Cirque du Soleil

di Iurin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Cirque-du-Soleil-1

 



Prologo
 
Volevo morire.
Volevo semplicemente morire; non ce la facevo più.
Ero solo un’assistente bibliotecaria, ma davvero… la mia vita sembrava un inferno.
Volevo che la mia vita finisse nel modo più veloce possibile.
Non che non mi piacesse fare la bibliotecaria. Pardon, l’assistente bibliotecaria.
Ma se bisognava farlo , in quella scuola… Allora l’idea della richiesta di morire non sembrava più tanto cretina.
Almeno per me.
E dire che, quando ero stata una studentessa, proprio lì, ad Hogwarts, avevo avuto l’ardire di adorare quel posto.
Vabbè, grazie, mica c’era lui.
Okay, c’era, ma almeno era solo uno studente. Non un professore. Il che voleva dire che aveva pure fatto carriera, lui, mentre io no. Cosa che ovviamente si premurava di ricordarmi gentilmente molto spesso. E poi aveva, appunto, sviluppato l’immensa capacità di risultare orrendo e sgradevole.
Orrendamente sgradevole.
O sgradevolmente orrendo.
È uguale.
Che poi, a dirla tutta, io neanche mi ricordavo di lui; uno così mi sarebbe rimasto impresso. Vabbè, non eravamo stati proprio… amiconi, da studenti. Neanche amici, veramente.
Okay, non c’eravamo mai parlati.
… Okay, d’accordo, ognuno di noi aveva ignorato completamente l’esistenza dell’altro, a scuola.
Perlomeno per me era stato così. E supponevo, comunque, che anche per lui fosse stato lo stesso, dal modo in cui, quando venni a lavorare ad Hogwarts, mi guardò. Cioè in maniera totalmente indifferente. Quindi neanche lui aveva presente chi fossi. Bene.
D’altronde un Serpeverde come lui non si sarebbe mai abbassato a guardare una stupida Tassorosso come me. Figuriamoci. E poi avevo pure ben quattro anni in meno di lui.
Oh, sì, questo era un valido motivo.
Comunque… Stavo dicendo… Oh, sì, avevo voglia di morire. Colpa della sua saccenza, del suo sarcasmo, dei suoi sguardi, dei suoi ghigni. Colpa sua, insomma. E forse una soluzione c’era: avrei potuto colpire il piccolo Harry Potter con un libro e autoaccusarmi di tentato omicidio; mi avrebbero arrestato e messo a morte. Problema risolto.
Ah, no, non c’era più la pena di morte.
Accidenti.
Al massimo sarei potuta finire ad Azkaban, allora, ma no… I Dissennatori non mi ispiravano molta simpatia, con il loro fare da risucchiatori folli di anime.
Avrei voluto, allora, trovarmi all’inizio del XV secolo, avrei colpito il piccolo Harry Potter con… uhm… un plico di pergamene, e sarei stata messa a morte per questo. Oh, sì. E non avrei più dovuto sorbirmi lui e la sua odiosa presenza.
Però… se mi fossi trovata nel XV secolo, lui sarebbe ancora dovuto nascere, quindi, di conseguenza, non avrei avuto alcun valido motivo per porre fine alla mia esistenza. E comunque non ci sarebbe stato alcun Harry Potter da colpire, a quel punto.
Accidenti. Di nuovo.
Vabbè, basta solo una piccola correzione: avrei voluto che tutti noi ci trovassimo nel XV secolo, così avrei colpito Harry Potter e bla bla bla.
Guarda te se una ragazza non può neanche immaginarsi una morte come vuole lei.
Ecco.
Vabbè, meglio sorvolare.
Allora sarei potuta scappare per non vederlo mai più… Ma poi chi l’avrebbe sentito, mio padre? O peggio… Mia nonna? Brrrr…
Sarei stata costretta a rimanere lì in eterno, a meno che non volessi darmi alla macchia e trasferirmi in Papuasia. No, grazie. O, perlomeno, fino a quando non avessi trovato un nuovo impiego. Ovvero: mai.
Sarei rimasta lì, con lui… nei secoli dei secoli. Amen.
Ancora mi ricordo in nostro primo incontro, il giorno in cui Silente mi aveva accolto ad Hogwarts come membro dello ‘staff’: mi spaventò subito. All’istante. E non aveva neanche aperto bocca… Figuriamoci, quindi.
Era il 1992 e io, appena ventottenne, ero stata assunta in quella scuola per grazia divina. O per raccomandazione, come dir si voglia. Ero parente, infatti, dell’eterna bibliotecaria di Hogwarts, Miss Irma Pince. Beh, ‘parente’ per modo di dire. Diciamo che la bisnonna di Irma e la bisnonna di mio padre erano cugine; di secondo grado, credo. Quindi non avevo e non ho tutt’ora la più pallida idea di quale parentela intercorra tra di noi. Forse anche noi eravamo cugine, per un decimo di millesimo di grado. Ma lei era di almeno vent’anni più grande di me, quindi la vedevo meglio come ‘zia’. Zia Irma.
Beh, è ad effetto.
Una volta avevo un’amica la cui zia di secondo grado era di un anno più piccola di lei. Che strane cose, succedono.
Ma sto divagando.
Insomma, circa cinque o sei mesi prima del mio arrivo ad Hogwarts, mia nonna paterna, continuamente (e astiosamente) preoccupata per il fatto che lavorassi in una semplice biblioteca babbana, aveva contattato Irma Pince per chiederle di dare un senso alla mia vita. Miss Pince aveva accettato con ardore. E mia nonna, alleatasi con mio padre, mi disse che avrei dovuto comportarmi benissimo, che avrei dovuto farmi valere, che non avrei dovuto farmi scappare quell’opportunità.
Aha. Ero passata da una biblioteca babbana ad una magica. Sai la differenza…
Ma se fossi scappata da lì, per colpa di quello lì, suddetti parenti non l’avrebbero presa comunque tanto bene.
Quindi… Ultimi di Agosto del 1992. Dopo che mi fui praticamente presentata con Miss Pince, Silente mi presentò, allora, al corpo insegnanti e non. Sembravano tutti affabili, disponibili, gentili. Beh, quasi tutti: quell’Argus Gazza non mi ispirava molta simpatia, a dire il vero. E la sua gatta metteva i brividi. Insomma, un gatto con gli occhi rossi non si può propriamente definire normale.
Comunque, quando il Preside di Hogwarts, Albus Percival Tizio Caio Sempronio Silente mi presentò lui, cercai comunque di essere affabile. Se potevo sembrare simpatica io, lui avrebbe potuto essere simpatico con me.
Ottimismo del cacchio.
Anche se, a dire il vero, all’inizio rimasi piuttosto spiazzata: l’uomo che avevo di fronte era vestito completamente di nero, con due tendine di capelli neri e unti davanti alla faccia, come se stessero formando un sipario che, però, si sarebbe aperto per mostrare…cosa? Un naso. Un naso! Un naso enorme. Quello davanti a me non era un uomo, era un naso con braccia e gambe! Quello lì era di sicuro l’antenato di Pinocchio.
Che poi si sa di quello che dicono su chi ha il naso grosso.
Che… Eh? No! Non quello! Che diamine! Io mi stavo riferendo alla befana… Insomma, se uno ha un naso grosso è simile alla befana, no? E la befana è simbolo di bruttezza e a volte anche di antipatia, no? Quindi chi ha il naso grosso assomiglia alla befana e quindi è brutto e acido come lei. Giusto? Io non… Non mi stavo riferendo all’altra cosa! No!
… Accidenti.
“Soleil,” Disse Silente – ah, sì, il mio nome è Soleil “questo è Severus Piton, è Capocasa Serpeverde ed insegna Pozioni.” E poi aggiunse, rivolgendosi all’uomo: “Severus, Soleil Scrooge.”
Già. Scrooge. Oh beh, meglio di ‘Sprite’, comunque; ci mancava che un'altra professoressa si chiamasse ‘Pepsi’ e avevamo concluso.
Gli feci un gran sorriso, al quale, lui, non rispose.
“Molto piacere.” Lo salutai.
“Sì.” Disse.
Sì. Che cavolo di risposta era?
“Quindi… Scrooge.” Fece, poi, lui. Evidentemente, allora, sapeva parlare. “Cos’è, un suo antenato ha ispirato il Canto di Natale di Charles Dickens?”
Deficiente.
Comunque, per mia immensa bontà, continuai a sorridere, e risposi, anche:
“Perché? Perché poteva aver ricevuto la visita di tre fantasmi?”
Lui alzò un sopracciglio. “No.” Rispose “Perché probabilmente era avaro.”
Disse l’ultima parola con un tono a dir poco terrificante.
E io lo guardai male.
Fottiti, Severus Piton. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutte!! :D
Come vedete sono tornata con il primo capitolo - oh yeah!
Prima, però, passo a ringraziarvi, come è giusto che sia:


Femke: in effetti neanche io capisco come si faccia a NON apprezzare il divino prof. u.ù a me risulterebbe pressocchè impossibile xD Comunque, cara Femke, sono contenta che Soleil ti stia simpatica xD Comunque (te l'assicuro, non è per vantarmi xD) nelle mie storie è MOLTO improbabile che ci sia qualche Mary Sue. Il perchè? Perchè io sono SADICA xD E i miei personaggi sono irrimediabilmente dei poveracci sfigati che io adoro far soffrire. Muahahahahahah! Vabbè, nei limiti della decenza e del possibile, è ovvio xD Ahahahahah Detto ciò, ti lascio con il capitolo, sperando che ti piaccia!! Ciao ciao!!! ;)

Eiko_93: mon amour, lo so che mi adori xD E la citazione finale della tua recensione mi piace assai (ma chissà perchè? xD). Beh, sono molto molto felice che questa storia che si prospetta molto...deficiente (xD), ti stia piacendo. Per lo meno parlando del principio. O kappa, la pianto qui e ti lascio con il primo capitolo!!! Un bacio, mon amour!!! <3

Erin_Prince: ahahahahah sono contenta che il prologo ti abbia fatto ridere xD D'altronde chi, mentre parla o ascolta, non si fa tutti questi giri mentali assolutamente folli? ....Per lo meno io me li faccio, a volte.... Sarò pazza? Oh, beh, tanto già si sapeva xD Spero che il primo capitolo ti piaccia, carissima! Un abbraccio!! :D

AvrilPiton: beh, eccoti accontentata!!! ;) Spero non ti deluderà!!!! Ciao, un bacione!!!! =)

Bene, detto ciò.... Ringrazio tutti coloro che mi hanno messo nelle preferite, nelle seguite o nelle ricordate! Cioè.... Non quelli che hanno messo ME, ma questa storia... Anche perchè come fareste? Dovrei strasformarmi in un file o qualcosa del genere... Aiuto! Soleil si sta impossessando di me!!! xD xD
Non aggiungo altro, và, che è meglio!!! xD

Ciao, nì!!!




Capitolo 1

Giusto una settimana dopo iniziò il nuovo anno scolastico. Ma io avevo già capito che cosa mi sarei dovuta aspettare: noia.
E non ho detto gioia, ma noia, noia, noia.
Io sarei dovuta rimanere tutto il tempo chiusa nella biblioteca, a sorvegliare e a ‘mantenere l’ordine’, come diceva Miss Pince. Eppure, quasi immediatamente, capii che non sarei stata molto d’aiuto per ‘mantenere l’ordine’. Diciamo che Miss Pince era un’esperta, in questo campo: guardava tutti gli studenti che mettevano piede nella sua biblioteca con fare torvo ed inquisitorio, come se ogni ragazzo potesse essere un ipotetico ladro di libri. Che poi… Chi mai avrebbe voluto sgraffignarsi un libro?! Quando poteva averlo gratis?
Certo, per un periodo limitato di tempo, ma pur sempre gratis. Oh, e il tempo in questione era pure abbastanza lungo… Cosa, inutile, dato che per mio modesto parere ogni ragazzo sano di mente avrebbe voluto disfarsi di una qualsiasi lettura impegnativa nel minor tempo possibile. Certo…c’erano sempre le eccezioni.
Come, per esempio, una ragazza, che adorava la biblioteca, e, nonostante l’anno fosse appena iniziato, già vi trascorreva interi pomeriggi. Beh…niente di strano, fin qui. In fondo anche a me piaceva leggere.
Grazie al cavolo, se no sarei stata completamente masochista a voler intraprendere una professione del genere. Perché se avessi, in qualche modo, odiato i libri, ritrovarmi in una biblioteca sarebbe dovuto essere il mio peggior incubo; mi sarei dovuta sentire come…non so…un’aracnofobica in una tana di ragni.
Chissà se esisteva la librofobia?
Comunque… Anche a me piaceva leggere, quindi. E spesso pure io mi ritrovavo a sfogliare un romanzo per ore, nei meandri di quella stessa biblioteca, quando avevo voglia di rilassarmi un po’. Però, appunto, io leggevo dei semplici romanzi. Quella ragazza, no! Quella razza, che poi, alla fine, si trattava di poco più di una bambina, consumava pagine e pagine di saggi! Buon Dio! Che è successo ai bambini della nuova generazione?!
Vabbè…di così particolare c’era solo quella ragazza. Gli altri studenti, da quello che potevo notare, rifiutavano come al solito ogni non-necessaria forma di conoscenza.
Ok…ero finita a tessere le lodi dell’ignoranza.
Meglio lasciar perdere.
Quella ragazza, comunque, si chiamava – e si chiama tutt’ora, non è mica morta, dopotutto – Hermione Granger. Me l’ha spiegato Miss Pince. Oh, lei (Miss Pince) è completamente pazza di Hermione Granger! Beh, d’altronde quella ragazzina era pressoché il sogno di qualsiasi bibliotecaria.
E quindi anche Miss Pince adorava qualcosa. O come in questo caso, qualcuno.
Sembrava quasi che ad Hogwarts ogni docente o non che fosse adorasse qualcosa: Gazza adorava il suo gatto, Hagrid – il guardiacaccia – adorava, da quanto avevo capito, le creature strane, Silente adorava i dolci, la professoressa Cooman adorava i foulard, la professoressa McGranitt adorava la sua Casa, il professor Vitious adorava cantare e il professor Piton…
Oh.
Beh…considerando da che modo guardava ogni cosa che gli capitasse sotto gli occhi, probabilmente non adorava niente. Forse neanche se stesso. Se no uno shampoo se lo sarebbe fatto.
Ah, sì! Lui adorava torturare la gente. Verbalmente parlando, s’intende. Non che non ce lo vedessi a fustigare le persone con un sorriso sadico sul volto, ma…insomma… era leggermente vietato, farlo. E adorava anche ghignare, in ogni caso.
Ma tornando a noi… Miss Pince stravedeva per Hermione Granger, un’eccezione anche questa, perché il mio ‘capo’, con chi consultava i libri, era stata sempre piuttosto…severa: guai anche solo a chi osava bisbigliare. Le occhiatacce di Miss Pince erano piuttosto spaventose – mai come quelle di Piton, comunque.
Solo che quelle occhiate (quelle di Miss Pince) erano, a volte, anche causa di ilarità, dato che la sua espressione, quando voleva risultare, appunto, spaventosa, era talmente concentrata e tesa che…sì, beh…sembrava che stesse sulla tazza.
Evidentemente anche il lanciare sguardi omicidi doveva considerarsi un’arte, a quel punto.
E, cosa che penso si sia già capita, io conoscevo un vero maestro, in quel campo.
Doveva pure esserci un motivo per il quale Severus Piton era professore più odiato della scuola. O comunque il più temuto. E il bersaglio più gettonato per imprecazioni d’ogni tipo.
Probabilmente si sarebbe potuto comporre un libro con tutti gli aggettivi e gli epiteti che gli venivano affibbiati.
Anzi, no: probabilmente una lunga serie di libri.
Già m immaginavo la pubblicità: “Prossimamente, nelle librerie, ‘Tra una pozione e l’altra, lancia l’insulto!’, la nuova collana di volumi per ragazzi scritta proprio da studenti! Prova anche tu ‘Tra una pozione e l’altra, lancia l’insulto!’!
E poi, in basso, scritto in piccolo, ci sarebbe stato scritto: “Gli insulti sono stati scientificamente selezionati tra quelli riferiti al docente Severus Piton. L’editore non si prende alcuna responsabilità nel qual caso qualcuno voglia sperimentare tali insulti davanti il docente stesso.”
Sì, e quest’ultima scritta sarebbe passata velocemente in sovraimpressione, proprio come quelle per i medicinali babbani.
Oh, a proposito. Il tutto allora avrebbe potuto concludersi con un bel: “Possono esserci effetti collaterali.”
D’altronde l’ira di Piton avrebbe potuto causare menomazioni gravi, no?
Almeno così supponevo.
Beh, non sarei stata io a sperimentarlo, senza alcun dubbio.
Lo speravo… Per lo meno…
Ma tanto era vietato! Vabbè, meglio non rischiare, in ogni caso.
Comunque…l’anno era cominciato, e proprio qualche giorno prima Silente mi aveva avvertito del fatto che il mio compito sarebbe stato quello di rimanere in biblioteca tutto il giorno.
Sì, tutto il giorno.
E come si faceva per l’ora di pranzo?
Mistero…
Dopo cena, comunque, la biblioteca avrebbe chiuso, così sarei stata libera di fare quello che volevo.
Nei limiti del possibile, ovvio.
Ma tanto… Cosa caspita avrei potuto fare, in una scuola? Circondata da una lontana e apparentemente stitica parente, professoresse in menopausa più che avanzata, ultracentenari, una donna che prevedeva la morte nel proprio caffè mattutino, un peloso uomo gigante ed un altro uomo acido peggio di una zitella?!
Oh… Magari se era così acido, Piton, voleva dire che era zitello, allora.
Sempre per la regola del sillogismo, come quello della befana.
Ah, sì, il naso…
Meglio dimenticare.
Che avrei potuto fare, allora? Niente. Quindi: noia, noia, noia.
Ma non sapevo ancora che le mie giornate si sarebbero illuminate.
Prima che lo scoprissi, però, non potevo far altro che commiserarmi per il mio incombente destino.
Qualche giorno prima che cominciasse l’anno, allora, Silente mi aveva spiegato cosa avrei dovuto fare in una riunione generale nel suo ufficio. C’erano tutti: dal guardiacaccia Hagrid, a Mrs. Purr – che avevo scoperto essere il nome dalla gatta di Gazza, quella con gli occhi spiritati.
“…E non voglio, non voglio che quei maledetti Frisbee Zannuti circolino di nuovo per il castello.” Stava dicendo proprio Gazza, rivolto al preside, seduto dietro la sua scrivania “Nonostante i divieti degli scorsi anni quei mocciosi ancora si permettono…”
“D’accordo.” Tagliò corto Silente – per fortuna: era un quarto d’ora che Gazza parlava “Ripeterò il tuo regolamento durante il banchetto di benvenuto. C’è altro?” Gazza borbottò una risposta che per lo meno sembrava negativa e si azzittì “Qualcuno vuole dire qualcos’altro?” Chiese poi Silente, rivolto a tutti gli altri professore.
Severus Piton si schiarì la gola, proprio per far capire di aver qualcosa da dire.
“Preside.” Esordì, mellifluo “Io vorrei rinnovare il mio proposito di voler ricoprire l’incarico di insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.” Fece una pausa “Se ciò è ancora possibile, ovviamente.”
Sembrava quasi che tutto quel discorso se lo fosse preparato prima; magari nei meandri della sua oscura cameretta, chissà.
Silente, a quel punto, lo guardò per un momento senza dir nulla. Poi, però, rispose:
“Mi dispiace, Severus, ma ho già assegnato quel posto a…qualcun altro.”
Vidi Piton serrare la mascella. “Chi.” Chiese, senza neanche scomodarsi ad aggiungere un punto interrogativo a quella che presumibilmente era una domanda.
“Probabilmente lo conoscerai anche tu: è Gilderoy Allock.”
A giudicare dal modo in cui una vena sulla tempia di Piton presa a pulsare, le possibilità erano due: o stava per avere un ictus celebrale e non se ne stava neanche accorgendo, oppure si era leggermente irritato perché Gilderoy Allock aveva ottenuto il posto che voleva anche lui.
E… No. Un momento.
Allock?
Quel Allock?
Gilderoy Allock?
Perché capivo le cose a scoppio ritardato?!
In quel momento, chi mi avesse vista in faccia, non avrebbe notato nulla di sospetto, ma il mio cervello, già, aveva cominciato a ballare la samba.
Poco dopo, la riunione, di cui avevo finito pure per perderne il filo, finì, e tutti i membri dell’Hogwarts’ staff cominciarono ad andarsene dall’ufficio del preside. Persino Silente si allontanò. Ed andò a finire che in quella stanza rimanemmo solo io e Piton. Proprio quest’ultimo, notai, aveva lo sguardo fisso nel vuoto, e la vena sulla sua tempia continuava pericolosamente a pulsare. Non batteva neanche le palpebre, lui.
Sì, faceva paura.
Forse sarebbe stato meglio svigliarsela all’istante.
“Vabbè…ehm…Severus.” Dissi, mentre con una più che finta disinvoltura mi alzavo dalla mia sedia con l’intenzione di uscire da lì alla svelta “Magari Silente ti darà quel posto l’anno prossimo, no?”
Non l’avessi mai detto.
Piton si voltò di scatto verso di me, guardandomi con quella stessa faccia che aveva assunto già da prima. Anzi, no: adesso aveva pure le narici dilatate.
Merlino, che orrore.
Anche in questo caso le possibilità erano due: o ancora non si era accorto dell’ictus celebrale e quello avanzava dritto per la sua strada causando quello sguardo allucinato, oppure, semplicemente, Piton stava per azzannarmi.
Chissà come mai, cominciai a dar poco credito alla teoria dell’ictus.
Che dovevo fare, allora? Cominciare a temere per la mia incolumità? Era probabile.
Stavo quasi per indietreggiare terrorizzata, a quel punto, ma proprio in quell’istante Piton scattò in avanti. Per un momento pensai di dovermi accasciare in terra e coprirmi la faccia; o magari far finta di essere morta, come gli opossum, così magari Piton mi avrebbe guardata schifato, con un sopracciglio alzato e poi se ne sarebbe andato.
Fortunatamente per la mia dignità, non dovetti fare niente di tutto ciò, perché Piton, dopo avermi guardata con uno sguardo, invece, carico di disprezzo, se ne andò dalla stanza lasciandomi lì, da sola.
Beh, che dire…
Certa gente non stava bene.
Dopo che ricominciai a respirare – perché nel frattempo mi ero dimenticata di farlo – lasciai anch’io l’ufficio di Silente, richiudendo, essendo l’ultima, la porta dietro di me. Andai direttamente alla stanza che mi era stata assegnata: si trovava al primo piano, e mi piaceva. Consisteva, essenzialmente, in una grande camera da letto, che fungeva anche da salottino, perché, dalla parte opposta al letto a baldacchino, vi era un piccolo tavolo rotondo, un paio di poltroncine, una libreria piena di libri – libri, sempre libri, da tutte le parti – e anche un fornelletto con sopra una teiera, nel caso in cui avessi avuto voglia di tè. Poi ovviamente c’era il bagno, provvisto di vasca da bagno e di tutto il resto. Andai proprio al bagno, a quel punto, decisa a voler attaccare allo specchio un post-it o qualcosa del genere.
Se volevo almeno tentare di sopravvivere, da quel momento in poi, dovevo impormi alcune regole, che avrei visionato, in quel modo, ogni mattina prima di uscire.
Poi mi accorsi di non avere né un pezzo di carta né una sottospecie di penna con cui scrivere, così tornai in camera. Afferrai anche la mia bacchetta, visto che c’ero, così poi avrei usato un incantesimo per attaccare quel pezzo di carta allo specchio del bagno. Prima però, mi sedetti a scrivere al tavolino, per non impiccarmi a dover scrivere direttamente in bagno.
Cose da non fare.
Lo intitolai così, e sotto scrissi, dopo averci pensato un attimo:
Mai essere gentile con Severus Piton.
No…non era un po’ troppo esagerato? In quel caso, se avessi dovuto seguire sul serio quella regola, avrei dovuto anch’io squadrarlo con sguardi omicidi come faceva lui.
A parte il fatto che non ero capace, non me la sentivo di intraprendere una cosa così. Specie se doveva essere proprio contro Piton. Quindi modificai quanto scritto:
Mai essere gentile con Severus Piton.
Mai essere compassionevole con Severus Piton.

Sì, andava già meglio. E sarebbe stato certamente più semplice, da realizzare.


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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Buonaseeeeeeeeera!!
O meglio....buongiooooooooorno xD
Ehi, alla fine ne è passato, di tempo, eh? xD
Ma come vedere, sono tornata con Soleil!!!!
Ma prima vi ringrazio...anche perchè i vostri commenti mi hanno fatto tanto, ma tanto, tanto piacere! E quindi è pressocché doveroso che io vi ringrazi!
Dunque, cominciamo:

Femke: ahahahahah sì, il sadismo fa parte di me xD xD ahahahahah beh, ogni tanto ci vuole, no? u.ù comunque sono molto, molto contenta che la storia continui a piacerti!! *_* E spero che anche questo capitolo non sia da meno!!! Un bacio, carissima, e a presto!!!!
Zebraviola: buongiorno e benvenuta! xD grazie mille per tutti i complimenti!!! ^^ Sono contenta che l'inizio di questa fanfic ti abbia in qualche modo colpita!! Grazie grazie grazie!!! E spero che anche il prossimo capitolo ti piaccia!! Un abbraccio!! ;)
Erin_Prince: sì, "in modo wow" mi piace xD xD ahahahahah! Beh, grazie per tutti i complimenti, carissima, mi fanno tanto piacere, e aumentano a dismisura il mio ego ahahahah! Un abbraccio, e a presto!! =)
Charme: bene, sono molto felice di essere riuscita a suggerirti una buona tecnica di sopravvivenza xD gli opossum hanno molto da insegnarci, sì sì! U_U beh, grazie come al solito, adorataH! I tuoi commenti mi fanno sempre tanto piacere [ma è inutile che te lo dica, probabilmente già lo sai ^^]. Un bacione, e a prestoHH! :*
Eiko_93: apprezzo il segno del tuo passaggio xD e apprezzo MOLTISSIMO il "Buona vita" finale! Oh yeah!!! xD xD Grazie, mon amour, ci sentiamo presto, allora...o per lo meno prossimamente...che poi vuole dire la stessa cosa di "presto"...e allora perchè l'ho scritto! Boh! Ma va bene così xD Un bacio!!!!
Mary_House: bene!!! Ecco il prossimo capitolo, allora!!! Sono contenta che ti piaccia questa fanfic, davvero!!! Un abbraccio, carissima!!! ;)
LadyViolet: sì, infatti! xD Severus che riceve un rifiuto così è molto pericoloso. Pure io sarei scappata all'istante xD xD Beh, sono contenta che questa fanfic ti stia piacendo!!! Spero che anche il prossimo capitolo ti garberà!!! xD Alla prossima!!! ;)

Bene, ecco qui il capitolo allora!!!
Un bacio a tutte!!
Ciao, nì!!!




Capitolo 2

Il primo Settembre mi svegliai tutta contenta. Come una pasqua, anche se pasqua non era.
Insomma, era il primo Settembre! Il che voleva dire che quel giorno l’anno scolastico era ufficialmente cominciato! Ok, forse non avrei dovuto esaltarmi così tanto, d’altronde non è che fossi una professoressa. Il contatto tra me e gli alunni sarebbe stato relativamente nullo, più o meno.
Ma chi se ne fregava!
L’anno era iniziato! E ciò voleva dire che quello stesso pomeriggio sarebbe anche arrivato Gilderoy Allock!
Non vedevo l’ora che quel momento arrivasse, e così mi alzai dal letto e, cercando di stare calma, mi avviai in bagno; mi feci un bagno lunghissimo e poi, dopo essere uscita dalla vasca, andai al mio armadio per scegliere cosa mettermi. Cavolo, dovevo risultare carina, se no Gilderoy Allock non mi avrebbe degnata di uno sguardo!
Come ogni ragazza troppo emozionata per essere razionale, ci misi le ore, per vestirmi. Due come minimo.
Alla fine, però, rimirandomi nello specchio, potei constatare di non aver fatto un così brutto lavoro: indossavo una gonna scozzese grigia chiara, che mi arrivava un po’ più sotto al ginocchio (le disgrazie di esser parte dello ‘staff’), una camicia bianca ed un golfino di un giallo abbastanza delicato; i capelli, invece, erano castano scuro, i miei, e li avevo lasciati così, al naturale, ovvero lisci. Più o meno. Ah, e poi mi ero truccata con un po’ di matita, cosa che sembrava facesse risaltare l’azzurro dei miei occhi.
Sì, sì, ero mora con gli occhi azzurri.
Nonostante, però, sin da quando fossi piccola, ammirassi le ragazze con i capelli scuri e gli occhi chiari, pensando che avessero quel qualcosa in più, rispetto alle altre, io finivo sempre per distaccarmi da suddetta categoria di donne superaffascinanti; sarà perché, alla fine, non ero di una bellezza straordinaria, e il fatto che avessi questo contrasto, in piena faccia, di colori scuri e chiari, non sembrava dare anche a me quel ‘qualcosa in più’.
Vabbè, ero nella media, insomma.
Però, nonostante il mio pessimismo, anch’io, quella mattina, riuscii a definirmi carina.
Andai così a colazione, insieme a tutti gli altri professori, non vedendo l’ora che giungesse il pomeriggio e la fatidica ora X in cui avrei conosciuto il famoso e coraggioso Gilderoy Allock.
Ero molto, molto impaziente, ma provavo a non darlo a vedere; anche perché, se nell’agitazione avessi finito per buttarmi addosso la brocca del succo di zucca… Non sarebbe stata una bella figura.
Decisamente no.
Così mi sedetti al tavolo, al posto che mi fu assegnato, ovvero ad un posto molto esterno – d’altronde ero solo un’assistente bibliotecaria, no?
Presumibilmente c’era una gerarchia anche per quanto riguardava i posti a tavola, a quel punto. Eh, beh, quanta organizzazione!
Solo che… A quel punto potevo considerarmi…l’ultima della ‘catena alimentare’?
Boh.
Però, a discapito di questa teoria, ero stata messa proprio…beh, proprio vicino al professor Piton.
Il che suggeriva anche che o i posti venivano assegnati a caso, o pure lui ero considerato come uno da poco. Eppure era un Capocasa, lui, quindi…
Basta, mi si stava incartando il cervello.
Fregandomene di che posto avessi, mi sedetti, appunto, accanto a Piton, che era già arrivato. Stava sorseggiando una tazza di caffè mentre leggeva la Gazzetta del Profeta.
“Buongiorno.” Lo salutai.
Lui grugnì.
Che tipo scorbutico, ragazzi.
Eppure, nonostante tutto, non mi diedi per vinta, in quanto…insomma…com’era possibile che una persona, un essere umano, che era appunto l’essere sociale per eccellenza, tenesse sempre quel comportamento? Possibile che non si potesse fare conversazione per niente?
E io, contenta com’ero per il fatto che quel giorno fosse il primo Settembre, iniziai a parlare…di che?
“Oggi, quindi, arriva il signor Allock.” Dissi.
Lui grugnì di nuovo, senza guardarmi per niente.
“Tu l’hai mai conosciuto, Severus?” Continuai senza fare caso al suo umore – di già – cattivo.
“No.” Rispose, finalmente “E in tutta sincerità è una di quelle persone che non ho assolutamente la minima voglia di incontrare.”
“E perché?” Feci, un po’ punta nell’orgoglio anche se Piton non si stava riferendo affatto a me.
A quel punto lui si voltò proprio verso di me, e mi sembrò quasi di venir trapassata da parte a parte dai suoi occhi.
“Perché la gente normale non va in giro a vantarsi delle proprie imprese, perché le persone con un po’ di sale in zucca preferirebbero l’anonimato piuttosto che la pubblicità.” Rispose.
“Ma che male c’è, scusa, a voler rendere partecipi anche gli altri?”
Fece una smorfia. “Un qualsiasi Mago Oscuro, persino quello con appena un briciolo d’intelligenza,” Disse “se davvero Allock è quel gran…punitore che dice di essere, non ci metterebbe di certo più di un paio di giorni a trovarlo e a farlo fuori, se lui continua ad andare in giro a fare il pallone gonfiato.” Fece un sorrisetto “Non credi?”
Io lo guardai male.
Come si permetteva di parlare in quel modo di Gilderoy Allock!
Come, come?!
“Io credo, invece, che tu ancora ce l’abbia con lui perché è diventato insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.” Dissi io, senza cambiare espressione.
Le sopracciglia di Piton si posizionarono in modo che la sua espressione risultasse molto…feroce, e di nuovo mi venne un po’ di panico.
Ma non pensavo che mi avrebbe azzannata, quella volta.
Anche perché c’erano troppi testimoni, no?
“Sei una stupida ragazzina, Scrooge, lasciatelo dire.” Sibilò, come un serpente – fottutamente Serpeverde “Dovresti tenere la lingua molto più a freno e smetterla di parlare a vanvera.”
“Io però non insulto qualcuno quando questo non è neanche presente per controbattere!” Risposi seccata ancora per il fatto che se la fosse presa con Gilderoy Allock.
“Oh, davvero?” Fece lui, canzonatorio “Allora quando il tuo cervello ricomparirà potrò parlare direttamente con lui?”
Sgranai gli occhi, non appena mi resi conto di quanto avesse detto.
Cioè… Ma come si permetteva, quell’acido? Di insultarmi, così! Così apertamente!
Ma che deficiente!
E lui, di tutta risposta al mio sguardo, fece un sorrisetto estremamente irritante, e poi tornò alla sua tazza di caffè e al suo giornale.
Ma sì, che mi ignorasse pure, quel Severus Piton, uomo complessato che non era altro!
Tanto io nel pomeriggio avrei comunque incontrato Gilderoy Allock, per quanto lui ne avesse potuto parlare male.
Stupido, geloso e invidioso che non era altro.
…Piton, non Gilderoy, ovviamente.
Comunque, io finii lo stesso, ovviamente, di fare colazione, senza permettere ad un uomo vestito come un becchino di rovinarmi la giornata.
Quando arrivò il pomeriggio aspettavo (dissimulatamente ansiosa) nella sala professori con il professor Silente, la professore McGranitt, Miss Pince e qualche altro docente, che Gilderoy arrivasse.
Non vedevo l’ora di fare la sua conoscenza. Lo reputavo molto interessante.
Una volta, infatti, avevo letto un suo libro.
Ok, più di uno.
Ok, li avevo letti tutti.
E l’impressione che mi era rimasta di lui era che fosse un uomo molto avventuroso, e soprattutto un uomo che aveva a cuore gli altri, perché rischiava la propria vita in missioni suicide per il bene dell’’umanità.
Tipo un supereroe di fumetti babbani, insomma. Una specie di Batman in perenne lotta con le forze del male, in continuo contrasto con cattivi Jokers, Pinguini ed Enigmisti vari che cercavano di sconfiggerlo, ma lui, no! Con i suoi astuti congegni sconfiggeva i cattivi e riportava la pace a Gotham, Londra, Hogsmeade o in qualsiasi altro luogo del mondo.
Come si poteva non ammirare un uomo così?
E poi il suo sorriso… Wow!
Purtroppo per me, però, in quell’istante entro nella stanza Severus Piton, con il suo mantello svolazzante, tanto per fare un’entrata ad effetto – egocentrico! –, e non riuscii a non paragonarlo ad un pipistrello troppo cresciuto.
E così dovetti smettere di pensare a Gilderoy Allock come ad uno pseudo-Batman, dato che era appena arrivato il suo corrispettivo magico per eccellenza.
Anche se non mi risultava che Severus Piton combattesse contro Jokers, Pinguini, Enigmisti ed affini.
Anzi! Per quanto ne sapevo io – e per quanto ne sapevano tutti gli altri, a dire il vero, Piton aveva fatto parte, in gioventù, proprio di quei ‘cattivi’ che combattevano contro Batman.
Vabbè, mi sa che Batman non c’entrava più molto, in questo discorso.
Insomma, da quanto ne sapevo Severus Piton, quel Severus Piton che era appena entrato nella stanza, era stato un Mangiamorte, in gioventù.
Poi però si era pentito – così diceva – ed era passato dalla parte di Silente.
Mah. Sarà.
D’altronde Silente si fidava di lui, no?
Quindi con molta probabilità si era pentito davvero.
Anche su uno con quel carattere, quella faccia, quel…tutto, non ce lo vedevo molto a suo agio, tra noi altri, che eravamo i ‘buoni’.
Era così…scostante!
Non me l’ero poi presa tanto, alla fine, per quello che lui mi aveva detto quella mattina, anche perché avevo già capito che lui era solito comportarsi in quel modo praticamente con tutti.
E per mia immensa bontà e gentilezza avrei fatto finta di niente.
Mica potevo rodermi l’anima per uno come lui, no?
Meglio lasciar perdere e provare ad essere gentile con lui, quando se ne fosse presentata di nuovo l’occasione.
Tanto gentile potevo esserlo benissimo?
Più o meno.
Se me la sentivo…
Era ‘compassionevole’ che avrei dovuto evitare, come recitava saggiamente la pergamena appesa nel mio bagno.
Ah…la previdenza delle ragazze non ha mai limiti.
Comunque, passarono circa altri venti minuti che poi, di nuovo, la porta venne aperta, e sulla sua soglia comparve Mastro Gazza.
“Preside.” Esordì rivolto a Silente “E’ arrivato il professore.”
Gazza si fece da parte e rivelò un uomo, dietro di lui, che, nell’attesa di esser fatto passare, e molto probabilmente per presentarsi in modo più che adeguato, si era messo ben dritto sulla schiena, con le mani poggiate sui fianchi, mentre ci guardava, facendo poi qualche passo in avanti, con un gran sorriso.
“Buonasera a tutti!” Esclamò entrando nella stanza ed allargando le braccia.
Era Gilderoy Allock!
Mi sembrò quasi che nella mia testa fosse appena entrato un omino e che quello avesse cominciato a fare capovolte, giravolte, che avesse iniziato a sparare fuochi d’artificio, che facesse baccano con le trombette da stadio, che corresse come un matto da tutte le parti.
Sì…mi ero leggermente emozionata alla vista del nuovo arrivato.
E che nuovo arrivato!
Era Gilderoy Allock!
Ok…probabilmente si è già capito che era lui.
“Piacere, piacere a tutti!” Disse allora lui “Io sono Gilderoy Allock, ma penso che voi lo sappiate già!” Si mise a ridere, e io lo guardai estasiata “Scusate se sono potuto arrivare solo oggi, ma i miei numerosi impegni…sapete…”
“Sì, possiamo immaginarlo.” Rispose bonariamente Silente tendendogli la mano “Benvenuto ad Hogwarts, professor Allock.”
Gilderoy Allock strinse la mano. “Professor Allock.” Ripeté lui “Suona bene!” E rise di nuovo.
…Pure io volevo stringergli la mano!
“Se continui a guardarlo così finirai per consumarlo…” Sentii improvvisamente dire accanto a me, e io mi voltai – dopo essermi comunque quasi presa un mezzo infarto – ritrovandomi accanto Piton che se la rideva sotto i baffi.
“Se non te ne sei accorto, è una celebrità, e non sono l’unica che lo sta fissando.” E, senza dargli tempo di rispondere, lo ignorai e mi voltai dall’altra parte, per tornare a Gilderoy Allock, che si stava presentando con tutti gli altri.
Per lo meno, con quella risposta, non sarei sembrata una fan di Gilderoy Allock.
Che poi era vero che non ero l’unica che lo stava fissando. Madama Chips, per esempio, anche lei lo guardava sorridendo.
Quando vidi che poi lui stava pericolosamente camminando nella mia direzione, pregai il cielo e tutti i suoi angeli che non mi venissero proprio in quell’istante le mani sudate.
Fortunatamente non fu così.
“Molto…molto piacere, signor Allock, io sono Soleil Scrooge.” Gli dissi col mio miglior sorriso.
“Il piacere è tutto mio, carissima.” Fece anche lui sorridendo “E cosa insegni…posso darti del tu, non è vero?”
Risi leggermente. “Certamente.”
“La signorina Scrooge non ha avuto il tempo…o le capacità, forse, di riuscire ad arrivare ad insegnare qualcosa.” S’intromise Piton, che stava ancora accanto a me “E’ l’assistente di Miss Pince, in biblioteca.”
Ma che voleva quel fardello ambulante?!
“Oh, beh.” Fece però Allock, tornando a guardare me “Anche a me piacciono i libri. E mi piace anche scriverli, sai? Ne ho scritti parecchi, io.”
“Sì, lo so!” Esclamai, poi mi calmai “E li ho…li ho letti, signor Allock.”
“Davvero? Bene!” Rise “Chiamami Gilderoy, comunque!”
Sorrisi incantata.
Poi però Gilderoy andò a rivolgere a Piton, che, invece, lo guardava impassibile.
“E lei, invece…”
“Severus Piton, Allock.” Rispose laconico – e sgradevole “Insegno…Pozioni.” E lo guardò con gli occhi mezzi chiusi.
Ah, la sconfitta ancora bruciava!
“Pozioni?” Disse invece gentilmente Gilderoy “Anch’io mi interesso di pozioni, professore, sa?”
Piton alzò entrambe le sopracciglia. “Ah, sì?”
“Esattamente! Sa…” Gilderoy abbassò poco poco il tono di voce, come se stesse per confidare un segreto “Una delle mie ambizioni segrete riguarda proprio riuscire a preparare una pozione particolare… Una perfetta lozione per capelli!” Piton non cambiò espressione “Magari potrebbe farmi da assistente e aiutarmi mentre scopro come prepararla, così, magari, come riconoscimento potrei regalargliene un flacone…ehm…” Fece una pausa, e poi gli guardò i capelli “Magari due.”
L’espressione di Piton, a quel punto, si fece truce. “Ne dubito altamente.” Rispose, gelido “E i suoi intrugli li sperimenti su di lei, professore.”
E detto questo lo squadrò; poi lanciò un’occhiata anche a me, e poi ci lasciò, andandosene da qualche altra parte delle sala professori.
Ohohoh.
Adesso chi era che se la rideva sotto i baffi?
Io.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


*toc toc*
Credevate fossi scomparsa, eh? xD xD
E invece eccomi qua!!! :D
Purtroppo non ho molto tempo per ringraziarvi singolarmente, ma sappiate che vi amo tutte!! *_* E che vi ringrazio davvero di tutto cuore!!!! *_*

Ok....vado col capitolo allora!!!
Ciao, nì!!! xD



Capitolo 3

Era sempre il primo Settembre, ovviamente, ma era ormai giunta la sera, e il banchetto stava per cominciare: ancora qualche minuto, infatti, e l’Espresso per Hogwarts sarebbe arrivato.
Ancora mi ricordavo i tempi in cui anch’io avevo viaggiato su quel treno…
Ben undici anni prima…
Dio, come passava il tempo. Se pensavo queste cose finivo irreparabilmente col sentirmi…vecchia. Avevo solo ventotto anni era vero, ed ero probabilmente la più giovane tra i non-studenti; anzi, dando un’occhiata in giro potevo affermare che lo ero sicuramente, però…oh, purtroppo l’età avanza per tutti. Anche se per fortuna mi rendevo conto di esser ben lungi dall’assomigliare per esempio alla McGranitt.
Almeno quello!
Comunque sì, nonostante il tempo bastardo, ancora mi ricordavo di quando anch’io montavo contenta sull’Hogwarts’ Express, in febbrile attesa che un nuovo anni cominciasse. Non che adorassi studiare, a dire il vero; in realtà adoravo Hogwarts nel suo complesso.
Stavo usando troppo spesso il verbo ‘adorare’, per caso?
Già…
Beh, comunque, mi piaceva oltre ogni dire Hogwarts: trasudava storia, sapere e magia da ogni angolo, da ogni crepa del muro, da ogni fessura tra le mattonelle del pavimento, da ogni rigo sulle porte di legno…
A proposito, ma una ritoccata, ogni tanto?
Ma nonostante tutto quel posto era fantastico. Era così…magico.
Grazie tante, si trattava di una scuola di magia e di stregoneria! Eppure non bisognava darlo per scontato. Chissà, magari c’erano altre scuole di magia, nel mondo, che erano semplicemente formate da una serie di palazzine. Magia non equivaleva ad un castello, dopotutto.
E così Hogwarts finiva sempre con lo stupirmi, ogni volta che vi mettevo piede. Meno male che ci aveva sempre pensato Silente, a gestirla, così avrebbe sempre mantenuto quell’attraente aurea di mistero.
Sì, già quando andavo a scuola io, Silente era preside, ovvero… Diciassette anni prima.
Mamma mia! e prima era anche stato insegnate di Trasfigurazione!
Beh, complimenti… Si manteneva pure in ottima forma. Secondo me solo la McGranitt avrebbe potuto fargli concorrenza… Forse era proprio l’insegnamento della Trasfigurazione che portava quei risultati, magari.
Meglio di un ricostituente, eh?
Sì, ma solo dal punto di vista interiore, perché, esteticamente, in quanto a rughe… Ahia.
Comunque, Hogwarts mi piaceva enormemente anche perché ero davvero diventata amica con la mia compagna di stanza: lei si chiamava – e si chiama, è sempre meglio precisare – Amanda. Il suo sogno era sempre stato quello di diventare Auror.
Io avevo sempre pensato che chi avesse voluto diventare Auror sarebbe stato indiscutibilmente un Grifondoro, con tutta quella storia del coraggio e della cavalleria.
Che poi… Diciamocelo… A volte si tramutavano in stupidità ed egocentrismo.
Come quello dello stesso Godic Grifondoro nell’essersi inventato le qualità della sua Casa.
Insomma, che c’entravano la cavalleria e il coraggio con la scuola in generale e lo studio? Si era forse coraggiosi, quando…che so…si andava volontari all’interrogazione?
Bah.
Avevo fatto una scoperta grandiosa: Godric Grifondoro era stato un gran paraculo.
E l’ho detto con tanto di allitterazione della ‘g’ e della ‘r’.
Che mito, ragazzi.
Comunque, Amanda avrebbe tanto voluto diventare Auror, però poi non è riuscita a prendere un M.A.G.O. in Difesa Contro le Arti Oscure. Insomma… Sarà stato il volere divino a tirarle quel brutto scherzo, a farla bocciare nella materia fondamentale per eccellenza per intraprendere quella professione. Quindi sarà stata o sfiga o era stato scritto nel destino.
Amanda volle sempre pensare che si trattasse della prima opzione.
Lei era la mia migliore amica, e anche dopo la fine del settimo anno rimanemmo in contatto per molto tempo. Peccato però che ci eravamo perse di vista da circa quattro anni.
Vabbè…
Ma tornando al presente… Il banchetto stava per cominciare.
Ci era appena giunta la notizia che il treno era arrivato alla stazione di Hogsmeade, perciò noi, che già ci trovavamo nel castello, cominciammo a prendere posto al lungo tavolo. Quando mi sedetti mi guardai subito intorno, per vedere dove si fosse posizionato Gilderoy.
Cavolo, si era messo troppo lontano…
Che palle… Mi sarebbe toccato rimanere in silenzio tutto il tempo, dato che mi trovavo accanto a Severus e lui, a quanto pareva, non amava molto parlare.
Con me.
Ma poi che gli avevo fatto, si poteva sapere?
Bah. Uomini.
A quel punto, comunque, la porta della Sala Grande si aprì, e iniziarono ad entrare gli studenti, quelli dal secondo anno in su.
“Accomodatevi, prego!” Disse subito Silente ai nuovi venuti “I vostri posti li conoscete già, quindi… Avanti, prendete posto!” E fece a tutti un bel sorriso.
E mentre i ragazzi prendevano posto, i miei occhi si posavano su quelli più piccoli.
O meglio…saettavano da uno all’altro quasi febbrilmente, perché stavo cercando proprio una persona in particolare: sapevo di per certo che Harry Potter avrebbe dovuto frequentare il secondo anno, quindi in quel momento avrebbe dovuto proprio trovarsi lì, ,in Sala Grande.
Harry Potter… Incredibile come un bambino così piccolo possa essere diventato così famoso.
Beh, d’altronde non era esattamente una cosa da tutti i giorni sconfiggere Colui-che-non-doveva-essere-nominato.
Mamma mia, sarà pure troppo brutto, il suo nome, da pronunciare, ma così ci si metteva troppo tempo!
Non lo si poteva chiamare ‘Innominato’ e basta?
Vabbè… Comunque…
Io ero ancora alla febbrile ricerca di Harry Potter, ma per quanto mi guardassi intorno, non riuscivo a trovarlo.
Strano…
“Scusa se disturbo…” Feci allora rivolta a Piton “Ma… Harry Potter sta al secondo anno, vero?”
Non appena pronunciai quel nome il volto di Piton si contrasse in una smorfia.
E ti pareva.
“Sì, Scrooge, hai detto bene.” Rispose però lui, e così pensai di fargli un’altra domanda:
“E in che Casa sta?”
A quel punto lui alzò gli occhi al cielo. “E’ in Grifondoro, Scrooge, in Grifondoto. Adesso vuoi che ti racconti pure la storia della sua vita, o quella la sai già? Allora vorrai parlare della sua media scolastica, presumo…”
Due parole:
Che. Nervi.
“Beh, scusa tanto” Gli dissi allora “se volevo informarmi un attimo, eh?” E poi continuai: “Tanto con te pare che non si può parlare di niente: e Gilderoy no perché ti sta antipatico, e Harry Potter no per motivi tuoi… Beh, scusa tanto!”
Lui mi rispose solo dopo un po’:
“Non sapevo che gli unici argomenti esistenti al mondo fossero Allock e Potter.” Io sbuffai “Se proprio vuoi…parlare di qualcosa perché sei succube di uno strano impulso e non riesci a farne ameno… Sei una bibliotecaria? Parla di quello.”
Beh? Che dovevo fare? Raccontargli la storia della mia vita? Ma che c’entrava in quel momento!
“Vabbè…” Mi dissi “Facciamolo contento.” E allora continuai a voce alta: “Beh…ehm…sono diventata bibliotecaria, a Birmigham, circa tre anni fa… Lo sono diventata perché mi piace molto leggere, e quando non avevo molto da fare passavo il mio tempo lì, in quella stessa biblioteca. Avevo anche fatto amicizia con chi gestiva il posto…e dopo un po’, niente, avevano bisogno di, appunto, una bibliotecaria, io avevo fatto domanda, e mi aveva assunto. Almeno così poteva leggere quello che volevo e non avevo neanche bisogno di rinnovare la tessera, no?”
Mi misi a ridere tra me e me, e poi guardai Piton in faccia: aveva gli occhi fissi sulla Sala Grande, ed aveva sul volto un’espressione pensierosa.
Probabilmente non mi stava neanche ascoltando.
“A te piace leggere?” Dissi a quel punto, quasi in un sospiro.
“Sì.” Rispose lui – allora era vivo! “E non solo libri sulle pozioni, se è quello che stai pensando.” Addirittura si voltò verso di me.
“Non lo stavo pensando.” Risposi “E comunque… Cosa leggi, allora?”
“Storia.” Rispose, laconico.
“Romanzi storici? Ah, pure a me piacciono molto… L’hai mai letto I tre moschettieri?”
Piton fece un sorrisetto. “Non ho detto ‘romanzi storici’, Scrooge, ho detto ‘storia’.” Mi corresse “Leggo libri di storia, quando ne ho il tempo.”
Urgh! No, ti prego… Io l’avrei fatto solo nel caso in cui avessi finito i sonniferi!
“Beh, contento te…” Feci io “A me invece piace tanto la poesia.”
“Mmh.”
“Cosa?”
“La materia disillusoria per eccellenza.” Rispose “Buona solo per alimentare la parte più frivola della mente.”
Ok… Non gli piaceva la poesia.
“Invece secondo me la amplia, la mente.” Controbattei “Invita la gente a spaziare con l’immaginazione, a…sognare, in qualche modo.”
Severus rispose solo dopo una pausa. “I sogni sono utili soltanto per coloro che non sanno prendere di petto la vita. E lo sono solo apparentemente, però, perché così facendo li allontanano ancora di più dalla realtà.”
Distolsi lo sguardo da lui, non sapendo che rispondere.
Perché dovevi smontarmi così, oh uomo che leggeva libri di storia?
Comunque, anche volendo, non potei rispondere, perché le porte della Sala Grande si aprirono per la seconda volta ed entrò la professoressa McGranitt, seguita dagli studenti del primo anno. E così iniziò lo Smistamento.
In tutto ciò, comunque, tra la mia conversazione con Piton e un po’ di confusione generale, io Harry Potter ancora non l’avevo individuato.
Possibile che avessi bisogno di un paio di occhiali?
…Naaaaa.
E poi pensavo che fosse abbastanza normale, no? Mica solo perché quel bambino era Harry Potter, allora avrebbe dovuto avere un cartello in mano con su scritto il suo nome, o una freccia fosforescente che lo indicava! Io non l’avevo mai visto in faccia, dopotutto, quindi era normale che non lo riconoscessi subito.
E io che ci perdevo pure tempo.
Chissà poi perché a Piton stava tanto antipatico Harry Potter.
Perché presumevo che gli stesse antipatico.
Forse andava male in Pozioni, il ragazzo. Poteva anche essere.
Ma tanto a Piton stavano antipatici tutti! Potevo anche evitare di scervellarmi sull’argomento.
Comunque, nonostante tutto, mi sentivo abbastanza soddisfatto: ero o non ero riuscita a parlare con Piton abbastanza normalmente?
Potevo pure considerarlo il miracolo dei miracoli, a quel punto. Anche perché non pensavo che sarei riuscita a smuoverlo più di così, quella specie di uomo dal cuore di pietra.
O dal cuore di ghiaccio.
O dall’espressione alla Basilisco.
O dal naso d’aquila.
O dal vestiario funerario – che fa pure rima.
…Insomma, se ne potevano trovare parecchi, di soprannomi.
Lo Smistamento, a quel punto, cominciò, ed era arrivato più o meno a metà quando il mio stomaco cominciò a brontolare.
“Merlino, che fame…” Dissi, a bassa voce, tra me e me.
Guardai al mio fianco, per vedere se Severus si fosse accorto del fatto che avessi appena parlato, ma lui era concentrato sulla Sala Grande. Stava fissando la tavolata dei Grifondoro, da quanto potevo capire, e il suo sguardo era perplesso. Mi sorpresi ancora di più, perchè, quando tirò indietro la sue sedia e si alzò. Attirò numerosi occhi su di sé.
“Dove vai?” Gli chiesi, ma lui mi guardò con sufficienza, rispondendo:
“Nulla che ti riguardi, Scrooge.”
A parte il fatto che come risposta alla mia domanda non aveva assolutamente senso, ma poi… Mica gli avevo chiesto chissà cosa, eh?
Sbuffai, mentre lui scompariva uscendo da una porta laterale portandosi dietro gli sguardi dei professori e di gran parte degli studenti.
Davvero… Chissà dov’era andato…
Boh.
Forse gli scappava.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ehm..... buongiorno.
Lo so, lo so, è passato UN mese e UN giorno -.- mi vergogno di me stessa -.-
Ma io ho una giustificazione! Sì sì sì!! u.ù Vedete, questa fanfic è una fanfic con cui "mi diletto". La storia che curo di più e che mi fa scervellare è Buio Apparente, quindi quando non mi faccio le pippe mentali per quella storia, allora penso a questa. Lo so, forse dovrei dedicarmici di più, ma....così è la vita xD
Quindi, ora che non mi sto, appunto, scervellando con l'altra storia, ho deciso di scrivere un nuovo capitolo riguardante Soleil, tutto per la vostra gioia e il mio personale godimento xD
............sto parlando troppo, probabilmente xD quindi passo subito a ringraziarvi xD


Charme: adorataH, buongiornoH! Concordo pienamente riguardo all'enorme egocentrismo sul mister Potter-detto-Sfregiato che vuole farsi notare anche quando non c'è u.ù perchè è tutto calcolato u.ù comunque! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto! E - ovviamente - spero che la cosa avvenga con questo xD Un bacioH, adorataH, ci si beccaHHH!HHH!!!H!H!
Ninve Shyal: che bello, qualcun altro è d'accordo con me sui Grifondoro xD xD ahahahahah! Comunque mi fa piacere che il capitolo scorso ti abbia fatto divertire!!! Spero che ti piaccia anche questo che sta qui sotto xD Un abbraccio e a presto!!
Mary_House: ahahahaha infatti sì!! Sto rendendo Piton proprio acido, eh! xD xD il tipo di persona con cui non si potrebbe assolutamente parlare xD xD Ma io lo scioglierò oh oh oh xD non subito, però....perchè sai come sono fatta....con me c'è la suspance, all'inizio xD xD Beh! Che dire! Spero che il prossimo capitolo ti piaccia, caVissima!!! Un bacione!!
SakuraHaruno: buongiorno!! :D :D i tuoi commenti mi fanno sempre un piacere a dir poco immenso! *.* comunque.... passo a risponderti: innanzitutto, grazie grazie grazie per tutti i complimenti :) sono contentissima che ti piaccia il mio modo di scrivere e soprattutto  che ti piacciano i miei nuovi personaggi!! E poi.....te lo dico, anche a me il Sev geloso piace molto ma molto assai! Quindi - non so ancora come dove e quando - ma presumo che ne vedremo delle belle anche in tal senso xD e poi rispondo alla tua domanda: Sì! La storia seguirà esattamente il corso degli eventi del socondo libro. Solo del secondo libro, però: non mi introdurrò per esempio a raccontare di Soleil durante il terzo anno con Sirius ecc ecc ---> non voglio intraprendere odissee lunghissime (già buio apparente è un poema, mi ci manca questo xD)! Detto ciò...spero che il capitolo ti piaccia, carissima!! Un bacione!!!

