Il mio satellite speciale

di Ale_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2) Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** 3) Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** 4) Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** 5) Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** 1) Capitolo 1 ***


“Sidia… Sidia…”
Osavano chiamarmi così, ed io con il tempo me ne ero abituata.  Eppure, ogni volta che lo sentivo, sentivo come un senso di nausea, come se non mi appartenesse.
Mi voltai e guardai le mie compagne di corso.
- Ditemi?-
Kira mi guardò con aria smarrita.
- Dobbiamo andare al corso di astronomia: si trova nell’ala est del palazzo Ko.-
Aveva ragione: io stavo invece andando da tutt’altra parte.
- Scusami Kira, oggi sono decisamente distratta.-
Mi sorrise e poi iniziò a camminare davanti a me in direzione dell’aula.
A volte mi stupivo al pensiero di essermi iscritta all’università, scienze naturali, ma sapevo bene che era la scelta migliore: quando mi fermavo a guardare le stelle mi sentivo come a casa.
Così, qualche mese prima, avevo indossato la divisa della Ko e mi ero gettata in quella avventura.
“Ma quanta fatica.”
 
Il Sole era alto nel cielo e da lontano potevo vedere la baia di Tokyo con i suoi continui traffici che, a mio parere, stavano solo portando all’estinzione di molte specie di pesci: ricordo che poche settimane prima, quando un freddo venticello mi scompigliava i capelli, mi ero ritrovata a camminare sulla spiaggia dove piccole gocce erano trascinate sulle mie guance; ricordo le anatre che starnazzavano e poi si gettavano sott’acqua e qui nuotavano: quanta invidia. Non avevo mai imparato a nuotare, nessuno me l’aveva mai insegnato.
Iniziò a girarmi la testa.
Decisi di aprire la finestra e appena mi alzai sentii il camice muoversi sulla superficie della sedia come se un tocco d’aria lo avesse spostato: qualcuno mi aveva preceduto. Guardai negli occhi il ragazzo e mi sorrise.
- Ti dispiace se la teniamo un po’ aperta? Mi sentivo soffocare dall’afa.-
- Oh no. Lo stavo per fare io.-
Mi risedetti sapendo che avevo il suo sguardo addosso: cosa voleva?
- Ti dispiace se mi siedo qui? Ho visto che è libero e…-
- Tranquillo, mettiti pure qui.-
Forse ero sembrata fredda, ma mi sentivo a disagio e quando ciò avveniva tendevo a chiudermi come a riccio: adesso stava proprio avvenendo quello.
- Sai, ti osservo da un po’.-
“Ci sta provando? Lo sapevo che era un maniaco!”
- Ah ok: cosa hai visto?-
- Non sono riuscito a vedere te, perché sei una persona molto riservata.-
- Mi conosci così tanto? Ne sei così sicuro?-
- Dico quello che vedo.-
- Vedi me?-
- No Sidia, non ti vedo…-
Sapeva il mio nome! Iniziai a preoccuparmi, ma ripresi a respirare dopo quei pochi secondi che erano sembrate ore.
- Sidia?-
- E’ il tuo nome no?-
- Beh…-
- Non avere paura. Comunque io sono Chay.-
- Ok Chay .-
- Sei la secchiona della classe vero.-
- Ma che dici?-
- Te non parli molto e cerchi sempre di stare nascosta, ma noto che dopo ogni domanda scrivi nel tuo quaderno le risposte, non le dici, ma le sai.-
- Mi hai osservato molto.-
- Beh, diciamo che l’ho visto una volta e da lì mi hai incuriosito.-
- Sono ridicola?-
- Sei diversa dalle altre: sai quello che fai.-
- E’ un complimento?-
Sorrise e guardò in basso.
- Quale è il tuo vero nome?-
- Se hai bisogno chiedi di Chay.-
- Ma quale è il tuo vero nome?-
Si alzò e uscì dalla classe senza rispondere, lasciandomi con quella curiosità.
 
