We're going to be thrown into an arena to fight to the death.

di Iamthedandelion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eyelyner - District Two ***
Capitolo 2: *** Alice - District Twelve ***
Capitolo 3: *** Sofia - District Four ***
Capitolo 4: *** Giulia - District Seven ***
Capitolo 5: *** Ewan - District Eight ***



Capitolo 1
*** Eyelyner - District Two ***


EYELYNER - DISTRICT TWO


Eyelyner se ne stava tranquilla, seduta a qualche metro di distanza dal campo dei Favoriti ad affilare i suoi coltelli, lungo la sponda della palude. Erano ormai tre giorni che non si vedeva un tributo e la voglia di spargere sangue era tanta. “Tra l’altro i sorteggiati di quest’anno non sono nemmeno un granchè, fatta eccezione per noi” si ritrovò a pensare. Effettivamente, tredici morti solo al bagno di sangue erano veramente tanti. Ma da quel momento il cannone non aveva sparato più.
La ragazza lanciò uno sguardo ai compagni per vedere come stavano occupando il loro tempo: Jayla, la ragazza dell’uno tentava di avvelenare le sue frecce con il succo di alcuni frutti velenosi che avevano trovato su dei cespugli vicini; “Peccato, un arco così bello che sta nelle mani sbagliate” Eyelyner scrollò il capo, chiedendosi perché quella Jayla si fosse offerta volontaria. Effettivamente, oltre ad essere una sgualdrinella di prima categoria, tutta curve e niente cervello, era anche un’incapace. “Ignorante, stupida, frivola, incapace, incapace e ancora incapace”. Per evitare di scattare in piedi e piantarle un coltello nel cranio, Eyelyner spostò il suo sguardo su Blaze e Owen che scherzavano a bassa voce, quasi fossero amici intimi e si conoscessero da una vita.
Blaze era il classico bel ragazzo da distretto uno: occhi di un verde smeraldo, belli da togliere il fiato, un viso dai tratti decisi e dalla mascella pronunciata. Per completare l’opera, una zazzera di capelli biondo cenere e un fisico mostruoso. Owen invece non incarnava quasi per niente l’idea di un ragazzo del due, tranne che ovviamente per il corpo, scolpito da anni di duro allenamento; capelli neri come la pece a contrasto con un paio di occhi di un color grigio chiaro, tipici del dodici.
“Proprio dei bei ragazzi, peccato siano qui nell’Arena, a casa mia sarebbero crollati ai miei piedi con un battito di ciglia” sospirò la ragazza del due. Una delle caratteristiche che di sicuro non mancava ad Eyelyner era la bellezza: 1.76 di altezza, corpo da modella, un viso dai tratti leggeri, incorniciato da lunghissimi capelli biondi ondulati e per finire un paio di grandi occhi color cioccolato. Dietro il suo aspetto così dolce, però, Eyelyner nascondeva una scaltrezza ed una capacità di sedurre le persone con solamente l’uso della parola. Era facile per lei sottomettere gli altri al suo volere, quanto per lei era facile combattere e maneggiare delle armi. Bella, agile, astuta, forte, spietata e sanguinaria: di sicuro era decisamente meglio giocare con lei, piuttosto che contro di lei.
Mentre era persa nelle sue elucubrazioni, la ragazza udì un fruscio non troppo lontano, un fruscio che di sicuro qualcun altro non sarebbe riuscito a percepire; ma d’altronde lei era stata allenata per questo sin da bambina, perciò era preparata. D’un tratto un’idea le balenò per la testa. “Sangue” l’unica parola a cui ora pensava. Così, senza indugio si alzò con disinvoltura e si diresse verso i compagni.