Ok, ragazze, vado, allora?
E andiamo xD xD
Ciao, nì!!!




Capitolo 4

Piton se ne andò dalla Sala Grande, così, d’amblé, sotto gli occhi di tutti, lasciando in sospeso la sua cena…
Ah, no, vabbè, il banchetto, in teoria, non era ancora iniziato, dato che la McGranitt ancora era impegnata nello Smistamento.
Quindi… Piton aveva lasciato in sospeso la serata, insomma.
Non che la cosa mi creasse chissà quale…turbamento. Anzi! In quel modo avrei anche evitato di dover far finta di essere carina e gentile.
Fottiti, fottiti, fottiti, fottiti, Piton, tu e i tuoi noiosissimi libri di storia, i tuoi capelli, le pozioni e il tuo abnorme naso!
Ecco.
Mi ero mentalmente sfogata.
…Ma poi perché quel naso doveva stare sempre in mezzo?
Ok, era piuttosto…marcato ed…evidente, ma ogni due per tre saltava fuori nei miei pensieri.
Peggio del prezzemolo che, come si dice, sta sempre in mezzo, appunto.
Ecco: Piton aveva un naso-prezzemolo.
Che poi…basta, basta! Che poi, pensando al naso, mi veniva anche in mente il proverbiale…paragone con…qualcos’altro.
Oh, ma insomma! ‘Sti gran cazzi del naso di Piton!
…Pessima scelta di parole. Già.
Comunque! Severus mi aveva liberato della sua presenza per chissà quale motivo, e così, mentre la McGranitt continuava a chiamare undicenni, io mi guardai intorno, andando a posare i miei occhi – in maniera del tutto casuale e non programmata – su Gilderoy Allock.
Quasi mi prese un colpo quando mi accorsi che anche lui mi stava fissando.
Oh gioia e gaudio! Certo, potenziale infarto a parte.
Insomma, Gilderoy mi stava guardando sorridendo, e poi, quando si accorse che anch’io avevo i miei occhi posati su di lui, fece una faccia perplessa, sicuramente per chiedermi, con la sola espressione, dove fosse finito Severus.
Io risposi alzando le spalle e facendo una faccia come per dire che non ne sapevo niente, e allora Gilderoy mi salutò con un sorriso e tornò a guardare lo Smistamento.
Oh, come ci intendevamo di già alla perfezione, noi due!
Comunque… A quel punto anche io ripresi a guardare di fronte a me, proprio mentre la professoressa McGranitt stava chiamando l’ultima studentessa: Weasley Ginevra, se avevo capito bene. E così anche lo Smistamento giunse al termine, e la McGranitt andò a sedersi al suo solito posto. Quando anche lei, allora, si fu sistemata, Silente si alzò in piedi, e il brusio di sottofondo causato dai ragazzi finì all’istante.
“Benvenuti!” Esclamò lui allargando le braccia “Spero che il vostro soggiorno ad Hogwarts sia dei più piacevoli! Prima di cominciare il banchetto, tuttavia, mi urge dare alcuni piccoli avvisi: la Foresta Proibita è preclusa a tutti gli studenti del primo anno, come è solito ormai da molto tempo, e sono proibiti anche alcuni oggetti, che troverete tutti elencati nell’ufficio del signor Gazza.” Mi domandai chi diamine avrebbe mai voluto entrare nell’ufficio di Gazza solo per una stupida lista “E poi, devo presentarvi alcune persone: prima di tutto il nostro nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure: Gilderoy Allock.”
Partì dalla Sala una grande applauso, e vidi Gilderoy alzarsi in piedi per ringraziare, con un sorriso smagliante, tutti gli studenti. Poi si risedette continuando ad ammiccare in giro… Possibile che l’avesse fatto pure nella mia direzione?
Nel dubbio… Mi sciolsi ugualmente.
“E poi…” Continuò allora Silente “vi annuncio che la nostra bibliotecaria ha un’assistente, quest’anno: la signorina Soleil Scrooge.”
Oh, cavolo.
Silente non aveva detto che mi avrebbe presentata!
Infame di un uomo barbuto!
Comunque, dalle tavolate si alzò qualche piccolo applauso…niente di che…e io salutai – imbarazzatissima, era ovvio – con un piccolo cenno della mano.
Per poi diventare giustamente viola ed abbassare lo sguardo.
“Ma credo che abbiate fin troppa fame per continuare ad ascoltarmi,” Cominciò a concludere – finalmente – Silente “perciò che il banchetto cominci!”
A quelle parole montagne di cibo comparvero, e il preside si rimise a posto. Prima che causasse ulteriori danni.
Ma in tutto ciò, comunque, Severus non era ancora tornato… Strano… Le ipotesi potevano essere soltanto due, a quel punto: o era davvero scappato in bagno in quanto la sua flora intestinale aveva subito uno scombussolamento, oppure era davvero successo necessariamente qualcosa. Ma scartai, dopo un po’, la prima ipotesi, in quanto, quando ormai però stavamo per giungere al dolce, Severus fece di nuovo la sua comparsa. Aveva un’espressione scurissima, che poteva far concorrenza al suo monotono vestiario.
Guardandolo, però, mi fece quasi…compassione. In fondo aveva saltato completamente la cena per chissà quale motivo.
Ah, no! No, no, no!
Come recitava saggiamente la pergamena appesa nel mio bagno: Mai essere compassionevole con Severus Piton.
Quindi smisi di guardarlo con la faccia che avevo assunto, qualsiasi essa fosse, e mi limitai solo ad osservare quanto stava succedendo.
D’altronde neanche a lui sembrava che interessasse molto la cena; infatti non si stava avvicinando al suo posto, lui, bensì alle sedie sulle quali erano seduti Silente e la professoressa McGranitt; Piton si chinò tra di loro e lo vidi dire qualcosa, dopodiché si rimise dritto con la schiena, in attesa.
Pensai seriamente, allora, che fosse successo qualcosa. Anche perché non credevo che il preside o la professoressa fossero particolarmente in ansia di ricevere notizie riguardo la flora intestinale di Piton proprio dal diretto interessato. Comunque, il preside e la McGranitt si guardarono un attimo tra di loro, e poi si dissero qualche parola; poi la professoressa si alzò, ed insieme a Piton se ne andò dalla Sala Grande. Circa due minuti dopo, però, anche lo stesso Silente si mise in piedi, con un’espressione piuttosto pensierosa e…seria, e anche lui sparì dalla stessa porta che avevano varcato da poco gli altri due professori.
Ok, doveva per forza essere successo qualcosa.
Ed io mi ritrovavo ancora più lontana dal gruppo degli insegnanti, relegata all’angolo di quel lungo tavolo. E così me ne infischiai e mi misi al posto di Piton, cambiando il mio piatto e il mio bicchiere con i suoi. Per lo meno, così, ero anche più vicina a Gilderoy. Ovviamente gli altri insegnati stavano discutendo anche loro su quanto potesse essere accaduto, e così mi inserii nella conversazione, rivolgendo una domanda direttamente all’insegnante che mi interessava:
“Ma qualcuno ha sentito qualcosa di quello che si sono detti? Perché sono spariti tutti?”
Gilderoy fece un sorriso. “Problemi di grande importanza, presumo, se il professor Piton ha ritenuto necessario doversi far aiutare da Silente in persona!” Disse “Ma prevedo che lo stesso Preside mi informerà quanto prima.”
“Mah, io non penso che sia successo qualcosa di così grave.” Ribatté la professoressa Sprite “Altrimenti il professor Silente ci avrebbe convocati tutti seduta stante!”
“…Oh, io temo che sia qualcosa di estremamente serio!” Se ne uscì a quel punto la Cooman, con il suo tono di voce profetico.
Che tanto – ormai lo avevo capito – lei per ‘serio’ intendeva ‘mortale’.
Che vita allegra doveva avere quella donna… Al confronto Mortiria Addams era Boccoli d’oro.
Sì, Mortiria… Il personaggio di un programma televisivo Babbano.
E lo conoscevo perché mia madre era proprio Babbana, mentre mio padre era un mago. Quindi anche mio padre aveva finito col conoscerlo, anche essendo, appunto, un mago.
Probabilmente era uno dei pochi maghi sulla faccia della terra che ne sapesse qualcosa, e che, di sicuro, conosceva il significato di ‘programma televisivo’. Ero praticamente certa che se mi fossi messa a parlare di televisione, lì, in quel preciso istante, tutti quanti mi avrebbero presa per scema.
Tutti tranne Gilderoy, ovviamente.
Lui sapeva tutto!
Comunque non potemmo continuare a fare ipotesi, perché, proprio in quell’istante, la porta oltre la quale erano spariti tutti – che ora mi iniziavo seriamente a chiedere dove caspita portasse… possibile fosse una specie di scorciatoia? – er…
Ho perso il filo.
Ah, sì: dovemmo per forza smettere di parlare perché la porta si riaprì e ricomparvero tra noi Silente, Piton e… basta.
E che la McGranitt se l’erano persa per strada?
O forse… Stava davvero succedendo qualcosa, e Piton l’aveva scoperto dopo essere stato avvertito da un potente sesto senso nascosto nel suo grande naso (d’altronde di spazio ce n’era) ed era uscito per vederci chiaro; aveva trovato un feroce e famelico mostro delle paludi, aveva avvertito Silente e la McGranitt era stata consegnata al mostro come vittima sacrificale! Muahahahah!
Oh beh… Come teoria poteva anche andare, ma forse in quel caso Silente avrebbe leggermente avvertito tutti noialtri che ci trovavamo in Sala Grande.
Ergo niente mostro.
Vabbè… O magari Piton aveva intasato talmente tanto il bagno che aveva dovuto chiedere assistenza e la McGranitt era dovuta rimanere lì a rimediare al danno, armata di stura-gabinetti.
…Oddio che schifo!
Ma comunque, Silente e Piton si avvicinarono al tavolo degli insegnanti, e vidi appunto Silente sedersi di nuovo sulla sua immensa sedia.
“Che ci fai al mio posto?” Sibilò proprio in quell’istante una voce profonda dietro le mie spalle.
Era Severus. Ovviamente.
“Ora mi sposto, tranquillo.” Dissi con un tono, forse, un po’ scocciato, senza neanche girarmi per guardarlo in faccia.
Allora mi alzai, e con un balzo tornai a sedermi sulla mia sedia.
Che diamine… E che sul legno della sua Piton c’aveva inciso il suo nome?
Comunque mi sedetti, e Piton fece altrettanto, mentre cominciavo a ricambiare di nuovo i piatti e i bicchieri. Lanciai un’occhiata a Piton, allora, e non potei far altro che notare quanto fosse…irritato. Era anche più scuro di quando l’avevo visto pochi minuti prima.
A quel punto, però, probabilmente sentendosi osservato, Severus si voltò verso di me, sempre con la medesima espressione.
“Che c’è!” Sbraitò lui.
Come se non bastasse mi fece prendere un colpo, e il bicchiere che tenevo in mano mi cadde per lo spavento. E così inondai il tavolo di succo di zucca, succo che colò anche sui pantaloni di Piton.
Severus fece uno scatto all’indietro con la sedia, drizzandosi per metà in piedi e alzando leggermente le braccia per la sorpresa. E a me, in tutto ciò, cadde pure il bicchiere per terra.
Ok… Stavo ufficialmente per morire.
“Scrooge!” Esclamò Severus a denti stretti lanciandomi un’occhiata di fuoco “Incapace!”
Repentinamente raccolsi il bicchiere – fortunatamente ancora integro – da terra e tirai fuori la mia bacchetta.
“Ehi, calma, calma!” Dissi, cercando di non mostrare quanto, comunque, mi sentissi a disagio “Ora sistemo tutto, ok?”
“Se do retta a te finirà che peggiori il danno!”
“Oh, insomma!” Esclamai allora io puntando la bacchetta verso i pantaloni; e in quattro e quattr’otto furono di nuovo asciutti “Visto?” Gli dissi con un piccolo sorriso, cosa che lui, ovviamente non ricambiò.
“Ti degni anche di sistemare la tavola, magari?” Mi fece allora lui, con il tono leggermente più basso ma con sempre addosso la stessa espressione.
Alzai gli occhi al cielo ed aspirai tutto il succo di zucca che avevo lasciato cadere.
Da quel momento in poi decisi di rimanere nel più totale silenzio.
Anche perché avevo la netta sensazione che, se avessi aperto bocca, Severus mi avrebbe davvero ucciso senza troppi ripensamenti.
…Mi sa che dovevo aggiornare la lista delle cosa da non fare:
Mai far cadere del succo di zucca in prossimità di Severus Piton.







Sì, sono sempre io xD
Volevo solo dirvi che stavo pensando di coinvolgere qualcuno per rispondere alle recensioni al posto mio, per il prossimo capitolo.......tipo - che so - uno dei due protagonisti xD
Quale preferite?
Si aprono le votazioni!! xD
Detto ciò..... alla prossima, ragassuole mie!! :*

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Buongiornooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!
O, nel qual caso voi steste leggendo non di giorno, ma di sera: Buonaseraaaaaaa!!
E se state leggendo di notte, ignorando le palpebre pesanti?
....Buonanotte?
No, così pare che bisogna andare a dormire, quindi.....
Buona sera inoltrataaaaaaa!!!!!!
Dunque, eccomi qua, sono Soleil, amica fedelissima della Iurin che gestisce questo posto!!!!!

......hai finito di urlare?
*si volta di lato* Come?
Mi è quasi partito un timpano, Scrooge, quindi: hai. Finito. Di. Urlare?
Sì, sì, ho finito, per Morgana...
Ma comunque... se qualcuno ancora non l'avesse capito, è qui con noi il professor Severus Pitooooooonnnnn!!!!!
Sei dura di comprendonio, Scrooge?! Ho detto: NON URLARE!!
*con molta calma* Guarda che ora sei tu che stai urlando.
*borbotta*
E poi...non saluti?
Non ne vedo il motivo.
Come?
Con chi dovrei instaurare un rapporto, io? Anzi, con chi dovrei voler instaurare un rapporto, io? Sono qui per pura forza di inerzia, guarda.
Eppure ci sei.
E con questo? Ho acconsentito a questa...buffonata solo per non dover essere assillato ore ed ore dalla tua "fedelissima amica". Per quanto mi riguarda la cosa potrebbe concludersi anche qui.
Ebbene sì, ragazze e ragazzi: è acido.
*riduce gli occhi a due fessure* Se fossi una studentessa ti toglierei una marea di punti.
Ma non lo sono! Ah-ah!
Mi stai togliendo una punizione dalle mani, Scrooge. Quindi piantala.
Tanto non sono una tua studentessa, Severus, quindi...!!
*mellifluamente parlando* Ci sono tanti tipi di punizioni, Scrooge.
-SILENZIO-
Ehm....
Dunque.... ora che ci siamo entrambi più o meno presentati direi che è ora di andare avanti.
Finalmente.
 
Sakura/Miss Haruno: grazie grazie grazie. Sono la simpatia in persona? Oh, troppo gentile, davvero *si inchina*. - Se hai finito di crogiolarti nella "gloria"... - Guarda che la nostra Sakura ti ha definito "bel professore", eh? Quindi non fare l'invidioso - ...invidioso?! Quel che provo in questo momento è tutt'altro che invidia! E poi... Miss Haruno, cosa sono questi...giudizi? E poi...sempre tutta questa troppa confidenza... ma che diamine ci sono venuto a fare, qui.... - Ehm...ok, mentre Severus parla da solo, allora io ti saluto!! Magari ci incontreremo ancora, chissà! ......tu non saluti? - No. - Ah
....vabbè (non te la prendere, è fatto così -.-)
Mary/Miss House: Io. Non. Ho. Parole. - Beh, quattro per lo meno le hai avute! Ahahahah!! - Non fa ridere, Scrooge! Dico, hai letto?! *rantolo* - Certo che ho letto! Questa ragazza addirittura ha detto che mi ama!! Oh, grazie grazie grazie *dispensa baci* - *la guarda perplesso*  - E beh, cos'è quella faccia, scusa? - Hai letto cosa dice di me?! Oh sei troppo egocentrica per accorgertene? - *sbuffa* Va bene, va bene, aspetta un attimo *legge* Oh. - SILENZIO - Beh, è un complimento, no? - No, è un'ossessione. Ed è anche piuttosto inquietante. Solo una cosa non mi è chiara. *ghigno sadico* - *espressione perplessa* ....Cosa? - Tu pensi queste cose? - DI NUOVO SILENZiO - ......Meglio salutare la nostra Mary, a questo punto!! -
*sguardo soddisfatto*
Charme/Miss Charme: Finalmente un pò di sano terrore. - Ok, siamo appena entrati in modalità dissennatore avanzato. - Scrooge, smettila di dire scemenze, sto parlando. - Chiedo umilmente perdono. - Ed evita il sarcasmo. - Chiedo di nuovo umilmente perdono. - Merlino, non posso farcela. - Ok, va bene, sto zitta. - *la guarda di traverso* Dicevo... Finalmente un pò di sano terrore. E...noto per caso una leggera vena di vittimismo? Miss Charme, non se la prende... con lei le parole mi vengono talmente spontanee che è quasi un piacere commentare le sue assurdità. - Cara Charme, stiamo arrivando alla dichiarazione, d'amore, forse? - *sguardo truce* - Ok, ok, sto zitta. - *alza gli occhi al cielo* Quindi, nonostante i suoi assurdi tentativi di chiedere a quella persona chiamata Iurin di far intervenire soltanto questa...sì, chiamiamola donna, che si trova al mio fianco, io sono qui. - ....Mi devo offendere? - Fai come vuoi: non mi interessa. - *alza anche lei gli occhi al cielo* - Perciò...dicevo...per lo meno ha evitato il comportamento da leccapiedi, evitando di inveire contro Weasley e... Potter... Ma sappia comunque che ciò la "riabilita" solo in parte. I riferimenti al mio intestino e al mio apparato olfattivo non sono... - Ahahahahahah!!! - SILENZIO - ....... - No, no, vai avanti... Ahah... - Mmmh...dicevo, non sono comunque opportuni, in qualsiasi contesto lei voglia porli. Apprezzo però il fatto che lei abbia reputato "infelice" quello stupido gioco di parole. Almeno questo.... - Bene. E ora la dichiarazione la facciamo o no? - Falla. Finita. - SILENZIO - Ehm...sì. Credo sia meglio chiuderla qui, se no rischio davvero una fattura. - Una delle peggiori. - Ecco, appunto. Ciao, Charme!!! ....lei tanto non saluta vero? -
Esatto.
P o i s o n/Miss P o i s o n: Ahahahah oddio, non morire! Ahahah!! Iurin credo che la stia ringraziando come non mai!! - Sì, ovunque si trovi...maledetta... - Esagerato! - Per niente. Comunque... Io posso solo dire di essere d'accordo con sua madre, a questo punto, Miss. E poi, beh... "Così lui". Che aggettivo ricercato. E comunque non mi chiami "prof.". Non abbiamo questa confidenza. Nessuno ha questa confidenza. - Nessuno vuole averla, forse. - Nessuno ha chiesto la tua opinione, forse. - Nessuno ha detto o fatto qualcosa per farti alterare, forse. - SILENZIO - Smettila. - *sbuffa* Beh, cara Poison, Iurin sono sicura che ti stia salutando (da non si sa dove, ma comunque penso ti stia salutando), e quindi a questo punto lo faremo anche noi! - Parla per te. -
E ti pareva.
TomFeltonLove/Miss Felton: grazie per tutti i complimenti! La cara Iurin ne sarà contentissima!! - "Cara" una paio di calderoni. - Ma che linguaggio! - Ma che noia! - Ok....Severus è impazzito. Direi che convine smetterla... Devo preoccuparmi? - Non fare la crocerossina, Scrooge, sto bene. - Oh beh...a questo punto...alla prossima!!

 Bene, ci siamo!!!!
Iurin mi ha detto di aggiungere, a fine ringraziamento....
Ringraziamento? Puah!
.....questo testo, quindi ve lo lascio!!!
Ciao a tutti, ragazzi!!!
Arrivederci....
....Oddio, ha salutato!!
....il più tardi possibile.
...Ah, ecco.


Capitolo 5

Ovviamente Severus, quella sera, non si prodigò in spiegazioni multiple, bensì rimase zitto e muto, al suo posto, a fissare dritto davanti a sé, con sguardo perso ma con un ghigno rabbioso che gli storceva la bocca.
Quasi mi sarei aspettata che si mettesse a ringhiare, così non mi arrischiai a continuare a fargli domande per riuscire a capirci qualcosa…evidentemente avrei dovuto chiedere a qualcun altro.
E comunque, come’era giusto che fosse per…lui, non cenò per niente. Non mangiò neanche il dolce!
Che poi, a dirla tutta, era squisito: c’era un budino al caramello che era la fine del mondo. Ma Piton ci aveva fatto caso?
Certo che no.
E non sembrava avesse fame. Manco per niente.
Ma di che mi stupivo? Lui si nutriva di disperazione e delle sventure altrui. Probabilmente, per quanto avevo potuto conoscerlo in quel periodo, Piton aveva un carattere alla strenua del miglior addestratore di Dissennatori sulla piazza.
Certo, nel caso in cui fosse esistito un mestiere del genere.
In caso contrario, Severus era un Dissennatore mancato.
Ok, forse il mio pensiero era un po’…estremizzante, in quanto avrei potuto dire che Piton fosse un sadico e stop, ma…così era più ad effetto, no?
Comunque…Piton non cenò, mentre io, alla faccia sua, mi mangiai questo mondo e quell’altro. E quando il tutto finì e tutti i ragazzi furono usciti dalla Sala Grande per andare ai loro dormitori, anch’io mi alzai da tavola – cosa che comunque stavano facendo tutti i professori… E quindi feci per salutare Severus – non si dica mai che sono maleducata! – ma lui mi ignorò completamente andandosene dalla stanza senza parlare con nessuno.
Merlino, quell’uomo mi avrebbe fatto perdere la pazienza.
Scemo e cretino che non era altro!
Ma comunque me ne infischiai di Severus Piton e del suo comportamento da zitella acida, ed andai dagli altri professori.
Fu esattamente in questo modo che finalmente capii che cosa diamine fosse successo quella sera!
Alleluia!
La McGranitt, infatti, miracolosamente tornata da…da ovunque se ne fosse andata durante la cena, stava spiegando che niente popodimeno che Harry Potter ed un suo amico erano giunti ad Hogwarts in un modo del tutto…singolare.
Insomma, volare da Londra fino in Scozia su di una macchina – appunto – volante non era certamente una cosa da tutti i giorni.
Ed ecco il perché di tutto quel macello.
In più i due ragazzi sarebbero anche stati puniti.
…Com’è che si chiamava l’amico di Harry Potter? Ronald…Weasley? Ma non c’era stato uno Weasley allo Smistamento? Cos’era, quel ragazzo aveva il dono dell’ubiquità?
Ah, no, giusto: allo Smistamento c’era stata una Weasley. Forse erano parenti. Probabile.
“Mi prenderei volentieri la responsabilità di dover punire il signor Potter.” Stava dicendo in quello stesso istante Gilderoy, e allora mi riscossi dai miei pensieri “Con me di sicuro capirebbe dove e come ha sbagliato, in più si renderebbe conto di come comportarsi nella maniera corretta potrebbe condurlo su una strada migliore.” Fece un gran sorriso “Ne avrebbe il lampante esempio davanti agli occhi!”
Oh, com’era responsabile Gilderoy!
“Ci penserò, Gilderoy.” Rispose allora la McGranitt, sorridendo appena, e proprio Gilderoy fece una faccia soddisfatta.
A quel punto, comunque, anche noialtri lasciammo la Sala Grande, tutti diretti alle nostre stanze, e così, dopo che ebbi salutato tutti quanti – con leggermente maggior enfasi il caro Gilderoy – mi ritrovai nel mio personalissimo alloggio.
Andò a finire che dormii come un bradipo che aveva appena fatto jogging. Ovvero molto, molto, molto, molto, molto…sì, insomma, abbastanza profondamente.
La mattina successiva mi svegliai con eccessiva tranquillità, probabilmente, dato che, iellata com’ero, mi accorsi di essere in ritardo per la colazione.
“Accidentiiiiii!!” Urlavo correndo dalla stanza da letto al bagno e poi di nuovo nella stanza da letto al bagno e alla stanza da letto.
Sì, facevo più che altro avanti e indietro da tutte le parti.
Ma comunque, record dei record, in soli tredici minuti e quarantasette secondi, ero pronta, e così mi precipitai fuori dalla camera, e scesi le scale di corsa. In tutto ciò mi scontrai anche con un fantasma, che mi diede così anche la sensazione che passassi sotto una piccola cascata, provocandomi un brivido, ma alla fine riuscii comunque ad arrivare incolume davanti alle porte della Sala Grande.
E, mi accorsi, ciò avvenne proprio nell’esatto momento in cui comparve, in quello stesso posto, il tenebroso – o irritante, che dir si voglia – professor Severus Piton.
“Buongiorno.” Gli dissi dopo aver ripreso aria.
“Buongiorno, Scrooge.” Rispose lui.
Ehi! Non mi aveva mandato a quel paese! Potevo proclamare il miracolo?
Io feci per andare verso l’ingresso della Sala Grande, mentre Piton verso un’altra piccola porta.
Beh, piccola in confronto a quelle che avevo davanti io, quindi…Piton si stava dirigendo verso un’altra normo-porta.
“Vai di già a lezione?” Gli chiesi allora io.
Lui si voltò solo leggermente verso di me, e mi rispose, con uno dei suoi sorrisetti:
“A meno che non debba far lezione ai muri, no, Scrooge, anche se non ci sarebbe poi tanta differenza con i miei studenti. Ma tu non puoi saperlo: non insegni.”
Mmmh…qual era la Maledizione Senza Perdono più dolorosa? Così, per sapere… La Cruciatus? Forse…anche se avrei pure potuto fargli un Imperius e fargli prendere a capocciate il muro; o meglio…fargli ballare la samba davanti all’intera scuola…
“Quindi” Aggiunse allora lui al mio sguardo malefico “sto andando a fare colazione.”
Feci un bel respiro rilassante. Più o meno. “E si può passare anche di là?” Gli chiesi allora, cercando di mostrare indifferenza alla sua persona.
Piton aprì la porta. “Sì.” Rispose “Vieni.”
Oddio, mi aveva per caso invitata a seguirlo in un inconsueto atto di gentilezza?
…Considerando che non aspettò che oltrepassassi quella soglia, ma che lasciò andare la porta, cosicché ci mancò poco che mi finisse dritta in faccia, no, direi di no.
Vabbè…
Ci ritrovammo comunque in un piccolo corridoio, provvisto di altre tre o quattro porte. Piton camminava spedito con la sua solita camminata davanti a me, ed io quasi faticavo a tenere il suo stesso passo. Alla fine, comunque, Severus si fermò di fronte ad una porta, e l’aprì, mettendosi di lato per farmi passare per prima.
“Prego.” Disse.
Ok, quell’uomo era la contraddizione fatta persona, dato che prima, la porta, me l’aveva quasi sbattuta in faccia.
Comunque oltrepassai la porta, e difatti mi ritrovai proprio di lato al tavolo in fondo alla Sala Grande. Quindi era quella la porta oltre la quale la sera prima erano spariti in continuazione Silente, la McGranitt e lo stesso Piton!
E quindi ecco svelato il mistero.
Entrai definitivamente, allora, nella Sala Grande, accorgendomi di come, proprio in quell’istante, Gilderoy e la professoressa Sprite stessero venendo verso di me.
“Buongiorno.” Disse, piuttosto cupa, la Sprite, che invece, di solito, era di tutt’altro umore.
Né io né Severus riuscimmo a rispondere, perché subito ci salutò anche Gilderoy. Aveva un completo turchese, quel giorno, che gli stava una meraviglia!
“Salve a tutti!” Esordì allora “Io e la professoressa Sprite stiamo andando a dare un’occhiata al Platano Picchiatore, quindi ci assentiamo.”
“Beh, ehm…” Mi arrischiai “Allora ci vediamo presto!”
“Certamente!” Mi rispose lui “Ciao Soleil, arrivederci professor Piton.” E detto questo se ne andò, seguito da una sempre più cupa Pomona Sprite.
Mi aveva chiamata per nome, Gilderoy! E con tutto quell’entusiasmo! Wow!
Riuscii a calmarmi quasi subito, comunque.
“Che è successo al Platano Picchiatore?” Chiesi allora a Severus, mentre andavamo verso il tavolo.
“Niente.” Grugnì lui, improvvisamente pure più cupo del solito.
Che allegria, ragazzi!
Io allora andai ad accomodarmi al mio posto, e Severus mi seguì a ruota, sedendosi accanto a me. Io cominciai a servirmi di una tazza di tè.
“Mmh.” Feci allora tra me e me. Severus non disse nulla, e allora diedi un sorso a ciò che c’era nella mia tazza “Mi dici perché il Platano Picchiatore?” Chiesi poi al mio…loquace interlocutore.
Rispose solo dopo una pausa. “Perché il Platano Picchiatore cosa?”
Oddio, forse ero in grado di instaurare una conversazione: meglio approfittarne e parlare per bene.
“Perché il professor Allock e la professoressa Sprite dovevano andare a dare un’occhiata al Platano?”
Che domanda al bacio… Avevo pure chiamato Gilderoy ‘professor Allock’.
“Presumo che tu sia a conoscenza di cosa Potter” Nota di disgusto “e Weasley abbiano combinato ieri sera.”
“Più o meno.” Rispose “So che sono arrivati con una macchina…volante?”
“Precisamente. E sono finiti proprio sul Platano.”
Trattenni il fiato. “E si sono fatti male?”
Lo vidi alzare gli occhi al cielo. “Non è questo il punto.” Sbottò “Il Platano Picchiatore è una della più antiche piante di Hogwarts, e per colpa di quei due ha subito dei danni a cui ora bisogna rimediare. E comunque puoi sincerarti tu stessa della loro condizione fisica.” E fece un pigro gesto con la mano, come a voler scacciare una mosca.
Era un caso o con quella specie di manata in aria sembrava indicasse la tavolata dei Grifondoro? Allora mi voltai verso quella direzione, e subito i miei occhi si fermarono da soli – come se fossero dotati di vita propria – su un bambino: aveva i capelli scuri, e un paio di occhiali tondi sul naso; se mi fossi trovata più vicina ero sicura di poter vedere sulla sua fronte una cicatrice a forma di saetta.
Quello era Harry Potter!
Harry Potter… E quel bambino all’età di un solo anno era stato capace di sconfiggere Mister Il-Mio-Nome-E’-Troppo-Pauroso?
Beh…complimenti vivissimi.
Comunque proprio Harry Potter stava parlando con un ragazzino dai capelli rossi, che, a quanto pareva, aveva appena ricevuto una lettera. Una lettera rossa.
Come non riconoscere in quell’apparente innocua busta scarlatta una Strillettera? Povero ragazzo…
Mi ricordavo ancora di quando io avevo ricevuto una Strillettera: mia madre era sempre stata un tipo piuttosto…ma solo leggermente…giusto un pochino…incazzoso.
Secondo me sarebbe potuta benissimo essere parente di primo grado con mia nonna paterna, data la somiglianza di carattere, non fosse per il fatto che fosse leggermente impossibile.
Ma comunque, un giorno, precisamente durante il mio terzo anno di scuola, io e la mia amica Amanda avevamo avuto la brillante idea di andare a girovagare per i corridoi di notte, quando era vietato, solo perché ci andava. Già. E avremmo mai potuto essere talmente fortunate da non venir beccate?
Ma certo che no.
Infatti fummo scoperte, e ci misero pure in punizione. E mia madre l’era subito venuto a sapere, ovviamente. Nonostante fosse Babbana si era fatta spiegare da mio padre come funzionassero quelle accattivanti buste rosse, e – voilà! – ero stata rimproverata nel bel mezzo della Sala Grande.
Cosa che, mi accorsi, stava avvenendo proprio a quel ragazzo.
“Ronald Weasley!” Gridava la lettera, per poi continuare con la sua tiritera.
E così quello lì, molto probabilmente, era l’amico di Harry con il quale l’occhialuto mago era giunto fino ad Hogwarts su di una macchina volante.
Beh, si erano distinti sin dal primo istante, non c’era che dire.
“Poveraccio.” Commentai ad alta voce riferendomi al ragazzo dai capelli rossi “Ricevere una Strillettera davanti a tutti…mamma mia.”
“Se se lo merita…” Mi sentii rispondere vicino a me da Severus.
Io feci spallucce. “Ma non è che ti faccia sentire tanto bene, eh? Me lo ricordo ancora, quando l’ho ricevuta io… Ero al terzo anno.”
Vidi Severus girarsi con la testa verso di me, con uno sguardo…strano.
“Oh.” Disse “Allora eri tu.”
Lo guardai perplessa. “Ti ricordi?!”
Ghignò. “Certo.” E ghignò di nuovo.
Io feci una faccia offesa, ma poi – quasi subito, a dire il vero – smisi di pensare a Strillettere varie e continuai a parlare:
“Comunque… Primo giorno del nuovo anno scolastico. Prospettive?”
“Che quelle teste di legno dei miei studenti imparino qualcosa è da escludere, quindi…” Rispose Severus “Che se vogliono uccidersi a vicenda lo facciano possibilmente non durante la mia ora. Certo, a meno che non siano dei Grifondoro, ovviamente.”
E mi fece l’ennesimo sogghigno della mattinata. Non era malefico, però.
Nonostante tutto, comunque, ricambiai.
E così quel giorno anch’io avrei iniziato a lavorare.
E le mie, di prospettive?
Forse quelle di rimanere viva il più a lungo possibile.
Ah, no!
C’era Gilderoy Allock, ad Hogwarts…
Ok, netto cambio d’obbiettivo, direi.

 

Arrivederci stelle del cielo! Iurin vi saluta!!! :D :D :D

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Oh. Buongiorno! :D
Direi che...beh... è un pochino di tempo che non ci vediamo, vero?
Faccio un grande mea culpa u.ù
MA per farmi perdonare (almeno credo O.o) c'è qui un ospite del tutto inaspettato (non so quanto possa essere considerato tale, ma tant'è u.ù):
Il professor Pitoooooooooonnn!!!!
.....Perchè devo essere sempre introdotto in questo modo?
Vuole saperlo veramente?
-SILENZIO-
No. Probailmente no.
E se glielo dicessi ugualmente?
Me ne andrei, così risolverei due problemi nello stesso istante: non ascoltare baggianate e liberarmi il più possibile della tua presenza.
.....Lo sa che "baggianate" lo dice sempre Ebenezer Scrooge?
E con ciò?
Le dice qualcosa? Scrooge, Scrooge, Scrooge.....
Ti avverto, Iurin, sto per andarmene.
Oh, ma invece, ne sarà contento, perchè abbiamo qui tra noi.... Soleil Scrooooooooooge!!!
Oh, salve salve!!!
Di male in peggio.
Ah! Certo, come no.
Oh, non farci caso, Soleil, ormai sappiamo che tanto è tutto fumo e niente arrosto, vero prof?
Sto seriamente per andarmene, inutile ragazza che non sei altro.

Argh! Va bene, allora cominciamo, su su su!
*alza gli occhi al cielo, sconsolato*
*batte le mani*

Poison / Miss Veleno (?): Io non ho intenzione di dire alcunché. - Il solito scorbutico. - No, il solito... uhm- "sarcastico sadico tenebroso misterioso irascibile Severus!" Beh, Miss, lei ha davvero centrato il punto. - Hai dimenticato il "bello" *sghignazza* - Non l'ho dimenticato. L'ho omesso volontariamente. - Hai una scarsa considerazione di te, lo sai? - E tu, di te, ne hai fin troppa. - silenzio - Sigh. - *ghigna soddisfatto* - Beh, ehm...cara Poison, grazie mille per tutti i complimenti!! :D Sono contenta che questi miei scleri ti piacciano xD Ci sentiamo presto (lo spero xD) - Ah, io non lo spero per niente. - ....e che mi dovevo aspettare?
Charme / Miss (sigh) Charme: AdorataaaaaaaaaHHHHHHHH!!!!H!HH!H!H!H!HHH!H!H!H!H - ....... - Cosa? - Cos'era quello? - Niente, niente, stia tranquillo.Probabilmente è una cosa loro che non possiamo capire. - E neanche ci tengo, io, puoi starne certa. - Che novità. - Stai diventando un pò troppo scontrosa, per i miei gusti. - Senti chi parla. E poi...vuol dire che prima ti piacevo? - *sibilando* No. - Ah. Beh...tornando a Charme, comunque: in effetti, specie ultimamente, credo ancche io di stare influenzando Severus. Evidentemente allora la cosa è vera, se te ne sei accorta anche tu. - Puah! Ti piacerebbe, Scrooge. - No, non credo. - Io credo di sì. - Tu stai diventando troppo egocentrico. Passi da un eccesso all'altro e neanche te ne rendi conto. - I privilegi dell'essere me. - Perchè mi pare di averla già sentita, questa frase? - Perchè sei un'esaltata, Iurin, senza offesa. - Lo sa che il "senza offesa" non comporta che le persone non si offendano? - E secondo te a me importa? - ......in effetti..... - Ma lascialo, perdere, guarda, non ne vale proprio la pena. - Senti chi parla: chi è che intanto si sta prestando a....godere della mia presenza? - Io non godo proprio di niente, la vuoi piantare?! - *ghigna* - *sospira* Beh, direi che a questo punto possiamo pure salutare la cara Charme, che ringraziamo calorosamente! - Tu e Iurin, forse; io, stavolta, non me ne sono curato per niente, di lei. Contenta, Miss? - Ah! Ci hai parlato!! - .....Accidenti.
Erin / Miss Prince: Sempre questi cognomi fin troppo familiari... - Perchè? Hai un secondo cognome? - *rotea gli occhi* No, è quello di mia madre. - TU HAI UNA MADRE?! - Per Salazar, a meno che non mi sia autoriprodotto, sì, Scrooge. - Oh beh... non si finisce mai di imparare. - *si massaggia le tempie* - Comunque!! Cara Erin, qualsiasi risata qui è bene accetta. - Io non accetto neanche quella, del suo commento, Miss. - Vabbè, lui è un caso a parte... dicevamo... Iurin ti ringrazia tantissimo!!! Ci vediamo!!!!! - Spero proprio di no. - Oh, che stress. -.-
Avril / Miss Piton (?!?): Di male in peggio, con i cognomi. - Stai ricominciando ad autodisprezzarti, lo sai? - Che hai capito, Scrooge, non c'entra niente! Fai silenzio!! - ...... - ...... - Suscettibile, eh? - *borbotta* - Comunque.... - Concordo solo sul fatto che sono meglio io di quel pomposo inutile di Allock. - AH!!! Ti piacerebbe a te!!!! - Glisso sulla grammatica della tua frase, ma comunque.... non negare l'evidenza, Scrooge. - Tu sei pazzo... - *ghigna* - Dio Santo, come si fa ad andare avanti... Beh, cara Avril devo un attimo smontare quest'uomo vicino a me, quindi devo salutarti, per il momento.... - Oh, mi trema tutto, Scrooge. - *guarda male*
ferao / Miss ferao: Il suo nome non è neanche con la maiuscola, Miss, se ne è accorta? Stranamente, viste le persone di questo...ambiente, la cosa neanche mi sorprende troppo. Non che il suo nome, per me, sia di chissà quale rilevanza... - Merlino, dammi la forza... Comunque, veniamo a noi: Iurin ringrazia tantissimo per la tua recensione, ed è contentissima che secondo te tutto risulti IC. - Il che vorrebbe dire...? - Non ne ho la più palida idea. - Bene. Diamo aria alla bocca, insomma. - Sigh. Comunque, Iurin ti ringrazia tantissimo... no, un attimo questo l'ho già detto... Ah, e si scusa perchè ancora non ha potuto leggere il tuo, di lavoro.... - Un'altra pazza?! Salzar, sono circondato. - ......e ti manda tanti baci e caramelle dicendo che rimedierà. - Spero le venga una carie, a questo punto, Miss. - Come sei malefico. - Grazie. - -.-

Ebbene, eccomi qua!!!! :D
Ci sentiamo presto (lo spero xD)!!!!
Ciao, nì!!!!!

p.s. pregate per me, oggi ho un esame (diritto pubblico) O_O

 

Capitolo 6

E così era arrivato il due Settembre, ovvero il mio primo giorno di lavoro. Nonostante sapessi comunque che lavorare in biblioteca non fosse il lavoro più esaltante del mondo, era comunque abbastanza…esaltata.
Chissà allora che avrei fatto se per caso…che so…avessi dovuto lavorare nel mondo dello spettacolo e simili; avrei cominciato a saltellare da tutte le parti in stile ranocchia? Probabile.
E così, comunque, la giornata cominciò
Miss Pince mi spiegò che, per il momento, lei sarebbe rimasta nel suo ufficio, poiché – ahinoi – doveva fare l’inventario.
Mamma mia… Fortuna che non mi aveva coinvolta! Non sarei riuscita ad uscirne viva, altrimenti…
Dico: fare l’inventario di qualcosa – di qualsiasi cosa – era…era…orribile. Doversi mettere lì con una lista in mano, e vedere sui registri se tutti i libri erano stati consegnati o se ne mancava qualcuno… Brrr… A me si sarebbero incrociati gli occhi nel giro di mezz’ora.
Comunque… mentre la casa parente compiva questo gesto epico armata di penna d’oca, calamaio, e tanta pazienza, io sarei dovuta rimanere nella biblioteca a ‘controllare la situazione’, a segnare sul nuovo registro qualsiasi prestito effettuato e…beh, giusto di questo si trattava, in realtà.
Ah, e poi, ogni volta che fossero arrivati dei libri alla libreria di Hogsmeade, io sarei dovuta andare tanto carinamente a ritirarli.
Bene! E così mi toccavano pure le trasferte, con tanto di – magari – pacchi pieni di libri al seguito già mi vedevo, a fare avanti e indietro senza sosta caricata come un mulo, sola, inerme e sempre in prossimità di un calo di forze e simultaneamente di zuccheri, che percorrevo la tortuosa via dal villaggio alla scuola.
E allora cominciai seriamente a chiedermi perché fossi tanto impaziente di cominciare. La risposta giunse subito: magari, nello stimolante ambiente della biblioteca, caldo e rilassante…sempre che non ci fosse Miss Pince a fissarti…magari il caro Gilderoy sarebbe potuto passare a farmi un saluto! O, magari, sarebbe potuto passare proprio per voler parlare con me! Per conversare con me!
E parlando dei nostri interessi avrei finito col piacergli, e le ore che avrei dovuto passare in biblioteca sarebbero voltare via come rondini all’arrivo dell’inverno. E guardando l’un l’altro negli occhi avremmo capito di essere fatti l’uno per l’altra e Gilderoy mi avrebbe anche fatto una dichiarazione d’amore piena di sentimento.
Vabbè, ovviamente il tutto non doveva per forza accadere durante quel primo giorno di lavoro, eh? Ma io aspettavo e speravo che qualcosa succedesse davvero.
Eppure, durante quel primo giorno di lavoro per me, e di scuola per gli studenti, nessuno – e sottolineo nessuno – varcò quella soglia per addentrarsi nella biblioteca.
Chiunque avrebbe potuto leggermi il faccia il di scontento: dapprima me ne stavo dritta in piedi dietro la scrivania che Miss Pince mi aveva dato, con le mani poggiate sul legno ed un gran sorriso sulle labbra; circa un’ora dopo il sorriso cominciò a spegnersi – causa anche il rischio di paralisi facciale – e cominciai a guardarmi le unghie; dopo un altro po’ mi ritrovai seduta sulla scrivania che mi guardavo in giro; passò un’altra buona ora e mi sedetti sulla sedia con un libro a caso in mano; verso l’ora di pranzo il mio busto era praticamente disteso sul tavolo, e tenevo le braccia in avanti, con le mani a penzoloni nel vuoto; il libro era aperto ad una pagina qualsiasi, abbandonato accanto a me.
“Ehi, Soleil!” Mi sentii chiamare proprio in quell’istante.
Uh? Gilderoy?
Mi alzai di scatto con una specie di grugnito. Di sicuro avevo pure i capelli da pazza.
“Sì…?” Chiesi allora, con voce strascicata, e allora mi guardai intorno: nessun Gilderoy si stagliava all’orizzonte, ma solo la figura di una perplessa Ines Pince.
“Tutto bene?” Mi domandò allora lei.
Mi passai una mano tra i capelli, cercando di dar loro una sistemata per lo meno decente.
“Io… Sì. Tutto a posto.”
Stavo solo per morire di noia!!
Probabilmente se la Pince non mi avesse ridestato dalla mia momentanea apatia, avrei finito col ritrovarmi paralizzata in quella posizione, avrei messo la muffa, sarei morta, e poi marcito nel giro di poco tempo, e allora dalla finestra sarebbero entrati degli avvoltoi che avrebbero festeggiato sul mio corpo inerme adagiato alla bell’e meglio su quella scrivania.
Merlino… Ma perché mi venivano in mente certe immagini macabre? Colpa della noia, senza alcun dubbio.
“Comunque,” Fece allora Miss Pince riscuotendomi dai miei pensieri o dalle vomitevoli immagini che riusciva a partorire il mio cervello “il pranzo è pronto. La biblioteca è collegata con la cucina, così all’ora di pranzo possiamo mangiare tranquillamente qui.”
Perché, perchè? Perché il mondo hogwartsiano ce l’aveva con me, eh? Perché dovevano privarmi della possibilità di interagire con degli individui che non fossero Miss Pince per cercare di instaurare un rapporto di…amicizia?
Sì, stavo parlando di Gilderoy, che, probabilmente, avrei rivisto giusto a cena. Oh, tu sia maledetto, uomo che ha inventato i regolamenti scolastici! E, nel caso tu sia stata una donna, allora tu sia maledetta, donna che ha inventato i regolamenti scolastici!
E così non c’era neanche alcuna sorta di discriminazione.
A quel punto, allora, che avrei potuto fare, se non andare nell’ufficio di Miss Pince per nutrirmi? E così, per l’appunto, feci.
Lei mi raccontò di cosa avesse fatto durante la mattinata, e di quanto le mancasse per completare l’archivio.
Povere noi.
Ma per fortuna il tutto finì piuttosto presto.
‘Per fortuna’ per modo di dire, dato che mi attendevano, a quel punto, altre ore di completa e silenziosa solitudine. Certo, a meno che, finalmente, qualcuno – un tizio a caso – non si fosse degnato di fare una capatina dalle mie parti.
Sì, sì, stavo sempre parlando di Gilderoy. D’altronde la speranza era l’ultima a morire, no? Il tempo, allora, ricominciò a scorrere, inesorabile, e io, ritemprata un po’ dal pranzo, stavolta non mi ritrovai mezza-distesa sulla mia scrivania nel mio angoletto, ma, per lo meno, seduta composta con le gambe accavallate e con le braccia poggiate in grembo.
Ma tanto composta o non composta, sempre a girarmi i pollici stavo.
Vabbè…
E poi, proprio nel momento in cui tutte le mie certezze stavano cominciando a vacillare (a proposito: che enfasi!), la porta della biblioteca si aprì. Si aprì!
Mi misi dritta con la schiena, e non appena notai che stava davvero per entrare qualcuno – e non che quella fosse stata aperta dal vento – sfoggiai il mio sorriso migliore.
Anche perché, se, appunto, la porta si fosse aperta solo per un po’ di vento, sarei sembrata leggermente…cretina, a sorridere in quel modo al nulla.
Ma poi non c’erano neanche le finestre aperte, in biblioteca! Quindi come avrebbe fatto la porta ad aprirsi? Con un incantesimo?
…Qual era la formula magica per creare il vento?
Oh, ma insomma! Il mio cervello stava lentamente partendo per i lidi più sconosciuti, quindi…focalizzai: porta aperta; figura dietro la porta; probabilità che si potesse trattare di Gilderoy?
Potrebbe essere, Watson.
Mi rispose una voce nel mio sempre più probabilmente deviato cervello.
E così la porta – finalmente – si aprì, e chi fu a venire allo scoperto?
Non Gilderoy.
Per la delusione il sorriso mi si spense, ma sono un pochino, non totalmente, se no sarei potuta sembrare un po’…stramba.
Ma quindi, chi è che aveva aperto quella porta? Lo scoprii praticamente subito: un gruppetto di ragazzi, infatti, apparve, e, non appena quello che era più avanti mise piede nella stanza, tutti si zittirono. Ovviamente la prima ‘cosa’ che guardarono fu io, che ancora sorridevo nella loro direzione. Due di quei ragazzi – che saranno stati del…quinto anno? – mi sorrisero di rimando, per poi andarsi tutti quanti a sedere ad un tavolo parlottando tra di loro.
Bene, se Gilderoy non fosse spuntato da quella porta entro dieci secondi sarei andata a rimorchiare un minorenne.
Dieci… Nove… Otto… Sette… Sei… Cinque…
Quattro…
No, vabbè…pensai che fosse meglio lasciar perdere. Potevo pure rischiare la galera, d’altronde.
Ma comunque Gilderoy, nel frattempo, non sbucò da nessuna parte.
Ma poi…quant’ero scema! Grazie al cavolo che non si faceva vivo: aveva lezione, no? Lì ad Hogwarts i professori dispensavano la loro immensa cultura anche dopo pranzo!
Mi ricordavo ancora, io, del trauma della lezione post-pranzo: uno aveva appena mangiato, e così si trovava proprio nella fase della digestione, il che implicava quindi il consueto momento di sonno…e, se bisognava, in quei frangenti, dover rimanere attenti alle spiegazioni…oggi volta ci si ritrovava in crisi.
Quanti riposini pomeridiani mi ero fatta, all’epoca, durante Storia della Magia!
E pareva purtroppo che i suddetti professori fossero immuni a questa sorta di…abbiocco. Poveri studenti… Chissà come doveva essere seguire una lezione pomeridiana di Gilderoy… E chissà com’era seguirne una di Piton! Probabilmente gli studenti rimanevano svegli solo grazie al terrore che circolava nel loro corpo.
Non sapevo come insegnasse Severus, esattamente, però potevo immaginarlo, avendo più o meno conosciuto il suo…carattere…che, beh…
Non doveva essere una cosa facile ritrovarselo davanti mentre uno stava preparando una pozione.
Anche se…a dire il vero non doveva essere facile ritrovarselo davanti di colpo in qualsiasi momento, a causa del possibile infarto che sarebbe potuto sopraggiungere al malcapitato di turno.
Ripeto: poveri studenti.
Ma lasciando perdere Piton…
Come fare?
Non potevo di certo andare io a disturbare Gilderoy… Dovevo per forza fare in modo di attirare la sua attenzione. Certo, non con qualcosa che attirasse l’attenzione di tutti, perché altrimenti o sarei passata per egocentrica e vanitosa, oppure sarei parsa ridicola. Il tutto in base a cosa, di preciso, avrei fatto. Ma, appunto: che fare?
Forse avrei dovuto compiere qualcosa che interessasse anche Gilderoy. Ma sconfiggere mostruose forze del male richiedeva troppo tempo…e poi…figuriamoci, insomma, io a combattere contro vampiri, lupi mannari e compagnia bella.
Sì.
E quindi? Bah. Forse sarei parsa superficiale, ma, da ragazza quale ero – e quale sono – avrei potuto puntare sull’aspetto esteriore. Certo, niente di troppo esagerato, ovviamente! Mica dovevo andare in giro in super attillatissime minigonne e in super attillatissime magliette! Insomma, fino a quel livello non mi ci sarei abbassata, però…forse potevo modificare giusto
qualcosina.
Ma cosa (solita domanda inutile)?
Cominciai a pensare.
“Trovato!” Mormorai tra me e me dando una sottospecie di pugno sul tavolo. I ragazzi che stavano stranamente studiando si voltarono tutti a fissarmi.
“Ehm… C’era un insetto.” Dissi loro, per poi fare un gesto con la mano come se stessi buttando per terra qualcosa dal tavolo, e così i ragazzi si scambiarono un’occhiata, mi sorrisero, e poi finalmente tornarono a farsi gli affari loro.
Bene: prima figurina dell’anno. Anzi, no: avevo già buttato del succo di zucca addosso a Piton. Quindi: seconda figurina dell’anno. Vabbè, ma tanto si trattava solo di ragazzi; non erano certamente come qualche altro sadico a caso che godeva delle disgrazie e quindi dell’imbarazzo altrui.
Ma perché continuare a rovinarsi la giornata con simili pensieri poco stimolanti? Avevo trovato uno stratagemma! Sì, un inutile stratagemma, ma sempre di uno stratagemma, appunto, si trattava. E, per definizione, avrebbe potuto fruttare o meno.
…Ok, la definizione esatta non la conoscevo, quindi per quanto ne sapevo magari la mia trovata avrebbe anche potuto semplicemente procurarmi la terza figurina dell’anno.
…Con tutte queste figurine pareva che stessi completando un album.
Ma, vabbè, dettagli.
A parte i giochi linguistici, comunque, un – sì, insomma – un qualcosa da fare l’avevo trovato: mi sarei tinta i capelli.
Scandendo bene ogni singola parola nella mia testa suonava davvero come una cretinata, ma ormai mi ero decisa; tanto, qualora avessi voluto, sarei potuta tornare del mio colore in un batter d’occhio. Quindi: e tinta fu!
Mandai subito una lettera ad un negozio di mia conoscenza, e giusto qualche ora dopo la mia confezione di tinta magica per capelli giunse a destinazione, ovvero tra le mie mani. Da mora sarei magicamente diventata…bionda. D’altronde avevo pensato: Gilderoy curava molto il suo aspetto, giusto? Essendo comunque un personaggio pubblico non era un male… e da quanto sapevo gli piacevano molto i suoi capelli, che, per l’appunto, erano biondi. Forse quello era pure il colore che gli piaceva di più…quindi perché non tingermi? Poi, casomai non avessi attirato la sua attenzione, sarei tornata del mio colore naturale e tanti saluti.
…E comunque, tanto per la cronaca, non ero disperata.
Volevo soltanto metterlo in chiaro.
Ma comunque, alla fine, avevo avuto la mia idea, e quindi mi parve, per lo meno, di aver concluso qualcosa, durante quella noiosissima prima giornata di lavoro. Speravo almeno che il resto dell’anno non fosse stato così, ma comunque…anche quella giornata apparentemente infruttuosa, si concluse, e ben presto giunse l’ora di cena, pasto che, per grazia divina, non avrei consumato relegata nello studio di Miss Pince con la suddetta donna.
Mi ritrovai, infatti, dopo una piccola capatina nella mia camera per darmi un’eventuale sistemata, nella Sala Grande, seduta al mio solito posto. In attesa che la serata incominciasse, mi guardavo intorno, o meglio… sporgendomi leggermente in avanti sul tavolo, guardavo nella direzione di Gilderoy, che stava parlando con la McGranitt. Non riuscivo a vedere la faccia della professoressa, ma potevo ben intuire che fosse Gilderoy a portare avanti la conversazione, dato che comunque mi pareva che stesse parlando molto.
Aveva anche questo pregio!
Ma non riuscii a capire di cosa stessero parlando, purtroppo, anche se riuscii a captare le parole ‘punizione’ e ‘Potter’.
Forse avrei potuto utilizzare il ragazzo come incipit di una possibile chiacchierata con Gilderoy…
E poi, proprio in quel preciso istante, i miei occhi si soffermarono leggermente alla mia destra, e così mi accorsi di come Severus Piton, seduto compostamente e comodamente sulla sua sedia – al contrario di me – mi stesse fissando.
Perfetto. Chissà da quanto tempo mi stava guardando… Avevo fatto qualche faccia strana, mentre mi ‘guardavo intorno’? Speravo veramente di no.
“Hai finito?” Chiese poi lui, all’improvviso.
Rimasi comunque piuttosto perplessa. “Come, scusa?” E mi misi a sedere in maniera decente.
“Hai finito di comportarti in modo così…infantile, Scrooge?”
Lo guardai male. “Non so a cosa tu ti stia riferendo, Piton.”
Ecco. L’avevo pure chiamato per cognome, segno di distacco e di indifferenza completa.
Oh.
Ma lui, nonostante tutto, alzò un sopracciglio continuando a fissarmi.
Merlino, che stress!
Mi girai dall’altra parte e mi misi a guardare il vetro di una delle grandi finestre. Non fuori dalla finestra; mi misi ad osservare proprio il vetro.
Sempre meglio dell’acidità di Piton.
E rimanemmo così, nel completo silenzio… Che allegria, ragazzi.
“Signorina Scrooge!” Mi sentii chiamare proprio in quel momento, e così dovetti voltarmi di nuovo, ritrovandomi davanti il preside che mi sorrideva “Come è andata la giornata?”
“Bene.” Risposi subito, facendo bene attenzione ad evitare che i miei occhi si posassero per qualsiasi motivo su una certa figura scura “Diciamo che non è successo un gran che, ma quel poco che è successo non è stato disastroso, quindi sì…bene.” E sorrisi.
“Fin’ora.” Sentii qualcuno mormorare accanto a me, ma lo ignorai completamente.
“Ne sono contento.” Rispose comunque Silente “Se ci sono problemi non esiti a farmelo sapere.”
“Senza dubbio!”
Mah sì, potevo anche perdonargli il brutto tiro della sera prima.
Quando a Severus, invece… Per il momento pensai che fosse meglio rinunciarci completamente. Fino a quando almeno non sarebbe stato più propenso ad instaurare il dialogo.
…Propenso?
Probabilmente avrei dovuto drogarlo, per ottenere quell’effetto.
Ma vabbè…magari prima o poi si sarebbe stancato di fare il musone acido, chissà.
E…no: non stavo provando compassione. Questo mai!
Per lo meno se tenevo alla mia povera vita.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Beh, che dire... Salve.
E' un bel po' che non mi faccio vedere, in questa long, ma come potrete dedurre da voi, mai dire mai.
Blocco subito il vostro entusiasmo (qualora ci sia xD) per dirvi subito che - no - non ho la più pallida idea, di già, di quando continuerò a pubblicare.
Trovo pochissimo tempo per scrivere, ahimé, quindi aspettatevi un'altra lunga pausa, per il prossimo capitolo ç___ç Però, in ogni caso, avevo questo settimo capitolo già pronto da un bel po', quindi mi sono detta che sarebbe valsa la pena pubblicarlo comunque, no? ^^
Come poi potrete notare da voi, ho apportato qualche modifica alle caratteristiche della storia: ho abbassato il rating, da rosso a giallo, tra i generi ho tolto 'erotico', e tra gli avvertimenti ho tolto 'lemon'. Con una protagonista pazza come Soleil, d'altronde, con tutta la buona volontà... che razza di scena erotica sarebbe potuta venire fuori? XD Perciò ho preferito così ;)
Beh, che aggiungere... Spero che il capitolo vi piaccia, e scusate ancora per il ritardo, sia quello passato che quello a venire!
Un bacio!
Ciao, nì!