Il professore aveva iniziato a parlare, ma continuavo a pensare a quello strano ragazzo; guardavo il suo banco vuoto e per qualche secondo mi ero illusa che sarebbe tornata: mi aveva incuriosito.
Ci fu un momento di silenzio nell’aula e alzando lo sguardo notai una sfera proiettata nel muro che girava, di fianco c’era scritto: Plutone.
- Allora studenti, qualcuno di voi mi sa dire i satelliti di Plutone?-
Aprii subito il quaderno ed iniziai a scriverli:
 

“Nocte..
Hydra..
S/2011 P 1..
P 5..
..”

 
Sentivo che mancava il primo, il più importante.
“Ma come diavolo…?
Ma poi dove è andato quell’altro? Chay… Chay…”
Poi, l’illuminazione, presi la penna e subito scrissi l’ultimo satellite…
 

“Charon”.

 

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Capitolo 2
*** 2) Capitolo 2 ***


Non avevo ben capito cosa stava succedendo: nelle lezioni successive avevo aspettato Chay, ma non era servito a niente: sembrava scomparso. 
Non sapevo molto di lui mentre, a quanto avevo capito, non si poteva dire lo stesso sul mio conto.
Provai a cercarlo sul blog dell’istituto, tra gli studenti immatricolati, ma anche lì ebbi poca fortuna: l’università Ko contava migliaia di studenti non solo di Tokio, ma anche dalle ragioni di Kanto e Chubu: era tra le università più prestigiose del Paese. Oltre ciò non conoscevo nemmeno il suo vero nome: Chay avrebbe potuto significare un sacco di cose: Chikafusa, Chikao, Chojiro… e non sapendo nemmeno il cognome la mia possibilità di avere successo era altamente bassa.
-      Sidia: vieni a fare un giro con noi? Hanno appena aperto un nuovo negozio di tappetti nel centro di Sumida e volevamo assolutamente fare un giro: ci sono sconti fino al settanta per cento e sai, è un occasione più unica che rara.-
L’idea ad essere sincera non mi interessava, avrei voluto passare un pomeriggio nel parco di Chyuida per poi tornare a casa e continuare le mie ricerche sul ragazzo misterioso, ma in fondo stavo esagerando e lo sapevo bene.
-      Va bene ragazze, devo solo passare un attimo nella biblioteca della Ko per prendere un libro.-
-      Oh. Capisco.-
-      Dai, rimaniamo che vi raggiungo dopo, che ne pensate?-
Kira mi fece un sorriso e si allontanò.
“Ti troverò prima o poi, fosse l’ultima cosa che faccio.”
 
