Autumn Leaves

di gingerhead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Memories ***
Capitolo 2: *** Red and White ***
Capitolo 3: *** Loneliness ***
Capitolo 4: *** Impossible? ***
Capitolo 5: *** A New Breath ***
Capitolo 6: *** Paper and Ink ***
Capitolo 7: *** Breaking The Law ***
Capitolo 8: *** Kiss and Tear ***
Capitolo 9: *** A Kind of Light ***
Capitolo 10: *** Never Stop ***
Capitolo 11: *** Unexpected ***
Capitolo 12: *** Confession ***



Capitolo 1
*** Memories ***


Erano passati due anni.
 
Due anni da quando il suo sguardo aveva scorso rapidamente quelle righe, scritte alla rinfusa su un ritaglio di giornale, fino a soffermarsi sull’ultima frase. Una frase. Una sola frase era stata in grado di scavare una voragine nel suo cuore. Si era fatta spazio tra i ricordi dei momenti felici ed aveva formato un vuoto che, era sicuro, non sarebbe più riuscito a colmare.
Due interi anni. Voleva dimenticare. Dimenticare tutto quello che lo aveva distrutto, uccidere quel ricordo che non lo abbandonava.
Lasciò scivolare la mano verso il suo block notes e, impugnata una penna, iniziò a riversare tutta la sua rabbia, la sua rassegnazione, il suo odio, su quelle pagine ancora vuote, esattamente come era lui da due anni. Scrisse l’ultima parola cercando di trattenere le lacrime, ma poi si chiese se ne valesse davvero la pena. In due anni si era imposto di essere forte, di rimuovere l’immagine di sé stesso riflessa nello specchio di fronte a lui, mentre leggeva quelle righe. Era persino arrivato a pensare che se fosse riuscito a far finta che nulla fosse accaduto, avrebbe potuto condurre di nuovo una vita normale.
Ma se durante il giorno riusciva a tamponare il dolore, la notte era un susseguirsi di flashback, di pensieri, di sensi di colpa dai quali non riusciva a liberarsi. Il foglio abbandonò il suo colore bianco per assorbire il colore delle emozioni di cui Harry voleva liberarsi. Non gli importava che ciò che scriveva avesse senso e presto la pagina si riempì di parole, righe, disegni, scarabocchi che avrebbe potuto fare un bambino. Il block notes lo impegnò per quasi un’ora, finchè, stremato dalle lacrime, abbandonò la sedia e si diresse verso l’ingresso, afferrando distrattamente il cappotto. Ed un libro. Non fece caso alla copertina, ne prese uno nel mucchio, ma non sarebbe mai uscito senza averne uno con sé. 
Uscì di casa, tirandosi dietro la porta, e si diresse verso la strada che costeggiava il fiume. Camminava a passo svelto, sotto una pioggia scrosciante, senza curarsi di quello che i passanti avrebbero potuto pensare guardandolo. Il viso, ancora rigato dalle lacrime, lasciava trasparire una storia che nessuno, si era convinto, avrebbe mai potuto capire.

 
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Sopraffatto dalla noia di quella giornata autunnale, Louis allungò una mano verso la scrivania, cercando distrattamente il cellulare. Sbloccò lo schermo e si ritrovò a rileggere alcuni vecchi messaggi. Messaggi di persone che per lui erano state importanti, una volta, ma che ormai non sentiva da tempo. Persone con le quali aveva passato giornate intere a confidare i propri segreti. Persone che, con lui, avevano condiviso l’infanzia e l’adolescenza. Persone che erano state spazzate via dagli eventi della vita, come le foglie venivano spazzate dal vento di quel pomeriggio uggioso.
L’attenzione di Louis venne catturata dal nome di una persona che, talvolta, si era fatto spazio nella sua mente e che, si sorprese a pensare, ricordava con piacere: Harry.



 
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Okay, tenete conto che appena ho inviato il primo capitolo (o meglio, prologo) mi sono venute le lacrime agli occhi (sì, non sono normale). Ho sempre paura di sbagliare qualcosa, risultare banale eccetera eccetera, quindi ho aspettato tanto prima di postare. 
E niente, spero che questa storia possa piacervi. Vi ringrazio in anticipo. <3
Un abbraccio, mel

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Capitolo 2
*** Red and White ***


 
La frequenza del battito alare di un colibrì può raggiungere 70-90 battiti al secondo.

Il movimento è talmente rapido da produrre un sonoro ronzio, come quello di un calabrone, tanto che in lingua inglese è chiamato “hummingbird”. Questo movimento, tuttavia, richiede un notevole consumo di energie, considerando le piccole dimensioni del suo corpo, per questo il colibrì ha bisogno di alimentarsi in continuazione. La dimensione del suo cuore, rapportata all’uomo, è più grande di cinque volte.
Tante volte Harry lo aveva paragonato ad un colibrì. Glielo aveva suggerito la sua esile figura, quel suo essere fragile, delicato, ma allo stesso tempo energico e deciso. La sua eleganza, la rapidità dei suoi movimenti. E poi quella caratteristica di cui Harry si meravigliava ogni volta che lo vedeva correre. Era terribilmente forte. Ogni volta che lo accompagnava al campo di atletica per allenarsi, gli sembrava impossibile che quel corpicino all’apparenza così gracile, potesse essere così resistente a quegli sforzi fisici.
Quel campo di atletica al quale era stato strappato, nemmeno troppo gradatamente, nel peggiore dei modi.
Chase si era prefisso l’obiettivo di arrivare ai Giochi Olimpici di Londra. Lavorava ogni giorno per raggiungere quel traguardo e per farlo aveva messo da parte tutto: i suoi amici, l’amore, le passioni. La sua intera vita. Tranne Harry, che lo aveva visto sputare sangue sul campo di atletica, migliorando i suoi tempi, di giorno in giorno. Lo stesso sangue che, di lì a poco, lo avrebbe tradito. 

Leukos λευκός, "bianco"; aima αίμα, "sangue", letteralmente sangue bianco.
Harry si era rifiutato di ascoltare le parole del primario, le avrebbe trovate prive di significato, vuote e, soprattutto, non voleva crollare davanti al suo amico. Aveva cercato la spiegazione sul dizionario medico.
Tumore del sangue.
Questo movimento, tuttavia, richiede un notevole consumo di energie, considerando le piccole dimensioni del suo corpo, per questo il colibrì ha bisogno di alimentarsi in continuazione.
Come il colibrì, anche un malato di tumore ha bisogno di alimentarsi in continuazione. Deve essere alimentato da medicine, da cure, da amore.
Tutta quella forza, quella determinazione che Harry aveva visto in Chase nel momento dello scatto, sembravano svanite. 
Questa volta doveva essere forte per lui.
Non avrebbe più visto la suola delle sue scarpe tingersi del colore del terriccio del campo, un colore ambrato, un colore che, al momento della notizia, gli era sembrato spento. Come lui. 
Ad Harry tornarono in mente le parole che il suo amico gli ricordava ogni volta che uno dei due si sentiva demoralizzato, come se tutto quello per cui stava lavorando, fosse troppo lontano per essere raggiunto. "Finché c'è vita, c'è speranza".
Da quel momento, quella frase divenne il motivo per cui Harry non si era lasciato andare con lui, per cui continuava a vivere, per lui. Iniziò a sperare.
Sperare che la malattia potesse essere risucchiata dalla forza del ragazzo, sperare di svegliarsi e sorridere al pensiero che tutto potesse essere stato un incubo, che avrebbe avuto ancora il suo migliore amico al suo fianco, che lo avrebbe visto raggiungere il suo obiettivo.
 
Tu credi nei miracoli, Harry?
I miracoli accadono, ogni giorno, ma non sempre quando lo vorremmo.
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Louis si svegliò di soprassalto. Dopo aver riletto alcuni vecchi messaggi, aveva passato le ultime due ore a pensare, nel senso più esteso del termine. La sua mente aveva iniziato a vagare tra i ricordi dell’infanzia e quelli dell’adolescenza. Erano stati momenti felici, densi di attimi che era in grado di ricordare a distanza di anni. E non aveva potuto fare a meno di notare che in ognuna di quelle memorie era presente un ragazzino dai capelli ondulati, color nocciola. Strano, pensò Louis, come nella vita di ognuno avvengano delle sparizioni. I ricordi diventano fantasmi e le persone svaniscono. Così, di punto in bianco.
Senza spiegazioni.
Aprì pigramente gli occhi. I suoi pensieri lo avevano sovrastato a tal punto da non accorgersi di essersi addormentato.
Quello appena finito, per Louis, era stato un anno difficile. I suoi genitori avevano divorziato per incompatibilità di carattere, gli avevano detto. E lui se ne era dovuto fare una ragione, anche perché, in fondo, aveva sempre saputo che l’amore, nella sua famiglia, mancava da tempo. O forse non c’era mai stato. Lo confermavano le continue litigate, i cuscini che Louis sistemava alla base della porta per soffocare le urla, gli interminabili minuti di silenzio che accompagnavano ogni cena. Per questo motivo aveva deciso che stare da solo sarebbe stata la cosa migliore. Voleva bene ai suoi genitori, ma non avrebbe retto il peso di doversi dividere tra loro.
Adesso era solo.
Ovviamente i suoi amici e, in qualche modo, la sua famiglia, gli stavano vicino. Ma Louis sentiva come se gli mancasse qualcosa, come se il suo puzzle fosse composto di tanti piccoli pezzi ma l’unico vero importante, quello che doveva completare il quadro, fosse scomparso, perso.
Strano come un’assenza possa essere tanto presente. 
Non riusciva a spiegarsi il motivo di quei pensieri, il motivo per cui, dopo anni, la sua mente aveva ripescato un ricordo tra tanti, un ricordo che si stava facendo spazio tra altri e che stava diventando sempre più imponente.
Avrebbe voluto che quel ricordo smettesse di essere tale.