Capitolo 7

 

Aaaaaaaaaaaaaarghhhh!!!!
No…. No. No. No. No. No. No.
Nononononononononono!!!!!!!
Non poteva essere successo... Forse stavo semplicemente sognando. Sì, stavo sognando, a cena avevo mangiato un po’ troppo e ora stavo facendo un incubo; un mostruoso incubo.
Doveva per forza essere così.
Non potevo essere così enormemente sfigata. Semplicemente non si poteva! Uno può considerarsi sfortunato se mentre sta copiando un compito in classe viene beccato dal professore, o se si sente male e vomita in pubblico, e se gli si rompono i pantaloni quando si piega per raccogliere qualcosa da terra, e se gli cade la bacchetta nel water, e se per sbaglio si trasfigura in un asino invece che in un unicorno.
Quella era sfortuna. Non c’è che mi stava accadendo in quel momento! Quello che stava succedendo a me poteva considerarsi come l’effetto dell’aver ingerito una infelix infelicis. Perché… no. Bisognava mettercela davvero tutta per riuscire ad ottenere un simile risultato.
Cos’era successo?
Cos’era successo?!
Lo dirò così, semplicemente, senza giri di parole, in modo da poter evidenziare e mettere a nudo tutta la mia cretinaggine e/o sfortuna nera:
avevo i capelli verdi. Verdi. Certo, c’erano comunque ancora delle ciocche del mio colore naturale, ma erano poche, e poi… verdi.
Come iniziare bene una nuova mattinata, quindi.
……Mi veniva da piangere.
Tutto era cominciato proprio quella stessa mattina, mattina in cui avevo deciso di farmi bionda come da me prefissato il giorno prima con tanto entusiasmo. E così mi ero fatta una doccia, mi ero vestita tutta carina e poi avevo preso la scatola di quella tinta malefica. Ed ovviamente avevo cominciato a leggerne le istruzioni.
Oddio, i capelli verdi.
Sigh.
Sì, ehm, dicevo.
Incominciai a leggere le istruzioni:
‘Applicare la crema sul cuoio capelluto ed indossare l’apposita cuffia per favorire il corretto funzionamento della Magi-tinta.’
Sì, insomma… Forse non ero una vera e proprio cima (solo a volte, però), ma sarei riuscita ed eseguire quelle semplici indicazioni, no? A quanto pare, no. Il che confermava non solo che non fossi una vera e propria cima, ma anche che, casomai fossi invece stata una cima, suddetta cima avrebbe per forza appartenuta alla famiglia delle rape.
Che bella autostima.
Ma comunque… Mi misi quella maledetta tinta e mi misi pure quella cuffia orribile.
Insomma: era rosa.
E io odiavo il rosa.
Per di più per le  cuffie.
Diamine, sbaglio o con una cuffia rosa in testa uno sembra leggermente… pelato? Considerando poi che ci sono dei ciuffetti di capelli che spuntano fuori dai bordi di questa stupida cuffia, l’effetto è, a mio ed unico modesto parere, disarmante. Per non dire orrendo.
Vabbè.
Dunque, mi misi questa crema e questa cuffia sperando che quella mattina nessuno si preoccupasse di bussare alla mia porta.
Mica Gilderoy si sarebbe svegliato, quel giorno, con l’intenzione di farmi una dichiarazione d’amore proprio prima di colazione, no?! Ecco. Probabilmente se non mi fossi data una mossa questa dichiarazione, non me l’avrebbe fatta mai.
Mai.
Già, è alquanto deprimente.
Ma comunque… Farmi vedere da lui con una cuffia da pelata non rientrava propriamente tra le mie priorità.
Comunque… Quel è stato il mio errore fatale? In pratica, con quella roba in testa, mi sono messa a vagare per la mia stanza. Esatto: a vagare. Fino a quando, poco dopo, ho iniziato a chiedermi per quanto tempo dovessi rimanere conciata in quel modo; e allora sono andata a prendere la scatola della tinta e ho approfondito la lettura del suo retro: diceva ‘tre minuti’.
E io l’avevo tenuta in testa sei minuti e quarantanove secondi, quindi nettamente più del doppio. Sono corsa in bagno, allora, mi sono tolta il tutto e poi mi son guardata allo specchio.
E così ho avuto la mia bella sorpresa.
Ripeto: mi veniva da piangere.
Non sapevo che fare! Come potevo andare in giro così?!
Ma forse potevo ancora rimediare, così presi la scatola e la lessi a fondo, per trovarci scritto sopra che per tornare del mio colore naturale dovevo aspettare almeno ventiquattr’ore.
Per-fet-to.
Avevo i capelli verdi.
Sì, lo so che si era capito anche prima, ma è sempre meglio ribadirlo: avevo i capelli verdi.
Sigh.
Ma comunque, nonostante questa mia ennesima disgrazia orribile, mostruosa, apocalittica, abnorme, schifosa, imbarazzante, ripugnate, er--
Sì, insomma, nonostante questa disgrazia, non potevo comunque rimanere in camere. Purtroppo. Era un giorno lavorativo, quello, anzi, più precisamente il mio secondo giorno di lavoro, e non potevo spacciarmi per malata.
Non così presto, almeno.
Quindi che diamine dovevo fare?! Oh mio Dio, ma perché?! Gilderoy non doveva assolutamente vedermi così! E poi… Sarei stato uno zimbello! Ma… Forse i professori non mi avrebbero preso in giro, dopotutto… Diamine, non sarebbero stati bastardi fino a questo punto!
Non tutti, almeno.
Cioè… Tutti tranne uno, a dirla tutta.
Già.
Se Severus mi avesse vista così non avevo idea di cosa avrebbe potuto dirmi.
Ma qualsiasi cosa fosse uscita dalla sua bocca – chissà come mai – non pensavo che sarebbe stata molto… consolatoria.
Si sarebbe fatto quattro belle risate, lui.
Che cavolo.
Non potevo farmi vedere così, non c’era via di scampo. Però dovevo uscire di lì comunque: in primis perché dovevo andare a fare colazione, in secundis perché, come già detto, dovevo lavorare.
E così mi tolsi il maglioncino blu che mi ero messa ed andai all’armadio, prendendomi una bella felpa nera con un cappuccio molto… coprente. E poi, tornata in bagno, mi rimisi davanti allo specchio.
Dio Santo, mi facevo sempre più paura.
Ma comunque cominciai a pettinare quegli pseudo-capelli che mi ritrovavo in testa, e mi feci una coda alta, con tutti i capelli, ovviamente, tirati indietro il più possibile. E poi mi misi il cappuccio.
…………
Che cosa ridicola.
Sospirai, non potendo fare altrimenti, e mi truccai, e poi, già che c’ero, presi piuma e calamaio e aggiornai la pergamena attaccata allo specchio:
Mai sottovalutare le istruzioni di una tinta (soprattutto se bionda).
E così, a quel punto, dopo aver fatto l’ennesima faccia demoralizzante guardandomi ancora allo specchio, dopo un più che sonoro sospiro, aprii la porta della mia camera ed uscii allo scoperto.
Anche se in giro non c’era nessuno, io mi tirai il cappuccio ancora più davanti al viso: non doveva vedersi nemmeno un minimo di verde. Nemmeno un minimo! Gilderoy non doveva vedermi assolutamente così, per nessuna ragione al mondo. Chissà che avrebbe pensato di me!
E poi Severus… Merlino, ti prego, fa che non se ne accorga, o non riuscirei più a sopportarlo.
Mi sentivo in trappola, condannata, come se ogni passo che compivo verso la Sala Grande fosse un passo verso il patibolo.
…Ero un filino melodrammatica, eh?
Ma dovevo per forza fare colazione, se volevo sperare di riuscire a reggere una giornata in biblioteca, che, secondo me, sarebbe stata esattamente uguale a quella del giorno prima.
Altro che dichiarazione d’amore di Gilderoy! Aspettasse almeno che i miei capelli fosse del colore giusto!
…Non che ci sperassi più di tanto, in una cosa del genere.
Comunque…
Che amarezza.
E così, tra questi pensieri che sapevo mi avrebbero, durante quella giornata, portato a multiple autodistruzioni emotive, raggiunsi la Sala Grande. Un gruppetto di studenti mi passò davanti per entrare dalle porte principali, e notandomi uno mi disse pure ‘buongiorno’. Io risposi con un sorriso e poi mi intrufolai nella porta che mi aveva mostrato Severus il giorno prima. Una volta che me la fui richiusa alle spalle mi ci appoggiai con la schiena e feci un respiro profondo.
Mamma mia, un po’ di coraggio, Soleil! Non stai andando contro un Ungaro Spinato, quindi puoi farcela.
Cominciai allora a camminare per quel piccolo corridoio, e ben presto giunsi proprio in Sala Grande. Entrai, e sperando che nessuno notasse la mia presenza andai a sedermi al mio solito posto, nel più totale dei silenzi.
Ero davvero come una tomba.
Fortuna che, parlando di tombe, anche il cadaverico tipo alla mia destra – ebbene sì, lui c’era – era di poche parole, quindi pensavo che non avrebbe chiesto o detto alcunché.
Ovviamente, parlando di Severus Piton, ogni speranza è più che vana.
“Ti sei iscritta a una qualche setta, ultimamente, Scrooge?”
Ecchelallà.
Eh, lo sapevo, io, che non si sarebbe stato zitto. Era ovvio che non lo sarebbe stato.
Lapalissiano proprio.
“Oggi mi va così, ok?” Risposi, un po’ scorbutica, forse “E poi non sono affari tuoi.”
E ora qualche nozione scientifica: l’occhio umano è un qualcosa di davvero, ma davvero affascinante; difatti, una delle sue caratteristiche, e che riesce a vedere a circa 180 grandi, intorno a sé. Ed è proprio per questo che, nonostante stessi fissando il piatto ancora vuoto di fronte a me, vidi che Severus aveva appena inarcato un sopracciglio.
“Siamo nervosi, stamattina.”
Noooo, ma come gli era venuto in mente?
Ma comunque, per non rischiare di espormi troppo e in una maniera che avrebbe potuto andare a mio completo ed unico discapito, semplicemente… non risposi, ma rimasi nel più completo silenzio, sempre con lo sguardo rivolto verso il mio piatto, sul quale, adottato il sistema del mutismo, stavo incominciando ad adagiare delle fette di pane tostato.
Sentii Severus sbuffare infastidito, allora, ma continuai ad ignorarlo, e così lui cominciò a fare altrettanto con me.
Mangiai, a quel punto, il mio pane con le uova strapazzate, il tutto contornato da un bicchierone di succo di zucca.
E poi, quando il tizio accanto a me aveva capito che non era giornata, ed io avevo la bocca piena di uova, sentii una pacca sulla mia spalla, il tutto contornato da un:
“Ciao, Soleil!”
Fu proprio in quell’istante che mandai a quel paese tutte le persone da me conosciute, vive o morte che fossero.
Era Gilderoy.
Cominciai a tossire, quasi a sputacchiare, per il colpo. Le mie mani, a quel punto, non potei non portarle al mio cappuccio, calcandomelo ancora di più sulla testa.
“Ehm… ehm, coff-” Fu la mia risposta, e allora presi fiato “Ciao, Gilderoy.”
Lui si appoggiò con la braccia sul tavolo, alla mia sinistra.
Ma perché, perché?! Qualcuno ce l’aveva con me, per caso?! Non potevo stare in pace, per quel giorno? Solo per quel giorno?!
Evidentemente qualche forza suprema aveva deciso di no.
“Allora, come va il lavoro?” Mi chiese, allora “Anche tu alle prese con ragazzi ammaliati, Soleil?” E fece un sorriso.
Feci una faccia un po’ perplessa. “Ammaliati da cosa?”
“Ma come da cosa, da te!” Esclamò, al che, dopo aver capito quello che aveva detto, mi sentii arrossire.
“Io… io non…”
“Ma sì! Può capitare, ad una ragazza come te, no? E posso capire come ti senti, d’altronde sono stato eletto per cinque volte come Sorriso Più Affascinante dal Settimanale delle Streghe!” E sorrise di nuovo.
“Ehm, io… sì, lo so…”
“Non mi dire!” Esclamò allora Gilderoy “Non mi vorrai lasciar intendere di essere una mia fan!”
A quelle ultime parole mi sentii di nuovo arrossire. Feci un bel respiro.
“Beh, ehm… ho letto molti dei tuoi libri, comunque.”
Il sorriso sul volto di Gilderoy aumentò.
“Ah! Perfetto allora!” Disse.
Poi smise di guardarmi e osservò qualcosa dietro di me.
“Oh, buongiorno professor Piton.” Aggiunse a quel punto.
Dietro di me sentii un rumore indistinto, come delle parole masticate tra i denti. Poi sentii, sempre rimanendo voltata verso Gilderoy, delle posate posarsi su un piatto, una sedia strusciare per terra, e infine dei passi allontanarsi.
Beh, sì, salutare la gente prima di andarsene è un optional, vero, Severus?
Ma vabbè, per quella volta potevo pure perdonarlo; d’altronde non ero stata troppo gentile, con lui, quella mattina. E poi, se dovevo prendermela per tutte le volte che lui faceva l’odioso, l’antipatico e l’acido, avrei dovuto ucciderlo seduta stante.
Quindi, in conclusione, mi strinsi nelle spalle e continuai a guardare Gilderoy, che posò, allora, di nuovo gli occhi su di me.
“Beh, stavamo dicendo?” Fece “Ah, sì… dicevo, se vuoi un giorno di questi possiamo parlare dei miei libri, che ne dici?”
Il mio cervello ci mise un po’, a connettere, prima che riuscissi a rispondere.
“Io… Certo! Come no! Quando vuoi tu, Gilderoy.”
Lui allora mi sorrise per l’ultima volta, prima di congedarsi con quel gesto; io ricambiai, e allora lui si allontanò, prima di andare, probabilmente, a prepararsi per le sue lezioni mattutine.
Passarono circa cinque minuti – credo – prima che riuscissi di nuovo a respirare normalmente, senza che sembrasse che fossi in preda alle convulsioni.
Cavolo, avevo avuto una conversazione vera con Gilderoy!
E il tutto nonostante il mio orribile cappuccio nero!
Oh, Merlino, potevo anche morire, in quel momento, e non mi sarebbe importato.
A quel punto, mentre sulle mie labbra spuntava un tenue sorrisetto che pensavo mi avrebbe accompagnata per tutta la giornata, mi guardai intorno, rendendomi così conto che se n’erano andati quasi tutti, e che quindi sarebbe stato meglio dirigersi in biblioteca.
I miei – argh! – capelli verdi parevano quasi meno spaventosi, in quel momento.
Ma solo in quel momento.
Arrivai in biblioteca, allora, e cominciai la mia giornata di lavoro. L’umore mi era migliorato, rispetto a quando avevo capito di poter passare per un Metamorfomagus, ma non mi scordai – assolutamente no – cosa si nascondesse sotto il mio cappuccio, che rimase ben saldo – per quanto un cappuccio possa definirsi ‘saldo’ – sopra la mia testa.
Come avevo immaginato, comunque, la giornata fu molto simile a quella precedente, con la differenza che stavolta, per lo meno, non ci furono momenti in cui qualcuno mi sorprese con un sorriso da paralisi facciale, o in un atteggiamento da moribonda.
Anche perché, forse in entrambi i casi (anche se avevo qualche dubbio per quanto riguardava la paralisi facciale), mi si sarebbe potuta scoprire qualche ciocca verde, quindi era meglio evitare.
Il che voleva dire: atteggiamento da statua di sale.
Per fortuna, almeno, non avevo dovuto muovermi tra gli scaffali vari su e già per le scale alla ricerca di qualche sconosciuto libro che qualche studente stava cercando, il tutto perché semplicemente, di studenti, neanche quella mattina ce ne furono molti. Giusto un piccolo gruppetto, a dire il vero (no, non lo stesso del giorno prima), ma i membri di quel gruppo si erano messi a studiare sui loro libri, quindi non erano dovuti venire a disturbarmi.
Ergo: tanta pace per me, he! Tutta la pace che c’è, he!
Sì… probabilmente tutta quella cosiddetta pace mi stava dando fin troppo alla testa.
Ma comunque, prima che impazzissi completamente – per fortuna… credo – arrivo l’ora di pranzo, e così Miss Pince mi venne a chiamare, invitandomi ad andare a mangiare nel suo studio.
Invitandomi.
Come se poi fossi potuta andare da qualche altra parte… Ma vabbè: sorvoliamo.
Entrai nel suo ufficio, a quel punto, e mi sistemai al tavolo che era stato magicamente apparecchiato per due, e subito dopo Miss Pince fece lo stesso. E poi, ovviamente – altrimenti il trovarsi lì sarebbe sembrato leggermente senza alcuno senso –, comparvero le pietanze. Stavo proprio per cominciare  a mangiare, quando la voce della donna accanto a me mi risveglio dai – piuttosto apatici, a dire il vero, in quel momento – pensieri.
“Che fai ancora con quel cappuccio in testa, Soleil?”
La guardai senza rispondere, per un momento. “Preferisco stare così, er, al momento.”
L’er era stato fondamentale, ovviamente.
“Ma siamo a tavola!” Continuò, però, lei “Anche a colazione ho visto che lo indossavi, e infatti non mi è parso molto secondo qualunque tipo di bon ton…”
……Ma i cavoli tuoi te li puoi fare, donna?
Non ero ancora abbastanza esaltata per Gilderoy da mostrare i miei capelli smeraldini a chicchessia!
E il fatto che colei che avevo davanti fosse una mia parente – vabbè! – la faceva comunque rientrare nel gruppo formato dai tanto Chicchessia. Il ‘Chicchessia’s Group’.
“Preferirei così.” Ripetei, infatti “Per favore!” Aggiunsi poi ad una delle sue eloquenti occhiate.
“Oh, no, mia cara, assolutamente no!”
E prima che potessi anche solo iniziare ad accorgermi di quello che stava facendo, si sporse verso di me mi abbassò il cappuccio. Istintivamente – ed intelligentemente, è ovvio – le mie mani andarono a coprire quella prateria che sorgeva sulla mia testa, nel seppure vano tentativo di nasconderla. L’espressione di Miss Pince era assolutamente sbalordita: aveva la bocca aperta, e il suo sguardo saettava dai miei capelli ai miei occhi in continuazione.
Mi rassegnai, a quel punto, anche perché non che potessi fare altro, no? E così misi giù le mani.
“Ma… ma… ma cos’è successo?!” Esclamò lei.
Sospirai. “Uno stupido errore di stamattina.” Risposi “Dovevano diventare biondi, e invece…”
“Ma c’è un rimedio, non è vero?”
“Sì, certo!” ma devo aspettare, purtroppo.”
Lei fece una smorfia, non come per dire che ero stata scema o quant’altro; probabilmente per farmi capire che mi compativa.
Beh, meglio di niente.
E poi, proprio in quel momento, qualcuno bissò alla porta, alla quale io, peraltro, davo le spalle, ed immediatamente mi rinfilai cappuccio. Dopo essermi presa un colpo, comunque, per la precisione.
“Oh!” Fece allora Miss Pince, scattando in piedi “Aspettami qui, cara.”
E che si muoveva…
Da notare l’entusiasmo delle mie parole.
Sentii, allora, la porta si apriva.
“Oh, Severus,” Disse Miss Pince “dimmi pure.”
E ti pareva!! Merlino, fortuna che aveva il cappuccio in testa; e che gli stavo dando le spalle, così non avrei visto il suo sopracciglio alzato. Perché presumevo che fosse alzato.
Pareva dotato di vita proprio, quel sopracciglio.
“Mi spiace se ti ho rovinato il pranzo, Irma, ma non trovo più i libri dello scorso anno, nell’armadio delle scorte della mia classe.” Rispose Severus con la sua voce… Beh, con la sua voce “Mi chiedevo se magari, per errore, qualcuno non li avesse portati qui.”
“Uhm.” Fece Miss Pince “Controllo subito, Severus, ci metterò un paio di minuti.”
E poi la porta si richiuse, facendomi così capire di essere rimasta da sola.
Oh beh, nel frattempo potevo pure assaggiare una tartina, no?
E infatti così feci: ne presi una e me la infilai in bocca, placando, così, un po’ il mio stomaco, che stava iniziando a farsi sentire. Mi tirai giù il mio ormai fedele cappuccio, a quel punto, tanto era nella più completa solitudine, e presi un’altra tartina tra le dita, quando una voce dietro di me pronunciò tre singole parole che mi trafissero da parte a parte:
“Oh. Per. Salazar.”
E mi colpirono non solo perché mi fecero prendere l’ennesimo colpo – notare il pietoso gioco di parole – ma perché riconobbi all’istante il proprietario di quella voce.
La tartina cadde nel mio piatto producendo un sonoro cling!, ed io mi voltai di scatto, dopo – ormai è anche inutile dirlo – essermi rimessa – di nuovo – il cappuccio.
Ecco come un incubo, pensavo, poteva benissimo diventare realtà in quattro e quattr’otto.
Perché, beh… farti vedere da Severus Piton con degli imbarazzanti capelli verdi non era proprio il massimo della gioia.
“Non si bussa più?” Feci, seccata, cercando di nascondere il mio disagio.
Lui alzò il sopracciglio (che novità!). “Perché avrei dovuto, dal momento che non sono mai uscito da questa stanza?”
Sbattei le palpebre un paio di volte.
“Come, scusa?” Dissi “Vuoi dirmi che da quando Miss Pince se n’è andata tu sei sempre stato qui dentro?”
“L’ho appena detto, Scrooge, se tu non capisci…”
“Non l’hai detto, l’hai lasciato intendere, Piton.
Lui alzò per un momento il sopraciglio, mentre poi, per chiudere la sua mimica facciale in bellezza, ghignò.
“Sai,” Disse “non credo che in questo momento quale siano state le mie parole esatte sia un argomento di conversazione interessante. Non come, almeno, quello che ho appena avuto l’occasione di vedere a causa della tua… poca capacità di osservazione.”
Quante parole maledettamente inutile e snervanti, per di più.
“I miei capelli non sono un argomento di conversazione, grazie tante!” Esclamai, mettendomi in piedi, a quel punto.
Il suo malefico ghigno ricomparve. “Non so se l’hai notato, ma sono…”
“Lo so di che colore sono, non c’è bisogno che me lo ricordi!” E sbattei un piede a terra.
Lui, a quel punto, fece qualche passo in avanti, fermandosi a poca distanza da me. Severus allungò, allora, una mano verso la mia faccia, e temetti che volesse fare qualcosa tipo strozzarmi o darmi un ceffone; ma invece di scappare o di per lo meno provare a reagire, semplicemente mi strinsi nelle spalle e strizzai gli occhi.
Probabilmente, semmai qualcuno avesse dovuto decidere di uccidermi, neanche avrebbe trovato tutta questa grande difficoltà nel realizzare i suoi piani.
Ma comunque, io, rimasta in quella posizione, sentii la mano di Piton andarmi ad abbassare il cappuccio.
E poi sentii uno sbuffo.
Ma non uno sbuffo di compatimento o – magari – di rammarico.
Era uno sbuffo di divertimento.
Bastardo.
A quel punto riaprii gli occhi, potendo così notare che Piton stava ancora fissandomi la testa.
“E come avresti fatto per procurarti una cosa del genere?”
Lo guardai dubbiosa, dal basso verso l’alto.
“E a te cosa interessa?” Risposi.
Lui mi guardò negli occhi, a quel punto.
“In effetti,” Disse “poco meno di niente.”
Fece un passo indietro, dando di nuovo uno sguardo alla mia capigliatura.
“Potresti benissimo andare a lavorare in un circo, conciata così.” Sentenziò.
Ero molto, molto tentata di mandarlo definitivamente a quel paese con un biglietto di sola andata, ma la sua espressione mi bloccò un momento: sembrava come se avesse capito qualcosa di importante.
E poi, per l’ennesima volta, ghignò. Il che, non so come mai, non mi rassicurò molto.
“Tu ti chiami Soleil, non è così?”
Wow. Ero quasi commossa.
“Vuoi che ti faccia un complimento per la memoria?”
Il ghignò malefico non sparì.
“Pensavo… ad un circo babbano. Com’è che si chiama? Ah, sì… Cirque du Soleil.”
E quindi? Voleva fare lo spiritoso? Beh, non ci stava riuscendo.
Anche volendo non potei rispondere, comunque, perché proprio in quell’istante la porta dello studio si aprì di nuovo, e ricomparve a Miss Pince.
Accidenti a lei e al suo chiudere le porte davanti a uomini troppo silenziosi per potere segnalare la loro presenza con un rumore.
Ecco.
All’inizio, a dire il vero, Miss Pince guardò me, probabilmente non aspettandosi di vedere i miei capelli verdi in bella vista, ma quasi subito lasciò perdere me e si rivolse all’unico uomo – semmai fosse stato un umano davvero, e non un Dissennatore in borghese, teoria che stava sempre prendendo più piega nella mia testa – nella stanza.
“Severus, ho controllato, e di libro ne ho trovati due.” Disse la nuova arrivata, che, in effetti, aveva dei libri in mano “Sarà stato qualche studente distratto.”
Piton, allora, si girò verso di lei.
“Come al solito…” Commentò, e prese i libri che Miss Pince gli stava porgendo “Grazie, comunque, Ines. Torno al mio, di lavoro, allora.”
E poi, inaspettatamente, si voltò verso di me.
“Ci vediamo a cena, Cirque.” Disse, calcando l’ultima parola.
Io lo guardai malissimo, con uno sguardo a dir poco omicida, ma lui non batté ciglio, e, senza dire altro, se ne andò.
Definitivamente.
Per lo meno mi aveva finalmente privata della sua presenza.
Miss Pince, allora, chiuse la porta.
“Chi è Cirque?” Chiese lei, un po’ perplessa.
Io sospirai, rassegnata.
“Una sfigata.” Risposi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Ebbene sì, sono ancora viva! XD
Che dite, vado con il capitolo? ...Spero di essere il più veloce possibile, ad aggiornare, stavolta, impegni permettendo! :)
Spero vi piaccia, yo-oh! :3
Ciao, nì!






Capitolo 8


 
Il giorno dopo, esattamente alla fine delle ventiquattro ore previste dalla scatola della maledetta tinta per capelli, grazie a Merlino, tornai del mio colore naturale di capelli.
Anche se poi non ho mai davvero capito perché di parlasse così tanto di Merlino. Insomma, stavano tutti a dire ‘Per Merlino’, ‘Grazie a Merlino’, 'Santo Merlino’. Perché Merlino doveva avere quest’aura di… divinità? Era anche stato un Serpeverde, quindi figuriamoci quanto potesse essere stato santo. Tutti che bistrattavano la povera Morgana, o Circe, o Kamir della Steppa.
Sì, ok, l’ultimo me l’ero inventato.
Per non parlare poi dei tizi a caso che ad ogni alzata di occhi al cielo condivano tutto con un ‘per Salazar’. Anche il ‘Per Godric’ era molto utilizzato, poi! Mentre gli altri… Niente.
Ecco, da quel momento in poi avrei iniziato una mia personale lotta di protesta verbale, e ad ogni frase me ne sarei uscita con un ‘Santa Tosca’ o ‘Per il diadema di Cosetta’!
Sì, uhm… E’ lodevole, no?
Ma comunque… I capelli…
Ebbene, ero tornata del mio consueto colore di capelli, grazie a Tosca, e ora potevo andarmene in giro baldanzosa e spensierata per la scuola senza destar sospetti. Beh, col fatto che dovevo restarmene sempre in biblioteca il mio girovagare si riduceva al solo percorso che mi separava due volte al giorno dalla Sala Grande per consumare i pasti, quindi avevo relativamente ben poco, di cui gioire.
Che poi, una volta, un tizio aveva pure detto: “Mi attirava molto l’idea di lavorare in una biblioteca, un luogo dove la gente è costretta a parlare sottovoce e solo quando è necessario.”1
Beh, no. Evidentemente il Tizio non era mai stato veramente senza far niente. E per la cronaca ciò non voleva dire che io fossi una nullafacente.
Ma in ogni caso… I pasti in Sala Grande! Che brutta, brutta cosa… Il brutto, brutto tizio a caso accanto a me, infatti, aveva ormai preso la brutta, brutta abitudine di chiamarmi in quel brutto, brutto modo: Cirque.
Sì, era tutto molto brutto, già.
Che poi, per precisare, non era che, in sé, un simile appellativo mi facesse così schifo. Era pure carino, a modo suo. Ma Piton (il famoso tizio a caso), voleva forse chiamarmi così per risultare… carino e divertente? No! Ovvio che no! Lo faceva, lui, solo per ricordarmi della mia grande e patetica figuraccio, e della pessima capacità che avevo di maneggiare anche la più comune delle tinte magiche. Ecco. Ma tanto che potevo aspettarmi da un uomo del genere. Mah.
Ciò che mi era comunque diventato chiarissimo, invece, era che mai più sarei ricorsa ad una tinta, questo era poco ma sicuro. D’altronde ero riuscita ad attirare – sì, insomma, più o meno – Gilderoy con persino un cappuccio in testa… Avrei potuto fare di meglio, no? Diamine, mi aveva proposto di passare del tempo insieme er— in futuro, e neanche ero stata al meglio! Insomma! Meritavo un applauso!
…Sì.
Però, nonostante proprio Gilderoy mi avesse fatto una tale e meravigliosa proposta, ancora non si era deciso a voler riprendere l’argomento. Ed erano passati ben quattro giorni! Dovevo preoccuparmi? Ancora – e di nuovo – Gilderoy mi parlava solo per salutarmi. E basta. Come avrei dovuto interpretare un tale comportamento? Forse era timido… No, non era sicuramente possibile.
Allora ero io che lo intimorivo! Perché… Perché… Perché era innamorato di me!
……
No.
Fermi tutti.
Cancellate la scemenza di poco fa.
Non era che allora Gildeoy avesse trovato qualcun'altra?!
Che sempre fosse maledetta, quella… sgualdrina! Porca Cosetta!
…No, no, di nuovo fermi tutti.
Come avrebbe potuto? Insomma, un’altra chi sarebbe potuta essere? Non una studentessa, senza alcun dubbio. Chissà quante regole avrebbe infranto, un flirt del genere. L’onore di Gilderoy ne sarebbe stato macchiato.
Come il caffè.
Sì, beh, il caffè: più macchiare ma anche venir macchiato a sua volta; è l’esempio migliore, nella categoria della macchie.
Ma insomma! Gilderoy non poteva frequentare una studentessa. Quindi non la frequentava. Fine della storia, ecco.
Ma allora chi? Un… professoressa, forse?
Mi sporsi leggermente più in avanti, rispetto al mio piatto – oh, già, mi trovavo proprio in Sala Grande per il pranzo – per esaminare un po’ meglio le mie… colleghe.
O rivali-aspiranti-cadaveri, che dir si volesse.
Uhm.
Suvvia. Gilderoy aveva combattuto contro creature malvagie di tutti i tipi, ma non avrebbe potuto avere il gusto dell’orrido fino a tal punto. Alla fin fine io ero veramente la più giovane e possibilmente abbordabile creatura di sesso femminile facente parte dell’‘Hogwarts’ staff’.
…Oddio, ero praticamente la più giovane (ma non troppo giovane – e questo non voleva dire ‘vecchia’), seduta a quel tavolo!
Mi si aprì involontariamente un grande sorriso sul volto, a quel pensiero.
“Quella faccia nasce dal presupposto che hai appena trovato qualcosa come il tuo posto nel mondo, Cirque?”
Mi riscossi improvvisamente da quello stato di semi-torpore in cui ero appena caduta.
“Scusa?” Chiesi, e mi girai verso Severus – e chi, altrimenti?
“Stai sorridendo. Al nulla e da sola. Spero che ciò sia dovuto ad un parto del tuo cervello che sia più rilevante del solito.”
Io lo guardai seria, per un momento, leggermente irritata, ma poi sorrisi anche a lui.
“A te non capita mai di essere semplicemente contento?”
Oh, l’avevo detto proprio col tono di chi si sarebbe aspettato una piccata risposta negativa. E difatti ottenni, poi, un tenue borbottio. E un’occhiataccia delle sue, ma tanto era routine. La cosa importante era che avevo appena azzittito Severus Piton! Dovevo segnarmi quella data sul calendario.
Ma tornando alle cose serie… Che dovevo fare con Gilderoy? Dovevo per forza portare avanti una conversazione di qualsiasi tipo, come primo… approccio. Tutti sapevano, praticamente, che giusto un paio di giorni prima, come da lui gentilmente e premurosamente chiesto alla professoressa McGranitt, lui aveva avuto il compito di ‘punire’ il piccolo Harry Potter per aver fatto quel macello con la macchina volante. Ma Gilderoy non si era comportato da despota o da antipatico! Da come l’avevo sentito dire a Sibilla Cooman, mentre casualmente stavo passando di fronte all’aula professore mentre vi era all’interno anche Gildeoy, suddetto Gilderoy aveva provveduto a migliorare l’educazione di Harry!
E ora, proprio quel ragazzo, era lì, alla tavolata, a bisbigliare con i suoi due amici.
Chissà se stavano parlando di Gilderoy? Certo, prima che un altro bambino li fulminasse con il flash di una macchina fotografica.
Aha.
Ma io avevo altro a cui pensare, difatti, non appena il pranzo finì – “Ciao, Severus!”, “Sgrunt.” – io dovetti tornare alla mia sedia in biblioteca. Però non rimasi a lungo a morire di noia, stavolta: quando infatti era arrivato l’orario, più o meno, della fine delle lezioni, decisi di ingannare abilmente Miss Pince per uscire di lì.
Beh, non che ci volesse chissà che, le avevo solo detto che sarei andata a prendermi un giacchetto un po’ più pesante, ma… Ero finalmente uscita dalla biblioteca, avendo così qualche minuto a disposizione; dovevo solo portarmi nelle vicinanze dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure e passare di fronte alla porta proprio mentre Gilderoy stava uscendo.
Geniale.
Mi appostai così appena dietro l’angolo, sporgendomi con la testa quel tanto che bastava per poter tenere d’occhio il corridoio deserto; quando la porta dell’aula si sarebbe aperta, io avrei iniziato a camminare con molta nonchalance. Così rimasi semplicemente in attesa, sperando che comunque Gilderoy si sbrigasse, perché – ahimé – avevo i minuti contati.
Le mie orecchie erano tesissime, in grado così di percepire ogni minimo spostamento d’aria che mi avrebbe annunciato l’arrivo di Gilderoy. O anche quello di chiunque altro, dato che, ferma com’ero, appiccicata a quel muro, non sarebbe stato molto… gratificante farmi trovare in quella posizione. Quindi rimasi con i sensi all’erta, in stile predatore.
“Che co…”
Queste due semplici parole, anzi, questa parola e mezza, proveniente da esattamente dietro di me, ,bastò a farmi sobbalzare all’improvviso. Mi girai di scatto quasi spaventata, solo che, quando compii tale gesto, non so che accadde precisamente, ma mi sentii urtare qualcosa con un braccio, e subito dopo udii un distinto rumore di vetri infranti e una soffocata imprecazione.
Alzai gli occhi, a quel punto, appiattendomi ancora di più addosso al muro.
Andiamo. Non c’è bisogno di dire chi fosse.
…Mannaggia a Morgana.
“Sappi, inutile sciocca, che hai appena reso totalmente inutile il lavoro di quasi due ore!”
Guardai a terra, vedendo così diverse boccettine sparse sul pavimento. Molte di esse si erano proprio rotte, difatti vi era anche un residuo di pozione sparso un po’ dappertutto.
Rialzai lo sguardo su Piton, che nel frattempo non si era mosso neanche di un millimetro; mi stava guardando con un’espressione furiosa, e… era una vena pulsante quella cosa che intravedevo sul suo collo?
Iniziavo ad avere leggermente paura.
“Io… Mi dispiace, Severus, scusa!” Mi abbassai subito sulle ginocchia, cominciando a raccogliere i residui delle varie fiale e provette, facendo attenzione a non tagliarmi “Però tu hai proprio un bel vizio, eh, a comparire improvvisamente dietro le persone!”
Alzai appena lo sguardo, da terra, e lo vidi incrociare le braccia al petto, irritato.
“Ah, quindi secondo la tua logica sarebbe colpa mia? Che faccia tosta.”
“Metà e metà?”
“Ma neanche per sogno.”
Sbuffai, e mi rialzai la terra con le mani piene di vetri.
“Non esiste un contenitore per portare queste cose?”
“E’ dietro ai tuoi piedi. Se solo la finissi di stare con la testa tra le nuvole…”
“Ehi, ripeto: se tu che compari senza fare neanche un minimo rumore! Io avevo tutti i sensi all’erta.”
Misi le provette rotte nella scatole che effettivamente era per terra accanto a me.
“Pensa te.”
“Cosa?”
“Se questo era il tuo massimo livello di attenzione, Scrooge non oso immaginare cosa potresti combinare in altre circostanze.”
Feci una pausa, decidendo che, a quel punto potessi anche sorvolare.
“Oh.” Dissi allora “Adesso mi chiami di nuovo Scrooge?” Feci un mezzo sorriso storto, dopo aver parlato.
Lui invece fece una pausa. E poi una smorfia, che non assomigliava affatto ad un’altra specie di sorriso storto.
“Sì.” Rispose poi lui “Perché sono irritato.”
Bene. La cosa non mi rassicurava affatto.
“Beh, ehm… Scusa ancora, Severus.” Gli porsi il contenitore che ancora tenevo in mano “Solo che devo proprio andare – er – adesso.”
Meglio defilarsi.
“Oh, non penso pro…”
“Ehilà!” Disse improvvisamente qualcun altro accanto a noi “Interrompo qualcosa?”
Gilderoy!!
No, un momento… Che aveva appena detto?!
Ma io guardai comunque Gilderoy con un grande sorriso: finalmente mi avrebbe portata via da quel nasone e tutto sarebbe andato secondo i miei (primordiali) piani!
Oh, grazie, Maga Magò!
“Sì, Allock, hai interrotto me!” Se ne uscì Severus.
Calma, ragazzo.
“Ma comunque avevamo finito, no?” Feci allora io, sbrigativa, per porre fine a quel siparietto abbastanza inutile. E proprio perché c’era anche Piton che stava facendo il terzo incomodo.
Il mio casuale incontro con Gilderoy stava andando definitivamente a farsi benedire, evviva.
“Cosa?” Disse però proprio Severus “Non penso proprio, Scrooge.
…Eh?
“Ma perché, che c’è ancora?”
Alzai appena gli occhi al cielo, ma me ne pentii subito, dato che quando riabbassai lo sguardo mi ritrovai Piton che mi stava puntando un dito contro, all’altezza del mio mento.
C’è, Scrooge, che tu, col tuo solito comportamento, hai rovinato tutta la scorta di Pozione Corroborante che avevo preparato per l’infermeria, ergo verrai immediatamente nel mio studio e ti metterai al lavoro.”
Mmh.
Sì.
No, un momento…
Che cosa?!
“Ti ho già chiesto scusa, per la miseria, non la fare tanto lunga!”
Lui, di tutta risposta assottigliò lo sguardo. “Ora.”
“Ho il mio lavoro, da sbrigare!”
“Non mi pare, dato che te ne stavi qui a far nulla.”
“Per una pausa di pochi minuti.” Risposi subito “E poi non devo mica dar conto a te di quello che faccio.”
“Sì, se ciò manda in frantumi parte del mio laboratorio.”
Alzai nuovamente gli occhi al cielo.
“Gilderoy, salvami tu!” Pensai, lanciando, a quel punto, uno sguardo supplichevole proprio a Gilderoy che, fino a quel momento, era rimasto totalmente in silenzio.
E lui, da perfetto principe qual era, venne in mio aiuto! Posò infatti una mano sulla spalla di Severus e disse molto cordialmente:
“Severus, Soleil, qui, mi sembra molto pentita del suo errore… Perché punirla ulteriormente? Non essere così aggressivo, Severus, l’aggressività non porta a nulla, te l’assicuro! Se non avessi messo da parte la mia, di aggressività quando ho combattuto contro l’esercito dei vampiri delle montagne di…”
“Allock.” Lo interruppe Severus  socchiudendo gli occhi per un momento, mentre la stessa vena di prima aveva ripreso pericolosamente a pulsare. “Quando vorrò passare momenti particolarmente spiacevoli atti a punirmi in modo del tutto masochista, verrò a parlare con te, grazie. Ora, se permetti, ho delle questioni da sbrigare.” Poi guardò me, e mi strappò letteralmente il famoso contenitore di provette dalle mani “Tra dieci minuti ti voglio nei sotterranei.”
E detto questo, senza dare a nessuno il tempo di replicare, se ne andò.
Così.
Facendo svolazzare il suo mantello.
Idiota.
Ma nel frattempo… Ero rimasta da sola con Gilderoy!
“Mmh… “Disse subito lui, guardando Piton sparire “Quell’uomo lavora troppo. Dovrei preparargli uno dei miei fenomenali infusi rilassanti, che dici?”
“Oh, era sempre così gentile.
“Creda che la cosa sia insita nel suo DNA, purtroppo.” Risposi, e Gilderoy si mise a ridere; io gli sorrisi di rimando.
Forse non era tutto perduto. Cioè… Con Gilderoy, almeno.
“Oh beh…” Continuò poi lui “Avremmo potuto parlare ora dei miei libri. Purtroppo devi andare da Severus…”
Oh, no. Oh, no!
“Piton, sei morto.” Pensai, prima di rispondere: “Sì…Magari facciamo un’’altra volta, va bene? Oggi mi tocca questa cosa…”
“Ma certo!” Esclamò subito lui, rincuorandomi all’istante “E poi… Se avessi bisogno di una mano, già da Severus, e lui non volesse aiutarti, non esitare a contattarmi! Va bene? Ti ho già detto che sono un esperto di Pozioni?”
“Sì… Sì, mi pare che tu abbia accennato qualcosa… Oh, grazie mille!”
“Non c’è di che, Soleil.”
Gli feci un ultimo sorriso, allora, e poi dovetti per forza cominciare ad incamminarmi da Miss Pince, per spiegarle la situazione; e poi sarei andata giù, nei sotterranei.
“Speriamo che, nel qual caso sparissi definitivamente, qualcuno venga a cercarmi nella tana del pipistrello.” Mi dissi.
 
…A dire il vero, alla fine, non fu neanche tanto male.
No, un momento: precisiamo. Fu pressoché tragico, all’inizio, dover mettermi lì, vicino ad un calderone a dir poco enorme (peraltro) per fare una pozione. Insomma… Non facevo pozioni, io, da… da neanche mi ricordavo più quanto!
Inutile dire che sulla faccia di Severus si era stampato un ghigno perenne.
Pareva se lo fosse disegnato sulla faccia, dato che non se ne andava mai. Che poi, d’altro canto, all’inizio lo avevo pure reputato un miglioramento della situazione, dato che aveva smesso di guardarmi come se volesse uccidermi da un momento all’altro.
Dopo dieci minuti avevo di nuovo cambiato idea.
Era… Snervante. Incredibilmente snervante.
Io ero lì, pronta a disperarmi per il disastro che – di nuovo – avrei combinato, e lui… rideva. Sì, beh, perché a quel punto presumevo che ‘ghignare’ per Severus fosse l’equivalente di ‘ridere’. Altrimenti non rideva mai.
Il che era anche probabile.
…Ma no, suvvia, ridere viene spontaneo! È… una cosa incontrollabile, incanalabile. È naturale! E poi si sa che la risata è la miglior cura contro lo stress.
Anche se Piton, effettivamente, mi sembrava decisamente un uomo stressato. Possibile che davvero non ridesse mai? Non c’era uomo o donna sulla faccia della Terra ad aver sentito una sua risata? Neanche da studente, in effetti, sembrava molto allegro…
La sua risata probabilmente era così rara che sarebbe stata più efficace di un Avada Kedavra. Un’arma di distruzione di massa, insomma.
In ogni caso… La pozione.
Ebbene, io rischiavo l’isterismo, lui ghignava… Non era propriamente un’atmosfera molto rilassata.
Ma poi… oh, oh, oh. Poi, non appena presi in mano il libro di pozioni – figuriamoci se avrei potuto preparare una Pozione Corroborante senza neanche il libro… – come se mi si fosse acceso il Lumos. Il risultato? Ce la feci. Ce la feci! E con anche un grande disappunto di Piton, ah!
Che poi… era proprio crudele, lui: era quasi infastidito che gli avessi preparato un grande calderone di Pozione Corroborante. Insomma… Gli avevo risparmiato più di un’ora di lavoro, santa Tosca!
Bah. Chi lo capiva più.
Eppure – eppure – successe qualcosa che mi fece praticamente rimanere a bocca aperta.
“Evidentemente” Aveva infatti detto lui, poco prima che me ne andassi dal suo freddo, angusto, umido ufficio “qualcosa la sai fare, allora.”
Sì, lo sapevo: mi stava insultando di nuovo; nonostante tutto, però, tra le righe non vi era forse un sottile, quasi invisibile, minuscolo, impercettibile… complimento?
Quando glielo feci notare mi sbatté praticamente la porta in faccia, ma… io me ne tornai comunque in biblioteca trionfante. 
 
 

 
1Peter Cameron

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Eccomi qua, sono tornata! :D
Vado subito con il capitolo, bella gente, e... beh, spero che vi piaccia! *_*
Ciao, nì!
<3