 
Camminavo per strada, sotto braccio il volume sulla storia dell’universo, una lettura leggera anche se in molti mi avrebbero criticata.
-      Ehi mamma guarda! Guarda!-
-      Dimmi Bunny.-
-      C’è un panda: eccolo lì.-
“Un panda?”
Mi voltai incuriosita e capii cosa stava succedendo: la ragazzina stava indicando un manifesta del circo Unyervel, che da lì a pochi giorni sarebbe arrivato in citta: alla Ko avevano donato alcuni biglietti e due erano toccati a me, anche se detestavo il circo.
-      Mamma voglio vedere il panda!-
-      Lascia perdere Bunny, lo sai i biglietti sono oramai introvabili.-
“Beh, in fondo a me proprio non interessa e potrei fare una buona azione e far sorridere quella bambina.”
-      Signora permette? Io avrei questi due biglietti, ma non me ne faccio nulla, ve li vorrei dare.-
-      Si dai!-
-      Io non ho come pagarla.-
-      Non voglio nulla tranquilla, non si disturbi.-
-      Aspetti torno subito.-
La donna entrò subito in un negozio lasciandomi li sola con la figlia.-
-      Sei una brava ragazza: vorrei diventare come te.-
-      Bunny dico bene? Io non sono niente di speciale.-
-      Non è vero, sei brava. Come ti chiami?-
-      Sidia, ma non è che sia proprio un gran nome.-
-      A me piace invece: mi ricorda una meteora che illumina la notte e fa venire il sorriso sul volto delle persone tristi: l’hai fatto venire sul mio.-
Era così… luminosa. La guardai e feci un sorriso.
-      Hai proprio dei bei capelli.-
-      Già, piacciono anche a me.-
-      Dai Bunny, raccontami qualcosa.-
-      Beh: mi chiamo Usagi Tsukino, ma per tutti oramai sono Bunny, perché dicono che somiglio ad un coniglietto, frequento la scuola elementare Horikama, ma sono all’ultimo anno, il prossimo anno dovrei andare alla scuola media nel quartiere Shibuya.-
-      Ah interessante, sembravi più piccola.-
-      Io? Piccola? No! Tra un po’ mi dovrò sposare con il principe della terra: sarà bellissimo!-
-      Principe della Terra? Ne hai di fantasia piccola.-
-      Ma no guarda che io sono ho un castello sulla Luna – mi prese la mano e sorrise, il mio cuore iniziò a battere un po’ più forte - vuoi venire con me?-
La guardai diritto negli occhi, era così fantasiosa eppure era sicura delle sue parole, mi sentivo in dovere di difenderla.
“Ma se... ”
La madre di Usagi uscì dal negozio con un pacchetto.
-      Questo è per lei signorina.-
Presi dalla mano il pacchetto e sorrisi un po’ imbarazzata.
Aprendolo mi sentii confusa: era un ciondolo con attaccata una chiave di acciaio.
-      Ma è bellissima, grazie mille.-
-      Fammi vedere dai! Dai.-
-      No Bunny, lascia stare.-
Sorrisi debolemente e guardai l’ora.
-      Beh allora vado, grazie mille.-
-      Arrivederci allora.-
-      Spero di vederi presto Sidia.-
-      Lo spero anche io.-
-      Ci rivedremo presto ne sono sicura...-

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Capitolo 3
*** 3) Capitolo 3 ***


Non avevo in realtà molta voglia di vedere le mie amiche, ma gliel’avevo promesso e sapevo di doverlo fare: girai l’angolo ed iniziai a correre senza essere convinta della mia direzione, la gonna della Ko si alzava a tratti lasciando una leggera aria scivolare all’interno: mi dava i brividi.
Arrivai davanti al negozio e guardai all’interno: non c’era nessuno.
-      È permesso? Si può?-
Nessuno rispose, eppure il locale risultava aperto.
“Magari sono in magazzino, devo solo aspettare.”
Iniziai a girare intorno ai tappetti sfiorandoli uno a uno: erano così belli, eppure strani.
Uno in particolare ebbe la mia attenzione, mi avvicinai quasi attratta, come se dovesse essere mio: all’interno, nel centro, c’era un cerchio bicolore, con un anello rossastro che gli girava attorno.
Posai la mano sul centro e subito iniziai a sentire il mio cuore aumentare il suo battitto, poi un accecante dolore al petto: la chiave d’acciaio aveva iniziato ad ardere.
-      Hai bisogno d’aiuto?-
Mi voltai e trovai un vecchietto sulla sessantina in piedi davanti a me.
-      Stavo solo guardando.-
-      È proprio un bel tappetto non pensi? Ti ha... conquistato.-
Mi voltai a guardare l’oggetto con quella parola nella mia mente: conquistato? Ma com’era possibile? Eppure non stava sbagliando.
-      Io vendo tappetti, ma non posso negare che spesso loro scelgono il proprio proprietario senza che io faccia nulla.-
-      Ha scelto me?-
-      Ti ha chiamato? Penso di si, ho sentito la sua voce e fidati, le so riconoscere.-
Guardai raggiante l’oggetto: si mi aveva chiamato.
Poi ci pensai bene!
“Insomma! Ma sono solo tappetti, oggetti senza valore reale, senza anima!”
-      Senz’anima dici?-
-      Come dice?-
-      Credi che i miei tappetti non hanno anima-
-      Ma io in realtà...-
-      Non ha importanza Sidia.-
-      Come fa...-
-      Ora non è questo l’importante: lo vuoi?-
-      Cosa?-
-      Il tappetto.-e sorrise.
-      Ma posso...-
-      Pagarlo? Puoi venire a lavorare qui dopo scuola se ti va. È tuo.-
-      La ringrazio allora.-
Mi dono l’oggetto e sorrise.
-      A domani allora.-
Uscii senza capire cos’era successo, come era possible che avevo un tappetto da 2 mila yen e un posto di lavoro?
 
