di si, ma di nuovo ripensò alla scena di Leon e lo abbracciò impulsivamente, scoppiando a piangere. Diego le accarezzò lentamente la testa, cercando di rassicurarla. “Leon mi ha lasciato” disse seccamente lei, non appena si fu separata dall’abbraccio con un certo imbarazzo. “E allora non ti merita” ribatté con sicurezza il ragazzo. Violetta si indispettì un po’: chi era lui per sapere chi meritasse oppure no? Le dava fastidio quel tipo di atteggiamento, ma decise di fare finta di nulla, per quella volta. “Dovresti guardarti intorno e vedrai che troverai tanti ragazzi che farebbero la fila per stare con te” spiegò Diego con un sorriso complice. Già, tanti ragazzi…ma nessuno poteva prendere il posto di Leon, nessuno poteva donargli le stesse emozioni, di questo ne era sicura. “Non credo di voler qualcuno adesso, ma grazie per avermi consolato, ciao!” esclamò lei, cercando di farsi vedere risollevata per poter andarsene. Diego rispose al saluto e, non appena si fu allontanata, tirò fuori il cellulare per fare una chiamata: “Pronto? Ciao, Gabriella. Notizia fantastica: la coppia perfetta è scoppiata. Dobbiamo incontrarci per poter agire. Si, sono pronto anch’io a tutto, ma Violetta deve essere mia”.
Angie si diresse in presidenza: non voleva vedere Cristobal in faccia, non dopo quello che aveva letto in quella pagina di diario, ma era stata indetta una riunione straordinaria di tutti i docenti per parlare dell’incidente il giorno dello spettacolo. Bussò alla porta della presidenza con una cera indecisione, per poi entrare. Mancava solo lei, gli altri insegnanti erano già tutti lì. “Vi ho riuniti qui, perché dopo alcune indagini è stato accertato che i sostegni della trave caduta sono stati allentati di proposito, quindi tutto lascia pensare a un sabotaggio. Le indagini continueranno, e ognuno di noi sarà interrogato dagli agenti. Non avremo pace finché non sarà fatta giustizia” spiegò Cristobal. Tutti annuirono…ma il colpevole era davvero tra di loro? Chi poteva anche solo aver pensato a una cattiveria del genere? “Inutile aggiungere che a causa di questo disastro la situazione economica dello Studio 21 è in bilico. Confido che tutti voi comprendiate la serietà delle difficoltà che attraverseremo d’ora in poi. Questo concorso di ballo a coppie ci ha consentito di rimediare qualche entrata, ma non basta. Ho finito, per altre comunicazioni indirò una riunione nel pomeriggio” concluse il preside, giocherellando con la penna blu, e fissando uno ad uno gli insegnanti. Tutti uscirono uno ad uno, tranne Angie che si sentiva i piedi incollati al pavimento. “Angie, ha qualcosa da dirmi?” chiese Cristobal perplesso, vedendola ancora nella stanza con lo sguardo fisso sulla scrivania. “Come hai potuto fargli questo? Come hai potuto tradire la fiducia di tutti noi?” strillò Angie senza alcun preavviso. Era stanca di tenersi tutto dentro, voleva liberarsi, voleva togliersi un peso. Cristobal si alzò con uno scatto e chiuse la porta: “Si può sapere di cosa stai parlando?”. “Ho letto tutto, Cristobal. Ho letto di quella notte in cui Maria ha tradito German con te! Mi fai schifo, come hai potuto? Maria era sposata, e hai approfittato di lei in un momento di debolezza, in cui non si sentiva amata dal marito!” spiegò Angie con gli occhi lucidi. Cristobal la guardò incredulo: allora aveva scoperto tutto? Se aveva letto il diario di Maria aveva capito anche che…
‘ In quei giorni German era partito per lavoro: si era diretto in Messico per concludere una trattativa importante. Da quando erano sposati, Maria si sentiva abbandonata: non le dedicava più quelle dolci attenzioni come faceva in passato, adesso era sempre e solo preso dal suo lavoro. La sera la venne a trovare Cristobal, il suo primo amore, con cui aveva mantenuto rapporti di amicizia. Erano solo loro due in casa, e a causa del maltempo Maria gli propose di rimanere a dormire nella stanza degli ospiti. Ognuno si preparò per andare nel proprio letto, ma ad un certo punto a notte fonda, Cristobal sentì bussare alla porta della sua camera da letto. Maria entrò: nella sua vestaglia da notte bianca e con i capelli mossi leggermente scompigliati sembrava una creatura celeste. Si buttò sul letto accanto a lui e cominciò a piangere: aveva paura che German la stesse tradendo con una donna, altrimenti come spiegare le sue continue assenze e la freddezza nei suoi confronti? Cristobal la strinse forte a sé e le diede un bacio sulla guancia fino a scendere sulle labbra. I due si guardarono impauriti: che stava succedendo? Qualcosa si era riacceso tra di loro quella notte e non potevano ignorarlo. Dopo qualche minuto si ritrovarono nudi a fare l’amore come una volta, travolti dalla passione del momento, e dal desiderio di entrambi. Era un modo per dirsi addio per sempre, per ricordare il loro amore sopito. Maria voleva dimenticare e si aggrappò al passato come unico appiglio per andare avanti, non sapendo quanto fosse grande quell’errore, non immaginando che quella notte avrebbe creato solo problemi.’
“Angie, ti posso spiegare…” cercò di dire Cristobal. “Quindi è tutto vero? Non voglio sapere nient’altro” disse Angie, cercando di andarsene. In fondo aveva quasi sperato che la smentisse, che le dicesse che la sorella si era inventata tutto, ma la realtà, la concretezza di quel gesto ricadeva su di lei in modo inesorabile. “E quindi anche quell’altra questione…” accennò l’insegnante, con le mani che tremavano per la rabbia e la sofferenza. “Silenzio! Non voglio che nessuno ci senta, ne parleremo in privato, dopotutto ti devo delle spiegazioni” disse il preside, provando a mostrarsi convinto di ciò che stava dicendo. Angie annuì e uscì dalla stanza, sbattendo la porta con furia. Le sue paure si erano avverate: prima di scoprire il segreto di Maria, aveva avuto il timore di rovinare il ricordo che conservava della sorella. Ed era proprio ciò che era successo…
“Stefan, Stefan carissimo!” esclamò Ludmilla, avanzando decisa lungo il corridoio per dirigersi all’armadietto dove il ragazzo stava armeggiando con partiture e appunti di musica. Non appena si sentì chiamare da quella voce fin troppo falsamente gentile, sbuffò impercettibilmente e si voltò per sapere cosa volesse questa volta da lui. Si vide di fronte al viso un articolo di giornale con il titolo: ‘Il bacio chiarificatore’. “Non sono io che lo dico, è la scienza” esclamò Ludmilla con un ghigno malefico. Stefan buttò un’occhiata sull’articolo: si parlava di particolari sostanze liberate nel momento del bacio. A seconda della quantità liberata di tali sostanze che arrivano al cervello a detta dell'articolo era possibile capire in modo inequivocabile la forza dei sentimenti per una persona. Stefan la guardò perplesso: “E io dovrei crederci?”. “Senti, carino. Se non vuoi crederci quando lo dice la scienza, io non so che aggiungere. E’ il modo migliore per toglierti tutti i dubbi” disse Ludmilla. Il ragazzo annuì rileggendo l’articolo: sembrava tutto molto logico, quindi forse…perché non provarci? No, non poteva farlo per una questiona di rispetto nei confronti di Francesca, di Leon e di Violetta. Questi ultimi due stavano insieme e si amavano, non voleva certo mettersi in mezzo per creare discordia. “Credo che passerò, ma grazie per il consiglio” ribatté dopo averci pensato un po’ su. Non riusciva ancora a capire come mai Ludmilla fosse tanto gentile con lui e cercasse di aiutarlo; ci doveva essere qualcosa sotto, ma non sapeva cosa…Ludmilla lo vide dirigersi a lezione: lentamente il ragazzo si stava lasciando guidare, inconsapevole di essere una pedina fondamentale per la riuscita del suo piano. Quell’articolo fasullo di sua creazione stava riuscendo nell’intento di convincerlo a cambiare idea e a baciare Violetta. E lei non si sarebbe lasciata sfuggire un’occasione del genere.
Maria si aggirò per i corridoi con una lettera rossa in mano: lì c’era scritto il segreto di Angie, doveva solo infilarlo nell’armadietto di Violetta. Alla festa di fidanzamento non era riuscita a dirglielo, ma adesso aveva capito che se voleva davvero essere sua amica, non le poteva nascondere niente. E se non riusciva a dirlo a parole, cosa poteva esserci di meglio di una lettera anonima? Si avvicinò sempre di più per poi infilare la busta con un gesto rapido. Ecco fatto, ora si era sentita sollevata. Proprio in quel momento arrivò Violetta con una faccia distrutta. “Che ti è successo?” chiese Maria, preoccupata. “Dov’è Federico? Sono venuta per le prove pomeridiane” rispose lei senza nessuna emozione. “E’ alla sala di danza che ti aspetta…Ma sicura di non volerne parlare, prima?” disse l’amica, sfiorandole il braccio con una carezza. “Io e Leon…non stiamo più insieme. Oggi è una giornata terribile, spero solo che sia l’unica brutta notizia, perché non potrei sopportarne altre. Grazie per avermi ascoltato e per esserti preoccupata, ora vado” disse Violetta con lo sguardo basso. Maria deglutì lentamente: Violetta aveva già ricevuto una notizia terribile, e scoprire che Angie era sua zia avrebbe peggiorato la situazione delicata di per sè. Doveva assolutamente riprendersi quella lettera, a tutti i costi. “Cosa ti succede Maria?” chiese Andrea, avvicinandosi a lei e notando la disperazione nei suoi occhi. “Io…devo riprendere una cosa, che per sbaglio ho dato a qualcuno, ma senza sapere che quel qualcuno avrebbe già potuto subire qualcos’altro di cui non sapevo nulla. E se ora leggesse quella cosa, un’altra persona ci soffrirebbe…e io ho sbagliato. Hai capito?” chiese Maria, parlando velocemente in preda all’ansia. “Veramente no…Mi sono perso al ‘qualcuno’” disse Andrea, grattandosi la fronte. “Non importa, devo recuperare una lettera rossa, e tu devi darmi una mano!” esclamò puntandogli il dito contro. Andrea sorrise felicissimo: “Una missione, come gli agenti segreti…bisogna recuperare il pacchetto nel nido. Aquila madre a passero solitario”. Poi poggiò la borsa a tracolla per terra e cominciò a trafficare fino a tirare fuori un paio di occhiali neri e due walkie-talkie. Indossò gli occhiali con fare misterioso. “Agente 00A, ad agente 00M, sono pronto per compiere la nostra missione” disse Andrea, calandosi fin troppo bene nella parte della spia e porgendogli il walkie-talkie. “Tu ti porti questi affari tutti i giorni a scuola?” chiese la ragazza, indicando l’oggetto che gli aveva appena dato. “Una spia non rivela mai i suoi segreti, piccola” rispose Andrea, cominciando a correre verso l’armadietto di Violetta, facendo capriole e rotolando per terra, nascondendosi di tanto in tanto per non farsi vedere. “Andrea, il corridoio è deserto, si può sapere che diamine stai combinando?” lo riprese Maria, sospirando. Aveva chiesto alla persona sbagliata, ma tanto ormai era in ballo, e poi non aveva nulla da perdere.
Thomas stava facendo un giro per il parco, pensando alla sua sfortuna: prima Violetta, innamorata persa di Leon, poi Francesca, che si era messa con Stefan, un suo caro amico. Insomma possibile che lui non avesse la possibilità di innamorarsi di qualcuno e di essere ricambiato? Senza rendersene conto andò a sbattere contro una ragazza che stava facendo jogging con le cuffiette nelle orecchie. “Scusa…” disse Thomas, ponendo le mani avanti. Lei annuì tranquillamente e continuò a correre. Era una ragazza più o meno della sua età, dai capelli di un colore biondo scuro, che ondeggiavano mentre correva, e dagli occhi di un verde brillante. Aveva qualche sprazzo di lentiggini sul viso, ma questo agli occhi di Thomas contribuiva solo ad aumentare il suo fascino. Sentì di voler conoscere il suo nome…ma forse non l’avrebbe più rivista; già si era allontanata correndo chissà dove. Mise le mani in tasca, continuando per la sua strada, con l’immagine di quell’incontro che gli ronzava in testa. 

NOTA AUTORE: Rieccomi! Allora parliamo di questo capitolo, ricco di colpi di scena, insidie e piani malvagi. Allora Leon ha lasciato Violetta in modo piuttosto crudele, ok magari leviamo il piuttosto... *piange in un angolino* E nonostante tutto voglio bene a Leon, perchè ci sta soffrendo anche lui, ma lo vede come unico modo per renderla libera (Leon riprenditi, please... ç.ç). La prima parte del segreto di Maria è venuta a galla!!!!! Segreto che tutti noi aspettavamo, ma questa è solo la prima parte...sarà la seconda parte di questo segreto a sconvolgere la situazione del presente (ma non aggiungo altro...), di che si tratterà??? Ludmilla trama, Diego e Gabriella sono alleati e tramano anche loro, stanno tutti tramando insomma; Thomas si è innamorato (poverino un pò di gioia anche a lui...) e...Maria ha combinato un casino a cui deve porre rimedio. Inizia una corsa contro il tempo per recuperare questa fantomatica lettera che creerebbe solo problemi; il tutto con l'aiuto di Andrea, alias agente 00A...aspettate, io ho amato la scena di Andrea e Maria...ahahahhaha Andrea mi fa morire xD Ok, credo di aver detto tutto, alla prossima e buona lettura ;)
P.S: ci sto pensando io a punirmi per queste scene tra Leon e Violetta, no problem *tira fuori il cilicio* 

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Capitolo 46
*** La lettera scarlatta ***


Capitolo 46
La lettera scarlatta

“Cos’è questa faccia?” chiese Federico, notando la tristezza sul volto della sua partner. Violetta non disse nulla, ma corse ad abbracciarlo per poi scoppiare a piangere. “Ma…che ti prende?” chiese il ragazzo, confuso e preoccupato. “Leon…Leon mi ha lasciata. Lui non mi hai mai amato, mi ha illusa!” disse lei tra un singhiozzo e un altro. Federico sentì un forte senso di colpa: era stata forse colpa delle sue parole? Doveva assolutamente parlare con Leon e farlo rinsavire, non era quello il modo giusto per aiutare Violetta; così l’avrebbe fatta soffrire e basta. “Per oggi niente prove” disse il ragazzo, prendendo la sacca con il cambio, e dirigendosi fuori dall’aula aspettandola alla soglia. “Ma…ma, dopodomani abbiamo la gara!” esclamò Violetta mentre si asciugava le lacrime con un fazzoletto. “Non importa, tanto in questo stato non riusciremmo a combinare nulla di buono, è meglio riposarsi, poi domani metteremo a posto le ultime parti della coreografia, e come andrà andrà” spiego Federico facendole cenno di prepararsi per andarsene. Violetta annuì: effettivamente in quello stato le sarebbe stato impossibile trovare la concentrazione, la testa le scoppiava e la visuale le risultava sfocata a causa del pianto. Raggiunse Federico e insieme si incamminarono per uscire.
“Allora, quanto ti ci vuole?” chiese nervosa Maria, incitando Andrea che cercava di scassinare l’armadietto di Violetta. “Non è semplice come nei film” spiegò il ragazzo in seria difficoltà. “Siamo rovinati…agente 00A, sei una frana su tutta la linea! Sta arrivando, codice rosso, codice rosso!” esclamò Maria, osservando i due ragazzi farsi strada parlottando. “Davvero mi accompagneresti per andare a parlare con Leon? Grazie, grazie davvero!” disse Violetta, risollevandosi un po’ il morale. “Che succede qui?” chiese poi, notando i due che fischiettavano allegramente intorno al suo armadietto. Andrea si tolse gli occhiali con fare seducente: “Ciao piccola, sono 00A, ma tu puoi chiamarmi Bond, Andrea Bond”. Maria lo prese per l’orecchio: “Non ascoltatelo, oggi non sta molto bene”. “D’accordo, allora prendo un attimo una cosa dall’armadietto e andiamo in ospedale” disse Violetta ridendo e inserendo la combinazione per aprire l’armadietto. “E questa?” chiese, tirando fuori una busta rossa con scritto ‘Per Violetta’. Maria si sentì male: era la lettera, non doveva leggerla, altrimenti avrebbe scoperto la verità su sua zia… “La leggerò dopo” disse Violetta, riponendola nella borsa e uscendo con Federico dopo averli salutati. Maria si accasciò per terra con la faccia distrutta: non ce l’aveva fatta. E ora? “Mica vorrai arrenderti così, vero?” disse Andrea. Le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, e lei con un timido sorriso la afferrò. Aveva ragione 00A, non era il caso di arrendersi in quel modo. L’avrebbe seguita in ospedale e approfittando di un momento di distrazione avrebbe cercato di sottrargli quella maledetta lettera. “00M è pronta a riprendersi l’oggetto della missione” esclamò Maria decisa, trascinando Andrea fuori per chiamare un taxi: la missione ‘Lettera Scarlatta’ era solo all’inizio…
“Gabriella, noi due dobbiamo parlare!” una voce da dietro la costrinse a voltarsi. “Ricardo, cosa vuoi da me?” chiese la ragazza, mentre si specchiava con noncuranza. “Tu…io ho visto tutto!” esclamò Ricardo puntandole il dito contro. Gabriella gli fece abbassare la mano con uno sguardo glaciale: “Non capisco di cosa tu stia parlando”. “Non fare la finta tonta…vi ho viste, te e Ludmilla, incastrare la povera Arianna. E vi do un ultimatum: andate a parlare con Cristobal e raccontategli la verità, prima che lo faccia io” disse Ricardo. “Ciò che mi chiedo è proprio questo: perché non hai già spifferato tutto? Sono sicuro che nascondi qualcosa anche te, caro Ricardo. Quindi non penso proprio che il tuo trucchetto per farmi parlare funzionerà” spiegò Gabriella con un sorrisetto soddisfatto. Chiuse l’armadietto di colpo e si diresse in aula per provare una nuova canzone, mentre Ricardo rimase lì immobile: il suo piano era fallito. Incrociò lo sguardo di Camilla che lo stava fissando mentre parlava con un gruppetto di studenti. “Possiamo parlare?” disse lui avvicinandosi e prendendole il braccio per tirarla in disparte. Camilla gli fece lasciare la presa con uno sguardo pieno d’odio: “Mi dispiace ma ho da fare, Ricardo”. Quelle parole vennero pronunciate con freddezza, una freddezza tale da congelargli le ossa. Lo guardò un’ultima volta prima di salutare gli altri e andarsene a lezione.
“Li vedo, stanno per entrare” esclamò Andrea, nascosto dietro un muro lì vicino. “Ok, allora io mi addentro, passo e chiudo” rispose Maria dall’altro lato della strada col walkie-talkie in mano. “Sono certo che Leon si rimangerà tutto…” provò a consolarla Federico. “Già, ma tu non ti senti seguito?” chiese Violetta per poi girarsi di scatto e dare un’occhiata dietro. Maria non appena si rese conto che Violetta stava per voltarsi, si nascose dietro un secchio della spazzatura lì vicino, riuscendo a non farsi vedere per un miracolo. “Qui 00M a 00A. Sono molto vicina all’obiettivo. Al mio via diamo inizio al piano” parlò Maria. “Secondo me sei solo molto stanca. Dai, chiediamo se è orario di visite” disse Federico. I due entrarono nell’edificio, seguiti a distanza da Maria e Andrea che si erano riuniti… “Appena entrati ci separiamo. Il primo che li trova avverte l’altro, d’accordo?” disse Andrea, rimettendosi gli occhiali da sole. I complici entrarono e come da piano si separarono alla ricerca del loro obiettivo. Violetta si avviò lentamente per i corridoi per poi fermarsi davanti a una stanza: “E’ questa…”. Solo poco tempo prima era fuggita in lacrime da quel luogo e ora ci era tornata, questa volta però con il supporto di un amico. Si preparò a bussare quando una voce la fermò: “Fossi in te non lo farei”. Si voltò e Lara si avvicinò in modo autoritario. “Come mai? Io devo parlare con Leon ed è orario di visite ancora, quindi…” spiegò Violetta con freddezza. Non sopportava quella Lara, era sempre attaccata a Leon e sicuramente avrebbe voluto portarglielo via, lo leggeva in quell’espressione di superiorità che assumeva quando la guardava. “Leon non vuole ricevere visite…” disse Lara. “Ma…” provò a dire Violetta. “Sveglia, carina, non ti vuole proprio vedere. Prima lo capisci e meglio è per tutti” la interruppe lei, trascinandola via, mentre Federico le seguiva insospettito. Violetta andò a sbattere contro qualcuno con un impermeabile nero, facendo cadere la borsa e rovesciando tutto il suo contenuto. “Mi dispiace tantissimo!” disse una voce familiare, ma la ragazza era troppo ferita dal fatto che Leon non le volesse nemmeno parlare per prestare attenzione alla persona che aveva davanti, la quale si chinò subito cercando di non essere vista in volto e cominciò a raccogliere tutto quello che era caduto. “Non ti preoccupare ti do una mano io” disse Federico, chinandosi per aiutare a raccogliere tutti gli oggetti sparsi. Prese la lettera rossa per terra insieme al personaggio misterioso, che alzò lo sguardo. Maria?! Lei lo implorò senza dire nulla di non rivelare la sua identità. “Che ti prende?” chiese Violetta, vedendolo imbambolato. “No, niente!” disse Federico scattando in piedi e mollando la presa. Maria si mise la lettera in tasca di nascosto e borbottò delle scuse per poi andarsene. Non appena uscita dall’ospedale saltellò felice: ce l’aveva fatta! Era riuscita a evitare che scoppiasse una catastrofe a causa sua, grazie anche all’aiuto di Andrea…a proposito, ma Andrea che fine aveva fatto?
Lara dopo aver accompagnato i due sgraditi ospiti fuori dall’ospedale, rientrò e in fretta si diresse nella stanza dove Leon stava seduto con la schiena addosso al muro. “Ho sentito delle voci” disse il ragazzo non appena la vide entrare con un mazzo di fiori che sistemò su comodino. “Nulla di importante, erano le infermiere” mentì Lara facendogli un grande sorriso. “E’ venuto nessuno a trovarmi?” chiese il ragazzo con un filo di speranza nella voce: anche se aveva rotto con Violetta, aveva sognato di poterla vedere almeno un’altra volta. Nonostante tutto l’amava ancora, tanto, forse anche troppo. “No, nessuno” continuò a mentire Lara. La speranza lo abbandonò del tutto: Violetta non era venuta a trovarlo; e come dargli torto dopo come si era comportato? “Non ti abbattere, vedrai che tornerai a camminare” disse la ragazza sedendosi vicino e scostandogli il ciuffo. Leon si infastidì un po’ a quel gesto: solo Violetta poteva fare una cosa del genere, nessun’altra, ma decise di far finta di nulla. Per fargli capire quanto però non volesse quella vicinanza prese la mano e gliela tolse dalla sua fronte. Lara rimase imbarazzata e confusa: l’aveva indirettamente respinta, ma lei non si sarebbe arresa. “Leon tra due giorni potrai uscire di qui…è arrivata la sedia a rotelle, e potrai tornare a casa. Per quanto riguarda i tentativi di riabilitazione e le visite specializzate, c’è una struttura non molto distante. E se non ti disturba, ti vorrei dare una mano, mi sono affezionata molto a te” spiegò con calma guardandolo negli occhi. “Grazie Lara, sei davvero una persona speciale. Ora se non ti dispiace però vorrei stare un po’ da solo” disse Leon facendo un sorriso forzato. Lara annuì e si alzò per poi lasciarlo da solo. Il ragazzo si stese del tutto, cercando di prendere sonno. Già...Lara era una ragazza bellissima e con lui era gentile e premurosa. Quanti pro…Contro: non era Violetta. E per quanto cercasse di non pensarci il suo viso distrutto si parava di fronte a lui, facendogli prendere una stretta al cuore. Ripensò al loro primo bacio e gli venne da sorridere: era stato così magico, al buio, con i cuori di entrambi che battevano a mille. E allora perché? Perché si era comportato in quel modo? Per aiutarla…ma aveva davvero fatto il suo bene? L’aveva davvero resa libera, o solo infelice? Forse aveva solo aggiunto altro dolore, finendo col peggiorare la situazione invece che migliorarla. “No, ho fatto la cosa giusta, per entrambi” si ripeté per darsi sicurezza, prima di addormentarsi e sognare…anche nei sogni Violetta appariva per baciarlo in modo appassionato. E poi non si sapeva spiegare perché, il momento dopo facevano l’amore ed era tutto così bello, così emozionante, ma allo stesso tempo nella sua mente risultava tutto impossibile, perché ormai il suo idillio si era rotto e avrebbe dovuto imparare a convivere con questa realtà.
“Stefan, stavo pensando a una cosa…” disse Francesca mentre era mano nella mano con il suo ragazzo. “Dimmi” ribatté il ragazzo dolcemente. “Mi vergogno un po’, in realtà” spiegò Francesca, diventando rossissima. “Ma prima dimmi che cosa vi stavate dicendo tu e Ludmilla” aggiunse poi con un tono curioso. Quindi li aveva visti quella volta in corridoio…“Ma, niente di che…voleva sapere qualcosa sulla coreografia che stavamo preparando. Non ti preoccupare non gli ho detto nulla” mentì Stefan con lo sguardo basso. “Ma di cosa volevi parlarmi?” disse per cambiare discorso. “Ecco io volevo dirti che ti amo e che quando tu vuoi io sono pronta” affermò Francesca sempre più rossa. “Pronta per cosa?” chiese Stefan confuso. “Dai che hai capito!” esclamò la ragazza dandogli una botta sulla spalla in modo scherzoso. “Veramente no” continuò lui scuotendo le spalle. “Ma si!” insistette Francesca. “Ti dico di no!” ribattè Stefan cominciando a non capirci nulla. Francesca si mise davanti a lui e lo baciò dolcemente. Come poteva non rispondere a un bacio tanto appassionato? Ma nella mente le parole di Ludmilla rimbombavano chiare e distinte. Si separò di scatto e Francesca riaprì gli occhi leggermente delusa da quella brusca interruzione. “Che ti è preso?” chiese Francesca, guardandolo dritto negli occhi. “Niente, sono solo molto stanco…Insomma mi vuoi dire che intendevi con ‘Sono pronta’?” continuò Stefan sorridendo. “Te lo dirò domani” rispose Francesca, facendogli una linguaccia. Gli diede un altro bacio e si avviò verso casa, lasciandolo lì a riflettere.
“Fatemi passare, ho detto!” urlò qualcuno nel corridoio dell’ospedale, facendo svegliare Leon di soprassalto. Una porta si spalancò sbattendo, mostrando la furia omicida di Arianna. “Ma sei scemo?! Leo, ci sei col cervello?! Ti prego dimmi che non hai davvero lasciato Violetta!” urlò la ragazza. “Sono fatti miei, e poi non chiamarmi Leo, mi dà fastidio” ribatté Leon arrabbiato quanto lei per quell’irruenza. “Non me ne frega niente, ti chiamo come mi pare! Non ci posso credere…quando ti sei messo con Ludmilla mi sono detta: ‘Capita...tutti fanno errori, anche il mio fratellone’. Ma questo è davvero troppo! Cosa ti ha detto quella noce al posto del cervello che ti ritrovi per farti lasciare Violetta?” continuò Arianna con un tono di voce sempre più alto. “Non puoi capire!” le rispose il ragazzo. “Ma tu la ami, Leon?” chiese la sorella, avvicinandosi e prendendogli la mano, dopo essersi seduta sul lato del letto. “Io…vorrei poterti dire di no, ma la verità è che la amo” confessò Leon con gli occhi lucidi. “E allora perché?” lo interrogò la sorella dopo essersi calmata per quell’affermazione. Leon si mise le mani tra i capelli: che fare? Dirglielo o non dirglielo? No, non voleva confessare le ragioni che lo avevano spinto a lasciare Violetta, aveva paura che potesse fargli cambiare idea. “Non me la sento di dirtelo, ma tu non parlare con nessuno di questa nostra conversazione, non voglio che si sappia che sono ancora innamorato di lei” la pregò il ragazzo con voce roca. “Te lo prometto, non perché io ti appoggi, bensì perché sono tua sorella” rispose Arianna. I due non sapevano certo che un ragazzo dagli occhiali scuri si era perso per i corridoi e casualmente aveva ascoltato tutto. “Interessante, domani devo dirlo agli altri…” sussurrò Andrea soddisfatto. Anche lui faceva parte del club ‘Leonetta’, che sosteneva la coppia formata da Leon e Violetta a loro insaputa, fondato da Arianna quando era entrata allo Studio, e quella era l’occasione giusta per riunire la coppia più bella dello Studio 21. Tirò fuori la tessera del club ‘Leonetta’ e la strinse soddisfatta: “Dopo questa devo ottenere un riconoscimento speciale”.
Il giorno dopo Maria entrò nell’aula strumenti per prendere degli spartiti dimenticati lì per inseguire Violetta all’ospedale, quando qualcuno da dietro le coprì gli occhi con le mani. “Chi sono?” disse il misterioso ragazzo alle sue spalle. “Federico, so benissimo che sei te” esclamò Maria con una risata per poi liberarsi dalla presa e voltarsi. Federico si incantò a vedere il suo sorriso; aveva preso una decisione: gli avrebbe detto ciò che provava, avrebbe reso chiari i suoi sentimenti. “A proposito di ieri, grazie per avermi aiutato” cominciò a dire Maria, rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato. “Fi…Fi…gurati” balbettò Federico. Era diventato rossissimo e si sentiva le mani sudate. Ecco che il panico si stava impadronendo di lui, ma non sarebbe venuto meno alle sue intenzioni, non questa volta. “C-c-comunque devo dirti una cosa, Maria…” disse lui, avvicinandosi. Maria si scostò e lui si raggelò; dopodiché la ragazza cominciò a fare avanti e indietro per stanza senza smettere di parlare: “Lo so, vuoi sapere perché quella lettera era così importante, ma che tu mi creda o no non te lo posso dire; l’ho promesso a una persona, non ci posso fare nulla…”. “Si, ma non riguarda la lettera, io…” disse Federico andandole dietro e cercando di stare dietro il suo passo. “Ho capito, mi vuoi chiedere perché ero vestita in quel modo misterioso. Beh, ecco Andrea voleva fare le cose per bene, e allora mi ha chiesto di travestirmi per non essere riconosciuta, capito?” spiegò la ragazza ancora in preda all’ansia. “Ma non mi interessa! Io ti dovevo dire che…” disse Federico. Non riusciva a trovare le parole: perché era così imbranato? Muoveva lo sguardo a destra e sinistra, sperando che da un momento all’altro Maria si fermasse, mentre un forte mal di testa lo stava raggiungendo. “Basta, Maria ti vuoi fermare?” sbottò alla fine, innervosito. “Si, scusa, è che quando sono agitata mi capita. Hai ragione, che mi dovevi dire?” disse Maria fermandosi. “Ecco…io…appunto ti volevo dire che io…sono i-in…” balbettò con gran fatica il ragazzo. Era quasi fatta, qualche secondo e ce l’avrebbe fatta. “Ragazzi!” esclamò Andrea irrompendo in aula. “Andrea, finalmente! Ma ieri che fine avevi fatto? Le batterie del walkie-talkie si erano anche scaricate, non sapevo come cercarti” esclamò Maria. “Eh, no, adesso basta!” si lasciò scappare Federico. Si avvicinò ad Andrea, lo trascinò fuori e chiuse la porta. “Ma io…” disse Andrea cercando di rientrare, ma non poté terminare la frase poiché ricevette la porta in faccia. “Ahia!” urlò il ragazzo. “Ma che ti è preso Fede?” esclamò Maria, correndo in soccorso al malcapitato. Lo aiutò ad alzarsi, con una faccia preoccupata: “Tutto bene, Andrea, che ci dovevi dire?”. “Si, sono solo un po’ confuso. Adesso non mi ricordo, ma era una cosa importante, appena mi viene in mente ve lo dico. Ahi, che male alla testa!” disse Andrea. Dopo che si furono assicurati della sua salute, i due rientrarono nella sala degli strumenti, mentre il povero Andrea barcollava per il corridoio. “Allora che mi dovevi dire?” chiese Maria, incrociando le braccia. Non le era piaciuto il modo in cui aveva trattato il povero Andrea, suo compagno in quell’avventura. “Ecco…si, hai ragione, forse avrei dovuto essere più delicato, solo che è già difficile di suo e…Maria, io credo di essere inn…”. “Federico, sei pronto?” chiese Violetta, entrando nell’aula. “Eh, no Violetta anche te?!” inveì Federico, ormai rassegnato all’idea di non dirglielo più. “Dobbiamo provare, ricordi?” ribatté Violetta. “Si, andiamo a provare che è meglio, tanto non si può parlare in santa pace!” disse Federico, uscendo dall’aula. “Ma che gli è preso?” chiese Violetta all’amica. Maria alzò le spalle per farle capire che non ne aveva idea. “Ci vediamo dopo, Maria” la salutò gentilmente raggiungendo il suo partner. Maria si mise seduta e cominciò a premere qualche tasto a caso del pianoforte. Quel Federico era strano, così buffo e divertente; non poteva certo negare di provare qualcosa per lui, ma sicuramente non era ricambiata. Lei era Maria, l’amica di tutti, colei che consolava tutti…chi si sarebbe potuto innamorare di lei? 

NOTA AUTORE: tanto amore per Arianna, che ancora una volta là dentro si mostra l'unica matura...Federico e Maria nel finale mi hanno fatto sciogliere (<3), ma io amo anche Andrea...sto seriamente pensando di farmi una tessera del club Leonetta (si, il caldo fa impazzire xD) :D Comunqueeee che ne pensate di questo capitolo? Lara la odio di già...oh-oh-oh solo Violetta può toccare il ciuffo Leonesco xD Ok, sto di nuovo impazzendo O.o Bene Maria è riuscita a non far scoppiare un casino e siamo tutti felici...anzi no, perché Leon è un babbeo! Ma tralasciamo questi piccoli particolari ç.ç Piccolo avviso: sto scrivendo il primo capitolo del giallo (visto che ho notato che avete distribuito in modo uniforme le vostre preferenze mi sono affidato al caso xD), quando l'avrò finito lo pubblicherò. Poichè ho già in corso due long, lo aggiornerò con tempi abbastanza lunghi, anche perchè da amante di gialli so bene che ogni dettaglio è fondamentale e deve essere inserito nel modo giusto, quindi ogni capitolo deve essere al centro di un'accurata riflessione. Detto ciò buona lettura a tutti ;) P.S: mi ero dimenticato. Allora in questo fandom ho avuto l'occasione di leggere una OS ('L'infinito tra le braccia') a mio parere eccezionale di SHINEBRIGHT. A tutti i Leonetta consiglio di fare un salto e leggerla, perchè mi ha fatto davvero venire i brividi *-*

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Capitolo 47
*** Ludmilla colpisce ancora ***


Capitolo 47
Ludmilla colpisce ancora

“Per oggi basta così, no?” disse Violetta per poi prendere un asciugamano nella sacca sportiva. “Direi che va bene, speriamo vivamente di riuscire a passare al turno dopo; abbiamo parecchi punti da recuperare” ribatté Federico tranquillamente. E dopo la gara avrebbe detto a Maria ciò che provava, era deciso oramai… “Posso?”. Una voce lo fece riscuotere dai suoi pensieri: era Diego. Che ci faceva lì? Voleva sicuramente parlare con Violetta, ma non gliel’avrebbe permesso. “Certo Diego, entra pure, noi tanto abbiamo finito” rispose allegramente la ragazza, rimettendo tutto a posto. “Possiamo parlare noi due?” chiese, lanciando un’occhiataccia a Federico per farlo andare via. “Veramente noi…” provò a dire l’italiano ma venne subito interrotto: “Certo, Diego. Fede mi aspetti fuori?”. “Come vuoi tu” ribatté l’amico arresosi. Mentre usciva Diego gli fece lo sgambetto di nascosto, facendolo cadere. “Maledetto bast…” stava per dire Federico, ma si trattenne; era un gentiluomo e non avrebbe mai detto parolacce di fronte ad una ragazza. Borbottò qualcosa di incomprensibile e uscì, lasciando i due da soli. “Cosa vuoi?” chiese Violetta, senza giri di parole. “Perché ti comporti così freddamente con me? Non mi sembra di meritarmelo” esclamò Diego con il suo solito sorrisetto provocatorio. “Hai ragione Diego, scusa. E’ che va tutto storto in questi giorni e avrei solo bisogno di un abbraccio” disse Violetta. “Consideralo fatto” esclamò Diego, avvicinandosi e abbracciandola. “Lo so, siamo partiti con il piede sbagliato, ricominciamo da capo! Piacere, io sono Diego” scherzò il ragazzo tenendole la mano. “Piacere, sono Violetta” lo assecondò con un sorriso, che però nascondeva ancora molta tristezza. Anche in un momento del genere pensava a Leon, e non poteva farci nulla. Forse avrebbe fatto meglio a dimenticarlo, forse Diego l’avrebbe aiutata, ma c’era solo un piccolo problema. Lei non voleva dimenticarlo… ogni ricordo dei momenti passati con Leon le faceva male, ma le regalava anche un po’ di felicità, perché lo associava comunque a delle emozioni uniche e sincere, almeno da parte sua. Già…perché Leon le aveva detto di non averla mai amata. Quelle parole le procuravano ancora molto dolore. Non poteva essere davvero stata tutta un’illusione, non le sembrava credibile. Quel meraviglioso sentimento d’amore le era parso sincero da entrambe le parti. “A cosa stai pensando?” chiese Diego. “Aspetta non dirmelo. Leon” la interruppe poi, non permettendole di aprire bocca. Violetta si mise le mani sui fianchi con un sorrisetto: “E tu come fai a saperlo?”. “Ci potrei scommettere tutto quello che ti pare. Se vuoi sentire la mia, quel ragazzo non ti merita, solo uno sciocco si lascerebbe scappare una come te. E Leon è davvero uno sciocco” spiegò Diego avvicinandosi pericolosamente. “Ora devo andare Diego. Ma ne riparleremo” disse Violetta intuendo le sue intenzioni. Prese la sacca sportiva e rivolgendogli un saluto con la mano, se ne andò di fretta. “Ah, qualcuno non sta riuscendo nel suo obiettivo” esclamò Gabriella. Aveva sentito tutto, ed era estremamente divertita di quanto il ragazzo si stesse umiliando nel disperato tentativo di conquistare Violetta. “Siamo solo all’inizio, carina. Tu pensa al tuo Leon, che se va avanti così quei due tornano insieme prima di domani” sentenziò Diego. “Non ti preoccupare, Leon lo avrò in pugno prima che tu possa dire ‘Violetta’. E per quanto riguarda la gara non aspettarti trattamenti di favore solo perché siamo alleati” disse Gabriella, posizionandosi di fronte a lui. Diego scoppiò a ridere: “Non mi aspettavo nulla da te, ma io e Maria vi distruggeremo”.
“Così va bene?” chiese Maxi, facendo lentamente poggiare Nata a terra e lasciando la presa. “Si, il sollevamento finale ci sta proprio bene” esclamò la spagnola soddisfatta. “Nata ti volevo spiegare…tra me e Camilla non c’è niente e…” tentò di dire Maxi, ma venne fermato da un gesto della mano spazientita di Nata. “Non siamo qui per parlare della nostra vita privata, siamo qui per provare e basta! E poi non stiamo più insieme, puoi fare come ti pare” disse la partner con decisione. “Ma io ti amo ancora Nata!” disse Maxi, mettendosi in ginocchio supplicante. “Ma non hai un po’ di dignità?!” esclamò indignata la ragazza senza poter evitare di arrossire leggermente. “Facciamo una cosa, che ne dici di un appuntamento? Facciamo finta di ricominciare tutto da capo, d’accordo?” propose il suo partner con una luce speranzosa negli occhi. “Va bene, ma solo perché sia di buon auspicio per domani, e non si fa tardi” disse Nata alla fine. “Perfetto! Allora ci vediamo alle 20, appuntamento alla pizzeria, quella all’incrocio alla fine di questa strada” spiegò Maxi, rialzandosi in piedi tutto contento. Ludmilla, che aveva sentito tutto il discorso di nascosto, si fece avanti interrompendo il loro discorso con un piccolo colpo di tosse. “Che vuoi Ludmilla?” dissero i due in coro esasperati, voltandosi al suono della sua voce. Ludmilla li guardò con un cipiglio furioso: come osavano trattarla così? Nessuno doveva permettersi di rivolgersi in quel modo a una stella. Ma si sarebbe vendicata di tutti…avrebbero rimpianto il giorno in cui si sono erano messi contro di lei, soprattutto Nata, che nonostante tutto quello che era successo, nonostante avesse rotto con Maxi, ancora non era tornata da lei implorandole perdono. “Maxi, mi puoi lasciare sola con Natalia?” chiese Ludmilla con uno sguardo freddo e severo. “Si, ma non perché me l’hai chiesto te. Devo andare a prepararmi per stasera” disse Maxi facendo l’occhiolino alla spagnola. Indietreggiò lentamente, finchè non rischiò di inciampare contro una sedia. Ludmilla sembrava una furia in quel momento, e il ragazzo ne ebbe seriamente paura. Nata invece sembrava pronta ad affrontarla e non appena rimasero da sole nella sala dove si trovava il palco per la gara prese parola: “A cosa devo questa visita?”. “Volevo farti gli auguri per domani, e chiederti la possibilità di potermi redimere ai tuoi occhi. Odio quando litighiamo Nata, lo sai che ti voglio bene” disse Ludmilla con gli occhi lucidi. “Anche a me non piace litigare con te, ma è necessario. Non voglio più far parte dei tuoi loschi piani. Ludmilla se vuoi essermi ancora amica devi cambiare” spiegò la mora, cercando di apparire convinta fino in fondo. “Hai ragione, amica mia. Ti prometto che cambierò. Ma che ne dici di portarmi una bottiglietta d’acqua come ai vecchi tempi?” propose Ludmilla con un sorriso timido. “D’accordo” esclamò Nata con un sorriso uscendo per raggiungere le macchinette. “Sciocca ingenua” sibilò non appena fu uscita. Prese il cellulare che aveva lasciato su una delle sedie e digitò velocemente un messaggio a Maxi: ‘Appuntamento annullato, sei solo un rapper da strapazzo! Nata’. Non appena inviato, cancellò il messaggio e lo rimise al suo posto. “Eccoti l’acqua” esclamò l’amica entrando con una bottiglietta di acqua frizzante. “Grazie non ho più sete” rispose la bionda, per poi andarsene e lasciare lì Nata alquanto perplessa. Non le interessavano le stranezze di Ludmilla, in fin dei conti stava riallacciando i rapporti con Maxi e forse dopo quella sera chissà…
Angie, non appena tornata a casa, si era chiusa nella sua camera a piangere ininterrottamente. Non riusciva a crederci: Maria aveva fatto davvero questo a German? Più ci pensava più non riusciva a crederci; aveva tradito l’uomo che più amava. E poi…quel giorno, il 22 maggio 1994 le faceva temere il peggio. Ma non era possibile no? Anche volendo Violetta era nata il 28 gennaio del 1995, infatti tra qualche settimana sarebbe stata maggiorenne. E invece da maggio a gennaio erano passati…otto mesi! Bene, era tranquilla, non c’erano problemi da quel punto di vista. Scese con una certa serenità e trovò German a sfogliare l’album fotografico di famiglia. “Crede anche lei che io non faccia bene a nasconderle la verità?” chiese German. A Angie le si gelò il sangue: di quale verità stava parlando? Aveva intuito che lei potesse sapere? Non riusciva ancora a capire come Maria potesse avere dubbi sulla paternità di Violetta: insomma i calcoli non potevano mentire. “Riguardo cosa?” chiese poi la donna, sedendosi vicino a lui con una stretta al cuore. “Riguardo il passato di Maria, sua madre. Deve sapere che le ho nascosto la stanza con tutti i ricordi della madre” spiegò German. Ah…la mansarda. La tensione che sentiva dentro si allentò piano. “Guardi quanto era piccola!” esclamò l’uomo indicando una foto di Violetta da piccola. “Deve sapere una cosa. Violetta è particolare, lo è sempre stata. Ad esempio deve sapere che non è nata al nono mese come molti bambini, ma Maria ha avuto un parto prematuro. Violetta è nata dopo otto mesi di gravidanza” continuò German, estasiato da quelle foto che gli ricordavano momenti felici. Angie sentì il mondo intorno a lei fermarsi. Le parole di German gli ronzavano intorno: ‘Violetta è nata dopo otto mesi di gravidanza’, ‘Violetta è nata dopo otto mesi di gravidanza’, ‘22 maggio 1994’, ‘28 gennaio 1995’…
“Angie si sente bene?” chiese German, notando lo sguardo fisso nel vuoto della donna. “Si sente bene?” ripeté non ottenendo risposta. Le prese la mano e notò che era freddissima. “Io…ottavo mese” balbettò Angie, mentre un tremito fortissimo la avvolse. Non riusciva a smettere di tremare e battere i denti, era come se un gelo fortissimo si fosse impadronito di lei, un freddo pungente che le arrivava fino alle ossa. “Si…io sto bene, ma ora devo andare” cercò di dire la donna angosciata. “Angie, prima di andare, vorrei parlarle di quello che è successo tra noi” disse German, bloccandola in piedi. “Di cosa sta parlando?” chiese Angie ancora scossa. “Ehm, del bacio. Non può negare di aver provato qualcosa” spiegò lui con una certa agitazione. Già il bacio…un grande errore, ecco come avrebbe dovuto definirlo. Lei era e rimaneva la sorella di Maria e nonostante tutto non voleva né poteva intraprendere una storia con German. Inoltre lui non conosceva la sua vera identità, una volta saputa l’avrebbe disprezzata per tutta la vita. “Io…non ho sentito nulla, signor German. Lei rimane e rimarrà sempre unicamente il mio datore di lavoro, nulla di più” spiegò Angie, per poi uscire di casa di corsa con le lacrime agli occhi. Tirò fuori il cellulare e compose un numero: “Cristobal, noi dobbiamo parlare e anche subito!”. “Si, hai ragione ti devo delle spiegazioni, facciamo domani sera però” rispose la voce al telefono. Angie riattaccò e si sedette ai gradini dell’ingresso scoppiando a piangere. Come aveva potuto essere così stupida da dimenticare che Violetta era nata all’ottavo mese? Si sentiva sempre più stupida, e oppressa. Teneva così tanti segreti dentro da sentirsi scoppiare da un momento all’altro. Era troppo per lei, una donna, o meglio un essere umano. Prima o poi avrebbe dovuto trovare il coraggio per raccontare tutta la verità…
Thomas stava passeggiando per strada, ripensando allo strano incontro avuto. Si era sempre chiesto cosa volesse dire essere innamorati. Per Violetta aveva sentito un sentimento profondo, è vero, ma era amore? Non avrebbe saputo darsi una risposta. E poi c’era Francesca, un’amica, quasi una sorella, per cui nutriva affetto e ammirazione. Ma anche lì sorgeva un problema: provava gli stessi sentimenti che aveva Stefan? No, a lui non brillavano gli occhi in quel modo quando la vedeva. Non si sentiva imbarazzato di fronte a lei, non gli batteva forte il cuore per l’emozione anche solo nello stringerle la mano. L’amore per lui era un mistero, qualcosa di indecifrabile… Poi il giorno prima aveva incontrato quella ragazza. Non conosceva nemmeno il suo nome, ma ne era già rimasto affascinato. Significava forse quello essere innamorati? Non lo sapeva, ma avrebbe tanto voluto saperlo. Diede un calcio a un sassolino che rotolò lungo il sentiero del parco. Ci andava ogni giorno, per lui era come una fonte d’ispirazione. Si sedette sotto un albero e cominciò a strimpellare qualcosa con la chitarra. Quando terminò notò due occhi verdi che lo fissavano. “Sei parecchio bravo complimenti” disse la ragazza, avvicinandosi con un sorriso. Aveva una cuffietta che penzolava, tolta per ascoltare la sua musica. “Piacere, mi chiamo Thomas” disse lo spagnolo, alzandosi e dandosi una pulita ai pantaloni sporchi d’erba. “E io sono Lucrezia” disse la bionda, stringendogli la mano. “Italiana?” chiese Thomas curioso. “Si, ma i miei si sono trasferiti qui quando ero piccola, non ricordo nulla dell’Italia. Quindi non chiedermi di fare la pizza o cose del genere perché non sono proprio capace. Anzi, a dirla tutta sono una frana in cucina” disse lei. I due scoppiarono a ridere. “Mi piace la tua risata” disse Thomas, facendola arrossire. “Grazie Thomas. Ora devo andare, ma chissà forse ci rincontreremo” disse Lucrezia, prendendo una bottiglietta d’acqua dallo zainetto che si portava appresso e scappando via. Quella ragazza correva sempre, starle dietro era quasi impossibile. Thomas si distese nuovamente sul prato, questa volta osservando le nuvole in cielo avanzare lentamente. Forse non sapeva cos’era l’amore ma era sicuro che prima o poi l’avrebbe trovato anche lui…
Il giorno della gara era finalmente arrivato. Le coppie si erano riunite al teatro, parlottando e ripassando mentalmente alcuni passi. I giudici li raggiunsero poco dopo, seguiti da Pablo che parlottava con il conduttore del concorso. “Bene, siamo pronti?” chiese Pablo allegramente. Distribuì a tutti la scaletta: i primi erano Andres e Gabriella. La loro prova andò discretamente; Andres aveva ritardato un po’ sul finale, ma erano riusciti a correggere quel piccolo errore abbastanza in fretta. Violetta e Federico, i successivi, fecero un’esibizione perfetta. Violetta era riuscita a concentrarsi finalmente ed aveva dato fondo a tutte le sue abilità artistiche. “Siamo andati meravigliosamente!” esclamò Federico saltellando felice, mentre scendevano dal palco. Fu una questione di un attimo: due occhi verdi la fissavano pieni di orgoglio. Leon era lì! Stava sulla sedia a rotelle, portato da Arianna. Da quanto tempo erano lì? Aveva visto la sua esibizione? Voleva andare ad abbracciarlo, ma qualcosa dentro la frenò; loro non stavano più insieme e quel fatto piombò davanti ai suoi occhi in modo inesorabile. “Ti hanno dimesso” disse l’italiano andando incontro e battendogli il cinque. “Già…proprio oggi e visto che sapevo della gara, ho chiesto ad Arianna di accompagnarmi. Siete stati bravissimi” disse Leon con lo sguardo basso. Non poteva affrontare così Violetta, non in questo stato. Era stata dura prendere la decisione di tornare allo Studio, e vederla ballare in quel modo gli aveva fatto ancora più male, perché si rendeva conto di aver fatto la scelta giusta. Tutti i suoi compagni gli vennero incontro per salutarlo con affetto. Gabriella gli si buttò letteralmente addosso, ma Arianna diede un colpo di tosse per farle capire che doveva allontanarsi se voleva rimanere in vita. Fu il momento dell’ultima coppia, quella di Maxi e Nata. Maxi era confuso: la spagnola non le aveva rivolto parola per tutto il giorno. “Ma si può sapere che ti prende?” chiese il ragazzo, mentre stavano per salire sul palco. “Niente, Maxi, solo non capisco come tu possa essere così meschino e bugiardo” rispose Nata. I due fecero un’esibizione disastrosa; non andavano quasi per niente a tempo, e anche se erano stati i migliori nella prima prova lasciarono molto a desiderarei. “Bene, dateci qualche ora per le votazioni e poi vi facciamo sapere” parlò Pablo. Tutti uscirono dal teatro, chi abbattuto, chi soddisfatto e chi, come Stefan, completamente su un altro pianeta. Aveva deciso di seguire il consiglio di Ludmilla e provare a baciare Violetta. In quel modo avrebbe potuto capire se provasse davvero qualcosa per lei. “Violetta, possiamo parlare in privato?” chiese con un filo di agitazione Stefan. Violetta annuì e insieme si diressero nella’aula strumenti. Ludmilla guardò la faccia apprensiva di Stefan e capì che quello doveva essere il momento. Francesca aveva dato il cambio ad Arianna e stava portando la sedia a rotelle. Ludmilla non poté che essere al settimo cielo: avrebbe distrutto due coppie con un solo piano, se tutto fosse andato come previsto, certo. “Ma Stefan che fine ha fatto?” esclamò Francesca, camminando avanti e indietro con Leon sulla sedia a rotelle. “Non lo so, ma fermati, mi fai venire il mal di testa” sbottò Leon. “Hai ragione, perdonami” si scusò Francesca, fermandosi di botto. “L’ho visto dirigersi nell’aula strumenti” si intromise la biondina portando la mano sul mento come se ci avesse pensato un po’. “Ah, era con Violetta” aggiunse poi malignamente, guardando la faccia apparentemente impassibile di Leon. “Andiamo a vedere” disse Francesca facendosi improvvisamente seria.
“Che devi dirmi?” chiese Violetta. Stefan rimase in silenzio…non sapeva come iniziare a dirglielo, forse avrebbe dovuto agire e basta. “Violetta, devo fare una cosa. Devo essere sicuro di quello che provo per Francesca” incominciò il ragazzo. Si avvicinò piano e lei ne ebbe paura; cosa stava per fare? Non riusciva a muovere la gambe. Forse era davvero il momento della verità, era il momento di capire chi fosse Stefan per lei, se un amico o qualcosa di più. Chiuse gli occhi, senza pensare, e sentì le labbra calde di Stefan poggiarsi sulle sue. Era tutto…strano, irreale. Ma di una cosa era certa: con Leon era diverso. Era tutto più magico, più unico. Stefan pensò di essere stato uno sciocco a dubitare del suo amore per Francesca, lo capì non appena sfiorò le labbra di Violetta. Quando si separarono erano entrambi troppo imbarazzati per ammettere che quel bacio non aveva significato nulla, che era stato un momento di debolezza di entrambi. Un finto colpo di tosse li fece voltare di scatto. Leon li stava guardando con una faccia schifata, mentre Francesca aveva il viso rigato dalle lacrime. Non poteva crederci, Stefan l’aveva tradita, e con la sua migliore amica. Tutto aveva perso di significato, non c’erano più gare o sfide. In quel momento un’onda d’odio la percorse. Strinse i pugni e se ne andò, lasciando la sedia a rotelle di Leon. Stefan la seguì di corsa implorando che si fermasse, mentre nella stanza erano rimasti solo Leon, che non la guardava, e Violetta. “Non è come sembra…” cercò di dire la ragazza, ma il ragazzo la interruppe: “Non devi spiegarmi niente, Violetta. Basta spiegazioni, sono stufo. Non stiamo insieme, puoi fare come vuoi”. “Ma io…” balbettò Violetta. “Dico solo che ti sei consolata piuttosto in fretta” concluse Leon per poi chiamare ad alta voce Arianna. La sorella accorse con il fiatone: “Che è successo?”. “Portami via, voglio andare a casa, venire qui è stato un grande errore” disse Leon ferito. Arianna rimase in silenzio, senza capire cosa potesse essere successo, poi se ne andò portando con sé Leon. Violetta si accasciò per terra distrutta. Non solo aveva perso l’amicizia di Francesca, di quello ne era sicura, ma ogni minima speranza di tornare con Leon si era infranta nel momento in cui aveva ceduto al bacio con Stefan. E improvvisamente si sentì una stupida, una grande stupida. 

NOTA AUTORE: Ciao a tutti...sono qui con un nuovo capitolo pieno di colpi di scena. Diego rompe -.- e ha fatto lo sgambetto al mio povero Fede (tanto odio per Diego...), nel frattempo Ludmilla rovina l'appuntamento tra Nata e Maxi, e distrugge due coppie in un solo piano, malefica O.O Beh, lo potevamo intuire dal titolo :( ç.ç Leooooon, non scappare, anche se Violetta è stata scema ti ama. Tra quei due le cose vanno sempre peggio ç.ç Riusciranno a ricucire il loro rapporto? Nel frattempo Angie sta morendo, povera: sarà Cristobal il padre di Violetta???!!! Eccoci alla secodna parte del segreto di Maria... quando tutti ne verranno a conoscenza scoppierà una vera a propria bomba, quindi ripariamoci fin da subito :O Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante anche qui le cose stanno andando un po' male per tutti :( Buona lettura a tuttiiiii!!!!
P.S: Per chi è interessato sto curando un giallo dal titolo: "Omicidio allo Studio 21". C'è una storia Leonetta ma anche molto altro...se volete leggetelo, mi farebbe piacere che ne pensate ;)
P.P.S: Valy_Cheappy l'autrice di Te Esperarè (storia bellsisima tra l'altro *-*) mi ha chiesto un favore, e poichè amo le sue storie non ho potuto non accettare. Vi vuole solo far sapere che è tornata con una nuova storia e un nuovo nickname(ossia Captain_Bibo). La storia si chiama 'The dressing room', se vi piacciono momenti Leonetta, e un Leon OOC not bad, fateci un salto, mi ha fatto morire dal ridere ma ci sono anche momenti toccanti a mio parere. Ecco il link per chi è interessato: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1887453&i=1 . Credo di aver detto tutto davvero, alla prossima

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Capitolo 48
*** Pegni d'amore ***


Capitolo 48
Pegni d’amore

“Francesca, aspetta!” esclamò Stefan, rincorrendola per i corridoi. Andò a sbattere contro qualcuno, ma non gli importava, voleva solo spiegare alla ragazza come erano andate davvero le cose. Voleva solo dirle che quel bacio non aveva significato nulla. “Lasciami stare” ebbe la forza di rispondergli lei, mentre era quasi arrivata all’uscita dello Studio. “Non farti vedere mai più” disse di spalle con una voce glaciale che lo fece rimanere paralizzato. “Ma io…” provò a dire il ragazzo. “Niente ma! Tra noi è finita Stefan” disse Francesca con i pugni che ancora tremavano per la rabbia. Uscì di fretta dallo Studio 21, mentre Stefan la vedeva andare via. L’aveva persa. E la cosa che gli faceva più male è che l’aveva fatta soffrire per qualcosa che non esisteva. Con quel bacio aveva capito di non amare Violetta, e si sentì un’idiota al pensiero di tutti i dubbi che lo avevano assillato. Mentre stava tornando nell’aula dove era accaduto il misfatto nella speranza di chiarirsi almeno con Leon, lo vide sulla sedia a rotelle portato via da Arianna, che sembrava alquanto confusa. “Leon, ti prego, parliamo. Violetta ti ama, sono stato io a…” cercò di dire Stefan, ma le parole gli morirono in gola. Il solo dover dire la parola ‘baciare’ gli creava una tremenda fitta allo stomaco. “Non voglio spiegazioni. Sono stufo, ora me ne voglio solo andare a casa” disse secco Leon, indicando alla sorella l’uscita. Il ragazzo entrò affranto e vide Violetta in lacrime seduta per terra in un angolino. “Mi dispiace è stata tutta colpa mia” affermò il ragazzo, sedendosi accanto a lei. “Non è solo colpa tua…Io avrei potuto fermarti, ma non l’ho fatto” disse lei, alzando lo sguardo da terra per fissare i suoi occhi grigi. L’imbarazzo si fece strada tra i due: come tirare fuori il discorso? “E insomma…” tergiversò Stefan, giocherellando con le dita delle mani. “Posso dirti una cosa?” chiese Violetta con un po’ di esitazione. “Certo” la incoraggiò il ragazzo. “Quando ti ho baciato, ho avuto l’impressione di baciare mio padre” disse piano. I due scoppiarono a ridere. “Bacio così male?” chiese Stefan con le lacrime agli occhi per il ridere. “No, ma è come se stessi baciando uno di famiglia, non so se capisci. Stefan, per me sei come un fratello, e ho capito che quando ero gelosa per Francesca lo ero come lo può essere una sorella” sussurrò con un tono serio. “Per me è lo stesso. Io sono e sarò come un fratello per te; tu mi hai aiutato quando nessuno lo avrebbe fatto, mi hai donato la tua amicizia e il tuo affetto, te ne sarò grato a vita; e, cosa più importante, ti aiuterò con Leon” esclamò il ragazzo convinto. Il viso di Violetta si rabbuiò al solo sentire pronunciare quel nome. “L’ho perso ormai. E la cosa che mi fa più male è che lo amo ancora troppo” disse lei, appoggiando la testa sulla spalla dell’amico con fare nostalgico. “Staranno per uscire le votazioni della seconda prova” annunciò Stefan, alzandosi e porgendogli la mano. Violetta la afferrò con un debole sorriso, fiduciosa. Chissà forse in futuro…forse Leon l’avrebbe perdonata, forse tra loro tutto sarebbe tornato come prima. Ci sperava ardentemente e avrebbe fatto di tutto perché si potesse realizzare.
“Bene allora siamo qui per dare i risultati; cominciamo dai primi. Andres e Gabriella prendono un bel…7! E quindi arrivano a 14, complimenti ragazzi” disse Pablo. Ci furono applausi e Andres e Gabriella si abbracciarono in un impeto di gioia, per poi separarsi di botto facendo finta di nulla. “Poi…Ludmilla e Andrea prendono 6, per un totale di 13” continuò il direttore. Ludmilla diede una botta in testa al povero Andrea per riprenderlo. “Ora che ci penso…mi sono ricordato cosa devo dire a Violetta!” esclamò euforico il ragazzo. Ecco cosa gli ronzava in testa e non riusciva a ricordare: il discorso di Leon e Arianna! “Perfetto. Andando avanti Stefan e Fran prendono…4. Mi dispiace ragazzi, andate a 12; a proposito dov’è Francesca?” chiese Pablo preoccupato. Stefan fece una faccia cupa e farfugliò delle scuse per la sua partner.  “Poi, Maxa e Nata. Voi prendete…4. Non avete azzeccato molti passi, è un vero peccato. Andate a 13. E Maria e Diego prendono…8! State andando alla grande” disse il preside. Diego e Maria si batterono il cinque, mentre Nata lanciava sguardi carichi d’odio a Maxi. “ E infine l’ultima coppia, quella di Violetta e Federico…” annunciò. I due si strinsero la mano in preda all’agitazione: gli bastava un 7 per passare al turno successivo. “Ebbene, prendete un bell’8 per un totale di 14!” esclamò infine dopo aver creato un po’ di suspance. Federico cominciò a saltellare felice per poi abbracciare Maria che era lì vicino. Dopo essersi reso conto di quello che aveva fatto, si staccò rossissimo e si congratulò con la sua partner con un bell’abbraccio amichevole. “Bene quindi ci salutano Francesca e Stefan…la prossima gara si svolgerà il giorno 28 gennaio" li informò uno dei giudici. Una doccia fredda risvegliò Violetta: il giorno del suo compleanno. Come avrebbe fatto ad arrivare allo Studio senza che German se ne accorgesse? Ci avrebbe pensato con calma con Angie…
“Hai già in mente la prossima mossa?” sussurrò Gabriella all’orecchio di Diego. “Certo, non ti preoccupare, so già esattamente cosa fare” ridacchiò Diego. La ragazza le fece un occhiolino e se ne andò lasciando soli nella stanza lui e Violetta. “Le mie congratulazioni” esordì Diego, avvicinandosi alla ragazza. “Grazie mille, ma anche voi siete stati molto bravi” rispose Violetta. “Già…senti che ne dici oggi pomeriggio di andare a bere qualcosa al Resto Band, noi due da soli?” chiese il ragazzo tirando fuori una margherita e porgendogliela in modo galante. “Grazie Diego, è un pensiero molto carino, ma mi dispiace, oggi proprio non me la sento” gli rispose educatamente. “D’accordo come preferisci…Ma il ciondolo che porti sempre?” chiese incuriosito. “E’un regalo a cui tengo molto” disse lei con gli occhi brillanti, mentre le guance diventavano sempre più rosse al pensiero di quella magica serata in cui Leon le aveva regalato quella collanina così bella. “Adesso la tengo nella borsa, non la indosso mai mentre ballo, ma la metto sempre, ci sono molto legata” continuò tranquillamente. “Violetta! Violetta!” la chiamò Andrea di corsa. “Ludmilla mi aveva trascinato via per parlare della prossima esibizione, ti devo riferire una cosa, ma sarebbe meglio se stessimo da soli. Puoi venire con me fuori un attimo?” spiegò il ragazzo con il fiatone. Violetta annuì e lo seguì fuori. Non appena i due furono usciti, Diego si precipitò a rovistare nella borsa sportiva della ragazza ed estrasse il dono di Leon; era facile riconoscerlo visto che vi erano incise le iniziali. “Patetico Leon, davvero patetico” sibilò lui, pronto a dare il via al piano. Si mise il ciondolo in tasca e tornò al suo posto facendo finta di nulla.
“Allora, di che mi devi parlare?” chiese Violetta curiosa. “Ti devo riferire una discussione tra Leon e Arianna” iniziò Andrea, dopodiché gli raccontò tutto nei minimi dettagli, parola per parola. Violetta sgranò gli occhi: Leon l’amava ancora! E allora perché? Perché l’aveva lasciata in quel modo tanto crudele? Ma non gli importava, perché significava che quel che avevano vissuto insieme non era stata una pallida bugia. Adesso ne era certa. Abbracciò Andrea di slancio per la felicità e si precipitò a recuperare le sue cose per andare a casa di Leon e parlarci. “Diego, scusa ora vado di fretta, parliamo un’altra volta, d’accordo?” disse lei ancora emozionata mentre prendeva la sua borsa in fretta e furia. “Non ti preoccupare, a domani” rispose tranquillamente lo spagnolo. Quando fu uscita, estrasse dalla tasca la collanina e la fece penzolare: “Povero Leon, gli si spezzerà il cuore”.
“Maria!” esclamò Federico correndole dietro. La ragazza che stava per andare al suo armadietto si voltò e le sorrise, mandando l’italiano in confusione. “Questi…ecco…sono per te!” disse Federico, tirando fuori da dietro un mazzo di tulipani. “Sono…tulipani?” chiese lei con gli occhi che le si arrossavano e le lacrime che scendevano. Divenne improvvisamente rossa, e Federico si spaventò a quella reazione: “Se non ti piacciono…posso sempre…” provò a scusarsi il ragazzo, ma non poté finire la frase perché Maria cominciò a starnutire in continuazione. “Io…etciù…sono allergica ai tulipani!” esclamò lei tirando fuori un fazzoletto e correndo via. Federico rimase impalato per il corridoio. “Che carino, dei tulipani. Sono per qualcuno?” chiese Andres avvicinandosi allegro per come era andata l’esibizione. “Si…anzi no… sono tutti tuoi” esclamò Federico depresso. “Grazie mille! Ma mi spiace tra noi non può esserci nulla; io ti voglio bene, ma solo come amico…” spiegò Andres con un certo imbarazzo. Federico si riscosse dal trance con una faccia sconvolta: “Ma che hai capito?! Basta, me ne vado!”.
Violetta suonò il campanello della casa di Leon: era la prima volta che ci andava, non c’era mai stata occasione prima. Aprì Arianna che la guardò sconvolta: “E tu che ci fai qui?”. “Devo parlare con Leon assolutamente!” esclamò lei, entrando di getto. “Non ti vuole vedere, è in camera sua. E lo capisco bene…si può sapere che ti è preso?” chiese lei mettendosi seduta su un divano del salotto e indicandole di mettersi vicino a lei. “Hai saputo tutto?” chiese lei nervosamente; si avvicinò e si sedette con l’animo di chi era in tribunale, accusato di omicidio. “Diciamo che l’ho convinto a parlare” disse Arianna con un sorriso mesto. “Convinto, eh?” disse Violetta. “Si, diciamo convinto” esclamò la giovane Vargas scoppiando a ridere. “Devo parlare con Leon” la supplicò nuovamente lei. “Te l’ho già detto: non ti vuole vedere. Comunque non ce la faccio più! Io ci provo a sistemare le cose tra voi due, ma non mi aiutate certo” sbottò lei furiosa. “Hai proprio ragione” sussurrò Violetta. Stavolta aveva sbagliato alla grande…lei era sicura dei suoi sentimenti per Leon, e allora perché non aveva fermato Stefan quando si era avvicinato? Forse in fondo anche lei era curiosa, forse voleva togliersi il dubbio e quello le era sembrato il momento ideale. Ma aveva ferito Francesca; e sicuramente non l’avrebbe perdonata.
“Adesso basta, Maxi, non ti credo! Io sono stata due ore ad aspettarti e non sei venuto” esclamò Nata. Camminava avanti e indietro con l’intenzione di fare una bella sfuriata al suo partner. Eh, già perché si era congelata ad aspettare fuori dal locale Maxi e non gliel’avrebbe perdonata tanto facilmente. Maxi stava tenendo la bottiglietta d’acqua in mano, cercando di spiegarsi: “Sei tu che mi hai mandato un messaggio per annullare tutto e insultarmi per di più”. “Non ci provare Maxi, non provare a giustificarti o a inventare scuse inutili” strillò Nata dandogli una botta sulla spalla. “Io non sto inventando nulla” esclamò il ragazzo per poi andarsene via offeso. In lontananza la spagnola vide Ludmilla osservare la scena con estrema soddisfazione e non le fu difficile fare due più due. “Sei stata tu; come ho fatto a non pensarci prima” sibilò Nata. Si avvicinò a Ludmilla con furia; non si era mai sentita tanto arrabbiata come in quel momento: perché? Era stufa che quella ragazza cercasse di renderle la vita impossibile. “Di cosa parli, mia piccola Natalia?” chiese soddisfatta la biondina. La sua vendetta si era compiuta; era così soddisfatta e…e ora? Che cosa avrebbe dovuto fare? Per un momento Ludmilla Ferro si sentì incompleta. Che cosa avrebbe fatto dopo questa sua piccola vendetta, che non le aveva procurato la minima gioia? Che cosa aveva risolto ora che la sua unica amica la odiava? Tutte queste domande si affollarono dentro di lei, mentre con lo sguardo cercava di tenere testa alla sua interlocutrice. “Devi smetterla di far del male alle persone, se continui così ti ritroverai sempre più sola” disse Nata. Le stava puntando l’indice contro e lei si sentì come in quella famosa scena de ‘I promessi sposi’; il momento in cui Fra’ Cristoforo punta l’indice contro Don Rodrigo e lo minaccia…una minaccia che il giovane ignora per la sua eccessiva superbia. In quel momento Ludmilla si sentì Don Rodrigo, una persona superba che stava ignorando il consiglio di ravvedersi. Ma lei era ancora in tempo…o forse no? No, lei era Ludmilla Ferro, la stella destinata a brillare, che non aveva pietà di nessuno, che non avrebbe permesso a nulla di ostacolarla. Nata stava cercando di far emergere la sua parte debole, ma lei non l’avrebbe permesso: “Continuo a non capire di cosa tu stia parlando”. Disse quelle parole lentamente, come se avesse fatto una scelta attraverso di esse; era decisa a non cambiare, a non sentirsi in colpa. “Io ti sono amica e te lo sarò sempre, perché io so che la vera Ludmilla è da qualche parte, una ragazza altruista e dolce. Perché io mi ricordo…ricordo tutto” esclamò Nata. Ed era vero, non poteva non ricordare il suo primo incontro con la ‘Stella dello Studio 21’:
‘Nata era entrata per la prima volta in quella scuola e si sentiva emozionata come una bambina. Avrebbe voluto stringere da subito amicizia ma non riusciva a spiccicare parola con nessuno. Un ragazzo castano con in mano un computer portatile si avvicinò a lei gentilmente con un gruppetto di amici. “Piacere sono Fernando, e tu come ti chiami?” chiese lo studente, porgendogli la mano libera. Nata tentennò un po’ prima di stringere quella mano, ma adesso veniva la parte difficile. Doveva rispondere; cominciò a balbettare qualcosa che poteva lontanamente somigliare al suo nome: “P-piacere…sono Nata-tat-ali-alia”. Fernando si piegò in due dalle risate insieme agli altri cominciando ad indicarla come se fosse una cosa spassosissima. Nata divenne rossa per l’imbarazzo e si rifugiò in bagno. Aveva voglia di piangere, ma non voleva farsi vedere da nessuno, quindi cercò di trattenere le lacrime. “Le formiche non meritano le nostre lacrime” disse una voce alle sue spalle, costringendola a voltarsi. Era una ragazza bionda, alta, vestita in modo molto elegante. Una sicurezza d’acciaio traspariva dalla sua espressione. “E’ facile per te…non sei nuova come me!” esclamò Nata abbattuta. Abbassò lo sguardo, ma quella strana ragazza diede un colpo di tosse per riattirare la sua attenzione. “Non è difficile invece, devi solo imparare a destreggiarti nel giusto modo, devi avere delle amicizia importanti che ti possano proteggere nei momenti di difficoltà” spiegò la studentessa, passandosi una mano tra i capelli di un biondo dorato. “E tu mi puoi aiutare?” chiese timorosamente la spagnola. “Io ti aiuterò” esclamò la ragazza con dolcezza. “Non mi sono presentata, mi chiamo Natalia, ma tutti mi chiamano Nata” disse lei con un sorriso timido. “Piacere Natalia, io sono Ludmilla, Ludmilla Ferro. Con me sei al sicuro”. Ludmilla le sorrise in modo pacato, e le strinse  la mano’.
Prima di cominciare a sfruttarla erano davvero amiche; Ludmilla la difendeva sempre da chi voleva maltrattarla, insieme passavano molto tempo, e si divertivano a comporre canzoni. Nata stessa non si sapeva spiegare come tutto fosse cambiato. Ludmilla la guardò e sbuffò: di nuovo quella vecchia storia della ragazza buona; ogni volta che l’amica la ritirava fuori, si innervosiva parecchio. “Il passato è passato, Nata” sbottò lei sbattendo il palmo della mano di fronte al viso di Nata in modo tale da non dover sopportare quello sguardo supplichevole.
Angie si stava per incontrare al bar con Cristobal dove avrebbe parlato con lui per chiarire quella situazione. Controllò l’orologio: era in anticipo di cinque minuti. Una domanda in quel periodo la stava tormentando: come aveva fatto a finire in quel ciclone di bugie, che la stava risucchiando sempre di più? Ripensò alla dolcezza che aveva mostrato German nei suoi confronti, e le venne da sorridere. Quell’uomo faceva tanto il duro, ma sotto sotto era tenero e si preoccupava davvero per lei. “Eccomi” disse il preside arrivando con una faccia da cadavere; probabilmente la notte prima non aveva chiuso occhio. I due senza dirsi niente si sedettero a un tavolino all’aperto; “Posso portarle qualcosa?” chiese il cameriere avvicinandosi. “Io una caffè, se possibile” esclamò Cristobal. “Una camomilla” intervenne poi Angie. Non sapeva perché, ma sentiva ne avrebbe avuto bisogno. “Allora, da dove cominciamo?” chiese il preside con lo sguardo nervoso mentre ticchettava con le dita delle mani sulla superficie liscia del tavolino. “Non so, da dove vuoi…parliamo prima del tradimento di Maria o del fatto che potresti essere il padre di Violetta?” disse lei, cominciando ad alterarsi. Quanto ci metteva quella maledetta camomilla ad arrivare? “Io…posso spiegare” disse Cristobal. Fece un respiro profondo: in realtà non c’era molto da spiegare visto che sapeva tutto. “Chi è che sarebbe il padre di Violetta?!”. Una voce attirò la loro attenzione, una voce conosciuta. Angie sgranò gli occhi: non pensava di incontrare qualcuno lì, era un bar lontano dal loro quartiere, era sicura che nessuno li avrebbe scoperti. E invece…
“Vai ad aprire te?” chiese Leon, non appena sentì il suono di un campanello. Stava guardando una partita di rugby con una certa malinconia, pensando al bacio tra Violetta e Stefan. “Si” esclamò Arianna, richiudendo il portatile con cui stava giocando, e dirigendosi alla porta. Arianna si chiedeva chi potesse essere a quell’ora e sperava vivamente fosse Violetta. Ma quando aprì non vide nessuno, abbassò lo sguardo e trovò una lettera, con su scritto ‘Per Leon da Violetta’. La calligrafia sembrava proprio la sua… Raccolse la busta bianca e rientrò: “Una lettera per te” disse lei con una certa agitazione. La busta era pesante, forse dentro c’era qualcosa. La passò a Leon che la aprì trepidante. Voleva sapere cosa avesse Violetta da dirgli; prese la lettera, su cui vi erano scritte poche parole, ma per Leon fu come se vi fosse scritto un poema per quanto tenne lo sguardo su quel foglio di carta: ‘Hai ragione, tra di noi non potrà mai più esserci niente. Mai più tua, Violetta’. Una lacrima bagnò la lettera, mentre dalla busta estrasse il ciondolo che le aveva regalato a Natale, il simbolo del loro amore. 

NOTA AUTORE: Allora oggi aggiorno questa long, anche perché domani è il mio compleanno (tanti auguri a me xD) e quindi non ci sarò per tutto il giorno (se aggiornate tutti insieme vi odio xD). Quindi eccomi oggi con il nuovo capitolo. Che dire: Diego è un maledetto infame...ha architettato un piano per allontanare ancora di più (come se fosse possibile ç.ç) Leon e Violetta. Qualcuno ha scoperto uno dei (tanti) segreti che custodisce Angie: di chi si tratta? Ludmilla sembra mostrare un lato umano, ma ancora non lo vuole ammettere (mi è piaciuto scrivere la sua parte...), e Federico non riesce proprio ad azzeccarne una, povero *si immagina Andres vestito da sposa che abbraccia Fede* Ok, no, non lo farò mai più, non permetterò alla parte idiota del mio cervello (circa il 90%) di prendere il sopravvento (come se non l'avesse già fatto). Qui va sempre peggio, ragazzi, che depressione...Vabbè spero che il capitolo vi piaccia comunque, alla prossima e buona lettura :D
P.S: oggi stavo riflettendo...devo dire che ringrazio Violetta (il telefilm) perché mi ha dato la possibilità di approdare in questo fandom pieno di persone fantastiche; quando ho tempo leggo le mie prime recensioni che mi avete lasciato su questa storia e piango...o almeno mi viene da piangere. Sono affezionato a molte persone qui su questo sito, che anche se non conosco, mi hanno dimostrato la loro simpatia e la stessa passione che ho scoperto io nel leggere, scrivere e raccontare storie...quindi che dire grazie per avermi appoggiato sempre. Si, sono in un momento di debolezza/tenerezza pre-compleanno, cercate di comprendermi xD Alla prossima :D

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Capitolo 49
*** Ammissione di colpa ***


Capitolo 49
Ammissione di colpa

Ludmilla non appena fu tornata a casa non rivolse parola a nessuno e si rinchiuse nella sua camera, l’unico luogo in cui si sentiva sempre dalla parte del giusto, in cui nessuno poteva dirle che era cattiva, o che commetteva ingiustizie. Si sedette in modo regale con le gambe accavallate sul suo letto con delle coperte fucsia molto accese, mentre non smetteva di guardarsi allo specchio, appeso di fronte a lei. Ecco…lei era Ludmilla Ferro. E aveva sempre ragione…eppure non sapeva più chi fosse davvero; le sembrava tutto così poco chiaro. Come avevano fatto le parole di Nata a colpirla in quel modo? Già altre persone le avevano fatto discorsi del genere, ma nessuno l’aveva colpita in modo tanto profondo. Quello specchio per lei era stato come quello delle fiabe: ogni mattina ci vedeva il suo riflesso ed aveva l’occasione di provare un certo compiacimento per la sua bellezza. Ma adesso…adesso vedeva solo la sua insicurezza e si odiava per questo. Si sentiva svuotata, priva di forze. Non voleva credere che Nata avesse ragione, eppure una vocina dentro le chiedeva di ascoltarla, di dare retta alle sue parole. Era ancora in tempo per rimediare ai suoi errori? Non lo sapeva, ma adesso voleva solo chiudere gli occhi, dormire e non pensare. Si mise vestita sotto le coperte rannicchiata come una bambina. E come una bambina non riuscì a prendere sonno a causa degli incubi…
Nata la stava guardando con odio, mentre lei nel suo tailleur grigio si aggirava per le strade di Buenos Aires senza una meta, confondendosi tra la folla; ma lei non voleva…lei era un stella, doveva brillare. Eppure continuava a camminare noncurante facendosi largo con una meta ben precisa. Quale fosse non lo sapeva…d’un tratto si ritrovò di fronte la spagnola che puntò l’indice contro di lei; tutto si fermò all’istante, e poi tutti cominciarono a indicarla e a ridere di lei. Lei amava stare al centro dell’attenzione, ma non in quel modo. Le lacrime scorrevano lente sul suo volto, mentre chiudeva gli occhi per non vedere quelle facce così crudeli che la odiavano a tal punto e che si burlavano di lei.
Ludmilla si svegliò di colpo sudatissima. Forse aveva capito cosa doveva fare…
“Roberto?!” esclamò Angie, non appena vide il prezioso collaboratore di German farsi avanti verso di loro ancora incredulo. “Penso proprio che lei debba darmi delle spiegazioni, signorina Angie” disse piano Roberto, prendendo una sedia e sedendosi con loro due al tavolino, ancora profondamente scosso. Il cameriere portò la camomilla e il caffè, ed Angie diede un unico lungo sorso per cercare di distendere i nervi, ma ogni secondo che passava la sua agitazione cresceva. “La verità è che Cristobal, questo signore, potrebbe essere il padre di Violetta” spiegò infine la donna con una punta di nervosismo. Roberto rimase in silenzio, poi chiamò il cameriere: “Una camomilla anche per me, per favore”. Angie fece un lungo respiro e cominciò a spiegare tutto, omettendo ovviamente il fatto che lei fosse la sorella di Maria. “Non ci credo…” ebbe la forza di dire Roberto, mentre dentro stava ancora elaborando quelle informazioni, che gli sembravano completamente assurde. “E invece è tutto vero” confermò l’istitutrice. “Ma mi deve promettere che non dirà a German che noi lo sappiamo, sarebbe un disastro. E se lo venisse a sapere Violetta…” continuò poi con un tono supplicante. “Certo, capisco…Aspetteremo a parlare, ma prima o poi la verità deve venire fuori. E per farlo serve un test del DNA per capire chi sia il padre biologico” sentenziò Roberto. I due si guardarono e annuirono: per fortuna avrebbe mantenuto il segreto, ma adesso dovevano pensare a come e quando dire tutto a German e soprattutto al modo per convincerlo a fare il test del DNA.
Violetta uscì di casa molto tranquillamente, fino a quando durante il tragitto non incontrò Arianna che procedeva a passo spedito verso di lei. “Ciao Arianna” la salutò allegramente lei. “Si può sapere che ti è preso? Adesso Leon si è chiuso dentro la sua stanza, esce solo per fare riabilitazione” esclamò la ragazza, aggredendola  completamente. “Non so di cosa tu stia parlando…” disse Violetta. Arretrò un poco perché si sentiva minacciata dalla giovane Vargas. “Della lettera che gli hai mandato, e della collana” spiegò Arianna. Violetta si portò la mano alla fronte: oggi si era dimenticata di mettere il ciondolo di Leon. “Aspetta, mi sono dimenticata il ciondolo nella borsa sportiva, ora lo vado a prendere” disse lei con un sorriso. Arianna la guardò alzando il sopracciglio e incrociò le braccia: ma la stava forse prendendo in giro? La seguì curiosa per la reazione di Violetta quando non avrebbe trovato ciò che stava cercando. Salirono in camera sua di fretta e Violetta cominciò a rovistare nella borsa con la fronte corrugata per la preoccupazione. Non c’era, non era possibile! “Hai finito con questo teatrino?” chiese lei facendo finta di sbadigliare. “Ma io ti giuro che…non la trovo!” esclamò con gli occhi lucidi. Non ci poteva credere…aveva perso l’oggetto a cui teneva di più, che le ricordava i momenti felici passati con Leon. “Sono certa del fatto che non la trovi, e non la troverai poiché l’hai restituita a Leon con tanto di lettera in cui gli dicevi che il vostro amore per te era finito” spiegò tranquillamente la sorella di Leon. “Ma…non…è possibile. Io non farei mai una cosa del genere a Leon, perché lo amo ancora” sussurrò lei con gli occhi spenti, privi di qualsiasi emozione. Più passava il tempo, più stava perdendo Leon…prima il bacio con Stefan e ora questo. “Io…dov’è Leon adesso?” chiese lei seria. “Non te lo posso dire, mi ha detto che non vuole che tu lo sappia” disse Arianna cercando di mostrarsi impassibile, ma qualcosa dentro le diceva di fidarsi di Violetta, qualcosa continuava a ribadirle la sua sincerità. “Ti prego, Arianna” la supplicò Violetta. “D’accordo” disse Arianna dirigendosi verso la sua scrivania; prese un foglietto di carta e vi scrisse velocemente un indirizzo, per poi porgerglielo. “Mi odio, ma io credo ancora in voi come coppia, quindi eccotelo, è l’indirizzo dove fa riabilitazione” spiegò la ragazza. Violetta la abbracciò felice e corse fuori a cercare Roberto per farsi accompagnare.
Federico aveva preso una decisione, e non sarebbe venuto meno ai suoi propositi. Prese un mazzo di rose, non voleva sbagliare nuovamente, e si diresse a casa di Maria. Aveva avuto l’indirizzo da Camilla e sentiva che questa volta sarebbe andato tutto per il verso giusto. Stava per suonare il campanello quando sentì delle voci provenire dalla villetta: “Mi faresti il grande onore di uscire con me?”. Era la voce di Thomas, ne era sicuro. Ma che ci faceva a casa di Maria quello spagnolo da quattro soldi? E per di più stava invitando la sua futura ragazza (o almeno così sperava) ad uscire! No, non l’avrebbe permesso, a costo di sfondare la porta a calci. Si tranquillizzò solo al pensiero che probabilmente lei non avrebbe accettato quell’invito. “Grazie mille, accetto” disse Maria con una voce acuta, forse per l’emozione. No, questo era troppo, quella risposta gli fece male. Gettò le rose per terra e se ne andò senza nemmeno bussare. A che sarebbe servito? Tanto ormai aveva fatto la sua scelta, Thomas. Lungo la strada diede un calcio ad un sassolino che intralciava il suo cammino, mettendoci dentro tutta la sua frustrazione, poi portò le mani in tasca e continuò a camminare, ripensando a quella conversazione.
“Sei andato benissimo” disse sorridendo Maria, mentre i due erano seduti sul divano. “Grazie per avermi ascoltato, avevo proprio bisogno di un’amica” esclamò Thomas. “E chi è la misteriosa fortunata a cui vuoi chiedere di uscire e per cui hai addirittura bisogno di fare le prove?” chiese Maria con un sorriso dolce. “Si chiama Lucrezia, ma non so molto altro. Non so nemmeno se la rivedrò” spiegò Thomas languidamente. “Beh, se sono rose fioriranno. Chissà che il destino non vi riservi un altro incontro” esclamò Maria sognante. “E invece te con Federico?” chiese l’amico curioso. “Io e Federico niente. A volte sembra così carino e comprensivo, altre volte si comporta in un modo inspiegabile e davvero strano. Chi lo capisce è bravo” disse Maria con un sospiro. Ripensava alle ultime volte in cui l’italiano stava per dirle qualcosa e si bloccava oppure qualcuno o qualcosa li interrompeva. Chissà poi cose dovesse dirgli di così importante… “Si è fatto tardi, sarà meglio che vada a casa prima che faccia buio” disse Thomas, riscuotendola da quei pensieri. Maria lo accompagnò all’entrata e non appena aprì la porta vide un mazzo di rose per terra. “Ma…” esclamò per poi piegarsi e raccoglierlo; annusò il profumo delle rose, i suoi fiori preferiti. “Qualcuno ha un ammiratore segreto. Buonanotte” scherzò Thomas, allontanandosi lungo il vialetto che portava alla strada. Maria si rigirò quel mazzo tra le mani, come per cercare qualche indizio di chi glieli avesse regalati, sperando in cuor suo che si trattasse proprio di Federico. Dopo aver tentato inutilmente di risalire al misterioso mittente chiuse la porta con un sorriso: forse c’era qualcuno interessato a lei, e la cosa le faceva davvero piacere.
Violetta raggiunse il luogo indicato da Arianna quando ormai era pomeriggio tardi, tutto perché Roberto aveva tardato per qualche impegno di cui non le voleva parlare. Notò che mentre guidava era nervoso e ogni tanto si incantava a studiare la sua fisionomia e i tratti del suo viso. “Ma quegli occhi…” farfugliò Roberto. “E’ verde, dovresti partire” lo rimproverò Violetta con una certa agitazione: non voleva assolutamente arrivare troppo tardi. Finalmente vide una sorta di muro che proteggeva dallo sguardo dei passanti quella che doveva essere una clinica. Violetta scese in fretta e furia e suonò il citofono: “Desidera?”. “Devo parlare con uno dei vostri pazienti, dovrebbe essere qui” spiegò lei in fretta. “Adesso non ci sono riabilitazioni in corso, ma alcuni pazienti si sono trattenuti al giardino dietro, provi a controllare” disse un uomo che era uscito dall’edificio rossastro e si era avviato lungo il vialetto. Violetta ringraziò per la cortesia e per esserle stato concesso il permesso di fare visita ad uno dei pazienti. Le venne aperto il cancello e subito si avviò in giardino. Ma subito si nascose dietro una delle siepi che portavano all’ingresso del giardino: Leon stava parlando allegramente con quella Lara, la ragazza dell’ospedale. Adesso era anche lì? Era sempre attaccata a Leon e la cosa la infastidì particolarmente. “Penso che Violetta non ti meriti” disse Lara al ragazzo, mentre era seduta accanto a lui su una sedia sotto un albero lì vicino . “Insomma una ragazza che restituisce un oggetto così importante come se nulla fosse, non ti merita” insistette lei con forza. Violetta strinse i pugni: come osava parlare di lei in quel modo davanti a Leon? Non gliel’avrebbe fatta passare liscia affatto…ma per adesso voleva sentire cosa avesse da dire Leon. “Non so proprio che pensare…io credevo che lei ci tenesse a quel regalo, e invece me lo ha ridato come se niente fosse. Comunque non mi piace che parli di lei in quel modo” sottolineò il ragazzo, fissando le fronde degli alberi che gli procuravano ombra e frescura in quella giornata così calda. Violetta fece un sorrisetto soddisfatto: Lara 0-Violetta 1 e palla al centro. “Dovresti provare a dimenticarla, ci sono tante ragazze che si sentirebbero onorate di essere la tua fidanzata” ipotizzò lei fingendosi disinteressata; si avvicinò a lui per prendergli la mano. A quel punto gli occhi di Leon puntarono di scatto ai suoi. Gli sembrava tutto troppo strano…Lara era stata sempre molto gentile con lui, però non sentiva quello che invece lei sperava sentisse. Quando Violetta vide quella scena si sentì crollare il mondo addosso. No, questo non poteva sopportarlo; parte di lei la implorava di andarsene, di smetterla di farsi del male, ma non riusciva a muovere i piedi, che rimanevano inchiodati lì, rifiutando di muoversi. E poi…prevalse qualcosa dentro che ribolliva e che non aveva mai provato. Il corpo si muoveva da solo, la voce non ascoltava i suoi comandi. Si diresse a passo veloce per interrompere il momento idilliaco tra i due. Adesso lo stava comprendendo: ciò che la animava era rabbia, gelosia e sofferenza, sentimenti che stava tenendo repressi troppo a lungo. Leon e Lara la videro e rimasero sorpresi da quell’improvvisa apparizione. Leon ebbe per un momento paura: non aveva mai visto Violetta in quello stato. Quegli occhi che solitamente esprimevano dolcezza e innocenza, ora sembravano brillare di una luce sinistra. La ragazza si fermò di fronte a loro, mentre Lara si alzò di scatto come nel tentativo di tenerle testa. Ma era tutto inutile. Un momento di silenzio calò in quel giardino, mentre Violetta guardava Leon, poi Lara, poi di nuovo Leon. Alzò la mano e il suono di uno schiaffo risuonò nell’aria.
“Ce la posso fare, ce la posso fare” si ripeté Stefan con la chitarra in spalla, dirigendosi a casa di Francesca. Non è vero, aveva troppa paura, paura che lei non l’avrebbe mai perdonato davvero. Si intrufolò nel giardinetto e buttò l’occhio alla finestra della camera di Francesca, o almeno quella che credeva essere la camera di Francesca. Cominciò a suonare con la chitarra la canzone ‘Entre tu y yo’, che aveva chiesto in prestito a Thomas. La luce si accese e lui si illuminò all’istante, poi qualcuno si affacciò. Ma quella…non era Francesca! Era piuttosto una signora sulla quarantina, dai capelli scurissimi e un volto familiare. Non gli ci volle molto per capire che aveva sbagliato lato della casa e che quella era invece la stanza della madre di Francesca. “Come ti permetti?!” esclamò la signora infuriata. “Non si disturba la quiete pubblica in questo modo” urlò per poi allontanarsi dalla finestra. Stefan continuò a suonare nella speranza che Francesca si affacciasse, richiamata dalla musica. E in effetti così fu; Francesca si affacciò con una punta di sorpresa e commozione, non se l’aspettava proprio, ma insieme a lei tornò la madre con un secchio d’acqua , che rovesciò addosso al povero chitarrista. All’italiana scappò un sorrisetto e l’insano impulso di scendere giù a baciarlo, ma poi si riprese da quell’attimo di follia e tornò seria. Stefan, battendo i denti per il freddo e rassegnato si allontanò sconfitto. Non c’era niente da fare…ma non si sarebbe arreso. Lui avrebbe lottato per Francesca fino alla fine e nessuno lo avrebbe fatto desistere da tale proposito. Francesca dopo aver ricevuto una bella sfuriata si rintanò nella sua camera, e si buttò sul letto. Sul comodino c’era ancora la foto di Thomas. Non voleva buttarla, era un ricordo di un’amicizia e di un primo amore, ma adesso accanto ad essa c’erano altre due foto. Una era con Violetta. Le due indossavano degli occhiali da sole scuri ed erano circondate dalla natura. La foto era stata scattata durante un finesettimana che le due avevano passato al parco. E poi…la foto che in quel momento le faceva più male. Lei e Stefan erano abbracciati, sui gradini del teatro dello Studio 21. Quella foto l’ aveva scattata Camilla a sua insaputa e gliel’aveva regalata con tanto di cornice. Erano così felici in quella foto, lei aveva gli occhi socchiusi e un sorriso stampato, mentre il ragazzo la teneva tra le sue braccia e le faceva appoggiare la testa sul suo petto. Prese le due foto, le guardò per un’ultima volta e poi le mise nel cassetto. Lei non aveva più un’amica, non aveva più un fidanzato. Lei non aveva più nessuno.
“Ma…sei impazzita?” esclamò Leon stupito da quel gesto. Lara si portò una mano sulla guancia arrossata guardando Violetta come se fosse una squilibrata mentale. Ma sotto sotto avrebbe volentieri ringraziato quella sciocca per la figura che aveva fatto con Leon. Violetta si guardò la mano e poi osservò la smorfia di dolore di Lara; d’un tratto era rinsavita, ma ormai il danno era fatto. La gelosia l’aveva completamente accecata…adesso poteva capire benissimo come doveva essersi sentito Leon dopo aver mollato quel pugno a Ricardo, quando avevano fatto finta di stare insieme. Una rabbia incontrollabile. “Rispondi, sei impazzita?” ripeté il messicano, alzando il tono di voce. Gli occhi di Violetta si inumidirono, stava per scoppiare in lacrime, ma non voleva dare soddisfazione a nessuno dei due, no, non l’avrebbe fatto. Di corsa se ne andò mentre Leon la chiamava. Aspettò che Roberto tornasse a prenderla, e in macchina scoppiò finalmente in un pianto liberatorio. Si sentiva veramente in colpa per come si era comportata…ma che le stava prendendo?
Il giorno dopo Violetta entrò allo Studio 21 con una faccia distrutta: aveva passato la notte insonne, tentando di analizzare quel maledetto comportamento assunto con Lara che non era proprio da lei. Quando volse lo sguardo vide che c’era chi a quanto pare non aveva dormito bene, proprio come lei. Ludmilla si muoveva come uno zombie anche se il trucco era riuscito a coprire alla perfezione le occhiaie. Tutti si diressero alle lezioni, tranne quest’ultima che fissò per un po’ la sala presidenza e scoprì di non essere l’unica: anche Ricardo stava guardando con indecisione la stessa porta…
‘Riunione straordinaria alla fine delle lezioni’ annunciò il preside attraverso degli altoparlanti. Era quasi finita la giornata e Cristobal aveva indetto una riunione. Non appena suonò la campanella Violetta e i suoi amici uscirono dall’aula di canto dove Angie aveva tenuto la sua lezione, e si diressero parlottando al teatro. “Volevo solo farvi un annuncio importante. Siamo onorati di poter reintegrare nel corpo studenti…Arianna!” esclamò lui, indicando l’ingresso da cui entrò tutta sorridente la giovane Vargas; tutti corsero ad abbracciarla, felici di quella bellissima notizia inaspettata. “Ludmilla, Gabriella e Ricardo, venite con me” disse poi duro il preside. Camilla voltò lo sguardo e vide Ricardo che si avviava insieme alle altre due nella stanza del preside. Una domanda occupò la sua mente: chi dei tre aveva parlato?