Capitolo 9


I giorni avevano iniziato a trascorrere abbastanza tranquillamente, ad Hogwarts. D’altronde, considerando come erano andate le cose, capii che fosse nettamente meglio evitare ogni pedinamento o appostamento che avesse come oggetto la persona di Gilderoy Allock.
Perché non era comunque un comportamento consono ad una persona adulta, no?
Ma certo che no.
Decisi di starmene il più tranquilla possibile, perché altrimenti, come mio solito, avrei finito con l'aggiungere chissà quante altre voci alla lista delle mie figuracce.
A proposito di liste, poi, quella che avevo appeso allo specchio del bagno era rimasta non aggiornata già da diverso tempo. Che poi era solo da qualche giorno, in effetti.
Beh, meglio così: dover aggiornare quella lista sulle ‘cose da non fare’ avrebbe voluto dire che avrei dovuto provare su me stessa un’ipotetica situazione e poi capire che non valeva la pena ripetere l’esperienza.
Che ragionamento contorto.
Che poi praticamente tutti i consigli della lista riguardavano Severus Piton. Bella roba. Se fosse diventata abbastanza corposa avrei anche potuto scriverci un libro, volendo:
Severus Piton: istruzioni per l’uso.
Poi, certo, sarei dovuta andare a vivere in Lapponia per sfuggire alle grinfie di Piton; cosa che sarebbe avvenuta comunque, perché, se quella lista avesse raggiunto la lunghezza di un libro, voleva dire che avrei fatto incavolare Piton oltre ogni previsione, cosa che mi avrebbe comunque portata a trasferirmi in Lapponia.
Sì, a quanto pareva quella mattina i ragionamenti contorti erano il mio forte.
In ogni caso, quella mattina (perché sì: era mattina) stavo facendo colazione in Sala Grande – che novità – e mi stavo rimpinzando come mio solito: uova strapazzate, bacon, pane tostato, un paio di bicchieri di succo di zucca, fagioli rossi (pochi, di questi) e pure un paio di biscotti.
Evidentemente avevo leggermente fame.
Tutto ciò avrebbe potuto essere classificato come una normale colazione (più o meno…), non fosse stato che mi sentissi leggermente… osservata. Dando infatti un veloce sguardo alla mia destra con la coda dell’occhio, mi accorsi che Severus, mentre sorseggiava il suo solito caffè, aveva staccato gli occhi dal suo giornale e, semplicemente, adesso stava guardando me.
“Che c’è?” Dissi.
Anche se forse sarebbe stato meglio inghiottire il boccone, prima di parlare.
“Mmh?” Fece lui “Nulla.”
E sorseggiò il caffè, guardandomi. E ovviamente si azzittì, pure.
Io ripresi a guardare, invece, il mio, di piatto, ricominciando a mangiare, anche se un po’ più lentamente.
Che coincidenza, eh?
La cosa strana, però, fu che invece Severus non si era praticamente mosso di un solo centimetro.
Tanto lo sapevo qual era il suo piano: dato che ormai pareva aver perso l’arrabbiatura per il fatto che lo avessi sorpreso con la mia ‘bravura’ in Pozioni, era di sicuro passato alla fase successiva, molto semplice e molto efficace: mandarmi al manicomio.
E dato che già ci mancava poco che sudassi freddo solo per il fatto che mi stesse fissando, non pensavo che gli ci sarebbe voluto molto.
Che c’è?” Ripetei però a quel punto, voltandomi direttamente verso di lui.
Lui fece spallucce.
Io lo guardai male.
“Stavo solo guardando la bestia in azione.”
Lui ghignò.
E io lo guardai peggio – per quanto il mio sguardo potesse provocare una qualche e qualsiasi sorta di inquietudine. Del che dubitavo. Difatti lui, sempre ghignando, ricominciò a leggere il proprio giornale tranquillamente.
Ah, beh. Meglio di niente. Anche se forse ciò mi suggeriva che avrei dovuto smetterla di abbuffarmi in quella maniera.
Di lì a poco, comunque, non ebbi neanche il tempo di replicare a quello che in ogni caso Severus mi aveva detto, perché mentre ancora dovevamo finire la nostra colazione, si avvicinò a noi uno… studente.
Strano ma vero.
Era vestito con la divisa da Quidditch dei Serpeverde e si fermò. Ovviamente, precisamente di fronte al suo Capo Casa.
“Buongiorno, professore.”
Severus lo guardò con espressione neutra.
“Buongiorno, Flitt.”
Eh, ma perché? Perché con me quell’uomo non poteva uscirsene con un semplice ‘buongiorno’ invece di darmi della bestia? Quasi quasi avrei preferito diventare una studentessa Serpeverde, anche se questo avrebbe voluto dire dover ricominciare a seguire le lezioni, a dover stare sotto di lui, e a dover passar--
Ugh.
Meglio dire: sotto la sua supervisione di Capo Casa Serpeverde.
Accidenti ai miei voli pindarici osceni.
“Volevo chiederle, professore, se potesse scrivere un permesso per far utilizzare alla nostra squadra il campo da Quidditch, questa mattina.”
“Non lo hai prenotato?”
“No, signore, non ho fatto in tempo. Sa… Sarebbe soprattutto per far allenare Draco Malfoy.”
“Ah, sì, il nuovo cercatore.” Severus parve non pensarci neanche troppo “Se hai una pergamenta e una piuma, Flitt, ti scrivo due righe.”
“Certamente!”
E praticamente dal nulla quel ragazzo tirò fuori piuma e pergamena, e porse il tutto a Severus, che prontamente cominciò a scrivere.
Aveva una grafia molto… sottile.
Il sottoscritto, professor S. Piton, autorizza la squadra dei Serpeverde ad allenarsi oggi sul campo di Quidditch per l’istruzione del suo nuovo cercatore.
Quidditch… Non mi aveva mai appassionata più di tanto, a dire il vero. Beh, quando ero una studentessa anche noi Tassorosso avevamo la nostra squadretta niente male. Ok, negli anni in cui avevo frequentato Hogwarts la nostra Casa non si era mai portata a casa (‘bellissimo’ gioco di parole) la vittoria del Campionato. Ma era stata molto acclamata comunque.
E poi il nostro portiere era veramente stato un gran pezzo di fig… ehm ehm. Com’è che si chiamava? Marcus Qualcosa… Dean! Marcus Dean, ecco come si chiamava. E beh… Si poteva ben dire che Marcus fosse stato uno dei pochi ragazzi della scuola a poter davvero avere gran parte delle fanciulle ai propri piedi.
Anche se detta così sembrava che avesse avuto gran parte del corpo delle fanciulle, ai suoi piedi. Vabbè.
Anche io avevo ammesso senza neanche troppa reticenza che Marcus fosse stato veramente un bel ragazzo; ma era anche troppo… pieno di sé. Tutte le attenzioni che aveva ricevuto lo avevano reso vagamente simile ad un pallone gonfiato.
In quel periodo era accaduto ad un po’ tutti i giocatori di Quidditch, in effetti.
Per questo, alla fine, avevo apprezzato quel Dean giusto esteticamente, ma conoscendolo meglio… non avrebbe proprio fatto per me, sinceramente.
“E se qualcuno l’avesse già prenotato per sé, il campo?” Osservai rivolta a Severus, quando il suo studente se ne fu andato tutto soddisfatto, tenendo nella sua mano il foglio di pergamena appena scritto dall’uomo accanto a me.
Severus si strinse semplicemente nelle spalle
“Si alleneranno un altro giorno.” Rispose, ed io non potei che lasciar cadere quel discorso, mentre lui continuava a bere caffè.
Al che mi venne anche una piccola illuminazione:
“Forse tutto quel caffè non ti fa tanto bene, Severus.”
Lui mi guardò giusto per un secondo con la coda dell’occhio.
Cos’era, o ti fissava imperterrito o ti guardava di sfuggita?
“Fai ancora la bibliotecaria, Cirque?”
E quella domanda che cavolo c’entrava?
“Sì…” Risposi infatti incerta.
“E allora le opinioni sulla salute altrui lasciale a chi di dovere…”
Feci una smorfia. “Ah, ah, ah. Sto solo dicendo che il caffè, in eccesso, ha il difetto di rendere la gente troppo nervosa, e” Mi affrettai ad aggiungere “la tua ultima risposta ne è la conferma!” Conclusi con un’espressione piuttosto soddisfatta.
Lui, invece, sbuffò.
“Potresti provare col tè.” Suggerii.
“No.”
“O col latte.”
No.”
“Ma ci sarà pur qualcosa che ti piace!”
“Il caffè.”
“Intendevo oltre a quello…”
“Sì, il Whiskey Incendiario.”
Intendevo per la colazione.”
“Ah, sì.” Fece una breve pausa “Il caffè.” Rispose ghignando.
Io lasciai totalmente perdere.
Di lì a poco, in ogni caso, la colazione finì ed io poter dar finalmente inizio al mio giorno libero settimanale!
Ebbene sì: concordando con Miss Pince, ogni sabato – perché quel giorno infatti era proprio un sabato – non avrei dovuto starmene tutto il tempo in biblioteca! Questo perché, proprio di sabato, gli studenti comunque si facevano anche più radi di quanto già non fossero, complice il fatto che, dato che il sabato non c’erano neanche le lezioni, tutti ne approfittavano per distrarsi e rilassarsi dopo una settimana impegnativa.
Cosa che avrei fatto anch’io, da quel momento in poi!
Sì, beh… Ciò avrebbe voluto dire dover lavorare anche di domenica, ma… in una scuola, alla fine, non è che un giorno facesse così tanta differenza da un altro.
E così, quel sabato, avevo ufficialmente un giorno libero.
Non sapevo, effettivamente, cosa avrei potuto fare: le alternative erano ben poche. Ma sinceramente non mi andava molto di chiudermi, magari, nella mia camera, a non fare niente di niente.
Piuttosto, dato che ancora, per fortuna, non si moriva di freddo, avevo deciso che avrei potuto arrischiarmi ad uscire dal castello, dopo chissà quanto tempo che non camminavo all’aria aperta. Dovevo sicuramente approfittarne, dato che, per l’appunto, la temperatura ancora non era troppo rigida.
Durante l’inverno avrei messo il naso fuori solo se costretta da forze supreme, probabilmente. Anche perché non ci tenevo ad incappottarmi come fossi un’eschimese, con tanto di cappello, guanti, paraorecchie, sciarpa, e stivali pelosi.
Soffrivo abbastanza il freddo, già.
Ed era probabilmente anche per questo che non amavo particolarmente neanche la neve.
Insomma, era così… fredda. E bagnata. Camminarci sopra era quasi impossibile, dato che il piede, poi, sprofondava in essa; e di ciò l’equilibrio ne risentiva parecchio. Per non parlare, poi, del fatto che ogni volta mi inzuppavo puntualmente tutti i pantaloni! Che quindi si facevano sempre più pesanti e rendevano ancora più difficoltoso qualsiasi tentativo di camminata. E poi mi entrava sempre l’acqua nelle scarpe. E poi si rischiava anche di scivolare, quando la neve si trasformava in ghiaccio.
Sì, insomma: non mi piaceva molto la neve, a farla breve.
Ma – dato che ancora la neve non c’era – sarei uscita, quella mattina, e me ne sarei andata a fare un giro nel parco. D’altronde da quando ero arrivata ad Hogwarts avevo avuto ben poca possibilità di visitare quei luoghi che già avevo conosciuto in gioventù. E così, dopo la colazione tornai nella mia camera, presi la mia giacca, ed uscii. Mi colpì subito un venticello piuttosto pungente, ma avanzai ugualmente, addentrandomi nel parco. Mi diressi verso il Lago Nero, a quel punto, che era decisamente uno dei punti più pittoreschi, là intorno.
Chissà se la piovra c’era ancora, nel lago. Anzi: chissà se c’era mai stata! A dirla tutta, ero piuttosto scettica, a riguardo: io non l’avevo mai vista, ad esempio, e neanche conoscevo qualcuno a cui fosse mai capitato. E poi… Come poteva quel luogo essere l’abitazione di una piovra gigante?! Non tanto per la piovra, ma per gli studenti! Insomma, e se a quel mostro marino fosse preso lo schiribizzo di voler… assaggiare un essere umano? Tanto per variare la dieta. Alla piovra sarebbe bastato tirare fuori uno dei suoi tentacoli e far man bassa di quello che voleva, catturando tutto ciò che avrebbe trovato presso la riva del lago più o meno alla stessa distanza in cui mi trovavo io in quel momento.
Oh, per la miseria.
Chissà come mai, mi venne istintivo fare ben più di qualche passo indietro.
Ma poi come faceva Silente a starsene così tranquillo quando sapeva perfettamente – o almeno si sperava – ciò che accadeva nelle profondità del Lago Nero?
A quel punto le possibili conclusioni erano tre:
I) Non esisteva nessuna piovra gigante.
II) Silente aveva perfettamente tutto sotto controllo.
III) Silente era pazzo.
Sì, ok, un po’ ero tentata di dar credito alla terza opzione, ma alla fine, pensandoci bene, forse sarebbe stata più veritiera la seconda. Anche se neanche la prima era tanto male.
Oh, insomma.
La conclusione fu che mi allontanai dal Lago Nero e che smisi semplicemente di pensarci. Mi ci mancavano pure le teorie esistenziali sulla piovra gigante e sull’attività cerebrale di Albus Silente. Meglio glissare.
Ma in ogni caso finì comunque che mi allontanai definitivamente da lì pensando che sarebbe passato diverso tempo prima che tornassi a fare una passeggiata da quelle parti.
Ripresi a camminare tranquillamente, allora, con le mani nelle tasche. Ogni tanto chiudevo anche gli occhi, camminando, grazie al fatto che, perlomeno, mi sarei potuta scontrare con ben poca gente, dato che c’erano veramente poche persone, in giro.
Certo, se poi avessi beccato un albero ci sarebbe stato poco da fare, ma per fortuna questo non accadde. Mi ci mancava anche andare a sbattere contro gli alberi mentre mi muovevo a piedi e alla velocità di una tartaruga.
Decisi che fosse meglio tenere gli occhi aperti, allora.
Non smisi comunque di passeggiare, però: avevo bisogno di far prendere aria ai miei neuroni. Non che volessi dire che mi sentivo… stupida, in quel momento – vabbè, forse solo appena. D’altronde ogni tanto capitava a tutti di sentire il bisogno di uscire, di tare un po’ da soli a contatto con la natura…
Ma non per molto.
Infatti mi fermai improvvisamente, guardando dritta di fronte a me: ero arrivata in prossimità della casa di Hagrid…
A proposito: potevano costruirla pure un po’ meglio, casa sua. Insomma, Hogwarts era un castello strabiliante, magnifico, imponente, enorme… Che ci sarebbe voluto ad edificare una casa decente – e non così fatiscente – per quel povero guardiacaccia?
Ma comunque… Ero arrivata in prossimità di casa di Hagrid, e… chi vidi venire proprio da lì diretto – anche sovrappensiero – nella mia direzione? Gilderoy!
Sorrisi tra me e me, mentre lui si faceva sempre più vicino, e rimasi ferma. Tanto si stata avvicinando a passo piuttosto spedito, quindi mi avrebbe raggiunta in men che non si dicesse. Potevo anche non avvicinarmi io, in contemporanea.
Oh, insomma. Rimasi ferma, in sostanza, e alla fine lui alzò gli occhi dal terreno – sul quale li aveva tenuti puntati tutto il tempo – e, vedendomi (presumevo), fece un piccolo sorriso.
Io lo salutai con una mano, aspettandolo, e alla fine lui si fermò di fronte a me.
“Buongiorno, Gilderoy!” Esordii.
“Buongiorno, Soleil!” Rispose lui “Che ci fai in giro sola soletta?”
Mi dondolai appena sulle punte dei piedi. “Ma niente, camminavo… E tu, invece?”
“Oh, io?” Il suo sorriso aumentò un po’ di più “Io ero andato a trovare Hagrid. Avevo pensato di poterlo rendere partecipe di alcune essenziali informazioni in mio possesso riguardanti il modo più opportuno per cavare gli spiritelli dal pozzo.”
“Beh… Pare interessante…”
A dire il vero non lo era molto, ma non potevo dire altrimenti, no?
“E anche pericoloso! Ecco perché mi è sembrato opportuno andare a riferire ad Hagrid quello che so. Non vogliamo che nessuno si faccia male, no?” E ammiccò, al che, forse, arrossii appena.
“Sì, beh…” Stavo per dire io, ma Gilderoy riprese a parlare:
“D’altronde sono Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure. Vorrà dire che qualcosa ci capisco anch’io, no?” E rise.
“Cosa che si può notare dalle tue imprese, direi!” Provai a dire, cercando di rimanere il più tranquilla possibile “A proposito, complimenti per tutto!”
“Oh, grazie, Soleil! Ma sai, la classe non è acqua!” E rise di nuovo.
Era una persona allegra, Gilderoy, e questo era un punto in più a suo favore.
“Potrei raccontarti di come ho sconfitto Wagga Wagga, il lupo mannaro, allora. Sai… Per farti un esempio della mia assoluta competenza riguardo la materia!”
Gli sorrisi. “Certamente! Oggi è il mio giorno libero, quindi se tu non hai da fare…”
Ti prego, ti prego, ti prego!
“Con piacere, Soleil!” Rispose lui “E magari ti offro anche un bicchiere di Whiskey Incendiario Ogden Stravecchio! È il mio preferito, in verità.”
“Oh, anche il tuo?”
Non so perché mi uscì quella frase.
Oh, beh, era sempre un argomento di conversazione, dopotutto.
“Perché anche il mio?” Chiese allora lui.
“Sì, beh… Niente di che, è che piace anche a Severus.” Dissi con molta tranquillità.
“Ah, davvero? Strano che io abbia qualcosa in comune con quel musone. Spero nulla di più dell’Ogden!” E rise.
Io non risposi, sul momento, guardando Gilderoy leggermente perplessa, cosicché lui continuò a parlare:
“Sai, non credo che lui sia neanche tutto questo genio delle Pozioni che vuole far credere. Dico… Ti ricordi quando sono cadute tutte quelle fialette in corridoio?” Io annuii. Vabbè che ero stata io a farle cadere, ma… Meglio sorvolare “Beh, lui ha espressamente detto di averci messo circa due ore, per preparare la Pozione Corroborosa…”
“Corroborante.” Mi sfuggì, e finii con il correggerlo.
Al che mi morsi violentemente la lingua nell’istante immediatamente successivo.
“Sì, quella.” Continuò lui comunque “Ebbene, io l'avrei preparata in non più di una mezz’oretta scarsa, credimi!”
Gilderoy annuì, con un sorriso smagliante, per enfatizzare quanto aveva appena detto.
“Davvero?” Chiesi, allora, decisamente incuriosita.
“Senza alcun dubbio!”
E il fatto che bisognasse necessariamente che la pozione fermentasse un po’, e tutte quelle cose lì, con i tempi obbligatori da seguire durante la preparazione di una pozione?
Oh, beh. Molto probabilmente – anzi, sicuramente – Gilderoy aveva trovato un modo alternativo di preparazione della Pozione Corroborante!
“Ma ora vieni, ti offro quel bicchiere di Whiskey!” Disse a quel punto lui, riscuotendomi appena dai miei pensieri.
E quando mi resi conto di quanto mi avesse appena detto, gli sorrisi raggiante.
“Con molto piacere, Gilderoy!”
E così cominciammo a percorrere la strada del ritorno, avviandoci insieme verso il castello.







Ariecchime xD
Allora, volevo solo farvi notare (e consecutivamente farmi perdonare) una piccola cosa: nello scorso capitolo ho scritto che Sfreg-- Harry ha scontato la sua punizione con Allock, mentre in questo che avete appena letto c'è il fatto di Piton che scrive il permesso per far giocare i Serpeverde; nel libro della Camera quest'ultimo episodio avviene prima della punizione di Harry, quindi avrei dovuto metterlo anch'io nello scorso capitolo, invece che in questo, ma...  spero che me lo concediate ^^
A presto, allora! :D

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


I'm back! :D
Mi fa piacere in quanti state seguendo questa pazza storia! Davvero... Aumentate la mia autostima xD
Ma ciancio alle bande direi che è meglio lasciarvi col nuovo capitolo, dico bene?
E allora vado!
Grazie ancora a tutti voi! *w*
Ciao, nì!

p.s. Perdonate, come al solito, gli errori di battitura... Provvederò a rileggere la storia e a correggerli, qualora vi siano (cosa molto probabile).





Capitolo 10

 

Io e Gilderoy stavamo camminando fianco a fianco nei corridoi del castello, diretti al suo ufficio.
Cioè, saremmo rimasti veramente da soli tutto il tempo a parlare, a ridere, a scambiarci opinioni sulle cose più disparate, magari, e il tutto da soli. Nel suo ufficio.
Inutile dire che la mia mente si stava immaginando, durante il breve tragitto che stavamo percorrendo, una quantità a dir poco inimmaginabile di situazioni prettamente romantiche che sarebbero potute avvenire di lì a poco.
Ma, come potei ben presto appurare da me medesima, non accadde assolutamente niente di tutto ciò. E non per dire che non vi fu nulla di romantico nelle nostre conversazioni… Non ci fu proprio nessuna conversazione. Nel suo studio. Da soli. Non ci fu proprio nulla di tutto ciò!
Ira funesta.
Il fatto fu che, mentre io e Gilderoy camminavamo amabilmente per i corridoi, parlando del più e del meno, chi sbucò, interrompendoci, da dietro un angolo?
No, sbagliato.
Venne verso di noi, in quell’istante, una studentessa che, stando almeno alla sua divisa, pareva di Tassorosso.
“Oh, buongiorno, professor Allock!” Trillò subito lei, con un grande sorriso, fermandosi di fronte a noi e costringendo noi stessi a fare altrettanto.
Comunque grazie della considerazione, eh.
“Buongiorno signorina Bailey. Qual buon vento?” Rispose comunque Gilderoy, come era anche giusto che fosse.
“E’ stata una vera fortuna incontrarla, professore. Sa, stavo proprio venendo da lei.”
“Ah, davvero? E come mai?”
“Vede, stavo studiando Difesa, e ho trovato alcune cose che… mi sono poco chiare, diciamo. Speravo che lei potesse spiegarmele, se non è di troppo disturbo.”
Mamma mia, quella ragazza aveva detto tutto senza neanche respirare mezza volta. Prendesse fiato!
Ma in ogni caso, era una mia impressione o il mio appuntamento (sì, vabbè, o quello che era) con Gilderoy rischiava di andare miseramente a monte?
Ma poi cosa non aveva capito, quella Bailey, se la scuola non era neanche iniziata da una settimana? L’indice del libro?!
“No, no, certo che non è di troppo disturbo.” Disse Gilderoy, quasi subito, in verità.
Oh, povera me.
Difatti, a quel punto, Gilderoy si voltò verso di me. Finalmente venivo considerata, grazie tante. Sapevo già, comunque, cosa lui volesse dirmi, quindi presi in mano la situazione e lo precedetti; almeno me ne sarei andata a testa alta e non con la sensazione di essere stata scaricata per fare ripetizioni ad una sedicenne sfrontata.
Anche se effettivamente era proprio così. Vabbè.
“Oh, certo, fai pure.” Disse allora con teatrale movimento della mano annesso “Sarà per la prossima volta, non preoccuparti!”
“Davvero? Sicura, Soleil?”
Feci anche un leggero sbuffo, e poi sorrisi, prima di rispondere:  “Sicurissima. Non c’è proprio nessun problema!”
Sembrava quasi che fossi io che gli stessi dando il permesso di fare ripetizioni! Ok, forse no, ma almeno sembrava che non me la fossi presa molto.
Oddio, e se invece Gilderoy avesse pensato, per quel mio comportamento, che di lui non mi importasse un fico secco?
Sciagura!
Però… No, suvvia, per una stupida frase con comunque era stata a dir poco perfettamente gentile? E poi se invece avessi fatto la scorbutica e l’offesa, di sicuro sarei parsa sotto una luce ben peggiore, no? Come se invece non mi importasse del suo lavoro e nelle sue ‘povere’ studentesse!
A proposito, probabilmente quella Bailey non l’avevo strozzata solo perché apparteneva a quella che era stata la mia Casa.
Comunque! Bando ai ragionamenti, ai ‘se’, e ai ‘ma’, ormai quella frase l’avevo detto, quindi non conveniva affatto continuare a rimuginarci su, dato che, tornando coi piedi per terra, mi resi conto che Gilderoy non pareva affatto offeso, anzi, mi stava sorridendo come suo solito.
“Bene, allora!” Mi disse infatti “Tanto qualche momento per scambiare quattro chiacchiere lo troveremo comunque.”
Io gli sorrisi di rimando e poi lui, a quel punto, si rivolse direttamente alla ragazza.
“Vieni pure, non sia mai che qualcuno dica che non mi interesso abbastanza ai miei studenti!”
Il sorriso della ragazza si ingrandì ancora di più – sì, insomma, in quel momento c’era un po’ di sorridere collettivo – e poi annuì con vigore, al che lei e Gilderoy proseguirono per la loro strada e io, invece, imboccai un altro corridoio, alzando appena gli occhi al cielo per come erano andate a finire le cose.
E vabbè, speravo che in qualche modo mi sarei rifatta, nei giorni a venire.
A quel punto, comunque, di tornarmene fuori nel parco mi andava veramente poco, dato che pareva che stessi facendo avanti e indietro in continuazione, e così accadde quello che mi ero ripromessa di evitare: decisi di chiudermi in camera mia. Detta così sembrava che mi considerassi una reclusa, e ma poco c’era da fare.
Anche se poi, mentre salivo la scale per andare verso le mie stanze – ‘le mie stanze’ faceva tanto signora dell’Ottocento, vero? – pensai comunque che una passeggiata avrei potuto farla all’interno dello stesso castello. D’altronde fino a quel momento avevo frequentato sempre e solo le stesse stanze, quindi avrei potuto rinfrescarmi la memoria su cosa fosse nei vari corridoi, facendovi un giro.
Mi convinsi, e così feci, allora.
E il risultato di questa mia favolosa idea quale fu?
Mi persi.
Sì, mi persi.
Mi. Persi.
Reputai fosse meglio ripeterlo più volte, per sottolineare la mia grande intelligenza. Mi persi.
Dentro Hogwarts.
L’avevo già detto che mi ero persa?
“Soleil, ormai la cosa è veramente ufficiale: sei un’enorme e stupida idiota. Sì, una stupida idiota! Ma si può essere così… idioti? Ti perdi dentro un edificio che hai frequentato per sette anni consecutivi? Ok, è un po’ di tempo che non ci metti piede, ma ciò, sicuramente, non ti rende meno idiota!”
Se non si fosse capito, stavo parlando da sola. Una bella immagine, eh?
Presi a camminare un po’ a caso, a quel punto, sconsolata, sperando di poter presto incontrare qualcuno sul mio delirante cammino a cui chiedere informazioni per tornare in un punto del castello un po’ più familiare, anche se questo avrebbe voluto dire dovermi umiliare ancora di più.
Il mio vagabondare però finì piuttosto presto, perché… Chi incontrai sulla mia strada?
No, sbagliato.
“E tu chi saresti?” Sentii infatti dire da qualcuno.
La cosa buffa, però, era che la voce proveniva esattamente da sopra la mia testa.
Quando guardai in alto, allora, semplicemente mi prese uno scompenso cardiaco.
“Beh? Che cavolo ti guardi con quella faccia? Sarai bella te!”
Oh, mannaggia alla pupazza.
Mi ci mancava Pix, una delle poche, uhm… cose? …di Hogwarts che mi mancavano di meno.
Abbassai gli occhi, rimanendo a testa bassa, allora, e ricominciai a camminare velocemente in una direzione a caso, pure di riuscire ad allontanarmi il più possibile da quel poltergeist. Oh, se me lo ricordavo, lui. Lui e Gazza, poi, a quanto pareva, erano in guerra tra loro praticamente dalla notte dei tempo, e – solo in questo caso – io patteggiavo apertamente proprio per l’orribile custode; il che la diceva lunga su quanto considerassi affabile il suddetto Pix.
“Allora?” Continuò però lui, seguendomi e rimanendo costantemente sul soffitto “Mrs. Purr ti ha mangiato la lingua?”
Avevo l’ansia. Da quanto ne sapevo io, quell’essere vestito da clown sarebbe stato capace benissimo di far comparire un secchio d’acqua da chissà dove e di gettarti tutto sulla testa. Secchio compreso.
O magari di lanciarti addosso della Caccabombe.
Mi stavo praticamente sentendo male, e di conseguenza rimanevo in silenzio.
“Ehi, parlo con te!” Fece però lui, e all’improvviso me lo ritrovai davanti, a testa in giù, che mi guardava sorridendo in modo a dir poco sinistro.
…Aiuto.
“Ehm…” Provai a dire “Mi chiamo Soleil Scrooge…”
“Che brutto nome.” Rispose Pix, masticando un chewing-gum totalmente a bocca aperta.
E a me non riuscì comunque di evitare di fare un’espressione un po’ risentita.
“Vabbè, ehm…” Continuai però con cautela “Io vado, ci si… becca in giro.”
Provai ad aggirare quel poltergeist per poterlo scansare e continuare a camminare, ma anche lui si spostò quasi immediatamente, e ci ritrovammo di nuovo nella stessa posizione di prima.
“Eh, eh, eh, Scrooge ha paura, Scrooge se la dà a gambe!” Esclamò lui, prima di fare un palloncino con la sua gomma da masticare che mi scoppiò ad un millimetro dal naso- bleah, che schifo – e prima di fare anche un paio di capriole in aria, ridacchiando.
Io approfittai della sua momentanea distrazione per svignarmela, e così mi voltai dandogli le spalle e camminando piuttosto velocemente.
In stile maratona, insomma.
Ma per caso me ne poteva andare bene una? Evito anche di rispondere, a questo punto.
Fatto sta che quel maledetto di uno spirito anomalo vestito da clown cominciò a tirarmi per i capelli, accortosi della mia tentata fuga!
“Ehi! Ahia!” Esclamai, presa alla sprovvista, togliendogli i miei capelli alle mani e ricominciando a camminare.
“Scrooge scappa! Scrooge ha paura del povero Pix!”
E intanto mi punzecchiava sulla testa.
“Io non ho paura!”
“Scrooge se la fa addosso!!”
Santa Tosca, stavo per esplodere.
“Che sta succedendo qui?” Disse poi, d’improvviso, qualcuno.
Quel corridoio stava diventando decisamente affollato.
Eppure, come conseguenza, sentii Pix mollarmi i capelli, così mi girai verso chi aveva appena parlato.
Chi era?
Sì, giusto.
Severus stava guardando Pix che fluttuava sul soffitto con un sopracciglio alzato, mentre il più fastidioso tra i due – ardua scelta, ma Pix in quel momento vinceva sicuramente – continuava a ridacchiare.
“Oh, oh, oh è arrivato il professor Piton!”
“Pix, sparisci, prima che vada a chiamare il Barone Sanguinario!” Disse subito Severus.
“Tzk. E che mi importa di quello zotico?”
Da che pulpito.
“Bene.” Rispose allora molto tranquillamente Severus “Allora provvedo a chiamarlo immediatamente, se non ti dispiace…”
“Oh, va bene!” Fece poi Pix “Me ne vado, ho capito!” E fece una linguaccia sia a me che a Severus, che ovviamente lo guardò molto male. Io feci un sospiro di sollievo, ringraziando il celo, mentre Pix se ne andava, filando via da quel corridoio.
“Piton e Scrooge si tengono per mano…!”
Ovvio che non potesse mancare l’ultima presa in giro di Pix. Che roba. E, come se non fosse bastato, a quelle parole mi sentii pure arrossire.
Severus, dal canto suo, fece una plateale smorfia. “Che razza di imbecille.” Commentò, probabilmente, più tra sé e sé che rivolto a me.
A quel punto calò il silenzio.
Dopo Pix il mutismo imbarazzante era ciò di cui avrei avuto meno bisogno, in quel momento, così mi schiarii la gola, attirando l’attenzione di Severus. Lui mi guardò, a quel punto, e io stavo proprio per dirgli qualcosa quando lui mi precedette – come suo solito, d’altronde.
“Che cosa ci facevi qui?”
Di tutta risposta non potei che guardarlo decisamente perplessa.
“Perché? È un corridoio off-limits, questo?”
Lui alzò gli occhi al cielo. “No, non lo è. Ma noto che tendi sempre a trovarti in luoghi privi di interesse; apparentemente senza motivo.”
“Stavo solo camminando, non stavo facendo niente di vagamente sospettabile, se proprio lo vuoi sapere!”
“Io ti ho trovata in preda ad una crisi isterica col poltergeist.”
“E questa sarebbe una prova di qualche attività illecita?”
“No.” Ghignò “E’ solo divertente.”
Io lo guardai male, ma lui ghignò ancora di più.
Dovevo piantarla con le mie occhiate malefiche, forse, dato che a quanto pareva non sortivano alcun effetto.
Io sbuffai. “Bravo, godi delle disgrazie altrui, tu! Bah, ma di che mi sorprendo!” Esclamai, e poi feci per allontanarmi dal quel corridoio.
“Io sto aspettando.” Mi giunse però alle orecchie, perentoria, la sua voce, così mi voltai nuovamente nulla sua direzione.
“E cosa?”
“Un grazie, magari?”
“E come mai?”
“Vuoi che richiami Pix, per caso?”
“Non oseresti!”
“Io non ci scommetterei, fossi in te.”
Qualcosa mi diceva che avrei fatto decisamente meglio a credergli.
“Ok, ok, hai vinto.” Feci allora, alzando le mani in segno di resa “Grazie per avermi salvato la vita! Oh, come avrei mai fatto, senza di te, Severus Piton!”
Stranamente, non rise.
“Oh, bastava anche semplicemente il ‘grazie’.” Disse poi, dopo un momento “Ma accetto anche tutto il resto.”
Certo, certo. Facesse finta di non afferrare l’ironia, lui! Lui, che viveva praticamente di pane e ironia!
Quasi quasi avrei preferito rimanere con Pix.
O forse no. Non ero masochista fino a questo punto.
Anche se ora mi aspettava l’ennesima figura del cavolo, come se non fosse bastato.
“Comunque, ehm…” Dissi infatti “Tu invece dov’è che stavi andando?”
“Presumo non siano affari tuoi.”
E detto questo girò sui tacchi e cominciò a camminare, mentre io, allora, presi ad andargli dietro.
“E… E posso venire con te?”
“A parte che non sai neanche dove sono diretto… Cos’è di ‘non sono affari tuoi’ che non hai capito, precisamente?”
“Mmh… il ‘non’?”
Severus si fermò di botto, a quel punto, e io pochi passi avanti lui.
“Cosa?” Feci, ma lui continuò a fissarmi, con le sopracciglia angolate in un modo anche piuttosto insolito, che mi stava facendo ammattire.
“Oh, e va bene!” Ammisi “Mi sono persa!”
E incrociai le braccia al petto, guardando da un’altra parte.
Lui invece – appura quando, andando contro la mia stessa volontà, lo guardai per un misero istante – se la stava ridendo sotto i baffi che non aveva.
Beh, ‘ridendo’ per modo di dire, dato che avevo già stabilito che quell’uomo non rideva mai.
“Mi verrebbe veramente di lasciarti tutto il tempo con Pix, Cirque.” Commentò poi lui.
“Meno male che tu ti diverti…”
“Sì, è veramente appagante notare menti come la tua; potresti addirittura fare concorrenza a Paciock, se ti impegnassi.”
“A chi?”
Anche se non mi sembrava che con quella frase volesse farmi un complimento. Strano, eh?
“Lascia perdere.” Rispose lui con un gesto della mano “Ti basti sapere che le scale principali sono in fondo al corridoio alla tua sinistra, da quella parte.” E indicò un punto dietro le mie spalle.
“Eh? Ah, ok! Grazie!”
A quel punto mi girai, desiderosa di evitare al più presto qualsiasi altro suo commento pungente che mi avrebbe fatta innervosire. Oltre che mettermi in imbarazzo, certo.
“Magari chiederò al Preside di mettere delle indicazioni qua e là.” Sentii però dirmi da dietro, mentre camminavo “Potresti continuare ad averne bisogno.”
Io, come conseguenza del suo utilissimo suggerimento, aumentai il passo, svoltando nel corridoio che Severus mi aveva tanto gentilmente indicato.
Eppure, quell’atto di infinita bontà non servì assolutamente a… niente.
Perché?
Perché mi aveva dato un’indicazione sbagliata quel… quel viscido…
Neanche trovavo un insulto decente da affibbiargli, in quel momento.
Le scale dovetti trovarmele da sola, io!
E chissà lui come se la stava ‘ridendo’, nel suo scantinato!
Idiota.
Grande idiota.
Brutto ed inutile…
Basta. Neanche volevo sprecarmi a trovare un aggettivo che lo rappresentasse appieno.
E così, quando, facendo affidamento solo sul mio senso dell’orientamento riuscii a raggiungere la mia camera, decisi che potesse anche essere ora di aggiornare la pergamena appesa allo specchio del mio bagno:
Mai seguire un’indicazione stradale data da Severus Piton.
Provai una fitta rabbia nel calcare considerevolmente il punto a fine frase.
Alla fine, comunque, mi quietai, pensando che avrei anche dovuto aspettarmelo, magari. D’altronde un’improvvisa e gratuita gentilezza (o gesto di civiltà umana) da parte sua avrebbe dovuto insospettirmi fin dall’inizio, maledetto.
No, calma.
Difatti non mi feci salire troppo la pressione, evitando così il rischio di esplodere, e anche nei giorni  a seguire mi comportai in modo piuttosto normale.
Normale per me, almeno.
Con Gilderoy non avevo avuto – ahimé – altre occasioni per scambiare veramente altre quattro chiacchiere. Le nostre conversazioni erano piuttosto brevi, quindi… Che caspita dovevo fare?
Eravamo ormai arrivati a fine Ottobre, e non avevo concluso un bel niente, durante tutto quel tempo.
Ok, ancora mancava un sacco di tempo all’estate, che ci avrebbe divisi per circa tre mesi, ma… D’altronde non era che dovessi fare tutto io, no? Era lui l’uomo, dopotutto!
Insomma, era ormai arrivata la fine di Ottobre, e prima di cena, chi a leggere, chi a chiacchierare, chi a girarsi i pollici, ce ne stavamo più o meno tutti in sala professori.
Gilderoy stava parlando con la professoressa Vector e con la professoressa McGranitt, e io, casualmente, mi trovavo in quel piccolo gruppetto per seguire la conversazione e ogni tanto intervenire anch’io, com’era giusto che fosse.
Poi, mentre stavamo tutti lì per i fatti nostri, entrò Silente. Di solito se ne stava quasi sempre nel suo ufficio, ma ogni tanto sbucava anche lì, quindi non mi sorpresi più di tanto, quando entrò. Gli lanciai giusto un’occhiata, ma nulla di più. Lui, però, finì comunque con l’attirare l’attenzione di tutti.
“Scusate il disturbo.” Disse, infatti, senza rivolgersi a nessuno in particolare, al che finimmo tutti col girarci verso di lui.
“Avrei una piccola richiesta da fare, se non è di troppo disturbo.” Riprese allora Silente, con un sorriso, facendo poi una piccola pausa “Come sapete, si sta avvicinando il banchetto che di solito organizziamo per Halloween… Ora. Di solio delle decorazioni, come per quando siamo in tempo natalizio, se ne occupa Filius. Sfortunatamente, però, Filius ha un tremendo raffreddore.” Ci guardò tutti, praticamente, e io già immaginavo dove avrebbe voluto andare a parare “Perciò mi trovo a chiedere a qualcun altro di voi di voler adempiere a tale incarico.” Altra pausa ad effetto “Severus, vuoi pensarci tu?”
E parve che nella stanza fossero entrati una miriade di Dissennatori, tanto fu il gelo che calò.
“Signor Preside…” Cominciò lui, lugubre, proprio col tono scocciato di chi fosse stato appena disturbato da chissà che.
“Oh, Severus.” Lo interruppe però Silente “Non vorrai dirmi di non saper trovare qualche ingegnoso addobbo per uno spaventoso banchetto di Halloween. Proprio tu!” E sorrise, divertito.
Io mi ritrovai, senza neanche rendermene conto, a scoppiare a ridere come una scema.
In effetti Silente aveva più che ragione, no?
Chi, meglio dell’Uomo Nero, avrebbe potuto organizzare una festa di Halloween? Ok, non era una festa, ma un semplice banchetto… ma poco importava!
Pecco che però… beh, fossi stata l’unica a scoppiare a ridere in quella maniera, così mi appai la bocca di scatto con una mano, e guardandomi intorno mi accorsi anche di aver attirato ben più di uno sguardo.
“Magari” Disse proprio allora Severus, spostando l’attenzione su di sé “qualcuno potrebbe offrire il proprio… contributo all’intera opera.”
E guardò me. Al che l’attenzione si spostò di nuovo su di me.
Ma non ci pensavo per niente! Ma figuriamoci! Ma per favore!
“Oh, certo!” Disse però Silente “Certamente. Soleil, potresti…?”
Ma perché?! Severus se la prendeva così tanto per una misera risata?
Dio, la suscettibilità fatta persona!
Io sospirai.
“Io… Preside, non so se…”
“Credo che il tuo tocco giovanile possa essere una bella marcia in più, non trovi anche tu?”
Sospirai. Di nuovo.
“Sì… D’accordo, va bene.” Non potei che rispondere.
Silente mi fece un limpido sorriso, che io ricambiai appena, per poi concentrarmi nel lanciare un vero e proprio sguardo omicida a Severus.
Lui, come suo solito, ghignava.
Sigh.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Buon salve! :D Come vedete, eccomi qua! Grazie sempre per tutto l'entusiasmo che dimostrate, bellezze mie :')
Vi lascio subito col capitolo, in cui finalmente, la storia inizia a svilupparsi un po' di più!
Baci! <3







Capitolo 11
 

Era arrivato, alla fine, il 31 Ottobre, Halloween. Il che voleva inevitabilmente dire che durante quello stesso primo pomeriggio io e Severus ci saremmo dovuti incontrare per decorare la Sala Grande.
Fortuna che, perlomeno, non sembrava che ci fosse molto da fare! Severus, d’altronde, non mi era parso che volesse darsi tanto da fare – come se quello che dovevamo compiere fosse chissà quale compito gravoso – e io mi sarei adeguata alle sue condizioni, onde evitare l’inizio di un’ulteriore ed inutile guerra. Anche se avrebbe visto, sul campo di battaglia, solo me e lui.
Me l’immaginavo, una cosa del genere: io, povera e indifesa, da un lato, con la bacchetta in mano, da sola e tremante.
Sì, vabbè, indifesa e con la bacchetta in mano.
Tanto non è che sapessi scagliare chissà quali maledizioni, perciò durante una battaglia – o, come in quel caso, un duello – che io avessi o meno la mia bacchetta con me faceva ben poca differenza…
E poi ci sarebbe stato lui, esattamente dal lato opposto al mio, dritto in piedi come una statua, a braccia conserte, sempre vestito di nero, il che lo mimetizzava pure col buio della notte – perché sarebbe stata notte – e con quel cipiglio severo che gli incurvava le sopracciglia in quel modo terrificante. Ah, e pure col vento che gli faceva svolazzare il mantello.
Certo, se poi il vento sarebbe stato abbastanza forte, il mantello gli si sarebbe pure potuto attorcigliare completamente addosso; magari finendogli pure in faccia. La cosa sarebbe stata esilarante, a quel punto, e a me avrebbe dato che il tempo di fuggire e di mettermi in salvo da qualche parte.
Grazie, vento improvviso!
Peccato, però, che in Sala Grande non era che ci fosse tutto questo vento – e neanche era notte, in realtà. Vabbè, stavo divagando un po’ troppo, forse.
Insomma!
Dato che presumevo che lui non avesse nessuna voglia di ingegnarsi nel trovare degli addobbi spettacolari, e dato che io non avevo voglia di litigare, probabilmente lui avrebbe detto di voler utilizzare le stesse decorazioni dell’anno prima, qualsiasi esse fossero, e io l’avrei brillantemente appoggiato.
E così, finalmente, io e Severus ci ritrovammo in Sala Grande, insieme, quel primo pomeriggio del 31 Ottobre 1992.
Adoravo specificare le date.
“Allora” Disse subito lui, che già era lì, quando io arrivai nella sala deserta “per stavolta sorvolerò sul fatto che tu sia in ritardo…”
“…Di un minuto e mezzo!”
“…A patto che sbrighiamo questa faccenda nel minor tempo possibile.”
Oh, beh. Nulla da ridire, su questo.
“Bene.” Risposi infatti, battendo le mani in maniera determinata – semmai sia possibile fare una cosa del genere “Così tu puoi tornare a fare quelle cose di importanza vitale che ti impegnano sempre.”
Lui si limitò a guardarmi con un sopracciglio alzato.
E vabbè.
“Comunque…” Disse allora lui, riassumendo un’espressione un po’ più normale “Ho fatto portare qui le decorazioni passate.” E indicò un paio di scatoloni posati su una delle tavolate (a proposito: ero un genio) “Se poi tu vuoi sbizzarrirti nell’ingegnare altre soluzioni, lo farai sicuramente senza di me, presumo.”
Alzai gli occhi al cielo.
Troppo prevedibile.
“D’accordo, allora. Non ho obiezioni.” Risposi, per poi andare alle scatole e tirare fuori ciò che vi era all’interno, sparpagliando il tutto un po’ su tutta la tavolata.
Mi ritrovai tra le mani una pressoché infinita serie di ragni finti, degli scheletri da appendere alle parti e diversi festoni pieni di finte ragnatele.
Almeno speravo che fossero finte, dato che stavano in quello scatolone da un anno. Vabbè.
Esaminai tutto attentamente, mentre Severus mi si avvicinava come se fosse uno che stava passando di lì per caso.
“E dove sono le zucche, scusa?” Chiesi gentilmente, a quel punto.
“Le porterà tra poco Hagrid.” Rispose laconicamente.
“Bene. E chi le intaglierà?”
“Tu, ovviamente.”
Mi girai verso di lui, appoggiandomi al tavolo.
“Come?”
“Non dirmi che non sei capace di intagliare quattro zucche.”
“Non ho di certo detto questo!”
“Allora lo farai tu.”
Sbuffai. “Va bene… E i festoni e tutto il resto?”
“Riciclo la stessa risposta di prima.”
Io praticamente sgranai gli occhi.
“Che cosa?” Esclamai “Ma non ci penso proprio! E il tuo contributo quale sarebbe, scusa?”
“Mmh…” Ci pensò persino su, lui “Sono andato a recuperare le vecchie decorazioni ed ho avvertito Hagrid.”
“Bello sforzo.” Ribattei “Hagrid ci avrebbe probabilmente già pensato da solo, mentre per gli scatoloni… li avrai sicuramente chiesti ad un elfo domestico.”
Severus fece un sorrisetto, al che capii di averci azzeccato.
Che sfaticato, quell’uomo!
E dire che la festa di Halloween avrebbe anche dovuto piacergli, vista la sua divampante ‘allegria’.
“Beh, tu non te ne andrai da qui se non dopo avermi aiutata!”
Determinazione prima di tutto.
Lui, di tutta risposta, sbuffò appena.
“Non ho intensione di passare – e consecutivamente perdere – il mio tempo a… giocare con le bambole.” E indicò distrattamente gli scheletri finti sparsi sul tavolo.
“E io non ho intenzione” Risposi imitando il suo tono saccente “di passare – e consecutivamente perdere – il mio tempo per un incarico che Silente ha affidato a te!”
“E a te.”
“Per colpa tua!”
“E ciò ha qualche rilevanza?”
Sbattei un piede a terra, praticamente sul ciglio dell’isterismo, quando entrambi udimmo un non tanto lieve bussare alla porta della Sala Grande, che comunque era anche già aperta.
“Er… Che disturbo?”
Ci voltammo verso la porta entrambi nel medesimo istante, trovando lì accanto Hagrid con un grosso cesto pieno di zucche.
“Oh, Hagrid.” Lo salutai, disinteressandomi momentaneamente dell’essere accanto a me ed andando incontro al nuovo arrivato, che nel frattempo aveva posato il cesto sulla tavolata “Grazie mille per le zucche.”
“E di che.” Rispose lui, col suo vocione “Se avete bisogno di altre cose, dovete solo uscire a cercami e chiederlo.”
“D’accordo.”
“E se volete c’ho pure altre zucche. Però grosse.” Mimò la loro grandezza con entrambe le braccia “Che ne so, magari ve le porto pure.”
Ci pensai un attimo.
Ma sì, perché no, d’altronde? Se tanto, a quanto pareva, sarebbe toccato a me tutto il lavoro, allora avrei fatto le cose a modo mio e basta.
“Sai che ti dico?” Dissi infatti “E’ un’ottima idea, Hagrid. Puoi portarne tre o quattro, per cominciare?”
“Va bene, se poi avete bisogno di cose tipo polli morti, c’ho anche quelli. Pensa che ne ho trovato uno proprio stamattina, poveraccio.”
Mi feci una risata, alla sua uscita.
E poi… Hagrid se n’era appena andato, e io stavo invece per mandare Piton a quel paese, quando mi si palesò qualcuno praticamente davanti agli occhi.
“Oh, Soleil, ciao.” Mi disse Gilderoy, l’uomo appena comparso.
Perché doveva venire a cercarmi quando avevo sempre da fare, porco cavolo?
“Ciao, Gilderoy, che ci fai qui?” Gli chiesi allora.
“Passavo di qua, e volevo vedere come andasse il vostro lavoro. Ho un particolare buon gusto, io, quindi volevo offrire il mio contributo, se ce n’è bisogno!”
Grazie al cielo!
Stavo proprio per rispondergli che – sì – il suo aiuto sarebbe stato più che prezioso, ma non potei, perché Severus comparve improvvisamente accanto a me con tanto di svolazzamento di mantello, e parlò prima di me. Anzi, vidi che aveva anche preso la propria bacchetta.
Oh, santa pace.
“No, grazie.” Disse proprio Severus, mentre con un gesto della propria bacchetta chiudeva una delle ante della porta. Io lo guardavo allibita “Ce la caviamo benissimo da soli. Puoi certamente trovare qualcun altro che avrà bisogno dei tuoi… indispensabili consigli.” E senza dare a nessuno il tempo di replicare, chiuse anche l’altra anta, praticamente sbattendola in faccia a Gilderoy.
Io continuavo a guardarlo con tanto d’occhi.
“Avanti.” Mi disse poi lui, riscuotendomi appena, mentre intanto tendeva una mano verso di me “Dammi una di quelle zucche… Come ti ho detto, non ho tutto il giorno.”
Mi venne quasi da ridere.
…Ma non osai assolutamente, dato che Severus aveva ancora la bacchetta in mano.
A quanto pareva, quindi, Severus era diventato piuttosto collaborativo. Preparammo tutta la sala, e io mi azzardai anche a proporgli di usare, come ulteriori decorazioni, dei pipistrelli. Vivi, però.
“Come pensi di utilizzarli, scusa?” Mi chiese lui piuttosto svogliatamente.
Evidentemente l’avermi aiutata ad intagliare zucche – anche quelle giganti – e ad appendere festoni l’aveva spompato.
Anche se poi avrei dovuto essere io, ad aiutare lui, e non viceversa.
“Potremmo, ehm… incantarli e fare in modo che volino in tondo sul soffitto, per esempio…” Risposi.
Lui sospirò.
“Guarda che se non vuoi puoi sempre dirlo, eh.” Continuai “Tanto ormai ci sono abituata.”
Severus mi guardò per un momento, prima di parlare.
“Sì, certo, così ci proverai da sola ed entro mezz’ora la Sala Grande verrà rasa al suolo grazie a te.”
“Oh, grazie per la fiducia!”
Ma in ogni caso, alla fine, riuscimmo a procurarci questi benedetti pipistrelli; sì, sempre grazie ad Hagrid, ovviamente, che pareva fosse diventato il nostro fattorino di fiducia.
E poi… poi la Sala Grande fu finalmente pronta!
Giusto in tempo per andare a darci una sistemata per renderci presentabili per la cena.
Almeno io, eh.
“Ok, io vado di qua.” Dissi a Severus, una volta lasciata la Sala Grande, per congedarmi da lui, dato che io dovevo salire le scale mentre lui, invece, doveva scenderle.
“E io di qua.” Rispose “Grazie per questo scambio vitale di informazioni.”
“Oh, prego.” Ribattei sorridendo, e lui alzò un sopracciglio.
Aha, ero un genio.
Arrivai quindi in camera mia poco dopo, ed andai di filato a farmi una doccia.
Probabile che questo mi rubò fin troppo tempo, perché, guardando l’ora, dovetti vestirmi praticamente alla velocità della luce. E proprio perché non avevo la possibilità di gingillarmi, mi vestii in maniera piuttosto normale, senza stare a pensarci troppo. Alla fine optai per un paio di jeans, un maglione marrone, e ai piedi un paio di stivali.
Alé, che stravaganza!
In ogni caso, arrivai in Sala Grande puntualissima, per una volta nella mia vita, e con orgoglio, mentre camminavo per raggiungere il mio posto, mi guardavo intorno in continuazione: le zucche intagliate fluttuavano a mezz’aria, sopra le tavolate, e quelle giganti, di zucche, erano addossate ai muri; e poi c’erano i favolosi pipistrelli incantati che volavano in alto! Quanto mi piacevano!
Mi sedetti sulla mia sedia che ancora guardavo in alto.
“Oh, ne sei soddisfatto?” Chiesi allora a Severus, già seduto accanto a me, chinandomi appena verso di lui.
“Mi interessa relativamente.” Mi rispose lui, dopo un po’.
“Come?”
Mi interessa relativamente.
Alzai gli occhi al cielo. “Guarda che avevo capito.”
Severus fece un’altra pausa. “Lo so.”
“Oh, per Tosca, sei veramente impossibile.”
“Sì, ritengo possa essere considerata una delle mie caratteristiche.”
“Meno male che te ne rendi conto…”
“A dire il vero ne vado anche piuttosto fiero.”
“Di essere considerato impossibile?” Lo guardai abbastanza perplessa “Contento te… ”
“Come se fosse qualcosa da considerarsi orribile.” Commentò poi, e io lo guardai con una faccia come a voler dire beh, lo è.
Insomma, ‘essere impossibile’ corrispondeva praticamente  nel far saltare i nervi a tutti. E in effetti Severus ci riusciva parecchio bene, a pensarci.
“In una visione un po’ più ragionata,” Disse poi lui, appoggiando i gomiti sul tavolo ed intrecciando le dita davanti al proprio viso “in questo modo ho l’opportunità di dedicare la mia attenzione solo a chi reputo opportuno concederla. Se invece fossi come te, per esempio, mi ritroverei costantemente circondato da chi mi propina le più assurde richieste, facendomi saltare i nervi.”
“Mica è detto che devi dire di sì a tutti, comunque.” Disse con una vocina, non seppi neanche perché.
“Estirpo il problema alla radice.”
Rimasi zitta per un po’, a quel punto. “Mmh.” Feci “E comunque che c’entra che io sono così? Sono disponibile e basta, io, quando la situazione lo richiede.”
“Fin troppo, ho notato.”
“Evidentemente per te essere gentile risulta difficile.” Ribattei, stavolta con un tono un po’ più piccato “A me no, e non mi sembra neanche tutto questo gran dramma.”
Lui roteò gli occhi. “Non ho detto che essere gentili è un difetto.”
“Ma hai detto che io lo sono troppo.”
“E con ciò?”
“Beh, preferisco essere troppo gentile piuttosto che impossibile, se vuoi saperlo.” Conclusi, decidendo che non valesse la pena spendermi ancora su un discorso del genere. Anche perché stavamo andando a naufragare su lidi leggermente sconosciuti.
“Stai facendo tutto da sola, sappilo.”
Io mi strinsi semplicemente nelle spalle. E lui sbuffò, al che lo guadai con la coda dell’occhio.
“E adesso che c’è?” Chiesi.
“Io non ho detto nulla.”
“Hai sbuffato.”
“Devo rendere conto a te di ogni movimento che faccio?” Sbottò lui
“Sei veramente…”
“…Impossibile? A quanto pare sì.” Sibilò.
Non potei che azzittirmi.
Per fortuna, dato che quella conversazione mi sembrava che veramente stesse diventando… strana, iniziò il banchetto. O meglio, Silente si alzò in piedi per annunciare che il banchetto sarebbe iniziato di lì a qualche secondo.
“Cari studenti,” Cominciò “spero che abbiate abbastanza posto nei vostri stomaci, e, a proposito, preparateli adeguatamente, perché non mi dilungherò più di così! Buona cena!”
E, detto fatto, comparvero  le solite pietanze.
Inutile dire  che di dolci ce ne erano in quantità industriale.
Argh, già sapevo che alla fine di quella serata mi sarei ritrovata con almeno un chilo e mezzo in più direttamente sui fianchi.
Ma la cosa, a essere sinceri, mi importava relativamente, così iniziai a mangiare come al solito; anche se in maniera un po’ più contenuta, a dire il vero, onde evitare che mi si desse della bestia nuovamente
Inutile dire ogni pietanza che assaggiai fosse squisita, nel vero senso del temine.
…Che poi, che bisogno c’era di dire ‘nel vero senso del termine’? Per caso si poteva parlare ‘nel falso senso del temine’? Oh, beh, dettagli linguistici.
Comunque il banchetto andò avanti in quello che mi sembrava fosse decisamente il migliore dei modi.
Anche se…
Beh, mangiando al tavolo dei docenti era pressoché inevitabile che i miei occhi si soffermassero, ogni tanto, su praticamente tutta la Sala Grande. E, data la fama del soggetto, ogni tanto buttavo un occhio in particolare sulla tavolata dei Grifondoro, per individuare subito il piccolo Harry Potter. Solo che quella sera… non c’era. E non c’erano neanche quella ragazza e quel ragazzo che, da quanto avevo capito, gli stavano appiccicati. Vabbè, che erano i suoi migliori amici, insomma.
Strano, no?
Ricontrollai anche un paio di volte, e, nel caso in cui mi fossi inizialmente sbagliata, avrebbe almeno dovuto attirare la mia attenzione la chioma cespugliosa di Hermione Granger – l’amica di Harry Potter, appunto – che ben conoscevo, dato che frequentava la biblioteca già piuttosto assiduamente.
Tutta Hermione Granger, eh, non solo la sua chioma.
E invece nulla.
Oh, beh, speravo almeno che non stessero combinando qualcosa di simile al viaggio con la macchina volante, dato lo scompiglio che aveva già creato una bravata simile.
Ma, in ogni caso, smisi di pensare ai fatti degli altri e mi concentrai sul mio piatto di zuppa.
Dopo neanche troppo tempo, però, il banchetto finì, ed io, almeno, ero più che satolla. Così, una volta che anche l’ultima briciola di dolce – o quasi – venne consumata, tutti iniziammo ad alzarci per lasciare la Sala Grande.
Io, in particolare, quando mi misi in piedi, mi stiracchiai la schiena… e quasi rischiai di dare un pugno in faccia a Severus, ma per fortuna lui neanche se ne accorse.
Comunque, uscimmo tutti dalla Sala Grande, a quel punto, noi dell’‘Hogwarts’ staff’ preceduti da tutti gli studenti, alcuni dei quali avevano già iniziato a salire le scale da un bel po’. E anche noialtri stavamo per diramarci per i vari corridoi, quando si udì letteralmente un grido proveniente dai piani superiori:
“…ca a voi, mezzosangue!
Ma che diamine…?
Vidi, in pratica, tutti quanti, professori e non, che cominciarono a salire le scale abbastanza di fretta, richiamati da quella specie di urlo.
Ma chi era che si metteva ad urlare una frase del genere a squarciagola? Chi era, ora, quest’esaltato?
Che poi avevo sentito praticamente mezza frase, ma tanto bastava per farmi pensare che non si dovesse comunque urlare in quella maniera.
Ecco.
Continuai a seguire la fiumana di gente che saliva le scale, fino a quando, poi, tutti si fermarono quasi improvvisamente, arrivati in un corridoio del secondo piano.
E io, da dove mi trovavo, non vedevo un bel niente.
Iniziai così a sgomitare un po’ ovunque cercando di passare un po’ più avanti, cosa che comunque stava avvenendo piuttosto velocemente e in maniera più o meno indolore per tutti.
Finalmente un vantaggio del non essere più una studentessa!
In ogni caso, alla fine individuai l’alta figura di Silente, e poi quella della McGranitt. Mi feci ancora più vicina, anche se, arrivata a quella distanza, i miei piedi finirono in una pozza bagnata.
“Ma che è, ha piovuto, qui dentro?” Pensai, guardando verso il basso e sospirando alla vista dei miei stivali zuppi.
“Seguimi, Gazza.” Disse poi, in quell’istante, Silente, al che mi avvicinai ulteriormente al gruppetto che avevano formato praticamente quasi tutti i professori.
E a quel punto non potei che notare più cose contemporaneamente: Gazza si stava rialzando da terra; accanto ai professori si trovavano Harry Potter, Hermione Granger e quell’altro ragazzo dai capelli rossi; sul muro c’era una scritta rossa, e Silente teneva tra le braccia quello che sembrava un gatto morto.
Oh, porca misera!
Era Mrs. Purr, la gatta spiritata, quella? Ed era… morta?
Ok, neanche a me aveva mai fatto una gran simpatia, ma mica mi sarebbe mai venuto in mente di accopparla! Chi diamine era stato?
E poi lessi la scritta sul muro:
La Camera dei segreti è stata aperta
Temete, Nemici dell’Erede.
Ed era rossa. E quindi quello poteva benissimo trattarsi di sangue. Oddio, che fosse stato il sangue di Mrs. Purr?
Ok, avevo ufficialmente i brividi.
“…E anche voi.” Stava intanto continuando a parlare Silente, rivolgendosi ai tre ragazzi che gli erano praticamente accanto.
“Il mio ufficio è il più vicino, Preside, possiamo andare lì…” Disse, invece, Gilderoy “Faccia come fosse a casa sua.”
E poi Silente cominciò a camminare, sempre con Mrs. Purr in braccio, seguito da Gilderoy, dalla McGranitt, da Severus, da Harry Potter e compagnia, e da Gazza.
Avrei potuto accodarmi anch’io, a quel punto, tanto, dato il numero di persone che componeva quel gruppo, un’altra in più non avrebbe poi fatto tutta questa differenza.
Non fosse stato che mi sentissi praticamente… pietrificata, al momento.
Tutto quello aveva del surreale!
Come cacchio poteva succedere una cosa del genere, lì, ad Hogwarts?
Silente e gli altri, comunque, si fecero largo tra la folla, e ben presto sparirono dalla visuale di tutti; al che, poi, ci pensarono gli altri professori rimasti a far sì che tutti gli studenti andassero di filato alle loro sale comuni, anche se non poterono evitare che si creasse un brusio piuttosto ansioso, nell’aria.
“Cara, va tutto bene?” Sentii poi pronunciare da qualcuno accanto a me.
Quasi sussultai, quando udii quella voce, ma poi mi girai. E quasi sussultai di nuovo quando mi trovai davanti gli spessi occhiali della professoressa Cooman.
“Io, sì, tutto ok, grazie.” Mi affrettai a rispondere.
“Non sosterei più di tanto in questi corridoi, cara.” Continuò lei “Cose oscure accadono.”
Stranamente stavolta non ma sentii di darle completamente torto.
“Buonanotte!” Trillò poi lei, sistemandosi meglio il suo scialle ad andando via per la sua strada.
E io, guardandomi intorno, mi accorsi di essere praticamente rimasta da sola.
Grazie per considerazione, come al solito…
Eppure, invece di andarmene, rimasi lì un momento, con la schiena appoggiata al muro opposto a quello su cui c’era la scritta che brillava sinistramente a causa della luce delle torce.
La Camera dei Segreti è stata aperta. Temete, Nemici dell’Erede.” Mormorai tra me e me.
Mamma mia che cosa macabra, scrivere una cosa del genere col sangue.
Ma poi era veramente sangue?
Mi avvicinai lentamente al muro opposto a me, quello con la scritta, insomma, cercando di ignorare l’acqua che ormai era entrata – e continuava ad entrare, dato che ci stavo sopra – nei miei stivali.
Chinai la testa per guardare quelle parole ancora più da vicino. Erano rosse, sì, però… era veramente sangue, quello?
Boh, alla vista poteva anche sembrarlo, ma per essere sicuri sarebbe servito, come minimo, fare qualcosa tipo… assaggiarlo.
…E io di sicuro non mi sarei spinta a leccare un muro per scoprire se quello fosse o meno sangue di gatto, poco ma sicuro.
Che poi… Che diamine era la Camera dei Segreti?
E chi era questo fantomatico Erede?
Se non si sapeva chi fosse, come si faceva a stabilire quali fossero i suoi Nemici?
…Oddio, e chi aveva urlato ‘bla bla bla, mezzosangue’?
Forse erano i mezzosangue, i nemici che dovevano temere non-si-sapeva-che-cosa?
Bene, la cosa mi consolava…
Fatto sta che non potei rispondere a nessuna di queste domande, e come unico risultato del mio pensare, mi venne un gran mal di testa.
Quanto avrei dato per sapere che si stavano dicendo Silente e gli altri nell’ufficio di Gilderoy.
Beh, speravo che poi avrebbero riferito anche agli altri la loro conversazione, dato che una non è che poteva rimanere con l’ansia a vita, eh.
Eh.
Ma ora basta stare lì a farmi scoppiare le cervella, tanto non avrei risolto un bel niente. E poi gli altri se n’erano andati da un pezzo, e il silenzio che si era creato mi inquietava alquanto.
Inutile dire che praticamente fuggii speditamente in camera mia.
Accidenti a quel cavolo di Erede.
Ma poi Erede di che?