-Penso che dovremmo andare a caccia di tributi. Tutti e quattro. Nessuno escluso.- parlò lei, passando il pollice sulla lama di un coltello che reggeva in mano. -ho bisogno di vedere un po’ di sangue. Non sono abituata a stare senza di quello per così tanto tempo. Forza fannulloni, alzatevi!-.
Blaze la guardò storto e non perse tempo a ribattere. -Qualcuno dovrebbe restare con le provviste. Qua intorno ci deve essere per forza qualcuno pronto a rubarcele. Sono qui, quegl’altri infami. Stanno solo aspettando l’occasione giusta, e tu gliela servi su un piatto d’argento?-.
Eyelyner si abbassò leggermente, poggiando le labbra all’orecchio del ragazzo dell’uno. -Ho la certezza del fatto che siano qui intorno, li ho sentiti. Mai sentito la parola: imboscata?-.
Un sorriso largo si fece strada sul volto di Blaze che, raccogliendo la sua ascia, spinse con sé anche Jayla e Owen. La ragazza del due guidava il gruppo, che si nascose dietro ad una roccia immersa nell’acqua, costringendo così tutti a bagnarsi fino alla cintura. La ragazza dell’uno non mancò di protestare, ma venne zittita semplicemente con un’occhiata di fuoco, lanciata da Eyelyner.
Bastarono pochi minuti di attesa e un ragazzino di circa 13 anni sbucò fuori dalla boscaglia, proprio a pochi metri dal nascondiglio dei Favoriti. Un ghigno beffardo apparve sul volto di Blaze: “distretto otto” mimò con le labbra. Quest’ultimo infine, impossessatosi dell’arco della sua compagna di distretto, scoccò una freccia in direzione del polpaccio del tributo. Centro perfetto.
-Ah-ha Eyelyner, ottima idea!- Owen non si risparmiò di esultare ad alta voce. Il ragazzino nel frattempo era caduto a terra e non riusciva a rialzarsi, gemeva sommessamente ed aveva iniziato a piangere.
-Bene bene, ma cosa abbiamo qui?- la ragazza del due si sfregò le mani dall’impazienza.
-V-vi prego.. N-non uccidetemi..- supplicò il tributo dell’otto che nel frattempo si era girato supino.
I quattro Favoriti scoppiarono in una risata generale e, mentre Blaze aveva immobilizzato il ragazzino a terra, Eyelyner gli si era seduta sopra a cavalcioni ed aveva estratto dalla cintura tutta la sua serie di coltelli affilatissimi. Dopo aver osservato per bene il viso del tributo, la ragazza iniziò ad inciderlo molto lentamente. Prima le labbra, poi il naso, le palpebre ed infine le orecchie. Quando finalmente finì la sua opera, ormai restavano solo dei brandelli di carne appiccicati qua e là a caso. Il cannone non aveva ancora sparato, così Owen ne approfittò e piantò una lancia nel petto del ragazzino, ponendo fine alla sua tortura. Poi uno sparo, e quindi un'altra famiglia in lacrime.
Eyelyner inspirò con forza il sangue fresco che le ricopriva le mani e se lo spalmò sul viso.
-Soddisfatta ora?- domandò Jayla, sbuffando molto rumorosamente. La ragazza del due si guardò intorno, quando con la coda dell’occhio notò una macchia rossa tra i rami di un albero. Socchiuse leggermente le palpebre e guardò meglio. Capelli. Capelli rossi. La ragazzina del tre.
Un sorrisetto si stampò sul volto di Eyelyner. -Non ancora, mia cara. Abbiamo ancora un po’ di lavoro da fare- e con passo deciso, si avviò in mezzo alla foresta. Poco dopo, un altro colpo di cannone squarciò il cielo dell'arena. 