 
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Secondo capitolo, o primo capitolo dopo il prologo, ahah, decidete voi.
Comunque, in questa parte si capisce il motivo del tormento di Harry: la malattia del suo migliore amico.
C'è ancora tanto da sapere a riguardo, quindi non vi anticipo niente!
E poi ecco Louis, che ripensa a vecchie amicizie. Meglio non correre troppo, se avrete la pazienza e la voglia di aspettare i prossimi capitoli, capirete tutto.
Nulla, vi ringrazio in anticipo se vorrete leggere questa storia e, perchè no, recensirla. Mi riempireste di gioia, davvero! :)
Un bacio, mel <3

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Capitolo 3
*** Loneliness ***


Chase era morto, dopo due settimane passate in terapia intensiva, quando la malattia gli aveva fermato ogni funzione vitale e si era impossessata della sua forza, la stessa che, ora, Harry avrebbe voluto avere.
Insopportabile.
Da quel momento, per il riccio, tutto era diventato insopportabile. I suoi affetti avevano cercato in qualsiasi modo di farlo uscire da quel vortice di buio e depressione che si era impadronito di lui, facendogli abbandonare ogni cosa che, un tempo, lo avrebbe reso felice.
L’apatia si era attaccata ad Harry come foglie di edera ad un muro. E lui non voleva più lottare per scrollarsi di dosso quella sensazione.
Non dopo aver letto quelle parole. Non dopo che i sensi di colpa lo avevano divorato vivo. Harry aveva trascorso gli ultimi mesi quasi esclusivamente in compagnia del suo amico, ed era arrivato quasi a sentire propria la sua malattia, tanto vivessero in simbiosi. 
Ma come ci si sente quando si perde la persona che possiede le proprie memorie, i propri ricordi?
Come ci si sente quando non si sa di aver appena rivolto ad una persona cara le ultime parole?
Harry si era sentito oppresso, come se la montagna di ricordi che aveva fino ad allora scalato con Chase si fosse appena sgretolata, lasciandolo solo, impotente, davanti alle macerie. 
Si sentiva come se fosse solo, in mezzo al mare, come se cercasse un appiglio ma niente e nessuno fosse in grado di salvarlo. All’inizio aveva lottato, doveva farlo per Chase, aveva nuotato, con tutte le sue forze.
Ma quella lettera lo aveva distrutto. E lui aveva mollato la presa. Non si sarebbe salvato da solo e nessuno lo avrebbe fatto per lui. Avrebbe cacciato quella lettera dentro un cassetto della memoria, l’avrebbe chiuso a chiave, una volta per tutte. 
Non avrebbe perso tempo spiegando alle persone il motivo per cui aveva perso la sua esuberanza, per cui il sorriso che tanto amavano non sarebbe più comparso sul suo viso, ormai perennemente coperto da un velo di tristezza e rassegnazione. 
Avrebbe continuato ed esistere. Trascinandosi, apatico, nei giorni.
Ma aveva smesso di vivere.
La vita gli era stata risucchiata da quella che i medici avrebbero chiamato depressione.
 
μελαγχολία. Melanconia.
 
Secondo Freud, psicoanalista austriaco, la melanconia è uno stato patologico di tristezza e sfiducia, caratterizzata da un profondo e doloroso sentimento, da un venir meno dell'interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall'inibizione di fronte a qualsiasi attività e culmina nell'attesa di una punizione.
La melanconia può essere considerata un lutto senza fine, senza elaborazione. 
Ed Harry era consapevole che il proprio dolore non si sarebbe affievolito con l’elaborazione del lutto. 
 
Aveva perso interesse per tutto, e si sentiva avverso per ogni attività che non avesse una stretta relazione con Chase. 
Avrebbe potuto continuare ad esistere per anni, senza che nessuno lo risvegliasse dal torpore al quale, ormai, era abituato.
______________

Louis aveva letto da qualche parte che la vita di due persone può essere paragonata a due rotaie.
Possono correre l’una al fianco dell’altra per chilometri, senza mai incontrarsi.
Possono condividere il tempo, lo spazio, senza mai sfiorarsi.
Finchè, a farle incrociare, ci pensa uno scambio.
Per le persone accade lo stesso. Le loro vite smettono di essere due rette parallele, si intersecano, ed i loro destini vengono uniti.


 
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Okay, nuovo capitolo, piuttosto breve, ma diciamo che questo è un capitolo di passaggio, dovevo scriverlo, altrimenti... Beh, non anticipo niente!
Chase, il migliore amico di Harry, è morto, a causa della terribile malattia. Ma come mai Harry è divorato dai sensi di colpa? Cosa è successo?
Ci vorrà ancora parecchio tempo di saperlo! Nel frattempo, la figura di Louis sta piano piano emergendo, e nel prossimo capitolo succederà qualcosa che "cambierà le carte in tavola" :)
Come sempre ringrazio voi, che leggete questa storia, anche silenziosamente: siete il motivo per cui scrivo. Se aveste voglia di lasciarmi una recensione, ve ne sarei super super super grata.
Un bacio, mel <3

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Capitolo 4
*** Impossible? ***


Come succedeva da ormai troppo tempo, Harry si era alzato tardi, dopo aver passato l’ennesima nottata insonne. 
“La notte può essere un momento terribile per la gente sola quando la loro solitudine è incominciata.”- aveva letto in un romanzo di Hemingway.
Sua madre gli aveva suggerito di uscire, anche solo per una passeggiata, assicurandogli che sarebbe stato il rimedio migliore per far passare quello stato di apatia e tristezza con il quale Harry aveva imparato a convivere.
Ma non lo fece. Preferiva passare le giornate a letto, guardando stupidi programmi televisivi. Aveva imparato la programmazione ed i palinsesti a memoria, conosceva l’orario di ogni talk-show, reality, telefilm.
Nei protagonisti dei film vedeva dei confidenti, degli amici. Amici che non sarebbero morti per una maledetta malattia, che non l’avrebbero lasciato solo, con una montagna di sensi di colpa con cui doveva convivere, ogni fottuto giorno della sua vita. Amici che non l’avrebbero giudicato per la sua mancata voglia di vivere, che non se ne sarebbero andati perché spaventati dai suoi improvvisi attacchi di panico.
Per questo, Harry aveva allontanato chiunque. Si era rifugiato in un mondo in cui nessuno avrebbe potuto criticarlo.
Si era costruito da solo un mondo fatto di personaggi di romanzi, di scrittori vissuti decenni prima di lui, di storie di cui avrebbe voluto far parte, di gente che viveva, viveva davvero ed amava. 
Ma forse avrebbe voluto condividere quelle cose con qualcuno. Si pentì immediatamente di aver anche solo pensato una cosa simile. Non avrebbe più permesso a nessuno di farsi spazio nel suo cuore.
______________

Spalancò le persiane della camera da letto e vide il paesaggio invernale avvolto da un leggero velo di nebbia.
Louis amava quel periodo dell’anno. Quella mattina si era svegliato di buon’ora ed aveva bevuto la sua solita tazza di thè, accompagnata dalla lettura di un libro che aveva lasciato indietro da tempo. Sarebbe di certo arrivato all’epilogo, ma quel tempo uggioso gli aveva fatto venire voglia di rispolverare la sua vecchia bicicletta e fare una pedalata lungo la pista che costeggiava il fiume di fronte a casa sua.
Si era trasferito da poco in quella zona, non conosceva nessun abitante del vicinato, ma non vi dava molto importanza. Amava quel paesaggio, la quiete mattutina, gli alberi che accompagnavano il fiume per tutto il suo percorso. Scese in cantina e, dopo aver spostato un paio di scatoloni, trovò la sua bicicletta lì ad aspettarlo, coperta da un sottile strato di polvere ma comunque in ottimo stato. Uscì di casa e subito fu accolto da quello che gli piaceva chiamare profumo d’inverno, quello che tanto amava, e da un freddo che lo fece appena rabbrividire. Salì sulla bici ed iniziò a pedalare, lentamente, lungo il sentiero.
Amava sentire il vento accarezzargli il viso. Se glielo avessero chiesto non avrebbe saputo spiegare il motivo per cui amasse così tanto pedalare nelle giornate d’inverno.
Forse perché si sentiva libero. Libero di essere felice, triste, di piangere. Libero di urlare, di cantare. Poteva sognare. Poteva essere chi voleva. Non doveva fingere. Voleva bene ai suoi amici, ma nessuno di loro aveva mai capito quel lato del suo carattere, quel suo essere un po’ misantropo che, talvolta, si faceva spazio nella sua indole così esuberante.
Senza rendersene conto, aveva già percorso una decina di chilometri, così decise di abbandonarsi sullo stretto lembo di prato che divideva il viale dalla riva del fiume. Sistemò la bici contro un albero e si sedette, sull’erba, dando le spalle alla strada e volgendo lo sguardo verso le montagne innevate che incorniciavano il paesaggio.
In quel momento della giornata e, a dir la verità, durante tutto il periodo invernale, la strada che costeggiava il fiume era deserta. Nessuno vi si avventurava, avrebbero dovuto affrontare le rigide temperature, perciò preferivano rimanere a casa, coccolati dal tepore del caminetto, con una tazza di cioccolata calda tra le mani. 
Per questo, quando udì un fruscio dietro di sé , sussultò appena.
Qualcuno stava camminando, a passo lento, sulla ghiaia. Louis si voltò e, nella nebbia, riuscì solo a distinguere una massa disordinata di riccioli che ricadeva libera lungo il viso. 
Louis strizzò gli occhi per mettere a fuoco quella figura.
“Impossibile.” -pensò. Quelle erano cose che aveva letto e riletto decine di volte nei libri e visto in scene di telefilm. Eppure quel profilo gli era così familiare.