NOTA AUTORE: chi dei tre avrà parlato? Chi lo sa...intanto Arianna è tornata!!!! Che bello, sono molto felice *-* Federico a causa di un malinteso pensa che Maria e Thomas stanno uscendo insieme, mentre non è così :O Poverino, che sfortuna. Ma anche a Stefan non sta andando tutto rose e fiori, anzi...ha rimediato solo una secchiata d'acqua. Tra Leon e Violetta le cose tendono a non migliorare, per dipiù ora Violetta ha mollato un bello schiaffo a Lara, facendo una figuraccia (ma io stringo la mano a Violetta lo stesso xD. Roberto ha promesso di mantenere il segreto per fortuna, e ha consigliato ai due di fare il test del DNA. Ludmilla sta avendo una lenta trasformazione...sarà stata proprio lei a parlare? oppure Ricardo, per i sensi di colpa? O Gabriella per qualche inspiegabile motivo a noi ignoto? Lo scopriremo nel prossimo capitolo *-* Tra parentesi da domani devo ricominciare a studiare per l'ulitmo esame (a luglio) quindi aggiornerò più lentamente, ma non vi preoccupate non abbandono la stesura dei capitoli ;) Credo di aver detto tutto, alla prossima :D

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Capitolo 50
*** Guerra e Pace ***


Capitolo 50
Guerra e pace

Dopo qualche ora Ricardo, Gabriella e Ludmilla uscirono dalla presidenza con degli sguardi torvi. “Adesso mi dite chi ha parlato!” esclamò Gabriella infuriata. “Io” dissero all’unisono Ludmilla e Ricardo. I due si guardarono e si sorrisero: avevano avuto proprio la stessa idea. Camilla, che era rimasta fuori ad aspettarli, al sentire quelle parole si fiondò ad abbracciare Ricardo: “Lo sapevo! Lo sapevo che avresti fatto la cosa giusta”. “Già, ma non mi vedrai allo Studio per un po’: tre giorni di sospensione per aver imbrogliato” spiegò il ragazzo alzando e abbassando le spalle con fare noncurante. “Te lo sei meritato, però allo stesso tempo ti meriti anche altro…” disse Camilla maliziosamente abbracciandolo e baciandolo di fronte alla faccia schifata di Gabriella. “E tu Ludmilla, cosa hai da dire?” chiese poi, rivolgendosi alla sue ex-alleata. “Io…non ho bisogno di trucchetti per fare fuori le mie nemiche, quindi ho semplicemente deciso di lottare ad armi pari con Arianna” spiegò Ludmilla freddamente facendo schioccare le dita con fare da diva. “Ti prego, biondina. Piuttosto, non avrai mica avuto dei sensi di colpa?” ghignò la ragazza. “Please, per chi mi hai preso? Io sono Ludmilla, la stella destinata a brillare” rispose con enfasi Ludmilla. Cercò a stento di nascondere la preoccupazione che Gabriella potesse arrivare a minare la sua reputazione allo Studio per quel suo momento di debolezza. Debolezza? Era davvero una cosa così terribile per una volta aver fatto la cosa giusta? No, forse stava sbagliando tutto. Doveva essere fiera del suo gesto, del suo ravvedimento. Aveva fatto in modo che un’innocente non pagasse ingiustamente. “Sei debole, Ludmilla, debole e sola” esclamò Gabriella per poi andarsene con un fare altezzoso, un fare che le ricordava tanto il suo. Con orrore si rese conto che quella era davvero una sua copia, una Ludmilla forse anche più infima di quanto potesse esserlo stata lei. Notò che la ragazza si stava avvicinando a Diego, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Diego annuì e si allontanò per non destare ancora più sospetti. Forse stavano tramando contro Violetta, forse avrebbe dovuto investigare meglio. No, una cosa era diventare buoni, una cosa era aiutare colei che le aveva portato via il ragazzo e che le aveva rubato la scena allo Studio 21.
“Federico, ti vuoi fermare?” chiese Maria impaziente. L’italiano aveva deciso per qualche motivo a lei sconosciuto di ignorarla per tutto il giorno, addirittura cambiava corridoio quando incrociava il suo sguardo. “Adesso non posso, devo fare delle prove. Magari ne parliamo un’altra volta” rispose velocemente Federico, muovendosi di scatto dalla parte opposta senza guardarla negli occhi. Gli faceva male, e anche tanto. I suoi ricordi della sera prima, il dolore provato, la ferita che si era aperta…era tutto troppo recente. Non poteva ancora far finta di nulla. Maria lo vide andare via afflitta: forse aveva fatto qualcosa di male. Ripensò a tutto ciò che avrebbe potuto ferirlo, ma non le venne in mente nulla. Bah, forse era lei che si faceva troppi film mentali. “A cosa stai pensando?” le fece una voce da dietro. Si voltò di scatto e si ritrovò di fronte Thomas con un sorrisetto. “A cosa dobbiamo tutta questa allegria?” chiese la ragazza incrociando le braccia e assecondandolo. “Ho visto come guardavi Federico, non provare a mentirmi” la schernì Thomas. “Dai, che abbiamo lezione” scherzò Maria trascinandolo via per il braccio.
“Non farlo mai più!” esclamò Francesca furibonda. Si era beccata una bella sfuriata dalla madre a causa sua e come minimo doveva fargli venire dei sensi di colpa. “Ma io l’ho fatto per te” provò a difendersi Stefan mettendo le mani avanti. Francesca sbuffò di nuovo: ma come diamine gli era venuto in mente di fare una cosa del genere! Pensava forse che così l’avrebbe perdonato? Se davvero lo pensava era uno stupido illuso. No, quel tradimento per lei era stato terribile, e ancora non aveva rivolto la parola a Violetta, nonostante lei avesse provato a spiegarle più e più volte. “Stefan, fattene una ragione. E’ finita” riprese con un tono serio. “Bene, è la tua ultima parola?” chiese il ragazzo, trafiggendola con quegli occhi glaciali. “Si” disse l’italiana. Un si secco, terribile a tal punto da fargli gelare il sangue nelle vene. Entrambi si voltarono rimanendo così di spalle, fecero un respiro profondo e si diressero lungo il corridoio ognuno per la sua strada. Poi Stefan si girò di botto imbarazzato: “Sto andando nella direzione sbagliata, ho lezione anch’io con Pablo adesso; non pensare che voglio seguirti, perché non è così”. Francesca annuì senza dire nulla, continuando a camminare a passo spedito. Piede sinistro, piede destro, sinistro, destro… si stava addirittura concentrando sui suoi passi pur di non pensare a Stefan che era a qualche metro da lei. Troppo vicino per i suoi gusti, lo voleva allontanare, ma sapeva bene che non era possibile; frequentavano la stessa scuola, avrebbero dovuto imparare a convivere.
“Pablo ancora non è arrivato?” chiese Nata entrando di corsa con il fiatone e salutando i suoi compagni. “No, ma dovrebbe arrivare a breve” spiegò Andrea mentre parlottava con il suo amico Andres. “Io e Ricardo stiamo di nuovo insieme, sono così felice” esclamò Camilla con gli occhi che le si illuminarono al solo pensiero. “Ne sono felice” disse secca Francesca. “Violetta, qualcosa non va?” chiese Diego avvicinandosi alla ragazza, stranamente taciturna. “Va tutto malissimo, grazie per l’interessamento. Francesca non mi parla, ho fatto una bruttissima figura con Leon. Vi prego mandatemi un’altra dose di brutta notizie, sto aspettando solo quelle!” sbottò Violetta con un sorriso ironico. “Forse dovresti solo rilassarti un po’ e distrarti, di solito è la soluzione migliore. Che ne dici di andarci a prendere un frullato insieme dopo le lezioni?” chiese lui con una certa sicurezza. Violetta pensò che forse avrebbe dovuto accettare: insomma era stata molto ingiusta con lui e l’aveva giudicato troppo in fretta; si stava dimostrando gentile e premuroso, un buon amico insomma. “Eh, no, Violetta deve fare le prove con me, e poi le avevo chiesto di accompagnarmi in un posto” si intromise Federico. “Ma sparisci, stai sempre in mezzo” sbottò il ragazzo, facendogli segno di togliersi di mezzo. “Se vuoi ti accompagno io, Federico” disse Maria avvicinandosi speranzosa. “No, grazie” rispose freddamente. La ragazza rimase di sasso di fronte a quella risposta così fredda. “Perché la tratti così male?” chiese Thomas mettendosi in mezzo, per difendere la sua amica. “Eccolo, il cavalier servente!” esclamò l’italiano. Era davvero infuriato: non sopportava l’idea di essere stato sconfitto da quello spagnolo, mentre lui aveva impiegato secoli anche solo per avvicinarsi a lei. “Hai forse qualche problema con me?” lo istigò Thomas assumendo un’espressione da duro. I due continuarono a squadrarsi: di lì a qualche secondo era sicuro che sarebbero venuti alle mani. “Smettetela!” esclamò Violetta, cercando di separarli. “Ah…parla colei che difende la giustizia, quando poi tradisce la propria migliore amica” strillò Francesca in preda a un esaurimento nervoso. “Francesca, calmati io posso…” cercò di dire Violetta. “No, non merita delle spiegazioni, visto che non vuole nemmeno ascoltarci” la bloccò Stefan, anche lui furioso. Tutti cominciarono a litigare: ognuno portava le sue motivazioni aumentando il tono di voce, creando una bolgia. Anche Maxi e Nata avevano cominciato a litigare, mentre Camilla faceva avanti e indietro per cercare di riappacificare i suoi compagni. “Io non sono arrabbiato con nessuno, ma urlo perché urlano tutti” strillò Andrea nel bel mezzo di quella baraonda. Diego era intervenuto per separare Federico e Thomas che continuavano a guardarsi in cagnesco, Andres osservava la scena spaventato; in quel momento avrebbe voluto con lui il suo amico Leon. ‘Algo suena en mi, algo suena en vos…’ cominciò a cantare Violetta prendendo il microfono e salendo sul palco. ‘es tan distinto y fantastico’ continuò Camilla. Porse la mano a Francesca, che la guardò titubante e salì anche lei: ‘Suena el istinto, baila tu corazon. Mueve tu cuerpo, muevelo!’. Tutti rimasero in silenzio di fronte a quelle parole. “Bene, ringraziate le vostre tre compagne che vi hanno fatto tornare in voi, altrimenti vi avrei mandati tutti in presidenza” spiegò Pablo, appoggiato con la schiena allo stipite della porta. Avanzò lentamente verso il centro della stanza in modo tale che tutti gli prestassero attenzione: “Ma si può sapere che vi sta prendendo? Siete qui per imparare, per intraprendere un cammino duro fatto di sforzi e impegno. Avete un’occasione unica e la state buttando per delle vostre divergenze che possono benissimo essere risolte fuori di qui”. Tutti rimasero zitti: Pablo aveva ragione, stavano perdendo di vista quello che era il loro obiettivo, quella che era la loro passione. “Ecco perché mi è venuta in mente una cosa…dovrete comporre una canzone in gruppo, chi penserà alla melodia, chi alla coreografia e chi al testo della canzone. Voglio vedere cosa sapete fare insieme” disse Pablo per poi incominciare la lezione…
“Grazie per il frullato” disse Violetta con un sorriso. “E’ il minimo visto come stai oggi” esclamò Diego sorseggiando a tratti il suo. “Già…” sussurrò lei per poi chiudersi in un silenzio assordante. “Wow, questa parte della scuola non l’avevo mai vista, è sempre nascosta da tutti questi alberi” disse Diego, cercando di cambiare argomento. No, no…quel posto no! Quel muro le riportava alla mente i ricordi di quando stava con Leon: ‘Era così felice. Non appena uscirono dalla Studio lui la portò in un luogo appartato e cominciarono a baciarsi con molta foga. “Il frullato lo prendiamo un’altra volta, va bene?” chiese lui dopo essersi staccato. “Direi di si” disse lei (che era appoggiata a un muro della scuola riparato grazie ad alcuni alberi) con un sorriso, per poi continuare a baciarlo…I due si staccarono: Leon aveva i capelli tutti arruffati, mentre Violetta era tutta rossa in viso. Niente da fare l’effetto-Leon non era affatto venuto meno, anzi…’.
“P-possiamo andare da un’altra parte?” chiese Violetta, mentre gli occhi le si inumidirono. “Certo, qualunque cosa abbia fatto non volevo farti piangere, mi fa stare male” disse Diego, portandola via di lì. Diego era davvero gentile con lei e la proteggeva, ma il pensiero fisso di Leon non svaniva. Ogni volta che riusciva a nasconderlo per un po’ , riemergeva l’attimo dopo con sempre più forza e irruenza. “Si sta facendo tardi…” disse all’improvviso, osservando il cielo che diventava sempre più scuro. “Ti riaccompagno a casa” esclamò Diego. Dopo qualche minuto erano finalmente arrivati vicino al portone della Villa Castillo. “Grazie per la passeggiata, a domani” disse Violetta facendo per rientrare, ma il ragazzo la trattenne per il braccio, costringendola a voltarsi. Si avvicinò sempre di più chiudendo gli occhi. Le sue intenzioni era molto chiare, ciò che non era chiaro era quello che Violetta avrebbe fatto…
“Leon, come è andata oggi?” chiese Lara. L’aveva aspettato all’uscita fino alla fine della riabilitazione. “Insomma, non tanto bene…” disse il ragazzo afflitto. “Vedrai che è una cosa temporanea. Ti devo parlare” disse lei tutto d’un fiato. “Si, ma non qui. Andiamo al giardino” ribatté Leon, indicando il luogo dove l’ultima volta Violetta aveva dato uno schiaffo a Lara. Al pensiero gli veniva quasi da sorridere, non aveva mai visto Violetta così arrabbiata in vita sua. Cercò di tornare serio…comunque sia non si era affatto comportata bene. Lara prese una sedia di un verde scuro e si mise accanto a lui. Gli prese la mano e lo guardò dritto negli occhi. Anche lei meritava una possibilità con quel ragazzo così dolce che l’aveva conquistata sin da subito, sin dalla prima volta in cui aveva visto quegli occhi verdi. “Leon io…penso sia il momento di parlare a cuore aperto” esordì con un mezzo sorriso, mentre lui la guardava stupito. “Io sono sempre stato onesto con te” disse Leon scrutandola. Ed era vero…l’aveva sempre considerata un’amica speciale, che le era sempre stata vicina quando ne aveva avuto il bisogno, ma nulla di più. Aveva paura che lei avesse frainteso il tipo di rapporto tra di loro. Però, ripensandoci, forse avrebbe dovuti concedergli e concedersi una possibilità; forse sarebbe riuscito ad essere felice con lei. “Tu mi piaci” disse Lara avvicinandosi. Leon chiuse gli occhi: il cuore accelerò i battiti, ma qualcosa non andava. Non sapeva se sarebbe stato giusto. Non sapeva se quel bacio gli avrebbe solo fatto più male al pensiero che a darglielo non era la sua Violetta.
Andrea era al bar con Andres e Thomas, prendendo qualcosa da bere. Era sera inoltrata ormai e i tre cominciarono a chiacchierare del più e del meno, fino a quando non uscì fuori il discorso Maria. “E quindi Maria e Federico non si parlano?” chiese Andres che ancora non aveva capito molto bene. “Piuttosto è Federico che non vuole parlare con lei, e io vorrei aiutarla perché è mia amica e ci tengo” spiegò meglio Thomas. “Dunque tu vuoi che chiariscano e sei venuto da noi, i migliori aggiustacoppie della città” esclamò Andrea esaltato da quella cosa. “Veramente no, ne stavamo parlando e…” cercò di correggerlo lo spagnolo, ma venne interrotto subito: “Non ti preoccupare! Io e Andres siamo i migliori in circolazione. Per ora siamo già riusciti in un’impresa del genere”. “Davvero? Quale?” chiese il ragazzo incuriosito. “Il cane di Andres aveva litigato con la sua compagna e noi gli abbiamo fatto fare pace in un secondo” disse con orgoglio Andrea, gonfiando il petto. “Sono bastati solo alcuni croccantini, veramente…” sussurrò Andres, provocando una reazione stizzita del compagno. “Comunque…ho un’idea che può fare al caso nostro. Un’idea malvagia!” esclamò Andrea, cominciando a fare una risata malvagia. “Bella la risata, ma manca qualcosa” gli fece notare l’amico. “Giusto, hai ragione” annuì Andrea. Poggiò lo zaino e vi rovistò per poi tirare fuori una torcia. La accese, la puntò sulla sua faccia e rifece la risata malvagia. “Molto meglio…” disse Andres. Thomas sbatté la mano sulla fronte…che cosa avrebbero combinato adesso quei due?
‘Stasera ho casa libera. Vieni alle 20. Camilla’. Ricardo rilesse il messaggio più volte pensando si trattasse di uno scherzo. Suonò il campanello dell’appartamento e ad aprirgli venne una Camilla alquanto elettrizzata. Ricardo rimase a bocca aperta alla vista della sua ragazza (si, ora poteva nuovamente dirlo) che indossava un abito viola in seta che arrivava fino alle ginocchia, mettendo in mostra le sue belle gambe. “Di che devi parlarmi?” disse il ragazzo deglutendo e cercando di contenere i suoi istinti. Camilla non disse nulla, ma si avvicinò con un sorriso malizioso per baciarlo e trascinarlo dentro casa, chiudendo poi la porta. Continuarono a baciarsi con foga fino a quando non arrivarono alla camera di Camilla, una stanza quadrata di un colore verde acqua. Altro Ricardo non notò visto quanto era preso dalla ragazza. Finalmente dopo un bel po’ di tempo si staccarono che ormai erano rimasti senza fiato. “Visto che sei stato bravo, ho una sorpresa per te” scherzo Camilla soddisfatta. Lo spinse letteralmente sul letto fiondandosi sopra di lui e cominciando a baciarlo, portando su la sua maglietta. “Ma davvero, vuoi…” disse Ricardo, ma non ebbe il tempo di dire nulla perché lei ricominciò a baciarlo non appena ebbe preso fiato nuovamente, staccandosi solo per levargli la maglietta e buttarla sul pavimento. Si abbassò un po’ per slacciargli lentamente i jeans e sfiorare con la mano i suo boxeur. Le posizioni si invertirono in fretta: Ricardo passò sopra di lei e con la mano cercò di trovare il gancetto della zip per sfilargli il vestito. Con le labbra partì dall'ombelico percorrendo la sua pelle fino al collo e lasciandoci una scia di baci. Gli sfilò il reggiseno e gli slip, per poi posizionarsi tra le sue gambe. “Non dimentichi nulla?” chiese Camilla, con le guance rosse per l’eccitazione. Ricardo era stato talmente impetuoso da dimenticare completamente le precauzioni, quindi la ragazza le indicò una scatolina blu appoggiata sul comodino vicino al letto. I due scoppiarono a ridere, poi Ricardo afferrò la scatolina e si preparò in fretta e furia per poi ricominciare da dove avevano interrotto. Finalmente fu il momento tanto atteso da entrambi: Ricardo entrò dentro di lei dolcemente mentre le sussurrava parole dolci. Una fitta di dolore colse Camilla, ma lei sapeva bene che prima o poi tutto sarebbe passato quindi si trattenne e il suo corpo bollente si irrigidì, mentre lentamente percorreva i muscoli delle braccia del suo ragazzo ,tesi per lo sforzo, con le dita. Le spinte aumentarono e lentamente il dolore si attenuò, dandole invece una sensazione di benessere crescente. Sentiva di poter toccare il cielo con un dito: era questo che si provava a fare l’amore con la persona giusta? Non lo sapeva ma avrebbe voluto non finisse mai quel momento. Dopo un po’ Ricardo si staccò esausto e si posizionò accanto a lei con il fiato corto. Camilla si voltò verso di lui per guardarlo negli occhi, gli diede un piccolo bacio e rimase abbracciata a lui per tutta la notte.

NOTA AUTORE: non so come mi è venuto in mente di mettere questo capitolo scritto in modo pessimo (e che non ho avuto modo di ricontrollare bene, forse lo farò dopo), penso non rispetti nemmeno le leggi delle sintassi in alcuni punti. Mi faccio abbastanza schifo, ma pensiamo ad altro. Allora...Leon e Violetta stanno per cadere in tentazione. Chi dei due riuscirà a resistere? Magari entrambi chi lo sa... Andrea ha un piano malvagio (io AMO quel ragazzo xD *ripensa alla scena delle risata malvagia*), e poi boh tutti litigano, e c'è Camilla che fa pace con Ricardo e...che dolci, l'hanno fatto *sparge petali di rosa* mi piace come ho descritto la cosa, anche se per Leon e Violetta forse mi spingerò un po' più in là (loro meritano una cosa approfondita ù.ù), se mai lo faranno (chi voglio prendere in giro, glielo voglio far fare del primo capitolo... >.<). Comuuuunque anche se non merito nemmeno una recensione per questa...cosa, se mi date il vostro parere tanto meglio, ne sono felice. Grazie a tutti voi che mi seguite e mi recensite, alla prossima ;) Buona lettura a tutti (bah, qui il buona è ironico...)!!! :D

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Capitolo 51
*** Andrea gioca l’asso nella manica ***


Capitolo 51
Andrea gioca l’asso nella manica

“Violetta, sei arrivata finalmente!” esclamò Angie con il fiatone avvicinandosi alla nipote. Non appena si sentì chiamare si allontanò da Diego, portandolo indietro con le mani lentamente. “Ho interrotto qualcosa?” chiese poi con un sorrisetto avvicinandosi ai due. “Ma cosa dici, Angie?!” ribatté esterrefatta Violetta diventando scarlatta per la figuraccia. “Niente, niente…beh, saluta il tuo amico che dobbiamo rientrare” disse lei, incrociando le braccia e aspettando. “Ehm…magari lo posso salutare senza che mi supervisioni” le sussurrò supplicante. “D’accordo! Allora io rientro, ma tu vieni subito altrimenti tra cinque minuti tuo padre manderà tutte le volanti della polizia a cercarti” concluse l’istitutrice con una risata. Prese le chiavi ed entrò dentro casa, ma non appena varcò la porta si ritrovò letteralmente aggredita da German, che come al solito aveva avuto un attacco di ansia paterna: “Dov’è Violetta? Non risponde al cellulare. Potrebbero averla rapita…era con lei? E se si fosse persa; stasera rimarrebbe al buio e al freddo. No, devo cercarla, chiamo la polizia e la cerco”. “E’ qui fuori che sta parlando con un amico” lo rassicurò con un sorriso dolce. German, che nel frattempo, le aveva afferrato il braccio, lo lasciò subito andare imbarazzato e si chiuse nel suo studio, borbottando qualcosa di incomprensibile. Non appena entrato nella sua oasi di riflessione chiuse la porta e si sedette per poi cominciare a giochicchiare con alcuni soprammobili che gli aveva regalato Jade e che teneva sulla sua scrivania. Si mise ad osservare il piccolo delfino di cristallo tra le sue mani: gli stava succedendo qualcosa di strano. La festa di fidanzamento con Jade e di conseguenza il matrimonio si stava avvicinando sempre di più, ma la cosa non gli faceva né caldo né freddo. Il pensiero di passare il resto della sua vita con quella donna non gli dava alcuna prospettiva allegra o felice, e non riusciva a capire il perché. Anzi lo sapeva benissimo, ma dentro stava cercando di allontanare quella verità: tutto era cambiato dall’arrivo di Angie in quella casa; e quel bacio…quel bacio era stato qualcosa di unico, puro amore, una sensazione che non aveva mai provato dalla morte di Maria. “Posso entrare?” disse Roberto, bussando alla porta e facendo capolino. “Certo, vieni pure. Di che mi devi parlare?” esclamò German, riprendendosi da quei pensieri. “Abbiamo una richiesta da parte dell’impresa giapponese di cambiare alcuni termini del contratto, penso che ci dovresti parlare” gli spiegò passandogli il cellulare. “Si, pronto? Yes, yes, I’m German Castillo” cominciò a parlare, dando vita ad una conversazione di lavoro piuttosto accurata. Magari la sua vita sentimentale fosse semplice come lo era concludere un affare; allora si che non avrebbe avuto problemi.
“Ciao, Diego” disse dopo aver fatto un profondo respiro. “Non possiamo riprendere da dove siamo stati interrotti?” chiese il ragazzo, avvicinandosi con fare malizioso. “No, non posso…sei sempre gentile con me, e penso meriteresti una possibilità, ma è troppo presto, perdonami” si scusò Violetta con una certa tensione lungo tutto il corpo. “Non ti preoccupare, posso aspettare quanto vuoi” la rassicurò il ragazzo, dandole un leggero bacio sulla guancia. “Grazie” disse semplicemente per poi rientrare. Mentre si allontanava ringraziò il cielo che Angie fosse intervenuta. Sentiva che forse si sarebbe lasciata andare a quel bacio, e sarebbe stato uno degli errori più grandi della sua vita. Diego la vide allontanarsi, poi tirò fuori il cellulare: “Gabriella…si, va tutto bene. E’ quasi cotta, l’idea del ciondolo mi ha fatto guadagnare tanti punti; adesso tocca a te farti avanti con Leon, no?”. Un applauso lento lo fece voltare di scatto; “Ora devo andare…Che ci fai tu qui?” chiese preoccupato. “Sono qui per avvertirti” disse una voce divertita.
“Lara, no!” esclamò Leon, allontanandosi. “Perché?” chiese lei ferita. “Non posso illuderti. Io…provo molto affetto per te, ma non ti amo” disse chiaramente senza giri di parole. Quella schiettezza spiazzò la povera Lara, che per un momento non seppe cose dire. “Ma è presto, magari col tempo…” cercò di convincerlo, ma non poteva far altro che sopportare lo sguardo impaurito di Leon e soffrire. Soffrire. Non era giusto che lei sentisse quel dolore; non se lo meritava, ma ormai aveva capito, capito che avrebbe dovuto essere Violetta per ricevere il suo amore. “Voglio stare da solo” sussurrò Leon con tono supplichevole. Lara si alzò e disse solamente: “Non mi arrendo tanto facilmente. Ti dimostrerò che non è Violetta la persona che ami”. Leon la vide andare via a passo svelto, mentre con le mani si asciugava quelle lacrime amare provocate dal rifiuto. Era davvero dispiaciuto, ma illuderla sarebbe stato peggio. Pensava sempre e solo a Violetta, non poteva farci nulla. E più provava a dimenticarla, più sentiva di essere legato a quei ricordi felici. Gli faceva male quella situazione, ma doveva ricordarsi che era partito tutto da lui, da una folle idea che avrebbe portato avanti fino alla fine. Inoltre lei si era dimenticata in fretta di ciò che avevano vissuto e una prova ne era quella lettera e la restituzione del ciondolo. Prese ancora una volta il foglio che teneva in tasca e rilesse più e più volte. La sapeva a memoria ormai, ma non ne aveva mai abbastanza. Desiderava farsi del male sempre di più, finché non sentì una mano amica posarsi sulla sua spalla e poi arrivare delicatamente ad asciugargli una lacrima che era scesa. Alzò lo sguardo: “Speravo proprio che venissi. Arrivi sempre al momento giusto”. “Chiamalo istinto di sorella” ribatté Arianna, sedendosi accanto a lui, nel posto che qualche momento prima aveva occupato Lara. “Leon che ti succede?” chiese poi all’improvviso. “Che intendi?” disse il ragazzo guardandola dritta negli occhi. “Che fine ha fatto il Leon che conosco io? Che cosa ti impedisce di essere felice con la persona che ami?” proseguì imperterrita. “Di chi stai parlando?” chiese Leon con incertezza. “Ti prego, mi hai preso per scema? Se pensi di ingannarmi, stai solo perdendo tempo” esclamò Arianna. “Anzi penso che tu stia cercando più che altro di ingannare te stesso” si corresse in seguito. “Che sorella intelligente che ho…e comunque lei non pensa più a me, non mi ama più” disse il ragazzo, alzando lo sguardo e fissando le fronde degli alberi assorto. Si aspettava una risposta, un ‘te l’avevo detto’, ma non arrivò nulla, solo silenzio. “Potresti dire che me lo sono meritato” disse a bassa voce in un sussurro. “Potrei, ma non l’ho fatto” sottolineò la sorella Vargas, per poi scoppiare in una risata. Leon la seguì a ruota: aveva proprio bisogno di Arianna, era come un raggio di luce e di speranza in grado di trafiggere la tristezza che gli opprimeva il cuore ogni giorno con più forza.
Violetta si chiuse nella sua stanza e si buttò sul letto, girò lo sguardo verso il comodino e vide un piccolo bracciale verde. Verde…come gli occhi di Leon. No! Doveva smetterla di pensare continuamente a lui. Per loro ormai non c’era più speranza di tornare insieme, erano successe troppe cose. Prese il diario e si mise supina sul letto, dopo aver impugnato una penna: ‘Caro Diario, oggi è stata una giornata strana. Non capisco il comportamento di Diego: a volte è così arrogante, altre volte mostra una dolcezza inaspettata. Ah, oggi Leon ha provato a baciarmi, ma è arrivata Angie e’. Si fermò di scatto, rileggendo quelle righe: aveva scritto Leon invece di Diego! Cancellò con forza quel nome, ma rimuoverlo su un pezzo di carta era un conto, rimuoverlo dal cuore era tutta un’altra storia. Era così difficile dimenticarsi di lui, e non solo perché era stato il suo primo amore…forse perché aveva qualcosa che lo rendeva indimenticabile ai suoi occhi. Lo amava, ma sapeva bene che ormai non sarebbe valso a nulla.
“Di cosa mi vorresti avvertire, Ludmilla?” chiese divertito Diego. “Lascia in pace Violetta” disse secca. Non poteva credere a cosa era appena uscito dalla sua bocca. Eppure quelle parole erano venute fuori in modo spontaneo, e non se ne pentiva affatto. E poi Violetta le ricordava tanto lei, prima che…Rimosse quel pensiero: basta pensare al passato. “Sei diventata una fallita. Violetta è già ai miei piedi, e nessuno ti crederà per quello che hai sentito” sottolineò lo spagnolo, portandosi le mani in tasca tranquillamente. “Te lo ripeto, lasciala in pace” continuò convinta la giovane Ferro, parandosi di fronte a lui e impedendogli una via di uscita. “Sei diventata come la tua amichetta Nata, una persona insignificante” disse Diego ammiccando. “Ripetilo” lo provocò con voce tremante. “Nata è la ragazza più insignificante che io abbia mai conosciuto. Mi chiedo perché abbia partecipato alla gara, tanto non ha alcuna possibilità di vincere” continuò il ragazzo. In un secondo Diego tirò fuori la mano destra posandola sulla sua guancia arrossata, mentre Ludmilla teneva ancora in alto la sua tremante.  “Non ti azzardare più, o la prossima volta non sarà solo uno schiaffo quello che riceverai” sibilò furiosa, prima di voltarsi ed andarsene velocemente. Diego la guardò allontanarsi sorpreso: era la prima volta che una ragazza alzava le mani su di lui. La cosa lo attirava e lo faceva infuriare contemporaneamente. Ma soprattutto lo attirava…
Il giorno dopo allo Studio 21 tutto sembrava andare alla normalità, ma nessuno sapeva che in disparte tre individui stavano discutendo il loro piano, che avrebbe dovuto cambiare le sorti di Maria e Federico. “Allora, siamo pronti!” esclamò Thomas. Strano ma vero, per una volta si fidava di quel pazzo di Andrea. I tre presero tre direzioni diverse e diedero il via all’operazione ‘Fede e Maria’.
Maria stava per provare la coreografia di Gregorio per la novecentesima volta. Non voleva fare una figuraccia, poi l’insegnante era così preciso e severo. Andres irruppe nella stanza di corsa: “Ti deve parlare Thomas…è importante, ti sta aspettando nello sgabuzzino!”. La ragazza annuì e gli passò la bottiglietta d’acqua per poi andare nel luogo dell’appuntamento. Certo era strano che Thomas lo volesse vedere in uno sgabuzzino, ma forse era successo qualcosa…
“Fede!” esclamò Andrea con un sorriso a trentadue denti. “Ciao, Andrea” rispose educatamente l’italiano. “Come va la vita?” chiese l’amico, dandogli una pacca sulla spalla. “Bene…credo” rispose un tantino perplesso per tutto quell’interessamento. “Ti sta cercando Ricardo” disse poi semplicemente. “Ma Ricardo non è stato sospeso per altri due giorni?” chiese Federico. Andrea cominciò a sudare freddo: di tutti i nomi che poteva tirare fuori, aveva scelto proprio quello sbagliato. Cosa doveva fare? Ma certo! “Infatti ti ha cercato due giorni fa, scusa me lo sono ricordato solo ora. Ehm…potresti andare a prendere una scopa nello sgabuzzino? Beto ha rotto un vaso nella sala professori e bisogna ripulire” spiegò dopo averci pensato un po’ su. “E perché non puoi andarci te?” chiese di rimando l’italiano. “Eh…che bella domanda…perché…perché…c’è troppa polvere e io sono allergico” rispose soddisfatto il ragazzo. Federico annuì e si diresse nello sgabuzzino: finalmente si era rassegnato.
“C’è qualcuno?” chiese Maria entrando. Lo sgabuzzino era vuoto…strano visto che era il ritrovo di numerose coppiette, ma d’altronde ultimamente si erano lasciati quasi tutti. Sentì un rumore di passi, si voltò e vide Federico che la guardava sorpreso. “E tu che ci fai qui?” chiese stizzito. Non ebbe il tempo di dire nulla che la porta dietro di loro si chiuse; si sentì un rumore di serratura: erano stati chiusi dentro. Dall’altra parte Thomas rimirava la chiave di bronzo nelle sue mani, quando lo raggiunse Andrea per sapere come stesse procedendo il piano. “Sicuro che funzionerà?” chiese lo spagnolo ancora non del tutto convinto. “Ma certo…lascia passare un quarto d’ora e quei due saranno avvinghiati tanto che non saremo in grado di riconoscere quale parte del corpo è di Maria e quale è di Federico. Funziona sempre: l’ho visto fare nei film, nei telefilm…ovunque insomma” disse Andrea, scoppiando in una risata allegra. “Speriamo” concluse Thomas; lasciò la chiave all’amico e si diresse fuori per farsi un giro, poiché avrebbe avuto lezione tra un’ora.
“Fateci uscire!” esclamò Federico, battendo forte con le mani sulla porta. Maria si era seduta per terra, aspettando pazientemente. “A quanto pare ci hanno incastrato” disse piano lei, rialzandosi da terra per aiutarlo. “Niente…non ci posso credere!” sbottò l’italiano, arresosi all’evidenza. “Forse da una parte è meglio, così possiamo parlare in maniera civile” disse Maria tranquillamente. Era l’occasione giusta per chiarire quello che c’era tra loro. “Non ho alcuna intenzione di starti a sentire”ribatté Federico, incrociando le braccia e socchiudendo gli occhi. “Devi smetterla di fare il bambino e ascoltarmi!” insistette alzando il tono di voce. “Non sono certo io che illudo le persone, facendogli credere cose che non esistono” rispose a tono l’italiano. “Ma bene, adesso io sono la cattiva della storia. Si può sapere di cosa stai parlando?” continuò lei. “Fai anche la finta tonta, adesso?” strillò Federico. I due cominciarono a litigare e le loro parole non esattamente pacifiche arrivarono alle orecchie di Andrea e Andres che stavano origliando. “Sei sicuro che funzionerà?” chiese Andres preoccupato. “Sicuro al cento per cento ovviamente no! Ma non capisco…” esclamò l’amico cominciando a dubitare del suo piano…
“Beh, almeno io non faccio finta che mi interessi una quando sono già impegnato” sbottò Federico. “Ah, e così ai tuoi occhi sono poco seria? Vergognati! Non ti fare più vedere, vattene!” strillò Maria infuriandosi sempre di più. “Vorrei, anche perché sono stanco di sentire le tue scuse, ma indovina un po’, siamo chiusi dentro” rispose il ragazzo. Tornò a bussare freneticamente alla porta, sperando che qualcuno li sentisse: “Vi prego, fateci uscire, un altro secondo qui dentro non lo reggo proprio”. Maria, accecata dall’ira, afferrò un barattolo di vernice azzurra, e mentre Federico era di spalle, continuando a implorare, gli versò tutto il contenuto in testa. “I miei capelli! I miei vestiti! Ma che ti è preso?” urlò Federico, portandosi una mano alla testa, mentre vedeva colare vernice azzurra ovunque sul suo corpo. “Così impari ad essere così cafone!” strillò Maria. Continuarono a strillare e arrivarono persino ad insultarsi. “La situazione sta degenerando” disse Andrea, spaventato. Prese la chiave e la inserì nella toppa per aprirla, poi fece all’amico di fuggire e si volatilizzarono. “Hanno aperto finalmente!” esclamò l’italiano fiondandosi verso l’uscita dello sgabuzzino e della classe sotto lo sguardo divertito dei compagni. Maria si pentì di quello che aveva fatto: non le era mai capitato di arrivare a quel punto e di perdere il controllo in quel modo. Voleva solo andare a casa e piangere, ma era solo all’inizio della giornata; uscì dalla classe affranta e nervosa allo stesso tempo. Andrea guardò Andres: “Mi sa che non è andata molto bene”. Andres annuì: avevano solo peggiorato la situazione, già pessima di suo.
“Federico, ma che ti è successo?” chiese Violetta divertita. “Si, mi andava di travestirmi da puffo. Se aspetti, mi faccio una doccia e iniziamo le prove” esclamò Federico ironico con un sorrisetto. La sua partner annuì e si sedette ad aspettare. Nel frattempo una ragazza era entrata nella stanza e sembrava aver intenzione di parlare proprio con lei. “Lara” salutò Violetta freddamente, alzandosi in piedi di scatto. “Violetta, ti devo parlare” disse la ragazza con la stessa freddezza. “Dimmi” rispose tranquillamente. “Oggi io e Leon ci siamo baciati, e adesso stiamo insieme. Ti volevo pregare quindi di lasciarlo in pace e di non avvicinarti più a lui. Lo faresti solo soffrire ed è l’ultima cosa di cui ora ha bisogno” esclamò Lara. “Non ti credo” disse Violetta con voce tremante, mentre le sue difese si abbassarono di colpo. “Sei libera di non credermi, ma non lo venire a trovare più, gli faresti solo del male” continuò guardandola dritta negli occhi, cercando di intimorirla. “Io…non lo so. Voglio che me lo dica lui” ribatté la ragazza, recuperando un minimo di sicurezza. Lara rimase spiazzata da quella risposta, ma nel frattempo era soddisfatta. Era riuscita a insinuare il dubbio in quella ragazza. Ma perché si stava comportando così? Lei non era così meschina…però odiava Violetta. Si, la odiava perché lei era riuscita dove lei aveva fallito. Quella ragazza aveva conquistato completamente il cuore di Leon. E non lo poteva sopportare…
“Roberto” sussurrò Angie, facendo capolino in cucina dal salone, mentre il fido assistente di German stava cercando qualcosa da sgranocchiare in frigo. “Si, Angie?” rispose Roberto con un panino in una mano, e una provola nell’altra, ansioso di prepararsi un panino. “Lei non ha detto nulla a nessuno, giusto?” chiese la donna preoccupata. “Ma per chi mi ha preso, per Olga? Io so mantenere i segreti, non dirò nulla a German né a nessun altro prima del dovuto” spiegò l’uomo, fingendosi offeso. L’istitutrice tirò un sospiro di sollievo. “Cosa non deve sapere German?” disse una voce alle loro spalle. I due si girarono terrorizzati, e Roberto lasciò cadere la provola che teneva in mano. Che cosa si sarebbero dovuti inventare? 


NOTA AUTORE: allora questo capitolo già mi piace un pochino di più...ultimamente me ne sono uscito con certe schifezze (chiedo perdono), non so nemmeno io il perché. Comunque spero che la storia vi stia piacendo (se siete arrivati a leggere fino a qui deduco di si), sono molto soddisfatto della storia, che come bene sappiamo a 'na certa (dialetto romano *mode on*) dovrà finire, anche se ho duemmila idee per altre storie e mi odio/amo per questo xD Comunque...Fede e Maria...lo so che mi dovrebbe dispiacere ma io LOLLEGGIO lo stesso (povero il mio Fede/puffo xD), poi German è in crisi, e Violetta e Leon...oddio si amano davvero troppo (e la cosa mi rende sempre felice), paziantiamo ancora e poi...muahahahahah (ok, si, insomma non si è capito xD). Il piano di Andrea è andato a rotoli xD Comunque sia...non ho altro da aggiungere, forse mi direte voi che impressione vi ha fatto questo capitolo. Ludmilla schiaffeggia Diego (tempo di schiaffi nella ff xD) *batte il 5 a Ludmilla* e chi avrà sentito la conversazione di Angie e Roberto? Grazie di tutto a tutti, buona lettura e alla prossima!!! :D :D
P.S: mi sono fatto twitter costretto da una petizione -.- (xD), e vi odio perchè se prima studiavo poco, adesso... Ah, nessuno mi parli di Milano, mi bastano i post su twitter ç.ç Ci dovevo andare, ma la mia amica che mi avrebbe accompagnato aveva un esame (odio tutti ç.ç)
P.P.S: Visto che è tempo di pubblicità (???), consiglio a tutti vivamente di leggere 'Enemiga de mi hermana' di Allegra, è una storia molto bella *-* 
(
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1899575)

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Capitolo 52
*** "Andrà tutto bene" ***


Capitolo 52
"Andrà tutto bene"

“Cosa non deve sapere German?” chiese Jade entrando in cucina silenziosamente. Avanzava come una pantera che aveva adocchiato una gustosa preda, nel suo sguardo si leggeva la malvagità; cercava solo un pretesto per cacciarla via di casa, questo Angie lo sapeva perfettamente. “Niente…non deve sapere che Olga ha comprato la marca di caffè sbagliata” intervenne subito Roberto con un tempismo perfetto. “Voi mi state nascondendo qualcosa, quanto è vero che mi chiamo Jade” esclamò la donna indicandoli con gli occhi ridotti a fessure. Angie guardò l’orologio appeso vicino al frigorifero della cucina: “Guardi che ore sono! Devo andare a prendere Violetta alla lezione di piano”. Senza darle tempo di aggiungere qualcosa, la giovane Saramego svicolò abilmente, fuggendo dall’uscita sul retro della casa. “E io…German mi stai chiamando?” disse Roberto, tendendo l’orecchio. “Io non sento nulla” precisò la fidanzata del suo capo. “Eh, ma lo sento io. E lei lo sa come diventa se si infuria” concluse il povero collaboratore, rinchiudendosi con uno scatto nello studio di German. Jade prese un’arancia dalla fruttiera e la stritolò nella sua piccola manina. Matias era entrato in cucina e aveva aperto il frigorifero in cerca dell’ennesimo spuntino. “Come mai questa faccia, sorellina?” chiese mentre posizionava con cura una fetta di formaggio e una di prosciutto nel suo panino. “Invece di pensare a mangiare, dovresti aiutarmi!” esclamò lei furiosa. Gli strappò di mano lo spuntino e lo addentò nervosa. “Ma…ma era mio!” piagnucolò Matias con lo stomaco che brontolava. “Dobbiamo investigare, pedineremo Angie e scopriremo cosa ci nasconde” disse la donna, dando un altro morso sotto lo sguardo addolorato del fratello. Non poteva sopportare quella scialba istitutrice dal cattivo gusto epocale; il fidanzamento rimandato era stato un duro colpo per lei, ma era sicura che prima o poi avrebbe finalmente incastrato German, convincendolo a sposarla il prima possibile. E non era più una questione di soldi: German era riuscito a vedere qualcosa al di là della sua bellezza e del suo aspetto esteriore; aveva trovato qualcosa, qualità che nemmeno lei sarebbe riuscita a tirare fuori. Si, con German si sentiva importante, e anche intelligente. Sapeva benissimo di essere stupida e di non essere molto intuitiva, ma questo non le impediva di sognare una vita felice al fianco del suo uomo, del suo unico amore. Con questi pensieri afferrò la sua borsetta con una mano, mentre con l’altra prese il caro fratellino per l’orecchio, trascinandolo con sé.
“Sei un’illusa se speri di liberarti di me in questo modo. Io lotterò per l’amore di Leon; stare qui allo Studio mi ha insegnato a combattere per ciò in cui credo senza arrendermi mai. E ora se hai finito…” disse Violetta, facendole cenno di andarsene. Lara la guardò allibita: dai racconti di Leon, si era aspettata una ragazza molto insicura, ingenua e timida, non certo questo. Dal suo sguardo traspariva sicurezza, grinta…quasi ne ebbe paura. “Questo lo vedremo” sibilò per poi andarsene velocemente. Violetta si sedette su uno sgabello vicino alla scrivania dell’insegnante di danza. Tirò un sospiro di sollievo, guardando il suo riflesso nell’ampia vetrata fissata sulla parete opposta: ce l’aveva fatta; era riuscita a tenere testa a Lara, ma dentro si sentiva svuotata. E se avesse detto la verità? Forse Leon non la voleva davvero più vedere, e lei si ostinava a credere che tra loro non fosse finita. Gli occhi lentamente diventarono lucidi; stranamente non aveva pianto molto dopo la rottura con Leon, lo attribuiva al fatto che fosse diventata più forte dal suo arrivo lì a Buenos Aires. Si, aveva avuto l’occasione di conoscere nuove persone, di vivere un’esperienza d’amore fantastica, di maturare pian piano. E aveva imparato a lottare, come aveva già detto a Lara. Leon era suo e di nessun altro, e in cuor suo era sicura che anche il ragazzo pensasse lo stesso di lei. Ne era sicura per la reazione di gelosia al bacio di Stefan,  però lui sembrava non volerlo accettare. “Io ho finito” disse Federico, entrando nella stanza dagli spogliatoi maschili. Si stava sfregando la faccia con un asciugamano viola nell’ultimo disperato tentativo di togliere i residui di vernice. “Bene, allora iniziamo a provare” esclamò lei raggiante. Adesso voleva pensare solo alle prove per dare il massimo nella competizione: “Io direi di provare nuovamente i passi del finale per vedere se fare alcune correzioni. L’ultimo sollevamento ad esempio non mi convince”. I due iniziarono a provare, fino ad arrivare alla parte finale. Quando ebbero finito, Federico si voltò un secondo e notò la presenza di Maria. Si rivoltò e si avvicinò pericolosamente a Violetta nel tentativo di baciarla. Voleva fargliela pagare per come si era comportata nei sui confronti. Lei l’aveva illusa?! Bene, lui avrebbe risposto, facendole capire che non era mai stato interessato davvero. “Ma che fai?” esclamò Violetta, allontanandosi di colpo. Maria era già scappata via sconvolta. “Scusa, io…” provò a spiegare l’italiano. “Basta, sono stufa! Federico, smettila di fare lo scemo, si vede che lei è cotta di te, si può sapere che stai aspettando? E io sono stanca: che ho scritto in fronte ‘baciatemi e risolvete i vostri dubbi o problemi’?  Non mi sembra, anche io ho i miei di problemi” strillò Violetta ormai al colmo della pazienza. Federico si sentì un grande ed enorme imbecille. Aveva ragione, aveva solo aggiunto altri problemi alla sua partner e allontanato la persona che amava per il suo stupido orgoglio. “Sei ancora in tempo,non lasciarla scappare!” lo esortò lei con un sorriso, notando la sua espressione afflitta. “Hai ragione!” disse Federico con un sorriso ebete. Si precipitò fuori dalla stanza; questa volta non avrebbe indugiato, non si sarebbe fatto prendere dall’ira nel ripensare alla conversazione tra Maria e Thomas. No, questa volta avrebbe parlato a cuore aperto. E avrebbe accettato tutto, anche un rifiuto, ma lei doveva sapere quel che provava.
Cominciò a correre per i corridoi, sperando ad ogni angolo di vederla apparire da un momento all’altro, di sentire il suono dei suoi passi rimbombare nel silenzio circostante. Si fermò all’uscita, cercando di capire se se ne fosse ormai andata, ma non scorse nessuna figura nei paraggi. All’improvviso sentì una musica familiare, una voce calda e avvolgente, molto diversa da quella potente di Violetta; subito capì: con una corsa arrivò all’entrata del teatro della scuola, e ne spalancò la porta per vedere lo spettacolo più bello di tutta la sua vita. Maria al centro del palco si lasciava cullare dalla melodia con gli occhi chiusi per poi iniziare a cantare di nuovo il ritornello:“Ahora sé que la tierra/ es el cielo./ Te quiero, te quiero/ Que en tus brazos/ ya no tengo miedo./ Te quiero, te quiero/ Que me extrañas/ con tus ojos/ Te creo, te creo/ Te quiero, te quiero/ Ahora sé que la tierra es el cielo”. Non appena ebbe concluso sentì un battito di mani ed aprì di scatto gli occhi. L’italiano stava applaudendo alla sua performance e le sorrideva. “Che ci fai qui?” chiese con un certo nervosismo. “Sei bravissima” esclamò Federico salendo sul palco accanto a lei. “Ma io ho una canzone migliore” disse Federico avvicinandosi allo stereo per cambiare canzone. Partì subito una musica lenta e dolce che le faceva venire i brividi. Il ragazzo cominciò a cantare: “Mi corazon busca sin parar/ una estrella en lo alto de este mar”.“Si pudieras alumbrarme/ un camino hacia ti/ Es posible que te pueda encontrar” si unì subito Maria felice. Le loro voci si alternavano alla perfezione, mentre lentamente si avvicinavano. Federico era contento: attraverso quella canzone si stava dichiarando; mentre cantava le sue insicurezze scomparivano. Si sentiva bene, aveva l’impressione che anche Maria provasse qualcosa per lui. La musica finì, ma i loro cuori continuarono a battere emozionati. Federico si avvicinò sempre di più fino a poggiare le labbra sulle sue con dolcezza. Aveva avuto un bel coraggio, ma non aveva saputo resistere. Maria portò le mani sulle sue spalle, mentre lui le cingeva la vita con le sue braccia e la stringeva forte a sé. Un bacio prima delicato, poi sempre più appassionato, come quelli da film, che ti lasciano completamente senza fiato. Federico ricordò quella volta in cui aveva scoperto Leon e Violetta baciarsi con un po’ troppa passione in cucina e insieme a Maria aveva dovuto distrarre German. Aveva sempre pensato che quei due fossero stati esagerati, troppo impulsivi, addirittura pazzi per rischiare in quel modo; ma adesso, tutto gli sembrava diverso. Li capiva, capiva a fondo cosa volesse dire non voler rinunciare a quelle emozioni fantastiche che solo la persona amata poteva offrire. Si separarono riaprendo gli occhi e scambiandosi sguardi innamorati, poi Maria in uno slancio di gioia lo abbracciò. Federico accarezzò i suoi capelli lisci e castani e la tenne stretta a sé. Non voleva perderla. “Io ti voglio bene” disse piano, poi fece un respiro profondo e continuò: “Vorresti essere la mia ragazza?”. Maria si allontanò con lo sguardo emozionato. Non poteva essere, finalmente qualcuno si era accorto di lei, aveva trovato qualcuno che la amasse per come era. Nella mente arrivò un flash di lei che cambiava il suo look per cercare di piacere a Ricardo. Le sembrava trascorso davvero troppo tempo, un’eternità quasi, e pensò a quanto era stata sciocca e infantile. Cambiare il suo modo di essere solo per compiacere qualcuno era solo una manifestazione della propria insicurezza. E lei non era insicura, o almeno non più. “Si, lo voglio” esclamò con un po’ troppa enfasi, dandogli un veloce bacio. Si zittì subito imbarazzata, ma poi non appena lui scoppiò a ridere si sciolse in un sorriso. “Però adesso dimmi perché prima eri arrabbiato con me e hai cercato di baciare Violetta” aggiunse poi. Già…non poteva dimenticare quel quasi bacio che c’era stato tra i due, e anche se adesso era certa dei sentimenti del ragazzo pretendeva comunque delle spiegazioni. “Io l’ho fatto solo perché era geloso della tua storia con Thomas” spiegò lui imbarazzato. “E come mai?” chiese curiosa. Federico raccontò tutta la storia della conversazione sentita tra lei e lo spagnolo. Ecco! Tutto si piegava ora: le rose, l’improvviso comportamento ostile di Federico, tutto acquisiva un significato. Era solo geloso di Thomas. Scoppiò a ridergli in faccia, non riuscendo a trattenersi. “E’ così divertente?” chiese incrociando le braccia e fingendosi offeso. “No, no…solo che…io non ho mai avuto nessuna storia con Thomas, né siamo mai usciti insieme; era venuto a casa mia a fare le prove per invitare una ragazza ad uscire con lui, tutto qui” spiegò con le lacrime agli occhi. Delle prove? Tutto qui? Federico si sentì di una stupidità abissale. Tutto quel disastro era accaduto solo per un fraintendimento. “Mi sento un’idiota” proferì il ragazzo con tono solenne. “Oh, ma lo sei, altrimenti non sarei innamorata di te” disse Maria con un sorriso. Si avvicinò e gli accarezzò la guancia. “Ah, mi dispiace per il barattolo di vernice” aggiunse poi, pentita per quel gesto un po’ esagerato dettato da un momento di cieca rabbia. “Non ti preoccupare, tanto sono bellissimo anche tutto blu!” scherzò l’italiano, per poi baciarla di nuovo appassionatamente.
Jade stava seguendo la giovane istitutrice e la vide entrare in una struttura con la scritta ‘Studio 21’. Lì era dove Violetta prendeva lezioni di piano e di storia della musica? Pensava si trattasse di un’accademia specializzata, non di una qualunque scuola. E forse lo pensava anche German. Bene, già aveva qualcosa su cui lavorare…stavano nascondendo qualcosa, di quello era certa. Entrò di soppiatto in quella sorta di scuola e si appiattì alle pareti nel tentativo di non essere vista. Angie stava entrando in una stanza con scritto ‘Aula professori’. Come mai entrava lì dentro? Si avvicinò piano facendo risuonare i suoi tacchi per tutto il corridoio e facendosi largo tra la folla di studenti sparsi che parlavano, ascoltavano musica e provavano passi. “Ehi tu, smettila di volteggiare, mi fai girare la testa. E tu, carina, quell’abbinamento è orribile…ti sei forse vestita al buio?” esclamò Jade mentre avanzava imperterrita. Doveva scoprire cosa le nascondeva l’istitutrice; si avvicinò con questo intento alla porta blu, che Angie aveva attraversato qualche secondo fa, e cominciò a tendere l’orecchio per origliare. “Non si sa ancora nulla su chi potrebbe aver provocato il disastro al teatro durante lo spettacolo?” chiese Angie prendendo due tazze di caffè viola e porgendone una al suo collega e amico Pablo. Era molto nervosa; per poco non era stata colta in flagrante da Jade mentre parlava con Roberto del segreto di sua sorella Maria. Ogni volta che ci pensava sentiva un nodo allo stomaco. Odiava quella situazione così complicata, e non vedeva l’ora che le verità venisse a galla, anche se intendeva fare in modo che ciò succedesse nel modo più indolore possibile. “Nulla di nuovo. Stanno continuando a indagare, ma niente. Sicuramente chiunque abbia attuato quel sabotaggio, aveva l’intenzione di far fallire lo Studio 21, e ci sta riuscendo benissimo” ribatté Pablo. Sorseggiò un po’ di caffè, ma poi fece una faccia disgustata: “Ma cos’è questo saporaccio? E’ dolcissimo, quasi stomachevole. Non si può bere!”. Angie si passò una mano sulla fronte: era stata talmente sovrappensiero da non aver minimamente considerato la quantità di zucchero da mettere nel caffè; per quel che ne sapeva poteva benissimo aver svuotato la zuccheriera e riversato tutto il contenuto nella tazza del suo collega. “Ops!” esclamò semplicemente, facendo una faccia colpevole. “Promemoria per la prossima volta: se la signorina è troppo pensierosa non farsi portare il caffè da quest’ultima. Mi vado a prendere un buon caffè al bar, vieni con me?” disse Pablo, prendendo le sue cose e mettendole nella tracolla. “Vorrei, ma adesso ho lezione” spiegò Angie. Jade, che era stata tutto il tempo a guardare il suo fantastico taglio di capelli con uno specchietto, rimase di sasso alle parole della donna: quindi insegnava allo Studio! E l’aveva nascosto a German…perfetto, sapeva cosa fare.
“Jade!” esclamò una voce fin troppo nota alle sue spalle. Si voltò con disinvoltura e si scontrò con lo sguardo con Violetta. “Che ci fai qui?” chiese la ragazza con freddezza. “Potrei farti la stessa domanda, carina” ribatté Jade con l’aria di chi ormai l’aveva in pugno. Colpita e affondata. Violetta sentì la terra cedere e fare spazio al vuoto più assoluto; una stretta allo stomaco la colse all’improvviso, rafforzata dall’espressione trionfante della donna. Aveva vinto, adesso avrebbe potuto benissimo raccontare tutta la verità. “Che succede qui?” chiese Angie, mettendosi in mezzo alle due, e passando il braccio intorno alla spalla della nipote per farle forza. “Niente, a parte che a quanto pare entrambe avete mentito a German, e non so se vi perdonerà per questo” esclamò Jade lentamente. Il dolce sapore della vittoria…lo sentiva e se ne beava. Finalmente era arrivato il momento della resa dei conti. L’avevano sempre considerata stupida e fondamentalmente innocua, ma adesso che la fortuna aveva dato una svolta a suo favore, era ora di smetterla di giocare. “Bene, voi avete il video che mi interessa, mentre io ho queste due importanti informazioni. Direi che potremmo fare uno scambio equo. Io non parlerò di questo posto, ma in cambio voi non dovrete mostrare il video a German, quello in cui confesso di aver cercato di incastrare Angie” propose Jade. Avrebbe davvero mantenuto la parola, non voleva rischiare, ma avrebbe anche fatto tutto il possibile perché German ‘casualmente’ venisse comunque a conoscenza del loro segreto; avrebbe guadagnato del tempo prezioso, tempo che avrebbe utilizzato per eliminare quel video e sposare German in tutta tranquillità. E quelle due non l’avrebbero fermata. Violetta annuì non molto convinta e scappò di corsa fuori dallo Studio mentre Angie continuava a fissare Jade. “Spero solo che German si accorga del grande errore che sta commettendo nel volerti sposare” sentenziò la donna prima di rincorrere fuori la nipote.
Violetta continuò a correre mentre le lacrime le rigavano il viso: che aveva fatto di male per meritarsi questo? Era stata troppo buona a non aver mostrato prima quel maledetto video al padre. Ma non poteva immaginare che Jade avrebbe scoperto il loro segreto. Non voleva vedere nessuno, non voleva parlare con nessuno, voleva solo andare in camera sua e piangere. Si, era fragile, lo ammetteva, ma non poteva farci nulla, era nella sua natura. Nella sua vita ogni volta che acquisiva forza e sicurezza doveva accadere qualcosa che la riportasse al punto di partenza. Era successo con il padre, era successo con Leon. Era destinata a rimanere la ragazza che aveva paura della sua ombra e questa cosa la gettava nello sconforto. Da lontano vide due persone camminare tranquillamente, una di esse la salutò con la mano con gioia, per poi avvicinarsi. “Ma…tu stai piangendo!” esclamò Arianna, notando le lacrime sul suo volto. Violetta non disse nulla…stava fissando dritto negli occhi Leon sulla sedia a rotelle. Voleva un segno, qualcosa che le facesse capire che per loro c’era ancora speranza. E successe.
Leon non poteva vederla così, sentiva un fitta che gli faceva male al cuore. Mise le mani sui braccioli della sedia per farsi forza. Voleva dimostrarle che tutto era possibile, forse non ci sarebbe riuscito, ma non aveva importanza. Lo avrebbe fatto solo per lei. Fece leva con le braccia e sentì le gambe formicolargli. Forse era questo che gli serviva, uno scopo per cui lottare, per cui continuare a provare, a cadere e rialzarsi di nuovo fino a quando non ce l’avesse fatta. Poggiò i piedi per terra e fece uno sforzo enorme, fino a portare il suo corpo in posizione eretta. Sembrava andare tutto bene, anche se si sentiva già affaticato ed esausto; Arianna si portò una mano alla bocca e delle lacrime scesero, Violetta invece aveva smesso di piangere. Leon era lì, davanti a lei e le stava sorridendo. Per un secondo con molta fatica fu in piedi, la strinse forte in un abbraccio e le sussurrò all'orecchio tre semplici parole, con tutto l’amore di cui fosse capace: “Andrà tutto bene”. 


NOTA AUTORE: Lo so che non dovrei perchè in realtà il finale insomma sembra un po' banale, ma io stavo quasi in lacrime (della serie lasciatemi sfogare...) ç.ç Vabbè parliamo del capitolo che è meglio. Jade torna alla carica (insomma rompe in parole povere), la scena di Maria e Federico con i loro pensieri mi è piaciuta molto, l'ho trovata dolce, ma allo stesso tempo esplorata in modo abbastanza apporofondito (oggi voglio fare l'esperto xD). Ma...scusate la scena più bella. Boh, io mi sento male. A volte la paralisi delle gambe anche se risolta diventa una questione puramente psicologica (l'avevo letto non mi ricordo dove), e anche con tutta la fisioterapia di questo mondo il paziente crede di non poter tornare a camminare e quindi nemmeno ci prova...tutto questo per dire che Leon ha superato questa barriera che gli sembrava insormontabile (la paralisi era solo temporanea, sarà durata si e no 10 giorni, dovuta quindi a un inibimento cerebrale temporaneo, il resto dipendeva da lui) andava superata con la forza di volontà. E chi gli ha dato lo stimolo necessario? Violetta! E io muoio...scrivevo questa scena e piangevo, ma dettagli..non sono bellissimi? Poi l'abbraccia e gli dice quelle semplici parole, che però mi hanno fatto diventare una fontana. Ma non parliamo delle mie reazioni, parliamo delle vostre. Che ve ne è parso di questo capitolo? Stranamente a me è piaciuto (il finale... *ripiange*) e l'ho per una volta trovato scritto decentemente, ma voglio sentire la vostra (smentitemi xD). Bene, ho detto tutto, buona lettura e alla prossima :D 

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Capitolo 53
*** Riconciliazioni inaspettate ***


Capitolo 53
Riconciliazioni inaspettate

“Andrà tutto bene” gli sussurrò nuovamente all’orecchio, mentre il suo respiro tornava regolare. Violetta chiuse gli occhi: tra le sue braccia si sentiva al sicuro, protetta. Nemmeno Jade poteva sfiorarla se c’era lui a proteggerla. Lo sentì allontanarsi di colpo e la cosa la spaventò: forse si era pentito di quell’abbraccio. No, guardandolo bene in viso, notò il pallore e il sudore imperlargli la fronte. Leon si era riuscito ad alzare, e l’aveva fatto per lei, ma probabilmente doveva essere stato uno sforzo enorme. Il ragazzo si rimise seduto sulla sedia a rotelle: si sentiva privo di forze. Arianna, ancora commossa, gli si buttò al collo piangendo e singhiozzando. Suo fratello era tornato a camminare, e tutto avrebbe ripreso il suo corso nel modo giusto. “Calma, sorellina” esclamò il ragazzo, rischiando il soffocamento, mentre continuava a fissare Violetta; i due non riuscivano a staccarsi gli occhi di dosso. “Io vado, vi lascio parlare” disse Arianna ancora emozionata. Aveva intuito di essere un po’ di troppo in quel momento, e decise di allontanarsi: chissà che non ci fosse la possibilità che Leon finalmente mettesse da parte il suo orgoglio. 
Violetta gli prese la mano e la tenne stretta; era emozionata per quello che era successo ed era sicura che Leon l’amasse ancora…nessuno avrebbe fatto qualcosa del genere per lei, nessuno. Liberò la presa e poggiò la mano destra sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente, mentre lo guardava con amore, come la prima volta in cui si erano conosciuti, come dopo il loro primo bacio. Per Violetta non era cambiato nulla, per Leon si. Il ragazzo chiuse gli occhi a quel tocco così delicato. Era da tanto che non sentiva le carezze di Violetta e quasi gli sembrò di toccare il cielo con un dito. Ma poi si ricordò del ciondolo che gli aveva restituito, della lettera che gli aveva spezzato il cuore, e allontanò la sua mano con lo sgaurdo basso. “Sono molto stanco, sarà meglio che torni a casa” disse freddamente Leon, distruggendo così tutte le certezze che Violetta aveva accumulato con il suo gesto. “Non ho bisogno della tua compassione” aggiunse triste. Compassione? E’ così che la pensava? Davvero pensava che provasse pietà per lui e basta? Si sentiva profondamente delusa, e arrabbiata. Arrabbiatissima anzi. “Non è compassione la mia” ribatté a tono, facendo qualche passo indietro; ‘E’ amore’ pensò, ma le parole non le uscirono. Non riusciva a comprendere come mai si comportasse così, sembrava quasi che la volesse allontanare il più possibile. Era ferito, riusciva a capirlo con solo uno sguardo, ma non sapeva il perché. Ma certo…la storia del ciondolo e il bacio con Stefan! Doveva chiarire subito quell’equivoco: “Leon, tu hai qualcosa che mi appartiene, qualcosa che mi hai donato...”. Leon strinse i pugni e il suo volto si rabbuiò: “Non più”. Violetta tentò disperatamente di trovare le parole per spiegare: era tutto contro di lei. Quel dono significava tutto, era il simbolo del loro amore, e non poteva accettare che fosse proprio la causa di una mancata riconciliazione. “Posso chiederti un favore?” chiese il ragazzo, interrompendo la linea dei suoi pensieri. Annuì in silenzio. “Rimaniamo amici. E’ meglio per te, è meglio per me” continuò sospirando. Meglio per lei? Cosa ne voleva sapere di cosa avesse bisogno? Anzi, meglio, di chi avesse bisogno…e un solo nome poteva rispondere a quella sua necessità, il nome della persona che in questo momento di fronte a lei e le stava procurando un dolore indicibile.“Bene, come vuoi” rispose affranta. Non voleva proprio ora dare inizio a una discussione: si era appena ripreso, era stanco e non avrebbe ottenuto nulla di buono. Era meglio lasciarlo riposare. Si voltò nascondendo le lacrime. No, non si meritava le sue lacrime. Non era arrabbiata, né triste: solo delusa. Era profondamente delusa del fatto che non volesse credergli, che non si fidasse di lei. “Ciao, allora” disse di spalle, per poi tornare verso lo Studio. Arianna, che era rimasta nelle vicinanze per poter ascoltare tutto, uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò al fratello: “Giuro non capisco, sono tua sorella, ma non riesco minimamente a comprendere come lavora il tuo cervello. L’hai ferita in un modo che non è da te”. “Sai benissimo che è lei che non mi ama più, c’è la lettera, c’è il ciondolo…” cominciò a spiegare Leon, ma la sorella la bloccò subito: “Ancora con questa lettera! Davvero un pezzo di carta può rimpiazzare le emozioni che avete sentito in quell’abbraccio, gli sguardi carichi d’amore che vi lanciavate? Davvero, Leon, tutto questo è meno importante? Mi stai dimostrando che è così, che vedi solo quello che ti fa comodo vedere. Perché tornare con lei significherebbe rimetterti in gioco completamente, e sei diventato un codardo pieno di paure. Non ti riconosco più”. Lo guardava con rabbia e delusione. Il fratello si portò le mani davanti agli occhi e si rese conto di quanto fosse cambiato. Non poteva accettarsi così come era; ma lui…non riusciva più a fidarsi, non riusciva più ad affidare il suo cuore a qualcuno, era diventato freddo e scostante. Il vecchio Leon gli sembrava solo un ricordo, che avrebbe voluto riavere, ma che ogni secondo si allontanava sempre di più fino a svanire nel nulla. Come avrebbe fatto a tornare se stesso?
Violetta si voltò per essere sicura di non essere vista, quindi cominciò a correre verso la scuola per scaricare la tensione degli ultimi minuti. Leon voleva avere un’amica? L’avrebbe avuta. Gli sarebbe stata comunque accanto, anche se non nel modo in cui avrebbe voluto. Perché ci teneva troppo a lui, davvero troppo. Senza rendersene conto andò a sbattere contro qualcuno. “Violetta” esclamò la donna che aveva rischiato di far cadere. “Angie!” disse contenta, trovando poi conforto tra le sue braccia. “Io…sono tanto triste” continuò tra un singhiozzo e l’altro. Quella giornata era stata terribile. “Ti va di raccontarmi?” le sussurrò con dolcezza Angie. In quel momento, avrebbe tanto voluto chiamarla nipote; per un secondo le sembrò una buona idea, ma nemmeno quello era la situazione adatta. Violetta era già sconvolta e fragile, non voleva destabilizzarla ulteriormente. “Ti va di raccontarmi?” chiese dopo averla rassicurata per quanto le fosse possibile. La nipote annuì e insieme si diressero allo Studio.
Francesca era rimasta a provare con Maxi e Federico una nuova canzone, ma non riusciva a concentrarsi. Odiava non rivolgere la parola a Violetta, era pur sempre la sua migliore amica. Ogni volta che però provava a parlarle per cercare di chiarirsi, per ascoltare le sue ragioni, le immagini del bacio tra lei e Stefan apparivano chiare davanti ai suoi occhi, e inspiegabilmente si sentiva bloccata. Giusto, c’era anche la questione di Stefan: uno schifoso traditore, che non riusciva comunque a togliere dalla testa, e soprattutto dal cuore. Era stanca. Non ce la faceva ad avercela con tutti, e la cosa non passò inosservata ai due amici, che smisero all’istante di suonare, osservando la sua reazione. Francesca sospirò senza accorgersi di nulla. “Francesca! Maxi chiama Francesca” esclamò il ragazzo con il cappellino, avvicinandosi e sventolandogli una mano davanti agli occhi. “Si, che succede?” disse l’italiana riprendendosi dal trance in cui si trovava. Federico appoggiò la chitarra che stava suonando per terra e le poggiò un braccio intorno alla spalla con fare amichevole: “No, perché noi abbiamo smesso di suonare, ma non mi sembra che la cosa ti sia arrivata al cervello”. “Smettetela di trattarmi come una scema” sbottò la ragazza arrabbiata. Odiava essere trattata in quel modo. Si allontanò e si voltò di scatto, fingendo di essere offesa. “Dovresti cercare Violetta e chiarirti con lei” disse il ragazzo italiano con espressione seria. “Non voglio” ribatté decisa. Non era vero: voleva correre dalla sua amica e abbracciarla per sfogarsi in quel periodo così duro per lei, ma non ci riusciva…le mancava il coraggio. Il coraggio. Lei era sempre stata forte, coraggiosa, ma ultimamente aveva perso sicurezza. Cosa le stava succedendo? Maxi e Federico sembravano leggerle dentro perché la strinsero in un forte abbraccio di gruppo. “Ne avevo bisogno” esclamò la ragazza, mentre lentamente il suo splendido sorriso le illuminò il volto. “Oggi pomeriggio io e Violetta dobbiamo provare per la gara. Ma io potrei tardare di dieci minuti. Vi basta?” propose Federico con un sorrisetto complice. Non ce l’avrebbe fatta, non era pronta: cosa avrebbe detto? “Mi basta” disse senza rifletterci. In fondo non aveva nulla da perdere, ma aveva da guadagnare un’amicizia di nuovo fondata sulla sincerità e la fiducia. Nulla da perdere e tutto da guadagnare. “Ora però vi devo chiedere un favore…” disse, facendosi nuovamente seria. “Cosa?” chiesero i due all’unisono. “Basta con questo abbraccio di gruppo, mi state spettinando i capelli e sgualcendo i vestiti” li rimproverò scherzando. “Ragazze. Sapete sempre come rovinare i momenti teneri” sbottò Federico per poi scoppiare a ridere.
Ludmilla arrivò di fronte ad un’abitazione per lei fin troppo familiare. Ci era stata molte volte in quella casa, eppure si sentiva in soggezione. Sapeva benissimo che nessuno le avrebbe creduto, che sarebbe sempre rimasta la cattiva della storia, ma non c’era nulla di male nell’ammettere i propri errori, e nel chiedere perdono. Attraversò il vialetto che dava su un piccolo giardinetto, poi si ritrovò di fronte a un portone verde scuro. No, non poteva farlo, non ne sarebbe stata in grado. Lentamente il dito tremante si mosse verso il campanello; prese un respiro profondo e suonò. Non appena ebbe compiuto quel gesto si sentì confusa e spaventata. Che fine aveva fatto la Ludmilla spietata e crudele di prima? Nata l’aveva cambiata con le sue parole, togliendole l’amicizia, di cui sentiva disperatamente il bisogno. Una ragazza mora e riccia aprì spensierata, ma quando la vide si bloccò di colpo. “Nata, dobbiamo parlare” esclamò la ragazza con fare supplicante. La porta si richiuse di botto, lasciandola lì a fissare il vuoto. Si sentì una sciocca nell’aver sperato che ancora una volta la sua amica la comprendesse e l’appoggiasse. Nata rimase dall’altra parte con un’espressione pensierosa. Non voleva trattare così quella che era stata la sua unica amica per molto tempo, ma non vedeva alternative. La voce di Ludmilla attraversò la porta in legno fino a toccarle il cuore: “Ti prego, aprimi. Ho bisogno di parlare con un’amica. E tu sei l’unica che io abbia mai avuto”. Il suo tono era strano, diverso dal solito. Sembrava quasi che stesse…piangendo? Con un po’ di timore, tese la mano verso la maniglia e la abbassò, lasciando filtrare la luce e mostrandole uno spettacolo mai visto prima: Ludmilla era lì, di fronte a lei, con le lacrime che scendevano senza più controllo. Non l’aveva mai vista così: il trucco le colava mentre era scossa dai singhiozzi. Nata le rivolse un sorriso nel tentativo di rassicurarla, e l’amica entrò piano dentro casa, come se avesse paura persino della sua ombra. “Cosa c’è che non va?” chiese la spagnola, sedendosi su un divano blu scuro e continuando a guardarla meravigliata. Molte volte Ludmilla aveva fatto finta di piangere per ottenere ciò che voleva, per risultare innocente e incapace di fare del male, ma stavolta era diverso; stava piangendo per davvero e la cosa la intristiva e la compiaceva allo stesso tempo. La compiaceva perché riteneva giusto che soffrisse almeno un po’ per tutto il male che aveva fatto: aveva fatto separare lei e Maxi, ed era sicura che lei fosse responsabile della rottura tra Stefan e Francesca e della mancata riconciliazione di Leon e Violetta. Voleva odiarla, detestarla, ma non ci riusciva; la guardava e vedeva un essere indifeso, privo di quell’arroganza ed eccessiva sicurezza che la rendevano Ludmilla, la star dello Studio 21. Ludmilla si sedette su una poltroncina dello stesso colore senza smettere di fissare il pavimento. “Io…ti devo chiedere perdono per come mi sono comportata” sussurrò con la voce ancora spezzata dal pianto. Nata per poco non ci rimase: non se l’aspettava…quel cambiamento repentino così strano le fece venire i brividi, ma per una volta le sembrò finalmente di scorgere della sincerità in quegli occhi lucidi. “No, non mi devi chiedere perdono di nulla. Forse è stato meglio così; e smettila di piangere come una bambina, non si addice a una stella” scherzò Nata, alzandosi di scatto. “Ti vado a prendere qualcosa da bere. Cosa preferisci?” chiese subito dopo. Ludmilla si asciugò le lacrime con le mani e guardò dritta negli occhi la sua amica. Provava una forte senso di gratitudine: in quella casa si sentiva compresa. “Sai che facciamo? Tu ti siedi e stavolta ti porto io qualcosa da bere” disse, alzandosi anche lei. Per un secondo si guardarono negli occhi…Nata c’era sempre per lei. Rimasero lì in piedi, finché la spagnola non allargò le braccia con un sorriso pronta ad accoglierla in un abbraccio. Ludmilla non ci pensò un solo secondo e si fiondò, stringendola forte. “Sai cosa devi fare…” sussurrò Nata, lasciandola sfogare nuovamente in un pianto liberatorio.
“E lui vuole che restiamo amici, capisci? Amici! Ma con che coraggio me lo chiede?” esclamò Violetta, alla fine dello sfogo. In realtà sarebbe potuta andare avanti ancora per molto, ma non le sembrava il caso di torturare la povera Angie, che era stata tutto il tempo ad ascoltarla senza battere ciglio. “Forse ha solo bisogno di tempo…Ha avuto un trauma, potrebbe sentirsi insicuro e avere paura. In più da quello che mi hai raccontato si è sentito ferito sia per la questione del ciondolo e per la questione del bacio con Stefan. Non deve essere stato facile per lui” ipotizzò la giovane donna pensierosa. “D’accordo, ascolterò il tuo consiglio, gli farò da amica. Almeno per ora” disse, marcando la parola 'amica' con disprezzo. Amica…tutto qui? Davvero non sentiva più niente per lei? Quei pensieri la stavano perseguitando, ma qualcosa di altrettanto importante balenò nella sua mente: “A proposito, dobbiamo trovare un modo per farmi partecipare alla gara il giorno del mio compleanno, tra qualche giorno. La sera ho già chiesto a papà di organizzare una piccola festa con un po’ di amici, e stranamente ha accettato. Che stia cambiando?”. Si divertì molto ad osservare la reazione imbarazzata di Angie. “Non ne ho idea…ma sono contenta che ti abbia permesso di fare una festa con i tuoi amici. E per quanto riguarda la gara...potremmo inventarci che l’Accademia di musica ha organizzato una gita in un famoso museo di storia della musica. Sicuramente ti lascerà andare, sapendo che ti accompagno” disse l’istitutrice dopo averci pensato bene. “E se Jade rivelasse tutto a papà? Saremmo rovinate!” esclamò Violetta preoccupata. “Non dirà nulla finché noi avremo il video in cui confessa di aver cercato di incastrarmi, e non penso lo troverà facilmente, visto che l’ho nascosto” la rassicurò con un sorriso. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, quando qualcuno bussò alla sala insegnanti. “Avanti” esclamò l’insegnante tranquillamente. Si affacciò Francesca con evidente nervosismo: “Salve…mi hanno detto che Violetta si trovava qui. Potrei parlare con lei un attimo?”. “Ma certo, vi lascio sole” rispose Angie allegramente, alzandosi e prendendo tutto il suo materiale da insegnante. Non appena la porta si richiuse le due rimasero a squadrarsi. Francesca continuò a pensare che non poteva essere così difficile. “Come va?” chiese con un sorriso teso. “Male. Ma non penso ti importi un granché” rispose mettendo su una faccia triste. L’italiana voleva sapere come mai stesse così, voleva tornare sua amica, con cui si sarebbe sentita libera di confidare tutto, ma perché questo succedesse avrebbe dovuto compiere il primo passo: ammettere di aver sbagliato. “Mi sento in colpa, e ti devo chiedere scusa. Solo che mi sono sentita tradita da te e Stefan; so che ho fatto male a non ascoltarti, ma…” cominciò a dire, ma non fece in tempo a finire che Violetta le tese sorridente la mano per fare pace. Francesca non riuscì a credere ai suoi occhi: era davvero così facile perdonare? Non lo sapeva, ma sentiva un gran bisogno di stringere quella mano, e lo fece togliendosi un peso dal cuore.
Angie stava tornando a casa, quando vide una signora avanzare a passo spedito verso la villa dei Castillo; nonostante il soprabito e gli occhiali da sole che nascondevano parte del viso, non poté non riconoscere quella figura. Si avvicinò velocemente, cominciando quasi a correre per interrompere quella follia. “Non farlo!” strillò lei protendendo la mano in avanti, sapendo di stare cercando di fermare l’inevitabile. La figura si fermò e si tolse gli occhiali, mostrando un paio di occhi color verde chiaro, che lasciavano tradire la sorpresa. “Mamma, non farlo” quasi la implorò correndole incontro. Non voleva che la verità venisse a galla, almeno non in quel momento e in quel modo. 