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Saaaaalve salve a tutti! Eh già, raccolta di One-shot su tributi puramente inventati.
In 75 edizioni di Hunger Games ci sarà pur stato qualcosa da raccontare no?
Nome tributo: Eyelyner
Distretto di provenienza: Distretto Due
Tributo inventato da: Rebecca Ronzoni
Spero vi piaccia :3

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Capitolo 2
*** Alice - District Twelve ***


ALICE - DISTRICT TWELVE
 

Quell’anno era una delle arene più infide e pericolose che fossero mai state create. Una landa rocciosa, desolata, arida, senza alcun tipo di fonte d’acqua, albero o nascondiglio, fatta eccezione per qualche grotta qua e là. Alice, assieme al compagno di distretto Magnus, era riuscita ad occupare una di queste. Erano quasi due giorni che non bevevano e ormai erano allo stremo delle forze. Di mentori non ne avevano, visto che il dodici non aveva mai avuto un vincitore, quindi nemmeno degli sponsor. “Moriremo entrambi pensò Alice, scostandosi dalla fronte la frangia castana, ormai resa tutta appiccicaticcia dal sudore. In quel momento i suoi occhi color nocciola incontrarono quelli grigio cenere dell’alleato. Era il figlio del sindaco del suo distretto, perciò non era mai stato costretto a dover lottare per il cibo, al contrario di lei. Alice, sin da quando era piccola, aveva dovuto richiedere moltissime tessere per lei e per i suoi fratelli più piccoli; in questo modo si era ritrovata ad avere ben sessantasette nomine nella boccia della mietitura a soli 14 anni. Inutile dire che il suo sorteggio sarebbe stato praticamente ovvio. Impossibile scampare con una situazione del genere.
-Come ti senti?- Magnus piegò la testa di lato, facendo così ricadere i suoi lunghi capelli biondi su una spalla.
“Ma che razza di domanda è?” Alice si strinse nelle spalle, passando l’indice della mano destra sulle labbra screpolate.
-Dobbiamo agire, o moriremo di stenti. Forza Alice, alzati. Non ce la faccio a vederti in questo stato. Preferisco rischiare di morire per vivere, piuttosto che arrendermi così, come un vigliacco.- il ragazzo si alzò di scatto, brandendo la sua spada, arma che era riuscito a prendere brillantemente durante il bagno di sangue alla cornucopia.
In quel momento delle urla riecheggiarono poco lontane e, subito dopo, si udì un colpo di cannone. Alice si sporse leggermente dalla parete della grotta e vide un hovercraft scendere a circa cinquecento metri di distanza da loro. Da lontano riuscì a distinguere la folta chioma bionda della favorita del quattro che si allontanava verso le colline, pulendo il suo tridente insanguinato sui pantaloni. Sulla sua schiena vi era uno zaino rosso, molto grande.
Magnus fissò l’alleata e con un dito le indicò le rocce più alte.
-Vai Alice, arrampicati; io ti porterò quella stronzetta dritta su un piatto d’argento. Dovrai ucciderla con la spada, senza esitazioni. Hai capito?- il ragazzo le poggiò entrambe le mani sulle spalle, scuotendola un poco. Alice sbattè gli occhi, come per risvegliarsi da un incubo e si arrampicò in fretta sul masso più alto, tenendo la spada di Magnus dentro la cintura. Il ragazzo le volse un ultimo sguardo e poi si avviò correndo verso le colline, alle calcagna della favorita. Alice si acquattò leggermente, tenendo lo sguardo fisso sul posto in cui era scomparso il compagno. L’attesa le sembrò infinita, ma finalmente vide i lunghi capelli di Magnus ondeggiare al sole, mentre correva velocissimo. Alle sue spalle, la ragazza del quattro lo inseguiva, brandendo il suo tridente.
“E se qualcosa va storto? E sei lancia il suo tridente e lo uccide?” Alice scosse la testa “No, quelli vogliono dare spettacolo. Lo vuole raggiungere per massacrarlo” una lacrima si fece strada sulla guancia accaldata della ragazza. Lei la scostò con il palmo della mano e afferrò la spada. “Concentrati Alice, sono quasi arrivati”.
Magnus raggiunse la roccia dove stava appostata la compagna e la superò, continuando a correre. Subito anche la favorita passò di lì. Alice impugnò la spada a due mani e, quando pensò fosse il momento, si sporse dal suo nascondiglio e saltò giù dalle rocce, atterrando direttamente sulle spalle della ragazza del quattro. Ce l’aveva in pugno, ma doveva agire in fretta: per quella bestiona allenata sarebbe stato facile disarcionarla in qualunque momento. La guardò negli occhi, mimando una parola con le labbra: “scusami”. Prese un bel respiro e poi le tagliò la testa di netto con la spada. Bum. Colpo di cannone.
Magnus rallentò la corsa e tornò indietro. Raggiunse la compagna che nel frattempo aveva iniziato a singhiozzare, guardandosi le mani insanguinate. “Sono un’assassina” pensò, iniziando a tirarsi forte i corti capelli castani. Stava cadendo nell’isteria. Lui la alzò di peso e la strinse in un abbraccio, cullandola con le sue forti braccia.
-Andrà tutto bene Alice.- le sussurrò in un orecchio.
Dopo essersi staccati, Magnus raccolse il tridente e sfilò lo zaino dal corpo inerme del tributo femminile del quattro. Lo aprì velocemente ed un sorriso radioso si fece strada sul suo volto. Dopo aver estratto ben tre borracce, le sventolò davanti al naso della compagna, continuando a sorridere.
-Siamo vivi- disse, abbracciandola di nuovo forte. Alice si lasciò stringere, e ne frattempo ormai aveva smesso di piangere. Sì, aveva ucciso. Sì, era diventata una pedina degli Hunger Games. Ma forse aveva ancora delle speranze di poter tornare a casa. E ciò valeva più di ogni altra cosa. “D’altronde è così” si disse, mentre accarezzava leggermente i capelli biondi di Magnus
“o uccidi o muori. E io non sono disposta a perdere”.


Alice e Magnus continuarono il loro tranello, uccidendo altri quattro tributi, fino a che nell’arena rimasero in cinque. A quel punto gli alleati si separarono. Magnus venne ucciso la sera stessa dal ragazzo del due. Alice pianse tutte le sue lacrime, ma decise di voler rendere onore all’amico. Lasciò che i restanti quattro si uccidessero tra di loro, finchè non rimase sola con colui che aveva ucciso Magnus. Lo affrontò e lo uccise piantandogli la spada nell’occhio.
Alice non era più la ragazzina di prima, ma questo non le importava. Aveva vinto i giochi ed era riuscita a vendicare l’unico ragazzo che le fosse mai stato amico. La prima vincitrice proveniente dal distretto dodici, venne accolta con una grande festa dai suoi compaesani. Anni dopo, morì uccisa dalla capitale. Suo figlio aveva vinto a sua volta gli Hunger Games, ma aveva smascherato gli strateghi, utilizzando il campo di forza che circondava l’arena per uccidere l’ultimo tributo rimasto. Suo figlio era Haymitch Abernathy.