 
Tornai a casa, non c’era nessuno ad attendermi alla porta, come sempre alla fine; quando era piccola ricordo che entravo e gridavo:
-      Sono arrivata mamma!-
Ma nessuno rispondeva. Nessuno.
Aprii un barattolo di gelato e mi misi davanti alla tv, c’era il telegiornale: c’era stato, nel quartiere Roppongi, un assasinio e un incendio in quello Asakusa.
“Basta ascoltare informazioni deprimenti, basta.”
Mi alzai e presi il tappetto, lo srotolai a terra e mi ci sedetti sopra: era così morbido.
 
... una chiave... una chiave dentro ad un cerchio... tanto colore... tanta confusione...
 
Mi svegliai nel bel mezzo della notte tutta sudata e molto confusa.
 
 
Nel frattempo, in un negozio di tappetti nel quartiere Sumida un uomo anziano aveva mandato un messaggio.
Lei è venuta.

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Capitolo 4
*** 4) Capitolo 4 ***


Ero troppo stanca: le lezioni sembravano infinite.
Guardando all’esterno notai qualche foglia svollazzare verso il parco e dietro ad esse mi persi... chissà quanto poteva essere bello stare fuori a correre e giocare.
  • Sid... ehi ci sei?-
Mi voltai molto confusa mentre una mano mi stava scrollando: quando notai chi fosse a parlarmi ne rimasi sorpresa.
  • Chay! Ma sei davvero tu?-
Il ragazzo prese posto accanto a me sorridendo.
  • E’ da un po’ che non ci si vede eh Sidia?-
  • Che ci fai qui?-
Non riuscivo a sentirmi totalmente tranquilla; avevo come l’impressione che mi stesse nascondendo qualcosa.
  • Io frequento questo corso lo sai benissimo.-
  • Non ti ho mai visto, se non per pocho minuti la prima lezione.-
  • Sono stato male.-
  • Non ci credo.-
Ed era vero, non ci potevo credere. Lui mi guardo sorridendo quasi compiacendosi della mia grinta, poi aprì la sua valigetta di pella marrone e ne tirò fuori un foglio.
  • Tieni...-
  • Che cos’è?-
Lo presi ed iniziai a leggere incuriosita.
  • Sono stato male te l’ho detto: morbillo. È il certificato-
  • Caronte?-
  • Come?-
Mi strappo il foglio dalle mani e lo guardo.
  • Ti chiami Caronte Matsuno quindi?-
  • E tu? Tu come ti chiami?-
  • Io mi chiamo Sidia no?-
Mi guardò negli occhi e poi si voltò a guardare il professore in maniera molto seria, ma riuscii comunque a sentire dalla sua bocca un deciso...
  • No!-
 