 
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Eccoci qua, nuovo capitolo!
Avrei voluto scrivere di più, ma ho preferito lasciarvi con un punto interrogativo alla fine per poi svelarvi tutto nel prossimo capitolo!
Chi sarà mai quella figura? Beh, direi che la risposta è abbastanza ovvia, ma come reagiranno i due ragazzi alla vista l'uno dell'altro?
Volevo ringraziare ognuna di voi perché non solo state leggendo questa storia, ma l'avete anche inserita tra quelle seguite e ricordate, oltre ad averla recensita. Non ho parole, davvero, grazie di cuore a tutti. Ogni singola vostra visita a questa storia, mi migliora la giornata :')
Se aveste voglia di lasciarmi anche una mini recensione, mi rendereste super felice, perché potrei capire cosa pensate della storia e dei personaggi e se volete che continui.
Un abbraccio, mel <3

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Capitolo 5
*** A New Breath ***


Lo sguardo di Louis scorse rapidamente l’intero profilo del ragazzo che si stava avvicinando: i riccioli che contornavano così perfettamente il viso, le spalle non troppo larghe, la schiena leggermente incurvata. Doveva decidere. Aveva due scelte e doveva decidere. 
Avrebbe potuto tornare a posare lo sguardo sulle montagne, fare finta di niente e lasciare che la persona a cui aveva pensato negli ultimi giorni e che ora era a pochi passi da lui proseguisse per la sua strada, oppure avrebbe potuto andarvi incontro e parlarvi.
Louis non aveva mai creduto nel destino o stupidaggini del genere; era sempre stato molto razionale, in ogni cosa. Ma in quel momento non faceva altro che ripetersi che l’incontro di quella mattina non potesse essere dovuto solo al caso. 
Erano passati almeno sei anni dall’ultima volta che si erano visti, all’epoca erano ancora dei bambini, ma Louis non avrebbe potuto essere più sicuro che il ragazzo che si stava lentamente avvicinando a lui fosse lo stesso con il quale aveva passato tutta la propria infanzia e parte dell’adolescenza. In quel momento la mente di Louis era un turbinio di pensieri. 
Senza rendersene conto, però, si alzò e si diresse verso il ragazzo. Il vento gli arruffava i capelli color castano, e mentre avanzava verso di lui, quello sembrava non essersi affatto accorto della presenza di Louis. Procedette lentamente, contando ogni passo che li divideva, fino a trovarsi a pochi centimetri da lui.
Louis diede un leggero colpo di tosse e fu solo in quel momento che il ragazzo alzò lo sguardo, fino ad allora fisso sulla ghiaia della strada. 
Per un interminabile minuto rimasero l’uno di fronte all’altro, senza proferire parola, gli occhi di Harry che cercavano una risposta ad una domanda che non avrebbe avuto coraggio di rivolgere, le guance di Louis dipinte da un lieve color porpora che descriveva quel fastidioso senso di imbarazzo di cui si sarebbe voluto liberare all’istante. E c’era un solo modo per farlo.
 
«Okay, io… Ehm. Non so se ti ricordi di me. Ero qua da solo e quando ho sentito qualcuno arrivare mi sono voltato e… Ho avuto l’impressione di conoscerti e sicuramente ti  sembrerà assurdo che dopo tutti questi anni io mi ricordi ancora di te, ma non… Voglio dire, per me è normale, sono piuttosto fisionomista, sai, come mia madre, riusciamo a riconoscere le persone anche a distanza di anni. Ho pensato che forse avrei potuto salutarti, d’altra parte abbiamo passato tutta l’infanzia insieme e mi sarebbe sembrato scorretto far finta di non conoscerti, quind-»
«Sei Louis, vero?» lo interruppe Harry.
Il riccio aveva posto quella domanda con un filo di voce, facendo una smorfia  con le labbra che Louis interpretò come un abbozzo di sorriso.
«Io… Sì. Non pensavo ti ricordassi di me.»
«Ho una buona memoria anche io. Purtroppo.» In quel momento lo sguardo di Harry tornò a fissarsi sull’umido terreno. Il riccio sentì gli occhi pizzicare ma, ormai, aveva imparato a cacciare indietro le lacrime, bastava non incontrare lo sguardo di nessuno e tutto sarebbe andato per il meglio. 
Ma la presenza di quella persona, con cui aveva condiviso ogni momento, fino a qualche anno fa, lo metteva a disagio. Avrebbe dovuto spiegare il motivo per cui aveva cambiato casa e scuola, il motivo per cui, ora, una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia. Non ne aveva il coraggio. Né la forza, che era andata persa con il suo migliore amico.
«Forse non avrei dovuto fermarti, scusami.» si affrettò ad affermare Louis, accorgendosi del turbamento del riccio.
Harry prese un respiro ed alzò lo sguardo sulla figura che stava di fronte a lui, riconoscendo per la prima volta, dopo anni, il celeste degli occhi di Louis e la sua espressione, leggermente tagliente, che ricordava lo avesse sempre imbarazzato. 
«Sono passati almeno sei anni dall’ultima volta che io e te ci siamo visti. Ed io mi sono fermato a due anni fa. Non è colpa tua.»
Louis non riusciva a capire a cosa si riferisse, pensò che dovesse essere successo qualcosa, ma non gli sembrò il caso di domandare nulla, non era mai stato un tipo invadente. Non fece comunque in tempo a trovare qualcosa di intelligente da dire, che Harry tornò a parlare. 
«Dici di conoscermi. E forse sarebbe stata la verità fino ad un paio di anni fa. Ma non mi conosce più nessuno. Non sono più l’Harry con cui giocavi da bambino, l’amico con il quale passavi ogni pomeriggio dopo scuola. Non esiste più, quell’Harry. Non esisto più. Ma sai, Louis, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno, se non mia. Mi fa piacere che tu mi abbia fermato, comunque.»
Harry pronunciò l’ultima frase con una freddezza spiazzante, ma la fece seguire da un leggero sorriso, notando l’espressione cupa che era comparsa sul volto di Louis.
Lo sguardo di Harry si posò sul fiume: scorreva così lentamente, facendosi spazio tra le insenature irregolari. Per un attimo la bellezza di quel paesaggio lo distolse dalla realtà, facendolo sorridere. Il fiume sembrava così tranquillo, come se niente avesse potuto turbarlo. A differenza della sua mente, che assomigliava più ad un mare in tempesta.
La voce di Louis lo fece sobbalzare. 
«Non ci vediamo da anni. Non so più niente di te. Non ti conosco. Non ho idea di cosa sia accaduto. Ricordi cosa ti dicevo quando eravamo piccoli? Io sarò con te, anche sotto la pioggia.»
«Louis, non devi.» disse Harry, continuando a tenere lo sguardo fisso sul fiume. 
«Quella è casa mia. – continuò Louis, indicando un villetta al di là del fiume -Se hai bisogno di parlare, io sono lì. A volte, sfogarsi con gli sconosciuti, è la cosa migliore.» Fece qualche passo per recuperare la bicicletta, vi saltò sopra e si allontanò.

 
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Ecco svelata l'identità della misteriosa figura, ahah :) 
Louis ed Harry si sono finalmente incontrati. Come avrete capito, sono stati amici durante l'infanzia e parte dell'adolescenza ma, in seguito, si sono persi e hanno passato anni senza vedersi né sentirsi. Harry ha fatto capire a Louis che qualcosa ha cambiato radicalmente la propria vita ma non racconta nulla a riguardo. 
L'ultima frase è decisiva: Harry andrà davvero da Louis oppure succederà qualcos'altro?
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e se dopo averlo letto aveste voglia di lasciarmi una recensione (anche piccola piccola!), ne sarei, come sempre, felicissima. Significa moltissimo per me, ve lo assicuro. 
Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che stanno seguendo la storia e chi l'ha inserita tra le storie seguite e ricordate.
Grazie di cuore, ad ognuno di voi. :')
Un super abbraccio, mel <3

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Capitolo 6
*** Paper and Ink ***


Harry si trovava in quella posizione da più di mezz’ora. 
 
Era fermo, di fronte ad una villetta circondata da un piccolo giardino le cui piante erano coperte da un leggero strato di brina, aspettando di trovare il coraggio per avvicinarsi alla porta e suonare il campanello.
Non aveva idea di cosa lo avesse spinto ad uscire di casa ed arrivare fin lì.
Negli ultimi mesi i suoi spostamenti si limitavano alla biblioteca comunale ed al piccolo bar sulla riva del fiume dove passava i pomeriggi a leggere e sorseggiare tazze di the, approfittando del fatto che il locale era quasi sempre deserto.
Aveva trascorso molto tempo a pensare, dopo l’incontro avuto una settimana prima. Louis era un estraneo, a tutti gli effetti, ma nel momento in cui si erano trovati faccia a faccia, Harry aveva sentito l’impulso di esternargli tutto il proprio dolore, la propria rassegnazione. Il proprio rifiuto verso la vita.
Ma sapeva, in fondo, che tutto ciò non avrebbe avuto senso.
Sapeva che nessuno sarebbe mai stato in grado di comprendere i suoi sensi di colpa, né, tantomeno, di accettarli e tendergli una mano per farlo uscire da quel tunnel alla cui oscurità si era ormai abituato. 
Ma nella sua mente si erano inspiegabilmente fatti spazio i ricordi di lui e Louis, da piccoli. Il loro modo di sostenersi a vicenda, in qualsiasi occasione, aveva appena fatto trovare ad Harry la forza di accettare l’invito e spingersi fino a quella porta. Aveva percorso la strada che lo separava da casa di Louis con un senso di agitazione e preoccupazione che gli faceva tremare le gambe.
Forse sarebbe stato meglio tornare a casa ma, a quanto sembrava, la forza di volontà che lo aveva fatto giungere fin lì, si rifiutava di cambiare direzione.
Si stava facendo sera, ed Harry era scosso dai brividi di freddo.
Rimase lì, ancora per qualche attimo, quando, mosso da un’improvvisa ondata di coraggio, o forse dal freddo che iniziava a gelargli le ossa, si trascinò fino alla porta e suonò il campanello. 
 
Dio, ma che sto facendo?
 
La mente di Harry si stava affollando di mille domande.
Cosa avrebbe potuto raccontare a Louis? Chi avrebbe detto di essere, se avesse aperto qualcun altro? Ma soprattutto, cosa avrebbe potuto fare il ragazzo per lui? 
Nulla, assolutamente nulla.
 