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Nome tributo: Alice
Distretto di provenienza: Distretto Dodici
Tributo inventato da: Alice Rossi
 

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Capitolo 3
*** Sofia - District Four ***


SOFIA - DISTRICT FOUR



Nonostante i due sacchi a pelo in cui era infilata, Sofia non riusciva a prendere sonno a causa del gelo che le trapassava le ossa. “Una montagna innevata come arena proprio a me doveva capitare?” pensò la ragazza, alitandosi sulle mani chiuse a coppa per cercare di scaldarsi almeno un po’. Di accendere un fuoco, neanche a parlarne: quello sarebbe un ottimo modo per farsi uccidere. “Questo non è posto per me” e nel frattempo la sua mente era volata al suo distretto, al mare azzurro e alla sensazione della sabbia sotto i piedi. Ciò che la fece uscire dai suoi pensieri, furono due fortissimi colpi di cannone.
“Cazzo. Troppo vicini” Sofia si alzò di scatto, raccogliendosi i capelli castani in una coda. Le gambe erano rattrappite dal freddo, ma al momento non aveva il permesso di pensarci. Prese in mano il suo coltello, unica arma che era riuscita a recuperare al bagno di sangue, ed uscì dal suo nascondiglio. Non l’avesse mai fatto.
La favorita del due era proprio di fronte a lei in tutta la sua imponenza, affiancata dal suo compagno di distretto e da un altro ragazzo dai capelli ramati che impugnava un tridente.
-Ma guarda un po’! Il piccolo passerotto è caduto dal nido?- l’affermazione della ragazza fu seguita da una risata gutturale del compagno.
-Lasciala andare Jeanine, è solo una ragazzina.- in quel momento, spostandosi, il viso del ragazzo con in mano il tridente venne rischiarato dalla luce della luna. Quegli occhi verdemare Sofia li avrebbe riconosciuti ovunque.
-A..Alastair- disse, tremando sia per il freddo che per il terrore. Sì, il suo compagno di distretto stava cercando di salvarle la pelle, ma ciò gli sarebbe valso solo un coltello piantato nella schiena.
-Oh poverina, è sono una ragazzina!- gli vece il verso il gigante del due –Ma piantala Alastair, qui dentro non c’è posto per la pietà e la compassione.-
Alastair alzò lo sguardo da terra, lanciando un’occhiata di fuoco al ragazzo del due.
-Giusto Cedric. – rispose e con uno scatto felino piantò la sua arma nel petto del ragazzo. Bum. Colpo di cannone, Subito con il gomito colpì in faccia Jeanine, rompendole il setto nasale. La ragazza ruzzolò a terra e lui le fu sopra in un attimo.
-Ti prego Al, non uccidermi, siamo alleati!- piagnucolò la favorita del due tentando di divincolarsi dalla stretta del ragazzo.
Dopo aver sogghignato, lui replicò freddamente. –Lo ha detto lui- fece un gesto col capo che indicava il cadavere di Cedric –qui non c’è posto per la pietà e la compassione.- e con un gesto netto, fece scattare il collo della ragazza. Secondo colpo di cannone.
Sofia, che aveva assistito a tutta la scena pietrificata dalla paura, strinse ancora di più il coltello che teneva in mano ed iniziò ad indietreggiare. Alastair raccolse da terra il suo tridente sporco di sangue, si voltò ed i suoi occhi incrociarono quelli verde scuro della ragazza.
-Tranquilla, non voglio ucciderti.- le disse sorridendo. I suoi denti bianchi risplendevano alla luce della luna. Lui si avvicinò a lei, che intanto continuava ad camminare all’indietro, cercando di allontanarsi, ma la sua “fuga” venne bloccata da un albero. Il compagno di distretto la raggiunse e le posò una mano sulla guancia.
-Sei congelata.- e nel frattempo il suo volto si contrasse in una smorfia.
-Avanti, cerchiamo un posto per dormire- così dicendo si voltò ed iniziò a camminare.
Sofia un po’ titubante decise di stare ferma. “Vuole solo togliermi di mezzo” pensò scrollando la testa.
Il ragazzo vide che era ancora poggiata contro l’albero, così tornò indietro e le poggiò entrambe le mani sulle spalle.
-Ho promesso a tuo fratello che ti avrei protetta. Non ho la minima intenzione di ucciderti. Sia chiaro.-
Preso un bel respiro, Sofia decise di seguirlo. Non capiva nemmeno perché avesse dubitato di lui. Stupida lo conosci da anni! Non potrebbe mai tradirti”.
Dopo circa una mezz’ora di camminata, Alastair notò una piccola apertura nella neve. Avvicinandosi, cercò di scavare e trovò una grotta. Beh non molto grande, ma abbastanza per contenere due persone. Egli entrò, seguito dalla compagna che si accucciò accanto a lui.
Lui le accarezzò i capelli e, dopo averle dato un bacio sulla fronte, la guardò negli occhi.
-Alleati?- disse, abbozzando un sorriso.
-Alleati.- rispose Sofia. E così si addormentarono, l’uno riscaldato dal calore del corpo altrui.
“Grazie Al. Mi hai salvato la vita”.