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Eccomi qui, sono tornata! :D
Vado subito col capitolo... spero vi piaccia! E... beh, come al solito perdonate i miei errori di battitura! Prima o poi mi metterò qui a ricorreggere tutto, promesso!
Nel frattempo, un grande abbraccio! <3




Capitolo 12

 
Il giorno seguente, seduta al mio solito tavolo, in biblioteca, me ne stavo con un gomito appoggiato sul suddetto tavolo a sorreggermi il mento, con sguardo pensieroso.
Era tutto il giorno che non facevo altro che pensare. E fu parecchio inevitabile, dati gli avvenimenti della sera prima, che mi concentrai su cose che mi impedirono pure di rilassarmi completamente, nel sonno, dato che non riuscivo a non smettere di pensare al fatto che in giro per il castello vi fosse un folle che si divertiva ad ammazzare gatti.
Che poi avevo saputo che Mrs. Purr non era stata effettivamente uccisa, ma ‘solo’ pietrificata, anche se alla fine non era che la cosa cambiasse molto. Un folle che si divertiva a pietrificare gatti esisteva comunque!
E così non riuscivo a smettere di pensare, anche se ciò non era che portasse a chissà quale fondamentale conclusione.
In ogni caso, meglio andare con ordine.
La mattina successiva all’aggressione alla gatta dagli occhi rossi mi alzai alla solita ora, ancora mezza assonnata, per prepararmi per andare a fare colazione. Quando, ad un certo punto, però, iniziai ad udire uno strano ticchettio.
All’inizio, ancora suggestionabile com’ero, la prima cosa che feci fu quasi accucciarmi a terra al grido di: “Oddio, è giunta la mia ora!”
Poi, però, mi accorsi di come quel ticchettio non smettesse di diventare sempre più insistente, al che pensai che, se quel rumore avesse dovuto eventualmente annunciare la presenza di un aggressore, quest’ultimo mi avrebbe già attaccata da un mezzo, invece di mettersi a ticchettare. Certo, a meno che ciò non fosse stato a significare che nella mia camera vi fosse nascosta una bomba ad orologeria; ma scartai presto quest’ipotesi, anche perché non pensavo che un individuo avvezzo a pietrificare gatti con la magia si sarebbe abbassato ad utilizzare una comune e… banale bomba babbana.
A quel punto, a proposito di roba ad orologeria, pensai che potesse trattarsi semplicemente della mia sveglia, ma quella non aveva mai fatto un rumore del genere, perciò – sempre che quell’oggetto, altresì detto la mia sveglia, non fosse stato colpito da un incantesimo Sonorus – scartai anche questa terza (o quarta? Non me lo ricordavo più) ipotesi.
Dopo aver fatto un bel respiro, allora, mi guardai intorno, ancora piuttosto perplessa, per poi accorgermi, semplicemente, che quel ticchettio era causato dal perenne bussare col becco di un gufo sul vetro della mia finestra.
Cioè, non che qualcuno stesse usando un becco di gufo per bussare alla mia finestra. C’era proprio un gufo, tutto intero, che batteva col becco. Il suo. Ancora attaccato al proprio corpo.
Vabbè, meglio lasciar perdere.
Insomma!
Andai ad aprire – finalmente – la finestra, a quel punto, lasciando entrare il gufo, che mi guardò con un’occhiata come per dire: “Oh, ce l’hai fatta, idiota!”
E sinceramente mi sa che non potevo dargli tutti i torni.
In ogni caso presi la lettera che il gufo aveva legata alla propria zampa – perché sì, ne aveva una – temendo quasi che quello mi beccasse la mano, date le occhiate che continuava minacciosamente a lanciarmi.
Quasi quasi iniziavo ad immaginarmi, data la ‘simpatia’ del gufo, chi potesse essere il suo proprietario, ma ne dubitavo comunque.
Difatti, quando lessi la lettera, mi dissi di aver avuto più ragione:
 
Signorina Scrooge,
la prego di recarsi in sala professori mezz’ora prima dell’orario della colazione a causa di comunicazioni piuttosto urgenti.
Minerva McGranitt
 
Aha!
Che poi, a pensarci, anche la McGranitt non era affatto una dilettante, in quanto ad occhiatacce.
Ma comunque.
Mezz’ora prima della colazione.
Argh.
Dovetti sbrigarmi per almeno provare a non arrivare in ritardo a quest’improvvisa riunione.
Di solito me la prendevo con molta calma, dato che, anche qualora fossi arrivata un po’ più tardi in Sala Grande per la colazione, ciò non avrebbe causato chissà quale dramma. Stavolta, invece, non mi andava molto di arrivare per ultima, magari spalancando la porta della sala professori e interrompendo la riunione che ovviamente sarebbe già cominciata da un pezzo.
Vabbè, rimuginarci sopra non serviva praticamente a nulla, quindi, piuttosto che far vagare ulteriormente la mia mente, mi velocizzai. Così, non molto tempo dopo – relativamente poco, in effetti – uscii dalla mia camera camminando a asso celere verso quella benedetta sala professori.
Quando arrivai spalancai effettivamente la porta, quasi temendo il peggio, ma invece, grazie al cielo, la riunione ancora non era iniziata.
Mi sedetti subito ad una poltroncina posta in un angolo, sotto la finestra, sprofondandoci dentro. Era piacevolmente imbottita.
Mi guardai intorno, a quel punto, accorgendomi di non essere stata neanche l’ultima ad arrivare. C’erano già Severus, la professoressa Cooman, Hagrid, la professoressa di Babbanologia, quella di Astronomia, e… Vabbé, altra gente. Gazza, in particolare, se ne stava in piedi, con la schiena appoggiata al muro e con gli occhi perennemente fissi sul pavimento.
Poveraccio.
Insomma, ritrovarsi il proprio animale morto stecchito doveva essere un colpo per chiunque. Figurarsi per uno che pareva adorarlo fino all’inverosimile.
Mi faceva quasi pena, quell’uomo.
Poi, beh… Lui si accorse che lo stavo guardando, e mi lanciò uno sguardo misto tra l’omicida, il disgustato (o disgustoso?) e non sapevo neanche io che altro, quindi lasciai totalmente perdere.
Che diamine, era possibile che in quel castello non si potesse provare un po’ di sana e genuina compassione per nessuno?
Bah.
A quel punto, in ogni caso, la porta si aprì, e io mi aspettai di veder entrare Silente, o, perlomeno, la McGranitt, dato che nessuno dei due era ancora arrivato.
Cavolo, ma quanto ero arrivato in anticipo?
Ma comunque, i nuovi arrivati non erano né Silente né la vicepreside, bensì Gilderoy e la professoressa Sprite.
Come avevo fatto, prima, a non notare la sua assenza?
Di Gilderoy, intendevo, ovviamente. Senza nulla togliere alla professoressa Sprite.
Probabile che fossi stata troppo persa nei miei pensieri.
Comunque… Gilderoy stava parlando piuttosto animatamente con la Sprite, ma non riuscivo bene a capire cosa le stesse dicendo, data la distanza alla quale mi trovavo invece io. Le uniche parole che captai furono ‘pietra’ e ‘mandragole’.
La Sprite non sembrava essere molto incline a rispondere a qualsiasi cosa Gilderoy le stesse dicendo, anzi, invece di parlare gettò un’occhiata – piuttosto perplessa, in verità – a Severus, seduto su una sedia, col giornale momentaneamente posato sulle proprie gambe, a non molta distanza da loro.
L’espressione di Severus era nettamente diversa da quella della professoressa: aveva le labbra talmente assottigliate che sembravano formare una semplice linea retta, e in più gli stava pulsando una vena su una tempia.
La prima volta che gli avevo visto quell’espressione in viso – che altro non poteva essere se non pura e semplice furia – mi era quasi preso un colpo, e anche stavolta non fu da meno.
Al che sprofondai ancora di più nella mia poltrona tanto carina e accogliente. Anche se io, a pensarci, non c’entravo un’emerita fava.
Oh, beh, riflesso incondizionato.
E giustificato, a mio parere.
Ma, tornando a pensare a cosa un po’ più serie – come, giusto per fare un esempio, al motivo per cui quella benedetta riunione era stata indetta, proprio nell’esatto momento in cui la Sprite si andava a sedere ad uno dei tavoli presenti, seguita da Gilderoy – che caspita doveva dirgli, poi?, la porta si aprì nuovamente e, finalmente, arrivarono Preside e vicepreside, al che si poteva anche dire che fossimo tutti presenti, a quel punto.
Vidi Severus chiudere velocemente il giornale e guardare la McGranitt con un cipiglio leggermente irritato.
Ok, a quanto pareva non era una giornata ‘sì’, per lui.
Decisamente.
“Ci siamo tutti? Bene.” Cominciò Silente, unendo per un momento le mani in un breve attimo di riflessione “Tutti voi siete a conoscenza, immagino, degli eventi accaduti ieri sera, dopo il banchetto.” Fece un’altra breve pausa “Sono lieto almeno di dirvi che Mrs. Purr non è morta.” Ah, no? “E’ stata pietrificata.”
…Eh? Ma… Che… Co…
No, un momento.
Che senso aveva pietrificare una gatta?
Guardai Gazza, a quel punto, ma la sua espressione non era cambiata di una virgola.
O di un punto e virgola. Ahah.
Uhm, sì…
“Ahimè,” Continuò comunque Silente, portandosi più avanti, verso il centro della sala “questa è l’unica notizia positiva che possiamo riferirvi. Per quanto riguarda il resto, siamo tutti ugualmente all’oscuro dei fatti: non sappiamo chi sia l’artefice di un tale gesto, né come abbia fatto.”
“Io lo so chi è stato…” Si sentì mormorare dalla parte di Gazza, e così ci voltammo tutti verso di lui.
“Argus…” Sembrò però quasi ammonirlo Silente.
“E’ stato Potter!” Sbottò però lui, staccandosi dal muro e facendo un improvviso e ciancicato balzo in avanti “E’ stato lui!”
Io lo guardavo ad occhi sgranati.
“Argus, per piacere.” Fece ancora Silente, con tono decisamente più severo, e Gazza, accorgendosene, tornò ad appoggiarsi al muro “Spero che non occorrerà tornare ulteriormente sull’argomento.”
“Eppure ripeto che la sua storiella non era affatto convincente.” Disse qualcun altro, stavolta, e tutti gli occhi vennero puntati su Severus.
“Quei tre ragazzi avevano detto di essere andati alla festa di quel fantasma.” Disse allora Gilderoy, e tutte le teste si girarono verso di lui “Quel Nick. O come si chiama. L’ho sentito con le mie orecchie!”
“Eppure non è chiaro cosa abbiano fatto dopo, Allock.” Continuò Severus, e tutti ci voltammo ancora.
Il fatto che si trovassero ai due capi opposti della stanza non giovava.
Mi sembrava di essere ad una partita di tennis babbano.
“Fino a prova contraria” S’intromise allora la professoressa McGranitt “Harry Potter e i suoi amici sono innocenti! Basta con questo siparietto!” Severus fece per aprire bocca e replicare, ma lei lo precedette, puntandogli contro un dito minaccioso – per quando un dito potesse essere minaccioso “E non una parola sul Quidditch!”
Severus richiuse la bocca e la guardò in modo niente affatto gentile.
E calò il silenzio.
“Bene!” Esclamò allora Silente, battendo appena le mani “Credo che concordiamo tutti, allora, su questo punto.”
“Ma la Camera dei Segreti?” Chiese subito il professor Vitious “E’ veramente stata aperta?”
“Non lo sappiamo.” Fu la McGranitt, a rispondere “Non possiamo dire se ciò che è successo alla gatta di Gazza possa essere ricollegato alla Camera dei Segreti oppure no.”
Calò nuovamente il silenzio.
Tutta quella storia era veramente inquietante.
“In ogni caso…” Riprese Silente “Non c’è molto da dire, oltre a quanto già sapete. Spero solo che quanto avvenuto ieri sera si tratti semplicemente di un caso isolato. Grave, ceto,” Ci tenne a precisare “ma almeno isolato.”
Tutti noi non potemmo che essere d’accordo, per quanto la situazione fosse ancora niente affatto chiara.
“Ah, Pomona.” Concluse Silente, a quel punto “Vorrei parlare con e delle tue mandragole, se hai un momento di tempo.”
“Certo!” Rispose subito la Sprite “Immediatamente, Preside!”
E subito lo seguì fuori dalla sala professori, dirigendosi entrambi, con molta probabilità, verso la Sala Grande, per la colazione.
Dopo non molto tutti noi non potemmo che imitarli.
E così, dopo aver mangiato in maniera anche più silenziosa del solito – segno evidente che i miei pensieri avevano di già iniziato a vorticare nella mia testa – e subito me ne andai in biblioteca, facendo così iniziare finalmente la mia giornata lavorativa.
Me ne stavo lì, allora, seduta alla mia scrivania, pensierosa.
“Scusi.” Mi riscosse dai miei pensieri una voce, e quando misi a fuoco la vista, di fronte a me vidi un ragazzo.
Non l’avevo mai visto prima, in biblioteca, fino a quel momento.
“Mmh, sì, dimmi pure.” Risposi, posando entrambe le mani sulla scrivania.
“Volevo il libro ‘Hogwarts: storia di una Scuola di Magia’, ma non lo trovo, sullo scaffale.”
“Hai controllato bene?”
“Certo!”
“Ok, ok. Diamo un’occhiata.”
Mi alzai, a quel punto, andando verso la sezione Libri Storici.
T’oh, Severus, ci avrebbe potuto passare le giornate, in quella zona della biblioteca.
Ma insomma, stavo divagando.
Giunta comunque a guardare sullo scaffale sul quale vi sarebbe dovuto essere il libro che quel ragazzo stava cercando.
E beh, in effetti… Non c’era.
“Oh.” Ammisi “No, è vero, non c’è.”
“L0avevo detto, io!” Esclamò il ragazzo.
Io gli feci un sorriso, un po’ in segno di scuse, per non aver dato credito subito alle sue parole.
Tornai alla mia scrivania, allora, col ragazzo che mi veniva dietro – in senso letterale, ovvio. Aprii il registro che tenevo per scriverci sopra tutti coloro che avevano preso un libro, che libro era stato preso e quando. Diedi una veloce controllata, e dovetti per forza rendermi conto che tutte le copie di ‘Hogwarts: storia di una Scuola di Magia’. E che…? Da quando un libro del genere andava così a ruba?
“Ehm, mi dispiace, ma non ne è rimasta neanche una copia.” Disse allora.
“Non è che può mettermene da parte una, quando stava disponibile?”
“Certo, come no.”
Il ragazzo mi fece un gran sorrisone di ringraziamento e poi lasciò la biblioteca; al che io mi risedetti alla scrivania, tornando praticamente subito nella stessa posizione pensierosa in cui ero stata per praticamente gran parte della mattinata. Beh… A pensarci bene non doveva poi essere una gran sorpresa che quel libro non fosse più disponibile. Dove si sarebbe potuto cercare qualche informazione sulla Camera dei Segreti, altrimenti?
Accidentaccio! Perché a me non era venuta in mente un’idea del genere? Invece di scervellarmi inutilmente, almeno, avrei anch’io cercato informazioni su questa benedetta Camera!
E invece no.
E così rimanevo a cercare di capirci qualcosa in quel mistero arrivando praticamente a… niente.
Insomma…
Ok. La Camera dei Segreti era stata aperta. E quindi, se qualcuno doveva – a quanto pareva – temere per questo, si presupponeva che vi fosse qualcosa al suo interno.
Ma cosa? Bella domanda.
Ovviamente nessuno lo sapeva. Era segreto.
Grazie al cavolo, si chiamava ‘Camera dei Segreti’!
Ma che segreti? Uno o più d’uno? Segreti su cosa?
Potevano essere segreti sulla vita privata di qualcuno? Scabrosi pettegolezzi su questo fantomatico Erede? Magari i Nemici che dovevano temere per se stessi erano gli artefici di queste indiscrezioni sulle depravate pratiche sessuali di qualcuno?
Mmh. Forse la mia mente stava andando un po’ troppo oltre.
Anche perché, in tal caso, che c’entrava tutta la storia della pietrificazione?
Mi suonava piuttosto difficile che Mrs. Purr avesse potuto ricattare un qualche politico frequentatore di bordelli, dopotutto.

…Dovevo smetterla di abbuffarmi, la mattina.
Decisamente.
Cancellai dalla mia testa tutto ciò a cui stavo pensando, cercando di formulare pensieri un po’ più intelligenti. O lucidi, almeno.
In ogni caso, quel ragazzo non fu l’unico, durante la giornata, a cercare quel libro di storia senza trovarlo.
E dopo che ebbi ascoltato le richiesta della dodicesima persona che me lo domandava, avevo voglia di mangiarmi le mani.
“Scusi.” Mi chiese l’ennesima ragazza, e io mi voltai verso di lei, riconoscendo subito Hermione Granger “Non riesco a trovare ‘Hogwarts: storia di una Scuola di Magia’.”
“Non c’è.” Risposi immediatamente senza neanche starci a pensare “Finito. Andato. Irreperibile.”
“Ah.” Fece lei, perplessa “Ok.”
E, detto semplicemente questo, se ne andò. Io la seguii con lo sguardo, vedendola andare verso un tavolo della biblioteca, al quale aspettavano Harry Potter e l’altro ragazzino dai capelli rossi – avrei dovuto impararmi il suo nome, prima o poi.
“Neanche una copia!” Stava intanto dicendo Hermione Granger “Ma perché ho lasciato la mia a casa?”
Fortuna per lei che in quel momento non ci fosse Miss Pince in giro…
Ma, a proposito di Miss Pince, sapevo che lei, in quel momento, si trovava nel suo ufficio, così mi alzai dalla mia postazione, stiracchiandomi gambe e braccia, e mi diressi da lei. Bussai alla porta e aspettai fino a quando lei non mi disse di entrare
“Ehm… Salve.” Esordii entrando nella stanza solo col busto, attraverso la porta semiaperta.
“Ciao, Soleil.” Fece lei, seduta alla sua scrivania “C’è qualche problema, di là?”
“Oh, nulla di preoccupante. Solo… Non è che abbiamo, da qualche parte, altre copie di ‘Hogwarts: storia di una Scuola di Magia’?”
“No…” Fece lei, pensierosa “Tutte quelle a disposizione si trovano già sugli scaffali. Come mai questa domanda?”
“Beh, perché sono finite tutte.”
“Tutte?”
“Eh, già.” Sconvolgente, eh? “Credo che sia perché tutti vogliano saperne di più sulla Camera dei Segreti.”
Miss Pince mi guardò in silenzio per un momento, prima di rispondermi, e durante questa pausa io entrai definitivamente nella stanza, chiudendo la porta dietro di me.
“In effetti è piuttosto comprensibile… Anche se temo che i nostri ragazzi troveranno ben poco, in quel libro.”
Ma va’? Allora il fatto che non avessi pensato a procurarmelo non era così grave!
Almeno speravo. Ne andava della mia già piuttosto latente autostima, dopotutto!
“Davvero? E come mai?” Mi arrischiai così a chiedere.
“Beh…” Miss Pince cambiò seduta, mettendosi probabilmente più comoda “Naturalmente è solo una leggenda, quella della Camera dei Segreti, e quel libro tratta difatti, piuttosto che di storia che sembrano più o meno inventate.”
Beh, ‘inventate’ neanche tanto, dato che a quanto pareva questa Camera era stata appena aperta!
Certo, a meno che… A meno che non si fosse trattato di uno scherzo sin dall’inizio!
E Mrs. Purr pietrificata, allora?
Argh, mi stavo incartando di nuovo.
“Sì, ma… Cosa dice quel libro, allora?” Chiesi, a quel punto “Non la nomina neanche, la Camera dei Segreti?”
Ecco, meglio attenersi ai cosiddetti fatti.
“Sì… Credo che qualcosa racconti…” Rispose Irma Pince, pensandoci su “Ma non molto. Da quanto mi ricordo, e se la memoria non mi inganna, in quel libro c’è scritto che, secondo la leggenda, la Camera dei Segreti è stata costruita insieme all’intera Hogwarts, e proprio da uno dei suoi fondatori, cioè… Salazar Serpeverde. Certo, poi le storie dicono che Serpeverde vi abbia nascosto un mostro, all’interno, ma ripeto: sono tutte storie.
Bene. Ora almeno potevo dire di saperne qual cosina di più.
Peccato che le cose appena scoperte non era che contribuissero molto a tranquillizzami. O, per lo meno, a continuare a farmi vivere in un più o meno continuo stato di… quiete.
…Andiamo, per la miseria, c’era un cavolo di mostro, in quella cavolo di Camera dei cavolo di Segreti!
Ecco cos’era, il segretone!”
…Che poi, se lo sapevano tutti, che razza di segreto era?
Ok, non si sapeva di che mostro si trattasse esattamente, ma…
…Oddio, un mostro!
Ma perché doveva esserci una cosa del genere, in una scuola?!
E aveva già organizzato tutto da… quanto, mille anni? …quel gran burlone di Salazar Serpeverde.
Evidentemente non sapeva come passare le giornate, lui.
E allora che dovevo fare, per saperne qualcosa di più? Certo, avrei potuto chiedere ad un Serpeverde, a quel punto.
Forse.
Se la vena sulla tempia del suddetto Serpeverde avesse smesso di pulsare, magari, il che non lo davo per scontato.
E sempre, ovviamente, se le nuove informazioni che avrei acquisito non mi avessero fatto venire l’ansia.
Anche se, per saperlo, avrei dovuto ascoltarle, queste informazioni ulteriori – sempre che ci fossero veramente – prima di stabilire se avessero potuto farmi o no venire l’ansia, ma se le avessi ascoltate allora non avrei potuto più decidere se ascoltarle o no per non farmi venire l’ansia, perché, appunto, le avrei già ascoltate, e perciò tutto questo ragionamento mi si stava rivelando totalmente inutile, e quindi… quindi…
Oh, vabbè, ci siamo capiti, su.
E così aspettai che il mio turno lavorativo finisse, per poi andare a fare una capatina, come quella mattina, in sala professori. Se fossi stata abbastanza fortunata avrei trovato lì Severus – anche se ne dubitavo abbastanza – in modo da potergli fare qualche mirata domanda. Sempre con molta cautela.
Arrivai nella sala, allora, entrando con calma e tranquillamente, guardandomi intorno: c’era Madama Chips che sfogliava una rivista, seduta in poltrona, e mi parve poi di scorgere anche un fantasma lasciare la stanza passando attraverso il muro. Mi pareva che quello fosse il professore di Storia della Magia, se non erravo. Continua a guardarmi intorno, entrando sempre di più nella stanza, e finalmente vidi Severus seduto ad una scrivania a scribacchiare qualcosa su delle pergamene. Mi avvicinai a lui con passo felpato, e mi sedetti sulla sedia di fronte a lui. Prima però afferrai da un tavolino una copia della Gazzetta del Profeta, tanto per far sembrare che non avessi… secondi fini.
Ok, mi sarei liberata della mia pseudo-copertura praticamente subito, ma erano solo dettagli.
Aprii il giornale di fronte a me, spiegandolo per bene sulla scrivania.
“Ciao.” Dissi, anche se ad un tono non molto elevato, per non disturbare nessuno.
Lui mi guardò solamente, prima di tornare a scrivere.
“Che stai facendo?” Chiesi con un piccolo sorriso.
“Lavoro.” Rispose lui, con un lieve – lievissimo – sorrisetto “A differenza di qualcun altro.
Sì, beh… Grazie tante.
“E a cosa?”
Lui intinse la propria piuma nel calamaio, prima di rispondermi.
“Come mai tutto questo interesse?”
Feci spallucce. “Curiosità. Allora, che fai?”
Sospirò. “Devo finire di formulare le ultime domande per un compito che ho intenzione di far fare domani mattina.”
“Un compito? Di già?”
“E’ quello che ho detto.” Fece lui, con tono annoiato “E comunque siamo già a Novembre. Che verrebbe dire ‘di già’?”
“Oh. Beh, niente, in effetti.”
Lui alzò gli occhi al cielo, e stava quasi per ricominciare a scrivere, ma io parlai di nuovo.
“Ma senti un po’ una cosa…”
Lui bloccò la mano a mezz’aria, e finalmente mi guardò con un po’ di attenzione.
“Cosa, esattamente? Spero sia qualcosa che valga la pena ascoltare, almeno.” Fece una pausa “Dato che presumo che me la riferirai qualunque cosa io dica.”
Mi sbilancia in una piccola risata.
“E quindi…” Dissi allora “Ok, vengo subito al sodo: tu cosa sai della Camera dei Segreti?”
Severus posò la piuma direttamente dentro il calamaio, e poi intrecciò le dita davanti al proprio naso, poggiando i gomiti sulla scrivania ma evitando cautamente di rovinare le proprie pergamene,
“Oh, sì, l’argomento scottante del momento.” Disse “Immagino quanto una cosa del genere possa stimolare la tua curiosità…”
Fui io, stavolta, ad alzare gli occhi al cielo.
“Sì, sì, hai ragione, sono curiosissima.” Risposi “Allora, vuoi parlarmene o no?”
Severus fece per aprir bocca, ma un rumore lo fece desistere dal suo intento. Mi voltai verso la fonte di quel suono, vedendo così che qualcuno aveva appena aperto la porta di botto, entrando in sala professori.
“Salve a tutti!” Disse subito l’uomo che era appena entrato, cioè Gilderoy “Come andiamo?”
Mi girai un po’ anche col busto, per poterlo guardare meglio, mentre in quel preciso istante iniziai a sentire Severus ricominciare a scribacchiare sulla sua pergamena.
Io, nel frattempo, salutai Gilderoy con la mano, e lui di rimando mi fece un sorriso, avvicinandosi al tavolo mio e di Severus.
“Ciao!” Esclamò Gilderoy, rivolgendosi prima a me e poi a Severus, che però lo degnò soltanto di una veloce occhiata, tornando quasi subito ad immergersi nel suo lavoro.
“Come state?” Continuò Gilderoy.
“Abbastanza bene, grazie.” Risposi io con un altro sorriso.
Severus si limitò a lanciargli soltanto un’altra delle sue occhiate.
Che eloquenza…
“E tu?” Gli chiesi comunque io.
“Magnificamente. Sai…” Assunse un tono quasi complice “Ho riflettuto molto su tutta questa brutta storia, e… credo di essere arrivato a delle conclusioni!”
“Davvero?”
“Strabiliante, vero?” Replicò lui, entusiasta “E ho proprio la netta sensazione che più che supposizioni le mia siano praticamente certezze! Per esempio , infatti, io avevo capito subito che quel gatto non era stato ucciso, bensì pietrificato!”
Io lo guardai sinceramente ammirata.
“Davvero?!” Non potei che ripetere.
“Volete che vi esponga qualcuno dei miei innumerevoli concetti?”
Severus rispose immediatamente con un sibilato e sibilante – e coinciso – ‘No’, cosicché Gilderoy si mise a guardare esclusivamente me.
Stranamente, non gli risposi subito. Magari con un bel ‘Sì’ grosso come una casa, dato che aspettavo un’occasione simile da settimane.
Poi, però, guardai Severus, ancora totalmente, almeno a quanto sembrava, concentrato nello scrivere.
Alla fin fine avevo iniziato già con lui un discorso simile. Se fosse capitato a me – che mentre parlavo con qualcuno, qualcuno si fosse improvvisamente disinteressato della conversazione mettendosi a parlare con un’altra persona… beh, io ne sarei rimasta per lo meno infastidita!
E dato che non ero né maleducata né incivile – o almeno la maggior parte delle volte, speravo – giunsi alla conclusione che se per parlare con Gilderoy avevo aspettato tre o quattro settimane, allora avrei anche potuto aspettare un pochino di più.
E Severus si sarebbe accorto del mio comportamento gentile e maturo?
Probabilmente no, ma almeno lui non avrebbe potuto rinfacciarmi nulla, mentre io mi sarei sentita in pace con me stessa.
Posai la mia mano sul braccio di Gilderoy, a quel punto, guardandolo nei suoi bei occhi azzurri.
“Ehm, guarda, Gilderoy…” Gli dissi “Mi dispiacerebbe interrompere il discorso che stavo facendo con Severus, quindi… Che ne dici di parlarne… fra un po’? sarei comunque tutta orecchi!”
All’inizio pensai che Gilderoy se la fosse un po’ presa, a giudicare dalla sua espressione, ma poi, invece, mi fece un gran sorriso.
“Certo, Soleil, come desideri.” Disse “Alla prossima, allora!”
E detto questo si allontanò semplicemente dal tavolo, avvicinandosi alla poltrona sulla quale per tutto quel tempo era rimasta seduta Madama Chips.
“Allora, ehm… Dicevamo?” Feci all’unico interlocutore rimasto, a quel punto.
Quando mi voltai verso Severus, beh… Lo vidi fissarmi con un sopracciglio inarcato e con un’espressione… strana.
Come se già non fosse bastato il sopracciglio alzato.
“Ehm… Sì?” Mi arrischiai a chiedere, perplessa.
“Che cosa staresti facendo?”
…Eh?
“Come, scusa?”
“Prima.” Precisò lui “Che avevi intenzione di dimostrare?”
“Io? Niente!”
“Sappi che io non sto elemosinando la compagnia di nessuno!”
Lo guardai praticamente con gli occhi sgranati.
“Ma lo so, cosa credi?” Replicai “Mica sto… provando pena per te o qualcosa di simile!”
Non fosse mai!
Severus, comunque, mi stava nuovamente guardando con il sopracciglio alzato.
“Lo spero bene.” Rispose “Perché è l’ultima cosa che mi allieterebbe, al momento.”
Abbassai lentamente lo sguardo sul giornale che ancora avevo davanti a me.
“Ma allora vuoi finire di parlare o no?” Chiesi ancora “E comunque scusa, non volevo di certo insinuare nulla.”
Per il momento rimasi sempre in quella posizione, onde evitare di trovare nuovamente Severus a fissarmi in quel modo.
Sentii sbuffare, dopo un po’.
“Oh, e va bene.”
Rialzai lo sguardo, quasi sospettosa, trovandolo che mi stava guardando, dopo aver posato la piuma – ancora – nel calamaio.
“Cosa sai della Camera dei Segreti?” Mi chiese.
“Che è una leggenda.” Risposi prontamente “E che dicono che sia stata progettata da Salazar Serpeverde e che al suo interno vi si trovi un… mostro.”
Lui fece una piccola pausa. “Sai già quasi tutto, allora.”
“Sul serio?” Feci, sorpresa “Quindi è vero che è una leggenda?”
“Il fatto che sia stata creata da Salazar Serpeverde e che al suo interno vi sia un mostro? Sì…” Tirai un sospiro di sollievo, a queste parole “Ma che la Camera dei Segreti non esiste… Questo lo escludo.”
Perfetto, il sollievo se n’era già andato dopo neanche mezzo secondo.
Lui fece un’altra pausa – a quanto pareva era un amante della suspense – e solo dopo si spiegò.
“Vedi, Cirque.” Oh, mi ci mancava questo “Esattamente cinquant’anni fa la Camera è stata aperta.”
Io ero tutta orecchi. “E…”
“E non si è mai saputo né dove si trovasse né cosa vi fosse al suo interno, se… un mostro, come dici tu, o… qualcos’altro.” Pausa “Fatto sta, però, che… beh, una ragazza ha perso la vita, cinquant’anni fa, dopo l’apertura della Camera.”
Oh. Porca. Zozza.
“Ma… Ma… Tu come fai a saperlo, se la cosa è avvenuta cinquant’anni fa? Quanti anni hai, tu?”
Ed eccolo lì nuovamente, il sopracciglio inarcato.
“Meno di cinquanta, se è per questo, e credo che tu lo sappia benissimo.” Ah, beh, in effetti… “Anche se poi non vedo perché i interessi tanto o perché tu mi faccia una domanda del genere, dato che – spero almeno che la tua mente possa arrivare ad accettare una simile complicata considerazione – le storie si… tramandano.”
Oh.
Sì, beh… Giusto.
Però…
Oh, porca misera, era morta una ragazza!
“E non si sa niente su come sia morta?”
“No. Ma dicevano all’epoca che fosse una mezzosangue.” Rispose lui tranquillamente.
Di bene in meglio!
Ma come cavolo faceva, lui, a starsene così tranquillo?!
E come se non bastasse lui prese ad osservarmi, dato che mi stavo agitando sulla sedia. E non poco, avrei aggiunto.
Severus, a quel punto, si sporse un po’ più avanti, verso di me, allungandosi appena col busto sopra la scrivania.
“Qual è il tuo stato di sangue, Cirque?” Mi chiese, in un sussurro.
“Uno che mi fa preoccupare parecchio, in questo momento.” Risposi semplicemente, e lui si rimise nella stessa posizione di prima praticamente all’istante.
Che brutta, brutta, brutta, brutta faccenda.
A quel punto, però, mi alzai, facendo anche strusciare poco aggraziatamente la sedia sul pavimento.
“Credo che mi avvierò in Sala Grande.” Dissi.
“Spero tu sappia che Hogwarts è uno dei posti più sicuri al mondo…” Ci tenne a precisare lui, guardandomi serio.
Io gli feci un piccolo sorriso. “Sì. Ma grazie per avermelo ricordato.” Mi allontanai un po’ dalla scrivania “Ci vediamo dopo, allora.”
Severus fece soltanto un cenno con il capo, e io uscii definitivamente dalla sala professori, dirigendomi verso la Sala Grande, pur sapendo di essere in netto anticipo.
Mannaggia a me e alla mia voglia di impicciami e di voler sapere tutto.
Argh!

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Salve, gentaglia! :D
Alla fine ce l'ho fatta, a finire il nuovo capitolo, quindi... eccomi qui!
Vi ringrazio sempre tanto, voi che recensite facendomi felice (xD) ma anche tutti i lettori silenziosi, che siete davvero tanti *-*
Un bacione a tutti, e alla prossima! ;D





Capitolo 13
 

Era già passato qualche giorno da quando vi era stata l’aggressione al gatto di Gazza e da quando erano nate tutte le mie paranoie riguardanti la Camera dei Segreti, l’Erede, il mostro, l’omicidio, e blablabla.
Non che ‘blablabla’ significasse che stessi parlando di cose di scarsa importanza… Tutt’altro! Era che ci si metteva decisamente troppo a ripetere sempre tutto, no?
Si poteva, uhm… Chiamare tutto ‘La Camera dei Segreti & Co’, tanto per risparmiare tempo, ad esempio.
Oddio, quasi mi immaginavo – quasi – l’ipotetico mostro come una roba indefinita grigiognola, seduto ad un banchetto di fronte ad una enorme porta di legno nero e lucido, con in mano – o in zampa – uno di quei telefoni portatili babbani.
“Sì? Qui ‘La Camera dei Segreti & Co.’, disidera?”
Sì, beh. Dicevamo?
Che poi per parlare del mostro centralinista avevo anche sprecato più tempo di quanto ne avrei utilizzato elencando Erede, Nemici e compagnia bella.
Ma poco importava, ormai… Forse.
Comunque!
Era così già passato qualche giorno dalle rivelazioni sulla Camera dei Segreti & Co. e dal nascere delle mie consecutive e giuste paranoie, e ora sembrava che tutti si fossero quasi… tranquillizzati.
Insomma: come se il fatto che non vi fossero tre attentati al giorno facesse sì che non vi dovesse essere un clima di terrore.
Non che io avessi voluto vivere un clima di terrore, per la misera! Sarei impazzita nel giro di qualche minuto, in quel caso, ma… Quasi non si vedeva tutta la preoccupazione che mi sarei aspettata di scorgere in continuazione sul viso della gente.
Boh. Forse ero strana io.
…E non era un’ammissione di nessun genere, tanto per essere chiari. Ecco.
E vabbè, quindi era passato qualche giorno e la situazione pareva essere tornata più o meno normale.
D’altronde, poi, stavo anche pensando: avevano pietrificato Mrs. Purr, ok, e fin qui c’erano arrivati tutti. E poi… basta! Cioè, nessuno aveva visto il fantomatico mostro, e nessuno poteva dire così che la Camera fosse stata veramente aperta!
Esisteva, d’accordo, e su questo non c’erano dubbi, a quanto pareva – e la cosa rimaneva comunque parecchio inquietante – ma bisognava per forza credere ad una scritta comparsa sul muro?
Magari era tutta una balla! Magari nessuno aveva aperto un bel niente ma aveva comunque scritto quella frase (‘Temete etc etc’) tanto per fare il burlone!
Sì, il burlone…
Vabbè, si era capito il senso, no?
E quindi… E quindi niente. Tutto questo discorso solo per poter dire che non si poteva essere sicuri di niente e che nessuno sapeva niente. Stupendo.
E insomma – per la terza volta – tutti avevano ripreso a comportarsi come sempre. E anch’io, a quel punto, dato che l’ultima cosa che volevo era trasformarmi in una seconda Cooman.
Proprio perché era rimasto tutto perfettamente normale, allora, io me ne stavo in biblioteca, seduta al mio solito tavolo a leggere un libro, dato che al momento non è che avessi avuto granché da fare. Il libro in questione? Poesia.
 
Temo i tuoi baci fanciulla gentile, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
troppo profondamente il mio spirito è oppresso
perché io possa opprimere anche il tuo.
Temo il tuo viso e la tua voce e i gesti, ma tu
non hai motivo di temere i miei;
la devozione del cuore con la quale adoro
il tuo cuore, sii certa, è innocente.*
 
Niente male, eh?
Caso strano era una delle mie preferite, e in quel momento me la stavo leggendo per la milionesima volta. L’ipotetico narratore di quella poesia mi metteva sempre una tenerezza immensa. Ecco perché mi piaceva tanto.
Era così… Sì, insomma, mi sarebbe quasi venuta voglia di stringerlo forte e di coccolarlo.
E poi c’era gente a caso che reputava inutile la poesia. Tzk.
E così, mentre io me ne stavo a sognare praticamente ad occhi aperti amori impossibili di qualsiasi tipo, venni improvvisamente riportata alla vita reale dalla presenza di qualcun altro, vicino a me, che mi faceva pure ombra sul libro.
Mi girai, allora, trovandomi così davanti Harry Potter, l’ormai familiare Hermione Granger e Ronald o Ron Weasley – mi ero anche imparata il suo nome, ah!
“Buongiorno.” Mi disse Hermione.
“Ciao.” Risposi, guardando per un momento tutti e tre “Cercate qualcosa?”
“Noi… Sì. Dobbiamo rendere un libro dal Reparto Proibito. Ecco il permesso!”
E detto questo lei mi porse un foglietto di pergamena, che io afferrai. Solo che lei ci mise un po’, prima di mollare la presa, tanto che io dovetti quasi strapparglielo dalle mani.
Mah.
E così, almeno, dopo aver guardato perplessa il gruppetto per quel piccolo siparietto, lessi il biglietto.
 
Io medesimo autorizzo il prelevamento del libro ‘De Potentissimis Potionibus’ dal Reparto Proibito.
Firmato: Professor Gilderoy Allock
 
E mamma mia, quanti svolazzi che aveva fatto, Gilderoy.
Ma era comunque una bella ed elegante scrittura.
“Mi chiedevo se potessi tenerlo…” Disse Hermione Granger in un soffio, subito.
Io la guardai perplessa. “Come?”
“Non stia a sentirla.” Rispose Ronald Weasley “Tanto Allock ti farà un altro autografo, Hermione. Quello lì firma qualsiasi cosa, purché resti ferma per abbastanza tempo!”
Al che Hermione Granger parve rassegnarsi.
Guardai perplessa anche il rosso, a quel punto.
…Ehi, voleva insinuare qualcosa, per caso?
“Come mai vi serve quel libro?” Chiesi comunque, mentre mettevo il bigliettino firmato da Gilderoy in un cassetto della mia scrivania.
Stranamente vidi tutti e tre irrigidirsi appena.
“Approfondimento.” Disse Harry Potter velocemente.
“Il professor Piton vi dà tanto da studiare?” Chiesi con un sorriso mentre mi alzavo, a quel punto.
Anche se la mia domanda non è che avesse molto senso… Se avessero dovuto studiare per Severus, a quel punto il permesso l’avrebbe scritto direttamente lui, no?
“Oh, no, è per il professor Allock!” Esclamò appunto la Granger.
“Ma che Piton ci dia tanto da studiare non è mica una novità, eh.” Puntualizzò comunque Ronald Weasley.
Chissà perché, lo immaginavo.
In ogni caso, a quel punto, lasciai lì per un paio di minuti il piccolo gruppetto e mi addentrai nel Reparto Proibito.
Mi avventurai tra gli scaffali praticamente deserti, guardandomi intorno in cerca del settore giusto.
Certo che lì c’erano libri che veramente trattavano degli argomenti più disparati, e il più delle volte di cose non molto… pacifiche. Come minimo di cose complicate, insomma.
“‘L’arte del creare amuleti’.” Lessi di sfuggita sulla copertina di un libro a caso.
Ecco, appunto, parlando di cose complicate…
Ma meglio darsi una mossa, prima che nell’altra stanza mi dessero per dispersa, o, peggio, cominciassero a far baldoria causando le stitiche ire di Miss Pince. Che poi, ovviamente, avrebbe potuto prendersela con me, quindi meglio evitare.
E finalmente, allora, trovai il ‘De Potentissimis Potionibus’.
Era un tomo niente affatto… leggerino.
Ma come andava, a quei tre, di mettersi a leggere un libro simile per un semplice approfondimento?
Andava bene che si stava parlando di un approfondimento per la materia insegnata da Gilderoy, ma… a tutto c’era un limite!
…No?
Anche se, parlando di Hermione Granger non avrei dovuto sorprendermi più di tanto. Forse aveva attirato Potter e Weasley nella sua tela del ‘conosci tutto più che puoi!’.
…Ma perché diamine finivo sempre per sembrare come quella che disprezzava chi studiava tanto?
E che pizza.
Ma comunque… Afferrato quel libro non potei che cominciare a tornare indietro sui miei passi – e non su quelli di qualcun altro, si badi bene – mentre sfogliavo qualche pagina del ‘De Potentissimis’. Certo, sarebbe stato interessante – anche se fino ad un certo punto – sapere qualcosa in più sulle pozioni, ma ormai era passata da un pezzo l’età in cui potevo sedermi ad un banco ad ascoltare una comune lezione scolastica.
Se poi la lezione fosse stata dell’attuale professore di Pozioni di Hogwarts… Men che mai!
“Ecco qui!” Esclamai allora una volta tornata alla mia scrivania.
Scrivania sulla quale trovai seduti sia Harry Potter che Ronald Weasley.
Fortuna che scesero di lì non appena mi videro.
“Ok, grazie mille!” Trillò a quel punto Hermione Granger, afferrando il tomo e stringendolo al petto come se qualcuno – io? – potesse rubarglielo da un momento all’altro.
“Arrivederci!” Continuò allora lei, prima di voltarsi e di sgusciare via, seguita a ruota da suoi due amici che mi rivolsero solo un affrettato ‘Arrivederci’ anche loro.
Io rimasi praticamente imbambolata a fissare le loro figure sparire a passo svelto.
…Boh.
Se Pozioni faceva quell’effetto sulla gente, rendendola stralunata… Lontano da me!
Ma comunque… Mi ero appena messa seduta, e stavo proprio per riprendere in mano il mio libro di poesie, che giunse un’altra studentessa al mio cospetto – sì, ‘al mio cospetto’, vabbè. Si trattava praticamente di una bambina. Sarà appartenuta di sicuro al primo anno, ed aveva i capelli davvero lunghi, biondi, e gli occhi grigi un po’… sporgenti – o ‘a palla’, come di solito e poco elegantemente dicevo io.
“Scusi.” Fece allora lei, con una vocina sottile-sottile.
“Sì? Non trovi un libro?” Le chiesi di rimando, facendole un sorriso e lasciando perdere le mie poesie, a quel punto.
La bimba fece un cenno di diniego con la testa, veementemente, tanto che i capelli, già piuttosto disordinati, finirono per gonfiarsi ancora di più.
“E che libro è?” Domandai sempre io.
“Non so che libro è.” Rispose finalmente “Non so se esiste un libro che mi parli…”
“Che parli di cosa?”
“Dei Ricciocorni Schiattosi.”
Oh, santa pace.
Passai praticamente quasi un’ora a litigare con quella bambina, in pratica.
O meglio: io pareva che mi stessi inalberando sempre più, manco fossi stata una scimmia, mentre lei continuava a guardarmi con quei suoi occhioni e a rispondermi con la sua sottile vocina.
Per quanto infatti continuassi a ripeterle che – no – in biblioteca non vi era nessun libro che parlasse di un animale del genere semplicemente perché un tale animale non esisteva, lei invece non ametteva di battere ciglio e di rimanere saldamente ancorata alle sue convinzioni.
A proposito: me l’aveva detto lei che quel coso era un animale.
Me lo immaginavo – ma tanto non esisteva, quindi… – come un grosso riccio con un corno in fronte e dalla vita veramente breve, dato il suo nome. Presumevo infatti che schiattasse piuttosto presto.
Ma in ogni caso la bambina, sempre tranquillamente, continuava a dire che lo Schiattoso esisteva, che suo padre l’aveva visto, e che evidentemente era la biblioteca ad essere sfornita di un libro che parlasse esclusivamente di lui.
Ehi! Sfornita un cappero!
E così era iniziata una vera e propria battaglia verbale.
Com’era finita?
Che io mi ritrovai con la gola secca per il troppo parlare, e con un principio di mal di testa, mentre la bimba bionda, dopo un ‘Oh, beh! Non fa niente!’, se ne andò saltellando allegramente.
Che mattinata.
In ogni caso, per fortuna, tutta questa pseudo-normalità venne interrotta. Da cosa?
No, non da un’altra pietrificazione, per il turbante di Kamir!
Avrei introdotto la frase con ‘Argh! Tuttaquestapseudo-normalitàvenneinterrotta!’, in quel caso, quindi… No.
Il fatto era, invece, che si sarebbe tenuta la prima partita di Quidditch del campionato!
Io non ero mai stata una grande tifosa di Quidditch, a dire il vero, però era veramente un sacco di tempo che non assistevo dal vivo ad una partita di questo sport. Sarebbe stato parecchio interessante, allora, sedersi lì e osservare i giocatori che sfrecciavano veloci.
E non era una partita come tutte le altre, oltretutto! Si sarebbero scontrate sul campo – forse ‘scontrate’ nel vero senso della parola, chissà – le squadre di Grifondoro e di Serpeverde!
Insomma… Erano le due Case rivali, quindi di conseguenza la partita non sarebbe affatto stata ad esclusione di colpi. Che poi… Sinceramente… Perché quelle due erano le Case rivali? O meglio… Perché erano rivali? Da che nasceva tanta rivalità? Salazar Serpeverde aveva, mille anni prima, avuto uno screzio con Godric Grifondoro? E vabbè, ma anche fosse stato? Si doveva essere nemici di altre Case solo per un qualcosa avvenuto mille anni prima?
Potevo capire che magari ci fossero degli studenti che non sopportassero vicendevolmente, e questi, casualmente, facessero parte di Grifondoro e di Serpeverde, ma… Le intere Case erano veramente in conflitto tra loro?
Bah.
Che cosa infantile.
…Intanto Salazar Serpeverde aveva costruito un’intera Camera dei Segreti – ehm – segreta sotto il naso di Godric Grifondoro.
Sì, beh… Povera Tosca, neanche lei si era accorta di niente.
E vabbè.
In ogni caso, comunque, quando arrivò il giorno della partita, tutti quanti noi, studenti e non – forse tutti tranne Gazza, per qualche motivo sul quale non avevo intenzione di indagare – ci dirigemmo verso il campo da Quidditch.
…Ma che ci faceva Gazza tutto da solo dentro il castello?
Insomma, tutti gli studenti erano alla partita, così come tutti i professori. Perché non veniva anche lui? In effetti dalla faccia non mi sembrava un grande amante del Quidditch. O di qualunque disciplina che coinvolgesse giovani studenti.
Già me lo immaginavo a saltellare in piena libertà, non visto, per tutto il castello, ballando con Mrs. Purr tra le braccia.
Oh. Non c’era Mrs. Purr.
Vabbè, allora saltellava da solo.
Ma comunque!
Il mio posto, come appresi mentre mi dirigevo al campo, era stato collocato nella tribuna destinata ai professori. Non che ci fosse stato un posto con sopra la targhetta con su scritto ‘Soleil Scrooge’, ma insomma: se volevo assistere alla partita, dovevo andare lì.
Che poi io, in realtà, non sapevo neanche chi tifare. Con chi erano affiliati i Tassorosso, di solito? Boh. Quindi probabilmente avrei tifato la squadra che… avrebbe tifato Gilderoy?
Sì, lo sapevo, era un comportamento un po’ stupido, ma… Ehi, cervello, smettila di giudicarmi!
D’altronde anche Gilderoy si trovava nella mia stessa situazione, data la sua natura da Corvonero, quindi non c’era niente di male nell’allearci insieme verso la comune indecisione!
E chissà, se fossi capitata seduta accanto a lui, avremmo potuto discutere tranquillamente di entrambe le squadre con fare professionale e distaccato, quasi complici, vicini-vicini.
Seh.
Ma intanto avrei lottato per finire seduta accanto a Gilderoy, dato che già ai pasti – mannaggia a Godric – potevo solo… ammirarlo da lontano. Se un’ipotetica Madama Chips avesse tentato di rubarmi il posto, sarei stata io a mandarla in infermeria, altroché!
Oh, ma Madama Chips, a pensarci, neanche veniva a vederla, la partita, dato che se ne rimaneva in infermeria proprio per tutto il tempo.
Oh, gioia e gaudio!
La vittoria sarebbe stata mia! Sì, beh… Figurativamente parlando.
…Magari Gazza avrebbe ballato con Madama Chips, già che c’era, saltellando in giro per i corridoi del castello.
Cervello, piantala.
Ma insomma, a quel punto, poco prima che iniziasse la partita, entrai nello spalto giusto e prima di sedermi, ovviamente, mi guardai intorno: i posti consistevano, in pratica, in delle panche di legno; notai quasi subito Silente seduto a non troppa distanza da me, mentre la McGranitt si trovava vicino al commentatore di turno per rimproverarlo qualora avesse utilizzato un linguaggio sconveniente, sicuramente. Voltandomi un altro po’ vidi anche Severus già seduto a non troppa distanza da me.
C’era anche un posto vuoto, accanto a lui, ma, prima che potessi anche solo pensare di fare alcunché, vidi Gilderoy sedersi sulla panca esattamente sotto a quella sulla quale si trovava Severus.
E c’era un posto vuoto, accanto a Gilderoy!
E così, in pratica, mi ci fiondai, senza dare nell’occhio – almeno speravo – e senza dover rischiare di fare a botte con qualcuno che volesse appropriarsi del mio posto.
E alla fine giunsi in men che non si dica a destinazione.
“Ciao, Gilderoy!” Feci subito, una volta giunta da lui, rimanendo comunque in piedi.
Lui alzò lo sguardo verso di me, a quel punto.
“Oh, buongiorno, Soleil!”
“E’ libero questo posto?” Chiesi con un timido sorriso.
“Sì, certamente…Vuoi sederti?”
Oh, gioia e gaudio! – di nuovo.
“D’accordo!” Trillai, e a quel punto mi accomodai.
Nel far questo i miei occhi si posarono anche su Severus che, notai solo allora, mi stava guardando, e così lo salutai con la mano, ottenendo però da lui solamente una misera e seria alzata di sopracciglio.
E vabbè, neanche me la prendevo più di tanto, ormai.
La cosa più importante, però, era che mi fossi seduta accanto a Glideroy! E gli stavo quasi appiccicata!
Cioè, no… Non che gli stessi in collo come una ragazzina senza un minimo di decenza, però… ecco, se lui si fosse spostato anche solo di pochissimo verso di me, saremmo praticamente finiti coscia contro coscia!
Oh, gioia e gau- Sì, vabbè.
“Allora, come va?” Gli chiesi a quel punto, cercando di cominciare una qualche conversazione “Tutto bene?”
“Oh, sì, non c’è male.” Mi rispose “Le mie lezioni sono a dir poco fantastiche, gli alunni le seguono entusiasti! Dovresti vedere Harry come prova ad emularmi…”
“Harry?”
“Oh, Harry Potter, intendevo.”
“Harry Potter?” Feci distrattamente “Ma lui non è già famoso di per sé?”
“Sì, su questo non c’è dubbio, ma vedi…” Girò appena il busto verso di me, cambiando seduta, per guardarmi meglio mentre parlava… e il suo ginocchio sfiorava il mio! “Il giovane Harry non sa come gestire la propria celebrità. È naturale, quindi, che abbia trovato in me l’esempio da seguire! Sono famoso, tutti mi conoscono, e – non lo dire in giro, mi raccomando – a volte la cosa risulta anche stressante. Fortunatamente io so come comportarmi nonostante tutto, rimanendo gentile, affabile, ed affidabile!” Prese un respiro, e poi riprese: “Harry, invece, dopo tante attenzioni, tende a… innervosirsi. Per questo mi ha preso come esempio: vuole imparare come non farsi sopraffare dal lato negativo della sua fama!” Fece un grande sorriso, a quel punto “E io non potrei che sentirmi più che in dovere di aiutarlo, su questo campo a me così familiare!”
E rise, mostrando i suoi denti perfetti.
Oh, rimaneva sempre il solito animo gentile, Gilderoy.
Non feci però in tempo a rispondere, per poter continuare la mia conversazione con Gilderoy.
Anche se fino ad allora aveva parlato solo lui…
Incidenti di percorso.
Ebbene, non feci in tempo a rispondere perché, semplicemente, adesso la partita stava veramente per cominciare. I giocatori di entrambe le squadre erano appena usciti dagli spogliatoi, e ora erano arrivati in prossimità del campo. Non appena vennero individuati dagli altri studenti, dalle tribune era partito un grande boato di benvenuto.
E così, con quel frastuono, ci sarebbero state non molto altre opportunità di poter parlare. Sigh.
In ogni caso, riuscii ad individuare Madama Bumb mentre diceva qualcosa ai capitani di Grifondoro e di Serpeverde, i quali, allora, si strinsero reciprocamente la mano. Poi Madama Bumb fischiò, e la partita ebbe inizio! Vi fu un altro boato quando i giocatori decollarono, e anche io e Gilderoy applaudimmo.
Io cercai di interessarmi alla partita, anche se mancava poco che mi si incrociassero gli occhi. Insomma, bisognava seguire quattordici giocatori che facevano tre cose diverse! Non invidiavo affatto Madama Bumb, designata ad arbitro.
Per non parlare delle tre… palle?
Sì, vabbè, palle.
E i Bolidi, a mio parere, erano veramente, veramente terrificanti. Se uno di loro avesse colpito in piena faccia qualcuno, a quella velocità… Sarebbe stato necessario cominciare a pregare. Difatti, per esempio, in quel momento c’era Harry Potter, cercatore dei Grifondoro, che non faceva altro che evitare un Bolide impazzito che pareva essersela presa esclusivamente con lui, tanto che i battitori, suoi compagni di squadra, avevano preso a volargli praticamente addosso per evitare che quel Bolide lo massacrasse a suon di botte.
Stavo proprio guardando interessata tutta la scena che improvvisamente sentii una goccia d’acqua sulla punta del mio naso. Alzai lo sguardo al cielo, notando i nuvoloni neri. E ovviamente mi piovvero in faccia altre gocce d’acqua.
“Oh, per la miseria.” Borbottai tra me e me, mentre iniziavo a farmi prendere leggermente dal panico.
Stava cominciando a piovere, porca zozza, e con me non avevo neanche uno straccio di ombrello.
Strizzai gli occhi quando altre gocce mi caddero in testa.
Oh, accidenti.
“Tutto a posto?” Mi chiese allora Gilderoy, e quando mi voltai verso di lui notai che in effetti mi stava guardando.
“Sta piovendo.” Risposi con un sorriso sconsolato.
“E l’ombrello?”
“Purtroppo non ne ho nessuno, con me…”
“Poco male, useremo il mio.” Disse allora lui, mentre si chinava per tirare fuori il suo ombrello da sotto la panca.
E mentre a me brillavano gli occhi, ovviamente.
Quando si rimise a schiena eretta vidi così che tra le mani aveva un bell’ombrello verde giada, dello stesso colore del suo completo. Dopodiché lui lo aprì sopra le nostre teste, facendosi anche più vicino per fare in modo che io non mi ritrovassi improvvisamente sotto l’acqua.
Oh, che carino.
“Eh, sì.” Disse poi lui, mentre si iniziava a sentire il rumore delle gocce che urtavano contro la stoffa tesa dell’ombrello “Sta decisamente piovendo!”
Io gli sorrisi semplicemente, incapace di dire alcunché.
Nel frattempo, all’interno del campo, i Grifondoro avevano chiesto un time-out, ma dopo soltanto qualche minuto la partita riprese; non potei non accorgermi di come ora Harry Potter si trovasse tutto da solo, senza più i battitori a proteggerlo.
“Hai notato che quel Bolide si comporta in modo strano?”
Ne parlavo come se si trattasse di un essere vivente, ma… Dettagli.
“Sì, ci stavo proprio facendo caso. Ah, se solo potessi dare una mano! Risolverei subito la questione.”
Gilderoy non aveva neanche fatto in tempo a rispondere che di nuovo il Bolide pazzo ricominciò a correre – o a volare? – dietro a Harry Potter.
E proprio per questo quel ragazzo stava praticamente facendo avanti ed indietro per tutto il campo, cercando di non farsi colpire. Ad un certo punto però si fermò, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione, e – boom! – il Bolide lo colpì.
Tutti gli spettatori trattennero il fiato, me compresa.
A causa della botta Harry Potter rischiò quasi di venir disarcionato, e quando si rimise seduto in una maniera un po’ più composta… Il suo braccio non pareva stare molto bene, dato il modo in cui penzolava.
Per me l’era proprio rotto.
Dopo un attimo, però, il ragazzo ripartì velocemente, e per di più diretto verso il cercatore dei Serpeverde! Quest’ultimo però si spostò, e Potter tese in avanti il braccio sano, verso il nulla, come a voler afferrare qualcosa. Che avesse visto il Boccino d’Oro? Poi richiuse la mano a pugno, ma… iniziò a precipitare! Tutta la folla praticamente gridò per lo spavento, e due secondi dopo il ragazzo erra a terra, in mezzo al fango, svenuto.
“Fermi tutti, c’è bisogno di me!” Sentii esclamare vicino.
Vicino. Troppo vicino. Era stato Gilderoy a parlare.
“Come… Che…” Provai a dire, ma lui già si era alzato, portandosi via l’ombrello e correndo verso il campo da gioco.
“Ehi!” Esclamai, quasi nel panico.
Ma aveva lasciata così! Sotto alla pioggia! Mi stavo bagnando come un pulcino!
Mi coprii la testa con le mani, ma ovviamente questo servì a ben poco.
No, vabbè… Ma stavamo scherzando?!
Gilderoy mi aveva veramente mollata lì, sotto la pioggia?
Ma… Ma che…
Avevo capito che volesse andare ad aiutare Harry Potter, ma non ci si comportava così! Intorno a lui c’erano già decine di persone che lo stavano aiutando! Non era giusto!
E io, nel frattempo, continuavo desolatamente a bagnarmi, mentre, come se non fosse bastato, iniziai a sentirmi anche gli occhi pizzicare.
Che brutta, brutta giornata.
“Oh, tenga qui, signorina Scrooge. È zuppa.” Disse poi qualcuno, ed alzando gli occhi vidi il professor Vitious in piedi davanti a me che mi offriva un ombrello.
Lui ne aveva un altro in mano, che lo copriva.
Io subito lo afferrai, guardando il professore con lo sguardo più riconoscente del mondo.
“Oh, grazie. Davvero.” Risposi.
“Di nulla.” Fece lui con un lieve sorriso, prima di congedarsi
Lui sì che era stato gentile.
Seguii con gli occhi il professore che allora tornava al suo posto, qualche fila dietro di me, e non volendo posai lo sguardo , per la seconda volta, su Severus, il quale mi stava guardando al sicuro, sotto il suo grande ombrello nero.
E mi stava persino osservando con un sorriso… irrisorio.
“Oh, povera Cirque.” Mi disse, e io mi rimisi subito seduta composta, furente, girandomi dall’altra parte.
Gli uomini facevano schifo.
Certo, a parte il professor Vitious.
E a quel punto starnutii, anche.
Ecchelallà, rischiavo di prendermi pure un raffreddore.
…Ovviamente a Severus, con il suo grosso ombrello a proteggerlo, non era neanche passato per l’anticamera del cervello di sporgersi un po’ per riparare anche me, no? Dato che aveva assistito in diretta a tutta la scena. Anzi! Mi prendeva pure in giro, lui!
Bah.
Mi ripetei che gli uomini erano veramente insopportabili, a volte.
Più volte.
Quasi sempre.
Certo, sempre senza considerare il professor Vitious.
Ma comunque… In quel momento almeno ero all’asciutto, ed era questo il fatto positivo su cui riflettere. Rincuorata da ciò cercai allora di capire cosa stesse accadendo sul campo di Quidditch: Harry Potter era ancora steso a terra, però non era più svenuto, era sveglio, e Gilderoy era chino su di lui. Da quella distanza riuscivo a malapena a vedere che Potter stesse cercando quasi di… sottrarsi da Gilderoy.
E perché?
Poi vidi quest’ultimo estrarre la sua bacchetta e puntarla verso il braccio palesemente rotto di Harry Potter.
Almeno stava cercando di rimetterlo in sesto.
Harry Potter, eh, sempre Harry Potter. Non Soleil Scrooge, figurarsi.
Vabbè, meglio sorvolare.
Quello che però accadde nell’istante immediatamente successivo… fece praticamente ammutolire tutto lo stadio: Gilderoy aveva fatto qualcosa al braccio rotto di Harry Potter, ma quello non sembrava… totalmente a posto. Quando infatti il ragazzo si rimise in piedi il suo braccio pareva… floscio. Come fosse un guanto di gomma.
Faceva anche un po’ senso, a dirla tutta.
Ma Gilderoy che caspita di incantesimo aveva utilizzato?!
E mentre Harry Potter venne praticamente trascinato via nello stupore generale, non potei che pensare che Gilderoy avesse perso diversi punti a suo vantaggio, quella mattina.
Ormai, comunque, non c’era più nulla da vedere, perciò anch’io, come aveva iniziato a fare il resto della folla, cominciai a dirigermi verso l’uscita.
Così almeno me ne sarei andata in camera mia a farmi una lunga doccia calda e ad infilarmi tre maglioni uno sopra all’altro.
Caso volle – o meglio: sfortuna volle – che mentre camminavo per andarmene da lì capitai accanto a Severus, anche lui che si appropinquava verso l’uscita della nostra tribuna.
Lo guardai in viso palesemente offesa, rendendomi così soltanto conto che lui aveva ancora il suo stupido ghigno sulla faccia.
Io mi girai subito dalla parte opposta a lui.
“Avresti dovuto portati un ombrello.” Mi disse lui.
Lo guardai giusto con la coda dell’occhio.
“Oh, tu dici?” Gli risposi.
“Non ho forse ragione?”
“No, hai ragione, perché lo vedo da me che sta piovendo! E grazie tante per la tua galanteria, comunque!”
Lui inarcò un sopracciglio, perplesso.
“Io non ho fatto niente.”
“Appunto!” Esclamai alzando gli occhi al cielo e decidendo di chiuderla lì.
Così accelerai il passo, superando Severus, e finalmente ritrovandomi nel parco di Hogwarts.
Bah, che razza di mattinata.
Stupida io, in primis, per il fatto che non mi fossi portata neanche uno straccio di ombrello; ma neanche gli altri scherzavano, eh?
Oh, non vedevo l’ora di togliermi quella roba bagnata di dosso, nella mia stanza, al calduccio, e così velocizzai ulteriormente la mia camminata.
Etcì.
Oh, per Morgana.