Mentre Harry cercava invano una risposta a quei quesiti, la porta si aprì e dietro di essa apparve Louis, i capelli in disordine, lo sguardo fisso su di lui. 
Per un attimo, Harry pensò che sarebbe svenuto, gli mancava il respiro e sentiva che le gambe non gli avrebbero retto.
 
«Pensavo di averti perso, di nuovo. Non che ti abbia ritrovato, l’altra mattina, ma beh… Vuoi entrare?»
Harry fece cenno di sì con la testa e chiuse la porta dietro di lui, avvicinandosi lentamente alla figura che lo precedeva. 
Louis lo fece accomodare nella stanza attigua all’ingresso: il soggiorno era piccolo ma straordinariamente accogliente, qualche quotidiano sparso qua e là, i libri che riempivano le numerose mensole, alternati da cd e vecchi vinili. 
La madre di Louis doveva avere un ottimo gusto, non c’erano dubbi.
Rimasero qualche minuto in silenzio, finché Harry non raccolse la poca forza che gli era rimasta e si rivolse a Louis, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.
 
«Mi dispiace, forse non sarei dovuto venire.» sussurrò, stringendosi leggermente nelle spalle.
«Sai, non ho molti bei ricordi legati alla mia infanzia, ma ognuno di essi è accompagnato dalla tua immagine. Averti incontrato, a distanza di anni, l’altra mattina, mi è sembrato quasi surreale.» confessò Louis con un filo di voce, come se non avesse nemmeno sentito le parole di Harry, ma stesse proseguendo un proprio pensiero.
Harry non era pronto per quelle parole. Si era ripromesso di non dare più confidenza a nessuno. Perché era lì, allora? Perché non era tornato sui suoi passi, abbandonando la speranza che forse, anche lui, avrebbe potuto trovare una persona con la quale esternare i propri sentimenti e confidarsi?
«Tu non puoi salvarmi.» stava parlando a sé stesso, ma si ritrovò a sputare quelle parole colme di rassegnazione al ragazzo che stava, in silenzio, di fronte a lui.
Louis si avvicinò appena al riccio, il quale spostò lo sguardo dal pavimento agli occhi del più grande. 
Harry se ne pentì immediatamente. 
Poche volte, nella sua vita, lo sguardo di una persona era stato capace di provocargli un tale effetto. Guardando il turchese di quegli occhi, Harry si sentiva privo di ogni difesa, sentiva che la corazza della quale si era rivestito per nascondere le proprie emozioni e tenere lontano il mondo che lo circondava, si stava rapidamente corrodendo.
Una fitta allo stomaco lo fece risvegliare dai propri pensieri. 
 
«Rifiutiamo spesso l’aiuto delle persone. Per orgoglio, rabbia, mancanza di speranza. Ma, a volte, abbiamo bisogno di essere salvati.» Louis pronunciò quelle parole cercando una risposta negli occhi di Harry.
 
Assurdo, si ritrovò a pensare Louis, come avesse ritrovato la stessa espressione di quel bambino paffutello e dai capelli ondulati, nel ragazzo che ora stava di fronte a lui. Harry non era cambiato, ne era sicuro.
I suoi occhi parlavano di lui. Per lui.
Louis avrebbe voluto stringerlo, cancellare gli anni in cui non era stato più nessuno, per lui. Avrebbe voluto dirgli che andava tutto bene, che si sarebbe sistemata ogni cosa. Perché, in quel momento, gli occhi di Harry gli stavano parlando. Ed era successo così tante volte, quando erano piccoli.
Quante volte uno sguardo era bastato per capire cosa stesse provando l’altro, quante volte le parole erano state superflue.
 
Il più grande stava per riprendere la parola, quando la voce di Harry lo fece sussultare.
«Louis… Io sono solo. Ho provato a lottare per riconquistare la mia vita, ci ho provato, Louis, dio se ci ho provato. Ma non ce l’ho fatta. Mi sto trascinando, ma non ho più forze. Nemmeno per lasciarmi salvare.»
 
Sentire Harry parlare in quel modo, per Louis fu come una coltellata.
Senza pensarci, si diresse verso la piccola scrivania di legno che stava alla sua sinistra, afferrò un foglio di carta ed una penna e sporse la mano verso il riccio. 
 
«Non hai la forza per farti salvare, ma non devi essere tu a chiederlo.»
 
Un flashback riportò Harry a diversi anni prima, quando lui e Louis, durante gli intervalli, a scuola, si scambiavano piccoli pezzi di carta con dei brevi riassunti di quello che era successo nel corso delle lezioni. 

E di colpo capì il significato del foglio e della penna. E cosa intendesse Louis con quella frase.




______________________________________
Bene, eccoci con il nuovo capitolo! 
Come avrete letto, Harry ha preso coraggio e ha deciso di andare da Louis, nonostante i mille ripensamenti. Ancora non ha raccontato la propria storia a Louis, ma quest'ultimo sembra aver capito qualcosa. E poi, qual è il significato del foglio di carta che il più grande dà ad Harry? 

Mi fate sapere cosa ne pensate? Magari lasciandomi una recensione, se avete voglia e tempo! :) Significa davvero moltissimo per me, sapere che qualcuno legge questa storia e che, magari, la apprezza. Vi assicuro che mi riempie il cuore.
Quindi, come sempre, voglio ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la storia, chi l'ha inserita tra le storie seguite e ricordate e, in particolare, blue drop, che l'ha inserita tra le preferite. 
Grazie di tutto, davvero.
 
Al prossimo capitolo, un abbraccio, mel <3

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Capitolo 7
*** Breaking The Law ***


“Anche questa mattina, le ore di lezione sono trascorse troppo lentamente. Succede sempre così: quando si aspetta con ansia qualcosa, il tempo che ci divide da essa sembra essere interminabile. Ho fatto il conto alla rovescia, come ogni giorno, per ingannare l’attesa che mi separa dall’uscita da scuola quando, finalmente, potrò riconoscere, tra tutte, l’unica faccia amica. La tua.”

 
Ti ricordi, Louis? 
Iniziava in questo modo, ogni lettera che ci scambiavamo a scuola, durante gli intervalli.
E sai, forse non è cambiato poi molto perché, in questo momento, ti rivolgerei le stesse parole. 
Sono trascorsi troppi anni dall’ultima volta in cui ho visto quello sguardo rassicurante di cui ho sempre avuto così bisogno.
Anni durante i quali sono scomparso dalla vita di molte persone, anni durante i quali sono stato io stesso, a scomparire.
 
“Ci dispiace informarla del decesso di Chase Young.”
 
Ero appena rientrato dall’ospedale. 
Un messaggio in segreteria telefonica. Trenta secondi.
Diciotto anni di vita annullati in trenta secondi.
Cinque anni di malattia.
Diciotto anni di vita andata in frantumi.
E due anni di vuoto. Totale. Completo.
Diciotto anni beffati da una maledetta malattia.
Una vita finita, la sua. Ed una vita, la mia, che è sparita con lui, in quell’istante.
Me ne sono andato con il mio migliore amico.
Ho continuato a comporre il suo numero di telefono, per giorni, credendo che avrei sentito la sua voce rispondere.
Ho iniziato ad allontanare chiunque cercasse di incoraggiarmi, chiunque mi dicesse che ero forte, che potevo farcela anche senza di lui.
La verità, Louis, è che io non sono mai stato forte. Ho tenuto tutto dentro. Per anni ho cercato di nascondere il mio dolore, il mio rifiuto verso la vita. 
Ma ho provato ad andare avanti. Ci ho provato, dio solo sa quanto io ci abbia provato. Ma più cercavo di stare a galla, più mi sentivo trascinare verso il fondo. 
Il dolore è talmente violento che non ho voluto condividerlo con nessuno. È stata una mia decisione, Louis, quella di rimanere da solo, per tutto il tempo. 
Ho sempre pensato che non avessi il diritto di rovinare un’altra vita. 
Mi concedevo di piangere solo durante la notte, quando non avrei trovato nessuna spalla alla quale potermi appoggiare. Riversavo il dolore sul cuscino.
L’ho fatto ogni notte. Per due anni.
Ed ora? Cosa ci faccio qui? Perché ti sto scrivendo una stupida lettera? Perché sto confidando queste cose proprio a te? Non meriti di essere condotto nel tunnel che mi sono scavato per sopravvivere. 
Ma la cosa assurda, Louis, è che so che tu capiresti. Ogni cosa.
Il motivo per cui ho cambiato scuola, per cui ho smesso di cercarti. 
Se ora ti raccontassi tutto, riuscirei, per la prima volta dopo anni, a sputare fuori tutto quel tormento che tengo nascosto da anni. E forse starei meglio.
Ma non voglio. Non voglio più far soffrire nessuno. 
In questa storia, ci sono solo io.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
Louis intravide in quelle righe la stessa calligrafia insicura che, anni addietro,  aveva imparato a conoscere a memoria. Non aveva alzato gli occhi dalla lettera finché non l’ebbe riletta due volte. Lo sguardo era fisso sull’ultima frase. 
 
In questa storia, ci sono solo io.
 
 
«Sai, Harry, sono sempre stato considerato quello più forte, tra noi due. Quando i nostri compagni dovevano scegliere le squadre per i tornei di calcio, chiamavano me. Ma io volevo te. Sceglievo te, ogni volta, perché sapevo che, insieme, ce l’avremmo fatta. Ti avrei spronato ad andare avanti, ogni volta. Ti avrei dato una spalla su cui piangere, se ti avessero fatto male. Dicono che il tempo cambi le persone e, forse, è vero. Eppure ora siamo qua. Ed in questa storia, Harry, possiamo esserci in due.» Louis pronunciò quelle parole con una sicurezza che non ricordava nemmeno più di avere. Alzò lo sguardo sulla figura in piedi di fronte a lui ed attese una risposta. Non sapeva come avrebbe reagito Harry, ma sentiva di aver fatto la cosa giusta, dicendo quelle cose.
Da quando gli aveva passato la lettera, il riccio aveva mantenuto lo sguardo fisso su Louis per tutto il tempo. Le parole del più grande gli arrivarono dritte al petto. Harry ricordava il modo in cui si era sentito protetto da Louis, in qualsiasi occasione. Si era sempre fidato ciecamente di lui. E sapeva che, se ora gli avesse permesso di condividere con lui la propria storia, avrebbe potuto aiutarlo. 
Louis si avvicinò ad Harry, fino ad arrivare a così pochi centimetri da lui che riusciva a sentirne il respiro. 
 