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Nome tributo: Sofia
Distretto di provenienza: Distretto Quattro
Tributo inventato da: Lissa29
 

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Capitolo 4
*** Giulia - District Seven ***


GIULIA – DISTRICT SEVEN

Dorelle si aggirava attorno al corno d’oro brandendo a due mani la sua daga e tagliando l’aria con dei fendenti. Erano rimaste ormai solo in due nell’Arena. Lei, Favorita, allenata da anni. L’altra,Giulia, proveniente da un distretto piuttosto lontano. Non aveva nemmeno preso un voto alto all’addestramento. Di una cosa Dorelle era certa: quella ragazzina era brava a nascondersi. Dal bagno di sangue, due settimane prima, infatti non l’aveva più vista.
“Stupida codarda, lo so che sei qui!” la ragazza del due era ormai fuori di sé dalla rabbia. Voleva solo porre fine ai giochi.
D’un tratto Giulia scattò velocissima fuori dalla boscaglia e lanciò un coltello che si conficcò nel polpaccio della Favorita. Quest’ultima cacciò un urlo disumano e, dopo aver estratto la lama dalla sua carne, si avventò sulla ragazzina, atterrandola e schiacciandola col suo peso..
“Sei mia ora!” disse e, mentre un ghigno sadico le si dipingeva in volto, fece calare la sua daga dritta sul collo della ragazzina del sette.

Giulia si svegliò urlando, completamente fradicia di sudore. Si guardò intorno spaesata e finalmente realizzò di aver fatto solo un incubo. Era al sicuro, in camera, nella sua bellissima casa del Villaggio dei Vincitori. Si passò una mano sulla fronte, scostando gli scuri capelli ricci. Sin dal giorno della sua vittoria quell’incubo la perseguitava, sebbene lo scontro finale non finì così. Lei infatti riuscì a ribaltare la situazione, decapitando Dorelle con il suo machete.
Mentre i primi raggi di sole filtravano dalla finestra, sua madre entrò nella stanza, reggendo un vassoio sul quale svettava una torta completamente glassata di bianco. Non ricordava nemmeno che quel giorno avrebbe compiuto sedici anni.
-Auguri tesoro.- disse mia mamma, accennando un sorriso. Ma i suoi occhi verdi, identici ai suoi, erano leggermente velati di lacrime. Capì così subito che c’era qualcosa che non andava.
-Mamma cosa succede?- domandò allarmata.
La madre tenne gli occhi incollati sulla ragazza e rispose a voce bassa. –Una persona molto importante di aspetta da basso tesoro.-
Aggrottò le sopracciglia, scervellandosi per capire chi potesse essere, ma non trovò risposta al suo quesito interiore. Così decise di vestirsi in fretta, prendendo le prime cose che le capitarono a tiro, e successivamente scese le scale.
Giulia non era minimamente preparata alla scena che le si presentò davanti agli occhi: il presidente Snow sedeva al tavolo della cucina, sorseggiando placidamente un the da una tazzina presa dal servizio di porcellana preferito di mamma. Ovviamente, l’immancabile rosa bianca appuntata al bavero della giacca.
-Oh cara Giulia! Prego, accomodati, serviti pure!- disse, invitandola a sedersi sulla sedia posta di fronte a lui. “Si certo, questa è casa mia e pretendi di impartire ordini?” pensò lei stizzita. Invece di sedersi, si posizionò in piedi, poggiando le mani sullo schienale.
-A cosa devo il piacere della sua visita, presidente?- probabilmente nella voce di Giulia c’era un tono di sarcasmo, dato che i suoi occhi da serpente quasi presero fuoco. Ma non ci fece caso più di tanto.
-Semplicemente sono qui per una visita di cortesia! Adoro andare a trovare i miei coraggiosi vincitori! Allora cara, come ben sai tra circa tre mesi ci sarà la mietitura per i 70esimi Hunger Games e immagino che sarai un’ottima mentore per i tuoi tributi!-
“Cosa? Io mentore? E quando mai avrei deciso ciò?” la ragazza strinse forte lo schienale della sedia di legno, ma mollò quasi subito la presa. Avrebbe potuto sgretolarsi tra le sue mani se avesse continuato così.
-Sì, ovviamente.- disse, con un tono distaccato. Furbizia Giulia, furbizia”.
Snow continuò a fissarla, imperterrito e gli angoli della sua bocca si curvarono leggermente verso l’alto. Poi scoppiò in una fragorosa risata.
“Basta, ora è troppo.”
-Senta, ha intenzione di dirmi perché è venuto qui o no?- urlò lei, in preda alla rabbia.
Il suo volto tornò serio tutto d’un tratto.
-Beh cara se proprio insisti, ora ti spiegherò il motivo.- il sorrisino di prima comparve di nuovo sul suo volto. –Ora che hai sedici anni, sei cresciuta molto. E’ passato poco tempo dalla tua vittoria, ma sei diventata veramente una bellissima ragazza! E non sono l’unico a pensarlo..-
“No, ti prego, non dirlo. Non farlo.” Giulia si pulì le mani, che avevano iniziato a sudare, sui pantaloni e strinse i denti.
-Penso che agli uomini di Capitol piacerebbe passare un po’ di tempo in tua compagnia. Non lo credi anche tu? Oh, là fuori ti amano dolcezza!-.
-Mi sta forse chiedendo di vendermi?- sbottò, abbassando lo sguardo.
-Direi che “vendere” non sia il giusto termine, cara.- replicò Snow, sorridendo impercettibilmente di nuovo. –Sarebbe più che altro fare un favore al tuo caro presidente!- dicendo ciò, indicò se stesso con il pollice.
-E se io non accettassi?- disse lei, alzando lo sguardo, facendo incontrare i suoi occhi verdissimi con quelli azzurro ghiaccio di Snow.
-Potrei prendere in considerazione di prendere sotto la mia custodia la tua cara mammina e quel ragazzo, come si chiama? Vincent?-.
Bam. Colpito nel segno. No, non poteva fare del male a Vincent. Non poteva condannarlo, non dopo tutto quello che aveva fatto per lei dopo il suo ritorno dall’Arena.