*Percy Shelley - Temo i tuoi baci fanciulla gentile

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Eccomi di nuovo qui tra voi! :D
Vi ringrazio tantissimo per il supporto che dimostrate, davvero, davvero tanto!
Vi lascio subito col nuovo capitolo, allora... Spero vi piaccia! Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima! :)








Capitolo 14

 
Quel giorno, a pranzo, si poteva di certo dire che non fossi di ottimo umore. Certo, non ero più zuppa fino al midollo, ma avevo tutto il diritto di rimanere più che offesa, no?
Dopo la partita, infatti, ero andata di filato nella mia stanza – tanto ‘di filato’ che all’inizio camminai dentro il castello ancora l’ombrello aperto sopra la testa. Me ne resi conto solo sulle scale – e una volta che mi fui chiusa dentro mi spogliai completamente lasciando i panni a terra e dove capitava, per poi praticamente correre dentro la doccia ed aprire il getto dell’acqua.
Certo, la prima ondata d’acqua che mi cadde addosso fu completamente gelata, tanto che dovetti appiccicarmi ad una parete della doccia per non venire colpita un’altra volta, ma alla fine il getto d’acqua raggiunse una temperatura fan-ta-sti-ca, e non poté che uscirmi dalle labbra un lungo sospiro di soddisfazione.
Mi venne persino la pelle d’oca! Che goduria.
In ogni caso rimasi a rilassarmi per un tempo veramente indeterminato, ed indossai l’accappatoio solo quando iniziò a sembrarmi che mi stessi trasformando in un pesce.
Ma, prima di uscire dalla doccia, comunque, fu pressoché inevitabile che mi mettessi a pensare.
Che poi… Era piuttosto strano che quasi tutti – o molti, comunque – trovassero la doccia un bel posto per riflettere.
Vabbè, c’era anche chi lo trovava un bel posto per cantare, ma ovviamente questa era tutta un’altra storia.
Insomma, sotto l’acqua calda, immersa nel vapore che già aveva sicuramente appannato tutto l’appannabile, mi ritrovai a pensare. No, non all’acquazzone in sé – basta pioggia! – ma sui comportamenti che avevano assunto nei miei confronti due persone in particolare.
O forse una persona soltanto…
Ma meglio andare con ordine.
Prima di tutto un nome non faceva altro che spuntare nella mia testa: Gilderoy. Era stato così, così… boh. Non sapevo neanche come definirlo. ‘Menefreghista’ o ‘cafone’ sarebbero stati nettamente più calzanti e appropriati di un semplice ‘boh’, ma mi sentivo quasi in colpa a pensare di definirlo in quel modo.
E consecutivamente mi sentivo una stupida, a pensarla così.
Ma alla fine ero giusta ad una conclusione ben precisa: Gilderoy Allock era un uomo. E quindi, essendo tale, come ogni altro uomo aveva i suoi pregi e i suoi… difetti.
Insomma, una volta che ci ebbi pensato mi sembrò una cosa parecchio scontata, eppure, allo stesso tempo, tutto mi apparve come una sorta di rivelazione. Prima non ci avevo minimamente pensato!
Gilderoy era un uomo! Non un dio o un essere perfetto!
Insomma… In quanto ad aspetto fisico andava molto vicino, in effetti, all’essere perfetto… ma non era questo il punto!
Sotto il getto dell’acqua calda, riflettendo tra me e me, capii che Gilderoy fosse bello, simpatico, ambizioso, gentile… ma che fosse anche un po’… troppo gentile. Quasi bisognoso d’attenzione, più che altro.
A volte, effettivamente, sembrava proprio che volesse… trovarsi al centro della scena.
Per quanto invece riguardava ciò che era avvenuto con me… ancora non riuscivo a considerarlo un cafone; era più forte di me. Anche se dentro di me sapevo che se fosse stato qualcun altro a comportarsi così… gli avrei affibbiato ben altri aggettivi, altro che ‘cafone’.
Forse ero io che non vedevo le cose lucidamente.
Era una possibilità.
Ebbene, sapevo già cosa avrei fatto: di lì a poco sarei andata a pranzo – in Sala Grande, dato che era il mio giorno libero settimanale – e avrei osservato i modi di fare di Gilderoy in maniera critica e imparziale. Specialmente per capire se avesse voluto scusarsi con me, come sarebbe stato giusto che avesse fatto.
Insomma, l’avrei studiato, e poi avrei modellato l’idea che avevo di lui in base a quanto avrei appreso di lì a poco, a pranzo.
Già, a pranzo. Seduta praticamente dall’altro lato del tavolo, accanto a Severus, che, sicuramente, mi avrebbe preso in giro come al solito. Se non peggio.
Ma chi se ne importava; se ne doveva stare zitto, lui, dopo quanto aveva fatto! Ecco, lui lo consideravo un menefreghista senza decisamente molti problemi esistenziali!
Anche lui avrebbe dovuto scusarsi con me, tanto quanto Gilderoy.
Insomma, quel pranzo si sarebbe rivelato essere un vero e proprio pranzo rivelatore.
Speravo solo di non rimanerne amareggiata…
Oh, beh, dopo questi pensieri – ottimi pensieri, molto ‘da adulta’, a mio dire – uscii finalmente dalla doccia, infilandomi il mio accappatoio giallo.
Sotto la doccia si rifletteva veramente che era una meraviglia! Sarà stato il vapore!
…Vabbè, mica erano fiumi di oppio – che non sapevo neanche se esistessero, in effetti – o una cosa così…
Ah, meglio lasciar perdere.
Mi asciugai i capelli e mi vestii, a quel punto, con qualcosa che fosse necessariamente a collo alto, specie quando starnutii per ben tre volte di fila. E così, dato che ormai era proprio giunta l’ora di pranzo, e dato che anche il mio stomaco reclamava la sua dose di attenzione, uscii dalla mia camera e mi diressi in Sala Grande.
Quando poi attraversai la consueta porta laterale, ritrovandomi dietro la tavolata dei docenti, non potei non notare il clima di festa che stava invadendo tutta la Sala. Beh, quasi tutta. La tavolata dei Serpeverde non era di certo allegra, segno evidente che la partita di Quidditch era stata vista dai Grifondoro, dopo che Harry Potter aveva afferrato – neanche si era capito bene come – il Boccino D’oro.
Ma a proposito…
Mentre mi appropinquavo verso il mio posto, con gli occhi tentai di scorgere il suddetto cercatore, ma non lo trovai. Possibile che fosse ancora in infermeria?
Gilderoy doveva aver fatto veramente un lavoro pessimo, se qual povero ragazzo stava così male.
Ma in ogni caso… Mi sedetti, finalmente e come al solito, accanto a Severus, che, come al solito, era già seduto a sua volta. Ovviamente non lo degnai neanche di mezzo sguardo, e così, semplicemente, unii le mani posandomele in grembo e guardando dritta di fronte a me, in attesa che cominciassero a comparire le varie pietanze.
Non mi voltai assolutamente alla mia destra, aspettando che fosse Severus a parlare o a fare qualcosa. Magari pronunciando un sentito ‘scusa.’
Bah, ma chi volevo prendere in giro? Stavamo parlando di Severus Piton, l’uomo più scorbutico del mondo!
Sì, beh, più o meno.
Ed era anche uno degli uomini più silenziosi del mondo, quindi dubitavo anche solo che avrebbe emesso un singolo suono.
Dovevo rassegnarmi? Probabile, ma io non gli avrei parlato di certo.
Ecco.
E così io rimasi in silenzio, e anche Severus. Insomma: c’era silenzio. Magari Severus mi stava anche osservando con una delle sue pragmatiche espressioni, ma non. Mi. Importava.
E no, non sapevo cosa volesse dire ‘pragmatico’, ma mi sembrava suonasse bene.
In ogni caso, comunque, uscii dalla paralisi che mi aro auto-imposta – perché oltre che zitta ero anche completamente immobile – quando sentii una voce. No, non quella di Severus, bensì quella di Gilderoy, che, a quanto potevo allora dedurne, era appena entrato in Sala Grande.
“Salve a tutti quanti!” Disse infatti facendosi sentire da tutti gli occupanti del nostro tavolo.
Io mi voltai, quindi, nella sua direzione, sporgendomi un pochino sopra il tavolo, evitando sempre e comunque di posare i miei occhi su quello che accanto a me era momentaneamente diventato una semplice figura monocromatica.
Non gli sorrisi, né lo salutai con un repentino movimento della mano, ma, semplicemente, guardai Gilderoy con un’espressione che a mio parere era completamente piatta. Volevo osservare quale sarebbe stato il suo atteggiamento: come minimo sarebbe dovuto venire da me per chiarire la situazione.
E invece cosa fece?
Niente.
Continuò a parlare con i suoi vicini di tavolo tutto sorridente, senza degnarmi del minimo sguardo. Cioè… Era come se io non fossi esistita.
Per Cosetta… L’ultima volta che mi aveva vista, io ero ad inzupparmi sotto la pioggia come un savoiardo nel vino! Non chiedevo tanto, solo un minimo, un briciolo, una manciata (piccola) di considerazione!
E invece niente.
Niente. Nien-te.
Inutile dire che la cosa mi stesse deludendo alquanto.
Gilderoy era sempre stato così gentile, però…
Ma lo era mai stato veramente, a pensarci bene?
Beh, non si poteva negare che non fosse… servizievole.
Con Harry Potter, in particolare.
Cioè… Solo con Harry Potter per la precisione. Perché? Non volevo pensare che lo facesse perché il piccolo Potter era famoso. Insomma, Gilderoy era già famoso di per sé!
…Ma anche il miliardario, per esempio, non smette mai di desiderare di essere più ricco.
Oh, che situazione.
Io non volevo assolutamente pensare a queste brutte cose, ma la realtà mi stava mostrando proprio questo!
Ed io, ancora una volta, finivo con il sentirmi valere meno di un fico secco. Che peraltro neanche mi era mai piaciuto. Il fico secco.
Da piatta – o presunta tale – allora, la mia espressione mutò, quasi senza che me ne accorgessi, in una piuttosto ed unicamente… delusa.
“Oh, è inutile che fai gli occhi da cane bastonato, tanto non ti guarda nemmeno.” Disse poi, proprio in quel momento, qualcuno al mio fianco.
Severus Piton. E chi altri? L’uomo che degli stati d’animo delle altre persone non capiva un benemerito… nulla.
Mi voltai verso di lui, allora, ritrovandomelo davanti con un’espressione decisamente seria.
Io decisi, dal canto mio, di non sprecarmi né in spiegazioni multiple e/o giustificazioni, né in insulti più o meno fantasiosi. Rimasi in silenzio, e senza dir nulla mi rimisi seduta composta con le braccia incrociate al petto, con la testa leggermente inclinata in avanti, e con gli occhi puntati sul mio piatto vuoto.
E, come se non fosse bastato, starnutii.
“Qualcuno ha avuto una cattiva giornata?”
Oh, Signore, dammi la forza.
“Senti.” Risposi allora, quella volta, non riuscendo a trattenermi, e voltandomi così verso Severus “Perché non provi a risponderti da solo? Dovresti riuscirci, dato che sei una mente così eccelsa.” Le palpebre di Severus si socchiusero, cosicché la sua espressione risultò piuttosto… terrificante, ma io andai avanti comunque “Se devi necessariamente dirmi qualcosa, sono ben altre le parole che vorrei sentirmi dire!”
“Ah, ma davvero?” Fece allora lui, appoggiando un braccio sul tavolo “E sarebbero? Sentiamo.”
Alzai gli occhi al cielo.
Ma ci era o ci faceva?
In effetti, era un bel grattacapo.
“Uno ‘scusa’, o un ‘mi dispiace’ non li rifiuterei, per esempio.”
“Tu vaneggi.”
“Ma per favore.”
“Non è con me che dovresti prendertela, sciocca ragazzina.”
“Mi hai lasciata sotto l’acqua!” Sibilai, onde evitare di alzare troppo la voce “Hai assistito a tutta la scena e non ha mosso un dito.”
“Ormai il danno era fatto.” Rispose semplicemente lui “E, in ogni caso, io non c’entro proprio niente con quel che è successo a te, quindi dovresti smetterla di blaterare.”
“Ma come ti viene in mente di dire che tu-”
“Sono io che me ne sono andato lasciandoti in balia della pioggia? No. Quindi, ora, taci.”
Oh, sapevo che era Gilderoy quello che aveva la colpa maggiore, ma non volli azzittirmi.
Difatti aprii la bocca per ribattere per l’ennesima volta, ma Severus mi precedette, stavolta.
“Tu riponi la tua fiducia in chicchessia. Se poi devi pagarne le conseguenze, non lamentarti. Specie con me.”
“Si tratta di un ombrello, Severus, non di una questione di vita o di morte.”
“Quindi figurarsi come ti avrebbe ripagata il tuo amichetto della tua fiducia se si fosse trattato un incarico di maggior importanza.”
Lo guardai per un istante, prima di incrociare nuovamente le braccia al petto.
“Mi sarebbe bastato un semplice ‘scusa’, non tutta questa tiritera.” Commentai allora distogliendo lo sguardo.
“Io rimango ancora seduto qui solo perché ho bisogno di cenare, sappilo.” Rispose invece lui lasciando intendere ben altro.
Che si era arrabbiato, per esempio.
Arrabbiata io, arrabbiato lui, arrabbiati tutti!
Certo, a parte Gilderoy, che, a quanto pareva, se ne stava tranquillamente a chiacchierare con gli altri professori come se nulla fosse.
Sospirai. L’avevo già detto che era stata veramente una brutta mattinata?
Beh, quel pranzo, in sintesi, finì nel silenzio. Allegria.
Quando poi tutti ci alzammo per uscire dalla Sala Grande, per prima cosa ignorai quasi completamente Severus, e poi, prima di uscire definitivamente da lì, mi avvicinai un po’ di più a Gilderoy, che nel frattempo stava parlando – ancora – con la professoressa… Sinistra – almeno mi sembrava si chiamasse così.
“Ciao, Gilderoy.” Gli dissi allora, quando gli passai accanto.
Magari vedendomi gli sarebbe acceso il Lumos in mente e si sarebbe scusato con me.
Ebbene, Gilderoy mi guardò – sì – e allora mi salutò con un sorriso e con un piccolo movimento della mano, prima di rimettersi a parlare con quella fantomatica professoressa Mancina e senza più degnarmi di neanche mezzo sguardo.
Rimasi praticamente immobile, sul momento, completamente… attonita.
No, vabbè… Ma stava bene? Ero senza parole! Ma il mondo si era impazzito quel giorno, per caso?
Uscii dalla Sala Grande a passo spedito, a quel punto. Fuori ancora pioveva a dirotto, e il cielo adesso era completamente ricoperto da dei nuvoloni neri. Beh, perlomeno il cielo si adeguava al mio umore; era soleilopatico.
Oh, beh.
Me ne andai in camera mia, non potendo fare altro, e, una volta richiusa la porta alle mie spalle, mi buttai praticamente sul letto, affondando la faccia al centro dei cuscini.
“Mpfffppfrgh.”
Il che voleva dire ‘uffa’,in sostanza, anche se usando dei termini un po’ più… pittoreschi. Meno male che allora i cuscini avevano attutito il suono della mia voce. Come se poi ci fosse stato qualcuno ad ascoltarmi! Ero nella mia camera!
In ogni caso quel pomeriggio non feci granché, dato che in pratica rimasi tutto il tempo lì, nelle mie stanze. Tanto che altro avrei potuto fare? Gli unici due tizi con cui di solito intrattenevo un qualche tipo di conversazione avevano litigato con me, ed io con loro.
Anche se con uno dei due non si era tanto capito cha diavolo fosse successo o dove avesse la testa. Ma che si fosse comportato da cafone, ormai, si era capito.
Eh, sì, stavolta stavo parlando di Gilderoy.
Inutile anche solo provare a giustificarlo ancora, no?
Oppure ero io che la stavo facendo tragica?
Ah, smisi proprio di pensarci, onde evitare di incasinare troppo i miei già fin troppo incasinati pensieri.
E il tempo trascorse, inesorabilmente. Mi feci un tè, cominciai a leggere un nuovo libro… cose così, fino a quando non arrivò l’ora di cena.
Mi diedi una sistemata, dato che, mettendomi a leggere sdraiata sul letto in talmente tante posizioni che neanche il kamasutra, avevo un completo disastro al posto di quelli che avrebbero dovuto chiamarsi capelli.
Per quanto invece riguardava la cena… Ci fu poco da fare: ignorai tutti.
O meglio, ci provai.
Ma dato che neanche stavolta né Gilderoy né Severus provarono anche soltanto per caso a chiedermi scusa, finii per rimanermene in silenzio e con lo sguardo fisso sul mio piatto. Di nuovo.
Sarebbe bastato anche un semplice ‘Scusa per oggi, comunque mi passi il sale?´e l’avrei finita lì, e invece niente.
Bella roba.
E così, a fine cena, sempre in silenzio me ne andai – magari non proprio ‘in silenzio’. Silente lo salutai, per esempio – e presto raggiunsi la mia camera. Mi ci chiusi dentro e la serata si concluse lì.
La mattina successiva, invece, accadde qualcosa di… insolito. O meglio: inquietante.
Venni svegliata non dal solito trillo della mia odiosa sveglia, infatti, bensì da un incessante ticchettio.
Facendo una smorfia tra me e me aprii gli occhi, a quel punto, ritrovandomi un gufo che mi fissava in cagnesco – o in gufesco? – fuori dalla mia finestra.
Mi prese un colpo.
Insomma… Ritrovarsi un gufo che ti fissa male non è una bellissima sensazione. Per lo meno si trovava al di là della finestra, altrimenti sarei saltata direttamente per aria. Anche se avrei dovuto essermi abituata, dato che una cosa del genere non era successa neanche troppo tempo prima.
Beh, in ogni caso mi alzai e feci entrare quello che a quanto pareva era il postino mattutino. Difatti aveva un biglietto, con sé, che io lessi subito.
 
Signorina Scrooge,
la prego di recarsi in sala professori prima della colazione per una riunione straordinaria, in merito ad alcuni avvenimenti svoltisi questa notte stessa.
A presto,
Professoressa Minerva McGranitt
 
Ero senza parole. Assolutamente.
Quella riunione poteva voler dire solo una cosa: c’era stata un’altra aggressione.
Quando allora arrivai ed entrai in sala professori Silente era già lì, quindi mi affrettai a sedermi sulla poltroncina che avevo occupato l’ultima volta. Fortunatamente era libera, difatti la raggiunsi a passo svelto, affondando poi col mio corpo nel suo morbidume.
Silente, in ogni caso, si era appena schiarito la gola, e così concentrai tutta la mia attenzione su di lui. Cosa che comunque fecero anche tutti gli altri presenti.
“Bene.” Cominciò “Ora che ci siamo tutti direi che è meglio andare dritti al punto. O al sodo, come dicono altri.” Mi scappò un piccolo sorriso, ma quello che Silente disse nell’attimo immediatamente successivo me lo fece subito sparire del tutto “C’è stata un’altra aggressione, questa notte. E stavolta ad uno studente.”
Pensai che le ultime parole avessero gelato il sangue praticamente a tutti, nella stanza. La prima aggressione era stata a discapito della gatta di Gazza, ok, e per quanto potesse essere stato terribile… ora si parlava di uno studente.
Mi sentivo veramente scossa.
“Si tratta di uno studente del primo anno, di Grifondoro. È stato pietrificato nello stesso modo in cui abbiamo trovato Mrs. Purr.” Silente sospirò “Non nego che la faccenda sia seria, a questo punto. Il responsabile di tali azioni va trovato immediatamente, per la sicurezza di tutti gli altri ragazzi. E di Hogwarts stessa. Pomona, a che punto sono le mandragole?”
“Oh, Preside, è ancora troppo presto.” Ripose l’interpellata “Devono crescere un altro po’ – un bel po’ – prima di poter essere colte.”
“Va bene.” Continuò allora Silente, rivolgendosi di nuovo a tutti noi “Ebbene, la riunione è conclusa. Ahimè, tutto quello che sappiamo, io ve l’ho riferito.”
“Chi è lo studente, professore?” Domandò a quel punto Hagrid, col suo vocione.
“Colin Canon. I suoi genitori sono già stati prontamente informati degli avvenimenti.”
“E’ il giovane con la macchina delle foto?”
“Sì, proprio lui, e ora si trova in un letto dell’infermeria, sorvegliato dalla nostra Madama Chips.”
Non furono aggiunte altre parole, e alla fine la riunione si chiuse in questo modo, in un silenzio piuttosto teso e… pensoso.
Sì, beh, era evidente che tutti stessero pensando ardentemente, mentre uscivamo dalla sala professori.
E io ovviamente ero tra questi ‘tutti’.
Durante il breve discorso di Silente avevo cercato di mantenere la mia attenzione fissa soltanto su di lui e sulle sue parole, senza distrarmi, senza neanche guardare le espressioni degli altri partecipanti alla riunione. Ma una volta concluso il tutto fu inevitabile che il cervello si mettesse a lavorare. Non perché stesse cercando di risolvere chissà quali enigmi – pff, figurarsi, ci avevo provato già, ma non era servito a niente – ma semplicemente perché ero in preda alla preoccupazione.
Insomma, era appena stato aggredito un bambino, per Godric!
Fosse successa a me, una cosa del genere, quando avevo solo undici anni… ne sarei rimasta segnata a vita.
Ma per fortuna Silente aveva già detto da tempo che avrebbe preparato un potente Filtro Depietrificante, quindi sotto quel punto di vista, almeno, si poteva stare un po’ più tranquilli. Il problema erano le altre centinaia di studenti ancora nel pieno possesso delle loro facoltà motorie, tutti potenziali vittime di quel… quel pazzoide che se ne andava in giro a pietrificare gatte. E adesso anche bambini!
Ma dove sarebbe finito il mondo?!
Ok, calma.
Mi stavo leggermente facendo prendere dal panico, come mio solito.
Mi guardai brevemente intorno, a quel punto, e i miei occhi si posarono casualmente su Gilderoy: stava parlando e gesticolando con la McGranitt, e stava… sorridendo.
Ma cosa si sorrideva, lui, in una situazione del genere?
Era un comportamento da stupido!
E a quel punto mi sorpresi: avevo appena chiamato Gilderoy ‘stupido’. Nella mia testa, ovvio, ma dopotutto non faceva così tanta differenza. Il bello della faccenda? Era che stavolta non mi sentii affatto in colpa per averlo pensato. Ed era successo per la seconda volta in pochissime ore.
Insomma… a pensarci seriamente… a volte Gilderoy faceva veramente lo stupido.
Ebbi come un flash, un’illuminazione, una rivelazione divina. Non era una cosa da prendere sottogamba.
Ma comunque, mentre allora cercavo di assimilare tutte quelle notizie senza impazzire, mi diressi mestamente in Sala Grande per la colazione. Ma, una volta che mi fui seduta al mio posto e che mi fui riempita il piatto, non riuscii comunque a mangiare con il solito brio: me ne stavo lì con la forchetta a rimestare le mie uova strapazzate fino a quando, praticamente, non divennero pappetta.
“Non fare quella faccia contrita.” Mi giunse poi alle orecchie la voce di Severus “Almeno era un Grifondoro.”
Ma che diavolo…
Mi voltai verso di lui con uno sguardo visibilmente scioccato, ai limiti del disgusto.
“Ma cosa dici?!” Quasi esclamai, infatti “Ho capito che, a quanto pare, nutri una profonda antipatia nei confronti di quella Casa, ma da qui a parlare con una totale indifferenza di quello che è successo, ce ne vuole! E poi perché caspita usi il verbo al passato? Quel bambino non è mica mor-”
“Oh, finiscila.” Mi interruppe però lui, dopo aver roteato i suoi occhi ed averli poi puntati nuovamente su di me “Stavo scherzando.”
Io rimasi praticamente a bocca aperta.
“Non è una cosa su cui si dovrebbe scherzare.”
“Perlomeno ti si è tolta quell’espressione afflitta dalla faccia.”
Oh, beh, in effetti… Anche se non era che mi stessi divertendo, ovviamente.
E oltretutto così avevo anche infranto il mio voto di non parlare con lui. Accidenti.
Io mi strinsi nelle spalle, allora, e lui, semplicemente, fece uno dei suoi sorrisetti.
Mah, era meglio mettersi a mangiare quelle che nel mio piatto, un tempo, erano state uova.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


....Salve
Lo so, sono inqualificabile. Perdonate la lunga attesa, ma sono stata presa da altre faccende, altre situazioni, altre storie da scrivere... E così avevo un po' lasciato perdere Cirque. Anche perché - non so se l'avete notato - devo essere particolarmente allegra e di buon umore per scrivere questa fanfic xD Perciò la stanchezza o lo stress non agevolano alla produzione xD
Spero possiate perdonarmi!
...E spero mi perdonerete anche il fatto di non aver risposto alle recensioni ç____ç (Sono sempre più inqualificabile, lo so.)
In ogni caso vi lascio col capitolo, sperando che vi piaccia :) In tal caso (o anche nel caso opposto) fatemi sapere che ne pensate!! :D
Un bacione, gentaglia, vi adoro! :*


p.s. chi trova la citazione (non vi dico presa da cosa) si becca 100 punti XD









Capitolo 15



L’anno scolastico era ormai entrato nel vivo.
E quindi era presumibilmente… uscito dal morto, per cui doveva essere un bene per il povero anno scolastico.
La stessa cosa però non si poteva dire per i probabilmente altrettanto poveri studenti.
Sì, c’era un po’ di povertà interiore dilagante.
Anche se così suonava come una mancanza di emozioni e virtù, il che non era vero. Forse. Ma non si poteva neanche dire ‘povertà’ e basta, perché in questo modo la si sarebbe intesa come mancanza di denaro, invece, cosa che non era assolutamente vera, specie per alcuni rampolli di note famiglie che giravano per il castello. I rampolli, non le famiglie. Anche perché sarebbe stato piuttosto imbarazzante per una ragazza o ragazzo che fosse ritrovarsi tutta la famiglia appresso persino a scuola, il luogo per eccellenza il cui la famiglia non era permessa. Sì, beh, fratelli a parte, ma solo per validissimi nonché necessari obblighi di istruzione.
Me lo immaginavo, il povero studente, vagare per i corridoi seguito dai propri genitori, a testa bassa, mentre loro stranamente sembravano comportarsi come dei bambini. O meglio… Agli occhi del ragazzo era sempre così: imbarazzato per la situazione, vedeva suo padre comportarsi come un… deficiente – anche se magari in realtà non stava facendo proprio niente di male. Succedeva nella maggior parte dei casi, e per questo il ragazzo si imbarazzava ancora di più.
Uhm.
Sì, beh… Che stavo dicendo?
L’anno scolastico si era… evoluto, era aumentato di mole, di livello, era diventato un padrone che comandava si suoi sudd-
L’anno scolastico era entrato nel vivo.
Per questo motivo la biblioteca aveva iniziato ad essere affollata ogni giorno di più, tanto che dalla mia scrivania posta davanti al Reparto Proibito non riuscivo più a controllare – o comunque a vedere – cosa stessero facendo tutti quanti, neanche allungando il collo; così dovetti rassegnarmi e abbandonare la mia comoda postazione, cominciando a girovagare per la biblioteca come un’anima in pena. Non che alla fine fossi ossessionata da cosa combinassero tutti quei ragazzi. Cosa potevano fare oltre che studiare o leggere o bisbigliare, dopotutto? Se si fossero messi a fare qualcosa di sconsiderato, come per esempio iniziare una partita di Quidditch utilizzando un libro al posto della Pluffa, come minimo avrebbero fatto un macello infernale, e io li avrei sentiti subito perfino dalla mia scrivania, e in caso avrei fermai sul nascere quell’assurdità. Ergo forse avrei anche potuto rimanere seduta.
Il punto era Miss Pince: dovevo in qualche modo renderla… contenta, no? D’altronde, da quanto avevo udito da ‘voci di corridoio’, Miss Pince era proprio solita controllare tutto e tutti, zittire chiunque al minimo bisbiglio, infuriarsi per un’orecchia fatta per sbaglio alla pagina di un libro.
Ecco, forse quest’ultima cosa l’avrei evitata, anche perché a sapermi tutta rossa a sbraitare, con gli occhi quasi fuori dalle orbite dallo sconcerto, mi sembrava… spaventoso. Per non dire raccapricciante – anche se l’avevo pensato ugualmente.
Il punto era… Perché? Insomma, non sapevo che sarebbe diventato mio compito gestire tutta la biblioteca, cosa che invece spettava proprio a Miss Pince. Ma dov’era Miss Pince? Rinchiusa nel suo ufficio a fare non-si-sapeva-bene-che-cosa. All’inizio aveva parlato di inventario, ma ora mi sembrava un po’ difficile continuare a credervi. Forse se ne stava approfittando giusto un pochino?
Urgeva chiacchierata chiarificatrice.
Ma per il momento mi limitai a fare ‘Miss Pince II – La Vendetta’, girando tra i tavoli e ogni tanto fissando gente a caso strabuzzando gli occhi tanto per interrompere un po’ la monotonia sempre più incombente.
In effetti avrei dovuto venire a patti anche con questo, prima o poi.
In ogni caso alla fine, per forza di cose, parlai con Miss Pince; che poi fu lei a venire a parlare con me, poco prima della chiusura della biblioteca, un venerdì sera.
“Oh, Soleil, non sei ancora di andata via, bene.” Disse venendomi incontro dopo essere sbucata da dietro una libreria.
Avrei voluto risponderle che fosse ovvio che ancora non me ne fossi andata, dato che in quel caso avrei dovuto chiudere lei lì dentro, ma evitai di commentare. C’era una certa… cordialità, tra noi, ogni tanto scappava qualche battuta, ma era comunque il mio ‘capo’. Certo, a parte Silente. E il fatto che lei fosse una mia pseudo-parente c’entrava poco e niente.
Comunque.
“Sì, sì, certo che sono ancora qui.” Risposi infatti “Ed è appena andato via l’ultimo visitatore.”
“Perfetto, almeno riescono a rispettare l’orario di chiusura.” Si fermò accanto a me “Prima che però tu te ne vada vorrei dirti una cosa, veloce, veloce.”
La guardai perplessa.
“Sì, certamente…”
“Mi è appena arrivato un gufo dalla Kni & Son, il nostro fornitore privato. Ha detto di aver appena inviato del volumi da Scrivenshaft, ad Hogsmeade, quindi dovresti andarli a ritirare.”
Beh, a pensarci me l’avevano detto che mi sarebbe toccato questo barbaro e barboso compito, quindi non mi sorpresi più di tanto.
“D’accordo, non c’è problema, e quando arriveranno?”
“Oh, sì, giusto, non l’ho detto.” Miss Pince fece un breve sorriso “Saranno a nostra disposizione domani mattina presto!”
Ecco, questo mi sorprese un po’ di più; e che cavolo, il ‘domani’ sarebbe stato un sabato, ovvero il mio giorno libero! La mia espressione si fece con molta probabilità molto meno accondiscendente di prima.
“Ehm.” Dissi allora cercando di apparire risoluta, per quanto ne fossi capace “Ma la Kni non può inviare il pacco qui?”
“No, vedi,” Miss Pince fece una breve pausa distogliendo per un momento lo sguardo per – supponevo – trovare le parole adatte da dire “c’è uno stretto rapporto di collaborazione tra la Kni & Son e Scrivenshaft. In realtà il rapporto con noi è solo indiretto, Scrivenshaft ci fa un favore a passarci certi libri, quindi ci è sempre parso meglio venire incontro a Scrivenshaft ed andare noi a prendere i vari pacchi.”
Ah. Ok, non era che avessi capito tutto molto bene, e in quel discorso trovavo falle un po’ ovunque, ma… Vabbè, già sapevo i non poter protestare, quindi lasciai perdere ancora prima di cominciare.
…Ma poi ‘noi’ chi?
Era sempre colpa di Silente, ecco. Così, tanto per.
E quindi, morale della favola, la mattina successiva – un sabato – avrei lavorato comunque.
“Ok, uhm… Capito.” Come no – Le risposi allora “E quanti libri sono?”
“Oh, giusto un paio di pacchetti, poche cose.” Ah, beh, almeno quello! “Grazie mille per la disponibilità.”
Oh, beh, meglio di niente.
Così feci anch’io un sorriso. Tanto, finché si trattava di un paio di pacchetti. E poi era il mio lavoro, non è che le stavo proprio facendo un favore, perciò apprezzai la sua gentilezza.
E a quel punto, allora, la biblioteca venne chiusa, proprio qualche minuto prima della cena, giusto il tempo, quindi, di arrivare in Sala grande  e di accomodarsi.
E sebbene avessi accettato l’incarico di Miss Pince da giusto quattro minuti, quasi quasi me ne stavo già pentendo. Ma pentendo cosa? Era il mio lavoro, non un hobby, era ovvio che dovessi fare quello che mi si chiedeva, per quanto barboso fosse!
Era come se un mozzo, su un galeone – la nave, non la moneta – d’altri tempi, si fosse rifiutato di pulire il ponte perché lo reputava noioso. Perché – ehi – lo era davvero. E non pensavo che in un caso simile il capitano ne sarebbe stato tanto contento.
Sei un mozzo? Comportati da mozzo!
Al che poi il capitano l’avrebbe fatto camminare sull’asse e gettato in pasto agli squali con l’accusa di insubordinazione.
Per un momento mi immaginai persino Miss Pince con una benda su un occhio, la bandana in testa e il coltello tra i denti. E il pappagallo verde su una spalla. E i baffi.
Ok, basta.
“Mai accettare il posto di mozzo su una nave.” Mi recitai mentalmente.
E a quel punto mi sedetti sbuffando al mio pasto alla tavolata dell’‘Hogwarts’ staff’.
Dovevo portare a termine l’incarico, sì – onde evitare orde di squali – ma l’entusiasmo faticava a sopraggiungere.
Dopo circa trenta secondi che il mio sguardo si era un po’ perso nel vuoto nei meandri della Sala Grande in attesa che la cena fosse pronta, cominciai a sentirmi… osservata. Mi voltai con circospezione, allora, e mi ritrovai davanti – o ‘di lato’ – Severus che mi stava fissando, mantenendo però la testa girata solo di tre quarti. Lo guardai in maniera interrogativa.
Forse avevo sbuffato troppo forte e lui se n’era accorto? Forse ora si stava chiedendo il perché della mia gioia che non sprizzava da tutti i pori?
O della non-gioia che sprizzava?
O dei pori che si erano chiusi direttamente rendendomi pure la pelle grassa?
Aiuto.
Insomma… gli spiegai, allora, cosa fosse successo, dato che lui ci teneva tanto a saperlo.
“Domani dovrebbe essere il mio giorno libero.” Dissi “E invece dovrò andare ad Hogsmeade a prendere dei libri da sistemare in biblioteca.”
Lui mantenne la sua espressione seria – o, nel suo caso, la sua espressione e basta, e mi rispose solo dopo qualche secondo.
“Oh, sono lusingato che mi reputi tanto importante da rendermi partecipe delle tue… sventure.” Sogghignò appena “Ma io non ti ho chiesto proprio niente, Cirque.”
Io, di tutta risposta, sul momento, mi limitai a strabuzzare gli occhi.
Ma che…
Ma tento ero io la scema.
“Ah, grazie, Severus. Grazie tante, eh.”
“Lusingato anche di poterti arrecare sollievo.”
Il ghigno sulla sua faccia palliduccia si allargò, mentre sulla mia aumentò l’intensità della mia occhiataccia malefica.
Ma che me l’aveva fatto fare, a rivolgergli la parola?
“Oh, ma per favore, chiudi la bocca…” Mi scappò per l’esasperazione.
Subito me ne pentii, ovvio, ma pensai che comunque la mia incolumità fisica non fosse così in pericolo: c’erano, come fortunatamente mi stava succedendo quando non riuscivo a frenare la mia lingua in tempo, troppi testimoni. Ammazzarmi di fronte all’intera Sala Grande, tra studenti e corpo insegnanti al completo, sicuramente non sarebbe andato a suo favore. E meno male che non ero neanche una studentessa! Altrimenti mi avrebbe tolto una caterva di punti e messa in punizione per i secoli a venire nel giro i cinque secondi. E, durante quelle punizioni, non vi sarebbe stato nessun testimone. Senza considerare che dovevano semplicemente essere terrificante.
E invece, quando smisi di immaginarmi mille catastrofi tutte assieme e guardai Severus… non lo trovai furioso. Beh, non si poteva neanche definire felice, però… la sua apparente tranquillità mi spiazzò, per un momento, specie considerando che il ghigno che gli incurvava le labbra non si era affievolito quasi per niente.
“Veramente hai iniziato tu questo noiosissimo – se mi permetti – discorso.” Disse allora Severus, guardandomi con gli occhi quasi scintillanti per il divertimento – che bastardo “Il che potrebbe portare a due considerazioni: soffri di memoria a breve termine con associato sdoppiamento della personalità, oppure potresti semplicemente essere carente di quel qualcosa che fa sì che qualsiasi uomo che ne sia abbastanza dotato capisca che è il momento di. Fare. Silenzio. Ah, sì, l’intelligenza. Io sono incline a prendere entrambe le teorie in considerazione, in realtà.”
La prima volta che avevo scambiato due parole con Severus Piton mentalmente l’avevo mandato a ‘farsi fottere’ – sempre con tanta galanteria, certo – e ora la sensazione si era ripresentata in maniera piuttosto prepotente. Però riuscii a controllarmi e non lo presi a sberle, bensì, con tanta forza di volontà, mi voltai dalla parte opposta alla sua e smisi di guardarlo, considerarlo, di parlare con lui. Nemmeno gli risposi, evitando così di insultarlo e di farmi salire ulteriormente il sangue al cervello.
Idiota. Davvero idiota. Cretino, idiota e deficiente. Stron-
Tanto tra me e me potevo comunque insultarlo, no?
Così andò a finire, appunto, che consumai la mia cena in silenzio, e, neanche a dirlo, Piton  non fece più alcun commento. Che potevo aspettarmi, d’altronde?
Fortuna che perlomeno mentre stavo per uscire scambiai qualche minuto di chiacchiere con la professoressa McGranitt e con Silente, che raccontò, tra le altre cose, un simpatico aneddoto sugli orologi a cucù, e questo contribuì a risollevarmi il morale, almeno per un po’.
Alla fine, comunque, conclusi la serata nella mia stanza, sebbene persino Gilderoy mi avesse chiesto di unirmi a lui e ad altri professori in – appunto – sala professori. Il che era veramente tutto dire. Me ne andai in camera mia, dunque, mi feci una doccia, un tè, indossai il mio pigiama viola e mi lessi qualche pagina del mio libro, alla faccia di Miss Pince e di Severus Piton.
La mattina successiva mi svegliai senza dar peso all’orario. Tanto la libreria, lì ad Hogsmeade, non avrebbe chiuso prima del solito orario pomeridiano, così potei perlomeno permettermi di dormire un po’ di più. Certo, quando guardai l’orologio pensai che ci mancò poco che fossi entrata in letargo, ma poco importava.
Quando allora finalmente uscii mi diressi ad Hogsmeade, bacchetta in tasca, con tranquillità, diretta verso… vero dove? Sì, era una domanda lecita, perché non erano state preparate carrozze per il trasporto – gli studenti non avevano alcuna gita in programma, per quel giorno – quindi ciò voleva solo dire che avrei dovuto materializzarmi a destinazione per non ritrovarmi a vagare magari in un limbo o in un’altra dimensione.
Chissà poi se fosse possibile una cosa del genere… Probabilmente no, già.
E così, rimosse velocemente tanto quanto erano arrivate le mie teorie babbanofilmente fantascientifiche, mi diressi ai confini di Hogwarts, stringendomi nella mia giacca imbottita e, una volta giunta lì, mi smaterializzai. Ad essere sincera dovermi smaterializzare non mi entusiasmava più di tanto: avevo sempre paura di Spaccarmi e di lasciare qualche mio pezzo per strada. Insomma, se mi fossi Spaccata la testa, lasciandola indietro, che sarebbe successo? Sarei morta all’istante oppure no? Ecco, pensieri come questi me la facevano proprio temere, la Smaterializzazione.
Ma arrivai comunque ad Hogsmeade sana e salva, proprio all’inizio della via principale, High Street. Tosca, quant’era che non andavo lì! Troppi anni, in ogni caso. Dovevo per forza fare un giro, prima di andarmene… Mielandia, Zonko, Mondomago… Sì, dovevo per forza rivisitare tutto il villaggio! In effetti forse quell’uscita non si sarebbe rivelata la noia e il disastro che avevo stupidamente ed ingenuamente immaginato. E il fatto che ancora non fosse neanche cominciata, in pratica, la diceva piuttosto lunga a riguardo.
Cominciai a camminare, allora, lentamente, in modo da poter osservare le case, i negozi, il paesaggio senza tralasciare nulla. Era come se vedessi tutto per la prima volta, quasi.
Passai davanti Mielandia, allora. Oh, Mielandia! Il luogo in cui spendevo la maggior parte dei galeoni che mi dava mio padre! Vabbè, anche perché trovandomi in una scuola-collegio e non in vacanza, erano stati ben pochi i luoghi in cui ero potuta andare. I Tre Manici di Scopa a parte. Ma tanto sempre di cibo si parlava, in ogni caso. Beh, passai lì davanti, insomma, ripromettendomi di tornare alla fine del mio ‘tour’ per farmi una scorta dei miei dolciumi preferiti – le Cioccorane! – e così facendo gettai una veloce occhiata alla vetrina colorata e dentro il locale, prima di proseguire.
Solo che poi, dopo aver fatto giusto qualche decina di piedi, mi fermai, feci mente locale su quando avevo appena visto, e allora tornai indietro, camminando con passi lunghi al contrario, neanche fossi stata un gambero. Mi fermai così nuovamente davanti alla vetrina, e sbirciai all’interno di Mielandia. Chi si aggirava camminando tra gli scafali guardando apparentemente annoiato scatole e scatolette, pupazzi commestibili, lecca-lecca e sacchetti di plastica? Severus Piton.
Ecco, questo non me l’ero aspettato. Non che ovviamente l’avessi beccato a compiere le più scabrose pratiche, solo che… Severus mi ispirava sapori amari, non caramelle e cioccolatini, quindi mi sorpresi di trovarlo lì. Poi chissà, magari nella sua stanza in realtà aveva un armadio pieno di praline e merendine varie.
Mi ricordavo, ovviamente, di avercela con lui per quanto mi aveva detto la sera prima, ma ero davvero troppo curiosa di sapere cosa stesse facendo. Ah, le mie alte aspirazioni del sapere…
Entrai, allora, rimandando la visita da Scrivenshaft di qualche minuto. La porta si aprì, ma lui non ci fece caso, anche perché si era appena fermato di fronte alla cassa – stava acquistando qualcosa! – perciò si stava concentrando su quello; così io afferrai al volo una scatola di dolciumi a caso e mi misi casualmente in fila dietro di lui.
“E tu cosa ci fai qui?” Dissi con molta – forse troppa – nonchalance.
Severus al momento non fece alcunché, ma poi, invece, girò la testa quel tanto che bastava per rendersi conto di chi avesse appena parlato – io.
“Secondo te?” Rispose.
Uno dei miei soliti amici si sarebbe voltato e avrebbe detto ‘Oh, Soleil, ciao! Avevo voglia di dolci, tutto qua, e tu?’. Ma Severus ovviamente no, e la cosa non mi sconvolse per niente; probabilmente sarei svenuta se mi avesse salutata nell’altro modo sopraccitato, invece.
“Sì, lo so.” Risposi allora io “Ma non mi aspettavo di trovarti ad Hogsmeade. Specie da Mielandia, poi.”
Lui si girò un po’ di più verso di me.
“In base a quale ragionamento?”
“Non so… Credevo non ti piacessero queste cose.”
Detta così suonava veramente stupido, però…
E proprio allora Severus infilò una mano nella tasca del cappotto, al che pensai che volesse tirare fuori la bacchetta per affatturarmi come punizione per la mia ingenuità, e mi preparai terrorizzata ad affrontare il dolore. E invece prese qualche moneta da posare sul bancone per pagare il contenuto del sacchetto che la commessa gli aveva appena finito di sistemare.
Immaginai di essere sembrata ancora più stupida.
“Ti attribuisci la presunzione di conoscermi, quindi.” Commentò allora lui, riportandomi immediatamente con piedi per terra.
“Era solo una supposizione.” Sminuii, allora, provando a far cadere il discorso.
Severus si spostò, lasciandomi lo spazio per farmi pagare i miei dolci.
“Una supposizione dettata dalla presunzione di conoscermi.”
Sbuffai senza far rumore, e pagai, prima di rispondergli. Stranamente mi stava persino aspettando.
“Beh, anche tu credi di conoscermi.” Dissi poi, mentre ci dirigevamo verso l’uscita “Si nota, dai tuoi commenti!”
“Quali commenti?”
Lo guardai in maniera più che eloquente, e lui incurvò, dopo qualche secondo, un angolo delle labbra.
“Quello che pensi ti si disegna sul viso.” Rispose poi “Ogni tua ruga parla.”
“Ehi, io non ho le rughe!” Protestai.
Severus alzò appena gli occhi al cielo, uscendo da Mielandia, ed entrambi ci ritrovammo in strada.
“Hai capito cosa intendo.” Riprese lui, prima di mettersi a scrutarmi in viso “Credo. In effetti no, non ti si legge proprio tutto in faccia. Aggiungerei un ‘per fortuna’ di circostanza.”
Oh, ma come si permett-
Vabbè, sì, in effetti i miei pensieri spaventavano perfino me, a volte, quindi era sicuramente meglio che inviso non mi si leggesse tutto-tutto.
…E Severus mi aveva appena detto avevo le rughe. D’espressione, sì, ma sempre rughe erano!
Ma comunque… In ogni caso non so cosa mi prese, però fatto fu che in quel momento chiesi a Severus se volesse accompagnarmi da Scrivenshaft, dato che dovevo ritirare queste due famose scatole. In realtà me ne pentii quando neanche avevo finito di pronunciare l’ultima parola della frase, ma il punto fu che lui accettò.
Non con entusiasmo, non si mise a saltellare sul posto, ma perlomeno accettò.
E così Scrivenshaft fu.
Entrando nella libreria mi venne voglia di mettermi a mio agio guardando tra gli scaffali e sfogliando qualche libro, ma dato che avevo un ‘accompagnare’ pensai che non fosse il caso; dato che, in quel caso, il libro me lo avrebbe tirato in testa, lui, lamentandosi che lo stessi facendo aspettare troppo.
Andai dalla ragazza che mi sembrava lavorasse lì, dato che stava guardando non libri, ma gli altri due o tre clienti presenti, e le spiegai la situazione.
“Oh, certo.” Fece subito lei “Ho messo le scatole nel retro, dato che qui avrebbero ingombrato troppo. Prego, sono dietro quella porta.” Indicò, appunto, una porta “Scusate se non vengo, ma devo per forza rimanere qui.” E fece un piccolo sorriso di scuse, che io ricambiai. A parte le scuse, ovviamente, dato che non era che io dovessi farmi perdonare niente.
Ma comunque… Andai sul retro della biblioteca, e Severus mi seguì in silenzio. Stranamente non stava dicendo neanche una parola. Vabbè, ‘stranamente’ neanche tanto, dato che era un tipo più che silenzioso… Anche se per prendermi buffamente in giro la favella la ritrovava sempre.
Comunque. Retro della biblioteca. Individuai subito le scatole che mi interessavano, grazie ad un enorme e provvidenziale ‘Kni & Son’ stampato sopra a caratteri neri a pois rossi – sì, esatto, l’avevo pensato anch’io. Solo che c’era un piccolo problema: non si trattava propriamente di pacchetti, ma di scatoloni, e non erano un paio, erano cinque. E tutti sapevano che era sempre meglio non rimpicciolire nulla che contenesse cose delicate e infilarselo in tasca tra sballottamenti vari e con conseguenze piuttosto devastanti.
“E ora come faccio?” Dissi, più a me stessa che rivolta a qualcuno in particolare.
“Con una cosa chiamata magia, non so se hai presente.”
Sbuffai per l’ennesima volta.
Poi tirai fuori la bacchetta, allora, e pronunciai un Wingardium Leviosa sulla scatole, che si alzarono tutte assieme. Il problema fu farle passare una ad una dalla porta, ma a parte un breve momento panico in cui due scatoloni cozzarono tra loro, tutto andò più o meno liscio come l’olio, il petrolio, o una bottiglietta rovesciata di smalto.
Io e Severus on parlammo molto – a dire il vero praticamente per nulla – durante il tragitto per raggiungere l’inizio di High Street in modo da smaterializzarci nuovamente alla volta di Hogwarts. O meglio, io mi sarei sicuramente smaterializzata, mentre Severus non avevo idea se a quel punto mi avrebbe piantata in asso perché aveva delle cose più importanti da fare. Però, nonostante i miei dubbi, lui continuava a camminare accanto a me, quindi supposi che anche per lui la gita ad Hogsmeade fosse conclusa.
E lo era anche per me, nonostante tutti i programmini mentali che mi ero fatta neanche mezz’ora prima, ahimé.
In tutto ciò io ogni due secondi mi voltavo per controllare che tutti gli scatoloni fossero ancora allineati dietro di me, il che mi creava una certa ansia per il fatto che sarei potuta andare a sbattere contro qualcosa da un momento all’altro, e dubitavo che Severus mi avrebbe avvertita in tempo del pericolo. Ma vabbè, fortunatamente per una volta non ci furono particolari problematiche da affrontare.
E così… Arrivammo ad Hogwarts, dunque, e in meno di qualche minuto. E ovviamente, al momento di dover sparire per poi ricomparire al cancello cercai di non mostrare il minimo cenno di inquietudine. La cosa particolare fu fare in modo che toccassi tutte le scatole simultaneamente per poterle portare con me senza dover fare un viaggio in più, il che mi portò ad assumere una posizione in stile contorsionista che fece sì che mi ritrovassi seduta per terra a gelarmi il sedere.
La faccia che fece Severus fu un qualcosa di indescrivibile. Sembrava sorpreso per il fatto che non avesse mai visto qualcuno rischiare di slogarsi una spalla per una ‘semplice’ Smaterializzazione, cosa che forse lo incuriosì pure, ma non potevo di certo metterci la mano sul fuoco, e allo stesso tempo sembrava anche pensare ‘Avrei preferito continuare a rimanere nell’ignoranza’.
Tipico.
Attraversammo tutto il parco, diretti ovviamente al castello.
“Ma alla fine non ho capito che dolci hai comprato.” Dissi allora, mentre camminavamo, interrompendo finalmente quel silenzio di tomba.
“Questo perché io non te l’ho detto e tu non me l’hai chiesto. A meno che tu non sappia sondare la mente altrui, e ne dubito, specie se si sta parlando di entrare nella mia, di mente…”
“Sì, sì, ho capito questo, non c’è bisogno che ti dilunghi.” Feci una pausa, me ovviamente non mi arresi “E quindi che hai preso? Ora te lo sto chiedendo.”
“Potrei non rispondere.”
Io però avrei potuto iniziare a prendere a testate l’albero solitario che avevamo appena sorpassato.
Notare tutta la manfrina solo per riuscire a sapere cosa diamine avesse comprato da Mielandia. Non che fosse per me un’informazione di importanza vitale, ma ormai era diventata una questione di principio.
“Potrei rubarti il sacchetto e vederlo da sola.”
“Potrei affatturarti.”
“Potrei respingere l’attacco.”
“Oh, no, non potresti.”
Alzai gli occhi al cielo, e tra me e me ammisi la sconfitta. Anche perché non era che mi andasse molto di mettermi a saltellare sul posto rimbambendolo di ‘Mi fai vedere, mi fai vedere, mi fai vedere?’ o di iniziare una lotta greco romana alla scopo di prendergli quel benedetto sacchetto, dato che, comunque, mi avrebbe scagliato non sapevo neanche quale maledizione in entrambi i casi senza farsi troppi problemi.
Lasciai perdere, allora, e così arrivammo dentro le mura del castello; ben presto dovemmo separarci, dato che stavamo per prendere due strade diverse, io diretta alla biblioteca per posare finalmente quegli scatoloni che mi seguivano come fidi cagnolini, e lui… boh, diretto da qualche altra parte.
“In ogni caso” Fece a quel punto lui, probabilmente come frase ad effetto per andarsene con stile – nel caso in cui il mantello svolazzante non fosse bastato “questi congegni da carie non sono per me, ma per Silente.”
Lo guardai sorpresa.
“E quindi sei andato fino ad Hogsmeade solo per comprare delle caramelle per il Preside?”
Lui fece una breve pausa, prima di rispondere.
“Evidentemente mi considera il suo fattorino personale.”
E detto questo se ne andò. Così, di botto.
“Ah, ciao, eh.” Feci io sottovoce alla rampa di scale ormai vuota.
E comunque… Nonostante pensassi che se qualcuno mi avesse ‘usata come fattorino’ l’avrei mandato a quel paese – Vabbè, Miss Pince a parte – in quel momento… con un sorrisetto sulle labbra mi ritrovai a stimare Silente.
Bravo, nonno.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Salve, bella gente! :D
Eccomi qui con il nuovo capitolo! Con l'occasione vi auguro (in ritardo) buon Natale e (in anticipo) buon anno! XD
Un abbraccio grande!! <3 E mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate ;)










Capitolo 16

 
Come supponevo che fosse giusto quel sabato andai in biblioteca solo per posare gli scatoloni, ovviamente non per sistemarne il contenuto. Posai tutte e cinque le scatole, dunque, in pila accanto alla mia scrivania, e poi le lasciai semplicemente così, sigillate così come me le avevano consegnate – anche se sarebbe stato meglio dire ‘come me le ero prese’ – e poi uscii di lì, decidendo che per il momento il mio dovere fosse stato più che compiuto. E anche egregiamente, su.
Che poi… Mi lamentavo tanto del fatto che avevo dovuto svolgere una commissione durante il mio giorno libero… E poi non trovavo mai nient’altro da fare. Sì, ero parecchio incoerente con me stessa, certe volte.
Ma quasi quasi avrei potuto tornarmene ad Hogsmeade, dato che avevo visitato poco e niente, alla fine.
Sì, faceva freddo, però… E dovevo anche smaterializzarmi di nuovo, però… Oh, che cavolo, sempre meglio che stare lì ad annoiarmi. Forse.
Oppure… Idea! Avrei potuto pensarci prima, effettivamente, ma meglio tardi che mai.
Mi venne in mente, infatti, che la supervisione delle carrozze l’aveva Hagrid, e almeno avrei potuto provare a chiedergli se ne potessi usare una, sempre, ovviamente, che la cosa non gli arrecasse disturbo.
Così mi rinfilai giacca, guanti, e tutto il resto ed andai alla capanna di Hagrid. Sì, insomma… A casa sua, volevo dire.
Bussai alla sua poderosa porta, allora, ed attesi una qualche voce proveniente dall’interno dell’abitazione, e invece, con un altrettanto poderoso suono di legno strusciato pesantemente a terra, la porta si aprì, e la poderosa figura di Hagrid mi si parò davanti.
“Oh, ciao Hagrid!” Esordii subito guardandolo, mentre lui involontariamente mi faceva addirittura ombra con la sua mole.
“Ciao, Soleil, ma che mi sei venuta a trovare?”
“Beh, sì, anche, ma…”
“Oh, aspetta, a te ti piace il tè?”
Rimasi inebetita per un istante, ma poi risposi.
“Certo che sì, ovvio!”
“Bene! Perciò me ne stavo preparando un po’. Entra, te lo offro!” E si fece da parte per farmi passare.
Io però rimasi istintivamente ferma al mio posto, pensierosa, dato che in quel modo vedevo sfumare la mia possibilità di andare ad Hogsmeade.
“Ho anche i biscotti, se li vuoi!”
Ah, pure i biscotti.
E vabbè, non potevo mica dirgli di no, giusto?
Così misi su un gran sorriso.
“Certo, Hagrid, mi farebbe molto piacere.”
“Ah, lo sapevo che i biscotti ti convincevano!”
E così entrai in casa sua, considerando che in fondo avrei potuto dirigermi ad Hogsmeade in qualche altra occasione; non mi sarei persa nulla comunque!
Dunque entrai. Non c’ero mai stata quando ero una studentessa, anche perché supponevo che Hagrid neanche sapesse della mia esistenza, con tutti gli studenti che c’erano in giro. Mi guardai intorno a bocca aperta, in pratica: l’interno rispecchiava parecchio l’eterno della casa, però… era confortevole.
In un certo senso.
Era tutto organizzato molto alla buona, e si vedeva, ma nonostante il cane – Thor, mi pareva si chiamasse – che sbavava per terra in un angolo, la carne appesa al soffitto e il pavimento di legno polveroso… mi piaceva.
Certo, io avrei organizzato la casa in maniera decisamente diversa, ma Hagrid era un uomo – più o meno – quindi era pure normale il suo disordine.
Sì, avevo una concezione dell’argomento un po’ stereotipata.
Comunque… mi sedetti su una sedia, allora, accorgendomi di riuscire a mala pena a posare i piedi per terra.
Che forza,
Hagrid allora chiuse la porta e prese due enormi tazze da tè, vi versò dentro – appunto – il tè, e poi portò sul piccolo tavolo anche un piatto con dei biscotti altrettanto enormi.
Con un sorriso ne addentai uno.
Aiuto.
 