NOTA AUTORE: chi mi vuole fare fuori? *alza la mano titubante* Si, insomma mi odio per questo capitolo, ma mi serviva per lo sviluppo della storia. Leon e Violetta amici: cioè non ci credono nemmeno loro, ma facciamogli credere che tutto può accadere (ridicoli -.-). Nata e Ludmilla hanno fatto pace e asnche Francesca e Violetta. Tanta pace e amore per tutti quindi xD Ebbene no...nel finale ritorna Angelica, intenzionata a riavvicinarsi alla nipote, mentre Angie la vuole fermare. Nel frattempo Violetta si organizza per poter partecipare alla gara senza essere scoperta da German. Ci riuscirà, o Jade ci metterà lo zampino. Arianna in questo capitolo la amo, è una stramaledetta grande...cerca di far rinsavire Leon (il nostro Leon non è più Leon ç.ç almeno per ora ovviamente ù.ù), con scarsi risultati, ma pazienza. Il capitolo è un po' interlocutorio ma necessario...E se vi dicessi che potrebbe nascere una bizzarra amicizia tra Arianna e Ludmilla? Non anticipo più nulla...grazie a tutti voi che mi seguite, spero che il capitolo vi piaccia, alla prossima e buona lettura :D :D 
 

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Capitolo 54
*** True love never dies ***


Capitolo 54
True love never dies

“Mamma, che ci fai qui?” chiese Angie terrorizzata. Gli occhi di Angelica si fermarono a fissarla e in essi si poteva leggere determinazione e desiderio di rivalsa. “Faccio ciò che è giusto. Ora che ho scoperto che German Castillo è di nuovo a Buenos Aires, devo assolutamente parlargli; non deve più permettersi di nascondere la mia esistenza a Violetta” spiegò la donna fiera. Aveva ragione, tremendamente ragione, Angie non poté far altro che ammetterlo. German le aveva allontanate dalla loro nipote, senza permettergli di vederla. Capiva Angelica, capiva la sua rabbia, la sua frustrazione; adesso però non era il momento. Sapeva di stare rimandando sempre di più un inevitabile scontro con il padre di Violetta, la persona di cui involontariamente si stava innamorando, ma non riusciva a parlare, non voleva rischiare di perdere la loro fiducia e il loro affetto per sempre. “Non è questo il momento. Lo so che abbiamo sempre odiato German, ma sta cambiando…e per quanto riguarda Violetta, non penso sia ancora pronta” ribatté Angie, posandole una mano sulla spalla e cercando di farla desistere con lo sguardo. “Cosa intendi dire? Angie tu li hai visti? Tu sapevi che loro erano a Buenos Aires e non mi hai detto nulla?” chiese Angelica sconvolta. Si sentiva tradita: la figlia sapeva benissimo quanto lei tenesse a quella questione e non le aveva detto nulla; si scostò guardandola freddamente: voleva delle spiegazioni, e subito. “Io…lavoro in quella casa come istitutrice. E’ una storia lunga” disse Angie, sentendosi tremendamente in colpa. Angelica respirò profondamente: “Abbiamo tutto il giorno”. Le prese la mano con un’espressione carica d’affetto; aveva deciso di fidarsi, perché sapeva quanto condividesse in fondo il suo stesso dolore. Angie sorrise, poi le due si allontanarono dalla casa: era il momento di raccontare tutto. E ne era felice: voleva sfogarsi con qualcuno che la potesse comprendere. E sua madre era l’unica in grado di farlo.
“No, davvero?” chiese Francesca piegata in due dal ridere e con le lacrime agli occhi. “Non capisco cosa ci sia da ridere” sbottò Violetta alquanto scocciata. Francesca era rimasta ad assistere alle prove dei due partecipanti alla gara e adesso stavano tornando a casa insieme, mentre l’amica le aveva raccontato delle sue vicende amorose con Leon. “No, giuro non ce la faccio. Sto per morire! Fermiamoci ti prego” la implorò l’italiana. Le due si fermarono e Violetta si portò le mani sui fianchi con una faccia perplessa e arrabbiata. “Continuo a non trovarci nulla da ridere” esclamò l’amica nuovamente, diventando rossa. “Aspetta, davvero ti ha detto di rimanere solo amici?” chiese, cercando di tornare seria. “Si” rispose con tristezza Violetta, ripensando a quella scena terribile, che aveva messo fine a tutte le sue speranze di poter tornare con Leon. Francesca cercò di annuire seria, ma dopo poco riprese con un attacco di ridarella, che a stento cercava di soffocare. “Spara” disse lei, intuendo che avesse qualcosa da dire. “Dico solo che è assurdo. Insomma a scuola addirittura avevamo fatto tutti una scommessa. C’era chi diceva che ci avreste messo meno di ventiquattro ore per rimettervi insieme, chi diceva una settimana. Io onestamente pensavo due giorni. Maxi si sta occupando di riscuotere le puntate, devo dire quella delle ventiquattrore è la più quotata…Ma torniamo a noi. Rido semplicemente perché è impossibile credere a una cosa del genere. Dai, tutti già ci aspettavamo di trovarvi rinchiusi in qualche sgabuzzino avvinghiati come due polipi. Mica penserai che tu e Leon potrete davvero essere solo amici!” esclamò Francesca con un sorriso complice. “No…cioè si, immagino di si. Se è quello che vuole…Forse dovrei semplicemente ascoltarlo” ribatté incerta l’amica. “Tu ami ancora Leon? Sei disposta a lasciarlo andare così?” chiese improvvisamente con una serietà inaspettata. “Certo che lo amo. E…no! Non voglio perderlo così” rispose Violetta più a se stessa che a Francesca. “E allora cerca di riprendertelo! A volte i ragazzi non sanno davvero cosa vogliono, parlano tanto per dare fiato alla bocca. Ma se c’è qualcosa che ho capito stando con Stefan è che il più delle volte sta a noi fare la prima mossa” continuò dandole una leggera gomitata. Oh, no! Aveva capito dove voleva andare a parare…Avrebbe rispettato Leon e la sua scelta, non avrebbe cercato di giocare sporco, o di riconquistarlo. Non l’avrebbe fatto. E se poi Lara riuscisse nella sua impresa di mettersi con il suo ragazzo (si, nella mente di Violetta era ancora il suo ragazzo)? Si immaginò quei due scambiarsi un tenero bacio e inorridì. “So a cosa stai pensando, e so anche che tra qualche minuto mi implorerai in ginocchio per avere un aiuto o dei consigli” continuò con un sorrisetto. Violetta deglutì: come cavolo faceva a capire tutto? Era davvero incredibile. In effetti magari un aiutino…solo per arrivare a far gola a Leon, per fargli capire che cosa si era perso. Ma non era un pochino sleale? Beh, lo era stato anche lui, nel momento in cui l’aveva ferita nonostante fosse chiaro che provasse ancora qualcosa per lei. “D’accordo, hai vinto. Cosa devo fare?” chiese Violetta. “Oh, non è questa la domanda giusta. La domanda giusta è: fino a dove sei disposta a spingerti?” la interruppe Francesca con uno sguardo diabolico. Se non avesse saputo che era la sua migliore amica, avrebbe avuto seriamente paura.
Era il ventotto gennaio, il giorno della gara e il giorno in cui Violetta avrebbe compiuto diciotto anni. Arianna aveva annunciato a tutti che Leon finalmente aveva ricominciato a camminare grazie ad un po’ di riabilitazione, anche se con l’aiuto delle stampelle, e che sarebbe venuto a vedere la gara. Inoltre il suo ritorno allo Studio era imminente, atteso soprattutto da Andres, che continuava a chiedere a tutti che giorno a fosse per fare il conto alla rovescia. Nonostante il ragazzo lo fosse andato a trovare spessissimo in quel periodo, aveva sentito la sua mancanza a scuola.
Violetta si alzò con una certa fatica: il gran giorno; e non perché avrebbe compiuto gli anni, nemmeno perché avrebbe avuto una gara importante. Quel giorno avrebbe rivisto Leon e avrebbe messo in pratica i consigli di quella pazza della sua migliore amica. Certo anche la questione dei diciotto anni aveva una sua importanza. Si, ancora per diventare maggiorenne avrebbe dovuto aspettare tre anni, ma in altri Paesi già con i diciotto anni si raggiungeva la maggiore età. Non appena aprì gli occhi un po’ assonnati dalla porta sbucò German con un mazzo di rose bianche. “Papà” bofonchiò lei con un mezzo sorriso, cercando di divincolarsi con non troppa energia dall’abbraccio del padre. “Auguri, figlia mia. Ogni anno diventi sempre più grande, e si avvicina il giorno in cui andrai via da questa casa” esclamò commosso. “Si, e si avvicinerà il giorno in cui per te sarò abbastanza grande per avere il ragazzo” ribatté stropicciandosi gli occhi. “Ragazzo? Hai detto ragazzo? Hai conosciuto qualcuno? Non mi hai detto niente! Quanti anni ha? Dove vive? Hai già conosciuto la sua famiglia? Che scuola frequenta? Perché va ancora a scuola, vero? E fino a dove ti sei spinta, Violetta?” cominciò a domandare a raffica in preda all’agitazione. “Ma niente, era per dire!” disse lei, passandosi la mano sulle tempie a causa di tutte quella domande, e arrossendo per l’imbarazzo per l’ultima domanda. Se solo avesse saputo cosa aveva fatto con Leon, che poi non aveva fatto grandi cose, l’avrebbe rinchiusa dentro casa con una cintura di castità. “Ma la mia era semplice curiosità, tesoro” disse il padre tranquillo, mentre era già pronto a farsi dare nome e cognome per poter assumere un detective e far pedinare il pretendente. Violetta lo squadrò, sollevando il sopracciglio: “Bene, ora mi preparo per la gita e…”; ma non poté finire la frase perché una massa di capelli biondi le coprì la visuale, mentre era stretta in un secondo abbraccio alquanto vigoroso: “Auguri! Auguri!”. “Grazie Angie” rispose la ragazza con un sorriso. Rischiare di morire soffocata di prima mattina non faceva promettere nulla di buono per il resto della giornata. “Ma  dov’è il mio tesorino?” esordì Olga entrando con un vassoio con sopra una tazza di caffelatte, un cornetto alla marmellata, un succo di frutta, e un sacco di altra roba che non avrebbe mangiato nemmeno in un milione di anni. La domestica posò allegramente il vassoio sul comodino vicino al letto e si fiondò subito dopo Angie, stringendo la povera Violetta in un abbraccio mortale. Come non detto…doveva aggiornare il conto a tre. “Sarà meglio lasciarla preparare, ora” disse Angie, staccando a fatica Olga che stava già cominciando a parlare del tempo che passava troppo velocemente e della sua piccola che era diventata una donna. La camera da affollata divenne stranamente vuota e silenziosa. Violetta si alzò e si stiracchiò un po’. Era pronta per la gara, non voleva far sfigurare il povero Federico, che sembrava aver tirato fuori il suo spirito competitivo in quei giorni. Si vestì con una gonna turchese, una maglietta bianca a mezze maniche e con un nastro azzurro si legò i capelli. Quando scese per fare colazione dovette sopportare lo sguardo provocatorio di Jade, che a quanto pare aveva deciso di rovinarle la giornata. “Buongiorno” bofonchiò con un tono acido riferito alla fidanzata di suo padre. “Auguri mia cara” esclamò la donna, dissimulando alla perfezione. Come ci riusciva? Come era in grado di mentire a tutti? Come faceva a mentire alla persona che diceva di amare? Beh, Leon l’aveva fatto. Ma ancora non era certa che il ragazzo l’amasse. “Io ho già fatto colazione di sopra, Angie sei pronta?” disse Violetta, non prestando attenzione allo sguardo indagatore di Jade. Angie la raggiunse sorridente e allegra…fin troppo allegra per essere di prima mattina. Non appena furono uscite infatti l’istitutrice estrasse dalla borsa un pacchetto rosso rettangolare. “Per te” disse la donna porgendoglielo. “Davvero?” esclamò sorpresa Violetta, prendendo il pacchetto e scartando l’incarto con delicatezza. Le venne quasi da piangere: era un foto. Era stata scattata a scuola e c'erano lei e Leon che si tenevano per mano e si guardavano con amore. Sicuramente l’avevano scattata quando stavano ancora insieme. Non aveva mai visto il suo sguardo brillare in una foto. La cornice rossa era in legno e sulla parte superiore c’era scritto: ‘True love never dies’. “Ma…” cominciò a balbettare senza riuscire a trovare le parole per esprimere la sua emozione. “La sono riuscita ad ottenere chiedendo a Francesca. Ha un intero servizio fotografico su voi due e la cosa mi ha abbastanza inquietato” disse ridendo Angie. “E’ bellissima…e la frase…spero tu abbia ragione” ribatté un po’ malinconica per poi abbracciare la donna per cui sentiva un profondo affetto. Ed era strano: le sembrava fosse qualcosa che andasse al di là di una semplice amicizia o complicità. Era come se nei suoi occhi ritrovasse lo sguardo pieno d’amore della madre. Ma questo era impossibile, e lo sapeva bene. Mise la cornice con la foto nella borsa con accuratezza; quel regalo le aveva infuso coraggio. Anche perché quel giorno avrebbe cominciato a giocarsi le sue carte.
“Auguri!” urlarono tutti in coro i ragazzi dello Studio 21, correndole incontro per festeggiarla. Violetta in pochi secondi si ritrovò circondata di gente che la abbracciava e le faceva gli auguri. Ma il suo sguardo fu subito catturato da un ragazzo in disparte con delle stampelle. Nella stanza non c’era più nessuno: per lei esistevano solo quegli occhi verdi che la fissavano di sottecchi. Voleva corrergli incontro per abbracciarlo, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla, e non era ancora il momento. Una mano la trascinò via da quella folla di ragazzi. “Auguroni! Sei pronta?” chiese Federico, visibilmente agitato per la gara che di lì a poco avrebbero dovuto sostenere. “Prontissima” rispose con un sorriso, voltandosi per dare un’occhiata a Leon, che era già stato assalito da Gabriella. Ma andiamo…prima Lara, adesso anche quell’arpia! Ma una volta che non c’era nessuno tra lei e Leon, no? Era chiedere troppo? Un mazzo di rose rosse occupò la sua visuale per un secondo: “Un regalo per la ragazza più bella dello Studio 21”. Quella voce l’avrebbe riconosciuta ovunque: Diego. Ecco ci mancava solo lui. Scostò i fiori per essere sicura che Gabriella continuasse a tenere le mani a posto, non prestando la minima attenzione né a Diego che continuava a riempirla di complimenti, né a Federico, che le stava ripetendo di fare attenzione ad alcuni passi particolarmente delicati. “Beh, allora possiamo tranquillamente fare un triplo salto mortale e poi facciamo finta di essere delle papere” cominciò a dire l’italiano, avendo capito di non essere ascoltato. “Come vuoi…sono d’accordo” disse Violetta, mentre stringeva forte il mazzo di rose perché Gabriella aveva accarezzato la guancia di Leon. Ma come si permetteva? L’avrebbe disintegrata nella gara, e avrebbe riso soddisfatta della sua sconfitta. Subito si pentì di quei pensieri: da quando era diventata così vendicativa? O meglio…da quando era diventata così irrimediabilmente gelosa? “Buona fortuna per la gara” disse Diego, deluso per la reazione noncurante della ragazza. Violetta rispose meccanicamente: “Si. Grazie per i fiori. Ciao”. Si allontanò da tutti e due e si avvicinò a Francesca che stava chiacchierando allegramente con Camilla, mentre continuava a ignorare Stefan. “Non ce la farò mai” le sussurrò all’orecchio terrorizzata. “Ce la farai. Di questo ne sono più che sicura” la rincuorò l’amica elettrizzata per l’operazione ‘Leon, comincia a tremare’. In realtà solo lei sapeva che l’operazione si chiamava così, ma le bastava.
La gara procedette senza intoppi: Andres e Gabriella sbagliarono solo nel finale, mentre Ludmilla e Andrea andarono benissimo. Maxi e Nata avevano fatto un’esibizione perfetta nonostante si notasse la tensione che regnava tra i due. Maria e Diego andarono meno bene del solito, forse perché Maria con la testa era rimasta al giorno prima, in cui aveva passato una bellissima giornata in compagnia del suo Federico. Federico e Violetta invece andarono magnificamente, anche se non ai livelli di Maxi e Nata. Dopo la loro esibizione si sentirono le urla da stadio di Arianna, che si era fatta fare una maglietta con stampate le facce degli ultimi due partecipanti. Violetta sorrise imbarazzata e scese dal palco dopo essersi cambiata nei camerini ed essersi sciolta i capelli (che aveva tenuto legati per la gara), seguita dall’italiano che andò subito ad abbracciare Maria. “Bravi!” continuò a strillare Arianna euforica, mentre tentava inutilmente di coinvolgere con la sua energia il fratello. Violetta si avvicinò a passo deciso al ragazzo che con quegli occhi verdi le metteva sempre più paura. Erano uno di fronte all'altro. "Auguri" disse Leon cercando di rimanere tranquillo. In realtà aveva cercato di mantenere il suo autocontrollo quando aveva visto Diego che le aveva regalato quel mazzo di rose. Avrebbe tanto voluto spaccargli la faccia, ma si era detto che non era il caso.  “Grazie. Leon, dobbiamo parlare” disse Violetta fiera e determinata. Leon sgranò gli occhi di fronte a quella richiesta che non si aspettava minimamente. “In privato” aggiunse subito dopo, nel caso non gli fosse chiaro. Il giovane Vargas si voltò verso la sorella che gli fece un cenno di assenso, invitandolo ad ascoltarla, poi annuì e la seguì con le stampelle nell’aula di musica. Nel frattempo la giuria si era riunita e di lì a poco sarebbero stato dati i risultati.
Jade camminava nervosamente per il salotto: di sicuro quella mocciosa in quel momento era allo Studio. E lei non poteva fare nulla per incastrarla. Si sedette sullo sgabello del pianoforte a riflettere: pensandoci bene lei non sapeva nemmeno cosa volesse dire la parola riflettere. Ah, si, era quella cosa che aveva a che fare con gli specchi; si soffermò a pensare al suo meraviglioso riflesso che aveva preso l’abitudine di ammirare tutte le mattine e si dimenticò di quello che doveva fare. Giusto, incastrare Violetta. Ma come avrebbe potuto riuscirci senza uscire allo scoperto? Si alzò di scatto per prendere il portatile e si mise nel salotto a svolgere alcune ricerche. Come si chiamava quella scuola? Studio 21. Digitò molto lentamente il nome per non rovinarsi le unghie e fece partire il motore di ricerca. Come tutte le scuole anche quella aveva un sito. Cliccò ancora ed entrò; non c’era nulla di interessante: comunicazioni scolastiche, cambiamenti di orari, orari di ricevimento degli insegnanti. Per pura causalità si ritrovò davanti un’icona con scritto ‘Gara di ballo: elenco ammessi e partecipanti’. Quando aprì la pagina e lesse il nome ‘Violetta Castillo’ insieme a quello di Federico Bianchi, un ghigno malvagio si disegnò sul suo volto. Fece stampare quel volantino, ed entrò di soppiatto nello studio di German. Poggiò quel foglio sulla scrivania e si allontanò in punta di piedi. Non appena fu uscita si fece i complimenti per quell’idea geniale: e pensare che Matias le aveva sempre dato dell’incapace senza cervello.
I due entrarono silenziosamente nell’aula di musica senza scambiarsi una parola. Violetta chiuse la porta per non essere interrotti e si voltò verso Leon. Prese un grande respiro: era il momento di agire secondo il piano di Francesca. Non pensava avrebbe mai fatto una cosa del genere. Si avvicinò lentamente al ragazzo con uno sguardo carico di passione, sguardo che non poté essere equivocato in alcun modo. Leon cominciò ad arretrare senza capire cosa stesse succedendo: “Cosa…cosa mi dovevi dire?”. Lei continuava ad avanzare e lui faceva un salto indietro con le stampelle ad ogni suo passo, senza avere alcuna risposta. Dopo poco si ritrovò con le spalle al muro, e la ragazza era a qualche centimetro. Violetta gli accarezzò piano la guancia e si sporse sempre di più fino a quando non riuscì a sentire il respiro di Leon, farsi sempre più ansimante, sulle sue labbra. Era il momento: lo avrebbe baciato come se nulla fosse, e gli avrebbe fatto capire che per lei non era cambiato davvero nulla, che lo amava sempre e comunque. “V-Violetta” balbettò il ragazzo, sentendosi come un bambino indifeso. “Hai paura, Leon?” disse lei con tono seducente. Non avrebbe retto a lungo quella situazione. I tentativi di opporre resistenza, di allontanarla, non venivano messi in atto dal suo corpo paralizzato. Solo la bellezza di Violetta gli occupava il cervello, ed era sicuro che se non l’avesse baciato lei, l’avrebbe fatto lui per l’esasperazione, per il desiderio di poter sentire il dolce sapore di quelle labbra. “Leon…” sussurrò la ragazza, chiudendo gli occhi e avvicinandosi ancora, fino a quando non sentì i loro nasi sfiorarsi, creandogli una piacevole sensazione di solletico e un brivido che le corse lungo la schiena. Leon ormai aveva abbandonato ogni difesa, era lì e aspettava solo di ricevere quel bacio, che gli stava facendo battere il cuore più forte ad ogni secondo che passava. Ed era quasi fatta: ognuno dei due poteva quasi avvertire il calore di quel bacio, e il suo sapore. Leon chiuse gli occhi come ultimo segno di resa. Ma proprio in quel preciso istante…



NOTA AUTORE: Non mi incastrerete, non mi costringerete a parlare della scena finale...oddio che belli *sbava* Ok, no, io ho sclerato sulla scena finale, e lo so che è triste, visto che l'ho scritta io, ma non ci potevo fare nulla xD Comunque parliamo un po' del capitolo. Angie ha convinto Angelica ad aspettare, mentre la cara Francesca in breve ha consigliato a Violetta di smetterla di piangersi addosso e di cominciare a farsi avanti (e brava Fran, aggiungerei). Il famoso 28 gennaio è arrivato, giorno della gara e del compleanno di Violetta. A parte che il regalo di Angie è troppo jdhcvwvcwuc (e Francesca ha un servizio fotografico loro?! :O *vuole anche lui le foto*), in questo capitolo abbiamo capito che le cose non si stanno mettendo poi così male, anzi...L'unica cosa è che Gabriella e Diego rompono (e ti pareva -.-), but don't worry, be happy xD IL FINALE!! Parliamone...io sono crepato. Violetta, su consiglio di Fran (che rimane un maledetto genio), decide di farsi avanti in modo più...esplicito, ecco. Inizialmente pensa di non potercela fare, ma devo dire se l'è cavata molto bene *-* E Leon?? Oddio che dolce...è in panico totale. E insomma, il bacio non dispiacerebbe nemmeno a lui *-* Ma dettagli, tralasciamo che sono troppo belli e che Leon messo alle strette è una cosa bellissima. Il bacio sta per arrivare, ma come si intuisce nel finale, non ci sarà (-.-), si ammzzatemi xD Che cosa li interromperà? E i due riusciranno a riprendere da dova hanno lasciato? Lo scopriremo nel prossimo capitolo O.O Restate in ascolto LOL Buona lettura a tutti e grazie a tutti voi che leggete/recensite, mi rende felice sapere che questa storia vi sta piacendo (anche se stiamo per arrivare al finale piano piano :O). Alla prossima :D :D

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Capitolo 55
*** Il principe sbagliato ***


Capitolo 55
Il principe sbagliato

Leon sentiva ormai che quel bacio stava arrivando, ed era giunto a desiderarlo con tutto se stesso, con un'impazienza che non pensava avrebbe mai avuto. Lui che era sempre stato così controllato. Non riusciva a capire cosa avesse Violetta da farlo arrivare a quel punto, da fargli desiderare che i secondi scorressero più velocemente per poter sentire il sapore delle sue labbra morbide e calde. “Violetta!” esclamò Maxi, precipitandosi all’interno della sala. Non appena fu dentro si bloccò stupefatto. “Io non volevo interrompere nulla, insomma…passo dopo?” azzardò il ragazzo con un’espressione mortificata. Violetta si allontantò delusa per quell'interruzione. “Non stai interrompendo niente infatti! Violetta mi stava mostrando…quel bellissimo violino” inventò Leon, indicando lo strumento musicale appeso alla parete a due centimetri da lui. “Si…con le labbra” lo canzonò l’amico. Gli fece un sorrisetto furbo e i due divennero scarlatti per l’imbarazzo. “Come mai mi stavi cercando?” chiese Violetta, cercando di cambiare discorso. Era scocciata: un secondo più tardi e l’avrebbe baciato. Come minimo adesso Maxi doveva dirle qualcosa di massima urgenza. Nemmeno la caduta di un meteorite sulla scuola avrebbe giustificato quell’interruzione ai suoi occhi. “C’è un piccolo problema…tuo padre è allo Studio e ti sta cercando! Sembra una furia” la avvertì Maxi spaventato. Violetta impallidì non appena ebbe sentito quelle parole: meglio il meteorite, nettamente meglio. “E ora cosa faccio?” chiese in preda al panico. “Angie mi ha detto di riferirti che cercherà di coprirti, ma tu devi andartene di qui” insistette Maxi, mettendole fretta. Violetta prese la borsa al volo e qualcosa cadde per terra, ma era troppo frastornata per farci caso: adesso doveva solo pensare a come nascondere nuovamente la verità al padre. Uscì dall’aula come un fulmine, dopo aver rapidamente controllato se avesse via libera, lasciando così i due ragazzi da soli. “E quindi…” cominciò a parlare Maxi avvicinandosi e dandogli una gomitata scherzosa all’altezza dello stomaco. “E quindi niente, Maxi! E impara a non impicciarti” ribatté Leon, guardandolo storto. “D’accordo, d’accordo…” disse il ragazzo, mettendo avanti le mani. Si inginocchiò per raccogliere qualcosa che poi gli porse. “Ma fossi in te non mi farei scappare una ragazza del genere” concluse poi, lasciando l’aula con una faccia soddisfatta. “E non dire che non te l’ho detto!” strillò, facendosi sentire dal corridoio. Leon era rimasto solo in quell’aula e teneva in mano una foto con una cornice rosso fuoco. Era una foto sua con Violetta, scattata quando stavano ancora insieme. Si soffermò a studiare i dettagli sui loro visi: entrambi sorridevano, e si guardavano innamorati. Sembrava che per loro non esistesse nessun altro. E per lui era stato effettivamente così…ma per Violetta? Non ne era sicuro. E se già stesse pensando a Stefan in quel periodo? Quel peso non lo poteva accettare. Passò l’indice sulla superficie liscia del vetro che lo separava da quella foto. Una superficie cristallina che gli impediva di fare un tuffo nel passato, quando era ancora Leon, quando quell’incidente non c’era mai stato. La scritta sulla cornice si impresse nella sua mente, come un ferro rovente che lascia una cicatrice indelebile: ‘True love never dies’. Quella frase fu per lui come un’illuminazione. “Il vero amore non muore mai” sussurrò tra sé e sé. Era stato un’imbecille, e solo ora se ne era reso conto: lui amava Violetta. E non poteva provare a dimenticarla, non poteva starle lontano. Era come cercare di respirare senza aria, era come essere convinti di poter saziare la propria sete con la sabbia anziché con l’acqua. In una sola parola era pura follia. Prese una decisione: anche se aveva detto ad Arianna che non sarebbe andato alla festa di Violetta, si sarebbe presentato a casa sua e le avrebbe dichiarato nuovamente il suo amore. Respirò profondamente: solo con Violetta poteva sperare di essere felice; ora l’aveva capito. Con la foto in mano si diresse con le stampelle fuori dall’aula per ascoltare i risultati della gara.
German si dirigeva senza una meta per lo Studio. Teneva stretto in mano quel maledetto volantino che aveva trovato sulla sua scrivania qualche minuto fa. Non appena aveva letto il nome di Violetta, non ci aveva visto più dalla rabbia e si era precipitato lì per avere delle spiegazioni. Non voleva assolutamente che Violetta seguisse le orme di Maria. Ogni tanto si affacciava nelle aule vuote sbattendo le porte e chiamando la figlia a voce alta. Angie lo vide avvicinarsi velocemente e afferrò Maxi per la maglietta dicendogli qualcosa all’orecchio. Il ragazzo annuì e si allontanò di corsa per avvertire su suo ordine la nipote. “German” esclamò lei, venendogli incontro, cercando di nascondere il suo senrvosismo. Era pronta per il grande scontro. “Mi sa spiegare come mai mia figlia partecipa a mia insaputa a gare di ballo?” chiese infuriato l’uomo, sbattendogli praticamente in faccia il volantino con la lista di partecipanti. “Io…no, non so…deve trattarsi di un errore” farfugliò l’insegnante poco convinta. Come poteva combattere di fronte a quella prova schiacciante? Eppure doveva inventarsi qualcosa. “Si è trattato di un malinteso, un tremendo malinteso” disse prendendo tempo. Doveva pensare, e anche in fretta. German alzò il sopracciglio, battendo il piede per terra in attesa di spiegazioni. Quel rumore di suola che continuamente si scontrava col pavimento le faceva venire i nervi, e le metteva agitazione. Pablo, che aveva sentito tutto, poiché si era trovato nelle vicinanze, fece una corsa verso l’aula degli insegnanti. Si fiondò al computer acceso e modificò il file con la lista dei partecipanti. Lo ricaricò sul sito e poi stampò un secondo volantino: forse era ancora in tempo.
“Innanzitutto le devo dire che le ho nascosto una questione di massima urgenza” dichiarò Angie, cominciando a tremare come una foglia. Si sentiva impotente di fronte a quello sguardo severo. “Io insegno in questa scuola” esclamò con determinazione. German sgranò gli occhi, ma mantenne la sua compostezza, cosa che la innervosì ancora di più. “Lei è licenziata” proferì con tono distaccato. “E ora mi dica dov’è mia figlia” continuò, cercando Violetta con lo sguardo. “Angie!” esclamò Pablo tutto soddisfatto. “Ti volevo dire che abbiamo cambiato l’errore che ci avevi fatto notare. Può capitare a tutti di sbagliarsi per qualche lettera” la rimproverò blandamente porgendole il volantino che aveva in mano. “Violetta Castiglione” sussurrò incredula. Non fece in tempo a realizzare che l’uomo le strappò il foglio dalle mani e lo confrontò col suo. I nomi erano diversi. “Com’è possibile?” chiese stupefatto. “Avevamo sbagliato il cognome di una ragazza iscritta regolarmente allo Studio e lo abbiamo corretto” spiegò brevemente il professore, tenendo lo sguardo fisso sulla sua collega con un’aria seria. “Allora…quindi...se è così mi scuso per il mio comportamento e me ne vado. Ma lei Angie deve passare a casa mia domani. Le devo parlare” borbottò piano, ancora un po’ confuso per quel malinteso. Senza aggiungere altro alzò i tacchi e se ne andò di fretta così come era venuto. “Grazie Pablo” disse con un filo di voce, mentre gli occhi le si inumidivano di già. “E allora perché stai così?” chiese preoccupato abbracciandola. “Perché…perché adesso German mi licenzierà e io non potrò più proteggere mia nipote, non potrò più aiutarla. La abbandono proprio ora che ha bisogno di me” singhiozzò l’istitutrice. Prese il cellulare cercando di mascherare le lacrime e chiamò Violetta per riferirle che il pericolo era passato e che poteva tornare allo Studio.
Violetta stava camminando in preda al panico. Si trovava ancora vicino allo Studio, ma teneva nervosamente il cellulare in mano. Aveva paura per la povera Angie che avrebbe dovuto affrontare suo padre, arrabbiato come pochi. Decise che si doveva calmare, quindi si sedette su una panchina e rovistò nella borsa in cerca del regalo che aveva ricevuto quel giorno dalla sua istitutrice. Era strano, non riusciva a trovarlo. Controllò da cima a fondo, ma non c’era nessuna traccia della cornice con la foto. Non poteva crederci: aveva già perso quel preziosissimo dono. “Mi stai forse dicendo che devo dimenticare Leon?” esclamò rassegnata con gli occhi rivolti al cielo. Il cellulare squillò facendole quasi fare un salto: “Pronto? Angie! Com’è andata? Capisco. Si, hai fatto benissimo. Ringrazia di cuore Pablo”. Riattaccò leggermente sollevata: German non aveva scoperto nulla, grazie a Pablo. Si alzò con il cuore più leggero, senza sapere che Angie aveva sacrificato il suo posto come istitutrice per proteggerla.
“Hai visto Violetta?” chiese Leon alla decima persona per il corridoio, mentre avanzava a fatica saltellando con le stampelle. La ragazza scosse la testa dispiaciuta e rientrò in classe. I risultati stavano per essere annunciati: che fine aveva fatto? Improvvisamente la vide entrare a scuola piuttosto affannata. Era come un’apparizione celestiale ai suoi occhi. Le andò incontro sempre con molta difficoltà, tenendo stretta in mano la cornice. Violetta vide Leon venire da lei; le doveva parlare? Stava sorridendo, e si sentì la persona più felice del mondo. Era da tanto che desiderava che sorridesse così per lei, le era mancata quell’espressione dolce e affettuosa. E le era mancato quello sguardo pieno d’amore. Il verde così intenso degli occhi del ragazzo si riversò nei suoi con un impeto incredibile, e sentì il forte bisogno di abbracciarlo, di posare la testa sul suo petto, per poi lasciarsi cullare da quelle carezze che era solito farle. Leon muoveva la bocca, forse stava parlando, ma per lei in quel momento c’era il silenzio più assoluto. Si era incantata ad osservare la forma perfetta delle sue labbra e ne studiava i contorni, si sforzava di ricordarne il sapore. “Cosa?” se ne uscì all’improvviso atterrando sulla terraferma. “Stavo dicendo che staranno per annunciare le votazioni” ripeté il ragazzo senza smettere di sorridere. Si sentiva così leggero e felice. Quella foto era stato come un raggio di luce che gli aveva aperto definitivamente gli occhi. Stefan, la lettera, Diego…tutti ostacoli che si era posto da solo. Aveva ragione Arianna: lui aveva avuto semplicemente paura, era stato un codardo. Cosa c’era di male nell’amare così tanto una persona? Si doveva lasciare andare, doveva ritrovare la forza per fidarsi. “Quando sei scappata via ti è caduta questa” disse porgendole la foto. Violetta divenne rossissima in viso: che figuraccia! Adesso avrebbe potuto pensare che era solo una ragazzina, ancora alle prese con la sua prima cotta, e invece ciò che le disse fu: “Molto bella la foto…”. La ragazza tenne lo sguardo basso e fissò il pavimento mentre annuiva leggermente. Nonostante tutto, nonostante fino a poco tempo fa fosse stata così intraprendente, era ancora in grado di farla sentire una bambina impaurita. “Ma la cosa più bella di quest’oggetto non è la foto in sé, e nemmeno la frase incisa, la cosa più bella è il tuo sguardo innamorato” le sussurrò avvicinandosi. Il rumore della stampella caduta la fece riscuotere mentre stava cercando di contare le mattonelle per non pensare a quello che aveva appena detto. Due dita sotto il mento la costrinsero ad alzare lo sguardo e a sostenere quel verde così intenso, che la faceva emozionare. Si stava avvicinando sempre di più e per un secondo si sentì mancare il respiro. Seguì in perfetta sincronia il movimento degli occhi del ragazzo che lentamente si stavano chiudendo, come se fosse ammaliata da ogni suo piccolo gesto. Prima aveva messo in trappola Leon, ma adesso era lei che si sentiva incapace di muoversi in alcun modo. Poteva sentire il fiato caldo di Leon avvolgerle il viso incandescente. “Ragazzi, stanno…torno dopo!” esclamò Maxi per il corridoio. Leon fece un salto indietro per lo spavento e per poco non rischiò di cadere, poiché si sorreggeva solo sulla stampella sinistra. Violetta raccolse l’altro supporto, dandoglielo subito, mentre sosteneva lo sguardo imbarazzato e divertito di Maxi. “Devo dire che oggi vi state dando proprio da fare” scherzò maliziosamente. “E devo dire che oggi sei un terzo incomodo perfetto!” sbottò Leon, recuperando l’equilibrio. Violetta represse un piccola risata: vedere Leon nervoso e arrabbiato per quell’interruzione le faceva scoppiare il cuore per la gioia. Leon si accorse di quell’espressione ilare e si avvicinò al suo orecchio con un sorrisetto. “Guarda che non la scampi così! Questo discorso lo riprendiamo stasera” le sussurrò dolcemente. Violetta annuì avvicinandosi e dandogli un bacio sulla guancia: “Non vedo l’ora che arrivi stasera, allora”. Adesso ne era certa: per loro due c’era ancora speranza.
Violetta si stava preparando per la festa: di lì a poco sarebbero arrivate Camilla e Francesca per aiutarla con gli ultimi preparativi. Era molto soddisfatta per come era andata la gara: lei e Federico avevano preso un bell’8, andando a 24. Maria e Diego erano invece a quota 22, a pari merito con Maxi e Nata. Andres e Gabriella stavano a 20, mentre Ludmilla e Andrea erano stato eliminati con il punteggio più basso, 18. Il campanello suonò all’improvviso, e Violetta scese emozionata le scale per andare ad aprire: le due amiche si presentarono vestite da damigelle. Aveva deciso infatti di fare una festa a tema dove si sarebbero tutti dovuti vestire con abiti medievali. Lei ad esempio indossava un abito lungo bianco ricamato finemente con una cinta di seta dorata che le cingeva la vita. “Sei bellissima” esclamarono le due all’unisono con un sorriso elettrizzato. Francesca indossava un vestito lungo viola scuro, mentre Camilla portava un modello identico arancione. “Manca solo la corona” disse l’italiana, tirando fuori da una busta un diadema che sembrava fatto di cristallo. “E’ vero, ora sei perfetta!” continuò Camilla incantata. “Perfetta ancora no. Qua ci vuole un principe” esclamò Francesca, continuando a sistemare le ultime cose. “Un principe ci sarebbe…” sussurrò lei con occhi sognanti. “Fammi indovinare: Leon?” scherzò Camilla con un sorriso. La festeggiata annuì imbarazzata. “Sono un genio!” strillò Francesca, facendosi i complimenti da sola. “E’ successo qualcosa tra di voi?” continuò poi curiosissima come una bambina. “Ecco…vedi…lui…stava quasi per baciarmi” balbettò Violetta diventando dello stesso colore del vestito dell’amica. “Ommioddio! Non mi avevi detto nulla! Io ero rimasta al nostro piano, ma Maxi mi aveva fatto capire che non aveva funzionato. L’ho strigliato a dovere, così impara a intromettersi nei momenti romantici altrui” strillò Francesca, saltellando e battendo le mani. Le due amiche chiesero tutti i dettagli e Violetta fu felice di rivivere quel momento magico e condividerlo con loro. “Beh, una cosa bisogna dirla. Leon ci sa davvero fare…” sentenziò Camilla, annuendo vigorosamente. “Sarà meglio non dirlo a Ricardo, allora” scherzò l’italiana, lanciandole un cuscino dall’altro divano. Il campanello suonò, avvisandole dell’arrivo dei primi invitati. Non appena aperta la porta entrarono Arianna, vestita da cavaliere con un pennacchio rosso in testa e una spada di legno, Maxi, vestito da giullare, e Ludmilla con Nata, che si erano messe d’accordo e avevano scelto di vestirsi da re e regina. Il re ovviamente era Nata, che anche come uomo aveva un suo fascino. Maxi la guardava ammaliato: “E’ perfetta anche come re”. Arianna, che era vicino a lui, sfoderò la spada con fare eroico: “Vile marrano! Come puoi dir cotali cose di un sovrano? Io ti insegnerò a pensare prima di proferir parola!”. L’amico la guardò perplesso: non si stava calando un po’ troppo nella parte? “Arianna! Posso chiederti dov’è Leon?” chiese Violetta agitata. Forse ci aveva ripensato e aveva deciso di non presentarsi. “Dovrebbe venire tra poco” la rassicurò con uno sguardo dolce. Violetta sorrise serena. Sarebbe venuto! E avrebbero ripreso da dove erano stati interrotti! Che cosa ci poteva essere di più romantico di un bacio con quel costume? Si immaginava il suo Leon vestito da principe che le baciava la mano e poi si avvicinava sempre di più in un'atmosfera romantica, come ad esempio un lento, per baciarla delicatamente. Era passato un bel po’ e quasi tutti gli invitati erano arrivati, tranne Leon. Era il momento in cui la festeggiata avrebbe dovuto aprire le danze, ma non se la sentiva senza il suo principe. Una mano prese la sua e la portò al centro della pista: doveva essere lui! Ma non appena ebbe voltato lo sguardo la delusione si dipinse sul suo volto; Diego le sorrideva in modo furbo, mentre le cingeva i fianchi con le mani, invitandola a ballare. “Mi concede il primo ballo, principessa?” chiese Diego, nel suo abito da principe. Era vestito con un completo blu, e dovette ammettere che era molto affascinante. Qualcosa le diceva che si sarebbe pentita di aver accettato quell’ invito, ma allo stesso tempo non voleva essere maleducata. Annuì non molto convinta, e si lasciò condurre per tutto il ballo, mentre lui fece scivolare la mano destra lungo la schiena per stringerla sempre di più al suo petto. Sulle ultime note Diego cercò di baciarla, ma Violetta si ritrasse sussurrando un ‘No’ deciso. Finalmente la musica cessò, cedendo il posto ad altre canzoni. Non appena si fu separata, fece vagare lo sguardo per la sala fino ad incontrare lo sguardo preoccupato di Francesca. Sembrava volerle indicare qualcosa, e mosse il collo verso sinistra. Era bellissimo nel suo abito verde smeraldo elegante, ma sembrava tutt'altro che felice nel vederla, e solo dopo ne realizzò il motivo. Leon strinse i pugni tremanti e lasciò cadere la spada di plastica che aveva in mano, per uscire da quel luogo maledetto, che gli aveva fatto provare ancora una volta un senso di infelicità. Violetta lo seguì con lo sguardo mentre se ne stava andando; perché doveva sempre essere così sfortunata? Perché per una volta le cose non potevano andare per il verso giusto? Dopo un po’ che era rimasta paralizzata, sollevò la gonna del vestito quel tanto per impedirle di inciampare, e gli corse dietro nel tentativo di spiegarsi. 










NOTA AUTORE: Ciao a tutti! Perdonate il mio ritardo nell'aggiornare e questo capitolo osceno (tranne per la scena Leonetta quando Leon prova a baciarla...lì mi sono sentito sjbvkiwcbiyrviw), scritto in modo pessimo (e non provate a contraddirmi stavolta ù.ù), ma purtroppo in codesto (LOL) periodo ho un po' di problemi e...niente, ci ho tenuto comunque ad aggiornare in un tempo decente perché altrimenti mi sentivo in colpa xD Facciamo finta che il capitolo è scritto bene, e parliamo un po' di quello che succede. Maxi oggi rientra nei miei personaggi amati/odiati. Odiati perché ha ragione Leon: ma sempre in mezzo! Amati perché mi fa sempre morire dalle risate, e ce lo vedo troppo a fare gomitate complici a un Leon che lo guarda male xD *muore* Allora lo scontro tra German e Angie si è concluso tutto sommato con un pareggio...anche se Angie gli ha rivelato di insegnare allo Studio, non potendone più di nascondergli tutto (e per prendere tempo...). Pablo salva la situazione in corner, e German se la beve (meglio così ù.ù). Leon grazie alla foto che ha perso Violetta nella fuga capisce di essere stato un imbecille, ed è tornato il solito dolcissimo Leon *-* Lo dimostra la scena dopo in cui la cerca e poi prova a baciarla (e poi c'è Maxi... -.-). La festa a tema per il compleanno sembra svolgersi bene (amo Arianna...no, davvero, la voglio sposare xD), ma cosa succede? Leon arriva proprio alla fine del ballo tra Violetta e Diego (TI ODIO -.-"), vede che si stavano quasi per baciare (ma lo corrego: Diego ha provato a baciare Violetta! >.<"), e in preda alla sua solita gelosia, lascia la festa, mentre Violetta dopo un momento di panico, decide di inseguirlo per chiarirsi (ci riuscirà? Boh...). Le solite incomprensioni, ma ci stiamo avvicinando a molti momenti Leonettosi (come potrete notare già da questo capitolo xD). Ah, si, mi scuso in anticipo per aver ignorato un pochino gli altri personaggi, ma in questi capitoli mi sto concentrando su di loro un po' perché sono in astinenza di momenti loro in questa ff (che diamine!) e un po' perché ci dobbiamo lentamente avvicinare a un dato evento (eh, esatto, avete capito bene, la riconciliazione), e quindi devo pensare soprattutto a loro, ma già dal prossimo capitolo, ritorno agli altri personaggi (in primis Ludmilla, credo...). Beh, grazie a chi legge/recensisce, spero che nonostante come sia scritto il capitolo vi piaccia comunque :D :D Buona lettura e alla prossima :D

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Capitolo 56
*** Fase 2: Federico pensa a tutto (o quasi) ***


Capitolo 56
Fase 2: Federico pensa a tutto (o quasi)

“Sono in ritardo! Sono in ritardo!” esclamò Leon, saltellando da una parte all’altra della stanza, con la camicia verde brillante ancora sbottonata, e i pantaloni non del tutto infilati. Controllò l’ora sull’orologio appeso alla parete: la festa era cominciata da almeno un’ora. Maledizione! E tutto perché ci aveva messo un’eternità per scegliere il costume da mettere, e per apparire come il principe dei suoi sogni. Era un vero e proprio disastro, e mentre pensava ogni minuto a come Violetta avrebbe potuto credere che non sarebbe più venuto l’agitazione saliva alle stelle. Prese la spada di plastica e la mise nel fodero, che allacciò alla cintura. Si fermò un secondo con lo sguardo incantato: quella sera si sarebbe riappacificato con la sua Violetta e sarebbero tornati finalmente insieme. Nulla avrebbe potuto mettersi in mezzo, non questa volta. Guardò le stampelle appoggiate ai piedi del letto; anche se a fatica, riusciva a cavarsela senza, e se voleva ballare con la sua principessa avrebbe dovuto cercare di farne a meno, altrimenti tutta l’atmosfera romantica sarebbe venuta a mancare. Non appena fu uscito dalla sua stanza, Marta Vargas lo guardò meravigliata: era davvero un principe, il principe dei sogni di ogni ragazza. In fondo era anche un pochino gelosa, ma era normale per una madre. “Come sto?” chiese il ragazzo sorridente, facendo un giro per farsi ammirare in pieno, sempre un po’ zoppicante. “Sei perfetto, figlio mio” le rispose commossa. “Spero lo pensi anche un’altra persona in particolare, oltre te” sussurrò lui incerto. La madre si alzò e con dolcezza iniziò a sistemargli il colletto affettuosamente: “Penso proprio che quella persona rimarrà estasiata per la tua bellezza e per il tuo fascino”. Leon si sentì felice per quelle parole, e per qualche minuto riuscì a tranquillizzarsi. Senza aggiungere nulla le diede un bacio sulla guancia e si preparò per raggiungere il padre in macchina; Arianna era già andata alla festa, accompagnata dal suo amico Maxi. Stava per varcare la soglia quando sentì la voce di Marta aggiungere verso la fine: “Ah, e salutami Violetta; immagino sia lei quella misteriosa persona a cui vuoi fare buona impressione stasera”. Leon trattenne una risata: incredibile, riusciva a capire sempre tutto, non c’era niente da fare.
“Grazie papà, poi quando la festa è finita ti chiamo” disse Leon scendendo dalla macchina, attento a non sgualcire il suo mantello. Si avviò lungo l’ingresso e suonò il campanello; gli aprì Camilla, che non appena lo vide sbiancò come un fantasma. “Scusa il ritardo, ma la festeggiata dov’è?” chiese Leon entrando, mentre l’amica era ancora paralizzata incapace di muovere un muscolo. “Io…credo…non so…forse…” farfugliò Camilla, cominciando a stropicciarsi i bordi del vestito per l’agitazione. Il ragazzo la guardò perplesso ed entrò nel salone dove si stava svolgendo un ballo romantico, data la musica dolce e lenta. Non riusciva a vedere nulla a causa degli invitati, ma piano piano si fece strada, sgomitando leggermente, finché non li vide. Violetta e Diego. Diego e Violetta. E stavano ballando, vicinissimi, guardandosi negli occhi. Questo era troppo, più di quanto sarebbe riuscito a sopportare. Ci doveva essere lui al posto di quello sbruffone, doveva essere lui a guardarla con amore, tenendole la vita e guidando i suoi passi al suono di quelle note. La musica stava per cessare e con essa il battito del suo cuore. Era come se tutto si fosse fermato, o procedesse a rallentatore. Diego era vicino, pericolosamente vicino, la stava per baciare. Voleva piangere, ma lì davanti a tutti non avrebbe dato un bello spettacolo. Aveva bisogno di aria, doveva assolutamente schiarirsi le idee. Per un momento i loro sguardi si incrociarono; come al solito l’espressione di Violetta era un misto di paura e sorpresa. Come al solito…lasciò cadere quella stupida spada, camminando a passo spedito verso l’uscita; doveva assolutamente lasciare quel luogo maledetto.
Diego vide Violetta seguire Leon e si mosse anche lui per rovinare una possibile riconciliazione. Non fece in tempo a muovere qualche passo che una mano sul petto lo costrinse a fermarsi. Ludmilla lo guardava in modo autoritario. “Cosa vuoi, bellezza?” chiese Diego con un sorriso maligno dipinto sul volto. “Immagino che sarai soddisfatto” ribatté la ragazza con freddezza. “E da quando ti importa di Violetta?” continuò con aria di superiorità. La bionda sbuffò: come poteva essere così insopportabile? Non riusciva a capire cosa ci vedessero tutte quelle ragazze che gli morivano dietro. “Non penso siano affari tuoi, ma lasciala in pace” sentenziò decisa, voltandosi di spalle. Quello che le disse dopo però distrusse ogni strenua difesa psicologica che si era imposta di erigere per non essere minimamente toccata dalle sue parole. “Che c’è, adesso sei diventata la buona della situazione? Per favore, sappiamo benissimo che la vera Ludmilla non avrebbe esitato ad approfittare di questa situazione per riprendersi ciò che desidera” la accusò con tono derisorio. “Tu non capisci niente, io non sono la persona di prima…sto cambiando” si difese, digrignando i denti. “Ludmilla, Ludmilla, sei sempre la solita e non te ne rendi conti. Sei vuota dentro. L’unico motivo per cui cerchi di comportarti bene è che vuoi sentirti in pace con te stessa. Continui ad essere un’egoista e non te ne rendi conto” concluse, aggirandola da sinistra e correndo fuori. Quelle parole…le lacrime la imploravano di uscire, ma voleva trattenersi. Senza rivolgere parola a nessuno si rinchiuse in bagno e si sedette sulla tavoletta del gabinetto. Egoista. E se fosse vero? Se il suo cambiamento fosse nuovamente frutto di un suo capriccio, del desiderio di sentirsi in pace con se stessa? Eppure con le parole di Nata si era sentita veramente diversa. Egoista. Egoista, egoista.
‘Ludmilla stava camminando felice. Era passata una settimana, la settimana più bella della sua vita. Inizialmente l’idea di stare con quel ragazzo, Fernando, le era sembrata assurda, quasi impossibile, eppure tutto era cambiato. Non riusciva a credere che avrebbe potuto essere così contenta di una relazione. Aveva sempre avuto difficoltà a cedere a quel sentimento chiamato amore, ma adesso era felice di averlo fatto. Eccolo, stava all’entrata dello Studio, chiacchierando con un suo amico; voleva fargli una sorpresa quindi si nascose dietro il grande albero all’ingresso. “Come vanno le cose con Ludmilla?” chiese l’amico di Fernando con un certo interesse. “Come vuoi che vadano…è una ragazza così…” disse Fernando, cercando di trovare le parole. Carina? Fantastica? Attraente? Dolce? Tutti questi aggettivi le passarono per la mente mentre un sorrisetto spuntò sulle sue labbra. “Vuota” disse il ragazzo con la faccia convinta. Vuota? “Vuota?” chiese l’amico stupito, come se in quel  momento stesse dando voce ai suoi pensieri. “Si. E’ solo una ragazza senza nessuna particolare qualità, che si sente importante, che si vanta in continuazione e parla solo di lei; un’egoista, insomma”. Egoista. Allora era questo quello che pensava veramente di lei. Con il dito si asciugò una lacrima, mentre si era rannicchiata ai piedi dell’albero, continuando a sentire, ed ogni parola, ogni lettera aggiungeva ulteriore dolore al suo cuore a pezzi. “E come mai stai con lei, allora? Non capisco, Fernando” lo riprese l’amico. Già, vero! Come mai allora stava con lei? Come mai la baciava in quel modo o la trattava con una dolcezza che fino a prima aveva considerato spontanea? Come mai? Voleva una risposta all’istante, o forse no. Forse non voleva davvero sapere cosa avrebbe detto. Era sicura che gli avrebbe fatto ancora più male. “Beh, è una bella ragazza, e poi rimane la più popolare dello Studio. Insomma dovrei essere scemo per lasciarmela scappare” scherzò Fernando dando una pacca sulla spalla  all’amico. Già, stava scherzando, ma con i suoi sentimenti. Quello fu il momento. Fu il momento in cui Ludmilla chiuse le porte del suo cuore, gettando la chiave nel pozzo senza fine del suo inconscio. Amare voleva dire soffrire, essere impotenti, mostrare le proprie debolezze. E ci sarebbe sempre stato qualcuno pronto ad approfittarsi di quel sentimento in grado di rendere le persone cieche. Ludmilla si alzò in piedi, asciugandosi le ultime lacrime. Era l’ultima volta, adesso aveva aperto gli occhi, e non si sarebbe mai più lasciata illudere o raggirare. Mai più.’
“Mai più” sussurrò Ludmilla, come ripetendo nella sua mente le parole di quella promessa che si era fatta. Si portò una mano al cuore. La parola ‘egoista’ aveva risvegliato ricordi dolorosi, che aveva fatto molta fatica a cercare di nascondere a se stessa. No. Diego non aveva ragione. Fernando non aveva ragione. Lei non era un’egoista; forse all’apparenza sarebbe potuto sembrare così, ma in fondo lei si conosceva meglio di tutti gli altri. E le parole di Nata le avevano davvero toccato il cuore. Non si era mai ritenuta perfetta, per quanto lo volesse dare a vedere. Sapeva bene di essere insopportabile alcune volte, sapeva bene che Fernando in parte aveva sempre avuto ragione. Ma le ferite che le avevano lasciato l’avevano resa una persona ancora peggiore. Era chiaro: il mondo non capiva Ludmilla. Ma non solo…Ludmilla non capiva il mondo.
“Leon aspettami!” lo implorò Violetta, seguendolo fuori. Si teneva i lembi del vestito per non inciampare. Era piuttosto svelto per essere senza stampelle. ‘Ma che pensieri stupidi sono?’ si chiese dandosi della sciocca. Leon era sul marciapiede della strada, aspettando che passasse un taxi, un qualsiasi mezzo che avrebbe potuto portarlo via da lì. “Pronto? Si, un taxi, a Via Cabrisco 23” disse freddamente al cellulare, per poi riattaccarlo. Stava premendo così forte il pulsante per interrompere la chiamata, che quasi temette di romperlo. Non che gli importasse più di tanto, ovviamente. “Leon!”. Sentì la sua voce farsi strada lungo le sue orecchie e annebbiargli il cervello, che aveva ormai perso ogni lucidità di pensiero. Altre scuse, altre giustificazioni…era stanco. Non ce la faceva più a doversi mostrare sempre come quello comprensivo che capiva ogni situazione. Aveva baciato Stefan? C’era una spiegazione. Aveva restituito il ciondolo con tanto di lettera in cui gli diceva che il loro amore era finito? C’era una spiegazione. C’era sempre una spiegazione per ogni santissimo cosiddetto ‘equivoco’. Sentì il braccio essere tirato, si girò di scatto e se la ritrovò davanti con quello sguardo supplicante. “Cosa vuoi?” chiese Leon, cercando di essere impassibile, mentre dentro stava ribollendo di rabbia e gelosia. “Spiegarti” rispose lei dolcemente. Spiegazioni, come sempre. “Leon, so cosa stai pensando…pensi che cerco sempre di nascondermi dietro qualche scusa, ma questa volta non è così! Questa volta sei tu che hai capito male” cominciò a dire, aggrappandosi anche all’altro braccio. “Davvero? Buffo, molto buffo. Mi sembrava tutto così chiaro…” sbottò lui con tono arrabbiato. “E’ vero, Diego ha provato a baciarmi, ma io l’ho allontanato” ribatté. “Perché mi hai visto” la corresse subito, guardandola negli occhi; un contatto visivo che aveva cercato di evitare, per non dover sostenere il suo sguardo dolce ed espressivo. “Perché non lo amo!” esclamò, cominciando ad alterarsi. Leon non le diede il tempo di aggiungere altro che posò le labbra sulle sue, facendola tacere. Violetta sgranò gli occhi, ma poi li chiuse lasciandosi andare e portando le mani intorno al suo collo, mentre il bacio si fece sempre più appassionato. Leon le cingeva i fianchi, quando entrambi schiusero la bocca permettendo alle loro lingue di sfiorarsi e di intrecciarsi. Violetta fece scendere le mani fino ad afferrare il colletto, per tenerlo ancora più stretto ed impedirgli di staccarsi. La lingua di Leon sfiorò il palato della ragazza, facendole quasi venire il solletico. Quello era un bacio dettato dalla rabbia, un bacio per chiudere i conti in sospeso. Sentì Violetta sospirare e ansimare sulle sue labbra, quindi si separò dolcemente riaprendo gli occhi che aveva tenuto chiusi. “Questo era per chiudere il discorso di oggi. Io non lascio mai discorsi in sospeso” disse lui, voltandosi nuovamente. Violetta aveva ancora i brividi per quel bacio, e per la paura che nonostante tutto fossero ancora così lontani l’uno dall’altro. “Torna da Diego, ti starà aspettando. E non è carino che una principessa faccia aspettare così tanto il suo principe. Buonanotte” concluse lui, mentre finalmente l’auto gialla con la scritta luminosa ‘taxi’ non si accostò vicino a lui. Salì, mentre Violetta lo guardò andare via, senza dire una parola, senza muovere un solo passo. Avrebbe voluto farlo, ma quel bacio l’aveva mandata completamente in tilt. Vide la macchina gialla allontanarsi con al suo interno l’unica persona che avrebbe voluto avere accanto quella sera. “E’ successo qualcosa?” chiese Diego, arrivando dietro di lei e poggiandole una mano sulla spalla. “Come ti è venuto in mente?” chiese con un tono che lasciava trasparire puro odio. “Io…ho agito senza pensare, scusa” rispose l’altro con poca convinzione. “Beh, la prossima prova a pensare alle conseguenze delle tue azioni” esclamò Violetta stringendo i pugni e accingendosi a rientrare in casa. “Ah…e non ti avvicinare più a me” concluse poi sulla soglia, finché la musica e le risate della festa cominciarono a risuonare sempre più forti. Ma lei non le sentiva, non sentiva nulla. Era come se fosse sorda, era come se quelle di Leon fossero state le ultime parole che avrebbe potuto ascoltare in tutta la sua vita. Si sedette su una sedia in disparte, raggiunta subito dalla sua migliore amica preoccupata. “Come è andata?” chiese, anche se la risposta poteva benissimo essere dedotta dalla sua espressione distrutta. “Secondo te?” ribatté con gli occhi lucidi. Francesca non disse nulla, ma la abbracciò con semplicità, lasciandola sfogare e dandole la possibilità di aprirsi completamente. Dall’altra parte del salone due occhi azzurri e freddi come il ghiaccio la stavano fissando. Stefan. Aveva cercato di stargli lontano e di dimenticarlo, ma ogni giorno le sembrava sempre più difficile. E soffriva moltissimo, quasi quanto la sua amica. Non l’avrebbe perdonato, lei era una ragazza fin troppo orgogliosa; questa sua caratteristica era un pregio, un dono, ma anche una maledizione, perché la allontanava inevitabilmente dalla persone a cui teneva di più.
“Hai sentito?” chiese Federico, uscendo fuori da un cespuglio insieme a Maria. I due si erano allontanati dalla festa per poter stare un po’ da soli. “Certo che ho sentito! Ero qui con te” esclamò la ragazza, schioccandogli un bacio sulla guancia. “Quel maledetto Diego ha rovinato tutto!” disse furioso l’italiano. “Già. Se solo potessero chiarirsi senza le continue interferenze di qualcuno, sono sicura che tornerebbero insieme in un lampo; si vede dai loro sguardi innamorati” sentenziò Maria con un sospiro. I due si guardarono per un secondo con un sorriso complice. “Ma tu sei un genio!” strillò lui, sollevandola da terra e facendola volteggiare, sorreggendola con le sue forti braccia. “Non mi dire che abbiamo pensato la stessa cosa!” esclamò la fidanzata ridendo come una bambina. Non appena la ebbe fatta scendere piano a terra, la tenne stretta in un abbraccio; i due si scostarono di poco, ma solo per potere unire le labbra in un dolce bacio. “Le grandi menti pensano allo stesso modo” sussurrò Federico sorridendo. Era già venuto a sapere del piano di Francesca, non andato a buona fine (almeno per ora), e aveva deciso di unirsi anche lui al tentativo di riunire quei due. In fondo si sentiva ancora un po’ in colpa, la loro separazione era stata anche causa sua. “Bene, mia cara Francesca, è il momento di passare il testimone a me” disse tra sè e sè con uno sguardo appassionato.
Il giorno dopo Violetta camminava lungo il corridoio della scuola, sperando vivamente di non incontrare Leon, ma al suo posto trovò ad attenderla al suo armadietto Maria, euforica già di prima mattina per il piano geniale suo e del suo ragazzo. “Violetta!” esclamò con una voce squillante non appena l’ebbe vista. Non fece in tempo a rispondere al saluto che l’amica le corse incontro per poi stritolarla in un abbraccio soffocante. “Non…respiro…” annaspò la ragazza, liberandosi da quella stretta mortale. “Stasera che ne dici di uscire insieme? Tu ed io. Una semplice e tranquilla serata tra ragazze” disse convinta, cercando di contagiarla con il suo entusiasmo. “Non è che ne abbia molta voglia…” si scusò lei con l’intenzione di rifiutare. “Andiamo! Devi svagarti! Ci vediamo stasera al parco allora. Alle 20 in punto mi raccomando” concluse Maria, non accettando altre scuse. Violetta annuì rassegnata, mentre la vedeva andare via. Cosa non si faceva per un’amica…
“Leon, campione!” esclamò Federico, scompigliandoli i capelli nello spogliatoio maschile. Quel giorno Leon era tornato allo Studio dopo tanto tempo. Ancora non poteva frequentare la lezione di danza, doveva prima rimettersi del tutto, ma voleva comunque assistere. “Come ti viene in mente di toccarmi i capelli?” sbottò arrabbiato, risistemandosi  il ciuffo. Era nervoso, terribilmente nervoso. Non aveva chiuso occhio tutta la notte: forse perché aveva agito per rabbia e gelosia con Violetta, trattandola male, forse perché si era sentito un verme ad averle detto quelle parole dopo averla baciata, forse perché quel bacio gli era piaciuto anche troppo. Certe volte si odiava profondamente per il suo stupido orgoglio. “Invece di rimanere taciturno, che ne dici stasera di uscire con me e gli altri?” chiese apparentemente con innocenza. “Non mi va…” rispose con un sospiro. “Ma per favore! Smettila di fare il lupo solitario e unisciti al branco!” cercò di convincerlo l’italiano. “D’accordo, a che ora?” si arrese Leon. “Alle 20 al parco. Ci vediamo lì” concluse tutto contento per avercela fatta. Oh, si, il piano stava procedendo alla perfezione.
“Allora come è andata?” chiese Maria, incrociando il complice lungo il corridoio. “Si è arreso facilmente, il povero ragazzo” esclamò Federico, facendo il finto corrucciato. La ragazza scoppiò in una risata limpida: “Anche Violetta. Quindi i due si incontreranno al parco alle 20, e se non succede nulla a quel punto giuro che non mi chiamo più Maria”. I due si presero per mano, e si avviarono al Resto-Band, senza sapere che qualcuno aveva sentito tutta la loro conversazione.
Angie camminava avanti e indietro: nel pomeriggio avrebbe dovuto presentarsi a casa di German per portare a termine la questione del licenziamento. Ma quella mattina avrebbe dovuto spiegare tutto alla nipote. “Angie, mi cercavi?” chiese Violetta, facendo capolino nell’aula insegnanti. Era il momento. “Si, Violetta, entra” disse piano, facendola avvicinare. “Tuo padre mi ha licenziato” esclamò senza giri di parole. “Ma…come mai? Ti ha scoperto qui allo Studio? Ha scoperto che tu lavori qui? Ci parlo io, ma per favore non mi lasciare sola con Jade” la supplicò la ragazza, prendendole la mani. “Mi dispiace, non posso rimanere in quella casa, ma non ti lascerò mai sola, perché…” balbettò Angie. Stava per dirglielo. Lei era sua zia, e l’avrebbe gridato al mondo. Ma il mondo non includeva sua nipote. Le mani presero a sudare e a tremare, e Violetta se ne accorse. Non capiva: cosa stava succedendo?






NOTA AUTORE: finalmente un capitolo scritto decentemente (almeno per me xD) *stappa lo champagne* Allora si, dove siamo rimasti, riepiloghiamo. Leon si incavola con Violetta (tanto per cambiare), e....BACIO! Lo so che non ha risolto nulla, ma visto questi ultimi capitoli, mi esalto con poco xD (si, sto messo male ù.ù). E niente: Fran ancora non vuole perdonare Stefan (orgogliosa, la ragazza...), Ludmilla ci fa scoprire una parte del suo passato, che l'ha resa quella che è (insomma prima era una Ludmilla migliore, sempre molto vanitosa ecc...ma non cattiva ù.ù), e niente la sua parte mi è piaciuta un sacco (dopo quella Leonettosa obviously ù.ù), anche perché la vedo in linea con il personaggio, e quindi mi ha fatto molto piacere che sia riuscita. Come una sola parola puà risvegliare brutti ricordi...maledetto Diego (ci sta bene due volte in questo capitolo), anche se ho goduto come pochi quando Violetta l'ha trattato malissimo incavolandosi (mi sembra giusto ù.ù). E infine: Fede e Maria! Che amori cucciolosi :3 E il loro piano sembra davvero perfetto (sembra...), anche se qualcuno ha sentito tutto (maledizione >.<")...che ci dobbiamo aspettare a questo punto? E Angie riuscirà a dire tutta la verità a Violetta? Lo scopriremo (forse) nel prossimo capitolo xD Grazie di tutto a chi legge/segue/recensisce, e alla prossima :D Buona lettura a tutti!

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Capitolo 57
*** Sfuggire all’amore? Impossibile! ***


Capitolo 57
Sfuggire all’amore? Impossibile!

Francesca era appiattita lungo una delle pareti del corridoio, nascosta dietro una porta aperta di un’aula. Era alquanto sorpresa per ciò che aveva sentito. “Hai capito, che bravo Federico!” esclamò tutta soddisfatta, uscendo dal suo nascondiglio. Fece un saltello battendo le mani con l'umore alle stelle: Violetta e Leon avrebbero fatto pace. Però doveva esserne sicura questa volta; non avrebbe lasciato nulla al caso. Alle 20 al parco, eh? Beh, si sarebbe nascosta per spiarli e fare in modo che tutto procedesse nella giusta maniera. Entrò in aula dove trovò Stefan intento a mettere a posto degli strumenti. Il ragazzo non appena sentì dei rumori di passi si voltò di scatto e la guardò speranzoso. “Ciao” disse lei freddamente. Stefan abbassò lo sguardo deluso: niente, non voleva proprio più saperne di lui. “Ciao”. L'italiana notò che l’aveva salutata un po’ sotto tono, come se ci fosse rimasto male per qualche cosa. Era sempre più arrabbiata: lì l’unica ferita doveva essere lei! Lei era stata tradita, lei l’aveva sorpreso a baciare la sua migliore amica. Non poteva accettare che i ruoli si fossero scambiati e adesso Stefan sembrasse la vittima della situazione. Che nervi! Contò fino a dieci facendo dei respiri profondi, poi prese uno spartito che aveva lasciato e lasciò la stanza senza degnarlo di uno sguardo. No, non gliel’avrebbe fatta passare liscia, era decisa a continuare ad ignorarlo e a fare finta che non esistesse.
“Io…sono tua zia, Violetta” finì di parlare Angie con le lacrime agli occhi. Il silenzio calò inesorabile nell’aula dei professori, portando con sé incertezza e paura. Violetta sgranò gli occhi. Non credeva a una sola parola di quello che aveva detto, non credeva a nulla. La testa le scoppiava, bombardata da quella notizia. Cominciò ad arretrare tremante: quella non era Angie, la sua istitutrice; quella era un’estranea, per giunta anche pazza. Solo ora si rendeva conto di quanto avesse sbagliato a confidarsi così tanto con una persona che non conosceva a fondo. “Tu non sei nessuno! Vuoi solo tornare a casa e stai cercando di farlo in tutti i modi. Sei spregevole” disse, ancora sconvolta. Arretrava con un'espressione spaventata e incredula. Angie non sapeva cosa fare; voleva abbracciarla, confortarla e dirle tutta la verità, ma non ci riusciva. Si era come bloccata. “Vilu, ascoltami…” balbettò lei incerta. “Non voglio!” ribatté a voce alta, voltandosi di scatto e fuggendo via. L’insegnante si sedette sospirando e con l’espressione abbattuta. Qualcosa dentro di lei le fece intuire che aveva scelto il momento e il modo sbagliato per dirle la verità.
Correva senza una meta, andando a sbattere contro alcuni studenti, senza rivolgere loro una parola, nemmeno per scusarsi. Era sconvolta, non voleva crederci. Anzi, sicuramente non era vero. E allora perché una vocina interiore le diceva tutto il contrario? Non sapeva cosa fare. Ne doveva parlare con suo padre? Non le sembrava una buona idea. Con Olga? Peggio che mai. Con Roberto? Forse lui sarebbe andato bene, ma era troppo fedele a German per essere disposto a mantenere il segreto. Stranamente non le veniva da piangere. Si, Angie l’aveva ingannata, ma se fosse stata sua zia sarebbe stata una parente da parte di madre. Era comunque una bella notizia, o no? Non ci stava capendo nulla. Perché suo padre non le aveva detto di avere una zia? Non sapeva che Maria avesse una sorella. In quel momento aveva bisogno di una persona, una soltanto, che l’avrebbe saputa consigliare e consolare nel modo giusto. “Ehi, attenta, Violetta!” esclamò una voce. Senza rendersene conto era andata addosso proprio a colui che stava cercando. “Leon!” esclamò lei, sentendosi d’un tratto sollevata. Solo lui era in grado di farla sentire così. “Dovresti fare attenzione…” borbottò Leon con una punta di freddezza. Ancora non aveva digerito quel ballo tra lei e Diego. Violetta senza dire nulla, lo abbracciò forte quasi stritolandolo. “Ehi, ehi, allenta un po’ , non scappo mica!” scherzò il ragazzo, felice per quell’abbraccio, ricambiando con dolcezza. Si scostarono e Leon la guardò negli occhi: ormai la conosceva, aveva capito subito che qualcosa non andava. Non ebbe bisogno di aggiungere nulla, le prese la mano e la condusse fuori per parlare.
Stefan si mise alla batteria e cominciò a scaricare tutta la sua frustrazione per come stavano andando le cose con Francesca. Come aveva fatto ad essere così stupido? Gli vennero incontro Federico e Maria con due frullati in mano, che chiacchieravano allegramente. “Amico, così la distruggi quella batteria!” esclamò l’italiano, portandosi le mani alle orecchie per non dover sopportare quel frastuono. L’altro sembrava non sentirlo, troppo preso a sfogarsi. Maria, con un gesto rapido, gli tolse le bacchette di mano. “Si tratta di Francesca, vero?”. Stefan annuì e si sedette per terra, vicino alla batteria. “Non si tratta solo di lei. Per colpa mia anche tra Leon e Violetta le cose vanno male. Mi sento solo un problema, non riesco a muovere un passo senza far soffrire qualcuno. Mi fa male…” spiegò con un tono depresso. “Su con la vita!” intervenne Federico. “E poi non ti preoccupare per Leon e Violetta, a loro ci abbiamo pensato noi” aggiunse subito dopo facendogli l’occhiolino. Stefan per un secondo si sentì più leggero, ma non voleva illudersi. “Come?” chiese sospettoso. Maria e il suo fidanzato si sorrisero complici, poi raccontarono il loro piano all’amico. “Non ci credo! Siete due geni…” esclamò sorpreso. “Non dirlo a nessuno però, non vorremmo che la notizia arrivasse alle persone sbagliate” si raccomandò Maria, facendosi subito seria. In altre parole non voleva che Diego rovinasse tutto. Non di nuovo. Stefan annuì con forza, sciogliendosi in un bellissimo sorriso. Un problema di meno. Però voleva essere sicuro che le cose andassero bene. “Per curiosità…dove e quando avranno l’appuntamento?” chiese, giocherellando con i lacci delle scarpe, facendo finta che la risposta non gli interessasse. “Alle 20 al parco qui vicino…io e Federico abbiamo pensato a tutto. Nel pomeriggio daremo a ciascuno dei due un biglietto per il cinema, comprato prima, per un film horror. L’idea dell’horror è di Fede, io non ero d’accordo, ma dice che è sicuro che funzionerà” spiegò con attenzione Maria, sempre a bassa voce. “E’ ovvio che funzionerà. Immagina: durante una scena di qualche testa che rotola o cose simili, a Violetta verrà spontaneo abbracciare Leon, e da lì il gioco è fatto” si intromise l’italiano, convintissimo della sua idea. Stefan si alzò di scatto. “Adesso ho lezione, vado”. Uscì dall’aula di fretta sotto lo sguardo perplesso dei due. Si sentiva un fascio di nervi. Doveva qualcosa a Leon e a Violetta, lo sapeva bene. Prese una decisione: quella sera li avrebbe seguiti per essere sicuro che tutto procedesse per il meglio.
“E ha detto di essere mia zia” concluse tutto d’un fiato Violetta seduta su una panchina fuori dallo Studio; Leon le stava ancora tenendo la mano, e la cosa la stava mettendo in agitazione. “Capisco…secondo me però dovresti sentire cosa ha da dirti” le disse dopo averci pensato un po’ sopra. Violetta annuì assente, ancora presa a osservare la mano stretta nella sua. Gli sembrava incredibile. Anzi, Leon era incredibile. Aveva messo da parte il suo orgoglio ferito per starle accanto in quel momento così delicato. “Ma tu le credi?” chiese d’un tratto, spostando lo sguardo ai suoi occhi verdi. Come faceva a farla sciogliere in quel modo solo con la sua presenza? L’imbarazzo che le metteva non era affatto passato dal loro primo incontro. “Si, penso che ti abbia detto la verità. Non avrebbe nessun motivo per mentirti. Anche se German l’ha cacciata, non è ingannandolo che riuscirebbe a riprendere il suo posto” continuò il ragazzo, molto riflessivo. Ancora una volta aveva ragione. Aveva agito in modo impulsivo con Angie, avrebbe dovuto farsi prima dare una spiegazione. Abbassò gli occhi e prese a fissare la strada, pensando a come avrebbe potuto affrontare la situazione. “Va meglio adesso?” chiese Leon in un sussurro, abbracciandola di nuovo. “Se mi abbracci così, sento che andrà tutto bene” disse lei, chiudendo gli occhi e sorridendo, lasciandosi trasportare dalle sue braccia. Andrà tutto bene…
‘Leon non poteva vederla così, sentiva un fitta che gli faceva male al cuore. Mise le mani sui braccioli della sedia per farsi forza. Voleva dimostrarle che tutto era possibile, forse non ci sarebbe riuscito, ma non aveva importanza. Lo avrebbe fatto solo per lei. Fece leva con le braccia e sentì le gambe formicolargli. Forse era questo che gli serviva, uno scopo per cui lottare, per cui continuare a provare, a cadere e rialzarsi di nuovo fino a quando non ce l’avesse fatta. Poggiò i piedi per terra e fece uno sforzo enorme, fino a portare il suo corpo in posizione eretta. Sembrava andare tutto bene, anche se si sentiva già affaticato ed esausto; Arianna si portò una mano alla bocca e delle lacrime scesero, Violetta invece aveva smesso di piangere. Leon era lì, davanti a lei e le stava sorridendo. Per un secondo con molta fatica fu in piedi, la strinse forte in un abbraccio e le sussurrò all'orecchio tre semplici parole, con tutto l’amore di cui fosse capace: “Andrà tutto bene”.’
“Tutto bene?” chiese Violetta, guardandolo preoccupata. Aveva un’espressione strana, come assente. “Tutto a posto grazie. Ora devo andare, ho una lezione. Ti consiglio di parlare con Angie appena puoi!” esclamò il ragazzo alzandosi di scatto. Si diresse all’interno dello Studio ancora osservato da Violetta. Stava agendo bene, no? Loro non facevano altro che ferirsi a vicenda, giusto? Sentiva di stare accampando solo scuse inutili, che non potevano comunque mascherare i sentimenti che provava per lei. Ma per il momento se le fece andare bene.
“Angie, ti ho cercata ovunque…” esclamò Violetta, facendosi coraggio, e dirigendosi verso la bionda insegnante. Adesso aveva la mente più lucida, anche se non si fidava ancora. “Violetta!” strillò lei all’improvviso, lasciando cadere tutti gli spartiti che aveva in mano e correndo ad abbracciarla. Con quell’abbraccio si sentì confusa: delle forti e dolci emozioni presero il controllo della sua mente, e i dubbi che l’avevano assillata sembravano scomparsi. “Zia…” sussurrò, mentre gli occhi le si inumidirono all’istante. “Nipote” disse Angie, contenta di poterla finalmente chiamare in quel modo. “Abbiamo un po’ di cose di cui parlare” dissero all’unisono per poi scoppiare a ridere. Angie la portò in un’aula vuota e cominciò a raccontare. Parlò di come avesse deciso di presentarsi a casa Castillo, una volta venuta a conoscenza del loro arrivo. Raccontò le sue paure, il suo timore di perdere nuovamente la possibilità di starle accanto; parlò di Angelica e del suo intento di rivelare a German tutta la verità. A quel punto Violetta la interruppe: “Mia nonna è viva?”. Non sapeva nemmeno quello. Aveva sempre creduto che sua nonna fosse morta, visto che non la era mai venuta a trovare, e suo padre non aveva mai voluto parlare della famiglia di Maria. La donna annuì: “E’ viva, e non vede l’ora di conoscerti”. Violetta sentì montare la rabbia nei confronti di suo padre: perché la aveva nascosto tutto quello? Perché le aveva impedito di conoscere sua zia e sua nonna? Le sue stupide paure non erano motivate. Angie sembrò leggere i suoi pensieri e si affrettò a parlare. “Non prendertela con tuo padre; ha solo paura di perderti, non vuole che tu segua la strada di Maria per questo. Non dirgli ancora nulla, lo farò io”. Voleva essere lei a dire la verità a German, a guardarlo negli occhi mentre vedeva il suo amore tramutarsi in odio. Era giusto così. “Mi sta già perdendo con le sue menzogne” ribatté Violetta con uno sguardo triste. Menzogne e bugie. Possibile che la sua vita fosse composta unicamente da quelle?
Le lezioni si erano finalmente concluse e Violetta si precipitò a casa per prepararsi all’uscita con le amiche. Non appena entrò si diresse in camera sua. Non voleva vedere suo padre. Non lo odiava, non avrebbe mai potuto, ma sentiva che qualcosa tra loro era cambiato. Un muro li divideva, e lei era stanca di cercare di superare ostacoli a destra e a manca. Era più facile fissare quella barriera e prendersela con chi l’aveva eretta. Aprì l’armadio in camera e decise di indossare un vestito non troppo lungo blu notte. Non era né troppo sportivo, né troppo elegante: era pur sempre un’uscita tra amiche. Si passò la mano lungo il collo: avvertiva l'assenza del ciondolo che le aveva regalato Leon, che era abituata a portare sempre e ovunque. ‘Non pensarci, non pensarci. Stasera pensa a divertirti con le tue amiche’ continuò a ripetersi, mentre metteva un braccialetto argentato. Prese la sua borsa bianca e scese silenziosamente le scale. “Dove vai?” chiese German, uscendo dal suo studio. “Sto andando a un appuntamento con delle amiche” rispose freddamente. L'uomo si accigliò: come mai era così distante nei suoi confronti? Decise di non farci caso; le adolescenti ne avevano di stranezze. “Buona serata, allora. Vuoi che Roberto ti accompagni?”. “No, grazie, l’appuntamento è al parco qui vicino” rispose lei, ignorando i suoi tentativi di essere gentile. Uscì sbattendo la porta di colpo sotto l’espressione sconvolta del padre. Non passarono nemmeno cinque minuti che il campanello suonò. “Avrà dimenticato qualcosa” borbottò tra sé e sé, andando ad aprire. Di fronte a lui Angie lo guardava con aria colpevole. “Ah, è qui per la liquidazione, si accomodi e…” cominciò a dire German, ma si bloccò. Angie non era sola.
Violetta stava aspettando che arrivasse Maria con le altre, illuminata unicamente dalla luce di un lampione. Si mise appoggiata al palo e chiuse gli occhi, sospirando lentamente. Aveva proprio bisogno di una serata tranquilla unicamente tra amiche. “Violetta?”. Riaprì gli occhi di scatto e si ritrovò a fissare lo sguardo incantato di Leon. Indossava una camicia a quadri blu e rossi e un paio di jeans. Ai piedi portava delle scarpe sportive. Sembrava nervoso. “Leon! Che ci fai qui?” chiese lei imbarazzata. Il ragazzo fece spallucce, cercando di apparire tranquillo. “Ho un appuntamento con Federico per andare a vedere un film” esclamò tirando fuori un biglietto. Violetta deglutì: forse aveva capito. Maledetta Maria, gliel’avrebbe fatta pagare! “Per caso devi andare a vedere ‘Il tagliatore di teste’?”. Rovistò per un po' nella borsa ed estrasse un biglietto simile al suo; si avvicinarono per essere sicuri che i loro dubbi fossero realtà. I due posti erano vicini. “Non ci credo!” esclamarono in contemporanea. “Ma come gli è venuto in mente!” sbottò infuriato. Violetta era rimasta ancora paralizzata. Che figuraccia! Adesso avrebbe pensato che era stata una sua idea…Avrebbe tanto voluto sotterrarsi in quel momento. “Mi dispiace, Leon, io non ne sapevo niente, te lo giuro”. L’espressione di Leon si raddolcì e il ragazzo le accarezzò il braccio piano, sorridendole rassicurante. “Lo so che non è colpa tua. Se vuoi ti do il mio biglietto e ci vai con qualcun altro. Manca ancora mezz’ora all’inizio dello spettacolo”. “E se…ci andassimo noi due?” chiese Violetta, cominciando a fissare le sue ballerine e facendo un cerchio col piede sul terreno. “Solo se la cosa non ti disturba, ovviamente” si affrettò ad aggiungere rossissima. Si spostò di poco dal cerchio di luce del lampione per non far vedere la sua reazione al ragazzo. “Ma si dai, potrebbe essere comunque una bella uscita tra amici!” esclamò lui, mentre le mani iniziarono a sudargli. Lui e Violetta da soli per vedere un film. Aveva bisogno di una gran forza di volontà per riuscire a non baciarla o comunque a non provarci. Era una bella prova che avrebbe dovuto superare per mostrare a se stesso che sarebbe riuscito a dimenticarla. “Già, come amici…” disse lei un po’ delusa. Amici…tutto qua? “Si, amici! Insomma noi adesso siamo buoni amici, e come amici dovremmo comportarci da amici. Viva l’amicizia! Non credi che potremmo essere buoni amici?” ribatté nervosamente, mettendo le mani in tasca. “Sbaglio o stai ripetendo la parola ‘amici’ con un po’ troppa frequenza?” chiese lei, abbozzando un sorriso. Leon cominciò ad assestarsi il ciuffo ripetutamente, segno che era colto dall’agitazione. Come lo conosceva bene…Colpito e affondato. “Andiamo?” chiese, cercando di cambiare discorso, porgendole il braccio con fare galante. Violetta scoppiò a ridere di fronte a quel dolce gesto, si mise a braccetto dopo aver fatto un piccolo inchino, e si diressero insieme al cinema.
Francesca era nascosta dietro un cespuglio: non poteva permettere che qualcosa andasse storto. Eccoli, li vedeva. Stavano parlando, anche se non riusciva a sentire cosa si stessero dicendo. Si sporse un altro pochino, quando qualcuno per sbaglio andò a sbattere contro di lei, anch’egli acquattato dietro lo stesso cespuglio. “Stefan!” esclamò lei sottovoce. Il ragazzo in questione era sopra di lei, imbarazzato e sorpreso quanto lei. “Cosa ci fai qui?” chiese non riuscendo a non perdersi in quegli occhi azzurri, in quei tratti del viso, che tante volte aveva avuto l’occasione di accarezzare. Erano vicini, troppo vicini. “Sono venuto a controllare che tutto procedesse nel verso giusto” bisbigliò in tutta risposta. I due si guardarono per un po’ e poi scoppiarono in una risata soffocata: avevano avuto la stessa idea. “Beh, si, ma adesso abbiamo un problema…” esclamò lei, ancora intrappolata sotto il suo corpo. “Non riesci a resistere alla tentazione di baciarmi così come non ci riesco io?” chiese Stefan in fretta speranzoso. Francesca lo guardò esterrefatta e allo stesso tempo imbarazzata. “Ma cosa vai a pensare! Dicevo che abbiamo un problema perché se rimaniamo così non potremo seguirli, quindi dovresti spostarti”. “Ah, si, ecco…intendevo proprio quello” balbettò Stefan, sentendosi un perfetto idiota. Si rialzò e si rimise accucciato dietro il cespuglio, mentre Francesca si riassestava la gonna spiegazzata. “Si stanno muovendo verso il cinema. Li seguiamo?”. “Certo che li seguiamo! Muoviti” esclamò l’italiana con decisione.
Leon e Violetta avevano preso un hot-dog prima che lo spettacolo iniziasse e senza accorgersene Leon si era sporcato sulla guancia con la mostarda. "Leon, sei sporco qui" disse la ragazza, indicandogli il punto. Leon la guardò in preda all'agitazione: che figuraccia! Non era nemmeno in grado di mangiare un panino di fronte a lei senza fare la figura dell'idiota. E a lui non era mai successa una cosa del genere. "Aspetta ci penso io" lo rassicurò Violetta sorridente. Tirò fuori dalla borsa un fazzoletto e cominciò a pulire la macchia. Leon guardava rapito la sua espressione concentrata in quello che stava facendo. Era talmente bella, e quegli occhi castani sembravano brillare. Non doveva pensarci, non doveva pensarci... La vide mordersi il labbro inferiore, mentre controllava di aver fatto bene il suo lavoro, e gli sembrò di impazzire del tutto. I due rimasero in silenzio, lanciandosi degli sguardi di fuoco.  “Entriamo” esclamò il ragazzo con un filo di voce. Avrebbero visto un film loro due da soli. Cosa ci poteva essere di più bello? Sentiva il cuore accelerare ad ogni passo che lo separava da quella sala buia. Dopo qualche minuto in cui si erano ritirati in un dignitoso silenzio, seduti vicini ma con lo sguardo basso, il film finalmente iniziò. Un horror. Non poteva esserci nulla di peggio: Violetta già dopo la prima mezz’ora stava tremando come una foglia. Una ragazza nella pellicola stava per aprire una porta, dove non sapeva che un uomo si era appostato con una maschera nera, e una motosega. “Ti prego, non aprirla, ti prego…” cominciò a supplicare a bassa voce sotto lo sguardo divertito del ragazzo. “Guarda che è tutto finto” le sussurrò all’orecchio per farle forza. “Si, lo so, ma…è più forte di me; non riesco proprio a vederli gli horror” spiegò con la pelle d’oca. Leon era ancora molto vicino al suo viso e la guardava in modo strano. Fece finta di concentrarsi sul film, mentre con la coda nell’occhio stava attenta ad ogni suo minimo movimento. Ecco, aveva aperto la porta, e l’uomo aveva acceso la motosega, per staccargli la testa di netto. Quello era troppo. Si aggrappò al braccio di Leon terrorizzata. “Lo sapevo!”. Leon le accarezzò la testa e gliela lasciò appoggiare sulla spalla mentre la cingeva in un abbraccio caldo e rassicurante. “Se ti fa paura, prova a concentrarti su qualcos’altro nella sala, oppure chiudi gli occhi” le disse facendo scivolare la mano sinistra lungo la guancia e lungo il braccio per poi intrecciarla con la sua ancora tremante. Violetta alzò lo sguardo e arrossì per quella vicinanza che stava agitando entrambi. Senza riflettere si sporse ancora di più. Oh, si, ce l’aveva benissimo qualcosa su cui concentrarsi. Fissò le labbra del ragazzo con desiderio e chiuse gli occhi.
Leon la stava guardando spaventato. Cosa doveva fare? Le intenzioni di Violetta erano piuttosto chiare. E le sue? Non lo sapeva. Cominciò a sentire anche lui la pelle d’oca, non per il film, bensì per le forti emozioni che stava provando. Erano al buio come la prima volta in cui si erano baciati, e le voci del film erano passate in sottofondo, fino a dissolversi rapidamente così come l'intera sala in cui si trovavano. Come poteva resistere? Semplice, non poteva. Sciolse l’abbraccio e con la mano destra le accarezzò la guancia pronto a concludere quell’appuntamento con un bacio. Le luci si accesero così come il loro amore rimasto a lungo addormentato, annunciando la fine del film, ma a Leon non interessava, e nemmeno a Violetta. A Leon non interessava neppure del continuo intromettersi di Diego. C'era lui nella sala con lei, non Diego. Era lui che l'avrebbe baciata, non Diego. Era lui che l'amava davvero con tutto se stesso, non Diego. Chiuse anch'egli gli occhi e si avvicinò sempre di più. “Leon!” urlò qualcuno nella stanza, interrompendo quel magico momento. 