«Mi permetti di entrare in questo mondo e salvarti?» domandò il più grande, in un sussurro.
«Solo se tu non mi permetterai di farti del male.» rispose Harry, la voce tremante.
«Non lo permetterò. Ma non smetterò mai di aiutarti a riprenderti.»
Harry sorrise, sapendo che nulla avrebbe potuto far cambiare idea a Louis. 
E si sporse verso di lui. Arrivò così, senza preavviso, un leggero, quasi impercettibile bacio.
 
«In questa storia, ci siamo entrambi.»






______________________________________
Okay, non ho resistito, ho dovuto farli baciare, ahah. 
Devo dire che non era mia intenzione, volevo che succedesse nel prossimo capitolo, ma non ce l'ho fatta. Dopo la frase in cui Louis dice ad Harry che lo aiuterà sempre a riprendersi (tenete a mente questo pezzo, perché sarà molto importante per i prossimi capitoli!) Harry ha dovuto baciarlo, non so se mi spiego. cc
Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione sul capitolo. Cosa pensate di questo bacio? E della lettera che Harry scrive a Louis spiegandogli il motivo del suo dolore?
Se aveste voglia di lasciarmi una recensione, anche piccina piccina, mi rendereste felice.
Volevo ringraziare tutti coloro che seguono e recensiscono la storia, e ovviamente, anche i lettori silenziosi.
Sono arrivata ad un totale di quasi mille visite. Vi giuro, sono assolutamente senza parole. Non posso far altro che ringraziarvi, davvero.
Grazie di cuore a tutti. 
It's time to go now, un bacio a tutti, al prossimo capitolo. <3

P.s. Vi consiglio di ascoltare Breaking The Law di Emeli Sandé, mentre leggete il capitolo. Questa canzone ricorrerà altre volte nella storia. :)

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Capitolo 8
*** Kiss and Tear ***


Quel bacio arrivò del tutto inaspettato, per entrambi. Harry non provava quella sensazione, un misto di euforia e timore al tempo stesso, da anni, tanto che l’aveva dimenticata. Eppure, baciare Louis, in quel momento, gli era sembrata la cosa più naturale e semplice del mondo perché non aveva dovuto raccogliere tutto il proprio coraggio per farlo. Si era sentito avvolgere da un senso di pace e, per un interminabile attimo, aveva dimenticato.
Aveva dimenticato il dolore attraverso il quale stava passando, i ricordi che lo riportavano, ogni giorno, al momento in cui aveva perso tutto.
Aveva accantonato ogni cosa negativa per riversare tutto il proprio amore, che pensava si fosse esaurito, sulle labbra di Louis.
 
«Non voglio che tu vada via, non ora che ti ho ritrovato…» sussurrò Harry.
Louis aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, lasciandosi attraversare da un brivido che gli aveva percorso tutta la schiena. Le loro fronti si stavano ancora sfiorando, le loro dita si erano intrecciate. 
«Guardami.» disse Louis, alzando lo sguardo sul più piccolo e prendendo il suo viso tra le mani.
«Io non me ne andrò. Non me ne sono mai andato. Non da te.» proseguì, sicuro.
Harry si sentì avvolto da un calore che era sicuro non avere mai provato in tutta la propria vita. Sistemò la testa sul petto di Louis, cingendolo con le braccia.
«Perché lo stai facendo, Louis?» gli chiese.
«Perché tutti hanno il diritto di essere salvati.»
Il riccio ripensò alle parole che il più grande gli aveva rivolto poco prima. Louis avrebbe voluto aiutarlo e ci sarebbe stato sul serio, forse come nessuno, fino ad allora, si era impegnato ad esserci per lui. Ma Harry voleva davvero condividere il proprio dolore con qualcuno? Non ne era sicuro. Louis meritava di essere felice, e questo, Harry, non glielo poteva assicurare, perché non era riuscito a garantirlo nemmeno a sé stesso. 
Gli occhi gli divennero lucidi, pensando a quanto ingenuo e stupido fosse stato, poco prima, a baciare Louis. Non voleva la compassione di nessuno e, soprattutto, non voleva che quel sorriso che era stato capace di illuminargli anche le giornate peggiori, scomparisse per colpa sua.
«Ho paura, Louis. La stessa paura che mi faceva rimanere in un angolo durante l’intervallo. La stessa che mi impediva di giocare con gli altri bambini. La stessa per cui passavo i pomeriggi a casa, suonando stupide canzoni al pianoforte, leggendo libri che nessuno, alla mia età, avrebbe mai letto. La stessa che, da due anni, mi proibisce di accettare che qualcuno possa preoccuparsi per me. Ho paura, di vivere. È una di quelle paure che ti accompagnano per tutta la vita.»
Aveva perso il conto di tutte le volte che si era sentito in colpa per aver rifiutato un invito, che aveva negato agli amici una pizza insieme. E piano piano, giorno dopo giorno, rifiuto dopo rifiuto, gli amici erano scomparsi. Uno dopo l’altro. Era rimasto solo, ma non dava la colpa a loro. Era stata una sua decisione. E quello diretto a Louis, era l’ennesimo respingimento, l'ennesimo abbandondo. Era abituato ed avrebbe superato anche quello.
Le parole di Harry, però, arrivarono a Louis come delle lente coltellate. Avrebbe voluto trovare il coraggio di controbattervi, ma non riusciva a capire cosa potesse essere successo di così terribile per fare abbattere il ragazzo.
Rimasero qualche minuto in silenzio, gli occhi di Harry che erano tornati a fissare il pavimento, le guance di Louis che si stavano, inspiegabilmente, inumidendo.
Il più grande si staccò dal riccio e si mosse verso la piccola scrivania di legno che era alla sua destra, raccogliendo la lettera che Harry gli aveva scritto poco prima.
Prese la mano del riccio e lo condusse sul divano che era adagiato contro la parete, sedendosi al suo fianco. Lasciò che una lacrima, che gli stava percorrendo una guancia, ricadesse sul foglio. L’inchiostro che era impresso sulla carta, a quel contatto, si diluì e, dopo poco, il nero della penna che era andato a comporre ognuna di quelle taglienti parole, era sparito.
Harry era confuso, non riusciva a capire il senso di quel gesto ma la frase che Louis pronunciò poco dopo fece scomparire ogni dubbio.
«Tu sei l’inchiostro corvino. Io sono la lacrima. Noi diventeremo il bianco della carta.» sussurrò il più grande, facendo accompagnare le proprie parole da un timido sorriso.
«Scusami, stupide metafore. Ho letto troppi libri.» aggiunse ridendo.
Era così bello quel ragazzo, così dolce ed ingenuo allo stesso tempo, che Harry non sarebbe stato capace di allontanarlo. Mosse timidamente una mano verso il suo volto e fece scorrere lentamente le dita su una guancia, asciugandogli le lacrime. 
«Lo dici a me? Ho passato la mia vita chino sui libri, immedesimandomi nei personaggi, pensando che gli amori che essi vivevano non esistessero. Ma forse dovrei ricredermi.» disse, sorridendo.
«Forse io potrei essere quel personaggio a cui ti affezioni, quello per il quale piangi, quando la storia si conclude?» domandò Louis, anche se la sua, più che una domanda, era un'affermazione. 
«Non ho mai creduto alle favole, ho imparato che il lieto fine non esiste nemmeno lì.» rispose Harry, serio.
«Non voglio essere l’intrepido cavaliere che combatte contro il drago per salvarti. Non posso darti un lieto fine, ma possiamo combattere insieme, fino alla fine.» disse Louis, continuando a sorridere.
Non riusciva a spiegarsi il motivo, ma quelle parole tranquillizzarono Harry a tal punto che un sorriso gli si stampò sulle labbra.
 

«Okay, facciamo questa cosa.» sentenziò, ridendo.






______________________________________
Ho scritto questo capitolo in due ore, circa, quindi se ci sono errori, perdonatemi. cc
Okay, diciamo che non sono troppo convinta di questo capitolo, avevo mille ripensamenti mentre lo scrivevo. L'unica cosa che mi piace è la metafora che Louis usa per far capire ad Harry che in questa storia ci vuole essere davvero. Come avrete capito, Harry è indeciso, ha paura di ferire i sentimenti di Louis e di fargli del male, ma il gesto del più grande gli fa cambiare idea. Un po' di tenerezza ci stava, dai!
E nulla, mi piacerebbe conoscere la vostra opinione a riguardo. Cosa pensate di questi Harry e Louis, del loro carattere?
Se mi lasciaste una recensioncina, sarei super felice, ormai lo sapete :) 
Colgo l'occasione per ringraziare:

• jawaadxx e ViviELasciaVivere che hanno inserito la storia tra quelle ricordate; 
• blue drop che ha inserito la storia tra quelle preferite;
•Always_Happy, aras96, giogix, iShipLarryS, Kristen Victoria Madelein, Lavalissia, led__J, Lily_Fray, LuciaKevinStyles, MrsHoran__, myellin, nostressYO, onemorething, phedemalik, vampire_, xzaynsmeches, _Carotina_, _Meldie e _OneD che stanno seguendo la storia;
•littleblackraincloud  e __sincerelyours che mi hanno inserita tra gli autori preferiti.