Il giorno successivo, dopo aver scampato il pericolo della scheggiatura di un dente,  nonostante non ci fosse lezione essendo domenica, per fortuna la biblioteca era mezza vuota, così sarei potuta rimanere seduta alla mia scrivania anziché girovagare in tondo per la biblioteca senza un perché.
In effetti avrei potuto utilizzare quel girare senza sosta per fare jogging, a quel punto; ma probabilmente Miss Pince non ne sarebbe stata troppo felice.
E quindi pensai più che altro ai fatti miei, durante quel giorno. Sì, beh… Per pensare in effetti l’occasione c’era ma non era che me ne stessi con le mani in mano! C’erano sempre quei maledettissimi scatoloni. Me ne sarei liberata mai? …Impossibile, se non mi fossi degnata di svuotarli, di catalogare tutti i libri, e di mettere a posto i suddetti.
Girando per la biblioteca.
Quindi tutto il mio ragionamento era stato praticamente inutile. Vabbè.
Insomma cominciai: ogni volta sollevavo uno scatolone – tramite magia, ovviamente, lo posavo sulla mia scrivania, lo aprivo, tiravo fuori tutti i libri, mi segnavo il loro titolo e il rispettivo autore su un foglio e poi provvedevo a metterli a posto alla sezione adatta a ciascuno di essi.
Una cosa infinita, insomma.
Anche se, a dire il vero, sebbene ci volesse molto tempo non sarebbe dovuto risultare così lungo, come lavoro. Il fatto era che mi veniva naturale, ogni volta che mi capitava tra le mani un testo più o meno interessante, aprirlo, sfogliare qualche pagina, leggerne qualche riga. Al che che ci stavo mettendo una vita a mettere tutto a posto! Eppure era più forte di me, mi prendeva la curiosità lì per lì e non riuscivo a fare a meno di dare un’occhiata a ciò che avevo tra le mani.
Così, a metà mattina, dopo circa due o due ore e mezza di lavoro, ero ancora a ‘Caro amico’... Infatti stavo per l’appunto posando sulla scrivania giusto il terzo scatolone, decisamente sovrappensiero.
“Buongiorno.”
Ecco, cose così mi facevano davvero prendere un infarto. Sarei morta di morte violenta, io, da un giorno all’altro.
Insomma quasi saltai per aria, e ovviamente mi girai di scatto, ritrovandomi ad un palmo di naso da Severus.
Che caspita ci faceva lì, in biblioteca?
E perché doveva farmi prendere dei colpi con un semplice ‘buongiorno’?
Probabilmente le risposte ad entrambe le domande sarebbero state molto facili da formulare: la prima perché semplicemente voleva leggere qualcosa, e la seconda perché odiava tutto il mondo.
Semplici, come avevo detto.
“Buongiorno.” Dissi allora io nella sua direzione, a quel punto, dopo essermi ricordata di ricominciare a respirare.
Lui non disse nient’altro, lasciando lo sguardo dapprima puntato su di me, e dopo un po’ spostandolo sullo scatolone sulla mia scrivania.
“Lo riconosci, sì?”
Rispose solo dopo un momento, lui.
“Ovvio, non soffro di memoria a breve termine come qualcun altro.”
Ah, ma che male avevo fatto, nella vita?
Sospirai flebilmente, sperando che non mi sentisse onde evitare altri odiosi commenti, e iniziai a togliere lo scotch magico dallo scatolone per poterlo aprire.
“Comunque.” Provai a riprendere in mano la pseudo-conversazione che, tra l’altro, neanche era veramente cominciata “Hai bisogno di una mano per trovare qualche libro?”
“Come?”
Mi girai appena verso di lui, leggermente sorpresa. Magari Severus soffriva di un inizio di sordità e neanche lo sapevo!
…Ma no, che andavo a pensare.
“Una mano, dicevo. Ti serve un libro?”
“Mmh.”
Praticamente contandole una per una Severus aveva detto sì e no una decina di parole. Senza ovviamente considerare il ‘mmh’, che non mi pareva il caso di inserire nell’elenco ‘parole di Severus’.
Se mai un elenco del genere fosse veramente esistito, ovviamente.
Lo guardai un po’ meglio, allora: se ne stava lì, zitto, immobile, a guardare lo scatolone come una bella statuina – o come una statuina e basta. Che voleva fare, imitare l’uccello del malaugurio che si appostava alle spalle?
Oppure voleva avvisarmi col linguaggio dei segni di non aprire lo scatolone, altrimenti ne sarebbe sbucato un mostro, dato che lo stava fissando così insistentemente.
Al che pensai al mostro della Camera dei Segreti, ma dato che il pacco proveniva da Scrinvenshaft smisi di prendere in considerazione un così balordo pensiero.
Meglio.
Anche perché pensare di ritrovarmi davanti un mostro che faceva ‘bu bu settete’ aveva dell’inquietante.
In ogni caso non smisi di guardare Severus, che se ne stava lì, adesso, pensieroso e con la fronte corrucciata. Chissà quali pensieri stavano vorticando nella sua testa. E poi, alla fine, lui spostò gli occhi su di me, che ancora lo stavo guardando.
“Sì.” Disse improvvisamente e in modo un po’ più veloce del solito “Mi serve un libro.”
“Oh, bene.”
Feci un sorriso, e nel frattempo aprii lo scatolone e cominciai a tirare fuori qualche libro, posandolo sulla scrivania.
“Quale?” Chiesi allora, voltandomi nuovamente verso Severus.
“Questo.” Fece, afferrando uno dei libri sulla scrivania e facendo per andarsene via, tutto molto, fin troppo sbrigativamente.
“Ehi, un attimo!” Lo richiamai “Devo segnarmi il titolo!”
Lui tornò velocemente indietro e altrettanto velocemente mi consegnò il piccolo volume, dalla copertina di un colore giallognolo, quasi spazientito. Si notava che non vedeva l’ora di andarsene. Tra un po’ si sarebbe messo a saltellare sul posto facendo passare il peso da una gamba all’altra!
…Sì, più o meno.
E dire che era pure stato la maggior parte del tempo a fare la statua, e che ancora sarebbe stato così, se io non avessi preso brillantemente in mano la situazione. Mmh mmh.
Comunque… Presi il libro, allora, e con l’altra mano afferrai la piuma e la tinsi nell’inchiostro, chinandomi appena per poter scrivere sul foglio di pergamena davanti a me. A quel punto dovetti per forza guardare il titolo del libro. Lo lessi.
E lo rilessi.
Poi guardai Severus per un momento e lessi nuovamente il titolo che campeggiava sulla copertina. Lo feci a mente, ovviamente.
Storia e sviluppo dei vasi da notte attraverso i secoli, di Precett Striop.
“Ehm… Sei sicuro che sia questo il libro di cui hai bisogno?”
Ovvio.” Rispose lui, piccato “Per chi mi avresti preso, Scrooge?”
Ehi, calma, ragazzo, non te l’ho mica tirato in testa, il libro o il vaso da notte.
“Per nessuno in particolare, tranquillo.” Scrissi titolo e autore del libro sul foglio e poi mi tirai su porgendogli nuovamente il volume “Ecco, tieni, e… buona lettura.”
Dovetti faticare, e non poco, per trattenere una grande risata.
Lui mi tolse bruscamente il libro dalle mani, e anche lui gli diede un veloce sguardo. Notai che rimase con gli occhi sulla copertina per più di qualche secondo che, considerando il soggetto, non voleva dire poco!
Io ridacchiai, e lui se ne accorse, difatti mi lanciò una di quelle sue occhiatacce che avrebbero potuto far morire qualcuno all’istante; non disse nulla, però, bensì si girò e a grandi passi uscì della biblioteca, con la sua novella espressione incavolata col mondo, sbattendo appena la porta.
Io non mi trattenni più, e scoppiai praticamente a ridere, di sicuro attirando anche lo sguardo di qualcuno. Poco mi importava, la faccenda era stata troppo esilarante.
Anche se poi non avevo afferrato appieno quale fosse stato il suo reale scopo, dato che era arrivato, era stato immobile, e poi, tutto assieme, aveva preso il primo libro che gli era capitato sottomano – perché non ci credevo che gli servisse sul serio, neanche se fosse venuto a dirmelo Silente in persona – e poi se n’era andato in tutta fretta.
Severus era anche diventato pazzo.
Ah, beh, di bene in meglio! Ora, perlomeno, aveva tutte le caratteristiche per poter diventare un perfetto serial killer.
Ecco, avrebbe potuto benissimo scriverci un manuale: ‘Diventa un serial killer con Severus Piton!
Il comportamento di Severus era quindi stato parecchio… bizzarro, senza alcun dubbio. Certo, a meno che non fosse veramente interessato alla storia dei vasi da notte; mi sembrava un tipo all’antica, stando perlomeno al vestiario, quindi magari lo era anche sotto quel punto di vista.
E che schifo, però.
Poi dove la buttava, la… roba?
Ah, beh, sarebbe stato meglio non saperlo.
In ogni caso, almeno, riuscii pian piano a sistemare tutti i libri, e feci poi sparire finalmente gli scatoloni vuoti con un soddisfatto movimento di bacchetta, al che mi risedetti alla mia scrivania riaprendo il libro di poesie che stavo leggendo ormai da tempo.
E allora proprio il tempo prese a passare. E non solo i minuti, ma proprio i giorni! Giorni durante i quali rischiai comunque di venir fatta a fette – ‘fatta a fette’, un allitterazione, no? – da Severus. Ma non era colpa mia se a cena o anche perfino il giorno dopo ogni volta che incrociavo il suo sguardo mi veniva da ridere!
“Allora, come procede la lettura?” Gli avevo addirittura detto ad un certo punto, trattenendo l’ennesima risata, e lui ci tenne a farmi notare tutto il suo furore con un’occhiataccia delle più plateali, con tanto di vena pulsante.
Fu quella che mi fece capire di cominciare a darci un taglio, in effetti.
In ogni caso allora – come stavo dicendo – passò qualche giorno dalla mia visita ad Hagrid, e tutto continuava a procedere nella sua solita regolarità.
Sembrava quasi che tutti si fossero momentaneamente dimenticati dell’esistenza della Camera dei Segreti. O del mostro, che era decisamente peggio. E io non capivo il perché! Ok… Per il momento le aggressioni si erano interrotte – per il momento – ma ciò dopotutto non voleva dire che il pericolo fosse scampato. Chi è che ci diceva che il mostro se n’era bellamente andato dalla scuola o che era morto suicida? …Perché dubitavo che qualcuno l’avesse improvvisamente ammazzato di nascosto.
Insomma, gli studenti studiavano, gli insegnanti insegnavano, i custodi custodivano… e io? Beh, essendo bibliotecaria – o ‘assistente bibliotecaria’, era uguale – avrei dovuto… bibliotecare, ma era troppo scontato.
E anch’io mi adeguai: andai avanti con la solita vita, per quei giorni, facendo almeno finta di non preoccuparmi troppo. Una sottile ansia di fondo mi rimaneva, infatti, cosa che si accentuava quando per caso mi ritrovavo in un corridoio deserto tutta da sola – beh, grazie, se era deserto era anche ovvio che fossi da sola. Vabbè.
Come quel giorno, per esempio. Oh, non un giorno in particolare, uno dei tanti, ma non era questo il punto.
Insomma, mi trovavo da sola in un corridoio, col mio libro tra le braccia e premuto contro il mio petto. Miss Pince mi aveva concesso di finire prima, durante la mattinata, poco prima di pranzo, e ne stavo approfittando per andare un momento in camera mia per posare quel volume e prenderne un altro, prima di dover andare in Sala Grande. Camminavo tutta circospetta, guardandomi intorno più volte e di continuo, tanto che alla fine i quadri avevano iniziato a farmi cenni con le mani e con gli occhi come a dire ‘E che ti guardi?’.
Sì, lo sapevo, magari sembravo un po’… stramba, ma non era che potessi farci nulla! Perlomeno, dato il punto in cui mi trovavo, ero quasi arrivata alla mia camera e, data poi l’ora, ero almeno sicura che il viaggio di ritorno verso la Sala Grande non l’avrei fatto da sola ma circondata da tanti studenti.
Voltai un angolo, dunque, e velocemente percorsi un corridoio, svoltai un altro paio di volte e poi… Saltai per aria.
No, non avevo visto il fantomatico mostro della Camera, e no, non mi ero imbattuta in Gazza all’improvviso, cosa che sarebbe stata lo stesso molto debilitante, bensì… era suona la campanella.
Santa Cosetta, che colpo.
Allo stesso tempo però mi sentii molto più sollevata, dato che potevo considerarmi viva e vegeta e che, alla fine, non era successo nulla di che. Mi misi una mano sul petto e tirai un sospiro di sollievo. Allo stesso tempo iniziai ad udire da altri corridoi intorno a me porte aprirsi e vociare di gente espandersi, segno che i ragazzi stavano uscendo dalle aule per la fine delle lezioni mattiniere.
Oh, finalmente un po’ di gente intorno a me.
Anche se così voleva dire che, casomai il mostro avesse deciso di attaccare proprio in quell’istante, avrebbe ucciso tutti quanti in una sola occasione. Anche se così si sarebbe seminato leggermente il panico. Più panico, anzi, rispetto che aggredire uno per volta in solitudine.
Mmh... Vabbè, sarebbe stato meglio non continuare a pensarci.
Per forza di cose, ovvero a causa dell’irruenza di tutti quei ragazzi, onde evitare di venir trascinata via in balia del camminare affrettato degli studenti, dovetti rallentare il passo. Mi affiancai al corrimano della rampa di scale sulla quale mi trovavo al momento, aspettando che la massa chiacchierante mi superasse; ovviamente ripresi a camminare un po’ prima che mi trovassi ad essere l’ultima della fila o troppo distante dal resto del gruppo, altrimenti tutto il discorso fatto in precedenza sui mostri improvvisi acquattati dietro l’angolo sarebbe stato praticamente inutile.
Ma a proposito di ‘mostri improvvisi acquattati dietro l’angolo’…
Ero praticamente arrivata in prossimità della Sala Grande, scendendo gli ultimi gradini, che mi vidi sbucare davanti Severus.
“A, ciao, Severus!” Feci per l’appunto, rivolgendomi più che altro alle sue spalle, dato che me l’ero ritrovato a qualche passo di distanza.
Lui si girò, sentendomi, ma mi stava guardando in un modo che… mamma mia. Faceva paura sul serio.
Ma non pensavo che fosse per la mia lieve presa in giro sui vasi da notte. Doveva essere successo qualcosa.
Merlino, magari un’altra aggressione?!
Magari no. Magari in quel caso Severus non avrebbe avuto un’espressione incavolata nera, ma piuttosto una un po’ più… spaventata.
Provai per una frazione di secondo ad immaginarmi Severus che guardava qualcosa assolutamente terrorizzato ed atterrito.
Ad essere sincera non ci riuscii un granché; così mi avvicinai, anche se sempre con molta cautela.
“Che ti è successo?” Provai a chiedere.”
“Quei… decerebrati!” Sbottò con un movimento tanto repentino della mano che uno studente che stava passando lì accanto si premurò di accelerare il passo. “Hanno combinato un disastro, oggi! Pozione Dilatante ovunque, studenti – idioti – in infermeria… Ah, è colpa di Potter, è sicuramente colpa sua!”
“L’hai visto fare qualcosa?” Chiesi innocentemente, ma lui mi fulminò.
No. Ma ho visto la sua faccia.”
Ah, beh, inevitabile, dato che ce l’aveva avuto davanti in aula.
Aprii la bocca per rispondere, ma qualcun altro lo fece al posto mio.
“Sì, sì, Potter ha un viso niente male, sta benissimo nelle foto!”
Era Gilderoy; e poi, non appena ebbe detto quella frase, si rivolse ma.
“Ciao, Soleil!” Fece semplicemente.
“Ehm… Ciao.”
Ero leggermente disorientato dal fatto che tutto fosse avvenuto così in fretta. E gli eventi – seppur piccoli e apparentemente insignificanti – stavano continuando: Gilderoy aveva fatto un sorriso, mentre Severus una smorfia, e proprio quest’ultimo se n’era improvvisamente andato camminando a grandi falcate, borbottando. E tra quei borbottii udii però un quasi inconfondibile ‘idiota’; speravo almeno che non lo avesse appena rivolto a me! Anche se allora ciò voleva dire che l’aveva detto riferendosi a Gilderoy…
Gilderoy.
Era già qualche giorno che non aveva avuto più nessuna chiacchierata con lui, breve o lunga che fosse, infatti ci eravamo scambiati giusto i consueti saluti di buongiorno e buonasera. Tristemente non aveva fatto proprio nessunissimo accenno riguardante il famoso fatto di avermi lasciata ‘singin’ in the rain’, ma sinceramente… neanche mi importava più.
Non che gli avessi perdonato tutto!
Solo che la cosa non mi creava più un senso di disperazione, quello dovuto al fatto che l’uomo che mi piaceva non mi considerava per niente. Mi era giusto rimasto un fastidio di sottofondo.
Era palese che lui mi piacesse ancora!
Insomma, detto in parole povere, ero una sua fan! Però… Insomma, fine. Niente di più. Conoscevo Gilderoy come eroe grazie ai suoi libri e non come uomo – cosa che ormai avevo appurato da tempo. Lo ammiravo per quello che aveva fatto in giro per il mondo, ma… basta. Stop.
E la cosa non mi faceva stare male. Ok, se lui fosse stato attratto da me la mia autostima sarebbe salita a mille, ma a quanto pareva così non era. Pace. L’avrei superata.
E così, semplicemente chiacchierando del più e del meno con Gilderoy come potevano benissimo fare due colleghi, sbucammo entrambi in Sala Grande passando per la solita porta laterale; ci augurammo reciprocamente buon pranzo, e poi ci sedemmo ognuno al proprio posto.
Severus, invece, fu scorbutico per tutto il pasto, e smise persino di parlarmi. Evidentemente Harry Potter – o chi avesse realmente causato trambusto durante l’ora di Pozioni – l’aveva veramente combinata grossa. Anzi, Dilatata.
(Prego, ridere alla battuta scadente qui, grazie.)

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Salve a tutti, gente! :D Come state? Spero bene xD
Eccomi qui, dunque, con il nuovo capitolo! Spero vi piaccia, e mi raccomando, fatemi sapere come al solito cosa ne pensate! *-*
Un abbraccio a tutti, gentaglia, e alla prossima! ;D
Iurin







Capitolo 17
 
Avevo sempre saputo che, dopo cena, spesso e volentieri – più o meno volentieri a seconda del soggetto in questione – i professori si scambiavano quattro chiacchiere più o meno formali in sala… beh, in sala professori, per l’appunto. La maggior parte delle volte, sin dall’inizio di quell’anno, io mi ero astenuta dal parteciparvi, dato che gli argomenti principali che venivano trattati riguardavano studenti indisciplinati – il cognome ‘Weasley’ sbucava sempre fuori – lezioni, programmi… Insomma, tutte cose che io potevo ritenere interessanti fino ad un certo punto, e solo raramente si cominciava a parlare del più e del meno.
Sì, stavo usando troppo spesso le parole ‘più’ e ‘meno’.
Comunque… Proprio per questi motivi ogni sera preferivo andare nella mia stanza a spaparanzarmi da qualche parte. Vabbè, sul letto, non era che fossero tanti mobili provvisti di cuscini, a disposizione.
Solo che invece, quella sera, decisi di passarla in sala professori.
Sì, quella sera.
Era una notte buia e tempestosa…
Oh, suvvia, era tanto per creare suspense.
Insomma, quella sera forse tanto per fare qualcosa di alternativo – più o meno – avevo deciso di continuare la lettura del mio libro seduta sulla poltroncina morbidosa in sala professori – che nella mia mente avevo etichettato come ‘mia’.
C’erano dunque, quella sera, proprio come tutte le altre volte che ero stata lì, diversi gruppetti di persone che parlavano degli argomenti già elencati prima.
Quindi le persone chiacchieravano tra di loro, e, a dire il vero, a parte Gazza, Madama Chips – ero sempre più convinta che tra i due potesse esserci feeling – o giusto un altro paio di professori e fantasmi, erano presenti praticamente tutti.
Vabbè, a parte Silente, comunque, in tutto ciò.
E così io leggevo, cullata dal vociare degli altri membri dello staff. Non mi aveva mai dato fastidio leggere in mezzo alla gente, capacità pressoché fondamentale per una bibliotecaria che non volesse altrimenti passere le giornata a girarsi i pollici, scarabocchiare o, per esempio, cominciare a scrivere le proprio memorie. Non mi dava fastidio, dunque, leggere in mezzo al chiacchiericcio generale, a meno che, ovviamente, qualcuno non si fosse messo ad urlarmi nell’orecchio, cosa che non solo avrebbe causato un’interruzione di concentrazione, ma a me un’emicrania, e all’ipotetico qualcuno una visita in infermeria.
Dopo non molto, comunque, una voce interruppe sì la mia lettura, ma almeno non in una maniera tanto brutale.
“Scusatemi, signori, vorrei richiamare un momento la vostra attenzione.”
Alzai gli occhi dal libro, allora, accorgendomi che era stata la professoressa McGranitt a parlare, in piedi, al centro della stanza.
E quando iniziava un discorso in quella maniera non c’era mai da stare troppo tranquilli.
Come avevo appena fatto io, allora, anche gli altri focalizzarono la loro attenzione su di lei.
“Cosa di turba, cara Minerva?” Disse dunque Gilderoy.
La McGranitt accennò una contrazione delle labbra molto lieve e si girò dall’altra parte per cominciare il suo discorso.
Ohibò.
“Stavo dicendo…” Riprese allora la McGranitt “Ne abbiamo discusso, il Preside ed io, e siamo venuti ad una conclusione entrambi.” Fece una leggera pausa “Dopo l’ultimo attacco che ha sfortunatamente minacciato l’incolumità fisica di uno studente,” Quello con la macchina fotografica, era ovvio “avevamo già tutti concordato che una minaccia fosse effettivamente presente, che si tratti di un… mostro o di un altro studente con  intenzioni a dir poco discutibili. Ora. Sebbene sia passato del tempo, non è detto che ricapiti qualche disgrazia con chissà quali effetti, così, proprio per questo motivo, il Preside ha convenuto con me che sarebbe meglio aumentare la frequenza e l’intensità delle ronde notturne.”
“Ottima idea! Così ottima che sembra una mia idea, quasi!” Sentii dire da Gilderoy, cosa che però non interruppe comunque il discorso della professoressa.
“Ho stilato un nuovo calendario, e ci terrei ad avere il vostro consenso per renderlo attivo a tutti gli effetti. Anche perché si tratta del vostro tempo e del vostro impegno – nonché del mio – perciò mi pare doveroso chiedervi un parere.”
“Oh, sì, ci mancherebbe, Minerva!” Fece la professoressa Sprite.
“Neanche a chiederlo, ci saremo senz’altro!” Confermò il professor Vitious.
“Abbiamo per caso scelta?” Commentò poi Severus, da dietro il giornale che non aveva neanche smesso di leggere, seduto al suo angoletto.
Minerva gli lanciò un’occhiataccia, e lui si limitò ad osservarla abbassando appena il giornale quel tanto che bastava per scoprirgli gli occhi.
“Qualcosa che non va, Severus?”
“Oh, no, tutto a posto.” E lui ritornò a leggere coprendosi di nuovo totalmente la faccia col foglio.
Sebbene lui fosse stato piuttosto ed indiscutibilmente antipatico, specie se la McGranitt stava parlando di una cosa tanto importante, mi ritrovai a fare un leggero sorriso.
Per fortuna nessuno se ne accorse, altrimenti temevo di fare una fine non molto carina.
“Bene.” Continuò allora, dopo la piccola interruzione, proprio la McGranitt, congiungendo le mani di fronte a sé in una posa soddisfatta “Dato che sapevo che, per il bene della nostra scuola e dei nostri studenti, sareste stati d’accordo con me, penso metterò in bacheca il nuovo calendario già domani mattina, dopo avergli dato gli ultimi aggiustamenti, cosicché tutti possiate appuntarvi gli orari delle vostre ronde.”
Ci furono altri mormorii di approvazione, e notai sul viso della McGranitt una nuova espressione soddisfatta.
Beh, sì, in effetti era stata una buona idea. Un’idea più che necessaria, oltretutto! Mi ero, dopotutto, chiesta da alcuni giorni perché tutti si stessero comportando come se le aggressioni – una animale ed una umana… Cioè, le vittime erano una animale ed una umana, non le aggressioni di per sé – non fossero mai accadute. E invece c’era chi stava lavorando! Non ero l’unica che in qualche modo si era preoccupata! Solo che… Io avevo optato per uniformarmi al comportamento comune, la McGranitt invece si era data da fare. E pure Silente.
Accidenti. Perché finivo sempre per sembrare la solita scansafatiche?
Quella di aumentare le ronde notturne era stata un’ottima idea – ribadii per l’ennesima volta nella mia testa – anche perché il ‘mostro’ o presunto tale aveva sfruttato il buio per colpire, le due volte precedenti. Semmai fosse successo qualcosa, anch’io pensavo che sarebbe nuovamente successa di sera, o, che dir si volesse, di notte. Così era pressoché automatico che venissero intensificate le ronde notturne.
Avrei dovuto pensarci, eccheccavolo.
Dovevo fare qualcosa anch’io, a quel punto.
…No, non era per manie di grandezza. Solo che… Mi sentivo in colpa con me stessa a non aver fatto qualcosa di concreto quando anch’io sentivo una possibile minaccia nell’aria. Avrei dovuto contribuire anch’io alla salvaguardia degli studenti, anche perché ero… beh, si supponeva fossi un’adulta – e lo ero – per cui potevo benissimo dare una mano concreta. E non figurata.
Anche se ero un’inguaribile ‘cacasotto’.
Oh, beh, com’è che si dice? Non c’è miglior modo per sconfiggere le proprie paure che affrontarle.
Certo, in questo caso a rischio della propria vita, ma…
Basta. Ormai avevo deciso. Avrei aiutato.
Così, a fine serata, quando ormai tutti se n’erano andati dalla sala professori per andarsi a riposare ognuno nel proprio letto, e nella stanza eravamo rimaste praticamente solo io e la professoressa McGranitt, mi alzai.
Notando il mio movimento lei alzò appena gli occhi dalle sue carte.
“Buonanotte, signorina Scrooge.” Mi salutò, per poi tornare subito al suo lavoro.
Evidentemente aveva pensato che anch’io stessi per uscire per andarmene a letto; e invece mi avvicinai a lei.
“In realtà volevo parlarle un momento, professoressa.” Esordii, e lei mi guardò di nuovo, e più a lungo, avendo io così attirato la sua attenzione.
“Certo, dimmi pure, se è una cosa abbastanza veloce.”
“Beh, vede… Prima ho sentito che parlava del fatto di aumentare le ore di ronda a voi professori, sa, essendo qui nella stanza… E quindi pensavo di dare il mio contributo – nel caso serva, certo – dato che ho praticamente tutte le sere libere.”
“Oh, certo che serve! Un aiuto serve sempre, questo è sicuro!” Rispose allora lei, nettamente più pimpante di prima.
Nel caso in cui la McGranitt potesse definirsi ‘pimpante’.
Non dubitavo che anche lei avesse i suoi momenti di euforia, certo, e magari nell’intimo della sua camera si metteva pure a saltellare in tondo abbracciando un cuscino rosso e oro, ma sin da quando la conoscevo non l’avevo mai effettivamente vista ridere, per esempio.
E la conoscevo da quando avevo undici anni.
Che poi, effettivamente parlando, non avevo visto ridere un sacco di gente, partendo proprio dalla McGranitt, passando per Silente, sfiorando – da lontano – anche Gazza, per non parlare poi di Severus… Insomma, a parte Gilderoy che, almeno lui, per la miseria, si faceva qualche bella risata – da solo, ogni tanto, ma sempre risate erano, tutti quelli che si lasciavano andare ad una tale… pratica erano per lo più non-insegnanti.
Il che poteva spiegare molte cose.
In ogni caso, sì, conoscevo la McGranitt da poter affermare che la… pimpantezza non fosse una delle sue caratteristiche principali.
Chissà quanti anni aveva, a proposito? Col fatto che insegnasse da così tanto tempo, la domanda sorgeva spontanea. Perché presumevo che avesse cominciato la sua carriera didattica ben prima che persino io arrivassi ad Hogwarts per la prima volta! Non che io fossi vecchia, ovvio.
Per non parlare poi di Albus Silente! O di Hagrid! O di Gazza! Ma quanti anni avevano, costoro?
Oh, beh, sarebbe stata una questione sicuramente molto interessante da approfondire nel momenti liberi. Momenti liberi che si erano più che dimezzati esattamente cinque secondi prima, quando Minerva decise che la mia idea di voler svolgere anch’io delle ronde notturne fosse un’ottima idea.
Che poi non mi si dicesse che non avevo una mente brillante, ecco.
“Bene, mi fa piacere.” Le risposi così io, in ogni caso, facendo un piccolo sorriso “Allora troverò anch’io il mio nome nell’elenco, domani mattina, insieme a tutti quelli degli altri?”
“Certamente, certamente. Ti ringrazio davvero molto, in questo modo affievolisci un po’ il lavoro degli altri.”
“Oh, ma ci mancherebbe, è un piacere. E poi anch’io vivo qui, per il momento, quindi mi pare il minimo dare una mano.”
E lei mi fece addirittura un sorriso. Forse potevo effettivamente iniziare a definirla una signora pimpante. Una di quelle vecchiettine tanto carine che prendono il tè e cuciono a maglia.
O magari era meglio di no.
“Comunque” Continuò allora la professoressa, visto che c’era “Se non ti dispiace vorrei farti cominciare praticamente subito, domani sera. Mi si era creato un buco nella scansione oraria, infatti, che non sapevo con chi riempire, ad essere sincera.”
E ti pareva, neanche il tempo di prepararsi psicologicamente. Solo ventiquattro ore, insomma! …Vabbè.
“Ci mancherebbe! A sua disposizione, professoressa.”
E a quel punto, senza neanche ulteriori convenevoli, mi congedai, praticamente correndo diretta e senza indugi nella mia stanza.
Già, la perfetta impavida ragazza, eh? Ma almeno chissà, quelle benedette ronde avrebbero potuto darmi una svegliata in tal senso.
La mattina successiva andai in sala professori dopo la colazione per poter studiare il calendario preparato dalla McGranitt. Ciò comportò un’anticipazione dell’ora del mio solio risveglio, il che avrebbe potuto urtare chiunque, certo, ma dato che dovetti alzarmi giusto un quarto d’ora prima non ne feci un gran dramma. Per quel giorno. E solo perché, alla fine, avevo troppa voglia di andare a dare un’occhiata a questo calendario che, tra l’altro, avrebbe deciso l’andamento dei miei dopo-cena per chissà quante sere a settimana!
Anche se detta così sarebbe potuto sembrare che quel calendario fosse dotato di vita propria, ma, a scanso di equivoci, così non era.
Insomma, dopo essermi vestita in tutta fretta andai di filato il sala professori, e quando vi entrai la trovai, stranamente, completamente deserta. Beh, meglio così, almeno nessuno avrebbe visto la trepidazione danzare nei miei occhi.
Ed eccolo lì, dunque, il calendario, appiccicato in bella vista sulla grande bacheca degli avvisi.
Consisteva, in pratica, in una tabella sui cui erano stati segnati i giorni della settimana sulla riga in alto, gli orari della giornata sulla colonna a sinistra e nelle caselle che si venivano a creare – le caselle della tabella, insomma – i nomi di chi avrebbe dovuto effettuare le varie ronde e a quali corridoi di quali piani.
A me sarebbero toccate tre sere a settimana, dopo non molto l’orario della cena, per un paio di ore ogni volta. Quella stessa sera compresa. Oh, beh, effettivamente sarebbe potuta andarmi peggio.
Mi segnai su un foglietto di pergamena quando vi fosse di preciso il mio turno e me lo misi nella tasca dei pantaloni, andando poi dritta in Sala Grande per la colazione.
Andai a sedermi, come sempre, al mio posto accanto a Severus, giù seduto al suo, di solito posto.
“Buongiorno!” Gli dissi mentre mi sedevo.
“Mmh.” Fu la risposta che mi diede senza neanche guardarmi.
Logorroico come sempre.
Guardando meglio… sembrava estremamente irritato. Ma tanto non mi avrebbe detto neanche sotto tortura cosa lo infastidisse così tanto, ne ero certa. D’altronde lui era seccato col mondo praticamente ogni giorno, e fino ad allora lui non mi aveva mai detto niente – se non fosse, mezza volta per puro caso – che spiegasse il suo malumore, quindi immaginavo che quella mattina non sarebbe accaduto nulla di diverso.
“Hai già visto il calendario in sala professori?” Gli chiesi allora, provando a fare conversazione.
“No, lo farò dopo; c’è tempo.”
Io scrollai le spalle e mi versai del latte nella mia tazza. Lui, in ogni caso, non continuò la conversazione, e io a quel punto mi concentrai più che altro sul mio latte e cerali.
La giornata passò piuttosto velocemente, giornata durante la quale io fui costantemente col pensiero a quando sarebbe successo quella sera stessa: sarebbe stata una semplice serata tranquilla? Più una passeggiata, che una ronda? O sarebbe successo qualcosa? Ecco, pensieri come quest’ultimo continuavano soltanto a farmi accapponare la pelle.
Ma chi me l’aveva fatto fare? Quale forza oscura mi aveva convinta ad andare a parlare con McGranitt, la sera prima?
Pensandoci… Magari una specie di senso dell’onore o una roba de genere, piuttosto che una forza oscura. O persino un momentaneo attacco di febbricitante coraggio.
Oh, neanche fossi stata una Grifondoro, per la miseria.
Fu così che, in biblioteca, presi un bel tomo sostanzioso che parlava di incantesimi – principalmente di difesa e ogni tanto di attacco – e mi misi a leggerlo per rinfrescarmi la memoria. Neanche avessi dovuto prepararmi per la guerra.
E la giornata passò, fino a quando, ovviamente, come tutte le altre sere non arrivò l’ora di cena.
Ero agitatissima, il fatto di dover svolgere di lì a poco la mia ronda mi faceva impazzire. Mi sedetti al mio posto, in Sala Grande, senza smettere per un momento di torturarmi le mani, dandomi dei piccoli pizzicotti. Accanto a me si trovava un Severus ancora più irritato di quella mattina, e io non gli chiesi nulla, né cercai in silenzio di capire cosa avesse; ero sicura che, anche nel caso in cui lui avesse cominciato un monologo per espormi tutta la sua vita partendo dal momento in cui sua madre aveva smesso di allattarlo… avrei finito per non ascoltarlo per pensare a cosa eventualmente sarebbe potuto succede di lì a giusto poco più di un’ora, perciò… meglio evitare imbarazzanti situazioni che non avrebbero fatto altro che appesantire ulteriormente l’atmosfera e starmene zitta.
La cena cominciò, andò avanti e terminò in silenzio, per me. Giusto una capatina nella mia stanza, poi, a prendermi un giacchettina ed un vecchio orologio onde evitare di prolungare troppo il mio compito, e l’orario della mia prima ronda arrivò.
Sì, lo sapevo, mi stavo agitando troppo, ma non potevo farci proprio niente!
Così, con questa sensazione ad attanagliarmi lo stomaco – appena riempito a cena, tra l’altro, uscii dalla mia stanza.
Mi chiusi la porta alle spalle con le orecchie tese, ascoltando il silenzio. Non si muoveva neanche un’ombra, in quel corridoio, nessuna, a parte quelle create dalle fiaccole attaccate ai muri sulle pareti stesse.
Ok, era la stessa identica atmosfera che c’era prima, quando era appena finita la cena, ma era come se, allo stesso tempo, fosse diversa.
Vabbè, sì… Una cosa del genere.
Stando agli orari messi a punto dalla McGranitt quella sera mi sarebbero toccati i due piani immediatamente sotto al mio, sempre appartenenti a quella stessa ala del castello, da controllare durante tutte le successive due ore e mezza.
Presi subito in mano la mia bacchetta e mormorai un ‘Lumos’. Sì, ok, c’erano sempre le suddette fiaccole ben fissate ai muri, e quelle facevano luce a sufficienza, solo che… beh, almeno così potevo utilizzare il voler illuminare l’ambiente come scusa per poter tenere in mano la bacchetta.
E poi la luce magica mi confortava sempre, ecco.
Cominciai dunque a salire le scale, quasi subito, sempre con le orecchie ben tese, alla ricerca del minimo rumore. Rumore che, con molta probabilità, più che farmi scattare all’attacco mi avrebbe fatto semplicemente venire un infarto. Ma vabbè, questi erano solo semplici dettagli.
In ogni caso pareva proprio che non ci fosse nessuno in giro: nessun suono di passi di voci, di zompettare, di strisciare, di battito d’ali, di zoccoli, di pistole babbane, di ruote, di tappeti volanti… Insomma, di rumore c’era solo quello dei miei stessi passi e, di tanto in tanto, il ronfare sporadico di qualche occupante di qualche quadro. Nonostante ciò la mia bacchetta era sempre ben fissa nella mia mano, bella in alto, con la luce puntata davanti a me, in una posizione nella quale sarebbe stato facile scagliare qualsiasi incantesimo. Sperando che non ce ne sarebbe stato nessun bisogno.
E nella mia testa, in tutto ciò, mi ripetevo la frase che ormai, durante quella giornata, aveva praticamente occupato tutti i miei pensieri: ma chi me l’aveva fatto fare?
Eppure, sebbene la mia fifa fosse più che palpabile, più camminavo, più giravo angoli col cuore in gola, più, piano piano, mi tranquillizzavo. Piano piano.
Almeno mi rendevo conto che, effettivamente, nessun angolo buio di quei corridoi nascondeva un ipotetico mostro a cui ancora non avevo neanche dato una forma precisa.
Potevo dunque scartare la teoria che questo mostro esistesse realmente? Le aggressioni erano veramente stato ‘soltanto’ opera di uno studente a cui era andato a male il cervello?
Oddio, secondo me non era che si potesse davvero scartare una delle due supposizioni. Il mondo magico era pieno di quelli che potevano essere banalmente definiti ‘mostri’, e di pazzoidi in circolazione ce n’erano a bizzeffe …
Ecco, adesso non solo dovevo stare attenta ad un mostro che poteva, volendo, farmi bellamente a pezzi, ma anche ad un qualche ragazzo impazzito.
Che bello. Che goduria.
Però rimasi vigile e attenta, controllando più spesso di quanto fosse necessario – forse – il mio orologio per capire quando avrei potuto tornarmene sana e salva nella mia camera.
Ormai avevo controllato tutto un piano già da un bel pezzo, ed avevo anche quasi finito di setacciare il secondo – questa sì, che era una goduria – quando, proprio in quel momento, sentii un rumore. All’inizio fu breve e silenzioso, ma poi mi si ripresentò più insistente e costante… Era sicuramente un rumore di passi.
Mi bloccai, con gli occhi sgranati e lo orecchie – ancora – tese. Più tese di prima, in effetti. Sì, sì, era sicuramente rumore di passi.
“Ok, calma, Soleil.” Mi dissi rimanendo immobile “Presumibilmente non è un mostro, dato che pare almeno avere dei piedi umani. E non è neanche detto che sia il matto, a dirla tutta.” Non so neanche dove trovai il fegato di fare dei passi in avanti, quasi fino alla fine del corridoio, prima che questo svoltasse a destra “Potrebbe sempre essere uno studente che si diverte a fregarsene del coprifuoco e ad andarsene in giro di notte per i fatti suoi…” Andai avanti ancora un po’, rimanendo praticamente appiccicata al muro “E in quel caso lo ammazzerei io, quello studente! Ma che modi sono, andare in giro di notte quando ci sono già state due aggressioni! E facendo prendere i colpi alla povera gente, porca miseria!”
Presi un bel respiro, fermando i miei passi, non avendo ancora tutto questo coraggio per svoltare l’angolo. E poi… una luce, una figura, un’ombra!
“Ah!” Esclamai, scattando in mezzo al corridoio.
Sì. ‘Ah’. Di sicuro non quello che sarebbe meglio dire nel caso in cui mi fossi imbattuta in un mostro/pazzo. Un ‘Incarceramus’ sarebbe stato meglio a prescindere, per esempio. Nel tempo di quell’‘Ah’ sarei potuta già finire bocconi sul pavimento.
“Soleil!” Disse però una voce da donna, evidentemente appartenente a quell’ombra che mi era appena comparsa davanti dopo aver imboccato il corridoio nel punto in cui io mi ero appena fermata.
Così abbassai la bacchetta luminosa e vidi la professoressa Sprite di fronte a me.
Ok, a quanto pareva nessuno mi avrebbe uccisa, per quella sera, ed io tirai un sospiro di sollievo.
“Oh, scusi, professoressa.” Feci mettendomi una mano sul cuore che, tra l’altro, batteva all’impazzata “Ho solo… i nervi un po’ tesi.”
Sì, vabbè, i nervi mi si erano praticamente spappolati, altro che tesi.
Sul volto della Sprite comparve un piccolo sorriso che mi parve di comprensione.
“Prima ronda della tua vita?”
“Si nota, eh?” Feci, ammettendo così ulteriormente il mio nervosismo.
“Oh, stai tranquilla, è più che normale.”
Lei mi si affiancò, a quel punto.
“E’ che non sono neanche stata Prefetto o Capo Scuola, quando studiavo qui.” Dissi “Quindi è proprio la prima volta che faccio una cosa così… così… beh, diciamo importante.”
Più o meno, insomma.
“Non ti preoccupare, Soleil.” Mi rassicurò dunque lei, sempre con il sorriso sul viso “Fai la strada insieme a me? Devo pattugliare questi corridoi per le prossime ore.”
“Io ho appena finito il mio turno, invece.”
“Visto? Perfettamente sincronizzate!”
Mi rilassai anch’io in un piccolo sorriso.
“D’accordo…” Risposi allora “Tanto per andare in camera devo per forza tornare indietro…”
“Perfetto, almeno ci faremo compagnia.”
Oh, grazie al Cielo.
Iniziammo a parlare del più e del meno, a quel punto, e finalmente riuscii a rilassarmi. Oh, benedetta donna. Insomma parlammo, chiacchierammo, e quando venne fuori che anch’io ero stata una Tassorosso come lei la professoressa ne sembrò semplicemente deliziata. Che donna gentile, che era. E in breve, a quel punto, giunsi alla porta della mia stanza, e Pomona Sprite mi accompagnò fin proprio lì davanti, augurandomi la buonanotte, mentre io le augurai semplicemente ‘buona ronda’.
Quando lei andò via, allora, cominciai a prepararmi per la notte, e stavo proprio per spogliarmi per mettermi il pigiama quando sentii bussare alla porta. Forse era la professoressa Sprite che si era dimenticata qualcosa. Altrimenti chi caspita poteva essere, a quell’ora?
Il mostro? O l’evaso dal manicomio?
Beh, in entrambi i casi dubitavo che la morte mi si sarebbe presentata bussando semplicemente alla mia porta, anziché, magari, sbucare dalla finestra, quindi mi decisi ed andai ad aprire.
Mi ritrovai davanti Severus, e la cosa mi sorprese.
“Oh, Severus. Che ci fai qui?”
“Sarò breve, non c’è bisogno di tutti questi convenevoli.” Rispose cupo.
Si vedeva che quel giorno era stato proprio una giornata no.
Io non feci comunque in tempo a ribattere che lui mi precedette.
“Devi piantarla con questa storia della sorveglianza straordinaria.”
Ci misi qualche secondo prima di rispondere.
“Scusa?”
“Prima stavi pattugliando il castello.”
“Sì, ho parlato con la professoresse McGranitt, e--”
“Oh, lo so questo.” Mi interruppe brutalmente lui “Non è tuo compito.”
A quel punto fui io ad iniziare ad infastidirmi.
“Sto solo dando una mano.”
“Cosa che, da quanto so, non ti è neanche stata esplicitamente richiesta. Ci sarà stato un motivo, non credi?”
Lo guardai male. Sapevo che le mie occhiatacce su di lui non sortivano praticamente alcun effetto, ma non poteva di certo astenermene.
“Che stai insinuando?”
“Non c’è bisogno del tuo… aiuto.” Disse, impregnando l’ultima parola di un ettolitro di sarcasmo.
E se fino a quel momento avevo pensato di rinunciare a tutta quella storia delle ronde… Ora ne ero diventata una fervida sostenitrice. Era una questione di principio!
“Questo lo dici tu.”
“E’ sempre stata prerogativa degli insegnanti pattugliare i corridoi, e tu – guarda caso – sei ben lontana dall’essere un insegnante.”
Assottigliai lo sguardo. “Neanche Gazza lo è.”
“Se non lo facesse, lui non avrebbe scopo di esistere.”
“Io voglio solo dare una mano.”
“E io ripeto, nessuno te lo ha chiesto. E se nessuno l’ha fatto in un periodo in cui c’è persino del… disordine sporadico, in cui ogni aiuto dovrebbe essere prezioso… Figuriamoci.”
“Hai appena detto che ogni aiuto è prezioso; ti senti quando parli, giusto?”
“Perfettamente, grazie. Difatti so di non aver affatto pronunciato la parola ‘tuo’, accanto ad ‘aiuto’.”
Ma che grande, grandissimo… Ma come si permetteva? Ma come gli saltava in mente di venire fino in camera mia per dirmi quelle cose? Ma chi si credeva di essere?
“Allora visto che ci senti così bene,” Ripresi dunque io “ascoltami attentamente: mi sono presa un impegno, e porterò a termine ogni turno che Minerva McGranitt mi ha assegnato, e indovina una cosa? Il tuo parere non mi interessa!”
E prima che lui potesse nuovamente rispondere rovinando ancora di più il mio umore… gli sbattei la porta in faccia. Sì, sì, e con un forte e sonoro sbam!
Neanche a dirlo, però, sentii la sua cove al di là della porta praticamente subito.
“Scrooge, aprimi.”
“Buonanotte, Severus!”
“Ti ho detto di aprirmi.”
“E io ti ho appena detto buonanotte!”
Sul momento non sentii nulla, così mi avvicinai alla porta e mi appoggiai contro di essa con l’orecchio. Ora un rumore lo sentivo, ed era quello causato dai passi di Severus che si allontanavano da lì.
Ok, finalmente se n’era andato.
Che bella conclusione di serata…
Ma che diamine gli era preso, si era per caso ubriacato?
No, era impazzito. Ecco, pareva la spiegazione più logica.
Il fatto che fosse un deficiente, però, rimaneva comunque una verità universalmente riconosciuta.
Mah.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Salve a tutti, 'adepti'! :D
Come andiamo? E' un pochino che non mi faccio sentire, ma come vedete... eccomi qua!
Spero che il capitolo vi piaccia, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
Un bacione!! <3







Capitolo 18
 
Le mie serate in sala professori, seduta sulla solita poltroncina, si stavano intensificando. Per quanto riguardava me, soprattutto. Severus diceva che non potevo svolgere le sue stesse mansioni di ‘controllore’ – anche se così sembrava intendessi il controllore dei biglietti del treno – semplicemente perché non ero un’insegnate? E allora io passavo più tempo con i professori, così mi sarei integrata ancora meglio nel suo stesso gruppo!
Certo, come se ad Hogwarts vi fossero due fazioni rivali, come se già non fossero bastate le continue e stupide ‘guerre’ tra Grifondoro e Serpeverde.
Come se ci fossero state due gang. Da una parte I Professori, con Severus, Silente, la McGranitt, Vitious e compagnia bella; dall’altra I Più Forti Dell’Universo – sarebbe stata la mia gang, il… nome significativo era d’obbligo – composta da me, Miss Pince, Madama Chips, Gazza e Hagrid. E… Oddio, anche Pix, sì.
Ehm… Non che, a pensarci, Gazza potesse effettivamente far parte di un gruppo chiamato ‘I Più Forti Dell’Universo’ proprio per definizione, però… ehi, almeno avrebbe tenuto pulita la nostra Base Segreta. E, per contro, c’era Hagrid, con tutti i suoi simpatici animaletti da scagliare contro i nostri rivali, specie quelli somiglianti a pipistrelli giganti.
In tutto ciò però I Professori avevano Silente e Gilderoy. Mmh… Vabbè, uno lo si sarebbe distratto con una cesta di caramelle e l’altro… Okay, mi sarei sacrificata io per la causa e l’avrei circuito. Per la causa, ovvio.
Ma in ogni caso… Sala professori.
Avevo iniziato a frequentarla piuttosto assiduamente nei giorni seguenti, praticamente tutte le sere, alla faccia di tizi scorbutici che se ne stavano seduti in un angolo buio a leggere. Sì, a leggere al buio.
Brividi.
E mi stavo integrando con tanta naturalezza che gli altri professori mi coinvolgevano nelle loro conversazioni, rivelandomi pure che nell’armadio antico e mezzo scrostato situato in un angoletto c’era addirittura un Molliccio.
Brividi doppi.
Fu proprio durante una di queste serate che ad un certo punto, nel bel mezzo di un discorso che stavo portando avanti con la professoressa Sinistra, Gilderoy si mise in piedi al centro della stanza, a braccia conserte premute sul petto e con la testa bella alzata, col naso in su, verso il soffitto.
“Ho avuto un’idea!” Annunciò a gran voce “Un’idea che sicuramente troverete brillante, più che brillante, luminescente!”
Inevitabilmente tutti i discorsi più o meno futili vennero interrotti e tutti gli occhi vennero puntati su di lui.
“Qual è questa idea, Gilderoy?” Chiese dunque Madama Chips, al che il diretto interessato fece un sorriso bello grande.
“Prego, prego, ascoltatemi.” Si schiarì la voce “Stavo pensando proprio ieri sera a tutta questa storia delle aggressioni, al fatto che, se ci dovesse essere un altro attacco o cose simili, bisognerà in qualche modo contrastarlo.” Breve pausa “Data la mia grande bravura nel duello e la mia vasta conoscenza degli incantesimi da combattimento, io non avrei problemi. E sicuramente, immagino, neanche voi, nel vostro picc-- Oh, beh, neanche voi. Ma gli studenti, invece?” Ci guardò praticamente uno per uno “Loro che possibilità avrebbero, poveri ragazzi?”
Beh, sì... In effetti era un ragionamento più che logico. E bravo, Gilderoy, che si preoccupava delle persone più in difficoltà!
Vabbè, non che io fossi chissà quale grande strega di fama mondiale, ma si supponeva che fossi messa meglio almeno di un dodicenne.
Guardando le espressioni degli altri astanti – ‘astanti’… che parola fascinosa – mi resi conto che anche loro – o perlomeno quasi tutti – la stavano pensando come me.
“Ha in mente qualcosa di più specifico?” Chiese allora la McGranitt, interessata.
Gilderoy fece qualche passo camminando un po’ in tondo.
“In realtà sì.” Rispose allora “Pensavo di insegnare loro l’arte del duello.”
Dal fondo della stanza si udì distintamente uno sbuffo, divertito, per giunta, e quando tutti noi ci voltammo verso la sua fonte io non mi stupii affatto di trovare Severus proprio in quel punto.
“Lei non è d’accordo, professor Piton?” Chiese allora Gilderoy, giustamente.
“Mmh.” Fece l’altro “Stavo solo pensando che insegnare l’arte del duello… O meglio, che lei insegni l’arte del duello a quei ragazzini sia un modo piuttosto gentile me non meno enfatico di dir loro di farsi fuori a vicenda, Allock.” E fece un leggero sorrisetto.
“Quanta poca fiducia nei suoi studenti, professor Piton. La cosa mi meraviglia!” Ribatté Gilderoy “Quando tra l’altro hanno un insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure come me, poi!”
Già, evidentemente Gilderoy non aveva notato la frecciatina diretta esplicitamente a lui, oltre che ai ragazzi delle varie Case.
E comunque l’espressione di Severus non fece capire di aver cambiato idea sull’argomento. Anzi, nel qual caso la cosa fosse stata possibile, divenne ancora più truce.
“Ma allora chi è che è d’accordo con me?” Continuò imperterrito Gilderoy guardando noialtri, evidentemente non capendo il nostro non-partecipare alla conversazione.
O al verbalmente sanguinoso dibattito in corso, sarebbe stato meglio dire.
“In effetti pare una buona idea, professor Allock, almeno secondo me.” Disse qualcuno dietro le mie spalle che non identificai.
“Un’ottima idea, vi dico!” Confermò Gilderoy.
“Bah.” Si sentì distintamente il commento di Severus.
“Beh, possiamo fare a votazione, allora.” Propose dunque la McGranitt, prima di rivolgersi direttamente a tutti noi “Quanti sono a favore dell’idea del professor Allock alzino la mano.”
Io mi guardai intorno e vidi che molti stavano alzando le mani. Decisamente più della metà delle persone presenti.
Che volevo fare io? Beh, a me l’idea di Gilderoy pareva buona. Non ci eravamo molto parlati durante quel periodo e, come avevo già appurato… non era che ne sentissi così tanto la mancanza. Insomma, non mi piaceva più in quel senso, in quel modo – dovevo ammetterlo per forza – un po’ da bambina. Per non parlare del fatto che lo consideravo ancora un po’ un cafone, pensando a quella storia dell’avermi lasciata sotto la pioggia.
Ma quella era una bella idea, e di sicuro tutti gli studenti avrebbero solo potuto giovarne. Quindi alzai la mano anch’io, convinta.
E poi Gilderoy sarebbe stato un ottimo insegnante, anche questo bisognava ammetterlo! In fatto di combattimenti ne sapeva veramente tanto, no? E i suoi libri e resoconti lo dimostravano altamente.
Quando non vi fu più alcun movimento ripresi a guardarmi intorno, notando così che oltre a Severus neanche Hagrid – strano… – Gazza e il Professor Rüf avevano alzato la mano. Quest’ultimo, forse, perché semplicemente stava pensando ai fatti suoi, a pensarci meglio.
Oh, beh, la conclusione della votazione era più che prevedibile!
“Bene.” Riprese allora la McGranitt “Quanti invece sono sfavorevoli?”
Gazza alzò la mano, il professor Rüf non si mosse affatto e Hagrid guardò momentaneamente da un’altra parte toccandosi la barba folta. Severus alzò gli occhi al cielo, mormorando qualcosa e sbuffando. Evidentemente – e giustamente – trovava inutile votare.
“Bene, allora, a quanto pare, la decisione è presa!”
L’espressione di Gilderoy era anche più entusiasta – beh, giustamente – di quando aveva esposto la sua idea.
“Perfetto! Estremamente perfetto!” Esclamò “Sarà un successone, ve lo assicuro, e i ragazzi impareranno a combattere – ve lo dico io – spassandosela un sacco!”
Spassandosela… un sacco…” Sentii dire da Severus tra sé e sé, senza che però si fosse premunito di abbassare il tono di voce per non farsi sentire.
Ed era quasi… disgustato.
“Sì, professor Piton, sa… linguaggio giovanile. Serve per entrare in sintonia con i ragazzi.”
Severus alzò gli occhi al cielo.
Quindi” Intervenne la McGranitt a quel punto “deve solo dirci quando vuole cominciare queste lezioni aggiuntive, professor Allock.”
“Certamente, certamente. Prima però mi sembra giusto dire subito che per le lezioni mi servirà per forza un assistente.”
“Un assistente?”
“Un assistente. E… qualcuno si offre volontario per aiutarmi?”
E via col suo magico sorrisone.
Nessuno però, nonostante il palese e continuo entusiasmo di Gilderoy, rispose all’appello.
E poi Gilderoy guardò me.
Per la miseria, mi venne un colpo, neanche mi avesse appena fatto un attentato.
E di conseguenza divenni tutta rossa. La cosa mi imbarazzò, quindi arrossii ancora di più, in un bell’exploit di coloriti tendenti al bordeaux.
Prima che però potessi rispondere, dato che lui non la piantava di guardarmi, Severus disse qualcosa, qualcosa che mi sarei ricordata sempre, data la sua enorme stranezza.
“Lo faccio io, Allock.”
Gilderoy si voltò verso di lui, sorpreso come tutti i presenti in quella stanza. Anche se, a dire il vero, Gilderoy sembrava piacevolmente sorpreso.
“Tu?” Chiese per conferma.
“Sì, io. Noto che l’udito ti funziona ancora a meraviglia.”
Passò qualche secondo di puro silenzio prima che Gilderoy sorridesse nuovamente.
“Beh, per me va bene! Sarà un… piacere fare questa dimostrazione con lei, Piton. Ah, prima che me ne dimentichi.” Gilderoy si rivolse nuovamente a tutti noi “Vorrei chiamare questa iniziativa ‘Il Club dei Duellanti’, e immagino che tutti voi l’apprezzerete sicuramente tanto quanto me!”
 