NOTA AUTORE: ebbene eccomi con un nuovo capitolo! Vi sono mancato (tutti in coro: anche no!). Perfetto :D Perchè mi dovrete sopportare a lungo in questo fandom xD Ma parliamo del capitolo. Allora...Angie ha fatto un bel casino, e adesso si presenta da German per chiarirsi, ma non da sola. Chi ci sarà con lei? Adesso il nostro Germy si ritrova a dover affrontare i suoi conti in sospeso. Violetta dopo aver saputo che Angie è sua zia ha bisogno di un consiglio e di un po' di conforto e CASUALMENTE chi è che glielo da? Leon, ovviamente ù.ù Il momento dell'appuntamento a sorpresa è arrivato! Sono dolcissimi *O* kjchqwufhildf *muore* E niente...di questo capitolo mi sono piaciuti i pensieri di Violetta sul padre (anche se brevi): ha già dovuto abbattere tanti muri, adesso per lei è più facile prendersela con il padre e basta...Leon e Violetta....(non c'entrano niente, ma loro c'entrano sempre ù.ù). Stefan e Francesca si rtirovano a seguire Leon e Violetta nel loro appuntamento (dolciiiiii :3) e vi dico subito che nel prossimo capitolo ci sarà una scena loro lcjaqekhqeuhqur (Lady Mirai preparati LOL). Leon e Violetta si stanno per baciare quando...qualcuno chiama Leon -.-" Niente. Niente da fare. QUESTA RICONCILIAZIONE NON S'HA DA AVERE *si arrabbia con se stesso* Ma in realtà anche no. Infatti tra pochi capitoli....niente, non dico nulla (capitemi LOL). Mi piacciono anche i pensieri di Leon nella parte finale (xascbqjehefubkcn). Allora questo capitolo mi ha messo seriamente in crisi. L'ho dovuto rileggere, ricorreggere, pensare a come svolgere e a come scrivere più del solito (crisi, ragazzi, crisi...l'estate fa male LOL) e anche adesso non sono pienamente soddisfatto del risultato, ma diciamo che è meno peggio di come era all'inizio, quindi fatevelo andare bene ù.ù Va bene, credo di aver detto tutto. Grazie a tutti voi che leggete/recensite anche se è il 28 di luglio (vuol dire che non state bene, proprio come me *batte vari cinque*). Buona lettura a tutti e alla prossima :D :D 

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Capitolo 58
*** Tutti a villa Vargas! ***


Capitolo 58
Tutti a villa Vargas!

Leon stringeva con delicatezza la mano di Violetta. La sentiva fredda e fragile, sembrava di cristallo. La vide lentamente chiudere gli occhi, e si ipnotizzò a fissare i contorni del suo viso perfetto. Le accarezzò la guancia e un brivido lo percorse per tutto il corpo. Come faceva a renderlo così impotente e vulnerabile? Non lo sapeva, ma la cosa lo faceva impazzire e in un certo senso lo attraeva terribilmente. Prima di chiudere gli occhi concentrò la sua attenzione sulle labbra morbide di Violetta, assaporandone il sapore in anticipo. Non riusciva a resisterle, era come cercare di nuotare controcorrente in mare aperto. Estremamente faticoso. Il suo respiro accelerò non appena si rese conto che si stava avvicinando sempre di più. Maledizione alla sua scarsa capacità di autocontrollo! Perché non riusciva ad allontanarsi? Socchiuse gli occhi, abbandonando quei pensieri. Aveva solo un pensiero fisso nella sua testa: voleva baciarla. Era una necessità. Si sentiva come un infermo e Violetta era la sua medicina. La sua unica medicina. “Leon!”. Strano, si sentiva chiamare. Ma doveva essere tutto frutto della sua immaginazione. Doveva assolutamente essere così. Non poteva permettere a nessuno di rovinare quel momento, il loro momento. “Leon!”. Ancora. Ma questa persona non vedeva che era piuttosto impegnato? Il fiato caldo di Violetta sul suo viso lo cullò, accrescendo solamente il suo desiderio di baciarla con tutta la passione di cui fosse capace. “Leon!”. Alla terza volta non poté più fare finta di nulla, e si allontanò da Violetta, aprendo gli occhi e voltandosi verso il misterioso interlocutore. Incrociò in poco tempo lo sguardo di Lara: non l’aveva mai vista così arrabbiata. “Leon, che succede?” chiese Violetta, aprendo gli occhi con un sorriso dolce e voltandosi anche lei. Non appena vide quella ragazza in piedi vicino ai loro sedili sentì il sangue ribollirgli nelle vene. Di nuovo quella Lara! Stava sempre in mezzo…Non le era bastata la loro conversazione dell’ultima volta? Lara guardò i due con disprezzo, poi si decise a parlare con un tono acido. “Che ci fate qui?”. ‘Che ci facciamo noi qui? Che ci fai tu, qui!’ pensò Violetta stringendo i pugni, e cercando di contenere la sua fortissima gelosia. Non era mai stata gelosa in vita sua, e odiava abbandonarsi a quello stato emotivo, ma non era in grado di controllarsi quando vedeva quel sorriso da perfettina, che in realtà nascondeva solo intenti malvagi. “Siamo venuti solo a vedere un film. E tu che ci fai qui?” chiese Leon seccamente, dando voce ai suoi pensieri, anche se forse lei l’avrebbe chiesto con molta meno gentilezza. “Sono venuta qui con un mio amico…” disse Lara indicando un ragazzo alto e moro vicino all’uscita che la stava aspettando. Non riusciva ancora ad accettare il rifiuto da parte di Leon. Era così bello, dolce e gentile…che cosa aveva quella Violetta che lei non aveva? La bellezza? Certamente no. L’intelligenza? Nemmeno. Eppure gli occhi del ragazzo brillavano solo accanto a lei. Da quando aveva finito con la riabilitazione, Leon non l’aveva chiamata neppure una volta. Forse non aveva avuto intenzione di farle del male facendosi sentire, ma per lei fu ancora peggio il pensiero di essere stata dimenticata, quasi accantonata, una volta superata la sua infermità. “Non mi hai più chiamato, Leon”. “Scusa, io…” cercò di dire Leon, ma non seppe continuare. A Lara balenò un’idea, un’idea folle. Tanto lei l’aveva già perso, ma voleva farla pagare a Violetta con tutta se stessa. “Dopo quella bellissima nottata passata insieme mi aspettavo almeno una telefonata” esclamò lei decisa. Violetta sgranò gli occhi e aprì la bocca per lo stupore. Cosa intendeva dire? Cosa c’era stato tra lei e Leon? Si voltò verso di lui e lo vide sbiancare. Spostò lo sguardo da Lara a Leon continuamente, aspettando che uno dei due dicesse qualcosa, ma nessuno sembrava avere nulla da dire. Nessuno a parte lei. “Leon, tu…dì qualcosa!” strillò Violetta con le lacrime agli occhi. “Non è successo niente tra di noi! Lara, cosa stai dicendo?” chiese lui con lo sguardo spaventato. Perché gli stava facendo questo? L’aveva sempre trattata come un’amica con affetto, non aveva voluto illuderla facendole credere che tra loro potesse esserci qualcosa, ma era stato sincero. E adesso…Lara lo stava distruggendo. Lo stava allontanando dall’unica cosa che gli importasse davvero. Lui amava Violetta. E lo sapeva di essere stato uno stupido per averci messo così tanto per riuscire a fare pace con se stesso, ma non si aspettava che le conseguenze della sua incertezza sarebbero state così devastanti. “Ah, quindi non le hai detto nulla? Non le hai detto di quello che abbiamo fatto insieme? Pensavo l’avessi fatto. D’altronde una notte d’amore non è mica una cosa da nulla” insistette Lara con un sorriso sghembo. Violetta non ce la faceva più. Era troppo, davvero troppo. Si alzò di scatto, e corse fuori dal cinema piangendo. Leon si alzò anche lui per seguirla e si ritrovò di fronte la causa di quella tragedia. “Lasciami passare. Devo spiegarle, e devi farlo anche tu!” urlò, mentre gli ultimi spettatori si voltarono spaventati per quelle urla. “Mi dispiace, Leon, non lo farò” rispose semplicemente la ragazza. “Non mi cercare mai più. Non ti far vedere mai più. Ti voglio fuori dalla mia vita per sempre”. Leon pronunciò quelle ultime parole con freddezza e disprezzo, prima di aggirarla e correre fuori dal cinema. Lara incrociò le braccia e sospirò. Quello era stato il suo ultimo atto. Non poté evitare di provare una gioia selvaggia al solo ricordare l’espressione sconvolta di Violetta, ma in fondo si chiese se ne fosse valsa davvero la pena.
Francesca non ne poteva più di quel film terribile. Aveva i brividi per la paura, mentre Stefan al suo fianco sembrava tranquillissimo. Ma come diamine faceva? Una scena particolarmente cruenta la fece sobbalzare, e istintivamente afferrò il braccio del ragazzo seduto vicino a lei. “Complimenti, hai una stretta di ferro!” disse Stefan sorridendo. “Spiritoso! Comunque non ti voglio vicino a me, vattene dall’altra parte della sala, lì ci sono dei posti vuoti”. Francesca alzò lo sguardo all’insù con l’intenzione di fargli capire che non aveva alcuna intenzione di considerarlo. Stefan scoppiò a ridere di fronte a quella reazione, e con un po’ di imbarazzo le scostò una ciocca di capelli. “Però, da arrabbiata sei sempre più carina”. “Vattene!” ribatté lei, facendo appello a tutta la sua forza di volontà. “D’accordo allora me ne vado…”. Un’altra scena paurosa la fece rabbrividire, e si strinse di nuovo al suo braccio. “Mi spieghi come faccio ad andarmene se mi stritoli il braccio?” chiese il ragazzo perplesso. “No…ci ho ripensato, rimani. Ma non ti fare strane idee, solo non voglio stare da sola qui al buio” esclamò lei tremante. Stefan fece passare il braccio sulle sue spalle, sorridendo in modo beffardo: Federico aveva ragione, la tecnica dell’horror aveva sempre effetto. Le luci si accesero e Francesca si rese conto di essersi accoccolata sul petto di Stefan, con la mano stretta nella sua, e le spalle circondate dalle sue braccia così rassicuranti. Rassicuranti? Voleva dire sgradevoli. Si, decisamente sgradevoli e…belle. Come il suo viso, i cui occhi azzurri e freddi come il ghiaccio le lanciavano sguardi pieni d’amore. “Il film è finito…Ma se vuoi rimanere così per me non ci sono problemi” le sussurrò all’orecchio. L’italiana scattò seduta sulla sua poltroncina rossa come rosso era il suo volto in quel momento. Si era quasi dimenticata del perché fosse arrabbiata con lui. Ah, si, ora lo ricordava. Maledizione! Perché doveva essere tutto così difficile? Cercò con lo sguardo Leon e Violetta e li vide che si stavano per baciare. Sorrise felice. Ottimo, stava andando tutto per il meglio. “Sai, Francesca, tu mi conosci, sono un ragazzo timido…e insomma, non sono molto bravo con le parole…” balbettò Stefan, guardandola, mentre lei era troppo concentrata a tenere d’occhio l’altra parte della stanza. “Insomma, vieni al punto, Stefan” disse lei spazientita. “Proprio direttamente al punto?” chiese incerto. L’italiana lo squadrò. “Al punto!”. Stefan annuì, quindi le prese il viso tra le mani, baciandola rapidamente. Francesca rimase spiazzata, piacevolmente spiazzata. Stefan non aveva mai agito in modo così deciso, si era sempre mostrato timido e insicuro. E adesso…lui aveva preso l’iniziativa. E lei? Cos’avrebbe fatto lei? Mentre pensava a queste cose rispose al bacio con ardore, afferrando la sua maglietta e portandolo più vicino a lei, finché i loro petti quasi non poterono scontrarsi. Si staccarono ansimanti per mancanza di fiato. “E…questo che significa?” chiese Stefan, contento che lei non si fosse ritratta e che non gli avesse dato uno schiaffo, come si sarebbe invece aspettato. “Significa che potrei perdonarti” rispose la ragazza con un sorriso dolce. Stefan esultò a bassa voce per non attirare l’attenzione e la baciò di nuovo. “Ti amo, Francesca. E lo so che non te l’ho mai detto nel modo in cui avresti voluto, ma questa volta è sincero. Ti amo e voglio stare con te” disse lui con gli occhi che brillavano di gioia. Quell’azzurro…non le ricordava più il ghiaccio. Adesso ai suoi occhi era la purezza del cielo, con la sua immensa profondità statica. Trasmetteva equilibrio. Per la prima volta si rese conto che Stefan era cambiato. Quel ragazzo era cambiato per lei.
“Non mi cercare mai più. Non ti far vedere mai più. Ti voglio fuori dalla mia vita per sempre”. Francesca si voltò di scatto e vide Leon mentre pronunciava quelle parole. Sembrava arrabbiato e furioso. Che cosa si era persa? Due secondi fa si stava per baciare con Violetta, e adesso strillava contro quella ragazza, che non aveva mai visto in vita sua. Qualunque cosa fosse successa la colpa doveva essere proprio di quella misteriosa ragazza. Si alzò in piedi infuriata, mentre Leon era uscito dal cinema di corsa. Si diresse dall’altra parte della sala con Stefan che le veniva dietro spaventato mentre le teneva la mano per cercare di calmarla. Ma quale calma! Doveva sapere perché era andato tutto a rotoli. E se fosse stata colpa di quella lì, quella sera ci sarebbe stato un omicidio, da aggiungere a  tutte le vittime del serial killer di quel film che aveva visto. “Non voglio sapere chi sei e che cosa vuoi, ma se hai fatto del male a Leon e Violetta te la dovrai vedere con me!” strillò furibonda. “Francesca, forse dovresti calmarti…” cercò di frenarla Stefan con la sua solita tranquillità. “Mi calmerò solo quando saprò cosa è successo, e se è stata colpa di questa qui, giuro che non la faccio uscire dal cinema viva”. “Non ho fatto nulla, e ora se me lo permetti…” disse Lara con aria di superiorità, dirigendosi all’uscita lentamente. Francesca fece per alzare le mani, ma Stefan la trattenne. “Non ne vale la pena, e lo sai bene…”. L’italiana si fermò, riacquistando lucidità. Aveva ragione, sfortunatamente. Non avrebbe risolto nulla. Si mise a guardare in cagnesco Lara mentre si allontanava augurandole per il suo bene di non trovarsi dalle sue parti un'altra volta. 
“Violetta, aspetta!” esclamò Leon, afferrandole il braccio e facendola voltare. Violetta si scontrò con il suo petto, con gli occhi bagnati dalla lacrime. Leon le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi disperato. Non sapeva come spiegarglielo. Era solo la sua parola, avrebbe dovuto fidarsi. “Dimmi solo una cosa, Leon: fino a dove ti sei spinto con lei? Ci hai fatto l’amore?”. Leon la guardò incredulo: davvero lo riteneva capace di una cosa del genere? In parte si sentiva deluso. Insomma lei lo conosceva bene, sapeva che non avrebbe mai fatto qualcosa del genere. “Io non mi sono mai visto con Lara al di fuori delle ore di riabilitazione, te lo giuro”. Aveva la voce tremante. Doveva credergli, doveva avere fiducia in lui. Si fermò un attimo: in fondo lui non le aveva creduto. Non le aveva creduto per la storia di Diego, non le aveva creduto quando le aveva assicurato che non aveva scritto lei quella lettera. Non le aveva creduto sul bacio con Stefan. Perché lei adesso avrebbe dovuto credergli? Si sentiva uno schifo, un vero schifo. “Leon, io…non so se ti credo. Forse hai ragione tu. Forse noi non facciamo altro che farci del male, e dovremmo stare lontani. Io me ne vado...”. “Te ne vai da Diego, vero?” chiese lui spaventato e arrabbiato insieme, mentre la gelosia si impossessava rapidamente di lui. “Me ne vado a casa, Leon. A casa!” ribatté lei stufa. Doveva sempre andare a finire così. Litigavano per la gelosia reciproca e finivano per allontanarsi ogni volta di più. Violetta si voltò piano, sentendo ancora la mano del ragazzo poggiata sul suo braccio. “Lasciami”. Leon la guardava supplicante. Non voleva lasciarla andare, ma era quello che lei voleva. Lasciarla significava perderla, forse per sempre. Allentò lentamente la prese, fino ad allontanare la mano. Doveva rispettare la sua decisione. Mentre la guardava correre via da lui una lacrima scese silenziosamente sul suo viso. Si sedette per terra, appoggiando la schiena contro un albero del parco vicino al cinema, e iniziò a riflettere. Il vero Leon era tornato, ma ormai era troppo tardi. Qualcuno si sedette vicino a lui, alzò lo sguardo e…
“Ludmilla” esclamò sorpreso Leon, asciugandosi con un dito la lacrima che era scesa. “Leon, non ti ho mai visto così” constatò semplicemente la bionda. “Con il tempo si cambia” scherzò il ragazzo, tirando fuori un sorriso forzato. Ludmilla rispose al sorriso sinceramente.“Credo che non sia il tempo a cambiarci, ma le persone. Violetta ti ha cambiato, e in meglio direi”. “Non direi proprio, forse il vecchio Leon sarebbe stato meno vulnerabile a questo punto” sussurrò Leon, abbassando lo sguardo. “Sai, Leon, ho imparato che soffrire in fondo fa bene. Penso che essere vulnerabili ci renda umani, ci mostri la nostra vera essenza e la nostra natura. Ci fa gettare le maschere che indossiamo per essere chi non siamo” disse Ludmilla con un tono serio e pensieroso. “Non sei mai stato male così quando stavi con me” aggiunse subito dopo. Leon rise. La sua risata era sincera e cristallina. “Forse la nostra storia è stata un pochino particolare…” ribatté guardandola negli occhi. “Leon, abbiamo sbagliato. Noi non siamo mai stati fatti per stare insieme, e io ho fatto male a cercare di volerti al mio fianco ad ogni costo. Ma forse potremmo essere buoni amici, che ne dici?” disse Ludmilla. Leon annuì e le strinse la mano per poi abbracciarla dolcemente. Ludmilla si lasciò cullare dall’abbraccio. Era decisa a cambiare davvero. E per farlo doveva cominciare a fare qualcosa che non aveva più fatto da quel famoso episodio: fidarsi.
“Angie, che ci fanno qui Cristobal e quella signora?” chiese German, indicando la nonna di Violetta. “Siamo qui per chiarire la situazione…” disse Angelica, entrando con fare autoritario. “Se mi figlia vi vede…” cominciò a sbraitare German con gli occhi indemoniati. No, non avrebbe permesso che anni di fatica per cercare di nascondere un doloroso passato a Violetta venissero buttati al vento per la testardaggine di un’anziana signora e di uno schifoso traditore. “Forse dovremmo metterci seduti e parlare. E’ il momento di affrontare il proprio passato, German” propose Cristobal con un tono serio. L’uomo non poté far altro che annuire. Si sedettero intorno a un tavolo e iniziarono a parlare. Cristobal spiegò tutti i loro dubbi sulla paternità di Violetta, e German strinse i pugni al ricordo di quella pagina di diario. Quella maledetta pagina che ogni giorno gli portava alla mente il tradimento di Maria. Solo una cosa non riusciva a spiegarsi: come mai Angie era insieme a quei due? Che c’entrava lei con Angelica? Non se lo sapeva proprio spiegare. Una volta finito di spiegare German prese la parola. “Immagino vogliate che parli a Violetta del fatto che potrei benissimo non essere suo padre. Non lo farò” disse deciso. “Per me è come una figlia e lo rimarrà per sempre”. “Ma non puoi vivere in una bugia, German. Non possiamo permettere che Violetta non sappia la verità. Sarebbe come mancarle di rispetto” intervenne la bionda istitutrice con entusiasmo. Sfortunatamente aveva ragione. Ma non ci riusciva, non poteva farcela. Come gliel’avrebbe detto? Non lo sapeva. “D’accordo, glielo dirò, ma datemi tempo un mese, un mese solo” concluse il padrone di casa con un sospiro rassegnato. Era stanco di mentire, forse per questo si era arreso così in fretta. “Noi andiamo, Angie ti deve dire una cosa invece” disse l’anziana signora alzandosi e facendo cenno a Cristobal di uscire. Erano rimasti solo loro due nella stanza. “Come lo sapevi?” chiese German, guardandola negli occhi. “Io…l’ho scoperto per caso” si precipitò a rispondere Angie. “Immagino che mi stia bene, giusto?”. “No, non lo penso. Ma…forse ci sono cose che dovresti ancora sapere” disse lei con voce tremante. “Ti prego, Angie, non mi abbandonare” la supplicò con lo sguardo, prendendole la mani e stringendole nelle sue. “Non Angie…Angeles” lo corresse con un’espressione terrorizzata. Angeles?! German si alzò di scatto, allontanandosi come se avesse visto un fantasma. “Tu…sei Angeles?” chiese più per confermarlo a se stesso. Angie cercò di avvicinarsi. “Te l’avrei detto, solo che avevo paura che…”. “Io mi sono innamorato della sorella di Maria” la interruppe scandendo bene tutte le sillabe. “Tu mi hai ingannato!” urlò con lo sguardo pieno d’odio. Ecco, lo sapeva. L’amore si era tramutato in odio. Se lo doveva aspettare, eppure faceva troppo male. “Io…”. Voleva spiegarsi, anche se non c’era nulla da spiegare. “Vattene” disse freddamente, indicandole l’uscita. Angie provò a parlare, ma le parole non uscivano più, soffocate al principio da quel peso che la stava opprimendo. Senza osare guardarlo negli occhi, corse fuori sbattendo la porta con forza. German si sedette sconvolto. C’erano troppe cose che non andavano. Lui…si sentiva perso. Per la prima volta in vita sua si sentiva privo di certezze. Non era abituato a quello stordimento, alla perdita di punti di riferimento. Non era abituato a trovarsi nel bel mezzo del nulla.
Erano passate due settimane da quella fatidica sera così ricca di avvenimenti. Leon e Ludmilla erano diventati molto amici, un po’ troppo per i gusti di Violetta, che nonostante tutto non riusciva a togliersi dalla testa i meravigliosi momenti passati con Leon. “Ma si può sapere che si dicono di tanto divertente da ridere così piacevolmente?” chiese Violetta acida a Francesca con uno sguardo assassino. Leon aveva preso per mano Ludmilla e insieme stavano ridendo come matti. Ludmilla la vide e capì tutto; si avvicinò all’orecchio di Leon per sussurrargli qualcosa, il quale sorrise di rimando. “Violetta, non sarà che sei un pochino gelosa?” chiese in tutta risposta Francesca con un sorrisetto. “Io gelosa?! Non scherziamo. Siamo stati chiari. Non saremmo più tornati insieme, e lui può frequentare chi vuole!” disse sbattendo l’armadietto con una forza inaudita, creando un fracasso per tutto il corridoio. “Chi vuole!” ripeté furiosa, guardando male Ludmilla che aveva messo una mano sulla sua spalla. ‘Lo sta toccando sulla spalla! Ma come osa quella…Oddio, contieniti, Violetta, contieniti. Ce la posso fare, respira, espira…’. Dopo un po’ di tempo Leon si avviò verso di lei e Francesca con un sorriso dolce. Violetta per poco non si incantò a guardarlo, ma poi abbassò lo sguardo imbarazzata, quando si rese conto che lui ricambiava ammaliato. “Io e Ludmilla stavamo pensandodi passare questo finesettimana alla mia villa in campagna con tutta la comitiva; anche se martedì ci sta la gara, un po’ di riposo non può che farvi bene, giusto? Tanto le prove le avete già fatte” disse, invitandole gentilmente. ‘Io e Ludmilla’? Come mai adesso aveva tutte quelle confidenze con Ludmilla? Maledetta gelosia che risaliva come un maremoto, inondandole il cervello. Violetta sorrise nervosamente, ma poi all’improvviso un flashback la attraversò con forza.
‘ In quel momento una figura la raggiunse velocemente percorrendo la discesa e prendendola in braccio. Era Leon. I loro visi erano vicinissimi; il ragazzo sentì il suo cuore battere a mille, voleva distogliere lo sguardo, allontanare il suo viso da quello di lei, ma non ci riusciva. Si sentiva sempre più attratto, come un pezzo di metallo viene attratto dalla calamita. Lentamente senza nemmeno pensarci cominciò ad accorciare le distanze. Ormai sentiva il suo respiro, sentiva i battiti del suo cuore accelerarsi, addirittura sentiva il calore trasmesso dal rossore delle guance di Violetta(che nel frattempo era avvampata, sempre in base al misterioso effetto-Leon), e continuò ad avvicinarsi sempre di più. Violetta si sentì paralizzata, riuscì solo a chiudere lentamente gli occhi, mentre anche lui li chiudeva. Le loro labbra erano vicinissime e si stavano quasi per toccare, per dare vita a un bacio atteso da entrambi in quell’atmosfera magica …’
Solo adesso aveva collegato le due cose: la villa in campagna dei Vargas! Dove la sua storia con Leon aveva avuto inizio…dove il suo amore per Leon era sbocciato come un fiore delicato. E adesso sarebbe dovuta tornare lì. Era forse qualche scherzo del destino? Qualcuno ce l’aveva con lei? “Ma certo che veniamo! Grazie per l’invito, Leon” esclamò con entusiasmo Francesca, abbracciando l’amico. “S-si, grazie” balbettò Violetta ancora incerta. Vari problemi si stagliavano di fronte a lei, come ad esempio ottenere il permesso dal padre, ma qualcosa le diceva in fondo che doveva andarci, che in quell’occasione sarebbe successo qualcosa. Non sapeva cosa, ma qualcosa sarebbe successo, se lo sentiva.
Leon si avvicinò nuovamente a Ludmilla. “Le ho invitate come mi hai consigliato…Ma sei sicura? Io dovrei cercare di dimenticarla a tu mi dici di farla venire nel finesettimana in campagna, dove la dovrò vedere per ogni secondo” disse il ragazzo perplesso. “Non ti preoccupare, Leon. Ti prometto che farò in modo che non ti si avvicini” esclamò la bionda con un tono serio. ‘Infatti sarai tu ad avvicinarti a lei’ pensò soddisfatta. Diede uno sguardo lungo il corridoio, incrociando quello di Arianna, e le fece un occhiolino, che venne subito corrisposto. Gli altri avevano fallito, ma nessuno aveva messo in conto l’alleanza Arianna-Ludmilla. Lei era Ludmilla, e si sarebbe strappata i capelli piuttosto che fallire miseramente nei suoi intenti. Si sorprese di se stessa: avrebbe potuto aprire un’agenzia per cuori infranti. Non avrebbe mai immaginato che avrebbe cercato di far rimettere insieme Leon e Violetta. Bah, la vita le riservava sempre sorprese. Sorrise dolcemente con un pizzico di malignità impercettibile. Che il piano per far riunire quei due testardi avesse inizio! 












NOTA AUTORE: Rieccomi! Ebbene non sono morto come vi auguravate xD Si, capitolo ultra-movimentato *si spaventa* Da dove inizio? Da quella bald...acchina di Lara. Cara Lara...muori con affetto. Tanto perché tra di loro le cose vanno alla perfezione -.-" Magre consolazioni: Leon è tornato del tutto il nostro amato Leon, e ha capito che ama davvero Violetta (anche se pensa di averla ormai persa) -cosachepotevacapireprima- e per di più ha mandato Lara a quel paese *batte il cinque* Poooi....Fran e Stefan: <3 Oddio ma che cuccioli cucciolosi (dillo, Lady Mirai, dillo *O*) :3 La loro scena mi ha fatto sciogliere. Stefan così timido e riservato che prende il coraggio e lascia spiazzata la nostra cara Fran...ckhehku2gr4 *muore* Tra Leon e Violetta le cose vanno malissimo...ma ok, si sa. Leon e Ludmilla amici mi piacciono tanto (SOLO amici) *O* E poi Violetta gelosa è sempre una cosa bellissima *O* Tutti alla villa dei Vargas, dove tutto ha avuto inizio per Violetta <3 (il flashback è del capitolo 3). Cosa succederà? Prima di questo German ha scoperto tutta la verità e ha allontanato Angie...quella scena è tristissima ç.ç E Ludmilla-Arianna sono alleate! Come è nata la loro alleanza (lo vedremo nel prossimo capitolo)? Adesso veniamo al momento serio...allora. Parliamone. Vorrei darvi un anticipazione dicendovi il titolo (probabilmente) del prossimo capitolo, ma non lo farò. Non è vero, lo farò. Non è vero, non lo farò. Ok, lo faccio. Il prossimo capitolo si dovrebbe intitolare 'La grotta di Cupido', e HO DETTO TUTTO. Ma ok, fate finta di nulla *fischietta* Io sclero al pensiero, ma niente, sono tranquillo ù.ù (non è vero). Per gli altri personaggi, dobbiamo aspettare un pochino, perché questi capitoli saranno principalmente a tema Leonetta (e mi sembra giusto visto che la ff è su di loro LOL). Ho detto tutto, alla prossima :D E grazie mille :D
P.S: vi chiederete: 'Come mai questa volta non dice di aver scritto una schifezza?' St prendendo consapevolezza che non ho speranze xD E poi...stranamente questo capitolo è scritto non malissimo, quindi lasciamo perdere :D *O*

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Capitolo 59
*** La grotta di Cupido ***


Capitolo 59
La grotta di Cupido

Dopo ore di discussione, Violetta con il supporto di Francesca era riuscita ad ottenere il permesso dal padre di andare alla villa con gli amici. German si era finalmente convinto, dopo aver saputo che li avrebbe ospitati Leon: si fidava ciecamente di quel ragazzo. E così venerdì pomeriggio subito dopo le lezioni ecco che il gruppetto di amici si trovò di fronte alla casa di Leon pronto per partire. Ci vollero tre macchine per portare tutti alla villa in campagna. La prima macchina la guidava Leon, e con lui viaggiavano Maxi, Andres, Andrea e Federico. Nella seconda macchina con alla guida Nata c’erano Violetta, Francesca, Camilla, Maria e Arianna. La terza macchina era invece occupata da Ludmilla, Ricardo e Stefan. Il viaggio non fu molto lungo e l’aria fresca e pulita della campagna si fece presto strada. Violetta respirò a fondo quel profumo, e i ricordi del suo incontro con Leon in quella villa si impossessarono della sua mente. Erano cambiate tante cose da quel giorno, e sembrava passata un’eternità. “A cosa pensi?” chiese Francesca con un sorriso. “Nulla di importante” rispose l’amica, facendo un gesto con la mano. Si sentiva svuotata e stanca. Insomma era come se quella giornata stesse durando il doppio delle ore. Ogni minuto trascorso la rimandava ad un minuto del passato. Era come vivere due volte. Era possibile una cosa del genere? Non lo sapeva, ma la sensazione era proprio quella. Le macchine si fermarono di fronte al cancello d’ingresso, quindi Leon scese dalla macchina per aprirlo e guidò tutte le macchine in garage. Dopo che tutti si furono sistemati, arrivò il momento della tragedia: la sistemazione delle stanze. Ci sarebbe stato da ridere. Ovviamente Stefan e Francesca sarebbero stati in stanza insieme, così come Ricardo e Camilla, e Maria e Federico. Per gli altri si decise di fare estrazione. Maxi capitò con Nata, e subito i due distolsero lo sguardo l’uno dall’altro per l’imbarazzo. Dal loro ultimo litigio non si erano più parlati, e stare in stanza insieme non era esattamente il modo migliore per continuare ad evitarsi. Violetta finì in stanza con Arianna per suo enorme sollievo, quindi rimasero solo Ludmilla e Leon. Bene. No, aspetta, cosa? Violetta sgranò gli occhi mentre la sua immaginazione volava, rasentando l’impossibile:
‘Leon e Ludmilla erano in stanza da soli, abbracciati. Stavano sorridendo, e lui le accarezzava dolcemente la guancia. Senza attendere oltre si avvicinarono fino a far sfiorare le loro labbra per poi unirle in un lungo bacio. Ludmilla si separò sorridente poi alzò il busto dal letto e la guardò. Violetta era all’entrata della stanza e stava piangendo. Come era potuto succedere? No, Ludmilla, no. Non poteva permetterlo. Voleva muoversi, ma non ci riusciva, aveva le gambe paralizzate. La bionda la guardò malefica. “Ti sta bene, Violetta?” chiese ridendo. Una risata glaciale che le fece accapponare la pelle.’
“Ti sta bene, Violetta?”. Era Arianna che le stava chiedendo, se poteva prendere lei il letto più vicino alla finestra. Violetta si riscosse di colpo e annuì senza aver ancora capito cosa le fosse stato chiesto. “Arianna…senti…ma la stanza di Leon è come la nostra, vero? Insomma ci sono due letti singoli, giusto?” chiese con falsa noncuranza. “No, loro hanno preso la stanza con il letto matrimoniale, l’ultima rimasta” spiegò l’amica, sistemando le coperte e le lenzuola. Violetta ebbe un tic all’occhio improvviso. Letto matrimoniale. Se si fosse trattato di uno scherzo, non sarebbe stato affatto divertente, ma qualcosa le diceva che quella era la pura verità. Fece un sorriso tirato, e cercò di concentrarsi sulle sue lenzuola bianche. Arianna la guardò ridendosela sotto i baffi. E quello era solo l’inizio dei giochi. “Scendiamo in piscina?” chiese innocentemente. Violetta annuì, prese il costume e si cambiò. Niente di meglio di una bella nuotata per dimenticare i problemi. Anzi, il problema. Si, perché Leon era diventato un serio problema per la sua sanità mentale.
Quando Violetta e Arianna scesero, erano quasi già tutti in piscina. Leon stava nuotando, e Ludmilla condivideva con lui la sdraio. Maledetta! Si sorprese di quei pensieri poco carini. In fondo Ludmilla era cambiata, no? Giusto? Forse Leon meritava qualcuno di meno complicato. Loro sapevano solo ferirsi a vicenda. Non sapeva perché ma tutto questo non la convinceva. La piscina era abbastanza grande, lunga circa venticinque metri e larga dieci, e vi era una parte dove si toccava, dove stavano giocando quasi tutti, e un’altra più profonda. Violetta cominciò a camminare senza pensare lungo il bordo piscina, osservando l’acqua e la sua profondità. Per una che non sapeva nuotare quasi per niente, era abbastanza pericoloso. Arianna camminava dietro di lei, trattenendo a stento una risata, poi quando meno se l’aspettasse, la spinse in acqua all’improvviso. Violetta fece un tonfo in acqua cercando di muovere le gambe e le braccia per tornare a galla, con risultati alquanto deludenti. Due braccia forti la trascinarono verso l’alto, e quando riuscì ad aprire gli occhi tenuti chiusi per lo spavento, si rese conto di essersi aggrappata al collo di Leon, che la guardava sorridente. “Sei scivolata?” chiese preoccupato. I loro visi erano vicinissimi, poteva sentire quasi il fiato sulla bocca, e si incantò ad osservare le sue labbra scandire le parole. “Violetta, mi senti?”. “Eh? Cosa?” chiese lei rossissima. “Ti stavo chiedendo come eri finita in acqua” ripeté scostandole una ciocca bagnata di capelli dietro l’orecchio. “Io…non lo so. Penso che qualcuno mi abbia spinto” disse lei, avvicinandosi e rafforzando la presa, temendo che lui la lasciasse lì. “Non c’è bisogno di stringere, non ti lascerei mai” sussurrò il ragazzo. Lasciò la mano gelida sulla sua guancia e la accarezzò piano. Ogni contatto con la sua pelle le fece venire i brividi di freddo, ma non solo. Era emozionata, si sentiva come una bambina indifesa, in balia di ciò che avrebbe fatto. Leon la guardò intensamente, soffermandosi prima sui suoi occhi, e poi sulle sue labbra. “Mai” disse ancora, chiudendo gli occhi, mentre sentiva la sua mano formicolare. Eccoli di nuovo che si stavano per baciare. Le parole di Lara rimbombarono nella testa di Violetta, ma non riuscirono comunque a farla allontanare. Non ci riusciva. Era debole? Si. Ma Leon era in grado di farla sentire completamente impotente, e per quanto si detestasse, per quanto il ragazzo di fronte a lei aveva saputo procurarle più dolore di chiunque altro, non poteva non desiderare quel bacio. “Ti odio, Leon” sussurrò debolmente, mentre fece scivolare la mano dietro la nuca, affondandola nei suoi capelli bagnati. Il ragazzo le cinse improvvisamente la vita con il braccio e sorrise impercettibilmente. Un altro secondo e l’avrebbe baciata. Un altro secondo e si sarebbe sentito in pace con il resto del mondo. Ma quello era un secondo che a quanto pare il destino non voleva concedergli.
“Ahi!” strillò Leon, allontanandosi e massaggiandosi la testa. Violetta aprì gli occhi e vide una palla colorata galleggiare non troppo distante da loro. “Scusate!” esclamò Andrea, nuotando per recuperare la palla. “Non stavo interrompendo niente, vero?” chiese curioso con un tono malizioso. “Certo che no!” dissero i due all’unisono, guardando verso due direzioni opposte, e arrossendo all’istante. Leon si passò una mano sulla guancia e si rese conto che era bollente. Lui stava arrossendo? Non poteva crederci, insomma non era da lui. Senza aspettare oltre nuotò verso il bordo vasca, aiutando Violetta a risalire. “Grazie” disse lei tremando come una foglia. “Di niente. Ormai mi sono abituato a salvarti nei momenti più inaspettati” scherzò Leon, girandosi di scatto e continuando a nuotare. Violetta si sedette su una sdraio dopo essersi tolta i vestiti zuppi ed essere rimasta in costume. Si incantò a guardare i movimenti fluidi e precisi di Leon, il modo in cui il braccio si tendeva e entrava nell’acqua senza creare schizzi. C’era qualcosa di perfetto in lui. Ricordava bene il fisico di Leon, ma in quella situazione tutto era diverso. Era come se lo vedesse a torso nudo per la prima volta, era come se non avesse mai sfiorato la sua pelle. Era tutto così conosciuto e allo stesso tempo nuovo. Di nuovo il passato di fondeva con il presente. E non era in grado di tollerare quel miscuglio di sensazioni, non lo sopportava più.
Quella sera Violetta si svegliò con la gola secca. Aveva una sete incredibile. Si mise seduta sul letto e guardò la stanza debolmente illuminata dalla luce della luna. Nell’altro letto Arianna stava abbracciando e baciando un cuscino. “Andrea…”. Questo nome le fece scappare una piccola risata. Allora anche Arianna aveva qualcuno nel suo cuore, in questo caso Andrea. A suo modo di vedere sarebbero stati una coppia bizzarra, fuori da qualsiasi schema, e allo stesso tempo perfetta. Continuando a soffocare le risate al pensiero di quei due in atteggiamenti da innamorati, Violetta in punta di piedi scese le scale e si diresse al piano di sotto in salone, per raggiungere la cucina. Sotto era buio pesto, non riusciva a vederci quasi nulla, a stento sapeva distinguere le sagome dei mobili. Inciampò sul bordo del tappeto e cadde sul divano. Qualcosa di caldo e morbido attutì la sua caduta. Un corpo. Si ritrovò con la testa sul petto nudo di un ragazzo. Ma non un ragazzo qualsiasi. Il cuore di Leon fece una capriola non appena sentì il solletico provocato dai capelli di una ragazza di cui riuscì appena a distinguerne il contorno alzando la testa indolenzita. Ma non una ragazza qualsiasi. In quel momento un pensiero attraversò la testa di entrambi: stupido destino.
Maxi continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire a prendere sonno. Era a qualche centimetro dalla ragazza che gli piaceva e non poteva muovere un dito. Pensò che avrebbe potuto cercare di abbracciarla, forse non se ne sarebbe nemmeno accorta. Mosse timidamente il braccio in direzione di Nata che era girata di spalle, agitata anche lei per quella sorta di convivenza forzata. Le sfiorò il braccio e non successe nulla. Un po’ sollevato, circondò piano tutta la sua vita, e si avvicinò a lei con un sorriso beato. Fu questione di un attimo. Nata si girò di scatto tirandogli uno schiaffo sul braccio. “Ahi!” strillò a bassa voce, per evitare di svegliare gli altri. “Non muovere un dito!” disse lei spazientita, lanciandogli uno sguardo di fuoco. Era arrabbiata. Oh, se lo era. Tirò tutte le coperte, lasciandolo scoperto, e mise un cuscino in mezzo a loro a mo’ di separatore. “Non violare il mio spazio” sibilò Nata prima di rimettersi a dormire. Maxi la guardò timoroso, e si rannicchiò dall’altra parte del letto. Nata era diventata molto più sicura di sé. La cosa lo spaventava, ma non poteva negare che si sentiva sempre più attratto da quel nuovo aspetto della spagnola.
“Ehm…che ci fai qui?” chiese Violetta, cercando di rimettersi in piedi, ma finendo per stare completamente sopra di lui. Leon non rispose, ma alzò il busto, e notò che la ragazza era completamente accovacciata sulle sue gambe. Era una posizione alquanto…ambigua. E si, anche un po’ eccitante a dire il vero. Riscuotendosi dai pensieri poco casti che in quel momento avevano invaso la sua testa, la scostò, facendola sedere piano sul divano, e facendo lo stesso. Se prima si era tolto la maglietta per il caldo, adesso stava letteralmente bollendo. “Sono venuto a dormire sul divano” spiegò lentamente. Ovazione mentale per Violetta. Non aveva passato la notte con Ludmilla. Ottimo, perfetto. Anzi no, perfetto un corno. Lei sarebbe dovuta essere indifferente a una notizia del genere. Ringraziò solo che il buio avesse coperto il sorrisetto soddisfatto che le si era dipinto sul volto. “Come mai? Se non sono indiscreta a farti una domanda del genere, ovvio”. “Rimanga tra noi, ma…Ludmilla ha un difetto. E me lo ricordo bene perché era la mia maledizione quando stavamo insieme: russa fortissimo e ha un sonno piuttosto agitato. Mi ritrovo sempre al bordo del letto, mentre lei tira calci o pugni. Per di più quando russa non si può dormire, e io ho dimenticato di portare dei tappi per le orecchie” spiegò grattandosi il capo, e sorridendo. I due scoppiarono a ridere. “E tu…come mai sveglia a quest’ora di notte?” chiese Leon incerto. Violetta si riscosse dal pensiero di Ludmilla versione puglie notturno, e cominciò a pensare: come mai si era svegliata? Tutte quelle emozioni provate con Leon le avevano fatto dimenticare il motivo per cui era scesa. Ah, ecco, un bicchiere d’acqua. “Avevo sete e volevo prendere un bicchiere d’acqua”. Leon annuì impercettibilmente, quindi si alzò e si mosse a tentoni, finché non trovò l’interruttore della luce. Improvvisamente la stanza si illuminò, e Violetta si fermò nuovamente a osservare il fisico di Leon. Maledizione, doveva sempre stare a torso nudo? Beh, non che fosse un brutto spettacolo, anzi…però così i suoi propositi di non saltargli addosso sarebbero stati davvero vani. Ringraziandolo debolmente si alzò e si diresse in cucina per bere un bicchiere d’acqua. Osservando la superficie del bicchiere di vetro si ritrovò a chiedersi come avrebbe potuto resistere altri due giorni se avesse continuato a cadergli addosso. Fece un respiro profondo e si ripeté nella mente le parole di Lara, cercando di auto convincersi del fatto che Leon fosse un ragazzo orribile e disonesto. Non stava funzionando molto. Perché nonostante tutto sentiva che Leon non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, non avrebbe mai passato una notte con Lara. O forse si…non ci capiva più nulla. E proprio per questo doveva cercare di dimenticare quel maledetto ragazzo. Facile come bere un bicchier d’acqua, pensò bevendo tutto d’un sorso. Il liquido le andò di traverso, e cominciò a tossire senza riuscire a fermarsi. Ok, non tanto facile a quanto pareva.
Il giorno dopo trascorse abbastanza tranquillamente. Leon nel pomeriggio propose di fare una scampagnata per il bosco vicino. Tutti approvarono entusiasti. “Allora, questi sono dei walkie-talkie, vi serviranno per comunicare nel caso vi allontanaste un po’ troppo e non riusciste a trovare gli altri. Ludmilla ne prese due, ne mise uno in borsa e diede l’altro a Violetta con un sorriso dolce, mentre dietro la schiena tra le mani si rigirava due pile. Violetta rimase piuttosto sorpresa di tutta quella gentilezza, ma d’altronde Ludmilla sembrava veramente cambiata. “Allora dividiamoci in gruppi, e ognuno per la sua strada! Solo due cose: non allontanatevi troppo dal sentiero principale e ci rivediamo al limitare del bosco per le 18, non più tardi che poi comincia a fare buio” si raccomandò il ragazzo, assumendo un’espressione seria. Francesca prese a braccetto Stefan saltellando euforica, non vedendo l’ora di poter fare una bella passeggiata romantica. “Tu vieni con noi, vero?” chiesero all’unisono Ludmilla e Arianna a Violetta. La ragazza rabbrividì: d’accordo, da Arianna una richiesta simile se l’aspettava, ma Ludmilla! Adesso aveva davvero paura. Che le volesse giocare qualche brutto scherzo? Strinse il suo walkie-talkie per infondersi coraggio: sarebbe andato tutto bene. Annuì alle richieste delle due, e si lasciò trascinare dalle due fuori, in direzione del bosco.
“Leon ha detto di non allontanarsi troppo” le riprese Violetta timidamente. “Non preoccuparti, voglio solo farvi vedere un posto” disse Arianna con un’aria furba. Si allontanarono dal sentiero, che scomparve letteralmente a causa dei rami degli alberi. “Sicura che non ci perderemo?” chiese aggirandosi con lo sguardo e vedendo solo alberi. Alberi ovunque, tutti uguali. Come avrebbero fatto a tornare indietro? “Certo! Conosco questa zona a menadito. Ci vado tutti gli anni!” la riprese la ragazza quasi offesa perché la sua esperienza era stata messa in dubbio. Sbucarono in una radura. “Manca poco…Ludmilla mi accompagni a prendere dell’acqua al fiume?” chiese Arianna tranquillamente. “Ma certo!” esclamò allegramente la bionda. “Vengo anch’io” si intromise Violetta. “No, tu aspettaci qui in questa radura, ci mettiamo poco” la rassicurò facendole l’occhiolino. La ragazza annuì incerta, quindi si sedette su un ceppo al centro della radura, mentre le vide sparire al di là delle fronde degli alberi. Ma si, non sarebbe successo nulla di male, no?
“Che fine ha fatto Violetta con le altre due?” chiese Leon, dando un’occhiata all’orologio. Erano le 19. Ludmilla e Arianna arrivarono trafelate. “Meno male, mi stavo preoccupando…e Violetta?” chiese guardandole arrabbiato. “L’abbiamo persa di vista, e non risponde nemmeno al walkie-talkie. L’ultima volta che l’abbiamo vista era alla radura vicino alla grotta di Cupido” spiegò Arianna, fingendosi preoccupata. Leon annuì comprensivo quindi afferrò uno zainetto e cominciò a preparare l’occorrente: prese due torce, un accendino, un qualche panino e delle bottigliette d’acqua. “Ludmilla, puoi andare a prendere due sacchi a pelo? Si trovano nell’armadio della nostra camera”. La ragazza annuì e salì in fretta al piano di sopra. Riscese dopo qualche minuto con due pacchetti, uno nero e uno viola. Leon la ringraziò e mise tutto dentro lo zainetto. “Se non vi faccio sapere nulla entro due ore, chiamate la polizia, o tutto quello che vi pare” disse seriamente, quindi uscì dalla casa di corsa dirigendosi verso il bosco. La notte stava per scendere e delle nubi nere si erano addensate nel cielo. Ludmilla guardò Arianna in modo complice e si avvicinò, mostrando un bel paio di forbici. “Pare che uno di loro, dovrà rifugiarsi nel sacco a pelo dell’altro” esclamò ridacchiando. Non riusciva ancora a crederci. Si, era ancora la solita perfida, ma questa volta a fin di bene. Si sentiva strana, ma stranamente bene.
Niente, non rispondevano. Provò a chiamarle in continuazione con quell’affare, ma non sembrava funzionare. Quanto ci mettevano? Passò un’ora e cominciò a preoccuparsi. Le ombre degli alberi incombevano inquietanti, dandole un senso di oppressione. Non le conveniva allontanarsi da lì, si sarebbe potuta perdere. Da Ludmilla uno scherzo così stupido se lo poteva aspettare, ma Arianna…lei proprio no! Stanca di rimanere seduta si alzò e cominciò a camminare in tondo. Giocherellò con il walkie-talkie e aprì il contenitore delle batterie. Vuoto. Non c’erano le pile. Come era potuto succedere? Si ricordò che era stata Ludmilla a darglielo, e subito comprese tutto. Le era sembrata troppo gentile! Il tramonto del sole venne coperto da alcune nubi nere. Avrebbe potuto cominciare a piovere da un momento all’altro. Il panico cominciò ad offuscarle la mente, e la lucidità la abbandonò quasi subito. Vide un’ombra avvicinarsi a lei, e rimuovere alcuni rami bassi per farsi strada. Non appena si rese conto che si trattava di Leon, si sciolse in un sorriso di gioia e gli corse incontro abbracciandolo forte. “Grazie, Leon! Per fortuna che ci sei tu” disse senza pensare. Leon la strinse forte a sé, chiudendo gli occhi. Rimasero così per qualche minuto fino a quando non sentirono delle gocce cadere piano sulle loro teste. “Sta per piovere…Non possiamo rimanere qui, è pericoloso. E ci metteremmo troppo a tornare indietro. Conosco un posto per rimanere riparati, vieni!”. Le prese la mano e cominciò a correre fuori dalla radura. Continuarono a correre fino a quando non si trovarono di fronte a una piccola grotta. Ormai erano completamente zuppi. “Eccoci alla grotta di Cupido” disse il ragazzo con i capelli grondanti e il viso stanco una volta dentro. “Come mai si chiama così?” chiese Violetta curiosa. Leon la guardò e sorrise. “Non si chiama davvero così. La chiamiamo noi della famiglia così. In questo posto si sono conosciuti i nostri genitori”.
‘Javier aveva promesso ai genitori che non avrebbe fatto tardi. Si aggirava nel bosco, esplorandolo sempre avendo cura di non allontanarsi troppo. Una piccola radura si fece spazio di fronte a lui, mostrandogli la visione di una giovane ragazza distesa sul prato che contemplava il cielo. Si avvicinò con cautela, e con il volto arrivò a coprire la visuale della ragazza, la quale fece un balzo, alzandosi, per lo spavento. “Scusa, non volevo spaventarti. Mi chiamo Javier, Javier Vargas” disse educatamente tendendo la mano. La giovane sembrò titubante, ma poi l’afferrò sorridendo. “Io sono Marta, Marta Ramirez. Piacere di conoscerti, Javier”. I due continuarono a guardarsi senza dire una parola, esplorando ciascuno lo sguardo dell’altro, per leggerne le emozioni impresse. “Ti va di fare una passeggiata?” le propose timidamente. Marta annuì e i due cominciarono a camminare senza allontanarsi, fino a quando non giunsero nei pressi di una grotta. “Wow, che bella!” esclamò Javier, entrandoci dentro e ammirandone le pareti rocciose. “Che bel posto…Che ne dici se domani ci vediamo qui?” propose tornando a guardare la sua nuova amica. “Per me va bene” sussurrò lei incerta.’
“Da quel giorno si incontrarono tutti i giorni in questa grotta. Papà abitava nella villa di famiglia, mentre mamma in un’altra villa vicina. E senza che se ne rendessero conto tra loro scoccò la scintilla. Si erano innamorati. Quando eravamo piccoli ci raccontavano sempre questa storia, e tutti gli anni ci portavano qui a vedere la grotta. Ecco perché io e Arianna conosciamo la strada alla perfezione” concluse Leon, tirando fuori un asciugamano dallo zaino e passandolo a Violetta. “Direi che ci conviene fermarci a dormire qui per stanotte” propose Leon. Violetta annuì, ma si bloccò di colpo non appena vide che si stava levando la maglietta e i pantaloni. “Ehm…Leon, c-cosa stai f-facendo?” balbettò cominciando a sentire la gola secca. Acqua, aveva bisogno di acqua. Afferrò la bottiglietta e cominciò a bere avidamente. “Mi tolgo  i vestiti bagnati per non sentire freddo durante la notte, e non bagnare il sacco a pelo” spiegò ridendo. “Ah…giusto…” sussurrò lei, ancora scarlatta. Con un’espressione innocente e imbarazzata, portò su i lembi della maglietta bagnata, e alzò le braccia per sfilarsela, rimanendo in reggiseno. Leon si voltò di scatto, grattandosi la testa con la mano, e fissando la parete di fronte a lui. Si stava spogliando! Ed erano solo loro due. Doveva riuscire a contenere i suoi ormoni sovreccitati. Il cuore stava battendo a un ritmo insostenibile. Arretrò sempre di spalle. “Fatto?”. “S-si” annuì la voce dietro di lui. Si girò nuovamente e si sentì morire. Era bellissima. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla forte, sentire il profumo della sua pelle, baciarla, ma sapeva di non poterlo fare. Era troppo tardi per entrambi. Rovistò nella zainetto per prendere i due sacchi a pelo, senza riuscire a smettere di guardarla, lasciando mostrare un fortissimo desiderio di averla di nuovo. Voleva che fosse nuovamente sua, di nessun altro. Ma sapeva che lei non lo amava più. O meglio, ne era quasi sicuro. Prese quello nero, e lo stese sul freddo pavimento, poi passò a quello viola, che si disintegrò praticamente appena aperto. Pieno di tagli di forbici, era inutilizzabile. Perfetto. Avrebbero dovuto dormire insieme. “Ehm…”. Non sapeva come dirglielo. “Questo non si può usare” spiegò con il tono più innocente possibile. Violetta avvampò a annuì piano. Aveva capito dove sarebbero andati a parare. “Penso che…dovremo dormire insieme” sussurrò debolmente. Violetta annuì tremando, quindi aspettò che il ragazzo si fosse coricato, per mettersi al suo fianco. Il sacco a pelo era stretto, poiché era per una sola persona, quindi dovettero stare praticamente appiccicati. I due, visibilmente a disagio, cercarono di muoversi il meno possibile, e si misero di schiena per provare a dormire. Violetta non riusciva a chiudere occhio, non in quelle condizioni. Avere Leon così vicino non le permetteva di tranquillizzarsi. Il cuore dal petto sembrò quasi passare alla gola, facendola soffocare. Il suo battito le faceva pulsare le orecchie ormai incandescenti. Si girò dall’altra parte e finì con il trovarsi con il viso sulla schiena di Leon. Lentamente con la mano la accarezzò piano, pentendosi in seguito di quel piccolo gesto.
Leon stava cercando invano di non pensare al fatto che Violetta si trovava a pochi centimetri da lei, in biancheria intima. Insomma, doveva mostrare un minimo di dignità. Sentì il tocco delicato di Violetta sulla schiena e non poté fare a meno di chiudere gli occhi e di rabbrividire. Un sospiro fuoriuscì involontariamente, quindi si voltò e la guardò negli occhi, quei meravigliosi occhi che trasmettevano amore e dolcezza. Poggiò il gomito sul pavimento e alzò la testa poggiandola sul braccio, continuando a guardarla. “Leon, io…”. Voleva spiegargli il perché di quel gesto, ma non ci riusciva. Le parole non uscivano. O meglio, non c’erano parole che avrebbero potuto aiutarla, perché la verità era che era successo tutto in modo naturale, e lei stessa non se lo sapeva spiegare. Leon mise l’indice sulle sua labbra, facendola tacere e la guardò sorridendo. “Violetta c’è una cosa che voglio fare, da tanto tempo” disse con un’espressione dolce. Fece scendere la mano lungo il suo profilo esile fino alla vita, portandola ancora più vicino a lui con un movimento fluido. I loro petti erano incollati, i loro respiri si mescolavano e creavano un piacevole tepore. I corpi bollenti di entrambi erano in contatto, un contatto fisico inevitabile. Leon poggiò il braccio per terra e si avvicinò lentamente chiudendo gli occhi, fino a sfiorare con le sue labbra il naso della ragazza. Scese lentamente con la bocca fino ad incrociare la sua, ma la toccò velocemente senza dargli la possibilità di rispondere al bacio. Era un gioco terribilmente crudele. Violetta non resistette più, lo guardò con passione, gli prese il viso tra le mani e fece combaciare le loro labbra. Fece scendere la mano fino al collo, accarezzandolo e continuando a baciarlo con sempre più intensità. Leon leccò le sue labbra con calma, assaporando quel momento, chiedendo l’accesso nella sua bocca, accesso che venne subito consentito. Le loro lingue si cercarono, si sfiorarono, si accarezzarono. Leon fece risalire la mano dai suoi fianchi fino alla spalla e alla guancia, massaggiandola piano. Le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, senza interrompere quel bacio mozzafiato. Quanto gli erano mancate quelle sensazioni! Quanto gli era mancato il contatto con la sua pelle, quanto gli erano mancati quei brividi di gioia. In quell’istante realizzò appieno di essere stato un emerito idiota ad aver fatto soffrire una ragazza così dolce, che lo amava con tutta se stessa. Decise di non pensarci. Dopo quel bacio le avrebbe chiesto perdono. Dopo quel bacio le avrebbe dichiarato il suo amore, amore che non era mai venuto meno nemmeno quando erano stati separati. Ma adesso…adesso voleva solo godere dei brividi che gli stava procurando, voleva pensare al calore del suo corpo che aumentava, voleva lasciarsi tutto alle spalle e accarezzarle dolcemente il palato con la lingua. Fuori si avvertiva unicamente il battito della pioggia, dentro invece il battito dei loro cuori che non la smettevano di andare più veloci.








NOTA AUTORE: fa schifo, vero? >.<" Un po' mi vergogno a pubblicarlo, e infatti l'ho scritto mentre stavo male, ma lo volevo fare per due motivi:
1) non aggiornavo da una vita
2) mercoledì parto *fa sventolare una fazzoletto bianco*
3) come ho detto i motivi sono due quindi non c'è un 3) anzi si, c'è. Vi volevo fare leggere la loro riconciliazione che ho in mente da una vita :3
Visto che come ho detto sono riuscito ad ammalarmi d'estate *applaude ironico* se ci sono errori o frasi oscene segnalatemele che le correggo. Parlando del capitolo: ma quanto sono belli! Allora io amo tutte le loro scene, TUTTE. Dal prossimo capitolo o quello dopo ancora si parlerà anche di altre coppie (Maxty e Diemilla credo, forse anche AriannaxAndrea LOOOOL). Comunque commentiamo un pochino: allora 3 scene, una più dolciosa dell'altra. SCENA NUMBER ONE: piscina. Oddio, quanto mi sono gasato a quella scena. Ho seriamente odiato Andrea per un momento, ma vabbè, lo perdono perchè è lui. SCENA NUMBER TWO: la notte. Ludmilla russa (LOOOOOOL), e io muoio, perché...insomma si, mi avete capito. SCENA NUMBER THREE: la grotta. NON LA COMMENTO, altrimenti mi sento male. Allora...il capitolo è un po' più lungo perchè mi devo far perdonare per il ritardo. Vabbè, detto ciò, buona lettura a tutti, alla prossima e fatemi sapere che ne pensate del capitolo. Ciao, e alla prossima :D

 

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Capitolo 60
*** Perdonare e Ricominciare ***


Capitolo 60
Perdonare e Ricominciare

Violetta rimase con gli occhi chiusi anche quando avvertì Leon scostarsi lentamente. Non voleva riaprirli, aveva paura che si fosse trattato di un sogno. Un sogno bellissimo. Però quelle mani che le stavano accarezzando con dolcezza i fianchi non erano frutto di una sua fantasia. E allora perché quella paura irrazionale che sentiva dentro? Leon tornò a baciarla, questa volta con più ardore e passione, e lei trovò la forza di alzare la palpebre quel giusto per scorgere il suo viso. Lentamente portò le mani sui suoi capelli, scompigliandoli scherzosamente. Poté sentirlo ridere per quel gesto. L’aria stava finendo, sfortunatamente, quindi si separarono di nuovo. “Perdonami, sono un mostro” esclamò Leon, rompendo il silenzio. Violetta sgranò gli occhi, e gli accarezzò una guancia con sguardo triste. “Non dirlo mai più. Sei una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto” sussurrò, avvicinandosi e dandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo respirò a fondo e poi continuò. “Non è vero, lo sai bene. Sono pieno di difetti: sono geloso, orgoglioso, arrogante, e…ti ho fatto solo soffrire. Non ti merito”. Violetta notò che aveva lo sguardo basso, come se provasse vergogna di se stesso, come se non si sentisse in grado di reggere la sua reazione. Come poteva non comprendere la profonda gioia che gli aveva donato con quei baci? Si, forse aveva sbagliato, ma anche lei aveva commesso i suoi errori.  “Cosa stai dicendo, Leon?”. “Ecco, quando ti ho lasciato dicendoti che non ti amavo, ho mentito. Ti volevo allontanare perché ero sicuro che saresti stata più felice senza di me, che ti ostacolavo” disse con una punta di amarezza. Non riusciva ancora a capire come avesse potuto pensare una cosa del genere.
“Leon, io…”. “Fammi finire” la interruppe, con sicurezza. “Mi è sempre stato difficile ammettere i miei errori, ma questa volta devo farlo. Voglio farlo. E forse così ci sarà una speranza che mi perdoni. Quando ti vedevo con Diego mi sentivo morire dentro, era come se fossi vuoto. E ogni sorriso che gli riservavi era come una lama affilata che mi trapassava” concluse lui, alzando lentamente lo sguardo. La vide sorridere. Si rese conto che anche la sua bocca si era sciolta in un impercettibile sorriso. “Per la prima volta mi sono sentita gelosa. E’ successo con Lara. Sono riuscita a capire come ti senti tu quando mi vedi con un altro ragazzo. E’ stato terribile. Ogni volta sentivo il sangue arrivarmi al cervello, non ragionavo più, agivo solo d’impulso” disse Violetta, prendendogli la mano e portandola sulla sua guancia bollente. “Tu…mi perdoni?!” chiese esterrefatto Leon. Pensava di aver capito bene, ma voleva sentirlo dire da lei. “Si, ti perdono. E tu perdoni me?”. “Tu non devi farti perdonare nulla” esclamò Leon al settimo cielo. Era euforico. Ancora non credeva a quello che era successo, voleva uscire dalla grotta ed esultare ad alta voce nel bosco di notte, ma non gli sembrò opportuno. “Ti amo, Violetta. E anche quando eravamo separati non ho smesso per un momento di amarti” disse avvicinandosi piano per baciarla dolcemente. “Anch’io ti amo, Leon” sussurrò con un sorriso sincero, prima che le loro labbra combaciassero. Violetta mise le mani sul suo petto, facendolo ruotare. Dopo poco tempo Leon era steso sul sacco a pelo, mentre Violetta era sopra di lui, continuando a baciarlo con sempre più intensità. Le mani di Leon non si fermavano mai nello stesso punto: continuavano a percorrere il corpo di Violetta costantemente, accarezzandolo con delicatezza. Violetta sentiva i brividi scuoterla continuamente, ma non per il freddo. Anzi, sentiva molto caldo, troppo. Abbandonò le labbra di Leon, scendendo lungo il suo collo e poi lungo il petto e lasciando una scia di baci. Il ragazzo emise un profondo sospiro, mentre i baci di Violetta sul suo petto divennero sempre più frequenti e intensi. Sembrava non volesse lasciare scoperto nemmeno un lembo di pelle. Era come se bramasse il suo corpo in un modo mai sentito prima. Che fine aveva fatto la Violetta timida e paurosa, che arrossiva anche solo quando qualcuno le sfiorava la mano? Erano cambiate tante cose. Ma una cosa non era mai mutata: l’amore reciproco che li univa. Stava ansimando, il suo autocontrollo lo stava lentamente abbandonando. Ma come diamine faccio a controllarmi se lei continua in questo modo, pensò Leon imprecando. Strinse i denti soffocando un gemito, quando sentì la mano di Violetta sopra il tessuto dei suoi boxeur. “V-Violetta…” balbettò Leon, non riuscendo ad aggiungere nulla. Alzò lo sguardo e vide Violetta che lo stava guardando divertita. “Non ti ho mai visto così vulnerabile” esclamò sorpresa. “Sei tu che mi porti a questi livelli” scherzò lui di rimando, facendola stendere completamente su di lui, e avvolgendola in un caldo abbraccio. “Mi sono mancati questi momenti” disse la ragazza sospirando. Leon le diede un lungo bacio. “Anche a me. Solo io e te, e il calore della tua pelle. Ti ho già detto che adoro questa sensazione?”. “Non lo so, ma di certo mi fa piacere sentirtelo dire adesso” scherzò Violetta, accarezzandogli i capelli sulla fronte. “Dormiamo un po’ o vuoi farmi passare la notte insonne?” disse Leon con tono seducente. “Dormiamo…per stanotte” gli sussurrò maliziosa all’orecchio, per poi nascondere la testa nell’incavo del collo di Leon, a chiudere lentamente gli occhi. Il suo profumo…non c’era nulla di più dolce del suo profumo. Posò la mano all’altezza del cuore sul suo petto e si addormentò con il sorriso stampato sul volto.
“Pensi che abbia funzionato?” chiese Arianna nervosa. Leon li aveva appena avvertiti con il walkie-talkie per rassicurarli del fatto che stavano bene. “E’ ovvio…un mio piano non fallisce mai” disse Ludmilla con aria di superiorità, mentre si preparava per dormire nel letto di Violetta. “Beh, una volta finita questa storia siamo pari” continuò con un sorrisetto. Arianna si voltò verso di lei con un sorriso splendente. “Sai, Ludmilla, mi sorprendi sempre. Non so se un giorno potremo diventare amiche, ma sei un’alleata perfetta”. Già, un’alleata perfetta. Non avrebbe mai pensato di allearsi con Ludmilla per far riavvicinare Leon e Violetta, ma d’altronde era stata proprio lei a proporglielo.
‘Ludmilla era di fronte a Villa Vargas e guardava il campanello titubante. Suonare o non suonare? Leon era a lezione allo Studio, e lei doveva parlare con Arianna. Doveva chiarirsi. Con la mano tremante suonò il campanello. Il tempo passava, ma nessuno apriva quella porta, che si stagliava di fronte a lei come se volesse inghiottirla. Dopo quella che le parve essere un’eternità, qualcuno la aprì. Arianna. “Volevo proprio parlare con te, Arianna” esclamò decisa. Chiuse gli occhi pronta a sentirsi sbattere la porta in faccia, invece quello che ottenne fu un’espressione sorpresa della ragazza. Si indico con l’indice, confusa. “Con me?” chiese, volendosi assicurare di aver capito bene. “Esattamente. Posso entrare?” ribatté Ludmilla, abbassando lo sguardo con un atteggiamento umile. Arianna sgranò gli occhi: Ludmilla umile? Cominciò a temere seriamente che il mondo crollasse in quell’istante.’
“Che grande errore avrei fatto se avessi rifiutato di ascoltarti!” esclamò d’un tratto Arianna, ancora presa da quei pensieri rivolti al passato. “Beh, sei una persona che non ha pregiudizi” si complimentò Ludmilla con un sorriso mesto. “E tu in fondo sei una brava persona. E molto in fondo credo che potrei essere tua amica” ribatté l’altra alzandosi e sedendosi ai piedi del letto di Violetta. “Pensi che a quest’ora abbiano già fatto pace?” chiese d’un tratto, rivolgendo lo sguardo verso la finestra e osservando il paesaggio notturno che si estendeva al di là di essa. “Ne sono sicura. Dai loro sguardi è visibile l’amore che provano l’uno nei confronti dell’altro. Devono solo potersi chiarire in santa pace” spiegò Ludmilla, mettendosi sotto le coperte. Appoggiò la testa sul cuscino e gli occhi lentamente divennero lucidi. Anche lei voleva essere amata in quel modo. Anche lei voleva essere vista da qualcuno come Leon vedeva Violetta. Eppure l’amore sembrava essere in antitesi con la sua essenza. L’aveva sempre saputo in fondo, ma adesso ne era certa. Ludmilla era destinata a rimanere sola. Arianna sembrò leggere i suoi pensieri perché disse: “Non sarai mai sola”.
‘Arianna era seduta di fronte a lei, e la squadrava curiosa. “Ne sei sicura?” chiese dubbiosa. Insomma si aspettava da tutti un aiuto per far rinsavire il suo testardo fratellone, ma non lei. Non Ludmilla, la sua acerrima rivale. La ragazza bionda di fronte a lei annuì appena, guardandola seria. “E perché vorresti farlo?” chiese d’un tratto. “Lo devo a Leon, e lo devo a te. Leon adesso è un mio amico…”. Le parole le morirono in gola. “E…e mi devo far perdonare per il brutto tiro che ti ho giocato durante le vacanze di Natale. Per colpa mia hai rischiato l’espulsione definitiva” concluse infine. Nata le aveva detto di cominciare a farsi perdonare dalle persone che aveva fatto soffrire maggiormente. E’ il tuo modo per redimerti, le diceva Nata con un sorriso dolce dopo averla abbracciata. Un abbraccio di Nata per lei era più prezioso di tutti i vestiti che aveva addosso. Era qualcosa che aveva sempre cercato, ma che solo ora si era deciso ad accostarsi alla sua vita. Era puro e semplice affetto.’
“Adesso sarà meglio dormire, però” disse Ludmilla. Prese un cuscino e glielo lanciò affettuosamente per farle segno di andare nel suo letto. Arianna ubbidì con una risata. “Sai, sei simpatica. E scusa per quella volta dei vermi nei tramezzini”. Ludmilla la guardò e sorrise: rimaneva una in gamba. “Buonanotte, Arianna” disse, sporgendosi per premere l’interruttore della luce. “Buonanotte” rispose l’altra, sprofondando in un sonno profondo.
German non riusciva a stare fermo un secondo. Quei giorni erano per lui ricchi di tensione. Era felice di non avere Violetta per casa, perché altrimenti non avrebbe saputo come fare a nascondergli certe cose. Di lì a qualche minuto Cristobal sarebbe venuto a casa sua, e insieme sarebbero andati in ospedale per consegnare il campione prelevato, ossia una ciocca di capelli ottenuta di nascosto, ed effettuate il test del D.N.A.. Prese il cellulare e controllò l’ora. Sette e mezza. Era tardi, tremendamente tardi. I suoi nervi stavano per collassare, era ridotto in uno stato pietoso. Non appena sentì il suono del campanello, scattò in piedi dal divano su cui si era seduto solo da qualche secondo, e si precipitò alla porta. Aveva dato ad Olga la giornata libera, e per non farla insospettire l’aveva data anche a Roberto. Meno persone erano in quella casa, meglio era.
La porta si aprì, mostrando un uomo sulla trentina con delle occhiaie tremende. Anche lui non ha chiuso occhio queste ultime notti, pensò German con una punta di soddisfazione. “Sei pronto?” chiese Cristobal, reggendosi a stento in piedi. “Vuoi prima un caffè?” domandò German, con tutte le migliori intenzioni possibili. “Così potrai avvelenarlo? No, grazie, voglio rimanere vivo. Andiamo” ribatté l’altro. Doveva essere ironico, ma era troppo stanco per farlo capire dal tono della voce. “Facciamo questo benedetto test del D.N.A. per capire chi è il padre effettivo di Violetta, e togliamoci questo dubbio angosciante” concluse l’uomo, prendendo le chiavi della macchina. “Non c’è nessuno a casa?”. “C’è solo Jade, ma adesso dovrebbe essere a dormire” rispose con noncuranza German, prendendo il soprabito e uscendo di casa, insieme al suo odiato rivale del passato. Il destino si diverte proprio a prenderti a calci nel sedere, constatò semplicemente, mentre entrava in macchina. Inserì la chiave per accendere il motore, e partì spedito. Prima arrivava, prima finiva, prima poteva trovare un minimo di pace. E non aveva paura, nemmeno un po’. Lui sapeva di essere il padre di Violetta, ne era sicuro. Sicuro.
Erano in uno di quei corridoi tristi e dall’odore di disinfettante. Stupidi ospedali. Aveva sempre odiato gli ospedali. Camminava nervosamente cercando il reparto giusto, mentre Cristobal parlava al cellulare, fissandolo di tanto in tanto. “Si, è con me, tu sei arrivata?” chiese al telefono, cercando di mantenere il tono di voce basso. Inevitabilmente German aveva sentito tutto. E’ una trappola, pensò furioso. E infatti, non appena voltato l’angolo si ritrovò davanti una giovane donna dai capelli biondi lucenti con alcuni riflessi castani. Era Angie. “Che ci fai tu qui?” chiese duro. La donna rimase ferma a guardarlo, con un timore reverenziale negli occhi. “German, io…”. “Io non ti conosco, Angeles. Questa è la prima volta che ci vediamo” la interruppe freddo. Angie non ce la fece più e scoppiò a piangere.
‘Che stai aspettando? Consolala, abbracciala, insomma fa qualcosa, non rimanere fermo come un imbecille!’ gli fece notare la sua vocina interiore, riprendendolo come fa una madre con un figlio.
Lei mi ha tradito, mi ha nascosto la verità.
‘E te ne importa qualcosa adesso? Avrà avuto i suoi motivi…ma non soffri a vederla in questo stato?’.
Certo che soffro, stupida vocina interiore, lo sai meglio di me, pensò di rimando l’uomo. Era entrato in conflitto con se stesso. Perfetto.
 ‘Sei un testardo cocciuto di prima categoria’.
Ma tu sei la mia vocina interiore!
‘Appunto, se non lo so io…’.
Battaglia persa in partenza, si disse German con la testa confusa. Con poca convinzione e in modo goffo, appoggiò la mano sulla sua spalla e diede un colpetto affettuoso.
Angie sollevò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi. Poteva vedere benissimo la freddezza di quegli occhi. Non era lo stesso German che aveva conosciuto, e che aveva imparato lentamente ad amare. Era uno sconosciuto per lei. Conoscere la verità l’aveva cambiato. Si scostò muovendo qualche passo indietro e corse via piangendo. Era stato un errore presentarsi e cercare di convincerlo a perdonarla. Doveva ricordarsi chi era: era l’uomo che le aveva impedito di vedere la nipote. Eppure non poteva non provare amore nei suoi confronti, non ci riusciva.
La luce dell’alba si infiltrò con prepotenza nella grotta. Violetta aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu il collo di Leon. Sorrise e richiuse gli occhi. Non aveva sognato, Leon era lì con lei. E non se ne sarebbe andato questa volta, non l’avrebbe lasciata sola. Non più. Sentì le mani del ragazzo poggiate sulla sua schiena, e si strinse ancora di più a lui. I suoi capelli erano sparsi e spettinati, e le punte sfioravano leggermente il petto di Leon, dandogli una piacevole sensazione di solletico. Violetta cominciò a baciargli il collo sempre ad occhi chiusi, sentendo il sapore della sua pelle con le labbra, beandosi di quel momento così intimo e dolce. Leon si svegliò subito dopo con un sorriso. Le accarezzò la schiena percorrendo con cura tutta la sua spina dorsale. Il tocco leggero di Leon le dava i brividi, brividi di piacere e gioia. Diede un piccolo morsetto al collo quindi si avvicinò al suo orecchio. “Buongiorno” gli sussurrò con voce assonnata. 
Leon rabbrividì a sentire il fiato caldo di Violetta sul collo e poi la sua voce melodiosa all’orecchio. “Se mi potessi svegliare così ogni giorno sarei la persona più felice del mondo” disse lui ridendo. Violetta si scostò per guardarlo negli occhi con un’espressione seria. Gli accarezzò piano i capelli, mentre con lo sguardo puntava alle sue labbra. Si avvicinò e lo baciò. Fu un bacio lento e passionale allo stesso tempo. Si separarono e Leon sorrise nel vedere le guance rossissime di Violetta: alcune cose non cambiavano mai, per fortuna. Rimaneva sempre la sua dolcissima Violetta. Le scostò una ciocca di capelli per vederla meglio. “Perché mi guardi così?” chiese lei all’improvviso, diventando un po’ nervosa. “Voglio che mi rimanga scolpita nella memoria l’immagine del tuo bellissimo viso” le spiegò alzando la testa per baciarla nuovamente. Violetta teneva la mano sinistra intorno al suo collo, mentre con la destra gli massaggiava il petto all’altezza del cuore. Sentì Leon ansimare al suo tocco, mentre continuava a baciarla. Non ce la faceva più, aveva capito di desiderare Leon fisicamente, e se non fosse stato per la situazione particolare, gliel’avrebbe detto anche in quel momento. Fece scendere l’altra mano al petto e fece leva per separarsi. Doveva farlo, non poteva sopportare più quella passione che continuava a crescere e a bruciare dentro il suo corpo. “Forse…dovremmo…andare”. Ogni parola era interrotta da un respiro profondo per prendere aria. Leon la guardò malizioso. “Possono anche aspettare tutta la vita per me…”. La baciò nuovamente e cingendole la vita con le braccia portò i loro corpi a coincidere. Violetta fece per rialzarsi, ma si ritrovò avvinghiata al busto di Leon, con le gambe che gli circondavano la vita e le braccia che stringevano la sua schiena. Il ragazzo era seduto e con le mani le accarezzava la schiena. Come diavolo ci erano finiti così? Non stava cercando di alzarsi? Pazienza, ci avrebbe pensato dopo. Portò le mani al suo viso e continuò a baciarlo, mentre sentiva il cuore volergli uscire dal petto per quanto rimbombava forte. Maledetto Leon, continuava a fargli perdere la testa. E per colpa sua stava perdendo la cognizione del tempo, facendo preoccupare gli altri. Gli avrebbe fatto una bella ramanzina. Dopo però.