 
  • Posso sapere perché Chay?-
  • Come?-
Eravamo in giro per le strade di Tokyo, nel quartiere Hino, e mi sembrava molto silenzioso.
  • Se ti chiami Caronte, perché ti fai chiamare Chay?-
  • Mi piace come diminutivo, è molto carino?-
  • Si, mi sembra grazioso, ma perché non Kay?-
  • Ricordo che anni fa utilizzai quel nome, ma poi tutti mi confondoveno con una mi amica: Kary, beh allora ho provato Chay e beh... mi piace.-
  • Oh capisco.-
“In effetti non è male come nomignolo.”
Lo guardai sorridendo, ma sembrava troppo attento da alcuni partcolari del cielo.
  • E tu perché Sidia? Non è il tuo vero nome no?-
  • Come?-
  • Mi sembra un nome troppo poco giapponese, quasi sull’inglese sai? Sidy... –
  • In realtà non ti stai sbagliando.- e presi un lungo respiro, - non ho molti ricordi dei miei veri genitori; a volte sembra quasi come se non li avessi mai avuti, semplicemente mi sveglio e sono io: Sidia Meiou... ma non ti voglio annoiare.-
  • No ti prego va avanti.-
Lo guardai e mi sentii di potermi fidare.
  • Non conosco davvero i miei genitori, sono cresciuta in un orfanotrofio, ma all’età di sedici anni trovai alcuni documenti che mi riguardavano e allora fuggii e tornai a quella che doveva essere casa mia, ma lì non trovai nessuno, suonai ma nessuno rispose... tornai per i giorni successivi, ma sembrava una casa abbandonata, entrai e infatti non c’era niente e nessun se non qualche foto mie con un uomo sui cinquanta anni. Ero io ne sono sicuro, ma non so se quello fosse mio padre se devo essere sincero. Cercando meglio trovai alcuni documenti in cui si diceva che una certa Setsuna Meiou andava in affidamento presso un luogo per orfani, in quanto mia madre era morta dandomi alla nascita e mio padre era fuggito con un’altra donna. Da allora porto il congnome Meiou e il nome Sidia, nome che avevo nell’istituto.-
  • Wow...-
  • Scusami, non so nemmeno perché mi sto sfogando con te...-
  • Tranquilla, va bene.-
Rimasi in silenzio a fissarmi i piedi.
  • Forse dovrei andare sai? Ho trovato un lavoro e non vorrei far tardi.-
Alzandomi sentii freddo al petto senza capire il motivo.
  • Carino qul ciondolo, molto carino.-
Si riferiva alla chiave; da quando mi era stata regalata l’avevo messa al collo.
  • Ti ringrazio, è un regalo.-
  • Quindi devi andare?-
  • Si Caronte.- e inizia a ridere
  • Ecco lo sapevo che mi avresti preso in giro; ti prego continua a chiamarmi Chay.-
  • O Kari?-
  • No Chay!-
  • Oppure Charon?-
Sentii una scossa dentro me anche se non capivo il perché... anche lui sembrava scosso...
“Charon? Esattamente come il satellite di Plutone... possibile?”
  • Io Sidia allora vado ...-
Non ebbi la forza di fermarlo anche se sapevo che quel ragazzo mi stava nascondendo qualcosa...

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Capitolo 5
*** 5) Capitolo 5 ***


Chay sembrava nuovamente scomparso, anche se questa volta ne fui meno preoccupata in quanto nella scuola stava nuovamente girando una strana infuluenza.
  • Sidia hai visto?-
  • Cosa?-
Hellen, una mia amica dai tempi delle medie, mi passò sotto banco l’ultimo numero dell’ Asahi Shimbun, il quotidiano di Tokio: in copertina si poteva vedere uno strano mantello e un ragazzo con una maschera.
  • Sai chi è?-
  • Ma Sidia! Lo conoscono tutti oramai!-
  • Ah si?-
Provai a guardarlo meglio, ma non riuscivo a capire chi potesse essere.
  • Si dice si chiami Nightman, e il nuovo collaboratore della polizia di Tokio penso.-
  • Ah ok; sembra interessante sai?-
Stava succedendo qualcosa di assurdo nella sua testa, qualcosa che nemmeno lei riusciva a capire: continuava a pensare a lui giorno e notte e moriva per il desiderio di rivederlo.
  • ... che poi in realtà non è il primo collaboratore della polizia, ce ne sono stati moltri altri, ma poi improvvisamente sono scomparsi.-
  • Scusa Hellen, stavi dicendo?-
  • Niente lascia stare. Ti vedo molto distratta sai?-
  • Sono solamente stanca.-
“Stanca di questa situazione”.
 