E, ovviamente, tutti i lettori silenziosi.
Grazie di cuore a tutti c:
It's time to go now, un bacio, al prossimo capitolo. <3

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Capitolo 9
*** A Kind of Light ***


Harry uscì di casa, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere la porta a chiave. 
La pioggia si stava rapidamente trasformando in una neve fitta ed un soffio di vento gelido lo fece rabbrividire, ma non sarebbe tornato indietro per nessun motivo. Si sistemò meglio il cappuccio della felpa e si avviò verso il viale che lo avrebbe condotto in quello che, ormai, era diventato il suo luogo preferito. 
Dal momento in cui Harry aveva deciso di bussare a quella porta, era passato un mese.
Un mese che era trascorso così velocemente da far sì che il riccio non si fosse accorto che, per la prima volta dopo tanto tempo, si stava aprendo a qualcuno che non fosse il solito pezzo di carta sul quale riversare il suo dolore.
Se glielo avessero chiesto, non sarebbe stato capace di spiegare il motivo per cui, da un giorno all’altro, avesse abbandonato l’abitudine di stare a casa, sul proprio letto, il rifugio sul quale aveva passato giornate intere in compagnia dei suoi libri, gli unici fedeli compagni di quello che sembrava essere un viaggio interminabile, senza fine.
Quello che non sapeva, però, era che non sarebbe stato solo in quel viaggio.
Perché da un mese, Harry, aveva Louis. Era entrato nella sua vita undici anni prima, aveva condiviso con lui ogni momento dell’infanzia e dell’adolescenza e poi, all’improvviso, ne era uscito. Non l’aveva programmato, era stata una cosa che non era dipesa dalla sua volontà, ma era successo. Ed ora, dopo due anni, il più grande era tornato a farsi spazio nella vita e nella mente di Harry. Quando sua madre gli aveva domandato il motivo del sorriso che dipingeva il viso di Harry al suo rientro da quelle quotidiani uscite, lui glielo aveva confidato.
«Ricordi Louis, mamma? È merito suo.» rispose, arrossendo.
Il riccio aveva sempre avuto un ottimo rapporto con la propria madre, era stata l’unica persona che l’aveva supportato, lo aveva spronato ad andare avanti, nonostante quello che era successo.
Condividere con lei la causa di quello che assomigliava tanto ad un momento di serenità, gli sembrava il modo più giusto per ringraziarla. 
 
Louis aveva trascorso la notte precedente senza chiudere occhio, come succedeva da un po’ di tempo. A tenerlo sveglio era stato il pensiero di quel ragazzo dai capelli ricci ed in disordine, dalle iridi color smeraldo, dallo sguardo malinconico. Il pensiero di quel bacio di cui, era certo, non si sarebbe mai più dimenticato. 
Così, proprio quando le luci dell’alba erano filtrate attraverso la tenda, Louis si era addormentato ed avrebbe dormito fino a sera se il campanello di casa non lo avesse svegliato. Diede una rapida occhiata all’orologio della sveglia e si accorse che erano le cinque del pomeriggio. Si alzò dal letto e si diresse verso la porta d’ingresso, passandosi rapidamente una mano tra i capelli, nel vano tentativo di renderli il meno disordinati possibile. Aprì la porta e, avvolto dall’oscurità del tramonto invernale, spuntò il viso di Harry, reso ancora più pallido dal bianco candido della neve che rifletteva la luce su di lui.
 
«Stavi dormendo? Sarebbe stato meglio telefonarti per avvertirti che sarei passato da te, anche oggi.» si affrettò a dire Harry in tono di scusa, notando l’espressione assonnata del più grande.
«Non dire cavolate, Haz. Vieni dentro o hai intenzione di congelare là fuori?» scherzò Louis, afferrando il più piccolo da un lembo della felpa e trascinandolo in casa.
Harry si tolse il cappuccio, scoprendo così la testata di riccioli che erano rimasti nascosti e seguì Louis in soggiorno. 
«Allora, come stai oggi?» domandò il più grande, cercando di indovinare la risposta dall’espressione di Harry che, notò Louis, stava lentamente diventando meno rabbuiata rispetto al loro primo incontro.
«Io... Penso di stare meglio. E in queste settimane, ho pensato molto.»
«Più del solito, vorrai dire!» rispose Louis, sorridendo.
«Sì beh, hai ragione.» disse Harry, stringendosi nelle spalle. «Ma il motivo dei miei pensieri non è lo stesso di qualche settimana fa.» aggiunse il più piccolo, puntando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe.
 «Hai voglia di dirmi qual è questo motivo?» azzardò Louis.
Harry non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi. 
Perché era vero: da un po’ di tempo l’immagine che lo aveva tormentato per due interi anni, era leggermente sbiadita. Il suo ricordo, quello no. Ma Harry stesso era sorpreso del fatto che qualcosa che non riguardasse Chase, la sua morte, i sensi di colpa, si stava facendo spazio nei suoi pensieri. 
Quei pensieri che non gli avevano dato tregua, ricordandogli ogni secondo della sua vita ciò che era successo per quello che Harry reputava fosse colpa sua, ora erano indirizzati ad un’altra persona.
Ripensò ai momenti che avevano passato insieme, quando erano piccoli.
Alle mattine di scuola, quando Harry aspettava che il più grande uscisse dalla classe per raggiungerlo e dargli il bigliettino che riassumeva le ore precedenti.
Ai pomeriggi trascorsi insieme in cui si erano impegnati cercando di costruire quel plastico dei trenini che avevano visto in una pubblicità sul giornalino che la madre di Harry gli aveva comprato, quando era rimasto a casa per colpa della febbre. 
A come Louis, ora, era prepotentemente tornato a far parte della sua vita. 
Alle giornate che stavano trascorrendo in quel periodo, leggendo ed ascoltando vecchi vinili. 
 
«Louis, io voglio farmi salvare.» il riccio prese coraggio e mise in quella affermazione tutto l’affetto che sentiva di provare per il ragazzo che stava di fronte a lui. «Da te. In questa storia, possiamo davvero esserci in due?» aggiunse, con un filo di voce e muovendosi verso di lui fino a tendergli una mano.
Louis rabbrividì. Le parole di Harry gli arrivarono dritte al cuore. Pensava che per il riccio, il bacio di qualche settimana prima non significasse poi molto e che, in fondo, non avesse fatto niente di così significante per aiutare il più piccolo. Ed ora, invece, si trovava a fissare la mano tremante di Harry che era tesa verso di lui. Senza pensarci, afferrò la sua mano e la strinse, cercando di trasmettergli tutta la sicurezza di cui, era certo, avesse bisogno.
Harry era lì, a qualche centimetro da lui.
Per un interminabile attimo, Louis lo guardò. Se il colore delle loro iridi fosse stato mescolato, pensò Louis, avrebbe formato un perfetto verde acqua. Che cosa stupida, da pensare, si disse tra sé e sé. 
Si avvicinò ancora di più al riccio, finché la sua fronte non toccò la propria e allora chiuse gli occhi e si lasciò travolgere dal vortice di emozioni che stava provando in quel momento, sentendo il proprio respiro che si stava fondendo con il suo, baciando le labbra.
«Forse ora, dovrei essere salvato io.» sussurrò Louis, sorridendo.

Harry rise.


Spazio autrice.


Rieccomi qui, con un nuovo capitolo!
Allora, come avete letto, le cose tra Harry e Louis sembrano andare piuttosto bene, soprattutto perché il più piccolo pare che abbia trovato un appoggio proprio nella figura di Louis.
Nulla, penso che il prossimo capitolo sarà decisamente fluff, perché sì dai, ci sta, lol. Spero davvero che apprezziate l'impegno che sto mettendo nello scrivere questa storia. 
Grazie, come sempre, a voi che leggete e recensite. Se mi fate sapere cosa ne pensate, ve ne sarei davvero grata. <3
Alla prossima! c:

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Capitolo 10
*** Never Stop ***