-Vincent!- una ragazza dai lunghissimi capelli ricci neri si parò davanti al campo visivo del ragazzo.
Lei gli corse incontro e si abbracciarono di slancio, talmente forte che caddero sull’erba del prato. Si guardarono negli occhi e lui le fece un gran sorriso.
-Sei qui.- disse Vincent, accarezzandole una guancia con la punta delle dita.
Giulia annuì, strofinandogli il naso sulla punta del suo.
-Te lo avevo detto che sarei tornata.- rispose lei, mentre una lacrima le scese dall’angolo dell’occhio.
E poi le loro labbra si fusero insieme, mentre lui le poggiava le mani sui fianchi e lei intrecciava le sue dita nei biondissimi capelli di lui. Il loro bacio durò molto. A entrambi mancava sentire il dolce sapore dell’altro e il poterlo tenere tra le braccia.
Si staccarono e Vincent affondò il naso tra i capelli di Giulia, annusando il suo buonissimo profumo di pino e sussurrandole all’orecchio la promessa più bella del mondo.
-Ora è sicuro che non ti lascio più andare via da me.-

Il ricordo dei momenti passati con Vincent aderirono come una morsa allo stomaco di Giulia e le fecero salire un brivido lungo tutta la schiena.
“Mamma e Vincent. Hanno fatto tanto per me, non posso perderli.”
-Quando dovrei venire a Capitol precisamente?-
“Pensa bene a ciò che stai per fare, Giulia.”
-Oggi stesso.- rispose Snow.
“Dov’è finita la sadica, furba, diffidente e ostinata ragazza dell’Arena? Dov’è finita quella ragazza che ha ucciso cinque tributi senza battere ciglio?”
Lei rimase in silenzio.
-Allora signorina? Il dovere mi chiama, ho bisogno di una risposta.-
“Non farlo.”
Giulia prese un bel respiro.
“Egoismo o altruismo?”
Alzò lo sguardo, incrociando di nuovo gli occhi dell’uomo.
“-Ora è sicuro che non ti lascio più andare via da me.-“
-E sia. Partirò oggi.-
Snow sorrise, scoprendo tutti i denti.
Giulia corse le scale e raggiunse la sua stanza. Chiuse la porta con violenza e si gettò sul letto, portandosi le mani alle orecchie.
“Aveva ragione Johanna. Vincere è la cosa peggiore che a un tributo possa capitare. Vincere non ti darà la libertà. Anzi, scriverà la tua condanna a morte.”



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Nome tributo: Giulia
Distretto di provenienza: Distretto Sette
Tributo inventato da: lula99
 

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Capitolo 5
*** Ewan - District Eight ***


EWAN – DISTRICT EIGHT


 

Era il momento per Ewan Bushnell di salutare il suo mentore. In meno di un’ora il giovane si sarebbe trovato catapultato nell’arena assieme agli altri ventitré sfortunati.
-Puoi vincere, confido in te. Mostra a tutti ciò di cui sei capace.- e così Woof, vincitore sette edizioni prima, se ne andò mentre il vento muoveva i suoi capelli biondi che sembravano fili dorati.
Ewan prese un bel respiro e si avviò verso l’hovercraft che lo avrebbe condotto alle Camere di Lancio, più comunemente chiamate dalla popolazione dei vari distretti “Recinti del bestiame”.
Raggiunto il suo posto a sedere, si guardò intorno cercando di studiare per un ultima volta i suoi avversari. Ewan aveva un’ottima capacità di osservazione, riusciva ad inquadrare ogni persona anche nei più minimi particolari e quei giorni di addestramento prima dei giochi gli erano serviti molto per farsi un’idea dei suoi avversari.
“Aveline, Distretto Uno, diciotto anni, ottima nel lancio dei coltelli. Bevis, Distretto Tre, sedici anni, un asso nelle trappole elettriche. Shawnee, Distretto Quattro, diciassette anni, può creare armi con qualsiasi cosa le capiti tra le mani. Mordecai, Distretto Sette, dodici anni, il più veloce e sfuggente ragazzino mai visto. “
Mentre era perso nei suoi pensieri, un pacificatore gli si avvicinò e con un ago gli iniettò il localizzatore nel braccio sinistro.
“Un male cane.” Pensò Ewan stringendo i pugni.
D’un tratto avvertì un tocco leggero sulla sua mano destra. Voltandosi incontrò gli occhi blu cielo di Millicent Wellwood, la sua compagna di Distretto. Un sorriso rassicurante si fece strada sul volto di lei che intrecciò le sue dita con quelle dell’amico. Sì, amico è la parola giusta. Si conoscevano sin da quando erano piccoli e si ritrovavano a correre tra le fabbriche di tessuti per cercare di rubare qualche scampolo per cucirsi i vestiti. Sin da quando lui la salvò da uno scivolone che la stava letteralmente portando a sbattere la faccia lungo la rete elettrificata che segnava il confine del distretto. Sin da quando il fratello di lui e la sorella di lei vennero sorteggiati entrambi nella stessa edizione degli Hunger Games, due anni prima, e morirono nel bagno di sangue.