NOTA AUTORE: insomma qualche momento loro ci voleva dannazione, sono stati separati una vita, diamogli un po' di gioia (e me la do da solo ù.ù). Questo capitolo non mi dispiace affatto. Allora, ricapitolando, Leon e Violetta hanno finalmente fatto pace. Leon si fa perdonare (ma che cucciolo :3 Cioè, Violetta, non me lo fare penare così che poi io soffro ç.ç), e insieme tornano più Leonettosi che mai :3 Finalmente capiamo come è nata l'alleanza Ludmi-Arianna (che tenera la mia Ludmi...che cosa sto dicendo O.O). German...oddio la scena del dialogo con la voce interiore è bellissima. Giuro, sto morendo xD *immagina la scena e l'espressione di German* Ma povera la mia Angie...e adesso? Il test del DNA? Chi sarà il padre di Violetta, German o Cristobal? Lo scopriremo (credo) nel prossimo capitolo. E poi volevo finire con un'altra scena Leonettosa (la vendetta LOL), in cui si svegliano e...Violetta. Mi fai morire quando fai così. ahahahhaa, non contiene più i suoi ormoni *le da una pacca sulla spalla* Brava, ragazza, brava. Comunque, spero che il capitolo vi piaccia; ringrazio tutti come sempre e dedico il capitolo capitolo a WELOVEJORGEBLANCO (che è gentilissima e mi ha chiesto di aggiornare presto <3), e alla prossima ;D (sono io o sono diventato impedito a scrivere scene Leonettose? :O E' una cosa grave :O)

 

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Capitolo 61
*** Notte d'amore e di ansia ***


Capitolo 61
Notte d’amore e di ansia

“Eccoli, stanno arrivando!” esclamò Andrea indicando fuori dalla casa. Mano nella mano Leon e Violetta si avvicinarono parlottando all’entrata mentre tutti gli venivano incontro preoccupati. La prima a notare che si stavano stringendo la mano fu Francesca, che si lasciò scappare un gridolino di gioia, e cominciò a battere le mani felice. Camilla la seguì a ruota e le due si avventarono sull’amica trascinandola dentro casa, mentre gli altri si preoccupavano di sapere come erano andate le cose. “Un sacco a pelo era inutilizzabile, voi ne sapete qualcosa?” chiese Leon con un sorrisetto a Ludmilla e Arianna. La giovane Vargas fischiettò innocentemente, mentre Ludmilla alzava le mani disgustata. “Io non farei mai qualcosa del genere. Mi ci vedi a fare una cosa del genere?”. Tutti la guardarono sospettosi, come a dire ‘si, ti ci vediamo benissimo’. Leon scosse la testa compiaciuto, poi abbracciò l’amica. “Grazie di tutto, mi hai reso la persona più felice del mondo” le sussurrò all’orecchio. “Continuo a non capire di cosa tu stia parlando. E comunque non lo dire in giro, ho una reputazione di star da difendere” ribatté lei senza riuscire a nascondere una risata. Si sentiva più leggera, aveva ragione Nata. Si voltò a guardare la sua amica spagnola che le rivolse un’occhiata complice e orgogliosa. Forse aveva sempre sbagliato tutto. Lei non era perfetta, doveva essere in grado di riconoscere i suoi sbagli. Era iniziata una nuova era per Ludmilla. Lei era Ludmilla Ferro, la stella dello Studio, ma la sua ambizione non avrebbe dovuto per forza metterla contro tutti. La sua ambizione sarebbe stato il modo per raggiungere la vetta, ma non sarebbe stata sola. Era stanca di sentirsi abbandonata, odiata.
“Raccontaci tutto” le ordinò Francesca in cucina, mentre Camilla aveva ancora un’espressione febbricitante. “Io…non saprei cosa dire” balbettò l’interrogata in questione arrossendo e appoggiando i gomiti al lavandino. “Saltiamo i momenti romantici e andiamo ai dettagli piccanti” esclamò impaziente Camilla. Si avvicinò maliziosa parlando a bassa voce. “Allora che hai combinato Violetta? Leon sembrava parecchio stanco, se capisci cosa intendo”. “Camilla!” la ripresero contemporaneamente l’italiana e Violetta. “Che c’è?! Oh, andiamo, non fatemi la paternale” sbuffò l’altra alzando le mani in segno di resa. “Come se Francesca non avesse fatto nulla con Stefan” aggiunse poi riacquisendo il suo sorrisetto. Francesca divenne scarlatta. “Non abbiamo fatto niente, noi! Non siamo così affrettati come te e Ricardo” strillò lei risentita. Violetta sgranò gli occhi. “Aspetta, ma quindi tu e Ricardo avete…ma perché a me nessuno dice mai nulla?”. “Te l’avrei detto. Francesca, ma ti vuoi stare zitta?” ribatté Camilla. “E com’è stato?” chiese Violetta timidamente. “Ecco…ha fatto un po’ male, a dirti la verità. Ma non ti preoccupare, sono sicura che Leon saprà tranquillizzarti nel modo giusto” la rassicurò posandole una mano sul braccio. “Tranquillizzarla di cosa?” chiese Leon entrando in cucina e prendendo alla sprovvista le tre amiche. “Del fatto…che non ci sono ragni in questa casa” inventò Francesca con un sorriso, cercando l’appoggio delle due. Camilla annuì seria. “Violetta soffre di aracnofobia”. Violetta guardò le due confusa, poi si rivolse a Leon e annuì. “Potete lasciarci soli?” chiese il ragazzo sempre più perplesso. “Quelle due sono strane” esclamò quando le vide uscire. “Come mai sei scappata via?” chiese rivolgendosi a lei. “Ti sei pentita?”. Pentita? Stava scherzando? Violetta non capiva. Come faceva a non vedere l’amore che provava per lui? Comprendeva le sue incertezze, anche lei ne aveva avute, ma adesso era il momento di finirla. “Spero tu stia scherzando” sussurrò lei avvolgendo le braccia intorno al suo collo e baciandolo dolcemente. Leon rimase sorpreso di quel gesto, ma portò le mani sulla sua vita e si lasciò condurre in quel bacio che stava diventando sempre più intenso. I due arretrarono continuando a baciarsi fino a quando Violetta non si trovò con la schiena appoggiata al frigorifero. In un impeto selvaggio Violetta afferrò la sua maglia stringendo forte i pugni e portandolo a far combaciare i loro corpi. Leon si separò col fiatone guardandola negli occhi. Le baciò le guance rosse lentamente, quasi volendone assorbire il calore. “Leon…” sussurrò Violetta con gli occhi chiusi. “Si?” chiese lui separandosi e appoggiando la fronte sulla sua. “Non so come ho fatto a vivere senza queste emozioni fantastiche per tutto questo tempo” sussurrò con un sorriso di pura gioia. Senza dargli il tempo di rispondere tornò a baciarlo, spiccando un salto e allacciando le gambe intorno alla vita del ragazzo. Leon con un mano afferrò la coscia di Violetta per rafforzare la presa e cominciò ad accarezzarla freneticamente. Dannazione, frena, Leon, pensò il ragazzo mentre le loro lingue si attorcigliavano sensualmente. Frena. Violetta emise un gemito nella sua bocca non appena lo sentì toccare la sua coscia passionalmente. Leon, controllati, in che lingua te lo devo dire, si ripeté facendo appello alla forza della disperazione. Niente, non riusciva a smettere di baciarla. Era un ragazzo in piena crisi ormonale, cosa doveva fare trovandosi spalmato al corpo della ragazza che amava? Era umano. Il desiderio di possederla si impadronì del suo corpo e della sua mente che cominciò ad agire per contro proprio. Fece scivolare la mano destra sotto il tessuto della gonna tornando ad accarezzarle la coscia, ma questa volta a contatto diretto con la sua pelle. La sentì ansimare mentre lui aveva spostato la sua attenzione sul collo di Violetta. “Leon…mi stai facendo impazzire” disse sospirando. “Non puoi nemmeno immaginare l’effetto che mi stai facendo tu in questo momento” scherzò lui con i capelli tutti arruffati e un’espressione sconvolta. “Avevo proprio voglia di un succo di…Leon? Violetta?” esclamò Stefan, spalancando la bocca. I due si voltarono a guardarlo imbarazzati. “Vi lascio subito in pace, solo…potreste spostarvi così posso prendere un succo di frutta?” chiese indicando il frigorifero. Leon fece scendere Violetta e insieme si scostarono fissando il pavimento. “Non è come sembra…” cercò di spiegare Violetta. “Infatti io non ho visto nulla” esclamò Stefan aprendo il frigorifero e fuggendo via di corsa. I due si guardarono per un secondo e scoppiarono a ridere. “Comunque ero venuto a dirti che gli altri tornano in città oggi pomeriggio mentre io mi fermo a mettere a posto e torno domani mattina…” mormorò lui imbarazzato, sperando che cogliesse il messaggio. “Rimango a darti una mano” lo interruppe Violetta frettolosamente. Leon sorrise facendola arrossire. Avrebbero passato una serata tutta per loro e la cosa lo rendeva felicissimo.
Leon si fermò davanti alla farmacia di un paese vicino e tirò un grande respiro profondo. Ricardo, Andrea e Andres erano al suo fianco. “Allora, non entri?” chiese Andres indicando la scritta della farmacia. “Si…cioè no, forse è meglio di no. Forse ho travisato, e ho capito male. E se lei non volesse? Farei la figura del maniaco” disse Leon, pallido in viso e tremante. Non si era mai sentito tanto insicuro in vita sua, non poteva crederci…che fine aveva fatto il Leon così sicuro di sé e quasi sprezzante? Volatilizzato. “La smetti di farti tutti questi problemi? E se poi succede? Devi essere un minimo pronto” lo consigliò Ricardo, spingendolo dentro la farmacia. I quattro si aggirarono per gli scaffali in modo sospetto. “Vuoi che ti copriamo all’entrata mentre tu compri ciò che devi comprare?” chiese Andrea tirando fuori i suoi occhiali neri da guardia del corpo. “Andrea, non sta comprando roba di contrabbando” spiegò Ricardo scocciato. “Infatti sta comprando solo dei preservativi!” strillò Andres, attirando l’attenzione di tutti i clienti. Leon sarebbe voluto sprofondare in un abisso senza fondo. Mai aveva provato come in quel momento il desiderio di strozzare il suo amico. Sentiva le occhiate dei commessi e delle persone puntate su di lui. “Grazie Andres, tanto perché ti avevo detto di non attirare l’attenzione e passare inosservato”. Gli diede un colpo sul braccio nervoso. Allungò la mano tremante per afferrare una scatolina azzurra. “Non ce la faccio” disse ritraendo la mano. “Ma scusa, tu con Ludmilla…” chiese Ricardo, ma venne interrotto subito. “Ovvio, ma era diverso. Non so perché ma mi sembra la prima volta” disse arrossendo. “Ehi questi hanno un vago profumo che sa di frutti di bosco” esclamò Andrea prendendo una scatola viola e annusandola con fare curioso. Una ragazza lì vicino scoppiò a ridere. “La smettete di farmi fare la figura dell’idiota?” sibilò Leon. Eppure non doveva essere così difficile, maledizione. Andres fece un rapido giro con lo sguardo e afferrò una scatolina grigia. “Ehi, Leon, questo è per chi ha problemi di quel tipo!” strillò nuovamente facendo voltare tutti i clienti. Ci fu chi soffocò qualche risata, chi li guardò con aria di rimprovero. “Oh, non vi preoccupate, non sono per me, sono per lui” esclamò indicando Leon, che rivolse un sorrisetto nervoso a tutti. Promemoria per le prossime volte: mai fidarsi di Andres. E pure Andrea ci si metteva. Prese la scatoletta azzurra, prima che potessero fargli fare altre figuracce e si diresse alla cassa per pagare. Voleva rimuovere tutto, voleva cancellare l’aria ilare della commessa che gli consegnava la fatidica scatolina dopo aver fatto leggere il codice a barre. Voleva rimuovere quell’ultimo quarto d’ora che gli era sembrato durare troppo. Davvero troppo.
La casa era vuota. Erano rimasti solo lei e Leon. La cosa la innervosiva parecchio. Cosa avrebbe dovuto fare, aspettare la prima mossa o buttarsi con il rischio di essere respinta? Leon non ti respingerebbe mai, hai visto come ti guarda? Ti spoglia con gli occhi!, pensò Violetta per cercare di farsi coraggio. Dopo una cena consumata molto silenziosamente, i due optarono per mettersi sul divano e vedere un film. Violetta si tolse le scarpe lentamente guardandolo negli occhi imbarazzata, quindi si raggomitolò al suo fianco poggiando la testa sulla spalla del ragazzo. Leon la guardò per un secondo imbambolato, poi prese il telecomando e accese la televisione per spezzare il silenzio. Oh, un bel film d’azione, proprio quello che ci voleva per sciogliere la tensione. Si rese conto di non star seguendo una sola parola del film, troppo preso ad osservare la bellissima ragazza al suo fianco. E lui cosa stava facendo? Niente. E non doveva fare niente, altrimenti Violetta avrebbe potuto pensare male. Calma tu, ordinò Leon nella mente lanciando una fugace occhiata di rimprovero al cavallo dei pantaloni. “Bello il film, vero?” chiese lei sussurrandogli all’orecchio. “Si, certo…la scena in cui il cattivo cerca di fare fuori l’agente attraverso il veleno di una tarantola. Affascinante”. “Veramente quello è successo trenta minuti fa”. “Ah, davvero?” balbettò Leon, passandosi una mano tra i capelli e grattandosi la testa. “Mi sembri distratto…qualcosa non va?” osservò Violetta preoccupata. “N-no, va tutto bene” disse lui teso come una corda di violino. Ebbe un piccolo colpo di tosse quando sentì le labbra di Violetta percorrere delicatamente il suo collo, lasciandogli una scia di piccoli baci. “Ehm…anche questa scena mi sembra molto bella” disse cercando di mostrarsi indifferente. La mano della ragazza passò sotto la sua maglietta e cominciò ad accarezzargli l’addome, salendo più su fino al petto. “Non lo so, questo film mi ha un po’ annoiato” mormorò sorridendo, strappandogli il telecomando di mano e spengendo la tv, per poi lasciarlo cadere per terra. Che diavolo stai facendo?, si chiese Violetta, mentre con le mani premute sul suo petto lo portava a stendersi sul divano. Si sedette a cavalcioni su di lui e continuò a baciarlo stendendosi sopra di lui e facendo sfregare i loro corpi ancora coperti dai vestiti con dei movimenti impercettibili e sensuali. Leon fece scivolare le mani lungo i suoi fianchi stringendoli con passione. Violetta invece con una mano sfiorava la guancia bollente del ragazzo, mentre con l’altra accarezzava i suoi capelli, tirandone piano le punte in modo affettuoso. Tutti quei baci passionali che si stavano scambiando riscaldavano l’atmosfera, facendo contemporaneamente salire il loro calore corporeo. Violetta poté avvertire l’eccitazione del ragazzo anche attraverso i pantaloni e sorrise piano mentre continuava a baciarlo, mordendogli di tanto in tanto il labbro inferiore. “Forse dovremmo andare in camera…” propose lei con le guance rossissime. Leon sgranò gli occhi sorpreso. Insomma se quella non era una proposta, non sapeva cos’altro lo potesse essere, ma voleva essere sicuro che si sentisse pronta. “Io posso aspettare, non è un problema…” cominciò a dire, ma Violetta lo azzittì con un altro bacio di fuoco. “Sono io che non posso più aspettare, Leon” disse timidamente, accarezzandogli la guancia con dolcezza. Leon annuì e alzandosi le scoccò un bacio sulla fronte. Salirono le scale per andare al piano di sopra, mentre Leon le teneva la mano per infonderle coraggio. Aveva paura che lei avesse preso quella decisione solo per renderlo felice, si chiese se non avesse ormai capito che lui era felice solo nel sapere che lei stesse bene e lo desiderasse quanto lui. “Sei sicura, allora?” le chiese all’ingresso della stanza. Violetta annuì e lo fece arretrare fino alla porta baciandolo con passione. Leon a tentoni cercò la maniglia per aprire la porta ed entrare nella stanza. Dopo vari tentativi riuscì nell’impresa e i due si immersero nel buio della stanza. Si separarono per guardarsi negli occhi sorridendo, quindi Violetta posò le mani sulle spalle di Leon, baciandolo e facendolo arretrare lentamente al buio fino a farlo arrivare ai piedi del letto. Leon si voltò per vedere dove aveva sbattuto le gambe, ma proprio in quel momento le mani della ragazza scesero sul suo petto dandogli una piccola spintarella e facendolo sedere sul letto. Rimasero  per un istante a guardarsi attraverso il chiarore della luna, che illuminava i loro volti. Lei era in piedi di fronte al letto, mentre lui era seduto e deglutiva lentamente al pensiero di quello che sarebbe successo. Non ebbe il tempo di dire nulla perché Violetta si avventò sulle sue labbra mettendosi a cavalcioni su di lui. Era sorpreso: non credeva che sarebbe potuta essere così…intraprendente, ecco. Per non dire altro. Riusciva ad avvertire l’intensità del bisogno fisico che avevano l’uno dell’altro. Violetta senza separarsi lo fece distendere esercitando una leggera pressione sul petto e si distese sopra, portando su la sua maglietta fino all’altezza delle spalle. Leon si risollevò con il busto e alzò le braccia, sempre guardandola negli occhi. Non voleva interrompere il contatto visivo: amava osservare quello sguardo pieno d’amore e desiderio. Violetta sfilò senza problemi la maglietta e fece scendere le mani lungo tutto il busto fino a soffermarsi sugli addominali. Leon sospirò a lungo, socchiudendo gli occhi e godendosi quelle carezze; sentì poi le labbra di Violetta posarsi sul collo, baciando la sua pelle con cura. Si ridistese poggiando le mani sui fianchi della ragazza e guidandola in quel lento movimento. “Violetta…” sussurrò mentre sentiva il suo respiro farsi ansimante. Violetta, sentendosi chiamare, risalì con i baci dal collo fino alla guancia e alla bocca del ragazzo, per poi separarsi e guardarlo negli occhi interrogativa. “Sei sicura di voler andare avanti? Io posso ancora controllarmi…per ora” disse Leon riaprendo gli occhi. Violetta annuì perdendosi in quegli occhi verdi, poi tornò a baciargli il collo, passando la mano sul torace. “Ecco…ad esempio, adesso non mi controllo più” sussurrò nuovamente, sentendo i brividi per  tutto il corpo. Violetta rise piano, continuando a baciare ogni centimetro di pelle. Con le unghie gli graffiò piano l’addome, sentendo i muscoli del ragazzo contrarsi di colpo. Leon gemette istintivamente, facendo risalire le mani lungo la schiena di Violetta, la quale si ritrasse spaventata da quella reazione. “Stai bene? T-ti ho fatto male?” chiese apprensiva. Leon non riuscì ad evitare di scoppiare a ridere, quindi si avvicinò al suo viso e la baciò con passione. “Non mi hai fatto male, anzi mi hai riempito di piacere. Stanotte il mio corpo è tuo, puoi farne ciò che desideri” spiegò con un tono malizioso. Violetta lo guardò e si morse il labbro inferiore in modo involontariamente provocante. Posò le labbra all’altezza dell’addome, risalendo lungo tutto il busto con tanti piccoli baci leggeri. Leon strinse i denti, già preso dall’eccitazione, e distese il braccio destro, stringendo nella mano un lembo di lenzuolo bianco. Violetta si fermò sui suoi pettorali, rivolgendogli un’occhiata ardente, e passando lentamente la lingua sul suo capezzolo sinistro, per poi morderlo scherzosamente. Leon gemette di nuovo, sentendosi completamente impotente. La sua lucidità ormai era scomparsa, era completamente in balia del piacere e del desiderio che provava nei confronti di Violetta. Con le sue residue forze di volontà  e con un movimento fluido, capovolse la situazione trovandosi sopra di lei. Si avvicinò al suo orecchio e lo morse in modo affettuoso e allo stesso tempo provocante. “Adesso tocca a me divertirmi” sussurrò, ridendo a bassa voce. Fece scendere con una lentezza quasi snervante la manica della maglietta, e cominciò a baciarle le spalle con intensità. Portò su i lembi della maglietta accarezzandole il ventre. Sentiva la sua pelle calda e profumata che lo chiamava e lo attirava, ma intendeva fare le cose con calma, non voleva spaventarla. Era la sua prima volta e voleva che assaporasse ogni singolo momento, voleva che tutti particolari rimanessero impressi nella sua mente. Avvertì il suo corpo rigido non appena fece salire ancora di più la maglietta fino a sfilargliela del tutto. Il buio aiutava a rendere tutto più intimo, e il pensiero che in quella casa non ci fosse nessuno a interromperli lo sollevava non poco. Notò il reggiseno bianco che spiccava nell’oscurità, e ne abbassò la spallina sinistra per continuare a baciare la spalla in tutta tranquillità. Violetta tremò e inarcò leggermente la schiena sentendo nuovamente le labbra morbide di Leon sulla sua pelle. Sentiva un fuoco ardere dentro, e il caldo le stava dando al cervello. Non si era mai sentita così priva di controllo, la lucidità la stava lentamente abbandonando. La paura si impadronì lentamente di lei quando avvertì le mani di Leon sfilarle la gonna e gettarla sul pavimento. Il ragazzo se ne accorse, quindi decise di non proseguire senza averla prima tranquillizzata un po’. Si mise in ginocchio di fronte a lei e si piegò con la testa baciandole il ventre e risalendo sempre più su fino al solco dei seni e fino a raggiungere il collo, a cui rivolse le maggiori attenzioni. Terminò il suo percorso con il mento, su cui lasciò un bacio infuocato. “Apri gli occhi” le sussurrò con voce roca sulle labbra. Violetta, che aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, li riaprì piano. Leon era piegato su di lei, circondando il suo corpo con le gambe, e la guardava con quegli occhi verdi che riuscivano sempre a farla sentire unica e protetta. “Va tutto bene?” chiese premuroso. Il suo fiato sul viso la fece rabbrividire, quindi gli rivolse un sorriso. “Si, scusa, è solo che…ho paura” confessò arrossendo ancora di più. “E’ normale, ma devi fidarti di me” disse facendo sfiorare le loro labbra, in un bacio dolce e lento. Violetta portò le braccia al suo collo e lo attirò di più a sé, mentre la mano scivolò lungo la sua schiena cercando il gancetto del reggiseno, dandole una sensazione di solletico. Violetta rise e Leon le morse il labbro inferiore con vigore. Amava la sua risata, era come ambrosia per il suo palato, velluto per la sua mano, come una dolce sinfonia per le sue orecchie, o il paesaggio più romantico e bello del mondo per i suoi occhi, come la fragranza più delicata per il suo naso. Sentirla ridere o vederla sorridere raggiungeva tutti e cinque i sensi dandogli un senso di pace e benessere. Non sapeva spiegarlo con parole migliori, non ci riusciva. Quando finalmente fu riuscito nel suo obiettivo, sfilò lentamente il reggiseno, e lo lanciò nella stanza, facendolo inghiottire dal buio. Violetta divenne nuovamente tesa, e il suo sguardo si fece cupo. Leon invece ammirò quel corpo perfetto, anche al buio poteva distinguerne tutte le forme e i contorni. Si leccò le labbra, inumidendole, involontariamente, in segno di impazienza. Sentiva il terribile bisogno di farla sua subito, ma doveva trattenersi, quella notte sarebbe stata loro e avrebbero avuto tutto il tempo del mondo. “Cosa succede?” chiese lei nel buio, non riuscendo a scorgere bene la sua espressione. “Leon, io…non ti piace il mio corpo?” chiese d’un tratto con voce tremante. A Leon venne quasi da ridere. Stava scherzando, doveva stare scherzando, non vedeva altre possibilità. Come poteva anche solo pensare una cosa simile? “Sei perfetta” sussurrò dandole un bacio sulla guancia. Violetta sorrise, sentendosi rassicurata. Avvertì le labbra di Leon sul suo seno sinistro, mentre con la mano le accarezzava quello destro, e un vampa di calore la inondò, mentre i brividi scuotevano il suo corpo. Sentì un lamento di piacere salirle in gola, cercò di trattenerlo, me quest’ultimo riuscì ad uscire anche tenendo i denti stretti. Leon percepiva la pelle di Violetta inebriargli i sensi e non riusciva a smettere di baciarla. Era come se ne fosse diventato dipendente. Una sensazione fantastica, che lo eccitava, ma anche pericolosa. Sentì i pantaloni e i boxeur fin troppo stretti, quindi soffocò un lamento. Sentiva che era il momento, non riusciva più ad aspettare. Si separò da lei all’improvviso rimanendo in ginocchio sul letto sopra di lei, e cominciando a togliersi la cintura dei jeans frettolosamente. Violetta lo guardò incantata, percorrendo con lo sguardo i lineamenti del petto e dell’addome, quindi osservò i suoi pantaloni. Senza riflettere, posò le mani su quelle di Leon per fermarlo, e lui la guardò confuso. Pensava avesse cambiato idea, ma non era mai stato tanto lontano dalla verità. Senza staccare lo sguardo da quello di Leon, sfilò lentamente la cintura buttandola ai piedi del letto e cominciò a sbottonargli i jeans, un bottone per volta. Il ragazzo sorrise inebetito: non si aspettava un gesto simile. Le lanciò occhiate di fuoco, mentre lei gli sfilava i pantaloni, con il suo aiuto. Con un movimento secco si tolse quel fastidioso indumento dai piedi, stendendosi nuovamente su di lei. Violetta, inebriata dal piacere creato, non appena avvertì i suoi seni in contatto con il petto di Leon, scese con le mani fino all’altezza dei boxeur, e più giù fino alle cosce, senza staccare il contatto con il suo corpo. Avvertì i muscoli delle gambe di Leon contrarsi leggermente al suo tocco per poi rilassarsi nuovamente. Poi fece una cosa di cui non si sarebbe mai creduta capace. Fece scivolare la mano sotto il tessuto dell’indumento e arrivò a toccare con le dita la sua eccitazione, avvertendone il calore emanato. A Leon quasi scappò un urlo quando sentì la mano della ragazza impossessarsi del suo membro e massaggiarlo con cura. Addio mondo, e benvenuto Paradiso, pensò sentendo il desiderio crescere dentro di lui in maniera direttamente proporzionale al piacere provato. Cominciò a gemere senza più controllo, mentre Violetta lo guardava timidamente. Timidamente…come diamine faceva ad essere timida anche in un momento come quello? La sua espressione innocente lo faceva impazzire, e cominciò a sentirsi irrequieto. Mi sta provocando, pensò socchiudendo gli occhi e lasciandosi scappare un altro lamento. Avvertì il suo tocco rallentare sempre di più, e cominciò a pensare se non fosse il caso di disfarsi anche di quell’ultimo indumento, terribilmente scomodo in quel momento. Ma prima infilò maliziosamente la mano nei suoi slip facendola rabbrividire. Violetta ebbe un leggero singulto nell’avvertire le dita di Leon sfiorare la sua intimità. La sua mano uscì dai boxeur e fece leva sul suo petto come per allontanarlo. Leon scosse la testa in segno di disapprovazione. “Hai voluto giocare con il fuoco, piccola. Adesso ne subirai le dolci conseguenze” scherzò baciandola con passione, mentre lentamente infilava un dito dentro di lei. Violetta cacciò un urlo soffocato dai suoi baci, e cominciò a tremare. Il suo corpo era scosso da tremiti e sentiva un formicolio diffondersi fino alle punte delle dita. Non si era mai sentita così priva di controllo come in quel momento. La cosa peggiore è che desiderava che quella sensazione continuasse e aumentasse di intensità. Come si poteva desiderare una sempre maggiore perdita di controllo? Non lo sapeva, ma era proprio ciò che voleva. “L-Leon…” balbettò mentre si muoveva freneticamente sotto di lui. “Si?” chiese lui con un sorrisetto sfacciato. “I-io…mi sento strana, ma è una sensazione fantastica” disse, gemendo debolmente. “Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto. Vorresti di più?” chiese sussurrandole all’orecchio. Violetta lo guardò negli occhi a metà tra il sorpreso e il supplicante, quindi annuì confusa. Leon scoppiò a ridere, quindi lasciò una lunga scia di baci umidi e morsetti lungo il suo corpo, partendo dall’incavo del collo, e soffermandosi sui suoi seni, che con la mano destra sfiorava e massaggiava lentamente. Raggiunse il soffice tessuto degli slip e con un gesto veloce delle mani che aveva fatto scendere lungo i suoi fianchi glieli sfilò. Si perse per un momento a contemplare Violetta completamente nuda sul suo letto. Uno spettacolo meraviglioso, ed è solo mio, pensò con orgoglio Leon. Violetta era sua e di nessun altro. La sua prima volta l’avrebbe avuta con lui, e questo lo riempiva di soddisfazione. Lasciò dei baci lungo i fianchi per non andare subito al sodo, quindi scese lungo l’inguine, mentre con le mani afferrava le sue cosce. Violetta ebbe una scossa che partì dal basso e le attraversò il corpo, mentre sentiva la lingua di Leon fare entrare dentro di lei facendo dei movimenti circolari. In confronto le sensazioni provate prima erano acqua fresca. Il calore nel suo corpo aumentò ancora di più fino a sentirsi la mente annebbiata. Quando sentì la lingua del ragazzo abbandonarla emise un gemito di disapprovazione. Leon rise divertito, aprendole ancora di più le gambe e afferrando dal comodino quella sudatissima scatoletta blu per poi tirare fuori un preservativo, che mise subito, dopo essersi finalmente liberato dei boxeur. Si posizionò tra le sue gambe guardandola pieno d’amore e di desiderio. “Sei pronta?” le chiese con voce roca, pregustandosi già il piacere che avrebbero provato entrambi di lì a qualche minuto. Violetta annuì titubante, ancora presa da quella bellissima sensazione provata prima. Leon sorrise baciandole la guancia, e si avvicinò al suo orecchio, mordendolo amorevolmente. “Se vuoi chiudi gli occhi fino a quando non te la sentirai di aprirli. Sentirai del dolore all’inizio; se ti fa troppo male, dimmelo, mi raccomando” le sussurrò. Baciandola teneramente la penetrò non troppo in fretta per non farle eccessivamente male. Violetta si lasciò scappare un piccolo urlo, ma strinse i denti per non farlo fuoriuscire del tutto. Leon sapeva che le avrebbe fatto male…anche perché si era scelta un ragazzo abbastanza dotato. Rimase fermo dentro di lei, baciandole la fronte e quindi la bocca con ansia, sperando che questo riuscisse a distrarla un minimo. Violetta portò le mani sulla sua schiena che cominciava ad essere sudata e affondò le unghie nella carne. Pessima mossa, pensò Leon, sentendosi ancora più invogliato da quel gesto provocante ed eccitante. Strinse anche lui i denti, non riuscendo però ad evitare di gemere a bassa voce. Quando sentì il corpo di Violetta rilassarsi un poco, segno che il dolore le stava passando, diede una leggera spinta dentro di lei, e in tutta risposta ottenne un gemito di puro desiderio. Soddisfatto della reazione, cominciò a muoversi lentamente, mentre la osservava dimenarsi sotto il suo corpo, in preda a convulsioni di piacere. Sorrise lasciandosi andare alla parte lussuriosa che giaceva nella sua anima e che non vedeva l’ora di poter uscire allo scoperto. Le sussurrò qualche parola dolce all’orecchio per poi aumentare il ritmo delle spinte. Violetta sentiva il proprio corpo ardere di un calore mai sentito prima, mentre gemeva insieme a Leon. Non sapeva come definire le sensazioni provate non appena ebbe sentito il proprio corpo unito a quello di Leon. Il legame che li univa era come rafforzato, quella notte avrebbe raggiunto un nuovo stadio. Si sentiva come cera bollente che veniva continuamente modellata dalle spinte del ragazzo, e acquisiva una nuova forma, un nuovo spirito vitale. Era impotente, completamente incapace di dire o fare qualcosa che non fosse cercare di assecondare quei movimenti. Affondò ancora di più le unghie nella carne di Leon, facendolo sussultare, poi circondò con le gambe la sua vita. Osservò il volto di Leon imperlato di sudore. Una goccia gli scendeva lungo la fronte e tutto il viso, scivolando sul petto per poi cadere sulla sua pelle. Poteva avvertire il profumo di Leon, quel profumo tanto agognato, di cui si beava quando si abbracciavano o si baciavano, sulla sua pelle, come un marchio indelebile. E il pensiero di essere sua la eccitava terribilmente. Leon digrignò i denti e socchiuse gli occhi, sentendo l’apice del piacere raggiungerlo, ma voleva aspettare che Violetta avesse il suo orgasmo prima di finire. Violetta sentì le scosse farsi sempre più frequenti, e infine gemette ad alta voce, segno che ormai aveva ormai raggiunto il limite. Il ragazzo accelerò i movimenti, assaporando ogni spinta con tutto se stesso. Non si era mai sentito così bene in vita sua. Era completo, tutte le sue incertezze o le sue paure non avevano spazio quella sera. Quella notte era solo loro, e l’avrebbero condivisa insieme. Sorrise in modo sciocco a quel pensiero: come faceva ad avere pensieri romantici e sdolcinati anche in un’occasione del genere? Diede un’ultima spinta in profondità con tutta la forza rimastagli ed emise un lungo e forte gemito prima di accasciarsi al suo fianco sul letto, con il corpo lucido di sudore, i capelli quasi completamente bagnati, e un sorriso stampato sul volto stanco a affaticato. Respirò profondamente, e ricambiò lo sguardo pieno di amore di Violetta, quindi accolse la ragazza tra le sue braccia. Violetta si accoccolò sul suo corpo appoggiando il capo sul petto del giovane, e ascoltando i battiti frenetici del suo cuore regolarizzarsi insieme a quelli di Leon. Inalò l’odore forte ed acre del ragazzo, pensando che fosse la fragranza più buona del mondo, quindi depose un bacio sul petto in modo affettuoso. Troppo stanchi per dire qualunque cosa, i due si addormentarono, così, semplicemente abbracciati e felici. Finalmente dopo aver attraversato difficoltà e imprevisti erano uniti, e questa volta erano sicuri che nessuno avrebbe potuto separarli. Non dopo quella meravigliosa notte in cui avevano fatto l’amore e i loro corpi si erano uniti in un turbinio di emozioni uniche.
German aveva acconsentito a far rimanere Violetta un giorno di più. In realtà era stato molto titubante ad accettare, ma la sua ansia nel voler sapere la verità al più presto, aveva vinto sulla sua iperprotettività. Camminava avanti e indietro, senza riuscire a prendere sonno. Erano passati due giorni da quando aveva consegnato il campione ed aveva sollecitato a fargli avere i risultati al più presto. Sentì il campanello suonare e si presentò un signore che teneva in mano una busta sigillata. “Eccole i risultati, signore, come aveva richiesto, le sono stati recapitati di persona” disse l’uomo con una certa fretta. German lo ringraziò per la cortesia, quindi richiuse la porta e scartò la busta estraendo un foglio bianco. Tante analisi di ogni tipo e nomi sconosciuti rimbalzarono da una parte all’altra della sua testa. Poi arrivò alla conclusione. Lesse tutto d’un fiato e impallidì. Aveva bisogno di aria, non riusciva a respirare. Aprì la porta e si scaraventò fuori, respirando a fatica. Si portò una mano sul cuore per l’agitazione e per il colpo preso. Rilesse il foglio, ma non ci potevano essere fraintendimenti. La scritta ‘negativo’ sul risultato del suo test era eloquente: non era lui il padre di Violetta. 










NOTA AUTORE: non volevo mettere questa nota autore, perchè ho scritto la scena hot più brutta delle scene hot...come cavolo mi è venuto in mente di scrivere una cosa del genere? Basta. Mi ritiro in un dignitoso silenzio *se ne va* Anzi, no, prima di ciò, devo commentare il capitolo. AMO la scena in farmacia, cioè sono crepato dal ridere immaginando Leon imbarazzato e furioso come non mai (ma io dico LOL). Poi...mamma mia, che ho scritto. Però dai in fondo in fondo non è malissimo, vero? *chiede supporto ai lettori* Anche se mi sento un pervertito, mi è piaciuta la scena in cui si svestono ecc...e anche i pensieri dei personaggi. Leon è sempre dolcissimo ed è paziente con Violetta, perché è la sua prima volta, e Violetta è alle prese con emozioni nuove, ma anche con la paura che comportano...e niente, questa cosa mi piace/affascina. Per il resto, fate finta di non aver letto. Non so neanche se rispetta il rating arancione (ho cercato di non andare troppo nel dettaglio proprio per questo...), spero di si...e niente, commentate (?), oppure tacete (in tal caso lo considererò come una condanna a morte xD). Detto ciò, l'ho riletto e non ho notato tanti errori, ma sono in fase abbiocco post-pranzo, quindi non so...in caso segnalateli tranquillamente ;D Ah...per finire, pare che German non è il padre di Violetta :O Povero il mio Germy *lo abbraccia* Ma ne sapremo di più nel prossimo capitolo. Ah, devo ringraziare tantissimo Ary_6400 e Allegra che mi hanno supportato fin dal primo capitolo...senza di loro non so se sarei ancora a continuare questa storia...naaaaah, l'avrei continuata, ma con loro mi sono sentito spronato ancora di più. Vi adoro, siete delle grandi *si inchina* E ovviamente ringrazio come sempre tutti voi che leggeter/recensite/mi volete bene (??). Avevo pensato di dividere questo capitolo lungo in due parti, ma avrei dovuto interrompere la scena hot e penso che Ary avrebbe formato una lega anti-syontai in tutta risposta xD Comunque, niente...buona lettura, e alla prossima (se dopo questo capitolo mi seguirete ancora xD) ;D

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Capitolo 62
*** Ludmilla regna. Punto ***


Capitolo 62
Ludmilla regna. Punto

German non riusciva a capacitarsene. La luce dell’alba illuminò il suo volto distrutto e le occhiaie pronunciate. Non aveva mai passato una notte in bianco in quel modo. L’ultima volta era stato per la nascita di Violetta. Maria aveva partorito alle sei di mattina e lui aveva passato tutta la notte a fare avanti e indietro per i corridoi d’ospedale, assalendo di tanto in tanto la macchinetta del caffè. Si rialzò dai gradini che conducevano alla porta di casa e si mise a gironzolare senza una meta precisa. Violetta non era sua figlia, Violetta non era sua figlia…no, doveva essere un incubo. Si sentì improvvisamente solo. Aveva bisogno di qualcuno che potesse stargli vicino in quel momento così duro. Tirò fuori il cellulare e lo guardò pensieroso. Jade? Meglio di no, non voleva che venisse a saperlo prima del dovuto, per lei sarebbe stato un colpo. Angie? No, sarebbe stato come mettere da parte il suo orgoglio e ammettere di aver sbagliato per come si era comportato con lei. Non voleva doverle chiedere scusa, anche perché era lei ad aver sbagliato. Senza nemmeno accorgersene cominciò a digitare il numero dell’unica persona che pensava non avrebbe voluto mai più vedere in tutta la sua vita: Cristobal. Non sapeva perché aveva bisogno di incontrarlo, se lo sentiva e basta, senza un motivo. Forse voleva vedere la sua espressione nel sapere che era lui il padre di Violetta, forse semplicemente per cercare dei tratti fisiologici che potessero accomunarlo a sua figlia. Forse perché sperava si trattasse di un bruttissimo scherzo. Aveva bisogno di un caffè, subito, immediatamente. Prese le chiavi di casa con le mani che tremavano per l’impazienza. Aveva freddo per aver passato la notte fuori, ma ormai aveva perso qualunque sensibilità. Una volta rientrato a casa si diresse direttamente in cucina. Armeggiò con la macchinetta del caffè, ma si sentiva ottenebrato, non rispondeva delle sue azioni. Quando la tazzina che teneva in mano cadde frantumandosi, imprecò ad alta voce senza preoccuparsi del fatto che in quella casa stavano ancora tutti dormendo. Tutti tranne una persona. “Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che quando non si sta molto bene, la cosa migliore è prepararsi una camomilla. Tutto merito dei saggi insegnamenti di Olga” disse Roberto sbucando da dietro di lui con un’espressione apprensiva. German lo guardò con lo sguardo di chi chiedeva aiuto, e il suo fido aiutante colse subito il messaggio. Lo fece accomodare sul tavolo della cucina e gli preparò una camomilla. L’uomo ogni tanto gli rivolgeva qualche sguardo curioso. “Io…”. German deglutì, non sapeva da dove cominciare. “So già tutto” lo interruppe Roberto, risparmiandogli quella grande fatica. “E dalla tua espressione posso dedurre che Violetta non è tua figlia”. German annuì e abbassò lo sguardo affranto. “Alcuni legami a volte sono più forti di un semplice vincolo di sangue…io penso che questo sia il caso tuo e di Violetta. Tu sei e rimarrai sempre suo padre in fondo” cercò di rassicurarlo Roberto, mentre metteva a bollire l’acqua in un pentolino. “Vorrei crederti, Roberto, davvero lo vorrei, ma la verità è che non riesco a credere più a nulla”. “Nemmeno all’amore che provi nei confronti di Violetta?”. “Non riesco a credere più a nulla” ripeté German, avvertendo un forte senso di nausea. La sua vita perfetta secondo dopo secondo si era sgretolata lasciandolo nel nulla più totale. Con quei pensieri appoggiò la testa sul tavolo e senza rendersene conto si addormentò. Il suo non fu un sonno tranquillo, ma nemmeno popolato da incubi. Il suo fu un sonno dettato da pura e semplice stanchezza, un sonno che conduceva all’oblio. Proprio ciò di cui aveva bisogno.
Violetta aprì lentamente gli occhi, richiudendoli subito dopo accecata dalla luce del sole che filtrava dalla finestra. Sorrise dolcemente al pensiero di quello che era successo la notte prima. Passò la mano sul petto del ragazzo come per essere sicura che fosse ancora lì con lei, e dal battito del suo cuore lento capì che era ancora addormentato. Riaprì gli occhi, cercando di abituarsi a tutta quella luce e alzò lo sguardo per vedere Leon addormentato. Era bellissimo anche mentre dormiva, con i capelli tutti spettinati e quel sorriso beato. Gli diede un bacio sul collo mentre gli accarezzava dolcemente i capelli, e lo sentì mugugnare soddisfatto. “Oh, no, ti ho svegliato, non volevo” sussurrò lei sinceramente triste. Leon la guardò confuso, mentre gli uscì fuori uno sbadiglio poderoso. “Sei così bello mentre dormi” aggiunse con una punta di imbarazzo. Il ragazzo rise, quindi si stiracchiò leggermente alzando le braccia per poi abbracciarla dolcemente. “Pensavo di essere sempre bello, ma non pensavo a tal punto” scherzò, pavoneggiandosi leggermente e gonfiando il petto. Violetta gli diede uno schiaffetto sulla guancia e cominciò a ridere. “Ehi, cosa hai osato fare al mio bellissimo viso? Dovresti chiedermi scusa” esclamò Leon, mettendo su un finto broncio. “D’accordo, per stavolta mi faccio perdonare” sussurrò lei al suo orecchio, depositando su di esso un bacio e continuando a baciarlo fino alla spalla. Leon sospirò felice quindi riaprì gli occhi che aveva tenuto chiusi con un sorriso ancora più splendente. Violetta si incantò a osservare i particolari di quel sorriso, che le dava un senso di leggerezza inspiegabile. Quando le sorrideva le sembrava che tutto il resto perdesse importanza, come se vivesse fuori dal mondo. Si ricordò di quando sul diario scriveva le prime volte dell’effetto-Leon e le venne da ridere sommessamente. Era proprio così, era tutto come le prime volte, ma qualcosa allo stesso tempo era cambiato. Dopo quella notte erano più uniti, erano più consapevoli dell’amore che provavano l’uno per l’altro. “Con questo ti perdono” disse lui mentre sentiva le mani calde di Violetta massaggiargli il petto lentamente. “Leon?”. “Si?”. “Non ci dovremmo alzare?” chiese un po’ preoccupata. “No, non dovremmo” disse lui, ansimando leggermente mentre le carezze si facevano più insistenti. “Sei un pigrone!” esclamò lei scoppiando e ridere, lasciandogli un bacio sulla guancia. Leon si soffermò a guardarla e improvvisamente si sentì completamente nuda. Ma ora che ci pensava, lei era veramente nuda in quel momento. Cercò di coprire il suo corpo in preda alla vergogna, ma Leon le fece togliere piano le mani, guardandola negli occhi. “Non devi vergognarti” disse lui con un tono rassicurante. Scorse il suo corpo, che adesso con la luce del sole era completamente visibile e si sentì quasi indegno di poter giacere al suo fianco. “Sei stupenda, io…non ho mai visto una ragazza più bella di te!” si lasciò scappare meravigliato. Violetta rise arrossendo per tutti quei complimenti e si mise anche lei ad osservare ogni dettaglio del corpo dell’amato. “Anche tu non scherzi” ribatté con un sorriso malizioso. Leon si avvicinò e la baciò mentre le accarezzava sensualmente i fianchi. “Leon…” sussurrò lei, non appena si furono separati, rimanendo l’uno tra le braccia dell’altro con i loro visi a pochi centimetri di distanza. “Si?” chiese lui, baciandola di nuovo con una rapidità incredibile. “Non…è stata la tua prima volta , vero?” chiese leggermente imbarazzata. Leon scosse la testa, e lei abbassò un po’ lo sguardo. Non era delusa, insomma era normale che lui avesse avuto già dei rapporti con Ludmilla, era solo un po’…amareggiata. Si, amareggiata, era la parola giusta per indicare il suo stato d’animo. “Ma è come se lo fosse stata, e sai perché?” aggiunse con un sorriso. “Perché?”. “Perché è stata la mia prima volta con te, la prima persona che io abbia mai realmente amato. Non è forse questa la cosa più importante, in fondo?”. Violetta rialzò lo sguardo specchiandosi in quegli occhi di un verde brillante che esprimevano sincerità ed amore, e improvvisamente si sentì una sciocca ad esserci rimasta male. Il passato era passato, quello che contava adesso era il profondo sentimento che li univa. E se non era amore, non sapeva proprio di che si potesse trattare. “Non dici nulla?” chiese all’improvviso il ragazzo, mostrandosi preoccupato. “Si, dico che sei un adulatore nato” scherzò lei, accarezzandogli la guancia. “Ma sei anche molto dolce, e romantico” sussurrò infine dandogli un bacio leggero. “Mi stai dicendo che sono perfetto, allora”. “Per niente!”. “Ne sei sicura?”. “Sicura!”. “L’hai voluto tu allora” concluse Leon cominciando a farle il solletico. “No, Leon, ti prego, no! Basta!” strillò lei con le lacrime agli occhi per le risate. In men che non si dica, Leon si ritrovò sopra di lei, ridendo come un matto, poi si fermò e cominciò ad accarezzare la sua pelle. “Amo la tua risata” disse socchiudendo lentamente gli occhi e avvicinandosi sempre di più. “E le tue labbra” aggiunse in un sussurro, congiungendo le loro labbra in un bacio che si fece fin da subito passionale. “Oggi non so proprio se ho voglia di alzarmi” disse scherzando, mentre lei avvolgeva lentamente le braccia intorno alla sua schiena. “Beh, non abbiamo orari” gli rispose con uno sguardo carico di passione. Leon rise e la baciò nuovamente. E così tra baci e carezze i due trascorsero il loro primo risveglio insieme.
Ludmilla entrò nello Studio con le sue solite aria da diva. “Ludmilla è tornata!” esclamò in mezzo al corridoio, muovendosi con sicurezza e decisione. Anche se era cambiata, non aveva perso la sua grinta da star, e il suo desiderio di brillare. Doveva comunque parlare con una certa persona. Anzi due persone, per essere precisa. La fortuna mi sorride stamattina, pensò Ludmilla indirizzando il suo sguardo verso Gabriella e Diego che sembravano stare confabulando qualcosa. Si avvicinò di soppiatto. “Tu oggi li hai visti a scuola quei due?” chiese Gabriella leggermente nervosa. Diego scosse la testa in segno di diniego e alzò le spalle. “Saranno a casa malati”. “Insieme” aggiunse Ludmilla da dietro facendosi strada. “Tu, levati!” esclamò dando uno spintone a Diego che finì dall’altra parte del corridoio. “Che stavi dicendo, prima?” chiese la sua acerrima rivale con un ghigno. “Che può darsi che Leon e Violetta siano anche malati, ma certo è che stanno insieme. Anzi, ora che ci penso sono sicura che non sono malati, ma adesso si stanno divertendo e godendo il meritato riposo, dopo tutte le cattiverie che gli abbiamo fatto passare” spiegò soddisfatta la bionda, nel notare il sorrisetto presuntuoso di Gabriella spegnersi lentamente. “Stai mentendo…” insinuò l’altra, cercando conferme in ogni gesto del suo viso. “Illuditi finché puoi, cara…ma adesso ti dirò una cosa”. Si avvicinò con uno sguardo omicida, facendo rabbrividire la sua interlocutrice. “Capisco benissimo che non ti sei fatta intimidire da una come Arianna. Per quanto possa essere terribile, è pur sempre una dolce ragazzina. Ma fidati, e ripeto, fidati, che con me il gioco è diverso. Prova ad avvicinarti a Leon, prova anche solo a sfiorarlo con un dito e maledirai il giorno in cui sei entrata allo Studio 21. Adesso, my darling, devo andare, pensaci” sibilò, per poi fare un sorriso solare e toccarle la punta del naso in modo provocatorio. “Non mi fai paura” le rispose a tono Gabriella. Ludmilla, che si stava allontanando, si voltò con un’espressione falsamente innocente. “Ma io non volevo farti paura, volevo solo dirti di stare attenta a quello che fai. Non ho bisogno di fare paura per ottenere ciò che voglio” esclamò soddisfatta dell’effetto ottenuto. Sul volto di Gabriella infatti si poteva leggere il puro terrore.
“Complimenti, davvero in gamba” le sussurrò all’orecchio Diego, mentre camminava per il corridoio, rivolgendo di tanto in tanto qualche saluto ai membri del suo gruppo. “Ludmilla is come back. E non mi stare così vicino, formica da quattro soldi” rispose in tono acido. Diego scoppiò in una risata roca. Ha una bella risata, pensò la ragazza d’istinto. Ma che stai dicendo, torna sulla terra, si corresse subito dopo, irrigidendosi di colpo. “Non vedo cosa ci sia da ridere”. “Sei divertente. Puoi anche spaventare Gabriella, ma con me i tuoi modi da diva non attaccano”. Ludmilla strinse il pugno, mentre Diego le si parò davanti. “Spostati” disse con un tono glaciale. “Altrimenti che mi fai?”. “Spostati, ho detto”. “Qualcuno qui è nervosetto”. Quella era una vera e propria sfida: nessuno dei sue avrebbe desistito dalla propria posizione. Intervenne Nata a salvare quella situazione alquanto critica. “Ludmilla, dobbiamo preparare la canzone da presentare a Beto” la richiamò nervosamente. Voltò lo sguardo e notò Maxi a pochi passi che la stava guardando languidamente. “E tu, non mi guardare!” lo riprese, facendolo girare, imbarazzato per essere stato colto in flagrante. “Domani hai la prova di ballo con Maxi, giusto?” chiese Ludmilla, voltandosi dall’altra parte e dando le spalle a Diego, per fargli capire che non lo considerava minimamente. Nata annuì preoccupata. “Bene, allora, proviamo adesso la canzone, così poi sarai libera di provare con Maxi”. Detto questo trascinò via l’amica e non salutò neppure Diego. “Allora ciao, eh” disse lui, neppure un po’ risentito. E’ cotta, pensò orgoglioso. Pensandoci bene, Violetta, anche se carina, non era adatta a lui. Così timida, romantica, sognatrice. E poi conquistarla era davvero un’impresa impossibile. Invece Ludmilla aveva tutte le qualità che più amava in una ragazza: era forte, aggressiva, e piena di grinta. Sarebbe stato divertente provarci. In fondo da come lo guardava capiva di avere moltissime speranze. Che la battaglia abbia inizio, cara Ludmilla, e non sarò io a perdere, pensò Diego.
 “Allora, proviamo?” chiese Nata, facendo partire la base nel teatro della scuola. Ludmilla annuì e salì sul palco per iniziare a provare la canzone che aveva composto Nata.
‘Valió la pena
Todo hasta aquí
porqué al menos
te conocí.’
Aveva appena iniziato a cantare, che vide Diego all’ingresso osservarla attentamente. Quello sguardo così penetrante la metteva in soggezione. Lo odiava profondamente, le stava facendo perdere la concentrazione con quel sorrisetto da quattro soldi. Non mi freghi, pensò, voltandosi dall’altra parte e facendo finta di nulla, mentre Nata, che aveva capito tutto, rideva sotto i baffi. La canzone continuava e lei stava facendo una gran fatica a non perdere di vista la melodia e gli attacchi. Anche senza vederlo sentiva il suo sguardo puntato addosso. E all’improvviso successe qualcosa che non le era mai successo e che la fece sprofondare nell’abisso della vergogna: sbagliò un attacco. Nata si precipitò a fermare la musica, aspettandosi una sfuriata da parte dell’amica, ma la reazione di Ludmilla la sorprese. Vedeva le sue tempi pulsare, poteva scorgere il tremolio delle mani per la rabbia, eppure non mosse un dito. Nessun urlo, nessun rimprovero, nulla. Solo un terribile e glaciale silenzio. No, non mi farai fare la figura della mediocre, pensò scendendo uno ad uno gli scalini. Si avvicinò a Diego con un sorrisetto. “Mi spiace, ma questo posto è occupato. Io e Nata, stiamo provando. So…sparisci!” disse schioccandogli le dita davanti alla faccia. “Perché? Non si può comunque rimanere ad ascoltare?” chiese Diego fermandole il braccio e portandola al suo petto. “Te lo scordi” sussurrò lei abbassando lo sguardo timidamente. Lo rialzò immediatamente di scatto, riacquistando il suo orgoglio. “Non sarà che ti metto a disagio” disse avvicinandosi lentamente. “Sarà che io sono troppo bella e non puoi fare a meno di guardarmi?” ribatté l’altra, liberandosi della presa, e tornando sul palco. Nata osservava tutta la scena con la bocca aperta: non aveva mai tanto desiderato dei popcorn come in quel momento. Era davvero una scena dal film imperdibile. Quei due facevano scintille insieme. Diego le fece l’occhiolino e poi si allontanò, comunque soddisfatto del risultato ottenuto. “Visto? Niente di più facile. Come al solito ottengo sempre ciò che voglio” esclamò Ludmilla soddisfatta. “Non saprei se è andata proprio così…Ludmilla, ho come l’impressione che quel ragazzo non ti sia indifferente” si azzardò a dire Nata. Ludmilla la fulminò con lo sguardo. Lei innamorata? Di quel tipo ripugnante? Ok, magari non proprio ripugnante, ma subdolo e approfittatore, quello si. No, non sarebbe successo, a costo di strapparsi i capelli uno ad uno. Non ci sarebbe cascata una seconda volta. Ludmilla non si innamorava, quella era una delle tante regole che sapeva l’avrebbe condotta al successo. “Fai ripartire la base” ordinò Ludmilla, chiudendo gli occhi per riconcentrarsi. Ludmilla regna. Punto. E Diego non avrebbe avuto nessuna possibilità di avvicinarsi alla sua luce splendente. Di questo ne era profondamente convinta.
German aveva ormai raggiunto il bar dove avrebbe dovuto incontrare Cristobal. Si teneva a stento in piedi. Si sedette al tavolino. Presto lo raggiunse Cristobal, era anche lui stravolto. Un altro che non ha dormito la notte, pensò con una certa soddisfazione. “Cosa ordinate?” chiese il cameriere avvicinandosi. “Un caffè” disse Cristobal, con sguardo supplicante. “Una camomilla” disse invece German. Un’altra camomilla? Finirai per addormentarti, gli tuonò la vocina interiore. Magari potesse addormentarsi. Pagherebbe oro per poter dormire beato e non tormentato da incubi. Prima si era addormentato per la stanchezza, e adesso si sentiva più spossato di prima. “Ci ho riflettuto…” cominciò il preside dello Studio 21, facendo un profondo respiro. “Beato te che sei così lucido da poterci riflettere su” lo riprese l’uomo, fulminandolo con lo sguardo. Cristobal fece finta di nulla e proseguì. “Stavo pensando che forse dovremmo lasciare le cose così come sono e non dire nulla a Violetta. Insomma, io non sono pronto per fare il padre, mentre tu lo sei da tutta la vita. Non sei il padre naturale, ma quello effettivo. E poi…penso che lei vivrebbe meglio insieme a te”. German rimase fermo a fissarlo. Ancora una volta gli si presentava di fronte una scelta. Mentire nuovamente a sua figlia, per preservare la loro felicità, oppure rivelarle tutta la verità, ma correre il rischio di perderla per sempre, di essere odiato da lei per tutta la vita. Sapeva quale fosse la decisione giusta, ciò che non sapeva era se avrebbe avuto il coraggio di prenderla.
 






NOTA AUTORE: prima di parlare del capitolo, sto sclerando. Si, insomma sono un fan della Dielari (Diego DominguezxClari) e niente, proprio adesso c'è Diego che scrive 'Te quiero' riferito solo a Clara Alonso anche se lei aveva scritto una cosa rivolta a tutti quelli che avevano partecipato al video di Milano. Ma ok, adesso mi riprendo *respira profondamente* Eccomi, ci sono! Si ritorna a parlare degli altri personaggi, e come avrete capito l'attenzione di questo capitolo è posta su Ludmilla (io amo Hoy somos mas cantata da Ludmilla, tanto per inciso LOL), che già comincia a fare scintille con Diego (quanto amo la Diemilla *-*). E poi, tralasciando il risveglio di quei due cuccioli cucciolosi (:3), mamma mia che belli *-*, passiamo a German. Povero Germy, è con il morale a terra, e adesso c'è questa proposta di Cristobal, di far finta di nulla. E German che dirà? Mentirà a sua figlia o si rifiuterà? Lo scopriremo solo nel prossimo capitolo :D Ringrazio tutti voi che mi recensite con affetto ecc...no, davvero, siete dei recensori fantastici e anche se la storia sta volgendo al termine (non dovrebbe mancare molto...e Ary_6400 mi ucciderà xD), sappiate che ho in mente tantissime (troppe O.O) storie Leonettose, quindi mi dovrete sorbettare per almeno i prossimo trent'anni LOL Vabbè, dopo questa simpatica digressione, andiamo oltre...buona lettura a tutti, e alla prossima :D 
P.S: odio tutti colore che a suo tempo firmarono la petizione di farmi fare twitter...sono diventato un malato di quello stupido social network...la mia vita sociale già è scarsa, mettetici pure questo... ç.ç
 

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Capitolo 63
*** Fiducia ***


Capitolo 63
Fiducia

“Mi dispiace, non posso. Non posso nascondergli anche questo” disse German sospirando. Aveva sbagliato troppe volte, ma questa volta doveva finirla con le bugie, doveva trovare il coraggio di affrontare la verità. “Ti capisco, ma…devi sapere che non so se sono pronto ad essere padre. E’ una grossa responsabilità e non credo di esserne capace” spiegò tranquillamente Cristobal facendo cenno al cameriere di dare a lui il caffè. Bene, un altro problema in più da affrontare, pensò German. Come se ultimamente non ne avesse abbastanza. Bevve la sua camomilla bollente tutta in un sorso. Sapeva di dente di leone, disgustosa. Si alzò dal tavolo e fu colto da un lieve capogiro. “Se non vuoi tornare a casa puoi venire a dormire da me” propose l’altro, cercando di mostrarsi gentile e disponibile. In quel momento la loro antica rivalità non contava più nulla. “No, preferisco tornarmene a casa mia” mormorò in tutta risposta l’uomo. “Ma grazie. Davvero, grazie di cuore” aggiunse sciogliendosi in un piccolo sorriso. Cristobal si alzò e gli strinse la mano. “Ce la faremo a superare anche questa, dobbiamo solo avere fiducia” esclamò convinto. German annuì: lui non ci credeva, ma non voleva buttare giù quel poco di determinazione che Cristobal stava mostrando. Non sarebbe stato semplice, anche perché il lavoro più duro sarebbe toccato a lui.
“Leon, siamo in ritardo, maledizione!” esclamò Violetta pregando con lo sguardo il ragazzo affinché accelerasse. “Ti ha fatto rimanere a dormire a casa di un perfetto estraneo, per di più ragazzo, per di più bellissimo, per di più perfetto…”. Un colpo di tosse divertito di Violetta lo interruppe. “Insomma, non saranno per cinque minuti che ti disintegrerà. Poi ho dovuto prendere quest’auto di riserva, che non va molto bene, visto che l’altra l’ho dovuta dare ai ragazzi per rimanere da soli” continuò tenendo d’occhio la strada. Un sorrisetto si dipinse sul suo volto al pensiero di quello che era successo tra loro due. “A che stai pensando?” chiese Violetta, guardandolo di sbieco. “Niente, niente…” mormorò lui, concentrandosi sulla strada. Non appena trovò una stazione di servizio si fermò all’ombra di un grande platano e appoggiò i gomiti sul volante, guardando davanti a sé, mentre la ragazza divenne confusa. “Come mai ci siamo fermati?” domandò curiosa e preoccupata. “Niente…ma tu mi provochi” esclamò con fermezza Leon, voltandosi verso di lei. “Che stai dicendo?”. “Non riesco nemmeno a concentrarmi sulla guida!” ribatté lui sbuffando. Violetta scoppiò a ridere e tirò fuori il cellulare con aria dubbiosa. “Forse è meglio che chiami mio padre per tranquillizzarlo. Sicuramente a quest’ora sarà preoccupatissimo” disse cominciando a digitare sul display. Leon le accarezzò i capelli piano guardandola intensamente quindi si sporse per darle un bacio sulla guancia. Violetta arrossì violentemente, e quasi impazzì quando si rese conto che Leon si stava alzando e stava scavalcando il cambio della marcia per mettersi in ginocchio sul suo sedile a cavalcioni su di lei. Violetta spalancò la bocca e Leon non esitò a baciarla con passione, mentre con le mani delicatamente percorreva i contorni del suo corpo. Il cellulare nel frattempo aveva cominciato a squillare. Doveva attaccarlo prima che…”Pronto, Violetta?” rispose German con aria stanca. Come capendo la situazione, Leon si separò cominciando a baciarle la guancia e scendendo più giù fino al collo. “P-pronto, papà” esclamò con la voce che tremava insieme al suo corpo sotto quello di Leon, in preda ai brividi. Il tocco di Leon le faceva sempre questo effetto, e non riusciva a evitarlo. La mano di Leon si allontanò dai suoi fianchi cercando qualcosa sotto il sedile, senza però smettere di baciarle il collo. Trovare la concentrazione con quei baci infuocati che le facevano perdere il controllo era dura, molto dura. “Violetta, stai bene?” chiese il padre preoccupato. “S-si, sto benissimo” rispose lei cercando di trattenere un sospiro, mentre il ragazzo finalmente trovò la manopola che regolava l'inclinazione dello schienale, e la fece ruotare così che in poco tempo si ritrovarono completamente stesi, uno sopra l’altro. I loro corpi aderivano completamente, mentre Leon non sembrava voler staccare le labbra dalla sua pelle. La mano del ragazzo scivolò sotto la maglietta cominciando ad accarezzarle il ventre. Violetta non ce la fece più ed un sospiro uscì dalla sua bocca. “Sicura di stare bene? Ti sento strana”. Doveva assolutamente mettere fine a quella conversazione prima che fosse troppo tardi. “Senti, papà, potrei tardare di qualche minuto”. Sentì Leon morderle il lobo dell’orecchio con disapprovazione. “In realtà un po’ di più di qualche minuto” si corresse serrando i denti. “Avete trovato traffico?”. “Un pochino”. Un altro piccolo morso affettuoso. “Tantissimo” si corresse nuovamente. “D’accordo…” disse German con tono pacato. Violetta aggrottò le sopracciglia: adesso era lui a comportarsi in modo strano. Voleva saperne di più, ma quello non era proprio il momento adatto ad iniziare un interrogatorio. Leon scese con le labbra sopra la maglietta mordendo sensualmente il tessuto all’altezza del seno sinistro. Violetta dovette allontanare il telefono per poter gemere debolmente. “Violetta? E’ successo qualcosa?”. Non poteva più andare avanti in quel modo. “No, papà adesso devo andare, ciao” esclamò tutto d’un fiato, chiudendo la chiamata di fretta e lasciando cadere il cellulare a terra. Affondò le mani nei capelli di Leon, e gli fece alzare il volto per potersi specchiare nei suoi occhi. “Sei impazzito, forse?” chiese con le guance che ormai stavano tendendo al viola. “Ho controllato, non c’è nessuno. E poi non stiamo facendo nulla di male” rispose con un sorrisetto complice. “Si, ma…” cominciò a dire, ma non poté continuare, perché la sua attenzione era completamente rapita dai gesti lenti con cui Leon si stava sbottonando la camicia. “Stavi dicendo?” chiese serio prendendo la mano sinistra di Violetta e facendola poggiare sul suo petto. “Io…”. Cavolo, Violetta, potresti anche tentare di fare un discorso di senso compiuto invece di parlare a monosillabi, pensò Violetta dandosi della sciocca. “Non vale, stai giocando sleale” mormorò percorrendo con la mano tutto il suo busto fermandosi all’addome e risalendo lentamente. “Allora, ho vinto” esclamò ridendo, piegandosi nuovamente su di lei, per baciarla appassionatamente. “E poi…” disse tornando a baciarla. “Come hai detto a tuo padre, c’è molto traffico. Potremmo fare tardi”. “Non c’era una macchina per strada” gli fece notare Violetta. “Ma questo lo sappiamo solo noi”. Touché, Leon, touché, pensò sorridendo, mentre avvolgeva le braccia intorno al collo del ragazzo. “Solo per questa volta te la do vinta” disse guardandolo negli occhi. “E allora posso prendermi il premio” sussurrò rocamente osservando le labbra di Violetta, prima di avvicinarsi lentamente, e facendo combaciare quest’ultime con le sue. Leccò con calma il contorno delle sue labbra, assaporandone la consistenza e il dolce sapore, quindi insinuò la lingua fino a sfiorare il suo palato. Violetta inarcò leggermente la schiena sotto il corpo di Leon, e inclinò di poco indietro la testa per assecondare quel bacio così sensuale e appassionato. Il ragazzo si separò lentamente e riaprì gli occhi di scatto come se si fosse appena ricordato una cosa importante. “Dannazione!”. “Che succede?” chiese lei preoccupandosi, mentre continuava ad accarezzargli il petto, facendolo ansimare leggermente. “Succede che mi sto chiedendo quando la smetterai di farmi perdere il controllo” aggiunse ridendo. Una risata così cristallina che le sciolse il cuore. “Spero mai” rispose lei con un sorriso alzando il capo per baciarlo nuovamente. Leon a quel punto impazzì completamente, quindi si adagiò sopra di lei, facendo scendere le mani lungo le cosce della ragazza, e stringendole in modo desideroso. Le loro bocche si divoravano, le loro lingue fremevano ansiose di potersi incontrare e quando questo succedeva una scossa di mille sensazioni li pervadeva. Senza che Leon se ne rendesse conto, Violetta fece scendere le mani all’altezza della vita e comincio a sbottonargli i jeans. “Che stai facendo?” le chiese scostandosi all’improvviso e ansimando pesantemente. Che domande, Leon, pensò il ragazzo dandosi dell’idiota. “Hai detto tu che non c’è nessuno” esclamò lei sorridendo, mentre con la mano fece scattare la sicura della macchina. Leon si morse il labbro inferiore, mentre lei guardandolo negli occhi si tolse la maglietta e la gettò sul sedile posteriore. Con questa mossa era fregato. Non aveva più speranze di resistere alla tentazione di fare l’amore con lei, in quel preciso istante. Alzò la testa spiando fuori dal finestrino il piazzale per essere sicuro che fosse ancora deserto. Sembrava uno scherzo del destino: non c’era un’anima viva. Mentre continuava a scrutare dal finestrino, sentì Violetta scostare con la mano un lembo della camicia sbottonata e baciargli teneramente il petto. Sospirò di piacere: ecco, adesso era completamente impazzito. Le ultime residue forze impostegli dalla decenza erano state abbattute con quel semplice e provocante gesto. Esatto, lo stava proprio provocando. “L’hai voluto te, ricordalo” le sussurrò all’orecchio con un pizzico di malizia. Il soffio di Leon nel pronunciare quelle parole le fecero venire il solletico. “Di questo passo, non arriveremo mai a Buenos Aires” aggiunse tornando a baciarla con passione.
Stefan e Francesca stavano camminando mano nella mano, parlando del più e del meno, ad esempio dei favoriti per la gara di ballo. “Io punto su Federico e Violetta” sentenziò il ragazzo con convinzione. “Io invece credo che Maxi e Nata potrebbero portare a casa la vittoria” disse l’italiana dopo averci riflettuto bene. “Aspetta…” continuò pensandoci su. “Quindi tifi per Violetta! Non mi dire che ti piace ancora!” strillò gelosa. Non avrebbe potuto accettarlo nuovamente. Stefan doveva dimostrarle che ci teneva davvero a lei. Aveva bisogno di prove, anche se si fidava di lui. “Stai scherzando? Francesca, io amo solo te, in che modo te lo devo dire?” chiese Stefan. Anzi, un modo l’aveva trovato. Si mise di fronte a Francesca e si inginocchiò davanti a lei, poi tirò fuori una piccola scatolina di un rosso acceso. “Mi stai chiedendo di sposarti?” chiese lei cominciando a diventare nervosa. Stefan scoppiò a ridere. “No! Non ancora, almeno. Grazie a te sono cambiato, grazie a te sono riuscito a diventare una persona diversa, migliore. Io ti amo, e vorrei dimostrartelo” cominciò a parlare, aprendo la scatolina. Un piccolo anello argentato molto semplice ma elegante fece la sua comparsa, riflettendosi nello sguardo meravigliato dell’italiana. “Non l’avrai comprato per me?” chiese in imbarazzo. Non poteva accettare un dono simile, in fondo stavano insieme da poco. Quando lo vide scuotere la testa per rassicurarla si sciolse in un sorriso. “Avrei voluto, ma sapevo che non l’avresti mai accettato. Questo è di mia nonna, è un dono a cui tengo molto, più di ogni altra cosa, e voglio che lo tenga tu” disse abbozzando anche lui un sorriso. Francesca lo prese con gli occhi lucidi, quindi lo infilò al dito guardandolo più volte: era bellissimo e, cosa più importante, aveva un valore importante per Stefan. “Vuoi venire con me in un posto?” chiese all’improvviso Stefan, incerto. “Certo” rispose lei, tendendogli la mano mentre si stava rialzando. “Chiudi gli occhi” le sussurrò all’orecchio, dandole un leggero bacio sulla guancia.
La condusse allo Studio 21, e proprio all’ingresso notò Angie alle prese con dei festoni che stava appendendo in bilico su una scala, per pubblicizzare l’imminente conclusione della gara. Proseguì tenendo Francesca per mano, che cominciava ad essere curiosa. Sentendo il vociare per i corridoi intuì di essere a scuola, ma continuava a non capire quale fosse la sorpresa. “Adesso puoi aprire gli occhi” le disse raggiante. L’italiana lo fece e non si sorprese affatto: erano nel teatro della scuola vicino al pianoforte nero e lucente. “Non capisco…” mormorò lei guardandolo negli occhi. Stefan la fece accomodare sul panchetto di fronte al pianoforte e si sedette al suo fianco. Tirò fuori dalla tracolla uno spartito e lo poggiò sul leggio. “Suona con me” le disse semplicemente. Francesca cominciò a suonare, e d’un tratto il ragazzo si unì a lei. Era un brano a quattro mani, e questo le ricordò qualcosa. Decise di non pensarci fino alla fine del brano. La musica era di una dolcezza unica e le trasmetteva pace. Si voltò verso Stefan e i due si sorrisero. D’un tratto tutto le fu chiaro: era il brano che era solito suonare con il fratello. “Bella, vero?” disse il ragazzo fissando con dolcezza i tasti bianchi del pianoforte, una volta finita la canzone. Francesca gli prese la mano e lo guardò tristemente. “Non dovevi farlo. Non avevo bisogno di una dimostrazione così grande”. Un sorriso amaro si dipinse sul volto del ragazzo, e la guardò con quegli occhi di ghiaccio che ormai non la turbavano più. Aveva imparato a guardare oltre quella freddezza così apparente, e aveva trovato il calore dell’affetto e dell’amore che nascondeva come un tesoro da custodire gelosamente finché non fosse arrivata la persona giusta. E lei si sentiva la persona giusta. “Sai, penso che condividere il dolore sia il modo migliore per sopportarlo. Volevo condividere anche questa parte di me con te” esclamò chiudendo il pianoforte ed alzandosi di colpo. Francesca lo guardò nuovamente negli occhi e poté leggere il dolore e la sofferenza che i ricordi gli stavano procurando. Ma non l’avrebbe lasciato sprofondare nell’abisso, proprio come quella notte in cui gli era rimasta accanto. Si alzò e lo abbracciò di slancio, accarezzandogli piano la testa. “Hai preso la decisione giusta. Ti starò sempre accanto. Sempre” disse separandosi dall’abbraccio per baciarlo. “Lo so, Francesca, so che non mi abbandonerai” sussurrò piano lui, sorridendo.
“No, no e ancora no! Non ci siamo per niente” strillò Nata in preda all’ansia mentre Ludmilla assisteva alle prove della sua amica e di Maxi. “Ma non capisco dove sarebbe lo sbaglio. In questo modo la coreografia viene molto più fluida” mormorò il ragazzo, guardandosi le punte delle scarpe. In quel preciso istante entro Federico, con l’ansia alle stelle. “Avete visto Violetta?”. “No, mi dispiace” rispose Nata sistemandosi una ciocca di capelli ricci dietro l’orecchio e ripetendo mentalmente i passi. “Ma certo! Noi dobbiamo provare e lei se la prende comoda! Domani abbiamo la gara e lei continua a prendersela comoda! La nostra coreografia è un mezzo disastro, e lei starà pensando a come vestirsi per Leon quando usciranno insieme la prossima volta!” si sfogò l’italiano camminando avanti e indietro, imprecando di tanto in tanto. “Ma non l’avevate finita la vostra coreografia? E poi qualche giorno fa mi hai detto che era perfetta” gli fece notare Maxi, osservando di sbieco Nata, che si sistemava gli scaldamuscoli di un colore verde muschio. “Qualche giorno fa era qualche giorno fa! Oggi è oggi. E oggi la coreografia fa schifo” strillò Federico in preda all’ansia. “Dobbiamo provare, dobbiamo provare, dobbiamo provare…” continuò a ripetere più a se stesso che agli altri. “Anche noi” gli fece notare Nata, sperando che così si togliesse dai piedi. “Fede, ti stavo cercando dappertutto” esclamò Maria tutta calma e sorridente. “Ma come mai sei così tranquilla? Non hai paura per domani?” le chiese il ragazzo con uno sguardo colmo di panico. “Mh…no. Io e Diego abbiamo fatto un ottimo lavoro, siamo tranquilli”. A quelle parole, Ludmilla, che era lì vicino, scoppiò a ridere. “Ah, beh, se stai tranquilla con Diego...Quello non saprebbe mettere insieme due passi senza inciampare”. “Non è carino parlare male di qualcuno quando non è presente” le fece una voce alle spalle. Diego entrò nell'aula di danza con un’espressione trionfante. “Non ti preoccupare, queste cose potrei benissimo dirtele in faccia. Non mi creo alcun problema” sibilò lei voltandosi di scatto e ritrovandosi a un soffio dal suo viso. “Sei più velenosa di un serpente. Ma per tua sfortuna, io sono immune al tuo veleno” rispose a tono Diego, con un sorrisetto irritante. “Ma fammi il piacere. Non crederti tanto superiore, Dieguccio, fai solo la figura del pagliaccio”. “Ok, qui ognuno fa la figura che gli pare, ma fuori da qui, che io e Maxi dobbiamo provare” urlò Nata interrompendo la crisi isterica di Federico, che Maria tentava invano di rassicurare, e le frecciatine che si stavano scambiando Ludmilla e Diego. Nessuno sembrava ascoltarla. “Ho detto fuori di qui! Adesso!” strillò Nata a voce più alta. I presenti nella stanza rimasero fermi a guardarla: non aveva mai alzato così la voce. “Fuori!” ripeté, per sottolineare il concetto. Tutti uscirono dalla stanza ammutoliti, tranne Maxi, che la guardava incantata. “Nata…wow, non ti avevo mai visto così determinata” si lasciò scappare spalancando la bocca. “Dici davvero?” esclamò tutta allegra, ma poi si riprese. “Volevo dire…a provare, e non fare errori!”.
Ludmilla stava uscendo dal corridoio, ma si sentì trattenere il braccio. Non aveva bisogno di capire di chi si trattasse. “Diego” pronunciò con voce scocciata. “Ludmilla” le rispose allo stesso modo il ragazzo. “Senti, ho molto da fare, quindi sbrigati, nullità!” esclamò impaziente. Diego si avvicinò lentamente. “Per quello che voglio fare io, non ti ruberò molto tempo” sussurrò roco sulle sue labbra, afferrandole la vita per impedirle di fuggire. Non che in quel momento potesse fare molto: si sentiva i piedi incollati a terra. La forza di gravità sembrava davvero essere troppo pressante sulle sue gambe, che sentiva cedere di più ogni secondo che passava. Chiuse gli occhi lentamente, sporgendosi di poco verso di lui.
Angie sbuffò. Non riusciva a fissare quel maledetto striscione. Prese un chiodo che aveva tra i denti e cercò a tentoni di afferrare il martello appoggiato sulla scala, senza lasciare il pezzo dello striscione che stringeva nell’altra mano. Sporgendosi meglio, perse l’equilibrio rischiando di cadere. Traballò leggermente sul posto. Sentì un rumore di passi sotto di lei, ma non ci fece caso, intenta com’era a cercare di mantenere invano l’equilibrio. Dopo qualche secondo cadde, chiudendo gli occhi e aspettandosi di prendere una bella botta, ma due braccia forti la sorressero impedendole di toccare l’asfalto fuori dalla scuola. Senza rendersene conto si era avvinghiata con le braccia al collo di qualcuno. Aprì piano gli occhi e si ritrovò a pochi centimetri dal viso di German, che la guardava intensamente. “Tutto bene?” le chiese. No, non andava tutto bene. Era un disastro, era tutto un completo disastro. Perché? Perché il cuore le stava battendo fortissimo, perché sentiva il desiderio di baciarlo, e allo stesso tempo sapeva che era sbagliato. Perché si era resa conto di essersi follemente innamorata di suo cognato. Ed era ingiusto che il destino le riservasse qualcosa del genere, profondamente ingiusto. 









NOTA AUTORE: questo capitolo è molto di transizione, ma necessario. Si, non sto scherzando è necessario LOL Comunque...io non volevo mettere scene Leonettose in questo capitolo, ma devo sfogare la mia frustrazione per come stanno andando le cose in Argentina, e quindi mi sono lasciato nuovamente ispirare da quei due...e lo so, Ary_6400, volevi anche sapere cosa succede dopo, ti ho interrotto la scena in modo brusco, ma per quello lascia lo spazio alla tua mente pervy LOL Allora, German è distrutto come sempre, e la stessa Violetta al telefono si è accorta dello strano comportamento (anche se era impegnata *da un piccolo colpo di tosse complice*). Poooooi, Stefan e Francesca hanno avuto un loro momento dolce...ma quanto sono dolci *li guarda con aria sognante* Ludmilla e Diego continuano a punzecchiarsi, ma si piacciono, si piacciono ù.ù AHAHHAHA, la scena nell'aula di danza la amo. E Federico che se la prende con Violetta mi ha fatto morire LOL E niente, poi Angie viene fortunatamente afferrata al volo da German (quanto sono belli *sviene*), e ho troncato qui perchè sono una persona malvagia (sia per la scena Diemilla che per la Germangie). Il mio secondo nome è Diabolico (ok, in realtà no LOL). Tra parentesi: notizione dei notiozioni! Dopo questa ff probabilmente mi occuperò di altre ff che sto già programmando nella mia testa, MA (e dico MA) non escludo la possibilità di un sequel che già prende forma nella mia testa in un futuro molto lontano. Voi che ne dite? Dai, Ary, lo so che lo vuoi *sgomita* Comunque, se ci dovesse essere davvero questo sequel, ci saranno delle OS, o flash che faranno da spin off e vi introdurranno alla seconda stagione, quindi lo saprete per tempo (credo...). Grazie per seguirmi sempre con affetto *abbraccia tutti* Buona lettura e alla prossima :D :D

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Capitolo 64
*** Qui tutti tramano! ***


Capitolo 64
Qui tutti tramano!

Ludmilla aprì piano gli occhi e guardò Diego con gli occhi chiusi. Un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto. Oh, dolce vendetta. Si separò pestandogli il piede, soffermandosi con il tacco fino in fondo. Diego cacciò fuori un urlo di dolore e saltò in aria di scatto. “Questo è per avermi fatto sbagliare le note alle mie ultime prove” esclamò con aria di superiorità, allontanandosi trionfante. Diego la guardò sconvolto, quindi sorrise furbo: non era per niente una preda facile, ma non se la sarebbe fatta scappare. Cominciò a camminare per il corridoio fino ad incontrare Gabriella. “Ehi, tu” le disse tranquillo. La ragazza si voltò con uno sguardo scocciato. “Cosa vuoi?” chiese prendendo una limetta delle unghie da una borsetta fucsia che portava a tracolla. “Per me la possiamo finire qui” disse direttamente, senza giri di parole. “Cosa?! Non mi puoi scaricare così. Io devo prendermi Leon, e tu mi devi aiutare”. “Mi sono stancato…”. “No! Non mi dire che ti sei interessato a quella biondina da quattro soldi!” strillò in preda a una crisi di nervi. Niente funzionava come previsto. Il sabotaggio a Violetta prima dello spettacolo non era servito a nulla, i suoi continui tentativi di conquistare Leon non avevano avuto effetto. E per di più le prove con Andres andavano malissimo, non riuscivano a tirare fuori nemmeno una coreografia decente. Non le rimaneva che un’ultima possibilità: giocare sporco.
Angie e German continuavano a guardarsi incantati. German reggeva con estrema facilità il corpo esile della donna, e non poté fare a meno di immaginarsela vestita da sposa. “Allora?” chiese lei, guardandolo interrogativamente. “Allora che?” ribatté German confuso. “Allora, mi puoi mettere giù?” disse indicandogli l’asfalto che ricopriva il terreno. “Ah, certo…” bofonchiò l’uomo come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Bene, grazie” constatò con aria assente. “Prego” rispose con profonda cortesia e formalità, tendendole la mano. Angie la strinse un po’ perplessa. “Così sembra che non ci conosciamo nemmeno”. “Così sembra e così deve essere” le rispose sgarbatamente l’uomo, ritraendo di scatto la mano. “Che cosa ci fa qui?” chiese marcando il ‘fa’ con ironia. “Sono venuto a parlarle riguardo…”. “Cristobal mi ha raccontato tutto. Mi dispiace” lo interruppe abbracciandolo inaspettatamente. German sentì gli occhi inumidirsi e da un momento all’altro era sicuro sarebbe scoppiato a piangere. “Ehm…io…si…” balbettò l’uomo separandosi rosso in viso. “Si, le dovevo dire solo questo!” esclamò voltandosi e camminando ad una velocità impressionante. Sembra quasi che stia correndo, pensò la donna, alzando le spalle in modo arrendevole. Doveva metterci una pietra sopra: tra lei e German non ci sarebbe mai potuto essere nulla.
“Perdono il ritardo!” esclamò Violetta con il fiatone, entrando nella sala del teatro, seguita a ruota da Leon. Federico, in preda ormai a una crisi di nervi, si era accasciato su una sedia, compiangendosi e pregando per un colpo di fortuna. Maria era seduta vicino, e gli accarezzava la spalla cercando di confortarlo. Federico, non appena sentì la voce della ragazza, scattò in piedi e nei suoi occhi il fuoco della rabbia era ben visibile. “Ritardo?! Dieci minuti è ritardo, venti minuti è ritardo! Due ore non lo definirei un semplice ritardo!” strillò il ragazzo. Indicò Leon con fare inquisitorio. “Si può sapere che avete combinato?”. “Niente!” si affrettarono a dire i due all’unisono, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Maria fece per salutare l’amica ma si bloccò a metà strada, con lo sguardo impaurito, ma allo stesso tempo divertito. “Violetta, tu…” disse indicandogli il collo. “Tu hai un segno rosso qui” concluse, mentre poteva avvertire Federico ancora più infuriato. Violetta guardò Leon, che le sussurrò delle scuse, quindi scappò in bagno seguita dall’amica. “Aspetta, quindi tu e…aspetta, ma…No, non voglio sapere, non voglio assolutamente sapere” proferì l’italiano raccapricciato. Leon alzò le spalle a mo’ di scusa. “Comunque non sono stato io, è stata lei che mi ha chiesto…”. “Ho detto: non voglio sapere!” si affrettò a interromperlo, tappandosi le orecchie con le mani. “E quando non sta con Leon, entra in depressione, e quando sta con Leon, pensa ad altro” borbottò uscendo dal teatro senza specificare cosa intendesse per ‘altro’. “Ma una partner normale non la potevo avere?”
Gabriella aspettò che Leon e Federico uscissero dal teatro, quindi si intrufolò e chiuse la porta dietro di lei. Doveva fare presto, ma prima di tutto aveva bisogno di un’idea. Salì sul palco e cominciò a guardarsi intorno. Poi abbassò lo sguardo e notò una botola proprio sotto di lei, al centro del palco.  Sbatté il piede con forza e sentì un piccolo rimbombo. Perfetto, forse aveva un’idea. Si diresse dietro le quinte e proprio in quel momento sentì la porta del teatro aprirsi. “Leon, sono proprio contento che sei tornato, non sapevo più con chi parlare”. La voce di Andres era inconfondibile. Cercando di non fare rumore, scese gli scalini che portavano sotto il palco. Si chinò per poter passare e si districò in quel meandro buio e polveroso. “Sono contento di esserti mancato, amico!” lo rassicurò Leon, dandogli una pacca sulla spalla. “E quindi adesso come vanno le cose con Violetta?”. “Benissimo”. “E la sera in cui siete rimasti da soli nella villa? Ci hai dato dentro, eh?” esclamò Andres ridacchiano. Leon arrossì e gli diede una botta sul braccio. “Ti sembra il modo di parlare? Comunque…si, abbiamo avuto la nostra prima volta” ammise a bassa voce. Gabriella alzò la testa di scatto all’ascoltare quelle parole, mentre a gattoni tentava di raggiungere l’entrata della botola, e diede una botta al palco. “Che cos’è stato?” chiese Leon, avvicinandosi curioso. Gabriella si massaggiò il capo cercando di non fare alcun rumore, mentre gli occhi le lacrimavano per il dolore. Per di più era venuta a conoscenza del perché quei due non fossero venuti la mattina a scuola: avevano passato la notte insieme. Te ne pentirai, Violetta, e anche tu Leon, pensò con un lampo maligno negli occhi. “Forse qualche topo” ipotizzò Andres. “Non penso ci siano topi all’interno della scuola e…amore!” esclamò Leon, dimenticandosi di colpo tutti i suoi sospetti e correndo incontro a Violetta, appena uscita dal bagno. La ragazza si lasciò coccolare da uno dei suoi abbracci miracolosi, in grado di farle toccare il cielo con un dito, quindi ritornò sulla terra al suono dei finti colpi di tosse di Federico. “Noi andiamo a provare” si scusò lei, regalando prima al ragazzo un dolce bacio sulle labbra. “Vuoi che assista alle prove?” chiese poggiando la fronte contro quella di Violetta, ma l’italiano rispose prima che fosse troppo tardi. “Meglio di no…già siamo in difficoltà, ci manca solo che Violetta mi si distragga ogni due per tre” disse, trascinando via la sua partner per andare a provare. Leon guardò per un po’ male l’italiano, quindi Andres si avvicinò , e appoggiò una mano sulla spalla dell’amico. “Non ti scoccia che rimanga sola con quell’italiano?” chiese a bassa voce. “Certo che mi scoccia! Ma che ci posso fare? E’ una gara e devono provare, giustamente. E poi sto cercando di controllare la mia gelosia, che mi ha saputo solo portare guai” esclamò con una leggera amarezza nel tono di voce. “Wow, sei forte amico, io non so se ce l’avrei fatta a sopportare che la mia ragazza provasse con un altro continuamente da soli” lo lodò Andres. “Smettila di farmici pensare e andiamo a provare qualcosa, qualunque cosa, devo distrarmi” ribatté Leon, nervoso. Si fidava di Violetta, dopo quella notte come non avrebbe potuto? Rimaneva però una questione di fondo: non si fidava di tutti quelli del suo sesso, ecco. Forse solo di Andres. Violetta era una bella ragazza, forse anche la più bella dello Studio. E no, non voleva perderla per qualche motivo idiota.
Gabriella finalmente raggiunse il luogo prestabilito. Si mise a pancia in su e osservo la botola. C’erano quattro sbarre di metallo avvitate che impedivano di aprire la botola. Un piano balenò nella sua mente. Avrebbe trovato il modo di passare il turno successivo, mettendo fuori gioco una delle coppie. “Spero vivamente si tratti di Violetta e Federico” mormorò lei, ritraendosi. Sarebbe tornata lì con un bel cacciavite per allentare le viti. E allora avrebbe riso lei per ultima. Ritornò dietro le quinte e ne uscì completamente piena di ragnatele e polvere. Aveva bisogno di un bagno, immediatamente. “Gabriella! Sei pronta per provare?” chiese Andres rientrando nel teatro. “Che hai fatto?” aggiunse poi, guardandola perplesso. “Ho bisogno di una maledetta doccia! E ci devo anche tornare in quel posto disgustoso!” strillò lei uscendo di corsa e dirigendosi a casa.
“No! Così non va affatto bene” disse Nata sicura, mostrando nuovamente i passi a Maxi. “Io non credo che dovremmo finire così” esclamò il ragazzo, sedendosi su una sedia e mostrandosi dubbioso. “Non faremo cambiamenti il giorno prima della prova perché il signorino non è convinto” lo riprese la spagnola, facendo un sorrisetto. “Nata…adesso possiamo parlare di noi?” chiese il ragazzo avvicinandosi da dietro. Nata osservò il suo riflesso nello specchio della classe e deglutì lentamente. Non poteva fidarsi di lui, non di nuovo. Eppure una parte di lei le diceva di essere stata una sciocca, di aver agito impulsivamente. “Se tu mi avessi lasciato spiegare quello che è accaduto davvero, adesso non avremmo questi problemi” cominciò lui con un nodo alla gola. Era la prima volta che si parlavano in quel modo dopo tanto tempo. “Non capisco a cosa ti riferisci” mormorò lei, facendo finta di non ricordare. “Tu hai pensato che ti tradissi con Camilla! Camilla è solo la mia migliore amica” spiegò Maxi, ormai esasperato. “E dovrai accettarlo” concluse triste. “Torniamo a provare” ribatté Nata fredda. Maxi era stufo, non ne poteva più di stare con il morale sotto ai piedi, e di perdere la sua dignità dietro una ragazza che non ne voleva sapere di lui. “D’accordo, proviamo, e dopo questa gara ognuno per la sua strada” esclamò Maxi deciso, porgendole la mano per provare nuovamente la coreografia. Nata annuì mostrandosi d’accordo. Ma dentro il suo cuore si fermò per un istante: valeva davvero così poco per Maxi? Per lui era davvero così facile dimenticare la loro relazione? Improvvisamente la vecchia Nata riemerse con tutti i suoi dubbi e le incertezze.
“Domani andremo benissimo!” esclamò Violetta, uscendo dall’aula dove lei e Federico avevano provato. “Non ne sarei così sicuro, ma speriamo bene” ribatté l’altro un po’ giù di tono. Mentre uscivano videro Gabriella uscire in modo furtivo dal teatro. “Gabriella!” dissero i due in coro. Pensavano di essere rimasti da soli a scuola, e così forse pensava anche l’altra. “Cosa ci fai tutta sporca?” chiese Violetta, indicandole una ragnatela tra i capelli. Non appena se ne fu resa conto la ragazza cominciò a saltare per tutto il corridoio urlando per la disperazione. “Lasciamola ai suoi drammi, forse è meglio” propose l’italiano. I due stavano per uscire, quando Gabriella con un sorriso falsissimo li chiamò. “Volevo solo augurarvi buona fortuna. Che vinca il migliore!” disse salutandoli con la mano destra. “G-grazie, anche a te” rispose titubante Violetta, rivolgendo un’occhiata perplessa al suo partner. “Ossia io” ghignò quando fu sicura di non essere sentita.
Violetta era ormai arrivata a casa dopo aver salutato Leon velocemente. “Ma quanto ci hai messo?” chiese Olga preoccupata, alle prese con il pollo arrosto che avrebbero dovuto mangiare quella sera. Magari non era stata troppo veloce nel salutare Leon. “Ehm…ho incontrato alcuni amici per strada e mi sono fermata a chiacchierare. Devo prendere qualcosa in garage. Sono quelle le chiavi?” disse indicando una chiave massiccia di bronzo. La domestica stava per voltarsi e rispondergli, ma il timer del forno cominciò a suonare costringendola a dedicare tutta la sua attenzione al pollo che diffondeva il suo profumo. “Si, si, tesoro…” rispose con aria assente. Violetta prese la chiave e si diresse in garage fuori casa, e provò ad aprire il garage: voleva rispolverare la bicicletta che ormai sarà stata un ammasso di rottami. Non era mai stata capace di andare in bici, ma Leon le aveva promesso che le avrebbe insegnato, e quella altro non era che un’occasione per passare un bel pomeriggio con lui. La chiave sfortunatamente non entrava. “Olga, mi hai dato la chiave sbagliata!” strillò lei, osservando meglio l’oggetto di bronzo che teneva in mano. Un laccio in cuoio era legato in modo tale da poterla portare al collo. “Che hai detto, tesoro?” chiese urlando dalla cucina la domestica. Pensandoci bene…forse apriva quella strana porta che conduceva in un’ala della casa mai vista. Non poteva perdere quell’occasione. “Niente, non ti preoccupare, ho quasi finito” rispose per rassicurarla. Rimase un po’ di tempo nel giardino per far passare del tempo, quindi rientrò dalla porta sul retro in cucina, con un sorriso. “Tutto a posto?” chiese la donna, aprendo in continuazione cassetti e armadietti nel tentativo di trovare qualcosa che stava cercando. “Maledetto, Roberto, scommetto che è stato lui a cambiare il posto alla farina”. “Ora vado in camera” rispose lei, tenendo stretta nella tasca della gonna la chiave. Stava per uscire dalla cucina, quando venne fermata. “Violetta!” disse Olga seria. Beccata, l’aveva beccata. Sicuramente si era resa conto che non le aveva restituito la chiave. “S-si?” chiese voltandosi a scatti. “Se dovessi incontrare Roberto, digli che lo sto cercando. E che questa volta mi sente, non si deve più azzardare a entrare qua dentro” continuò Olga, sbuffando e continuando a cercare. Violetta tirò fuori un respiro profondo. “Si, lo farò, tranquilla”. Corse su per le scale con l’affanno e dopo poco si ritrovò davanti a quella porta bianca, che in quel momento le sembrava la stesse sovrastando, quasi inghiottendo. Era il momento di scoprire cosa ci fosse al di là di quella porta. Infilò la chiave nella toppa lentamente e dopo aver preso un respiro profondo la girò fino a sentire il rumore del meccanismo della serratura. Fece scivolare la mano fino alla maniglia e la abbassò con la mano sudata. Aveva paura: paura che ancora una volta suo padre le avrebbe creato un forte dolore, paura che la stesse tenendo all’oscuro di qualcosa di importante, qualcosa di cui aveva bisogno. La prima cosa che vide salendo le scale della mansarda fu un vestito bianco, da sposa. Poi fu come una serie di flash confusi: foto, vestiti, manifesti, scalette teatrali, articoli di giornale ritagliati. Aveva un terribile mal di testa: doveva sedersi e prendere fiato. Si lasciò cadere a terra e si mise con le gambe incrociate, facendo respiri profondi, osservando tutto quello che la circondava. Non c’erano dubbi, le scalette teatrali parlavano chiare: la scritta ‘Maria Saramego’ era visibile su ogni parete, su ogni pezzo di carta. Maria Saramego. Maria Saramego. Volevo piangere, voleva urlare, voleva fare tantissime cose, ma l’unica cosa che invece che le venne fuori fu un mormorio. “Mamma”. Si rialzò in piedi con le gambi che a stento reggevano e sfiorò con la mano l’abito da sposa. Quello sicuramente era stato il giorno più bello della sua vita. Non poté fare a meno di immaginarsi con quell’abito mentre camminava lentamente sull’altare per suggellare una promessa di matrimonio. E ovviamente il balenare degli occhi verdi di Leon era incluso nel suo sogno. “Qualcuno ha lasciato la porta aperta!” esclamò una voce fin troppo conosciuta. Un rumore di passi. Qualcuno salì le scale, e i loro sguardi si incontrarono inevitabilmente. La tensione nell’aria si fece così densa da poter essere raccolta con le mani. Si stavano solo guardando eppure era già chiaro quello che sarebbe successo. German di maledisse per il tempismo con cui i numerosi errori commessi venissero allo scoperto.
Matias stava beatamente dormendo nella sua comoda macchina, quando Jade entrò nella vettura sbattendo con forza la portiera. “Cosa succede?” sbraitò il fratello, scocciato per il mancato sonnellino. “Succede che finalmente mi sono liberata di Violetta una volta per tutte. Quella stupida mocciosa non sarà più una scocciatura per me” sibilò la donna con uno sguardo crudele. “Ah, sei solo frustrata perché non puoi dire a German che la mocciosa frequenta lo Studio” si prese gioco l’uomo, girandosi dall’altra parte per riprendere il suo sonnellino. Jade gli picchiettò costantemente la spalla, costringendolo a guardarla e tirò fuori una busta gialla. “E quella che sarebbe?” chiese curioso. “Le analisi del test del DNA, quelle vere, non quelle false che ho fatto arrivare a German” spiegò la donna. “Ma come…cosa…Jade, cosa ti è successo?!” domandò Matias, seriamente preoccupato dal cambio radicale che aveva subito la donna. La sua intelligenza si era risvegliata in modo inaspettato e la cosa lo spaventata terribilmente. “L’ho sentito parlare quella sera con Cristobal della questione di Violetta, della paternità discussa, e mi sono ricordata che il marito di un’amica che incontro spesso alla SPA, si occupa di queste cose. L’ho chiamato subito e gli ho chiesto di falsificarlo”. “E lui ha accettato?”. “In cambio di un bel gruzzolo, si”. “E noi come glieli diamo i soldi?”. “Semplice, appena avrò sposato German sarò ricca. Si è accontentato della mia parola in cambio di un anticipo”. “Ma noi non abbiamo una lira”. Jade indicò la macchina con gli occhi. “No! Scordatelo! Non venderò la mia macchina!” esclamò Matias, abbracciando il cruscotto con fare paterno. “Si che lo farai, invece!” ribatté la donna, autoritaria. “Ma prima di dirgli addio, passami un accendino” gli ordinò. Matias armeggiò in tasca, amareggiato, fino a tirare fuori un accendino di un giallo acceso. La donna fece scattare il meccanismo dell’accendino e avvicinò la fiamma alla busta. Il fuoco che aggrediva la carta, divorandola avidamente, si rifletté nello sguardo ambizioso e soddisfatto della donna. I suoi occhi scuri brillavano di una luce tetra. “Addio, Violetta, addio”. 