 
Chay era un personaggio molto strano, ma che subito mi incuriosì, ora però dovevo cercare di distrarsìmi e pensare ad altro prima di farne una vera e propria ossessione.
Decisi di accendere il televisore per guardare il telegiornale del quartiere cercando di capire cosa stesse successo e se ci fossero notizie degne di nota, nel frattempo mi spostai verso la cucina per lavare il piatto che avevo utilizzato quella sera.
Avevo appena finito di asciugare il lavello quando sentii dalla stanza a fianco un nome che mi pareva familiare, corsi davanti al televisore e subito alzai il volume...
“... dobbiamo quindi ringraziare Nightman per il soccorso che ha dato ancora in questa giornata alla polizia locale nel salvare il negozio dalle fiamme.
E per oggi è tutto.”
Spensi l’apparecchio e mi spostai nella mia camera con l’idea di studiare per l’esame di astronomia tropicale, ma dopo essermi ritrovata a rileggere continuamente la stessa frase capii che era tutto inutile.
Mi sdraiai sul letto e iniziai a fissare il soffitto.
“Cosa ti succede Sidia?”
Non potevo rispondere a quella domanda, non ne ero in grado, eppure mi sentivo sfinita anche se in quella giornata non avevo fatto nulla: non avevo studiato, non avevo fatto le mille e più commissioni che dovevo svolgere.
“Mi andrebbe un gelato ecco, un bel gelato proprio ci starebbe.”
Guardai l’ora e notai che non era poi cosi tanto tardi, se facevo in fretta avrei potuto prendere la metro, comprarmi una vaschetta di gelato in qualche shop ancora aperto per poi tornare a casa e gustarmelo davanti ad un film di Toshiro Mifune.
Mi sembrava proprio un’ottima idea.
Indossai una sciarpa color cacchi e una mantellina leggera, mi specchiai e feci un lungo sorrisi nel notare i lunghi capelli, dopo ciò corsi fuori casa e, giunti alla strada, camminai con più calma.
Mi piaceva vedere i negozi di Tokyo ancora aperti, le luci delle vetrine e le strade affollate: la città non dormiva mai.
In pochi minuti raggiunsi la fermata della metro e cercai nella borsa il portafoglio con l’abbonamento che, grazie al fatto che ero una studentessa, utilizzavo quasi ogni mattina, mentre mi incurvavo sentii una toccò gelido sul petto: si trattava ovviamente della chiave che avevo ricevuto giorni prima. Salii sulla metro mentre osservavo l’oggetto che tenevo al collo: era bellissima nel suo color argento.
Sedutami riaprii la borsa e presi l’ Asahi Shimbun che quella mattina Hellen mi aveva lasciato, sfogliandolo notai vari articoli tra cui quello di una ragazzina prodigio che aveva fatto il massimo dei punti al test di ingresso al liceo, sebbene avesse meno di dieci anni, sebbene quel voto aveva deciso di non velocizzare le cose e, l’articolo citava, avrebbe continuato il regolare persorso di studio.
Mi fermai a guardare la foto di Ami Mizuno, così si chiamava la ragazza: i capelli blu e la pella candida davano l’idea di una persona molto cagionevole e timida, ma l’articolo invece la descriveva come una persona grintosa che desiderava intrapprendere la carriera medica.
La metro si fermò e l’interfono annunciò l’arrivo alla fermata desiderata, ci misi poco a scendere e salire i gradini fino a ritrovarmi nel quartiere centrale della città: la torre di Tokyo si ergeva maestosa ed imponente, dando un senso di piccolezza a chi la osservava.
“Adesso dove vado?”
Entrai in un piccolo vicolo dove sapevo si doveva trovare una buonissima gelateria che faceva anche servizio a portar via di vaschette, richiesi alcuni gusti curiosi (una crema con la cioccolata a pezzi, la più sobria fragola e una strana cosa verde che il gelataio aveva giurato fosse meravigliosa) e iniziai ad incamminarmi verso la metro per tornare a casa.
Giunta nuovamente davanti alla torre però qualcosa era cambiato: innanzitutto questa era spenta, ma la cosa più spaventosa era la gente a terra che sembrava stessero perdendo una strana schiuma bianca dalla bocca.
“Ma cosa...”
Rimasi bloccato, mi destai rapida e cercai nella borsa il cellulare, ma appena lo presi tra le mani iniziai a sentire che quel gelo che poco prima avevo sentito sul petto adesso era diventato rovente: la chiave aveva iniziato a scottare.

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