Era appena finito il consueto filmato che precedeva ogni Mietitura e tutto il Distretto Otto tratteneva il fiato, impaziente di scoprire chi sarebbero stati i tributi per quella edizione. 
L’accompagnatrice di Capitol zampettò sui tacchi e si avvicinò alla boccia contenente i nomi delle ragazze.
-Haleigh Wellwood!-
Un urlo disperato si levò dal gruppo delle dodicenni, mentre una ragazza bionda si staccò da quello delle sedicenni e si diresse a passi sicuri verso il palco.
-No Haleigh ti prego!- una ragazzina dai ricci dorati e dagli occhi chiari che aveva urlato prima, piangeva disperata, trattenuta da quattro pacificatori.
-Immagino che sia tua sorella!- disse la Capitolina rivolta alla neo-tributa, ridacchiando.
Haleigh si limitò a lanciarle uno sguardo di fuoco.
-Ed ora il nostro coraggioso uomo!-
L’unico rumore che si udiva in piazza era il rumore che i tacchi dell’accompagnatrice facevano calpestando il palco di legno.
-Nathan Bushnell!-
Haleigh soffocò un grido, portandosi le mani alla bocca, mentre lacrime calde iniziarono a scenderle dalle guance.
Nel frattempo il tributo maschio era salito sul palco e quando i suoi occhi castani incrociarono quelli chiarissimi della compagna, l’abbracciò di slancio lasciando che lei affondasse la testa nel suo petto, noncurante della folla che li stava fissando. Perché Nathan non sapeva quanti abbracci avrebbe ancora potuto dare alla sua Haleigh.


Ewan strinse la mano di Millicent per tutto il viaggio, come se stesse cercando di aggrapparsi ad un ricordo, come se stesse cercando di auto convincersi di non essere veramente su un volo diretto per la morte.
L’hovercraft atterrò e i due compagni si allontanarono per due strade diverse, non prima di essersi lanciati un ultimo sguardo di rassicurazione.
Millicent era l’unica persona di cui Ewan si fidava. Nonostante lui fosse un ragazzo molto guardingo a causa soprattutto della sua straordinaria intelligenza, non era riuscito nel corso degli anni a trovare un motivo per non fidarsi di quella ragazzina dai boccoli dorati. Era sicuro che lei non lo avrebbe mai fregato.
In poco tempo raggiunse il “Recinto del bestiame” e dopo aver salutato il suo stilista, col quale non aveva praticamente rapporti, si diresse velocemente nel tubo che si richiuse di scatto.
La pedana iniziò a sollevarsi e una luce accecante fece chiudere gli occhi di scatto a Ewan che poco dopo li aprì lentamente.
Da un lato, l’arena era una rigogliosa foresta, con alberi stracolmi di frutti di ogni genere e da lì si poteva sentire giungere il canto degli uccelli. Dall’altra parte vi era una foresta morta da cui in alcuni punti si levava una leggera foschia, il cui odore si poteva sentire anche da lunga distanza. Il corno d’oro era come sempre ricolmo di armi di ogni genere e i Favoriti si stavano preparando allo scatto come sempre.
“Ragiona Ewan. Prendi uno zaino e corri via veloce come il vento.” Mentre il suo sguardovagava lungo la piana della Cornucopia, venne colpito da un’arma che stava a poche centinaia di metri da lui. Una balestra. Al centro d’addestramento aveva scoperto di cavarsela molto bene con arco e balestra, poiché concentrarsi gli riesce facilmente. Quell’arma lo tentava, ma decise di desistere quando scoprì che si trovava sulla diretta traiettoria del bisonte del Due.
Puntò invece uno zainetto a pochi metri di distanza sulla traiettoria del ragazzo del Dodici, Jason. Era mingherlino, non gli avrebbe dato filo da torcere.
Si guardò intorno e riuscì a localizzare Millicent a circa quattro pedane di distanza, pronta anche lei allo scatto.
Il countdown arrivò allo zero ed Ewan saltò giù dalla pedana, afferrò lo zaino e corse a più non posso in direzione della foresta rigogliosa.
Il perché di questa scelta vi chiederete? Dovete sapere che Ewan se ne intendeva di erbe medicinali e curative. Nell’ultimo anno aveva lavorato come apprendista nella farmacia del suo distretto, perciò sapeva anche creare correttamente sonniferi e alcuni veleni, cosa che gli sarebbe risultata molto utile considerando ad esempio la sua scarsa capacità di prendere ad accettate o coltellate qualcuno. Non voleva di certo farsi cogliere impreparato come aveva fatto il fratello.
Corse per minuti, forse anche ore finchè giunse nel cuore della foresta e si arrampicò su un albero, nascondendosi tra le fronde.
Era uscito illeso dal bagno di sangue e aveva racimolato anche un ottimo bottino che comprendeva due pacchi di gallette, una mela, una borraccia piena d’acqua, una corda ed un acciarino.
“Non male “ pensò “Ci vorrebbero solo un paio di sponsor durante i giochi e sarebbe perfetto.”
Di sicuro Ewan non dubitava di avere Capitolini che tifavano per lui, anzi ne era praticamente certo. Poteva contare su una buona dialettica, naturalmente sciolta e scelta con cura, e, nonostante non amava definirsi un manipolatore, sapeva come raggirare o ingraziarsi la gente quando ne aveva bisogno. E nell’intervista l’avevano amato.