NOTA AUTORE: tutti i nodi vengono al pettine! Ok, in questo capitolo succedono tante, ma tante, cose. Ludmilla si vendica su Diego per la figuraccia fatta alle prove (diabolica lei), e Diego decide di finirla con il piano. Per Angie e German nessun passo in avanti sfortunatamente -.-" Le scene Leonetta con Federico mi fanno morire dal ridere. AHAHAHA, Fede, ti capisco *patta* Lo sto seriamente amando. Ma anche Leon che cerca di contenere la gelosia (ha imparato, il ragazzo xD) mi ha fatto morire :D Gabriella archietetta un piano malefico (tra parentesi ha ammesso di essere stata lei a provocare l'incidente a Violetta prima dello spettacolo). Per quanto riguarda lo spettacolo, probabilmente in questa storia non sapremo chi è stato a sabotarlo, lo scopriremo in OS spin-off (forse) o molto più probabilmente nell'ipotetica seconda stagione nella mia mente. So...don't worry ù.ù Ve lo dico prima così non vi angosciate (seh...come no). Notizia: abbandono la fanfiction. Ebbene si... *piange* Altra notizia: non è vero, ma volevo immaginare l'espressione di chi mi ha seguito per 64 capitoli (momento sadico), sopratutto quella di Uniary (tanto ammmmmore per te :3) e che mi augura una morte lenta e atroce LOL No, siamo seri, i nodi vengono al pettine e molto presto arriveremo alla fine dei giochi, pazientate ancora :D Violetta ha scoperto la famosa stanza di Maria ed è arrivata una sorta di resa dei conti con il padre. Gli rinfaccerà anche la questione della zia che finora ha tenuto nascosta? Lo scopriremo nel prossimo capitolo. Nel frattempo si scopre che in realtà Jade ha fatto truccare il test del DNA...so, German è il padre, ma pare che nessuno lo saprà a parte lei e Matias. Sarà davvero così? Anche questo lo scopriremo :3 Quante cose da scoprire, ma don't worry, non manca molto, tenete duro xD Quindi, buona serata a tutti, e niente. W LEONETTA! (a prescindere ù.ù). Buona lettura ;D 

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Capitolo 65
*** La sorpresa di Leon ***


Capitolo 65
La sorpresa di Leon

“Allora, papà?” chiese con voce tremante, facendo vagare lo sguardo per tutta la stanza. La delusione sul viso della figlia era per German la punizione peggiore per i suoi errori. “Allora?!” ripeté, alzando nettamente il tono di voce. “Volevo solo proteggerti” mormorò a bassa voce, intimorito dalla rabbia di Violetta, che si avvertiva fin troppo. Si avvicinò nel tentativo di abbracciarla, ma la ragazza si scostò. “Proteggermi da cosa? Da ciò che amo? E’ per questo che non mi hai detto che ho una zia e una nonna?”. German si immobilizzò a quelle parole. Come faceva a sapere di Angie e Angelica? “So tutto, papà” concluse la ragazza, scappando via mentre il viso era rigato dalle lacrime. German cominciò ad osservare ogni dettaglio di quella stanza, e si sentì improvvisamente una nullità. Che cosa era stato in grado di fare? Era riuscito solo a ferire sua figlia; la sua vita era stata lavoro e Violetta. Sapere di aver sbagliato con Violetta gli faceva male, troppo male. Sperava un giorno che l’avrebbe perdonato, lo sperava con tutto se stesso. E non sa ancora nulla di Cristobal, pensò mentre un brivido di paura percorse il suo corpo. Se finora era riuscito a farsi detestare da lei in quel modo, non osava immaginare che cosa sarebbe successo dopo avergli raccontato tutto. Non osava immaginarlo.
‘Caro Diario,
è possibile odiare il proprio padre? Ok, odiare è una parola grossa, ma sono furiosa con lui. Mi ha nascosto i ricordi di mia madre, mi ha nascosto l’esistenza di una zia e di una nonna. Devo essere arrabbiata, ma non ci riesco, perché in fondo gli voglio bene, e capisco che l’ha fatto solo per proteggermi. Ha sbagliato, e anche di grosso, ma a tutti capita di sbagliare, no? Dovrei smetterla di farti domande, tu sei solo un pezzo di carta, non posso pretendere risposte. E dovrei smetterla di scrivere su uno stupido diario (senza offesa), ma è più forte di me. Scrivere mi aiuta a riflettere, a mettere a fuoco la mia vita, e forse per questo sei un compagno per me indispensabile…’
La mano di Violetta scorreva veloce sulle pagine bianche del diario, riempiendole di inchiostro ancora lucente. Doveva sfogarsi, doveva fare qualcosa, e il giorno dopo avrebbe avuto anche una gara. Con quale morale si sarebbe presentata? Federico l’avrebbe uccisa.
‘A questo punto mi chiedo se papà mi nasconda qualcos’altro. Non mi stupirebbe affatto. Avrei bisogno di una medicina, e il suo nome è Leon. Solo lui può tranquillizzarmi, anche solo con i suoi abbracci. E i suoi baci, i suoi baci hanno un qualcosa di miracoloso. Mi rendo conto di stare torturando un povero oggetto inanimato con le mie angosce, ma ho bisogno di scrivere, ho bisogno di sentire qualcuno vicino in ogni momento. Quel qualcuno sei te, diario (ma non potrai mai battere Leon)’
Si stese sul letto, buttando il diario sul comodino, e sbuffò sonoramente. Non aveva voglia di versare altre lacrime, da quando era a Buenos Aires ne aveva versate fin troppe, ma pretendeva delle scuse sincere dal padre. Il cellulare vibrò, e sul display apparve la casella dei messaggi. Fa’ che sia Leon, fa’ che sia Leon, pensò insistentemente prima di aprire il messaggio. Leon!, urlò interiormente sorridendo dolcemente. Non sapeva come faceva, davvero, ma c’era sempre quando ne aveva bisogno. ‘Buona fortuna per la gara di domani, io ovviamente sarò in prima fila per vederti risplendere. Buonanotte, ti amo. Leon’ lesse velocemente a bassa voce, mentre il sorriso si allargava sempre di più ad ogni parola. Strinse forte il cellulare al petto, e guardò il soffitto con aria sognante. Ora poteva dormire sonni tranquilli. O quasi.
Appena entrata allo Studio, Violetta sentì un nodo allo stomaco. Non aveva toccato quasi nulla a colazione, giusto una fetta biscottata con la marmellata, e Olga glel’aveva fatto parecchio pesare. Doveva prepararsi per l’esibizione, ma i passi si confondevano nella sua mente, già annebbiata di per sé per l’orribile nottata, tutt’altro che tranquilla. “Violetta!” la salutò Leon, venendole incontro e dandole un bacio sulla guancia. Notando il pallore del suo viso, sorrise rassicurante. “Paura?”. “Da morire” rispose con una faccia funerea. Ma nulla, nulla era in confronto all’espressione di Federico, che li stava raggiungendo, con il ciuffo completamente sgonfio. Probabilmente quella notte aveva fatto a botte con il cuscino. “Siamo rovinati” esclamò strizzando improvvisamente gli occhi. “Andrà tutto bene” disse Leon, mettendo una mano sulla sua spalla e dandogli un colpetto. “Un caffè! Mi prenderò un bel caffè!” strillò lui, come colto da un’idea geniale quanto inaspettata. Nata e Maxi stavano ripassando mentalmente la coreografia, ciascuno per proprio conto, mentre Diego e Maria parlottavano come se niente fosse. “Li odio per la loro tranquillità” sibilò Violetta, dirigendosi agli armadietti, seguita da Leon. “Ehi, devi calmarti, altrimenti andrà un disastro” la riprese Leon, appoggiandosi alla sua sinistra con la schiena contro gli armadietti. La guardava mentre lei apriva nervosamente l’armadietto con un’aria piuttosto infastidita. “Lo so, lo so! Ma non ci riesco, penso solo alla gara, e…”. Leon non le permise di dire nulla, ma la baciò velocemente posando le mani sui suoi fianchi e spingendola a sé. “Va meglio adesso?” le chiese in un sussurro. Le accarezzò la guancia, guardandola e sorridendo. “S-si, va molto meglio, grazie a te come sempre” disse lei, avvicinandosi per baciarlo di nuovo. “Grazie a te come sempre” le fece il verso Gabriella poco distante, interrompendo con sua somma soddisfazione il momento romantico. “Sei patetica, Violetta, e non vedo l’ora di stracciarti sulla pista". Salutò con la mano, e si diresse al teatro. “Calma, non ascoltare le sue provocazioni. Lo sta facendo apposta…” cercò di tranquillizzarla Leon, poggiando le mani sulle sue spalle. “Lo so, ma…non ti sembra un po’ troppo sicura di sé?” chiese perplessa la ragazza.
I concorrenti si stavano preparando per l’esibizione. I primi ad esibirsi erano Violetta e Federico, subito dopo venivano Maxi e Nata, poi Diego e Maria, e infine Gabriella e Andres. “In bocca al lupo!” le sussurrò Leon, facendole l’occhiolino tra gli spettatori. La ragazza fece un respiro profondo e salì insieme al suo partner per iniziare l’esibizione. La coreografia era progettata per essere eseguita sul proscenio, quindi nessuno dei due ebbe occasione di passare sopra la trappola di Gabriella, con sommo dispiacere di quest’ultima. Federico e Violetta ballarono benissimo, erano molto migliorati dall’ultima gara, e si mostravano affiatati come non mai. La musica finì e uno scroscio di applausi investì i due ragazzi, entusiasti per come si erano esibiti.
Era il turno di Maxi e Nata, che si erano già posizionati per cominciare. Nata era decisa a vincere: era stanca di passare per la mediocre della scuola, voleva dimostrare a tutti il suo valore. Partì la base e fu pronta a dimenticarsi di tutto per cominciare. Iniziò con l'eseguire alcuni passi singoli al centro del palco, senza preoccuparsi del fatto che il pavimento sotto di lei stava leggermente traballando. Maxi sgranò gli occhi, vedendo la botola sotto Nata muoversi lentamente ad ogni suo passo. “Nata, no!” urlò spiccando uno scatto e spingendola via appena in tempo, prima che la botola si aprisse. La spagnola si ritrovò per terra con sopra Maxi, che la guardava terrorizzato: aveva corso il rischio di avere un infortunio. “Si può sapere cosa è successo?” chiese uno dei giudici di gara, sistemandosi i suoi occhialetti con fare professionale. Pablo salì sul palco e vide la botola aperta. “Non capisco…dovrebbe essere stata sigillata”. Anche Angie e Beto raggiunsero il collega, mostrandosi preoccupati e perplessi. Un altro sabotaggio: che l’autore fosse lo stesso dello spettacolo? “Trasferiremo le esibizioni nell’aula di ballo. E spero che il colpevole di quest’atto meschino salti fuori al più presto” dichiarò Cristobal freddo. “Tutto a posto?” chiese Maxi, con l’affanno. “S-si, ma…” balbettò Nata, incapace di muoversi schiacciata dal peso del ragazzo. “Ma?” chiese lui speranzoso, avvicinando lentamente il suo viso a quello di lei. “Ma mi stai schiacciando” disse con semplicità, diventando rossa per l’imbarazzo del momento che si era creato. “Ah…giusto” esclamò Maxi, un po’ deluso. Le parole che sperava uscissero dalla bocca della spagnola erano ben altre, ma era sicuro che provasse ancora qualcosa per lui, nonostante non volesse darlo a vedere. I suoi propositi di arrendersi erano svaniti in un secondo non appena ebbe incrociato i suoi occhi, quegli occhi scuri che si illuminavano quando lo guardava. Sarai mia, pensò Maxi allegramente, dirigendosi all’aula di danza per ripetere la loro esibizione.
Ormai la gara si era conclusa, e i giudici avrebbero dovuto annunciare a breve le tre coppie finaliste. Ludmilla incrociava le dita perché Gabriella venisse sbattuta fuori, mentre Stefan e Francesca erano alle prese con le scommesse e i pronostici. L’italiana era una ragazza piuttosto grintosa, e aveva dato il via a un’accesa discussione su chi sarebbe stato il vincitore. “Maxi è troppo bravo, e anche Nata ci sa fare. Vinceranno di certo loro” esclamò vivace. “Anche se comunque dovrò tifare per Violetta se dovesse passare, rimane la mia migliore amica!” aggiunse con aria dubbiosa. “Io sto rivalutando Maria e Diego. Sono bravissimi, in fondo, e non dimentichiamo che nelle prima esibizioni erano andati meglio di tutti” la riprese Stefan. Ludmilla si mise tra i due con la sua solita aria di superiorità. “Sappiamo tutti che Diego non è all’altezza della situazione. Sarà il primo ad essere eliminato” sentenziò, assolutamente certa delle sue parole. “Ce l’hai sempre con Diego…non è che ti piace?” chiese Francesca con un sorrisetto. “Cosa dici?! Fran, da te non mi sarei aspettata una tale caduta di stile. O forse si” disse, allontanandosi furiosa. “Allora, facciamo una scommessa, io punto su Maxi e Nata” disse l’italiana. Stefan le sorrise. “Io punto su Fede e Violetta”. I due si strinsero la mano. “Che la sfida abbia inizio!” esclamarono all’unisono.
Violetta camminava per il corridoio, aspettando Leon, e lo vide arrivare mentre confabulava a bassa voce con Angie, la quale sorrideva e annuiva. “Di cosa stavate parlando?” gli chiese, quando si diresse verso di lei. “Nulla di importante…alcuni compiti che devo svolgere per la prossima volta” spiegò Leon, alzando le spalle con noncuranza. Violetta alzò il sopracciglio, eloquente. “E Angie sorrideva?!”. “In fondo in fondo credo che tua zia sia molto sadica” si giustificò il ragazzo, annuendo, convinto. “Adesso andiamo, stanno per annunciare i risultati” aggiunse subito dopo, prendendole la mano, e trascinandola nell’aula di danza.
Si erano già tutti riuniti, pronti per il verdetto. Pablo si mise in mezzo alla sala e cominciò a parlare. “Allora, adesso annuncerò le tre coppie finaliste. In finale i punti ottenuti finora si annulleranno, ma a seconda del punteggio totalizzato si avranno comunque dei punti bonus. La coppia con più punti arriverà in finale con tre punti bonus, la seconda con due punti, la terza con un punto solo. Adesso chiamerò la prima coppia finalista. Si è classificata al primo posto…Maria e Diego con 32 punti!”. Tutti applaudirono, tranne Ludmilla che li guardava schifata mentre avanzavano verso Pablo. Violetta li guardò sorridente, ma terrorizzata allo stesso tempo: avevano preso addirittura 10! In effetti erano stati perfetti. “Al secondo posto, invece, abbiamo Nata e Maxi con 31 punti!” esclamò il professore, guardando i suoi due allievi con aria soddisfatta. Nata strinse i pugni, non del tutto contenta. Per un solo punto! Un punto e avrebbero potuto essere a pari merito con i primi. Non importa, per la finale si sarebbe allenata ancora di più con Maxi e avrebbero vinto. “E ora vediamo chi c’è al terzo posto…con un totale di 30 punti...”. Il silenzio calò sulla sala, mentre Violetta e Gabriella si guardavano con aria di sfida. “Violetta e Federico!” strillò, rompendo tutta la suspense che si era creata. Federico saltò per la gioia, correndo poi ad abbracciare Maria. Gli altri finalisti si congratularono. “Saremo comunque noi a vincere!” esclamò scherzosa Nata, prendendo Maxi per il braccio. “E’ tutto da vedere” ribatté Diego con sicurezza: erano i favoriti per la finale e la vittoria, a meno di colpi di scena, poteva considerarsi loro. “Bene, la finale si svolgerà tra un mese esatto. Buona fortuna a tutti, e buon lavoro. Che vinca il migliore!” concluse Pablo, unendosi agli applausi generali degli spettatori.
Violetta era rimasta sola a casa la sera, e non sapeva che fare. Era ancora euforica per essere passata in finale, alla faccia di Gabriella, e non voleva andare a dormire così presto. Prese il cellulare e chiamò Leon. “Pronto, Leon? Ti va di venire a vedere un film da me?” chiese allegramente. “Così festeggiamo” aggiunse poi con un pizzico di malizia. “No, mi dispiace, sono un po’ stanco. Magari ci sentiamo domani mattina” rispose il ragazzo, sbadigliando e con la voce assonnata. Ah…questa non se l’aspettava. “Va bene, allora, buona notte” concluse lei scocciata, riattaccando di colpo. Era delusa dalla noncuranza con cui Leon le aveva dato buca quella sera, ma decise che non si sarebbe arrabbiata. Ci mancava che oltre al fronte German, avesse dovuto affrontare anche il fronte Leon. Che poi si chiedeva, come mai il padre avesse accettato quell’improvviso invito ad una cena di lavoro. La prima opzione che le si presentò in mente fu quella di mettersi in pigiama a vedere un film strappalacrime con una vaschetta di gelato. Nemmeno fosse disperata…però non vedeva molte altre alternative: Francesca usciva con Stefan, Camilla con Ricardo, e per quanto pensasse che Ludmilla fosse cambiata, non credeva certo che avrebbe accettato un suo invito. Quindi si occupò dell’unica cosa che dovesse organizzare: scegliere il film.
German si presentò al Ristorante Tavez con quindici minuti di ritardo. Non aveva ancora capito cosa gli dovesse dire Cristobal di così importante, ma sentiva l’ansia crescere. Stava guardando l’ora al cellulare, indeciso o no se entrare e vide un taxi giallo fermarsi di fronte al locale. La portiera si aprì di colpo e una bellissima donna dai capelli biondo scuro uscì dalla vettura, indossando un elegante vestito di un rosso acceso. “Angie?!” esclamò l’uomo, sempre più confuso. “Sono contento che abbia accettato il mio invito a cena” rispose la donna, dandogli un bacio sulla guancia. “Invito a cena? Lei? Ma io…”. “Ho chiesto a Cristobal di reggermi il gioco” lo interruppe subito, chiarendo così i suoi dubbi. “Mh…no, io me ne torno a casa” concluse German, dopo averci pensato un po’ su. Angie lo trattenne per un braccio. “Ma dai, cosa le costa! Una cena e basta, per parlare di Violetta”. Parlare di Violetta. Quello era un buon modo per convincerlo a rimanere, inoltre, dando un’occhiata alle belle gambe della donna, messe in risalto da quel vestito, si rese conto che in fondo non c’era nulla di male. “D’accordo, ma parleremo solo di Violetta” disse German, avviandosi dentro il ristorante, mentre Angie lo seguiva con aria furba. Leon, sappi che un giorno mi dovrai ripagare di tutti i favori, pensò la donna, facendo un lungo sospiro.
Violetta aveva gli occhi lucidi, mentre stritolava sempre di più il cuscino. “Non farlo, non la lasciare…”. La vaschetta di gelato con il cucchiaio era posata sul tavolino. Ma Olga e Roberto, quanto ci mettevano a tornare? Jade era a una cena di beneficienza, e lì poteva rimanere a suo parere. Il campanello suonò all’improvviso, riscuotendola dal torpore. Erano sicuramente Olga e Roberto. Si alzò e si avviò alla porta, aprendola lentamente. Leon fece la sua comparsa, con due enormi pacchi bianchi in mano, e un sorriso smagliante. “Leon?! Ma cosa…” cercò di dire Violetta. Improvvisamente si ricordò di alcuni fatti degni di nota: si stava perdendo il finale del film, ma forse quello tanto degno di nota non era, era in pigiama, e aveva la bocca sporca di gelato. Imbarazzo totale. “Entro?” chiese lui, sulla soglia. “E-entra” balbettò lei, facendogli spazio. Leon poggiò i due pacchi sul tavolo della sala, poi si avvicinò a Violetta e la cinse per i fianchi, guardandola con ardore. “Sorpresa!” disse, facendole la linguaccia. “Dovevi avvertirmi, sono in condizioni pietose” ribatté lei prontamente, offesa. “Naaaah, sei bellissima” la rassicurò, accarezzandole i fianchi sopra il tessuto del pigiama, prima di baciarla rapidamente. Leon cominciò a leccare sensualmente le sue labbra, e si soffermò sugli angoli della bocca, assaporando il gusto del gelato. Si separò con aria soddisfatta. “Cioccolato, pistacchio e zabaione!” esclamò d’un tratto, dopo averci pensato un po’ su. “Indovinato”. “Ti tieni leggera” scherzò il ragazzo, ricevendo un piccolo schiaffo sul petto in tutta risposta. “Ti ho portato questo” disse, prendendo il pacco bianco in cima. “Cos’è?”. “Vai in camera a cambiarti, così mi cambio anch’io, e poi torna giù” le sussurrò all’orecchio, mordendolo affettuosamente. Violetta voleva sapere cosa ci fosse dentro quella scatola così leggera, ma cercò di trattenere la curiosità, almeno fino a quando non fu arrivata in camera sua. Una volta dentro, senza più riuscire a trattenersi posò il pacco sul letto, e tolse il coperchio. Mise la mani davanti alla bocca per lo stupore, mentre una lacrima di felicità scese lungo la guancia. Non poteva averlo fatto davvero. Eppure era lì davanti a lei. Come l’aveva preso? 









NOTA AUTORE: inizialmente il capitolo doveva finire in un altro modo, ma poi ho bellamente cambiato idea (perché avrei dovuto scrivere tutta una scena in mezza pagina e no, la cosa non mi garbava -LOL-). Vabbè niente pippe mentali mie. Comunque con questo finale rimane l'effetto 'chissà che c'è dentro quel pacco', quindi alla fine mi sta bene xD Non vi aspettate contratti matrimoniali o roba del genere xD Comunque...parliamo del capitolo. Violetta l'ha presa meglio del previsto (O.O), o meglio, diciamo che è stanca di arrabbiarsi/disperarsi, quindi vuole prenderla con filosofia. La scena del dario mi piace un sacco (cosechenoninteressanoanessuno). Pooooi, qui, in questo capitolo c'è tanta Leonetta (mi mancavano LOL), quindi ve la fate andare bene ù.ù Durante la gara, Nata stava per cascare nella trappola di Gabriella, ma alla fine Maxi la salva. E la piccola scena Naxi è tenerissima :3 Maxi non si arrende! *incita* Ludmilla è contro Diego a prescindere e la cosa mi fa morire dal ridere xD E poi...passiamo al finale. German viene messo in trappola, accettando un invito di Cristobal, ma si presenta Angie, vestita in modo molto elegante (e German guarda le gambe. German! *lo riprende*). Leon fa una sorpresa a Violetta, in condizioni pietose, ma 'sti cavoli, a Leon piace anche così xD (e così deve essere ù.ù). Sopresa di Leon :D Che teneri comunque :3 Basta, quando penso a loro mi sciolgo, quindi la smetto qui. Ringrazio tutti voi che leggete/recensite/mi volete bene (?? LOL). Davvero, grazie *-* E per quanto riguarda la fine della storia...io spero di riuscire a finire per il capitolo 70, ma non vi assicuro proprio che ce la farò (ci proverò, questo è certo ù.ù). Grazie ancora a tutti, buona lettura! ;D  P.S: mi sono dimenticato. Oggi ai consigli di syontai (LOL, ci faranno un programma tv), se volete leggere una ff Leonetta molto ben scritta (almeno per me lo è), vi consiglio 'Tu eres mi cancion' di fra_piano for ever


 

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Capitolo 66
*** Un segreto per uno ***


Capitolo 66
Un segreto per uno

Il vestito dei suoi diciotto anni era piegato con cura all’interno della scatola, e Violetta lo guardò confusa, non sapendo bene come ne fosse entrato in possesso. Si ricordò della conversazione misteriosa tra sua zia Angie e Leon e capì tutto. Grazie zia, pensò la ragazza prendendo il vestito, poggiandolo sul suo corpo e provandolo su di sé. Era questa la sorpresa di Leon? Senza pensarci due volte si svestì in fretta e indossò l’abito da principessa, lisciandone le pieghe nervosamente. Indossò anche le stesse scarpe della festa e fece per scendere.
Il salone era normale, non c’era nulla di strano. Violetta si fermò al centro della stanza senza riuscire a capire cosa stesse succedendo: Leon era scomparso. “Leon?” lo chiamò a bassa voce, guardandosi intorno. Dalla cucina fece capolino il ragazzo con un vestito verde smeraldo, lo stesso con cui si era presentato alla sua festa, finita non proprio nel migliore dei modi. “Ma si può sapere che cosa stai combinando?” chiese la ragazza. Leon prese il telecomando, lo puntò verso lo stereo e fece partire una melodia calda e soave. “Mi devi ancora un ballo” scherzò, accarezzandole i capelli. Violetta scoppiò a ridere, mentre Leon le cingeva piano la vita e la invitava a ballare. Rimasero a guardarsi negli occhi per delle ore, anche quando la musica fu finita. Le fece fare una piccola giravolta, percorrendo con le mani tutto il suo bacino e fece aderire la schiena della ragazza al suo petto. “Ti è piaciuta la sorpresa?” le sussurrò all’orecchio, tirando fuori qualcosa dalla tasca senza che lei se ne accorgesse. “Si, è stata la più bella sorpresa che potessi farmi” rispose Violetta, sinceramente commossa. “Potevo fare di meglio, ma non volevo esagerare” ironizzò il ragazzo, alzando le spalle. Prima che Violetta potesse voltarsi sentì qualcosa di freddo circondarle il collo, abbassò lo sguardo e vide il ciondolo che le aveva regalato per Natale. Osservò la L e la V mentre una lacrima leggera scese lungo il suo viso. Quella era un simbolo: tutto era tornato come un tempo. Erano di nuovo uniti, e questa volta non avrebbe permesso a nessuno di separarli. Avrebbe coltivato il sentimento d’amore, basandosi sulla completa fiducia. “Leon…” mormorò, non riuscendo a formulare nessun pensiero per l’emozione. “Aspetta!” la fermò Leon facendo uno scatto verso la porta dove si trovavano gli interruttori e spengendo tutte le luce. Ritornò da lei, abbracciandola calorosamente. “Ti ricorda qualcosa?” le chiese, sorridendo. Il salone era illuminato unicamente dal chiarore lunare, quella notte particolarmente intenso. “Non lo so, ci dovrei pensare…” ribatté Violetta, confusa. “Ti do qualche indizio…” la rassicurò, dandole un bacio sulla guancia. “Io…”. Le accarezzò piano i capelli, avvicinandosi lentamente alla sua bocca. “Tu…”. Fece sfiorare maliziosamente le loro labbra, soffiando con leggerezza. “La tua camera…” continuò chiudendo gli occhi, mentre la ragazza faceva lo stesso. “Il buio…”. Con un gesto sicuro, le afferrò la vita, provocandole un brivido. “E questo…” concluse, facendo combaciare le labbra, e dando il via ad un bacio pieno di passione. Improvvisamente le luci si accesero, e i due si separarono subito. “VIOLETTA CASTILLO!” strillò una voce fin troppo nota. Sulla soglia di casa, esterrefatto, con dietro una Angie piuttosto impaurita, German Castillo teneva in mano le chiavi. Le mani gli tremavano per la rabbia, e il volto era paonazzo. Era il momento di chiarire un po’ di cose. Violetta, la sua piccola Violetta, aveva un ragazzo a sua insaputa; e chissà da quanto. Una cosa era certa: in quella casa qualcuno quella notte ci avrebbe rimesso le penne, e sicuramente non sarebbe stato lui.
Maxi sbuffò sonoramente, guardando bramosamente l’uscita dalla sala delle prove. “Nata, la possiamo smettere di provare? Non è passato nemmeno un giorno dall’ultima esibizione”. Nata lo fulminò con lo sguardo. “Nessuno si muoverà finché non avremo ultimato la coreografia” lo rimproverò con sguardo severo. “Ma io sono stanco, ho fame, ho sonno, ho sete…” cominciò a elencare Maxi, per poi mugolare in silenzio qualcos’altro. “Sappi che non mi fai pena per niente” ribatté la spagnola, dopo essersi incantata per un attimo a osservare quella faccia da cucciolo bastonato, che l’aveva fatta innamorare tanto tempo prima. No, l’aveva tradita, lo sapeva, ne era certa. Non certissima, però. Cercò di ripensare alla coreografia, ma si sentiva affaticata, e la testa le girava leggermente. “Che ore sono?” chiese la spagnola, rivolgendosi al suo partner. Maxi si trascinò fino alla sacca sportiva addossata alla parete, e tirò fuori il suo cellulare. Non appena lesse sul display sbiancò. “Allora?” chiese spaventata Nata, temendo il peggio. “Sono le nove! Lo Studio chiude alle otto! Possibile che nessuno si sia affacciato a controllare che ci fossimo?” si interrogò Maxi, dirigendosi all’uscita. Cercò di aprirla, ma la trovò chiusa; si voltò verso la ragazza, e la vide mostrare un mazzo di chiavi con aria colpevole. “Ci avevi chiusi dentro?” esclamò sconvolto. “Io…non volevo…era per poter lavorare senza essere disturbati” mormorò Nata, tremando di fronte alla reazione furiosa di Maxi. “Ma sei impazzita?!”. Si avvicinò, cercando di calmarsi, con i pugni serrati. Leggeva nel suo volto il rimorso, e non intendeva infierire. “Penso che questa cosa la stia prendendo troppo sul serio, non va bene” disse incerto, mentre Nata alzò di scatto lo sguardo, notando che erano improvvisamente vicini. “Io…voglio solo dimostrare a tutti che posso essere la numero uno in qualcosa”. “Ma non sei sola. Lo so che vuoi che tutti ti guardino in modo diverso, e puoi riuscirci; hai talento, sei in gamba, hai il ritmo che ti scorre nelle vene, ma è il momento di lasciarti andare, è il momento di fidarti di me, il tuo partner” spiegò il ragazzo, tendendole la mano, e togliendosi il cappello, mostrando la sua capigliatura riccia. Nata strinse la mano e sorrise piano. Maxi aveva ragione: troppo accecata da ciò che riteneva importante, aveva perso di vista il suo obiettivo.
Prese le chiavi uscirono, ritrovandosi per il corridoio della scuola completamente buio. “Speriamo che non abbiano ancora chiuso” mormorò Maxi, cercando di non perdere del tutto le speranze. Le porte con i lucchetti all’esterno non potevano certo voler dire qualcosa di buono. “Maledizione!” inveì il giovane ballerino, dando un calcio alla porta chiusa e facendosi male al piede. “Ahia” piagnucolò, sedendosi per terra. Cominciò a massaggiarsi il piede, mentre il freddo del pavimento toglieva sensibilità ai muscoli delle gambe. Nata si sedette sulle ginocchia al suo fianco e si strinse forte a lui in un abbraccio caloroso. “Ho paura, Maxi…odio stare al buio” sussurrò la spagnola terrorizzata. “Non devi avere paura, ci sono io, e non me ne vado mica” la rassicurò con una punta di ironia. Rimasero abbracciati per un po’ al buio, finché il silenzio che li circondava non divenne la melodia che li avrebbe cullati, facendoli sprofondare in un sonno profondo.
Angie era dietro German, e tremava per Leon. Ci aveva provato, ci aveva provato davvero in tutti i modi, ma non appena German non ebbe ricevuto risposta chiamando Violetta, si era subito preoccupato, ed era voluto fuggire a casa per controllare. E adesso si trovavano lì con Leon e Violetta presi a baciarsi con un po’ troppa foga. German era rimasto fermo, con le mani che tremavano. Poi aveva cacciato un urlo che fece sobbalzare i due ragazzi, ed ora erano lì in quella situazione di stallo. E come al solito ci era finita in mezzo. Come sempre. E’ l’ultima volta che ti faccio un favore, Leon, pensò la donna scuotendo lentamente la testa. German sembrò impiegarci qualche secondo, ma infine riconobbe Leon, e divenne letteralmente paonazzo per la rabbia e l’imbarazzo. “L-Leon…cosa ci fai qui?” balbettò l’uomo, avanzando attraverso il salone a passo militare. “Mi scusi signore…stavo solo aiutando…Violetta…a…” cercò di temporeggiare il ragazzo, ma ormai era tutto fin troppo chiaro per poter negare. Violetta abbassò lo sguardo per non incontrare quello furioso del padre, e mormorò qualcosa di incomprensibile. “Adesso vorrei parlare da solo con mia figlia” disse German, sconvolto per la presenza del figlio del suo socio in affari. Leon rivolse uno sguardo a Violetta, che annuì come per rassicurarlo. Fece per uscire, ma si fermò sulla soglia trovandosi alla spalle di German. “Non se la prenda con sua figlia, signore. E’ stata solo colpa mia, è stata una mia stupida idea” osservò il giovane, seriamente pentito. Era stato uno sciocco, e per colpa sua Violetta avrebbe potuto subire delle spiacevoli conseguenze. E se le impedisse di vedermi?, si chiese Leon, turbato. Non avrebbe potuto sopportare l’idea di perderla, ora che dopo tanto si erano ritrovati. German fece un gesto con la mano, per fargli capire che aveva detto quel che doveva dire, e ora doveva lasciare quella casa. “Vado anche io allora” disse Angie, seguendo a ruota il giovane. “Dove crede di andare, Angie?” la riprese l’uomo, voltandosi verso di lei. Ecco, sempre nei guai riusciva a finire. Non doveva essere stato difficile per German fare due più due e capire che lei era complice di tutto quel giochetto. “D’accordo, d’accordo, aspetterò in cucina!” esclamò la donna stizzita, alzando le mani al cielo con aria colpevole.
German e Violetta si stavano studiando da un po’, ma nessuno dei due sapeva cosa dire di preciso. “Quindi tu…esci con Leon” esordì German, facendo il finto disinteressato. “Da quando ti importa ciò che mi fa stare bene oppure no?” rispose la giovane Castillo, guardandolo storto. “Mi importa eccome! Soprattutto se il signorino si presenta a casa mia, e si fa trovare in atteggiamenti intimi in modo inopportuno”. “Era un bacio, papà! Un semplice bacio, ed eravamo da soli fino alla tua interruzione” sbottò Violetta. “Un bacio! Un semplice bacio! Lo sai che distanza c’è tra un bacio e…altro? Violetta Castillo, sei in punizione” strillò German. “Papà, non puoi farmi questo. Non ho fatto nulla di male”. “In effetti sua figlia ha ragione!” si intromise Angie, facendo capolino con la sua chioma bionda dalla cucina con un bicchiere d’acqua in mano. “Ma bene, abbiamo l’avvocato difensore adesso” disse German, rivolgendo gli occhi al cielo. Angie posò il bicchiere sul tavolo e si avviò a passo spedito da Violetta, abbracciandola forte. “Non sia retrogrado. Non ha fatto nulla di male, alla fine”. “Ma…non mi ha detto nemmeno di avere un ragazzo. Almeno per questo mi potrò arrabbiare?” chiese German, con un tono leggermente meno sicuro. “Ma ti saresti infuriato! E mi avresti impedito di vedere Leon” rispose Violetta, ancora rifugiata tra le braccia della zia. German si accigliò ma annuì vigorosamente. “Ma certo…”. “Che non l’avrebbe fatto. Vero, German?” lo interruppe Angie, lanciandogli un’occhiataccia. German tossicchiò mentre le parole gli morivano in gola. “C-Certo” esclamò a malincuore. “E allora potrò continuare a vedere Leon?” chiese la ragazza con occhi sognanti. “Assolutamente…” stava per rispondere, ma ancora una volta Angie prese parola al posto suo. “Si” disse con semplicità la donna, mentre Violetta, al settimo cielo corse ad abbracciare il padre. “Grazie, sei il papà migliore del mondo, e prometto di non nasconderti nulla!” esclamò ancora euforica. A parte dello Studio 21, pensò la ragazza, tornando seria. Era il momento giusto per dirglielo. Si, l’avrebbe fatto, o ora o mai più. “Papà, c’è una cosa che devo dirti. Ecco, io…”. Bastava solo dirlo, l’avrebbe perdonata, ne era certa. Il rumore di una serratura fece voltare i tre presenti, e inaspettatamente Jade entrò con passo trionfante. “Tesoro, la festa è stata bellissima!”. “Che ci fa lei qui?” chiese poi, indicando con lo sguardo Angie, passando da solare e spensierata ad acida. La squadrò da capo a piedi con aria di superiorità, chiedendosi il perché di tutta quell’eleganza. “Io stavo per andarmene” se ne uscì Angie, avviandosi verso la porta. “No! Io e lei dobbiamo ancora fare un discorsetto” provò a fermarla German, ma Jade si posizionò davanti a lui, impedendogli ogni movimento. “Vado in camera” sussurrò Violetta, fingendo uno sbadiglio e tornando nella sua stanza. Mentre saliva le scale German la chiamò. “Si?” chiese, facendo finta di essere molto assonnata. “Domani sera invita Leon a cena da noi. Voglio scambiare due parole con lui” disse deciso, ritornando poi a guardare le due donne nella sala che si stavano sfidando con lo sguardo. “Jade, puoi lasciarmi solo con Angie?” la implorò l’uomo, grattandosi il capo impazientemente. “D’accordo, ma solo perché me l’hai chiesto tu!” gracchiò la donna, allontanandosi a passo svelto e salendo al piano di sopra. “Allora, che mi devi dire? Mi vuoi riprendere perché sapevo già tutto? Ebbene si, lo sapevo. Sapevo che Violetta e Leon si frequentavano. Sapevo che stasera sarebbero stati a casa da soli e per questo sono uscita a cena con te. Aspetto la sfuriata, ma prima German, dovresti farti due domande”. “Come mai Violetta ti nasconde parte della sua vita? Non è nella sua natura mentire, la conosco bene, ormai”. “E allora mi illumini con la sua saggezza!” ironizzò l’uomo, mentre sentiva montargli la rabbia. “Se solo scendesse un secondo dal piedistallo si renderebbe conto che Violetta ha paura di lei! Se continua così, invece di un padre sarà solo un carceriere per sua figlia!” esplose la donna. Lei conosceva sia il segreto di German, sia quello di Violetta, e non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. Sentiva la testa scoppiare, e aveva bisogno di liberare tutta la frustrazione per la situazione che stava indirettamente vivendo. “Questo non lo doveva dire…” mormorò German, colpito a turbato. “Io non sarò mai un padre per Violetta, non lo sarò mai” sussurrò l’uomo, sedendosi sul divano e prendendosi il viso tra le mani. “Mi dispiace, non volevo” si scusò la donna, rimanendo in piedi senza sapere come agire. “Non importa. Adesso voglio stare da solo” esclamò German, alzando per un secondo lo sguardo e incrociando quello sofferente di Angie.
Finalmente era arrivato il tanto atteso silenzio. La sala era vuota e poteva riflettere in pace; quella sera era stata troppo movimentata per i suoi gusti. Non voleva nemmeno alzarsi e mettersi a letto. Si stese sul divano con gli occhi chiusi e cercò di prendere sonno inutilmente. Leon, Angie, Violetta. Angie. Le parole di Angie rimbombavano tra la pareti di quella casa, angosciandolo come non mai. Va tutto bene, German, tu non sei il padre di Violetta. Tutto bene un corno. Cosa aveva fatto di male per meritarsi qualcosa del genere? Risposta da un milione di dollari: nulla. Ma lui era German Castillo, l’uomo che non si era arreso neppure di fronte al famoso terremoto che aveva distrutto le sue costruzioni, gettando fango sulla sua impresa. Era sempre stato forte e determinato. C’era qualcosa che voleva fare, qualcosa che doveva fare. Perché lui credeva a tutto, ma voleva delle prove più concrete, non si affidava al primo tentativo. Prese il telefono e scrisse un messaggio che poi inviò a Cristobal. ‘Voglio fare un secondo test. Andremo in una clinica privata, e nessuno ne verrà a conoscenza. Ti prego di esaudire questo mio desiderio. German’. Doveva ancora nascere il test che avrebbe fermato German Castillo.
Violetta si chiuse in camera, quando ricevette una chiamata di Leon. “Allora, come è andata?”. La voce di Leon era in preda all’ansia più totale. “Bene. Stranamente sono riuscita ad evitare la reclusione, e mio padre ti ha più o meno accettato. Tutto grazie ad Angie” spiegò, cercando di contenere la sua euforia. Un urlo dall’altra parte le fece capire che la notizia era più che gradita. “Davvero?! Ma è fantastico! Non dovrò più fare finta di essere un criminale quando ti vedo” esclamò Leon. “Ehm…si, ma domani sei invitato a cena da noi domani. Tu, io e papà”. Leon deglutì e rimase in silenzio. German avrebbe potuto spaventare chiunque, ma quello era l’ultimo ostacolo da superare per poter stare con Violetta del tutto alla luce del sole, quindi l’avrebbe fatto. “D-D’accordo” balbettò in tutta risposta, mentre sentiva le mani tremargli. “Se non vuoi, dico a papà che hai qualche impegno…” propose la ragazza, intuendo l’agitazione del suo fidanzato. “N-no, ci sarò, insomma è solo una cena, no?!” disse, ridendo nervosamente. Solo una cena. Una cena in cui avrebbe affrontato il più temibile dei padri iperprotettivi. Ma ce l’avrebbe fatta; certo, come no… 










NOTA AUTORE: Perdonatemi per il mio imperdonabila ritardo, diciamo che ho avuto problemi di vario genere. Tra parentesi comunicazione di servizio: momentaneamente sarà interrotta 'Amore Impossibile' (ma la riprenderò ;D Non ho intenzione di lasciarla inconclusa ù.ù Consideratela una fine prima parte ù.ù), perché ho iniziato a pubblicare una nuova ff dal titolo
"Cuori, quadri, fiori, picche: welcome to Wonderland", che è una storia molto particolare che a me piace un sacco, e parla del Paese delle Meraviglie diviso in 4 regni e di una storia d'amore moooolto particolare (ovviamente Leonetta xD). Ma adesso passiamo al capitolo. Leon e Violetta sono stati scoperti (ma il momento Leonetta iniziale è così jdbjkhewdf *-*), e niente, con German si finisce in parità xD Lo scontro Leon-German è solo rimandato! Maxi e Nata sono rimasti chiusi dentro lo Studio 21, per l'eccessiva serietà di Nata, che forse adesso rinasavirà grazie al suo partner. Che cuccioli che sono :3 Ma anche i Leonetta in questo capitolo non hanno scherzato...penso che nel prossimo vedremo un po' di Diemilla, ma ancora non lo so xD Grazie a tutti voi che mi seguite, buona lettura, e alla prossima ;D 

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Capitolo 67
*** Gelosia? Provocazione? O forse solo amore? ***


Capitolo 67
Gelosia? Provocazione? O forse solo amore?

Francesca era arrivata prima quella mattina, e di tanto in tanto buttava l’occhio sull’orologio che portava al polso, aspettando che Stefan si muovesse a raggiungerla. Quel giorno avrebbe avuto inizio la loro scommessa, e ovviamente non aveva intenzione di perderla. Il piazzale era completamente deserto e la cosa le dava altamente sui nervi; il silenzio la inquietava, forse per questo amava così tanto parlare. L’unica persona di cui poteva apprezzare il silenzio era Stefan; con lui bastava anche solo uno sguardo e tutto andava per il verso giusto. La sua ansia e la sua iperattività scomparivano, e si sentiva tranquilla, in pace con il resto del mondo. Ma stare da sola non era lo stesso. Diede un’ultima occhiata all’orologio quindi si diresse allo Studio; non appena fu entrata le si parò davanti uno spettacolo dolcissimo e comico allo stesso tempo. Il bidello, ancora con le chiavi nella mano sinistra, e con una scopa nella destra dava dei leggeri colpetti a Nata e Maxi, beatamente addormentati e abbracciati. La giacca rossa del ragazzo copriva entrambi dagli spifferi, e Francesca soffocò qualche risatina, mentre Nata lentamente apriva gli occhi, nel percepire la luce del sole. La prima cosa che vide fu la scopa del custode vicino al suo viso, e subito si mise seduta disgustata. “Ma cosa…cosa ci fate qui?” chiese poi, diventando rossa fino alle punte dei capelli ricci. “Nata…” mormorò Maxi, vicino a lei, stiracchiandosi per bene. Francesca a quel punto non ce la fece più e scoppiò a ridere, indicandoli. “Che ti ridi?!” la riprese Maxi, scocciato, poi si voltò e vide il custode che li guardava con rimprovero. “Volevo dire…mi scusi, solo che siamo rimasti chiusi dentro…” provò a spiegare il ragazzo, ma l’anziano signore fece un gesto stizzito con la mano. “Non esiste più la decenza neppure nelle scuole, ormai! E alzatevi, che devo pulire” sbraitò, agitando la scopa. “Non una parola su quello che è successo!” esclamò Maxi, di fronte a una Francesca con le lacrime agli occhi per il ridere, mentre Nata, ancora completamente imbarazzata, era fuggita via.
Violetta arrivò allo Studio prima del solito per poter parlare con Leon. L’altra sera aveva sentito il suo tono di voce ed aveva capito che era sotto pressione: non si aspettava un incontro con German, non così presto, almeno. Lo vide in lontananza parlottare con il suo migliore amico, Andres. “Capisci, amico? Non so come comportarmi…insomma, stiamo parlando di German, che mi stava per sbranare anche solo per un bacio” sbottò Leon all’amico, assumendo un’aria depressa e sedendosi sul muretto vicino la scuola. “Pensa se sapesse che cos’altro avete fatto” sghignazzò Andres, beccandosi un’occhiataccia. “Non peggiorare la situazione. E’ già abbastanza tragica…e poi non posso dire a Violetta che ho paura del padre. Mi prenderebbe per un coniglio” rifletté Leon, portandosi la mani sui capelli, in preda ad un attacco di panico. “Farebbe anche bene…” continuò Andres, sedendosi affianco, e posando una mano sulla sua spalla. “No, ma grazie!”. “Ok, guardiamo tutto sotto un altro punto di vista…a te piace Violetta, giusto?”. Leon alzò un sopracciglio irritato: “Se è per questo io so di amarla, ma non vedo questo come mi dovrebbe aiutare. E poi che c’entra!”. L’amico si alzò in piedi: “E allora dov’è il problema? Hai paura del padre? Sicuro?”. “Si…o meglio no, non proprio. E se mi impedisse di vedere Violetta? Io non potrei accettarlo…” mormorò Leon, affranto. “Pensi davvero che Violetta non lotterebbe affinché non accada? Leon, devi avere più fiducia nella tua ragazza e nel legame che vi lega. Violetta non è più una bambina, lei lotterebbe per te, come ha fatto per entrare allo Studio” rispose Andres, mostrando un’inaspettata saggezza che sorprese persino il suo amico. “Forse hai ragione…” balbettò Leon. “Certo che ha ragione!” esclamò una voce alle sue spalle, facendolo letteralmente saltare in piedi. “Violetta!” strillò lui, per la sorpresa. “H-hai sentito tutto?” chiese poi, abbassando lo sguardo. “Io vado, ciao!” si defilò Andres, ridacchiando tra sé e sé e complimentandosi per la sua spiccata e improvvisa intelligenza.
“Si, Leon, ho sentito tutto” disse Violetta, mettendosi seduta sul muretto e prendendogli la mano. “Mi dispiace, sono un codardo” si scusò Leon, sedendosi al suo fianco, con lo sguardo rivolto verso terra. La ragazza gli accarezzò la guancia: “Non sei un codardo. A volte fa bene avere paura, anche se si tratta di mio padre”. “Però ha ragione Andres. Dopo tutto quello che è successo, io sono cambiata, non sono più la stessa. Ho imparato a combattere per quello in cui credo, e siete stati tu, Francesca, Angie e tutti voi a insegnarmelo. E io combatterei altre cento volte per te, Leon” concluse Violetta, dandogli un bacio sulla guancia. “Non sei l’unica ad essere cambiata” esclamò Leon, alzando di scatto lo sguardo, e fissandola intensamente. “Anche io lo sono. Ero solo un egoista, e invece adesso...”. “Al tuo fianco sento di poter fare tutto” sussurrò stampandole un dolce bacio sulle labbra. I due si sorrisero e continuarono a sussurrarsi parole dolci, scambiandosi di tanto in tanto qualche altro bacio.
Proprio in quel momento di massima dolcezza, in cui si erano estraniati dal mondo esterno sentirono qualcuno tossicchiare vicino a loro. Violetta si voltò e vide Stefan rivolgergli uno sguardo intenerito, ma comunque severo. “Che c’è?” chiese Leon, infastidito da quell’interruzione. Per quanto ora le cose andassero bene, rimaneva infastidito dalla confidenza che la sua ragazza aveva con Stefan, e non riusciva a contenere la sua gelosia. “Mi serve Violetta” spiegò Stefan, come se fosse la cosa più normale del mondo. “Cosa?!” esclamò il giovane messicano, scattando in piedi, e serrando i pugni. Stefan intuì subito la pericolosità della situazione, quindi si affrettò a dare spiegazioni: “Mi serve perché deve provare con Federico, non farti strane idee, Leon”. Leon lo guardò un po’ storto, ma poi sembrò calmarsi di colpo, non appena avvertì la mano di Violetta sulla sua spalla. La ragazza era confusa: come mai a Stefan interessavano i suoi allenamenti per la finale? “Non capisco. Perché ti interessa tanto?”. “Ho fatto una scommessa con Francesca. Io punto tutto sulla vostra vittoria, mentre lei punta su Maxi e Nata” spiegò il ragazzo, con un sorriso di sfida. Non sembrava, ma lui amava le sfide sopra ogni cosa; questo suo aspetto lo aveva in comune con l’italiana, e piuttosto che perdere si sarebbe prostrato ai piedi di Leon, implorandogli di farla provare con Federico ventiquattro ore su ventiquattro. “Quindi Francesca non mi appoggia?” chiese Violetta, sconvolta. Stefan da divertito si fece spaventato: inconsapevolmente aveva causato un bel disastro. Adesso le due avrebbero sicuramente finito per litigare. Doveva rimediare: “Beh, no, in realtà…in realtà, lei tifa per te! Però dovevamo ognuno motivare una squadra diversa per la sfida, e io ci tenevo tanto a motivarti!”. “Ehi, amico, motiva qualcun altro!” sbottò Leon, incrociando le braccia e guardandolo con disprezzo. “Calma, Leon” esclamò Violetta, arrossendo fino alla punta delle orecchie; anche se le scene di gelosia del suo ragazzo la lusingavano da morire, quello non le sembrava né il luogo né il momento adatto. “Beh, allora ti lascio solo con il tuo motivatore, visto che hai tanta voglia di stare con lui!” disse irritato, entrando nello Studio. Violetta rimase con la bocca aperta nel tentativo di ribattere, ma ormai il ragazzo si era già allontanato in fretta e furia. “Vedrai che gli passerà presto. Sei pronta per provare?” chiese Stefan con un falso sorriso ottimista. Lo sguardo omicida di Violetta fu molto significativo. “Al diavolo la sfida! Vacci a parlare” si arrese Stefan, alzando le mani, e allontanandosi. Violetta si morse il labbro inferiore: doveva parlare con Leon. Ma dove trovarlo?
Ludmilla avanzava sicura di sé per il corridoio: ora che Gabriella era stata eliminata ed era riuscita a neutralizzarla, si sentiva nuovamente la regina dello Studio. E il suo regno era destinato a durare per sempre. Un tempo al suo fianco c’era Leon, lo ricordava bene, ma adesso…si sentiva stranamente sola. L’hai scelto tu stessa, Ludmilla, si disse in tono di rimprovero. Non la smetteva di essere dura con se stessa, per non cedere al sentimento che stava iniziando a sentire per qualcuno, l’ultima persona che avrebbe voluto considerare. “Ludmilla” gli sussurrò qualcuno all’orecchio, mentre era intenta a sistemare i suoi quaderni rosa scintillanti nell’armadietto. La ragazza si voltò e si trovò ad un soffio dal volto di Diego, con lo sguardo che scintillava diabolico. “Dieguccio” esclamò ironica la bionda, scostandolo con un ampio gesto della mano e avviandosi nell’aula degli strumenti per la lezione di Beto. Lo spagnolo la afferrò per il braccio: “Non è bello che ogni volta ti debba fermare così”. “E non è bello che tu insista così tanto” lo riprese in tutta risposta, rifiutandosi di guardarlo. “Insisto solo per le cose che mi interessano, bella” ribatté con un ghigno soddisfatto il ragazzo, senza allentare affatto la presa. Ludmilla si voltò di scatto, facendo ondeggiare la sua chioma bionda, nel tentativo di tenergli testa. Sfida inutile e persa in partenza: gli occhi di Diego scurissimi e quasi socchiusi, si espandevano come una macchia di petrolio nei suoi, che si dilatavano per lo stupore. “Molla la presa, se non vuoi il bis con il piede” disse, indicando con lo sguardo i piedi di Diego, e alludendo a uno dei loro ultimi incontri. “Se accetti un invito a cena” propose Diego, avvicinandosi pericolosamente. “E se non volessi?”. “Beh, potremmo passare molto tempo così, e non mi sembri molto a tuo agio” la provocò con un sorrisetto irritante. Ludmilla cercò di divincolarsi dalla presa, ma non voleva rischiare di spezzarsi un’unghia: aveva una reputazione da mantenere. “D’accordo” cedette dopo vari tentativi, sbuffando lievemente. Diego le mollò il braccio, con un’espressione trionfante. “Passo alle 20. Vestiti carina: devi essere all’altezza” ghignò. Ludmilla alzò il sopracciglio: “Ludmilla è sempre all’altezza. E poi all’altezza di cosa? Dell’esclusivo ristorante a cui mi porterai?”. “Quella è una sorpresa. Ma io dicevo di vestirti alla mia altezza” colpì Diego, sicuro che Ludmilla a quel punto sarebbe scoppiata. La ragazza si mantenne stranamente calma, ma strinse così forte i pugni che temeva di potersi ferire con le sue stesse unghie; sapeva che la voleva provocare, ma lei non avrebbe ceduto facilmente: lei aveva classe, aveva stile, e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. “Ti dico solo una cosa: mettiti degli occhiali da sole perché potresti rimanere abbagliato dalla mia luce” sibilò Ludmilla, con sguardo furbo, prima di dirigersi alle lezione di Beto. Diego la guardò allontanarsi colpito: era davvero un osso duro. Ma la sfida era appena iniziata, e lui non era tipo da arrendersi molto facilmente.
Angie era andata in cucina, approfittando dell’assenza di Olga, per bere un bicchiere d’acqua. In un modo o nell’altro finiva sempre dentro quella casa; fissò le chiavi che le erano state date quando era stata assunta. Più e più volte aveva pensato di restituirle a German, ma al momento opportuno le mancava il coraggio. Poggiò le cartelline che era venuta a recuperare e si avvicinò al rubinetto con un bicchiere preso dalla credenza. Il riflesso metallico del suo viso stanco e segnato la fece rabbrividire. Che fine aveva fatto la solare e allegra insegnante dello Studio 21? Non c’era più, al suo posto vi era una donna distrutta, segnata dal dolore, perché aveva perso la sua famiglia. Il fantasma di Maria si aggirava nella casa, e sembrava divertirsi a procurarle tutta quella sofferenza. Lei voleva bene a sua sorella, ma quel pezzo del passato che le aveva nascosto e che aveva faticato tanto a ricostruire gravava come una maledizione. Sorseggiò lentamente l’acqua, lasciandola fluire nella sua bocca, come per purificarsi da qualcosa. Il suo arrivo aveva portato a galla qualcosa che tutti stavano cercando di dimenticare. Sei una stupida, pensò, riafferrando le sue cartelline, e preparandosi per lasciare nuovamente quella casa.
La porta della casa sbatté con forza, e German fece il suo ingresso. Ogni giorno era sempre più stanco. “Jade” mormorò come saluto generale alla ricerca della donna che in questo periodo sapeva di aver trascurato. C’era qualcosa di importante che stava capendo: in questo momento di difficoltà non voleva vederla. Ed era strano, troppo strano; in amore la persona amata è l’appiglio a cui rivolgersi, e invece lui la evitava. Voleva parlarle, perché sentiva di dover ricominciare tutto da capo, aveva capito che in fondo quella che sentiva per Jade era solo pietà. Pietà, pure e semplice pietà. Non appena ebbe mosso un passo, riconobbe Angie che cercava di non farsi sentire, di schiena. “Signorina Angeles” salutò freddamente. La donna si raggelò, come se le avessero messo una quantità indefinita di cubetti di ghiaccio lungo la schiena, quindi si voltò a rallentatore. “Cosa ci fa qui?” chiese duro. “Sono venuta a prendere alcune cose e…”. “Chi le ha aperto?” la interruppe subito, sospirando. Angie non disse nulla, ma fece dondolare e tintinnare le chiavi della casa. Si affrettò a dare spiegazioni: “Gliele volevo restituire, glielo giuro, ma…”. German non disse nulla, solo le strappò le chiavi di mano, avvicinandosi a passo svelto. Si bloccò davanti a lei a fissarla: quegli occhi verde smeraldo lo facevano sentire fin troppo vulnerabile, e in quel periodo succedeva già fin troppo spesso. “Può andare adesso”
‘German la guardava con un misto di tristezza e malinconia: “La prego non se ne vada”. Angie rimase sorpresa da quel gesto così disperato, che non si addiceva alla personalità dell’uomo. Annuì piano e poi si risedette, tenendogli la mano e lasciandolo sfogare. Quando si staccarono German non riuscì a resistere e, lasciandosi trasportare dal momento, la baciò dolcemente.’
Perché quel flashback? Perché quei ricordi? Non voleva saperlo, ma d’un tratto Angie si fiondò tra le sue braccia stritolandolo e abbandonandosi ad un pianto disperato. German non sapeva che fare: molto lentamente, quasi non ci credesse, cominciò ad accarezzarle i capelli, intimorito. “E’ stata tutta colpa mia. Tutto questo è successo per colpa mia! Se non avessi voluto a tutti i costi saperne di più…” continuò a singhiozzare la donna, appoggiando il capo sul petto largo dell’uomo. “Non è colpa sua, è colpa mia, che per proteggere Violetta non ho mai considerato il bisogno che la verità venisse a galla” la rassicurò mentre anche i suoi occhi diventavano lentamente lucidi. Non riusciva a pensare, non sapeva che fare, ma in quel momento solo una cosa lo avrebbe fatto sentire meglio. Prese il viso di Angie tra le mani e la baciò con impeto e necessità. E finalmente, dopo tanto tempo, dopo tanta sofferenza, riuscì a trovare quella pace, quella sicurezza di cui aveva bisogno. Inizialmente Angie sgranò gli occhi: che fine aveva fatto l’odio dell’uomo nei suoi confronti? Era tutto sbagliato, lei era la sorella di Maria, aveva mentito. E allora perché quel bacio? Ma non riuscì a rispondersi, perché in quel momento non poté far altro che ricambiare con la stessa intensità, forse anche con più passione. Dal piano superiore, affacciata sul salone, Jade osservava la scena rossa di rabbia. Non poteva essere tutto finito: il suo piano non poteva davvero crollare come se nulla fosse. Si ricordò di una cosa, quindi si intrufolò nella stanza del compagno e prese una lettera dal comodino: la lettera in cui c’era scritto che non era lui il padre di Violetta. “Vedremo come ti sentirai German, quando perderai la persona che più ami, quando la sentirai urlare il suo odio per te. Perché la cara Violetta ha diritto di sapere la verità” ghignò con aria innocente la donna, per poi andarsene sventolando quella busta. Quel pezzo di carta avrebbe creato una frattura tra German e Violetta che nessuno, nemmeno Angie, avrebbe potuto riparare, ed era proprio ciò che voleva.
Violetta l’aveva cercato ovunque, ma di Leon non c’era alcuna traccia. Stava cominciando a preoccuparsi; la paura di perderlo per una sciocchezza era ormai all’ordine del giorno, ma sperava non dovesse mai succedere. Perché Leon era così ostinatamente geloso? Non lo sapeva, ma lo amava anche per quello, doveva ammetterlo. La sua gelosia era solo un altro modo per dimostrarle che l’amava, e lei lo apprezzava molto, ma…Stefan era un amico, e avrebbe dovuto imparare a contenersi. Finalmente intravide all’esterno dell’edificio Leon che si avviava da qualche parte. Senza farsi notare lo seguì: voleva capire dove stesse andando. Nella mano destra teneva un frullato che stringeva nervosamente. Intravedendo la parete esterna della scuola Violetta cominciò ad intuire: era il luogo dove lei e Leon a volte si appartavano, soprattutto prima di lasciarsi. Lo vide fermarsi e sedersi a terra incrociando le gambe. Si sentiva solo il rumore della cannuccia succhiata con forza in quel silenzio. Violetta si mise in ginocchio dietro di lui: Leon era troppo preso dall’ascoltare la musica nelle cuffiette per accorgersene. In uno slancio lo abbracciò da dietro facendogli prendere un colpo. Il ragazzo si sfilò le cuffiette mettendo in pausa la musica e appoggiò il frullato a terra, voltandosi verso Violetta, e guardandola con lo sguardo ferito. “Non ti trovavo” sussurrò lei all’orecchio lasciandogli un piccolo bacio. “Non volevo essere trovato…” rispose Leon, innervosito da quel gesto, sospirando però di piacere. “Leon, non puoi arrabbiarti per una cosa del genere. E’ solo Stefan e…” cominciò a parlare, ma Leon senza più riuscire a resistere a quella vicinanza la baciò impetuosamente, attirandola a sé e stendendosi lentamente sul manto erboso. “Che ci vuoi fare, sono uno sciocco, non cambierò mai” esclamò Leon, sorridendole, mentre Violetta gli accarezzava la guancia, completamente distesa su di lui. “Sei solo un gelosone!” scherzò lei, dandogli un bacio sulla punta del naso. Leon la avvolse in un caloroso abbraccio, e si lasciò coccolare ancora un altro po’. “Lo sai che non mi piace quel tipo…Stefan” disse, facendosi improvvisamente serio. “Beh, dovrai fartelo piacere, perché è un amico” sussurrò con dolcezza. “Mh…ci penserò” disse, con aria seria, per poi baciarla nuovamente. Violetta poggiò una mano sul suo petto, per allontanarsi, con le guance rossissime. “Io ti amo, e avevo paura di perderti per questa sciocchezza, e non l’avrei potuto sopportare”. Leon le accarezzò i capelli, incantato, quindi si decise a dire qualcosa: “Non mi perderai mai. Ero solo nervoso tutto qui, anche per la questione della cena di stasera”. “Anche io ti amo” aggiunse subito dopo, stampandole un bacio sulla guancia. “Tu hai lezione?” chiese Leon. “No, e tu?”. “Nemmeno” rispose con un fil di voce. “Allora possiamo rimanere così un altro po’” propose, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dall’amore che sentiva per quella ragazza. La prima ragazza per cui era disposto a lottare fino in fondo. E forse anche l’unica. 






NOTA AUTORE: Non aggiorna questa ff da un'era e mi sento una brutta persona per questo ç.ç *piange in silenzio* Comuuuuunque, in realtà st un po' meditando su come far finire la ff, considerando il fatto che vorrei fare un sequel molto più in là...quindi boh, per ora sono qui e vi chiedo umilmente perdono, perché nessuno si merita di dover aspettare così tanto per leggere una storia, vi ho mancati di rispetto e per questo chiedo scusa. Deeeetto ciò, oltra a scusarmi parlo un pochino del capitolo. Allora, per ora tra Maxi e Nata nessuna novità. Mi sa che nemmeno hanno capito se stanno insieme o no xD Leon è nervoso in questo periodo, ma rimane il dolcissimo Leon che si scusa per la sua gelosia, anche se Stefan non gli andrà mai a genio, e pazienza...come sono cuccioli comunque quei due *sclera* Detto ciò, veniamo alle questioni serie: Diego e Ludmilla hanno un appuntamento (LOL), e tra Angie e German è scoccata la scintilla *-* Il problema ora è solo uno e si chiama Jade, che non ha intenzione di stare con le mani in mano, anzi...terribile vendetta! Chissà che succederà :O Violetta scoprirà la falsa verità, oppure no? Lo scopriremo solo più in là :O Grazie a tutti voi che mi seguite, e grazie per non aver abbandonato la storia...*O* Grazie davvero di tutto, e alla prossima ;D 

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Capitolo 68
*** Pizza e Caviale ***


Capitolo 68
Pizza e caviale

Angie si separò di scatto e cominciò a guardarsi intorno terrorizzata. “Che succede?” chiese German, sorridendo teneramente, e sfiorandole la guancia arrossata con le labbra. “Sei impazzito?!” esclamò Angie, turbata da quel contatto. “Pensa se qualcuno dovesse vederci: Olga, Violetta, o, peggio ancora, Jade!” esclamò, cercando comunque di tenere basso il tono di voce. “Che vuoi che sia? Tanto prima o poi lo sapranno tutti di quello che c’è tra di noi” mormorò l’uomo, senza desistere e prendendo la donna per i fianchi, nel tentativo di baciare nuovamente la bionda istitutrice, la quale, molto abilmente, riuscì a deviare la traiettoria del bacio lungo la guancia. “Due ore fa eri arrabbiato con me e adesso te ne esci in questo modo?” sibilò, senza però riuscire a sottrarsi alle carezze che German le stava facendo, percorrendo con calma la sua schiena, e provocandole mille brividi. “Basta!” sussurrò poi con gli occhi ridotti a due fessure. German si staccò a malincuore, ma continuò a guardarla ammiccando. Quel sorrisetto vittorioso le dava sui nervi; era sempre il solito German, ma il suo cuore era sollevato. Non doveva più nascondere i suoi sentimenti, ora che era sicura di quello che provava l’uomo. “E non fare quel sorrisetto, che mi da sui nervi” esclamò, incrociando le braccia e sbuffando. “Io lascerò Jade. E voglio che torni a vivere in questa casa” rispose German, prendendole le mani, e guardandola dritto negli occhi, serio. Angie si morse il labbro come una bambina. Doveva fidarsi? Avrebbe davvero lasciato Jade, sua compagna da ormai parecchio tempo, solo per un’infatuazione che sarebbe potuta finire in poco meno di qualche settimana? Odiava trovarsi di fronte a quelle scelte. Era come quando tutto era iniziato: lei di fronte al campanello di casa Castillo, indecisa se suonare o no, perché quel gesto avrebbe cambiato per sempre la sua vita, lo sapeva bene. Adesso non c’era un campanello, non un semplice oggetto inanimato, adesso di fronte a lei, c’era un uomo. La paura che la invadeva non le permetteva di dire nulla; provò ad aprire bocca, ma non ne uscì alcun suono. “Non ti fidi di me?” chiese German, intuendo i suoi pensieri. La donna chiuse per un secondo gli occhi, quindi li riaprì e cercò di mostrarsi il più determinata possibile: “Non è che non mi fidi, ma cerca di capirmi. Tu stai per sposarti. E io non voglio essere la causa della fine di quella che potrebbe essere una coppia felice”. “Io…” cercò di rispondere l’altro, ma sapeva che i dubbi di Angie erano più che fondati, e comprendeva il suo senso di colpa. “Poi io sono la sorella di Maria, e…mi sembra tutto sbagliato” continuò la donna, abbassando lo sguardo. Non riusciva a guardarlo negli occhi, sapeva che gli stava facendo del male. Si stavano facendo del male, in verità. Ma doveva dirgli tutto, doveva concludere quel discorso e ammettere quel che sentiva: “Io sento qualcosa di profondo per te, German, qualcosa che non posso cancellare, per quanto io ci abbia provato. Ho tanta paura, ma sono pronta a correre il rischio. Ti chiedo solo una cosa, però: voglio che tu sia sicuro dei tuoi sentimenti. Fino ad allora, meno ci vediamo meglio è. Quindi la mia risposta è no, non sono ancora pronta a tornare in questa casa. Dipenderà tutto da te, dalla tua scelta”. German non si aspettava quel discorso così profondo, ma semplice allo stesso tempo. Aveva ragione su tutto, aveva perfettamente ragione. Come al solito lui si era dimostrato quello fragile, che cedeva ad ogni minimo istinto, mentre lei era la donna matura, che lo riprendeva. “Hai ragione. Non dovrai aspettare a lungo, capisco tutto” esclamò avvicinandosi alla donna e posando le mani sulle sua braccia esili. Angie rialzò lo sguardo confusa, e i due si persero per qualche secondo a fissarsi, curiosi di sapere cosa l’altro stesse pensando in quel preciso istante. “Sarà meglio che vada” sussurrò, quando si rese conto che erano fin troppo vicini. “Io, veramente…” provò a fermarla German, ma in quel preciso istante irruppe Olga con le buste della spesa sbuffando, e lamentandosi del caldo. “Se poi almeno Roberto fosse un cavaliere e mi accompagnasse con l’automobile” borbottò tra sé e sè, posando le buste a terra, e passandosi la mano sulla fronte sudata. Non appena rialzò lo sguardo vide il suo capo e Angie, l’istitutrice della sua adorata Violetta, molto vicini. Troppo vicini. L’allarme pettegolezzo insito nella sua natura suonò alla velocità della luce, e i suoi occhietti cominciarono a muoversi dall’uno all’altro come se fossero dei piccoli fulmini. “Ho interrotto qualcosa?” esordì maliziosamente. Angie arrossì di botto e si separò da quel contatto così desiderato, ma anche così sbagliato. “Ma le pare? Io stavo giusto per andarmene” rispose l’istitutrice con il capo chino mentre fuggiva nuovamente da quella casa, che, dovette ammetterlo, non smetteva mai di riservarle sorprese. “Beh, lei, German, avrà comunque qualcosa da dire a tal proposito” esclamò la domestica, guardando l’uomo con un sorrisetto. “Lei è davvero un’impicciona! Vado nel mio studio, e gradirei non essere disturbato” ribatté secco l’altro, andando a passo veloce nel suo ritrovo, e sbattendo la porta con forza. “Qui nessuno dice niente alla povera Olga” si stizzì la donna, riprendendo le buste della spesa, e dirigendosi nel suo regno, la cucina, l’unico posto in cui si sentiva apprezzata.
Erano le 20 e 15. Nemmeno in orario sapeva essere quel buono a nulla. Ludmilla, spazientita, ripose il cellulare nella borsetta lilla, che ballonzolava qua e là, seguendo la sua padrona che faceva avanti e indietro per la stanza. Ci aveva messo un’ora e mezzo per prepararsi dignitosamente e rimanere in orario allo stesso tempo, pensando che non avrebbe gradito un ritardo, e invece quello in ritardo era proprio Diego. Per un secondo temette che non sarebbe venuto: tutta quella preparazione per niente, tutta quell’attesa per un’amara delusione. Si ricordò di quando all’inizio dell’anno a Maria fosse successa una cosa simile con Ricardo. E in effetti Diego e Ricardo caratterialmente si assomigliavano molto. E se la volesse usare per far ingelosire Violetta? Forse era meglio se non si fosse presentato, meglio per lei. In fondo non lo sopportava, no? Doveva smetterla di farsi tutte quelle domande, e mostrarsi così insicura. Non era da lei, non lo era mai stato. Si sedette su una poltroncina del salotto, accavallando le gambe, e sistemandosi la gonna elegante, non troppo corta. Se doveva andare in un ristorante di classe voleva fare almeno bella figura; tirò fuori lo specchietto e si controllò il trucco per l’ennesima volta. Si sorrise: era perfetta, come sempre. Il citofono suonò distogliendola dal pensiero della sua bellezza. Non che ne avesse bisogno: già sapeva di essere la perfezione scesa in terra. “Pronto?” rispose fingendosi assonnata. “Pronto, Ludmilla?” esclamò la voce dall’altra parte. Diego: un nome, una condanna, ecco cos’era. “Ora scendo” disse, sbadigliando, come se la sua presenza non le avesse provocato nulla, ma non appena attaccò sfrecciò per la sala, sistemandosi un’altra volta, per essere sicura di fare bella figura. Afferrò le chiavi, le mise nella borsetta e si preparò per uscire. In casa non c’era nessuno, come sempre, quindi si limitò a spengere tutte le luci, prima di tirarsi la porta dietro di sé. Sperava solamente che quella tortura finisse presto, anzi no, prestissimo.
Leon era più teso di una corda di violino, anzi di violoncello. La camicia andava bene? Si era sbottonato solo il primo bottone, ma temeva che German lo interpretasse come un segno di sfacciataggine nei suoi confronti. Un maglione, doveva mettersi un maglione, di quelli con il collo altissimo per evitare ogni problema. Si avvicinò alla cassapanca e cominciò a lanciare felpe e maglioni per aria in cerca di quello giusto. Arianna entrò nella stanza, beccandosi un paio di boxeur invernali in piena faccia. “Bleah” esclamò schifata, togliendosi quell’indumento e lanciandolo a chilometri di distanza. “Si può sapere che succede? Sembra che sia scoppiata una guerra qui dentro”. Leon si alzò terrorizzato e strinse le spalle della sorella, scuotendola vigorosamente: “Mi disintegra, mi uccide, ne sono sicuro!”. “Leon, vedi di calmarti” cercò di tranquillizzarlo, sedendosi sul letto e facendogli cenno di mettersi accanto a lui. “Lui non mi accetterà mai! Ne sono sicuro. In fondo ho qualche qualità particolare? Frequento una scuola di ballo e canto, non studio mica roba come economia, come magari preferirebbe German” sbuffò rassegnato. “Ma una cosa: tu devi piacere a German o a Violetta? No, perché questa di German sta diventando una vera e propria ossessione. Leon, non perdere di vista quello che realmente vuoi” disse Arianna, prendendogli la mano. Il ragazzo sospirò: “Hai ragione, solo che…ci tengo a lei. E non voglio rischiare di perderla per una sciocchezza come questa”. “Tu non la perderai, ti ama troppo per lasciarti andare, e se te lo dice tua sorella puoi fidarti. E poi, parlandoci chiaro: un figo come te dove lo trova?” rise la giovane Vargas, facendogli la linguaccia e abbracciandolo di scatto. Leon scoppiò a ridere insieme a lei, e pensò che forse aveva ragione, forse si faceva tanti problemi per nulla.
“Siamo arrivati?” chiese per la decima volta Ludmilla, guardando con aria di sufficienza la macchina che Diego stava guidando. “Se ti dico di si la smetti di lagnarti come una bambina di quattro anni?” ghignò divertito, rallentando ulteriormente per farle un dispetto. Lo faceva apposta, lo sapeva. “Senti, o premi quell’acceleratore, o qui partiamo già col piede sbagliato!” strillò Ludmilla, incrociando le braccia. “Come desideri” rispose Diego, premendo il piede sull’acceleratore. “Non mi hai nemmeno fatto i complimenti per come sono vestita” disse la ragazza, cercando di intavolare una conversazione, ovviamente su di lei. “Sembri una zucca” rispose lo spagnolo, riferendosi al suo elegante completino arancione. Ludmilla divenne rossa di rabbia: “Tutto qui quello che sai dire? Sembro una zucca? Io ti…”. Non ebbe il tempo di finire la frase, perché Diego frenò bruscamente, facendole per poco sbattere la testa, nonostante avesse la cintura di sicurezza allacciata. “Siamo arrivati” commentò, scendendo dalla macchina. Ludmilla si mise comoda, aspettando che gli aprisse la portiera, da bravo cavaliere, ma poi pensò che in fondo non stava uscendo con un ragazzo di classe, bensì con Diego. Abbassò la maniglia della portiera e la tirò con forza, senza essersi resa conto che effettivamente Diego si era avvicinato per aiutarla. Il povero spagnolo venne preso in pieno stomaco, e si accasciò a terra dolorante, digrignando i denti. “Sembri un gatto in calore” disse Ludmilla, scendendo con estrema eleganza, con un sorrisetto. Non era stato assolutamente voluto, ma come si dice, vendetta dolce vendetta. In fondo gli stava bene, per averla costretta ad accettare quell’appuntamento. Diego sembrava però essersi fatto più male del previsto, infatti continuava a lamentarsi del dolore, senza accennare ad alzarsi. “Diego, muoviti, o perderemo la prenotazione, e io non ho alcuna intenzione di rimanere senza cena” lo rimproverò la biondina, piantando il tacco sulla gamba del ragazzo, che emise un strillo acuto. “Quanta poca virilità” ghignò la ragazza, cominciando a camminare lungo il marciapiede e attendendo che il suo ‘cavaliere’ la raggiungesse. Rise divertita alla scena che si era appena verificata: forse quella serata in fondo non sarebbe stata così male.
“Buonasera, Leon” salutò in modo glaciale e imperturbabile German, alzandosi dal divano su cui si era seduto, mentre la figlia era andata ad aprire la porta. Leon si avvicinò titubante, ma fece un sorriso a trentadue denti, e gli strinse la mano educatamente. German strinse quella mano con forza, stritolandola come se stesse spremendo un arancio, quindi la ritirò con un sorriso falso. Leon si massaggiò la mano dolorante, senza però emettere un minimo suono, non volendo far preoccupare Violetta. German non aspettava altro, aspettava un suo passo falso, ma non gli avrebbe dato quella soddisfazione. “Beh, allora è quasi pronto per la cena, no?” disse il padrone di casa, facendo accomodare i due a tavola. Si mise a capotavola, con Leon alla sua sinistra e Violetta alla sua destra, mentre Jade li avrebbe raggiunti a breve. Violetta rivolgeva degli sguardi innamorati a Leon, che le sorrideva innocentemente. Certo, innocentemente, come no, pensò German, colto alla sprovvista. Leon lo stava provocando, ma non avrebbe vinto, giocava in casa, non poteva perdere. Si alzò di scatto, come se avesse dimenticato qualcosa di importantissimo e tornò due secondi dopo con un’enorme centrotavola floreale, che posizionò in mezzo al tavolo, impedendo così ai due giovani di guardarsi. “Un centrotavola fa allegria, no?” chiese estremamente nervoso. Violetta sbuffò sonoramente, mentre Leon alzava le spalle. “Certo, ma così…” provò a dire la figlia, interrotta nuovamente dal signor Castillo: “Leon, frequenti qualche scuola?”. “Si, lo Studio 21” rispose prontamente Leon, sospirando di sollievo. Quella non era una domanda imbarazzante come ‘Fino a che punto ti sei spinto con mia figlia?’, quindi poteva rispondere tranquillamente. “Ah, quella scuola di canto e ballo” sottolineò freddamente l’uomo, piuttosto sdegnato da quella risposta. “E come vi siete conosciuti?” chiese nuovamente, facendosi sempre più pressante. “Ci hai fatto conoscere te, papà, non ricordi?” esclamò la ragazza, che lentamente stava perdendo la pazienza. “Ah, si, che pecca…volevo dire, che bello! Sono proprio felice di aver fatto conoscere due giovani inna…mo…ra…ti” disse, non riuscendo a dire però l’ultima parola. “Mi sono innamorata di lui non appena l’ho visto” disse Violetta, ricordandosi dell’incidente in aereo, e allungando la mano verso il centro del tavolo. Leon sorrise in modo ebete per quelle dolcissime parole, ma non riusciva a vedere il viso della ragazza, che, ci avrebbe scommesso tutto l’oro di questo mondo, doveva essere in fiamme in quel momento. Scorse solo la sua mano farsi strada timidamente lungo la tovaglia bianca, e non poté resistere alla tentazione. Mosse la sua mano tremante verso quella piccola e fragile della ragazza, nel tentativo di stringerla, ma lungo il tragitto German per impedire il tutto prese la caraffa dell’acqua e la usò per schiacciargli le dita. “Ahia!” strillò il giovane messicano, portandosi la mano rossa alla bocca e strizzando gli occhi per il dolore. “Papà!” esclamò Violetta, alzandosi in piedi furiosa. “Non ho fatto nulla di male. E poi il ragazzo è forte mica sente dolore, vero?” disse German, tranquillissimo. Leon e Violetta lo fulminarono con lo sguardo. “Vieni, Leon, ti porto in bagno” disse la ragazza, prendendo Leon per la mano sana, e trascinandolo via. German cominciò a sudare freddo: non poteva lasciarli da soli, non poteva. Si alzò di scatto, ma proprio in quel momento fece il suo ingresso Jade, vestita come se stesse per partecipare a un grande evento. “German, tesoro, dove sono i due fidanzatini?” domandò la donna, confusa dalla sola presenza del padrone di casa. “C’è stato un piccolo incidente, ecco tutto” si giustificò l’uomo. “Sarà meglio che vada a controllare che vada tutto bene” continuò, cercando di raggiungere il bagno, ma Olga le si parò davanti e Jade si mise dietro, impedendogli ogni possibilità di fuga. “Li lasci un attimo in pace, signore!” sbuffò la donna, agitando un mestolo. “Ma io…”. “Quando però lei e la signorina Angie siete da soli, però…” cominciò a parlare, ma poi si zittì, ricordandosi della presenza di Jade. La donna, astutamente, fece finta di nulla e guardò German con un certa curiosità: “Che cosa sta dicendo la domestica? Che avete fatto tu e Angie?” . German deglutì: Leon e Violetta erano diventati il suo ultimo problema.
Ludmilla si fermò, non sapendo più dove andare. “Allora, Dieguccio? Qual è il ristorante a cinque stelle in cui mi stai portando?” domandò la ragazza, non vedendo alcuna insegna luminosa o cose del genere. Diego si fermò con aria sofferente e indicò da una parte: “Ecco, il tuo ristorante, principessa”. Ludmilla si voltò e la sua espressione raggiante si trasformò in inorridita: una squallida pizzeria di centro si mostrava con la sua piccola insegna modesta, e la scritta ‘Da Luigi’. “No! Non puoi averlo fatto davvero” lo squadrò con odio e ribrezzo. Quel posto nel momento in cui doveva essere distribuita la classe dov’era finito? “Sei pronta?” disse Diego afferrandole la mano, e portandola in quella pizzeria. Ludmilla si guardò intorno sperando che nessuno la vedesse in quello stato, e soprattutto in quel locale. “Io non ci metto piede là dentro” esclamò la ragazza, cercando di opporre resistenza. “Ma dai, che tanto non ti conosce nessuno. Ricordai della tua promessa” disse lo spagnolo con una risata secca. “Io…no!” si impuntò la ragazza, squadrando nuovamente la scritta ‘Da Luigi’. “E dai, non puoi venire meno alla tua promessa!” disse il ragazzo tirando velocemente fuori il cellulare e scattando una foto di lei con dietro la pizzeria. “Non…ti odio!” sbottò Ludmilla, cercando di strappargli il cellulare di mano. “Una cena lì dentro e poi tutti a casa, e cancello la foto” le promise il giovane, riponendo il cellulare in tasca. “E come posso fidarmi?” domandò la bionda, preoccupata. “Sulla parola” scherzò Diego, prendendole nuovamente la mano e portandola dentro. Non sapeva perché, ma questa volta si lasciò guidare. E non perché era ricattata, ma perché dei brividi le avevano impedito di reagire prontamente. Ed era strano, fin troppo strano, lei non aveva mai provato sensazioni del genere, mai nella sua vita. Perché quel ragazzo ci riusciva? Perché con la sua antipatia riusciva comunque a regalarle un sorriso? Non lo sapeva, e forse preferiva non volerlo scoprire. La paura di Ludmilla era forte, troppo forte, e non poteva sconfiggerla facilmente, non da sola almeno. Non appena mise piede dentro la pizzeria si rese conto di aver giudicato troppo in fretta: in fondo il locale, anche se molto semplice e alla mano, era accogliente, ed era tanto che non mangiava una pizza. Si sedette per la prima volta spensierata: voleva godersi quella serata senza avere paura dei giudizi altrui. Diego si sedette accanto a lei e notò che il locale era deserto: meglio. Sarebbe stato tutto più romantico, e avrebbe facilitato le cose. Voleva che quella ragazza si sciogliesse, voleva parlarle senza ironia, senza doverla punzecchiare, voleva conoscere la vera Ludmilla. “Cosa vi porto?” chiese una voce familiare. “Due margherite” rispose lo spagnolo, senza farci caso. “Ludmilla?! Diego?! Che ci fate qui?” chiese Thomas, staccando gli occhi dal suo taccuino. Non pensava di trovare due suoi compagni in orario di lavoro, ma soprattutto non si aspettava di trovare lì la superdiva dello Studio. A Ludmilla si gelò il sangue: beccata. Colta in flagrante. La discesa di una stella, ecco come doveva intitolarsi quella serata. Sarebbe stata lo zimbello, dello Studio, e aveva davvero bisogno di un cavaliere che la salvasse. Ma adesso la domanda era: Diego ne sarebbe stato all’altezza? 