La lezione di duelli, anzi, il primo incontro del Club dei Duellanti venne fissato per la sera di due giorni dopo, e, quando tutti i ragazzi ne vennero a conoscenza, ne furono tutti estremamente entusiasti.
E beh, sì, Gilderoy aveva proprio avuto una grande idea.
In tutto ciò sapevo che, a parte proprio Gilderoy e Severus, il suo… assistente, gli altri professori non avrebbero partecipato né assistito, però… oh, insomma, io invece volevo vedere cosa sarebbe successo! Ero troppo curiosa! Così lo chiesi a Gilderoy, e quando lui finì di ascoltare la mia richiesta la prima cosa che fece fu, a dirla tutta… mettersi a ridere.
Sul momento rimasi piuttosto perplessa. Per non dire stranita.
Per non dire che stavo per prenderlo a cazzotti. Perché capivo tutta l’ammirazione che potevo provare per lui, ma farsi ridere in faccia non era mai una bella esperienza, no?
Poi, però, finita la risata, mi guardò sempre con il sorriso sul viso.
“Ma certo che puoi venire ad assistere!” Mi rispose quindi lui, al che mi rilassai un po’ “Non devi neanche chiederlo, il Club dei Duellanti è aperto a tutti quanti!”
A quel punto anche a me venne da sorridere. Evidentemente allora non aveva riso perché mi riteneva… indegna di poter partecipare – o comunque assistere – alla lezione, bensì perché aveva reputato superflua una richiesta simile.
Sì, sì, l’avevano già capito tutti tranne me, ma vabbè.
Insomma, la sera della prima lezione del Club dei Duellanti arrivai in Sala Grande, il luogo preparato per la lezione, che ancora non era arrivata neanche la metà degli studenti. Erano di tutti gli anni e di tutte le Case, ovviamente, e, come me, si stavano guardando intorno. La Sala era stata sistemata in maniera diversa da come si trovava di solito: non c’erano più le varie tavolate e, addossato ad una delle pareti, c’era un lungo palco d’oro.
Caspita.
E poi c’erano anche delle candele fluttuanti proprio sopra il palco per illuminare l’ambiente, o meglio, probabilmente per imitare l’effetto teatro ed attirare tutta l’attenzione su chi sarebbe salito sul palco per la dimostrazione di duello.
Vabbè, come se ci fosse stato bisogno di ‘attirare l’attenzione’ su cosa sarebbe avvenuto quella sera.
Io, in ogni caso, mi addossai ad una parete, abbastanza vicina per poter guardare tutto ma non troppo per rubare spazio a quei bambini di undici e dodici anni che di sicuro avevano qualcosa in più da imparare rispetto a me.
Okay, non che io fossi un’esperta di duello, altrimenti invece di lavorare in biblioteca avrei fatto qualcosa come Gilderoy o l’Auror! Ma vabbè, in quel momento poco importava, di sicuro conoscevo qualche incantesimo in più di un bambino che aveva preso in mano la propria bacchetta solo l’anno prima, e questo bastava.
Mi addossai ad una parete, dunque, e aspettai l’arrivo degli altri ragazzi, ma soprattutto di Gilderoy e di Severus, e quando l’ora della lezione si avvicinò la Sala Grande si era già praticamente riempita; supposi infatti che solo pochi ragazzi mancassero all’appello.
Avevo anche visto Harry Potter arrivare con i suoi due inseparabili amici giusto mezzo minuto prima.
E poi, quando era ormai ovvio che non sarebbero arrivati altri spettatori, la lezione cominciò.
Io nel frattempo avevo anche cambiato posto, andandomi a sedere sull’ultimo gradino di fronte al tavolo dei professori – non era stato tolto, questo, differentemente da tutte le altre tavolate.
E quindi la lezione cominciò: tutti gli sguardi erano puntati sul palco, soprattutto perché in quell’istante vi salì sopra Gilderoy, appena entrato – per ultimo – nella Sala Grande.
Alcuni ragazzi diedero segno di sorpresa, altri invece sorpresi non lo furono affatto. D’altronde con tutte le imprese che aveva compiuto Gilderoy era più che ovvio che sarebbe stato lui l’insegnante di una simile disciplina. Senza contare che poi lui era anche il docente di Difesa Contro le Arti Oscure! Chi poteva essere più qualificato di lui per un simile compito?
Insieme a Gilderoy, comunque, salì sul palco anche Severus, una macchia nera in mezzo a tutto quell’oro del palco, mentre Gilderoy era vestito con un colore prugna scuro. Ah, beh, almeno tra di loro non c’era tutta questa diversità di tonalità.
“Buonasera!” Esclamò allora Gilderoy, a voce alta, con un ampio movimento del braccio, gesto che fece anche sì che tutti facessero silenzio e iniziassero a prestare attenzione “Il professor Silente mi ha dato il permesso di fondare questo piccolo Club dei Duellanti. In questo modo potrete imparare meglio come difendervi da qualsiasi attacco, cosa che ho dovuto fare anch’io innumerevoli volte, quindi capirete… sono un grande esperto. Ma se volete altri dettagli leggete i miei libri.”
E fece un sorriso ammiccante, al che qualche ragazza delle prime file ridacchiò.
E vabbè…
“Ma comunque!” Continuò allora lui “Come vedete c’è qui con me il professor Piton! Ha sportivamente accettate di collaborare con me per una dimostrazione, ma non temete…” Abbassò appena la voce, ma non per questo Gilderoy fu meno udibile. Sembrava come se volesse rivelare un ‘segreto’ “Avrete ancora il vostro professore di Pozioni, quando avrò finito con lui.”
Altre brevi risate.
Vidi Severus fare una palesissima smorfia e guardare Gilderoy con… Eh, sì, era proprio uno sguardo omicida, il suo.
“Ora… Cominciamo pure! Professor Piton, prego, si posizioni.”
Severus continuò a non dire nulla, ma almeno si mosse, e lui e Gilderoy si misero uno di fronte all’altro. Fecero entrambi un inchino e poi tirarono fuori le bacchette, mettendosi in posizione di combattimento. Vabbè, di duello o come lo si voleva chiamare.
C’era quasi… eccitazione, nell’aria. Sapevo che Severus non fosse affatto un professore amato dagli studenti, ad Hogwarts, e dal vociare che sentivo attorno a me, specie considerando che non mi trovavo molto vicino al palco e che da quella distanza gli studenti se la sentivano di parlottare tra di loro con un po’ più di libertà… Insomma, udii che più di qualcuno sperava che la promessa di Gilderoy di non far del male a Severus venisse infranta. Erroneamente o meno che fosse.
Ah, beh. Dopo questa potevo benissimo essere sicura della fama da cattivone di Severus.
Poveraccio, però, augurargli una maledizione da Gilderoy mi pareva un po’ eccessivo… Vabbè, parlavo io che ai miei tempi avevo augurato ai miei ‘nemici’ quotidiani le più atroci sofferenze. Mai avveratisi, comunque.
In ogni caso, Gilderoy, senza cambiare posizione, rimanendo con gli occhi fissi su Severus, stava nel frattempo continuando la sua spiegazione.
“Fate attenzione, ragazzi miei, perché al mio tre lanceremo i primi incantesimi. Ovviamente nessuno di noi cercherà di uccidere l’altro.”
Dopo quest’affermazione l’espressione omicida di Severus parve assumere una connotazione ancora più sinistra.
“Uno… due… tre…”
Gilderoy si mosse, ma Severus fu più veloce.
Expelliarmus!” Esclamò, e dalla sua bacchetta esplose una luce scarlatta che andò a colpire Gilderoy proprio in pieno petto e con un tale impeto che quest’ultimo finì per volare giù dal palco ed andare a sbattere di schiena contro la parete.
Lungo la quale si accasciò, oltretutto.
Tra il pubblico si levarono parecchi mormorii, qualche Serpeverde addirittura applaudì, e in effetti notai che l’espressione di Severus, seppur sempre truce, adesso manifestava anche un minimo di soddisfazione.
Non l’aveva ucciso, no, ma gli aveva fatto prendere una gran botta! Oddio, e se fosse svenuto?
…Fortunatamente non accadde nulla del genere, infatti un momento dopo Gilderoy era di nuovo in piedi ed intento a risalire sul palco d’oro. Aveva i capelli un po’ arruffati, a dire il vero.
“Ecco… Sì…” Si rimise bene in piedi “Questo… Questo era un Incantesimo di Disarmo, ragazzi, la cui finalità è proprio quella di far… perdere all’avversario la propria… Ma dov’è la mia bacchetta?” Una ragazza in prima fila gliela porse subito “Ah, grazie, signorina Brown. Dicevo, quello che avete visto è un Incantesimo di Disarmo, cosa che avevo intuito subito che il professor Piton avrebbe fatto, così ho pensato di… non oppormi, per mostrarvelo… E’ più istruttivo.”
Oh. Però la botta l’aveva presa ugualmente…
Ma proprio ‘il professor Piton’ aveva assunto nuovamente l’espressione da serial killer, e probabilmente anche Gilderoy se ne accorse, stavolta, perché si allontanò dal suo assistente di un passo.
Ma se Severus era così riluttante di trovarsi lì, così nauseato, così arrabbiato… Chi caspita gliel’aveva fatto fare a proporsi come aiutante?! Bah, misteri degli uomini-pipistrello.
“Ma ora basta con le dimostrazioni!” Annunciò Gilderoy – anche perché forse Severus non si sarebbe limitato solo al disarmo, la volta successiva “Ora cominciamo a fare un po’ sul serio: disponetevi a coppie e provate tra di voi quello che avete appena visto.”
“Magari sfracellamento a parte.” Ridacchiò un ragazzo accanto a me.
“Mi raccomando, però, solo l’Incantesimo di Disamo!”
E detto questo tutti iniziarono a muoversi e a chiacchierare per poter formare delle coppie, e sia Gilderoy che Severus scesero dal palco per poter dare ai ragazzi una mano ad organizzarsi.
Gilderoy si recò verso un gruppo di studentesse che invece di divedersi continuavano a parlare allegramente; Severus invece se ne andò di filato da Harry Potter.
Quel bambino lo irritava, sì – a detta di Severus stesso – però colui che si presumeva fosse un po’ più adulto forse se le andava proprio a cercare, le irritazioni…
Mentre tutti si sistemavano, comunque, io mi limitai a guardarmi intorno, pensando a ciò a cui avevo appena assistito.
Certo che Gilderoy aveva veramente preso una gran botta. Perché, poi, non aveva parato e deviato l’incantesimo? Per uno come lui non avrebbe dovuto essere affatto difficile… Okay, voleva far vedere a tutti quanti gli effetti dell’Expelliarmus, però... In realtà non avrebbe dovuto fargli giusto perdere un po’ di equilibrio e fargli cadere la bacchetta? Sì, beh, la bacchetta gli era effettivamente caduta, ma era anche stato scaraventato dall’altra parte della stanza.
Per la miseria!
Quanta caspita di potenza ci aveva messo Severus nello scagliare un semplice Expelliarmus? Vabbè, ma che mi sorprendevo a fare, lui di sicuro ci aveva goduto come un procione in calore.
…Sì, però che razza di paragone…
Insomma, meglio non pensarci più e ricominciare a guardarmi attorno, dato che ormai si erano posizionati nella maniera giusta praticamente tutti.
Io, ovviamente, non avrei scagliato neanche mezzo incantesimo, figurarsi, io ero lì giusto per assistere. Anche se in quella posizione ero proprio nel bel mezzo delle coppie, quindi era anche possibile che qualcuno mi lanciasse un Expelliarmus in testa, così mi alzai dai gradini e mi appoggiai alla parete di prima, un po’ più in disparte.
Giusto in tempo.
“Bene!” Esclamò a quel punto Gilderoy “Mano alle bacchette e colpite al mio tre! Uno… due… tre!”
Ma prima che potesse anche solo cominciare a formulare la parola ‘tre’, qualcuno era già partito all’attacco. Provai ad allungare il collo per guardare meglio, ma un momento dopo anche tutti gli altri studenti avevano iniziato a scagliare incantesimi, cosicché mi fu impossibile continuare a cercare, in mezzo a quella baraonda. Dopo giusto un paio di minuti, però, si sentì qualcuno cominciare a ridere a crepapelle, e subito dopo quello stesso qualcuno che pronunciava a gran voce un incantesimo che non assomigliava proprio per niente ad un Expelliarmus. Molte persone si voltarono, avendo capito anche loro che stava avvenendo qualcosa di anomalo, mentre altri, invece, continuarono a disarmarsi a vicenda – o almeno ci provavano.
Finite incantatem.” Tuonò poi, improvvisamente, Severus, al che tutti – tutti! – si immobilizzarono all’istante. Oh, neanche avesse lanciato quell’incantesimo a tutta la Sala Grande.
Tutti fecero silenzio, dunque, alcuni si rialzarono da terra, e... beh, in realtà quasi tutti fecero silenzio: c’erano Hermione Granger ed una corpulenta studentessa che ancora combattevano, solo che erano direttamente passate alle mani, ed ora stavano anche urlando.
Harry Potter, che, da quanto avevo capito, era stato uno dei due a scagliare altri incantesimi invece dell’Expelliarmus, era subito andato a cercare di bloccare la rissa allontanando la ragazza corpulenta dall’amica, solo che questa era anche più grossa di lui, quindi ci mise un po’ prima di riuscirci.
“Oh, santo cielo!” Stava nel frattempo esclamando Gilderoy “Non dovevano andare così le cose! Forse… Forse è meglio che vi insegni prima a bloccare un incantesimo, prima. …E’ sangue, quello?”
Ecco fatto, un ragazzo s’era pure fatto male.
“Ecco, sì, meglio insegnarvi a bloccare, prima. Proviamo con dei volontari. Paciock e Finch-Fletchley? Che ne dite?”
I due si stavano per muovere per raggiungere Gilderoy, anche se evidentemente di controvoglia, quando però si intromise Severus.
“Allock, è un’idea pessima.” Disse infatti “Se non vogliamo mandare i resti di Finch-Fletchley in infermeria dentro una scatoletta, lo sconsiglio altamente. Paciock fa fatica anche solo a comprenderli, gli incantesimi più semplici.” E guardò il diretto interessato con un ghigno, al che il bambino divenne tutto completamente rosso.
Ma che cattivo.
“Io propongo… Malfoy e Potter? Che ne dice?”
Eh, sì, allora! Se le andava proprio a cercare, le irritazioni! Harry Potter e quel… biondo di cui già non mi ricordavo il nome erano stati gli unici a creare un gran parapiglia!
Bah.
Gilderoy però parve totalmente entusiasta dell’idea ‘improvvisa’.
“Ottima idea, sì! Venite, venite, avvicinatevi!”
Harry Potter si guardò intorno per un momento, mentre il biondo – ah, Malfoy! Mi ero ricordata il nome – era già andato spedito verso Gilderoy, seguito da Severus, e a quel punto anche Harry non poté che fare altrettanto.
Malfoy andò con Severus da un lato del palco dorato, mentre Harry dall’altro insieme a Gilderoy. Severus mormorò a Malfoy qualcosa nell’orecchio, e quest’ultimo annuì sorridendo, mentre Gilderoy… beh, stava mostrando ad Harry una mossa con la bacchetta. Forse il Protego, dato che era quello che aveva preannunciato di mostrare?
Solo che… Gilderoy si stava quasi contorcendo il braccio, in quella mossa, e alla fine la bacchetta gli cadde pure per terra.
Ma che caspita stava facendo?
Possibile che uno come lui non sapesse spiegare come lanciare un semplice Incantesimo Scudo?
A quel punto, in ogni caso, Malfoy si avvicinò al centro del palco e disse qualcosa a Harry, che ribatté,  solo che da quella distanza non capii un granché.
“Fai esattamente quello che ho fatto io, Harry!” Fece allora Gilderoy dando al ragazzo una pacca sulle spalle.
“Cosa, far cadere la bacchetta?”
Oh, ehm… Non che il piccolo avesse tutti i torti… Solo che Gilderoy si era già allontanato di qualche passo e non poté sentirlo.
“Tre…” Cominciò infatti a contare ad alta voce senza rispondere alla domanda “Due… Uno… Via!”
Malfoy non perse affatto tempo. “Serpensortia!
Era un incantesimo che non avevo mai visto nella pratica, e quando dalla punta della bacchetta di Malfoy – ma come faceva di nome? – uscì un serpente, quasi mi prese un colpo. E non solo a me! Molti gridarono, infatti, facendo numerosi passi indietro. Quel serpente non sembrava molto… amichevole, e stava proprio fissando Harry Potter.
Ma una lezione di duelli normale era chiedere troppo?
“Stai fermo lì, Potter, ci penso io.” Disse proprio allora Severus, quasi con un tono divertito.
Anzi, no, aveva proprio un tono divertito.
Ma che cattivo. Di nuovo.
“No, faccio io!” Esclamò invece Gilderoy, che puntò subito la sua bacchetta contro il serpente.
Solo che il rettile, invece di sparire, venne praticamente sparato in aria per diversi piedi, e ricadde a terra con un tonfo. Proprio ai piedi di quel ragazzo che Piton non aveva voluto far duellare dicendo che il suo compagno avrebbe potuto farlo finire in un scatoletta.
Ma cosa… stava… facendo Gilderoy?!
Ma quel giorno si era rincretinito tutto assieme?
Per il diadema perduto di Corvonero…
Il bambino guardò il serpente con espressione terrorizzata, dato che quest’ultimo aveva anche appena scoperto le zanne.
E poi tutto quello che si udì fu… un sibilo, solo che non proveniva dal serpente, bensì da… Harry Potter.
Harry Potter stava parlando al serpente con la lingua dei serpenti, e il rettile si era quasi subito accasciato a terra, innocuo.
Tutti fecero silenzio, prima che il bambino che stava per venir attaccato gridasse “A che gioco stai giocando?”
Era arrabbiatissimo, ed un momento dopo era già corso fuori dalla Sala Grande, praticamente fuggendo.
A muoversi, a quel punto, fu Severus, che finalmente fece sparire il serpente.
Tutti cominciarono a bisbigliare, sempre con gli occhi fissi su Harry Potter, e quest’ultimo, allora, andò via dalla Sala Grande, anche lui correndo, accompagnato dai suoi due amici.
Ero assolutamente esterrefatta.
I borbottii continuarono anche dopo l’uscita di Harry, ovviamente, anzi, si intensificarono pure parecchio, al che Gilderoy cercò di attirare nuovamente l’attenzione su di sé.
“Ragazzi, ragazzi, per favore, non agitatevi, è tutto sotto controllo, non è successo nulla che non mi fossi già aspettato! Tutto normale, tutto a posto! Ora… Mi pare che come prima lezione sia andata bene, no? Non è d’accordo, professor Piton?”
Gilderoy si voltò verso Severus in cerca di supporto, ma lui aveva su di sé lo stesso sguardo omicida con cui stava guardando Gilderoy da… beh, praticamente da sempre.
“Ehm…” Riprese dunque Gilderoy “D’accordo allora! Vi farò presto sapere quando si terrà il prossimo incontro. Quindi ora tutti a letto! Op, op!”
Subitissimo tutti i ragazzi si mossero, e piano piano uscirono dalle porte della sala, diretti alle scale. Mi accodai anch’io al gruppo, pensierosa. Anche chi avevo intorno aveva molto materiale su cui pensare, e anche discutere sin da subito, ma nel parlare generale le uniche parole che percepii distintamente furono ‘inutile’ o addirittura ‘erede’.
Per il momento preferii non pensarci, anche perché non ne ebbi proprio l’occasione, dato che, poco dopo che ebbi oltrepassato la soglia della Sala Grande, qualcuno mi chiamò. Sul momento pensai a Gilderoy, e invece si trattava di Severus.
“E tu che ci faresti, qui?” Chiese.
Stessa identica frase con cui avevo esordito io quando l’avevo beccato da Mielandia, dopo la quale lui aveva risposto ‘Secondo te?’, e allora io feci la stessa, identica cosa.
“Secondo te?”
“Rispondere ad una domanda con un’altra domanda è maleducazione, Scrooge, ma sorvolerò, per ora.”
Sbuffai. A Mielandia non avevo potuto ribattere io, in questa maniera? Uffa.
Rinunciai in partenza, decisa comunque a chiudere quella conversazione nel minor tempo possibile, dato che, stranamente, fino a quel momento lui non aveva neanche lontanamente accennato a quanto mi aveva trattata di cacca la sera della mia prima ronda.
“Gilderoy mi ha detto che potevo assistere.”
“Ah, se l’ha detto Gilderoy… Almeno è cosciente di aver deliberatamente reso partecipe una persona in più della sua totale inettitudine.”
Effettivamente non era che stavolta potessi dargli tutti i torti. Però cambiai comunque discorso.
“E’ un Rettilofono?” Chiesi, quindi.
Severus mi guardò momentaneamente spesato.
“Prego?”
“Harry Potter, intendo. Hai visto anche tu cosa è successo. È un Rettilofono?”
“Potrebbe essere.” Rispose allora lui “Certo, a meno che Potter non si sia messo a sibilare cose senza senso tanto per attirare l’attenzione su di sé per l’ennesima volta.”
“E il serpente che si è fermato? Che ha fatto, ha avuto un ictus, scusa?”
“Mai tralasciare nessuna ipotesi.”
“Come quella che Harry Potter potrebbe saper parlare coi serpenti, allora.”
Severus buffò. “Ora gli manca solo saper sputare fuoco e l’elenco delle capacità dell’inutile Potter sarebbe completo.”
“Ma lui non è inutile.” Dissi subito, dato che le parole mi uscirono praticamente da sole “Ha ucciso Tu-sai-chi, no?”
Severus, però, mi lanciò un’occhiataccia.
Aveva da ridire anche su quello?
“Inconsapevolmente e indirettamente. Lui non ha fatto proprio niente.” Eh? “Ora, se permetti, mi ritirerei in camera.”
“Oh, beh, come preferisci…”
“E faresti bene a tornartene in camera anche tu. Non so se hai notato, il castello può nascondere sempre qualcosa.”
E detto questo se ne andò. Di botto, di nuovo, sparendo giù per le scale.
“Sì, mamma.” Mormorai io, come risposta, nella sua direzione.
E grazie per aver provato a mettermi l’ansia, eh.








Salve, sono sempre io xD
Volevo chiedervi un grande favore. Ma è una cosa da poco, non preoccupatevi :)
Potete aprire questo link di facebook? Vi troverete davanti un post, un piccolo racconto scritto da me e... potete mettere un 'mi piace'? E' per un concorso letterario :)
Tutto qua, non è una cosa molto impegnativa :)
Grazie a tutti, mi rendete felice!
Alla prossima!

Ecco il post:

In equilibrio

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Salve a tutti, bella gente! ;D
Eccomi tornata con un nuovo capitolo!
(Risponderò alle recensioni il prima possibile, I promise.)
Ma, prima di lasciarvi alla lettura, vorrei dirvi due piccole cosette:

1) Vorrei invitarvi nuovamente tutti ad aprire questo link di Facebook e a mettere un 'mi piace' al racconto che troverete. Sì, la tizia che l'ha scritto sono io. E' per un concorso letterario, e la concorrenza è veramente spietata, tanto che adesso, in classifica, sono seconda (e ancora per poco, tra l'altro) :(
Aiutatttmmm! Per favore, vi ci vogliono due secondini piccini picciò :)
Grazie a tutti, ecco il link:
cliccate qui --->
In equilibrio

2) Ahimé, devo fermarmi per un po' con la pubblicazione di questa fanfiction. Il fatto è che ho tante cose da fare, ahimé, e come se non bastasse l'ispirazione per questa fanfiction è un po' diminuita. Spero che torni quanto prima! Ma, nonostante questo, non starò con le mani in mano: a presto, sebbene lascerei per un po' Cirque, ho intenzione di cominciare a pubblicare una nuova long. Insomma, vediamo dove tira il vento!

Detto ciò, ragassuoli belli, vi lascio con il capitolo, grazie mille per l'attenzione e... ci si becca prossimamente! :*










Capitolo 19
 

Quel giorno - o meglio, in quel momento - ero intenta a mangiare una merendina: una di quelle crostatine monoporzione all’albicocca; c’era anche al cioccolato, ma quella mi rimaneva sempre un po’ sullo stomaco, quindi…
L’avevo ‘fregata’ alla tavolata dei Corvonero mentre stavo uscendo dalla sala Grande, quella stessa mattina, dopo la colazione; avevo aspettato che la maggior parte degli studenti fosse uscita e poi mi ero alzata, decidendo di uscire anche io, per quella volta, dalle porte principali, invece della solita porta laterale. E, camminando, avevo allungato accidentalmente la mano verso un tovagliolo ed una crostatina.
Contemporaneamente, aha!
E ora me la stavo mangiando mezza rannicchiata dietro la mia scrivania. Perché, beh… non era che fosse proprio consentito mangiare in biblioteca.
E il fatto che io fossi l’assistente della biblioteca la diceva lunga sul fatto che avessi dovuto dare il buon esempio e tutte cose di questo genere.
Ecco perché stavo masticando quella crostatina come se stessi, in realtà, fumando erba gatta.
Tanto che stavo anche correndo il rischio che quello spuntino mi rimanesse davvero sullo stomaco, nonostante mi fossi premunita di non prenderlo al cioccolato!
Ma vabbè, erano dettagli.
L’importante era che nessuno mi vedesse mangiare! E se poi si fosse sparsa la voce? E se poi anche gli studenti avessero iniziato a magiare perché ‘tanto lo fa anche la signorina Scrooge’? E se lo fosse venuto a sapere Miss Pince?
Merlino, avrei potuto rischiare di venire addirittura… licenziata?
Licenziata per essere stata colta in flagrante nell’atto di mangiare.
Ah, beh!
E così, in definitiva, mandai giù quella crostatina a grandi bocconi, cercando di non strozzarmi.
…Invece di un innocente spuntino, quella caspita di crostatina avrebbe potuto causare un vero e proprio disastro.
La prossima volta sarebbe stato meglio che il fuori-pasto me lo fossi portato in camera, altroché!
In ogni caso, a quel punto, allora, buttai velocemente a terra, con una mano, tutte le briciole cadute sulla scrivania o suoi miei pantaloni, e mi rimisi seduta composta, e non come se mi stessi dilettando in un numero di contorsionismo improvvisato.
Proprio in quel momento la porta si aprì, in ogni caso, e per fortuna io ero già di nuovo tutta in ordine, e, col fatto che da quella posizione io ero praticamente proprio davanti alla porta, fu sicuramente meglio così.
Anche perché, casomai fosse entrato non uno studente, ma addirittura un adulto, farmi trovare con la bocca cosparsa di briciole non sarebbe stato proprio il massimo.
Ma stavolta non si trattò di un adulto, ma anzi, proprio di uno degli studenti più giovani. Anche se ormai lo riconoscevo subito.
Harry Potter. E chi, altrimenti?
Lo guardai, allora, e, quando lui si voltò verso di me… non si poté proprio dire che ricambiò appieno. Aveva un’espressione cupa, pensierosa… E come dargli torno! Era impossibile dimenticare da un giorno all’altro cosa fosse successo durante la prima riunione del Club dei Duellanti; anch’io, camminando per i corridoi, quella mattina, avevo sentito pronunciare il nome di Harry Potter dagli altri ragazzi… e qualche volta anche, di nuovo, qualcosa associato alla Camera dei Segreti.
Era come se di nuovo quella specie di panico fosse più che palpabile, nell’aria, anche se, effettivamente, non era avvenuta un’aggressione vera e propria come le altre.
Anche se non si poteva neanche dire che quanto successo col serpente fosse stata una cosa da poco… Ma le due cose non potevano essere collegate! Insomma… Non pensavo, almeno!
Ma, al momento, sarebbe stato sicuramente meglio non pensare alle dicerie, ma, magari, concentrarmi su quanto mi stava avvenendo intorno: Harry Potter era nascosto dietro gli scaffali del Reparto Invisibilità, e, attraverso i libri, stava osservando un gruppetto di studenti seduto ad uno dei tavoli.
Non sapevo perché li stesse praticamente spiando, ma fu inevitabile che la cosa mi incuriosì; non si era nascosto, lui, per paura di essere visto o cose di questo genere. Stava proprio origliando!
E a quel punto non potei che chiedermi, allora, cosa si stesse dicendo quel gruppo di ragazzi per far comportare Harry Potter in quel modo così bizzarro.
Così mi alzai dalla mia scrivania, molto silenziosamente e senza dare nell’occhio.
Ovviamente dopo aver accartocciato il tovagliolo nel quale avevo avvolto la crostatina ed essermelo messo in tasca. E per fortuna che non si trattava di uno di quegli involucri di plastica trasparente; con tutta la buona volontà, accartocciandomelo in mano avrebbe prodotto un suono che si sarebbe espanso velocemente per tutta la sala, altro che ‘voler passare inosservata’.
Anche perché, se sostenevo che Harry stesse bellamente origliando, io non era che mi stessi accingendo a fare qualcosa di diverso.
Difatti mi alzai - come già detto qualche riga fa - dalla sedia dopo… sì, beh, l’avevo già detto… dopo essermi messa quel tovagliolo-pieno-di-briciole-in-tasca, e poi mi diressi, sempre quatta quatta, verso il punto in cui si trovava Harry. Per dare ancora meno nell’occhio presi un libro a caso da uno scaffale altrettanto a caso e lo aprii ad una pagina - indovinate? - a caso. Tanto per far sembrare che stessi camminando assorta nella lettura, piuttosto che cercando di capire cosa mai stesse succedendo.
Certo, non che fosse molto normale che leggessi camminando, col rischio di sbattere contro qualcosa o qualcuno, invece di starmene seduta come sempre, ma almeno sarebbe parso meno sospetto che girare a vuoto col naso all’insù a guardare il soffitto.
Ecco, in una situazione del genere sarebbe stata utile un’edizione della Gazzetta del Profeta opportunamente munita di due buchi in prima pagina, attraverso i quali sbirciare l’ambiente circostante.
…O magari no, a pensarci un po’ meglio.
E insomma, pian piano mi avvicinai al giovin Potter, lo superai senza indugiare troppo, e passai accanto al tavolo che lui stava tenendo sotto controllo così maniacalmente. In quel modo riuscii ad ascoltare qualche breve parte della sussurrata - ma non troppo - conversazione.
“Ma quindi sei sicuro che sia proprio Potter, Ernie?” Stava chiedendo una ragazza con le trecce bionde.
“Hannah.” Rispose quindi il suddetto Ernie “Lui è un Rettilofono. Tutti sanno che essere un Rettilofono è segno della Magia Oscura.”
Sfortunatamente mi allontanai troppo dal tavolo, quindi per poter captare qualche altra parola dovetti fare prima dietrofront e poi ricominciare a camminare.
“Vi ricordate quello che c’era scritto sui muri? Temete, Nemici dell’Erede. E Potter aveva litigato con Gazza, poco prima. E quel ragazzino, Canon, è tutto l’anno che lo infastidisce…”
Per forza di cose finii con l’allontanarmi di nuovo, ma stavolta, quando mi voltai, Harry Potter era uscito dal suo nascondiglio, e  ora parlava direttamente con i ragazzi seduti a quel tavolo. E non era che stesse parlando a voce molto bassa. Riuscivo a sentirlo pur rimanendo a distanza!
“Volevo spiegargli cosa è accaduto veramente con quel serpente, al Duello.” Stava infatti dicendo.
Era ovvio che stesse cercando il ragazzo del giorno prima, quel Justin Qualcosa.
“C’eravamo tutti, abbiamo visto quello che è accaduto.” Rispose però quello che avevo capito si chiamava Ernie.
“Allora avete anche visto che dopo le mie parole il serpente si è ritirato, no?”
“No, tu parlavi in Serpentese e aizzavi il serpente contro Justin!”
“Non è vero, non l’ho aizzato contro di lui! Il serpente non l’ha neanche sfiorato!”
“L’ha mancato di poco!”
La discussione andò avanti solo un’altra manciata di secondi, prima che Harry Potter – dopo essere stato peraltro accusato di odiare Babbani e chiunque avesse a che fare con loro – se ne andasse indignato, sbattendo anche la porta.
Mamma mia…
Vabbè, d’altronde poteva anche essere comprensibile: quei ragazzi gli avevano appena detto chiaro e tondo che credevano che fosse lui l’attentatore folle!
Chiunque si sarebbe arrabbiato o quantomeno offeso!
E in ogni caso quei ragazzi continuavano a parlottare animatamente tra di loro, alzando sempre di più il tono di voce.
“Visto? Visto? Voleva Justin!”
“Era ovvio che volesse fargli del male, perché cercarlo, altrimenti?”
“Ma ha detto che non aveva voluto aizzargli il serpente contro…”
“Un colpevole non ammette mai la verità!”
“Ehi, ehi.” Mi intromisi allora io, capendo che il discorso stava andando un po’ troppo oltre, dopo aver ovviamente chiuso il libro che in realtà non stavo leggendo neanche per sbaglio “Cos’è questo baccano? Stiamo in biblioteca, non in cortile!”
Tutti quanti si voltarono verso i me a fissarmi.
Oh, Tosca. Sembravo Miss Pince.
Ma perlomeno ottenni più o meno l’effetto sperato, dato che il tono di voce venne abbassato notevolmente - anche se non si azzerò completamente.
Ma ormai il danno era fatto, in biblioteca c’era stata una vera e propria litigata e di sicuro Miss Pince, sempre rintanata nel suo ufficio, l’aveva sentita a sua volta. Ecco, proprio per questo lei mi avrebbe strigliata a dovere per non aver calmato le acque quando ancora ero stata in tempo per farlo. Oh, accidenti. Così decisi, casualmente, che me ne sarei andata a sistemare qualche libro del Reparto Proibito che di sicuro i ragazzi più grandi avevano lasciato sparso qua è là.
Giusto per qualche minuto.
Così, casomai Miss Pince fosse sbucata fuori proprio in quell’istante, avrebbe visto da sé che non avevo potuto sedare gli animi solo perché in quel momento non mi ero trovata sul luogo del misfatto.
E così, per l’appunto, sparii tra i… reparti del Reparto Proibito.
Cominciai, quindi, unendo l’utile al dilettevole, a girovagare per la grande sala.
E per ‘utile’ intendevo ‘perseverare quella poca dignità che mi era rimasta’.
In ogni caso, come già detto, presi a girovagare guardandomi intorno: era una grande ed ordinata stanza, molto luminosa grazie alle enormi finestre alle pareti. Alcune arrivavano sino a terra, addirittura.
Chissà chi l’aveva progettata in quella maniera. Sì, insomma, chissà chi era stato a progettare l’intero castello, a dirla tutta! Certo, i fondatori di Hogwarts erano ben famosi e lo sarebbero rimasti nei secoli, ma dubitavo fortemente che fossero sati proprio loro a costruire tutto, con le loro stesse mani. O bacchette, ma il concetto non cambiava poi molto. E il campo da Quidditch? Esisteva già quello sport al tempo di Godric, Salazar, Tosca e Cosetta? Oppure era stato inventato più tardi e allora il campo era stato una successiva e consecutiva aggiunta? E nel qual caso il Quidditch fosse proprio stato inventato dopo chissà quanti anni… gli studenti avevano semplicemente fatto dell’educazione fisica babbana? Certo che era veramente strano immaginarsi Hogwarts ai tempi del Medioevo… Cioè, dovevano tutti stare ancora più attenti a nascondersi! Beh, questi sarebbero stati sicuramente degli argomenti interessanti da poter approfondire.
Ma comunque!
In tutto ciò io stavo ancora girandolando per il Reparto Proibito alla ricerca di libri da rimettere a posto, tanto per almeno dare un senso a quello che stavo facendo, e invece niente, a quanto pareva gli studenti che avevano consultato tutti quei libri erano tutti momentaneamente diventati ordinati e rispettosi anche di quelle regole che di solito non seguiva quasi mai nessuno.
Ed io avevo praticamente appena mangiato di nascosto, il che era tutto dire.
Comunque di libri fuori posto, appunto, neanche l’ombra, ma vidi comunque qualcos’altro, anche se… beh, tecnicamente non che questa cosa l’ombra l’avesse.
E beh, come al solito mi fece venire un mezzo-colpo.
No, non era Piton, anche perché lui un’ombra ce l’aveva, e anche bella lunga. E nera. Come tutto il resto, d’altronde.
Si trattava, infatti, di tutt’altra… cosa. Insomma, praticamente mi apparve davanti niente meno che un fantasma, che aveva avuto la bella idea di ‘camminare’ senza curarsi di aggirare i diversi scaffali, bensì passandoci semplicemente attraverso.
E non si trattava di un fantasma qualunque, tra le altre cose!
Bando alle ciance, si trattava del Barone Sanguinario.
Era da parecchio tempo che non lo vedevo. Beh, certo, sin dall’inizio di quell’anno scolastico lo avevo intravisto fluttuare sopra la tavolata della Casa Serpeverde un po’ annoiatamente, ma, a parte questo, nulla di più. Ovviamente era ad Hogwarts anche quando io la frequentavo come semplice studentessa, ma anche all’epoca non lo vedevo poi così spesso; essendo una Tassorosso il fantasma con cui mi imbattevo di più era stato il Frate Grasso - e ci avevo anche parlato, qualche volta, sì, sì - ma, appunto, col Barone Sanguinario non avevo mai avuto nessun tipo di rapporto.
Già solo il suo nome - o soprannome, più che altro, si presumeva - mi suggeriva di non avvicinarmi troppo a lui. Se poi si pensava che fosse piuttosto… spaventoso anche d’aspetto, allora sì che mettevo quanta più distanza possibile tra me e lui: aveva i capelli lunghi, scuri, fino alle spalle. Ovviamente non potevo sapere se fossero neri o castani. Per quanto ne sapevo potevano anche essere blu o viola, ma, essendo lui un fantasma, sembravano scuri e basta. E poi, oltre all’aria cupa ed arcigna, aveva anche delle catene tutte intorno al corpo e che lui trascinava quasi annoiato, e sui vestiti aveva delle macchie argentee che altresì non erano che sangue.
Ecco, il sangue, che di solito si presumeva fosse rosso, su di lui era color argento, ergo la mia teoria sui capelli non era proprio campata per aria. Anche se… Beh, il sangue era di un colore scuro, normalmente, mentre in ‘versione fantasma’ era argento, quindi chiaro.
Uhm.
E allora poteva essere possibile che i suoi capelli in realtà fossero biondi?
E se, invece, il sangue era argenteo perché si trattava di sangue di unicorno?
Bella domanda. Soprattutto di importanza vitale, eh.
In ogni caso avrei anche potuto chiederglielo, volendo, dato che ce l’avevo praticamente davanti, ma, chissà perché, qualcosa mi diceva che avrei preferito di no.
D’altronde non mi sorprendeva molto che quello fosse il fantasma proprio di Serpeverde.
In ogni caso - e meno male che avevo detto ‘bando alle ciance’ - mi fermai di botto per non finirgli praticamente attraverso. Non sapevo cosa si provava ad attraversare un fantasma, ma sinceramente non ero curiosa a tal punto da invadere apposta il suo… spazio vitale. O mortale. Vabbè, spazio personale, ecco.
Così mi limitai a guardarlo, casualmente i miei occhi si posarono sulle sue ormai famose macchie di sangue e divenni ancora più muta.
Ovviamente anche lui a quel punto mi guardò, dato che io, essendo fatta di carne e di ossa, non potevo di certo passare molto inosservata.
Il suo sguardo però si fece piuttosto insistente, al che io, col viso rivolto all’insù dato che lui, essendo uomo e quindi più alto di me, fluttuava pure a mezzo metro di altezza…
…Ho perso il filo.
Insomma, dato che mi guardava insistentemente, aspettandosi sicuramente che io dicessi qualcosa, gli dissi semplicemente:
“Buongiorno.”
Lui fece un breve cenno col capo, e solo per quello le catene addirittura tintinnarono un po’.
Brrrr.
“Buongiorno.” Mi rispose allora lui con tono che mi sembrava anche piuttosto annoiato “Voi chi siete?”
Beh, su, perlomeno da queste poche - quattro - parole sembrava un tipo anche abbastanza educato. Per Tosca, mi stava dando del voi!
La dama settecentesca che era in me andò in sollucchero.
E dire che neanche sapevo di avercela, in me, una dama settecentesca. Sperando comunque che non fosse una cosa permanente.
“Ehm… Mi chiamo Soleil Scrooge, sono l’assistente bibliotecaria, da quest’anno.” Stavo anche per tendergli amichevolmente la mano, ma per fortuna feci in tempo a simulare il gesto con una grattatina sul mio gomito.
“Onorato.”
“Come mai da queste parti, Barone?”
Omisi volutamente il ‘Sanguinario’.
“Passeggio. Ero sovrappensiero, e devo essermi ritrovato in questa ala del castello per caso.”
“Tanti pensieri, eh?”
E perché io mi stavo lasciando prendere dalla conversazione?
Il suo sguardo, comunque, si fece più attento.
“Oh, un nonnulla, signorina. Ho avuto una breve discussione con Sir Nicholas, qualche piano più su.”
“Oh, mi spiace, signor… Barone.”
Lui sbuffò appena. “E’ stato per un nonnulla, in effetti mi chiedo perché ancora mi trovo con i pensieri rivolti a tale avvenimento. Ossequi, signorina Scrooge, credo sia ora che io torni nella sala comune Serpeverde.”
E si mosse, facendo di nuovo tintinnare le proprie catene.
Certo che io mi chiamavo Scrooge e lui, in quella mise, poteva benissimo essere il signor Jacob Marley!
In ogni caso, io mi ritrovai appena appena sovrappensiero, e forse il Barone Sanguinario se ne accorse, perché si fermò e si voltò nuovamente verso di me, avvicinandosi, anche, con un movimento fluido ed elegante.
Beh, grazie, era un fantasma.
E si portò anche alla mia altezza, in tutto ciò, anche se ancora i piedi non era che toccassero proprio terra… Aveva piegato le ginocchia all’indietro, quindi in fin dei conti galleggiava sempre per aria.
“Voi avete qualcosa da chiedermi.” Affermò.
No, no, non era una domanda, era proprio un’affermazione.
Io lo guardai sorpresa e, allo stesso tempo, piuttosto perplessa. Da quando il Barone Sanguinario si era messo a fare lo psicologo di gente incontrata per caso nel Reparto Proibito?
Cioè… Anche se più che psicologo in quello specifico caso si stava comportando più da indovino o mentalista.
“No.” Risposi allora velocemente “No, no, non si preoccupi.” O dovevo dire ‘non preoccupatevi’? “Tutto a posto.”
“Mmh, ne siete proprio sicura, signorina? Sapete, io sono una persona che non si sbaglia facilmente, e sono anche una persona che rimane fedele alla propria idea tanto quanto io tengo saldamente tra le mani queste mie stesse catene.” Fece una pausa “E io credo proprio che voi abbiate qualcosa da chiedermi.”
Sbattei le palpebre un paio di volte, ancora più sorpresa. E qualcosa mi diceva che non fosse proprio una buona idea contraddirlo più di tanto.
D’altronde, se lui era l’unico di cui Pix aveva paura, un motivo ci sarà pur stato!
“Beh… In realtà…” Cominciai allora “Mi chiedevo cosa lei ne pensasse di tutto quello successo ultimamente. Insomma, essendo lei un… beh, ehm, un fantasma, signor… Barone, ne avrà sentite di tutti i colori, specie anche all’interno delle sala comune dei Serpeverde.”
“Oh, sì, voi vi riferite alla storia della Camera dei Segreti.” Fece dunque lui, rialzandosi poi alla sua altezza originaria, in modo che io dovetti di nuovo alzare parecchio la testa per poter guardare il suo viso e non le macchie sul suo vestito.
Presto o tardi mi sarebbe venuto il torcicollo.
“Sapete, signorina,” Riprese dunque lui “Quando io ho frequentato questa scuola, da ragazzo, i quattro fondatori erano ancora in vita. Posso assicurarle di averli anche conosciuti, in quanto erano proprio degli insegnanti di Hogwarts, ai miei tempi. E anche allora girava voce che Salazar Serpeverde, mio Capo Casa ed alto punto di riferimento, avesse fatto costruire questa stanza segreta. Ebbene, né lui né gli altri suoi colleghi ne parlarono mai. Non si seppe neanche se fu veramente Salazar Serpeverde a mettere in giro questa voce, o se invece ne accettò semplicemente l’esistenza. Fatto sta che nessuno ne parlò mai con terrore, come invece avviene in questi giorni, o come avvenuto cinquant’anni fa.”
“Ma voi… Cioè, lei cosa pensa, Barone? Secondo lei sul serio Harry Potter potrebbe avere qualcosa a che fare con tutta questa storia?”
“Harry Potter.” Ripeté lui “Harry Potter. Quel ragazzo non è affatto visto di buon occhio, nella mia sala comune. Personalmente mi è alquanto… indifferente. Ma è solo un bambino. È ancora troppo giovane per macchiarsi di colpe del genere; per non parlare della sua storia. Potrebbe un bambino la cui esistenza è stata rovinata quando ancora non era capace neanche di intendere o di volere, desiderare infliggere ad altri il dolore che lui stesso ha ricevuto?” Fece una specie di sorriso, a quel punto, ma a me sembrò più che altro una smorfia non voluta, sotto i suoi baffi “Le dicerie si espandono velocemente, e non sempre ciò che si ascolta corrisponde a verità.”
E dopo questa frase si azzittì. In fondo il suo commento su tutta quella questione me l’aveva effettivamente dato, anche se in maniera un pochino contorta.
“Ah, beh… Grazie, Barone, lo terrò a mente.” Mi ritrovai a rispondere.
“Dovere signorina.” Disse semplicemente in tono abbastanza annoiato/stanco - di nuovo “Anche se un’ultima cosa mi preme dirvi.”
Attesi, mentre lui mi guardava comunque in silenzio.
“Tutti mi chiamano Barone Sanguinario. Suggestivo, certo, ma il mio nome è Sir Rodrick.”
E detto questo si voltò, trascinando con sé le proprie catene, e sparendo dietro la libreria accanto a noi.
Conversazione finita, non c’era dubbio, e in fondo non potevo dire di non esserne rimasta in qualche modo interessata.
Anche il Barone Sanguinario, dunque, poteva essere… sorprendente. Anche perché quello che si sapeva di lui era fosse un ‘uomo’ molto iracondo e irascibile, e molto istintivo. A me era sembrato, piuttosto, tanto stanco. Per essere un fantasma, certo.
Rimasi per qualche momento ferma sul posto, a guardare praticamente il nulla, e solo dopo un po’ mi resi conto che a quel punto potevo anche tornarmene nella parte non-Proibita della biblioteca, certa ormai di essermi assentata da lì a sufficienza.
Sì, era stata una conversazione piuttosto interessante, quella con il signor Sanguinario. Non che effettivamente ci fossimo detti chissà cosa, ma era stato proprio lui ad essere interessante, sì. E si sapeva così poco, su di lui.
Ma comunque, tornando alle cose un po’ più… vive - come il mio lavoro, per il momento - uscii dal Reparto Proibito e tornai alla mia scrivania. E chi trovai ad aggirarsi un po’ ovunque? Miss Pince.
C.V.D.!
“Oh, Soleil!” Mi fece subito lei, non appena mi vide “Dove eri finita?”
C.V.D.II!
“Nel Reparto Proibito.” Risposi prontamente “Stavo sistemando alcuni libri.”
Che poi uno fuori posto l’avevo veramente trovato, sulla via del ritorno, eh.
“Oh, d’accordo.” Fece quindi lei “Volevo giusto chiederti un favore.” Speravo non altri ‘pacchetti’ da ritirare, almeno “Controllando l’inventario” Ancora? Allora perlomeno non si stava girando i pollici, nel suo ufficio “mi sono resa conto che un paio di studenti Grifondoro non hanno riconsegnato dei libri presi in prestito sin dall’anno scorso!”
“Sul serio? Da così tanto?”
E mi venne in mente che, a proposito, Severus doveva ancora riportarmi il libro sui gabinetti.
Ridacchiai ancora tra me e me.
“Già!” Confermò comunque lei “Quindi dovresti andare da Minerva per chiedere provvedimenti. Ecco, qui ci sono scritti i nomi di quei ruba-libri e i titoli dei volumi.”
E mi porse un foglietto di pergamena che io mi misi subito in tasca. Non quella col tovagliolo e le briciole, fortunatamente.
“D’accordo, ci vado subito, allora.” Dissi, e lei approvò con un cenno del capo.
Uscii quindi immediatamente dalla biblioteca, diretta qualche piano più in alto. L’ora di lezione era quasi finita, quindi, quando la campanella sarebbe suonata e gli studenti sarebbero usciti dall’aula di Trasfigurazione, io avrei colto l’occasione per parlare con la McGranitt. Male che fosse andata avrei dovuto aspettare fuori dalla porta solo per qualche minuto. Quindi salii le scale tranquillamente. Non c’era nessuno, in giro, perché - appunto - era ora di lezione.
Salii così un altro po’ di scale, fino a girare un angolo, ormai arrivata a destinazione.
E quello che mi si presentò davanti mi fece nettamente capire che il resto della giornata non sarebbe stato affatto tranquillo.
Davanti a me, proprio in mezzo al corridoio, c’era una scena a dir poco… agghiacciante: a terra, disteso supino, c’era uno studente, fermo, immobile, con gli occhi spalancati verso il nulla!
Oh, Merlino!
Oh, Merlino!
Uno studente che… che… era morto?
E non era neanche finita qui, perché accanto a lui c’era il ben noto Nick-Quasi-Senza-Testa, anche lui fermo e immobile.
Oh, doppio Merlino!
Solo che il fantasma non poteva essere morto, insomma, lui era già morto! Quindi… un fantasma poteva venire pietrificato?
E se Nick era stato pietrificato allora anche lo studente aveva subito lo stesso trattamento? Magari non era morto!
Ma ciò non cambiava il fatto che fosse evidente, chiaro, lampante che mi trovassi davanti alle vittime della terza aggressione.
Oddio, oddio, che dovevo fare?
Era come se mi sentissi pietrificata a mia volta, incapace di muovermi o persino di ragionare lucidamente.
Aiuto.
E poi, improvvisamente, da dietro un angolo, esattamente di fronte a me, sbucò fuori Harry Potter. Stava camminando anche lui abbastanza normalmente, ma quando si rese conto di cosa fosse successo e di cosa gli si stava presentando davanti, si fermò immediatamente ad occhi sgranati, facendo anche un lieve saltello sul posto.
E poi ovviamente lui guardò me, proprio come io stavo guardando lui.
Nessuno di noi due sembrava in grado di pronunciare nessunissima parola.
Oh. Non stava mica pensando che io c’entrassi qualcosa, in tutta quella storia… Vero?
Inaspettatamente, però, quando ancora non avevo neanche finito di formulare il mio pensiero, una porta si spalancò con un sonoro sbam!, e subito venne fuori dalla stanza, appena aperta, Pix.
“Ehi, ehi, cosa fate, cosa fate?” Cantilenò lui, ballonzolando a testa in giù.
Sia io che Harry Potter ci guardammo per un ulteriore momento, prima di voltarci entrambi verso Pix, ancora senza parole.
E allora Pix si accorse di quanto stava avvenendo. Si mise a testa in su, guardò il ragazzo pietrificato – almeno speravo che fosse solo pietrificato – e Nick e… beh, cominciò ad urlare a pieni polmoni.
Attentato! Attentato! Né mortali né fantasmi sono al sicuro! Mettetevi in salvo! Attentatoooo!

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