-Accogliamo con un grande applauso Ewan Bushnell dal Distretto Otto!- la folla si sciolse in un grande applauso. Si ricordavano della bellezza di quel ragazzo e della fierezza che i suoi occhi scuri trasmettevano.
Il ragazzo fece capolino dalle quinte, vestito con un elaboratissimo frac color blu scuro e i capelli lunghi legati in un codino che scendeva lungo la nuca, fermato da un nastro dello stesso colore dell’abito.
-Allora Ewan! Wow devo dire che il tuo abito ha colpito tutti questa sera! E’ veramente stupendo!- Caesar esordì con un complimento.
-Oh si Caesar,- replicò Ewan – è veramente un abito meraviglioso. Incarna perfettamente l’essenza del mio Distretto che come sapete produce tessuti. Un complimento al mio stilista!- un gran finto sorriso si aprì sul volto del ragazzo. Il suo stilista era un perfetto e completo idiota. Ma non gli importava, alla fine ai Capitolini queste cose piacevano.
Dopo aver placato la folla, Caesar si rivolse di nuovo al ragazzo.
-Senti Ewan, noi ci ricordiamo perfettamente di tuo fratello, tributo di due anni fa. Veramente un caro ragazzo. Eravate molto legati?-. Ahia, tasto dolente.
-Moltissimo a dire la verità. D’altronde eravamo gemelli, il nostro amore andava sopra un normale amore fraterno. Era la mia famiglia, ma se n’è andato. Ed ora io sono qui per rendergli giustizia. Nathan ti vendicherò lo giuro.- disse volgendo lo sguardo verso il cielo.
Il segnale acustico che segnava la fine dell’intervista suonò e i Capitolini applaudirono talmente forte da far tremare il palco. Il pubblico era in delirio.
Il giovane tributo si alzò e se ne andò mandando baci a caso e con un gran sorriso, che si spense solo quando giunse di nuovo dietro le quinte.
Agli Hunger Games, la menzogna è il prezzo da pagare per cercare di salvarsi la vita.


Ewan dopo essersi assicurato all’albero con una corda chiuse gli occhi, calando in un sonno profondo. Doveva mantenersi in forze per i giorni che sarebbero seguiti. Doveva mantenersi in forze per cercare di trovare Millicent, il cui volto non comparve quella notte nel cielo dell’arena, segno che era ancora viva. Doveva mantenersi in forze per combattere. Se ne avesse avuto la possibilità.  
 

Ewan trovò Millicent il giorno dopo, attrezzata solo con due coltelli e gravemente ferita ad una gamba. Woof gli mandò una pomata curativa e delle bende, così da poterla salvare. Riuscirono a sopravvivere per una settimana, senza uccidere nessuno. Fin quando Millicent durante un combattimento contro i tributi del Cinque si ferì con il suo stesso coltello con cui stava combattendo. Non vi diede peso e entrambi i ragazzi del Cinque caddero nella lotta. Ewan ottenne la sua balestra, sottraendola dal corpo della ragazza che aveva appena ucciso. Ma in quel momento Millicent venne percorsa da un brivido e si ricordò che il mattino Ewan aveva avvelenato le lame delle loro armi per facilitarsi nel combattimento. Non ci fu nulla da fare e Millicent quel giorno morì. Ewan vinse i giochi, uccidendo con una violenza inaudita chiunque gli si parasse davanti, passando da ragazzo dall’indole pacata a brutale assassino, ma non si perdonò mai il fatto di aver ucciso, anche se indirettamente, la sua cara Millicent.


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Nome tributo:Ewan Bushnell
Distretto di provenienza:Distretto Otto
Tributo inventato da: Hey There Delilah
 

Vi ricordo sempre che se se volete inventare qualche personaggio su cui farmi scrivere, lasciate una recensione con le seguenti informazioni:
-Nome personaggio
-Sesso
-Distretto
-Età
-Descrizione fisica
-Descrizione caratteriale
Se volete che io includa altre particolarità aggiungete pure.
Un saluto, and may the odds be ever in your favour!

-iamthedandelion

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