NOTA AUTORE: finale col botto! Vi lascio con la sorpresa xD Allora, Leon, poverino, viene maltrattato da German e fugge in bagno accompagnato da Violetta, e viene bloccato da Jde, curiosa di sapere cosa sia successo tra lui e la bella istitutrice (anche se lo sa già...). E in effetti ne sono successe di cose tra i due. German lascierà la petulante Jade, oppure non troverà il coraggio per farlo? Nel frattempo Angie gli ha concesso una pausa per riflettere, prima di tornare in quella casa. E Diego e Ludmilla hanno il loro appuntamento. Quanto ho riso, non potete immaginarlo LOL e ancora LOL Dai, mi fanno morire quei due, Ludmilla è geniale, ma anche Diego non è da meno (ora che non sta dietro a Violetta). Ma Thomas ha scoperto la nostra diva in un ristorante di quarta mano, 'Da Luigi'. Cosa succederà? Diego sarà davvero il cavaliere che stava cercando? La difenderà in qualche modo? Lo scopriremo nel prossimo capitolo :3 Tante sosprese, e non dimentichiamoci del malefico piano di Jade? Violetta troverà davvero una poco piacevole sorpresa a fine serata? Tante domande e nessuna risposta, ma non preoccupatevi nel prossimo capitolo nel sapremo di più. Grazie a tutti voi che mi seguite, siete fantastici e soprattutto iper-pazienti con me, grazie xD Alla prossima, e buona lettura :D 
P.S: la citazione di Arianna 'Un figo come te dove lo trova?' è GENIALE. LOL, stimo quel personaggio, seriamente xD 

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Capitolo 69
*** Mail che pongono fine ad un idillio ***


Capitolo 69
Mail che pongono fine ad un idillio

“Allora? Che ci fate qui?” chiese Thomas, accigliato, mentre il taccuino restava stretto nella sua mano e la penna era appoggiata sul foglietto bianco. “Ce l’ho portata io a forza! Pensi veramente che una stella come Ludmilla verrebbe in un posto del genere?” rispose prontamente Diego, alzando le spalle e facendo un sorrisetto vittorioso. “Capisco…certo, però, povera Ludmilla!” esclamò lo spagnolo, prendendo una sedia e sedendosi al loro tavolo, curioso di saperne di più di quella strana storia. “Scusa, come mai ti siedi qui?” domandò la ragazza , acida, guardandolo storto. “Non si può sapere qualcosa in più? Insomma per averla costretta a venire qua deve averla combinata grossa. State insieme, giusto? E da quanto uscite voi due? Come mai non l’avete detto a nessuno?” chiese a raffica Thomas, poggiando penna e taccuino sul tavolo, e mettendosi comodamente seduto tra i due. “Ma noi non…” provò a spiegare Ludmilla. Thomas non le permise di rispondere, poiché riattaccò a parlare: “No, chiedo se state insieme perché siete una bellissima coppia, ma allo Studio si pensava che più che altro vi odiaste, e quindi sono rimasto sorpreso. Pensa quando lo verrà a sapere Maxi, che faccia farà”. “No!” esclamarono i due contemporaneamente, per poi guardarsi, stupiti del perfetto sincronismo. “Non devi dirlo a nessuno, Thomas. Promettilo” sibilò freddo Diego, minacciandolo con una sola occhiata. Lo spagnolo rabbrividì e si fece piccolo piccolo: “D’accordo, d’accordo, non dico niente a nessuno”. “Sarà meglio” lo minacciò Diego, emettendo un mezzo ringhio. Ludmilla rimase piacevolmente sorpresa dal modo in cui Diego l’aveva difesa, non fosse per una piccola vocina nella sua testa che le ripeteva continuamente che probabilmente l’aveva fatto più per se stesso che per lei. Quel ‘probabilmente’ però non cancellava la sua speranza di aver trovato finalmente qualcuno che si preoccupasse veramente per lei. “Ma allora state insieme oppure no?” richiese Thomas con un sorrisetto. Se prima aveva dei dubbi, dopo la reazione di Diego alle sue parole, e vista l’espressione incantata di Ludmilla, adesso gli era tutto chiaro. Era nata una nuova coppia allo Studio, e tutti sembravano essere destinati ad avere qualcuno con cui stare, tranne lui. Sentiva il bisogno di esternare la sua frustrazione, ma non voleva rovinare la serata romantica di quella coppietta. “Qualcosa non va?” chiese Diego, notando lo sguardo assente del cameriere. Domanda più sbagliata non poté fare. Come un fiume in piena, ripresosi dal trance, Thomas tirò tutto ciò che si teneva dentro, che non ne poteva più di nascondere allo Studio: “Si, qualcosa non va! Anzi, nulla va per il verso giusto. Sono rimasto solo come un cane, ecco tutto! Pensavo che avrei avuto qualche possibilità con quella ragazza che avevo conosciuto al parco, e invece niente! Non l’ho nemmeno più rivista…e adesso non mi resta che piangermi addosso come un cretino. E’ triste quando non si riesce a trovare qualcuno con cui potersi sentire speciale, vero? A me non è mai successo”.  Diego non sapeva di aver risvegliato un Thomas pronto a sfogarsi al cento per cento, pronto a cercare conforto, ma soprattutto pronto a parlare, e a non fermarsi mai. Nemmeno di fronte alle facce afflitte e annoiate dei suoi due compagni.
“Scusa per quello che è successo. Mio padre non riesce a controllarsi” esclamò Violetta a voce alta, così che il padre potesse sentire le sue rimostranze anche a distanza. Chiuse velocemente la porta e girò la chiave nella toppa, sicura che German avrebbe cercato di irrompere anche in bagno pur di non lasciarla sola con Leon. “Non preoccuparti, non è certo la prima volta che mi succede una cosa del genere” la rassicurò il ragazzo, mettendo la mano dolorante sotto l’acqua fredda e tirando fuori un sospiro di sollievo. “E’ che lui non capisce nulla! Pensa di sapere di cosa ho bisogno, e invece…” spiegò triste abbassando lo sguardo. Solo dopo realizzò cosa aveva detto il ragazzo, e allo stesso tempo Leon alzò lo sguardo incerto di aver capito bene: Violetta stava dicendo che aveva bisogno unicamente di lui? O forse si era sbagliato? “Che cosa hai detto?!” esclamarono i due contemporaneamente. Ci fu un attimo di silenzio, poi i due si guardarono in modo eloquente. “In che senso sei già abituato a scene di gelosie di padri iperprotettivi?” chiese gelosa, sbuffando impercettibilmente. “Non sarai mica gelosa?!” scherzò Leon, beccandosi un colpo sul braccio. “Ahi!” esclamò con una finta smorfia di dolore, mentre Violetta lo squadrava ancora arrabbiata. “E comunque stavo scherzando, non mi riferivo a nessun padre iperprotettivo. Anche perché sono sempre andato dritto al sodo, io” esclamò con un sorriso malizioso. “LEON VARGAS!” strillò Violetta, rossa di rabbia. “Ehi, stavo scherzando. A parte Ludmilla non ho mai avuto storie importanti. Mi correggo: nemmeno quella con Ludmilla è stata una storia importante” la rassicurò, posando le mani sulle braccia esili della ragazza, che avvampò, non più per la rabbia, ma per la luce passionale che in quel momento leggeva negli occhi di Leon. Il ragazzo la fece arretrare lentamente, senza perdersi un solo sguardo, senza interrompere per un secondo l’attenzione che poneva sul suo viso, sulle sue labbra, fino a quando fu impossibile continuare quel movimento, poiché la schiena di Violetta aveva raggiunto la fredda parete del bagno. “E adesso tocca a te ripetere quello che avevi detto” sussurrò, vicinissimo al suo viso, mentre le mani si spostavano dalla braccia lungo i fianchi. “Riguardo cosa?” chiese Violetta, quasi trattenendo il respiro, rapita ormai dallo sguardo indagatore e divertito di Leon. “Di che cosa avresti bisogno te?” chiese, sussurrandole all’orecchio. “Di tantissime cose…di un televisore nuovo, di più libertà, di un nuovo libro di chimica, l’ultimo è caduto dalla finestra. E…tante cose, insomma” balbettò, poggiando le mani sul petto di Leon, e afferrando poi il colletto della camicia, come per attirarlo più a sé, il tutto quasi inconsapevolmente. “Bugiarda” rispose con voce roca il ragazzo, accontentando le sue richieste di più vicinanza, e adagiando completamente il corpo contro il suo, mentre lentamente le lasciava dei baci lungo l’orecchio, scendendo verso il collo. Rafforzò la presa lungo la vita, e i brividi di Violetta si fecero più intensi. Quando smise di lasciarle baci per guardarla nuovamente, sorrise a fece sfiorare i loro nasi, mentre già avvertiva il respiro di Violetta farsi sempre più irregolare, e insieme ad esso avvertiva il fortissimo desiderio che aveva di baciarla. Dio, se lo avvertiva, sentiva un caldo che prima non aveva minimamente percepito. E si rese conto che il fuoco che gli ardeva dentro era causato dalla ragazza che si trovava di fronte a lui e che lo guardava con tenerezza. “Ripeti quello che hai detto” la minacciò ulteriormente, mordendogli affettuosamente il mento e continuando a percorrere la sua pelle lungo il collo.  “Smettila di provocarmi, Leon!” sibilò lei, prendendogli il viso tra le mani con un gesto rapido, e facendo combaciare le loro labbra selvaggiamente. I due cominciarono a giocare ciascuno con la bocca dell’altro, senza fermarsi un attimo. Violetta inclinò leggermente la testa indietro, mentre Leon prendeva il controllo di quel bacio che li stava conducendo lentamente alla follia. Non potevano arrivare a quel punto, non in un bagno. Non nel bagno di villa Castillo. Non sotto lo stesso tetto di German. Violetta nel frattempo gli aveva sbottonato la camicia, e gli stava massaggiando il petto con dei movimenti circolari delle mani. Quelle fragili mani fredde sul petto bollente crearono un’onda d’urto nel suo corpo, che reagì prontamente incollandosi a quello della ragazza. L’aria stava cominciando a farsi sempre più necessaria, e i due si separarono ansimando. Leon appoggiò la fronte su quella della ragazza, e dopo aver ripreso fiato la baciò nuovamente. “Allora?” sussurrò, convinto di aver ottenuto la vittoria tanto agognata. Sapeva già quanto Violetta l’amasse, ma voleva sentirglielo dire, voleva che ripetesse quelle parole così dolci. “Tutto qui quello che sai fare?” scherzò lei, mentre Leon le baciava la guancia destra, strusciando leggermente il corpo contro il suo. Violetta sospirò rumorosamente, stringendo la mani intorno al collo del ragazzo. “D’accordo, hai vinto” gli sussurrò all’orecchio, arrendendosi di fronte a quel gioco sporco, da cui non avrebbe mai potuto uscirne vincitrice facilmente. “Sto aspettando…” la incitò rocamente, infilando la mano sotto la maglietta e accarezzandole lentamente la schiena. Violetta rabbrividì, e il rossore sulle guance si fece così intenso che anche se il bagno fosse stato al buio si sarebbe potuto scorgere quell’acceso colore. “H-ho…” balbettò incerta, mentre Leon non le lasciava un attimo di tregua, lambendo la sua pelle con le labbra, come se fosse ambrosia. “Ho bisogno di te” disse poi tutto d’un fiato, arrendendosi completamente. Leon si separò soddisfatto, con una luce strana negli occhi, un luce che esprimeva amore e desiderio al tempo stesso, una luce che gli aveva splendere con la massima intensità quella notte passata insieme alla villa. “Non ti lascerò mai, anch’io ho bisogno di te” le sussurrò prima di poggiare nuovamente le labbra sulle sue, assaporando quel dolce sapore, e si rese conto che di lì a qualche momento avrebbe perso il controllo. Ma forse era proprio quello che voleva non solo lui, anche Violetta. La sentì ansimare senza però interrompere quel bacio che era ormai diventata pura passione. E avrebbero continuato a lungo in quel modo, si erano completamente dimenticati della serata, della cena, di tutto. “E’ libero il bagno?” li interruppe una voce, bussando ripetutamente. “S-si, Roberto, un secondo e usciamo” rispose Violetta, con voce tremante, mentre Leon, visibilmente deluso, si allontanò per riallacciare i bottoni che Violetta aveva sbottonato. “Sempre interrotti” borbottò il ragazzo, infastidito, mentre davanti allo specchio cercava di aggiustarsi i capelli spettinati. Violetta lo abbracciò da dietro e lo strinse forte, come se avesse paura di perderlo da un momento all’altro. “Mi piace tanto il tuo profumo” mormorò, facendo un respiro profondo. Leon si voltò di scatto e la prese per la vita, attirandola a sé: “E a me piaci tu”. “Anzi, ancora meglio, ti amo” aggiunse con un sorriso splendente. Non ci credeva. Stava andando tutto fin troppo bene tra loro due, e gli ostacoli sembravano essere del tutto finiti. Adesso per loro si prospettava un futuro roseo. Insieme. “Anche io ti amo. E grazie per essere qui stasera” rispose Violetta con lo sguardo basso , timidamente. “Grazie a te per avermi perdonato per come mi sono comportato in quel periodo. Non smetterò mai di chiederti scusa per averti fatto soffrire in quel modo ingiustamente” concluse Leon, accarezzandole una guancia, e facendole alzare di scatto lo sguardo. Amava i suoi occhi, il modo in cui lo guardavano con amore, il calore che trasmettevano. “Allora?! Qui la faccenda si fa urgente” supplicò dall’altra parte Roberto, ponendo davvero fine a quel momento di dolcezza che si era creato tra di loro. Era ora di tornare a quella terribile cena, sperando di cavarsela con German.
“Sto aspettando una risposta, German” ripeté Jade, senza scomporsi minimamente. “Io e Angie? Niente, non è successo niente. E’ la sorella della mia defunta moglie, non potrei mai avere una qualche sorta di storia con lei” rispose l’uomo. Ma mentre il suo cervello elaborava quella risposta, il suo cuore urlava tutto il contrario. “Bene…e allora non capisco di cosa stia parlando, Olga. Invece di stare dietro a questi assurdi pettegolezzi, dovrebbe occuparsi della cucina, o sbaglio?” esclamò la donna, acida più che mai, cacciando con un gesto della mano la domestica, la quale si allontanò sbuffando e pensando a come farla pagare a quella strega, magari privandola del suo amato tè verde. “Tutto bene, German?” chiese poi, rivolgendosi all’uomo al centro della stanza, completamente preso dai suoi pensieri. Ami Angie, tuonò la sua vocina interiore, in quel periodo fin troppo fastidiosa. “Tutto bene?” chiese nuovamente a voce più alta Jade. “Amo Angie” mormorò impercettibilmente German. “Che hai detto?” domando la donna, accigliandosi leggermente. “Niente!” esclamò d’un tratto German, riscuotendosi da quella sorta di trance. Jade nel frattempo meditava e sorrideva soddisfatta: le costava molto recitare in quel modo, fare finta di non sapere, ma era tutto necessario. E mentre ripensava alla lettera sul letto di Violetta non poteva fare a meno di sentirsi completamente soddisfatta. Non era giusto che fosse l’unica a cui venisse spezzato il cuore. German avrebbe provato la sua stessa sofferenza, a costo di rovinarlo. “Ho un po’ di mal di testa, caro, io salgo in camera. Buona serata, e scusati da parte mia con Leon” disse, con la più forte dose di innocenza che potesse assumere. “Buonanotte” disse German, avvicinandosi e lasciandole un bacio sulla fronte. Per quanto non l’amasse ci teneva molto a Jade, era come una bambina da accudire, spesso ingenua, ma innocua. Non spiccava per intelligenza, certo, ma aveva comunque tante buone qualità. “Ti amo, German” disse la donna, con un’occhiata glaciale prima di salire lentamente le scale e dirigersi al piano di sopra. E come sempre tentò di nascondere quell’amara consapevolezza, derivante dal fatto che ancora una volta non le aveva detto che l’amava. Non le aveva detto nulla, assolutamente nulla.
“E quindi alla fine di tutto questo io rimango sempre quello da solo!” continuò Thomas, abbassando lo sguardo afflitto. Diego sbuffò di fronte alla sua margherita, che gli era stata portata cinque minuti fa. Ogni volta che diceva quella frase sperava che la finisse di parlare, ma sapeva che era solo l’inizio di una nuova tragedia. Ludmilla stava giocando con la forchetta con un po’ di mozzarella filante, evidentemente scocciata da quell’intromissione. Avrebbe voluto fermare quella mortale e noiosa storia con uno dei suoi commenti acidi, ma non voleva rischiare che poi Thomas per ripicca rivelasse a tutti quel suo piccolo segreto. E per di più non aveva avuto il tempo nemmeno di aprire bocca! “Ti prego, Thomas, dimmi che è…” provò a dire Diego, ma Thomas continuò a raccontare, questa volta di come si era dovuto fare da parte con Violetta, e poi con Francesca. “Sono sempre io quello che si deve fare da parte, non è giusto!” esclamò innervosito lo spagnolo. “D’accordo, ma basta! E ti ricordo che anche io mi sono messo da parte con Violetta” sbottò innervosito Diego, allontanando da sé la pizza, ormai privo di appetito. Ludmilla a quelle parole ricevette una scossa di pura elettricità e spalancò gli occhi. Ecco, aspettava solo che venisse fuori…lei era la seconda scelta, dopo Violetta. La verità è che stava cercando di illudersi per qualcosa che non sarebbe mai successo, perché Diego non era veramente innamorato di lei. Forse voleva usarla per far ingelosire Violetta, forse solo per divertirsi. E improvvisamente si ricordò della sua promessa di non fidarsi di nessuno. Era meglio restare da sola, almeno non correva il rischio di essere ferita. Si alzò in piedi all’improvviso con un movimento rapido: “Io devo andare”. Quella parole furono dette con così tanta freddezza che anche Thomas smise di parlare, rabbrividendo di colpo. Prese la sua borsetta e velocemente si diresse all’uscita. Diego con uno sguardo interrogativo si precipitò fuori a seguirla. Non poteva permetterle di andarsene così, non dopo la fatica impiegata per ottenere quel benedetto appuntamento. “Ehi, fatti almeno accompagnare a casa” strillò lo spagnolo, rincorrendo la bionda, che stava fuggendo di corsa per quanto i suoi tacchi glielo potessero concedere. Diego la afferrò per un braccio e capì in quel preciso istante che quel gioco era finito. Perché erano troppo uguali per poter stare insieme, erano entrambi privi di scrupoli, erano entrambi incapaci di amare. “Che cosa ho detto che non va?” chiese all’improvviso con una freddezza, che lasciava trasparire una rabbia quasi bestiale. “Niente, solo voglio stare da sola. Diego, lasciami” mormorò, innalzando di fronte a sé un muro insormontabile, che stavolta gli occhi di Diego non sarebbero riusciti a perforare. “Buona notte, Diego” esclamò la ragazza, allontanandosi con fare imperioso. “Non ti lascio qui da sola, sali in macchina” mormorò il ragazzo, dichiarandosi sconfitto dal solo tono della voce. Era successo qualcosa che aveva rotto il loro precario equilibrio, eppure lui era stato così bene con Ludmilla...ma adesso era tornata di nuovo la regina inavvicinabile, che nessuno poteva scalfire. E per quanto odiasse perdere, dovette ammettere che quella volta aveva fallito. Ludmilla era Ludmilla, e per quanto ci provasse, non poteva avvicinarsi a lei.
Arianna si accomodò sulla sedia girevole della sua stanza, osservando le foto che si era fatta con alcuni compagni dello Studio. In una era tra Andres e Andrea, che sorridevano ebeti, mentre lei li guardava con aria di divertita sufficienza. “Che scemi” mormorò sghignazzando, e aprendo il suo portatile per navigare un po’ su internet. Il messaggio luminoso di una mail in arrivo attirò fin da subito la sua attenzione. Era appena arrivato, e a quell’ora le diede subito una strana impressione. Non appena la ebbe aperta, sgranò gli occhi, e si alzò di colpo, cercando il telefono per fare una chiamata. “E’ arrivata anche a te?” chiese la ragazza, con la mano sudata. “Ah, quindi l’hai saputo. A me è arrivata più o meno cinque minuti fa. E penso che lo stesso sia per Diego e Federico” rispose dall’altra parte la voce ansiosa di Andrea. “Ma…non è possibile. Non di già!” si lamentò la giovane Vargas, cominciando a versare le prime lacrime. “Lo so, anche per me è stato un colpo, ma d’altronde sapevamo che sarebbe successo a breve, no?”. Arianna non rispose, ma rimase con lo sguardo fisso sulla parete. E’ vero, doveva aspettarselo, ma…non era pronta per quello. Non ancora. “Vado a dirlo a mia madre” sussurrò, attaccando di colpo il telefono. Aprì lentamente la porta della sua stanza e uscì, spengendo la luce. Rimase solo il lampeggiare del pc, che ancora trasmetteva sullo schermo il contenuto di quella mail, che aveva tanto distrutto la povera Arianna.
‘Dalla British School of Art,
Signorina Arianna Vargas, lo scambio culturale si  concluso con successo. E’ scaduto il periodo di trattenimento a Buenos Aires, speriamo che l’esperienza sia stata di suo gradimento. Le è stato prenotato il volo per domenica di questa settimana, siamo impazienti di accoglierla nuovamente nella nostra scuola. Distinti saluti,
James Kedds, responsabile degli scambi culturali tra studenti della British School of Art’







NOTA AUTORE: eccomi! Ci stiamo avvicinando alle battute finali, eh? Ebbene si, è proprio così...comunque, parliamo di cose leggere, prima di passare al finale tristissimo...Diego e Ludmilla continuano la loro cena e tutto sembra andare per il meglio, ma Diego dice qualcosa di sbagliato, qualcosa che risceglia Ludmilla come da un trance. E il ricordo della sua promessa, del dolore provato in passato le impediscono di fidarsi di Diego, nonostante tutto. Leon e Violetta hanno avuto il loro momento dolce, alla faccia di German, OH. Che poi momento dolce nel loro caso consiste in momento passionale, ma per me è sempre dolce. SOOOO, non lo so, il capitolo l'ho controllato una volta sola, per cause di forza maggiore, ma mi smebrava quasi pulito, penso che lo ricontrollerò più tardi...Comunque quanto sono dolci? QUANTO? Cuccioli, non si controllano. Capiamoli sono in piena tempesta ormonale, mi sembra giusto xD Passando ad altro, notizia terribile, si, avete capito bene. Se ricordate nei capitoli in cui arrivano i nuovo personaggi si dice proprio che sono frutto di uno scambio culturale, che però è giunto al termine! In parolem povere è tempo per Arianna, Andrea, Diego e Fede di tornare nei loro rispettivi Paesi, Inghilterra, Germania, Spagna e Italia...Nuoooooo *piange disperato* Cosa succederà nei prossimi capitoli? Lo scopriremo solo andando avanti con questa storia. Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, e alla prossima! :D 




 

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Capitolo 70
*** Foto di gruppo ***


Capitolo 70
Foto di gruppo

“E’ finita finalmente” sbuffò Leon, tornando a casa, e poggiando la giacca nera sulla poltroncina del salotto. Era stata una serata devastante; a parte la piacevole parentesi del bagno, non aveva nemmeno l’occasione di sfiorare Violetta senza incorrere nello sguardo irato di German. “Beh, almeno è andata” sussurrò, massaggiandosi le tempie. E poi era riuscito comunque a strappare un bacio di nascosto della buonanotte, meglio di niente, no? La luce del salotto si accese, mostrando Arianna in vestaglia da notte, con una faccia assonnata. “Ehi, sorellina! Sono ancora vivo” esclamò il giovane Vargas, abbracciandola di scatto per la felicità e facendola volteggiare. “Visto? German ancora non è diventato un assassino” scherzò l’altra, dandogli delle pacche sulle spalle perché la facesse scendere. “Adesso vai a letto, anche se non penso dormirai molto, visto il tuo stato da eterno innamorato” lo riprese con un sorrisetto ironico. Dentro il dolore la stava consumando, il dolore di dover di nuovo dire addio al suo fratellone, di non poter condividere la sua gioia, ma fuori…fuori voleva mostrarsi felice, e non voleva rovinare quella serata. “Però ti vedo pensierosa…” mormorò Leon, confuso. “Non è nulla, pensa ad andare a letto, Romeo. Ti raggiungo subito” esclamò lei, andando in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Ridacchiò a sentire Leon che canticchiava qualche canzone che aveva composto, le pareva si chiamasse Voy por ti, pensando alla sua amata, ma appena varcata la cucina si rabbuiò all’istante; la madre la aspettava con la schiena poggiata lungo il frigo. “Non gliel’hai detto” constatò con semplicità la donna, avvicinandosi e accarezzando dolcemente il viso della ragazza, i cui occhi cominciarono a diventare lucidi. “Io non voglio ferirlo. Glielo dirò domani, adesso è così felice, come pensi che…”. Non riusciva nemmeno a dirlo. “Sai benissimo che se vuoi puoi rimanere qui e studiare allo Studio 21” la rassicurò la madre, abbracciandola e cullandola con la sua voce. “Lo so, ma…è una scuola prestigiosa, e sono stata presa dopo un duro test d’ammissione. Uscita da quella scuola ho buone possibilità di inseguire il mio sogno, e non voglio abbandonarlo. Io ci riuscirò” esclamò Arianna decisa, sciogliendosi dall’abbraccio. Marta sorrise, rivedendo in quello sguardo così forte e determinato l’animo ribelle di Javier da giovane: “Allora non saremo certo noi a fermarti. La tua famiglia ti appoggerà sempre e comunque, ricordalo”. “Lo so, è ciò di cui ho più bisogno” ribatté la ragazza, con un sorriso amaro. “E comunque torno a Londra, non parto per la guerra” sdrammatizzò, notando l’aria triste assunta dalla madre. “Come torni a Londra?!” esclamò dall’entrata della cucina Leon, incredulo. Arianna si paralizzò, sentendo il suono della voce del fratello. Pensava fosse a dormire ormai, ma a quanto pare era rimasto troppo eccitato dalla serata per prendere sonno. E adesso aveva rovinato tutto, come sempre.
Violetta salì lentamente le scale per dirigersi nella sua stanza, e ad ogni gradino il suo cuore si faceva più leggero. L’aveva detto, non se l’era sognato. Non appena Leon se ne era andato German aveva detto proprio: “E’ un bravo ragazzo, in fondo”. Quello per German significava accettare un ragazzo, lo sapeva, ne era certa. Lei e Leon potevano stare insieme alla luce del sole, e il pensiero la elettrizzava completamente. “Io e Leon possiamo stare insieme senza problemi, finalmente. E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta!” esclamò felice, buttandosi sul letto e stringendo forte il morbido cuscino rosa. Ancora non riusciva a crederci, voleva chiamare Leon per dirgli tutto, ma aveva paura che stesse già dormendo: ci avrebbe parlato il giorno dopo allo Studio. Giusto, lo Studio…ecco cosa mancava per rendere tutto perfetto. Doveva ancora parlare a German dello Studio, e se doveva essere sincera aveva ancora più paura che per la questione di Leon. Il padre le aveva addirittura nascosto la stanza della madre per paura che seguisse il suo esempio e le sue orme. La sua attenzione fu però catturata da una lettera bianca posata sul suo comodino. Non c’era prima che scendesse per la scena, ed era curiosa di sapere di che si trattasse. Con estrema attenzione prese la busta e notò che era già stata aperta. Non ebbe nemmeno il tempo di esaminare ulteriormente quella misteriosa lettera che la porta si spalancò di colpo facendole prendere un terribile spavento. “Avevo dimenticato il bacio della buonanotte, e non mi interessa che pensi di essere troppo gr…” ma non riuscì a finire la frase. I suoi occhi erano puntati sull’oggetto che la figlia stringeva nella mano destra. Che ne avesse già letto il contenuto? Il panico si impossessò di lui, insieme ad un’altra domanda che non trovava pace né risposta: come aveva fatto quella lettera a finire nella stanza di Violetta?
“Arianna, rispondimi” la supplicò Leon, avvicinandosi lentamente. “Io vi lascio parlare da soli” disse Marta, intuendo che fosse di troppo in quella conversazione, e dirigendosi nella camera da letto. Arianna continuava a fissare le pareti della cucina di un azzurro acceso; non riusciva a guardarlo in faccia, non riusciva a dirgli addio. “Ci vedremo per le vacanze come sempre…Continuerai a vedermi e a sopportarmi, per tua sfortuna” disse semplicemente, trattenendo le lacrime. Leon si avvicinò abbracciandola: “E smettila! Non sai sdrammatizzare”. Arianna sorrise, stretta tra le braccia del fratello: “Lo so che non sono un granché, ma volevi provarci”. “Ma perché non rimani qui? Allo Studio 21 entreresti sicuramente senza problemi! Potresti rimanere con noi e coltivare comunque la tua passione” tentò di convincerla Leon, sapendo già che la decisione era stata presa. “No, Leon, sai meglio di me che quella scuola è ciò che ho sempre sognato fin da piccola. I più grandi artisti europei sono usciti da quella scuola, e…ho fatto tanti sacrifici per poter stare lì, come rinunciare alla vicinanza della mia famiglia. Voglio andare fino a in fondo” rispose, stringendosi ancora più forte al fratello. “Lo sapevo che me l’avresti detto, ma volevo provarci comunque” scherzò il ragazzo, separandosi e dandogli un buffetto sulla guancia. Arianna arricciò il naso, e strizzò gli occhi: “Ti odio, sai che non lo sopporto”. Cominciò a rincorrerlo, ridendo, con un cuscino preso dal salotto. “Se ti prendo è la tua fine!” strillò la sorella. Leon con uno scatto si chiuse in camera ridendo, e lasciandosi cadere sul freddo pavimento. Gli sarebbe mancato tutto quello, gli sarebbe mancato fin troppo, ma doveva essere forte. Non per lui, bensì per sua sorella e per il suo sogno.
Violetta continuava a fissare il padre, rimasto impietrito sulla soglia della stanza, che fissava la sua mano, o meglio quello che la sua mano stringeva. “Sono abbastanza cresciuta, non penso ci sia ancora bisogno del bacio della buonanotte” lo riprese scherzosamente, avvicinandosi all’armadio per prendere il pigiama, e lasciando la lettera sul materasso. Non appena si rese conto che la ragazza non l’avrebbe visto, afferrò di fretta la busta e la infilò in tasca. Sapeva di non dover mentire alla figlia, ma prima aveva deciso di fare un secondo test, e voleva prendere tempo, non voleva farla preoccupare inutilmente. O almeno questo era quello che continuava a ripetersi per smorzare i sensi di colpa. “Allora, papà, vuoi rimanere qui, o devo cambiarmi di fronte a te?” lo ridestò la figlia, spingendolo fuori dalla stanza. German stava per ribattere qualcosa, ma Violetta gli diede un rapido bacio sulla guancia, sussurrandogli velocemente ‘buonanotte’, e poi gli chiuse la porta in faccia. German si rigirava la lettera nella mano, ringraziando il cielo di essere arrivato in tempo. Ma era ormai chiaro che qualcuno volesse che la verità venisse a galla, ma solo lui, Angie e Cristobal la conoscevano. E forse Angelica. Uno di loro stava tradendo la sua fiducia, e non pensava si trattasse di Cristobal, interessato quanto lui a non far emergere la questione. Angelica non era proprio passata per la sua casa…che si fosse trattato di Angie? No, non poteva essere stata lei. Si sedette sul divano del salone, affondando in un cupa riflessione. Doveva essere sicuro che il suo segreto non sarebbe venuto a galla, ma prima di accusare la donna ci avrebbe parlato a cuore aperto.
Violetta cominciò ad alzare tutte le coperte del letto, alla ricerca della lettera che stava per aprire prima che entrasse suo padre. Nulla, era scomparsa. In quella casa gli oggetti sparivano e comparivano come nulla fosse. “Che strano…” si disse, mettendosi sotto le coperte e cercando di prendere sonno. La misteriosa busta fluttuava nella sua immaginazione, impedendole di dormire, fino a quando il pensiero si spostò su Leon, dandole una sensazione di pace e tranquillità. Prima che potesse accorgersene un sorriso beato si dipinse sul suo volto, mentre si lasciava lentamente andare tra le braccia di Morfeo.
La mattina dopo a parte Violetta nessuno sembrava aver dormito bene quella notte. German aveva le occhiaie ed era irascibile con tutti. Olga aveva pensato tutta la notte alla questione di German e Angie, incerta su come comportarsi, ed elettrizzata per essersi trovata in mezzo a quella storia da romanzo, o proibita, come preferiva definirla. “Si amano, ma non possono stare insieme. Troppo ostacoli separano il loro amore, un po’ come succede per noi due” spiegò a Roberto, mentre sfornava una torta alla crema. Roberto fece un balzo indietro, sentendosi tirato in causa, quindi si sistemò in modo professionale gli occhialetti: “Cosa ti ho sempre detto sulle tue fantasie romantiche su noi due? Spazio vitale, Olga, spazio vitale”. La domestica sbuffò vigorosamente, quindi tornò alla questione che le premeva: “Comunque Angie Castillo non suona molto male. E sono sicuro che sarebbe un’ottima madre per Violetta”. “Chi sarebbe un’ottima madre per Violetta?” esclamò German, sbadigliando. “Un’ottima madre…nessuno. Olga dice che si sente come una madre per Violetta, tanto la ama” inventò Roberto al momento, coprendo la chiacchierona domestica, che non poté fare altro che annuire con convinzione. “Bene, oggi penso che andrò allo Studio 21” disse l’uomo, afferrando la tazzina di caffè che gli stava porgendo. “E Violetta?” aggiunse subito dopo. Roberto cominciò a sudare in preda al panico: non era mai stato un grande bugiardo, ma aveva promesso a Violetta di mantenere il suo segreto su quella scuola. “E’ a lezione di storia della musica. Hanno anticipato l’orario” disse. “Ma non è meglio che vai domani allo Studio per parlare con Angie?” continuò, cercando di mostrarsi indifferente. “Come sai che devo parlare con Angie?” domandò German, alzando un sopracciglio. “Beh, allo Studio c’è Angie…lei lavora lì, e…insomma se parliamo di quando…” tentò di dire Roberto, ma alla fine Olga esplose: “Signor German, non siamo mica scemi, sa! Abbiamo subito capito che vuole scaricare Jade perché innamorato di Angie. E sappia che ha tutto il nostro appoggio”. German per poco non sputò tutto il contenuto della tazzina. “Amaro, troppo amaro” disse, facendo una smorfia disgustata e allontanandosi, facendo finta di nulla. Roberto bevve un sorso del suo caffè e strizzò gli occhi: “Dolce, troppo dolce”. Olga lo guardò male: “A te un po’ dolcezza non farebbe affatto male. E nemmeno al signor German”. Si voltò con aria altezzosa, preparandosi per le faccende domestiche.
Andres non poteva credere alle sue orecchie: Andrea era l’unico con cui avesse instaurato un rapporto di amicizia, subito dopo Leon. Leon era Leon, ovviamente, era colui a cui poteva dire tutto, a cui chiedere consigli. Ma Andrea era il suo compagno di scherzi e battute; senza lui non sarebbe stata più la stessa cosa. “Tieni” disse semplicemente, porgendogli un cappellino rosso con una grande ‘A’ blu. “E’ per me?” chiese l’altro, confuso. “Ho saputo che te ne vai, e…beh, così almeno ti ricorderai del tuo compagno di Buenos Aires. Siamo stati un bel duo” esclamò, con un sorriso dolce. “Mi mancherai, amico!” disse il biondo, abbracciando fortissimo Andres, che per poco non morì soffocato. “Mi raccomando, però, voglio che ti fai sentire con la webcam. Non ti libererai facilmente di me. Noi tedeschi siamo testardi” disse il ragazzo, indossando il cappellino con aria fiera. Ludmilla dal corridoio aveva ascoltato tutto, e si morse il labbro incerta. Diego stava per partire, e lei non l’avrebbe mai più rivisto. Mai. Soprattutto dopo come l’aveva trattato, non pensava che lui sarebbe rimasto amichevole nei suoi confronti. Uno strano pizzicore agli occhi le fece capire che era debole e fragile, che era stato Diego a renderla così. E non avrebbe permesso che capitasse nuovamente. “Ludmi!” la salutò Nata, abbattuta quanto lei per la terribile notizia. “Se ne vanno” aggiunse tristemente, portandosi una ciocca di capelli ricci dietro l’orecchio. “A me non interessa, erano tutte formichine inutili” ribatté la bionda, ritirando le lacrime che minacciavano di uscire. “Gli abbiamo preparato una sorpresa prima che vadano, ti ho anche mandato un messaggio per avvertirti. La loro partenza è per il finesettimana, dopo la finale” spiegò Nata. “Non mi interessa, io non ci sarò per qualsiasi cosa patetica abbiate preparato, ora devo andare!” esclamò soddisfatta, fuggendo non appena ebbe visto entrare nella scuola Diego, accompagnato da Federico. “Ho passato tutta la sera a cercare di consolare Maria, con scarsi risultati” sospirò l’italiano. “Non ti devi abbattere, pensa a cercare a vincere la finale piuttosto!” sghignazzò Diego, divertito dalle condizioni pietose del compagno. “Sembri l’unico contento di partire” disse Federico, sempre più abbattuto. “Ovvio, questo posto è terribile. Non c’è stata una sola cosa che sia andata nel verso giusto” spiegò lo spagnolo, aprendo l’armadietto. “Ti riferisci a loro?” chiese Federico, indicando con lo sguardo Leon e Violetta mano nella mano, che si guardavano teneramente. “No, non solo loro…anzi, un po’ mi dispiace per quello che ho combinato. Anche se devo ammettere che Violetta è una bella ragazza, non è il mio tipo”. “Meglio che l’hai capito, amico. Ogni volta che devo provare con Violetta, Leon mi guarda come se mi volesse uccidere da un momento all’altro. E’ di una gelosia incontrollabile quel ragazzo, Violetta è inavvicinabile quando c’è lui!” esclamò Federico, afferrando il primo quaderno dell’armadietto e richiudendolo con cura. “Oggi pomeriggio ho ricevuto un messaggio di Maxi che ci chiede di passare in teatro” aggiunse poi, voltandosi verso lo spagnolo che sembrava particolarmente assente. “Ah…si, ok” rispose l’altro, cercando tra gli studenti Ludmilla, che sembrava scomparsa nel nulla. Di solito ci teneva tanto ad attirare l’attenzione, ma non quel giorno. Stava ancora cercando di capire cosa fosse successo di sbagliato la sera del loro appuntamento con scarsi risultati. “Ma siamo noi ragazzi a sbagliare sempre, o forse sono solo loro che si creano troppi problemi e si arrabbiano per nulla?” chiese Diego all’improvviso, nel bel mezzo dei suoi pensieri. “Dipende amico, dipende…io per fortuna con Maria non ho di questi problemi” sospirò Federico, ritornando nel baratro della tristezza, al pensiero che di lì a qualche giorno sarebbe tutto finito. Avevano deciso ovviamente di rimanere in contatto con chat e twitcam, ma sapevano benissimo che tutto quello sarebbe finito. Una relazione a una così grande distanza era impossibile da mantenere a lungo; ma provarci non costava nulla.
“Se ne va, capisci? Dopo tutto quello che ha fatto per me, dopo avermi aperto gli occhi…” mormorò Leon, con la spalla appoggiata all’armadietto, di fronte a Violetta. Giocherellava con la sua mano nervosamente, e teneva lo sguardo basso. “Leon, lei ti vorrà sempre bene, e poi vi vedrete durante le vacanze, non l’hai persa per sempre” cercò di rassicurarlo sfiorando la sua guancia e lasciandogli un piccolo bacio. Il ragazzo sorrise tristemente, quindi la strinse forte in un abbraccio. “Il mio dolore più grande sarebbe perderti” sussurrò al suo orecchio, facendola arrossire. “E non succederà, perché starò sempre con te, tra le tue braccia” disse Violetta, chiudendo gli occhi, a lasciandosi coccolare da quell’abbraccio. Rimasero così per altri cinque minuti, ignorando il mondo esterno, e pensando solo al loro amore, quando l’urlo di Gregorio che gli ordinava di andare ognuno nella sua classe non li fece riscuotere.
Era pomeriggio inoltrato ormai, e Federico, Diego, Arianna e Andrea si presentarono come previsto in sala teatro, pensando a una riunione per il saggio di fine anno. E invece si trovarono in una sala buia, e silenziosa. “Ma ci hanno preso in giro?” chiese Diego, scorbutico come sempre. Improvvisamente le luci del palco si accesero, e il sipario si aprì, mostrando prima Violetta da sola. Una strana musica partì in sottofondo, era la musica che avevano creato per lo spettacolo. “La canzone è…” sussurrò Arianna, avvicinandosi fino a trovarsi sotto il palco. Lentamente entrarono anche tutti gli altri, che si disposero in fila, pronti a iniziare. Violetta intonò le prime note, e passarono al ritornello, a cui Arianna e tutti gli altri si unirono con la voce.
‘Ahi mil suenos, de colorares
no hay mejores, ni peores
solo amor, amor, amor
y mil canciones oh oh
 
ya no hay razas, ni razones
no hay mejores, ni peores
solo amor, amor, amor
y mil opciones de ser’
Arianna scoppiò a piangere e corse ad abbracciare il fratello insieme alla sua ragazza. “Mi mancherete…tutti!” disse con le lacrime agli occhi. “E la canzone è venuta benissimo” esclamò Federico, commosso per quella meravigliosa sorpresa, mentre Maria era scesa dal palco ed era affianco a lui stringendogli la mano. “Grazie ai nostri consigli” precisò Diego, beccandosi una gomitata di Andrea, che teneva in mano un fazzoletto, ridotto peggio di una fontana. “E non è finita qui” disse Stefan, a braccetto con Francesca. I due indicarono il fondo dell’aula dove era stata sistemata una macchinetta fotografica su un cavalletto. Angie era appostata dietro pronta a scattare una foto. “Non vi libererete di noi tanto facilmente!” esclamò Maxi, facendo salire i loro amici, e posizionandoli al centro del gruppo. “Pronti, allora? Uno…due…”. “Manca qualcuno!” strillò qualcuno all’ingresso. “La stella più splendente, per la precisione” aggiunse la figura, al buio, posizionandosi sotto i riflettori. Ludmilla avanzò lentamente, guardando il gruppo di amici, e rivolgendo un timido sorriso a Nata, che ricambiò fiduciosa. “Hai ragione, Ludmilla, mancavi solo te!” esclamò Arianna, scendendo dal palco, e prendendole la mano. La trascinò al centro e l’abbracciò forte. “Forse mi mancherai un po’, moscerino” ghignò Ludmilla. “E’ reciproco, Supernova” disse lei, scherzando. “Siete pronti?” chiese nuovamente Angie. “Adesso si!” esclamarono tutti in coro. “Bene, allora, al mio via. Uno…due…tre!”. La macchinetta esordì con un accecante flash e un ‘click’, immortalando un momento che nessuno dei presenti avrebbe dimenticato, immortalando i sorrisi dei ragazzi, con uno sguardo sempre proteso verso il futuro, ma pieni di vita per ciò che il presente gli stava offrendo. “Angie, vieni anche te!” dissero all'unisono Camilla e Ricardo. L’insegnante sorrise: era quello lo scopo degli scambi culturali. Creare connessioni, legami in ogni parte del mondo. Far capire che in fondo ‘non ci sono migliori, né peggiori’, ma solo persone differenti tra di loro, accomunate da una stessa passione. Mise l’autoscatto, e fece una corsa per raggiungere il palco, rischiando quasi di inciampare.
Click. Fine di una storia, ma inizio di un nuovo percorso. 







NOTA AUTORE: Scusate, ma sono quasi in lacrime per questo capitolo...no, crepo. I nostri amici stanno per partire e infatti questo capitolo era incentrato soprattutto su di loro. La loro partenza ci sarà subito dopo la finale ma i ragazzi gli hanno fatto una sorpresa. Non so perché, ma Ser Mejor mi sembrava la canzone adatta a questo momento...come sono dolci tutti insieme. Anche Ludmilla, che alla fine ha deciso di unirsi al saluto. Che bello anche il momento della foto, tutti insieme :3 Ahhhh, mi vado a prendere i fazzoletti. Mhhhh...non commento i momenti dolcissimi Leonetta, che anche quando non dovrebbero esserci ce li metto sempre in mezzo :P E poi...German ha rischiato grosso, e teme che Angie lo stia tradendo per la questione del segreto. Non sa che Jade sa xD Ma ok, non mi dilungherò troppo su questa nota. Dico solo: capitolo 70! Diavolo, mi sembrava ieri...non ci credo ancora, che questa storia si è protratta così tanto. Vorrei riuscire a finire al capitolo 80 preciso in onore alla serie, vedo se ci riesco xD Comunque per quest'estate ho in mente una sorta di sequel, quindi non vi libererete di me e di questa storia, dei loro personaggi :P Grazie a tutti voi che mi seguite, e dedico questo capitolo speciale ad Ary_6400, per cui, adesso lo posso dire pubblicamente, ho preso spunto per il personaggio di Arianna :D Grazie, sorellina di EFP, ti voglio bene :3 E grazie a tutti voi, lettori, recensori, e chi più ne ha più ne metta! Grazie a tutti, e alla prossima :D Buona lettura! :D

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Capitolo 71
*** Vittorie e sconfitte ***


Capitolo 71
Vittorie e sconfitte

I preparativi per la finale erano in pieno fermento. L’intera troupe televisiva di YouMix, l’importante casa discografica, i cui reality e le cui gare musicali venivano trasmesse in diretta attraverso internet sul portale, era accorsa e montava continuamente telecamere per tutti i corridoi. “Mi sento continuamente osservata” esclamò Arianna, camminando a fianco del fratello e di Violetta; questi ultimi due avanzavano mano nella mano, piuttosto tesi. Leon ancora non aveva del tutto superato la notizia della partenza della sorella, e dal canto suo Violetta aveva una paura terribile di esibirsi davanti a migliaia di persone virtuali. C’era chi invece aveva preso benissimo tutto quell’interesse per lo Studio. Nata srotolò un tappeto rosso per il corridoio, sbuffando per la fatica, ma anche ridacchiando per le esagerazioni della sua amica. “Niente flash, prego, i miei meravigliosi occhi potrebbero risentirne” gracchiò Ludmilla, pavoneggiandosi e sfilando come su una passerella. Indossava un paio di occhiali da sole, e aveva raccolto i capelli in una coda, imitando una falsa modestia, messa in risalto dal vestito argentato estremamente appariscente. Nata prese una macchinetta fotografica, fingendo di scattarle foto, quando la sua attenzione fu colta da Maxi che stava per rotolare dal ridere per quel siparietto. La macchina fotografica si mosse automaticamente con l’obiettivo verso di lui e contro la sua volontà il dito premette, scattando una foto. La guardò sul piccolo schermo, e sorrise nel vedere quella risata così sincera e pura del ragazzo che amava. Una foto da mettere sul comodino, pensò soddisfatta. In fondo con la scusa della messa in mostra di Ludmilla qualcosa di buono ne era uscito. Maxi, come sentendosi chiamato in causa, si avvicinò alla spagnola: “Sei pronta per le finali?”. Nata sussultò, e cominciò a torturarsi una ciocca scura dei capelli: “Certo che sono pronta. Non sono nervosa, assolutamente no!”. Il suo tono però lasciava intendere tutt’altro. “Lo spero, perché non devi esserlo. E già solo essere arrivati alle finali è un grande risultato di cui essere fieri”. Quelle belle parole nonostante tutto, la infastidivano. Che intendeva dire? Che ancora una volta doveva essere l’eterna seconda? Non poteva vincere, non ne aveva le capacità? Si era impegnata tantissimo per affinare la sua tecnica, aveva passato ore e ore nella sua stanza, volteggiando e memorizzando passi, senza fermarsi un secondo. Se c’era qualcuno che meritava la vittoria, quella era lei. “Noi vinceremo, Maxi, dimostreremo a tutti che ci hanno sottovalutati” rispose dopo qualche secondo, riponendo la macchinetta nella borsa nera che portava a tracolla. Maxi annuì, convinto: “Così va molto meglio. Dobbiamo metterci grinta!”. Nata annuì decisa, poi si allontanò a passo traballante per andarsi a cambiare.
Un applauso risuonò nel corridoio, facendo voltare Ludmilla, che abbassò lentamente i suoi occhiali scuri, dalla montatura argentata, come il vestito. “Lo so, ma di autografi ancora non ne faccio, mi spiace” disse acidamente, rivolgendosi a Diego, che ancora batteva le mani lentamente, in modo beffardo. “Applaudo alla tua vanità, non certo alla tua fama” ribatté lo spagnolo, senza riuscire a reprimere uno snervante sorrisetto. Un sorrisetto che la ragazza avrebbe volentieri cancellato, insieme alla faccia, e a tutto il resto del corpo. Rimpiangeva solo di non essere in un disegno realizzato con una matita e di non avere con sé una gomma. “Dieguccio caro, sei rimasto talmente abbagliato che non sai più nemmeno quello che dici. Ma sei perdonato e compreso” rispose con una calma glaciale. “Dico solo che non c’è bisogno di darsi tante arie, dato che non sei nemmeno arrivata in finale”. Quello non doveva dirlo, non doveva farlo. Aveva perso a causa del suo penoso partner, della sua incapacità, non certo per colpa sua: “Farò finta che non abbia detto nulla, spagnolito da quattro soldi. E quando verrai sbattuto fuori a causa dei tuoi piedi da papera e dei tuoi passi ridicoli, allora sarò io a ridere”. Maria si mise tra i due che minacciava già non una tempesta, ma una vera e propria catastrofe naturale di dimensioni globali. Si rivolse al suo compagno, facendogli cenno di non cadere a quelle provocazioni, e a rimanere concentrato per la finale: “Andiamo, Diego, voglio provare alcuni passi”. Afferrò il braccio dello spagnolo, e lo trascinò via, in una sala deserta. “Si può sapere che ti prende?” disse la ragazza, chiudendo la porta dietro di sé, evidentemente arrabbiata. “Io non ho fatto nulla, è stata lei a provocarmi…” si difese l’altro, avvicinandosi alla tastiera elettronica e premendo qualche tasto pigramente, senza emettere alcun rumore. “E da quando ti importa delle provocazioni di Lud…aspetta!” esclamò, colta da un’improvvisa illuminazione. “Ti piace Ludmilla” concluse, avvicinandosi all’altro lato della pianola. La porta si aprì all’improvviso, impedendo a Maria di conoscere la verità, quella verità che le premeva tanto, e che forse poteva già leggere dal suo sguardo evasivo. “Maria! Ti ho cercato ovunque”. Federico rimaneva impalato all’entrata, tremante di rabbia. Come mai quei due erano chiusi insieme in un’aula, per di più completamente vuota? “Me ne vado” disse freddamente, voltandosi di scatto e fuggendo via. Maria rimase di sasso, non sapendo cosa fare. Doveva agire, in fretta. Federico sarebbe partito, e non voleva che tutto finisse in quel modo, con un litigio. Lo amava e per lui avrebbe anche cercato di mantenere una relazione a distanza. Non era tipa da mentire a se stessa: sapeva che sarebbe stata dura, che avrebbe sofferto. Ogni volta che avrebbe avuto bisogno di un suo abbraccio si sarebbe dovuta accontentare della solitudine dettata dalla sofferenza. La sua voce sarebbe stata sempre lontana, troppo lontana, e prima o poi sarebbe scomparsa del tutto, lo sapeva. Ma non voleva pensarci, non ora che poteva ancora averlo lì, in carne e ossa, non ora che poteva ancora sentire il calore del suo corpo, rifugiandosi tra le sue braccia. Dopo la gara avrebbe chiarito, ma adesso doveva rimanere concentrata. Diego interruppe il filo dei suoi pensieri: “Vuoi che vada a spiegarli che…”. “No. Ci parlerò io, ora non dobbiamo distrarci” mormorò la ragazza, simulando un sorriso incoraggiante.
“Bene, ci siamo, siamo qui per la finale delle finali! Ricordiamo che la coppia vincitrice potrà partecipare a uno stage europeo a Parigi, e si esibirà in uno spettacolo allestito da YouMix nella medesima città” spiegò Marotti. Leon, seduto tra gli spettatori, alzò un sopracciglio: Violetta e Federico insieme a Parigi?! D’accordo, voleva che la sua ragazza vincesse, ma…come avrebbe fatto tutto quel tempo, senza starle vicino, al pensiero che se la spassava con l’italiano nella città più romantica del mondo? La gelosia già lo stava corrodendo, e le orecchie iniziarono a diventare scarlatte per la rabbia, ma cercò di trattenersi dal salire sul palco per mandare tutto a monte. “Lei si fida di te, io mi fido di lei…” si ripeté, sussurrando debolmente. Giusto. Si fidava di Violetta, certo. Ma non si fidava di quella piovra dai mille tentacoli di Federico; nelle scorse gare aveva visto che quel ragazzo era fin troppo vivace con le mani per i suoi gusti, come quando le afferrava la vita, o cose del genere. Arianna posò la mano sulla sua gamba che martellava nervosamente per terra: “Calmati”. Il messicano, appena sentita la voce della sorella, prese a fare dei respiri profondi, e ritrovò la tranquillità. “Come farò quando non ci sarai più?” chiese con un sorriso malinconico. “Ci penserà Violetta al posto mio a tirarti le orecchie” rispose la giovane Vargas, tirandogli un orecchio. “Ahia, ahia!” si lamentò Leon, massaggiandosi il lobo indolenzito. “Zitto, stanno cominciando” lo riprese Arianna, preparandosi ad assistere all’esibizione dei suoi amici.
Le luci lentamente si abbassarono e il sipario si aprì, mostrando i primi due concorrenti: Maria e Diego. Si esibirono alla perfezione, come sempre, ma non c’era connessione tra loro, solo bravura. Ognuno era perso nei suoi pensieri, per quanto non lo desse a vedere. Gli applausi si levarono alla conclusione, ma i due si guardarono nervosamente. Potevano aver vinto, eppure sentivano di non aver dato il massimo, e tutto ciò gli dava enormemente fastidio. Il turno successivo fu quello di Violetta e Federico, che si esibirono mediamente. Violetta era ancora parecchio agitata, e faceva fatica a mantenere i movimenti puliti.
“Tra poco tocca a noi” disse Maxi, dietro le quinte, osservando la sua compagna, terrorizzata al solo pensiero di esibirsi. “Ce la farai, ti sei esercitata tanto. Meriti questa vittoria, e io ti aiuterò” continuò, facendole l’occhiolino. Il rumore degli applausi li fece riscuotere di colpo. Avevano finito, e adesso toccava a loro. Nata avanzò con passo tremante fino al centro del palco, e quando sentì la musica partire i piedi si mossero da soli, lasciandosi guidare dalle note. Non eccelleva nel canto come Violetta, non sapeva suonare la batteria o altri strumenti come i ragazzi dello Studio, non aveva grinta come Ludmilla. Era semplicemente Nata, e se c’era una cosa che amava fare era ballare. Era entrata nello Studio mossa da quella passione, e aveva deciso di coltivarla per diventare una professionista a tutti gli effetti. Stare con Ludmilla l’aveva distolta dal suo vero obiettivo, ma adesso perdendosi nello sguardo concentrato e dolce allo stesso tempo del suo partner, aveva capito. Correre il rischio ne valeva la pena, lottare con le proprie forze senza vincere non significava fallire, voleva dire solo poter diventare più forti, acquisire una consapevolezza maggiore dei propri limiti e delle proprie possibilità. E sfiorando la mano di Maxi capì di poter contare su di lui per la realizzazione dei suoi sogni. La musica finì, e con una leggiadra giravolta, Nata si ritrovò intrappolata dalle braccia del ragazzo, che la stringeva da dietro. Lo scroscio di applausi pioveva su di loro come pioggia, e per la prima volta Nata si sentì importante. Non solo per la sua esibizione; si sentì importante per qualcuno. Maxi. Marotti salì sul palco, e i due si sciolsero dalla presa per posizionarsi alla destra del presentatore. “Ebbene, grande sfida, signori! Chiedo anche alle altre due coppie partecipanti di salire qui insieme a me” esclamò euforico Marotti. Violetta e Federico, seguiti da Maria e Diego, raggiunsero l’altra coppia. I giudici, che avevano confabulato da un bel po’, scarabocchiarono qualcosa su un foglietto, che Pablo prese e portò al presentatore. “Bene, abbiamo già i risultati in tempo record, ed è strano, ma a quanto pare il giudizio era unanime. E i vincitori sono…”. La tensione era alle stelle: Nata stringeva la mano di Maxi, Maria guardava dubbiosa Diego, consapevole dell’esibizione poco convincente, e Violetta teneva lo sguardo fisso su Leon, con le dita incrociate. “Maxi e Nata!” esclamò Marotti, pronunciando i nomi ad alta voce. Nata rimase di sasso, mentre Maxi saltellava da una parte all’altra in preda all’euforia. “Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!” strillava in continuazione, facendosi abbracciare prima da Maria, poi da Violetta. “Complimenti Nata, siete stati in gamba” si congratulò Diego, leggermente deluso. Alzò lo sguardo, e una Ludmilla trionfante si riflesse nelle sue pupille scure come l’inchiostro. Nata era ancora rimasta ferma, senza muovere un dito, con la bocca semiaperta e una strana luce negli occhi, la luce della vittoria, della soddisfazione. Natalia Navarro, studentessa dello Studio, considerata sempre la seconda in tutto, se non peggio, aveva vinto. E quella gloria non l’avrebbe dovuta dividere con nessuno, se non con Maxi, era sua, solo sua. Le sue labbra si curvarono in un sorriso sciocco, e si avvicinò per congratularsi con gli altri partecipanti, ancora non del tutto sicura di aver vinto davvero.
La vita scorreva, le scelte potevano susseguirsi, giuste o sbagliate che fossero, ma mai, mai, German avrebbe pensato di presentarsi di fronte a quella casa. Si era fatto dare l’indirizzo da Angelica, e ancora adesso aveva un po’ di timore. Doveva parlare con Angie, per chiarire la questione della lettera, ma allo stesso tempo era incerto su come comportarsi, visti i recenti avvenimenti. L’amore che provava nei confronti della bionda Saramego era fin troppo reale ed intenso, tuttavia con esso lo era anche la sua paura di affidare dopo tanto tempo il cuore a qualcuno che non fosse Maria. La sua Maria, la donna che non aveva mai smesso di amare. Ma adesso era tutto diverso: con Angie si era risvegliato qualcosa, una flebile fiamma che si espandeva nel corpo e nell’anima con la sua luce e il suo calore. Suonò titubante il campanello, e si ritrovò di fronte Angie Saramego, con i capelli tutti scompigliati, in vestaglia, e l’aria assonnata. Non appena lo vide la donna si irrigidì, e strabuzzò gli occhi. German a casa sua? Ripensò al loro ultimo momento passato insieme, e si chiese se non fosse venuto lì per darle una risposta. Alle nove di mattina, come solo German sapeva fare. Osservò l’orologio appeso alla parete del salotto, e roteò gli occhi. “Lo so che è un po’ presto…” cominciò German, entrando, senza permesso, e cominciando a fare avanti e indietro nervosamente. “Lo sai, eppure sei qui” gli fece notare la Saramego, dirigendosi in cucina come se nulla fosse per prepararsi un caffè. “Caffè?” gli chiese dall’altra stanza, sbadigliando. “Si, grazie” rispose l’altro, che attendeva in salotto. “Amaro, immagino” borbottò la donna, mettendo su la caffettiera, e tornando nell’altra stanza. Stava per chiedergli il motivo per cui era venuto, ma non ebbe bisogno: German cominciò a parlare come un uragano. “Lo stava per scoprire! Qualcuno ha messo la lettera, quella stramaledetta lettera nella stanza di Violetta! Com’è possibile? Non può essere!”. “Calmati, German, non ho capito nemmeno di che stai parlando” lo bloccò la donna, prendendogli il braccio, per farlo stare fermo. “La lettera con i risultati del test. Li tengo sempre nella mia stanza, ma la sera in cui è venuto Leon, è spuntata in camera di Violetta, e lei stava per leggerla” spiegò, con voce ancora tremante per l’ansia. “Non ci credo! Ma allora qualcuno vuole che la verità venga a galla”. Un minuto di silenzio e poi capì: “Non starai mica pensando che io farei una cosa simile?!”. German esitò, e per lei fu una risposta più che sufficiente. “Dopo tutto quello che è successo tra di noi…Possibile che non riesca a fidarti di nessuno, se non di te stesso?” esclamò Angie, furiosa e delusa. “Siamo solo io, te, e Cristobal a saperlo. E Cristobal non può essere stato” si difese l’altro. “Ma certo, allora sospettiamo dell’istitutrice perdutamente innamorata! E quale sarebbe il movente? Fare soffrire la propria nipote, che ama più di ogni altra cosa, solo perché un uomo non sa mostrarsi deciso su quello che vuole dalla vita?”. Colpito e affondato. 1 a 0 per Angie. Strike. German rimase fermo, con la bocca semiaperta, e l’indice fermo a mezz’aria. Il problema è che aveva assolutamente ragione; lui non sapeva cosa voleva nella sua vita, e preferiva prendersela con qualcuno piuttosto che vedere la realtà. Stava con Jade per abitudine, sebbene non l’amasse. Aveva deciso di fare un secondo test, ma ancora non ne aveva avuto il coraggio. Si trovava costantemente di fronte a dei bivi, e per paura di ciò che lo aspettava si voltava sempre dall’altra parte e tornava indietro. Angie intuì le sue preoccupazioni, capì di averlo messo a nudo, e ne ebbe compassione. Portò le braccia, avvolte dalla lana di un rosa vaporoso della vestaglia, intorno al busto dell’uomo in un dolce abbraccio. “Perché deve essere tutto così complicato? Pensavo che l’amore fosse sempre giusto, e lo penso ancora, ma…” mormorò la donna, con gli occhi lucidi. “Io non amo Jade, e appena tutto quest’incubo sarà finito la lascerò. Non voglio perderti” rispose German, stringendola forte. “Non succederà. No, davvero, non potrai liberarti di me, sono pur sempre la zia di Violetta” scherzò, separandosi, e guardandolo con dolcezza. German sorrise malinconico, e le diede un bacio sulla guancia. “Riesci a tranquillizzarmi come nessuno. Grazie” disse, avviandosi verso la porta. Stava per uscire, quando si voltò nuovamente: “E comunque, stai benissimo con questa vestaglia”. Angie arrossì e si guardò le pantofole rosse. Il fischio della macchinetta le ricordò del caffè, ma ormai German aveva chiuso la porta dietro di sé. Sapeva che sarebbe ritornato, e forse un giorno, non troppo lontano, avrebbe potuto preparargli il caffè la mattina. Amaro, come lo preferiva lui.
La sera era stata trascorsa a festeggiare. Gli studenti dello Studio avevano fatto le ore piccole e Violetta si era fermata a dormire da Leon. Il giovane messicano si era appena svegliato con i capelli arruffati, e un enorme sbadiglio, e notò con piacere che Violetta era stretta intorno al suo corpo, il capo poggiato sul petto, questi ultimi separati unicamente dal tessuto nero della maglietta a mezze maniche che stava indossando, le gambe intrecciate alle sue. Sembrava una bambina desiderosa di protezione e amore, ed era proprio ciò che le voleva donare. Le accarezzò piano i capelli, finendo di svegliarsi, e poi cercò di muoversi, senza farla svegliare. “Mh…Leon” lo chiamò debolmente, risalendo piano ed aggrappandosi a lui, con il viso sprofondato sul cuscino, all’altezza del suo collo. “Buongiorno, amore” le sussurrò all’orecchio, deponendo un bacio leggerissimo, quasi inesistente. “Rimani a dormire ancora un po’ con me” lo implorò con un’espressione supplicante, rabbrividendo per il freddo, non appena lui scostò di poco le coperte. “Non voglio che tuo padre si arrabbi non vedendoti a casa”. “Lui pensa che sto dormendo da Francesca” spiegò subito lei, stringendosi sempre di più con un sorriso. “Non sei stanca di mentirgli?” chiese dubbioso. “Si, lo sono. Ma continuerò finché non si deciderà a smetterla di trattarmi come una bambina”. “Ma tu lo sei” scherzò il ragazzo, dandogli un buffetto sul naso. Violetta arricciò il naso e strizzò gli occhi, quindi si mise sopra di lui, con un movimento rapido, facendo sfiorare le loro labbra maliziosamente. “No, che non lo sono. E te l’ho già dimostrato” sussurrò, mordendogli con desiderio l’orecchio, e accarezzandogli il collo, con dei tocchi delicati, ma piacevoli. Leon divenne paonazzo, ma dovette ammettere che come risveglio non gli dispiaceva affatto. “Dovresti rimanere a dormire da me più spesso” sospirò, aspirando il suo profumo così dolce e intenso. Facendo leva sulla vita della ragazza, capovolse la situazione, trovandosi sopra di lei, e si lasciò andare ad un bacio passionale, che li coinvolse completamente. Violetta gemette nella sua bocca, quando sentì il corpo di Leon sfregare con dei movimenti lenti contro il suo. Si separarono ansimando, ancora stretti ciascuno tra le braccia dell’altro. “Magari la prossima volta potremmo avere più intimità. Devo solo convincere i miei a farsi un lungo viaggio da qualche parte” scherzò, dandole un bacio sulla punta del naso, e rialzandosi di scatto. Si sedette al bordo del letto, e si tolse la maglia per andarsi a fare la doccia, quando sentì le fragili mani di Violetta circondargli timidamente il busto da dietro. “Vorrei che tutto questo potesse ripetersi ogni mattina” disse lasciandogli dei timidi baci sul collo, mentre gli accarezzava l’addome e il petto con una dolcezza che Leon riusciva a sentire solo con lei. I risvegli con Violetta erano sempre la parte più bella della giornata, quando potevano esserci. Il suo amore gli dava una carica mille volte superiore alla caffeina. “Vado a farmi una doccia, poi il bagno è tuo” le disse, voltandosi e baciandola di nuovo. Era più forte di lui: non riusciva a resistere più di qualche minuto senza baciarla, senza farle sentire il modo in cui la desiderava con tutto se stesso. E il calore delle sue labbra morbide lo facevano letteralmente impazzire. Non appena Leon fu uscito il cellulare di Violetta iniziò a squillare. La ragazza lo prese confusa, e vide il mittente. La telefonata veniva dalla segreteria dello Studio. “Pronto?” chiese Violetta al telefono. Qualcuno dall’altra parte rimase in silenzio, poi riattaccò di colpo. “Pronto?” disse nuovamente, alzando il tono di voce, preoccupata. La linea era ormai caduta. E con essa la confusione iniziò a farsi strada nella sua mente. 









NOTA AUTORE: Buonasera e buona domenica a tutti. Mi scuso per non aver risposto alle recensioni del capitolo scorso, ma, come dire, non ho avuto proprio tempo ç_________ç Comunque lo ho lette, e sono assolutamente bellissime, davvero, mi fate sempre emozionare con il vostro affetto incredibile :3 Allora...Nata e Maxi hanno vinto la gara! E Nata sembra decisa a recuperare il suo rapporto con il nostro rapper :D Nel frattempo, Maria e Federico hanno più o meno litigato, anche se per una sciocchezza, ma non sembra essere nulla di grave: il problema è che la partenza dei ragazzi è fin troppo vicina, e Maria non vuole che finisca tutto in quel modo. La reazione di Federico è sicuramente dovuta alle sue stesse paure. Arianna e Leon sono due fratelli dolcissimi, quando lei lo tranquillizza e placa la sua ormai rinomata gelosia (altrimenti che Leon sarebbe ù.ù). German e Angie hanno chiarito l'equivoco, e tra i due sembra ancora esserci qualcosa che li divide. German la ama, ma allo stesso tempo non riesce a decidersi, e questa situazione di stallo lo spaventa. Tornerà sui suoi passi come ha fatto in passato o finalmente prenderà una decisione su cosa fare della sua vita? DOVEVO METTERE UN MOMENTO LEONETTA, OH. Scusate, ma ero in astinenza di momenti dolci loro, e nel capitolo scorso non era successo nulla. Che poi per parlare degli altri personaggi, è un po' che non li metto al centro della storia (ma nel finale saranno eccome al centro :O). Ma che sono teneri :3 Leon è proprio innamorato perso, e anche Violetta lo ama, finalmente si godono la loro felicità, senza i vari Diego o Lara di turno ù.ù E poi arriva la telefonata misteriosa dallo Studio. Di chi si tratterà? Lo scopriremo nei prossimi capitoli! E allora comincia la sfida: -9 alla fine della storia xD Se riesco a finire con il capitolo 80 mi sento un dio, lo dico subito xD Buona lettura a tutti, e alla prossima! ;D by syontai :D  P.S: Io e una ragazza gestiamo un forum, e per il compleanno di Jorgito, il 19, abbiamo organizzato un contest, in cui bisogna scrivere una OS su Jorge (e il resto del cast, quindi anche Jortini se uno vuole) e il suo compleanno, da mettere sul sito. Se vi va, partecipate :D http://leonettaitalianforum.forumcommunity.net/?t=55631788

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Capitolo 72
*** Dirsi addio è per sempre? ***


Capitolo 72
Dirsi addio è per sempre?

Il telefono continuò con il suo snervante rumore; ma Violetta non aveva intenzione di attaccare, come se fosse convinta che prima o poi chi l’aveva chiamata avrebbe recuperato la linea in qualche modo. E invece nulla, la sua attesa fu vana. Scosse la testa, mentre attaccò e si stese sul letto, con il telefono stretto ancora nella mano. Leon tornò nella stanza con un accappatoio verde mela addosso e i capelli tutti bagnati. “Ho sentito il telefono squillare…tutto a posto? Non era German, vero?” chiese preoccupato, sedendosi ai piedi del letto, al suo fianco, incurante del fatto che in quel modo rendesse umide le lenzuola. “No, non era papà, anche se…non saprei. Era una chiamata anonima. Non ho nemmeno sentito la voce, ha attaccato subito” spiegò Violetta pensierosa, mordendosi il labbro, e fissando il soffitto. Leon sorrise nel vederla in quel modo, distesa sul suo letto, e gli costò molto non muovere nessun muscolo. E infatti la sua resistenza cedette in un secondo: senza dire nulla si sfilò lentamente l’asciugamano rimanendo solo in boxeur e si distese al suo fianco, lasciandole dei leggeri baci sul collo. “Leon” lo riprese apprensiva, allontanandolo con ben poca forza. “Si?” chiese lui con un sorrisetto complice, mentre saliva a baciarle le guance fino a sfiorarle la bocca. Sentiva il corpo bagnato di Leon aderire sempre di più al suo; alcune gocce gli scendevano dai capelli e scorrevano liberamente lungo il viso, per poi depositarsi sulle sue guance incandescenti. “Che stai facendo?” chiese, mentre il ragazzo si stava posizionando sopra di lei, senza riuscire più a contenere il desiderio che lo stava guidando. Il suo corpo si muoveva lentamente mentre i fianchi erano stretti tra le gambe della ragazza. Aggredì le sue labbra con forza, come desideroso di divorarle tutte in una volta. Entrambi ansimavano, mentre si accarezzavano appassionatamente, fino a quando Leon non si separò di botto, con una strana luce negli occhi. Una luce che Violetta conosceva fin troppo bene. Il ragazzo sorrise: un sorriso dolce e pericoloso allo stesso tempo, quindi si avvicinò al suo orecchio sospirando. “Avrei veramente voglia di…”. “Leon!” lo interruppe lei sconvolta, e rossa in viso. “Lo so che non possiamo. Ci sono i miei, e…non mi sembra opportuno” rise Leon, giocando con la lingua sul contorno dell’orecchio, diventato ormai scarlatto. “Mh…” mugugnò Violetta, troppo presa a godersi quei gesti teneri per prestare attenzione alle parole appena dette.
Leon si separò con grande difficoltà, facendo appello a tutta la sua forza di volontà e si stese accanto a lei, avvolgendola in un abbraccio. Violetta si accoccolò sul suo petto, posando la testa e accarezzandogli l’addome con aria assente. “Stai ancora pensando a quella chiamata?” le chiese il ragazzo, riuscendo benissimo a intuire i suoi pensieri. Violetta poggiò il mento e alzò la testa, per poi annuire debolmente. “Potrebbe trattarsi di uno stupido scherzo” tentò di rassicurarla. “Magari di quel deficiente di Diego. Ma se me lo ritrovo tra i piedi…” continuò, cominciando ad arrabbiarsi, cosa che risultava piuttosto evidente dal tono aggressivo con cui aveva pronunciato il nome di Diego. “No, non mi sembrava si trattasse di uno scherzo. Ma forse era solo una mia impressione”. Leon si calmò, notando il turbamento della sua ragazza, e la strinse ancora di più a sé. “Non devi preoccuparti, si tratterà sicuramente di una sciocchezza” le sussurrò, sfiorandole piano i capelli con fare protettivo. Una sciocchezza…già, una sciocchezza. Doveva essere così, ma più tentava di convincersene più qualcosa la turbava.
Cristobal chiuse la chiamata afflitto. Perché non ci era riuscito? Cosa continuava a frenarlo? Forse la promessa fatta a German, di non irrompere nella vita di Violetta in quel modo. Forse semplicemente la paura di sconvolgere la sua, di vita. Un terribile mal di testa lo costrinse a sedersi sulla poltrona della presidenza. Tornare a Buenos Aires era stato un grave errore, la sua era stata una scelta dettata dal desiderio di rivedere il posto in cui era iniziata la sua carriera, in cui aveva trovato l’amore, ma adesso…adesso era solo un inferno da cui non riusciva ad uscire per quanto ci provasse. Più voleva tagliare con il passato, più esso con i suoi tentacoli lo stritolava. “Buongiorno” salutò allegramente Angie, posando un fascicolo sulla scrivania. “Qui ci sono alcuni costi che lo Studio deve sostenere. E alcune informazioni che ha richiesto la polizia per le indagini del famoso incidente a teatro” disse con un mezzo sbadiglio. Cristobal non rispose: lo sguardo vitreo ancora fisso alla parete e delle occhiaie spaventose. “Ma qui qualcuno è messo leggermente peggio di me” rise la donna, sedendosi sulla sedia dall’altra parte della scrivania. “Lo sai benissimo perché sono ridotto in questo stato” ribatté acidamente sfogliando velocemente fogli su fogli, pieni di conti e note inutili. Angie annuì, e fermò il ritmo forsennato con cui l’uomo stava dando inizio allo studio delle carte: “E’ complicato, Chris, ma non è impossibile uscirne fuori”. “In che senso?” domandò il preside attento. “Tu vuoi davvero essere un padre per Violetta? Se non lo vuoi nessuno ti costringe a farlo. German la ama con tutto se stesso, e non le farebbe mancare nulla; le darebbe l’amore di un padre, come nessuno saprebbe darlo” spiegò Angie con voce accesa. “Ti piace parecchio quell’uomo” constatò l’altro, con una risata secca. “C-cosa dici?!” mentì imbarazzata, mentre le guance diventavano rosse. Prese un soprammobile, un delfino di vetro, appoggiato sulla scrivania e cominciò a passarselo tra le mani nervosamente. “Tipico delle Saramego. Quando mentite non riuscite a tenere ferme le mani” ridacchiò l’uomo, strappandole il delfino di mano e rimettendolo al suo posto. “E’ il motivo delle mie occhiaie” sussurrò lei, indicando i pesanti segni scuri sotto gli occhi. “Lo ami?”. La donna rimase in silenzio, soppesando bene quelle due parole, pensando alla risposta. “Mi credi se ti dico che non lo so? Onestamente, Chris, non ne ho la più pallida idea. E’ possibile amare il marito della propria defunta sorella? Non ci capisco più nulla, e questo mi fa impazzire”. “Vorrei averti fatto quest’effetto a suo tempo” ribatté lui, ricordandole i primi tempi in cui aveva manifestato un evidente interesse. Angie scosse la testa, sorridendo tristemente: “Tu non volevi me, volevi Maria”. “Forse hai ragione, e sono uno sciocco. Sto facendo un errore dietro l’altro” commentò sprezzante, buttando la testa all’indietro, e lasciandosi andare sullo schienale pieghevole della sedia. “Oh, beh, da quando quella famiglia è tornata a Buenos Aires provo esattamente lo stesso” sdrammatizzò la bionda insegnante, rialzandosi. “Avrei tanto bisogno dei suoi consigli” mormorò d’un tratto Cristobal, mentre gli occhi si oscurarono di colpo. Angie non riuscì a trattenere una lacrima, che asciugò prontamente con la manica della camicetta azzurra. “Chris, dobbiamo imparare ad andare avanti. Non la dimenticherò mai, nonostante il suo grande errore che ha portato questo disastro. Ma voglio andare avanti, e così devi fare tu” concluse, uscendo dalla stanza. Il preside chiuse gli occhi e sospirò, per poi fissare il soffitto pensieroso. Andare avanti; non dimenticare il passato ma saperlo mettere da parte. Sembrava facile ma non lo era. Non per lui almeno.
Un, due, tre. Un, due tre. Come a passo di marcia la piccola comitiva avanzava in mezzo alla folla, facendo sfilare una serie di trolley. Arianna si guardò indietro un paio di volte, per poi cercare di memorizzare qualche dettaglio di quell’enorme aeroporto che aveva dato il via alla sua avventura argentina. In realtà ci era già stata parecchie volte, ma non le era mai stato così difficile lasciare la sua nazione come in quel giorno. Si fermò e legò i capelli castani in un coda, mentre il resto del gruppo continuava ad avanzare. Maxi e Nata camminavano a fianco, ognuno con la sua valigia. Loro sarebbero dovuti partire per il famoso premio del concorso ed erano emozionatissimi. Parlavano di quello che avrebbero fatto, di ciò che avrebbero mangiato, di ciò che avrebbero visitato. Diego sembrava stranamente assente: Andrea gli aveva accidentalmente pestato il piede con la rotella della valigia e lo spagnolo non aveva battuto ciglio. Federico e Andrea erano quelli messi peggio: Federico aveva risolto con Maria, ma nonostante tutto il pensiero di una relazione a distanza gli faceva attorcigliare lo stomaco. Già poteva avvertire l’angoscia che avrebbe sperimentato ogni giorno al pensiero della ragazza a distanza oltre oceano. Andrea invece, che era sempre  molto timido, credeva che fosse ingiusto tutto quello. Per una volta che aveva stretto delle amicizie autentiche, che aveva imparato ad apprezzare la solarità e la gentilezza degli argentini ecco che doveva tornare al buio e alla freddezza tedesche. I suoi occhi disperati incrociarono quelli di Arianna, chiedendole di raggiungerli. La ragazza chiuse gli occhi, e il verde si riversò dentro di lei. La speranza. Era il motivo per cui amava i suoi occhi: le davano sempre speranza. Avevano una luce particolare che non dipendeva dal colore brillante. Una luce diversa da quella del fratello, e a suo modo unica. Pablo li osservò uno ad uno porgendo a ciascuno il rispettivo biglietto. La scritta London sul suo ticket la riportò alla realtà dei fatti. Andrea osservava il suo con disprezzo e borbottava ‘Berlino’ ripetutamente, come se non volesse ancora crederci. “Non dovete essere così tristi, ragazzi” disse il professore con un sorriso. “In fondo è questo lo scopo degli scambi: creare dei legami tra le varie nazioni. Noi vi abbiamo aiutato a crearli, adesso sta a voi conservarli”. “Pablo ha ragione” disse Federico con ben poca convinzione. “Uno zombie mi avrebbe dato un appoggio più consistente, ma grazie, Federico” scherzò Pablo, dandogli una pacca sulla spalla. “E in quanto a voi due…” continuò rivolgendosi a Maxi e Nata. “Avete una fantastica occasione, non sprecatela”. I due annuirono entusiasti ed elettrizzati per il viaggio. “Non avete detto agli altri l’ora della nostra partenza, vero? Odio gli addii; ogni volta che dovevo salutare Leon cominciavo a piangere come una bambina” commentò Arianna, strizzando gli occhi inorridita al ricordo. “Chi io? Non farei mai una cosa del genere” fischiettò Pablo, avanzando con un sorriso complice.
Eccoli giunti al bivio: ognuno avrebbe preso il suo Gate e il suo volo per il proprio Paese d’origine. Il primo aereo che sarebbe partito era quello per Berlino. “Ehi, volevate andarvene senza salutare?” esclamò una voce conosciuta. Leon. Lo sapeva che quel testardo non l’avrebbe lasciata partire senza un saluto strappalacrime tra fratelli. Quando si voltò li trovò tutti lì: Camilla, Leon, Violetta, Francesca, Stefan, Ricardo, Maria, Andres, Thomas…c’erano tutti. Tutti tranne Ludmilla. Violetta si fondò tra le sua braccia, stringendola forte, fino al punto di farle mancare l’aria. “Mi mancherai, Arianna!” singhiozzò lei con gli occhi lucidi. “Non dimenticherò mai quello che hai fatto per me”. “Per noi, voleva dire!” si aggiunse Leon, abbracciando da dietro la sua ragazza con dolcezza. “Stupido fratellone, lo sai che odio gli addii” lo riprese Arianna, dandogli una botta sulla spalla. “Beh, e a me non piace non salutare la mia sorellina che se ne va” rispose l’altro facendo la linguaccia. Violetta si scostò per permettere ai due di abbracciarsi, e vide Arianna sull’orlo del pianto. Si avvicinò agli altri che nel frattempo avevano salutato tutto il gruppo: abbracciò forte Federico, causando un leggero colpo di tosse da parte del messicano, che non distoglieva lo sguardo nemmeno per un secondo, quindi passò ad Andrea, e si avvicinò a Diego. “Siamo sempre partiti con il piede sbagliato” cominciò Violetta, tendendogli la mano. “Non è mai troppo tardi. Piacere, mi chiamo Diego” disse serio lo spagnolo, stringendola con forza. A Leon partirono altri due colpi di tosse. “Qualcosa per quella tosse, Leoncino?” sghignazzò Diego, abbracciando di slancio Violetta, che divenne paonazza per la vergogna. “Se non toglie quelle sudice mani, io…” digrignò i denti Leon, facendosi avanti e fermato dai suoi compagni. “Niente risse in aeroporto, Vargas” lo riprese Ricardo, guardandosi attorno con circospezione nella speranza che Pablo non avesse visto la reazione aggressiva dell’amico. Violetta riuscì a divincolarsi dall’abbraccio con grande disappunto e tornò vicino a Leon con aria affranta: “M-mi dispiace”. “Non è colpa tua, è colpa di quello che se ne approfitta sempre” ribatté Leon, guardando in cagnesco Diego, che si stava facendo quattro risate. “Il volo per Berlino è in partenza tra un’ora. Recarsi al Gate 7 per l’imbarco. Grazie. Il volo per Berlino è in partenza tra un’ora. Recarsi al Gate 7 per l’imbarco. Grazie”. La voce metallica dell’altoparlante interruppe un probabile litigio, e tutti si voltarono verso Andrea, che sbiancò di colpo. “E’ il mio turno. Io vado” mormorò incerto, per poi salutare tutti e dirigersi verso il suo volo. “Andiamo anche noi” disse Federico, ottenendo un cenno di assenso di Diego e Arianna. Tutti si avviarono un po’ abbattuti, per poi dividersi per i diversi corridoi. “E’ finita, questo è un addio” sussurrò Violetta. “No, è un arrivederci” rispose Leon, cingendole la vita da dietro e poggiando la testa sulla sua spalla. “Non capisco perché si ha paura di dire addio. Un addio non è per sempre, però la parola nasconde l’affetto e l’amore che la lega alla persona che se ne va. Io preferisco dire addio che arrivederci” disse lei girandosi. Lo sguardo intenso che aveva in quel momento fece rabbrividire Leon, che la guardava meravigliato. Poggiò la fronte sulla sua sorridendo: “Saresti capace di dirmi addio?”. Non sapeva come gli fosse uscita quella domanda, non sapeva che cosa doveva aver pensato in quel momento; ma soprattutto non sapeva se voleva davvero conoscere la risposta. La ragazza rimase in silenzio, osservandolo, e mordendosi il labbro, apparentemente presa dall’incertezza. Alzò gli occhi al cielo, e poi scoppiò a ridere, godendosi l’ansia che stava divorando il giovane messicano. “Potresti essere l’eccezione che conferma la mia regola. Non penso potrei mai dirti addio” sussurrò appena, prima di stampargli un dolce bacio sulla guancia. Gli prese la mano, intrecciando le dita, e lo guidò fuori dall’aeroporto con aria serena. La sua risposta era stata sincera, ma adesso qualcosa la stava lentamente opprimendo: e se un giorno avesse dovuto veramente allontanarsi da Leon? Come avrebbe reagito? Decise di scacciare tutta quella negatività e di concentrarsi su quello che stava vivendo in quel momento. E soprattutto doveva fare alcune indagini…
Diego osservò l’aereo diretto in Germania decollare. Scrollò le spalle e si lasciò cadere su una sedia in attesa del suo volo. Buttò un occhio al monitor, ma ancora ci sarebbe voluto un po’ di tempo. Odiava i saluti, dover fare il patetico di fronte a persone con cui non aveva mai legato particolarmente. Lui non era un ipocrita, e ad esempio non interessava nulla della partenza di Andrea, con cui non aveva mai stretto nessun tipo di rapporto. Sbadigliò e tirò fuori il cellulare per controllare l’ora. Un po’ gli dispiaceva che una persona in particolare non fosse venuta, ma non poteva certo costringerla. Sapeva che aveva un cuore di marmo, più duro del suo; e pensare che si riteneva una persona abbastanza fredda e cinica. Un rumore di tacchi attirò l’attenzione, ma era un suono sordo e lontano, e decise di non prestargli attenzione. Tic Tac. Che cattivo gusto correre con i tacchi. Doveva essere estremamente in ritardo per il suo volo. Tic Tac. Non la smetteva di correre, e per di più adesso quel rumore gli stava trapanando il cervello. Un lampo dorato lo fece alzare di scatto lo sguardo e si ritrovò davanti Ludmilla con il fiatone. Il suo sguardo corse lungo il corpo fino a soffermarsi sui candidi stivaletti. Sorrise impercettibilmente, e si alzò lentamente per poi trovarsi a qualche centimetro da lei. Ludmilla era ancora ferma, e non sembrava voler dire nulla. Il suo orgoglio come sempre le impediva di fare il primo passo, ancora non riusciva a credere di essersi precipitata all’aeroporto. Le sue stupide gambe avevano agito per sui conto, ed eccola lì. Per la prima volta aveva fatto qualcosa per qualcuno, qualcosa di importante. Si, era riuscita a far riappacificare Violetta e Leon, e quello era stato l’inizio del suo cambiamento, ma adesso era diverso; adesso per la prima volta si era messa in gioco, ed era stupita di se stessa per il coraggio che aveva mostrato. “Sei qui per me, o per il negozio di profumi più avanti?” scherzò lo spagnolo, lasciando con la mano destra il manico del trolley e sfiorandole il braccio. “Profumi o Diego? Profumi assolutamente” rispose lei con un sottile filo di ironia. A loro piaceva così; dovevano riprendersi, arrivare ad insultarsi per parlare la stessa lingua. L’unica lingua che Ludmilla era in grado di parlare. La sera in cui il loro appuntamento era andato a rotoli Diego aveva pensato di aver fallito, ma adesso si dovette ricredere. La strinse forte a sé senza aggiungere una parola e le accarezzò lentamente la chioma bionda, chiudendo gli occhi e inspirando quel forte profumo raffinato che tanto lo faceva impazzire. “Beh, mi mancherai anche tu” mormorò, allontanandosi. Un semplice scambio di sguardi sciolse la Ferro, che sentì il cuore cedere improvvisamente. La regina di ghiaccio aveva perso, aveva ceduto alle lusinghe dell'amore, e lì, tra le braccia di Diego se ne rendeva finalmente conto. Diego sorrise trionfante, quindi si avvicinò rapidamente per poi baciarla con intesnità. Ludmilla sgranò gli occhi, non aspettandosi qualcosa del genere. Non era nei piani, nei suoi piani. E ci teneva che i suoi piani fossero perfetti. Al diavolo, pensò, lasciandosi finalmente andare. Il ragazzo e la ragazza senza cuore che dimostravano di poter amare. Era ridicolo, buffo, assurdo. Eppure le sembrava naturale, le sembrava giusto che anche a lei in fondo fosse riservato un momento di felicità. Sarebbe finito tutto prima ancora di cominciare, lo sapeva bene, ma voleva godersi quel piccolo attimo di amara ed effimera gioia.
Violetta era ormai tornata allo Studio, e aveva salutato tutti, con la scusa di una coreografia urgente che Gregorio le aveva dato da preparare da sola. Pensava di non saper mentire, ma ormai era diventata abbastanza esperta. Leon sembrava aver capito che qualcosa non andasse, ma aveva fatto finta di nulla e ne aveva approfittato per andare in sala prove con Andres, per consolarlo della partenza del suo amico. Violetta avanzò silenziosamente per il corridoio, ricordandosi che la chiamata anonima era partita dallo Studio. Pensò per prima cosa di andare nell’ufficio del preside e controllare il registro chiamate. In fondo tutti i telefoni della scuola ne avevano uno. Bussò, mascherando la sua ansia, e, non ottenendo risposta entrò velocemente nella stanza. Si avvicinò al telefono nero poggiato sulla scrivania con la mano tremante, e prese il cordless. Il telefono registrava gli ultimi dieci numeri chiamati. Premette il piccolo pulsante verde in basso a destra e cominciò a scorrere. Il primo numero non era il suo. Stava per premere la freccetta a destra per continuare la ricerca, quando qualcuno picchiettò la sua spalla. “Che ci fa qui, signorina Castillo?”. La voce le fece gelare il sangue, e strinse ancora di più il telefono tra le mani. Si voltò a rallentatore e scorse l’espressione dura e accigliata di Cristobal. La stava scrutando, e per un momento le parve che un’ombra di paura attraversò i suoi occhi, vedendo l’oggetto che teneva tra le mani. Non aveva bisogno di altre prove: era stato Cristobal a fare la chiamata anonima. Ma perché? Cosa le nascondeva quell’uomo? 