Non sta succedendo sul serio, pensò Harry non appena riaprì gli occhi.
Per la prima volta in tutta la sua vita, si era svegliato in una stanza che non fosse la sua. Era consapevole che, la sera prima, con Louis non fosse successo nulla, ma il solo pensiero di aver passato la notte fuori casa, lo metteva a disagio.
Aveva dimenticato di avvertire sua madre. Raccolse da terra il cellulare: il display segnava quaranta chiamate perse ed altrettanti messaggi. Harry si sentiva tremendamente in colpa; fino a qualche settimana prima per lui sarebbe stato impensabile non dormire nel proprio letto. Diede una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete di fronte a lui, che segnava le 6.30.
Si guardò intorno, spaesato, finché gli occhi non si posarono sulla figura che giaceva nella parte opposta del divano: avvolto in una coperta di lana, i capelli in disordine e le mani strette a pugno come quelle dei bambini, c’era Louis.
Harry avrebbe voluto avvicinarsi a lui, scostare quel ciuffo liscio che gli copriva gli occhi, e posare un timido bacio sulla sua fronte.
Ma non lo fece. Non voleva svegliarlo e doveva tornare immediatamente a casa.
Si alzò lentamente dal divano, cercando di fare meno rumore possibile e si diresse verso l’ingresso. Quando portò la mano sulla porta d’entrata, un mugolio proveniente dalla stanza adiacente lo fece sussultare. Dannazione Harry, non sai nemmeno dartela a gambe senza farti beccare.
«Harry?» sentì chiamarsi dalla voce squillante di Louis.
«Uhm, scusa, io… Stavo uscendo.» rispose incerto Harry, cercando di trovare una scusa per quella fuga che risultasse credibile.
Aveva ancora la mano sul pomello della porta, quando sentì Louis avvicinarsi.
«Perché stai scappando così?» chiese il più grande, puntando uno sguardo indagatore su di lui. Harry non aveva trovato nessuna giustificazione.
«Non è colpa tua, okay? Ti avevo detto che sarebbe stato difficile per me. Ho passato la notte fuori casa e non ho nemmeno avvertito mia madre. Ti sembrerà stupido, fuori luogo, ma mia madre, beh, è stata lei ad esserci in ogni momento della mia vita. Non tu.» fece una pausa e guardò Louis negli occhi, che sembravano essersi coperti da un velo di tristezza.
«Non voglio tenerla fuori da questa cosa.» aggiunse con una voce ancora più roca del solito.
«Pensi che non ti capisca, Harry? Ho passato la mia infanzia sistemando i cuscini alla base della porta di camera mia per non sentire i litigi dei miei genitori. Avrei avuto bisogno di parlare con loro, avrei voluto che, al rientro da scuola, mi domandassero come fosse andata la mia giornata, ma erano troppo occupati ad urlarsi contro. Per questo, forse, ti capisco più di quanto tu creda. Io ci sarei stato, se tu me lo avessi permesso.» disse Louis, lo sguardo dritto sul viso di Harry.
«Non… Scusami, non volevo ferirti.» sussurrò il più piccolo, con un filo di voce, maledicendosi per essere stato così indelicato. Sapeva quello che Louis aveva passato da piccolo, eppure, in quel momento, sembrava essersi dimenticato che non era lui il solo a soffrire. Harry non era più abituato a condividere la propria vita con qualcuno che non fosse sua madre o qualche stupido personaggio di vecchi romanzi. Aveva dimenticato che una semplice frase avrebbe potuto far tornare alla mente brutti ricordi. In realtà, aveva dimenticato come ci si sentiva a vivere.
«Non tagliarmi fuori. Non di nuovo. Non adesso.» disse Louis, posando una mano sopra quella di Harry, che era ancora appoggiata sulla maniglia della porta. «Non m’importa quanto tu creda di essere complessato. Non m’importa se hai bisogno di tempo. Non m’importa se vorrai andartene, perché io ti riprenderò. Ogni volta. Ma non tagliarmi fuori, Harry.» aggiunse, abbassando appena la testa per nascondere le guance umide.
«Oh, ho dimenticato di dirti che ho chiamato tua madre, appena ti sei addormentato. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata, mi ha chiesto se ti eri comportato bene. E mi ha raccomandato di non fare gli stupidi.» affermò Louis deciso, il volto che svelava un timido sorriso.
Il piccolo sospirò: si sentiva un idiota. Come aveva potuto pensare di deludere Louis, abbandonandolo di nuovo?
«Lou…»
Si sporse verso il più grande, abbandonando la mano che era sulla maniglia della porta in modo tale da cingere con le braccia il corpo di Louis in un infinito abbraccio, con il quale sperava di trasmettergli tutte le scuse che non sarebbe mai stato in grado di porgergli a voce.
«Ho bisogno di te, Lou. Ogni giorno. Ogni secondo.» pronunciò quelle parole con una sicurezza che aveva dimenticato di avere. Era sicuro di volere Louis nella sua vita e non avrebbe permesso che tutte le proprie insicurezze scheggiassero l’animo cristallino del più grande. Avanzò una mano verso il suo volto, accarezzando la sua pelle ancora leggermente umida e percependone il calore. Louis racchiuse la sua mano nella propria, portandola sul proprio petto e si sporse verso di lui, avvicinando le labbra alle sue.
«I'll never stop breaking the law for you, I'll never stop helping to pull you through.» cantò con un filo di voce, quasi un sussurro, prima di baciare Harry per quello che, ad entrambi, sembrò un giuramento. Il più vero e sincero.





Spazio autrice.

Okay, siete liberi di insultarmi per aver impiegato così tanto tempo per aggiornare cc mi scuso tantissimo ma in questo periodo sono stata un sacco impegnata e scrivere questo capitolo è stata un'impresa, infatti è uscito cortissimo, ma non avevo proprio tempo perciò scusatemi ancora! cc
Nulla, questo è un capitolo di passaggio, ma sembra che le cose stiano andando piuttosto bene tra Harry e Louis, tanto che Harry si è esposto confessando al più grande di aver bisogno di lui. Come vi avevo anticipato qualche capitolo fa, è tornata la canzone di Emeli Sandé. Quella frase in particolare viene intesa da entrambi come un giuramento: "non smetterò mai di infrangere la legge per te, non smetterò mai di aiutarti a riprenderti". A mio parere, trovo che sia una cosa dolcissima adsj.
Mi fate sapere cosa ne pensate? Per andare avanti, ho bisogno di voi, delle vostre critiche e dei vostri consigli. Sappiate che ogni vostra visita a questa ff mi rende felice, non immaginate quanto. Grazie a ciascuno di voi. :)
Al prossimo capitolo, un abbraccio! <3

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Capitolo 11
*** Unexpected ***


Due mesi dopo
 
Harry si alzò dal letto, ancora leggermente assonnato, dopo aver passato una nottata tranquilla, per la prima volta dopo tanto tempo. Il sole che filtrava timidamente attraverso le fessure delle tapparelle e la sveglia che segnava le undici passate, gli diedero la forza di alzarsi e scendere al piano di sotto, per fare colazione. Il foglio del giorno del calendario, che sua madre aveva prontamente provveduto a voltare, gli richiamò alla mente una ricorrenza, ma Harry non aveva bisogno di leggere la data per ricordarsene. Quelli che erano appena trascorsi, erano stati due mesi di nottate passate a pensare a lui, di ore che si trasformavano in minuti, quando era al suo fianco, di libri abbandonati per lasciare spazio al libro che, stavolta, stava scrivendo lui stesso. Sua madre era già uscita per andare al lavoro, ma, come ogni mattina, gli aveva lasciato un biglietto sul tavolo.
Oggi è una data importante, per te. Passa una buona giornata, amore. E fai il bravo.
Ad Harry scappò da ridere. Sua madre aveva imparato ad usare gli smiles ed ogni parola era intervallata da quella ridicola combinazione di simboli. Harry sapeva che lei lo avrebbe appoggiato in ogni sua decisione: dopo quello che avevano passato non molto tempo prima, voleva solo che suo figlio potesse essere sereno. Da quando Louis era tornato nella sua vita, lei riusciva ad intravedere uno spiraglio in quel tunnel buio che Harry aveva scavato con le proprie mani.
Il riccio si scaldò una tazza di latte e, bevendone un sorso, afferrò svogliatamente il cellulare. Erano due mesi che Harry aveva incontrato Louis. Non era abituato a certe cose, anzi, a dirla tutta, quella era la prima volta in cui si trovava in una situazione del genere. Non era sicuro di dover mandare un messaggio a Louis, o di doverlo chiamare: non voleva sembrare pressante o chissà che altro. Ma non ebbe bisogno di porsi altre domande.
Buongiorno, curly. Preparati, ho una sorpresa per te. Tra poco ti passo a prendere.
Un suo messaggio. Il cuore di Harry fece un balzo: poteva sembrare una cosa stupida, ma nessuno si era mai rivolto a lui con un soprannome. Quello che gli aveva appena affidato Louis gli sembrava la cosa più perfetta del mondo e non poté fare a meno di sorridere. Diede un ultimo sorso alla sua tazza di latte e corse in camera, cercando disperatamente nell’armadio qualcosa che potesse essere adatto alla situazione. Finì per scegliere la solita felpa grigia ed un paio di jeans scoloriti, completando il look con il suo paio preferito di sneakers bianche. Si passò una mano tra i capelli, cercando di farli sembrare il più ordinati possibile. Harry si sentiva del tutto inadatto alla situazione, ancora non riusciva a capacitarsi del fatto che Louis lo avesse davvero voluto nella sua vita. Bloccò il flusso di pensieri prima che questi potessero prendere il sopravvento e rovinare la giornata che gli si prospettava davanti. Diede un’ultima rapida occhiata allo specchio prima di tornare al piano inferiore ed attendere l’arrivo di Louis.
È un appuntamento? Harry no, smettila di dire cavolate, è solo un… Okay, è un appuntamento. Ma nessuno è mai morto al primo appuntamento, no?
Harry e Louis si erano visti ogni giorno, dal loro primo incontro, ma nessuna delle visite a casa del più grande gli era sembrata essere un appuntamento. Avevano solo parlato, letto ed ascoltato musica, alternando ciascuna di queste cose con dei timidi baci. Quei baci che Harry stava imparando ad amare, perché erano tutto ciò di cui aveva bisogno e perché, ingenuamente, sentiva che non si sarebbe potuto affidare in quel modo a nessun altro. Un pensiero gli attraversò la mente.
No, è presto, non fare il bambino.
La sua mente smise di vagare quando avvertì il suono del campanello. Afferrò distrattamente il giubbotto e corse ad aprire la porta. Davanti a lui, lo sguardo tagliente ma al tempo stesso così dannatamente rassicurante, c’era Louis. Harry non riuscì a proferire parola.
Sei così bello, Lou…
«È così che accogli il tuo cavaliere, curly?». Le parole di Louis risvegliarono Harry da quello che gli sembrava un sogno.
«N-no, scusami, stavo solo pensando.» rispose Harry, la voce tremante.
«Non scusarti, sei perfetto quando lo fai.» ammise il più grande, accennando un timido sorriso che provocò nel riccio una sensazione del tutto nuova. «Allora, sei pronto?» continuò Louis, afferrando un lembo del giaccone di Harry e trascinandolo fuori.
 