NOTA AUTORE: Holaaaaaaaaa :D Perdono per l'imbarazzantissimo ritardo, davvero. Non ho avuto mai tempo per continuare la storia, e l'ispirazione stava demordendo. Ma ormai mancano gli ultimi capitoli, quindi dovevo solo chiarirmi le idee sul finale ù.ù Allora, ecco che i nostri amici partono. Nuooooo ç______ç Ma prima commento la dolcissima scena Leonetta iniziale. Naaaaaah, non lo farò xD Lascio a voi l'arduo compito :P Nel frattempo è ora di partire, e Violetta ha un brutto presentimento, scaturito dalla buffa domanda di Leon. 
Nel frattempo Diego e Ludmilla hanno il loro momento romantico, che purtroppo non porterà alla nascita di nessuna storia d'amore vista la partenza imminente dello spagnolo. Ma Ludmilla dimostra di avere un cuore e di poter amare, in fondo. Mi piace molto quella scena, anche se per quei due il lieto fine non c'è ç___________ç Angie ammette di provare qualcosa per German, ma la situazione è complicata, e Cristobal si sente messo sempre di più alle strette. Confesserà il suo segreto in questo finale così sospeso, in cui Violetta viene colta in flagrante. I dubbi della ragazza si fanno sempre più concreti. Quell'uomo le nasconde qualcosa, ma cosa? Noi lo sappiamo, ma lei no xD Grazie a tutti voi che ancora mi seguite, e vi chiede seriamente perdono per il ritardo ç________ç Alla prossima, e buona lettura :P 

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Capitolo 73
*** Istinto ***


Capitolo 73
Istinto

Uno dopo l’altro tutti partirono: prima Diego, poi Arianna, e infine Federico. Maxi e Nata stavano aspettando il loro volo, emozionatissimi come non mai, mentre Pablo dava loro le ultime raccomandazioni: “All’aeroporto di Parigi vi verrà a prendere un assistente della rete di YouMix, e vi porterà ai vostri alloggi. Mi raccomando, comportatevi in modo adeguato, da professionisti”. Nata e Maxi si scambiarono uno sguardo complice e annuirono. L’avviso del loro imbarco venne dato dall’altoparlante in quel preciso istante. “Beh, allora tocca a voi, mi raccomando, fatevi valere, siete i rappresentanti dello Studio 21” disse il professore, abbracciandoli caldamente. “Ma prof, noi li stracciamo tutti!” strillò Maxi, beccandosi una gomitata dalla compagna, ben più modesta. “Faremo il possibile” lo corresse la spagnola, prendendo per il braccio Maxi, e trascinandolo via. Pablo li salutò con un sorriso nostalgico: stava per succedere. Quei ragazzi che aveva visto crescere stavano per seguire la loro strada. Era strano, come professore si sentiva fiero, perché quelle promesse erano frutto di un duro lavoro che l’avevano visto partecipe in prima persona, ma allo stesso tempo un affetto paterno lo legava indissolubilmente a loro, alle loro speranze, alle loro indecisioni. Oggi era il turno di Maxi e Nata, ma un giorno sarebbe successo a qualcun altro. Con gli occhi lucidi e un aspetto orgoglioso, si voltò dall’altra parte, e prese a camminare in mezzo alla folla che andava da una parte all’altra, in cerca del proprio Gate o semplicemente per prendere un caffè in attesa della partenza. Presto scomparve alla vista di Nata e Maxi, che si sentivano ormai pronti per affrontare quell’avventura.
“Si prega gentilmente di allacciare le cinture” disse con un sorriso di circostanza l’hostess nel suo completo blu notte. I capelli biondi erano raccolti in uno chignon e in testa portava il tipico cappellino con ricamato lo stemma della compagnia. Maxi fece come gli era stato indicato, e guardò incantato Nata che osservava fuori dal finestrino. Gli occhi le brillavano per l’emozione: era arrivato il suo momento. Era strano non doversi sentire sotto pressione da nessuno, era strano non doversi sentire la serva di Ludmilla. Anche se molte cose erano cambiate nel suo rapporto con la Ferro, l’animo forte e prepotente di quest’ultima era rimasto intatto, ed era inevitabile finire per sottostare a qualche sua decisione. Sospirò, senza accorgersi del ragazzo che le ticchettava la spalla impaziente. “Nata, devi allacciare le cinture” si costrinse a parlare per attirare l’attenzione della spagnola, che si girò di scatto, facendo in modo che i loro visi finissero fin troppo vicini. Inevitabilmente l’imbarazzo dominò incontrastato tra i due, che si allontanarono mormorando qualche scusa incomprensibile. “Non importa” disse Nata, cominciando a sentirsi nervosa. Ballare era un conto, partire insieme a Maxi era tutta un’altra storia; non che le dispiacesse, ma…fino a quel momento non ci aveva veramente pensato. Insomma, erano rimasti da soli. Da soli. Da soli. Quante volte aveva intenzione di ripeterlo nella sua mente? Non la sapeva. Da soli. Basta, rischiava di impazzire. Aveva bisogno di una bottiglietta d’acqua, adesso. Ma dove la trovava su un aereo quasi in volo? Alzò la mano, facendo cenno alla hostess di avvicinarsi. “Potrei avere dell’acqua?” chiese, appoggiando il braccio sul bracciolo e sfiorando inevitabilmente quello del ragazzo. Come se avesse preso una scossa elettrica si ritrasse terrorizzata. “Signorina, non può aspettare che siamo in volo? Manca poco alla partenza” spiegò cortesemente la donna con aria dolce. Nata annuì, e prese ad armeggiare per allacciarsi la cintura. In realtà non sapeva nemmeno cosa stava facendo, ma sentiva lo sguardo di Maxi sul viso, e la cosa la metteva in agitazione. “Vuoi una mano?” chiese lui, vedendola in estrema difficoltà. La ragazza avvampò ancora di più e scosse la testa, facendo ondeggiare gli scuri capelli ricci. “Devi far passare la lingue…”. “So cosa devo fare!” sbottò con una nota di fastidio Nata, ritrovandosi le dita attorcigliate attorno alla cintura. Maxi la guardò per un po’ con un sorriso buffo, poi si sporse per aiutarla. I due rimasero a guardarsi perdutamente innamorati, mentre le mani del ragazzo compievano quella semplice, quanto complicata, operazione. Il rumore del motore annunciava ai passeggeri che l’aereo sarebbe partito da un momento all’altro, quindi i due si voltarono dalla parte opposta. Maxi era diventato violaceo, dello stesso colore del cappellino che indossava, Nata si portava avanti i capelli per nascondere il rossore delle guance. La hostess, una volta in volo, ricordandosi della richiesta della ragazza, avanzò lungo il corridoio tra i sedili con un carrello, tirò fuori una bottiglia azzurra e un bicchiere di plastica trasparente, quindi cominciò a versare l’acqua. La porse a Maxi, per darla alla sua compagna di volo. Nata fece per prendere il bicchiere, ma quando sfiorò le dita di Maxi, la mano prese a tremare, e il bicchiere cadde bagnando la maglietta del ragazzo, che saltò in piedi, trattenuto solo dalla cintura di sicurezza. “Mi dispiace!” esclamò Nata, sostenendo lo sguardo di disapprovazione della donna, che nonostante tutto fece un sorriso tirato, e tirò fuori da uno degli scompartimenti del carrello delle salviette per aiutare lo sventurato ad asciugarsi. Il ragazzo accettò di buon grado le salviette e iniziò ad asciugarsi. “Nata, sei strana, sicura di stare bene?” le chiese subito dopo, con una faccia buffa, a metà tra il curioso e il preoccupato. “Sto benissimo!” ribatté l’altra all’istante, con la schiena dritta e lo sguardo fisso davanti a lei. Il volo proseguì abbastanza tranquillo fino a quando il sonno non cominciò a farsi sentire. Nata appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi, ma una impercettibile turbolenza la scosse, svegliandola di nuovo. “Se vuoi dormire…puoi appoggiarti a me” le disse Maxi, togliendosi il cappello, e grattandosi il capo. La ragazza lo fissò incerta: accettare o non accettare, quello era il dilemma. Da una parte ricordava bene quanto fosse comoda la spalla di Maxi. Quando stavano insieme ci si appoggiava continuamente, e lui le sussurrava qualche parola dolce, ma adesso…adesso era diverso. Non poteva accettare, avrebbe significato dargliela vinta, fargli capire che in fondo era ancora innamorata. E non era vero. O almeno questo era quello di cui cercava di convincersi. “S…no” disse correggendosi all’ultimo, e facendo così crollare le speranze di Maxi. Un’altra turbolenza interruppe nuovamente il suo tentativo di prendere sonno. “Io ti rinnovo la mia proposta. Sicura sicura?” le chiese Maxi, questa volta con una punta di ilarità. Allo stesso tempo quegli occhi la supplicavano di accettare; se per lui era davvero così importante, perché no? “Solo perché queste turbolenze non mi fanno chiudere occhio” sbuffò lei, cercando di nascondere il sorriso che le stava nascendo con una smorfia infastidita. Maxi sorrise raggiante, e si avvicinò per quanto fosse possibile a lei. Nata ne approfittò e appoggiò la testa sulla sua spalla, per poi addormentarsi, con le braccia strette intorno al braccio di Maxi, e un sorriso dolce stampato sul viso.
“Sto aspettando una risposta, signorina Castillo” disse Cristobal, assumendo un tono severo e autoritario, che non gli si addiceva fino in fondo e faceva solo sospettare ancor di più la confusa Violetta. “N-no, è che è partita una chiamata da questo studio indirizzata a me, e…” cercò di spiegare, balbettando leggermente per l’imbarazzo. “Sarà stato un errore tecnico! Chiamerò qualcuno che se ne occupi, ma ora esca di qui, ho del lavoro da sbrigare” la rimproverò l’uomo, prendendo posizione dietro la scrivania. Violetta non potè discutere i suoi ordini, era pur sempre il preside, e con passo incerto si diresse fuori dalla stanza. Non appena ebbe messo piede fuori, due braccia forti e conosciute la trascinarono via dal corridoio.
“Lo sapevo che mi nascondevi qualcosa” sentenziò Leon furbo, portandola ad un parchetto vicino. Il vento fresco cominciò finalmente a rischiararle le idee, completamente ottenebrate nel momento in cui era stata colta in flagrante. “E adesso mi chiedo…cosa mi nascondi?” le chiese preoccupato, facendole cenno di sedersi su una panchina. I due si sedettero l’uno di fronte all’altro, e l’espressione preoccupata di Violetta cedette il posto ad una più serena, nel solo incontrare gli occhi verdi del ragazzo. “Non lo so, non so nemmeno io cosa mi succede. Ho agito d’impulso, ecco tutto. Ma forse sono io ad esagerare nel dare importanza ad una telefonata che potrebbe essere anche uno stupido scherzo. Non so più che pensare!” si sfogò esasperata, portandosi le mani al viso. Leon ascoltò attentamente ogni parola, pensando solamente al modo migliore per rassicurarla. “Ci penso io” sussurrò accarezzandole dolcemente la guancia, e facendole alzare lo sguardo. “Ci pensi tu a fare cosa?”. “Tu raccontami tutto, e io farò il possibile per farti stare meglio” la incoraggiò dandole un bacio sulla fronte e offrendole la possibilità di farla rifugiare tra le sue braccia. Passarono i minuti, mentre Violetta parlava delle stranezze che circondavano la sua vita, dal recente strano atteggiamento di German nei suoi confronti all’espressione colpevole di Cristobal. I due sembravano non avere nulla a che fare l’uno con l’altro, eppure aveva una strana impressione, come se il loro cambio nel modo di comportarsi fosse collegato. Sempre stretta in uno dei dolci abbracci di Leon, si sfogò fino alla fine, fino a non sapere più cosa dire, perplessa per lo strano silenzio che stava assumendo il ragazzo. “Bastava dirlo subito! Se vuoi posso svolgere io delle indagini su questo Cristobal, così magari stai tranquilla” disse Leon con un sorriso, scostandosi di poco e guardandola dritto negli occhi. “Lo faresti davvero?” chiese Violetta timidamente. Leon annuì, e si sporse di poco lasciandole un leggero bacio sulle labbra. Chiuse gli occhi, assaporando quel momento tanto dolce, al sicuro tra le braccia del suo ragazzo, e li riaprì di scatto quando sentì il calore del viso del messicano dissolversi di colpo. “Ma questo mi verrà a costare qualcosa?” domandò Violetta, mordendosi in modo volutamente provocatorio e innocente il labbro inferiore. Leon sbiancò di fronte a quel gesto, quindi sorrise nuovamente, e poggiò la fronte sulla sua, liberandola dal suo abbraccio. “Stai cercando di provocarmi?” le sussurrò seducente, afferrandole la vita e facendo aderire i loro corpi. “Non lo farei mai. Volevo solo sapere cosa potresti volere in cambio” rise lei, cercando di liberarsi dalla stretta con ben poca forza. “Mh…così su due piedi non saprei…” disse poco convinto, per poi aggredire ferocemente le morbide labbra della ragazza. I due continuarono a baciarsi con passione, mentre Violetta faceva scorrere le mani dalle spalle verso su, fino ad accarezzargli piano i capelli. “Mi è venuta un’idea” esclamò Leon separandosi con un accenno di fiatone. “Stasera ci vediamo un film a casa tua. Solo io e te” soffiò lievemente sulle sue labbra, lasciandogli di tanto in tanto dei piccoli baci. “E mio padre” sbuffò lei, divertita alla faccia terrorizzata di Leon al solo sentirlo nominare. “Ti direi di venire a casa mia, ma i miei hanno organizzato una cena di lavoro. Non fa niente, dai, sarà per un’altra sera…” sospirò rassegnato Leon, sempre a pochi centimetri dal viso della sua ragazza. “Aspetta! Possiamo…posso chiedere a Roberto di portare la tv in camera mia, e ci guardiamo il film sul mio letto. Tu non incontri papà, papà lo faccio tenere a distanza da Jade o chi riesco a convincere, e noi…” mormorò, per poi fare sfiorare lentamente i loro nasi, e lasciandogli un piccolo bacio. “Noi possiamo coccolarci” completò maliziosamente la frase Leon, tornando a baciarla con ancora più passione di prima. Le mani le stringevano le vita, mentre il corpo  muscoloso del giovane sembrava irrimediabilmente attratto dal suo. Le loro labbra si sfidavano impazienti, assaporandosi. Leon le morse debolmente il labbro inferiore, e sorrise mentre la sentiva ansimare per quel gesto. “Allora ci vediamo stasera?” sorrise lei, mentre un colpo di tosse la fece girare di scatto. Francesca e Camilla li osservavano intenerite, ma la loro espressione era allo stesso tempo eloquente: doveva porre fine al momento romantico e tornare allo Studio. “Io devo andare, ma ci sentiamo per stasera” disse schioccandogli un altro bacio, e correndo dalle amiche. Leon rimase con una faccia appesa e squadrò per qualche minuto le due ragazze che soffocarono alcune risate. “Grazie, eh” sbottò ironicamente, beccandosi una smorfia di Francesca. Mentre le tre si allontanavano pensava alla promessa appena fatta, che intendeva mantenere: avrebbe cercato di scoprire qualcosa sul conto di Cristobal. Si alzò con la mente piena di pensieri, e si diresse anche lui allo Studio, rendendosi conto che era tardi e aveva ancora degli esercizi da fare al piano.
“Perché mi avete allontanato così di corsa? Io stavo…”. “Pomiciando con Leon. Di nuovo” completò la frase Camilla, beccandosi un’occhiata di rimprovero dalle due amiche. “Che c’è? Ho detto la verità!” sbuffò lei, altamente innervosita. “Ricardo si comporta in modo strano con lei” spiegò l’italiana alzando il sopracciglio in modo eloquente, accelerando il passo e trascinandosi dietro Violetta. “Ma scusa! E’ normale che il suo concetto di relazione sia vedersi tra un po’ una volta al mese? No, perché secondo me non è normale!” si lamentò l’amica, dando il via a un monologo alquanto pieno di dubbi angoscianti e di ipotesi progettate dalla sua fervida immaginazione. “Abbiamo capito, Camilla, ma non è questo il motivo per cui abbiamo chiamato Violetta” disse l’italiana, fermandosi e guardandola storta. “E per quale motivo mi avete chiamato? Hai problemi con Stefan?” domandò la ragazza, sbiancando di colpo. Se la sua amica aveva problemi con Stefan la colpa non poteva che essere sua visto tutto il terribile equivoco che si era creato. “Ragazzi, io non ho nessun problema, e spero continui così molto a lungo” precisò l’altra, gettando Violetta nella confusione più totale. “Pensavo a Maria e a Ludmilla. Sono entrambe parecchio strane…per la prima sono dispiaciuta sinceramente, per l’altra sono solo parecchio scossa” cominciò Francesca. “E noi che c’entriamo in tutto questo?” chiesero le due amiche in coro. “Ecco, stavo pensando di fare una serata a casa mia in cui rimarrete a dormire e di invitare Maria e Ludmilla” disse tutto d’un fiato. “Ah, no! Io nella stessa stanza della Ferro non ci sto!” strillò Camilla, facendo per andarsene. La ragazza la bloccò supplicandola con lo sguardo. “Io…non posso. In verità avevo promesso a qualcuno che avrei passato la serata con lui, e…”. Francesca alzò gli occhi al cielo: “Leon”. L’amica annuì arrossendo fino alla punta delle orecchie, mormorando delle scuse. “Ma tu mi dai una mano, vero Camilla?” si rivolse tutta sorridente all’amica. La Torres si guardò intorno in cerca di una via di fuga. Maria l’avrebbe potuta anche tollerare, anche se non c’era un grande rapporto tra di loro dopo la questione di Ricardo, ma Ludmilla…insomma, come l’avrebbe sopportata? Non fece nemmeno in tempo a dire qualcosa che Francesca la abbracciò soddisfatta di aver ottenuto un aiuto. Sarebbe stata una serata particolare, ma voleva almeno fare un tentativo per tirare su il morale a quelle due. Non sapeva cosa la spingeva ad essere così gentile con Ludmilla, ma vederle quello sguardo spento, privo del suo solito ambizioso brillare le aveva dato una strana sensazione, insieme a una forte morsa che attribuì al senso di pietà.
Era ormai giunta la sera. German si aggirava nervosamente in casa, pronto per ospitare nuovamente Leon, nonostante non ne avesse alcuna voglia. Jade gli aveva proposto di uscire e di andare da una sua amica, dove si fermava a dormire, ma lui non se l'era sentita. E poi doveva controllarli a tutti i costi, non avrebbe tollerato un solo sgarro da parte del messicano. Stava per attraversare per la quindicesima volta il salone diretto in cucina per bere un bicchiere d’acqua, quando squillò il cellulare facendolo trasalire. “Pronto?” domandò lui curioso. Dall’altra parte della cornetta la voce spenta di Angie: “Non ce la faccio più, German. La verità è che da una parte c’è Cristobal che si sente confuso, e io più di lui. E poi ci sei te, e noi…”. Il silenzio accompagno la parola noi. German si grattò il capo, guardandosi intorno per essere sicuro che non ci fosse nessuno ad origliare, soprattutto quell’impicciona di Olga. “Vuoi che venga da te?” chiese premuroso. La giovane Saramego stava facendo troppa fatica a tenersi tutto dentro. Prima il segreto che la coinvolgeva in prima persona e ora questo: quanto ancora avrebbe retto? Un singhiozzo gli fece capire che stava trattenendo a stento le lacrime. “Si…forse è meglio che tu venga. Ho bisogno di parlarti”. German riattaccò preoccupatissimo, ma poi si ricordò di Leon, che sarebbe dovuto arrivare a momenti. Il suo cervello si divise in due: rimanere e tenere sotto controllo di quei due, o accorrere dalla persona che amava? Che amava? Si, aveva detto che amava. Prese in fretta e furia la giacca nera, e si precipitò in salotto, dove Violetta attendeva ansiosa seduta sul divano. “Dove vai, papà?” chiese lei, con una finta innocenza, esultando non appena lo vide prendere le chiavi dal tavolino di cristallo. “Ho…dimenticato che Jade ci tiene fin troppo a questa cena e ho deciso di raggiungerla. E poi mi fido di te”. La figlia al sentire quelle parole scattò in piedi euforica e abbracciò forte il padre, fino a stritolarlo: “Grazie, papà, grazie! Non tradirò la tua fiducia, saremo bravissimi!”. German annuì sempre con un pizzico di reticenza, mentre Olga lo guardava fiera, e Roberto gli faceva cenno di andare. Cacciato dalla propria casa. Cosa poteva esserci di meglio?
Era una notte buia e tempestosa. Angie richiuse il libro di scatto con le lacrime agli occhi. Ci mancava solo la notte buia e tempestosa per aggiungere altra angoscia al suo cuore in pieno tormento. Prese dal cartone appoggiato affianco a lei una fetta di pizza, guardandola con uno sguardo languido. La fame non la aveva, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di sfogare la sua frustrazione nel cibo. Diede un morso, e riappoggiò la fetta dentro il cartone, quindi rivolse la sua attenzione su una bottiglia di birra, appoggiata sul comodino del salotto. A lei non piaceva la birra, ma come minimo quella sera voleva lasciare la solita Angie relegata allo Studio, e fare spazio a una nuova lei. Il campanello suonò facendola sobbalzare. Avvicinò il polso al viso per dare un’occhiata all’ora: ci aveva messo davvero pochissimo. Corse fino alla porta, attenta a non scivolare visto che era in calzini, ed aprì la porta, ritrovandosi uno German stanco e trafelato. “Ho fatto il prima possibile” disse, rifiatando più volte. Angie annuì, poi si gettò tra le sue braccia, continuando a piangere. “Non ce la faccio più” singhiozzò, facendo scendere le prima lacrime liberatorie. “Io…risolverò tutto. Nessuno soffrirà in questa vicenda, men che meno voglio che tu soffra…” mormorò l’uomo accarezzandole i capelli. “La persona che amo” sentenziò infine. I singhiozzi cessarono, insieme alle lacrime. Angie fissava il vuoto, separandosi dall’abbraccio. “German…noi…”. Che c’era di difficile nel dire che non potevano? Che finché la sua storia con Jade era viva, per loro non poteva esserci nemmeno un presente, figurarsi un futuro? Quell’incertezza durò alcuni secondi di troppo perché German ne approfittò per gettare via tutte le sue paure quella notte. Si avvicinò pericolosamente, prendendole il viso tra le mani e la baciò. Un bacio dolce, che ben presto si tramutò in qualcos’altro: un desiderio fisico inestinguibile. Le braccia di German avvolsero il morbido corpo di Angie, affondando ancora di più nelle sue labbra. La donna non seppe che motivazione dare alle sue azioni, semplicemente agiva in un modo che non avrebbe mai pensato. Le mani si focalizzarono sul suo petto, facendo scendere la giacca scura, che cadde sul pavimento. I bottoni della camicia si susseguivano nella sua mente come uno strano rompicapo, ed ogni volta che ne slacciava uno la sua mente esultava, così come anche il suo cuore. Era strano dare un senso ai suoi gesti, perché non lo avevano. Agiva d’istinto, il suo corpo si stava affidando completamente agli impulsi che gli mandava German. E non erano semplici impulsi, quelle erano tempeste di emozioni. Non appena la camicia non fu più un indumento di intralcio Angie cominciò a dargli leggeri baci sul petto, mentre German sospirava rumorosamente. I due continuarono poi a baciarsi arretrando fino a raggiungere la camera da letto della donna. Sembravano due adolescenti che si lasciavano andare a una tempesta d’ormoni. Ma il loro era qualcosa di più: era la passione e l’eccitazione di quello che si rivelava essere un rapporto proibito. Angie si trovò ben presto schiacciata tra il materasso e il fisico possente di German. Portò le mani alle sue spalle, accarezzandole piano, mentre lui le lasciava baci lungo il collo fino a raggiungere la spallina della maglietta bianca. Se ne liberò in fretta, percorrendo con le labbra la sua pelle profumata e liscia. Non era più la piccola Saramego che aveva sempre guardato con una sorta di affetto fraterno. Era una donna, una vera e propria donna. Le mani tremanti di Angie raggiunsero i suoi jeans, che cominciò a sbottonare piano, mentre ansimava. Sentì German chiamarla a bassa voce nella notte, sussurrandole parole dolci, che per un istante le permisero di non pensare a ciò che la angosciava. I due si infilarono sotto le coperte, continuando a baciarsi senza mai prendere aria, abbandonandosi ormai completamente. Gli ultimi indumenti sfilarono come acqua, lasciandoli nudi, e ansiosi di poter finalmente trovare il conforto nel corpo dell’altro. German la penetrò con forza, gemendo debolmente. Angie si avvinghiò all’uomo, percependo e gustando il calore che si diffondeva, sfregando i loro corpi. Gli lasciò dei lievi baci lungo il collo e la spalla, gemendo. La loro passione era sfociata in una pericolosa follia, che li stava coinvolgendo anima e corpo, con grande sovrabbondanza di quest’ultimo. Gemiti, dolci parole, sudore, urla di piacere accompagnavano ogni loro movimento, ogni loro bacio, fino a quando German non si separò stremato e non si stese accanto a lei. Respiravano entrambi faticosamente, osservando il soffitto: che cosa avevano fatto? La risposta era semplice, avevano semplicemente dato una valvola di sfogo a quell’amore che tanto li stava facendo soffrire, ma era sbagliato. E da un errore poteva mai venire qualcosa di buono?
Violetta era ormai pronta: gonna bianca, classica, e una magliettina di una tonalità tendente al pervinca. Era vero che alla fine sarebbe stata una tranquilla serata a casa, ma ci teneva comunque a fare la sua figura, anche se Leon le ripeteva in continuazione che la trovava bene anche con una tuta da corsa. Arricciò il naso, leggermente disgustata dalla visione di lei che indossava una tuta, e si guardò allo specchio, soddisfatta per il trucco. Sentì il campanello suonare e scattò come una lepre ad aprire. Aveva anche un po’ di fiatone quando si scostò per lasciare entrare Leon, che indossava un giacchetto di pelle nera. “Fa freschetto là fuori” disse lui, togliendosi  la giacca e rimanendo con un semplice maglioncino scuro. Si passò le mani sulle braccia, sfregando forte per riscaldarsi. “Nemmeno mi saluti?” chiese lei, offesa a morte, ancora sulla soglia di casa. Leon si guardò intorno guardingo, e la ragazza intuì subito. “Non c’è” lo canzonò facendogli l’occhiolino. Come se avesse ricevuto il via dopo un conto alla rovescia, si catapultò su di lei prendendole il viso tra le mani. “E allora ciao” sussurrò dolcemente, prima di baciarla a fior di labbra. I due si lasciarono andare, continuando a baciarsi, ma questa volta con una passione ben più visibile. Violetta accarezzava timidamente le braccia di Leon, mentre quest’ultimo, fece scendere le mani gelide, fino a stringerle la vita. Un rumore della porta sul retro che si chiudeva in cucina li fece sobbalzare. “Possibile che sia già tornato?” si chiese la ragazza, ansiosa. “Beh, siamo ancora vestiti, il che è un bene” scherzò Leon, con una risata nervosa che tradiva la paura che nutriva per quell’uomo, di nome German Castillo. Potevano essere Olga o Roberto; d’altra parte entrambi erano in cucina, ma non avevano detto che sarebbero usciti. Improvvisamente un’elegante figura fece il suo ingresso. I tacchi picchiettavano rumorosamente il parquet, e l’anziana donna, avvolta in una pelliccia di un marrone chiaro, fece il suo ingresso. “Se cerca mio padre, non è qui” disse la Castillo, mentre Leon si portava rapidamente una mano alla bocca, per nascondere l’indecente segno rossastro intorno alla labbra. “Veramente non sono qui per tuo padre. Io sono Angelica Saramego, e tu devi essere Violetta…mia nipote”.













NOTA AUTORE: Hola a tutti! Mi sono fatto perdonare aggiornando in tempi decenti xD Magari ci riuscissi sempre :P Comunque, parlando un po' del capitolo. A parte le scene Leonetta, che non commento, NON COMMENTO (scusate, sono in fase di overdose Leonettosa e la sto scaricando in questi capitoli, ne ho bisogno xD), parliamo di quello che succede. Francesca organizza una sorta di pigiama party: lei, Cami, Maria e Ludmilla...ci sarà da divertirsi ve lo dico subito. Una pazza serata a casa della povera italiana :P Nel frattempo, Nata e Maxi sono dolcissimi e si stanno riavvicinando sempre di più...amori loro <3 Leon e Violetta sono uegu2fy4f. Leon promette alla sua amata di svolgere delle ricerche su Cristobal, e lei in cambio gli offre una tranquilla serata solo loro due :3 Eh, ma io li amo, basta :3
La sera giunge e German, chiamato da Angie, accorre in suo aiuto. I due, non riuscendo più a tenere soppressi i sentimenti d'amore li fanno sfogare tutti in una notte, una notte alquanto passionale per i due :3 
Ecco poi arrivare Leon che è pronto per passare la serata in compagnia della sua ragazza, questa volta lontano dalle grinfie di German. Ma mentre i due si lasciano andare a uno dei loro momenti (non vivono se non si baciano <3 O meglio non vivo io, quindi li faccio baciare tipo a ripetizione *fischietta*), ecco arrivare Angelice per fare la conoscenza della nipote. E quindi...ancora il vero segreto deve venire fuori, ma siamo ormai alle battute finali! Al prossimo capitolo! :D E buona lettura a tutti! :D 

 
 
 
P.S: Dedico questo capitolo a una mia amica, appassionata di Germangie...ci teneva tanto e quindi è tutto per lei. Vai Nina, questo capitolo è per te :D

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Capitolo 74
*** Una notte movimentata ***


Capitolo 74
Una notte movimentata

Francesca si guardò allo specchio per poi aggiustare il fiocchetto sistemato sui capelli scuri e lisci. Osservò il piccolo mazzolino di fiori che quel giorno le aveva regalato Stefan e sorrise. Era bello che finalmente avesse trovato qualcuno da amare e che fosse in grado di amarla a sua volta, senza dubbi o incertezze. Aveva mantenuto un buon rapporto di amicizia con Thomas, nonostante tutto il dolore che le avesse inconsciamente procurato, ma non riusciva a stare tanto in sua compagna, le ferite si facevano sempre presenti. Ferdinando era ormai un capitolo vecchio della sua vita, e dopo quell’episodio in cui l’aveva lasciato definitivamente non si era più fatto trovare in giro per lo Studio. Era felice che avesse rispettato la sua decisione, e d’altronde se in quel periodo l’avesse vista così felice con Stefan non avrebbe certo posto un freno alla sua gelosia. Il suono del campanello la riscosse da quei pensieri rivolti al passato, e uscì dalla sua camera con un sorriso stampato in faccia. Non era ancora certa del perché avesse deciso di invitare Ludmilla quella sera. Che cosa le era passato per la testa? Doveva aver preso una clamorosa botta, come le aveva continuamente ripetuto il suo ragazzo una volta venuto a conoscenza della serata che lei aveva programmato. Quando aprì la porta per accogliere la prima delle invitate si ritrovò di fronte a una scena pietosa. Erano arrivate tutte e tre in orario, ma la riunione fin da subito non si prospettava delle migliori. Ludmilla e Camilla si squadravano da capo a piedi con aria di sufficienza, e in mezzo alle due Maria con gli occhi gonfi e rossi, si soffiava forte il naso con un voluminoso fazzoletto bianco. Quest’ultima si catapultò dall’italiana abbracciandola con forza.
“Grazie per l’invito, amica, grazie!” singhiozzò forte, sotto lo sguardo preoccupato di Camilla, e quello disgustato di Ludmilla.
“Qualcuno dica alla Supernova che non andiamo in un locale esclusivo, ma è solo un pigiama party” sghignazzò Camilla, indicando le scarpe dorate della Ferro con dei tacchi vertiginosi, la quale sbuffò e mosse la mano con indifferenza.
“Meglio di uno squallido paio di scarpe da ginnastica, per di più logore” ribatté facendo ondeggiare i capelli ed entrando senza essere invitata, sbattendo poi la porta in faccia a Camilla, la quale non ebbe nemmeno la possibilità di aprire bocca.
“Ludmila, ma cosa fai? Guarda che è invitata anche Camilla!” strillò Francesca, cercando di divincolarsi inutilmente dall’abbraccio di Maria, la quale aveva ripreso a piangere sommessamente.
“Davvero? Pensavo che quella pezzente fosse qui per chiedere l’elemosina”. Ludmilla si finse stupita, e ancheggiando riaprì la porta con disinvoltura, come se fosse lei la padrona di casa.
“Contenta, Torres? Francesca è stata gentile con te, e stanotte dormi qui, invece che sotto i ponti” sorrise falsamente. Camilla alzò il braccio con l’intenzione di strozzarla, ma poi uno sguardo implorante dell’amica la costrinse a trattenersi.
“Non ti rispondo, Ludmilla, solo perché ritengo aria fritta tutto ciò che esce dalla tua bocca”. Lasciò la Ferro a bocca aperta, incapace di rispondere, e scostandola bruscamente, entrò nella casa.
“Ti prego, dimmi che hai preparato una valanga di cibo, ho bisogno di sfogare la mia rabbia” sibilò poi all’orecchio dell’italiana.
“Pizza per tutti!” esclamò nervosamente l’altra, soffocando in mezzo ai capelli di Maria, che la stringeva talmente forte da rischiare di ucciderla all’istante. Continuava a ringraziarla tra un singhiozzo e l’altro, e lei non poteva fare a meno che balbettare un ‘di nulla’, ‘figurati’, di tanto in tanto.
“Pizza? Io odio la pizza” esclamò Ludmilla, ficcando il naso di qua e di là con curiosità, e storcendo il naso di fronte al pessimo gusto dei padroni di casa. “Quel blu non va con il rosso” indicò le pareti delle cucine di un rosso acceso ghignando. Francesca sbuffò: qualcosa le diceva che quella serata sarebbe stata molto, ma molto lunga.
 
“Oh, no! Ho perso di nuovo!” esclamò Leon, gettando le carte al vento. Nonna e nipote sorrisero complici, mostrando il loro punto.
“Non vale, gioco fuori casa” si difese lui, mettendo su il broncio. Odiava perdere sopra ogni cosa, anche se la faccia serena e allegra di Violetta addolcivano l’amara sconfitta. Non si sarebbe mai aspettato di conoscere la madre di Maria e Angie…e soprattutto non si sarebbe mai aspettato un’accoglienza in famiglia così calorosa da parte della donna. Non appena aveva saputo che lui fosse il ragazzo della sua nipotina, lo aveva abbracciato quasi commossa, e Leon si era sentito finalmente accolto dalla famiglia Castillo. In un certo senso preferiva rimuovere la disastrosa cena con German Castillo, che tutto si era mostrato tranne che accomodante nei suoi confronti. La donna aveva raccontato loro tutta la storia, e Violetta aveva fin da subito mostrato parecchio rancore nei confronti del padre, che aveva nascosto un altro pezzo del suo passato, le aveva nascosto una nonna. Che altro doveva aspettarsi? Ogni volta si sentiva sempre più presa in giro, ma la nonna l’aveva rassicurata con uno dei suoi sorrisi dolci, e scacciò ogni pensiero negativo. Si era fin da subito lasciata cullare dai suoi abbracci, mentre le raccontava aneddoti della madre, sotto lo sguardo affettuoso di Leon. Non era importante che avessero perso quella sera la possibilità di stare un po’ da soli, se la sua amata Violetta aveva la possibilità di recuperare un frammento tanto importante della sua vita, rappresentato dalla figura materna di Angelica. E poi tra una parola e l’altra si erano ritrovati intorno a un tavolo a giocare a carte. Era tutto talmente strano e allo stesso tempo naturale che non sapeva se sentirsi a disagio oppure no. Nel dubbio aveva preso in mano le sue carte e aveva iniziato a giocare senza preoccuparsi dei suoi avversari. E si era ritrovato anche a prendere una batosta dietro l’altra.
“Leon, di nuovo!” rise la ragazza, seduta vicino, a lui, per poi abbracciarlo dolcemente, e schioccargli un bacio sulla guancia. Leon ritrovò il sorriso e la guardò con amore, avvicinandosi al suo viso per lasciarle un bacio sulle labbra. Si ricordò appena in tempo della presenza di Angelica, e si allontanò di scatto, ridendo con un certo nervosismo.  
“Qualcosa mi dice che sono di troppo” esclamò l’anziana donna, togliendo gli occhiali da vista con cui si era cimentata nel gioco, e alzandosi massaggiandosi la schiena dolorante. Violetta in tutta risposta sgranò gli occhi e scosse la testa, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
“Ma che dici, nonna! Ti ho appena ritrovato, e voglio passare quanto più tempo possibile con te! Non andartene, ti prego”. Angelica si avvicinò e diede un bacio sulla fronte alla nipote, per poi passarle un foglietto dalla calligrafia minuta ma elegante.
“Qui è dove abito io. Puoi venirmi a trovare quando vuoi, anche in compagnia del tuo cavaliere dagli occhi verdi” disse, rivolgendosi anche al giovane Vargas, il quale gonfiò il petto inorgoglito da quell’appellativo. Violetta avrebbe cercato di trattenerla ancora, ma la donna si sentiva fin troppo un terzo incomodo quella sera, e aveva deciso di lasciarla sola con il suo ragazzo, così che potessero riprendere dai loro piani interrotti così bruscamente. Dopo altri abbracci, saluti, parole dolci mancate in tutti quegli anni, Angelica varcò l’uscita della casa, finalmente alleggerita dal peso dei segreti che aveva dovuto portare dentro di sé. Finalmente si sentiva libera di vedere sua nipote, senza alcuna limitazione. Assomigliava tanto a Maria, così tanto…Una lacrima scese rapida lungo la guancia, mentre i ricordi della figlia, morta prematuramente, riaffioravano crudeli. Si sentiva così debole e impotente, era in quei momenti che sentiva tutti i suoi anni addosso, e si chiedeva se un giorno sarebbe stata capace di lasciarsi tutto alle spalle, anche il grave errore commesso dalla figlia, di cui era venuta a conoscenza.
Non appena la porta si fu richiusa, Leon e Violetta si sedettero su divano, entrambi troppo scossi da tutte quelle sorprese per parlare.
“Forse dovrei chiamare papà…non meriterei delle spiegazioni?” chiese dubbiosa, sfiorando i tasti sul cellulare.
“E se fosse a cena con gli amici di Jade? Non mi sembra il caso, e certe cose non vanno dette per telefono. Magari German ha avuto le sue buone ragioni” rispose l’altro, accarezzandole piano la spalla, e sporgendosi per darle un bacio sulla guancia. “E poi rovineresti la nostra serata…” le sussurrò sensualmente all’orecchio facendola avvampare. Violetta annuì, voltandosi con un sorriso solare e accolse le labbra di Leon, desiderose di un bacio appassionato, sulle sue. Si strinsero forti tra le braccia, incollando i loro corpi, mentre il bacio si faceva sempre più esigente e infuocato. Se c’era una cosa che aveva sempre amato di Leon erano i suoi baci, carichi di dolcezza e passione allo stesso tempo. Quando lo baciava si sentiva meno insicura, e più intraprendente, nonostante le sue continue paranoie e incertezze. Si ritrovò distesa sul divano, con Leon sopra mentre si baciavano e si accarezzavano con dolcezza. Il messicano si separò piano con gli occhi socchiusi, e con un sorriso furbo, iniziò ad accarezzare i capelli con la mano sinistra, mentre la destra era piantata sul divano per non gravarla con il suo peso.
“Ti amo” le disse semplicemente. I suoi occhi brillavano di sincerità, e quelle parole dette senza nessuna premeditazione le risuonavano nella testa come una musica che non finiva mai.
“Anche io ti amo, Leon” rispose lei, prendendogli il viso tra le mani gelide e riconducendolo al suo. Continuarono a baciarsi, e il calore nei loro corpi esplose. Dal freddo serale Leon iniziò a sentire un caldo atroce, e quando sentì la sua ragazza massaggiargli dolcemente le spalle, facendolo ansimare, capì che era il momento di mettere un freno. Villa Castillo rimaneva un luogo molto pericoloso, e pieno di persone. E qualunque sua mossa avrebbe potuto essere riferita a German Castillo, il quale l’avrebbe fatto rinchiudere in qualche antica prigione come Alcatraz.
“Allora, questo film?” sorrise, cercando di tirarsi su inutilmente, visto che Violetta gli cingeva il collo in modo possessivo.
“Lo vediamo di sopra in camera mia. Sul mio letto…”. Lo vide deglutire, e si imbarazzò, tanto di divenire viola. “Sempre se per te va bene, ovviamente, altrimenti lo vediamo qui, e…”.
“No no, va benissimo” la interruppe il ragazzo, mostrandosi noncurante. E invece dentro fremeva. Quella era una prova troppo dura da superare. Violetta tra le sue braccia, di sera, in una casa vuota, senza nessuno, stesi tranquillamente su un letto. Tranquillamente. Certo, come se avesse un controllo dei suoi ormoni invidiabile. E invece nella sua mente vagavano certe immagini poco rassicuranti per il suo autocontrollo. Molto poco rassicuranti.
 
Se qualcuno gliel’avesse detto qualche mese fa, forse ci avrebbe riso sopra. E invece eccola lì, intenta a sfogliare riviste in compagnia della sua migliore amica, Camilla, e della sua acerrima rivale, nonché sua passata alleata, nonché tutto ciò che di crudele le veniva in mente, Ludmilla Ferro. E la cosa che forse la dava più sui nervi era il fatto che Ludmilla si sentiva una diva anche in pigiama, e non esitava a mostrare la sua bellezza, anche se ‘struccata’ era sempre stata la sua parola d’ordine in un pigiama party.
“Ti prego, dimmi che Maria ha finito di piangere” sbadigliò la Torres, lanciando una rivista per terra, e prendendone un’altra, che iniziò a leggere pigramente. I singhiozzi che provenivano dal bagno dell’italiana però dicevano tutt’altro.
“Io sono per mandare via quella rovina-feste, chi è con me?” domandò Ludmilla con tono saccente, alzando la mano. Dopo un’occhiataccia di Camilla e Francesca abbassò la mano e mormorò uno ‘scusa tanto’.
“Oh, finalmente qualcosa di interessante!” esclamò la rossa al settimo cielo, tanto che per poco non avrebbe cominciato a saltellare sul letto dove era beatamente distesa a pancia in giù. Francesca si illuminò per l’improvvisa svolta che a quanto pare l’amica intendeva dare alla serata, ma il suo entusiasmo durò ben poco.
“Scopri quanto è innamorato il tuo ragazzo con dieci semplici domande”. L’italiana sbuffò, e tornò al suo stato di apatia, mentre Ludmilla batteva le mani entusiasta, sempre felice di poter insinuare il dubbio di tradimento in qualcuno, e quella sera la sua preda era Camilla.
“Prima domanda: ti regala spesso dei fiori?” lesse la Ferro, strappando il giornalino dalle mani di un’indispettita Camilla, la quale però si ricompose pensando alla risposta da dare.
“Beh, raramente…qualche volta…forse…no” si arrese alla fine la ragazza, sbuffando tristemente.
“Ti porta molto spesso a cena fuori?”
“Si, si e ancora si!” strillò Camilla, contenta di poter rispondere affermativamente a quella domanda.
“E dove?” chiese malignamente Ludmilla.
“Mi ha portato in un…in…a casa sua. Beh, per me era come uscire fuori, no?”
“Ma così non vale” la corresse Francesca, che volendo o no, si sentiva ormai coinvolta in quel gioco. La giovane Torres scrollò le spalle, e abbassò lo sguardo sul cellulare che teneva in mano. Sperava in un messaggio o qualunque altra cosa di Ricardo e invece non aveva ricevuto nulla di nulla.
“Pensi che si sia stancato di me?” chiese a Francesca, mordendosi il labbro inferiore, sull’orlo di una crisi di pianto.
“Io voto per un si” trillò Ludmilla, tutta allegra.
I singhiozzi di Maria apparivano sempre più forti, e Francesca pensò che fosse il caso di intervenire. Nel frattempo Camilla si era depressa in un istante, e gli occhi le si fecero lucidi, sotto lo sguardo di un’attonita quanto divertita Ferro.
“Io penso alla suicida nel mio bagno, tu stai vicino a Camilla, quando ha questi attimi di debolezza ha bisogno di affetto”. Ignorò completamente l’espressione disgustata nel sentire la parola ‘affetto’ da parte della bionda, e si diresse in bagno, bussando una volta, due volte, tre volte. Le aprì una Maria con gli occhi gonfi, e con stretti pezzi di carta igienica bagnati dalle sue stesse lacrime.
“F-Federico…” balbettò, tirando su col naso. Francesca roteò gli occhi al cielo, poi afferrò il braccio della ragazza, e la trascinò via dal bagno, riportandola nella sua stanza. Non c’era niente di peggio di una fidanzata che cerca di mantenere un rapporto a distanza, ma presa da dubbi continui. Non appena rientrata, si rese conto che quella serata era si da buttare, ma aveva al suo interno anche momenti epici. Camilla singhiozzava stretta a Ludmilla, che fissava un punto fisso nella stanza, presa da un tic all’occhio.
“Mi. Bagni. Il. Pigiama” scandì distintamente la Ferro, non avendo nemmeno il coraggio di toccare quella che adesso la stava quasi stritolando.
“Mi vuole lasciare, non gli importa nulla di me!” piagnucolò Camilla. Maria si sedette vicino alla ragazza, e cominciò a piangere anche lei, abbracciando Ludmilla dall’altro lato, dal canto suo sempre più infuriata per quella situazione. La Ferro, non riuscendo più a tollerare quel piagnisteo continuo scattò in piedi sorprendendo tutti. Negli occhi aveva le fiamme e Francesca era certa che di lì a poco sarebbe scoppiata. Nel silenzio di quella stanza, la bionda prese un respiro profondo, e cercò di essere il più rassicurante possibile, anche se era chiaramente non nella sua natura. Si rivolse prima alla rossa.
“Camilla, smettila di angustiarti con problemi inutili, e pensa invece a parlare con Ricardo, per mettere le cose in chiaro. Tenersi le cose dentro non serve a niente”. Deglutì un secondo, disgustata per ciò che avrebbe detto di lì a qualche secondo, ma pur di non sentire più quei piagnistei era disposta anche a girare in tuta per una settimana. “Sei una ragazza davvero speciale, non devi sentirti inferiore a nessuna”. Francesca spalancò la bocca, sorpresa come non mai, mentre Camilla abbozzava un timido sorriso. Strano pensare che la sua acerrima rivale fosse stata in grado di aiutarla fino a quel punto, Ludmilla stessa ne sembrava stupita. Poi fu il turno di Maria, e lì la Ferro capì che dovesse essere molto più dura.
“E tu, Maria, smettila di piangere! E’ vero, Federico è in Italia, ma non è mica finito il mondo! Non eravate certo promessi sposi, né puoi sapere se era davvero l’amore della tua vita. Se riuscirete a mantenere questa storia a distanza tanto meglio, altrimenti la vita va avanti!”. Maria, con le lacrime che le rigavano il viso annuì un po’ sperduta, e si soffiò il naso con un fazzoletto bianco.
“Smettetela con questo piagnisteo che le mie orecchie non ci sono abituate” concluse poi con un mezzo inchino, per risedersi ai piedi del letto, sul suo soffice sacco a pelo rosa.
“Non pensavo che l’avrei mai detto, ma Ludmilla ha ragione. Ragazze, abbiamo ancora tanto tempo per piangere in questa vita, ma non facciamolo stasera” esclamò Francesca ritrovando un po’ della sua allegria. Camilla e Maria annuirono, molto più serene dopo le parole della Ferro, e cercando di fare tesoro dei consigli che le erano state dati erano pronte a passare il resto della serata all’insegna del relax e del divertimento in compagnia. Mangiarono gelato su gelato da enormi vaschette comprate dalla padrona di casa, si rinchiusero nella stanza parlando del più e del meno, dai compiti impossibili che Pablo aveva assegnato loro, a eventuali intrecci amorosi da poco nati allo Studio. Fu allora che Ludmilla rivelò il piano suo e di Arianna attuato a villa Vargas per far riconciliare Leon e Violetta, tenuto nascosto perché infangante macchia nella sua splendida e lucente reputazione, a suo dire.
“Meno male che non ero sola, allora!” esclamò divertita Francesca, ripensando a tutte le volte in cui aveva cercato di spingere Violetta tra le braccia del messicano, nonostante i tentativi di Diego per allontanarli.
“A proposito, stasera chissà che staranno combinando quei due” sorrise furba la rossa, riprendendo a sfogliare le riviste con un peso in meno sul cuore. “Scommetto un frullato al Resto Band che non stanno vedendo un film!” rise sguaiatamente, seguita subito dopo da Maria, che nonostante gli occhi arrossati aveva lasciato da parte i suoi problemi per godersi quella serata con le amiche, e stranamente da Ludmilla, che dopo il suo discorso si sentiva molto più a suo agio in quella casa.
“Camilla!” sbottò Francesca, rossa fino alle orecchie al pensiero di quello che potessero combinare, per poi unirsi alle risate.
“Io dico solo ciò che penso!” ribatté l’altra, facendo una linguaccia.
Ludmilla sorrise tra sé e sé. Le mancava tanto Nata, che adesso si stava godendo il meritato premio, ma non si sentiva sola, e non capiva perché. Anche senza Diego, anche senza la spagnola, riusciva a sorridere, e si chiese se in fondo non fosse perché aveva trovato delle amiche.
 
Accoccolati sul letto, stretti in un abbraccio pieno d’amore, Leon e Violetta si stavano godendo il loro film, una commedia romantica scelta dalla Castillo. Leon era nervoso per quella situazione, e per fortuna vide che la ragazza era talmente presa dalla trama da non fare caso alle sue espressioni tese. Le coperte li coprivano fino alla vita, e Leon, che già sentiva caldo si sentiva sempre più bollente, come una pentola a pressione. Violetta poggiava la testa sulla sua spalla, e di tanto in tanto gli lasciava qualche bacio sulla guancia, per poi tornare a vedere il film.
“Leon?” chiese lei all’improvviso, guardandolo negli occhi.
“Si?”.
“Sei bollente” rise lei, indicandogli la mano sul braccio, grazie a cui aveva capito la temperatura interna del ragazzo.
Leon sorrise, e si avvicinò cautamente, lasciandole tanti piccoli baci sui capelli, e trovando infine le sue labbra. Come travolti da un fulmine a ciel sereno, si ritrovarono a cercare sempre di più un contatto con l’altro, finendo incollati. Si distesero lentamente, senza interrompere il bacio, e Leon fu subito sopra di lei. Con una mano tirò su la coperta fino alle spalle, mentre Violetta gli aveva preso il viso tra le mani durante il bacio, accarezzandolo dolcemente.
“Leon…” si separò mordendosi il labbro inferiore, e facendo saettare lo sguardo fino alla porta. Senza darle ascolto il messicano cominciò a percorrere una scia con le labbra dal mento fino al collo, inspirando a fondo il suo profumo.
“P-potrebbe tornare da un momento all’altro” balbettò, mentre sentiva le mani di Leon, scivolare piano sotto la sua maglietta, per accarezzarle il ventre. Un piccolo morso sul collo la fece sospirare, mentre Leon si dedicava con più attenzione a quei gesti amorevoli. Nonostante cercasse di allontanarlo con le parole, con le mani percorreva la sua schiena, e quando raggiunse i bordi del maglioncino, la tentazione di sfilarglielo era forte, molto forte. Leggendogli nel pensiero, Leon la guardò con un sorriso indagatore, alzando lievemente il sopracciglio.
“Lo vuoi quanto me” le sussurrò all’orecchio, percorrendone il contorno con le labbra. Violetta a quelle parole divenne scarlatta, ma aveva ragione: aveva un bisogno fisico di Leon, che non aveva mai provato prima, nemmeno la sera della loro prima volta. Ora che si sentivano una coppia collaudata, a tutti gli effetti, non c’era niente di male, eppure si sentiva sempre imbarazzata al pensiero di fare l’amore con Vargas. Il televisore continuava a trasmettere il film, ma a loro non importava. Mentre si baciavano e si spogliavano, non ci fu ragione, nulla, se non una desiderio travolgente. Sfilò la maglietta di Violetta, velocemente, subito dopo aver lanciato i pantaloni fuori dal letto. Il suo maglioncino scuro giaceva subito sotto, il primo indumento a finire fuori dalle coperte. Le mani di Violetta, ancora fredde, gli massaggiavano la schiena, il petto, e Leon sentì brividi intensi pervadergli il corpo. Quando Violetta sfiorava la sua pelle, era sempre così. I baci divennero sempre più famelici, intensi, e i loro corpi stavolta erano accostati pelle su pelle. Leon amava baciare la pelle di Violetta, aveva un debole per il suo profumo, per i sospiri che la ragazza faceva non appena sentiva le sue labbra premere con forza. Aveva un disperato bisogno di fare l’amore con Violetta, e nella sua mente annebbiata il pensiero di German era parecchio lontano. Così lontano, che nemmeno ricordava che Violetta avesse un padre. In quel momento le sue priorità erano ben altre. Tra gemiti e sussulti i due ragazzi si ritrovarono completamente nudi, tenuti al caldo dalle coperte, che oltre a coprire loro, copriva anche l’imbarazzo della ragazza. Quella notte si ritrovarono a fare l’amore ancora una volta, non pienamente consapevoli dei rischi che avrebbero corso, ma consapevoli dell’amore che li legava nonostante tutte le difficoltà superate insieme. 










NOTA AUTORE: Non sono morto, rallegratevi! xD Scusate per questi colossali ritardi, ma gestire due storie è un po' dura...comunque 6 capitoli e la storia finisce *prende i fazzoletti* Che dire...è un capitolo volutamente un po' transitorio, facciamo un concentrato nel gran finale! :P Mentre la storia della paternità di Violetta non subisce alcune svolta, la ragazza ritrova sua nonna, e gioia per tutti...e poi rimane sola con Leon (E LI'...BELLA PER TUTTI xD). Nel frattempo vediamo un po' anche altri personaggi, alle prese con piccoli problemi di cuore (che ricorda il titolo di un vecchio anime, ma ok xD). Problemi risolti inaspettatamente da una Ludmilla inizialmente ostile e acida, che pian piano si è un po' sciolta (più perché non sopportava tutti quei piagnistei, ma ok). Leon e Violetta corrono un rischio (ma non sanno che German è impegnato, quindi prima che torna...hanno pure fatto colazione xD). E quindi...Violetta tradisce la fiducia di German ('sti cavoli), ma dopo tutto quello che le ha fatto il padre, mi sembra il minimo, poi per una scena Leonetta, SI FA DI TUTTO. Mh. Avevo tanta voglia di scrivere una scena loro. Siamo agli sgoccioli, ragazzi...qui tra un po' la storia finisce *ripiange* Vabbè, buona lettura a tutti, e alla prossima! :D
syontai :D 

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Capitolo 75
*** Parigi ***


Capitolo 75
Parigi 

Nata si sentiva una regina. Sotto due strati di coperte dormiva profondamente, cambiando lato di tanto in tanto. Indossava una mascherina nera che aveva trovato nella sua stanza, e grazie ad essa i raggi del sole non disturbavano il suo sonno. Generalmente alle 7 la madre apriva le tende e alzava la serranda della finestra dandole delle pigrona e dicendole di alzarsi, ma in quella stanza enorme e vuota allo stesso tempo nessuno avrebbe potuto disturbarla. Quel letto matrimoniale poi aveva un materasso che le sembrava soffice come una nuvola, e non poteva che conciliarsi il sonno in maniera inverosimile. Quella notte sfortunatamente però non aveva dormito come avrebbe voluto, perché qualcuno si intromesso nei suoi sogni a forza, e lei non era riuscito più a scacciarlo.
Si trovava sulla prua di una nave. Il vento le scompigliava i capelli e lo sguardo era catturato da un delfino, che era emerso dall’acqua facendo un salto spettacolare. Alcuni schizzi la raggiunsero in viso, ma lei riuscì a pararsi appena in tempo, scoppiando in una risata estasiata. Fin da piccola aveva sempre amato il mare, e soprattutto le creature che lo abitavano. Se non avesse scoperto la passione per il canto e per il ballo probabilmente avrebbe deciso di studiare biologia all’università e diventare biologa marina. Era sempre stato il suo sogno, anche se veniva sempre derisa quando girava per le classi con dei libroni ricchi di figure e descrizioni sulle creature marine. La nave improvvisamente frenò bruscamente, e Nata perse l’equilibrio. Già poteva vedere le profondità cristalline di quel mare calmo ma increspato da piccole onde, quando qualcuno la afferrò da dietro. Non vide in tempo di chi si trattava ma da dietro un cappellino cadde in acqua. E quel cappellino era fin troppo noto a lei. Si massaggiò le tempi, ancora non del tutto ripresasi dal brusco risveglio, e cercò a tentoni con i piedi le ciabatte. Guardò l’ora: erano le 8. Avrebbe potuto rimettersi a dormire, ma non ne aveva proprio voglia. Qualcuno bussò alla sua porta.
“Nata, sei sveglia?” bisbigliò Maxi dall’altra parte. Nata per poco non rischiò di cadere, intrappolata dalle coperte, e scossa da quella visita mattutina inaspettata.
“Si, sono sveglia!” gli diede voce, mentre correva in bagno, per darsi una veloce sistemata ai capelli. Quando raggiunse lo specchio si rese conto che la sua ‘rapida sistemata’ sarebbe dovuta durare almeno trenta minuti. Quello era il dramma di avere dei capelli ricci indomabili di prima mattina.
“Puoi aprirmi?” chiese il ragazzo, dall’altra parte della porte, ticchettando sul legno in un modo tale che alla spagnola sembrò di stare lottando contro il tempo. Lasciò perdere il pettine, maledicendolo per non aver compiuto il miracolo in cui aveva sperato fino all’ultimo, prese un respiro profondo e a grandi falcate si diresse all’entrata. Diede prima un’occhiata allo spioncino, e si sorprese di quanto Maxi sembrasse pallido e agitato. A questo punto rimosse il catenaccio con un paio di giri di una manopola d’ottone, e aprì uno spiraglio, giusto per affacciarsi. Un ricco le finì in faccia durante quell’ardua operazione, e lo soffiò via sbuffando.
“Non è un po’ presto? Le prove oggi ci sono di pomeriggio” gli ricordò Nata, mentre Maxi cercava di entrare. Lei però mise il piede in avanti e lo costrinse a rimanere dov’era: non voleva che la vedesse in quelle condizioni pietose. Maxi annuì prontamente con convinzione, e poggiò la mano sul numero 18 della sua stanza. “Lo so. Ma proprio per questo mi chiedevo se avessi voglia di andare a fare un giro per Parigi…Io ci sono già stato in vacanza con i miei genitori e potrei farti da guida” le disse speranzoso. Nata sorrise forzatamente, e guardò la sua stanza in disordine. A dire il vero quella mattina aveva pensato di riposarsi e di finire di mettere a posto i bagagli, ma quella proposta era davvero allettante. A causa della sua eccessiva insicurezza i genitori non le avevano mai permesso di fare un viaggio da sola, e ora che finalmente si era ritrovata coinvolta in un progetto tanto interessante e pieno di opportunità, non vedeva perché dovesse rinunciare anche al piacere di essere una semplice turista per le vie parigine. Certo, avrebbe preferito essere da sola, la presenza di Maxi la metteva parecchio a disagio, ma affidandosi alle cartine, con cui non aveva mai avuto un bel rapporto, forse l’avrebbero trovata in periferia, in qualche sperduto vicolo cieco. Ponte da quel punto di vista poteva essere considerato affidabile, quindi per non rovinarsi la vacanza accettò l’invito, senza sapere di aver provocato nel giovane un moto euforico di gioia incontenibile.
“Andiamo allora!” gridò entusiasta. Nata scosse la testa furiosamente: “Non posso venire in questo stato! Mi preparo, faccio colazione all’hotel e andiamo, d’accordo?”.
Il ragazzo si scusò per l’eccessiva fretta che le aveva messo e accettò di buon grado il programma. Mentre si allontanava la avvisò che l’avrebbe aspettata al tavolo dove si erano seduti la sera prima. Nata chiuse la porta con un botto e si appoggiò su di essa con la schiena; non riusciva a schiodare quel sorriso ebete che aveva. E non poteva credere di provare ancora qualcosa per Maxi. Si maledì per essere ricascata di fronte alla dolcezza e alla tenerezza del giovane, si gettò a peso morto sul letto, pensando a cosa mettersi per quella mattinata soleggiata. Decisa. Doveva essere decisa e far capire a Maxi che non poteva avere speranze con lei. Ma come sarebbe riuscita a convincerlo se perfino lei non era affatto sicura del fatto che Maxi le fosse ormai indifferente?
 
Angie aprì gli occhi di scatto. Non era stata la luce del sole a svegliarla, ma il suono lontano e vago di un cellulare. Si stropicciò gli occhi e cominciò a tastare intorno con la mano in cerca di quel diabolico aggeggio. Lo trovò per terra in mezzo ai suoi vestiti e grattandosi appena la testa vide il mittente: c’era scritto ‘Studio 21’. Gettò la testa all’indietro e sbuffò sonoramente, quindi si voltò dall’altra parte, sperando di non aver svegliato German. Ma non c’era nessuno insieme a lei nel letto. Scattò seduta sul letto in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa potesse farle credere che l’uomo fosse ancora lì, in quella casa. Nulla. Si prese la testa tra le mani, e gettò il cellulare ai piedi del letto, per poi rintanarsi sotto le coperte in posizione fetale. Avrebbe voluto piangere, ma ad essere sinceri non gli usciva nemmeno una lacrima. Perché piangere per una persona che non meritava nulla? German era stato un codardo, non aveva saputo affrontare le conseguenze di una sua debolezza e non era stato in grado di avere la maturità necessaria per dirglielo in faccia. Era fuggito come un coniglio. Strinse più forte il cuscino, cercando di rimuovere tutti i dettagli di quella notte, ancora vividi nella sua testa. Il cellulare dopo qualche minuto di tregua risuonò vibrando, e Angie fu tentata addirittura di togliergli le batterie e lanciarle dall’altra parte della stanza in un moto di rabbia. Prese un respiro profondo e si decise di rispondere.
“Pronto?”. La voce le tremava per l’emozione. Una parte di lei sperava ancora che si trattasse di German, magari con qualche spiegazione convincente, sebbene la scritta sul display cercasse continuamente di guardare in faccia alla realtà. La sue aspettative sfumarono subito quando dall’altra parte rispose la voce di Cristobal.
“Buongiorno, Angie…volevo sapere se stessi bene. Ho provato a chiamarti già prima”.
“Ero occupata prima” rispose secca la donna, lasciando di sasso Cristobal dall’altra parte.
“Possiamo vederci? Vorrei parlarti di una cosa importante”. Angie diede un’occhiata all’orologio digitale sul comodino: segnava le otto. In effetti era un po’ prestino ma per chiamarla a quell’ora doveva trattarsi di qualcosa di importante, e non se la sentiva di rifiutare. Era praticamente l’unica amica che gli fosse rimasta. “D’accordo, dammi il tempo di vestirmi e ci vediamo…dove ci vediamo?”.
Cristobal le diede le indicazioni via telefono, ma a quel punto Angie non ascoltava più. La voce ronzava distante, mentre le venne in mente che lei in quel luogo ci era già stata. Tanto, ma tanto tempo fa.
Le onde si infrangevano sulla riva, e il tempo non era affatto dei migliori. Terribili e inquietanti nuvoloni neri si ammassavano all’orizzonte, facendo presagire di lì a poco un bell’acquazzone. Una donna si aggirava su quella spiaggia deserta, e da lontano chiunque l’avrebbe presa per pazza. Si aggirava come una furia qua e là in mezzo alla sabbia, borbottando tra sé e sé. Un uomo si trovava seduto su uno scoglio alla fine quella piccola baia.
“Perché proprio qui?” quasi urlò Angie, per cercare di sovrastare l’ululato del vento, stringendosi la sciarpa intorno al giubbotto. Cristobal in tutta risposta le fece cenno di sedersi al suo fianco, e lei ovviamente ubbidì, sfregandosi le mani per riscaldarsi un po’.
“Qui è dove è iniziato tutto. E’ successo un’estate…io e Maria ci siamo conosciuti qui” spiegò con voce rotta. La Saramego annuì mesta: conosceva bene quella storia, lei stessa ricordava il momento esatto in cui i due si erano conosciuti, anche se era piccola. Si erano conosciuti quasi per sbaglio, giocando sulla spiaggia, ma fu un vero e proprio colpo di fulmine per entrambi.
“Conosco bene questa storia…quello che mi incuriosisce è il finale” disse la bionda, sfidando con lo sguardo quello assorto di Cristobal, che si sentì scosso come da un fulmine nel sentire quelle parole. Il finale. Si, un finale ci sarebbe stato, ed era l’unico possibile.
“Lascio Buenos Aires”. Quella risposta fu secca e decisa, infranta unicamente dal rimescolarsi delle acque marine. Forse si aspettava un qualche segno di approvazione, o al contrario un tentativo di fargli cambiare idea, ma non giunsero né l’uno né l’altro. “Non posso continuare così, vivendo nel passato! E’ stato un errore tornare, e per colpa mia è venuta fuori questa storia terribile, e ho scoperto addirittura di essere padre! Ho rovinato la vita a German e non lo merita”. Pronunciando quel nome Angie sentì una fitta alla base dello stomaco, ma non si azzardò a dire nulla.
“Potresti non essere il padre…i test hanno sempre dei margini di errore. Stanno facendo un altro test in un’altra struttura, e…”
“E non cambierebbe nulla! Se anche non fossi padre di Violetta, avrei solo provocato danni a tutti. Il mio arrivo in questa città è stato una disgrazia per l’intera famiglia Castillo”. Di nuovo fu il silenzio. Le onde si infrangevano in modo ritmico e l’odore di salsedine arrivò persino a stordirla a causa della sua insistenza nell’aria. Cristobal però ormai aveva deciso; non poteva, e forse in fondo non voleva, fargli cambiare idea, poteva solo prendere atto della codardia dell’uomo. E non si riferiva solo al vecchio amico d’infanzia: tutti gli uomini che la circondavano erano degli emeriti codardi. Con quell’amara consapevolezza lo vide alzarsi e rivolgerle un fugace saluto. Non l’avrebbe inseguito. Non gli avrebbe chiesto di ripensarci. L’unica parola che le veniva in mente in quel momento era: addio.
 
Violetta tastò il cuscino vicino a lei, ma quando si rese conto che del corpo di Leon, che tanto avrebbe voluto abbracciare, era rimasto solo un vago calore, fece una smorfia insoddisfatta. Aprì gli occhi a malapena e vide Leon sfrecciare per la stanza, mentre indossava rapidamente i pantaloni sopra i boxeur.
“Ma dove diavolo è finito!” sibilava, maledicendo silenziosamente il buio che gli impediva di scorgere ciò che cercava. Violetta si voltò appena e vide al lato opposto del letto il maglioncino nero. Lo prese senza che se ne accorgesse: aveva il suo profumo e solo per questo avrebbe voluto tenerselo per tutta la vita. Lo fece scivolare sotto le coperte e tornò a far finta di dormire senza riuscire a nascondere un sorriso malandrino.
“Maledizione!”. L’orologio segnava le otto meno dieci, e più il tempo scorreva più sentiva il panico attanagliarlo. German. Casa. Scappare prima che lo trovasse. Come tanti impulsi nervosi si ritrovava a camminare senza prestare veramente attenzione a dove metteva i piedi. Come poteva andare in giro per strada mezzo nudo? Sentì uno sbadiglio provenire dal letto e si morse il labbro inferiore. Sicuramente aveva anche finito per svegliarla. Mai che ne riuscisse a combinare una giusta.
“Leon?”. La voce impastata dal sonno, ma allo stesso tempo soave, raggiunse le sue orecchie, e per un momento gli parve di dimenticare persino il suo nome se non che fosse stata lei stessa a chiamarlo. Si diresse dalla ragazza e si mise in ginocchio su letto guardandola dolcemente. La vide stiracchiarsi e ne approfittò per sporgersi e lasciarle un dolce e rapido bacio sulle labbra. “Buongiorno, amore” le sussurrò. “Mi dispiace per averti svegliata”. Sentì le calda braccia di Violetta avvolgergli il collo, stringendolo sempre di più, fino a quando non fu costretto a stendersi al suo fianco.
“Volevo un tuo abbraccio” sorrise rilassata, per poi iniziare a tempestarlo di tanti piccoli baci su tutto il viso, cosa che gli piacque talmente tanto da assumere un’espressione sorniona mentre si godeva quelle attenzioni. Purtroppo il pensiero di quel maledetto maglioncino riusciva a rovinare tutto e si costrinse a riaprire gli occhi che aveva chiuso per godersi ancora di più i suoi baci.
“Devo andare, Violetta, se mi becca tuo padre non ritorno a casa vivo” sussurrò con voce dispiaciuta. “E intendi andare in giro così?” ridacchiò, rivolgendo un’occhiata al petto nudo di Leon.
“Ovvio che no! Anche se sono sicuro che tante ragazze apprezzerebbero” si pavoneggiò beffardo. Violetta gli diede uno schiaffo sulla spalla. “Ahi!” si lamentò al buio.
“Anche tu lo hai apprezzato parecchio stanotte, mi sembra…” continuò sogghignando, e solleticandola con la punta del naso. Altro schiaffo sulla spalla. “Ehi!”.
 “Non è vero!” esclamò lei, avvampando fino a far diventare le orecchie scarlatte. Leon ridacchiò, e si avvicinò al suo orecchio, soffiandogli piano: “Eppure quei segni rossi che ho dicono che…”. Terzo schiaffo della mattinata. Leon emise un gemito per il dolore e si lasciò cadere a peso morto su Violetta, che lo strinse forte a sé, cominciando ad accarezzargli piano la schiena. Sentì il suo respiro farsi ansante mentre percorreva delicatamente con le punte delle dita la colonna vertebrale, donandogli una piacevole sensazione di solletico. Solo il lenzuolo separava i loro corpi ed ebbe l’istintivo impulso di liberarsene, ma qualcosa la trattenne. Non voleva scoprisse che era lei a nascondere il maglioncino. Non ancora, almeno.
“Leon?”. Non ottenne nessuna risposta. “Non ti sarai mica offeso!” scherzò lei. Leon a quel punto alzò il viso che aveva tenuto affondato sul cuscino, sopra la sua spalla, mostrando tutta la sua disapprovazione.
“Mi hai fatto male” si lamentò, sbuffando offeso. “Ma erano degli schiaffetti”. Il ragazzo le fece una linguaccia, e continuò a fissarla, cercando di restare serio ed arrabbiato, sebbene di fronte a quel faccino dolce gli riuscisse particolarmente difficile. Violetta si sporse verso di lui, e gli lasciò un bacio sulla spalla, dove prima gli aveva dato i piccoli schiaffi di rimprovero. “Va meglio adesso?” chiese, soffocando una risata di fronte alla faccia beata di Leon, che però subito riprese un’espressione offesa.
“Non so se basta…dovrò pensarci…” aggiunse, senza riuscire a trattenere un sorrisetto. Si avvicinò chiudendo gli occhi e sospirando sulle sue labbra, prima di coinvolgerle in un bacio appassionato.
“Se ti dicessi che so dove si trova il tuo maglioncino?” ammiccò lei, dando una rapida occhiata al petto nudo di Leon e mordendosi in modo provocante il labbro inferiore. Leon sgranò gli occhi, che subito si rivolsero verso la sveglia poggiata sul comodino. Le otto. Dannazione, erano passati già dieci minuti! Il pericolo German si faceva sempre più concreto e cominciò a sudare freddo.
“Dammelo. Ora” sibilò, afferrandola per i fianchi e solleticandoglieli. Violetta cominciò a ridere a causa del solletico, mentre cercava di dimenarsi tra le coperte, ma Leon era un esperto di solletico, e in più conosceva tutte le parti del corpo dove lo soffriva di più.
“O-ok, si trova sotto le coperte” cedette Violetta con le lacrime agli occhi. Leon annuì soddisfatto, e fece scendere la mano fredda sotto il lenzuolo, percorrendo il corpo caldo della ragazza senza staccare il contatto visivo tra i due. Deglutì appena quando le sfiorò il seno, scendendo sempre più fino alla vita. Quel corpo…l’attrazione che provava per quel corpo non poteva essere spiegata. Non fosse stato per German, se ne sarebbe fregato di tutto e di tutti, si sarebbe nuovamente tuffato sotto le coperte, ricoprendola di baci e carezze. Quando finalmente sentì il tessuto di un vestito, si era persino dimenticato che cosa stesse cercando, perso nel castano dei suoi occhi. Sfilò lentamente il maglioncino, lasciandolo scorrere lungo il corpo di Violetta, che rabbrividì al contatto.
“Trovato” sussurrò con un sorriso dolce. Violetta non resistette più, gli prese il viso tra le mani, e premette le labbra contro le sue. Leon si lasciò andare ancora una volta, e l’avvolse tra le sue braccia, mentre si rotolavano sul materasso, rischiando addirittura di cadere per terra. Si separarono sorridenti, i corpi stretti l’uno all’altro, le gambe che si intrecciavano in mezzo al groviglio delle coperte. Violetta sfiorò il petto di Leon con la mano, mentre lui le baciò la fronte. Un gesto protettivo e d’amore. Avevano lottato tanto per poter stare insieme, per poter esaudire quel sentimento scoccato fin dal  loro primo incontro. Nel buio un fascio di luce li accecò completamente, proveniente dalla porta appena aperta.
“Ma cosa sta succedendo qui?”. 
 
Nata era pronta. Si sistemò di lato il simpatico baschetto rosso che indossava, acquistato i primi giorni. Doveva ammettere di essere fin troppo nervosa per quell’appuntamento. Ma quale appuntamento, si tratta solo di un giro turistico, sostenne tra sé e sé, gettando un’occhiata alla hall. Di Maxi ancora nessuna traccia. Si sedette su una poltroncina ed accavallò le gambe, sbuffando. Tirò fuori il cellulare dalla borsa e controllò se qualcuno l’avesse cercata. Aveva ricevuto ben dieci messaggi dai suoi genitori, tutti con lo stesso testo e le stesse domande: come stai? Mangi abbastanza? Le prove? Sicura di potercela fare? Quell’ultima domanda le dava altamente fastidio: perché non avrebbe dovuto farcela a sostenere quel ritmo impegnativo? Forse non aveva la voce di Violetta, forse non aveva il talento di Ludmilla, ma anche lei poteva fare un ottimo lavoro. A proposito della Supernova…c’era anche un messaggio della Ferro. Incuriosita lo aprì e quasi pensò si trattasse di un’altra persona.
‘Nata, tutto bene?
Questi giorni senza di te sono stati assolutamente noiosi senza di te…come assistente intendo! Sono successe parecchie cose strane da quando sei partita, ma appena torni ovviamente ti racconterò tutti. Lo so che ti mancano gli scoop della stella più brillante.
Con aff…si, quello. Ludmi, la superstar destinata a brillare’
Non c’era niente da fare, Ludmilla non sarebbe cambiata mai, ma in fondo a lei piaceva così. Semplicemente Ludmilla Ferro. Non appena alzò gli occhi dal cellulare si ritrovò il viso solare di Maxi a pochi passi, piegato sulle ginocchia di fronte a lei.
“Perdona il mio ritardo, ma non sapevo come prepararmi per il nostro appuntamento!” disse grattandosi il capo dispiaciuto.
“Mettiamo le cose in chiaro: il nostro non è un appuntamento! E’ solo un giro turistico” replicò prontamente Nata, scattando in piedi con le orecchie roventi.
“Giusto, giusto” rispose Maxi vago. Le porse il braccio con un gesto galante, ma la spagnola lo schivò abilmente, facendo finta di nulla.
Le vie di Parigi erano parecchio affollate e Nata amava tutto quel movimento. Forse faceva parte del suo carattere il fatto che le piacesse stare in mezzo a tanta gente: in quel modo non risultava evidente la sua tendenza a voler essere invisibile. Si voltò verso Maxi con un sorriso timido, mentre lo vedeva alle prese con la cartina. Se la rigirava con espressione confusa e terrorizzata.
“Credo che ci siamo persi…” disse dopo poco con un filo di voce. Il suo sorriso si spense in una smorfia di rabbia e paura. “CHE VUOL DIRE CHE CI SIAMO PERSI?!”. Si portò la mano alla bocca, guardandosi intorno e sperando di non aver attirato la sua attenzione con quelle urla.
“Che vuol dire che ci siamo persi?” ripeté a voce più bassa, ma non per questo meno minacciosa. Maxi scrollò le spalle, cercando in qualche modo di giustificarsi, ma Nata già aveva accelerato il passo infuriata, allontanandosi sempre di più. Ecco cosa succedeva a fidarsi di Maxi. Solo delusioni era in grado di rifilarle…senza nemmeno pensarci si ritrovò a camminare per un ponte che attraversava la Senna. Ne aveva sentito parlare da una guida i primi giorni: era il Ponte Neuf, il Ponte Nuovo, uno dei più antichi di Parigi. Non si ricordava ovviamente di tutti i particolari, ma era il primo ponte in pietra realizzato, e addirittura provvisto di un marciapiede. Si  fermò dopo poco e si affacciò per vedere le acque verdastre del Senna scorrere sotto di lei. Non era esattamente il mare cristallino del suo sogno, ma stranamente la sensazione di libertà era pressoché uguale. Si guardò alla sinistra e con suo grande stupore si ritrovò un cappello fin troppo noto appoggiato sul davanzale di pietra. Ok, quello era davvero troppo strano. Fece per prenderlo, ma un soffio di vento lo sollevò appena, facendolo cadere giù. Allungò il braccio per cercare di prenderlo, ma due braccia la tennero al sicuro trascinandola dietro.
“Nata, ma sei impazzita! Poteva essere pericoloso!”. Il cappello finì in mezzo ai flutti, emergendo solo per un secondo prima di essere trascinato via. Nata si voltò tremando, incrociando lo sguardo di rimprovero di Maxi. “E non devi andartene in quel modo…vagare per una città che non conosci, non capisci che potevi perderti ancora di più?” la rimbrottò, senza però lasciarla andare. Più che arrabbiato sembrava preoccupato. Nata si fece prendere dal panico e abbracciò forte il ragazzo, singhiozzando per lo spavento.
“Va tutto bene, ma devi stare più attenta” le sussurrò, accarezzandole i capelli per cercare di farla calmare. Nata tirò su con il naso un paio di volte, quindi si separò annuendo.
“Ma come mi hai trovato?” mormorò con un filo di voce. Maxi sorrise, imbarazzato e felice allo stesso tempo che non si fosse ritratta come sempre. Indicò con lo sguardo il Senna.
“Il cappello…non so come mai ma mi è volato via dalla testa, ho cominciato a seguirlo, e ti ho trovato”. Se solo non credesse a quelle cose, avrebbe scommesso che fosse stato il destino a farli rincontrare, e non solo fisicamente. Nata rispondeva al suo sorriso timidamente, abbassando e alzando lo sguardo a scatti. “Andiamo a prendere qualcosa da bere?” le propose porgendole nuovamente il braccio. Questa volta non lo evitò, ma rimase a fissarlo incantata, prima di accettare l’invito e dirigersi assieme a lui a un bar vicino. Presero un frullato, ridendo e scherzando. Parlarono tutto il tempo, delle prove che li attendevano, di quello che poteva stare succedendo a Buenos Aires.
Fortunatamente Maxi ritrovò il suo orientamento e proseguirono il loro giro, passeggiando per le strade parigine con il cuore alleggerito. Era ormai passata l’ora di pranzo e dovettero rientrare in albergo. Rimasero in piedi di fronte alla hall, senza sapere come salutarsi. Proprio quando Maxi sembrava aver preso coraggio, avvicinandosi per darle un bacio sulla guancia, dopo aver ottenuto il tacito assenso della spagnola, il telefono squillò.
“E’ il tuo” disse Maxi, facendo un triste cenno alla borsa. Nata tirò fuori il cellulare. “Sono i miei, devo assolutamente rispondere”. Accettò la chiamata, che si rivelò essere una delle più lunghe della sua vita. Cercava in tutti i modi di rassicurare i genitori agitatissimi, rispondendo a tratti a monosillabi. Maxi nel frattempo cercava disperatamente di capire cosa dovesse fare, se rimanere lì ed aspettare la fine della telefonata, o salutarla con un cenno di mano.
“Beh, allora io vado…”. Nata gli disse di aspettare tra una risposta e l’altra, ma il ragazzo si sentiva estremamente a disagio. “Vado e torno?” chiese, non capendo nemmeno lui il senso di quella domanda. Nata infatti lo guardò stranita e lui si limitò a farle capire di rimuovere quelle ultime parole. Cominciò a dondolare sul posto con le mani nelle tasche, fischiettando appena. Ma quanto ci voleva ancora? Avrebbe voluto strappare il telefono di mano alla ragazza e urlare ai genitori che andava tutto bene e soprattutto che lui l’avrebbe protetta. Era piccolo di statura, ma quando si trattava di difendere Nata sentiva crescere dentro di sé forze sconosciute. Forse dettate dall’affetto. No, l’affetto non poteva smuovere così tanto. Era qualcosa di molto più forte, qualcosa che assomigliava…all’amore. Si, doveva trattarsi dell’amore. La vedeva di profilo, mentre con la mano si arrotolava un ricciolo, impaziente quanto lui. Si avvicinò lentamente con l’intenzione di darle un bacio sulla guancia, senza nascondere la sua emozione per quel piccolo gesto.
Nata si voltò di scatto, e si ritrovò incollata alle labbra di Maxi. La voce della madre continuava a risuonare dal cellulare, ma e lei non giungeva assolutamente nulla. Sentiva solo le labbra del ragazzo muoversi sicure sulle sue, attirandola a sé con il braccio destro.
“M-mamma?” balbettò, non appena si fu staccata, senza riuscire a reprimere un sorriso innamorato. Maxi non le staccava gli occhi di dosso e cominciò ad andare in camera sua camminando all’indietro, e rischiando di inciampare più volte addosso ai bagagli. Nata lo salutò con la mano, e si voltò dall’altra parte, continuando a parlare con i genitori.
Non riusciva a credere che potesse essere successo e per quanto tenesse a tutti i suoi capelli e avesse provato un gran dispiacere per quello finito sulla Senna, avrebbe rovesciato comunque tutta la sua scorta personale se fosse servito a recuperare l’amore di Nata. Ma per fortuna ne era bastato un solo. 








NOTA AUTORE: Holaaaa, non sono morto con questa storia, solo che non avevo tempo per continuarla, e- poi manca poco alla fine, quindi mi sono detto: 'ehi, magari qualcuno se la vuole rileggere, diamogliene la possibilità'. E forse c'era anche un po' di sadica crudeltà in mezzo come a dire 'vediamo quanto stanno aspettando il capitolo', e niente, poi finisce lì. Detto questo la storia dovrebbe concludersi con il capitolo 80, e questo lo sapete già, ci sarà un sequel in un futuro a me ignoto (e sapete anche questo), e poi, boh, non so che altro dire tranne che amo i miei Leonetta, finalmente i miei Naxi sono tornati insieme, e Cristobal se ne va, e Angie è rimasta giustamente delusa dal comportamento di German...Ma non finisce qui, nei prossimi capitoli avremo scoperte inaspettate (no, penso che lo sappiate già), coppie che scoppiano, e infine...infine non dico altro xD Ma niente, ringrazio tutti per seguirmi, e alla prossima! :3
syontai :D 

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