 


La brezza del primo pomeriggio soffiava piano contro i loro volti.
Impiegarono circa mezz’ora per arrivare nel luogo che Louis aveva scelto per la sorpresa di Harry. Camminarono fianco a fianco, lasciando che le loro mani si sfiorassero timidamente ed ogni volta, entrambi, rabbrividivano a quel contatto.
«Siamo arrivati.» disse Louis quando si trovarono di fronte ad un basso edificio dalle pareti rosate che era circondato da un cortile dove i primi fiori della stagione stavano iniziando a decorarne il prato.
Durante il tragitto, Harry aveva scambiato con Louis solo poche parole, si sentiva emozionato come un bambino al primo giorno di scuola. E alla vista che gli si presentò davanti, perse ogni capacità intellettiva. Quasi fosse riuscito a leggere i suoi pensieri, il più grande lo aveva portato di fronte alla loro scuola. A chiunque sarebbe sembrata una cosa stupida, per un primo appuntamento. Harry aveva sempre sentito dire che i primi appuntamenti si dovessero svolgere al lume di candela. Non per loro. Perché il loro inizio aveva avuto luogo lì. Quella scuola aveva rappresentato il luogo in cui si erano conosciuti. Ad Harry tornò alla mente il momento in cui, per la prima volta, i suoi occhi avevano incontrato quelli di Louis.
Vuoi essere il mio amico vero?
Cosa fanno gli amici veri, Lou?
Si proteggono, qualunque cosa accada.
Erano passati quasi vent’anni.
Senza pensarci, Harry prese il più grande per mano e si diresse verso un piccolo albero che era situato appena al di fuori del cortile. Ricordava il punto esatto in cui l’aveva inciso. Mise una mano sul tronco e la scorse rapidamente su di esso, fino ad individuare la scritta.
Harry e Lou, amici veri.
«Lou…». Il riccio raccolse una piccola pietra da terra e la porse a Louis, posando la mano sulla sua e guidandola nel disegno di un cuore attorno ai loro due nomi. In quel momento, Harry avrebbe voluto confessargli ogni cosa. Dirgli che forse, ora, avrebbe voluto che Louis diventasse più di un amico vero. Avrebbe voluto fargli sapere che la sua presenza lo faceva sentire importante, come non gli era mai successo prima. Gli avrebbe detto tutto, avrebbe trovato il coraggio di farlo. Ma non sempre le cose vanno come si vorrebbe.
Aveva premuto con troppa forza sulla mano di Louis, il cui palmo si era dipinto di un color cremisi.
Rosso. Sangue. Terreno. Colpa.
Strano, si ritrovò poi a pensare Harry, come uno stupido colore potesse averlo fatto tornare nel tunnel.


Spazio autrice.

Bene, vi avevo detto che le cose sarebbero andate bene tra Harry e Louis e, in effetti, così è stato: in questo capitolo Harry sembra accorgersi di provare qualcosa di serio per Louis ma si sente ancora troppo insicuro a riguardo. Sono passati due mesi dal loro primo incontro e solo quando Louis lo porta nel "loro posto", Harry sembra sul punto di confessargli i suoi sentimenti. Ma uno stupidissimo incidente fa tornare ad Harry bruttissimi ricordi. Non posso anticiparvi assolutamente niente, altrimenti che gusto c'è? uu Spero che mi farete sapere cosa pensate di questo capitolo o della storia in generale, non avete idea di quanto mi aiutino i vostri pareri, davvero! :) Grazie ad ognuno di voi che legge e recensisce, vi devo tutto! E nulla, al prossimo capitolo. Un abbraccio a tutti! <3

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Capitolo 12
*** Confession ***


Strano come un minuscolo, leggerissimo fiocco di neve, riesca, accumulandosi ad altri minuscoli, leggerissimi fiocchi di neve, a formare una valanga.
Strano come una goccia d’acqua, assieme ad altre mille, possa scatenare un temporale.
Strano come un fatto senza importanza, insieme ad altri passati e polverosi fatti, sia in grado di rievocare vecchi e dolorosi ricordi. Ricordi che annientano, che riaffiorano proprio quando si pensa di aver trovato il proprio posto. Ricordi che uccidono.
 
La mano di Harry lasciò quella di Louis e ricadde lungo il proprio fianco.
Lo sguardo del riccio era fisso sulla piccola goccia di sangue che scorreva lentamente attraversando il palmo della mano di Louis, il quale lasciò cadere il sassolino che teneva tra le dita, sorpreso della reazione di Harry.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» domandò, notando l’espressione impaurita del riccio. A dir la verità, il viso di Harry lasciava trasparire fin troppo chiaramente la sensazione di terrore che stava provando.
«Forse è troppo presto, non avrei dovuto portarti qua.» continuò Louis, non ottenendo alcuna risposta da parte del più piccolo. Harry avrebbe voluto replicare, rassicurare Louis, dicendogli che no, non era sua la colpa: non era stato Louis ad essersi isolato dal mondo, allontanando le persone a lui più care, non era stato Louis ad aver mandato in frantumi il matrimonio dei propri genitori, non era stato Louis ad aver ucciso il suo migliore amico.
Avrebbe dovuto spiegarlo alla persona che aveva davanti, Harry aveva il dovere di concedergli almeno una spiegazione. Ma non lo fece.
In quel momento gli mancavano le forze: si sentiva così debole e vulnerabile che, se Louis non lo avesse sorretto, Harry si sarebbe sicuramente lasciato andare, cadendo sul  terreno umido e sconnesso del giardino.
Il riccio non riuscì nemmeno a raccogliere quell’ultima goccia di coraggio che aveva per alzare lo sguardo su quegli occhi che sentiva essere puntati su di lui.
Era un vigliacco: Louis gli stava donando se stesso, lo aveva fatto per anni e ora, come se avesse cancellato il periodo durante il quale erano stati separati, lo stava facendo di nuovo, senza chiedere nulla in cambio. Voleva salvare Harry, aiutarlo ad emergere da quel pozzo nel quale si era rifugiato da troppo tempo. Louis gli aveva allungato una mano, ma Harry lo stava cacciando, nella maniera più terribile: lo stava abbandonando, ancora una volta, senza dargli alcuna spiegazione. Se ne sarebbe andato, magari concedendogli la promessa di tornare, ma non lo avrebbe fatto. Aveva sbagliato troppe volte e giurò a se stesso che quella sarebbe stata l’ultima. Sarebbe tornato nel suo stupido mondo, dove, se non altro, non avrebbe potuto ferire nessuno, né giustificare quei repentini cambi di umore.
Harry sentì il proprio respiro affannarsi: la testa gli girava incredibilmente, non riusciva più a distinguere gli oggetti intorno a lui. Gli occhi divennero lucidi per poi riempirsi di lacrime, un attimo dopo. Per quanto Harry fosse snello e longilineo, Louis non riuscì a sostenerlo, perché  il riccio si lasciò cadere, all’improvviso.
È solo colpa mia.
Avrei potuto salvarlo e invece l’ho ucciso.
La mente di Harry si stava affollando di pensieri insani.
Lascia che muoia, Louis. Lascia che il peso che mi porto dietro, lo stesso di cui mi nutro, mi uccida.
Il più grande impallidì. L’immagine di Harry, disteso a terra, le lacrime che gli segnavano il profilo così assurdamente perfetto, stava uccidendo Louis che, per la prima volta nella sua vita, si sentì del tutto impotente.
Non avrebbe potuto salvarlo, non questa volta. Perché questa volta, Louis, non avrebbe dovuto combattere con i quattro bulli della scuola, non avrebbe dovuto difendere Harry dai loro attacchi, non si sarebbe dovuto imporre davanti a tutta la squadra per non lasciare il più piccolo da solo. Questa volta, Louis, aveva davanti a sé qualcosa più grande di lui. Aveva scavato, nell’anima di Harry, sicuro di aver trovato il modo giusto per salvarlo, per trasformare la sua esistenza così vuota in una vita che avrebbe voluto vivere al suo fianco.
Ma anche questa volta, gli occhi del riccio parlavano per lui. E le sue lacrime, le sue lacrime arrivarono al cuore di Louis come una coltellata.
Il più grande si sfilò la giacca e si chinò su Harry, gli sollevò delicatamente il capo e stese l’indumento sotto di esso. Poi, senza curarsi dell’erba bagnata sotto di lui, si sdraiò al suo fianco, lasciando scivolare una mano su quella di Harry.
Rimasero in quella posizione per quelle che sembrarono ore, senza parlare: Harry non ne trovava la forza, Louis era certo che, se lo avesse fatto, avrebbe peggiorato la situazione.
 
Qualcuno aveva detto che, a volte, le parole sono superflue e Louis, in quel momento, non avrebbe potuto essere più d’accordo, perché sentì la mano del riccio stringere con forza la propria, quasi a cercare un appoggio, a ringraziarlo di non essersene andato. E quel gesto, così spontaneo, eppure così denso di significato, procurò al più grande brividi che gli percorsero tutto il corpo. Si voltò su un fianco e si ritrovò a ripetere, con un quasi impercettibile filo di voce, le parole della canzone che sembrava davvero essere stata scritta per loro.
 
When you need to smile but you can't afford it, go on, point it out, I'm gonna steal it. When the floor is more familiar than the ceiling, I will break in late at night, shake up how you're feeling. I'll never stop breaking the law for you, I'll never stop helping to pull you through. I'll never stop breaking the law for you.
 
«Harry…» sussurrò Louis, lo sguardo che era tornato fisso sul cielo ceruleo.
«Ti amo.»
 
Boom. 









Spazio autrice.
Rieccoci qua! Scusate il ritardo, sono stata super impegnata e non ho avuto molto tempo da dedicare alla scrittura. Il risultato, infatti, è questo capitolo del quale non sono assolutamente soddisfatta, come la maggior parte delle volte, tra l'altro, lol. Voi che ne pensate? Pensate di aver capito cosa significhi il pensiero di Harry in riferimento al fatto che è convinto di aver ucciso il suo migliore amico, Chase? Cosa significa che è stato la causa del divorzio dei suoi genitori? Il piccolo incidente del capitolo scorso sembra aver scatenato nel piccolo una tormenta di pensieri e ha riaperto vecchie ferite che, evidentemente, non erano del tutto rimarginate, come invece sperava Louis. E proprio il più grande si è dichiarato. Io trovo che sia una cosa dolce, anche perché l'ha detto proprio dopo aver accennato quella che ormai possiamo definire la loro canzone.
Beh, spero mi farete sapere cosa ne pensate, lasciandomi magari una piccola recensione. Senza di voi, non andrei avanti e anche solo leggere le visite a questa ff mi rende felice, sappiatelo, quindi ringrazio ciascuno di voi! :)
Alla prossima, un abbraccio. <3

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